| è i i LO Serie IV - VoL..I. Anno 1919. Pasoé E Hshr. | BOLBETTINO IA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Co > Presidente Onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE HI SOMMARIO: PAG G. ANGELINI. — Commemorazione del defunto Presidente Don Guido È Orazio Di Carpegna-Falconieri, letta nell’adunanza generale del- Lili gennaio 1920. . .. 3 REMO GRANDORI. — Studi sulla fnslizza di Bagibico del Solo ded preliminare) . . set RE BEE F. RosTAGNO. — Lapidipiesa iininei romanae. — Mirino e 29 G. CHEccHIA-RISPOLI. — Sul Dorocidaris affinis Philippi (con una val 46 ANTONIETTA VULLO. — Sul processo di regolazione e di rigenerazione delle Planarie (con una tavola) . . ... . 53 LEONELLO Picco. — Descrizione di tre nuove specie di emitteri dell'Italia i e e e e 99 Finito di stampare il 31 marzo 1920 N. B. —- La 1° serie dei volumi del Bollettino è formata dal 1° al 9° volume; la 2* serie dal 10° al 20°; la 3° serie dal 21° al 23°. — La 4* serie comincia col 1919. | 9 o î lA OLLETTINI ITALIANA Serie IV - Vol I - 1919 ROMA TIPOGRAFIA DELLA PACE E. CUGGIANI Via della Pace N. 35. 1920 ù i i [ x Si a = Fap vg arto % hi Sa = Gr 2 A = I sR < >» È Bia Dì » + se. Dr der È Fas deo C lee pr ro li ae dt” È a; = 1 ®. ate ” e. R VR IA GIS TOO0IOPACM00, EU COINMENOAEIA O Î s ” pi ' \ 3 “y I ‘ | x >, sai ma + AS i Li ' tana î ri I ke! (IRE Ù EL SA ti COMMEMORAZIONE DEL DEFUNTO PRESIDENTE DON GUIDO ORAZIO DI CARPEGNA-FA LUONTERTI PRINCIPE DI CARPEGNA, SENATORE DEL REGNO LETTA DAL SOCIO Prof. G. ANGELINI NELL'ADUNANZA GENERALE DELL’l1l1 GENNAIO 1920 ® Il dì 27 ottobre resterà scolpito come una data nefasta nel- l’albo della nostra Società, nel cuore di noi tutti: al sorgere di questo giorno il nostro amato Presidente, il venerando Prin- cipe di Carpegna-Falconieri ci lasciava per sempre. Una infiammazione bronchiale cronica, che da lungo tempo lo travagliava, si era venuta man mano aggravando, e in questi ultimi anni lo condusse più di una volta al punto di far cre- dere imminente una catastrofe: ma il cuore, quantunque inde- bolito, aveva sempre resistito ai furiosi assalti del male, vali- damente coadiuvato dall'arte medica e dalle amorose cure della famiglia. Questa volta, in un momento in cui nessuno se lo sa- rebbe aspettato, il cuore ha ceduto. Sentendosi leggermente in- disposto, l’illustre Uomo il giorno innanzi, più per le amorevoli premure dei suoi cari, che per volontà propria, s’indusse a ri- nunciare al suo Roccolo e a rimanersene in letto ; a tarda sera accusò di sentirsi aggravato, e in termine di poche ore tran- quillamente spirava. Di antico illustre lignaggio, le cui origini si fanno risalire al tempi di Odoacre, egli era nato in Roma, il 6 febbraio 1840, dal Conte Don Luigi Falconieri-Di Carpegna e dalla Contessa 4 G. ANGELINI Amalia Gozzano, e si è spento in Carpegna, nell’avito palazzo baronale, assistito e confortato dalla sua nobile consorte, Donna Maria, nata De Gori Pannilini, dai figli e dai nepoti. Io non avevo ancora 25 anni quando ebbi la ventura d’in- contrarmi con questo nobilissimo Personaggio: ero allora stu- dente di Scienze Naturali all’Università di Pisa, non avevo ancora preso la laurea, e fu lui che, venuto a notizia dei miei studi, volle conoscermi e m’invitò a casa sua. Essendo il mio paese natio non molto distante da Carpegna, dove tutti gli anni egli soleva passare insieme alla famiglia i mesi estivi ed au- tunnali, incominciai a fargli qualche visita, e la comune passione per la storia naturale, per l’ornitologia e per la caccia ci rese ben presto cordiali amici. Quando poi nel 1895 potei trasfe- rirmi in Roma, allora i nostri amichevoli rapporti diventarono anche più intimi: ci vedevamo di continuo, e passavamo buona parte del nostro tempo libero insieme, occupati nei nostri studi prediletti, o in piacevole conversare colla sua famiglia, ovvero impugnando il fucile per rinfrancarci lo spirito nella quieta so- litudine della campagna. Ecco perchè io ebbi largo campo di conoscere ed apprez- zare le sue rare doti di mente e di cuore, ed ecco anche perchè la sua amara dipartita ha lasciato nella mia anima un vuoto, che nulla potrà mai riempire. Egli amò molto la nostra Società Zoologica, di cui era stato uno dei promotori più zelanti ed attivi. Io dimoravo allora a Messina, e fu appunto lui che me ne scrisse con sincero en- tusiasmo, e m’invitò a farmi socio. Come Vice-presidente prima, e come Presidente poi, nutri sempre per essa il più vivo inte- ressamento, partecipando con assiduità alle sedute, alle quali interveniva come ad una piccola festa, prendendo parte attiva ed illuminata alle discussioni e manifestando il suo intimo com- piacimento per ogni riunione ben riuscita. E quando la Società COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA 5) nostra in questi ultimi anni, per la crisi che incolse anche altri sodalizi scientifici, dovè sospendere temporaneamente le sue adunanze e le sue pubblicazioni, ed egli per varie ragioni, tra cui principalmente la sua malferma salute, fu impedito di ve- nire in Roma, mai restava nelle frequenti sue lettere dal chie- dermene conto e dall’invocarne un sollecito risveglio. Molte e pregevoli sono le comunicazioni scientifiche, quasi tutte di carattere ornitologico, che il Carpegna fece alla nostra Società, e che si possono leggere pubblicate nei vari fascicoli del rispettivo bollettino; ma su queste pubblicazioni io non mi indugierò, avendole già altri con molta accuratezza annoverate ed illustrate. Ricorderò solo quella sull’avifauna della Provincia di Pesaro e Urbino, dov’egli annovera 177 specie, con qualche posteriore aggiunta, che fu il primo lavoro venuto in luce sugli uccelli di quella regione. Amante delle collezioni, frequentava volentieri il museo zoologico universitario, cui donò vari esem- plari di uccelli; e fu proprio lui che, subito dopo la mia ve- nuta in Roma, mi spronò, e per buon tratto mi coadiuvò vali- damente, nel lungo e paziente lavoro della revisione e del rior- dinamento delle collezioni ornitologiche possedute dal museo stesso. Con molto piacere egli sì applicava alla determinazione delle specie ornitiche, ed era sempre pronto a prestare l’opera sua disinteressata a quanti gliene facevano richiesta. Così determinò buon numero di uccelli esotici conservati nel museo del Semi- nario Pontificio, il che rese poi possibile al museo universitario l’arricchirsi; per via di cambi, di importanti esemplari. Molto gli piaceva raccogliere e conservare; e nel suo palazzo di Car- pegna si era formata una piccola raccolta di uccelli, ora pur- troppo in deperimento per mancanza delle necessarie cure, e che con grande compiacimento si affrettava a mostrare ad ogni visitatore. Di essa fa parte un nucleo di uccelli eritrei, avuti f GEA G. ANGELINI BRA Riza in dono da S. E. l'On. Martini, quando era Governatore di quella. nostra colonia. | Egli era appassionato anche per gli animali vivi, e fu il. primo a concepire l’idea e a riconoscere l’importanza di un giar- dino zoologico in Roma. Ancora vari anni prima dell’attuale. impianto, egli si era fatto iniziatore di una simile impresa con molto amore e con gran fede: ma il tentativo allora falli, so- pratutto per insufficienza di mezzi. E più tardi, quando il giar- dino doveva sorgere per opera dell’Hagenbeck, egli ne fu en- tusiasta, si affrettò a farsi:socio, e ne diventò uno dei più caldi sostenitori. Chiunque gli capitava da fuori, specialmente nei primi tempi, egli conduceva a vedere il giardino zoologico, ben. lieto di potergli fare da guida e da illustratore. All’amore per gli studi ornitologici egli accoppiò la passione per la caccia, e la esercitò col fucile e con le reti. La caccia fu sempre il suo sport prediletto: un piccolo roccolo, situato nella villetta attigua al suo palazzo in Carpegna, formava la sua delizia, e, in tempi di caccia aperta, soleva passarvi, con pazienza cenobitica, molte ore del giorno. Egli lo frequentò, come già dissi, fino all’antivigilia della sua morte: e nell’ul- tima sua cartolina a me diretta solo undici giorni prima di spe- gnersi, mi informava di un abbondante passo di lucherini, che da quattro anni più non si vedevano, aggiungendo di averne presi già più di ottanta. L'ultimo Congresso dei cacciatori te- nutosi in Roma nel 1911, e nel quale egli, come uno dei com- ponenti il Comitato d’onore, ebbe a presiedere qualche seduta, gli offrì l'occasione di esporre pubblicamente le sue idee in fatto di legislazione cinegetica; idee liberali, informate ai prin-. cipî dell’antico diritto romano, armonizzanti con quelle dell’il- lustre, ed ora pure defunto, suo collega, senatore Tassi, e della grande maggioranza dei cacciatori romani. COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA Ti Oltre che di ornitologia, il Principe di Carpegna si dilettò anche di entomologia e di botanica, e furono questi studi che gli aprirono la via ad occuparsi di agraria. Ancora giovanis- simo, egli intravide l’alta importanza che aveva l’agricoltura per il nostro paese, importanza sulla quale ora tanto s’insiste, e quando si trovò a capo dell’amministrazione comunale di Roma, cercò con ogni mezzo di favorirne l'incremento. Fu suo merito la fondazione della Scuola pratica di Agricoltura, che sorse al Casale di San Pio V, dove fu più tardi convertita in regia; e per essa egli largì del proprio la, specialmente allora, co- spicua somma di 35 mila lire. Fu pure Socio fondatore e primo Presidente del Comizio agrario di Roma, Socio onorario del Co- mizio agrario di Urbino, Corrispondente dell’Accademia agraria di Pesaro, Accademico dell’Accademia romana Ingegneri, Ar- chitetti, Agronomi, ecc., e da. vari Comizi agrari ebbe medaglie e diplomi. Ma anche nel campo pratico si rese il Carpegna benemerito dell’agricoltura e delle industrie affini. Egli fu autore di diverse innovazioni agricole, ora adottate con vantaggio sopra molti terreni dell’Agro romano: egli intuì l’importanza che poteva assumere da noi l'industria zuccheriera, e coraggiosamente fece sorgere in Rieti il. primo zuccherificio italiano, per cuì si gua- dagnò la medaglia d’argento. Purtroppo però egli non ebbe la fortuna che si meritava : l’impresa fallì, ed ei vi perdette tutto il suo vistoso patrimonio. Una natura poetica, dai facili entu- siasmi, dai generosi impulsi, dalla sconfinata fiducia, poco pre- vidente, niente calcolatrice, non può costituire un uomo d’af- fari: nelle sue mani il tentativo falli perchè doveva fallire. Ma quanto l’intuizione fosse giusta lo hanno poi mostrato colla piena riuscita e coi lauti guadagni i suoi successori. Il Carpegna pagò l’insuccesso del suo ardimento con tutto quello che possedeva, ma ebbe abbastanza forza d’animo per -_ 8 G. ANGELINI non avvilirsi. Quante volte il caso ci portò a parlare di questo dl triste argomento, non lo udii mai incolpare altri della sua di- sgrazia, mai dalla sua bocca uscirono parole di rancore contro alcuno, nè d’invidia peri suoi più fortunati successori: si mo- strava rassegnato agli eventi, contento di aver potuto soddi- sfare i propri creditori, e come orgoglioso di avere scoperta e potuta additare agli altri una buona strada. Tale era l'Uomo! Un altro campo che il Carpegna coltivò con passione, e questa volta con molto successo, è quello delle discipline lette- rarie. Egli fu letterato di vaglia: prosatore forbito ed adorno, poeta facile e gentile, egli ci lascia un volumetto di liriche gra- ziose sopra soggetti patriottici, scene naturali, affetti e impres- sioni dell’animo, dove il verso scorre fluido e spesso soffuso di una dolce malinconia. Frutto della sua tarda età è la tra- duzione in endecasillabi sciolti delle Satire di Giovenale, che è stata molto favorevolmente giudicata dai competenti. Stam- pata, col testo latino a fianco, nel 1911, essa va adorna di molte note, nelle quali il traduttore spiega le sue interpreta- zioni, e fa confronti fra gli antichi vizi flagellati da Giovenale e quelli che si vedono pullulare nella società moderna: l’umana natura è sempre la stessa! Ma Giovenale castigat ridendo mores, e questa fu la ragione, che indusse il nostro Autore ad intra- prendere una nuova versione del difficile poeta latino. Gli ultimi accordi della lira di Guido di Carpegna si fecero udire in una inspirata ode patriottica dal titolo Nuovo Canto, stampata separatamente nel 1917, cioè soli due anni prima della. sua fine. | Molto giovane ancora egli compì diversi viaggi, specialmente al tempo del suo esilio politico. Fu per alcuni mesi in Egitto, visitò il Belgio, l'Olanda, la Germania e visse circa un anno nella Polonia russa, dove a Varsavia l’11 aprile 1861 fu testi- monio oculare del terribile eccidio dei cittadini. Questi viaggi \ \ \ COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA 9 valsero ad allargare la sua coltura; e delle impressioni da essi lasciate nel suo animo giovanile si riscontrano lè tracce nel vo- lumetto delle liriche (1). I suoi meriti letterari gli valsero la stima e l’amicizia dei più valenti letterati del suo tempo, quali il Prati, il Maffei, l’Aleardi, il Tommaseo, nomi che egli ricordava sempre con molta venerazione. Appartenne all’Arcadia sotto il nome lette- rario d’Iperide Geonio: fu anche Socio corrispondente dell’Ac- cademia Raffaello d’Urbino, dell’Accademia dei Filopatridi di Savignano di Romagna, ecc. Fu il Principe di Carpegna un grande figlio d’Italia: egli amò fortemente la Patria, e ad essa dedicò sempre le sue mi- gliori energie. Vissuta la sua gioventù in tempi e in luoghi dov'era colpa il parlare d’Italia, egli cionondimeno aspirò e cooperò sempre alla sua unificazione e indipendenza. Memorabile è il seguente episodio ricordato dal De Cesare nelle Memorie della Roma Papale, e che io udii più di una volta dalla bocca stessa del suo protagonista. Una sera del 1866 il Carpegna, trovandosi nel caffè Spillmann, in via Condotti, insieme al più eletti giovani dell’aristocrazia romana, suoi com- pagni di fede, ebbe l’audacia, alzando il bicchiere, di bere alla (1) Del viaggio e del soggiorno in Russia egli ha conservato le im- pressioni e i ricordi, in una specie di diario, non privo d’importanza, ma che, scritto per suo uso, non ha pubblicato. Altri suoi lavori, che, a mia notizia, rimangono inediti, sono: una traduzione, in proporzioni ri- dotte, del Catalogue of the Birds in the British Museum pure intrapresa per suo comodo: un Catalogo descrittivo e comparativo degli uccelli del- l’Italia e dell’Eritrea, o meglio delle nostre Colonie africane: vari saggi di classificazione di qualche ordine e famiglia ornitica: un diario degli avvenimenti contemporanei più notevoli, con commenti e giudizi spe- ciali dell'Autore. Esso abbraccia un lungo periodo, andando dagli anni della sua prima giovinezza, anteriori al 1860, fino a soli due giorni avanti la sua morte. Io lo credo molto interessante. 10 G. ANGELINI salute dell’Italia. La cosa arrivò subito all’orecchio della vigile e gelosa polizia pontificia, che si affrettò a chiamare il colpe- vole: ma al Commissario, che, sotto promessa d’impunità, insi- steva per avere la ritrattazione della frase incriminata e la de- nuncia dei suoi compagni, il Conte di Carpegna alteramente rispondeva: « Trovi altrove i denunciatori: mille anni di nobiltà non sì dimenticano per un momento di vigliaccheria » e se ne andò in esilio. Ritornato in Roma nel 1870, quando questa fu resa alla Madre Italia, egli, a soli 30 anni, fu chiamato a presiedere la Giunta Provvisoria di Governo ed a preparare quel plebiscito, che doveva fare della Città eterna la capitale della gran Patria italiana. Nominato Commissario-Consigliere pel Comune di Roma, ne resse per primo abilmente le sorti, e per ben due anni ne presiedette l’amministrazione, spiegando grande attività nell’or- ganizzare servizi, nel provvedere ai bisogni, e nell’istituire opere di pubblica assistenza e beneficenza. Come Assessore dell’istru- zione, aprì molte scuole. Fu pure sua l’idea di adottare, nei singoli quartieri nuovi della città, nomi, per le vie, di carat- tere uniforme, cosa semplicissima, ma pur tanto comoda per orientarsi subito nella situazione approssimativa delle vie stesse. Della sua opera nell’amministrazione del Comune di Roma rimase larga e durevole traccia, ed il suo nome diventò molto popolare. Fu per dare al loro primo Sindaco un attestato di memore affetto, che i partiti popolari della Capitale vollero nel 1905 eleggerlo ancora primo Consigliere. Nominato Presidente della Deputazione provinciale di Pesaro, molto si adoperò per il miglioramento della viabilità, ancora assai deficiente nella parte montuosa della regione. Nel 1874 fu eletto per la prima volta Deputato del Collegio di Urbino, e per tre legislature rappresentò il suo Montefeltro COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA ht al Parlamento nazionale, distinguendosi per attività e zelo, tanto nell’interesse particolare del suo Collegio, quanto in quello ge- nerale della Nazione. E fu allora che, insieme al Generale Cor- vetto, concepì e riuscì a far approvare la linea ferroviaria pro- tetta Santarcangelo-Fabriano, che per Urbino collega la Romagna all’Alta Marca. Eletto Segretario della Camera, si acquistò, colla sua diligenza e con la squisitezza dei modi, la generale bene- volenza dei colleghi: fu amico intimo del Fortis, del Minghetti, del Bonghi e di tanti altri illustri uomini politici. Finalmente nel 1905 fu nominato Senatore del Regno, con manifesta soddisfazione di quanti lo conoscevano: infiniti fu- rono gli attestati di simpatia e di compiacimento che egli ri- cevéè in tale occasione. E se alla Camera vitalizia non ebbe spe- ciali mansioni da disimpegnare, egli fu esemplare per assiduità alle sedute e alle votazioni, fintantochè la salute non glielo impedì; del che negli ultimi tempi di continuo si rammaricava. Frattanto però egli non rimase inoperoso, ma trovò modo di servire egualmente la Patria. Convinto della inevitabilità della nostra guerra, egli procurò di diminuirne i danni cooperando ad affrettare e ad assicurare la vittoria mediante un’attiva pro- paganda, fatta in seno alla gioventù carpegnola e specialmente al soldati reduci dal fronte. Con ragionamenti, con lodi, con largizioni cercava di tenere accesa nei loro petti la fede per i destini d’Italia, d’incuorarli a pazientare ancora e resistere. Con quale ansia, con quale passione aspettava egli le notizie dei giornali, giungenti spesso lassù, specialmente d’inverno, con notevoli ritardi! E quando questi gli annunciarono l’inatteso disastro di Caporetto, ricevè un gran colpo, il suo male cro- nico si aggravò, e la coincidenza non parve fortuita. Quando invece, un anno dopo, ricevette l'improvvisa notizia della vit- toria decisiva, divenne esultante e sembrò ringiovanire. « 7° mi conosci bene, così in una sua lettera da Carpegna dell’8 no- 12 G. ANGELINI vembre 1918, e puoi capire ciò, che ho provato e che provo in questi giorni memorandì di tante inattese, meravigliose consola- zioni! La costante aspirazione dei nostri Padri e nostra è una realtà! Caporetto non pure è vendicato, ma anche Lissa, che tanto dolore fece provare al mio cuore, allora giovane: e la patria di Tommaseo è occupata. Quanta gioia pel venerando vegliardo, che cieco a Firenze volle abbracciarmi nel 1862! Ma esso non è più: ma esulterà nella tomba, come gli eroici fratelli che sacrificarono la vita! ». Il Carpegna occupò per circa un trentennio il posto di Can- celliere della Consulta Araldica del Regno: coprì anche la ca- rica di Presidente della Commissione di beneficenza della città di Roma — Fondo per il Culto — e nel disimpegno di questi uf- fici egli portava il contributo di una grande onestà e di un’alta competenza. Era Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro, Com- mendatore e Gran Croce della Corona d’Italia; e, per le sue grandi benemerenze, S. M. il Re aveva il 1° maggio 1910 con- ferito a lui, già Conte di Carpegna; il titolo di Principe, tra- smissibile nei discendenti, rinnovando jin tal guisa altro titolo principesco più antico, conseguito dai suoi antenati nel 1685. In politica militò sotto la bandiera del partito liberale co- stituzionale, e fu devoto alla Dinastia, con cui si sono compiuti 1 destini della Nazione. Fu credente e cattolico sincero, ma senza bigottismo e senza scrupoli: non confuse mai politica con religione. D’indole assai socievole, era molto affettuoso colla famiglia e cogli amici, dei quali ebbe gran numero: oltremodo ospitale, li invitava volentieri a Carpegna, e nella buona stagione, du- rante la sua dimora lassù, raramente il suo bel palazzo seicen- tesco era privo di visitatori, fatti segno da parte dell'intera fa- miglia alle più gentili premure. COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA 13 Parlatore facile e brioso, fornito di una coltura estesa e di una memoria felicissima, la sua conversazione riusciva brillante e divertente in sommo grado. Di carattere, fin troppo, sincero ed aperto, di una onestà e di una lealtà senza pari, di modi squisitamente gentili, si mostrava affabile e deferente con tutti, anche con le persone della più modesta condizione, con cui non ‘isdegnava intrattenersi. La bontà naturale dell’animo, la innata cortesia lo rendevano molto servizievole; e, siccome aveva larghe ed importanti conoscenze, a lui ricorrevano molti, ed egli, con grande abnegazione e con sacrificio del suo tempo, si prestava volentieri per tutti. « La perdita di quell'uomo è un vero danno per Fiumicino », mi osservava nella decorsa primavera un operaio di quel paesello, dove nei passati anni il Conte di Carpegna soleva recarsi spesso a scopo di caccia. I Fu pure generosamente benefico, aiutando col suo denaro persone e famiglie bisognose, sussidiando giovani studenti, non ricusando mai il suo obolo ai poveri che incontrava, dolendosi di non essere più ricco per poter dare di più. Anche se fuori dell’amministrazione comunale, prendeva molto a cuore le sorti della sua Carpegna: a vantaggio deli Carpe- gnoli aveva istituita, già da molti anni, una piccola Cassa di Risparmio, che ha potuto sempre reggersi sotto la sua dire- zione solerte e disinteressata. E fu proprio nell’antivigilia della sua morte che presiedette l’ultima adunanza del Consiglio di amministrazione di questa Cassa, avendo avuta la rara, invi- diabile fortuna di conservare fino all’ultimo una perfetta luci- dità di mente ed una buona memoria. Egli fu sempre affezionato a Carpegna; e in questo alpestre nido, che fu la culla della sua famiglia, desiderò altresì di avere la sua tomba. « Jo voglio rimanere, mi diceva un giorno, fra questa gente semplice, dove, se avrò potuto far del bene a qual- cuno, mi resterà grato e verrà a recitarmi una preghiera ». 14 G. ANGELINI Il corteo funebre fu imponente, data l’esiguità del paesello : vi parteciparono varie rappresentanze ufficiali della Capitale, della Provincia, del Circondario, di diversi Comuni del suo an- tico Collegio: poi amici venuti da fuori e tutta Carpegna tras- sero commossi ad accompagnarlo all'ultima dimora. Adesso egli riposa là, nel piccolo Camposanto, accanto a due suoi figli che morirono pargoletti, ricoperto da un candido len- zuolo di neve: un modesto marmo sorgerà ad indicare il luogo del suo sepolcro: ma il suo vero monumento saranno le sue opere, i suoi benefizi, che tramanderanno lontanamente ai po- steri e renderanno sempre benedetta la sua memoria. 7 Il prof. comm. Antonio Carruccio, Presidente benemerito della nostra Società, ci ha inviato una accurata recensione delle pubblicazioni e memorie ornitologiche del compianto Principe di Carpegna. Non potendo pubblicarla per intero, per man- canza di spazio, ne diamo un esteso riassunto: Dopo aver ricordato che l'illustre Estinto fu tra i feridatoà della nostra Società e che, eletto ad unanimità vice-presidente nella prima adunanza, fu costantemente confermato in detta carica, finchè, dimessosi per ragioni di salute il prof. Carruccio, 1 consoci lo vollero Presidente, passa ad enumerare le molte memorie che il Carpegna pubblicò nel nostro Bollettino: tra le più importanti pone giustamente in rilievo: 1. Elenco degli uccelli della provincia di Pesaro ed. Urbino (vol. I°), frutto di oltre 20 anni di accurate osservazioni, in cui enumera ben 177 specie, ed al quale dopo breve tempo fece seguire delle Aggiunte (vol. III), in cui dà numerose notizie sopra le specie più interessanti dell’Avifauna marchigiana. \ (DA COMMEMORAZIONE DEL PRESIDENTE G. 0. DI CARPEGNA I 2. Catalogo di una raccolta di uccelli di Sarawak (Borneo), donata da S. M. il Re Umberto I al Museo Zoologico Univer- sitario (vol. VIII); collezione che era stata precedentemente studiata dal Carpegna stesso in un con il prof. Angelini. 3. Revisione sistematica dei gabbiani dei nostri mari (Larus, Ryssa, Khodostethia, ecc.) (vol. XXIII). 4. Relazione intorno ad un progetto di legge su la caccia, con interessanti osservazioni generali su le condizioni delle di- verse regioni d’Italia rispetto alla caccia (vol. ILJ). Dopo di queste memorie di maggior importanza il prof. Car- ruccio passa in rassegna le numerosissime note e comunicazioni con cui il Carpegna annunziava la comparsa o la cattura di specie nuove o rare per l’Avifauna romana oppure dava notizie comunque interessanti gli ornitologi, e ricorda fra le più im- portanti quelle: su la cattura di un Anser erytropus a Macca- rese; su l’Emberiza rustica colta ai Monti Parioli; intorno alla presenza del Panurus biarmicus nelle nostre paludi litoranee; su di una comparsa di P/ectrophanes nivalis su le spiaggie adria- tiche; sopra un’Emberiza pusilla colta presso Roma, e sopra un’Emberiza coesia uccisa a S. Marinella; su la cattura di un Carpodacus erythrinus ai Monti Parioli; e poi ancora: brevi notizie su la collezione Vianelli in Sassoferrato (Marche), nota su la Limicola plathyrhyncha; notizie su l’acclimatazione della Rhea americana in Italia, osservazioni sopra un’anomalia di co- lorito in un Embderiza cirlus; e finalmente varie comunicazioni sopra specie interessanti per l’Avifauna romana quali il Lanzus excubitor, Tringa canutus, Emberiza melanocephala, e tra le specie non italiane: Nyctea scandiaca, Carpodacus rubricilla, Tetraogallus caspius. Il prof. Carruccio chiude ricordando le piacevolissime cro- nache di caccia, che il compianto nostro Presidente pubblicò regolarmente per parecchi anni. » op pio con questa sua re valo. | fascicolo del nostro LA REDAZIONE. ; \ i ì oh è r ’ % LA » x 4 — i 4 ò n. Di * A ) ù È a Ri A x Ò È 4 \ il n n i A ne T] oa iN dl Ul i \ 7 P: rs Ì A LO il È i , ®, - , E E x L, t è j \ Ù I i I Fi È “a i - ‘ - une st | j Ul È i ri -: . - < 1] ' *& x AA r bi y \ ì ” / 4 i LI à Li ù N # À x a; # Le « x Pi M A \ ti da K ble REMO GRANDORI STUDI SULLA FLACCIDEZZA DEL BOMBICE DEL GELSO (NOTA PRELIMINARE) Fin dal principio del 1915 avevo preordinato un programma di ricerche dirette ad approfondire il grave ed oscuro pro- blema della flaccidezza del baco da seta. La guerra impedì di attuarlo ; soltanto nel maggio di quest'anno ho potuto affrontare l'argomento. | La vastissima bibliografia intorno a questa malattia, che è sovente distruttrice di interi e promettenti allevamenti in varie plaghe d’Italia, non lascia intravvedere molto probabile. l’esiì- stenza d’un microrganismo specifico a somiglianza di quanto è dimostrato per altre malattie del baco da seta. Pur non poten- dosi da ciò concludere che sia vano moltiplicare le ricerche dirette allo scopo di approfondire la questione anche in tal senso, io fui indotto — guidato dai risultati altrui e da un indi- rizzo prevalentemente pratico — a concepire il problema sotto un altro aspetto, ragionando nel modo seguente: Poichè lo scopo che preme urgentemente non è tanto. di sapere se esista e di che natura sia un ipotetico agente speci- fico vero e proprio, ma piuttosto di trovare un metodo pratico per difenderci dal male con sicurezza, lasciamo per ora in disparte l'ipotesi di una causa specifica ed esaminiamo soltanto la dot- trina oggi ammessa dalla maggioranza degli studiosi, che cioè Boll. Soc. Zool. IH., 1919. 2 18 . REMO GRANDORI sì tratti verosimilmente di una malattia non parassitaria, in senso stretto; vale a dire che non esista un microrganismo patogeno la cui presenza — qualunque sia la resistenza dell’in- dividuo — cagiona infallibilmente la malattia coi suoi caratteri specifici. In tal caso, la malattia può essere: o semplicemente occa- sionale, vale a dire effetto di un complesso di cause tendenti ad abbassare il grado di resistenza dell’animale, il quale finisce per soccombere anche se originariamente resistentissimo e sanis- simo; oppure ereditaria, nel senso che l’uovo, pur non avendo ereditato dall'organismo dei progenitori alcun germe specifico, tuttavia ha ereditato una predisposizione, la quale, anche se le condizioni d’ambiente esterno e di nutrizione saranno ottime sotto ogni aspetto, e — a fortiorî — se vi st sommeranno condi- zioni esteriori sfavorevoli in vario grado, farà infallibilmente scendere il livello di resistenza organica al disotto di quel minimum necessario per vincere i fattori determinanti la malattia. Mi confortò in questo ragionamento la opinione dell’illustre maestro, prof. Verson (1) che a pag. 312 del suo Trattato così sì esprime: «... questa malattia, talvolta di origine accidentale, si trova assai più spesso associata nei bachi a congenita debolezza, che in certo qual modo la farebbe comparire ereditaria ». É a pag. 813: «E non si può a meno di conchiudere che certe condizioni di essenza indefinibile ancora, ma inerenti all’orga- nismo stesso, siano poi acquisite nell’uovo o ereditate dai pro- genitori, determinano nel baco una speciale predisposizione a contrarre la faccidezza con maggiore o con minore facilità ». E più oltre: «... le cause occasionali non sono atte a produrre _ (1) Verson Enrico, // filugello e l’arte di governarlo, Milano, Soc. Editr. Libraria, 1917. FLACCIDEZZA DEL BOMBICE DEL GELSO 19 effetti sempre egualmente sicuri; e senza il concorso di una predisponente, esse possono restare innocue affatto, o per lo meno assai poco dannose ». Seguendo dunque questi concetti, e ammettendo come ipotesi di lavoro la esistenza di una predisposizione ereditaria, io mi sono proposto il quesito : Non sarà forse possibile con una profondissima indagine microscopica dell’ovocite, dell'uovo fecondato, del suo vitello e dell'embrione in via di sviluppo, cogliere un segno visibile, un carattere morfologico costante che sia l'indice sicuro dell'uovo eredo-predisposto a flaccidezza in confronto con la struttura nor- male delle stesse parti dell’ovocite e dell'uovo sano? Io pensai che se tale dimostrazione mi fosse riuscita, la pratica avrebbe potuto grandemente giovarsi del fatto nuovo, anche se la scienza tardasse o rinunciasse a scoprire un qual- slasì germe specifico. La grave difficoltà consisteva sopratutto nel trovare mate- riale adatto alla ricerca; è noto infatti come le larve, colpite da acuta flaccidezza, quasi mai arrivano a incrisalidare e a sfarfallare, ed io avevo evidentemente bisogno di esaminare individui provenienti da larve flaccidissime di allevamenti forte- mente falcidiati dalla epidemia. Così pure, per il materiale sanis- simo di confronto io aveva bisogno di materiale proveniente da allevamenti la cui floridezza fosse stata eccezionale e scevri da ogni minima mortalità. La fortuna volle tuttavia favorirmi. Da un allevamento fatto in questo Istituto, falcidiato da flaccidezza epidemica fin dalla 3° età, e dal quale io trassi poi in 5* età parecchie larve g e 9 fortemente flaccide per lo studio istologico di ovari e testi- coli, rimasero superstiti 18 larve di 5* età che tutte arrivarono a tessere un meschino bozzoluccio, e furono da me constatate tutte affette gravemente da flaccidezza, mentre già avevano 20 REMO GRANDORI cominciato la tessitura del bozzolo. Soltanto 13 di esse riusci- rono però a sfarfallare, e ne ottenni alcune coppie che mi die- dero parecchie ovature. | I Il materiale sano di confronto mi fu fornito dallo Stabili- mento Rocca di Milano e proveniva dalle migliori e più robuste partite. | Il materiale sano e malato che io preparai per lo studio delle sezioni è il seguente: testicoli e ovarî larvali di 5* età; tubi ovarici della farfalla ancora contenenti numerosi ovociti; uova fecondate, che io uccisi con fissativo (acido cromico) a vari tempi dopo la deposizione. Mentre procedevo alle manipolazioni di tecnica delle sezioni delle prime uova deposte dalla 1° farfalla che potei accoppiare, notai che una seconda farfalla, accoppiata per due ore, non aveva poi deposto alcun uovo per la durata di due giorni. Fu ciò che mi indusse alla dissezione e imparaffinamento dei tubi ovarici, nei quali ebbi il miglior reperto ; ed allora estesi l’esame anche ai tubi ovarici di tutte le altre 9 che, pur avendo già deposto parte delle uova, ne avevano ancora un certo numero negli ovidotti. Il materiale illustrativo di tutti i resultati fin qui ottenuti è già quasi completo, ma, non potendo una memoria estesa vedere rapidamente la luce, ho creduto opportuno riassumerne preliminarmente 1 fatti essenziali, trascurando per ora le diffe- renze notevoli pur riscontrate negli ovari e testicoli larvali di 5" età fra bachi sani e bachi flaccidi, e limitandomi a quelle dell’ovocite e dell'uovo deposto, che hanno in pratica importanza assal maggiore. FLACCIDEZZA DEL BOMBICE DEL GELSO Si A. — Differenze nella struttura del vitello dell’ovocite. Anche negli ovociti giovani, prossimi alla camera germi- nativa, il vitello è già distribuito in modo da occupare tutta o quasi tutta la sua cavità. Nella farfalla sana il vitello dell’ovo- cite consta di granuli piccolissimi nella zona periferica, sempre più grandi quanto più lontani dalla periferia, grandissimi al centro. Tutti e sempre essi sì mostrano — con qualsiasi colo- razione — omogenei, assumono con uniforme intensità i colori plasmatici, specialmente l’Orange G, l’eosina, il rosso Congo; talora assumono di preferenza il colore nucleare. Nelle mie farfalle flaccide l’ovocite mostra invece verso la periferia i più grossi granuli di vitello (di dimensioni press’a poco equivalenti al grandissimi granuli centrali dell’ovocite sano), mentre quanto più si va verso il centro i granuli diminuiscono di dimensioni finchè una larga zona centrale è occupata da granulazioni minu- tissime, più piccole di quelle periferiche dell’ovocite sano. Si osserva precisamente la disposizione inversa nei due casi. I grandi granuli di vitello periferici dell’ovocite delle far- falle flaccide non sono omogenei, ma mostrano nel loro interno, in posizione per lo più eccentrica, una specie di vacuolo (1). I più periferici hanno di solito un vacuolo unico, più o meno tondeggiante; i più interni hanno sovente un vacuolo più o meno ramificato e polimorfo, assai spesso ancora più vacuoli, sebbene si possa ritenere (come più volte si può constatare fochettando alla vite micrometrica) che quando i vacuoli appaiono multipli si tratta di una sezione che taglia più rami di una (1) Chiamo semplicemente vacuoli queste formazioni in seno ai gra- nuli di vitello, tali apparendo essi finora coi varì metodi tecnici impiegati, i quali non mettono in evidenza alcuna formazione speciale che possa interpretarsi in modo diverso. La9) LO REMO GRANDORI cavità unica. Quanto più numerosi sono i vacuoli (o rami del vacuolo) tanto più il contorno del granulo di vitello diventa irregolare; in molti casi nei granuli grandi più interni si scorge nettamente uno o più rami del sistema vacuolare sboccare alla periferia del vacuolo con una boccuccia; sovente si riscontrano vere fenditure sinuose e profonde che tendono a dividere il granulo in pezzi; e finalmente si riscontrano granuli che, pur conservando ancora coerenti i loro pezzi e quindi le dimensioni del grosso granulo primitivo, si mostrano costituiti di parecchie sferuline più piccole, e negli interstizi che le dividono si rico- nosce l’antico sistema vacuolare ramificato. Le sferuline appaiono, in una zona più interna dell’uovo, separate; ma prima di separarsi compare in ciascuna di esse un vacuolino piccolissimo a somiglianza del primo vacuolo del granulo grande. Il processo si ripete: le sferuline si frantumano ancora, per il ramificarsi del nuovo vacuolino, in sferuline di second’ordine minutissime. Di queste ultime risulta il vitello centrale. Non sempre il processo è così puro ed evidente nei suoi dettagli; non sempre gli stadi di passaggio sono così chiari. Talvolta il vitello subisce un disfacimento che in alcuni granuli procede per vacuolizzazione, in altri per dissolvimento; i gra- nuli perdono la forma sferica, emettono lunghi prolungamenti che si anastomizzano coi vicini, formando una sorta di tes- suto a larghe maglie che rammenta un tessuto connettivo ade- noide. Verso il centro dell’ovocite, il risultato è sempre la fran- tumazione del vitello in granulazioni minutissime, irriconoscibili, quasi incolorabili coi colori plasmatici consueti. Nulla di tutto ciò nell’ovocite sano. FLACCIDEZZA DEL BOMBICE DEL GELSO 25 B. — Differenze nella struttura delle cellule coriogene. Le cellule coriogene dei tubi ovarici della farfalla flaccida, anche se questa non ha ancora neppure iniziato lo svuotamento dei tubi, cioè non ha deposto ancora un sol uovo, ma è stata fecondata da almeno 24 ore, si mostrano affette da avanzata istolisi. Il citoplasma è fortemente vacuolizzato e rattratto, co- sicchè i territori cellulari si fanno indistinti e si passa da una cellula a quelle contigue per mezzo di ponti protoplasmatici irregolari e sfrangiati, oppure ciascuna cellula si coarta in modo da lasciare vaste lacune intercellulari. Anche il nucleo è affetto da cariolisi avanzatissima o anche totale, cosicchè il suo con- tenuto non presenta più alcuna reazione caratteristica della cro- matina, o solo parziale e debolissima, nè è mai discernibile un reticolo. La membrana nucleare si mette ancora in evidenza, sebbene pallidamente, e nell’interno, in luogo del contenuto cromatico, si colorano pallidamente dei corpi ovoidali o sfe- roidali a contorni sfumati, d’ignota natura. Sovente accade di riscontrare in qualche cellula uno o più di questi corpi al di- fuori della menbrana nucleare, talora addossati a questa, talora lontani dal nucleo immersi nel citoplasma. Il loro numero è talvolta scarso, talvolta vistoso, potendosene contare da 6 ad oltre 50 in una stessa sezione d’un nucleo. Non è probabile, per quanto io abbia approfondita coi migliori sistemi ottici la mia indagine, che debbano ritenersi rami di un’unica forma- zione polimorfa quando sono così numerosi, come nel caso delle formazioni endogranulari vitelline è invece dimostrabile all’evi- denza in gran parte dei casi. Le cellule coriogene deltubo ovarico sano hanno una struttura differentissima. I territori cellulari, sebbene non si distinguano membrane divisorie, sono riconoscibili, e segnati da uno spazio 24 REMO GRANDORI chiaro traversato da sottilissimi ponti intercellulari fibrillari for- manti una rete, ma ben lontani dalla struttura di quelli della farfalla flaccida. Attorno al nucleo permane una zona di cito- plasma denso e omogeneo non vacuolizzato. I nuclei hanno di- mensioni più che doppie — in media — di quelli delle stesse cellule della farfalla flaccida, e sono ripieni di un contenuto cro- matico granulare che reagisce ottimamente con gli usati colori, pur non discernendosi neppure qui un reticolo. Raramente, fra le granulazioni dense e minutissime esiste qualche zolla di cro- matina più grande. Nessuna traccia di corpi ovoidali nè nel nu- cleo nè fuori di esso; nessuna traccia di cromatolisi. La mem- brana nucleare è sempre distintissima e ben colorabile. C. — Differenze nell’uovo dopo la deposizione. a) Sfere vitelline. — Non potendo agevolmente, per la scar- sezza di materiale fissato nei primi due giorni dopo la depo- sizione, approfondire i confronti di tali stadî, ho concentrato la mia attenzione su quelli del 3° giorno dopo la deposizione. A tale stadio le sfere vitelline sono già da tempo organizzate nella loro forma definitiva, tanto nell'uovo sano che in quello eredo-flaccido (1). La sfera vitellina sana normale è una cellula completa che da altri autori e da me è stata ormai minuziosamente descritta. Ma come in tanti argomenti, così anche in questo, una volta di più è dimostrato che nessuna ‘indagine, per profonda che sia, può mai esaurirlo, come si vedrà qui appresso. La sfera vitellina sana ha uno straterello sottilissimo di ec- toplasma, una zona centrale più o meno sferoidale di citoplasma (1) Uso questo termine per comodità e brevità di espressione, senza voler con ciò significare alcuna deduzione circa l’eredità specifica, ma soltanto per evitare la circonlocuzione: uovo deposto da farfalla flaccida. FLACCIDEZZA DEL BOMBICE .DEL GELSO \ 25 — -— reticolare caratteristico intorno al nucleo o ai nuclei che ne occupano uno o più punti centrali o subcentrali. Il reticolo ci- toplasmatico è formato di tramezzi sottilissimi, in sezione fili- formi. Perifericamente sono schierate una o più serie circolari di granuli di vitello, ciascuno dei quali è incluso in una con- camerazione del reticolo plasmatico. Nella sfera vitellina dell'uovo eredo-flaccido lo straterello di ectoplasma non esiste che in parte, talora non è discernibile affatto, e le sfere si confondono l’una coll’altra. Il nucleo o 1 nuclei, conservando la loro posizione, non sono però circondati da quel finissimo reticolo plasmatico dell'uovo sano, bensì da una massa notevole di sostanza densa, granulare in parte e in parte fibrillare, che invia presso la periferia grosse e dirette ramificazioni radiali separate l’una dall’altra da grossi vacuoli. Si può richiamare, per chiarire tale struttura, quale appare in sezione mediana di una sfera, il paragone di una ruota a raggi assai grossi, talora tanto grossi quanto gl’interradî. Tali raggi vanno a saldarsi con uno strato periferico della stessa sostanza granulo-fibrillare di spessore ineguale ma sempre rilevante, entro cui stanno immersi qua e là piccoli e scarsissimi granuli di vitelio debolmente tingibili coi colori plasmatici. La differenza di queste due strutture del vitello sano e del malato è apprezzabile a primo colpo d’occhio anche a debole ingrandimento (125 diametri); a ingrandimento forte (700) ho voluto ed ho ottenuto che fosse riconosciuta anche da occhio as- solutamente inesperto e ignaro dell’indagine istologica, senza alcuna previa avvertenza. I disegni del lavoro esteso varranno a documentarla. La. sostanza densa che circonda il nucleo, che forma le braccia radiali e lo strato esterno delle sfere vitelline dell’uovo eredo-flaccido, è a mio avviso formata dal primitivo reticolo plasmatico (parte fibrillare) a cui si aggiunge il vitello quasi 26 ‘REMO GRANDORI in totalità disfatto (parte granulare); ne è una riprova la scar- sezza enorme di granuli vitellini, talora l’assenza totale. £) Sierosa. — Nell’uovo sano la membrana sierosa avvolge tutto il vitello nella sua cavità, a qualsiasi stadio dopo la de- posizione. Nell’uovo eredo-flaccido, in tutti i preparati costan- temente ho finora verificato che la sierosa trovasi, al 3° giorno dalla deposizione, ad una certa profondità nel vitello, cosicchè ne risulta che andando dall’esterno all’interno dell’uovo si trova : guscio corneo, membrana vitellina, strato di vitello esterno alla sierosa, sierosa, vitello aggregato in sfere con stria germinativa. Lo strato esterno alla sierosa è fittamente granulare, e varia 1/ /10 fin qui constatato. Mai fu osservata, nè da altri prima di me di spessore da a !/, del raggio dell'uovo, per quanto ho né da me, una simile disposizione nell’uovo del baco da seta sano e normale (1). D. — Corpi nueleati del vitello, di natura ignota. Adotto la denominazione corpi nucleati per designare piccoli corpi globulari, di dimensioni e d’aspetto non molto dissimile dai granuli vitellini, ma che posseggono uu piccolo nucleo ec- centrico, fortemente e nettamente tingibile col metodo di Hei - denhain, meno nettamente con altri metodi più usuali. Questo che io chiamo nucleo può anche non essere un nucleo nel co- mune senso citologico; me ne fa dubitare il frequente caso di due o anche tre di questi presunti nuclei nello stesso corpic- ciuolo. Intorno ad esso nucleo si discerne un sottile alone chiaro, anche se i nuclei sono due o tre, allineati a mo’ di coroncina. (1) Fa eccezione soltanto l’osservazione da me fatta di sierosa pro- fonda nel tuorlo in uova partenogenetiche, che saranno illustrate in un lavoro di prossima pubblicazione. Pe scad FLACCIDEZZA DEL BOMBICE DEL GELSO 7 Essi rammentano l'aspetto di cocchi. Il corpo nucleato si colora in bell’arancione con l’Orange G, con una sfumatura diversa da quella dei granuli vitellini omogenei circostanti. I corpi nucleati si riscontrano tanto nell’uovo sano quanto in quello eredo-flaccido. Ma mentre nell'uovo sano essi sono numerosissimi e intensamente colorabili nei primi due giorni dello sviluppo embrionale di razze annuali, e in numero stra- bocchevole e intensissimamente colorabili nei polivoltini, al con- trario nell’uovo eredo-flaccido sono difficilmente tingibili nelle prime ore, fortemente invece al 3° giorno dalla deposizione. Mentre nel primo caso hanno contorni irregolari, sì da ricor- dare piccole amebe, con pseudopodî spesso assai appuntiti, nel secondo caso sono quasi invariabilmente sferoidali; ciò che è sopratutto importante: nell'uovo sano annuale, a 3 giorni dalla deposizione, numerosi corpi nucleati hanno due o tre nuclei a coroncina, nei polivoltini poi, a 1, 2, 3 giorni dalla deposi- zione, quasi tutti i corpi hanno nuclei multipli a coroncina; al contrario nell'uovo eredo-flaccido tutti sono — per quanto abbia finora cercato, mononucleati. Come si vedrà dai fatti il- lustrati nel lavoro esteso, non è improbabile che si tratti di simbionti ereditari. E. — Stria germinativa. Anche in questa, fra uovo sano ed eredo-flaccido, esistono dif- ferenze notevoli, che consistono specialmente nella forma delle sue curvature e nell’insieme della struttura istologica, oltrechè nel comportamento di fronte ai reagenti coloranti. Tali diffe- renze saranno illustrate nel lavoro esteso. 28 REMO GRANDORI Conclusione. I fatti succintamente qui riferiti potranno forse a più d’uno far spuntare sulle labbra un sorriso determinato dalla lusin- ghiera speranza di leggere, in fine di questa nota o nel lavoro esteso che seguirà, l’affermazione di aver trovato una traccia sicura per la diagnosi della malattia nell’uovo. Sono ben lontano dal pretendere che questi fatti, sebbene generali in tutti i superstiti di un allevamento mietuto da flac- cidezza, autorizzino simile affermazione. L'argomento è troppo immenso, troppo eletti ingegni vi consacrarono il più bel fiore delle loro energie, perchè io possa, seguendo la tacile tendenza a generalizzare, sentirmi oggi già in grado di concludere. La sola affermazione che io credo sia lecita in sì grave problema è questa: i fatti finora riscontrati possono autorizzare un'ipotesi di lavoro che in maggiore o minor misura sia fondata sulla speranza sopra menzionata; possono autorizzare ed ali- mentare quella fede inestinguibile nell’animo del ricercatore che lo conduce talora al successo. Null’altro per ora. Se una nuova verità esiste, se questa traccia intravveduta è buona e conduce ad essa, la scienza la raggiungerà; e non importa da chi venga raggiunta. Padova, 30 settembre 1919. F. ROSTAGNO Vice-Presidente della Società Zoologica Italiana Socio ordinario della Società Entomologica Italiana LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAEK NOCTUIDAE A. — Acronyctinae. Gen. CXXIV (1). Diphtera Hb. 1806. 270 (2). Alpium Osbeck Gotheb (Stgr. 1069). Il Calberla porta questa specie secondo il Mann ed il Curò. Io non lho mai rinvenuta nella campagna romana. Sviluppo: maggio-giugno ? lara. Gen. CXXV. Demas Stph. 1828. 271. Coryli L. (Stgr. 1073). In alta collina, Poli, Oricola. Sviluppo: luglio-settembre. Fere communis. (1) Colla addenda ai Bombyces essendosi corretta la numerazione dando all’ultimo Hepialus F. il n. CXXII ed aggiunto il gen. Oenistis Hb., la numerazione delle Noctuidae anzichè dal gen. CXXIII parte dal gen. CXXIV. (2) Colla stessa addenda essendosi aggiunte le specie Polyploca Ri- dens F. e Oenistis Quadra L. la numerazione delle specie nelle Noctui- dae incomincia con la 270 anzichè colla 268. 30 F. ROSTAGNO Gen. CXXVI. Acronicta O. 1816. 272. Aceris L. (Stgr. I. 1076). Il Calberla porta questa specie per averla raccolta in Monterotondo, ove esso ha osser- vato che viene al richiamo alla spicciolata verso la fine di maggio e nel giugno: la tonalità generale ha osservato che per la maggior parte è accentuata sul grigio chiaro colorata soltanto da spolveratura poco più scura. Il lungo tratto nero dalla base è molto evi- dente, e quasi sempre si mostra tendente al giallo nei disegni scuri e nelle macchie, soprattutto alla base dell’orlo interno, nelle macchie renali e dietro di esse e negli oscuri ombreggiamenti fra le estreme linee tra- sversali e ondulate. Anche per quelle della pagina inferiore, il margine anteriore di ogni ala è giallognolo come d’ordinario. Io non ho ‘trovato questo lepidot- tero in collina. | Sviluppo: maggio-giugno. Fere communis? 273. Megacephala F. (Stgr. I. 1081). È portata dal Calberla sulla fede del Mann. Io non l’ho mai rinvenuta. Sviluppo: maggio e luglio. Rara? 274. Alni L. (Stgr. I. 1082). Portata dal Calberla, dal Mann dubitativamente. Io non l’ho mai rinvenuta nel Lazio. Sviluppo ? Rara? 275. Tridens Schiff (Stgr. I. 1089). Calberla l’ha rinvenuta in M. R. (1) non frequente nel giugno ed anche nel (1) Monte Rotondo. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 31 maggio — chiara rossiccio-grigia — le macchie reni- formi per la maggior parte alquanto giallognole, di giorno stanno sui tronchi o sulle pietre. Io non l’ho mai trovata. Sviluppo: maggio-giugno. Non: communis. 276. Psi L. (Stgr. I. 1090). Ho trovato questo lepidottero tanto in collina che in montagna non troppo raro. Anche il Carberla lo porta per M. R. come più frequente della specie precedente. Sviluppo: giugno-settembre. Communis. 207. Auricoma F. (Stgr. I. 1097). Calberla l’ha rinvenuto a M. R. Il gf grigio chiaro viene al richiamo in giugno. Io non l'ho mai trovato. Sviluppo: giugno. Rara? 2718. Euphorbiae F. (Stgr. I. 1098). Comune specie in monta- gna (Oricola). Calberla lo porta per l’aprile e luglio. Io l’ho rinvenuto nel luglio ed agosto. Sviluppo: aprile bis agosto. Communis. | a) Var. et ab. Montivaga Gn. (Stgr. I. 1098 a). Rara, l'ho raccolta ad Oricola. Sviluppo: agosto. Rara. 209. Rumicis L. (Stgr. I. 1102). Il Carberla lo dà per M. R. e per la campagna romana durante l’intiero anno; molto abbondante in maggio e giugno, dopo di nuovo nel settembre, più raramente in ottobre. Le mie osser- vazioni collimano perfettamente con quelle del Cal- 32 F. ROSTAGNO berla: ho trovato questa specie molto comune in mon- tagna nell’agosto-settembre; più rara in ottobre. Sviluppo: maggio-giugno bis agosto-ottobre. Communis. Gen. CXXVII. Craniophora Snell 1872. 280. Ligustrì F. (Stgr. I. 1107). Calberla l’ha rinvenuta rara in maggio e giugno a M. R., viene come le altre Acro- nyctinae volentieri al richiamo del lume. Io l’ho rin- venuta sui colli Albani in settembre, non comune. Sviluppo: maggio bis settembre. Non communis. B. — Trifinae. Gen. CXXVIII. Agrotis O. 1816. 281. Janthina Esp. (Stgr. I. 1125). Il Calberla ha trovata que- sta specie frequente in giugno ed al principio di lu- glio nella villa d'Este in Tivoli, esemplari molto grandi a colori vivaci nei cespugli di bossolo : con torace ros- siccio scuro e ali rossastre fortemente lucenti, alla fine di agosto presso Cisterna. Questi esemplari corrispon- derebbero alla forma descritta nelle tavole del Culot (1). Io ho rinvenuta la Janthina Esp. comune nell’agosto ‘nelle spalliere di Ellera a villa Barberini in Castel Gandolfo, e l'ho pure avuta raccolta in Roma nel set- (1) J. Culot, Noctuelles et Géomètres d’Europe, tab. 3, fig. 14. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 33 tembre. Gli esemplari da me raccolti sono più piccoli e di colore più scuro marrone tendente all’olivastro. Dal confronto di questi esemplari dovrei dedurne che i colori più vivi e brillanti appartengono agli individui di primo sviluppo. Sviluppo: giugno-settembre. Fere communis in collibus et planttie. 282. Linogrisea Schiff (Stgr. I. 1126). Il Calberla porta questa specie per la Toscana secondo Rossi. Io l’ho trovata abbastanza frequente in montagna a Poli ed Oricola dai 500 ai 900 m. Negli esemplari da me raccolti ho notata una colorazione meno viva di quella portata dal Culot (tav. 3-16), essi tendono ad un tono più gri- giastro e nell’assieme meno caldo. Sviluppo : agosto-settembre. Communis in montibus. 283. Fimbria L. (Stgr. I. 1127). Non comune. La forma tipica ho trovata tanto in pianura Roma, come in collina Castel Gandolfo, Poli, ed in montagna monti Aurunci. Gli esemplari da me raccolti presentano molta varia- bilità e qualcuno può assegnarsi alle due seguenti for- me aberranti. | Sviluppo : luglio-ottobre. Non communis. a) Ab. Rufa Tutt. (Culot., P. P., pag. 31). Rara in mor.- tagna, Oricola. Sviluppo : luglio. fara in montibus. DAD: Slan (Culot., P. P., ‘pas. 32). Non comune assieme alla forma tipica in montagna, Oricola. Sviluppo: giugno-luglio. Von communis, cum forma tipica, în montibus. Boll:_Soc.. Zool. Tt.,: 1919. 5) 34 F. ROSTAGNO . 284. Interjecta Hb. (Stgr. I. 1128). Calberla ha raccolta questa specie nel giugno a Monte Rotondo. Io non l’ho mai trovata. Sviluppo: giugno-settembre. fara. 285. Sobrina Gn. (Stgr. I. 1131). Raccolta in alta collina e mon- tagna? Dubia. Sviluppo: settembre. Dubia. 286. Augur F. (Stgr. I. 1136). Secondo Calberla il dott. Stand- fuss crede di averne veduto un esemplare preso da lui ed il conte Turati la riporta nelle sue note. Io non l'ho mai trovata. Sviluppo ? fara? 287. Pronuba L. (Stgr. I. 1152). Comune specie in alta collina, generalmente sono esemplari molto grandi, ma ne ho pure raccolti alcuni di piccole dimensioni che potreb- bero assegnarsi alla ab. Hoegeî HS. se non mancas- sero della macchia nera sulle seconde ali. Molto varia- bile per la colorazione ed i disegni delle prime ali, ho creduto di attenermi nella classificazione al carat- tere predominante e fisso descritto dal Culot, cioè col- lare chiaro nella forma tipica, e collare concolore col corsaletto come nella ab. Innuba seg. Sviluppo: maggio-giugno, agosto-ottobre. Communis. a) Ab. Innuba Tr. (Stgr. I. 1152 a). Comune assieme al tipo. Sviluppo: settembre-ottobre. Communis. LEPIDOPTERA FAUNAF ROMANAE 39 288. Orbona Hufn. (Stgr. I. 1153). Secondo Calberla la larva trovasi in aprile a Monte Rotondo precedendo la far- falla in maggio. Nel Lazio io non l'ho mai trovata. Sviluppo: maggio ? Rara? | 289. Comes Hb. (Stgr. I. 1154). Calberla ha trovata questa spe- cie a Monte Rotondo sulla fine di giugno, molto fre- quente al richiamo: alla spicciolata alla fine di set- tembre ed ottobre, fino a metà novembre, più frequente la ab. Adsequa Tr. Io ho raccolta la forma tipica in giugno in collina. Tivoli, Monte Calvario. a) Ab. Adsequa Tr. (Stgr. I. 1154 a). Pallidior unicolor Nelle stesse località del tipo. Sviluppo : settembre. Communis. 5 b) Ab. Prosequa Tr. (Stgr. I. 1854 Bb). Al. ant. distinctius signatis. Nelle stesse località del tipo. Sviluppo : settembre. Communis. c) Ab. var. Curtissiv Newm. (Stgr. I. 1154 c). Minor, al. ant. multo obscuriaribus distincte signatis ; al. post. plus minusque nigro inspersis. Ne ho raccolto qualche esem- plare in montagna, Oricola. Sviluppo: giugno. Fere communis. d) Ab. Rufa Tutt. Ne posseggo dei monti Aurunci. Sviluppo: maggio. fara. 290. Castanea Esp. (Stgr. I. 1156). a) Var. Neglecta Hb. Calberla l’ha rinvenuta rara a Monte Rotondo nella fine di settembre-ottobre. Io l’ho tro- vata pure rara in montagna (m. 1000), Oricola nel set- 36 F. ROSTAGNO tembre, e ne posseggo esemplari dei colli Albani rac- colti dal conte E. Turati nell’agosto. Sviluppo : agosto-ottobre. Rara. 291. Stigmatica Hb. (Stgr. I. 1195). L’ho trovata ‘ad Oricola e ne posseggo esemplari raccolti dal conte Turati sui colli Albani. Sviluppo : agosto-settembre. Fere communis. 292. Xanthographa F. (Stgr. I. 1197). Calberla porta questa spe- cie come frequente a Monte Rotondo sulla fine di mag- gio, indi di nuovo sulla fine di settembre-uttobre. Io la posseggo dei colli Albani e l’ho raccolta in collina, Castel Gandolfo, Poli in settembre, in montagna nel- l'agosto. Sviluppo: maggio-agosto, settembre-ottobre. Fere communis. a) Ab. Cohaesa HS. Rara in Monte Rotondo, settembre. Calb. L’ho io pure raccolta in Oricola, e ne posseggo esemplari dei colli Albani. Sviluppo : settembre. fara. 293. Margaritacea Vill. (Stgr. I. 1215). Calberla la porta come esistente in parecchie località d’Italia, rara. Io l’ho rinvenuta in montagna, Oricola, rara in maggio, co- mune in fine agosto-settembre. Sviluppo: maggio, agosto-settembre. Communis. 294. Multangola Hb. (Stgr. I. 1221). Comune in montagna, Ori- cola. Ne posseggo pure esemplari dei monti Aurunci. 295. 296. 9297. 298. 299. 300. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 37 Nella forma italiana sono molto pronunziati i disegni delle ali ant. Sviluppo: giugno-agosto. Communis. Rectangula F. (Stgr. I. 1229). a) Var. Andereggii B. La posseggo di Migliari (m. 1500). e l’ho raccolta rara in Oricola. Sviluppo : giugno. lara. Plecta L. (Stgr. I. 1242). Calberla porta questa specie come molto frequente a Monte Rotondo in maggio e giugno: alla spicciolata alla luce in fine di settembre. Io pure l’ho rinvenuta in collina e montagna, Poli, Oricola, in giugno e agosto non frequente. Sviluppo: maggio-giugno, agosto-settembre. Fere communis in collibus et montibus. Leucogaster Frr. (Stgr. I. 1243). Più rara che la forma pre- cedente alla luce a Monte Rotondo nel maggio e giu- gno. Io ne posseggo pure dei colli Albani. Sviluppo: maggio-giugno. Non communis. | Flammatra F. (Stgr. I. 1252). L’ho raccolta non comune in bassa montagna, Oricola, nel giugno e nel settembre. Sviluppo: giugno-settembre. Non communis in montibus. Nictymera B. (Stgr. I. 1260). Rara in bassa montagna, Oricola. Sviluppo: giugno. lara. Grisescens Tr. (Stgr. I. 1303). a) Var. Thianschanica. L’ho raccolta non comune in 38 F. ROSTAGNO montagna alta e bassa, Monte Autore m. 1800, Oricola m. 900. Sviluppo : agosto. Non communis. 801. Cos Hb. (Str. I. 1313). Ho rinvenuta questa specie in bassa montagna, Oricola più comune nell'agosto, meno nel settembre. Molto variante nella intensità delle mac- chie, alcuni esemplari presentano quasi un fondo unito nel quale non sì distinguono più i disegni. Sviluppo: agosto-settembre. Communis. 302. Forcipula Hb. (Stgr. I. 1323) Molto comune ad Oricola. Sviluppo : luglio-agosto. Communissima. ' a) Ab. Nigrescens Hòfn. Non comune assieme al tipo. Sviluppo: giugno. Non communis. 303. Spinifera Hb. (Stgr. I. 1344). L’ho trovata non molta rara in collina Castelgandolfo, Poli. Sviluppo : agosto-settembre. Fere communis. 304. Puta Hb. (Stgr. I. 1345). Comune specie in bassa mon- tagna, Oricola. Sviluppo: aprile-maggio, agosto-settembre. Communissima. a) Ab. et var. Q Lignosa God. Comune in collina Ca- stelgandolfo ove sostituisce completamente il tipo, rara in montagna assieme al tipo. Sviluppo: aprile-settembre. Communis in collibus et montibus. 305. Cinerea Hb. Alpigena G. I. T. (Stgr. I. 1347). Trovata dal conte Emilio Turati che me l’ha favorita, sul Monte LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 39 Autore m. 1800. Non l’ho mai rinvenuta in altre lo- calità. Sviluppo: maggio. Rara. 306. Eaxclamationis L.(Stgr.I. 1349). Comune specialmente in col- lina e montagna bassa. L'ho trovata a Poli, Castelgan- dolfo, Oricola. L'ho pure trovata in Romacittà ed a Palo sullaspiaggia delmare. Ha uno sviluppo, secondo gli esem- plari da me raccolti, che varia dal giugno al novembre. Sviluppo: giugno-novembre. Communis. 307. Nigricans L. (Stgr. I. 1370). Rara in Oricola. Sviluppo: agosto. lara. a) Ab. et var. ubricans Esp. (Stgr. I. 1370 a). Ne fu raccolto un esemplare in montagna m. 900, Oricola. Sviluppo : settembre. fara. 308. Tritici L. (Stgr. I. 1375). Secondo Calberla non comune presso Monterotondo in maggio. Io l’ho trovata rara in montagna, Oricola nell’agosto. Sviluppo: maggio-agosto. Non communis. 309. Obelisca Hb. (Stgr. I. 1387). Comunissima in bassa mon- tagna e collina. L'ho raccolta dal giugno al settembre in Oricola, Castelgandolfo, Poli. Sviluppo: giugno-settembre. Communissima in montibus. a) Ab. ERuris Hb. (Stgr. I. 1387 a). Comune assieme al tipo in montagna Oricola, sviluppa alquanto più tardi. Sviluppo: agosto-ottobre. Communissima in montibus. 40 F. ROSTAGNO 5) Var. et ab. Villiersiù Gn. (Stgr. I. 1387 8). Comune assieme al tipo in montagna Oricola. Sviluppo : luglio-settembre. Communissima in montibus. 310. Ypsilon Rott. (Stgr. I. 1399). Comune in collina, meno frequente in montagna. Sviluppo : agosto-ottobre. Communissima. 311. Segetum Schiff (Stgr. I. 1400). Comunissima secondo Cal- berla nella campagna romana dalla fine di febbraio. Ancora alla spicciolata in maggio, giugno, settembre e novembre. Le mie osservazioni collimano perfetta- mente con quelle del Calberla. Alcuni esemplari si av- vicinano alle seguenti. Sviluppo: marzo, maggio, giugno, settembre, novembre. Communissima. a) Ab. 'Pallida (Stgr. I. 1400 a) f. d. p. Non comune assieme al tipo in agosto-settembre, montagna. Sviluppo: agosto-settembre, Communis. b) Ab. Nigricornis Vill. (Culot, I, pag. 85) f. d. p. As- sieme al tipo l’ho raccolta in bassa montagna in giugno. Molti esemplari delle Segetum da me raccolti sono scu- rissimi, ma non tali da potersi assegnare alla forma Nigricornis quale è rappresentata nella tav. 14, 3 del Culot. Sviluppo: giugno. Communis. 312. Trux Hb. (Stgr. I. 1401). La forma o forme tipiche quali risultano dalle tavole del Culot e del Seitz può dirsi che non esistono nella campagna romana: qualche esem- plare raro può attribuirsi alla 7yua Hb. ma soltanto LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 41 per approssimazione. In genere tutti gli esemplari da me raccolti sono piuttosto da attribuirsi alle seguenti forme aberranti, sebbene non perfetti. Sviluppo : agosto. fara. a) Ab. Amasina (Stgr. I. 1401 c). f. d. p. Molto comune in agosto e specie in settembre in bassa mortagna e collina. Sviluppo : agosto-settembre. Communis. 5) Ab. Olivina (Stgr. I. 1401 a) f. d. p. Anche questa aberrazione è comune negli stessi luoghi. Sviluppo: settembre. Communis. c) Ab. Terranea Frr. (Stgr. I. 1401 d) f. d. p. Abbastanza comune negli stessi luoghi. Sviluppo: settembre. Fere communis. d) Ab. Lunigera Stph. (Stgr. I. 1401 d) f. d. p. Meno comune delle precedenti negli stessi luoghi. Sviluppo: agosto-settembre. Non communis. 313. Saucia Hb. (Stgr. I. 1402). Comune nella campagna ro- mana ovunque in aprile-maggio ma specialmente in luglio-agosto ed anche in settembre. Sviluppo: aprile-settembre. Communis. a) Ab. Margaritosa Hw. (Stgr. I. 1402 a). Comune, specie in agosto e settembre nelle stesse località. Sviluppo: maggio-settembre. Communis. 42 F. ROSTAGNO 5) Ab. Brunnea Tatt. (Seitz, vol. III, pag. 53). Meno comune delle forme precedenti sebbene non rara nelle stesse località. Sviluppo : agosto-ottobre. Fere communis. 314. Crassa Hb. (Stgr. I. 1405). Comune in collina e bassa montagna. L'ho trovata rara in luglio, più comune in agosto e settembre. Gli esemplari del Lazio non pos- sono dirsi tipici nè possono ascriversi alla forma var. Lata Tr. per la mancanza di alcuni caratteri come ben descrive il Calberla. Ma per grandezza e robustezza sl avvicinano molto a questa var., tanto possono rite- nersi come una forma di transizione. Sviluppo : luglio-settembre. Communis. Gen. CXXIX. Pachnobia Gn. 1852. 315. Rubricosa F. (Stgr. I. 1423). Non comune l’ho raccolta nell'aprile in bassa montagna, m. 900. Oricola. Sviluppo : aprile. Non communis. 316. Faceta Tr. (Stgr. I.'1425). Non comune ne posseggo esem- plarì raccolti dal sig. Dannehl e dal conte Turati suì colli Albani. Sviluppo: aprile. Non communis. Gen. CXXX. Glottula Gn. 1837. 517. Pancratii Cyr. (Stgr. I. 1435). L'ha raccolta comune il sig. Masera a Nettuno. Sviluppo: agosto. Communis în planitie. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 43 Gen. CXXXI. Epineuronia Rbl. 318. Popularis F. (Stgr. I. 1439). Comunissima in montagna. Sviluppo : settembre-ottobre. Communissima. 319. Cespitis F. (Stgr. I. 1440). Non comune in bassa montagna. Sviluppo : settembre. Non communis in montibus. Gen. CXKXXIII. Mamestra Hb. 1822. 320. Leucophaea View. (Stgr. I. 1441). Comune in bassa mon- tagna, gli esemplari da me raccolti in Oricola sono molto chiari e coi disegni molto marcati, seguono evi- dentemente una forma di passaggio alla var. Bomby- cina Ev., ma non crederei poterli assegnare a questa var. per la loro grandezza uguale agli esemplari del nord. Sviluppo: giugno. Communis in montibus. 321. Brassicae L. (Stgr. I. 1454). Comune sia in pianura che collina e montagna. È molto variabile ed alcuni esem- plari rappresentano una vera forma di passaggio alla var. Andalusica Stgr. Sviluppo: marzo a maggio, poi settembre. Communis. a) Var. et ab. Andalusica Stgr. (Stgr. I. 1454 a) f. d. p. Meno comune della forma tipica, assieme al tipo. Sviluppo: marzo-settembre. Fere communis. 44 322. 323. 324. 325. 326. 327. 328. F. ROSTAGNO Persicariae L. (Stgr. I. 1456). Rara l’ho catturata in mon- tagna, Oricola. Sviluppo: luglio. fara. Oleracea L. (Stgr. I. 1464). Il Calberla porta questa forma come molto comune in maggio a Monte Rotondo e alla spicciolata in aprile, giugno, settembre. Nelle altre località l’ho trovata in collina ma non comune. Sviluppo : aprile-settembre. Communis Calb. Aliena Hb. (Stgr. I. 1465). Ho trovata questa mamestra rara in bassa montagna, m. 900, Oricola. Sviluppo: giugno. fara. Genistae Bkh. (Stgr. I. 1466). Calberla porta questa specie come comune alla fine di maggio e principio di giugno a Monte Rotondo. Io l’ho raccolta abbastanza comune in bassa montagna (Oricola) sul principio di giugno. Sviluppo: maggio-giugno. Communis in montibus. Thalassina Rott. (Stgr. I. 1468). Calberla da Stdf. per Monte Rotondo. Io nonl’ho mai trovata nella campagna romana. Sviluppo: maggio-giugno. fara. Pisi L. (Stgr. I. 1471). Calberla dallo Stdf. la porta per Monte Rotondo. Io non l'ho mai raccolta. Sviluppo: maggio-giugno. Rara? Trifoliù Rott. (Stgr. I. 1477). L'ho raccolta in Roma città e in collina (Castel Gandolfo), non comune. Sviluppo: giugno-luglio. Non communis. LEPIDOPTERA FAUNAE ROMANAE 45 _ = —_—-———rrrr _ 329. Calberlai Stgr. (Stgr. I. 1491). L'ho raccolta non rara ad Oricola. Sviluppo: giugno. Fere communis. 330. Chrysozona Bkh. (Stgr. I. 1513). Comune in bassa mon- tagna (Oricola). Il Calberla porta questa forma per Monte Rotondo alla fine di maggio e giugno. Io l’ho raccolta in agosto. Sviluppo : maggio-giugno-agosto. Communis. 351. Serena F. (Stgr. I. 1514). Comune nell’agosto in montagna. Io l’ho raccolta però anche nel giugno (Oricola), e nel- l'aprile in bassa pianura (Maccarese). Calberla la porta come abbastanza comune in Monte Rotondo dalla fine di maggio al giugno e luglio. Date queste osservazioni è da ritenere che questo lepidottero abbia un lungo periodo di sviluppo, secondo le località più o meno alte. Sviluppo : aprile-agosto. Communis. 332. Cappa Hb. (Stgr. I. 1515). Calberla la porta da Stdf. pel maggio e giugno a Monte Rotondo. Io l’ho raccolta comune nell'agosto a Oricola. Sviluppo: maggio-agosto. Communis. (Segue). Dott. G. CHECCHIA-RISPOLI SUL DOROCIDARIS AFFINIS PHILIPPI 2 (con una tavola) Intorno alle vicende di questa specie istituita nel 1845 dal Philippi (1), confusa in seguito da vari autori con il Dorocidaris papillata Leske, e dubbiosamente riconosciuta dal Thomson, . che per il primo la figurò (2), rimando ad una importante pub- biicazione del Mortensen, che riprendendone lo studio, ha messo in evidenza una serie di caratteri, che servono a tener definiti- vamente distinto il Dorocidaris affinis dal congenere D. pa- pillata (3). Recentemente, anche il dott. G. Stefanini ha pubblicato qualche osservazione su questa specie (4). A quanto è stato già detto non mi sembra superfluo ag- giungere alcuni dettagli riguardo a questo Cidaris, che ho po- tuto rilevare' studiando i rapporti che lo legano a forme fossili di Cidaridae. (1) Philippi R. A., Beschreibung einiger neuen Echinodermen mnebst Kritischen Bemerkungen iiber einige iveniger bekannte Arten, in Archiv. f. Naturgesch., I, pag. 851, 1845. (2) Thomson W., On the Echinoidea of the « Porcupine» Deep-Sea Dredging Expeditions, in Philos. Transact., vol. 164, p. II, pag. ‘26, tav. LX, 1804. i (3) Mortensen Th., The Danish Ingolf-Expedition, vol. IV, p. 1, Echi- noidea (p. I), 1903. (4) Stefanini G., Echinoidi raccolti nel Mediterraneo dalla R. N. Ita- liana « Washington » (1881-1888), in Archivio Zoologico, vol. 7, 1913. SUL DOROCIDARIS AFFINIS PHILIPPI a 2 In occasione di questo studio ho dovuto pure constatare la deficienza di illustrazioni tanto necessarie per una forma che per sì lungo tempo è stata a volte disconosciuta o incomple- tamente interpretata. Le prime figure di D. affinis, quelle del Thomson, sono dei disegni: una rappresenta un esemplare rivestito degli aculei e delle spine visto dal polo orale; un’altra un esemplare visto dal polo aborale, ed infine la terza è il dettaglio ingrandito d’una porzione di guscio al disotto dell'ambito. Da queste figure non risulta la caratteristica disposizione dei tubercoli della zona in- terporifera, che costituisce il carattere più importante per di- stinguere il D. affinis dal D. papillata, e che non è stato af- fatto rilevato dal Thomson, il quale per essersi limitato spe- cialmente alla osservazione della disposizione e della forma delle spine e dei radioli, finì col dubitare del valore specifico di essa tanto da aggiungere alla fine della breve descrizione :«... but I admit that its claim to specific rank is doubtful. Some varieties approach very closely to stunted, shallow-water forms of C. pa- pillata, and particularly that special to the Mediterranean and many (some of them very vivid in colour) were dredged in in Tangier Bay ». Forse a causa della imperfezione delle figure gli autori dell'Essaî de nomenclature raisonnée des Echinides (1) sono costretti a riferirsi a quella molto posteriore del Mortensen. Ma questa pure è un disegno a colori di un giovane esemplare visto dal polo aborale rivestito degli aculei. La figura del Mortensen permette di riconoscere gli esem- plari della specie allorchè sono rivestiti. Ma chi non possiede che gusci privi di ogni sorta di appendici, come avviene spe- cialmente per le forme fossili, deve necessariamente avere per confronto del materiale nelle stesse condizioni ed è per questa (1) Lambert et Thiéry, fasc. 2, pag. 148, 1910. 48 G. CHECCHIA-RISPOLI ragione che ho creduto utile di figurare alcuni esemplari spo- gliati di tutte le appendici e di varie dimensioni, che permet- tono di constatare anche le variazioni del guscio durante lo sviluppo. Poichè la specie è stata a volte confusa con D. papillata, è con questo che occorreva stabilire i rapporti. Il Mortensen ha rilevato che la disposizione dei tubercoli della zona interp o- rifera è diversa nelle due specie. In D. papillata ogni piastrina ambulacrale porta accanto al tubercolo esterno, che nei Cidaris è sempre più sviluppato, un altro interno, situato di faccia al primo nel mezzo della piastrina. In D. affinis l’interno è situato nel basso della piastrina ed opposto agli intervalli tra i tuber- coli esterni. Questa condizione si verifica negli esemplari di c. 25 mm. di diametro o poco più. In quelli di c. 30 mm., oltre ai detti tubercoli, ne comparisce un altro più piccolo, che non sì trova su tutte le piastrine, ma solo qua e là sporadicamente, situato in alto e spostato verso la sutura. mediana dell’ambu- lacro. Questo fatto è stato osservato pure dal Mortensen (1). Ora posso aggiungere che in esemplari ancora più grandi (sino a 55 mm. di diametro), questo terzo tubercolo, oltre a trovarsi costantemente su tutte le placche dell'ambito, assume dimen- sioni maggiori del secondo e che ne apparisce un quarto più piccolo situato nella parte inferiore della piastrina, come il se- condo, e più avvicinato alla sutura mediana del terzo tuber- colo. Nel loro insieme il secondo, il terzo ed il quarto tuber- colo segnano i vertici di un triangolo equilatero. Il fatto si ripete per la regione del guscio verso l’ambito; però avvici- nandosi al polo aborale e a quello orale i tubercoli si riducono: (1) Mortensen, oc. cit., tav. VI, fig. 9. SUL DOROCIDARIS AFFINIS PHILIPPI 49 primo a scomparire è l’ultimo apparso, cioè il quarto, e poi il terzo. Verso il peristoma anche il secondo non si osserva che alternativamente sulle piastrine, fino a che in ultimo resta solo il tubercolo esterno. Verso il polo aborale il secondo tu- bercolo permane quasi sino all’anello genitale. A completare la descrizione di questa parte del guscio notiamo che nei grandi esemplari al disotto del tubercolo esterno sì osserva una linea regolare di granuli in numero di 4 a 5. Piastra ambulacrale di D. affinis molto ingrandita. Passando agli interambulacri conviene rilevare che la zona mediana, a differenza di quella di D. papillata, che è stretta e profonda (« median interambulacral space sunken » ecc., come scrisse l’Agassiz), è molto larga e non depressa e, al contrario di D. papillata, essa è interamente ricoperta di granuli disposti in serie regolari trasversali separate dalle impressioni nervose ben distinte: i tubercoli, rimpicciolendosi, sì spingono sino alla sutura mediana dell’interambulacro, che è ben evidente. Quanto ho detto si osserva negli esemplari che hanno raggiunto un diametro di almeno 40 mm., e non nei più piccoli, come è quello, di cui il Mortensen dà il disegno di un campo inte- rambulacrale isolato (1). Prima di passare oltre conviene notare che i grossi tuber- coli periapicali negli esemplari giovani sono alla base crenelati, ma solo per la metà rivolta verso l'apice. Negli esemplari di 39 mm. di diametro le crenelature si scorgono appena ed ogni traccia di esse si perde in quelli più grandi. (1) Mortensen, loc. cit., tav. VI, fig. 10. Boll. Soc. Zool. It., 1919. 4 50 . »+ G. CHECCHIA-RISPOLI Un altro carattere distintivo tra D. affinis e D. papillata, sinora non rilevato, è la diversa forma dei processi ambula- crali. È nota quella di D. papillata: in D. affinis le estremità libere delle apofisi miofore non si slargano, ma sono strette ed arrotondate; la commessura tra le orecchiette è molto bassa e l’angolo che formano è acuto. È stato già rilevato dal Philippi che i radioli del C. affinis sono «... kiirzere, spitzere und rauhere...». Il Thomson, che dà una buonissima figura di un radiolo ingrandito, ed il Mor- tensen ne rilevano le differenze con quelli di D. papillata. Se- condo quest’ultimo autore, i radioli di D. papillata hanno'una lunghezza tripla del diametro del guscio e quelli di D. affinis invece sorpasserebbero di poco il diametro. In via generale è così: però negli esemplari giovani di D. affinis questa regola non è assoluta. Già lo Stefanini trovò in alcuni esemplari dra- gati dalla « Washington» una lunghezza di ‘°/. 0 pari quasi al doppio del diametro; in alcuni provenienti dal golfo di Napoli di c. 25 mm. di diametro ho trovato una lunghezza di °‘/.. su per giù pari a quella che si riscontra in D. papillata. In esemplari adulti la lunghezza è nelle proporzioni indicate dal Mortensen. Ciò che distingue meglio le due sorta di aculei è il loro aspetto : quelli di D. affinis sono sempre più tozzi e verso il terzo inferiore alquanto gonfi e nell’insieme hanno un aspetto fusoide. Quelli di D. papillata sono più sottili e delicati e nel- l’insieme cilindroidi. Inoltre i radioli più grandi di D. affinis portano sino a 20 serie di punte grossolanamente coniche, ro- buste e sporgenti, di guisa che al tatto sono ruvidissimi. Dette serie sono molto avvicinate fra di loro e si originano imme- diatamente dopo il collaretto, di modo che la parte del corpo del radiolo smaltata e liscia è ridottissima o mancante del tutto. In D. papillata le serie sono più regolari, in minor numero e SUL DOROCIDARIS AFFINIS PHILIPPI DI quindi più distanti fra di loro e si originano ad una certa di- stanza dal collaretto. Le punte sono più piccole, appiattite e poco sporgenti, e negli individui adulti si trovano sempre molto logorate e appena avvertibili al tatto. Riguardo alle altre differenze tra le due specie rimando alle osservazioni degli autori, che più recentemente se ne sono occupati. E * Nel catalogo degli Echinidi viventi sulle coste della Sicilia, da me pubblicato nel 1906, non figura il D. affinis (1), la cui presenza «nel mare di Sicilia » fu segnalata più tardi dal Koehler (2) e recentemente dallo Stefanini, presso le Egadi, ove fu dragato dalla « Washington ». Sono ora in grado di aggiun- gere che la specie è comune nei tratti di litorale presso Ca- tania e presso Palermo e che i Musei di Zoologia di queste Università, che ho visitati in quest'anno, ne posseggono nu- merosi esemplari. La specie è stata poi indicata dal Mortensen nel Golfo di Napoli, dove, dopo il Philippi, nessuno ne fece più parola (3), e dallo Stefanini presso il litorale di Tripoli (4). (1) Checchia-Rispoli G., Gli Echinidi viventi e fossili della Sicilia, P.I, Gli Echinidi viventi sulle coste della Sicilia, in Palaeont. Italica, vol. XII, Pisa, 1906. (2) Koehler R., Echinodermes provenant des campagnes du Yacht « Princesse Alice», 1909. (3) Mortensen Th., Die Echiniden des Mittelmeeres, in Mittheil. a. d. Zool. Staz. 7. Neapel, 21 Bd., 1 ni, 1913. (4) Non ho ritrovato questa specie nel materiale raccolto lungo le coste della Tripolitania dal prof. C. F. Parona dell’Università di Torino e dal gott. C. Crema del R. Ufficio Geologico. Per altro posso indicare i se- guenti Echinidi viventi presso quel litorale: Arbacia pustulosa Leske, Genocidaris maculata A. Ag., Psammechinus microtuberculatus Blv., Echinus acutus Lamck., Sphaerechinus granularis Lamck., Strongylo- centrotus lividus Brandt., Fibularia pusilla Mill., Amphidetus medi- terraneus Forb. 52 G. CHECCHIA-RISPOLI Fuori del Mediterraneo il D. affinis vive presso le coste delle Indie occidentali e dell’Atlantico sino alle isole del Capo Verde; è sconosciuto a nord di Gibilterra. Istituto Zoologico della R. Università. Roma, giugno 1919. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Fig. 1. Dorocidaris affinis Philippi. Grand. nat. Visto dalla faccia orale. Golfo di Napoli. »i 2. » » Gr. nat. Visto dal polo aborale. Golfo di Napoli. Du ‘di < ” Area interambulacrale con annesse zone porifere di un esemplare più grande. Golfo di Palermo. vi > » Processo ambulacrale dello stesso esemplare a gr. nat. RI » » i Gr. nat. Golfo di Napoli. » 6. » » Esempl. grande. Gr. nat. Golfo di Napoli. » 7-12. » » Radioli ingr. una volta e mezzo. Debbo alla gentilezza del mio amico dott. S. Cerulli-Irelli le foto- grafie che servirono per comporre questa tavola.