sui Lù sie be dip dea, Va e 3 ì i TON pesta ‘ mani oiina nitt tia HARVARD UNIVERSITY SI LIBRARY OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY po, Motel 10, 1945 Buri we Pea . pan TO MO ARA LI) Fasc.1, lle III. [2025 Serie Il - Vol. VII. (Anno XV colla Serie I) BOLLETTINO DV UN a_i DELLA CON SEDE IN ROMA Î Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill SOMMARIO. I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE 1. Condorelli Francaviglia prof. Mario. — Mignatta in trachea espulsa nn anno dopo che vi era penetrata Pag. 2, Masi dott. Luigi. — Sulla presenza della Podopsis Slabberi Van Ben. nello sta- gno di Maccarese. » 3. Ghiappi dott. T. — Le specie italiane di Leuciscus comprese nel sottogenere Levcos Bp. (con fig intere. nel testo e tav. separata). » 4. Chigi princ. P. Francesco. — Varietà del Passer domesticus (Lin.) » 5. Barnabò Valentino. — Di un’uretrite si- milgonococcica in una Cavia. » 6. Marchesini prof. Rinal nr. — Contributo allo stndio della secrezione delle glan- dole salivari (con 2 fig.). » 7. Caflandruccio prof. Salvatore. — Ulte- riori ricerche sulla Taenia nana. » 8. Fatiizi Montoro march. dott. Filippo. — Sopra una Chettusia gregaria (Pallas) Pavoncella gregaria colta nell’Agro Ro- mano. » 9. barnabò Valentino. — Suglî effetti delle inoculazioni negli animali dell’estratto di Taenia saginata. » Je 10. Arrighi-Griffoli nob. Gius. — Il Turdus obscurus ed il Colymbus Adamsiin To- scana. 11. Garruccio prof. Antonio. - Sovra una 1-19 gigantesca Macrocheira Kaempferi De Hann, portata dai mari del Giappone. (con tav. e 8 fig.) » 11 20 12. Angelini prof. Giovanni. — Aphrastura fulva n. sp. ? (Dendrocolaptidae) » 13 Idem idem. — Oreciscus melanophaeus (Rallidae). » 21-47 14. Senat. Guido Falconieri conte di Car- pegna. —: Nictea scandiaca, C arpodacus 49-50 rubricilla e Tetraogallus caspius por- tati dalla Russia e donati dal marchese 01-56 Wladimiro Campanari al R. Museo Zoologico Univers. di Roma. » 57-64 II. CENNI BIBLIOGRAFICI 65-69 sulle recenti pubblicazioni dei seguenti autori: Bassoli G. &., Cappelli &. B., &hecchia-Rispoli G., Dainetti G., Dal Piaz G., De Alessandri G., De Angelis d’Ossat 70-71 G., Fucini A., Masi L., D’Artom C. e Fi- chera G. » 72-82 III, ANNUNCI SULLA COPERTINA @__——_9 Pag. Anno 19067 (XV dalla fondazione) 83-84 85-95 96-97 98-99 100-103 104-112 (1). (Data della pubblicazione di questo triplo fascicolo: 24 aprile 1906. — Ogni fascicolo contiene non meno di 32 pagine). (1) L — Condizioni per l'associazione al Bollettino durante il 1906: Ogni volume per gli abbonati in Italia (Biblioteche, Librai, ecc.) costa L. 12 annue: paga- mento anticipato. Per l'estero spese postali in più. — Pei membri della So- cietà, ordinari o straordinari, residenti in Roma o non t1esidenti, costa invece L. 10. — Pei pagamenti rivolgersi al Sig Casimiro Coli nella R. Università di Roma. — Pei volumi arretrati, prezzi da convenirsi. Il 15° volume — annata 1906 — sarà formato da 20 fogli di stampa (16 pag. per foglio); ed ogni fascicolo da 32 pagine. — Il presente fascicolo triplo, che doveva avere il totale di 96 pag, ne contiene 16 in più, cioè risulta di 112 pag. 2. — Membri componenti il Consiglio Direttivo della Società. 3. — Articoli principali estratti dallo Statuto Sociale. 4. — Processi verbali delle adunanze scientifiche. Conto corrente colla Posta — Pubblicazione trimensile, SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA | DN pa ba) A " ao AE. ad sa Fase. I, Ile Ill. Serie Il - Vol. VI. Anno XV. - 1906. BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE ® ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA diretto dal prof. M. Condorelli Francaviglia Mignatta In trachea espulsa un anno dopo che vi era penetrata pel Pror. Mario ConporELLI FRANCAVIGLIA Comunicazione alla SocIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma In un lavoro, pubblicato undici anni addietro, mi occupai del frequente rinvenimento di mignatte in laringe, della diagnosi e della relativa terapia, e diedi in esso un largo riassunto delle più importanti pubblicazioni, che, fino ad allora, erano state fatte sull'argomento (1). Per completare la bibliografia riporto le notizie date da altri autori, fra i quali piacemi ricordare Masucci (2); che diede un largo contributo alla casistica delle mignatte nella laringe e nella trachea; Ficano (3), che estrasse (1) CONDORELLI FRANCAVIGLIA M. — Mignatta in laringe, diagnosi e te- rapia; in: La Riforma Medica, Napoli, Anno X, N. 277 e 278, pp. 601-603 e 613-615, 1894. (2) Masucci — Contributo alla casuistica dei corpi stranieri nella laringe e nella trachea; in: Rassegna critica internazionale delle malattie del naso, gola ed orecchio, giugno 1892. (3) Ficano — Sanguisuga in trachea. Estrazione per le vie naturali; in: Bollettino delle malattie d'orecchio, naso e gola, settembre 1892. (49) M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA per le vie naturali una mignatta dalla: trachea; Cha@ vasse (1), che fece un importante studio clinico sugli ac- cidenti consecutivi all'introduzione di sanguisughe nelle vie aeree; Ridola (2), che riferì su di un caso di mignatta in trachea, consimile a quello di Ficano; Palazzolo (3) e il Citelli (4), che descrissero un caso per uno di mi- gnatta in laringe, non che Mollica (5) e Saitta (6), il quale, con diligenza, raccolse ed illustrò 18 osservazioni cliniche, riguardanti casi di mignatte rinvenute nella faringe, nelle fosse nasali, nel laringe e nella trachea. La permanenza dell’anellide nel sito d'impianto, come risulta dallo studio della numerosissima casistica, in ge- nerale è di breve durata, ed oscilla fra poche ore ed alcuni giorni, ordinariamente non più di dieci. L'espulsione può essere spontanea, o provocata mediante medicinali: più soventemente, a scanso di pericolosi accidenti, è richiesta l'estrazione chirurgica. Ma di fronte a questi casi di breve soggiorno, ce ne sono di quelli di lunga durata. Ramon de la Sota y Lastra (7) osservò ed estrasse una (1) CHAvassE — Des accidents causés par l’introduction de l’haemopis dans es voies aériennes de l'homme; in: Archives de Médicine et de pharmacie militaires, 1893. (2) RipoLA. — Caso di sanguisuga in trachea, in: Archivio italiano di laringologia, Anno XIV, aprile 1894. (3) PaLazzoLo N. — Sanguisuga in laringe. Estrazione per le vie naturali ; in: Bollettino delle malattie d’orecchio, naso e gola, settembre 1895. (4) CitTELLI S. — Sanguisughe della trachea e nel rinofaringe. Estrazioni per le vie naturali; in: Archivio italiano di otologia, rinologia e laringo- logia, Vol. XII, fasc. 4, 1902. (5) MoLLica G. — Contributo clinico alle tracheotomie di urgenza per mi- gnatta; in: Gazzetta degli Ospedali e delle Cliniche, N. 23, febbraio 1903. (6) SAITTA S. — Casistica di sanguisuga in laringe ; in: Rassegna inter- nazionale della Medicina Moderna, Anno VI, 1905. (7) RAMON DE LA SoTA yY LASTRA. — Una mignatta estratta dalla laringe quindici giorni dopo che vi era penetrata; in: Archivi italiani di laringo- iatria, Anno III, pag.69-72 ; 1883-1884. di OO ee | | o o mignatta aderente ad una sporgenza rossastra dell’epiglottide. Essa vi aderiva da almeno quindici giorni, poichè da ugual tempo il paziente, un uomo a 64 anni, cacciava sangue dalla bocca. Maissuriantz (1), mediante cricotracheotomia, estrasse una sanguisuga, impiantata, da tre settimane, alla mucosa del ventricolo di Morgagni. Lalouette (2) racconta che, avendo bevuto dell’ acqua di pozzo, durante la ritirata dell’armata francese da Cadice a Tarragona, fu preso, una mezz'ora dopo, da scolo con- tinuo di sangue dal naso, L’emorragia persistette. ed egli dimagrì a vista d'occhio, finchè, dopo tre settimane, espulse una sanguisuga insieme con un tampone imbevuto di acqua di Rabel. Marcacci (3) estrasse, coll’aiuto d’una pinzetta a polipo, una mignatta attaccata alla parte interna dell’orlo della laringe di un contadino, che l'aveva ingoiata 23 giorni prima, bevendo ad un rigagnolo. Vital, mediante la tracheotomia, liberò un soldato da una sanguisuga, che, per un mese e mezzo, aveva soggior- nato nella trachea. Ma più interessante ancora, per la lunga permanenza dell’anellide in laringe, è l’osservazione riferita da Vizioli, il quale, in una nota aggiunta in calce ad un lavoro di (1) MAISSURIANTZ — Revue internationale des Sciences médicales, Gen- naio 1887. (2) LALOUETTE — Observation sur une Sangsue avalée en bouvant et fixée pendant trois semaines dans les fosses nasales ; in: Rec. méd., chir. et pharm. milit., t. 10, pag. 406, 1821. (3) MARCACCI G. — Di una mignatta attaccata alla laringe levata dopo 23 giorni; in: Rivista scientifica pubblicata per cura della R. Accademia dei fisio-critici, Classe deile Scienze Fisiche, Anno II, Fasc. II, pag. 117, 1870: (4) MassEI F. — Corpo estraneo nella laringe. Estrazione per le vie natu- rali; in: IZ Margagni, Vol. XVI, pag. 449, Anno 1874. CI M. CONDORELLI FAANCAVIGLIA dita A I NS SD ei ia RA ARCOS rr CA SS Dio e Se eri Massei (4), racconta che il padre di lui, Biagio Vizioli, nella lunga carriera di medico condotto a Monte Ferrante del Chietino, ebbe occasione di osservare un calzolaio, il quale, dopo lunghe sofferenze per ambascia, difficoltà di respiro e frequenti sputi sanguigni, guarì rapidamente, appena eli- minata, per espettorazione, una sanguisuga, che il paziente aveva ingoiato due mesi innanzi, bevendo per isbaglio ad un fiaschetto di vetro contenente tre sanguisughe. Di speciale interesse, per la permanenza straordina- riamente lunga d’una mignatta in trachea (un anno), è l'osservazione mia personale, che ho il piacere di far co- noscere. Nel mese di maggio del 1903, si presentava a me per consultazione, la quattordicenne Anastasia B., figlia di Salvatore e di Margherita M., nativa di Motta S. Anastasia. Contadina di professione, quasi quotidianamente da molto tempo si recava in campagna, in contrada Ramusa o al Portiere, pei necessari lavori campestri. Il 20 ottobre 1902, nel più perfetto benessere e mentre si recava in campagna, in seguito ad un leggero colpetto di tosse, emise, per la prima volta, uno sputo sanguigno rosso e poco aerato. A questo primo sputo altri, di quando in quando, ne segui- rono lo stesso giorno e in quelli successivi, e sempre preceduti da lievi colpi di tosse. La voce non aveva subìto nessun cambiamento di timbro: non vi era dispnea: la deglutizione era facile ed indolente; mai s'era manifestata la più piccola reazione febbrile. La costituzione schele- trica era regolare, i muscoli poco sviluppati, scarso il pan- nicolo adiposo sottocutaneo. Era pallida al volto e alle mucose visibili; si stancava facilmente al cammino, nel far le scale, nell’eseguire dei lavori anche di poca entità; avea frequente cefalalgia, spesso vertigini e scarso appetito. Era menstruata da pochi mesi con catameni pallidi, scarsi, MIGNATTA IN TRACHEA 5° anticipanti di qualche giorno, quasi sempre preceduti da dolori alla regione uterina. All'esame fisico nulla riscon- trai, tranne un soffio inorganico, come rumore di trottola, al collo in corrispondenza delle giugulari. Feci la diagnosi di cloranemia: e, avuto riguardo al con- tinuo e progressivo dimagramento, ai frequenti colpetti di tosse, spesso accompagnati da sputo sanguigno, dubitai si organizzasse un subdolo processo specifico agli apici pul- monari. Prescrissi una cura tonico-ricostituente ed anche degli astringenti, dei quali però, per prescrizione fatta dai medici del suo paese, la paziente aveva fatto uso in precedenza, senza favorevole risultato. I Da quel giorno del mese di maggio, rividi l’ammalata nel mese di gennaio dell’anno seguente, in compagnia dei suoi parenti, e per malattia che riguardava uno di costoro. Lei stava benissimo in salute: era colorita ed ingras- sata, aveva ripreso i lavori di campagna, dai quali non risentiva la più piccola stanchezza. Ma la sua guarigione non era l’effetto della cura, da me prescritta otto mesi in- nanzi: essa invece aveva tenuto dietro ad un mio errore diagnostico, cd era sopravvenuta spontanea e lenta in se- guito ad un benefico accidente. Mi raccontò che dalla cura, continuata per molto tempo, non ebbe il più piccolo benefizio, anzi le sue condizioni generali si aggravarono a tal punto, che ella non aveva più la forza di far delle passeggiate, anche brevi, e di accudire alle più piccole faccende domestiche: la tosse, ad intervalli di ore e ad accessi talvolta violenti, continuò sempre, spesso accompagnata da sputi mucosi sanguinolenti, ma sempre senza sensibile dispnea, senza raucedine, senza febbre: e ai disturbi, di cui sopra, si aggiungeva, di quando in quando, un senso or di vellichio or di pizzicore, più o meno mo- 6 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA lesto, in corrispondenza della fossa giugulare o poco al di sotto sulla iinea mediana. Una sera del mese di ottobre il suo malessere era aumentato per la tosse più frequente e stizzosa, per gli sputi sanguigni più abbondanti, per un dolore puntorio retrosternale, ora più ora meno accentuato, intenso, limitato un poco a sinistra della linea mediana dello sterno e al secondo spazio intercostale; dolore il quale si propagava all'angolo scapolare sinistro. Una respirazione frequente, ma non dispnoica in alto grado, un senso di oppressione precordiale e di stringimento al petto, frequenti e passeggere vertigini, un sudore freddo e profuso procu- ravano delle sofferenze atroci alla povera paziente, la quale provava la sensazione di un corpo estraneo nell'interno del petto; e di esso, a qualunque costo, ella voleva essere li- berata. Sentiva bisogno di molta aria, respirava all’aperto, agitandosi con movimenti disordinati di tutto il corpo, principalmente della testa, del tronco e degli arti superiori. Provava un certo conforto nell’odorare aceto di vino; volle, di sua iniziativa, fare dei gargarismî di una miscela a parti eguali di questa sostanza con acqua, e più volte bevve dei sorsi di alcoolato di anice in sostanza. Dopo circa una mezz'ora, sopravvenne un accesso più violento di tosse, e questo fu accompagnato dall’espulsione di un corpo estraneo, che, a dire della paziente, era « molle, allungato, nerastro, e si moveva allungandosi e successiva- mente raccorciandosi ». Era una sanguisuga, riconosciuta tale dalle stessa paziente e da coloro che l' assistevano, non che dal medico curante, che, l'indomani, vide l’anel- lide, ma ebbe il torto di non conservarlo. Tale narrazione, fattami dalla contadina con grande semplicità e pari chiarezza, mi lasciò alquanto umiliato per l'errore diagnostico commesso: e dichiaro francamente che, quando in quel giorno di maggio ebbi occasione di osser- =l MIGNATTA IN TRACHEA vare la paziente, non pensai nemmeno alla possibilîtà della presenza di una mignatta nelle vie respiratorie; e ciò perchè ho sempre ritenuto impossibile la sua permanenza per un periodo così prolungato: allora di fatti erano passati sette mesi dal giorno del primo sputo sanguigno. Ma da un tale errore traggo ammaestramento per l'avvenire! Fui dolente di non avere avuto il verme, del quale sarebbe stato interessante determinare la specie; che, del resto, per le ragioni che appresso dirò, giudico debba rife- rirsi alla Limnatis nilotica (Savigny). L’anellide fu ingoiato dalla giovine Anastasia bevendo dell’acqua corrente, della quale ella faceva uso trovandosi in campagna al Portiere, contrada eminentemente malarica ed attraversata da corsi d’acqua. È facile comprendere come dal faringe esso sia passato nelle vie aeree o per movi- menti attivi o attirato dalla corrente d’aria determinata da una di quelle violenti inspirazioni, che tengono dietro ai colpi di tosse possibili ad aversi in chi talvolta è costretto a bere nella incomoda posizione carponi. A giudicare dal- l'avvenimento del primo sputo sanguigno, dobbiamo am- mettere che l’ introduzione dell’anellide ebbe luogo non più tardi del 20 ottobre 1902; e siccome l'espulsione avvenne nell'ottobre dell’anno seguente, ne viene di conseguenza che la mignatta rimase fissata per il periodo, straordinariamente lungo, di un anno ed alguanti giorni. In considerazione di così lunga permanenza, mai prima d’ora da altri constatata, potrebbe sorgere il dubbio delta successiva penetrazione di anellidi in periodi di tempo di- versi; ma se così fosse stato, i disturbi della paziente (tosse e sputi sanguigni) non avrebbero avuto, per un anno in- tiero, il carattere della continuità: e poi ella si sarebbe. accorta, come si accorse alla fine dei suoi malanni, della espulsione degli sgradevoli ospiti. Re, M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA In qual sito, penetrando, si è fissato l’anellide? Non nel vestibolo della glottide, ove esso avrebbe cagionato soffoca- zione immediata, occludendone l’orifizio: nemmeno nel la- ringe, ove, per la ristrettezza del lume, avrebbe provocato incessanti e gravi fenomeni asfittici, se si fosse fissato nella cavità laringea propriamente detta, e parossismi di soffo- cazione, alternantisi con periodi più o meno prolungati di relativo benessere, se avesse preso posto nella cavità del ventricolo del Morgagni. La sua sede ordinaria è dovuta essere la trachea, in cui l’anellide, piccolo (1) relativamente all'ampiezza di questo tubo, non potè provocare, durante il lungo periodo di sua permanenza, nessun eccesso di sof- focazione, meno quello grave e finale, che precedette l’e- spulsione del corpo estraneo. Che la sede sia stata la tra- chea lo dimostra pure il fatto che la sensazione dolorosa era localizzata in corrispondenza della fossa giugulare o poco più in giù dietro il manubrio dello sterno nella direzione del secondo spazio intercostale. Più volte, appositamente, feci raccogliere, da persone pratiche della località detta Portiere, le sanguisughe, che numerose vivono in quei corsi d’acqua: e riscontrai due sole specie: lHirudo medicinalis L. e la Limnatis nilolica (Savigny), quest ultima in fortissima preponderanza sulla prima. Ed io giudico che, avuto riguardo alle più piccole dimensioni, alla minore voracità, alla ferita più lieve, che produce nella parte su cui si fissa, all'adesione più tenace di quest'ultima rispetto alla prima specie, siasi trattato di un individuo di Limnatis nilotica. La Limnatis nilotica, che, con tanta frequenza, invade (1) Gli anellidi, allorquando accidentalmente s’ introducono nelle vie aeree, sogliono essere di piccola dimensione, perchè d’ordinario giovani e vuoti di san- gue: talvolta sono tanto piccoli da avere lo spessore d’un crino di cavallo. MIGNATTA IN TRACHEA 9 la cavità boccale, il faringe e le cavità nasali degli indi- vidui, che bevono, senza precauzione, l’acqua delle paludi e dei ruscelli, e da questi organi emigra nel laringe e anche nella trachea, di solito viene introdotta quando è ancora giovine e vuota di sangue: talechè è piccolissima, lunga pochi centimetri, spesso poco più grossa di un crino di cavallo. Ma, gradatamente, sviluppandosi e riempiendosi di sangue, essa è suscettibile di acquistare il volume di una sanguisuga ordinaria; è vero però che viene sempre espulsa prima che raggiunga una tale dimensione, incompatibile colla diuturna dimora dell’anellide in organi tanto delicati (laringe, trachea) ed indispensabili al continuo passaggio dell’aria, Ho giudicato non priva d’interesse questa mia osser- vazione di Zoologia medica per le seguentì considerazioni luna d’indole biologica, l’altra clinica: 1° Il soggiorno di mignatte, che si fissano nel primo tratto del tubo digerente e nelle prime vie respiratorie (bocca, faringe, cavità nasali, laringe e trachea), solitamente è di alquante ore o di pochi giorni soltanto: ma talvolta esso si prolunga per più settimane (casi di Maissuriaatz, di Marcacci, di Vital, di Vizioli), e può protrarsi per un tempo molto lungo, anche sino ad un anno, come nel caso da me descritto. 2° In casi clinici consimili al mio, quando cioè ci tro- viamo dinanzi ad individui, che, per il loro lento e pro- gressivo dimagramento, per lo stato anemico più o meno inoltrato, in cui si trovano, la tosse per ora secca ora accom- pagnata da sputi sanguinolenti, richiamano la nostra at- tenzione su una possibile lesione agli apici polmonari, non ancora clinicamente manifesta per l'assenza di febbre e sopratutto per la mancanza di segni fisici locali, è nostro dovere ispezionare col laringoscopio le vie respiratorie. 10 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Tale esame sì impone se il paziente è persona che, per ragione del suo mestiere, frequenta la campagna, e si so- spetta che egli possa aver bevuto a rigagnoli o a ruscelli, ove, in talune località, sogliono vivere irudinei. Così si evitano gravi errori diagnostici, i quali, mentre da una parte nuocciono alla nostra buona reputazione professionale, dall’altra non sono scevri di pericolose conseguenze pei nostri malati. SULLA PRESENZA della PODOPSIS SLABBERI V. Ben. NELLO STAGNO DI MACCARESE Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana, con Sede in Roma, dal socio Dr. L. MASI. Nel canale di bonifica dello stagno di Maccarese, al disopra dello stabilimento delle macchine idrovore, il Prof. Vinciguerra trovò, il 26 ottobre 1904, una specie di Schizo- podo, la Podopsis Slabberi V. Ben. (1), della quale raccolse una grande quantità di esemplari, di cui la maggior parte erano femmine con embrioni e maschi sessualmente ma- turi, ed alcuni erano ancora in uno stadio di sviluppo poco avanzato. Questa specie, unica rappresentante del genere, ha molta affinità con le Mysis, da cui si può di- stinguere però a prima vista per lo sviluppo straordinario dei peduncoli oculari, che negli individui adulti raggiun- gono circa la nona parte della lunghezza del corpo. Essa fu scoperta da Slabber sulla costa del Belgio, ed è uno degli Schizopodi i quali, oltre che nel Mare del Nord, si trovano anche nel Mediterraneo e nel Mar Nero. Nel Mediterraneo è stata raccolta da (G. Sars presso (Go- letta nel Golfo di Tunisi, alla Spezia, ed inoltre nella piccola laguna di Lisimella nel Porto Grande di Siracusa, la quale ha una facile comunicazione col mare; nel Golfo ——_——& (1) Seguendo il criterio della priorità per la nomenclatura, adotto il nome generico di Podopsis, stabilito da Thompson, sebbene sia più appropriato il nome Macropsis. proposto da Sars e adottato da parecchi autori recenti. 19 L. MASI ita - = ——=._rc ==“ di Napoli l'hanno trovata il Norman nel 1887 e poi, re- centemente, il Dott. Lo Bianco. Norman (1892) riguardo al Nord di Europa cita le seguenti località, che trascrivo in- sieme con i nomi degli autori che vi hanno raccolto la Podopsis: Bausia, Svezia (Lovén): Belgio (Van Beneden); Danimarca (Meinert): Olanda (P. P. C. Hoek); foce della senna (De Kerville); inoltre, nei mari d'Inghilterra, Granton, Firth of Forth (J. R. Henderson) e Falmouth (G. C. Bour- ne). A queste località si deve aggiungere il Moray Firth (costa orientale della Scozia) dove la Podopsis è stata rac- colta da Scott (1900), e l'isola Helgoland, nelle cui vici- nanze fu trovata da Ehrenbaum (1897). Nel Mar Nero l'hanno trovata Marcusen e Czerniavsky presso Odessa e Sebastopoli. Il fatto che questo Schizopodo si trova in grande nu- mero di individui, e può anche riprodursi, in uno stagno come quello di Maccarese, dove l’acqua ha una salsedine molto scarsa e d'inverno diviene quasi perfettamente dolce (1), merita particolare considerazione non soltanto perchè fino ad ora non mai constatato, ma sopratutto per- -chè ci lascia supporre che la Podopsis Slabberi, come si è adattata dall'acqua marina a quella solo leggermente salata, così potrebbe adattarsi facilmente a vivere nell'acqua dolce. Di questo adattamento gli Schizopodi offrono pochis- simi esempî, poichè fra tutte le specie dell’ ordine finora conosciute, le quali sommano a più di 170, ve ne sono quattro sole che si possono considerare come proprie del- l’acqua dolce e due che vivono tanto nel mare come nel- l’acqua priva di salsedine. Credo utile di raccogliere qui (1) Al momento della cattura degli esemplari di Podopsis, la densità del- l’acqua presso lo stabilimento delle macchine era di 1005 e la temperatura di 19007 21° SULLA PODOPSIS SLABBERI 13 alcune notizie, riguardanti questi Schizopodi adattati al- l’acqua dolce, poichè non mi risulta che se ne tratti in altre pubblicazioni: il Gerstaecker si limita a menzionare la Mysis relicta. Questa specie è la prima che venne conosciuta, e fu scoperta da Lovén nei laghi Venern e Vettern, e poi trovata in diversi altri laghi della Svezia da questo stesso autore e da Lilljeborg, nel lago Mjòsen in Norvegia da G. Sars, nel lago Onega, nel Ladoga e altri laghi della Finlandia da Jarzynsky e da Nordquist, nel Mar Caspio da Andrusoff, in America nel Lago Superiore da S. Smith e nel Lago Michigan da Stimpson; inoltre, non molti anni fa, in Irlanda da Kane, nei piccoli laghi Madù e Dratzig della Pomerania e Tollen del Meclemburgo Strelitz, da Samter e Weltner. Essa vive anche nel Golfo di Botnia, il quale per la sua debole salsedine può albergare anche molte altre specie di animali di acqua dolce; però non vi è stata trovata al sud dello Stretto di Quarken. Di questa Mysis, che da G. Sars fu descritta dapprima come una varietà della M. oculata Fab., poi di nuovo come specie a sè, Samter e Weltner hanno trovato nel Madiisee degli esemplari che formano un termine di passaggio alla M. oculata. Nel 1828 J. Thompson, nel fiume Lee, che sbocca in un piccolo golfo sulla costa meridionale dell'Irlanda, trovò due specie di Mysidae, la M. Chamaeleon | Macromysis flexuosa (Mill.)] e la M. [Neomysis| vulgaris, le quali vivono ordi- nariamente nel mare (1). Quest'ultima specie è stata trovata anche recentemente in acque quasi dolci nella parte orien- tale della Contea di Norfolk, da Gurney. Una specie che si può ritenere come essenzialmente (1) Non avendo potuto consultare il lavoro del Thompson, riferisco queste notizie sulla fede di Zykoff, sebbene il Norman, il quale cita il Thompson, non faccia parola dell’rhabitat in acqua dolce delle suddette specie di Mysidae. 14 L.. MASI fluviatile e continentale, fu scoperta nel 1875 da Pengo presso Charkow, nella Russia meridionale, nel fiume Udy che si getta nel Donez, affluente del Don : a questo schizo-. podo fu posto da Czerniavsky il nome di Potamomysis Pengoi. Un'altra specie fluviabile è la Mesomysis Ullskyi G. O. Sars, trovata da Ullsky alla foce del Volga e da Zykoff, cinque anni or sono, presso Saratow, a circa 600 Km. dalla foce dello stesso fiume. Nel 1896 Holmes ha descritto una nuova specie di Neomysis, la N. Mercedis, da lui scoperta nellago Mercedes della California settentrionale. Per quanto riguarda la presenza della Podopsis Slab- beri nello stagno di Maccarese, non credo che si. possa obiettare che gl’individui raccolti nel canale dello stagno potrebbero esservi penetrati casualmente dal mare. Infatti, anche ammettendo nella Podopsis la facoltà di poter pas- sare da questo immediatamente nell'acqua poco salata, e ciò nel periodo di maturazione degli embrioni, resterebbe a spiegarsi in qual modo gl’individui di 3-4 mm. di lun- ghezza avrebbero potuto vincere l'ostacolo delle macchine e attraversare la diga con cui lo stagno è attualmente se- parato dal mare. Che la specie in questione sia rimasta chiusa nello stagno da quando si è costruita la diga e si ‘è proceduto alla bonifica di esso, mi sembra assai poco probabile, giacchè si tratterebbe di un passaggio imme- diato e definitivo in un ambiente nuovo, senza possibilità di poter tornare di tempo in tempo nelle acque del mare, “dove la specie avrebbe avuto il suo habitat naturale. L’i- potesi che mi sembra più ammissibile, è quella che la Podopsis si trovasse già nella laguna la quale dovette precedere la formazione dello stagno. Facendosi sempre più limitata la comunicazione della laguna col mare e di- split a A PRE CI SULLA PODOPSIS SLABBERI To minuendo sradatamente la salsedine dell’acqua, alcuni degli animali marini che vivevano nella laguna, dovettero adattarsi al nuovo ambiente, e fra questi fu anche la Po- dopsis. Vi è nello stagno un altro crostaceo il quale deve avere la stessa storia di questo Schizopodo, cioè il Balanus Amphitrite Darw., che il Prof. Vinciguerra vi ha trovato non meno frequente di quello che esso sia nelle località con acqua marina. La Podopsis Slabberi è stata forse favo- rita nell'adattamento al nuovo ambiente dalla condizione che essa è una delle specie di Schizopodi che non scen- dono mai ad una profondità notevole: Gerstaecker e Ort- mann indicano come profondità massima a cui è stata raccolta, m. 1,80: gli esemplari che ho avuti dal Dott. Lo Bianco, portano l'indicazione: « a 5 m. sulla sabbia ». Per la maggior parte delle specie di Mysis, come pure per altri Schizopodi, deve essere un forte ostacolo all’adatta- mento ad acque poco profonde, il bisogno che esse hanno di una bassa temperatura specialmente nel periodo della riproduzione, per cui discendono a parecchie decine ed anche a parecchie centinaia di metri di profondità. Ho voluto constatare se fra gl’individui di Podopsis del Mediterraneo e quelli di Maccarese vi fossero delle diffe- renze, per cui questi ultimi dovessero distinguersi in una sottospecie od una varietà. Nel confronto mi sono servito degli esemplari raccolti nel Golfo di Napoli e delle due descrizioni del Sars e del Van Beneden. Per questo esame avrei avuto bisogno di individui che avessero raggiunto. il massimo sviluppo, ma ciò non mi è stato possibile, perchè quelli di Maccarese non superavano 8 mm. di lunghezza (mentre secondo Sars possono raggiungere 12 mm. e secondo Norman 13 mm.) e quelli del Golfo di Napoli misuravano al più 6 mm. Tuttavia da quanto ho potuto osservare, credo di poter concludere che fra gli esemplari 16 Li MASI di Maccarese, quelli del Golfo di Napoli e quelli descritti dal Sars, non vi sono differenze sensibili. La forma e la grandezza della lamina delle antenne, il numero degli articoli del tarso, la forma del telson e degli uropodi, come pure l'armatura delle mandibole, che ha tanta importanza nella diagnosi specifica, non presentano alcuna diversità; ed anche le altre parti sono identicamente conformate. Solo nel telson ho trovato, in tutti gli esemplari osservati, tanto di Maccarese come del Golfo di Napoli, da 5 a 6 spine sui lati (comprendendo la spina inferiore più grande) mentre Sars ne indica 6 0 7: ma questa differenza deve attribuirsi all’età degli individui; infatti in quelli di 4 mm. di lunghezza vi sono tre sole spine laterali (1). Lascio indeterminata l'i dentità degli esemplari di Maccarese con quelli descritti da Van Beneden, nei quali, a giudicare dalle figure (che sono state delineate dall'autore stesso), il telson e.il quarto paio di pleopodi del maschio avrebbero una forma particolare. Il detto autore attribuisce alla Podopsis una lunghezza di 15 mm., mentre Sars indica 12 mm. : fra gli esemplari di Maccarese, come ho già detto, non ne ho trovati che su- perassero $ mm. : ma è probabile che questi individui più adulti trovati in autunno, avrebbero continuato a crescere ancora durante l'inverno, come si è riscontrato special- mente nella Mysis relicta, e che muoiano nella primavera dell’anno successivo, raggiungendo le dimensioni di quelli descritti da Sars. Fra gli esemplari del Golfo di Napoli si trovavano dei maschi con il quarto paio di pleopodi an- cora non bene sviluppato: delle femmine, alcune avevano uova nel marsupio, altre avevano embrioni già prossimi (1) Secondo Norman le spine variano da 3 a 7: se il numero di 3 spine si trova in individui adulti, il che Norman non dice chiaramente, esso costituisce una variazione che probabilmente non si riscontra negli esemplari del Medi- terraneo. La pel: meda SULLA PODOPSIS SLABBERI LA allo stadio in cui si staccano dalla madre. Fra gli esem- plari di Maccarese ve ne erano alcuni che misuravano solo 4 mm. o poco più; nessuna delle femmine aveva le uova nel marsupio, ma tutte portavano embrioni in uno stadio più o meno avanzato. Il numero degli embrioni varia fra gli stessi limiti negli esemplari di Maccarese e in quelli del Golfo di Napoli: non vi è dunque una dif- ferenza fra gli uni e gli altri a questo riguardo: resta però da osservare se le uova vengano prodotte lo stesso numero di volte e nei medesimi periodi durante l’anno. La grandezza delle uova deve essere pure uguale, a giudicare dalle dimensioni che presentano gli embrioni nei primi stadî di sviluppo. Nel marsupio si trovano da 5 ad $ uova e per lo più 6 embrioni, ma talora anche 2 soli. Non ho trovato mai 8 embrioni, il che fa supporre che quando essi son più di 6, non riescano tutti a svilupparsi. Già nello stadio in cui sono abbozzate le appendici tora- ciche, si nota il grande sviluppo dei peduncoli oculari e degli occhi: i peduncoli assumono rapidamente una gran- dezza notevole, passando dalla forma globosa a. quella cilindrica, e negli embrioni che stanno per uscire dal marsupio, sono poco più corti del cefalotorace. Gli em- brioni maturi arrivano a 1,3 mm. e sono già forniti dello scudo cefalotoracico e dell’otocisti. Essi stanno disposti a paia nel modo tipico per le Mysis, presentando sempre la testa rivolta verso l’estremità posteriore del corpo della madre, il lato ventrale rivolto verso il margine inferiore delle lamelle marsupiali, ed il corpo incurvato parallela- mente al margine di essi. Gli embrioni che sono più vicini al corpo della madre, sporgono con l'estremità dell'addome fuori del marsupio. Qui colgo l'occasione per far notare che quest'organo in questa specie di Schizopodo è costituito soltanto dalle Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. Anno XV, Fasc, I, Il e II: è 18 L: MASI lamine delle due ultime paia di periopodi. Non so come si sia potuto credere che derivasse da cinque paia di lamelle: questo numero si trova indicato nell’opera di Ger- staecker e Ortmann, però con un punto interrogativo (1). Il marsupio è dunque formato da due paia di lamelle come nelle Mysis, quelle del secondo paio ne costituiscono in gran parte la parete laterale, hanno forma subtriangolare e presentano il margine esterno curvilineo: nella parte po- steriore hanno una piega sporgente verso l’interno e diretta dall’ alto in basso ; le lamelle anteriori sono conformate a losanga, poco più alte che larghe, e misurano in altezza quanto misura in lunghezza il terzo articolo dell’endo- podite. E probabile che applicando il metodo somatometrico, si trovino delle differenze fra gl’individui di Podopsis di Maccarese e quelli viventi nel mare: ma io non ho potuto servirmi di tale metodo, non avendo a mia disposizione degli individui che avessero raggiunto il massimo sviluppo. Del resto questo genere di ricerche, in animali di piccola mole come le Podopsis, presenterebbe non poca difficoltà nella pratica e darebbe risultati poco sicuri. La mancanza di caratteri differenziali sensibili fra gl’individui di Macca- rese e quelli marini, deve attribuirsi probabimente, piut- tosto che ad una refrattarietà della specie alla variazione, al tempo relativamente assai breve da cui deve essere cominciato per essa l'adattamento all’acqua salmastra. (1) Nell'opera di questi autori, alla pag. 663, è detto : « Marsupium dnrch funf (?) Paare von Brutlamellen gebildet ». 11 Norman sembra attribuire alla Podopsis due paia di lamelle, poichè dice soltanto, nella diagnosi della famiglia Mysidae: « Marsupial pouch composed of two or three (in Boreomysìs of se- ven) pairs of leap-like processes springing from the bases of the posterior legs ». Pag. 147. bo i È . È SULLA PODOPSIS SLABBERI 19 Bis rOoGRAFFAO SLABBER, M. — Natuurkundige Verlustigingen. Haarlem, 1778. pl. XV, fig. 3, 4. THoMPson, J. V. — Zoological researches and illustrations. Vol. I. Cork, 1828-34. BENEDEN, P. J. van. — Recherches sur les Crustacés du littoral de Belgique. — Mém. de l’acad. d. scienc. Tome XXXIII. — Bruxelles, 1861. Lovén, S. L. — Ueber einige im Wetter - und Wenersee gefundene Crustaceen. Deutsche Uebersetz. in Zeitschr. f. d. ges. Naturwiss. XIX. — Berlin, 1862. ‘Goés, A. — Crustacea decap. podophth. marina Sueciae. — Holmiae, 1863. MARCUSEN. — Zur Fauna des Schwarzen Meeres. — Archiv. f. Naturg. 1867, p. 359. 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SAMTER, M. und WELTENER, W. — Biologische Eigentimlichkeiten der Mysts relicta, etc. — Zool. Anz. Bd. XXVII. 1904, p. 676-694. GERSTAECKER, A. und ORTMANN, A. E. — Klassen und Ordnungen der Arthro- poden. Abth. II. Zweite Halfte. — Leipzig, 1888-1901. KANE, W. F. — Mysis relicta in Ireland. — Irish Natur. Vol. 11, n. ì, p. 18. 1902. KANE, W. F. — Further captures of Mysis relicta in Ireland. — Irish Natural. Vol. 13, p. 107-109. 1904. ZyKoFFr, W. — Ueber Mysiîis in der Wolga bei Saratow. — Zool. Anz. Bd. XXV, 1902, p. 275. SKORIKOW, A. — Ueber den Fund einer Myside in der Wolga bei Saratow. — Zool. Anz. Bd. XXV, 1902. p. 530. GuRNEY R. — The fresh and Brackish Water Crustacea of East Norfolk — Trans. Norfolk and Norwich Natural. Soc., Vol. 7. 1905, p. 637-660. R. Stazione di Piscicoltura di Roma. PE DET GHTAPRPRI Le specie italiane di LEUCISCUS comprese nel sottogenere LEUCOS Bp. Comunicazione fatta alla SociETÀ ZooLogiIcA ITALIANA con sede in Roma Linneo (23) riuniva tutti i Ciprinidi nel suo genere Cyprinus che accoglieva per conseguenza forme assai lon- tane le une dalle altre, come ad esempio i Barbus e gli Alburnus. Si deve a Cuvier (14) il merito di avere raggruppato quelle forme in generi diversi, che sono, con poche va- rianti, mantenuti anche al giorno d’oggi. Tra i generi da lui stabiliti, uno dei più ricchi di specie è quello che ha per forma tipica il Cyprinus leuciscus di Linneo e pel quale, secondo l'esempio dato da Klein (21), adottò il nome di LeuciscusI caratteri da lui ammessi per riconoscere le forme appartenenti a questo genere sono i seguenti : Pinna dorsale ed anale corte, mancanti di spine e senza barbigli. Egli comprese in questo genere il Cyprinus dobula, il C. rutilus, il C. leuciscus, il C. alburnus e il C. phoxinus di Linneo. Ma, come è noto, nella prima metà dello scorso se- colo gli studii ittiologici, mercè l'impulso dato loro dal Cuvier, erano in fiore e per conseguenza le conoscenze sui pesci andarono in quell’epoca continuamente aumentando e perfezionandosi. Mentre Agassiz (1) ci faceva conoscere i pesci dei laghi della Svizzera, quasi contemporaneamente il Principe Bo- naparte (4) studiava i pesci italiani e con speciale cura 22 T. CHIAPPI e III COCO III TIC CICCIO CECCO CO CESTICrOrrrrtì Di quelli d’acqua dolce e però potè per primo dare notizie certe su questi. Il primo di questi autori fu portato a distinguere il genere Leuciscus di Cuvier in altri generi: Rhodeus, Pho- xinus e Aspius e il secondo vi aggiunse i sottogeneri Telestes, Scardinius e Squalius. Questa suddivisione però non fu accettata da Valen- ciennes (28) che riunì tutte queste forme sotto il nome generico di Leuciscus, fondendovi anche l’Abramis che lo stesso Cuvier ne aveva già distinto. Presso a poco nella stessa epoca II. Heckel (19) pub- blicò la parte ittiologica del viaggio di Russegger in Siria, nella quale sono ammessi come generi tutti i gruppi fatti da Agassiz e da Bonaparte ed aggiungendovi anche i generi Idus, Leucos e Phoxinellus. Nella riunione degli scienziati italiani, avvenuta nel 1845 in Milano, il Bonaparte (5) presentò un Catalogo dei Ciprinidi d'Europa nel quale sono mantenuti parecchi dei generi di Heckel e di Agassiz, ossia, Phoxinus, Phoxinellus, Leucos, Telestes, Squalius, Idus e Scardinius ed ai quali è aggiunto il genere Gardonus. Nella stessa occasione pubblicò importanti rilievi al- l’opera di Valenciennes (28) ed a quella sui Pesci di Lom- bardia pubblicata quasi contemporaneamente dal De Fi- lippi (15). Nell'opera di Heckel e Kner (20) troviamo mantenuti i generi ammessi da Bonaparte, con la sola differenza che al nome generico di Gardonus è sostituito quello di Leu- ciscus. Siebold (26) ammette gli stessi generi tranne il Leucos che riunisce al Leuciscus, benchè non se ne occupi a fondo, perché le specie ascritte a quel genere sono dell'Europa meridionale e quindi fuori dei limiti del suo lavoro. « LEUCISCUS » ITALIANI i 23 norsanaaieoeeaaaocecenecaneeseiceseesec cose 0 00ssonassaseacccceosecieoceeecenscconcc@oscessecceiocscosQuaQcQsqQ€@r0cQcciesue@cquseeeiosccc00c0cs‘0corcQu*ee0’ Lo stesso sistema è quello seguito da Canestrini (12). (Grinther (18) invece ha riunito nuovamente tutti questi generi, tranne il Phorinellus, sotto il nome di Leuciscus, non conservando neppure ai singoli gruppi il valore di sottogenere. Fatio (16) accetta i soli generi Leuciscus, Squalius (comprendendo in questo anche il Telestes), Scardinius, Phoxinus e Idus, quantunque quest'ultimo non rappresen- tato nella Svizzera. Il Festa (17) fa lo stesso per i. pescì del Piemonte, Pavesi (24) per quelli della Lombardia, mentre nel recente lavoro di Scotti (27) è mantenuto anche il genere Telestes. ba Le AR La divisione del genere Leuciscus, come è inteso da Ginther, in varii gruppi che abbiano alla lor volta valore generico, mi appare completamente giustificata; solo credo conveniente di escludere, come è fatto da taluni degli autori citati, il senere Leucos ed il Telestes. Pertanto i generi di questo gruppo rappresentati in Italia vengono ad essere quattro: Leuciscus, Squalius, Scar- dinius e Phoxinus, che possono riconoscersi dai seguenti caratteri : A. - Denti faringei in una sola serie . Leuciscus B. - Denti faringei in due serie: a) linea laterale completa 1) bocca terminale e diritta. Squalius 2) bocca terminale e obbliqua Scardinius b) linea laterale incompleta . . Phoxinus x x k Delle specie di Ciprinidi indicate da Bonaparte (4) nella sua Fauna d'Italia se ne possouo riconoscere sei co- 24 T. GHIAPPI nensencrccneceeienic ceo ic006è06’ ‘1( 87-112 DI | Cond Le ; 86-118 a Narano 0 ” S9-124 (1) Esclusi dalla serie molti individui che, pur essendo sessualmente maturi, presentavano una statura eccezionale sia in più che in meno. 20 T. CHIAPPI Cee CsC 00000010000 d0sv veneree, SSA CCNCNOS 0000 enenenocsenososs oa 0SSssonconssconasecoquesuacoseosnescoreaccescocsarvscsesosscescasspuneesaseeoseo Limiti di maggior Gruppi frequenza ERO — mm. 68-121 E i pa (MRI: > 66-117 Ba MEZ po TO 10 94 ASBI r 15-99 Variabilità delle parti. Ho calcolato gli indici variabilità (») e il Coefficiente di varialibilità relativo (»’) non per lo studio assoluto di detto fenomeno, poichè per questo sarebbe stata necessaria l’os- servazione di un numero di individui molto più grande, ma per potere distinguere i caratteri da tenere in mag- gior conto perchè meno variabili dagli altri più variabili e quindi meno importanti. Dall’osservazione della tabella II e del diagramma si possono trarre le seguenti conclusioni: 1°) che le femmine adulte presentano molte dimen- sioni notevolmente più variabili che i maschi adulti: 2°) che la altezza massima del corpo (c d) e la lun- ghezza oro-anale (p. p.) nelle femmine sono assai più va- riabili che nei rispettivi maschi, il che potrebbe attribuirsi alla presenza in quelle di un gran numero di uova, che appor- terebbe una deformazione dell'addome; 3°) che negli individui dei gruppi A, B, D le dimen- sioni dell'occhio, e lo spazio interorbitale sono general- mente più ‘variabili nelle fen:mine ‘che mei rispettivi maschi. 4° che in tutti i gruppi la variabilità procede in modo generalmente analogo. Altre considerazioni si possono trarre dall’osservazione -della tabela II e del diagramma seguente. 31 osssueaeote RE SITR aac" O BULE UU Ops ed e (out :BuUld' e] ep ezz0)]V = e se e ei e auoA GUUldee][op! va20g[v les SS - RR SE TA Ico] a deouardHo][9p) 8zze1] x. a o[es.Iiop eumd v][ep o10119JUL GAIPpeI e][e osnuI [op eotdee.IIA spe “> © e[@es10p euurd ej[oposegie ran sa (CT RNERIS Da 220) E I OG SIODAGUUTUSE]]OPILEZZO Vi ice . . . . . . . . . . . . . . > tie ni = O[BUB-010 UZze4SUN'T . . . . . . . . . . . ®. . . . . CUSSCUI eZzzII,V Lar . . . . . . . . . . . . . . Ù QeIIqIO1OZUI otzeds egli Aeg] a sett ee te 019900; ][9P O[8SI0ASVIZ 01FOMIBICI LEUCISCUS » ITALIANI gli individui del Gruppo A (1) (1) Nel diagramma è rappresentato il coefficiente di variabilità relativa alla lunghezza base per tutte le misure prese negli individui del gruppo A. La linea a tratti si riferisce alle femmine, l’altra ai maschi, ambedue adulti e È S E wi * a OTT]990,[]0P e[eutpn9yISuo] 01ZOMVI([ sai î a i si : b= Di z I = ea ES © BT USR dI Eee, I ae e LOMS0T [0 RZZI] SIN pi 5 7 too E S — = AE | . . . . . Ù . . è ‘ . . . . . odvo 10p oJossedg i i 8 > E : ‘ed a 7 "= . . . . . . . . . . . . . . . . odvo IGÙ eZZ8)[V ia : = a i KA fac PARA E) aa one Penice gi e pd. (0). 62200800] i : La tei : 8% ene lan ia DT SSA 5) ASTA I a Pea Li fel © i deh Q wo = =) w u=) i dà Mm cu cy e a a 9 (2°) (=, (e) (=) Q ©) 2, : | ta ° : (©) 8 (>) 32 T. CHIAPPI Cite III III III III ICE ICI CI CII CCI ICI III ICI III CIC AIII III - Variazione delle parti. Per calcolare la variazione delle parti ho tenuto conto dei valori medi, degli indici di frequenza, delle classi estreme e dei limiti di maggior frequenza. Le differenze quantitative più notevoli fra gl’individui dei varì gruppi sono le seguenti: Il gruppo A è caratterizzato dal presentare il più grande sviluppo della lunghezza del rostro (e f) (mass. variante media 28). Il gruppo B è caratterizzato dal presentare lo spessore ing 360” del capo (1 l°) notevolmente meno sviluppato di tutti gli altri gruppi (massima variante 46; media 44), i due diametri dell'occhio (nn’; mm’) con il massimo valore osservato (mass. var. 29; media 29). Gli individui di questo gruppo presentano pure il più grande sviluppo della lunghezza oro-anale (p. p’) (mass. var. 264; media 248). Il gruppo C è caratterizzato dal presentare il minimo valore della altezza massima (c d) (mass. var. 88: media 85); in conseguenza di queslo fatto l’animale appare assai più slanciato rispetto agli individui degli altri gruppi. ll gruppo D è caratterizzato dal presentare il minimo valore della lunghezza del rostro (e f) (mass. var. 25: media 23,56; dal massimo valore dell’ altezza della pinna dorsale (qq)che nei g del fiume Sile raggiuge la mass. var. di 84 e la media di 80.50. Il gruppo E è caratterizzato dal presentare il massimo sviluppo dell’altezza del corpo (c d) che nelle presenta le mass. var. di 124 e una media di 107. Questo fatto potrebbe dipendere dal modo come si dispongono le uova entro il corpo materno, non già dal numero di esse, poichè in tal « LEUCISCUS » ITALIANI 33 soouenanazzaseseaseeseccccceusssea0sen:eicsc00eccccccesiesccoccceiascesieeccceeee s0onacusneeeesceaeccecionisnenecioeceeeenceeceonie;i—o0ioeioo sonori sirisnananeso caso anche la lunghezza oro-anale verrebbe a segnalarcelo. Inoltre gli individui di questo gruppo presentano l’occhio notevolmente più piccolo degli individui delle altre loca- lità, con i due diametri eguali (mass. var. 22; media 20). Il gruppo F è caratterizzato dal presentare le pinne pettorali e ventrali notevolmente meno sviluppate degli in- dividui degli altri gruppi; dal presentare le dimensioni del capo notevolmente sviluppate (come il gruppo A). Da ultimo mi è risultato che gli individui giovani pre- sentano le dimensioni del capo e l’occhio notevolmente più sviluppati dei rispettivi adulti : (GRUPPO E). (individui giovani mass. var. 91, Media 36 — nella lungh. del capo) pad: adulti id. 87 id. 81 — id. ) (individui giovani id. 28. id. 26 —neidiametri dell’occhio) (ride. adulti id, 22. (lido: 20— id. ) Prima di tralasciare questo capitolo debbo far notare come tra gli individui del sruppo D, comprendente mate- riale di località diverse, ho trovato alcune differenze quan- titative, le quali, benchè di poca entità, potevano venire a distinguerli, ma per altri caratteri comuni, che ora passo ad esporre, e per il facies assai somigliante, li ho raggrup- pati insieme, dopo averli però studiati separatamente. ra Dopo l'esame quantitativo statistico da me fatto ho esaminato ancora una volta gli esemplari in questione, tenendo conto di altri caratteri, come per esempio : le ossa faringee, i raggi delle pinne, le squame, la forma e posizione della bocca e così via. | Da tali osservazioni mi è risultato che esistono fra Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. Anno XV, Fasc. I, Il e III 3 34 Te CHIAPRPI orovaceeeeseseseeazeesecesase eccone e‘00000’“00‘0‘00000‘0000000000Qnceniecccscssiasicoecccc0cccQcesciscescescccce;i00000000000000Q0eoe sossosssesescazeonee gli individui delle varie località differenze notevoli che ora passo ad esporre, riferendo anche quelle notate già dal Principe di Canino. Gli individui del gruppo A (dei laghi del Lazio) cor- rispondenti sia per caratteri che per la provenienza al Leuciscus rubilio Bp., presentano il profilo del capo che quasi retto fino alle narici, si unisce con un sensibile risalto a quello del dorso che è più converso del profilo del ventre. (Vedi Tav., fig. 2). Lo squarcio della bocca è obliquo e non oltrepassa la metà della lunghezza del rostro. La mascella supera un pochino in avanti la mandibola. Le ossa opercolari sono arrotondate. L’origue della pinna dorsale è un pochino indietro a quella delle ventrali. Il margine terminale della dorsale è leggermente con- cavo. Le pettorali, le ventrali e l’anale sono di un rosso bruno, in ispecie nel periodo degli amori; la dorsale e la codale sono di un giallo verdognolo. La parte supe- riore dell'animale è azzurro cupo, i fianchi e il ventre sono argentini. Il numero dei raggi delle pinne è il seguente : Dorsale Pettorali Ventuali Anuale 3 Di 16-17 10 - 10-11 Le squame della linea laterale (Vedi Tav., fig. 1) sono di forma abbastanza regolarmente esagonale, quasi tanto alte che lunghe; il margine aderente alla cute presenta nel suo mezzo una sporgenza ; il fubino mucoso ha origine un poco dietro al centro della squama (1) e si estende su (1) Per centro della squama intendo il punto da dove irradia la striatura a ventaglio. « LEUCISCUS » ITALIANI 35 circa i 2]3 della superficie scoperta, la quale è solcata da striature a ventaglio, irradianti dal centro. Nella /inea laterale si contano da 39 a 42 squame, nella Ziuea trasversale 4 al disotto della serie della linea laterale (1) e da 7 a 8 al disopra Ea) 4 Le ossa faringee presentano la branca superiore più corta dell'altezza del corpo dell'osso che presenta al mar- gine esterno un prolungamento aliforme in corrispondenza dello spazio tra il 1° e il 2° dente e la branca inferiore leggermente contorta (Vedi Tav., fig. 3). Negli individui del gruppo B, corrispondenti sia per caratteri che per provenienza al Leuciscus transimenicus Bp., il profilo del capo è quasi retto e si unisce senza ri- salto a quello del dorso che è pochissimo convesso fino alla pinna dorsale poi rettilineo fino alla codale, come pure presentasi quello del ventre. (Vedi Tav., fig. 5) Per questo carattere l’animale apparisce molto più slanciato del precedente e presenta, come abbiamo ve- duto, l'altezza massima inferiore a quello. Lo squarcio della bocca è un poco più obliquo che negli individui del gruppo A ed ugualmente piccolo. La mandibola sorpassa un poco in avanti la mascella. Le ossa opericolari sono triangolari con l'angolo un poco arrotondato. L'origine della pinna dorsale è un pochino indietro a quella delle ventrali, più che negli individui del gruppo A. Le pinne pettorali, ventrali ed anale presentano un colore roseo. (1) Nel numero delle squame della linea laterale non ho SOniaggiato la serie impari dorsale e ventrale. 36 T. CHIAPPI La parte superiore dell'animale è di un verdognolo chiaro, i fianchi sono argentini. Il numero dei raggi delle pinne è il seguente: Dorsale Pettorali Ventrali Anale Re; Là 10 1 9 9-10 Le squame della linea laterale (Vedi Tav., fig. 4) sono di forma quasi semicircolare, col diametro orizzontale notevolmente minore di quello verticale. Nel mezzo del margine aderente alla cute, in luogo della sporgenza osservata sì nota un infossamento. Il tubicino mucoso ha origine quasi in prossimità di quel margine e si estende sui 2]3 della superficie libera. Le striature a ventaglio sono appena visibili. Nella linea laterale si contano da 40 a 44 squame, 4 nella trasversale (€) 8 Le ossa faringee (Vedi Tav.. fig. 6) presentano la branca superiore, anche più corta che negli individui del gruppo A, relativamente all’altezza del corpo, il prolungamento aliforme è in corrispondenza dello spazio tra il 2° e 3° dente. La branca inferiore è sottile e non contorta. Gli individui del gruppo C ed F (Vedi Tav., fig. 8) si devono riferire, come ho esposto in una mia nota (1) al L. Fucini Bp. — Nello studio quantitativo ho conside- rato questi due gruppi separatamente per mettere in evi- denza le differenze, ma per gli altri caratteri, che ora e- sporrò, che sono identici, non è necessaria tale distin- zione. I profili del capo, del dorso e del ventre sono poco arcuati. —__—_tm6mÉ—m—————————€m€ (1) CHiappiI T. Il Leuciscus Fucini Bp. — Rend. della IV assemblea ordinaria e del Convegno dell’Unione Zool. ltal. in Rimini, 12-10 settembre 1903. « LEUCISCUS » ITALIANI II cassuseseanazenaaeaana sea za za nea na za a ASTA ATA ENTE TENTAZIONI L’animale appare anche più slanciato del precedente, a causa del piccolissimo valore dell’altezza massima del corpo. Il capo è di forma triangolare, esso continua senza risalto i profili del dorso e del ventre. Lo squarcio della bocca è piccolo e meno obliquo che nei gruppi precedenti. La punta del muso è ottusa, la mascella sorpassa leg- germente in avanti la mandibola. Le ossa opercolari sono arrotondate. L'origine della pinna dorsale è un pochino indietro a quella delle ventrali. Le pinne pari e l’anale si presentano di colore giallo- gnolo con strie rosse. La parte superiore dell'animale è di colore verde oliva, i fianchi sono di un argenteo-sporco. Il numero dei raggi delle pinne è il seguente: Dorsale | Pettorali Ventrali Anale to 16-17 10 je 9 9-10 Le squame della linea laterale (Vedi Tav., fig. 7) sono irregolarmente circolari, con il diametro verticale un poco maggiore dell’orizzontale, presentano una marcata sporgenza nel margine aderente alla cute. Il tubicino mucoso partendo dal centro della squama, sì estende per circa 23 sul margine libero, che presenta un'evidente striatura a ventaglio. Nella linea laterale si contano da 39 a 41 squame, nella traversale (3 7 (8) Le ossa furingee (Vedi Tav., fig. 9) presentano la branca superiore notevolmente più lunga del corpo dell’osso, il prolungamento aliforme in corrispondenza del 3° dente. La branca inferiore assai sottile e molto lunga. Gli individui del gruppo D (Vedi Tav., fig. 11) li ho riferiti 38 T. CHIAPPI Cud UU T III III. sersosssnnesaseo alla specie Squalius aula Bp. Gli esemplari descritti dal Bo- naparte provenivano dai canali del Veneto. Ho esaminato anch'io parecchi individui della stessa località di quelli esa- minati dal Bonaparte e questa stessa forma la ho rin- venuta anche nei laghi di Varano e di Como e tutti ho do- vuto riferirli alla suddetta specie, non essendo io riuscito a trovare alcuna differenza tra di essi benchè vivano in ambienti tanto diversi. I profili del capo sono leggermente arcuati, il superiore si unisce con risalto, appena visibile, a quello del dorso, che è più convesso di quello del ventre. La squarcio della bocca è assai piccolo e pochissimo obliquo. La mandibola appena visibilmente più corta della ma- scella. L’opercolo è giallo dorato, arrotondato, il preopercolo triangolare con angolo quasi retto. La pinna dorsale comincia proprio al disopra dell’ori- gine delle ventrali, il suo margine è rettilineo. | Le pinne pari e l’anale sono in certi individui gialla- stre, in altri grigie. La parte superiore dell'animale è azzurra con riflessi dorati, i fianchi sono biancastri. Lungo i fianchi sì osserva quasi sempre una fascia grigia, specialmente marcata alla base della codale. Il numero dei raggi delle pinne è il seguente; Dorsale Pettorali Ventrali Anale 8 1613 10 3 9-10 9-10 Le squame della linea laterale (Vedi Tav., fig. 10) nel mar- gine libero sono arrotondate, in quello che aderisce alla cute troviamo 3 sporgenze; una nel mezzo e due ai lati, di queste ultime, generalmente è più marcata quella su- periore. La striatura a ventaglio è più marcata nella su- E n « LEUCISCUS » ITALIANI 39 Poe TI TITTI TITTI TITTI TIT TECTITI TI TITTI TITTI CCC ITCCCITCTTI Tit perficie coperta che nell'altra, il fubicino mucoso parte dal centro e si estende oltre la metà della superficie scoperta. Nella linea laterale si contano da 38 a 43 squame, nella trasversale: (3) TINGE Le ossa faringee (Vedi Tav., fig. 12) presentano la branca superiore molto robusta, più lunga del corpo dell’ osso e rivolta in alto. Il prolungamento aliforme in corrispondenza dello spa- zio compreso fra il 2° e il 3° dente. La branca inferiore, breve e tozza. Gli individui del gruppo E (Vedi Tav., fig. 14) corrispon- dono alla specie Leuciscus rubella Bp. Il Bonaparte raccolse gli esemplari di questa forma nei fossi dei dintorni di Roma, onde io pure ebbi il materiale, egli esclude che si rinvenga in alcun lago, il che posso affermare anche io. I profili del dorso e del ventre sono più convessi che nella forma precedente. fatto connesso con la variazione in più dell'altezza massima, come fu notato. Inoltre il ventrale è più convesso del dorsale, contra- riamente a quanto si osserva in quella. I profili del capo si uniscono con sensibile risalto a quelli del dorso e del ventre. Gli individui maschi di questo gruppo, nel periodo degli amori, presentano costantemente delle spinuzze sulcapo e sui fianchi; questo carattere fu notato anche dal Bona- parte il quale lo estendeva anche ad altri Leuciscus, io però solo in questi ho trovato costantemente questo carattere. Lo squarcio della bocca non differisce dal gruppo precedente, sia per grandezza che per obliquità. Così pure le ossa opercolari non differiscono sensibilmente. La po- sizione della pinna dorsale è come nel gruppo precedente, 40 T. CHIAPPI mueneeecenazancaocconenacieeeeecceen DI DIECI EIFEZOSE ON e RUNE SIE | (VENETO) 9 | Dl INTE 9 ST IS 9] 0.08| 13 17|0.06| 14 8| 0.09 10| 0.17 13] 0.06 80.11 11|0.16 70.11 70.15) 3 vw AGO COMO LAGO — DI VARANO Se CONA | CANI Co 13 15 Pl gT CCA iuV. a | FOSSI DEI DINTORNI DI ROMA | CANALE COLLETTORE DEL FUGINO Vel a | x o 0.14] 13 0.16| 13 0.09] 13 0.19) 9 0.22] 5 0.22] 5 0.18) 3 0.19] 35 0.08] 22 0.20] 19 9 0.16] 13 0.05] 19 0.12] 11 0.09] 17 0.12) 12 0.15] 11 14|0.16| 11 13| 0.19 12] 0.02 9|0.32 8 tI 5 5) 0.20 5] 0.20 13) 0.35 qu _ 15| 0.12) 7 13| 0.05) 13 18) 0.25] 13 9/0.17| 5 170.08] 12 13| 0.13 11/0.17 NI 15| 0.26 9/ 0.17 9/ 0.09 70.09 4/0.05 40.10 0.11 0.11 0.12 0.16 0.15] 610.21 0.15) 6) 0.21 0.05 0.06] 12| 0.12 0.05] 13| 0.04 0.17] 8|0.11 0.08] 6) 0.11] 0.04/11| 0.05 0.08) 7|0.10 0.05] 4| 0.06 0.09] 5| 0.08 0.16] 7) 0.13 70.16 (4 5 5 4 2 c4 Ri 0.04 0.06 0.06 0.07 0.22 0.22 0.17 0.15 0.03 0.07 10.10 0.04 0.14 0.07 0.06 0.08 Boll. Soc. Zool. Ital. CHIappi. Leuciscus italiani. E. Calzone, inc. T CHIAPPI 47 PRPSPEPPE CITE TE EEE COTE CECI IIS IA SIA I IIS III CILE CI TICELITT ITTICA TIE III ETTI TETI CI CICCO Spiegazione della Tavola i. Leuciscus rubilio, Bp. Squama della linea laterale. 2. Id. Profilo del capo. 3. Id. Osso faringeo. 4. L.rubilio, Bp. var. frasimenicus, Bp. Squama della linea laterale Ò. Id. id. Profilo del capo. 6. la: id. Osso faringeo. 7. L. rubilio, Bp. var. Fucini, Bp. Squama della linea laterale: 3. Id. id. Profilo del capo. 9 Id. id. Osso faringeo. 10. L. rubilio, Bp. var. aula, Bp. Squama della linea laterale. A1E Id. 1d Profilo del capo. 19, Id. id. Osso faringeo. 13. L. rubilio, Bp. var. rubella, Bp. Squama della linea laterale. 14. Id. id. Profilo del capo. 15. Id. id. Osso faringeo. PASSER DOMESTICUS (Lin). Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con Sede in Roma dal socio prince. D. FRANC. CHIGI (1) Allorchè nel Bollettino della nostra Società furono pub- blicate le mie osservazioni sulle tre forme di Passer do- mesticus che vivono in Europa non avevo ancora potuto ottenere un sufficiente materiale dalle regioni ove ritenevo trovarsi la forma intermedia, anche per la colorazione del pileo, fra il tipo domesticus ed il tipo Italiae. Con tutto ciò credetti poter concludere, e sarebbe troppo lungo ripor- tarne qui le ragioni, che il tipo domesticus ed il tipo Ita- liae non sono che due sottospecie d’una specie unica. Ora dal sig. Graziano Vallon di Udine ho avuto, parte in esame e parte in dono, una buona serie di passeri del Friuli, che, a mio parere, conferma pienamente le conclu- sioni alle quali ero giunto. Fra 9 esemplari di Udine, otto appartengono al tipo Italiae var. subalpina, con marginature del pileo più o meno estese; uno di essi, còlto nel maggio, è notevole per la persistenza di larghi margini grigi alle penne del pileo ; il nono esemplare (24-vin-1900) ha il pileo interamente grigio- bruno con scarsissime sfumature castagne. Per questo ca- rattere assomiglia molto al tipo domesticus, ma ne è diverso per il tono della tinta del pileo che è grigio-bruna e non grigio-cenerina. Dei sei esemplari còlti sui confini orientali del Friuli, due (23-xn-1905) appartengono al tipo /faliae ed alla varietà tipica di questa sottospecie; due (6-x1-1900 e 10-x11-1902) hanno la colorazione castagna limitata alla base delle penne (1) Ved. Boll. Soc. Zool. Ital. 1901, p. 127-146. Bolleltino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fa0c. I, II e IITI 4. 90 FRANCESCO CHIGI della parte posteriore del pileo e della fronte; uno( 23-x1- 1900) ha tinte castagne molto limitate soltanto nella parte posteriore del pileo ed uno finalmente (ottobre 1905) ha pileo e fronte assolutamente privi di tinte castagne. Questi ultimi quattro esemplari si assomigliano talmente fra loro che sarebbe proprio ridicolo attribuirli a due specie diverse solo perchè alcuni hanno alla base delle penne del pileo e della fronte una piccolissima macchia castagna che manca agli altri. Gli esemplari di questa serie, uccisi tutti in autunno, avrebbero forse assunto in primavera una tinta castagna più estesa sul pileo, ma certamente meno estesa che nei veri rappresentanti della var. Italiae. Ritengo quindi ne- cessario distinguere come una nuova varietà questo tipo che è il vero anello di congiunzione fra le sottospecie /ta- liae e domesticus; ed a questa varietà darò il nome di var. Valloni poichè fu il solerte ornitologo friulano che, con squisita gentilezza, mi fornì materiale e notizie. Alle varietà da me già indicate deve dunque aggiungersi : g) var. Valloni — Simile alla subalpina, pileo grigio- sudicio con pochissime o senza tinte castagne. Ritengo che questo tipo debba trovarsi lungo tutti i confini dell’Italia settentrionale, e probabilmente anche nel mezzogiorno della Francia. Si noti infine che la var. Valloni può considerarsi tanto come una forma della sottospecie domesticus con tendenza ad assumere le tinte castagne sul pileo, quanto come una forma della sottospecie /Yaliae con tendenza verso il tipo domesticus : ciò è indifferente perchè la distinzione di sottospecie nel presente caso non ha nulla di assoluto, è pura- mente una suddivisione di comodo per lo studio delle forme. Istituto ZooLogcico pELLA R. UNIiversITÀ DI ROMA diretto dal Prof. Comin. A. CARRUCCIO DI UN'URETRITE SIMILGONOGOGCIGA IN UNA CAVIA Comunicazione del socio V. Barnabò alla Società Zoologica Italiana Comunico alla Società Zoologica il seguente caso, che credo degno di nota, perchè non riscontrato nella moderna letteratura, che ho potuto consultare. Il 18 gennaio 1906 per alcune mie esperienze, tuttora in corso, sulla cosiddetta glandola interstiziale del testicolo, operai una cavia, di gr. 260, di resezione del deferente dal lato sinistro. L'operazione procedette senza incidenti, e l’animale stette perfettamente bene anche nei giorni suc- ‘cessivi. Il 1° febbraio la cavia stava bene: la ferita operatoria ‘era cicatrizzata; ma alla mattina del 2 febbraio trovai la cavia morta. All’autopsia notai la ferita cicatrizzata perfet- tamente anche nei piani muscolari. Il testicolo dal lato operato era atrofico, flaccido ; il deferente era sezionato e interrotto per buon tratto : mentre il testicolo dall'altro lato appariva normale. Le vescicole seminali erano piene. Tutti l visceri toracici e addominali erano normali : come pure normali erano le meningi e il sistema nervoso centrale. Ritrovai solo la vescica urinaria enormemente dilatata e ripiena di urina. Gli ureteri, i calici renali, i reni appa- rivan normali. Il pene era invece turgido e svaginato. Ia- cendo pressione sulla vescica, non riescî a far uscire l’urina 59 V. BARNABÒ dall’uretra. Premendo poi lungo l’uretra, uscì dal meato urinario del pus molto denso e di colorito biancastro. Isolato allora, e asportato tutto il sistema uropoietico, fa- cendo delle sezioni trasversali dell’uretra, notai che la mu- cosa dell’uretra peniena era turgida, tumefatta, e che il lume dell’uretra posteriore era notevolmente ristretto, tanto in alcuni punti da lasciarvi appena penetrare la punta di un ago. Da questo reperto ritenni che si trattasse di una uretrite, che avesse determinato un notevole restringimento acuto uretrale, causa di ritenzione di urina, e di conse- guente morte per intossicazione uremica acuta. Sorpreso da questo fatto, non feci delle colture dalla scarsa quantità di pus uretrale, e mi limitai ad alle- stire dei preparati microscopici coi comuni metodi di colorazione, col liquido di Lébffler (blu di metilene) e col metodo di Gram con consecutiva colorazione di solu- zione aquosa diluita di fucsina. Questi preparati riu- scirono per altro interessanti. Potei notare che il pus era costituito (v. figura) da leucociti o polinucleati o a nucleo polimorfo, e da cellule di sfaldamento epiteliale in varì stadi di distruzione, e da scarso muco. Vi erano delle for- me di stafilococchi, di streptococchi a breve catena, e di diplococchi. Alcuni di questi però si differenziavano note- volmente dagli altri comuni, piccoli e rotondeggianti, per la loro grossezza, per la loro più intensa colorabilità, per la loro forma caratteristica a chicco di caffè, e per la loro situazione tanto estracellulare, sia a forme isolate sia ad ammassi caratteristici, quanto intracellulare, nel protopla- sma dei leucociti e delle cellule di sfaldamento uretrale. Questi caratteri mi fecero pensare al gonococco di Neisser, e simile impressione riportò anche chi vide i miei preparati senza esser prevenuto sulla loro provenienza. Esaminando però i preparati eseguiti col metodo di Gram, mi avvidi che RITO en ne e "I ner e eg" UN'URETRITE SIMILGONOCOCCICA IN UNA CAVIA 03 simili diplococchi restavano colorati in violetto, differen- ziandosi perciò dal caratteristico gonococco. che suole re- star decolorato, quantunque il Casagrandi (1) ammetta che anche il sonococco, nelle forme endocellulari di pus vecchio, possa resistere alla decolorazione. Dando una rapida scorsa alla bibliografia, non ho tro- vato descritta una forma di gonococco specifico delle cavie: mentre ho trovato che pel gonococco di Neisser specifico dell’uomo, il Macé(2) ritiene gli animali in genere refrattari, e | specialmente il coniglio, il cavallo e le scimmie, in seguito ad inoculazioni nell’uretra di colture pure e di pus. Legrain (3) ottenne nella cavia soltanto una leggiera infiammazione della congiuntiva con scarsa secrezione, contenente alcuni globuli di pus con gonococchi nel loro interno. Positìve invece riuscirono sempre le inoculazioni nell’ uretra sana di uomini e di donne, praticate da Bokai (4), da Bockart (5), da Bumm (6), da Wertheim (7), da Kiefer (8), da Finger (9) e da altri autori. Furono fatte anche iniezioni negli ani- mali, mediante colture pure, e nel peritoneo, da Nicolaysen e 2 —-—PT_ (1) CASAGRANDI O. — Batteriologia — Nel Manuale dell’ Igienista di A. Celi — Roma-Milano, 1904. (2) MAcÉ — Traité de Bactériologie — Paris, 1902. (3) LEGRAIN — Recherches sur les rapports qu’affecte le gonococque avec les éléments du pus blennorragique — Archives de physiologie, 1887 — Cit. da Macé. (4) BokAr — Ueber den Contagium der acuten Blenorrhoae — Allgem. Me- dicin. Centralz., 1880. (9) BocKART — Beitràge zur Kenntniss der Gonococeus. — Monatshaefte f. prakt. Dermatologie, 1886. (6) Bumm — Der Mikroorganismus der gonorrhoischen Schleimhaut Erkran- kungen. — Wiesbaden, 1885. — Beitrag zur Kenntniss der Gonorrhoae der weiblichen Genitalien. — Ar- chiv fiùr Gynaekologie, 1884. (7) WERTHEIM — Zur Lehre von Gonorrhoeae. — Prager medie. Wochen- schrift, 1891. (3) KieEFER — Zur Kultur des Gonococcus Neisser. — Berliner Klinische Wo- chenschrift, 1895. (9) FINGER, GHON U. SCHLAGENKAUFER — Beitr. zur Biologie des Gonococcus. — Centralbl. f. Backteriol., 1894. 54 V. BARNABÒ Lyder (1), il quale nelle cavie ottenne un essudato peri- tonitico contenente gonococchi, un’affezione purulenta nel cane, e non produsse un’affezione localizzata al punto d’iniezione nel topo. Schafer (2) ebbe varì risultati colle inoculazioni di colture nel sottocutaneo del cane e del- luomo; Scholtz (3) trovò che il gonococco nelle cavie e nel topo bianco non dà luogo ad una affezione specifica, ma tuttavia è tossico: Jundell (4) ottenne nelle cavie, nei topi, nei cani inoculati nel peritoneo un essudato conte- nente gonococchi; Heller (5) produsse una congiuntivite nei cani: Cantani (6) ebbe anche risultati positivi nella congiuntiva dei cani e delle cavie, come aveva ottenuto Heller e Legrain, e per di più ottenne anche una pleurite e una peritonite colle inoculazioni di gonococco in co- deste sierose; finalmente Maslowski (7), inoculando la gonotossina nell’utero delle cavie, trovò degli ammassi di essudato nel peritoneo intorno alle corna uterine. Ora, nel nostro caso, io non credo si tratti del vero gonococco del Neisser, perchè il carattere della decolorazione col Gram è importante per una diagnosi differenziale. Il Bosch ($) ha dato una tabella dei germi simili per forma al gonococco. e che si differenziano da esso per il resi- (1) NicoLaySEN LyDER — Zur Pathogenitàt u. Giftigkeit des Gonococcus. — Centralbl. f. Backteriol., 1897. @) SCHAFER — Beitrag zur Frage der Gonokokkentoxine. — Fortschr. f. Medic. 1897. (3) ScHoLtTz W. — Beitràge zur Biologie des Gonococcus. — Archiv fùr Dermatologie, XLIX. (4) JUNDELL — Experimentela och Kliniska undersòkniugar òfver Gonococ- cus Neisser. — Hygiea, 1900. — Centralbl. f. Backteriol. 1900. (5) HELLER — Cit. da Lyder Nicolaysen. (6) CANTANI ‘A. — Beitrag zum Studium der Gonokokken — Riforma me- dica, 1899. Centralbl. F. Backteriol., 1900. (7) MASLOWSKI — Le réle de la toxine da gonococque dans les inféctions gonorrhéiques des organes génitaux internes de la femme — Annales de Gy- nécologie, 1899. (8) BoscH — Cit. da Macé e da Casagrandi. Pe Cnn Su n TIT R —__r "on stere o non resistere al metodo di Gram, e per lo sviluppo in gelatina, fluidicante o no. Io non feci, come dissi, delle colture dall’esiguo materiale che ebbi, e perciò mi manca un carattere importante per la diagnosi. Basandomi dunque soltanto sulla colorabilità col metodo di Gram, dirò che il Bosch ricorda tra i germi resistenti a questo metodo il Di- plococcus subflavus (Bumm) che liquefa la gelatina, si trova nel muco vaginale, e che, secondo le ricerche di Legrain. non è patogeno per le cavie, quand'è inoculato nel sotto- cutaneo: il Micrococcus lacteus faviformis (Bumm), che non liquefa la gelatina, sì trova nel muco vaginale normale, ma non ha importanza patogena : il Diplococco bianco-grigiastro (Legrain), che non fluidifica la gelatina, si trova normal- mente nell’uretra sana, e non ha importanza patogena; e finalmente il Diplococco a colonie foliacee (Legrain), fluidi- ficante la gelatina, raro nel pus uretrale, riscontrato nel muco uterino, e senza importanza patogena. Vi sono poi tre germi che liquefanno la gelatina, che non hanno impor- tanza patogena, e il cui comportamento rispetto al Gram non è ben conosciuto: e sono il Diplococco bianco-giallastro (Le- grain), il Micrococco aranciato e il Micrococcus ochroleucus. Ho voluto dire di questi varì germi, perchè facilmente si possa escludere che il similgonococco da me ritrovato nel pus uretrale di quella cavia sia uno di essi, pur non avendo i caratteri culturali, ma basandosi sui singoli caratteri bio- logici. Io penserei piuttosto che si trattasse di un germe specifico dell’uretrite nelle cavie, perchè il numero di tali diplococchi nel pus è assai rilevante, e perchè vi sono molte forme endocellulari nei globuli bianchi e nelle cellule di sfaldamento. È logico pensare che specialmente contro i germi specifici sarà stata rivolta lazione fagocitaria degli elementi leucocitarì ; e che, a simiglianza di ciò che accade pel gonococco di Neisser, sia il germe specifico quello che 06 V. BARNABÒ specialmente nei leucociti trova il suo substrato vitale. Il rinvenire poi insieme stafilococchi, streptococchi e altri diplococchi non può escluderne la specificità, dal momento che anche nell’uretrite umana, specifica da gonococco di Neisser, si ritrovano insieme col gonococco altri germi, quando, come bene osserva il Campana (1), si passa da una uretrite specifica ad una uretrite specifica e settica. Inoltre sì può ritenere che simili germi comuni abbiano potuto accrescere la virulenza di questi diplococchi per simbiosi bacterica. Io credo quindi che, nello stesso modo col quale al giorno d'oggi si è trovato un bacillo tubercolare specifico per la tubercolosi dei pesci, un altro specifico per la tu- bercolosi degli uccelli, un terzo specifico per la tubercolosi dei mammiferi, e si è potuto stabilire una serie di bacilli tubercolari simili per proprietà morfologiche, culturali e anatomo-patologiche, si possa altresì ammettere che esista un gonococco specifico della blenorrea umana e gonococchi specifici per le uretriti in altri mammiferi. La cosa perciò mi pare interessante. Sarebbe stato pure interessante sapere come sì è infettata quella cavia: ma chi lo può dire? Io ho esaminate le altre cavie, un maschio e una femmina, che si trovavano nella medesima gabbia: ma ron v'ho riscontrato nessun fenomeno analogo. È però da notare che morirono tempo fa altre cavie femmine, le quali erano state nella stessa gabbia, e di cui manca il reperto. In ogni modo il fatto è raro, e staremo a vedere se, esaminando ancora attentamente altre cavie, si osserverà qualche caso simile a quello ora descritto. Roma, febbraio 1506. e, 1eoeoHt (1) CAMPANA R. — Dei morbì sifilitici e venerei. — Genova, 1894. Contributo allo studio della secrezione delle: GLANDOLE SALIVARI per il D" R. MARCHESINI Aiuto alla Cattedra di Patologia Gener lo Libero Docente nella Regia Untiversità di Roma Comunicazione alla SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma —_—__T_—©_—————°°° Dopo la scoperta di Heidenhain su i cambiamenti che subiscono le cellule glandolari in stato di riposo e di se- crezione, si è venuti alla conoscenza dei fenomeni citologici che accompagnano il processo della formazione e dell’e- missione del secreto nelle glandole appartenenti al tubo digerente. Queste modificazioni, che assume la cellula glandolare durante la secrezione o durante il riposo, sono state poste meglio in vista dal Langley (1) e dal Bidermann che l'hanno studiate nella glandola salivare appena staccata dall’ani- male, senz’altra preparazione. Essi hanno potuto accertare che nelle glandole salivari, sia sierose che miste, durante il riposo funzionale si elabora una sostanza granulosa, che durante l’attività scompare, avanzandosi prima dalla base cellulare verso il lume del canalino ; finchè, in seguito ad un'attività funzionale prolungata, scompare passando nel secreto, e le cellule allora rimpiccoliscono e si ritraggono. Questo fatto di emissione del secreto pare che avven- ga per virtù di fini canalini scavati tra le cellule di rive- stimento o che s’iniziano verso la metà dell'altezza della cellula. Tali canalini interepiteliali furono osservati la prima volta dal Langerhans (2) nel 1869 nelle cellule del 58 R. MARCHESINI pancreas, e servono a facilitare l’escrezione del prodotto cellulare. Tali canalini intercellulari esistono nel fegato, Ranvier l'avrebbe riscontrati nell’epitelio delle glandole sudorifere e da me (3) furono visti nelle cellule delle capsule surrenali in comunicazione con le vie sanguigne, A spiegare l’importante meccanismo della formazione dei prodotti che costituiscono il secreto glandolare si sono succedute diverse teorie. Secondo Cl. Bernard si avrebbe nei processi secretori una continuata formazione di protoplasma a spese di ma- teriali nutritizi che arrivano alle cellule, e dall’altra parte una più o meno profonda disintegrazione di esso per la funzione dei prodotti secretori. Secondo l’Heidenhain ed altri, si avrebbe una parziale distruzione del protoplasma per la formazione del secreto, rimanendo il resto inalte- rato intorno al nucleo. Secondo Hertwig, Ofliiger, Nussbaum, Van Gehuchten, Langley e Ranvier i materiali nutritizi verrebbero trasformati dal protoplasma in prodotti secre- tori per una speciale proprietà del protoplasma di utiliz- zare il materiale greggio a lui apportato a profitto della secrezione (Vedi Lustig) (4), E noi ammetteremo con il Duval che non esiste una secrezione olocrina o merocrina: ma è solo un momento dell'atto dell’escrezione che fa apparire questa distinzione. Giacchè dovremo riguardare la secrezione delle cellule glandolari come l'atto con il quale la cellula clabora dei materiali che accumula in essa; e la escrezione delle cel. lule glandolari come l’atto con il quale la cellula versa questo materiale nella cavità della glandola. Così, secondo anche CI. Bernard, la bile sarebbe una escrezione esterna della cellula epatica, il glicogeno una escrezione interna della medesima cellula. A questo punto non siè fermata la ricerca ed ora gli GLANDOLE SALIVARI 99 studi tendono alla specializzazione microchimica dei pro- dotti di secrezione. Nelle cellule glandolari (vedi Lustig, op. c.) che produ- cono sostanze da esse stesse elaborate sono stati riscontrati prodotti solidi e liquidi. Queste ricerche sono state applicate in larga scala su tutte le glandole secernenti dell'organismo, e Nicolas (5) e Rawitz (6) ne hanno fatto speciale studio nelle glandole salivari. E tutti sono giunti alla conclusione, come sopra si è visto, che gli elementi granulosi in genere si riscon- trano in quantità assai differente a seconda dello stato della cellula, se cioè in attività secretoria o in stato di riposo, ma oltre queste granulazioni furono riscontrati degli ele- menti speciali di configurazione rotonda ed ovale di grosse dimensioni, detti plasmosomi e che Nussbaum e Gaule descrissero come nuclei accessori, i quali Ver Eecke chiamò cariosomi perchè secondo quest autore si producono per gemmazione nucleare. Uniti a queste granulazioni sarebbero stati rinvenuti anche particolari filamenti detti ergastoplasma da Garnier e Prenant, che avrebbero l’alto ufficio di produrre la sin- tesi dei prodotti di secrezione a spese del materiale nutri- tizio. Altre cellule poi secretorie non avrebbero altra virtù che di raccogliere nei loro vacuoli il secreto liquido che poi verserebbero nel lume glandolare. All’esecuzione infine di questa mirabile funzione cellulare pare che il nucleo abbia una parte importantissima ; e l’idea di Leydig è stata seguita e rafforzata da molte osservazioni di altri eminenti autori e giustamente, se si pensa quanta parte ha il nucleo in tutte le funzioni della cellula. Perla dimostrazione scientifica della teoria delle se- crezioni cellulari si è ricorso all’ iniezione intravasale di sostanze coloranti innocue, e l’Heidenhain (7) secondo il 60 R. MARCHESINI metodo ideato dal Chrzouzsezewsky (9), iniettava il solfoin- dacato di sodio entro i vasi, e ne studiava l'eliminazione attraverso le cellule renali. Questa applicazione ha giovato immensamente alla teoria delle secrezioni, ma tale espe- rienza non abbracciava tutte le glandole, ed è servita più di tutto a portare un forte contributo nella lotta tra la teoria vitalistica del Bowann e la meccanica del Ludwig. (vedi Luciani) (7). È a seconda di questo indirizzo che ho voluto anche io tentare l'esperimento, per poter avere una dimostrazione scientifica anche nella secrezione delle glandole salivari. A tal uopo tenendo conto dell’esperienze dell’Heidenhain ho voluto modificarla unendo all’ indaco della pilocarpina e praticandone iniezioni intravenose. Il risultato, se non as- solutamente dimostrativo, fu incoraggiante perchè riscontrai la glandola paretide in un coniglio con punti colorati in bleu: ma desiderando poter seguire l'iniezione attraverso le cellule pensai allora di iniettare nell’animale qualche liquido salino che certamente potesse essere eliminato dalla glandola salivare. Pensai così al joduro di potassio e ne iniettai nel coniglio dosi ripetute tali da esser certo che l'eliminazione avvenisse abbondante per mezzo della saliva. Ucciso l’animale e tolte rapidamente le glandole salivari le ponevo in una soluzione satura idroalcolica di sublimato corrosivo; in molta quantità di liquido fissatore in rapporto al piccoli pezzi di glandola. In tal modo si precipita un sale basico rosso-bruno che con eccesso di alcali si tra- sforma in Hg0 giallo: perciò il sublimato deve essere ag- giunto in eccesso. Ora siccome lo joduro di potassio per potere essere eliminato dalle glandole doveva naturalmente passare a traverso dei suoi epitelii, così io poteva fissarlo, precipitandolo, in tutti i punti della sua eliminazione, riducendolo, cioè, a granuli di un sale insolubile. GLANDOLE SALIVARI 61 L'esperienza mi è riuscita perfettamente e mediante questo procedimento ho potuto fare delle osservazioni di qualche interesse. Giacchè i granuli del sale basico di mercurio si veggono essenzialmente accumulati nei vasi situati a ridosso dei dutti glandolari, e l’epitelio del dutto in alcuni punti si vede gremito di granuli che ne occupano tutta la superficie, nel mentre che altri hanno già varcato l’epitelio e si trovano a riempire la cavità del dutto stesso (vedi fig. 1). Molti granuli si trovano pure sparsi negli alveoli, ma ciò non fa meraviglia se si pensa che su dessi e tra essi è pure disposta una viva rete san- guigna. L'osservazione è facile a farsi, e mi è parsa dimo- strativa per l'ubicazione assolutamente prevalente su ed at- torno gli epitelit dei dutti del sale precipitato: facile del resto a vedersi perchè sono granuli neri, non essendo trasparenti, e quindi bene visibili con qualunque colora- zione si voglia dare al taglio istologico. Per togliere il dubbio che tale disposizione potesse ritenersi casuale e puramente meccanica, ho trattato delle glandole salivari normali e per lo stesso tempo con soluzione satura idro- alcolica di sublimato senza togliere poi l'eccesso con tiu- tura di jodio, come si suole fare per fissare i pezzi anato- mici e liberarli poi dall’eccesso di sublimato ; ed ho tro- vati pure dei precipitati, ma di forma differenti e sparsi uniformemente, e non mai accumulati sugli epitelii dei dutti, nè attorno di essi, nè dentro le loro cavità. Così resterebbe dimostrato innanzi tutto il rapporto stretto che i vasi sanguigni avrebbero essenzialmente con i dutti escretori e poi, ciò che mi pare di maggior va- lore, la funzionalità degli epitelii dei dutti nella elimina- zione di sostanze che loro possano pervenire direttamente dal sangue. Difatti dall'esame che ho potuto fare di glandole sa- 62 R. MARCHESINI livari di coniglio normale e di coniglio assoggettato a so- stanze che eccitano od arrestano la secrezione glando- lare, come pure di molte glandole salivari umane che ho avuto l’occasione di esaminare, di individui morti per malattie diverse e tutti trattati col metodo di Galeotti : mi é risultato di osservare, che non sempre la secrezione delle cellule alveolari è in rapporto con quella dei dutti escretori, come non lo è sempre con l’iperemia vasale. Invece l’iperemia vasale è quasi sempre in rapporto con la ricchezza dei condotti escretori. Ciò mi pare che potrebbe essere interpretato come che le due specie di cellule, quelle degli alveoli e quelle dei condotti escretori, non abbiano del tutto identica funzione. Inoltre le cellule dei dutti escretori presentano inveee molta analogia strutturale con le cellule dei tuboli contorti renali, presentando la zona infranucleare munita di strie parallele al grand’asse, che per alcuni autori starebbe a dimostrarne la contrat. tilità delle cellule, Ora questa somiglianza alla forma istologica degli epitelii dei condotti renali ci potrebbe dare un'idea sulla funzionalità loro messa in rapporto, per ciò che oggi si sa, sulle funzioni dei tuboli contorti re- nali. Difatti esaminando molti tagli di glandole salivari e specialmente di glandole iniettate, quello che apparisce evidente è la grande ricchezza dei vasi sanguigni che decorrono lungo i tratti dei tubi escretori e che li circon- dano in alcuni punti a circolo completo, presentandosi ancora sempre di calibro maggiore di quelli delle porzioni alveolari (Vedi fig. II). Questa ricchezza di vasi a preferenza su i dutti che non negli alveoli stessi, per quanto non si trovino sempre in diretto contatto con gli epitelii, in- terponendosi spesso tra loro un vaso linfatico, mette in evidenza che un rapporto diretto di funzionalità debba esistere tra i vasi sanguigni e i dutti escretori. Di più GLANDOLE SALIVARI 63 l'aver potuto notare, come sopra ho detto, che non sempre la ricchezza in granuli nelle cellule di questi dutti escre- tori va alla pari di quelle delle cellule degli alveoli, ed invece essa sia sempre, tolto per qualche speciale ragione in rapporto con l’'iperemia della glandola, fa sorgere l’idea che questi dutti con una certa probabilità debbano assumere una funzione un po’ diversa di quella degli alveoli glando- lari. Seguitando ancora le nostre osservazioni sappiamo dalla fisiologia come colla vasodilatazione sanguigna cresce la secrezione della saliva (eccitamento della chorda tym- pani), la quale si presenta fortemente acquosa; e con la costrizione vasale (eccitamento del simpatico) diminuisce la secrezione e la saliva si fa più densa e ricca di granuli e di globuli salivari (leucociti). Questa modificazione quali- ficativa e quantitativa della saliva si spiegherebbe benis- simo perchè con l’acceleramento della corrente possono passare più sostanze liquide dal sangue, e con la rela- tiva ischemia inveve l’acqua di filtrazione è minore e di più i leucociti hanno tempo a fuoriescire dai vasi e penetrare negli epitelii: da ciò la massima presenza di essi nella saliva simpatica. Se così è, questo passaggio delle sostanze del sangue alle glandole salivari avverrà maggiormente là dove i vasi sono in maggior numero e più a contatto con gli epitelii, perciò questo dovrà di necessità avvenire nei tratti secretori più che negli alveoli. Quindi da questi dutti escretori si dovranno eliminare più di tutto le sostanze liquide e quelle non dipendenti dalla secrezione propria della glandola, cioè le sostanze che si trovino nel sangueso provepienti come nel caso nostro da medicamenti presi; o provententi da altre so- stanze prodottesi nell’organismn e che debbano venire etiminate dai sangue. In tal modo noi potremo mettere in vista che le cellule dei dutti escretori salivari per la 64 R. MARCHESINI loro somiglianza con le cellule dei tuboli contorti renali, stante al loro modo di funzionare, porterebbero un con- tributo alla teoria fisiologica vitalistica del Bowmam sulle secrezione degli epitelii renali, in opposizione alla teoria meccanica del Ludwig, nello stesso tempo che la loro funzione assumerebbe un carattere importante nella secre- zione, inquantochè per la loro attività propria detrarrebbero dal sangue delle sostanze che debbono essere eliminate. BIBLIOGRAFIA (1) LanGLEYv. — Journal of physiology I, I-IV, 1886. (2) LANGENHANS. — Beitr. z. micr. Anat. d. Bauchspeicheldrtise. fBer- lin, 1869. (3) R. MARCHESINI. — Contributo allo studio delle capsule surrenali. Bol- lettino della Soc. Zool. Ital. fasc. I, II, III. An. XII, 1903. (4) A. LustIG. — Patologia Generale. Soc. Edit. Libr., Milano. (5) NicoLAas. — Contribution à l’étude der cellules glandulaires. Arch. phys. norm. et path. 1892. An. XXIV. (6) RAWwITZ. — Ueber den feineren Bau der hinteren Speicheldriisen der Cephalopoden. Arch. f. mikr. Anat. Vol. 30. (7) LucianI L. — Fisiologia dell'uomo. Soc. Edit. Lib., Milano, (3) HEIDENHAIN. — Pfliiger’'s Archiv. 1872-78. (9) CHRZONszczEWSKy. — Zur Anatomie der Niere. — Virchow's. Archiv., Vol. XXI. PROF. MARCHESINI RINALDO anoososzevsooanissozeonenece onaenoe munaevanaeaaeeceaseseaceeseeonce0ese o_arsasaesenenca Soosassoseziosionenez cca sa ccosensioniceecceceseeezio0 scs cncoseosonene 10000087 Fig I E È, "AE x 7:40 RIS - Sg->S vi a È ni N x» A A_A x 4 Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. I, II e TII, 1906. ni Mae ta SI AVO Aa, su. f i Ù % ' ì p $ Mi 3 ‘ P: È 4 % f E, f @ s È 3 x L LI \ s . È - I 3 Ù mM 5 DI sa at , 2 no A name "o x ; É i L , O } P Ù dl La i v° Loi x i # EA 4 dd Di ne Ag A À Fi va ». h ; ) PAL LA ROLE * i ‘ «3. ATE xt CAN i AA a peer oa Mi i “dla } è . « , de . » Di n Il - À d i LI di he ba) di . è a x y * *, 7 ì ‘ Ì Ù > \ i . DAN RS - Ù # ar > A ‘ » 4 . DE Ù N Ù . . 4% è * 105 è * wi 111 Ì . . Pi LI + G ' . (RCS, Ulteriori ricerche sulla TAENIA NANA PER il Dottor S. CALANDRUCCIO libero docente di zoologia e anatomia comparata. Comunicazione alla SOCIETÀ ZooLoGICA ITALIANA, con sede in Roma. La Taenia nana, come dimostrai (1) e come altri au- tori confermarono, è molto comune nella provincia di Ca- tania. Lo sviluppo, come io per il primo dimostrai speri- mentalmente sull'uomo, avviene direttamente, cioè senza ospite intermedio (2). Questo ciclo viene considerato quale una eccezione alla legge generale dello sviluppo dei Ce- stodi, i quali hanno un ospite intermedio appartenente a specie differente da quello definitivo sebbene di molti di essi ne sia ancora sconosciuto il ciclo evolutivo. L’aver trovato spesso infettati di 7. Nana non pochi fanciulli di ambo i sessi, appartenenti a famiglie agiate, e (1) Animali parassiti in Sicilia. Atti dell’Accademia Gioenia in Catania — Anno LXVI — 1889-90, Serie quarta — Vol. IL (2) Nello stesso lavoro citato a pag. 127, parìando del ciclo evolutivo della T. nana, io dico: « Ad un ragazzino di sette anni, che non albergava nel suo intestino alcuna tenia nana, come ci risultò da ripetuti esami, demmo l’incarico di raccoglierci le feci d’un suo coetaneo, infermo d’altra malattia, ma che albergava nel suo intestino numerose tenie nane. Dopo quindici giorni, con nostra sorpresa, ri- fatto l’esame delle sue feci, abbiamo rinvenuto delle uova piuttosto numerose di tale elminto. Ci venne allora il sospetto che questi avesse preso l’elminto di- rettamente inghiottendone le uova. Questo sospetto divenne realtà allorquando demmo a mangiare le uova di tenia a sei individui, e in due riscontrammo, dopo circa venti giorni, le uova del parassita. Questa realtà ebbe più forza dagli esperimenti che il professore Grassi fece colle uova di Taenia murina sui pic- coli topi albini. » Bolleltino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. I, II e III h) 66 S. CALANDRUCCIO scrupolose della pulizia del corpo e della casa, mi fece nascere il sospetto che il maneggio diretto od indiretto delle materie fecali, che avviene abbastanza comunemente nei fanciulli, fosse un fatto meno frequente di quel che pensavo per quanto si riferisce alla via diretta d’infezione della T. Nana nell'uomo, ma invece altro veicolo vi do- vesse esistere più comune, più sicuro. Ho potuto spesso verificare che le comuni mosche vi- sitano e mangiano le feci umane e talvolta vi depositano financo le loro uova, oltrechè, se le feci sono liquide o poltacee, se ne imbrattano le zampe. Constatato ciò, ho pensato di eseguire degli esperimenti per constatare se potessi attribuire alle mosche la diffusione notevole della T. Nana, nei fanciulli di Catania e provincia. Nei mesi di luglio ed agosto 1902 e 1903 mi procurai delle feci fresche contenenti solamente numerose uova di Taenia Nana, e, postele in cinque piattelli, le cospersi con polvere di zucchero, e postavi sopra una reticella metal- lica vi racchiusi venti mosche comuni. Vidi che volentieri le mosche si cibavano delle dette feci. Dopo alcune ore, tolsi dalle moschiere i piattelli, e- saminai al microscopio il contenuto intestinale delle mo- sche; in esso riscontrai più o meno numerose le uova di Taenia Nana, punto alterate e in buonissima condizione. Negli ulteriori esperimenti, che furono trenta, dopo di aver fatto stare a contatto le mosche con le feci infette, tolsi le feci, e posi invece di esse dei quadretti di zuc- chero ed esaminai quindi le feci che depositavano nei quadretti di zucchero. Questo esame veniva fatto dopo quattro ore che avevo rimosso dalle moschiere i piattelli, lasciando sempre imprigionate le mosche. L’esame microscopico di ogni dejezione fecale mi fece rilevare in ciascuna di esse due o tre uova punto intac- SULLA TAENIA NANA 67 cate dai succhi intestinali, ed una volta, con molta mia sorpresa, trovai l’oncosfera mobile entro il guscio dell'uovo, mentre in migliaia di preparati di feci fresche dell’uomo contenenti uova di tenia nana, non sono mai riuscito a vedere muovere l'embrione esacanto. Questo fatto mi eccitò molto e pensai di fare una esperienza sull'uomo sano, immune di parassiti. Esaminai per parecchi giorni le mie feci e constatai che, salvo qualche rarissimo uovo di 7ricocephalus dispar, non contenevano alcun altro uovo di parassita. Esaminai pure numerose volte, per otto giorni consecutivi, le feci della mia bambina, che allora contava appena sette anni d'età, e nulla ebbi a riscontrare in esse. Il venti agosto del 1903, verso le undici di mattina, cinque quadretti di zucchero coperti di macchioline fecali delle mosche dei precedenti esperimenti vennero mangiati dalla mia bambina e altrettante da me. Ho stesso fu ripetuto: 1121, 011 22; il 24, il 25, il 26° è il 27 agosto successivo. Per evitare il dubbio che l’infezione potesse venire per altra via, sia io come la mia bambina per venti giorni mangiammo sempre cibi cotti e bevemmo acqua bollita. Dal 29 agosto in poi giornalmente esaminavo al mi- croscopio le mie feci come pure quelle della mia bambina. Con mia sorpresa, il 16 settembre cominciai a riscontrare nelle feci della mia bambina poche uova di tenia nana, Le uova nelle feci aumentarono fino al ventisettesimo giorno. Sopra di me l'esperimento riuscì negativo. L'esperimento positivo della bambina, dal modo rigo- rosamente esatto col quale venne condotto, fu di grande | importanza, poichè dimostrò che il veicolo più comune per diffondere la specie in questo caso della tenia nana, 68 S. CALANDRUCCIO è rappresentato dalle comuni mosche, le quali mangiando le feci contenenti uova della detta specie non le digeri- scono, non le alterano, ma le depositano con le loro feci inalterate sui cibi di cui l’uomo comunemente si nutre e in esse quindi subisce l’ulteriore evoluzione. Anzi è pos- sibile che le uova, passando attraverso l'intestino delle mosche, acquistino la proprietà di essere più facilmente sviluppabili, cioè il loro processo evolutivo venga accele- rato da questo passaggio in maniera da rendere visibile talvolta anche il movimento dell’oncoszera, il che vuol dire che questa è pronta già per la sua trasformazione in cestode adulto. Pato Ho esaminato più di cento feci di vecchi d’ambo i sessi i quali oltrepassati avevano il settantesimo anno di età, ed alcuni di loro anco l’ottantesimo, costatando in essi non di rado uova di ascaride, di tricocefalo, amebe incistate, ma giammai uova di tenia nana. Le ricerche da me eseguite non sono numerose, ma da quanto ho potuto vedere sembrami che la tenia nana sia comune nei fanciulli, rara nei giovani, rarissima negli adulti e probabilmente mai riscontrabile nei vecchi. x * XK Nelle mie prime ricerche sulla tenia nana, io credetti che essa per il numero stragrande d’individui che si ri- scontrano in uno stesso ospite che alle volte può oltre- passare anche il migliaio, fosse molto nociva allo ospita- tore, producendo fenomeni nervosi gravi e diversi: cefalgia, contratture, corea, epilessia, ecc., oltre dimagramento della persona; e ciò venne confermato da tutti coloro che sì oc- cuparono di tale argomento. anioni teca trait attimi det SULLA TAENA NANA 69 Dopo queste ultime mie ricerche, debbo confessare es- sermi risultato che tanto io come gli altri autori abbiamo molto esagerato questi fenomeni, che credemmo potere attribuire del tutto a tale parassita, poichè in generale esso produce soltanto pochi disturbi, sicchè l’ospitatore può dirsi quasi del tutto sano. Individui epilettici hanno, è vero, albergato nei loro intestini numerose tenie nane, a cui dapprima si era data la colpa degli accessi epilettici; ma allorquando sono state espulse le tenie, gli accessi epilettici non sempre di- minuirono o scomparvero. Ho conosciuto anche individui che hanno albergato per ben sei anni nei loro intestini nnmerose tenie nane senza mai risentirne alcun disturbo. Dopo questo lasso di tempo le uova nelle feci poco a poco andarono diminuendo per scomparire in seguito interamente. | La mia bambina ora conta otto anni e dieci mesi, «ed è molto sveglia, molto ben nutrita, pesando chilo- grammi quarantatre, e tuttavia alberga numerose tenie nane, non risentendone alcun disturbo. (Ciò dimostra che questo parassita si è molto bene adattato all’ospitatore, al quale produce piccolo nocumento e infine dopo un certo tempo (sei anni in due individui) scomparisce o viene eliminato spontaneamente. Catania, novembre 1905. Dopra una Ghettusia Gregaria (Pallas) Pavoncella Gregaria COLTA NELL’AGRO ROMANO Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma dal socio march. dott. FILIPPO PATRIZI MONTORO Presento questo nuovo esemplare di Chettusia gregaria (Pallas) £ juv. uccisa a Maccarese il 29 novembre dello scorso 1905 dal sig. Ettore Bigi. È specie accidentale in Italia, dove finora se ne conservano solo 7 catture, due delle quali nella nostra provincia. Per ordine cronologico queste avvennero nel modo seguente : 1° gd ad., marzo 1838. Questo é l'esemplare de- scritto dal Bonaparte ed illustrato da una magnifica tavola colorita nella sua opera « Iconografia della Fauna Italiana. Tomo 1° fascicolo XXIII = Roma 1832-41. » Egli lo ebbe vivo preso alle reti unito ad un branco di Pivieri nella tenuta di Grottaperfetta sulla Via Ostiense. Disgraziatamente questo esemplare non si sa che fine abbia fatto. 2° gd ad., aprile 1856, Senese (Dei, Museo dei Fi- siocritici, Siena). 3°. P. juv., novembre- 1872, comprato. .al-«Merato di Roma dal Prof. Vincenzo De Romita e da questi donato al R. Museo di Firenze. 4° gd ad., aprile 1883, Foci del Varo (R. Museo di Firenze). SOPRA UNA CHETTOSIA GREGARIA (PALLAS) aL 5° d' ad., marzo 1893, Val di Chiana (Collezione Arrighi-Griffoli). 6° gd ad., marzo 1898, Val di Chiana (Collezione Arrighi-Griffoli), Questa cattura fu partecipata dal nostro socio nob. Arrighi-Griffoli al nostro Presidente (Vedi Bol- lett. Soc. Zool. It. Anno VIII, 1898. Vol, VII pag. 76). 7° d' ad., marzo 1900, Ferrarese. (Collez. Arrigoni degli Oddi). Questa specie il Pallas l’aveva posta nel genere Chara- drius nel 1771, ma poi nel 1841 il Bonaparte fece il ge- nere Chettusia oggi comunemente adottato, sembra che il Bonaparte abbia voluto latinizzare, molto liberamente, il nome russo « Keptuscka ». — Ha i costumi della Pavon- cella ed abita l'Europa sud-orientale e l'Asia centrale. Sverna nell'India e nell'Africa nord-orientale. Nelle altre parti dell'Europa occidentale è accidentale come da noi. L’illustre nostro Presidente Comm. Prof. A. Carruccio ha eccellentemente descritta questa specie facendo seguito alla lettera del nob. Arrighi-Griffoli, nel nostro Bollettino, come ho citato più sopra. Il Carruccio terminando la sua descrizione si è mo- strato dispiacente che dei due esemplari colti nella nostra provincia il R. Museo Universitario non possieda alcun soggetto di questa specie. — Perciò sono contentissimo di poter aggiungere questo raro esemplare alla già bellis- sìîma collezione zoologica speciale della regione di Roma fondata nel nostro Ateneo, a cura del nostro benemerito Presidente. ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prot. A. Bignami Sugli effetti delle inoculazioni negli animali dell'estratto di TAENIA SAGINATA Ricerche sperimentali di Valentino Barnabò Per ispiegare la patogenesi degli svariati sintomi clinici che si hanno in molte elmintiasi, varì autori ammisero che s1 trattasse di intossicazioni, dovute a speciali sostanze tos- siche prodotte dai singoli vermi. Così Shapiro pensò che pel Botriocefalo si trattasse di una « leucomaina » segregata dal corpo del verme, capace di produrre l’anemia. Per la Trichina si pensò ad una sostanza tossica che è capace di produrre febbre, edemi, dolori e delirio. Inoltre Blan- chard credette che i disturbi determinati dalla Filaria fossero pure dovuti ad una sostanza tossica ; e v. Linstow portò esempi di sostanza venefica segregata dal RAabdo- nema strongyloides. Per l Uncinaria si ammise pure una sostanza tossica: e Alessandrini ha dimostrato che il san- gue, messo a contatto di una glandola cervicale speciale, è distrutto per emolisi. Per altri vermi si iniziarono anche delle ricerche spe- rimentali in vario modo , ottenendo risultati più o meno precisi. Bryant, ad esempio, trovò che il liquido delle cisti da Echinococco è tossico ed agisce prontamente, se penetra in circolo con rapidità per una lesione vasale. Boy iniettò il liquido delle cisti idatidee nella cavità addominale di cavie, MM Pe TAENIA SAGINATA da PORRI Iii ron0ssss00000909 che morirono dopo poche ore ; e l’Humphry in un cane ot- tenne un notevole abbassa mento della pressione sanguigna. Mourson e Schlagdenhauffen, Debove, Arhard hanno trovato una /eucomaina (?) velenosa nelle cisti da echinococco, che, iniettata nel coniglio, ne produce in breve tempo la morte, e che ritengono causa dei fenomeni osservati nell'uomo in casi, nei quali l’ idatide si rompe e il liquido si versa in una delle grandi cavità sierose. Più complete sono state le ricerche sulla sostanza ve- nefica contenuta nella cavità celomatica degli Ascaridi. Ro- sen, Franck, Davaine, Huber, Blanchard avevano già pen- sato che gli Ascaridi potessero segregare una sostanza tossica, causa dei fenomeni convulsivi osservati. A. Blan- chard, ad esempio, cita un caso di violenta cefalea, con- giuntivite, gonfiore alle orecchie, sudore vischioso in un individuo che studiava gli Ascaridi, e che perciò ne aveva toccati parecchi. Vignardon e Chouson hanno avuto anche essi, studiandogli Ascaridi, starnuto, faringite, affanno, coriza, congiuntivite, ecc. Il Gautier pensò pertanto d’iniettare nel sottocutaneo di cavie da 2 a 4 cm. del liquido che esce dal corpo di questi Nematodi quando si tagliuzzano, e ot- tenne, dopo 12 ore dall’inoculazione, la morte, e due o tre minuti dopo l’iniezione convulsioni e difficoltà nei movi- menti. Chanson, dopo Gautier, iniettò nel sottocutaneo delle cavie il liquido che esce dal corpo degli Ascaridi tagliuz- zati, ottenendo dopo 72 ore dall’ iniezione la morte, pre- ceduta da convulsioni, disturbi nel cammino, rigidità degli arti posteriori, ecc. Mingazzini finalmente fece altre espe- rienze, evitando di tagliuzzare i vermi, facendoli vivere in una vaschetta contenente acqua, e iniettando quindi quindi acqua filtrata delle cavie e nel sottocutaneo nell’addome, non ottenendo alcun risultato e solo dei disturbi passeg- gieri in un coniglio. Invece coll’iniezione del liquido estratto 4 VALENTINO BARNABÒ dal corpo degli Ascaridi ottenne fenomeni assai gravi, anche dopo averlo diluito nell’alcool a 60° per 3 ore e poi fatto evaporare. Lo stesso indirizzo tenuto dal Mingazzini era stato se- guito anche dal Cafiero, il quale aveva conservato gli Ascaridi viventi nel brodo sterilizzato ed aveva iniettato poi questo brodo quand’era putrefatto (!), ottenendo ora la morte, ora effetti generali, ora effetti nulli: mentre il brodo putrefatto e filtrato, in cui non erano stati gli Ascaridi, non aveva mai prodotto effetti letali. Ora è naturale che, a seconda della quantità di brodo putrefatto iniettato si saranno avuti negli animali fenomeni tossici varî. Inoltre, come osserva Min- gazzini, può essere che il parassita esalti la virulenza dei germi contenuti in un tal brodo. Il Cattaneo più recente- mente tenne gli Ascaridi in una soluzione di cloruro sodico, glucosio, peptone, bicarbonato sodico, soluzione e non tossica, per 24 e 36 ore, e li estrasse vivi. Facendo quindi l'esame batteriologico della soluzione, ritrovò il B. coli, lo streptococco e il Baci/lus fluorescens. Iniettò nel pe- ritoneo delle cavie 5 cm? di questa soluzione filtrata me- diante la candela, e le cavie presentarono tutte gravissimo malessere, sonnolenza, o paresi del treno posteriore, e al- cune morirono in 17,7 e 3 ore. Nell’esame batteriologico del cadavere non trovò microrganismi. Le colture dei mi- crobi, ritrovati nel liquido, iniettate nelle cavie non pro- dussero inconvenienti; dal che l’autore conclude che gli Ascaridi abbiano secreta una sostanza tossica assai tenue, e promette di studiarne in un nuovo lavoro l’azione per l’introduzione diretta nel tubo intestinale. Ma se così deficienti sono le nostre cognizioni a ri- guardo del « veleno » degli Ascaridi e di quello di altri Ne- matodi, ancora più scarse lo sono per le Tenie. Si fecero tuttavia numerosi studii, e varie esperienze, che parvero a i Re € TOO e n I e * 'TAENIA SAGINATA 79 mascrezeozezees eee cene serena ze nec ene neo esaneneneecezeseeecaseccenceszencereco0ccocceeeicccnecccceciocesecieccoc@sic@ccc@ccqesccuee 50908, aosseroco molti autori persuasive e complete, ma che a me fan pensare si sia ancora lontani dal ritenere risoluta la questione. La sintomatologia della elmintiasi da Taenia saginata è molto indistinta. Questo verme può cagionare in casi speciali sintomi gravi, come quando lo scolice si fissa nel- l’ampolla di Vater e vi si trovano numerose proglottidi, come ha notato Dupré. Si può quindi aver l’ittero, che in un caso descritto da Letulle, essendo accompagnato da tu- mefazione dolorosa del fegato, aveva mentito per qualche tempo una cirrosi. Si possono avere anche sintomi nervosi, corea, attacchi diepilessia, come ha notato Martha; oppure disordini cerebrali, come ipocondria, ecc. Possono esservi al- tresì turbamenti respiratorî, dispnea, e sintomi tali da men- tire attacchi di asma. Sono stati osservati anche disturbi nella sfera genitale, come vivace desiderio di coito, o fri- gidità, o disordini nei catameni per la donna. Campana ri- ferisce un caso di orticaria factitia con papule durature per delle ore, la cui causa ritiene fosse la tenia. Tutti questi svariati sintomi, per la cui determinazione credo si debba anche dare importanza alla predisposizione e alle condizioni organiche dei singoli malati, fecero pen- sare ad alcuni che, ritenendo il verme soltanto causa di alterazioni anatomiche grossolane dell'intestino, o causa di una irritazione dei plessi nervosi intestinali, non si spie- gasse a sufficienza la patogenesi di tali fenomeni morbosi, e che si dovesse ammettere una intossicazione per sostanze venefiche prodotte dal verme. Questa ipotesi fu avvalorata dagli studî fatti da Mingazzini sul modo di adesione dello scolice delle tenie alla mucosa intestinale. Egli ha fissato con metodi energici, dei pezzi d’ intestino tenue di gatti affetti da Taenia crassicollis e da Dipylidium caninum, ed ha potuto dimostrare con preparati microscopici che, o non si producono alterazioni nella mucosa intestinale, o che vi 76 VALENTINO BARNABÒ 2290209900930 902 LT TOLETTZTA TNT TT TTATONT CAF TT AAC TTA OCT SA NTTSCSATOANATATITT SSA ACOSTA ANTICA TINTI TTI sì rilevano solo modificazioni di poca entità, perchè la mu- cosa stessa si adatta perfettamente alle ventose dello sco- lice delle tenie, ventose che agiscono come camere pneu- matiche adesive. Furono allora iniziate delle ricerche sperimentali. Picon e Ramond pensarono di macerare in una soluzione fisio- logica di cloruro sodico la tenia inerme, ottenendo un pro- dotto che, dopo accurata filtrazione, dimostra un conside- revole potere battericida sui microbi intestinali. Così essi spiegarono il perchè gli individui affetti da tenia siano di rado colpiti da malattie intestinali. Questa ultima loro os- servazione veramente non si può generalizzare alla totalità dei casi, ed è difficile attribuire altresì l’azione battericida con certezza al prodotto della macerazione della tenia, e non ad altre sostanze pervenutevi accidentalmente durante la preparazione per cause d'errore benchè minime. Altre ricerche furono eseguite dal Messineo. Egli triturò finissimamente esemplari di Taenia saginata e di T. solium allo stato fresco, mettendoli « in una capsula di porcellana « in bagno d’alcool a 70°, perchè le tossine eventualmente « contenute si sciogliessero bene. Per cinque giorni, un’ora « al giorno, si è tenuto a Db. m. (40°, 50°)la sostanza, agi- « tando con bacchetta di vetro sterilizzata. Alla fine di « questa operazione si è passato il tutto attraverso un « pannolino sterilizzato e si è raccolto il filtrato in una « boccetta a tappo smerigliato, mentre si è seguitato a « digerire per altri due giorni in alcool a b. m. (40°, 50°) « il residuo rimasto nella pezzuola. Alla fine ho spremuto « anche quest’altra poltiglia attraverso un panno steriliz- « zato e riunito il filtrato al liquido precedente. Il tutto « si è filtrato attraverso carta, e il prodotto si è finalmente « concentrato a b. m. (40°, 50°), finchè si è ottenuta una “ massa poltigliosa omogenea. Tale massa ho ripreso con TAENIA SAGINATA 77 iii II IIIIIAIAATAITI TI II ATI II CI TECICII TIT IItrCCItrA1I «acqua distillata, e filtrato, praticando con il filtrato delle « inoculazioni negli animali ». Nelle cavie, nei conigli e nei cani ottenne paresi e fenomeni nervosi, mentre non ebbe alcun risultato, iniettando per controllo l’estratto alcoolico di 545 gr. di carne scelta di manzo concentrato a bagno maria. | Egli ha poi fatto altre esperienze, iniettando negli ani- mali l'estratto alcoolico delle tenie, ottenuto con una spe- ciale tecnica che non starò quì a ricordare. I risultati fu- rono però negativi e il Messineo ritiene che « si può “ attribuire alla insolubilità delle tossine nell’alcool assoluto « l'essere l'estratto di Tenie riuscito innocuo agli animali “da esperimento ». Egli fece allora l'estratto glicerico, coll iniezione ottenne fenomeni tossici nelle cavie e nei e conigli, e la morte di quattro cavie. Di una di esse, come delle altre, l’autore dice: « Alla sezione: leggera « peritonite parietale circoscritta al punto di iniezione. « Piccola quantità di liquido nella cavità peritoneale, « grumi di sangue nel cuore [?|. Reni un po’ infiltrati. Ve- “ scica contenente poco sangue. I risultati di queste espe- « rienze rendono legittimo il sospetto che i detti fenomeni “ in tutto o in parte possano per avventura dipendere « dall'azione della glicerina ». Per evitare questo incon-. veniente, egli dializzò allora l’estratto glicerico con acqua per 18 ore e ottenne ancora fenomeni tossici in cavie e conigli con il medesimo reperto anatomico. Dializzando invece l'estratto glicerico per 16 ore, ottenne paresi del treno posteriore e morte tra convulsioni generali. All’au- topsia riscontrò « infiltrazione di liquido e coagulazione « di sangue nel cellulare sottocutaneo corrispondente al “ punto d'iniezione ». Mediante esperienze di controllo con iniezioni di « glicerina pura » egli, non avendo avuto alcun risultato, conclude che « nella determinazione dei fenomeni 78 VALENTINO BARNABÒ « morbosi, suscitati dalla iniezione degli estratti glicerici, « la glicerina non ha influenza o ha per lo meno un’azione « poco significante, e quindi si può ritenere che anche gli « estratti glicerici di 7. solium e di T. saginata spiegano « un'azione tossica, quando vengano iniettati negli animali, « la quale si rivela più prontamente di quella degli estratti « alcoolici » Il Messineo fece pure l'estratto acquoso delle tenie, lavandole abbondantemente in acqua comune calda (35° 40°) e in acqua distillata prima fredda e poi calda (39°, 40° » e pestandole. Ottenne colle iniezioni la morte degli animali dopo poche ore tra convulsioni e « intorbidamento « e coagulazione di sangue |?] nel cellulare sottocutaneo « corrispondente al punto d’iniezione. Reni un po’ iniet- « tati ». Questo stesso estratto acquoso egli lo fece anche evaporare per 18 ore alla temperatura di 45°, ottenendo un residuo solido, che sciolto a caldo in acqua distillata, e iniettato, produsse la morte delle cavie con « leggiero in- « torbidamento e coagulazione di sangue [?] nel cellulare “« sottocutaneo corrispondente al punto d’iniezione. Grumi “ di sangue nel cuore. Reni iniettati ». L'autore crede perciò che » l’azione degli estratti acquosi sia più energica “ e più pronta » degliestratti alcoolico e glicerico. L’estrat- to acquoso di carne di manzo iniettato per controllo non diede alcun fenomeno tossico se iniettato nelle cavie. Ora ecco le conclusioni che trae il Messineo dalle sue esperienze : « I Dal corpo della 7. solium e della 7. saginata si può ricavare una sostanza tossica, capace di determinare « per iniezioni ipodermiche disturbi nervosi depressivi e « irritativi in varie specie di animali (Cavie, Conigli, Cani, Colombe, Alauda brachidactyla) variabili con la dose .« della sostanza iniettata. - II. Tale sostanza tossica è so- R TAENIA SAGINATA ( PIRPRRRRRE PERE PPP PEPPE PEPE PE TTT CIA AAA AAA AAA III III CITI CITI CILE i « lubile in alcool a 70°, in glicerina, in acqua, e il potere « di solubilità in detti liquidi aumenta in ordine inverso «a quello enunciato. - III Negli animali morti in seguito « ad iniezioni di tale sostanza non si osservano lesioni “« macroscopiche, tranne qualche leggiero infiltramento nel « luogo d’inoculazione e un po’ d’iniezione nei reni. Il “« meccanismo d'azione sembra quindi essere esclusiva- « mente dinamico |?|. - IV. L'azione tossica relativamente « pronta di questa sostanza induce a credere doversi que- « sta ascrivere fra i veleni anzichè fra i virus |?|. - V. Molto « probabilmente i fenomeni morbosi provocati nell'uomo « dalla presenza delle due specie di tenia sono dovuti al- « l'assorbimento della sostanza tossica versata da questi « parassiti nell'intestino dell'ospite ». Ora non mi pare neppure il caso di fare un esame accurato di ognuna di queste conclusioni, alcune delle quali non mi sembrano neppure di significato ben chiaro. Tut- tavia rileverò soltanto che l’autore, a proposito dell’estrat- to glicerico, suppone che in una cavia « i fenomeni mor- « bosì in tutto o in parte possano per avventura dipen- «“ dere dall'azione della glicerina » mentre dopo esperienze negative di controllo con iniezioni di glicerina, dice che «s nella determinazione dei fenomeni morbosi suscitati «“ dalla iniezione degli estratti glicerici, la glicerina non ha « influenza o ha perlo meno un'azione poco significante ». Si sa invece che la glicerina pura ha azione anche in dosi date ad intervalli, quand'è iniettata sotto la cute degli animali, perchè produce un aumento della temperatura; e che può in dosi forti produrre persino la morte di cani e di conigli in poche ore, come dimostrarono Dujardin- Beaumetz, Audigé (1876) e Plosz, i quali descrissero molto bene i sintomi di questa intossicazione, e specialmente il fenomeno capitale della emoglobinuria (Bernatzik e Vogl). SO VALENTINO BARNARÒ cc III n À parte questo, resta poi il fatto che il Messineo ha otte- nuto sempre, o quasi sempre, fenomeni reattivi flogistici nel sottocutaneo o nel peritoneo precisamente nel punto d'inoculazione, il che può far dubitare che le regole aset- tiche non siano state osservate rigorosamente, e che i fe- nomeni morbosi descritti fossero dovuti ad una rapida e grave infezione apportata colla inoculazione, piuttosto che alle sostanze estratte dalle tenie. L'autore infatti dice di aver adoperato pannolini sterilizzati, ma non accenna mai di aver sterilizzato ciò che iniettava. Inoltre pure dimo- strando un’azione tossica nel sottocutaneo e nel peritoneo delle cavie e dei conigli, non si può ritenere spiegata l’azione patogenetica della tenia sull'uomo, perchè le sostanze tossiche di un verme sopra l’ospite abituale del verme stesso possono agire ben diversamente, che sopra un altro Mammifero, su cui il verme non suole vivere. Sono poi anche differenti troppo le condizioni in cui ci si viene a trovare sperimentalmente, da quelle che normalmente si hanno nella teniasi, cosa questa che si può obbiettare anche agli altri ricercatori, e che verrà meglio dimostrata dal resto di questo studio, e dalle esperienze che ho eseguite. Ma si può anche pensare che alcuni fenomeni, e spe- cialmente quelli nervosi depressivi e irritativi, siano dovuti all’azione dell’antielmintico adoperato per l'espulsione delle tenie. Si conosce difatti molto bene l’azione dei varì an- tielmintici in uso contro i Cestodi, quando si fanno delle iniezioni per via ipodermica negli animali. Handmann, ad esempio, trovò che la Kosotossina, uno degli alcaloidi e- stratti dai fiori di Kusso, provoca paralisi muscolare e dispnea, per paralisi delle terminazioni nervose motrici dei muscoli, e per alterazione delle fibre muscolari stesse. Secondo poi le esperienze fatte in Francia, tutti gli alca- loidi, contenuti nella corteccia di granato, hanno un'azione TAENIA SAGINATA 81 CO TIIICIIIIIICCRCCCOCCICIII III COCCO E, tossica; e specialmente la pelletierina, la quale, secondo W. von Schroeder, aumenta la eccitabilità riflessa, al punto di produrre scosse tetaniche di breve durata, anche in dosi piccole: e produce in dosi forti un'azione sui muscoli, si- mile dapprima a quella della veratrina, e poi a quella del curaro. Così pure l’azione dell’acido silicilico, che si trova nell’estratto etereo di felce maschio, paralizza negli animali a sangue caldo il midollo spinale, ed esagera l’ eccitabilità rifles- sa, dando luogo a contrazioni spontanee muscolari e a crampi accessionali, seguiti da paralisi. Anche l’areolina, contenuta nei semi di areca, introdotta ipodermicamente negli animali, come fece Marmé, produce un avvelenamento simile a quello per pelletierina, per muscarina e per pilocarpina. Ora è da ritenere, che nelle tenie, emesse dall'uomo in seguito a questi varì rimedi, resti poca quantità di antiel- mintico, e che col lavaggio successivo si riesca ad elimi- narne ancora; tuttavia ne possono restare delle traccie nel- l'estratto ottenuto col pestamento, traccie le quali possono fino ad un certo punto concorrere nel determinare feno- meni tossici, quando si fanno inoculazioni negli animali da esperimento. Esperienze più rigorose ha eseguito invece il Mingaz- zini, studiando tanto le tenie, quanto altri Elminti in- testinali. Egli ha innanzi tutto adoperato parassiti di animali uccisi sperimentalmente e violentemente, in modo d’avere dei vermi ancora vivi e scevri da qualunque azione dovuta ad antielmintici; e ha inoculato poi l'estratto in animali della stessa specie di quelli, nei quali, aveva ritro- vato il verme parassita. La tecnica seguita dal Mingazzini è la seguente. Egli lava più volte il verme in acqua comune a 40° e in acqua distillata a 40°: e poi lo tagliuzza in pezzetti finissimi, che pone in un matraccio lavato con acqua distillata, per pe- Bolleltino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. I, II e III 6. 82 VALENTINO BARNABÒ METTI EEE starli. Filtra quindi il liquido ottenuto in una pezza di lino, comprimendo gradualmente, fino ad avere una pol- tiglia, che pone per 16 ore a 43°, 44° per sciogliere me- glio il veleno ed « impedire la formazione di colonie bac- teriche «. Dopo filtra il liquido e ne prepara l'estratto concentrato, facendolo evaporare a 44° in un recipiente aperto per 2 o 3 giorni, e sciogliendo poi in acqua di- stilata’ l'estratto solido, ottenuto dopo la completa evapo- razione del liquido. Egli ebbe così dalle tenie e dal Gigantorhynchus « un liquido limpido, opalescente, biancastro o leggermente giallastro, a reazione neutra od impercettibilmente acida, a odore caratteristico, specifico, sui generis, simile per tutte le specie esaminate (Taenia cucumerina del gatto e del cane, Moniezia expansa del bue, Gigantorhynchus gigas del ma- jale), più o meno intenso a seconda della sua varia con- centrazione o diluizione e anche delle diverse specie di tenie, nel quale la sostanza velenosa, che forse ha quel particolare odore, è più o meno abbondante nel tessuto del parassita ». ( Continua) ll TURDUS OBSCURUS ® e il COLYMBUS ADAMSI in Toscana Notizie del socio nob. GIUS. ARRIGHI GRIFFOLI comunicate alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma 1. — Per la cortesia del signor B. Caifassi di Pisa, appassionato collettore di uccelli italiani ed esotici, ho potuto esaminare in questi giorni un bell’esemplare del Turdus - obscurus (Gmelin), proveniente dalla Maremma Toscana, ove fu preso il 10 novembre dello scorso anno 1905. Trattandosi di specie assai rara in Italia reputo non inutile darne un cenno nel Bollettino della nostra Società Zoologica. Questa bella specie appartiene alla Avifauna Asiatica. Trovasi comune e nidificante nella Siberia orientale, e specialmente presso il lago Beikal, nel Kamstchakà, e in Mongolia. ln inverno si mostra frequente nel sud ovest dell’Asia, nelle Isole Filippine, nella penisola di Malacca, in Giava, e nell’Arcipelago Malese. Irregolarmente si spinge sino nel Nepaul e nel Turkestan ; accidentalmente giunge ‘sino in Europa ove non ha regione, può dirsi, dove non sia stato qualche volta osservato. Infatti fu constatata lo sua comparsa in Belgio, in Olanda, in Prussia, in Slesia, in Polonia e persino nella Isola di Heligoland (Naumann, 1904). In Francia fu trovato più volte nei dintorni di Mar- e ————_ (1) Turdus pallens (Pallas), (Naumann), (Gatke), (Schlegel); Turdus pallidus (Latham), (Dégland e Gerbé): Turdus Werneri (Géné); Turdus obscurus (Gmelin), (Homeyer), (Salvadori), (Giglioli), (Dresser); MeruZa obscura (Seebohm), (Sharpe), (Arrigoni degli Oddi). siglia e sembra che ogni anno in autunno qualche esem- plare del Turdus obscurus si veda sul mercato di quella città (Jaubert). In Italia, secondo scrive il Conte Arrigoni degli Oddi nel suo manuale di Ornitologia (1904) fu tro- vato parecchie volte. Egli riporta un elenco di 13 esemplari riferibili al 7. obscurus conservati nei musei pubblici e nelle raccolte private, qnattro dei quali colti in Toscana. A questi va ora aggiunto quello avuto dal signor Caifassi del quale dò oggi notizia. È un maschio (1) adulto in abito di passaggio dall’abito estivo a quello autunnale. Infatti mentre il fulvo aranciato del petto e dei fianchi è ancora brillante e vivace, il nero lavagna del gozzo e del collo appare alquanto sbiadito. COLYMBUS ADAMSI. (C. R. Gray) STROLAGA A BECCO GIALLO 2. — Annovero anche questa Strolaga fra le specie che accidentalmente compariscono sui nostri laghi, per un individuo catturato sul lago di Chiusi, in provincia d Siena, il 28 novembre 1902. Lo ebbe il signor Francesco Bologna, distinto cacciatore e appassionato raccoglitore di uccelli non comuni, il quale ne fece dono alla Collezione Italiana del Museo di Firenze. Sembra sia il primo indi viduo di tale rara specie che vien colto in Italia. Villa di Fabbriche, gennaio 1906. (1) Il sesso non fu potuto accertare da chi preparò l'esemplare, ma da con- fronto colla bella tavola che ne dà il Naumann nella recentissima edizione del suo colossale lavoro sugli uccelli dell'Europa centrale sembra essere un maschio. Sovra una gigantesca MACROCHEIRA KAEMPFERI De Hann portata dai mari del Giappone Comunicazione fatta dal prof. ANTONIO CARRUCCIO alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Il nostro Museo ha avuto in dono un’altra specie animale molto interessante, non mai prima posseduta in Roma, e la presento tanto più volentieri perchè parmi meritevole di tutta la vostra attenzione. Infatti vedete un Artropodo, della classe dei Crostacei, di dimensioni gigantesche, per le quali — dopo averle a voi esattamente riferite — potrete affermare ch'è uno dei maggiori fra quelli che, visitando Musei Zoologici, ci sia dato di osservare in non molte collezioni carcinologiche. E vedete pure ch’esso, oltre che rappresenta un Artropodo branchifero assai notevole, tro- vasi in stato di perfetta integrità in tutte le sue parti (1). Tenuto conto del viaggio lunghissimo e difficile com- piuto dalla R. nave Calabria, a bordo delle quale era im- barcato l’egregio donatore, capit. medico dott. Roberto Ma- rantonio, e considerate le difficoltà che per lo più si riscon- trano nei bastimenti armati, aventi scopo e destinazioni speciali, ognuno intende come sia cosa molto ardua l’avere spazio e comodità per riunire e conservare collezioni scien- tifiche : principalmente se risultanti da oggetti fragili e (1) Tutte queste parti scomposte, vennero conservate scrupolosamente dal donatore, e così si potè dal nostro abile tassidermista, signor €. Coli, ricom- porre colla maggiore esattezza l’intiero esemplare, disposto su appropriata ta- vola colorita. 86 ANTONIO CARRUCCIO preparati a secco. Perciò merita la più ampia e sincera lode il mio antico e distinto allievo, al quale il Museo Universitario deve non solo questo eccellente esemplare di Macrocheira, finora desiderato, ma anche più altri ge- neri di Crostacei decapodi macruri e brachiuri, oltre molti altri esemplari di Artropodi e scelti Vertebrati, che pure presento, tutti dall’istesso Dott. R. Marantonio raccolti, conservati e trasportati fino a Roma in ottime condizioni. Per quanto finora è a mia cognizione sarebbe questa la seconda volta che in Italia colla stampa vien data di proposito notizia di questo Crostaceo. La pubblicazione risale al gennaio 1874, e si deve ai compianti Michele Lessona e Cesare Tapparone-Canefri, che in collabora- zione presentarono alla R. Accad. delle scienze di Torino (Vol. 9, Disp. 2*, pag. 185-194) una « Nota sulla Macrocheira Kaempferi Sieb. e sopra una nuova specie del genere Diche- laspis =. E di questa interessante pubblicazione, quasi af- fatto dimenticata o ignota, terrò parola nell'odierna mia comunicazione. Ma leggendo sia questa nota, sia altri diversi lavori di scrittori stranieri, rimane il desiderio di una descrizione più completa dei caratteri che sono proprì della Macrochetra, compresa anche la descrizione dataci dal De Haan, che pure fu il primo a farci conoscere questa forma singolare. Ecco perchè su taluno di essi caratteri mì tratterrò più volentieri, potendo e volendo darli colla maggior esat- tezza possibile. Chi potesse avere sott'occhio un così grosso crostaceo: vivo, dagli arti enormi, sarebbe indotto a bene osservare e riosservare i singoli e diversi movimenti, e possibilmente calcolarne la potenza muscolare. Ciò dico perchè mi tor- narono in mente i lavori sperimentali, letti già da tempo, del prof. Plateau sulla forza assoluta dei muscoli flessori MACROCHEIRA KAEMPFERI 37 della pinza destra e sinistra di talune specie di Crostacei brachiuri. Anche il nostro Camerano in una pregiata sua me- moria (Ricerche intorno alla forza assoluta dei muscoli dei Crostacei Decapodi - Torino, 1892) ci ha fatto conoscere risultati sperimentali assai notevoli; fra i quali cito questo : « I muscoli della chela sinistra sono più forti di quelli della chela destra. Nelle specie studiate (appartenenti ai generi Eriphia, Carcinus, Telphusa e Astacus) si hanno i valori medii generali seguenti: chela destra, forza mu- scolare assoluta gram. 1764.30; chela sinistra, forza mu- scolare assoluta gr. 1918,14 ». (1). Un altro risultato, derivante dalle ricerche di Plateau e Camerano, riguardante la forza muscolare dei Crostacei paragonata al peso del proprio corpo, mi fa a ragione supporre che tal forza nella Macrocheira debba essere rag- guardevolissima, dato appunto il peso della medesima, massime se adulta, e lo sviluppo delle sue chele, armate nel margine interno di numerose e forti denticolazioni. Prima di.dare le esatte misure del bellissimo esem- plare di Macrocheira donato al nostro Museo, mi piace riassumere le parole colle quali il Lessona e il Tapparone Canefri danno principio alla loro nota. Dalle medesime ri- levasi che il torinese cav. Vittorio Aymonin, il quale aveva preso dimora nel Giappone, e precisamente a Yokohama, arricchiva di preziosi doni il Museo Zoologico della sua città nativa. Fra questi doni « vuolsi notare una specie di crostaceo del Giappone, il più grosso crostaceo finora co- nosciuto, e di gran lunga superiore a tutti gli altri, chia- —___—_— ———_ (1) Vedi pag. 41 e 42 della citata mem. estr. dal Tom. XLII, Serie II, d. Mem. d. R. Accad. d. sc. di Torino. 88 ANTONIO CARRUCCI0 mato Inachus Kaempferi dal De Haan, Macrocheira Kaempferi dal Siebold ». I due chiari naturalisti proseguono dando le misure del maschio adulto e della femmina di Macrocheira donati al R. Museo torinese: e di queste misure riporto prima le seguenti, essendo ora bastevoli per un confronto coll’e- semplare di Roma: CT. Misura longitudinale del corpo . . m. 0,360 » trasversale”. Voto MO aa So O r di una zampa del 1° paio: lunghezza.totale-,. 0 .00% — Se n del.suo 1° segrnento 0 ist £. Misura longitudinale del corpo . . » 0,260 » trasversale idem... Lo. e VO ” di una zampa del 1° paio: lunghezza totale... ae 0 del suo 1° segmento... Lt SO Gli stessi autori aggiungono: » Le misure del nostro esemplare maschio dimostrano pertanto che esso è fra i più grossi ». Ricordano dopo che Siebold cita Birger, il quale affermò « di aver veduti esemplari coi piedi aperti della larghezza di undici piedi. Ma gli esemplari di Siebold non arrivano ad una cosiffatta lunghezza. Riferite le dimensioni che ci hanno dato Lessona e Tapparone-Canefri, specialmente per l'esemplare y adulto del Museo di Torino, è facile fare il confronto coll’esem- plare pure adulto, ora introdotto nel Museo Romano. Il carapazio di questa nostra Macrocheira (1) ha un (1) Lessona e Tapparone-Canefri, invece di carapazio o cefalo-torace seri- vono sempre corpo. Se, come credo, hanno con siffatta parola inteso parlare del solo carapazio, non compresa cioè la regione addominale, le dimensioni dell'esemplare di Torino e Roma, differiscono di poco; ma se fosse compreso anche l'addome, allora la Macrocheira del Museo Romano sarebbe più grossa. MACROCHEIRA KAEMPFERI 89 diametro longitudinale di m. 0,355, con una curva an- tero-posteriore di m. 0,405: il diametro trasversale del- l’istesso carapazio è di m. 0,280, con una curva, pure trasversale di m. 0,430. E-Szampetdel 1°-paio sono lunghe .. ..‘m..1,390 Ù TRA Z e ” ERICA " MES ORNBE, ” NOLO ” Bi Ma ” RA OZ n cyafele gUR N, Ù =» 0,610 Le zampe adunque del 1° paio dell'esemplare di Roma sono lunghe 40 mm. in più di quelle di Torino. La chela (1° segmento) dell'esemplare di Torino è lunga, come già dissi, m. 0,070: e la chela di questo di Roma è invece lunga m. 0,130, con una massima circonferenza di m. 0,111, e una minima di m. 0,030. Dell’esemplare di Torino non risulta nè il numero nè le dimensioni delle denticolazioni della chela, che darò esattamente per l’esem- plare portato colla R. nave Calabria. Ma ora sarà meglio avere contemporaneamente sotto gli occhi le misure del 2°, 3°, 4° e 5° paio di zampe dei due esemplari, non possedendo altro lavoro stampato in Italia, che mi fornisca i dati necessari per stabilire la gran- dezza comparativa delle pochissime Macrocheire conser- vate nei Musei Italiani. Oltre i due esemplari di Torino ricordo quello più piccolo visto parecchie volte in Milano, visitando il ricchissimo Museo Civico di Storia Naturale. Esemplare 3° di Torino Es. g di Roma. Lunghezza totale delle zampe del 2° paio m. 0,990 — Idem idem m. 0,990 » del 1° segmento >» Rada dt 70,100 » delle zampe del 3° paio » 0,724 — Id. id. » 0810 » del 1° segmento » EV eds 0,400 > delle zampe del 4° paio » 0,705 — Id. id. » 0,710 » del 1° segmento » OO id 40,090 > delle zampe del 5° paio » 0,623 — Id. id. » 0,610 » del 1° segmento » odo adi 0 0990 90 ANTONIO CARRUCCIO Mentre l'esemplare maschio posseduto dal predetto Museo torinese offre carapazio più grande di soli 59 mm. in confronto a questo di Roma, che ha invece più lunghe le zampe del 1°, 2°, 3° e 4° paio, l'esemplare maschio di Torino offre invece soltanto più grandi le zampe del 5° paio: in- fatti, come risulta dallo specchietto dato, queste zampe hanno nella Macrocheira di Torino la lunghezza di m. 0,623, e in questa di Roma m. 0,610. Ne è a dire che in que- st ultima si abbia lesione alcuna degli articoli formanti le zampe del 5° paio. Il Lessona ed il Tapparone-Canefri trassero parecchie notizie dalla grande e celebre opera del prof. De Sie- bold (1). Per fortuna io la feci acquistare, è già tempo, dalla Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele in Roma, e quindi ho potuto subito esaminarla: e posso perciò confer- mare e riprodurre anche più estesamente talune di esse notizie, e aggiungerne parecchie che mi sembrano inte- ressanti. Nell'opera del De Siebold adunque (ma la parte ri- guardante i Crostacei è scritta dal De Haan), e precisa- mente nella Commentatio Physico-Historica de Crustacets Japonicis, leggesi a pag. VII e VII: « Ita Cancrorum fragmenta insuetae magnitudinis » (pedes imprimis ita grandes et carnosi ut unicus viri » esurientis famen saturare possit) quae Stellerus circa » promontorium Olutvra (Sinus Olutora ad isthmum pe- » ninsulae Camtschtca sub 61 lat. sept. gradu situs) ad » litora ejecta inveniri refert, Macrocheirae Kaempferi no- » strae quis dubitet? eadem quum fragmenta nec non raro (1) Fauna Iaponica — Auctore Ph. Fr. De Siebold — Vol. Crustacea, ela- borante W. De Haan — cum tabulis lithographicis LXX. — Lugduni-Bata- vorum ete. 1850. i 0 Tg MACROCHBIRA KAEMPFERI IL » Integra ejus specimina viva ad littora orientalia insulae » Nippon solita typhonum tempestate adpellantur, eadem- » que species ad oras insulae Jezo frequentius reperetiar. » Cujus vero Oceani Magni plagae Crustaceorum iste gigas » proprie sit incola, adhuc incertum est ». Nell'istessa opera ricordansi poscia i meriti di Engel- ‘bert Kaempfer che nel XVII° secolo visitò il Giappone, e pubblicò nel 1727 in Londra l’opera The history of Japon (pag. X-XI) (1). A pag. XVI è detto che il nome indigeno della Macrocheira è quello di Murikara. E più giù, nel- l’istessa pagina si aggiunge: « Geographus Moyami Tokunai refert, ad littora Jezo » Macrocheiram Kaempferi. ab Aino stirpe Murikara nomi- » natam reperiri spatium octo vel novem pedum occu- » pantem ». E di nuovo a pag. XXXI della introduzione osserva che: « Portunus serratus volumine ab Jndicis non differt » atque Macrocheiram Kaempferi, longe ante omnia Cru- » stacea cognita ingentem et giganteam, quatuor pedes ae- » quantibus chelis, alit provincia Suriya, inter 34° et 35° » A pag. 88 poi abbiamo la descrizione del nuovo Sub- genus: Macrocheira, creato da De Haan; ma questa descri- zione, specialmente per quanto riguarda la fronte e la superficie dorsale del carapazio, la trovo troppo con- cisa, anzi incompleta, da farmi ritenere opportuno di darne un’altra, meglio rispondente alla realtà. Basti dire che il De Haan se la sbriga con queste sole parole: « Tho- rax late-trigonus, tuberculatus et spinosus. Frons bicor- Muta. ». (1) A pag. XI leggo: « Quae Kaempferus enumerat sunt nimirum ece.: e lasciando le due prime forme di Crostacei citati, l’autore come 3% specie ag- giunse: Simagani — Macrocheira Kaempferi ». 49 ANTONIO CARRUCCIO Fra le belle e numerose tavole annesse al volume dell’opera del De Siebold (in quello cioè riguardante i Cro- stacei) sono in grandi dimensioni le tav. XXV-XXVI e XXVI-XXVII) destinate a rappresentare oltre la Macrocheira Kaempferi tutta intiera, il carapazio isolato, l'addome ed una delle zampe del 1° paio pure isolati, colla chela e le denticolazioni (a metà grand. nat.). Ma per esattezza sono davvero superiori le fig. della tavola, unita a questa mia nota, figure che riproducono le fotografie eseguite dai miei abili aiuti nell’Istituto Zoologico. %eco ora la descrizione che mi è permesso di fare dell'esemplare donato dal dott. Marantonio, cominciando dal carapazio. Questo ha una forma piuttosto allungata, avendo il diametro longitudinale di circa $ centimetri più lungo del trasversale: è tubercolato, e nella sua parte cen- trale presenta due solchi, abbastanza profondi, a forma di C che si voltano il dorso. Questi solchi, così arcuati, dividono la faccia convessa e dorsale in quattro aree: una anteriore, due laterali destra e sinistra e una po- steriore; L'area anteriore ha forma quasi di losanga, è la più levigata e più convessa, prolungandosi all’innanzi con due cornetti curvi, divergenti, ognuno della lunghezza di mm. 23, sola porzione libera; e misurando dalla radice mm. 54. AI disotto e all'indietro di questi cornetti trovansi gli occhi peduncolati e le antenne: ogni peduncolo è lungo mm. 22, ed ogni antenna mm. 30. Inoltre si hanno pure altri due cornetti posteriori, un po’ più piccoli dei prece- denti, parimenti uno a destra e l’altro a sinistra, lungo ognuno 22 mm., per la sola porzione libera, e misurando dalla radice mm. 46. Altre tre prominenze minori, una mediana lunga 19 mm., e due laterali lunghe appena 10 mm., sono situate nella faccia ventrale e rivolte all’ingiù. MACROCHEIRA KAEMPFERI 93 Le porzioni laterali del carapazio hanno forma di grossi mammelloni, e le posteriori di questa area ante- riore sono coperte da tubercoletti più numerosi che nellai parte centrale. Questa presenta una bozza tripartita e cir- condata da un solco completamente liscio, Le aree laterali sono piuttosto pianeggianti ed inc linate fra di loro. Presentano un gran numero di tuber coletti unici più o meno alti e più o meno grossi, non aguzzi nell’apice. Queste aree medesime restano, come dissi, separate fra loro e dalla anteriore da due profonde impressioni a forma di C, fra le quali si nota una cresta poco rilevata risultante da tubercoletti riuniti, la quale riunisce l’area anteriore alla posteriore. Quest'ultima è molto irregolare a causa della dispo- sizione dei tubercoli conici tondeggianti, e per la presenza di bozze nella linea mediana, fuse più o meno fra di loro e fiancheggiate da solchi abbastanza profondi, i quali le separano da altre bozze laterali. I margini laterali del carapazio scendono quasi verti- calmente, in corrispondenza delle due aree destra e si- nistra, già accennate, ma nella parte posteriore anzichè verticali, sono lievemente inclinati. Il colore del carapazio varia dal giallo al rosso lieve- mente aranciato, e spesso questi due colori sono misti. In complesso nell’area anteriore le due colorazioni sono quasi egualmente distribuite. Nelle aree laterali predomina il rosso, nella posteriore il giallo. I tubercoletti hanno per lo più colore diverso da quello del fondo, cioè sono gialli dove il fondo è rosso, e viceversa. Le zampe sono generalmente rosse di sopra, e gialle inferiormente: però quelle del 1° paio sono molto meno colorate in rosso. Tutte poi sono più o meno fornite di 94 ANTONIO CARRUCCIO piccoli tubercoli conici, i quali sono un po’ più numerosi e anche un po’ più sviluppati nelle zampe anteriori, e spe- cialmente nella porzione più lontana dal corpo: anzi nelle zampe posteriori sono confinati solo agli ultimi due articoli. Le dita o branche delle chele sono nel loro margine interno armate di molti denti. La branca mobile (dattilo- podite p. d.) della chela destra offre 17 denticolazioni, e la fissa 13: totale 30. La chela sinistra ha in totale 29 den- ticolazioni, cioè 16 nella branca mobile, e 13 nella fissa. I primi denti appaiono piccolissimi e vanno sempre aumentando di mole; soltanto nella branca mobile l’ultimo dente è quasi rudimentale: e i più grossi sono quelli di mezzo. Il dente maggiore della branca fissa sinistra misura in lunghezza 9 mm.,, ed in larghezza 15 mm.: e quello della chela opposta è quasi eguale. 1] dente maggiore della branca mobile è lungo 10 mm., e largo 13 mm. Queste chele devono certamente nelle Macrocheire eser- citare un'azione validissima, e stringere con molta forza, sì da essere quasi impossibile alla vittima, assalita, e trat- tenuta da una di esse chele, di sfuggire. Degli articoli mobili costituenti le zampe (1) il più lungo è il 3° del 1° paio di esse zampe. Un'ultima parola aggiungerò sull’addome del quale, pure ricurvo come lo si ebbe (nè ho creduto prudente di rammollirlo per poterlo distendere in linea retta, e pren- derne il diametro longitudinale), dò la lunghezza presa se- guendo la linea curva, ch'è di 19 cm.: poca è certamente la differenza in meno del diametro longitudinale e mediano, ———_—_— _—_—_———_ (1) Ogni zoologo sa come non sia identica ]Ja nomenclatura degli articoli delle appendici locomotrici degli Artropodi secondo i diversi autori, e per le diverse classi. Milne Edwards pei Crostacei propose, e molti le adottarono, le ‘seguenti denominazioni : Coxopodite, Basipodite, Ischiopodite, Meropodite, Car- popodite, Propodite, e Dattilopodite (pel dito mobile della propodite o mano). MACROCHEIRA KAEMPFERI — DE HANN. (1/4 della srand. nat.) Bolleltino della Soc. Zool. Ital., Fasc. I, II e IIII, 1906. PROF. A. CARRUCCIO, G. Alessandrini, fot. — Calzone, ine d. grand nat.). circa Chela destra (metà DAS MACROCHEIRA KAEMPFERI 95 ernienenenaezenan acciai eni inez nce ani zena nani onice se nanazeneosanenenee scoscese 0e0<0@‘0ce0QQuueI@@Q@QQQ@0@(90‘060‘060@0101097‘0’‘00000002010200000000iQionce0e che calcolai avere circa 17 cm. e 172. — La larghezza mas- sima dell’istesso addome, presa presso il 5° articolo, è di 8 cm.: la larghezza del 2° articolo è di 7 cm., e l'altezza del 2° è di 4 cm. | Prima di dar fine a questa nota sovra un crostaceo brachiuro così interessante e gigantesco, ricordo che nel pregevolissimo lavoro del mio sempre compianto maestro ed ex-direttore, il prof. Adolfo Targioni-Tozzetti di Fi- renze (1), non si fa cenno della Macrocheira Kaempferi. E moltissime furono le specie di Crostacci che il Targioni studiò accuratamente, tutte avute dopo l’importantissimo e proficuo viaggio della R. pirocorvetta Magenta (2): ma la predetta specie, quantunque la nave percorresse le acque del Giappone, non venne in possesso dei valenti natura- listi (De Filippi e Giglioli) che si trovavano a bordo della medesima. La Calabria fu più fortunata, e di nuovo ringrazio il «dott. Roberto Marantonio. (1) Ved. pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori, pratici e di perfe- zionamento in Firenze — Sezione di scienze fisiche e naturali — Vol. 1° 1877 — Zoologia del viaggio intorno al Globo ecc. — Crostacci Brachiuri e Anomuri per ADOLFO TARGIONI TOZZETTI. (2) GiGLIOLI KNRICO HyLLER — Zoologia del viaggio intorno al Globo della R. Pirocorvetta Magenta durante gli anni 1865-66. Milano. Nella classica opera di James D. Dana (United States-Esploring Expedition by Autority Congress — Part 1: Philadelphia — Printed by C. Sherman, 1852, pag, 78) la Macrocheira viene compresa nella Fam. Matidae, ed in una speciale sotto-fam. (Macrocheirainae) coi seguenti caratteri : « Carapax late ovatus — Rostrum furcatum — Pedes proelongi — Articulus ‘antennarum externarum ]mus solutus ». Il genere poi Macrocheira De Hann p., d. Dana lo indica con questi altri ‘caratteri: « Carapax gibbosus, orbiculato-ovatus, spina praeorbitali parvula, rostro saliente, cornubus valde divaricatis. Pedes toti validi, longi ». Dopo le cose da me dette, credo risultino più nettamente le particolarità morfologiche esterne, compresa la colorazione esatta, che dovevano tutte essere poste in più chiara luce. Non è il caso d’intrattenermi a riferire su qualche altro scrittore, partico- larmente sovra chi ha annoverato il gen. Macrocheira nella fam. Inachidae. Prot. GIOVANNI ANGELINI QUALCHE OSSERVAZIONE SOPRA DUE UCCELLI: NEOTROPIALI Aphrastura fulva n. sp? (Dendrocolaptidae) e Creciscus melanophaeus (Vieill.) (Rallidae) Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Il chiaro prof. Martorelli gentilmente mi partecipa la esistenza, nella collezione ornitica del Museo Civico di Mi- lano da lui diretta, di due esemplari di Aphrastura, inter- medi fra VA. spirnicauda Gwmet. e lA. fulva, da me recente- mente descritta come probabile nuova specie. Dei due esemplari di Milano uno avrebbe « le parti inferiori bianche fino ai fianchi e al basso ventre, che è cinereo sudicio, e al sottocoda, che ha su questo stesso colore sfumature fulve =: e nell’altro « tali sfumature si estendono sui fianchi e sul ventre, ed il bianco è dovunque molto sporco ». Non nascondo che questa notizia mi ha reso assai perplesso circa la fatta distinzione: peraltro non capisco come, se si tratta della stessa specie, il fulvo non debba esser comparso più o meno nei ben sedici esemplari, che lo Sclater ebbe a disposizione per la sua diagnosi. Mi sembra poi difficile che, per quanto troppo concise (contentiamoci di dir così) sieno le sue descrizioni, non solo in questo, ma anche negli altri suoi volumi del Catalogo del Museo Britannico, possa egli aver trascurata assolutamente la tinta fulva delle parti inferiori, se in qualche modo fosse esistita nei suoi campioni, parti che egli descrive affatto bianche. Di carattere giovanile non mi pare che sia da far parola, perchè allora quelli del Martorelli dovrebbero es- APHRASTURA FULVA 97 sere in muta. Si potrebbe pensare ad un cambiamento di colore in rapporto colla stagione, ma per una muta ruptile le piume dovrebbero essere bianche a solo margine fulvo, mentre sono interamente fulve, ed una decolorazione per scomparsa totale di pigmento mi sembra poco probabile in questi passeracei. Che debba trattarsi di una specie a doppio tipo (1), l'uno -bianco e l’altro rufo, coi relativi termini di transizione, come nei barbagianni, ecc., pure mi sembra poco attendibile. Ma, oltre alle differenze notevolissime di colorito fra i miei due esemplari ed i sedici del Museo Britannico, riassunti nella descrizione dello Sclater, fu anche, e spe- cialmente, la diversità delle dimensioni e proporzioni, che mi indussero a ritenere dovesse trattarsi di una forma meritevole di essere distinta specificamente dall’ A. spizi- cauda Get. Il prof. Martorelli mi scrive che nei suoi due campioni, all'infuori delle sopraccennate differenze, si ve- rificano tutti i caratteri da me assegnati all’A. fulva: par- rebbe quindi che presentassero anche le stesse differenze di dimensioni rispetto dall'A. spinicauda. In tal caso po- irebbe anch’essere chei due esemplari di Milano, insieme a quelli di Roma, costituissero un differenziamento del- lA. spinicauda, che ha così larga area di distribuzione, in rapporto col clima, coll’attitudine, ecc. e meritevole di essere distinta, se non come specie, almeno come sot- tospecie. Comunque sia, io non insisto, e non pretendo mini- mamente di risolvere la questione: mi basta di avere richiamata l’attenzione degli ornitologi su questa forma di Aphrastura, meritevole al certo di considerazione, e non (1) Rigetto come oltremodo impropria la parola fase, adoperata da qualche autore per indicare le abituali e permanenti diversità della tinta di fondo in alcune specie. Fase sì riferisce al tempo: se mai potrebbero chiamarsi fasi i mutamenti successivi di colore in rapporto coll’età o colle stagioni. Bolleltino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. I, II e III A 98 GIOVANNI ANGELINI peranco descritta. Coloro, che si trovano sopra luogo, o che potranno avere a loro disposizione mezzi sufficienti, decideranno di che cosa si tratta. Creciscus melanophaeus Vieri. — Un esemplare di Creciscus melanophaeus VieiLL. del Museo Zoologico della R. Università di Roma presenta le cuopritrici superiori delle ali regolarmente e molto nettamente listate per tra- verso di bianco. Le sbarre sono larghe poco più di un mill, intervallate di circa il doppio, rettilinee, parallele e in numero di otto o dieci, e di varia lunghezza. Nella descrizione, che di questa specie da lo Sharpe nel Cat. del Museo Brit. (Vol. XXIII), non si fa alcuna men- zione di questo carattere. Dello Sharpe è nota la minuziosa accuratezza in tutti i suoi lavori ornitologici: vuol dire dunque, che nessuno degli esemplari del Museo Britannico )in numero di 10, di uno solo dei quali, femmina, è di- chiarato il sesso) presenta tale particolarità. Il prof. Martorelli cortesemente mi comunica che uno dei quattro esemplari adulti di C. melanophaeus, conservati nel Museo civico di Milano, presenta sulle scapolari di sini- stra varie fasce bianche, completamente mancanti a destra. Di un’altra specie di Creciscus, il C. albigularis, LawR., lo Sharpe cita tre individui esistenti nel Museo Britannico, provenienti da Panama, dei quali due hanno liste bianche sulle cuopritrici superiori delle ali, mentre il terzo ne manca affatto, come gli individui della Columbia. Inoltre un C. leucopyrrhus VierLc. del Museo Romano, pure adulto, presenta sulle sopralari poche e brevi linee e macchiette bianche, più rare a destra, come resti frammentarî di sbarre. La presenza di fascie, ovvero di macchie bianche nelle cuopritrici superiori delle ali sarebbe, secondo lo Sharpe, un carattere normale e costante di due sole specie di Cre- he de DI RAR RE ciscus, il C. jamaicensis GwmeL. e il C. salinazi (Paiippr), i quali mostrano similmente rigato anche il dorso: è quindi notevole l’apparire della stessa particolarità anche in qualche altra specie, ma come carattere puramente accidentale. Può darsi che esso costituisca un segno di immaturità, “come opina anche il prof. Martorelli, (infatti il bianco è più abbondante nell’abito giovanile anche dell’affine genere Porzana) ma non è facile il dare un giudizio sicuro sul suo significato: incontrandosi questo carattere solo in al- cuni individui apparentemente adulti, ma variamente mar- cato, e talora persino con assoluta asimmetria, potrebbe far pensare ad un fenomeno di riversione di un antico carattere del senere, persistente ancora nel C. jamaicensis, e nel C. salinazi, ovvero ad una tendenza generale del gruppo ad una variazione, che solo nelle due citate forme è diventato carattere stabile e determinato, mentre resta nelle altre quasi allo stato di semplice tentativo. In ogni caso pare che si tratti di un carattere saltuario, e di nessuna importanza, sotto il punto di vista sistema- tico, nel C. melanophaeus e in qualche altro: ma non è per questo meno importante il tenerne conto e farne men- zione, potendo esso trarre ir inganno e rendere imbaraz- zante la determinazione della specie. E ciò tanto più se si pensa che î Creciscus sono un genere americano abbastanza numeroso (16 specie ne annovera lo Sharpe) e ancora poco noto, e che delle sbarre bianche nel C. melanophaeus Vieii. non si fa alcun cenno in un libro, come il Catalogo del Museo Britannico, il quala riassume tutte le osservazioni precedenti, e, per la competenza dei suoi collaboratori, e per il materiale che ebbero a loro disposizione, può con- siderarsi attualmente, almeno nei suoi più recenti volumi, come il codice più completo ed autorevole di ornitologia sistematica. Una NYCTEA SCANDIACA (Linn.): du CARPODACUS RUBRICILLA (Gildenst) e un TETRAOGALLUS CASPIUS (Gm) donati al R° Museo Zoologico universitario di Roma per mezzo della SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALJANA dal socio M.se WLADIMIRO CAMPANARI presentati ed illustrati da GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA A nome e per incarico del nostro consocio Marchese Wladimiro Campanari ho il piacere di presentarvi, e bre- vemente illustrarvi tre specie di uccelli di Russia, che il detto socio offre in dono, già convenientemente preparati, al R. Museo Zoologico universitario per mezzo della nostra Società. 1° Del primo di essi poco ho da dire. È una bellis- sima Nyctea scandiaca Dress. detta Harfang dai Francesi: rapace notturno notissimo delle regioni settentrionali d’Eu- ropa, d'Asia, e d'America. La sua livrea, per la più spessa e marcata fasciatura scura sul bianco delle penne, la dif- ferenzia dall'altro esemplare veramente splendido che S. M. il Re riportò dal suo viaggio allo Spitzberg, e che ora è uno dei più belli ornamenti del Museo. Il bianco. meno diffuso e puro, le fasce più spesse e più regolari mostrano, o che questo esemplare sia meno adulto, o che, più verosimilmente, quest’'uccello soglia più candidamente vestirsi, e con più dovizia di soffice piumaggio, quanto più si avvicina alle nevi eterne delle regioni circumpolari. 2° Sono due Fringillidae-Fringillinae, maschio e fem- mina, e precisamente due Carpodacus rubricilla (Gùldenst.), specie esclusivamente caucasica, e che dal Gaucaso ap- punto proviene. Del genere Carpodacus Kaup. noi non possedevamo, se non altra specie di statura più piccola, che unica erra- ticamente e raramente cogliesi anche in Europa e in Italia, e porta il nome di C. erythrinus (Pallas), detta dapprima Chlorospiza incerta dal Bonaparte. Eppure esso conta ben 26 specie, N. 20 proprie dell'Asia, e N. 6 soltanto appar- tenenti all'America settentrionale. Eccone i caratteri generici, colla guida dell’illustre Sharpe e del volume XII del Catalogo degli uccelli del Museo Britannico: Becco grosso, globoso, rigonfio, simile a quello del nostro Frosone (Coccothraustes): corto più della metà del capo: e colle due mandibole incurvate verso l'apice. I sessi sono fra loro differenti. Nei maschi predomina il color rosso o roseo, che manca sempre nelle femmine. Il Carpodacus rubricilla (Gùldenst.), detto dal Latham Caucasian Grosbeak; Pyrrhula caucasica Keys; Strobilophaga caucasica Gray; o Corythus rubricilla Bogd. presenta i se- guenti caratteri: Maschio — capo rosso-cremisi acceso, macchiettato di bianco-perlaceo ; cervice e dorso con penne a basi grigio- brune, marginate di rosso-cupo, e il groppone rosso-roseo vivace e senza macchie: coda ed ali bruno-scure appena marginate di roseo: gola o parti inferiori a macchie bianco- perlacee triangolari circondate da un margine rosso-cre- misi vivace; lunghezza totale circa mm. 210: ali lunghe circa mm. 118. Femmina — parti superiori grigio-scure con larghe strisce scuro-nerastre sul mezzo delle penne: le scapolari e cuopritrici primarie hanno larghi margini bianco-bru- 102 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA niccio dal lato esterno: e le timoniere esterne son mar- catamente marginate di bianco: le parti inferiori. sono cenerino-bianchiccie con debole sfumatura ocracea, e for- temente macchiate di bruno-nerastro sul mezzo delle penne. È questa una specie esclusivamente del Caucaso, come sì disse. 3° Il terzo notevolissimo esemplare appartiene ad un Genere, che non era finora rappresentato nel Museo. È un importante gallinaceo della famiglia Phasianida, sottofa- miglia Perdicin@: forma quasi di passaggio fra i veri Te- traonida e i Phasianide, onde fu detto Tetraogallus Gray. Conta questo genere solo sei specie, e tutte dell'Asia, od abitanti sul limite ultimo tra l'Europa orientale e l’Asia. Eccone i caratteri generici: | Coda attondata di 20 o 22 penne; Uno spazio nudo allungato dietro gli occhi: Tarso, appena coperto di penne sull’alto presso il gi- nocchio e subeguale, o poco più lungo del dito medio coll’unghia. Sessi, che poco fra loro diversificano. Il nostro è il Tetraogallus caspius (Gm,), detto dal La- tham Perdia caspia; e Tetraogallus tauricus dal Dresser. Non è il 7. caucasicus (Pall): anch'essa specie del Caucaso da cui prende il nome, perchè a lui manca qualunque accenno di color rosso-castagno sul capo, sulla nuca e sulle gote. Eccone quindi i caratteri specifici differenziali : Metà basilare delle remiganti di color bianco; Le lunghe penne dei fianchi striate longitudinalmente di ceciato, di castagno, e di nero: Capo interamente grigio-cenerino chiaro, gote grigio- pallicie, che cambiano in larga macchia grigio-nerastra ai lati della gola e del collo: Gola, lati del collo ed alto del petto bianco-candidi, UNA NYCTEA SCANDIACA 103 ‘il petto cinereo-grigio a fasce nere ondulate (ciò che de- termina un maschio forse giovane). Questo Tetraogallus vive sui monti nudi e rocciosi dell'Asia minore, fino alla regione oltre il Mar Caspio, e verso Nord fino al Caucaso, verso Sud fino in Persia. Al dire del Campanari è raro nel Caucaso, come son tutte rare e di difficilissima cattura le altre specie: rarissima poi quella chiamata Tetraogallus altaicus (Gebler), appena nota per pochissimi esemplari provenienti dai Monti Altai del- l'Asia centrale. — Il presidente della Società e Direttore del R. Museo Zoologico Universitario, dopo terminata la lettura della precedente relazione, ringrazia vivamente il vicepresidente Senat. Di Carpegna « per la precisione con cui ha illustrato le interessanti specie do- nate ». E grazie non meno vive e sincere rinnova « all’egregio consocio March. Campanari, cui devesi se ora il Museo possiede anche il Tetraogallus caspius, che ne mancava atfatto. Il presi- dente aggiunge che con grande compiacenza ricevette pure dal generoso donatore questa nuova Nyctea scandiaca, della quale furono dal relatore fatte rilevare alcune differenze coll’altro grosso . esemplare conservato nel Museo, esemplare che a ragione il Senatore Di Carpegna chiamò « veramente splendido » e che dobbiamo al provvido e munificente Re Vittorio Emanuele IIl ». CENNI BIBLIOGRAFICI seritti dai soci Prof. A. NEVIANI, A. CARRUCCIO e V. BARNABÒ BassoLI G G. — Otoliti fossili terziari dell'Emilia: Riv. ital. di Paleontol., anno XII. Perugia 1906. E noto quanto sia difficile lo studio degli otoliti fos- sili dei pesci, e perciò va data lode all’A. di questo studio, per avere illustrato un numero cospicuo di forme (64) delle quali ben 40 sono nuove, e ciò sopra un ricchissimo ma- teriale di parecchie migliaie di esemplari; in tal modo si viene a conoscere per quelle formazioni geologiche la pre- senza dei seguenti generi: Arius, Hemiramphus, Phycts, Merlucius, Macrurus, Hymenocephalus, Ophidium, Fierasfer, Citharus, Platessa, Solea, Corvina, Sciaena. Trachinus, Ho- plosthetus, Dentex, Labrax, Chrysophris, Gobius, Cepola, Pa- gellus, Peristedion, Trigla, Lophius. La memoria è accom- pagnata da due tavole con 95 nitidissime figure, rappre- sentanti quasi tutte le forme e varietà descritte. Ac Da * RO CI CappELLI G. B. — Contribuzione allo studio degli Ostracodi fossili dello strato a sabbie grigie della Farnesina presso Roma; Bol. Soc. Geol. Ital., vol. XXIV, Roma 1905. Il signor dott. march. (G. B. Cappelli, illustra, in que- sta memoria, 53 specie e 9 varietà, delle quali solo la Lo- xoconcha guttata var. tenuipunctata è nuova. Notevoli sono le specie: Cythere polytrema Brady, C. Audei Brady, Xestoleberis variegata Brady, X. tumefacta Brady e Loroconcha granu- lata Sars, le quali sono state per la prima volta indicate come fossili. Tenendo conto della monografia che il dott. I. Namias fece or sono cinque anni sui medesimi organismi della Farnesina, il numero totale delle specie di questo giacimento sarebbe di 68: lo scrivente però ha ragione di credere che il numero sarà di assai superato, se verrà presa in esame la sabbia molto minuta la quale contiene ERMES PERC Pc] Ro 1 VARE ROTIERIA NT 5 POZNAN NR Pal DATI CENNI BIBLIOGRAFICI 105 specie molto interessanti specialmente del genere Cytherura. La memoria è corredata di due tavole con 56 figure, forse un pò troppo schematizzate. AIN x* XEck CHECCHIA-RISPOLI ( — | crostacci dell'Eocene dei dintorni di Monreale in Provincia di Palermo; Giorn. di Sc. Nat. ed Econ., vol. XXI, Pa- lermo 1905. Sono otto le specie di decapodi descritte in questo la- voro, delle quali tre sono nuove per la scienza: per una di queste è istituito un nuovo genere: Gemmellarocarcinus (G. Lorentheyi) del quale ecco le caratteristiche : Cefaloto- race molto più largo che lungo, pianeggiante nella parte posteriore, discendente rapidamente in avanti: regione trontale prolungata in un rostro triangolare, corto, non molto appuntito, reflesso in basso : orbite grandissime, sub- rotonde e profondamente scavate. Solco cervicale ampio e profondo : regione gastrica ben delimitata : regioni bran- chiali distinte. Margine’ posteriore concavo. AISAN: Tola: CHdeccHIa-RispoLi G. — Sopra alcune Alveoline eoceniche della Sicilia ; Pa» laeont. Italica, vol. XI, Pisa 1905. L’A. in questa memoria molto interessante descrive minutamente otto specie del gen. Alveolina e due del gen. Flosculina : delle quali sono nuove: A. Cremae, A. Ciofaloi, A. Canavarii, A. Schwageri, A. Di-Stefanoi. A queste specie della Sicilia è aggiunta un’altra nuova specie, A. Violae del Friuli. — Tutte le specie sono molto accuratamente de- scritte e comparate fra loro, e con altre già conosciute ; degne di lode sono le osservazioni sulla camera embrionale, che costituiscono una novità per tali generi di foraminiferi, per quanto i risultati non sieno completamente soddisfa- ‘centi. Di molta pazienza è la determinazione delle for- mule per l’avvolgsimento delle spire. La memoria è corre- data da due tavole di figure, le quali comprendono molti particolari di struttura delle piccole conchiglie. A. N. 106 CENNI BIBLIOGRAFICI PEPLETEOPLELTA LUNE ZELO TZERZE NA ALA ZA ZAC O ELETTA OZZANO ESATA LETTA TZZZE OZ LST PASSATA NERA AIA ZANTE NES E Era ass sasacsssasssesisueuasqreessseesconeese@ DAINELLI G.— La fauna eocenica di Bribir in Dalmazia; Palaeont. Italica la parte, vol. X, Pisa 1904; 22 parte, vol. XI, Pisa 1905. La fauna eocenica di Bribir presenta uno speciale in.- teresse, non solo per le determinazioni di carattere geolo- gico, ma anche per il paleo-zoologico, giacchè vi si tro-. vano comprese ben 159 specie appartenenti a corallari, echinodermi e molluschi, spesso con un rilevante numero di specie per ciascun genere; così merita essere citato il genere Cerithium con 21 specie, l'illustrazione delle quali, costituisce una vera monografia. Le specie nuove sono 30, quasi tutte appartenenti ai molluschi. Centoventisei accu- rate figure riunite in cinque tavole illustrano decorosa- mente l’importante monografia. Agi DI RK Dar Praz G. — Sugli avanzi di Cyrtodelphis sulcatus dell’arenaria di Belluno ; Palaeont. Italica, 1* parte, vol. IX, Pisa 1903; 2% parte, vol. XI, Pisa 1905. Nell'ultimo volume della Pa/aeontographia Italica, si è completata la illustrazione di questo delfino, apparte- nente ai Platanistidi, e proveniente dalle arenarie mioce- niche di Belluno. L'A. potè fare questa magistrale mono- grafia sopra numerose ossa e crani di ben dodici indi- vidui; ed oltre all'esame minuto del cranio, dei denti e di molte vertebre, occorre notare quello del modello inter- cranico che ci rileva molte particolarità dell'encefalo, non chè dei nervi che da esso si dipartono, e di alcuni vasi sanguigni. Due grandi tavole doppie e due semplici con- tengono le figure dei cranî e dei denti: altre tre tavole, delle quali una doppia, illustrano le vertebre : ed una con- tiene 11 figure dei modelli intercranici. L'A. promette una prossima illustrazione della filogenia dei Platanistidi, che — data la grande sua competenza — è attesa con vivo desiderio dagli studiosi. AN “ Pbccrò CENNI BIBLIOGRAFICI 107 aenanraneeaseeeeneeceoseoececceneosaeze scorsa. cvasseseneaseseiseeeeccececcceceaseceeeecconscceeee0cesccoooosessccoeeieccasi; anussosanenancesueuuesseesusQquBsansecaseoeeo De ALESSANDRI G. — Avanzi di un nuovo genere di Cefalopodi dell’Eocene dei dintorni di Parigi; iv. ital. di Paleont.; anno XI, Perugia 1905. Belosepiella è il nuovo genere istituito dall’A. sopra esemplari che divise in due specie: B. Cossmanni, e B. parisiensis. Il gen., che è affine a Belosepia, è, per la con- chiglia, così caratterizzato : Conchiglia piccola, mancante della protuberanza dorsale, al posto della quale osservasi una larga doccia che si spinge fino al margine anteriore. Lamina ventrale ripiegata e dilatata, circoscrivente la ca- vità imbutiforme. Ai N. x x K De ANGELIS D’Ossat G. — Coralli del Cretaceo inferiore della Catalogna : Palaeont. Italica, vol. XI, Pisa 1905. Con la competenza ben nota dell’A. per i coralli fos- sili, vengono in questa memoria descritte 51 specie, costi- tuenti uno dei gruppi più importanti di tal genere di or- ganismi; di esse 22 sono nuove per la scienza, oltre a due varietà, tutte appartenenti ai generi La/imaeandraraea, The- cosmilia, Cladocora, Convexastraea, Aplosmilia, Trochosmi- lia, Epismilia, Pleurosmilia, Axosmilia e Peplosmilia. Nelle quattro tavole che accompagnano la memoria, oltre 87 fi- gure rappresentanti gli individui nella loro configurazione esterna, ve ne sono molte altre in sezione per illustrare la struttura interna. Sappiamo che questa memoria venne pre- miata dalla R. Acad. delle scienze di Barcelona ; all’egregio A. i nostri rallegramenti. AN: Magri Fucini A. — Cefalopodi liassici del Monte di Cetona; Pauleont. Italica, 1* parte, vol. VII, Pisa 1901; 2 parte, vol. VIII, 1902; 3* parte, vol. TX, 1903; 4* parte, vol. X, 1904; 5° parte, vol. XI, 1903. Questo poderoso lavoro, completato in cinque anni, consta di 318 pag., corredate di varie figure nel testo e di 91 tavole contenenti numerosissime figure dei Cefalopodi fossili appartenenti ai tre piani del Lias, e provenienti dal monte di Cetona. Le specie esaminate sono 190, con 44 distinte varietà, delle quali sono nuove 72 specie e 32 va-- rietà. La voluminosa ed accurata monografia, sia per il 108 CENNI BIBLIOGRAFICI testo che per le tavole, sarà d’ora in avanti un necessario punto di partenza per tal genere di studi. Asia MN * Faune della Roumanie. — Ostracodes récoltés par Mr. Jaquet et determinés par Mr. le Dr. L. Masi, Con questo titolo abbiamo letto nel Buletinu! Societatii de Sciinte din Bucuresci-Romania (Decembre 1905, pagine 647-665) una nota del consocio Dott. L. Masi, del quale in questo stesso fascicolo (Vol. XV, Serie II) del Bollettino della nostra Società Zoologica Italiana pubblichiamo altro pregevole lavoro. La nota sugli Ostracodi della Romania, raccolti dal D." Jaquet, è compilata dal Masi colla solita sua diligenza e chiarezza, per cui le descrizioni dei carat- teri delle specie si leggono assai volentieri, e s'intendono anche da chi non ha pratica nello studio di questi piccoli artropodi. Il D.' Masi descrive molto accuratamente una nuova specie d’Iyocypris, che chiama /. getica, affine alla IL la- custris. Si occupa pure della -Cypris incongruens Rambohr, tanto g* che £, della C. strigata O. F. Muller e_C. virens Jurine, facendo opportune considerazioni su taluni carat- teri morfologici. Parlando delle varietà della C. incongruens il Masi ricorda la var. rosea da lui descritta e trovata nei dintorni di Roma. Ai. N * Xx Dr. CESARE ARTOM, Assistente all'Istituto di Zoologia della R. Univer- sità di Cagliari. — Osservazioni generali sull’ Artemia salina Leach delle Saline di Cagliari (Zoologischer Anzeiger — 15 agosto 1905, N. 9, pag. 284). L'Autore dà dapprima precise ed opportune indica- zioni sulla topografia, estensione e composizione chimica delle acque madri di quelle celebri saline. Passa poscia a dire dell’ Artemia salina £ e gd ch'egli ha studiato larga- mente in Cagliari, concludendo che se non è questa specie CENNI BIBLIOGRAFICI 109 morfologicamente separabile dalle altre Artemie, però in modo considerevole se ne distacca : « 1° per una grande abbondanza di g* in copula du- rante l’anno, e a qualunque concentrazione. « 2° per il riprodursi col fenomeno della viviparità durante l'inverno, e col prevalente fenomeno dell’oviparità durante l'estate. « 3° per la mancanza quasi certa della partenogenesi ». TAB x TCX ! recenti studi sporimentali sulla ipofisi tatti in Italia. Brown Séquard, affermando l'importanza funzionale delle cosiddette ghiandole a secrezione interna, ha aperto. uno dei più interessanti capitoli di fisiologia alle numerose ricerche degli esperimentatori. Si sono così acquistate in- teressantissime cognizioni sulla funzione della tiroide, delle paratiroidi e delle capsule surrenali; ma restano ancora dei dubbi sulla glandola ipofisaria, che da alcuni autori è con- siderata come organo involuto e privo di importanza fun- zionale, mentre da altri è ritenuto come sede di importante funzione per l'organismo. Un notevole contributo alla que- stione è stato recentemente fornito dal Dott. Gaetano Fi- chera, con due lavori esperimentali assai pregevoli. Nel primo lavoro (1) il Dott. Fichera si è occupato delle differenze che l’ipofisi presenta in animali della stessa specie, a seconda che essi sono intieri o castrati. Le sue ricerche furono istituite comparativamente su galli e capponi, su tori e buoi, su bufali intieri e castrati, scegliendo soggetti della stessa razza, della stessa età. e all'incirca dello stesso peso. Egli ha trovato, pesando singolarmente nei varì casi le glandole ipofisiarie, che l’ipofisi degli animali castrati ha maggior volume, e pesa più di quella degl’individui intieri ——— _——__——m (1) FicHERA G. — Sulla ipertrofia della ghiandola pituitaria consecutiva alla castrazione. — Boll. della R. Accademia Medica di Roma, Anno XXXI, fasc. III. Il Policlinico, Sezione chirurgica, Roma, 1905. 110 CENNI BIBLIOGRAFICI della medesima specie. L'esame istologico ha poi fatto ri- levare all’A. negli animali castrati una notevole ipertrofia della ipofisi ed un notevole aumento delle cellule eosino- file. Sulla scorta quindi dei principali ricercatori, il Dott. Fi- chera esamina gli effetti prodotti dalla castrazione sui varî organi e specialmente sullo sviluppo dello scheletro, sulla prostata, sulla corteccia cerebrale e sul timo. L'azione della orchiectomia sarebbe da riferire alla mancanza di una se- crezione interna prodotta, come si tende ad ammettere, dalle cellule interstiziali del testicolo; e la ipertrofia delle altre glandole a secrezione interna potrebbe esser di natura com- pensativa. Per ispiegare il fatto ritrovato nell’ipofisi, VA. ha voluto sperimentalmente castrar dei galli, e iniettare estratti testicolari nei capponi. Da queste esperienze risulta che in pochi giorni la struttura dell’ipofisi si modifica sia nell’un caso che nell’altro, ossia che questa glandola s'ipertrofizza rapidamente, e rapidamente ritorna normale. Ciò non può esser dovuto che all’effetto della secrezione interna testi- colare. Di poi TA. passa a cercar di stabilire qual'è la fun- zione della glandola pituitaria, che viene esaltata in se- guito alla estirpazione delle ghiandole sessuali. Alcuni autori hanno constatato ipertrofia dell’ipofisi in condizioni . sperimentali, come negli animali tiroidectomizzati, e in istati morbosi, come nello struma tiroideo, nel mixodema idiopatico; altri hanno notato alterazioni dell’ipofisi nell’a- cromegalia, spiegando il fatto con varie teorie. Relazioni certe vi sono anche tra le capsule surrenali e l’ ipofisi : quindi Fichera pensa che vi siano « delle relazioni, che intercedono fra le diverse ghiandole a secrezione inter- na », e che la ipertrofia dell’ipofisi, consecutiva all’aspor- tazione delle glandole sessuali, possa esserne una prova, da porsi accanto all ipertrofia di questa ghiandola, consecutiva all’asportazione della tiroide e delle capsule surrenali. È ora indubitata, a parer mio, una simile relazione, la quale con i recenti studi va sempre più dimostrandosi evidente, e non credo sia lontano il giorno, in cui potremo parlare ad- dirittura di un sistema dell’organismo, costituito dal com- tt) dee Gf A cc è ' CENNI BIBLIOGRAFICI Imi plesso delle glandole a secrezione interna. È perciò da augu- rarsi che si studino sempre più queste varie correlazioni, e che il Dott. Fichera stesso vi contribuisca ancora con lo «studio che ci promette, dei rapporti tra la glandola ipofi- saria e le ovaie. In questo caso saremo lieti di riparlarne nell’ospitale Bollettino della Società Zoologica Italiana. Nel secondo lavoro (1) il Dott. Fichera si occupa della distruzione dell’ipofisi. Simili esperienze erano già state praticate da molti autori da un ventennio a questa parte, ma con diverso esito, specialmente per le gravi difficoltà operatorie, che non lasciano mai la certezza di aver distrutto completamente tutto l'organo. Così, mentre, ad esempio, Vassale e Sacchi affermano che la distruzione parziale dell’ipofisi dà luogo a gravissimi fenomeni, e an- che alla morte, Dalla Vedova, asportando quasi del tutto la glandola stessa, non ha notato alcun disturbo riferibile ad insufficienza ipofisiaria. Ma giustamente Fichera ritiene che « per determinare l’importanza della funzione ipofi- saria e per riconoscere la necessità o meno di essa, è indispensabile compiere la distruzione totale dell’ipofisi con un procedimento, che eviti le complicanze, specie quelle infettive, e limiti le gravi lesioni collaterali; ed è inoltre indispensabile l’assicurarsi, con ricerche microscopiche, che l'asportazione o la distruzione dell'organo sia realmente completa ». Perciò egli sui polli, ha pensato di spostare lateralmente nella regione sopra-ioidea il faringe, evitando così di porre in comunicazione l'interno del cranio con questa continua sorgente d’infezione; perforava quindi lo sfenoide basilare e distruggeva col termo-cauterio l’ipofisi. Su 40 polli operati, ha avuto solo 11 morti; ed accertandosi poi microscopicamente della completa distruzione dell’ipo- fisi, ottenne in 4 animali la certezza della piena riuscita. Egli non notò per altro fenomeni morbosi, riferibili alla mancanza della glandola ipofisaria, ed esaminando poi le e (1) FicHERA G. — Sulla distruzione dell’ipofisi. — Lo Sperimentale (Archi- vio di Biologia normale e patologica), anno LIX, fasc. VI, novembre-dicem- bre 1905. 112 CENNI BIBLIOGRAFICI altre glandole a secrezione interna, non vi ritrovò neppure «alcuna modificazione della struttura normale =. Non è davvero da dubitare del rigore con cui il Dott. Fichera ha eseguito le accurate sue ricerche: resta quindi da chiedersi per qual ragione non si notino alterazioni nelle capsule surrenali, nella tiroide, e nei testicoli in seguito all’aspor- tazione dell’ipofisi, mentre, come abbiamo veduto, l’ipofisi si modifica indubitatamente per l'asportazione delle capsule surrenali (Boinet, Marenghi), della tiroide (Rogowitsch, Stie- da, Tizzoni, ecc.) e dei testicoli (Fichera). Questa non sa- rebbe davvero una nuova prova in appoggio a ciò che avevamo prima supposto sulle intime relazioni tra le varie glandole a secrezione interna. Il Fichera di poi riferisce i casi della letteratura in cui si descrivono gravissime lesioni o distruzione dell’ipofisi stessa per diversi processi mor- bosi, constatati al tavolo anatomico. Il fatto che i polli con distruzione completa dell’ipofisi non raggiunsero, crescendo, le proporzioni di quelli con l’ipofisi illesa, fa considerare inoltre all’A. i varî casi d’infantilismo o di gigantismo, ripor- tati a lesioni dell’ipofisi, tornando così sulla questione già trattata nel primo lavoro. I risultati quindi a cui giunge il Fichera nelle sue ricerche sono i seguenti: « I polli so- pravvivono alla distruzione totale dell’ipofisi; in questi animali, quindi, la funzione ipofisaria non è indispensabile per la vita. I disturbi immediati alla distruzione totale o parziale dell’ipofisi nei polli non sono caratteristici, e tro- vano giusta spiegazione nell’atto operativo. Disturbi tardivi tipici in generale mancano ; negli animali giovani ho no- tato un ritardo o un arresto di sviluppo, questo fatto però, con piena sicurezza, potrà esser messo in rapporto unico e costante con la lesione o la distruzione dell’ipofisi, sol dopo constatazioni numerose -. E speriamo davv che queste constatazioni numerose si facciano sopra un argomento così interessante, e sempre con il rigore tecnico e con l’acume, che distinguono il Dott. Fichera. VALENTINO BARNABÒ. Roma, tebbraio 1906. Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore responsabile Roma 1906 — Tipografia di G. Balbi, Via della Mercede, 25-29. MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO CARRIED comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialment Vertebrati) — Presidente. Senat. Di CARPEGNA (conte) D. Guipo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice- President MELI cav. prof. RomoLo, (Paleozoologia e Mulacologia) — Vice-Presidente. 24 ANGELINI prof. dott. GIOVANNI {Zool. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, CHIGI ppe. D. FRANCESCO (Ornitologia) — Consigliere. LEPRI march. dott. GIUSEPPE (Entomologia-Urnitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. PATRIZI march. dott. FrLIiPPo (Ornitologia} — Idem. RosTtAGNO comm. FoRTUNATO (Intomologia, spec. Lepidotteri) — idera: TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologit, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. | i ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. ) ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali ° possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale ‘anche nelle sue vari e applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie. che possono interessare gli studiosi. Î Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : Pa l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieei all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; i 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 3° Soci onorari italiani e stranieri. proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. i Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due | soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. - Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costieì tuito da un Presidente, da due Vice- Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio | nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo l'espon=. sabile dei fondi della Società. da Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in, carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. f Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. i Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e sì terranno normalmente in Roma ogni | bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e_ per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali. della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Remao altrove, congressi ed adunanze. generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15° Soci, in quell'epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna. Art. ll. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino. al mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso ; quelle fatte uei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono. ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo. I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sbcidiali Trascorso un anno, i morosi perdono 1l diritto di ricevere il Bo//ettino, ed il Consiglio. direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. > N. B. — L'intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui AA riprodotti è più. importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli= cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie IIg pag. 6 e 7. Processi verbali delle ultime adunanze. Stanno per pubblicarsi separatamente questi interessanti processi verbali, i quali saranno presto trusmessi ai signori Soci _____TT_—__—_r——T = a : È so. i N Sede della Società : ISIITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà | dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle pred. sale per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodittg scientifici. Roma — Tlpografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-29, TI) Fasc. IV, Ve VI. Serie Il - Vol. VII. Anno 1906. (Anno XV colla Serie I) (XV dalla fondazione) DELLA | SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA ho Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill Ra 11. Pavoni Giovanni (Laureando). - Svi- luppo precoce degli organi della ripro- duzione in un nematode « Ascaris cap- capsule surrenali (Barnabò V. pred.) » 235-240 III. ANNUNZI SULLA COPERTINA SOMMARIO. I. MEMORIE ORIGINALI. sularia Rud. » nello stadio di passaggio dalla forma embrionale a quella larvale 1. Balducci D. prof. Enrlco. - Morfo- (con tav. e fig). - Dall’Istituto di pa- logia dello sterno degli Uccelli italiani. rassitologia della R. Un. Ai Catania. Pag. 215-220 - Prefazione. - Sterno dei Desmognathae- 12. Alessandrini prof. Giulio - Su d’una gRIrIges: (Con tav. e 10 fig.) Pag. 113-122 specie del gen. Ascocotyle Lss. rinve- 2. Arrigoni degli Oddi Conte prof. E. nuta parassita nel Cane » 221-224 — Nuove osservazioni sulla cattura della 13. Marchesini prof. Rinaldo. - Nota Fuligula Homeyeri Baed. nel Veneto » 123-132 preventiva sul carbonchio negli animali » 225-226 3. Masi Dott. Luigi. - Contributo alla 14. Lotti Dott. Riccardo. - Contributo sistematica delle /tyocyprinae » 133-146 alla conoscenza dei Distomi parassiti 4. Barnabò V. (Laureando). - Sugli ef- nell’intestino dei pesci della provincia tetti delle inoculazioni negli animali di Roma (Recensione presentata e letta dell’estratto di Taenia saginata. - Con- nell'adunanza generale scientifica del 24 tinnazione » 147-164 luglio 1906 dal prof. G. A'essandrini) » 227-228 5. Arrighi-Griffoli nob. Cre. G. - Nuove 15. Barnabò V, (Laureando). - Sui rap- contribuzioni alla Avifauna della Val porti delle cellule interstiziali del te- di Chiana » 165-179 sticolo colle glandole a secrezione in- 6. De Leone Dott. Nicola. - Sopra la terna (Comunicazione preventiva) » 229-230 cattura di tre individui di Merops per- 16. Alessandrini prof. Giulio. - Il Bo- sicus Pallas, nell’Abruzzo ultra primo » 180-183 thriocephalus latus Breemser nella pro- 7. Neviani prof. Antonio. - Briozoi ri- vincia di Roma. | » 231-232 tenuti uova di Mitili (con fig ) » 184-190 17. Idem idem. - Nuovo caso di Filaria 8. Carruccio prof. Antonio - Sulla Se- conjunetivae Addario, parassita del- lache inaxima Ginn., testè ricevuta dal l’uomo. » 233-234 Museo Zoologico della R. Università di Roma (parte I). » 191-202 II. NOTE BIBLIOGRAFICHE. 9. Paoli Dott. Guldo - Due casi di gi- nandiomorfismo nei Forficulidi (con fig.) » 203-207 1. Perlini Renato: Forme di Lepidot- 10. Carruccio prof. Antonio. - Sovrà un teri esclusivamente italiane (Zapelloni raro Delfino (Grampus griscus G. Cuv.) DL. C.). — 2. Fichera Dott. Gaetano : di recente catturato presso la spiaggia | Ancora sulla ipertrofla della ghiandola di S. Vîncenzo, ed aggiunto alla Colle- pituitaria consecutiva alla castrazione zione ittiologica generale del R. Museo | (Hex nabò V.). — 3. Moschini Dott. Zoologico di Roma (parte I) » 207-214 F.: Contributo alla fine anatomia delle (Data della pubblicazione di questo i fascicolo : 12 agosto 1906). Ogni fascicolo contiene 2 fogli di stampa, ma questo triplice fascicolo ha 32 pagine in più, ed in dono ai Signori Soci). Condizioni per l'associazione al Bollettino durante il 1906: Ogni volume per gli abbonati in Italia (Biblioteche, Librai, ecc.) costa L. 12 annue: paga- mento anticipato. Per l'estero spese postali in più. — Pei membri della So- cietà, ordinari o straordinari, residenti in Roma o non residenti, costa invece L. 10. — Pei pagamenti rivolgersi al Sig. Casimiro Coli nella R. Università di Roma. — Pei volumi arretrati, prezzi da convenirsi. Conto corrente colla Posta — Pubblicazione trimensile, Pi Enai E i © “pr | î i ; RE, PT PO VE, 1A RS \ Fasc. IV, Ve vi. Serie Il — Vol. VI. Anno XV. - 1906. BOLLETTINO BEBELA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE MORFOLOGIA DELLO STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma del socio prof. Dott. ENRICO BALDUCCI Prefazione. Il lavoro che oggi sto per iniziare, riguardante la mor- fologia dello sterno degli Uccelli italiani, fu da me già an- nunciato una diecina di anni or sono, quando ebbi la possibilità di trattare della morfologia dello sterno nei Mammiferi (1). Veramente il tempo trascorso nel mantenere la mia promessa, non è stato breve, ma se si considera a quali difficoltà sono andato incontro nel prepararmi il materiale scientifico atto allo studio, oltre ad altre e non poche oc- \(1) Enrico BaLpueci. Contributo alla Morfologia dello Sterno nei Mammiferi. Con 108 fig. Ed. Sansoni 1895. Firenze. 114 ENRICO BALDUCC! cupazioni che mi tolsero il maggior tempo, ben si potrà scusare il mio ritardo. Nel Museo di Zoologia dei Vertebrati di Firenze, ho trovato una discreta raccolta di sterni di Uccelli, prepa- rati dal Prof. Guelfo Cavanna, ma non sufficienti ad uno studio comparativo. Ho avuto perciò cura di raccogliere quanti più sterni ho potuto, anche della stessa specie, distinguendone il sesso, e tenendo conto di quelle particolari notizie che potevano avere speciale interesse nello studio di questa parte dello scheletro, che sì manifesta di tanta importanza. Debbo alla cortesia della Signorina MARIA SINDECK, della Signorina CeciLia PiccHi, del Sig. ENRICO AZZOLINI, del Sig. Riccarpo MagxnELLI, del Dott. Lopovico PAcnò, del Prof. CeLso PeLLIZZARI del Sig. Graziano VALLON, e in particolar modo del Sig. VINCENZO SQUILLONI, se oggi posso dire di avere a mia disposizione una sufficiente serie di sterni con i quali incominciare lo studio. Speciali ringraziamenti debbo pubblicamente rivolgere al Sig. Gino Carani, al Prof. Giacinto MARTORELLI, ed al Prof. ErtrorE REGALIA per aver messo a mia disposizione le loro interessanti raccolte, permettendomi di completare le osservazioni sui loro esemplari. Mia intenzione sarebbe stata quella di procedere con ordine nella descrizione delle varie forme di sterni degli Uccelli italiani, seguendo la traccia indicata nell’Avifauna italica del Prof. Enrico H. GigLioLI (1), ma una difficoltà (1) EnRIco H. GiGLIOLI. Avifauna italica. Primo resoconto di risultati del- l'inchiesta ornitologica in Italia. Parte 1*. Ed. Le Monnier. Firenze 1889. STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI To PERE EEPEPERPPPPPPPPPP PECE COCCO TOPPPPEFTICICIIIIIII ITA CIITIIIIA TI II TIT II III II AI AIA III III COLORI I TTET TTI LE CECO forte me lo impedisce, quella cioè di non aver ancora completo il materiale di studio. Ecco perchè comincerò dal trattare della morfologia degli sterni di quelle famiglie di Uccelli, delle quali sono in miglior modo provveduto, lasciando per ultimo lo sta- bilirne le differenze che tra queste si manifestano, e di trarne quelle conclusioni che si palesassero dalla compa- razione delle varie forme, e che hanno speciale interesse per la sistematica. Lo sterno dei Desmognathae Striges. Lo sterno negli Strigidae si presenta ben differente di forma da quello dei Bubonidae, ed è facilmente riconosci- bile (Tav. I* — 1). Esso è formato da una placca ossea bene sviluppata, avente apofisi iosternali molto pronunciate e orizzontali L'’apofisi episternale è appena visibile, e le faccette ‘articolari costali sono in numero di o per lato. Abbiamo in questo sterno una sola branca iposternale per lato, e perciò ben si distingue da quello dei Bubonidae aventi due paia di branche iposternali. Lo sviluppo delle branche iposternali sorpassa di due millimetri il processo xifoideo. La carena è ben rilevata, ma meno di quella dei Bu- bonidae, ed il suo margine acquista maggiore spessore allargandosi a mo’ di dente incisivo nella sua parte an- solare. Fra lo sterno del maschio e quello della femmina havvi un maggiore sviluppo in questa: sebbene la diffe- renza sia ben poco sensibile. 116 ENRICO BALDUCCI LV e Reg POETA LE Re RSI AES RE Strix flammea O 36 | 26} 30|:35 | 32/30] 12 > > 37 | 26 |29,5|37,5) 27 | 29 [12,5 ; A ; 38 | 26 | 31 |375| 31|31|13 » » ? 38 | 26 | 30 | 37,5) 30 | 33 | 12,5] Collez. Prof. Regalia n. 264 Strix flammea L 36 | 25,5|28,5| 36 | 26 | 29 | 12 » » » 36,9) 27 | 29 | 36 | 24 | 28 |12,9| Collez. Prof, Regalia n. 244. 7 i ; 37 | 26,5] 30 [34,5 33 | 20 | 14 > > ; 38 | 27,5|295|] 37 | 30| 30 | 13 ; : o 38,5 | 25 |30,5] 36 | 25 | 30 | 12 > » o 39 | 27 | 29 | 35 | 26,9] 32 |11,5| Collez. Prof. Regalia n. 89' . : 9 39 | 27 | 29| 38 | 24|30 | 12 > ; ? 39 | 27 | 31|375| 26] 30/13 - È P 39,5] 28 [31,5] 39,3| 32 | 30 | 13 N.B. Per ogni sterno ho preso sette misure, che ripeto sempre nell’ordine seguente : 1° Lunghezza dello sterno, dall’apofisi episternale all’estremità del pro- cesso xifoideo. 2° Larghezza dello sterno, all’altezza delle faccette articolari costali. 3° Distanza fra le estremità delle apofisi iosternali. 4° Distanza fra le estremità dell’apofisi iosternale e la estremità della brauca iposternale. 5° Distanza fra le estremità delle branche iposternali. 6° Lunghezza della carena, dall’estremità angolare al piano di fusione col processo xitoideo. 7° Altezza della carena, dall’apofisi episternale alla parte angolare della. carena stessa. STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI 117 GassuaraezzanIenIenIaonena: 2020100320023 094220 23090392 ALTTACTCZITTTTATACTT TATO CAT TIA TACTA TT AAT TTATTCTTATI TA ITS TOTA CAN ATATTTIZA CSA TANICCTSGTAZISVS TINTA COSTS ISIS Bubonidae. Lo sterno dei Bubonidae è ben diverso da quello degli Strigidae (Tav. 1° — fig. 2-10). In esso, oltre ad un ben più sviluppato accenno nella formazioue dell’apofisi episternale, troviamo due paia di branche iposternali le quali danno un ben diverso aspetto agli sterni di questa famiglia. L’apofisi episternale è maggiormente sviluppata nel Syrnium uralense, nell’Asto otus, nell’Asio accipitrinus, e nel Bubo maximus, e meno lo è nelle altre specie di questa famiglia. Le faccette articolari costali sono in numero di cinque paia per ogni specie (1). Nello sterno dei Bubonidae abbiamo due paia di apo- fisi iposternali le quali sorpassano di pochi millimetri il processo xifoideo, se si eccettui l’Athene noctua e il Bubo maximus, che arrivano rispettivamenle a mm. o e 12. La carena è leggermente più sviluppata in confronto di quella degli Strzgidae. Tra il maschio e la femmina vi sono differenze no- tevoli in quanto alla forma dello sterno, ma in riguardo allo sviluppo notiamo che nel Syrnium uralense, nell’Asto accipitrinus, e nel Bubo maximus, la femmina è di mag- giori dimensioni; le altre specie non lo palesano in modo molto rilevante. La forma dello sterno nelle varie specie di Bubonzidae, sebbene si palesi del medesimo tipo, pure è facilmente riconoscibile. Dati sicuri di confronto per distinguere i diversi sterni, sono il vario sviluppo e la varia forma e: posizione che prendono in particolar modo il presterno e l’apofisi iosternale, non chè la posizione della doccia cora- coidea. Più palesi differenze abbiamo nello sviluppo che lo sterno assume nelle singole specie e come appare dai va- (1) EnRICO BALDUCCI. Osservazioni sullo sterno dell’ Athene Chiaradas. (Gigl.) Arch. Zool. Vol. 1° fasc. 3 e 4, pag. 375, con 4 figg. 118 i ENRICO BALDUCCI lori che riporto nelle seguenti tavole, per ogni specie si notano differenze le quali sono principalmente date dalla diversità di età e di sesso — Differenze queste che per quanto grandi « sempre pochi millimetri» non inapediscono: di riconoscere con sicurezza lo sterno di ogni singola specie. | A tal proposito veggasi la tavola comparativa fra la media ottenuta dalle varie misure prese sugli sterni dei Bubonidae e disposte in ordine di grandezza. MISURE IN MILLIMETRI DELLO STERNO DEI Bubonidae 1 2 3 4 3 6 7 CISTHEI i Pi VAART | n mn | | | (è) (0) Ì . | EA) 2 3 i | ° e A S m | a [ei s = (co) D (i = a A Sp = fai 2 L ® ta DS) î s D a A 2) = 5) S a : = S È eo sb >) da 5 I) “D o i DOS RSS, a 3 (0 A = fr SES AQ |R | Ì iena | | Syrnium Aluco T | 40 | 25,5 26,5] 39,5] 30 | 34 15 | 3 Salto | 41 |25,5| 28.| 42 | 28. 36 | 17 | Collez. Sig. Caieni. Syrnium Aluco Y_|37 263039 30 (32,5 15,5) > >» 0» | 38/26,5/ 29 (435) 24 | 34 [15,5] - > 0» | 8924] 27|4L5| 29/32 [1555 » » » 39,5) 26,5) 25,9) 41 — | 33 | 16,9) Collez. Prof.Regalia n. 1022 > 3 ca] 40/25,5) 29 44 31 Sa dop : n A 27 led 0a do > i; a 41 | 28|.30| 43 | 31|34-115,5 ; 3 a i lt 26° 27] 43130036 165 > > 0» | 4229 |3245 27537 |16 È >» | 422752946 28 37/155 » SALI 44 | 26 [29,5 45 28 39 | 17 | Prof. Martorelli. Syrnium uralense IT |49| 31 1335 SÙ) | 29 | 43 | 19 | Collez. Prof. Regalia n. 97°. Svrnium uralense | 56 | 33 | 38 35,51 33,0] 49 | CA PE dC Aa RR . ; » |56,51 33 | 35 ES 38,5 49 | 20 ME STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI 1 2 Es) 4 a 6 Di ds 7) Turan 37 10 È CR, na È e\Sja 5/13 |8 Ste a DR a e I | SA PE i) PC E e VI a I a E eo PONS s 1 SERE Pi = GR) WI Rf = SRI II 3 | | rs Ana, ear re Nyctala Tegmalmi d' | 27 | 20 20,5 30 |33,5 24 9,5 | Prof. Martorelli » » > | 27 (18,0) — | 30| 17 23 | 11 Collez. sig; Caiani. A Nyctala Tegmalmi £ |27,5) 18 | 20 31 |18,5 23,5) 10 Collez. Prof. Regalia n. 956. | | SEE » » » | 9b.0 19205] 30.122 | 24 10,9 Prof. Martorelli. 5 >» 21215] 131 14 » Glaucidium passer. P?| 22 | 14,5] 14 » iena. do > aa 14 Glaucidium passer. T 2159) 13 | 14,5]-20 29 27 11,5 LO A2k 21 16,5| 225) 7,5 Asio Otus T'? 38,5] 26,2/28,5 | 38 | 33 |33,5| 15,5] Collez. Prof. Regalia n_999. © VE565 40 | 26 |27,5| 38 | 30 | 34 | 16 > > » 41 | 26 | 27 | 39 | 29 | 34 | 16 | Collez. sig. Caiani Asio Otus © 38 [25,5] 27 | 38|22|31]| 16 . ISS 39,5] 25 | 26 | 38 | 33,5} 35 | 16 | con. prof, Regalia n. 217. Asio accipitrin. ' iuv.| 42,5) 30 5 39 |30,5) 38 | 16,5 » » >, » | 43 (26,9 275 39 | 27 138. 17 Collez. Sig. Caiani. i 5 » ? |44,5) 28 (27,5 40 |31,5137,5 17 | Collez. Prof. Regalia n. 56. ; > CS e O I O MR lAsio Accipitrin P_|452828|41]|28 39 18. © > » = |45,5/27,5/285 40) 2842/18 » > » ad. 46,9 27 sa 40 | 31 40 18 | Collez. Prof. Regalia n. 1048. 8 | Collez. Prof. Regalia n. 1018. 8 » » > x. 1885. » ”» » n. 692 8 » » » n. 886. 8 ROM a 1006 120 ENRICO BALDUCCI (ES I o Athene noctua 0 juv. | 26,5] 191 20 {28|19|23|11 . >» ©»? |28|19]|18,5|33|225) 25 | 10 ; dae 23,5| 21] 18]34|21|26|11]| rsabenina. \ LI 29,5] 19 | 195|33,5| 20{ 27 | 11 » » » 30 | 19 | 20 [33,5] 21,5] 28 | 11,5] Collez. Prof. Regalia n. 1255. Athene noctua juv.| 27 | 18,5] 19,5] 33 | 19,5] 24 < 10,5 » » » 25901 L90119" 790. 18 OSE ILA na - a 28|20120|31|22|26 9,5 : SEMI 29 | 18| 19|32|21|26|11 » » » 29 | 19 | 19,9|33,0] 22,0f 27 | 11,5] Collez. Prof. Regalia n. 145. » » » 30 | 19,5f 20 |34,5] 17,5] 27 | 11,5 punt » n. 203, Scops gin. J' \24|16|19|23|20|21|10| Collez sig. Caioni. ML 1,6161824 .90 12110 5° > » >? | Zola 40 E 245) 21,9 21,5! 10) Collez. Prof. Regalia n. 1243. 37) apaleade 271175) 185] 25 | 21261004 RO Scops gin. P 25 | 16 e | 25 1215 21 (10,5, Collez. sig. Caiani. pane 25 | 17 | 18 nen a. , ù ai ps a gna 25 | 17 | 1925 [185] 21|10| Bubo maximus |715| 45 | 48| 68 | 46| 64 13053 > » > | 72 | 43 | 46 | 67,5) 44 | 61.| 31 | Collez. Prof. Regalia n. 1364, > > © ap 75 |495] 26 |-60/465| er S "don 75.| 42 | 48|71|45.| 69 | 32 | Gole, sig Csiani » a 764650) 7247] 6831 cd » » » ? LI LE ZA | 43 | 70 315, Collez. sig. Caiani. Bubo maximus ve ‘ (6.) 45°| 00 | 70 | 45 | 67 | 33 | Collez. Prof. Regalia n. 174. > >» | 80|46,5|53,5) 79 52) 70 (335, > vi >. | 80] 485058 750 50.98.31) > 0» 0 |81|47|30|77|45|72|33| cole sig. Caiani r——r_m_____m_________mm.m_m__ttt-tt-72#»y7T7TT N. B. Di vari individui fra le sopra ricordate specie, non tu conosciuto il sesso: _ furono perciò contrassegnati con un punto interrogafivo. ZE ION STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI 121 TAVOLA COMPARATIYA PRA LA MEDIA DELLE SUGLI STERNI DEI Bubonidae E DISPOSTE GRANDEZZA. VARIE MISURE PRESE SECONDO L'ORDINE DI 2 Scops gin. 3 Nyctala Tengmalmi 4 Athene noctua Da) Asio otus 6 Syrnium aluco 7 Asio accipitrinus 8 Syrnium uralense JI 9 » » vo, 10 Bubo maximus J 20 0 RIO RA VELA E 17921 < 00 RN OO ZI RI Ei INR î È RULE î3|8|53|8]|3|3| 5 ES RE, (ODO GE IE tha Do so = 2 sE CI ei sS (oc) cile N cri e i ci lai = RL © = HI 1 Glaucidium passerinum | 22 13 | 14 20 | 15 | 21. 8 d5:| 17.| 1825/2021 10 27 | 19 2030/23 | 24/10 29 | 20 20/33/2227 11 39 262783830346 42 | 2628) 43/29/35 16 RIT SO 45. 28/729) .40.| 30 (40. |17 490/0910 3535102049014 56 | 33|36)35|35|49|21 Roio (Di 40. 45.67 | 31 80|47|52|76]50|72|33 STERNI DEGLI Strigidae e per Bubonidae Ved. Tavola 1? KStrix'flammea (L.) gd 2. Syrnium aluco iL.) £ ENRICO BALDUCCI 3. Syrnium uralense (Part.) £. 4. Nyctala Tegmalmi. (J. F. GmeL.) £ 5. Asio otus (L.)d 6. Asio accipitrinus (PALL.) ,£. 7. Glaucidium passerinum. (L.) £. 8. Athene noctua (Scop.) £. 9. Scops gin (Scop.) £. 10. Bubo maximus — GeRINI et CHARLETON. ©. N. B. Gli sterni sono disegnati in grandezza naturale. 13 0 35 ENRICO BALDUOCI. — MORFOLOGIA DELLO STERNO DEGLI UCCELLI ITALIANI. Strigidac elP DBubomdae. Cat WE iti ( - Di { \ | | A d I Stnix }lammea .d SO:o% Dyrmum Aluco, 9 3 val utalmse. Q. A NR N \JA| 7 KD Al * Mi. i T Glomci dimm pansovmwm . 9 il Val 5. Cio Ohm.d 6. oro accipilrimmo. onto filo 9. Bollett. Soc. Zool. Itul., Fase. IV, Ve VI. — 1906. C.te Dr. E. ARRIGONI DEGLI ODDI NUOVE osservazioni sulla cattura della FULIGULA KOMEYERI, Baed. nel Veneto Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Nel 1893 illustrai (1) una Fuligula Homeyeri, Baed. come l'unico ibrido di Nyroca ferina (L.) e di N. nyroca (Guùld.) catturato sino allora in Italia e del quale potevo dare positive notizie. Nella mia comunicazione dicevo che questo uccello era già stato preso in Inghilterra, in Olanda, nel Belgio, in Francia ed in America e che circa quindici erano gli individui conservati nelle varie Raccolte del Mondo. L’ibrido in parola, che fa parte della mia Collezione Ornitologica, era stato ucciso da mio Padre il giorno 1 feb- braio 1892 nel lago della Contessa nella nostra Valle Zappa in Provincia di Venezia, ed è un maschio adulto in piu- maggio quasi completo di primavera. Dopo quell’anno non avevo avuto più occasione di vedere F. Homeyeri catturate da noi, nè altrove, e ciò quan- i tunque mi fossi raccomandato ovunque nel nostro Estuario: ee — (i) Atti Soc. Ital. Sc. Nat. vol. XXXIV. fasc. II. pp. 178-193. Milano, 18983. 124 E. ARRIGONI DRGLI ODDI e credo che nessuno dei nostri Ornitologi ignori quale ricchezza enorme di Palmipedi offrano le Valli Venete, nonché le prede meravigliose che vi si fanno. Il Moriglione nelle nostre Lagune è sempre copioso, anzi in alcune an- nate singolarmente abbondante: ma mentre le anitre sel- vatiche in generale con qualunque tempo sono fedeli ai laghi ove sono pasturate, i Moriglioni non tornano in copia ai laghi preferiti che in date giornate favorite da speciale stato atmosferico (come nebbia, pioggerella, tempo incerto etc.), sicchè le cacciate, che loro si fanno, non sono sempre egualmente abbondanti anche se il selvatico è molto copioso. Ma quando i Moriglioni hanno la loro buona giornata essi possono far sparare al fortunato cacciatore parecchie cen- tinaia di cartucce ed è ben noto che i seicento tiri furono più volte superati!! Allora i Moriglioni si portano di con- tinuo dalle prime ore del mattino nei laghi, ove sono abi- tuati a pasturare, con tale frequenza ed in tale abbondanza che lo spettacolo è meraviglioso, d’ogni dove i branchi piccoli e grossi si succedono ai branchi e non lasciano spesso nemmeno il tempo al cacciatore di caricare i suoi vari fucili, non paventando l’uomo, nè qualsiasi inganno. In quelle giornate fortunose un provetto cacciatore può ucciderne a centinaia se ha l'occhio ed il colpo sicuri, perchè oltre all'essere un tiro piuttosto difficile, la furia di questi uccelli che vincalzano da ogni lato vi rende nervosi ed ingenera una confusione delle più imbarazzanti. Cac- ciando da più di 25 anni in una delle migliori valli del nostro Estuario ho avuto più volte l'opportunità di godere di tali spettacoli, di uccidere ed esaminare migliaia di Moriglioni senza aver mai potuto trovare questo ibrido, come mai ne ebbi dai nostri grandi incettatori di selvag- gina che non mancano mai di avvisarmi o di mandarmi i soggetti notevoli che loro capitano sottomano. La Moretta ì FULIGULA HOMEYERI 125 tabaccata invece può dirsi rara nella maggior parte del- l’Estuario Veneziano che non offre canneti o piccoli specchi d’acqua dolce ricchi di alghe e con folta vegeta- zione palustre, mentre mi consta de visu che è piuttosto copiosa nelle Valli del Po (Provincie di Rovigo e di Fer- rara), ove vi sono grandi paludi ricchi di canne, e ne feci an- chio più volte delle cacce discrete, specialmente nei mesi di agosto e di marzo. Ed è precisamente dalla Valle Donzella in Comune di Porto Tolle (Valli del Po) che io ricevetti al 28 novembre 1905 ed al 10 febbraio u. s. due piccoli Moriglioni, che con mia somma meraviglia erano invece due distintissime Fuligulae Homegyeri e che, grazie alla grande cortesia dell’ egregio sig. Vittorio Toffanello, fanno ora parte della mia Collezione. Sebbene raro, questo è senza dubbio l’ibrido dei Fu- ligulini più facile a trovarsi, io - come si sa - ne ebbi tre in tre differenti epoche, e potrebbe darsi che esso si produ- cesse anche con maggiore frequenza ed andasse confuso con le due specie madri. Unicamente per questo ho vo- luto ancora insistere sull'argomento con questa seconda mia Nota, e rivolgo calda preghiera ai nostri Ornitologi ed ai Preparatori-Naturalisti perchè riguardino più accu- ratamente le numerose Fuligulae, che vengono portate sui nostri mercati durante i mesi di caccia. Per loro como- dità offro qui i dati caratteristici della Fuligula Homeyeri e delle due specie madri: Nyroca ferina (maschio). Testa e collo color ca- stagno-baio vivo; remiganti secondarie cenerine con un bordo apicale bianco, il cenere forma un largo specchio obliquo sull’ala piegata ; fianchi a zig-zags cenerino-perlati e neri, come le parti inferiori; petto nero. | Lungh. tot. mm. 450, becco 53, ala 225, coda 70, tarso 32, dito mediano con unghia 70. 126 E. ARRIGONI DEGLI ODDI Ibrido (maschio). Testa e collo color castagno piut- tosto vivo e rilucente: remiganti secondarie bianche di sale con una fascia preapicale bruno-nerastra ed un’orla- tura apicale bianca, il bianco forma uno ispecchio abba- stanza esteso sull'ala piegata : fianchi a fitti zig-zags, a dif- ferenza di altre regioni delle parti inferiori come l'alto addome: petto castagno e grigio, la tinta grigia estenden- dosi maggiormente alla base delle penne è poco visibile. Lungh. tot. mm. 420-440, becco 45-50, ala 190-200, coda 62, tarso 32-35, dito mediano con unghia 64-66. Nyroca nyroca (maschio). Testa, collo e petto color castagno : remiganti secondarie bianche con una larga fascia apicale nera a riflesso verdone, il bianco forma un piccolo specchio sull’ala piegata; fianchi color marrone cupo senza zig-zags; addome bianco. Lungh. tot. mm. 400, becco 44, ala 198, coda 62, tarso 28, dito mediano con unghia 61. Venendo a più minuti dettagli, il becco dell’ibrido è piuttosto lungo, ha il colorito della nyroca, per la forma è assai simile a quello di ferina del quale è più piccolo e più stretto, come dimensioni può dirsi intermedio. L’iride in due individui è giallo-aranciata e nel terzo giallo-limone. Nella nyroca adulta (maschio nel secondo anno e femmina nel terzo) essa è bianca, mentre è bruna o grigia nel periodo giovanile ; nella ferina ho osservato che i giovani la presentano di un giallo-limone, gli adulti giallo-aranciato ed i più vecchi di un bel rosso-cremi- sino. La parte superiore della testa assomiglia alla ferina, ma si avvicina alla nyroca nella tinta della nuca e del davanti del collo, ove il colore castagno discende più in basso e sì unisce insensibilmente alla tinta del petto. FULIGULA HOMEYERI 127 La piccola macchia bianca del mento è più o meno visibile, ma di solito presente ed in ciò tiene di ambedue le specie madri. Un collare nero o marrone divide la tinta del collo da quella del petto ed è più sviluppato sulla collottola, ove forma uno spazio distintissimo tra la nuca e la parte alta del dorso. Le penne del petto (color nero ferina, castagno nyroca) presentano un tono più scuro sulla parte alta del petto e più chiaro sul petto propriamente detto, esse sono di un grigio molto scuro alla base delle penne, di un castagno- vivace al loro apice che è tinto dì biancastro o di cene- rino (rimasugli dell'abito autunnale), sicchè la colorazione del petto apparisce ad ondulazioni con predominio del castagno sulla tinta grigio-scura che rimane in gran parte nascosta: guardando minutamente sui lati del petto si os- servano sfumature porporino-violette assai meno accen- tuate che nella nyroca, ma che mancano del tutto nella ferina. Tinta di fondo della schiena e delle scapolari color bruno-nerastro cupo (cf. nyroca, parti superiori bruno- cupo lavato di otivastro metallico con dei zig-zags appena percettibili di un bruno più chiaro) assai fittamente pun- teggiato a finissimi zig-zags cenerino-bianchicci qua e là la- vati di un rossiccio poco apparente Si può dire che le fasce a _ zig-zags della ferina sono del tutto mancanti perchè i zig-zagz sono estremamente stretti e sembrano quasi puntini disposti in linee irregolari: così queste parti presentano le tinte di fondo della nyroca e le stria- ture della ferina, però grandemente modificate. Le punteggia- ture a zig-zags della schiena sarebbero, come grandezza, medie tra quelle del maschio ad. della Moretta e della femmina ad. della Moretta grigia, nella prima sono troppo 128 E. ARRIGONI DEGLI ODDI minute a paragone di quelle dell’ibrido, nella Moretta grigia troppo larghe; come quantità più numerose e meglio disposte a zig-zags che non nella Moretta. Il groppone ed il sopraccoda sono di un bel nero-lu- cido con riflessi verde-metallici poco decisi. Le cuopritrici delle ali tengono in gran parte del co- lore di quelle del Moriglione o ferina, soltanto la tinta di fondo bruno-scura è assai più pura e le piccole macchiette grigie sono molto meno copiose. La coda è della tinta di quella di ferina, ma molto più scura. L'alto addome subito al disotto della tinta scura del petto presenta un largo spazio bianco-argenteo, che si stacca distintamente : le penne della parte mediana del- l'addome presentano rari zig-zags grigio-biancastri sul fondo predominanie biancastro, sul basso addome i zig-zags sono invece fittissimi su fondo bigio-scuro, che si fa quasi nerastro sul sottocoda. I fianchi sono di un bigio molto cupo e misto a bruno con fittissimi e sottili zig-zags grigio-biancastri. Sicchè lo spazio bianco dell’alto addome è visibilmente di nyroca, mentre i fianchi, il basso addome ed il sottocoda sono quasi esclusivamente di ferina se si eccetui la tinta di fondo molto più scura ed altre differenze minori. Le maggiori remiganti primarie sono di un grigio-ne- rastro all'apice e sul bordo esterno, non presentano che deboli tinte bianco di sale e non bianche come nella nyroca e quesi. nicamente ristrette al vessillo interno; le altre primarie sono di un cenerino-bianchiccio, all'apice grigio, esse hanno anche nel vessillo esterno una colorazione chiara, cioè di un cenerino leggermente dilavato in bianco- sale e non bianca come si osserva nella nyroca. Le remiganti secondarie formano uno specchio obliquo FULIGULA HOMEYERI 129 sull’ala piegata : esso è intermedio come grandezza tra le due specie madri, di colore bianco-sale leggermente lavato di cenerognolo con una fascia larga preapicale bruno-ne- rastra a riflesso verdone ed una stretta orlatura apicale bianca. Le ultime remiganti presso al corpo presentano i riflessi xerde-metallico della rnyroca, ma sono meno decisi. Angolo dell'ala esternamente chiaro, non bianco come nella nyroca, inferiormente con piccole penne grigie termi- nate e punteggiate di bianco. Faccia inferiore dell’ala di un bianco-puro. Gambe cenerino-bluastre. Membrane interdigitali ne- rastre. Il tarso come dimensioni è eguale a quello di ferina, le dita sono più di nyroca e la membrana interdigitale è più piccola di quella di ferina. Questo ibrido si può superficialmente definire in due modi riguardo alle due specie madri: 1° Come una piccola ferina colla testa, collo e petto color castagno vivace ed un collare nerastro sulla parte bassa del collo: col dorso bruno-nerastro con sottilissimi zig- zags, quasi puntini, grigio-biancastri; con l'alto addome bianco-argenteo e con lo specchio bianco, con una fascia apicale scura a riflesso verdone; 2° Come una grande nyroca col dorso bruno-nerastro con sottilissimi zig-zags, quasi puntini, grigio biancastri ; con i fianchi di un grîgio molto scuro e misto a bruno, con fittissimi e sottili zig-zags grigio-biancastri; col basso addome con fittissimi zig-zags grigio-biancastri su fondo bianco e bigio-scuro. I tre individui della mia Collezione presentano le se- guenti differenze inter se: dB Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. Anno XV, Fasc, wi WireViI PS 130 E. ARRIGONI DEGLI ODDI a) mas. ad. 1 febbraio 1892, Lago della Contessa (Valle Zappa — Veneziano). E’ quasi in abito completo di primavera, il tono del piumaggio è molto cupo, il colore della testa è di un baio più chiaro e più vivace di quello di nyroca: la tinta del dorso piuttosto scura, quella dello specchio molto chiara, il color castagno dei petto assai vivace. Non presenta la macchia bianca sul mento. Può dirsi il soggetto più com- pleto dei tre e presenta il colorito del piumaggio brillante ed accentuato. Lung. tot. mm. 420, becco 48, ala 190. Peso gr. 750. b) mas. ad. fine novembre 1905, Valle Donzella (Prov. di Rovigo). E° ancora rivestito dell’abito consunto, presenta le tinte vivaci poco pure, quelle del petto con larghe margi- nature ed il piumaggio è qua e là lavato di rugginoso, specialmente sull’addome. La macchia bianca sul mento è a mala pena visibile. Lungh. tot. mm. 440, becco 50, ala 198. Peso gr. 800. c) mas. ad. 10 febbraio 1906, Valle Donzella (Prov. di Rovigo). E' in abito primaverile quasi completo, tutte le tinte sono più pure e le vivaci più accentuate, soltanto le penne della parte bassa del petto presentano larghe marginature. Questo individuo offre il piumaggio più completo e più fresco del precedente. La macchia bianca sul mento è di- stintissima. Lungh. tot. mm. 440, becco 45, ala 200. Peso gr. 750. Cito qui le Collezioni Ornitologiche che conservano di questi ibridi, che ebbi l'opportunità di esaminare dili- gentemente : ha FULIGULA HOMEYERI IS a) Collezione J. H. Gurney di Keswick Hall, Norwich — Inghilterra. 17. (RR vare M. Doubleday di Epping — id. c) — del Conte Derby di Liverpool — id. d) - Ed. Hart. di Christchurch, Hants — id. (due maschi). e) — del British Museum di Londra — id. 1) - del Giardino Zoologico di Rotterdam — Olanda (un maschio ed una femmina ad. e una femmina giov.). 9) — v. Wickevoort-Crommelin di Harlem — id. h) - del Barone de Selys-Longchamps di Long- champs-s. Geer — Belgio. i) _ Ch. v. Kempen di S. Omer, Pas-de-Calais — Francia. I) _ L. Olphe-Galliarda Hendaye, Bassi Pirenei - id. m) — del Museo di Storia Naturale di Ginevra -- Svizzera. n) mia Collezione di Ca’0ddo, Monselice, Padova (tre maschi). (1). | Questo ibrido venne anzitutto descritto dallo Yarrell (1837-45) sotto il nome di Fuligula mariloides ; dal Bartlett (1847) con quello di F. ferinoides sui tre primi soggetti _— — ——— (1) Il mio amico Barone Snouckaert van Schauburg, Presidente della Società Orni- tologica Olandese, mi scrive in data 16 marzo u. s. che lo scorso estate (1903) visi- tando il Museo della Scuola di Agricoltura di Wageningen (piccola città dell'Olanda) osservò un’Anitra singolare uccisa molti anni or sono in Olanda ed elencata sotto il nome di Anas intermedia. Avendo esaminato diligentemente quest’indi- viduo si accertò che trattavasi di un ibrido di N. ferina e mnyroca ed esso faceva parte da gran tempo della stessa Raccolta senza che alcun Natuvalista si fosse accorto aella sua identità. 192 E. ARRIGONI DEGLI ODDI catturati in Inghilterra ed appartenenti alle Collezioni Gurney, Doubleday e Derby; dal Baedeker (1852) sotto quello di F. Homeyeri o Pagets Pochard sopra i tre indi- vidui del Museo di Rotterdam ed è il nome più noto, e finalmente da Jaubert (1852) sotto quello di Anas inter ‘media. | Padova, li 10 aprile 1906. D.r LUIGI MASI Contributo alla sistematica delle “ ILYOCYPRINAE ,, :IComunicazione alla SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA . con sede in Roma cn — Nella monografia sulle Cypridae e Darwinulidae della Svizzera, pubblicata dal Kaufmann nel 1900, la quale fa- ceva seguito a quella sulle Cytheridae, l’autore aveva de- scritto, oltre alle due specie d’Ilyocypris fino allora trovate in Europa, tre altre specie nuove, ed aveva espresso il concetto che parecchie altre forme si sarebbero scoperte quando se ne facesse particolare ricerca, e che inoltre al- cune, ritenute come varietà, avrebbero potuto elevarsi al grado di specie, in seguito ad un confronto accurato con le forme affini. Nella monografia del Muller sugli Ostracodi d’acqua dolce della Germania, pubblicata nello stesso anno e poco tempo prima di quella di Kaufmann, le Iyocypris erano trattate con criterî affatto diversi: questo autore, ritenendo che una distinzione delle varie forme presen- tasse difficoltà insolite e che non fosse possibile di farla in modo soddisfacente, ammetteva soltanto l’esistenza di due specie nel genere, l’/. gibba (Ramdohr) e YI. Bradyi G. O. Sars, distinte la prima per avere sporgenze sul gu- scio, l’altra per esserne sempre sfornita, ed a ciascuna specie attribuiva due varietà, una con setole natatorie lunghe e l’altra con setole corte. Per questa diversità di concetti, rimanevano a risolversi parecchie questioni riguardo alla sistematica di tali Ostracodi. Kaufmann aveva esagerato: nell’ammettere le distinzioni specifiche? I caratteri delle forme da lui considerate come specie sono costanti ? Che importanza diagnostica può avere la lunghezza delle se- tole natatorie? E, in particolare, esiste una varietà d’/. Bradyi con sporgenze sul guscio? Quali sono i caratteri diagnostici per l’I. gibba? A risolvere tali questioni certa- mente non hanno potuto contribuire le poche ricerche riguardanti le specie d’Ilyocypris, fatte negli anni succes- sivi al 1900 fino ad oggi, le quali consistono nella scoperta di due nuove specie trovate presso Pechino dal Sars, VI. dentifera e VI. angulata, e da lui descritte col dubbio che non fossero due varietà di una stessa specie : e due altre forme fossili, di aspetto abbastanza caratteristico, VI. tri- bullata e VI. tuberculata, rinvenute da Lienenklaus negli strati terziari dei dintorni di Francoforte sul Meno. A que- ste quattro specie dovrei aggiungerne due altre che io ho descritte col nome, rispettivamente, d’1. getica e I. deci- piens, le quali però, secondo i criteri adottati dal Miller, dovrebbero considerarsi come varietà. Da molto tempo ho cercato di raccogliere dei dati sul modo di variare dei caratteri della /. Bradyi e di al- tre forme, osservando, specialmente per la prima specie, e per quanto era possibile, un grande numero di esem- plari raccolti in località diverse e molto lontane fra loro. E qui devo ringranziare anzitutto il Prof. Sars il quale volle inviarmi esemplari d’/. australiensis dell'Australia, d’I. gibba e I. Bradyi da lui raccolti in Norvegia, e d’/. dentifera, I. angulata e I. getica, ottenuti dal fango man- datogli dalla Cina. Dell’/. getica ho avuto anche esemplari della Rumania dal dott. Jaquet. Il prof. Miiller mi fornì esemplari d’/. Bradyi e d’I. decipiens, da lui raccolti presso: Greifswald. Sarebbe stato mio desicerio di fare una re- visione del genere, ma ho dovuto rinunciare a questo proponimento, non avendo potuto avere esemplari di tutte le forme che sono state descritte. I tipi delle Ilyocypris, di cui tratta il Kaufmann, sembrano essere stati perduti dopo la morte di lui, nè mi è stato possibile finora di avere altri esemplari di quelle spescie : tuttavia per la co- noscenza di tali forme servono bene le descrizioni abba- stanza dettagliate e le figure che si trovano nella mono- grafia degli Ostracodi della Svizzera. Per TI. gibba var. tuberculata descritta da Kertesz, per la quale ho stabilito un nnovo genere, ho dovuto servirmi esclusivamente della descrizione di questo autore, non avendo potuto ottenere alcun esemplare. Questa memoria ha lo scopo di raccogliere ed ordi- nare le conoscenze sistematiche che si hanno finora sulle Ilyocyprinae, dando una breve descrizione di tutte le forme che sono state menzionate, e potrà essere utile a chi vo- lesse fare una monografia della sottofamiglia disponendo di un materiale più ricco e più completo di quello che io ho potuto avere. Ho qui esposto i risultati delle osser- vazioni che potei fare riguardo alla costanza dei caratteri, ed ai criterì per le distinzioni specifiche, dando anche alcune norme per lo studio degli esemplari e registrando quasi tutta la bibliografia. Nello stabilire le diagnosi ho cercato di evitare quei caratteri che potevano presentare delle variazioni, dato che le specie avessero delle varietà non ancora conosciute. (1) (1) In altro mio lavoro ho data una descrizione dettagliata della I. getica, ed in uno di prossima pubblicazione saranno egualmente -descritte le specie d’Ilyocypris che ho trovate nei dintorni di Roma. cioè VI. Bradyi, VI. deci- piens, VI. australiensis ed una nuova varietà dell'Z. iners Kauf., che ho di- stinta col nome di var affinis. 136 L. MASI Le mie osservazioni m’inducono a ritenere che nelle Ilyocyprinae si osservi quella stessa varietà di caratteri che si trova in altri gruppi della famiglia, ad es. nelle Cypris: si hanno talora delle forme affini ma tuttavia ben distinte, le quali non sono collegate da varietà: si hanno forme con diverse varietà per le quali la distinzione delle specie può riuscire arbitraria e una diagnosi specifica ri- mane molto incerta; si hanno specie variabili, le cui di- verse forme tendono a confondersi, a sovrapporsi nei ca- ratteri, con le varietà di un’altra specie molto diversa. Del resto queste condizioni si trovano più o meno in tutti i gruppi di organismi. Il concetto di una grande variabilità delle Iyocypris deve la sua origine alla descrizione fatta per la prima specie conosciuta, l’/. gibba, dal Brady nel 1868: questo autore ha fatto notare la varietà di alcuni caratteri, la quale esiste realmente in tale specie. Però, come esempio della costanza che presentano talora i ca- ratteri in una stessa specie, basterà ricordare che dal con- fronto che io ho fatto fra gli esemplari d’/. Bradyi dei dintorni di Roma con quelli della Norvegia e della Ger- mania, non mi è risultata alcuna differenza: nè dal con- fronto della I. getica raccolta nella Rumania con quella raccolta in Cina, nè da quello dell’/. australiensis dell’Au- stralia con gli esemplari dei dintorni di Roma. Quando in alcune forme più o meno somiglianti osserviamo differenze nella struttura del guscio, oppure un complesso di pa- recchi caratteri costanti che le distinguono, noi non pos- siamo credere ad una identità specifica. Del resto, vediamo accadere generalmente negli studi sistematici, che il nu- mero delle specie di un dato genere aumenta sul princi- pio non solo per la scoperta di forme nuove, ma perchè quelle gia conosciute vengono scindendosi in specie di- verse a mano a mano che i criterii della distinzione spe- | | po e CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 137 cifica si vanno determinando piò esattamente. Ora, lo ‘studio delle /yocypris, poco prima del 1900 era ancora in una fase primitiva, e perciò non può sorprenderci il vedere che siano state elevate al grado di specie alcune forme che erano sembrate varietà, ed anche variazioni. Y SCI La comparazione nelle diverse specie mi ha portato a stabilire che i caratteri che hanno maggior valore per la distinzione di esse sono i seguenti : la presenza di cinque ovvero di quattro articoli (per la fusione dei due segmenti tibiali) nel primo paio di zampe; la forma che presenta il guscio veduto dal disopra : nelle specie a riproduzione sessuata (1), la forma dei peni : la presenza di tre articoli più o meno distinti oppure di due soli nel palpo del piedemascella delia femmina: lo sviluppo maggiore o minore delle setole nata- torie; specialmente di quelle del secondo paio di antenne. ‘ Riguardo a quest'ultimo carattere farò osservare che forse può esistere, per qualche specie, una varietà a setole lunghe ed una a setole corte: così ho dovuto ammettere, provvisoriamente, per l'I. iners. Si noti poi che le setole possono aumentare un poco in lunghezza con l'età, anche dopo che gl’individui hanno raggiunta la maturità ses- suale. In alcuni individui d’/. decipiens, che avevano oltre- passato il settimo stadio, trovai le setole molto corte, come si osservano nella /. Bradyi, inoltre la prima setola nata- toria del secondo paio di antenne mancava in alcuni di essi. nn (1) Finora si conoscono i maschi di cinque sole I2yocyprinae, fra le endici .Specie viventi. AI palpo del piedemascella della femmina, a torto non si è data finora nessuna importanza. Quest’appendice è sempre difficile ad osservarsi. Chi si è occupato dello studio delle Cypridae, sa che il poter distaccare il piede- mascella senza alterarlo, si deve piuttosto ad un caso for- tunato che non alla abilità e alla pazienza del preparatore: è pure difficile che in un preparato si possano osservare bene le setole del lato superiore del piedemascella, le quali non vanno trascurate nello studio delle specie. Qui colgo l'occasione per far notare che nella monografia del Vavra, la fig. 17 [5] è inesatta, perchè presenta le setole del lato su- periore inserite su quello inferiore : la figura, evidentemente, è una ricostruzione. L'errore del Vavra può essere derivato da questo fatto : talora la pressione del coprioggetti pro- duce uno spostamento dei lati del piedemascella (il quale ha presso a poco la forma di un lobo conico disposto con l'apice in avanti) e il lato superiore può rotare ed avvici- narsi al palpo. La mancanza della scissione della tibia nel primo paio di zampe è secondo me un carattere diagnostico molto importante: fra gli altri gruppi di Cypridae lo pre- senta il genere Eurycypris G. W. Miller, a cui spettano due specie in Europa, l Eu. (Cypris) pubera (O. F. Muller) e Eu. bispinosa (Lucas). Questa scissione della tibia avviene tardivamente forse in tutte le larve, e quindi non potrebbe servire come carattere distintivo trattandosi d'individui molto giovani. E notevole l’uniformità che presentano le Iyocypris nella struttura del guscio: la zona di fusione, le listerelle e la linea di fusione devono essere talora osservate accura- tamente perchè si riconoscano differenze specifiche: anche il profilo delle valve si presenta talora molto simile in specie diverse, tanto più se teniamo conto delle variazioni CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 139 che si possono avere nella specie stessa. La sporgenze late- rali del guscio, quando esistono, si sviluppano ben presto nelle larve, tuttavia credo che durante l'accrescimento pos- sano subire dei cambiamenti nella forma: infatti in giovani I. decipiens ho osservato le sporgenze con la punta più o meno acuta, mentre negli adulti esse sono tutte arroton- date. Inoltre tali sporgenze cambiano un poco di aspetto secondo la posizione dell'animale. La loro presenza non deve ritenersi come diagnostico delle specie, poichè in queste vi possono essere varietà con sporgenze e varietà che ne sono prive. Un carattere specifico, però di poco rilievo, è l'esistenza delle spine minutissime che talora formano un fitto rivestimento sul guscio, talora si limitano al margine delle valve, dove si vedono sporgere fra i dentelli marginali. Tali spine sono state indicate solo dal Sars, la prima volta per VI. australiensis, poi per TI. dentifera e angulata. Si badi inoltre che i rigonfiamenti della parte dorsale posteriore che nascondono il margine dorsale, possono, secondo le specie, cominciare dopo 2]3 della lunghezza del guscio (I. gibba) o poco dopo la meta (I. decipiens), e in certe specie non sono sviluppati (/. inermis Kauf.). Merita considerazione la fascia jalina, la quale può essere disposta diversamente nelle due valve, però essa è difficilissima a vedersi, a causa della sua estrema sottigliezza. Io ritengo che non abbiano importanza le impronte muscolari, che sono conformate e disposte quasi sempre allo stessso modo : e nemmeno si può fare molto assegnamento sulla evidenza maggiore o minore dei solchi della parte dorsale. Forse in tutte le /yocypris si trovano nel secondo paio di antenne e nel primo paio di zampe dei peli disposti in serie trasversale o a ventaslio, che non trovo indicati se non dal Fischer, per lc prime zampe della C. (Ilyocypris) biplicata Koch. La presenza di peli sul lato ante- Fiore degli u!timi articoli della prima antenna non è stata 140 L. MASI nemmeno asservata: è un carattere di ben poca importanza per distinguere le specie, ma che non si riscontra forse negli altri gruppi di Cypridae. Talora nel terzo articolo del secondo paio di antenne, nel secondo del primo paio di zampe o nell’antipenultimo o nell'ultimo del secondo paio, vi è sul lato distale una serie di ciglia rigide. Riguardo al primo paio di antenne, è bene tener conto tanto della lunghezza delle setole come della grossezza degli articoli. Nel secondo paio di antenne tutti i caratteri sono più o meno importanti, sebbene tutti più o meno soggetti a variazione nell’ambito della specie. L’aculeo del terzo ar- ticolo può variare alquanto nella lunghezza; le unghie terminali possono essere anche più o meno lunghe secondo le varietà: le setole del quarto articolo sono le più varia- bili e non hanno alcuna importanza. È caratteristica la traccia di scissura che si osserva nel quarto articolo nella I. Bradyi. In un esemplare d’/. decipiens ho trovato alcuni dentelli rudimentali nelle unghie del penultimo articolo : questo fatto normalmente non si osserva mai nelle /ly0o- cyprinae. I caratteri del palpo della mandibola sono difficili ad osservarsi e molto variabili, e non meritano speciale con- siderazione, eccetto uno, che ho osservato nell’/. Bradyi e che consiste nella mancanza delle barbule in una delle tre setole del primo articolo. Ritengo, d'accordo col Kauf- mann, che l’epipodite abbia sempre otto setole. La mascella non presenta mai caratteri notevoli. Per quanto riguarda il primo paio di zampe, possono servire per la distinzione delle specie anche lo sviluppo dell'unghia e il gruppo o i due gruppi di peli disposti a ventaglio nel secondo articolo. Lo stipite ha sempre una sola setola. CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 141 La lunghezza delle setole del penultimo e dell’ultimo articolo del secondo paio di zampe è certamente un buon carattere specifico, ma non credo che si possa escludere che presenti delle variazioni. È importante la presenza di uneini ricurvi sul lato distale del penultimo articolo: essi si trovano in diverse specie, però fino ad ora li avevano menzionati soltanto Kaufmann per la sua I. lacustris e Fischer per l’/. biplicata (Koch). Io ritengo che l'articolo terminale abbia in tutte le specie la forma di un cono troncato, e quella emisferica indicata in certe figure, deve attribuirsi allo schiacciamento delle appendici nel preparato. Non sono d’accordo col Kaufmann nel dare molta importanza ai rami della forcina, non già perchè i loro caratteri presentino variazioni negli adulti, ma perchè essi sono di poco rilievo e possono variare secondo l’età più o meno inoltrata. I verticilli dell'organo di Zenker sono per lo più in numero di venti, e il loro numero non è un carattere speci- fico importante (1). Non ho potuto accertarmi se avvenga costantemente che il cilindro assile di un lato porti un ver- ticillo di più di quello dell’altro lato, e sarebbe inoltre da osservare se l’ovario presenti talora delle differenze secondo le specie riguardo alla disposizione che vi prendono le uova nei diversi gradi di maturità, ed osservazioni analoghe si potrebbero fare sulla disposizione più o meno ad ellissi cha hanno i tubicini della glandola testicolare. Per quanto concerne il modo di fare i preparati e di osservarli, darò ora alcune norme, le quali possono valere anche per lo studio degli altri Ostracodi. Si uccidano gl’individui mettendo dell’alcool poco alla (1) Forse essi non hanno ancora il numero normale prima che ìi maschi siano atti alla fecondazione. 142 L. MASI volta nell'acqua, oppure tuffandoli per pochi minuti nel- l’acqua calda: si conservino in alcool a 75°. Non serviranno mai a nulla gli esemplari conservati in formalina. —- Si osservi sempre il profilo nelle valve distaccate e separate dal corpo dell'animale. Il metodo che io ho adottato per prendere da esse il disegno del profilo, è quello di porle sopra un vetrino coprioggetti con poca glicerina, con la parte convessa in alto, di capovolgere poi il coprioggetti collocandolo sopra un sostegno di vetro, oppure forato per far passare la luce, e di osservare le valve dalla parte in- terna. In tal modo l'orlo di esse si trova in un piano per- fettamente orizzontale ed è a contatto col vetrino, ed il disegno riesce sempre esatto: inoltre i poricanali, l'orlo interno e altri dettagli si osservano assai meglio che non guardando dall'esterno, e si può far uso di obbiettivi a corto fuoco. — Il disegno del guscio veduto dal di sopra deve esser fatto da preparati in balsamo. — Mediante la camera lucida si faccia un abbozzo delle appendici prima di porre il coprioggetti, poi si metta questo in modo che resti appena sollevato e disponga le appendici perfetta- mente orizzontali. — Non si potranno vedere certe piccole ‘spine o certi gruppi di peli o serie di ciglia, senza lV’im- piego di obiettivi ed oculari a forte ingrandimento ( Ob. 8, oc. 5, Kor.). —- I preparati delle appendici devono sem- pre esser fatti in glicerina. A tale scopo gli esemplari de- vono essere imbevuti dalla glicerina gradatamente. — Nel- l’osservare il numero, lo sviluppo e la disposizione delle setole, non si abbia mai per certo ciò che si è visto in un solo preparato. — Per determinare i caratteri di una specie, non si faccia alcun conto degli individui che non sono sessualmente maturi. — Si osservi sempre il maggior numero possibile di esemplari. Parecchie di queste precauzioni potranno sembrare CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 143 superflue, tuttavia l'esperienza mi ha persuaso che esse sono indispensabili, ed io non saprei fare a meno di rac- comandarle. ng Seguendo l'esempio di G. W. Miller e di Kaufmann, considero il gruppo delle /lyocypris come una sottofami- glia delle Cypridae e lo divido in due generi: /lyocypris e Ilyocyprois. Il primo genere va suddiviso in due sezioni, alla prima delle quali spettano T'/. lacustris Kauf. e VI. ge- tica, ed al secondo le altre specie. Tra le forme viventi del secondo gruppo, lI. decipiens, VI. Bradyi e VI. inermis hanno il primo paio di zampe di cinque articoli : nel primo gruppo tale carattere si trova nell’/. getica. Inoltre nel se- condo gruppo, VI. iners var. affinis ha una traccia di scis- sione nel lato posteriore della tibia. La distribuzione delle forme che ho adottata, mi sembra la più opportuna per lo stato attuale delle nostre cognizioni. Possiamo considerare come proprie della sottofamiglia Ilyocyprinae le caratteristiche seguenti: Il guscio è di forma presso a poco rettangolare, col lato anteriore e posteriore convessi, l’inferiore leggermente concavo, talvolta fornito di sporgenze laterali e dentelli presso i margini, con nu- merosi piccoli incavi sulla superficie, i quali danno alle valve un aspetto reticolato : le setole natatorie sono ben sviluppate o ridotte ; la seconda antenna è conformata sul tipo di quella delle Cypris e non presenta mai - setole maschili » : la mascella ricorda piuttosto quella del genere Candona ; il piedemascella è costituito da un lobo conico, munito di una lamella branchiale che probabilmente ha sempre sei setole ; l’ultimo articolo del secondo paio di zampe ha la forma di un cono troncato ed è fornito di tre setole; la setola o le setole dorsali dei rami della for- cina si attaccano sempre molto lontano dalla base delle 144 L. MASI unghie, carattere, questo, che ricorda la sottofamiglia delle Candoninae secondo la classificazione di Miller; l’organo di Zenker presenta molti verticilli di raggi chitinosi (17-21); i peni hanno il lobo medio assai allungato e somigliano per tale carattere a quelli della maggior parte delle Cyprinae. Genus Ilyocypris Brady et Norman. Brady and Norman. 1889. Setae natatoriae antennarum longae vel obsoletae; maxil- lipedum lamina vibratoria setis sex munita, palpus in 3 cylin- dricus, biarticulatus; pedes I 4-5-articulati, II articulo pe- nultimo setis duabus vel tribus instructo; rami furcales plerumque modice curvati, ad basim nunquam conspicue di- latati, seta una dorsali muniti. Questi caratteri generici sono scelti specialmente in rapporto a quelli dell’altro genere, Ilyocyprois. Una dia- gnosi esatta del genere /lyocypris non si può dare finchè non si stabiliscano tutti i caratteri distintivi dell’altro ge- nere della sottofamiglia. O TI e e e n Secmo I. — Pedes II articulo penultimo in latere posteriore setis tribus munito. Ilyocypris lacustris Kauf. Kaufmann. 1900. Testa a latere visa altitudine dimidiam longitudinem vix superante, antice quam postice paullo altior, in parte dorsali posteriore angulata, margine dorsali subplano, supra oculum tumescente, margine anteriore rotundato, posteriore leniter arcuato, ventrali levissime sinuato; de supra visa lateribus modice curvatis, antice atque postice acute conver- gentibus, Antennae I setis natatoriis. duplo eis longioribus munitae ; antennarum II seta natatoria anterior longitudinem articuli quarti aequans, reliquae quadruplo longiores, pin- natae. Pedes I 4-articulati. Rami furcales © valde curvati. T appendices copulationis lobo maxime antice atque postice acute angulato, lobis minimis attenuatis ; glandula mucosa radiorum verticillis 17 |?| munita; rami furcales idem atque in ceteris huius generis speciebus modice curvati. £ long. 0,91 mm. — alt. 0,51 mm. — lat. 0,34 mm. g long. 0,84 mm. Habit.: Helvetia, in Bielersee (Kaufmann) 30 m. Ilyocypris getica Masi. Masi, 1906. Testa a latere visa illi |. lacustris valde similis, in parte vero dorsali sulcis binis conspicuis notata, superficie spinulosa; de supra visa, antice attenuata, ad extremum etiam obiusa, postice rotùndata. Antennae II setis natatoriis munitae ciliis carentibus, ultra apicem uncorum non elon- gatis. Pedes I 5-articulati. Rami furcales in utroque sexu aequales, modice curvati. £ long. 1,2 mm. — alt. 0,51 mm. sp 0ong.:1''mm. Distrib.: Ramania (Jaquet), China [| Pechino] (G. O. Sars), Secrio MI. — Pedes II articulo penultimo in latere posteriore setis duobus munito. Ilyocypris australiensis (. O. Sars. Sars G. O. 1889. Testa a latere visa altitudine dimidiam longitudinem aequante, antice quam postice paullo altior, margine dorsali fere recto, ventrali levissime sinuato, anteriori modice ro- tundato, posteriori subplano; valvae spinulosae, denticulis marginalibus minutissimis munitae, omnibus forma conicu regulari; valva dextra supra oculum paullisper sinistram superans, in terlio posteriore ad marginem dorsalem quam Bollettino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. IV, V e VI. di 146 L. MASI minime tumescens. Testa de supra visa oblonge ovata, in parte dimidia posteriore ampla, antice acuta, postice ro- tundata, latitudine maxima post 2)3 longitudinis sita ; valva sinistra in extremo anteriori dextram superans. Antennae I setis natatoriis munitae ultra apicem artus longitudinem segmentorum 2 ultimorum elongatis; antennae II seta na- tatoria anteriori longitudinem articuli penultimi non at- tingente, reliquis triplam huius longitudinem superantibus, cilits nonnullis instructis. Palpus maxillipedis 3-articulatus, articulis duobus ultimis imperfecte separatis. Pedum I tibia indivisa. J testa de supra visa antice obtruncata ; glandula mu- cosa radiorum verticillis 20 munita; appendices copulatio- nis lobo posteriori et altero anteriori in extremo rotundatis, lobo maximo angulum fere rectum postice formante. £ long. 0,93 mm. — alt. 0,47 mm. — lat. 25 longi- tudinis. JT long. 0,84 mm. Distrib.: Australia, Gracemore Lagoon (G. 0. Sars). Italia, in lacu Portus Trajani, etiam apud Romam: dg nun- quam inveni. Un carattere notevole di questa specie è la presenza di tre articoli nel palpo del piedemascella della femmina, tuttavia la separazione fra gli ultimi due articoli è assai imperfetta. In un preparato della femmina dI. dentifera G. O, Sars, ho potuto osservare una insenatura abbastanza marcata presso l'estremità det secondo articolo, la quale molto probabilmente è una traccia di scissura : ciò giusti- fica il posto che provvisoriamente ho dato a tale specie, subito dopo 1’. australiensis. G. W, Miller ha figurato (Tav. XIX, fig. 17) un palpo di tre articoli per l’/. gibba (Ram- dohr), però va notato che questo autore ha compreso con tal nome delle forme che io ritengo come specificamente diverse. Sars ha dato una descrizione dettagliata della specie, con parecchie figure: egli però indica due soli articoli per il palpo del piedemascella della femmina: inoltre nella sua figura che rappresenta il guscio della femmina dal disopra, la metà posteriore di esso sembra meno ampia di quello che è realmente. (Continua) i e dla ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prot. A. BIGNAMI V. BARNABÒ Sugli effetti delle inoculazioni negli animali dell'estratto di TAENIA SAGINATA © Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con Sede in Roma Questo liquido non contiene, secondo il Mingazzini, alcun elemento figurato, e neppure cloruro sodico; uc- cide i globuli rossi del sangue di rana, fissandone il nucleo: arresta i movimenti vibratili degli epiteli del palato della rana ; uccide i Protozoi del retto della rana, come un li- quido fissatore. . Iniettando 10 cm di estratto liquido in animali del peso di circa kg. 1,500, e praticando le iniezioni nel sotto- cutaneo della faccia laterale di una coscia o della regione addominale, Mingazzini ottenne generalmente contrazioni negli arti iniettati, paresi del treno posteriore, e anche la morte. Da queste esperienze, egli conclude che « a) è pos- » sibile di estrarre dal corpo dei vermi intestinali un li- » quido a caratteri e azione costante, che iniettato negli » animali, o fatto agire sui Protozoi, e sugli elementi vi- » venti del corpo animale, ha un’azione venefica. bd) I di- » versi vermi intestinali posseggono quantità variabili di » sostanza venefica, e comparando i diversi risultati si » può dire: 1°) che le tenie dei carnivori ne posseggono » una maggior quantità di quelle degli erbivori; 2°) che ———— ——__—€—& (1) Continuazione — Vedi fascicolo precedente. 148 VALENTINO BARNABÒ % gli Echinorinchi contengono una sostanza venefica, la quale ha una potenza così notevole conie quella delle tenie dei carnivori ; 3°) che quella ottenuta dagli Ascaris ha un'azione alquanto diversa da quella dei precedenti parassiti e per iniezione sottocutanea si mostra meno potente di quella delle tenie e degli echinorinchi. c) Si deve escludere che gli effetti ottenuti dall'azione degli estratti di parassiti dell’uomo siano dovuti agli antiel- mintici da essi assorbiti per provocarne l'espulsione, poichè gli effetti prodotti dalle tenie dell’uomo sono simili a quelli dati dalle tenie degli animali. d) L’inie- zione ipodermica di queste sostanze tossiche nei mam- miferi e negli uccelli ha un'azione particolare : essa pro- duce contratture degli arti iniettati e talvolta paresi del treno posteriore; gli estratti che ne contengono in copia maggiore sia per la qualità del parassita, sia pel grado di concentrazione, sia per l’animale inoculato, possono dare effetti di maggior intensità e financo la morte. Quantità eguali di acqua distillata a quelle degli estratti iniettate non producono negli animali alcun effetto con- simile, o al massimo una contrattura dell’arto iniettato, che scomparisce entro le 24 ore. e) E° ancora prema- turo il dire se la sostanza tossica, estratta con questo metodo sia proprio quella che agisce sul corpo del- luomo e degli animali, allorquando questi manifestano i particolari fenomeni sovrattutto di natura nervosa, dovuta alla presenza dei vermi nel loro intestino. Vi sono però certi dati, i quali fan ritenere probabile che questa sostanza sia proprio quella eliminata dai paras- siti viventi, e richiamo l’attenzione sulla conformità dei risultati ottenuti dagli estratti di Tenia e di Giganto- rynchus. Questi parassiti sono privi di tubo digerente e tutti danno un estratto a caratteri e azione conformi.... TAFNIA SAGINATA 149 » Nello stesso tempo queste secrezioni degli El- » minti intestinali possono forse avere un'azione protettiva » peri parassiti stessi contro i succhi digestivi, che trovansi » nell’intestino dell’ospitatore, impedendone l’azione sovra » gli elementi del corpo dei parassiti .» Dirò ora brevemente che basta il solo fatto di aver trovato per tutti i vermi intestinali « un liquido a carat- teri ed azione costante » per far ritenere che in esso non si trovi la sostanza venefica specifica di ciascun verme, nello stesso modo come oggi si ritiene che le proteine estratte dai vari bacteri, le quali sono pure tutte a carat- teri ed azione costante, siano dovute al metodo di estra- zione, e non abbiano nulla a che vedere con le sostanze tossiche specifiche di ciascun bacterio. Inoltre il Mingazzini stesso, a poca distanza, ritiene, ad fesempio, che l’azione della sostanza tossica ottenuta dall’Ascaris sia « alquanto diversa da quella » degli altri parassiti, e poi che l’estratto di tutti i parassiti privi di tubo digerente abbia « carat- teri ed azione conformi ». Sono dunque tre cose che non si corrispondono l'una con l’altra. Non si comprende poi come le secrezioni degli Elminti intestinali possano « avere un'azione protettiva per i parassiti stessi contro i succhi digestivi », quando si sa che i succhi gastrici e intestinali non hanno alcun potere digestivo sugli organismi viventi, e che lo esercitano solo su quelli morti. È una esperienza classica quella di porre una zampa di rana a contatto del succo gastrico ; la zampa non è intaccata fino a che l'acido cloridrico, contenuto nel succo gastrico, non abbia prodotto una vasta necrosi dei tessuti. Ora col metodo adottato dal Mingazzini, il lavaggio con acqua a 40° si può supporre alteri in parte la so- stanza tossica, la cui natura ci è sconosciuta: e il tenere l'estratto alla stufa poteva, come osservano, Messineo e 150 VALENTINO BARNABÒ Calamida da una parte produrre una « possibile parziale alterazione delle sostanze albuminoidi, - e dall'altra favo- rire la moltiplicazione dei microbi che vi potessero essere presenti accidentalmente. | Perciò .Messineo .e Calamida pensarono di fare l’e- stratto delle tenie col pestamento secondo il metodo di Mingazzini, lavando però i vermi in acqua distillata e in soluzione fisiologica di cloruro sodico a temperatura normale; e non tennero l’estratto alla stufa ma lo filtra- rono alla candela Berkefeld. Questi due autori, inoculando sotto cute 2-35 cm. di estratto tenuto alla stufa, ottennero in cavie, conigli e cani abbattimento generale, paresi del treno posteriore, ipoter- mia, tutti fenomeni che entro 24 ore cessarono del tutto. Inoculando poi l'estratto non tenuto alla stufa nel sottocutaneo, nel peritoneo, nella giugulare e nel cervello di cavie, conigli e cani, ebbero gli stessi fenomeni mor- bosi molto più accentuati, tanto da far morire vari ani- mali. Finalmente l'iniezione di estratto concentrato nel ko vuoto a 35° produsse fenomeni morbosi simili, seguiti da morte. Essi rilevarono che, in seguito a queste iniezioni, nel fegato si trovavano spesso piccoli punti emorragici, degenerazione granulo-grassosa, e leggera infiltrazione leu- cocitaria nel connettivo perivasale; nel rene si notava de- generazione degli epiteli, dilatazione dei capillari ed emor- ragie puntiformi nei glomeruli Malpighiani; e nel cervello dilatazione dei capillari senza però alterazioni cellulari. Da queste esperienze Messineo e Calamida concludono che « l’azione patogena delle tenie sia dovuta ad un veleno « che pare eguale in tutte le specie di tenie e che pas- sando in circolo, dispiega la sua azione nociva. Se questo “ veleno sia un prodotto di secrezione particolare di « questi parassiti, o sia un prodotto ultimo del ricambio TAENIA SAGINATA lòl « materiale, non possiamo per ora stabilire -. Essi me- diante esperienze di controllo con iniezione di estratto simile di carne fresca a varia concentrazione escludono che i fenomeni morbosi rilevati « possano dipendere dal- l’azione tossica delle varie sostanze proteiche », poichè l'iniezione di certi organi freschi, eseguite da Me/zschni- koff, da Moxter, da Delezenne, da Galtier, da Babes e Lepp, da Tizzoni, da Perroncito, ecc., risultarono sempre innocue per tutti gli animali. Il Calamida ha pure studiato chimicamente l'estratto ottenuto, producendo con svariati reagenti dei precipitati amorfi, senza mai alcuna forma cristallina, alcuni dei quali, iniettati in conigli e in cavie determinarono feno- meni gravissimi morbosi, come ipotermia, paresi del treno posteriore, scosse e contrazioni toniche, ecc. Secondo il Calamida poi l’estratto ottenuto dalle tenie, ha anche un potere emolitico, e la « dissoluzione avviene molto più « rapidamente pei globuli rossi della cavia che non per « quelli del coniglio =/(?) e un potere chemiotattico po- sitivo specialmente per i leucociti eosinofili. iniettato poi in conigli e in cavie direttamente nel parenchima epatico attraverso le pareti addominali, l'estratto di tenia produsse dopo 24 ore una notevole degenerazione grassa delle cel- lule epatiche nelle « porzioni di fegato corrispondenti al « punto d’innesto =; e dopo 48 ore « il tipico aspetto del « cosiddetto fegato a noce moscata » (!). Iniettato in circolo « si nota dopo 6-8 ore una intensa leucocitosi con pre- « senza prevalentemente di cellule eosinofile: e se la « morte avviene dopo molto tempo si osservano dopo 24 « ore dall’iniezione molti corpuscoli rossi nucleati, che « danno la nota colorazione col rosso neutrale -. Con le iniezioni in circolo « la degenerazione granulo-grassa del « fegato è evidentissima, e diffusa a tutto l'organo dopo 152 VALENTINO BARNALÒ « 36-48 ore =. Si tratterebbe dunque di una sostanza di azione più potente e più rapida dello stesso fosforo! In- fatti nel fosforismo acuto i fenomeni di degenerazione grassa tipica sogliono avvenire generalmente dopo 3-7 giorni, o per lo meno dopo parecchie ore (Bernatzick e Vogl). Queste esperienze fecero ritenere a molti autori che in tali estratti vi sia realmente la sostanza venefica pro: . dotta dalle tenie, causa dei fenomeni della teniasi nel- l'uomo, e specialmente di quegl’intensi disturbi tossici a carico del sistema nervoso, che predominano nel quadro morboso. Difatti anche al XV Congresso di Medicina In- terna, tenuto a Genova dal 25 al 28 ottobre 1905, il pro- fessore Caporali, riferendo per incarico del prof. De-Renzi sulle anemie di origine parassitaria, diceva che la T. solium fu accusata di produrre un’anemia perniciosa, quantunque giustamente Liften faccia osservare che solo il Botrioce- falo è capace di produrre quest'anemia: e riportava poi le conclusioni dei precitati autori, ritenendo come cosa certa che l'estratto di tenia passa nei latte (Gagnoni), e ha azione antifermentativa (Wein/and): e che il siero di sangue dei conigli inoculati con questo estratto, acquista pro- prietà precipitanti sull’estratto stesso. | In questi ultimi giorni ho visto un lavoro di Jammes e di Mandoul sulla biologia dei Cestodi, il quale ricorda quello analogo di Picon e di Ramond sull'azione batte- ricida degli estratti di tenie. Jammes e Mandoul dicono che quest'azione battericida è notevole per alcuni batteri; ed hanno così ordinato i varii batteri esperimentati a seconda della loro resistenza: bacillo del colera, bacillo del tifo, colibacillo e bacilli sporulati (sottile e mesenterico). Vi sa- rebbe quindi un parallelismo tra il potere battericida degli estratti dei Cestodi e quello di alcune sostanze secrete dal- l'intestino dell’ospitatore: potere che, secondo questi autori, TAENIA SAGINATA 1539 servirebbe di protezione per i vermi stessi, come serve, sempre secondo Jammes e Mandoul, di protezione quello dell’intestino per l’intero organismo umano. Però le conclusioni a cui sono giunti tutti i citati au- tori a me sembrerebbero per lo meno premature. Anzi- tutto il metodo di estrazione usato, non mi pare molto adatto per giungere a delle conclusioni esatte e scevre di notevoli cause di errore. Pestando il verme anche quando è appena morto, o per lo meno in momenti in cui la sua vitalità è di molto diminuita, si pestano insieme i vari tessuti del corpo del verme stesso, e diversi organi glan- dolari, come ad esempio gli organi genitali; e si pestano pure insieme proglottidi mature e proglottidi immature, in cui, essendo ben diverso il grado di sviluppo, sarà pure diverso il grado di funzionalità. Si sa poi che non solo negli Elminti, ma anche in molti altri Invertebrati l’estratto degli organi genitali riesce assai velenoso: perciò le so- stanze tossiche speciali ottenute da questi organi potrebbero avere una qualche importanza nelle successive esperienze. Inoltre i tessuti stessi del corpo del verme possono dare, ‘se pestati, delle sostanze tossiche per gli animali da espe- rimento: mentre le sostanze dovute al ricambio materiale del verme vivente, cha sono ritenute da molti autori come le più importanti per l’azione patogena sull'uomo, possono non entrare a far parte di questo estratto. Facendo poi delle iniezioni, o nel tessuto sottocutaneo ‘o nel peritoneo, o nel sangue circolante, o nel fegato, o anche nel cervello, le condizioni esperimentali sono ben diverse da quelle, nelle quali il verme esercita normal- mente la sua azione patogena nell’ospitatore. Il potere di assorbimento dell’intestino tenue è diverso da quello del sottocutaneo o del peritoneo; e inoltre qualunque sostanza, quando viene iniettata direttamente in circolo, agisce in 194 VALENTINO BARNAB modo diverso di quando deve attraversare il filtro del- l'epitelio intestinale integro. A questo proposito ricorderò le esperienze eseguite per la questione dell’alimentazione sottocutanea, dalle quali risultò, ad esempio, che i peptoni, assolutamente innocui quando si trovano nell’intestino, rie- scono tossici quando sono iniettati sotto cute; e che è tos- sica, iniettata in questo modo, anche una semplice solu- zione di zucchero sterilizzata. L’aver poi ottenuto, come il .Messineo, nelle iniezioni sottocutanee un notevole scollamento dei tessuti, un’imbi- bizione sierosa, e « coagulazione di sangue =, insieme con notevole iperleucocitosi potrebbe, mi pare, o far pensare per la prima parte a fenomeni osmotici dovuti alla dif- ferente pressione tra il liquido iniettato e i liquidi inter- tiziali; oppure, anche per la seconda parte, alla possibilità di una infezione, piuttosto che al potere chemiotattico po- sitivo sui leucociti, descritto da Calamida. L’aver inoltre avuto paresi del treno posteriore, e pelo arruffato, e ab- battimento, e ipotermia nelle cavie e nei conigli dopo le iniezioni intraperitoneali, tutti fenomeni questi rapidamente passeggieri, può far sorgere il dubbio che vi concorra l’a- zione di uno shock traumatico, come facilniente si suol riscontrare quando si pratica una iniezione intraperitoneale qualsiasi in questi animali. Anche la morte rapida con convulsioni e movimento di maneggio diuna cavia inocu- lata nel cervelio, potrebbe credersi dovuta in gran parte alla puntura di centri speciali della sostanza cerebrale, perchè l’autore non riporta esperienze di controllo in modo tanto chiaro da escludere una simile obbiezione. Non mi sembra quindi completamente risoluta la que- stione se vi sia negli estratti ottenuti dai vari autori, il « veleno » a cui si dovrebbero i fenomeni, ritenuti di ori- gine tossica, nell'uomo che ha la tenia vivente nel proprio TAENIA SAGINATA 159 intestino; perché le esperienze fatte finora dimostrerebbero, a parer mio, soltanto che essi sono tossici per gli animali da esperimento, quando sono iniettati nel modo usato dagli autori. E per vedere se fosse giusta questa opinione, ho proceduto a varie esperienze, cercando se realmente l’e- stratto ottenuto dal Mingazzini, dal Messineo e dal Cala-. mida, potesse riuscire tossico, quando le condizioni del- l'esperimento si avvicinano maggiormente a quelle che si riscontrano nella elmintiasi da tenia. Ho quindi fatto perve- nire l’estratto direttamente a contatto coll’apparato digerente degli animali, eseguendo due ordini di esperienze, dando cioè a mangiare a delle cavie del pane e della semola mescolati coll’estratto di tenia, in modo da evitare ogni traumatismo, e iniettando ad altre cavie l'estratto proprio nel lume dell’intestino tenue. Essendo un tale estratto un « veleno », come ammettono gli autori, e veleno, d’altra parte per i suoi effettti così potente se iniettato coi metodi da loro usati, era opportuno ricercare se producesse feno- meni tossici, anche quando è ingerito od è messo a contatto coll'intestino. Si può per altro pensare che possa esercitare una qualche influenza la diversa specie di Mammifero scelto per l'esperimento; ma anche gli altri ricercatori avevano adoperato le cavie, ottenendo fenomeni tossici con le ino- culazioni, nel modo da loro usato, di estratti di Taernia saginata. Ho poi voluto cercare, se ritenendo, come fanno alcuni, la sostanza tossica prodotta dalle tenie un prodotto del ricambio materiale, si potesse ottenere da proglottidi di tenia, conservate in vita in un liquido indifferente, delle sostanze che, sciogliendosi in questo liquido, dimostras- sero un'azione tossica colle iniezioni negli animali. Abbiamo già veduto che qualcosa di simile fu tentato con vari me- todi per gli ascaridi dal Mingazzini, dal Cafiero e dal Cat- taneo. Prima però di esporre il risultato particolareggiato delle mie esperienze, voglio accennare ad un reperto mi- croscopico dell'estratto di Taenia saginata, che ho eseguito col metodo Mingazzini, modificato da Messineo e Calamida. Dopo aver filtrato con la carta, ho fatto dei preparati, e osservando col diaframma ristretto notevolmente, ho no- tato dei cristallini romboedrici, assai trasparenti, dalla forma di aghi lunghi e assai sottili, colle estremità o accu- minate, o seghettate, o smussate, isolati o raggruppati a fascetti in varia guisa, in modo da ricordare i cristalli os- servati dal F/orence nello sperma umano. La loro lun- ghezza varia da « 18,9 a « 20; e la loro. larghezza è di circa u 1,5 a 4 2. Pensai dapprima che questi cristalli po- tessero essere quelli del « veleno » delle tenie contenuto nell’estratto, perchè come veleno animale avrebbe potuto cristallizzare. Se non che è molto facile riscontrare simili cristalli anche sul corpo e nei varî. liquidi dei Vermi: e siccome non ho potuto provare in alcun modo la loro vera natura, non credo poter concludere sulla loro speci- ficità. Questi cristallini li ho osservati tanto in preparati chiusi nella glicerina, quanto in preparati essiccati rapi- damente col calore e montati in balsamo del Canadà, e anche in preparati lasciati evaporare lentamente all'aria e poi montati in balsamo. I ‘ I caratteri macroscopici dell'estratto concordano con quelli descritti da Mingazzini ; anch'io v'ho notato l'odore sui generis, che però spesso ricorda assai quello delle feci : ed ho notato pure un molesto prurito alle mani quando pestavo il verme : ma ciò succede quasi sempre quando si maneggiano a lungo simili vermi in simili condizioni. Per la tecnica della preparazione dell'estratto ho abbre- viato in parte quella suggerita da Messineo e da Calamida. Ho lavato gli esemplari di Taenia saginata ripetutamente TAENIA SAGINATA 1597 con acqua distillata e con soluzione fisiologica di cloruro sodico (0,75 °],) a temperatura dell'ambiente. Li ho quindi messi in un fazzoletto ben pulito colla ebullizione ; li ho pestati in un mortaio più che potevo : poi, mediante tor- sione del fazzoletto, li ho spremuti fino a ridurli in pol- tiglia, che lavavo ancora con acqua distillata per ottener tutto il restante di estratto. Il liquido poi è stato ripetu- tamente filtrato con doppia carta. Trattandosi di iniezioni nell'intestino e d’introduzione col cibo per la via della bocca, non occorreva sterilizzare l’estratto, evitando anche così possibili parziali alterazioni. Per altre esperienze ho fatto evaporare a b. m.(50° circa )il liquido ottenuto, come faceva Mingazzini, ridisciogliendo poi in alcool e acqua distillata il residuo solido. Per le esperienze col liquido in cui conservavo in vita le proglottidi, mi sono servito di acqua distillata, che te- nevo in un ambiente riscaldato, attenendomi alle notizie fornite dal Perroncito e dal Barbagallo, secondo i quali autori si osservano i moti delle proglottidi di tenia oltre 42 ore dopo la loro eliminazione dal canale intestinale dell’o- spitatore. Ricerche culturali di questo liquido dopo la per- manenza delle proglottidi mi dettero lo sviluppo del Ba- cillus fluorescens liquefaciens e di uno stafilococco aureo, come aveva trovato già il Cattaneo nelle analoghe ricerche a proposito degli Ascaridi tenuti vivi nelle stesse condizioni. L'acqua poi aveva un aspetto lattescente, gelatinoso, e un odore acre speciale, simile a quello dell’estratto. x KCK Innanzi tutto riporterò i casi che mi han procurato gli esemplari di Taenia saginata, accennando brevemente alla loro storia clinica, interessante specialmente dal punto di vista dei fenomeni nervosi che dominano il quadro | morboso. 158 VALENTINO BARNABÒ Caso 1° — A., di anni 33. Da vari ‘anni era. assai mutato di carattere ed era divenuto addirittura intrat- tabile. Ora aveva dei minuti di prostrazione, ora una irrequietezza che non gli dava pace. Per questa sua ira- scibilità smodata, la moglie fu persino costretta a chiedere la separazione legale. Egli aveva un colorito anemico, su- bitterico, sonnolenza, spesso cefalea e vertigini: spesso crampi dolorosi all’intestino, e vomito frequente. Fu fatta diagnosi di nevrastenia acuta e venne consigliato di entrare in una casa di salute, e di fare la cura del Fellow, che riuscì negativa. Casualmente fu notato che nelle feci si trovavano delle proglottidi di tenia. Somministrato l’antiel- mintico praparato dal chimico-farmacista Amici di Roma, l'ammalato emise una lunga Taenia Saginata completa, con lo scolice. Cessarono allora tutti i disturbi. Caso 2° — B. Cesare, di anni 31, cuoco, Da qualche tempo soffriva di forti crampi allo stomaco, di un senso di restringimento alle fauci, di abbondante salivazione e d'un continuo malessere. Non presentava molti sintomi a carico del sistema nervoso centrale, tranne un po’ d’ipocon- dria e cefalea frontale. Nelle feci vennero casualmente ri- scontrate proglottidi di tenia. Somministrato l’antie]mintico Amici, fu emessa una Taenia saginata completa con lo scolice, e cessarono tutti i disturbi. Caso 3° — C. Alessandro, organista. Ebbe diversi anni fa una occlusione intestinale, di cui non sa determinare la natura, che costrinse i chirurghi a procedere all’opera- zione di un ano artificiale. Dopo d’allora fu costretto per rimettersi in forze, a far uso di vittivazione prevalente- mente carnea. Da qualche tempo erano sopravvenuti dei notevoli disturbi a carico della digestione, e aveva un ma: lessere che non sapeva spiegare. Fu supposta la presenza di una tenia, e all'esame delle feci si notò qualche pezzet- TAENIA SAGINATA 100 tino sospetto di proglottide. Somministrati dei semi di cu- curbitacee, l’infermo emise un notevole numero di pro- glottidi. Fu allora dato il tenifugo Amici, e venne emessa una lunga Taenia saginata con lo scolice. Dopo, cessarono i disturbi. Caso 4° — D. Maria, di anni 18. Da circa un anno soffriva di disturbi a carico del tubo gastroenterico. Aveva dolori e crampi gastrici, anoressia e spossatezza generale. I catameni erano irregolari e dolorosi. La cefalea non la la- sciava bene avere un momento. Si accorse di emettere colle feci dei « vermi piatti =. Preso l’antielmintico Amici, emise una Taernia saginata completa, e i disturbi scomparvero. Caso 5° — M. di anni 11. Da un pezzo aveva cefalea, umore strano e ipocondriaco. Diceva di esser sempre stanca e aveva disappetenza. Somministrato un purgante, espulse varie proglottidi di Tenia. Le fu dato allora 5 gr. di estratto etereo di felce maschio ed emise una Taenia sagi- nata abbastanza lunga. L’'antielmintico le produsse vomito e colorazione itterica della sclera, disturbi che cessarono ben presto. Caso 6° — N_N. di anni 19. Da qualche tempo soffre disturbi a carico della digestione e delle mestruazioni. De- perisce, è anemica e nervosa a carattere isterico. Trovate casualmente nelle feci delle proglottidi di tenia e sommi- nistrato l’antielmintico Amici, essa emette una lunga 7ae- nia saginata e i disturbi cessano del tutto. Caso 7° — Suor M. dell'Ospedale Militare del Celio da vari anni soffriva per causa di una tenia, che inutil- mente per 11 volte i medici avevano cercato con. vari vermicidi di estrarle completa. Somministrato il tenifugo Amici, essa emise il Cestode, con lo scolice, e i disturbi cessarono completamente. 160 VALENTINO BARNABÒ 1° Serie di esperienze. Fatto l'estratto delle tenie nel modo indicato da Min- gazzini e modificato da. Messineo e da Calamida, vi si imbeve della mollica di pane fresco, e vi si mescola erba e semola: si dà poi a mangiare a delle cavie, ottenendo i seguenti risultati: EsperIENza 1° — 2 marzo 1905. Dalla Tenia emessa da B. C. (caso 2°) si ottengono 40 gr. di estratto, col quale si imbeve della mollica di pane e della semola. Questo pastone è dato a mangiare ad una cavia di gr. 300. 3 marzo e giorni successivi. — La cavia ha mangiato senza riluttanza il pastone ; non ha presentato mai nulla di notevole ed è stata sempre bene. Sacrificata, alla sezione tutti 1 visceri erano normali. EspERIENZA 2.8 — 13 marzo 1905. Fatto l'estratto della Tenia saginata emessa da C. A. (caso 3°), se ne fa un pastone con mollica di pane e semola. Si dà a mangiare a una cavia di gr. 290. 14 marzo — La cavia non nulla di anormale e così pure nei giorni successivi. Sacrificata, alla sezione tutti i visceri erano normali. ESPERIENZA 3°. — 30 marzo 1905. Si fa l’estratto della tenia emessa da N. N. (caso 6°); se ne compone il solito pastone con mollica di pane e semola e si dà a mangiare ad una cavia di gr. 250. | 1 maggio e giorni successivi — La cavia ha mangiato tutto il pastone, ma per quanto si tenga in continua os- servazione, non ha mai presentato alcun fenomeno mor- boso. Sacrificata, alla sezione tutti i visceri erano nor- mali. 2° Serie di esperienze. Per evitare la possibilità di una alterazione dell'estratto di tenia per parte dei succhi gastrici, e quindi una pos- I TAENIA SAGINATA 161 sibile causa di errore, si inietta l'estratto direttamente nel lume dell’intestino tenue mediante laparatomia. Queste iniezioni sono state fatte a mucosa integra (si comprende bene che la puntura fatta dall’ago della siringa non ha alcun valore), e a mucosa previamente ulcerata mediante causticazione con soluzioni diluite di potassa, per agevo- lare l’azione dell'estratto. Con questo secondo metodo però avveniva che o la soluzione di potassa era tanto leggiera da non corrispondere allo scopo, o produceva tali lesioni da determinare di per sè la morte, senza che fosse possibile scindere gli effetti di questa causticazione da quelli dell'estratto. Perciò si- mili esperienze non mi hanno portato a risultati positivi e mi son limitato a far l'iniezione a mucosa intestinale integra per vedere se l'estratto fosse assorbito dall’intestino e determinasse effetti tossici. Ed ecco i risultati ottenuti: ESPERIENZA 4° — 19 marzo 1905. Eseguisco la lapara- tomia in una cavia di sesso maschile di gr. 340. Incisione lunga 4 cm. della pelle, del piano muscolo aponevrotico e del peritoneo. Fuoriesce un’ansa dell’intestino tenue; e vi fo mediante una siringa di Pravaz dapprima una inie- zione di 30 cc* di una soluzione di potassa caustica all’1 °/,. poi una di $0 cc.è di estratto ottenuto dalla 7. saginata emessa da D. M. (caso 4°), e successivamente una terza di altri 20 cc. della soluzione di potassa. L’intestino non di- mostra alcuna reazione evidente dopo le iniezioni. Riduzione delle anse intestinali, e sutura a sopraggitto del piano sie- roso-muscolo-aponevrotico e della pelle. Medicatura della ferita con collodion elastico e iodoformio. L'operazione è durata 20 minuti; e anche immediatamente dopo l’opera- zione la cavia non dimostra fenomeni morbosi. 20 marzo al 12 aprile. — Postumi operatori ottimi. La ferita è cicatrizzata per prima intenzione. La cavia è Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. Anno XV, Fase, IV, V e VI. 4. 162 VALENTINO BARNAEÒ stata nel resto sempre ottimamente: feci, urine, appetito deambulazione normali. Si è anzi ingrossata di circa 100 gr. Sacrificata, i visceri alla sezione erano normali. SSPERIENZA 5° — Fo l’estratto della Taenia saginata emessa da M. (caso 5°), ponendovi meno soluzione fisio- logica di cloruro sodico, e rendendolo perciò più concen- trato. Il liquido è più denso e si copre di una pellicola lucente, anche dopo filtrato. 22 marzo 1905. — Cavia maschio di gr. 350. Lapara- tomia. Fuoriesce un’ansa intestinale del tenue e vi fo me- diante una siringa di Pravaz, una iniezione di 15 cc. di una soluzione di potassa caustica al 30°. Immediata- DI mente le pareti dell'intestino divengono di un colore da prima rutilante e poi violaceo-scuro, indizio di potente causticazione. Tuttavia inietto subito dopo 20 cc. di estratto di tenia. Siccome però dalla ferita d’'introduzione dell’ago- cannula filtra dell'estratto misto a sangue e a contenuto intestinale, sia per la forte tensione dei liquidi nel lume intestinale, sia per la permeabilità dei tessuti dovuta alla causticazione, devo sospendere l’inoculazione in quel tratto d’intestino. Allora inietto in un'altra ansa ancora 80 cc.ì di estratto di tenia. Dopo la riduzione delle anse intestinali suturo a sopraggitto il peritoneo con i mu- scoli obliqui; e poi i muscoli retti: quindi a punti staccati la pelle; e finalmente medico la ferita con collodion e iodo- formio. L'operazione ha durato 25 minuti. Subito dopo l'operazione la cavia appare normale. 24 marzo. — La cavia alla mattina si trova morta. I mu- scoli del tronco, della nuca e degli arti sono contratti e rigidi. AuroPsiA. — Cicatrice laparatomica cicatrizzantesi senza complicazioni per prima intenzione. Polmone si- nistro leggermente iperemico nel lobo superiore. Entero I TAENIA SAGINATA ‘163 peritonite diffusa. L’intestino tenue presenta qua e là dif- fusi punti emorragici, dove la mucosa è stata varia- mente causticata dalla potassa. Il colon trasverso e il di- scendente fino al sismoide presentano pure focolai puntifor- mi emorragici disseminati. Nei punti d’iniezione si vedono delle vaste escare. Capsule surrenali un po’ iperemiche. Milza iperemica con chiazze emorragiche. Pancreas con chiazze emorragiche abbastanza estese e con aderenze multiple alle anse del duodeno e del digiuno. Aperto il cranio si osservano le meningi iperemiche, ma nulla a carico dell’en- cefalo e dei ventricoli cerebrali. Sangue normale e sterile. DIAGNOSI POST-MORTALE. — Entero-peritonite diffusa da causticazione. Splenite e pancreatite da causticazione. EspERIENZA 6°. — Si fa l'estratto piuttosto concentrato con soluzione fisiologica di cloruro di sodio di una tenia saginata emessa da N. N. (caso 6°). 1° maggio 1905. — Cavia di gr. 240. Laparatomia. Tnietto mediante una siringa di Pravaz 80 cc. di estratto nel lume di un’ansa d’intestino tenue, che poi riduco. Su- turo a sopraggitto con filo di seta un piano muscolo-apo. nevrotico e peritoneale, e quindi la pelle. Medicatura con :collodion elastico e iodoformio. Durata dell'operazione 15 minuti. Subito dopo l’operazione la cavia si lamenta, è un. po intontita e stenta a muoversi: incitata, trascina gli arti posteriori. È alquanto cianotica nella congiuntiva palpe- - brale e nella mucosa nasale e labiale. Ciò io credo fosse dovuto alla stretta legatura delle zampe, e al traumatismo ‘operatorio, piuttosto che a un così rapido effetto dell’inie- zione. L'animale difatti si rinfranca ben presto e torna normale. 2-15 maggio. — Postumi operatorii ottimi. La cavia è stata e sta sempre bene. La sacrifico per esaminarne i 164 VALEATINO BARNABÒ visceri. All’autopsia ritrovo la cicatrice laparatomica per- fettamente guarita, con leggiera aderenza peritoneale al piano muscolare senza però indizio alcuno di reazione flogistica. Nell’intestino nulla si ritrova d’abnorme, e non si nota nemmeno il punto dove venne fatta l'iniezione. Il fegato trattato col liquido di Lugol non dimostra infil- trazione amiloide, e trattato col Sudan III non dimostra neppure degenerazione grassa. Gli altri organi sono nor- mali; come pure normali si ritrovano l’encefalo e le me- ningi all'apertura del cranio. Sangue normale e sterile. ESPERIENZA 7°, —-1° maggio 1905. Cavia di gr. 250. - Fo la laparatomia. Mediante una siringa di Pravaz inietto nel lume dell'intestino tenue 100 cc. di estratto della Taenia saginata emessa da N. N. (caso 6°), mutando per tre volte il punto d’iniezione. Lavata l’ansa intestinale da re- sidui di estratto, la riduco. Quindi suturo a sopraggitto con seta il piano muscolo-peritoneale, e poi Ja pelle. L’o- perazione ha durato 15 minuti. Medico la ferita con col- lodion elastico. Subito dopo l’operazione la cavia trema, stenta a muo- versi, e si lamenta. È cianotica nella congiuntiva palpe- brale, nella mucosa nasale e buccale. L’avvolgo in un panno, la pongo accanto al fuoco, e un po’ per volta si rin- franca e dopo un quarto d’ora torna perfettamente normale. 2-15 maggio. — Postumi operatorii ottimi. La cavia è stata sempre bene. La saerifico; e all’autopsia noto la ferita laparatomica cicatrizzata per prima intenzione, con leggiera aderenza del peritoneo. Intestino normalissimo, senza traccia del punto d’iniezione. Organi addominali normali. Nel fegato non vi è nè infiltrazione amiloide, nè degenerazione grassa. Nel rene sinistro soltanto appare una leggiera iperemia della sostanza corticale. Organi tora- cici, encefalo e meningi normali. Sangue normale e sterile. (Continua). G. ARRIGHI-GRIFFOLI —__ _ Nuove contribuzioni alla AVIFAUNA della Val di Chiana Comunicazione tatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Sono trascorsi ormai ben quattodici anni anni dacchè pubblicai la mia Avifanna della Val di Chiana, nella quale io dava un elenco, illustrato con succinte notizie, di ben 240 specie di uccelli da me con sicurezza accertate come proprie della regione, sia che vi avessero fissa o temporanea dimora, sia che vi comparissero di passaggio regolare ovvero irregolare, o anche accidentalmente. Quel 1mio lavoro doveva necessariamente essere incompleto, poichè una ben più lunga serie di osservazioni sarebbe occorsa per trarre conclusioni del tutto sicure e per evi- tare omissioni ed errori. Dal quel tempo sino ad oggi, per quanto le mie svariate occupazioni me lo permettes- sero, io continuai a registrare osservazioni sulle specie di uccelli già da me incluse nell'elenco e, come prevedeva, per alcune di esse dovetti anche modificare, come si vedrà in appresso, ciò che io aveva scritto precedentemente circa la maggiore o minore frequenza di esse. Altre notizie po- tei attingere circa specie che prima non avevo avuto oc- casione di osservare personalmente, e che perciò non avevo voluto registrare come proprie della Val di Chiana, poichè non mi risultava la sufficiente sicurezza di non essere tratto in inganno da poco esatte osservazioni altrui. 165 G. ARRIGHI-GRIFFOLI Le specie che dal 1891 ad oggi posso eon assoluta sicurezza aggiungere alla Avifanna della Val di Chiana non sono molte invero: una diecina appena, e precisa- mente le seguenti: Pastor roseus — Budytes melano- cephalus — Saxicola aurita — Cypselus melba — Circus cineraceus — Pandion Haliaetus — Limicolaplathiryncha — Tringa maritima — Colymbus arcticus — Colymbus Adamsi. Avrebbero potuto essere almeno il doppio se quella seru- polosa esattezza che mi sono prefissa non mi avesse con- sigliato per altre specie ad attendere prove più sicure prima di registrarle come proprie di questa regione, quan- tunque si trattasse per lo più di uccelli già osservati e catturati in prossimità dei confini della Val di Chiana in provincia di Siena e di Grosseto, o per lo meno in To- scana, come risulta dalle pubblicazioni della Inchiesta Ornitologica del 1889 e da notizie ulteriori. Dai dati da me raccolti mi risulterebbe infatti che furono qui osser- vati il Neophron percnopterus e l Archibuteo lagopus, specie che entrambe furono accertate per la maremma Grosse- tana dal Dei, dall’Ademollo e da me stesso: il’ primo anzi vi è sedentario. Dalla stessa località ebbe il Dei il Picus medius e la Cotyle rupestris e anche per queste due specie ho dati per ritenere che furono trovate in Val di Chiana. Il signor Chimenti, appassionato cacciatore, che più volte ebbe a procurarmi uccelli assai rari e che per la sua professione di Guardiacaccia dei possessi Venanzi ha per molti anni e in ogni stagione frequentato i paduli e le colmate presso la Chiana, mi descrisse un grosso uc- cello di colori e forme particolarissime da lui trovato in | primavera, diversi anni or sono, i cuì connotati corri- spondono a quelli del Polo Sultano, Porphirio coeruleus. Questa specie fu trovata a Massaciuccoli in provincia di Lucca ((Guasnani) e a Sesto Fiorentino (Fontebuoni). AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA 167 pe ——__—_- Di più il Dottor Guillichini di Arezzo mi assicurò per- sonalmente di avere osservato un individuo di questa specie che però non potè catturare, sulla gronda di un suo stagno artificiale adibito ad uso di caccia agli animali acquatici, a poca distanza dalla città di Arezzo. Sul Tra- simeno comparirebbe, e neppur di rado, l’Oidemia fusca e sembrerebbe anche il Colymbus glacialis, poichè caccia- tori del luogo mi dissero di avere ucciso su quelle acque delle Strolaghe grossissime del peso di quattro e sino cinque chilogrammi : evidentemente si tratta di quella specie poichè né il C. arcticus, nè il C. septentrionalis raggiungono quelle proporzioni. Nulla di straordinario havvi invero che si trovino sulle acque del Trasimeno queste due specie che già fu- rono trovate sul lago di Massaciuccoli e la prima (Ofdemia fusca) quasi ogni anno al dire del Guagnani. E così mi risulterebbe che, in Val di Chiana furono osservate accidentalmente altre specie che potrebbero ar- ricchire la nostra Avifanna quali la Erismatura leucocephala, la Limosa rufa e VOtis tarda che tutte furono accertate per il Grossetano o per il Senese. Ripeto però che per scrupolo di esattezza, poichè la comparsa loro non potei. personalmente accertare, non voglio per ora aggiungerle, e neppure le altre sopra menzionate, in questa nuova ap- pendice del mìo vecchio elenco, e mi limito alle sole dieci sulla cui accertata comparsa non può sorgere alcun dubbio. Qui sotto alle brevi notizie sopra queste specie, nuove per noi, altre ne intercalerò relative a nuove osservazioni su altre specie non comuni, ma già citate nella mia Avi- fanna della Val di Chiana del 1891. Le specie nuove sono contrassegnate con asterisco. 168 G. ARR:GHI-GRIFFOLI *7 bis. — Pastor roseus (Linn.) (ex Aldov:). Sforno roseo. Di questa bella specie di Storno che non raramente e talvolta in quantità ragguardevole si è mostrata quà e la in tutta quasi l’Italia, fino nelle sue regioni più meri- dionali, io non aveva mai potuto accertare la comparsa in Val di Chiana, sebbene qualche cacciatore mi assicu- rasse di aver talvolta veduto ed anche ucciso lo Storno col ciuffo! Il 31 maggio 1899 il carissimo amico Cav. Laz- zeri mi mandava in dono una femmina adulta di questa specie in abito estivo completo, la quale era stata uccisa il dì innanzi nei prati adiacenti al Canale della Chiana, poco lungi da Foiano. Seppi che, in quel giorno diversi individui comparvero in quella stessa località, ma, perse- guitati accanitamente, non vi si fermarono (1). 37. — Anthus cervinus (Pallas). Pispola a gola rossa. Debbo rettificare quanto ebbi a scrivere di questa specie nella mia Avifauna, indicandola come affatto acci- dentale per la nostra regione. In fine aprile 1898 potei constatare personalmente la presenza di parecchie pispole a gola rossa nel mio possesso delle Viallesi, nelle praterie umide in prossimità del Canale Maestro della Chiana. Uno di questi uccelletti mi fu recato da mio fratello il di 23. Egli lo aveva ucciso in quella località, ove mi disse averne incontrato un branchetto. Il dì successivo, recatomi nm _ (1) In quell'anno stesso la medesima specie comparve anche in altre località della Toscana e in una certa abbondanza nei dintorni di Pisa, da dove rice- vetti un bellissimo maschio adulto, favoritomi dall’amico Dott. Caifassi di quella città che mi scrisse averne avuti diversi. AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA 169 sul luogo, trovai infatti varii A. cervinus, ma per tenersi essi fra le erbe già alte non potei averne che due indi- vidui. Fui più fortunato il giorno 28, nel quale li trovai ancor più numerosi e ne potei uccidere una mezza doz- zina. Il giorno 830 ritornato alle Viallesi non potei vederne più alcuno. Nel 30 aprile del 1901 ne incontrai casual- mente una coppia nella stessa località. In fine aprile 1902 ricomparvero queste pispole in numero piuttosto rilevante e il giorno 24 ne uccisi cinque. Ritengo dunque che questa specie comparisca da noi abbastanza di frequente e forse vi faccia passaggio regolare in primavera inoltrata. Certa- mente contribuisce a farla sembrar rara il suo passaggio in epoca in cui la caccia per noi si può riguardare come finita. *41 bis — Budytes melanocephalus (Licht:) Cutrettola o Boarina capo-nero. Nel 20 aprile 1898 ebbi un maschio adulto di questa specie, ucciso da mio fratello sulla gronda del nostro stagno artificiale delle Viallesi. Nei primi giorni del maggio dell’anno successivo incontrai nella stessa località diverse Boarine a capo nero, tre o quattro certamente e forse anche più. Non potei catturarne nessuna perchè essendo chiusa la caccia non aveva meco il fucile, ma non ho alcun dubbio sulla loro identità, poichè le osservai a pochi metri di distanza. Questa cutrettola è rara o scarsa in ogni parte d’Italia meno, a quanto sembra, in Puglia, ove il De Romita dice che comparisce regolarmente ogni anno, al tempo del passo primaverile, mista alle specie affini. 170 G. ARRIGHI-GRIFFOLI *45 bis — Saxicola aurita (Vieillot) Monachella a collo bianco. Una coppia di queste sassicole pose il nido nella pri- mavera del 1898 in una uliveta a terrazze sulle colline elevate in prossimità del paese di Lucignano. Di là pas- sando ebbi varie volte l'occasione di osservare il maschio e la femmina nel maggio e sui primi di giugno: torna- tovi il 20 giugno, trovai ivi insieme ai genitori tre giovani già buoni volatori e diffidenti tanto che a fatica potei uc- ciderne uno. Tornato sul luogo due giorni dopo non vi trovai più nè giovani nè adulti. Mi fu riferito che nella primavera scorsa nella medesima località fu osservata una coppia di Pietratole (1) e ritengo che, anche esse appar- tenessero (dai connotati che ne ebbi) a questa medesima specie. *109 bis — Cypselus melba (Linn.) Rondone alpino. Un individuo di questa specie fu ucciso nell'aprile del 1899 nelle praterie prossime alla Chiana dal sig. Chimenti. Mi disse che anche altre volte la sua attenzione era stata richiamata da questi Rondoni dalla pancia bianca e tanto più grossi dei Rondoni comuni. Dopo quell'epoca anche a me è capitato due volte di osservare qualche raro in- dividuo del C. melba in primavera, allorchè avviene il passaggio abbondantissimo del comune C. apus. (1) I nostri cacciatori chiamano Pietraiola la Saxicola o Culbianco. AVIFAUNA. DELLA VAL DI CHIANA 11790 125. — Athene noctua (Scop.) Civetta. Faccio parola di questa specie comunissima perchè nel dicembre 1892, vidi volare e anche inseguii a lungo senza poterla prendere, una Civetta completamente bianca. Notai la cosa perchè sino allora non aveva mai veduto Civette albine e sapevo che l’'albinismo è sempre molto raro nei Rapaci (1). Nel luglio del 1894 ebbi due giovani Civette assolutamente bianche, le quali erano state tolte dal nido sul tetto di una casa colonica presso Foiano: vissero qualche settimana in schiavitù, poi morirono en- trambe ; e siccome ciò avvenne durante una mia assenza, non poterono essere preparate. Altra Civetta albina ebbi vivente nell’estate del 1896 e quella pure proveniente dai pressi di Foiano; e finalmente una, pure quasi interamente bianca, vidi in Lucignano presso la bottega di un mani- scalco del paese. Giova quindi dedurre che in questa specie l’albinismo non sia poi tanto raro come parrebbe. 129. bisi — Circus cineraceus (Montag.) Albanella minore. Benchè io avessi buoni dati per ritenere che questa Albanella comparisse qualche in Val di Chiana, pure io non aveva potuto acquistarne la sicurezza, e perciò non inclusi questa spece nel mio elenco del 1891. Nel 1894 però, il 24 aprile, ebbi un giovane maschio dell’Albanella minore, ucciso nelle colmate (Gattai presso Castiglione (1) Fra i tanti casi di albinismo notati nella inchiesta Ornitologica, se ne citano appena due o tre fra gli uccelli rapac!. 172 G. ARRIGHI-GRIFFOLI Fiorentino. Quest'uccello capitò nelle mie mani per caso, parecchi giorni dopo la sua uccisione e però in condi- zioni tali da non poterlo conservare, ma il 12 maggio dello stesso anno il guardiano Moretti uccise nel nostro pos- sesso delle Vallesi una femmina adulta di questa specie. Esse rivestiva quella curiosa ‘livrea melanotica non comune nelle Albanelle minori che si trovano in Italia, ma frequente invece in quella che si trovano oltre Alpi e singolarmente in Francia. Nel 1897 il 27 aprile, nella stessa località delle Vallesi, uccisi un maschio quasi adulto in abito normale. Sembra accertato dunque che il C. cineraceus compa- risca con una eerta frequenza in Val di Chiana. 131 bis. — Pandion Haliaétus (Linn.) (ex Gesn.) Falco Pescatore. L'aggiunta di questa specie alla Avifauna della nostra regione è dovuta alla cattura di una femmina uccisa il 30 marzo 1896. Fu atterrato con un colpo di fucile dal mio cugino Conte Pieri Nali, mentre si aggirava sul nostro stagno delle Vallesi. Dopo quella accidentale comparsa, per diversi anni non ebbi occasione di vedere o sapere notizie di altri individui del Falco pescatore. Il 24 febbraio 1903, mentre mi trovava alla posta dei fagiani nell'Isola Polvese sul Trasimeno, vidi due grossi falchi aggirarsi sullo acque del lago, assai mosso in quel giorno, e di tanto in tanto piombare a ghermir pesci. Ri- conobbi benissimo trattarsi di questa specie non comune per noì. ia Gt AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA T4OE: 134. — Pernis apivorus (Linn.) (ex Willugh.) Falco pecchiaiolo. Scrissi nel 1891 « Questo bel falco è scarso ma forse sedentario in Val di Chiana : l'ho veduto più spesso in pri- mavera che in estate. » Debbo ora modificare quella as- serzione. Mentre non ho potuto accertare la nidificazione del Pecchiaiolo fra noi, ho ricevuto altri tre esemplari, fra adulti e giovani, appartenenti a questa specie e sempre al principiar dell'autunno: cioè settembre 1893, ottobre 1396, settembre 1904: mai ne he avuti in primavera e neppure ho avuto campo di osservarne nella regione. 136. — Milvus migrans (Bodd.) Nibbio nero. Io riteneva che il Nibbio nero fosse estremamente raro in Val di Chiana e in questo senso mi espressi notando quella specie nel mio elenco del 1891, Posso ora affer- mare che questa specie è per noi meno rara di quello che io credeva allora; anzi si mostra più frequente del Nibbio comune: di più ho buone ragioni per credere che il Nibbio nero talvolta ponga il nido nella nostra regione, perchè nel luglio e nell'agosto del 1897, ebbi due giovani individui appartenenti a questa specie, colti ambedue nelle adiacenze del canale della Chiana. Il primo mi fu recato vivente e non aveva traccia al- cuna di ferite, solo era molto denutrito, l’altro era rovi- nato con un colpo di fucile tiratogli a breve distanza e inconservabile. Prima di questi due io aveva ricevuto un giovane maschio nel novembre del 1896. Per ultimo il 3 aprile 1903 una coppia di Nibbi neri si aggirò a lungo 174 G. ARRIGHI-GRIFFOLI presso il nostro stagno delle Viallesi e il Guardiano nostro Caneschi, dopo molti tentativi infruttuosi, potè colpirne uno che mi recò. Era uno splendido maschio adulto in abito perfetto. 138. — Hypotriorchis subbuteo (Linn.) (ex Aldrov.). Lodolatio. Posso confermare quanto ebbi a scrivere di questa specie, cioè che fosse sedentaria e nidificante fra noi. In un bosco di alto fusto di nostra proprietà, detto la Cer- reta di Campoforte, non lungi dalla nostra Villa, da pa- recchi anni in qua ho trovato sempre alla apertura della caccia, cioè verso il 20 di agosto, dei branchetti di Lo- dolai che evidentemente erano famiglie ed ho ucciso spesso individui giovani e adulti. Le Guardie mi assicu- rano che li vedono sempre sino dalla metà del giugno e che rimangono fino all'ottobre. Nell'anno scorso (1905) erano in minor numero del consueto, forse per il cattivo esito che ebbero tutte le covate degli uccelli silvani per continui temporali del maggio e giugno. 156. — Ciconia nigra (Linn. ex Bell.). Cicogna nera. In aumento di quanto ebbi a scrivere della Cicogna | nera, riferisco la cattura di un individuo di questa specie che ricevetti per la mia raccolta. Fu ucciso dal sig. Chi- menti nella colmata Venanzi il 29 aprile 1891, pochi giorni dopo che io ebbi dato alle stampe il mio elenco degli uccelli della Val di Chiana. Nell’ottobre 1896, un’altra Ci- AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA IO cogna appartenente a quella specie, fu uccisa nella pro- prietà del sig. Bologna presso il lago di Montepulciano (1): 161. — Tadorna cornuta (S. G. Gmel.). Volpoca. Fino al 1891 io aveva ritenuto che questa bellissima specie di Anitra fosse puramente accidentale per la Val di Chiana, poichè fino allora non mi era risultato altra comparsa che quella dei tre individui da me avuti il 24 novembre 1886. Debbo però ora rettificare la mia opinione in proposito espressa, poichè in seguito dovetti constatare che la Volpoca si mostra non infrequentemente nella no- stra regione. Nel 4 dicembre 1899 trovandomi in Foiano presso il mio amico Cav. Lazzeri, ci divertimmo a lungo ad osservare con un grosso telescopio i molti stormi di palmipedi che popolavano le praterie, inondate già da parecchi giorni, sottostanti al paese. Si distinguevano be- nissimo le diverse specie di palmipedi e fra gli altri stormi uno ne notammo composto da qualche quindicina di Vol- poche. Pochi giorni dopo acquistai un maschio di questa specie ed un altro ne rifiutai perchè troppo guasto. Nel gennaio 1900 mi fu recata una femmina giovane ancor vivente, e finalmente il 27 marzo 1900 ebbi uno splendido maschio adulto in abito completo di primavera, il quale fu ucciso in Chiana presso il nostro possesso delle Viallesi. 169. — Fuligula rufina (Pallas). Fischione turco. Qualche individuo di questa specie io ho avuto campo di osservare sui nostri laghi, ma sempre in inverno. __—_ ——— (1) Il prof. Brizzolari di Arezzo ebbe nel marzo 1887 un bellissimo maschio adulto ucciso nei pressi di quella città e lo donava alla Collezione Italiana del Museo di Firenze. 176 i G. ARRIGHI-GRIFFOLI Un bellissimo maschio adulto fu ucciso sul nostro stagno delle Viallesi il 28 marzo 1902. E’ questa la prima comparsa fra noi in primavera della F. rufina. 169. bis — Fulix marila (Linn.). Moretta grigia. Di questa specie, che riteneva rarissima per la nostra regione, non mi era più pervenuta notizia dopo il gelo straordinario del 1880-81, che portò sui nostri laghi una enorme quantità di palmipedi di ogni specie, e fra essi qualche Moretta grigia perchè ne uccisi due. Nel novembre 1892 ebbi un giovane maschio di questa specie. Nel di- cembre 1900 ne ebbi altri due, maschio e femmina, en- trambi giovani e tutti provenivano dal nostro stagno delle Viallesi. Da questa stessa località recentissimamente, cioè nello scorso dicembre, ricevetti altre tre giovani Morette grigie, il che starebbe a dimostrare che questa specie co- mincia ad essere meno rara che pel passato. 194. — Cursorius gallicus (J. F. Gmel.). Corriere biondo. Nell’agosto del 1901 il prof. Brizzolari di Arezzo ebbe un esemplare di questa rara specie catturato nei pressi di Arezzo. Dalla località medesima ebbi un bel maschio adulto del Corrione biondo, colto ivi il 24 ottobre scorso, donatomi per la mia raccolta dal carissimo amico Inge- gnere Brunori. 201. — Chettusia gregaria (Pallas). Pavoncella gregaria. Nel mio elenco del 1891 registrai questa bellissima e rarissima specie fra quelle di comparsa accidentale in AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA 177 Val di Chiana per l'esemplare che si conserva nel Museo di Siena e che fu preso nell'aprile del 1856 lungo il ca- nale della Chiana, fra Montepulciano e Chiusi. In pari tempo narrai di aver trovato presso il lago di Chiusi, qualche anno prima, un branchetto di sei pavon-' celle, le quali certamente non appartenevano alla specie comune Varellus capella e le riferiiù con dubbiezza alla Chettusia gregaria. 1 Nel 9 marzo 1893, nella nostra tesa delle Viallesi, fu preso alle reti un maschio adulto di questa specie che vi calè insieme ad alcune pavoncelle comuni. Un secondo maschio, parimente adulto, in abito quasi completo di primavera, io lo ebbi dal sig. Chimenti il 23 marzo 1898: anche quello trovavasi in compagnia di alcune pavoncelle nei prati presso la Chiana, due o tre chilometri lontano dalle Viallesi. Sono dunque tre le catture avvenute in Val di Chiana, se non si voglia tener conto di un quarto esem- plare che, secondo il Naturalista sig. Cav. Brogi, sarebbe stato catturato nel Senese il 28 aprile 1883 (1) e con tutta probabilita verso i laghi di Montepulciano e Chiusi, non essendovi altri paduli in provincia di Siena. 203. — Haematopus ostralegus (Linn. ex Bell.). Beccaccia di mare. Nel mio elenco del 1891 io citai questa specie come avventizia in ‘Val di Chiana, per averne constatata la com- parsa di due individui sulle gronde del Lago di Chiusi nella primavera del 1832. Nel 29 aprile 1892 ebbi in dono dal sig. Chimenti un bellissimo esemplare della Beccaccia di mare. Era un maschio adulto: una femmina la ebbi in —_—_ (1) Bollett. del Natur. n. 3, 1884, pag. 19 e Bollett. della Soc. Rom. per gli studi zool. vol. VII. pag. 76. Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. — Anno XV, Fasc. IV, V;jeVI— 5. 178 G. ARRIGHI-GRIFFOLI aprile del 1902 donatami dal sig. Ninci che la uccise in un suo laghetto presso la Chiana. 207. — Pelidna alpina (Linn.). Piovanello a pancia nera. Debbo rettificare quanto scrissi precedentemente circa la rarità di questa specie in Val di Chiana. Mentre prima del 1891, due sole volte aveva potuto accertarne la com- parsa, per la cattura di due individui avvenuta sul nostro stagno delle Viallesi, nel marzo del 1894 ne uccisi tre da un branchetto ed erano giovani in abito invernale. Nella primavera del 1896 comparvero più volte sul nostro stagno anche in drappelli piuttosto numerosi: ne potemmo ucci- dere parecchie e fra gli altri sette con un sol colpo di fucile (1). Dopo quell'epoca quasi ogni anno ne ho veduto qualcuna, sicchè posso affermare che questa specie, an- zichè rara, è piuttosto comune per noi. 207 bis. — Limicola platyryncha (Temm.). Gambecchio frullino. Una sola volta mi è capitato un individuo di questa specie della quale posso registrare la comparsa acciden- tale: il giorno 6 maggio 1878, il nostro cacciatore Ales- sandro Quinti, mi recò, insieme ad alcuni Piovanelli a pancia rossa, uno splendido maschio adulto della Limi- cola platyryncha che aveva ucciso sul nostro stagno delle Viallesi. Questa specie è rara in ogni regione d'Italia, tranne nel Veneto dove il compianto conte Ninni e il conte Arrigoni ne affermano la frequenza. (1) Di questi ne conservo due nella mia raccolta; sono notevolmente pic- coli: sarebbe la forma della P. Schinzi, AVIFAUNA DELLA VAL DI CHIANA 179 *210 bis. — Pelidna maritima (Gunn. ex Briinn.). Piovanello violetto. Aggiungo questa rara specie alla Avifauna della Val di Chiana, perchè il sig. Brogi di Siena, nella primavera del 1893, ebbe uno di questi Piovanelli, ucciso presso il Lago di Chiusi e ne annunciò la cattura nel Bollettino del Naturalista. *237 bis. — Colymbus arcticus (Linn. ex Willugh.). Strolaga mezzana. Nel 12 gennaio del 1894 acquistai per la mia raccolta un bellissimo esemplare di questa specie che mai fin allora mi risultava essere comparsa nella nostra regione. Era una femmina adulta, in abito invernale e fu trovata mo- ribonda, per ferite riportate, presso il canale della Chiana, sotto Foiano. La Strolaga mezzana è scarsa ovunque in Italia, tranne forse che sul Lago di Massaciuccoli (Gra- gnani) e in Puglia (De Romita). Dott. NICOLA DE LEONE Sopra la cattura di tre individui di MEROPS PERSICUS, Pallas nell’Abruzzo ultra primo. Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Il genere Merops (Linn.), ben caratterizzato dal becco lungo, leggermente falcato e quadrangolare, e dal dito me- diano unito a quello esterno sino alla seconda articola- zione ed all’interno sino alla prima, racchiude diciassette specie che abitano tutto il mondo antico. Di queste specie soltanto due giungono certamente in Europa, il Merops apiaster, Linn. e il Merops persicus, Pallas. Una terza specie, il M. viridis, Linn., citata dal Dubois (1) per la Sicilia è smentita dal Salvadori, il quale ritiene che si tratti piuttosto della specie M. viridissimus, Swainson, che, secondo lui, sarebbe differente ed abiterebbe l'Asia meridionale, mentre l’altra sarebbe propria della fauna afri- cana. In Italia la specie comune, anzi quasi unica, è rap- presentata dal M. apiaster, Linn., il quale sembra esservi più numeroso man mano che si procede da nord a sud. Ad ogni modo è uccello estivo, comune e nidifica dall’I- talia centrale in sotto. Secondo il Conte Arrigoni Degli Oddi la sua nidifi- cazione sarebbe irregolare nella Valle Padana, nel Tren- tino, nel Veronese, nel Modenese, e invece normale nel- l’Istria, nel Triestino, e nel Piacentino. Quanto al Merops persicus, Pallas, il suo abitato sa- rebbe, sempre secondo l’Arrigoni, l'Africa sino al Capo di Buona Speranza e l'Asia verso nord sino a Gurieff nella (1) DUBOIS. Rev. et. Mag. Zool. 1873, pag. 392. aac CATTURA DI MEROPS PERSICUS, PALLAS 181 r— Russia, verso est fino all'India Nord-occidentale ; ed, acci- dentale in Europa, sarebbe comparso in Francia (Crespon), nella Grecia (Kriper) e nella Russia meridionale (Nord- mann). Questa specie è in Italia del tutto accidentale, ed ecco qui elencate le poche catture che se ne fecero, ricavate dal Salvadori e dal Manuale dell’Arrigoni. 1) Nel maggio 1834 il Durazzo narra che presso Ge- nova si tirò ad un volo di gruccioni e ne caddero due, uno maschio e l’altro femmina appartenenti alla specie M. persicus, Pallas. (I due individui si corservavano, se- condo il Salvadori, uno dallo stesso Durazzo e l’altro dal Marchese Costa di Chambery, e sono probabilmente gli stessi citati dal Conte Arrigoni che ora si conservano ri- spettivamente nella collezione Costa di Beauregard e nel R. Museo di Firenze). Sono questi gli individui di cui parla il principe di Canino e che sono figurati nella Fauna italica. 2) Il Malherhe asserì che il gruccione egiziano com- parirebbe accidentalmente in Sicilia, avendone visto un individuo catturato presso Palermo, ma questa asserzione viene posta in dubbio dal Benoit e dal Doderlein. 3) Un individuo preso a Malta nel settembre 1840 (Schembri). 4) Un altro pure a Malta nel maggio 1861 che si conserva nel R. Museo di Firenze. 5) Un individuo nel Barese, catturato nell’aprile 1374 e conservato nel Museo di Bari. 6) Un individuo ucciso a Spezia, conservato nella collezione Magni Griffi e citato dal Carazzi. 7) Nel Museo di Roma un individuo maschio adulto preso a Sarzana nel 1858, 182 DOTT. NICOLA DE LEONE 8) Nel Museo di Roma un vecchio individuo sciu- pato dell’antica collezione, recante solo questa indicazione generale di provenienza : Italia. L'individuo che io presento quest'oggi appartiene alla R. Scuola Tecnica di Penne, in provincia di Teramo, e fu quivi catturato nel giugno 1899, insieme ad altri due in- dividui che andarono in mano al prof. Donato Baccalà, insegnante di Storia Naturale in quella scuola medesima. Attaccato al sostegno è un cartellino recante questa scritta : | « Individuo g, mutilato delle timoniere (che sono state sostituite) preso, con altri due, a Penne, nei primi di giu- gno 1899. Determinato e preparato ex integro (senza aspor- tazione dello scheletro) da L. V. Rinonapoli ». Questa preparazione « ex integro » è, come vedono, . pessima ed il raro ed interessante individuo ne avrebbe senza alcun dubbio meritata una migliore. Sebbene il professor L. V. Rinonapoli sia da molto tempo lontano, ed io non lo abbia più riveduto, ricordo perfettamente in che cosa consiste questa sua speciale pre- parazione « ex integro », con la quale egli amava conservare i suoi uccelli. Da una apertura praticata nel basso addome, estraeva con una pinza il pacco intestinale, quindi spal- mava con un pennello di pomata arsenicale, introduceva un batuffolo di cotone e ricuciva. Quindi praticava can la siringa delle iniezioni di arsenico tra le masse muscolari. Ed era tutto. È facile imaginare come divenissero dopo poco tempo i poveri uccelli del Prof. Rinonapoli. Questa Menope egiziana, presenta i seguenti caratteri diagnostici: Fronte bianca che sfuma in bleu di cobalto - CATTURA DI MEROPS PERSICUS, PALLAS 183 sopracciglio bleu, largo e ben distinto - fascia nera che va dal becco oltre l'occhio, limitata in basso da una stretta banda azzurra - mento giallo vivo - gola rosso mattone - parti superiori verdi lavate di cobalto specie nel sopracoda — parti inferiori verdi - sottocoda bluastro - becco nero, tetragono. - Lunghezza 270 mm. La quale diagnosi corrisponde a quella del maschio adulto della M. persicus, Pallas. Mi sono permesso di intrattenere le S. L. su questo argomento, poichè non mi è sembrata priva di interesse la comparsa di tre individui di una specie che vive sotto il vivo sole dei tropici, sotto una zona men che temperata, in una regione montuosa e di clima aspro, non lunge dalle eterne nevi del Gran-Sasso. BRIOZOI RITENUTI UOVA DI MITILI Comunicazione del socio prof. ANTONIO NEVIANI Occupandomi di alcune ricerche bibliografiche, mi venne dato osservare nella tav. 4, fig. 10 del MARTINI LISTER, Conchyliorum bivalvium utriusque aquae; Exercitatio ana- tomica tertia (Londini, MDC XC VI) il disegno di organismi indubbiamente riferibili a briozoari. Mosso da curiosità, ricercai la spiegazione della tavola, ed a pag. XV, lessi : Fig. 10. Pulcherrimus ordo repraesentatur, quo ova, mytulis foecunda, testis extrinsecus adhaereant; pérque eorum membranas pellucidas valde spectabilia esse. Poco prima trovasi la seguente annotazione: N, B. Figurae autem sequentes, nempe 8. 9 et 10. apud Leewenhoekium habentur. Nel testo poi a pag. 56 e seg. al capitolo intitolato : Mytuli Rondeletit, sì riportano intieri periodi dell’opera del. Leuwenhoek (Observ. Microsc. part. 3, epist. 83), fra i quali i seguenti che ritengo opportuno trascrivere integralmente: e; )B. e/o; ‘Dillo; 000 79 In his meis investigationibus vidi inter mytulos alium BRIOZOI RITENUTI UOVA DI MITILI 185 magis, alium minus testam exteriorem habere obsitam aliqua materia admodum tenui quae accuratissimé testae, sive membranae testam tegenti adhaerebat. Hanc ego materiam microscopio observavi, vidique omnes partes eodem fere modo, esse formatas, ac praeterea, eas, Justo ac concinno ordine juxta se invicem esse dispositas, et harum partium membranas secum mutuo quasi esse con- Junctas. CARTE EI) Ac, ut verbo dicam, multae ex his partibus quoad fi- guram cum myltulis suts conveniebant: nec tantùim mihi persuasi Mytulorum haec esse ova, sed et vidi, cùm tenaces illas membranas infringerem, varia quidem ova, extra mem- branas suas jacentia, figura sua cum mytulis convenientia. cum vero ejusmodi mytulum nondum formatum separarem, mihi persuasi, me vasa aut nervos videre. Satiari non potui videndo concinnum illum ordinem quo ova multis in locis testis injecta erant, aequè ac si manibus humanis ordine illo forent disposita. hoc ex spectaculo per- suadere mihi non potui, mytulos ova sua promiscue tantum emittere, ut multi faciunt pisces. sed cogitavi mytulos aliquo instructos esse organo, quo, extra testam prolato, ova pro- priae, vel etiam alienae testae imponere queant ; ......... Praeterea attendi ad numerum ovorum, quibus mytilorum testae sunt obsitae; et ea rudi calculo censui multos mytulos bis mille et amplius ovis esse onustos, imò tribus....... : Mi ig att Tutto questo, come ho sopra detto, è riportato dal Lister. Del Leuwenhoeck ho consultato l’edizione dal titolo Arcana naturae detecta ; Editio novissima (Lugduni Bata- 186 ANTONIO NEVIANI » vorum, M DCC XXII) (1). La citata epistola 83 è inserita a pag. 417 del secondo volume, e porta la data: Pridie Ka- lendas Majas 1694; quindi il Lister ne trascriveva i vari brani, due anni dopo. Nell'edizione del 1722 però la let- tera, la quale era diretta alla Società Reale di Londra, come la maggior parte delle opere del celeberrimo noto- mista, è alquanto variata nello svolgimento in confronto dell'edizione originale, ma non ne è in alcuna parte alte- rato il significato ; e per quanto riguarda le pretese uova di Mitilo, leggonsi altre parti non riportate dal Lister, fra le quali le seguenti frasi caratteristiche : md /0 ie) dpi oe) e, In his pisciculis non solum satis certus eram videndo ovario, sed el vidi ova ipsa suis esse similia conchis, quibus pisciculi erant inclusi, praeterea in iis aliquod deprehendi signum referens aperturam concharum parum hiantium. Qui si tratta del polipidio, ritenuto larva di Mitilo. Cum intuerer intestinum hujus animaluculi, quod in varios rotundos flexus erat intortum, tunc in eo deprehendi materiam globulis ad se invicem positis, juxtaque intestini longitudinem Jacentemaz ta Evidentemente si riferisce al corpo luteo, ben noto per minuti studî recenti. Antea dixi mihi me persuasisse, in ovis mytilorum videre nervos, sed cum postea in observationibus meis pergerem, loco 8. 16. quidem ejusmodi strias vidi in mytilo nondum perfecto, quem ex ovo sumseram, simulque vidi inter ima- ginarios illos nervos adhuc minores formari strias, quo ex spectaculo concludebam hos non esse nervos, sed re ipsa vasa, pra oi (1) Antonio LEUWENHoECK (ZLuvenocchio degli antichi scrittori italiani) Visse lunga vita dal 1632 al 1723. MPT e. BRIOZOI RITENUTI UOVA DI MITILI 187 quae conchae essent primordia, omnia enim versus eandem plagam tendebant, et etiam ex eadem rotunditate circulari oriebantur ; haec quoque vasa in initio erunt crassiora, et in extremitatibus tenuiora, et paulo magis diffusa ubi conchae sunt tenuissimae et latissimae, simul etiam vasa exteriora mihi paulo videbantur breviora interioribus. Notisi la descrizione che TA. fa del modo di accresci- mento della conchiglia, conforme alle conoscenze moderne in proposito. Non vi ha dubbio alcuno dunque che le pretese uova di Mitilo, così accuratamente descritte da Teuwenhoeck, e dal Lister accettate come tali, non sono altro che briozoari. Riporto a comprova anche una copia esatta della figura originale, e non esito a dire che essa rappresenta otto zoecì della Membranipora pilosa (L.), così comune sul'e zoostere, sulle alghe e sulle conchiglie che vivono presso le coste del Mediterraneo e di altri mari. La porzione punteggiata della figura corrisponde con esattezza alla parte calcarea pros- simale della frontale; quella striata rappresenta la ectocisti membranacea ; l orifizio semilunare è evidente. Cadono quindi tutte le supposizioni fatte dal Leuwenhoeck, per spiegare in qual modo, quelle credute uova potessero essere poste dal Mitilo sul proprio guscio, o su quello di altri 188 ANTONIO NEVIANI individui, così pure cadono altre supposizioni; rimarranno sempre le osservazioni anatomiche che acquistano il loro esatto valore allorchè si attribuiscano, come realmente vanno attribuite, ad un briozoario. Se le mie cognizioni bibliografiche ìn proposito sono esatte, è questa la più antica, per quanto inconscia, cita- zione (anno 1694) relativa ad una specie di briozoo incro- stante e descritta come animale. Diffattì tutte le citazioni anteriori al 1700, e molte ancora del secolo XVIII, si rife- riscono a specie arborescenti, ritenute effettivamente per piante, che vengono oggi specialmente attribuite ai generi Crisia, Frondipora, Myriozoum, Flustra, Retepora, ecc. La stessa Membranipora pilosa (L.) fa per la prima volta citata col nome di Corallina inerustans fucum, nel 1712 dal Reau- mur nelle Mèm. de l’Acad. R. des sciences, pag. 42, ed illustrata a tab. 5, fig. 10. Fatte molte ricerche, non ho potuto constatare che altri abbia rilevato quanto ho avuto occasione di affermare su queste osservazioni del celebre anatomico e microsco- pista olandese. A complemento di questa breve nota, trascrivo l’elenco bibliografico dalle opere nelle quali prima del 1700 si tratta di Briozoari, avvertendo che non sempre è facile, da quelle antiche descrizioni, accompagnate talvolta da pessime figure, rendersi conto esatto di quale specie l’autore abbia voluto far menzione. I briozoari, considerati gene- ralmente come piante, sono quasi sempre indicati con i nomi di Corallina, Conferva, Muscus, Rosa, Fucus, Porus, ed anche Eschara e Frondipora; i quali ultimi resisterono sino ai nostri giorni nella nomenclatura dei briozoari, mentre dei primi alcuni non si usano affatto, e ad altri si dà diverso significato, OT 0 CAIO, I MA RT, MR 1 Lo Pr er. BRIOZOI RITENUTI UDVA DI MITILI 199 Baunin J. — MHistoria plantarum universalis. T. III. Ebro- duni, 1651. BauHIN G. — Pinax theatri botanici. Basilea, 1623. (Altra edizione fu stampata nel 1671). BesLer MicH. Rupert. — Gazophylacium rerum naturalium, ex regno vegetabili, animali et minerali depromptarum. Norimberga, 1642. (Altra edizione di Lipsia del 1733). Boccowne P. — Recherches et observationes d’Histoire natu- relle, touchant le Corail, la Pierre étoilée, ecc. Paris, 1670. (Altra edizione di Amsterdam, 1674). Boccone P. — Museo .di fisica e di esperienze variato e de- corato di osservazioni naturali e note medicinali, ecc. Venezia, 1679. GesnerR C. — Historia animalium, liber III, qui est de Pi- scium et Aquatilium animantium natura, ecc. Tiguri, 1558. Gesner C. — De rerum fossilium, lapidum et gemmarum maxime figuris et similitudinibus liber, ecc. 'Tiguri, 1560. Hooxe R. — Mticrographia : or some Physiological descrip- tions of minute bodies made bi Magnifying glosses, ecc. London, 1665. ImperaTO FERRANTE. — Dell’ Historia naturale, libri XXVIII. Napoli, 1599. (Altra edizione in Venezia, 1672). MerrET CaARIST. — Pinax rerum naturalium Britanicarum, ecc. London, 1667. Morison Ros. — Plantarum historiae universalis. Oxono- niensis; pars II. Oxonii, 1699. PLuKENETT Leon. — Phytographia. London, 1691. PLugxENETT Leon. — Vol. IL, Almagestum Botanicum sive Phytographiae Plukenelianae onomasticon, ecc. London, 1696. PLUKENETT Leon. — Vol. III. Almagesti Botanici Mantissa. London, 1700. (Delle tre citate opere, evvi altra edi- zione del 1769). 190 ANTONIO NEVIANI Ray JAHN. — Historia plantarum generalis, ecc. London; tomo: 1, 16863-t: IL “16953 C4DSE7/0£ Rav JAHN. — Synopsis methodica stirpium botanicarum. Londra, 1690. (Altra edizione del 1724). RonpELET G. — Universae aquatilium historia pars altera. Lugduni 1559. (Altra edizione : Lione, 1558). Tournerort Jos. Pirton. — Institutiones rei herbariae. Tom. II et Corallarium. Paris, 1700. Roma, maggio 1906. Pror. ANTONIO CARRUCCIO Sulla SELACHE MAXIMA Guùnn testè avuta dal Museo Zoologico della R. Università di Roma Adunanza generale scientifica della SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA tenuta in Roma il 16 maggio 1906 La Selache maxima (Giùnner) fu nota in Italia in modo speciale dopo le importantissime pubblicazioni fatte dal Prof. Pietro Pavesi, una nel 1874 e l’altra nel 1878 (1). E da quest'ultimo anno in poi non furono molte le notizie aggiunte da altri scrittori italiani intorno a nuove cutture di questo celebre squalo, essendo il medesimo, nei nostri mari, oltremodo raro. La fortuna di ricevere un nuovo esem- plare « perfettamente integro con tutti i suoi visceri » (2) la ebbe nel 1904 il prof. Davide Carazzi, cui appartengono le parole ora riferite. Infatti il 13 maggio di detto anno fu presa una Selache maxima nel Golfo di Alghero (provincia di Sassari — ed è la prima volta che la cattura di siffatta specie risulta fatta nei mari di Sardegna). Il prof. Carazzi, trovandosi allora insegnante di Zoologia e Anatomia com- parata nella R. Università di Sassari, potè acquistare l’esem- plare il giorno immediatamente dopo. L’esemplare del Museo di Sassari fu preceduto da un altro catturato il 20 giugno 1903 nel mare di Portoferraio. è PA ) (1) Ved. Ann. d. Mus. Civ. di St. Nat. di Genova. Vol, VI. pag. 5-12 con tavole, e vol. XIl degli stessi Annali, Anno XII, p, 348-418, pure con tav. (2) Ved. Zoolog. Anzeiger. Bd. XXVIII, N. 5, 21 oktober 1904, pag. 161. 192 ANTONIO CARRDCCIO Di quest'ultima cattura diede notizia il prof. Giacomo Damiani con un articolo intitolato: Uno squalo interessante all'Isola d'Elba (1). L’ultimissima cattura adunque è questa che oggi io annuncio alla nostra Società Zoologica. Il bel- l'esemplare che presento lo acquistai poche settimane or sono per la collezione ittiologica generale del nostro Museo, nella quale — è quasi superfluo dirlo — la Selache maxima mancava affatto. In data del 31 marzo 1906 il cav. B. Borgioli mi scri- veva da Genova che tale esemplare, lungo 2 m. e 70 cm., era stato pescato il 5 febbraio di questo stesso anno a Monte- rosso, fra Genova e Spezia. L'istesso distinto preparatore mi scrisse che durante i 40 anni da che appartiene al Museo dell'Ateneo Geno- vese, potè avere a rari intervalli qualche esemplare di Selache maxima: ed uno lo vendette al Museo di Vienna, e l’altro al Museo di Milano. Questo terzo esemplare l’avrebbe inviato al Museo di Firenze se fosse stato una femmina, questa avendo avuto in commissione. Tutti sono d’accordo nel dichiarare raro o rarissimo pei nostri mari questo pescecane, ed il dett. Moreau per la Francia scrisse: « excessivement rare »; fissando quali località in cui finora fu preso per la detta nazione: » Bou- logne, Dieppe, Saint-Malo, Concarneau » (2). ——_ ©: (1) Ved. Illustrazione Italiana, N. 34, del 27 agosto 1903. Questa Selache maxima fu presa il 20 giugno 1903, come già dissi, nella logi dell’Enfola a nord dell’Isola d’ Elba. Lo squalo lungo 3 m. 90, è in possesso dell’on. Del Buono. (2) Piacendomi sempre le citazioni esatte, riferisco le parole scritte dal pro- fessore E. H. Giglioli nel suo elenco dei Mammiferi, degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi appartenenti alla Fauna italiana, e Catalogo degli Anfibi e dei Pesci italiani (Firenze — Stamperia Reale, 1850 — pag. 52: « Selache maxima (Gùnner): Genova (Vado); Spezia, Calabria — Specie rarissima, stupendamente illustrata dal prof. Pavesi; almeno se la sua S. rostrata (Macri) sia davvero il giovane di questo singolare squalo. » Qui adunque il Giglioli ci pare che dubiti della identità della specie. I O I i ” ERMINI E Ap - SELAUCHE MAXIMA 193 Il Borgioli mi aveva pure avvertito di aver lasciata intatta tutta la caratteristica regione anteriore del corpo dello squalo, « conservando. intiere le pinne e la parte toracica, dalle pettorali alla punta del rostro, il tutto cioè in formalina al 2°[,; per cui mantiene tutte le sue forme ». Ed infatti trovandosi a posto ed inalterati lo scheletro del cranio, gli occhi, le branchie, ecc., si potè — prima di estrarre organi utili per lo studio — non solo modellare esattamente, ma prendere tutte quelle necessarie e precise misure per poter montare l'esemplare senza che subisse riduzione od aumento nella lunghezza o nella circonferenza. La prepa- razione, come vedete, è riuscita — per la ben nota dili- genza del nostro tassidermista sig. Coli — quanto poteva desiderarsi precisa e soddisfacentissima. E tanto . più pre- meva di avere una preparazione davvero esatta, in quanto che è noto a me e ad altri che il grosso esemplare del Museo di Parigi non solo rimase, preparandolo, mancante della piccola pinna anale, ma con dimensioni diverse di quelle che aveva allorquando vi fu trasportato freschissimo da Saint- Malo. Infatti da letture fatte in diverse opere, e partico- larmente in quella del Dumeril, mi risultava che siffatto esemplare ha ora una lunghezza totale di 7 m. e 71 cm. perchè « la dessication et le montage lui ont fait perdre [anW05/Ncar til mesurait, alletat frais, 8,76 1». Prima di dare tutte le dimensioni più interessanti dell'esemplare del nostro Museo, credo che tornerà gra- dito agli egregi consoci un cenno riassuntivo (e mi valgo anche di quello del Damiani) degli altri pochissimi indi- vidui di questa specie esistenti o no nei Musei d'Italia: Nel 1888 un altro soggetto fu pescato a Camogli. È il più piccolo pescato in Italia, non oltrepassando metri 1,00, ed è conservato nel Museo della R. Università di Pavia. À Messina un grosso esemplare lungo metri 3,98 fu osservato Bollettino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. IV, V e VI. 6. 194 ANTONIO CARRUCCIO e descritto nel 1899 dal dott. Facciolà; disgraziatamente andò perduto per la scienza. L'esemplare minutamente descritto dal Pavesi nel 1874, e che conservasi nel Museo Zoologico della R. Università di Geneva, fu preso a Lerici, presso il Golfo della Spezia 11.25 aprile :del.\1874, ed è. lungo. m. 2,95, .(V-. Ann predi pag. 0-6). L'altro esemplare, pure splendidamente illustrato nel 1878 del Pavesi, fu preso il 10 giugno 1877 nelle acque di Vado presso Savona, inuna mugginara, ed acquistato dal marchese Giacomo Doria pel Museo Civico di Storia na- turale di Genova, nel quale si conserva: ha la lunghezza totale di m. 3,29 (1), non di m. 2,90 come scrivelil. Da- miani (2). Esemplari, pur ricordati dal Pavesi, Doderlein, ecc., sono quelli pescati nel 1795 nello stretto di Messina presso Reggio di Calabria, e nel 1819 al Nord dell'Isola di Capri. Un altro, del quale tenne parola il prof. Gemellaro, fu preso nel 1813 nella Rada di Riposto presso Catania. — Questi esemplari più non esistono. Un esemplare catturato nel 1880 nel mare di Nizza, e quindi non nello Stato Italiano, trovasi nel Museo di Firenze. « Questa specie, apprendiamo dallo stesso Doderlein, manca alla collezione del Museo di Palermo » (3). I caratteri morfologici del genere e della specie sono largamente riferiti nelle migliori opere straniere d'’Ittio- logia, e lo sono pure in Italia nelle ben note pubblica- nea (1) Ved. negli Annali del pred. Museo la Seconda contribuzione alla morfo- logia e sistematica dei Selachi del prof. P. Pavesi, 'T. XII, cit., pag. 349, 1878. (2) Ved. l'art, precit. nell’I2lustraz. Ital. (3) Ved. Munuale Itiologico del Mediterraneo, parte II., pag. 75. SELACRE MAXIMA 195 zioni del Canestrini, del Pavesi, che li ha anzi molto meglio precisati, del Doderlein, ecc. Non istarò dunque : ripeterli: solo vi prego — avendo sotto gli occhi un esem- plare tipico, per ijuanto giovane, di Selache maxima, di osservare bene la configurazione di alcune parti (quali il rostro o muso p. d., la testa, l’apertura orale e sua estensione, i numerosissimi denticelli mascellari e via di- cendo). Per osservare tanto questi ultimi, quanto l'ampiezza e la forma delle fessure branchiali, le narici, la posizione e grandezza degli occhi, ecc., oltre la preparazione a secco, eseguita diligentemente come dissi, ho fatto portare tutta la porzione anteriore del corpo, debitamente tenuta in li- quido conservatore. È mancato il tempo per iniettare, preparare ed isolare taluni degli organi, sui quali mi riservo tornare a scopo d'istruzione, resa più facile dopo lo studio illustrativo com- | piuto anche in Italia con tanta cura dai colleghi Pavesi e Carazzi. Per vedere bene i denticelli feci divaricare forte- mente le mascelle: ed anche le branchie col margine fran- giato, gli archi branchiali coi caratteristici fanoni pettini- formi, potete non meno bene osservare perchè tutte queste parti sono ancora fresche, intatte ed a posto. Ma il cuore ed altre parti per ora non vennero isolati e preparati, come gia ho avvertito. Lascio di discutere se si debba preferire e adottare per la indicazione scientifica di questo squalo, le deno- minazioni Selachus maximus, o Selache maxima, oppure Cethorinus peregrinus Blainville. Queste due ultime deno- minazioni, generica e specifica, sarebbero anteriori a quelle di Selachus e di Selache, come notano tutti gli scrittori che ci danno la sinonimia di esso squalo: e completa la dà pure il Pavesi. il quale nella sua memoria del 1878 in una nota inserita a pag. 416 (ved. il precit. vol. XII degli Ann. 196 ANTONIO CARRUCCIO di St. nat. del Mus. Civ. di Genova) non lascia di dichia- rare « che la priorità di un anno appartiene a quest’'ul- timo (cioè al Blainville); ma l’opera monumentale di Cu- vier era già quasi tutta composta quando uscì la memoria di Blainville (V. prefazione al « Regne anim. + 1. p. XXVIII, nota 1) e ne fu ben più presto e più universalmente conosciuta, per cui ho adottato il nome di Selachus colla maggioranza degli autori >». La priorità del Blainville non può mettersi in dubbio, e quasi a compenso, direbbesi che taluno dei più recenti scrittori d’ittiologia se non adotta il nome generico di esso Blainville, toglie però la specie dalla Fam. Lamnidae, in cui essa specie non può più annoverarsi, e la comprende addirittura nella Fam. Cethorinidae. E così fanno anche Harmer e Shipley nel vol. VII della recentissima loro opera. Dimensioni. Ecco ora le misure accuratamente prese su questo esemplare di Monterosso : 1. Lunghezza totale, dalla punta del rostro all’estremità libera del lobo superiore della pinna caudale 3 . RM 2. Lunghezza della testa, dalla punta del rostro all’ori- gine delle pinne pettorali . . ; Oa 40 a 3. Lunghezza della testa, dalla e del a LEE della 1% dorsale . 1 1 » 06» 4. Lunghezza della testa fino ca naferde mico della 1? fessura branchiale . : 5 x ‘0a 5. Lunghezza dalla testa fino al EI dell O | ° 09 ale 6. Lunghezza preorale, cioè lungh. totale del rostro . . 1013. 0296 7. Larghezza massima dell’istesso rostro, presa a livello degli occhi . > : . > : ; . 0» dia 8. Altezza massima del Pa ; È ‘ : " vo (7319 9. Lunghezza delle pettorali . voglia far raffronti con quelle d'altri autori, dano esemplari di mole maggiore o minore, SELACHE MAXIMA (dunque non seguendo la curva che fa il margine libero della mascella inferiore. Questa curva è più pronunciata che non sia quella data da Pavesi, e quale risulta dalla fig. tratta da una fotografia — V. tav. I. Vol. VI degli Ann. di Genova già cit. La curva marginale di essa mandibola mi pare invece maggiore nel 2° esemplare di Sclache maxima illastr. nel Vol. XII degli stessi An- nuali — V. tav. III. — Seguendo questa curva del margine libero nella mascella inferiore dell’esemplare di Monterosso, cioè del nostro Museo, si ha un’esten- sione non di 23 centimetri ma di 43.). 10. Larghezza delle pettorali 0 m. 1l7em- 11. Altezza della 1* dorsale TODARO ZA 12. Larghezza della 1* dorsale (presa Lu bao 5 Date FC serzione, perchè al pari della pettorale si ha un lembo terminale che non è aderente). 0 19 » 13. Altezza della 2* dorsale AMORE oa 14. Larghezza della 2% dorsale (non compreso il uao li- bero) Oi O 45. Distanza fra le 2 0a O » 50 16. Circonferenza del corpo in SRO dea 1a dor- sale - -1R0 5:09 17. Circonferenza del, corpo in corrispondenza iuiù 9a dor- sale (O SR 15 18. Diametro tariitale della pinna casio : STION Sodio 19. Lunghezza del suo lobo maggiore, secondo il suo mar- gine superiore È i lO 03 20. Lunghezza del suo lobo maggiore, Dova, il margine interiore PO 32000; > 21. Lunghezza del Too minore 2 ORESTE 22. Larghezza massima del lobo superiore Os 19 > 23. Larghezza massima del lato inferiore 3 5 Oria SE 24. Altezza delle ventrali lungo il margine anteriore . O m. 17 {2 » . 25. Altezza dell’anale È : È - 7 ; Ut 06 » 26. Lunghezza delle appendici Pesto O » 09 172» 27. Diametro verticale all'origine della coda : i O » 03:12» 28. Diametro trasversale all'origine della coda . . O » 10 » 29. Diametro dell’occhio . ; s ; mm. 28 30. Squarcio della bocca da un RIN, Malone : 3 0 m. 28 ct Alle misure date, che mi sembrano sufficienti per chi e che riguar- aggiungerò la larghezza massima della faccia superiore del rostro in m. 0,11 e 172. La forma di questo rostro o muso è quasi 198 ANTONIO CARRUCCIO pentagonale. La lunghezza del medesimo è di 1[10 eirca rispetto alla lunghezza di tutto l’animale. La regione superiore della testa offre una larghezza massima di m. 0,38. La lunghezza poi della testa — sulla sezione degli spiragli — data dal Pavesi per l'esemplare di Vado presso Savona è di m. 0,485 : e quella nostra è di 0 m. 300: dunque la differenza coll’esemplare di Monte- rosso è di 18 cm. e 172. — Naturalmente che tutte le mi— sure dell'esemplare che abbiamo ora in Roma, sono inferiori a quelle degli esemplari di Vado, di Alghero ecc., essendo questi più grossi. Come infatti ho detto il 1° illustrato da Pavesi è lungo 1m.3,29, e quello del Carazzi ino Il prof. Pavesi anche nella sua 1% pubblicazione dedicò un capitolo (il II) alla discussione sistematica, e diede le figure di squali a rostro sporgente, con ampia bocca, aperture branchiali larghisssime ecc., appartenenti al genere Poly- prosopus Couch, ed alle specie P. Rashleighanus e P. macer, al gen. Cetorhinus ed alla spec. C. rostratus. Di esse esa— minò il valore dei caratteri con opportuna critica, dopo la quale credette di ammettere «= due tipi di forme, molto affini ma diverse » che si possono e debbono chiamare due specie, riserbandosi di scomporle in parecchie quando altre osservazioni ne dimostrassero la necessità. La nuova specie si dovrà dire Selache rostrala per ragioni di priorità del nome impostole da Macri, e ridato dal Cornish, ignorando che fosse già usato, appunto perchè . è il distintivo più saliente. » (Ved. Pavesi, l. c. pag. 39). Però nella 2% pubblicazione del 1878, in uno speciale capitolo (il IV), listesso autore si occupa della sistematica di questi squali, e tenuto conto di altri fatti e di valide osservazioni, non esita a scrivere : « La tesi della mostruosità in presenza di tuiti questi fatti che si vanno moltiplicando, è ormai insostenibile... + SELACHE MAXIMA 199 (Ved. fia 393 de’ già cit. Annali). » E dopo di avere pazien- temente cercato di stabilire la proporzione tra la lunghezza assoluta del rostro delle due forme e le lunghezze asso- lute totali del pesce e della testa (v. p. 395 e 396), compi- lando un quadro, quale in quell’anno non sarebbesi potuto far meglio, e dando anche quante figure potè delle teste degli stessi Selachi, finisce coll’asserire: « Dal quadro so- pradato appare che si conoscono dei Selachi intermedii per dimensione totale ed anche per lunghezza del rostro (V. p. 400. — E proseguendo nel suo esame comparativo, viene a quest'altra franca dichiarazione: » Per siffatti esem- plari confesso che le mie diagnosi del Selachus rostratus e maximus sono insufficienti a determinarli come l'uno © l’altro, non per difetto di espressione, ma per l’incostanza medesima della forma del rostro. Vha dippiù. Le due serie di Selachi, a rostro così notevolmente diverso, sono legate da individui, che vi rappresenterebbero un termine medio : quindi dobbiamo ammettere una serie sola, i cui estremi sono molto differenti. » (V. pag. 401). E finalmente dopo d’aver discusso osservazioni e pareri autorevoli (specialmente del Van Beneden) chiude il lungo capitolo con queste parole: « . ... la forza dei numeri e le stringenti argomentazioni mi obbligano a rinunciare in parte alle idee esposte nel 1874. Allora preferii distin- guere la forma rostrata come specie diversa dalla maxima, essendo mia principale preoccupazione quella di combat- tere l'opinione della mostruosità, emessa dal Gill e dal dott. Giinther; e fui ben soddisfatto nell’ascoltare dal si- gnor Taylor, specialista per gli squali, che il celebre ittio- logo direttore del Museo Britannico se ne dissuase tosto . che vide le figure ed esaminò la mia memoria. Oggi sono convinio invece che essa costituisca lo stato giovanile della marina, come altro curiosissimo esempio di rimarchevoli 200 ANTONIO CARRUCCIO uetecazcazences 00000000 0 000200220202 PA AATTATATAZA AA AZIZ ACTA senorrsersssoeocvoso differenze causate dall'età da aggiungersi a quelli già da loro citati =. (V. p. 416). Il Pavesi inoltre nell’istessa 2° memoria così ha rias- sunto i caratteri del Selachus maximus nello stato adulto: Testa convessa — hRostro assai breve -—- Occhi vicino alla punta del rostro — Uno sperone corneo sulle appendici maschili ». L'adulto supera anche « i 12 metri di lunghezza -. (V. p. 417). Nello stato giovane invece (in cui la lunghezza può essere anche di 4 a 5 metri) i caratteri, sempre secondo il Pavesi, sarebbero questi: « Testa larga depressa — Rostro lungo, sporgente, pri- smatico-quadrangolare o piramidale — Occhi alla base del rostro e molto lontani dalla punta — Appendici ma- schili senza speroni =». (V. p. 418). Pensatamente ho voluto riferire tutte queste frasi del zoologo di Pavia, perchè siate in grado di giudicare se vabbia ragione per accogliere la diversa opinione mani- festata dall’attuale zoologo di Padova: il quale come ci ha data una interessante nota colle misure prese sulla Selache maxima di Alghero (1) così ci ha pur dato un diligentissimo lavoro sul sistema arterioso di questo e di altri squali (2). Il prof. Carazzi adunque nella precit. nota ricorda che il prof. Pavesi ammise nella sua seconda memoria non più due, ma una sola specie. 1 due individui studiati dal (1) Ved. Sulla Selache marima ecc. Estr. dal Zool. Anz. gia cit. (2) Sul sist. arter. di Selache maxima e di altri Squali (Acgathias vul- garis, Mustelus vulgaris, Scillyum catulus ecc.) in Anat. Anzeig. XXVI Band, n: 2 und. 8, 1905,.con. 24 fio. SELACHE MAXIMA 201 Pavesi «+ provvisti di rostro all’apice del muso, sono gio- vani, mentre i musi senza rostro e con gli occhi vicini all'apice figurati dagli altri autori, appartengono a degli adulti ». Dopo queste parole il Carazzi (pag. 165 del prec. Zoolog. Anzeiger) aggiunge subito le seguenti: « Per ne- cessaria conseguenza col passare dallo stadio giovanile a quello adulto vi sarebbe un sensibile raccorciamento e cambiamento di forma del muso. Questo a me non sembra seriamente sostenibile. » Non basta, ma soggiunge ancora che « il fenomeno sarebbe di spiegagione impossibile... > Francamente chiedo se la parola impossibile non sia meglio lasciarla da parte, e tornerebbe più gradito anche a me acquistare la con- ‘vinzione che una Selache maxima, la quale può raggiun- gere e oltrepassare i 12 metri di lunghezza, non sia gio- vane quando abbia la lunghezza di soli 3 a 4 metri : e giovanissima se misura appena 2 metri o meno. Non è forse vero che l'individuo ben studiato dal Ca- razzi, della lunghezza già accennata (3 m. e 37 cm.) era « rostrato e sessualmente immaturo »?° Può bene opinare il Carazzi, che non abbia « valore la supposizione che la differenza del muso sia da attri- buire a differenze sessuali » perchè l'esemplare di A}ghero «è femmina, quello dell'Elba maschio « e questo ora avu- tosi pel Museo di Roma, più giovane di quello di Alghero ‘e di quello dell'Elba, è pure maschio »; — e tutti e tre sono rostrati. Ma alia mia volta domando : abbiamo su que- :sta specie tal numero di precise osservazioni da permet- ‘terci che qualche differenza non siavi nello sviluppo, nella forma, nelle dimensioni del rostro fra individui giovani, a norma che sono maschi o femmine? Questo gran numero ‘di osservazioni comparative davvero non lo possediamo : «dunque, sarà più prudente di attendere — nè questo è “n 202 ANTONIO CARRUCCIO caso nuovo od unico — prima di pronunciare un giu- dizio assoluto e definitivo. Pare più probabile al prof. Carazzi — e questo è pa- rere apprezzabilissimo — lo ammettere « che la Se/lache maxùma sia sempre rostrata, ma che il rostro abbia poco risalto, a cagione della sua brevità, nei grossissimi esem- plari di 8-12 metri, col muso anteriormente più carnoso. = Ho notato che il Cuvier nella sua. grande opera, Le Regne Animal distribué d’après son Organisation » (1) non fa punto parola di questo rostro, ma si limita alle se- guenti frasi, che giova riprodurre tali quali: « Joignent aux formes des Selache Cuv. requins et aux events des milandres, des ouvertures de branchies assez gsrands pour leur entourer presque tout le cou, et des dents petites coniques cet sans dentatures : aussi l’èspece connue (S. maximus L.), Blainville,. Ann, du Mus. tom. XVII, pl VI f. 1, n'a rien de la ferocité du requin, quoiqu'elle. le surpasse en grandeur, aussi bien que touts les autres squales. Il yen a des individus des plus de trente pieds. Elle ha- bite les mers du nord, mais nous en voyons quelque fois sur nos cotes par les vents forts du nord-ouest. = Nell’atlante poi (Pl. 115, fig. 2) non sono rappresentati che i soli piccoli denti disposti in più serie. — Dirò ora della configurazione, del numero ecc. dei denti singolari di questo squalo, studiandoli nell’esemplare che abbiamo sott'occhio: e dirò pure di alcuni altri fatti anatomici più rilevanti, i. quali possono tornar graditi sovratutto a quelli che non conoscono le - diligenti pubblicazioni dei nostri colleghi italiani. (Continua). (1) V. Tomo 7. — Les Poissons — texte pag. 365. Istituto ZooLogico peELLA R. UNIvERSITÀ DI RoMA diretto dal Prof. Comm. A. CARRUCCIO Que casi di ginandromorismo nei FORFICULIOI Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA dal Dott. GUIDO: PAOLI 2° Aiuto nel predetto Istituto Non è raro il caso che negli Insetti aventi dimorfismo sessuale sì incontrino degli individui che riuniscono in una maniera più o meno completa i caratteri esterni pro- -prii ai due sessi. Questo fatto si riscontra più frequente nei Lepidotteri e negli Imenotteri: anzi in questi ultimi il fenomeno può complicarsi a causa del polimorfismo co- mune a un gran numero di tali Insetti. Per i Lepidotteri hanno descritto e studiato casi di sinandromorfismo fra gli altri il Ghiliani (1), il Cosmo- vici (2) e il Kreye (3), ma più di tutti se ne è occupato Oskar Schultz (4), il quale in diversi lavori ha illustrato i casi riscontrati nei Macrolepidotteri della fauna paleartica : per gl'Imenotteri i più completi e recenti lavori sono quelli (1) GHILIANI V. Ermofroditismo e dimorfismo riuniti in un medesimo Le- pidottero (Bull. della Soc. Entom. Ital. — Anno IX, Firenze 1877). ia (2) Cosmovici L. Description d’une aberration androgyne de l'Argynnis pan- dora F. (Bull. Soc. Ent. France 1904). (3) KrEYE IL. Hermaphrodit von Argynnis paphia L. (Festschr. 100 jahr. Best. naturh. Ges. Hannover 1897. (4) ScHuLTz 0. Gyuandromorphe (hermaphroditische) Macrolepidopteren der palaearktishen Fauna (Miverse memorie con questo titolo sono pubblicate in « Illust. Zeitschr. f. Entom. » degli anni 1897 e segg... 204 GUIDO PAOLI del Prof. Dalla Torre e Friese (1) e del Wheeler (2); un caso ho trovato descritto dallo Stichel per uno Pseudo- neurottero del Paragnay (3). Per gli Ortotteri, per quanto risulta dalle mie ricer- che, non erano ancora stati descritti casi di ginandromor- fismo; per cui mi sembra interessante a conoscersi il fatto di due individui della Fam. Forficulidae, tutti e due aventi questa anomalia. È noto come nei Forficulidi i caratteri sessuali esterni sono forniti principalmente dalle branche del forcipe che sono sempre più robuste e più sviluppate e di forma speciale nel maschio, e invece più piccole, più deboli e di una forma assai simile per tutte le specie nella fem- mina. Ma un altro carattere è dato dal fatto che nel ma- schio si vedono 9 segmenti addominali, e nella femmina invece solo 7, perche il 7°, $° e 9° rimangono coperti dal -6°; per cui possiamo distinguere i due sessi indipenden- temente dai caratteri forniti dal forcipe. I due Forficulidi da me trovati con ginandromor- fismo appartengono alle collezioni del Museo Zoologico Universitario, e sono una Forficula auricularia L. presa nei dintorni di Siena dal sig. Coli, e una Labidura riparia Pall. raccolta in Piazza d'Armi a Roma dal Prof. Alessandrini. Ambedue questi individui si presentano appartenenti al sesso maschile per quanto riguarda il numero dei seg- menti addominali, ma le branche del forcipe sono diffe-. renti l'una dall'altra, e precisamente la destra è nei due esemplari secondo la forma e le dimensioni proprie del (1) DALLA TorRE K. W. und FRIESE Il. Die. hermaproditen und gvnandro- morphen. Ilymenopteren — (Ber. des naturwissensch. mediz. Vereines in Im- sbruck — XXIV Iahrg. 1897-98 und 98[94. Imsbruck 1899). (2) \VHECLER, W. M. Some new Gynandromorphorus Ants with a Rewiew of the Previously Recorded bases (Bull. of the Amer. Mus. of nat. Hist. Vo] 19. New-York 1903). (3) StTIHEL — Gynandromorphe Bildnug einer Ch/04rippe racuna Gdt. ans Paraguay (Insecten Borse (Intern. Wochenbl. der Entom.) 17Ihg. Leipzig. 1900 GINANDROMORFISMO NEI FORFICELIDI 205 forcipe femminile, e la sinistra ha lo sviluppo e la forma del forcipe dei maschi, come si può vedere dalle seguenti figure. Fig. 1. : Fio. 2. L'esemplare di Labidura riparia Pallas (Fig. 1) misura 23 mm. di lunghezza, compreso il forcipe; di questo la branca sinistra è lunga mm. 6,3, è robusta, leggermente arcuata in alto e in dentro, e porta un dente caratteri- stico al terzo inferiore : la branca destra invece non ha che mm. 4,5 di lunghezza e decorre quasi diritta fino al quarto inferiore, dove s'incurva bruscamente. La Forficula auricularia L. è lunga col forcipe 17 mm., la branca sinistra (Fig. 2) è lunga mm. 4,5 e porta nel lato interno alla base delle denticolazioni caratteristiche dei maschi, poi un dente più sviluppato, e finalmente l’am- pia curvatura della branca; quella di destra misura ap- pena 3 mm., è più sottile, manca delle denticolazioni ba- sali e si incurva solo verso l’apice. Dalla Torre e Friese nel citato lavoro riuniscono i casi di ginandromorfismo degli Imenotteri in 4 gruppi : Gruppo I. — (Ginandromorfismo laterale (differenza nei caratteri sessuali dei due lati); Gruppo II. — Ginandromorfismo trasversale (differenze nei 206 GUIDO PAOLI caratteri sessuali della faccia dorsale e della faccia ven- trale): i Gruppo II. — Ginandromorfismo frontale (differenza nei ca- ‘atteri sessuali della parte anteriore e della posteriore); Gruppo IV. — Ginandromorfismo misto (combinazione delle particolarità dei predetti sruppi, cioè laterale, trasver- sale ei'‘trontale). Questi gruppi per il criterio con cui sono costituiti possono servire non solo per gl’ Imenotteri, ma anche per tutti gli altri ordini di Insetti; perciò i due casi che ho descritti si possono far rientrare nel IV gruppo, perchè possiamo considerarli come combinazione del ginandro- morfismo laterale (Gruppo 1) e di quello frontale (Gruppo II), essendo il carattere femminile ridotto alla sola estremità destra del corpo, anzi ad una sua appendice. Riguardo agli organi interni niente posso dire, perchè gli esemplari conservati diversi anni in liquidi non troppo conservatori, non si prestano affatto all’anatomia. Voglio però ricordare come nelle Formiche il Forel (1) abbia più volte riscontrato la duplicità delle ghiandole genitali ne- gli esemplari ginandromorfi :in un Polyergus rufescens PT trovò nel lato sinistro l’ovaia con ovidutto, vagina ecc. se- condo lo sviluppo proprio delle operaie, e a destra una ghiandola accessoria e un deferente che portava alla e- stremità superiore un ovaio abortivo e una massa spessa che rappresentava probabilmente il testicolo ridotto ed abortivo. Ma nel caso mio credo che le due ghiandole doves- sero essere tutte e due maschili, appunto perchè i carat- teri dell'addome sono propri di questo sesso. (1) FoREL A. Les Fourmis de la Suisse — Bale, Genève, Lvon. 1374. | | î asa # SOVRA un raro Delfino (GRAMPUS GRISEUS G.Cuv.). di recente catturato presso la spiaggia di S. Vincenzo. Riassunto di Comunicazione fatta dal prof. A. CARRUCCIO (|) Un cetaceo che non sia comune, principalmente quando non trovisi rappresentato neppure dal solo teschio nelle collezioni anatomo-zoologiche di qualsiasi Musco, è sempre il benvenuto per gli osservatori e studiosi. Ma tanto più riesce gradito il possesso della specie mancante, se oltre la pelle si potè avere l'armatura scheletrica completa e le altre parti. Chi da lunghi anni appartiene a Istituti Zoologici sa berissimo che quando lungo le spiaggie marine vien cat- turato un pinnipede, un cetaceo, od altro insolito e più 0 meno grosso animale acquatico, sia mammifero, sia squalo, ecc., non si esita da coloro che se ne impossessano, a far penlioMpiu uso 'dil'ascie, di scuri, di coltellacci, -ecc., per ridurre senza indugio in brani la preda e raccoglierne il grasso, gettandone in mare, anche quando non puzzano, gli organi interni più desiderati o importanti per lo studio. Di questi fatti non mancano opportuni ricordi in pub- blicazioni di scrittori fra i più competenti in Italia e al- l'estero. E per conto mio rammento benissimo di aver preso parte, a distruzione compiuta, alla faticosa ricerca dei pezzi appartenenti ad un cetaceo, tra noi rarissimo, (1) Su questo cranio pubblicai una brevissima nota nel vol. della Sardegna Melica del 1868 (che aveva fondata nel 1864 e redigeva allora în Cagliari) — Med. fase. 1°, p. 1-2. 208 ANTONIO CARRUCCIO che poi si riconobbe esser stato un Hyperodon Desma- restii, venuto ad arenarsi nella sponda sinistra del Golfo di Cagliari nella fine dell'ottobre dell’anno 1867. = Tosto che l'avviso della cattura pervenne ai Direttori del Museo Zoologico della R. Università di Cagliari e del Gabinetto di Anatomia umana, dove io mi trovavo settore anatomico, ebbe incarico di recarvisi il bravo preparatore tassider- mico del predetto Museo, P. Dom. Scano: ed anch'io fui pregato di accedere sulla località, abbastanza lontana dalla città, per acquistare e ritirare dai pescatori ciò che era pos- sibile. Ma soltanto il cranio potemmo salvare, quale unica parte in condizione da poter essere preparata e conser- vata id): È spontanea la domanda che molti, (i quali uon hanno seguito la storia delle oramai numerose apparizioni di cetacei diversi, non proprii, nè costanti, nei nostri mari), ci possono rivolgere per conoscere quante volte e dove fu preso in Italia il Grampus griseus. Premetto che negli scrittori i quali finora ho potuto leggere, e credo che siano i più competenfi sull'argomento, non trovo citata la località di S. Vincenzo. Ed anche pei Capodogli, per le Balene e Balenottere catturate in Italia, non risulta nella diligente memoria pubblicata dal prof. Corrado Parona, nel 1867, col titolo « Notizie storiche sopra i grandi Cetacei nei mari italiani » che veruno di essi sia stato preso a S. Vincenzo. Il Giglioli nel suo ben noto « Elenco di Mammiferi, degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi, appartenenti alla Fauna Italica », pubblicato (2) in occasione della Esposizione in- ternazionale della Pesca in Berlino, nell’anno 1880, a pag. 8 (1) L’istesso cranîo sî conserva tuttora nel Museo Zoologico dell'Ateneo Cagliaritano. Giglioli lo ricorda sotto il nome di Ziphius cavirostris. (2) Firenze, Stamperia Reale — 1880. GRAMPUS GRISEUS 209 ricorda il Grampus griseus di Chioggia e dell'Isola di Capri, e ricorda pure gli esemplari che ha veduto di questa specie a Nizza, Genova e Zara, aggiungendo : « pare che il G. Rissoanus sia la medesima cosa. Mando /a Ber- lino) la fotografia dello scheletro intiero =. Il Damiani a ragione scrive « essere men raro nei mari d’Italia il Grampus griseus dell’Orca gladiator (1); e le cat- ture tirreniche esser meno frequenti di quelle adriatiche », Ciò aveva già fatto rilevare il conte Emilio Ninni (2). Dal Moschella fu annunciata nel 1900 la cattura d'un individuo di questa specie: ma la diagnosi rimase dubbia. Certa è la cattura del Grampus fatta all'Isola di Capri, e certe sono le altre catture fatte presso Genova, Palermo, Catania. Dungue fra una diecina di esemplari presi nei mari d’Italia, quattro apparterrebbero al nostro Mediter- raneo, e gli altri all’Adriatico, cioè presso Venezia, la Foce del Piave, Chioggia, ecc. Non metto in conto qualche altra cattura fatta nelle acque della Dalmazia e dell’Istria, Nei mari di Toscana parrebbe adunque essere questa la prima volta in cui comparisce il Grampus griseus. E ne abbiamo la conferma leggendo le citazioni delle scarse lo- calità italiane fatte dal prof. J. V. Carus nel suo Prodromus Faunae mediterraneae (Vol. Il, pars II, p. 714). Accadde a un dipresso il medesimo fatto in epoca recentissima, cioè nel novembre del 1903, presso la spiaggia di S. Anastasio (Porto d’Anzio) quando vi si arenò un Globicephalus melas ; il primo che indubitatamente sia stato catturato nelle acque romane, e sul quale ebbi a riferire (1) Ved. la memoria del Damiani col titolo: Prode?phinus euphrosine, True all’Isola d’Elba ecc. Genova, 1903, pag. 13, Tip. Ciminago. (2) Ved. NINNI: Sulle catture di alcuni Cetacei nel Mare Adriatico. Ve- neziao Tip.-lit. Draghi, 1901. Bollettino della Soc. Zoologica Italiana. Anno XV, Fasc, IV, V e VI. "la 210 ANTOVIO CARRUCCIO alla Società Zoologica Italiana nell'adunanza scientifica del 21 aprile 1904 (1). Dopo questa comunicazione, e le altre due da me pur fatte nelle adunanze generali scientifiche del 24 dicembre 1899 e 22 marzo 1900 intorno alla Balenoptera rostrata di Porto S. Stefano, la quale ebbi la fortuna di poter acqui- stare in ottimo stato pel nostro Musco, potevamo credere che non ci si offrisse così presto altra opportunità per pre- sentare due preparati di altra notevole specie dell'ordine dei Cetacei, la quale mancasse affatto in Roma. Questa specie, della Famiglia Delphinidae, è il Gram- pus griseus Cuv. — È dissi due preparati, perchè vi pre- go esaminare l'individuo in pelle, diligentemente montato dal sig. Enrico Bercigli, addetto al Gabinetto di Geologia del R. Istituto Superiore di Firenze, e lo scheletro con non minor diligenza preparato in Roma, nel laboratorio del nostro Museo, .dal tassidermista sig. Coli Casimiro. In data del 27 ottobre 1905, il sig. Bercigli, dal quale acquistai il Grampus griseus, in seguito a mia domanda, mi fece noto che aveva scritto subito a Piombino ed » al corrispondente del negoziante da cui ebbe il Grampus », affinchè gli fornisse qualche altra notizia sulla cattura. Ed il corrispondente rispose al Bercigli che il « cetodonte fu trovato quasi morto sulla spiaggia di S. Vincenzo, getta- tovi da una libecciata: era solo. Fu tirato in secco da al- cuni pescatori, mi dicono napoletani, sventrato e spedito ad un negoziante di pesce del nostro mercato. Gl’interiori (visceri) furono gettati via. — La cattura avvenne il di 9 giugno 1903 ». Ma è l’insigne Cetologo prof. I. Van Beneden che in (1) Vel. la mem. che pubblicai nei fasc. IV, V.e VI del nostro Bollettino «li quell’istesso anno, accompagnata da 2 fig. rappresentanti il cranio. GRAMPUS GRISEUS 211 suo lavoro riguardante la distribuzione geografica di pa- recchi Cetodonti (1) ci ha fatto conoscere come fin dal principio del sec. XIX siasi cominciato a ben distinguere questa interessante specie. Ed il primo a darne contezza fu il Cuvier in una sua relazione sopra diversi Cetacei presi lngo le coste della Francia. Noi supponiamo, aggiunge il Van Beneden, che il pre- detto autore parli di questa specie scrivendo che nel 1811 ricevette da Nizza e dal Dott. Risso il disegno, la descri- zione e la estremità della mascella d’un delfino « pris dans la madraque de cette ville, et long de neuf pieds q..... - « Nous avons eu l’occasion de voir la peau sì caracte- ristique de cet animale, qui est conservée aujourd’hui au Musée de Nice. Dall’istesso Zoologo belga rileviamo che dei 4 Grampus griseus gettati nel giugno del 1822 sulla spiaggia di Aiguil- lon nella Vandea, 3 erano adulti ed 1 giovane : che un altro fu nel 1844 trovato sulla riva di Cazeaux nella Gironda : ed un altro ancora diversi anni dopo fu catturato nel golfo di Guascogna, del quale fece menzione il Fischer. Passando all’ Inghilterra il Van Beneden ricorda i due Grampus griseus presi sulle coste di Holstein, e altri 2, 1 adulto e 1 giovane, all’imboccatura della Manica, ricordati dal prof. Flower: e successivamente un individuo, citato dal Murie. Nel 1878 un altro Grampus fu preso vivo, e si tentò di tenerlo tale nell’Acquario di Brighton. Lo scheletro di cui parla l’istesso autore, da lui visto nel Museo di Vienna, ed anche da me che ne presi nota, appartiene ad un individuo preso sulle coste della Dal- mazia. Pa (1) Ved. Bull. de l'Acxl. R. de Belgique, 2 ne serie, t. XLV, N, 4, 1878, 212 ANTONIC CARROCCIO Il Van Beneden conclude coll’affermare che questa specie di Cetaceo non soltanto trovasi nel Mare del Nord ma in Europa presso la foce e lungo la Manica, nel Golfo di Guascogna, nell'Adriatico e nel Mediterraneo. E qui meritano di essere riferite le opinioni del Flower e Fischer: il 1° crede avere questo cetodonte due diversi quartieri uno estivo in Europa, e uno invernale suile coste africane; il 2° invece pensa che abbia un quartiere estivo nel Golfo di Guascogna, all'opposto dei Del/phinus tursio e della Phocoma communis-che ve l'hanno d’inverno. Il Grampus griseus fu però visto anche nell’ Oceano Pacifico. E dopo lo scheletro mandato dal Governo del Giappone a Parigi, il prof. Paolo (Gervais non ebbe più alcun dubbio che questo cetodonte si trovi tanto nei mari degli Stati Uniti d'America come altrove, senza esser co- mune in verun mare. Ed il Murray, nell’opera sulla distribuzione geografica dei Mammiferi scrisse già + The common Grampus tumbles through the heaves waves, all the way from Britain to Japon, via Northwesth passage. » (Ved. in Van Ben. la cit. a pag. 6). Anche il Brusina, Ninni, Trois, Valle ecc. scrissero sull’habitat del Grampus griseus nell'Adriatico e nel Medi- terraneo. Ed il Valle Antonio, l’egregio Conservatore del Museo di storia naturale di Trieste, nella sua Nota sulla comparsa di un Grampus griseus nelle acque istriane (1) riassume tutte le catture fatte nell'Adriatico, le quali dal 1860 al 1901 furono in numero di 9. Di questi un cranio e parte dello scheletro conservansi nel Gabinetto di storia naturale del Ginnasio di Zara ; un altro nel Museo di Vienna; (1) Trieste 1901. — Tipografia del Lloid. — Ved. pag. l e seg. GRAMPUS GRISEUS 213 un terzo nel Museo di Zagabria (acquistato dal prof. Bru- sina): un quarto, quello di Chioggia (catturato il 29 giu- gno 1874), lungo 3 m. 60, conservati nel Museo dei Verte- brati italiani di Firenze ; il cranio di un quinto giovanis- simo, trovasi nel Museo del R. Istituto Veneto di scienze; altri due crani si conservano in Treviso nella collezione Scarpa; qualche altro non si sa dove andato a terminare. Quello preso il 21 giugno 1897 nelle acque di Fasana (Istria) del quale si occupa il Valle trovasi conservato (pelle, scheletro e lingua, ben preparati isolatamente) nel Civico Museo di Trieste. Stante l'interesse che offre la narrazione fatta dai dott. I. Richard e H. Neuville (Sur quelques Cétacés observés pendant les Campagnes du Jacht Princesse-Alice) parmi utile accennare alcune circostanze più rilevanti poste in chiaro nella ora ricordata narrazione. Durante il viaggio fatto nel 1896 della Princesse-Alice furono due i Grampus catturati e presi a bordo della mede- sima, uno il 26 maggio » au large de Monaco (station 637) > ; . altro « harponnée le 7 julliet au sud de l’ile de Pico (Acores station 682)... » Ommetto i gradi di lat. e di long. che gli au- tori îndicano esattamente e ricordo solo ch’essi danno la perfetta riproduzione dei due Grampus « d’aprés des clichés pris avec le vérascope, par S. A. le Prince de Monaco, qui a bien voulu les mettre à nòtre disposition, etc. »... (li stessi autori notano che vha una differenza nella forma della testa dell'esemplare gd preso nel Mediterraneo confrontata con quella dell'esemplare preso nelle acque delle Azzorre: la testa del primo è infatti più depressa. E notano pure che se nel Grampus del Mediterraneo vennero osservati nella mascella inferiore 1 o 2 denti in più che nell’esemplare oceanico, essi trovarono invece 5 denti a 214 ANTONIO CARRUCCIO destra e 4 a sinistra nella delle Azzorre, e 4 denti a destra e 2 soli a sinistra nel g° del Mediterraneo (1). Parve agli autori che i due esemplari avessero l’istessa età; la differenza nella statura l’attribuirono naturalmente al diverso sesso, confermando così quanto gia da altri erasi detto; del pari confermano l'opinione della maggio—- ranza dei Cetologi, che cioè non due, ma una sola specie di Grampus si debba ammettere. Esporrò prima ciò che risulta dall’attento esame della testa ossea, ed in special modo dal sistema dentario del- l'esemplare di cui potei fornire il Museo Romano; e così risulterà più facilmente se e in quanto può confermarsi l'osservazione di Richard e Neuville e degli scrittori che li precedettero o susseguirono: e fra i primi dimostreremo come da taluno si dovesse più esattamente tener presente quanto già ebbe a rilevare da gran tempo il Risso nella sua pregevolissima Histoire Naturelle. (Continua). (1) Ved. Mém. de la Soc.. Zool. de France pour l'année 1897, Tom. X, pag. 101-102. teli i ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA diretto dal prof. M. Condorelli Francaviglia Sviluppo precoce degli organi della riproduzione in un nematode « ASCARIS CAPSULARIA Rud. » nello stadio di passaggio dalla forma embrionale a quelfo larvale. PER GIOVANNI PAVONI laureando in Medicina e chir. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana, con Sede in Roma. (presentata dal Socio prof. M. CONDORELLI) L’'Ascaris capsularia, piccolo verme appartenente al- l'ordine dei nematodi, descritto per la prima volta da Ru- dolphi nel 1810, studiato successivamente da altri elmin- tologi, che lo chiamarono con nomi diversi, trovasi fre- quentemente in un grandissimo numero di pesci d’acqua dolce e di mare, dentro piccole cisti, tra il peritoneo pa- rietale e viscerale di questi ospiti. Questo parassita, conosciuto solamente nella fase em- brionale ed in quella larvale, è ancora ignoto come spe- cie adulta, sebbene Zschokke e R. Blanchard pensino che in tale stato viva nell’intestino dei pesci, Leuckart nei pesci e negli uccelli rapaci, e Linstow lo creda forma gio- vanile dell’Ascaris simplex Rud. e dell’Ascaris incurva Rud., parassiti, il primo del Delfino ed il secondo del Pesce spada. La bibliografia di questo nematode è riportata per e- 216 GIOVANNI PAVONI steso dal Prof. Mario Condorelli in un suo lavoro (1) :per tale ragione ho creduto superfluo trascriverla. Nella forma larvale, questo parassita è di colorito bianco-cereo, lungo da 18 -20 mm., largo da 4110 a 12 mm., di forma cilindrica, più assottigliato all'estremità poste- riore che all'anteriore ; è ravvolto a spira su se stesso per tutta la lunghezza del corpo e per la parte posteriore di esso, mentre l'estremità anteriore è per lo più rettilinea. È coperto da una cuticola perfettamente liscia, tranne ai due estremi dove è leggermente anellata ; essa è spessa da 7 ad $ & verso la parte media del corpo, più sottile in cor- rispondenza della coda e più ancora verso l'estremità an- teriore, dove raggiunge appena 5 v di spessore. L’estremità anteriore misura 136. nel suo diametro trasversale e porta all'apice una bocca imbutiforme, li - mitata da tre labbra, poligonali con angoli arrotondati, situate due ventralmente ed uno alla faccia dorsale. In qualche esemplare meno sviluppato, formante lo stadio di passaggio dalla forma embrionale alla forma lar- vale, l'apparato boccale lascia vedere ancora un rudimento di dentino trapanatore di forma conica; esso deve a ra- gione considerarsi come un organo trapanatore, destinato a forare la cisti; ed infatti, esaminando tutti i vermi in parte fuorusciti dalla capsula connettivale, si osserva che nessuno sporge dalla cisti per l'estremità posteriore, invece per quella anteriore. Alla bocca segue un esofago musco- loso. de! diametro trasversale di 119 125 «, lungo circa 2 mm. e di forma regolarmente cilindrica. Esso incomin- cia con una leggiera dilatazione ampolliforme, simile ad (1) M. ConporELLI — Contributo allo studio della forma elmintologica di ta- luni pesci della Provincia di Roma ;nel « Bol/etino della Società Romana per gli Studi Zoologici ». Vol VII. Fasc. II e IV, pag. 21-14 dell’estratto. ASCARIS CAPSULAKIA 21° una rudimentale faringe e lascia travedere ai lati di esso la traccia dei ciechi laterali: visibilissimi nella fase em- brionale. — All’esofago tien dietro l’intestino chilifero, più ampio, del diametro trasverso di 325-330 &, il quale si e- stende per quasi tutto il resto del corpo. Ad un millime- tro circa dell’estremità posteriore si restringe sensibilmente e forma l'intestino retto, lungo $]10 di mm, che va a sboc- care in un orificio anale, posto alla superficie ventrale, a 112 » dell’estremità posteriore. Questa finisce a punta sub- acuta, ha il diametro trasverso di 112 « in corrispon- denza dell’ano ; e termina con un'appendice conica splen- dente, lunga 16 # e percorsa lungo l'asse da una linea o- scura, avente l'apparenza di un canaletto. Non si scorge traccia alcuna di organi genitali. Nella forma embrionale degli esemplari meno evoluti di Ascaris capsularia Rud. si osservano taluni partico;ari che si possono ritenere come caratteristici. In generale queste forme sono di piccola dimensione, raggiungendo di rado la lunghezza di 12-15 mm. L'estre- mità posteriore, al pari dell’anteriore, più sottile della por-. zione media del corpo, è arrotondata all'apice, la cuticula presenta un’'anellatura manifesta in tutta la lunghezza del parassita, maggiormente accentuata ai due estremi. La bocca è sprovvista di labbra e porta invece un dentino trapanatore splendente e bene sviluppato. L’estremità caudale, che, come ho detto, è arrotondata, . termina in un piccolo processo conico. I ciechi intestinali, poco visibili e mancanti nelle forme larvali, sono molto bene sviluppati nelle forme più giovanili. Gli organi geni- tali mancano completamente. Per gli altri caratteri non esiste alcuna differenza fra le due fasi del ciclo evolutivo. (AIR Il caso addirittura nuovo, perchè nella letteratura non 218 GIOVANNI PAVONI è stato ancora registrato, mi è occorso, studiando alcuni esemplari di questo Ascaris capsularia Rud. rinvenuti nel peritoneo e nella capsula dei Glisson della Pelamys sarda Cuv. Le vescicole da me osservate erano di forma ovalare o irregolarmente ellittica, del diametro longitudinale oscil- lante fra 3 e 9 mm. e del diametro trasverso di 3-4 mm. alcune integre, altre depresse e discoidali, o perforate, in modo da fare uscire per un estremità il parassita. Fra i diversi esemplari di Ascaris capsularia Rud. da me osservati ve ne erano alcuni con caratteri di passaggio dalla forma embrionale a quella larvale, Uno di questi attirò fortemente la mia attenzione poichè aveva gli organi genitali bene sviluppati. Tale esemplare ha i seguenti caratteri: Corpo perfettamente cilindrico, lungo 12 mm. dello spessore di 230 v, assottigliato alle due estiemità, meno però a quella anteriore, ove misura 45 « di diametro. La cuticola, chitinosa e robusta, è decisivamente anellata ai due estremi, laddove, in corrispondenza della porzione media del corpo, gli anelli ora mancano, ora sono poco manifesti. L'apparato boccale è costituito da una bocca ben distinta (fig. I a II a), limitata da tre labbra poco svi- luppate, due ventrali più evidenti, semilunari, ed uno labbro dorsale meno visibile. Nessun accenno di dente trapanatore, il quale deve considerarsi caduto, essendo già sviluppate le labbra. Segue un esofago (fig. 1 b. II b), appena dilatato alla sua origine ed alla base, ove forma un lieve bulbo esofageo: è lungo 648 4: ampio in media 54 «. La strut- * x e_- °3 0° . . tura muscolare raggiata è visibilissima. L’esofago si con- tinua coll’intestino chilifero, dal quale, alla sua origine, si partono due ciechi laterali: l'uno (fig, I c) rivolto verso la faccia ventrale è lungo v 782 e largo « 52; Valtro (fig. I d) lime ninni ci nn dint Mi ASCARIS CAPSULARIA 219 più ampio (4 64) e breve (. 170), è situato dorsalmente. L'’intestino (fig. I e) occupa quasi tutto il resto della lun- gshezza del corpo; è ampio, rettilineo, e in certi punti on- dulato, misura 117 +» trasversalmente e va poi a termi- nare nell’intestino retto a 157 dell’orifizio anale. Questo (fig. I f. IIl f) ha la forma di un forellino circolare, e si apre nella faccia ventrale del parassita a 211 « dall’estre- mità posteriore. La porzione caudale (fig. III) del corpo va gradatamente assottigliandosi, sino ad assumere un diametro di 14-16 %, e finalmente termina con un leggero rigonfiamento bot- tonciniforme, su cui si erge una piccolissima punta lunga 3 v, non rivestita dalla cuticola, e di splendore madreper- laceo (fig. II g). Il fatto saliente, che ha un'importanza speciale nel- l'esemplare in parola, è come ho detto sopra, la presenza degli organi genitali, che mancano normalmente tanto nelle forme embrionali, quanto nelle larvali dei Nematodi. Anche a debole ingrandimento si scorgono due sottili e lunghi tubi (fig. IV), i quali, partendo a fondo cieco a 7 od 8 decimi di millimetro dall’estremità posteriore, sal- gono verso la porzione anteriore del corpo, con decorso irregolarmente parallelo, e descrivendo molteplici flessuo- sità attorno l’intestìno chilifero, confluiscono in un unico e più ampio canale fra il terzo medio e il terzo anteriore del corpo del parassita. Essi tubi, alla loro origine, sono piccoli, e misurano appena 8 v di diametro: ma, grada- tamente, si dilatano sino a raggiungere l'ampiezza mas- sima di 33 «. Il canale, risultante dalla fusione dei due tubicini, è largo 40 &, lungo circa mezzo millimetro ; esso si dirige obliquamente in avanti, e, con contorni indecisi e sfumati, si perde sotto la cuticola nella faccia ventrale. Si tratta di organi genitali femminili: cioè di due tubi 220 GIOVANNI PAVONI ovarici che confluiscono per formare l'utero (fig. IV bh). Non sì scorge papilla genitale e nemmeno la vulva; però sulla cuticola, a pochi micromillimetri dal sito in cui l'utero si rende indeciso e sfumato, si osserva una piccola lesione di continuo, simile ad un'apertura (fig. IV i) dal cui fondo è possibile vedere un piccolissimo punto molto rinfrangente. È probabile che rappresenti un'apertura vaginale in formazione. Del resto, se tale apparenza fosse il risultato di una discontinuità artificiale, non ne verrebbe certa- mente a scapitare l'ipotesi sulla natura genitale dei tubi, poichè si tratterebbe di organi sessuali in via di sviluppo: quindi niente di strano che la vulva e la papilla genitale non si fossero ancora diflerenziate. Tanto più sono auto- rizzato a credere due tubi ovarici quelli da me osservati in quanto che, veduti anche a debole ingrandimento, si rinvengono pieni completamente di numerosissimi cor- puscoli sferici, giallo-biancastri, molto stipati, che rappre- sentano certamente gli ovuli immaturi del parassita. Tale reperto, riguardante il rinvenimento dì organi genitali in un giovane Ascaride, avente i caratteri di passaggio dalla forma embrionale a quella larvale, è un fatto interessante, poichè rappresenta un caso eccezionale di sviluppo preco- cissimo degli organi riproduttori : i quali, come ci insegna l’embriologia, mancano sempre negli embrioni e nelle larve dei Nematodi, e si sviluppano in uno stadio più inoltrato, in quello cioè in cui il parassita passa nell’ospite definitivo, ove poscia raggiunge il completo sviluppo, che è segnato dalla comparsa degli organi della riproduzione. . GIOVANNI PAVONI. pat, i CTR? PIO, O SE ASCARIS CAPSULARIA. Fig. IV. ir ur t@Pr—_—rr———r—m——tÉm—t—_Émurc>pur sa ini 3 (RE a S Peer = aires e » PCCFTITTIA can GRU) (Cp LA Pon, 1906. Fasc. IV, Ve VI. Bollett. Soc. Zool. Ital., Istituto ZooLocico peELLA R. UnIversITÀ DI ROMA DIRETTO DAL PROF. A. CARRUCCIO Su di una specie del gen: ASCOCOTYLE Lss. rinvenuta parassita del cane. Nota preventiva del Prof. G. ALESSANDRINI comunicata alla Società Zoologica Italiana. Sulla fine dello scorso aprile, nell’eseguire l'autopsia di un giovane cane, allevato e cresciuto nell'Istituto Zoo- logico, rinvenni nel suo intestino vari esemplari di Bothrio- cephalus latus Bremser. ed insieme molti altri piccoli di- stomi, che non avevo mai riscontrato in altre autopsie e che non appartenevano certo a quei generi e quelle specie frequenti nei nostri mammiferi domestici. Dopo accurato studio e mentre ne attendevo la con- ferma dal Loos, cui mandai un mio disegno in esame, potei col mezzo del suo lavoro (Veitere Beitràge ecc. Zoolog. Jahrbucher, Vol. XII, 1899, pag. 584-698) farne la diagnosi ed assicurarmi che gli esemplari da me rinve- nuti appartenevano senza dubbio al genere Ascocotyle. Lss. A questo genere il Loos fa appartenere la specie A. minuta Lss., che egli rinvenne parassita in cani e gatti (Cairo, A- lessandria) e in una grossa Ardea cinerea (Damietta, marzo 1900). Sebbene i miei esemplari somiglino moltissimo a quelli descritti dal Loos, pure ne differiscono per alcuni 222 G. ALESSANDRINI caratteri tanto che io non esiterei a farne una nuova specie. Le differenze consisterebbero in ciò : Le braccia intestinali, che nell’Ascocotyle minuta sono corte e che terminano a livello del margine posteriore dell’acetabulo, nei miei esemplari lo oltrepassano sicura- mente di molto e mi sembra che raggiungano la vescicola escretrice. Non ho potuto scorgere il piccolo labbro che fa sporgenza sulla faccia dorsale della ventosa anteriore, ma, dal momento che esso è contrattile, potrebbe benis- simo ne’ miei esemplari non apparire così bene come si vede manifesto nella figura data dal Looss. Il sacco cieco della ventosa, che nell’A. minuta rag- giunge circa la metà della lunghezza dell'esofago, ne’ miei esemplari è molto più corta, a meno che ciò non si debba a contrazione di esso. I vitellogeni non sono ad acini piccoli e scarsi, ma si compongono di due masse solide, irregolari situate nella parte posteriore del corpo. I testicoli sono molto più grandi di quelli dell'A. mt- nuta o molto più ravvicinati. Le uova sono numerosissime e l'utero ha dei giri nu- merosi e strettamente addossati fra di loro in modo da riempire completamente lo spazio compreso fra l’acetabulo e 1 testicoli. Un altro carattere, che del resto non trovo descritto per VA. minuta è quello di avere le spinuzze che rivestono il corpo, eccettuata l'estremità posteriore, disposte rego- larmente su tutta la sua superficie, in guisa da trovarsi ognuno nel punto d’incrocio di linee immaginarie parallele, che si intersecano con altrettante ad angolo quasi retto. Inoltre le spinuzze variano per lunghezza e per forma. Le anteriori sono più piccole delle altre e, mentre quelle hanno ASCOCOTYLE 223 la punta rivolta in basso, ie altre l'hanno ripiegata alquanto all'insù. Con quasi sicurezza, la specie da me trovata nel cane è dunque una specie nuova vicino all’A. minuta Lss. e che io proporrei denominarsi Ascocotyle italica per ricor- dare che questo genere fu per ia prima volta rinvenuto da me in Italia. Il Looss, dopo averne data la descrizione e aver detto che egli trovò questa specie a più riprese nei cani e gatti e nell Ardea cinerea, suppone che lo svariato habitat di questo parassita dipenda dal fatto che in Egitto cani e gatti, quando possono ottenerli, mangiano volentieri i pesci, che sono, a suo avviso, da riguardarsi come trasmettitori di questo trematode. Ora io posso con ogni sicurezza confermare che la supposizione del Looss corrisponde esattamente al vero ed anzi nel mio caso, posso anche asserire che l'Ascocotyle, che in un numero considerevole di esemplari rinvenni parrassita nell'intestino del cane, venne ad esso trasmesso dal luccio (Esox lucius Lin.) comunissimo nelle acque dei nostri laghi. A controprova di ciò è d'uopo che io rammenti quanto già esposi in una mia comunicazione alla Reale Accade- mia Medica di Roma sulla presenza del Bothriocephalus latus nella provincia romana. Per alcune mie esperienze avevo bisogno di un gio- vane cane e questo mi fu portato nel Museo Zoologico ap- pena tolto dal seno della madre e fu sottoposto ad una dieta esclusiva di pane, latte, acqua. Le sue feci furono sottoposte scrupolosamente ogni giorno e per circa 20 giorni 224 G. ALESSANDRINI ad esame scrupoloso, che risultò sempre negativo. Per una disavvertenza riuscì però a mangiare le carni di dae lucci provenienti dal lago di Bracciano e dopo circa una tren- tina di giorni, da quello della ingestione, rinvenni nelle sue feci delle uova sicuramente di Botriocefalo e insieme ad esse delle uova molto più piccole, operculate anch'esse, e che poi compresi essere dell'Ascocotyle. Non vè quindi più dubbio che le specie di questo genere sieno trasmesse con l’ingestione di pesci e proba- bilmente di pesci d’acqua dolce, ciò che spiega come se ne possano trovare infestati cani, gatti e uccelli che di quegli animali si cibano. NOTA PREVENTIVA SUL CARBONCHIO N:GLI ANIMALI per il Prof. RINALDO MARCHESINI Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA, con sede in Roma Da Pasteur a Kock, da Kock a Behring, che recente- mente asseriva che la tubercolosi polmonale dell’adulto è il più delle volte d'origine intestinale, noi troviamo un’eletta schiera di scienziati i quali per una forma bat- terica o per un’altra hanno cercato di vedere se attraverso dell'intestino intatto potesse avvenire penetrazione di batteri. A questa specie di ricerche, a cui van legati tanti fatti d’igiene pubblica, e vitali interessi per la conservazione degli animali domestici, ho cercato di portare un piccolo contributo d’esperienze che schematicamente riassumo ora in questa nota preventiva, non potendo per il momento pubblicare l’intero lavoro. Le mie ricerche si sono svolte esclusivamente sul carbonchio ematico per studiarne gli effetti sugli animali, nei quali l’'introducevo per la via dello stomaco. Le cavie sono stati gli animali preferiti in queste ri- cerche, ed i risultati a cui sarei venuto sono i seguenti. La cavia non muore per ingestioni ripetute di col- tura virulenta di carbonchio ematico, però gli organi in- terni di cavie in esperienza, uccise in tempi differenti, danno sempre luogo a sviluppo di colture carbonchiose, ma lo sviluppo è più positivo come più lontanamente le uccidevo dal primo pasto. Le feci e l’urine raccolte danno colture carbonchiose. I tagli degli organi interni trattati col Gram mostrano bacilli carbonchiosi modificati. Nel contenuto gastro-intestinale i bacilli carbonchiosi Bollettino della Soc. Zoologica Italiana, Anno XV, Fasc. IV, V e VI. 8. 226 R. MARCHESINI MITI subiscono in parte un'azione batteriolitica e si presentano rimpiccoliti e spesso sgranulati. Sulla mucosa dello stomaco si nota desquamazione epiteliale, mantenendosi però l’epitelio intatto : nella por- zione duodenale sembra più viva la lotta, perchè si ri- scontrano dei pezzi di villi necrosati nello stesso tempo con varie forme di cariocinesi cellulare. Nelle cellule mu- cose del tenue e del crasso si scorge la penetrazione dei batteri carbonchiosi, in parte sgranulati: è forse questa la prima via d'entrata. La mucosa gastro-intestinale si mostra iperemica, grosse cellule fagocitarie si riscontrano nei villi, manca però una vera fagocitosi. Nel fare queste esperienze la mia attenzione è stata rivolta essenzialmente sulle capsule surrenali e sul pan- creas che si sviluppano oltre il normale, ed in cui lo stato d'attività secretoria è accentuatissimo. Lo studio dell’azione diretta di questa secrezione su i bacilli patogeni mi ha dato dei resultati molto atten- dibili e che esporrò largamente nel lavoro. Le cavie infine assoggettate a pasti di carbonchio vi- rulento resistono all’iniezione di coltura virulente del me- desimo carbonchio. Cosicchè per le mie esperienze dovrei dedurre: che il bacillo del carbonchio preso con gli alimenti penetra negli organi dell'animale attraversando l'intestino, però avendo subìto a contatto degli epitelii e per azione dei succhi digestivi una forte modificazione, esso non uccide l’animale: che la prima porta d’ingresso la presentano le cellule mucose. Che l’azione antitossica e batteriolitica verrebbe esplicata in massima parte dal pancreas e dalle capsule surrenali. Queste deduzioni, che spero di poter esporre detta- gliatamente nel lavoro completo quanto prima, potranno acquistare un valore anche per la cura delle infezioni carbonchiose. riducendo l’innesto preventivo ad un mezzo molto più semplice e pratico. Roma, 24 luglio 1906. Contributo alla conoscenza dei Distomi parassiti nell'intestino dei. pesci della Provincia di Roma per il dottor RICCARDO LOTTI Recensione del lavoro originale (letta e presentata alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA dal Socio prof. G. ALESSANDRINI) Il Dott. Riccardo Lotti accenna dapprima ai vari me- todi usati per raccogliere, conservare e preparare i parassiti rinvenuti in numero considerevole nell’intestino dei pesci da lui raccolti: poscia enumera 104 specie di pesci, di cui 6 sole specie furono rinvenute immuni, e nelle 98 trovate infette rinvenne: Cestodi in 46 specie, Trematodi in 46, Nematodi in 74, Acantocefali in' 21. Limitando in questo lavoro il suo studio ai soli Trematodi, enumera i generi e ‘le specie rinvenute, che appartengono tutte alla sotto-fa- miglia Distominae. Dà di ognuna i caratteri specifici più importanti, ma assolutamente necessari, per poterne fare una diagnosi esatta, e mostra anche numerosi preparati e tavole illustrative di una esattezza straordinaria. Le specie che esso descrive appartengono al genere Apoblema Duj, al genere Podocolyle Duj, al genere Di- stoma Retzius, coi sottogeneri Brachylaimus Duj; Dicro- coelium Duj, al genere Echinostoma Duj, ed al genere Pleorchis Raillet. Esse sono le seguenti: Apoblema mollis- simum (Levinsen); Apoblema ocreatum (Rud.) ; 3° Apoblema rufoviride (Rud.); 4° Apoblema appendiculatum (Rud.); 5° Apoblema graudiporum (Rud.); 6° Apoblema crenatum (Mo- lin): 7° Apoblema excisum (Rud.); Podocotyle retroflexum (Molin): Podocotyle furcatum (Bremser): Brachylcimus mega- stomum (Rud.): Brachylaimus obovatum (Molin); Brachy- 228 RICCARDO LOTTI laimus Characis (Stossich); Dicrocoelium fuscescens (Rud.); Dicrocoelium furcigerum (Olsson); Dicrocoelium calceolus (Molin); Dicrocoelium globiporum (Rud.); Dicrocoelium pul- chellum (Rud.); Dicrocoelium fasciatum (Rud.); Dicrocoelium atomon (Rud.); Dicrocoelium bacillare (Molin); Dicrocoelium commune (Olsson); Echinostoma cesticillus (Molin); Echino- stoma pristis (Deslongh); Echinostoma imbutiforme (Molin): Echinostoma hispidum (Abildg.); Echinostoma hemicyclum (Molin); Pleorchis urocotyle (Parona). Descrive inoltre due specie che con ogni probabilità possono ritenersi per specie nuove. La prima appartiene al Gen. Echinostoma. Somiglia all’E. imbutiforme (Molin), ma se ne differenzia per essere molto più piccolo: per avere la terminazione posteriore arrotondata invece che acuminata: per i testicoli rotondi e non ellittici, per l’ovaio situato a destra e non mediano e per le glandole vitelligene che sono molto più numerose di quanto non siano nell’ E. imbutiforme. La seconda specie è rappresentata da pochi esemplari giovani. In essi è caratteristica la forma e la posizione della ventosa orale. Questa è assolutamente ventrale e la sua apertura è rap- presentata da una fessura longitudinale. Appartiene ai Di- crocoelium, e fino ad ora non fu potuta precisare la specie, Il lavoro del Lotti termina con quadri riassuntivi di tutte le specie de’ pesci trovati infetti da elminti e con una estesa bibliografia che dimostra con qùanta coscienza sia stato compiuto il lavoro. Gli studi e le pazienti ricerche che per due arni fece l’autore, Dott. R. Lotti, vennero eseguiti nell'Istituto Zoo- logico di questa R. Università. Roma, 24 luglio 1906. V. BARNABO'’ Sui rapporti delle cellule interstiziali del testicolo colle glandole a secrezione interna Comunicazione preventiva alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Nel testicolo dei Mammiferi, tra i tubuli seminali esi- stono delle cellule speciali, a cui è stato dato il nome di cellule interstiziali. Lo studio della loro istogenesi, della loro struttura e del loro significato istologico e funzionale ha attirato da molto tempo l’attenzione degli studiosi. Si è venuti alla convinzione, che si tratti di elementi ghian- dolari per i prodotti svariati che essi elaborano ; e da al- cuni autori, come da Bonin e da Ancel, si è parlato ad- dirittura di una « glandola interstiziale del testicolo. + Le divergenze principali sorgono però sulle ipotesi emesse a proposito della funzione di queste cellule, perchè molti biologi, come Plato, Beissner, Friedmann, le considerano elementi trofici destinati a nutrire le cellule dei tubi se- minali: mentre altri, come Reincke, Regaud, Policard, Bonin e Ancel pensano si tratti di quegli elementi desti- nati per la secrezione interna del testicolo, già ammessa da Brown Séquard. Anche attualmente, e in ispecie in Francia, si combattono tra di loro i sostenitori delle due opinioni, e vi sono numerose ricerche di Bonin e Ancel, di Loisel, di Félizet e Branca ecc. E° mia intenzione di ri- . BABNABÒ dI 06 ferire tra breve alla Società Zoologica in uno studio ac- curato tutte le questioni che si agitano a proposito di | tale interessante argomento di fisiologia e di fisiopatologia. Dirò inoltre che, partendo dagli studî dei vari autori sulle ipertrofie compensatorie tra le varie glandole a secrezione interna, e specialmente da quello di Fichera sulla iper- trofia dell’ipofisi negli animali castrati, ho voluto ricer- care quali siano le relazioni tra le cellule interstiziali del testicolo e le glandole a secrezione interna. Ho perciò, nelle cavie e nei topi bianchi, legato e resecato il deferente, sia bilateralmente, sia da una parte sola con contempo- ranea castrazione del lato opposto, per ottenere, come già fecero Bonin e Ancel, atrofia della parte seminale del te- sticolo e predominio, o anche ipertrofia, della parte in- terstiziale; e ho quindi esaminato macroscopicamente e microscopicamente l’ipofisi, la tiroide, le paratiroidi, le capsule surrenali, e la milza, osservando le alterazioni dei testicoli, e tenendo come termine di confronto animali normali e animali castrati. Essendo ancora in corso le ri- cerche microscopiche, mi riserbo di comunicarne i risul- tati alla nostra Società, quando potrò presentare il lavoro completo. Roma, 24 luglio 1906. II BOTHRIOCEPHALUS LATUS Bremser nella provincia di Roma Sunto di comunicazione del prof. GIULIO ALESSANDRINI L’A., dopo essersi trattenuto brevemente a parlare della distribuzione geografica di questo parassita ed aver accennato alle non rare osservazioni di esso nella Lom- bardia e Piemonte, dice che due soli casi fino ad ora ven- nero dati per l'Italia centrale e meridionale: quello del Guidetti in Fiesole (1783) e quello rinvenuto dal Delle Chiaje (1844) in un pescatore napoletano. Però nè l’uno nè l’altro di questi autori escludono che i loro infermi si sieno mai allontanati dalla loro pro- vincia. Nel caso occorso all’ A. ecco come andarono i fatti : Il giorno 28 novembre 1905 fu portato all'Istituto di Zoologia un giovane cane che da poco era stato tolto dal seno della madre. Dovendo esso servire per alcune espe- rienze fu sottoposto ad una scrupolosa osservazione per circa 20 giorni, durante il quale periodo VA. esaminava giornalmente le feci per escludere la possibilità che esso albergasse nell’intestino parassiti di qualsiasi specie: e in- fatti tutte le osservazioni riuscirono negative. Ora avvenne che, facendosi nell'Istituto alcune ricerche nei pesci dei laghi della provincia di Roma, vennero il 24 gennaio 1906 portati due lucci che erano stati pescati con ogni sicurezza nel lago di Bracciano. Le loro carni, dopo che erano servite allo scopo, furono gettate nell’immon- dizia, ove il cane andò a cercarle e se ne cibò. 232 GIULIO ALESSANDBINI Il giorno 15 febbraio (23 giorni dopo l'ingestione) esaminando nuovamente le feci del cane, che avevano | sempre dato risultato negativo, si rinvennero numerose uova di Bofhriocephalus latus, e dopo due giorni l’animale espluse un pezzo di strobila lungo 17 cent. L'A. dimostra l’importanza di questa osservazione e si ferma a lungo a parlare dell anemia botriocefalica e delle teorie che si sono emesse per dare di essa una spiegazione. Da ultimo poi dà dei consigli per poter fare la dia- gnosi differenziale fra l'elmintiasi da Botriocefalo e quella dovuta alle maggiori Tenie dell'uomo, parla della cura, della prognosi e delle misure profilattiche atte’ ad impe- dire la propagazione di questo parassita nuovo per la nostra provincia. Conclude dicendo che ‘con ogni probabilità le acque del lago si sono potute infettare con la feci dei soldati di artiglieria lombardi o piemontesi, affetti da Bo- triocefalo, i quali frequentano il Poligono di tiro istituito a Bracciano. Istituto Zoologico della R. Università di Roma Nuovo caso di FILARIA CONIJUNECTIVAE Addario. parassita dell’uomo Sunto di comunicazione del Prof. GIULIO ALESSANDRINI L’A. presenta un esemplare di giovane femmina di F. conjunctivae Add. che il Dott. Ernesto Baliva aveva rin- venuto in un tumoretto cistico situato alla faccia esterna nel terzo superiore dell’avambraccio sinistro. Una giovane donna di circa 25 anni, mentre si trovava ai bagni in Terracina, cominciò ad avvertire un tumoretto nella regione suindicata, il quale, mantenutosi indolente per circa tredici mesi, pure avendo avuto un leggero au- mento durante questo periodo, sulla metà dello scorso novembre 1905 cominciò a presentare all’intorno i sinto- mi di una infiammazione e divenne così doloroso che l’in- ferma fu costretta ricorrere al medico. Questi consigliò di fare una incisione ed una larga disinfezione ma, essendosi recisamente opposta l’inferma, si limitò ad applicare un cerotto mercuriale. Dopo 24 ore il pus ebbe esito spontaneo per un porellino che si aprì all'apice del tumoretto, ed insieme con quello venne fuori anche il parassita ravvolto a spira su sè stesso. L’A., dopo aver descritto minutamente la Filaria rac- colta e dopo aver citati i casì occorsi prima di questo, e cioè quello del Dubini che rinvenne il parassita nell'occhio di un uomo: quello del Babes, che lo riscontrò fra i due foglietti del ligamento gastro-splenico di una donna : quello dell’Addario nel quale caso il verme fu estratto da un tumoretto sotto-congiuntivale in una vecchia di 70 anni, dice che molto probabilmente il verme che il Pace nel 1867 descrisse col nome di F. palpebralis e che aveva rin- venuto in un giovanetto di 14anniin un tumoretto situato nel terzo interno della palpebra superiore, deve ritenersi simile alla F. conjunctivae. Quindi, non avendo potuto riscontrare nella letteratura altre osservazioni, lA. crede che nell'uomo questo sia il quinto caso di parassitismo della N. conjunctivae Add. e la prima volta che essa, il cui habitat normale è l'interno del globo oculare dei cavalli e degli asini, si sia rinve- nuta come parassita cutaneo nell'uomo. L'A. aggiunge che nulla si conosce del suo ciclo evo- lutivo, nè del suo modo di propagarsi. Però se si deve andare per analogia con quelle Filarie che, come questa hanno uno sviluppo estremamente lento e che abitualmente vivono in cavità naturali, bisogna pen- sare che i suoi embrioni per venire all’esterno abbiano bisogno di un agente propagatore, nella stessa guisa che avviene per altre Filarie, il cui modo di comportarsi è sufficientemente noto. Passati quindi in rassegna i vari insetti che attaccano indifferentemente tanto l’uomo quanto gli equini /Taba- nus, Stomoxys. Chrysops, ecc. ecc.) VA. crede poter supporre che agente trasmettitore della /. conjunctivae possa essere il Chrysops coecutiens Lin. che durante i caldi più soffo- canti dell'estate attacca di preferenza i cavalli attorno a- gli occhi, producendo molto spesso in questi animali delle intense congiuntiviti. Istituto Zoologico della R. Università di Roma. NOTE BIBLIOGRAFICHE PerLINI RENATO. — « Forme di lepidotteri esclusiva- mente italiane - pagg. 78, tav. I-VI, in-4°: Bergamo, Isfituto italiano d’arti grafiche, 1905. Questo lavoro, bene ideato e bene eseguito, fa cono- scere come ricca sia la nostra fauna per quanto riguarda 1 lepidotteri, o, meglio, i macrolepidotteri, chè di questi soltanto esso tratta, e come sia progredito lo studio di essi, specialmente nel trascorso ultimo quarto di secolo: 177 forme esclusive per l'Italia vi sono ricordate, e pre- cisamente 79 specie, 72 varietà e 26 aberrazioni. Questi ultimi due numeri però avrebbero dovuto essere un poco superiori, poichè, senza tener conto delle scoperte fatte dopo la compilazione del lavoro (la prefazione di questo è del novembre 1904 e Vappendice deve riferirsi agli ul- timi dell'aprile 1905), si possono nel lavoro stesso notare alcune omissioni. | Infatti vi è anzitutto trascurata lab. Erganoides, che lo Stefanelli descrive nel suo Catalogo del 1901 e che nel Catalogo dello Staudinger e del Rebel (3° ed., Berlino, 1901) non è già ritenuta come sinonimo della Pieris rapae, L., alla quale era stata riferita dallo scopritore, ma solo è ritenuto dubbio appunto il riferimento a questo tipo, po- tendo quella forma riportarsi invece alla Pieris Ergane H.-G. Questo dubbio dello Staudinger avrebbe dovuto stimolare lA. a qualche ricerca sull'argomento, e se ciò egli avesse 236 NOTE BIBLIOGRAFICHK fatto, avrebbe trovato, nel « BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA » (Roma ; Ser. II, Vol. VI, Anno 1904, pag. 168) la descrizione dell’ab. longomaculata, Rostagno, comunicata alla Società nell'adunanza scientifica del 16 luglio 1904 e riferita anch’essa alla Pieris rapae: tale de- scrizione gli sarebbe sembrata senza dubbio interessante per la somiglianza di parecchi caratteri esaminati con quelli dell’ab. Erganoides. Se poi, prima di dare definiti vamente alle stampe l’appendice al suo lavoro, avesse consultato i fascicoli I, II e III del medesimo Bollettino (Ser. II-Vol. VI), editi nell’aprile 1905, avrebbe conosciuta la scoperta che il Rostagno ha fatto del Pieris Ergane, H. G. al confine fra la provincia romana e l'Abruzzo (Oricola), e ìl consecutivo riferimento della var. (non più ab.) lon- gomaculata, e quindi anche dell’ab. Ergainodes, Stef., a questo tipo. Sembra però che il Perlini non conosca af- fatto il ben diffuso + Bollettino - predetto e, di conse- guenza, i lavori del Rostagno, o non li conoscesse, almeno, al tempo in cui lavorava attorno alla sua monografia : probabilmente non è così ora, date le recensioni che di quei lavori sono state fatte (v. ad es. « Bullettino della Società entomologica italiana », anno XXXVI, trim. IV, pag. 246, e « Zeitschrift fitr wissenschaftliche Insektenbiologie », 1901, pag. 269; 1905, pag. 348; 1906, pag. 34). Debbono perciò al suo elenco aggiungersi, limitandosi, ripeto, a quanto egli poteva conoscere, le seguenti aber- razioni e varieta : Pieris rapae, L., ab. Carruccit, Rost. — Campagna ro- mana — (Boll. della Soc. Zool. Ital., 1903, pag. 123). Pieris Ergane, H.-G., var. longomaculata, Rost. — Pro- vincia romana — (Boll. id. 1905, pag. 91). Pieris Ergane. H.-G., ab. Erganoides, Stef. — Toscana — (Stefanelli P. - « Nuovo catal. ecc. =» pag. 27). NOTE BIBLIOGRAFICHE 237 Thecla ilicis, Esp., ab. alineata, Rost. — Provincia romana Bol 1d., 1905, ‘pag. 92). Saturnia pavonia, L., ab. Stefanelli, Rost. — Campagna romana — (Boll. id., 1903, pag. 122). Quest'ultima aberrazione differisce assai notevolmente non solo dalla specie tipica, ma pure dalla var. meridio- nalis, Calb. L'habitat del Biston graecarius, Stgr., var. flo- rentina, Stef. è poi da estendersi alla Campagna romana (Pietralata — v. Boll. id., 1905, pag. 92). Deve aggiungervisi inoltre la Pirameis atalanta L. ab. (var.?) italica, Stichel Cats: Ri, «ad. :152-b. sufficientemente caratterizzata e che nel catalogo dello Staudinger e del Rebel è data per l’Italia centrale (lo Stichel la trovò presso Albano, nella provincia romana): la locuzione che in quel catalogo fa seguito all’habifat sopra indicato « efc.? ab. » non può far considerare questa forma: come non esclusiva per l'Italia, precisamente come, e ne conviene anche il Perlini, la Polia canescens, Dup., var.? (ab.?) Asphodeli, Rbr. appartiene alla fauna corsica, quantunque con probabilità si riscontri in altre regioni della fauna paleartica. Vera omissione poi è il non accennare alla : Scodiona conspersaria, F., var.? (ab.?) Raunaria, Frr. del- l’Istria e della Carniola, essendo ambedue queste regioni geograficamente italiane. Non appartiene invece esclusivamente all’Italia l Agrotis Trux, Hb., ab. (et var.?) terranea, Frr., la quale in Sicilia trovasi non tanto come varietà, ma come aberrazione, e come aberrazione trovasi pure nel meridionale della Francia. Il numero totale quindi dei lepidotteri esclusivamente italiani è di 183: 79 specie, 73 varietà e 31 aberazioni. Per quanto riguarda le forme nuove che il Perlini 238 NOTE BIBLIOGRAFICHE descrive nel suo lavoro, esse veramente son due sole: la Lycaena Argus, L., var. Valmasinii, Perlini e la Bryophila muralis, Forts,, ab. Ghiliani, Perlini, delle quali questa è molto caratterizzata e quindi notevole, quella invece non sembra sufficientemente distinta per ritenerla come varietà, consi- derando pure il fatto ch'è fondata soltanto su due g': del resto anche lA. ora la chiama varietà ed ora aberrazione nel testo, e nell'indice la pone come varietà dubbia. Della Orgya trigotephras B., var. Verity Perlini nuovo è in realtà solamente il nome. Una lacuna poi che veramente dispiace di trovare nel lavoro del Perlini è nella voluta esclusione delle forme alpine, poichè non soddisfa pienamente la ragione che lA. stesso porta, di non aver voluto cioè ascrivere anche parte di esse « ad un solo versante di una catena o limitarli ad una valle o ad un ramo di essa » Infatti la disposizione della catena alpina in gran parte trasversale più o meno ai meridiani geografici e l’altitu- dine media di essa molto elevata debbono dare e dànno ai versanti di essa caratteristiche meteorologiche interessanti e conseguentemente caratteristiche notevoli nella flora e nella fauna. Tuttavia il lavoro del Perlini è degno di molta lode per la serietà degli intenti avuti e la serietà dei mezzi adoperati, e può considerarsi assai più che « un supplemento alle opere maggiori che illustrano la nostra fauna dei Le- pidotteri Roma, 24 luglio 1906. ZAPELLONI LT... ‘E. membro della S.c. Zool. Ital. NOTE BIBLIOGRAFICHE 239 Fichera GaeTANO. — Ancora sulla ipertrofia della ghian- dola pituitaria consecutiva alla castrazione. — Roma, Policlinico, Sez. Chirurg., 1905. Il lavoro fa seguito a quello di cui parlammo prece- dentemente nel Bollettino della nostra Società Zoologica, con sede in Roma. Quì il Dott. Fichera per generalizzare le conclusioni sulle relazioni della ipofisi con le glandole sessuali, ha esperimentato su femmine di cavia e di co- niglio, in cui, asportando le ovaie ha potuto notare un’iper- trofia dell’ipofisi, maggiore per le coniglie che per le cavie, e apprezzabile già dopo 20 giorni dall'operazione. L’au- mento in peso fu tanto considerevole, che per trovare ipofisi di coniglio di peso corrispondente a quello dello stesso organo delle coniglie castrate, si deve ricorrere alle ipofisi degli animali tiroidectomizzati. Anzi va notato che l'aumento in peso è molto più rapido in seguito al- l’ovariectomia, che in seguito a tiroidectomia. Le modifi- cazioni poi che si notano nella struttura di questa ghian- dola consistono: nel notevole aumento di cellule eosino- file ingrandite e ripiene del prodotto della loro attività, nella presenza di elementi in moltiplicazione cariocinetica, e nella dilatazione e ripienezza dei vasi sanguigni. Resta perciò provata l'analogia di comportamento tra la ipofisi e dle ovaie con quello tra l'ipofisi e i testicoli, ed è pos- sibile concludere che sia la secrezione interna delle ghian- dole sessuali quella che modera l’attività della ghiandola ipofisaria, e che la maggiore attività di questa ghiandola in seguito alla mancanza di tale secrezione + influisca probabilmente, attivando il ricambio materiale, a rendere migliori le condizioni di nutrizione e di sviluppo di molti tessuti in genere e di quello osseo in ispecie V. BARNABÒ. 240 ‘NOTE BIBLIOGRAFICHE MoscÒÙini F. -- Contributo alla fine anatomia delle capsule surrenali —- Resoconti della Soc. Med. Chir. di Pavia: seduta del 23 gennaio 1906 (vedi Policlinico, Sez. prat., 1906). Questo lavoro è un contributo per le nostre scarse conoscenze a riguardo della disposizione del connettivo nelle capsule surrenali. L'Autore si è valso del metodo fotografico di Ramon y Cajal, fissando i pezzi in forma- lina (25 ®|,), tenendoli per 10-15 giorni nella soluzione di nitrato d’argento (1 °[,), e riducendo poi con l’idrochinone. Si è messa allora in evidenza una fitta rete di fascetti con- nettivali, specialmente decorrente intorno ai vasi. Modifi- cando quindi lievemente la reazione vera ha trovato che vi è abbondante connettivo in queste ghiandole e che Vi sono due speciali tipi di cellule, le une piccole, provviste di numerosi prolungamenti, interpretabili come cellule con- nettivali di sostegno, le altre lamellari, sottili, o quasi ac- cartocciate, di natura dubbia e forse di origine endoteliale. V. BARNABÒ. N. B. — Per mancanza di spazio dobbiamo rimandare ad altri fascicoli diverse interessanti riviste bibliografiche che avevamo pronte. (LA REDAZ.). Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. Roma 1906 — Tipografia di G. Balbi, Via della Mercede, 28-29. REA rd È E; Ù 2 a; Lo LARDO e t: IL, MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO CaRRUCCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente Vertebrati) — Presidente. Senat. Di CARPEGNA (conte) D. GuIipo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice-Presidente. MELI cav. prof. RomoLo, (Paleozoologia e Malacologia) — Vice-Presidente. ANGELINI prof. dott. GIOVANNI (Zoo?. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, CHIGI ppe. D. FRANCESCO (Ornitologia) — Consigliere. LEPRI march. dott. GIUSEPPE (Entomologia-Ornitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. PATRIZI march. dott. FILIPPO (Ornitologia) — Idem. RosTAGNO comm. FORTUNATO (Intomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozsoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioui scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : lo Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieei all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti î soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società e diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi- tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon- sabile dei fondi della Societa. Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anvi, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove. congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell’epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna. * Art. 1l. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all'anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l'anno successivo. I Soci debbono pagare la quota aunua entro il l° quadrimestre dell’anno sociale. Trascorso un anno, i morosi perdono 1l diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. N. B. — L'intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti i più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli= cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie II, pag. 6 e 7. Processi verbali delle ultime adunanze. Stanno per pubblicarsi separatamente questi interessanti processi verbali, è quali saranno presio trusmessi ai signori Soci LSNSNSSNSNSASTSNSSNISNNNA NL T_T Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle pred. sale per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici scientifici. Roma — Tlpografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-29. î” 2% Ii ha ata NL di > 50 Wa È é € E, DECIO ‘A fami a i RA È Fasc. VII, VIII e IX. Serie Il - Vol. VII. Anno 1906. (Anno XV colla Serie I) (XV dalla fondazione) — BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Pm Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill I = SOMMARIO. X I. COMUNICAZIONI SCIENTIFIOHE 5. Marucci prof. V. - Contributo alla conoscenza degli Idracnidi del Lazio I, Carruccio prof. Antonio - Sovra un (con fig.) Pag. n82-289 raro Delfino (Grampus griseus C. Cuv.) 7 (lì recente catturato presso la spiaggia 6. Barnabò Valentino. - Storia, mor- di S. Vincenzo (Continuaz.) Pag. 241-248 fologia, anatomia comparata ecc. della ghiandola interstiziale del testicolo nei 2, Masi Dott. Luigi. - Contributo alla Mammiferi e in altri Vertebrati » 289-302 sistematica delle Ilyocyprinae (con fig. 7, Meli prof. Romolo. - Una lettera Continuazione e fine) » 249-267 inedita dell’insigne naturalistra Giam- battista Brocchi » 303-323 3. Rostagno comm. Fortunato. - Note entomologiche. - Sovra alcune notevoli II. NOTE BIBLIOGRAFICHE. Lig va del neesizioni Mag gne Sugli animali produttori della peste. (Re- H. G. - Lycaena icarus Rott. - L. bel- Ep ; ] : centi ricerche fatte in Italia) Pag. 324-326 laergus Rott. - L. argus. L, argiro- gnomon e Melitae trivia » 269-274 IIL, INDICE GENERALE 4. Barnabò Valentino. - Contributo del Volume - Anno 190f. Pag. 327-328 allo studio della glandola interstiziale del testicolo della Cavia » 275-281 IV. ANNUNZI SULLA COPERTINA OI (Data della pubblicazione di questo triplo fascicolo: 15 dicembre 1906). Condizioni per l'associazione al Bollettino durante il 1906: Ogni volume per gli abbonati in Italia (Biblioteche, Librai, ecc.) costa L. 12 annue: paga- mento anticipato. Per l’estero spese postali in più. — Pei membri della So- cietà, ordinari o straordinari, residenti in Roma o non iesidenti, costa invece L. 10. — Pei pagamenti rivolgersi al Sig. Casimiro Coli nella R. Università di Roma. — Pei volumi arretrati, prezzi da convenirsi. .Conto corrente colla Posta — Pubblicazione trimensile, Fasc. VII, VIII e IX. Serie Il - Vol. VIL =—Anno XV. - 1906. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE SOVRA un raro Delfino (GRAMPUS GRISEUS CG.Cuv.). di recente catturato presso la spiaggia di S. Vincenzo (1). Riassunto di Comunicazione fatta dal prof. A. CARRUCCIO (Continuazione) (Testa ossea, denti, aperture nasali, ossa intermascellari, colonna vertebrale, ossa pelviche rudimentali, sterno). Testa ossea. —- La testa ossea che presento, integra in tutte le sue parti, al pari delle altre costituenti l'armatura scheletrica (1), è lunga 49 cm., con una larghezza mas- sima di 43 cm., ed una minima (presso il muso) di 11 cm. La lunghezza predetta fu misurata in linea retta, ma se la si prende seguendo la curva della faccia superiore del cranio fino all’apice delle mascelle, si hanno 48 cm. La lunghezza della sinfisi mentoniera, non completamente sal- data, è di / cm. Lo spazio intra-oculare è di 32 cm.; il diametro lon- (1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. Ital. con sede in Roma. Anno XV con la Serie II, Vol. VII - fasc. IV, V e VI, 1906, pag. 207-214. 242 ANTONIO CARRUCCIO gitudinale di ciascheduna cavità orbitale è di 5 em.: ed il trasverso di 12 cm. L'altezza massima del cranio è di 20 em. La circonferenza del medesimo, misurata a livello degli occhi come hanno fatto Richard, Neuville ed altri pei loro esemplari, è in questo di Roma di 95 cm. Denti. — Esaminando i denti troviamo che sono in totale otto, tutti ai lati e sul davanti della mascella infe- riore, cioè 4 al lato sinistro, e 4 al destro, posti alla di- stanza l'uno dall’altro di circa 7 a 8 mm. Questi denti conici, sono assai appuntati all'apice, ch'è ricurvo verso l'interno della cavità orale, lunghi da 16 a 17 mm., con una circonferenza basale (misurata cioè presso il contorno alveolare) di 20 mm. Dissi che taluno avrebbe dovuto tener presente la de- scrizione di questa specie di Delfino fatta dal Risso, la quale per quanto breve contiene particolarità che ben si pos- soro riosservare e confermare. Fra esse noto appunto quella indicata dal Risso per la mascella inferiore = qui est garnie de chaque còté de cinq grosses dents coniques, aigiles, un peu courbées,' distantes, fortement enchassées dans l’osse- ment de la màchoire; ces dents sont solides, presque égales, d'un blanc jaunàtre, recouvertes d'émail fort luisant... ». (1) Il numero adunque dei denti di questa specie è va- riabile: e possono anzi trovarsi in numero diverso nei due lati della mascella. Anche gli esemplari di Grampus osser- vati da Richard e Neuville, de quali già tenni parola, pro- vano questo fatto. La mascella superiore nei suoi margini destro o si- nistro è priva affatto di denti, e quasi manca la traccia degli alveoli. Gli stessi margini restano appiattiti, ed hanno uno (1) V. Risso. Hist. natur. des principales productions de l'Europe meéridio- nale. T. III, Paris, 1826, pag. 24. nia teli ciandiitiitettn spessore massimo di 19 mm. ed una lunghezza di circa 30 cm. I margini della mandibola, lunghi 3$ cm., offrono per un gran tratto, ma dietro i denti, una scanalatura con labbra poco salienti. Lo spessore massimo delle branche orizzontali della stessa mandibola lo si ha verso la metà ed è di 2 cm. e 1]2. La sua altezza massima trovasi all’in- dietro e al davanti del capo articolare arrotondato, ed è di 11 cm.; l'altezza minima si ha subito dopo l'ultimo dente, cioè del 4°, ed è di 3 cm. e 172.La doppia lamina ossea che com'è noto forma pur nei Cetacci la porzione oriz- zontale della mandibola, in questa del Grampus griseus viene a mancare nella faccia interna poco dopo oltrepas- sata la metà, cioè dopo 20 cm. di distanza dall’apice, pro- seguendo solo per qualche cm. marginalmente in alto e in basso, ma non nel centro dell’istessa lamina interna. Le aperture ossee delle due narici stanno in alto, su- bito dopo la massima elevatezza mediana formata da queste due aperture orali e dirette alquanto obliquamente misurano pel maggiore dei diametri circa 5 cm., e pel minore, quasi trasversale, 2 cm. e 172. La cresta fronto-parietale è molto saliente e si ri- piega in sul davanti, cou una lunghezza di circa 25 cm. La faccia superiore verso il mezzo, alla distanza di 10 cm. delle aperture nasali, tende a farsi piana e sempre più declive fino all'apice delle due metà mascellari supe- riori. In alto ed ai lati, nella loro parte più larga, le ossa mascellari sono incavate, con una massima larghezza di circa 10 cm. Le ossa intermascellari, lunghe oltre 40 cm., in alto e sul davanti delle aperture nasali si presentano convesse e poi pianeggianti e declivi come le due metà del mascel- lare superiore. 244 ANTONIO CARRUCCIO Ben disse il Cuvier nelle sue ben note lezioni (Cetacés) che le ossa intermascellari « remontent sur le davant du frontal qui ils couvrent jusqu' au niveau des: os du nez lesquel vu la direction verticale des narines, forment à peu pres le sommet de la tète » (pag. 370). Osservo che nel nostro esemplare di Grampus, l’osso intermascellare del lato destro, diviso affatto per tutta la linea mediana dal sinistro, si avanza in alto più di que- st ultimo; ed infatti il destro è più lungo del sinistro di quasi 5 cm. Colonna vertebrale. — Omettendo in questo riassunto un certo numero di altri particolari che riguardano le ossa della testa, pure in modo molto riassuntivo vi dirò delle ossa vertebrali. In queste colpisce subito il notevole svi- luppo delle apofisi spinose, delle quali non poche (almeno 25) hanno un'altezza di 8 a 11 cm., e sono larghe all’estre- mità libere da 2 a 2 cm. e 172. Ma le vertebre con apo- fisi spinose ben manifeste sono oltre 44; e quelle con apofisi trasverse non meno manifeste (talune sono lunghe 12 cm. e larghe da 10 e 12 mm.) sono oltre 30. In totale il ra- chide è formato da 63 vertebre. Delle 7 proprie alla re- gione cervicale, le prime 6 sono saldate fra loro : la 7° è affatto libera. Non è adunque esatto quanto s'insegnò anche dal Cuvier che cioè nei Delfini l’atlante e laxis siano fuse, e le altre 5 vertebre cervicali restino separate ed estrema- mente sottili. Non è esatto neppure, stando sempre allo scheletro. che abbiano sotto gli occhi, che l’ultima vertebra dorsale abbia l’apofisi spinosa più lunga che in tutte le altre ver- lebre. | Il corpo del maggior numero delle vertebre è alto 3 cm.; il diametro antero-posteriore e il trasversale sono da 4 a 5 cm., ma le prime vertebre della regione coccigea sono. GRAMPTS GRIS&EUS 245 anche più grosse, avendo parecchie (le prime 4) un corpo alto non meno di 5 cm. “Queste vertebre coccigee sono una ventina, e vanno sempre decrescendo di volume, e gradatamente scompa- risce in esse quasi affatto ogni traccia apofisaria. Alcune, le ultime e più piccole, sono rimaste nella pelle, e sonosi dovute nello scheletro riprodurre artificiali, ma con molta esat- tezza. Delle due vere e minori rimaste al termine della colonna vertebrale possiamo dace l’altezza o diametro lon- simaicied al’ trasversale: cil' /1° è di-l'em. ‘e 172, ed il 2° di 4 cm. Ossa pelviche rudimentali. — Si ebbe la fortuna di tro- vare (perchè spesso nella dissezione dei Cetacei vanno perdute) le due ossa rudimentali del bacino: ciaschedun os- setto di forma in parte rotondeggiante, è lungo 13 cm., con un'altezza massima di 3 cm. ed una minima di 1 cm. Le abbiamo messe al loro posto sospese, siccome tutti potete rilevare. Non occorre riferisca quanto si è detto dagli anato- mici, principalmente da quelli che più diligentemente stu- diano l’osteologia dei Cetacei, intorno a questi rudimenti d’ossa della pelvi. Fra i diversi e più noti scrittori possono citarsi il Cuvier, l’Huxley il Gegenbaur ecc. Il primo lasciò scritto che nei Cetacci mancano le ossa del bacino propriamente detto, ed esistono soltanto rudimenti sospesi nella carne; per conseguenza rimane difficile stabilire una distinzione fra le vertebre dei lombi, quelle del sacro e quelle della coda (1). Il secondo, che anche nel dare questa particolarità ——» T _c—_—_— (1) V. Lecons d’Anat. comp, recuillies et publ. par M. Dumeri!, T. 1 pag. 70. 246 ANTONIO CARRUCCIO anatomica è più esatto del (Gegenbanr, ricorda come la pelvi sia rappresentata da due ossa parallele all’asse della colonna vertebrale. alle quali si attaccano i corpi caver- nosì nel maschio, e che perciò pare che siano rudimenti della porzione ischiatica. Hanno forma allungata. convesse all'insù, e concava inferiormente: un cordone fibroso le riunisce alla colonna vertebrale. L’istesso Huxley nota come soltanto nei Balenidi si trovino ossicine che sembrano rap- presentare i femori (1). Sovra erronee asserzioni su questa origine rudimen- taria già il Van Beneden, e poi il P. Gervais in una nota presentata all'Accademia delle Scienze di Parigi fin dal 5 giugno 1871, ebbero a fare opportune retifiche. Il Guerin nei suoi studi zoologici e paleotologici (1874) sovra i Ce- tacei si mostra incerto nella indicazione delle ossicine pel- viche nella Balena. Infatti accenna + des vestiges d’ileon »; e poi in un secondo ossicino anche più piccolo forse si può scorgere « un commencement d’ischion ou de pubis ». Me pei Delfini scrive che i rudimenti del bacino consi- stono in due piccole ossa lunghe e sottili «+ perdus dans les chairs, l'un à droit, l’autre ‘a gauche de l’anust#0È per non andare troppo per le lunghe omettiamo in questo riassunto altre citazioni, principalmente d’autori inglesi ed americani. Sterno. — Quest'osso nel Grampus griseus mi pare che meriti una speciale osservazione: esso è più lungo e largo che in altri Cetacei di maggior mole, con un manubrio che appena oltrepassata l’articolazione della 1* costola, si avanza in forma quasi d’aletta sporgente sulla 2°, da un lato e dall’altro. È quindi a livello dell’apice delle due (1) Ved. il Manuale dell’Anat. comp. del prof. Thomas Huxley, trad. dal prof. E. H. Giglioli a pag. 387. + alette che si ha la maggior larghezza di questo sterno, la quale è di 17 cm. La lunghezza totale è di. 28 cm.; la larghezza al margine superiore del manubrio è di 10 cm.; la lar- ghezza minore è di »' cm.; lo spessore è di 17 mm.- Dal lato geometrico la forma di questo sterno è adun- que irregolarmente triangolare. È già di antica data la conoscenza che l'osso ster- nale dei Cetacei suol essere assai breve : e l’istesso Cuvier mmieiseperito di serivere: « Ce-sont les Cetacés qui ‘ont fegsieranmetlesplus’court. Il ‘est ordinairementi ‘chez; les dauphins, de quatre pièces et. chez les baleines d'une semice.-> (1): Se volessi desumere da pubblicazioni dei migliori ce- tologi tutte le indicazioni date intorno alla forma, alle dimensioni ecc. di quest’osso nei diversi Cetacei, ci sa- rebbe da comporre uno specchio comparativo abbastanza interessante, anche per poter rilevare se c'è o no un rap- porto: 1° fra la totale grandezza dell'armatura scheletrica e quella dello sterno; 2° fra la capacità ed ampiezza del torace (misurando diligentemente gli archi costali ecc.) e la grandezza dell’istesso osso sternale. Ma se è facile avere 1 libri, non è facile avere una serie numerosa di prepa- rati osteologici completi appartenenti a questi mammiferi. Ed ora, per conto mio, offro un assai piccolo contributo, quello riguardante lo sterno della Balaenoptera rostra!a e nn] (1) Nella descrizione della Balena presa m Taranto nel febbraio del 1877 il prof. Gasco (pag. 40-41) scrive che « delle ossa rappresentanti il bacino se n'è raccolto uno solo ». Egli ne dà la fig. nella tav. V, e crede possa paragonarsi all'osso ischiatico. Anche nelle Note di Anatomia comparata raccolte dalle lezioni del prof. Paolo Panceri, dal prof. Antonio Della Valle (Napoli, 1875) a pag. 383 leggesi che « tali ossa sono da ritenersi come corrispondenti agli ischi, giacchè sono esse appunto quelle che ricevono l’inserzione dei corpi cavernosi del pene ». questo sullo sterno del Grampus griseus, perchè di queste due interessanti specie il Museo Romano possiede intieri gli scheletri, certamente non comuni nè facili a trovarsi in molte collezioni. Lo scheletro della Balaenoptera è lungo, come altra volta annunciai (1) 4 m. e 39 cm.: lo scheletro di questo Grampus griseus ha invece la lunghezza di 2 m. 66 cm. Cra lo sterno della prima è lungo 16 cm., con la massima larghezza di 14 cm., la minima (all’apice) di 2 cm.; e in alto, sul mar- gine libero e curvo del manubrio, la larghezza è di 4 cm.; lo spessore dell’osso è di 12 mm. Lo sterno del Grampus dissi ch'è lungo 28 cm., con una larghezza massima di 17 cm., ed una minima (al- l'apice osseo, perchè la cartilagine ensiforme manca) di 5 cm.: ed anche lo spessore è di 5 mm., superiore allo spessore dello sterno della Balenottera. È adunque evidente che tutte le dimensioni dello sterno del cetodonte (Grampus) sono maggiori di quelle dello sterno del misticeto (Balenoptera) che abbiamo pure potuto preparare ed esaminare in Roma. Degli archi costali e degli arti toracici farò parimenti breve ma esatto cenno prima di dar fine al presente rias- sunto, dando in pari tempo la tavola rappresentante l’in- tiera armatura scheletrica, (1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. Ital. con sede in Roma, fasc. I e II della serie II, Vol. I. Anno IX, 1900. Dr. LUIGI MASI Contributo alla sistematica delle “ ILYOCYPRINAK , Comunicazione tatta alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma (Continuazione e fine V. Fasc. precedente) Ilyocypris dentifera G. O. Sars. pars G.0;,1900, Testa a latere visa longitudine duplam altitudinem ae- quante, antice quam postice paullo altior, dorso bisulcato, margine dorsali subplano, in parte autem dimidia posteriore eminentia valvarum superato, margine ventrali leniter con- cavo, posteriori levissime convexo, anteriori prominente, ro- tundato, ante oculum leniter sinuato; angulus supero-poste- rior attenuatus, pars marginis supra oculum paullo tume- scens ; valvae denticulis marginalibus conicis, obtusis, in la- tere posteriore minimis munitae, zona marginali ad latus anterius ampla, interne continuis arcubus terminata, canali- culis rectis perforata: dentes conici conspicui prope a mar- gine anteriore et posteriore dispositi, nonnulli etiam longe a margine dispersi; superficies valvarum spinulosa. De supra visa oblonge elliplica, antice et postice lateribus fere planis acute convergentibus, in extremitatibus modice obtruncata. Setae natatoriae antennis. I pertinentes harum longitudinem superantes, antennae. II setis ultra apicem ungquium 13 earum longitudinis elongatis. Pedes I tibia indivisa. d appendices copulationis lobo maximo triangulari su- Le 250 L. MASI baequilatero, lobo posteriore amplo, in extremilate rotundato ; glandula mucosa radiorum vercicillis 20 munita, £ long. 0,90 mm. — alt. 0,50 mm. — lat. 0,34 mm- ST multo minor. Habit.: China [Pechino] (G. O. Sars), Per quanto riguarda il palpo del piedemascella della di questa Ilyocypris, si vedano le osservazioni a proposito della specie precedente. Ilyocypris angulata G. O. Sars. Sars Go 0 905. I. dentiferae valde similis, praecipue differt testa ma- gis elongata (a latere visa), etiam paullo tumidiore, tuber- culis munita sicut in |. gibba dispositis, dentibus conspicuis ultra marginem anticum et posticum, interdum etiam ven- tralem, prominentibus. 3° ignotus. Long. 0,98 mm. — alt. 0,50 mm. — lat. 0,48 mm. Habît.: China [Pechino] (G. O. Sars). Questa Ilyocypris potrebbe anche considerarsi come una varietà della I. dentifera, come lo stesso Sars ha fatto osservare. Non disponendo di materiale sufficiente delle due forme per farne un confronto esatto, non posso sta- bilire se YI. angulata differisca dalla /. dentifera anche in qualche carattere delle appendici, nel quale caso sarebbe certamente una specie distinta. Tuttavia la mantergo qui come specie. Ilyocypris gibba (Ramdohr). Ramdohr, K. A. 1808. Cypris gibba. Brady, G. St. 1868. Cypris gibba (partim). PIZZA Wi CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » ol Sars: G. 0..1390. Vavra, W. 1891. Kaufmann, A.:1900. Ilyocypris gibba. Species valde varians. Testa a latere visa altitudine di- midiam longitudinem superante, antice paullum quam postice altior, margine dorsali recto, in parte ultima leniter declivi, eminentia valvarum in tertio posteriore plus minusve supe- rato ; margine antico rotundato, postico subplano vel paullum arcuato, ventrali leviter concavo; dorso plerumque sulcis binis instructo, margine supra oculum ex solito elevato, le- viler convexo ; interdum dentes in parte anteriore atque po- steriore conspicui, tubercula autem 2 vel 3 in utraque valva saepe prominentia, quorum anterius plerumque obtuse ro- tundatum, reliqua acuta. Aspectus superior lateribus in tertio medio parailelis, antice acute convergentibus, in parte poste- riore plus minusve curvatis; extremitas postica rotundata, raro magis quam ex solito compressa. Setae natatoriae an- tennis I pertinentes harum longitudinem superantes ; setae antennarum II omnes pinnatae, illa anterior valde elongata, apicem uncorum attingens, reliquae triplam quarti articuli longitudinem superantes. Pedes I tibia indivisa. Rami fur- cales seta dorsali ultra basim unguium paullisper elongata. gd ignotus. Long. circa 0,35 mm. — alt. 0,47 mm. — lat. 0,31 mm. Distrib.: Europa, America septentrionalis (Turner). var. bicornis Kauf. — A latere visa antice conspicue alttor quam postice, margine dorsali recto, retrorsum leniter declivi, in tertio ultimo eminentia valvarum superato ; margine posteriore et anteriore rotundatis, hoc ante oculum brevi spatio explanato, oblique directo; de supra visa valde com- pressa, tuberculis anterioribus carens, lateribus antice acute convergentibus, rectis. Long. 0,835 mm. — alt. 0,47 mm. — lat. ad medium 0,24 mm. Apices tuberculorum partis posterioris 0,34 mm. inter se distantes. Habit.: Helvetia (Kaufmann) în Gurbegebiet, etiam apud Au. in Rheintal. "252 L. MASI È questa senza dubbio una specie molto varia nei suol caratteri. Brady (1868) ha fatto notare che i solchi dorsali e le sporgenze del guscio possono talora mancare e che si trovano anche individui che hanno tre paia di solchi dorsali o uno solo. Io credo però che gli esemplari che questo autore ha considerati come privi di solchi, non mancassero di depressioni triangotari poco marcate in luogo di essi, quali si osservano in altre specie. Le notizie che dà il Brady sono in parte inesatte. Inoltre, egli ha confuso con l’I. gibba, oltre VI Bradyi, forse anche TI. iners var. affinis. La sua figura che rappresenta il primo paio di zampe con la tibia divisa, deve riferirsi all’I. Bradyi, giacchè, secondo la mia opinione, questo carattere non si riscontra nell’/. gibba : ed infatti negli esemplari, apparte- nenti alla forma tubercolata di questa specie, che ho avuti dal Sars, le prime zampe hanno quattro articoli, e lo stesso è stato constatato dal Kaufmann per la forma senza spor- genze laterali e per la sua var. bicornis. La presenza di cinque articoli nel primo paio di zampe dell’. decipiens ha fatto forse ritenere al Miller che anche l’I. gibba tipica avesse tale carattere, poichè egli non ha fatto la distinzione specifica delle due forme. Vavra non dà alcuna notizia sul numero degli arti- coli : il che farebbe supporre che egli abbia trovato la tibia divisa, poichè se avesse osservato la fusione dei due arti- coli, ne avrebbe dovuto far parola, trattandosi di un ca- rattere che nella sua monografia ha riscontro solo nella Cypris pubera O. F. Miller: tuttavia non si può escludere che il non aver parlato di tale carattere sia una dimenticanza. Non ho potuto consultare le descrizioni di Daday e Toth, i quali hanno parlato dei maschi dell’/. gibba: ed anzi il secondo di questi antori ha pure figurato gli organi CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE «ILYOCYPRINAE » 203 riproduttori: io dubito però che si tratti di maschi di qualche altra specie [Nyocypris decipiens, Ilyocyprois tuberculata (Kertész)]|. I maschi di cui parla G. W. Miller spettano. alla I. decipiens ; inoltre le figure 7°, 8%, 10* della tavola XIX della sua monografia si riferiscono probabilmente ad una delle varietà d’/. gibba. Della I. biplicata Koch ritenuta come I. gibba da alcuni autori, parlerò trattando delle forme incerte del gruppo. Ilyocypris iners Kauf. Kaufmann, A. 1900. Testa a latere visa elongata, altitudine dimidiam longi- tludinem vix superante, in parte posteriori dorsali angulata, margine antico rotundato, postico modice curvato, ventrali levissime sinuato; denticuli marginales minuti. Antennae I setisnatatorits instructae earum longitudinem via aequantibus; antennarum II setae natatoriae dimidia quam in ceteris spe- ciebus subtilitate, idem atque uncus articuli tertit elongatae, apicem unci terminalis minimi non superantes. Pedes I tibia indivisa. 3° ignotus. Long. 0,93 mm. — alt. 0,590 mm. — lat. 0,28 mm. Habit.: Helvetia, Bielersee (Kanfmann) 20 m. Var. affinis Masi — Antennarum II setae natatoriae non atte- nuatae, elongatae, apicem uncorum tertiam earum longitudinis partem superantes ; pedes I leves, tibia longitudine quadruplam latitudinem aequante, in medio latere posteriore vestigio scis- surae transversae. 3° ignotus. Long. 1,21mm. — alt. 0,58 mm. — lat. 215 longitudinis. Habit.: apud Romam reperta (IV, 1906). d594 L. MASI La var. affinis con molta probabilità è una specie di- stinta dalla /. iners, però la considero qui provvisoriamente come una varietà. Confrontandola con la descrizione e con le fisure della I. iners date da Kaufmann, non trovo diffe- renze di qualche importanza nella forma del guscio: una differenza notevole sta invece nello sviluppo delle setole natatorie del secondo paio di antenne. Se TI. iners di Kaufmann non ha la tibia assottigliata, la var. affinis dovrà considerarsi come una specie a sè. Secondo Kaufmann, la fig. 12 della tavola XIX di G. W, Miller (che secondo questo autore si rifesisce alla /. Bradyi) rappresenta una forma affine alla /. iners. La figura però che rappresenta il guscio dello stesso esemplare veduto dal di sopra, ha una notevole larghezza ed ha una punta acuta subito al dinnanzi dell’occhio (fig. 9). Ilyocypris decipiens Masi. Miller, G. W 1900. Iyocypris gibba (partim). Masi, L. 1905. Ilyocypris decipiens. Testa a latere visa elongata, duplo longior quam in medio altior, post 1)5 longitudinis altissima, in parte poste- riore dorsali obtuse angulata, in posteriore ventrali rotun- data, margine antico valde convexo, postico minus cur- vato, margine ventrali conspicue sinuato, ante oculum inter marginem anteriorem et superiorem brevi spatio elevata, oblique convexa; linea marginalis dorsalis recta, post 12 longitudinis eminentia valvarum superata; valvae aequales, sat durae, superficie spinulis exiguis confertis asperrima, ad marginem anticum atque posticum dentibus nonnullis munitae conspicuis, irregularibus, obtruncatis, in margine vero denti- rt atti a «a è ao um POTZIA CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 259) culis minutis subconicis. Testa de supra visa tuberculis in utroque latere ternis instructa, sicut in |. gibba dispositis, omnibus obtuse rotundatis; parte tertia media paullum tumi- da, lateribus in iertio anteriore et posteriore fere rectis, an- tice acute convergentibus; extremitate anteriore obtruncata, posteriore obtuse rotundata. Antennarum II setae natatoriae non ultra apicem unquium elongatae. Pedes I ò5 — arti- culati. g testa illi P aequalis; glandula mucosa radiorum ver- ticillis 19-20 munita, penes lobo maximo antice et postice acute angulato, lobo posteriori in extremo rotundato, lobo (°) altero anteriori rudimentari, foliaceo. JT £ long. 1,15 mm. — alt. 0,559 mm. — lat. 318 lon- gitudinis, Distrib.: Germania (G. W, Miller); apud Romam raro inveni. Alcune osservazioni riguardo a questa specie le ho esposte parlando dell’. gibba. Ilyocypris Bradyi G. O. Sars. Sars, G. 02, 1890. Testa a latere visa elongata, duplo longior quam in medio altior, sulcis dorsalibus binis notata, margine anteriore pro- minente, ventrali leviter sinuato, posteriore modice curvato, margine dorsali in tertio ultimo eminentia valvarum superato, ventrali cum postico arcum aequum formante ; valvae subaequales, compactae. superficie glabra, denticulis margi- nalibus minutis irregularibus munitae, antice et postice den- libus etiam nonnullis (3-8) conspicuis, obtruncatis ; zona marginalis ampla. Aspeclus superior lateribus în tertio medio 2596 L. MASI fere parallelis, antice leniter curvatis, acute convergentibus; extremitas antica ad apicem obtusa, pars postica rotundata. Antennae, palpus mandibularis, pedes, robusti, quam ex solito breviores. Antennarum I segmenta minus elongata, setis ultra apicem longitudinem segmentorum terminalium 3 1)2-5 172 productis;antennae II in articulo penultimo vestigio scissurae transversae, unco articulo tertio affixo apicem unguium eax- lremitatis non attingente; setae natatoriae sex obsoletae, sexta 213 articuli quarti aequans, prima medium attingens, reliquae etiam minus elongatae. Articulus primus palpi mandibularis fasciculo setarum trium instructo, ex quibus una ciliis carens, laqueiformis. Pedes I 5-articulati. 3° non repertus. Long. 1 mm. — alt. 0.49 mm. — lat. 25 longitudinis. Distrib. : in Scania (!), Britannia (!), Italia (!), Ger- mania (!) aliisque locis reperta. var. compressa (= I. Bradyi, Kaufmann, 1900. Praecipue differt, a latere visa, altitudine paullo majori (52 °/, pro 47 °/,); de supra visa latitudine 2/8 illius formae praecedentis aequante, lateribus antice et postice acute con- vergentibus. La descrizione più completa che abbiamo, della specie è quella di Kaufmann (1900), la quale riguarda però una forma che io considero come varietà : essa infatti si distingue principalmente per il guscio molto com- presso, mentre negli esemplari tipici mandatimi dal Prof. Sars il guscio non è più compresso di quello che sia or- dinariamente nelle altre specie del genere. Evidentemente Kaufmann ha preso troppo alla lettera l’espressione = forma compressa » che si trova nella diagnosi del Sars. Tale diagnosi sarebbe del resto incompleta quando dovesse servire a distinguere l /. Bradyi da parecchie altre forme che sono state descritte in seguito. L’'/. gibba var. repens CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE <« ILYOCYPRINAE » 257 del Vavra, come ha fatto osservare il Muller, deve rite- nersi specificamente identica alla /. Bradyi e forse non rappresenta che una semplice variazione di questa specie. ra n: 4, n i 4 = SIA ADE ENI Ilyocypris Bradyi (?) var. (ingr. 65 diam.). 1, valva sinistra. — 2, valva destra; vedute dall’ interno. Riguardo ad alcune figure date dal Muller per l I. Bradyi, vedansi le osservazioni sulla /. iners. Tutti gli esemplari che ho osservati presentano due leg- geri sollevamenti delle valve che corrispondono per la posizione alle sporgenze dorsali posteriori della I. gibba : questo carattere fa pensare alla possibilità dell’esistenza di una varietà tubercolata della I. Bradyi, la quale fu ri- cercata dal Kaufmann, ma con risultato negativo. Tra gli esemplari d’ I, Bradyi e I. decipiens raccolti in un fonta- nile dei dintorni di Roma, ho trovato un guscio munito Bollettino della Soc. Zoolog. Ital. — Fasc. VII, VIII, e IX, 1906, 2 258 L. MASI di sporgenze laterali posteriori, che somiglia negli altri caratteri a quello della I. Bradyi tipica: però sfortunata- mente questo esemplare era privo affatto delle appendici, onde non ho potuto decidere se esso appartenesse a tale supposta varietà con sporgenze laterali. Si è creduto finora che nella descrizione dell’ I. gibba fatta dal Brady, fosse compresa anche la specie dedicata a questo autore dal Sars : io credo però che il Brady abbia bene osservata solo la tibia di questa seconda specie, al- trimenti egli non avrebbe mancato di rilevare la riduzione delle setole natatorie; e riguardo a questo carattere sup- pongo che sia stato indotto in errore dalla presenza di c- semplari d’/. iners var. affinis, in cui tali sono sviluppate. Ilyocypris inermis Kauf. Kaufmann, A. 1900. Testa a latere visa elongata, longitudine medit. altitu- dinem duplo superante, antice atque postice aeque alta, mar- gine dorsali recto, tn tertio posteriore eminentia valvarum non superato, margine ventrali conspicue sinuato ; pars ven- lralis posterior modice rotundata, dentes ad marginem sicut in |. Bradyi dispositi. De supra visa, antice dttenuata, in rostrum obtruncatum producta, postice rotundata. lateribus ad medium rectis, parallelis, valva sinistra quam deatra longiore. Antennae I robustae, setis brevibus munitae; an- lennae II seta prima natatoria ultra medium articuli quarti non elongata, reliquis maxime obsoletis, ita ut difficile di- stingui possint, aspectu spinulas referentibus: articulus quartus longitudine tripla quam latitudine. Pedes I 5-articulati. Rami furcales seta dorsali 1/4 - 1/5 eius longitudinis ultra basim unquium producta. 3 ignotus. a. CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « [LYOCYPRINAE » 209 Long. 0,80 mm. — alt. 0,40 mm. — lat. 0,24 mm. Habit.: Helvetia (Kaufmann), Bruggen apud. St. Gallen, (Girbegebiet apud Bern, in Rotsee. Ilyocypris tribullata Lienkl. Lienenklaus, E. 1900. Testa a latere visa altitudine dimidiam longi!udinem aequante ; valva sinistra in parte anteriore quam minime altior, margine dorsali levissime curvato, ventrati modice sinuato, margine antico et postico acque rotundatis: valva dextra dorso conspicue curvato, margine anteriori et poste- riori quam in valva sinistra humilioribus, ventrali etiam paullo magis sinuato. Ad mediam valvarum altitudinem tu- bercula terna rotundata, aequalia, secundum diametrum longitudinalem seriatim disposita, aeque inter se distantia ; post et infra tuberculum ultimum aliud perparvum ; denti- culi marginales minuti ; sulci dorsales bini post tuberculum primum secundumque desinentes : superficies testae foveolis irregularibus sparsis notata. Long. 0,50 mm. — alt. 0,40 mm. Questa specie è stata trovata da Lienenklaus negli strati inferiori del miocene inferiore di Francoforte sul Meno, e nell’oligocene superiore. Ilyocypris tuberculata Lienkl. Lienenklaus, E. 1905. Testa duplo longior quam altior, valvae subaequales, si- nistra margine dorsali et ventrali rectis, parallelis, margine 260 L. MASI ————_ -—— -_- — _r—r—— — -——- -—- — antico et postico aeque rotundatis, dextra margine dorsali post medium longitudinis bisinuato, margine posteriore in parte dimidia dorsali subplano, oblique directo. Superficies valva- rum foveolis rotundis inter se distantibus notata, in dorso bisulcata, in parte centrali tumescente ; superne ad medium longitudinis, postice ad medium lateris posterioris tuberculo rotundato munita. Ad latus dorsale valvae sinistrae eminentiae duae in tertio anteriore atque posteriore longitudinis sitae, supra rotundatae, ad latus autem ventrale eminentia elongata, limite trisinuato, iuxta angulum postico-inferiorem in tuberculum productam conicum oblique retro directum, apice rotundatum ; eminentia dorsalis posterior valvae dextrae limite subplano, ventralis post medium interrupta. Denticuli marginales co- nici, minuti. Long. 0,78 mm. — alt. 0,39 mm. Trovata negli strati inferiori del miocene inferiore da Lienenklaus presso Francoforte sul Meno. QUADRO PER LA DISTINZIONE DELLE llyocypris APPARTENENTI AL SECONDO GRUPPO. A. — Zampe del primo paio con quattro articoli. a. Guscio quasi ugualmente ristretto alle due estremità. x. Con ‘grandi sporgenze laterali. I. angulata. 8. Senza grandi sporgenze laterali. I. dentifera. b. Guscio ristretto anteriormente e arrotondato poste- riormente. x. Talora con sporgenze laterali. Setole natatorie della seconda antenna lunghe, la prima prolun- gata oltre l’estremità dell’antenna stessa e pen- nata. I. gibba. 8. Guscio sempre senza sporgenze laterali. = "cy CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 261 1. Setole natatorie lunghe, palpo del piedemascella della f di tre articoli non bene distinti. /. au- straliensis. 2. Setole natatorie ridotte, oppure lunghe, in questo secondo caso la tibia del primo paio di zampe quattro volte più lunga che larga; palpo del piedemascella della f di due articoli. /. iners. B. — Zampe del primo paio con 3 articoli. a. Guscio con sporgenze laterali arrotondate, rivestito di spine minutissime. /. decipiens. b. Antenne del secondo paio con le sei setole natatorie ridotte, guscio non rivestito di spine. I. Brady. c. Antenne del secondo paio con la prima setola na- tatoria corta, le altre ridotte a piccole spine. I, inermis. C. — Specie finora trovate solo allo stato fossile. a. Guscio con tre tubercoli sui lati, disposti in serie orizzontale. I. tribullata. b. Guscio con diversi rigonfiamenti e tubercoli laterali (V. descrizione). I. tuberculata. (?) Genus Ilyocyprois n. Palpus maxillipedis TY valde compressus, falciformis, segmentis duobus in unum fusis constans, formam. illius generis Candona referens ; rami furcales 3 setis binis dor- salibus, £ seta singula instructi. Ilyocyprois tuberculata (Kertész) Kertész, K. 18953. Iyocypris gibba var. tuberculata. Testa a latere visa elongata, altitudine minima in medio sita, margine dorsali fere recto, supra oculum paullo tume- 262 L. MASI scente, in quarto posteriore longitudinis declivi, margine ventrali leniter concavo, antico el postico valde prominen- tibus, postico tamen minus convexo ; de supra visa oblongo- ovalis, in parte anteriore elongate acuta, in extremo poste- riore modice curvata, lateribus tuberculato-gibbosis, supra areolas pellucidas tuberculo rotundato munita, et altero non longe a latere posteriore ad medium altitudinis prominente ; tuberculis autem majoribus instructa conicis, apice rotundatis, fere aeque elongatis, quorum unum in unoquoque latere sub oculo situm, aliud ad latus ventrale post huius dimidium, ambo retro oblique vergentia, tertium post tuberculum dor- sale: non longe a latere ventrali sub tuberculo anteriore eminentia margine subplano inferme limitata ; superficies val- varum foveolis irregularibus, rotundis vel 3-4 angularibus. amplitudine varia, notata, sparse pilosa, areolis pellucidis senis, quarum tres anteriores maximae. Antennarum I arti- culus secundus tertio longior, seta usque ad articulum sextum elongata instructus; setae natatoriae antennaram longitu- dinem superantes ; antennae II in articulo tertio unco apicem artus attingente munitae, setisque natatoriis quinque [?] sine ciltis, uncos terminales longitudinem articuli quarti supe- rantibus. Pedes I 5-articulati. Pedes II in articulo penultimo setis binis instructi, quarum prima brevis, obsoleta, secunda longitudinem articuli aequans. Rami furcales valde robusti, ad basim conspicue dilatati, margine ventrali concavo, dor- sali fere recto, seta una munito. T rami furcales tenues, prope a basi margine dorsali concavo, ventrali convexo, basi autem modice dilatata, setis binis dorsalibus instructi; appendices copulationis lobo maxi- mo subquadrangulari, posteriore parvo, piriforme, anteriore stipitis longitudinem vix superante, apice in lobulum obtusum et alterum acutum diviso; glandula mucosa radiorum verti- cillis 21 munita. eccede è in: IIIADI ll a iii stenza CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 263 Long. 0,611 mm. |?](1) — alt. 0,405 mm. — lat. 0,239 millimetri. Habit.: apud Buda-Pest (Kertesz). Credo che non si possa mettere in dubbio che l’'/Iyo- cypris descritta da Kertész come varietà dell’I. gibba, sia invece una specie distinta. La disposizione dei rilievi del guscio, la forma del palpo del piedemascella del maschio, lo sviluppo relativo delle setole del penultimo articolo del secondo paio di zampe, la forma dei rami, della forcina dei due sessi, oltre ad alcune particolarità del secondo paio di antenne, fra cui andrebbe ricordata la presenza di cinque setole natatorie soltanto (dato che il Kertész le abbia contate esattamente, il che non sempre si può fare in tutti i preparati); sono caratteri che non hanno riscontro nelle altre Ilyocypris. Le due setole del lato dorsale della forcina del maschio sono rarissime nelle Cypridae di acqua dolce: la Pontoparta rara Vavra ce ne dà un esempio: esse sono proprie della sottofamiglia delle Pontociprinae. Però sì po- trà porre la questione se questi caratteri più o meno sin- solari menzionati nella descrizione o indicati nelle figure di Kertész, corrispondano perfettamente alla realtà. In vero bisogna tener presente che la descrizione di tale autore, sebbene molto elaborata, ha subito l’influenza delle descrizioni delle forme diverse che erano considerate come /. gibba: infatti alcune sue figure somigliano molto a quelle del Fischer e del Vavra. Inoltre la descrizione di Kertész manca di alcune notizie che l’autore non avrebbe dovuto dimenticare: avrebbe dovuto dire se la seconda antenna e la prima zampa siano molto ingrossate, come indica Fischer ed anche egli stesso nelle figure, ovvero (1) Evidentemente nella descrizione originale per un errore di stampa si legge mm. 0,611 invece di mm. 0,811. DI (>) a I.. MASI siano di grossezza normale. Ma i caratteri che più interes- sano sono quelli della forcina dei due sessi e del palpo del piedemascella del maschio (1). È lecito supporre che il Kertész abbia confuso con i preparati della sua specie qual- cuno con appendici di Candona? Nelle forme di questo genere la forcina molto ingrossata alla base e il palpo falciforme sono fatti normali, mentre nelle /lyocypris sono un caso unico, singolare. Io non ho potuto procurarmi esemplari dell’ Ilyocypris di Kertész, per assicurarmi del- l'esattezza delle notizie date da questo autore: ed ho sta- bilito il nuovo genere Ilyocyproîs, perchè credo che la forma che vi appartiene, finchè non sarà meglio cono- sciuta, non deve intanto essere confusa con le specie del genere /lyocypris. Noi non potremmo non assegnare ad essa un posto che le spetta, dubitando, senza motivi suf- ficienti, dell’esattezza delle osservazioni di Kertész. Forme incerte. Riesce molto difficile, e forse in certi casi impossibile, stabilire l’identità di alcune /lyocypris menzionate da vec- chi autori, con quelle descritte in seguito e meglio cono- sciute. Una di queste forme incerte è la Cypris sinuata descritta da S. Fischer nel 1847: ir essa, stando a ciò che si vede nella figura, è un carattere notevole la sporgenza a punta acuta al disopra dell’occhio; inoltre sembra che sulla superficie del guscio vi siano dei rialzi, poco marcati ma molto estesi. Secondo Fischer questa specie avrebbe un colore verde più o meno oscuro: carattere che non si riscontra in altre Ilyocypris. Essa fu trovata la prima volta (1) Gli autori che prima di Kertész avevano parlato di maschi dell’Z. gibba, non ne avevano descritto questo palpo. CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 265 nelle vicinanze di Zarskoje-Selo (Pietroburgo), ma poi il Fischer la descrisse identificandola con la C. biplicata Koch, e ripetendo che il suo colorito è verde. In questa seconda descrizione è indicata peril guscio veduto dal disopra una forma simile a quella dell I. Bradyi tipica: però la prima antenna è assottigliata, e ciò non corrisponde alla specie ora mominata, come pure non corrispondono le setole natatorie della seconda antenna, le quali sono lunghe e sarebbero se- condo l’autore in numero di quattro; la seconda antenna è poi notevolmente ingrossata ed ha nel terzo articolo un aculeo incurvato ad S che arriva alla metà delle unghie ter- minali. La prima zampa ha cinque articoli, la seconda ha dei dentelli ricurvi sul margine distale del penultimo articolo. La figura della forcina rappresenta questa dal disopra e perciò non può servire per la conoscenza della specie. Brady e Norman hanno considerato questa /lyocypris come una delle varietà d’I. gibba, ma il Sars (1889) avendo identificato alcuni esemplari da lui raccolti con la descrizione della C. biplicata Koch, ha ritenuto che si trattasse di una specie distinta. E questa sembra anche a me l'opinione più pro- babile. La Cypris cribrum di Cosmovici, riguardo alla quale questo autore non ha dato notizie sulle appendici, mi sembra riferibile alle Ilyocypris: specialmente la forma quadrangolare allungata del guscio che essa presenta, l’al- lontana dalla specie della sottofamiglia delle Cyprinae. Nella « Fauna del Regno di Napoli » di O. G. Costa è figurata e sommariamente descritta una Cypris bituber- culata, raccolta nel Lago degli Astroni, la quale per alcuni caratteri somiglia ad una Darwinula, mache io credo rife- ribile piuttosto alle IZyocypris a causa della forma del guscio, che è più alto anteriormente, e dell’aspetto reticolato delle valve: caratteri questi che non presenta nè la Darwinula Ste- 266 L. MASI — — — vensoni (Brady and Robert son)la sola specie del genere finora raccoltain Europa, nè la Darwinula setosa Daday, trovata dal Prof. Silvestri nella Patagonia. I due tubercoli arrotondati di cui parla il Costa, non sono altro che gusci chitinosi di Infusorî del genere Lagaenophyrs, i quali si trovano fre- quentemente attaccati sugli Ostracodi di acqua dolce. Secondo Vavra la Cypris Strausti del Plateau potrebbe essere una I/yocypris, e secondo Brady e Norman spette- rebbe anche a questo gruppo il Monoculus puber di Jurine. Questi autori ritengono inoltre che la C. bistrigata di Zad- dach e Lilljeborg sia identica alla /. Brady Sars. Le Ilyocyprinae, come ha fatto osservare il Miller, costituiscono nella famiglia delle Cypridae un gruppo i- solato. Possiamo ritenere che le Cypridae di acqua dolce comprendano tre rami principali, ad uno dei quali spet- terebbero le //yocyprinae, ad un altro lé Cyprinae (gruppo del Notodromas e gruppo delle Cypris), ed al terzo le Candoninae, cioè le Candona, Cypria e Cyclocypris. La forma del piedemascella nelle /I/yocyprinae è affatto caratteristica : tuttavia parecchi altri caratteri di esse ricordano più il gruppo delle Cypris che non quello delle Candoninae. Tut- tavia non si deve supporre che vi sia una parentela fra le Cypris e le Ilyocypris: poichè le forme del gruppo delle Cypris sono derivate molto probabilmente da quelle del gruppo Notodromas, il quale è assai discosto dalle Ilyocy- prinae, e le somiglianze di queste con le Cypris devono considerarsi come convergenze. La forma del palpo del piedemascella del Y nel genere Iyocyprois, la quale ricorda, © Pi PEPE E Peo IR DTI RI ai cei | BGAST CONTRIBUTO ALLA SISTEMATICA DELLE « ILYOCYPRINAE » 267 come ho già detto, quello del genere Candona, andrebbe considerata anch'essa come un caso di convergenza. Dob- biamo ritenere che il tipo falciforme e unisegmentato del palpo sia succeduto filogeneticamente a quello con due o tre articoli cilindrici, che ricorda l’endopodite delle zampe ambulatorie da cui ha avuto origine. : Tra i fatti che confermano questa ipotesi, voglio qui ricordarne uno indicato dal Vavra riguardo alla sua Cypris venusta (1): nella descrizione di questo autore, la figura del piedemascella di un maschio immaturo presenta il palpo formato da due articoli cilindrici, mentre nell’adulto i due articoli sono compressi e l'ultimo è foggiato ad uncino. Questo è quanto si può dire finora riguardo all’af- finità delle IZtyocypris con le altre Cypridac. Ma le nostre cognizioni riguardo a tali specie sono ancora molto scarse; poco sappiamo della distribuzione fuori d'Europa, “non ci è noto se esistano nel Continente africano e nel- l'America meridionale: il numero delle forme raccolte è ancora assai limitato ; sulla loro anatomia non si è fatto nessuno studio particolare. Sarebbe utile rivolgere mag- giormente l’attenzione alle specie di questa sottofamiglia, le quali, forse a cagione della difficoltà che presentano ad essere rintracciate nel fango, e forse anche per la loro piccola mole, che di rado supera 1 mm. di lunghezza, sono state troppo trascurate finora in confronto di quelle degli altri gruppi di Cypridae. (1) VAVRA, W. — Die Sùsswasser - Ostracoden v. Ostafrika. — Die Thierwelt Ost. — Afr., herausg. unter Redact. v. Moebius. Berlin, 1898. Eienco bibliografico Braby, G. ST. — A Monograph of the recent British Ostracoda. — Trans. Linnean Soc., vol. XXVI, 1868. BRADY, G. ST. and Norman, A. M. — A Monograph ot the marine and fresh-water Ostracoda of the North Atlantic and of Nosth-Western 268 L. MASI Europe. — Scient. Trans. Roy. Dublin Soc. Sectio I, Podocopa, 1889. Sectio II Myodocopa (con appendice ai Podocopa) 1896. BRADY, CrosekEYy and ROBERTSON. — A Monograph of post-tertiary En- tomostraca — Paleontographical Society. London, 1874. Cosmovici, L. — Contribution è la faune de Roumanie, Ostracodes. — Bull. Soc. Zool. France, XXV, 1900. ‘Costa, 0. G. — Fauna del Regno di Napoli, 1849-54, vol. 11°. DaApAY, J. — A Budapest Kéòrnyékén tenyészò kagulòsràkok. — Termé- szetrajzi Fiùzetek. XV. 3. FiscHER, SeB. — Die in der Umgebung von St. Petersburg vorkom- menden Crustaceen Branchiopoden und Entomostraceen. — Mém. des Sav. étr. de St. Pétersbourg. Tome VI-VII, 1S51. FIiscHER, SEB. — Abhandlung ueber das Genus Cypris. — Mém. présen- tées è l’Acad. Imp. des Sciences de St. Pétersbourg par divers sa- vants. Tome VII, 1854. Jones, R. — Monogr. of the Engl. tertiary Entomostraca. — Paleonto- graphical Society. London, 1656. JURINE, L. — Histoire des Monocles qui se trouvent aux environs de Genève. Gen., 1820. KAUFMANN, A. — Cypriden und Darwinuliden der Schweiz. — Revue suisse de Zool. Tome 8, fasc. 3. 1900. PT © Gu SU TT RE © Note entomologiche Comunicate dal socio consigliere Comm. FORTUNATO ROSTAGNO alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Pieris ergane H. G. Nelle colonne del nostro Bollettino ebbi già a tratte— nermi sulla Pieris ergane H. S., da me trovata al confine della provincia romana con quella di Aquila, e propria- mente in Oricola, primo paesello dell'Abruzzo, circa 70 kilom. ad oriente di Roma, il cui territorio confina con quello di Arsoli, ultimo dei paeselli della provincia ro- mana. Il territorio di Oricola è situato come un cuneo entro la provincia di Roma, poichè è posto fra Arsoli e Camerata Nuova, che appartengono entrambe «alla detta provincia; è perciò che io considero questo lembo di terra abruzzese quale appartenente alla campagna romana, a cui geograficamente attiene, mentre solo per la sua pro- venienza dall'antico reame di Napoli è considerato ammi- nistrativamente come facente parte dell’Abruzzo, provincia di Aquila (1). Ho già accennato in altra mia pubblicazione come la scoperta del Pierîs ergane H. S. italiano avesse una certa importanza, giacchè nessun autore ne fa cenno fra i lepi- dotteri d’Italia. Nell'ultima edizione della Staudinger, edita nel 1901, e che deve considerarsi senza fallo come l’opera più completa ed esatta sulla materia, del Pieris ergane italiano non si parla affatto, come non è riportata, per quello conosciuto finora, alcuna varietà od aberrazione. (1) In recentissime ricerche ho trovato l Ergane in territorio di Arsoli pro- vincia di Roma. 270 FORTUNAIO ROSTAGNO E perciò che ho ritenuto meritevole di studio speciale questo lepìdottero e, recatomi appositamente in Oricola varie volte, ho avuto campo di fare su di esso più minute osservazioni, che credo utile rendere oggi note. L’ergane italiano trovasi a circa 1000 metri di altezza : esso è molto localizzato, non si rinviene se non in date precise località che non abbandona pel restante della cam- pagna: dimora specialmente nei boschetti soleggiati di querce; ha: volo rapido e veloce più del 'P..rapae L*S£Na è di dimensioni più piccole di quest'ultimo. Ha due gene- razioni, una in primavera, ma molto scarsa: io non ne potei catturare in una settimana che due esemplari, un Sed una £, verso gli ultimi di maggio. Questi esemplari primaverili sono alquanto più pal-. lidi sia nella pagina inferiore delle ali seconde, sia nelle macchie nere della pagina superiore che appaiono spol- verizzate di bianco, tanto da sembrare quasi grigiastre. La generazione estiva sviluppa in fine di luglio ed ha il suo pieno in agosto: si trova anche in settembre ed è più colorita nella pagina inferiore delle seconde ali special- mente, le quali tendono ad un leggero giallastro, come soventi accade ‘nel Prerîis “rapae "L. iS. UN. Incestateseno quelle date speciali località, l’ergane può dirsi comune, mentre non trovasi alla distanza di pochi metri da esse: posso asserire con sicurezza che non vi è l'ergane a più di duecento metri dalle piccole boscaglie ove è localizzato, salvo casì rarissimi. Quindi, sebbene in quei luoghi possa dirsi l’ergane comune, pur per tutto il rimanente della cam- pagna romana non esiste e va perciò indicato come raro e localizzato. Nell’ergane italiano ahbiamo per la f non raro un di- morfismo accentuato. Sono poche le ££ tipiche: general- mente esse variano per la grandezza delle macchie nere XOTE ENTOMOLOGICHE STI molto più late e per la colorazione totale del fondo che tende al paglierino verdognolo, mentre nella pagina infe- riore, specie le seconde ali, tendono al giallo cromo. Sono tutte forme di passaggio più o meno accentuate alla ab. /on- gomaculata M. Due aberrazioni però tipiche possono consi- derarsi in questa serie di dimorfismi delle f£: la prima fu gia da me descritta come aberrazione /ongomaculata: in questa le macchie nere sono talmente prolungate nel senso trasversale delle prime ali da unirsi come in una striscia unica curva concentrica al bordo stesso e con una colora- zione totale in paglierino verdognolo, come sopra ho detto. Un'altra distinta aberrazione da quella per le recenti mie ricerche credo dover considerare e questa propongo chia- mare Pierîs ergane H. G. Ab. magnimaculata M. Si distingue dal tipo generalmente per il color bianco giallastro verdognolo nella pagina superiore delle ali e per un bel colore giallo cromo nella pagina inferiore delle seconde. Le macchie nere poi sono tutte più scure e di dimensioni molto più grandi che nel tipo : si può dire che questo carattere è maggiormente accentuato di quel che sia nel rapae var. hossti Stef., differisce dalla /ongomacu- lata M. poichè, sebbene più grandi, le macchie non sono congiunte. E da notare che la macchia centrale delle pri- me ali, anzichè rotonda come nel tipo, è larga e quadrata e talvolta con un lato alquanto curvo a forma di arco col concavo verso il bordo dell'ala. Non avrei creato queste ab. se non si trovasse insieme ad essa il tipo caratte- ristico e l'avrei piuttosto ritenuta una forma propria delle ££ dell’ergane italiano, ma l’esistenza ancorchè più rara del tipo perfetto dataci degli autori, mi consiglia a creare questa per ora non descritta aberrazione. Pa 272 FORTUNATO ROSTAGNO Pieris ergane H. G. ab. J semimaculata M. Una bella ab. dell’ergane 3 lo potuto catturare nella stag. primaverile. È un dimorfismo del g* che corrispon- derebbe in parte alla ab. /eucoptera Stef. del rapae. Man- cano assolutamente tutte le macchie nere tanto nelle prime che seconde ali, ad eccezione della apicale che è estrema- mente ridotta. Per questa aberrazione propongo il nome di semimaculata, restando ancora una traccia delle macchie apicali, come ho detto. Lycaena Icarus Rott. ab. £ isabellata. M. Trovata in prossimità di Roma verso il viale Parioli dal mio carissimo giovane collaboratore Lorenzo Zapel- loni it 25 settembre e facente parte della mia collezione. Differisce dal tipo pel colorito generale chiarissimo Isabella, in modo che potrebbe sembrare a prima vista un insetto per molti anni esposto al sole e scolorito, ma in- vece fu raccolto freschissimo e di recente sviluppo. Raris- simo. Lycaena bellargus Rott. ab. 3 rufopunctata M. Trovata nei pressi di Padova da mio fratello Colon- nello Rostagno. È l’ab. Ceronus Esp. con i punti neri NOTE ENYOMOLOGICHE Pie: marginali della pagina superiore delle seconde ali cigliali sulla parte alta da un vivo color fulvo. Lycaena Argus L. ab. © Bina M. Differisce dal tipo per avere la pagina superiore delle quattro ali di colore unito marrone scurissimo e man- cando assolutamente la fascia di lunule fulve. Da me trovata ad Acquatraversa a circa tre chilometri ad ovest di Roma nei primi di giugno. Lycaena Argirognomon Brgstr. ab. £ callarga Stgr. Non fu mai trovata nella campagna romana per quanto ho potuto riscontrare, Lo Stefanelli nella sua monografia sui ropaloceri della Toscana dice di aver raccolti esemplari con caratteri intermedi tra il tipo e la ab. Callarga Stgr. L’esemplare da me catturato è perfetto in tutte le sue ca- ratteristiche morfologiche. L'ho trovata sui monti di Oriolo, 70 Kilom. ad ovest di Roma, altitudine circa m. 600. Melitaea trivia Schiff. var. Catapelia Stgr. Data solo per l'Asia centrale e minore; di colorito pallidissimo. Ne ho raccolto un esemplare tipico in un Bollettino della Soc. Zool. Ital. — Fase. VII, VIII e IX, 1906. 3. FORTUNATO ROSTACGNO ssprato in mezzo ai boschi di Oricola, M. 1000. — Molti esemplari più chiari del tipo ebbi occasione di trovare in quei giorni (luglio), ma uno solo ha caratteri assoluta- mente decisi, che non mi lasciano dubbio per la sua clas- sificazione. Di queste note ho data comunicazione alla Società Zoologica italiana, presentando i relativi esemplari nella adunanza scientifica del 24 luglio 1906. F. RostAGNO Istituto ZooLocico peLLA R. UniveRrsITÀ DI Roma diretto dal Prof. Comm. A. CARRUCCIO Contributo allo studio della struttura della glandola interstiziale del testicolo nella Gavia Comunicazione alla SOCIETA’ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma del socio VALENTINO BARNABO’ n —____—_—_—r—_r_yx=n Le cellule interstiziali del testicolo sono immerse in una massa di sostanza amorfa, la cui natura non è an- cora ben chiara. Bouin e Ancel, che si sono molto occu- pati della struttura e della funzione della glandola inter- | stiziale del testicolo, dicono che, quando il testicolo è gio- vane, le cellule interstiziali presentano segno di grande attività fisiologica, e sono immerse in una massa di so- stanza connettivale giovane (1). Con ciò essi, pur ammet- tendo la natura connettivale di tale sostanza, lasciano intravedere che essa possa essere dovuta alla elaborazione degli elementi interstiziali, perchè, secondo loro, essa si trova, quando questi presentano segno di grande attività fisiologica. Regaud dice invece che nel gatto gli elementi inter- stiziali producono una massa fluida, coagulante, sostanza messa in libertà negli spazi connettivali (2). Quella che si vede sarebbe perciò la sostanza fluida coagulata ; ma come —___ (1) Bouin et Ancel. — Recherches sur les cellules interstitielles du testicule chez les Mammifères. — Arch. de Zoologie expériment. et générale, 1903. (2) Regaud Cl. — Les phénomènes sécrétoires du testicule. — Comptes rendus de la Société de Biologie, 1900. 276 VALENTINO BARNABÒ | | | | | si fa a vedere la sostanza dapprima fluida? Non è questa che una ipotesi. E poi solo nel gatto si ha questa secre- zione? Eppure tale sostanza si osserva molto bene anche nei testicoli di altri Mammiferi, nella Cavia ad esempio. Beissner dice che ogni complesso di cellule intersti— ziali è circondato da una membrana propria, priva di nuclei, che impedisce il passaggio delle goccioline di grasso, elaborate da quelle cellule, nel sincizio di Sertoli (1). Egli dà anche delle figure molto chiare di questa membrana priva di nuclei, e di struttura fibrillare. Essa sarebbe per- ciò per lui null’altro che una membrana, e non un pro- dotto di elaborazione delle cellule. Anche Sénat (2) ritiene che la sostanza coagulata che si trova tra le cellule interstiziali sia un prodotto di que- sti elementi, o un prodotto della loro disintegrazione. Io ho voluto studiare la questione, servendomi di adatti metodi di ricerca, adottando sia colorazioni, sia im- pregnazioni specifiche dei tessuti connettivi, per vedere come sì comporta in tal caso questa sostanza. A tale scopo mi sono servito innanzi tutto del metodo di impregnazione dei connettivi col nitrato d’argento e con consecutiva ridu- zione del sale d’argento mediante il cosiddetto « procedi- mento fotografico » di Ramon y Cajal. Di questo mezzo si è servito anche recentemente il Moschini per lo studio del connettivo nelle capsule surrenali (3). Ho poi adottato come metodo di colorazione specifica, quella del Van (1) Beissner. — Die Zwischensubstanz des Hodens und ihre Bedeutung. - Archiv fùr mikroskopische Anatomie, 1898. (2) Sénat. — Contribution à l’étude du tissu conjonctif du testicule. — Th. de Lyon, 1900. (3) Moschini A. — Contributo alla fine anatomia delle capsule surrenali. Soc. Medico-Chirurg. di Pavia. — Resoconto nel « Policlinico » Sez. prat., 1906, VIII fase. DO N “I GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO NELLA CAVIA Gieson, che colora, come si sa, in rosa le fibre connetti- vali. Vediamo innanzi tutto i risultati ottenuti col primo metodo. Mi sono servito di testicoli di Cavia giovane, che ho fissato in alcool assoluto, dopo averli tagliati a piccoli pezzettini. Dopo 24 ore, li ho passati in una soluzione di nitrato d’argento all’1 °/,, e ve li ho tenuti per 15 giorni e allo scuro. Ho poi fatto la reazione con uno dei comuni liquidi sviluppatori usati in fotografia (soluzione di idrochi- none), ottenendo subito una intensa colorazione nera com- plessiva di tutto il testicolo : e ho conservato i pezzettini 24 ore in questo liquido e alla luce diffusa, per accertarmi che la reazione fosse penetrata nell'interno. Ho poi pro- ceduto alla inclusione in paraffina dei pezzi, dopo i soliti passaggi nella serie degli alcooli e nello xilolo. Ho anche tentato su alcuni pezzettini, ma con insuccesso, la consecu- tiva colorazione di contrasto in fofo col carminio boracico. Mi è invece riuscita meglio la colorazione di contrasto delle sezioni con una soluzione di cocciniglia, fatta agire a lungo, perchè i tessuti così trattati assumono difficil- mente il colore. Nei preparati così ottenuti, la reazione colpisce in modo elettivo tutto il tessuto connettivo, che viene impre- gnato in nero, e che si può osservar bene nei sepimenti che si dipartono dall’albuginea e s’intromettono tra tu- bulo e tubulo. A forte ingrandimento si osserva però che la reazione non riesce egualmente bene in tutto il prepa- rato; ma vi sono dei punti, in cui essa ha solo comin- ciato, e colpito alcune cose. Esaminando così uno degli accumuli di cellule interstiziali in uno di questi punti, si osserva che i limiti del protoplasma di queste cellule non sono ben netti: ma sono confusi gli uni con gli altri, ap- 278 VALENTINO BARNABÒ punto per causa di quella sostanza, oggetto del nostro studio. I nuclei delle cellule sono ben visibili, colorati in rosso dalla cocciniglia. La sostanza cementante si nota di strut- tura fibrillare, formante un sottile e delicato reticolo, che unisce tra loro le cellule interstiziali, e il gruppo delle cellule interstiziali alla membrana propria dei tubuli se- minali circostanti. Si ha così un aspetto, che a prima vista fa ritenere si tratti di prolungamenti protoplasmatici, di- partentisi a raggi dalle cellule stesse interstiziali, facendo ben comprendere come queste cellule abbiano potuto dai primi osservatori essere scambiate per elementi nervosi. Tale fu difatti l'opinione di Letzerich (1), che riteneva fos- sero dei gangli nervosi, e di Harwey (2), il quale pensava fossero elementi nervosi bipolari con due prolungamenti e un nucleo arrotondato. Inoltre si osservano dei granuli finissimi neri, dovuti alla reazione, i quali sono disposti irregolarmente lungo il reticolo di questa sostanza, e anche nel protoplasma e sul nucleo delle cellule interstiziali. Questi ultimi granuli, forse granuli dei prodotti di elabo- razione delle cellule stesse, sono però più grossi di quelli che si trovano nella sostanza fibrillare, e che certamente sono indizio della iniziata reazione. Che sia veramente così, ci si convince coll’esame di quei punti del preparato, dove la reazione è avvenuta in modo completo. Si osserva allora molto bene il fine re- ticolo di questa sostanza, del tutto impregnato di granuli finissimi neri, nello stesso modo come è avvenuto per il connettivo interstiziale circostante. Qua e là questi granuli (1) Letzerich L. — Ueber die Endmgungsweise der Nerven im Hoder der Saugethiere und des Menschen. — Arch. filtr pathologische Anatomie, 1868. ( Harwey. — Ueber die Zwischensubstanz des Hodens. — Centralblatt fùr die medicin. Wissenschaften, 1875. GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO NELLA CAVIA 279 sono molto più numerosi e più fitti, e ciò succede spe- cialmente attorno alle cellule interstiziali.. Di queste non si vede più nettamente che il nucleo tondeggiante, perchè nella maggior parte dei casi anche il protoplasma è na- scosto da questo gruppo fitto di granuli neri. Anche qui si può osservare che il reticolo unisce tra loro le cellule interstiziali, e unisce anche queste cellule alla parete pro- pria dei tubuli seminali vicini. In mezzo a questo reticolo si trovano spesso dei vasi, e attorno ad essi vi è pure un accumularsi di fitti granuli, che disegnano così anche un complesso di connessioni tra gli elementi interstiziali e le pareti dei vasi stessi. Vediamo ora dei preparati colorati col metodo di Van Gieson (fucsina e acido picrico). Questo metodo fu già adottato da Ancel e Bouin, i quali nel testicolo del cavallo osservarono due sorta di cellule interstiziali, le une da loro dette eosinofile perchè colorate in rosso, le altre dette picrinofile perchè colorate in giallo (1). Io ho adoperato il Van Gieson per la sua proprietà di colorar in rosa pallido i tessuti connettivi, e ho fatto dei preparati di testicoli di cavia, colorando i nuclei con ematossilina acida Ehrlich. In questi preparati si possono allora ben nettamente distinguere le cellule interstiziali dagli elementi fissi del connettivo, per la forma e per la struttura dei nuclei. Mentre difatti i nuclei degli elementi connettivali sono al- lungati e sottili, e con un grosso reticolo colorato inten- samente in marrone scuro (colorazione determinata dal complesso dell’ematossilina Ehrlich basificata e del colore composto di Van Gieson); i nuclei delle cellule interstiziali sono di forma tondeggiante o irregolare, sono più grandi, (1) Ance] et Bonin — Sur l’existence de deux sortes de cellules intersti- tielles dans le testicule du cheval. - Comptes-rendus de la Soc. de Biologie, 1904, 250 VALENTINO BARNABÒ più chiari, e hanno un fine reticolo cromatico con qualche accumulo qua e là di cromatina, più intensamente colo- rata in marrone scuro. Ma ciò che è interessante, si è che tanto gli uni quanto gli altri, sono attorniati da un sottile reticolo fibrillare delicatamente colorato in rosa pallido a mo’ delle fibre connettivali. Questo reticolo presenta gli stessi caratteri di quello che aveva posto in evidenza la reazione fotografica nera di Cajal, e non si può stare un momento in dubbio che si tratti dello stesso reticolo. Il protoplasma degli elementi interstiziali non è ben netto con questo metodo di colorazione. Che cosa si può concludere ora dall'esame di questi preparati? Tanto il metodo di Cajal, quanto quello di Van Gieson sono, direi quasi, specifici per i connettivi: e la sostanza fibrillare, in cui sono « plongés » gli elementi interstiziali, come dicono Bouin e Ancel, si è impregnata e colorata con questi metodi, allo stesso modo dei con- nettivii Dunque devono aver ragione Bouin e Ancel di chiamarla sostanza connettivale. E essa poi davvero gio- vane come vogliono questi autori? Non mi pare sia molto facile poterlo dire con precisione. Certo però non è una sostanza fluida coagulata, come vorrebbe Regaud, perchè ha una struttura fibrillare, finamente fibrillare, e si com- porta tal quale come le fibrille del connettivo circostante. Certo non si può parlare di membrana propria, circon- dante il complesso delle cellule interstiziali, come descrive Beissner, perchè non si tratta, almeno per il testicolo di Cavia, di una vera membrana, tale da opporre un impe- dimento al passaggio di goccioline di grasso: ma si tratta invece di un reticolo diffuso. A me pare anzi che, date le connessioni, che questo reticolo ha coi vasi e con la pa- rete propria dei tubuli seminali circostanti, potrebbe pen- GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO NELLA CAVIA 281 sarsi che esso possa servire di via di conduzione dei prodotti elaborati dalle cellule interstiziali, che devono essere poi as- sorbiti sia dai vasi, sia dalle cellule seminali, secondo le ve- dute più recenti degli autori. Ciò sarebbe anche convalidato, secondo me, dal fatto, che colla reazione di Cajal si ha un maggior accumulo di granuli neri, tanto intorno alle cellule interstiziali, quanto intorno ai vasi, e in qualche punto, intor- no alla membrana propria dei tubuli seminali. Comunque sia, non mi pare si possa ritenere di trovarci dinanzi a un prodotto di elaborazione delle cellule interstiziali: e tanto meno poi a un prodotto della loro disintegrazione, come avrebbe voluto Sénat, perchè non si notano elementi con segni di degenerazione qualsiasi. E’ difficile formarsi una idea esatta di ciò: ma io dico, perchè si vuol andar a cer- care il difficile nella interpretazione dei fatti, mentre sa- rebbe così semplice supporre che vi sia del connettivo cir- costante alle cellule interstiziali, come ce n'è attorno a tutti gli elementi dei tessuti: e, se si ammette come dimostrata la natura glandolare delle cellule interstiziali, attorno a tutti gli elementi glandolari in ogni glandola dell'organismo? Ad appoggiare questo modo di vedere ‘stanno i fatti, che ho cercato di dimostrare precedentemente, e che credo non sia difficile spiegare in questo modo. Roma, luglio 1906. Contributo alla conoscenza degli TORACNIOI del Lazio Comunicazione del prof. V. MARUCCI alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA, con sede in Roma Nella mia « Nota preliminare sugli Idracnidi del lago di Castel Gandolfo « (1) accennai a poche forme ivi rac- colte ed esaminate con una certa fretta, tanto che incorsi in una inesattezza ammettendo la presenza della Limmnesia histrionica, Hermann, che invece non ho riscontrato aven- dola confusa con una specie affine. Vengo ora a portare un ulteriore contributo alla corografia di questo gruppo di animali, aggiungendo alle specie da me precedentemente ricordate, parecchie altre riscontrate nei laghi di Nemi e di Bracciano, fra le quali una che ritengo non ancora de- scritta. Le specie da me enumerate che si riferiscono tutte alla sottofamiglia Hygrobatinae di Piersig, non sono le sole da me raccolte, ma parecchie altre presentano notevoli difficoltà nella determinazione e perciò non posso ancora. pronunziarmi su di esse, riservandomi di pubblicarlo in seguito. Per la sinonimia di queste specie, mi riferisco alla classica monografia di Piersig (2) di cui mi sono larga- mente servito. ——_______ (1) Rendiconto della III Assemblea ordinaria e del Convegno dell’Unione Zoo- logia Italiana in Roma 81 ottobre-3 novembre 1922, in Monitore Zoologico Ita-- liano, anno XIII (Supplemento) di *embre 1902. pag. 33. (2) R. Piersig. Deutschlands Hydrachniden. « Zoologica » Heft 22 Stuttgart, 1900, con 51 tav. i 00 Vi II I IE TTT dd het Ly i - IDRACNIDI DEL LAZIO 283 I. Atax (I. C. Fabricius), Bruzelius. 1. A. crassipes (0. F. Miiller). Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 52, tav. HI, fis. 5. L'ho rinvenuto in tutte le stagioni in tutti e tre 1 la- ghi di Castelgandolfo, Nemi e Bracciano : tra i numerosi esemplari ne ho trovato uno con la metà sinistra dell’ap- parato sessuale esterno soppressa. Distr. geog. Comune in tutto il continente europeo. II. Cochleophorus, Piersig. 2. C. deltoides, Piersig — Deutsch. Hydrachn. pag. 67, tav. IV, fig. 7. i Specie nuova per l’Italia, rinvenuta da me nei tre: laghi sopracitati. Distr. geog. Germania (Piersig). II. Hydrochoreutes, C. L. Koch. 3. H. Krameri, Piersig — Deutsch. Hydrachn. p. 79, tav. VII, fig. 10. Lago di Bracciano, specie nuova per l’Italia. Distr. geog. Germania (Piersig) ÌV. Curvipes, Koenike. 4. C. rotundus, Kramer — Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 118, tav. IX, fig. 19. Laghi di Castelgandolfo, Nemi e Bracciano. Specie nuova per l'Italia. Distr. geog. Svizzera (Steck), Francia (Barrois et Mo- niez), Germania (Kramer, Koenike), Svezia (Neuman), Fin- landia (Nordquist). 5. C. thoracifer, Piersig. Deutsch. Hiydracehn.- p. 128, tav. IX fig. 20. 284 V. MARUCCI Specie nuova per l’Italia, lho rinvenuta nel lago di Nemi. | Distr. geog., Germania (Piersig), Svizzera (Steck). 6. C. controversiosus, Piersig — Deutsch. Hydrachn. p. 137, tav. XII, fig. 34. Lago di Castelgandolfo, specie nuova per l’Italia. Distr. geog. Germania (Piersig). XV. -Piona;/CG-E- Koch. 7. P. torris, Miller — Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 152, tav. XVI, fig. 40. Lago di Nemi — specie nuova per l'Italia. Distr. geog. Germania (Koenike), Danimarca (Miller), Russia meridionale (Krendowskij). VI Acercus, GC. L. Koch. S. A. spatulifer, n. sp. Descrizione del maschio. Grandezza. — L’esemplare era lungo mm. 0,668 e largo mm. 0,501. Forma. — Visto dal dorso apparisce di forma ovale allungata, al margine anteriore non esiste alcuna insena- tura tra le due setole antenniformi, distanti luna dall’al- tra mm. 0,1002. Colore. — Il colore fondamentale del corpo è giallo chiaro, quasi come quello dell'A. cassidiformis, Haller. Palpi. — La lunghezza dei palpi raggiunge i mm. 0,300 : l'articolo base è molto esile, il secondo assai ispessito, il terzo ed il quarto vanno gradatamente diminuendo in spessore, il quarto è il più lungo di tutti: il quinto pre- senta alla base un'espansione simile a quella dell’ A. lt gulifer, Piersig. Epimeri. — Gli epimeri non sono come quelli del- ELICA ” nt pra Seite IDRACNIDI DEL LAZIO 285 VA. cassidiformis, Haller, fusi in un’unica piastra epimerale, distinti da una sutura più o meno appariscente, ma sono divisi in due gruppi, l'anteriore formato dai primi due epimeri, il posteriore dagli altri due, separati l’uno dal- l’altro da un piccolo intervallo e all’interno non passano senza apparente divisione in un pezzo sternale, ma restano separati da una discreta zona. Zampe. — Le zampe misurano : na Re an AA] PATO TAN ACLI ATE SAP A ASRE RIVENINTE.- 0,484 DITO RANE MA ORC E AE: 0,518 RIE OO 0,585 Il 1° e 2° paio presentano l’articolo terminale un pò rigonfiato, ventricoso, che nella parte superiore distale forma una larga escavazione per accogliere i ben svilup- pati artigli. Sul lato esterno del quarto articolo del paio di piedi posteriori, si trova una setola molto sviluppata dall’apparente aspetto di una breve spatola girata debol- mente a vite, come quella che si trova nell’A. ligulifer, Piersig, lunga circa mm. 0,050. L’ultimo articolo presenta la struttura caratteristica del genere, in esso peraltro l'i- 2856 V. MARUCCI spessimento che sì trova nella porzione prossimale dal lato esterno è molto più accentuato che quello delle forme affini. Campo genitale. — Il campo genitale si trova avvici- mato al margine posteriore dell'ultimo paio di epimeri. T’apertura sessuale ha una lunghezza di mm. 0,083, essa è limitata lateralmente da piastre che si dirigono obliqua- mente all’esterno e indietro a forma di ala, seguendo per- fettamente il margine posteriore degli ultimi epimeri. Su ciascuna piastra si contano circa 19 ventose. Luogo di rinvenimento. —- Raccolto nell’ottobre del 1904 nel lago di Nemi (1). 8. A. cassidiformis, Haller — Piersig, Deutsch; Hydracbn. pig ave VHS Specie nuova per l’Italia, l'ho rinvenuta nei tre laghi di Bracciano, Castelgandolfo e Nemi . . . Distr. geog. Svizzera (Haller), Germania (Koenike). VII Atracetides: €. L: Koch. 9, A; spirnipes; C.cL.'Koch—Piersio. Deutsch. Hydrachn. p. 186, tav. XVIII fig. 45. Specie nuova per l’Italia, l'ho rinvenuta nei tre laghi, suddetti 0,0 Distr. geog. Svizzera (Steck), Francia settentrionale (Barrois et Moniez), Germania (Koch, Kramer, Piersig) Svezia (Neuman). (1) La femmina, la ninfa e la larva non potetti andare e cercarle. Neppure posso dare l’intiera figura dell’animale, essendomi stato smarrito l'esemplare dal disegnatore e non potendo ora recarmi sul luogo a rac- coglierlo di nuovo. Mi limito quindi a dare il disegno della zampa po- steriore, fatto con la camera lucida. i (Krendowskij), Danimarca (Miller), Svezia (Neuman). IDRACNIDI DEL LAZIO 287 VIII Limnesia C. L. Koch. 10. L. undulata, Mùller — Piersig. Deutsch. Hydrachn. p. 209, tav. XXIII. fig. 07. Laghi di Castelgandolfo, Nemi e Bracciano ; specie già conosciuta in Italia, il Largaiolli (1) la rinvenne nel Benaco, il Maglio (2) nelle acque del Pavese. Distr. geog. Italia (Largaiolli e Maglio), Svizzera (Lebert e Haller), Francia (Barrois et Moniez), Russia meridionale 11. L. Koenikei, Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 215, tav. XXII, fig, 56. Laghi di Bracciano, Castelgandolfo e Nemi. Distr. geog. Italia (Largaiolli nel Trentino), Germania e Boemia (Piersig), America del Nord (Tyrell). IX. Oxus, Kramer. 12. O. longisetus, Berlese — Piersig, Deutsch 0Hydrachn. p. 240, tav. XXIV, fig. 63. Laghi di Bracciano, Castelgandolfo e Nemi. Distr, geog. Italia (Berlese nelle acque del padovano, soemia (Pizarovic), Germania (Made), X. Torrenticola, Piersig. 15. T. anomala (Koch) Piersig. Deutsch. Hydrachn. p. 260, tav. XXVII, Ho c0o: Lago di Bracciano — specie nuova per l'Italia. Distr. geog. (rermania (Piersig). (1) V. LARGAIOLLI. — « IJdracne del Trentino — Quarto contributo alle studio delle Idracne italiane » — Rivista Tridentum, fasc. III, 1903. (2) C. MagGLIO. — « Primo elenco di Idracne del Pavese » in Rendiconti del R. Ist. Lomb. di Sc. e Lett. S. II, Vol. XXXVI, Pavia 1903. 285 V. MARUCCI XI. Mideopsis, Neuman. 14. M. orbicolaris, O. F. Miller — Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 263, tav. XXVI, fig. 67. Lago di Bracciano — specie nuova per VTItalia. Distr. geog, Francia (Barrois et Moniez), Boemia (Pi- sarovic), Germania (Dréscher), Danimarca (Miller), Svezia (Neuman), America del Nord (Tyrell). XI. Arrenurus, Dugès. 15. A. crassicaudaltus, Kramer — Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 339, tav. XXXI, fig. 80. Lago di Nemi, specie nuova per l’Italia. Distr. geogr. Germania (Piersig). 16. A. sinuator, Miller — Piersig, Deutsch. Hydrachn. p. 350, tav. XXXVIII, fig. 101. Lago di Nemi, specie nuova per l’Italia. Distr. geog. Svizzera (Lebert), Francia (Barrois et Mo- niez), Boemia (Pisarovic), Germania (Koch), Danimarca (Miller), Russia meridionale (Krendowskij). In tutte le memorie e trattati che ho consultato per studiare i gruppi di animali in discorso, ho trovato che gli idracnidi s'incontrano facilmente nelle acque debolmente scorrenti o stagnanti: nella provincia di Roma di queste acque non mancano, ma non sono riuscito a trovarne neppure un esemplare, pur avendole esaminate con molta cura. Lo studio di questo gruppo di animali è stato da me compiuto nel Laboratorio della R*. Stazione di piscicol- tura di Roma, diretto dal Prof. D. Vinciguerra; e quì mi è grato porgere a lui vivi ringraziamenti per la cortese ospitalità accordatami e per l’aiuto prestatomi. IstiTuTo DI ZooLocia peELLA R. UnIvERSITÀ DI RoMaA DIRETTO DAL PROF. COMM. A. CARRUCCIO LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO Storia, Morfologia, Anatomia Comparata, Istogenesi, Fisiologia, Fisiopatologia, e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo. Comunicazione alla SOCIETÀ ZOGLOGICA ITALIANA con sede in Roma del socio VALENTINO BARNABO’ I. — GENERALITÀ Nel testicolo dei Mammiferi e di molti altri Vertebrati esistono delle cellule speciali, che vanno sotto il nome di cellule interstiziali. Questi elementi, di aspetto ben diverso dalle comuni cellule fisse connettivali, si trovano nel con- nettivo interstiziale della glandola sessuale maschile, e precisamente a preferenza tra tubulo e tubulo, e in vici- nanza dei vasi. Il loro aspetto non comune richiamò già da tempo l’attenzione degli Istologi, che li descrissero in varia guisa, e dettero poi loro interpretazioni diverse. Così, mentre da alcuni autori, specialmente sui primi tempi, non si annetteva ad essi alcuna notevole impor- tanza funzionale, da altri, e ìn ispecie in questi ultimi tempi, e da autori francesi, si è loro attribuita una grande importanza. Si è difatti pensato che queste cellule elaborino la secrezione interna, dimostrata anche per la glandola testi- colare fin dalle classiche esperienze di Brown Séquard. È certo che il testicolo possieda una secrezione endocrina, Bollettino della Soc. Zool. Ital. — Fase. VII, VIII e IX, 1906. 4. 290 V. BARNABÒ la quale potrebbe influire notevolmente sia sulla funzione genitale, sia sulla determinazione dei cosiddetti caratteri sessuali secondari, sia anche sull'intero organismo, per il suo accrescimento e sviluppo. Anche l’ovaio possiede una secrezione simile in modo indubitato: e così le glandole genitali possono considerarsi come costituite da due sorta di glandole riunite in un unico complesso: ossia da una glandola a secrezione esterna, quella che produce lo sper- matozoo nel maschio e l’ovulo nella femmina, e da una glandola a secrezione interna, da porsi accanto per la sua funzione nell'organismo alla ipofisi, alla tiroide, alle pa- ratiroidi, alle capsule surrenali, al timo. È possibile dun- que parlare di una glandola interstiziale del testicolo. Ma se si conosce con sufficiente precisione la fisiolo- gia di tale secrezione, non si può d’altra parte con altret- tanta sicurezza precisare istologicamente a quali elementi spetti questa funzione. Molti autori sono d’accordo nel ri- tenere le cellule interstiziali il substrato anatomico di questa secrezione; perchè, pur non essendosi ancora de- scritto con certezza un periodo funzionale e un periodo di riposo di tali cellule a simiglianza di altre cellule glando- lari, sì sono per altro notati in esse varii prodotti di elabora- zione, come goccioline di grasso, granuli di pigmento, e forme di cristalloidi. Questa, si è detto, sarebbe la costi- tuzione morfologica della secrezione interna; tale secrezione, dato l’aggrupparsi di queste cellule in vicinanza dei vasi, verrebbe assorbita dai vasi stessi penetrando in circolo : il grasso avrebbe un determinato destino, il pigmento un altro, i cristalloidi un altro ancora. Le divergenze però sono moltissime nelle opinioni; le ipotesi si succedono alle ipotesi, e le prove sperimentali ottenute sono contrad- ditorie e non in tutto per ora risolutive. Tale disaccordo tra gli Autori esiste anche quando si GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 291 ricerca la istogenesi e la natura delle cellule interstiziali: e chi le considera elementi connettivali trasformati, chi elementi epiteliali inclusi nel mezzo del connettivo circo- stante; e si è parlato persino di clementi nervosi e di elementi sanguigni. Vi sono dunque ancora oggi, malgrado tanti pregevoli lavori, molte questioni da risolvere, e molte opinioni da raccordare; e io credo che possa giovare an- che un lavoro di riassunto di tutto ciò che si è detto fi- nora su tale argomento. E perciò mi propongo di studiare la storia, la morfologia, la topografia, l'anatomia compa- rata, l'istosenesi, i prodotti di elaborazione e il loro pro- babile destino, la fisiologia e la fisio-patologia, il significato morfologico, il probabile significato fisiologico, e i rapporti di tale glandola con le altre glandole a secrezione interna, terminando col confronto dell'elemento interstiziale del testicolo con quello dell'ovaio. Da questo studio vedremo «quali sono le conclusioni che si possono dedurre a pro- posito di questi elementi, a cui sarebbe dovuta, tra l’altro, l’importanza di quello, che il prof. Durante, sostenitore della chirurgia conservativa in tante malattie, suol chia- mare nelle sue lezioni il festicolo psichico. II. — STORIA Secondo L. Testut, le cellule interstiziali furono sco- perte nel 1850 da Leydig, il quale poi nel suo trattato d’Istologia (1857) ne constata l’esistenza in un gran nu- mero di Mammiferi, rilevando che in alcune specie sono numerose, mentre in altre sono rare. Pehedice che. nel porco, ad esempio, sono tanto abbondanti, da dare al te- sticolo l'aspetto e il colorito della cioccolata; crede che \ 292 V. BARNABÒ __'t —_—__m__t—___u:.-ÌiÒibÒebue —_—. * e ent —_ — siano cellule connettivali simili alle adipose, e ne descrive i caratteri. Secondo altri, è stato invece Kélliker, che nel 1856 pel primo segnalò degli ammassi di cellule arrotondate, chiare, analoghe a quelle del tessuto connettivo embrio- nale, poste tra i tubuli seminali, nei setti connettivali, sotto la aibuginea e nel corpo d’Ismoro. Le sue osservazioni ri- guardavano il testicolo delluomo, nel quale simili cellule erano chiare e ricche di granuli grassosi e pigmentari. Dopo di questi autori Ludwig (1862) considerò le cel- lule interstiziali come dei linfatici disposti intorno ai vasi sanguigni. Tagliando dei vasi linfatici, diceva egli, si hanno nell'interno dei globuli bianchi; e quando uno di questi globuli bianchi è tagliato, si ha quello che Leydig aveva chiamata cellula interstiziale. La Valette S'-George nel 1871, fa degli elementi inter- stiziali delle cellule connettivali, di origine e di natura enigmatica. Nello stesso anno 1871 van Ebner, studiando le cellule interstiziali nel topo, nel coniglio, nel cane, nel gatto e nelluomo, ne descrive i caratteri morfologici, la forma irregolare, poligonale, il citoplasma granuloso, il nucleo, il pigmento, il grasso che cresce coll’età del sog- getto; e dopo aver constatato il rapporto di tali cellule coi vasi, rapporto questo non costante, ammette che siano elementi connettivali profondamente modificati. Ricorderò che già nel 1868 Letzerich aveva creduto che le cellule interstiziali fossero cellule nervose disposte sotto la forma di gangli. E nel 1875 Harwey ammetteva pure che si trattasse di cellule nervose bipolari, con due prolungamenti e un nucleo arrotondato. Per Henle, nel 1886, si sarebbe trattato invece di elementi nervosi ter- minali. Boll, nel 1871, descrisse pure le cellule interstiziali GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 293 disposte a mo’ di glandole acinose, intorno ai vasi san- guigni:; e le considerò come elementi connettivali trasfor- mati. Hofmeister, nel 1872, studiando in vari Mammiferi queste cellule, dimostrò che il loro numero e la loro di- sposizione sono variabili a seconda dello stadio della onto- genesi, e che nel feto diminuiscono progressivamente fino alla nascita. Esse presentano in alcuni animali un aspetto nettamente connettivale, e in altri epiteliale, in modo che non si può stabilire con precisione la loro natura, benché sì possano ritenere di natura epiteliale. Von Mihalkowics nel 1889, paragonando gli elementi interstiziali con quelli del corpo luteo dell'ovaio, della ghiandola coccigea e della intercarotidea, ne ammette la genesi a spese dei resti embrionali e ne fa elementi epi- teliali. Invece in un primitivo lavoro, nel 1875, lo stesso autore li aveva ritenuti come di origine connettivale ; e in uno studio successivo, nel 1895 tornò a questo suo modo di vedere. Waldeyer dette pure una interpretazione strana alle cellule interstiziali: in un primo lavoro, nel 1872, le con- siderò come punto di partenza di un tumore speciale, da lui detto angiosarcoma plessiforme; in un altro lavoro, nel 1875, studiando tutte le cellule fisse del connettivo e le interstiziali, le avvicinò alle plasmazellen che si trovano nella ghiandola coccigea, nella intercarotidea, nell’avven- tizia dei vasi de] cervello, nelle capsule surrenali, nel corpo luteo, e nella placenta. Simile interpretazione fu poi ac- cettata anche da Ehrlich nel 1876, il quale ammise le cel- lule interstiziali come facenti parte della categoria di pla- smazellen di Waldeyer che restano scolorate col violetto di dahlia, e le chiamò perciò cellule granulose. Mentre i lavori di Frey (1878) e di Minot (1879) non avevano apportato alcun nuovo dato sulla conoscenza di f 294 Y. BARNABÒ questo argomento, quello di Jacobson del 1879 tornò a far supporre la natura connettivale di tali clementi; e fu di- mostrato che il loro numero aumenta coll’infiammazione del testicolo per poi diminuire. Così questo autore corresse l'opinione che aveva emesso nel 1875, quando, essendo riuscito a colorare le cellule interstiziali col cloruro d’oro aveva ritenuto si trattasse di elementi nervosi, come ave- vano già pensato Letzerich, Harwey ed Henle. Anche Tourneux nel 1879 insiste sulla natura connet- tivale delle cellule interstiziali, da lui studiate nella loro istogenesi nel cavallo. Secondo questo autore, le cellule interstiziali racchiudono nel loro interno delle goccioline di grasso. Inoltre esse sono eguali a quelle cellule che nello sviluppo della femmina vengono a costituire le pareti del follicolo ovarico e poi il corpo luteo. La stessa opinione fu condivisa nel 1880 da Nussbaum, il quale ammise che i cordoni di sostanza interstiziale dcl testicolo e quelli dell'ovaio provengano dai cordoni dell'epitelio germinativo, e che siano rimasti senza svilupparsi allo stato embrionale. Sono elementi distinti dalle plasmazellen di Waldeyer, per- chè, come aveva già notato Ehrlich, non presentano le stesse reazioni di colorazione. Un lavoro importante è quello di Reinke, che nel 1896, notò nel testicolo di un giovane di 25 anni, numerosi cri-. stalli rappresentanti una secrezione particolare delle cel- lule interstiziali, dentro cui si trovavano. Egli per primo ammise che questa secrezione fosse ripresa dai linfatici ec andasse nel sangue, forse presiedendo all’appetito ses- suale. Lubarsch nello stesso anno 1896, non fu della stessa opinione e ritenne che i cristalloidi di Reinke fossero in- vece indice di una degenerazione celluiare. Lenhossek nel 1897 ritenne le cellule interstiziali come un organo di riserva, e che i cristalloidi di Reinke fos- GLANDOLA INTERSTPIZIALI, DEL TESTICOLO 295 sero impiegati dall'organismo per fabbricare la linea se- minale, non trovandosi più quando il periodo della fe- condità è finito. Dopo di questi autori si può considerare che, adot- tando i metodi di ricerca più perfezionati, si siano for- mate delle idee un po” meno vaghe e un po’ più precise intorno a questi elementi. Diremo poi più particolarmente delle opinioni degli autori sul significato di queste cellule. Qui indicherò soltanto che .Plato nel 1896 e nel 1897, Beis- sner nel 1898 e Friedmann pure nel 1898 furono i parti- giani di una teoria, la quale ammetteva che i prodotti elaborati dalle cellule intestiziali servissero per assicurare la nutrizione dei tubi seminiferi. Il Regaud poi nel 1901 colla colorazione con la « laque cuivrique d’hematoxyline » di- mostrò il passaggio delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sincizio nutritivo del Sertoli. Ma già nel 1875 alcuni notevoli esperimenti avevano indotto Brown Séquard a ritenere una secrezione interna del testicolo, e in una serie di lavori dal 1889 in poi tale secrezione venne da lui dimostrata con molte prove. fillorarxeinke “e por Resaud'‘ e Policard nel 1901 e Loisel nel 1901 e nel 1902 emisero l'ipotesi che le cellule interstiziali potessero contribuire alla elaborazione di tale secrezione interna testicolare. Cominciarono quindi anche le esperienze, di cui vedremo poi partitamente, sia con la legatura dei dotti deferenti, ottenendo, come fecero Bouin e Ancel (1904), atrofia della parte seminale e sviluppo maggiore della parte interstiziale; sia facendo delle inie- zioni sclerogene di soluzioni di cloruro di zinco (Bouin e Ancel, 1903). Si è poi studiato il testicolo degli animali criptorchidi, specialmente del porco, del cavallo e del ca- ne, in cui pure la parte seminale è atrofica e la parte interstiziale molto sviluppata: e tali studii, iniziati da va- | 19 [te] Db V. BARNABÒ rii autori, e completati da Félizet e da Branca nel 1902, hanno portato a notevoli risultati. Si è studiato anche il testicolo degli animali in periodo di ibernazione da Han- semann, il quale ha notato le cellule interstiziali in mag- gior numero nella marmotta quando è desta; e si è studiato anche il testicolo di animali in cattività specialmente da Loisel. Finalmente ricorderò un recentissimo lavoro di Hervieu (1906), il quale ha ricavato dalla glandola inter- stiziale del testicolo due fermenti, della cui importanza tratteremo in seguito. Così abbiamo dato uno sguardo generale alla storia di questi elementi. Vedremo poi nei singoli capitoli in modo particolare di questi e di altri lavori importanti per evitare involontarie ripetizioni. EI. - DESCRIZONE MORFOLOGICA. Le cellule interstiziali si trovano, come vedremo, nel tessuto connettivo del testicolo : e ora sono isolate, ora costituiscono degli aggruppamenti in varia guisa, dei cor- doni, dei veri isolotti. Il loro numero oscilla entro larghi limiti nel testicolo degli animali adulti, e varia anche a seconda della specie del mammifero, in cui si studiano. Il numero degli assruppamenti è pure variabile, e varia il numero delle cellule costituenti i singoli isolotti. La tecnica per poterle esaminare non richiede alcun accorgimento speciale. Si possono allestire preparati con i comuni metodi di colorazione, e bene riescono i prepa- rati con ematossilina ed eosina, con la safranina, col car- minio e acido picrico, col metodo di Bizzozzero, ecc. Molto dimostrativi sono i preparati ottenuti con l'ematossilina acida Ehrlich e colla colorazione successiva di van Gie- GLANDOLA INTERSTIZIALE DEI TESTICOLO 297 son, che pone bene in evidenza la differenza tra la so- stanza interstiziale e il connettivo circostante. Qualunque liquido fissatore è buono. Io ottenni delle buone prepara- zioni, fissando a lungo con i liquidi fissatori alcalini a base di sale mercurico da me composti (1); si aveva così, ol- tre alla fissazione cellulare, una lenta macerazione della sostanza cementante connettivale, i tubuli seminali si slon- tanavano gli uni dagli altri, e gli elementi interstiziali re- stavano bene isolati e si potevano meglio studiare nella loro forma e costituzione. Metodi speciali sono stati adottati dagli autori per di- mostrare le singole parti delle cellule interstiziali. Così i cristalloidi di Reinke si colorano in rosso con la safranina e in violetto con il metodo di Bizzozzero.I granuli di pig- mento sono dimostrabili facilmente. Le goccioline di grasso sono state poste in evidenza con l'acido osmico. _ CI. Régaud ha poi adoperato la « laque cuivrique d’he- matoxyline +» per dimostrare il passaggio delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sincizio del Sertoli. Io ho usato il metodo fotografico di Ramon y Cajal per porre meglio in evidenza il connettivo fibrillare che av- volge le cellule interstiziali. | La forma di queste cellule varia a seconda dell’ani- male in cui si studiano. Generalmente è poliedrica, o ro- tondeggiante, rare volte fusata. Qualche volia si notano dei prolungamenti protoplasmatici, che vennero anche de- scritti da Harwey e da Regaud, e che fecero ritenere, come abbiamo detto, le cellule interstiziali come elementi ner- vosi bipolari. Quando le cellule sono ravvicinate o ad- ‘dossate le une alle altre per costituire un isolotto, e quando x _____________&<&< (1) BARNABÒ V. — Liquidi fissatori alcalini — Bollettino Società Zoolo- gica Italiana, 1905. 208 V. BARNABÒ in ispecie si tratta di un animale adulto, in cui per il maggiore sviluppo dei tubuli seminiferi la parte intersti- ziale subisce uno schiacciamento, non si può sempre di- stinguer bene i contorni cellulari, chè si fondono quelli di una cellula con quelli delle vicine e quelli delle cellule col connettivo circostante, e ciò succede più facilmente se non si è adoperato un metodo di colorazione che diffe- renzi bene questo da quelle. Tuttavia in tal caso si rico- noscono i limiti cellulari dalla sinuosità di essi. Io ho no- tato che, adottando il metodo fotografico di Cajal, suol succedere di veder confusi questi contorni; cosa che non accade altrettanto spesso adottando l’ematossilina ed eo- sina, e che indica come talvolta anche la tecnica micro- Sscopica possa avere una ìnfluenza su tale osservazione. La grandezza varia pure. In genere si può ritenere che i limiti oscillino tra i 60 e i 65 v, cifre ottenute da Feli- zet e Branca. Io nel testicolo di topo ho osservato cellule di grandezza variabile dai 50 ai 60 «; e nei testicolo di cavia dai 45 ai 50 v. Sulla grandezza di queste cellule in- fluisce però, come ben si comprende, tanto Vetà e lo svi- luppo dell’animale, quanto il grado di funzionalità mag- giore o minore degli elementi interstiziali e relativamente, ma in senso inverso, degli elementi seminali del testicolo in esame. Influisce pure la specie dell'animale, perchè ad esempio, secondo Bouin e Ancel, sono cellule assai volu- minose specialmente quelle del porco, del cavallo e del gatto. Il protoplasma è costuito, secondo Bouin e Ancel, da un endoplasma sferico ed omogeneo, che racchiude i due centrioli descritti da Lenhossek, e da un esopiasma va- cuolare, ripieno di prodotti di secrezione. Félizet e Branca danno una descrizione più minuta: secondo essi il corpo cellulare è omogeneo od alveolare con maglie fini ed ine- GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 299 guali. Qualche volta intorno al nucleo si trovano delle zone concentriche di protoplasma omogeneo e di protoplasma alveolare; e precisamente una zona di protoplasma omo- geneo, una seconda di alveolare, e finalmente una terza di omogeneo. Io nel testicolo di topo e in quello di cavia non sono riuscito a notare nna tale complicazione di strut- tura; ma ho visto il protoplasma generalmente alveolare, a maglie molto fini. Nel corpo cellulare si hanno poi dei gra- nuli siderofili, tinti in nero d'avorio dall’ematossilina, e gra- nulazioni basofile ed acidofile. I primi furono ritenuti. da Lenhossek come centrosomi: ma tale opinione non sem- brerebbe fondata, non essendosi ancora descritti fenomeni cariocinetici in queste cellule. Il nucleo può occupare una regione qualunque del corpo cellulare; si suole però ritrovare con maggior fre- quenza nella parte centrale. Secondo Bouin e Ancel in- vece esso sarebbe di regola eccentrico. In ogni modo è sferico od ovalare, e piuttosto grosso. Félizet e Branca in-- dicano le cifre di 12 a 16 . di diametro pel nucleo. Io nel testicolo di topo ho trovato limiti oscillanti da 10 a 12 » di diametro; e in quello di cavia da $ a 10 4. I contorni del nu- cleo sogliono essere regolari; tuttavia Félizet e Branca de-. scrivono, e hanno anche disegnato dei nuclei o strozzati, oppure divisi in due o tre parti dal fenditure a simi- glianza dei nuclei polimorfi dei leucociti. Queste sono forse forme di involuzione, ovvero di mitosi cellulare ? Questi autori ritengono di non essere autorizzati a ritenerli come mitosi cellulare. Il nucleo è bene tingibile con i comuni colori nucleari. La sua struttura è finamente reticolarc; con granuli di cromatina sparsi qua e là. Esso presenta anche uno o due nucleoli netti e voluminosi, che però non si ritrovano costantemente e in tutte le specie di a- nimali. AALENTINO BARNABÒ Come ho già detto, non si è per ora descritta una mol- tiplicazione delle cellule interstiziali per cariocinesi. Sola- mente Reincke nell'uomo, e precisamente in un giovane di 25 anni, ha descritto la riproduzione cariocinetica; ma la sua asserzione è rimasta isolata tra le numerose ricerche degli autori. Mancano anche descrizioni che accennino ad una riproduzione amitotica. Come si moltiplicano dunque queste cellule? Bouin e Ancel accennano che le cellule interstiziali contribuiscono all’ aumento del loro numero nel testicolo giovane per trasformazione progressiva del loro nucleo e del loro citoplasma. Non mì pare che la loro idea sia espressa chiaramente. Certo queste cellule, se sono cellule ghiandolari, si devono riprodurre, tanto più che sperimentalmente e in tante condizioni fisiopatologiche del- l'organismo esse aumentano di numero, prendendo persino il predominio sulla parte seminale della glandola testico- lare. Io credo che, se ancora non si hanno dati sicuri sulla loro moltiplicazione, non tarderemo ad averne con i me- todi precisi della moderna tecnica istologica. Nelle cellule interstiziali si trovano anche i prodotti della loro elaborazione, ossia goccioline di grasso, granuli di pigmento e cristalloidi. Di ciò credo più opportuno par- lare quando tratteremo delle varie opinioni degli Autori sul probabile destino e sulla maggior o minore importanza di tali prodotti. Qui mi limiterò ad accennare che anche questi prodotti non si trovano sempre e contemporaneamente in tutte le cellule interstiziali di tutte le specie di animali: ma questo o quel prodotto può predominare in questo 0 quell’animale : cosi il grasso si trova specialmente nel porco e nel gatto, mentre i cristalloidi sembrano esclusivi del- luomo ; e di pigmento vi sono varie specie anche nello stesso animale, come ad esempio nel pollo, in cui sì trova GLANDOLA INTERSTIZIALE DEI, TESTICCLO 301 pigmento chiaro e pigmento scuro, secondo le ricerche di Loisel. Accennerò anche qui di volo, riserbandomi di tornarvi nel capitolo dell’Anatomia Comparata, che mentre in tutti i Mammiferi è stato per ora descritto un solo tipo di cel- lule interstiziali per ogni singolo animale, nel cavallo le ricerche recenti di Ancel e Bouin hanno dimostrato alcune cellule che col metodo ui Van Gieson si colorano in rosso cellule eosinofile, e altre cellule colorate in giallo, cel- lule picrinofile. (li elementi interstiziali sono elementi glandolari se- condo alcuni Autori; e i caratteri morfologici su cui si basa questa opinione sono, secondo Bouin e Ancel: i ca- ratteri del nucleo e del citoplasma, l'aumento della super- ficie di contatto del nucleo col citoplasma durante la se- crezione, e l'assenza di mitosi. Più tardi esamineremo an- cora la questione, che qui accenno solo dal punto di vi- sta istologico. Certo il nucleo e il citoplasma hanno i ca- ratteri di quelli delle cellule glandolari; ma si potrebbero trovare altre cellule epiteliali o anche cellule fisse del con- nettivo con simili caratteri. L'aumento di superficie di contatto tra il nucleo e il citoplasma durante la secrezione non credo di facile ed esatta dimostrazione, poichè non si è ancora descritto con certezza un periodo secretorio e un periodo di riposo di queste cellule. L’ assenza di mitosi non è esclusiva delle cellule glandolari; ma si trovano altre cellule dell'organismo prive di mitosi, come ad esempio le cellule nervose; e si trovano pure cellule di glandole a se- crezione interna moltiplicantisi mitoticamente, come ad esempio le cellule della ipofisi anche secondo le recenti ri- cerche di Fichera. lo credo avrebbe piuttosto maggicr im- portanza la presenza dei prodotti di elaborazione, come le goccioline di grasso, il pigmento, i cristalloidi; ma sulla 302 V. BARNABÒ natura di tali prodotti non si è detta ancora l’ultima pa- rola. Vi sono poi anche altre cellule dell’ organismo che contengono pigmento e non sono glandolari, come ad e- .sempio le cellule del corpo mucoso del Malpighi; mentre il grasso e i cristalloidi potrebbero cssere prodotti di de- generazione cellulare secondo alcuni Autori, invece che pro- dotti di secrezione. Bouin e Ancel hanno per altro parlato anche di un periodo secretorio di questi elementi. Mentre nel periodo di riposo, o di stato, le cellule interstiziali si presente- rebbero con i caratteri finora descritti, vi sarebbe poi un periodo preparatorio, in cui il citoplasma si accresce e si riempie di materiali di secrezione, e un periodo succes- sivo propriamente detto di secrezione, in cui il raateriale di elaborazione si accumula alla periferia delia cellula. Que- ste osservazioni di Bouin e Ancel non sono state ripetute da altri e meritano conferma, trattandosi di questione così importante. Quindi per ora credo più esatto ritenere che la istologia fisiologica non ci fornisca dati sicuri per con- «Cludere sulla natura glandolare delle cellule interstiziali. (Continua). UNA na INEDITA dell’insizgne alista GIAMBATTISTA BROCCHI Comunicazione fatta dal V. presidente prof. ROMOLO MELI alla Società Zoologica Italiana, con Sede in Roma In un lotto di autografi (per la maggior parte lettere di scienziat) italiani del secolo XVIII) che acquistai nelle ‘wendite per auzione pubblica, tenutesi in Roma nella pri- ma metà del dicembre 1905 dalla Libreria P. Luzzietti, di una ingente e ricca raccolta di autografi e documenti sto- rici dei secoli XIV al XIX (1), si conteneva una lettera del ben noto naturalista e geologo Giambattista Brocchi (2). Ho ricercato nelle molte pubblicazioni, fin quì venute in luce, intorno al Brocchi ed ai suoi scritti, se la lettera, da me posseduta, fosse già stampata, ma non mi fu dato di ritrovarvela. Ritenendola pertanto inedita, mi sono deciso di ren- derla di pubblica ragione. Di ciò sono ben lieto, perchè ho sempre nutrito pel grande italiano una profonda ammira- zione. Devo principalmente alla lettura dei lavori del Broc- chi, se cominciai quando ancora io era studente, ad in- vogliarmi dello studio della storia naturale in genere e della geologia in specie, nonchè a raccogliere minerali, conchiglie e fossili. La sua Conchiologia fossile subappennina (Milano, 1814); il suo Catalogo ragionato di una raccolta di rocce disposte con ordine geografico per servire alla geo- ta (1) La interessante collezione appartenne, secondo quanto mi fu detto, al noto bibliografo comm. Carlo Lozzi. (2) La lettera trovasi indicata alla pag. 55, sotto il num. 557, nel Catalogo di una scellissinia raccolta di autografi e documenti storici dei Sec. XIV al XIX, . che si venderanno alla pubblica auzione nei giorni di lunedì 11, martedì 12, mercoledì 13 e giovedì 14 dicembre 1905. ecc. — Roma, Tipogr. Olivieri, 1905, in 16°. 304 R. MELI gnosia d’Italia (Milano, 1817); opera classica: Dello stato fisico del suolo di Roma. Memoria per servire alla illustra- zione della carta yeognostica di questa città (Roma, 1820): le molte altre memorie, specialmente quelle stampate dal 1816 al 1822 nei volumi della Biblioteca italiana o sia giornale di letteratura, scienze ed arti (Milano) ecc., sono lavori, che consulto di continuo, e che, principalmente per la geologia della regione romana, mi furono e saranno sempre per chiunque, di grande utilità, poichè costituiscono una vera miniera di osservazioni esatte, precise, eseguite con l'occhio, la mente ed il criterio di un profondo geologo. Ecco pertanto il fac-simile, riprodotto a 213 della gran- dezza naturale, della lettera, che ho trascritto in seguito con accuratezza : hg fanba A- C- Tae 17071 SAN dti dacornb All'Appalo ALMA pa be A RTAS Lar dk sapa ficna gue presa Cettedr alzi ORE nul- lo fora, BAT lia Si non la PALA favino desidero ? Sapri JE vip div al Aitegrato n lo ire alle pw die da SV 4 fest AIAR PA for colpa Cafe Peg lu PADANA gpl prnrro— Sat asvcado SV IA AR ai via. der grata Fo a Lu rà Le MANS yu li pu 2 passero ia perg > fel vantisva— gunho fono 49 ge WU CRNANRAR sn pori ve x ma RA dog frane Sa quevno Zuania che ferraro a SA canvw dla Naro. fna per iL“ QUa 4a o puro E Ag rv bo A fra A gr pa ine sSav V446 MISI ANNO ele Ae “ara vii fo solleizio, è se JT fon la tuvsona nnilaesta 4° Davla n finta a-\-Luricsto - Sl SI Sa Au lado | fa no Alenenpaian 4 ail carnale SO Canitaro sr Bo ce fra lo DA cu ylé Lo weuigii: poten puts ele cedas gie ancova gprs porno. fo - = e un prata la fn n re rdao Ma i | WII. rr rei TT UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 305 Sig. Gamba A. C. Trieste 2 Fbre 1822 Alla Locanda dell’ Aquila Nera. Non le rincresca di sagrificare per questa lettera alenni soldi nella Posta, ma essendo prossima la mia partenza desidero di sapere se ri- spetto al disegnatore Ella avesse altre notizie da darmi, e se per avven- tura Le fosse capitata tra le mani qualche persona che avendo vocazione d’intraprendere questo viaggio non incontrasse ostacoli per il passaporto. La paga giornaliera quando fosse soggetto capace si porterebbe anche ai sei franchi al giorno senza che fossero a suo carico le spese di viag- gio. Ma poichè Ella si è preso il disturbo di fare queste indagini sa- rebbe necessario che desse una risposta sollecita, e se vi fosse la persona richiesta di mandarla a dirittura a Trieste. Il vascello che dee traspor- tarmi in Alessandria è già nel canale, ed il Capitano mi dice che farà vela ai dieci del corrente, ina credo che indugierà ancora qualche altro giorno. Faccia è miei complimenti con tutta la famiglia e mi creda i Suo affmo Amico BROCCHI. Nella parte esterna trovasi la direzione : (CH 0 Oi Fa TIRES fezio pucione Alle sempe eMejia LT imm Atl’Ornatiss. Sig. Il Sig. Bartolomeo Gamba Regio Revisore delle stampe Campo Euzzolo VENEZIA Parimenti all’esterno, si osserva bene impresso il tim- bro postale V. TRIEST., a destra, in alto, un poco al di sopra della prima riga dell'indirizzo, e, presso la piega- tura destra si ritrova il timbro postale di Venezia — VE- NEZIA, 5 SETT. — ma assai meno marcato dell’ altro, e Bollettino della Soc. Zool. Ital. — Fase. VII, VII e IX, 1906. Di 3065 R. MELI visibile soltanto dopo un minuto ed accurato esame. Sulla stessa pagina esterna è segnato di altro carattere (certa- mente del Gamba ) Trieste Brocchi 1822 e sull’ ostia, che chiudeva la lettera, 5-7è, data della recezione della lettera. La lettera è scritta tutta di mano del Brocchi su di un foglio di carta piuttosto sottile, filogranata, piegata in due, di mm. 244 di altezza per mm. 187 di larghezza. La filograna, che rappresenta un angelo volante e sostenente un cartello con la scritta AL BUOSO, trovasi in corrispon- denza della pagina scritta, ma è collocata in senso inverso della scrittura in inchiostro. In corrispondenza dell'indirizzo poi si trovano le iniziali A B, parimenti filogranate. Lo scritto, senza contare le lince dell’ intestazione, della data e della sottoscrizione, si compone di 16 righe continue, che occupano circa la metà della pagina. La data, apposta dal Brocchi sulla lettera, fa vedere che fu scritta pochi giorni innanzi che egli salpasse da Trieste sulla nave austriaca + // Califfo » per VEgitto, ove era stato chiamato dal Vice-Re Mohamed Aly, per ese- guirvi esplorazioni minerarie, ed ove, come è noto, in- contrò la morte, il 23 settembre 1826, contraendo sfortu- natamente a Khartum nel Sennaar la peste bubonica, che allora vi infieriva. La partenza, come si rileva dal Giornale delle osser- vazioni fatte nei viaggi in Egitto, nella Siria e nella Nubia da G. B. Brocchi (1), avvenne nella uotte dal 23 al 24 set- (1) — Opera postuma, stampata in Bassano, A. Roberti, 1841-43, in 5 vol. in 8° col ritratto. del Brocchi nel 1° volume, e con un atlante di 20 tav. — Ve- dasi tom. I. pag. XVII, e pag. 2. Erra pertanto di un’ anno Defendente Sacchi nella 2i0grafia del Brocchi, stampata nel Cosmorama Pittorico. Milano, 1836, n. 47-48, e ristampata nella seconda edizione della Conchiologia fossile subappennina, edita da Giovanni Sil- vestri nel 1843, che forma i volumi 452-453 della Biblioteca scelta (Ved. vol. 452, pag. VII-XXIV), quando scrive che nel 1823, poco. prima della partenza, visitò la sua madre e che scriveva una lettera nel 1823 dal vascello sul punto UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 307 tembre del 1822, cioè, 21 giorni dopo che era stata scritta la lettera, ora pubblicata. Allora il Brocchi aveva l'età di cinquant'anni e mezzo compiti. Col Brocchi parti anche Francesco Pini, come mineralista. Nel citato Giornale di viaggio alle pag. 1-2 sono in- dicati i nomi dei componenti la spedizione, che col Brocchi si recava in Egitto, e poi, — dopo avvertito che il macchi- nista, fissato per la spedizione, fu trattenuto al momento di partire dalla Polizia di Trieste, adducendosi il pretesto che il suo passaporto non era regolare, — trovasi stam- pato : = Era parimenti necessario d’ includere nella spe- « dizione un disegnatore : in Milano fu scelto un giovane, È che sarebbe stato adattato all'uopo, ma anche alla par- LI tenza di questo furono frapposti ostacoli dalla Polizia di k quel paese ». A questo disegnatore alludeva evidentemente il Broc- chi, quando nella lettera scriveva al Gamba di inviargli persona, che non incontrasse ostacoli per il passaporto. Dalle parole che seguono nel Giornale di viaggio, cioè, dal brano seguente: « come l’altra (Polizia) di Trieste im- « pedì che si effettuasse l'imbarco di un altro soggetto, « che esperto nel disegno, avrebbe di buon grado intrapreso « questo viaggio ». — si può intuire che il Gamba, in se- guito alla richiesta fattagli dal Brocchi, gli procurasse un altro disegnatore, ma che anche questo non potesse par- tire per i rigori della Polizia austriaca. di lasciare l’Italia (Bid. scelta — Ved. vol. 402, pag. XIX). Deve sempre in- tendersi un’ anno prima, cioe nel 1822. Così pure, lo Stoppani nell’ Elogio « Giambattista Brocchi segna per la partenza da Trieste la data del 22 settem- bre 1822, anticipandola di un giorno. (Ved. Ati della Festa commemorativa il primo centenario della nascita di G. Brocchi, celebratosi in Bassano il AV ottobre 1872, ecc. pag. 43, nota 20). 308 R. MELI Faccio ora seguire brevi notizie sul Gamba, al quale è diretta la lettera. | Bartolomeo Gamba, grande amico del Brocchi e suo concittadino, essendo nato in Bassano Veneto nella pro- vincia di Vicenza, fu noto letterato e bibliografo. Scrisse e pubblicò molti lavori letterarii ed eruditi, che videro la luce dal 1796 al 1839. Durante l'invasione francese, nel 1811, fu nominato, a Venezia, Ispettore generale delle stampe dell’Adriatico e Censore governativo, il quale ufficio gli fu conservato, per la sua specchiata onestà, dopo la restau- razione del Governo austriaco. nel Lombardo-Veneto. Il Gamba .aveva una ricca raccolta di autografi di illustri i- taliani, la quale, dopo la sua morte, venne acquistata dalla Sig.!® Antonietta Parolini, e fu poi inviata, per sentimento ammirevole di amor patrio, in dono alla Biblioteca civica di Bassano, e non già in nome della donatrice, ma, per singolare modestia, in nome del defunto B. Gamba. La lettera, che ho pubblicata, potrebbe aver fatto parte della raccolta Gamba. Che essa abbia appartenuto ad una raccolta, lo si rileva dall’ esservi stato apposto il n. 4798, di calligrafia diversa da quella del Brocchi e del Gamba ; ma, per la forma dei numeri, indica un' epoca più re- cente e vicina a noi. Il Gamba dette un catalogo delle opere del Brocchi, che trovasi stampato nella: Serie dei testi di lingua e di altre opere importanti nella italiana letteratura scritte dal Secolo XIV al XIX — 4% edizione —- Venezia 1839, in-8° (1). Del Gamba si hanno parecchie biografie, edite da Fran- (1) Ecco le date delle diverse edizioni della Serie dei testi Qi lingua di B. Gamba : 1® edizione, Bassano, 1805. — 2 ediz. Milano, 1812, in 2 vol. in-16’.— Nuova edizione rifatta, Venezia, 1828, in 4’. — quarta ediz., col ritratto, Venezia, 1838, in 8°. UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 309 cesco Caffi, Luigi Carrer e da lui stesso, nella : Narra- zione della vita e delle opere di Bartolomeo Gamba scritta da lui medesimo, stampata nel f. 77 e seg, del giornale « La Parola - 1841. Angelo Pezzana scrisse pure : Alcune notizie intorno a Bartolommeo Gamba, che sono stampate nel volume col titolo: Di Bassano e dei Bassanesi illustri — Bassano, tip. Baseggio, 1847, in 8° (ved. pag. 309-324 col ritratto). Ed ora dovrei parlare dell'autore della lettera, ossia di Giambattista Brocchi. Ma, siccome ne furono pubblicate parecchie biografie, e molto fu scritto intorno a questo illustre italiano, spe- cialmente come geologo, così io mi limiterò qui ad indi- carne alcune, e riassumerò a grandi tratti le date princi- pali della sua vita. In ultimo accennerò a quelle delle sue memorie, nelle quali si trattano argomenti riguardanti la Zoologia. Defendente Sacchi pubblicò negli Annali universali di statistica, fasc. di febbraio 1828, n. 144, alle pag. 132 e seg., un elogio biografico del Brocchi. Fu poi ristampato con aggiunte nel Cosmorama pittorico, Milano, 18836 n. 47 e 48, e riprodotto, come già si è detto, nella seconda edi- zione della Conchiologia foss. subapp., edita dal Silvestri nel 1843, formante i vol. 452-453 della Biblioteca scelta {Ved. vol. 452, pag. VII-XXIV., sotto il titolo » Notizie su la vita e su le opere dell'autore). Fu anche ristampato nella Biblioteca scientifica diretta dai prof. M. Lessona e L. Camerano, edita da E. Perino (Roma, 1885, in 16°. Ved. il volumetto 4). Le medesime notizie si trovano nel vol. 417 della suddetta Biblioteca scelta, che contiene i Saggi biografici sugli uomini utili e benefattorî del genere umano « di De- fendente Sacchi — Milano, G. Silvestri, 1840. 310 R. MELI Elogio storico di Gio. Batt. Brocchi bassanese compi- lato dal suo concittadino Giovanni Larber — Padova, Va- lentino Crescini, 1828, iu s° di pag. 80+34 col ritratto del Brocchi. E° forse la migliore biografia, che siasi scritta sul Brocchi, corredata da molte precise notizie e indicazioni scientifiche sulle località da lui visitate. Di questa buona ed esatta biografia mi sono servito per compilare i brevi cenni e le ristrette notìzie sulla vita del Brocchi, che sono stampate sulla fine della presente memoria. Cenni su la vita di Gio. Battista Brocchi. Nella Biblio- teca di Farmacia-Chimica-Fisica-Medicina-Chirurgia-Tera- peutica-Storia naturale, ecc. Anno XIV, vol. XXV della 1? Serie (Anno IV, vol. VII della 2* Serie) N. 1, gennaio 1837 pag. V-XXII. E’ una compilazione ristretta, ricavata in gran parte dalla biografia scritta dal Sacchi, pubblicata nel 1836. Questa biografia mi fu comunicata dall'amico profes- sor Mario Cermenati, che l'aveva nella sua copiosa Bi- blioteca di opere relative alla Storia Naturale ed ai Natu- ralisti. Baseggio Giambattista, Della vita e degli studii di Giambattista Brocchi. Biografia stampata nel libro: Di Bassano e dei Bassa- nesi illustri, opera compilata dall’ab. Gius. Iac. prof. Fer- ruzzi — Bassano, tip. Baseggio, 1847, in 8° di pag. 462. (Ved. pag. 325-358, col ritratto del Brocchi). Ritrovai l’opera nella copiosa Biblioteca naturalistica del prof. Cermenati. Alcune notizie biografiche sul Brocchi si trovano nella prefazione dell’editore, che è stampata alle pag. MII- XXIV del vol. I. del Giornale delle osservazioni fatte net (|| TUTTE. ee" er UNA LETTERA INEDITA DI Ge. B. BROCCHI 311 viaggi in Egitto, nella Siria e nella Nubia da G. B. Broc- chi (op. cit.) Una breve biografia del Brocchi, seguita dalle indica- zioni di alcune sue pubblicazioni, trovasi nel Biographisch- Literarisches Handwòrterbuch zur Geschichte der exacten Wissenschaften ecc. von J. C. Poggendorff. (Ved. vol. I, 1863, pag. 306). Altra breve biografia, con limitata bibliografia, è data da Mazio Luigi, Studu storici letterarti e filosofici — Roma. tip. editrice romana, 1872, in-8. (Ved. pag. 379-383). Il Mazio dice che il Brocchi abitò in Roma, dal 1819 al 1821, la casa in Via Frattiria, segnata col numero ci- vico 27. Stoppani Antonio, Elogio di Giambattista Brocchi letto in occasione del primo centenario celebratosi in Bassano al dì 15 ottobre 1872 — Bassano, Sante Pozzato, 1873, in $°, di pag. 42. [Alle pag. 37-40 trovasi il catalogo delle opere del Brocchi redatto dall’ab. Giuseppe Roberti. Sono 69 articoli numerati dall'anno 1792 al 1859. Siegue, alle pag. 41-42, l’e- lenco delle opere inedite, che si conservano nella Civica Bliblioteca di Bassano. — Il medesimo elogio con gli e- lenchi citati è stampato negli A della Festa commemo- rativa il primo centenario della nascita di Giambattista Brocchi celebratosi in Bassano il NV ottobre MDCCCLXXII pubblicati a spese del Municipio per cura del cav. prof. Giu- seppe Iacopo Ferrazzi — Bassano, Sante Pozzato, 1873, in 8°. (Ved. pag. 15-54). Ne venne tirato un estratto separato. In alcuni esemplari degli Affi su carta di lusso si trova il ritratto del Brocchi ed il fac-simile della sua firma, la quale è identica a quella che si vede nella lettera, ora pubblicata. — Dell’elogio scritto dallo Stoppani fu fatta un’altra edizione, col titolo : Giambattista Brocchi. Lettura 312 k. MELI tenuta in Bassano in occasione del primo centenario colà ce- lebrato — Milano, 1874, in 32°. Fu anche ristampato nei « Trovanti » Milano, 1881]. Nella Nuova Enciclopedia italiana — Sesta edizione riveduta da Girolamo Boccardo, nel vol. IV (BO-CAR), To- rino, 1887, pag; 236-237, si ha una breve biografia del Brocchi. In questa è detto che nel 1823 fece vela da Trieste alla volta dell'Egitto, ripetendo l’errore del Sacchi, della cui biografia si deve essere servito il compilatore dell’articolo. La biografia termina, giustamente ponendo in ri- lievo che « Brocchi ha fatto per la geologia d’Italia più che tutti i suoi predecessori », al quale giudizio intera- mente mi associo. Altre ristrette notizie biografiche si trovano date da De Margerie Emmanuel, Catalogue des Bibliographies géo- logiques rédigé avec le concours des membres de la Commission bibliographique du Congrés géol. internat. -- Paris, 1896, in 8°. Ved. pag. 383, n. 2216-19. Altre biografie furono stampate da Giuseppe Barbieri (1837), da Tommaso Antonio Catullo (1872), dallo storico Giuseppe Maffei, ecc. L'elenco, più o meno completo, delle pubblicazioni del Brocchi trovasi riportato in molte’ delle sopracitate biografie. Quello compilato dall'abate Giuseppe Roberti, che fa seguito all’elogio dello Stoppani (Ved. pag. 49-52 degli Atti della Festa commemorativa), è certamente il più numeroso (1). Ma, meriterebbe di essere rifatto con mag- (1) Nel suddetto elenco del Roberti sono citate le « Lettere sopra Dante a Miledi W-Y. — Venezia, 179, in 12° » e le posteriori edizioni di « Berlino 1831, Milano 1835 — Recate in tedesco da B. I S. Bonn, 1855, alle quali il Fabbrucci aggiunse una nuova Appendice» — Nella; mia Biblioteca ho l'accennata edizione di Venezia del 1797 (appresso Silvestro Gnoato, in 16°, di pag. 160), quella di Milano del 1835, parimonti in 16°, e trovo ancora una edizione di Berlino del 1837; UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI E; 6, giore accuratezza bibliografica, segnando esattamente i vo- lumi dei periodici, le pagine, le edizioni, gli estratti, il loro formato, ecc. ecc., aggiungendovi anche la nota delle varie lettere del Brocchi, pubblicate dopo la data di stampa dell’accennata bibliografia. | che non sarebbe citata nel predetto catalogo delle opere del Brocchi. Questa edizione ha il seguente titolo: Lettere sopra la Divina Com- media di Dante di G. B. Brocchi, ora ristampate, con alcune note ed un appendice per opera e cura di Fabio Fabbrucci Toscano, Regio Professore e Pubblico Lettore di Lingua e Letteratura Italiana nella R. Università di Berlino, etc. etc. — Berlino, presso Giorgio Gropius, Stamp. di C. Feister, 1837, in 16° di pag. IV non numerate e 212. — Credo, peraltro, che si tratti della edizione menzionata dal Roberti e che, per solo errore tipografico, nel catalogo predetto sia stato stampato 1831, in luogo del 1837. Sono condotto a questa conclusione, leggendo la prefazione, scritta dal Fabbrucci, stampata nella edizione 1337, nella quale non si fa parola veruna di altra precedente edizione da lui put- blicata. In un primo e sommario riscontro tra le pubblicazioni del Brocchi, segnate in quell’elenco e le schede manoscritte della mia Biblioteca, ho trovato le seguenti aggiunte, o rettifiche. Analisi chimiche delle calci in Lombardia — Negli Atti delia So- cietà d'incoraggiamento di scienze e d’Arti stabili. in Milano, 180). Sui carboni fossili del dipartimento del Mella — Negli Atti citati 1811. Squarcio di lettera del sig. Brocchi al sig. Dott. Martini protome- dico del Vicerè del Cairo sull’albero ‘chiamato a Ierico Zakun e sulle poma di Sodoma — Nel Nuovo Giornale dei Letterati — Tomo X, nu- mero 19 (Scienze), 1825, da pag. 56 a 63 inclusive. Del perdimento delle specie e della conchiologia fossile italiana. Me- moria preceduta dalla vita dell'autore — Roma, 1885, in 16°. [Fa parte della £/D ioteca scientifica diretta dai professori Mario Lessona e L. Camerano, edita da E, Perino, e ne costituisce il volu- metto 4 |. È una ristampa delle dissertazioni, già pubblicate nel 1° volume della Conchiologia foss. subappennina (1% ediz. 1514, e 2* ediz. 1843). e della vita ei Brocchi, scritta dal Sacchi, aggiunta nella ;2* edizione, fatta dA Silvestri nel 1843, della Conchiologia. (Ved. Vol. I, pag. VIL XXIY). 3 Sarebbero poi da aggiungere le pubblicazioni, che apparvero poste- riormente alla data del catalogo Roberti, e le lettere del Brocchi, stam- pate in occasione di nozze, che si accenneranno in seguito. 314 R. MELI inn - cb Nella Bibliografia geologica e paleontologica della Lom- bardia, distribuita ai Socii della Società geologica italiana alla IX* Adunanza generale tenutasi in Bergamo dalla pre- detta Società dal 9 al 14 settembre 1890, che fu poi ristam- pata nel Bollettino della Soc. Geol. Anno IX, vol. IX, 1890, fasc. 3°, pag. 766-788, si trovano citati 9 lavori del Brocchi (Vedasi pag. 768-769 del Boll. citato). Molte lettere e brani di lettere del Brocchi sono stam- pate nella Biblioteca italiana di Milano : altre, ma in mi- nor numero, si trovano nel Giornale di Fisica e Chimica del Brugnatelli (Ved. Tom. VI. pag: 159, Pavia, 1823; tomi VIL pag. 136-137, 1824, ecc.). Una lettera, scritta il 12 luglio 1825, fu inserita dapprima nel Giornale di Venezia, n. 279, 7 dicembre 1825, Appendice (Varietà), e poi ristampata nell’Osservatore Triestino nel 1827, e negli Atti della festa commemorativa il primo centenario della nascita op. cìt.) nel 1873, insieme ad altre due scritte da Khartum al fra- tello (Ved. op. cit. pag. 101-106). Altra bella lettera diretta da Brescia il 9 settembre 1803 al Bartolomeo Gamba, è stampata alle pag. 28-30 delle Annotazioni, che sono in fine dell’ Elogio storico del Brocchi scritto dal Larber (op. cit.). Nella Raccolta di lettere inedite d'illustri italiani che fio- rirono dal principio del Secolo XVII fino ai nostri tempi. (Milano, tip. Classici italiani, 1839) sono pubblicate altre 14 lettere del Brocchi, 12 delle quali sono dirette ad Al- berto Parolini, il quale gli fu compagno in molti viaggî (Ved. pag. 57 e pag. 060). Una lettera del Brocchi, scritta da Bassano il 30 marzo 1801 al Sig. Agostinelli, fu pubblicata e riprodotta in fo- totipia nel 1882, in occasione delle Nozze Bagolini-Sivilotti, accompagnata da un cenno biografico sul grande natura- PC n UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI slo lista. L'originale della lettera è nella raccolta del signor Luigi Fasolì. In occasione delle Nozze Chemin-Tattara fu pubbli- blicata una lunga lettera del Brocchi, nella quale si parla di fatti d'arme, compiuti da Bonaparte tra il settembre e il dicembre del 1796 (1). Due altre lettere inedite del Brocchi a Bartolomeo Gamba, colle date: 22 giugno 1802. e 26 maggio 1803, fu- rono stampate per le Nozze Ferrari-Marangoni (2). Tre altre lettere, molto interessanti, dirette ad Alberto Parolini, furono date alle stampe nel 1883, in occasione delle Nozze Dall’Oglio-Scottoni (3). Sono conservate insieme all'epistolario Parolini nella Biblioteca Comunale di Bas- sano. Vi si ricordano nomi, libri, cose e località, impor- tanti per l'epoca. Parimenti in occasione delle Nozze Polidoro-Agosti- nelli, il dott. Luigi Chiminelli, di Bassano Veneto, fece co- noscere nel 1890 una lettera, scritta dal Brocchi alla con- tessa Elisabetta Fiorini-Mazzanti di Terracina, ben nota briologa, il 19 aprile 1824 da Gerusalemme (4). Ed ora riassumo un cenno biografico sul Brocchi, ser-- (1) Per le auspicate nozze Chemin-Tattara — Bassano, tip.-lit. Ant.. Roberti, 1883, in 8° di pag. 12. (2) Nozze Ferrari-Marangoni — Bassano, Stab. tip. Sante Pozzato, 1883, in $° di pag. 12. (3) Nozze Dall’ Oglio-Scottoni — Bassano, tipo-lit. Ant. Roberti, 1583,. in :8° di pag. 12. (4) Nozze Polidoro-Agostinelli — Lettera inedita preceduta da cenni sulla corrispondenza personale ed epistolare fra il naturalista Brocchi e la nobil signora Elisabetta Fiorini di Terracina per il dott. Luigi Chiminelli — Bassano, tip.-lit. Ant. Roberti, 1890, in 8° di pag. 10. Nella nota a pîedi della pag. 8 si fa menzione di altre 7 lettere, scritte dal Brocchi alla predetta Signora, e, dopo la morte di questa, donate alla Biblioteca di Bassano, ove pure sono conservate altre lettere,. autografi, memorie inedite del Brocchi e tutta la sua corrispondenza. 316 R. MELI vendomi della biografia scritta dal Larber ed indicando con qualche dettaglio le località italiane, visitate nelle sue peregrinazioni scientifiche. Giovanni Battista Brocchi nacque in Bassano-Veneto (provincia di Vicenza ) il 18 febbraio 1772 da Cornelio Brocchi e Lucrezia Verci. Per volere di suo padre si i- scrisse al corso di legge nella Università di Padova; ma, egli, che si sentiva attratto alle scienze naturali, seguì con passione le lezioni di Botanica dettate in quell’Ateneo dal..Prof. Bonato.' À. circa .20-anni, con. danari: ehekzdo: vevano servirgli a conseguire la Laurea dottorale in giu- risprudenza, viaggiò da Venezia, a Bologna, a Roma, ove si interessò di archeologia e specialmente di antichità e- gizie, sulle quali, ritornato dopo tre mesi in patria, stampò un suo libro (1), che poi cercò di ritirare. Ncl 1801 gli fu affidato l insegnamento della Storia naturale nel Ginnasio di Brescia. Fu eletto Socio dell’ A- teneo di questa città, il quale allora chiamavasi Accademia di scienze, lettere, agricoltura ed arti del dipartimento del Mella, e ne divenne il Segretario perpetuo. In tale quali- fica scrisse la storia di quell’ insigne Ateneo, che venne poi pubblicata nei Commentarii del suddetto Ateneo. Nel 1808 fu nominato Ispettore nel Consiglio delle mi- niere del Regno d’Italia in Milano. Nel 1810 visitava con C. Giuseppe Malacarne la Valle di Fassa nel Tirolo e raccoglieva materiali ed appunti, che gli servirono per il suo lavoro sulla anzidetta località (2). Nel luglio 1811, in compagnia del naturalista Alberto Parolini, suo amico e concittadino, si recava alle salse, o (1) Brocchi G. B., Zicerche sopra la seultura presso gli Egiziani. — Venezia, presso Silvestro Gatti, 1792, in 8°. (2) Brocchi G. B., Memoria mineralogica sulla valle dì Fassa in T'i- rolo, Milano, G. Silvestri, 1811, in 8°. nl UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI OLI vulcanetti di fango, di Sassuolo nel Modenese, e successi- vamente, alle emanazioni di idrocarburi di Barigazzo. Poi, entrambi passavano in Toscana, a Pistoia, a Prato, a Fi- renze, nel Val d’ Arno superiore ed inferiore, ad Empoli, ai colli di S. Miniato, a Pisa, Certaldo, Livorno, Siena. Vi- sitavano pure i soffioni boraciferi del Volterrano e le acque minerali di Val di Cecina. Brocchi, col Parolini, percorse in seguito i vulcani spenti dell’Italia media, fermandosi a Radicofani, e, perlustrando i vulcani estinti dell’Italia cen- trale, cioè, i Vulsinii, i Cimini, il cratere-lago di Vico, il gruppo dei Sabatini, ritornava in Roma per la seconda volta il 23 settembre 1811. L'intero viaggio fu compiuto a piedi e non sempre percorrendo le vie rotabili allora e- sistenti. Da Roma, col suo compagno di viaggio, continuava le numerose escursioni pedestri nei dintorni, recandosi anche a Tivoli, ad Ostia, ai colli Laziali. In seguito, Brocchi ed il suo compagno attraversavano le Paludi Pontine, giungendo a Napoli il 10 novembre del predetto anno 1811. Percorsi ed esplorati i dintorni di quella città (Campi Flegrei, Pozzuoli, la Solfatara, il Monte Nuovo, la baia di Cuma, il capo Miseno, ecc. ), andarono alle Forche Caudine, a Benevento, a Maddaloni e Caserta; poi a Nocera dei Pagani, Salerno e Pesto, a Pompei ed Er- colano. Il giorno 20 dicembre salivano sulla sommità del Vesuvio e sul ciglio dell’antico cratere, preesistente al Ve- suvio, cioè sulla Somma. Da Nola, ove si erano recati, ri- tornarono il 1° gennaio 1812 in Napoli, per presenziare la eruzione del Vesuvio, che ebbe luogo in quei giorni (1-3 gennaio ) e per vedere da vicino le lave incandescenti e- messe in quella ‘accensione. Visitarono poi Procida, l’isola d'Ischia, salendo sull’E- pomèo. In appresso si recavano nelle Puglie, a Barletta, LS 318 R. MELI Giovinazzo, Bari, al Pulo di Molfetta, alle Murge Pu- gliesi;- ecc. Ritornati a Napoli, ascendevano di nuovo la vetta del Vesuvio, il 5 marzo 1812, e ne rilevavano i cambiamenti e le modificazioni apportate alla sommità del cono ed allo apparecchio craterico dalla eruzione del gennaio precedente. Fatto ritorno a Roma, ne studiavano, eseguendovi escur- sioni per le più pedestri, i dintorni. Seguendo la via Aurelia, visitavano Civitavecchia, le Allumiere, la Tolfa, il cratere- lago di Bracciano nel gruppo dei vulcani Sabatini. Ritornati ancora una volta a Roma, muovevano per il N. dell’Italia e, viaggiando lungo la via Flaminia, visi- tavano Civitacastellana, Borghetto e Ponte Felice, Narni, Terni, Spoleto, Foligno, Colfiorito, Serravalle, Macerata, Loreto, Ancona, Monte Conero, Rimini, San Marino, Ce- sena, Forlì, Bacciolino, le solfare di Perticara e di For- mignano, le cave di lignite (miocenica) di Sogliano sul Rubicone, Cervia e le saline, Ravenna e la sua pineta, i dintorni di Bologna, giungendo il 31 maggio 1812 a Mo- dena. Prima di separarsi, dopo un viaggio attraverso l'I- talia centrale e meridionale, durato poco meno di un an- no, Brocchi ed il suo compagno, Parolini, compivano la ascensione del monte Cimone. Nell'estate 1813, di nuovo Brocchi, in compagnia dello stesso A. Parolini, effettuava un altro viaggio. Partendo da Milano, perlustrava il Piemonte e la Liguria, recandosi a Novara, Vercelli, Torino, ai colli Astensi, a Genova, alla Riviera Ligure, sia di levante che di ponente, e ritor- nando a Milano. In siffatti viaggì e scientifiche peregrinazioni, Brocchi raccoglieva una quantità d’oggetti di storia naturale, e specialmente campioni di roccie, di fossili, di minerali : prendeva numerosi appunti sulla geologia e geognosia UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 3l,j dei luoghi visitati, accumulando così una larga messe di ‘osservazioni scientifiche, nuove, interessanti, originali, di cui si servì nei suoi dotti lavori. Appunto come frutto dei molti suoi viaggì e delle tante osservazioni fattevi, appaiono i numerosi scritti dati alle stampe, il cui elenco, più o meno completo, fu più volte pubblicato, come già «dissi precedentemente. Lasciando da parte la lunga serie delle lettere, delle note, e delle sue memorie scientifiche — sempre oltre- modo interessanti, ma che trattano di speciali argomenti è sopratutto nelle e che si riferiscono a particolari località sue tre maggiori opere, cioè: Conchiologia (1814), Catalogo ragionato (1817) e Stato fisico del suolo di Roma (1820), che sono riassunte le osservazioni e gli appunti presi dal Brocchi durante i suoi viaggì attraverso le diverse regioni italiane. Specialmente i due primi libri, ora citati, con- tengono un enorme cumulo di notizie gcologiche su tutta l’Italia. | Frattanto. restaurata in Milano la dominazione au- striaca nel 1814, Brocchi doveva abbandonare, con suo di- spiacere, il posto di Ispettore delle miniere. Nel 1815 faceva ritorno in Roma, trattenendovisi per oltre un anno e mezzo. Durante questo tempo, faceva nu- merose escursioni attraverso il territorio romano. Difatti, andava dapprima nella regione laziale: saliva da Velletri, che giace sulle pendenze esterne del primitivo, grande cono vulcanico, sulla vetta dell’Artemisio, che, a sua volta, è uno dei punti elevati giacenti sull'orlo del grande circo craterico: poi perlustrava i dintorni di Valmontone e Pa- lestrina ; si recava nella catena pontina, a Cori, Sezze, alle Paludi Pontinè, a Terracina, al Circeo. Tornato a Roma saliva il Soratte: visitava ancora una volta i monti Tol- 320 R. MELI fetani: percorreva i vulcani Cimini ed il territorio Viter- bese, restituendosi poi a Milano. Sul principio del 1818 eseguiva un altro viaggio nell’'I- talia meridionale (Abbruzzo). — Si recava pertanto a _Fi- renze, donde partiva per Siena, visitando successivamente: Grosseto, Talamone, Orbetello, il promontorio Argentario, e lisola del Giglio. Ritornato per la 4* volta a Roma, perlustrava la valle dell'Aniene, andando dapprima a Ti- voli, Val di Cona, Subiaco, poi ad Arsoli, sul Piano del Cavaliere, Carsoli, Tagliacozzo, Avezzano e percorrendo il perimetro del lago di Fucino. Salita la vetta del Velino, andava in appresso a Ovindoli, fermandosi poi ad Aquila. Da Assergi, passando per la Portella, ascendeva sulla cima. del Gran Sasso (m. 2921), e nel settembre dello stesso anno 1818 ritornava in Roma. Quivi eseguiva ricerche ed espe- rienze sulla natura della malaria, delle quali trovasi stam- pata una relazione nella Biblioteca italiana (novembre 181$8),. ed altra più ampia sta in fine del volume Dello stato fisico del suolo di Roma (1820). Dopo aver perlustrato la costa romana, a N-NW. della città fino a Civitavecchia, percorreva la valle del Sacco e siungeva a Napoli, donde il 3 aprile 1819 si dipartiva per visitare le Calabrie e la Sicilia. Studiate le roccie dei dintorni di Reggio-Calabria, passava ad esaminare quelle dei pressi di Messina, di Palermo e Monte Pellegrino, di Taormina, di Catania, dell'Etna, delie isolette Lachée, o: dei Ciclopi, degli interessanti vulcani della Val di Noto, dei Colli Iblei, di Melilli, di Augusta, di Siracusa, ecc. Dalla Sicilia su nave a vela si dipartiva per la terra d'Otranto, studiandovi la pietra Leccese ed i suoi fossili, nonchè le conchiglie, che si ritrovano nei dintorni di Ta- ranto e Gallipoli. Visitato Otranto, passava successivamente nella Basilicata, a Venosa, a Melfi, salendo il cono vulcanico . . ® . . del Vulture: quindi, traversando la regione Irpina, passava RIST teen STAT VIET, ZI TE Te atei. UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 921 per Frigento, si recava a vedere la valle di Amsanto, e faceva ritorno in Roma, ove si tratteneva per pubblicare parecchie opere e memorie, tra le quali quella Sul suolo fisico di Roma (1820), già menzionata. & Nel 1821 ritornava a Milano; quivi, attratto dalla ‘idea di vedere le regioni bagnate dal Nilo, aderiva all’in- vito del Vice-re d'Egitto, accettando senza esitazione la proposta fattagli da Forni, chimico, direttore della fab- brica di polveri al Cairo, di recarsi nei possedimenti egi- ziani, prendendo impegno di rimanervi per tre anni, allo ‘scopo di esplorare e attivare miniere metalliche nell’ in- terno dell'Egitto, che, allora, era quasi sconosciuto per la storia naturale inorganica, cioè, per i suoi minerali, per le sue roccie, per ì suoi fossili e per i suoi giacimenti me- talliferi. Prima della partenza alla volta del continente africano, nell'autunno del 1821, si recava in Carinzia (Bleiberg), in Gorizia, e nella Carnia, visitando grotte (caverne di Adel- sberg) ritrovando nel fondo di quest'ultime ossa di orso. Nel settembre 1822 andava a Trieste, donde nella notte dal 23 al 24 dell’anzidetto mese salpava per l'Egitto. Dopo aver appoggiato a Ragusa a causa di una violenta burrasca, sbarcava il 3 novembre in Alessandria.— Da Ales- sandria, rimontando il Nilo, il 1° dicembre giungeva al Cairo. In seguito, visitava Denderah, e la parte del deserto, che sta tra il Nilo e il mar Rosso, Suez, Kenneh, Cosseir arrivando fino ad Assuan e Syene, ove si recava ad osser- vare le antiche cave del granito rosso (granito degli obe- lischi, o granito sienitico dei petrografi). Nel ritorno andava ad ammirare le rovine di Tebe presso Lucgsor, e a stu- diare le antiche miniere di smeraldo a Sacchetto e a Za- bara, visitando anche le cave del porfido rosso antico (porfirite oligoclasica) a Djebel-Dukan. Bollettino della Soc. Zoolog. Ital, — Fasc, VII, VIII, e IX, 1906, 6. 3922 R. MELI Per incarico del Vice-re, accompagnato da Francesco Bonavilla, partiva il 22 agosto 1823 dal Cairo, traversava la Palestina ;. si recava nella Siria, toccando Solima, Giaffa, Gerusalemme, Cesarea, S. Giovanni di Acri, il monte. Carmelo, Sidone (Saida), Beyruth ; giungeva al monte Li- bano per studiare un giacimento di combustibile fossile, in quel tempo ivi trovatosi, e rientrava al Cairo il 3 mag. gio 1824. Il 3 marzo 1825 marciava alla volta di Khartum nella Nubia alla confluenza del Nilo Bianco coll’ Azzurro ; vi giungeva il 7 giugno, ed ivi doveva attendere la fine delle pioggie e del caldo, dirigendosi poi il 2 novembre alla città di Sennaar. Quivi si fermava per 7 mesi e ripartendo nel giugno 1826 da questa città raggiungeva il 1° luglio di nuovo Khartum col proposito di arrivare al Cairo e far ritorno in Italia. Ma, disgraziatamente colpito da fiero morbo, il 23 settembre 1826 si spegneva, assistito con amorevo- lezza dal milanese Francesco Bonavilla, che aveva accom- pagnato il Brocchi durante tutto questo suo ultimo viaggio, e che, poco dopo, a Tebe moriva dello stesso morbo, forse contratto nell’assistere quel grande scienziato. Le collezioni, ed il giornale di viaggio come è noto, furono ricuperate per la cura e per gli sforzi sopratutto di Giuseppe Acerbi, Console Austro-Ungarico al Cairo, ed inviati a Trieste e poi a Venezia. Quivi subirono manomissioni e sottrazioni : oggi sono conservate a Bassano nel patrio museo : il suo giornale di viaggio fu poi stampato a Bassano negli anni 1841-43 in 5 volumi, come fu già detto di sopra. Dall'elenco delle diverse pubblicazioni del Brocchi, nelle quali predominano, senza dubbio, quelle di indole geologica, mentre vi si trovano pure lavori di botanica, di zoologia, di letteratura, di storia, di archeologia, di e- UNA LETTERA INEDITA DI G. B. BROCCHI 323 rudizione, ecc., stralcio fuori i titoli di quelle, che si rife- ‘riscono ad argomenti zoologici. Tali sarebbero le seguenti note o memorie : Memoria anatomica sull'occhio degli insetti, 1802. Lettera sugli animaletti infusorit. — Nel Giornale di. Incoraggiamento di scienze e di arti. Milano, 1807. Descrizione di una nuova conchiglia bivalve (Anomia rosea = Terebratulina rosea) della costa del Brasile con 0s- servazioni intorno ad alcuni altri testacei. — Nella Biblio- teca italiana, o sia giornale di letteratura, scienze ed arti. ilano, n. 23 — novembre 1817, pag. 276. Ragguaglio di alcuni molluschi e zoofiti. del mar Tir- reno presso la’ Costa romana del signor Brocchi comunicato al signor Renieri. Nella Biblioteca italiana predetta, n. 39 marzo 1819, pag. 311, e n. 40, aprile 1819, pag. 45. Catalogo di una serie di conchiglie raccolte presso la |costa affricana del golfo Arabico. Nella Biblioteca italiana sopradetta, Milano, n. 70, ottobre 1821, pag. 73 e n. 71, novembre 1821, pag. 209. . Una quantità di osservazioni relative alla Storia na- turale, botanica e zoologia comprese, si trovano nel gior- nale di viaggio del Brocchi, che, ricuperato dopo la sua morte, per le cure del Console generale austriaco in A- tlessandria d'Egitto, G. Acerbi, suo amico ed ammiratore, | poi pubblicato col titolo : Giornale delle osservazioni fatte rei viaggi in Egitto, nella Siria e nella Nubia da G. B. rocchi. Bassano, A. Roberti, 1841-43, in 5 vol. in 8° con itlante. (op. già cit.) | Termino, ricordando che il 15 ottobre 1872 fu in Bas- ano commemorato solennemente il primo centenario dalla ua nascita ed in tale occasione si stampò il volume degli tti della festa commemorativa (op. cit.), insieme ad altre ubblicazioni di circostanza, il cui elenco trovasi alle pag. 78-179 degli Atti suddetti, # NOTE BIBLIOGRAFIE | RICERCHE SULLA PESTE IN INDIA © (Trasmissione da Ratto a Ratto per mezzo delle Pulci) « Nel fascicolo del settembre scorso del « Journal of Hygiene », l' « Advisory Committee for Plague Investigations in India » ha pubblicato i primi risultati di alcune interessantissime e accura= tissime ricerche eseguite in India nel 1905-1906 intorno a varie. questioni relative alla peste bubbonica, e specialmente a quella che si riferisce alla possibilità della trasmissione della peste per mezzo delle Pulci. Tale questione è stata l’oggetto di numerose ricerche da una ventina d’anni a questa parte. I primi che se ne occuparono, cercarono di risolverla sperimentalmente, ma le e- sperienze ebbero tutte un risultato negativo. Fu Simond che per % il primo studiò la questione dal punto di vista epidemiologico arrivando alla conclusione che « seule une intervention parasitaire | pouvait ètre responsable de la pénétration du Bacille pesteux dans la peau saine ». E avendo istituito delle esperienze, ottenne in alcune di esse dei risultati positivi. I suoi esperimenti furono | oggetto di una critica forse troppo rigorosa; numerosi altri spe- rimentatori che li ripeterono ebbero tutti risultati negativi, finchè | tre anni fa Gauthier et Raybaud, sperimentando in condizioni più rigorose di quelle di Simond, ottennero anche essi la trasmis- sione della peste da Ratto a Ratto per mezzo delle Pulci. Risul-* tati positivi ottennero pure Elkington a Bombay sui Ratti, e Ban-| nerman sulle Cavie. Di più alle osservazioni epidemiologiche già raccolte da Simond e poi da Yersin, da Thompson e Tidswell, da Curry ete., si aggiunsero in questi ultimi quattro anni quelle di Wernitz a Odessa (1902), di Lydston, Thompson e Tidswell a Syd-. (1) Reports on Plague Investigations in India. The Journal of Hy: giene, VI, pagg. 421-536 (Settembre 1906). I NOTE BIBLIOGRAFICHE 329 ney (1900-02-03-04), di Hankin e Liston nelle Indie, ete., osser- vazioni tutte più o meno favorevoli alla teoria della trasmissione della peste per mezzo delle Pulci. < Ciò non ostante dai più si metteva ancora in dubbio o sì negava addirittura la possibilità di tale trasmissione. Ma a ri- solvere in modo definitivo la tanto agitata questione viene in buon punto il lavoro recentissimamente pubblicato dall’ « Advi- sory Committee etc. ». Troppo lungo sarebbe esporre tutte le lunghe serie di esperimenti ideati ed eseguiti dalla Commissione Inglese in India, dalla metà del 1905 alla metà del 1906. Ne da- remo solo un brevissimo cenno. < In due gabbie vicine ma perfettamente separate vennero posti, in una un Ratto sano, nell’altra un Ratto inoculato di peste e infestato da Pulci; i Ratti sani morirono nella proporzione del 69 0jo quando si usarono Ratti bianchi importati dall'Inghilterra, e del 38 OJo quando si usarono i Ratti selvatici di Bombay: la percentuale più bassa che si ebbe in questo caso si spiega col fatto che, secondo quanto risultò da ricerche eseguite dalla stessa Commissione inglese, un certo numero (circa il 60 0[0) dei Ratti di Bombay è refrattario a inoculazioni cutanee di piccole dosi di Bacillus pestis. < Pulci raccolte su Cavie e Ratti morenti o morti di peste sperimentale o naturale, trasportate su Cavie e Ratti sani comu- nicarono a questi la peste, < Cavie sane lasciate in una cabina in intimo contatto per un mese con Cavie infette non contrassero mai la peste se le Pulci erano completamente escluse ; se invece erano presenti le Pulci, l’epizoozia pestosa si propagava da Cavia a Cavia, tanto più rapidamente quanto più numerose erano le Pulci; e l’epi- zoozia insorgeva anche se le Cavie sane venivano introdotte nella cabina infetta dopo la morte e l'allontanamento delle Cavie pe- stose. Pulci raccolte in cabine infette e portate su Cavie sane comunicarone a queste la malattia. Cavie poste in gabbie a cen- timetri 60 dal suolo restarono indenni, mentre altre Cavie lasciate in libertà nella stessa cabina infetta e altre poste in gabbie a cm. 5 dal suolo contrassero la peste. « Cavie e Ratti poste in case colpite dalla peste, dentro a gabbie inaccessibili alle Pulci (coperte di rete metallica finissima o circondate da uno strato di « tangle-foot »), non ammalarono mai di peste, mentre quelli lasciati in gabbie accessibili alle Puicì, nel 17 O[o dei casi morirono di peste. 320 NOTE BIBLIOGRAFICHÉ « Nel rapporto della Commissione inglese si trova anche una breve ma interessante nota, compilata da Rothschild, sulle specie di Pulci trovate sui Ratti delle diverse parti del mondo, come pure sulla morfologia e fisiologia dell’apparato . boccale delle Pulci, sul modo di procedere alla dissezione delle Pulci etc.; di tutti questi argomenti, come anche della distribuzione geografica delle diverse specie di Ratti, della morfologia e biologia in gene- rale delle Pulci, del parasitismo di questi Insetti, degli altri ecto- parassiti (Pediculini e Acari) che si trovano sui Ratti, etc., si è lungamente e proficuamente occupato in Italia il Dr. Tiraboschi, in alcune note pubblicate in questo stesso Bollettino (1) e altrove ma sopratutto nell’importantissimo suo lavoro apparso nel 1904, negli « Archives de Parasitologie » di Blanchard. « Altre questioni relative alla peste, di cui si occupa la Com» missione inglese e alle quali quì accenreremo soltanto, sono quelle che riguardano : la virulenza del Bacillus pestis passato traverso ai Ratti con inoculazioni cutanee e sottocutanee, senza l’inter- mezzo di culture; l’immunità dei Ratti di Bombay a inocula- zioni cutanee e sottocutanee di piccole dosi di Bacillus pestis (vedi sopra); numero di Bacilli pestosi trovati nel sangue, nel. l’orina e nelle feci di Ratti morti di peste; determinazioni quan- titative dei Bacilli della peste presenti nel sangue dell’uomo ma- lato, negli ultimi giorni della malattia; infettività dei pavimenti contaminati con colture virulente di Bacillus pestis; esistenza della peste cronica tra i Ratti di località in cui la peste è en- demica. » Dalle precise citazioni che precedono, bene risulta l’ap- prezzamento favorevole e meritato che ebbero all’estero gli studi e le ricerche del dott. Tiraboschi; e la Redazione del Bollettino con lui si compiace e congratula. ni (1) Ved. Bollettino della Società Zoologica Italiana con sede in Roma. — Serie II. Anno XI-Vol. III — 1902, pag. 160-177: Gli animali propagatori della peste. — Pulci parassite dei ratti e sorci. — Hystrycho- psylla tripectinata — nov. spec. (con tav. e 3 fig). — Ved. pure il Boll della stessa Società, vol. V. Anno 1904, a pag. 88-97. Roma, Tip. Balbi. INDICE GENERALE | DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOL. XV (VII DELLA SERIE Il) 2. 3. 4. (oli DD MEDEM. ID. — Sul Crescicus del Bollettino della Società Zoologica Italiana con sede in Roma ANNO 1906 I. Comunicazioni e Memorie originali. ALESSANDRINI prof. GIULIO. — Su di una specie del genere Ascocotyle Lesson, rinvenuta parassita nel cane IDEM ID. — Il Botr Re latus Bremser nella EeoSa di Roma IDEM ID. — Nuovo caso di HG ia conjunotivae Mad BEIdS: sita dell’uomo . 2 ANGELINI prof. GIOVANNI. - - Aphrastura fulva — nuova specie (Fam. Dendrocolaptidae). Ca ia. Haliana) ARRIGONI DEGLI ODDI Conte prof. E. — Nuove osservazioni sulla cattura della Fulgula Homeyeri-Baed. nel Veneto . ARRIGHI-GRIFOLI, nob. comm, G. — Nuove contribuzioni al- l’avifauna della Val di Chiana . IDEM ID. — Il Turdus obsurus ed il GoniDpLS aa in toscata 9 BALDUCCI prof. D. ENRICO, — Morfologia dello sterno degli 10. 139 12. 135 14. LE 13. . CALANDRUCCIO prof. SALVATORE. uccelli italiani. — Prefazione. — Sterno dei Desmognatae. Striges-(con tavola e 10 figure) . , BARNABÒ VALENTINO. — Di un RA similgonococica i in una Cavia IDEM ID. — Sugli effetti delle inzio negli sai del: l'estratto di Tacnia saginata ? 3 IDEM ID. — Sui rapporti delle cellule si del testicolo colle glandole a secrezione interna (comunicazione preventiva). IDEM. ID. — Contributo allo studio delia SETA interstiziale del testicolo nella Cavia : — IDEM ID. — Storia, iirfoluzia; RAEE TROIA eCC., della ghiandola interstiziale del testicolo nei Mammiferi e in altri Vertebrati (1* parte) — Titorioni Rich sulla Taenia nana. . CARRUCCIO Do ANTONIO, — Sorad una Lina Mai 0- cheira Kaempferi Dean, portata dai mari del dre (con tavole e tre figure). IDEM ID. — Sulla Selache maxima Giinn, DIS ricevuta dal Museo Zoologico della R. Università di Roma (1 ta IDEM ID.— Sopra un raro delfino (Grampus griseus G Cuv.) di recente catturato presso la spiaggia di S. Vincenzo, ed ag- pagine 221-224 231-232 233-234 96-97 98-99 123-132 165-179 83-84 113-122 01-06 72-82, 147-164 229-230 270-281 289-302 65-69 80-95 191-202 328 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 23. 29. 30. 31 32. 33. INDICE GENERALE giunto alla Collezione PEPE gelo del R. Museo Zoo- logico di Roma CARPEGNA (Conte di) Sahtore D. GUIDO FALCONIERI. — Sovra alcune interessanti specie di uccelli donati dal Mar- chese Wladimiro Campanari al R. Museo Zoologico di Roma. (Nictea Scandiaca — Carpodacus rubricilla — oo caspius ) CHIAPPI Dr. T. — in nea ‘alii di Liste comprese nel sottogenere Leocos bp. sr Luuri intercalate nel testo e ta- vola separata) GHIGI princ. D. FRANCESCO. _ Sulle va zia del Baer EE sticus (Lin.). 7 CONDORELLI FRANC AVIGLIA Sol MARIO. -_ ‘Mipnatia in trachea espulsa un anno dopo che vi era penetrata : DE LEONE Dr. NICOLA. di Merops persicus Pallas nell’Abruzzo ultraprimo LOTTI dott. RICCARDO — Contributo alle conoscenza dei Distomi LEGALI nell’intestino dei ino della DECRETO di Roma ) MARCHESINI DON, RINALDO. — : Contributo slo stadio della secrezione delle glandole salivari (con due figure) IDEM ID. Nota preventiva sul carbonchio degli animali MARCUCCI prof. V. — Contributo alla conoscenza deshi Idrae- nidi del Lazio (con figura) MASI Dr. LUIGI. — Sulla presa deli Podopsis Suuabeni Van Ben. nello stagno di Maccarese IDEM ID. — Contributo alla sifone delle Tu de ypri- nae (con fig.). ; : : MELI prof. ROMOLO. — toa IBtteta II AR Na- turalista Giambattista Brocchi PAOLI Dr. GUIDO. — Due casi di ginandromorfismo nei For- ficulidi (con fig.) 3 PAVONI GIOVANNI, — suitippo: precoce degli organi della riproduzione in un nematode « Ascaris capsularia Rud.» nello stadio di passaggio dalla forma embrionale a af larvale (con tav. e 4 fig.) 5 ROSTAGNO comm. FORTUNATO. —_ Note entomologiche = su Va= rietà e aberrazioni di Pieris ergane H. G., Lycaena icarus Rott., L. Bellargus kott, L. Argus, L Argirognomon e Melitaca trivia. II. Biviste Bibliografiche compilate dai soci BARNABOÒ, CARRUCCIO, NEVIANI, ZAPPEL- LONI etc. sui lavori dei sig. Bassori, Cappelli, Checchia-Ri- spoli, Dainetti, Dal-Piaz, De Alessandri, De Angelis D’Ossat, D’Artom, Fichera, Fucini, Masì, Moschini, Tiraboschi ecc. — Sopra la cattura di tre individui. pagine 207-214, 245-248 130-183 227-228 57-64 225-226 282-289 11-20 133-146, 249-267 303-323 203-207 215-220 269-274 104-112 235-240, 324-326. III. Indice generale del volume — Anno 1906. IV. Annunzi sulla copertina. 327-328 —_agiì Comm. Prof. AnToNIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. Roma 1906 — Tipografia di G. Balbi, Via della Mercede. 25-29. La MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO CARRUCCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente. Vertebrati) — Presidente. È Senat. DI CARPEGNA (conte) D. Guo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice-Presidente. MELI cav. prof. RomoLo, (Paleozoologia e Malacologia) — Vice-Presidente. ANGELINI prof. dott. GIOVANNI Zool. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, CHici ppe. D. FRANCESCO (Ornitologia) — Consigliere. LePRI march. dott. Giuseppe (Entomologia-Ornitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RinaLDo (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. PATRIZI march. dott. FiLiPpPo (Ornitologia) — Idem. RostaGNO comm. FORTUNATO (Entomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. i TuccIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. i ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO : 3 Art, 2. — La Società ha lo. scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e ì possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie i applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- i nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieei all’anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. 43 Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due | — soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. ne Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi- tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio | © — nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon- sabile dei fondi della Società. > Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere*riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche song pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative: Sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. 3a i Si potranno però, quando che sia, tenere in Romao altrove, congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell'epoca che gli uni,e‘gli altri crederanno più opportuna. Art. ll. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte ueì mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all’ango successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono ritirarsi dalla Società, si CONSPEREATO inscritti per l’anno successivo. I Soci debbono pagare la queta aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale. Trascorso un anno, i morosi perdono il diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. N. B. — L'’intiero Statuto, compo&to di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti i più importanti, fu approvato nelbadunanza- generale del 22 marzo 1900, e pubbli- cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie II, pag. 6 e 7. adunanze. Stanno per pubblicarsi separatamente , è quali saranno presto trasmessi ai signori Soci Processi verbali delle ultin questi interessanti processi verba PORCI E I Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO - R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della ‘Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle pred. sale per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici scientifici, Roma — Tlpografia di Giovanni Balbi, Via della Mercede, 28-39. SULL Le brass posta i; % TRL : Ata La tafozata > DE urine) DI peri » DR È # 5 vba sopniona vera De ngi ci Oni vati E 3 a egrindi ingenti) eri sie RE IIa ta) ; Ra boia dipl n° DIE: iper RENZO Tita idrata PI%,, IRIITÀ, TATA pe parta aa SIINO tte Nprareg ero a I ONERERARI atataza sera teso tari RIT RNASE, 10 ppp radio