av rdlare visa Trial TOTO BI rss see rertztstata; artrolà nta a SEI sunto: = nu sn eee SL ISEE) tari. IRIS ZIE ZIE ; a legale }: aratà ù 7 tene au === : sa: 23395 > = E sirio * ss è s TRE HARVARD UNIVERSITY IR] ILS) LIBRARY OBSTHE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOÒLOGY Celebor 10, 1945 ®» ® T Pen P_° P immune Stia R Ù MW. © ti : i 7 dA : . [i P ii Y = A î | ili: i Fi i ri : - a PA n È Di 1 Ò ’ VS 2 A) RL ca dn P, > Pepi] i >» 4‘ He Tai "A Aa x = ni di Mer, Ì i LI + L: I n Si ni A n ig a : 200 pa Nea ; ® li = Serie Il - Vol. IX. Anno 1908. U (XVII dalla fondazione) — "————________ ceeurormvem—————n A col ara SNA re a ICRECAZA 5 nente , BOLLETTINO. DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA AS > OOoavV (3:0.32 Sede della Società : ISTITUTO ZOOLOGICO OCT 101 Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill xL1 RAR SOMMARIO. i I. PARTE UFFICIALE \ 6. Dott. Valentino Barnabò. — La glan- lf Prof. ‘Antonio: Carrucclo: = Sull’an- %. dola interstiziale del testicolo (Conti- damento scientifico, morale ed econo- nuaz.) Fisiopatologia — Legatura e n mico della Società durante il XVI resezio. e dei deferenti . Pag. 49-62 la anno (1997).— Relazione letta nell’adu- . Prof. Mario Condorelli-Francaviglia. — n nanza generale amministrativa tenuta E Caso raro di parassitismo dovuto a Di il 9 febbraio 1908 nella R. Univer- contemporanea dimora nell’intestino (I sità degli studi , : È È Pag. 1-22 di una giovanetta ‘della Hymenolepis ‘| 0‘0’‘’‘II COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE dA], deli dae EE 7 evides L. e di numerose larve di Cal- È 1. Prof. Rinaldo Marchesini. — Sull’azione liphora voniitoria (L). AA RGS È dei succhi pancreatico-intestinali sopra 8. Comm. Fortunato. Ros:agno. — Su i bacilli del carbonchio ematico e sulla alcune importanti catture di lepidotteri » 79380 penetrazione di questi attraverso le 9. Prof. Mario Condorelli-Francavfglia. — vie digerenti di Cavia + ì 23-37 Dypilidium caninum L. espulso in 2 Senat. D. Giudo di Carpegna él Catania da una bambina di due mesi nieri. — Nuova cattura presso Roma di età. “>. è. + n)1»61-88 di un Carpodacus erythrinus (Pall.) » 39-30 | +0. Conte Filippo Cavazza. — Su: una cat 3. Idem. idem. — Acclimatazione in Italia tara di Calandrella minor Cab.. fatta del Nandù (Rhea americana) > » 40-41 nell'Emilia (S. Agata Bolognese).. » 87-93 4. Dott. Pasquale Mola. — Considera- o zioni sovra un problematico incroccio IlI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE di Felidi (con fig.). - È » 42 44 5 Idem. idem. — Ancora della Tico Principe D. Franc. Chigi. — Fauna ornitica della Sardegna . 5 " 4 » 45 48 Adel Governo di Charkov di N. Somov. » 94-96 R. UNIVERSITÀ (Via della Sapienza — ROMA) AVVISO. — Ai membri della Società, residenti o non residenti. è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta la Università — in determinate ore, sia nelle pred. po per confronti, sia nella Bibliot. per studio e lettura di libri e periodici scientifici Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, Fasc. Vl e Il Serie Il - Vol. IX. Anno XVII. — 1908. BOLLETTINO DELLASSOCIETA ZOOLOGICA: ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. M. il RE w ROMA TIPOGRAFIA DI ATTILIO FRIGGERI Via della Mercede, 28-29 1908 ii e a ne A ee
  • del Bollettino sociale. Questo, come bene vi è noto, fu intieramente pubblicato prima che finisse l'anno 1907. Dal È confronto limitato all'ultimo biennio, risulta che vennero Ì pubblicate 58 memorie e 9 recensioni bibliografiche. Nel volume del 1906 troviamo comunicazioni per la maggior parte brevi, e perciò potemmo darne alla luce 33; e nel volume del 1907 avendo parecchie di esse comunicazioni e memorie una estensione maggiore, potemmo pubbli- carne 26: di qualche altra verrà data la continuazione e fine nel volume XVII. — In generale sarebbe preferibile che si avessero lavori non troppo estesi, ed è ben noto come Società ed Accademie che hanno larghe dotazioni gover- native o dei lasciti generosi, abbiano fissato ai loro membri suo, dei ma- il numero delle pagine, talvolta fin troppo esig noscritti da pubblicarsi nei loro atti o bollettini. Noi, con mezzi economici assai inferiori, abbiamo gia pubblicato, È; e possiamo pubblicare memorie e comunicazioni non di sole 16 pagine, cioè di un foglio di stampa, ma di molti fogli di stampa. Pensammo sempre doversi sovratutto incoraggiare i giovani studiosi, i quali riescono a fare buoni lavori dopo ricerche ed, osservazioni diligenti. Ma questi la- vori, accettati dal Consiglio Direttivo, devono naturalmente, wi perchè di mole notevole, ripartirsi in più fascicoli. È Alcordo che mentre il volume che abbiamo pubbli- cato nel 1906 contiene 328 pagine, questo ultimo distri- buito sulla fine del novembre 1907, contiene 384 pagine, cioè 56 pagine in più del precedente. L'istesso vol. XVI contiene non meno di 12 tavole con ben 87 figure illustrative, diligentemente eseguite nello sta- bilimento litografico del cav. Ettore Calzone in Roma, figure nette ed opportune che accompagnano gl’interessanti lavori dei soci Alessandrini G., Chigi F., Marchesini R., Marcuccì G., Masi. L., Misuri A. e Mola P. Per non lasciare è 6 A. CARKUCCIO incompleta questa indicazione, aggiungerò che 2 tavole e 4 figure si riferiscono alla mia memoria sullo scheletro intiero e sul teschio del Grampus griseus, visti da diverse parti, e fotografati colla sua ben nota abilità dal prof. Ales- sandrini ed incise pure nello stabilimento Calzone. Nei 16 volumi, cioè dal 1892 al 1907, abbiamo pubblicato ben 346 memorie e comunicazioni diverse. I pagamenti puntualissimi fatti alla Tipografia e Lito- grafia coi soli fondi della Società, provano come anche nel passato anno le condizioni finanziarie abbiano permesso di contentare il maggior numero di consoci, autori delle pub- blicazioni già pubblicate. L’operosità di questi, ed il con- tributo mio assai modesto, rilevansi più facilmente dai cenni riassuntivi di alcune adunanze scientifiche (fra quelle che potreste chiamare più nutrite o meglio riuscite) tenute durante il 1907: e sono le seguenti : Adunanza del 14 aprile 1907. In questa adunanza scientifica ricorderete come potessi presentare molte pubblicazioni italiane e straniere, pervye- nute in omaggio od in cambic con quelle .della Società. Subito dopo ebbi a riferire sui risultati scientifici, fino a quel giorno noti, della riuscitissima spedizione di- retta da S. A. R. il Duca degli Abruzzi per l'ascensione al Ruwenzori. Stimando far cosa utile e gradita a tutti, diedi con- cise ma credo sufficienti notizie intorno agli studi e alle pubblicazioni che dobbiamo all’indefesso prof. Camerano e ai solerti suoi collaboratori in Torino sull’importante materiale zoologico raccolto dal benemerito Duca: facendo rilevare che sono già più di 40 le specie nuove appar- tenenti a diversi tipi animali, prese durante quella memo- RELAZIONE randa spedizione, talune «delle quali trovate a grandissima altezza sui ghiacciai dell'enorme montagna. Di tutte feci conoscere le denominazioni scientifiche, riserbandomi di tar noto ai colleghi quant'altro risulterà di novità zoolo- giche, dopo compiuto lo studio dell’intiero materiale. Dob- biamo ritenere che la diligente illustrazione del medesimo mentre tornerà a lode dei colleghi di Torino, aggiungerà nuovo titolo di gloria al nostro socio onorario, il Duca Luigi Amedeo di Savoia. Far conoscere quanto di nuovo s'introduce nelle coi- lezioni di Botanica, Zoologia, Mineralogia, ecc., ritenni sempre che sia consuetudine non soltanto proficua, ma assai ben accetta a quanti sanno osservare e vogliono stu- diare. Tale consuetudine è largamente seguita nelle rego- lari riunioni che tengonsi nel Museo nazionale di storia naturale in Parigi ed in altri Musei dell’Inghilterra e d’altre nazioni in Europa, e così in America, Musei che sono anche sede di Società scientifiche ben note per la loro operosità. Con minori mezzi continuai anche nel passato anno a presentare e commentare, quando era il caso, le specie — convenientemente studiate da me o dai colleghi — le quali avute per dono o per acquisto portarono incremento nel nostro Museo. E perciò nell'adunanza del 14 aprile non tralasciai di presentare diverse notevoli specie animali, oltre più preparazioni anatomiche; e fra queste ultime quelle riguardanti l’intiera armatura scheletrica ed altre parti (l’intiero intestino, il cuore, la trachea, le ovaia, gli occhi, ecc.) di un giovane Struthio camelus, dell'altezza di circa 2 m., morto in Roma, ed acquistato per conto del Museo. Insieme presentai una Chauna cristata Sw.. vivente nel Paraguay, Brasile ecc., donata dal principe Don Enzo Odescalchi, e consegnata al Museo pel cortese mezzo del cap. med. vet. cav. dott. Oreste Pigorini. Oltre la preparazione in pelle D A. CARRUCCIO feci osservare qualche carattere proprio allo sterno, debita- mente preparato, di questa specie. In proposito alla mede- sima ricordai ai competenti consoci che nella Fam. Pala- medeidae si annoverano soltanto due gen.: Chauna Illig. e Palamedea L., questo con una sola specie (P. cornuta L.) e quello con 2 specie (Chauna chavaria Ilig., e Ch. cristata Sw.), aggiungendo che vi sono autori i quali riuniscono le 2 specie: ma il nostro Salvadori nel Cat. del Museo Britannico, Vol. VII (Chenomorphi, Crypturi e Ratiti) le tiene distinte. Aggiunsi pure che il nostro vice-presidente, senatore conte di Carpegna, nel suo diligente Catalogo degli uccelli esotici, in numero di 355, tutti sceltissimi, donati al nostro Museo da S. M. il Re Vitt. Em. III, a proposito della Chauna così scrisse: « L’esemplare che già esisteva in Museo, sebbene col nome di Ch. chavaria, a me sembra appartenga a questa specie pei suoi caratteri (cioè alla Ch. cristata) - (1). Ora adunque coll’esemplare già esistente nel Museo da gran tempo, quello donato da S. M. il Re, e questo ultimamente donato dal principe D. Enzo Odescalchi possediamo 3 individui della stessa specie. Presentai pure un Sus scropha g var. ferus di Sarde- gna, donato dal magg. med. cav. dott. Gavino Falconi ed altri mammiferi ed uccelli. Fra i quali citerò un esemplare di Putorius vulgaris donato dallo studente sig. Caccialupi, una grossa Hystrix cristata 3° della Campagna Romana che acquistai per aggiungere alle altre della collez. pro- vinciale, un’Erismatura leucocephala 3, ed un Accipiter nisus £, pure acquistati per la collezione romana. Riuscì assai curioso, come ben rammenteranno quanti furono presenti all’adunanza, l'esame dei diversi oggetti che trovaronsi nello stomaco, opportunamente preparato, del (1) Ved. Sollett. della Soc. Zool. Ital., anno 1902, pag. 155. i bi È. 4 Y i ; a e Set I STRATO RELAZIONE n) predetto struzzo. In questo stomaco fu rinvenuta una quantità di sostanze, non tutte alimentari, del peso di circa 3 chilog., compresi sassolini e frammenti diversi. Rammentai in questa circostanza che quando, moltissimi anni or sono, mi trovavo settore anatomico nella R. Uni- versità di Cagliari, fui incaricato dal Direttore del Museo di Zoologia e Anatomia comparata cav. prof. Meloni Baille, di eseguire l'autopsia di due grossi struzzi ch'egli aveva ripor- tato da un viaggio fatto in Africa, e tenuti per lungo tempo vivi nel piazzale dei Gabinetti di Anatomia umana e di Anatomia comparata. Trovai la mucosa stomacale di un color verde-rame intenso, e nel contenuto dello stomaco di entrambi gli struzzi, che ora fanno parte della coliezione ornitologica di quel Museo, raccolsi parecchi soldi, taluni dei quali erano assottigliatissimi. E seppi allora che gli studenti si diver- tivano gettando talvolta monete di rame, che dagli stessi struzzi erano deglutite senza difficoltà. Sono del resto ben note le abitudini onnivore di questi animali, dei quali in diverse opere vengono narrati casi assai più notevoli. Il prof. Giulio Alessandrini fece due interessanti co- municazioni su vermi parassiti, da lui rinvenuti nell’E/a- phis Aesculapi. Dal principe don Francesco Chigi, che ben conosce la lingua e letteratura scientifica russa, fu fatta rilevare l’importanza di un grosso volume pervenuto in omaggio ‘alla Società, e pubblicato dal prof. Samow_ sulla fauna ornitologica del Governo di Kharkow. La interessante re- ‘censione bibliografica del Chigi sarà pubblicata nel 1° fa- scicolo del 1908. Altre due interessanti comunicazioni abbiamo avute in quell’adunanza fatte dal prof. G. Tuccimei, una sulla proposta del Comitato internazionale per Vadozione di una 10 A. CARRUCCIO lingua universale, l’altra intorno a molti Ditteri romani. E su questi, che avevano bisogno in Roma d’uno-studioso che se ne occupasse di proposito, continuerà il Bollettino a pubblicare un catalogo metodico. Ben sapete che queste comunicazioni vennero, già date alle stampe nel nostro Bollettino. Quindi furono presentate altre quattro comunicazioni, due su uccelli della provincia di Teramo del dott. De Leone, (Stria flammea 3° a colorito anormale, e valore specifico delle Acredule italiane), e due su diligenti ricerche anato- miche del socio dott. Valentino Barnabò (cioè continua- zione dello studio sui rapporti tra la ghiandola interstiziale del testicolo e le ghiandole a secrezione interna, e sull’i- pertrofia compensativa dell’ipofisi cerebrale). Adunanza del 29 maggio 1907. Questadunanza fu quasi intieramente dedicata alla di- scussione della relazione già presentata dal socio con- sigliere prof. Giuseppe Tuccimei, dietro speciale incarico del Consiglio Direttivo, sulla proposta pervenuta alla nostra Società intorno all'adozione di una lingua universale. Questa proposta, fatta direttamente dal Comitato Interna- zionale residente in Parigi, fu profondamente studiata dal relatore prof. Tuccimei, che forni le più precise informa- zioni sullo stato attuale della questione. Nell’adunanza da noi tenuta parecchi fra i soci, elo- giata la predetta relazione, fecero ottime considerazioni. Quindi si fu tutti d’accordo sull'opportunità d’indire un referendum cui potessero rispondere anche i soci non residenti in Roma: a tutti adunque fu rivolta questa domanda: — Come linqua scientifica internazionale prefe- RELAZIONE ll risce ella il latino fra le lingue morte o l’Esperanto tra le lingue artificiali ? Avrete ben presente come si deliberasse di affidare alle stampe la relazione del prof. l'uccimei, dandole una larga diffusione, inviandone copie anche ai non soci. Fu inoltre stabilito che per conoscere e comunicare il risultato del referendum si tenesse altra speciale adu- nanza prima della fine di giugno. Questa infatti ebbe luogo regolarmente, e dallo spoglio esatto delle risposte perve- nute, risultò che oltre 50 soci dichiararono di preferire come lingua scientifica internazionale la latina, e soltanto 3 Esperanto. Uno poi dichiarò di non accettare veruna delle due. Pervennero dopo quell’adunanza altre risposte, delle quali naturalmente non si potè tener conto. Il risultato fu comunicato prontamente, per mezzo dell’egregio relatore, al Comitato Internazionale di Parigi. Adunanza del 23 luglio 1907. Il prolungarsi degli esami, che sempre tanto numerosi si hanno anche in Roma, ed altre occupazioni d’ufficio, im- pedirono me ed altri consoci, massime quelli insegnanti, di riunirci prima del 23 luglio. E vi è ben noto come una nuova adunanza fosse necessaria (dopo quella tenuta in giugno) avanti che altri membri della Società si allonta- nassero per le consuete vacanze estive. Ma quantunque inoltrata l'estate, e già partiti parecchi egregi consoci, all’adunanza intervenne un buon numero di membri, quale invero non credevamo di avere presenti. Svolgendo subito l'ordine del giorno, rammenterete che partecipai quanto avesse già deliberato di fare il Con- siglio Direttivo circa i Congressi da tenersi nell'agosto e 12 A. CARRUCCIO settembre 1907, ai quali la nostra Società era stata con molta gentilezza e ripetutamente invitata a prender parte. Per quello internazionale di Boston, pel quale ebbi invito speciale anche per parte del Rettore dell'Ateneo, cioè pel 7° Congresso internazionale di Zoologia, risposi che era impossibile che io mi vi potessi recare: ma rispon- dendo direttamente all’illustre prof. Alessandro Agassiz, da cui erano pervenuti gl’inviti diretti alla Società ed al Diret- tore del Museo Zoologico, mandai l'adesione per luna é per l’altro. Però, per non aggravare le finanze sociali, tra- smisi personalmente al tesoriere del Congresso la quota prescritta, cioè la somma corrispondente a 5 dollari, come era stabilito dall’art. 2 del Regolamento (1). Riguardo al Congresso degli scienziati italiani tenuto nello scorso settembre, nella città di Parma, avevo dichia- rato, e poscia confermato, che intendevo di recarmivi, e che a suo tempo avrei riferito alla Società perla parte che la poteva interessare. Sapete come già io abbia soddisfatto questa promessa. Ma un altro Congresso, già tenuto in Boiogna nell’ora scorso giugno, è riuscito pure splendidamente, come quello di Parma. Bologna ha saputo rendere altissime onoranze alla memoria del sommo naturalista Ulisse. Aldrovandi. Ricordo di avere nello scorso maggio gia partecipato alla Società che il Consiglio Direttivo aveva molto volentieri aderito a quella festa, esprimendo in pari tempo la speranza che il vostro presidente, od altro dei membri dell’istesso Consiglio Direttivo, potesse recarsi personalmente in Bologna. A quella nostra lettera di adesione. l’onorando sena- tore prof. Capellini diede la seguente gentilissima risposta: ice Tout zoologiste ou toute personne s'interessant è la zoologie peut etre membre du Congrès. Les demandes d’admission doivent èère adressées au president; les droits payables au tresorier. sont de cinq doilars ». RELAZIOHE 18 Bologna, 4. giugno 1907. Illustre Signor Presidente, Mi sono fatto un dovere di comunicare all'Assemblea del Comitato Aldrovandiano la nobile lettera con la quale codesto illustre Istituto notifica che non solo aderisce di buon grado alle solenni onoranze che si stanno preparando in onore di Ulisse Aldrovandi, ma che invierà altresì un rappresentante speciale. Tale notizia è stata accolta col più vivo compiaci- mento, poichè mentre da una parte ci attesta l’alto sentire e il culto che hanno per il nostro grande concittadino i componenti codesto nobile Istituto, d’altra parte ci è di conforto nel nostro non piccolo lavoro, e di augurio per un'ottima riuscita. Porgo pertanto le più vive grazie, unite all'espressione della più profonda stima. Il Presidente (G. CAPELLINI >. Non essendo riuscito a me, nè ad uno dei 2 vice-pre- sidenti, senatore conte Guido di Carpegna e prof. Romolo Meli, nè ad altri del Consiglio, di allontanarci in quei giorni da Roma, venne in tempo rivolta (a nome dell’istesso Consiglio Direttivo) viva preghiera, all’illustre presidente del Comitato bolognese, senatore prof. Capellini, di assu- mere la rappresentanza ufficiale della nostra Società. Ciò ch’egli fece col massimo favore, rinnovandomi anche a voce in Roma le espressioni del suo compiacimento: come io — a nome vostro — gli manifestai la comune gratitudine per la riuscitissima e grandiosa festa, che onora con Bologna tutta l’Italia scientifica, ed ebbe un'eco gratissima in tutte le nazioni civili. 14 A. CARRUCCIO Passando dopo alla presentazione di specie nuovamente aggiunte alle collezioni del nostro Museo, rammenterete che potei illustrarle più o meno brevemente in ragione 0 della loro importanza reale, o perchè colmavano antiche lacune esistenti nelle collezioni medesime. Vi ricordo ad esempio il Cercopilhecus pyrrhonotus, donato dal ten. sig. Ottorino Mezzetti pel mezzo gentile del consocio prof. dott. Ugo Vram. Questa scimia vive, com’è noto, nel paese dei Gallas e dei Somali e in qual- che altra regione dell’Africa. Presentai pure un bello esem- plare del Cercocebus albigena Gray, donato dall’egregio dot- tor Zerbini; specie che vive nelle foreste Congolesi dove non è abbondante. Del pari avete osservato gli esemplari di Rhinostictus pelaurista Schreb. e di CArysothrix sciurea L. del Brasile, allora acquistati pel Museo, e assai ben pre- parati dal nostro Coli. Feci pure accuisto in quei giorni di un accuratissimo modello di teschio di un Gorilla gina Is. Geof., 7 ad. Il teschio osseo originale trovasi nel Museo di Antropologia in Roma. Nel nostro Museo possiamo ora confrontare il predetto modello in gesso con altro dalla testa coperta dalle parti molli, eseguito in Parigi e riguar- dante un Gorilla vecchissimo. Potei in quella stessa adunanza presentare altri crani notevoli donati all’istesso nostro Museo dall’on. Ministro della Pubblica Istruzione, deputato prof. L. Rava, e che egli ebbe dal signor Luigi Frigerio, residente a Monbasa (Africa orientale), cioè un completo cranio di Felis leo ad., ed altro, pure in ottime condizioni, di Phachocherus ae- thiopicus. Presentai poscia un altro teschio di Orycteropus ca- pensis Sund., facendo alcune considerazioni comparative colla testa dell'esemplare in pelle che possediamo. Aveste parimenti opportunità per osservare, fra gli pn RELAZ:ONE i) uccelli. un bell’esemplare di Serpentarius secretarius Scop. ed un altro della vaga Paradisea Augustae Victoriae intro- dotti, per acquisto, nella collezione generale ornitologica : e della collezione romana presentai un Panurus biarmicus dono del socio consigliere march. dott. Patrizi, ed un Puffinus Kulhi dono del marchese G. Sacchetti. Sempre nella stessa adunanza feci osservare due armi di Pristis antiquorum notevolissime per la loro dimensione in con- fronto a diverse altre che già possedevamo : una si ebbe in dono dal march. Mereghi, e l’altro dall’esimio artista comm. Roberto Bompiani di Roma, testé mancato ai vivi. In altra precedente adunanza avevo fatto fugace cenno di un grosso Xiphias gladius preso sulla spiaggia di Castel- porziano, e mandata in dono da S. M. il Re: ma in quella vulta c del 23 luglio (finita la preparazione dell'esemplare, ese colla massima diligenza dall’esperto tassidermista del Museo, col concorso dell’abile conservatore per quanto riguarda la perfetta reintegrazione dei colori, così belli in questa specie) potei farlo a tutti osservare, e mi pare che rima- neste soddisfattissimi. Dissi allora che mentre la specie è ben nota e comune, principalmente nel mare della Sicilia, così non avviene nel laziale : ed un esemplare di notevoli dimensioni, come questo avuto dal generoso Sovrano, mancava affatto alla collezione ittiologica romana, pur essa sempre in aumento, e da me introdotta nel nostro Museo. E finalmente — avendo in quell’adunanza la ventura di offrire alla vostra intelligente attenzione molte aggiun- te — vi feci osservare sceltissimi esemplari di Lepidotteri della Campagna Romana, preparati e studiati con quella cura amorevole, propria al valente specialista, che è il socio consigliere comm. Fortunato Rostagno, da lui donati in aggiunta ai moltissimi di cui tenni parola in altre adunanze e aggiunsi come tutti dovevamo sentire vivo compiacimento 16 A. CARRUCCI!) per il favorevole incontro che, massime all’estero e da ralentissimi entomologi. ebbero le descrizioni fatte dal Rostagno d’importanti aberrazioni e varietà, e l’annun- cio ch'egli pel primo diede di specie da nessuno finora. credute esistenti in Italia. Dopo presentai i moltissimi Ditteri donati da un altro socio e consigliere, il prof. Giu- seppe Tuccimei, il quale con altrettanta cura da più anni attende al difficile studio di quest'altro ordine di esapodi; pei quali — come ben sapete - ha iniziato nel nostro Bollettino la pubblicazione di un diligentissimo catalogo metodico. CU Adunanza del 27 novembre 1907. Cominciai dal dar lettura del seguente telegramma di S. E. il Ministro della R, Casa, che ricevetti in risposta alle congratulazioni rispettose e cordiali fatte ai Sovrani, in occasione della nascita della principessa Giovanna Elisa- betta, in data del 13 del corrente mese: « S. M. il Re vivamente ringrazia V. S. ed i suoi illustri consoci del nuovo attestato che in questa lieta occasione (li porsero del loro devoto animo. Ministro Ponzio VAGLIA ». Constatai dopo con piacere che a questa adunanza i soci erano intervenuti premurosi e in numero notevole, forse perchè pensarono gentilmente di unirsi al loro presidente; il quale, come risultava dall'ordine del giorno, doveva commemorare il perduto consocio onorario, l'illustre pro- fessore comm. Pietro Pavesi, Dirett. dell'Istituto Zoologico della R. Università di Pavia. Ma prima dissi che dovevano proclamarsi soci ordinari gli egregi signori: prof. Felice Mazza del R. Istituto Tecnico di Roma, e il prof. Ettore. seo È. ei Lemibridin RELAZIONE 17 Ricci del R. Liceo di Macerata, e due giovani studenti, uno della R. Università di Napoli, l’altro di Roma, i signori : Alfredo Misuri e Ignazio Missoni. Inoltre agli Istituti scien- tifici abbonati al nostro Bollettino fu .aggiunto quello di Parassitologia medica della R. Università di Catania, per domanda del chiaro Direttore dell'Istituto medesimo, il prof. M. Condorelli-Francaviglia. Furono quindi presentati diversi omaggi e scelti periodici ricevuti dalla Società. ?assai dopo alla lettura della commemorazione, scritta in onore del compianto prof. Pietro Pavesi, seguendolo passo passo in tutta la sua onorevole carriera quale studioso, in- segnante efficacissimo e dotto scrittore: e quantunque io sia entrato in molti particolari valevoli a far meglio risal- tare l’acuto ingegno, il vasto sapere del Pavesi, sia come naturalista, sia come storico, e abbia posto in chiara luce il carattere vivace ma leale ed integro del nostro esimio socio onorario, ed anzi abbia fornito parecchie notizie non ricordate da alcuni valenti colleghi ed amici del zoologo pavese, parmi di poter aggiungere che a voi non dispiacque la lunga commemorazione, avendola tutti accolta con ma- nifesto favore pari alla vostra benevolenza (1). In quella stessa adunanza prima che prendessero la parola gli autori delle comunicazioni scientifiche poste all'ordine del giorno, ricorderete come abbia presentato parecchi scelti esemplari di uccelli (Rapaci e Palmipedi) uccisi nel settembre del passato anno e donati da S. M. il Re Vittorio Emanuele. Presentai pure un bello esemplare di Lutra vulgaris uccisa, — come ne diedero notizia tutti (1) Fra quelli che elogiarono meritamente il compianto Pavesi ac- cennai in modo speciale ai professori Bonardi. Bonomi, Camerano, Giglioli, Parona. ecc., ricordando pure quanto di lui, vivente, avevano scritto da più anni i prot. Doderlein, Panceri, ed altri. Boltett. Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. & 18 A. CARRUCCIO i giornali locali — allo sbocco della cloaca augustea del Foro Romano e donata dal Comm. Ing. Boni, Direttore dell’ ufficio degli scavi, e lessi gl’interessanti particolari fornitimi in una sua lettera in data del tre settembre. Presentai pure un Putorius boccamele dono del sig. Meloni tassidermista nel Museo Zoologico della R. Università di Cagliari. Dall’ istesso Meloni acquistai una varietà di Glis del Circond. di Lanusei, che secondo il Thomas del British Museum di Londra dovrebbe considerarsi quale nuova specie, e mostrai pure esemplari della nuova specie di Lacerta sardoa descritta dal distinto erpetologo dal R. Museo Zoologico Universitario di Torino, il conte Dott. M. G. Pe- racca. Questi in un secondo lavoro pubblicato nel Bollettino del Museo di Zool. ed Anat. comp. della R. Univ. di Torino (N. 519, 31 dic. 1905) facea conoscere come ‘dopo di aver studiato numerosi esemplari di tutte le età ricevuti dal fratello del predetto Meloni da Lanusei, gli risultasse un fatto inatteso, che io, avendone l'opportunità, credetti di poter segnalare alla nostra Società. Questo fatto inatteso, come lo chiamò il Peracca, sta nell'aver constatato che la nuova specie Lacerta sardoa abita esclusivamente un'alta valle presso la punta chiamata Paolino, e manca totalmente nella restante parte della giogaia del Gennargentu, che forma il gruppo montuoso più elevato ed importante della Sar- degna. L'istesso Peracca insiste nel dimostrare che questa è una forma distinta della Lacerta Bedriagae Cam., trovata in Corsica all'altezza di 800 m. sul livello del mare, e com- batte le conclusioni cui è. venuto il prof. Mahely nelle pubblicazioni fatte negli Annali del Museo Nazionale Un- garico. Accetta però il Peracca il modo di considerare tutte le forme di varietà della Lacerta muralis, quale fu di re- cente esposto dal Dr. Boulanger, il noto erpetologo ed ittio- logo del Museo Britannico. KELAZIONE 19 Nell’ istessa adunanza mostrai un buon esemplare di Naucrates ductor donato dal Cav Ferdinando Galadini di Roma; ed aveste pure opportunità di osservare due uccelli americani donati dal Dott. Bologna, mancati affatto alla nostra ricca collezione generale, i quali non v ha dubbio saranno bene studiati dal Prof. Angelini, che a suo tempo riferirà in proposito. Fra gli altri acquisti recentissimi fatti in aggiunta delle collezioni generale e romana, poteste pure notare il 29 dello scorso dicembre un completo scheletro di giovane Orang-Utang (Simia satyrus £), ed altri due, uno di Castor fiber, e l'altro di Ornithorhinchus paradoxus gd, oltre alcuni uccelli dei generi Grus e Larus, della provincia Romana. E sempre nell’ istessa adunanza udiste assai di buon grado il nostro amato Vice-presidente, Senatore Conte di Carpegna, che illustrò un bell’esemplare di Carpodacus ery- thrynus preso ai Monti Parioli e di proprietà del marchese Giulio Sacchetti. L’istesso Conte di Carpegna diede esatte notizie su qualche altro esemplare prima colto nel territorio Romano. Riferì inoltre sovra un interessante fatto di allevamento del Nandi (Rhea americana) felicemente riuscito, e per la prima volta in Italia, mercè le perseveranti ed intelligenti premure del Senatore Barone Sonnino in una sua tenuta di Toscana. Pure intereseante riuscì la successiva comu» nicazione fatta dal prof. Giulio Alessandrini, per dimostrare — coll’appoggio di numerose e dilisenti esperienze ese- guite nel nostro Istituto Zoologico — la straordinaria resi- stenza vitale che è propria delle larve del piccolo dittero vivente nel formaggio (Piophila casei). Dopo, io stesso presentai i lavori inviati dal socio pro- fessor Mario Condorelli dell’Università di Catania sovra un caso raro di parassitismo dovuto a contemporanea 20 A. CARRUCCIO dimora nell intestino di una giovinetta di un Cestode, di un Nematode e di numerose larve di un dittero (Calliphora vomitoria), e sovra un caso di Dipylidium caninum espulso da una bambina di 2 mesi d’età. Rilevata F importanza di questi due casi, che saranno presto pubblicati, feci dopo conoscere una comunicazione inviata dal socio Dott. Pa- squale Mola, assistente nell’ Istituto di Zoologia ad Anatomia comparata della R. Università di Sassari. Argomento di questa comunicazione è lalFelis lyna che il D. Mola crede d’aver osservato in Sardegna, in due individui da lui stu- diati, sottoponendo contemporaneamente alla nostra atten- zione una diligente fotografia. Ricorderete che io feci qualche riserva sull’opinione manifestata dell’egregio consocio. E finalmente l'adunanza scientifica del 27 novembre ebbe fine con la comunicazione fattaci dal Vice-Presidente prof. Meli, il quale colla sua nota competenza trattò della Corbulomya mediterranea Costa, da lui raccolta sulla spiag- gia romana tra Ostia e Castel Porziano. Ebbe così l’autore nuova opportunità per accennare alla copiosa bibliografia, che egli ha messo insieme con grande diligenza, intorno al molluschi marini del littorale romano. Ma in questa odierna riunione, che è eminentemente amministrativa, ed è la prima del nuovo anno, io devo a termini dell’art. 7 dello Statuto sociale, sottoporre alla vostra approvazione i due Bilanci consultivo e preventivo. Questi furono compilati, d'accordo col Consiglio Direttivo, dal competentissimo Economo-Cassiere, il socio Rag. signor Vittorio Zambra. Nè ‘a voi dispiacerà che annunci, anzi presenti il nuovo sfato patrimoniale, e faccia noto che nei quattro scaffalini da me donati, e in qnello già da tempo pur donato dal socio consigliere March. Dott. G. Lepri, venne recentissimamente meglio disposta e riordinata la RELAZIONE 21 libreria, completando lo schedario per tutti i cambi e doni. Presento pure l'elenco esatto dei soci ordinari e straordi- nari e quello dei soci onorari. È pronto anche l'elenco dei pochi soci morosi, che però dev'essere presentato al Consiglio Direttivo. Ho fatto poi eseguire un registrino speciale di tutti i cambi, ripartiti secondo la nazione da cui ci arrivano. Prima di chiamare i due più giovani soci presenti, quali scrutatori delle schede di votazione per la nomina o conferma di un Vice-presidente e di tre Consiglieri testè scaduti, compio il doloroso ufficio di ricordare la recen- tissima perdita di un caro e illustre consocio fondafore, il Comm. Prof. Francesco Businelli, Direttore della Clinica oculistica di questa R. Università. Egli trovò soventi svago negli studi zoologici: provetto e abilissimo caeciatore, sempre che gli era dato offriva in dono gli animali che procurava. Altrettanto aveva fatto pel Museo Zoologico della R. Uni- versità di Modena, dove per molti anni mi fu amico non meno fedele e collega affezionatissimo, come lo fu in questa di Roma. Egli ebbe la fortuna d’inaugurare la nuova Clinica nel grande Policlinico, che oggi è vanto della nostra Capitale. Molto si potrebbe dire in onore del prof. Businelli, antico patriota e valoroso combattente per la difesa di Venezia, uomo sincero, prudente, zelantissimo nell'esercizio dei suoi doveri ufficiali, marito e padre esemplare. Ag- giungo che la egregia vedova del compianto consocio non poteva meglio interpretare la volontà dell’esimio consorte se non donando, come spontaneamente fece, oltre venti animali diversi fra Uccelli, Rettili e Crostacei, i quali ora rimarranno al nostro Museo quale gradito ricordo dell’a- mico e collega. Consentitemi che insieme a vivissime grazie, 22 A. CAERUCOIO mandi, a nome nostro, le più sincere condoglianze all’e— gregia vedova signora Businelli nata Bolasco. Egregi consoci, continuiamo l’opera nostra, per quanto modesta, coi sentimenti migliori, quali può inspirare la vera concordia, il desideriò legittimo d’istruirci a vicenda. e una volontà onesta e perseverante. Auguro a voi durante quest'anno novello, da poco più di un mese iniziato, ogni benessere, e mi piace augurarlo con eguale sincerità ai consoci lontani, ch'è quanto dire alla intiera Società nostra. Questa ci dev'essere cara, a questa dobbiamo essere fedeli, se vogliamo ch'essa continui a vivere onoratamente, come sempre ha vissuto. L’avvenire adunque le sia lieto e con— fortante, come fu già il passato. ZIA ù Sull’azione dei succhi pancreatico-intestinali sopra i bacilli del carbonchio ematico e sulla penetrazione di questi attraverso le vie digerenti di Cavia. Comunicazione fatta alla Società Zoologica italiana dal Dott. R. Marchesini Aiuto di Patologia generale e libero docente d’Istologia nella R. Università di Roma. Nel Congresso francese di medicina interna (1) M. A. Falloise e M. Hallion hanno messo in rilievo tutto ciò che oggi si sa riguardo alla potente azione digestiva del pan- creas; ed il Chiari ha da poco dimostrato (2) come la necrosi del tessuto adiposo sia pur dovuta all’azione del pancreas mediante un fermento proteolitico e lipolitico. Cosicchè da queste e da altre ricerche risulterebbe che nel pancreas, oltre i tre fermenti da tempo conosciuti: la tripsina, la amilasi, la lipasi, vi esisterebbero ancora altri fermenti come la maltasi, la lattasi, una erepsina che scinde le albuminose ed i peptoni, ed un labfermento che secondo Paulow non sarebbe che la tripsina. Questi fer- menti possiederebbero tutta la loro attività nel momento che penetrano nel lume dell'intestino per l'unione con l'’enterochinasi secreta dall’intestino ed essenzialmente dal duodeno e dal digiuno, ed esplicarebbero così la loro at- tività sulle sostanze da digerire, nello stesso tempo che esplicarebbero un potere battericida ed antitossico contro i batteri patogeni. (1) La Semaine médicale n. 40, 195, pag 472. (2) Chiari de Praque. Semaine médicale, 1906. p. 205. 24 R. MARCHESINI In rapporto a quest'azione battericida ed antitossica il Fermi (1) osserva che i blastomiceti e gli ifomiceti vi- vono e si multiplicano nel succo gastrico sia naturale che artificiale, riuscendo ad alterarne la reazione e Vattività digestiva; che la tripsina in soluzione alcalina è inattiva in vitro su tutta la classe degli schizomiceti, i quali anzi se ne giovano per nutrirsi e moltiplicarsi. E se la flora intestinale presenta una certa stabilità, essa sarebbe da attribuirsi ad un'azione antibatterica elettiva esercitatasi nelle cellule fisse della mucosa, e più specialmente in quelle costituenti l'apparecchio assorbente del tubo dige- rente, per opera del protoplasma vivente. ll Rolly e Liebermaister (2) avendo studiate recente- mente le proprietà biologiche sui batteri dell'intestino, avrebbero trovato che i germi batterici introdotti nell’in- festino, !'n parte vengono distrutti, in parte vengono so- spinti nel retto coi residui alimentari; per modo che ove si formino colture dei germi esistenti nell'intestino tenue, si riesce ad ottenere resultati molio scarsi. Nell'ultima porzione dell’ileo peraltro tali resultati si modificano, e quivi si possono già riscontrare in larga copia i batteri. Nell’intestino crasso poi noi ci troviamo di fronte ad un gran numero di batteri, dovuto ciò alla reazione differente ed alla limitata peristalsi: giacchè sappiamo che il conte- nuto intestinale sterelizzato rappresenta un terreno di coltura molto apportuno per lo sviluppo di quasi tutti i possibili batteri. Corradi e Cornjoweit avrebbero concluso dalle loro esperienze che le fecì contengono sostanze inibitrici allo sviluppo dei batteri. Ro/ly ripetendo le sopraesposte ricerche (1) Fermi, Policlinico, Vol. III, 1896 (2) Rolly e [Liebermaister, Deut. Med. Woch. n. 43, 1902. a eg E E SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 25 avrebbe notato solamente ur’azione ritardante sullo svi- luppo, e che il secreto dell'intestino crasso non esercita affatto un'azione attenuante su i batteri. Molti autori oggi ritengono che Vintestino quando è vuoto è quasi sterile, confronta Scognamiglio (1). Alcuni per azione delle cellule intestinali (Iundelle), altri per po- tere antibatterico dei succhi intestinali (Kohlbrugge). Così Delezenne, secondo Metschikofî, avrebbe dimostrato che il succo pancreatico, come viene dalla glandola, non esercita su i batteri che un azione nulla o insignificante, ma ne impedisce per un certo tempo lo sviluppo essendo un cat- tivo mezzo di coltura. Il succo intestinale anch'esso non esercita alcuna azione battericida apprezzabile, ma può agglutinare i microbi. È solo riunendo i dune succhi che sì ottiene un effetto deleterio manifesto. La ragione per cui i batteri costituenti la flora gastro- intestinale possono vivere a contatto dei succhi digestivi potrebbe ritrovarsi in parte in quella stessa per cui non si avverino mai in vita le autodigestione lungo tutto il tubo gastroenterico. Però è anche accertato che quantunque penetrino per la bocca nel tubo gastroenterico le più sva. tiate specie di germi, tuttavia la flora normale del con- tenuto gastrico è costituita quasi esclusivamente dai btasto- miceti e dalle sarcine, che sono organismi abituati a vivere in ambienti acidi: e quella dell’intestino quasi esclusiva- mente della specie Bacterium coli e sue varietà, a cui si aggiunge non raramente il bac. mesentericus. Ciò può essere da una parte perchè questi batteri si siano abituati all'am- biente, e d'altra parte si potrebbe anche ritenere che la loro costante presenza fosse dovuta, perchè costantemente (1) D. Nin -S niraglia-Scognamiglio. Sulla permeabilità d>ll’intestino ai battari. Stabil. Tip. e Libr. Napoli, 1906. 26 R. MARCHESINI vengono introdotti con i cibi ingeriti. Queste osservazioni fatte non tolgono però che una buona parte della sele- zione possa esser dovuta all’azione dei succhi digestivi e che alla penetrazione dei germi attraverso l'intestino si opponga la resistenza del protoplasma cellulare. Partendo da questo duplice punto di vista, esporrò le mie ricerche fatte sul carbonchio ematico, avendolo sotto- posto all’azione dei succhi digestivi in vitro, ed in vivo dandolo unitamente ai pasti di mollica di pane alle cavie, le quali sopravvivevano all’infezione. I. ESPERIENZA. Ho preso del pancreas di bue e toltone bene il grasso e ridotto a piccoli pezzi l'ho posto a bollire e ne ho fatto poi dei brodi da coltura in questo modo : Uno senza alcuna aggiunta, un altro con peptone e cloruro di sodio come per il brodo comune, un altro con solo peptone. A confronto di questi tre terreni di coltura ho posto il brodo comune colturale. In questi quattro terreni ho insemensato del carbonchio. virulento nalla stessa proporzione e l'ho messi al termo- stato a 37°. Esaminati dopo 12, 24, 48 ore, dirò in generale, per esser breve, che nei terreni di coltura pancreatici ho potuto notare solo un ritardo nello sviluppo. Dalle colture di pancreas semplice dove più di tutti si erano sviluppate spore carbonchiose, ho prelevato il materiale per fare nuovi insemensamenti nei quattro ter- reni su descritti e ponendoli egualmente alla stufa a 38°. Qui già a primo tempo si nota che il carbonchio non svi- luppa a lunghi fili, ma in corti seguenti e rapida ne è la sporulazione, a differenza del terreno di confronto. Feci allora colture in agar prendendo singolarmente fendi SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI DT l'innesto dai quattro nuovi terreni di coltura, ed il resto delle colture iniettai a quattro cavie. Sull’agar le colture presentarono tutte buono sviluppo e delle cavie innestate muore prima quella di confronto, nel 2° giorno quella con brodo di pancreas semplice e le altre due hanno vis- suto poco più lungamente. Ripetei ancora un nuovo insementamento di carbonchio ematico nei quattro terreni di coltura e notai ancora una volta cbe il brodo comune diede normale sviluppo di car- bonchio, e che il terreno di pracreas semplice diede fili lunghi, ma esili; il panereas peptonato diede lunghi fili, ma a seguenti molto corti; il brodo di pancreas diede bacilli staccati e molti di essi si presentavano ritorti. Con questi nuovi terreni si fanno iniezioni sottocu- tanee alle cavie che muojono tutte con poca differenza di tempo. “saminato il sangue delle cavie innestate con car- bonchio sviluppato in terreni colturali di pancreas, notai una fagocitasi molto più attiva di quella che riscontrai nel sangue di cavia iniettata con coltura carbonchiosa svi- luppata nel brodo comune. II. ESPERIENZA. Ho preso del pancrea di bue, l'ho tagliuzzato e tritu- rato in mortajo con poca acqua sterile e ne ho ricavato un succo per sqremitura. Lo stesso processo ho tenuto per un tratto d’intestino duodeno di bue, di cui pure ho estratto un succo per spremitura dal raschiamento della mucosa. Ho preparato con questi due succhi spremuti e filtrati in panno quattro» terreni : Succo pancreatico solo. Succo enterico solo. Succo pancreatico, più succo enterico. 28 R. MARCHESINI Brodo comune, come terreno di confronto. Su questi quattro terreni ho innestato il carbonchio e li ho posti alla stufa a 37°. èsaminati poi questi terreni colturali al microscopio, ho riscontrato presso a poco lo stesso risultato delle prime esperienze. cioè uno sviluppo ritardato ed anormale in confronto di quella in brodo comune e di più una precoce sporulazione. Si iniettano quattro cavie con le colture predette e tutte muojono in rapporto a quelle di confronto con pic-. colo ritardo di tempo. II. ESPERIENZA. Ho fatto sviluppare del carbonchio virulento in tubi di agar normale e dopo 24 ore e 48° ore ‘ho riempite le provette in questo modo : le une con succo di pancreas solo, altre con succo di pancreas unito a succo enterico, altre con acqua sterelizzata e distillata. Poste al termostato a 37° per 24ore ho mescolata poi ogni coltura staccandola con l’ansa dall'agar nel liquido dove si trovavano e da ciascuna ho preso una piccola ansa per farne una piastra in gelatina. L'esame diretto al microscopio mi ha fatto subito rilevare che nel mentre nel preparato preso dall’emulsione in acqua distillata la coltura carbonchiosa non presentava alcun chè di anormale, nelle altre due invece si notava uno sminuzzamento dei batteri che avevano certamente subito una alterazione. L'esame delle capsule del Petri è stato per tutte e tre positivo, IV. ESPERIENZA. Ho preso del succo di pancreas di cane, ottenuto con fistola previa iniezione di pilocarpina, e parte l'ho unito ha ne - x; x 3 L SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 29 ad enterocinasi duodenale di cane, e parte l'ho adoperato solo. ‘ed ho fatte le seguenti ricerche : a) Ho preso dei terreni di coltura di agar a becco di flauto e vi ho innestato al solo fondo il carbonchio virulento, badando di non toccare tutto il resto di super- ficie del terreno di coltura. Qui'queste/provette ho versato. pol per. un terzo, in alcune del succo di pancreas solo, in altre del medesimo unito a succo enterico, in altre con acqua distillata e ste- rilizzata e l'ho poste tutte al termostato a 37°. b) Nello stesso tempo ho preso delle colture di car- bonchio già sviluppate da 12 ore nell’agar a becco di flauto e ne ho riempiti i tubi per solo un terzo relativamente con succo pancreatico solo, altro con succo pancreatieo, più succo enterico, altro con solo succo enterico, altro con acqua distillata e sterelizzata. ‘saminate al microscopio dopo 12 ore le colture della prima esperienza, quella a contatto dei succhi, mostrano uno sviluppo misero e non si riscontrano lunghi fili, nel mentre che nelle colture a contatto dell’acqua distillata lo sviluppo è normale. Nelle provette colturali della 2% esperienza esaminate pure dopo 12 ore, si nota un distacco più o meno com- pleto della coltura carbonchiosa in quelle a contatto con i liquidi digestivi ed esaminata al microscopio s'osserva un alterazione di sviluppo dei bacilli carbonchiosi, nel mentre ehe la parte fuori liquido si presenta al normale con lunghi fili carbonchiosi. Nella provetta contenente acqua distillata il carbonchio a contatto offriva uno svi- luppo normale a lunghi fili. Tutte le colture che abbiamo in questa esperienza esaminate, innestati su terreni comuni, hanno dato sempre ottimo sviluppo ed iniettate sotto pelle alle cavie, le hanno 30 R. MARCHESINI uccise tutte con solo nn piccolo ritardo di tempo da quelle con innesto di confronto. | Per ciò che riguarda l’azione dei succhi digestivi pan- creatico ed enterico, abbiamo potuto constatare dalle espe- rienze riprodotte, che i succhi digesttvi non inebiscono lo sviluppo dei batteri del carbonchio, ma non è certo il terreno più adatto per loro, e tanto che tendono subito a sporulare come per mettersi in stato di difesa. L'azione viene quindi spiegata sul bacillo, perchè la spora torna a dar sempre, innestata su nuovo terreno, uno sviluppo normale alla coltura, la quale però perde un poco della sua virulenza iniettata su animali recettivi. Dal complesso dunque dei fatti non si può negare una certa azione deleteria dei succhi digestivi sui carbonchio ingerito, e la secrezione continua poi dei succhi mante- nendo l’ambiente sempre ostile ai batteri ne rende atte- nuata la virulenza e saranno perciò più facilmente fugo- citati dai lencociti che si riscontrano nella mucosa e nelle stesse feci: nei mentre che i moti peristaltici dell'intestino li spingono ad uscire in maggioranza fuori con le feci, e così l’animale a grado a grado si sbarazza del micidiale ospite e non soccombe all’infezione. II. ORDINE DI ESPERIENZE. Veniamo ora a studiare la resistenza che oppongono le pareti intestinali alla penetrazione dei germi carbon- chiosi e riporterò a questo riguardo innanzi tutto le osser- vazioni già fatte da altri autori. (Vedi Scognamiglio, l. c.). Koch nel 1877 e nel 1881 alimentò per più giorni topi con milza di conigli e di pecore morte di carbonchio e non ebbe alcun morto, e ritenne perciò che l’infezione per via intestinale non fosse possibile. Pasteur e Toussaint ripeterono l’esperienza nel 1887 e 1882 ed ammisero che si può avere l'infezione carbon- pb] SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 51 chiosa per via alimentare solo quando esistono lesioni della mucosa. Koch con Gaffky e Loeffler nel 1884 ripresero t'espe- rienze su i montoni e stabilirono che l'infezione solo avviene se s'introducono grandi quantità di spore e con grandi quantità di bacilli, a mucose intatte. All'esame istologico trovarono alterazioni nel canale intestinale mas- sime nel duodeno, che era arrossato ed ulcerato : nel torace erano spiccate le alterazioni dei fullicoli solitari, l’epitelio in massima parte perduto e la superficie coperta da densi ammassi di bacilli che erano penetrati nei tessuti e financo nei vasi sanguigni. Negative risultarono però l’esperienze sulle cavie. Simoncini (1896) ebbe sulle cavie e conigli risultati negativi con i bacilli e positivi con le spore in grande quantità. Korkunoff (1889) ebbe quasi sempre risultati negativi. Il Buchner (1881) somministrando carbonchio unito a polvere di carbone ebbe risultati in parte positivi e lo stesso il Frank. Nikolsky (1900) solo ammetterebbe che con alimenti infetti da spore, il carbonchio si sviluppa altrettanto bene che nell’infezione per qualunque altra via, quantunque le sue esperienze sieno alquanto contradittorie. Siechè riepilogando solo le spore in grande quantità avrebbero veramente potuto dare sempre resultati positivi. Non avendo a mia conoscenza l’esperienze per spie- garci come è che l’animale possa sopravvivere all’ingestione di colture carbonchiose; se cioè sia dovuto all’assoluta impenetrabilità delle pareti intestinali, ovvero ad un grado d’immunità che l’animale con questo mezzo ne guadagne- rebbe, ho voluto riprenderne lo studio, ed a tale scopo ho dato a mangiare a delle cavie, con pasti ripetuti in giorni 32 R. MARCHESINI differenti, della mollica di pane imbevuta di coltura viru- lenta carbonchiosa : ed eccone il risultato dell'esame. I. esame. Cavia che ha mangiato con mollica di pane colture virulente di carbonchio e che fu uccisa dopo 24 ore. Lo stomaco presenta sfaldamento della macosa e nel contenuto stomacale sì riscontrano bacilli carbonchiosi e cellule fagocitarie. Nei duodeno si riscontra la mucosa in qualche parte. distrutta o necrosata. Nel tenne è quasi nulla lesfoliezione della mucosa, le cellule hanno aspetto normale e si notano macrofugi nei villi. Nel crasso l’epìtelio è normale, le cellule mucose sono rigurgite di succo che rimane fortemente colorato col metodo Gram, nelle feci vi è forte accumolo di batteri. Il. esame. Cavia che ha mangiato mollica di pane con colture verulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 4$ ore. Stomaco, leggiero sfaldamento della mucosa : rari batteri carbonchiosi nel contenuto gastrico. Nel duodeno si nota sfaldamento epiteliale e qualche punto necrotico. Nell’intestino tenne le cellule dei villi si presentano granulose e turgide, parte di esse smozzate e con piccoli brandelli distaccati, come se fossero spinte ad una eccessiva secrezione. Molti estremi dei villi sono mortificati, le cellule mucose sono turgide di muco e perciò sporgenti. Nel crasso si notano abbondanti bacilli nel contenuto, l’epitelio in genere si presenta normale. III esame. Cavia che ha mangiato mallica di pane con coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 7 giorni. Nello stomaco forte sfaldamento della mucosa. SUCCHI, PANCREATICO-INTESTINALI 33 Nel duodeno e nel tenue necrosi epiteliali e presenza di piccoli bacilli come frammenti di bacilli carbonchiosi. Nel crasso la mucosa é integra, le cellule mucose sono turgide e sporgenti. | IV esame. Caria che ha mangiato mollica di pane con coltura virulente di carbonchio e che è stata uccisa dopo 20 giorni. Nello stomaco la mucosa è in condizioni normali e non vi si scorgono che granali di batteri, colorati col Gram, pielletteci Nel duodeno e nell'intestino tenue la mucosa è pure normale. Si notano molti lencociti nei villi e le cellule mucose turgide sporgenti. Nel crasso mucosa normale, le cellule mucose turgide. È da notare che nel muco delle cellule mucose si trovano spesso imbrigliate delle forme bacillari. V esame. Caria morta dietro ingestione di colture car- bonchiose. Negli organi gastro intestinali di questa caria si nota una vera distruzione di tutta la macosa con forte necrosi e penetrazione di bacilli carbonchiosi di normale gran- dezza. Questo fatto mostrerebbe che in questo caso i batteri carbonchiosi non hanno subito alcuna attenuazione e sono perciò penetrati in tutta la loro virulenza. Però è da no- tare che tanto gli organi di questa cavia come quelli delle altre cavie che di sopra abbiamo esaminato, posti in ter- reni di coltura, hanno dato tutti luogo e sviluppo di cul- ture carbonchiose e capaci di uccidere per iniezione sot- tocutanea tutte le cavie sottoposte. Le conclusioni a cui noi potremo giungere da queste esperienze sono, che la penetrazione attraverso le pareti gastro-intestinali avviene sempre per una lesione che si 92 Bollettino Soc. Zool. Ital. Fasc. I e II. 1908. de 34 R. MARCHESINI produce nella mucosa delle vie digerenti per causa stessa dei microbi ingeriti. Se questa lesione molte volte non si trova è perchè o non si è cercata là dove è avvenuta o è stata rapidamente riparata da mucosa nuova. Che i bat-- teri del carbonchio attraverso questa breccia che si for- mano penetrano sempre nell'interno degli organi, però per questa via vi penetrano fortemente ridotti nella loro viru- lenza per l’azione dei succhi digestivi e per la resistenza opposta delle cellule del corpo; e quest’azione pare che sia sufficiente a non permettere la loro moltiplicazione nell'interno dell'organismo e perciò vi rimangono come parassiti inerti, ed è questa la ragione per la quale l’in- fezione carbonchiosa per la via ovale non uccide il più delle volte gli animali. Qualora però i batteri arrivano a superare la barriera epiteliale producendovi una vera. breccia, senza dovervi passare come attraverso un filtro, essi si gettano nelle vie sanguigne ed allora ia moltipli- cazione sarà rapida e diffusa e l’animale vi soccomberà rapidamente, come si è visto nel V esame descritto di sopra. I fatti oggi da molti accertati che le polveri inerti non passano attraverso l’epitelio gastro-intestinale sono una riprova di ciò che io sono andato esponendo, che cioè per la penetrazione è assolutamente necessaria una abrasione più o meno pronunciata dell'epitelio, che solo può avve- nire dietro l’irritazione tossica dei batteri patogeni. Gli autori hanno trovato che somministrando ripetute dosì per via orale di colture batteriche di varie specie si ottiene una resistenza di tutto l'organismo contro il rela- tivo batterio ingerito, e ciò si dimostrerebbe col sottoporli poi ad iniezioni sottocutanee di coltura virulenta del me- desimo batterio ingerito. Questi fatti sono stati riscontrati per lo streptococco, per il diplococco (Scognamiglio), per. SUCCHI PANCREATICO-INTESTINAL 35 il tifo (Tehitchkine). Tale processo d'immunizzazione si effettuerebbe secondo gli autori probabilmente per mezzo di prodotti batterici, essendo eccezionale il passaggio dei batteri stessi. Ho voluto perciò ripetere anche io questa esperienza su i bacilli del carbonchio, ed a tale scopo a cavie trattate in antecedenza con pasti di colture carbonchiose ho pra- ticate iniezioni sottocutanee di coltura virulenta ed ho avuto che molte delle cavie hanno sopravissuto all’iniezione ma altre mi sono pur morte per setticemia batterica carbon- chiosa. In questo caso l'immunità da me ottenuta non è stata per virtù di prodotti batterici che abbiano predisposto l’a- nimale alla resistenza ma bensì per la penetrazione di vere forme batteriche che erano penetrate attenuate attraverso l’epitelio sfaldato ed in parte necrosato, e siccome gli ani- mali non muoiono in questo caso per tossine batteriche elaborate, ma per setticemia batterica, perciò non si potrà averne per questo mezzo la immunità assoluta. Difesa cellulare. La difesa che presenta la cellula della mucosa gastro- intestinale ed essenzialmente quella del villo è una forte secrezione granulare al di là della cuticola striata. Con- temporaneamente a questo fatto si osserva un forte allun- gamento della zona esterna della cellula al di là del nucleo verso la cavità intestinale. A questo allungamento segue uno sfaldamento cellulare di parte delle cellule, e così si “vanno a formare strati granulosi insieme a vere cellule di- staccate che formano una barriera all’epitelio ancora intatto. In prosiego in alcuni punti avviene la necrosi dell’epitelio stesso ed allora tutta la porzione prominente del villo 36 R. MARCHESINI appare granulosa, distrutta e frammista a molti batteri. In questo stadio uua seconda barriera di difesa si avanza da parte del vaso linfatico che s’ingrossa a clava nella sua porzione terminale ed è stipato di cellule bianche fagoci- tarie. Qui i batteri riescono essenzialmente a penetrare in virtù anche delle cellule bianche che li hanno in parte ingoiati. In questo modo i batteri patogeni possono pene- . trare sia per le vie linfatiche, che per le vie sanguigne, ma certamente la loro virulenza deve essere di molto o del tutto attenuata perchè non si ha una moltiplicazione che invada le vie sanguigne e si riscontrano solo quelle forme batteriche penetrate a stento e ridotte nella loro forma e grandezza. Queste forme batteriche penetrate negli organi per le vie delle linfe o del sangue, ponendo pezzi di organi in coltura, sono però capaci di svilupparsi e di riacquistare l'antica virulenza per potere uccidere una cavia per iniezione sottocutanea. Questi fatti spiegherebbero il perchè abitualmente gli animali possano albergare nell'intestino batteri pato- geni, senza che essi vadano sempre incontro all’infezione rispettiva, Il Pasteur asseriva che era necessaria una ferita del- ‘epitelio perchè avvenisse l'infezione carbonchiosa da ucci- dere l’animale ed in ciò aveva ragione, perchè il batterio in tal modo non subiva alcuna modificazione, alcuna atte- nuazione, potendo sfuggire subito all’azione dei succhi gastro-intestinali ed alla resistenza che opponeva l’epitelio. Ma noi abbiamo visto che non è necessario però una ferita perciò che riguarda il solo fatto meccanico della penetrazione dei batteri carbonchiosi attraverso gli epitelii; solo che questa penetrazione porta conseguenze molto diverse, poichè in questo caso l’animale può resistere all’infezione. SUCCHI PANCREATICO-INTESTINALI 7 L'indice d’una supersecrezione cellulare della mucosa gastro-intestinale è messo in evidenza dallo stato turgido delle cellule mucose con zaffi di muco sporgenti nella cavità intestinale, e che con il metodo Gram si tingono a preferenza e danno così delle preparazioni molto dimo- strative. Impigliati in questo muco si riscontrano alle volte dei bacilli carbonchiosi, ma forse per il solo fatto della sua viscosità. Cosicché gli elementi che lottano contro una infezione bacillare nelle vie digestive potremo riconoscerli nei succhi digestivi, nella resistenza delle cellule della mucosa, nelle cellule fagocitarie. Queste mie ricerche porterebbero un contributo all’ar- gomento tanto discusso sulla possibilità della penetrazione dei batteri patogeni attraverso la mucosa intestinale, secondo l’idea di Calmette e di altri, e spiegherebbero come il non ritrovare segni della porta d’ingresso sia dovuta in parte alla riparazione rapida che offrono gli epitelii, in parte che non è facile riscontrare il punto d’entrata, che per alcune forme batteriche può essere minimo e disposto differente» mente lungo il tubo gastro-intestinale. Certo però dovremo ritenere che la penetrazione avviene sempre e solamente per una abrasione dell'epitelio o per un punto necrotiz- zato dall'azione tossica dei batteri. Nuova: cattura presso Roma di un CARPODACUS ERYTHRINUS (Pall) Comunicazione del Socio Senat. Guido di Carpegna Failconieri alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Ecco un terzo esemplare di Carpodacus erythrinus (Pall.), italianamente Ciufolotto o Beccogrosso scarlatto, che in questi ultimi anni ci venne fatto avvertire presso Roma, e precisamente ai monti Parioli. Ricordo una quarta cat- tura di questo raro uccelletto nel Frosinonese : e l’esem- plare proveniente dalla collezione Lepri-Patrizi è conser - vato nel nostro Museo universitario. Questo che vi presento è femmina giovane, come lo dimostrano i caratteri segnati per essa dal Savi, dal Sal- vadori, e specialmente dall’Arrigoni degli Oddi. Fu colta 1 13 scorso Ottobre al paretaio dei marchesi Sacchetti insieme a due verdoni, e il marchese Giulio nostro con- socio, che l'ha fatta preparare e la possiede, ha voluto cortesemente consentire, che io ve la mostrassi. Insieme ad essa eccovi un bel maschio quasi adulto appartenuto alla collezione del Magni Griffi, i cui esemplar più rari furono per il Museo romano acquistati per cura dell’egregio nostro Presidente. Esso è segnato come còlto nel Maggio 1861 a Castelnuovo Magra. Taluni ne dubitano; e gli Ornitologi italiani, anche nelle recenti pubblicazioni, non mentovarono esemplari adulti a piumaggio rosso còlti CARPODACUS ERYTHRINUS 39 in Italia. Ma noi perchè dubitarne, mentre dei tre esem- plari romani uno appunto era maschio ed in abito adulto Disgraziatamente fuggì di gabbia, ma ne fu conservata la figura e il colorito in un disegno del Sacchetti-Barberini; ed io stesso avevo avuto occasione di vederlo tuttavia vivace ed elegante nella sua prigione. Sono i Carpodacus (dal Greco: divoratori di frutta) un gruppo di fringillini principalmente asiatico: se ne distin- sero nel catalogo del Museo britannico ben n° 26 specie: n° 18 asiatiche e n° 8 dell'America settentrionale. Soltanto la specie erythrinus fu còlta sempre molto raramente in Italia, ma può dirsi abbastanza comune nella Russia eu- ropea; mentre è originaria dell'Asia settentrionale, ed emigra nell'inverno in Persia e nell'India. La Fringilla incerta del Risso colta nel Nizzardo, mentovata dal Bonaparte col nome di Verdone bastardo, non è che un Carpodacus ery- thrinus in un abito speciale color giallo dorato verdognolo invece che rosso, assunto dal maschio forse nello stato di domesticità. Dei Carpodacus si occupò per il primo assai diffusamente il Bonaparte insieme allo Schlegel nella sua ultima Opera assai rara sulle Loxtinae, o Fringillini dal becco grosso, che io ho la fortuna di possedere. AGGLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ (Rhea americana) Comunicazione del socio Senatore Guido di Carpegna Falconieri alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma L'on. senatore barone Giorgio Sonnino, mio egregio amico e collega, volle cortesemente comunicarmi le se- guenti notizie sull’acclimatazione dei Nandù o Struzzi d’ Ame- rica in una sua tenuta di Toscana. Esso li ebbe da Genova, dove vivevano in quel giardino zoologico, provenienti dalla Repubblica Argentina. Ad ogni fine di Aprile facevano le loro uova, ma non le covavano, e ciò proveniva quasi certamente, perchè erano due maschi con una sola femmina. Il Sonnino ebbe la fortuna di acquistare un ‘altra femmina ed uno dei maschi morì; sicchè gli rimase un solo ma- schio con due femmine. Alla primavera. il maschio, appena le uova furono deposte dalle femmine, si mise da solo a covarle, mentre le femmine oziosamente vagabondavano. Ciò avvenne per altro soltanto dopo il terzo anno: al se- condo ci furono le uova. ma nessuno si prese cura di covarle. Di nido qualsiasi non è il caso di tener conto: le uova erano sparse dalle femmine qua e là sul terreno, e fra i cespugli, nè tutte nel medesimo luogo: quelle che non erano troppo lontane erano con affettuosa cura riu- nite dal maschio. Appena esso ne ebbe quattro o cinque si pose alla cova, ma continuò a raccoglierne quando ne vide altre a poca distanza: e taluna ne fu aggiunta anche ACCLIMATAZIONE IN ITALIA DEI NANDÙ 41 dai guardiani; sicchè nella scorsa primavera ne copriva il numero di 17. Con mirabile abnegazione e pazienza rimase immo- bile sulle uova per ben 35 giorni, perchè i pulcini comin- ciarono a sgusciare dopo il trentatreesimo giorno. Fu cura dei guardiani, che a lui non mancasse mai nè acqua nè cibo : e qui fa mestieri vi accenni ad una curiosa particola- rità. In questa spontaneamente forzata immobilità del di- sgraziato covatore, in breve le penne oleose si ricoprirono tutte di mosche, ma i pulcini appena nacquero, si presero la cura di mangiarsele, quasi gratitudine all’amoroso padre: rendendolo di nuovo nitido e pulito nel suo plumbeo piu- maggio. Queste uova sono più piccole assai di quelle degli struzzi africani, ma raggiungono un peso di circa 8 uova di gallina. Mi disse il collega che sono squisite a mangiarsi, ‘e che anche i piccoli Nandù sono ottimi entro l’anno dalla loro nascita. Si addomesticano facilmente, anche troppo da divenire importuni. Sicchè questa specie oggimai si può dire, che accresca la ricchezza degli uccelli esotici se- miselvaggi allevati nelle riserve allo stesso modo dei fagiani ‘orientali: ed essa può considerarsi realmente acclimatata, perchè si cbbero già ulteriori prodotti di una seconda ge- nerazione. CONSIDERAZIONI sopra un problematico incrocio di Felidi Comunicazione alla SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA del Socio Dott. PASQUALE MOLA Tra i massi rocciosi che si trovano presso -Bulneri, circondario di Sassari, fu catturato in una tana, assieme ad una volpe, un felino (gatto selvatico ?) : che imbalsamato fa mostra di sè nel Museo di Zoologia della R. Università di Sassari. Esso ha richiamato l’attenzione dei non pochi visita- tori di quel Museo, tra i quali anche il prof. E. Simroth dell’Università di Leipzig, e tutti si sono studiati a dare un parere sul genere di quel felino. Poichè il giudizio che di esso fu dato, non mi è sem- brato attendibile, e spinto dal fatto di avere a mia dispo- sizione l'esemplare imbalsamato, non che dalle varie e più o meno esatte notizie che mi ha dato il preparatore di quel Museo, sig. Tarasconi, mi sono determinato a dare una descrizione dei caratteri estrinseci, e da essi dedurre qual- che considerazione al riguardo. Il corpo del gatto misura 50 cm. di lunghezza e la coda cm. 25. L'altezza al sommo del dorso è di circa 30 cm. Il pelame, lungo e folto, è bigio, chiaro dorsalmente e late- ralmente: bianco ventralmente. Strie di color fulvo inter- rompono la uniformità del colore: quelle del corpo lo percorrono trasversalmente a guisa di anelli, senza ricon- giungersi al ventre; quelle delle sambe sono trasversali all'asse delle sambe. Alcune screziature si notano altresì sul corpo dell’animale, ma esse sono dovute alle punte fulve dei peli. | La coda è cerchiata da strie, che verso la punta sono. PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 43 più grosse, ivi se ne contano tre caratteristiche: l’ apice codale è di color fulvo scuro. Una caratteristica fascetta fulva si osserva dorsalmente la coda, fascetta che unisce i tre anelli codali tra loro con l'apice di questa ultima. La testa presenta anche delle strie, che partendo dalle fauci si portano alla nuca, nel senso longitudinale. Due partono lateralmente agli occhi, ciascuna per lato, e sì por- tano alla base delle orecchie, dove ne incontrano una grossa, che. passando per il mento, le dà l'aspetto di una museruola. Un'altra grossa stria a guisa di collare si trova alla regione giugulare. Il padiglione delle orecchie è triangolare e ben pro- nunziato ; la punta é acuminata e termina con un carat- teristico ciuffetto di peli, lunghi, fulvi, folti e ritti di circa 3o mm.. a guisa di pennello, ciò che dà al felino l'aspetto linciforme. Il pelame del muso è bianco sporco, tendente al ros- siccio; lo stesso colorito si riscontra ai piedi. Parecchie file di peli setolosi, lunghi e poco flessibili, . sì osservano al labbro superiore: e costituiscono i mustac - chi del felino, che sono folti e ben pronunziati. L'aspetto in generale © quasi tozzo. Tali i caratteri esterni. Che può dedursi da essi? Stando ai caratteri che il Brehm nella « Vita degli ani- mali » da alle linci d'Europa (Lyra vulgaris e pardinus) po- trebbe quel felino caratterizzarsi per una tale lince: ma cotesto giudizio sarebbe, a mio vedere, abbastanza azzardoso. Infatti, stando ai caratteri del Brehm che dà alla Lynx vulgaris: cioè orecchie lunghe e acuminate, terminate da un ciuffetto a mo’ di pennello, di circa 5 cm. di lunghezza, fatto di peli lunghi, neri, folti e ritti, e riscontrandosi nel felino imbalsamato questi stessi caratteri, non potrebbe esso 44 PASQUALE MOLA definirsi altrimenti che una Lyna vulgaris; tanto più, che ‘la differenza della lunghezza del ciuffetto di circa 35 mm. più corta è dovuta alle condizioni meccaniche subite dal- l'esemplare nella cattura, nel trasporto, nella imbalsama- zione e pel tempo trascorso. Aggiungi che a questo carattere tassidermico, il quale, secondo il Brehm stesso, sarebbe il principalissimo per dif- ferenziare una Lyux da un Felix catus si riscontrano nel nostro felino anche gli altri, che il Brehm ci dà della Lynx, e cioè che: sul grosso labbro superiore stanno parecchie file di mustacchi lunghi e duri. Un pelame folto e morbido avvolge il corpo... La coda, che è uniformemente pelosa, ha una larga estremità nera, che ne comprende circa la metà della lunghezza totale : l’altra metà è anellata indi- stintamente con fasce sbiadite, che vanno disotto... nell’in» verno il pelame si colora di bigio biancastro. E se si volesse tener presente la biologia delle Lynx, secondo il Brehm, sarebbe essa quella stessa del nostro felide. Perchè anche esso come la Lyna vulgaris, abita i grandi boschi... le località rocciose e deserte, ove trova gole e caverne per ricoverarsi... Sovente si appropria le tane delle volpi e dei tassi. D'altra parte poiche il Temmink assevera nella sua « Monographie de Mammalogie » l’esistenza in Sardegna ed in Corsica di una Lyna pardinus, Oken, assai più piccolo della vulgaris, io non sarei alieno di ascrivere il felino in parola quale varietà della specie della Lyna pardinus. Ma l’asserzione del Temmink è essa stessa un atto di fede? Nè può ritenersi che l'esemplare del felino in quistione sia un vero e proprio Felir catus ferus, quando ad esso man- cano tutti quei caratteri differenziali, che si presentano negli altri esemplari del Felix catus ferus, comuni alla Sardegna. PROBLEMATICO INCROCIO DI FELIDI 45 E allora? Io ritengo che esso sia il portato di un incrocio, do- vuto allo accoppiamento di una Lynx sp. (2?) con un Fe- lix catus ferus: e ciò perchè nel nostro esemplare coesistono caratteri esteriori che differenziano 1 due generi della fa- miglia Felidae. Sassari, novembre 1907. OPERE, CONSULTATE 1827-35 — TEMMINK, C.I — Monographie de Mammatogie. T.1, I pag. 116. 1871 —BRedMm, Ae. “La. vita degl animali. — Not. ] (traduz.) Torino 1871. _ — CornaLria, E. — Fauna d'Italia.>— Parte I. Milano, Vallardi. 1774 — CertI. — Sforza naturale della Sardegna. — Sassari 1774, 3 Vol. in-8° tav. 1866 — GENNARI. — La Sforia naturale in Sardegna, nell'ultimo ventennio. — Cagliari 1866. 1857 — La MARMORA, A. - Voyage en Sardaigne. — Zoolo- gie Turin 1857. | 1869 — CaRRUccIO, A. — Catalogo metodico degli animali rapportati dalle escursioni nelle provincie meridio- nali, in Sicilia e. in Sardegna. 1868-69. 1906 — SmrorH, E. — Bemerkungen iber die Tierwelt Sardi- niens. — Verh. d. Deutsch. Zool. Gesellschaft. 1906. ANCORA DELLA LINCE DELLA SARDEGNA NOTA del Dottor PASQUALE MOLA Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma In alcune mie recentissime considerazioni (1) a propo- sito di un felino inbalsamato ed esistente nel Museo di Zoo- logia della R. Università di Sassari, ebbi a dire: che esso è il portato di un incrocio dovuto allo accoppiamento di una Lynx sp.(?) con un Felis catus ferus. Ora avendo avuto il sig. Tarasconi Giovanni l'occasione d’imbalsamare un grosso felino catturato sulle rocce del circondario di Nuoro dal nobile Umberto Manca, ho voluto esaminare più atten- tamente se la mia affermazione fatta allora abbia, oppur no, ora la sua scientifica conferma. L'aspetto di questo esemplare è assai fiero. Il corpo robusto e compresso misura la lunghezza di circa un me- tro; la coda è di cm. 33; l'altezza al sommo del dorso è di;.circa (30,cm. | Il pelame è folto, lungo e morbido : sulla faccia sì al- lunga a guisa di barbozza. Il colore è rossiccio lungo il dorso, quasi a forma di fascia ; lateralmente però tende al rosso-bigio. Chiazze rosso-brune o bigio-brune si riscon- trano sulla testa, sul collo, sulle spalle, sui fianchi. La (1) MoLa P. — Sopra un problematico incrocio di Felidi. -- Boll. ‘Soc. Zool. Ital. — Roma 1908. LA LINCE DELLA SARDEGNA 47 parte inferiore del corpo, la parte interna delle gambe, non che quella anteriore del collo e delle labbra, sono rossigne e tendenti al bianco sporco. Strie di color fulvo trasversali all'asse interrompono la uniformità del colore delle gambe. La coda, uniformemente pelosa, presenta verso l’'estre- mità tre grosse strie, a guisa di grossi anelli, di color nero che in mezzo al colorito bigio-chiaro della porzione di coda spiccano abbastanza. L'apice codale è dello stesso colorito delle strie. La testa, piuttosto grande, presenta due strie di color nero, che partendo dalle fauci, includono gli occhi e si portano trasversalmente alla testa, dove vanno a perdersi nel collo. Il padiglione delle orecchie è triangolare, ben pronun- ziato e acuminato : esso è sormontato da un ciuffetto ca- ratteristico a guisa di un pennello, costituito di peli lun- ghi, rossicci tendenti al nero € ritti, lungo circa 3 cm. Internamente al padiglione, il colorito dei radi peli è fulvo : invece è bruno inferiormente e rossiccio, tendente al nero, superiormente quello dei folti peli che sono all’esterno. Il grosso labbro superiore è fornito di mustacchi co- stituiti da parecchie file di lunghi e setolosi peli. Il pelame del muso è rossiccio : quello del naso, bianco sporco. In complesso l’aspetto è abbastanza caratteristico. Le zampe sono robuste e provviste di poderose unghie, acute e retrattili. Da quanto asserisce il sig, Mauca, esso fu trovato nella foresta del circondario di Nuoro, randaggio su per quei massi rocciosi, fu scovato dai cani, i quali furono da esso assaliti e due anche rovinati, ciò fa arguire la sua grande forza e ferocia. 45 PASQUALE MOLA I caratteri innanzi detti di codesto felino messi a con- fronto con quelli degli altri felini del luogo, fanno ritenere che esso non è altro che una lince. caratteristica propria della Sardegna, la quale, pur presentando i caratteri delle. linci, non ha di comune con queste che i soli caratteri generici. Nè è a dirsi che essa sia la lince. pardina de- scrittaci dal Temmink nella sua « Monographie de Mam- malogie = e che egli asserisce esistere in Sardegna : perchè la diagnosi ne è negativa. Ed è perciò che io crederei op- portuno assegnare a cotesta specie di felini un nome spe- cifico che, rispondente alla regione ove vive, sarei pro- penso sia quello di Lynx sardiniae - 1907.. Sassari, 5 dicembre 1907. ISTITUTO DI ZooLogia DELLA R. UnIversITÀà DI RoMA DIRETTO DAL PROF. COMM. A. CARRUCCIO LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTIGOLO Storia, Morfologia, Anatomia Comparata, Istogenesi, Hisiologia, Fisiopatologia, e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo. Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO” (Continuazione — Ved. fasc. VII, VIII e IX, 1907) Variazioni patologiche. Della patologia delle cellule interstiziali poco si co- nosce; eppure anche questo è un argomento assai interes- sante da studiare sotto varii punti di vista, potendo anche, tra l’altro, la patologia, rischiarare le nostre idee sulla fisiologia di questi elementi. Jacobson nel 1879 cercò di dimostrare che il numero delle cellule interstiziali aumenta coll’infiammazione del testicolo, per poi diminuire dopo cessato lo stato morboso . Malassez e Terillon hanno eseguito delle ricerche speri- mentali, mediante iniezioni di nitrato d’argento, sull’ana- tomia patologica, dell’epididimite consecutiva all’infiam - mazione del canale deferente; ma non parlano in modo speciale delle cellule interstiziali. Regaud descrive un caso di trasformazione paraepite- liale delle cellule interstiziali nel testicolo di un cane, pro- babilmente in seguito ad un’ antica orchite. Questa osser- Bollett. della Soc. Zoolog. Ital. — Anno XVI, 1908, Fasc. I e II. 4. 50 VALENTINO BARNABÒ vazione dimostra che la regressione e la sparizione dei tubuli seminali e della funzione spermatogena non si ac- compagna sempre colla diminuzione .e colla sparizione delle cellule interstiziali: e ciò prova una volta di più l’indipendenza funzionale dell'elemento interstiziale da quello seminale. Inoltre le cellule interstiziali, elemento del connettivo secondo Regaud, sono capaci, probabilmente in vista di una secrezione interna più attiva, di ordinarsi più strettamente intorno ai vasi sanguigni, in modo da sembrare dei paraepiteli. Ciò è normale del resto in alcuni animali, come il gatto e il porco. Hansemann nell’anemia perniciosa ha notato iper- trofia dell’apparato interstiziale. Mathieu ha descritto le cellule interstiziali numerose, contemporaneamente all’an- nullamento della spermatogenesi, in un caso di un indi- viduo morto per febbre continua (?). Bouin e Ancel hanno trovato gli stessi fatti in individui morti per tubercolosi. In affezioni delle vie eliminatrici dello sperma si è visto che le cellule interstiziali non ne soffrono. Ciò è stato osservato in affezioni dell’epididimo e del canale de- ferente da Hansemann, da Lybarsch per la tubercolosi, da Mathieu, da Malassez e Terillon, da Regaud in un cane, da Bouin e Ancel per l’epididimite tubercolare nell'uomo e nella cavia. Così questi ultimi autori hanno studiato soggetti con stenosi patologiche delle vie eliminatrici dello sperma, ed hanno potuto vedere che quando l’affezione è circoscritta, i canalicoli seminiferi perdono la loro attività ma la glandola interstiziale persiste. Ancel e Bouin hanno anche osservato che nelle in- tossicazioni da alcool o da tossine tubercolari, o nelle infezioni, come la tubercolare e la carbonchiosa, la glan- dola interstiziale si ipertrofizza e la sua secrezione si esa- gera come se avesse per scopo la difesa dell’organismo. d‘ DI LA CLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DI L’atrofia della glandola e la sparizione del suo secreto si constatano soltanto alla fine dell’intossicazione cronica, oppure nelle intossicazioni gravi e rapide. Da queste ricerche, per quanto frammentarie ed in- complete, pure si può dedurre che anche in condizioni patologiche le cellule interstiziali subiscono delle varia- zioni notevoli ; e che tali alterazioni sono sempre riportabili a quelle osservate anche in condizioni fisiologiche e tera- tologiche. [RX FISTIOPATOLOGIA: In questo capitolo ci occuperemo della parte esperi- mentale che riguarda le cellule interstiziali del testicolo. Dopo che Brown Séquard nel 1875 cominciò degli espe- rimenti per dimostrare la esistenza della secrezione interna delle ghiandole sessuali, si aprì un nuovo adito alle ri- cerche che divennero numerosissime, sia nel campo delle ovaia, sia nel campo dei testicoli, restringendosi in seguito in modo speciale agli elementi interstiziali delle glandole sessuali. Brown Séquard dal 1889 al 1891 pubblicò varie note, in cui riportava i risultati ottenuti colle iniezioni di estratti di testicoli di varii mammiferi, e venne alla conclusione che dopo tali iniezioni aveva potuto riscontrare in sè stesso un notevole risveglio delle facoltà intellettuali, maggiore resistenza alla fatica mentale e fisica, e miglioramento nelle funzioni digestive. Le ricerche di questo autore non ave- vano la garanzia di fatti osservati obbiettivamente : tuttavia dopo di lui molti studiosi adottarono anche a scopo tera- peutico le iniezioni di succo testicolare in isvariate con- tingenze morbose, senza però ritrovar mai l’azione straor- dinaria di cui aveva parlato Brown Séquard. 52 VALENTINO. BARNABÒ Numerose ricerche furono poi eseguite per l’ovaio, e di queste accenneremo qualcosa in seguito. Per il testicolo furono eseguiti tre ordini di esperienze: la legatura e re- sezione del dotto deferente ; il trapianto dei testicoli, ripro- ducendo anche sperimentalmente la criptorchidia; e l'iniezione sclerogena di sostanze causticanti destinate a distruggere la parte seminale, conservando la parte inter- stiziale del testicolo. E ora sarà bene esaminare partita- mente queste esperienze. Legalura e resezione dei deferenti. I deferenti sono stati legati e resecati sperimentalment e e qualche volta anche a scopo terapeutico, per varie ragioni; sia coll’intento di provocare l’atrofia del testicolo, sia di rendere atrofiche le glandole annesse all’apparato genitale come la prostata, sia per produrre un maggiore sviluppo e una vera ipertrofia nella cosiddetta glandola interstiziale. Molti autori hanno eseguito queste esperienze ottenendo risultati assai discordi tra loro. Tale diversità di risultati dipende dal fatto, messo in luce da studi più accurati, che la legatura o resezione degli uni o degli altri elementi del funicolo spermatico, che negli animali da esperimento difficilmente si possono isolare e separare, producono ef- fetti diversi, tanto sugli elementi seminali, quanto su quelli interstiziali del testicolo. Obolensky pel primo nel 1867 aveva constatato l’atro- fia totale del testicolo, producendo nei cani e nei ‘ conigli la resezione del nervo spermatico sotto l'anello inguinale esterno. Dopo di lui Jacobson aveva notato, come notò in seguito White, la cancrena del testicolo che segue, anche nell'uomo, dopo la legatura dei vasi spermatici. Miflet in- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO DS vece concluse dalle sue esperienze che la legatura dell’ar- teria e delle vene spermatiche apporta bensì l’atrofia del testicolo, ma senza inconvenienti di sorta. Si avrebbe così prodotta una castrazione fisiologica. Alessandri fece uno studio più accurato e completo degli effetti sul testicolo della resezione dei vari elementi del condotto spermatico. Egli nei cani isolava con attenzione i singoli elementi del condotto spermatico, e di poi legava ora l’arteria, ora i nervi, ora le vene, ora il dotto deferente. Trovò così che si avevano risultati differenti sull’atrofia del testicolo, e precisamente si otteneva un’atrofia rapida, quando erano stati legati i vasi; mentre l’atrofia che seguiva alla lega- tura del deferente non era molto netta, nè altrettanto ra- pida. Tournade dopo di lui ha trovato che si hanno anche effetti diversi sul testicolo quando la interruzione del de- ferente è stata obliterante oppure non lo è stata del tutto. . Egli ha ottenuto risultati assai interessanti con le sue esperienze, adoperando nei cani la legatura, o la sezione col termocauterio, o lo schiacciamento. Qnando il defe- rente è obliterato subito e definitivamente, il testicolo pre- senta un'involuzione regressiva, comprendente tre stadi : in un primo periodo le cellule seminali già persistenti de- generano e spariscono ; in un secondo periodo riappare, ma incompletamente, la spermatogenesi , e nel terzo ed ultimo periodo si ha la completa sterilità. Il canale defe- rente non completamente obliterato può invece lasciar versare lo sperma nel tessuto perideferenziale, dando luogo alla produzione di una cisti di riserva dello sperma causa quindi della non completa atrofia del testicolo, e delle conseguenti divergenze nei risultati. L’atrofia del te- sticolo, ottenuta in modo completo nel primo caso, si spiegherebbe come l’atrofia di una ghiandola col condotto escretorio obliterato. 54 VALENTINO BARNABÒ Ma, come dicevo, molti osservatori hanno studiato ciò che avviene nel testicolo dopo la stenosi o. l'interruzione del deferente, senza preoccuparsi di altro, e hanno anche ottenuto risultati discordi tra loro. Così Brugnone e Gos- selin nel 1847 ritennero che la stenosi del canale deferente non avesse azione sulla spermatogenesi e non conducesse alla consecutiva atrofia della glandola sessuale. Conclusero anzi che il testicolo, il cui prodotto non arriva fino alle vescicole spermatiche, non si atrofizza e seguita a pro- durre fisiologicamente dello sperma. Dopo il lavoro di. Tournade si comprende bene come Brugnone e Gosselin possano aver ottenuto tali risultati dalle loro esperienze. Cosi anche Cooper ha estirpato il deferente senza ottenere atrofia del testicolo : e altrettanto ottennero Curling, Go- dard, Guyon in uomini operati di castrazione fisiologica, Harrison, e Runeau, secondo il quale il testicolo dopo la resezione del deferente continuerebbe a srilupparsi e a funzionare. Brissaud aveva sezionato il deferente nel co- niglio; e dopo l’operazione teneva una serie di animali se- parati dalle femmine, e un’ altra serie uniti con le fem- mine. Mentre nei primi si aveva subito l’atrofia del testi- colo, nei secondi invece la spermatogenesi già in atto sì compiva con grande rapidità da principio, e poi spariva e il testicolo tornava allo stato di neutralità funzionale. Bouin infine notò che dopo la legatura del deferente spa- riscono gli elementi seminali, ma non si occupò degli elementi interstiziali. Come ho detto, la resezione dei deferenti è stata pra ticata anche, sia sperimentalmente, che a scopo terapeu- tico per ottenere l’atrofia della prostata. Sebbene questo argomento di pertinenza chirurgica possa a prima vista sembrare estraneo al nostro studio, pure desidero accen- narne qualcosa, in base alle moderne teorie riguardanti _ LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOEO 009) l'influenza esercitata dalla glandola interstiziale su tutto il tratto genitale e anche sulle glandole accessorie. Le ri- cerche di Lannois (1884) avevano già dimostrato i rapporti funzionali tra il testicolo e la. prostata, e che. la castra- zione produceva l’atrofia di questa ghiandola. Dopo la proposta di White (1893) la castrazione era stata difatti usata con successo in vari casi da Lannois, da Picquois, da Roth, da Powal, da Heynes, da Schnitzler, e da Ramm, Isnardi iniziò poi la sezione dei deferenti in un caso di disuria senile : e dopo di lui la operazione fu anche ese- guita da molti operatori. Nel 1895 Brown riportò un caso di legatura di deferenti in un prostatico con successo te- rapeutico ; e dopo di lui Chalot, sezionando tra due le- gature il deferente, aveva ottenuto la riduzione di volume della prostata, e il malato aveva potuto riprendere anche i rapporti sessuali. Rjewalsky sosteneva che l’atrofia della prostata per la resezione dei deferenti fosse dovuta alla sezione dei nervi di Cooper, piuttosto che alla interruzione del deferente stesso, cosa questa che, se pure può avere un valore relativo, non può più al giorno d'oggi averne uno assoluto. Pavone colla recisione dei deferenti ha ot- tenuto l’atrofia degli elementi della prostata; e ha osser- vato inoltre, come confermò poi Tournade, che recidendo il deferente, può il lume di questo dotto non obliterarsi e il liquido testicolare versarsi continuamente nel tessuto connettivale lasso del cordone, venerdo riassorbito. La semplice legatura può poi non riuscire, anche perché il lume del canale è molto piccolo, mentre lo spessore delle pareti è relativamente molto grande, e le pareti al tempo stesso sono resistenti e rigide; perciò il filo di legatura può recidere le pareti, ottenendosi allora gli stessi effetti che per la recisione. Per ovviare a tale inconveniente Pa- 56 VALENTINO BARNABÒ vone propone la recisione del deferente e la consecutiva torsione dei due monconi. | Dopo Pavone, Negretto operò, secondo Zappalà, due prostatici colla resezione del deferente con buoni risultati. Altre operazioni furono eseguite da Fritsch, da Harrison con la legatura a livello dell'anello inguinale, da Guyon, da Guelliot, da Haynes e Mears, da Mac Munn, da Chau- veau, da Vautrin, da Richmond, e da Frani che riporta quattro casì di prostatici guariti. Pavone pubblicò nel 1896 un altro caso operato secondo il suo metodo di recisione del deferente e torsione dei peduncoli, con certezza di com- pleta obliterazione del canale; e notò che di pari passo si ottenne atrofia della prostata e atrofia del testicolo. Routier considera il processo di resezione dei deferenti superiore alla castrazione nella cura dell’ ipertrofia prostatica. Legnew chiama la sezione del dotto deferente castrazione fisiologica, e dice che ha gli stessi effetti della castrazione sulla prostata; soltanto con questo mezzo si ottiene un’afrofia più lenta, e inoltre qualche volta segue o qualche volta precede l’a- trofia del testicolo. Finalmente Athanasoff procedette a ricerche istologiche sulla atrofia prostatica, dopo aver ese- guito la castrazione, la vasectomia, e la iniezione sclero- gena epididimale di sostanze caustiche, distruggenti gli ele- menti seminali del testicolo. Vi è dunque certo un rapporto tra l’atrofia della pro- stata e l’atrofia del testicolo, che succedono entrambi per la medesima operazione. Certo sì può pensare che la prima sia subordinata alla seconda, sebbene Legneu abbia detto che l’atrofia testicolare in qualche caso può susseguire a quella prostatica. Ma avviene l’atrofia dell'elemento semi- nale del testicolo o si altera l'elemento interstiziale ? Qual’è dunque la parte del testicolo che ha influenza oltre che su tutto l'organismo, anche sulla prostata? Per rispondere a eta ni LE CLANDOLE INTERSTIZIALI DEL TESTICOLO 07 tali domande occorre vedere prima gli studii di coloro che hanno sperimentalmente proceduto alla resezione dei de- ferenti per osservare in modo speciale le alterazioni degli elementi interstiziali. E questi sono i lavori più interes- santi pel nostro presente studio. Bouin e Ancel si sono specialmente occupati della questione e hanno pubblicato 1 risultati delle loro espe- rienze in una numerosa serie di comunicazioni dal 1903 in poi. Essi per chiarire anche coll’esperimento la indi- pendenza della glandola interstiziale dalla parte seminale del testicolo, indipendenza già dimostrata dal puntò di vista morfologico, embriogenetico, fisiologico e patologico, procedettero alla legatura del deferente, con lo scopo di far -degenerare gli elementi seminali, lasciando intatte le cellule interstiziali. Le esperienze vennero eseguite sulla cavia; e portarono alla degenerazione della giandola semi- nale, avvenuta di giorno in giorno dopo l'operazione con ia scomparsa da principio degli spermatidi, poi degli sper- matociti e finalmente degli spermatogoni. Le cellule inter- stiziali invece persistono come normalmente e come negli animali criptorchidi. Le ricerche di Brugnone, Cooper, Bris- saud, Bonin, Pruneau, che avevano condotto questi autori a ritenere che la glandola testicolare non si atrofizzava portarono a tal risultato perchè, secondo Bouin e Ancel, gli esperimenti non avevano durato un tempo sufficiente. Richon e Jeandelize studiarono poi l'influenza della castrazione e della sezione del canale deferente sullo svi- luppo degli organi genitali esterni nel coniglio giovane, e notarono che lo verga cresceva lo stesso, mentre nel te- sticolo persistono le cellule interstiziali e si atrofizza la parte seminale. Conclusero quindi che la glandola inter- stiziale abbia da sola l’ufficio della secrezione interna te- sticolare, e che gli effetti osservati nell'organismo dopo la 58 VALENTINO BARNABÒ castrazione sono dovuti alla mancanza delle. cellule inter- stiziali. A questo lavoro Bouin e Ancel obbiettarono per altro che la glandola seminale in via di atrofia può an- cora eliminare dei prodotti, assorbibili dall'organismo: e che inoltre persiste il sincizio nutritizio, agli elementi del quale potrebbe essere dovuta, almeno in parte, la secre- zione endocrina. Ciò non succede invece nel testicolo in ectopia, il quale quindi si presta meglio per lo studio di tale questione. In una nota successiva Bouin e Ancel con- cludono anche, criticando il lavoro di Richon e Jeandelize, che la legatura del canale deterente soltanto negli animali giovani, il cui testicolo possiede ancora la struttura em- brionale, non arresta lo sviluppo nè della glandola semi- nale nè di quella interstiziale; e che non si sia questa - ul- tima annullata, lo dice il fatto dell'apparizione dei carat- teri sessuali. Tali caratteri sono certo sotto la dipendenza della glandola interstiziale ; ma occorre prima dimostrare. che le cellule seminali e il sincizio del Sertoli non sono apparsi in alcun periodo déllo sviluppo del testicolo. E in quanto a me, sembra che le obbiezioni di Bouin e Ancel siano molto serie e ragionate. Successivamente Bouin e Ancel per dimostrare nei soggetti adulti che le cellule seminali non possiedono alcuna azione sull'organismo, hanno studiato gli animali che hanno subìto una stenosi esperimentale delle vie eliminatrici dello sperma, operando sul cavallo, sul coniglio e sul cane. Hanno allora veduto che gli elementi seminali spariscono a poco a poco gradatamente, che il sincizio nutritizio persiste sol- tanto contro la faccia interna del tubulo seminale, che la glandola interstiziale persiste morfologicamente eguale alla normale, che l'istinto genesico è conservato, e finalmente che i caratteri sessuali sono accentuati. Pertanto gli autori, accordando tali ricerche sperimentali con quelle eseguite LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 09 sugli animali criptorchidi e su individui soggetti a stenosi patologiche, e di cui abbiamo già parlato, concludono che le cellule seminali non hanno alcuna influenza sul man- tenimento dei caratteri sessuali e dell’ istinto genesico, e che l'integrità di questi caratteri e di questo istinto è solo associata all’integrità della glandola interstiziale e del sinci- zio nutritizio. Ma Bouin e Ancel vollero anche dimostrare che il sin - cizio nutritizio non ha alcuna azione sull'organismo: e per- tanto hanno sperimentalmente distinto il sincizio nutritizio dalla glandola interstiziale, togliendo agli animali un testi- colo, e resecando un tratto del deferente dell’altro testicolo. Essi hanno ottenuto così la completa scomparsa della glan- dola seminale, degenerazione assai avanzata del sincizio del Sertoli, e anche una ipertrofia, da loro detta compen- satrice, della glandola interstiziale. Finalmente Bouin e Ancel desiderarono di spiegare il fatto, osservato in alcune esperienze colla legatura del defe- rente, in cui gli animali, al contrario di ciò che soleva suc- cedere, assumevano tutti i caratteri dei castrati, e oltre alla scomparsa degli elementi seminali nel testicolo, si notava anche atrofia delle cellule interstiziali. Essi pensarono che tali risultati disaccordi fossero dovuti alla resezione dei nervi che decorrono nel connettivo perideferenziale ; e tale loro supposizione era ben giusta e trovava riscontro anche nelle ricerche di Alessandri e degli altri. Bouin e Ancel ottennero difatti presso a poco gli stessi risultati, sezionando solamente il connettivo perideferen- ziale in cui decorrono i nervi. E in tal modo nella glan- dola interstiziale, ottennero pure una annichilazione fun- zionale a cui sarebbero dovuti i caratteri da castrato assunti dagli animali in quelle esperienze. Le esperienze di Bonin e Ancel non restarono senza 60 VALENTINO BARNABÒ critiche, e Loisel intraprese una polemica. a cui risposero i due ricercatori. Di ciò intendo parlare però, quando esa- mineremo le diverse opinioni sull’ importanza fisiologica della glandola interstiziale, ed avremo espletato i vari argo- menti addotti come fatti da questi autori. Trapianto dei testicoli. Altre esperienze riguardano ciò che avviene delle cel- lule interstiziali, e in genere del testicolo, quando si tra- pianta nello stesso animale a cui appartiene, o in un altro. E sono esperienze molto interessanti, quantunque non siano complete e non abbiano procurato gli stessi risultati sod- disfacenti, a cui portarono simili esperienze nelle femmine per le ovaia, Herlitzka fece delle interessanti ricerche sul trapianto dei testicoli nei Tritoni; e descrisse i fenomeni di degene- razione nei testicoli, trasportati da un individuo ad un altro, sia maschio che femmina. ln generale tutti gli ele- menti del testicolo degenerano; e ciò secondo l'Autore, deve dipendere dalla mancanza dello stimolo trofico esercitato dal sistema nervoso. Foà ripetè gli stessi esperimenti sui Mammiferi, e os- servò pure che il testicolo, sia allo stato embrionale che allo stato adulto, non può essere trapiantato, tanto nello stesso animale, quanto sopra un altro animale della stessa specie, perchè il tessuto gserminale sparisce completamente dall'organo trapiantato. Foà però non si è occupato degli elementi interstiziali. Le altre ricerche che si hanno su questo argomento, riguardano il trapianto dei testicoli in condizioni speciali, riproducendo cioè la criptorchidia sperimentalmente, ripor- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 61 tando quindi il testicolo nelle condizioni in cui si trovava prima dello sviluppo. Ebbene Piana, che nel 1891 produsse sul topo bianco l’ectopia sperimentale del testicolo, ebbe a constatarne la successiva atrofia. E Stilling che due anni dopo ripetè tali esperimenti nel cane, trovò pure che il testicolo si atrofizza in due o tre mesi, e che l’epitelio germinativo dei tuboli si riduce a qualche spermatogonio e a qualche cellula di sostegno. Ma nessuno dei due autori parla dell'elemento interstiziale in modo speciale. Così non ne parla neppure Griffiths, al quale tuttavia si deve un importante studio sui cambiamenti di struttura nel testicolo riportato nella cavità addominale. Egli fissava nel cane il testicolo nell’addome, e notò che quando sì opera un animale prima dell’epoca della pubertà, la glan- dola sessuale regredisce, ma di poco; mentre quando si opera un cane già pubere, il testicolo si riduce di volume di molto. In quanto alla struttura non si trova nei tubuli seminiferi che un solo strato di cellule, le quali poggiano sopra una membrana propria. Questa membrana negli stadi successivi si ispessisce e si trasforma addirittura in un cordone fibroso. Altre esperienze furono eseguite poi da Bouin e Ancel, 1 quali riprodussero la criptorchidia nel porco, nel cane, nella cavia e nel coniglio, e ne conclusero che la ghian- dola interstiziale dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità del tratto genitale e l’attività genitale; e che quella dei Mammiferi giovani tiene sotto di sè lo sviluppo del tratto genitale e l'apparizione delPattività genitale. Essi difatti morfologicamente riscontrarono che anche in condizioni sperimentali si osservano gli stessi fatti notati nel testicolo di per sè ectopico degli animali criptorchidi. Finalmente ricorderò ancora un precedente lavoro di Ancel e Bouin, nel quale è descritto un caso di ipertrofia 62 VALENTINO BARNABO compensatoria della glandola interstiziale in un verro crip- torchida, che era stato castrato da una parte. Questo fatto dimostra indubbiamente, secondo gli autori, ma non del tutto, secondo me, che si tratti di una secrezione in- terna della glandola interstiziale, la quale non serve solo ad assicurare la nutrizione degli elementi sessuali, ma ha anche un’azione generale sull'organismo. E per ultimo accennerò a qualche altra esperienza. Malassez e Terillon fecero dei tentativi di iniezioni scle- rogene di soluzioni di nitrato d’argento nell’epididimo di vari animali; ma non furono tentativi coronati da suc- cesso, e i fatti osservati non furono del tutto persuasivi. Bouin e Ancel ripeterono poi simili esperienze. (Continua) ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA diretto dal Prof. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA Caso raro di parassitismo, dovuto a contemporanea dimora nell'intestino d'una giovinetta della HY- MENOLEPIS DIMINUTA (Rud.), dell'ASCARIS LUMBRICOIDES L. e di numerose larve di CAL- LIPHORA VOMITORIA (L). Comunicazione fatta alla SOCIETÀ ZCCLOGICA ITAL'ANA con sede in Roma dal prof. M. Condorelli Francaviglia Il Dott. Anzalone m’inviava nel mese di dicembre del- l’anno scorso, per mezzo dello studente di medicina si- gnor Aguglia, una boccetta contenente dei parassiti in alcool, espulsi, col vomito, da una giovinetta di Castro- giovanni dell’età di anni 16. La ragazza da qualche tempo digeriva con difficoltà, provava quasi sempre un senso di pesantezza all’epigastrio, e spesso soffriva di vere coliche gastralgiche, accompagnate da vomiturazioni e da vomiti. In una di queste crisi, e precisamente nell'ultima, la gio- vine donna espulse, col vomito, insieme a liquido bian- chiccio, semitrasparente e viscido, numerosi parassiti, che riferisco a due specie di vermi, Hymenolepis diminuta (Rud.) e Ascaris lumbricoides (L.) e a una larva di dittero, Calliphora vomitoria (L.). I. —- L'espulsione dell’Ascaris lumbricoides, per la via della bocca e durante i conati di vomito, è un fatto co- 64 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA mune ed ovvio, che non meriterebbe di essere accennato, se esso nematode, nel caso in esame, non facesse compa- gnia a due altri parassiti, che hanno speciale importanza, poichè molto raramente si rinvengono nell'uomo. (zxli ascaridi da me osservati sono due, un maschio ed una femina, semidigeriti e ridotti in brandelli, cosicchè di essi non vi sono che gli avanzi, rappresentati da lembi più o meno estesi della parete del corpo, formata dalla spessa cuticola e dalla sottostante tunica muscolare, da diversi tratti del tubo digerente e da un piccolo gomitolo, fatto da filamenti lunghi ed alquanto intrecciati fra loro, dei quali taluni sono dello spessore di un pelo di coda equiua, altri di diametro maggiore : negli uni all’osserva- zione microscopica ho constatato la struttura del testicolo, negli altri quella dell’ovaia. Essi Ascaridi, evidentemente, prima dell’ espulsione avevano soggiornato alquanto nello stomaco e in parte su- bìto l’azione digestiva del succo gastrico. II. — Hymenolepis diminuta (Rud.). — Di questo ce- stode, che va pure coi nomi di Taenia diminuta Rud., T. leptocephala Crepl., T. flavo-punctata Weinld., T. mi- nima (Grassi (1), ho rinvenuto numero 6 individui com- pleti, più tre frammenti riferentisi alla porzione anteriore (1) Non credo opportuno, fra la sinonimia di questo cestode, inclu- dere il nome di Taenia varesina E. Parona, come vorrebbe il Braun (I parassiti animali dell’uomo, traduz. Dott. T. Crevatin, Milano, pag.202), in quanto che il Parona, come risulta dal testo del suo interessante la- voro non intese farne una nuova specie: « Riflettendo... all’analisi di al- « cuni caratteri, che mi sembrano i più significativi, per la Taenia « flavo-punctata e la tenia che ho qui descritta, reputai più ragionevol- « mente chiamare la medesima una probabile Taenia favo-punctata, an- « zichè creare un nome nuovo per essa, ed accrescere ancora di una le « numerosissime specie delle tenie ». (E. Parona — Di un caso di Taenia flavo-punctata (?) riscontrata in una bambina di Varese; in: giornale della R. Accademia di Medicina di Torino, febbraio 1884). HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 65 e posteriore dello strobila. La lunghezza degli esemplari intieri oscilla da un minimo di cm. 11 ad un massimo di cm. 17; quella dei frammenti è rispettivamente di cm. 4-6-7. La testa è piccolissima, claviforme, con diametro tra- sversale (mm. (),350) maggiore di quello longitudinale (mm. 0,270), troncata in avanti, ove porta un infossamento centrale a forma d’intundibulo, che accoglie un rudimento di rostro piriforme ed inerme, In due esemplari questo piccolo rostro l'ho visto appena protratto. Le ventose, pic- cole e profonde, sono vicinissime alla sommità della testa. Senza limite alcuno di demarcazione lo scolice si continua con il collo filiforme, lungo mm. 3,3 e spesso mm. 0,220, uniformemente liscio ed indiviso. Le prime proglottidi sono assai corte e appena distinte, quelle, che vengono subito dopo, nettamente separate l'una dall’altra, sono larghe mm. 0.54 e lunghe mm. 0.112, a margini laterali regolarmente arcuati con convessità esterna; le seguenti si fanno sempre più lunghe ed in proporzione meno ampie, con un margine posteriore che oltrepassa i limiti di quello anteriore, per cui esse assumono la forma trapezoidale: la lunghezza delle proglottidi in prosieguo aumenta progressivamente sino alla estremità posteriore della catena ove si fanno rettangolari, poco più larghe (mm. 2.50), che lunghe (mm. 1,90); le ultime due proglot- tidi, negli individui veramente completi, sono maggior- mente sviluppate nel senso della lunghezza, sopratutto l’ultima, ch'è di forma ovale, molto depressa, priva di uova, lunga mm. 2.38 e larga mm. 0.62. Secondo Railliet (1), (1) A. RA1LLIET - Yraité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris, 1895, pag. 269. Bolltett. detta Soc. Zool. Italiana, — Auno XVI, 1988. Fasc. I e II. Da 66 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Braun (1), Perroncito (2), Moniez (3) ed altri la lunghezza delle ultime proglottidi mature non supererebbe mai l’am- piezza delle medesime, ma sarebbe di gran lunga inferiore (lungh. mm. 0.66-mm. 1, largh. mm. 2-mm, 3.9): secondo E. Parona (4) si avvicinerebbe alguanto (lungh. mm. 3, lar- ghezza mm. 4); secondo la mia osservazione invece la supe- rerebbe (lungh. mm. 3.62, largh. mm. 2.38). La ragione delle diversità delle misure da me trovate, credo sia questa, che gli altri autori riferiscano le loro misure a tenie dal cui strobila si erano distaccate le ultime proglottidi. Difatti anche io in 5 dei 6 esemplari completi ho trovato le proglottidi terminali ripiene di uova e sempre più larghe che lunghe, mentre nel sesto individuo rinvenni le due ultime pro- glottidi vuote, depresse e con lunghezza maggiore della larghezza. Dal quale reperto si deve inferire che quest’ul- time ordinariamente si distaccano prima di svuotarsi, ma talvolta prima si svuotano, assottigliandosi ed allungandosi per tale fatto, e poscia, dopo qualche tempo, si separano. L'apparecchio genitale maschile comprende general- mente 3 testicoli (raramente 2, più raramente 4) roton- deggianti, situati 2 a destra ed 1 a sinistra o viceversa, provveduti ciascuno di un proprio canale efferente; questi tre piccoli canali presso la faccia dorsale di ciascuna pro- glottide si riuniscono sulla linea mediana, formando un canale più ampio, canale deferente, che in direzione tra- (1) M. BRAUN - / parassiti animali dell’uomo, Milano, edit. Val- lardi, pag 202. (2) E. PERRONCITO - / parassiti dell’uomo e degli animali utili, Milano, edit. F. Vallardi, pag. 294. (3) R. MonI=Z- Traité de parasitologie animale et végétale, Paris, 1899 pag. 247,-240. (4) E. PARONA - Di un caso di Taenia flavopunetata (?), riscontrato in una bambina di Varese, in: Giornale della R. Accademia di Medicina di Torino, febbraio 1884. HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 67 sversale si porta verso il margine sinistro della proglot- tide, ove si dilata in una vescicola seminale piriforme. L’apparecchio genitale femminile consta di due ovaie. laterali o germigeni, situate a destra e a sinistra dell’asse mediano, e di una ghiandola vitellogena, impari e lobata, posta nel mezzo ed alquanto posteriormente: esse ghian- dole sono in rapporto con appositi organi, quali il germi- dotto, il vitellodutto: e la vagina, la quale sbocca pure a sinistra accanto e al disotto dell’orificio maschile. I pori genitali sono piccolissimi. e tutti situati dal medesimo lato del corpo, a sinistra: soltanto per anomalia ho notato una serie di anelli con pori sessuali situati al lato opposto, cioè a destra. L’uovo è piccolo, rotondeggiante o leggermente ovale (mm. 0.65. x mm. 0,70) con guscio a quadruplo involucro, dei quali l'esterno è giallastro e sottilmente striato nel senso dello spessore, i due medî sono incolori e saldati fra di loro, l’ interno è anch'esso incolore e termina a punta ai due estremi, ove esistono due mammelloni polari. L’on- cosfera è ellittica e misura ». 34 di lunghezza per wu. 26 di larghezza, gli uncini, piccolissimi, sono lunghi appena 10 u. Dei 6 individui di Hymenolepis diminuta, espulsi col vomito da quella giovane donna di Castrogiovanni, il più sviluppato è lungo, come sopra ho detto, em, 17, cioè nemmeno .raggiunge la lunghezza minima di 20 em. che diversi autori attribuiscono a questa tenia, quando pro- viene dall’ intestino dei suoi ospiti naturali, quali sono il topo delle chiaviche (Mus decumanus), il ratto (Mus rattns, e diverse specie di topolini (Mus musculus e Mus alexan- drinus). Ma il Grassi (1) afferma l’esistenza di individui (1) G. B. Grassi — Taenia flavopunctata Wein. — 'aenia leptoce- phala Creplin. — Taenia diminuta Rud., in: Atti della /. Accademia delle Scienze di Torino, Vol. XXIII, 1887-88, pag. 492. 68 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA maturi di questa specie di tenia con minore lunghezza, e dice che quando essi « sono lunghi 12-15-20 centimetri “ possono avere già numerose proglottidi con uova mature ». In nessun caso però gli esemplari di H. diminuta, finora rin- venuti nell'uomo, hanno raggiunto o si sono avvicinati a quella massima degli individui, che si rinvengono nei loro ospiti naturali (Roditori). Il Grassi, che ha avuto a sua disposizione due individui, di cui uno completo ed uno mancante di testa, li ha trovati lunghi rispettivamente 30 e 35 centimetri; io, in un individuo completissimo prov- visto delle due ultime proglottidi, che già si erano svuo- tate dagli ovuli, senza che ancora si fossero distaccate dallo strobila, ho constatato la lunghezza massima di 17 centimetri. Da ciò è lecito dedurre che | H. diminuta pas- sando nell'uomo, suo ospite accidentale, si sviluppa meno, e non vi raggiunge la sua ordinaria lunghezza. Il parassitismo nell'uomo da H. diminuta, se non è un fatto rarissimo, nemmeno si può considerarlo frequente. Il Weinland (1) nel 1861 descrisse, per il primo, questo cestode sull'esame di 6 esemplari senza testa espulsi in America da un bambino di 19 mesi e raccolti dal Dottor Ezra Palmer, che li depositò al Museo di Boston. L'autore im- pose il nome di Taenia flavopunctata a causa d'una macchia gialla, che gli anelli portavano lateralmente. Il bambino, che ospitava il parassita, era di buona salute. Seconda osservazione è quella del Leidy (2), che nel 1884 descrisse la T. flavopunctata in seguito a studio fatto sopra dodici frammenti riferentisi a tre diversi esemplari, espulsi, ——————+— _—_—_—_—____—& (1) D. F. WEINLAND — An essay of tapeworms of inan. Cambridge. U. G. 1858. (2) J. LEIDY - Occurence of a rare human Tapeworm (Taenia flavo- punctata); in Amer, Journal of med. sc. (2) LXXXVIII, 1884, pag. 110. HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 69 a Filadelfia, da un fanciullo di 3 anni, dopo la sommini- strazione della santonina. . Nello stesso anno il dott. E. Parona (1) descrisse il caso di una bambina di 2 anni, nata a Varese in Lom- bardia, da qualche tempo scaduta dalla abituale salute e gaiezza, che espelleva di quando in quando colle fecce dei nastrini bianchi. In seguito a somministrazione di estratto etereo di felce maschio. furono espulsi 4 esemplari di una tenia, lunghi dai 12 ai 20 centimetri, con testa cuboide e provvista di uncini, e con proglottidi mature piene di uova, esemplari ch'egli riferi con probabilità alla specie Taenia flavopunctata. La bambina, dopo l'espulsione del parassita, si riebbe man mano in salute, e tornò vispa e risanata agli usati trastulli. Il Grassi (2) nel 1887 ammise l'identità della tenia rin- venuta e descritta da E. Parona colla7. leptocephala o T. di- minuta dei Muridi, e l’anno successivo (3) confermò questa sua opinione personale mediante lo studio diretto di due esemplari, l'uno con testa, l’altro senza, espulsi in Catania insieme con una 7. solium, e in seguito all'uso di un an- telmintico, da una ragazza dodicenne. La sintomatologia, a dire dell'autore, non aveva presentato nulla di speciale, e le tenie espulse erano lunghe l'una 30, VPaltra 25 cen- timetri. Il Railliet (4) nel 1892 descrisse due esemplari di 7. (1) E. Parona - Lav. cit. (2) B. GRASSI - Bestimmung der vier von dott. E. Parona in einen kleinen Miidchen aus Varese (Lombardei) gefundenen Taenien (T. flavo- punctata?); in: Centralbl. f. Bacteriol. u. Parasitenkunde. Bd. 1, N. 9, pa- gine 257-259, 1887. (3) B. GRASSI - Lav. cit. poco sopra. (4) A. RAILLIET - Un cas très ancien de Yaenia (Hymenolepis) di- minuta chez l’Homme; in: Comptes rendus Soc. de Biologie (9), IV, p. 994. 1892. 70 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA diminuta, provenienti dall'uomo e da lui studiati insieme con Zschokke (6). Essi erano stati raccolti da Chabert verso il 1810, e depositati nella Collezione Elmintologica di Alfort. Altri casi più recenti, riguardanti il rinvenimento di ‘ questo verme parassita nell'uomo, sono quelli di Lutz (1) nel 1894 in un fanciullo di S. Paulo del Brasile, di Ma- galahes (2) nel 1896 pure nell’America meridionale, di Son- sino (3), che nel 1896 l’osservò in un bambino di Pisa, il quale l’'espulse in seguito a somministrazione di uno sci- roppo di seme santo; e più recentemente ancora, nel 1900, dal Pachard (4) nell'America settentrionale e dal dottor E. Privitera (5) in provincia di Catania. Questi, in due la- voranti della zolfara di Muglie in Centuripe, e precisa- mente in un ragazzo di 11 anni e in un giovine di anni 26, rinvenne nelle fecce le uova caratteristiche dell’H. dimi- nuta, ma malauguratamente non gli fu possibile, in nes- suno dei due casi, osservare e conservare la tenia, che dava le uova. L'autore la giudica rarissima nell'uomo, e difatti in più centinaia di minatori, di cui ebbe occasione esaminare le fecce, mentre rinvenne quasi sempre le uova dei comuni elminti intestinali e dell’Anchilostoma, non constatò mai più la presenza della H. diminulta. (6) F. ZscHoKKE - Seltene Parasiten des Menschen; in Central. f.. Bakt: u. Parasiten. ecc., t. XII, 1892, p. 497. (1) A. LouTz - Beobacht. ib. die als F. nana u flavo- punctata bekannten Bandwiirrmer des Menschen; in: Centralb! f. Bakt. u. Para- sttenk., t. XVI, 1894, p. 61 (2) P. G. MAGALAHES -. De Eingweit. Fal. v. Hym. dimin. ala menschì. Paras. in Brasil beod; in: ibid. (1) XX, 1896, p. 673. (3) P. Sonsino - Sui parassiti dell’uomo con un nuovo caso di F. flavopunctata; in: Centralbl f. Bakt. u. Parasitenk., t. XIX, 1896, p. 937. (4) F. A. PacgBHaRD - T. flavop, with descr. of a new specim; in Journ. am. med. ass. XXXV, 1900, p. 1551. (5) G. PkivitERA - Due casi probabili di Taenia leptocephala nei mi- natori delle zolfare; in: Bollettino delle sedute dell’Accademia Gioenia di Scienze naturali in Catania, Fase. 63, 1900, p. 9. ZI a a E Zzzo OO e IE a RT SPO enna HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 71 Finora adunque si conoscono 10 casi bene accertati di parassitismo nell'uomo da H. diminnta; e il mio, ch'è oggetto del presente lavoro, costituisce l’undecimo. Comu- nissimo invece n'è il rinvenimento nella famiglia Muridae, e precisamente nella specie: Mus decumanus, i quali se-. zondo le ricerche di Grassi e Rovelli (1), si infettano man- giando il cisticercoide, che si sviluppa tanto nella larva, quanto nell’insetto perfetto di quella piccola farfalla della farina, chiamata col nome di Anisopia farinalis, non che in un Ortottero (Anzsolabis annulipes) e in taluni coleotteri (Akìs spinosa e Scaurus striatts). Similmente avviene l'infezione nell'uomo per opera del cisticercoide, alla cui diffusione provvede in modo speciale, per ragioni ovvie, su cui non occorre insistere, l’Anisopia farinalis, che con grandissima frequenza si rin- viene nella farina. I bambini e i fanciulli si infettano più facilmente degli adulti per la tendenza, naturale alla loro età, di imbrattarsi le mani di qualunque sostanza, che loro capiti, e portarle alla bocca. Può la presenza dell’H. diminuta riuscire innocua all'individuo ospite; può invece provocare dei disturbi da parte dell’apparecchio digerente, come enteralgia, dispepsia, catarro intestinale e consecutivo depauperamento organico. La diagnosi può farsi o coll’esame diretto dei fram- menti, che vengono espulsi colle fecce, dall’individuo che (1) Grassi 5. e RoveLLI G - Ciclo evolutivo della F. leptocephala, Catania, 1888, Ed. Tropea. » » - Intorno allo sviluppo dei Cestodi; in Atti della KR. Accademia dei Lincei, 4, t. IV, 1888, p. 700. > » - Ricerche ambriologiche sui Cestodi, con 4 tavole; in: Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania, Ser. IV, Vol. IV, Anno LXVILI, 1891-92. 72 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA ospita la tenia, oppure mediante constatazione delle uova nelle fecce medesime. Meglio di ogni altro antelmintico corrisponde l'estratto ‘etereo di felce maschio, somministrato in dosi proporzio- nate all’età e sempre a digiuno, 12 ore dopo avere preso un purgante oleoso. III. Calliphora vomitoria (L.). Di questo insetto, appar- tenente all'ordine Diptera, famiglia Muscidae, sottofamiglia Muscinae, genere Calliphora, ho rinvenuto n. 106 esemplar allo stato larvale, taluni di colore bianco-cereo. altri bianco-giallastro. La larva ha corpo cilindro-conico, forma di piccolo chiodo senza capocchia, con estremità anteriorei assottigliata e posteriore alquanto più robusta. È apoda, lunga da 10 a 12 millimetri, spessa in avanti mm. 1.87, indietro mm. 0.51, in mezzo mm. 1.53: non è rettilinea, ma un poco flessuosa, presentando nel senso dorso-ven- trale, una doppia curvatura, anteriore l’una con convessità dorsale, posteriore l’altra con convessità ventrale, che le danno la forma di una S italica molto aperta. La testa è provvista di due sporgenze coniche, tuber- coli antennali, che formano come due cornetti; e la bocca è armata di due uncini cornei mandibolari, fra cui si nota una piccola punta a forma di linguetta. Il secondo anello porta lateralmente gli stimmi anteriori, che sono due e di forma circolare. La parte posteriore del corpo è obbliquamente tronca dal dorso al ventre e davanti in- dietro. La faccia posteriore dell'ultimo anello è circondata da 12 punte carnose disposte radialmente, e porta nei centro, l'una accanto l’altra, e disposte in direzione tra- sversale, due piccole piastrine chitinose e rotondeggianti, in cui, uno per parte, sono scolpiti gli stimmi. Ciascuno di quesiti è formato da tre piccole fessure disposte a raggiera ossia a ventaglio. HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 73 La femmina della Calliphora vomitoria, chiamata in Francia col nome di Mouche bleue de la viande, depone le sue uova sulla carne, sulle vivande in genere, sui cada- veri di individui, anche umani, morti assai di recente: e: in mancanza di tutto ciò, li deposita anche sulle vivande poco salate o mal conservate e sui cadaveri a putrefazione gia iniziata: carattere biologico quest’ultimo, al quale il Mégnin attribuisce una grande importanza nelle ricerche ta patologiche per stabilire approssimativamente il tempo n cui è avvenuta la morte. Ed egli difatti, nel suo impor- tante libro su La Faune des cadavres (1), colloca la C. vo: mitoria, insieme con altre specie dei generi Musca e Cur- toneura + nella prima squadra dei lavoratori della morte u che compren de esclusivamente gl’insettì, che attaccano cadaveri freschi e i soli, di cui si trovano abbondante- mente le pupe vive nelle casse mortuorie dei cadaveri inumati nel tempo della stagione estiva. Ogni femmina de- pone, in più minuti, sino a 200 uova, da cui in 24 ore circa, schiudono piccole larve, che rapidamente ingrossano e divorano la carne, nel mentre che ne affrettano la cor- ruzione. Nel mezzo dell’està in 8 o 12 giorni al massimo, qneste larve raggiungono il massimo sviluppo, trasforman- dosi in pupe di colore bruno o di forma cilindro-sferica, le quali in una quindicina di giorni completano le meta- morfosi, passando allo stato di insetto perfetto. Numerose sono le specie di ditteri, che possono rin - venirsi in vita parassitaria dell’uomo, e tutti, meno le Sarcophaga penetrans, allo stato larvale. Ve ne hanno di quelle, che si riscontrano nel tessuto connettivo sottocu- taneo, e non producono guasti al di là del punto in cui si e rn (1) MEGNIN P. —— La Faune des cadavres. Application de l'Entomo- logie à la Médecine lègale. Paris, pag. 29-32. 7A M, CONDORELLI FPRANCAVIGLIA sviluppano, come sono gli Estridi. Ve ne sono altre, Calli- phora vomitoria, Sarcophaga carnaria, ecc., ehe penetrano nei tessuti profondi, nelle masse muscolari, che divorano, tanto. che agli antichi tiranni servirono come strumento di atroce e raffinato supplizio. I re di Persia, secondo il racconto di Plutarco, condannavano i grandi delinquenti ad essere divorati dalle mosche, legandoli fra due bastoni e ungendo: la faccia di miele, allo scopo di attirare gl’insetti : e vuolsi che Mitidrate, condannato a questo genere di tortura, sia vissuto 24 giorni fra gli spasimi più atroci. La letteratura medica registra recenti casi di questo genere di morte; e due di essi, che riferisce il Moniez (1), sono stati descritti da Ruillin e da Cloquet. Il primo ri- guarda un mendicante di Lincolnshirae, il quale si ad- dormì per la strada dopo di avere deposto nello sparato della camicia un pezzo di carne: le larve di mosca, svi- luppatesi dalle uova depostevi, attraversarono la pelle, e invasero i muscoli, producendo tali guasti da provocare la morte, malgrado le cure somministrategli in uno spedale. Il secondo caso, anch’esso molto intesessante, concerne un beone che, caduto in un fosso a Parigi, e trasportato allo spedale, grondante larve da tutta la superficie del corpo, dalle cavità nasali, dagli occhi, dalle orecchie, finì per mo- rire divorato dalle medesime. — Il prof. Carruccio nelle sue lezioni suol ricordare esattamente un caso da lui os- servato nell’Ospedale di Cagliari quando, appena laureato funzionava da assistente, caso riguardante un contadino colpito da febbre malarica perniciosa, il quale era stato dal conduttore del carro, su cui lo si trasportava all’O- spedale, deposto sul terreno, all’ombra di un albero. E. (1) R - Monisz. — Op. cit., pag. 589. HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD.) 7a = pare che avendo il paziente una gamba scoperta e piagata, su questa alcune mosche rapidamente deponessero molte uova. Quando l’infelice giunse a Cagliari e fu ricoverato nell’Ospedale, il Carruccio trovò copiose larve disseminate su quella gamba, e riuscì a guarirlo, oltre che della febbre, anche della vasta ulcerazione locale. Alcune specie di larve finalmente si rinvengono nelle cavità naturali comunicanti coll’ambiente esterno, con- dotto auditivo esterno, narici, tubo digerente, eci ove provocano svariati disturbi. La myiasis del tubo digestivo, comunissima negli animali per numerose specie nel genere Gastrophilus, fu da principio messa in dubbio per l’uomo, e Davaine dichiarava che tutti i fatti, segnalati da vari ‘autori, dovevano considerarsi quali errori di osservazione. Contrariamente a ciò, riteniamo invece non esservi dub- bio alcuno che diverse larve di ditteri, introdotte acciden- talmente nel tubo digestivo umano, possano vivervi qual- che tempo, e anche compiervi una parte del loro ciclo evolutivo senz essere digerite ; tali sono secondo Moniez (1), le specie qui sotto elencate: Piophila casei, Drosophila melanogaster, Anthomia incisurata, A. canicularis, A. sca- laris, Hydrothaea meteorica, Cyrtoneura stabulans, Pollenia rudis, Calliphora erythrocephala, C. vomitoria, Lucilia cae- sar, Sarcophaga haemorroidalis, S. haematodes, Eristalis arbustorum, E. tenax, E. dimidiatus, Teichomyza fusca, Tri- neura rufipes, Musca domestica, Culex pipiens, Simulia (sp. ?) Senza tener conto dei casi di myiasis nasale, provocati da altre specie di ditteri, come ad es. dalla Calliphora . limensis, che l’Aguirre (2) rinvenne, a Santiago nel Chili, (1) R - Monizz. — Op, cit., pag. 604-610. (2) F. AGuIRRE: Larvas de la Calliphora limensis en la fusas nasales,. Santiago de Chile, in 8° de 18 p., 1885. 76 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA nelle fosse nasali di un individuo, ove aveva provocato dei terribili guasti, ricordo l'osservazione di Mankiewicz (1), riferentesi al rinvenimento di numerose larve di C. vomi- toria nelle cavità nasali di un ragazzo di 9 anni. Il Moniez (2), sul proposito, riferisce due più recenti casi di myzusis nasale, descritti da Hugo Summa: l'uno determinato dalla Call phora vomitoria, Valtro dalla Sarcophaga carnaria. Secondo R. Blanchard (3), tali larve sogliono a preferenza svilup- parsi negli individui affetti d’ozena o di alito puzzolente. ed è quindi probabile che la femmina dell’insetto perfetto sia attratta dal cattivo odore a depositare in quelle cavità le uova. I casi di myiasis del tubo digerente, che più c’interes- sano per l'oggetto del presente lavoro, sono quelli dovuti a larve del genere Calliphora. Il Moniez (4), su tale argo- mento, riferisce due osservazioni, luna di Joseph e l’altra di Krause. Joseph osservò un caso di myiasis gastrica pro- dotta dalla Calliphora erythrocephala in persona di un viaggiatore di commercio, in cui dei gravi disturbi dige- renti, gastralgia e vomito, si manifestarono dopo avere mangiato una cotoletta fredda di vitella. L'espulsione di 100 larve, provocata mediante lavaggio dello stomaco, posero fine ai suaccennati accidenti. Krause nel 1886 segnalò un caso di myiasis intestinale in un individuo, che si ammalò subitamente con sintomi d’angoscia, oppressione e un vero accesso di epilessia riflessa. In seguito a somministrazione di un purgante salino, furono espulse colle fecce diverse (1) MANKIEwICcz: Ueber das Vorkommen von Fliegenlarven in der Nasehnohle, in: Virchow’s Archiv, XALIV, p. 375, 1861. (2) R. MonInz : Op. cit. nota a pag. 089. (3) R. BRANCHARD : Op. oit,, pag. 502. (4) R. Monrez: Op. cit., pag. 607, 608 e GIO. serata Ii PERE HYMENOLEPIS DIMINUTA (RUD,) TL migliaia di larve, che Leuckart riferì alla Calliphora vomi- toria e all’Anthomya canicularis. Infine ricordo altro caso di myiasis intestinale da Calliphora vomitoria, che R. Blanchard attribuisce, secondo citazione di Hope, a Thompson. Le larve sarebbero state espulse spontaneamente colle deieziont. Segue in ultimo questa mia osservazione, la quale rappresenta il terzo caso di myiasis del tubo digerente da C. vomiloria, e il primo sicuramente constatato in Italia. La myiasis del tubo digerente è un’affezione che ha la sua importanza, in quanto che provoca nell’ ospite disturbi diversi e di diversa entità. Quando le larve si fermano nello stomaco, producono costantemente nausea e vomito più o meno intenso, accompagnato, non sempre, da espulsione di esse, che con difficoltà si distaccano dalla mucosa, cui si fissano. l'alvolta il vomito è leggermente striato di sangue che a gocce, vien fuori dalle piccole ero- sioni causate dalla puntura degli uncini boccali; le crisi gastralgiche non mancano mai, ed esse sono dovute a lesione delle terminazioni nervose della mucosa per opera degli uncini medesimi. A ciò si aggiunga la inevitabile dispepsia, e, ove la permanenza del parassita si prolunghi, un catarro gastrico vero e proprio. Se la sede delle larve è l’intestino, la sintomatologia sarà rappresentata da coliche intestinali e da diarrea con presenza nelle fecce di larve in numero variabile. Possono anche aversi, come osservò Krause in un individuo affetto da myiasis intestinale da Calliphora vomitaria e Anthomya canicularis, gravi accidenti nervosi riflessi, quali un senso di angoscia e di oppressione generale e dei veri accessi di epilessia. È difficile la diagnosi, meno che non si abbia il sospetto della ingestione di carne o di vivande fredde coù 78 M. CONDORELLI FRANCA VIGLIA deposizione di uova o di larve di ditteri, e nel vomito o nelle fecce non si rinvenga qualche larva, la cui presenza toglie ogni dubbio sulla natura della malattia. La cura è abbastanza semplice : nella myiasis gastrica, secondo Moniez, basta praticare il lavaggio dello stomaco, previa somministrazione di naftalina medicinale purissima, alla dose di 2-4 grammi al giorno in cartine di 0.50-1 gr., secondo l’età, una ogni due ore. A mio modo di vedere il medicinale agisce meglio a digiuno e senza contempo- raneo uso di bevande, perchè ne sia prolungato il più possibile la sua permanenza nello stomaco e il contatto coi parassiti. Il lavaggio, somministrato quattro ore dopo l’ultima cartina, serve a portare allo esterno le larve asso- pite od uccise. Per rimuovere le larve dallo intestino, basterebbe, secondo Krause, prendere un purgante salino; ma io credo sia necessario, per agevolare il distacco delle larve, l’uso delle sopradette polveri larvicide. Dividerei la cura in tre tempi: 1° Dieta liquida il giorno precedente a quello della somministrazione del medicinale per non ingombrare mag- giormente l'intestino; e purgante eleoso la sera per libe- rarlo dal contenuto fecale: 2° Somministrazione, nelle prime ore del mattino del giorno seguente, della naftalina, nella dose comples- siva di 2-4 grammi, secondo l’età, e in cartine di 0.50-1 gr., una ogni due ore; 3° Altro purgante oleoso, da somministrarsi al terzo giorno, per agevolare l'espulsione delle larve. L’enteroclisma non può dare buoni risultati, pel motivo che il liquido non può essere spinto nella porzione superiore dell'intestino. Catania, giugno 1907. (TOSSE >z e Su alcune importanti catture di lepidotteri Comunicazione fatta dal socie consigliere comm. FORTUNATO ROSTAGNG Comunico il risultato delle nuove ricerche fatte nella Campagna romana e precisamente in Oricola (m. 900) sul confine sud-est della provincia di Roma ai primi giorni di giugno. Oltre a copioso materiale di Heteroceri, del quale darò notizia dopo averlo studiato con più cura, credo in- tanto far cenno di alcune catture che rivestono, a mio pa- rere, maggiore importanza. Pieris ergane H. G. Un altro maschio ed una femmina ciò conferma la generazione primaverile dell’Ergane ita- liano. Il 3° però è come quelli catturati negli anni prece- denti senza macchia centrale nelle ali superiori e già de- scritto sotto la denominazione di Var. Semimaculata Rost. Da questi risultati può conchiudersi 1° che l’Ergane ha in Italia due generazioni; 2° che la prima generazione è molto scarsa essendo rarissimi, gli esemplari raccolti mentre la seconda è abbondante: 3° che con tutta probabilità questa forma aberrante dal g° sostituisce nella generazione pri- maverile quella tipica, della quale non ho mai trovato al- cun esemplare in primavera. Lycaena minimus Fuessl. Finora non data per la cam- pagna romana - catturati tre esemplari - non comune. Arctia casta Esp. Non data dallo Standinger per l'Italia, data come rara dal Berce per la Francia meridionale. Ne ho raccolti una quarantina di esemplari in tre sere, fra cui più rara la forma tipica, più comune l’ab. mediodivisa $0 FORTUNATO ROSTAGNO Sp. Ho pure trovato qualche esemplare in cui le fascie centrale e basilare delle ali superiori sono ridotte a sem- plici punti, e quella marginale ridotta a minime propor- zioni, suddivisa in due linee di cui la seconda verso l’ in- terno pure interrotta a metà. Sono esemplari interessan- tissimi, e sui quali mi riservo di fare ulteriori osservazioni, potendo forse quest'ultima forma essere considerata come una nuova ab. alla quale in caso assegnerei il nome di bimediodivisa. Haemerosia renalis Hb. Finora non data per l’Italia: ne ho raccolto un freschissimo esemplare nell’agosto scorso. Mi riservo di fare accurate ricerche - per ora posso darla come rarissima per la fauna romana sebbene nelle caccie estive abbia potuto catturarne qualche altro esemplare. hec-.è I TO E TT N n N e a O IE O EROE E E TIE n _tC____ cc —_—_ iena ISTITUTO DI PARASSITOLOGIA MEDICA DELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA diretta dal Prot. MARIO CONDORELLI FRANCAVIGLIA DYPILIDIUM CANINUM L. espulso in Catania da una bambina di due mesi di età. Nota di Zoologia Medica pel prof. Mario Condorelli Francaviglia Comunicazione alta SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in Roma Una bambina di due mesi d'età, da Catania, prima sana e ben nutrita, aveva perduto da parecchi giorni la sua naturale vivacità e gaiezza: si mostrava irrequieta, e pian- geva di frequente, dando segni manifesti di colica inte- stinale. Il dottore De Gaetani, chiamato durante una delle crisi di dolore, per la cura della piccola inferma, le sommini- strò un leggero purgante, in seguito al quale la bambina espulse, insieme colle fecce, un verme, che, nel mese di luglio del 1906, mi fu inviato per l'esame. Dalla madre fu fatta diligente rieerca sul pannolino, sul quale non si rinvenne che l’unico e solo esemplare, che è argomento della presente nota. La bambina stette bene, e non ebbe più disturbo al- cuno (1). (1) Tali sommarie notizie storiche mi furono comunicate dal Sig. G. Pavoni, studente di Medicina, giovane volenteroso e studio- sissimo, il quale, nel momento in cui gli fu consegnato il parassita, le apprese dal dott. De Gaetani. Sarebbe desiderabile che questi pub- blicasse una nota dal punto di vista clinico. Bollett. della Società Zoologica Italiana. — Anno XVI, Fasc. I e II. 0. 82 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA À prima vista compresi subito trattarsi di un Cestode, appartenente alla famiglia Taeniidae, sottofamiglia Dypili- diinae, e precisamente alla specie Dypilidium caniniun (L.), Il verme, di colorito bianco-cereo, è lungo 23 centi- metri, largo nelle sue più ampie proglottidi, mm. 2.9; esso è incompleto, mancando di testa e di collo. Le prime pro- glottidi sono assai corte e inolto larghe ; in seguito gli anélli diventano trepezoidi e seghettati, cioè a dire con margine posteriore più sviluppato di quello anteriore e formante coi margini laterali due angoli acuti, alquanto pronunziati, simili a denti di sega. Fra il terzo, anteriore e il terzo medio dello strobila, le proglottidi assumono aspetto ro- tondeggiante, moniliforme; in seguito esse si allungano divenendo ovali, più giù si fanno molto più lunghe che larghe, sopratutto quelle dell'ultimo tratto, che raggiungono “la lunghezza di 7 mm. e l'ampiezza di mm. 2.5. Le pro- glottidi mature, alle estremità, in cui si articolano, sono considerevolmente ristrette e arrotondate, ed ivi congiunte come da un sottile e brevissimo peduncolo: cosicchè esse assumono la forma caratteristica di monili di rosario (Taenia moniliformis Pallas) o meglio di semi di cocomero (Taenia cucumerina Bloch). . I pori genitali sono due per ciascuna proglottide e simmetrici, situati verso il punto di mezzo dei margini laterali. Nelle proglottidi, completamente mature, si riscon- trano le capsule ovigere, di forma ellittica, contenenti-‘eta- scuna un numero di uova non superiore alla dozzina. Gli ovoli, che sono circondati da una sostanza finamente gra- nulosa di colore bianco tendente al giallo-rossastro, hanno forma ora globulosa ora ovoidale, e diametro variabile da 40 a 48 «: il guscio embrionale è liscio e sottile: l’onco- sfera, anch'essa tondeggiante, è provvisia di sei piccoli un- cini appaiati in tre gruppi e lunghi in media 12 . ognuno. DYPILIDIUM CANINUM L. $5 Il Dypilidium caninum è parassita comunissimo nel- l'intestino del cane, ove, secondo Krabbe, si rinviene nella proporzione del 48 per cento a Kopenhagen e del 61 per cento in Islanda, e, secondo R. Blanchard, del 75 per cento a Parigi. Il numero poi degli individui parassiti, che si rin- vengono in un solo ospite, varia da pochi sino a 2000, come risulta da osservazione riferita da R. Blanchard (1). Con minore frequenza si rinviene egualmente nell’intestino del gatto, ove di solito il verme raggiunge uno sviluppo minore che nel cane. Oltre che in questi carnivori dome- stici, se ne constata la presenza in alcuni selvatici, come nella volpe e nello sciacallo. Pure, ma raramente, il Dypilidium caninum è stato rinvenuto nell’intestino dell’uomo. Sul proposito, a dire di Braun (2), sono note, oltre la mia, 24 osservazioni. quasi tutte in bambini di pochi mesi d'età e in fanciulli, talvolta in giovinetti: un solo caso, riferito da Blanchard, riguarda un uomo adulto. Stimo inutile dare la bibliografia al completo, per la quale rimando il lettore alle opere di Leuckart, di R. Blan- chard, di Moniez, di Railliet, di Braun e di altri autori ; ricordo soltanto. che senza tener conto dell’osservazione dubbia di Eschricht, che avrebbe rinvenuto il Dypilidium caninum a Saint-Thomas nelle Antille, questo parassita era stato, prima d’ora, rinvenuto in varie località: dii. Saltz- mann a Esslingen, da Schmidt a Francoforte S. M., da Krabbe e da Friis in Danimarca, da Cobbold nella Scozia. da Schoch-Bolley a Zurigo, da Brandt e da Kriger nella Russia e infine da R. Blanchard in Francia. Quest'ultima osser- (1) R. BLancHARD. — Traité de Zoologie Médicale, Tom. I, Paris, 1889, pag. 480. (2. M. Braun. — I parassiti animali dell’uomo. Milano, pag. 198. 84 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA — vazione presenta un interesse particolare per il fatto che essa è l’unica e sola che si riferisce ad un ospite adulto: laddove le altre riguardano o bambini o fanciulli o gio- vanetti non superiori ai 13 anni. Reputo il caso, da me osservato, d’un certo interesse non per l’età dell'ospite (2 mesi), ma per la località, essendo, a mia conoscenza, questa la prima volta che in Italia il Dypilidium caninum si rinviene nell’intestino dell’uomo. Per comprendere il meccanismo, onde avviene l’infe- zione nell'uomo, bisogna ricordare che il cisticercoide del Dypilidium caninum si sviluppa, come dimostrarono per i primi Melnikow e Leuckart, nel pidocchio del cane (Trico- dectes cani) ed anche, secondo Grassi e Rovelli e Sonsino, nella pulce del cane (Pulex serraticeps) e nella pulce del- l’uomo (Putex irritans). Le proglottidi mature, che ven- gono eliminate colle fecce, spesso rimangono attaccate al pelame dei cani e dei gatti, che le addentano, le lace- rano, e ne distribuiscono i frammentini pieni d’uova ma- ture sulla pelle fra i peli. Ivi gli ovuli vengono ingeriti dagli insetti sopra citati, e nell'interno di essi si sviluppa il cisticercoide, che, finalmente, transmigrando nell’inte- stino dei cani e dei gatti solo o insieme col suo ospite transitorio, più o meno lacerato, vi raggiunge il completo sviluppo, trasformandosi in verme nastriforme. Similmente avviene l'infezione nell'uomo: « ... i cani, « leccando, possono trasmettere all'uomo i cisticercoidi, = che hanno sulle labbra o sulla lingua, e l’uomo stesso e può infettarsi direttamente trangugiando per caso cibi « inquinati di cisticercoidi dei pidocchi e delle pulci dei “cani e dei gatti » (1). La causa per cui i bambini si infettano più facil- (1) M. BRAUN. — Op. cit. pag. 199. DYPILIDIUM CANINUM LT. 859 mente degli adulti, la troviamo in ciò, ehe i primi, per ragione della loro età, si lasciano più facilmente leccare la bocca e le mani dagli animali domestici: e, per abi- tuale istinto, portano continuamente alla bocca le mani poco o punto pulite e spesso inquinate. Deve pure tenersi in conto che il succo gastrico, nei bambini, ha potenza di- gestiva meno energica di quello degli adulti. e quindi è facile che i cisticercoidi attraversino impunemente lo stomaco. i disturbi provocati da questo parassita nel suo abi- tuale ospite, il cane, sono limitati all'apparato digerente, e consistono, secondo quanto asseriscono parecchi autori, in diarrea accompagnata spesso da espulsione di tenie, che possono anche eliminarsi da sole spontaneamente, qualche volta in enteralgie, spesso nella inappetenza e nel dimagra- mento continuo sino all’avvenimento della morte, segni d’un catarro intestinale. Questi accidenti gravi non sono però frequenti, che anzi l'ospite suole albergare il parassita nelle migliori condizioni di salute. Goze cita il caso di un cane affetto da Dypilidium caninum, che aveva cessato di abba- iare: Schiefferdecker riferisce il rinvenimento, nell’intestino gracile d'un cane, di un grandissimo numero di individui di questa tenia, che avevano scavato delle gallerie nella MUcosa. Stando alle osservazioni finora note nel campo della patologia umana, non si è attribuito alcun sintomo parti- colare o di qualche rilievo alla presenza: del Dypilidium caninum nell'intestino dell’uomo. Per parte mia però, in base a quanto ebbe a constatare l’egregio Dott. De Gaetani, debbo ammettere la possibilità di una enteralgia e, in ge- nerale, di disturbi gastro-intestinali sotto la dipendenza del parassita. Difatti la piccola paziente migliorò subito, dopo avvenuta l'espulsione del verme e riacquistò la primitiva sanità. 86 M. CONDORELLI FRANCAVIGLIA Ritengo che, nei casi finora conosciuti, la mancanza completa o quasi di qualsiasi disturbo, debba attribuirsi allo scarso numero di individui (per lo più uno solo) della specie parassita albergati dall'uomo nel suo intestino ; ma sono pure d’avviso nel ritenere che. a somiglianza di quanto: avviene nel parassitismo da Hymenolepis nana, potrebbero aversi disturbi a carico dell'apparecchio digerente e acci- denti nervosi riflessi in casi di omopolielmintiasi da Dy- pilidium caninum, invasione parassitaria numericamente rara e di difficile riscontro nell'uomo, dato il meccanismo d’infezione di questa specie di cestode. Ho creduto inutile illustrare con figure questa breve nota, essendo il Dypilidium caninum specie, zoologicamente parlando, comunissima. In ogni modo rimando il lettore. che abbia vaghezza di vedere figurato il parassita, tanto nelle sue linee generali quanto in taluni dei dettagli, alle opere di Leuckart (1), di R. Blanchard (2), di Railliet (3), di Moniez (4), di Braun (5), ecc., non che agli importanti la- vori speciali pubblicati sull'argomento da vari autori (Mel- nichow (6), Grassi e Rovelli (7), ecc. Catanio, giugno 1907. (1) R. LeukaRrT. — Die Parasiten des Menschen, vol. Il. Leipzig, 1881, pag. 843-852. (2) R. BLancHaRD. — Op. cit., pag. 476-482. (3) A. RAILLIET. — Traité de Zoologie Médicale et Agricole, Paris, 1895, pag. 284-290. i (4) R. Monizz. — Traité de Parasitologie Animale et Végétale, Paris, 1889, pag. 247-248. (5) M. Braun. — Op. cit., pag. 197-199. (6) W. MELNIKOW. — Ueber die Jugendzustànde der Taenia cueu— merina, in: Archv fiir Moturgeschichte, xxxv, 1, 1869, pag. 62. (7) B. Grassi e G. RoveLLI. — Ricerche embriologiche sui Ce- stodi, in : Atti dell’Accademia Gioenia di Scienze Naturali, in Catania Ser. 4, Vol. IV, 189-911. gs NOTA SU UNA CATTURA DI “ CALANDRELLA MINOR ,, Gas Comunicazione del socio conte FILIPPO CAVAZZA alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Credo non inopportuno dare alcune notizie sulla spe- cie a cui appartiene il nostro individuo, prima di riferire intorno alla cattura. La Calandrella minor Cab. ha un’area di estensione enorme arrivando dalle isole Canarie alla Cina orientale; traverso cioè a tutta l'Africa settentrionale dal Marocco, comprese le provincie meridionali della Spagna, all'Egitto; traverso a parte dell'Europa sud orientale dal Mar Nero al confine asiatico, e per ultimo traverso tutta l'Asia cen- trale dalla’ Palestina, per la Persia e il Furchestan, alla Cina centrale fino a Pechino. Le abitudini di questa specie sono, secondo gli autori, circa le stesse di quelle della Calandrella brachydacthyla Leisl., e dicono che più di lei ancora è confidente e si lascia con facilità avvicinare. Abita la più vasta pianura ed ama di vivere nelle steppe e nei luoghi che più a esse somigliano ; non la si vede quasi mai vicina alle località coltivate o alberate, nè vive però nel vero cocente deserto, non allontanandosi mai troppo dai corsi d’acqua. È ovun- que specie sedentaria e solamente nell’inverro unita in enormi branchi diviene erratica in cerca di cibo, e in tal modo sì arrischia, per sorpassarle, fin sulle alte monta- 88 FILIPPO CAVAZZA. gne. Nelle Canarie e nel Turchestan è sedentaria e nidi- ficante sugli altipiani. Essa, come la comune lodola, - s'arrampica quasi nel- l’aria sul suo canto » che è bello e ricco di note forti e‘ sonore. Il volo ondulato è meno eguale di quello della lodola, perchè più a scatti. Nidifica dal marzo al giugno ; il nido posto sul terreno è fatto senza alcuna arte e tutto al più foderato di peli vegetali: partorisce 3 o 4 uova bian- castre o grigio-verdi un po diversamente macchiate da paese a paese. | Come quasi tutte le specie sedentarie o appena erra- tiche che hanno una vastissima area di diffusione, presenta I forme assai differenti secondo i diversi paesi dove essa abita. Furono da prima queste descritte come altrettante specie distinte : così per primo il Pallas nel 1811 descrisse questa specie col nome di A/auda pispoletta, adoperando erroaeamente, come osserva l’Hartert, il nome - pispo- letta -, correzione secondo la pronuncia italiana del nome spinoletta che Linneo aveva adoperato per un Anthus; venne dopo il Viellot che nel 1820 descrisse la forma propria dell’Isola di Teneriffa col nome A/auda rufescens : e nel 1851 il Cabanis descrisse come Alauda minor la forma propria dell’Africa settentrionale, e così di seguito, fino al 1890 vennero descritte nove specie diverse, divise poi in tre generi che non tardarono ad essere riuniti nel genere Calandrella Kaup 1829 colla C. Brachydactyla Leis]. L’Arrigoni nel suo « Atlante Ornitologico - (1902) riu- nisce le tre forme proprie all Europa nell'unica specie C. pispoletta Pall., considerando come tipica la forma abi- tante la parte sud-orientale d'Europa e come sottospecie le altre due C. pispoletta minor Cab. dell’Africa Settentrio- nale e C. pispoletta boetica Dres. della Spagna. Il Dresser nella sua grande opera sugli uccelli d’Eu- CALANDRELLA MINOR 89 ropa non ammette questa fusione e le mantiene specifi- ‘catamente distinte. L’Hartert nel suo buonissimo libro sugli uccelli della fauna paleartica ammette nel genere Calandrella due sole specie, la C. brachydactyla Leisl. e la C. minor Cab. (sosti- tuendo questo nome per l'errore del Pallas a pispoletta). Ma le forme anteriormente descritte come specie, le man- tiene tutte come altrettante sottospecie, adoperando quindi sempre la nomenclatura trinomia a lui tanto cara. Da ultimo il prof. E. H. Giglioli nel suo: « Secondo resoconto dell’inchiesta ornitolosica in Italia - che vede ‘ora la luce, arricchendo di numerosissime quanto sceru - polose notizie l’ornitologia italiana, riunisce tutte le forme nell'unica specie Calandrella intnor Cab. Non occupandosi egli delle forme a noi esotiche, tenute distinte in sottospecie dall’Hartert, esclude la possibilità di alcuna divisione fra la C. pispolletta Pall. e C. minor Cab. La nomenclatura trinomia che, se parcamente adope- rata, può forse tornare utile alle ricerche degli studiosi, usata per ogni piccolo carattere (spesse volte individuale), non altrimenti che per quelli che sono invece tali da per- mettere formazione di specie buone, sebbene vicine ad altre, non farà che rendere inopportunamente ed eccessi- vamente minuziosa e difficile la sistematica ornitologica mentre non aiuterà a ben valutare l’importanza dei diversi caratteri. Solamente a casi speciali e per indicare forme o razze non ancora staccate dalla specie da cui derivano e intermedie fra queste e le nuove in via d'evoluzione, va applicata la nomenclatura trinomia e con le più rigide cautele. Questa parmi, in poche parole, l’idea che il prof. E. H. Giglioli esprime nella introduzione al suo « Secondo reso- conto dell'inchiesta ornitologica in Italia -. 9() FILIPPO CAVAZZA Certo è che lo studiare o consultare i libri di quelli che il prof. Giglioli chiama gli + ornitologi della nuova maniera » è divenuta cosa non facile, nè son sempre chiare le idee che si possono ritrarre dal consultarli. Osserverò nondimeno, pel caso di cui scrivo, che non pochi ornitologi ammettono molte delle forme in cui la specie si divide, e che il prof. Giglioli stesso non si dichiara contrario a tutte le sottospecie ammesse dall’Hartert, occu-: pandosi solo delle due che fanno parte dell’Avifauna ita— liana, e anzi egli accenna ad una probabile differenza spe- cifica fra questa e la C. boetica Dress. della Spagna. Ora non trovo sia da alcuno escluso che fra le diverse forme esotiche ce ne abbiano alcune che debbano in qualche modo venire separate fra loro e dalla C. minor Cab. propria dell’ Africa settentrionale e dell’ Europa sud-orientale, e- forse divise come sottospecie di quest'ultima, sia pure seguendo il giusto concetto del prof. Giglioli. Quindi, pur mantenendo per la forma tipica (C. pi- spoletta, e corretto l’errore del Pallas e, per la sinonimia colla C. minor, adottato quest'ultimo nome) la nomencla- tura binomia, sarà necessario per la chiarezza posporle fra parentesi la parola (Tijpica) dovendo il nome della: specie, senza questa aggiunta restrittiva, contenere tutti ì caratteri che si modificano nelle diverse sottospecie o razze. Inoltre concesso pure che le differenze di colorito più o meno rossiccio, trovate dagli autori che mantengono distinte la C. pispoletta dalla C. minor, non siano che caratteri individuali, non si potrà negare tuttavia che per ragioni d’ambiente uno di questi caratteri possa (fo l'ipotesi) essere comune fra individui di un paese, mentre è scarso o manca fra quelli d’un altro: nè questo è privo d’interesse pel paese in cui la specie giunge accidentale, potendo quivi gli individui che presentano questo carattere essere più ; i CALANDRELLA MINOR 91 rari di quelli che ne sono privi, e ciò per la diversa loro provenienza geografica. Stimo dunque che sia anche da indicarsi, quando si citi un individuo di una specie che si trovi nelle condizioni suaccennate, se esso ha di quei caratteri che prima avevano servito a scinderlo dalla specie o sottospecie a cui ora sì riunisce. Scrivo quindi invece che C. minor heinei Hom., come fa YHartert, Calandrella minor Cab. (Typica) (forma grigia). E venendo ora all’individuo di Calandrino di Pallas, la cui ricchezza di nomenclatura e sinonimia mi ha por- tato a questa lunga digressione, dirò come qualche setti- mana fa io abbia avuto notizia della cattura di una C. minor Cab. non molto lontano da Bologna. Avuto nelle mani l'individuo, lo potei accuratamente studiare e con- frontare con esemplari di C. brachydactyla Leisl. Lo trovai da questa nettamente distinto pel colorito più grigio di tutto il suo abito, per la mancanza assoluta di tinte isabelline o rossiccie, pei margini bianco-sudici delle ali, per la macchia bruno-scura che longitudinale e centrale porta ciascuna penna del davanti del petto e del collo, e finalmente per la forma del becco assai più basso, per la lunghezza di questo, minore di tre millimetri, e pel suo colorito grigio- corneo invece che giallastro. Come si vede dai caratteri differenziali qui sopra ac- cennati, si tratta di una vera e propria Calandrella minor Cab. (Typica) (forma grigia). Aggiungerò ciò che gli autori affermano intorno alla sua comparsa nella nostra pe- nisola. L'Arrigoni nel suo + Manuale di Ornitologia italiana » ne cita tre catture avvenute in Italia, ed una incerta. Queste sarebbero avvenute, la prima nel marzo 1870 a Grosseto (R. Museo di Firenze), la seconda nel marzo 1875 a Bari (Museo di Bari), la terza nel Veneto. maggio 1894 (Col. Ar- 92 FILIPPO CAVAZZA rigoni): la cattura incerta sarebbe avvenuta il marzo 1862 a Sarzana. ll Giglioli, nell'opera citata, registra quattro cat- ture che con quelle già da lui registrate, « Avifauna ita- lica » 1886, fanno ammontare a otto il numero degli indi- vidui uccisi in Italia (compresa però la cattura dubbia di Sarzana). Tre di questi sono citati anche dall’Arrigoni, le nuove sono un gd e una £ presi vicino a Nizza nel di- cembre 1900 e 1901 ed una £ uccisa a Sesto Fiorentino il gennaio 1903. | Come si vede nessuna cattura sarebbe finora avvenuta al Nord-Est della catena appenninica se non quella che il Conte Arrigoni cita del Veneto. Oggi a questa se ne viene ad aggiungere una nuova, avvenuta nell'Emilia. È inoltre il primo individuo che non sia stato preso d'inverno nè subito dopo, essendo la cattura avvenuta nell'ottobre scorso quando la temperatura nostra non ancora annunziava pros- sima la rigidezza invernale. ll preparatore presso il laboratorio zoologico della nostra università, sig. Alzani, gentilmente mi fece sapere che trovandosi egli il 27 ottobre scorso a cacciare le allo: dole in capanno nelle distese senz’alberi di S. Agata Bolo- gnesc, uscito da questo per raccogliere alcune vittime, fece levare a volo un uccelletto che a tutta prima credette una comune pispola, pel volo laterale ed a scatti proprio anche a questa comunissima specie. Egli mi assicurò che l'uccel- letto non emetteva, alzandosi, nessun grido. Uccisolo sì accorse della cattura non comune e riconobbe trattarsi di una calandrella. Dico non comune giacchè nel bolognese, per quanto mi è noto, è rara anche la = C. brachydactyla »; tanto che da parecchi anni la ricerca ne è stata vana. Non credo però non ne siano state uccise in tal periodo, ma gli è che disgraziatamente nel bolognese pochi si occupano «di tali ricerche, e sono così povere le comuni caccie agli CALANDRELLA MINOR 93 uccelletti, che non mette conto ai cacciatori di vender le vittime lontano: di modo che le catture rare, non solo non vengono raccolte dagli studiosi, ma neppure giungono sul mercato. Tornando all’ individuo di cui scrivo, che, ucciso da chi fortunatamente ne conobbe l’importanza, ha scappato il pericolo di venire spennacchiato e cotto in qualche caso- lare di campagna, dirò come assai m’incresca di non poterne conoscere il sesso perchè il corpo, appena scuoiato, fu inav- vertitamente gettato, nè è possibile dedurlo dall'esame del- l'abito, che è uguale in entrambi i sessi. Questo individuo, che viene ad arricchire Vl Avifauna.. dell'Emilia, si trova ora nella mia collezione regionale. 29 novembre 1907. RECENSIONE BIBLIOGRAFICA FAUNA ORNITICA DEL GOVERNO DI CHARKOY DI N. SOMOV Gli studi ornitologici, scrive il Somov nella Prefazione, fino ai nostri giorni furono assai trascurati nella Russia centrale e meridionale, le notizie che si trovavano nella povera letteratura ornitologica locale erano incomplete, inesatte ed in parte inattendibili: ciò spinse il Somov a ‘pubblicare le. osservazioni da lui fatte sugli uccelli nel governo di Charkov dal 1870 circa al 1597, corredandole di tutte le notizie che potè trovare negli scritti di orni- tologi che prima di lui avevano esplorato quella regione. Per la compilazione della parte riguardante la carat- ‘teristica della sua regione il Somov si servì in gran parte dei materiali pubblicati dal prof, Krasnov. Il testo è diviso in Parte generale e Parte speciale. Nella Parte generale il primo capitolo, quasi di intro- duzione, riguarda la bibliografia ornitologica locale, la col- lezione del Museo Zoologico dell’Università di Charkov ed il corso delle personali osservazioni dell'Autore (p. 3-19). Il 2° capitolo porta il titolo: Notizie generali sul governo di Charkow e con moltissimi dettagli tratta della posizione geografica ed estensione del governo (p. 19-23), rilievo e geotettonica (24-46), morfologia superficrale (p. 46-62), ter- reni (p. 62-80), idrografia (p. 80-101) e clima, cioè : tempe- rature, pressioni barometriche, altezza delle pioggie e delle nevi, venti, ecc. (p. 101-128). Il 3° capitolo riguarda la Flora del governo di Charkov (p. 128-144): il 4° la Fauna ad eccezione dei pesci e degli uccelli (p. 145-156). Il 5° capitolo finalmente, Caratteristica della fauna ormi- . tica del governo di Charkov è così diviso: a) Costituzio ne sistematica (p. 154-156) - b) fiipartizione degli uccelli secondo RECENSIONE BIBLIOGRAFICA 95 il modo di vita, secondo il carattere del loro soggiorno € loro distribuzione (p. 156-178) c) Ripartizione degli uccelli secondo i luoghi abitati (p. 178-180) d) Ripartizione degli uccelli secondo le zone zoogeografiche, secondo la diffusione gecgrafica in generale e limiti della diffusione di alcune specie nel governo (p. 185-194). Nelia Parte speciale sono elencate 293 specie rinvenute con certezza nei confini del governo di Charkov ed una ventina di forme, la presenza delle quali è incerta o fu indicata per errore da altri zoologi. Per ogni specie, nominata dall'A. col suo nome scien- tifico latino, egli dà la bibliografia relativa al, governo di Charkov ed i nomi volgari. Premesse le notizie date da altri ornitologi e specialmente da Kriuicki, Crernay, Zarudny, Kolesov, l'A. espone le sue personali osservazioni indicando prima di tutto la frequenza della specie elencata e se è sedentaria, estiva, invernale, di passo o di transito. rego- lare, i0regolare o casuale : poi indica epoca dell’arrivo e l'epoca del passo in primavera od in autunno secondo che la specie è estiva od invernale. Descrive quindi le abitudini della specie durante il passo ed accenna alla località ove il passo meglio si osserva. Per le specie estive e nidifi- canti lA. indica i luoghi prescelti per la costruzione del nido, descrive la costituzione, la forma e dà le misure di esso e descrive le uova : nota il periodo delle cove e l'epoca dell'uscita dei piccoli dal nido, il numero delle covate per ogni stagione ed il cibo preferito. Finalmente con ugual cura è notata dall'A. l'epoca della partenza e del secondo passo, e le abitudini della specie in questo tempo. Sono pure notati i giorni in cui l'A. osservò i passi più impor- tanti, così in autunno come in primavera. Se 1 soggetti esaminati dall’A. avevano qualche par- ticolarità nel piumaggio, egli la descrive riferendoli a sotto- specie o varietà descritte da altri ornitologi od indicandone le differenze da queste. In ultimo elenca gli esemplari da lui studiati, quelli della sua collezione e quelli della collezione del Museo Zoologico dell’Università di Charkov. 96 FRANCESCO CHIGI Volendo ora fare qualche apprezzamento sull'opera del Somov, dirò che egli nello studio della biologia si mostra. osservatore scrupoloso e profondo, sicchè le notizie da lui date possono ritenersi come esattissime e di un vero valore scientifico. La prima parte del libro è forse un po’ troppo diffusa relativamente all’importanza di una avifauna locale e certi dettagli sono forse superflui, peraltro non si può fare di ciò un appunto all’A. il quale ebbe in animo di colmare per quanto era possibile le grandi lacune che: esistevano nella conoscenza della sua regione e volle dare il modo di compiere nuovi studi sulle basi generali da lui poste. Ad ogni modo melius est abundare quam deficere. In complesso la Fauna orritica del governo di Charkov a me sembra un ottimo lavoro, utile non solo a chi voglia avere dettagli sulla ornitologia della Russia . centrale, ma anche agli ornitologi italiani, poichè in quella regione si trovano nidificanti molte specie che per noi sono soltanto invernali e di passo, e possono essere preziose le notizie dateci dal Somov. sulla loro vita estiva. Inoltre il governo di Charkov per la sua posizione geografica sta relativa- mente vicino al limite orientale delle forme Paleartiche occidentali che ne compongono. quasi ‘esclusivamente l’avi- fauna : ospita qualche forma propria della parte setten- trionale e qualche altra propria della parte meridionale della zona Paleartica, come pure alcune forme circum- polari eùropeo-asiatico-americane. FRANCESCO CHIGI. Roma 1908 — Tipegrafia di A. Friggeri, Via della Merceda, 28-29. rn” Vea RP LT I TITO PS TITO I Dorogica ktoliamoa com neo ine omni, Co, Crovicdhente oromovio S.MA Re V Pamonuzbe TI. "n «ec — te nn rn — nn Crovwso nebolle del'onlumannzia generale ammtratiza ana nel TL, daiuto oologico Univenitortro iL giormo g Pb Brovo 1908. Ci novidente ino foro. COMANO, Outonto Covuccio sa Quane POSA 1 100 i rovi Qua UNA , blozioni è confine. 4 DI fprevicente a torna dell'art, o olello statuto covata ) fo moto une ncazono dalPitio uno dev Vicepresidenti (nemot. o Qu pegno Tolomeo) pene comnighaio (be CI. Trame Ohio \) amori hott. O. Logo e 0a 09) Cona Tombo pa quo - com’ da ISSN) Me MO, onticolo fi A MIVIANLI LO VA HUGO moti ; È © DattoL'ounpello cei socu qrenov ti col il computo slokle cefuede 3 Aa prende Pino oQ nmonngato DAL adumomnzo ninulta REL mumoto dei votanti i di HI. | el preciolev te 000 x odae ANDU fork ADI NONA ALZA mi, dottor de Gucome Sbico lo 2 DG. Enos MWLULO,; [ep î AMILOMADUO do douwio, ko. Tato lo ahovo Modi ine lo nchede si for il e topuande riputtoto: oV.k ga sh pomod. Vuiolo di Cansooma, dolwmnvu vor k3 A Pomo lio x n pipe Coi. Gnam È Chigi UAN, 4 d Not amoeh oledt. ©, Polar n» #5 vota ni nua vg AT, anstero. ni HR vola. Ol fpornoordente hrroclenmma. mimo Aotomi ene Ginerto rnorltoto, comarotulameror vivamente vor tompoeti niomt oermodi, dal uo lla DA AMMAN CONO diulti 4g faresemd, I i Ue l | WVWerno OMO 129‘L% eutati col cla arovati O Volt, MANO 4 bilane todo fot 19076 fireven to {o ed 1908, gui RO LIBILIVOI VIZZINI Mu ron rendano e ion rnovvalemti in Uomo. (1) Cdowenolosr slane tav imtiero aL PLOTEMIA N otbole di cute, odumanzo con henge alli nevocovia di DIANO faneceoom ku ol frettonmno in Qaventzo Pendoolo a dov cOMmodiire ci N04 lor Kanmd, o quel che non orlo forenndoer hokte alla N AVIO MAR) O CU Gao Gib vw com ritorio hostoLle le ul ive DÎR decoro Pu L'abito cello votomione, i even Arno sli lt 00} © 4 AS: pRsvvdre Di di utote ICCHERA iu Mo ita spe slo TC a dba DE a da 200 pd di TDEOTO) 404 La a tn Deda Pad du dtd. | ONORE pale D'ni ri 1, R {Viva be: i DI per: v dda ò ig Arata 38 dan su econo = Giada 4 ro È Miri sagra 3 eg too nd ang ho rd Lor iva , È 4 A | ; ; da db e" I peter fer logorio CRET sii dina nd da Idi eda e. SAS I per sido barpalt PO | I SARA fe VA pe univa gd ir peo ho }: ' sl sd 69 I di ui) bdo - ag a Aria dal d sboveogga SA Nree,, sota” avg È OR) te SAI i SSA) ALALA C pap lo adore ene LAI, AAA DONO his tia 99% di eroe n da, a pi ed CAI 20 AAC sd DA Po CNFEFON I OA di ARI d, deb or ve Peaggai dir sì stidong Aia tig AI | _ MEMBRI COMPONENTI IL CONSIGLIO DIRETTIVO CaRRUCCIO comm. prof. ANTONIO (Zoologia ed Anatomia comparata, specialmente Vertebrati) — Presidente. Senat. DI CARPEGNA (conte) D. GuIipo FALCONIERI, (Ornitologia) — Vice-Presidente. MELI cav. prof. RoMoLo, (Paleozoologia e Malacologia) — Vice-Presidente. ANGELINI prof. dott. GIOVANNI (Zool. gen. specialmente Ornitologia) — Segretario, CHIGI ppe. D. FRANCEScO (Ornitologia) — Consigliere. LEPRI march. dott. GirusEPPE (Entomologia- Ornitologia) — Consigliere. MARCHESINI cav. prof. RINALDO (Istologia generale) — Idem. NEVIANI prof. dott. ANTONIO (Zoologia generale specialmente Briozoi) — Idem. RosTAGNO comm. FORTUNATO (Jntomologia, spec. Lepidotteri) — Idem. TUCCIMEI cav. prof. GIUSEPPE (Paleozoologia, Entomologia, spec. Ditteri) — Idem. ZAMBRA rag. VITTORIO (Ornitologia) — Economo-Cassiere. = ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO Art, 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni : di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento un Bollettino conte- nente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : l° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all’anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta ; 2° Soci straordinari. i quali pagheranno lire Sette annue ; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio dìrettivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoologici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni speciali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza generale, costi- tuito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consiglieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, un Bibliotecario ed un Cassiere-Economo respon- sabile dei fondi della Società. Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. I Consiglieri sì rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni socìali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno ; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell'epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuna. Art. 1l. — L’anno sociale comincierà dal 1° gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all’anno in corso; quelle fatte uei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo, I soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendono ritirarsi dalla Società, si considerano inscritti per l’anno successivo. I Soci debbono pagare la quota aunua entro il 1° quadrimestre dell’anno sociale. Trascorso un anno, i morosi perdono il diritto di ricevere il Bollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall’albo sociale. N. B. — L’intiero Statuto, composto di 12 articoli, di cui abbiamo riprodotti è più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900, e pubbli= cato nei fascicoli I e II del Volume I del 1900, Serie IIg pag. 6 e 7. rc ANNUNZIO NECROLOGICO Dovendosi. fra giorni tenere un’adunanza scientifica, verrà in essa commemorato, come ben merita, il compianto ornitologo, socio e consigliere, march. dott. FILEPPO PATRIZI, testè mancato ai vivi. La commemorazione sarà quindi pubblicata nei prossimi fascicoli III e IV. Ci limitiamo in questo a dare il doloroso annunzio della perdita improvvisa di un valente, generoso quanto modesto consocio. o. va PR SOI) 3 73} ELANEII Fasc. III, IV, Ve VI. Serie Il - Vol. X. Anno 1908. (XVII dalla fondazione) BOLLETTINO DELLA SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill SOMMARIO: I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE, Dott. Valentino Barnabò — Sui rap- 4 $ È i porti fra la glandola interstiziale {. Prof. Antonio Carruccio. — Sovra del testicolo e la glandola a secre- un &hinobatus Halavi Rùpp. teste a- zione interna. Risultati sperimen- vuto dal Museo Zzoologico della R. U- tali (Policlinico) E i Pag. 188-190 niversità di Roma, preso forse per la 37: prima volta nel Mare Tose. Pag. 97-101 III. NOTIZIE DIVERSE. do . Prine. D. Frane. SISI SE SHPRIbA I t. Un Giardino Zoologico fra Villa Um- I bO ARCA ORIMTDIogten: = SaEglo berto e i Parioli i Roma Pag. 4191-19 di uno studio sulle fasi IOLRIENO 136 | 2. Cattura di esemplari appartenenti a T1U9-100 Del PRIOd lore Rag specie non comuni nella provincia 8. Dott. Valentino Barnabò — La glan- di Roma. — Notizie ornitoloviche dola interst!ziale del testicolo (Con- del prince. Fr. Chigi È Pao. 197-199 tinuazione: Significato morfologi- 3. Sulla incursione del SyrrRaptes pa- co). È . 5 > Pag. 137-114 radorus nella Russia Europea du- 4. liem idem — Suoi effetti delle ino- rante la primavera dell'anno 1908. - culazioni negli animali dell'estratto Notizie fornite dal prince. Frunce- di 7aenta saginala (Continuazione e sco Chigi . Pac. 200-205 fine) è i Pag. 115-150 | 4. Ancora dei Syrrhaptes paradortis. Se Cattura di altro individuo fatta presso Trinitapoli (Barletta). Notizie del soci dott. Carlo Paolucci e . Dott. inaponi Glusibps Lepri— Con- tributo alla conoscenza degl’ Ime- notteri tentredinei del Lazio. Pag. 1501-1458 (D4 À IZOTTTA end i prof. a. Carruccio È Pag. 203 -207 6. Stud. Grassi Luigi — soladi viventi sulla torba nel littorale presso Net- IV. COMMEMORAZIONI >» ( Tuzto ; 1 : Roy TO9A05 in onore del socio march. dott. Filip- 7. Prof. Giulio essa nei Con- po Patrizi Montoro fatte dal prof. yylonema seutatitni (Mùller) nella pro- A. Carruccio e dott. march. G/useppe vincia di Rom::. 5 È Pag. 163-106 Lepri. i È i ; Pae. 206-218 8. Dott. Mola Pasquale — Sulia Choa- È RL I a nobtaenia infundivulun Bloch. Pag. 167-177 V. PROCESSO VERBALE SURI È: SOS deil'’adunanza generale scientifica te- TI. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. nuta il 21 aprile 908 (Lettere dei > SERE, È soci ‘ari ‘of. Ernesto Haeckel e Prof. E. H. Giglioli — La nuova Avi- FOCLOnOla to bro SI fauna Italica. — Secondo resoconto u0renzo Canerano)\. >. Page. M9-224 Aei risultati dell’ Inchiesta ornito- È BERE Go rai È 7 : logica in Italia. — Recensione del ALE AR I O prof. Giov. Anzelini E Pag. 178-187 Ai Soci — Articoli dello Statuto sociale. o __ ni 4 . N [ai ti ali O % 1 ql 0 ° x Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università (Via della Sapienza — Roma) AVVISO -- Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta l’università — in determinate ore, sia nelle predette sale per confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e LA scientifici. a rirc._ rr ————@r—rrr r_T——_— "-yTTTTTr-—-;+=—-< G = DIODTTTT_!°Ty"<+y-yv-x- Conto corrente colla Posta — Hiniidazione bimestrale. t 20° Ta Fasc. ill, IV e V. Serie II — Vol. X. Anno XVII — 1908 — TT — BOLLETTINO bPLBRASOCIETÀ ZOOLOGIA IDAEFANA GON' SEBDBETIN ROMA Presidente onorario S. M. il RE Sovra un R/linobatus Halav Rùpp. testé a- vuto dal Museo Zoologico della R. Univer- sità di Roma, preso forse per la prima volta nel Mare Toscano. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal Prof. ANTONIO CARRUCCIO Il 2 febbraio del corr. anno due negozianti e vendi- tori di pesce in Roma, dopo di essersi messi in giro per la città nelle parti basse come nelle più elevate della nuova Roma offrendo in vendita un grosso pesce, che afferma- vano di non aver mai ricevuto, nè visto nei vicini paesi di mare in cui sogliono recarsi, vennero consigliati di por- tarlo nel Museo Zoologico di questa R. Università. Mi af- frettai a farne acquisto dopo di aver constatato che trat- tavasi di un individuo adulto freschissimo appartenente al genere RAtnobatus Block-Schn., già da più anni rap- presentato da 3 esemplari nella collezione itiologica ge- nerale dell’istesso Museo, cioè da un RA. Columnae gio- vane che acquistai nel 1884 dalla Stazione Zoologica di Napoli, e da 2 altri RA. cemiculus Geoffr. S. Hil., pro- venienti dall’Egitto, avuti in dono dall’illustre prof. Paolo Panceri. L’esemplare giovane di Napoli è lungo 98 A. CARRUCCIO 88 ct.; dei due esemplari egiziani il più piccolo, che è £, ha la lunghezza di 38 ct. 5; il più grande, ch'è 3, misura 65 ct. Il disco dei due minori esemplari ha la medesima larghezza (14 ct.), mentre il disco del R%. cemiculus più grande è largo 21 ct. Risultò in modo indubbio che questo quarto indivi- duo di specie diversa e di dimensioni molto maggiori dei tre precitati, proveniva dalle non lontane acque ma- rine di Orbetello, da cui sogliono importarsi in Roma mol- tissimi pesci. Le indagini che finora potei fare dimostra- no, non dico in modo assoluto, che questa è la prima volta che tale R/Ainobatus vien preso in località così vicina al mare laziale. Feci prendere con esattezza tutte le occorrenti misu- re e modellare accuratamente il pesce, onde, dopo eseguita limbalsamazione, rimanessero inalterate le forme delle singole parti e le dimensioni, come si fa sempre nel nostro Museo dall’abile preparatore e tassidermista, Sig. C. Coli. Dallo studio fatto sull’esemplare appena lo ebbi in Museo, e proseguito dopo che fu imbalsamato, non rimasi persuaso che si trattasse del Rhinobatus Columnae : ciò eredetti da prima, sapendo che questa è la specie la quale nel nostro Mediterraneo, e precisamente nelle acque della Sicilia, si può più facilmente avere. Essa fu descritta e raffigurata nell’Iconografia della Fauna Italica dal prin- cipe C. L. Bonaparte, ma prima e poi da altri venne pa- recchie volte indicata per la nostra Italia (1). (1) Quasi tutti gli scrittori d’ittiologia narrano della forma mista ehe è propria del Rhinobatus, ma nessuno forse si esprime col brio e colla buona grazia del Bonaparte: perciò non potrà a veruno di- spiacere che riferisca fedelmente le sue parole: « Non credeva Aristotile che pesci di razza diversa si fecondas- sero tra loro, dall’averne veduto uno che riuniva le forme della Squatina e della Raja, della prima cioè le posteriori, della seconda fe anteriori, dubitò che la regola soffrisse una eccezione, e che dal RHINOBATUS HALARI 99 Ma leggendo le opere del Moreau, Gunther, Dumeril, Bridge, Boulanger, Cossmann e Raiiber ed altre, rilevai come taluni caratteri del nostro esemplare non fossero quelli del R/inobatus Columnae, bensì del Rhinobatus Halavi. I Quest'ultima specie fu primo il Doderlein a ricono- scere che apparisce più raramente della precitata nei mari della Sicilia. Infatti l’illustre autore del Manuale Ittlologico del Mediterraneo, dopo d’aver ricordato che essa vive comunemente nel Mar Rosso e che accidental- mente Guichenot la trovò lungo le coste d’Algeri, soggiun- ge: « Esaminando con attenzione i molteplici individui del R/inobatus Columnie che venivano portati in ven- dita nel mercato di Palermo, mi avvidi tempo fa che pa- congiungimento di quei due nascesse un pesce bastardo, cui dette il nome di Rhinobatos, che in latino fu tradotto squatino-raja. Plinio che in questa, egualmente che in altre mille erudizioni, fu l’eco in Roma di quel sapientissimo, ripetendo disse: che dallo strano con- giungimento della Squatina e della Raja parea, nascesse quel pesce che riunisce il nome greco dell’uno e dell’altro. Dopo molti secoli il Rondelet cercava codesto animale, e non trovandolo accagionava Aristotile e Plinio di troppa credulità: anzi non distinguendo la probabilità dell’esistenza dalla narrazione dei legittimi natali, dicea non potersi dare siffatto pesce in natura. Ma Fabio Colonna linceo poco tempo dopo si accorse che si confaceva con la descrizione degli scrittori antichi, e riuniva realmente le forme della squatina e della Raja, quel pesce al quale i pescatori napoletani davano volgarmente il nome di cetola, perchè guardato all'ingrosso ti presenta la figura dirunaschitarra,;. ». L’esemplare descritto dal Bonaparte misurava « oltre 2 piedi di lunghezza » — che è quanto dire più di 59 centimetri. Riguardo all’habitat così scrive il Bonaparte: « sembra proprio delle parti meridionali del nostro Mediterraneo; certo è che non l’ab- biamo osservato nelle parti settentrionali, nè lungo le coste dello Stato Romano: niuno dei pescatori veneti, genovesi, toscani o ro- mani ai quali l'abbiamo mostrato lo conosceva. Abbonda intorno alla Sicilia, ove la sua figura ha suggerito il nome di pesce violino, nè sappiamo che al presente goda di altra volgare appellazione ». IOO A. CARRUCCIO recchi di essi presentavano caratteri notevolmente diffe- renti da quelli stabiliti a distinzione di quest’ultima spe- cie. Codesti individui erano molto più grandi raggiungen- do persino la lunghezza di m. 1,70 e di m. 1,80, dimensione giammai offerta dagli esemplari più adulti del Rhinoba- tus Columnae ». È questo ora posseduto dal Museo Romano, misurava appena portatovi, cioè fresco ed intatto m. 1,60. Dopo l’imbalsamazione e l’essiccamento, si ebbe una lievissima differenza nella lunghezza totale (m. 1,58). Il Doderlein e prima il Rippel, Dumeril ed altri scrit- tori stabilirono che caratteri distintivi del RAinobatus Halzvi sono oltre le maggiori dimensioni : 1° un muso più allungato e sporgente, triangolare e assai arrotondato al- l'apice; 2° carena rostrale allungata sette-otto volte più lunga che larga alla base nei giovani, nove-dieci volte ne- gli adulti coi lati rientranti ed appressati fra loro ad 1/3 della loro lunghezza, allargati alla base ed all’apice; inve- ce nel Rhinobatus Columnae sono rettilinei; 3° bocca leg- germente arcuata (ed in questo esemplare di Orbetello è lunga cm. 11), larga un po’ più del doppio dello spazio in- ternasale, e precisamente nel centro di essa, dove si ha la massima apertura, la larghezza è di 5 ct. e 1/2. I margini mascellari sono, tanto superiormente come inferiormente, guarniti di denti grandicelli, rotondeg- gianti, contigui formanti quasi un mosaico, in numero di 55 a 60 per serie. Lo spessore di questi margini dentiferi è di 13 mm. Qui è da notarsi come tutti gli autori siano d'accordo nell'affermare che i denticelli del R7. Hal/4vî per numero e per grossezza superino quelli del R%. Columnae: anche questo carattere è evidentissimo nell’esemplare di OrbeteL loin confronto alla disposizione dei denti cogli altri esem- plari posseduti dal Museo Romano, pur tenendo conto del- le minori dimensioni di essi. RHINOBATUS HALARI IOI Il Doderlein afferma che dopo di avere studiato dili- sentemente gli esemplari, dovette arrendersi all’evidenza, riconoscendo addirittura che il RA. Halavi del Riippel, co- munque più raramente del Ri. Columnae, apparisce di tratto in tratto nelle acque marine della Sicilia. Ora, sog- . giungeva Doderlein, il Museo Zoologico di Palermo pos- siede 3 magnifici esemplari di questa specie di RAinoba- tus, 2 femmine della lunghezza di m. 1.70 e di m. 1.80, ed 1 maschio di m. 1.23. — L’egregio dottore Luigi Facciolà di Messina, ben noto pei suoi studi ittiologici, in data del 15 aprile 1908 mi scrisse che mentre gli risulta essere il Rhbinobatus Columnae non comune, ma nemmeno raro nel mare di Messina, non vi ha finora trovato il R—. Halavi, di cui parla nel suo Manuale 11 Doderlein. Il Dott. Facciolà mi serive pure come a lui consti che nel RA. Columnae i tubercoli aculeati lungo la linea del dorso siano più o meno appariscenti secondo gl’individui della stessa età; e alle volte facciano semplicemente spor- genza sotto la pelle. | Osserva inoltre che il Giinther nel suo Catal. pare ab- bia errato quando tra 1 caratteri del gen. RAinobatus po- ne la mancanza del lobo inferiore nella codale, avendo egli (il Facciolà) visto che se è meno sviluppato del superiore, non manca però tale lobo inferiore. Altre osservazioni interessanti indicatemi gentilmen- te dall’egregio consocio di Messina sono queste due, che riferisco fedelmente: « Vidi un esemplare del R/. Co- lumnae coi testicoli maturi ai 15 dicembre, e una femmina in gennaio coi grossi sacchi incubatori, ciascuno occupato da un uovo ». In questa specie (scrive pure il Facciolà, che viva- mente ringrazio per la sua premura e cortesia) è notevole la presenza di due lembi triangolari che l’iride manda sul- la pupilla ». Ringrazio pure assai vivamente l'illustre collega ed TOZ A. CARRUCCIO amico prof. E. H. Giglioli che da Firenze mi mandò no- tizie sugli esemplari di R/inobatus posseduti nella splen- dida collezione centrale dei Vertebrati, ed anche sul Ru- vettus pretiosus (della quale specie, potei testè acquistare un bellissimo esemplare proveniente dal Mare di Messina, già presentato alla nostra Società, e del quale saranno presto pubblicati i cenni illustrativi che ne ho dato). — Nella predetta collezione esistono adunque 3 individui avuti da Napoli, 6 da Catania, 4 da Bari; ed uno ulti- mamente il Giglioli ebbe da Vada (Pisa), tutti della spe- cie RA. Columnae. Sarebbe perciò la prima volta, come glà dissi, che viene annunciata la cattura di un RAinoba- tus nelle acque di Orbetello; ma ciò ch'è più interessante trattasi del RA. Halavi, finora trovato soltanto in Sicilia dall :Doder leins(g03 pivd.9y Il muso di forma triangolare, ha la lunghezza di 25 ct. una minima larghezza in avanti, di 3 ct., una media di 15 ct., ed una massima, alla base, di 26 ct. — Questo muso, che finisse ottuso, è 5 volte più lungo dello spazio interpo- sto fra le due narici. — Queste hanno una lunghezza di 6 ct., el’una dall’altra dista 4 ct. e 1/2. La o a del- le valvole nasali è quale viene indicata dagli scrittori cui dobbiamo una diligente descrizione del RA. Halavi. Anche il Doderlein osserva che quello che più inte- ressa è la valvola nasale anteriore la quale anzichè essere allungata ed estesa sino all'angolo interno delle narici, come nel Rhinobatus Columnae, arrestasi al 2/3 della ca- vità nasale: quindi questo è uno dei caratteri precipui per escludere il Rhinobatus Halavi dal sottogenere Syr- rhina in cui annoverasi il predetto RAimnobatus Columnae. Nel sottogenere RRinobatus propriamente detto deve inve- ce annoverarsi il R.Halavi. Il Carus nel dare una diagnosi riassuntiva di quest’ultima specie limitasi a dire: « Val vula nasalis anterior non ad angulum internum naris pro- lungata, appendice lata linguiformi marginis inferioris RHINOBATUS HALARI 103 praedita; carina rostralis triangula, pars tertia media la- teribus approximatis, basali et terminali dilatatis; nares spatio internasali longiores; dentes magnusculi rotundati, circa 60 etc... ». Il Duméril fa un confronto col R%. granulatus per ri- guardo alle narici: « Narines notablement plus grandes que celles de ce dernier, et dont la longueur moindre que celle de la bouche, mais double de l’intervalle qui sépare leur angle externe du bord du disque, dépasse, d’un quart environ, l’étendue de l'espace inter-nasal.... ». L’istesso il- lustre ittiologo francese quando dà i caratteri del R. Co- lumnae fa rilevare come le valvole nasali anteriori non si prolunghino all’interno e al di là dei margini della carena rostrale (pag. 487), soggiungendo che le narici sono appena più lunghe dell’intervallo che le separa Nel R. Halavi la valvola nasale posteriore è bilobata : 1] lobo esterno attraversa in forma di larga appendice lamelliforme la cavità nasale. E passando subito a far cenno del disco di questo pla- giostoma dirò che esso offre una lunghezza che corrispon- de al terzo dell’appendice caudale ed è più lungo che lar- go. E precisamente nel nostro esemplare il disco ha la lunghezza di cm. 60 ed una larghezza di cm. 52. La superficie cutanea dorsale del disco medesimo pre- senta un gran numero di piccolissime punte che la ren- dono più o meno ruvida; e nella linea mediana dorsale osservansi più tubercoli uncinati che si avanzano oltre la base della coda. A cominciar poco dopo al disotto degli occhi e sempre sulla linea mediana si contano poco più di una trentina di tubercoli maggiori disposti in serie lineare e a distanza regolare gli uni dagli altri. Vedonsi pure al- tri tubercoletti minori, e sopra la prima pinna dorsale vha un gruppo di altri tubercoletti anche più piccoli, fra i quali uno emerge per maggior grossezza. Quasi tutti i tubercoli che hanno maggior sviluppo è IO4 A. CARRUCCIO mostrano la punta rivolta all’indietro ed hanno larga la base e soventi biforcata. Le pinne toraciche ampie e di orma quasi triango- lare, offrono il margine esterno ottuso ed il posteriore ro- tondeggiante. Le pinne ventrali presentano una forma trapezoidea, la loro lunghezza supera la larghezza; il margine esterno è rotondeggiante e il posteriore si prolunga assai e finisce a punta. Anche le dorsali hanno una forma quasi trapezoidea col margine anteriore convesso e ricurvo ed il posteriore falciforme con una larga appendice alla base. L'altezza della 1° pinna dorsale è di cm. 16, con una larghezza massima (alla base) di cm. 11. La 2° pinna dorsale è alta cm. 15,5 con una larghezza massima di cm. 11: quindi le due pinne dorsali sono pres- sochè eguali fra loro. | (li occhi hanno forma ovoidea col diametro maggiore lungo mm. 22; sono disposti obliquamente e distano l'uno dall'altro cm. 11. Ogni occhio poi dista dall’apice del ro- Suro Cm 20/5; Ampi sono gli spiragli, anch'essi sono ovoidali e si- tuati immediatamente dietro gli occhi; hanno un maggior diametro longitud. di cm. 3, ed un minore diretto trasver- salmente, di em. 2. Dall’apice del rostro sino al margine posteriore degli spiragli st ha una lunghezza di cm. 31. La lunghezza totale del rostro è di cm. 25 con una largh. minima in avanti di cm. 3, con una largh. media di cm. 15,5 e una massima di cm. 26. In avanti ossia nella porzione apicale il rostro o muso finisce rotondato. L’appendice caudale grossa ha una forma romboi- dale, ed in totale è lunga cm. 19. Il colore nella superficie dorsale è bruno grigiastro quasi uniforme, ma 11 tratto affatto antericre e proprio al- RHINOBATUS HALARI TOS l’intiero rostro ha un colorito bianco intenso con riflessi giallastri. Il tratto compreso tra gli cechi, e tra questi ed il margine esterno è grigio scuro. E’ notevole la larga mac- chia di un colore quasi di cioccolato che si ha sulle due pinne ventrali. (Continua). ET APPUNTI DI SISTEMATICA ORNITOLOGICA Saggio di uno studio sulle fasi evolutive del piumaggio Comunicazione fatta dal Principe D. FRANCESCO CHIGI alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Nelle odierne classificazioni, per quanti progressi slansi fatti in questi ultimi anni, la comprensione dei vari gruppi sistematici non ha limiti precisi, nè si è mai se- riamente cercato di stabilire con una certa approssima- zione quali rapporti di affinità filogenetica esistano tra specie e specie, se non col creare un numero indefinito di. suddivisioni nelle forme specifiche. E mentre gli innova- tori dell’ornitologia continuano nella loro opera di vera triturazione morbosa e frenetica, quelli della vecchia scuola non trovano altra arma di difesa che deplorare la manìa innovatrice degli altri: la confusione cresce così a tutto scapito della utilità degli studi ornitologici. Il più grave ostacolo che si oppone alla attuazione di un Sistema che rispecchi le affinità filogenetiche fra le numerose e variabili forme specifiche sta nelle dubbiezze delle note teorie sulle qualità essenziali della specie; tut- tavia, se è vero che del concetto di specie zoologica non possiamo con termini assoluti, formulare una definizione rigorosamente logica, senza cadere o in contraddizione col- la teoria della discendenza o in un circolo vizioso, non è men vero che se non in tutti, almeno nella grande mag- gioranza dei casi possiamo delle specie attuali trovare praticamente i limiti naturali, a meno che non si neghi FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IO7 a priori, come vorrebbero alcuni, la esistenza naturale del- la specie zoologica (1). © Sull’esistenza o meno della specie non è qui il luogo di discutere e passo oltre partendo dal principio fonda- mentale per me asstomatico, per altri semplicemente ?po- tettco che « la specie zoologica è la vera unità naturale attuale risultante dall'insieme organico di individui a- venti, allo stato attuale o virtuale, certi caratteri la som- ma dei quali costituisce la caratteristica della specie : gli individui poi presi singolarmente non sono che ele- menti della specie privi ciascuno per sè di valore siste- matico: quindi la specie oltre essere unità naturale è an- che l’unità sistematica convenzionale ». Che la specie oltre essere unità naturale, suscettibile di varie e profonde modificazioni, sia l’unica unità na- turale attuale facilmente si desume dalla biologia: 1 vin- coli che legano fra loro gli elementi della specie e che appunto rendono questa un tutto organico sistematica mente inscindibile non hanno corrispondenti al di là di ‘essa: ogni unità naturale ha vita continuativa per pro- prio conto e nessuna relazione necessaria alla vita può vedersi fra specie e specie, fra genere e genere ecc. La nostra mente però ha una assoluta necessità di pa- ragonare e classificare per assurgere a concetti sempre più comprensivi definiti e chiari, di trovare un nesso lo- gico fra le cose se anche queste non hanno un nesso na- turale. Gli aggruppamenti delle specie in generi, dei ge- neri in famiglie, ecc., servono come punti di appoggio nella selezione e nella sintesi ideologica, per formare e coordinare intorno a centri definiti, ma astratti, gli ele- menti tratti dall’analisi delle unità naturali. Questi nuovi aggruppamenti, formati per sintesi 1deo- (1) A complemento dei presenti appunti sul concetto di specie ve- dasi il mio lavoro sui Passeri nel « Bollettino della Società Zoologica Italiana » 1904 pag. 127 e seguenti. IOS FRANCESCO CHIGI logica, hanno naturalmente comprensione diversa a secon- da dell’apprezzamento personale dello studioso o degli ele- menti che sembrano i più importanti, ed in pratica as- sai male denotano il grado di affinità naturale fra i grup- pi di ordine inferiore in essi contenuti. Se l’apprezza- mento personale fosse sempre giusto e se tutti gli elemen- ti, 1quali debbono contribuire alla sintesi che ha per fine la determinazione di gruppi di ordine superiore alla spe- cie, fossero conosciuti, allora le classificazioni ottenute per sintesi ideologica nell'ordinamento dei gruppi riflet- terebbero per logica necessità l'ordinamento filogenetico delle unità naturali, quanto è dire i gradi di affinità fra esse. In una siffatta classificazione ogni! genere compren- derebbe tutte quelle attuali forme specifiche i progenitori delle quali, giunti ad un certo grado di evoluzione, in una certa epoca, costituivano una sola unità naturale; così per le tamislicileec Seco: Ma onde la sintesi ideologica possa contenere tutti eli elementi necessari, questi debbono essere raccolti con l’analizzare ciascuna delle attuali forme specifiche re- trocedendo sulla via della sua complessa evoluzione per arrestarsi ad una data fase evolutiva. Questa fase in re- lazione alla forma primordiale deve essere di grado cor- rispondente per tutti i progenitori delle forme attuali. E° ovvio clie a seconda del grado di sviluppo stabilito come centro per la formazione sintetica dei gruppi sistematici, ed in ragione inversa del grado stesso, varia la compren- sione dei gruppi di diverso ordine. Allo stato presente delle cognizioni zoologiche in ge- nerale ed ornitologiche in particolare nè si può com- piere l’analisi retrospettiva dell'evoluzione nelle forme specifiche attuali, nè è possibile prestabilire per la forma- zione degli aggruppamenti sistematici gradi definiti di sviluppo filogenetico: noi possiamo disporre delle spe- cie di oggi e possiamo cercare di conoscerle a fondo, ma FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 109 nulla sappiamo di ieri, chè poche tracce ed oscure del passato sono giunte fino a noi. Tuttavia dall’accurato stu- dio di queste poche tracce, confrontate con quanto oggi è noto delle forme attuali, 1 più profondi scrutatori dei leggendari misteri della natura hanno potuto se non pie- namente dimostrare, almeno arguire ed intuire che per legge generale e fondamentale della vita ogni essere or- ganizzato nella evoluzione individuale ripete sommaria- mente tutte le forme dei suoi progenitori : l’ontogenesi in- somma rispecchia la filogenesi, e per quanto più avanzato è lo sviluppo dell'individuo, tanto più esso differisce dai tipi primitivi dai quali discende. Sebbene questa legge sia stata enunciata in seguito agli studi comparati di paleontologia ed embriologia, tut- tavia se ne intuisce il valore universale e non è che logico ritenerla fino a prova contraria come regolatrice dell’evo- lazione individuale. In conformità di questa legge è quindi da. ritenersi che negli uccelli non è il piumaggio degli adulti che ha maggiori somiglianze col piumaggio delle forme proge- nitrici, ma deve essere il piumaggio dei giovani quello che nelle singole specie più rassomiglia al piumaggio degli adulti della unità naturale, la quale, attraverso ad altre fasi evolutive, ha generato le specie attuali. Una riprova del mio asserto sta nel fatto che in molte specie fra loro simili nel complesso dei caratteri somatici e senza dubbio collegate da stretti rapporti di affinità filogenetica, gli individui, mentre nella fase a- dulta sono assai differenziati da specie a specie, nella fase giovanile tutti si assomigliano per certi caratteri del piumaggio. Sarebbe illogico credere che la somiglianza dei giovani in questi casi fosse puramente fortuita e non denotasse una stretta affinità fra le specie. Un mezzo per conoscere più esattamente il grado di affinità fra le unità naturali attuali sarebbe dunque quel- IIO FRANCESCO CHIGI lo di studiare accuratamente le forme giovanili, ora in- vece per lo più gli autori di opere ornitologiche si dànno a descrivere le specie nella loro fase adulta con le loro sottospecie e varietà (riconoscibili queste talora solo in alcune stagioni dell’anno) e poco o punto curano la de- serizione del giovani quasichè ciò fosse inutile. E° ben raro trovare descrizioni delle fasi giovanili fra le carat- teristiche generiche date dagli ornitologi. Quando mediante lo studio dei caratteri somatici e specialmente delle livree giovanili avremo potuto rav- vicinare fra loro più specie, abbozzando, dirò così, un primo raggruppamento di ordine generico, tutto o quasi tutto il lavoro successivo può compiersi in generale con l’analisi della distribuzione delle tinte così nelle varie re- gioni del corpo come nelle varie regioni di ciascuna pen- na, considerando le variazioni di tinta attraverso tutte le età dell'individuo e nel massimo numero possibile di soggetti. Per tutto quanto sopra si è detto il disegno del piu- maggio, cioè la posizione relativa delle tinte chiare e scu- re, ripete attraverso le età dell’individuo 11 corso delle va- riazioni della specie nel tempo e la veste dei giovani di più specie, fra loro differenziate nella fase adulta, ma simili nella fase giovanile, ripeterà la veste propria della forma progenitrice delle specie attuali considerate. Prendendo pertanto in esame uno qualunque di que- sti gruppi di specie, dal disegno del piumaggio dei gio- vani si può facilmente, con una opportuna analisi se- lettiva dei caratteri, creare un tipo ideale comune, la de- scrizione del quale convenga per i caratteri capitali al giovani di tutte le unità naturali attuali da noi consi- derate. Ogni specie del sruppo avrà un modo di variare suo proprio, una norma secondo la quale passerà dalla fase tipica primitiva (giovanile) alla fase completamente evo- FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIUÙ ETT luta (adulta) e tutti gli individui della specie varieran- no entro dati limiti: tale modo di variare della specie io chiamo il suo piano specifico di evoluzione. I piani spe- cifici di evoluzione adunque costituiranno la caratteristi- ca delle varie specie aventi uno stesso tipo primitivo. Se si considerano più specie A_B, C.... nella loro evo- luzione a partire dal tipo ideale comune possiamo tro- vare che i piani specifici di evoluzione delle unità A e B hanno molti caratteri comuni, che cioè i caratteri delle due forme nelle diverse età, senza essere uguali, si cor- rispondono e variano in modo simile; in questo caso pos- siamo considerare 1 piani di evoluzione delle due forme come sensibilmente progredieniti nella stessa direzione. Se nel corso delle fasi evolutive i caratteri della forma C nelle diverse età non corrispondono a quelli di A e di B, e se il piano specifico di evoluzione di quella forma acqui- sta nuovi caratteri che non troviamo in A ed in B, pos- siamo dire che il piano di evoluzione della unità C ha una direzione divergente da quella dei piani di evoluzio- ne di A edi B. Riprendendo in esame le unità A e B i cui piani di evoluzione hanno la stessa direzione possiamo trovare che una di esse nella fase del massimo sviluppo consentito agli individu della specie giunge ad un grado di diffe- renziazione dal tipo primitivo maggiore del grado rag- giunto nelle stesse condizioni dall'altra unità : questo gra- do ci dà la distanza della specie dal tipo. Bisogna tener presente che non tutti gli individui di una specie possono giungere alla stessa distanza dal tipo e che spesso le fem- mine anche adulte rimangono normalmente ad una di- stanza dal tipo primitivo minore della distanza alla quale giungono i maschi. Tutti questi elementi tratti dall’ CINE delle specie e dailla formazione ideologica dei piani di tevolvizione — divergenza specifica e distanza specifica dal tipo pri- DEZ FRANCESCO CHIGI mitivo — ci dànno il modo di determinare le posizioni reciproche delle diverse specie in modo grossolanamente analogo a quello in cui si determina la posizione geo- grafica di un luogo mediante la longitudine e la latitu- dine. Che questo metodo per determinare l'affinità fra le unità naturali attuali sia logico e teoricamente esatto a me non par dubbio, la difficoltà sta nell’applicazione pratica; non tutte le specie infatti hanno un piumaggio giovanile abbastanza diverso da quello degli adulti o so- migliante a quello di altre specie e fornito di un suffi- ciente numero di caratteri tali da potere esser presi come quelli del tipo originario, di molte specie i giovani non sono conosciuti ovvero se conosciuti non lo sono suffi- cientemente, e poi ancora non sempre è facile seguire l’e- voluzione del disegno del piumaggio attraverso le età. Bi- sogna in questi casi ricorrere ad altri mezzi e giudicare per analogia con altri gruppi di specie o secondo leggi più generali; nei Corvi ad esempio può esser di guida 1] parallelismo fra le specie C'orvus corone — Corvus cor- nir e Colacus monedula — Colaeus dauricus. Uno studio completo sulle affinità fra specie fondato sull'analisi dei piani di evoluzione potrebbe, io credo, por- tare a risultati soddisfacenti: per ora a me basta averne accennata l’importanza e darne un esempio pratico dei più semplici. Come uno dei gruppi di specie che meglio si prestano allo studio delle fasi evolutive scelgo quello dei Tordi e Merli e per semplificare lo studio considero solo le specie che giungono o vivono normalmente in Italia potendo esse fornire un sufficiente materiale di confronto. Per non en- trare prima del tempo in questioni che debbono risolversi in seguito indicherò le unità naturali senza nome gene- FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO LES rico ma col nome specifico che spetta loro per la legge di priorità; esse sono : Resperiocus E IT. Sp. musicus L. III. Sp. viscivorus L. IV. Sp. paris L. V. Sp. merula L. VE Spocorquatus L. N. B. — In questa ultima specie sono comprese le forme forquatus tipica, alpestris e occidentalis che alcuni autori (Martorelli) considerano come semplici razze, altri (Arrigoni) come sottospecie, altri (Giglioli e Salvadori) come specie distinte. I giovani delle sei specie sopra nominate hanno nel loro primo abito un tipo unico di disegno che permette la ricostituzione del tipo primitivo Per facilitare il confronto del tipo primitivo con le singole specie nelle descrizioni divido il piumaggio in tre- dici regioni: non descrivo le remiganti e le timoniere non avendo queste importanza nello studio delle fasi evolu- tive. Le regioni che descrivo sono le seguenti : 1. Fronte capo e nuca. 2. Dorso. 5. Groppone e sopraccoda. 4. Sopracciglio. 5. Regione auricolare. 6. Piccole cuopritrici alari superiori. 7. Medie cuopritrici alari superiori. 8. Grandi cuopritrici alari superiori. 9. Cuopritrici alari superiori ed ascellari. (A0) Bollett. Soc. Zooiogica Italiana LI4 FRANCESCO CHIGI 10. Mento, gola, gozzo, lati del collo sotto la regione 7. 11. Parte superiore del petto, 12. Parte inferiore del petto, addome e fianchi. 13. Sottocoda. Nella ricostituzione del tipo tengo conto dei caratteri primitivi più salienti, che sviluppati in diverso grado si trovano nei giovani delle specie attuali , che cioè possono essere sviluppati più o meno non solo nei giovani delle diverse specie, ma anche nei diversi giovani di una stessa specie. Soggetta a grandi variazioni anche nella fase giovanile è per esempio la specie merula che talora può apparire anche quasi affatto priva di macchie sulle parti superiori e sulle grandi cuopritrici alari; in altre specie poi, come nella specie forquatus, queste macchie chiare delle grandi cuopritrici sono appena accennate nei gi10- vani. E’ per questo che nella descrizione del tipo primi- tivo si troverà una certa elasticità nella definizione di al- euni caratteri, dovendo risultare questo tipo della sintesi dei caratteri attuali e virtuali contenuti nella fase giova- nile delle specie considerate. T giovani nelle diverse specie hanno certamente colo- razioni particolari di cui non tengo conto perchè caratte- ristiche specifiche indipendenti dal disegno, solo indice sicuro questo del grado di evoluzione della specie: nelle descrizioni perciò eviterò sempre, per quanto è possibile, di indicare i colori e cercherò di caratterizzare le fasi evolutive secondo l’intensità delle tinte chiare scure o scu- rissime nei loro reciproci rapporti. TIPO PRIMITIVO. Regione 1. Scura con piccole macchie chiare allun- gate od a goccia lungo lo stelo di clascuna penna, apici delle singole penne scurissimi. Regione 2. Simile con macchie chiare più grosse. FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO EES Regione 3. Simile con macchie chiare molto ridotte talora nulle. Regione 4. Simile con macchie chiare più estese in proporzione della grandezza assoluta delle penne, di- stinta perciò dalle regioni circostanti. Regione 5. Chiara con margini delle penne scuri ed apici scuri o scurissimi. Regione 6. Scura con grande macchia apicale chiara prolungata lungo lo stelo delle penne. Regione 7. Simile con macchia apicale più svilup- pata. Regione 8. Simile con macchia chiara molto ridotta. Regione 9. Chiara, talora con la parte media dei ves- silli scura senza limite netto fra le due tinte. Regione 10. Chiara con due serie oblique di penne scure al centro e chiare ai margini sui lati della gola e con piccole macchie scure e contorno mal definito all’a- pice delle penne chiare; queste macchie scure apicali non sì trovano su ogni penna. Regione 11. Chiara con grosse macchie scure occu- panti la parte apicale di ciascuna penna; queste mac- chie hanno forma o triangolare col vertice in alto o ton- deggiante od allungata trasversalmente. Steli delle penne talora ancor più chiari della tinta fondamentale. Regione 12. Simile o con macchie scure più piccole e meno distinte. Regione 13. Ogni penna chiara al centro e scura ver- so i margini. N. B. — Le penne delle regioni 11, 12, 13, possono avere una seconda macchia scura trasversa verso la base. Qui devesi tener presente un fatto notevole, che, se non considerato, può sviare nelle ricerche relative alle fasi evolutive delle diverse specie; la variazione del di- segno nel piumaggio dei tordi avviene in due modi: per IIO FRANCESCO CHIGI modificazione graduale del colorito di ogni penna (deco- lorazione o intensificazione del colorito) accompagnata dalla abrasione degli apici e dei margini, e per muta. Dal momento in cul la penna si sviluppa per la prima volta nel nidiacco fino al momento in cui è sostituita da una nuova penna, essa subisce variazioni di tinta e variazioni nella distribuzione delle tinte, più o meno profonde; allo stesso modo dopo la muta ogni penna è soggetta a simili variazioni. Cosicchè la evoluzione progressiva del dise- gno incomincia fin dai primi giorni di vita dell'individuo per continuare poi lentamente e non arrestarsi che alla seconda e forse anche alla terza muta, quando cioè il massimo grado di evoluzione del disegno consentito al- l’individuo sia stato raggiunto. La muta delle penne (sem- plice autunnale) che però avviene lentamente, almeno nel massimo numero dei casi può rappresentare una solu- zione di continuità nelle modificazioni del disegno del piumaggio, un salto tanto più forte e visibile per quanto sono più profonde le modificazioni di disegno subìte dalle singole penne nella prima fase del piumaggio. Nelle seguenti descrizioni analitiche per brevità ten- go conto in massima delle fasi evolutive succedenti la prima muta poichè durante la fase giovanile le modifi- cazioni del disegno non sono molto profonde nella mag- gior parte delle specie; dove però queste modificazioni sono più importanti non mancherò di accennarlo. Sp. TI Wiacus L. Regione 1, 2, 3. Spariscono le macchie centrali chia- re e gli apici scurissimi. Regione 4. Interamente chiara o chiara con sottili marginature scure. Regione 5. Persiste una sottile zona chiara al centro delle penne. FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO FI Regione 6. Spariscono le parti chiare. Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare non prolungate lungo lo stelo. Regione 8. Persistono le macchie chiare apicali sul vessillo esterno non prolungate lungo lo stelo, il margine esterno delle singole penne è leggermente più chiaro della tinta fondamentale. Regione 9. Uniforme chiara. Regione 10. Persistono le macchie scure sul fondo chiaro; le due serie laterali di penne scure assumono un grande sviluppo e si addensano ai lati della gola for- mando quivi due grosse macchie scurissime, mentre le altre macchie sparse sono scarse, piccole ed allungate lon- gitudinalmente. Regione 11. In autunno le macchie scure occupano gran parte del centro di ogni penna, sono allungate lon- gitudinalmente, sfumate sui bordi, intense lungo lo stelo; in primavera divengono gradatamente più ristrette, per- dono la sfumatura, assumono un contorno ben netto e for- ma triangolare prolungandosi più o meno dal ver- tice lungo lo stelo della penna. Ai lati di questa regione la tinta fondamentale si intensifica divenendo uguale a quella delle parti inferiori. Regione 12. In autunno con macchie simili a quelle della regione precedente, ma meno intense, in primave- ra simili per forma e intensità a quelle della regione 11 ma più ristrette e più scarse. La parte centrale dell’ad- dome è in ogni stagione chiara senza macchie. Regione 13. Parte centrale delle penne chiara come la parte marginale, parte media scura: nelle penne cen- trali la parte scura è molto ristretta o manca, nelle e- Sterne è più estesa. Sp. II musicus L. Regioni 1., 2,83, 6. Tinta uniforme, spariscono le macchie chiare e gli apici scurissimi. 118 FRANCESCO CHIGI. Regione 4. Persistono in modo poco appariscente le macchie chiare centrali sulle penne. Regione 5. Persiste il disegno tipico. Regione 7. Persiste all’apice di ogni penna una mac- chia triangolare chiara, non prolungata lungo lo stelo. Regione 8. All’apice del vessillo esterno delle penne presso lo stelo persistono piccole macchie chiare di for- ma triangolare od irregolare e non prolungate lungo lo stelo. Regione 9. Chiara per intero. Regione 10. Conserva il disegno tipico, le piccole macchie scure sparse hanno forma allungata. Regione 11. Conserva il disegno tipico, le macchie scure hanno forma triangolare col vertice rivolto in alto e base ristretta ed hanno una marcata tendenza a prolun- garsi lungo lo stelo. La tinta fondamentale sui lati di questa regione si intensifica e diviene uguale a quella del- le parti superiori: l’intesificazione non avviene però in ugual misura su tutte le penne, essa avviene dall’esterno verso il centro in modo che alcune delle penne hanno tinta intensificata nella parte marginale e basale con uno spazio centrale chiaro; in quelle penne in cui la tinta fondamen- tale è più largamente intensificata si fanno più pallide le macchie apicali primitive fino anche a sparire. Lo spazio in cui la tinta fondamentale si intensifica è più o meno grande secondo gli individui. Regione 12. Chiara con macchie scure un po’ più grandi che nella specie precedente sui fianchi, più rare, più piccole e di forma ovoidale sull’addome. Regione 18. Come nella specie precedente. Sp. III. viscworus L. Regione 1, 2, 3, 6. Tinta uniforme, spariscono le macchie chiare e gli apici scurissimi; la parte marginale delle penne è talora debolmente più pallida della parte rimanente. FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO IIQ. Regione 4. La parte chiara delle penne è molto e- stesa. Regione 5. Conserva il disegno tipico. Regione 7. Persistono le macchie chiare che sono grandi e di forma allungata trasversalmente occupando uno spazio maggiore sul vessillo esterno che sull’interno, sono prolungate lungo lo stelo. Regione 8. Persiste una macchia apicale chiara di forma incerta sul vessillo esterno delle penne, questa macchia si confonde con la stretta marginatura chiara. Regione 9. Uniforme chiara. Regione 10. Conserva il disegno tipico, le macchie scure sparse hanno forma triangolare col vertice molto assottigliato rivolto in alto. Regione 11. Chiara con grandi macchie scure trian- golari o lanceolate molto estese lungo lo stelo delle pen- ne. Come nella specie mustcus i lati di questa regione han- no la tinta fondamentale intensificata e l’intensificazione avviene presso a poco allo stesso modo. Nella specie v2- scrvorus peraltro spesso si nota che fra la parte chiara e la parte a tinta intensificata della penna si forma una sottile zona scurissima di tono uguale a quello delle mac- chie apicali tipiche, le quali alla lor volta come nella spe- cie mustcus impallidiscono e spariscono coll’intensificarsi del colorito fondamentale. In alcuni casi la parte cen- trale chiara della penna occupa questa fin verso la base in modo che la parte scura forma una macchia in forma di U o di V. Come nella specie precedente l'estensione della zona a colorito fondamentale intensificato varia nei di- versi individui ed è diverso a seconda degli individui il grado di intensificazione del colorito d’ogni penna. Regione 12. Chiara con grosse macchie scure trian- golari a base molto allargata; nella parte centrale del- l'addome le macchie sono un poco meno estese ed hanno forma meno regolare. T20 FRANCESCO CHIGI Regione 13. Simile a quella delle specie precenti ma con parti scure più estese. Sp.IV pilaris L. Regioni 1, 2, 3, 6. Perdono le macchie centrali chia- re e gli apici scurissimi; le regioni 1 e 3 hanno colore differente da quello della regione 2; la regione 6 può essere uguale per colore alla 2 o alla 3, ma di solito è uguale alla 2, i margini delle singole penne, specialmente nelle regioni 1 e 2, hanno di solito una tinta meno in- tensa di quella della parte centrale della penna. Spesso avviene che il colorito fondamentale si intensifica forte- mente al centro delle penne e questa intesificazione si e- stende più o meno verso i margini. Le penne che hanno subìto una tale intesificazione appaiono talvolta addirit- tura nere con un largo margine meno scuro. N. B. — FE'assai Importante questo fatto che nelle tre specie precedenti non si nota o che almeno in esse non è apprezzabile; è importante perchè ci dimostra che la ten- denza comune alle due specie seguenti merula e torquatus si trova nella specie paris (come in altre specie esotiche di tordi). Regione 4. Le parti chiare di ciascuna penna sono più o meno appariscenti nei diversi individui. Regione 5. Assume colorito uniforme, scuro, uguale a quello della regione 1, raramente gli steli delle penne sono chiari. | Regione 7. Persistono macchie chiare all'apice delle penna, ma sono ridottissime fino quasi a sparire e talora si confondono con la parte marginale chiara della penna. Regione 8. Persistono macchie apicali chiare spe- cialmente sulle cuopritrici più esterne e soltanto sul loro vessillo esterno, esse sono però ridottissime talora leg- germente prolungate lungo lo stelo e talora si confondono con la parte marginale chiara delle penne. FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 121 Regione 9. Per lo più chiara uniforme, talora con accenno di parti scure sulle ascellari. Regione 10. Conserva il disegno tipico; le macchie sparse scure hanno torma allungata o di triangolo a base assal stretta, ai lati della base del collo le macchie scure divengono assai grandi formando una regione scurissima più o meno estesa secondo gli individui, al disotto della regione 7. Regione 11. Persistono su fondo chiaro le macchie scure che hanno forma allungata lungo lo stelo, rara- mente più larghe verso la base che verso l'apice della pen- na e talora triangolari col vertice in alto e con la base piuttosto ristretta. Ai lati di questa regione si trova quasi sempre un addensamento di macchie scure, anzi scurissime, provenienti non dalla estensione delle mac- chie apicali primitive ma da una vera intensificazione del colorito fondamentale di grado massimo simile a quel- la che abbiamo osservato in grado minore nelle specie vì- scivorus e musicus. Qui ha luogo la formazione delle mac- chie ad U od a V, già osservate nelle specie predette, ma in modo assai più marcato: anche qui si osserva che 1l grado d’intensificazione varia nei diversi individui. Pro- cedendo dai lati verso il centro di questa regione si trova che la trasformazione del colorito fondamentale è sempre minore tanto che non ho mai osservato nella specie pearis macchie a V sul centro del petto. Regione 12. La parte centrale perde il disegno pri- mitivo divenendo chiara uniforme, ma i lati subiscono una intensificazione del colorito auale ho notato per 1 lati della regione 11. Sebbene sempre in grado minore che in questi i fianchi hanno sempre macchie a V e solo in pochi casi conservano deboli tracce delle macchie primitive: in al- cuni individui le macchie a V possono essere sottilissime ed anche appena accennate, specialmente nelle penne più vicine alla parte centrale dell'addome. T22 FRANCESCO CHIGI N. B. — La genesi delle macchie a V nelle regioni 11 e 12 è assai importante poichè insieme col fatto della intensificazione del colorito delle parti superiori dimo- stra che la specie puaris è anello d’unione fra i tordi ed 1 merli come meglio vedremo nelle conclusioni che seguono queste descrizioni analitiche: ho creduto di dover fare quest’esservazione sebbene non ne sia qui il luogo per at- tirare l’attenzione dei lettori su questi fatti di capitale importanza. Regione 13. Le parti scure possono essere estese come nelle specie precedenti od essere ridottissime, dando in questo caso alla regione 13 un aspetto chiaro uniforme. Sp. V merula L. Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7. Uniformi senza traccia di macchie chiare, di solito a colorito fondamentale. forte- mente intensiticato, solo in qualche caso la regione 5 spe- cialmente nelle femmine ha gli steli delle penne più chiari delle barbe : nelle femmine poi la parte della regione 4 fra il becco e l’occhio è sempre più chiara delle regioni circo- stanti; in pochi casi, anche nel maschi, esiste un accenno di sopracciglio. Regione 8. In rari casi persistono all'apice delle penne macchie triangolari chiare, simili per forma e grandezza a quelle che si osservano costantemente nella specie must- cus, più spesso però queste macchie sono ridottissime e di forma irregolare, nella grande maggioranza dei casi spari- scono completamente; la tinta fondamentale si «intensifica in grado maggiore nei maschi che nelle femmine. Regione 9. Soggetta a grandi variazioni: ogni penna può essere più scura al centro che al margine, ma le parti scure e le chiare s1 contondono gradatamente; talora la. tinta scura è appena distinta da quella chiara, talora in- vece (specialmente nei maschi) la parte scura è molto in- tensa e la parte chiara quasi bianca, il limite fra le due VIET, RO EPAFOR TI O PET] EVI Re aim dat E Pig 5 PS Tpal ro’ IR) COMPITI PAPERE MERI SERE EI JTPPOTO RO Ip tr a dra en DALL LE L- FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 123 zone è in questi casi più distinto. In ogni caso però le tinte scure sono più estese delle chiare e nella maggioranza dei maschi, come nelle più vecchie femmine, occupano tutta la penna. Regione 10. In tutte le femmine da me osservate con- serva Il disegno tipico più o meno spiccato per essere più o meno intenso il colorito fondamentale, che in qualche caso può avvicinarsi molto alla tinta delle macchie tipi- che, senza però confondersi con essa. Le macchie scure di questa regione, che hanno estensione maggiore o minore secondo gli individui, hanno forma allungata sullo stelo delle penne. In molti maschi il disegno primitivo persiste, in po- chi casi in modo assai spiccato, in altri meno distintamente per la doppia tendenza all'aumento di grandezza delle macchie primitive ed alla intensificazione del colorito fon- damentale: così nel maggior numero dei casi la tinta fondamentale diviene scurissima confondendosi con le macchie tipiche e tutta la regione assume una tinta uni- forme nera uguale o poco diversa da quella della regioni Oa Regione 11. Nella grandissima maggioranza delle femmine persiste il disegno primitivo; per lo più le mac- chie scure di varia intensità sono abbondanti, piccole, di forma triangolare, spesso più larghe che alte ed a contorno incerto, ma tendono a confondersi con la tinta fondamen- tale; raramente nelle femmine spariscono del tutto le mac- chie scure pur rimanendo chiaro il colorito fondamentale : dal disegno a macchie più o meno sviluppate si passa per gradi alla tinta uniforme senza macchie. In pochis- simi casì la tinta fondamentale si intensifica e si confonde con quella delle macchie primitive. Nei maschi in molti casi si conserva il disegno pri- mitivo ed in vario grado; quando le macchie scure sono distinte possono essere allungate lungo lo stelo o triango- 124 FRANCESCO CHIGI lari con vertice molto acuto, possono occupare un piccolo spazio della penna od estendersi molto; alcuni soggetti ricordano pel loro disegno la specie musicus altri la specie iliacus nella sua fase autunnale; la tinta fondamentale ha una tendenza assai maggiore che nelle femmine ad inten- sificarsi e l’intensificazione avviene come nella specie pi- laris indipendentemente dal disegno originario, sì possono cioè avere le macchie apicali primitive o divise od unite o confuse con la tinta fondamentale intensificata; come nelle specie precedenti anche nella specie merula la regio- ne 11 ha una maggiore tendenza sui lati che non al centro alla intensificazione del colorito fondamentale. Nella specie merula non ho mai osservato in questa regione macchie a V. Un fatto notevole è che anche negli indi- vidui nei quali tutte le altre regioni hanno raggiunto il massimo grado di intensificazione spesso la regione 11 ha una tinta fondamentale un po’ meno intensa accennando così ad un collare sul quale si intravvede il disegno primi- LIVO. Regione 12. Nelle femmine specialmente sui fianchi persistono quasi sempre in varia misura le macchie pri- mitive scure assai simili per forma ed estensione a quelle del tipo, cioè a contorno irregolare ed allungate trasver- salmente, ma in generale sono poco intense confonden- dosi spesso con la tinta fondamentale intensificata in varia misura. Nelle femmine però l’intensificazione non rag- giunge mai, almeno per quanto a me consta, il grado che raggiunge nei maschi. Nei maschi da me esaminati in gran numero, non ho mai trovato sui fianchi le macchie primitive: quivi la tinta fondamentale nella massima parte dei casì è com- pletamente intensificata, solo in qualche soggetto la parte marginale delle penne conserva una tinta chiara come ultimo vestigio della tinta fondamentale primitiva. La parte centrale dell'addome conserva più tenace- FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO I25 mente nelle femmine che nei maschi l'aspetto chiaro pri- mitivo, ma di regola spariscono le macchie scure apicali delle penne. Sempre spiccata è la tendenza all’intensifi- cazione del colorito fondamentale : nelle femmine le penne di questa regione possono portare distintissime macchie a V o macchie scure ad anello da queste derivate per in- tensificazione del colorito della penna verso la base, più spesso anche la parte centrale della penna diviene scura nella femmina. Nei maschi non ho mai osservato macchie a V avve- nendo l’intensificazione della tinta fondamentale anche nella parte centrale delle penne; in molti casi la parte marginale delle penne conserva la tinta chiara formando una marginatura più o meno estesa ma raramente tale da dare al centro dell'addome un aspetto del tutto bianco o grigio (1). Nel maggior numero dei casi anche la parte marginale delle penne ha tinta intensificata assumendo allora questa regione un aspetto nero uniforme uguale a quello delle altre. Regione 13. In pochi casi, e più frequentemente nelle femmine che nei maschi, le penne di questa regione hanno la parte centrale lungo lo stelo e l'apice chiari: in gene- rale però, contrariamente a quanto avviene nelle specie precedenti, la parte scura si estende sia verso i margini sia sullo stelo. Sp. VI torquatus L. Regioni 1, 2, 3, 4, 5, 6. Spariscono le macchie cen- trali chiare e quelle apicali scurissime che si confondono con la tinta fondamentale intensificantesi fino dalla pri- ma veste in modo analogo a quello osservato nella specie pilaris e nella specie merula, cioè dalla base della penna (1) Questa fase che non ha nulla di anormale fu dal Perini consi- derata come tipica di una specie alla quale dette il nome di Tardus menegazzianus. 120 FRANCESCO CHIGI verso l'apice. Negli individui che hanno subìto la prima muta la parte scura apicale della penna è completamente sparita mentre la parte basale e centrale ha acquistato una intensità di tinta maggiore della parte marginale. Per successiva abrasione della parte marginale e forse anche per una più completa intensificazione della tinta fondamentale delle penne tutte queste regioni in prima- vera possono assumere una tinta nera uniforme. Regione 7. Persistono le macchie apicali chiare, ma hanno contorno assal incerto, sono talora appena accen- nate ed in molti casi confuse con la marginatura chiara che specialmente negli individui del Caucaso può avere un grande sviluppo. Regione 8. Le macchie chiare apicali primitive, pic- colissime e talora appena accennate, anche nei giovani si confondono sempre con la marginatura chiara delle penne, marginatura che raggiunge il suo massimo svi- luppo negli individui caucasici. Negli individui nordici la marginatura è molto ridotta. Regione 9. Interamente bianca o con debole accenno di tinte scure negli individui caucasici, con tinte scure assai più abbondanti negli individui dell'Europa occi- dentale meridionale, con tinte scure predominanti negli individui dell'Europa occidentale settentrionale; da un tipo all’altro si passa per gradi. Regione 10. Il disegno primitivo che è ancora conser- vato subito dopo la muta, evolve rapidamente per la ten- denza che ha questa specie alla intensificazione del colo- rito fondamentale; in autunno, forse soltanto negli indi- vidui dell’anno, questa regione è chiara con la doppia serie laterale di macchie, come nel tipo e con macchie scure sparse; queste macchie hanno forma allungata sullo stelo o leggermente ovoidale, talora sono piccole ma per lo più occupanti una gran parte della superficie della penna. Durante l'inverno le macchie si estendono e la parte mar- a II IZ ZZZ IT: FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 127 ginale probabilmente si logora, sicchè in primavera tutta la regione 10 può assumere una tinta uniforme scuris- sima. 7 Regione 11. Solo nella fase giovanile, e per pochis- simo tempo, rimane 1l disegno primitivo; la tendenza alla formazione di macchie a V si mostra assai per tempo an- che nei nidiacel. A1 lati di questa regione presto si mani- festa una diminuzione delle tinte scure e le nuove penne in gran parte scure da principio si scolorano gradata- mente conservando una macchia semilunare subapicale scura, assal sottile, mentre nella parte centrale di questa regione non si è ancora perduto il disegno primitivo ac- compagnato da macchie a V. Compiuta la muta la regio- ne 11 diviene chiara ma d’una tinta sudicia e non bianca come la tinta fondamentale della regione 10 e ciascuna penna ha ancora una macchia semilunare scura, che pro- babilmente è un residuo delle macchie a V. Più tardi la tinta fondamentale, nei maschi, diviene bianca e spari- scono le piccole macchie siemilunari formandosi in tal modo il grande collare bianco 11 quale in primavera spicca sul fendo scuro delle regioni circostanti. Nelle femmine la modificazione di tinta o per meglio dire lo scoloramento della regione 11 non raggiunge il massimo grado che può raggiungere nei maschi rimanendo sempre il collare di una tinta grigiastra . Regione 12. Soltanto nella fase giovanile si trova il disegno tipico e già nei nidiacei si osservano accenni di macchie a V; ben presto queste si intensificano, e si ri- ducono, per poi sparire, le macchie primitive. Nelle pen- ne mutate le macchie a V sono grandi e spiccate e non la- sciano neppure intravvedere le macchie primitive. Compiuta che sia la prima muta appariscono due fasi : probabilmente esse sono dovute alle condizioni biologiche degli individui. La prima di queste fasi è quella che fu presa come tipo per creare la specie a/pestris : in essa tutte 128 FRANCESCO CHIGI le penne della regione 12 hanno macchie a V su fondo bianco, talora anche due di queste macchie si trovano sulla stessa penna l’una dentro l’altra. La seconda fase è quella ritenuta come caratteristica della specie tipica torquatus: in essa tutte le penne della regione 12 hanno la tinta fondamentale intensificata anche lungo lo stelo non rimanendo chiara che la parte marginale delle penne; questa fase è anche propria degli individui caucasici. Fra queste due fasi tuttavia non esiste un limite netto, le macchie a V possono avere le branche sottili od anche mol- to larghe lasciando soltanto un piccolissimo spazio chiaro al centro della penna, di più in molti soggetti le penne dei fianchi hanno tinta intensificata al centro mentre alcune delle penne della parte mediana dell'addome portano macchie a V. Tanto in una fase quanto nell’altra le tinte scure sembrano estendersi sempre più coll’avvicinarsi del- l'estate in modo che negli individui più evoluti le. penne della regione 12 conservano un sottilissimo margine chia- ro. La persistenza delle macchie a V nella parte mediana dell'addome dipende senza dubbio dalla tendenza comune di tutte le specie esaminate a conservare più tenacemente in questa regione la tinta fondamentale primitiva. Regione 18. Segue con le sue fasi la stessa sorte della regione precedente: negli individui meno evoluti forniti cioè di macchie a V nella regione 12 le penne del sotto- coda hanno la parte centrale chiara e talora hanno chiara anche la parte apicale, specialmente nei giovani: negli individui più evoluti aventi la tinta fondamentale della regione 12 intensificata anche al centro delle penne il sottocoda ha anch'esso la parte centrale delle penne scura, rimanendo soltanto una stretta fascia apicale e marginale chiara. Anche qui come nella regione precednte si ha un passaggio graduale nei diversi individui fra una fase e l’altra. N. B. E’ bene osservare che per quanto questa specie FASI EVOLUTIVE DEL PIUMAGGIO 129 differisca più costantemente delle altre dal tipo primi- tivo nelle fasi adulte, tuttavia i giovani di essa nel corso della muta evolvono gradatamente quantunque rapida- mente dalla forma primitiva a quella molto differenziata dal tipo. RICAPITOLAZIONE. In tutte le specie esaminate i caratteri primitivi possono in parte sparire in parte persistere, modifican- dosi nelle fasi adulte più o meno profondamente. 1° In tutte le specie si perde nelle fasi adulte il dise- gno primitivo delle parti superiori, spariscono cioè le macchie chiare e gli apici scurissimi. 2° Il sopracciglio : a) è assai distinto e molto più pro- gredito che nel tipo primitivo nella specie una struttura simile a quello delle cellule interstiziali. Ora, a parte l'incertezza degli Autori nell'opinione da loro stessi emessa, dobbiamo pensare che la osservazione è unica, e che merita conferma. Certamente poi, almeno date le pre- senti conoscenze, nulla fa pensare a cellule endoteliali od endotelioidi, e nulla autorizza una tale ipotesi. Concludendo, io ritengo prematura colle nostre cogni- zioni la discussione sulla natura istologica, sul significato 144 VALENTINO BARNABO' iorfologico di tali cellule. Noi conosciamo molto su questo argomento; ma dobbiamo altresì confessare che le notizie da noi possedute sono frammentarie, o sconnesse, od in- certe, o tra loro disaccordi; e che soltanto poche sono si- cure, e non ammettono più discussioni. Vi sono tuttavia varî argomenti a favore della natura connettivale di tali cellule, e molti altri a favore della loro natura epiteliale o glandolare; io credo però che solo nuovi e accurati studî potranno risolvere la questione in modo definitivo e far accettare l’una piuttosto che l’altra di queste ipotesi. (Continua). ISTITUTO DI PATOLOGIA GENERALE DELL\ R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. A. BIGNAMI Ve (PBARNABÒ Sugli effetti delle inoculazioni negli animali dell’estratto di Taenia saginata ‘ Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Dai risultati delle mie esperienze si possono dedurre le seguenti conclusioni. La prima serie di ricerche può dimostrare come l'e- stratto di /aen:a saginata eseguito col metodo di Mingaz- zini e colle modificazioni di Messineo e di Calamida, non produca sulle cavie, quando è ingerito col cibo, nessun fe- nomeno tossico. Si potrebbe pensare che l'acidità del succo gastrico neutralizzasse le sostanze tossiche di natura ancora sconosciuta ; ma i risultati della seconda serie di esperienze escludono questa obbiezione. Colla seconda serie di ricerche si può infatti concludere che l'estratto ottenuto dal Mingazzini, o non è assorbito dalla mucosa intestinale integra, o non riesce tossico per le cavie in simili condizioni e per questa via. Non saprei però dire con precisione cosa succeda quando la mucosa è alte- rata, perchè non sono riuscito a determinarvi delle altera- zioni che non producessero per sè fenomeni morbosi e an- che letali, rendendo difficile lo scindere tali effetti da quelli della inoculazione dell’estratto. In ogni modo, lasciando in- (1) Continuazione e fine - Vedi Fasi.li precedenti (vol: 1907, p. 85). Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4 140 VALENTINO BARNABO” tegra la mucosa intestinale, le condizioni dell’ esperimento riproducono nel miglior modo possibile quelle in cui si ha la elmintiasi da tenia, perchè questo verme non produce al- terazioni sulla mucosa come vedemmo aver dimostrato Min- gazzini. Ora, siccome l’ estratto ottenuto da questo autore non dà luogo, per quanto riguarda le cavie, a nessun fe- nomeno tossico in tali condizioni, queste mie esperienze por- terebbero al dubbio che non vi sia contenuta realmente quella sostanza tossica, che prodotta dal verme nella sua permanenza nell'intestino dell'ospite, sarebbe causa dell’ in- tossicazione. Questo stesso estratto si dimostra poi anche innocuo allo stato di concentrazione da me ottenuto per la quarta serie di esperienze, tanto quando è dato a mangiare, quanto quando è inoculato direttamente nell'intestino integro delle cavie. La terza: serie di esperienze, in.cui ho [inoculatoCcon risultati negativi l’acqua nella quale avevano vissuto pro- glottidi di tenia, fa riflettere che è difficile anche l’avere sperimentalmente dei prodotti di ricambio materiale simili a quelli che si suppone produca il verme che si trova pa- rassita nell'intestino umano. Del resto risultati negativi a- veva avuto anche Mingazzini nelle analoghe esperienze su- gli Ascaridi. Roma, novembre 1905. BIBLIOGRAFIA, ALESSANDRINI G. —— Sulla patogenesi dell’anemia da anchilostoma — Roma, ‘Policlinico, 1904. APORTI — Ricerche sulla patogenesi dell’anemia da anchilostoma -— Archivio italiano di Clinica Medica, 1897. BaraGALLO P. — Sulla durata della vitalità degli endoparassiti. — Rassegna Internazionale di Medicina Moderna — Catania 1901. BARD. —— Anemia perniciosa da botriocefalo. — Semaine médicale, 1902119130: BeRGE' A. — Infection mit Finnen der Taenia solium. — Sitzungsbe- richte der anal. Gesellsch. in Paris —— Centrall. fùr allgem. Pa- thol. und Patholog. Anatom. — Jena, 1892. BERNATZIK E VOGL. — Manuale di Materia Medica. — Milano, 1905. BOINET. — Studio su di una ptomaina contenuta nella cisti idati- dea del fegato. XI congresso Medico, Roma, 1894. Bonrits E. 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UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO Contributo alla conoscenza desti Imenvtteri tentredinei DEL LAZIO Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal Dott. GiusEPPE LEPRI secondo aiuto nel predetto Istituto Il compianto Prof. Faustino Manzone, fin dal 1893, iniziava la illustrazione degli Imenotteri tentredinei del Lazio, pubblicando nel 2. volume del Bollettino della So- cietà Romana per gli Studi Zoologici, un primo elenco di 47 specie da lui raccolte ed osservate entro i confini della regione suddetta, e più precisamente, secondo quan- to dice egli stesso, nei dintorni immediati di Roma, nei Colli albani, nella valle dell'Aniene, lungo il littorole da Palo a Nettuno e nei dintorni a S-E del lago di Bracciano. Disgraziatamente la morte immatura del Prof. Manzone, troncava un lavoro che si annunziava interessante ed uti- lissimo agli studiosi della fauna entomologica romana. Avendo in questi ultimi anni raccolto un abbastanza ricco materiale in fatto d’Imenotteri romani, mi propon- go di riprendere 1l lavoro del Manzone, cominciando dai Tentredinei e giovandomi, oltrechè della mia collezione, di quella del Manzone stesso, provvidamente acquistata, dal Prof. Carruccio pel Museo Universitario e del mate- riale dal suddetto Professore e dai suoi allievi, raccolto, entro i confini della Prov. Romana. Tanto più che avendo io raccolto Imenotteri in parti della nostra provincia diverse da quelle esplorate dal Manzone, ossia, principalmente, sul gruppo del M. Cimino presso Viterbo, nei dintorni di Viterbo, sui Monti Ceriti T52 GIUSEPPE LEPRI presso Tolfa (circondario di Civitavecchia), alla Man- ziana, posta a N-O del lago di Bracciano, e lungo il litto- rale da Palo a Civitavecchia, questa mia nota potrà ser- vire, se non ad altro, ad illustrare meglio la distribuzione delle singole specie nel Lazio. Debbo aggiungere che parecchi interessanti specie fu- rono raccolte sul M. Autore e sui colli Albani dal Sig. Paolo Luigioni che gentilmente me le ha donate. Ho creduto bene di ripetere addirittura l’elenco delle specie citate dal Manzone, facendovi mano mano le debite aggiunte, anzichè limitarmi senz’altro alla nota di queste, per dare così una nota esatta e complessiva dei 7'entredi- nei finora conosciuti nel Lazio, della loro diffusione e della loro maggiore o minor frequenza a seconda delle località. Per la classificazione, discostandomi da quella del- l’Andrè, seguita dal Manzone, mi sono attenuto a quella più recente adottata dal Prof. Schmiedeknecht nel suo ul- timo lavoro : Die Hymenopterem Mitteleuropas (Iena 1907) che è poi quella del Konow's. BIBLIOGR \FIA. SCHMIEDEKNECHT —- Die Hymenopterem Mitteleuropas — Iena 1907. Konows — Teuthredinidae in:Genera însectorum par Wytsmann — Bruxelles. JURINE Nouvelle méthode de classer les Hymenoptères, Tome 1. — Genève 1807. 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Ali anteriori senza venatura intercostale, e spazio intercosta- la ristretto, nervatura discoldale, riunentesi alla nerva- tura cubitale, alla sua origine o più avanti, ma non incro- gclantesi con essa, nervatura basale non comunicante con la prima cellula cubitale. — Antenne bis-tri-polisegmen- tate. Larve con 6 zampe toraciche e 12-16 addominali. 1° Subfam: Cimbicinae. Corpo tozzo e spesso grosso e villoso, antenne corte e claviformi con 4 o 5 segmenti sottili e distinti, gli altri 4 o 5 fusi a formare la clava. Testa senza marginatura tem-' porale, lateralmente più o meno rigonfia. Addome con margini laterali taglienti. Ali anteriori con due cellule radiali e tre cubitali. Cellula lanceolata divisa o contrat- ta nel mezzo. Gen. Cimbea Olivier. 1.C. humeralis Fourcroy — Raro: 1 Es. a Bracciano (Manzone) — Ne ho raccolto un © alle falde del M. Ci- mino, presso Vetralla in giugno — mentre volava in una radura di un bosco insieme a diversi altri. I54 GIUSEPPE LEPRI 2. C. femorata L. var Sylvarum Fabr. - Raro: 1 es. lungo l’Aniene (Manzone). Gen. Clavellaria Olivier. 3. C. amertnae:L. — Raro nei dint. di Roma: 1 Es: lungo l’Aniene (Manzone), meno raro in giugno nei din- torni di Tolfa, in luoghi Doscosi. Gen. Abita Leach. 4. A. aurutenta Sichel — Rara: ne possiedo un 4 col- to dal sig. Luigioni sul M. Autore. Un altro esemplare è nella raccolta del viuseo Universitario con l’indicazione : Dintorni di Roma. Questa specie non è citata dal Manzone. Il suo habitat secondo lo Schmiedeknecht (op. cit.), sarebbe la Germania Meridionale, la Svizzera ed 11 Tirolo; l’Andrè la cita anche per il Piemonte: Infatti il tipo de- scritto dal Sichel proveniva da Torino (Berlese). 5. A. Serîicea L. — Comunissima in tutto il Lazio, in pianura e collina, nei luoghi erbosi ed aperti, in giugno e Luglio. Gen. Amasîs Leach. 6. A laeta Fabr. — Comunissima per tutto, anche in montagna, avendola rinvenuta sul M. Cimino oltre 800 m. s/m, predilige 1 fiori di Ranunculacee. 7. A. obscura Fabr. — Rara :ne ho colti due individui % e 2 in giugno nei prati di Arcinazzo, sopra a Subiaco ad un altezza di quasi 1000 m. s/m. Questa specie, nuova per il Lazio è stata rinvenuta nel Napoletano (Costa) in Calabria (Cavanna) ed in Si- cilia (Sichel). Il Berlese ne cita due esemplari colti in Toscana. 2° Subsam Arginae, Corpo di mediocri dimensioni, liscio, con addome ar- rotondato ai lati. — Antenne tri-articolateri con segmento apicale molto lungo. — Ali anteriori con una cellula ra- IMENOTTERI TRENTREDINEI 3 ES5 .diale indivisa e 4 cellule cubitali. — Cellula lanceolata divisa o contratta per lungo tratto . Gen. Arge Schrank (= Hylotoma Latr.). 8. A. atrata (Forster), — Rara: 1 Es. a M. Viglio (Manzone). Un altro lo ho raccolto al piano dell’ Arcinazzo. 10. A. cyanocrocea (Forster). — Comunissima (Man- zone) l'ho rinvenuta specialmente abbondante sul M. Ci- mino in giugno e luglio. 11. A. melanocroa (Gmelin).— Anch’essa comunissima frequenta insieme alla specie precedente i fiori di ombrel- lifere nelle stesse epoche. 12-A. rosse (De (xeer). — Comune'per tutto. 13. A thoracica Spinola. — Rara: Ho raccolto un e- semplare di questa bella specie a Tor di Quinto presso Roma, in Luglio. Non è citata dal Manzone. Il Berlese ne menziona 4 esemplari colti nell’Agro Fiorentino. E° stata colta anche in Liguria (Spinola). 14. A. coeruletpennis (Retz). — Rara: Ne ho cattu- rato un 3 su un bosco di castagni alla Manziana a N-O del lago di Bracciano. Mi sembra che questa sia la prima cattura registrata in Italia. Abita (Andrè) l'Europa cen- trale e Settentrionale. Gen. Aprosthema Konow (= Schizocera plur. auct.). 15. A. furcata (Villiers). — Comune nei dintorni di Roma (Manzone) presso Viterbo, alle falde del Cimino, presso la Tolfa, nella valle del fiume Mignone. 3* Subfam. Tenthredininae. Corpo ordinariamente allungato, arrotondato ai lati raramente oviforme. — Antenne di 7 o 9 segmenti, fili- formi o setiformi, mai claviformi talvolta un poco in- grossate nel mezzo, più di rado verso l'apice. — Cellula radiale divisa da una nervatura trasversale, raramente ‘indivisa. 156 GIUSEPPE LEPRI Gen. Cladius Tlliger. 16. C. pectinicornis Ill -- Raro: 1 es. a Tivoli (Man- zone). Gen. Nematus Iurine. 17. N. septentrionalis (L). — Raro: 1 es. entro Roma (Manzone) : un altro lo ho colto presso Bracciano in luglio. 18. N. myosotidis Fabr. — Raro: 1 es. presso Brac- ciano (Manzone). Gen. Blennocampa Hartig. 19.,B. ventralis Spinola. — Non molto comune nei dintorni di Roma. i Gen. Athalia Leach. 20. A. spinarum Fabr. — Comune in tutto il Lazio. 21. A. amnulata Fabr. — Comunissima nei dintorni di Roma, nel Viterbese, lungo il mare ecc. 22. A. rosae (L). — Comune ed abbondante per tutto. Gen. Selandria Leach. 23. S. servo Fabr. — Scarsa nei dintorni di Roma (Manzone) più comune sul Cimino. 24. S. straminerpes Klug. — Rara sui Colli Albani e sul Cimino. Gen. Ertocampa Hartig. 29. E. ovata (L). — Rara: 1 es. a Subiaco (Manzone). Gen. Strongylogaster. 26. S. angulatus Fabr. — Raro: 1 es. a Isola Farnese (Manzone). Gen. Emphytus Klug. 27. E. filiformis Klug. — Molto raro nei dintorni di Roma. Il Manzone ne lrinvenne uno all’Acqua acetosa. Un secondo esemplare l'ho raccolto in Luglio a piazza d'Armi. Secondo Andrè questa specie sarebbe diffusa in Inghilterra, Francia, Olanda, Germania, Svezia. 28. E. didymus Klung. — Raro sui colli Albani (Man- zone), ne ho catturato due individui sul M. Cimino. 29. E. cinctus (L). — Scarso nei dintorni di Roma. Gen. Dolerus Iurine. IMENOTTERI TRENTREDINEI 57 30 D. haematodes Schr. — Raro lungo l Aniene (Man- zone). 51. D. pratensis IL. Comune sui dintorni di Roma, alle falde del Cimino e presso Tolfa. 32. D. niger L. — Raro: 1 es. a Subiaco (Manzone) Un altro l'ho colto sul Cimino. Gen. Macrophya Dahlbom. | 393. M. rustica L. — Comunissima in tutto il Lazio in collina e montagna, sui fiori di ombrellifere nelle ra- dure dei boschi, in grugno e luglio. 54. M. blanda Fabr. — Rarissima sui colli Albani (Manzone) scarsa sul Cimino ed alla Tolfa. | 359. M. neglecta Klug. — Comune nei dintorni di Roma, al Cimino, alla Manziana, ali colli Albani. 36. M. crassula Klug. — Comune insieme alla specie precedente. ST. M. albicineta Schr. — Comunissima in luglio. 38. M.rtbis Schr. — Rara: 1 es. ad Albano (Man- AIÌ 39. M. novemguttata Costa. — Scarsa nei dintorni di Roma (Manzone); così pure a Manziana e Tolfa. 40. M. punctum albun (L.). — Comune nei dintorni di Roma (Manzene); scarsa presso Viterbo. 41. M. haematopus Panzer. — Rara: 1 es. entro Ro- ma (Manzone); altri due li colsi nei dintorni di Viterbo in luglio. 42. M. ruftpes (L.). — Scarsa nei dintorni di Roma (Manzone) e nel Viterbese. Gen. Synairema Htg. — (Perineura Htg. Konow). | (In questo genere sono riuniti i due: Synairema e Perineura). 43. G. viridis L. — Rara nell’alta valle dell'Aniene (Manzone); ne possiedo parecchi esemplari colti sui monti Albani dal Sig. Luigioni e da lui donatemi. Alcuni di questi presentano la fascia nera dorsale longitudinale, dell'addome, larghissima. 158 GIUSEPPE LEPRI 44. S. scutellaris (Panzer). — Scarsa sui colli Albani (Manzone); abbastanza comune sul M. Cimino in giugno. 45. G. floricola (Costa). — Non è menzionata dal Manzone per 11 Lazio. Ne ho raccolti pochi individui sui Monti Laziali in giugno. Sembra abbastanza comune in Toscana (Berlese). 46. S. bremuscuta (Costa). — Ho raccolto un esempla- re di questa graziosa specie nei dintorni di Bracciano in Aprile. Non è citata che dal Costa pel Napoletano. en. AlZlantus Turine. 47. A. scrophulariae L. — Raro in tutto il Lazio. 48. A. viennensis Schr. — Scarso nei dintorni di Ro- ma e sul Cimino. 49. A. viduus Rossi. — Abbastanza comune in giugno nei dintorni di Roma (Manzone); abbondantissimo sul Cimino, a Tolfa, ianziana, nei boschi di castagno. 50. A. bicinetus Scopoli. — Raro sui Colli Albani (Manzone); abbastanza comune sul Cimino in luglio. 51. A zona Klug.. Non raro sul Cimino in luglio. Que- sta specie non è citata dal Manzone : è indicata come rara dal Magretti per la Lombardia: è più comune nell’Italia Meridionale ed in Sicilia (Costa, Berlese). Abita l'Europa Centrale e Settentrionale. Gen. Tenthredo. 52. T. flava Scopoli. — Rara in Provincia: 1 es. lo ebbe il Manzone da Tivoli, un altro lho catturato sul Ci- mino. 53. T. colon Klug. — Rara: un es. a Monte Mario, presso Roma (Manzone). Sono così 53 le specie di Tentredinei finora conosciute come viventi nel Lazio: mi rimane ancora un buon numero di esemplari da studiare, mi auguro quindi, in una pros- sima nota di aumentare di molto questa cifra. GIUSEPPE LEPRI. . il a atirncicciòa tec t tttee Sul rinvenimento di Foladi nella torba del littorale di Foglino Comunicazione del socio LUIGI! GRASSI alla Soccetà Zoologica Italiana con sede in Roma. Il prof. Romolo Meli, nella sua nota, « Sulla esistenza di strati di torba affioranti in mare lungo la spiaggia di Foglino, presso Nettuno », presentata alla Società Geolo- gica Italiana nel Settembre del 1895 (Boll. Soc. Geol. It. vol. XV (1896), pag. 15-36), disse come più volte aveva | rinvenuto sulla spiaggia di Foglino, numerose valve iso- late di Pholas candida Linn. e Pholas dactylus Linn. ol- tre ad una grande quantità di blocchi di torba più o meno legnosa e di aspetto recente. In altra escursione, fatta in compagnia dell'Ing. En- rico Clerici, in detta località, dopo una violenta mareg- giata avvenuta il giorno innanzi, potè osservare due stra- ti di torba potenti ciascuno circa m. 0.30, racchiudenti uno strato di argilla, affiorare entro mare. Egli riscontrò detti strati per una lunghezza di circa 300 m., con anda- mento parallelo al bordo del mare, entro il quale si trova- no immersi, ad una distanza variante da 4 a 5 m. dalla li- nea di spiaggia. Inoltre osservando i blocchi di torba che il mare a- veva allora disseminato sulla spiaggia, notò in essi una serie di fori a sezione circolare. Rotti 1 blocchi nella di- | rezione dell’asse di ciascuno dei fori, trovò cavità allun- i/ gate di forma cilindro-conica, entro le quali erano in po- sto le valve di una Pholas. Gli esemplari di Pholas dacstylus Linn. e di Pholas candida Linn. erano morti e privi delle loro parti molli; inoltre le cavità entro le quali erano innicchiate, erano 160 LUIGI GRASSI riempite per lo più di arena di spiaggia. In una escur- sione da me tatta il giorno 8 gennaio del corrente anno, in compagnia del collega Gioacchino Frenguelli, lungo il littorale che si estende tra Nettuno e Torre Astura, e pre- cisamente lungo la spiaggia di Foglino, potei osservare nelle identiche favorevoli condizioni citate dal Prof. Me- li, gli strati di torba affioranti in mare. Quel tratto di spiaggia era disseminato di grossi pezzi di torba, la cui Blocco di torba forato dalle Pholrs. superficie era tutta forata. Avendo fatto apposite ricer- che fra questi blocchi che le onde avevano di fresco stac- cato dalle testate dei banchi affioranti in mare, ebbi la fortuna di trovare parecchi esemrlari vivi di Foladi an- nidati nei fori dai quali lasciavano uscire il sifone. Essi appartenevano ad ambedue le specie di 0 as dactylus Linn. e Pholas candida Linn. Le cavità entro le quali stanno innicchiate sono per lo più di forma conica a sezione circolare: più larghe al- la base, che è concava, vanno mano mano restringendosi verso l'apice, terminando con un foro piuttosto stretto, per mezzo del quale, il mollusco, imprigionato nella sua FOLADI NELLA TORBA I6I dimora, può con l’aruto del sifone comunicare con l’e- sterno. Nella loro superficie interna, le cavità, presentano tutto all’ingiro, una serie di piccoli solchi paralleli, diret- ti in senso normale all’asse del foro. L'origine di questi solchi può bene spiegarsi con lo sfregamento contro la tor- ba delle valve, che come è noto sono irte di punte. Con questo movimento circolare, sia esso continuo oppure al- ternato, il mollusco ingrandisce mano mano la sua dimo- Pholas candida Linn. — Pholas dactylus Linn. ra, di conserva colle maggiori dimensioni che l’animale stesso va raggiungendo. Questa particolarità così appari- scente e che ho riscontrato in tutte le cavità che osservai nella torba ancora umida, scompare quasi del tutto quan- do essa si è disseccata. Il fatto di avere trovato le Pholas vive viene ad esclu- dere il dubbio, che quelle trovate dal prof. Meli non vi- vessero più attualmente, tanto più che egli, insieme alle Pholas, aveva rinvenuto diversi esemplari di Cardium Lamarcki Reeve certamente fossili o subfossili.Ho creduto quindi utile di comunicare questa notizia del rinvenimen- Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 5 162 LUIGI GRASSI to delle Pholas viventi nella torba, che viene a completa- re quanto già aveva detto il prof. Meli in proposito. Que- sto caso non è poi isolato, poichè dopo aver scritto quan- to precede, venni a conoscenza di un lavoro di Erdmann E. presentato il 5 marzo del corrente anno alla Società Geologica di Stockholm (Geologiska Foreningens i Stock- holm Forhandlingar, Band 30 Hafte 3, pag. 221-231) sul rinvenimento di torba nel fondo del Kattegat (Fynd af torf pà Kattegatts botten). In questo lavoro l’Erdmann dice che il 7 giugno 1907 fra Goteborg e Skagen nel Kattegat dalla profondità fra 35 e 47 metri fu dragato un blocco di torba del volume di circa 1 metro cubo, nel quale egli riscontrò numerosi fori, entro i quali erano innicchiati esemplari vivi di Pholas crispata. ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO Il Gonsylonema seutatum (Miller) netta prov. di Roma Per il Dott. GIULIO ALESSANDRINI. NOTA PREVENTIVA. Questo parassita che fu descritto per la prima volta nel 1869 dal Miller col nome di Spiroptera scutata 0eso- phagea bovis e fu riscontrato sotto l’epitelio dell’esofago di buoi ungheresi e polonesi, fu poi rinvenuto più volte, come appare dalla seguente tabella, tanto nei bovini quan- to negli ovini, nelle capre-e nel cavallo. AUTORE Leuckart Smith Curtice Hassall Wardell Stiles Fayet Fayet Harms Fayet Boulant Fayet Muller SPECIE ANIMALE LOCALITÀ ANNO Bos taurus Bos taurus Bos taurus Bos taurus Bos taurus Bos taurus Ovis aries Ovis aries Ovis aries Ovis aries Capra hircus Equus caballus Germania 1876 Stati Uniti citato dallo Stiles » > 1892 » » citato dallo Stiles « » 1892 Tébessa (Algeria) » » Hannover Tébessa (Algeria) Hodna (Setif-Alg.) Tébessa (Algeria) Austria citato dal Neumann citato dal Neumann 1875-76 citato dal Neumann citato dal Neumann citato dal Neumann 1869 esofago esofago esofago esofago esofago esofago e faringe esofago esofago esofago esofago esofago esofago 164 GIULIO ALESSANDRINI In Italia, per quanto io mi sappia, ne è stata registra- ta la presenza una sola volta dal Piana, il quale in una co- municazione fatta il 1. marzo 1896 all'Assemblea della So- cietà Medico-Veterinaria Lombarda (1) dice di averne po- tuto raccogliere una grande quantità nell’esofago di peco- re e di un bue sacriticati nel macello di Imola. Da allora in poi nessun altro ha accennato alla pre- senza o frequenza di questo parassita dell’esofago dei buoi e pecore, quantunque in tutti i trattati di patologia speciale e di parassitologia se ne parli e si aggiunga che esso sembra non essere di alcun danno all’ospite. Non credo dover per ora nè accettare nè escludere que- sta conclusione. Essa si basa su osservazioni fatte in ani- mali che, dovendo servire all’alimentazione, sonlb macellati nel pieno vigore della loro vita, e forse prima che il pa- rassita possa aver esplicato totalmente la sua azione pa- togena locale o generale. Nè va esclusa in modo assoluto l'ipotesi del Piana stesso il quale attribuisce al Gongylonema una importan- za nel favorire l’attecchimento delle malattie infettive. Data la frequenza con cui si riscontra fra noi il pa- rassita, mi propongo in seguito di vedere se queste ipotesi sono o meno fondate, di seguire l'evoluzione completa di esso che per ora è sconosciuta, e far noto anche il resulta- to delle ricerche, già iniziate, sulle alterazioni anatiomo- patologiche locali che esso produce. A me oggi basta far conoscere che il Gongylonema scu- tatum è molto frequente in quelle pecore macellate al mattatoio di Roma le quali pascolano quasi tutto l’anno nel nostro territorio, e solo pochi mesi nell’estate salgo- no le montagne dell'Abruzzo. Più raramente e meno ab- bondante fu riscontrato nei bovini che provegono dalla Sardegna. (1) Moderno Zooiatro — Anno VII, n. 6, 25 marzo 1896, pag. 110. IL GONGYLONEMA SCUTATUM 165 Il parassita tanto nelle pecore come nei buoi si riscon- tra in tutta l'estensione dell'esofago, ugualmente distri- buito sia nella regione cervicale come nella toracica. Scar- so in numero è nei bovini, numerosissimo negli ovini, nei quali è anche più appariscente al disotto dell’epitelio per- chè il suo colorito giallo rossastro risalta molto bene sul fondo chiaro dell'esofago. Le gallerie ch’esso scava sono a zig-zag, alle volte molto regolari, altre invece irregolari. Il verme ora occupa una delle estremità, ora invece sì trova nel mezzo di esse. Non ho mai riscontrato due indi- 166 GIULIO ALESSANDRINI vidui nella stessa galleria. Invece ho notato spesso fem- mine e maschi accoppiati: in questo caso il maschi si trova in un cunicolo vicino a quello scavato dalla femmina, ma che forma con questo un angolo più o meno retto (vedi fig. in alto a sinistra). Non è raro il caso di riscontrare individui che hanno una parte del loro corpo fuori della galleria o ne sono del tutto usciti, e sì vedono liberi nel lume esofageo. Qualche volta una porzione del verme forma un gomitolo più o me- no sporgente che, nelle osservazioni da me fatte, è sempre costituito dalla porzione anteriore del vermie stesso, e, per la massima parte, da esemplari femmine. La direzione delle gallerie che i parassiti scavano, pure essendo sempre ondulate, non è costante: se ne ve- dono alcune seguire regolarmente l’asse longitudinale del- l’esofago, altre si dispongono obliquamente, altre trasver- salmente, altre si ripiegano su loro stesse, formando delle curve più o meno marcate; non v'è regola circa la posizione del parassita. L’estremità anteriore ora è rivolta verso il faringe ora verso 11 cardias. Senza fermarmi a ripetere i caratteri anatomici pro- pri dei maschi e delle femmine, descritti molto accurata- mente dallo Stiles, Railliet, Neumann e Stossich faccio notare che quelli si differenziano a prima vista da queste per la lunghezza e sottigliezza minore: per il colorito che è giallo rossastro sulle femmine, e bianco opalino nei maschi. Del resto quando si avesse un solo esemplare, fa- cile anche ne sarebbe la diagnosi giacchè, anche a debole ingrandimento, nel maschio la porzione caudale cì ofire due ali membranose asimetriche e due spicoli disuguali di cui uno molto frequentemente estroflesso è considerevole per la lunghezza, che può giungere fino a millimetri 17. Libere nel Tume esofageo si riscontrano numerose uo- va embrionate. ISTITUTO DI ZOOLOGIA ED ANATOMIA COMPARATA DELLA R. UNIVERSITA’ DI SASSARI. dirett: Prof. RINA MONTI Choanotaenia infundibulum Bloch NOE A del Dott. PasquALE MoLA Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Il Railliet, A. a pagina 159 del Recueil de Médecine Méterinatne VILI. Serie,..'Tom., IK}.—; Paris. 1896 — si esprime :« La T'aenia infundibuliformis Goéze, que Javais placé provisoirement dans le genre Drepanidotaenia, sen distingue par le grand nombre des testicules, et d’une ma- nière generale par la costitution de l’appareil reprodu- cteur. Il mérite donc de devenir le type d’un noveau genre Choanotaenia (da yoavov, entonnoir) C%. infundibulifor- mais, intestin de la Poule ». Più tardi il Braun (1900) accettando il genere C'hod- notaenia istituito dal Railliet, mette in sinonimia la 7. infundibulum — T'. infundibuliformis e dà al genere i se- guenti caratteri diagnostici: « Rostellum mit einem Ha- kenkranz; Saugnapfe un bewaffnet; Hals lang; zahlfreiche Proglottiden; Genitalpori unre-gelmissig alternirend; zahlreiche Hoden am Hinterende de Glieder. Uterus sackformig, die Mitte der freifen Glieder einnehmend. In Vogeln. Typische Art: T. infundibulum Bloch = T. in- fundibuliformis Goéze ». Da cotesta sinonimia deriva che la typische art. del genere Choanotaenia debba nominarsi T. infundibulum 168 PASQUALE MOLA | Bloch e non già 7. infundibuliformis; perchè è al Bloch che spetta il merito di priorità nella creazione della specie. Il caos in cui sono caduti gli autori nella sistematica di tale specie, mi ha spinto a chiarire con lo studio compa- rativo delle varie forme e con la estesa bibliografia 1 non pochi errori in cui sono incorsi gli autori, ingombrando la sistematica di nomi e di caratteri specifici. Chi per primo rinvenne questa specie fu, come innan- zi è detto, il Bloch. Egli nel 1779 nel suo: Beîtrag zur Na- turgeschichte der Wiirmer, welche in anderen Thieren le- ben » descrisse un cestode trovato nell’intestino della Ma- reca penelope e del l'orvus corone, denominandolo 7°. 2n- fundibulum. Nel 1871 il Pallas descrisse la 7. avium, che per i suoi caratteri specifici si deve considerare sinonima della 7. infundibulum. Si debbono altresì considerare sinonime la 7°. infun- dibuliformis e la T. farciminosa, descritte dal Goéze nel 1872 e la 7. articulis conoides, descritta dal Bloch nello Stesso anno. Le due specie, 1°. farciminalis e T. cuneata, descritte dal Batsch nel 1786 presentano caratteri specifici tali da non porsi in dubbio la loro sinonimia con la 7°. infundi- bulum. Un uguale sinonimia si riscontra nella 7°. sturni, de- scritta dallo Gmelin nel 1788; nell’Alyselminthus infun- dibuliformis, nell’Halysis farciminosa e nell’ Halysis in- fundibuliformis dello Zeder (1800-03); nella T. conoidea dello Schrank (1803); non chè nella T.Phasiani ColeMme. Oltre alle anzidette descrizioni dateci dai varî autori, troviamo quella del Batsch (1786) sulla T. infundibuli- formis; quelle di Paola Schrank (1788) sulle Tenie far- ciminosa, infundididuliformis e cuneata; quelle del Frò- CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 169 lich (1802) sulle T'enie farciminalis e infundibuliformis; quelle del Rudolphi (1819) sulle 7'enie infundibuliformis, phasiani colenici e farciminalis, e quella del Seibold (1836) sulla 7. infundibuliformas. La descrizione che della T. infundibulifofrmis ci dà il Dujardin (1845) nell’Histotre naturelle des Helminthes ou Vers intestinaua, non è a tener parola, dappoichè confuse la T. cesticulus colla T. infundibuliformis come fu rilevato dal Krabbe (1869). Invece una sintetica e netta descrizione della 7°. èn- fundiboliformis si legge nel Systema Helminthum del Die- sing (1850). L’autore così si esprime: « Caput subglobo- sum, acetabulis anticis, rostellum cylindricum, obtusum, armatum; collum brevissimum. Articuli superiores brevis- simi, reliqui infundibuliformis. Aperturae genitalium marginales, vage alternae. Longit. 1” lat 1” ». — Ad il- lustrare tale descrizione nel detto lavoro v'è la fig. 543. Dopo quella del Diesing, abbiamo le descrizioni : del- . la T. infundibulum (1859) e della T. infundibuliformis (1861) dal Cobbold, delle Tenie farciminalis e infundibu- liformis (1869) dal Krabbe; nonchè le notizie sulla T. infundibuliformis del Mégnin (1878-80), del Piana (1881), del Perroncito (1881) e del Parona (1884) e la descrizione, alquanto dettagliata, del Crety (1890) della medesima tenia. Persistono a ritenere per 7°. infundibuliformis lo Stossich (1891-95), l’Janson (1893) e il Railliet, che fu il vero creatore del genere C'hoanotaenia. E° nel 1900 che 1l Braun stabilisce la sinonimia tra la 7: infundibulum e la T. infundibuliformis, lautorità dell’illustre Maestro è convincentissima; onde io stabilisco per sinonime alla 7. infundibulum le tenie avium, articulis conoides, Phasianì colchici, fayrciminalis, farciminosa, sturni, conoidea, cu- 170 VION HIVADSVd neata, infundibuliformis V Alyselminthus infundibulifor- mis e lLHalysis farciminosa e infundibuliformis, così che la sistematica sì semplifica di nomi e descrizioni. Così pu- re sl può stabilire per la 7. infundibulum l’estesissimo habitat, poichè essa è ospite dell’Anas boscas, della Mare- ca penelope, della Bucephala clangula, Fulica atra, Quer- quedula creeca, ecc. ed anche del Corvus corone, Gallus domesticus, dell’Otis tarda, del Coturnia communis e Cac- cabis petrosa. Ed è appunto in questo universalismo di tempo e di luogo la causa che condusse gli autori ad in- terpetrare in sì vario modo la 7°. infundibulum (1). SINONIMIA: 1779 Taenia infundibulum — Bloch, pag. 555-T. 12. fig. 3 e 0. 1781 >». avium — Pallas — I pag. 87. 1782. » infundibuliformis — Goéz, pag. 386-tav. 31. 1782.» farciminosa — Goéz, pag. 397-tav. 30. 1782.» articulis conoides — Bloch, pag. 13. Tav. 3. 1786. » cuneata — Batsch, pag. 190, fig. 117-118. 17836» farciminalis — Batsch, pag. 198 fig. 132-133. 1786» Iinfundibuliformis — Batsch, pag. 172 fig. 31, 91 e 93. 1788.» infundibuliformis — Paula-Schrank, pag. 40. (1) Questa specie era l’unica del genere Choanotaenia, però recen- temente con i lavori. del Fuhrmann essa è divenuta rappresentante delle seguenti specie: Choanotaenia soricinum, Cholodk; Ch. mega- cantha, Rud.; Ch. intermedia, Fuhr.; Ch. rhynchopîs, Fuhr.; Ch. pau- ciannulata, Fuhr.; Ch. bilateralis, Fuhr.; Ch, campanulata, Fubhr.; Ch. asymetrica, Fuhr.; Ch. crassitestata, Fuhr.; Ch. macrocantha, Fubhr. CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 7. 1788 Taenia farciminosa — P. Schrank, pag. 42. 1788 ) infundibuliformis — Gmelin 3071. 1788 )) cuneata — Gmelin, 3071. 1788 )» sturni — Gmelin, 3071. 1788 ) cuneata — Schrank, 45. 1788 ) cuneata — Schrank III, 2-234. 1795» infundibuliformis -—- Rud. I, pag. 40. vote E hasfanniColehier: Cat Ent !pas. 29 1798 ) infundibulitormis — Schrank. 1800Alyselminthus infundibuliformis — Zeder, pag. 271. 1802 Taenia infundibuliformis — Frolich, pag. 78. 1802.» = farciminosa — Fròlich, pag. 80. 1803.» —conoidea — Schrank, pag. 236. 1803 Halysis farciminosa — Zeder, pag. 351. 1803.» infundibuliformis — Zeder, pag. 271. 1808 Taenia infundibuliformis — Rud. III, pag. 123. 1808.» farciminalis — Rud. III, pag. 153. 1814 =» infundibuliformis — Rud. pag. 104. 1819» farciminalis — Rud. pag. 160 e 0519. 1819 » — phasiani colchici — Rud,, pag. 172. 1836 =» infundibuliformis — Sieb. II, pag. 204. 1845 =» — farciminalis — Dujard, pag. 599. 1850 » farciminalis — Diesing, pag. 594 — I. 1850 =» infundibuliformis — Diesing, fig. 548. 1859 =» — infundibulum — Cobbold, pag. 865. 1861 » infundibuliformis — Cobbold, pag. 119. 1861» infundibuliformis — Cobbold, pag. 365. 1864 =» infundibuliformis — Diesing, pag. 409. 1869 )) farciminalis — Krabbe, pag. 321, T. 9. 1869 » infundibuliformis — Krabbe, pag. 3539-41 RD 1878» infundibuliformis — Mégnin, pag. 828. 1880» infundibuliformis — Mégnin, pag. 117-120. 172 PASQUALE MOLA 1881 Taenia infundibuliformis -- Piana, Sez. IV, T. 2. 1881 )» infundibuliformis — Perroncito, pag. 209. 1834 ) sturnin=- Earona: 1890 =» infundibuliformis — Crety, pag. 5-8. 1391 =» Infundibuliformis — Stossich, pag. 6. 1898 )) infundibuliformis — Janson, pag. 241-276. 1895 =» infundibuliformis — Stossich, pag. 41. 1896 Choanotaenia infundibuliformis — Raillet, pag. 159 1396 ) infundibuliformis — Braun. 1908 ) infundibulum — Mola. Diagnosi della specte. Gli esemplari di cui mi sono servito per l’esame, misu- rano dai 50 a 70 mm. di lunghezza. Essi furono trovati in uccelli catturati in Sardegna e appartenenti alle specie Querquedula crecca, Coturniax communis e Caccabis pe- trosa. | L'aspetto generale del verme è a guisa di un nastrino, anteriormente ristretto e rotondeggiante, posteriormente gradatamente piatto e largo. Lo scolice è piccolo, sferoidale; all'apice si riscontra un incavo circolare donde fuoriesce una proboscide esertile, armata di 20 uncini. Le ventose sono grandi e orbicolari e si trovano lateralmente allo strobilo. La proboscide è coni- ca con la base in alto, terminante anteriormente con una dilatazione cupoliforme, su cui, radialmente, si trovano at- taccati 1 20 uncini, a forma di falciuola, il cul manico è più lungo della lama; la lunghezza va da mm. 0,020-0,025. Allo scolice segue un collo breve, manifestandosi pre- sto i primi accenni delle proglottidi, a mò di rughe tra- sverse. Ben presto però le proglottidi pigliano la loro for- ma caratteristica di tronchi di coni, da dare l’aspetto di una pila d’imbuti. CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 173 La campanatura, o base del cono, di ciascuna proglot- tide ricopre la parte superiore di quella immediatamente susseguente. Le aperture genitali sono irregolarmente alterne, esse si aprono in fondo dell’atrio genitale, che sbocca esterna- mente mercè un’orifizio arrotondato, superiormente ad un quarto della proglottide. L’apparato maschile è contenuto nella zona centrale del segmento posteriore; i testicoli poco più di venti sono ovoidali e composti di un involucro che inviluppa gli ele- menti spermatici. Sottili canalicoli partono dalle vescicole testicolari, e tutti convergono al centro a costituire con la loro fusione, 11 deferente. Questi si porta superiormente con un cammino poco tortuoso passando di dietro l’ovario, ove incomincia a flettersi portandosi verso il margine la. terale, nel quale punto si attorciglia con numerosissime anse, a guisa di gomitolo. Ivi si distacca l’ultimo tratto, e, oltrepassando i dotti escretori, va ad immettersi nella tasca del cirro e diviene dotto eiaculatore. Penetratovi s'inflette di poco, e infine si continua col cirro, il quale è rivestito di numerosissime setole dritte, che con l’ematossillina si colorano intensamente. Nelle se- zioni longitudinali 11 cirro è spiccatissimo per questa ca- ratteristica pelatura, ed ha l’aspetto di una virgola. La immissio penis e la occlusione dell'apertura del- l'atrio genitale ci dimostra che in detta specie avviene l’au- tofecondazione. Molti elementi spermatici ho riscontrato nel deferen- te ed in ispecial modo nelle anse che esso fa prima d’im- mettersi nel dotto elaculatore. Così che la mancanza di u- na vescicola seminale è sostituita dalla straordinaria lun- ghezza del deferente. La fitta pelatura del cirro è costituita da setole ab- 174 PASQUALE MOLA bastanza lunghe, infisse con l’apice rivolto all’interno. Ciò serve per trattenere il pene nella vagina. La tasca del cirro è a guisa di fiasco ed è capace a con- tenere il cirro e il dotto eiaculatore. | La metà anteriore di ciascuna proglottide è occupata dagli organi femminili. Essi sono costituiti: da un ovario piuttosto voluminoso, diviso irregolarmente in due metà; da una massa globosa (il vitellogeno) situata posterior- mente, e da una piccolissima, glandole del guscio, posta in mezzo all’ovario e al vitellogeno. Le masse ovariche si compongono di un involucro, che involgono le cellule uova, e le uova ovariche formate dalla massa protoplasmatica e dal nucleo che si colora intensa- mente. “L’involucro, restringendosi, costituisce i dotti ef- ferenti, che, fusi, formano un breve dotto (ovidotto) il qua- le si dirige posteriormente; riceve lo sbocco della vagina verso l’inizio del suo cammino, quindi, a circa metà della proglottide, risale; quivi riceve lo sbocco del vitellodutto e nel suo cammino ascendente è involto dalle cellule glando- lari del guscio. Poscia a breve distanza della massa glandolare del guscio lo si vede sparire. Ho notato che questo tubo cilin- drico è involto da numerosissime cellule nucleate; ed al posto ove cotesto tubo sparisce, si vede una zona più o me- no grande della massa parenchimatica e dei nuclei sparsi in essa. La massa vitellina (vitellogeno) è costituita da pic- cole cellule nucleate, involte da un involucro, che, ristretto nella parte mediana, forma il breve vitellodutto, sboccante nel punto innanzi detto. Le cellule giandolari del guscio sono a fiasco e in un taglio longitudinale si assomigliano ad una rosetta. Cia- scuna glandola sbocca nell’ovidotto. La vagina, verso lo sbocco esterno, è incurvata e leg- CHOANOTAENIA INFUNDIBULUM 175 germente dilatata, poscia si assottiglia e, con un cammino un poco flessuoso, st addentra verso la zona centrale; man- tenendosi inferiormente la tasca del cirro. Al disotto della parte tortuosa del deferente essa s'ingrossa in un ampio receptaculum seminis, imbutiforme, che poscia verso lo sbocco nell’ovidotto, si restringe in un canale a piccolo ca- libro. L’utero nelle proglottidi giovanissime è quasi un tubo avvolto da numerosissime cellule; ma che poscia in quelle mature occupa tutto lo strato mediano. Esso si com- pone di una vasta cavità imperfettamente suddivisa in nu- merose e piccole cellette, costituite da tessuto parenchima- toso, nelle quali si trovano le uova con le larve esacanti. Le uova uterine sono pressochè sferiche; il loro guscio è costituito da tre strati con prevalenza in spessore dello strato medio. La larva ellissoidale presenta i suoi 6 uncini, la cui lunghezza media è di mm. 0.015. Il suo habitat è molto esteso; gli uccelli fin ora trovati affetti da tale tenia sono la Querquedula crecca; il C'hau- lelasmus streperus; la Mareca penelope; la Bucephala clangula; Fulica atra; V Anas boschas; la Coturnia com- munis; il Gallus domesticus e Corvus corone, lo Sturnus sp. (°); Otis tarda e la Caccabis petrosa. ELENCO DELLE OPERE CITATE: 1779 BLocH, M. E. — Beitrag zur Naturgeschichte der Wiurmer, welche in anderen Thieren leben (Beschaft. d. Berb (Ges. nat. Frde Bd. IV, Berlin 1779). 1871 PaLLas, P. S. — Neue nordische Beitrage zu physikal. 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XIII - 1891). 1895 JANSON — Die Hausthiere in Japan, IV die Krankheiten der Hausthiere in Japar (Arch. f. wiss. n. prakt. Thierhlkd. Bd. XIX 1893). 1895. STossIicH, M. — Notizie Elmintologiche (Boll. soc. Adriat. di sc. nat. in Trieste Vol. XIV-1895). 1896. RAILLET, A.—Quelque rectif. à la nomenclature des paras. (Rec. med. vet. n. du 15 marz. 1896). 1896-1900. Braun, M.— Vermes Cestoda - Brònn’s Klassen und Ordun- gen des Thiers - Reichs, 4. Bd. 1906 CHoLoDKovsKG. — Archive» de Parasitologie tom. X p. 8341 - Pa- ris 1906. 1907. FUHRMANN, 0. — Die Systematik der Ordung der Cycloplyllidea {Zoologischen Anzeiger. Bd. XXXII n. 9/10 - 1907). 1907. — Bekannte und neue Arten und Genera von Vogeltainen (Cen- tralb. f. Bakt. Paras. XIV Bd. 1907). 1908 — Nouveaux tenias d’oiseaux (Revue suisse de Zoologie — T. 16 - 1908. — e tene Bollett, Soc, Zooogica Italiana 6 RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE Prof. E. H. GieLIoLI. — La nuova Avifauna Italiaca. — Secondo Resoconto dei risultati dell’Inchiesta orni- tologica in Italia. — Recensione del socio Prof. G. ANGELINI. x Dopo un lungo periodo di sosta, è comparso nello scorso autunno per opera dell’illustre prof. Giglioli un nuovo volume sugli uccelli italiani, come 2° Resoconto dei risultati dell’Inchiesta ornitologica in Italia. Esso è del formato dei volumi precedenti, ed egualmente pubblicato sotto gli auspicî del Ministero di Agricoltura, come opera dell'Ufficio ornitologico, ufficio, che il Giglioli in qualità di suo Direttore dichiara aver sempre funzionato, di gui- sa che l’Inchiesta ornitologica in Italla ha continuato e continua. Anzichè seguitare col metodo frazionato e prolisso dei tre volumi del primo Resoconto, l’Autore adotta per questo secondo un: sistema più semplice e conciso, riunen- do tutte le notizie in un volume; e credo che abbia fatto bene. Egli è tornato così alla forma della sua prima Avi- fauna Italica, pubblicata più di vent'anni addietro (1), per farla servire di base ai lavori dell’Inchiesta ornitolo- gia italiana: anzi il presente libro può dirsi una nuova edizione migliorata e notevolmente accresciuta di quel primo lavoro, conservato nella sua parte speciale, con soppressione del rimanente. (1) E. H. Giamori. Avifauna Italica, elenco delle specie di uccelli sta- zionari o di passaggio in Italia colla loro sinonimia volgare ecc. — Firenze; 1886, LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I79 La classificazione seguìta è, tranne qualche piccolo ritocco, la stessa dei precedenti volumi, cioè una modifica- zione della prima classificazione dello Sharpe — non di quella ultima, adottata dal Martorelli, alla quale anzi e- gli si dichiara contrario. — Anche la nomenclatura è di pochissimo variata. Nella introduzione, dopo aver tributato un meritato encomio agli Autori delle due più importanti opere sul- la nostra Avifauna comparse dopo la pubblicazione del 1. Resoconto, l’Arrigoni e il Martorelli, coi quali però dichiara di non trovarsi in tutto d’accordo, il Giglioli passa a discutere la assai controversa questione delle soz- tospecte. Egli afferma di essere disposto ad ammettere la categoria delle sottospecie, con adozione per esse della no- menclatura trinomiale, riferendovi però solo quelle for- me, che appariscono non ancora staccate dalla forma sti- pite per la esistenza di individui con gradazioni inter- medie, e considerando invece come specie autentiche tut- te quelle forme, che, quantunque talorapoco diverse nei loro caratteri differenziali, risultano facilmente ricono- scibili e distinte. Come esempio delle prime cita le diver- se forme del Corvus corax, e delle seconde il Passer do- mesticus e il P. Italiae, la C'horoptila citrinella e la C. corsicana, la Merula torquata e la M. alpestris: le secon- de sarebbero specie più recenti, ma già evolute; le prime, specie incipienti, cioè in via di formazione. — Sta però il fatto che tutte le forme organiche sono variabili più 0 meno, e che gli apprezzamenti variano secondo i criteri individuali degli osservatori, ed anche secondo l’estensio- ne dei loro studi, la quantità e qualità del materiale da essi avuto a confronto. Giustamente poi il Giglioli deplora la moderna fre- nesia di voler troppo moltiplicare distinzioni e nomi a base di caratteri individuali e inafferrabili; manìa, da cui deriva moltissima confusione, e un serio danno alla 180 G. ANGELINI parte sistematica e descrittiva della scienza. FE si scaglia contro il brutto uso, che si vorrebbe introdurre, di ripe- tere lo stesso vocabolo come nome generico, specifico ed, occorrendo, subspecifico, definendolo una pwuerile incon- grua assurdità, che rivolta il più rudimentale buon sen- so: del che io gli do perfettamente ragione. Deplora che la mancanza di speciali permessi, rila- sciati a scopo scientifico, colle necessarie cautele, in tempo di caccia chiusa, escludano in Italia la possibilità di de- terminate ricerche; ed anche questo è giustissimo, tanto più se si considera quanto poco fa da noi il Governo per combattere la caccia di frodo. Come volume, il presente libro — di 700 pagine senza l'introduzione e senza l'indice — è notevolmente maggio re della parte corrispondente della prima Avifauna — 450 pagine: — l'aumento dipende specialmente dall’im- pinguato elenco dei nomi dialettali, e dalle notizie più dettagliate e numerose circa le catture, la distribuzione, la nidificazione e le migrazioni delle diverse specie nel nostro paese. Come nella prima Avifauna, mancano le descrizioni : al nome scientifico e a quello italiano di ciascuna specie se- sue la lunga serie dei nomi volgari, cui tengono dietro le diverse notizie con eventuali osservazioni critiche: sol- tanto qua e là, secondo l’opportunità, si fa richiamo a ca- ratteri distintivi. Pel numero dei dati statistici è questa l’opera più estesa e particolareggiata sulla nostra Avi- fauna, e posta accanto alle altre due dell’Arrigoni e del Martorelli, che trattano il medesimo soggetto con metodi e fini alquanto diversi, ne apparisce come una continua- zione ed un complemento. Non si può disconoscere il grande merito del Prof. Giglioli per aver saputo, colla sua non ordinaria attività e tenacia sostenute da indomita passione per questo ge- nere di studi, organizzare e mantenere, come meglio gli LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA I8I è stato possibile, la Inchiesta ornitologica in Italia, e in un terreno per la generale apatia così poco favorevole raccoglierne quei frutti, che si possono ammirare in que- sto libro e nella splendida collezione dei Vertebrati ita- hiani a Firenze. Infatti, oltre alla più esatta conoscenza sulla ripartizione delle forme ornitiche nelle varie regio- ni del nostro paese, della maggior parte delle nuove spe- cie, che sono venute in quest’ultimo ventennio ad accre- scere la già ricca serie degli uccelli italiani, è a lui che sì deve lo scoprimento. Alle 450 specie, che restano del numero ammesso nel Primo Resoconto (1889-1891), dopo tolte le 3 dall’ Autore stesso ora soppresse quali semplici variazioni individua- li, ben 46 sono quelle, che vengono aggiunte in questo nuo- vo volume; per cui a 496 salirebbe, secondo l’attuale sta- tistica, il totale delle specie osservate in Italia. Questo numero non corrisponde esattamente a quello ammesso dall’Arrigoni nel suo Manuale di Ornitologia Italiana, e neppure dal Martorelli nella sua ancor più recente ope- ra: Gli Uccelli d’Italia, ma ne è notevolmente maggiore. Tale differenza dipende principalmente. da due cause: l'una sta nei diversi limiti attribuiti alle due categorie di specie e di sottospecie. 1’ Arrigoni ha un concetto abba- stanza largo della sottospecie, e delle 473 forme, che fi- gurano nel suo Manuale, 445 sono elencate come specie e 28 come sottospecie. Il Martorelli, che pare contrario ad ammettere le sottospecie, sebbene qua e la incidentemen- te vi accenni, annovera 468 specie, di cui una, l’Elanus coeruleus DesronTt. è da escludere dai cataloghi italiani, perchè non ancora osservata da noi. Il Giglioli, che per le sue vedute in argomento sembra stare fra i due, pure accettando con una certa ristrettezza la categoria di sot- tospecie, elenca nel suo lavoro soltanto le specie. L'altra causa della differenza sta nel fatto che il Giglioli persi- ste ad annoverare tra le italiane diverse forme, che tan- 182 G. ANGELINI to l’Arrigoni quanto il Martorelli, e prima ancora il Sal- vadori, credettero di dover escludere, perchè a parer loro registrate in base a dati poco sicuri (1). Ma una parte dell'aumento è reale, e dipende da for- me recentemente avvertite in Italia, ovvero da poco se- parate e distinte. Così, come novità, si possono citare le 10 seguenti (di cui però 4 dubbiose per lo stesso Autore) : 1. CrANoPIcA Cooxi, Bp. — 1 esemplare a Nizza il 20 dicembre 1901 (Registrato con riserva) — Spagna. 2. ALAUDA GULGULA, Frankl. — 1 esemplare presso Firenze il 12 novembre 1882 (Registrato con riserva) — Asia centrale e meridionale. 3. BUDYTES PLUMBEICEPS, Azzolini — Forma recen- temente distinta, che si asserisce bene separata dalle con- generi — cosa strana, attesa la grande variabilità del gruppo — Area ignota. 4. PHYLLOSCOPUS BOREALIS (Blas.) — 1 esemplare a Udine il 22 settembre 1903 (Regione eurasica settentr.). 5. PYCNoONOTUS BARBATUS, Desfont. — 1 esemplare a Nizza il 24 dicembre 1899 (Registr. con riserva) — Afri- ca settentrionale. 6. POECILE ANATOLIAE, (Hartert) — 1 esemplare a Nizza il 2 febbraio 1878 — Asia Minore. 7. Sirta NEUMAYERI, Michah. — 1 esemplare a Pisi- no (Istria) il 10 novembre 1890 — Penisola balcanica, Grecia, Asia Minore. 8. BUTEO LEUCOCEPHALUS, Hogds. — 1 esemplare dal M. Cenisio (Susa) 11 10 settembre 1890 — Asia boreale ed orientale. (1) Agelacus phoeniceus, (Linn.); TardusPullasi, (Gab.); Oreocinda dauma (Lath.); Chelidon cashmiriensis, (Gould); Cotyle obsoleto, (Cab.); Caprimulgus, asiaticus, (Lath.); Aquila nipalensis, (Hogds.); Bubulcus coromandus, Bodd, Dendrocyena javanica, (Horst.); Oedienemus senegalensis, (Swains ); Aegia- litis, Geoffroyi, (Wagl.); Actodromas fuscivotlis, (Vicill.); Serinus canaria, (Linn.). LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 183 9. ANSER BRACHYRHYNCHUS, Ball. — 1 esemplare a Sesto, Firenze il 15 dicembre bai — Spitzberg, Europa nord-occidentale. 10. CHENALOPEX AEGYPTIACUS (Linn. ea Briss.) — 1 esemplare a Bracere sul Po (Cremona) e poi Genova, $i- cilia ? (Registrato con riserva) — Africa ed Asia Minore. Delle rimanenti 36 specie era già nota la comparsa in Italia, per essere state dall’Arrigoni e dal Martorelli incluse nelle sopra citate loro opere, o per lo meno quivi ricordate quando non le credettero meritevoli del rango specifico, o subspecifico. E per alcune di queste lo stesso Giglioli se ne mostra incerto: valgano ad esempio la Pyr- rhula rubicilta Pall., il Lanius maior, Pall. VAegiothus rufescens (Vieill.) e la Cyanecula Wolf (C. L. Brehm). Ma fra tutte meritano particolare menzione due nuo- ve specie, introdotte dal Giglioli come probabili casi di neogenesi: l'una è la famosa Athene Chiaradiae, a tutti nota: l’altra è la Ruticilla nigra, fondata sopra due esem- plari stati catturati insieme nei pressi di Lanusei (Sar- degna), il 25 novembre 1902. Anche questi due uccelli non sono nuovi agli ornitologi, avendoli l’Autore già fatti pre- sentare ad una seduta del British Ornithological Club (agosto 1903) con descrizione comparsa nel Bull. dello stesso Club e poco più tardi nell’ « Ibis ». E, mentre allora parlava di una « presumed new species » adesso, pur di- chiarando di ammetterla con riserva, finisce per chiamar- la « bella e distinta specie di codirosso, che può trovare e trova la sua spiegazione come un caso patente di neogene- si; e tale spiegazione non ha ragione di essere modifica- fa, anche se non sì trovassero poi altri esemplari di questa forma, giacchè la neogenesi non implica una stabile riu- scita della nuova forma creata ecc. ». Sta bene : ma (a par- te che il fatto potrebbe, giusta il parere di altri ornitolo- gi, avere anche altre spiegazioni) se la neogenesi può es- sere punto di partenza di nuove specie, non lo è necessa- 184 G. ANGELINI riamente e sempre. Per parte mia non so ammettere la durata di una specie, che si riduce a quella di poche, e magari di una sola generazione! Perciò, pur riconoscen- di aversi a che fare con due casì interessanti, di cui si deve prender nota, 11 trattarne come di specie costituite prima di aver constatato la trasmissione e la permanen- za del caratteri, che è quanto dire il considerare come compiuto un tatto semplicemente possibile, pare a me un sistema non opportuno. Io vorrei vedere il catalogo degli uccelli italiani redatto a base di fatti positivi: i casi, per una o per altra ragione incerti, dovrebbero essere pu- ramente ricordati e tenuti da parte, in attesa di ulteriori prove. Una rettifica fa inoltre il Giglioli circa la determi- nazione di una specie già nota: si tratta della Sylvia na- na (Hempr. et Ehremb.), di cui l’unico esemplare trova- to in Italia e da lui fatto conoscere, si conserva nel Museo di Firenze, e che per ulteriore esame dev'essere riferito alla affine S. deserti Loche, più tardi distinta. Delle forme recentemente annoverate tra le italiane dall’Arrigoni e dal Martorelli tre vengono scartate dal Giglioli: il Hterofalco istandus (Gmel.), il Falco babylo- nicus, Gurney, e la Sazicola lugens, Licht. Riguardo al primo, facilmente confondibile allo stato giovanile colla Gennaia saker, ma che l'Arrigoni ammette senza alcuna reticenza, il Giglioli, pur dichiarando di non aver veduto l'esemplare, si ritiene poco sicuro della determinazione e della provenienza. Pel Falco babylonicus ci fa sapere di aver avuto in esame l’individuo di Calabria, sul quale il Martorelli basò la sua determinazione, e di aver ricono- sciuto in esso nient'altro che un F. peregrinus del tipo lew- eogenis Brehm, simile a qualche altro da lui stesso pos- seduto. — Per la Sazicola lugens dimostra esser questa stata inclusa dall’Arrigoni in base ad equivoco, per avere male inteso un suo scritto: l'esemplare del Museo di Fi- LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 185 renze riferitovi è anch’esso una Sawicola morio Hempr. et Ehremb. Curiosa è la confusione avvenuta intorno a queste due forme, derivante forse dalla confusione delle sinoni- mie fatte dal Dresser. Il Martorelli non riporta affatto la S. morto, riferendo tutti gli esemplari italiani — meno quello conservato dall’ Arrigoni, che non menziona — al- la S. leucomela, Pall., per lui sinonimo di $. lugens, come sl rileva dalla descrizione. Nella mia recensione alla bel- la opera del Martorelli avvertii il fatto, senza potermene rendere ragione: ora le dichiarazioni del Prof. Gi- glioli mi pare che abbiano sciolto l'enigma. La Saxicola lugens è quindi per ora da escludere dal catalogo degli uccelli italiani, restando la S. morto, per la quale 1 Auto- re, a scanso di ulteriori equivoci, adotta il nome di $. ple- schanka (Lepech.). Per i ('odibugnoli non accetta le vedute dell’Hartert in quanto alla distinzione dell’Aegithalos caudatus euro- paeus (Eierm.) — che diventerebbe Acredula europaea per il Giglioli — formato a spese dell’Acredula rosea (Blyth.) e di una parte dell’A. caudata (Linn. ex Gesn.); ma accetta per le cincie bigie la separazione del Parus atricapillus montanus (Baldenst.) dal P. atricapilus bo- realis (Selys), preferendo tuttavia chiamarlo PoeciWe al- pestris (Bailly). Riconosce nel preteso C'orvus tingitanus, Irby, da lui primieramente indicato per la Sardegna (Avicula 1897), la sottospecie C. coraa sardus, Kleinsch., trovandosi que- sta volta d’accordo col Kleinschmidt: ma contesta asso- lutamente e rigetta, come destituite, a parer suo, di ogni fondamento, moltissime distinzioni fatte dallo stesso Kleinschmidt e da altri splitters: tali sono ad esempio: Corvus cornia sardonius Kleinsch.; Garrulus ichnusae Kleinsch.; Petronia petronia hellmayri, Arrig.; Suddivi- sioni del Passer hispaniolensis (Tschusi ed altri); Passer 186 G. ANGELINI italtae galliae, Tschusi; Carduelis carduelis Tschusi; Ar- rig.; Acanthis cannabina mediterranea, Tschusi; Calan- drella minor heineì (Hom.); Galerida cristata meridiona- lis, Brehm; Alauda cantarella Bp.; Suddivisioni della Lul'ula arborea; Budytes paradoxus, Brehm; B. wantho- phrys, Sharpe e B. beema, (Sykes); Turdus aliciae Baird. Sylvra atricapila Pauluccìi, Arrig.; Suddivisioni del Cinclus aquaticus; Regulus regulus interni, Hart.; Pa- rus mator corsus, Kleinsch.; Parus ater sardus Kleinsch.; Parus coeruleus oghastrae, Hart.; Certhia familiaris cor- sa Hart.; Lantus badius, Hart; Cotyle obsoleta sarda, Arrig.; Dendrocopus maior Harterti Arrig.; Strix flam- mea Ernesti, Kleinsch.; Phalacrocorax Desmaresti, Pay- raudeau; Pierocles alchata pyrenarcus, Bris.; Puffinus yelkouwan, Acerbi. Come si vede, questo nuovo volume del Prof. Giglioli, sebbene di poco posteriore alle due pubblicazioni conge- neri dell’Arrigoni e del Martorelli, contiene un notevolis- simo numero di fatti, osservazioni e conclusioni nuove, e costituisce un importante contributo per la conoscenza degli uccelli italiani. AppeNDA. — L'’illustre Professor Salvadori in una sua recente nota sull Opera del Professor Giglioli (A- vicula, fascicolo 121-122, — 1908) insiste sulla distin- zione del Puffinus Yelkouan dal nordico P. anglo- rum; dice che non, ad esso, ma bensì al P. Kuhl è da ri- ferire l’Avis diomedea dell’Aldrovandi; che il Puffinus barolii (Temm.), il cui tipo d’ignota provenienza esiste ancora nel Museo di Torino, non fu affatto fondato — co- me afferma anche l’Arrigoni — sopra piccoli individui di P. anglorum o yelkonan; e che i due esemplari riferiti al P. obscurus dal Giglioli, furono, secondo lui, con mag- giore approssimazione al vero ascritti dall’Arrigoni al P. assimilis, specie australiana, cui vennero attribuiti LA NUOVA AVIFAUNA ITALICA 137 anche esemplari di Madera e delle Isole Canarie, ma che probabilmente appartengono ad una specie distinta an- cora da nominare. Ed in uno del pari recente scritto (Note ornitologiche sulla collezione del Monte appartenente alla signora Marchesa M. Paulucci -- Venezia, 1908) il Conte Arri- goni conferma la frequenza in Italia del Buteo deserto- rum (Daud.), dichiarando di possederne una quarantina d’individui — di cui uno esaminato e riconosciuto per tale anche dal Prot. Giglioli — sostenendo la imperfetta delimitazione di questa forma, non solo nelle dimensioni e nel colore, ma anche nella struttura del piede. Aggiunge inoltre la importante notizia di aver avuto nel decorso lu- elio 6 individui di Falco barbarus dal Capo Sperone, pun- ta meridionale della Sardegna. Conferma altresì contro i dubbi del Giglioli e citandone 1 particolari, la data di cattura della Calandrella minor, Cab. (forma orientale, grigia, della sua collezione, e di cui un’altra recentissima cattura nel Bolognese è stata ora fatta conoscere dal Con- te Cavazza (Boll. Soc. Zool. It. IX pag. 91-1908). Finalmente il Prof. Martorelli ha or ora descritto e splendidamente figurato un esemplare tipico di Lanius Homeyeri Cab. dalla Lomellina, e che egli considera come forma specificamente distinta. (Il Lanius Homeyeri, Cabanis, in Italia. — Atti Soc. dose Nat. Vol XIEVI, 1908). — SL Dort. VALENTINO BARNABO' — Su? rapporti tra la glan- dola interstiziale del testicolo e le glandole a secrezio- ne interna. Comunico alla Società Zoologica Italiana i risultati di un mio lavoro sperimentale, che con tale titolo venne per esteso pubblicato nella Sezione Chirurgica del gior- nale « IZ Polrelinico » 1908, fase. 3. (marzo), e di cui ave- vo dato notizia preventiva nel Bollettino della nostra So- cietà (vol. VII, fasc. 4, 5 e 6, agosto 1906). Nel mio stu- dio ho esaminato quali alterazioni si potessero osserva- re nelle glandole a secrezione interna, quando nel testi- colo si è resa atrofica la parte seminale e posta quindi in maggior evidenza la parte interstiziale. Non occorre che ricordi i lavori di Bouin e Ancel e degli altri numerosi Autori sull'argomento, perchè di ciò mi sono occupato nella mia monografia sulla glandola interstiziale del te- sticolo, che è tuttora in corso di pubblicazione sul nostro Bollettino. Ho esperimentato su cavie e su topi bianchi, praticando, con una tecnica operatoria molto semplice, la resezione bilaterale dei deferenti e la resezione mono- laterale di un deferente con la contemporanea castra- zione dal lato opposto; e ho eseguito il controllo su anima- li intieri normali e su animali castrati della stessa razza e pressochè dello stesso peso. I pesi accuratamente ricer- cati delle singole glandole appartenenti ai varî animali delle diverse esperienze, da 3 giorni fino a 133 giorni do- po l'operazione, e confrontati tra loro, non hanno portato a conclusioni esatte, a parte la diminuzione di peso dei testicoli atrofizzati, non concordando quindi (almeno per RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 189 la ipofisi) coi risultati ottenuti da Fichera. Credo che ciò sia da riferirsi alla piccolezza delle glandole e forse an- che alla specie dell'animale da esperimento, potendosi comportare diversamente un roditore, quali la cavia e il topo, da un uccello, quale il gallo, o da un ruminante, quale 11 toro o il bufalo, esaminati da Fichera. — Molto più interessante è stato l'esame microscopico dei testicoli, della ipofisi, delle capsule soprarenali, della tiroide, del- le paratiroidi e della milza nelle varie serie di animali, e di cui qui riferirò soltanto i dati più importanti, che mi hanno condotto alle seguenti conclusioni. I. Con la lega. tura e resezione del deferente si atrofizza, come dissero Bouin e Ancel, la parte seminale testicolare gradualmen- te, e aumenta la parte connestivale e interstiziale, nella quale si dimostra un abbozzo di moltiplicazione amito- tica. — II. Con la castrazione monolaterale e la resezio- ne monolaterale del deferente, 11 testicolo si atrofizza in modo notevole invece di ipertrofizzarsi. — III. In tal ca- so si ha un maggiore sviluppo di tessuto connettivo e di cellule interstiziali, di cui alcune appaiono eosinofile e funzionanti, e altre non funzionanti, da me dette, per il loro aspetto indifferente, morocellule. — IV. L’ipofisi si ipertrofizza, come negli animali castrati, anche in quelli delle due serie di esperienze; e tale ipertrofia aumenta coll’aumentare dell’atrofia della parte seminale, malgrado il maggiore sviluppo dell'elemento interstiziale. E a pro- posito dell’interpretazione di questa iperstrofia della ipo- fisi, di natura compensatoria, ebbi già occasione di co- municare le mie idee nel fasc. IV, V e VI del 1907 del no- stro Bollettino. — V. Aumenta notevolmente la funzio- nalità, ma non muta la struttura, delle capsule surrenali, della tiroide e delle paratiroidi, diminuendosi la funzione testicolare. — VI. La tiroide muta la sua struttura tem- poraneamente soltanto negli animali castrati. — VII. La milza non subisce alcuna modificazione. — Questi dati 190 VALENTINO BARNABO” di fatto porterebbero alla discussione se l’aumento delle cellule interstiziali possa essere collegato all'aumento del tessuto connettivo; e se la ipertrofia e la iperfunzionalità delle glandole a secrezione endocrina possano far dubi tare sul vero significato fisiologico dell’elemento intersti- ziale, che in tal caso si è dimostrato presente e funzionan- te. Però io non ko voluto entrare in tali questioni, almeno per ora, e mi sono limitato alle suenunciate conclusioni. IV EL ZL E Un giardino zoologico fra Villa Umberto e i Parioli I giornali di Roma, e particolarmente la Tribuna nel numero del 24 maggio 1908, hanno dato notizie più o meno estese sulla creazione della Capitale del Regno di un vero Giardino Zoologico, e queste notizie siamo certi torneran- no gradite a molti dei lettori del nostro Bollettino : perciò le riferiamo, facendo sincerissimi voti per la riuscita del- l’opera, ch'è necessario complemento del ricco Museo Zoo- logico sorto in questo ultimo ventennio nella R. Univer- sità degli Studi, nel quale ammirasi la bellissima colle- zione della Fauna provinciale Romana. Scrive adunque la Tribuna : « Quando annunciammo tempo addietro che le gabbie del giardino del lago a Villa Umberto si erano arricchite di altri esemplari di bestie della fauna esotica, non man- cammo di esprimere l’augurio che Roma si fosse potuta ar- ricchire presto di un vero grande Giardino Zoologico, che avesse potuto sostenere il confronto dei giardini zoologici delle maggiori città,e traemmo buoni auspici dall’embrib- nale inizio che si andava affermando intorno alle tranquil- le sponde del laghetto della Villa borghesina. Nell’esprimere il nostro voto non avremmo mai sospet- tato che la buona idea, si sarebbe fatta rapidamente strada in un modo davvero insolito, almeno fra noi, sapendo per e- sperienza non essere purtroppo tale il destino ‘general- mente riservato alle buone idee! 1092 UN GIARDINO ZOOLOGICO Il Comitato Promotore. Possiamo oggi però annunciare che l’idea non solo è stata accolta, ma che è stata accolta bene, nel più pratico dei modi; e che si sta per costituire una società promossa dagli avv. cav. Riccardo Villanis ed Ettore Ferrini, prof. G. B. Milesi e Carlo Hagenbeck per raggiungere l'intento. L’'Hagenbeck è il creatore del famoso giardino zoolo- gico di Stellingen (Amburgo) unice al mondo, ed il primo esportatore nel commercio mondiale degli animali esotici. Al Comitato propugnatore partecipano i signori se- guenti: Comm. dott. Paolo de Vecchi, comm. prof. Guido Cora, cav. ing. Francesco Rossi, avv. Israele Ottolenghi, conte comm. Giuseppe Franchi Verney della Valletta, Ro- bert Mond. M. A. J. S. Ed., comm. Giorgio Wurts, comm. prof. Antonio Carruccio, direttore del R. istituto zoologico universitario, cav. prof. Giuseppe Cuboni, direttore del laboratorio di Patologia vegetale, barone Giorgio Sonni- nio, senatore del Regno, conte Guido Gabrielli Falconieri di Carpegna, senatore del Regno, marchese dott. Giusep- pe Lepri Basta dare una semplice ogchiata alla lista di questi nomi per sincerarsi come per la novella impresa gli uomini della finanza siano alleati a quelli della scienza nel più promettente e serio connubio. La scelta della località. Carlo Hagenbeck nella primavera scorsa si recò ap- positamente in Italia per visitare la località prescelta per (1) A questi sappiamo che si sono aggiunti altri egregi uomini, fra i quali il senatore Cephaly, il principe Don Francesco Chigi, il senatore marchese Medici, ecc.; e già il Comitato tenne una adunanza presso l’esimio prefetto di Roma, senatore Annaratone. FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI 193 la creazione del nuovo Giardino Zoologico che è precisa. mente quella zona situata in prossimità di villa Umberto denominata « La campagna » la quale si stende per una superficie di oltre dieci ettari a sinistra del viale verso i Parioli. Il vecchio Hagenbeck visitata che ebbe la località ne rimase entusiasmato assumendo l’incarico di costrulrvi se- condo i più moderni criteri il Giardino Zoologico. La Giunta comunale di Roma nella seduta del giorno 8 aprile ultimo scorso deliberava in massima di associarsi alla geniale iniziativa, della quale ha compreso tutta l’alta importanza nell'interesse materiale e morale della città, e proporrà al Consiglio di cedere per un numero determina- to di anni (e con clausola di eventuale riscatto) l’uso del- l’area medesima alla Società costituenda, area che per la bellezza rara della postura, per le rapide e comode vie di comunicazione le quali ne rendono straordinariamente facile l’accesso dalla città, si presta in modo mirabile allo scopo prefisso. Le fiere allo stato libero. Da una relazione-programma a stampa, ornata di belle illustrazioni, togliamo alcuni dati sui concetti in base ai quali si procederà alla formazione del Giardino zoolo- gico della capitale. Questi concetti consistono essenzialmente nel conser- vare gli animali esotici non nelle strette e meschine gabbie ed angusti recinti, in cui il colore loclale va perduto, ma nel rispettivo ambiente naturale, dando loro tutta la li- bertà possibile e loro provvedendo nel modo più risponden- te all’indole, alle abitudini di vita, ed alle condizioni del luogo di origine. Bollett. Soc. Zodiogica Italiana n 194 UN GIARDINO ZOOLOGICO La molteplicità delle specie sarà corrispondente alla grandiosità dell’opera. Perciò, oltre leoni, tigri, leopardi, pantere, ors1, polari, lupi siberiani dei due sessi e diverse età, sl avranno irsuti yack del Tibet, gravi e compassati brahma, zebu indiani, guanachi dalle lunge gambe dell’ A- merica del Sud, lama dalle gambe corte del Perù, stambec- chi dell'Arabia, antilopi dell'India, elefanti, giraffe, zebre africane, istrici, bufali, bisonti, dromedari, pecore a cri- niera, diverse qualità di cervi, pappagalli, faggiani, coc- codrilli, serpenti, tartarughe ecc., ecc. e poi una variopinta folla di uccelli acquatici, tropicali ed ultra tropicali. Tutti questi molteplici e differenti abitatori della ter- ra godranno di una apparente libertà nell'ambiente loro a- datto, senza che nessuna cancellata di ferro, nessuna pe- sante gabbia disturbi lo sguardo del visitatore, e, dove esse esisteranno, saranno artisticamente mascherate con pian- tagioni intonate al carattere del luogo. L’opera insomma rappresenterà in spazio limitato, le diverse zone e regioni del mondo coi loro animali caratteri- sticl viventi. Così p. es. alte ed inaccessibili rupi chiuderanno da | tre parti la « caverna dei leoni » e solo la parte rivolta | verso gli spettatori sarà apparentemente aperta, chè, un | profondo e largo fosso mascherato da agavi e da siepi | d’alte piante, impedirà assolutamente alle belve di uscire; | e sulle rupi domineranno potenti aquile ed avvoltoi, i soli | animali che incatenati costituiranno la eccezione al prin- |! cipio generale adottato della maggiore libertà possibile. | E poi ancora... « i banchi di ghiaccio » per gli orsi. polari, e poi... « il massiccio di alte montagne » sulle cui; roccie gli stambecchi, le pecore e le capre selvatiche po- Wi tranno tenere esercitati, second lor natura, i loro musco- li; e poi ancora... « colline, piscine, isole, cascate d'acqua, FRA VILLA UMBERTO E I PARIOLI TOS laghetti, stagni, sentieri tortuosi, tranquilli pergolati, re- cessi idialici...» in cui vivrà c si agiterà, nelle molteplici e indisturbate manifestazioni di vita, una vera società in- ternazionale di animali di ogni specie. Il Giardino Zoologico di Roma, non solo si lascierà in- dietro di gran lunga 1 giardini zoologici di Parigi, Ber- | lino ecc., costruiti coi vecchi sistemi, ma supererà anche, a giudizio dello stesso Carlo Hagenbeck, perfino quello di | Amburgo, per le meravigliose condizioni di clima, che per- i metteranno sia una migliore acclimatazione degli animali, ‘sia un completo adattamento e sviluppo della lussureg & giante flora. La promessa di Hagenbeck. I L’Hagenbeck scrivendo ultimamente ad uno dei pro- motori così tornava infatti a illustrare il suo concetto : | « Vi ho promesso di fare un giardino che sarà anche i « più interessante del mio giardino a Stellingen perchè, a \« causa del clima eccellente, possa farlo più bello combi- i« nando la zoologia alla botanica esotica, ciò che non mi \« è possibile fare qui nel nord. | « Io posso chmbinare il Giardino Zoologico a Roma « in modo che esso rappresenti una istituzione che possa ‘« concorrere sotto tali riguardi con qualsiasi altra istitu- J« zione del genere... ». E parlando con Ernesto Nathan della geniale inizia- ‘tiva l’Hagenbeck ebbe già a dichiarargli : — Io non voglio fare un affare; io tengo acchè il mio il nome sia a Roma onorato. Sarebbe prematuro che oggi abbondassimo in parti- Jcolari, ancora del resto non definitivamente concretati, sul- la proposta che la Giunta presenterà quanto prima all’ap- f provazione del Consiglio. 196 UN GIARDINO ZOOLOGICO Ci basti avere rilevato l’importanza del fatto e Vat- trattiva suprema che costituirà, per Roma un giardino zoologico nelle condizioni accennate, rilegato al Pincio, a Villa Umberto e a1 Parioli. Naturalmente il nuovo giardi- no sarà fornito anche di tutte le attrattive che completano siffatti dentri di riunione e di svago sì da formarne invero un luogo unico al mondo. I promotori s1 propongono inoltre di accordare, in va- rie ricorrenze, come potrebbe essere ad esempio quella del 21 aprile, l’entrata gratuita a tutti; e di accordare in de- terminati giorni l’ingresso libero alle scuole, agli orfano- trofi, ai ricreatori, ai collegi, ecc. Sarebbe intenzione dei promotori di incominciare i lavori nell’ottobre dell’anno corrente, in modo da portarli a compimento in poco più di un anno. All’impianto, alla direzione tecnica e alla manuten- ne del nuovo Giardino Zoologico provvederà l’Hagenbeck con personale provetto proprio; ma la mano d’opera per l'esecuzione déi lavori verrà assunta sul luogo. Non ci resta ora da augurare che la bella iniziativa possa presto prendere forma e corpo. Dessa costituirà cer- tamente un’altra attrattiva, e non fra le ultime, pei fe- steggiamenti del 1911; e avrà anche essa il non trascura- bile vanto di « rimanere », a lustro e decoro della Eter- na Città ». Notizie ornitologiche per la Provincia di Roma A titolo di cronaca dò alcune notizie riguardanti la cattura di esemplari appartenenti a specie non comuni nella nostra provincia. Cito le catture in ordine cronologi- ‘co: si riferiscono tutte all’anno 1907 e gli esemplari no- minati fanno parte della mia collezione. Febbraio 15. Maccarese - ANSER ALBIFRONS (Scop.) f. giovane. Macchia bianca della fronte poco estesa ed interrotta da piccole penne grigio-cenerine e grigio-brune; una marcata fascia nero-bruna sfumata all’indietro limi- ta la macchia bianca della fronte: l'addome non ha mac- chremere: L'A. albifrons non è comune, ma neppure raro in pro- vincia di Roma, secondo me anzi vi è più frequente che FA. anser. Aprile 12. Anzio - STERCORARIUS CREPIDATUS (Ban- ks.) {. adulta. Fu còlto in mare insieme con un altro soggetto che non potei avere. Questo esemplare ha mento, gola e gozzo grigio-cenerini, addome e fianchi bianco-pu- rl, piedi neri per intero. E’ in muta, il piumaggio del mento, della gola e del collo è incompleto. Oltre il mio soggetto e quello che non mi fu ceduto un terzo se ne conserva nella coll. regionale del Museo Zoologico di Ro- ma, di altre catture avvenute in provincia di Roma non ho notizia. Aprile 20. Anzio - STERCORARIUS POMATORHINUS (l’'emm.) £. giovane. Anche questo soggetto fu còlto in mare In esso le timoniere centrali sorpassano le altre di cent. 5 soltanto, alcune cuopritrici sopracaudali appartengono 198 FRANCESCO CHIGI all’abito giovanile, sono cioè nere fasciate di bianco, le altre sono interamente nere: le penne bianche delle guan- ce sono poco allungate; il gozzo e la parte superiore del petto sono nero-fuligginosi con macchie bianche tra- sversali; l'addome è bianco ed ha piccole e scarse mac- chie scure irregolarmente disposte; i fianchi sono bianchi SI Per quanto mi è noto questa specie finora non era sta- ta còlta in provincia di Roma. Novembre? Santa Palomba (Roma) - FALco FELDEG- GI. Schlegel f. giov. Acquistai questo esemplare presso i] sig. Jacobini che lo aveva catturato con le reti e lo ave- va fatto imbalsamare. Il soggetto in parola (forse f.) ri- veste l'abito giovanile del tipo più comune, ha tinte in generale scure e macchia della nuca intensamente colora- ta di ceciato-fulvo. Il F. Feldeggi, come già ebbi a dire, non è assoluta- mente raro fra noi e specialmente vien còlto giovane. Senza dubbio più raro di esso è il F. peregrinus. Dicembre 6. Corneto Tarquinia - PHOENICOPTERUS RosEus Pall. m. giovane, f. semi-adulta e f. adulta. I tre esemplari furono inviati freschissimi al preparatore Sig. De Dominicis presso il quale li acquistai. Il primo es. m. ha l’abito giovanile bianco leggermente sfumato di roseo con macchie bruno-grige sulle cuopritrici alari, fra le penne dell’abito giovanile si scorgono però sulle ali gli apici di alcune penne roseo-vivaci proprie dell’abito di adulto non ancora completamente sviluppate. Il becco era grigiastro roseo, le zampe grigio brune, l’iride bruna. Il secondo es. f., già in livrea di adulto conserva po- che tracce dell’abito giovanile sulle ali, aveva le zampe roseo sudice con un anello nero-bruno in corrispondenza dell’articolazione tibio-tarsale, il piede nero e l’iride giallo-chiara. Il terzo es., f. adulta, ha colorito generale roseo-viva- NOTIZIE ORNITOLOGICHE 199 ce; conserva tuttavia fra le cuopritrici alari qualche pic- cola traccia dell'abito giovanile. Aveva il becco, le zampe ed i piedi di un bel roseo carico e l’iride bianca. Il Fenicottero è di comparsa casuale nei nostri confi- ni ove tuttavia fu còlto o veduto più volte. Dicembre 19. Magliana (Roma). - ANSER ALBIFRONS (Scop.) m. adulto. Bellissimo esemplare perfettamente a- dulto: ha abbondanti macchie nere sull’addome ed una grande macchia bianca sulla fronte molto estesa all’in- dietro (cent. 3 1/2 circa). Roma, Gennaio 1908. ERrscCHIct. — o - o 2 Ao Prime notizie sulla incursione del SyrrRaptes paradoxus (Pall) nella Russia Europea, du- rante la primavera dell’anno 1908. (Dal Socio princ. D. Francesco Chigi A venti anni di distanza dalla prima apparizione co- noscluta dal Syrrhaptes paradoxus (Pall) nella provincia di Roma, il 3 giugno 1908 quattro esemplari maschi di questa specie venivano uccisi presso Torre Astura in lo- calità La Banca (1). L’apparire del nomade Pteroclide asiatico in Italia, ed in. una regione tanto favorevole agli uccelli qual'è la nostra, non solo non mi giunse inaspettata, ma era da me attesa proprio in quei gl'orni sapendo che fin dalla secon- da metà di Aprile una forte colonna di Sirratti, varcato il Volga, era penetrata nella Russia centrale e meridionale, e sapendo che nell’anno 1888 in un mese e mezzo circa il Sirratte da quelle regioni era giunto fino a noi. I primi Sirratti furono segnalati nella Russia Euro- pea il 22 aprile u. s. presso Pensa ove il passaggio in mas- sa si protrasse fino al 26 dello stesso mese, ed il passaggio di pochi individui continuò fino al 6 Maggio. In quel periodo e nei giorni seguenti un grande movi. mento migratorio di Sirratti fu segnalato in quasi tutta la Russia centrale ed in parte della meridionale da Mosca al Mar Nero cioè in una zona larga circa 1100 chilometri (10° di latitudine). Le società di Naturalisti come i gior- (1) Uno di questi esemplari mi fu ceduto per la mia collezione dal Prof. Comm. Antonio Carruccio e sento il dovere di ringraziarlo qui pubblicamente per la sua gran- de gentilezza. — N. d. a. SIRRHAPTES PARADOXUS 20I nali, e specialmente il Novoje Vremja di Pietroburgo, con un vero interesse scientifico (che i nostri giornali si guar- dano bene di imitare) si occuparonio dell’apparizione del Sirratte nella Russia, ed è appunto con la guida dei bol- lettini pubblicati da questo giornale che io ho potuto rico- struire le fasi della immigrazione di tale uccello. I passi di Sirratti furono accuratamente notati in cir- ca 25 distretti dei governi di Kasan, Simbirsk, Pensa, Tambov, Saratov, Orel, Kursk, Charkov, Cernigov, Polta- va, Kiev, Podolia, Cherson e Tauride. Per il momento non è stato segnalato alcun caso di nidificazione nella Russia Europea. i Se sopra una carta geografica si segnano le località ove fu osservato il passo, con le date e la direzione, riesce assal facile farsi vn’idea generale del grande movimento della colonna immigrante. Questa, entrata in Europa sl distese sopra una fronte assai lunga, essendosi avauzata fra le pendici meridionali dei Monti Urali e le closte set- tentrionali del Mar Caspio. Il centro della colonna inva- dente, attraversato il Volga da Est ad Ovest, trovavasi a circa 53° 30° lat. N. ed il 22 Aprile raggiungeva la città di Pensa a 45° long. or. di Grenwich con un vantaggio di 15 o 20 giorni di marcia sulle ali estreme della fronte. La massa dei Sirratti entrò dunque in Europa in forma di un grande triangolo ovverio dalla formazione in enlon- na si spiegò al lati tendendo ad allinearsi. In Europa la direzione del movimento era da Est ad Ovest, forse però nel giungere dall'Asia la colonna aveva una debole devia- zione verso N. O. corretta ben presto, anzi mutata in una deviazione S.-O. A Pensa la colonna sostò e quivi il passo potè notarsi per vari giorni, fino al 6 maggio, prima in massa, poi in branchetti; frattanto il centro dell’ala sinistra passava 2 02 FRANCESCO GHIGI presso Balasciov nel gov. di Saratov il 29 Aprile, ed il cen- tro destro passava nel distretto di Karsun (gov. di Sim- birsk) lo stesso giorno ed il giorno seguente. Soltanto il 13 Maggio i Sirratti apparvero presso Novocerkutino (gov.di Tambov) quando nel distretto di Sciazk (gov. di Tambov) erano passati da Est ad Ovest fra il giorno 24 Aprile ed il giorno 8 Maggio, battendo poi in parte in ritirata da Ovest ad Est il giorno 8 Maggio e seguenti. Nella prima metà di Maggio l'estremità dell'ala destra passava pel distretto di Spassk (gov. di Kasan) ed il giorno 11 dello stesso mese l'estrema ala sinistra toccava il distretto di Za- rizyn (gov. di Saratov). Sebbene alcuni Sirratti ripassas- sero come ho detto da Ovest verso Est a Sciazk nei giorni 8 maggio e seguenti, tuttavia il grosso della colonna pro- seguì il suo viaggio verso Occidente : fra 1l 30 Aprile ed il 3 maggio passarono i Sirratti nel distretto di Kolomna (gov. di Mosca) con direzione N.-0. ed il 30 Aprile passa- rono anche presso Mosca. Questa parte della colonna deve aver raggiunto le coste del Mare Baltico e forse è passata in Scandinavia od ha proseguito lungo le coste marine ver- so Ovest, ma di essa per ora non ho avuto notizie. Zarizyn, Balasciov, Tambov, Kolomna, Mosca, ultime verso occidente fra le soste dei Sirratti più sopra nomi- nate, si trovano quasi su una retta fiancheggiante il baci- no orientale superiore del fiume Don, inclinata sul me- ridiano verso N.-O. Questo dimostrerebbe che l'ala sinistra ha in parte sostato ad una longitudine più brientale che non il centro e l’ala destra : il corso ed il bacino superiore del Don sembrano essere stata la causa di questa disposi- zione della fronte della colonna invadente. Non sì com- prende perchè i Sirratti abbiano avuto questa avversione per il Don ed il suo bacino, è un fatto però che in questo non si è avuta alcuna segnalazione di Sirratti. Ma verso il SIRRHAPTES PARADOXUS 203 limite occidentale dei bacino stesso come nel bacino del Donez, affluente di destra del Don, i Sirratti sostarono in più punti. La zona in cui non si ebbe alcuna notizia dei Sirratti è larga in media circa km. 500. Non deve credersi che le schiere immigranti dopo aver sostato ad oriente del Don abbiano ripreso il volo senza fermarsi nel bacino di questo fiume sol perchè avevano avuto un sufficiente riposo nelle stazioni precedenti; le date delle osservazioni fatte ad occidente del Don dimostrano che i Sirratti quivi giunti facevano parte degli stessi stuoli, alcuni individui dei quali sostarono ad oriente sulla linea Zarizyn-Tambov- Mosca. In altre parole giungendo dall'Asia una parte dei Sirratti sostò ad oriente del Don ed una parte proseguì per altri cinque o seicento chilometri, fermandosi solo sul limite ockidentale del bacino del Don: questo tragitto del resto per il Sirratte non rappresenta che poche ore di mar- cla. Nel distretto di Brjansk (gov. di Orel) i Sirratti ap- parvero il 7 maggio, nel distretto di Lgov ( gov. di Kursk) nella prima metà di maggio, nel distretto di Sumy (gov. di Carkov) dal 28 aprile al 3 maggio, presso Bogoduchov (gov. di Charkov) dal 28 aprile al 18 maggio, nel distretto di Poltava dal 10 al 12 maggio: notevole è la corrispon- denza delle date: 24 aprile-8 maggio Sciazk, 7 maggio Brjansk; 29 aprile Balasciov; 28 aprile al 3 maggio Sumy 28 aprile 18 maggio Bogoduchov; 11 maggio Zarizyn; 10- 12 maggio Poltava, Cherson, Perekop, ecc. Il centro della colonna invadente ad ovest del Don sembra passasse nei distretti di Sumy e Bogoduchov (gov. di Charkov) 11 28 aprile e che le due ali si estendessero a Nord a Lgov (gov. di Kursk) e Brjansk (gov. di Orel) ed a Sud a Poltava, Cherson e Perekop (Tauride). Però in queste parti della Russia la delineazione della fronte non 204 FRANCESCO GHIGI è tanto netta come ad oriente del on, cosa naturale per la sovrapposizione e l’incrociarsi delle varie colonne compo- nenti la massa invadente, sviate dalle condizioni toppgra- fiche delle regioni attraversate. Non credo potersi parlare di influenze meteorologiche, giacchè per quanto so, in tutta la Russia centrale e meridionale, nel tempo dell’in- vasione dei Sirratti, non si ebbero nè temporali nè altri squilibri atmosferici. La maggiore abbondanza di Siratti si ebbe a Lgov ove i contadini ne uccidevano in grande quantità. Nel distretto di Sosniza ed a Brovary (gov. di Cerni- gov) come nel distretto di Chorol (gov. di Poltava), a Kiev, a Cerkassy e nel distretto di Svenigorodka (gov. di Kiev) e come a Proscurov in Podolia, il passo fu no- tato nella prima metà di maggio. Ad pbecidente del Don il passo di ritorno fu notato in una sola località e precisamente nel distretto di Poltava 11 15 maggio con direzione a N.-E. Nei dintorni di Cherson e nei distretti del Dnjepr e di Perekop in Tauride i Sir- ratti si aggiravano sulla steppa senza una direzione de- terminata; ma dopo il 13 maggio non si videro più : aveva- no essi continuato ad occidente ed erano ritornati sui loro passi? In gran parte dei distretti ove i Sirratti furono vi- sti passare essi volavano da Est ad Ovest. Dai paesi situati ad occidente della Russia mi man- cano notizie sull’avanzarsi dei Siratti: fra la Russia e Roma le loro tappe non mi sono note. In questi giorni i Sirratti avrebbero dovuto raggiun- gere tutti 1 paesi dell'Europa occidentale a settentrione come nel centro ed a mezzogiorno. Quali siano le cause che determinano le invasioni dei Sirratti in Europa non è facile scoprire e varie ipotesi fu- rono fatte, forse questi grandi spostamenti sono dovuti a SIRRHAPTES PARADOXUS 205 grandi squilibri nella economia della natura, sopraggiunti nell'Asia Centrale proprio all’epoca della migrazione e delle cove, squilibri che non permetterebbero forse a tutti gli individui della specie una normale riproduzione : così una parte di essi, approfittando della potenza di volo di cul sono dotati, andrebbe a spargersi in regioni lontane, fuori dell’area normale di diffusione e non ritornerebbe in patria che vari mesi dopo l’epoca della riproduzione. E° poi probabile che gli individui i quali divengono nomadi siano 1 meno adatti alla riproduzione. Li * è Ho voluto approfittare della pubblicazione del pre- sente fascicolo del nostro Bollettino per dare agli ornito- logi italiani queste notizie ,le quali sebbene molto incom- plete, possono dare un’idea del modo di comportarsi del Syrrhaptes paradorus nelle sue incursioni in Europa. Roma, 12 giugno 1908. PR CHIGI, | Ancora del Syrrhaptes parodoxus: Individuo ucciso presso Trinitapoli. Dal consocio Chigi vennero diligentemente esposte notizie riguardanti la immigrazione in Europa di questa notevole specie, e s1 accenna anche ai 4 individui acqui- stati da me, testè uccisi nella Campagna Romana (1). Ora, cioè quasi al momento di far venire alla luce il presente Bollettino, ricevo in data del 1. luglio 1908, una lettera da Ancona cortesemente inviatami dal consocio Dott. Car- lo Paolucci, nella quale leggosi quanto riferisco quasi com- pletamente : « In uno degli ultimi giorni dello scorso mese di mag- glo, veniva ucciso con il fucile ,presso Trinitapoli (Bar- letta), un individuo della specie Syrrhkaptes paradoxus Poll., nelle possidenze del Sig. Barone Graziano Staffa. E fu ventura che 1l bel campione ornitologico (femmina adulta) venuto in possesso di persona che alla gentilezza unisce attività e studi profondi di agricoltura, fosse su- bito spedito in Ancona al tassidermista del R. Istituto Tecnico, cav. S. Calvori, il quale lo preparò con quella cura che meritano le cose rare. « Non ho potuto sapere se l’esemplare fosse solo o in compagnia d’altri della sua specie ». Ringrazio il Dott. Paolucci di questa notizia; e del- l'aggiunta fatta alla collezione ornitologica del Gabinetto di Storia naturale in Ancona assai mi complaccio. A proposito dei Sirratti in Italia debbo ricordare non soltanto quanto 10 scrissi nel 1877 (2) dirigendo il Mu- seo Zcoologico della R. Università di Modena, sul bellis- (1) Potei fare l'acquisto grazie alla felice direzione data al ven- ditore dall’egregio consocio March. Spinola, che vivamente ringrazio (2) Ved. Comunicazione fatta alla R. Accademia delle Scienze in Modena, Tomo XVII. 1877. SIRRHAPTES PARADOXUS 207 simo esemplare maschio adulto, ucciso nelle montagne di Pavullo, e da me acquistato; ma quanto assai più larga- mente scrisse l'illustre ornitologo conte Tommaso Salva- dori nel 1888, nella sua nota intitolata: 5 Sirratte in Ita- lia nella primavera del 1888. (Ved. Boll. d. Mus. di Zool. ed Anat. comp. della R. Università di Torino, N. 47, 1888). Il Salvadori nella chiusa della sua nota così esprimevasi : « Com'è naturale, la maggior parte degli esemplari tro- vati in Italia durante la presente immigrazione, capita- rono nella parte orientale, cioè nel Veneto, nella Romagna e nelle Marche; due volte 1 Sirratti sono stati incontrati nel Versante mediterraneo, cioè presso Orvieto e presso la Spiaggia di Santa Severa, fra Palo e Civitavecchia; il luogo più Settentrionale nel quale sono stati veduti è Palmanova nella provincia di Udine, il più Meridionale è Fano nell’Adriatico e Santa Severa nel Mediterraneo; finora nell'Italia Settentrionale non sono stati trovati, nella Lombardia e neppure nel Piemonte ». Speriamo che per l'immigrazione in Italia del 1908, si possano con altrettanta precisione stabilire le località tutte, come per quella del 1888. Saremo grati ai colleghi della Società Zoologica se, avendo notizie sicure, vorran- no comunicarcele. AUCARRUCCIO. SE COM MEMORAZIONE del march. dott. Filippo Patrizi Montoro membro fondatore e consigliere della Società Zoologica Italiana Parole dette dal presidente prof. comm. A. Carruccio nella adunanza generale scientifica del 21 aprile 1908. In questo nuovo anno, dopo la ben riuscita adunanza generale, con intento esclusivamente amministrativo, nel- la quale vennero pure fatte, col concorso di 45 membri vo- tanti, le regolari elezioni e conferme di parecchi membri del Consiglio Direttivo, oggi è la seconda volta che ci tro- viamo riuniti in buon numero, ma a scopo affatto scien- tifico. Pur troppo però prima di dare la parola ai consoci autori di comunicazioni scientifiche, debbo rendere mesto tributo d’affettuosa onoranza ad uno dei soci fondatori, il marchese dott. Filippo Patrizi Montoro di Roma. La scomparsa così inattesa di questo gentiluomo colto, modesto, in età ancora giovine, destò nell'animo di tutti noi sincera e profonda afflizione, che dividemmo e sem- pre divideremo coll’esimia di lui consorte e cogli orfani figli. In Roma ed in molte località, i parenti ed amici nu- merosi, e perfino quanti conoscevano soltanto di nome il march. F. Patrizi, sapevano ch’egli era uomo assai stima- bile pel retto carattere, per la grande mitezza di senti- menti, e pel costante affetto agli studi. Se soventi era in lui prudenza il tacere, sempre però erano pronte le buone ed assennate sue azioni. E queste sole, disse Seneca, non le fuggevoli parole, non gli appagamenti vanitosi, queste sole FILIPPO PATRIZI MONTORO 2009 hanno valore duraturo : su esse hanno ferme basi i giudizi disinterssati ed onesti. Un buon amico e fidato compagno fin dall'infanzia, i] march. dott. Giuseppe Lepri, saprà e potrà meglio di me dimostrarvi le virtù ed i meriti del compianto march. Pa- BEIZI, Io debbo limitarmi a ricordare alcune sue benemeren- ze, formando esse il miglior titolo di lode, ampiamente do- vutagli tanto dal nostro sodalizio, quanto dal Museo Zoo- logico di questa R. Università. Invero egli, con forte e lea- le convincimento fu tra i primissimi a cooperare alla co- stituzione di un centro di studi zoologici nella Capitale del Regno, imperciocchè lo riteneva, con me, col senatore conte D. Guido di Carpegna Falconieri ed altri distinti studiosi più che mai necessario ed utilissimo. Fu quindi il Patrizi uno dei 74 Soci fondatori, insie- me (e citerò a caso, come la memoria mi suggerisce, soltanto pochissimi nomi) al prof. Romolo Meli, Senat. Caetani D. Onorato Duca di Sermoneta, prof. Giovanni Angelini, prof. Mario Condorelli, prof. Giuseppe Tuccimei, prof. Giulio Alessandrini, prof. cav. Decio Vinciguerra, prince. D. Giuseppe Aldobrandini, De Filippi nob. Dott. Carlo, prince. Chigi dott. Lodovico, Mari cav. prof. Gerolamo, prof. cav. Giovanni Pochettino, prof. comm. Achille Costa della R. Università di Napoli, il quale — pur non risie- dendo in Roma, scrisse che assai gradiva esser considerato quale Socio fondatore, March. Giacomo Spinola, prof. Longo Biagio, ecc. Fra le adesioni avute in sulla fine del 1891 trovai per l'appunto quella del march. Dott. F. Patrizi: a buon di- ritto adunque dissi che fu uno tra i primissimi. Ben sa- pete che la nostra Società fu proclamata fin dall’inizio del 1892, cominciando subito a dar prova di vita efficace. Bollett. Soc, Zooiogica Italiana 8 210 ANTONIO CARRUCCIO E nel volume del Bollettino Sociale di ben 290 pagine pub- blicato in quell’istesso anno, troverete già una comunica- zione scientifica del Patrizi sovra argomento ornitologico. Sono anche più segnalate le benemerenze del march. Patrizi verso il nostro Museo, come lo dimostrano generosi fatti, che di buon grado tutti possiamo e dobbiamo righia- mare alla memoria. Il Patrizi, con non lieve spesa e perseverante fatica, aveva formato nel suo palazzo una ricca collezione di Uc- celli, valendosi della intelligente cooperazione del suo cu- gino ed amico Lepri. Ma non appena il Patrizi potè toccar con mano che nel Museo Zoologico Universitario erasi in breve tempo provveduto con energia all'ordinamento me- todico non soltanto delle vecchie e scarse collezioni, ma delle nuove e ricche ottenute da più parti; e che in modo speciale si volle instituire una collezione, affatto distinta dalle altre, e prima mancante, quella della Fauna provin- ciale romana, prese la spontanea decisione di cedere al Museo, per introdurle in essa nuova collezione locale, tutte le numerose e scelte specie di uccelli ch’egli aveva raccolto e fatto diligentemente preparare. L’intiero cospicuo dono della collezione ornitologica, nella quale annoveravansi non meno di 350 esemplari, tut- ti in ottimb stato di conservazione, venne dal Palazzo Patrizi trasportato nel nostro Museo nella primavera del 1897. Di esso non soltanto diedi sollecita notizia alle Au- torità Superiori, ma in un’adunanza della Società mi fe- ci un dovere di riferire ampiamente intorno all’impor- tanza scientifica di più specie; e pubblicai le necessarie no- tizie nel Bollettino di quell’istesso anno (pag. 98-99). Nella lettera scrittami, colla quale il Patrizi accom- pagnava con nobili parole il dono cospicuo, ebbi novella prova della saviezza e nobiltà di propositi che lo anima- FILIPPO PATRIZI MONTORO DII vano, meritevoli di essere imitati da quanti - coi FATTI - amano il progresso reale di tutti gl’'istituti scientifici di questa grande e insigne metropoli. Ed il migliore esem- pio lo sapete, fu dato da S. M. il Re. A moltissimi visitatori, massime ai più intelligenti, è ben noto come nella Collezione Ornitologica Romana at- tirino l’attenzione non poche specie pregiate anche per la grande rarità : e queste sono quasi tutte donate dal march. Patrizi. Ve ne citerò soltanto alcune :Bartramia longicau- da (Gambetta americana) uccisa nel novembre 1895 nei piani sottostanti a Tivoli; Casarca rutila > e 2, bellissi- mi esemplari adulti presi per la prima volta nella provin- cia romana (Lago di Paola presso Terracina - gennaio 1895). Il bell'esemplare di Charadrius fulvus, donato dal- l’istesso Patrizi fu ueciso a Cisterna nelle Paludi Pontine (14 gennaio 1895). — Fu quello un anno fortunato pel giovane patrizio romano, studioso ed appassionato orni- tologo; ebbe, infatti, in quell'epoca la graditissima sor- presa di venire in possesso di una Pallasia sibirica uc- cisa a Mala Grotta presso Porta Cavalleggieri. Di tutte queste notevoli catture diede pure ampia noti- zia il consocio Lepri in una comunicazione fatta nell’adu- nanza scientifica che tenemmo nell’ottobre del 1895, col tito- lo: Nuove aggiunte all’Avifauna Romana. — Ma tacen- do di altre specie pregevoli raccolte dal Patrizi, le quali tutte possono osservarsi nel nostro Museo, non terrò sot- to silenzio la ('Rettusia gregaria © giov., generosamente donata dall’istesso Patrizi appena ne venne in posssesso. Un secondo fatto posso citare, il quale pur torna a gran- de onore del march. Patrizi. Questo fatto riguarda il pa- ziente lavoro illustrativo da lui compiuto sull’Avifauna della Pi'ovincia di Roma, lavoro che mi auguro sia presto 212 ANTONIO CARRUCCIO dato alle stampe per saggia e affettuosa determinazione della Gentildonna che fu Consorte del modesto autore. Non è più il caso di tacere che io consegnai al Mini- stero, in sul principio del 1901, due biglietti da L. 50, affinchè li trasmettesse in dono alla Società Zoologica. E trasmessi infatti al Consiglio Direttivo, vennero, per voto del medesimo e per cura premurosa dell’esimio Commendatore Rostagno depositati in una Cassa di risparmio, onde servissero — dopo un determinato tem- po — per la coniazibone di una medaglia d’oro da offrirsi all'autore « di una memoria da pubblicarsi nel Bolletti- no Sociale, preferibilmente sugli « Uecelli della Provin- cia Romana; » nella qual memoria, oltre la esattezza del- le denominazioni scientifiche, devono trovarsi nel mag- gior numero possibile i nomi volgari con cui nella stes- sa provincia sono denominate le specie più importanti e più note; le specie considerate utili o nocive; quelle più ra- re; quelle altre che si credono in via di diminuzione, con accenno alle cause della medesima, e quante altre indica- zioni più opportune l’autore potrà dare ». Altra fra le condizioni stabilite dall’offerente la te- nue somma, era quella della nomina da farsi al momento opportuno, e in adunanza generale della Società, di una Commissione di cinque membri; fra i quali dovevano tro- varsi ornitologi fra i più competenti, residenti o non re- sidenti in Roma, facienti o no parte della stessa Società; e fra questi infatti fu eletto a unanimità di voti, anche l'illustre prof. conte Tommaso Salvadori del R. Museo Zoo- logico di Torino. Giunta l’epoca della presentazione delle memorie, e compiuto dalla Commissione un diligentissimo esame, es- sa fu unanime nel dichiarare che l'assegnazione della me- daglia d’oro doveva spettare ai due autori di un lavoro FILIPPO PATRIZI MONTORO DI pregevolissimo, che rispondeva alle condizioni stabilite pel concorso, suggerendo soltanto alcune lievi modifica- zioni ed aggiunte: e questi autori risultarono essere i marchesi dottori Filippo Patrizi Montoro e Giuseppe Le- pri di Roma. Nell’adunanza generale scientifica tenuta nel dicem- bre 1903 io fui ben lieto di proclamare i nomi dei due vinci- tori. Ma questi fecero subito conoscere che intende- vano rinunziare alla medaglia d’oro da coniarsi colla som- ma di lire cento e cogli interessi concessi dalla banca în cui tenevansi nm deposito, desiderando invece che la intiera somma fosse destinata a concorrere nelle spese necessarie per la stampa del loro lavoro. E’ superfluo vi rigordi come la Società applaudisse alla generosa determinazione presa dagli egregi consoci ed autori. Intanto il manoscritto era stato ritirato dal march. Patrizi per farvi alcune opportune modificazioni, ch'egli stesso riconobbe utili, tanto più che in quel tempo era ve- nuta in luce l’opera importante del consocio prof. Arri- goni degli Oddi, della quale il Patrizi voleva tener conto; come più tardi voleva tener conto dell’altra opera non me- no importante, pubblicata dal proî. Martorelli. Trascorso però un tempo notevole, e date le condi- zioni di salute del march. Patrizi, che dopo il 1903 non furono sempre normali, e inoltre data la sua grande mode- stia, non mancai d’interpellarlo onde sì potesse fare la re- golare stampa della memoria. Ma fui invece autorizzato ad impiegare la somma per le spese di stampa di uno dei volumi del Bollettino Sociale, come fu fatto; riservandosi il Patrizi, col concorso dell'amico Lepri, di completare il lavoro da lunga mano elaborato. E so che notevoli modifi- cazioni furono introdotte, e che il manoscritto posseduto 214 ANTONIO CARRUCCIO dall’egregia Signora e Famiglia, potrà — fra non molto — darsi alla stampa nel nostro Bollettino. Sarà questo un meritato omaggio che tutti renderemo alla cara memoria dellc studioso consocio, del benemerito e compianto cbon- sigliere. Possiamo inoltre ritenere che tale pubblicazione verrà accolta, specialmente nella provincia di Roma, con grande favore e vantaggio da quanti sono veri studiosi dell’Avifauna locale, od intelligenti cacciatori, i quali in questa stessa provincia invero non sono pochi. Mi sla concesso, nel dar fine a queste brevi pa- role, di augurare a nome vostro ai giovani e dovizio- sl figli del consocio estinto, di bene imitare il perduto loro genitore: abbiano pur essi costante affetto ai proficui stu- di, mantengano quel culto elevato e fervido, che in par- te risulta dall’am'ore per la patria, ed in parte dal rispet- to al giusto ed al vero: ch'è quanto dire a quelle virtù che più durevolmente nobilitano e fanno stimare la maggio- ranza degli integri cittadini. Di questi sovratutto abbiso- gna moltissimo l’Italia moderna, di questi che rispetvando la religione del padri nostri, siano in pari tempo vigorosi di mente e di corpo, non atei, non anarchici, non ignoranti, ma amanti del vero progresso, onesti e fermi nel bene oprare. Parole dette alla Società Zoologica Italiana dal socio Dott. Giuseppe Lepri, nell'adunanza dei 21 aprile 1908. Se è vero che nei dolori di cui ci è prodiga la vita, uno dei maggiori conforti sia quello di dividerli con chi ha comuni con noi ed affetti e sentimenti, concedete a me, che in Filippo Patrizi ho perduto il parente ed amico di- FILIPPO PATRIZI MONTORO 215 lettissimo, il compagno inseparabile, di rievocarne l’im- magine innanzi a voi, che lo conosceste e lo amaste. Il nostro Presidente, che ben seppe conoscere ed ap- prezzare il Patrizi, vi ha già parlato della sua attività nel campo scientifico, dell’opera sua nell'ambiente della nostra Società e del Museo Zoologico Romano. Ma poichè è certo che dottrina e sapere, che l’amore e la ricerca del vero e del bello non debbono, o almeno non dovrebbero, mai dispaiarsi dalle più elevate doti dell'animo, dalla pratica costante ed inflessibile della bontà, altrimenti ciò che brilla nello scienziato e nell’erudito, non è oro ma or- pello, permettete che in poche parole io ricordi le doti mo- rali che Filippo Patrizi ebbe elettissime, e che forse molti non poterono o non seppero apprezzare, per la sua grande ed innata modestia, per lo studio costante che Egli pose nel fuggire tutto ciò che potesse lontanamente sembrare, ambizione, desiderio di mettersi in mostra, di prevalere su altri. E se con questo potrò tar crescere la vostra stima per la sua memoria, il vostro rimpianto per la sua dipartita, avrò reso al suo nome il più durevole omaggio, poichè non vi ha monumento che possa agguagliarsi al memore at- fetto di cuori amici. Chi solo superticialmente conosceva Filippo Patrizi, al vederlo così semplice e riservato, fino a comparir timi- do, così alieno dal porre avanti la propria personalità, e le proprie idee, quasi così diffidente di se stesso, poteva fa- cilmente giudicarlo una mente ristretta, limitata in pic- cola cerchia d’idee da cui non sapesse uscire, 0, per lo meno, poteva ritenerlo un uomo di altri tempi, come suole dirsi con frase ormai vieta: una di quelle deboli intel ligenze, che, spaventate dalla rapida e febbrile evoluzione delle idee, degli usi, della Sogietà stessa, non sapendo te- 2I6 GIUSEPPE LEPRI nervi dietro, si fermano in disparte, nell’aspettativa, e- ternamente delusa, di un ritorno del passato. Tutt'altro! Avvicinandolo e conoscendolo a fondo si scopriva in lui, una intelligenza larga ed equilibrata, una nozione calma ed esatta dei nuovi tempi, dei nuovi diritti . e dowerì che essi comportano per ogni classe sociale : senza ciechi entusiasmi per tutto ciò che fosse nuovo, sen- za sciocchi ed irragionevoli dispregi per ciò che fosse o- pera del passato. La sua mente comprendeva appieno quanto fosse la necessaria conseguenza del rinnovarsi dei tempi, ma nello stesso tempo sapeva ben apprezzare il] patrimonio del passato, e quanto in esso vi fosse di buo- no pel presente, e quanto ormai non avesse più ragione di essere. E di questa sua esatta nozione delle esigenze dei nuo- vi tempi, egli ne dette prova addottorandosi, giovanis- simo, in scienze sociali, nella Università di Lovanio. È degli studi fatti non se ne servì soltanto come di sterile ornamento, ma continuò in seguito, anche in mezzo alle cure della numerosa famiglia, e contemporaneamente ad altri studi, a tener dietro a tutto il movimento scientifico che accompagna l'odierna evoluzione sociale. Tanto che più di una volta profondi e provetti cultori delle scienze sociologiche, dovettero meravigliarsi delle idee giuste e larghe, delle osservazioni originali ed acute che il Patrizi esternava in merito ai più ardui problemi sociali. E ad uno dei più importanti fra questi aveva fin dai suol giovani anni rivolto in modo speciale la sua mente ed il suo cuore: voglio dire alla condizione sociale delle nostre campagne. Meglio di altri, Egli si era trovato in condizioni di comprendere quanto lo stato di cose attuale fosse dannoso per il proprietario che allontana dalle sue terre e distoglie dalla cura diretta dei propri interessi, e FILIPPO PATRIZI MONTORO 217 per il lavoratore dei campi che lascia in balìa di interme- diarii, avidamente sfruttatori, separando così due indi- vidui che dovrebbero essere uniti, che, come ho inteso più volte dire a Filippo Patrizi, dovrebbe considerarsi, non come superiore ed inferiore, ma come compagni di la- voro. E nel ritorno dell’aristocrazia alla campagna, alla terra, vedeva il Patrizi, con idea luminosamente umani- taria, non solo la redenzione degli abitatori del campi, il risorgere a prosperità di regioni abbandonate, l’affratel- larsi di due ordini sociali fra le braccia dell Alma parens, e quindi lo scomparire di contrasti e di lotte, ma vedeva ancora e sperava il rigeneramento della classe a cul ap- parteneva, che nella vita feconda ed operosa della cam- pagna avrebbe ravvivato le sue vitali energie isterilite da quella frivola e spesso colpevole delle grandi città. E da questo ordine d’idee, verso cui era spinto non solo dalla sua mente aperta, ma più ancora dall’immensa bontà del suo cuore istintivamente attratto verso tutte le miserie, e che, se la salute glie lo avesse permesso, a- vrebbe realizzato su più larga scala di quanto non gli sia stato concesso di fare, originò in Lui quell'amore im- menso alla campagna, alla natura, alle sue bellezze, quel desiderio vivissimo di studiarne e ricercarne le più re- condite. Certamente che se gli studi giovanili di Filippo Pa- trizi avessero avuto un altro indirizzo, egli sarebbe po- tuto divenire uno scienziato di non comune valore. Ma ora volerlo dipingere come tale, sarebbe commettere verso la sua memoria, uno di quegli atti, di cui il suo animo sem- plice ed austero, sentiva più profondamente orrore, un atto di adulazione. Ma non è da credersi che l’opera sua sia rimasta totalmente senza valore nel campo scientifico, che la sua attività sia stata infeconda per la scienza. Di 218 GIUSEPPE LEPRI ciò, meglio che non potrei farlo io, ve ne ha già parlato il Prot. Carruccio, nostro amato Presidente. Io voglio an- cora una volta porvi in rilievo la sua grande modestia, il suo signorile disinteresse , la sua riluttanza a ricercare onori e lodi, anche se meritate: doti tanto più rare ed ap- prezzabili al tempo nostro che, come disse il Giusti, pià dell’essere conta èl parere. Filippo Patrizi pose studio co- stante ad essere senza curarsi di parere. Quante e quante volte mi ha ripetuto « Non posso es- sere uno zoologo, mi contento di essere un fornitore di zoologi » intendendo dire che non potendo, per mancanza di studi preliminari, dedicarsi a quelle ricerche proprie di chi in un ramo della scienza è già provetto, si conten- tava, con le sue raccolte e con le sue esatte e scrupolose osservazioni di provvedere i mezzi per far progredire la sua scienza prediletta a chi fosse al caso di farlo! Ditelo voi che della scienza siete veri e profondi cul- tori, qual bene per essa se sorgessero molti e molti imi- tatori della modestia e del disinteresse di Filippo Pa- trizi? Se tanti anzichè impancarsi a banditori di nuove teorie, a scuopritori di nuove leggi e di nuovi fenomeni, si contentassero di essere fornitori degli scienziati veri? E nella via intrapresa il Patrizi contava proseguire : e pochi giorni prima della sua morte mi parlava di nuovi campi a cui rivolgere la sua attività di raccoglitore, per poter ben presto, come egli diceva, donare al nostro Museo nuove collezioni. Infatti, Egli, con il suo abituale disinteresse, non ammetteva che una raccolta zoologica, una volta giunta ad un certo grado d’importanza, potesse rimanere presso un privato: « Una ricca raccolta, diceva, è una miniera che può essere utile a molti, tenerla nascosta è un egoismo scientifico : il suo vero posto è il museo pubblico... Le rac- FILIPPO PATRIZI MONTORO 2109 colte, mi disse altra volta, costituiscono la proprietà fon- diaria della scienza, ma è una proprietà collettiva di tutti 1 suol cultori, nessuno ha il diritto di monopolizzarla ». E queste sue idee non si contentava di manifestarle a parole, ma le metteva in pratica: E quanto sarebbe stata feconda l’opera sua per l’incremento del nostro Museo, se l'ora della sua dipartita non fosse anzitempo suonata! Ma se la sua vita fu molto più breve di quanto glie l’auguravano coloro che l’amavano, e furon quanti lo co- nobbero, non per questo trascorse inutile. Lo ha già detto il nostro Presidente, se l’opera sua fu sterile per quel ramo della scienza a cui Egli con tanto ardore eppur con tanta modestia si era dedicato. Lo dicono ancora i miseri che in Lui trovarono il cuo- re semplicemente e profondamente benefico, che aiuta sen- za offendere, senza imporsi, quasi adempiendo un suo mo- to abituale. Lo dica la sua famiglia, lo dicano gli amici nel cui animo la sua scomparsa ha lasciato un vuoto che non sarà mai ricolmato. Lo diranno ancora, mi auguro, quanti spe- cialmente tra i giovani studiosi, vorranno raccogliere un ammaestramento dalla vita di Filippo Patrizi, Che l’e- levatezza del grado sociale, il sapere, la coltura, non pos- sono che brillare mille volte di più quando sì ammantano della modestia, del disinteresse, della bontà dell'animo. GIUSEPPE LEPRI. Processo verbale dell’adunanza generale scientifica tenuta il 21 aprile 1908 dalla « Società Zoolo- gica Italiana. — Presidente onorario S. M. il Re. Presidente effettivo: Prof. Comm. Antonio Carruccio — F.F. di Segretario: March. Dott. Giuseppe Lepri. Vien letto ed approvato senza osservazioni il Processo verbale della precedente adunanza; quindi il Presidente ricorda che per proposta unanime del Consiglio Direttivo deve sottoporre all'Assemblea generale la nomina a socio onorario dell’illustre zoologo Prof. Lorenzo Camerano, Ret- tore della R. Università di Torino, e Direttore dei Musel di Zoologia e Anatomia Comparata di quella stessa Uni- versità. La proposta viene accolta con unanimi applausi dai soci presenti. Il Presidente dice che si farà un gradito dovere di co- municare prontamente la elezione unanime al Prof. Ca- merano. Dal Presidente sono proposte, e dall'Assemblea ap- provate, le nomine dei tre nuovi soci ordinari: Dr. Berto- lini Giulio Ispettore medico veterinario in Roma, Dr. Pao- lucci Carlo in Ancona, e Dr. Pietravalle Nicola, in Roma. Si dà poscia lettura della seguente lettera del celebre bio- logo Prof. Ernesto Haeckel : Stimatissimo e Ulustre Collega prof. CARRUCCIO — Presidente della Socretà Zoologica Italiana — Università di Roma. « La ringrazio cordialmente per i sinceri e vivi au- surî pel mio 74° giorno natale, li 16 Febbraio, che Lel mi PROCESSO VERBALE 22I ha fatto; e La prego di comunicare anche le mie grazie caldissime alla celebre Società Zoologica Italiana, della quale Lei è presidente effettivo. Essere membro d’onore di questa Società meritissima è per me un piacere particolare, come sono amico caldissimo della bella Itala e della sua scienza ed arte classica da più che cinquanta anni. « Gli anni felici (più che quattro) nei quali ho dimo- rato migrando in Italia, e principalmente lungo le sue spiaggie pittoresche, interessantissime per la ricca Fauna, restano sempre 1 più belli della mia lunga vita; e sempre ricordo con intima gratitudine gli uomini illustri e i col- leghi amabili, che mi hanno aiutato ». Con vera stima Il suo devotissimo BERNESTRPARCKETLC. Iena 26 F ebbralo 1908. Il Presidente partecipa alla Società di aver ricevuto per mezzo del consocio Prof. Mario Condorelli, dell Uni- versità di Catania, notizia della immatura morte del prof. Salvatore Calandruccio, e brevemente ne ricorda 1 meriti scientifici, mettendo in rilievo i molti sagrifici morali e materiali cui il socio Calandruccio andò incontro per l’amore costante agli studi e per la bontà dell’animo. Poscia commemorò il benemerito socio fondatore mar- chese Dr. Filippo Patrizi Montoro. Al Presidente si as- sociarono 1 consoci march. Dr. Giuseppe Lepri, che trat- teggiò la fiugura morale del Patrizi, e il Prof. Tuccimei. Passati alle comunicazioni scientifiche, prese prima la parola il Prof. A. Carruccio per riferire intorno ad vn Rhinobatus Halavi preso per la prima volta nel Mare di Orbetello, e su di un Ruvettus pretiosus proveniente dal 222 PROCESSO VERBALE mare di Messina, aggiungendo importanti notizie gentil- mente fornitegli dal consocio Dr. Luigi Facciolà residente nella predetta città. Fa noto che allorquando pubblicherà la comunicazione riguardante questi due pesci, che man- cavano alla collezione ittiologica generale del R. Museo Universitario, spera di potervi aggiungere altre notizie, che attende dall’illustre socio onorario Prof. Enrico Gi- elioli di Firenze. 2. Il Prof. Giulio Bertolini fa una larga ed interes- sante esposizione del suol studi sulla Bilharzia erassa da lui rinvenuta in buon numero nei bovini provenienti dalla Sardegna ed uccisi nel inattatoio di Roma. Il Presidente ed il Prof. Alessandrini encomiano i diligenti studi del socio Bertolini. 8. Il Prot. Ettore Ricci del R. Liceo di Macerata espo- ne accurate osservazioni sull’Avifauna del bacino del Chienti e del Potenza, e fornisce pure precise notizie su alcuni mammiferi non comuni conservati nel Gabinetto di Storia Naturale del predetto Liceo. 4. Il Prof. Tuccimei presenta la seconda parte del suo Saggio di un l'atalogo dei Ditteri romani, intrattenendosi in modo particolare su alcune specie più notevoli. 5. Il Prof. Giulio Alessandrini fa noto il risultato dei suoi studi sovra esemplari di Gongylonema scutatus, trovati in Roma quali parassiti nell’esofago di Ruminanti. 6. Il Principe D. Francesco Chigi fornisce particola- reggiate notizie sulle più notevoli catture ornitologiche av- venute durante il 1907, e presenta pure un suo saggio di studio sulle tasi evolutive del piumaggio, con appunti di sistematica ornitologica. | 7. Dal march. Dr. G. Lepri son fatte conoscere le aggiunte che recentemente potè fare al catalogo dei 7'en- thredinidi della provincia di Roma. PROCESSO VERBALE 220 8. Il socio Sig. Luigi Grassi riferisce sovra alcune Foladi viventi sulla torba nel littorale presso Nettuno, e presenta diversi esemplari. Il Vive-Presidente Prof. Meli conferma le osservazioni del Grassi. 9. Il Presidente annuncia la presentazione di una accurata recensione fatta dal Prof. Angelini sul volume testè pubblicato dal Prof. Giglioli (Inchiesta ornitologi- ca), recensione che sarà presto pubblicata per intiero. Nessun altro domandando la parola il Presidente viva- mente ringrazia i consoci che dopo di lui fecero comu- nicazioni assal interessanti, e dichiara sciolta l'adunanza alle ore 7 1/2 pom. —_ —————_m————m€—____—_mÉ Ci faccrtamo un dovere di far conoscere ai consoci, che unanimi vollero conferire uno dei pochissimi posti di SOCIO ONORARIO, all’illustre zoologo di Torino, la lettera di ringraziamento che egli ha trasmesso ai colleghi ed al nostro presidente. RECNIVERSITA*DI TORINO Il Rettore Torino, 23 aprile 1908. IUl.mo Signor Comm. Prof. A. CARRUCCIO Presidente della Società Zoologica Italiana — Roma. « Sono molto riconoscente a Lei, illustre e beneme- rito sig. Presidente della Società Zoologica Italiana e a tutti 1 soci, dell’alto onore fattomi col nominarmi socio onorario nazionale. 224 PROCESSO VERBALE Io prego la S. V. di accogliere i miei più vivi rin- sraziamenti e di voler a mio nome ringraziare tutti i Col- leghi. | Sono poi particolarmente grato delle gentili e, per me molto lusinghiere espressioni, colle quali la S. V. ha voluto darmi annunzio dell’onorifica nomina. « Michele Lessona, che la S. V. con squisito pensiero ricorda, apprezzò grandemente, fino dal suo inizio, l’ope- ra della Società Zoologica Italiana e bene augurò del suo avvenire. All’augurio ha degnamente corrisposto la Società Zoologica Italiana per l’opera costante ed energica della S. V., che con tanto amore l'ha presieduta e la presiede, e per l’opera attiva e concorde dei soci. Rinnovo alla S. V. i miei più vivi ringraziamenti e La prego di accogliere i miei migliori saluti. L. CAMERANO. Comm. Prof. ANTONIO CarRUCCIO -— Direttore e Redattore responsabile. Roma__Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchi» 1-2. ranno La olataicite un altro fascicolo doppio pei mesi di luglio e agosto; e non ta meno regolarmente continueranno a ricevere gli altri fino al XI, essendo ap- punto 12 i fascicoli o numeri che d’or in avanti formeranno ciascun volume del Bollettino sociale. i ARTICOLI ESTRATII DAELO STAZIIO, Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo- rali e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle — sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-tisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- tica; e quelle ‘altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire DISCO, all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; Wai 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti della Societa. a i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato. da due soci ordinati e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi. elieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed uno Cassiere Economo responsabile dei fondi della Società. Tutti i membri del. Gonsiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 8 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio. 1 Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. : Art. 8. + Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative, Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le adi È sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun. anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell’ anta che gli uni e gli altri crederanno più , opportuno. : Art. 11. — L'anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni falte | fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. to I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza E intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successiv 1 Soci debbono pagare la quota annua entro il I. quadrimestre dell’ann sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il QoZettin ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodott Serie Il - Vol. IX Anno 1908. (XVII dalla fondazione) BOLLETTINO. DELLA LIT SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente ororario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill SOMMERIO: I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. 1. Dott. Pietravalle Nieola — Con- I. Il nesso tra le condizioni ester- tribuzione allo studio delle ne e la forma e la funzione specie europee del gen. Squa- di alcuni organi nei pesci (del lius Bp. $ . pag. 225 243 prof. S. Baglioni) è 231-283 2. Nuovo Catalogo sistematico dei gio di uu Catalogo dei Ditteri Molluschi (Dott. Horst e Schap- della provincia di Roma (Parte Mai) CNIPA i ; 284-285 II. — Continuazione), 244 261 | 3. I cani sanitari in guerra (Ten. med. Dott. Arturo Casarini) 3. Dott. Valentino Barnabò — La 2. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag- ; IS . . 285-288 glandola interstiziale del te- sticolo. (Capit. XI. - Significato HI. ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLIC. Articoli dello Statuto sociale. — (Ved. fisiologico. Continuazione) 262-280 copertina) -- ——T __ —==6@r=* Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO - R. Università (Via della Sapienza — Roma) AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersj — nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per ‘ confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. SIN _°-- Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, Fasc. VII e Vill. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908 BOLLETTINO bPCE SOCI RIO 0LOGLO Avchiha LkA NA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il RE Contribuzione allo studio delle specie europee del gen. Squalius Bp. e E Ze I Comunicazione alla Società Zoologica Italiana del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE Il Bonaparte (8) nel fascicolo XIX della sua « Fau- na italica » pubblicato nel 1837, divideva il genere Leu- ciscus Klein in tre sottogeneri: Leuciscus, Squalius e Scardinius, fondandosi principalmente sullo squarcio del- la. bocca come carattere distintivo. A questi sottogeneri aggiunse in seguito il T'elestes, che poi innalzò al grado di genere con gli altri gruppi, nel fascicolo XXVIII del- la « Fauna italica » pubblicato nel 1840. Ma fondati com'erano su caratteri incostanti e quin- di di poco valore, i limiti di questi gruppi, ad eccezione del Telestes, non potevano essere netti, precisi, chè anzi ‘venivano ad avvicinarsi specie tra loro molto dissimili, le quali si sarebbero invece dovute tenere lontane. Il genere meno omogeneo e più indeterminato pote- va dirsi lo Squalius, in cui accanto alle specie italiane #4- berinus, albus e cavedanus, erano collocate le altre; rubi- 226 N. PIETRAVALLE lio, rubella, trasimenicus, fucini, aula ed elatus, oltre le esotiche quali il dobula, il jeses, Vorfus, il rutilus e il pra- sinus. A questo inconveniente riparò in parte lo stesso Bo- naparte (9) il quale nello « specchio generale del sistema Ittiologico », presentato nella riunione degli scienziati italiani, avvenuta in Milano nel 1845, tenne conto nella divisione dei singoli gruppi, della disposizione e del nu- mero dei denti faringei, seguendo in ciò l’opinione di Heckel, confermatagli in una nota. particolare sui pesci Italiani d’acqua dolce. Nel genere Squalius Bp. vennero così a trovarsi le specie delineatus, dell’Austria, dobula della Francia e ti- berinus, pareti, cavedanus e albus dell’Italia con i denti faringei su due serie da ciascun lato e a bocca affatto ter- minale. Alle quali nel « Catalogo metodico dei pesci euro- pei » (10) pubblicato un anno dopo, aggiunse ancora lo Sq. souffia della Francia meridionale. Nel suo genere Leuciscus Bonaparte metteva poi dei veri e proprii Squalius a denti biseriati, che Heckel con- siderava appunto in quest’ultimo genere. Nei suoi « Cenni » il De Filippi (20) aveva già riu- nite in una sola ie specie tiberinus, pareti e cavedanus, elustamente osservando che se a queste voleva paragonar- si quella di Lombardia, tenendo conto delle più minute variazioni, si sarebbe giunti facilmente a ricondurre le tre specie ad una sola o ad aggiungervene molte interme- die. Questa opinione venne anche confermata nella riu- nione su riferita — adunanza 20 settembre — dal Prof. Genò, il quale aggiunse che le leggiere differenze tra le specie suddette, dovevano ricercarsi nelle acque in cui es- se vivevano. DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 227 Heckel e Kner (3) inclusero nel genere Squalius un gran numero di specie, fondandosi su caratteri variabili e di poco valore. Siebold (48) considerava in questo genere, per l’Eu- ropa centrale, due sole specie, lo Sg. cephalus e lo Sq. leu- ciscus, riferendo ad esse molte specie ritenute distinte da- gli autori. Il Canestrini (16) ammetteva le specie cavedanus. dell’Italia e <2lyricus e microlepis della Dalmazia, riu- nendo a quest’ultima gli Squalius ukliva, tenellus e tur- skyi di Heckel e Kner. Non osservò poi altre specie di Squalius nell'Italia centrale, all'infuori dello Sq. cave- danus, e non conosceva quindi il Levciscus sardella Valen- ciennes e il Leuciscus comes Costa, attribuiti a quella re- gione e riferiti dal Dibowski (23) al genere Squalius. L’asserzione di Heckel e Kner intorno alla presenza dello Sg. 'leuciscus nell'Italia settentrionale, non venne confermata nè dal Canestrini nè da altri. Il Giinther (30) nel 1868, non riconosceva che 12 spe- cie di Squalius nei limiti del nostro continente. Egli riu- niva infatti nel suo gran genere Leuciscus i Sg. cephalus, Sq. vulgaris e Sq. muticellus, Europa in generale, Sq. svallize, Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. turskyi di Dalma- zia; Sq. Ulyricus, Sq. ukliva e Sq. tenellus di Bosnia; Sq. borystenicus di Russia; Sg. fellowesti d'Asia Minore e Sq. pyrenaicus di Spagna e di Portogallo. Il Fitzinger (26) fondandosi su caratteri affatto in- sufficienti, quali la posizione della bocca, la forma della caudale e delle corone dei denti faringei, trasse fuori dal due generi Squalius e Telestes Bp. sei altri 1 cui limiti, naturalmente, non potevano essere ben definiti. Essi erano i generi Squalius, C'ephalus, Cephalopsis, Telestes, Ha- brolepis e Bhatistoma. 228 N. PIETRAVALLE Il Blanchard (6) riunì senza discussione il genere Telestes allo Squalius e descrisse in questo genere oltre gli Sq. dobula, Sq. leuciscus, Sq. agassizii, alcune nuove specie, la cui validità appariva molto discutibile per la scarsa importanza dei caratteri differenziali su cui ripo- savano. A torto infatti egli distingueva il suo Sq. cla- thratus per una punteggiatura verde oscura alla base del- la parte libera e al margine libero, e per le strie concen- triche più regolari delle squame, perchè nei nostri cave- dani, specialmente negl’individui dal dorso grigio acciaio questi caratteri sono talmente variabili da non poterne tenere assolutamente conto. Lo Sg. meridionalis altri non è che lo Sq. cavedanus, e la curva un po’ più accentuata del dorso, relativamente alle altre specie, le dimensioni della testa, le proporzioni e la colorazione delle squame, ce lo dimostrano chiaramente, non potendo attribuire va- lore di carattere specifico alla forma più quadrata dell’o- percolo. Lo Sq. bearnensis e lo Sq. burdigalensis non so- no che varietà dello Sg. lewciscus, perchè il numero delle squame e dei raggi delle pinne, la forma e il rapporto tra le diverse parti del corpo, invocati come caratteri diffe- renziali, servono invece ad avvalorare maggiormente que- st'asserzione. Il Moreau (40) seguì il Blanchard nel riunire il ge- nere Telestes allo Squalius, ma riconobbe buone le sole specie Sg. cephalus, Sq. leuciscus e Sq. souffia, sotto il cui nome riuniva 1 T'elestes agassizii, savignyi e muticellus. E presso che della stessa opinione si sono mostrati il Fatio (24) e il Festa (25). Ultimamente lo Scotti (47) senza affatto discutere ha ristabilito il genere 7'elestes, con la sola specie 7°. muti- cellus e così ha fatto anche il Dott. Largaiolli (37) in un recentissimo lavoro sui pesci del Trentino DEL GEN, « SQUALIUS » BP. 220 Jo ho esaminati molti esemplari di 7°. muticellus, pro- venienti da diverse località e li ho paragonati con nume- rosì individui, anche giovani, di Sq. cavedanus e Sq. ce- phalus e sono venuto nella convinzione che il gen. Tele- stes debba mantenersi distinto dal gen. Squalius. La- sciando da parte quei caratteri che possono tutt’al più in- vocarsi per una distinzione specifica, io credo che debba- no ritenersi principalmente buoni come caratteri generi- cl, il numero dei denti faringei e la grandezza delle squa- me. — Negil esemplari che ho presi in esame, ho sempre trovati i denti faringei in numero di 2 e 5 da un lato e 2 e 4 dall’altro, e negl’individui anche giovanissimi di Squalius non ho mai notato le squame così piccole, perchè mentre nel 7. muticellus la parte libera di esse raggiunge in media, in lunghezza, 1/3 del diametro longitudinale dell’occhio, nello Sg. cavedanus, misura in media 1/2 del diametro in parola, e va notato che negl’individui giova- ni di Sg. cavedanus, il diametro longitudinale dell’occhio, riferito alla lunghezza massima, è anche maggiore che nel T'elestes. Vi sono degli autori che non riconoscono il genere T'elestes perchè alcuni caratteri particolari a questo grup- po, presi isolatamente, li hanno ritrovati quali in una, quali in un’altra specie, appartenenti a generi diversi. Io sono del parere che in una distinzione generica, va tenuto conto non di un solo, ma di un complesso di ca- ratteri che si sostengano e si completino a vicenda, e che se per un caso eccezionale c’'incontriamo in un Telestes con i denti faringei in numero di 2 e 5 da ciascun lato, non dev'essere questa una ragione sufficiente per operare una riunione col genere Squalius, perchè altri caratteri sussidiarii potremo chiamare in nostro aiuto e la dignità del genere non ne rimarrà per niente scossa. 230 N. PIETRAVALLE Il Bonaparte stesso del resto, in questo caso, non te- neva conto del numero dei denti faringei, perchè crede- va che 1 T'elestes, come gli Squalius, ne presentassero nor- malmente 5 nella serie esterna e 2 nell’interna da ciascun l'ato | Per l'Europa in generale, due specie si ammettono oggi senza discussione nel genere Squalius: lo Sq. leuci- seus e lo Sg. cephalus delle regioni medie e settentrionali del nostro continente. Lo Sg. leuciscus varia moltissimo da un punto all’altro e perfino nella stessa località, e ha dato luogo perciò alla creazione di un gran numero di false specie, che cadono innanzi allo studio della variabi- lità dei caratteri. Linneo nel Systema naturae (38), lo descrisse in tre differenti luoghi sotto il nome di Cypr. leuciscus, Cypr. dodula e Cypr. grislagine, dicendo di quest’ultimo: « an satis distinctus a dobula? » Hartmann (31),il quale descrisse lo Sq. leuciscus sot- to il nome di Cypr. dobula, non solo non considerava come specie differenti le altre due riportate da Linneo, ma du- bitava finanche della loro esistenza. Il Cypr. grislagine di Razoumowski (42) non corri- sponde all'omonima specie linneana e quindi al Leuciscus gristlagine di Nilsson (41), Kroger (35) e Schioz (45), ma deve invece riferirsi al Lewciscus rutilus d’Agassiz. A questa stessa specie deve riferirsi, molto probabil- mente il Cyprinus jaculus descritto da Jurine (36) sotto il nome volgare di vandoise, che si dà in Svizzera allo Sq. leuciscus, perchè nè il Lunel (39), nè il Fatio che si occu- parono dei pesci di questa regione trovarono mai nel la- go Lemano lo Sg. leuciscus. DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 231 Il Leuciscus argenteus dell’Agassiz (1) è generalmen- te riconosciuto come uno Sg. leuciscus. De Selys (22) stes- so che si serve di questo nome dell’Agassiz per descrivere la vandoise, osserva che non vi sono caratteri sufficienti per distinguere il L. argenteus dal L. vulgaris. Innanzi alla variabilità dello Sg. leuciscus cadono an- che il L. rostratus d'Agassiz e Valenciennes, e i Leuciscus rodeus e majalis d’Agassiz, come chiaramente dimostra- rono le ricerche del Siebold e del Fatio. In quanto allo Sq. lepusculus e allo Sg. chalyboeus di Heckel e Kner, essi debbono seguire la sorte dello Sg. ro- dens e dello Sg. rostratus degli stessi autori, corrispon- denti agli omonimi Lewuciseus d’Agassiz, e rientrare nel- la sinonimia dello Sq. leuciscus. Abbiamo anche parlato più innanzi dello Sq. bear- nensîs e dello Sg. burdigalensis di Blanchard. Lo Squalrus cephalus è stato nei primi tempi confuso con altre specie e riferito erroneamente ora ad uno ora ad un altro pesce conosciuto dagli antichi. Rondelet (48), lo descrisse sotto 11 nome di Capito fluviatilis, credendolo l’Alburnus della Mosella, cantato da Ausonio, e così an- che Gesner (28) e Aldrovandi (2); Schonevelde (46) ne fe- ce il suo Squalus major; a Willugby (53), forse per quel- la superficiale somiglianza coi mugili, che saltò agli oc- chi di Galeno, piacque chiamarlo Mugi fluviatilis; e Ar- tedi (5) lo annoverò tra i sinonimi del suo decimo ciprino. Esso non può ragionevolmente riferirsi a nessun’al- tra specie linneana, se non al Cyprinus cephalus e a torto Cuvier (19), Holandre (383), Valenciennes (52) e altri lo ritennero identico al Cyprinus dobula Lin., conservando- gli lo stesso nome i primi due, sostituendovi il solo nome generico di Leuciscus il terzo. Lo Sq. cephalus va anche ricercato nel Cyprinus idus 232 N. PIETRAVALLE ‘ di Bloch (7) e di Hartmann, il quale ultimo lo scambiò per un /dus melanotus (L.), vivente nel lago di Neiichatel; er- rore in cui incorse anche De Tschudi (21) quando segnalò la presenza di un /dus melanotus nel Lago Nero del Can- tone di Friburgo e lo descrisse sotto il nome volgare di Wantuse. Jurine e Steinmiiller (51) riferirono, senza giusta ra- gione lo Squalius cephalus al Cypr. jeses di Linneo e gli lasciarono lo stesso nome. Il Leuciscus latifrons di Nilsson e i L. frigidus e al- biensis di cui Valenciennes si compiacque farne due spe- cie distinte, principalmente per lievi differenze riscon- trate nelle proporzioni delle pinne, vanno aggiunti ai si- nonimi dello Sg. cephalus. I Lo Sq. leucissus non si trova al sud delle Alpi, ma abbiamo in Italia una specie molto affine allo Sg. cepha- lus, la quale ha dato luogo a molte discussioni. Una qui- stione infatti è sorta specialmente in questi ultimi tempi, rimanendo tuttavia sospesa: Lo Squalius cavedanus e lo Sq. albus Bp. sono varietà dello Sg. cephalus (L.) 0 costi- tuiscono una o due specie distinte? Il Bonaparte lungi dal considerare identiche queste specie, aggregò il cephalus al gen. Gardonus e dalla stessa specie cavedanus trasse fuori altre, di cul, come s'è ac- cennato, venne dimostrata l'identità. Heckel e Kner mantennero distinte le specie in di- , scorso, ma le riunirono nello stesso genere. Il Canestrini faceva notare che se il carattere della bocca larghissima assegnato dal Bonaparte allo Sg. albus era esatto e se esistevano dei cavedani nei quali « lo squar- cio della bocca, dolcemente obbliquo si protraeva. fin oltre la metà dell'occhio », la specie Sg. albus doveva essere di- chiarata buona, perchè nei nostri cavedani lo squarcio boc- DEL GENI..«. SQUALIUS » BP. 233 cale, arrivava tutt'al più fin sotto al margine anteriore del- l'occhio. Non riferiva lo Sq. cavedanus allo Sq. cephalus, ma riuniva al primo lo Sg. svallize di Heckel e Kner e lo Sq. albus degli stessi autori, non corrispondente all’omo- nima specie di Bonaparte, perchè in esso lo squarcio della bocca era uguale a quello dei nostri cavedani. Il Giinther, il Moreau e il Giglioli (29), senza discus sione, ridussero lo Sg. cavedanus e lo Sq. albus Bp. a sem- plici varietà dello Sg. cephalus (L.). Il Fatio considera lo Sq. cavedanus Bp. come sotto- specie meridionale dello Sq. cephalus (L.) e conserva in- vece un po’ di dubbio sullo Sg. albus Bp. Il Festa, trattando dei pesci del Piemonte, divide l’o- pinione del Giinther, del Moreau e del Giglioli. E allo stes- so concetto si è ispirato il Fries (27) nel suo lavoro sui pesci della Scandinavia, pur riunendo lo Sg. cephalus (L.) e lo Sg. leuciscus (L.) nel suo genere Levciscus accan- to al Leuciscus rutilus e all Idus melanotus, e fondando la distinzione di queste specie sul margine convesso e conca- vo della pinna anale e suile proporzioni della coda. I caratteri invocati dagli autori per differenziare le snecie in parola, non essendo tali da poter assicurare un solido fondamento per una distinzione specifica, occorreva analizzare, paragonare i diversi individui con un metodo di precisione, con un metodo di esame rigoroso, che per- mettendo di valutare le più piccole variazioni nei carat- teri delle singole specie, desse affidamento per un risultato sicuro e indiscutibile. Questo metodo 10 ho creduto di ritrovarlo in quello quantitativo-statistico proposto dal Camerano (11-12-18) e modificato da altri e l’ho adottato senz'altro per le mie 234 N. PIETRAVALLE osservazioni, applicandolo su oltre 300 individui di loca- lità diverse. Statura. Dall'esame della statura, vale a dire della lunghezza massima espressa in millimetri, (vedi pag. relat.) negli in- dividui delle diverse località, non si possono trarre delle conclusioni che valgano a stabilire delle differenze as- solute, poichè troppe cause influiscono sulla variazione di essa, quali i metodi di pesca, l'ampiezza delle maglie delle reti generalmente adoperate per pescarli, la selezione in- volontaria, in altri termini, che ne fa l’uomo raccogliendo continuamente gl’individui di dimensioni maggiori. Ritengo però opportuno rilevare che nei bacini più ampi la statura media è notevolmente superiore a quella degl’individui raccolti in piccoli bacini, quali il fosso di Sette Camini (Roma), il fiume Fiora, il Clitumno. Fra gl’individui del Tevere da me posti nel gruppo dei giovani ,ne sono compresi alcuni di statura piuttosto grande, raggiungendo fino i 170 mm., tuttavia li ho stu- diati separatamente dagli adulti perchè, all’epoca della ri- produzione, non presentavano prodotti sessuali maturi, mentre fra quelli del Trasimeno trovai delle femmine di 162 mm., e dei maschi lunghi appena 141 mm. con organi sessuali svilupati e prodotti quasi maturi ed anche fra quelli del lago di Como dei maschi e delle femmine maturi - lunghi i primi 140 mm, e le altre 141 mm. Non è però possibile distinguere gl’individui studiati, basandosi sulla loro statura o dando a questo carattere molta importanza. Variabilità delle parti. Dall’osservazione delle mie tabelle, risulta l’anda- mento della variabilità nelle singole dimensioni. DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 235 L'altezza massima, la distanza dall’apice del muso al- la origine della dorsale e le dimensioni del capo, sono ge- neralmente più variabili nei maschi che nelle femmine, le altre dimensioni invece più nelle femmine che nei maschi. Negl’individui del lago di Costanza, appartenenti al- la specie Squalius leuciscus (L), la variabilità risulta af- fatto diversa da quella, degli altri individui studiati, co- me pure è caratteristico l’andamento della variabilità ne- gli individui del lago di Costanza, appartenenti alla spe- cie Squalius cephalus (L.). ed in quelli del Trasimeno (Squalrus albus Bp.). I giovani presentano variabilissime le dimensioni del capo ed il diametro dell'occhio, che dall'esame risultano anche, proporzionatamente agli altri organi, assai più sviluppati che negli adulti, il che fu anche osservato per individui giovani di altri generi, quali il Leuciscus (sot- togen. Leucos, Bp.). (17). L'altezza della pinna dorsale presenta il massimo in- dice di variabilità negli individui dell’ Aniene (0,31), il mi- nimo in quelli del lago di Como ed in quelli del lago di Costanza (Sg. cephalus (L.). L'altezza della pinna anale 11 massimo indice in quel- li del Tevere e dell'Aniene. Le pettorali quasi sempre più variabili nelle femmi- ne che non nei rispettivi maschi. Le pinne tanto impari che pari, sono in genere di di- mensioni assai variabili, e maggiormente negl’individui di acque correnti, che non in quelli dei laghi. I’ altezza massima è pure notevolmente variabile in quasi tutti 1 gruppi. La lunghezza oro-anale e la distanza dall’apice del muso all’origine della dorsale, sono invece pochissimo va- riabili in tutti 1 gruppi. 2306 N. PIETRAVALLE Differenze quantitative. Gl'individui del fiume Reno (Basilea) e quelli del la- go di Costanza, appartenenti alla specie Sg. cephalus (L.) non presentano tra loro differenze quantitative importan- ti, anzi sì nota che molte dimensioni sono affatto uguali, e ciò non mi aspettavo considerando la diversità dell’am- biente in cui essi vivono. Questo gruppo quantitativa: mente si distingue aagli altri per la maggiore altezza mas- sima del corpo che giunge fino a 97/360 e la maggiore lun- ghezza oro-anale che giunge negl’individui del Reno a 262/360. Gl’'individui appartenenti alla specie Squalius leuci- scus (L.) del lago di Costanza, vengono caratterizzati dal presentare rispetto agli altri gruppi la minima lunghezza oro-anale (237/360), la minima distanza dall’apice del mu- so all'origine della dorsale (185/360) e la minima lunghez- za del capo (77/360). Gl’'individui del lago Trasimeno, descritti dal Bona- parte come Squalius albus e finora compresi come varietà nello Squalius cavedanus, si distinguono dai gruppi di altre località perchè presentano la minima altezza mas- sima (68/360), il che conferisce loro un aspetto più slan- ciato come dico in altra parte. E’ pure in essi caratteristi- ca la massima lunghezza del capo (92/360). Gl'individui del Tevere, dell'Aniene e del lago di Como presentano 1l minimo sviluppo nelle pinne pettorali ed anale. Tra loro non ho osservato differenze tali che va- lessero a distinguerli, per modo che tutti mi rappresen- tano la forma tipica dello Squalius cavedanus, Bp. Tutti gl’individui studiati si possono quindi dividere in quattro gruppi: DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 253) a) Individui del lago di Costanza e del Reno, ap- partenenti alla specie Squalius cephalus, (L.). b) Individui di varie località italiane che manten- co nello Squalius cavedanus, Bp. c) Individui del Trasimeno, già descritti da Bo- naparte nella specie Squalius albus, in seguito compresi nello Squalius cavedanus e che io ritengo, come dirò in seguito, doversi tenere separati. d) Individui del lago di Costanza, appartenenti alla specie Squalius leuciscus, (L.). Credo utile ora riportare altri caratteri differenziali, non quantitativi, che contribuiscono a dare ai singoli grup- pi un factes particolare. Individu del gruppo A (Squalius cephalus (L.) del lago di Costanza e del Reno (Basilea). In questi individui il corpo è compresso ai lati, più elevato nella regione dorsale che nella ventrale. Il pro- filo superiore è convesso e segue una curva, in alcumi in- dividui dolcemente degradante dal muso alla caudale, in altri più accentuata sulla nuca e accennata appena o nulla dalla pinna dorsale alla caudale. TI profilo inferiore è presso a poco uguale al superiore: talora sensibilmente più convesso, altre volte invece più appiattito sul petto. Il capo è subconico con muso più o meno arrotondato e generalmente leggermente ottuso. Il suo profilo superiore è quasi sempre convesso e si continua armonicamente col profilo del dorso. Più o meno accentuato, ma in modo si- migliante si presenta il profilo inferiore. La bocca è relativamente larga, terminale o un po’ inferiore negl’individui vecchi, più o meno obbliqua, ed 238 N. PIETRAVALLE arriva fin sotto alle narici o al margine anteriore del l'occhio. La mascella superiore sporge appena sull’infe- riore e le labbra sono bene sviluppate. L'opercolo è trapezoidale e solcato da raggi più o meno appariscenti. Il lato superiore è più lungo della metà dell’inferiore, 11 quale è leggermente convesso; il lato po- sterlore è sensibilmente concavo. Il preopercolo ha i margini anteriore e posteriore, convessi, formanti tra loro un angolo arrotondato. Lungo questi margini sporge l’interopercolo triangolare. Il su- bopercolo è semilunare. Le ossa faringee sono robuste ed allungate. La branca superiore è corta, larga ed inclinata, e si continua per mezzo di una curva regolare nella branca inferiore che è più lunga e più sottile. 1, prolungamento aliforme for- ma col corpo dell'osso un angolo ottuso col vertice arro- tondato superiormente, e sporge ad angolo acuto inferior- mente: il suo margine posteriore è quasi rettilineo. I denti faringei son disposti in due serie in numero di 5 e 2 da ciascun lato. Essi sono forti alla base, un po’ com- presso sulla corona, col margine interno dentellato più o meno distintamente, e terminano a punta uncinata, che nella serie posteriore va decrescendo dal primo all’ultimo dente, il quale è quasi conico. I denti della serie anteriore sono notevolmente più piccoli di quelli della serie poste- riore e occupano lo spazio corrispondente al secondo e ter- zo dente di quest’ultima serie (Tav. IT. fig. 5). La pinna dorsale nasce un po’ più indietro che le ventrali e precisamente sulla 18% o più raramente sulla 17.0 19. squama della linea laterale. Il margine superiore è quasi rettilineo. ssa conta da 11 a 12 raggi di cul 8 semplici e 8 a 9 divisi. I raggi semplici vanno crescendo dal primo, molto piccolo, al terzo che è generalmente in DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 239 lunghezza 11 doppio del secondo ed è uguale al primo di- viso, al contrario del raggi divisi che vanno gradatamente decrescendo, in modo che l’ultimo diventa la metà del primo. L’anale nasce un po’ più in avanti della dorsale abbas- sata e propriamente in corrispondenza della 27* o meno frequentemente della 26° squama della linea laterale. Con- ta più spesso 11 raggi, più raramente 12 di cui 3 semplici e 8 o 9 divisi. Il suo margine posteriore è convesso. Le pettorali decrescono rapidamente dal primo al- l’ultimo raggio ed hanno il margine inferiore arrotondato. La loro punta, abbassata, corrisponde alla 10° o 11° squa- ma della linea laterale. Hanno da 16 a 18 raggi, di cui uno semplice e 15 a 17 divisi. Le ventrali hanno origine generalmente, in corrispon- denza della 16° ma anche della 15% squama della linea la- terale; il loro margine inferiore è arrotondato e contano 2 raggi semplici e 8 divisi. Il primo diviso è il più Iunge di tutti, il primo semplice è il più corto. La caudale è forcuta ed ha i lobi piuttosto acuminati, col margine un po’ convesso, e presso a poco uguali, per quanto talvolta l'inferiore si presenti un po’ più lungo del superiore. Scorrendo questa pinna dall’alto in basso in- contriamo 7 e anche, qualche volta, 6 o 8 raggi semplici non articolati, 4 semplici articolati, 17 divisi e 6 0 7 sem- plici. Le squame sono grandi e più o meno arrotondate a seconda delle diverse parti del corpo. Le squame della re- gione media del corpo, immediatamente al disopra della linea laterale, sono le più grandi, arrotondate nel margi- ne libero, con tre lobi nel margine fisso. Da un nodo posto quasi al centro della squama, partono dei radii diretti ai due marginî, con una disposizione a ventaglio: più rego- 240 N. PIETRAVALLE lari e più distinti sono quelli diretti al margine libero i quali possono variare da 5 a 15 e anche più. Delle strie concentriche, sottili e riavvicinate nella parte nascosta, più grosse e più distanti tra loro nella parte scoperta, completano la squama. Più piccole sono ile squame latera- li della regione anteriore del corpo, e ancora minori quelle della regione posteriore, le quali son anche più irregolari, più allungate, col nodo da cui si partono i radii, spostato alquanto verso il margine fisso. Le dorsali mediane sono più piccole, con un maggior numero di radii e col.margi- ne fisso poco distintamente lobato. Ancora più piccole e quasi ovali col nodo ancora più spostato verso 11 margine fisso, si presentano le squame pettorali. (Tav. II fig. 1). La linea laterale è completa e scorre poco più giù della metà del corpo, descrivendo una curva quasi parallela al profilo del ventre, dall’angolo superiore dell’opercolo alla metà circa della radice della codale. Su di essa si contano da 44 a 48 squame simili alle altre vicine, col tubicino bene sviluppato, più corto ed obbliquo nelle squame, ante- riori, più sottile, più dritto e più lungo nelle posteriori, le quali sono anche più piccole delle altre. Sulla liena tra- sversale 7 a 8 squame superiormente e ,3 a 4 inferior- mente alla linea laterale. Individui del gruppo B (Sq. cavedanus Bp.) del Te- vere, dell'Aniene, del lago di Como, del Trigno, ecc. In questi individui il corpo è più spesso che in quelli del gruppo A, specialmente nella regione dorsale. Il pro- tilo superiore è ora più convesso,bruscamente curvato sul- ia nuca, ora più dolce e regolare dal muso alla coda. Il profilo inferiore è ugualmente convesso, ma, dall’origine della pinna anale alla codale, è più o meno marcatamente concavo. Tl capo è più acuminato che nel gruppo precedente e — n DEL GEN. « SQUALIUS » BP. ZA il suo profilo superiore è più rettilineo e più inclinato e si continua talora regolarmente col profilo del dorso, special- mente negl’individui dello Scrivia e del Trigno, ma più spesso forma con esso un angolo ottuso come frequente- mente notasi negl’individui del Tevere, dell'Aniene e an- che del lago di Como. Il profilo inferiore è convesso o qua- sl rettilineo. La bocca è un po’ meno obliqua che negl’individui del gruppo 4 e la sua apertura raggiunge tutt'al più il mar- gine anteriore dell’occhio. Le ossa opercolari si presentano presso a poco uguali a quelle del gruppo precedente, con l’opercolo un po’ più quadrato per la maggiore lunghezza del lato superiore. Le ossa faringee simili a quelle dianzi descritte. Una so- miglianza maggiore si riscontra negl’individui del lago di Como: in generale la branca inferiore è più sottile e più lunga, e negli individui delle altre località Pangolo infe- riore sporgente del prolungamento aliforme è arrotonda- to e sensibilmente ricurvo (Tav. II. fig. 7). La pinna dorsale prende origine sulla 18* o 17° squa- ma della linea laterale o più raramente sulla 19*; un po più indietro quindi delle pinne ventrali che hanno la loro inserzione al disotto della 15° o 16° squama della linea la- terale. Essa conta 3 raggi semplici e 8 09 divisi. Il suo margine superiore è rettilineo, più inclinato che negli in- dividui del gruppo A. Le ventrali hanno il margine inferiore arrotondato e generalmente due raggi semplici e 8 divisi. Le pettorali simili a quelle già deseritte innanzi, con 17 0 18 raggi di cul uno semplice e 16 o 17 divisi: ho ri- scontrato più frequentemente 18 raggi negl’individui del lago di Como. Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 2 242 N. PIETRAVALLE Nell’anale ho trovato sempre il margine posteriore con- vesso e tre raggi semplici e, al contrario degl’individui del gruppo A, più spesso 9, più raramente 8 raggi divisi. Er- rava quindi il Canestrini quando affermava che nello Sq. cavedanus il margine dell’anale era rettilineo, come a torto Heckel e Kner attribuirono a questa pinna due raggi semplici. La caudale è profondamente forcuta, col lobo superiore quasi sempre sensibilmente più lungo dell’infe- riore. Il numero dei raggi è su per giù uguale a quello ri- portato pel gruppo A. La forma delle squame varia a seconda delle diverse parti del corpo ed anche in rapporto alla località. I lobi delle squame mediane laterali, sono generalmente un: po meno regolari che nel gruppo precedente e a contorno più o meno inciso. Le strie concentriche sono invece più rego- lari e dal nodo centrale si partono per lo più un maggior numero di raggi diretti alla parte libera. Le squame an- teriori differiscono poco dalle mediane : le prime sono in genere più basse. Le pettorali sono quasi ovali con contor- no più o meno regolare; le dorsali più o meno arrotondate o pentagonali col margine fisso più o meno frastagliato (Tav. II fig. 3). La linea laterale è ora più curva ora più raddrizzata, e conta da 43 a 48 squame. Sulla linea trasversale 10 a 12 squame :.6 a 8 al disopra della linea laterale, 3.a 5 al disotto di essa. I limiti di 6 e 5 squame non sono riportati dagli autori: lo ho riscontrato il primo in due individui giovani appartenenti uno al Tevere, l’altro allo Scrivia, e il secondo in una femmina dell'Aniene e in un’altra del Trigno. Il colore varia in individui di località diverse e tal. volta anche in individui della stessa località. Nel Tevere e nell’Aniene ho trovati individui più DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 243 Fond chiari ed altri più scuri. Negli uni il dorso è color grigio piombo con riflessi verdastri e il ventre perlaceo, negli altri il dorso è bianco giallastro più o meno sfumato di grigio e il ventre bianco argenteo. Gl’individui dei fossi dei dintorni di Roma presentano più o meno la colorazione di questi ultimi, con dei riflessi verdognoli sul dorso, e ciò mi fa supporre che gl’individui chiari del Tevere e dell'A - niene siano quelli, che emigrati prima nei fossi, tornano nei fiumi quando le condizioni di vita diventano colà dif- ficili. Gl'individui del Trigno sono grigio-chiari con riflessi verdi superiormente e. bianco-argentei inferiormente. Quelli del lago di Como sono d’un grigio-acciaio molto accentuato, con riflessi metallici sul dorso degradante sui fianchi in una tinta più chiara, e bianco-argentei nella parte inferiore del corpo. In questi individui le pinne sono scure specialmente sul margine libero e le squame presen- tano una punteggiatura più o meno fitta. Negli altri indi- vidui le pinne sono più o meno chiare o scure sui margini. La macchia oscura tra l’opercolo e le pettorali, attri- buita da Steindackner (50) come carattere distintivo, a questo gruppo, io non l’ho quasi mai riscontrata negli e- semplari da me esaminati. (Continua). Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI OAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ton ——_—_—_— Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma (Ved. vol. preced. del Bollettino) PARTE SECONDA. Fam. Therevidae. Gen. THEREVA Latr. 162. 7. amis L. Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza indica- zione di epoca. 165. T. annulata F. Abbondante in giugno sulle rive del Tevere. Sulla spiaggia di Fiumicino in maggio, sul ginepro. 164. T. arcuata Lw. Specie non rara. Gli esemplari provengono da villa Glori; monti Parioli; ponte Nomentano; da villi- ni nell’interno di Roma; la selva di Marino. Fre- quenta i prati umidi. Da aprile a luglio. In copula fu trovata dal Barbiel- lini in maggio. 165. T°. plebeja L. Specie molto rara. Due sole femmine, una da Ostia, l’altra dalle falde del monte Artemisio. Sull’edera in fiore; settembre. 166. T tristis Lw. Acqua acetosa, presso il Tevere; ponte Nomentano e qualche altro punto non determinato dei dintorni di Roma. CATALOGO DEI DITTERI 245 Aprile, maggio, ottobre. In copula in aprile. Gen. Puavcus. Wélk. 100.PP. dvspar Nero. Una sola femmina trovata a Villa Umberto I dal Bar- biellini, in giugno. Fam. Scenopinidae. Gen. SCENOPINUS Latr. 168. S. fenestralis L. Dintorni di Roccantica, di estate; nell'interno delle case. Raro. 169. S. glabrifrons Mg. Frascati; agosto. Specie molto rara. Fam. Empidae. Gen. BracHYSsTOMA Meig. 170. B. vesiculosum, Fab. Specie piuttosto rara. Rinvenuta a Ladispoli, Brac- ciano, e presso Roma alle terme di Caracalla, a vil- la Umberto I, e nei pressi di S. Agnese. Sulle foglie, all'ombra. Aprile, maggio. Gen. EmpIs L. 171. E. decora Meig. S. Agnese e luoghi circostanti sulla via Nomentana; monti Parioli; Ostia; Gianicolo; villa Glori. Specie frequente in maggio e giugno. Si trova sul. l’erba. 172. E. lutea Meig. Villa Glori, e villa Umberto I. 246 175: Peo: is 178. G. TUCCIMEI Specie rara. Si trova in maggio e giugno. . E. nepticula Lw: Rive del Tevere; villa Umberto I; Acqua traversa; via Flaminia; Prati fiscali, Ladispoli, Specie piuttosto abbondante di aprile e maggio; fre- quenta l'erba dei prati. . E. tessellata È La var. atripes Strob. è di varie località dei dintorni di Roma, e della via Flaminia. La var. vida F. oltre ai dintorni di Roma; è stata trovata presso Roccantina, sul nocciolo. — ‘Aprile. Gen. HiLaRA Meig. H. chorica FÌl. Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulle rive del Tevere, in Maggio. H. maura F. Una sola femmina trovata alla Travicella, sull’erba. Aprile. H. scrobiculata Lw. Ladispoli; aprile. Un solo maschio. Fam. Dolichopidae. Gen. DoLIcHoPUS' Latr. D. griserpennais St. Assai abbondante in certe località. Ne ho raccolto molti esemplari a villa d'Este a Tivoli, e alle falde del monte Artemisio presso Velletri. Intorno a Roma poi a villa Umberto I, acqua ace- tosa, S. Agnese, la Farnesina, villa Carpegna, Ostia. Si raccoglie sull’erba umida dei prati e sulla parie- taria; sempre all'ombra. CATALOGO DEI DITTERI 247 Aprile, maggio, agosto, settembre. 179. D. nitidus FII. Selva di Marino; dintorni di Olevano. Sull’erba. Luglio, agosto. Raro. Gen. PorcILOBOTHRUS Mik. 180. P. ducalis Lw. Ladispoli; luglio (Barbiellini). 181. P. regalis Meig. Più maschi catturati dal Barbiellini a Villa Umberto I, in maggio, vicino alle fontane, ai piccoli riga- gnoli, alle pozze stagnanti. Gen. ORTHOCHILE Latr. 182. 0. unicolor Lw. Via nomentana; villa Glori. Maggio; raro. Gen. PorpHyroPps Meig. 183. P. crassipes Meig. Un solo esemplare trovato dal Barbiellini sulle rive del Tevere in giugno. Gen. MeDETERUS Fisch. 184. M. diadema L. Un solo esemplare trovato dal Barbiellini presso la via Nomentana, in maggio. “ Gen. ScELLUS Lw. 185. S. notatus F. Specie assai rara trovata dal Barbiellini a villa Um- berto I, e da me nei giardini del Vaticano. Aprile e maggio. Gen. HypRoPHorUs Fall. 186. H. praecox Lehm. Rive del Tevere. Maggio. RE 248 G. TUCCIMEI Gen. LIANCALUS Lw. 187. L. virens Scop. Acquacetosa — Monti Parioli — villa Umberto I — via Nomentana. Specie frequente. Maggio e giugno. II. CYCLORRHAPHA ASCHIZA, Fam. Syrphidae. Sub fam. Syrphinae. Gen. PaRrAGUS Latr. 188. P. albifrons FI. Un solo maschio trovato all’Acqua acetosa dal Bar- biellini, di maggio. 189. IP. ibicolor IF. Via Salaria; villa Glori; falde del monte Artemisio; Roccantica. Si trova falciando sull'erba. Maggio, settembre. Abbondante. 190. P. bicolor F. var. lacerus Lw. Un solo maschio, trovato nei giardini del Vaticano in maggio. Id. var. testaceus Mgn. Viale dei Parioli; m. Artemisio; S. Angelo presso Poggio Mirteto, Roccantica. Sull’edera in fiore; a volo; si posa anche sugli abiti. Giugno, agosto, settembre. I maschi non sono rari. 191. P. cinctus Schin, et Egg. Roccantica; Montopoli; agosto e settembre. Sulle siepi. sull’erba. Specie rara. CATALOGO. DEI DITTERI 249 192. P. quadrifasciatus Mg. Villa Corsini; Roccantica. Sull’erba; luglio e agosto. Raro. Una sola femmina e qualche maschio. In tutte le specie di questo genere le femmine sono raris- sime, sicchè spesso nella mia collezione sono rappre- sentati 1 soli maschi. 193. P. tibialis Fall. La var-haemorrhoidalis Mg. è molto abbondante fra noi; più rara la var-coadunatus Rond. Ho due soli maschi della var-triangulifer Zett. Via Aurelia; viale dei Parioli; bosco dei cappuccini a Palestrina ;villa Antonelli pr. Velletri; Roccanti- ca ,Olevano; strada da Subiaco a Bellegra; Monto- poli.in Sabina. A volo; sul nespolo, sulla mentuccia. Da giugno a settembre. Gen. Prpiza. Fall. 194. P. vitripennis Mg. Un solo maschio trovato presso alla strada di Roc- cantica, a volo, sul prato. Aprile. Gen. PiPIZELLA Rond. 195. P. virens, Fab. Piazza d'armi, monti Parioli, Acqua acetosa. Maggio e giugno. Assai rara. Gen. CHRysogASTER Meig. 196: C. metallina F. Due sole femmine. Rive del Tevere. Maggio. 197. C. splendens Mgn. Farnesina, Acqua acetosa, forte Bravetta, Volpigna- no presso Poggio Mirteto. Aprile, maggio, ottobre; sull'erba, sull’edera in fiore. Raro. Non ho trovato che maschi. 250 198. 199. 200. 201. 202. 203. 204. G. TUCCIMEI C. viduata L. Una sola femmina trovata sulla via Salaria presso Roma. Sull’erba. Maggio. Gen. ORTHONEURA Macg. O. brevicornis Lw. Rarissima. Un solo esemplare trovato al prato della Pallanzana, sull'erba. Settembre. O. frontalis Lw. Una sola femmina. Rive del Tevere. Maggio. O. nobilis Fall. Rive del Tevere. Maggio. Una sola femmina. Le specie di questo genere sono rare come quelle del C'hrysogaster. Gen. CHILosIA Meig. C. albitarsis Meig. Vigna Barbiellini; forte Bravetta; Roccantica; Ac- qua traversa sulla via Cassia; via Flaminia, villa Umberto I; ponte Nomentano. Sull’erba, e a volo. Aprile, maggio, agosto. C. camcularis Pz. Questa bella specie s'incontra non frequentemente sull'erba dei prati, e sulla parietaria, nel mese di settembre. L’ho da Acqua traversa nella campagna romana; da Villa d'Este a Tivoli, dal prato della Pallanzana nei monti presso Viterbo; e da monte Cavo (949). C. griseiventris Lw. Via Salaria, ed altre località intorno a Roma. Sul- l'erba. Maggio. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 21t 212: 215. 214. CATALOGO DEI DITTERI 25I C. grossa Fall. Villa Corsini sul Gianicolo. Via Cassia. C. latifacies Lw. Ho raccolto una sola femmina in settembre sulla vet- ta del m. Artemisio (812%) sul Seseli fortuosum. C. intonsa Lw. Acquatraversa; strada di Roccantica; sulla cicuta. Aprile, settembre. Rara. C. nigripes Mg. Un solo maschio trovato dal Luigioni a m. Cavo, in g1ugno. GC. proxima Zett. Pochi esemplari trovati dal Barbiellini sulla marru- ca, ma in località ed epoca non precisate. C. pubera Lett. Una sola femmina trovata alla Caffarella sul ranun- colo, di aprile. C. scutellata Fall. S. Valentino in Sabina; prato della Pallanzana pr. Viterbo; S. Angelo presso Poggio Mirteto in Sabi- na. Sul salice, sulla vitalba, sull'erba. Di estate fino al principio di ottobre. C. soror Zett. Un solo maschio preso a Roccantica, a volo, di agosto. C. variabilis Panz. Via Flaminia; vicolo del gelsomino presso la via Au- relia. Aprile, giugno. C. vernalis Fall. Due maschi trovati dal Barbiellini, presso la via No- mentana, di maggio. 252 2105. 216. 2a 218. 219. G. TUCCIMEI C. vulpina Meig. Varie femmine provenienti dal forte Bravetta, dalla Caffarella e da Anzio. Sull’erba fiorita, sulle ombrelli fere. Da aprile a giugno. Gen. PLATYCHIRUS Serv. P. clypeatus Mon. Una sola femmina trovata dal Barbiellini a villa Um- berto I in maggio. Gen. MeLANOSTOMA Schin. M. ambiguum Fall. Una sola femmina trovata dal conte Barbiellini a Villa Umberto I, in maggio. M. mellinum L. Si trova in molte località, ma sempre in scarso nume- ro d’individu1. Dint. di Roma, villa Borghese, villa Carpegna, giar- dino Vaticano, ponte Nomentano, Magliana; S. Va- lentino, villa Macchi presso Palestrina, la Serpen- tara e la Selva presso Olevano, villa d’Este, forte Bravetta. Sulle siepi, sulla mentuccia, sull'erba dei prati, più spesso sui tronchi di quercia e sull’erba secca. Da aprile a settembre. Gen. LASIOPHTHICUS Rond. L. pyrastri Lin. Una delle specie più frequenti; s'incontra di dimen- sioni variabili, e con tutte le gradazioni dal giallo al bianco delle macchie semilunari dell'addome; in qualche raro esemplare mancanti in parte. Interno di Roma sulle terrazze; campagna romana; CATALOGO DEI DITTERI 233 Castel S. Pietro e villa Macchi presso Palestrina; dintorni di Olevano; S.. Valentino, e S. Angelo presso Poggio Mirteto; Roccagiovine; Camaldoli presso Frascati (550). Sui fiori dei giardini; sull’erba dei prati e delle stra- de; attorno alle acque morte; sulla mentuccia; sul Rhamnus alaternus. Dall’aprile al settembre. I maschi più rari delle fem- mine. Gen. SyrpHus Fabr. 220. S. auricollis Meig. Forte Bravetta, Villa Carpegna, S. Paolo presso Ro- ma, vetta di m. Gennaro (1270"), Roccantica, Ca- maldoli presso Frascati, strada della Pallanzana. Da aprile a novembre. Nei luoghi elevati, come m. Gennaro e Camaldoli, in settembre in giornate tie- pide e buone. A volo, sull'erba dei prati, sull’edera in fiore, sul biancospino. 221. S. baltheatus D. C. Specie comunissima, ma di caratteri costanti. Nel dintorni di Roma; villa Umberto I, S. Agnese, la Farnesina, villa Glori, forte Bravetta; prato e strada della Pallanzana presso Viterbo; villa An- tonelli presso Velletri; villa Cesarini presso Gen- zano; villa Lancellotti, e villa Torlonia presso Fra- scati; dint. di Olevano; S. Valentino; villa d'Este; falde del m. Peschio; olmata di Palestrina, e hbo- sco del Cappuccini presso questa città. Preferisce i luoghi ombrosi, come boschi, siepi. Col. ta spesso a volo, sull'erba dei prati, sul terreno in- 254 222. 223. 224. 229. 226. 221. 228. G. TUCCIMET colto; sull’ortica, attorno ;al fiordaliso; sulla bella di notte, sul sambuco, sull’edera in fiore. Dall'aprile al settembre. I. maschi sono frequenti quanto le femmine. S. bifasciatus Fabr. Dintorni di Roma; giardino vaticano; Roccantica. Sul rovo. Aprile e maggio. Specie rara. S. cinctus Fall. Strada da S. Valentino a Bocchignano. Terrazza an- nessa al gabinetto di S. Apollinare. Sulle siepi; a volo. Settembre e ottobre. Specie rarissima. S. corollae Fab. Dintorni di Roma; villa Carpegna; rive del Tevere; ponte Nomentano; Ostia; strada di Palestrina. Si trova in vicinanza delle acque e spesso sui fiori di cicoria. Da aprile ad agosto. Specie non rara; le femmine più frequenti dei ma- schi. Se ne trova anche la varietà a macchie degli anelli addominali non separate. S. festivus Fabr. Una sola femmina trovata dal Sig. D. Vita. presso l’Acqua acetosa. S. latifasciatus Macq. Ho trovato un solo maschio alle falde del m., Artemi- sio, sull’erba, in settembre. S. hyalinatus Fall. Un solo maschio trovato dal Barbiellini sulla fine di ottobre a Tor di Quinto sulle foglie del sambuco. S. luniger Meig. Un solo esemplare, maschio, trovato a Roccantica, sul nocciolo. Aprile. CATALOGO DEI DITTERI 255 229. S. ochrostoma Zett. Una sola femmina trovata dal Barbiellini agli ulti. mi di maggio, presso l'Acqua acetosa. 230. S. mibesti Lin. Dint. di Roma, S. Agnese, forte Bravetta; dint. di Olevano; villa Macchi presso Palestrina; prato della Pallanzana, falde e vetta del m. Artemisio (812); Lariano presso Velletri; S. Angelo presso Poggio Mirteto. Sull’edera in fiore; sull'erba alta dei prati, sul ver- basco, sulle 1abiate, sui fiori del giardini. Da aprile a ottobre. Specie molto comune. uen. SPHAEROPHORIA Serv. 231. S. menthastri L. Un maschio trovato alle falde del m. Artemisio, sul- l'erba in settembre. Una femmina presso la via Nomentana in maggio. 252. S. scripta L. Specie comunissima presso a poco in tutte le località esplorate, comprese alcune elevate, come la Serpen- tara presso Olevano (650"), villa Antonelli presso Velletri, Bellegra (815") Palestrina, S. Valentino in Sabina. Nei luoghi erbosi, nei prati in pianura e in collina, nei giardini, sulla mentuccia, sulla vitalba, sulle ombrellifere, sui fiori della dalia. Facilmente si co- glie a volo. Da aprile e settembre. Rara la varietà S. nigricora Zett. che si trova in aprile e maggio sulle rive del Tevere. 256 253. 234. 239. 256. 237. G. TUCCIMET (ren. XANTHOGRAMMA Schîn. X.ornatum Meig. Dint. di Roma, villa Umberto I, la Farnesina etc.; dint. di Frascati, villa Lancellotti; villa. ‘Antonel- li presso Velletri; Palestrina, bosco dei. Cappucci- ni; Grottaferrata; Roccantica, S. Valentino: Specie comunissima, frequenta i luoghi umidi e om- breggiati. Si posa sul convolvulo, sull’edera in fio- re; sul rovo; sul carpino; sui fiori dei giardini. Si coglie anche a volo. Da aprile a settembre. Più frequenti i maschi. Gen. BaccHa Fabr: B. elongata Fab. Villa Umberto I, Grottaferrata, Roccantica. Mag- gio, giugno e luglio. Rara. Gen. Ascia Meig. A. podagrica Fab. Grottaferrata, falde del monte Artemisio, S. Valen- tino, Montopoli in Sabina. Sull’erba. Giugno, settembre. Specie rara. | Gen. RHINGIA Scop. R. rostrata Scop. Roccantica, sulla spighetta, di giugno. Una, sola fem- mina. Subfam., Volucellinae. Gen. VoLucELLA (Geoffr. V.inamis L. Macchia d’acqua traversa presso Roma; S.Angelo e S. Valentino presso Poggio Mirteto; monte Cavo. Sui muri, tra i canneti. Non molto frequente, i maschi più rari delle femmine CATALOGO DEI DITTERI 257 238. V. bombylans L. Rarissima anche questa specie, di cui ho una sola femmina, raccolta dal Luigioni sul monte Cavo. 239. V. pellucens L. Una sola femmina raccolta dal conte Barbiellini, a Villa Borghese, sulle siepi in giugno. A me non riuscì mai trovarla, nè agli amici ed entomologi che cercarono questa bella specie per conto mio. Debbo ritenerla quindi rarissima ed avventizia nel territorio romano, come nella Sabina. Tanto più dacchè Lioy (1) la dice frequente in tutta TI- talia, il prof. Bezzi (2) che ha illustrato gran parte dell’Italia, la cita per il Trentino e la Sicilia, e la dice vivente a Vallombrosa; e 11 Rondani la cita per il Piemonte e la Sicilia, e la dice rara nelle col- line e nell'Appennino parmense (8). 240. V. zonaria Poda. Dint. di Roma; Ostia; Villa Lancellotti presso Fra- scati; Strada della Pallanzana; dint. di Tivoli; dint. di Olevano; Manziana; monte Calvario pres- so Oriolo romano; S. Angelo presso Poggio Mir- teto. Rinviensi da maggio a settembre, sopratutto in que- st'ultimo mese quando l’edera è in fiore, perchè è (1) Lioy. Ditteri italiani. Milano (Hoepli) 1895 pag. 179. (2) M. Bezzi. I ditteri del Trentino. A. d. Soc. veneto-trentina di scienze naturali. S. II vol. .I fasc. 1'-Padova 1893.' pag. 73 dell'estr. Idem. Ditteri delle Marche e. degli Abbruzzi, 2. cont. Boll. d. Soc. entom. it. Firenze 1900, pag. 12 dell’estr. Idem. Enumerazione dei ditteri fino ad ora raccolti in Sicilia. Il Naturalista siciliano, Ann. II. Palermo 1897, pag. 29 dell’estr. (3) C. Ronpani. Dipterologiae italicae prodromus. Parma 1897, Vor IL pag. ab Bollett. Soc. Zoologica Italiana 258 G. TUCCIMEI questa la pianta sulla quale sovrabbonda: — Ne ho raccolte anche fra i canneti. Talvolta si posa sui muri di campagna. Il Barbiellini l’ha notata sul sambuco. I maschi sono più rari delle femmine. Ma la specie è molto abbondante. Subfam. Bristalinae. Gen. FrIsTALIS L. 241. E. arbustorum L. Entro Roma al Colosseo; rive del Tevere, monti Pa- rioli; la Caffarella; forte Bravetta; villa Umber- to I; Ostia; falde del,m. Artemisio; villa Antonel- lì presso Velletri; S. Angelo presso Poggio Mir- teto, S.Valentino. Sulla pastinaca, sull’ortica, sull’erba dei prati, attor- no alle acque putride. Da aprile a settembre. Abbondante. 242. E. pratorum Meig. Specie rara. Tre sole femmine trovate ad Acqua tra- versa, S. Paolo, e alle falde del.M. Artemisio. Sulla vitalba, agosto. 243. E. nemorum L, Acqua traversa, Farnesina, rive del Tevere, strada della Pallanzana, la Serpentara presso Olevano, forte Bravetta; S. Valentino; Valle Casale e S. Angelo presso Poggio Mirteto; castel S. Pietro so- pra Palestrina (752). Specie comunissima nei luoghi bassi e paludosi, at- torno alle acque morte e presso le correnti; sì pren- de anche sull’edera fiorita e sulterba alta dei prati. Da aprile ai primi di ottobre, ugualmente abbondan- ti i maschi e le femmine. CATALOGO DEI DITTERI 25G 244. E. pertinar Scop. Specie communissima che accompagna l’Eristalomy- ta tenax che tanto gli somiglia. Si trova in quasi tutte le località nominate per le precedenti specie. Ricordo particolarmente le vette dei monti Arte- misio (812"), Scalambra (1419”) e Gennaro(1270”) I monti Parioli presso Roma, Lariano presso Vel- letri, Genzano, etc. Frequenta l’erba alta e fiorita, l'edera in fiore, la mentuccia, il cardo; si lascia cogliere a volo. Da maggio a ottobre; abbondante specialmente in settembre. Gen. LATHYROPHTHALMUS Mk. 245. L. aeneus Scop. Rive del Tevere; la Caffarella; piazza d'Armi; Ac- qua traversa; dint. di Palestrina. Si trova nei luoghi umidi e vicino alle acque; sulla mentuccia, sui fiori dei giardini, sull'erba dei pra- ti. Aprile, luglio, agosto. Rara. 246. L. quinquelineatus F. Una sola femmina trovata ad Acquatraversa dal si- gnor Vita, ma in epoca non precisata. Gen. EristALODES Mik. 247.E. taeniops Wiedm. Dint. di Roma; Acqua traversa; San Valentino in Sabina; dint. di Olevano; strada della Pallanza- na; villa d’Este presso Tivoli; falde del m. Arte- misio; Fiumicino. Frequente attorno alle acque morte e correnti; sì trova anche sull’edera in fiore, sulle ombrellifere e sul fioraliso. 260 G. TUCCIMEI Da giugno a ottobre. In ugual proporzione i maschi e le femmine. Un maschio fu rinvenuto ai primi di decembre sul viale dei Parioli presso Roma, persistendo da qualche tempo il vento di scirocco. Gen. ERISTALOMYIA Rond. 248. E. tenaa L. 249. 250. 291. Una delle specie più comuni di tutto l'ordine, e in genere In stuoli numerosi. Trovata presso a poco in tutte le località esplorate. Ricordo specialmente monte Cavo, vetta del m. Artemisio, Tusculo (670) Bellegra, via Appia antica, etc. Si raccoglie anch'essa, presso ai corsi d’acqua, e sulle acque putride; frequenta poi le siepi, l'erba dei prati, le ombrelfifere, la vitalba, il sambuco, il sa- lice, il verbasco, la mentuccia, l'edera, il Senecio vulgaris, sintroduce nelle case di campagna. Dall’aprile all’ottobre. Ugualmente frequenti i ma- schi e le femmine. Gen. ERISTALINUS Rond. la E. sepuleralis Lin. Piazza d’armi e villa Glori presso Roma. Sulle piante acquatiche; entro a pozze di acqua. Maggio, luglio. Specie rara. Gen, HeLOPHILUS Meig. H. pendulus Lin. Una sola femmina trovata di aprile sull'erba alta e fiorita degli spalti del forte Bravetta, tra le vie Aurelia e Portuense. H. trivittatus Fab. Forte Bravetta, Caffarella, Acqua acetosa ed Acqua CATALOGO DEI DITTERI 20I traversa presso Roma; prato della Pallanzana pr. Viterbo. Piuttosto abbondante, si raccoglie sulle rive dei ru- scelli, sul salici, e sull’erba alta e fiorita, non che a volo. Alcuni esemplari della mia collezione sono stati tro- vati di aprile e di giugno. In quest’ultimo mese il conte Barbiellini ha fatto interessanti osservazio- ni sulle larve che descrive grosse e munite di lun- ga e sottile coda. Le ha vedute formicolare in gran numero nel liquido infetto che colava da una con- cimaia nella località della Caffarella. Le masse vi- venti di queste ÎIarve aveano un movimento isocro- no singolare. I Di questa specie non ho alcun maschio. Gen. MviaTROPA Rond. 252. M. florea Lin. E una delle specie più comuni di tutto l'ordine. Ne ho in quantità, provenienti da quasi tutte le lo- calità esplorate. Ricordo specialmente la Farnesi- na, Acqua acetosa, forte Bravetta, Acqua traver- sa, giardino Vaticano, ed altre località intorno a Roma; Villa d’ Este e strada degli Arci presso Tivoli, dintorni di Olevano, di Velletri, di Vi- terbo, di Marino, villa Lancellotti, falde del m. Artemisio e del m. Peschio, San Valentino. Frequentissima sull’edera in fiore e sulle ombrellite- re; sull'erba dei prati e sulla marruca. Ne ho rac- colte anche sul castagno, e sul granturco. Durante il cattivo tempo si ricovera entro le case. Comincia ad apparire in aprile, e si protrae fino al mese di ottobre. I maschi abbondano come le fem- mine. (Continua). ISTITUTO Z00LOGICO NELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO Strria, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' (Contin. ved. fasc. 3, 4, 5 e 6 1508, pag. 137-144) XI. — SIGNIFICATO FISIOLOGICO. Dalla incertezza di opinioni sul significato morfolo- gico delle cellule interstiziali, risulta in gran parte la no- tevole varietà di ipotesi emesse circa il significato fisiolo- gico. Vi è chi sostenne fossero elementi destinati alla di- struzione dei tubuli seminali, e chi volle invece determi- nassero lo sviluppo della linea seminale; vi è chi preten- de abbiano un ufficio di nutrizione della parte seminale, e chi sostiene che siano gli elementi della secrezione endo- crina. E’ dunque assai interessante esaminare le singole opinioni, per trarne delle conclusioni interessanti. Lenhossek nel 1897 ritenne che le cellule interstiziali rappresentassero un resto di quei tessuti, i quali hanno servito per formare il testicolo; e che fossero, dal punto di vista fisiologico un organo di riserva. I cristalloidi sareb- bero impiegati dall'organismo per fabbricare la linea se- minale. Lenhossek sosteneva questa ipotesi, perchè diceva di aver notato, che i cristalloidi non si trovano più quando è finito il periodo della fecondità. Naturalmente le suces- sive nostre conoscenze hanno potuto far escludere del tutto una simile teoria, la quale ormai ha solo un'importanza storica. LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 263 Un'opinione del tutto opposta a quella di Lenhossek fu emessa l’anno dopo da Mathieu, il quale disse che, al- l’infuori del suo ufficio secretorio, la cellula interstiziale sembra abbia uno scopo attivo, ossia la invasione e la di- struzione dei tubuli seminiferi, quando l’ufficio del te- sticolo è finito dal punto di vista spermatogenetico. Ma- thieu si basava sullo studio dell’elemento intestiziale negli animali criptorchidi; e quindi è facile ora comprendere come abbia mal interpretato dei fatti confermati poi da altri Autori, ma ben diversamente e più giustamente intesi. Però una teoria di più solide basi, che ancor oggi ha dei sostenitori autorevoli, è quella secondo cui si conside- rano gli elementi interstiziali come un organo tropico del testicolo, destinato alla nutrizione dei tubuli seminiferi. Secondo tale ipotesi, questi elementi accumulerebbero dei materiali nutritizi portati dal sangue per i vasi, li ela- borerebbero nel loro citoplasma, e li fornirebbero quindi trasformati al sincizio nutritizio o sincizio di Sertoli. Il sincizio alla sua volta assorbirebbe 1 materiali allo stato di dissoluzione, e li distribuirebbe poi ai diversi ele- menti della linea spermatogenetica, e sovratutto agli spermatidi nel periodo della loro metamorfosi in spermidi. Plato pel primo nel 1896 emise questa opinione, dopo avere studiato il grasso delle cellule intestiziali, il quale avreb- be traversato, secondo lui, allo stato di dissoluzione la membrana propria dei tubuli seminali. Dopo fu sostenuta da Beissner; egli, pur mettendo in dubbio la necessità del grasso per le cellule seminali, pensò che l'assorbimento da queste cellule dovesse avvenire con le stesse regole esi- stenti per l’assorbimento intestinale dei grassi. Friedmann sostenne che il grasso penetrasse sotto forma di goccioline attraverso la membrana, l’idea combattuta da Beinner; ma in fondo ammise che la sostanza interstiziale del te- sticolo costituisca un organo trofico per gli elementi se- 204 VALENTINO BARNABO” minali. L'esperienza di Cl. Regaud, già altre volte ricor- data, con la colorazione mediante la lacca ramata d’ema- tossilina, sembra non lasciar dubbio sul passaggio delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sincizio nutritivo e di là negli elementi seminali. E anche Bouin e Ancel, i quali ripeterono l’esperienza, ottennero gli stessi risultati e conclusero che la glandola interstiziale va con- siderata come un organo partecipante alla nutrizione dei tubuli seminali e degli elementi da questi racchiusi. Questa teoria ha però anche degli autorevoli oppo- sitori, specialmente in coloro che ritengono le cellule in- terstiziali come l'organo destinato alla secrezione interna del testicolo. Sono queste le due correnti presenti, causa in Francia anche di polemiche assai interessanti per la di- mostrazione di qualche fatto nuovo, e per la critica. Tra i partigiani di queste due ipotesi, vi sono poi alcuni so- stenitori di una teoria eclettica, secondo i quali le cellule interstiziali avrebbero la funzione di organo trofico per gli elementi seminali e anche quella della secrezione in- terna. Dopo gli esperimenti di Brown Séquard, non rimase dubbio sulla secrezione interna del testicolo; ma sorge na- turale il desiderio di osservare a quale elemento istologico fosse dovuta tale secrezione; fu quindi accolta con favore l’idea emessa da Reinke nel 1896, che i cristalloidi delle cellule interstiziali ne rappresentino appunto la costitu- zione morfologica. Secondo Reinke questa secrezione sa- rebbe versata dalle cellule interstiziali dopo la loro ela- borazione, nei linfatici e di lì passerebbe poi nel sangue. Anche Pruneau ritenne le cellule interstiziali come l'or- gano della secrezione interna, basandosi sulle esperienze colla legatura del deferente; e dopo lui Cunéo e Lecène sostennero la medesima idea, perchè, dallo studio del te- sticolo ectopico essendo risultato che le cellule interstiziali aumentano di volume e si ordinano intorno ai vasi, pote- rono spiegarsi come i caratteri del femminismo nei crip- | | i | | | Ì | LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 265 torchidi siano indice di una secrezione interna insuffi- ciente. Regaud poi dai suoi studî concluse, che si trova nel testicolo una parte modificata, detta segmento termi- nale, in cul non VI è produzione di sperma; e che vi sono parti segreganti di più e parti segreganti di meno. Dallo studio del testicolo ectopico, risulta l’esistenza di una secrezione interna e di una esterna, ragione per cui anche un testicolo sterile non è del tutto inutile per l'organismo. Ma cosa intende Regaud per segmento terminale? Su un altro lavoro in collaborazione con Policard, egli dichiara le cellule interstiziali l’organo della secrezione interna. Vedemmo già che anche Loisel ammise per il testicolo due secrezioni distinte, una esterna e l’altra interna; e che questa seconda sarebbe una secrezione chimica provo- cante un’attiva distruzione di grasso dell'organismo, e il dimagramento consecutivo del maschio all’epoca degli amori, o l’ingrassamento del maschio castrato. Lo studio del testicolo della H'oudia madagascariensis convalidò, co- me pure vedemmo, le opinioni di Loisel, 11 quale ritenne la glandola interstiziale analoga, in certo qual modo, alle capsule surrenali e ai gangli linfatici. Egli però non volle ritenere le cellule interstiziali come l’unico organo desti- nato alla secrezione interna, ma pensò invece che a que- sta funzione fossero destinate tre forme particolari di elementi : le cellule interstiziali, le germinative, e quelle del Sertoli. Secondo lui difatti queste tre specie di cellule hanno la stessa origine e forse possono passare una nel- l’altra. Noi abbiamo anche detto che gli ulteriori studî non possono più far ritenere esatte le asserzioni di Loisel; e diremo poi che ia sua ipotesi sulla triade funzionale ha avuto pure degli oppositori. La teoria secondo cui la cellula interstiziale sarebbe l'organo della secrezione interna ebbe però altri sosteni- tori in Mosselmann e Rulay, i quali pensarono pure che questa cellula potrebbe servire alla determinazione di al- 2606 VALENTINO: BARNABO’ cuni caratteri proprî al maschio; e poi in Stéphan: e in Félizet e Branca, i quali si domandarono, ma senza poter rispondere, se la secrezione interna avesse avuto per effetto di bilanciare la secrezione esterna. Finalmente Richon e Ieandelize notarono che gli effetti ottenuti sull'organismo dopo la castraziore sono dovuti alla mancanza dell’elemen- to interstiziale, e siccome il pene degli animali dopo la le- gatura del deferente seguitava a svilupparsi, ammisero che la glandola interstiziale, da sola abbia Tufficio della secrezione interna, contrariamente all’opinione di Loisel. Bouin e Ancel obbiettarono però, che la parte genitale in via di atrofia potrebbe ancora eliminare dei prodotti, assorbibili dall’organismo. Vengono quindi i lavori di Bouin e Ancel, i sosteni- tori più strenui di questa teoria. In una serie di pubbli- cazioni dal 1903 in poi sono studiate accuratamente molte ed è ammessa la conclusione che la glandola interstiziale ed è emessa la conclusione che la glandola interstiziale abbia un’azione generale sull'organismo mediante una se- crezione interna. A ciò portarono gli studî sullo sviluppo dj questa glandola nel testicolo dell'embrione, varie espe- zienze, e finalmente l’esame del testicolo ectopico negli animali criptorchidi. Le cellule interstiziali costituireb- bero dunque nel loro complesso una vera glandola inter- stiziale, nettamente indipendente dalla parte seminale sotto il punto di vista dell’autogenesi, della morfologia e della funzionabilità. Inoltre gli (esperimenti dimostra- rono che le cellule seminali non hanno alcuna. influenza sull'organismo, perchè il mantenimento dei caratteri ses- suali e dell’istinto genetico negli animali criptorchidi, 0 in quelli con stenosi patologica 0 sperimentale del dete- rente, dipende soltanto dalla integrità della glandola in- terstiziale e del sincizio di Sertoli. Però anche il sincizio alla sua volta non ha alcuna azione sull'organismo, perchè se si castrano gli animali da un lato, e si reseca il defe- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 267 rente dall’altro, si nota degenerazione avanzata del sinci- zio ed ipertrofia compensatoria della glandola intersti- ziale; come pure si trova la stessa cosa nelle esperienze sul porci criptorchidi unilaterali. La glandola intersti- ziale invece da sola possiede quest’azione generale che era stata riconosciuta fino da Brown Séquard al testicolo tutto intiero. Innanzi tutto la stessa obbiezione mossa da Bouin e Ancel a Richon e Ieandelize circa la conclusione che la parte interstiziale avrebbe avuta da sola l'ufficio della se- crezione interna andrebbe ripetuta anche per le esperien- ze di castrazione unilaterale e resezione del deferente dal- l’altra parte, perchè pure il sincizio di Sertoli in dege- nerazione avanzata avrebbe potuto eliminare ancora dei prodotti, assorbibili dell'organismo. Ma a parte ciò, si nota come queste conclusioni siano in aperta contraddi- zione con quelle, a cui era giunto Loisel; e quindi una vi- vace polemica tra Loisel e Bouin e Ancel, polemica di cui credo sarà bene parlare, quando avremo esaminato quale scopo è attribuito alla secrezione interna. Pur ammettendo dunque che la glandola interstiziale abbia l'ufficio della secrezione interna, sia da sola, sia in unione con altri elementi del testicolo, quale funzione a- vrebbe sull'organismo la secrezione endocrina ? E qui sor- gono ancora numerose e disparate ipotesi. Innanzi tutto Mosselmann e Rubay nel 1902 avan- zarono l’idea che le cellule interstiziali potessero coi loro prodotti determinare alcuni dei caratteri sessuali secon- darî propri del maschio. E tale idea fu poi accettata da Richon e Jeandelize, e quindi da Bouin e Ancel, i quali ultimi ritenendo che l'elemento interstiziale sia un or- gano caratteristico della glandola sessuale maschile, per- chè nella femminile non avevano notato nulla di simile, pensarono che potesse presiedere alla orientazione dei ca- ratteri sessuali del maschio. Ancel sviluppò anche questa teoria in un suo lavoro sul determinismo citosessuale dei 268 VALENTINO BARNABO” gameti. Però gli ulteriori studî hanno dimostrato che non è esatta l’asserzione di Bouin e Ancel, perchè anche l’o- valo possiede una glandola interstiziale simile a quella del testicolo; e quindi i due Autori convalidarono la loro ipotesi con altri fatti, quale ad esempio l'osservazione cli- nica di medici e di veterinari, da cui risulta come gli uo- mini e gli animali criptorchidi conservino gli attributi e- sterni della virilità. Inoltre sostennero che l'apparizione dei caratteri sessuali secondari, sia sotto la dipendenza della glandola interstiziale del testicolo, basandosi sullo studio di animali criptorchidi con testicolo embrionale: e, avendo osservato il primitivo e rapido sviluppo del- l'elemento interstiziale. nell'embrione, ‘antecednte a quello della Tinea seminale, pensarono che il determinisme citosessuale dipenda dalla elandola interstiziale, come a- veva già sostenuto Ancel; e che da essa dipenda pure il determinismo dei caratteri sessuali secondari non ‘solo dopo la nascita, ma anche nella vita intrauterina. Ma sopra altri fatti ancora si basarono Bouin e An- cel. Già Cunéo e Lecène avevano ritenuto i caratteri del femminismo, notati in molti criptorchidi, come indice di una secrezione interna testicolare insufficiente. Di poi Bouin e Ancel osservarono che, quando si arresta la fun- zione della glandola interstiziale, si ha anche un notevole arresto di sviluppo dei caratteri sessuali maschili, e la produzione dell’infantilismo testicolare. Inoltre, quando colla legatura del deferente si impedisce lo svilupparsi della glandola interstiziale, i caratteri sessuali non appa- riscono negli animali giovani, e negli adulti diminuiscono molto mentre seompare contemporaneamente l’attività ge- nitale. L’insufficienza funzionale degli elementi intersti- ziali porterebbe pure nei vecchi all’attenuazione dei carat- teri sessuali e dell’attività genitale, e l'insufficienza del loro sviluppo avrebbe per conseguenza lo sviluppo incom- pleto dei caratteri sessuali e dell’attività genitale. LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 269 Un'altro effetto avrebbe poi questa secrezione inter- na, quello cioè di presiedere allo stimolo, all’ardore ge- nitale. Anche Reinke pensò che la secrezione particolare degli elementi interstiziali, da lui ritenuta costituita dai cristalloidi, potesse, una volta entrata nel sangue pei lin- tatici, essere in qualche modo in rapporto coll’appetito sessuale. E Horday aveva già messo in relazione in, un cane criptorchida l'istinto vagabondo e. intraprendente con l'elemento interstiziale dei testicoli. Ma poi Ancel e Bouin ebbero a notare la persistenza dell’ardore genitale nel criptorchidi, e con gli studi successivi videro che l’i- stinto genesico si comportava come i caratteri sessuali secondari a seconda dei mutamenti della glandola inter- stiziale, e ne conclusero che questa. glandola tiene sotto la sua dipendenza anche l’ardore genitale. Non basta: la secrezione interna testicolare presie- derebbe allo sviluppo di tutto il tratto genitale, e delle glandole annesse. Già Richon e Jeandelize avevano, messo in relazione la persistenza dell’accrescimento del pene ne- gli animali, da loro operati, con la presenza delle cellule interstiziali: di poi Bouin e Ancel studiarono più pro- fondamente la questione, specialmente osservando i porci eriptorchidi. Essi trovarono che la glandola interstiziale dei Mammiferi adulti mantiene l'integrità del tratto genitale; e che quella dei mammiferi giovani ne presiede lo sviluppo. Controllarono quindi le loro osservazioni con apposite esperienze sul porco, nel cane, sulla cavia e sul coniglio. Esisterebbero dunque strette relazioni tra lo svi- luppo del tratto genitale e quello della glandola intersti- ziale, perchè il tratto genitale è tanto. più sviluppato, quanta più glandola interstiziale si trova nel testicolo. Ed essi provano le loro asserzioni con figure e cifre assai interessanti. Da ciò deriva che le variazioni negli organi genitali, osservabili negli animali criptorchidi, dipendono dal maggiore o minore sviluppo e da mutamenti della glandola interstiziale. 270 VALENTINO BARNABO” Ma vi è di più: si è detto che la secrezione endocrina dell'elemento interstiziale del testicolo esercita una note- vole influenza sullo sviluppo somatico di tutto l’organi- smo. Festal, nel 1851, descrivendo i caratteri del porco castrato, pensò che le variazioni nello sviluppo somatico dimostrassero l'influenza dell’elemento interstiziale sul- l'organismo. Variot e Besangon, osservando uomini crip- torchidi con tutti gli attributi della virilità, malgrado la azoospermia, conclusero che la glandola interstiziale può regolare lo sviluppo generale dell'animale. E dimostra- rono poi, in un successivo lavoro, l’influenza notevole della secrezione testicolare sullo sviluppo organico. Poncet, stu- diando l'influenza della castrazione sullo scheletro, trovò esistere relazioni notevoli tra la funzione testicolare e lo sviluppo del tessuto osseo. Ciò è provato dell’osservazione clinica sopra gli eunuchi, dalla osservazione di clinica ve- terinaria sui castrati, e anche dall’esperimento. Egli ha trovato anzi che l'allungamento dello scheletro è dovuto ad un ritardo nella ossificazione delle epifisi; ma non si può spiegare in che modo l’assenza della secrezione testi- colare possa opporsi alla normale ossificazione delle carti- lagini di accrescimento. Finalmente assai di recente An- cel e Bouin hanno studiato l’azione degli estratti della gflandola irfterstiziale del testicolo sullo sviluppo dello scheletro e degli organi genitali, facendo iniezioni negli animali di estratti di testicoli, in cui la parte seminale era atrofica, ed era sviluppata invece la parte interstiziale. Essi hanno inoltre trovato che le iniezioni di estratti della elandola interstiziale hanno un notevole effetto nella cre- scita dell'organismo, perchè attivano notevolmente lo svi- luppo di animali castrati, riportandolo quasi eguale a quello degli animali normali. Finalmente la secrezione interna della ghiandola in- terstiziale dovrebbe avere anche una azione di difesa per l'organismo. LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 271 Voinov ha studiato i rapporti tra la glandola inter- stiziale e le spermotossine, e ha trovato che le spermotos- sine molto attive en vitro, non producono alcuna altera- zione sul testicolo. Egli pensa si tratti di una dissociazio- ne della citasi e della sensibilizzatrice sotto Vinfluenza della glandola interstiziale. Ancel e Bouin hanno poi e- saminato la glandola interstiziale nelle intossicazioni da alcool o da tossine tubercolari e nelle infezioni tuberco- lari e carbonchiose, e hanno trovato che essa si ipertrofiz. za e che la sua secrezione sì esagera, come se avesse una funzione di difesa per l'organismo. Solo alla fine della intossicazione cronica oppure per una intossicazione grave e rapida si ha l'atrofia della glandola e la scomparsa della sua secrezione. In ultimo ricorderò i recentissimi studi di Hervieu sulla proprietà della glandola interstiziale di produrre dei fermenti solubili. Ma di questo argomento ci siamo già occupati altrove e sarebbe inutile tornarvi ora. L’importanza dunque attribuita alla ghiandola inter- stiziale dal punto di vista fisiologico è massima, specie per parte di alcuni Autori francesi recenti, come Bouin e Ancel. Non sono però mancate le critiche, e Loisel ha avuto occasione di combattere in modo molto brillante le loro ipotesi e le loro teorie. Ancel e Bouin, scrive presso a poco Loisel, dicendo che la funzione della secrezione interna spetta unicamente alle cellule interstiziali, vanno contro i dati di fatto già rilevati da loro stessi nei primi lavori, e contro le teorie della fisiologia e della Istologia Com- parata. Richon e Jeandelize colle analoghe conclusioni con- fondono i caratteri sessuali secondarî cogli organi genitali esterni. La distruzione di una simile glandola non sì può poi sostenere nè dal punto di vista morfologico, nè dal punto di vista istologico, e tanto meno dal punto di vista fisiologico. Morfologicamente non si possono considerare 272 VALENTINO BARNABO” le cellule interstiziali come distinte in origine dalle cel- lule seminali primordiali, perchè i due primi punti di 0- rigine peritoneale e mesenchimale della glandola sessuale finiscono col confondersi ben presto, e le cellule assumono allora tutto il medesimo aspetto. Dal punto di vista istio- chimico gli stessi prodotti delle cellule interstiziali si ri- trovano nelle cellule poste alla base dell’epitelio seminale; e in alcuni tipi di animali funzionano solo le cellule di Sertoli. Dal punto di vista fisiologico poi non si può am- mettere che le cellule interstiziali tengano da sole sotto la loro dipendenza l’ardore genitale e il determinismo dei ca- ratteri sessuali secondarî, perchè questi elementi non esi- stono in molti animali, come gli Insetti, in cui vi sono tut- tavia caratteri sessuali secondarî; e perchè invece esisto- no in animali, come la cavia, il cane, il coniglio, in cui non sl notano evidenti caratteri sessuali secondarî. L’esperien- za pol della legatura del deferente non è neppure, secondo sempre Loisel, dimostrativa, perchè dopo i lavori di Bris- sand, il quale ha dimostrata l’azione della cosiddetta ecci- tazione genesica, Ancel e Bouin dovevano domandarsi se quella che chiamano « ipertrofia compensatoria » non fosse dovuta alla eccitazione continua di una ghiandola a condotto escretorio chiuso. Per esempio Loisel stesso aveva trovato iperattività funzionale nelle cellule interstiziali di un cane, da tre anni operato di nefrectomia e venuto pol a prolungato digiuno. Ancele Bouin risposero a Loisel che dal punto di vista morfologico ritengono che nel porco avvengano le cose co- me le hanno descritte; che tutto l'organo abbia un'origine comune ;e che un organo, costituito da elementi glandola- ri, e provvisto di vasi e nervi propri, meriti veramente il nome di glandola, distinta dalla seminale, essendone rela- tivamente indipendente. Dal punto di vista istlochimico 1 cristalli di Reinke si trovano soltanto nelle cellule intesti- nali e non nei tubuli germinali; mentre i cristalli di Lu- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 273 barsch e di Charcot si trovano nei tubuli e mai nelle cel- lule intestinali. Dal punto di vista fisiologico poi si sono voluti gli Autori limitare nelle loro conclusioni ai Mam- miferi, senza estenderle agli Insetti; e per caratteri se- condari sì è voluto intendere tutto ciò che non è indispen- sabile per la fecondazione. Riguardo poi alle esperienze di legatura del deferente dal lato opposto a quello ca- strato sì otteneva proprio un aumento nel numero delle cellule interstiziali e quindi una ipertrofia compensatoria nel vero senso della parola. Del resto perchè, se è dimo- strato in modo non dubbio che la glandola interstiziale sl ipertrofizza in certe condizioni cacchettiche dell’indi- viduo, non si potrebbe avere una ipertrofia anche in con- dizioni sperimentali? Dopo parecchi mesi e dopo parec- chi anni la glandola seminale sparisce e la interstiziale permane, mentre si può ottenere con un simile esperimento l’ipertrofia persistente della glandola interstiziale, iper- trofia che merita dunque il nome di compensatoria. Tuttavia io noterò che non da tutti si intende la stes- sa cosa per caratteri sessuali secondarî e da ciò una con- seguente confusione. Giardin in un suo lavoro riporta an- zi la bibliografia sull’argomento dei caratteri sessuali se- condarî e che perciò mi dispenso di citare; e, studiando poi la questione del come la castrazione possa agire su ta- li caratteri conclude che ancora non si sa nulla di preciso; che pur esiste la glandola interstiziale in tipi omeomorfi; e che vi sono poi altri fatti in disaccordo colla teoria umo- rale, ossia con la dottrina secondo cui si ammette l’intro- duzione nel sangue di sostanze modificatrici del soma. Veramente anche Bouin e Ancel riconoscono che alcuni fatti nei Mammiferi sembrano inconciliabili colle loro 0- pinioni sulla glandola interstiziale del testicolo ,e colla dottrina umorale. Però il sesso non si distingue secondo loro, soltanto per i caratteri esteriori, ma anche per lo svi- luppo dello scheletro, dei muscoli, ecc., su cui essi hanno Bollett. Soc. Zooiogica Italiana 4 274 VALENTINO BARNABO’ potuto pol dimostrare una influenza esercitata dall’ele- mento interstiziale. Ecco perchè hanon concluso che nei Mammiferi il determinismo dei caratteri sessuali secon- dari del maschio deva esser in rapporto con questa ghian- dola. Ma noi non entreremo di più in tale questione per non entrare in teoriè sul determinismo del sesso, allonta- nandoci di molto dal presente nostro campo di studio. * è + Riportati così i lavori e le opinioni degli Autori, ci resta ad esaminare Ie obbiezioni che per me, si potrebbero ora fare secondo gli ultimi studii, e le conclusioni che se ne possono ricavare . Non ci occuperemo nè dell'ipotesi di. Lenhossek, nè di quella di Mathieu, che più non rispondono alle odier- ne conoscenze, e che hanno solo un valore storico; e cominceremo ad occuparci invece della teoria, che consi- dera gli clementi interstiziali come un organo trofico, de- stinato alla nutrizione degli elementi seminali. Si era per un pezzo attribuita soltanto al sincizio di Sertoli la fun- zione della nutrizione delle cellule seminali; invece se- condo i sostenitori di tale dottrina, il sincizio riceverebbe i prodotti delle cellule interstiziali, le quali elaborerebbero sostanze provenienti dal sangue. Pertanto, le cellule in- terstiziali sarebbero, diremo così la fabbrica che riceve dal di fuori la materia prima e rende quindi i suoi prodotti. — Si comprende benissimo come. ciò non possa avere che semplicemente il valore di una ipotesi, perchè anche la dimostrazione istologica data da Cl. Re- caud con la colorazione della lacca ramata d’ematossilina, e la conferma di Bouin e Ancel, non crederei abbiano ta- le valore da non lasciar più alcun dubbio sul passaggio delle sostanze elaborate dalle cellule interstiziali nel sin- cizio sertoliano e nelle cellule seminali. Difatti per giun- ger a tale conclusione mi pare che bisognerebbe prima a- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 275 ver la certezza che tanto nel sincizio, quanto nelle cellule seminali non esistano sostanze, le quali possano presenta- re con la lacca ramata di ematossilina, la stessa reazione microchimica di quella dimostrata per le sostanze conte- nute dall’elemento interstiziale, e viceversa che in questo non esistano sostanze simili a quelle delle cellule sertolia- ne e seminali. Ciò potrebbe essere, senza che per ciò simili prodotti siano passati da uno di questi elementi nell’al- tro. Così nelle cellule seminali furono notati i cristalloidi di Lubarsch e di Charcot, e mai quelli di Reinke; e non potrebbero questi cristalloidi avere una medesima reazio- ne microchimica? In ogni modo mi pare che sarebbe pur sempre assai difficile provare in modo assoluto il passag- gio di alcune sostanze dalle cellule interstiziali in quelle sertoliane e seminali, e quindi crederei che si possa par- lare soltanto di una ipotesi. probabile, ma non di cosa certa. Secondo l’altra teoria, che ritiene gli elementi inter- stiziali produttori della secrezione interna testicolare, questi elementi ricaverebbero le loro sostanze dal proprio metabolismo cellulare, e le verserebbero quindi nel san- gue, invece che prenderle dal sangue, come vorrebbe la precedente ipotesi. Sulla esistenza della secrezione inter- na testicolare sarebbe assurdo elevare oggi dei dubbi dopo tante prove convincentissime di così autorevoli ricerca- tori. Ma è realmente la cellula interstiziale quella che la produce ? Abbiamo visto che neppure su ciò si è d’accordo, per- chè Loisel ritiene che vi concorrano anche il sincizio e le cellule seminali, mentre per Bouin e Ancel questi ele- menti non avrebbero alcuna importanza. Sarebbe naturale considerare le cellule interstiziali come produttrici della secrezione endocrina, specialmente per la presenza nel loro citoplasma di così diversi e svariati 276 V. BARNABO” prodotti di elaborazione. Certo inoltre vi sono molti fatti portati in luce dalla fisiologia, dalla patologia e dall’espe- rimento, fatti controllati con ripetute prove da tanti os- servatori autorevoli, che stanno a confortare una simile ipotesi. Ma mentre i fatti sono innegabili si può d’altra parte con certezza dare loro una tale interpretazione? Bowin e Ancel mi sembrano forse un po” entusiasti della loro ipotesi, e un po’ facili a trovare i fatti a con- forto delle proprie idee. Ma considerando invece il pro ec il contro, non credo si abbiano tante prove sicure per questa dottrina. II voler attribuire, come fa Loisel, alle cellule inter- stiziali solo una parte nella produzione della secrezione endocrina testicolare, pur sembrando giusto come ipotesi, non può però essere del tutto giusto, quando si vogtiano considerare come gli altri fattori le cellule del sincizio e le cellule seminali. Non vi è difatti alcuna prova fisiolo- gica, o patologica, o sperimentale, la quale abbia con cer- tezza potuto far supporre che queste due sorta di ele- menti siano destinati ad altro, all'infuori della secrezione esterna. Gli elementi sessuali, così riechi di attività mol- tiplicatrice, così rapidamente trasformantisi nelle loro successive fasi, non sembra si possano ritenere anche gli ‘organi di una funzione così delicata come la secrezione in- terna. Le cellule del sincizio sono troppo in intimo rap- porto con gli elementi seminali, da far pensare che ad esse spetti altra funzione oltre quella del loro sostegno e ma- cari della loro nutrizione. E inoltre le esperienze di Bouin e Ancel sono, sotto questo punto di vista, molto persuasive, e gli argomenti che si contrappongono alle obbiezioni di Loisel, sembrano pure assai giusti. Ritengo inutile esaminare quelle obbie- zioni poichè gli stessi Bouin e Ancel vi hanno così bene risposto. Però Bouin e Ancel non attribuiscono alla glandola LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 277 —_ intestinale soltanto la funzione della secrezione interna; ma anche quella trofica per li elementi seminali, ponendo- sl quindi, come tratt d’union tra le due teorie. Ora non pare almeno probabile che elementi, nella loro struttura e nel loro complesso tanto semplici, possano avere parec- chie funzioni. Invero non si può dire veramente che costi- tuiscano un organo provvido ai vasi e di nervi, meritevole del nome di glandola, perchè vasi e nervi propri, non so- no stati per ora descritti, almeno per quanto a me consta. Esl vorrebbe d’altro canto che questi elementi contempo- raneamente prendessero dal sangue delle sostanze, e le trasformassero per passarle alle cellule dei tubuli semina- li; ne elaborassero quindi delle altre, per versarle poi nel sangue, senza che di tale complicato lavorio, e di tali due inverse correnti sì potesse in modo sicuro colpire alcuna fase al microscopio. Mi pare che con ciò si attribuiscano troppe cose a queste cellule; tuttavia è probabile che nuo- vi fatti decisivi possano riuscire a provare anche questa ipotesi ecclettica. Volendo ora per un momento ammettere come prova- to in modo assoluto, che alla cellula interstiziale spetti la elaborazione della secrezione interna testicolare; dobbia- mo domandarci se questa secrezione possa avere le funzio- ni sull'organismo, attripuitele dagli Autori. Innanzi tutto il determinismo dei caratteri sessuali secondarî del maschio sarebbe dovuto ad essa; abbiamo vi- sto però quale confusione vi sia su ciò che si intende per caratteri sessuali secondarî. Mentre alcuni, come Richon e Jeandelize, li credono costituiti dallo sviluppo del trat- to genitale e degli organi adibiti alla copula; altri, come Bouin e Ancel, vi ascrivono il maggiore sviluppo schele- trico e muscolare; e altri ancora gli attributi esteriori del maschio. Non si deve però, io credo, pensare in questo caso agli Insetti, e in genere agli Invertebrati, nei quali il di- morfismo sessuale è tanto spiccato, perchè per la giandola 278 VALENTINO BARNABO’ interstiziale ci si deve limitare al campo dei vertebrati; e mi pare anche prematuro parlarne per quei vertebrati, nel quali, pur essendo notevole il dimorfismo, un elemen- to interstiziale non è stato descritto ancora con certezza. Tuttavia differenze notevoli. solamente esteriori si possono osservare sicuramente tra il maschio e ia fem- mina anche in #uft? 1 mammiferi, compreso l’uomo. Ma si può con certezza attribuire ciò alla secrezione interna te- sticolare Anche lovaio ha indubitatamente una secrezio- ne interna: e ad essa sarebbe dunque dovuto il determini- smo del caratteri sessuali secondarî della femmina? È, dato il primordiale sviluppo dell'elemento interstiziale nell’organo sessuale dell'embrione, sarebbe questo, quello che presiederebbe al determinismo del sesso? Con ciò si creano dunque ancora altre ipotesi, senza però che alcun fatto sicuro possa per ora guidarci. Circa al determini- smo dei caratteri sessuali secondarî del maschio, intesi nel senso di Bouin e Ancel, sì può pure ritenere premature le loro conclusioni fino a che non si abbiano maggiori co- noscenze su tale intricatissimo argomento. E il femminismo, e l’infantilismo sono dovuti solo al- la insufficienza funzionale dell'elemento interstiziale ? Tale questione è naturalmente subordinata alla preceden- te. Tuttavia mi pare che ciò si deva ammettere solo 1n parte, perchè malgrado le nostre scarse conoscenze, sì può tuttavia ritenere che tali caratteri siano dovuti ad un complesso di svariati fattori, quali ad esempio l’atrofia di tutti i diversi elementi del testicolo e degli organi ses- suali, piuttosto che alla mancanza della funzione di rela- tivamente scarse ceunule del testicolo. E l’ardore genitale può dipendere dalla funzione del le cellule interstiziali? Mi pare che anche questo non si possa dire con certezza. Si comprende bene che l’ardore genitale deva andare di pari passo collo sviluppo di tutto quell'insieme che serve per le funzioni sessuali. Però una PT ST TT —___—————m ve Mil a LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 279 cosa tanto complessa, dipendente spesso anche dal sistema nervoso centrale, e non si può, credo, ridurre ad' una sem: plice, eccitazione, prodotta dalla secrezione delle cellule interstiziali. L’aver trovato negli esperimenti variazioni dell’istinto genesico può dipendere pure da altri fattori, quali ad esempio la anormale topografia degli organi ses- suali, le lesioni della glandola sessuale o dei suoi condot- ti deferenti, l’atrofia stessa della parte seminale del testi- colo. Non va escluso che vi possa concorrere anche l’atrofia o la insufficiente funzione degli elementi interstiziali; ma sarebbe troppo esclusivo riportare soltanto a ciò l’anda- mento dell’istinto genesico. Si potrebbe poi obbiettare che tale istinto hanno in modo spiccato ancne vertebrati, in cui non è stato ritrovato alcun elemento interstiziale. Inoltre sono stati descritti nella letteratura medica dei casi di evirati, 1 quali han conservato, l’ardore geni- tale o per lo meno il desiderio della donna, per un tempo certo superiore a quello nel quale avrebbe potuto perma- nere nell'organismo lo stimolo della secrezione interna dei testicoli asportati. E vi sono poi molte malattie cerebrali, molte psicosi, in cui l'istinto genesico si modifica profon- damente, senza apparente macroscopica alterazione delle glandole testicolari. Sarebbe interessante esaminare in ta- li casi gli elementi interstiziali; ma a priori mi pare si possa eseludere che solo ad alterazioni di questi elementi sì debba la modificazione dell’ardore genitale. Anche lo sviluppo del tratto genitale sarebbe dovuto alla secrezione interna, prodotta dalla glandola intersti- ziale. Le figure e le cifre riprodotte da Bouin e Ancel per i porci criptorchidi sono indiscutibili; ma si può conclu- dere che ciò dipenda dalla minore funzionalità dell’ele- mento interstiziale? In tali casi si ha anche atrofia note- vole della parte seminale, e per dir meglio, di tutto il te- sticolo, e non potrebbe questo essere un fattore assai impor- tante per determinare tali alterazioni? E° noto che la ca- 280 VALENTINO BARNABO” strazione importa l’atrofia di tutto il tratto genitale e del- le glandole annesse; tanto che anzi questo metodo di trat- tamento della ipertrofia prostatica ha dato sempre buoni risultati. Ma d’altra parte si sa, e noi abbiamo apposita- mente esaminato im breve l’argomento, che la prostata s1 atrofizza anche con la castrazione fisiologica, con la reci- sione cioè o con la legatura dei deferenti. In tali condi- zioni la glandola interstiziale anzi si suole sviluppare 0 ipertrofizzare, come han detto Bouin e Ancel) nel mentre che si atrofizza la parte seminale; stando quindi alle ipo- tesì di questi due Autori, la prostata, come glandola ac- cessoria del tratto genitale, non dovrebbe almeno subîre alterazioni di struttura e di volume. Si potrebbe pensare che colle operazioni vengano lesi vasi e nervi, producendo quindi anche atrofia della parte interstiziale, come è suc- cesso in alcune esperienze a Bouin e Ancel. Ma se ciò può accadere negli animali da esperimento, è difficile che accada nell'uomo, in cui gli elementi ‘del cordone sperma- tico sono ben distinti gli uni dagli altri, e in cui si suole operare con molta delicatezza e precisione tecnica ‘da ‘chi- rurghi competentissimi. Inoltre dopo i lavori di Alessan- dri, e di altri sugli ettetti a carico del testicolo, consecuti- vi alla resezione degli elementi del cordone spermatico; si bada moltissimo in Chirurgia a praticare solamente la resezione del condotto deferente, bene isolato dal connetti: vo perideterenziale. E anche così si è tuttavia ottenuta sempre la guarigione della ipertrofia prostatica. Questo è un fatto che si contrappone seriamente alla ipotesi di ritenere lo sviluppo del tratto genitale intiera- mente e solamente subordinato alla secrezione interna del. la glandola interstiziale. (Continua). RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE T. Il nesso tra le condizioni esterne e la forma e la fun- zione di alcuni organi nei pesci. — E° questo il titolo di una interessante nota che il dott. S. BacLIonI ha testè pubblicata (1), della quale diremo brevemente, fiduciosi di far cosa gradita a molti dei lettori del nostro Bollettino. L’egregio aut., libero docente e aiuto nell'Istituto Fisio- logico della R. Università di Roma, ricorda dapprima la nota condizione essenziale dei processi respiratori negli organismi animali (scambio gassoso, cioè eliminazione di CO2 e assorbimento di O), sia che avvenga per via di pol- moni, di trachee, o di branchie. Ricorda dopo i movimenti respiratori nei pesci, e co- me in questi si abbia non una corrente continua, ma ritmi- camente intermittente, con determinata e costante dire- zione. Nei Teleostei, per la presenza dell’opercolo, si ha una parete rigida comune alla cavità oro-branchiale; ed il primo atto respiratorio (fase inspiratoria) porta seco una dilatazione attiva delle pareti di essa cavità, con aumento del triplice diametro, con facile penetrazione dell’acqua nella bocca. Nella 2* fase od espiratoria si hanno movi- menti antagonistici, e quindi diminuzione dei 3 diametri, valida costrizione delle pareti, e fuoruscita dell’acqua per le aperture branchiali esterne. L’aut. sorvola sull'azione di determinati muscoli, de- siderando richiamare l’attenzione sull'importanza specia- le dell'apparecchio branchiostego. Questo, come giusta- (1) V. Mon. Zool. Ital. —— An. XIX. Luglio 1908. N. 7, pag. 180-191. 282 A. CARRUCCIO mente osserva, non è una membrana, perchè consta di una impalcatura ossea e di muscoli, con sviluppo più o meno grande, come ad es. nelle Scorpuenae; e ricorda come uno degli estremi dei raggi ossei Si articoli coll’arcata ioidea, ed un altro termini liberamente nel connettivo della membrana. Ed è in questi raggi che attaccansi muscoli antagonisti, estensori cioè od inspiratori, e flessori od e- spiratori; dei quali il prof. Baglioni determina il modo di agire. Lasciando quì da parte i Murenoidi, cui pure accen- na lA., ricorderemo con lui che nei Selaci, in cui manca opercolo vero e apparato branchiostego, il meccanismo re- spiratorio lo s1 fece consistere da diversi distinti zoologi « in una vera e propria deglutizione ». Il Baglioni so0g- giunge che in via generale « anche nei pesci privi di o- percolo ha luogo una fase inspiratoria, che consiste in un ampliamento delle tre dimensioni. della cavità ovale e branchiale, per cui l’acqua entra dall’apertura orale .e da- gli sfiatatoi (Selaci), a cui segue una fase espiratoria, in cul sì ha diminuzione delle tre dimensioni delle dette ca- vità, determinante la fuoruscita dell’acqua dalle aperture eSLeThE Se in queste parole non esiste forse tutta la precisione e chiarezza desiderabili, ci pare invece che assai bene l'A. dimostri l’importanza delle due serie di valvole nei pesci in generale. La prima serie di esse trovasi in connessione coll’entrata dell’acqua (apertura orale); la seconda serie coll’uscita (aperture esterne branchiali). Le prime valvo- le, o mandibolari, falciformi, impediscono, durante la in- spirazione, il riflusso dell’acqua aspirata. Le seconde, che guerniscono gli orli delle fessure branchiali, non permet- tono l’accesso dell’acqua durante l’inspirazione, permet- tendone invece l'uscita durante l’espirazione; e in questa fase non deve dimenticarsi il restringimento delle pareti della cavità oro-branchiale e la conseguente pressione sul liquido. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 283 Osserva 1Î Baglioni che alcuni zoologi credono abbia la membrana branchiostega solo « importanza di valvola passiva ». Egli, stando ai risultati delle sue ricerche, ciò esclude assolutamente, fornendo esempi, fatti e figure. Passa poscia a dimostrare come esistano parecchie variazioni nella forma di respirazione dei pesci (tipi re- spiratori), secondo la prevalenza di questo o di quell’altro segmento degli organi funzionanti. I tipi poi sarebbero caratteristici per tutti quei pesci, a qualunque famiglia appartengano, vissuti nella stessa zona biologica (pesci continuamente nuotanti — forme nectoniche; pesci dimo- ranti nel fondo o sulle roccie marine — forme bentoniche). Non possiamo allungare questo cenno bibliografico per dire dei 4 tipi respiratori che nettamente pare risul- tino all’aut. pei Teleostel, e dei 3 propri pei Selaci; ma spe- riamo, stante l'interesse che ci desta l'argomento, di poter riparlare del medesimo nel Bollettino o nella nostra scuola di Zoologia. AGNO. II. Nuovo « CATALOGO SISTEMATICO DEI MOLLUSCHI ». Con questo titolo vennero non ha guari pubblicate le 8 parti formanti il tomo XIII della grande opera Museum d’Histoire naturelle des Payes Bas. Nella prefazione scritta nel giugno 1908 dall’illustre Direttore prot. F. A. Ienting, è detto che questo « Catalogo sistematico de’ Molluschi ha lo scopo di far conoscere al mondo scienti- fico le ricchezze che in questo ramo della Zoologia trovansi accumulate nel Museo di storia naturale dei paesi Bassi. Il Catalogo servirà a guidare gli studiosi, ad informarli intorno a quelle specie rare e interessanti che possono tro- vare in esso Museo, e quindi agevolare i loro studi z00- logici ». Leggendo queste parole abbiamo altra volta pensato alla grandissima utilità di questi diligenti e voluminosi 284 A. CARRUCCIO cataloghi, quali pubblicansi a Londra,Berlino,Parigi,Lei- da, ecc., da Musei cioè che dispongono di larghissimi mezzi finanziari. Oltre la dottrina, la speciale competenza e pa- zienza esemplare dei compilatori dei cataloghi pei singoli rami della vasta scienza zoologica, questi compilatori (e pel presente catalogo dei Molluschi furono i Signori Horst e Schepman) hanno sempre veri e leali incoraggiamenti; i quali per lo più mancano in Italia, dove è accaduto, anni or sono, che qualche catalogo ben fatto di collezioni stu- diate o ordinate in questo o quel museo, fu considerato ope- ra quasi antiscientifica... La parzialità e stoltezza del giu- dizio non occorre farle rilevare. V'hanno Musei Zoologici italiani che possiedon ricchis- sime collezioni malacologiche « colle specie rare e interes- santi » delle quali parla il prof. Jentink; ma non pos- sediamo i cataloghi completi delle medesime, e neppure di altre pregevolissime collezioni: e l'ostacolo principale, ch'è di natura economica, l’abbiamo accennato. In quanto agli avversari dei buoni Cataloghi, che pare esistano an- cora in Italia, basterà non curarsene, perchè è certo che non hanno la dottrina, la competenza e pazienza necessarie per compilarli. Da noi devesi inoltre deplorare la grande insufficienza di spazio, per la quale non possono convenien- temente disporsi le collezioni. Speriamo che fra pochi anni si abbia anche in Roma un nuovo Museo Zoologico. I dott. Horst e Schepman riassumono esattamente la storia delle varie provenienze od origini delle singole collezioni, colle quali noi venne formata ed ordinata l’at- tuale grandiosa collezione malacologica di Leida; e sono ricordati i diversi direttori o raccoglitori (prof. Brug- mans, Reinwardt, Cantraine, Von Siebold, Cuming, Da- len, Van Hasselt, Forsten, S. Miller, Sclelegel ecc. ecc.). In altri tempi, è detto, era considerato in quella capitale un vero ornamento scientifico (come anche in Roma, nella ricchissima collezione opportunamente acquistata dall'il- RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 285 lustre Guido Baccelli durante il suo primo Ministero, la quale è conservata nel nostro Museo zoologico) « un exem- plaire du C'onus gloria-maris qui valait le pria de FI. 250 ». Fra 1 doni più cospicui gli autori citano quello della Sig. Hoogeveen (migliata di specie di univalvi e bivalvi). AS I CANI SANITARI. — L'articolo, che si legge molto vo- lentieri, fu testè pubblicato nel Giornale di Medicina militare (fasc. VI Roma 1908 pag. 441-448), e compilato accuratamente dal tenente medico ArtURo CASARINI. Il quale comincia dal ricordare come i feriti che restano 1r- reperibili in tutte le guerre, raggiungano sempre una proporzione allarmante; e cita, fra gli altri esempi, la battaglia di Resonville in cui non trovaronsi ben 5472 feriti; di St. Privat 4420; di Mukden 2050; di Adua 340 e così via dicendo. Per quanto siano potenti i mezzi odierni d’illumi- nazione, non è possibile, scrive con ragione lA., che nelle ore notturne (in cui si ha maggior possibilità di far ri- cerca dei feriti) si ottenga intiero lo scopo. Infatti sono di ostacolo le accidentalità del terreno, i cespugli, le siepi, 1 fossati, le trincee ecc. Molti adunque sono i caduti che restano abbandonati e privi di soccorso. In quasi tutte le nazioni si è quindi resa degna di gran lode l’opera di distinti cinofili, che utilizzando cani intelligenti, debitamente educati, riescono a far eseguire una diligente ricerca del feriti dispersi. L’aut. cita i più benemeriti di diverse nazioni, e per l’Italia fa i nomi del capitano Ciotola, del Ferliga, Montini e Guidi. Dopo riassume le note e pregiate doti del Canis fami- liaris: affezione al padrone, intelligenza, grande attitudi- ne all’addestramento, grande agilità,odorato, udito, e visio- ne squisiti, ecc., perciò anche in guerra i cani rendono molti servizi. Diventano cioè staffette per mandare ordini, 286 A. CARRUCCIO fanno da esploratori, avvertono i più piccoli rumori e la presenza di gente nascosta, salvaguardando la truppa da sorprese degli avversari; trasportano velocemente cartuc- cle in apposite bisaccie, fanno da vedette nelle guardie al campo, custodiscono i carreggi, ecc. Ma oggi è la ricerca dei feriti quella in cui vorreb- bonsi perfezionare 1 cani di determinata razza. Le osser- vazioni ed esperienze compiute fanno ritenere che i più idonei siano gli individui appartenenti al Canis fami- liaris var. pecuarius, cioè al cane da pastore; e pare che i così detti C'ollie (di razza scozzese) riescano meglio degli altri, per prontezza nell'apprendere, per robustezza e re- sistenza alle fatiche. II D.r Casarini riepiloga quanto è stato pazientemente fatto nel Gran Ducato di Baden, in Germania, Austria, Svezia, Inghilterra, Francia ecc. Quì dobbiamo limitarci a ricordare due assai recenti concorsi di cani sanitari, uno tenuto presso Parigi (Bois de Boulogne), e l’altro a Nancy. Nel primo fecero ottima prova 9 cani che in un raggio di 200 metri seppero presto rintracciare 1 soldati nascosti, simulanti i feriti, sia abbaiando, sia portando agl’istrut- tori il kepì, o qualche oggetto appartenente, al supposto ferito e giacente al suolo. Nel secondo concorso i cani sanitari, alla dipendenza di una squadra di porta feriti, furono 11: 1 risultati « su- perarono le migliori aspettative, tanto che il presidente della giuria, maggiore medico Castaing, nella sua, rela- zione si felicitò grandemente colla Società dell'Est per l’or- ganizzazione, l'educazione e la riuscita dei cani sanitari ». Ma il Casarini ci narra pure con diligenza quanto si è fatto in Ialia fin dal 1893, quando era ministro della guerra il sen. Mocenni, e dai suoi successori. Le prime prove furono fatte in Torino dal 71° regg. di Fanteria, poi in Acqui dal 7° bersaglieri; poi in Pistoia dal 6° fan- teria, in Gaeta dal 88°, Non si potè però coi nostri cani RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 287 da pastore ottenere un ottimo risultato. Dobbiamo però considerare che 1 primi istruttori non potevano avere quel- la pratica nell’addestrare i cani, che non si acquista d’un tratto. Per quanto riguarda i cani si tentò coll’incroccio di avere individui più validi. All’uopo, volendo il Mini- stero, si potrebbe fare assai di più. Devesi al capitano Ernesto Ciotola del 50° Fanteria un gran passo nell’apprendimento del metodo di adde- strare i cani sanitari, e perciò egli — col saggio con- corso di S. M. il Re e col consenso del Ministro della suerra — potè stare per parecchi mesi all’estero, sotto la guida del Bungartz, un vero apostolo di questa nuova isti- tuzione. Anche in Roma, da una competente commissione, di cui faceva pur parte il capitano Ciotola, furono eseguiti interessanti ‘esperimenti fuori Porta Pia, e a Villa Glori, ecc., con militari di diversi corpi. Una brava cagna, con- dotta dall’attendente del predetto capitano, al comando: cerca ferito, sì lanciava scrutando, annusando, finchè non trovava uno dei suposti feriti; e riuscì a rintracciare tutti 1 10 soldati. Altra esperienza con successo venne fatta a Tivoli in più vasta zona, in un campo di brigata; e nel 1903 più largamente alle grandi manovre nel Veneto con 5 cani sanitari; e fecero pure buona prova al campo di Bracciano presso il 2° Granatieri nel 1905 e alle grandi manovre nella Campania. Ma ci sembra che i mezzi siano stati sempre assai limitati, e 1 cani pochini assai, e non sempre nostrani. Per ragioni di clima ecc. il deposito di questi pochis- sìmi cani sanitari venne trasferito presso i reggimenti al- pini ed al 18° fanteria in Padova, cui ora appartiene l'e- gregio cap. Ciotola. Questi ha la direzione di un nuovo de- posito ed ha opportunamente modificato 11 metodo di ad- destramento. Troviamo fatto cenno dell’acquisto di una coppia di 288 A. CARRUCCIO Atredale-terriers, ed anche di trattative iniziate « per l'acquisto di cani sardi che meglio si prestano di. altre razze all’addestramento ». Dalla lettura dell’intiero articolo riassuntivo del. ten. medico Dr. Casarini scaturiscono parecchie domande: Fu opportuno togliere da Roma (per le indicate cause, cioè sviluppo del cimurro, spesa, ecc.) il deposito di cani sa- nitari? La permanenza di questo, non escludeva che qual- che altro deposito si formasse altrove. L’inerocio dei cani con quali criteri tecnici fu condotto e si condurrà ? Qual parte vi ebbero e vi avranno i zootecnici veri? Il proble- ma dell’incrocio, dato l'importante e nobilissimo scopo, richiede non solo molt’arte, ma anche seria dottrina scien- tifica. Forse non mancherà opportunità per tornare sul- l'argomento, che non interessa soltanto gli appassionati cinofili, amanti sì della pace, ma perchè preveggenti ripe- tono in coro: para bellum. A. CARRUCCIO. III. — ANNUNZI DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Nei prossimi fascicoli, oltre i lavori in corso di stampa, pubblicheremo l'importante e coscienziosa memoria del consocio e consigliere comm. ForTU- NATO RosTaGNO, accompagnata da tavole, la quale ha per titolo : * Lepidop- tera faunae romanae ,. — Comincieremo pure presto la pubblicazione d’altro non meno importante lavoro, riguardante 1’« Avifauna Romana », del quale è autore il compianto socio march. dott. Filippo Patrizi, e che. accurata» mente fu riveluto dal march. dott. Giuseppe Lepri. Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. Roma_-_ Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchia 1-2. sue varie SO di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento su Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, anatomo-fisiologica, ai paleontologica e sistema- tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: fo i 1° Soci ordinari, distinti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; | 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato da x da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi: glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terrannè normalmente in Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. i | Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni sociali e per l’approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. - Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuno. Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1.. gennaio. Le iscrizioni fatte fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno successivo. I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo. 1 Soci debbono pagare la quota annua entro il 1. quadrimestre dell'anno sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino, ed il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. , Ii N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti i più importanti, fu approvato nell'adunanza generale del 22 marzo 1900 e pubblicato nei fascicoli I e Il del volume 1900, serie II, pag. 6 € Ta —aAFTT_D>TAE + © | Fasc. IX e X. Serie Il - Vol. IX Anno 1908. i Ri elia Gadanone) DELLA I Y )l ì __ SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA SI CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill SOMMARIO: I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE. 1. Rostagno comm. Fortunato e del prof. A Carruecio e dott L. Masi Zapelloni prodottore L. — Le- 4. Dott. Raf. Bellini. — Etudes de pidoptera Faunae Romanae, Malocologie napolitaine (Les ; (Fam. Papilinidue, Pieri Mòollusques terrestres et fu- | due) pag. - . i ? 289-305 viatiles de la région vulcani. 2. Dott. Valentino Barnabò — La nique) . ? + 339-337 glandola interstiziale del te- 2. Dott. Giacomo Cecconi — Fauna sticolo. (Continuazione e fine delle Isole Tremiti. . 338-340 del Capit. XI — Capit. XII, 3. Prof. Antonio Berlese — Con- TL ds RERPOTI co, siderazioni sui rapporti tra Ha) tn Lo Iziall Con le S sn HA piante, loro insetti e cause Ve A o UA 06-319 nemiche di questi . —. 341-344 3. Prof. Tuccimei Giuseppe — Sag- 4. Dott. Giulio Bertolini — Di al- gio di uu Catalogo dei Ditteri della provincia di Roma (Parte II. — Gontinuazione), 320-327 degna i : ; 345-347 4. Dott. Pietravalle Nicola — Con: AE tribuzione allo studio delle HIT NOTIZIO specie europee del gen. Squa- Dott. march. Giuseppe Lepri — Zus Bp. (Continuaz. e biblio- Ancora del giardino Zoologi- grafia . ; i 3 328-334 co in Roma. . è . 348 352 cuni parassiti del bestiame del- l’Agro Romano e della Sar- __sr= Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università (Via della Sapienza — Roma) AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersj — nei misi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. "—_—_—T__<3#<>#"=5sz588z zz z#—#z—=zy7>73>3££#<*%>*#<;#*#>#+#*>%#53> >Z}3"T}y7FT SzTF*z5 zygS-}FS-S =yZySy ..-}/<;<>#>#<;>‘%“‘ u_o<- Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale. desse Fasc. IX e X. Serie II — Vol. IX Anno XVII — 1908 BOLLETTINO DFFEA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALTANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il RE Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. A, Carruccio LEPIDOPTERA FAUNA ROMAN Per E VRosTAGNO e Li ZAPELLONI PROEMIO Nel 1900, quando intrapresi la pubblicazione dei miei appunti sulla « Classificazione descrittiva dei lepidotte- ri italiani », non erano apparse ancora varie opere im- portanti nel campo della entomologia e relative ai lepi- dotteri, le quali hanno mutato radicalmente i principii scientifici che fino ad allora avevano regolato il sistema di classificazione venutoci specialmente dal Boisduval e dal Latreille. Nel corso del lavoro dovetti cercare di adattarmi al- le nuove teoriche per ciò che mi parvero accettabili, te- nendo però ferme le linee principali sulle quali esso era | . stato iniziato. i Ma in seguito a nuovi stadî ho dovuto convincermi che in quel sistema doveva apportare delle variazioni neces- sarie, e decisi di seguire in massima la ultima classifica- 200 FORTUNATO ROSTAGNO zione dello Staudinger, ricordando però le classificazioni precedenti. Era pure mio intendimento pubblicare le osserva- zioni da me fatte nel campo della fauna italiana, ma, preceduto da nuovi lavori, ho dovuto riconoscere che l’o- pera mia in quel vasto campo sarebbe stata meno utile, e che maggior contributo avrei portato agli studi, limitan- do le osservazioni alla fauna della campagna romana, perchè meno conosciuta, e perchè di essa specialmente mi sono occupato. E° perciò che, invece di trattare la fauna italiana, re- stringo il mio studio ai lepidotteri della campagna ro- mana, associandomi il carissimo giovane sig. Lorenzo Za- pelloni, il quale potrà ultimare l’opera che con tanto amo- re io ho intrapresa, e che per ragioni di età non sarò in grado di condurre a termine. La pubblicazione avverrà per famiglie, seguendo l'ordine del « Catalog der lepidopteren des palaearcti- schen faunengebites » dello Staudinger, ed. 1901, ed a fianco di ogni specie sarà riportata la indicazione corri- spondente del detto catalogo, al quale completamente mi riferisco, essendo inutile per lo scopo del mio lavoro il riprodurre tutte le indicazioni bibliografiche nello stesso catalogo contenute. Così pure al detto catalogo mi riferi- sco per le abbreviature dei nomi degli autori e delle pub- blicazioni. Roma, novembre 1908. F. RosTAGNO. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 20I I PAPILIONIDAE I Gen. — Papitio (L.) Latr. 1805 1. — Podalirius L. (Stgr. I - 1) — Non comune nel- la pianura, più frequente in collina, raro oltre i 500 m. I caratteri morfologici corrispondono alla descrizione classica; è da notare soltanto che negli esemplari romani non trasparisce quasi mal, od è appena minimamente ac- cennata, la striscia giallo-arancione, che in alcuni esem- plari tedeschi bipartisce, specie nella parte anteriore, la fascia nera mediana della pagina superiore delle seconde ali. Qualche esemplare presenta la seconda e la quarta striscia nera delle ali superiori quasi bipartite da uno spazio giallognolo come il colore del fondo e alquanto co- sparso di squame nere; altri presentano un punto od una breve striscia nera in corrispondenza della metà della cel- lula discoidale fra la terza e quarta striscia, come avviene nella Ab. Undecimlineatus Eim. I nostri esemplari non sono così decisi da potersi ritenere appartenenti a que- sta aberrazione, ma tuttavia lasciano quasi con certezza ritenere che essa debba trovarsi nella campagna ro- mana. — Tale questione del resto non riteniamo di gran- de importanza, essendo molto dubbio se essa debba considerarsi come una vera e propria Ab. oppure come una semplice accidentale variazione dal tipo, come ritiene lo Staudinger. Laleacome il 3 Sviluppo: aprile e maggio. Non communis in planis, frequens in collibus, rarus in montibus super m. 500. a) Gen. aest. Zanclaeus Z. (Stgr. I - 1. a) — Corri- sponde pienamente alla descrizione classica — rari però gli esemplari coll’addome assolutamente bianco. Questa 292 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI forma estiva è più comune del tipo e trovasi nelle stesse località. Sviluppo: da giugno a settembre. Frequentior quam forma tipica; in tisdem locis. 2. — Machaon L. (Stgr. I - 4) — Comune in tutta la campagna romana, specialmente nella piana. Gli esem- plari romani, tranne forse i primi di sviluppo, tendono più o meno alla ab. Sphyrus, alla quale potrebbero attri- buirsi quasi tutti gli esemplari della generazione estiva. A proposito delle macchie rameiche apparenti nel disotto delle seconde ali, è da notare che lo studio da noi fatto sugli esemplari della campagna romana, raccolti in svariate località, portano a conclusioni un po’ differenti da quelle a cui giunse lo Stefanelli nell'esame dei Ma- chaon della Toscana (1): differenza essenziale si è che le macchie sulla 5° e 7° cellula o spazio internervale, le qua- li trovansi unite secondo lo Stefanelli nell'1 % degli e- semplari toscani, trovansi invece negli esemplari romani riunite nella proporzione del 24, 50 %. — Ciò darebbe in parte ragione al Weismann, il quale ritiene che gli e- semplari italiani sieno caratterizzati dalla contempora- nea presenza della 5* e 7° macchia. Purtuttavia anche noi crediamo che una tale affermazione assoluta non possa esprimersi, essendo varie le forme dei Machaon della cam- pagna romana secondo le varie località in cui furono rac- colte — terreni paludosi al livello del mare, terreni sul- furei della piana sotto Tivoli, terreni di collina e terreni di montagna. E’ costante però la 3° e 4° macchia. Sviluppo: da marzo a settembre. Ubicumque communis. a) Gen. aest. ab. a-urantiaca Spr. (Stgr. I-4. a) — Esiste, caratterizzata specialmente dal colorito del fondo, ma non è molto frequente. (1) P. Stefanelli: Nuovo catalogo dei Ropolaceri della Toscana; Bollettino della Soc. entom. Italiana, XXXII; 1900. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 293 Sviluppo: luglio-agosto. Non frequens. bd) Ab. rufopunctata Wheeler (1) — Esiste, ma ra- ra, nella campagna romana; nella collezione Rostagno tro- vasi un solo esemplare tipico, con macchie rameiche più o meno accentuate tanto nella pagina superiore che inferio- re, in tutte le cellule o spazi internervali submarginali. Esistono anche altri esemplari con alcune di tali macchie nella pagina superiore. Rara. c) Ab. dbimaculatus Eim. (2) — Esiste, ma alquanto raro, nella campagna romana. Rarus. d) Var. Sphyrus Hib. (Stgr. I - 4. b) o Astatica Mén. Comune nella campagna romana. Alcuni esemplari hanno la fascia nera submarginale delle ali posteriori che tocca la cellula discoidale; i più però si distinguono, se- condo il disegno dell’Hib., per una maggiore espansione e vivacità del colore azzurro che divide la detta fascia. Non sì riscontra negli esemplari romani la minor dimensione alla quale accennerebbe il Bramson (3), riferendosi parti- colarmente alle appendici caudali. Sviluppo: luglio-agosto. Ubicumque communis. II Gen. — THais F. 1807 3. — Polyxena Schiff (Stgr. I-10) — La forma ti- pica manca: trovasi però non comune una forma inter- media, che si avvicina più al tipo che alla seguente var. Cassandra, e alla quale accenna lo Stefanelli nel suo cata- logo del 1869 (4). — Qualche esemplare presenta un punto (1) Butterf. of. Switz.; 1903. (2) Artb. Schmett ; 1895. (3) Miscellanea, entomologica, vol. II, n. 1.; Cette, Herault, 1894. (4) P. Stefanelli: Catalogo illustrato dei lepidotteri toscani — Ropaloceri; Firenze, 1869. 204 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI rosso, come talvolta il tipo, in corrispondenza della pri- ma fascia dopo la marginale delle ali anteriori. Non è diffusa questa specie: ne abbiamo rinvenuto qualche esemplare sui colli laziali ed a monte Virginio più frequentemente ad Acqua Traversa (1). Sviluppo: aprile, maggio. Forma intermedia non communas. a) Ab. meta Meig. (Stgr. I-10. a) — Accidenta- le nelle stesse località e stessa epoca. Fortuita in tisdem locis. bd) Var. Cassandra Hiibn. (Stgr. I- 10. b) — Più comune che la forma intermedia sopra descritta — qual- che esemplare è fornito del punto rosso come in essa — nelle stesse località e medesimo tempo. Praecedenti forma intermedia frequentior. c) Ab. ochracea Stgr. (Stgr. I - 10. c) — Forma ac- cidentale; trovasi assieme a quella intermedia nelle stesse località, specie alla fine dello sviluppo (maggio); non co- mune. Non communis în risdem locis. III Gen. — ParnassIus Latr. 1805 4. — a) Mnemosyne L. var. Athene Stich. (2). — La forma tipica Mnemosyne non esiste. Si ha invece comune sui monti Viglio (oltre 2000 m.) e Autore (1800 m.) in pro-. vincia di Roma una forma aberrante, nella quale riscon- trasi talvolta più accentuati i caratteri della var. Athene Stich., tal’altra quelli della var. Nebrodensis Trti, ma che oo è da ascriversi alla var. Athene. Communis in montibus Viglio et Autore. Sviluppo: giugno-luglio. bd) Var. DEORURONRTE Trt1:(3). — Qualche esemplare, arri (1) Monte Virginio — presso Manziana, m. 500, sulla linea Roma- Viterbo, a Kil. 49 da Roma; Acqua Traversa — valle e colli sulla via Cassia, fuori porta del Popolo, a circa 3 kil. da Ponte Milvio. (2) -Berl Ent. Zeit d215 21906: (3) E. Turati: Nuove forme di lepidotteri — Naturalista Siciliano, ADAM RL LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 205 come sopra si è detto, può classificarsi per questa varietà. — Stessi luoghi e medesimo tempo. Ut supra. JO PIERIDAE IV. Gen. — Aporia Hib. 1816 5. — CTrataegi L. (Stgr. I - 38) — Comune in alcune località, come alle Acque Albule (1), in collina e sui monti; mancante in altre regioni. Il Calberla (2), anche sulle indicazioni dello Stefanelli, dice che tale lepidottero è comune dovunque, forse perchè le sue ricerche hanno a- vuto il loro campo maggiore sui colli di Monterotondo. — Non trovansi le var. augusta Trti. e suffusa Tutt, quan- tunque qualche esemplare presenti, in confronto al tipo, una maggiore estensione del nero all’estremo marginale delle nervature. Sviluppo: maggio-settembre. Communis. V. Gen. — PierIs Schrk. 1801 6. — Brassicae L. (Stgr. I - 45) — Comunissima in tutta la campagna romana. Sviluppo: primavera. Communissima ubicumque. a) Gen. aest. (var.) Lepidii Rober (Seitz) (3) — (1) Sulla strada di Tivoli, a 20 kil. da Roma. (2) H. Calberla — Die Macrolepidopterenfauna der ròmischen Campagna und der Angrenzeden 'Provinzen Mittelitaliens — (Corre- spondenzblatt des entomologischen Vereins « Iris » zu Dresden, n. 4., Juni 1887). (3) Adalbert Seitz — Die Gross schmetterlinge der Erde — I Haup- tabteilung; Stuttgard, 1906. 290 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI Questa varietà o, meglio, forma estiva, dalle dimensioni maggiori, colle macchie nere più vive ed ampie e col di- sotto delle seconde ali meno sparso di scaglie nere, è più comune del tipo. — Si trovano talora esemplari in cui mancano nella pagina inferiore delle seconde ali quasi as- solutamente le ombreggiature nere, e vi è uniforme un vivo colore giallo-cromo, che si riscontra pure nelle mac- chie apicali delle prime ali. Sviluppo: estate-autunno. Communissima ubicumque. Il Verity (1) considera la var. Lepidit Rbòber come sinonimo della forma tipica, e la generazione primaverile come var. C'hariclea Stph. Tale denominazione sarebbe forse da adottarsi per ragioni di precedenza; in ogni mo- do questo resta confermato, che si hanno pel brassicae, come in genere per tutti i pieridi, due generazioni, con- traddistinte dai caratteri già descritti: se tipica vuolsi ritenere la forma primaverile, diventa var. Lepidu la e- stiva, se invece ritiensi come forma tipica la estiva, allo- ra diviene var. Chariclea la primaverile. In qualche raro esemplare # da noi raccolto, abbia- mo osservato traccia di un punto nero sulla pagina supe- riore delle ali anteriori, quale è accennato per la ab. N2- gronotata Jachontoff. 7. — Rapae L. (Stgr. I - 48) — Comune in tutta la regione: le indicazioni classiche si riferiscono alla forma estiva. Sviluppo: giugno- ottobre. Communis ubicumque. a) Gen. vern. metra Stph. (2) — Meno comune del tipo. — Non è costante negli esemplari romani l’osserva- zione dello Stefanelli, che gli individui di questa gene- (1) R. Verity — Rhopalocera palaeactica; Florence; 1907. (2) Stephens — Illustr. Brit. Ent. Haust. — I; 1827. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 207 razione abbiano macchie grigie anzichè nere, il punto mediano delle ali anteriori sfumato anzichè netto ed esi- sta una sfumatura bruna in corrispondenza della base delle quattro ali nella pagina superiore, e neppure può as- serirsi per gli esemplari della campagna romana che i primaverili sieno di minori dimensioni in confronto degli estivi. Ciò che abbiamo potuto rilevare icome carattere differenziale costante è la mancanza di atomi neri spol- verizzati sulla pagina inferiore delle seconde ali negli e- semplari estivi, i quali presentano invece per lo più un color giallognolo pallido. Sviluppo :marzo-aprile-maggio in tutta la campagna. Communis ubicumque. Db) Ab. flavida Petersen (1) — Abbiamo raccolto alle Acque Albule, nei terreni palustri solforosi, un esem- plare 2 il quale ha 1 caratteri dati dal Seitz per questa ab. della Norvegia e della Curlandia. Non possiamo asserire che si tratti di un esemplare tipico: però differisce evi- dentemente dal rapae normale e per lo meno è una forma di passaggio alla ab. avida. Sviluppo: maggio. Fortuita. c) Ab. leucotera Stef. (Stgr. I - 48. a) — Quasi comune quanto la forma primaverile metra in tutta la campagna : rappresenta forse gli esemplari di primissimo sviluppo. Si hanno però molti esemplari che segnano sol- tanto una forma di passaggio al tipo. Sviluppo: aprile-maggio. Fere communis tamquam forma vernalis metra. Il Turati crede che dovrebbe estendersi la denomina- zione di leucotera a tutta la gen. primaverile, la quale in- fatti è più bianca in complesso della estiva (2). Ma poichè (1)Petersen Lep. Fauna v. Estland; 1902. (Oelhuratizt opy Cit 298 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI lo Stefanelli, creatore della ab. leucotera, ha dato questo nome agli esemplari della gen. primaverile i quali non hanno macchie nere, così nol crediamo dover mantenere la distinzione tra forma primaverile metra Stph. ed aberra- zione leucotera Stef. di Ab. Carrucci Rost. (1) — Questa aberrazione presenta i seguenti caratteri nel & : Pagina superiore co- me nella ab. leucotera Stef., cioè assolutamente bianca, senza traccia di punti neri, ad eccezione di una leggeris- sima sfumatura grigia alle estremità apicali delle prime ali ed alla base delle quattro ali, come nella forma prima- verile metra; nessun punto nero nelle seconde ali. — Pagina inferiore: prime ali con appena segnati due punti neri e con apice di un bel colore giallo cromo che si prolunga per tutta la costola fino al corsaletto ed a metà dell’orlo esterno; seconde ali di un giallo ca- rico quasi arancione, che ricopre completamente ala; manca assolutamente qualsiasi traccia della striscia bruna della ab. leucotera Stef. — Testa, corsaletto ed ad- dome: fittamente cosparsi di lunghi peli gialli. Nella © i caratteri generali sono corrispondenti a quelli del 3 : soltanto si ha una leggiera traccia dei punti neri ridotti a minime proporzioni. Il colore delle ali nella pagina superiore tende leggermente al paglierino. Sviluppo: aprile — Villa Patrizi. 3 Supra: alis anticis plane albis, praeter areas ba- salem et apicalem paullum cineraceas: alis posticis item albis, praeter arceam basalem cineraceam. Subtus: alis anticis albis, praeter maculas centrales nigras fere obsoletas areamque apicalem croceam usque ad toracem progredientem juata margine costalem anti- cum atque usque ad dimidiam partem marginis externi; alis posticis admodum croceis. (1) Bollettino della Società Zoologica italiana, Serie II. Vol. IV. Vi VI 1903; pas. 123. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 209 ('apite, torace, abdomine longis pilis croceis consper- sis. g Supra: ut & praeter maculas nigras haud plane obsoletas coloremque haud album, sed leviter flavescen- tem. Subtus: ut 3. Fortuita. 8. — Manni Mayer 1851 (Stgr. I - 48. c) — Facciamo di questa varietà del Pieris rapae una specie a parte, per gli studi recenti del Turati (1) sulle crisalidi. Sufficien- temente comune nella piana. In primavera (marzo-aprile). Communis in plants. a) Gen. aest. Ross Stef. (Stgr. I - add. 48. c) — Comune ovunque. In genere negli esemplari romani si conferma la osservazione dello Stefanelli che essi sono di maggiori dimensioni in confronto dei primaverili Manni Mayer. — Ma anche questo criterio non è assoluto, aven- do noi raccolto esemplari Ross di piccolissime dimensio- ni — poco più di una Lycaena Bellargus — i quali deb- bono forse il loro meschino sviluppo alle cattive condizio- ni di nutrizione della larva. — Di tali esemplari ha fat- to cenno lo Stefanelli (2). Sviluppo: luglio-settembre. Communas. 9. — Ergane H. G. (Stgr. I - 49) — Questa specie fu da uno di noi rinvenuta nella campagna romana al suo confine montuoso con l’Abruzzo (Arsoli-Oricola). Sono e- semplari colle macchie nere apicali poco intense, con la base delle ali sfumata di nero come la Manni, e senza macchie nere discoidali nel ® : quindi corrispondono alla forma tipica della Dalmazia. (1) Turati: op. cit. (2) Stefanelli: op. cit., 1900. 300 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI Sviluppa in primavera (maggio e primi di giugno). Rara. a) Gen. aest. Rostagni Trt. (1) — Nelle macchie - nere riscontrasi maggiore intensità di colorito, nei maschi esistono sempre le macchie discoidali nella pagina supe- riore delle ali anteriori, nelle femmine si ha una colora- zione paglierino-verdognola specialmente nella pagina su- periore delle ali posteriori, mentre nella pagina inferiore st hanno macchie apicali delle prime ali e colorito generale delle seconde ali di un giallo più carico in confronto della generazione primaverile. Sufficientemente comune, ma localizzata al confine della campagna romana (Oricola-Arsoli, m. 500 a 900). Sviluppo: agosto-settembre. Fere communis in montibus (Oricola-Arsoli) cum A- prutiis finitimis. Db) Ab.P magnimaculata Rost. (2) — D'un bianco giallastro nella pagina superiore delle quattro ali, come la gen. aest. Rostagni Trt. e d’un bel colore giallo cromo nella pagina inferiore delle seconde ali. Le macchie nere poi sono molto più scure che nel tipo e più grandi che nella gen. aest. Rostagni. Si può dire che questo caratte- re in rapporto al tipo sia ancora maggiormente accentua- to che nella var. Rosst Stef. rispetto al P. rapae L. E° in- fine da notare che la macchia centrale delle prime ali an- zichè rotonda, come nel tipo, è larga e quadrata e che di questa macchia quadrata il lato volto verso il margine del- l'ala è talora alquanto curvo, con la concavità verso l'e- sterno. — Si può considerare come una forma di passag- gio dalla gen. aest. alla seguente ab. longomaculata. Comune come la generazione estiva, negli stessi luo- ghi e medesimo tempo. (1) Turati: op. cit. (2) Bollettino della Società Zoologica Italiana: fasc. VII. VIII e IX; 1906. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 30I Alis supra sicut in gen. aest. Rostagni albo-flave- scentibus, sed maculis nigris obscurioribus atque matiori- bus, punctisque centralibus alarum anticarum quadratis vel externe arcuatis: subtus alis anticis albo-flavescenti- bus, alis posticis croceis. Fere communis tamquam gen. aest. in risdem locis. c) Ab. 9 longomaculata Rost. (1)— Caratteri gene- rali di colorazione come nella ab. magnimaculata; le mac- chie nere però delle ali anteriori molto sviluppate e pro- lungate fino a congiungersi, così da formare una sola li- nea accidentata. Non comune, assieme al tipo. — Agosto, settembre. Alis anticis maculis nigris coniunetibus. Una cum gen. aest., non communis. d) Ab. & semimaculata Rost. (2) — Forma aber- rante della gen. aest., nella quale mancano tutte le mac- chie nere ad eccezione della apicale, molto ridotta: cor- risponde in certo modo alla ab. leucotera Stef. del P. ra- pae L. — Il giallo della pagina inferiore è molto più pal- lido. Si avvicina al tipo ® della gen. primaverile. Rara. Negli stessi luoghi e tempi della gen. aest. Alis maculis nigris obsoletis, praterquam maculas apicales, diminutas : alis posticis subtus pallidioribus. U- na cum gen. aest.; rara. 10. — Napi L. (Stgr. I - 52) — Comune ovunque, spe- cie nella piana e nei colli. Sviluppo: febbraio-maggio. Communis ubicumque. a) Gen. aest. napeae Esp. (Stgr. I- 52. a) — Co- mune negli stessi luoghi del tipo. (1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. IV. V. VI., 1904; fasc. I. II. III, 1905. (1) Bollettino della Società Zoologica Italiana, fasc. VII. VIII. IX., 1906. 302 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI Sviluppo: maggio-ottobre. Communis tamquam forma tipica in visdem locis. b) Var. meridionalis Rihl (1) — Comune insieme alla generazione estiva negli stessi luoghi e tempi. Communis tamquam forma tipica in visdem locis. 11. — Daplidice L. (Stgr. I - 57) — Comune in tutta la campagna. Sviluppo: ultimi di aprile-agosto. Communis ubicumque. a) Gen. vern. Bellidice O. (Stgr. I- 57. a) — Co- mune come il tipo e negli stessi luoghi. Sviluppo: aprile-maggio. Communis ubicumque tamquam forma tipica în iisdem locis. b) Var. (et ab.) Raphani Esp. (Stgr. I- 51. b) — Non comune - negli stessi luoghi del tipo. Sviluppo: giugno-luglio. Non communis in isdem locis. VI Gen. — Euctor (Hb. 1816: (Anthocharis B.). 12. — a) Belia Cr. var. romana Calb. (Stgr. I - 62. a) — La forma tipica della £. Belia non trovasi nella cam- pagna romana, ma è sufficientemente comune la var. r0- mana descritta dal Calberla. — Tanto in pianura che in collina. Sviluppo: aprile-maggio. Fere communis in planis et collibus. b) Gen. aest. Ausonia Hb. (Stgr. I - 62. b) — Suf- ficientemente comune nelle stesse località della var. r0- MANA. Sviluppo: ultimi di maggio e giugno. (1) F. Riihl — Die Palaearctischen gross Schmetterlinge u. ihre Naturgeschicte; Leipzig, 1892-95. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 303 Ut supra. 13. — Cardamines L. (Stgr. I- 69) — Comune sui colli laziali, presso 1 boschi e nelle valli ombreggiate, ma specialmente in alcune località, come, presso Roma, ad Ac- quatraversa. Vi sono forme che si avvicinano molto alla ab. Turritis O. Sviluppo: aprile e maggio. Communis in collidbus latialibus prope silvas. 14. — Euphenoides Stgr. (Stgr. I - 73). — Non è por- tata questa specie dal Calberla per la campagnia romana e neppure noi l’abbiamo ivi mai catturata nè veduta; però 11 sig. Paolo Luigioni, distinto coleotterologo, ci ha asse- rito di averne veduto volare in maggio un esemplare nella foresta di Marino. Dubia. VII Gen. LepTIDIA Bilb. 1820 (Leucophasia Stph. 1827) 15. — Stnapis L. (Stgr. I-81) — Sufficientemente comune, specie in collina e in montagna. Giugno, luglio e agosto. Fere communis in collibus et in montibus. a) Gen. vern. lathiri Hb. (Stgr. I-81. a) — Comu- ne nelle stesse località, particolarmente in aprile, ma pure in maggio e giugno. Communis in visdem locis. b) Var. aest. diniensis B. (Stgr. 1-81. d) — Co- mune negli stessi luoghi. — Come forme £ £ pallide della var. diniensis sono forse da considerarsi gli esemplari che corrispondono alla ab. 2 £7rysimi Bkh. e che lo Stau- dinger considera come forme accidentali del tipo stnapts. In giugno, luglio ed agosto. Communis in tisdem locis. 304 F. ROSTAGNO - L. ZAPELLONI VIII Gen. CoLias (F.) Leach. 1815 16. — Hyale L. (Stgr. I- 98) — Se ne trova qualche esemplare nelle basse collinette presso Roma (1) — più comunemente sui colli laziali e sui monti della provincia romana (2). Sviluppo, secondo i nostri esemplari, dal maggio a ottobre. Parum communis in parvis collibus prope Romam; communis in collibus latialibus et in montibus. 17. — Edusa F. (Stgr. I - 113) — Comune in tutta la campagna, sia nella piana che in montagna e in collina. Sviluppo: aprile-settembre. Qualche esemplare tro- vasi anche alla fine di ottobre. Communis ubicumque. a) Ab. 3 Faillae Stef. (Stgr. I - add. 113) — Por- tato dallo Staudinger come sinonimo del tipo. Insieme col tipo, non comune. — Vi sono però nelle nostre Eduse mol- tissimi esemplari che rappresentano forme di passaggio più o meno accentuate alla Falae. Non communas. b) Ab. 2 Helice Hb. (Stgr. I- 113.5.) — Nonico- mune nelle collinette presso Roma, più frequente in mon- tagna, insieme al tipo. Alcuni esemplari hanno le mac- chie discoidali delle ali posteriori giallo-arancio, altri quasi bianche, come il fondo della pagina superiore delle prime ali. Non communis in parvis collibus prope Romam; fere communis in collibus latialibus, praesertim in montibus. c) Ab. Pyrenaica Gr. (Stgr. I-113.c) — Di que- sta aberrazione non abbiamo trovati che esemplari®. Ci (1) Acqua Traversa, S. Agnese (3 kil. fuori Porta Pia sulla via Nomentana), Valle Inferno (3 kil. fuori porta Angelica), (2) Oricola, Poli (mandamento di Palestrina). LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 305 sorge però il dubbio, che siano da considerarsi come indi- vidui provenienti da larve mal nutrite, piuttosto che ve- re forme aberranti. Fortuita. X Gen. — GonEPTERYx Leach. 1815 (Rhodocera B.). 18. — Rhamni L. (Stgr. I - 124) — Comune in tutta la campagna, specie presso le siepi e nei giardini. Sviluppo: aprile-ottobre; — però trovasi si può dire tutto l’anno, anche nelle belle giornate d’inverno. Communis ubicumque. 19. — Cleopatra L. (Stgr. I - 125) — Come la specie precedente. Trovasi preferibilmente in estate. Communis ubicumque. a) Gen. aest. (var.) & Italica Gerh. (Stgr. I - 125. a) — Riguardo a questa forma aberrante siamo perfet- tamente d’accordo con lo Stefanelli: questa varietà esti- va è rappresentata cioè soltanto da 4 e non sostituisce in estate il tipo, ma si trova con esso nelle stesse località. Da noi il suo sviluppo è principalmente nei mesi di giu- gno e luglio; non frequente. Non communas. —__—=tgi>-—_ _ Bollett. Soc. Zoologica Italiana ISTITUTO Z00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof, comm. A. CARRUCCIO LA GLANDULA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo CASRCNANER FSE Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' (Contin. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 262-230) Lo sviluppo somatico dipenderebbe pure in gran par- te dalla secrezione della glandola interstiziale. Si cono- scono esattamente gli effetti della castrazione sul sistema tegumentario e sui suoi annessi, sul pannicolo adiposo, sul sistema osseo, su quello muscolare, sul laringe, e sopra altri visceri. Non è il caso qui di riportare la vasta lette- ratura sull'argomento chè ci porterebbe lontani dal nostro campo di studio; ma di ricordare soltanto incidentalmen- te i lavori più recenti e più importanti, per formarsi una idea delle nostre presenti conoscenze. Dupuytren e Gruber notarono nei castrati sviluppo li- mitato del laringe; Gruber e Steinach, mancato sviluppo delle vescicole seminali; Steinach, Kirby, Guyon, Legneu, Albarran, atrofia della prostata negli animali; White, Raum, Haines, Griffiths, Bryson, Watson, Helfreich, Moullin, Czerny, Simitzine, Lutkens, Guyon, Albarran, Socin, Legneu, Belfield e altri, atrofia della prostata ne- gli uomini castrati; Colin osservò diminuzione del peso to- tale dell'encefalo nel cavallo castrato; Calzolari, aumento di peso del timo; Feldmann, Poncet, Pirsche, Becker, Teinturier, Godard, Merschejewski, Collineau, Halin, Pit- tard, Milne Edwards, Lanois e Roy, descrissero le alte- iii si en FARENEP LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 307 razioni del sistema osseo nei castrati; Alessi riscontrò mo- dificazioni delle cellule della corteccia cerebrale (1). Tali alterazioni sullo sviluppo somatico si potrebbe- ro riportare dunque alla mancanza della funzione della glandola interstiziale, come vorrebbero ad esempio Ancel e Bouin. Ma si può essere certi che non dipenda da altri fattori, come dalla mancanza di altri elementi del testi- colo, produttori magari in parte della secrezione endocri- na testicolare fOppure non potrebbe dipendere da un com- plesso di fattori, il cui insieme può ancora sfuggirci? Vi sono, è vero, le esperienze colle iniezioni di estratti di glandola interstiziale che hanno avuto un notevole effetto sull’accrescimento dell'organismo. Ma sugli « estratti di glandola interstiziale » come li chiamano Bouin e Ancel, non cè solamente l’estratto degli elementi interstiziali, ma anche quello della parte seminale del testicolo, che pur essendo in via di atrofia, potrebbe dar luogo a delle sostanze capaci di produrre un qualche effetto sull’orga- nismo. Non è forse la obbiezione medesima che Bouin e Ancel avevano mosso alle esperienze di Richon e Jeande- lizgfomib Finalmente s1 avrebbe anche un’azione di difesa del- l'organismo per parte delle cellule interstiziali. I fatti che starebbero in favore di questa ipotesi sono troppo scarsi per poterla sostenere per ora con sicurezza. Auguriamoci che nuovi studî rischiarino anche tale que- stione, ritenendo intanto prematura ogni critica e ogni giudizio in proposito, sia in favore che in contrario. Concludendo, mi pare che molto si sia voluto attribui- re agli elementi interstiziali, e che occorrerà forse ridur- re parecchio ciò che si è detto su questo argomento. Il si- enificato loro fisiologico oggi, dopo tanti studi e tante (1) La bibliografia di questo argomento è riportata in molti la- vori, ma specialmente in quello di Fichera. 308 VALENTINO BARNABO’ ipotesi, non è men chiaro di quello che non sia il loro si- gnificato morfologico. Dobbiamo dire il vero: non si sa ancora con esattezza che cosa siano le cellule interstiziali, e quale funzione loro spetti. Forse qualcuna delle teorie sarà la vera, forse converrà adottarne una ecclettica; ma per ora si può solamente ritenere che tutte le teorie hanno dei dati favorevoli e dei dati contrarî o per lo meno in- certi. Occorrerebbe riuscire sperimentalmente a distrug- gere del tutto e in modo esclusivo solo la parte interstizia- le del testicolo; e allora si potrebbe forse con maggior cer- tezza stabilirne la funzione, dalle alterazioni rilevabili 0 nel testicolo, o in altre parti dell'organismo. E auguria- moci che nuove ricerche si facciano con risultati decisivi. XII. — Rapporti delle cellule interstiziali con le glandole a secrezione interna. Un capitolo ancora nuovo nello studio delle cellule interstiziali riguarda i rapporti probabili che esse pos- sono funzionalmente avere con le glandole a secrezione in- terna. Ricorderò che recentissimi studî hanno dimostrato come tutte queste glandole abbiano tra loro intimi rap- porti, quasi si potesse considerare un vero e proprio si- stema dell'organismo destinato ad una funzione di prote- zione. Difatti, ledendo o togliendo sperimentalmente una qualunque di queste glandole, le altre si ipertrofizzano e funzionano maggiormente per compenso. Così furono ese- guite importanti ricerche sulla ipofisi negli animali scap- sulati da Boinet e da Marenghi, sulla ipofisi negli ani- mali stiroidati, ecc., Più importanti dal nostro punto di vista sono gli studî sui rapporti tra testicoli e altre glan- dole, come ad esempio quello di Calzolari, per il quale 1l timo sembrerebbe adibito a una funzione analoga a quel- la dei testicoli; e 1 lavori di Fichera relativi alla 1- pertrofia della glandola pituitaria, consecutiva alla ca- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 309 strazione, tanto nei maschi quanto nelle femmine. Cre- do inutile riferire qui particolarmente di questi lavori, avendolo già fatto più volte nel Bollettino della nostra Società (V. vol. VII, 1906, pag. 109 e pag. 239 — Vol. VIII, 1907, pag. 159-170). Ma tanto Calzolari quanto Fichera parlano della se- crezione interno del testicolo, senza pronunciarsi sulle cellule interstiziali, e senza esaminare le modificazioni. Io invece ho eseguito ricerche esperimentali appunto sulle modificazioni di queste cellule e su quelle che potei riscon- trare nelle glandole a secrezione interna. I risultati da me ottenuti furono ampiamente riferiti nel giornale « Il Policlinico » (Sez. Chirurgia, 1908, fasc. 3.) e ripor- tati anche nel nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 229 - vol. IX, 1908, pag. 188); mi dispenso quindi di ricordarli. Da essi risultano rapporti evidenti specialmente tra le cellule interstiziali e la glandola ipofisaria. XIII. — Parallelo con la glandola interstiziale dell'ovaio. Come appendice, desidero ora dir due parole sulla glandola interstiziale dell'ovaio, composta di elementi a- naloghi ed omologhi a quelli del testicolo. Tale parallelo è interessante, perchè serve a farci precisare meglio al- cuni fatti riguardanti le cellule interstiziali testicolari, e perchè ci fa comprendere che questo elemento non è ‘già esclusivo del maschio, come ritenevano una volta Bouin e Ancel, ma si trova anche nella glandola sessuale femmi- nile, e perciò s1 può supporre abbia davvero una qualche funzione importante per tutto l'organismo. Naturalmente mi limiterò a passare in rapida rassegna solo i lavori principali sull'argomento. Innanzi tutto ricorderò che dopo le ricerche di Brown Séquard sulla secrezione interna dei testicoli, si intra- presero analoghe osservazioni per l ovaio. E Curatolo e 3I0 VALENTINO BARNABO’ Tarulli pensarono di studiare nelle cagne e nelle femmi- ne dei topolini il ricambio materiale dopo la castrazione. Essì trovarono che si ha allora una notevole e duratura di- minuzione nella eliminazione dei fosfati per le urine e dell'acido carbonico per l’espirazione, eliminazione che si eleverebbe di nuovo, se si sottopongono le femmine castra- te alla iniezione sottocutanea di succo ovarico. Curatulo e Tarulli quindi conclusero che le ovaie devono versare continuamente nel sangue una secrezione favorevole alla ossidazione delle sostanze organiche fosforate, degli i- drati di carbonio e dei grassi, ragione per cui, quando manca tale secrezione, si aumentano nell'organismo il grasso e 1 sali di fosforo. Secondo loro era così sperimen- talmente provata la esistenza di una secrezione interna anche per le ovaia. I risultati di questi Autori furono poi confermati da Pinzani per una cagna castrata, e da Loewy e Richter che studiarono l'influenza della castrazione sul ricambio materiale delle femmine. Però furono negati da Schultz e Falk, che si occuparono della eliminazione dei sali di fosforo dopo la castrazione, da Luthje, da Lambert e da altri autori. Mossé e Oulié, e anche Heymann anzi giun- sero a sostenere che la eliminazione dei fosfati in se- guito alla castrazione aumenta invece di diminuire. La questione è quindi ancor oggi controversa, e*sì connette con la questione terapeutica della castrazione in condi-. zioni morbose, quali l’osteomalacia, in cui occorre ritenere più che si può sali di fosforo nell'organismo. Ma ciò esce dal nostro campo, e per noi basta ritenere che fu ammessa anche per le ovaie una secrezione interna di notevole im- portanza per l'organismo. Ma a quali cellule dell'ovaio si può attribuire questa secrezione interna? Anche qui non si è d’accordo, perchè mentre Frinkel e Arcangeli l attribuiscono principal- mente ai corpi lutei, molti Autori, come Limon, Bouin, LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 3II Lambert e altri la dicono dovuta a speciali cellule inter- stiziali, simili a quelle del testicolo. E di ciò appunto ci dobbiamo occupare. Van Beneden nel 1880 scriveva che i corpi lutei del- l’ovaia sono costituiti da un tessuto che presenta tutti 1 caratteri del tessuto interstiziale, colla sola differenza che le cellule interstiziali sogliono prendere uno sviluppo e- norme. Si può per altro ritenere che il tessuto del corpo luteo sia identico allo stroma interstiziale. Da ciò si com- prende la teoria sostenuta da Fraànkel e da Arcangeli, cui abbiamo accennato. Gli elementi del corpo luteo furono anche ravvicinati agli interstiziali del testicolo da Van Mihalkowics, da Waldeyer, da Tourneux e da Nussbaum. Secondo Nus- sbaum anzi avrebbero pure la medesima origine dall’epi- tello germinativo, dal quale deriverebbero SSN per al- tro rimasti allo stato embrionale senza ulteriormente svi- lupparsi. Uno studio di Maximow sulla rigenerazione del tes- suto ovarico non ci apprende nessun fatto importante dal nostro punto di vista. Piuttosto interessante è invece un lavoro di Regaud sull’epitelio ovarico e sui suoi diverti- coli tubuliformi nella cagna, epitelio che possiederebbe una funzione glandolare, mentre i tubuli corticali non sa- rebbero che diverticoli di questo epitelio. Tale funzione glandolare servirebbe appunto per la elaborazione della secrezione endocrina.Regaud e Policard trovarono poi che l’epitelio del follicolo di Graaf elabora una sostanza la quale presenta speciali reazioni istiochimiche, e si trova sotto forma di goccioline, poste in ispeciali vacuoli del protoplasma. Tale sostanza non sarebbe per altro quella della secrezione interna, non traverserebbe la zona pellu- cida e si accumulerebbe a poco a poco nel protoplasma del- l'uovo, il quale, quando è maturo, ne racchiude una con- siderevole quantità. 312 VALENTINO BARNABO” Però i lavori più importanti sulle cellule interstiziali sono quelli di Limon, che ha studiato la glandola intersti- ziale dell'ovaio dal punto di vista istologico ed istogene- tico. Secondo Limon il tessuto interstiziale dell’ovaio non è diffuso, ma è invece disposto con ordine in lobuli rego- larmente orientati. E’ costituito da cellule voluminose po- liedriche, il cui aspetto è ben differente da quello delle cellule fisse del tessuto connettivo dello stroma ovarico. In tali cellule si nota la presenza di numerose goccioline di grasso. Limon cerca di provare la natura glandolare di questi elementi, perchè la loro posizione speciale in vici- nanza dei vasi sanguigni attesterebbe la elaborazione di una secrezione interna. Dallo studio morfologico e da quello istogenetico, l'Autore ritiene che si tratti di una vera glandola, alla quale dà il nome di glandola intersti- ziale dell’ovaia. Egli conclude poi: « Quelques travaux physiologiques de ces dernières années concernent la sé- crétion interne de l’ovaire dans sa totalité. La thérapeuti- que s'est également préoccupée de l’opothérapie ovarien- ne. Mais ces recherches ont porté sur la sécrétion globale de l’ovaire, et le départ est encore à faire entre l’action de chacune de ces formations de l’ovaire adulte, follicules, corps jaunes, et glande interstitielle ». Limon ha voluto poi osservare le modificazioni che subisce la glandola interstiziale nelle ovaia trapiantate. Per ispiegare l’atrofia degli organi genitali accessorî fem- minili, consecutiva alla castrazione, alcuni Autori hanno ammesso che si tratti di una lesione di tronchi nervosi. Ma le esperienze eseguite col trapianto delle ovale hanno e- scluso questo fattore, perchè si è dimostrato che cessano i fatti di atrofia in queste condizioni sperimentali; e si è pensato piuttosto all’azione della secrezione interna. Li- mon studia quindi il trapianto dell'ovaio nella coniglia, in cui gli elementi interstiziali sono più sviluppati. A parte le considerazioni di indole generale, Limon osserva LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 313 che i follicoli possono ancora formarsi e dar luogo allo sviluppo dell'uovo, quando la circolazione si ripristina nella nuova sede di trapianto; ed esamina anche le altera- zione dei corpi lutei; però si diffonde piuttosto a parlare delle modificazioni subite dalle cellule interstiziali. Le cellule interstiziali, egli dice, sono degli elementi 1 cui caratteri epiteltali e anche glandolari denotano uno stadio di differenziazione assai elevato. Nel momento in «cui comincia l’atresia del follicolo di Graaf, le cellule del- lo strato più interno della teca perdono il loro carattere connettivale e modificano i loro reciproci rapporti. Il cor- po cellulare diviene più ammassato, poliedrico, e il nucleo muta aspetto. Topograficamente le cellule si ordinano in cordoni, o in masse allungate, orientate radialmente, co- stituendo così nel loro insieme una formazione cellulare bene individualizzata, detta falso corpo luteo. Ulterior- mente il falso corpo luteo si dissocia, e i cordoni cel- lulari così dissociati si dispongono nello stroma ovarico senza un ordine apparente. Le cellule interstiziali, benchè assai piccole in questo momento, hanno tuttavia un’ap- parenza epiteliale assai manifesta. Nel momento della. pu- bertà mutano ancora di aspetto : il corpo protosplasmatico diviene due o tre volte più voluminoso, e si carica di nu- merose clave riducenti in nero l’acido osmico; le cellule entrano in rapporto più intimo coi capillari sanguigni; hanno in una parola acquistato 1 caratteri inerenti alla loro funzione glandolare. Ora sotto la influenza dei disor- dini circolatorî, apportati all’ovaio col trapianto, le cel- lule interstiziali percorrono in senso inverso la serie di tali trasformazioni, senza però tornare al loro stadio 0- riginario di cellule indifferenti. Esse perdono da princi- pio le clave (enelaves), che molto probabilmente sono rias- sorbite; diminuiscono considerevolmente di volume; e ri- prendono l'aspetto di piccole cellule epitelioidi, che pre- sentavano prima della pubertà o nel cosiddetto falso cor- 314 VALENTINO BARNABO” po luteo. Conservano cioè questo aspetto fino al momento, nel quale l’ovaio avendo riacquistato il suo sistema circo- latorio, si ritrova anche nella nuova sede in condizioni fi- siologiche normali. Quando la circolazione si ristabilisce, le cellule interstiziali ripresentano le clave, aumentano di volume, riprendono insomma i loro caratteri normali. Ciò non avviene però simultaneamente in tutto l’ovaio; ma progressivamente dal centro alla periferia. Il principale fattore dunque della differenziazione di queste cellule do- vrebbe essere, secondo Limon, la circolazione, la quale a- vrebbe sotto la propria dipendenza tutta la loro attività secretoria. Questo studio di Limon, corredato di numerose ed in- teressanti figure dimostrative, procura notizie esatte su questo elemento della ghiandola ovarica, dandone un con- cetto abbastanza netto. L'esperimento ha quindi servito moltissimo per estendere le nostre conoscenze e per preci- sare quelle scarse che avevamo. Resta dunque almeno pro- vato che anche l’ovaio è una glandola a secrezione interna. E come tale ha anch'essa rapporti intimi con le altre glandole a secrezione interna dell’organismo? Possedia- mo ancora scarse notizie, quantunque oggi si studino bene questi rapporti. Parhon e Goldstein hanno trovato che e- siste un antagonismo tra la funzione dell’ovaia e quello del corpo tiroide. Fichera ha fatto delle esperienze sulle femmine di cavia e di coniglio per generalizzare le sue conclusioni sulle relazioni della ipofisi con le glandole sessuali. Egli, asportando le ovaie, ha notato una iper- trofia dell’ipofisi, maggiore per le coniglie che per le ca- vie, apprezzabile già dopo venti giorni dall’operazione. É l'aumento in peso è così considerevole, da potersì parago- nare a quello che si nota nell’ipofisi degli animali stiroi- dati, il quale però avviene in modo più lento che il primo. Anche istologicamente si notano modificazioni nella 1po- fisi, perchè si ha un notevole aumento di cellule eosinofile LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SIT ingrandite e ripiene di sostanza eosinofila, elementi in moltiplicazione cariocinetica, e dilatazione e ripienezza dei vasi sanguigni. Fichera conclude quindi che così resta provata la relazione che esiste anche tra l’ipofisi e le ovale, e che la loro secrezione interna modera l’attività dell’ipofisi. La maggiore attività della pituitaria in seguito alla castrazione potrebbe influire « probabilmente, attirando il ricambio materiale, a rendere migliori le condizioni di nutrizione e di sviluppo di molti tessuti in genere, e di quello osseo in ispecie ». Anche tra le ovaie e le glandole a secrezione interna esistono dunque notevoli rapporti, che, verranno certo meglio illustrati in seguito da succes- sivi lavori. Da tutto ciò risulta ora facilmente il parallelo tra la glandola interstiziale del testicolo e quella dell’ovaio. A parte la somiglianza morfologica e istogenetica, anche le stesse questioni si agitano per la loro funzione e per il loro significato fisiologico nell'organismo. Difatti abbiamo veduto che tutte e due queste glan- dole segregherebbero dei prodotti distruttori del grasso. Inoltre l’importanza della secrezione interna testicolare per lo sviluppo dello scheletro e anche del tratto genitale è attribuita pure a quella ovarica. Ma se su ciò non si è ancora ben sicuri per il testicolo, non lo si è neppure per l’ovaio. Inoltre sappiamo che la secrezione interna testicola- re è attribuita da alcuni alle cellule seminali, da altri al- le cellule sertoliane, e da altri ancora alle cellule intersti- ziali. Così pure per l’ovaio alcuni l’attribuiscono ai corpi lutei, altri all’epitelio ovarico coi suoi diverticoli, e altri poi alle cellule interstiziali. E mentre si sostiene che le cellule interstiziali del testicolo servano pel nutrimento 316 VALENTINO BARNABO” degli elementi seminali, vi è chi parla di sostanze elabo- rate per l'uovo dall’epitelio del follicolo di Graaf. Se poi sì considerano i lavori di Limon, il paral- lelismo è ancora più chiaro. Si tratta difatti di cellule voluminose poliedriche tanto nel testicolo quanto nell’ova- 10. Si notano anche numerose goccioline di grasso nel protoplasma tanto delle une come delle altre. Però, mentre nel testicolo sono o isolate o raggruppate in isolotti, la cul topografia non è fissa, nell’ovaio sono invece disposte in lobuli, in cordoni regolarmente orientati. I loro rap- porti intimi coi vasi si trovano nell’ovaio come nel testi- colo; e il loro aspetto glandolare ha fatto meritare i nomi di glandola interstiziale dell'ovaio, assegnato da Limon, e corrispondentemente di glandola interstiziale del testi- colo, dato da Bouin e Ancel. Le modificazioni poi che su- biscono le cellule interstiziali nell’ovaio trapiantato sono del tutto simili a quelle, presentate dall’elemento inter- stiziale del testicolo in analoghe condizioni o patologiche o sperimertali. Anche nell’ovaio, secondo Limon, gli ele- menti interstiziali deriverebbero da quelli indifferenti del connettivo; presenterebbero inoltre un momento ben chia- ro di attività funzionale, arrichendosi delle clave, pro- dotto della loro elaborazione. Non sono stati però descrit- ti nè pigmento, nè cristalloidi speciali per le cellule in- terstiziali dell'ovaio. Inoltre il fatto, provato da Limon coll’esperimento, che la circolazione ha una così grande influenza per l’attività secretoria e per le modificazioni della glandola interstiziale ovarica, fa pensare che anche molte delle modificazioni descritte da Bouin e Ancel e da altri ricercatori per quella del testicolo in isvariate con- tingenze patologiche o fisiologiche o teratologiche o spe- rimentali, possano pure dipendere dall’ essenzialissimo fattore della circolazione, apportatrice del nutrimento cellulare. Inoltre anche i rapporti con le altre glandole a secrce- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 69 47 zione interna appaiono simili per l'elemento interstiziale ovarico, e per il testicolare. Lo fan prevedere gli studi fatti, quantunque per ora si siano occupati soltanto dell’influenza esercitata dalla assenza della glandola ses- suale in massa e della sua secrezione interna, senza trat- tare dell'elemento interstiziale in ispecie. Il comporta- mento dell’ipofisi è per esempio perfettamente simile nei maschi castrati, e nelle femmine, che han subìto l’ova- rioctomia. Si tratta sempre, come ha dimostrato Fichera, di fenomeni netti di ipertrofia, la quale va considerata da lavoro e di natura compensatoria per la mancata funzione delle glandole sessuali. Si può pertanto concludere che le glandole sessuali, tanto maschili che femminili, posseggono una secrezione esterna ed una interna. Tutte e due queste secrezioni han- no pol il medesimo scopo: l’una è in relazione col mondo esterno per la propagazione della specie, l’altra ha una importanza essenziale per l’organismo. E dico importan- za essenziale, perchè, tra l’altro, è notevole il fatto che tutte e due le glandole sessuali la posseggono in egual maniera. L'elemento interstiziale inoltre deve pure avere un notevole significato in queste glandole, dal momento che vi sl trova rappresentato in egual misura, e presenta analogie così spiccate di struttura e di comportamento. Se quindi non s1 può ancora precisare con esattezza la sua vera funzione, si può però ritenere con una gran presun- zione che non si tratti soltanto di un semplice organo di sostegno, o di un organo rudimentale, tanto meno di una inclusione di cellule aberranti. Anche per le cellule inter- stiziali ovariche esistono molti dubbi, tanto che si può per ora ritenere il loro studio come solamente iniziato; tuttavia io credo che, se si approfondiranno di pari pas- so le osservazioni per questi elementi tanto nel testicolo quanto nell’ovaio, sarà più facile trovare una guida si- cura, la quale conduca ad una interpretazione esatta e precisa. 318 VALENTINO BARNABO” XIV. — Conclusioni. . Dall'esame che abbiamo fatto delle varie questioni, riguardanti la sostanza interstiziale del testicolo, abbia- mo potuto man mano ricordare le conclusioni, a cui sono giunti i singoli Autori nei loro lavori,e siamo anche venu- ti a diverse deduzioni. Ora è il caso di riassumere breve- mente tutto ciò, per vedere quanto è provato con certezza, e quanto ancora non è che un'ipotesi sopra questo interes- sante argomento. Ecco quello che si può dunque dire al giorno d’oggi delle cellule interstiziali del testicolo. I. I caratteri morfologici sono stati esattamente stu- diati con i varî metodi delle singole parti costituenti la cellula interstiziale, ben diversa dalla cellula ‘fissa del connettivo circostante. II. Per ora mancano notizie sicure sulla riproduzione di questo elemento e si esclude che avvenga la moltipli- cazione per cariocinesi. III. E’ stato descritto un periodo secretorio, ma tale descrizione merita conferma, ed anche perciò, tra l’altro, che mi pare prematuro ritenere dal punto di vista istolo- gico gli elementi interstiziali come cellule glandolari. IV. Non vi è topografia fissa per le cellule intersti- ziali; si trovano però nel connettivo interlobulare a pre- ferenza; e assumono rapporti molto spesso coi vasi san- guigni e linfatici, e qualche volta colle pareti dei tubuli seminali. | V. Sono cellule circondate da una sostanza connetti- vale fibrillare, la quale sembra contribuisca alla forma- zione di più intimi rapporti tra esse e i vasi, e le pareti dei tubuli seminiferi. VI. Nei pesci, anfibi e rettili non si conosce con si- curezza una sostanza interstiziale; pure è da ritenere che esista in tutti 1 vertebrati. VII. Negli uccelli sono state descritte cellule inter- stiziali con sicurezza in varie specie. LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 319 VIII. Nei mammiferi esistono come elemento costan- te del testicolo, e hanno in tutti caratteri e comportamen to simili. IX. La glandola interstiziale funziona e si sviluppa nell’embrione prima ancora che si sviluppino gli elementi germinativi; manca però uno studio sistematico nei varî periodi dell'embrione. X. L’istogenesi è ancora un problema, che ha susci- tato varie discussioni senza ottenere una soluzione sicura. XI. Il grasso elaborato dagli elementi interstiziali con molta probabilità può servire come nutrimento per gli elementi seminali, penetrando nei tubuli allo stato di dissoluzione chimica; ma vi sono ancora opinioni contro- verse. XII. I cristalloidi di Reinke si possono ritenere come prodotti di elaborazione delle cellule interstiziali, ma an- cora non se ne conosce nè il destino, nè la vera natura, nè la ragione della presenza soltanto nel testicolo umano. XIV. Sono stati descritti altri prodotti di elabora- zione intra ed estracellulari, ma non si hanno che notizie vaghe e meritevoli di conferma. XV. Sulla importanza e specificità dei fermenti so- lubili, ricavati recentemente da Herwieu,è ancora prema- turo pronunciarsi. XVI. La sostanza interstiziale subisce notevoli mo- dificazioni con l’età dell'animale: e propriamente si svi- luppa in senso inverso della parte seminale, perchè, quan- do questa si sviluppa e funziona, la prima si riduce, e vi- ceversa. XVII. — L’ibernazione ha pure un'influenza sullo sviluppo degli elementi interstiziali; ma occorrerebbero nuovi lavori per precisarla. (Continuaz. e fine nel prossimo fascicolo). Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI DAGGIO DI UN CATALOGO DEI DITTERI DELLA PROVINCIA DI ROMA Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma (Ved. vol. preced. del Bollettino) LARE SECONDE Gen. MERODON Meig. 253. M. aeneus Mg. Strada di Roccantica; Nettuno. Sul trifoglio e sulle altre erbe da prato. Aprile, maggio. Raro. Un solo maschio nella mia collezione, alcune — femmine. 254. M. acrarius Rond. Trovato sulle rive del Tevere, presso Roma ed Ostia; ad Acquatraversa. Sulla mentuccia. | Giugno, set- tembre. Rara come quasi tutte le specie di questo genere. 255. M. albifrons Mg. Raro dall’ aprile all’ agosto nei dintorni sb IBOE come ad Acqua traversa, Acqua acetosa, forte Bravetta. Sulla vetta del m. Scalambra (1419) al primi di ottobre, in giornata tiepida e serena. Sull’erba alta e fiorita. 256. M. armipes Rond. Un solo maschio trovato a Roccantica sul ranunco- lo. Aprile. 257. M. avidus Rossi. 258. 259. 261. 262. 263. CATALOGO DEI DITTERI 32I Piazza d’armi ed Acqua acetosa presso Roma; Ostia. Da maggio a luglio. Raro. M. clavipes F. Acqua acetosa, e forte Bravetta nei dintorni di Ro- ma. Non manca nelle regioni montuose, come sulla strada di Tancia in Sabina. Sembra propria della primavera, avendone di apri- le e di maggio. Il Rondani dice che non oltrepas- sa giugno. Frequenta l’erba alta e fiorita e la lu- pinella. Rara. Nella mia raccolta non ho che qualche fem- mina. M. funestus Fabr. Dintorni di Roma; falde del monte Peschio presso Velletri; S. Valentino. Sul Seseli fortuosum e sul- la marruca. Giugno, settembre. Assai raro. 260. M. nigritarsis Rond. Un solo maschio trovato sulla via Cassia nei dintor- ni di Roma. M. pruni Rossi. Tre individui, di cui un maschio, rinvenuti dal con- te Barbiellini in località non precisata. Specie certamente rara nella provincia di Roma. M. senilis Meig. Una sola femmina trovata dal Barbiellini presso Bracciano, sui fiori in una macchia di castagni. Aprile. Specie rara per l’Italia. M. spinipes F. Villa Umberto I presso Roma. Due sole femmine. 322 264. 265. 266. 267. 268. G. TUCCIMEI Un maschio proveniente dal lago Albano, in giu- gno. M. submetallicus Rond. Una sola femmina trovata in giugno presso al lago Albano. M. varius Rond. Vetta del m. Scalambra (1419) sull’erba, ai primi di ottobre. Vetta dal m. Artemisio (812) a volo, in settembre. Fiumicino presso la foce del Tevere, giugno. Acqua traversa presso Roma. I maschi non sono più rari delle femmine. Subfam. Milesiinae. Gen. XyLoTA Westw. X. segnis L. Specie non rara. Roccantica; falde del m. Artemi- sio .e..del m:. Peschio. Trovata in copula sul nocciolo in aprile; di settem- bre sull’edera che a quell’epoca è in fiore. X. sylvarum L. Castel lariano. Una sola femmina trovata dal sig. D. Vita, in epoca non precisata. Gen. SyRITTA Serv. S. pipiens L. Specie molto frequente, che ho trovato in quasi tut- te le località citate per le altre. Ricordo partico- larmente le rive del Tevere; Capo d’acqua presso Montorso; la terrazza annessa al museo di S. A- pollinare; villa Umberto I, giardino vaticano etc. Si coglie facilmente falciando sull’erba; sulla men- CATALOGO DEI DITTERI 323 tuccia; sull’edera in fiore; nei giardini; sui fiori della veronica; sull’ortica. Con uguale frequenza si trovano i maschi e le fem- mine. Gen. EumERUS Metg. 269. E. argyropus Lw. Un solo maschio, catturato dal Barbiellini alla Far- nesina, in maggio. 270. E. barbarus Coquer. Viale dei Parioli; S. Agnese. Specie rara: si trova dopo la metà di giugno. 271. E. basalis Lw. | Due maschi trovati dal Barbiellini in località non precisata dei dint. di Roma. 272. E. ornatus Meig.. Due soli esemplari, trovati a villa d’Este presso Ti- voli, e villa Antonelli presso Velletri. Sull’erba, e all'ombra degli alberi. Luglio, settembre. 273. E. puchellus Lw. Un solo maschio trovato dal Barbiellini di maggio, nella località Acqua acetosa. 274. E. strigatus FIL. . Due femmine, trovate di ottobre a villa Carpegna, sulle foglie degli allori, al sole. ‘ Gen. FERDINANDEA Rond. 275 F. aurea Rond. Strada di Roccantica; S. Angelo presso Poggio Mir- teto. Sul rovo, sull’edera in fiore. Ottobre. 324 G. TUCCIMEI 276. FP. cuprea Scop. | Selva di Marino. Luglio. Un solo maschio trovato dal conte Piloni 27... ruficornis Fab, Portonaccio, sulla via Tiburtina presso Roma. Roc- cantica in Sabina. Sul sambuco, sul tronco di quercia. Aprile Assai rara. Gen. MiLesIiA Latr. 278. M. crabroniformis F. Monte Cavo (949); Marino; strada della Pallanza- na e m. Pizzo presso Viterbo; falde del m. Arte- misio; Villa Antonelli e Lariano presso Velletri; Villa Lancellotti presso Frascati; Roccantica in Sabina; Dintorni di Roma. Specie comunissima che abbonda specialmente sul- l'edera in fiore; rinvenuta anche sulla centaurea, sulla vitalba, sulla rosa selvatica, sul fioraliso. Talvolta presa a volo. Abbondante nei mesi caldi da luglio a settembre; non manca di ottobre, e si protrae fino a novem- bre, se la stagione è buona. I maschi si raccolgono con la stessa frequenza delle femmine. 279. M. semiluctifera Wil. Roccantica e S. Valentino in Sabina; macchia d’Ac- qua traversa, presso. Roma; monte Cavo; Palom- bara. Specie piuttosto rara nei mesi estivi. Nella mia col- lezione sono in ugual numero maschi e femmine. CATALOGO DEI DITTERÌ 523 Gen. SPILOMYA Meig. 280. S. saltum Fabr. 281. 282. 283. 284. Dint. di Roma; piazza d’armi, Acqua traversa. Sti- migliano in Sabina Macchia di Forano. Sulla mentuccia, sull’edera in fiore. Da luglio a settembre. Specie rara. Subfam. Chrysotoxinae. Gen. CaRysoroxUM Meig. C. arcuatum Meig. Una sola femmina trovata dal sig. D. Vita in loca- lità e in epoca non ben precisata dei dintorni di Roma. C. bicinctum L. Dintorni di Roma, Stimigliano; ‘attorno alle felci. Settembre. Due sole femmine nelle quali si riconoscono più i caratteri dati dal Rondani per la varietà tricin- cum (IL C. cisalpinum Rond. Villa Antonelli presso Velletri; vetta del monte Ar- temisio; dintorni di Olevano. Sull’erba: da luglio a settembre. Specie rara. C. fasciolatum De Geer. Tre soli maschi dei dintorni di Roma, monte Mario, e base del monte Artemisio. Sull’edera in fiore. Settembre. 285. C'. festivum L. Due sole femmine; la Farnesina; rive del Tevere. Sulle ombrellitere; maggio. 320 G. TUCCIMEI 286. C. intermedium Meig. Comunissimo nei dintorni di Roma e in molte lo- calità della provincia. Ricordo fra le altre: Mon- te Mario, la Farnesina, viale dei ;Parioli, forte Bravetta, Palestrina nel bosco dei Cappuccini, Civita Lavinia. falde del monte Peschio, Tusculo, Palombara, monte Cavo, Grottaferrata, S. Valen- tino, prato della Pallanzana, Olevano. Sull’edera fiorita, sul finocchio, sul Seseli tortuosum, sull'erba dei prati, sui fiori di Dahlia, a volo. Da aprile a tutto novembre. La varietà che corrisponderebbe al C%. italicum è più frequente da noi della forma tipica. 287. C. vernale Lw. Forte Bravetta; rive del Tevere; via Flaminia; la Caffarella; monte Cavo; Bracciano. Frequenta l'erba alta fiorita; da aprile a giugno: alquanto raro; scarse le femmine più dei maschi. Gen. CALLICERA Panz. 258. .C‘rafae schiuma. Due sole femmine trovate una a villa Carpegna, sul- l'edera in fiore, alla fine di settembre; un’altra a Roccantica sulle siepi. Quest'ultima è di dimen- sioni più piccole. Ambedue ricordano la varietà : Macquarti Rond. 289 C. spinolae Rond. Rarissima. Villa Corsini; villa Lancellotti, villa Carpegna; monte Pizzo presso Viterbo. Sull’edera fiorita. Settembre e ottobre. G. TUCCIMEI 327 Subfam. Microdontinae. Gen. Micropom Meig. 290. M. mutabalis L. Una sola femmina trovata dal Sig. Luigioni nei dintorni di Roma. Località ed epoca non preci- sata. Subfam. Ceriinae. Gen. CERIA F. 291. C. vespiformis Latr. Dintorni di Roma, Villa Carpègna, Anguillara. Specie assai rara. Sembra che il Barbiellini ne abbia trovato più spesso, e i maschi più delle fem- mine. Sui fiori della marruca e del finocchio; a volo attor- no a quelli del Seseli tortuosum. Giugno, agosto. Fam Pipunculidae. Gen. PiPuNcuLUS Latr. 292. P. ater Meig. Un solo maschio da S. Agnese sulla via Nomentana. Giugno. 293. P. campestris Latr. Un solo maschio, trovato a Tor di Quinto sulle sab- bie del Tevere. Ottobre. (Continua). Contribuzione allo studio delle specie europee del gen. Squalius Bp. Comunicazione alla Società Zoologica Italiana del socio Dott. NICOLA PIETRAVALLE : =— e--—— (Cont. ved. fasc. 7 e 8 1903, pag. 225-243). Individui del gruppo C' (Sq. albus Bp.) del lago Tra- simeno (Tav. 1). Gl’'individui di questo gruppo appaiono subito più slanciati degli altri, col profilo superiore ed inferiore meno convessi. Il capo più allungato e più acuminato che nei gruppi precedenti. Il suo profilo superiore è rettilineo meno in- clinato e si continua col profilo del dorso. Il profilo in- ferlore è più o meno convesso, ma si rialza bruscamente in corrispondenza dell'angolo del mascellare, per modo che il mento diviene sporgente. Lo squarcio boccale è più obbliquo e più ampio che nei gruppi precedenti e arriva fin sotto la metà dell’occhio. Le ossa opercolari simili a quelle del gruppo B: in generale l'angolo posteriore dell’opercolo è messo arroton- dato e più sporgente. I " Nelle ossa faringee va notato che la branca inferiore è più lunga e più sottile, la branca superiore più inclinata, col:margine esterno un po’ più curvo e il margine poste- riore dell’ala leggermente convesso (Tav. II fig. 8). «I denti faringi uguali a quelli del gruppo B. Le squame laterali mediane hanno il margine fisso con DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 329 tre lobi ineguali di cui i laterali più arrotondati e meno sporgenti che nel gruppi citati. Le squame anteriori sono più basse mentre le posteriori sono più allungate e quelle del dorso più o meno arrotondate (Tav. II fig. 4). La linea laterale segue una curva un po’ spostata verso il ventre. Vi si contano da 43 a 47 squame. Al di- sopra e al disotto di essa si contano rispettivamente 7 o 8 e 4 squame sulla linea trasversale. La forma delle pinne è uguale per lo più a quella che si riscontra nel gruppo B. Il numero dei raggi è il se- guente : D. 3/8-9; P. 1/15-17; V. 2/8; A. 3/8-9 Il margine dell’anale è leggermente convesso e qualche volta quasi rettilineo. La caudale presso a poco come nel gruppo B. II colore del dorso è bianco cinereo con riflessi verdo- enoli, che sì perde in un bianco argenteo inferiormente. Individui del gruppo D (Sq. leuciscus (L.) del lago di Costanza. Gl'individui di questo gruppo si distinguono subito dagli individui dei gruppi precedenti per il margine del- l’anale che è concavo. Il corpo è compresso ai lati un po’ più che negli in- dividui del gruppo A. Il profilo superiore è più o meno convesso; l’inferiore anche convesso, più accentuato nelle femmine che nei maschi. Testa piuttosto piccola con muso più o meno arroton- dato. Il suo profilo superiore è più convesso dell’inferiore e si continua col profilo del dorso. Bocca un po’ obliqua, ma sempre più piccola che nei gruppi A e B, non sorpassando le narici. L’opercolo è trapezoidale con striature poco distinte. 339 N. PIETRAVALLE Il lato superiore è quasi rettilineo e il posteriore legger- mente concavo. L’angolo formato da questi due lati è un . po ottuso e arrotondato. Il preopercolo ha i margini posteriore ed inferiore più arrotndati che nei gruppi precedenti. L’interopercolo è triangolare, e sporgente molto al disotto del preopercolo. Il subopercolo come negli altri gruppi. Le ossa faringee sono abbastanza robuste, con una espansione del corpo dell’osso al disotto dell’ala. La bran- ca superiore è meno larga che nel gruppi descritti e Vin- feriore più forte e un po’ slargata verso la fine. L’ala è più corta che negli altri gruppi: meno sviluppata in alto che in basso e forma superiormente un angolo più ottuso, mentre Sporge ad angolo acuto, un po’ curvo, inferiormen- te. Il margine posteriore è convesso. I denti faringei sono disposti su due file, più spesso in numero di 5 e 2 da cia- scun lato, qualche volta in numero di 5 e 2 da un lato e 5 e 8 dall’altro: sono compressi sulla corona e uncinati, ma mancano di dentellature al margine interno (Tav. II fig. 6). La pinna dorsale nasce un po’ più indietro delle ven- trali, generalmente al disopra della 20* o 21° squama del la linea laterale. Il margine superiore è leggermente ret- tilineo o leggermente concavo. Conta 3 raggi semplici e 7 divisi. L’anale prende origine un po’ più indietro che la punta della dorsale abbassata e propriamente al disotto della 31°0 32° squama della linea laterale. Ha, come s'è detto, 11 margine posteriore concavo e conta 3 raggi sem- plici e 7 a 9 divisi. Le pettorali e le ventrali sono simili per forma a quelle dei gruppi sopra riportati: Le prime hanno un DEL GEN. « SQUALIUS » BP. 334 raggio semplice e 16 a 17 divisi; le seconde hanno origine al disotto della 19°o 20° squama della linea laterale e con- tano 2 raggi semplici e 8 divisi. Le squame sono notevolmente più piccole che nei gruppi precedenti. Le mediane laterali sono le più gran- di, più larghe che alte, col margine fisso generalmente lobato più o meno regolarmente. Il nodo centrale è sposta- to sensibilmente verso il margine fisso e da esso si partono spesso 5 raggi diretti alla parte scoperta e altri più nu- merosi e più sottili diretti alla parte nascosta. Le squame laterali anteriori sono più piccole e più irregolari; le po- steriori più allungate e con la striatura a ventaglio più fitta e più irregolare. Le dorsali più o meno arrotondate e con un maggior numero di raggi (Tav. II, fig. 2). La linea laterale segue una linea curva. Vi si contano da 49 a 52 squame. Al disopra e al disotto di essa, nella linea trasversale, rispettivamente 8 e 4 o 5 squame. * * * Io credo dunque di poter concludere che sia neces- sario mantenere distinte le tre specie Sg. leuciscus (L.), Sg. cephalus (L.), e Sq. cavedanus Bp. e che debba sepa- rarsi da quest’ultima lo Sg. albus Bq. che era stato pas- sato con essa in sinonimia e che io considero come specie distinta, essendomi così risultato dall'esame fatto. E’ probabile che proseguendo in questo studio ed estendendolo .a forme di località non osservate, sì possano stabilire altre specie in questo genere. ® * è Al chiarissimo Prof. Vinciguerra che gentilmente mi accolse nei laboratori della R. Stazione di Piscicol- tura in Roma e mi fu largo di consigli per questo mio mo- 332 N. PIETRAVALLE desto lavoro, sento il dovere di esprimere con i più vivi ringraziamenti i sentimenti della mia profonda ricono- scenza. 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XVII: Paris. 53- WILLUGRY F. 1686 _ De Historia piscium libri quattuor. Totum opus recognovit. Joannes Raius e Societate regia. —— eo? a i RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 1. Dorr. RAFFAELLO BELLINI. — Etudes de M alacologie na- politaine (Les Mollusques terrestres et fluviatiles de la région vulcanique (Vésuve et Champs phlégréens). Con questo titolo gli « Annales de la Société Royale Zoologique et Malacologique de Belgique (Tome XLII, p. 7-26) pubblicano un lavoro dell’egregio naturalista italla- no, ben noto anche ai lettori del Bollettino della Società Zoologica Italiana con sede in Roma, nel quale, fra le al- tre mem., venne pubblicata quella sui Molluschi extrama- rini dell’Isola di Capri (Ved. fasc. I-II. 1890). Il Dott. Bellini ricorda dapprima i lavori che nella prima metà del trascorso secolo pubblicarono gl’illustri Philippi e O. G. Costa sui molluschi della regione vulca- nica napoletana. Ora il Bellini colle pregevoli collezioni da lui riunite ha potuto studiare ed elencare debitamente 79 specie di Molluschi extramarini della regione vulcanica napoleta- na, cioè 57 terrestri e 22 fluviatili. L'autore fa rilevare come le differenze constatate nella distribuzione geogra- fica si debbano alla composizione litologica del suolo, o al- la esistenza di ruscelli e paludi, o del piccolo fiume Sebeto : e per citare un esempio, ecco che nei Campi Flegrei si ha predominio degli Hel2x; mentre nella regione vesuviana sl ha quello di specie viventi nell'acqua o in terreno umido. Cominciando dalla Class. GAstRoPoDA e dall’ ord. PULMONATA, l’aut. fa conoscere i generi e le specie della Fam. Limacidae; e successivamente i generi e le specie che comprendosi nelle Fam. MHelicidae, Pupidae, Steno- gyridae, Succineidae, Auriculidae, Limnaeidae e Phy- sidae. 336 A. CARRUCCIO Fra le specie rare della 1. famiglia, citeremo l’Euli- max maximus Linn.; fra quelle della 2. fam. l’Helia (Pa- tula) rotundata Miill., 'H. (Zenobia) cinetella Drap., VH. (Campylaea) planospira Lam. var. pubescens Tiberi. Ci- tando PH. (Idberus) muralis Mull. il Dott. Bellini ricorda come il tipo di questa forma, in Italia « habite seulement, suivant Monterosato, les murs à sec du Colysée à Rome. Cela concorde avec les observations de Philippi ». Nella fam. Pupidae il Bellini cita come specie raris- sima il Bulimus (Ena) obscurus Mull., e parecchie altre specie rare. Lasciando altri esempi, diremo che nell’ord. Proso- BRANCHIATA l’aut. annovera le Fam. Hidrobiidae, Valvati- dae e Cyrenidae. Nella 1. fam: è data come rarissima la Pseudamnicola macrostoma Kiist. Alla nota, di cui abbiamo fatto un cenno rapidissimo, segue un’altra, scritta dall’istesso malacologo, intitolata : Les Mytilidae du Golfe de Naples. Il Dott. Bellini fa no- tare dapprima come i Mitili del mare napoletano non fos- sero stati più studiati da un mezzo secolo, e come pur es- sendo scarso il numero delle specie, sia però straordina- riamente considerevole il numero degli esemplari. Nota pure come nell’ acqua salmastra del Lago Fusaro e del Mar Morto si abbiano « interessanti adattamenti. Il to- tale delle specie è di 10, e quello delle varietà di 9. — La specie più comune è il Mytilus galloprovincialis Lam. (che non è sinonimo di M. edulis, specie che in realtà non abita il Mediterraneo). Del Mytilaster minimus Poli è notevole la var. lacu- strîs di O. G. Costa. Oltre il gen. MytWus gli altri generi citati dal Bel- lini sono: Modiola, Crenella, Dacrydium, Lithodomus (colla spec. ben nota L. lifhophagus ,celebre per le perfo- razioni delle colonne del tempio di Serapide presso Poz- zuoli) e Modiolaria. Anche il Bellini fa opportunamente RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 337 osservare quanto sia frequente nel Golfo di Napoli la Modiolaria subpicta, e come abbia una larga distribuzio- ne geografica, estendendosi dal Mediterraneo all’Atlanti- co, dalla Norvegia fino al Marocco, e secondo Carpenter troverebbesi anche nel littorale occidentale Nord-ameri- cano. Il numero dei Malacologi viventi, veramente studiosi e competenti, è al presente così scarso in Italia, da farci desiderare che le prove nobilissime date dai. medesimi, siano tenute presenti ed imitate con fermezza dai giovani, cui non s'inoculi da qualche improvvido naturalista l’anti- patia (per altro non dire) ai proficui e non facili studi del- la Sistematica, sia zoologica, sia botanica. A. CARRUCCIO. aPeanara - 2. FAUNA DELLE IsoLE TREMITI (1). Dal dott. Giacomo Cecconi ricevemmo gentilmente un largo e buon contribu- to faunistico per le predette Isole (S. Domino, Capuana, S. Nicola, Cretaccio e Pianosa). L’aut. osserva come esse siano meglio note dal lato botanico e geologico. La lun- ghissima e forte secchezza, perchè solo nei mesi invernali piove, spiega lo scarso numero di specie vegetali ed ani- mali viventi in questo Arcipelago. Soltanto in S. Domino si ha un fitto bosco di pini (Pinus alepensis). Lasciamo di riassumere le considerazioni geologiche che fa il dott. Cecconi, per dire che nelle due escursioni fatte nelle predette isole, riuscì a raccogliere circa 500 specie, da lui e da altri pur valenti naturalisti determi- nate. Le specie appartengono ai tipi VERMES (Class. A- nellida), MoLLusca (Class. Gasteropoda con parecchie fa- miglie e molti gen.), ARTHRoPODA (Class. Crustacea, Ara- enida, Myriopoda, Insecta; e naturalmente il numero maggiore, anzi ragguardevole, di ord. fam. gen. e specie appartengono a quest’ultima classe). Pochissimi sono i | rappresentanti dei Vertebrati, non avendo il Cecconi an- noverato che 3 rettili e 2 mammiferi. Non c'è dunque da trarre, per ora, alcuna illazione, nè far confronti colla fauna continentale: non così per gli altri tipi. Fra le spe- cie raccolte non mancano, sia nei vermi, sia nei molluschi | ecc.; parecchie specie nuove. Noto l’ Helodrilus diome- daeus del Cognetti, il quale aveva pure creato una nuova | specie della forma di lombrico trovato sulla bella monta- gna del Gennargentu in Sardegna, Helodrilus jaunae (1) Ved. Boll. dei Musei di Zool. ed Anat. comp. del la R. Università di Torino. Vol. XXIII, 1908, n. 583. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 339 argenti C'ognetti), specie che fu pure rinvenuta anche nelle Tremiti, ma soltanto a S. Nicola. Il Cecconi stabilendo un esame zoogeografico dei di- versi gruppi d’animali da lui raccolti, osserva che dalle 4 specie di Anellidi da lui raccolti, eccettuata la nuova e quella trovata finora soltanto in Sardegna, le altre vivono nel continente italiano e nella Dalmazia. Per riguardo ai Molluschi viventi, il Cecconi dice che una ventina di specie sono tutte italiane, e che soltan- to la Xeroclivia conica var. verticillata Parr., Clausilia gibbula Ziegl. ecc., cioè 4 specie in tutto, trovansi in Dal- mazia. Non sarebbe adunque ammissibile l'affermazione del Neumayr che i Molluschi del Gargano si avvicinano più a quelli dalmati che a quelli dell Appennino. Passia- mo agli Artropodi. I Crostacei Isopodi hanno analogia maggiore cogli italiani che coi dalmati, ma una metà delle specie sono co- muni ai due continenti. Anche gli Aracnidi offrono in predominio specie comuni a entrambi i continenti, ma più affini alle italiane, ed 11 specie trovate sul continente italiano non trovaronsi finora nel dalmato. I Miriapodi sono identici, eccetto il Lithobius pere- grinus e la Scolopendra dalmatica, propri alla Dalmazia. Nella classe degli Esapodi, l'ordine dei Coleotteri è più abbondantemente rappresentato, ed ha un'impronta mediterranea ben distinta; e le specie presentano mag- gior analogia colle italiane, che colle dalmate. Sono specie meritevoli di cenno speciale, e trovate nelle Tremiti, la Chrysomela banksi, ’Ontophagus andalusicus Wiltl. e il Meloe murinus Brdt: queste 3 specie mancano in Dalma- zia. — Riassumendo il Cecconi dice che la Fauna delle Tremiti concorda in grandissima parte con quella d’Ita- lia e di Dalmazia, ma ci sono casi in cui essa presenta ca- ratteri propri, forniti dalle nuove specie o varietà, ma pochi e di lieve importanza, o maggior affinità coll’uno o 340 A. CARRUCCIO coll’altro continente, pur sempre predominando l'affinità colle specie italiane. E ciò l’autore bene dimostra con'mol- ti esempi, tolti da diversi tipi e classi. Fra le conclusioni date dall’aut. sono notevoli quelle in cui riafferma che l'isola di S. Domino ha il maggior numero di specie animali, perchè vi sono migliori le con- dizioni di vita. « La Fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e con- tinua diminuzione per la riduzione continua in superficie che si manifesta in quelle isole ». Ed è pure affermato che questa Fauna concorda moltissimo colla Sicula e con quel- la delle altre isole del mar Tirreno. E di tutte queste è de- siderabile che si abbiano nuovi e larghi contributi fauni- stici. A.C. TBE CIODIT 3. ANTONIO BERLESE. — Considerazioni sui rapporti tra piante, loro insetti nemici e cause nemiche di questi (Redia, vol. IV, fasc. II, pag. 198-246) (1). In questa interessante pubblicazione, di cui non pos- siamo dare qui che un breve ed incompleto riassunto, il Berlese si occupa del complesso fenomeno biologico dei rapporti che intercedono fra le piante ed i loro insetti pa- rassiti di diverso grado,considerando tale fenomeno spe- cialmente dal punto di vista agrario. L’A. comincia con un cenno storico sulle conoscenze relative all'argomento. Le prime osservazioni sull’esisten- za di insetti che vivono e si svolgono nel corpo di altri insetti, sono dovute al Redi, e ad esse seguirono quelle del Vallisnieri, che precedettero di trent'anni le osserva- zioni del Réaumur. Nel 1872 il progetto di un trattato per una convenzione internazionale sulla caccia, proposta fra l’austria e l’Italia, diede occasione a parecchi natura- listi italiani e anche stranieri di studiare il problema del- l'utilità che possono avere gli uccelli nel distruggere gli insetti nocivi; e di maturare il concetto, di capitale im- portanza per l’entomologia agraria, che il freno all’ecces- sivo moltiplicarsi di una specie deve ricercarsi solo nella opera di altra specie nemica. L'importanza di questo prin- cipio per l’entomologia agraria non fu accennata che dal Rondani e dal Ghiliani in alcuni scritti: essi ne ebbero un'idea chiara, ma non l’espressero facendone la base di una dottrina. Si deve agli entomologi degli Stati Uniti il primo esperimento di combattere una specie dannosa me- (1) Gli estratti di questo lavoro furono pubblicati la prima volta il 27 maggio 1907. In questa recensione mi servo il più possibile delle stesse parole e frasi usate. dall’ Autore. 342 DOTT. L. MASI diante i suoli parassiti. Venti anni dopo questo esperimen- to, 11 Berlese richiamò l’attenzione in Italia su tale meto- do di lotta e lo applicò in alcune circostanze. Dopo queste notizie storiche, il Berlese passa a definire il concetto del parassitismo e le varie forme e i diversi gradi che questo presenta. I parassiti, u- sando il termine in largo senso, vanno distinti in parassi- ti propriamente detti e saprofagi: l’azione dei primi va dal grado di semplice simbiosi fino a quello estremo di endofagia, in cui si ha la distruzione completa dell’ospi- te: quella dei secondi ha pure diversi gradi, dall’organi- smo che si sviluppa sulle sostanze organiche in decomposi- zione, senza averle recate in tale stato, fino a quello che prima uccide, quindi si nutre della vittima. Quest'ultima serle di organismi parassiti è quella dei predatori. L’en- dofagia deve ritenersi come derivata dalla predazione in due modi diversi, di uno dei quali ci danno esempio gl'I- menotteri, dell’altro i Ditteri: per 1 primi l’endofagia è derivata da vera e propria predazione della larva, pei se- condi dalla saprofagia caratteristica delle larve di Mu- scidi ed altre. Si può chiamare, figuratamente, binomio il gruppo formato dalla vittima e il parassita o predatore. Nei casi in cui vi sono più specie collegate a danno di una sola, 1 va- rî aggressori agiscono ognuno per conto proprio in perfet- to egoismo, cosicchè si può sempre ridurre la lotta a due soli fattori. Nell’ordine di fenomeni biologici che TA. prende specialmente in considerazione, i due fattori sono la pianta e l’insetto parassita. Ora, noi constatiamo il fat- to che in natura, mentre la pianta finirebbe sempre per coprire tutta la superficie della sua possibile zona di dif- fusione, se non trovasse in ciò particolari cause avverse, non trovasi mai esempio di insetto fitofago altrettanto u- niformemente diffuso nel tempo e nello spazio, dovunque e sempre a spese della pianta. Il fitofago deve avere per- RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 343 ciò delle cause avverse alla sua moltiplicazione e diffusio- ne. Tali cause consistono generalmente in altri insetti ne- mici naturali del fitofago. Vi è dunque un parassita del parassita, cioè un altro binomio che si aggiunge al primo; anzi talora si ha pure un terzo binomio per la presenza di un parassita di quarto grado rispetto alla pianta. Il com- plesso di queste forme che sono in dipendenza l’una dal- l’altra, è detto dal Berlese complesso o sistema simbiotico, ed ha per centro la pianta; esso è quasi sempre un s2sfema polibiotico, perchè risulta da diversi binomi. Ogni sistema che si riferisce ad una pianta è in equi- librio con i sistemi delle altre piante della regione; però vi sono delle oscillazioni, dei disquilibri, sia fra 1 sistemi stessi come fra gli elementi che li costituiscono. L’A. a questo punto tratta brevemente delle cause che regolano l'equilibrio e provocano gli squilibri. Fa quindi conside- rare come in un sistema simbiotico solo il terzo termine (lasciando da parte il quarto che non è costante) po- trebbe venire a mancare, ma ciò determinerebbe uno stato di disquilibrio permanente, il quale condurreb- be alla fine della specie pianta nella regione del con- flitto. Qualora ciò si avveri in una regione, noi dobbiamo riconoscere senz’altro che tale stato di cose non è secolare ma di data tanto più recente quanto più gravi si ricono- scono gli effetti sul vegetale, che si conserva solo per arti- ficio da noi dipendente, od in causa della non antica data di questa speciale condizione di cose. Quando vediamo che una specie di piante coltivate è seriamente minacciata da un parassita, dobbiamo riconoscere il più delle volte che tale specie ha perduto parte della sua resistenza a causa della coltura artificiale. Questo è avvenuto ad es. per la vite, attaccata dalla Fillossera. Ma in altri casi la ragio- ne è ben diversa: « la Peronospora, la Fillossera, la Dia- spis pentagona, la Mytilaspis citricola, la Parlatoria Zi- zyphi ecc., sono forme, che appunto perchè non trovano da 344 DOTT. L. MASI noi condizioni nemiche naturali che le infrenino tanto da metterle rispetto alla pianta ospite in equilibrio, debbono essere importazioni venute senza il loro speciale parassi- ta ». In questi casi la biologia suggerisce all’entomologo a- grario di ricercare nella patria d’origine della forma noci- va 1 suoi parassiti, e farli moltiplicare e diffonderli nella nostra regione, conviene ricordare che l’azione degli iper- parassiti « mai farà equilibrio od annullerà quella gran- dissima e necessaria degli endofagi primari ». Quando poi sì tratta d’intervenire nei sistemi simbiotici indigeni, le cose sono assai più complicate « perchè l’effetto da otte- nersi richiede una esatta cognizione della biologia di molte specie, endofagi, predatori, vittime, nonchè delle loro con- vittime e non si può attenersi solo ad un agente naturale, perchè questo già si trova sul posto, ma è necessario inter- venire artificialmente per influenzare un termine piutto- sto che un altro e modificarne la efficacia ordinaria, a tut- to nostro vantaggio. Qui i mezzi artificiali, insetticidi ecc., possono soccorrere egregiamente ». L’A. termina con lo stabilire quale deve essere l’ogget- to delie ricerche di entomologia agraria, intese secondo i criterî moderni: anzitutto la cognizione intima delle spe- cie nocevoli, nella loro struttura e biologia; poi la cogni- zione dei rapporti nei singoli sistemi simbiotici; l’inter- vento razionale in questi rapporti, col massimo rispetto ai nostri ausiliari; lo studio delle cause nemiche, nella pa- tria di origine, alle specie importate e l’acclimatazione di nuovi ausiliari. « La cognizione dei soli insetti nemici al- la pianta, rappresenta solo una metà della entomologia a- graria » e questa scienza « arrestandosi al primo gradino di ciò che deve sapere, come fino ad ora ha fatto, era de- stinata ad insuccessi solenni e non era che larva di sa- pere ». Dott. L. Masi. 4. Di alcuni parassiti del Bestiame dell'Agro Romano e della Sardegna, studiati dal dott. GruLIio BERTOLINI, Ispettore veterinario municipale. Dall’egregio consocio che fece già un'interessante co- municazione parassitologica in una delle ultime adunan- ze della nostra Società, venne testè pubblicato il lavoro col titolo sopra indicato (Ved. il Nuovo Ercolani Anno XIII, 1908). Riferiremo in modo riassuntivo gli argomenti dei quali si è occupato il dott. Bertolini, che dapprima ci of- fre un contributo allo studio dell’elmintiasi nodulare in- testinale nei bovini sardi, non di quella dovuta alla B%- harzia crassa, di cui pur diligentemente si occupò l’istes- so autore, ma di un’elmintiasi assai più frequente prodot- ta per lo più da larve di un nematode, e precisamente dal- l’Oesophagostoma inflatum. Questa larva è descritta dal Bertolini, e anche un’altra - ch'è meno frequente : ma que- sta crede VA. che appartenga all’’Uncinaria radiata, e non era stata ancora notata nel bovini d’Italia. Nel mattato- rio di Roma, con numerose ricerche, il Bertolini rinven- ne questa larva in noduli intestinali di varie dimensioni. Tratta dopo del Gongylonema scutatum, riferendo le osservazioni fatte all’estero e in Italia da altri, e poi le sue in bovini, bufali e pecore, portati nel mattatoio di Ro- ma. In una nota ricorda la comunicazione fatta sul pre- detto parassita dal prof. G. Alessandrini, che abbiamo pubblicata nel Bollettino della Soc. Zool. Ital. fasc. 3. e 6. 1908, pag. 163-166. Il Bertolini fa noto che con molta frequenza trovò l'’accennato parassita nell’epitelio esofageo; e specialmen- te nelle pecore è così comune e frequente da far apparire 346 A. CARRUCCIO l’istesso epitelio come tappezzato, dandogli + arDeLh qua- sì « di un elegante e minuto ricamo ». Accenna alla direzione longitudinale che suol man- tenere la 5 del gongilonema, più lunga e più grossa del & ; il quale invece si dispone in giri irregolari e in senso obbliquo all’asse maggiore dell’esofago. Il dott. Bertolini è indotto a credere che la £, la quale è ovovivipara, lascia probabilmente « il cunicolo e- piteliale dopo avervi deposto le uova ». Sull’azione patogena di questi parassiti pare anche a nol prematuro il pronunciare un giudizio sicuro. In terzo luogo vengono nuove osservazioni del Ber- tolini sull’infestione dei Linguatule larvali nei bovini e negli ovini dell’Agro Romano, e ricordiamo benissimo che l’istesso Bertolini fu primo in Roma a descrivere nel 1892 un caso notevole di una pecora che presentò 1 gangli me- senterici invasi da questi parassiti, dei quali un buon numero di esemplari furono favoriti alla nostra scuola di zoologia, ed eseguivane buoni preparati microscopici il dott. G. Pecori durante il suo assistentato. Il Bertolini, eseguendo alcune ricerche negli ovini che si macellano nel grande mattatoio romano, rinvenne negli scorsi mesi di marzo, aprile e maggio, più numerose e frequenti le linguatule larvali di quanto egli stesso ed altri dapprima credevano. I parassiti stanno innicchiati in punti molto limitati dell’intestino e nei gangli mesen- terici; dai quali se con opportuna pressione si fanno u- scire, si vedono in preda a movimenti vivacissimi; e vedon- si pure muoversi, all'esame microscopico, gli uncinetti pe- riboccali e le numerose spinuzze attaccate alle pareti del corpicciuolo. Crediamo che l’azione patogena sia variabile nel mammiferi ruminanti. Ben noto è poi il modo di trasmis- sione, per fortuna eccezionale, nell'uomo, e quello più fre- quente nel cane. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE 347 Ha ragione il Bertolini nel dire che sarebbe oppor- tuna la distruzione dei gangli degli animali in cui si ri- scontrino questi parassiti, potendo darsi il caso, come no- ta pure lo Stiles, che si mangino i visceri che non hanno subito una sufficiente cottura. Altre due osservazioni espone il Bertolini nel suo pregevole lavoro: una è sull’Amphistomum conicum nel- l’Agro romano e nella Sardegna; la 2. ed ultima riguarda la Strongilosi gastro-enterica. Il primo parassita, che forse è sconosciuto nei bovini allevati in stalla nell’Italia continentale, il Bertolini lo trovò soltanto nei bovini romani e sardi. Il Civiniai l’ave- va però osservato, molti anni or sono, in Toscana; e molto dopo il compianto prof. Mingazzini Pio lo trovò in Si- cilia. Al Bertolini risultò che quasi un terzo dei bovini sar- di, macellati in Roma, è affetto da amfistomi. Più rari so- no nel rumine dei bovini dell'Agro romano, e meno rari in qualcuno proveniente da Maccarese e dalle Paludi pon- tine. La strongilosi è pure più frequente nei bovini ed o- vini della campagna romana e della Sardegna, che in quelli allevati a stalla, provenienti dalla Toscana, dal- l'Umbria e dalle Marche. La presenza degli strongili, nel canale gastro-ente- rico, che possono appartenere a parecchie specie, è accom- pagnata da « forte dimagramento e da vera cachessia ». Aggiungiamo che l’annunciato lavoro è accompagna- to da una tavola con bellissime figure dei citati parassiti. A. CARRUCCIO. Ancora del Giardino Zoologieo in Roma — Tr rr — Dopo quanto abbiamo riferito nel Bollettino della no- | stra Società (Ved. fasc. IV, V, e VI, 1908 pag. 191-196), _ siamo lieti di poter aggiungere che con la venuta del Sig. Carlo Hagenberck, il noto proprietario e creatore del giardino zoologico di Amburgo, il progetto di un simile | giardino da costruirsi in Roma, a Villa Umberto, è en- _ trato nel periodo della sua realizzazione. | Il Sig. Hagenberck è venuto in Roma, di cui è antico | ed entusiasta ammiratore, accompagnato dal figlio e da. due ingegneri per studiare il terreno concesso a tal uopo dal Municipio, e per concretare il progetto definitivo, e_ con l’idea di tenere una pubblica conferenza, accompa-. gnata da proiezioni cinematografiche di fotografie del parco di Stellingen, per dare al pubblico romano una idea | di ipa che sarà il apo zoologico di Villa Umberto I. I EEScIsnia La riunione, che ebbe un carattere di lietissimali intimità, quale non poteva mancare tra persone accomu-. nate da uno stesso ideale, felici di festeggiare chi appun- to questo loro ideale veniva a tradurre in realtà, riuscì splendidamente. i Erano presenti :S. E. il Ministro dell’Istruzione pub-. blica On. Rava, il Sindaco di Roma, il Presidente del Co-. mitato Senatore Bar. Sonnino, il Comm. Trompeo, l’avv.. Castellani, il Pittore Sartorio, il P.pe di Scalea, il cav. uff. avv. Villanis, l'avv. Ferrini ed altri; e della nostra So-. cietà il Vicepresidente Senatore di Carpegna, il dott. Led pri rappresentante il Presidente prof. Comm. Carruccio, ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA 349 cui una leggera indisposizione impedì d’intervenire, ed il P.pe Chigi. La Stampa era largamente rappresentata. Allo Champagne prese la parola il Senatore Sonnino, presidente del Comitato, rivolgendo un ringraziamento ed un saluto al Ministro della I. P., ed a tutti gl’inter- venuti. Parlò quindi del giardino zoologico, augurando di vederlo presto compiuto. Questo, disse, dovrà essere non solo una grande attrattiva ed un centro di lodevole curio- sità, ch'è pur necessario in una Capitale come Roma. Sarà pure un vero ritrovo intellettuale per lo scienziato e l’ar- | tista, un efficace mezzo di educazione per l'operaio e per i 1 figli del popolo. Concluse mandando un saluto a Carlo ‘ Hagenbeck, e bevendo alla salute di S. M. il Re, di cui | ricorreva il genetliaco. Il sig. Hagenbeck, dopo aver ringraziato delle liete cor- dialissime accoglienze, descrisse brevemente i sistemi da ) lui adottati e che assicurano un grande successo al giar- 4 dino zoologico, perchè in esso vi sarà l’illusione completa i dell'ambiente in cui vivono gli animali allo stato libero. | La Flora dalla quale gli animali prigionieri saranno cir- f condati, sarà precisamente quella dei paesi di cui sono o- À riginari. A] che il clima di Roma si presta come to di o nessun altro paese. Parlarono inoltre ed eloquentemente il Sindaco di Ro- i ma, il Ministro della P. I., il senatore di Carpegna, il P.pe di Scalea inneggiando alla grandezza ed alle bellez- di ze di Roma, con l'augurio che a queste si. aggiunga ben | presto il giardino zoologico. i) | Il Dr. Lepri portò il saluto del direttore del R. Isti- i tuto Zoologico, Prof. Comm. Carruccio, e facendosi suo i interprete rilevò tutti i grandi vantaggi che l’Hagenbeck i ha recato alla Zoologia con i nuovi sistemi da lui intro- i dotti nel suo giardino zoologico i quali permettono agli i studiosi di questo ramo delle scienze biologiche infinite (i ed. interessantissime osservazioni intorno alla vita, alle 350 G. LEPRI abitudini, all’indole degli animali, e che quindi un gran- dissimo vantaggio potrà ricavare l’istesso Istituto Zoolo- gico Universitario dall’esistenza di un giardino zoologico in Roma: avendo in comune la nobilissima meta di far progredire la scienza zoologica e sopratutto le sue appli- cazioni pratiche, così numerose e tanto importanti. Ricordò come il Museo Zoologico romano siasi in que. st'ultimi tempi straordinariamente arricchito, tanto da potersi dire che in quest’ultimo venticinquennio, dacchè fu affidato alle mani del prof. Carruccio, sia sorto dal nulla o quasi, e come ciò sia potuto avvenire principal- mente per l’instancabile munificenza del nostro amato so- vrano S. M. il Re Vittorio Emanuele ITI, tra i cui doni veramente reali primeggiano 11 Plautusimpennis, il raris- simo pingoino dei mari artici oggi estinto, e l'Okapia Jonsthoni, 11 singolarissimo giraffide recentemente scoperto nelle foreste del Congo; ricordò ancora tra gli altamente benemeriti del Museo, i ministri dell'Istruzione Pubblica, il compianto M.se Patrizi-Montoro, e diversi valorosi uffi- ciali della R. Marina, quali il comm. De Amezaga, cav. Filipponi e gli ufficiali medici Moscatelli, Petella, Maran- tonio, Pasquale ed altri. E come oltre ai moltissimi doni che per la collezione generale ottenne il prof. Carruccio, e agli opportuni ac- quisti da lui fatti di numerose specie, prima mancanti af- fatto in Roma, egli abbia creato di pianta la bella colle- zione faunistica della provincia romana. Fece quindi rilevare quale utile complemento di così ricco museo sarà il giardino zoologico, che permetterà di aggiungere alle ricerche anatomiche e fisiologiche le osser- vazioni sulla vita e sul carattere degli animali; in una pa- rola: permetterà di aggiungere allo studio del corpo, quello dell'anima, con immenso vantaggio, pel progresso della scienza e sopratutto delle sue pratiche applicazio- ni alle industrie, all’agricoltura, alle arti belle, i cui cul- ANCORA DEL GIARDINO ZOOLOGICO IN ROMA e5d tori, con largo consenso del Direttore, già da tempo in buon numero affluiscono al Museo zoologico, ma che cer- tamente ritrarranno maggior profitto per izloro lavori dall’osservazione degli animali viventi. Concluse dicendo che al saluto del prof. Carruccio si univa quindi anche un sentimento di gratitudine e un ringraziamento in nome della scienza e dei suoi cultori : gratitudine che senza dubbio Roma farà sua, Roma fiera di vedere aggiungere una nuova gemma al serto di bel- lezze che la natura e le arti le hanno posto sul fronte. La lietissima riunione si sciolse alle 3 pom. Il giorno successivo nell'Aula Magna del Collegio Romano, affollata di sceltissimo pubblico il sig. Hagen- beck tenne l’annunziata conferenza sul Parco zoologico di Stellingen, illustrata da proiezioni fotografiche prese nel parco stesso. Prima aveva parlato il Prof. Cermenati fa- cendo estesamente la storia dei giardini Zoologici. Am- miratissime furono le proiezioni fisse, tra cui degna di nota quella della grotta dei leoni, del recinto degli struz- zi e dei kanguri, in giorni di neve: prova indi- scutibile della grande abilità del Signor Hagenbeck nel- l’acclimatare quegli abitatori dei deserti infuocati del- l'Africa e dell'Australia, al rigido clima della Germania del Nord; e nello stesso tempo ottimo fondamento a bene sperare per la riuscita del giardino zoologico di Roma. Se il sig. Hagenbeck è riuscito di mantenere così bene, vi- spi e sani, i leoni e gli struzzi in mezzo ai geli ed alle ne- vi del Settentrione, potrà facilmente far molto meglio nel mitissimo clima di Roma. Un vero entusiasmo destarono le proiezioni cinemato- grafiche, le quali ci dettero un saggio degl’ incantevoli spettacoli che in breve potremo godere in Roma: quelle rupi scoscese su cui vedevamo arrampicarsi camosci e stambecchi con i loro caratteristici balzi, ci dettero l’illu- 352 G. LEPRI sione di aver dinnanzi agli occhi qualche profilo delle no- stre Alpi. Seguiva la veduta di un bacino cinto di scogli su cui sl stavano pigramente distese foche ed otarie: ad un trat- to le vedemmo balzare nell’acqua e divenire agili e svelte quanto prima erano tarde ed impacciate: Poi splendidi leoni aggirantesi nella loro caverna, in mezzo a dirupi, branchi di grù, di pellicani, di anitre svolazzanti in la- ghetti e stagni artificiali. Pingoini dall’incesso barcollan- ti, l’uno appresso all’altro come una processione di ubria- chi; agilissimi daini, cervi, antilopi saltellavano libera- mente in un ampio prato; elefanti colossali trascinavano grandi pesi, e perfino un immenso pitone svolse le sue spi- re dinnanzi a noi per annidarsi nella sua tana: final- mente il pasaggio di una elegantissima pariglia di zebre attaccata ad un carrozzino, chiuse lo spettacolo, che per troppo breve tempo deliziò 1 nostri occhi. Spettacolo che se non poteva non interessare altamen- te qualsiasi persona, era addirittura una festa indimen- ticabile per gli occhi di chi allo studio del regno animale, ha consacrato la sua vita. Roma, 12 novembre 1908. G. LEPRI. —- — — —— inn Comm. Prof. ANTONIO CARRUCCIO — Direttore e Redattore responsabile. il Roma — Tipografia Agostiniana - Via Governo Vecchio 1-2. Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi mo- — rali e possibilmente aiuti materiali aì cultori della biologia animale anche nelle | sue varie applicazioni: di pubblicare nei modi prescritti dal regolamento sul Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche Y d’indole biologica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistema- | tica; e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 1° Soci ordinari, disliuti in socî a tempo, i quali pagheranno lire Diecî | all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2° Soci straordinari, ì quali pagheranno lire sette annue; 8° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti | fi fra i più noti ed eminenti cultori degti studi zoologici od altrimenti benemeriti della Societa. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. “i Art. 5. — Chiunque voglia far parte della Società deve essere presentato | da due soci ordinari e la sua nomina approvata dal Consiglio. 4 Art. 6. — La Società è diretta da un Consiglio eletto in adunanza gene- rale, costituito da un Presidente, da due Vice-Presidenti e da nove Consi». glieri. Il Consiglio nomina nel suo seno un Segretario, Bibliotecario ed un | Cassiere-Economo responsabile dei fondi della Società. CI Tutti i membri del Consiglio esercitano il loro ufficio gratuitamente; durano in carica 3 anni, e possono essere riconfermati di triennio in triennio ; I Consiglieri si rinnovano ogni anno per un terzo. Art. 8. — Le adunanze della Società sono scientifiche ed amministrative. Le adunanze scientifiche sono pubbliche, e si terranno normalmente in | Roma ogni bimestre, dal novembre al luglio. Le adunanze amministrative sono private ; di esse, quella per le elezioni sociali e per l'approvazione dei bilanci si terrà entro il gennaio di ciascun anno; nella medesima adunanza il Presidente riferirà sommariamente sulle condizioni morali e materiali della Società. Si potranno però, quando che sia, tenere in Roma o altrove, Congressi ed- adunanze generali scientifiche ed amministrative, su proposta del Consiglio direttivo e di 15 Soci, in quell’ epoca che gli uni e gli altri crederanno più opportuno. i) Art. 11. — L’anno sociale comincerà dal 1. gennaio. Le iscrizioni fatte . fino al mese di ottobre si riferiscono all’ anno in corso; quelle fatte nei mesi. di novembre e dicembre potranno riferirsi all'anno dune I Soci che nel mese di novembre non abbiano avvisato la Presidenza che. intendano ritirarsi dalla Società, si considerano iscritti per l’anno successivo. 1 Soci debbono pagare la quota annua entro il l]. quadrimestre dell'anno. sociale. Trascorso un anno, 1 morosi perdono il diritto di ricevere il dollettino, ed. il Consiglio direttivo potrà radiarli dall'albo sociale. N.B. — L’intiero Statuto composto di 12 articoli di cui abbiamo riprodotti | i più importanti, fu approvato nell’ adunanza generale del 22 marzo 1900 e pubblicato nei fascicoli I e II del volume 1900, serie II, pag. 6 e 7. Fasc. Xl e XII Serie Il - Vol. IX Anno 1908. (XVII dalla fondazione) DELLA ‘ ‘ ì SOCIETA ZOOLOGICA ITALIANA LIU 4 4 d d CON SEDE IN ROMA y4 LI Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE Ill SOMMERIO: I. COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE consumo carneo in Roma ne- ; ‘ IC chi i gli anni 1906-1907. — Relazio- | da ale > Sullo su ne statistico-sanitaria . 408-411 ; dio dei Calcididi con partico- i lare riguardo alla Fauna DIORO ILI. CORRISPONDENZE - NOTIZIE I liana, pag. ; 3 .' 993-974 È 2. Dott. Barnabò Valentino — 1. Chigi P.pe Francesco e prof. î La glandola interstiziale. del Martorelli (Giacinto = -— Sulla È; testicolo. (Continuazione e fine questione dei così detti « Li- i della memoria. - Conclusioni. - cenzini scientifici » . 414-420 Letteratura). . iS sii 375-391 2. Conferimento d’una medaglia 3. Prof. Alessandrini Giulio — d'oro a Ss. M. IL RE D'ITALIA 421-422 Contributo allo studio delle ma- à. Prof. Mario (f’ondorelli Fran- lattie parassitarie delle peco- caviglia — Cattura di un gros- re È . 392-400 so Pesce cane dopo il terremo- 4. Prof. Ricei Ettore — Note- to e maremoto di Messina 423-424 relle d’Avifauna per la provin- cia di Macerata E 2 401-409 IV. INDICE. II. RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE i Pn Indice generale delle materie con- Dottori G. Bertolini e A. Cazzel- tenute nel Bollettino — Volu- la. — Ta macellazione ed il me del 1908 TRRGIAE . 425-428 —_ -Tree=°.__T — Sede della Società: ISTITUTO ZOOLOGICO -- R. Università (Via della Sapienza — Roma) AVVISO — Ai membri della Società, residenti o non residenti, è fatta facoltà dalla Direzione del R. Museo Zoologico di visitare le Sale del medesimo e di poter trattenersi — nei mesi in cui è aperta l’Università — in determinate ore, sia nelle predette sale per confronti, sia nella Biblioteca per studio e lettura di libri e periodici scientifici. enna L NRE prin ni pn, e po 2 Ag SSR e = SI Conto corrente colla Posta — Pubblicazione bimestrale, Na è Fasc. XI e XII. Serie Il — Vol. IX Anno XVII — 1908 BOLLETTINO BOL SOGCIETAZOOLOGICA: ITALIANA CON SEDE IN ROMA | Presidente onorario S. M. il RE = Cra = i = = == = DIL: == = da ea Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma diretto dal Prof. Comm, A. Carruccio SULLO STUDIO DEI CALCEIDIDI con particolare riguardo alla fauna italiana e an Comunicazione del Dott. Luigi Masi fatta alla Società Zoologica Italiana con Sede in Roma « Fraidieci grandi gruppi o superfamiglie d’Imenotteri, non ve n'è uno più ricco di specie, più importante dal lato economico, e più difficile a studiare e classificare, della superfamiglia def Calcididei. Tali specie d'insetti esistono dovunque non a centinaia ma a migliaia e milioni, e sono probabil- mente di molto maggiore importanza, dal punto di vista pratico, di quello che non siano gl’Ieneumonidei» (Ashmead, Classifi_ cation of the Chalcid Flies). Le osservazioni sul parassitismo che esercitano innu- merevoli specie d’insetti sopra ‘altri insetti dannosi alle piante, e insieme il concetto dell’equilibrio biologico che deriva in natura dalla lotta degli organismi per l’esi- stenza, da parecchio tempo hanno aperto un nuovo oriz- zonte all’entomologia agraria. Si ricerca, secondo tale in- dirizzo di studi, quali siano i nemici naturali delle spe- cle che a noi riescono dannose e, poichè tali nemici natu- rali a loro volta sono combattuti da altri parassiti, si vuol conoscere tutto il sistema biologico di parassiti e iperpa- ‘354 L. MASI rassiti al quale è soggetta l’esistenza di una data pianta in una regione. Queste conoscenze ci occorrono per favo- rire più che è possibile l’esistenza degli insetti che hanno per noi un’azione utile, cioè quelli che direttamente pa- rassitizzano insetti dannosi, e per combattere gl’iperpa- rassiti la cui azione riesce a nostro svantaggio; ci occor- rono in determinate circostanze per poter raccogliere gli insetti utili e moltiplicarli mediante l'allevamento, allo scopo di diffonderli quando ce n’è bisogno, nei luoghi dove le piante sono danneggiate da altri insetti, oppure di introdurli in regioni in cui prima non si trovavano e nelle quali la loro vita può essere compatibile con le condizioni di ambiente; e ci occorrono sopratutto quando, per combattere una specie dannosa, vorremmo servirci di un mezzo artificiale di distruzione, quale ad es. l’avvele- namento degl’individui di tale specie, o la loro raccolta ed uccisione don un mezzo qualunque. Poichè con tali pro- cedimenti molto spesso insieme con la specie dannosa noi - verremmo a distruggere 1 suol parassiti, cosicchè nei dasi di ricomparsa di quella specie dannosa, sarebbe tolto o as- sal diminuito quel freno naturale che prima ne mante- neva lo sviluppo entro certi limiti, lasciandolo oscillare nelle diverse generazioni attorno ad un valore medio e rendendo più o meno rari i casi di grande diffusione: ol- tre ad una conseguenza che spesso potrebbe derivarne, la quale consiste in ciò, che essendo non di rado i parassiti di una specie parassiti anche di un’altra che vive su al- tra pianta, il distruggerli insieme con le loro vittime della prima specie, verrebbe a favorire grandemente lo svi- luppo degl’individui della seconda, ai quali mancherebbe l’ostacolo naturale per moltiplicarsi e diffondersi. A noi occorre quindi di poter prevedere le conseguenze dello squilibrio che verremmo a produrre distruggendo in- sleme una specie ed i suoi parassiti, e giudicare tali con- seguenze dal lato pratico, e preparare, quando si volesse SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 355 affrontarle, i mezzi per porre ad esse rimedio. Dobbiamo considerare inoltre, che a noi occorre di conoscere 1 ne- mici naturali degl’insetti dannosi e favorirne in ogni modo l’azione distruttiva, quando non sapremmo come distruggere artificialmente una data specie, oppure quan- do i mezzi artificiali di distruzione non potrebbero essere applicati su vasta scala, sia per la diffusione del danno da riparare, sia per la spesa che importerebbe la loro ap- plicazione. Questi metodi e questi criterî, dei quali si giova Vene tomologo agrario nel combattere gl’insetti dannosi, e coi quali cerca una soluzione razionale dei problemi che gli sì presentano, importano tutto un complesso di lunghi studi, di pazienti ricerche, di esperimenti ripetuti. L’at- tività e il numero delle stazioni di entomologia agraria, le quali hanno lo scopo di compiere tali studi, in alcune nazioni sono andati crescendo notevolmente in questi vl- timi anni. Tuttavia è sempre negli Stati Uniti dell’Ame- rica del Nord che le stazioni entomologiche sono più nu- merose, meglio retribuite e fornite dei mezzi necessari agli studi, ed i lavori di tutta una schiera di valenti ento- mologi danno vita a numerose riviste d’indirizzo pratico e scientifico. Cosicchè a questa nazione, cui spetta il me- rito delle prime e più brillanti esperienze per combattere gl’insetti dannosi mediante i loro parassiti, spetta anche incontestabilmente il primato per l’entomologia agraria. Non è però senza conforto e senza un certo sentimento di orgoglio che noi vediamo questo ramo degli studi scien- tifici coltivato assiduamente anche in Italia dal Labora- torio di Entomologia della Scuola d’Agricoltura di Por- tici e dalla Stazione Entomologica di Firenze, nei quali istituti, nonostante l’indifferenza, e talora anche la diffi- denza e l’aperta contrarietà, che sempre hanno ostacolato presso di noi, quasi un destino inevitabile, quegli studi di biologia teorica che sono necessario e indispensabile fon- 350 L. MASI damento delle applicazioni pratiche, vediamo sostenuto decorosamente il nome della scienza entomologica agra- ria: la quale sorta in Italia nella prima metà del secolo scorso e sviluppatasi quasi indipendente dagli studi di altre nazioni, dovrebbe tenersi da noi in ben diversa con- siderazione di quello che sia stata finora. Gli studi di entomolgia agraria non sono possibili senza l'esatta conoscenza delle specie dannose alle piante, e di quelle che vivono come parassiti di diverso grado su tali specie. L’entomologia agraria esige dall’entomologia pura le notizie sui caratteri morfologici della specie, sul- le loro varietà, sulla loro distribuzione e sulla loro vita, e come in quasi tutti gli studi biologici, così in quelli del- l’entomologo agrario il fondamento principale sta nella sistematica. Ma le nostre cognizioni riguardo ai gruppi cul appartengono più di frequente le specie dannose al- l'agricoltura, sono spesso ben lontane dall'avere raggiun- | to quel grado che richiede l’entomologia agraria; e del | pari incomplete sono le cognizioni sistematiche riguardo al gruppi cui appartengono 1 parassiti di diverso grado. Questi, che spettano per la maggior parte agli Ime- | notteri terebranti, cioè agli Ieneumonidi, Braconidi, Cal- | cididi, Proctotrupidi, ed altri pochi ordini minori, in I- talia non sono stati quasi affatto studiati. Inoltre, mentre {|} per la sistematica degli Icneumonidi, dei Braconidi ed ||, anche dei Proctotrupidi europei, esistono buone opere di | autori recenti, per lo studio delle specie dei Calcididi, (|, tanto di Europa come degli altri continenti, non vi è una | opera complessiva che possa servire di fondamento per la ||, determinazione delle specie, e quindi per il loro studio ||. dal punto di vista agrario. la Per la determinazione dei generi abbiamo le due ope- (|, re « Classification of the Chalcid Flies » (Memoirs of the | î Carnegie Museum) di Ashmead, e « Die Hymenopteren Mitteleuropas » di Schmiedeknecht: la prima delle qua- | SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 357 li contiene i quadri dicotomici per la determinazione di tutti quanti i generi conosciuti fino al 1904. Il ponderoso lavoro dell’ Ashmead non va esente però da alcuni difetti, una parte dei quali era inevitabile in un’opera di tanta mole, mentre altri, quali ad es. le frasi diagnostiche spes- so troppo brevi, certi quadri dicotomici troppo compli- cati e troppo lunghi, tanto che riesce molto difficile di se- guirli, le distinzioni di alcuni gruppi in base a caratteri che non sempre si possono osservare negli esemplari che si hanno a disposizione, come ad es. il mumero dei denti delle mandibole; avrebbero potuto essere corretti con un lavoro di revisione, se l'Autore avesse potuto dedicare an- cora all’entomologia la sua straordinaria attività e la sua opera preziosa. Lo Schmiedeknecht ha fatto il quadro di- cotomico per i generi di Calcididi basandosi sull’opera del Thomson « Hymenoptera Scandinaviae » e su quella di Ashmead ora ricordata. Nel libro di Schmiedeknecht mancano tuttavia parecchi generi la cui esistenza si è constatata o può ritenersi probabile nell'Europa meridio- nale. L’opera del Thomson ora ricordata, di cui i due vo- lumi che riguardano i Calcididi furono pubblicati fra il 1875 e ‘78, è ancor oggi il libro a cui si ricorre più spesso per la determinazione delle specie. E veramente quest’o- pera, per il numero dei generi e specie di cui tratta, per l'accuratezza con cui l’Autore dimostra di avere osserva- ti 1 caratteri anche più minuti della specie, per l’esattez- za delle diagnosi e la bellezza delle descrizioni, rimarrà sempre come opera classica nella letteratura entomologi- ca. Però sono difetti di quest'opera le descrizioni troppo concise di molte delle specie menzionate, il numero piut- tosto limitato di specie che l'Autore ha potuto descrive- re trattando di certi generi, che ne contano certamente parecchie decine anche nell'Europa settentrionale, la scar- sezza di notizie biologiche e, dovrei aggiungere, se non si trattasse di un difetto comune a quasi tutti i lavori sui 358 L. MASI Calcididi, la mancanza di figure. Fra le monogratie che trattano di gruppi minori, devo ricordare quella di Schletterer sui generi « Leucospis, Polistomorpha und Marres »; quella di Howard « Revision of the A phelini- nae of North America » (1895) in cui l'Autore descrive ed illustra con ‘figure molti generi e specie tutti nuovi, i quali spettano ad una sottofamiglia che è delle meno co- nosciute, mentre è delle più interessanti, appartenendovi quasi tutti parassiti primari di Cocciniglie: di questa monografia è complemento l’altra pubblicazione recente « New genera and species of Aphelininae with a revised table of genera » (1907). Inoltre alcuni lavori veramente preziosi li dobbiamo a Gustavo Mayr, della cui morte ‘av- venuta recentemente è ancora vivo il dolore fra gli ento- mologi. Il Mayr ha trattato dei Torimidi, degli Encirti- di, dei generi Eurytoma, Decatoma e Ormyrus con un me- todo che dovrebbe essere seguito il più possibile nella spe- ciografia dei Calcididi: egli ha descritto le specie rac- cogliendole mediante l’allevamento degli ospiti, in modo che ha potuto dare notizie esatte sul loro parassitismo ed ha potuto studiarne le variazioni negli esemplari di una stessa provenienza e mettere a confronto quelli di prove- nienza diversa. Di quanta utilità sia questo procedimento, oltre che per la sistematica, anche per l’entomologia agraria, si ri- leva facilmente quando si consideri l’importanza di sa- pere il vero ospite di un insetto endofago, e si tenga con- to delle difficoltà che s'incontrano per conoscerlo. La mag- gior parte degli autori che hanno descritto i Calcididi, li hanno raccoti a volo o sulle piante, e quindi danno di rado notizia degli ospiti; questi poi (i quali per una gran parte delle specie di cui sono conosciuti, si trovano regi- strati nel « Catalogus Hymenopterorum » del Dalla Tor- re) quando sono indicati, non sempre sono i veri ospiti, poichè i parassiti che ne son derivati o che si suppongono SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 359 derivati, potrebbero anche essere parassiti di secondo, di terzo o quarto grado. Per stabilire il grado di parassiti- smo occorrono osservazioni molto accurate fatte allevan- do gl’insetti, ed esperimenti destinati a provare se un pa- rassita ottenuto attacca o no gl’individui della specie o- spite, o supposta come tale, che non siano stati a contat- to con altri insetti parassiti. Inoltre il problema si com- plica per il fatto che certe specie di parassiti primari possono talora diventar parassiti secondari, oppure ter- ziari o quaternari (1). La conoscenza del grado di paras- sitismo ha poi un'importanza capitale nella pratica, chè infatti, chi per combattere una specie dannosa ad una pianta, volesse trasportare su di essa tutte le specie di parassiti ottenute dall’allevamento della specie dannosa, farebbe quasi sempre opera inutile, se non contraria allo scopo, poichè insieme coi parassiti trasporterebbe anche gl’iperparassiti. La conoscenza del vero ospite di un Cal- cidide ci dà il mezzo più sicuro per procurarne esemplari. Inoltre la raccolta mediante l’allevamento ha pure il van- taggio di metterci a disposizione esemplari vivi, i quali possono essere studiati dal punto di vista biologico, e stu- diati nei loro caratteri morfologici più minuti appena che (1) Il Prof. Silvestri, nel suo studio sulla Tignola dell’Olivo (Prays oleellus) ha determinato che questo Lepidottero in Italia ha otto parassiti primari, dei quali però solo l’Ageniaspis fuscicollis non sì trova anche fra i parassiti di diverso grado. « I parassiti secon- darii genuini sono da noi 7 contro 8 parassiti primarii, ma ad essi Si uniscono diventando in certi casi secondarii 7 dei primarii, cosic- chè in determinate circostanze sono in reatà 14. I parassiti terziarii sono 6, dei quali due (Elasmus, ranthandrus) sono anche parassiti primarii o secondarii e gli altri (Microterys, Tetrastichus, Habrobra- con, Habrocytus) anche parassiti secondarii. I parassiti quaternarii sono 8 (Microterys e Tetrastichus) che si trovano anche come pa- rassiti secondarii o terziarii » (Boll. Lab. Zool. gen. e agr. Portici, 1907, vol. II, pag. 164). 360 L. MASI si siano fatti morire e non abbiano subìto ancora alcuna alterazione della forma pel disseccamento. Va ricordato infine che mediante l'allevamento si può ottenere per solito un numero di esemplari di una specie maggiore di quello che si otterrebbe dalla raccolta sulle piante, e spesso si hanno insieme il maschio e la femmina della stessa spe- cie, i quali, se molto diversi nell’aspetto, ottenuti separa- tamente, potrebbero essere considerati come individui spe- cificamente diversi. Un altro vantaggio che si ottiene allevando 1 Calci- didi, consiste, come ho detto più sopra, nella possibilità di studiarne le varietà e le variazioni. E° cosa di grande interesse, sia dal punto di vista biologico, come da quello agrario, di sapere che una specie, sviluppandosi in tali e tali ospiti, si presenta secondo i casi con determinati ca- ratteri, 1 quali potranno essere di maggiore o minore im- portanza; e che quindi due forme, che talora potrebbero essere ritenute come specificamente diverse, non sono che varietà di una specie unica, e perciò possono sostituirsi l'una con l’altra nell'azione parassitaria: sebbene talora accada che alla differenza morfologica si unisca quella delle abitudini, ed anzi in certi casi si trovino varietà bio- logiche le quali non possono distinguersi affatto in base al caratteri morfologici (1). Lo studio della varietà dei caratteri ha fatto stabilire al Mayr non poche sinonimie, specialmente nel genere Eurytoma, che non sarebbero sta- te sospettate da quanti avevano studiate le specie senza tener conto della varietà dei caratteri; e probabilmente alcuni generi, quali ad es. C'halcis, Pteromalus, Eulophus, (1) Silvestri ha distinto una subsp. praysincola dell’Ageniaspis fuscicollis, la quale differisce dalla forma tipica soltanto per il nu- mero delle generazioni, per il numero degli embrioni che si svilup- pano da un uovo fecondato, e perchè non parassitizza le uova d’Hypo- nomeuta malinellus. SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 361 che comprendono un numero assai grande di specie, stu- diati con tale criterio, verrebbero assai ridotti. Una par- ticolare importanza per la sistematica dei Calcididi pre- sentano le osservazioni del Mayr sulla grande varietà morfologica di alcune specie di Ormyrus. Secondo questo Autore, individui notevolmente diversi nella grandezza, nella colorazione e in parecchi caratteri di struttura, ri- tenuti quindi come specie distinte, non sono che variazio- ni della medesima specie. La notevole varietà dei caratteri che può trovarsi in certi generi, ed il fatto che certe forme che sono proprie ciascuna di un dato ospite, non sono che varietà biologi- che della stessa specie, oltre alla difficoltà di osservare ed apprezzare certi caratteri morfologici, difficoltà dovuta alla piccola mole dei Calcididi la quale può esigere l’osser- vazione con forti ingrandimenti; rendono spesso la di- stinzione delle specie di questa famiglia assai difficile e non di rado assai dubbia. Per stabilire le specie, spesso dobbiamo fare appello a tutti i criterî di cui può giovarsi la sistematica. Le descrizioni le quali non danno che una enumerazione sommaria dei caratteri che più facilmente possono colpire un osservatore, caratteri che riguardano per lo più il colorito, sono per solito più dannose che utili, e gli autori che ne hanno pubblidate, e non sono pochi, hanno creato gravi ostacoli allo studio dei Calci- didi. Certi generi, come le Chalcis, 1 Pteromalus, gli Eulo- phus, che già ho ricordati, ed altri che s'incontrano fre- quentemente, come i 7'etrastichus, gli Encyrtus, i Cirro- spilus, gli Entedon, gli Elachestus, contano nel catalogo di Dalla Torre, pubblicato nel 1898, una cinquantina o un centinaio di specie ciascuno, di una gran parte delle quali si hanno descrizioni insufficienti per la determina- zione specifica: inoltre i tipi di molte specie descritte da vecchi autori, sono ormai quasi tutti perduti. Cosicchè non è lecito sperare che di tutti quei generi la cui siste- 362 L. MASI matica è in tali condizioni, possa farsi una revisione. In un altro mio lavoro (1) ho fatto rilevare a proposito del cenere Tetrastichus la necessità di osservare i caratteri minuti delle varie forme, e specialmente quelli delle an- tenne allorchè non sono ancora alterate dal disseccamen- to. Tali caratteri non furono ben osservati dal Walker, il quale descrisse un grande numero di specie di Tetrasti- chus, come pure di Eulophus, Entedon, Cirrospilus, in modo da ispirare ben poca fiducia a chi deve servirsi dei suoi lavori. Di questo Autore, che ha ordinato nel Museo Britannico una ricca collezione di Calcididi, il Mayr, persona di competenza indiscutibile, ha dato a proposito delle descrizioni di Eurytoma un giudizio poco lusinghie- ro. « Walker ha descritto un grande numero di specie senza farne il confronto e senza neppure domandarsi se allo studioso che in seguito dovesse determinarle, sareb- be stato possibile di servirsi con sicurezza delle sue de- scrizioni: anzi egli nella maggior parte dei casi non co- nobbe neppure le specie da lui steso istituite, come lo han- no dimostrato molte forme che mi furono da lui manda- te e che spesse volte non corrispondevano alle rispettive descrizioni oppure risultavano essere state confuse le u- ne con le altre » (2). Dei pochi autori che hanno descritto Calcididi rac- colti in Italia, dobbiamo ricordare specialmente Camil- lo Rondani e Achille Costa. Il primo ottenne un discreto numero di specie mediante allevamento, e sarebbe stato molto utile che, invece di darne la semplice diagnosi, vi avesse dedicato lo stesso studio con cui si occupò così mae- strevolmente dei nostri Ditteri. Il Costa descrisse poche (1) Contribuzioni alla conoscenza dei Calcididi italiani. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, 1908, vol. III. (2) Arten der Chalcidier-Gattung Eurytoma durch Zucht erhalten von Dr. Gustav Mayr. Verh, zool. bot. Ges, Wien, 1878, XXVIII, pag. 1, SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 363 specie, mentre ne raccolse un buon numero nell’Italia me- ridionale e molte ne ebbe da altre regioni d'Europa. Data la condizione delle nostre conoscenze faunisti- che per quanto riguarda i Calcididi, e l'interesse che pre- senta questo gruppo d’Imenotteri dal punto di vista agra- rio, non credo di far cosa superflua pubblicando qui un elenco di quasi tutte le specie, che in due anni di perma- nenza nel Laboratorio di Entomologia della Scuola d’A- gricoltura in Portici, ho potuto determinare. Più della metà di tali specie furono da me già descritte in prece- denti pubblicazioni. Ho aggiunto in questo lavoro le dia- gnosi latine delle specie nuove, delle quali avevo pubbli- cato la descrizione per esteso in italiano. Il numero di ta- li specie nuove non sembrerà troppo grande in confronto di quello delle forme determinate, se si tenga conto sia de- gli ospiti da cui le specie stesse furono ottenute, i quali finora erano poco studiati dal punto di vista biologico o non lo erano affatto, sia della facilità con cui tutti colo- ro che fanno pubblicazioni sui Calcididi, trovano specie non prima descritte. Nell’elenco seguente, come pure nel- le diagnosi, ho omesso per brevità l'indicazione dell’ospi- te e della provenienza, che per molte specie è stata già indicata nelle mie descrizioni e in altre pubblicazioni del Laboratorio di Entomologia agraria di Portici. Quasi tutte le specie sono state raccolte nell'Italia meridionale. Per l’ordine di successione dei generi ho seguito il libro di Schmiedeknecht, già ricordato, « Die Hymenopteren Mitteleuropas ». Per il genere Prospalta Howard, ho a- dottato il nome di Prospaltella, il quale fu proposto da Ashmead in una nota negli « Entomological News » allo Scopo di evitare confusione col genere Prospalta dell’ordi- ne dei Lepidotteri, stabilito da Walker nel 1857. Oltre al generi che sono indicati nell'elenco qui appresso, devo ricordarne alcuni altri, di cui non ho determinato anco- ra nessuna specie. Essi sono: Leucospis, Lochites, Peri- 364 L. MASI lampus, Pachyneuron, Meraporus, Diglochis, Elachestus, Cirrospilus, Pleurotropis, Ablerus, Encarsia, Physcus, Chaetostrucha. ELENCO DELLE SPECIE DETERMINATE Chalcis femorata Dalm. » pusilla Rossi )» modesta Masi Stilbula cynipiformis (Rossi) Spin. Megastigmus stigmatizans (Fabr.) ) synophri Mayr T'orymus nigricornis Boh. » bedeguaris (L.) ) abbreviatus Boh. Syntomaspis sapphyrina (Boh.) Thoms. Diomorus calcaratus (Nees) Oligosthenus stigma (Fabr.) Forst. Monodontomerus dentipes (Boh.) Walk. Ormyrus tubulosus Fonsc. ) punctiger Westw. Eurytoma rosae Nees ) dentata Mayr » strigifrons Thoms. » curta Walk. Decatoma biguttata Swed. Eupelmus urozonus Dalm. -Litomastia truncatellus (Dalm.) Thoms. SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 3605 Ageniaspis fuscicollis (Dalm.) Thoms. Homalotylus flaminius (Dalm.) Aphycus philippiae Masi Cerapterocerus corniger Walk. ) mirabilis Westw. Encyrtus lunatus Dalm. ) aeruginosus Dalm. ) tardus Ratz. ) aphidivorus Mayr ) festucae Mayr ) mayri Masi Comys lecaniorum (Mayr) Forst. » albitarsis (Zett.) Chioneurus formosus (Boh.) ) quercus Mayr Habrolepis dalmanr (Westw.) Mayr ) zetterstedti (Westw.) Mayr Dinarmus dacicida Masi ) robustus Masi Eunotus cretaceus Walk. Scutellista cyanea Motsch. Habrocytus distinguendus Masi ) crassinervis Thoms. Eutelus tibralis (Westw.) Thoms. )) mediterraneus Mayr. Pseudocatolaccus asphondyliae Masi Pteromalus puparum (L.) Swed. aq nidulans Thoms. Arthrolytus incongruens Masi 366 L. MASI Dibrachys boucheanus (Ratz.) Thoms. lt affinis Masi Isocratus vulgaris Walk. Elasmus flabellatus (Fonsc.) Westw. Euryischia inopinata Masi Euplectrus bicolor (Swed.) Hal. Atoposoma variegatum Masi. Sympiesis sericercornis (Nees) Forst. Eulophus longulus (Zett.) Thoms. Closterocerus formosus Westw. ) trifasciatus Westw. Derostenus boops Thoms. Tetrastichus ranthomelaenae (Rond.) March. )) Tapo Walk. )) epilachnae Giard ) (Oxyomorpha Hyperteles) interme- dius Thoms. Coccophagus flavoscutellum Ashm, )) howardi Masi. » lunulatus How. Aspidiotiphagus citrinus (Craw.) Archenomus bicolor How. Eretmocerus corni Haldeman Prospaltella (1) coniugata Masi )) similis Masi Oophthora semblidis Aur. (1) Vedi a pag. 363. SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 367 DIAGNOSI DI ALCUNE SPECIE CHALCIS :MODESTA 1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 143, fig. 56. 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. ibid. vol. 3., pag. 106-108, fig. 11-13. Nigra, tarsis tantum et tibiarum femorumque apice ferrugineis, proalis macula fumata sub nervo marginali notatis. Antennae elongatae, articulis latitudine longio- ribus. Femora postica ad 2/3 longitudinis latissima, ibi- que dente magno triangulari obtuso munita. Abdomen parvum. Long. 2-2,7 mm. APHYCUS PHILIPPIAE 1908. Martelli — Cocciniglie dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 245. 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘bid. vol. 3., pag. 100-103, fig. 8. Antennae scapo compresso, usque ad 3/4 longitudi- nis latitudine crescente, pedicello dimidiam scapi longi- tudinem via aequante, funiculi articulis 1-4 aequalibus, 1/3 pedicelli longitudinis non attingentibus, articulo 5. crassiore, 6. hoc etiam longiore. (lava articulis quatuor ultimis aequilonga. Color stramineus, capitis tamen leni- ter virescens, suturae axillarum et 0marginis scutellaris aurantiacus, oculorum griseo-viridis vel niger, ocellorum ruber: scapus macula nigra rhomboidali in utroque late- re notato, pedicellus dimidio basali infuscato, funiculi articuli 1-3 nec non primus et secundus clavae nigri. Spe- cimina exiceata colore testaceo. Long. 0,5-0,7 mm. 368 L. MASI ENCYRTUS MAYRI 1908. Silvestri — Ecofillembio dell'olivo. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 210, fig. 13. 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. 1024. vol. 3., pag. 98-99, fig. 7. Pedicellus 1/3 scapi longitud'inis superans, funiculi articulus primus 1/2 pedicelli longitudinis aequans, re- liqui gradatim majores; clava articulis funiculi 3 vel 2 1/2 ultimis longitudine aequalis. Scutelli apea linea arcuata subtili separatus, tuberculo apicali munitus. Ner- vus marginalis aeque longus atque latus, longitudine po- stmarginalem aequans, nervus stigmaticus 1/2 margina- lis non attingens. Tibiae posticae calcaribus duobus mu- nitae. Color ater; vertea, frons, scutum via aenea, jacies violacea, scapus et pedicellus migricantes, funiculus et clava pallide flavi. Pedes, exceptis coxis medtis et posti- cis, femoribus etiam posticis, obscure lutei. Long. 1- 1,5 m m. DINARMUS DACICIDA 1908. Masi — Imenotteri parassiti della mosca delle olive (in collaborazione col prof. Silvestri e dott. Martelli) Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 20-26, fig. 1-10. Clypeus apice medio leniter concavo; metathorax im- punctatus, carina distincta; abdomen longitudinem capi- tis et thoracis parum superans, ovato-conicum, apice pro- ductum. Color capitis, thoracis et pedum maxima parte nigro-cyaneus; metathorax et episterna nigro-viridia, ge- nua et apices tibiarum flavo-albida, tarsi albidi, eacepto articulo ultimo minus pallido et praetarso nigro. Abdo- men superne obscure cupreum, aureo micans, basi viride, SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 369 inferne atrum violaceo et viridi micans. Long. feminae 3,3-4,5 mm., maris 2,3-3 mm. | subsp. VIRESCENS: differt statura majori, thorace interdum robustiore, abdo- mine paullum magis elongato, colore thoracis olivaceo- viridi, tibiis mediis et posticis albidis, abdomine feminae fasciis transversis violaceis ornato. Long. feminae 4-5,5 mm, maris 222,3 mm. DINARMUS ROBUSTUS 1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 284-288, fig. 40-41. Corpus latum, robustum; metathorax haud carina- tus, subrugosus, callus punctulatus. Color capitis thora- cisque viridis olivaceus, abdominis obscure cupreus; me- tathorax viridis; pedum femora et tibiae maxima parte brunneo-viridia, genua ferruginea, tibiae anticae dimi- dium apicale et tarsus testacea, pedum paris secundi et tertii apea tibiarum et tarsus albidi; praetarsus ubique brunneus. Long. 4-4,7 mm. HABROCYTUS DISTINGUENDUS 1908. Silvestri — Tignola dell’olivo. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 2., pag. 160, fig. 67. 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ibid. vol. 3., pag. 113-115, fig. 19. Clypeus margine medio leniter concavo. Thorax haud elongatus. Nervi stigmaticis longitudo 2/3 marginalis ae- quans, nervus postmarginalis marginali via brevior. Me- 370 L. MASI tathorax sine carina et plica transversa, plicis longitudi- nalibus instructus leniter sinuatis. Abdomen longitudine capîtis thoracisque, subcompressum. Caput griseo-viride, antennae scapo et pedicello flavo-fuscis, parte reliqua ob- scuriore. T horax, praeter metanotum viride, aeneus. A b- dominis segmentum primum, pars basalis secundi, super- ne cyaneo viridia, religuum abdomen cupreum. Femora et tibiae mamima parte obscure viridia vel brunnea, partim vero obscure lutea, sicut tarsi, quorum apea tantum brun- neus. Long. 2,6 mm. GENUS PSEUDOCATOLACCUS 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Labr. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3., pag. 138-139. Caput inferne valde angustatum, genis excavatis, oculis glabris; mandibulae 4-dentatae, externe sinuatae; antennae in linea infera oculari insertae, articulis 13 compositae, feminae articulis tribus, maris duobus annu- laribus. Metathoraa haud punctulatus, sine carina, plicis longitudinalibus instructus, spiraculis oblongis. Proalae cellula basali et speculo nudis, nervo postmarginali quam stigmatico longiore, hoc clava magna rotundata. Tibiae posticae calcari singulo munitae. Abdomen feminae ova- to-conicum, maris lateribus subrectis. ‘PSEUDOCATOLACCUS ASPHONDYLIAE 1908. Silvestri — Descr. e cenni biol. di una nuova Asphondylia. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 3 (estratto pag. 10) fig. 11. 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. ‘044. pag. 139-142, fig. 37-39. Caput et thorax nigro-cyanea, interdum nigro-viri- SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI k72! dia, abdomen superne basì cyaneo-viride, ceterum nigro- rufescens, inferne brunneo. Oculi et ocelli obscure rubri. Pedes, praeter genua tibiasque anticas lutea, brunnei, tarsis mediis et posticis albidis apice nigro. Long. 2,7 mm. ARTHROLYTUS INCONGRUENS 1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 252-254, fig. TASh6. Femina. Caput inferne parum angustatum, oculis glabris, genis rectis, clypeo apice prominente leniter con- cavo, antennis paullum infra medium insertis. Genae la- tae, postice acute marginatae. Pedicellus 1/4 scapi longi- tudinis aequans, funiculi articulus primus 1/2 pedicelli longus, longitudine quam latitudine sesqui latiore, arti- culi ceteri gradatim magnitudine crescentes; clava pedi- cello magis quam sesqui longior. Mandibulae latere eater- no sinuato, dextra 4-dentata, sinistra 3-dentata. Proalae metacarpo stigmate parum breviore. Abdomen thorace aequilongum, via latius, forma ovata. Color griseo-viridis, purpureo micans; pedes, scapus obscure flavo-rufi, pars reliqua antennarum flavo-brunnea; alae haud fumatae. Mas differt femoribus et scapo ad medium latioribus, scapo autem inferne margine nigro, clava apice acutiore. Long. 1,9-2,7 mm. DIBRACHYS AFFINIS 1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 250-252, fig. PESE2: Funiculi articuli longitudine aequales, crassitie us- que ad ultimum via crescentes. Mandibula sinistra 3-den- 372 L. MASI tata, dente basali lato. Proalae apicem abdominis plus minusve superantes, abdomen thorace aequilongum. Alae metathoracis latitudine maxima paullum ante dimidiam longitudinem sita. C'olor nigro-viridis vel obscure viridis, etiam purpureo micans, scapus, pedicellus, pedes obscure lutei, funiculus et clava flavo-brunnei; clava maris quam fumeulus non obscurior. Long. 1,45 mm. EURYSCHIA INOPINATA 1907. Masi. — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 273-276, fig. 33. Scutellum haud mucronatum, setis numerosis vesti- tum. Corpus, pedes maxima parte, scapus et pedicellus nigra, funiculus et clava flavo-grisei, calcar pedum anti- corum flavo-brunneum apice nigro, pedum paris secundîi et terti album. Proalae fascia fumata ornatae, transver- sa, eaterne linea recta ad 3/4 longitudinis sita, terminata, interne serie prima pilorum speculum limitantium. A b- dominis ape inferne pallide luteus. Long. 1,7 mm. GENUS ATOPOSOMA 1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Cale. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1., pag. 276. Generi Cirrospilo simile et affine, praecipue differt corpore toto valde depresso, capite inferne haud angusta- to sed quam superne latiore, vertice maxime convero, su- per oculos tantum extante quantum linea infera ocularis a margine externo mandibularum distat, antennis in me- dio faciei, non în linea oculari infera sed media insertis. All’unica specie di questo genere, A. variegatum, so- migliano, specialmente nel colorito, parecchie specie di Cirrospilus. La differenza più caratteristica fra i due ge- SULLO STUDIO DEI CALCIDIDI 373 neri Atoposoma e C'irrospilus sta nella conformazione del capo. ATOPOSOMA VARIEGATUM 1907. Masi — Contr. alla conoscenza del Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. Portici, vol. 1,,pag. 276-281, fig. STA LI 1908. Silvestri — Ecofillembio dell’olivo. ibid. vol. 2, pag. 214, fig. 22. Caput flavo-griseum, oculis griseis, ocellis rubris; thorax flavo-viridis, scuto scutelloque flavo-testaceis; abdo- men prasinum, nigro variegatum; caput et thorax nigro vittata. Proalae umbra parva apud praestigma et apud clavam nervi stigmatici. Pedes pallide flavi. Long. 1,57 mm. COCCOPHAGUS HOWARDI 1907. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. vol. 1., pag. 243-245. Scutum et scutelli pars dimidia anterior setis longi- tudinaliter scriatim dispositis vestita. Vertex minute pun- ctulatus. Corpus brunneum, caput feminae lineis obscure luteis ornatum, maris citrinum, scutellum feminae 2/5 ultimis vel spatio minore vel etiam maiore aurantiacum, maris concolor; pedes citrini, tarsis tamen testaceis, femi- nae comae posticae flavo-griseae, maris mediae et posticae brunneae. Long. 0,7-1,2 mm. PROSPALTELLA CONIUGATA 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Boll. Lab. Z. gen. e agr. vol. 3°, pag. 146-148, fig. 44-46. Funiculus scapo aequilongus, articulis cylindraceis, 374 L. MASI subaequalibus, pedicello via angustioribus; clava via di- stineta, longitudine funiculum aequans. Maris antennae (quae articulis 7, pro 8 feminae constant) articulis lon- gioribus. Proalae nervo marginali et cellula costali aequi- longîs. Color maxima parte brunneus; caput obscure lu- teum, oculis atropurpureis, antennis pallide flavis; scapu- lae aurantiacae)È scutellum citrinum, pedes subalbidi, proalae interdum ad medium leniter infuscatae, abdomi- nis ape lutescens. Long. 0,50-0,78 mm. PROSPALTELLA SIMILIS 1908. Masi — Contr. alla conoscenza dei Calc. it. Bol. Lab. Z. gen. e agr. vol. 3, pag. 148-149, fig. 45. Prospaltae murtfeldtii similis et affinis. Antennae fusiformes, clava indistineta; pedicellus dimidiam scapi longitudinem aequans; funiculi articulus primus pedi- cello paullum angustior. Abdomen lateribus curvatis, segmentis subaequalibus. Color brunneus; caput obscure testaceum, oculis badiis; antennae, dorsellus, thorax pro parte obscure lutei. Genua, tibiarum apea et tarsi grisea, reliqua pars pedum brunnea, annellis fuscis haud ornata. Proalae parte tertia basali et media infuscatis. Long. 0,57- 1,9 mm. Le descrizioni di altre nuove specie di Eneyrtus, Pro- spaltella, Encarsia, C'occophagus, Physcus, saranno pub- blicate in un prossimo fascicolo del Bollettino del Labo- ratorio di Zoologia generale ed agraria di Portici. ISTITUTO ZO00LOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal prof. comm. A. CARRUCCIO LA GLANDUOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO Storia, Morfologia, Anatomia comparata, Istogenesi, Fisiologia, Fisiopatologia e probabile significato delle cellule interstiziali del testicolo SANFGINABNAE XCSENG STAI, Comunicazione del socio Dott. VALENTINO BARNABO' (Contin. e fine ved. fasc. IX e X 1808, pag. 306-319) XVIII. Anche la cattività ha un’influenza notevole, riducendo la parte seminale, e contribuendo così allo svi- luppo della parte interstiziale. XIX. Negli animali criptorchidi si nota atrofia della parte seminale e maggiore sviluppo di quella intersti- ziale, dimostrandosi così la perfetta indipendenza tra queste due parti. Lo studio quindi del testicolo ectopico ha avuto una grande importanza per risolvere varie que- stloni, riguardanti la glandola interstiziale. XX. Pur conoscendo poco sulla patologia delle cel- lule interstiziali, si può tuttavia ritenere che esse su- biscano delle alterazioni in varie contingenze morbose e che tali alterazioni siano sempre riportabili a quelle os- servate in condizioni fisiologiche o teratologiche. XXI. Resecando o legando 1 dutti deferenti, si ottie- ne la atrofia della parte seminale del testicolo e lo svi- luppo simultaneo della parte interstiziale; ma non sì può ancora con certezza dedurre da questo fatto le con- clusioni, a cui erano venuti Bouin e Ancel. XXII. Le altre ricerche sperimentali eseguite col trapianto dei testicoli, colle iniezioni di sostanze causti- che, con quelle di « estratti di glandola interstiziale » 376 VALENTINO BARNABO” hanno avuto importanza, confermando le nostre prece- denti conoscenze, e dimostrando : che in simili condizioni le cellule interstiziali si comportano come in condizioni fisiologiche o patologiche; e che sono indipendenti dal- l'elemento seminale. XXIII. Non sl può dire con certezza ancora se si tratti di cellule connettivali, o epiteliali, o glandolari, perchè varî sono gli argomenti in favore per l'una o per l’altra di queste ipotesi, ma diversi sono anche i fatti in contrario. XXIV. Dalla incertezza di opinioni nel significato morfologico risulta incertezza anche nel significato fisio- logico. Non si può però escludere l’ipotesi probabile, che ritiene le cellule interstiziali come un elemento trofico della parte seminale. XXV. E’ molto probabile, ma non ancora del tutto provato, che esse producano la secrezione interna testico- lare ammessa da Brown Séquard. Non si può tuttavia ri- tenere come risoluta la questione se ad esse sole spetti tale importante funzione. XXVI. S1 può dichiarare prematura ogni conclu. sione sugli effetti della secrezione interna testicolare so- pra l'organismo, ritenendo che essa eserciti un'influenza sul determinismo dei caratteri sessvali secondarî del ma- schio, o sullo sviluppo del tratto genitale, o sullo sviluppo somatico, o sull’ardore genitale, o come difesa dell’orga- nismo. XXVIII. Esiste un parallelo perfetto tra gli elementi interstiziali del testicoto e quelli dell’ovaio, tanto per la la glandola ipofisiaria. XXVII. Esistono notevoli rapporti tra le cellule in- terstiziali e le glandole a secrezione interna, specialmente loro morfologia quanto per la loro istogenesi, e dal punto di vista del loro comportamento in condizioni fisiologiche LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO SY. e fisiopatologiche. Nuovi studî dimostreranno credo, più esattamente il parallelo perfetto sotto ogni riguardo. XXIX. Le glandole sessuali tanto maschili che fem- minili posseggono due secrezioni distinte: una esterna, in relazione colle funzioni sessuali, e una interna d’im- portanza essenziale per l'organismo. XXX. Sebbene non si possa ancora precisare la fun- zione degli elementi interstiziali, si può però ritenere che non sì tratti soltanto di un semplice organo di sostegno, o di un organo rudimentale, o tanto meno di una inclu- sione di cellule aberranti; ma che essi abbiano invece un notevole significato, e una notevole importanza nelle glan- dole sessuali. Auguriamoci in fine che ulteriori ricerche possano chiarire tutti 1 punti ancora oscuri sulle questioni riguar- danti le cellule interstiziali, e procurarci un concetto e- satto sull'importanza e sulla vera funzione di tali cel- lule nell'organismo umano, e di tutti 1 mammiferi e ver- tebrati. Roma, settembre 1906. io ngn ARI ————_—_—_—— XV. Aggiunte. Recentemente il Dr. Conforti ha pubblicato un con- tributo alla istologia del testicolo in ritenzione, esami- nando i testicoli di alcuni (8) casi di criptorchidia uma- na. À parte le sue osservazioni circa la parte seminale ridotta, sono interessanti quelle circa le cellule intersti- ziali. Egli ha trovato che esse « variano grandemente di quantità nei singoli casi: talvolta possono essere nume- rosissime e aggruppate in grossi nodi. La capacità loro a secernere è di solito diminuita e tanto più quanto più 378 VALENTINO BARNABO” sono abbondanti. Che nel testicolo non disceso possano esistere in quantità considerevoli di gran lunga supe- riore alla norma non deve interpretarsi come una specie d’ipertrofia compensatrice nel senso di Bouin e Ancel, ma come la conseguenza di una turbata evoluzione che come agisce sui canalicoli seminali, così può portare i suoi effetti anche sull’insieme delle cellule interstiziali che rimangono per quantità e forse anche per qualità quello che sono ad un periodo più iniziale dello sviluppo ». E’ interessante che il Conforti sull'uomo abbia potuto venire a conclusioni che collimano colle nostre idee. Noi avevamo già sostenuto che le variazioni nel numero delle cellule interstiziali non possono avere un valore talmente decisivo quanto vorrebbero Bouin e Ancel. Il Conforti ri- ferisce altresì tre osservazioni, una di Pick, una di Che- vassu e Lecène, e una di Marion, che dimostrano poter mancare gli attributi della virilità pur trovandosi pre- senti e abbondanti le cellule interstiziali. E anche a tale idea noi eravamo già addivenuti. La spiegazione poi del Conforti circa un arresto nelle condizioni delle cellule interstiziali analogamente a quel che succede per l’ele- mento seminale, mi pare soddisfi. Circa alle sue conclu- sioni sulla diminuita funzionalità degli elementi inter- stiziali, che egli basa sull’osservazione microscopica della diminuzione dei granuli di pigmento, del grasso proto- plasmatico e dei cristalloidi di Reinke, credo non sì pos- sano accettare in via assoluta, viste le conclusioni a cui venimmo sulla natura e sulla interpretazione di queste varie produzioni. Più importanti sono i fenomeni di de- generazione cellulare osservati dal Conforti in alcuni casì; ma son casi che meritano conferma. Interessante pure è la osservazione del Conforti re- lativa al reticolo attorniante i varî elementi interstiziali. Anch’egli lo colorò col Van Gieson in rosa, anche egli lo interpreta come reticolo connettivale, accettando la mia LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 379 interpretazione che ebbi già a sviluppare nelle pagine del nostro Bollettino (vol. VII, 1906, pag. 275). E° perciò con vera soddisfazione che vedo accettare da altri Autori le mie idee e le mie osservazioni circa le importanti questioni di tale interessante argomento. Calalzo di Cadore luglio 1908. VI LEDIBRATURA 1. ALESSANDRI R. — Sugli effetti della resezione dei varî elementi del condotto spermatico. sul testicolo. - Policlinico, Sez. Chir., 1895. 2. ANCEL P. — Sur le déterminisme cystosexuel des gamètes - Arch. de Zool. expériment., 1903. 8. Id. —— Histogenèse et structure de la glande hermaphrodiste d’H2- lix pomatia. — Arch. de biologie, 1903. 4.ANCEL P. et BouIN P. — Histogenése de la glande interstizielle du testicule chez le Porc. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 5. 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Id. — Sur l'origine embryonnaire et l’évolution de la séerétion interne du testicule. _ Compt. rend. de la Soc. de -Biologie, 1902. 122. IA. —_ La sécretion interne du testicule chez l’embryon et chez 386 VALENTINO BARNABO” l’adulte. — Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1902. — Tour- nal de Phys. et de Path. génér., 1902. 123. Id. —_ Sur le lieu d’origine, la nature et le ròle de la sécretion in- terne du testicule. — C. R. Soc. de Biologie, 1902. 124. Id .— Les graisses du testicules chez quelques mammifères. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1903. 125. Id. — Compt. rend de l’Académie des Sciences, 1903. 126. Id. — La sexualité. — Revue scientifique, 1903. 128. Id. _ Sur les sécrétions chimiques de la glande génitale male (à propos d’une prétendue glande interstitielle du testicule). — Compt. rend de la Soc. de Biologie, 1904. 129. Id. — Sur l'origine de la double signification des cellules inter- stitielles du testicule. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. — Journal de la Phys. et de la Pathol. géné., 1904. 131. Id. — Les phénomènes des sécrétion dans les glandes génitales. _— Journal de l’Anatomie et de la Physiologie, 1904. 182. Id. — Les pigments élaborés par le testicule du Poulet. -— Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 133. Id. — Les caractères sexuels secondaires et le fonctionnement des testicules chez la grenouille. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 134. LUBARSCH. =» Ueber das Vorkommenden Kristallinischen und Kristalloider Bildung in den Zellen des Menschlichen Hodens. — Archiv fùr path. Anatom., 1896. 135. LupwIG. — Lehrbuch der Histologie. — 1862. 136. LupwiG STIEDA. — Cit. da Bouin e Ancel (1877). 137. LupwI1G UND TOMSA. — Die Lymphwege des Hodens. — Sitzungs- bericht der math. natur. Klasse der K. Akad. der Wiss. — Wien, 1862. 138. 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Id. — Sur l’existence des cellules séminales dans le tissu con- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 389 jonctif du testicule, et sur la signification de ce fait. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1902. 180. REGAUD ET PoLIcARD. — Etude comparative du testicule du porc normal, impubère et ectopique, au point de vue des cellules in- terstitielles. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 181. Id. _ Fonction glandulaire de l’'épithélium ovarique et de ses diverticules tubuliformes chez la chienne, — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 182. Id. — Sécrétion par les cellules folliculeuses d’un produit par- ticulier, et accumulation de ce produit dans le protoplasma de l’ovule chez le chien. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1901. 183. REINCKE. — Ueber kristalloidbildungen in der Interstitiellen- zellen des menschlichen Hodens. — Archiv fiir mikrosk, Ana- tomie, 1896. 184. RENAUT. — Traité d’Histologie pratique, II, 1899. 185. RICHON ET JEANDELIZE. — Influence de la castration et de la ré- section du canal déférent sur le développement des organes gé- nitaux externes du jeune lapin. Ròle des cellules interstitielles du testicule. Hypothèse sur la pathogénie de l’infantilisme. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1904. 186. RouTIER. — Ann. des mialadies des organes !génito-urinaires, 1901. 187. SCHNITZLER. — Soc. S. R. med. Vienna, 1896. — Riforma me- dica, 1896. 188. ScHULTZ UND FALK. — ‘Phosphorauscheidung nach Castration. — Zeitschr. fiur physiol. Chemie, Bd. XXVII. 189. SENAT. — Contribution à l’étude du tissu conjonctif du testicule. Th. de Lyon, 1900. 190. SouLIE. — Sur la migration des testicules. — Th. de Toulouse, 1895. 191. SPangGARO S. — Sur les modifications histologigues que subissent les testicules de l'homme et les premières voies de conduction du sperme depuis la naissance, jusqu’à la vieillesse, avec consi- dération spéciale sur le procéssus d’atrophie, sur le développe- ment du tissu élastique et sur la présence de cristaux. — Arch. ital. de Biologie, 1901. 92: SSTEPHAN: Pi ‘De l’hermaphroditisme chez les Vertébrés. — Ann. de la Faculté des Sciences, Marseille, 1901. 390 VALENTINO BARNABO” 1983. Id. — Sur les homologies de la cellule interstitielle du testicule. — Compt. rend. de l’Académ. des Sciences, 1902. 194. StiepA L. — Die Leydig' sche Zwischensubstanz des Hodens. — Archiv fùr mikrosk. Anatomie, 1897. 195. STILLING H. — Revue médicale de la Suisse normande, 1892. 169. Id. — Versuche iber die Atrophie des verlagerten Hodens. — Beitràge fùr patholog. Anatomie, 1893. 197. StoHR. — Istituzione d’Istologia. — Napoli. 198. SzyMoNowicz. — Trattato d’Istologia. Milano. 199. 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WHITE. — Annals of surgery, 1895. 211. ZAPPALA’. — La ipertrofia della prostata e i suoi metodi curativi. = 1 Policlinico. Sez. Chir...1896. 208. Id. — Du réòle probable de la glande interstitielle. — Compt. rend. de la Soc. de Biologie, 1905. (settembre 1906). ULTERIORI E RECENTI PUBBLICAZIONI. 212. ALLEN. — The embryonic development of the ovary and testis of the mammals. — Americ. Journ. Anat. vol. III. 213. AUTEFAGE ET AUBERTIN. — Examen histologique d’un testicule adulte en ectopie abdominale. — Soc. Anat. de Paris, 1903. 214. BARNABO’' V. — Sui rapporti delle cellule interstiziali del testico- LA GLANDOLA INTERSTIZIALE DEL TESTICOLO 39I lo colle glandole a secrezione interna. — Il Policlinico, sez. Chir. 1908, fasc. 3. — Bollett. S.à Zoologica, 1908, fasc. III-VI. 215. Basso. — Contributo alla istologia del testicolo nei casi di disce- sa incompleta del medesimo. — Gazz. Ospedali, 1906. 216. BESANcON. — Etude sur l’ectopie testiculaire du jeune age et son traitement. Th. de Paris, 1892. 217. BRANCA ET BASSETA. — Sur le developpement du testicule hu- maine. — Arch. génér. de chir. 1907. | 218. CHEVASSU. — Tumeurs du testicule. — Th. de Paris, 1906. 219. CHEVASSU ET LECENE. — L'adenome vrai dans le testicule ectopi- que. =2**Rev. lde''Chir*,. 1907. 220. CONFORTI G. — Contributo all’istologia del testicolo in ritenzio- ne. — Il Morgagni, Arch. 1908, fasc. 7. 221. EccLES. — On the Anathomy physiology and pathology of the imperfectly descended testis — The Lancet, 1902. 222. FINOTTI. — Zur Pathologie u. Therapie des Leistenshodens-Lan- genbeck’s Arch. 1897. 223. JATA. — Contributo allo studio delle ectopie testicolari. — Con- gresso ital. chirurgia, 1902. 224. LANZ. — Die ektopische Testikel. — Centralbl. f. Chir. 1905. 225. MARECHAL. — Contrib. à l’étude de l’anat. path. du testicule en ectopie. — Th. de Paris, 1887. 226. MARION. — Testicule inguinal et tumeur abdominale chez une femme. — Ann. des malad. génito-urinaires, 1905. 227. PICK. — Ueber Neubildungen am Genitalen bei Zwittern. Arch. f. Gynaekol, 1905. 228. RABAUD. — La sécrétion interne du testicule, — Arch. gén. de Méd., 1904. 229. ROLANDO E MINERVINI. — Caso di ritentio testis inguinale bilate- rale. — Il Morgagni, 1900. 230. VILLARD. — Ectopie testiculaire et ses complications. — Congr. franc. de Chir. 1906. 231. WHITEHEAD. — The embryonic developpement of the inters. cells of Leydig. — Americ. Journ. Anat. vol, III (luglio 1908). ISTITUTO D'IGIENE SPERIMENTALE DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA SEZIONE DI PARASSITOLOGIA Contributo allo studio delle: malattie parassitarie. delle Pecore pel D.r Giulio Alessandrini professore incaricato di Parassitologia NOTA PREVENTIVA comunicata alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Lo studio delle malattie degli animali utili è stato sempre coltivato con grande interesse, sopratutto per 1l grande vantaggio economico che ne può ritrarre il paese. Ma, se un gran passo si è fatto per combattere le ma- lattie infettive, ben poco si fece per quelle prodotte da’ parassiti animali, che pure tanto danno apportano alla industria del bestiame agricolo sia per la straordinaria decimazione che alle volte son capaci di arrecare, sia per la diminuita resistenza al lavoro, sia infine per la scarsa e deteriorata qualità de’ loro prodotti. Una volta instituita una Sezione di Parassitologia in questo Istituto di Igiene sperimentale il. Direttore, prof. Angelo Celli volle affidare a me l’incarico di questo studio per la campagna Romana sia in relazione con lo stato agricolo attuale sia per la preparazione delle vigenti leggi pel suo bonificamento agrario. Ho cominciato quindi ad interessarmi ad una fra le più comuni malattie parassitarie delle pecore che in o- gni tempo ha più che ogni altra interessato e studiosi e industriali: la distomatosi (Visciola-marciaia-cachessia acquasa, cachessio ittereo verminosa). E’ noto che in Ita- DELLE MALATTIE PARASSITARIE DELLE PECORE 393 lia essa miete un numero straordinario di vittime (10-15 per cento) del bestiame e che offre difficoltà non lievi sia per la cura sia per la profilassi. Non nascondo però che fin dal primo momento mi so- ‘no imbattuto in difficoltà non lievi dovute sopratutto al- la molteplicità di parassiti che si riscontrano nel bestia- me ovino che pascola nella nostra Provincia durante i mesi invernali e primaverili. Fattomi portare nell'Istituto alcune pecore che i pa- stori (i quali sono abbastanza pratici e riconoscono gli a- nimali ammalati assai precocemente) ritenevano affette da marciaia ho potuto riscontrare in tutti polielmintiasi e su undici pecore ho rinvenuto i seguenti parassiti così distribuiti : Esofago — Gongylonema scutatum Miller otto volte su undici i Strongylus ventricosus i otto» » » | Strongylus filicollis nove » » » Uncinaria cernua undici » » » Sclerostonum hypostomum quattro.» +» » Intestino &ar&e>< € o DIGEST OF THE RISE REGULATIONS No bon Na be taken from the Library” without the record of the Librarian. / No person shal\be allowed to retain more than five vol- umes at any one ‘time, unless by special vote of the Council. ì Books may be kept odi one ealendar month; no longer without renewal, and renewah xa not be granted more than twice. A fine of five cents per day inerter ed for every volume not returned within the time’ specified by\the rules. The Librarian may demand the return of a book after the expiration of ten days from the date of.\borrowing. Certain books; so designated, cannot be ‘taken from the Library without special permission. | AI books must be returned at least two Wa previous to the Afinual Meeting. x Perfons are responsible for all injury or loss of books charged to their name. \ PA PA i De TESE CLALSTTI caller a RE tg ni ten IRE] ene sa rgna OI TERI 7g + -;*j SIA parata i SI TLERO TA JU GERA LA eza SIERRA tight RITRATTA i TERE ia; tt) | PERO pe UIdT i IEICVRICAL MPI " È ni È IA00 yi Hit J Fresa TegSgsgr RITIENE ass IRIC_F Palecezezezo sad share ir iitiz PRESTI RETE nI3: psi vr: SI protesta esi <= ILE - uo SEVZIHNA os Logs, si TRITATO | LIPRUIARCRLAI tRitti HER AR tata Li IE SERE Ù n i H ', DES DIR IA RIA LOLA Tera Tiztt. TT ONORE e pa lele fa like] Di SITPRTTAAIE iti tl ‘i Îi (et HRy ni Ci Vigi DIU i LIBItA IRAN di x RIAIHRICA Lic Ùi N01 il ==? di Sala. == iocepi,igoreitgtitio DE e ot PIERA Fedi CARTINE ScRiS RE : = ESE ST ESTTERISIRZIO CRETE è IS at eni rata