HARVARD UNIVERSITY. LB. AR OF THE MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. \\bGA5 bocdong dipl 4 N64 BOLLE TIT TINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino DI DIRO O a N. 576-595 TORU ENIO TIPOGRAFIA PIETRO GERBONE Via Gaudenzio Ferrari, 3 AC GOMITTH “ ; fanagmoo cIMOIRRA ho sipolooS. ib culi 9 O SI î : ' Re. i 3 2 < # onìaoT iti (ibi i «ST AfTSb deo - A LU ns : 9 ” Det: T1 o N _Aalt — 03 — - È | n r i ISTE Tap er bas 000 3 > POSITT, ; ‘ li TA N Tal 7: da DARAI fit to Ì MARMFE.I. (fa) 23) -. è < i | ; nt 44 e are ‘ i H] ° d % Pi e lio i LES È Ve ì pa - % : 2 ( ) Te», ja | DI NL Ad A, "A è 3 ATA : 1 LN Li C) A N: R i hi | j 7 O Meno vanga “ 4 + 4 de Bi Ù) {i “ Hsa * va “Db th ti DS 5 PE LAS * E î) #; n va (A é E Ù di [Ul ia x) 24 der lt La 208 Ta PE " î n $ | e Ù > 9 De si Pal 1 * t è , È ne i È F j ita - AMS A USS È fl td L] d i x di - fr RO) La im toi ara, gi CI i sensori x 1° La Y mi "0 #77 È SA pì dea La Pd î n Ji " Pa IRA n i é È ” vit sé di e ig f Tui Pa EPRSISE N. 576. Sailvadoti T. — Gyps Erlangeri, nov. sp. N. 577. Cognetti de Martiis L. — Descrizione d'uni nuova Pierelimai del Giappone. N. 578. Cametano L. — Gordii d’Irlanda. N. 579. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — V. I Manmscritti di Franco Andrea Bonelli. IV. N. 580. Camerano L. — Nota del Chordodes Hawkeri, Camer. N. 581. Griffini Al. — Sopra alcune Gry/acris malesi ed austro-malesi. N. 582. Borelli fl. — Descrizione di una nuova forficola di Madeira. N. 583. Cecconi G. — Contributo alla fauna delle Isole Tremiti. N. 584. Cognetti de Martiis L. — Contributo alla conoscenza della drilofauna papuasica. | N. 585. Festa E. Res italicae. XXI. — Il Myoxus intermedius Nahring nelle Alpi italiane. N. 586. Cametano L. — Materiali per la storia della FARE in Italia nella prima metà del secolo XIX. — VI. I manoscritti di Franco Andrea Bonelli. V. N. 587. Griffini Ali. — Note sopra alcuni Grillacridi. N. 588. Rosa 29. — Nuove specie di Tomopteridi (Diagnosi preliminari). N. 589. Cognetti de Martiis L. — Paolo Biolley. Necrologia. N..590. Camerano L. — La fauna delle nostre Alpi. N. 591. Camerano L. — Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX. — I manoscritti di Franco An- drea Bonelli. VI. N. 592. Bezzi T. — In memoria di Camillo Rondani, nel primo centenario della sua nascita (con una tavola). N. 593. Zavattari E. — Di una nuova e di aicuns controverse specie del gen. Podium Fabr. N. 594. Borelli A. — Nuovo genere di forficole di Costa-Rica. N. 595 Camerano L. — Giuseppe Nobili. Cenni biografici (con una tavola). “DADI 4 i 4 di cen, i Lo? è fe Eb difinoi — LE dali 2.0] | i Ze) MV. 17 loose eb 4 too ni “ dif A FURTI bot asi sp) È - A A lol RI be iv ONISTE : i $ î e *% la nà, Si = ire Ra lenlso; PU iiatignta a00g08 — .B Inti mis io aicalnot ) I : op b}% des CI n .B ilisto®. Miane elogl He si la orgia motà = DI Inèsa : 4 ; A ie di fas METTI 7 Li % si ù VA < r x 14 dei ci al i» [ A TiATID: Fd : Mg. br] È Ai Dos Îr ife vd , P B}) ifmobi ‘11 | Li «+ 18] “w r 310 "i 13 ? (RI Î _a Pali: s LI - bf si L alti eun sé utinon.@t oro A ip dè sod ‘ils 600 18 SEM Id stia: tt reti 469) ielasgold innet PER iubenjt ' è ica E Li ‘ deli © ME n k: Y : fac * ua BP 24 1909 \\t5 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N.5"76 pubblicato il 25 Marzo 1908 Vor. XXIII T. SALVADORI GYPS ERLANGERI, nov. sp. Il nome Vultur, o Gyps rippelli evidentemente fu adoperato tanto dal Natterer, quanto dal Bonaparte e da A. Brehm per designare l’esemplare figurato dal Cretzschmar (Rùpp. Al!as, Vog. Taf. 32); (4) questo: individuo, che proveniva da Schendi nell’Abissinia occidentale e si con- serva ancora nel Museo di Francoforte (Hartert, Kat. Vogelsammi. p. 184, sp. 2775. specim. a), fu indicato come un giovane di un anno, ma i caratteri del collare, formato di piume bianche, corte, a barbe decom-: poste, precisamente come negli adulti del G. /u/vus, dimostrano all’e- videnza che l’esemplare figurato non è un giovane, ma uno veramente adulto; il Museo di Torino, possiede un esemplare al tutto simile a quello figurato dal Cretzschmar; esso fu raccolto dall’Antinori presso Antub sul Nilo Azzurro, poco lontano da Chartum (Cat. Ucce. p. 3, n. 89). Confrontando tale esemplare con molti altri Grifoni dell’Abissinia, dell’Eritrea e dello Scioa da me esaminati, e che sono stati general- mente attribuiti al G. riippelli, io trovava tali differenze da non sa- pere precisamente quale stadio del G. yiippelli fosse rappresentato dall’esemplare figurato dal Cretzschmar, e, sebbene io abbia riferito gli esemplari di quelle varie località al G. riippelli, non ho mancato è (') Secondo von Pelzeln e Lorenz (Ann. Hof-Mus.I, p. 250) il vero tipo del Natterer sarebbe un esemplare conservato nel Museo di S. Pietroburgo e ri- cevuto da Clot-Bey e veduto dal Natterer nel 1838. Cotipi od esemplari ti- pici sarebbero due esemplari, uno adulto e l’altro giovane provenienti dal Kordofan, ove furouo raccolti nel 1839 dal Kotschy e conservati nel Museo di Vienna. ” , 14 e 9 più volte di esprimere qualche dubbio intorno alla esattezza di quella identificazione; anzi in una occasione affermai che gli esemplari dello Scioa si dovevano riferire al meridionale G. kolbei (Ann. Mus. Civ. Gen. (ser. 2) II p. 37). I miei dubbi si sono fatti maggiori quando il Barone von Erlanger ha pubblicato sotto il nome di G. riippellîi, due figure (Journ. f. Orn. 1904, Taf. II) una delle quali rappresenta un esemplare vecchissimo, del paese dei Galla, e l’altra uno meno vecchio, ma pure adulto, della Somalia. Ambedue quelle figure sono molto diverse da quella del Cretzschmar. Recentemente (Ann. Mus. Civ. Gen. (ser.3) III p. 615), discorrendo di due esemplari dell’Eritrea, raccolti dal Sig. Capomazza, uno dei quali similissimo all’esemplare del paese dei Galla figurato dallo Erlanger, io segnalava detto esemplare per avere le cuopritrici delle ali quasi intieramente bianchiccie, e così pure per avere del tutto bian- chiccie, cioè senza base oscura, le piume del petto e delle altri parti inferiori, tranne l’area del gozzo che è di colore bruno nericcio. Sempre dubbioso della mia determinazione e non sapendo, colla serie numerosa d’individui da me esaminata, rendermi esatto conto dell'esemplare figurato dal Cretzschmar come un giovane dell’anno (avis hornotina), laddove a me sembrava piuttosto un adulto, mj parve di poter intravvedere che sotto il nome di G. rippelli fossero comprese due forme, o specie, l’una la tipica, figurata dal Cretzschmar, e l’altra, quella figurata dallo Erlanger. Ne scrissi al Dott. Oscar Neumann, studioso ricercatore delle forme africane, il quale mi rispose di avere diligentemente esaminato gli esemplari del Museo Rothschild di Tring, e di aver trovato che gli esemplari adulti di Chartum, raccolti dal Brew, (4) corrispondono esat- tamente a quello figurato dal Cretzschmar, e sono diversi da quelli dell’Eritrea, dello Scioa e dell'Etiopia meridionale da lui veduti ; così pure egli afferma di non ricordare che nella collezione dell’Erlanger esistessero esemplari come quelli di Chartum. Infatti V'Hilgert di Jngelheim, interpellato dal Neumann intorno ai Grifoni della collezione Erlanger, assicura che nessuno di essi ha somiglianza colla figura del Cretzschmar. Appare da tutto ciò che sotto il nome di G. rppelli sono state realmente comprese due forme: la tipica, di colore generale nero coi margini apicali delle piume nettamente semilunari e bian- chicci, e l’altra di colore più decisamente bruno, coi margini chiari (!) A. Brehm descrisse gli esemplari da lui raccolti presso Chartum (Nau- mannia, 1852, III, pp. 40-44). fat gs delle piume più larghi e meno nettamente limitati, colle piccole cuopri- trici delle ali e colle parti inferiori, petto ed addome, di colore bianchiccio uniforme. La prima fu figurata dal Cretzschmar e l’altra dal Barone von Erlanger (1. c.). Ambedue le forme hanno la regione del gozzo di colore bruno nericcio molto più oscuro, che non nel G. /ulvus. Non conosco i giovani della forma tipica, ma il Brehm (Nawmannia, 1852, III. p. 42) li descrive colle piume del collare lunghe, strette, appuntate, di colore bruno, collo stelo più chiaro; quelli invece della forma orientale hanno colorito fulviccio più scuro e più uniforme degli adulti, e, come i giovani del G. //rus, hanno le piume del collare lunghe, acuminate e di colore fulviecio. Le due forme a quanto pare occupano due aree distinte; la prima si conosce dell’Abissinia occidentale (Schendi), di Antub (Nilo Azzurro) e di Chartum (A. Bre); (!) la seconda invece vive più ad oriente, nell’Eritrea, nell’Abissinia orien- tale, nello Scioa, nella Terra dei Galla e nella Somalia. Ignoro quale sia il suo confine meridionale. A questa seconda forma dò il nome di Gy ps erlangeri. Ecco la sinonimia delle due specie: Gyps rùppelli Vultur Kolbii Cretzschm. in Riùpp. Atlas, Voòg. p. 47 (partim) Taf. 32 (1826) (nec Daud. 1800) (figura avis adultae optima) (Schendi). Vuttur riippelli Natter. in Mus. Vindob. et Synops MS. (fide Schlegel, Bonaparte et von Pelzeln). — Gieb. Thes. Orn. IIL ‘p. 757 (1877). Vultur fulvus ritppelli Schleg. in Susemihl Naturg. d. Voòg. Eur. p: 12 (1839-1845). Gyps fulvus G. R. Gr. Gen. B. I, p. 6, n.1 (partim) (1844). - Rùpp., Syst. Uebers. p. 9. n. 4 (partim, dunkel-farbige Varietàt) (1845). — Vierth. Naumannia Il. 1, p. 56 (1852) (Bahiuda, Chartum). Gyps vulgaris Bp. (nec Savigny) Compt. Rend. XXX, p. 293 (1850). id. Consp. Av. I, p. 10 (1850). — Layard, B. of S. Afr. p. 7 (1862) (Natal, Ayres). — ® Gurn. in Anders., B. Damara Land, p. 5 (Ondonga, Ovampo - Land) (1871). (i) Gli esemplari del Natal (Ayres), di Mashoona (Shelle), di Ondonga (Andersson), di Manjara See e Mossiro (Neumann), di Bissao (Verreaur), del Niger-Benué (H1r/er/) e della Senegambia (Rochedbrun) attribuiti a questa specie, dovranno essere ulteriormente studiati ed identificati. Li Gyps riippelli Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1850, p. 477 (=V. Xolbti Rupp.). Vullur ritppellit A. Brehm, Naumannia, 1852, Heft 3. p. 44 (Char- tum) ('). — id. Journ. f. Orn. 1855, p. 486. — Heugl. Journ. f. Orn. 1862 p. 404 (Ost-Kordofan). — id. Orn. N. O. Afr. L p. 5 (partim)(1869).— F. e H., Vog. Ost-Afr. p. 38 (nota) (1870). Gyps magnificus v. Mull. Beitr. Orn. Afr. Lief. II, Taf. 5 (Assuan) (1853) (= Vultur Kolbiî Cretzschm.). — id. Journ. f. Orn. 1854. p. 388 (Sennaar u Kordofan). — Cab, Journ, f, Orn. 1854. p. 351 (= ? V. Kodi Daud.!) — Bp. Rev. et :Mag. de Zool. 1855. p. 74 (=G. »iippelli Bp.). Gyps rippetllti C. L. Brehm, Journ. f. Orn. 1853,. p. 197 (diversi abiti). - A. Brehm. Journ. f.Orn. 1853, Extr. p. 93 (nidificazione). — C. L. -Brehm. Journ. f. Orn. 1854. p. 72 (typus avis adulta) (*). - Bp. Rev. et Mag. de Zool. 1854; p. 530, n. 10; 1855, p. 74 — Strickl. Orn. Syn. p. 10 (1855). — A. Brehm, Journ. f. Orn. 1856 p. 409, 473 (Bahiuda); 1857, p. 83 (Elephanten Insel). — ? Ayres, Ibis, 1860, p. 206 (Natal!). — Gurn. ibid. pag. 207 (Natal !). — Pelz. Verh. z.-b. Ges. Wien. 1862, p. 130 (Kordofan, Nubia). — ? Brehm, Reis. Habesch, p. 240 (1863) - Antin. Cat. Ucc. p. 3 (part.) n. 89 (nec 90) (Antub, Sudan, Kordofan) (1864)- Gurn. Descr. Cat. of Rapt. p. 73 (Natal!, Abissinia! Nubia, S. Africa!, Bissao!) (1864). — ? Sclat. P. Z. S. 1865, p. 675 (vivo in Londra). — Blyth, Ibis, 1866, p. 232. — Antin. Journ. f. Orn. 1866, p. 114. (partim). — G. R. Gr. Hand-List. I. p. 2. n. 12 (1869). — ? Sousa, Cat, Coll. Ornith. p. 30 (Porto Natal! Sennaar) (1869). — Salvad. Atti R. Acc. Sc. Tor. V. p. 721 (1870). — Cab. Journ. f. Orn. 1872. p. 71 (vivo) — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (part.) (1873). — BucKl. Ibis, 1874 p. 358 (Natal! Matabili!). — Sharpe, Cat. B. I, p. 9 (1874). —? Layard et Sharpe, B. of S. Afr. p. 3 (1875). — Gurn. Ibis, 1875, p. 90. — Sharpe, Journ. Linn. Soc., Zool. XIII, pp. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. Distr.) (1878). = ? Shelley, Ibis, 1882. p. 237 (Mashona, S. E. Africa!). — Gurn. List Diurn. B. of Prey, p. 9 (1884) —? Rochebr., Faune de la Senegamb. Ois. p... (c£. Ibis, 1885. p.322).-? Ayres, Ibis, 1885, p.341 (Transvaal)- Pelz. u. Lorenz. Ann. Naturh, Hofmus. I. p.250 (1886). — ? Hartert, Journ. f. Orn. 1880. p. 601 (Niger-Benué !) — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) VI, p. 190 (part.) (1888). — Hartert, Kat. Vogelsamm. p. 184. n. 2775 a (1891), — Gurn. Cat. B. of Prey, p. 17 (1894). — ? Kuschel, Journ. f.Orn. 1895,. p. 96 (') A. Brehm raccolse presso Chartum più di 20 esemplari, e descrisse benissimo gli adulti ed i giovani, \ (*) Il Brehm in questo lavoro, e perciò fia dal 1834, asserì che l’esemplare figurato dal Cretzschmar come giovane, era invece adullo. e (uovo). — Shelley, B. Afr. I. p. 154 (1896). —? Neumann. Journ. f. Orn. 1899, p. 36 (Manjara See, Mossiro !). — Rehnv. Vog. Afr. L p. 518 (part.) (1901). Gyps Kolbiî part. . Strickl. Orn. Syn. p. 10 (1855). Gyps (an Valtur?) marmoralus Brehm. (ubi. ?) — Antin. Cat. Descr. D. 4 (1864) — id. Journ. f. Orn. 1866, p. 115. — G. R. Gr. Hand-List, I. p. 2, in syn. G. Rippellii (1869). Vultur fulvus Ritppelli part., Schleg., Mus. P. B. Vultures, p. 7 (Nil Blanc, Caffrerie!) (1862). — Heugl. Journ. f. Orn. 1867, p. 199. Gyps fulvus ritppelli part., Erl. Journ. f. Orn. 1904, p. 144. Gyps erlangeri. Gyps fulvus Harris (nec Gm.) High]. Aeth. II p. 416 (Shoa) (1844). — ?Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 199 (Senafé) (1870). — Antin. Mem. Soc. Geogr. Ital. 1, p. 184 (Addagalla) (1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) I. p. 34 (Scioa) (1884). Gyps vulgaris Horsf. et Moore (nec Savigny) Cat. B. Mus. E. L Comp. I, p. 4 (1854) (Abyssinia, from Sir W. Harris Collection). — Vultur Riippellii Heugl. (nec Natter.) Journ. f. Orn. 1862, p. 39 (Bogos, Zad’-Amba), p. 292 (Eis-Region). — Heugl. Orn. N. O. Afr.I, p. 5 (partim) (1869). — Finsch, Trans. Zool. Soc. VII, p. 318 (1870). — Heugl. Orn. N. O. Afr. III p. CCXI (1871). — Schleg. Mus. P. B. Revue, p. 140 (Abyssinie) (1873). Gyps riippelli, Heugl. Journ. f. Orn. 1861, p. 424 (Chor-Ain, zwis- chen Ain-Saba und den Samhar Kusten-Land) — Blanf. Geol. and Zool. Abyss. p. 285 (Abyssinia, Wadela, Talanta, Anseba, Rebkro (1870) (4). — Antin. e Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. IV, p. 377 (Ansaba) (1873) — Sharpe, Cat. B. 1, p. 9 (part. Angollala Harrîs) (1874) — id., Journ. Linn. Soc., Zool. XIII, p. 9, 25, pl. IV (part., Geogr. Distr.) (1878). — Antin. Mem. Soc. Geogr. Ital. I, p. 184 (Addagalla) (1878). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (ser. 2). I, p. 254 Scioa), 260 Addagalla) (1884). — id. op. cit. (2) VI, p. 190 (Scioa) (1888). — ? Har- tert, Kat. Vogelsamml. p. 184 n. 2775, d, c (1891). — Rchnw. Vòg. Afr. I. p. 518 (part.) (1901). — Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (3) III, p. 615 (Saganeiti) (1908). Gyps Kolbei part., Salvad. Ann. Mus. Civ. Gen. (2) III, p. 87 (Scioa) (1887). (!) Evidentemente il Blauford non ha incontrato il vero G. riippelli, giac. chè egli, giudicando dagli esemplari veduti, dice che la figura del Riippell è molto.troppo oscura, laddove essa rappresenta esattamente la forma occi- dentale. Vr Gyps fulvus rippelli part., Erl, Journ. f. Orn. 1904, p. 144, Taf. II (figurae optimae). Colgo questa occasione per segnalare come nell’Eritrea, nell’Abis- sinia e fin nello Scioa si trovi, insieme col G. erlangeri, anche il G. futvus, facilmente riconoscibile dal colore fulvo della regione del gozzo, uniforme col colore delle parti inferiori. Del G. /fulvus dell’Africa orientale io ho visto almeno tre esemplari: uno del Tigrè raccolto dal Muzioli (G. riippellî Salvad. (nec. Gm.) Boll. Mus. Tor. No. 287), un secondo di Let-Marefià, rac- colto dal Dr. Ragazzi. (G. riippellti Salvad. (nec. Gm.) Ann. Mus. Civ. Gen. (2) VI, p. 191, esempl. c (166), e finalmente un bellissimo esem- plare di Addi-Caiè nell’Eritrea, raccolto dal capitano Dho. Tutti tre sono in abito giovanile. » LA W_f1 Zia ve ì i» b:3 10 METRZALE al LA + Di t "ta LASA ha È } : PERA VE me pd ia MELLANO SO ULI € Ì x va agro Led Fa Y y PE Pr de e, Il ° + \ i PR nas n - LI n ri » # ì - è ° x lì x DR : I - P. n « a i è , n LE Ù t ba I x ' n LI + ‘ n È & * s . ini a A Ù PI è & . i b. . ind i ” 451 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 8 - sa . Sa ? “ DS ' i» i È È ‘ ai vi n x d LI » Di c CIR n _ - # } A é 1 Î Li Ò BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N.537"7 pubblicato il 29 Marzo 1908 Vor. XXIII DR. LuIiGI COGNETTI DE MARTHIS Assistente al R. Museo Zoologico di Torino Descrizione d’una nuova PHERETIMA del Giappone Il prof. F. JEFFREY BELL mi affidò cortesemente in esame alcuni lombrichi della collezione del British Museum di Londra. Uno di essi merita d’esser ricordato in particolare poichè è tipo di una nuova specie. Tale lombrico fu raccolto dal Sig. M. P. ANDERSON a Tokushima Ken, Is. Shikoku, nel febbraio 1905: non è ancora maturo sessual- mente, onde alcuni caratteri vi sono poco o punto evidenti, mentre altri, la massima parte, essendo ben delineati, permettono di distin- guere il lombrico di Tokushima da tutte le specie finora descritte del genere Pheretima. Pheretima setosa n. sp. CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare misura 185 mm. in lunghezza e 3-10 mm. in diametro; i segmenti sono in numero di 156. La /0rma del corpo è cilindrica, il colore perlaceo, sul dorso bruniccio. Il prostomto è largo, e incide per */, il segmento boccale, rima- nendone però distinto (capo proepilobo ?/;). Le setole soho più 0 meno uguali in dimensione ai vari segmenti del corpo; quelle della regione ventrale sono un po’ più ravvicinate. Se ne contano 72 al 6° segmento, 77 al 10°, 89 al 19°, 105 al 26°. Man- cano intervalli sia dorsalmente che ventralmente. I segmenti 14°-16° sono ancora provvisti di setole. Il clitello non è ancora formato. I pori maschili sono, come al solito, in un paio al 18°; frammezzo ad essi sì contano 14 setole. Ogni poro è circoscritto da un piccolo anello ghiandolare sorretto da una intumescenza. Rin, geee: Al 17° segmento, presso il margine posteriore, trovasi un paio di minutissime pap?/e genitali, allineate con le setole c. Vi sono tre paia di aperture delle spermateche, nascoste nei solchi intersegmentali ‘|, 7, */, e disposte un po’ più dorsalmente dei pori maschili. Fra le aperture spermatecali di ogni paio v'è una di- stanza pari a quella tra 25 setole ventrali del 9° segmento. Il primo poro dorsale trovasi all’intersegmento ‘/,,. CARATTERI.INTERNI. —. I! sellé "| e è/}\ mancano;ail setto:39/,, è molto sottile, i setti ‘°/,,-4*/,, sono più o meno ispessiti. Il tubo digerente è dotato di un robusto ventriglio muscoloso; l’am- pio intestino sacculato comincia nel 13° segmento, ed è munito di un paio di ciechi originati nel 26° ma protesi in avanti, attraverso i setti fin nel 21° segmento. Tali ciechi sono laterali, alquanto dilatati alla base e attenuati, tubolosi, verso l’apice. Il loro margine ventrale pre- senta una serie di esili appendici digitiformi, limitate alla metà pros- simale di ogni cieco. L’ultimo paio di cuori è al 13° segmento. Apparato riproduttore. — Sono presenti due paia di /es/es; il primo posto nel 10° segmento, assieme ai padiglioni dei vasi deferenti, entro una pseudocapsula seminale periesofagea, le cui pareti sono formate dal sottile setto *,,, e dal setto !°/,,, i quali contraggono ampie ade- renze alla loro periferia. Una seconda capsula seminale trovasi all’11° segmento, ad avvolgere i testes, i padiglioni, un paio di cuori, e un primo paio di sacchi seminali, non lobati, depressi contro il setto ‘/,, dal quale pendono lateralmente all’esofago. La parete della seconda capsula è formata da una sottilissima membrana estesa dal setto ‘°/,, all’!/,., Un secondo paio di sacchi seminali simile al primo, ma un po’ più grossi pende libero nel 12° segmento dal setto !'/,.. Le prostate hanno mediocre grandezza: ognuna di esse mostra la parte ghiandolare chiaramente divisa in due lobi espansi, di cui l’anteriore sporge in parte nel 17° segmento, mentre tutto il rima- nente della prostata trovasi nel 18° segmento. Il canale efferente di ogni prostata è breve e dritto, dilatato presso il poro esterno; la sua i parete non è fortemente muscolosa. Manca una Fig. 1. borsa copulatrice. Il vaso deferente si apre nel tratto prossimale del canale (Fig. 1). Sono presenti tre paia di spermateche, distribuite nei segmenti 7°, 8° e 9°. Ogni spermateca consta di un’ampolla piriforme, poco più lunga del canale che è cilindrico ed ha parete poco muscolosa. Il diverticoto è digitiforme, e s’apre nell’estremità distale del canale: uguaglia in lunghezza canale e ampolla presi assieme. x } LS et 4 è Casa pren SIE Pe" X AP ARRE x” MASO) A Abiti da p PL RIO Ale pearl Madri ale > , Ù O % Va IL 4 ì ; è ' tu y 9 i | Ù as N) : TAG * » ta] Ni, Ù j È % gra ù " L " » sa 4‘ Ù n Ù vi x 4 è è L ° i n he a . n \ x È " v Ò 5 : A "A ) Pi MAT, , n UB.0 o, È Me Mi | » Va î È ae? TRL Ù I i n i Y Li ty »' $ U . A 1. » \ > LI . ' 4 x , i Pi » U ’ ®» . p Ad x ’ i } Ù { È ù a C Li cw edita) A d U + ’ Ù 4 - L = a - = L - n = = = = i 454 - Tip. P. Gerbone, via Gaudenzio Fe 1195 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia Comparata della R. Università di Torino N. 578 pubblicato il 9 Aprile 1908 Vor. XXIII Prof. LoRENZo CAMERANO Gordii d’ Irlanda Non si hanno, fino ad ora, che scarsissime notizie intorno alle specie di Gordii che si trovano in Irlanda. Per questa ragione credo utile render conto della collezione di Gordii d'Irlanda del Museo di Dublino che il Signor R. Southern ha avuto la cortesia di mandarmi in studio. Parachordodes violaceus (Baird) W. Baird — Catalogue of the species of Entozoa contained in the : — London 1853 pag. 36. — Descriptions of some New Species of Entozoa from the Collec. Briti. Mus. — Proc. Zool. Soc. Londra 1853 pag. 20. — L. Camerano — Monografia dei Gordii — Mem. della R. Accad. delle Scienze di Torino. Ser. IL vol. XLVII — 1897 pag. 392. 1 -- Un esemplare femmina ancora in parte entro il corpo di una Stlpha subrotundata (Steph.) Clonbrock. Co. Galway. 2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,155 — Largh. m. 0.0006 co- lore bruno scuro) di Mormington. Co. Meath. (Giugno 1894). 3 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,195 — Largh. m. 0,0006 di Swords. Co. Dublino. 4 — Due esemplari maschi (Lungh. m. 0,207 — Largh. m. 0,0006 — Lungh. m. 0,114, Largh. m. 0,0005) di Lambay. Co. Dublino. (Irish Naturalist, 1907. pag. 84.) 5 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,250 — Largh. m. 0,0006. — colore giallo chiaro) di Bundoran. Co. Donegal. 6 — Tre esemplari maschi (Lungh. m. 0,270 — Largh. m. 0,0007 — Lungh. m. 0,185 — Largh. m. 0,0005 — Lungh. m. 0,100 — Largh. m. 0,0004. (individuo neotenico) di Ballymote. Co. Sligo. Agosto 1892. CRI 7 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0;165 — Largh: m. 0,0005 — colore bruno chiaro) di Killaloe. Co. Clore.. — Giugno 1895. Come si vede dalle località sopra citate il Parackhordodes violaceus (Baird) è specie frequente in Irlanda e.diffusa in'tutta l’isola.— Questa specie si trova anche in Inghilterra, in Germania, in Francia, in Italia, in Boemia, nella Transcaucasia. Gordius Villoti (Rosa) l.— Un esemplare femmina. (Lungh. m. 0,105 —- Largh! m: 0:0008 — colorazione giallo-chiara) — di River Caragh. Glencar. — Co. Kerry. — Giugno 1906. 2 — Un esemplare maschio (Lungh. m. 0,135 — Largh. m. 0,0005 — colorazione bruno-chiara, con collare e linee longitudinali scure, poco spiccate) Individuo neotenico di, Abbeyleix. Queen’s Co. Questi due esemplari appartengono alla serie degli individui di pic- cole dimensioni che non sono rari anche in altre località dell’ampi& distribuzione geografica del Gordius Vilioli. . LI L) ù 4 LI è “ . CITA È 4% iL Ai ti DI te Ù To Sa er i LN | Da atti e ri 1465 i | n Li ì % "» x 1 ®: 4 F,@ tI % Abi Md 9 Li (NEO 19° Ia, GELA parto +6 Ki p hi > T pe ) a ei A ) | WAI \ dex » ‘ i Lai : Li : Y . ì . RA rei A pie. 2 al Ù ù ri sd LI i fe ‘ Lai i n A r p n È } o VT y DI Ù { - y I , À te d)I i “ ° n * j L ‘ a) P ip ; Ù De) dC i i "| » } NI : ‘ & pt] sì SILTI TO. LI à Ni Pelù, La (31 Ù ‘700 ì LI i i ) i ga : “y RS Ù IGO mi ri } i “n È, ks ARIAL: i " Dr) b 4° 9% ds Ù wie i gru tà 109 LATTA i 7) PL?) fix 4 ta) | : Ù Li VII y Ù PRIVATO dia ; [: dele A oe 404 TEX st ‘ ì PUCCA } Pi, é È DELI ì N “ad, È n” LI Laz A d aero LAI LG l U HA: Ro: M * ( iti a dr su è id 4 16 dar da intrrpetini Sei o PER OR gi a dei I i Ud ALI PARRA E J ‘ Woc. } Pu x ia : sha «MY dl } vi “ 5. "til M » Sg LUIVI e (1) iL* detta] ALUGA a; a cal i cioe 0 Ara A é È Fascrttto Unpfetti AK davony a) Lonati cs d- LA DI f Neo 2 bri n | î Di 3 i] » LI si vr, | fi eva? Sr davorg.det t quale. o IVA prop: Lé 0 AS RA T0sLO '% "#34 ai dida Ù i i : de PRI A i : ' ta RETTE 7 i h î Loi) MI. tt) fi fi Ne È n . «UD sE '. IO TU SURE | “pia pus 2. pl ì i ‘ i. [i Î dual (1g? AR al | 10 of de Mo . i #94 di pati; nr MAO PROSE, al atta diet Cl Vi 1 ALE n aglio 1 1 VA NI, CALO i \ Òi ì | Vi Wwiyi dA, pr bai y ( Sri ve La pig % PR, CSI, PI Ù / } Ò PI LA 7 Lupe CAL GAI e ] IT 1) $i Ù i % Ù j r ra ia x Lb* x A ì LUI VS (®, € e ti Ù° \WOLI Io ui i : x tar. tv l'ina FORMA Li n * ì b; i LW Pupe : my, Ù var i VOTE CL ® es È ì Il \ Ù ca = PA Rai L } \ È A n e (a RSI 1409 i | pi me Li Lai \ si MA ; 3 TA ii pe I PI PILA i [ i i] È Ae i Ò | î ) 91 Te | y A I 49 i Il6qE BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 579 pubblicato il 18 Aprile 1908 Vor. XXIII Prof. LORENZO CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX V. I Manoscritti di Franco Andrea Bonelli IV. Franco Andrea Bonelli fra i vari lavori che egli si proponeva di fare vi era quello di una serie di « memorie » intorno alla « înfluenza che le diverse circostanze esercitano sugli animali ». Una prima « me- moria » egli preparò col titolo: « Saggio di alcune ricerche intorno alla influenza che le diverse circostanze esercitano sugli animali, dirette al perfezionamento dei mezzi di migliorare le razze degli animati domestici. » la Memoria di Fr. A. Bonelli — Letta nella R. Accademia nella pubblica adunanza del 15 marzo 18I7 alla quale intervenne S. M. » Tutto ciò è scritto a capo del lavoro. Nell’ordine del giorno della seduta sopradetta della R. Accademia delle Scienze di Torino è inscritto infatti il lavoro del Bonelli col ti- tolo sopra riferito. Il Bonelli tuttavia non lesse il lavoro del quale aveva preparato un « sunto » che è unito al manoscritto posseduto dal Museo Zoologico di To- rino. Su questo manoscritto è segnata di mano del Bonelli l’osservazione seguente: « Memoria stata approvata per la pubblica adunanza delli 15 marzo 1817, ristretta però a quanto non è inchiuso negli uncini in margine di ciascuna pagina (non fu letta per mancanza di tempo) ». La ragione indicata dal Bonelli della non avvenuta lettura della sua memoria è certamente molto plausibile: meno facile riesce lo spie- —- 2a gare il perchè la memoria stessa non venisse letta dal Bonelli in qualche seduta’ successiva. Lo scritto del Bonelli era certamente molto ardito per il suo tempo, vale a dire tre anni dopo la Restaurazione, e molto probabilmente avrebbe recato al suo Autore, per quanto circondato dalla stima e dalla benevolenza di tutti, non poche noie. Forse la ragione della man- canza di tempo sopra indicata, per la non avvenuta lettura fu una scusa elegante per ritirare la memoria stessa. Certo è che, prima della presentazione di questo lavoro all’ Accademia delle Scienze di To- rino, il Bonelli nulla aveva pubblicato intorno alle sue teorie, come egli diceva, di « Filosofia naturale » e nulla pubblicò in seguito. Il manoscritto della memoria sopradetta viene qui stampato testual- mente nella sua entegrità (1). * * * « Noti sono ad ognuno: diversi cambiamenti di carattere, di costumi, di colore, di grandezza, di forme, e persino di proporzioni, che subi- rono quasi tutti i nostri animali domestici ed in ispecie il Cavallo, la Pecora ed il cane, (2) nel passare dallo stato libero e selvatico in cui primitivamente trovavasi, allo stato schiavo e domestico, a cui furono quegli animali dall'uomo successivamente ridotti, e tanta sì è la differenza che questi ora presentano, che di alcuni non si ri- conoscono più allo stato di natura i prototipi da cui trassero la loro prima e vera origine del che potrei addurre varii esempi. Così a cagion d'esempio dagli uni fu risguardato il Lupo come tipo del cane dome- stico mentre da altri fu tenuto per tale il Sciacallo. — Credettero gli uni essere l’Uro (Urus et Aurochs) il tipo della specie bovina do- mestica mentre altri, tra i quali il Sig. Cuvier opinano con maggior fondamento che non esista più questo animale allo stato selvatico e che tanto il Bue comune quanto quello della Zona torrida conosciuto sotto il nome di Zebù, siano in origine stati prodotti da una specie particolare di cui le teste fossili che oggidì ancora si ritrovano, por- tavano corna diversamente piegate da quelle che attualmente presen- tano tutti i nostri Buoi domestici; la medesima cosa poi si potrebbe dire della capra, della pecora ecc. (1) L. Camerano - I manoscritti di Franco Andrea Bonelli: I. Atti Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 1903. vol. XII. II. Appunti di Filosofia naturale — Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp. Torino, vol. XXI - 585. (1906). III. Appunti intorno ai mammiferi, — Ibidem 536. (2) Nel manoscritto è segnato ancora, « il gallo ed il colombo », ma poi il Bonelli cancellò questi due esempi. Pag 1 peSE (1) Cambiamenti (simili) offre persino .la stessa specie umana allorchè si considerano le varie e numerose sue razze, che qualunque ne possa essere stata la primitiva, sono però tutte uscite da questa sola; e queste differenti razze prodotte dal concorso e dalla varia combina- zione di moltissime circostanze influenti e diverse vanno, come si sa, al punto di distinguersi tra di loro alla forma ed alle proporzioni delle parti solide stesse; così che dall’ispezione del solo teschio si giunge sovente a determinare la nazione a un dipresso a cui quello appar- teneva. Tutte queste modificazioni nei caratteri dell’animaie, sia che si vo- gliano risguardare come. l’effetto delle. degenerazioni delle primitive specie, prodotte da cause secondarie che per lo più ignoriamo; sia che si vogliano considerare come l’effetto di quel successivo perfeziona- inento a cui naturalmente e costantemente pare che tendano le pro- duzioni tutte della divina sapienza in adempimento a due suoi espressi comandi: Crescite et multiplicamini (De’ quali il primo non pare che possa riferirsi ad altro giacchè gli animali sono stati creati in istato adulto e perfetto): sia finalmente che si vogliano considerare come il risultato immediato dell’influenza che sopra quelli esercitano le loca- lità, gli alimenti, i climi, e le altre circostanze con cui avvezzandovisi tendono a mettersi col tratto del tempo in rapporto le varie produzioni naturali siccome lo provano fra le altre cose la propagazione presso di noi di molti animali e piante di climi affatto diversi dai nostri, tutte que- ste modificazioni dico, nei caratteri degli animali, tendono sempre diret- tamente a provare la presso che illimitata variabilità degli esseri e la loro suscettibilità di prendere nuovi caratteri in ragione delle nuove e diverse circostanze a cui sono da altre circostanze obbligati a sot” tomettersi. Di qui appunto secondo ogni probabilità ebbero la loro origine le istesse-innumerevoli falangi d’animali tra di loro vicinissimi che ora ci presentano nello stato di natura le classi degli Uccelli, degli In- setti ecc. e più sicuramente. ancora le infinite varietà del regno ve- getabile. Questi esseri di posteriore formazione, ben noti sotto il titolo di varietà costanti 0 razze; e come tali ricevuti, qualora si tratta di animali domestici o di piante coltivate, pigliano poi anche il nome di specie qualora si tratta di animali allo stato naturale, per la sola ra- gione che la scienza non ci offre nello stato attuale mezzi sufficienti onde distinguere nella natura le varietà costanti e secondarie dalle vere specie primitive essendo il più delle volte affatto impraticabili ESTTTTTEZZOII ada” ] (1) Il brano seguetite clié si riferisce alia speciè uiniatia tioti #i'a Stato incluso nel sunto da leggersi all'Accademia delle Scienze di Torino. Gian A ì mezzi ‘che si sono a tal uopo proposti, nè alcun utile risultato avendoci procurato le esperienze che si sono finora a tale scopo istituite. Posto adunque che gli animali come le piante siano stati fatti in modo che possano variamente e gradatamente modificarsi in virtù della influenza, ossia dell’azione permanente che esercitano sopra di loro le diverse circostanze a cui sono sottomessi, ci restano pel nostro scopo ad esaminare. l° Quali siano gli animali, le loro parti, e le loro proprietà sog- getti a modilicazione. | 2° Quali siano realmente queste diverse circostanze influenti. e° Quale il loro particolar modo d’agire ossia influire sugli esseri. 4° Finalmente quali conseguenze se ne possano dedurre per la nostra utilità, cioè in qual modo, imitando la natura medesima, con secondarne ed aiutarne artificialmente i mezzi, si possa non solo im- pedire la degenerazione dei nostri Animali domestici, ma eziandio per- fezionarne le razze oltre il loro grado attuale, e sotto quel dato rap- porto in cui ciascuna di quelle è direttamente o indirettamente più utile alla umana Società. Queste indagini dirette a stabilire alcuni principii all’arte gene- ralmente poco nota, di conservare e migliorare le belle razze di Ca- valli scelti e di Pecore Spagnuole, che imercè le paterne disposizioni dei nostri Augusti Sovrani anche presso di noi già si sono da più anni introdotte, formano ll soggetto di un non breve lavoro che mi propongo di pubblicare in quattro altre successive memorie, nelle quali faro vedere in che modo, studiando le leggi della natura e seguitan- done gli andamenti, sì possa giungere ad imitarla in qualche sua ope- razione; come nel nostro caso lo sarebbe quella di cambiare il colore a diversi animali, il renderne la razza più piccola 0 più grande, l’ac- crescerne la forza, l’agilità, l’alterar la forma e le proporzioni di al- cuni loro organi anche essenziali, il perfezionarne l'istinto ed i sensi a seconda del nostri desiderii, l’ottenere artificialmente varietà sin- golarissime come a cagion d'esempio, uccelli a becco in forbice a guisa di quello del crociere, il naturalizzarne le razze in paesi ed in mezzo a circostanze più 0 meno diverse da quelle del loro clima natale ecc. ecc. Dulle quali cose apparisce quali importanti risultati si pos- sano da questo genere di ricerche sperare per lo scopo interessante del miglioramento dei diversi animali domestici. La-brevità richiesta da questo semplice saggio non permettendomi di dare quivi sviluppo a queste idee nè di esporre fatti ed osserva- zioni in loro appoggio, porrò line a questa mia memoria col rispondere nel piu breve modo possibile a due obbiezioni che da quanto ho già esposto; non mancheranno certamente di presentarsi a ciascheduno, -58- e dalle quali divienmi perciò indispensabile d’incominciare prima d'in- traprendere il mio suggetto. Queste obbiezioni sono: 1a che le prove della variabilità degli animali come delle piante non riposano tutte sopra osservazioni immediate e dirette su quegli ‘esseri che sono nello stato libero e selvatico, ma bensì per la maggior parte sopra animali addimesticati e piante coltivate. La 2* che le variazioni in quegli esseri da noi conosciute possono essere il puro effetto della medesima domesticità, e della coltivazione. Egli è vero, quanto alla prima, che inditterente sarebbe nel nostro caso il sapere se gli animali in istato di natura siano altrettanto sog- getti alle variazioni determinate dall’influenza delle circostanze in cui si trovano quanto lo sono gli animali nello stato di domesticità perchè sì conoscano in questi ultimi in tutta la loro estensione i modi di- versi, le cause ed è limiti della loro variabilità. Ma importa a noi da un altro canto di bene stabilire tale verità perchè essa può divenirci utile sotto quest'altro aspetto, che le osservazioni da nui fatte sopra le varietà prodotte in natura possono pol in diversi casi illuminarci e servirci di guida nel modo di governare, di migliorare e propagare le varietà domestiche. Osserverò dunque in risposta alla prima che, quanto è facile di provar la cosa relattvamente alle piante, altrettanto è ditlicile relati- vamente agli animali, per la ragione che impossibile quasi riesce il seguire ln tutti i periodi della loro vita selvatica, ed 11 tutte le loro azioni e funzioni gii innumerevoli animali che abitano lungi dall’umana società, ed abbandonano all'aspetto dell’uomo ogni loro occupazione fuggendolo qual loro natural nemico. luttavia se egli è vero per una parte che quelli non ci possono ofirire sutlicienti prove dirette della loro variabilità, essendo noi nell’uso di chiamare col nome di specie distinte ogni loro benchè leggiera va- rietà un po’ frequente, vero sara altresi per altra parte che per la medesima ragione gli stessi animali non ci ofirono neppure prove in contrario, nessuno potendo fondatamente atiermare, che tutte quelle tali da nol così dette specie abbiano sempre esistito, e non possano piuttosto essere il risultamento di alterazioni subite da qualche altra specie. Del resto, come queste varietà, da qualunque causa siano state prodotte, possono diventar specie reali e costanti, perchè cause estranee non vengano ad alterarne nuovamente i caratteri, ella è cosa facile a concepirie e risulterà assal evidente, allorchè avrò dimostrato che negli animali allo stato domestico le varietà non sono per tutto ciò uvvute all’iniluenza lumediata e meccanica dell’uomo, a beusi come negli animali più segregati dall'uomo, alle forze della stessa na- tura le quali agiscono ed influiscono dovuuyue eu lu qualunque sluto PSR A trovinsi gli animali. Mi basti perciò l’accennare, come di volo, in prova di queste osservazioni alcuni esempi: l’uno è quello delle due pernici del Duca di Penthièvre, le quali nate assolutamente bianche da indi- vidui della specie comune e custodite nel suo parco, vi moltiplicarono la propria razza collo stesso colore, e diedero così l’origine ad una secondaria specie, la quale fu dalle tristi conseguenze delle vicende di quei tempi, estinta prima di potersi sufficientemente propagare. V’è il passero comune che ha il capo cenericcio in Francia edin Germania, rosso scuro in Italia, nero in Africa; v'è la Donnola che in Italia in Grecia, ed in Egitto prende un volume doppio di quel che essa ha al- trove; v'è quello dell’ape comune che in istato selvatico come in dome- sticità veste egualmente colori oscuri in Francia, Germania, Inghil- terra, mentre in Italia a sino dalle falde delle alpi essa diviene più chiara con fascie rossiccie sul ventre, ed al tutto rossiccia in Egitto, eco. ecc. 5 In risposta poi alla 2° obbiezione osserverò che se negli animali domestici si presentano sovente delle differenze che imprimendovisi maggiormente colla successione delle generazioni, costituiscono poi le diverse razze che ne conosciamo, la stessa cosa deve necessariamente accadere fra gli animali selvatici, per la ragione che i motivi di queste variazioni negli animali domestici, risiedendo nella diversa natura delle circostanze in cui li tiene l’uomo, debbono susistere egualmente gli stessi motivi e soventi anche più variati e più efficaci negli ani- imali nello stato di libertà. Di fatti se analizziamo tutte le circostanze che accompagnano lo stato di domesticità di un animale, nessuna ne troveremo, (eccettuata quella del Bracco a coda corta), in cui l’uomo sia egli stesso l’unico ed immediato artefice di una determinata razza; e al certo non fu giammai in potere di alcun uomo di meccanicamente assottigliare ed increspare la lana ad un solo individuo di. pecora, di cane o di coniglio, di accrescere le proporzioni di un cavallo, di un gallo, o di un colombo, e tantomeno di alterare il nativo carattere della propria carnagione. In tutte queste variazioni noi ravvisiamo sempre l’influenza di- retta delle sole circostanze locali, e l’uomo non vi concorre che indi- rettamente, cioè obbligando quei tali animali a vivere in.quei tali modi e luoghi e di quelle tali sostanze che possano colla loro azione permanente e colla successione delle generazioni produrre cambiamenti nel loro fisico e nel loro istinto. Ora queste medesime cause modifi- canti, per se stesse indipendenti dall’uomo debbono egualmente come ognuno vede aver luogo nello stato di natura e variamente moltipli- carsi in seguito ai diversi cambiamenti che di tempo in tempo subisce quà e là la superfice del globo, Un'altra osservazione ancora, non meno atta a dimostrare, che mol- Den tissime fra le così dette specie esistenti nello stato di natura non sono realmente che varietà prodotte dalle diverse circostanze, da parago- narsi a quelle medesime, che si sono formate nello stato di domesticità, consiste in questo, che molte fra quelle da noi cosi dette specie come sarebbero, per esempio, la martora ed il Faino, la Donnola e l’armel- lino, il cervo ed il Daino, la pantera, il leopardo e la lonza ecc. dif- feriscono infinitamente meno tra di loro di quel che differiscono le più vicine razze dei nostri animali domestici, come lo sarebbero quelle del cane barbone, del veltro e dell’alano 0 quelle del gallo Padovano e del gallo nano. » ca : A è ci - — le ”- - i + le “i 4 *» dat E ài , Fer 0) ia Gaudenzi 848 - Tip. P. Gerbone, v Mi BOLLETTINO Musei di Zoclogia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. 58sO pubblicato il 29 Aprile Tr Vor. XXIII Prof. LORENZO CAMERANO Nota sul CHORDODES HAWKERI, Camer. Nel numero 416 di questo Bollettino io descrissi (Gennaio 1902 vol. XVII) una nuova specie di Chordodes il C. Hawker? sopra esemplari inviatimi in studio dal dottor A. E. Shipley del Museo di Cambrigde (Inghilterra) e provenienti dal Sudan (Nilo Bianco). Lo stesso dottor A. E. Shipley mi manda ora gentilmente altri esem- plari in studio dell’Albany Museum. Essi portano queste indicazioni : « Grahamstow from intestins of Mantis. Prof. Mac Ouran Vitenhage. fuli 07. > Io credo di riferire i quattro esemplari inviatimi al C. Mawkerî poichè la cuticola esterna si presenta foggiata essenzialmente sullo stesso stampo di quella degli esemplari del Sudan. Le areole papillari der fondo sono un po’ più ravvicinate fra loro, ma ciò dipende dal fatto che gli esemplari del Museo di Albany sono conservati in alcool forte e sono in complesso in miglior stato di conservazione di quelli del Sudan i quali erano probabilmente rimasti un certo tempo nell’acqua dopo morti. 1 — 9 Lunghezza totale m. 0,230 — Larghezza massima m. 0,0012 — colore bruno chiaro senza macchie spiccate. 2 — d' Lunghezza totale m. 0,156 — Larghezza massima m. 0,0008 — colore bruno scuro. 3 — d' Lunghezza totale m. 0,173 —- Larghezza massima m. 0,0008 — colore bruno nero. 4 — d Lunghezza totale m, 0,192 — Larghezza massima m. 0,0008 colore bruno nero. Gli esemplari maschi esaminati bagnati e a piccolo ingrandimento presentano numerose macchie nerastre dovute ai gruppi di areole papil- lari più scure. cong A Nella femmina in cui 10 strato cuticolare esterno è, malgrado la grandezza dell’animale, in stato di chitinizzazione poco avanzato (fatto che si osserva frequentemente in altre specie di Gordii) le macchie nere non appaiono distinte. Le dimensioni sono anche maggiori che negli esemplari del Sudan: ma questo carattere, come è noto, è variabilissimo nei Gordii. » A # pe È , MIE * MI Pi. Siad I° GPRS TSO Mel A ah a ” pe pei SÒ) È : d ai sf Y ù pae", se | Met Î è Ate PA A RATES È di Op sd pe” rari È #7 ù g - i }; i È KI La UH Ul A È . è : Me a d nea : , K ì LO ., Pi rd i î r i Fr ( n I A Da i A USE I " è + . dA 4 ' LI i b Ùi “ 4 7 À % v À id i p A i A è pi (1% el "de [RO ni i pura x \ ì s ” i (1 L) ti, x i . MEI 4 ù sa I) hi < 4 PRA : 4 1.6 i È l) yi i Ni) » LA [ta Vf LI n LAN a Do di | i | su VO Y %e ‘ 1 * ® : î z toi Va gr Ù Ù & ; . = w DI ®, 4 P \ ì hl % Ù, A n “ | mk | è P 1 \ e y e Ce dd Tad Lo a 9 a - -— — |a; "E i A, N LE di, » : ) . Sca es PARE \ Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, X o la LE SISI "4 : Mi dl lì r | : È de n Dj i ; 4 fa L Ù | SL ESE i . ii M "i i ia | È Ù . E, ia I r è e for i 4 } ‘ } e 4 | x — n \ "4 ( BOLI.ETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. ss4 pubblicato il 30 Aprile 1908 — Vor. XXIINI Sopra alcune GRYLLACRIS malesi ed austro-malesi pel Dott. ACHILLE GRIFFINI - Genova Il materiale scientifico che forma oggetto della presente nota appartiene quasi totalmente al K. Zoologisches Museum di Berlino, che di questi e di molti altri esemplari di diverse località volle affi- dare a me lo studio. Solo eccezionalmente ricordo qui alcuni esemplari appartenenti alle collezioni del Civico Museo di Storia Naturale di Genova, pure a me concessi in esame, od alla mia piccola collezione, e ciò quando, trat- tandosi di specie rappresentate sia nelle raccolte del Museo di Berlino, sia in queste ultime nominate, riuscirà convenientissimo il parlare contemporaneamente degli esemplari di quelle e di queste collezioni. Nella presente nota faccio conoscere la variabilità della GryZacris podocausta ed affermo la sinonimia fra di essa e la Gr. mulabilis, de- scrivo estesamente la Gr. /usciata e la Gr. signatifrons di cui erano note soltanto le 9, e ne faccio conoscere anche i &; descrivo varietà nuove e localizzate della Gr. personata, della Gr. obscura, e della Gr. borneensis, mi occupo della larga distribuzione geografica della Gr. appendiculata, e faccio conoscere il ® finora non descritto, della Gr. macilenta. Queste notizie spero potranno interessare gli studiosi che abbiano ad occuparsi del vastissimo genere Gry/acris. Genova, R. Istituto Tecnico, 27 Marzo 1908. Gryllacris podocausta De Haan. Gryltacris podocausta De Haan 1842 (3), pag. 220. — Gerstaecker 1860 (+), pag.259. — Brunner 1888 (6), pag. 329-330. — Kirby 1906 +8) pag. 140. Gryllacris mutabilis Pictet et Saussure, 1891 (7), pag. 307 - 309, «Tab. 1, fig. 10. Io non .esito a stabilire panini sinonimia, sia in seguito allo studio 9 - della descrizione di Pietet et Saussure, sia in seguito all'esame di una bella serie di 12 esemplari di questa specie, appartenenti al K. Zoolog. Museum di Berlino. I dodici esemplari suddetti, preparati a secco, provengono da Giava, e portano quasi tutti l’indicazione: « Tengger Geb., Ostjava, Fruh- storfer ». Un diligente studio della descrizione data da Pictet et Saussure della loro Gryllacris mutabilis, e la comparazione di questa descri- zione con quella della Gr. podocausta, e meglio ancora con esemplari di tale specie, mostrerà a chiunque all’evidenza che la Gr. mtabilis non è altro che la podocausta. Tutti i caratteri corrispondono esattissimamente. Pictet e Saussure hanno almeno avuto il merito di far conoscere la grande variabilità di questa specie. La loro lunga descrizione e la loro Var. 1 corrispondono perfetta- mente agli esemplari tipici della Gr. podocausta, in cui il capo è in massima parte nerissimo, colla grande macchia gialla unica nella quale sono fuse le macchie ocellari del vertice con quella della fronte, in cui poi il pronoto è occupato da una grandissima macchia nera o nerastra, conservando il margine posteriore e quelli laterali di color giallo o giallastro, in cui infine i ginocchi sono neri o bruno-neri. Dei 12 esemplari del Museo di Berlino, 3 & ed 1 9 corrispondono perfettamente a questa forma tipica. Ma da essa si passa grado grado ad altri individui più o meno de- colorati, in cui i ginocchi cominciano a non essere più oscuri, ma pal- lidi come il resto delle zampe, e infine la grande macchia nera del pronoto si riduce, appare divisa e suddivisa mediante linee e segni giallastri, meno oscura, fino ad esser ridotta a poche linee sfumate brune; così pure i colori tutti del corpo si rendono più smorti - (Var. 2 di Pictet et Saussure). Dei 12 esemplari suddetti, 1 3, ancora abbastanza tipico per tutti gli altri caratteri, si distingue già pei ginocchi pallidi: gli altri (6 e l 9) sono via via più decolorati e nel modo sopra detto fanno pas- saggio alla Var. 2 di Pictet et Saussure, alla quale, volendo, potremo conservare, ma limitatamente ad essa, il nome distintivo di var. mutabilis. Grylliacris fasciata Walker. Q — Larnaca fasciata Walker 1869 (5), pag. 191. - GryMacris fasciata. Kirby 1906. (8), pag. 140. Riferisco a questa specie, dopo qualche esitazione, dara l’incerta descrizione di Walker, i seguenti esemplari conservati a secco: — Z — 1 - d S. O. Borneo, Waknes (K. Zoolog. Museum di Berlino. 19- Isola Sipora, una delle Mentawei, 1vcalità Sereinu, coll. Dottore E. Modigliani, 1894 (Civico Museo di St. Natur. in Genova). Ricordo qui, come recentemente mi scrisse il D.re Kirby, che dall’esame del tipo della Larnaca fasciata Walk., conservato nel British Museum di Londra, appare che Walker istituì il genere Larnaca sopra un esemplare di questa Gry/acris al quale si era staccato l’addome ed al quale l’addome era stato poi erroneamente incollato col ventre in sù e col dorso in giù, venendo pertanto l’ovopositore ad assumere una posizione affatto anormale! Passo ora alla descrizione degli esemplari da me esaminati : o d Longitudo corporis mm. 22 22 » pronoti » 6 6,5 » elytrorum » 15,6 15,6 » femorum anticorum » 7,4 8 » femorum posticorum » 12,5 13 » ovipositoris È —_ 7,9 Gryllacridi nigratae Brunn. similis: differt tamen praecipue pro- noto convexo, toto vel subtoto cum capite luteo-testaceo. Statura sat minore — Colore luteo.-testaceo. Caput ab antico visum ovoideum, totum luteo-testaceum, maculis ocelliformibus nullis. Occiput modice convexum; fastigium verticis rotundatum, articuli primi antennarum in o latitudinem duplam su- battingens, in 9 duplo parum latius, lateribus ipsis inferius extus sub- tuberculato breviter carinulatis; pars antica fastigii inferius sub lente verticaliter pluries, breviter et leviter rugulosa: in ® maculae 2 pi- ceae proximae in fastigio verticis adsunt haud bene circumscriptae, et maculae ocellares videntur incertissime delineatae. Frons leviter inaequalis, sub lente minute transverse rugulosa, supra basim clypei impressa, praecipue ad latera; in 0 nebulis maculisque nebulosis piceis praedita, praesertim macula suboculari, maculis inferis subantenna- libus, maculis preantennalibus, intus sitis, et signatura media hippo- sideriformi, superne convexa, inferius cum latera baseos clypei con- tigua: picturae hae omnes incertae; in 9 tantum latera baseos sunt dilute et incerte infuscata — Clypeus transverse trapetioidalis; labrum ovale-orbiculare, sat magnum. Mandibulae limbo externo subtiliter et apice nigratae — Palpi pallidissimi. Antennae luteo-testaceae. Pronotum convexum, a supero visum subcylindricum, sat elongatum, parum inaequale; margine antico rotundato sed minime producto; sulco -antico fere nullo, tamen pronotum ibi leviter transverse concavum; sulculo longitudinali abbreviato nullo, impressionibus parvis tantum 2 anticis et 2 posticis. lateralibus signato; margine postico truncato, CA in medio levissime sinuato, sulco postico ante hune marginem subnullo, ibique pronotum tantum levissime subconcavum. Lobi laterales rotun- dato-deflexi, parum adpressi, post medium leviter dilatato-expansi, humiles, multo longiores quam altiores, postice quam antice parum altiores, angulo antico rotundato, margine infero obliquo, ante coxas sinuato, supra coxas leviter rotundato-expanso, angulo postico rotun- dato; deinde margo posticus supra coxas medias subito fere verticaliter sinuatus, denique rapide oblique ascendens, leviter convexus, sinu hu- merali nullo. Sulcus V-formis expressus, sulculus posticus minus im- pressus, intervalli gibbulosi. Color pronoti luteus, incerte nebulosus; in & sulci loborum latera- lium videntur leviter atrati. Elytra apicem abdominis haud attingentia, sat angusta, atra, nitida, fascia transversa ante medium ferruginea, in campo antico (externo in quiete) dilatata, maculaque basali testacea ornata, ad apicem griseo- subhyalina, venis semper nigricantibus. : Pedes breviusculi, modice puberuli, pallide lutei. Femora omnia ante apicem atro fasciata, in 9 fascia atra minus obscura et superne a colore luteo longitudinaliter interrupta. Tibiae omnes post basim incerte et ante apicem superne leviter, macula vel fascia dilute atra ornatae. Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae. Femora postica basi valde incrassata, apice attenuata, parte attenuata brevi sed sat gracili, subtus margine externo et interno usque ad 14 spi- nulis nigris praeditis. — Tibiae posticae supra post basim deplanatae, margine externo 6-7 spinuloso, margine interno 6 - spinuloso, spinulis atris et in © etiam basi atro circumdatis. Spinae apicales solitae adsunt. Tarsi testacei. Abdomen luteo- bebtdiecuti) parum nebulosum. Segmentum abdomi- hale dorsale octavum & productum: segmentum nonum convexum, cùu- eullatum, in medio verticaliter carinulatum, carinula superne basi dila- tata subtriangulari, apice inciso, utrinque tuberculo rotundo instructo, tuberculis in spinam robustiusculam intus versam, inferius praeditis, Cerci longi, subtiles. Lamina subgenitalis 9 transversa, rotundata, medio levissime emarginato-sinuata; styli sat breves. ‘Ovipositor testaceo-ferrugineus, breviusculus, a basi subito walde falcato incurvus, sed post basim fere verticaliter pigri apice piso îruatus, ibique triangulariter acuminatus. Gryllacris signatifrons Serville. o. Grylacris signatifrons Serville 1839 (2), pag. 393. — Gerstaecker 1860 (4), pag. 273. — Kirby 1906 (8), pag. 142. 9. Gryllacris facifer Brunner 1888 (6), pag. 340, Habitat: Buitenzorg, Java — 1d in alcool (K. Musaei Zoolog. Bero- linensis) a D. Fleischer, Mai 1898 collectus. Insula Niîas — 19 exiccata (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis). a D°. U. Raap, annis 1897-98 collecta - Haec 9 propter apicem femorum omnium necnon tibias totas colore atro, nomine « Var. Raapi » di- stinguenda. . Reputo utile non solo descrivere il # di questa specie, finora ine dito, ma descriverne contemporaneamente anche la 9, date alcune in- certezze che tuttora si hanno sui suoi caratteri. (ey ti Longitudo corporis mm. 28 29 » pronoti » 5,1 6 » elytrorum » 40 47 » femorum anticorum » 7,8 8,9 » femorum posticorum » 14 16,2 » ovipositoris » —_ 17,5 Corpus sat robustum, ferrugineo-castaneum, nitidiusculum. Caput maiusculum, ab antico visum ovoideum, sat latum. Occiput convexum. Fastigium verticis articulo primo antennarum latius sed eius latitudinem 1 */,in © non attingens in 9 aegre attingens, anterius deplanatum, marginibus lateralibus distincte carinatis, subtus cum fa- stigio frontis sulculo arcuato contiguum; huius sulci concavitas su- perne versa. Carinae verticis nigrae, extus superne ocello flavido el- lyptico sat parvo sed distinetissimo apposito (ideoque maculae ocelli? formes fastigii verticis omnino laterales, externae). Color niger cari- narum etiam in partem inferam fastigii verticis et in fastigium frontis extensus, sed ibi ocellus frontalis magnus late ovatus, fere orbicularis, flavus, adest, optime delineatus, quamobrem color niger eum tantum subtiliter et diffuse circumdat. Caeterum, caput cum reliquo corpore concolor, mandibulis, palpis, antennisque concoloribus. Frons transversa, brevis, punctulato rugulosa, sub lente minute transverse rugulosa, impressionibus etiam quibusdam praedita, inferius inaequalis. Clypeus modicus, etiam inaequalis, in 9 (var. Raap?) leviter diluteque ‘fusco marginatus; labrum maiusculum ovatum-orbiculare. Sulci suboculares obsoleti. Pronotum breve, a supero visum subquadratum, marginibus loborum lateralium et margine postico interdum dilute et incerte fuscioribus; sat convexum.; margine antico subrecto, nullo modo producto: sulco antico lato sed perparum excavato, sulculo longitudinali abbreviato distincto, fossulari, vel subtili, impressionibus quibusdam proximis cum eo convergentibus postice praedito; impressiones quaedam etiam laterales posticae adsunt ante latera metazonae. Sulcus posticus trans- versus fere nullus, a margine postico circiter 1 mm, remotus; post best? gs éum metazona leviter ascendit. Margo posticus rotundato-truncatus, in 9g in medio minime sinuatus. Lobi laterales pronoti subaeque alti ac longi vel perparum lon- giores, gradatim rotundato deflexi, inferius bene adpressi, margine an- tico cum angulo antico ample rotundato, margine infero obliquo quia lobi postice quam antice sunt distincte altiores, angulo postico rotun- dato truncato, margine postico verticali leviter concavo, sinu hume- rali optime expresso. Sulcus late V-formis et sulcus posticus bene expressi. Intervalli convexi. Elytra ampla et longa, post medium latissima, ibique in 9 latitu. dinem circiter mm. 16,5 attingentia, in 9 minus lata: apice sat rapide attenuata sed rotundata; margine antico usque ad maximam latitu- dinem fere recto; abdomen et femora postica multo superantia; campo antico (infero in quiete) fere usque ad apicem hyalino, campo postico sensim infuscato, venis venulisque omnibus et undique ferrugineo fuscis. i . Alae longae, modice latae, hyalinae, campo antico et apice ut in elytris venis venulisque ferrugineis: caeterum venis venulisque sub- tilibus, testaceis. | | Pedes breves, nitidi, pubescentes, ferrugineo-castanei cum corpore concolores. In 9 var. Raapi apex femorum late ater et tibiae omnes et totae atrae, tarsi rursus ferruginei. In d° genicula (praecipue basi tibiarum posticarum et apice summo femorum posticorum) leviter in- fuscata. Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis inferius utrinque 4 haud longis. Femora postica basi incrassata, apicem versus attenuata, sed parte attenuata brevi et haud gracili : subtus margine externo spinis brevibus sed robustis 6-9, margine interno spinis in usque ad 9, in 9 usque ad 13, armata; his spinis nigris vel saltem apice nigricantibus. Tibiae posticae superne post basim in £ plus quam in gd deplanatae, ibique in utroque margine spinulis 7 (raro 6) nigri- cantibus armatae, necnon spinis apicalibus solitis instructae. Tarsi elongati. : Segmenta abdominalia ventralia utrinque saltem in * macula magna basali obscure castanea ornata: his 2 maculis utriusque segmenti in medio subtiliter a linea longitudinali pallida inter se divisis. Segmentum abdominale dorsale octavum o productum; segmentum nonum convexum, inferius deflexum, superne utrinque leviter impres- sum et in medio carinula latiuscula basi supera triangulari, apice infero verticaliter descendente instructum; pars infera carinulae sat longe sulcata; apex hujus segmenti utrinque tuberculo magno convexo, plus quam hemisphaerico, nitido instructus, et sub utroque tuberculo spina sat longa, intus vergente, dimidio apicali nigro et leviter incuryo, DO Ie armatus: his 2 spinis intus superpositis. Tubercula alia, tumidula; cercos gerentia, sub hoc segmento fere tota abscondita. Cerci elongati, pallidi. Lamina subgenitalis & transversa, minute rugulosa, crassiuscula, apicem versus sat attenuata, obtuse subtrian- gularis, sed apice leviter incisa et sat profunde atque late excavato impressa, lobis tumidulis subrotundatis; styli parvi, apice laminam subgenitalem parum superantes. Ovipositor ferrugineus, nitidus, parum latus, modice sed distinctis- sime incurvus, apicem versus attenuatus, ibique ante summum apicem levissime dilatatus, deinde acuminatus. Lamina subgenitalis 9 latiu- scula, rotundata. Gryllacris personata Serville, Gryllacris personata Serville 1831 (1), pag. 43. — Serville 1839 (2), pag. 395. — De Haan 1842 (3),"pag. 220. — Gerstaecker 1860 (4), pag. 273. — Brunner 1888 (6), pag. 115. — Kirby 1906 (8), pag. 146. var. Moschi m. d' A specie typica videtur praecipue differre propier venulas omnes alarum dilute sed distincle fusco marginatas, et propter signaturas fastigii verticis et fastigii frontis. Longitudo corporis mm 21,9 , » pronoti » 0,6 » elytrorum » 21,3 » femorum anticorum » 9 » femorum posticorum » 15,2 Habitat: Sumatra Typus: 1 o exsiccatus (K. Musaei Zoolog. Berolinensis) a 1° mòsch collectus. Statura modica; parum robustus. Testaceus pallidus, excepta fronte (absque fastigio) tota cum maxima parte genarum cum labro subtoto mandibulisque nigerrimis nitidis. Caput ab antico visum ovatum subelongatum, pronoto haud vel mi- nime latius. Occiput sat convexum, cum vertice toto, fastigio frontis et parte postica genarum testaceum. Fastigium verticis articulo primo antennarum parum latius, eius latitudinem 1 */, haud attingens, in medio verticaliter concavum subexcavatum, ibique puncto nigro signa- tum, lateribus crassiusculis, convexis, prominulis. Fastigium frontis subquadratum, superne inaequale, ibique utrinque puncto transverso nigro ornatum. Scrobes antennarum nigrati, sed vertice anguli inferi interni pallido. Antennae testaceae, articulo primo anterius supra sub- tusque fusco maculato. Frons nigerrima, punctulis impressis sat ma- iusculis et rugulis minutis praedita, inaequalis, inferius depressa; sulci LI suboculares optime explicati, inferius valde impressi. Clypeus testa- ceus, inaequalis, utringue valde depressus. Labrum, excepta ima basi testacea, nigerrimum, sat elongatum, apice inciso bilobo, ferrugineo. Palpi testacei. Pronotum sat convexum, a supero visum longius quam latiùs ; mar- gine antico in medio rotundato et sensim producto, lateribus sinuato; sulco antico minime expresso; sulculo longitudinali abbreviato obso- leto, sulcisque duobus obliquis cum eo postice in fossulam convergen- tibus; sulco postico subnullo; metazona incerte ascendente; margine postico truncato. Lobi laterales pronoti longiores quam altiores, sat adpressi, posterius magis alti, angulo antico rotundato subtruncato, angulo postico truncato, margine infero sat longo, subsinuato, margine postico brevi, sinu humerali subnullo. Sulcus late V-formis et sulcus posticus modice impressi : intervalli gibbulosi. Elytra modica, apicem femorum posticorum haud vel minime supe-. rantia, testaceo-subhyalina, venis venulisque testaceo-ferrugineis. Alae subhyalinae, apice anterius elytris similes, caeterum venis venulisque fuscis, his omnibus dilute sed sat distincte utrinque fusco marginatis. Pedes longiusculi et graciliusculi, testacei. Tibiae anticae et inter- mediae solito modo spinosae. Femora postica basi modice incrassata, ad apicem longe attenuata, parte attenuata longa, subtus in utroque margine spinulis 7, apice tantum infuscatis, armata. Tibiae posticae supra post basim deplanatae, ibique margine externo spinulis 7, mar- gine interno spinulis 6, apice tantum fuscis, armatae, necnon spinis apicalibus solitis instructae. Tarsi elongati. Abdomen concolor. Segmentum abdominale octavum dorsale & sat productum, nonum convexum deflexum, maxima parte verticaliter sul- cato-excavatum, apice bilobum, utroque lobo in spinam crassiusculam et longiusculam, apice haud acutam, intus et sursum vergentem, pro- ducto. Cerci longi, subtiles, leviter curvi. Lamina subgenitalis tran- sversa, margine postico in medio breviter exciso, lobis late rotundatis: styli longiusculi. Gryllacris appendiculata Brunner. Gryllacris appendiculata Brunner 1888 (6), pag. 352-3, Tab. VIII, fig. 41 H. — Kirby 1906 (8), pag. 144. Di questa specie ho visto un buon numero di esemplari provenienti da diverse località e che divido in tre gruppi: 1° Gruppo : 3 de49 in alcool. Ialuit inseln. 7-11-1900, D.re Bartels (K. Zoolog. Museum di Berlino.) lo e login alcool. — Ponape, Karolinen, 29-1-04, Berg, S. G. (K. Zoolog. Museum di Berlino), - = Questi: esemplari’ sono tutti tipici; solo quelli di Ponapè sono leg- germente più grossi. — Ecco le dimensioni di questi e di quelli di Ialuit: o 9 Lunghezza del corpo ‘mm. 28,2-33 29,4-32 > del pronoto © PASSLIMINZI: 2. « 7,7-8 » delle elitre » © 27 -29 27,4-30,9 » dei femori anteriori » 10-10,3 10,2-11,3. » ‘© deifemoriposteriori — »- - 18,7-19 18,6-21 » dell’ovopositore » | — 19-21 2° Gruppo :. 1 o a secco — Isola Nias (K. Zoolog. Museum di Berlino.) ‘16 a secco — Isola Nias, coll. U. Raap 1897-98 (Civico Museo di Storia Naturale in Genova). Questi hanno forma e dimensioni corrispondenti a quelle degli esem- n tipici, ma presentano i disegni del pronoto affatto incerti, nebu- losi, indistinti, e le tibie in nessun modo infuscate. 3° Gruppo: 2 e 1 9 in alcool. — Sudsee, Marschallinseln, Samoa, Bismar- ckarchipel; Marinestabsarzt Woyke (K. Zoolog. Museum dî Berlitìo). | Questi esemplari sono alquanto più piccoli, un po’ più pallidi, hanno lè tibie in nessun modo infuscate, e le ali a fascie più strette. Ae o 9 Lunghezza del corpo mm. 26,4-27,2 25,2 » del pronoto » va 6,8 » delle elitre » 27,2-285 25 >» dei femori anteriori +10 9,5 » dei femori posteriori » 17,3-18 7 >» dell’ ovopositore » — 19, Gryltacris obscura Brunner. Gryllacris obscura Brunner 1888 (6), pag. 353. — Kirby 1906 (8), pag. 144. var sumatrana m. d. 9. Primo intuitu Gryllacridi aethiopicae Brunn. sîmilis, tamen genitalibus d' secundum typun H Brunneri, haud secundum typum E confectis, facile distinguenda. A Gryllacride obscura typica differt praecipue : vertice fusco, pro- noto superne subioto nigro fusco, metazona tantum et maculis 2 parvis discoidalibus colore testaceo. Appendiculum supraanalis 3 forma cir» ciler ut in Gryll, appendiculata, tamen minus evolutum, — i0 — sdialiitia (ca 9g Longiludo corporis mm. 31-35 32 » pronoti » 7,8-8,4 8,2 » elytrorum > 32-35 32,3 » femorum anticorum » 11;2-123,5.:12,8 » femorum. posticorum » 20-22 pil, » ovipostloris » — 23,5 Habitat: Sumatra. Typi: — 1 d' in alcool (K. .Musaei Zoolog. Berolinensis), indicationem <« N. O. Sumatra, prov. Langkat; E. Heinze » gerens. 2d et 19 exsiccati (K. Musaei Zoolog. Berolinensis), in Sumatra a D.° Mésch collecti. i .- Tibiae, praecipue anticae, superne infuscatae, ut in Gr. appendi- culata. Apex femorum interdum dilute infuscatus; tarsi saepe fusci. Raro maculae 2 testaceae pronoti magis evolutae, vittaeformes, et ma- culae aliae incertae testaceae nebulosae. Gryllacris obscura var. javanica m. | di % — Primo intuitu Gryliacridi lugubri Br. similis, tamen ge- nitalibus d haud secundum Typum E Brunneri sed secundum Typum H Brunneri confectis, ovipositore.g breviore, elytrisgue nullo modo tessellatis, distinguenda. A typo speciei « obscurae » differt praecipue corpore leviter cras- store, capîte pronotoque concoloribus, totis pallide testaceis, tibiîs om- nibus concoloribus, pallide testaceis. C) 2 Longitudo corporis mm. 29 33 » pronoti » d 8 » 0 elytrorum » 29 33,7 » femorum anticorum » 10,5 11,9 » femorum posticorum » 18,9 21,5 » ovipostitoris » — 24,5 Habitat: Iava Typi: 1 & in alcool (K. Musaei Zoologici Berolinensis), a D.° Sem- meling, anno 1864 collectus. 1 9 exsiccata (collectionis meae). Dom. Bang-Haas acquisita. Pronotum d incertissime pictum; pronotum 9 omnino concolor. Ge- niculi 9 omnes breviter sed distinete fusci: in ® tantum genicula po- stica videntur leviter infuscata. Segmentum abdominale dorsale ulti- mum & in appendiculum supraanalem circiter ut in Gr. appendiculata productum, sed hoc appendiculo valde minore, parte anteapicali po- sterius utrinque lobulo fere dentiformi extus vergente praedita, lamina sita apicali obtriangulari, parva, margine apicali transverso ‘sinuato-con- cavo, angulis externis subprominulis. Lamina subgenitalis 9 elongato trapetioidea, apice distincte sinuato, emarginata, lobis parum calloso- tumidulis. Gryllacris macilenta Pictet et Saussure. 9 Gryllacris macilentus -Pictet et Saussure 1891, (7), pag. 313-4, Tab. II, fig. 14. — Kirby 1906 (8), pag. 147. Riferisco a questa specie un d' preparato a secco, appartenente al K. Zoolog. Museum di Berlino, e portante l’indicazione : « Tengger Geb., Ostjava, Fruùshstorfer ». Eccone i caratteri principali : cd Longitudo corporis mm. 24 » pronoti » 5 » elytrorum » 25,4 » femorum anticorum » 8 » femorum posticorum >» 15,5 Quam typus £ Pict. et Sauss. leviter major, tamen eodem modo confectus et coloratus. Corpus statura modica sed gracile, compressiusculum, subelongatum, fulvo-testaceum. o Caput ut in typo, ovatum-elongatum, pronoto distincte latius quia pronotum est valde compressum: occipite convexo prominulo; fastigio verticis articuli primi antennarum latitudinem circiter 1 4/3 attingente, lateribus subcarinulatis. Frons ut in typo, inferius sensim depressa; sulci suboculares distincti, sinuati. Maculae 3 ocellares solitae parvae, parum distinctae. Pronotum ut in 9, valde longius quam latius, compressum, con- strictum, superne convexum, incerte nebulosum, antice posticeque, superne, dilute breviterque utrinque infuscatum. Margo anticus in medio rotundato sat productus, lateribus subsinuatis; sulcus anticus valde expressus, tamen superne in medio minime impressus: sulculus longitudinalis abbreviatus et sulcus posticus latiusculi sed perparum impressi: margo posticus truncatus subsinuatus. Lobi laterales humiles, multo longiores quam altiores, posterius leviter altiores, margine in- fero distincte sinuato, angulis late rotundatis, angulo postico rotun- dato-subtruncato, margine postico subverticali brevissimo, sinu hume- rali fere nullo: sulci disjuneti, parum impressi; intervalli gibbulosi. Elytra utintypo 9 confecta et colorata, apice tamen post angulum apicalem rotundatum posterius oblique subtruncato; alae ut in g. Pedes ut in typo, valde pubescentes. Femora postica elongata, basi tantum modice incrassata, parte apicali attenuata sat longa, ut in 9 += spinulosa. Tibiae posticae post basim planatae, et ut im 9 spimulosae. Apex abdominis valde pubescens. Segmentum abdominale dorsale ultimum d convexum, cucullatum, margine apicali truncato, inferius et subtus verso, ante apicem in medio leviter prominulum. Lamin® subgenitalis transversa, margine apicali latiore, transverso; styli la- terales sat longi et robustiusculi. Gryliacris horneensis De Haan. d Gryllacris borneensis De Haan 1842 (3), pag. 219, Tab. 19, fig. 7 Gerstaecker 1860 (4), pag. 264. &. <. Gryllacris borneensis Brunner 1888 (6); pag. 327-328 — Kirby 1906 (8), pag. 139. Di questa specie il Museo Civico di Storia Naturale di Genova pos- siede 1 od di Sipora (una delle isole dell’Arcipelago Mentawei) raccolto nella località Sereinu dal D.re E. Modigliani. 1894. Alcuni caratteri meritano dì essere particolarmente ricordi sia come propri della specie, e non indicati nella descrizione di Brunner sia come propri di questo esemplare d': & — Longitudo corporis mm. 30 » pronoti a 11°19732 » elytrorum » 47,5 » femorum anticorum » 11,9 » femorum posticorum : » 21 Frons inaequalis, sub lente parum punctulata, carinulis duabus mi. nimis ascendentibus obliquis abbreviatis, inferius praedita; supra clypeum utrinque impresso-plicata. Sulei suboculares sat lati. Fastigium verticis inferius et fastigium fronti superius uniti, sine limite distineto, fastigium unicum ellyptice subconcavum efficientes, lateribus carinu- latis, Clypeus transversus, apice subtruncatus, in medio levissime et perobtuse productus. Genae post oculos testaceo - fuscae. Antennarum articuli primi 2 nigri, articuli 3-5 brunnei, caeteri luride testacei. Pronotum subelongatum, lobis deflexis parum adpressis; pars supera inaequalis; margo anticus minime productus; sulcus anticus parum ex- pressus, sulculus longitudinalis abbreviatus parum expressus, tamen discretus et eum duobus incertis sulculis lateralibus postice convergens. Lobi laterales humilissimi, valde longiores quam altiores, postice quam antice magis alti, margine infero oblique et ante coxas sinuato, angulo antico rotundato, angulo postico inferius rotundato, posterius truncato, margine postico subverticali, sinu humerali fere nullo; suleus U-formis distinctus, modicus. Color ater marginis antici pronoti latiusculus: color ater meta- zonae magis latus et etiam in lobos laterales descendens, semper cum Ber pra limbo postico contiguus, usque ad medium marginis horum loborum extensus, haud attenuatus sed minime dilatatus. Pleurae et coxae pallidae. Femora postica subtus margine externo spinulis 2-4 apud apicem sitis praedita, margine interno spinulis usque ad 10, in dimidio apicali sitis. Tibiae haud piceae sed pallidae, levi- ter infuscatae praecipue ad latera, basi apiceque distincte pallidae. Spinae tibiarum 4 anticarum nigricantes, apice pallidae. Tibiae posticae superne intus spinis 6, extus spinis 7, nigris, praeditae, necnon spinis apicalibus instructae. Cerci a elongati, attenuati, ante apicem intus curvati. Gryilacris borneonsis subsp. Fruhstorferi m. Q. Apud Gryllacridem alratam in Systemate Brunneri verisimiliter locanda, sed propler formam omnino cum Gr. borneense congruens, altamen colore valde differens, praecipue capite et pedibus totis pallidioribus. Longitudo corporis mm. 29,5 » pronoti _ (nst dal » elytrorum » 49,2 è femorum anticorum tr Lt > femorum posticorum ».. @l,l » oviposttoris » 21,77 Habitat: Deli, in Sumatra. Typus: 1 9 (K. Musaei Zoologici Berolinensis) a D.° Fruhstorfer collecta. Caput ab antico visum subelongatum, totum testaceo-ferrugineum, occipite clypeo labroque leviter pallidioribus : antennae totae testaceo- ferrugineae. Fastigium verticis ut in Gr. dorneense, articulo primo antennarum subangustius, depressum, lateribus obtusiusculis; maculae ocellares citrinae, maculae fastigii verticis subtiles, macula fastigii frontis anguste ovato ellyptica. Scrobes antennarum intus, ad latera fastigii frontis infuscati. Palpi fusci. Pronotum ut in Gr. dorneense confectum, subtotum atrum, tantum supra in medio et in sulcis U-formibus loborum lateralium incerte fer- rugineo nebulosum. Elytra et alae circiter ut in Gr. borneense. Elytra tantum in quarta parte basali atra, ibique maculam modicam aurantiacam includentia; latitudo maxima elytrorum mm. 18. Alae tantum in ima basi marginis antici incerte breviter atratae. Venulae alarum valde infuscatae. Pleurae cum parte exteriore coxarum atrae. Pedes tomentosi, om- nes et toti fulvo testacei, immaculati, geniculis nullo modo obscurio- ribus. Femora postica elongata, basi perparum incrassata, spinulis =— AMA subtus in margine externo 5, in margine interno usque ad 11, tantum apice incerte fuscis. Ovipositor ut in Gr. borneense confectus, fere usque ad septimam partem apicalem ater, apice testaceus. Lamina subgenitalis 9 obtuse triangularis, margine apicali nigrato, apice sensim emarginato. Segmenta ventralia basi et lateribus late nigra. INDICE BIBLIOGRAFICO 1. I. G. Audinet-Serville 1831 — Revue méthodique des Insecles de l’ordre des Orthopltéres. — Annales Sciences Naturelles, Paris, Tome 22. 2. I. G. Audinet-Serville 1839 — Histoire Natur. des Insectes gi tères, Paris. 3. W. De-Haan 1842 — Bijdragen lot de Kennis der Orthoptera. — Ve- rhanal. over de Naluurl. Gesch. der Nedertl. overzeesche Bezittingen. 4. A. Gerstaecker 1860 — Veber die Locustinen-Gattung Gryllacris Serv. — Archiv f. Naturgesch. Band. XXVI. 5. F. Walker 1869 — Catalogue of the spec. of Dermaptera Saltatoria etc., London. 6. C. Brunner von Wattenwyl 1888 — Monogr. der Slenopelmatiden und Gryllacriden. — Verhandl. K. Zool. Bot. Gesellschaft Wien, Band. XXXVIII. "7. A. Pictet et H. de Saussure 1891 — De quelques orthopi. nouveaua. Mittheil. Schweizer. Entom. Gesellschaft, Schaffhausen, Vol. VIII. 8. W. F. Kirby 19059 — A Synon. Catalogue of orthoptera, vol. II Part. I, London. OLLE vati INO ori Mei; | ° Husaid Sip ‘ad “Anatomia caino rata. Cesto Si ini) GIA È liana di Feste ANA 10 tm lt din re ea ai “rp Licata i 18 Mago 1908 i gii IT nica ; n tosti ZI O te A Pa 7 pu A tano BORRELLI PISA e” yi 1a va EM i 11 LIE j ww / go Pete ; i > i î ae È Y 3 D LUO fuondocivatiaurn mudiciretele Dev: ua CI i bet Fai "UE lo ferrichiea dia) captice più TITO tipnd a "paell perdi piglio alfano; là tune nezza malo alla lupin misurata ULI Ri doni, PU più «tratto “pastariori Incote : debotiaubhie!-e ante SLI) ati sit di ae, ip, pagine. LAO, digiti UEZAS! spara dntannò di sà, pujisosghi: ti, ie di Mono giglio: ns bo: coi da Artioli bist Meri TROP 208 nr fiuto qu RA iu meli pipi anta avtotindato: PIL PESTO sr ei doti siflegsi d valli du su ti;4 lasguozza prisdtithe nigalò Mel "qletta A del'ufipo, di “Tongliazza’ 'Taguasto inferione.. st 5 cio ‘na Ribrututta La, ba lubgbezzia da'ué "eg po; told SN DS medio, ragoloso 4 sparsamente punterttate, adi vcblore” > * lo 1 glistig«lesticeo doi dati 21 11 terzo posterigte saMospaigita. Lal Pipe. dì luagliosia uguale a una: volta. è mazzo chiari Lita del ages aa carrai appona.gai torv apuroli nu # cane di Fuga Intalipamn ato” Rotondate. è fait vicino #4 va RES avi Jasclandoita lov un picholo apazio Îlbaroosuttuite», | |. | x dipilto è euntiguo, pussariormaltà arlormolit + bu ate È. , d ppt conza Ai Aiupgliee 9 orsi cul Renn, RE - sia. RI F9Sì Ta rv: beh foto I n tie MENA n pia tn ia i OFFRO act mirano, nola ni Gelato, Pa ANANAS STAGIONI ROIO. i AAT fe VITA Preca M wr a agile, teo de Me Pea 101 i e di 50 v Api Lira Ù I I URINE. È Ra Bee rn set i a Pte È N 1 SR Watson «ra v ì ISLA GRZ SITA TETI A men er «n ‘ eo LE VAN | masi Giry& Mr n E Mesi. MAXX; ti di, h Maat, ci bi "ai Mier4en ì Pi 0a 4 MERDA Lc 0001 Là mi e ty da r 5°) - Tip. P. Gerbune, via Gaudenzio Ferrari, 8 ; 695 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino ' N'&& pubblicato il 18 Maggio 1908» Von. XXIIL Dott. ALFREDO BORELLI Descrizione di una nuova forficola di Madeira Pseudochelidura madeirensis nov. sp. gd: Capo ferrugineo col vertice più oscuro, clipeo e parti boccali giallo-chiaro; di lunghezza uguale alla larghezza misurata dietro gli occhi, poco più stretto posteriormente: debolmente convesso con su- ture distinte, lucente, rugoloso con alcuni punti sparsi. Antenne di 13 articoli, pubescenti, di colore giallo-testaceo coi due articoli basali più chiari. Pronoto quadrangolare, insensibilmente arrotondato al margine posteriore coi lati riflessi o volti in su, di larghezza pressochè uguale a quella del capo, di lunghezza laquanto inferiore; se- gnato per tutta la sua lunghezza da un leggero solco mediano, rugoloso e sparsamente punteggiato, di colore gliallo-testaceo coi lati ed il terzo posteriore giallo-paglia. Elitre di lunghezza uguale a una volta e mezzo: quella del pronoto che oltrepassano appena coi loro angoli umerali. Internamente arrotondate e distanti vicino alla base, lasciando fra loro un piccolo spazio libero o scutello, poi diritte e contigue, posteriormente tronche obliqua- mente all’interno. Rugolose e punteggiate di colore giallo- testaceo chiaro. Zampe giallo-chiaro. Segmenti dell'addome ferruginei, i primi di un te- Pseudo:helidura staceo chiaro; allargantisi leggermente dal primo al madeirensis 9 serto poi restringentesi sino all’ultimo il quale è di lar- ghezza uguale al primo: punteggiati con piccole impressioni liscie e lucenti sui lati. Pieghe tubercolari appena distinte sul terzo seg- mento, fara n quarto. Ultimo segmento ferrugineo, più oscuro, quasi bruno lungo il margine posteriore; di forma quadrangolare, più largo che lungo di larghezza uguale a quella del primo, rugoloso e leggermente punteggiato con piccoli tratti lisci elucenti che fian- cheggiano il solco mediano longitudinale e sui lati. Debolmente convesso, leggermente infossato lungo il margine posteriore‘ nel tratto compreso fra le branche della pinzetta. Margine posteriore ingrossato e alquanto sinuoso fra le branche della pinzetta, lateralmente obliquo all’esterno. Pigidio sporgente, quadrangolare col margine posteriore fortemente incavato e fiancheggiato da due tubercoli triangolari sporgenti col- l'apice munito di due punte, di cui l’interna appena distinta. Branche della pinzetta di colore giallo-paglia colle punte oscure, brune; cilindriche, separate dal pigidio, diritte per ùn breve tratto poi leggermente arcate verso l’esterno quindi convergenti vicino alle punte che s'incontrano, la destra sotto la sinistra. Dapprima robuste ed allargate, fornite superiormente di una corta carena interna ed inferiormente di una piccola sporgenza spiniforme, poi restringendosi sensibilmente e gradatamente sino alle punte alle spese del margine interno il quale è inferiormente ribordato per î tre quarti circa va lunghezza delle branche. Inferiormente: capo giallo ferrugineo, torace giallo-paglia. Seg- menti dell'addome ferruginei, fittamente punteggiati; penultimo seg= mento fortemente arrotondato posteriormente e leggermente rugoso ultimo segmento quasi completamente nascosto dal penultimo, visibile soltanto sui lati i quali sono forniti di una piccola costa o carena di colore oscuro. 9: Segmenti dell'addome allargantisi gradatamente dal primo al pe- nultimo; ultimo segmento trapezoidale, più stretto ‘posteriormente. Segmenti inferiori punteggiati e forniti di peli gialli più lunghi e più numerosi nel penultimo. Pigidio sporgente più lungo che largo, trapezoidale, restringentesî sensibilmente nella parte posteriore, munito superiormente di due ca- rene longitudinali convergenti posteriormente, fortemente depresso sui lati e vicino al margine posteriore il quale è fiancheggiato da due tubéreoli spiniformi di colore bruno-oscuro. Branche della pinzetta gialle colle punte bruno-oscuro, più: corte che nel maschio, quasi diritte, restringentisi gradatamente dalla base alle punte teggermente ricurve; margine interno inferiormente saliente è, molto leggermente toro per più dei tre quarti della loro lunghezza. Lunghezza totale del corpo: o 18,0 mm., 9 18,5 » della pinzetta: 4, DI Q S,00 ‘9 e 9 da Funchal. Specie vicina alla Pseudochelidura edentuta (Woll.) dalla quale «differisce oltre chè per il colore molto più chiaro, anche per la forma ‘ela lunghezza delle elitre, l'addome meno dilatato, e principalmente per la forma delle branche della pinzetta meno arcate nel maschio e munite vicino alla base di una piccola sporgenza spiniforme. Questa specie fu raccolta dal chiaro entomologo Padre E. Schmitz ‘al quale il R°. Museo di Torino è già debitore di parecchi altri invii di forficole (*). (!) A. BoRELLI: Di alcune forficole dell’isola di Madeira, Boll. Mus. Zool. anat. “somp. Torino, VoI. XXI, N° 520, 1906. * : 1 più E Y ' : va Vi Magna +03 apo? ( * ot | È Bi leto Fa «hd = f Ù ì i 1 Ì "i, | x \ i Ò)' Bonner varie W Uu 10 i * - =: il \ Io, Ur \Le "i fa bas BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N.5s3 pubblicato il 20 Maggio 1908 Vor. XXIII Dottor Gracomo CECCONI Contributo alla fauna delle Isole Tremiti. A’ nostri giorni è raro il caso che un naturalista possa metter piede in un’isola, per quanto ‘piccola, che non sia stata già visitata da altri e della quale non si cOnosBa; almeno in Pant) la costituzione geologica, la fauna, la flora. i Le Isole Tremiti, in mezzo quasi all’Adriatico, e soltanto a dieci ore di piroscafo da Bari e a'trédici da Ancona, furono visitate, specialmente in questi ultimi anni, da botanici (1) e da geologi: (2), i quali ne illu- (1) Vi raccolsero piante il Gasparrini (1838), il Tellini (1890), il Martelli (1893) e il Béguinot (1902). Anch'io raccolsi le piante che trovai in fiore durante le mie due escursioni e, grazie anche alla gentilezza dell’egregio Direttore del R° Vigneto sperimentale, signor Antoci, ne riportai 160 specie che determinò il prof. Adriano Fiori e sulle quali riferirà il Béguinot, in un prossimo lavoro intorno alla flora delle Isole Tremiti; fu pure ultimamente alle Tremiti, a scopo botanico, il dottor Negri (aprile 1907), che si occupò in modo particolare della raccolta dei muschi. Alcune poche piante furono raccolte anche dal prof. Squinabol (1900) e comunicate al Béguinot. (2) Nel 1843 il NicoLucci pubblicò un Elenco di pochi politalami fossili, e in questi ultimi anni si occuparono della costituzione geologica il prof. AcHLe TELLINI, che pubblicò un dotto lavoro: Osservazioni geologiche sulle Isole Tremiti e sull’ Isola Pianosa nell Adriatico { Bull. R. Comitato geologico, a. 1890), il dott. M. BarATTA che, quantunque incidentalmente, si occupò delle Tremiti nel suo lavoro: Sul Periodo sismico Garganico dell’aprile-giugno 1902 (Ann. Uff. meteorologia e Geodinamica, vol. XII, parte I, 1893) e il prof. Squinasor, che studiò le Tremiti dal lato geo- fisico; anzi sono lieto di annunciare che il prof. Squinabol ha già presentato alla Accademia dei Lincei, in occasione dei premi ministeriali, un sunto del suo impor- tante lavoro, e che il lavoro stesso completo verrà pubblicato quindi al più presto. Pet gere strarono la flora e la natura geologica; nulla però fino ad oggi si cono- sceva intorno alla fauna e soltanto l’Aldrevandi nella sua Ornithologia (1) (a. 1603) aveva descritto e figurato un uccello, la Avis diomedea (2), ehe però non si sapeva a quale specie appartenesse e che ora si può riferire con certezza al Puffinus anglorum Boie ex Gmel. Fanno parte del gruppo delle Tremiti, in ordine di decrescente grandezza: S. Domino, Caprara, S. Nicola e Cretaccio, vicinissime fra loro e circondate da numerosi scogli; si aggiunge ad esse anche Pia- nosa, che trovasi alla distanza di circa trenta chilometri da S. Domino. Carattere comune di queste isole è Ja mancanza assoluta di acqua e perciò una secchezza estrema tanto d’estate che nelle altre stagioni, eccettuati soltanto i mesi invernali, nei quali, non di rado, cade abbondante la pioggia; perciò la vegetazione è piuttosto povera e il numero delle piante conosciute fino ad oggi supera di poco le duecento specie (3). Era naturale quindi arguire che anche il numero degli animali fosse ridotto. E oltre questa grande secchezza, che faceva abbandonare l’idea di fare escursioni zoologiche in quelle isole, si aggiungeva anche la ridotta superficie loro e la piccola elevazione, sapendosi che l’arcipelago in- tero non giunge a quattro chilometri quadrati e che S. Domino, la più grande, misura soltanto Km? 1,980.750, con una elevazione massima di 116 metri sul livello del mare, con una coltivazione abbastanza inten- siva di viti e di grano, ed è ricoperta per un buon terzo circa da fitto bosco di pini (Pinus halepensis), Caprara Km? 0,448.425, col punto più alto di 53 metri, in piccola parte coltivata a grano, S. Nicola Km? 0,441.000, costituita da un altipiano, dove si coltiva in minima proporzione il grano e dove si trovano parecchie pecore al pascolo, con una elevazione mas- sima di 75 metri e a picco quasi tutto all’intorno, Cretaccio, divisa quasi in due e piccolissima, Km? 0,037.450, scoscesa, priva quasi del tutto di vegetazione e quindi quasi trascurabile. Però se le Isole Tremiti non presentavano interesse alcuno pei raeco- glitori di animali, dovevano invece offrirne dal lato faunistico, per poter fare un confronto colle diverse specie animali che vivono nei due op- posti continenti e quindi stabilire se esistevano legami tra la fauna loro e quella dell’Italia e della Dalmazia. Difatti risulta dagli studi geologici che anticamente nell’odierno ba- cino settentrionale e medio dell'Adriatico doveva emergere una terra- (1) Tomus tertius, pag. 57-60. (2) G. Cecconi, Intorno alla “ Avis piomeDEA , degli antichi, Avicula, a. X, fasc. 101-102, 1906. (3) Colle 160 specie raccolte da me e colle altre del Béguinot e del Negri, questo numero sarà per lo meno raddoppiato. nd, ferma, che venne chiamata Adria, per analogia con la Tirrenide e con l’Atlantide; durante il periodo miocenico la terraferma aveva il predo- minio, il Gargano, separato dall’Appennino, era unito probabilmente alla Costa dalmata, che si avanzava molto verso occidente; ma il regime continentale non dominava nel Gargano per le formazioni mioceniche marine, scoperte dal Checchia-Rispoli (1), e le Isole Tremiti erano an- cora sott'acqua, come lo indica il miocene marino che domina in esse (2). Nel periodo pliocenico il Gargano era allo stato di isola e le Tremiti erano sott'acqua, come indicano le marne marine di S. Nicola; forse le uniche che emergevano erano le punte di S. Domino e di Caprara, se pure non avvenne, come pel miocene, erosione posteriore. L’Adria si ripiegava lungo la costa Dalmata, dalla quale si protendeva verso occidente e, in modo particolare, in corrispondenza di Pelagosa. Si credette che nel quaternario antico le Isole Tremiti formassero una terra sola e quindi avessero una estensione maggiore dell’odierna, ma stanno contro, secondo lo Squinabol, le formazioni quaternarie marine a 60 metri circa d’altezza a S. Domino, essendo pure quaternario il calcare su- periore di S. Nicola (3). L’Adria sporgeva verso il Gargano e riuniva anche Pelagosa; il Gargano cessò di essere un’isola e, probabilmente, durante il postpliocene rimase, per poco tempo e per mezzo di una lista di terra, collegato alle Tremiti ed a Pianosa. Tenendo conto perciò della grande sporgenza, di ben quaranta chi- lometri, del Promontorio Garganico nel Mare Adriatico, della mancanza di altre isole in mezzo a questo mare, dell’allineamento che hanno le diverse isole che sorgono fra la costa italiana e la dalmata (Termoli, (1) Boll. Soc. Geol. ital., vol. XXIII, pag. 298 e seg. (2) Il prof. Squinabol mi fa osservare che è vero che non si trovano forma- zioni mioceniche sulle vette di S. Domino e di Caprara, ma è probabile che siano state portate via dopo. (3) Secondo quanto mi comunica gentilmente il prof, Squinabol, le fasi attra- versate dalle Tremiti sarebbero le seguenti: 1° Fase di emersione dopo il nummulitico e quindi Riatus fra questo e l’el- veziano. 2% Sommersione durante l’elveziano fino al pliocene inferiore compreso. 3* Emersione di breve durata, probabilmente dopo il pliocene inferiore. 4% Sommersione durante tutto il pliocene superiore e parte del quaternario, 5° Emersione durante l’ultima fase del quaternario. 6° Movimenti violenti in quest'ultima fase, durante i quali si ebbe: a) Abbassamento di oltre 150 metri della parte N e NO di Caprara. b) Formazione del canale fra Caprara-Cretaccio e S. Nicola. c) Cedimento della parte S. E. di S. Nicola. d) Cedimento che ha aperto il canale fra S. Domino e Cretaccio e fra Gretaccio e Caprara. sce @ S. Domino; Pianosa, Pelagosa, Isola Meleda centro) e della loro costi- tuzione geologica, si deve naturalmente ammettere che esse rappresen- tano gli ultimi avanzi di una cresta rocciosa, ora in gran parte distrutta, che non solo collegò il Gargano colle Tremiti, ma ‘anche colla costa dal- mata: cosicchè l'Adriatico si divideva un tempo in due grandi bacini, come provano ora i valori batimetrici, giungendo il bacino settentrionale al massimo a metri 243 e il bacino meridionale a circa mille metri; la cresta rocciosa, come un istmo ora sommerso, metteva in comuni- cazione l’Italia coll’Oriente. Anche ora l’esistenza di questo istmo è dimostrata dai diversi dati batimetrici, perchè fra la punta del Gargano e le Tremiti si ha una profondità di m. 87, fra le Tremiti e Pianosa e fra questa e il Gargano di m. 88, fra Pianosa e Pelagosa di m. 140 e infine fra. Caiola e Cazza la profondità giunge a m. 181, che è la massima della nostra diga. Inoltre lo studio degli strati geologici e delle roccie che compongono le accennate isole dimostra: ancora che queste derivano dal fraziona- mento di una sola isola, frazionamento dovuto ai moti violenti, e abbassa- mento del sottosuolo e all’ercosione operata dalle onde; questa erosione avviene senza dubbio anche al giorno: d’oggi e produce una graduale e continua riduzione in superficie delle isole stesse, le quali finiranno a ridursi di numero non solo, ma a scomparire del tutto, 0 fagioli benchè in epoca certo lontanissima. Quindi era importante vedere se a conferma degli studi geologici pei quali le Tremiti} Pianosa, Pelagosa, ecc. rientravano nelle Isole conti- nentali del Wallace, quelle mantenevano i caratteri faunistici delle due sponde continentali opposte dell'Adriatico, e se vi erano naturalmente rimasti gli animali inetti ad attraversare il mare tanto attivamente quanto passivamente; e per questa profittai, al principio dell’anno 1906, dell’ultimo periodo di vacanze invernali per fare in esse una escur- sione di pochi giorni, e partii da Ancona nel pomeriggio del 15 feb- braio per ritornarvi la mattina del 25. Naturalmente, in stagione così poco propizia alle cacce zoologiche, dovetti limitar le mie ricerche specialmente sotto i sassi, perchèl’aria piuttosto rigida e la pioggia, che ogni tanto cadeva, impedivano agli animali di uscire all’aperto, e particolarmente agli insetti di visitare i fiori delle pochissime piante che avevano aperte le loro corolle, come il rosmarino, la mortella, l’euforbia dendroide e rare piante erbacee. Avuto quindi riguardo alla stagione, alla piccola superficie delle isole Tremiti ed alla mancanza assoluta di notizie zoologiche, quantunque il materiale raccolto non fosse del tutto trascurabile, pure credetti oppor- tuno di non pubblicarlo subito, tanto più che avevo in animo di visitare di nuovo e in stagione più favorevole quelle, isole. Difatti la mattina del 25 di maggio dello stesso anno sbarcavo per la PT SES ge seconda volta a S. Nicola e ricominciavo le mie ricerche zoologiche, spin- gendomi questa volta fino a Pianosa, essendo il mare abbastanza tran- quillo. La seconda escursione fu naturalmente di molto maggior profitto della prima; ima se in febbraio, come dissi, dovetti limitar le mie ri- cerche quasi esclusivamente sotto i sassi, ora, a cagione della grande siccità, ebbi il numero maggiore di animali dalla ‘Caccia coll’ombrello entomologico,' scuotendo le piante legnose ed erbacee, come pure l’ebbi dalla visita accurata delle piante in fiore, quali ad esempio: Daucus gummifer Lam., Onopordon tauricum W. var. apulum Fiori, Chrysan- themum 5198 ene Lg Carduus nutans L. ecc. sulle quali frequentissimi si trovavano i coleotteri: Morde/listena micans Germ., Mordellistena pulchella Muls., Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl:, Larinus sco- lymi Oliv., Lgngitarsus aeruginosus Foudr., Hispa testacea L.; gli ime- notterij Scolia bidens L. e Xylocopa viblacea L.; il dittero: Eristalis tenax |L.; il lepidottero: Macroglossa en ed altre specie di insetti, ché qui tralascio per brevità. Era mio de.iderio di poter prolungare lai qualche giorno la mia escur- sione in tempo così favorevole, come anche di ritornarvi in autunno, per poter aver materiale di studio raccolto in tre stagioni diverse, ma doveri! d’ ufficio me 1° impedirono. Desiderando di poter in tempo non lontano compiere - un’altra gita alle Tremiti é perchè anche altri si risolvano a farvi lunghe ed accurate ricerche zoologiche, mi suno creduto in dovere di far conoscere il. mate- riale raccolto, che si compone. di: circa cinquecento .specie ; in' alcuni casi di dubbio, per dar maggior valore ‘alle determinazioni, e quindi anche alle conclusioni, domandai l’aiuto di valenti specialisti, che no- minerò a suo luogo, i quali, con gentilezza davvero squisita, determi- narono anche una parte del materiale raccolto; perciò a. loro e a quanti mi furono larghi di indicazioni e di libri rendo le dovute grazie. Debbo inoltre manifestare tutta la mia riconoscenza e fare i più vivi ringraziamenti prima alla Direzione della Colonia penale, per la gentile ospitalità e il libero passaggio nelle diverse isole, accordatomi durante le mie due escursioni, e poi al Direttore del Vigneto di osservazione, Signor: Beniamino Antoci, il quale, con quella gentilezza che è tutta sua, si ‘adoperò grandemente: affinchè le mie escursioni fossero coronate dal miglior successo. sap ISOLE TREMITI || posa || Dalmazia S. Domino| Caprara |S. Nicola Tipo: VERMES. Italia continent. Classe: ANELLIDA Fam. Lumbricidae (1). Helodrilus (Allolobophora) cali- ginosus (Sav.), subsp. trape- zoîdes (A. Dug.) . . a Dr SA Helodrilus (Dendrobaena) dio- medaeus Cognetti, nova nr cies (2). Helodrilus (Eophila) januae. -ar- genti Cognetti . . . sd Octoclasium complanatum A. Due. gela, bi e +» |[l.cont.e x + penins. Tipo: MOLLUSCA (3). Classe: GASTEROPODA, Fam. Limacidae. Amalia carinata Risso . . + fi Amalia gagates Drap. . . + + TÈ lam. Zonitidae. Hyalinia sp. (del gruppo della cellaria). Un esemplare in- completo . . . i ai * Conulus praticola Rheinw,(4) + + (Tellini) * Vitrea etrusca Paulucci . . |lroscana + Vitrea sp. Due esemplari in- COR e et Ret + Fam. Helicidae. * Punctum pygmaeum Drap. + * Patula rotundata Mill. var. abietina Bourg. . . . . 3p * Patula solaria Rossm. . . + (Tellini) Cattaro (1) Raccolsi queste quattro specie in febbraio, sotto i sassi, durante la stagione umida e piovosa, mentre sugli ultimi di maggio i lombrici erano molto rari, anche sotto le grosse pietre interrate, per l’arido che regnava allora; le quattro specie furono de- terminate dal dott. Coenetti de Martis che pubblicò una nota dal titolo: Nota suî Lombricidi delle Tremiti, Boll. dei Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della Università di Torino, vol. XXI, n. 525 , aprile 1906. (2) Per la descrizione di questa nuova specie si consulti la nota citata sopra. (3) Fatta eccezione dei due limacidi, che mandai per conferma al prof. Simroth, tutte le specie furono determinate dal Marchese di Monterosato, il quale volle ag- giungere ancora qualche nota e alcune specie, raccolte dal Tellini e di cui ebbe notizia dal prof. Carlo Pollonera. 4 (4) Il segno * indica le specie trovate nei relitti del mare, sulla costa e nelle in- senature delle Isole. DE fe " c si italia ISOLE TREMITI | 1 i Pianosa |! Dalmazia anifeehie S. Domino | Caprara |S. Nicola * Vallonia pulchella Mill. . + (Tellini) e Caracollina lenticula Fér.. . + 23 Ja È chi * Anchystoma corcyrensis Partsch. + Dalm. meri. anchy Tellini Carthusiana carthusiana Mill. var. minor Auct. . . . . + + Carthusiana rizzae Aradas. (1) var. globosior Monts. nova va- PIGRI PDA, ld È CE + Xerolaeta turgida West. et Re RERTAZIA (ie ci 2 rt. = Xerolena brundisiana Fagot. . |losta adriat. + «Brind, Fano) Xeroclivia conica Drap. var. verticillata Parr. sg + 3 var. pyramidella Jan. sE + + |+elni Xeroclivia pyramidata Drap. ORI Ba] Xeroacuta acuta Auct. . . + + +. anche Tellini Xeroacuta acuta Auct. var. pratensis Monts., . . + + Helix vermiculata Miill. 3 + È + 1) Chondrus tridens Mill. Fre- quente sotto i sassi. . . + + + anche Tellini Chondrus tridens Mill. var rufa Monts. nova varietas. + (col labbro e i denti bianchi). Chondritortus quadridens Mill. 23 Li 2° anche tellin Scyphus (2) doliolum Drap. var. singularis Monts. nova va- E RS si i I LLC TA (1) È una forma che vive in Sicilia nella costa bagnata dal mare Jonio e prin” cipalmente nella provincia di Siracusa; nel resto della Sicilia è sostituita da altre forme. Si rinviene pure ed è assai frequente in molti punti della Calabria, nella costa Abbruzzese e nella Capitanata, alcune volte assai più grande, ma più tenue. L'H. olivieri Fér., colla quale è stata confusa, è una specie di Siria ed ha forme affini in Grecia, a Corfù, nelle coste dalmate e dell’Istria, col nome di parumcincta Parr. La nostra C. rizzae Arad., mostra costantemente le sue due zone bionde più spiccate, è più globosa e più solida. (2) Scyphus Monts. è una nuova sezione ed ha per tipo la Pupa doliolum Drap. e le specie meridionali ed orientali aride, come la scyphus Friv., la raymondi Bourg., l'orientalis Pleiff., la syrianocorensis Mousson, la femplorum Benoit, istituita su esem- plari giovani del genere Helix, ed altre specie. L'Oreula Held. ha per tipo la doliolum Drap. e le specie settentrionali e forestali umide, come la gularis Rossm., la conica Rossm., la jetschini Kim. ed altre specie, spesso ricoperte di limo glutinoso, che hanno l'apertura, la lamella, l’avvolgimento e il colorito, diversamente conformali. * Pupilla muscorum Mill... fs Torquilla frumentum Drap.. * Granopupa granum Drap.' . * Isthmia strobeli, Gredl. var. nodosaria De Stef. * Zua lubrica. L. * Alaea pygmaea Drap. : * Alaea antivertigo Dean * Vertilla angustior Jett. Rumina decollata L. (forma ci- lindrica che rassomiglia alla truncata Ziegl.). . * Caecilianella acicula Mull. . * Caecilianella eburnea Risso. Ferussacia hohenwarthi Rossm. Clausilia (Gibbularia) (1) gib bula Ziegl, molto comune in tutte le isole Tremiti, special. mente sotto i sassi; presenta varie forme: var. tremerusina Monts., no- va varietas (somigliante alla multiplex West. = Det Rope cala var. selecta Monts., nova va- rietas (piccola, acuminata, ci- nerea, a coste molto spiccate, rassomigliando i in piccolo alla CI. letokana Gredl. del Tirolo). var. solidula Monts., nova varietas (più solida e più al- lungata), ed altre forme poco definite, |. . È In tutte le varietà di forma, la colorazione si presenta alle volte cinerea, alle volte di un biondo rossiccio, eccetto che nella‘ selecta, DO è cinerea colle coste bianche... . . Qlarvsitia ( Delima. ) piceata Hifegl, fmeapne: SUL I. Rei gra r——————————————_—_—————_———_————————__——— +-——mmrrrr rrrrrrrrrrr—r-rreeee2r-r-tgtg—©’rr- ISOLE TREMITI Italia continent. + Costa Adriat. (Fano) Alpi | Costa Adriat, S. Domino | Caprara Mia anche Tellini ye anche Tellini +. anche Tellini + (Tellini)e | * SL + (Tellini) È. È A + S. Nicola ++ + +. + FA - + Pianosa || Dalmazia —+ anche Tellini pe rn; anche Tellini DS ‘Costa Adriat. (1) Questa sezione è stata distinta ‘dal dottor Boettger col nome di Gibbula, ma questo vocabolo fu dato anteriormente dal Risso ad un genere di conchiglie marine ed è stato adottato; ho creduto di cambiarlo in Gibbularia, ti a: 4 ISOLE TREMITI Italia } î Pianosa || Dalmazia continent. S. Domino S. Nicola Caprara Fam. Auriculidae. Carychium elongatum Villa + Ericia elegans Miill., molto fre- quente sotto i sassi. a + + LA Alexia botteriana? Ph. . . . |\costaMriat| | i ++ “|| Costa A niat, Tipo: ARTHROPODA. Classe: CRUSTACEA (1). Isopoda. Fam. Oniscidae. I Armadillidium pallasi Brandt. (caratterizzato da colore gri- gio-scuro uniforme). . . . (ito LE (Gargano) Armadillidium frontirostre Bud- de Lund (colorazione caratte- ristica bruno-chiara, con mac- chie pallide). . . . i Armadillidium vulgare Latr,. Porcellio diomedus Dollfus, nova species (2). Porcellio laevis Latr. Metoponorthus pruinosus Brandt. Metoponorthus melanurus Bud- de Lund. (in vicinanza del mare), 3 RANE FTT 0 Metoponorthus sexfasciatus Budde Lund. . . + Leptotrichus panzeri Aud et Sav. o cha Philoscia couchii Kin. fi vici- nanza del mare) atri + Philoscia cellaria Dollf. atea WTriento +. Philoscia elongata Dollf. . . + + HR all ast + + ++ + ++. ++ ++ ++. ++. + + + + + Philoscia muscorum Scop. . . | + Ligia italica Aud et: Sav. (in vicinanza del mare). . .;. |Apezia,Trieste + (1) Raccolsi tutti gli esemplari sotto i sassi e il maggior numero in maggio; le specie furono determinate dal DoLLrus di Parigi, che pubblicò intorno ad essi:una ‘nota .dal titolo: Sur les Isopodes terrestres des Iles Tremiti, La feuille des jeunes naturalistes, 101 décembre 1906, IV° Série, 36° année, n. 434) pag. 32-33. ‘(2) Per la. descrizione di questa nuova specie si consulti la nota ricordata sopra. be ————tzwum000}_000/-—— [11m ISOLE TREMITI Italia ntinent. Vada S. Domino Pianosa || Dalmazia Caprara | S. Nicola Scorpiones. Classe: ARACONIDA. Fam: Scorpionidae. Euscorpius carpaticus L. (molto | frequente sotto i sassi in feb- braio, piuttosto raro in mag- 00) RA 05 + di 97 F + Araneae (1). Fam. Aviculariidae. Nemesia cecconù Kulezynski, nova; species (2)... L . .|-. + -- Fam. Uloboridae. Uloborus walkenaerii Latr. . + E + Fam. Zoropsidae. Zoropsis spinimana di Duf. Ù Dahl e ed Si: Ch ca 35 Fam. Dictynidae. Ciniflo (Titanoeca) /lavicoma To oeh?. {9 2000. [Monti Sabini £ Ciniflo ferox Walk. Lo ded + + Fam. Sicariidae. Loxoscelus erythr e + Cel. Koch. 3°. . I. merié, + + Scytodes thordcica “Tore nà È + Di + Lei Fam. Dysderidae. Dysdera crocata C. L. Koch.. HE n £ Dysdera kollarî Dobl. + + Harpactes sp. . . uf + + Fam. Prasiodidasi Drassodes lapidosus Walk. . + + + + Drassodes lutescens C. L. Koch, || Napoli + + Drassodes severus C. L. Koch. - + Drassodes sp., Juv. . . . + + + Prostesima barbata L. Koch... || Pisano A Prostesima fuscipes L. Koch. . |calabria] + Pterotricha exvrnata C.L. Koch. + + + + + Fam. Pholcidae. pata MI Fuessl. PA ue * (1) Gli Araneae e gli Opiliones furono determinati dal prof. Kulezynscki di Gracovia. (2) Per le nuove specie e varietà di aracnidi delle Tremiti, vedi: Kulezypski, Fragmenta arachnologica, V, (Accedit tabula XXI). Bulletin de l’Académie des Sciences de Cracovie, Seance du 3 juin 1907 (VIII. Arachnoidea nonnulla in Insulis Diome- deis [Isole di Tremit;}] a Dre. G. Cecconi lecta). — Italia continent. Fam. Theridiidae. Theridium aulicum C. L. Koch. + Enoplognata mandibularis Luc. (Lsola .Cretaccio).. LL . .|. + Fam. Argiopidae. Argiope bruennichi Scop.? . . $ Cyclosa sierrae E. Sim... |ltiroto, merda Calabria Mangora acalypha Walk. . + Araneus circe Sav. . . 3. Araneus dalmaticus Dolesch. I Araneus redii Scop. . + Araneus adiantus Walck. + Fam. Thomisidae. Thomisus albus Gmel. . . + Runcinia lateralis C. L. Koch. $ Synema globosum Fabr. Philodromus caespiticola Walk. È specie dell'Europa setten- trionale e media; non è ricor- dato d’Italia e probabilmente confuso col Ph. aureolus. Philodromus medius Cambr.? Philodromus sp. (juv.). Fam. Clubionidae. Olios spongitarsis Duf, Chiracanthium mildei L. Koch. Fam. Lycosidae. Lycosa radicata Latr. - Lycosa albofasciata Brullé. Fam. Oxyopidae. Oxyopes heterophthalmus Latr. Oxyopes lineatus Latr. var. occi- dentalis Kulez., nova varietas. Fam. Salticidae. Leptorchestes chrysopogon E. Sn 1 Calabria Heliophanus cambr idgei E. Sim. + Salticus simoni Lai nski ci nova species. ui È I. sett. ++ ++ + + ISOLE TREMITI S. Domino + ++t+4+ +++++ ++ ++ ++ + L Caprara S. Nicola Pianosa Dalmazia + + + ++++ +++ ++ ++ SE + Istria, Pola (1) Questa specie era già stata raccolta in altri luoghi, ma non ancora descritta. — 112 ——rr_—vr---e-r-r;r_ ——_—_—____—_———1—@ Italia continent.|| - ISOLE TREMITI Pianosa || Dalmazia S. Domino | Caprara | S. Nicola n —____—____ ir (4 pdl doc dl | Dendriphantes nidicolens Walk. Probabilmente appartiene a questa specie il Dendr. nite- linus degli autori italiani, diffuso nel continente italiano e nelle isole . Euarscha jucunda Lite.” Pisano Opiliones. Fam. Phaldngidae. Phalangium propingquum Luc. Phalangium saxatile 0. L. Koch. Dycranolasma, diomedeum Kul- ezyniski;. nova SbEARE: F Su Fam. T'rombidiidde. Trombidium R+ Cao Orotag cio)... | Fam! izbditae. Hi yalomma aeg yptium Lu. Fam. Eriophyidae. Eriophyes ilicis Can. (Phylle- riumilicinum D. C.) con galle caratteristiche, su foglie di Quercus Nex L. . . i + Eriophyes stefanii Nal. con galle caratteristiche, su foglie di Pistacia Tentiscus Lr ; Eriophyes affinis Nal. con pu- stole fogliari caratteristiche su foglie di Ur arbo- rescens L.. iso: Miicona (1). Chilopoda. Fam. Scutigeridae. Scutigera coleoptrata L. Fam. Lithobiidae. Lithobius Dina Latzel. . Litobius mutabilis C.. Koch. n + + mar ori + - (?juv.)% + + i i 4 “ret! / ; Lussinpiecolo. sl + - sali pe + + sit (1) La specie dì questa-‘classe furono determinate dal prof. Filippo Silvestri. Se pe 4 ISOLE TREMITI | Italia : | ; i == || Pianosa || Dalmazia continent. S. Domino| Caprara | S. Nicola Fam. Scolopendridae. Scolopendra cingulata Latz. i Hi Scolopendra dalmatica C. Koch. ++ + ++ +4 . Fam. Cryptopsidae. Cryptops anomalus Newp. Cryptops hortensis Leach. . Fam. Himanthariidae. Himantharium gabrielis L. Stigmatogaster gracilis Mein, . Fam. Dignathodontidae. Chaetochelyne vesuviana Newp. # ‘hi e rn, Dignathodon LL aleasio e 1 pa È iù * st Fam. Geophilidae. Geophilus flavidus C. Koch. . “hi SEE > Diplopoda. Fam. Julidae. Pachyiulus communis Savi. . |Regioilitr.| + a Ha Pachyiulus (Oxyiulus) fuscipes n Cegipeli DA k Mylabris bimaculata Oliv. . a sù + Fam. Scolytidae (1). Pityogenes lipperti Henschel. . sl + Pityogenes pilidens Reitt. (det. Reitter). È + Ips proscimus Eichh. Alpi, S. Rem = + Viareggio Ips erosus Woll. In febbraio. || veneto {| + k Trentino Crypturgus numidicus Ferrari In febbraio. . Tallombrosa || + + (Toseana) Fam. Cerambycidae. Clytus rhamni Germ. È L Li Parmena pubescens Dalm. var. pilosa Brull. . : 3% + Acanthocinus griseus F. Rac- colti molti esemplari sui pini, coll’ombrello. . i 3 5 - + Niphona picticornis Muls. . i a + Agapanthia cardui L. - - + Fam. Chrysomelidae. Crioceris paracenthesis L, . + + + Macrolenes ruficollis F. . + + + SE Cryptocephalus trimaculatus Rossi. . . + +* * Cryptocephalus ‘macellus Suffr. (det. Reitter). E. + chi sa (1) Raccolsi le cinque specie di questa famiglia sul Pinus halepensis, sul quale avevano scavato le loro gallerie caratteristiche. sii — se î ° ; rist nni È ISOLE TREMITI Italia inent. È continen S. Domino . | 4 Pianosa || Dalmazia e II. | O S. Nicola Colaspidea globosa Kiist. Ab- bastanza frequente. Chrysomela americana L. Fre- quentissima sui fiori. È Chrysomela banksi F. CAR Reitter). . + + + + +++ + ++ Ochrosis pisana A Psylliodes cupreata Dufît. (det. Reitter). ; 7 Psylliodes chrysocephala L. Psylliodes chrysocephala L. var. collaris Ws. . , + Psylliodes cuprea Koch. Psylliodes hyosciami L. Phyllotreta procera Redtb. Aphthona nigriceps Redtb. Aphthona pygmaea Kitsch. (det. Fiori) : Aphthona euphorbiae ‘Schr. Longitarsus corynthius Reiche, ++, +++4+t+ +" + +++ + + ++ ++ ++ + (det. Reitter). . . . || Piemonte Longitarsus ballotae Marsh. (det. Reitter) Raccolsi col- l’ombrello epr qeappati sui pini. . >* Longitarsus aeruginosus Foudr. (det. Reitter). Come la DE cedente. . . . || Tirolo meridionale Hispa testacea L. Parecchi esemplari sulle ca di Cistus monspeliensis L. . . È + + Fam. Coccinellidae. sn He Adonia variegata Goeze, var. * Semiadalia 11notata Schneid.. Coccinella 7punctata L. Fre- quente anche in febbraio. . + Halyzia octodecimguttata L. var. ornata Herbst. Chilocorus bipustulatus L. Scymnus subvillosus Goeze. Scymnus pallidivestis Muls. Scymnus interruptus Goeze. Scymnus redtenbacherì Muls. . +++4++ + ++ +++++ + ++ttt + i ISOLE TREMITI Italia continent. S. Domino Pianosa || Dalmazia i Pe St e S. Nicola Fam. Myrmeleonidae. Palpares libelluloides L. Ab- bastanza frequente sui fiori | + fo + La di Compositae in maggio. Myrmeleon formicarius Li. Molto frequente, in maggio, lungo le siepi e lungo i confini dei + + + Ordine: Neuroptera. campi fra le graminacee. Fam. Chrysopidae. Chrysopa vulgaris Sch. Poco frequente. . . + + t Ordine: peri ea, Terebrantia. Fam. Chalcididae. Ormyrus punctiger Westw. (der Schmiedeknecht) . . + Fam. Braconidae. Glyptomorpha castrator Fabr. (det. Schmiedeknecht). Chelonus fenestratus Nees. Apanteles longipalpis Reinh. (det. Schmiedeknecht). : Bracon pectoralis Wesm. (det. Schmiedeknecht). Fam. tiviblinonidas. Angitia fenestralisHolmgr. (det. Schmiedeknecht). : Amblyteles armatorius Forst. t'ò gatebbraso; 1.d. ek + Fam. Cynipidae. Andricus coriaceus Mayr., con galle caratteristiche su foglie di Q! Hex L, i Fam. Tenthredinidae. Tenthredinidarum (1) sp., con galle caratteristiche sulle fo- glie di Q. Iter L.. . . . || Viareggio + + + ++ + + + + + + + (1) Cecconi, Descrizione di yalle nuove o poco conosciute, Marcellia, vol. III, 1904. re QIL de ISOLE TREMITI | Pianosa | Italia continent Mel ‘||S. Domino | Caprara | S. Nicola | Fam. Chrysididae. Ellampus auratus L. . . . + + su Fam. Scoliidae. Scolia bidens L. Frequente sui fiori di piante erbacee. . . | Napoletano || + =» Fam. Pompilidae. Pompilus fusco-marginatus Thom. (det. Magretti). . . + 35 Pompilus cinctellus Spin. var. nubecula Costa (det. Ma- i PeptiilGralofiera. | + * di ih Fam. Crabronidae. Oxybelus nigripes Oliv. (det. Magretti). . . . . || merid. E Oxybelus 14notatus Tur. (det. Magretti). sha + Cerceris emarginata Panz. (det. Magretti). . ul sha Sceliphron spirifen | (n et Magretti). . i st P Fam. Vespidae. Odynerus parietum L. di Magretti). 4 È + L Polystes gallicus L. Un esem- plare tipico in febbraio. . - - + Fam. Formicidae (1). Crematogaster scutellaris O1. In quantità grande dentro gal lerie scavate in una seppia di pino. . | 4 + + - + Aphenogaster pallida ‘Nyl. 5; - Aphenogaster subterranea Latr. + Li Messor barbarus var. 0, An- nese. ». . ||[ merid.| + - SL Messor barbarus var. meridio- nalis André, . Li (1) Le formiche furono determinate dal prof. Carlo Emery. ci cc n _————ee— Italia continent. | | ISOLE TREMITI Pianosa || Dalmazia S. Nicola | S. Domino | Caprara ot _£.I L__ee_T '_T_ _—_—r— T"“—++_Tîì Tetramorium caespitum var. diomedea Emery, nova va- rietas. È forma schiava dello Strongylognathus huberi For. La © presenta nella forma dei due segmenti del peziolo, moltocorti e larghi, e il primo subsquamiforme ed inciso ad arco nel mezzo, una struttura caratteristica che è simile a quella della sottospecie ferox Ruzsky, della Russia meri- dionale e dell'Ungheria; però la forma delle Tremiti è più piccola e differente per scol- tura e per colore . . Strongylognathus huberi For., subsp. rehbinderi For., var. cecconti Emery, nova varietas. 9. Colore come la s. sp. reh- binderi For., ma col capo ancora più scuro. Capo non del tutto così largo come nella forma della Russia; scultura più debole, la super- ficie splendente del capo più estesa; strie arcuate non sempre ben distinte, Dorso del pro-mesonoto in massima parte lucido. Lunghezza 3-3,2 mm. Pheidole pallidula Nyl. . Lasius alienus Favr.. Camponotus maculatus pallens Nyl. : Camponotus maculatus aethiops Latr. HO: Camponotus lateralis O). Plagiolepis pygmaea Lk. : Acantholepis frauenfeldi Mayr. var. niger Emery. E forma orientale e manca nelle Isole tirrene e in Sardegna Fam. Apidae. Andrena nana Kb. ire Ma- gretti)., suconi ola . . near ere. ct III SI pimimn__[w__u__y°—————_—_——_———— e _a@rzt—tt—r=-r=< = =w>« =s:i«— <È@È« /|:;| Calabria I. merid. 5F + cla e — ammettere che i molluschi importati alle Tremiti debbano aver sempre trovato un ambiente sfavorevolissimo, perchè, per le condizioni speciali nelle quali esse erano fino ab antiquo, e in modo particolare per ragioni di sicurezza per gli abitanti, l'approdo e le case, chiuse dentro una vera fortezza cinta da alte mura, furono sempre a S. Nicola, che presenta le condizioni meno favorevoli pei molluschi; le altre isole, compresa pure quella di S. Domino, non ebbero mai o quasi mai comunicazione diretta coi continenti. Così possono essere state importate dall’uomo le specie del genere Eriophyes, fra gli acari (colle piante); alcuni aracnidi (1), e qualche mi- riapodo (coi mezzi di trasporto); alcuni crostacei isopodi (con pezzi di legno e con oggetti diversi); i pochi imenotteri appartenenti alle famiglie: Braconidae, Ichneumonidae, e Pompilidae {col trasporto di oggetti nei quali erano per caso gli insetti invasi da questi parassiti); qualche for- mica, come Pheidole pallidula Nyl. (col grano) e Crematogaster scu- tellarîs Ol. (coi legnami e colle piante di pino, dentro alcune delle quali, che erano allo stato secco, trovai moltissimi esemplari); le due forficule (coi legnami e colle frutta); i ditteri: Sarcophaga (4 specie) Phora bicolor Meig. Pollenia rudis Fabv. Sphenella marginata Fall. Onesia vespillo Fabr. Urellia stellata Fiissì. Calliphora erythrocephala Meig. Chlorops sp. (per mezzo di sostanze animali e vegetali diverse), gli emitteri per buona parte colle piante, alle quali sono strettamente legati, come chiaramente lo dimostra il Ceroplastes rusci L. e 1’ Aploneura lentisci Pass. del pi- stacchio, la Schizoneura lanuginosa H. dell’olmo, 1’ Hysteropterum gryl- loîdes L. che si trova su piante legnose diverse, e principalmente sulla vite. Se il Pinus halepensis, che vive abbastanza bene a S. Domino, fu importato, allora potrebbe anche avere una qualche probabilità l’intro- duzione dei coleotteri che vivono a spese di questo pino, come ad esempio i cinque Scolytidae, il Pissodes e V Acanthocinus (2). (1) Il prof. Kulezynski mi riferisce anche quest'altro caso: “ Un altro mio amico ha raccolto sui bastimenti, nelle Indie orientali, non poche specie di ragni, i quali appartenevano in gran parte ai Salticidae, quindi animali poco mobili. È accaduto anche che un grosso Avicularide (Avicularia avicularia, quindi una specie sud americana) fu importata fino a Danzica in una nave da carbone ,. (2) Contro questa possibilità starebbe il fatto che, per introdurre i pini alle Tremiti, vi saranno state importate piantine giovani e sane, sulle quali o dentro le quali molto difficilmente si saranno trovati coleotteri, i quali vivono generalmente dentro 0 sopra piante,.piuttosto grosse e malaticce. [S isla È innegabile che la vita della maggior parte dei coleotteri e degli animali in genere è legata alle piante, a spese delle quali vivono e in- sieme colle quali essi debbono essersi diffusi, come, per citare un esempio soltanto, l’Hispa testacea L. e 1’ Apion tubiferum Gyll. vivono sui Cistus e non possono trovarsi che nei luoghi dove crescono queste piante; at- tendendo i risultati che deriveranno dallo studio collettivo, che il Béguinot sta ora facendo sulla flora delle Tremiti, da uno sguardo sulle piante raccolte dal Gasparini, dal Tellini e da me si potrebbe dire fin d’ora che buona parte delle piante che crescono in queste isole possono essere state importate dall’uomo stesso, oppure dal vento o anche per mezzo degli uccelli (1). Si può subito escludere che i coleotteri e gli animali in genere, i quali sono legati alle piante diffuse esclusivamente per opera del vento e degli uccelli, possano aver avuto lo stesso mezzo; per questi si dovrebbe naturalmente ammettere la diffusione per via di terra (2). Le piante coltivate erbacee introdotte dall’uomo, quali ad esempio il grano, le leguminose da foraggio e tutte le altre, che generalmente seguono queste colture, debbono naturalmente esservi state importate. come semi, fra i quali o dentro i quali potranno esserci stati i coleotteri e gli altri animali che vivono su queste piante, ma sempre in numero molto ridotto di individui e di specie; quindi, anche per buona parte di questi animali, deve ammettersi probabile l’introduzione per via di terra. Ne deriverebbe da ciò che poche sarebbero le specie importate, tanto di coleotteri quanto degli altri animali, la cui vita è strettamente colle- gata alle piante. A questo punto credo lecito fare una considerazione, che credo di una certa importanza per le particolari condizioni nelle quali furono sempre le isole di cui trattasi; risulterebbe difatti che una buona parte degli animali che vivono ora alle Tremiti, non potendo giungere in esse da sè attraversando il mare, potrebbero esservi giunte passiva- mente, in stadi diversi di sviluppo e in modi diversi, per l’opera in- consapevole dell’uomo. si i Però mentre si deve ammettere che l’uomo possa aver favorito il passaggio dal continente di un certo numero di animali, non può am- mettersi, a cagione, ripeto, delle cundizioni particolari di quelle isole, (1) È vero però che alle Tremiti, spopolate del tuttò di uccelli per la man- canza d’acqua, non si fermano che momentaneamente poche specie di passaggio; in febbraio vidi qualche branchetto di allodole e in maggio alcune quaglie. (2) Se il pino d’Aleppo fosse stato portato soltanto dal vento, per mezzo dei semi provvisti di una grande ala, i coleotteri ricordati per questo pino non sareb- bero potuti giungere alle Tremiti altro che per via di terra. Cela che tutte le specie, che. hanno la possibilità di questo fattore per la loro diffusione, siano state veramente introdotte dall’uomo. È fuori di dubbio che la superficie estesa, la fertilità del suolo, la presenza dell’acqua, le comunicazioni più o meno frequenti e più o meno, importanti, che le isole in generale hanno colle terre continentali e fra loro, facilitarono sempre in esse l'approdo e la permanenza del- l’uomo; le Tremiti non presentarono mai una sola di queste condizioni favorevoli, e quindi l’uomo, dapprima, non potè abitarle che per poco e ad intervalli, spinto più che altro dall’ abbondanza della pesca in alcuni momenti dell’anno (1). Se poi si dà un rapidissimo sguardo alla storia civile di queste isole e ai cambiamenti che queste ebbero per opera dell’uomo; risulta chiaro che esse furono abitate e coltivate più volte, e da civiltà diverse, ma più volte abbandonate, perchè la vita non solo non era sicura, ma era impossibile per l’assoluta mancanza d’acqua; quindi l’opera riformatrice dell’uomo potè sempre poco nelle Tremiti, le attinenze e gli scambi coi due continenti opposti furono sempre scarsi, scarsissimi gli oggetti in- trodotti e quindi relativamente pochi gli animali, che debbono essersi diffusi grazie all’uomo (2); cosicchè parecchie delle specie che rientrereb- bero in questo sottogruppo debbono essere giunte in quelle isole, o esclu- sivamente o anche in parte soltanto, per via di terra, come pure non si può negare che per la stessa via, che era la più facile per tutti, vi possono esser giunti anche parecchi o gran parte degli animali provvisti di mezzi propri di diffusione. II° GRUPPO. Abbiamo veduto or ora che, date le condizioni speciali delle Tremiti, è lecito ritenere che una parte degli animali che rientrerebbero nel primo gruppo possano essersi diffusi per via di terra. (1) Anche oggi si ha la prova di questo per Pianosa, dove i pochi pescatori di Tremiti si recano al momento della pesca delle sardelle e dimorano solamente alcuni giorni dell’anno. ‘(2) Starebbe a confermare questo anche la presenza alle Tremiti del Mus rattus (forma alerandrinus o tectorum, Savi) non sostituito ancora, almeno compiutamente, dal decumanus; occorrono ulteriori ricerche per assicurarsi se alle Tremiti queste due specie coesistono o sì trovi a rappresentare i grossi topi, come credo, soltanto la prima, essendo probabile, per le ragioni esposte, che il decumanus non sia an- cora giunto in esse. Del resto questo non sarebbe improbabile, sapendosi che questa forma del rattus abbonda su tutte le nostre isole, anzi su quelle dell’ Arcipelago toscano (Elba, Giglio, Montecristo, ecc.) è comunissima, e su alcune anzi la sola grossa specie. ape Passiamo ora a vedere se esistono specie che necessariamente debbano avere avuto la terraferma come mezzo per passare dal continente alle Tremiti, e delle quali non si potrebbe in altro modo spiegare la presenza in quelle isole. Cominciando dai coleotteri, il gruppo più importante per noi, perchè conta il maggior numero degli animali raccolti, è fuori di dubbio che abbiano seguita la via di terra e non possano essersi diffusi con altro mezzo le specie seguenti: Tentyria italica Sol. Helops azureus Brull, Stenosis brenthoides Rossi Asida bayardi Sol. Blaps gigas L. Opatrum melitense Kiist. Blaps gibba Lap. Lampyris lusitanica Motsch. Dendarus dalmatinus Germ. Meloe murinus Brdt. Pedinus meridianus Muls. Otiorrhynchus tomentosus Gyl. Helops quisquilius F. Brachycerus undatus F. ed alcune altre specie che tralascio per brevità. Dopo i coleotteri ci servono bene i molluschi che vivono alle Tremiti, pei quali si può affermare che quasi tutti si sono diffusi per via di terra; anche i crostacei isopodi sono animali lenti e con certezza una buona parte almeno giunse alle Tremiti per via di terra. Quanto agli aracnidi non si può affermare con sicurezza quali specie possano esser giunte per via di terra esclusivamente; senza dubbio un buon numero, ma certezza ci potrebbe esser al più per gli Opilionidi: Phalangium propinquum Luce., Phalangium saratile C. L. Koch., Dicranolasma dio- medeum Kulez.; per lo scorpione: Euscorpius carpathicus L.; e pei ragni: Nemesia cecconii Kulez., Disdera crocata C. L. Koch., Disdera kollari Dobl. I miriapodi potrebbero rappresentare tutte specie indigene, come pure potrebbero essere tutte specie importate, ma, sempre per le con- dizioni particolari delle isole, si deve credere che buona parte si siano diffuse per via di terra e specialmente: Chaetochelyne vesuviana Newp., Geophilus flavidus C. Koch. Fra gli insetti, oltre ai coleotteri ricordati, debbono essere giunti per via di terra i due tisanuri: Lepisma aurea Duf. e Lepisma crassipes Esch.; quasi tutte le formiche, parecchie specie di emitteri e ancora qualche dittero poco buon volatore, come: Phora bicolor Meig. Urellia stellata Fiiss]. Sphenella marginata Fall. Chlorops sp. E, a parer mio, un altro fatto verrebbe a confermare che tutti questi animali si sarebbero diffusi da sè per via di terra, perchè, dalle rac- Me, ge colte che ho sott’occhio e da’ miei appunti di escursione, potrei dividere gli animali delle Tremiti in due grandi gruppi: in uno di essi dovrei mettere le specie che appariscono con uno o pochissimi esemplari, nel- l’altro invece le specie rappresentate abbondantemente. Esaminando le specie che entrano nei due gruppi, fatte poche ecce- zioni, sì può affermare che nel primo gruppo entrano quelle che hanno probabilità di essere state, in modi diversi, importate, e che quindi possono aver trovato condizioni contrarie o poco adatte; nel secondo gruppo invece quelle che debbono essere giunte con mezzi propri, o per mezzo di organi di volo tanto potenti, da permettere loro il pas- saggio del tratto più o meno ampio di mare che separa le isole Tre- miti dai continenti, oppure col volo debole, colla corsa, col salto, col cammino, collo strisciare, in una parola per via di terra; di queste ultime ne fanno fede parecchi molluschi e in modo particolare : Caracollina lenticula Fér. Rumina decollata L. Xeroacuta acuta Auct. Clausilia piceata Ziegl. Helix vermiculata Mill. Ferussacia hohenwarthi Rossm. Chondrus tridens Mill. Ericia elegans Mill. alcuni aracnidi: Euscorpius carpathicus L. e le due specie appartenenti così al genere Phalangium, come al genere Dysdera; i due miriapodi: Chaetochelyne vesuviana Newp. e Geophilus flavidus C. Koch.; fra gli insetti i due tisanuri e quasi tutti i coleotteri appartenenti alia famiglia Tenebrionidae, e alcune specie anche di altre famiglie, in una parola, quasi tutte le specie che ho detto essere giunte necessariamente per via di terra. Ma allora cadrebbe l’ipotesi, fatta sopra, che i diversi insetti, trovati sul pino d’Aleppo, siano stati importati colle piante, perchè, es- sendo tutti rappresentati da un buon numero di individui (il Pissodes in numero grandissimo), rientrerebbero, secondo quanto osservavo pre- cedentemente, nel gruppo di quelli che giunsero alle Tremiti per via di terra; del resto non è improbabile che anche il pino abbia seguito questa via per giungere a quelle isole. La cagione poi del numero grande, grandissimo di alcune specie, come, ad es. del Pissodes, potrebbe anche ricercarsi nei forti turbini che si ebbero alle Tremiti, specialmente in questi ultimi anni, turbini che ebbero per effetto di stroncare e di abbattere numerose piante, rendendole intristite o rovinandole, cosicchè offrirono un ambiente favo- revolissimo al grange sviluppo di quelle specie. Avrei dovuto poi trovare in buon numero, perchè diffuse per via di terra: Stenosis brenthoides Rossi, Opatrum melitense Kiist., come pure altre specie, ma della prima rinvenni rari esemplari, e della seconda un esemplare soltanto, perchè ambedue, vivendo sotto i sassi e nei luoghi 0 DA SE aridi, trovarono le condizioni da essi volute e quindi conservarono la caratteristica loro di trovarsi quasi sempre in piccola quantità. Quanto ai vertebrati, ho già detto che non ci servono quasi punto, perchè il loro numero si riduce a cinque specie soltanto. È probabile che i due topi: Mus rattus L., var. (1), Mus musculus Rafin, siano stati portati dall'uomo, sapendosi quanto facile sia il loro trasporto da un luogo ad un altro, per mezzo delle barche e dei piroscafi; dei tre rettili, 1’ Hemy- dactylus turcicus L. è quello che più facilmente può essere stato tras- portato passivamente dall’uomo, sapendosi che i gechi in genere fre- quentano volentieri le dimore umane, nascondendosi dappertutto, in casse, fascine, ecc., e restando ostinatamente nei loro nascondigli se sentono rumore; ne segue che, se il nascondiglio è mobile, viaggeranno con esso; per le altre due specie: Zamenis gemonensis Laur., Lacerta muralis. var. serpa Rafin, è più facile pensare ad una diffusione loro per terraferma, cosa non improbabile anche per le altre tre specie ricordate. Mi sembra di aver dato prove svariate e bastanti per dover ritenere che un numero relativamente grande, anzi il maggior numero degli animali, da me raccolti alle Tremiti, dev’essersi diffuso per via di terra, e che quindi queste isole furono’ un tempo, con tutta certezza, colle- gate alla terraferma. Ma qui viene a proposito una domanda: furono esse collegate con tutti e due gli opposti continenti o con uno solo? e in questo caso col continente italiano o col dalmato? Gli studi geologici, pur ammettendo l’unione delle Tremiti anche colla Dalmazia, ammisero ancora che il bacino settentrionale dell’Adria- tico dovette comunicare, sia pure alternativamente, in uno o più punti e in modo più o meno ampio, col bacino meridionale; quindi la diga, che univa l’Italia colla Dalmazia, dovette essere almeno spesso, se non continuamente, interrotta da uno o più canali, e l'interruzione doveva essere nei punti che ora presentano i maggiori valori batimetrici, cioè fra Pianosa e Pelagosa (m. 140) e in modo speciale fra Caiola e Cazza (m. 181), mentre fra il Gargano e le Tremiti (m. 87), fra le Tremiti el Pianosa e fra queste e il Gargano (m. 88) i valori batimetrici diminui- scono di molto. Sarà quindi di grande importanza vedere se gli animali che vivono oggi alle Tremiti vengono anche a dimostrare le diverse condizioni della diga, cioè l’azione del canale fra Cazza e Caiola e anche del canale fra Pelagosa e Pianosa, i quali, ciascuno per conto proprio, nello stesso (1) Se si potrà provare, come credo, che il Mus decumanus non sia stato an- cora importato alle Tremiti per mezzo delle barche o dei piroscafi, ci sarebbe ra- gione di credere che anche il rattus sia giunto in quelle isole per via di terra. — W “ tempo o no, avranno avuto per effetto di impedire il passaggio in Dal- mazia degli animali provenienti dall’Italia e che per via di terra giun- gevano alle Tremiti ed a Pianosa, come pure di quelli che dalla Dalmazia sarebbero venuti in Italia, se la diga fosse stata tutta all’asciutto e per un tempo relativamente lungo. È stato già più volte ripetuto, e in modo particolare dal Forsyth Mayor ove tratta della Tirrenide, che i molluschi terrestri sono forse i più adatti di tutti gli organismi per la limitazione delle singole faune, a cagione della loro poca attitudine migratrice; cosicchè in Europa si prestano meglio degli animali superiori a caratterizzare i vari paesi. Vedemmo già che i molluschi, i quali al presente vivono alle Tre- miti, sono tutti italiani, e che soltanto quattro specie vivono anche in Dalmazia; cosicchè la fauna malacologica delle Tremiti si collega stret- tamente con quella della penisola italiana. E ciò era naturale perchè, essendo i molluschi animali molto lenti, pur ammettendo ancora che per un certo tempo la diga fosse rimasta tutta all’asciutto, le specie, che provenivano dall’Italia e che si dirigevano verso oriente, giunsero prima delle dalmate alle Tremiti, e quindi rimasero sole a rappresentare il tipo al quale appartengono. L'identità di questa fauna malacologica colla italiana spiega in modo ben chiaro che, se la diga rimase all’asciutto, dovette necessariamente rimanervi per un tempo molto breve e quindi la presenza continua o quasi, di uno o più canali, e più o meno ampi, non permise ai mollu- schi italiani, giunti alle Tremiti e a Pianosa, di passare nelle isole e nel continente dalmato, come pure a quelli di Dalmazia e delle isole dalmate di passare a Pianosa, alle Tremiti e nel continente italiano, cosicchè queste ultime conservarono assoluta la loro affinità colla fauna malacologica italiana. Questi canali si opposero al passaggio per terraferma, oltre che dei molluschi, anche di tutte le altre specie animali, sprovviste di organi più o meno potenti di volo, che provenivano dai due continenti: pro- vano questo i coleotteri, dei quali le specie che non sono comuni ai due continenti si incontrano tutte in Italia, di dove giunsero, come, ad esempio, l’Asida bayardi Sol. dev’esser giunta sicuramente dall’Italia non solo, ma proprio dal Gargano, dove si trova, e per via di terra, come pure: Meloe murinus Brdt. Lampyris lusitanica Motsch. Opatrum melitense Kiist. - e parecchie altre specie che abbiamo già veduto. Sono rare le specie di coleotteri, proprie anche della Dalmazia, che si trovano alle Tremiti ma non nel continente italiano; su queste sarà bene fermarsi un poco: la Parmena pubescens var. pilosa Brull. è propria della Grecia e della 4 = DO Dalmazia, ma, trattandosi di una varietà, si può credere che essa si sia sviluppata in pari tempo nella Dalmazia e alle Tremiti per infiuenza di ambiente analogo, senza bisogno di ammettere la diffusione da un territorio all’altro; la Danacaea picicornis Kiist. è propria della Sicilia, del Gargano, delle Tremiti e di Pelagosa; se non fu ancora trovata sul continente dalmato, può dipendere da ricerche incomplete; ma in ogni caso si può sempre credere che sui due continenti quella forma sia scomparsa o si sia modificata, e che si sia mantenuta soltanto in quelle isole per analogia di clima; il Larinus cynarae var. glabrirostris Gyl., si trova soltanto alle Tremiti, in Dalmazia e in Sicilia, ma non nel con- tinente italiano; per questa varietà (anche la specie si trova soltanto in Sicilia) si potrebbero ripetere press’a poco le osservazioni fatte per la specie precedente, colla differenza che, essendo sulla costa dalmata, si può credere che questa forma sia scomparsa o si sia modificata sul con- tinente italiano, e si sia mantenuta solamente alle Tremiti, in Sicilia e in Dalmazia, pure per analogia di clima; come pure si può spiegare la presenza delle altre poche specie di coleotteri, non ancora trovati in Italia, ma del resto quasi tutti molto diffusi, come: Harpalus litigiosus Dej. Pityogenes lipperti Henschel Psylliodes chrysocephala var. colla- ris WS. alcune delle quali sono collegate strettamente colle piante sulle quali vi- vono; si possono poi anche aggiungere: Scolopendra dalmatica C. Koch. Dysdera kollari Dobl. Lithobius peregrinus Latzel. ed altre poche specie che tralascio per brevità. Quindi, anche ammettendo la presenza dei canali che impedirono lo scambio della fauna fra le due coste, potendosi spiegare benissimo come si trovano alle Tremiti le poche specie che vivono in Dalmazia e non in Italia, non v’è bisogno dal lato faunistico di ammettere uno stretto col- legamento, per terraferma, di queste isole colla costa dalmata; questo col- legamento si deve ammettere però e in modo assoluto coll’Italia, avendo con questa le Tremiti identità quasi perfetta di fauna, e troppe essendo le specie per le quali si dovrebbe negare il passaggio per via di terra dalla penisola italiana, come, per citare qualche esempio, i coleotteri: Meloe murinus Brdt. | Chrysomela banksi F. Onthophagus andalusicus Wltl. i quali offrono ancora evidente il carattere della fauna del Mediterraneo occidentale, carattere che dimostrano anche alcuni crostacei isopodi ed anche specie di altri gruppi. <= Inoltre, essendo la maggior parte degli animali che vivono alle Tre- miti comuni tanto in Italia quanto in Dalmazia, si potrebbe pensare che la diffusione loro sui due continenti, per la presenza appunto di parecchie specie dell'Europa settentrionale e centrale, sia avvenuta dal nord dei due continenti; ma, poichè si entrerebbe in una questione complessa e che ci farebbe troppo divagare, mi contento di averla ap- pena accennata. Quanto all’origine della fauna delle Tremiti si può dire che anche questa concorda del tutto con gli studi geologici; abbiamo veduto già che l’ultima emersione di queste isole avvenne durante l’ultima fase del quaternario, e quindi la fauna dovette cominciare è svilupparsi parec- chio tempo dopo, in epoca relativamente molto recente, cioè quando non solamente erano emerse le isole ma sorgeva fuor d’acqua anche la diga, che le collegava al Gargano e sulla quale dovevano passare gli animali che andavano a popolarle (1); difatti la fauna loro ha carattere recente, mancando di endemismi paleogenici e rappresentando le poche specie e varietà nuove forme che, con tutta probabilità, si troveranno più tardi e con maggior facilità nel continente italiano. Se da ultimo la fauna delle Tremiti si mettesse a confronto ancora con quella di Sicilia e delle isole del Mar Tirreno, risulterebbe in modo evidente che la maggior parte degli animali raccolti alle Tremiti si trovano anche in quelle isole; e, poichè è già dimostrato che la Sicilia, la Sardegna, la Corsica e le altre isole tirreniche fecero parte di un ampio continente e quindi rientrano fra le isole continentali del Wallace, anche la grande affinità che v’è tra la fauna delle Tremiti e quella delle isole accennate sopra credo possa concorrere a persuadere sempre più che le Tremiti furono collegate un tempo col continente e che esse rientrano quindi, con dati di fatto che riguardano la fauna, fra le isole continentali. (1) Difatti il Tellini, a proposito del quaternario antico, dice che il calcare si presenta privo di qualsiasi traccia organica “ onde è fucile pensare che în generale quelle acque e la terra circostante non presentassero condizioni favorevoli alla vita ,,. ME: OS CONCLUSIONI. Da quanto si è visto finora si può dedurre: 1° Le isole Tremiti per le loro condizioni particolari hanno una fauna molto povera di specie. 2° S. Domino presenta il numero maggiore di animali perchè offre migliori condizioni di vita. 3° La fauna delle Tremiti va soggetta a lenta e continua diminu- zione per la riduzione continua in superficie che si manifesta in quelle isole. i 4° La maggior parte delle specie sono comuni in Europa e in modo particolare nell'Europa meridionale e nella regione mediterranea. 5° Alcune specie e varietà sono nuove ed altre hanno importanza per la loro distribuzione. 6° Mettendo a confronto gli animali raccolti alle Tremiti con quelli conosciuti fino ad oggi per l’Italia e per la Dalmazia, si conclude che il maggior numero delle specie che vivono alle Tremiti sono comuni in questi due continenti; le altre specie si dividono in due gruppi: a) specie trovate anche in Dalmazia, ma non in Italia (una ven- tina circa); b) specie trovate anche in Italia, ma non in Dalmazia (una no- vantina circa). 7° Ne segue che la fauna delle Tremiti è quasi identica a quella d’Italia. 8° La fauna delle Tremiti ha carattere di origine recente, e perciò concorda cogli studi geologici i quali stabilirono che l’ultima emersione di queste isole avvenne durante l’ultima fase del quaternario, e quindi gli animali che vivono ora cominciarono a popolarle dopo questa fase. 9° Quanto al modo col quale si diffusero questi animali dobbiamo dividerli in due gruppi: I. — Animali che dai continenti possono essere giunti alle Tre- miti indipendentemente dall’unione di queste isole colla terraferma ; vi appartengono: a) specie migratrici che giunsero coi loro mezzi di volo; b) specie che possono essere state importate passivamente in modi diversi dall’uomo. SAGaS II. — Animali che si diffusero soltanto per via di terra. 10° Se anche si dovesse ammettere che la flora delle Tremiti vi possa essere pervenuta indipendentemente da un istmo di terra, non si può venire alla stessa conclusione per la fauna. 11° Per le poche specie che si trovano alle Tremiti e in Dalmazia, ma non in Italia, si può spiegare la loro presenza in queste isole senza aver bisogno di ammettere, neppur in modo temporaneo, l’unione loro per terra colla Dalmazia; mentre per quelle che vivono alle Tremiti e in Italia, ma non in Dalmazia, e che giungono a circa un quinto degli animali conosciuti fino ad oggi per le Tremiti, è necessario ammettere l’unione per terraferma dell’Italia con quelle isole. 12° Si potrebbe affermare che le specie importate si svilupparono poco, in generale, mentre quelle giunte per terraferma o per mezzo delle loro ali si svilupparono in un numero abbastanza grande di individui. 13° La fauna delle Tremiti concorda moltissimo con quella della Sicilia e delle isole del mar Tirreno. 14° È evidente quindi che tutto concorre a poter affermare con dati di fatto che le isole Tremiti, dal lato faunistico, entrano nel gruppo delle isole continentali del Wallace, perchè una parte degli animali che in esse vivono debbono esservi giunti non per altra via che per quella di terra. Vallombrosa, R.° Istituto forestale, luglio 1907. MI ARSA "A VARA] : eni e VERSRET ti LI 1 N N i ' È: DÒ) n U si 14 p o MLT UATO f Smeg. He a) v ha «stat ih aiv raq otaatlon ov egltià la odo ilemigà —1, si iv inittoaf allob soft sl sifo qottosmata agavoD ia. adone. oBeX la og amor ib onttel at ab anorotasdangihai alsnavisq 019 sure sf 1a ogofaglostoo sstota sile om sBineariali gi o itimnov® stia omevoni le edo sivega oso0g al | &edo8 alozi stasup ni ascgngm proi bl sipgaige 659 la sitati a omof saving‘ vogstogarsi obom ti i0qqoa aesiormina id (il? è itimot! ofie otoviv sro sllowp 19q stinsnt isisasniali allo» & ifgab otrisp am sorio 4 onogasia edo a sisamtali ai sos aa otoitomine ditaszanea, $ titssn'© ebroqriggo rds coll itzioa «afoal aliovpm100 ailatl'iab:ssristetssta otoneTguiiza ia sistiogri sioaga ol so sssaviofte oddo1tag,. otte osssur Tag 0 amustem9i 194. ania ollsmpori cone fa DAL ubiribni ib sbuasrg avgsiendis ocvonmmne as ai ca vazan i allob slfoxp 109 omisatttoni sbiaogon pian" aliab Bionda i Oda ti teo ob: aforò colle isb.moo s'temtetta 18Î0g s eri09N109 ottgtado iboiop piaci offob ogauig looaarias, ovitaianaì c186 lab. dii L'alonatà ui od day Hsndao ‘tane, PrAdO SIE, soma Di netta feb its) ne da î di ra Ieri i ila i \ È # LI ernia / } SOT | rici » fà a LTANS TITO C t : I IV 6. 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S6t an prat: ser a ì 2 CIAO La D GLU @ (.é a Hone tit "i uma la A Persa i sO) dI E o sl) \ i VIPER ET N i I, AO VOLT e Un) i i } a ti TT i »_ n apri PRA RARO e ia0. s i { Li sì n | Ri 1 f , Da hi ua U Vate a s Ù DI hi L Vu ite tà DA) i : Mi CA alb i : ci hi 3; n la î a CARSO AI LT RSA DI AA] fer: Safe LI PARO AA | aa PA PBOBLETTINO Muse di Zoatogia adi Asraarg compa: du falla XK, Uniro retti dì tarlve, > nigrgponnitro————————————— —6———€— rc ——__—@@ ro. » frei cine o pobbiticato it 2 Macgic 79 OT CAT I ” fi: TATTO, GE SPENTI LR AT COSE nitide iii io» di o i = ) da 1/4 | tI a ieri al = sid *--A, dio de) I # ma # vs Contributo alta conoscenza delle dellolavna pagiiasion RE : , % Et Ì di Pan o RICE uv Giga (VE Le bene sini bero dy nali Native «Leoni a iQ Via ii ot Mara aatinio UE: TILL ) PR” ATO pelle a { VX : \ LORIA, hi Fun i (98 PNITICI ” LIAN Li bel Pif da va Pai ia 4 PL. PI Ma ta foro deacrvione, manifi.tari PE tip LI Gi lino steli £I \ ELL LU TUTTO afvetie iyrontin pdoto n. 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Gerbone, via Gaudenzio Ferrari, 3 - \\bg5 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino N. ssa — pubblie ato in? 92 Mag ggio 1 1908 NEVOLL'XXTII. Da. Luicr CoGNETTI DE MaARTHS Assistente al R. Museo Zoologico di Torino Contributo alla conoscenza della drilofauna papuasica Il prof. F. J. BELL m’inviò recentemente in esame alcuni lombrichi della Nuova Guinea appartenenti alla collezione del British Museum. Uno studio accurato mi condusse a ravvisare in quei lombrichi due nuove specie del ricco genere Phereli)na. Riferisco in questa nota la loro descrizione, manifestando in pari tempo il mio animo grato al chiarissimo prof. BELL pel nuovo attestato di stima. Entrambe le specie furono raccolte a Fak- Fak, Nuova Guinea Olandese. EPheretima falkfahensis, n. sp. Due esemplari giovani. CARATTERI ESTERNI. — L’esemplare maggiore ha lunghezza di 140 mm., diametro di circa 5 mm., e 137 segmenti (1). La forma del corpo è alterata in seguito a compressioni subite dagli esemplari nel recipiente in cui erano conservati, ma è a ritenere sia cilindrica. Le due estremità sono poco attenuate. Il colore è a fondo violaceo cupo alle regioni dorsale e laterali, la faccia ventrale ha tinta bruna assai chiara: ogni segmento è fasciato da una striscia bianchiccia, assai angusta sul dorso, lungo la quale sono allineate le setole. Il capo è epilobo */,. Le sefole sono disposte in corona continua ad ogni segmento, tranne al 2° e 3°, ove si nota un intervallo ventrale (aa = 5 40); se ne con- = tano 52 al 3°, 76 al 6°, 86 al 10°,,92 al 26°. La corona setigera dei (1) L’esemplare più piccolo è lungo -80 mm., spesso 34, e SI compone di 14-8 segmenti. segmenti caudali è sorretta nella regione ventrale da una tenue ca- rena. I segmenti 14°-16° sono muniti di setole in entrambi gli esem- plari:.il clitello non è ancora riconoscibile. Nell’esemplare più grosso si scorgono le aperture maschili disposte al 18° segmento, sorrette ognuna da una larga intumescenza bianca: fra le due aperture sì con- tano 26 setole. Le aperture delle spermaleche sono rispettivamente in un paio ai segmenti 7°, 8°, 99, a metà del tratto fra la corona setigera ed il mar- gine anteriore. Ogni apertura è sorretta da una piecola intumescenza bianca circondata da un’areola chiara. Tali aperture hanno posizione più laterale di quelle maschili: tra quelle del primo paio sì contano 10 setole. All'8° segmento, poco internamente alle aperture delle sper- mateche, si scorge un paio di areole papiltari bianchicce, di forma pressochè quadrangolare, collegate alla striscia che abbraccia la co- rona setigera, poste dietro ad essa. Tra i margini intermedî delle due areole si contano 18 setole. I pori femminili non sono riconoscibili. Il primo. poro dorsale tro- vasi all’intersegamento !?’,.. CARATTERI INTERNI. — Sono presenti tutti i dissepimenti a comin- ciare dal 4/,; i dissepimenti ‘,, a !*/,;} sono un po’ ispessiti. Il rentrigliv muscoloso è allungato, e contenuto nell’8° segmento; l’intestino sacculato comincia al 15° e manca di ciechi. I segmenti 10°-15° eontengono ognuno un paio di grossi c2077. Sistema riproduttore. — AI 10° segmento trovasi un paio di capsule seminali sottoesofagee grosse, protese in avanti, un po’ lateralmente, contigue lungo la linea mediana ; un secondo paio di tali organi, simil- mente disposto, trovasi all11 segmento, non collegato al precedente (l’ig. 1, c.) Coteste capsule sono attaccate al sepimento posteriore del segmento in cui si trovano, e attraverso a quel sepimento ognuna di esse comunica con un piccolo (relativamente alla capsula) sacco s-minnle tondeggiante bianchiccio posto a fianco dell’esofago (Fig. 1, s.): si contano quindi due paia di veri sacchi seminali, il primo posto al- l'11°, il secondo al 12° segmento. AI 18° pende dal setto 4/,; ai lati dell’esofago, un paio di organi tondeggianti, omologhi ai sacchi semi- nali, e simili del tutto a questi; tuttavia essi non comunicano con le capsule seminali. Dietro al sepimento ‘,, s'origina un paio di vasi deferenti che raggiungono subitol a parete ventrale del corpo (Fig. 1, ». d.); un secondo paio s’origina dietro al sepimento ‘'/,,; si arguisce da ciò la presenza di due paia di padiglioni eigliati, il che fa supporre la presenza di due paia di testes, distribuite nelle capsule del 10° è 11°. Non potei però precisare il punto d'attacco dei testes alla parete delle capsule. | | Al 18° segmento trovasi un paio di prostale. Il canale muscolare di queste è robusto e avvolto in un giro di spiva dirigendosi dapprima verso la linea mediana ventrale, poi in avanti verso l’esterno; all’estre- mità prossimale riceve il canale deferente e si continua nella parte chiandolare biancastra, un po’ espansa a mo’ di ventaglio. Manca af fatto una borsa copulatrice. Si contano tre paia di spermateche, distribuite rispettivamente ai segmenti 7°, 8°, 9°. Ogni spermateca consta di un’ampolla sessile, sac- ciforme che confluisce all’apertura esterna con un diverticolo digiti- forme ondulato, quasi altrettanto lungo, un po’ dilatato all’estremo prossimale (Fig. 2). Phneretima Isselii n. sp. (1) Due esemplari adulti CARATTERI ESTERNI. — Lunghezza mm. 180 e /55, diametro mm. 10 circa; segmenti 115 e 94. Forma del corpo come nella specie precedente, notando però che ogni segmento, sopratutto alla coda, è munito di carena anellare che sorregge le setole. Nella colorazione questa specie è molto simile alla precedente: la faccia ventrale è però bianchiccia anzichè bruno-chiaro. Il capo è epilobo ‘/s. Le setole formano ad ogni segmento una fitta corona: soltanto ai segmenti preclitelliani sono riconoscibili un intervallo dorsale ed uno ventrale, entrambi assai brevi (s3=?|us: aa = +/ ab). Si contano 37 setole al 3° segmento, 53 al 6°, 71 al 10°, 77 al 13°, 62 al 20°, 76 al 26. Il elitello, a cingolo, occupa i segmenti 14°-16°; è privo di setole. I pori maschili minutissimi, e assai vicini alla linea mediana ven- trale trovansi al 19° segmento: frammezzo ad essi, non vi sono setole, bensi quattro piccole papille tumide, appaiate su due linee trasverse ed equidistanti. Allineate coi pori maschili trovansi all’intersegmento t8.., due lievi incavature, altre due più piccole sono poste all’inter- segmento ‘°/,,, nella stessa direzione (Fig. 3). A metà del 14° segmento trovasi alla faccia ventrale un solco tra- sverso, più largo nel mezzo ove s’aprono gli ovidotti. Le aperture delle spermateche, in numero di tre paia sono irrico- noscibili, disposte negl’intersegmenti %/., "/,, */,, assai vicine alla linea mediana ventrale: tra le due aperture di ogni paio v'è un’intervallo di appena mm. 1,5. (1) Dedico questa specie all’egregio amico e collega prof. dott. RarrarL®m IssEL dell’Università di Genova, MOTTA Il primo poro dorsale trovasi all’intersegmento !°/,4. CARATTERE INTERNI. — Primo dissepinento visibile è il 4/.; i due che seguono ?/; e ‘/., sono villosi alla pagina anteriore ; il dissepimento */ è sottilissimo, il °/j, manca, il 4°/,, è molto sottile, 1?4/,, e il ‘2/g sono mediocremente ispessiti. Il rentriglio muscoloso, robusto, è posto all’8* segmento. L’intestino sacculato incomincia al 16’ segmento, e presenta un paio di ciechi semplici, attenuati all’apice, che si protendono dal 26° in avanti fin entro al 24" segmento. L’ultimo paio di grossi cuori trovasi al 13% Sistema riproduttore. — Ciascuno dei segmenti 10° e 11° contiene un paio di piccole capsule se;nzinali ipoesofagee fra loro contigue (? co- municanti). Le capsule del primo paio comunicano ognuna con un sacco seminale di mole maggiore compresso contro il sepimento !°/,, da cui pende nell’11° se&mento a fianco dell’esofago; altri due sacchi di ugual grossezza pendono nel 12° dal setto ‘,, attraverso al quale comunicano con le capsule del secondo paio. I sacchi seminali non’ sono racemosi. Le postate, in numero di un paio, sporgono con un lobo della por- zione ghiandolare nel 18° segmento, mentre tutto il resto si contiene nel 19°. Il canale è debolmente muscoloso, dritto, e raggiunge diretta- mente il minutissimo poro maschile: manca cioè una borsa copulatrice; la porzione ghiandolare, bianchiccia, poco voluminosa, è espansa a mo’ di ventaglio, e al punto in cui si continua nel canale sbocca il canale deferente. Le spermateche sono in numero di tre paia. Quelle di ogni paio sono poste ordinariamente dietro al setto che corrisponde all’intersegmento in cui sboccano all’esterno, ma talora almeno l’ampolla è posta davanti a quel setto. Ogni spermateca si compone di un’ampolla ovoide conti- nuata in un canale tozzo che confluisce all’esterno col diverticolo: questo è clavato, un po’ ondulato, e poco più breve della porzione ampollare. Fig. 1, Pheretima fal:fakensis n. sp.: capsula seminale ‘c.) destra del 10, sacco seminale (8.). dell’11°, e vaso deferente (0. d); n. — catena gangliare ventrale. Fig. 2, id. id. spermateca del lato destro. Fig. 3, Ph. Isselii n. sp., area maschile, g' od pori maschili. Fig 4, 7d. id. spermateca del lato destro» APRO 24 10° noab BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata: della R. Università di Torino DI N. 585 pubblicato il 23 Maggio 1908 Vor. XXIII. RES ITALICAE XX Dott. E. FESTA Il MYOXUS INTERMEDIUS Nehring, nelle Alpi italiane Fra i Mammiferi raccolti durante le mie escursioni di caccia nelle Alpi Carniche trovasi un esemplare di Myoxus inlermedius Nehring (1), catturato in Settembre nei boschi presso Padola (Comune di uffinelica Superiore) all’altitudine di 1200 m. circa. Questo esemplare corrisponde colle descrizioni del Myowus inter- medius, date dal Nehring (1) e dal'Fatio (2). Le parti superiori del corpo sono di color grigio, con una lieve tinta bruna lungo la parte mediana del dorso. Una striscia di color nerastro parte dalla base dei mustacchi e và fino alla base dell’orecchio.' Le parti inferiori del corpo, la parte inter na ‘delle gambe e le parti. ape riori dei piedi sono bianche. La coda è pennata, come quella ar Ghiro. (1) A. Nehring, Uber eine nene J/yoxus species (I/yoxus intermedius Nbrg.), aus Tirol, Sitzungs-Berichte der Gesellsch. Naturf. Freunde zu Berlin. N. 71}, October 1902, pag. 155. (2) Victor Fatio, Le Myoxus dryas, intermedius Nehring, en Suisse, Archives des Sciences Phys., et Natur., Genève, tom. XX, 1905, p. 586. Lp 10) Superiormente essa è grigia, marginata di bianco e colla punta bianca; inferiormente è bianchiccia. La,distribuzione geografica, del Myowus intermedius Nehring è an- cora poco nota. Sino ad ora, per quanto io mi sappia, esso era stato trovato nelle Alpi Austriache.|Lienz nel Tirolo] [Leoben, nella Stiria superiore (1) ], e nella Svizzera [Vulpera - Tarasp nella Bassa En- gadina, (2)]. La cattura del suddetto esemplare nel Comelico prova che le Alpî Carniche sono comprese nell’area di distribuzione di questa specie. ll mio esemplare è una femmina. Le sue dimensioni sono le seguenti: (Le misure sono prese sull’esemplare conservato in alcool). Capo e corpo . ‘ : Ì . ; 7 7 : mm. 86 Coda (senza peli) . è 00 » (col ciuffo terminale di San » 98 Piede posteriore (c. tai , È È : ; a 7; > 20 Orecchio . ; sAIORLE Distanza dal margine sal Renee 10 AT del.muso.. . : ; Pie » dalla base del margine VUTRTIO dell'orecctio alla punta del muso . È : È È 1 È ol CRANIO Lunghezza totale ©. s } x : 3 P +. mmSz6 » basale . ; L È È 1 i î » 21 » del palato 6 Li : i : » 10 Larghezza del palato a livello dol E. È Î vi > » » » del ‘margine posteriore del 3° molare . i : » 35 Larghezza massima fra gli ‘archi Libumbnier (Wiennal <;} ‘mente) x 3 SATTA ] a 1 i » 14,5 Diametro massimo biparietale, : : ì i » (12 » » bifrontale posteriore : , | : I | Larghezza minima dello spazio interorbitale ì È » 4 Lunghezza dei nasali 7 È ; 7 c i È » 9 . 1) Nehring, l. c ; Trouessart, Catalogus Mammalium, Suppl. 1904, fasc. II. pag. 349. (2) Fatio, l. c., p. 386. Meo VR Larghezza massima dei nasali. Lunghezza dei fori palatini » del diastema » della bolla ossea » della linea dentale ica (Di da e molari » massima della i È ° Altezza massima » » (all'apice dell’a- pofisi coronoide) » della mandibola a metà della i densa È Lunghezza della linea dentale inferiore (come sopra) . PIET") MO ZE i SVI vd Lene I 4 È L) ì i I lb Aa: RA A i, Ò I LI #0 4 ‘ È i ta Ts As: * Fissi BY a I Ù o* I Ca 1 PERA! i » “ $ lio L fi! pali Da ee grasdgi TUTI) A ? : N } INI F MIT. IMREDEU I ; vi vite ; | {E ” Ù a 7 F (311 Ì } Ù i Usi L ‘ i fi, BL A LI ; Ca DIA d DI MII I CITATO i Tira È i Ì i n iv pierre : i A : | | I Mii SPRETEA ì } t199{Y 7 A vi | x NI È bg: LA Po IE A ‘ n I | ® D) 4 I i n LI : è I 0 ‘n ® = b ) A A *uvie. , . i FA hi ‘SAI "i SL è À È dele a Ù el'ho a ans BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 586 — Volume XXIII —c Prof. LORENZO CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italia nella prima metà del secolo XIX VI. I manoscritti di Franco Andrea Bonelli Ni Nel Gennaio del 1813, Franco Andrea Bonelli scrisse una lunga let- tera allo Ziegler in cui rispondendo ad alcune sue obbiezioni circa al modo di considerare sistematicamente alcune specie di Carabus svolse ampiamente alcuni concetti suoi intorno al modo di considerare le specie, le varietà e intorno alla « variabilità degli esseri ». Di questa lettera il Bonelli conservò copia che esiste fra le carte Bonelliane del Museo Zoologico di Torino. Essa viene qui stampata testualmente: VARIABILITÀ DEGLI ESSERI Risposta fatta allo Ziegler sulle osservazioni da lui fattemi nella sua lettera delli 14 marzo 1812, per aver osato dire che il Carabus coelatus ha potuto essere originariamente una varietà del Carabus cyaneus. Ella non mi negherà, credo, che la tanto decantata costanza della natura, e l’esistenza perpetua e generale delle cause finali non siano che un pretto pregiudicio nostro traente la sua origine ora da cre- denze religiose che, non combattute dal ioro principio, son divenute per noi verità incontestabili, ora dall’eccessivo nostro stupore nel mirare Cp le grandezze dell’universo, l’ordine che vi si mantiene sotto ? nostri occhi, l'impossibilità apparente od anche, per ora, reale di spiegarne la cagione primaria, 0, per servirmi del termine più usato ma meno chiaro, i fenomeni naturali. Ella, dico, non mi negherà tutto questo quando momentaneamente sospendendo le sue opinioni prese, parte dall’educazione, dalla lettura, e parte dall'idea troppo grande ed austera che ci è utile per nostro piacere, d’avere della natura, ed elevandosi mentalmente ad una al- tezza tale da non poter più altrimenti considerare le cose che si pas- sano sul nostro globo, che d’una maniera filosofica e tal quali esse sono realmente, Ella, replico, non mi negherà quanto dissi, lorchè, rimirando in questo moto li ‘andamenti veri e reali della natura, farà attenzione che in un sito l’uomo è bianco, in un altro cupreo, in un altro nero, che quivi l’uomo ha la faccia stretta, depressa e lunga, mentre là esso ha all'opposto la testa più rotonda, il viso meno allun- gato e più regolare secondo, almeno, le nostre maniere di vedere e decidere. | Quivi il cane è di gran statura, là esso è piccolissimo, in un luogo, la sua pelle è rasa, in un altro coperta da lunga e fitta lana, quivi il grugno è allargato ed acuto, là all’opposto esso è cortissimo e come troncato. Il porco che è rossiccio nello stato selvatico, divien bianc.» nello stato domestico in Francia, e nero in Italia. La pecora ha lunga lana in Siria, la perde in Barberia, dove al contrario la coda, prende una forma ed una mole affatto differente. In fine per non attediarlo inutilmente la prego di gettar un’occhiata filosofica su tutta la caterva degli animali domestici sparsi nelle varie parti del mondo abitato. Ma non ho*ancor terminato d’esser letto e ponderato, che mi par udirlo dire: Tutte queste varietà che noi chiamiamo razze sono l’ef- fetto della domesticità e non delle infiuenze naturali, nella natura tutto è costante, e le specie furono, sono e saranno ognor le medesime: Quivi appunto io l’aspetto, e lo prego di dirmi in cosa esso fa consi- stere lo stato di domesticità, se dei due è più verosimile che l’uomo possa più della natura, o la natura più dell’uomo, o, in altri termini, se i mezzi di cui ha potuto servirsi, e tuttora si serve l’uomo, non esistono anche nelle mani della natura, finalmente quali siano questi mezzi, straordinarii davvero, per mezzo dei quali l’uomo indipenden- temente dall’ azione della natura è riuscito ad allungare la lana della pecora, del gatto, e del coniglio angoresi, a tingere in nerola pelle del suo corpo in Africa etc. etc. Quando io penso quali siano stati da principio i diversi stratagemmi di cui l’uomo si è servito per procurarsi un sì gran numero di razze di animali domestici, mi vedo forzato a quest’alteruativa, o di credere che la ‘sua industria si è coll’andar dei secoli straordinariamente»fer- casa > pnt mata, giacchè noi non sappiamo più farne altretanto, o di credere ciò che par più verosimile, che in tutte queste produzioni di razze no- velle l’uomo ci sia entrato per nulla giacchè non si può calcolar come causa efficiente il trasportar che l’uomo fece degl’animali in diversi climi, il costringerli a certi cibi loro straordinarî, a certe occupazioni abitudini etc. da loro non conosciute, nel che consiste la domesticità, ma bensi i climi stessi, i cibi, le occupazioni e le abitudini prese, le quali, qualunque sia il padrone dell'animale, hanno su lui un eguale e sempre identica maniera d’agire, onde risulta chiaramente che se la causa mediata ed indiretta di tante transformazioni è l’uomo, la vera causa, ossia l'immediata ed efficiente, è tuttora la natura stessa cioè quella riunione di circostanze locali delle quali l’influenza fisica ci è apertamente provata a posteriori dall’osservazione giornaliera. L'osservazione ci mostra che il piano d’organizzazione adottato dalla natura per gli uccelli esige che questi animali abbiano 4 dita, 3 per davanti e uno per di dietro che è il pollice. Quest’organisazione s’ac- corda precisamente con quella osservazione che tutto il mondo fà, cioè che gli uccelli sono dalla natura destinati a popolar l’aere, e riposarsi sugli alberi dove il pollice tendendo ad avvicinarsi ed op- porsi alle dita anteriori serra il ramo, e tien l’uccello fermo sulla superficie quantunque non piana. Ma tra gli uccelli avvene poi molti i quali per la natura delle loro abitudini si tengono gli uni a terra, gl’altri nell'acqua, dove il pollice trovasi per conseguenza inutile ed ecco appunto per questo che il pollice carattere essenzialissimo per gli altri, diventa qua per la sua inutilità trascurato dalla natura e per conseguenza variabile a segno di far separare specie che tra di loro sono somigliantissime. (Le Tringhe vanellus, cayanensis, helve- tica, squatarola ete. sono veri Charadrius, ma col pollice e li Charadrius Calychis etc. sarebbero vere Tringa ma senza pollice) e viceversa. Se puoi ella vuole ciò malgrado essere rigoroso computatore di tale ca- rattere, la natura verrà ella medesima a dimostrare che quel pollice non deve più essere considerato che come rudimentale, cioè in atto di anichilarsi per l’inattività continua in cui è. Infatti dopo le Ardea che l hanno completo perchè posano ed annidano sugli alberi, ella com- mincerà a trovare i Tantali i quali più terrestri delle ardee com- n'inciano ad averlo un poco elevato alla base, così che più difficil- mente potrebbe servire ad imbrancare il ramo, dopo vengono i Nu- menius e le Scolopax le quali unicamente destinate a camminare l'hanno di già così elevato alla base, che l’opponibilità alle altre dita divien assolutamente impossibile e la sua lunghezza va diminuendo in ragione della distanza delli uccelli da ramo, così che ‘arrivati alli Charadrius uccelli niente più nemeno terrestri che li BIS il pollice manca affatto. —Fd — Se la natura fosse costante e vi fosse una causa finale dell’esistenza delle varie parti d'un animale, quelli uccelli che non posano sui rami, dovrebbero essere tutti senza pollice, essendo cosa evidentissima che il pollice non ha altra destinazione, almeno lorchè è rivolto per di dietro, e quella gradazione di pollice largo ed orizzontale, pollice ele- vato alla radice, pollice elevato e corto, pollice elevato e rudimentale, pollice id. ma senz’unghia (Larus 3 dactylus), pollice 0, ma ancor l’unghia (procellaria), finalmente pollice ed unghia 0, questa grada- zione, dico, non dovrebbe esistere, poichè, dal momento in cui l’uso del pollice non è più permesso, se la natura fosse saggia, l’avrebbe dovuto lasciar mancare intieramente tutto in una volta e non per gradazione, la quale non può spiegarsi altrimenti, che ammettendo il passaggio degli esseri, dall’una all’altra forma secondo la natura delle circostanze locali. Così supposto il primo caso, ne dedurrò che dagli uccelli che posano sugli alberi e nei quali il pollice è necessario, sono venuti col tempo quelli che si contentano di camminare sulla terra (Charadrius) dove il pollice è inutile e nei quali per conseguenza è sparito, ma per arrivar quivi la natura è passata per le gradazioni intermedie di cui abbiamo la traccia nelle Tringa, nelle Scolopax etc. e se la Tringa squatarola per esempio, che io suppongo essere stata anticamente della specie medesima del Charadrius pluvialis, esiste an- cora, cioè tutta la sua progenie non è interamente passata allo stato di Char. pluvialis, questo non prova altro se non che un certo numero di individui di questa razza non trovavansi in circostanze affatto ana- loghe, e così favorevoli per come quelli altri in cui l'organismo si è messo più presto in armonia colle loro attuali abitudini. Quali siano poi nominatamente quelle circostanze che influiscono in quel tal modo, e quali quelle che influiscono in quel tal altro, come pure quali siano precisamente i modi con cui quelle agiscono sull’or- ganizazione animale (per le piante la cosa è meno difficile, veda so- pratutto la nuova opera di Springel) io non intraprenderò di dimo- strarle; appunto perchè si è fin ora considerato la cosa tutt’all’opposto, le osservazioni essendo sempre state diversamente dirette, la scienza ha ancor troppo poco acquistato per tal fine, ma se le ricerche in questo genere saran prosseguite senza preoccupazione di spirito, © guidate dal puro zelo per la verità non dubito che tal maniera di considerare non sia per essere appoggiata col tempo da grandissime prove dirette ed indirette. In generale però si può dire e provare con molteplici esempi che indipendentemente dalla tendenza che ha la natura al perfezionarsi, come dirò più basso, essa tende anche evidentemente a sviluppare quegli organi o accidenti che sono utili e di un uso qualunque all’es- sere, e che all’apposto tende a far sparire quelli che nelle circostanze di attuali di un’essere non sono più d’alcun uso (esamini le ali dei Ca- rabi e il pollice degli uccelli terrestri). Il Signor Lamarck nella sua Phylosophie zoologique ha posto (dopo però molte osservazioni ‘che appartengono a Pallas, Buffon e molti altri zoologi osservatori) i germi e molte prove indirette in favore di tal dottrina, ma se lo stesso autore fosse stato meno pensatore e più minuto osservatore, e sopratutto se fosse disceso negli ultimi detagli di qualche porzione di Zoologia ed avesse studiato un più gran nu- mero d’animali, avrebbe tirato un partito infinitamente migliore delle sue viste, ed avrebbe in qualche modo evitato degli errori e molte considerazioni ridicole che fan un grandissimo torto alle osservazioni e considerazioni fondate, colle quali sono mescolate. Ma ritorniamo al nostro proposito. Concedendomi ella ciò che nessun uomo che abbia gli occhi può negarmi, cioè che per le forze qualunque indipendenti dall’uomo, gli animali domestici pigliano forme, proporzioni, grandezza, colore, diffe- renti io non vedo alcun motivo raggionevole per non credere che forze simili od almeno analoghe non habbiano egualmente influito sugl’ani- mali selvatici e prodotto per la loro azione successivamente le varie razze, (che noi bravamente batezziamo del nome di specîe perchè non le vediamo accopiarsi tra di loro, perchè i loro caratteri ci paiono più costanti, e questo stante che le loro varietà sono subito conver- tite nei nostri gabinetti e libri in altretante specie nominali; e final- mente ancora per altri motivi tutti originariamente risultanti dalla nostra strana situazione di non aver mai potuto, come credo che mai si potrà, definire d’una maniera chiara ed aplicabile ai differenti casi, cosa sia specie, cosa sia razza, varietà etc. [(Quando la storia naturale sarà ben avvanzata, che tutti i dati (e ce ne son già quasi a suffi- cienza) necessarii saranno aquistati, il risultato sarà, lo prevvedo e ne son intimamente persuaso, che in natura non si troveranno real- mente esistenti nè le classi, nè gli ordini, nè i generi, nemmeno le specie e le razze, ma unicamente gl’individui. Se è vero che in na- tura esistano generi, famiglie etc. si è unicamente in quanto che esse rappresentano qualche ramo del grand’albero della natura, ed in questo caso se l’estremità del ramo è indipendente e termina il ge- nere o la famiglia, la sua base sarà sempre connessa col tronco cioè con altri generi e famiglie, e la connessione diverrà per conseguenza generale; (più basso ritornerò su questo punto)] d’animali selvatici le quali, poi le circostanze continuando ad essere le medesime, per es- sere invariabili sotto ai nostri occhi (cioè in quello spazio di tempo di cui possiamo aver memoria) sono credute inalterabili e formanti le vere e genuine specie. In fatti se nello stato di domesticità si è il clima che trasforma LV l’animale, non sonvi forse moltissime circostanze che possono deter- minare un animale anche selvatico a lasciar il suo clima natale per ‘andarne aa abitare un altro, il quale agirà su di lui come agirebbe sul animale domestico? Se si è la nourritura, non avverrasi egli forse la stessa cosa e così via dicendo. Ciò posto, egli è evidente che se la differenza di circostanze pro- duce «lifferenze organiche negl’animali, queste stesse differenze, devono essere tanto maggiori quanto più le circostanze influenti sono elle stesse maggiormente differenti; di qui i maggiori rapporti che gene- ralmente esistono fra gl’animali in ragione della prossimità del paese, o dell’analogia del clima da essi loro abitati, di qui per esempio la grande rassomiglianza che noi osserviamo tra di loro negli insetti al- pini, negli insetti acquatici, negl’insetti rapaci etc. chi non ha egli fatto attenzione cacciando ai lepidotteri sulle alte alpi, alla molte- plice quantità di papilioni neri che vi sono, tutti più 0 meno rasso- migliavti fra di loro, e per lo più estranei alle pianure? Chi non ha egli anche osservato la quantità di pierostichus che trovansi sotto i sassi sull’alpi, mentre altrove vi sono rarissimi, per non dir nulli come lo potrei dire senza timore di fallire, riguardo alle pianure del Piemonte ? D'onde dipende che tutti 40-50 Colibri conosciuti (Trochylus Lim.) son tutti americani, li Crocodili tutti d’Africa, li Gaviali tutti d’Asia, li Caiman tutti d’America, le Anthie e Graphipteri tutti d'Africa, li Carabi (Carabus) (Latreille osservò che tutti i carabi d’Africa o del- l'America meridionale da me esaminati si sono tutti trovati apparte- nere ad altri generi, per lo più alle Calosome) quantunque numerosi, tutti d’Europa o dell'America settentrionale o di qualche contrada temperata d'Asia? etc. etc. Di questi esempi se ne potrebbero citare dei centinaia, e tutti verr-bbero all’appoggio dalla nostra proposizione, cioè che un influenza più estesa avrà dato luogo a quelle forme che noi vediamo estese a molti es-eri formanti per esempio i generi, mentre che influenze più ristrette non avran potuto modificare che tenua- mente le forme già determinate pel genere, e ne saran risultate le specie. Il dire poi che, d’apresso questo raggionamento, tutti li animali d'un medesimo paese dovrebbero perfettamente rassomigliarsi tra di loro perchè influenzati da circostanze identiche, si è cosa affatto as- surda, e bisognerebbe per questo 1° negare il perfezionamento suc- cessivo che le specie niente meno che gli individui subiscono col- lPandar del tempo quantunque il solo perfezionamento, ossia sviluppa- mento degli individui sia a noi visibile perchè operantesi in un spazio di tempo abbastanza corto per essere seguito ed osservato da noi me- desimi coi nostri occhi, mentre il primo, operando più lentamente a guisa d’una sfera d’orologio che faccia il suo giro in mille anni e di ere ), pag. 220. — Blanchard 1340 (4), pag. 30. S.y. — Gryltacris ruficeps Gerstaecker 1860 (6), pag. 259-61. — Brunner 1888 (7), pag. 345, Tab. VIII, fig. 38. — Kirby 1906 (11), pag. 143. Di questa specie ricevetti & e 9 dal Sig. Bang-Haas. Habitat: Java Gryllacris ruficeps subsp. malaccensis m. ge. — Gryllacris ruficeps Griflini 1897 ( 2), pag. 142 Q. — A specie differt praecipue colore toto pallido flavido-stramineo necnon fasligio verlicir duplam primi arliculi antennarum latitudi- nem attingente el subsuperante. Habitat : Malacca et Pulo Penang. Typi: 19 (R. Musaei Zoolog. Taurinensis), apud Perak, in penin- sula Malacca collecta. Donavit D.r M. G. Peracca. 1 9 (Musaei Civici Hist. Natur. Januensis) in Pulo Penang a D. Loria et Fea, anno 1889 collecta. Magnitudo speciminis Musaei Ianuensis : Longitudo corporis mm. 29,5 » pronoti » 8,8 » elytrorum » 33,4 » femorum anticorum » 11,9 ‘» femorum posticorum — » 18,6 » ovipositoris » 15,5 Pallide flavido-straminea, elytris pallidissime subhyalinis. Caput magnum, crassum, ab antico visum orbiculare, haud rufatum. Fastigium verticis articulo primo antennarum duplo latius, anterius parum convexum, lateribus obtusis. Antennae flavidae. Maculae ocel- liformes subnullae, forma indefinita. Oculi postice subtiliter nigro mar- ginati. Frons sub utroque latere fastigii sulco subverticali subtili prae- dita: supra clypeum transverse impressa et utrinque in impressione subtiliter nigrata. Clypeus, labrum, mandibulae, palpi, cum reliquo capite flavida. Pronotum latum, lobis lateralibus forum deflexis, margine antico in medio producto ibique tuberculato, ad latera tuberculi minute sub lente crenulato, sed ad angulos anticos loborum lateralium et circum eos angulos fortiter crenulato. Pronoti discus valde inaequalis, sulcis optime impressis; pone sul- cum anticum superne utrinque tuberculo rotundato parum elevato sed ni latiusculo praeditus: sulcis in lobis lateralibus descendentibus ibique convergentibus et subtus coniunctis, parum fusco repletis. Margo po- sticus pronoti recte truncatus; margines inferi loborum lateralium subrecti, supra coxas minime sinuati, angulis rotundatis. Elytra hyalina, venis et venulis pallide stramineis, in parte an- tica tantum partim leviter infuscatis. Alae infumatae, apice vitreae, venulis transversis pallidis. Tibiae anticae et intermediae solito modo spinosae, spinis longis. Femora postica breviuscula, basi modice incrassata parte apicali parum attenuata, subtus margine externo 11 spinuloso, interno 5-spinuloso ; tibiae posticae superne intus spinis 6, extus spinis 7, necnon spina apicali utrinque instructae. Tarsi validi. Lamina subgenitalis 9 triangularis, apice rotundato, nec sulcata nec incisa. Ovipositor falcatus, subtilis, compressus, apice oblique truncatus. Finchè non conobbi in natura la vera Gr. ruficeps tipica di Giava, o finchè ne conobbi solo il g°, mi limitai a constatare come le 9 di Malacca e della vicina isola Pulo Penang si distinguessero notevol- mente pel colore e per la larghezza della sommità del capo, ma du- bitai potesse essere questo un carattere sessuale secondario proprio delle 9 ed erroneamente non indicato dagli autori. Ora che ho ricevuto anche una 9 tipica della Gr. ruficeps di Giava, ottimamente corrispondente al °° ed alle descrizioni degli autori, non esito a distinguere ed a descrivere almeno come sottospecie i suddetti esemplari di Malacca e di Pulo Penang. Gryliacris exeelsa Brunner d o. — Gryllacris excelsa Brunner 1888 ('?), pag. 351-52, Tab. VIII, fig. 41 D. — Kirby 1906 (12), pag. 144. Di questa bella specie ricevetti dal Sig. Bang-Haas due 9, di cui l'una porta come indicazione di provenienza: Milne B, Nova Guinea, l’altra porta come analoga indicazione: Nova Guinea Germanica. Corrispondono abbastanza bene alla descrizione originale. g Longitudo corporis mm. 42-49 » pronoti » 10-10,7 » elytrorum » 36-37,3 » femorum anticorum » 15,4-15,5 » femorum posticorum » 26,2-27,3 » ovipositoris » 26-27 Variat capite plus minusve nigrato, interdum toto castaneo-nigro, interdum ocgipite, vertice et genis fulvo testaceis. Maculae ocellares e in speciminibus capite toto nigro-castaneo praeditis adsunt sat di- stinctae quamvis parvae. Fastigium verticis latitudinem 1 1[2 primi articuli antennarum aegre attingit. Frons inferius impressa, transverse minute sed (etiam sine lente) distinete rugulosa, et punctis 4 magis impressis praedita. Clypeus inaequalis, impressionibus quatuor grosse punctiformibus (2 superis, 2 inferis) praeditus, inferius fiavidus vel rufescens. Sulci suboculares distincti. Pronotum lobis lateralibus perparum adpressis, a supero visum subquadratum: margine antico in medio rotundato modice producto ; tumescentuùs superis 2 (una utrinque) in parte antica, nonnihil post- sulcum anticum, praeditum : sulculo longitudinali abbreviato posterius dilatato: margine postico recte truncato. Lobi laterales longiores quam altiores, postice distincte altiores, margine infero post angulum an- ticum sinuato: angulo antico rotundato, angulo postico longe oblique truncato, margine postico verticali brevi: sinu humerali parvo; sulci V-formes valde impressi, sulcus posticus minus expressus, intervalli valde gibbulosi. Femora postica longa, spinis utrinque usque ad 10. Ovipositor angustus, ante apicem levissime dilatatus, apice suba- cuminato. Habitat : Nova Guinea. Gryllacris signifera (Stoll) Gryllus (Tettigonia) signifera Stoll 1813 (1), III Genre, pag. 26, PI. XII a, fig. 50. Gryllacris maculicolttis Serville 1831 (2), pag. 139. — Serville 1839 (3), pag. 394. — De Haan 1842 (5), pag. 220. — Gerstaecker 1860 (6), pag. 254. — Brunner 1888 ("?), pag. 352. Gryllacris signifera Blanchard 1840 (4), pag. 30. — Kirby 1906 (11), pag. 144. Questa è forse la specie più frequente nelle collezioni. Secondo me essa dovrebbe esser considerata quale specie tipica del genere Gry- tacrîs come prima descritta da Serville nel 1831 quando istituì il genere. Ne ricevetti alcuni esemplari di Giava dal Sig. Bang-Haas. Inoltre ne ho veduto nel Museo Civico di Storia Naturale di Ge- nova 1 d' di Buitenzorg, Giava (coll. G. B. Ferrari 1874), e 2 9 pure di Buitenzorg, Giava (coll. prof. O. Penzig, 1899). Fra i Grillacridi che ebbi in comunicazione dal K. Zoolog. Museum di Berlino, era pure rappresentata questa specie, e propriamente vi appartenevano: 1 9 in alcool coll’indicazione: Iava, Tschirch; 1° e 1 2 in alcool, coll’indicazione: Buitenzorg, Iava, Mai 1898, M. Flei- PIERI 1, TR scher ; e infine 2 din alcool, coll’indicazione : Samarang, Iava, Consul Erdmann. Faccio qui menzione di un & anomalo, che ricevetti dal Sig. Bang- Haas, il quale 0° presenta una di quelle anomalie per ridotto sviluppo d'una zampa posteriore, delle quali in diversi miei lavori ebbi già a descrivere vari casi, sulla cui interpretazione non è ora il momento di ritornare. Ecco le dimensioni delle due zampe posteriori dell'esemplare in discorso : destra (normale) sinistra (anomala) lunghezza del femore mm. 18,6 14 » della tibia » 17,8 13,8 » dei tarsi » 7 5 Tutta la zampa anomala è lievemente oscura e minutamente ma fittamente pubescente. Il femore è pochissimo ingrossato alla base: inferiormente ha solo due spine rudimentali verso il mezzo del mar- gine esterno e 9 spine sul margine interno situate verso l’apice, in parte fuse fra loro, di cui solo le ultime sono alquanto meglio formate. La tibia è subcilindrica, quasi inerme, presentando solo i rudimenti di due spine sul margine interno e di 6 spine sul margine esterno, irregolarmente poste, di cui una alquanto prima del mezzo e le altre ravvicinate presso l’apice. I tarsi presentano i quattro articoli distinti e ben fatti, solo ridotti di dimensioni. La provenienza di quest’esemplare anomalo è indicata: Malang, Iava. Gryllacris signîifera var. d. — A speciminibus typicis ex Java differt praecipue tibiis om- nibus (anlicis saluratius) superne infuscatis, necnon elytris alisque longioribus. Longitudo corporis mm. 30 » pronoti » 7,9 » elytrorum » 33,7 » femorum anticorum » 11,2 » femorum posticorum » 19,7 Habitat: Mindanao : Philippinae. Ne ebbi un unico d' dal Sig. Bang-Haas. Esso a prima vista ricorda la Gr. appendiculata, per le tibie di cui principalmente le anteriori sono superiormente infoscate. Però la strut- tura dell’ultimo segmento addominale dorsale di questo & è quale si riscontra nella Gr. signifera. I disegni del pronoto sono ben marcati anzi piuttosto larghi, pur essendo quasi mancante la lineetta mediana, Seli e Gryliacris athleta Brunner Q. — Gryllacris athleta Brunner 1888 ('?), pag. 355. — Kirby 1906 (11), pag. 145. S. 9. — Gryllacris athleta Griffini 1897 (12), pag. 142. Ricordo qui questa specie, di cui il R. Museo Zoologico di Torino possiede gli esemplari 9 e 9 di Perak (penisola di Malacca) da me descritti, poichè io ne feci conoscere il &, ciò che non vedo indicato nel Catalogo di Kirby. Gryliacris phryganoides De Haan g. — Gryllacris phryganoides. De Haan 1842 (5), pag. 219. — Ger- staecker 1860 (6), pag. 273. — Brunner 1888 (7), pag. 360. — Kirby 1906 (11), pag. 146. Questa specie descritta invero in modo brevissimo ed insufficiente da De Haan pare più non sia stata trovata dagli autori, pei quali è rimasta problematica: infatti Gerstaecker e Brunner si limitano a ri- ferire la breve diagnosi di De Haan. Dopo accurato studio credo potervi riferire una 9 che ebbi dal Sig. Bang-Haas, proveniente da Giava. Eccone i principali caratteri: g Longitudo corporis imm. 17,6 » pronoti » 3,5 » elytrorum » 28,4 » femorum anticorum » 6,5 » femorum posticorum mei +12 » ovipositoris Nicla (105 Corpus graciliusculum, sub lente pilosulum, totum fulvo testaceum, maculis ocellaribus parum conspicuis; elytris longis pellucidis, antice (inferius in quiete) omnino vitreis, postice levissime griseo-testaceis, pellucidis, basi tamen flavis: alis hyalinis venis venulisque fulvo-te - staceis. Caput ab antico visum ovatum sat elongatum, pronoto tamen latius. Occiput bene convexum. Fastigium verticis convexiusculum, inferius tantum subplanum, lateribus obtusis, latitudinem 1 1]2 primi articuli antennarum aegre attingens, maculis ocellaribus parvis, lateralibus, parum distinetis. Sulci suboculares indistineti. Clypeus, labrum, solito modo confecta, et cum mandibulis, palpis, antennisque, cum reliquo capite et corpore concolora. Pronotum sat parvum, compressiusculum, sensim longius quam latius, unicolor; margine antico in medio rotundato sat producto, sulco antico utrinque expresso, in medio minus impresso, sulculo longitudi- nali abbreviato distincto, sulco postico perparum expresso et prope PA inarginem posticum sito, margine postico transverso. Lobi laterales longiores quam altiores, postice quam antice altiores, angulo antico late rotundato, margine infero obliquo subrecto, angulo postico expresso inferius truncato; margine postico verticali: sinu humerali parvo : sulcis bene impressis. Elytra longa, ad apicem latiuscula, latitudinem maximam mm. 9,2 circiter attingentia, summo apice subacute rotundata, pellucida, parte anteradiali vitrea incolore, parte post-radiali levissime griseo-testacea, ad basim flavida. Alae sat elongatae, modice latae, hyalinae, venis venulisque fulvo- testaceis. Pales pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 4 longis prae- ditae; tibiae intermediae subtus utrinque spinis 4 longis necnon spina apicali breviore armatae. Femora postica basi incrassata, ad apicem regulariter attenuata, subtus margine externo spinulis 9, margine in- terno spinulis 13, apicem versus leviter majoribus, l:vissime infuscatis, armata. Tibiae posticae superne sat longe post basim planiusculae, ibique utrinque spinis 6 sat parvis, leviter infuscatis, instructae. Apex abdominis 9 superne solito modo confectus, segmentis dorsa- libus abbreviatis. Ovipositor elongatus, angustus, leviter incurvus, subrectus, apice regulariter et sat argute acuminatus, cum corpore concolor. Lamina subgenitalis 9 in medio apicis leviter excisa. Seg- mentum ventrale ultimum videtur utrinque appendiculo styliformi toto cum eo contiguo praeditum: his 2 appendiculis intus convergentibus, in duobus depressionibus ventralibus obliquis segmenti sitis, a parte media prominula inter se divisis. Habitat: Malang, Java. Gryllacris mnigriceps Karsch o. — Gryllacris nigriceps Karsch 1892 (9), pag. 341. — Kirby 1906 (11), pag. 147. — Griffini 1908 (13), pag. 21. Di questa specie fu finora fatta conoscere solamente la femmina. [o stesso, nell’opera sopra citata non potei ridarne la descrizione che sopra due 9 statemi comunicate dal Musée R. d’Hist. Naturelle di Bruxelles. Ora ho ricevuto dal Sig. Bang Haas un d riferibile a questa specie ed indicato come proveniente dal Kamerun. Ne do qui i prin- cipali caratteri. & Longitudo corporis mm. 30 » pronoti > 6 > elytrorum » 29 » femorum anticorum » 9 » femorum posticorum > 15,2 tif Foeminae valde similis. Occiput convexum sat prominulum : fastigium verticis articuli primi antennarum latitudinem minime superans ; macula ocellaris frontis mi- nime major quam macula: fastigii verticis. Antennae pubescentes ut in9basi fuscae, articulis basalibus permultis apice anguste pallidioribus. Pronotum pubescens, margine antico rotundato supra occiput di- stincte prominulo, sulco antico perparum excavato, tamen distincto, valliforme, sulculo longitudinali abbreviatolatiusculo et parum impresso, sulco postico margini postico valde proximo, parum impresso ; margine postico truncato, metazona lateribus gibbulosis. Lobi laterales multo longiores quam altiores, posterius leviter altiores, angulo antico late rotundato, angulo postico infero subtruncato, margine infero subrecto, sinu humerali perparum distineto. Sulcus U-formis et sulcus posticus bene impressi ; intervalli gibbulosi. Color capitis ut in 9. Color pronoti etiam circiter ut in 9, ferru- gineus, margine antico lateraliter incerte subtiliterque infuscato. Elytra ut in 99 a me descriptis apicem abdominis distinete supe- rantia, subvitrea, venis venulisque ferrugineo-fuscis. Pedes longiusculi, pilosuli. Tibiae anticae subtus utrinque spinis 4 longis armatae. Femora postica modice robusta, ut in 9 confecta et spinulosa; apex femorum breviter et parum conspicue niger. Tibiae brunneo-nigrae. Tibiae posticae sat longe post basim superne depla- natae, utrinque spinis 6 instructae. Tarsi d' toti brunneo-testacei. Segmentum abdominale dorsale octavum productum, apice in medio prominulo et spinulis duabus approximatis verticaliter deflexis ibi armatum; segmantum nonum sub octavo subtotum absconditum, apice verisimiliter excisum. Lobi 3 sub eo adsunt, quorum medius in modo laminae supraanalis deflexus, subrectangularis, superne impresso con- caviusculus, apice subrotundatus. Lamina subgenitalis & lata et ampla, in medio longitudinaliter verisimiliter carinata, apice haud incisa, stylis lateralibus breviu- sculis, crassiusculis, teretibus. Habitat: Victoria, Kamerun. Gryilacris michaelisi Griffini dt. 9g. — Gryllacris michaelisi: Griffini 1908 (14), pag. 65-67. Di questa specie, da me recentemente descritta, ricevetti ora dal Sig. Bang-Haas altre due 9, della stessa provenienza. Queste due 9 corrispondono completamente ai tipi, pure conservati nella mia collezione, solo appaiono lievemente più gracili. Le loro principali dimensioni sono le seguenti : Longitudo corporis mm. 24-26,5 nta pronoti » 5,1-5,9 — 4 Longitudo elytrorum mm, 25,1-27,3 » femorum anticorum » 7,2-7,5 » femorum posticorum » 13-13,4 » ovipositoris » 14,5-17 Habitat : Espirito Santo, Brasile. BIBLIOGRAFIA CITATA 1. StoLL C. 1813 — Représentation des Sauterelles, des Grillons et des 2. (vs) 4. 6. J 10. 11. 12. 13. 14. Blattes. — Amsterdam. I. G. AUDINET-SERVILLE 1831. — Revue method. des Insectes de l’ordre des Orthopterés — Annales Sciences Naturelles. Paris, Tome 22. I. G. AUDINET-SERVILLE 1839 — ZHistoire natur. des Insectes orthop- téres, Paris. E. BLANCHARD 1840 — ZMistoîre natur. des Insectes, Pavis, Tome II, W. DE-HAAN 1842 -- Bijdragen tot de Kennis der Orthoptera. Verhandl. over de Natuurl. Gesch. der Nederl. overzeesche Be- zittingen. 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Similissima alla 7. planctonis, Apst. con identica distribuzione delle ghiandole pinnali. Si distingue sopratutto per le membrane pinnali le quali risalgono in forma di lista lungo il tronco del parapodio sin contro il corpo. Hab. Atlantico fra 22° N. e 33°S. e Pacifico a 31°S. Cap. H. Nissen legit. Tomopteris Dunckeri n. sp. Simile alla 7. Aloysii Sabaudiae Rosa (Monitore zoologico italiano, 1907) se ne distingue per le spalline vi- bratili molto alte sulla spalla, pei remi delle pinne un po’ digitati, per le pinne caudali (almeno nella $) lunghe, lanceola'e e presenti su tutta la coda il cui ultimo tratto non è nudo. Hab. Fra Ceylon e lo Stretto di Dampier. (Dr. Duncker legit). Questi tre tomopteridi appartengono al Natur/htgstor. Museum di Am- burgo. Le descrizioni definitive si troveranno in un mio lavoro ora in corso di stampa (Rosa: Anellidi, parte 1* Tomopteridi) che formerà il fasc» V® del Vol..I dell’opera: Raccolte plancloniche fultlte dalla R. N. « Liguria ». Pubblicazioni del R. Istituto di studi superiori di Firenze). Pubblicato il 26 Agosto 1908 —_ -____ Ty — -—Tr ——— Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1066 — Tip. Pietro Gerbone — Torino 65 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino = steota? Numero 589 — Volume XXIII __ == î == =_= = Dx DoTT. LUIGI COGNETTI DE MARTIIS PAOLO BIOLLEY NECROLOGIA I naturalisti che curano lo studio di collezioni proprie o apparte- nenti.a musei vedono spesso queste farsi più ricche, più preziose, per opera dei doni cortesi di altri naturalisti coi quali occasionalmente, anche soltanto per lettera, erano dianzi entrati in rapporti di cono- scenza. Nulla di più sincero del benevolo senso di gratitudine susci- tato da tali doni: i rapporti di conoscenza si cambiano così ben spesso in amicizia cordialissima, sorretta da reciproca stima. Anche se priva di conoscenza personale tale amicizia non per questo sarà meno salda di quella nata in una stretta di mano. In tal modo anch’io ho conosciuto varî colleghi che con intimo piacere posso ora chiamare amici. Fra questi uno dei più meritevoli di gratitudine era il Prof. PAoLo BroLLEY. Quando lo scorso Febbraio, giunse da San Josè di Costa Rica, luogo di sua dimora, l’annunzio della sua morte, questo destò una dolorosissima impressione. Il Diret- tore e i colleghi del R. Museo Zoologico di Torino ebbero come me espressioni di vivo cordoglio per la grave perdita, e una lettera di condoglianza venne inviata al Museo Nacional di Costa-Rica, cui il Prof. P. BroLLEy diede per parecchi anni l’opera sua di naturalista (1). Specificare il numero dei doni che il Museo di Torino ebbe dal Prof. BroLLey sarebbe troppo lunga cosa; dietro suo esempio lo stesso (1) Di questa lettera volle, ton delicato pensiero, far cenno il prof. A. Alfaro in una necrologia del prof. BroLLev pubblicata nel « Boletin de la Sociedad Na- cional de Agricoltura » di Costa-Rica. (anno 2°, n. 2). do A , direttore del Museo di Costa Rica, il Prof. Anastasio Alfaro, e un suo allievo, il Prof. I. F. Tristàn, inviarono ancor essi copiose collezioni di animali, eostarricensi. o Alle tettere di ringraziamento il Prof. BroLLEy rispondeva sempre con nuove promesse, fedelmente mantenute. Richiesto una volta se i donì avrebbero potuto essere ricambiati coll’invio di materiale zoologico europeo, mi rispose, nel dicembre 1903, impersonando 1’ Istituto cui apparteneva: « Pour nous la grande question est de faire étudier notre faune », e declinò l'offerta. Un nobilissimo sentimento, quello di esser utile alla scienza, animava quel bravo professore a occuparsi, anche nei periodi di vacanza, di raccogliere con raro discernimento, ani- mali d’ogni tipo, a spartire con paziente attenzione il materiale de- stinato ai singoli specialisti, accompagnandolo, con preziosi dati eco- logici. i E come qui scrivo a nome del R. Museo Zoologico di Torino certo altri potrebbero scrivere altrove a nome di altri istituti, giacchè il Prof. BioLLEY manifestava la sua generosa attività di donatore a mol- tissimi studiosi. — Ma }’opera meritoria del defunto Prof. BroLLev ebbe limiti ben più ampii. Oltrechè fervente naturalista egli fu pure maestro dotto e amo- roso ai giovani nella disciplina ch'egli coltivava. E nell’opera d’inse- gnante era degno di particolare stima poichè le dedicò intensissima la sua attività, per un periodo di ventun anni, in un paese che non era sua patria, e in cui seppe tuttavia guadagnarsi l’universale stima. Nato a Neuchatel nel 1862 s'era recato ‘a 23 anni in Costa Rica, ove con grande alacrità insegnò scienze naturali nel Liceo governativo e nel Collegio femminile di San Josè, e ancora nell’Instituto di Cartago. Curò con amore lo studio della fauna e della flora costarricensi radu- nando preziose collezioni, e pubblicando interessantissime note su questo soggetto. I risultati delle sue attive ricerche intendeva coordinare in un grosso lavoro ch’ egli andava preparando, ma la morte inesorabile 10 colse il 16 gennaio di quest'anno. Aveva appena 46 anni. Il prof. P. BioLLEY lascia una larga eco di rimpianto fra i cultori delle scienze naturali. Alla sua memoria s’unirà sempre un senso di profonda gratitudine da parte di quanti ebbero prove della sua squi- sita cortesia. Pubblicato il 31 Agosto 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1074 — "Tip Pietro Gwbone — Torico ILS BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata - della-R. Università di Torino Numero 590 — Volune XXIII Prof. Lorenzo CAMERANO LA FAUNA DELLE NOSTRE ALPI Lettura fatta al VII Convegno Nazionale dell’Unione Zoologica Italiana a Bormio il l1 Settembre 1908. Signori, « Molto sarà perdonato a chi molto ha amato » — Queste parole ben note, mirabili di profonda sapienza psicologica e di bontà, mi hanno indotto ad accogliere linvito del benemerito Presidente del comitato ordinatore del nostro convegno; di parlare a voi della fauna delle nostre alpi. Ho amato grandemente le alpi nei miei anni giovanili e le amo tut- t'ora per la bellezza loro incomparabile, per la grandiosità dei feno- meni che esse presentano, per l'immenso campo di studio che esse offrono alla mente nostra. — Se ora il mio dire non tornerà di pieno vostro aggradimento, altrettanto grande come îl mio amore per le alpi, spero, sarà il vostro perdono. * * * Io devo parlarvi della fauna delle nostre alpi. Orbene, la prima do- manda che mi sono fatta è stata questa: Conosciamo noi la fauna delle nostre alpi? Il risultato..delle. mie ricerche: intorno alle cognizioni che si pos- seggono in proposito è stato il seguente ; sd hi T el è lait de Lai È | °° f 5 y Pai E y Non esiste alcun lavoro g geherale chie ilia un quelo daiizioto degli animali che vivono nelle nostre alpi. — Il libro, che il Dott. Silvio Calloni pubblicò, nel 1890, è un lodevolissimo tentativo di rassegna statistica ‘dégli ‘ariimali, -citati-dai vari Autori :comb-'viventitiélle .re- gioni alpine, per giungere.in base ad essa a. conclusioni generali in- torno alla fauna delle regioni stesse; ma 23. seslunge alla conoscenza della fauna delle nostre alpi. svn Per nessuna delle nostre vallate è stato fatto un:lavòro ieri intorno agli animali. i Scarsi pure sono i lavori parziali intorno a dolori gruppi di animali e parecchi di essi, è d’uopo dirlo, sono oggi di quasi nessun valore per il metodo col quale sorio stati ‘èondotti. Pochissime di fronte alla vastità € complessità dell’ argomento da studiarsi, sono le ricerche che vennero fatte, fino ad ora, fra noi intorno ai fenomeni biologici degli. animali. nello, speciale ambiente alpino. Io non esito perciò a conchiudere che la fauna’ delle nostre alpi è oggi presso a che ignota. Se qualcuno dei miei uditori tiéva la mia affermazione troppo recisà -! e forse anche paradossale, io lo invito ad un esame della « bibliografia » dell’argomento. La cosa non sarà lunga. Tenuti nella voluta considerazione alcuni studî monografici su qualche gruppo di animali, qualche buon catalogo faunistico di località ristrette, ed alcune pregevoli serie di lavori fisiologici e dietologici, egli si per- suaderà facilmente che la maggior parte delle notizie che numerosi Autori hanno dato intorno alla fauna delle nostre alpi, in opuscoli, in. méniorié, ih'conferenze ecc. sono attinte (spesso sarebbe forse più esatto il \dire, sono! tolte di peso) dalla classica opera sulle alpi dello Tschudi che risale alla metà circa del secolo scorso, e per quanto riguarda;i : Vertebrati, : dalle: bellissime nigheg ade di Victor Fatio sulla fauna Svizzera. L’uditore mio cortese vedrà che non sono rari gli Autori, che INIT scritto: della fauna delle nostre alpi, i quali non hanno fatto altro che estendere alle nostre vallate le conclusioni faunistiche dello Tschudi, del Fatio e di altri, senza che nella loro mente sorgesse neppure l’ombra . di un sospetto che la fauna delle vallate alpine, prospettanti la peni-. sola italiana, potesse essere diversa da quella che si trova nelle alpi svizzere, o francesi. 3 Egli conoscerà pure Autori che hanno pubblicato cataloghi di specie di località alpine senza aver visto neppure una delle specie da essi’ indicate ed anche... descritte. Vedrà infine lavori di certi autori fatti scorrendo le gallerie di un Museo per copiarvi i cartellini delle specie esposte, senza .curarsi di - pa verificare l'esattezza delle delerminazioni o delle indicazioni riguar- danti la provenienza degli esemplari... è poi il mio sempre cortese uditore vorrà spingere un po’ più ad- dentro il suo esame, troverà, fra i non molto numerosi lavori fàunistici intorno agli animali delle alpi nostre, una percentuale dolorosamente notevole di scritti, che rivelano nei loro autori una mancanza grande di cognizioni bibliografiche ed una assai scarsa preparazione, in guisa che i lavori stessi sono fatti con metodi e con criteri al tutto antiquati. Ho detto il peccato: ma »on dirò qui i nomi dei peccatori. Chiunque del resto si accingerà allo stuàso della fauna alpina nostrale li troverà facilmente e si convincerà che la mia affermazione: « che oggi la fauna delle alpi nostre è presso a che ignota » non è pur troppo menoma- mente esagerata. A conferma di quanto sono venuto dicendo ricorderò, ad esempio, la bellissima vallata che ora così ospitalmente ci accoglie. Essa è forse una delle vallate alpine nostrali che venne, per alcuni gruppi di animali, da più lungo tempo studiata. Or bene, anche per la Valtellina lo studio dei viventi condotto in modo che possa realmente riuscire utile per la conoscenza della fuuna alpina è ancora quasi to- talmente da farsi. Il benemerito ed illustre Presidente del comitato ordinatore del nostro convegno, il prof. Andres, ha, colle sue importanti ricerche sui viventi del fango termale di Bormio, iniziato tale studio ed io mi auguro che trovi molti seguaci ed imitatori. In queste condizioni di cose, mi è impossibile dare a voi un quadro degli animali delle nostre alpi che sia in rapporto coi criteri scienti- fici moderni e colle moderne esigenze dello studio dei viventi. Io devo limitarmi ad esaminare rapidamente con voi il campo di studio che le alpi nostre ci offrono, a discutere intorno ai mezzi mi gliori per procedere al suo dissodamento e intorno al modo di racco- gliere quei materiali di osservazione che possano efficacemente, in un tempo più o meno lontano, condurci alla conoscenza scientifica del mondo animale delle alpi nostre. Trasportiamoci, senz'altro, in medias res. Uno degli spettacoli più meravigliosamente belli è il risvegliarsi della vita all’inizio della primavera nel mondo alpino. La vita, che è rimasta nelle alpi nella quiete più profonda nei lunghi mesi invernali, pare squotersi ad un tratto, bruscamente, al primo soffio del caldo foehn. — 4° Il provvido vento urla e fischia fra le gole e attraverso alle foreste, spazza gli altipiani coperti di neve, e, in pochi giorni, ridà la voce” sonora alle cascate ed ai torrenti. Mentre le valanghe di neve e di sassi precipitano, spesso foriere di rovina e di morte, le sassifraghe, i crochi, le primule, le viole, le aquilegie, gli anemoni, aprono con rapidità, meravigliosa le loro corolle e mettono fra il verde dei pendii e delle praterie e fra il grigio delle rocce allegre pennellate di azzurro, di rosso, di viola, di giallo, di bianco. Con non minore rapidità entrano in scena gli animali: si fa udire il fischio della marmotta e tutta una schiera di uccelli svolazza al- legra e incomincia il suo canto d’amore. Miriadi di altri animali sui fiori, sul suolo, nei recessi delle foreste nelle acque delle pozze e dei laghi si agitano e si accingono a fruire della buona stagione. Stagione questa, in verità, assai breve: cinque mesi appena. Alla primavera, che incomincia alla fine di maggio o in principio di giugno, seguono pochi mesi di estate; questa, a sua volta, cede il passo ad un breve autunno. Alla fine di settembre l’ inverno riprende il suo inesorabile impero. L’ambiente alpino, propriamente detto, è rude e violento: esso non ammette debolezze, indecisioni, incertezze. Per i suoi viventi non vi è tempo da perdere: la riproduzione, lo sviluppo, la ricerca del nu- trimento presentano modalità speciali, che danno alla lotta per V’esi- stenza, intesa nel suo più ampio significato, fisonomia al tutto propria. Nelle alpi sono riunite in breve spazio le condizioni di clima e di vita delle regioni nordiche, delle temperate e calde. — Gli aspetti delle alpi mutano, si può dire, ad ogni passo e si presentano con ca- ratteri profondamente diversi a livelli varianti fra loro di poche cen- tinaia di metri. Con analoga rapidità si cambiano il clima, la flora, la fauna, tanto che, quei mutamenti complessivi di ambiente, che nel piano si possono osservare soltanto percorrendo distanze grandissime, nelle alpi si pos- sono avere in breve spazio di terreno. Di qui la varietà grandissima dei fenomeni che esse ci offrono. Per poter abbracciare con un colpo d’occhio l’insieme dei fenomeni riguardanti la flora e la fauna, i naturalisti, come è noto ai miei udi- tori, hanno cercato di dividere il mondo alpino in zone. Così, ad esempio, si parla di una zona montana che sale fino ai 1000 metri s. l. d. m., di una zona prea/pina che va dai 1000 ai 2000 metri circa, di una zona alpina che si estende dai 2000 ai 3000 metri e di una zona nevale che dai 3000 metri giunge ai 4000 e più s. 1. d. m. . Nel fare questa divisione si tiene conto specialmente del mutarsi delle. condizioni climatiche e della vegetazione col crescere dell’altezza dei luoghi sul livello del mare. RC Indubbiamente le varie 7012 ora menzionate hanno anche fra noi, ciascuna nel sun insiema, un aspetto particolare per quanto si riferisce al complesso dei viventi che le popolano. Lo terre più basse a piè delle alpi, che fanno corona alla valle del Po, ricche di acque di irrigazione e coltivate a prato, a campo ed a risaia, presentano numerose specie di pesci, di anfibi, di rettili, di in- setti acquaioli, di crostacei, di molluschi, di vermi, di uccelli, di pic- coli mammiferi, in una parola, una fauna ricca di specie di tutti i gruppi e rappresentate da numerosi individui. Nella zona un po’ più elevata, ridente per le colline vinifere, per i giardini e per i frutteti, la fauna scarseggia delle specie schietta- mente acquaiole: ma si arricchisce di un grande numero di insetti, coleotteri, ortotteri, rincoti, lepidotteri ecc. Ai pendii coperti di viti succedono a mano, a mano, più in alto, i boschi di castagni e di faggi e la fauna si fa più povera di specie; ma nello stesso tempo cominciano ad apparire quelle forme di animali che caratterizzano la zona alpina propriamente detta. Una lunga serie di animali si è adattata a vivere fra le screpolature della corteccia dei vecchi tronchi degli alberi, o sotto i cumuli di figlie cadute, o sotto il fitto strato di muschi che ricopre le rocce nei recessi più scuri ed umidi dei boschi. Nelle foreste di faggi e di varie sorta di conifere vive tutto un eser- cito di minuti lavoratori, che, in mille guise, intaccano le piante in tutte le loro parti e spesso le conducono a morte, mentre un’altra non meno numerosa schiera di animali lavora allo sfacimento e alla distru- zione dei tronchi e dei rami caduti. La regione delle alpi che tien dietro ai boschi, in alto, ricorda colle sue rocce, coi suoi nevati, coi suoi laghetti, coi suoi tratti erbosi le zone settentrionali d'Europa, le tundre siberiane, le così dette cattive terre dell'America del Nord. Essa ha una fauna relativamente povera di specie; ma gli animali che la abitano presentano quelle modifica- zioni nella loro struttura e nei loro costumi che sono una delle prove più manifeste della plasticità degli animali stessi e del loro adatta- mento all’ambiente. La regione più elevata, infine, dà una idea del paesaggio delle estreme terre polari e in essa, fatte le debite proporzioni, troviamo i feno- meni dei colossali 772/2725758 della Groelandia e delle isole Spitzberghe, coi loro nunatari quali, in breve spazio circondato dai ghiacciai, rac- chiudono una scarsa flora e una più scarsa fauna. Flora e fauna scarse; ma di interesse grandissimo, poichè si è in queste oasi, perdute fra i paurosi campi di ghiaccio, che si sono ridotti ad abitare gli ultimi di- scendenti di alcuni gruppi dei primi viventi che popolarono le alpi. La divisione in zone ora ricordata del mondo alpino, divisione che è AG possiamo dire classica, deve essere intesa in una maniera al tutto ge- nerale e non può essere presa, senz’altro, nei suoi particolari, come base per lo studio della fauna di una data vallata alpina. Essa emana essenzialmente dal concetto che i primi studiosi delle alpi avevano dell’azione che l’altezza sul livello del mare esercita sul carattere della natura alpina, azione, che essi ritenevano assolutamente preponderante sopra tutti gli altri elementi dell’ambiente. i Or bene, a questo proposito, è da osservare che altri elementi im- portantissimi vengono spesso a modificare i criteri che si possono de- sumere dal considerare precipuamente la sola altezza sul livello del mare di una regione alpina, come ad esempio, la direzione delle val- late, la loro profondità e larghezza, la più o meno facile penetrazione delle correnti atmosferiche, la forma particolare delle pareti rocciose e dei pendii, che dipende essenzialmente dalla natura delle rocce, la composizione mineralogica delle rocce stesse, il regime delle acque, lo sviluppo maggiore o minore delle foreste e via discorrendo. Di qui la necessità, per chi si accinge a studiare la fauna di una vallata alpina, di procedere prima ad una ricerca accurata delle con- dizioni climatiche, geografiche, mineralogiche, geologiche e botaniche in tutte le parti della vallata stessa. L’applicare a priori, come spesso è stato fatto, nello stadio degli ani- mali di una vallata alpina la divisione in zone che io ho poc'anzi ri- cordato, od un’altra analoga, non è cosa oggi scientificamente accet- tabile. Il multiforme mondo degli animali delle alpi ci presenta numerosi campi di studio. i Voglio anzitutto accennare allo studio degli animali, che troviamo adattati a vivere in ambienti così vari e speciali, nei loro fenomeni vitali fondamentali e nelle modalità del loro adattamento agli ambienti stessi. Si tratta, in altre parole, di studiare i fenomeni, enormemente com- plessi, della lotta per l’esistenza, che interessano talvolta tutte le parti dell'organismo e le loro funzioni. — Si tratta di studiare, ad esempio, il modificarsi del regime pigmentale, i meccanismi di difesa contro il freddo, i fenomeni di resistenza ai lunghi digiuni, i meravigliosi fe- nomeni del letargo, i mutamenti che avvengono nella modalità di svi- luppo delle uova, degli embrioni, delle larve, i fenomeni di accorcia- mento o di acceleramento di sviluppo, i fenomeni di neotenia, di pro- genesi e via discorrendo. Tutta una serie interessantissima di ricerche è da farsi nel mondo dad SES alpino intorno all’azione del calore, della luce, dell'umidità nello svi- luppo, nella mole, nella dietologia di molte specie i di cui individui si trovano ad abitare le varie zone e quindi sono in ambienti fra loro molto diversi. Nè meno ricco di interesse si presenta lo studio delle reazioni dei viventi stessi in rapporto coi fenomeni di tactismo, coi fenomeni, ad esempio, di adattamento ad optimum di temperatura notevolmente di- versi, che si possono riscontrare in individui della stessa specie nelle varie zone da essi abitate. L'ambiente alpino, che, come già ho avuto occasione di dire, è rude, agitato, violento, speciale, ci offre un campo vastissimo per lo studio della lotta per l’esistenza in tutte le svariate e spesso oltre ad ogni dire complesse sue modalità. — Essa assume nelle varie plaghe alpine caratteri diversi, sia per le speciali loro condizioni fisiche, sia per il diverso aggrupamento degli animali. Specie dello stesso genere e tal- volta individui della stessa specie, passando da una plaga all’altra, vengono a trovarsi in un mondo per essi assolutamente diverso e, per poter riuscire a stabilirvisi in modo normale, devono sostenere una lotta, intesa questa sempre nel suo significato più ampio, acerrima. Passaggi di tal sorta sono nelle vallate alpine non rari, poichè in esse é fenomeno frequente ed importante quello delle migrazioni, sia nella forma classica di quelle degli Uccelli o dei regolari passaggi di vari animali da zona a zona col mutarsi delle stagioni, sia per causa di trasporti passivi, come per opera dei corsi d’acqua, che di tratto in tratto vengono in piena, o per opera delle correnti aeree Miglio e discendenti nelle vallate stesse. Ricordo a voi i fatti importantissimi della disseminazione degli or- ganismi' d’acqua dolce per mezzo degli Uccelli palmipedi e trampolieri migratori segnalato dall’Humbert, dal De Guerne e da altri. E nota l’importanza loro non solo per la conoscenza dell’ origine della fauna inferiore dei laghi in generale e in special modo dei nostri laghi preal- pini ed alpini: ma anche in ordine allo studio delle questioni relative alle modificazioni e adattamento degli animali in generale. Questi fenomeni dovrebbero nelle alpi nostre dar luogo ad uno studio ‘minuto, regolare, continuato. Di grande interesse è lo studio regolare delle correnti aeree ascendenti e discendenti le vallate alpine per la conoscenza e la in- terpretazione della fauna delle varie zone e in particolar modo della fauna delle regioni più elevate e di quella che potremmo dire avven- ‘tizia degli alti nevati e dei ghiacciai. Certamente a molti dei miei uditori è avvenuto di attraversare in ‘estate, prima del levar del sole, qualche alto nerato 0 Tg ghiac- ciaio c certamente non sarà sfuggita alla loro attenzione La quantità, LIVE talvolta assai notevole, di insetti di vari gruppi che giacciono sulla superficie della neve intirizziti dal freddo notturno. Sono ditteri, rincoti, imenotteri, piccoli coleotteri, microlepidotteri ed anche, non raramente, ropaloceri, che le correnti regolari ascendenti dalle vallate, o qualche violenta corrente di vento occasionale, ha trasportato e gettato sul deserto di neve e di ghiaccio. Ricordo la meraviglia provata da Quintino Sella nel trovare, in una sua ascensione al Monte Bianco, sugli alti nevati, un grande numero di Vanessa cardui. Gli insetti gettati sui nevati e sui ghiacciai dal vento sono in mas- sima parte destinati a perire: ma non è impossibile che, di tratto in tratto, qualcuno possa ridursi nelle rocce che, a guisa di oasi talvolta non povere di vegetazione, emergono dai nevati e dai ghiacciai, 0 sulle rocce che fiancheggiano i ghiacciai stessi, e possa riuscire a stabilirsi, come specie, in modo permanente. Le piccole faune di queste oasi, quelle delle sponde dei ghiacciai e le così dette faune cacumi- nali dovrebbero pure dar luogo ad uno studio, non solo minuto e com- pleto; ma ad uno studio ripetuto di tratto in tratto per seguirne i possibili mutamenti. Gli insetti gettati sui nevati «e sui ghiacciai non sono al tutto inu- tili poichè una serie di razni viene dalle rocce circostanti a compiere regolarmente le sue escursioni nella neve e, come i predoni del Sahara, assale le misere vittime e ne fa suo prò. Analogamente le correnti aeree discendenti lungo le vallate spaz- zano, talvolta con violenza, le alte praterie alpine e le foreste e tra- sportano in basso vari gruppi di insetti che arrivano come intrusi in zone che hanno aggruppamenti al tutto diversi di viventi e fra i quali forse per alcuni di essi è dato di potersi stabilire in modo permanente. E poichè ho accennato all’azione disseminatrice delle specie alpine esercitata dalle correnti aeree speciali alle vallate, aggiungerò che esse costituiscono, insieme colle correnti occasionali, un elemento col quale un grande numero di insetti alpini deve lottare, analogamente a quanto fanno gli insetti delle coste marine e delle piccole isole, come Carlo Darwin ha così brillantemente messo in evidenza. I nevati ed i ghiacciai sono per i primi un pericolo non meno grande delle onde del mare per i secondi. È spettacolo interessante l’osservare in una prateria alpina fiorita, in estate, il rapidissimo mutamento che avviene al primo soffiare del vento. La num2rosa schiera dei lepidotteri, degli iminotteri, dei dit- teri, che tranquilla svolazza di fiore in fiore, immediatamente si ar- resta, e, per dir così, scompare alla nostra vista: la maggior parte si aggrappa alla parte inferiore degli steli d'erba, i coleotteri ed i rin- coti che stavano nelle corolie dei fiviito si affondono nelle corolle stesse, o si lasciano cadere al suolo. Sole le azzurre e rosse zigene che hanno le zampe provviste di forti uncini, attaccate alla sommità degli steli di erba si lasciano graziosamente dondolare a seconda del vento. Non è impossibile, come afferma Darwin per le specie delle coste marine, che a dar origine alla notevole percentuale di forme attere o con ali ru- dimentali, che si osserva fra gli insetti abitantile regioni alpine abbia azione, insieme ad altri, anche il fenomeno sopra detto. Tutti questi fenomeni e tutti quelli che ad essi si collegano e che troppo lunga cosa sarebbe ora il discutere, quando saranno ben stu- diati, forniranno indubbiamente dati preziosi alla conoscenza della questione, assai complessa e diflicile, della dispersione delle specie ani- mali nelle alpi nostre. Per ultimo, dirò che non deve essere trascurato lo studio dell’azione che l’uomo ha esercitato e che esercita ora più attivamente di un tempo, modificando le condizioni fisiche delle vallate alpine col diboschimento, colla coltura, colla incanalizzazione delle acque, colla distruzione di- retta di certe specie e via discorrendo. Ho detto poc'anzi che lo studio della fauna delle nostre alpi è an- cora quasi totalmente da farsi anche dal punto di vista della stati- stica delle specie che vi abitano e della loro corologia. Si potrebbe credere che questo studio, la ricerca voglio dire pura e semplice delle specie, dovesse precedere quello amplissimo dei fenomeni biologici nelle alpi che sono venuto rapidamente accennando. Vediamo prima quali sono le specie di una località e poi ne studie- remo le modalità della vita. Così si è detto e così si dice da molti. Ciò era sostenibile un tempo in cui lo studio dei caratteri specifici era limitato puramente e semplicemente alla loro constatazione mate- riale e in cui l’osservatore non si dava alcun pensiero di interpretare e valutare l’importanza dei caratteri stessì in ordine ai fenomeni bio- logici generali. { Nello stato presente dello studio sistematico degli animali, la ricerca condotta con intendimenti linneani e dei seguaci del concetto della fissità assoluta delle specie non è più sufficente e rimane sempre come uno studio incompleto, come una sorta di grossolana (dico grossolana dal punto di vista filosofico, per quanto lo studio si voglia condurre con minutezza e con cura grandi) e spesso artificiale ed empirica cer- nita del materiale di studio. Io non entrerò ora a discutere il difficilissimo e spinoso problema della specie, ricorderò soltanto l’affermazione, a mio avviso giustissima, dell’Heinke che: « una esatta descrizione delle varietà e delle specte, " lu quale può raggiungersi soltanio colla misura e col numero, deve e = condrirci a fondare una nuova e migliore sistematica zoologica. » Ag- giunge l’Heinke: « Il bisogno di una siffatta sistematica è indiscutibile per tutti coloro che si sono occupati di proposito-di ricerche nel campo della sistematica e delle teorie della discendenza. Costoro debbono ri-- conoscere che la maggior parte delle diagnosi di specie e delle descri- zioni dei nostri manuali sistematici sono poco più che etichette da collezioni e riescono al tutto inutili per il riconoscimento della somi- glianza e dell’affinità degli oggetti naturali Eppure, prosegue sempre l’Heinke, molti teorici della discendenza operano con queste nozioni di specie artificialmente costruite come se fossero vere entità viventi e veggono nelle così dette transizioni fra queste deformate immagini della natura la prova della trasformazione della specie ». Osservazioni analoghe a quelle dell’Heinke si possono applicare alla maggior parte delle conclusioni che vennero fatte, e si vanno facendo, intorno alla distribuzione degli animali e in particolar modo intorno ai confronti fra le faune delle varie regioni, alle conclusioni che se ne vogliono trarre rispetto alla loro origine, alle loro vicende nel tempo e alla interpretazione della loro costituzione presente. Un numero notevole di lavori di corologia va di giorno in giorno ma- nifestandosi inservibile perchè costrutti con materiale eterogeneo. Poco più di trent'anni fa certe denominazioni specifiche si ritene- vano, mi si passi l’espressione, come intangibili. Rana esculenta, ad esempio, Rana temporaria. Lacerta muralis, Vipèra aspis ecc. erano specie sulle quali non si ammetteva discussione; si ripetevano per esse le antiche descrizioni e non si cercava altro. — Quando sì inco- minciò da qualcuno a studiare le sopra, così dette, buone specie, me- diante serie numerose di esemplari e con metodi più precisi e si vide che esse dovevano venir divise in numerose forme specifiche di- stinte, fu un sollevarsi di grida contro la temeraria innovazione e non mancò chi preconizzò a breve scadenza una confusione terribile nella sistematica. E vi furono discussioni e lotte acri, fonti anche di inimicizie per- pri intorno alla Rana agilis, alla Rana biagio alla Rana muta, alla Lacerta campestris ecc. ecc. i Il lavoro di revisione non si arrestò per tutto questo: ma continuò e sì estese a poco a poco a tutti i gruppi di animali. Questo lavoro segue oggi più vivo, più intenso e più minuto. Esso si giova dei progressi della tecnica di osservazione e dei mutamenti dei concetti generali intorno ai fenomeni biologici, avvenuti per opera degli osservatori post-darwiniani, e fa vedere la necessità di uno studio ex novo della massima parte delle specie, anche di quelle che gene- ralmente si credono le meglio stabilite e conosciute. Le denoninazio.i, per citare un esempio, pre csvz//05 di leone, 0 tigre, leopardo, gatto selvatico, giraffa, elefante africano ecc: oggi non dicono più nulla di sistematicamente preciso. Anche oggi, come trent'anni fa, questo lavoro minuto, che ccaduce ad un frazionamento delle così dette antiche buone specie, non si fa senza lotta, anche oggi non mancano coloro, che vedono in esso la confusione, la rovina, la fine della duona, della vera sistematica. Queste opposizioni sono inevitabili e non vi è da impensierirsi troppo. Esse sono un portato del fondo misoneistico della natura umana, che sempre suole rivelarsi in occasione di qualunque mutamento o inno- vazione. Nel momento presente è poi cosa curiosa l’ osservare come i profeti pessimisti non si accorgano che le modernissime ricerche intorno allo studio minuto delle variazioni individuali conducono precisamente a dare quella entità alle divisioni tassonomiche, che essi temono venga distrutta, entità che si può ammettere anche seguendo il concetto generale della evoluzione delle forme organiche. Ritornando all’argomento, che ora più strettamente ci occupa, dirò che, a mio avviso, nello studio delle faune, e in particolar modo della fauna alpina, se si vuol fare lavoro veramente utile per la scienza, è d’uopo far procedere di pari passo la ricerca dei caratteri morfolo- gici della specie e la ricerca della ragione dei caratteri stessi. La prima deve essere diligentemente condotta con tutti i più deli- cati metodi che la tecnica moderna suggerisce, la seconda deve essere fatta, non solo in rapporto coi fenomeni biologici generali; ma in rela- zione anche colle speciali condizioni di vita locale. — Se ciò non sì fa, non è possibile, nel campo sistematico, dare la voluta importanza ai fenomeni di variazione degli individui per il loro raggruppamento in specie. Ricorderò un esempio. La Rana muta è forma, come è noto, largamente diffusa nelle alpi nostre e vi presenta una serie notevolissima di variazioni, che rendono la valutazione sistematica dei suoi individui assai diflicile ed incerta. Chi studia, senz’altro, una serie d’individui raccolti in vallate diverse, tenendo conto esclusivamente dei loro caratteri morfologici, è certa- mente condotto a distinguerli in molteplici specie. Chi poi, volendo completare lo studio, esaminasse i caratteri dei girini, limitandosi alla sola constatazione delle differenze di forma. o di proporzione delle varie loro parti, vedrebbe accrescersi le diflicoltà e forse sarebbe con- dotto dalle differenze di questi ultimi a distinzioni specifiche anche più numerose. Così operando, il nostro osservatore si troverebbe intieramente fuori di strada. Sc egli inveco studia i girini della Rana muta nelle singole vallate = 49 = alpine, alle varie altezze e nei diversi ambienti nei quali essi si svi. luppano, viene a conoscere, che su di essi è profonda e rapida l’azione dei fenomeni reotassici, neotenici, della luce, del calore, della pro- fondità dell’acqua, della natura del nutrimento e via discorrendo. Egli viene a conoscere che il loro polimorfismo è spesso simile in in- dividui provenienti anche da vallate lontane e che esso è da inter- pretarsi come fenomeno di convergenza e perciò privo di impor- tanza tassonomica. Studiando poi le variazioni degli individui adulti in rapporto col polimorfismo dei girini, troverebbe altri dati sicuri per la valutazione sistematica degli individui stessi. Nè si creda che l’esatta interpretazione del valore tassonomico dei caratteri di variazione degli individui abbia importanza nel puro campo speciografico. — Mi si conceda che io insista sopra questo punto. Se noi separiamo in specie distinte gli individui di Rana muta di una vallata alpina, per continuare lo-stesso esempio, in base alla pura e semplice constatazione dei loro caratteri morfologici, come sopra ho detto, e poi in vallate vicine non troviamo le stesse forme (e non le troviamo perchè è possibile che in esse le condizioni siano diverse), mentre le torniamo a trovare in vallate più lontane, trascurando lo studio concomitante dei fenomeni biologici che ho menzionato, siamo portati a speciali disquisizioni intorno alla distribuzione geografica delle forme stesse e a conclusioni non fondate intorno alla questione assai importante della provenienza delle faune delle diverse vallate. Nello studio del valore dei caratteri differenziali degli individui e dei loro gruppi è necessario nelle vallate alpine ricercare e tener conto di un altro fenomeno; voglio dire dell’isolamento fisiologico. — Esso è fino ad ora poco studiato fra noi: ma, date le speciali condi- zioni fisiche delle vallate alpine nelle varie loro zone, è probabile vi abbia speciale importanza. Fra i due versanti di una vallata, fra i vari suoi valloni, nelle zone di diversa altezza, bastano talvolta pochi giorni di differenza nello svi- luppo e fioritura di certe piante, nel disgelo delle pozzanghere e dei laghetti e nel crescere della loro temperatura, perchè il periodo di riproduzione di certi animali si compia in tempi diversi. Ciò fa si che individui di Jocalità anche vicine non possono spesso mescolarsi in- sieme per la riproduzione. Siccome questo fenomeno dipende essenzialmente dalle condizioni fisiche dei luoghi e si ripete presso a che costantemente tutti gli anni, ne può avvenire un isolamento assai spiccato di certi gruppi di indi- vidui da certi altri. Lo studio di questi fatti in rapporto colle variazioni degli individui di una specie, non solo non deve essere trascurato nelle nostre alpi ; ma deve essere fatto in modo diligente e continuato. si carat Tutto ciò che sono venuto dicendo e tutto ciò che nello stesso or- dine di cose potrei aggiungere, se il tempo me lo concedesse, conduce a questa conclusione. È certo che chi oggi vuole studiare a fondo la fauna di una loca- lità non può più accontentarsi di un materiale comunque raccolto : ma la raccolta del materiale di studio deve essere fatta da chi conosce ed è ben persuaso della importanza delle questioni che intorno ad esso si devono studiare e perciò il maleriale stesso deve essere raccolto, tenendo conto di tutti i datî che a lale studio sono indispensabili. Fu tempo, non molto lontano da noi, in cui si era persuasi che ba- stasse in una escursione alpina riempiere qualche recipiente cogli a- nimali che si incontravano, portarli a qualche naturalista che li de- terminasse e ne pubblicasse l’elenco per cooperare efficacemente alla conoscenza della fauna delle nostre alpi. Si fu in quel tempo che il nostro benemerito Club Alpino, desideroso di contribuire allo studio scientifico delle alpi, formulava, per consiglio degli specialisti, apposite istruzioni per chi imprendeva ascensioni alpine. Disgraziato quell’alpinista che avesse voluto seguire alla lettera quelle istruzioni ! Il geologo e il mineralogo gli dicevano : fateci il favore, durante la vostra ascensione, di dare una occhiata, e di prender nota, al succedersi degli strati geologici, del loro spessore, della loro inclinazione; tenete conto delle rocce striate, delle marmitte dei giganti, degli strati fossili- feri ecc. e lo munivano, di un solido martello, di una bussola, di un clinometro, ecc. Sopratutto poi gli raccomandavano di raccogliere cam- pioni di rocce (possibilmente non tanto piccoli), almeno delle punte, di cercare le fulgoriti, le geodi e di non trascurare i campioni di fossili. Qualche geologo più indiscreto gli raccomandava anche di esplorare i detriti caduti lungo i pendii, i ciottoli rotolati, le sabbie ecc. ecc. Veniva in seguito il botanico, il quale, dopo una poetica descrizione delle bellezze della flora alpina, regalava al nostro alpinista un bel vascolo colla relativa carta asciugante per distendere le piante. Le istruzioni sopradette consigliavano l’alpinista di recarsi dal z00- logo. Questi con grande entusiasmo gli faceva una rapida enumerazione dei gruppi di animali che avrebbe potuto facilmente incontrare e rac- cogliere, lo muniva di pinze, vasi con alcool, reticelle per pescare nelle pozzanghere e nei laghetti, reticelle per le farfalle ecc. ecc. Devo ‘ però dire a onor del vero che lo zoologo era discreto, raccomandava bensì all’alpinista la raccolta delle vipere; ma lo dispensava dal dare la caccia ai camosci, agli avoltoi, alle acquile ecc. Lo zoologo tuttavia ‘facova osservare all'alpivista che se per caso egli si fusse incontrato con TIS1A a una lince o con un gatto selvatico il portarne le spoglie al suo museo sarebbe stata cosa che gli avrebbe fatto un onore grandissimo..... Dopo tutto ciò il nostro alpinista doveva completare il suo arma- mento con un barometro, uno psicrometro ed un termometro e poscia poteva colla coscienza tranquilla impugnare la piccozza e mettersi allegramente in viaggio. A qualcuno dei miei uditori può sembrare esagerato lo schizzo che io ho fatto; ma se egli vorrà leggere le numerose conferenze sull’ al- pinismo e sull’ aiuto che gli alpinisti nelle loro escursioni potevano rendere alla scienza di una ventina d’anni fa (ed io stesso che vi parlo non sono a questo riguardo senza peccato) vedrà che non ho punto esagerato, poichè non ho accennato alle raccomandazioni intorno alle ricerche che l’alpinista avrebbe dovuto compiere, durante sempre le sue ascensioni ed escursioni, intorno al fok-lore, alle leggende, ai proverbi, ai dialetti delle popolazioni alpine, senza trascurare, ben inteso, lo studio delle piccole industrie e la questione del rimboschi- mento. Non voglio colle mie parole muovere critica a quanto allora fece il Club Alpino nostro, al quale mi onoro di appartenere omai da molti anni; ciò che allora si faceva era a fin di bene ed era in rapporto col modo che allora si teneva nello studio delle flore e delle faune. Il raccomandare, d’altra parte, a chi percorre le alpi nostre di in- teressarsi allo studio degli animali alpini è cosa che deve farsi sempre caldamente per ragioni molto ovvie: ma il mutato indirizzo degli studi intorno agli animali ci fa vedere, che l’aiuto che una ricerca degli animali, fatta nel modo sopradetto, può arrecare allo studio della nostra fauna alpina è scarsissimo. Chi vuole seriamente studiare la fauna alpina deve egli stesso re- carsi sul luogo e ricercarla ex professo dopo essersi prima preparato con una larga e conveniente coltura scientifica. i In questi ultimi trent'anni i problemi riguardanti gli animali sono divenuti molto più difficili e complessi di un tempo e richiedono per essere studiati con frutto ampia conoscenza dei fenomeni biologici e speciali cognizioni tecniche e bibliografiche. Ne viene per conseguenza, che l’opera del dilettantismo, come lo si intendeva un tempo, è venuta scemando assai di efficacia per la zoo- logia. Oggi a chi sa comprendere tutta l’importanza dello studio degli a- .nimali, a chi apprezza le meraviglie della loro organizzazione e dei loro costumi, a chi ha squisito sentimento d’arte da compiacersi nel- l’ammirare le loro forme bellissime: ma che non vuole iniziarsi al lavoro, oramai lungo e dillicile del loro studio, secondo le esigenze della scienza odierna, non è tuttavia, come dirò fra poco, chiusa la via cei; |; n per favorire questi studi e rendersi del loro progresso altamente be- nemerito. Lo studio della fauna delle nostre alpi, fatto secondo gli intendimenti scientifici moderni, è studio assai iungo. E necessario ricercare la fauna vallata per vallata, in tutte le zone, per modo che ciascuna specie ri- sulti studiata in tutta la cerchia delle alpi, tenendo conto di tutti i fenomeni biologici ad essa relativi. Soltanto quando questo studio minuto sarà stato fatto lo si potrà mettere in confronto con quello della evoluzione geologica delle alpi stesse, e con quello delle faune di altre regioni, per cercare di conchiu- dere intorno alla provenienza, affinità ecc. della fauna presente delle alpi. Le conclusioni, che fino ad ora sono state fatte in proposito, sono, per la maggior parte, premature, incerte, e scientificamente non ben fondate. - Lo studio della fauna delle nostre alpi richiede l’opera di molti che lavorino con indirizzo uniforme in modo che i risultamenti che essi ottengono possano essere coordinati convenientemente. È necessario perciò studiare anzitutto ponderatamente, e in tutti i suoi particolari, il piano generale, secondo il quale le ricerche devono essere condotte ed è necessaria una buona ripartizione del lavoro fra i vari osservatori. Lo studio del piano generale di ricerca richiede esso pure la coo- perazione di molti ed io credo che sarebbe cosa che farebbe molto onore alla Unione nostra, se essa si facesse l’iniziatrice dello studio sistematico, regolare, continuato della fauna delle nostre alpi. Non è d’uopo osservare che questa espressione «le alpi nostre » va intesa come si intende l’altra espressione in uso, di « Club alpino », vale a dire, lo studio della fauna delle alpi nostre, in realtà, deve com- prendere lo studio della regione montagnosa italiana, che è quanto dire lo studio della fauna terragnola e d’acqua dolce d’Italia. Sarebbe forse opportuno costituire un comitato il quale studiasse il piano generale delle ricerche e i mezzi per metterlo in esecuzione. Certamente bisognerebbe rinunziare alla idea dei laboratori a sede fissa. Essi, per quanto fossero numerosi e ben provvisti di mezzi, non potrebbero servire che incompletamente ad una esplorazione minuta e completa della estesissima nostra regione alpina. I laboratori a sede fissa, come ad esempio, quello bellissimo fondato dal Senatore Angelo Mosso al Colle d’Olen, sono di grande utilità per alcune speciali serie di ricerche: ma non per l’esplorazione faunistica che noi abbiamo bisogno di compiere. I numerosi rifugi, che le sezioni del Club alpino hanno costrutto, po- tranno pure darci qualche aiuto: ma non bisogna dimenticare che PESI essi sono fatti per altro scopo e sono quasi sempre collocati in regioni di fauna poverissima. È necessario, a mio avviso, ricorrere ai laboratori mobili e facilmente trasportabili da luogo a luogo, come gli Inglesi e gli Americani ci in- segnano. Date le condizioni dei luoghi da esplorarsi, il migliore laboratorio è la tenda da campo costrutta con tutto il comfort e con tutti i perfe- zionamenti moderni. L'industria moderna, sopratutto in Inghilterra ed in America, provvede oramai tutto i[ necessario e anche il superfluo, che in questo caso non è assolutamente da trascurarsi, per una vita comodissima in un attendamento in qualunque località. La vita del campo, che ha così grandi attrattive, può essere fatta oggi con giova- mento grande e dai giovani e da chi è già innanzi negli anni. I mezzi di trasporto odierni concedono pure di tenere per lungo tempo il campo in qualsiasi località, anche la più elevata. Non è necessario che gli accampamenti-taboratorio siano molto com- plicati. Una tenda fatta in modo da servire da laboratorio, una o più tende da dormire, una tenda da cucina potrebbero costituire 1’ unita tipica. Per mezzo di parecchi di questi laboratorii l’esplorazione zoo- logica delle Alpi potrebbe compiersi contemporaneamente in vari punti. Si tratterebbe, dirò in poche parole, di comportarci per l'esplorazione faunistica delle Alpi nostre come ci coniporteremmo per l’esplorazione di una regione lontana qualsiasi in Africa o in America. A questo punto io mi fermo. Tutti voi avete pronta una obiezione e una domanda. Tutto ciò che proponete, voi dite, ricchiede mezzi di danaro assai notevoli per essere messo in atto in modo che se ne possano trarre realmente dei buoni frutti. — Dove trovate questi mezzi ? Senza alcun dubbio per eseguire il piano che io vi ho esposto sono necessarii danari e non pochi e per parecchi anni. Il Comitato di cui ho parlato dovrebbe preoccuparsi essenzialmente e anzitutto di riunirli. A questo proposito concedetemi una osservazione. . Fra noi non sono rare fortunatamente quelle persone benemerite della scienza, le quali si interessano vivamente ai nostri studi, pur non occupandosene ex professo, e che essendo facoltose hanno ben compreso come il danaro impiegato a far progredire la scienza sia il più nobil- mente speso. Ora io mi auguro che queste persone vogliano considerare le alpi nostre come campo di ricerca non meno ignoto e non meno ricco di risultamenti interessanti di quello che non siano le regioni lontane, alla esplorazione delle quali hanno dato e danno le loro cure, la loro attività e spesso la loro vita. Vorrei che rivivesse in loro lo spirito scientifico del Principe Bo- cea naparte, che dedicò opera e danaro allo studio della fauna italiana, e che ci lasciò un opera illustrativa di essa, bellissima per i suoi tempi, e che oggi ancora è considerata come classica e fondamentale. Vorrei che l’aiuto loro venisse a far cessare lo spettacolo al quale oggi assistiamo, è pur dovere il dirlo, di naturalisti stranieri che ven- gono in Italia, come in terra ignota zoologicamente parlando, a com- piervi esplorazioni e raccolte interessantissime. Gli studi zoologici sono d’altra parte assai progrediti fra noi e pos- siamo, senza presumere troppo, provvedere allo studio della fauna no- stra colla speranza di fare opera degna della scienza moderna. Lo studio completo della fauna delle nostre alpi si presenta oramai come necessità urgentissima. La fauna delle nostre alpi si è venuta modificando profondamente in questi ultimi cento anni e con maggior rapidità si va mutando ora per i cambiamenti che avvengono nelle condizioni generali delle val- late alpine. Le foreste sono state in molti luoghi distrutte, in altre venne estesa la coltivazione, le acque prima liberamente scorrenti lungo i pendii rocciosi, o scorrenti lungo gli altipiani, dove davano luogo a pozzan- ghere, a laghetti, a luoghi acquitrinosi vengono chiuse in canali e con- dotte lontano per la produzione di forza motrice. Molte regioni prima inaccessibili ed isolate, in cui l’equilibrio dei viventi aveva raggiunto una data stabilità, sono state aperte all’ uomo con nuove strade e l’uomo con l’opera sua ha turbato le condizioni di vita di molte specie di animali. La caccia colle armi moderne assai perfezionate e la ricerca delle pelliccie hanno spopolato oramai molte regioni delle nostre alpi dei loro antichi abitatori. Non parlo degli orsi, dei lupi, delle linci, dei caprioli, dei cignali, al tutto, o quasi, da tempo scomparsi: ma noi as- sistiamo alla rapida diminuzione delle marmotte, delle martore, delle puzzole, delle faine, dei grossi uccelli rapaci e via discorrendo. Lo stambecco è ovunque scomparso all’infuori dalla colonia che vive sotto la protezione di S. M. il Re d’Italia. Lo stesso camoscio va nelle alpi nostre rapidamente diminuendo di numero. Si percorrono oggi lunghi tratti delle nostre vallate senza scorgere il profilo di un mammifero selvatico, senza udire il canto giocondo di un uccello. Gli insetti stessi, e con loro molti animali insettivori, sono in dimi- nuzione, -per quanto riguarda il numero delle loro specie, alcune anzi, Ria AS fra le più eleganti e caratteristiche, stanno per scomparire col taglio dei boschi e col franare frequente dei terreni. Il modificato regime delle foreste e delle acque esercita la sua azione sfavorevole anche sui rettili, sugli anfibi e sui pesci, Ma non è necessario che io spenda molte parole intorno a questo argomento noto a tutti. Ripeterò che è urgente studiare completa- mente la fauna delle nostre alpi per fissarne bene il carattere prima che da essa siano scomparse le forme più interessanti e più ricche di insegnamenti. * * E tempo che io ponga fine al mio dire. Signori, Nel campo nostro non mancano in Italia i lavoratori ed io esprimo il vivo augurio che le alpi col loro fascino potente li spingano all’opera affinchè in un tempo non lungo si possa avere uno studio soddisfacente della fauna alpina. Io sono fermamente convinto che questo studio sarà fecondo di ri- sultati importanti se, chi si accingerà a compierlo, sarà preparato a investigare le forme organiche, non col solo metodo ristretto della con- statazione pure e semplice dei caratteri morfologici; ma si proporrà di ricercare la ragione dei caratteri stessi, se considererà le specie, non come oggetti immobili nella loro forma; ma come i rappresentanti di un momento della evoluzione meravigliosa della vita alla superficie della terra, non come oggetti isolati; ma come entità strettamente collegate, per molteplici rapporti, cogli altri viventi e col mondo am- biente e, dirò in fine, se egli sarà pronto a combattere con ogni forza la tendenza misoneistica, sempre latente nella natura umana e nemica di ogni progresso. ECT R; Dure » Niiaiia: Role per: ate Rini oi mez iv sare 10 pet mtictonide MIRATI i matr Mii amerò 91. Volizie: ELI DM Di; fitta - pivia ee se ir { Ma SIT lf i. î li ® i A 1960 STONE Prot. Lomisto Cuwanano ì da) è a È Ù i ni w MA ì P, LA Ì 5 PRADA Mii Golia Sontagia, ini, tuti w sg 4 Mb period vietò ei speicoran 3, é Lasi Rico orali st JE ranco' Ande dn Banditi > TATA I UG s dA0) Macitr NR DO So Vi pa: ta fc e tO 0 ma; » 1 o er "I Brad ‘iano In fuodibt di fiato Aid honolli ita ali b) pui pat Popind va ter fiano che'portà pafititolo: Pain mantenga» 18120, Exeo copiprenda una seria» di, es sa, tb Firitumnoti segnénti che 1 Rondi «ssi li M n agli » *priltiu’del suo .1anoseotto): VITE Mir. Star Miro! gitird coli pw ri ‘intagn d'ia seta e di È sa Moguanent delan nat DA Mi dici ut db ape riparare ott gt niet ttralioa, de ta aptusa: Tranne, vai LASA È i Visio Pa DERE Para n de I ami an. LA gt Dj è Gigdalorizas des! AE A fa: fa: ping ego nic ie È dr i | 1A Pubblicato il 13 Ottobre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1150 — Tip. Pietro Gerbone — Torino N SE BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 591 — Volume XXIII _— Prof. LORENZO CAMERANO Materiali per la storia della Zoologia in Italin nella prima metà del secolo XIX VII. l manoscritti ;idi Franco Andrea Bonelli VI. Fra i manoscritti inediti di Franco Andrea Bonelli posseduti dal R. Museo Zoologico di Torino ve ne ha uno che porta per titolo: « 7ra- vaua philosophiques » 1812 ». Esso comprende una serie di appunti che si riferiscono \agli argomenti seguenti che il Borelli stesso ha seritto sulla prima pagina del suo manoscritto : « Nomenclature ordre etc. pour mes ouvrages d’his. nat. (1) « Perfectionnement des animaux domestiques. « Perfect. del'homne, et multiplicat. des anim. sauvages. Mouvement et marches. de la nature vivante. « Liason et passage d’une Classe à l’àutre. « Généalogie des animaux. « Plan du Tableau Généalogique des Animaux. « Essai sur les facultés intellectuelles des Animaux etc. « Génération. « Providenze per l’utilità del Pte, « Formation Spontanée des Anim, ses Conditions. A (1) Il manoscritto è qui stampato colle abbreviature e coll’ortografia usate dal- l'Autore. SERI Si tratta qui di una serie di appunti per svolgere gli argomenti sopra indicati che il Borelli veniva mano a mano scrivendo e classi- ficando. Essi sono, come il lettore potrà convincersi, spesso di notevole interesse e talvolta assai curiosi, come quelli che si riferiscono al pe- nultimo argomento: « Providenze per l’utilità del Piemonte ». k Nomenclature, ordre naturel ecc. Pour mes ouvrages zoologiques Aout 1812 Caractères des coupes et des Genres Rien n’est plus juste que le principe posè par Linnè et Fabricius : Caracteres generum. omnium ab iisdem semper partibus desumendo ; mais Linné et Fabricius ont posé cette base dans la supposition que les genres auroient toujours été separés et considérés isolement c, à d. non en familles naturelles; dès Iors il est evident, que si les genres sont tantòt fondés sur la bouche; tantot sur les pieds; tantòt sur une autre partie, il doit en resulter un très mauvais système par la raison qu'on ne peut plus comparer les caracteres; mais dans les distribu- tions actuelles ou les genres sont groupés en familles, en tribus etc. cette loi n’est plus aplicable, ou tout au moins elle n’est plus neces- saire, et il est commode et utile pour la Science de ne pas la suivre, exceptè dans la determination des coupes anologues d’une autre coupe, e. a d. des classes d'un méme embranchement, des ordres d'une méme elasse, des tribus d’un méme ordre, des familles d’une méme tribu, et des genres d'une mème famille; parceque allors leurs caractères di- viènnent combaratiff Peu importe que dans une famille les caracte- res des genres soient tirés des palpes, dans une autre de la machoire etc. puisque ces genres se.rapportant à familles diverses, dont on a dejà comparé le caractère, ne peuvent plus ètre comparés dans leur caractére essentiel ou artificiel. Cette méthode parait d’autant plus naturelles, que les differences du caractère de famille, suppos. sont des différences. de moeurs et d’economie dans les genres qui ne sont point de la méme famille, ces mémes differences peuvent en traduire et en déterminer d’autres de nature differente dans les genres de 2 familles, qu'il faudra saisir dans l’une, et rejeter dans l’ autre, ou tout ou plus les employer comme caractére secondaire — Pour prendre un exemple, prenons la Classes des insectes, elle est partagé en .8 ordres d’après le nombre et la con- sistence des ailes, ce caractere trop peu variable va étre remplacé ig a par d'autres tirés dans l’ordre des Coléoptéres du nombre des articles des tarses, dans celui des hemyptères de la situation du bec, de la forme des ailes et du corsalet; dans les autres par d’autres moyens. Dans l’ordre des hemyptères la 1 section est partagée en familles d’après les modification du bec qui doit jouer un grand ròle sur l’é- conomie puisque la plus part ce sont des insectes carnassiers, tandis que la 2? l’est d’après les modifications des tarses. La 1° famille (pu- naises composée d’insectes terrestres) est divisée en genres d’après les antennes qui sont l’organe plus essentiel des insectes terrestres, tan- dis que la 2* (punaises d’ eau) composée d’insectes aquatiques, l’est d’apres les modification des pattes, qui varie assez dans la famille, tandis que les antennes, qui sont de peu ou point d’usage dans l’eau, n’en fournissent presque plus et ne servent qu’aux caractéres secon- daires ; et ainsi du reste. Il resulte que, pour que, le principe de Fabricius soit juste et apli- cable, il doit etre exposé ainsi: « Caracteres generum omnium ejus- dem familiae, familiarum omnium ejusdem sectionis etc. în systemate proprie dicto ab eisdem semper partibus desumendi ». Dans la méthode analitîque, ainsi que dans les analogues (Latreille) cette méme loit dòit avoir lieu pour les caractères de toutes les coupes quelconques d’une coupe sùperièure. 9 Ordre methodique naturel (1). « Les étres ne se trouvant point former une chaine continue et u- nique dans la nature, il seroit absurde de prétendre que les genres tussent tellement rangés et disposés à la file les uns des autres, qu’il n’y eut jamais de saut, celà je le regarde comme impossible. Dans l’arrangement des mes divisions je n° ai cherchè qu’a ranger dans un ordre naturel et continu quelq. les divisions corrispondantes, ainsi les ordres respectivement à eux, les sectiones respectivement elles, le familles id. et le genres de chaq. famille idem. Je me suis peu embarassé que le dernier genre de la famille n’eu point de rapport avec le 1° de la famille suivante (au contraire il me. semble que dans q. cas il doit en avoir plus avec la 1 lorsq. ils sortent de la méme tive) pourvu que dans la famille les genres se suivent — la méme chose relativamente aux familles dans chaque section d’ordre. — En effet mème en pratique on suit cette méthode souvent sans y faire (1) Tn ‘alenni foglietti sono segnate osservazioni e norme chè il Borelli intendeva segitiro in ua suo lavoro intolato « Istitutivues zoologicae ». Da questi foglietti traserivo ciò che ha maggior interesse. Ù Breil Ciani attention. Ainsi on place l’Aigle ou le Perroquet à'la téte des viseaux; tandis qu'il foudroit placer'l’Autruche sion voulait'ehoisir l’oîs. ayant plus de rapport avec le mammifere. Le dernier mammifèrequi se'trouve prés les oiseaux ne devrait pas étre le dauphin, mais la Chauve Soutis, ou tout du moins quelque 'éderité. 3 Istitutiones zoologicae (1). « 1 - Partie — généralités — Maniere de conserver et empailler objects et de chasser aux diff. animaux. 2 - Partie — Tableaux des fam et genres natur. 3 - Partie — Caracteres des Fam, et Genres. Le familles auront le nom du genre plus connue - Les genres un seul avec un ou deux synonym d’au- teurs, et le francais entre parentese (2). Exemple du projet pour l’ordre de mes « Istitutiones ». F. 23 - FaucoUS - Fa/cones - G. falco Linn. Ongles fortemente retractiles - cire découverte * point de dents à la mand. sup. (ignobles) G. 120 - AIGLE - aquila - Falco Linn. bec droit à la base - Zarses emplumés partout narines obliques - les plus grands - nourit de proie viv - sur montagnes des 2 contin. 1 Le Grand, Aigle - Falco chrysaetos Linn. fauve, bouche fendue jusq. derriere les yeux - alpes 2 L’Aigle commun - Falco fulvus brun - Alpes 3 Le petit Aigle - Falco melanotus brun avec grandes taches blanches - Laugues G. 121 - BALBUYARD + Ossifraga Làc. bec crochu dès la base — Tarses à demi nu des tuberosités apres sous les doigts aquatiques - plongeant pour prendre poissons et Canards I - le Balbuyard... — Falco aliaetus L. — Sur le Pò. + + une'ou deux dents de chaq. còté de la m. sup. (1) È lo schema del piano di un lavoro che il Bonelli si proponeva di :fare. (2) Seguono numerose avvertenze intorno ai caratteri da adoperarsi nella stampa ehe non hanno interesse, > G. 122.- FAucou — Falco Ois courageux - à ailes et (coda) roides - tarses réticulès 4 Généalogie des Animaux au Délire philosophico - zoologique de la 1° quinzaine de Fauvrier 1813 « Jadmets dans la nature des molecule organique ou germes su- sceptibles de se développer lorsqu’ils se trouvent dans des cirsostan- ces. favorables. De ces germes, les uns sont plus qu’inertes et sans vie, ce sont ceux des métaux. 2 — les autres sont simplement sans vie - ceux des pierres et terre. 3 — les autres ont un demi degré de vie - c'est la chaux qui entre comme partie composante des étres organises. 4 — Les autre3z ont la vie entiére et sont susceptibles par conse- guent de se developper et devenir des étres organisees: mais les plus simples c. a. d. des Vegetaux. 5 — Les autres plus parfait ont la vie, plus un demi-degré d’àme - ce sont ceux qui donnent les animaux analogues aux plantes et a parties non symètriques 6 — les autres out une ame entiére et sont ceux qui donnent les animaux parfait. 7 — Les derniers enfin ceux qui ont un excès d’ animalisation contracté pt. ètre p. la rèunion de leur animalisation propre et de celle des autres anim. dans les quels ills se trouvent. Tous ces germe sont contenus dans le fluides qui les portant et les exposant aux differentes circostances les mettent en état de se develloper par deux marches, savoir l’active et la passive (voir au mot « Mouvement de la nalure » ce que j'entent pour marche active et passive) (1). Les 3 dernieres espéces de germes sont donc les seules qui ont servi d’origine aux animaux. De ce 3 espéces la 1° aura donné d’abord les infusoires A parties (1) Lo scritto di Bonelli intitolato: « Mouvement et marches de la nature vi- vante » è riportato in seguito, Ge non symetrîque et ceux que nous appercevons dans les infusions des plantes. Peut-ètre encore cette 1° espece n’exite-t-elle point, et n’est elle que le resultat hybride p. ainsi dire, des germes vegetaux et des germes animaux on mieux encorè des germes animaux seuls qui ayant été associés à des productions vègétales, en ont contracté l’habitude on la forme impaire des parties. Ces Infusoire dissimétriques et sans organes auront donnè par la marche active les polypes et ceux ci les Radiares, et. parla marche passive les differens genres ou branches latérale que nous connaissons dans ce 2 classes. La 2* espèce de germes animaux ou les germes des Animaux par- fait auront donné d’abord les Infusoires impt. dicts qui habitent dans l'eau pure et dont le corps est symétrique. Ceux ci en se developpant et se perfectionnant p. la marche active auront donné d’ abord des vers marins simples qu'on confond avec les annelides; ceux ci à leur tour les annelides, animaux dont le sang rouge, la respirations, la des forme du corps approche des Poissons notamant de la Lamproie souche animaux vertèbrès (v. sur l’analogie des annelid. et et des Lamproie la dissertation sur les poissons cyclostomes de M. Dumeril an. 1812). La 8? espece ou les Germes excessiv. animalisés sont ceux qui don- nent les Animaux parasites en se dévelloppant dans l’interieur d’autres animaux, leur le produit sont les animaux qu’on trouve dans toute espèce de liqueurs animales, et les vers spontanées, de ceux ci sont nes les vers intestins dont l’existances n’est plus spontanée. Ceux ci A leur tour ouront dornné les insectes p. l’intermede des larves pa- rasites. i Des Insectes paraissent avoir eu origine tous les autres an, arti- culés à moélle longit. excepté les Annelides qui ne pouvent point leurs se rattacher, parce que l’absence des pates ne les admets point entre les Arachindes et les Crustaces, et l’absence de coeur les em- peche aussi d’ètre mis après les Crustacés. Quant aux cyrrhipèdes qui ont tant d’analogie, surtout l’anatise, avec les pagures, il pourroit bien ètre sorti ainsi que ceux-ci, immediat. des Insectes dont on leur découvre encore les vertiges des ailes (v. analogie des Insectes ailés des Pagures et des Anatifes. Les mollusques ont leur origine comme les anim. articulés de quelque parasite marin: c. a. d. des Epyzoàres de M. Lamarck. - Ces epizoaires ou parasite externes, marins provenus de parasites in- ternes, ont donné lieu de la mème manière que les internes, à l’egard des insectes, aux mollusq. acéphales, qui a leur tour ont produit les Gastèropodes où la classe s’est divisé pour former d’ un coté les ptè- ropodes, de l’autre les Cephalopodes qui terminent Ja serie des Ani- maux de ce plan. post, “fon Preuves el explicalion du Tableau. le — La le doit necessairement étre la première ca car elle est tout à fait indépandante des autres, et doit etre immediatement sortie des étres organisés precedens c. a. d. des plantes, puisques leurs formes generales, plusieurs de leur fonctions et proprietés sont très- analogues à ce que l’on observe dans les plantes (v. la note 1° .) a — Des Infusoires à parties symetrîques tel qu'il y en a beaucoup. n’auroient pu p. leur développemment donner des ètres à parties im- paires, d’ailleurs la forme alongée suppose dejà une espèce de regu- larité symétrique. Tandis que la spherique et irréèguliere est très prope a donner les formes rayonnantes des 2 classes suivantes. nì n — Ainsi dans les Infusoires mémes il faut établir cette di- stinction: d’infusoires à formes raccourcies, ramasées, tenant du sphe- rique ou de l’irrégulier, et qui sont la souche de la 1* famille et d’in- fusoires à formes alongées, minces, qui supposent. necessairement p. l’execution des fonctions animales, des espéce d’attaches aux muscles, c. a. d. des annaux que l’on va precisement observer dans la classe qui les suivra, les annelides. a. b — De ces infusoires amorphes on descend nettement aux po- lypes p. les polypes à org. rotatoire, et des polypes on passe imme- diatement aux Radiares p. les radiares mollasses. C — Les radiares echidodermes, surtout les Etoiles et les Oussin forment la famille. Ce sont en effet les seuls animaux chez les quels il y a des parties solides et osseuses, qui ici comme dans le Anim. vertébres eux méme indîquent toujours une plus grande perfection organique, car plus les animaux sont simples et près de leur origînes plus ils sont mou et fréle. 3. B — Il n’est pas possible de faire entrer dans cette famille les vers intestins. La raison en est 1° que leur forme est symetrique et p. conséq. non établie sur le méme plan des 3 autres classes. — 2° Leur organisation est telle que moins parfait que les Radiares, ils ne pourraient pas étre placées aprés eux, et que plus parfait que les infusoires et les polypes ils devroient suivre ces 2 classes comme a en effet établi M. Cuvier. Mais dè lors la série des autres 3 classes si bien suivie et nuancée resteroit interrompue tout-à-fait parce que les vers n’ont reellement rien de commun avec les Radiares et les polypes, 3° que les vers ètant tous parasites d’animaux de classes supériores ils ne pauvaient pas encore exiter à l’èépoque de la formation des polypes et des radiares, parceque les classes superieures sont d’une formation de beaucoup postérieure. En un mot, les vers intestins n’ont pu com- mencer à exiter que lorsque la nature avait déja formé les Animaux qni leur donnent l’hospitalité c. a. d. ceux de la 2? famille. Tg- b — Le passage des Polypes aux radiares se fait par les polypes nus et les Radiares mollasses plus particulierement par les Actinies. C — Les Radiares echinodermes forment la classe, non seulement par leur organisation compliquée. comme il vient d’étre dit, mais aussi parceque leur organisation est si différente de celle de toutes les au- tres animaux qu'il ne seroit pas possible de trouver dans les classes supérieures aucune genre qui en approche assez p. former le passage des Radiares à d’autres classes. 1 — Tous les anim. ds cette 1° famille peuvent se multiplier p. tous les moyens à peu près, qui sont communs aux plantes. — Il n’ ont point d’organes de sens pr. t. dicts, mais jouissent d’ une irritabilité extrème qui détermine des contractions et mouvement qu'on peut a peine regarder comme volontaires. Par la méme grande analogie qu’ils ont avec les plantes, ils n’ont points de systéme nerveux, à peine le voit-on ébauché dans les derniers de la série ou les échinodermes. 2* — Apres la famille produite p. les infusoires amorphes, doit ne- cessariement suivre la 2° on celle dont les Animaux ayant eu origine de germes indépendant d’autres animaux, ont une organisation plus animale que ceux de la 1°. raison p. la quelle elle doit ètre placée entre les zoophites et les animaux dépendans. La forme de ces prototypes tient dejà de la régularité symetrique que l’on observera dans tous les animaux de celle ci et de la famille suivante. Ces prototypes sont les animaux qui s’engendrent spontane- ment on p. mieux dire dont les germes extremement menus et mul- tipliès flottent dans l’atmosphère et n’attendent p. se developper que de se trouver placés au milieu de circonstances favorables. — Ces germes produisent les Anguillulles, ou Vibrions et plusieurs autres in- fusoires analogues — Leur suivent les Gordius espéces d’ annelides encore tres imparfait, qui amenent à leur tour aux veritables Anne- lides qui font le passage aux poissons. Que le passage des Animaux invertébrés aux vertébrés se soit fait par les annelides et non p. les mollusques comme on auroit voulu pouvoir le demontrer sil eut été possible de quelques facon, le prouvent les raison suivantes outre celles que M. Dumeril a données dans la dissertation sur les poissons cyclostomes p. le concour de 1812. L’observation des differens squelettes d’animaux vertébres prouve que le nombre des vertebres n’est point en rapport avec le perfe- ctionnement organique des animaux; que dans des animaux analogues ce nombre peut varier sans qu’il en résulte des dégres different im- portans de perfectionnement, et que, s’il est possible der généraliser un peu là dessus, ce sont precisement les animaux plus parfait (les mammifères et les viseaux) qui en ont le moins, et les moins parfaits au contraire ceux qui en ont le plus grand nombre. Le Poisson, Te gni Serpents etc. d’ou il résulte que: ce n’est point à une diminution: dans le nombre des vertébres qu’il faut s'attendre lorsque: ont est: pervenu: aux dernier Anim. vertébres, mais, seulement à une diminution de: consistance, comme la lamproie dont les vertèbres sont cartilagineuses: et transparentes nous en fournit la preuve. De cette. conséguence en resultent 2 autres d’une grande importance, la 1° que pour trouver les animaux qui font le passage des invertébres aux vertèbrés, on ne doit point s'immaginer l’existances d’ animaux à vertébres, peu nom- breuses ou à une seule vertèbre osseuse, puisque:c’est la consistance et non le moindre nombre des vertèbres qui détermine l’imperfection des animaux qui doivent immediatement suivre les vértébrés. Ainsi les seiches et les Calmars dans les quels on observe une pièce osseuse on cartilagineuse unique et imperforée, ne peuvent point ètre consi- derés commes des Animaux à rudiment de colonne vertébrale. La 2* que puisque la présance de la colonne vertebrale ne doit ètre considerée que comme un moyen de: connaitre l’existence de la méoelle alongée dont la première est le tradueteur, et que cette partiè du système nerveux peut exister sans elle, et que l° observations donc prouve qu’à mesure que nous descendòns l’échelle animale elle ne se raccourcit point depuis l’homme jusqu’à la lamproie, il résulter que les animaux qui ont encore cette partié du système nerveux doivent étre considérès comme situés immediatement après les an. vertébrés de prèferance aux mollusques qui n’ont que le cerveau, et que nous verrons douès d’ une grande perfection animale mais sur un autre plan, et entrant dans une famille tout-à-fait à part. Le animaux qui conservent encore la moélle allongées mais située à nus dans les corps, sont les Annelides, leurs anneaux remplacant les vertèbres , et l’observation nous prouve que l’existence d’une méelle alongée suppose necessairement des articulations, soit que ces arti- culations soient visibles dans le squelette au dehors comme dans les annelides (les Insectes, les Crustacées etc. sont dans le méme cas), soit qu’ elles ne paraissent que dans le squelette interieur comme dans les an. vertébrés. D’apres l’ancienne manière de faire servir les mollusques comme mo- yens de transition des an. invertebres aux vertébrés, aprés etre sorti d’animaux qui auraient une moélle alongée, il fallait immaginer qu’il avoit disparu pour ne laisser q’'un simple cerveau, et que pour passer aux an. vertébrés il avait de nouveau du comparaitre. On voit bien qui si cela avait eu lieux on aurait dù trouver une espèce de gradation; savoir des animaux à Cerveau, d’autres à cerveau, et rudiment de moélle, d'autres avec celle-ci plus alongée, et ce la toujours en aug- mentant jusqu' aux an, vertébrés. Or tout le monde sait que cela n’a pas licu d’après toutes les observations qu’ on a faites jusqu’à ce jour. —. ife Les mollusques privés de toute espèce de articulations internes et externes ne peuvent point avoir de moélle alongée. D’ailleurs on sait aussi que le rudiment de la moélle alongée n’est point une portion de sa longueur, mais un diminutif de volume, qui a lieu dans toute la, longueur de l’animal, et qui se forme par la reunion des nerfs de toutes les parties du corps qui vont aboutir à cette ligne alongè et centrale de sensation. D’autre part une nouvelle observation vient nous prouver encore. que les mollusques ne peuvent nullement etre placés au passage des An. inver. aux vert. c'est que la nature tendant tojours a se perfe- ctionner c. a. d. à ajouter des organes, comment auroit-elle pu faire disparaitre entierement le 6-10 pates des insectes et des Crustacés pour les remplacer par des organes de mouvement. d’une nature tout à fait partîculière qu'elle fairait disparaitre encore une fois pour les changer en nageores? — On sent aisement icî que les Crustacés, p. exemple, les Mollusques et les Poissons vivant tous dans un méme milieu, si les Poissons etaient provenus des mollusques et ceux-ci des Crustacés, il n°y auroit pas eu de raison pour que les poissons n’eus- sent conservés les organes du mouvement des mollusques et les mollu- sques ceux des Crustacés qui executent leurs mouvement dans l’eau auissi bien que tout autre animal aquatique, cela nous prouve donc que ces animaux ont été fait sur des plans différents, que la nature est dans chaque parvenue au mème but par des voies différentes, d è- veloppant dans les Crustacés des pates, dans les mollusques des disques p. ramper, des espèces d’ailes, et des tentacules servant à differents usages, et dans les Poissons des nageoires. Enfin le coeur musculeux qui dans la série ordinaire commence èà paraître p. la 1° fois aux Crustacés, pourquoi s’ effaceroit-il oux An- nelides p. reparaitre aux mollusques?.et le sang qui est blanc dans les Crustacées, pourquoi ne resteroit pas tel dans les annelides (qui l’ont rouge comme les vertébrés) puisqu’il doit ètre blanc dans les. classes qui vont immediatement precéder les Mollusques. Ces appari- tions et disparitions successives ne sont’elles point des preuves évi- dentes que ces animaux ne se trouvent point placés dans nos séries suivant le rang qu’ils devroient occuper et qui devroit étre déterminé p. le perfectionnement successif et croissant d’après une méme plan, du meme organe ? Une fois parvenue à la formation d’ une série de pieces cartilagi- neuses qui emboitent la moélle alongée, la nature est passée aisement au perfectionnement d’un squelette dans les poissons osseux. Ces poissons sont l’intermede dont la nature s’est servie pour par- venir aux classes suivantes. Il n°y a nul doute que les Reptiles en viennent immédiatement p. le LU moyen des Reptiles à metamorphose qui paraissent provenir des Poiss. cartilagineux, des Ophidiens qui paraissent venir des Poiss. osseaux à écailles et peut ètre encore des Cheloniens qui paraissent ègalement indipendens des autres reptiles, et provenir de qq. poiss oss. (placès mal à propos parmis les cartilagineux) comme les Ostracions, les Cataphractes etc. Quant aux mammiferes il est difficile (dire) si le passage s’est fait p. les reptiles a 4 pieds ou plutòt p. les poissons eux méèmes directement, et que les mammiferes bipedes ou les Cetacés ne soient pas plustot la source veritable des mammiferes. — Il parait d’autant plus vrai- semblable que cela a été ainsi, que partout ailleurs la transition d’une classe à l’autre se manifeste dans les animaux aquatiques de préfe- rance aux terrestres et ce la devait étre car l’eau est le fluide qui offre à la fois plus de combinations différentes pour la nature des cir- costances influentes, et que dans l’eau tout animal peut vivre, pui- que des Anim. à poumons, à branchies et à trachées y vivent habi- tuellement, tandis que l’air ne se prète qu’a des modes d’organisation plus bornés, et les combinations des circostances sont moins variees, ou tout an moins moins puissantes, et peu nombreuses, en meme temps celles qui dans l’eau n’en ont pas d’analogues. Les Oiseaux peuvent avoir leur origine directe des Reptités Chelo- niens, car on ne peut pas supporer qu’ils aient eu leur origine des mammifere édentés comme on porroit le croire, par la raison que la viviparité etant un perfectionnement animal, il n'est pas croyable que la nature apres avoir adoptè ce mode de génération, qui est le plus compliqué, dans les Poissons cartilagineux et les Cétacés, et de la dans tout le restant de la série des Mammiféres, elle aient de nouveau abban- doné ce plan pour reprendre l’ancien celui de la génération ovipare. D'une autre part, comme les viseaux sont miéux partagés que les mammifères sous le rapport de certains autres organes et le fonctions qui en resultent et que les mammiféres tiennent immediatement aux Reptiles ou aux Poissons, on ne peut non plus placer les oiseaux avant les mammiferès c. a. d. entre ceux ci et les Reptiles; ce qui prouve que ce sont des animaux tout-à-fait indipendant des Mammi- feres; et que leur analogie avec les derniers dépend uniquement de ce que le perfectionnement des 2 classes s’est fait par le concours d'un certain nombre de circostances semblables dont on dù resulter des ressemblances correspondantes. Quant aux Monotremes il y a nul fondement p. croire qu’ils aient été l’echelon de transition, qui a donné les oviseaux aux depens des mammif:res ou viceversa. Les monotrèmes ne sont rien autre entre le Mammif. et les Oisseaux, que ce qui est un arbre qui va meler res branches avec celles des arbres voisin. Le tronc est l’espèce méème sip £ de l’arbre sont originairement distincts et. toute la confusion resulte de. ce que le tronc en est cachè et on ne peut le retrouver aussi ai- sement qu'on trouve celui des autres arbres. — En effet qu'on exa-; mine les Monotrèmes et on s’appercevra bientot que ce ne sont. pas là. les moyens dont la nature s’est servie pour enchainer les oiseaux absolument indipendanement des Monotrèmes.. D’abord ou qu'on les considère comme ovipares, ou comme. vivi- pare, si on le considere comme ovipares..... (1). 8. — La 3° espèce de germes, ceux qui ne peuvent se développer que dans l’ivterieur d'autres animaux, dont ils. dépendent et. sont p, consequent posterieurs, et avec l’existance des quels la leur est na-. turellment liée; est celle des animalicules que l’on rencontre dans les differentes liqueurs animales, l’urine, le lait et surtont la sémence, qui se dèveloppent aussi dans les infusions animales. De ceux ci paraissent avoir eu naturellment leur origine les Vers intestins, du moins les plus parfaits, car quant aux plus simples et dont l’existance est spontanée (c. a. d. dan le cas des Infusoires), il paraissent avoir la mème origine immédiate, et méme les plus grands rapports avec les animalucles spermatiques. — Ici la marche du per- fectionnement parait se faire double et donner lieu a 2 espèce d’ em- brancheurents ou à 2 sous famille. L’une est celle des An. articulés et a pates, l’autre est celle des animaux mollusques (v.. la. note 2). Les vers annelés amenent directemect à la 1° serie et se lient avec certaines larves d’insectes, qui encore trop peu éloiquées des Vers, en conservent les habitudes caracteristiques c. a. d. ils sont encore; parasites d’animaux de la 2° famille, et nè sortent de ceux ci qu’ a- près un temps donné sous forme d’oestres ecc. La métamorphose ètait le seul moyen qui pouvait conduire et former ce passage, car la manière de vivre des vers est trop diftérente de celle de tous les insectes en etàt parfait, et la nuance n’a pu e- xister que dans les habitudes considerées seult. dans les larves. On est encore très-peu instruit sur l’anatomie des larves, du moins des larves qui peuvent nous interesser en cet endroit, tel que les parasites des oestres et des Taons et en général toutes les larves a- podes et vermiformes des diptères. — Mais en juger par les observa- tions extérieures q’on peut faire sur elles, ces larves doivent effecti- vement ètre très-rapprochées de certains ver annelés tel que les a- scarides. (1) Il ragionamento nel manoscritto del Bonelli si arresta a questo punto, SM La metamorphose dès Insectes parait encore étre le seul moyen de liason des 2 classe-ci-dessus p. une autre raison. C'est qu'elle ne pré- sente point de nuance à son commenciment. Elle commence d’une ma- niere prononcée, et sans équivoque, tandis qu’à la fin, c. a. d. là ou se fait le passage des insectes aux arachnides on observe le passage de la métamorphose à la constance des formes, car plusieurs insecte de leur coté, et plusieurs aracnides de la leur sont très-douteaux sous ce rapport et on peut les considerer comme constans, ou icomme se transformant, suivent que l’on étend l’acception du mot mètamorphose (punaises, nycteribies, psoques, jules, les entomostracés etc.). Les aracnides conduisent directement aux Crustaces par plus d’une voie. Quant aux Cirripides leur place est encore douteuse, comme 'l’est la torme et l’etendue de leur tronc nerveux principal. - L'observa- tion qui paràit les ranger dans cette sous famille, est ‘celle de la grande analogie qui regne entre les Anatifes, les Pagures et les in- se ctes. Pour peu que l’ont soit habituè à saisir les rapport entre les objects désparates au coup d’oeil, et qu'on connaisse les modifications qu’un animal, les insectes surtout, peut subir dans les différents chan- gements opérès p. la metàmorphose, ou par l’influance des circostances, ou simplement par | accroissement de perfection organique, on:ne tarde pas à s’appercevoir, que le corsalet des Pagures offre des traits qui décelent des vestiges, d’ailes, d’ elytre et d’ éccusson, d’ une ma- nière aussi évidente què pourroit les manifester des chrysalides quel conques de Papillons et mèéme des nymples de Coléopteres et d’ hymé- noptères. Si après cela on fait ancore attention à ce que leur corps n’est plus articulé comme dans les insectes, les arachnides et les Crustacés autres que les Pagures; mais que leur queue:est toute d’ une seule venue, molle, et non autrement mobile que:par des: con- tractiores musculaires de méme que cèla a lieu chez les limaces; que la coquille dans la quelle ils vivent constamment en retraite, offre l’immage de ces retraites ambulantes que les larves de plusieurs in- sectes traivent constamment avec elles; que les 4 pates postérieures ne sont encore que rudimentaires comme si elles ne venaient que de pousser, et qu’il resulte de cela, que le 6 antérieures, les seules qui soient: bien developpées et propres au mouvement, correspondent: pré- cisement aux 6 pates qui caractérisent les insectes et sont une des conditions de leur plan particulier d’ organisation. Si enfin on con- sidere bien la masse de tous ces rapports, de ceux cui doivent encore resulter dans l’organisation intérieure et ceux qui peuvent nous èchap- per, on aura pas de peine à convenir qu’il régne réellment entre les pagure et les insectes une analogie decidée, et superieure a celle qui elia existe entre plusieurs arachnides méme et les insectes, analogie qui pourroit bien nous porter a croire que les Crustacés ne font point suite apres les aracnides, mais qw'ils forment une branche latérale à coté d’eux, et provenant directement des Insectes ainsi que le ara- chnides eux méme. Lorsque on a bien saisi tous les rapports que nous venons d’ ob- server entre les Crustacès et les insectes p. l’intermède des Pagures, on parvient aisement à en dècouvrir d’ analogues entre les Anatifes, les pagures et les insectes. Les Anatifes ont comme les insectes et les pagures deux ailes, 2 elytres et un ècusson et souvent, c. a. d. dans les anatifes a 7 valves; encore 2 autres préces qui paraissent correspondre aux ecailles hu- merales on omoplates des insectes, mais aux lieu a’ étre simplement cornées, ces piéces sont ici testacèes comme celles des coquilles. — L’ecusson est cette partié dorsale qui commence antericurement au dessus du tube, et se termine en pointe entre le 2 plus petites pièces paires qui sont les èlytres : les deux grandes piéces paires, comme situées en dessous et en avant des autres sont les ailes. — Le tube est une partie toute neuve, qui n’a rien d’analogue dans les Iusectes et les Crustacés, et en preuve de son existence peu importante on observe que les Balanes en manquent absolument. — La trompe que se trouve à l’opposite du tube, et qui sert d’anus indîque assez que la partiè anterieure de l’animal est celle qui, l’animal etant fixé sur son pied, regarde en bas, ce qui correspond parfaitement à la dispo - sition des piéces calcaires et à la direction de l’ecusson — La bouche est située entre l’angle inférieur et les appendices, et celles-cé qui par consèquent se trouvent placées contre la bouche et la trompe ou l’anus, ne peuvent plus éètre régardées comme des tentacules; mais simplement comme des pieds, car les tentacules sont toujours placées en avant de la bouche. i Le nombre des cirres au pieds qui est de 6 de chaque còtéè et leur direction en avant correspondent precisement au nombre des pieds et à leur direction dans les Crustacés plus les antennes. Les cirres ne sont pas aussi developpés que les pates des Crustacés, parceque l’ u- sage n’est point de servir de pieds, mais seul.? de mains p. ramener a la bouche les alimens peut etre servent ils aussi de branchies comme celà a lieu chez plusieurs Crustaces-entomostracés-ostracodes avec les quels les Anatifes ont precisement de l’analogie, non seulement p. le nombre des pates (on en donne 8 aux ostracodes), mais il est possible que l’on aie oublié une paire de trés courtes qui ne sortent point des valves, ou qu’on les aie considerées comme des antennes? mais aussi p.le mole de rester renfermees entre des valves — Sur le devant des pates autour de la bouche on distingue encore dans les Anatifes De pes des autres piéces de chaque còté, qui attestent un appareil mandu- catoire analogue à celui des Crustacés — Les pates mème comparées à celles des Crustacés leur sont très analogues; elles sont d’abord, comme nous l’avons déja observé, tournès dans le meme sens. Ensuite leur tige principale sur la quelle on observe des vestiges d’articula- tions immobiles, represente parfaitement la pate des Crabes, et le 2 filets articulés qui partent de chaque tige représentent, les tarses, doubles des Langoustes, et forment la pince. — La 69, on pour mieux dirè la 1° paire de ces pates des Anatifes offre encore ici ce que nous voyons arriver chez plusieurs crustacés où les Antennes pt. dites di- visées en 2 flets amplantés sur une tige commune, se trouvant res- sembler plus on moins à une paire de pates, soit que les pates elles méme prennent la forme et les dimensions des antennes, soit que les antennes prenneut elle mèmes la forme et le dimensions des pates. Soit que l’on considére done les Cirrhipedes comme plus parfait or- ganiquement que les Crustacés et les Arachnides et qu’on termine p. eux la petite famille des animaux articulés, soit q' on les considère comme une branche particulière sortant immédiatement des Insectes ou des Arachnides, ou ce qui est plus vraisemblable, d’une famille particulière des Crustacés, la petite famille des animaux articulés se trouvera toujours terminée par des animaux ayant des membres et des tentacules on antennes articulées, ainsi que une moelle longitudinale nerveuse, circostances qui empéchent de leurs faire suivre les animaux mollusques, aux quels le passage ne seuroit se trouver que d’une ma- niére tout-à fait incomplète, et discontinue, le pIan de l’organisation de ces 2 sous-familles etant absolument différant. Car le foyer. ner- veux, les organes des sens, ceux du mouvement etc. en sont très dèsparates. Ainsi c’est plus en arrière, c. a. d. aux animaux p. les quells n’est point encore établé le plan que l’on observe dans les animaux arti- culés qu'il faut chercher la souche des animaux mollusques, c'est donc aux vers intestin. ‘ Ici le défaut de système nerveux permet de faire suivre des ani- maux qui en ont un, quelque soit sa forme et le plan suivant le quel il se modifiera, tandis qu’on ne peut pas supposer que le plan du syst. ner. des an. articulés se soit effacé pour céder son existance à un cerveaux, c. a. di syst. ner. des mollusques. Les vers intestins considérés comme souche directe pl An. mol- lusques, nous offrent des genres qui paraissent faire la nuance. d’une manierè assez sensible. D’abord il est des vers qui un de toute especè @d su tions, leur corps presente déja un degre’ d’ analogiè avec les mollu- sques tels sont les vers vésiculeux et plusieurs autres — Il est en hg suite qq, autres animaux confondus, tantot avec les vers pt dit, tantòt avec les annelides, mais qui en réalité ne sont ni des vurs ni.des a- nellides. Tels sont les Lernées, les Chondrocanthes ecc. dont M. La- marck, fait son nouvel ordre des Epyzoaires. — Ce sont des animaux qui tiennent réellement le milieu entre les Vers et les Mollusques, leur organisation les rapproche des vers, leur manière de vivre .en parasite, mais a l’exterieur des animaux (et isurtout seulement des anim. marins ;ce qui montre aussi que leur intermède ne sauroit pouvoir servir qu’a lier des animaux aquatiques) les en éloigne deja, et leur tentacules ainsi que leur forme .exterieure les rapproches des Mollusques. Les Acéphales et parmis eux les nus, sont les prémiers mollusques qui suivent immediat. les Epizoaires — Des Acéphales conchifères i- nequivalves on passe aux Gastéropodes conchifères operenlés ,— Les Gastéropodes amènent en suite pas deux routes distincies aux piéro- podes et. aux Céphalopodes. Que les Ptéropodes et les Cépholopodes soient des animaux voisins quoque ces derniers paraissent par leur organisation ne tenir ni aux Ptéropodes ‘ini à ancun autre classe et en former une isolée, le dé- montrent les grandes ressemblances qui \existent dans leur retraite ou coquille, la quelle doit necessairement étre le produit d’analogies organiques dans l’animal. En effet rien ne semble plus à:la coquille de l’Argonaute que celle du Carinarier qui est ;un-Ptéropod' (v.le nouv. tableau. de juin 1813). D’ailleur quand méme les :Ptéropodes cet le Céphalopodes :seraient regardés comme:formant la suite d’une seule branche, ce qui pourroit encore étre, les Gasteropodes devroit' toujours préceder, d’un part par- ceque il regne reellement des rapports entre qq. acéphales,.ceux -p. exemple à coquille inequivalves, et les Gasteropodes, ceux surtout qui privés d’yeux ont un opercule sur l’ ouverture de ‘leur :‘coquille, ;au quelle devant du corps adhère comme à la petite. value des coquilles bivalves. — Dailleurs encore les Ptéropodes ressemblent beaucoup plus aux Gastéropodes par les caractéres qui indîiquent :7m2per/ection organique qu’ils ne ressemblent aux Acéphales, ce qui prouve que leur isouche est précisement dans les Gastéropodes. En ;effet \ils «ont une téte que deja les Gastéropodes possèlent, des dilatations: sous le ventre qui ne sont rien autre qu’ un développement ;majeur du «pied discoidal des. Gastéropodes. Note 1°. (1) Nous avons une prouve directe de la plus grande -ancienneté de (1) Questa è la seguente sono le note a cui accenna l'A. nel testo. = Bi = cette famille, en ce que les espèces qui par leur consistence ont pus se conserver, nous présentent une quantité prodigieuse d’ètres perdus. On peut méme dire que tout ce qu'on connait de fossile de Polypier et d’Echinodermes est différent de ce que nous avons actuellment, un gran nombre méme en différe aussi de genre, et les différences sont telles qu’à l’egard de plusieurs on est bien souvent dans l’incertitude à quelle classe doit on les rapporter. — Ce ci nous atteste par conség. la grande ancienneté de ces animaux comparativéement à celle des animaux des 2 familles qui suivent, dont on trouve actuellement p. la plus part les genres analoques et souvent aussi les espèces. Note. 2. Le systeme nerveux en se formant et se develloppant au sortir des vers le fait par 2 voies et sur deux plans differens. — Dans le 1° le corps tendant à s’alonger parceque la marche du perfectionnement est telle en conséquance da ce que l’ origine c. a. d. les vers qui leur donnet lieu sont alongés et annelés, le systeme nerveux se concentre en un fil, en longueur et dans la direction de Il axe du corps; par suite des articles du corps qui costituent pour lui comme autant de centres, le tronc nerveux doit à leur endroit acquerir plus de volume, et rester plus menu, comme étranglé, aux endroit ou les articules se joignent e s’emboitent l’une dans l’autre par leurs bouts. — Il en re-, sulte une moélle longitudinale nerveuse, de la quelle partiront les nerfs servant pour les actions des animaux, et à la quelle se ren- dront les nerfs entrant qui communiquent aux animaux les impres- sions des circonstances environnantes — C'est en effet le mode par- ticulier de système nerveux commun à tous les animaux de la 1° sous famille. i Dans le 2° plan de perfectionnement, le corps tendant à former constamment un tout ramassè, continu, et pour ainsi dire, homogène, parceque tel est le plan commencé par les vers vésiculeux, et peut étre des aplatis (Lamarck ), le foyer de la sensibilitè a dù égale- ment se concentrer en un tout uni, seul, indivise, et capable seule- ment par son développement de se dilater davantage, de repandre et de recevoir plus de filets nerveux, mais non de se distribuer egale- ment et aux depens de sa propre masse dans differens point du corps. — C'est ici l’endroit ou la nature a formè le cerveux unique sans moélle alongée, ou noueuse, la forme et la consistance des parties du corps s’opposant a l’existence de celle ci, non moins que le mode de dévelloppement que les circostances on le système nerveux a eu ici. sa l° origine, lui permettaient. i 1 PSR Pes Généalogie et.place respective des Classes selont moi — Janvier 1813. A. — Animaux rayonnant ou à disposition des partie non symétrique. Point de Syst. nerveux pt. dit - molécul nerv. régénératifs. — Formant comme un régne à part et intermediaire entre les Végetaux et les Anim. Clas. 1. Infusoire — Classe primitive » 2. Polypes —_ » de transition. » 3. Echinodermes - » PRA ONBeR: Passages de ces 3 Classes bien prononcées; — mais ne souffre nullt. les vers parmi, et passage aux An. symétr. PRA nul. parceque cette méme disposit. rayonnante augmente dans les anim. plus compliqués et plus parfaits de cette famille, savoir dans les oursins et les étoiles de mer, au lieu qu'elle devrait diminuer ici et finir par s’eff'acer. B — Animaux è disposition des parties symetrique. a — provenant directement des germes indipendant et libres (1). Noveau Tableau généalogique des Animaux fait vers la fin de Juin 1813. Il est essentiellment combiné comme le premier (2) et n’en diffère qu’an ce que dans les animaux infusoires spermatiques j’etablis comme dans les infusoires ordinaires, 2 divisions dont chacune comprend les prototypes d’une généalogie particulière et forme la souche des classes qui en dépendent. La Classe des vers intestins y est partagée d’apres les mème prin- cipes. La Classe des Ptèropodes est placée avant celle des gastèropodes comme l’a indiquò Cuvier, et d’apres ce que ce savant méème m’a dit à l’occasion de son passage à Turin, que tous les Anim. que Perron rapporte aux Ptèropodes, n’en sont pas, de sorte que cessent les rap- ports entre ceux-ci et les Céphalopodes. Tableau généalogique de Fevrier 1814 Où la différence des plans d’organisation dans les animaux indé- pendant, ou primitifs, et dans le dépendans ou secondaires est due (1) Sul foglio in cui è scritto quanto sopra non v'è altro, (2) Deve essere quello che sopra è riferito: ma che nel manoscritto è incompleta. n 307 non à la difference des germes, mais du lieu où ils se sont developpés qui a influè sur aux comme cause déterminante un cours différent dans le développement successif ou perfectionnement organique, et où les animaux sont partagés en 4 embranchements présentant chacun un plan d’organisation (qui ne peut et ne doit pas toujours étre bien distinct, et prononcée dans les animaux qui les commencent,-et ne se developpe visibilment que dans les Classes consecutives) analogue jusqu’è un point à celui des.4 embranchemans de M. Cuvier,.et- aux quels j'ai conservés les mémes noms imposés par ce, savant, le 1° ex- cépté au quel j'ai donne celui de rayonnés comme caractéristique, de leur différence d’avec les autres. due Tableau généalogique des animaux de fevrier 1814.- ‘ Germes dèvéloppés dans des Infusion Germes developpés dans les infus. ou liqueurs +. vegetales — première formation animales. par gonsegì .É de “posteriettr et rmation” 5 % y i i fi e | 1 135 (Anim. rayonnans)}| (Anim vertgyr6e] i (Anin articulé s) (Anim. mollusq.) Infusoire amorph-s | Infusoires. alongés || Infus. anim.'on SP®F | Inf symetriques | matiq. alongés. ra Sn, OUSs Pers Polypes Annelides rp pene IRIS x E | Intestineux artieulés i > Radiares Tipiseona i landa ; | Fpizoaires RI nBETa FOTEOO Arachnides | Aeéphales Dr Lair BOISITa 4 è iotdmnon So Gastéropodes , a Cyrrhipèdes _ Wp oToPOdeR: Cépha- x Oiseaux AT Tableau généalogique des animaux _animaux provenans ... de Germes indipendans — anim. primitifs. è A —« Sovche 1° re passi B - Souche 2° A - Infusoire amorphes _ A - Infus. symètriques pra n nolub n B - Polypes . -B---Afineidess === C - Radiares I | C- Poissons DV E 1 ta: À: D - Reptiles Rei Bedav) do alliUupe — ROposetg e . F.- Mammif. F - Oiseaux L_Da de germes dépendans (d’autres animaux) — animaux secondaires A - souche 3° B souche 4° A - Spermatiq. alongés A - Spermatiq. amorphes a a B - Vers articules B - Vers vériculeux b b C - Insectes C - Epyzoaires È c D - Arachnides D - Acéphales d d F - Crustacés E - Ptéropodes F - Cyrrhipedes? e f F - Gastéropodes G - Céphalopodes Tableau généalogique des Insectes et des Arachnides Vers articulés Dipter. a larves parasit. Dipteres parasit 7, | N aptères hymen. aiguill. hymen. a tarr. pedunc. \ Insectes 26 ic hymenopt. hymen. sessil. Lepidoptères \ MORTO | Coléoptèr. Neuroptt. dti del Ortopter. | | Parasit Acaridies Podurelles | | Insectes tiques pera sans FARSI meta Phalangit morphes Scolopende CRI RR AN on tid. N | Aracnides | ATA Araneides! (de Serres) | Cymothoés o ie Monodes —Squilles et Crabes f !mst808s | Cyrrhipèdes — MN 5) Sériè d’éxpèriences à faire touchant l’origine des Animalcules et leurs germes. 1° Voir si les semences et autres objects qg' on met à infuser, 4- prés qu’ elles ont fourni des animalcules, sont diminuges de pois ; et cela p. savoir si les animalcules sous. qq. autre forme entraiént com- me matierè composante de ces substances. 2° Voir quelle est la difference dans le degrè de perfectionne- ment organique, entre les animalcules des plantes, choisies elles-mèmes dans le différens degrés de perfect. org. végétale. 3° Essayer des differentes humeurs du corps des animaux des dif- ferentes classes. 4° Observer si dans la moélle ou toute autre potion du syst. nerv. comme parties essantielles de l’animalisation, entrent des animalcules. 5° Observer les Animalcules des différentes substances costituan- tes des differens animaux infusée plus on moins. — Notamment la substence omogène et blanche des vers et autres anim. chez. les quells il est à présumer qu'il y ait des molécules nerveuses. 6° Observer si parmi les infusoires primitifs il y a rèellment ceux à rudiments d’articulations qui puissent faire le passage aux Gordius p. servir de souche à la famille des An. Vertébrés. 7° Voir si le perfectionnement dans le mode de génération s’ ac- corde avec le développement organique du 1° au dernier de chacune des 4 séries naturelles d’animaux. Liste des matières à examiner au microscope à sec ou infusées La Gelatine animale. Le gluten végétal. Les différ. parties du vègétal parfait - racine, tronc. feuilles - pulpe des fruits - amandes et graine - germes poussans - moelle du tronc - alburne etc. — Idem du vègetal imparfait-champignons - likens - al- gnes - conferves - truffes - mucor — Idem des plantes fortement ir- ritables - sensitive - dodonée. Les diff. part. d'un animal parfait pris dans chaque embranc. - homme - et lamproie - Céphalopode et Acèphale - Insectes et crustacés - Our- sins et Polype — Les partiés à observer sont le tronc et les ramifi- cations du syst. nerveux - la moélle des os - le sang - les poumons - le chile - les chairs - les Cartilages . les parties ossées - les cornsée etc. — De méme les diff. parties des animaux .supposès. primitfs et spontànées” et ‘voir “quel rapport général existe entre leurs parties costituantes les animalcules. mémes, et les animaux des embranche- mens correspondants. — la pulpe omogéne des Taenia et plusieurs autres - intestin - la vesicule et le corps des hydatydes - la matiére des plus simples de cette classe - celle des. Epyzoires = celle de (An- nelides . - celle des annelides imparfait, les gordius - leur comparer des; Anguillettes «des dift. infusions. on liqueurs fermentées - la pulpe d’un animal Zoophyte - celle des radiaires molasses. Y dev gli 6 . Formation des étres organisés Il faut commencer pour admettre le globe tel qu'il est aujourdhui. par rapport a sa composition, sans aller plus loin chercher de quelle planete il s'est detaché, comment s'est faite la reparation de la“lu- mière, du calori ique, de l’eau, et surtout. de l’oxygène qui a du venir: a atmosphère en sortant de l’eau c. a. d. former l’air ambiant du. globe aux depens de la decomposition d’une portion de l’eau qui cou- vroit notre, planéte. “Commencer par admetre celà comme une chose irrevocable, quisque‘ c'est un fait, dés que celà est. a Après tout cela venir à l’existence des matières constituantes c. a. d. à la prehexistence des principes chimiques, soit des mineraux, soit. des c. organisés, étant également un fait, puisque s’ils n’avaient point existè, rien n’existeroit à présent, ea nililo ninil. Admise l’existence des éléments, et les propriétés chimiques ou phi- siques que nous leurs connaissons, et des circonstances favorables è leur mélanges, à leurs combinaisons, à leur developpement, puisque si celà n’avait pas éte nous ne lie saurions point, puisque nous n’existe- rions point, il ne s’agit plus que d’expliquer. 1° Comment les germes, premier resultat de la reunion chimique des ‘élemens, se conservent, et s’en forment journellement. ., 2° les (différences entre germes et germes qui doivent étre grandes ' puisque .s’ils étaient semblables, il devroit y avoir plus de ressem-’ blance entre les animaux myeroscopiques que nous n’en voyons. 3° la susceptibilité de se dèvelopper étant placé par le hazard ‘ dans des circostances favorable, comme le graines d’une plante. 4° la'susceptibilité (et realité du fait) de porter leur developpement.— aussi loin que nous n’en savons pas la limite, et de se perfectionner successivement. dans leur composition presque d’une maniere indéfinie, PS goa n'etant pas sfir que l'homme lui-méme avec le temps ne deviènne plus parfait. — le perfectionnement des races domestiques servirà de preuve. 5° La susceptibilité de mouler les organes sur l’influence des cir- constancer, c. a. d. d’ après le besoin, ou l’ inutilité d’ un organs, son emploi de diverses manières etc. p. l’aptitude organique (v. les preuves au 8 et 9). 6° L’existence de cette mème variété de causes influantes puisque les animaux domestiques, l'homme lui-méme en fournissent des preuves | les désirs ne paraissent point concourir car l’homme auroit des ailes etc. de l’argent, une enorme verge etc. 7° L’existences de plusieurs plans d’organisation e de composition due à l’existence de la diversitè dans les germes on formations pri- mitives on prototypes. 7°bis. l’existence des étres imparfait et des parfaits on terminaux. 8° L’existences de la ramification de chacun des plans due au développement géné, changé de route, ou différement favorisé dans tel on tel point de son cours par les circonstances environantes, qui in- fluent de manières diffèrentes. 9° L’existence de la chaine continue, mais multiple des étre c. a. d. la continuité des séries qui d’un ètre quelconque conduisent à l’ètre primitif dont il est originaire, sans qu'il soit necessaire de tous les placer sur la méme série; de l’existence de cette chaine on tiré les preuves directes de la tendance de la nature à développer et perfe- ctionner l’organisation; et de l’existence des branches latérales celles de sa tendence a se mettre en rapport avec les circonstances envi- ronnantes et influentes; d’ou proviennent la multiplicité des èspeces et des races, mémes de plusieurs coupes superieures. 10° La perfectibilité des facultés morales, de l’instinet etc. due au développement du système nerveux, de l’aptitude organique, qui favo- rise de plusieurs maniéres, etc. 11° Conclusion (1) — que |’ homme s’est ainsi formé à la manière des animaux et des plantes. et qu'il a recu le dégré d’intelligence, de superiorité etc. dont il est doné par le concours hereux d’un grand nombre de circonstances qui plus nombreuses encore, on moins nom- breuses, en auroit, fait un animal bien plus pavfait encore qne nous le sommes ou viceversa un animal égal ou a peine plus parfait qu’un singe, de la méme manierè qu'elle est arrivè à former l’Elefant, l’hyp- (1) Nel manoscritto del Bonelli è stata segnata una linea nera attraverso alle onsiderazioni indicate dal N. 1 al 10, linea che vuol essere una cancellatura. Ho reduto tuttavia di riferire anche questa parte del manoscritto perchè assai interes- ante per lo ideò espressivi, che corrispondono a quelle dal Bonelli indicate in al- o 11 non porta cancellatura. = Me popotame, la baleine, le perroquet ‘etc. qui sont tous si differens des’ autres du méme ordre qu’on pourroit ainsi qu'on l’a fait de l'homme! en former des ordres particuliers qui ne se composeroit plus que d’un certain nombre d’èspeces tout aussi voisines entre elles que le sont les differentes races de l’espèce humaine, à la seule diffèrence que celles des animaux ne paraissent point se lier entre elles, parce ce que nous sommes à leur égard plus scrupuleux, et que moins repan- dus, mais influencé par des circonstances plus actives, le differences. specifiques se sont mieux imprîmées, et ont porté méme sur l’organi- sation, tandisque les races humaines se lient davantage par ce que les differences soint moins considèrées, et que d’ailleurs la continuité de ses habitations (ou assujetissement aux influences locales) met une continuité et les differences graduelles dans les influences qui ont pu le modifier, dont il resulte une vraie liaison entre toutes les espèces d’hommes aux quelles p. cette mème raison on se contente de donner le nom de races. Essai sur les facultés intellectuelles des animaux et sur l’origine de celles de l’nomme (1) 4 Mai 1812 revue le 8 fevrier 1814 Faits qui viennent à l’appui du raisonnement des animaux, et de leur perfectibilité. — Perdrix qui contrefait l’extropiée. j — Etournaux qui ne descendent plus au filet après l’expérience. — Moinaux qui s’entraident, ou s’avvisent de l’approche des ennemis par un cri particulier. — Hirondelle qui vient à l’ancien nid. — Autres animaux qui reconnaissent leur gite. — Rénard boitaux, impossibile è prendre une 2° fuis au piege. -- 2 loups chassant de concert, l'un se faisant poursuivre par les chiens, l’autre volant la brebis. — Chardonnet qui aprend e tirer le sceau du manger e de l’eau pour boire. — Souris qui agrandit le trou pour entrer. — Penduline faisant son nid (istinct). — Chevaux, chiens, singes etc. qui aprennent des actions combinés. (1) Sono appunti, in parte slegati. Essi servono tuttavia a far conoscere quali fossero le idee del Bonelli sopra l’importante questione, — dh — Reconnaissance de certains animaux aux bienfait. — Chien qu’alla de Paris a Petersbourg par lui seul. — Cheval et autres anim. qui se choisissent un chef. — Docilitè, intelligence, et facilitè à apprendre de l’Elephant. — Republique des fourmis et des abeilles. — Détaîll. inconnus de la vie des animaux à pouvoir comparer avec ceux de la vie humaine car l’homme, vu en grand, rien plus que les animaux. Pour juger de la difféerence qui passe entre l'homme e la brute sous le rapport des facultés morales, il est necessaire d’analiser ces facultés et en connaitre les sources. 1° - L’instinct inné. 2° - L’education. L’aptitude organique. 4° - L’expérience. 5° - La réminiscence. 6° - L’exercice, ou la continuat. dans l’action d’une méème fonction. C'est l’esemble de ces qualités qui constitue le raisonnement. La 1° qualité on l’instinct, est commun a tous les Anim. il sy ràp- portent toutes les actions exerceés depuis un tres long temps par la méme espéce, et par conséequent comme indispensables. Si l’nomme en a peu, c'est parce qu’ily à trop de varieté dans son education, et ses actions, que n’etant point repetées toujours les mèmes, elles ne peu- vent point s’imprimer dans son étre et se transmettre ensuite par la génération. Si les hommes ètaient mathematiciens depuis plusieurs milliers d’année nos enfans naitroient mathematiciens. Si le besoin on rend l’usage plus frequent, il en resulte qu’ il est plus parfait e ètendu chez les brutes que chez l'homme — C'est celle qui enseigne au Rossignol la méme chanson de ses parens, qui guide le passage des oiseux, qui porte le nouveaunè a la mammelle etc. La 2° on l’èducation est moins étendue, elle donne plus de developpt aux facultée morales, et fait anticiper leur fonctions, en un àge on le peu de connaissances acquises et de comparaison faites ne mettrait pas encore l’animal en état d’y pourvoire lui mème. — Les animaux qui vivent en societé ou familes ont plus d’education, par conséquent aquierent l’usage de leurs facultés morales avant les autres et cette precocitè par le plus grand temps qu'il laisse à l’exercire de ces mé- mes facultés, est cause que ces Anim. sont plus douès de facultès mo- rales que les autres, et que leur instinct (ou les facultés transmises par la generation) est plus étendus parceque ils ne se trouvent pas dans le cas de l’homme qui changeant ses actions de père en fils, ne peut point les recevoir en naissant parceque repétees depuis trop peu de temps. (6) © ' ep 3° L’aptitude organique entre dans l’exercice des facultés, et dans leur developpement et perfectionnement, en une proportion tres grande, et je crois fort bien avec Anaxagore que si l’ homme était prive de mains, qu'il seroit peut étre le plus miserable des animaux malgré tous les autre avvantages qu’il pourroit encore avoir sur eux. — En effet la marche, bipede, la direction des yeux, la perfection de ses mains sont une source inépuisable de connaissances que l’homme ne pourroit àcquerir dans des circostances differentes, et la dégradation des facultés morales acquises par l’àge ou par l’education doit ètre en rapport avec la degradation de ces 3 facultés ou de facultés ana- logues qui puissent les remplacer (ainsi la trompe de l’Elephant fai- sant les fonctions de main, l’elephant acquiert par là les mémes con- naissances que nous acquerons avec l’usage des mains). Comme aptitude organique sont encore considérés le volume du systeme sensitif; et _calité du mouvement volontaire ou spontanée. Le volum du cervaux, et le developpement du restant du syst. ner- veux dans les organes des sens est naturellement accompagné d’une plus grande aptitude à percevoir les qualitès des corps, à les com- parer, et à en retenir dans la mémoire les souvenirs des sensations qu’ils ont faits sur les organes, et par consèquent à agir en suite d’une maniére conséquente. Sous ce rapport les animaux sont d’autant plus parfait qu’ ils sont organisés d’une maniére moins analogue à celle des premiers animaux on ne peut pas dire qu'’ils le sont à mèsure qu’ils se rapprochent d’a- vantage de l’homme, car il y a dans la classe des oiseux, p. ex. des animaux aussi parfaits sous le rapport du systeme intellectuelle, que le plus parfait des mammifèr. Cependant le perfectionnement des fa- cultés propres de ce système n’y est pas aussi développè parceque d’autres circonstances organiques s’y opposent tel que l’inutilité des mains, qui ont une autre destination, et l’inaptitude des pieds qui sont calleux étant destinès à la marche etc. Le perfectionnement, et le mode particulier d’emploi des organes du mouvement contribuent d’autant plus au perfect. des facultés intelle- ctuelles qu’ils sont en tout ou en partie moins exclusivement destinés au mouvement pt. dit. Ainsi les onguiculés doivent certaint. ètre plus parfait que les ongulés, les mammif a mains plus que ceux à pieds; et parmi les premiérs doivent l’étre ceux qui comme l’homme ont dans la main toutes les qualités recquises par un plus grand nombre d’u-. sage. Ainsi si la main des quadrumanes est propre è saisir, celle du l'homme est propre non seulement a saisir, mais à une quantitè d’au- tres usages qui lui sont particulier. — Cette mème organisation tran- sportée loin des organes des sens, c. a. d. dans les pieds de derrière, perd la plus part de ses avvantages, c’est ainsi que le pied en main "x bat: Pa des ‘pédimanes ne place pas les animaux ou dessus des autres quant aux facultés intellectuelles perfectionnées par l’ emploie d’un organe latewr. Le nombre des, doigts contribue aussi aux développement des fa- cultés — de tous les mammiferes à sabot 1’ elephant est le seul qui en ait 5 aussi est il le plus avvancé sous ce rapport, cependant c’est ici la trompe qui fait tout et la bonté de l’ouie et les yeux — Parmis les oiseaux; les terrestres et les aquatiques sont les plus imparfaits parceque leur pouce manque dejà souvent ou tout au moins leur est inutile. — La disposition des doigts qui forme la main de l homme, contribue d’ une manière analogue dans les pieds des oiseaux. Les grimpeurs sont parmis les ociseaux ce que les quadrumanes sont par- mis les mammiferes. ‘45 — La réminiscence autre qualité sans la quelle point de per- fectionement des facultes intellectuelles, car sans une dose de mé- moire les comparaison ne peuvent avoir lieu, et tout animal qui ne compare point, est comme s’il venait alors au monde et ne sait rien ni du bien à se procurer, ni dumal è éviter. Tous les anim. cependant ont une dose de réminiscence, plus on moins grande aussi en raison de l’usage qu'ils en font et de develop- pement e de l’aptitude majeure qui lui font contracter par l’usage. Ainsi les hommes qui exercent la mémoire en ont, généralment par- lant, plus que les autres. ‘L’insectes qui sait choisir la plante qui lui convient ou qui con- vient à sa larve parait étre conduit par l’instinct; mais il y a dela réminiscence lorsque la larve du Carabe s’introduit dans les trous, sous les écorces etc. pour y chercher les autres insectes que l’expé- rience lui a apris s’y trouver. ‘L’experience est naturellement liée avec la reminiscence, la premiere est la cause, la 2* l’intermède de l’effet. — Sans l’expérience, propre, où non, qui est qui auroit apris à l’alouette a fuire ou se cacher de- vant l’oiseux de proiè cu de l’homme, ce qu'elle ne fait point, ou. il paroissent pour la 1° fuis. Il resulte par. conseq. que les anim. que les circostances placent à méme d’ètre sujet aux variations extérieures, acquirent plus d’ ex- perience, la réminiscence de ses variations les fait agir d’ une ma- nière consequente, et l’animal erxerce parlà un certain raisonnement tandis que celui placé. dans des circonstances semblables entre elles» monotones, tel que celles ou se trouvent les polypes, n’ont point d’ex, perience, ou dumoins sans organes de sens, ne peuvent point prendre, ni profiter de celles des autres. — Là reminiscence: jamais emplo- yée, s'oblitére, et l’animal perd toute espéce de faculte intellectuelle. ‘6° La derniére source du raisonnement est l’exercice continué pen- — Da dant un grand nombre de géènération des mémes facultés et de la méme maniere. Les facultés se perfectionnent en méme temps que les organes de les facultés se developpemt. Ce qui le prouve c’est l’apti- tude differentes des races de chien. En effet d’ou vient - il si non d’un exercice continuée, que telle race de chien est meilleure pour tel usage, telle autre race à telle autre usage? Car orì peut pas douter que tous les chiens ne sont q’une seule espéce. Cependant sans parler de leur qualités physiques qui sont aussi variée, que la difference par l’instinct entre les uns et les au- tres. On l’apèle icì instinct, mais si l’instinct est inné, pourquoi ne continu-t-il pas à ètre le mèéme dans tous les chiens qu'il etait dans le chien primitif. (La raison est que l’instinct s’ est ici changè par le changement des habitudes). C'est instinet donc originaire d’ habitudes particuliéres continueés les mémes dans plusieurs générations, s’ est intîmement lié avec la nature du chien, et devient susceptible d’étre trasmis aux autres gé- nérations, tout comme se trasmettent des traits de la physionomie, la taille etc. et si ces transmissions ne sont pas aussi constantes qu’elles devraient l’étre, plusieurs circonstances contribuent à les pervertir, et parmis les connues on doit principalement enumèrer celle de l’im- purité des races qui nait du croisement de races différentes, car on sait que le croisement est très propre à faire dèsparaître tous les vices organiques, et ramener le differentes races à une race moyenne qu'on regarde comme la plus pure, e celle dont toutes les autres sont des dégénerations produites originairement par l’influence des circon- stances locales, et l’action qu’elles ont sur les facultés, dégènerations qui se sont perpetuées, et qu'on ne peut faire dèsparaitre qu’en pla- cant les races dans des circonstances locales différentes. Il résulte de tout ceci que le raisonement n’est point particulier en essence a l’homme, mais qu’il se trouve dans tous les animaux ou du moins que tous les anim. en sont susceptibles, qui en ont les condi- tions necessaires, mais qu’il est susceptible de dévenir d’autant plus parfait, et qu'il se reproduit tel par les générations, en raison de la perfection de ces conditions ou sources qui sont nombreuses dans l'homme et qui peuvent encore le devenir davantage par la suite, car je ne voi rien d’extraordinaire à admetre un perfectionnement suc- cesif dans l’organisation et les facultés de l’numme, perfectionnement qui n’aura peut -étre de borne que avec l’extinction de sa race. — Au surplus il n’ y a pas plus d’ absurde à dire que les hommes n’ ont pas toujours en général la meme dose d’intelligence, qu'il seroit ab- surde de dire que tous les individus de l’éspéces humaine en ont la méme dose, encore on peut expliquer jusque à un certain point le changement de cette dose d’intelligence dans les differentes genera- n 99 tions qui se sont succedées depuis des milliers d’anneés tandis qu’on ne parviendra peut-éètre jamais à connaitre la cause qui fait que dans une famille de plusieurs enfants, il n’y a pas 2 qui se ressemblent sous ce rapport et que le génie des hommes soit si peu uniforme en général. (PLAN DE MON) CRESCITE ET MULTIPLICAMINI OU TABLEAU GÉNÉALOGIQUE DU RÈGNE ANIMAL OU CONSIDERATIONS SUR L'ORIGINE DES RAPPORTS QUI EXISTENT ENTRE LES DIFFÉRENS ANIMAUX, LEURS ESPÈCES, LEURS FAMILLES, LEURS CLASSES ETC. SUIVIES DE L’ESSAI D'UNE NOUVELLE MÈTHODE D’'EXPOSER L’ORDRE NATUREL DES ANIMAUX F'evrier de l’an 1814 Tableau genéealogique du regne animal ou etc. Prèmier partie Explication des principes sur les quels est fondée la Theorie de la - généalogie des animaux et Esposé des preuves rationelles et des faits qui viennent à l’appui de ces principes. Chap. I De la connexion des ètres en séries naturelles et de la ramification de celles ci; des moyens actuels de traiter cette matière, — Preuves par des exemples. D'un enchaînement analogue dans les accidens de la vie, des dges et en général de tout ce qui tient an physique, comme au moral. SO De l’existance de plusieurs sériés, et de la faussété de la chaine u- nique des-éètres immaginè par Bonnet, ARE, ga R. UN De l’existance des séries latérales provenant et dépendant des series principales comme les branche d’un arbre proviennent du tronc; et de l’enchaînement direct et continue des étres plus parfaits ou pe naux. Chap. 2. Des causes qui determinent l’enchaînement et la ramification des séries des étres, ou de l’existence en nature de 2 marches ou mouve- ment, l’un perpétuel, libre, actif et indépendant et qui est le dévelop- pement le quel a lieu dans les espèces (crescite et multiplicamini) comme dans les individus, l’autre temporel, géné, passif et dependant de causes extérieures, le quel est également dans les espèces comme dans les individus, et qui est la scusceptibilité cu influancarilite. Wu De la première marche de la nature, savoir, du developpement et premièrement du developpement individuel, par le quel les individus des corps organisés peuvent par une impulsion de la nature, (qu’ ils trasmettent par la génération) ou force propre, libre et indèpendente de toute force exterieure un accroissement dèterminé sous nos propres yeux — preuves dans sa réalità admise par tout le monde, puùisque, quoique lent, il est toujours sensible à nos sens et à nos instrumens. — Lois du développement individuel. Du developpement spécifigue cu de la mème marche de la nature’ considérée dans les espèces, et par le quelle les germes admis. comme deja formés et repandus sur le globe, et prototypes de chaque série,_ placés dans des circonstances favorables se développent continuelle-’ ment et s’organisent de plus en plus par (le commendement de Dieu Crescîte) une impression que la nature (Dieu) leur a donnée (force in- comprehensible et inexplicable qui les y fait tendre comme elle. fait tendre tous les corps au centre) qu’ils conservent toujours intimement, liée è leur existence, et qui est indépendente de toutes forces exté-" rieures; de la transformation successive des germes en espèces diffè-* rentes, en genres differens ect. — preuves — chaines et chainons des étres; gran perfectionnement (supérieur mèmé au notre sus quelque ‘ rapport, comme sous celui de la vue et du vol, dans certains-animaux) de certains animaux, extrème simplicité de certains autres; variabi- lit de certains infusoires —. Lois qui président pu denclonpazianti spé- cifique. sn ecigsuuali nori sel. pia — 3] 83. De la deuxième marche de la nature, ou de la susceplibililé on în- fluencabilité, et premierement de la susceptibilite individuelle par la quelle les individus des corps organisès prennent par l’effet de la dif. ference des circonstances qui agissent sur eux, des caractéres diffè- rens et modifient leur organisation en manierè à la mettre en rapport avec la nature de ces mémes circonstances influentes au milieu des quelles ils se trouvent placées; et de leur mort si la nature des cir- constances est telle, que les individus ne puissent point en recevoir les empreintes et s'y adapter. — preuves — les monstruosités acci- dentelles, naturelles, ou artificielles du règne animal et du règne vé- gétal. Lois de la susceptibilité individuelle. De la susceptibilité specifique, ou de la deuxième marche de la na- ture, per rapport aux espèces, par la quelle les especès des corps or- ganisés, par l’effet continuel de la diffèrence des circonstances qui agissent sur elles, preuvent petit à petit l’empreinte de l’influence de ces mémes circonstances, c’est-à-dire des caractères et des modifica- tions organiques plus ou moins différentes, qu’elles trasmettent par la génération, et qui augmentent toujours (l’espece continuant dans les mémes circonstances) jusqu'à ce que toute l’organisation soit en rap- port parfait avec ces circonstances. De la transformation qui en suit des espèces et des genres en d’au- tres especòs, et d’autres genres. — Lois de la susceptibilité spécifique — preuves — ramification infinite des étres; organisation imparfaite de plusieurs animaux de familles et genres d’ailleurs parfaits. Chap. 3. De l’action qu’ont sur les étre les circonstances qui les environnent. $ 1. De l’influence immédiate des circonstances sur l’organisation. $ 2. De l’influence des circonstances sur les habitudes et besoins. $ 3. De l’influence des circonstances sur l’ organisation par l’in- terméde des habitudes, on de l’influence de celles-ci sur l’organisation. Preuves — chiens barbets etc.: oiseaux perchant, ou terrestres; bec croisé, vol ou non (manchot), nage (oie), actions repétées ou abban- donées: influence particuliére de certains climats, pays, nourriture etc. Sauterelles migrations, souris carnivores. $ 4. Appercu des principales causes influentes plus on moins connues. $ 5. De l’influence des accidens, ou causes inconnues sur l’ orga nisation, considerées comme source de plusieurs races domestiques, et d’un gran nombre d’espèces en nature, dont les caractères ne peuvent etre motivè par l’influence des causes ordinaires. del}: go $ 6. De l’identité des races domestique, et des espèces sauvages. Chap. 4. De lois de la nature par rapport à la reproduction. 1. De la réproduction des qualités phisiques des étres. 2. De la réproduction des propriétés. 3. De la rèproduction des qualités morales ou de l’instinct. 4. Effets du croisement des races, des espèces, des familles, tres pr opre à corriger les défault individuel, et faire ressortir les beautés caractéristiques des especès. UR URP UN US Chap. 5 Combinaison de la susceptibilità avec le développement, ou de l’ in- fluence de la première sur la direction du HAvalo PESA soit daus les individus, soit dans les espèces. $ 1. Combinaison de la suscéptibilité individuelle avec le deve- pen ine individuel. $ 2. Combinaison de la susceptibilitéè spécifique avec le dévelop- pement spécifique. i Preuves — l’arbre de la nature; perfection de plusieurs classes, ordres et familles indépendantes ou terminales comme la classe des Insectes, que l’action continuelle du developpement empéche de reculer pour reprendre des marches différentes qui conduiroient à d’ autres plans d’organisation dont les insectes se sont de plus en plus deroutés et éloignés; comparition de l’homme, du singe, du perroquet etc. po- stérieure à celle des animaux fossiles les plus parfaits. Chap. 6. Rapport des 2 espèces de développement e de susceptibilité. $ 1. Rapport du developpement spécifique avec l’individual. $ 2. Rapport de la susceptibilité spécifique avec l’individuelle. Chap. 7. Rapport du développement organique avec le développement des fa- cultés morales, et viceversa. $ 1. Rapp. du développement organique avec le développement des facultés morales, et viceversa. L’un et l’autres se perpétuent par la génération et ne se perfection- nent qu’avec une extrème lenteur, parce que tous les individus s’ en servent de la méme manière, et ne le forcent point (l’instinct) à CAEN par l’action de la susceptibilité. 9 Cia dans, ecc, ». © SMI j : &eLAS@I $.2. Rapp. de la susceptibilité organique avec la variété qu'on remarque dans le dégré de facultè morale acquise, ou raisonnement des hommes et des animaux, et viceversa. L’une et l’autre ss’ acquiè- rent et ensuite se perpetuent, mais moins que l’instinet parce què ils sont moifiès successivement, ou contrariés dans quelques individus de la série des parens, d’ou il resulte que probablement les enfants de parens qui depuis plusieurs génèrations exercent le méme art, naissent avec une plus grande inclination que les autres, au mème art. et qu’ils l’aprennent pour ainsi dire d’eux mémes. Chap. 8. Rapport du developpement et de la susceptibilité organique avac les progrès de la civilisation et les événement de la vie humaine et viceversa. AIA $ 1. Rapport du développement organique avec les progrès de la civilisation, et l’augmentation de la population d’un pays. $ 2. Rapport de la susceptibilitéè spécifique avec la destinée po- litique d’une nation. $ 3. Rapport de la susceptibilité individuelle avec la destinée par- ticuliere d’un homme, changèe le plus souvent par une circonstance, en apparence, tres accessoire; combinaison, dans ce cas, du dévelop- pement et de la susceptibilité. [ Chap. 9. Conclusion de la I°. partie. a — Que rien n’a été réellment crée tel que nous le voyons. b — Que la création n’est (au plus) admissible que dans ùn petit nombre d’animaux prototypes (1) et dans cette propriété extraordinaire et divine che Dieu leur à imprimèe par son commendement Crescile, de tendre à se perfectionner en se composant de plus en Lil et en. se STILE successivement. — Que tout ce que nous connaissons, jusqu'’ou mineraux, s’ est tri de lui mème par cette vertu expansive et évolutive, et s’est modifié. d — Que les qualités morales innées, et acquises sont dans le mème cas. - e — Qu’en bonne phylosophie on ne peut admettre une crèation par- ticulière pour l’homme, ni de conditions étragères à celles qui ont: suivi la formation des autres animaux inferieurs à lui. tes (1) Nel manoscritto v'è la seguente variante « que dans les germes prototypes et ) È = i f — Que l’homme vraimant phylosophe et impartial à son propre ègard dans le jugement qu’il porte sur la masse entière des animaux, doit reconnaitre que lui seul, comparativement à l’univers dont il se croit le maitre ou tont au moins.l’agent et l object principal, n° est absolument que poussière comme le dit l’ecriture Sainte, et que c’est son orgueil seul qui a pu la lui faire croire, étant constaté actuelle- ment par la géologie, la Zoologie, et les connaissances que l’on a sur les fossiles, que le globe a existè longtens avant lui et que tous les animaux fossiles mèéme sont de formation anterieure à la sienne, pui- sque nulle part il se trouve fossile. Tableau genealogique du Règne animal ou etc. Seconde Partie Généalogie du regne animal, ou application des principes, des preuves et des faits rapportés dans la première partie, et sur les quels est fondée la Théorie et la distribution naturelle des animaux en 4 grandes races. Chap. 1. 0) Etat de choses préexistant à toutes formations d’ètre organisés ani més, qu'on admet pour ne pa remonter è l'origine des élemens eux mémes, et du quel on part pour chercher l’origine des animaux. Chap. 2. Du premier resultat de la combinaison chimique des élémens, ou de la formation des germes, et de leur conservation. Chap. 3. De la différence des germes entre eux: de l’existence de 4 sortes de germes, prototypes de 4 grandes races aux quelles peuvent se rap- porter tous les animaux connus; de l’existances de ces 4 grandes races tout-à fait indépendentes l’une de l’autre, et formées sur un plan d’or- ganisation particulier et exclusif à chacune. Chap. 4. Du développement des germes placés par le hazard ou les circo- stances dans un milieu favorable à leur développement, de la méme maniere que se développent les graines des plantes ensévelies dans la terre par un accident quelconque. $ 1. Premier développement des germes. $ 2. Développement successif et perfectionnement d’ une manière presque indéfinie pour nous, en suivant le plan de composition. dars l’organisation, commencée par le genre prototype. nibù - pl Chap. 5. Formation des espèces uniques qu’on ne peut placer qu’hors de série, due et déterminée par la scusceptibilité. Chap. 6. Formation des séries latérales dépendantes, ou des branches, deter- minées par l’action simultanée ou la combination du développement et de la susceptibilité. Chap. 7. De l’origine, des progrés, et de la perfectibilité des facultés morales en raison du développement et perfectionnement de l’aptitude organique. Savoir de ia masse du système nerveux, et de la perfection et étendue des organes des sens. Chap. 8. 1. Tableau des animaux de la 1 race. ou de la serie des rayonnans. 2. Explication et observations nécessaire à l’intelligence du tableau. 3. Tableaux particuliers des branches principales de la 1° série. 4. Explication et observations necessaire à l’intelligence de ces tableaux. UR UR UR UP Chap. 9. . Tableaux des animaux de la 2* race, ou de la série des vertébrés. . Explication et observ. nécess. à l’intellig, de ce tableau. . Tableau particuliers pour les branches principales de la 2° série. 4. Explication et observ. p. l’intell. de ces tableaux. UR UP UP UP uu woru Chap. 10. 1. Tableaux des animaux de la 3% race ou de la serie des articulés. 2. Expl. et éclairciss. sur ce tableau. 3, Tableaux particuliers des branches de la 3° série. 4. Eclairciss. et observ. sur a tableaux. UR UR UN UP Chap. 11. 1. Tableax des animaux de la 4° race ou de la série des mollusques. 2. Eclairciss. rélat. a ce tableau. 3. Tableaux particuliers des branches de cette sériò. 4. Eclairciss. sur ces tableaux. UR UP UP UL Cosio; CS Chap. 12. Tableau particulier des races humaines Chap. 13. Conclusion de l'ouvrage, ou a — Parallèle de l'homme et des autres animaux plus puissans, ou plus parfaits. I bd — L’homme considéré comme métre et tyran des autres animaux et méme de sa propre espèce. c — Sa préeminence due à une réunion particulière de qualités phy- siques et morales qui n’appartiennent qu’en partié aux autres animaux. d — L’ homme redevable à l’auteur de l univers, qui a dorinè au cahos la faculté de se transformer en matière, et à celle ci la faculté de s’organiser et la tendance à se perfectionner, plus que tous les: autres animaux, par la réunion de ses atribus sublimes; moyens de l'homme pour témoigner sa reconnaissance à l’auteur de l’univers; ce qu’il doit à soi-meme, et à sa propre espèce. e — Manière dont il doit considérer et traiter les autres animaux. f — Manière dont il doit considérer et étudier la nature, en consi- dérant les étres telles qu’il se présentent aujourd’hui à ses yeux: en cherchant à connaitre la vérité, sans pretendre de la trouver, en n’accordans aux caractéres et differences des animaux pas plus de, valeur qu’ils en ont réellement, étant prouvé que toutes sortes de di- visions systematiques ne sont qu’artificièlles, et que les espéces mémes n’ont point de caractère qu’on puisse regarder comme rèellement con- stant sous les 2 rapports du développement et de la susceptibilité, qui ne cesseront peut-étre jamais d’agir. g — Que dans l’etude de la nature il doit comme dans les atrés études, s’attacher spécialement aux parties d’une utilité directe pour l’aisance de la vie humaine. Mouvement et Marches de la nature vivante (Lammarck a trés bien connu cet 2 marches V. de plus ma réponse a M. Ziegler faite en janvier 1813, dont j'ai garde le brouillon) (1). (1) La lettera allo Ziegler di cui parla qui il Bonelli è gia stata pubblicata nel N. 586. (vol. XXIII — 1908) di questo Bollettino, L Le nature tend a se modifier par 2 motifs et 2 marches différentes | l’une est indépendante, l’active, l’autre est soumise aux circonstances, c'est la passive. | L’indipéndente est celle par la quelle elle tend naturellement à se developper, à se perfectionner. Dans les 7ndividus des C. organisés ce developpement et ce perfec- tionnement s’opèrent assez promptement pour que nous puissions les suivre malgré que cette promptitude ne soit pas telle à se faire re- marquer d’un instant è l’autre par l’oeil de l’observateur - Ainsi nous ne doutons point a l’egard des individus, de cette force particulière de la naturè qui dans les circonstances favorables, fait qu’une graine se developpe plutòt que de pourrir ou rester inactive, qui fait qu’une animal ou une plante à moitié de son acroissement, continue à se dé- velopper jusqu’à ce qu’elle soit parfaite, plutòt de rester là ou elle se trouvait è une époque donné de son existence, c'est de la facilité de se développer les individus que dépend leur nombre extraordinairement grand dans la nature. Les espéèces se developpent plus lentement, elles se multiplient par conséquant aussibeaucoup moins que les invidus. Leurs germes sont les molécules organiques qui se developpent par une force et des lois analogues à celles qui president au developpe- ment des individus, mais plus lentement, et d’une manière qui n’ est plus sensible è nos yeux que par les resultas; de la mème manière que le mouvement de l’aiguille d’une pendule qui employeroit un an (et c’est bien peu dire comparativement au tems que la nature em- ploit) pour faire son tour, cesse d’ étre susceptible d’etre saisi méme par les plus forts instrumens d’optique, mais qui observé après des intervalles plus on moins considérables s’ apperc. d’ une manière in- contestable par la différence que nous appercevons dans la direction de l’aiguille. Ainsi à mesure que nos connaissances en hist. nat. augmentent elles nous prouvent de plus en plus cet enchainement qui existe parmis les étres et qui doit necessairement resulter des différens etats par les quels ils sont obligés de passer successivement avant d’ar- river à celui de perfection que nous observons dans les ètres qui forment les èxtremités des branches du grand arbre de la nature. Ils est probablement différents espèces de germes, ou pour le moins differentes circostances qui influent sur le mode de leur développe- ment, ainsi que celà s’observe également sur le developpt. des indivi- dus, font que tel prendtelle marche secondaire, tel autre prendra telle autre marche, et que leur developpement, et leur perfectionnement s'executera sur un plan different, de la méme maniere que le cours de la maniere de vivre d’un homme depend Ie plus souvent d’une cir- constances en apparence méme très-peu importante la quelle s’ est = se presentée d’abord, q'un garcon par. ex. qui aura toute la tendence, la bonne volontè, l’aptitude etc. d’embrasser l’etat éclesiastiques, qui sur , le point de s’y livrer, un compagnon, une reflexion d’interéts, la mort , d’un parent, une lois etc. etc. lui fait embrasser l’etat militaire, et en fait un grand général d’armèe qui ne voudra plus méme entendre parler de prétres etc. Ce developpement contînuel peut cependant n’avoir lieu de nos jours que dans les animaux petits et qui se trouvent dans des milieux où la multiplication de l’homme et le boulversement du globe n’ont pu influer, comme dans la mer, où nous savons qu’ il existe . encore des cetacés et des poissous de la taille de ceux que nous trouvons de 1"e grandeur dans les fossiles (les grands anim. marins habitent ordin. dans la haute mer, où il est possible qu’ il se trouve encore les ammonites) mais pour les animaux terrestres il est possibles non seulement qu’ il n’y ait plus de developpement considérable dans l’état de nature, mais qu il y ait de plus un déperissement ou degradation qui subsiste et est une consequence naturelle du deperissement qu’a subit le globe dans ses revolutions. Cette marche du developpement paraît méme evidement conforme au texte de l’ecriture Crexzte et mulliplicamini, car Dieu ayant creé les animaux deja adultes et habiles à la multiplication comme il l’a fait pour l’homme, ne pouvait avoir d’autre idee au disant crescité que leur donner la proprieté de se développer d’avantage e d’augmenter le nombre des espéces par les nuances intermediares et les differentes routes par les quelles ils se developpaient. Aussi le developpement étant conforme à l’ecriture, et la suscepti- bilité conforme à l’espérience, il n’y a nul inconvenient à les admettre pourvù que l’on commence par la creation de quelques animaux. L’autre marche est celle que les étres tiennent en mettant leurs fonctions et par conséquent leur organisation en rapport avec les cir- constances environnantes. La nature tend a cette marche d’une ma- niére si èvidente qu’ils n’est pas possible d’en douter à moins qu’on . ne veuille fermer les yeux ou etre absolument iuconsèquent de ce qu'on ,, observe à chaque moments. — C’est par cette tendance que dans les animaux quelques fois le plan suivant le quel s’est perfectionné leur organisation se développent des parties, que s’en affacent d’autres, que des accidens infinis se déclarent sur leurs corps at nous servent de base pour fonder la distinction des especes. Perfectionnement des animaux domestiques. Dans l’ètat de domesticitè les races sont susceptibles de se perfec- tioner par l’art de l’homme, ainsi qu ’on le voit à l’egard des belles races de chevaux, de brebis et de chiens que l’homme s'est procurées, Le SR -— 39. et qui n’existent point dans l’etat de nature, e que lon ne peut dire‘ non plus avoir été le resultat des circostances locales ou ces animaux out été places par l’homme car dans le méme endroit on voit souvent à la fois plusieur races differentes du mème animal. C'est ici le seul cas ou l’homme, c’est à dire, la contrainte e l’escla- vage puissent réellement étre considerès comme circonstance influente, car dans tous les autres cas l’homme lui méme n’y entre pour rien, et c’est touyours le mème état des circonstances qui influent sur l’a- nimal domestiques comme sur le sauvage car ces mémes circonstances se trouvent partout, et son indipendentes de l’homme. La seule cause donc qui peut tendre au perfectionnement des races et qui est réel- lement entre les mains de l’homme est le croisement des races dans certains cas, et le choix des individus dans les autres cas. Nous savons que les races dégénérées par l’action des circonstances locales melées spécialement avec opposition de caractére donnent par la génération des individus qui ne ressemblent parfaitement à ancune des races dont ils proviennent prennent l’impression de l’espéce pri- mitive, et se perfectionnent, c’est ainsi que l’on fait à l’égard des mou- tons. — Nons savons d’un autre còté que les empressions accidentelles ou determinées par la nature des circonstances dans les individus d’une race, se propagent non seulement par la génération, pouvue qu'il n’y ait pas mélange de races hétérogénes, mais que méme alles se per- fectionnent, c'est à dire, qui elles augmentent dans la manifestation d’un méme caractere acquis par suite d’influances particulierés ou simple accident; dou ìl resulte que 2 individus ayant le caractere de la méme race, donnent par la génération des individus semblables à eux, qui méme aurent le caractère plus tranché que dans les parents, si on les maintient dans le mèéme état de causes influentes ; ou qui tout an moins conserveront leur caractére si les circonstances locales ne sont plus les mémes, ou que la race ait étè primitivement produite par l’accident. — Cést une chose évidente que le nombre des accidens (autrement variétés ou monstruosités) doit étre en rapport avec la multiplicitè des individus car augmente la probabilité en raison du nombre des générations, et que l’etat domestique a beaucoup contribuè à la multiplication des animaux que l'homme a assujeté, et il est d’ail- leurs également clair que d’autres accidens doivent avoir lieu dans les mèmes races deja formées par un accident, et que ces mémes accidens en se multipliant ont multipliè les races qu’ ils caracterisent. Maintenant que l’on consideré l’homme toujours marchant aprés tout a qui peut lui étre utile, ou flatter quelques unes de ses passions ou de ses plaisir, ou de gòut, s'emparer d’abord de quelques individus màles et femelles d’une espéce dont il espére tirer quelque parti, re- streindre leur liberté petit à petit a fin qu’ ils contînuent à propager, lés. maitriser en fin et leur regler toutes les actions A sa fantaisie,” recuillir à son profit le fruit de leur union, et le destîner à tel ou tel service, oter jusqu’aux moyens de se reproduire à ceux qu'il a de- stinés, choisir pour ceux à qui la propagation est accordée, les indi- vidus qui lui plaisent le plus, c. à. d. les individus dans les quels il aura recunnu 0u plus de force, ou de plus belles proportions pour flatter son oeil et son ambition, accoupler ceux ci entre eux bien soignosa- ment à fin que les beautes accidentelles des parens se conservent avec leur méme caractére et pureté dans les individus qui on proviendront; choisir nouvellement parmi ces derniers ceux qui auront mieux mar- qués ou qui mèéme auront encore d'autres différences accidentelles (tout ceci arrive journellement sous nos yeux à l’ègard des animaux domestîques et méme de l’espéce humaine) qu’ il considerera comme des beautés ou tout au moins comme des curiosités qui peuvent flatter le caprice de quelques hommes, les accoupler nouvellement, et repeter enfin pendant ‘une suite de 40 siécles au 7:0îns les mèmes choix et les méèmes attentions et soins A conserver les belles races et les en- bellir encore succéssivement, et aura l’idée de la maniére dont la plus part, si non toutes les races domestiques de chevaux, de chiens, de Poule, de Pigeon etc. etc. se sont formeés et perpetueés, changées méme en espéces ni plus ni moins que les espéces d’animaux sauvages se sont formés par le concours d’un plus grand nombre de circonstances. Mém sur la multiplication journaliere des espéces dans l’état de nature ou examen des moyens dont peut ou a pu se servir l'homme pour multiplier les races tant dans les animaux domestiques, que dans les plantes cultivées pour provurer que la Nature se sert de semblables moyens pour multîplier les especes D’abord — preuves dirécte de l’influence des circonstances. Il transporte les anim. et les plantes dans des climats différens. Force petit à petit ou bruscquement les animaux à telle ou telle espéce de nourriture, e les plantes à tel ou tel terrain. En interrompt le développement à tel ou tel point. Le force à se conformer à son gré. En augmente ou en diminue le developpement final par une nourri- ture plus abbondante on moins. — Choisit les indîvidus plus beaux, ou plus conformes à ses dessins. — Méle les espéces, méle les races deja obtenues. — S'empare des variétés accidentelles puur les propager. NI 2 a E ‘Ote aux 'animaux les besoins de se défendre, de s’instruire sur l’art de chercher leur subsistance, et par là fait disparaitre les qualités nuisibles des uns et des autres. — Favorise le développement des accidens perpétuables (1). Multiplication successive des espéces sauvages d’animaux Perfectionnement et Unité de l’espece humaine. D’'aprés l’observation que l’accident (outre toutes les autres causes actives ou passives qui concourent à modifier les espéces) peut souvent donner à un animal des caractéres què ses ascendans n’avait point, et que ces mémes caractéres sont susceptibles d’etre transmis aux descendens si le croisement des races ne vient pas les détruire, ou peut expliquer d’une maniere tres-claire, a part la grande distance qui passe entre l’homme et les animaux, le grànd perfectionnement organique et moral de celui-là, ainsi que le peu de différence que présentent ses races, c. a. d. la presque unité de son espéce, de l’autre part le moindre perfectionnement des autres animaux, l’impossibilité ou ils sont d’atteindre celui de l’homme, et surtout le grand nombre de leurs races ou espéces voisines, toujours croissantes — (crescite et multiplicamini). Chez les animaux sauvages les mariages se font sans aucune lois par rapport à la descendence, de sorte que de méme que deux indi- vidus d’origine trés-eloignée s’unissent, également deux individus qui provviendront d’une mème porteè ou d’une méme nicheé, et plus en- core peuvent s’unir e travailler de concert à la propagation de leùr propre espéce une jeune femelle avec son propre pére, ou un jeune male avec sa propre mere; il est méme des animaux qui nais- sant par couples contînuent à vivre ensemble, et forment eux mémes des sociétés conjugales, que la mort seule de l’un ou de l’autre sexe peut rompre.. Chez l’homme au contraire, mème chez le plus sauvage et éloigné de (1) Il Bonelli a questi appunti ha aggiunto le parole seguenti in italiano: « Questa « mem. deve esser condotta in modo che li fatti conosciuti sugli animali domestici « servano a dimostrare la moltiplicazione delle specie selvatiche, e queste poi a « dare i Inmi pel miglioramento delle razze domestiche. — 1' Esame delle influenze « umane sugli animali domestici. — 2° esame e paragone delle iufinenze naturali « sui selvatici. — 3° risultato di queste influenze. — 4° riflessioni sull’applicazione « di quelle esservazioni al miglioramento e propagazione delle razze domestiche. » RO, l'empire des lois, il existe une convention à la quelle il ne parait de- roger que trés-rarement, et en vertu de la quelle les mariages, ne se font jamais entre des individus provenans de mémes parens. Maintenant si l’on fait attention que les caractéres accidentelles d’un sexe tendent à disparàitre, si l’autre sexe ne concourt pas à les conserver par la possession de ces mèmes accidens, on verra que moyennant le croissement des races en usage chez l’homme, tout ca- ractere c. a. d. toute difference que les enfans d’une famille pourroient présenter par rapport aux enfans, des autre familles, et qui établi- rait entre eux mémes de certaines rapports de physionomie ou de taille ou autre, doivent disparaître par l’action de l’autre sexe avec le quel ces mémes enfans finiront par s’unir, parce que la nature tend à faire disparaître ce qui est accidentel dans l’organisation (pourvue qu’une force majeure, telle que la réunion de 2 individus ayant le méme ac- cident, n’y obste pas) cédant seulement à l’action lente et continue des circonstances locales et à la lois du perfectionnement ou déve- loppement actif. i On voit clairement de là que les races humaines se disvinquent par le climat qu’elles habitent, parceque les climats vraimant influant étant trop éloignés les uns des autres, l’homme de l’un ne peut point se croiser avec l’homme d’un autre pour entretenir cette teinte moyenne qui en resulteroit; et que les mariages, se faisant consèquem- ment entre individus influancés pas le méme climat, leurs descendans conservent, et la mèéme cause continuant à exister, augmentent mème leur propes caractères. Mais dans un climat d’une médiocre étendue, par celà méme que l’homme aime à rouler, à voir de nouveaux pays, à entrétenir pour ses propres besoins un commerce qui le méle a toutes les societes, et le confond avec d’autres individus, les mariages se faisant entre individus, aussi disparates que la petitesse du climat le permet, il resulte que tous les individus se ress-mblet plus ou moins. Sous certains rapports, et portent l’empreinte de leur propre pay ou ce qu'on apèle communement caractere national. L’homme bornè ainsi à subir l’influence du climat qui n’ayannt point de limite lui meme, ne peut point etablir dans l’homme des races assez distinctes pour qu’ il soit possible de les lier par des annaux intermediares, conserve l’unité de son espèce, parce que celles qui pourraient provenir des differences accidentelles s’effacent par le croi- sement et cedant à la lois générale et perpetuelle du développement specifique qui s’opére partout, acquiert tous les jours un nouveau dégré de perfectionnement, et s’éloigné par conséquent de plus en plus de la brute, ou s'il degénere il faut dire qu’ ils dégénerent aussi les autres animaux, car il est toujours A la méme distance d’eux maintenant et avant le déluge. — 43 Mais chez les animaux sauvages la marche doit étre toute diffé- rente, parce que les mariages ne sont pas sujets aux méme lois: Ainsi p. e. des individus qui naissant de parens accidentellement (on p. l’effet de causes connues) défectueux ou monstrueux, s'unissant entre eux mémes, trasmettent è une 2° génération les mémes déformités ou accidens qu’ ils avaient recus de leurs parens, parceque ces mémes deformités non corrigées p. le croisement, se lient avec les autres atributs de l’espéce, s’identifient en elle, et deviennent des caractéres constans d’une nonvelle espéce, si celle ci par des croisemens contî- nuées ne parvient pas à les faire nouvellement désparaitre. Ces cara- ctéres primitiment accidentels peuvent varier et augmenter en nombre, en raison du nombre des générations qui détermine celui des chances, de sorte qu’il se formera race de race, savoir des espèces 270, 3re etc. qui augmenteront le nombre réel à nos yeux, des espéces sauvages, dans le quelles il se formera encore indépendamment de tout celà, des nouvelles races vu espéces par l’action séparée ou simultanée du développement et de la susceptibilité. Il est cependant à observer que des (la creation) le moment ou l'homme a pris le sceptre du monde, le perfectionnement des animaux a du étre plus lent, et mème borné a l’egard de ceux qui ressemblent le plus a’ l'homme e qui occupent les lre rangs, parmis eux (si pourtant ils ne sont pas de formation postérieure); car il est evident que l’nomme dés le moment ou il a commencè à maitriser les animaux a pu s’ele- ver notablemant au dessus des autres animaux il les a génés dans leurs actions, dans l’exercire de ces fonetions, qui auroient pù con- tribuer a un plus grand leur perfectionnement, et a mis une barriére à ce qu’ils pussent s’elever d’avantage, et méme en leur faisant la chasse en les dispersant dans les partier du globe peu favorables è leur genre de vie, en les separant d’ontro eux et rompant leurs societés commencantes leurs ote de plus en plus ces moyens et les fait méme on certaine maniére retrogrades, s’est trouvé par là, à cause du per- fectionement qui continue toujours dans lui, mettre une lacune entre lui et les autres animaux toujours croissante. Nous avons dans la société humaine un exemple analogue, et frap- pant pour la maniére dont il explique cet intervalle croissant qui sépare l'homme des singes. Dans une republique (comme on peut la supposer, mais comme elle n’existerà jamais) tous les membres qui la composent sont a peu de differences prés, egaux, tous travaillent et s’enrichissent, tous par- ticipent aux mémes biens et aux mémes maux, tous s’instruisent d’aprés un méme plan, et atteignent les mémes buts, tous enfin per- fectionnement leur fortune comme leur esprit a peu près ègalement. Mais si le hazard ou des circonstances imprevues ou accidentales uf viennent à produire dans cette societè un individu supérieur aux autres pour la fortune et pour le talens, il en arrivera que celui-ci s’elevera encore davantage au dessus des autres par une double raison, savoir en continuant à se perfectionner lui-méme de plus en plus, et en deprimant les autres, par la force de sa supériorité, les faisant ainsi retregrader dans leur perfectionnement, tout comme il arrive le plus souvent a l’égard des princes qui commencent une dinastie, d’égaux qu’ ils etoient primitivement a tous les autres membres de la société ils s’elevent petit à petit par la force des armes qu'on leur a confiées ou par leur talent transcendant, et une fois devenus chefs de leur nation, ils éteignent les désirs de ceux qui auroient visé au méme postes, soffoqguent l’ambition des autres entreprennans, écrasent l’au- dace et les efforts de ceux qui vondroient leur disputer ou troubler la primatiè, exillant les anciennes et principales familles, chassent du pays leurs compagnons d’intrigues, arrétent et detouruent les pas de ceux qui s'avvancaient sur la méme carriére et dirigent au contraire tous ceux-ci vers un but utile seulement et favorable à leur propre élevation, de maniére que d’une part le prince se trouve avvancer en gagnant en force et en infiuence et de l’autre part les autres membres de la société se trouvent retrograder en perdant de leur force, de leurs moyens pecuniaires et de leur liberté, d’ou il resulte que l’intervalle qu'il s'est formé entre le premier et les seconds devient toujours plus grand, au point que dinsi q'on l’observe a l’egard des Impereurs d’Asie, il n’est plus permis d’etablir une comparaison entre le prince et son sujet, pas méme entre le prince et le premier ministre, parce que le premier est considéré comme tout, et le second comme rien. Liaisons du passages d’une Classe a l’autre Le passage d’une classe à l’autre doit necessairement se chercher dans les espèces qui par leur caractère participent aux 2 classes, mais ont auroit tort de croire que celles d’une classe qui ont le plus grand rapport avec l’autre classe en géneral, fussent elles-mémes qui for- nissent l’échelon. Par exemple parmis les oiseaux ceux qui par leur organisation s'approchent d’avantage des mammifères sont les autruches et les casoars dont le squelette a beauconp de choses communes avec celui des mammiferés dant les machoires (de l’autruche, au moins suivant M. Geoffroy) présentent des rudimens de dents renfermées dans des alvéoles etc. — Malgrè tous ces rapports on ne pourroit pas dire que l’autruche et le casoar soient les animaux par les quels la nature est dassée de l’oiseau au mammifére. La raison en est que pour commencer les mammiféres par celui qui a le plus de rapport avec ces oiséaux, A | ade il faudroit mettre comme le 1° le chameau, et en général les ruminans, dans le quel cas plus dè moyen d’intercaler les cétacés et les Amphi- bies, ni les solipèdes dans la serie. D’ailleurs le passage se trouverait dans des animaux terrestres, tandis que l’analogie et plusieurs consi- dérations nous font croire que les passages se sont formés tous dans l’eau c. a. d. a l’aide d'animaux aquatiques. Ces sortes de rapports qui lient par exemple les casoars et les au- truches aux mammifères ne sont point dus à l’effet du développement libres par le quel la nature pour passer aux mammiféres ait voulu se préparer dans ces genres d’oiseaux, mais à la susceptibilité, ou influen- cabitité, qui a determiné dans des oiseaux dont les habitudes sont très analogues à celles qui caractérisent généralement les animaux terrestres, qui eux mémes se sont ainsi formés par l’analogie des cir- constances qui influerent sur eux. Il en est de méme des rapports qui assimilent la chauve souris à l’oiseau, ils ne sont du qu’a l’habitude que cet animal a pris de se mouvoir à la facon des oiseaux, qui a determiné dans lui le dévelop- pement de l’organe du vol, et point du tout à ce qu'il ait servi dé echelon les oiseaux au restant des mammiféres car le passage réel des oiseaux aux mammiferes parait au contraire se trouver dans des ani- maux qui ne volent point. Une autre raison qui concourt à prouver que l’autruche par ex. quoiqu’avec des dents, n’a point pu étre l’échelon dont il est question, c'est que pour supposer que les dents fussent une preuve de son ana- logie avec les mammiféres il faudroit que les dents fussent réelment or- gane essentiel du mammifére, ce qui n’est point, puisque leur nombre en est si variable, et que des ordres entiers en manquent, d’aillieurs dans la supposition que les dents fussent un organe necessaire du mammi- fere seroient necessairement plus voisins des mammiféres les animaux qui, comme les reptiles à écailles et la plus part des poissons, en ont plus genéralement, en plus grand nombre, et bien developpées. En un mot, il faut prendre garde en hist. nat. à donner trop d’importance à certains rapports quelques trés-prononceés, mais qui le fond ne sont qu’illusions pour prononcer sur l’affinitéè animale parce qu’ils ne sont point l’effet du développement, mais de la susceptibi- lité organique, et que le plus souvent il faut chercher les rapports dans des parties et leurs modifications en apparence peu importantes, au pour le moins peu apparentes et que sont cependant reélles parce qu’elles tiennent a l’effet indépendant du développement organique. Génération Un des moyens moins équivoque de pervenir à déméler le pheno- méne de-la génération, est de suivre les progrès de sa ‘complication de à partir du 1° animal non du régne, mais de chaque série naturelle d’animaux et d’observer exactement surtout là ou se font les pas- sages d’un ordre à l’autre, d’une classe à une autre. Comme la generation paraît assez facile à concevoir et à observer dans les infusoires en suîvant les progrés dans les animaux superiéurs qui mènent des infusoires (types des 4 séries) aux autres animaux on peut parvenir à découvrir si la génération est partout la méme, ou, ce que je crois plus probable, différente dans quelque série sous le rapport de la preéxistence du germe dans la femelle ou dans le màle, ou dans les 2 ou les germes se forment du concours des deux se- mences etc. Les cas de ovoviviparité doivent en général ètre regardes comme extra naluram et non susceptibles de servir d’échelons. Celui de le fecondation durable pour plusieurs générations, comme das les puce- rons, peut étre utile è la découverte de la génératiou de» anim, articulés. | L’opinion de Fabrice d’Aquapendente sur la génération est la plus probable et la seule qu'è lieu pour tous les anim. ovipares, mais vouloir espliquer de méme celle des mammif. la chose est trop difficile. Formation spontanée d’animaux. Suivant Fray elle auroit lieu dans les eaux comme dans l’air atmosphérique, mème dans l’eau distillée et privée d’air etc. mais à ces assertions en grand partie contraires aux observations et aux espériences faites depuis, a déjà suffisamment repondu l’Institut de France. D'aprèés une téorie plus conforme aux principes généraux, et à l’observation, sortout aux observations de M. Losanna qui s’est beancoup occupé dé ce sujet, il resulterait plutot que ces mémes molécules or- ganique repandue partout (et qui peut-ètre mème souvent peuvent se former par la combinaison des èlémens de ces mèmes fluides) sont reéllement susceptibles de prendre une vie active et animale, si il y a le concours de fermentation. En effet il est extremement difficile d’em- pécher un degré de formation quelconque dans un liquide, et le calo- rique ou autre resultat quel qu'il soit, de cette formation est celui: qui anime ces petits ètres qui sans son secours resterrient à l’etat de simple matiere. Les animaux simples et premier resultat de la formations spontanée sont en petit nombre, et tous de deux ou trois germes seult. suivt. M. Losanna, qui m’assura que les monades sont de simples molecules non encore formées en animaux, tiri mec 270 Provvidenze per l'utilità del Piemonte 1815. (1) Artisti forestieri-attirare. Naturalizzazione dei suddetti. . Protezione alle fabriche. esempio di Pesto Incoraggiamenti e non strapazzi ai trovatori (2) Bassi Libertà di esploitamento Valdostano Libertà di coltivazione di certe piante a certe condizioni. Naturalizzazione di alcune piante » » alcuni animali. Estrazione (3) dei prodotti del paese Grano Vino Seta Metalli. Importazione dei prodotti di altri paesi non necessaria Metalli - latta rame piombo. Fabbricazioni diverse - cioè - porcellana, majolica, terraglie, pietre focaje, lime, spilli, fornelli economici, carta, biacca, adi.ci Esploatazione di diverse cose — torba, carbone, pietre focaie, lose, terre colorite e da fabbrica. Consiglio di manifattura. Impiego dei Poveri: Proporzione nel consumo e nel prodotto dei viveri Persone veramente intelligenti in ciascun ramo. Moltiplicazione dei boschi, loro conservazione nelle montagne. Inconvenienti nelle privative, abuso che ne nasce, riparo. Esposizione dei prodotti d’industria nazionale. Raccolta pubblica di machine agrarie e d’arti. Imposta sui boschi novennali. Avvocati della posterità. Una società religiosa o ordine d’onore, ordine degli amici della Patria il quale senz’altro carico abbia quello di obbligarsi con giura- mento, di non mai servirsi che d’oggetti fabbricati nel proprio paese. Questa società dovrebbe ancora introdurre un costume nazionale indipendente dalla moda che utile a 100 persone ne rovina 1000. (1) Sono brevi appunti per un qualche lavoro che si potrebbe dire di Economia politica. (2) Questo vocabolo è usato nel senso di « inventori ». (3) Per « esportazione », PI, (per Il risparmio dovrebbe andare tanto alla erezione di fabbriche nuove per l’impiego dei poveri, che all’incoraggiamento delle esistenti che presentano cose equivalenti alle estere. — Le dogane si compensereb- bero col maggior tasso sulle fabbriche, sulle patenti dei commercianti che tutti si accrescerebbero. Pubblicato il 27 Novembre 1908 e Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1223 — Tip Pietro Gerbone — Torino | Mea IT, Ve e —______&6 MN b9IS BOLLETTINO. Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino === Numero 592 — Volume XXIII Prof. MARIO BEZZI In memoria di CAMILLO RONDANI nel primo centenario della sua nascita. Di Camillo Rondani, nato a Parma il 21 Novembre 1808 ed ivi morto il 17 Settembre 1879 *), dopo quanto ne scrissero i professori Michele Lessona e Alberto Del Prato, sarebbe fuor di luogo il narrare di nuovo la vita. È però certo che nello scorrere le notizie biografiche che lo ri- guardano ?), si rimane meravigliati della natura privilegiata di questo Uomo, nel quale non si sa se più ammirare la mente ordinatrice del- l’entomologo coscienzioso o le geniali divinazioni dell’acuto osservatore, il coraggio non mai smentito del patriota e del cittadino o l’efficacia sempre ammirata dell’insegnante e dell’espositore. Per quanto a me qui non tocchi che trattare del Rondani come Na- turalista e come Entomologo, onde mostrare l’importanza dell’opera sua e riportare il giudizio che ne fu dato nel mondo scientifico,, pure mi sia permesso qualche breve ricordo anche fuori di questo campo. La prova del suo patriottismo noi la possiamo rilevare dal mandato affidatogli nel 1848 come deputato di Traversetolo al Parlamento su- balpino 3); ma nelle sue opere stesse, malgrado la loro indole, noi ne possiamo trovare la conferma. Il culto che egli ebbe, in difficili mo- menti, per la libertà e l’unità della patria fu così intenso in Lui, che ne vediamo i segni dove meno potrebbero aspettarsi; e perfino dalle fredde. pagine, vergate in terso latino, dei suoi lavori di sistematica, traspare e sgorga talvolta, per chi lo sappia comprendere, una calda onda di sentimento. Così quando si riunivano in un primo Congresso gli scenziati italiani, il Rondani dedicava ai principi che ne erano patroni quattro nuovi generi di ditteri 4); ma quando vide svanire le speranze per questa via concepite Egli si affretta a sostituire quei SD adi nomi con altri nuovi. Peccato che la legge di priorità che governa la nomenclatura scientifica non possa oggi tener conto di quel sentimento e faccia rivivere quei nomi che Lui volea sepolti. Nel 1859, quando i sogni da tanto tempo accarezzati stanno per avverarsi, egli dedica una specie al Generale Garibaldi, con queste parole: Sp. Zecta eo tem- pore, în quo Volones italici, duce Josepho Garibaldi, prope Varelium milites austriacos profligabant, inde nomine vicloris a me decorata. 5) Ora, per bene apprezzare tutto il valore di sentimento racchiuso in questa semplice dedica, occorre ricordare che nove anni prima Egli aveva nello stesso genere consacrata una specie alla donna del suo cuore, a quella che fu poi sua compagna fedele. °) E questo genere nel quale Egli aveva distinto due specie con nomi così ugualmente amati, è scelto come uno dei più belli e rari fra quanti furono da Lui creati per ì sirfidi italiani! Chi poi conosce quale azione assorbente e talora isolante esercitino di solito gli studi e le occupazioni di tal genere sui loro cultori, vede con ammirazione come l’ animo del Rondani abbia sempre saputo mantenersi vigile e pronto. Raccoltosi sdegnoso dopo i fatti del 31, nella quiete laboriosa della sua Guardasone, Egli seppe però sempre romperne il fascino, accorrendo al suo posto ogni qualvolta le vicende politiche della patria lo esigettero. Per quanto riguarda il valore ed i meriti del Rondani come inse- gnante, come professore e come preside, credo che questi, oltrechè dal- l’opera sua, si possano rilevare dal discorso tenuto dallo studente Silva all’inaugurazione del busto del Maestro nell’Università. 7) E delle sue qualità di parlatore e di espositore fanno fede le conferenze serali, di cui non è ancor spento nella sua città natale il ricordo, ed alle quali accorrevano in folla gli uditori, come forse non si vide altra volta per tali trattenimenti. Ho insistito alquanto su questi fatti perchè essi valgono a spiegare l’alta considerazione in che il Rondani fu tenuto dai suoi concittadini, e danno ragione della meraviglia, per noi lusin- ghiera, che l’Osten-Sacken ebbe a dimostrare per le onoranze stategli alla morte tributate. L’opera del Rondani come Naturalista eccelle principalmente in due campi, in quello dell’entomologia applicata od economica come oggi si chiama, e in quello della ditterologia. Io non mi diffonderò a ricordare i meriti del Rondani nel primo di questi campi, poichè essi furono universalmente riconosciuti ed ap- prezzati. Già fin dal 1817 8) Egli intravide l’importanza degli insetti parassiti endofagi e predatori nell’economia della natura, e seppe quindi divinare le applicazioni che ne potevano derivare nel campo della pra- 1 Mld Ldgri tica. Il coraggio da Lui allora dimostrato nel sostenere la propria opi- nione contro le opposte correnti fu pari alla larghezza degli argomenti e delle prove che ne addusse in favore, e fu ben compensato dal trionfo delle sue idee. Il Rondani aveva tutte le qualità per fare quello che oggi sarebbe un ottimo Entomologo di Stato. Larga conoscenza di tutti gli ordini degli insetti, diffuse cognizioni di botanica e di agronomia, pratica di osservazione e di esperimento nella libera natura, nulla gli mancava. Alla sua educazione ben contribuirono certo i maestri Mace- donio Melloni e Giorgio Ian, che seppero guidare e rafforzare le sue naturali disposizioni: dal primo derivò il rigore scientifico e l’abito dello sperimentare, dal secondo lo spirito sagace ed ordinato del sistematico. Ma l’opera principale di tutta la vita del Rondani, quella in cui lasciò più larga orma di se, è quella che si riferisce alla Ditterologia. In questo ramo di scienza il suo nome trova posto, con Loew e con Schiner, fra i primi ditterologi della seconda metà del secolo scorso. lo credo che uno dei più bei monumenti alla sua memoria sia stato tributato dal barone Osten-Sacken, altro grande ditterologo ed uomo superiore ad un tempo. Egli pubblicò nel 1903 a Cambridge negli Stati Uniti d'America un libro singolare ?), nel quale con larghezza di docu- menti e di ricordi personali e con profondità di osservazioni psicolo- giche, più che la sloria della propria vita, scrisse quella della ditte- rologia europea ed americana che gli fu contemporanea. Egli dedica un’intero capitolo al Rondani che chiama « un perfetto gentiluomo ed un entomologo sperimentato », e di cui dice che « aveva un eccellente occhio così per le affinità, come per la scoperta di caratteri guidatori e che, sotto questo rispetto, la sua naturale abilità era decisamente: superiore a quella del Loew.» ‘°) Tutto il capitolo è inteso a stabi: lire una specie di confronto fra il Rondani ed il Loew, e l’autore si esprime molte volte in favore del primo. È certo degna di nota la coincidenza di molti fatti riguardanti questi due ditterologi, di cui l’uno fu universalmente riconosciuto come il principe dei moderni cultori di questa scienza. Un parallelo fra loro è ben lecito stabilirlo, e basterebbe questo per la gloria del nostro Grande. Nati a breve distanza di tempo pubblicarono tutti e due il loro primo” lavoro nel 1840, facendone a questo seguire il Loew 222 ed il Rondani: 162 #). Tutti e due fecero carriera nell’insegnamento come professori e finirono ambedue per molti anni presidi nello stesso ordine di scuole. Ambedue presero parte alla vita politica dei loro paesi, ricevendo mandato di deputato; e la morte li colse nello stesso anno 1879. Nel, porre in confronto la loro opera complessiva si deve rilevare che quella del Loew fu senza dubbio superiore, ma si deve pur riconoscere che.il Rondani in parecchi punti lo sorpassò; particolarmente nello studio delle generalità e dell'ordinamento sistematico. Vi è poi un èruppo di —r., ditteri che comprende le forme più difficili di tutto l’ordine, il quale non fu dal Loew quasi toccato, mentre il Rondani ne fece. scopo.delle sue principali fatiche, raccogliendovi i suoi più nitidi allori. Il carattere dell’opera del Rondani come ditterologo è dato sopra tutto dall'ordine che vi presiedette e dalla. chiarezza, che; vi, regnò, Suo scopo principale fu quello di creare una ditterologia, italiana la più completa che fosse possibile. A questo fine dovette cominciare.a ordinare le famiglie ed i generi, ed i suoi primi lavori fino alla, pub blicazione del primo volume del Prodromo nel 1856 intesero appunto. a questo. Stabilito. l’ordine Egli cominciò e prosegui metodicamente il trattamento delle singole famiglie. Così noi vediamo: che le sue, pub- blicazioni speciali vanno di pari passo con quella, generale del Pro- dromo; da principio toccano in massima parte Sirfidi e Conopidi,. poi trattano particolarmente di Muscidi, superiori dapprima, inferiori, dap- poi. Egli ebbe a dichiarare che lo studio dei ditteri esotici lo disturbò ritardando i suoi lavori in corso sulla ditterologia italiana; ed:invero quegli studi, che tanta fatica gli costarono, non sono all’altezza:degli altri, perchè Egli mancava dei mezzi materiali di libri e di collezioni indispensabili. per uscirne bene. La morte lo colse che aveva appena ultimato lo studio di sole 25 delle 84 stirpi in che Egli aveva, diviso i ditteri. italiani. Naturalmente un’opera così complessa, continuata per tanti anni, dalle forze di un solo, non poteva riuscire di primo acchito perfetta; ma per la sua stessa natura era soggetta a continui miglioramenti, che Egli non mancò di introdurvi successivamente. Per questo i primi, giudizî dati, sul Rondani dai suoi contemporanei furono spesso severi, ed il Loew, notando i difetti del primo volume del. Prodromo, lo accusò di aver fatto opera prematura. ‘?) Ma questo era stato dal Rondani stesso proclamato nella prefazione, e.solo per questo Egli. aveva. dato alla sua, opera il titolo significativo di Prodromo! Nondimeno, questo primo' passo era necessario per gli scopi che Egli si prefiggeva, ed Egli l'aveva preparato con, quasi 30 anni di studi preventivi. Il Loew stesso però, quando conobbe meglio l’opera successiva, non gli lesinò gli elogi, come fece nel suo lavoro sul genere Azelia !). Egli fu attaccato anche per le imperfezioni grammaticali che si notano in molti dei numerosi; nuovi nomi da esso proposti; del che egli si difendeva rispondendo collo Spinola: nomina suni signa, non definitiones. !) Schiner credeva, che molte delle novità del Prodromo, particolarmente i numerosi nuovi generi, avrebbero trovato opposizione ‘); ma in ciò i tempi gli diedero torto. Or non è molto un eminente ditterologo inglese, G. H. Verrall,, portò sul Rondani il seguente giudizio: « per molti anni io feci poco conto; dell’abilità di Rondani come scienziato entomologo, ma. fin da, molto uit fn Rena n tempo sono venuto alla ‘conclusione che egli era perfettamente un. buon :studioso, ma che egli non dava tempo a se stesso «per maturare le sue opinioni, e che per effetto della sua posizione isolata-egli cadde molte volte in errore nelle identificazioni, e anche ‘che non aveva completa conoscenza della letteratura ditterologica » ‘°).:Io già‘insorsi altrove ‘) contro questo giudizio, osservando che se alcune cose vi sono giuste, altre non lo sono affatto. Specialmente l’accusa del non meditare le proprie opinioni è priva di fondamento e sconfessa il ca- rattere principale di tutta l’opera del Rondani. Se vi‘fu uomo che lun- gamente meditasse un’opinione prima di esprimerla, Egli ‘fu quello; la sua prima pubblicazione la fece all’età 32 anni e dopo 7 anni passati studiando in campagna; tutto il seguito del suo lavoro ‘fu sempre or - dinato ed ubbidiente ad un fine prefisso. Mi sia permesso riportare qui. un brano della commemorazione del prof. ‘Lessona, che si contrap- pone proprio a quelle parole del signor Verrall: « Egli stette adunque sette anni prima di dar mano alla penna, sette anni in’faccia al suo argomento, considerandolo, meditandolo, compenetrandosene senz’altro pensiero » ‘5). Degno di lode nel Rondani fu anche l’opera che egli portò nel ri- mettere in vigore alcune specie descritte dal Rossi nella Fauna etrusca e nella Mantissa. È strano che i moderni rifiutino molte di queste sue interpretazioni, ‘°) forse perchè le credono pure elucubrazioni letterarie; senza fondo concreto. Ma è bene notare che il Lessona ed il Del Prato concordi ricordano che nella sua gioventù il Rondani ebbe agio di studiare, presso il conte Sanvitale, le raccolte originali del Rossi, che benchè già malandate, erano però ancora servibili; quindi parecchie delle interpretazioni possono anche esser derivate dalla conoscenza di tipi ora non più esistenti. Nel campo della ditterologia il lavoro principale e più notevole del Rondani fu quello intorno ai Tachinidi ed ai Muscidi (Antomiidi). È questo uno dei gruppi forse più difficili di tutto il regno animale, a districare la cui sistematica molti si applicarono, ma finora con poco frutto. Orbene si può con sicurezza affermare che il miglior. la- voro che fu fatto finora intorno ad essi è quello del Rondani. Egli fu il primo a riconoscere l’importanza dei caratteri chetotattici ?°) ed a valersene come guida nel dedalo di quelle innumerevoli forme, ancora in piena evoluzione, dove un mantello di apparente uniformità copre e maschera la più grande varietà di adattamenti. Ancor oggi si ri- corre con fiducia ai volumi del Prodromo, ammirevoli per ordine e per chiarezza, e si ottiene col loro aiuto quello che spesso col sussidio di opere più recenti non si riuscì a raggiungere. Il prof. Brauer so- leva dire ?4) che le specie descritte dal Rondani si possono riconoscere: e questo non è piccolo elogio per chi conosce l’autorità di chi lo espresse = e la difficoltà dell'oggetto cui si riferisce. Poco fa il Coquillett, emi- nente ditterologo nordamericano, disse del Rondani, che « era un genio nella sua specialità, come è particolarmente dimostrato dal suo mae. strevole trattamento della famiglia Anthomyidae, uno dei più oscuri e «difficili gruppi dell’intero ordine » ?*). In un’ opera recentissima il prof. Tyler Townsend, trattando la storia della classificazione dei Mus- cidi superiori, la divide in cinque epoche che esso denomina del Redi, del Meigen, del Robineau - Desvoidy, del Rondani e del Brauer ®). È certo per noi lusinghiero vedere il nome del Nostro ricordato come caposcuola, accanto ad altri così illustri, e sopratutto in compagnia di quello d’un altro grande e geniale italiano. E nel chiudere con questi recenti giudizi portati sul nostro Grande nella lontana America, ci sia permesso compiacerci di questo batte- simo di modernità che gli viene da una terra, dove l’opera di un uomo può, forse meglio che altrove, venir giudicata solo alla stregua dell’in- trinseco valore del suo contenuto. CI Torino, 21 Novembre 1908. <%a NOTH Ringrazio qui pubblicamente i professori Lorenzo Camerano, Ermanno Giglio- Tos e Alberto Del Prato, senza l’aiuto dei quali questo doveroso tributo alla me- moria di Camillo Rondani non avrebbe potuto comparire. 1). Sulla precisa data della nascita potrebbe sorgere dubbio, perchè tutti i bio- grafi, ad eccezione del Del Prato, la danno come avvenuta il giorno 23 Novembre. Ma il prof. Del Prato, al quale debbo anche la fotografia qui riprodotta e da lui dichiarata somigliantissiuia, si prese la briga di verificare i registri dello stato civile della città di Parma, rilevando che il Rondani è nato alle ore 3 pomeridiane del giorno 21 Novembre 1808; il 23 fu il giorno in cui la nascita venne notificata allo stato civile. 2). Del Rondani si hanno le seguenti biografie. I. Camillo Rondani, Commemorazione del prof. Michele Lessona, in Annal. Accad. Agric. di Torino, XXIII. 1880, p. 129-153. Torino 1831; e Naturalisti ita- liani. Roma, A. Sommaruga, 1884. II. Cenni biografici ecc. in Aunuario scolast. 1879-880 della R. Università degl studi di Parma. III. Cenni sulla vita e sulle opere del prof. Camillo Rondani, per il D.r Al- berto Del Prato. pp. 31. Parma, G. Ferraris e figli, 1188. IV. Camillo Rondani. Commemorazione. Contiene: Relazione del prof. Pel- legrino Strobel. Discorso dello studente Angelo Silva. Parole pronunciate dal pro- fessor Giovanni Passerini davanti al monumento. pp. 40. Parma, Battei, 1881. V. Camillo Rondani. Estratto dall’appendice al Dizionario biogr. dei Par- migiani ecc. compilato da G. B. Janelli. pp. 25. Parma, Grazioli, 1882. VI. Camillo Rondani and his relations with Loew. Costituisce il XIX Capi- tolo dell’opera Record of my life work in Entomology del barone C. R, Osten- Sacken. Cambridge, Mass., 1903 p. 144-153. 3). Su questo importante fatto della vita del Rondani vedasi la lettera del ni- pote prof. Alberto Rondani, nella Gazzetta di Parma del giorno 22 Maggio 1898. 4). Quattro specie di insetti ditteri proposti come tipi di generi nuovi. Memo- ria sesta per servire alla Ditterologia italiana, in N. Ann. Sci, nat., Bologna, X. p. 32-46, con 1 tav. Bologna 1845. A p. 34 scrive: « Ho dedicati questi generi nuovi agli illuminati Principi che hanno protetto nei loro stati le radunanze dei sapienti d’Italia.., » J generi sono: Leopoldius mutato in Brachyglossun nel 1856, Albertia che risultò poi uguale a Rhamphina Macquart 1835, Luinieria cambiato in Tanypoda nel 1856 e Zudovicius diventato Haltericerus pure nel 1856. Il secondo di questi ge- neri, dedicato al Re Carlo Alberto, fu l’unico conservato nel 1856. 5). Nova sp. italica generis dipterorum Splhyrymorphae detecta et distineta. Nota nona ete., Atti soc. ital. sci. Nat., II. 144-146, fig., Milano 1860. 6). De nova specie generis Ceriae. Nota sexta etc., Ann, soc. entom. France, (2) VIII. 211-214. tav., Paris 1850, dove dice: « Speciem novam generis Sphyxymor- phae, nomini distinxi Petronillas, ex illo dominae meae cui eam dicavi, quia mecum ad ripas Padi insecta colligebat quando dipterum hoc pulcherrimum inveni, » 7). Vedasi il discorso sopra citato dello studente Silva, passim, Re 8). Osservazioni sopra parecchie .specie di.esapodi afidicidi e sui loro nemici, N. Ann. Sci. nat. Bologna, (2) VIII, p. 337-351 e 432-448, (2) IX. p. 5-37, tav. I, Bologna 1847 e 1848. 9. È il capitolo XIX dell'opera più addietro citata nella, nota N. 2. 10). Op. cit., p. 144: « I paid a visit to Rondani in Parma in the middle of May, 1875. He made a very favorable impression upon me, and struek me, at, once a3 being a perfect gentleman, and an experienced entomologist. » E p. 145: « My acquaintance with Rondani ’s works is not very thorough, because i have never been:engaged'in ‘the special study of European Diptera, and it would have been unjust to jugde Rondani merely by his work on non-European fannas. But, from a general survey of his works, I obtained the impression that he had an excellent eye ‘for ‘affinities, as well as far the discovery of leading characters, and that, in this respect, his natural ability was decidedly superior to that of Loew ». 11). Si hanno vari elenchi delle pubblicazioni del Rondani, che qui sotto ri- porto; il numero qui accettato è quello dato dal prof. Del Prato, il cui elenco è il più completo. di tutti, perchè camprende anche i lavori non entomologici ; I. R. Schiner. Liste von 21 dipterologischen Schriften Rondanis in Verh..zool. bot. Ver. Wien, IV. p. 72-76, 1854. ‘II. Nota opellarum a C. R evulgatarum, in Stettin. entom. ‘Zeit, XIX, p. 278 1858. III. ‘A. Hagen. Bibliotheca entom., II, p. 88-90 e 391, Leipzig 1863. IV. Bibliografia entomol. italiana. Camillo Rondani, in Bull, Soc. entom. ital., II, p. 297-300 (anonimo) Firenze 1870. V. M. Lessona, nella Commemorazione sopra citata, dà a,p. 149-153 un elenco che contiene :97 ‘numeri. ‘VI. ‘A. Del Prato, nella biografia sopra citata dà a p. 25-31 in tutto 162 numeri, VII. C. R. Osten Sacken. Verzeichniss der entomolog. Schriften von .Ca- millo Rondani, in Verl. zool. bot. Ges. Wien, XXXI. p. 337-344, 1881, con aggiunte e correzioni in l. c., XXXIV. p. 117-118, 1884. VIII. C. R. Osten Sacken. Elenco delle pubblicazioni entomologiche del prof, Camillo Rondani, in Bull. Soc. entom. ital., XVII. p. 149-162, Firenze 1885. Que- sta è certo la lista più elaborata e diligente, ma io mi sono attenuto a quella del Del Prato, anche perchè comprende sotto un numero distinto parecchie di quelle pub- blicazioni che per l'uguaglianza del titolo furono dall’Osten-Sacken conglobate.in una sola. Perciò il numero totale per quest’ultimo è solo di 152. IX. Bezzi, in Bull. Soc. entom. ital., XXIII. p. 27-31, Firenze 1891, è una enumerazione delle sole opere ditterologiche sui ditteri italiani, in ordine speciale. 12). Bericht ùber die neuern Erscheinungen auf dem Gebiete der Dipterologie, in Berlin. entom. Zeitschr., II, 1858, p. 225-349. V. p. 338-340. Lo stesso Loew aveva già pubblicato una critica sulle prime pubblicazioni del Rondani in un articolo intitolato Bemerkungen ùber einige in neuerer Zeit pnbbli- zirte Dipteren-gattungen und Arten, in Stettin. entom. Zeit., VIII. p.,146.157, 1867. Di essa l’Osten Sacken (op. cit. p. 148) dice giustamente: « The magisterial and patronizing style of his review was, in my opinion, somewat unbecoming towards a contemporary as to age, and even, I may say, an equal as to merit, because, the Loew of 1847 was by no means the Loew of a later period, Art 13). Die deutschen Arten der Gattung Azelia, in Entom. Miscellen herausgeg. vi. Ver. f. schles. Insectenkunde, Breslau 1874. v. p. 9.11. 14). Dipt. ital. Prodr., IV, p. 6. Parma 1861. 15). Fauna austr., I. p. XXX. Wien 1862. 16). British, Flies. Vol. VIII. London 1901, p. 63: « For many years I under- rated Rondani’s ability as a scientific entomologist, but I have long since come to the conclusion that he was a thorouglh]ly good student, but that he did not give himself time to mature his opinions, and that owing to his isolated. position he often made mistakes in identification, an:l also that he was deficient in Diptero- logical literature ». 17). Zeitsch. f. system. Hymenopterol. und Dipterolog., II. p. 112, 1902. 18). Lessona, op. cit. p. 140. 19). Nel recente Katalog der paliiarktischen Dipteren, Budapest 1903-1907, non si trovano accettate le seguenti: Eumerus ucanthodes e fugitivus, Callicera aurata, Athe- rigona quadripunctata, Hcrina gernin itionis, Aciura coryli, Urellia helianthi, Mega- chaetum extenuatum. 20). Descrizione di due generi nuovi di Insetti dipteri. Memoria XII etc. in N. Ann, Sci. nat. Bologna, (2) III. p. 25-36, tav. I. 1845. 21). Questo mi fu assicurato dal Dott. Kertéz di Budapest, che lo udì diret- tamente dalla bocca del prof. Brauer a Vienna. 22) A brief history of north american Dipterology, iu Proe. Ent Soc. Wash., VI. p. 53-58,, Washington 1904. Ap. 55: «a genius in his. way, as is more par- ticularly evidenced by his masterly treatement of the family Anthomyidae, one of the most obseure and, difficult groups in the whole order ». 23). The taxonomy of the muscoidean Flies, including descriptions: of new genera and species. Washington 1908. V., p. 6. APPENDICE NOTIZIE SULLA COLLEZIONE DEL RONDANI. Siccome il Rondani ha descritto un gran numero di specie di ditteri sia europei che esotici, così le sue collezioni hanno gran valore, per i tipi che contengono; e poichò spesso dall’estero ne vien fatta ricerca, ho creduto bene di dare qui alcune notizie in proposito. A. Ditteri esotici. Quelli brasiliani del Truqui pubblicati nel 1848 si trovano nel Museo di To- rino, cogli‘ altri pubblicati nel 13850 e provenienti in massima parte d'America, Ve- “nezuela ed Isola di S. Sebastiano (Brasile). Quelli raccolti nelle regioni dell’Amazzoni (Rio Napo) dall’Osculati e descritti nel 1850 si trovano al Museo Civico di Milano. Quelli compresi nel grosso lavoro del 1963, con molti altri, si trovano al Mu- seo zuologico universitario di Napoli e di essi, in numero di 351 specie, diede il catalogo il prof. A. Costa in Ann. Mus. zool. Napoli, II, 1863 (pubbl. 1366) p. 31-40. Quelli raccolti nell’Argentina dal prof. P. Strobel e pubblicati nel 1863 non si sa dove si trovino, Ed infine al Museo Civico di Genova sono conservati quelli delle 2 OTO 4 pubblicazioni fatte negli Aunali di quell’Istituto: 1878, Eritrea © Persia; 1876, Borneo; 1878, Pupipari esotici. B. Ditteri italiani. Un certo numero di cotipi si trova nei Musei di Torino (coll. Belardi), Milano, Pavia, e Napoli, questi ultimi elencati dal prof. A. Costa nei sei volumi del suo Auvuario, 1852-1871, Ma i veri tipi stanno nella classica collezione, che si trova, come è noto, già fin dal 1881 nel museo zoologico annesso all’Istituto di studi su- periori in Firenze. Io visitai questa preziosa collezione, frutto di oltro mezzo secolo di studi e di lavoro, nel Marzo del 1894, e dalle note che allora ne trassi posso fornire i se- guenti particolari che saranno di qualche utilità. Essa è in buono stato di con° servazione per le cure che al Museo le furono e le sono prestate; non pochi esem- plari però, in causa della cattiva preparazione, sono andati in rovina. Essa con- tiene solo dittori italiani, ad eccezione dell’ultima scatola dove si trovano molti pupipari esotici, duplicati di quelli del Museo Civico di Genova. I tipi lva por tano alcuna speciale indicazione; perciò gli esemplari delle specie descritte si de- vono tutti ugualmente tenere in conto di paratipi o cotipi. L’ordine sistematico mantenuto è rigorosamente quello del Prodromo. Anche le famiglie che non erano ancora state pubblicate souo abbastanza bene ordiuate, tranne le ultime, special- mente i Nemoceri. La raccolta è collocata in un’ampio stipo a tiretti. Le prime 6 cassette com: prendono Sirfidi, Conopidi, Muscidi ed Automiidi, fino al genere Polyetes; mu esse non rappresentano che l'inizio di uno sdoppiamento della Collezione che il Rondani aveva cominciato non so a quale scopo. La vera collezione comincia colla cassetta N. 11, che contiene pochi Estridi e il principio dei sirfidi, che arrivano fino alla 18. Nella cassetta 12 un esemplare cotipo di Aferodon aberrans Egger è messo col M. senilis Meig., la quale sinonimia è probabile. Tachinidi ed Automiidi arrivano sino alla cassetta 26; qua e là si trovano ancora delle specie inedite; notevole nella 19 un esemplare di Melizoneura albipennis ER. D. schiuso dal coleottero Serica brun- nea, il che costituisce un fatto nuovo. Fino alla cassetta 37 arrivano le diverse fa- miglie di Acalitteri che furono già pubblicate sino all'anno 1880; da qui in avanti il materiale è rimasto quasi tutto inedito. Vi si trovano molti generi e molte specio nuove; parecchi mi sembra che non siano ancora stati pubblicati da alcuno, Molti dci generi istituiti dal Loew e da altri ditterologi si trovano già distinti e nominati dal Rondani nella sua raccolta, e la loro enmmerazione mi porterebbe troppo per le lunghe. Il numero complessivo delle specie della collezione si aggira intorno a 3100); ma a questo si devono aggiungere molte non ancora determinate, specialmente nelle scatole dal N 51 in avanti. RUS oalicovot 12° LR è: ETRO vin ATO AIA D O frisottatoao dia) ossei gi PRA) Di, ji a pa yi AIA TRA bg UTO ìi di ini. I LTNTA LI dl i Ul Ma di ' Ì { e \ î L'4 ì 4 i Mia: get, , sl * ti Pubblicato il 2L Novembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore res i 1215 — Tip. Pietro Gerbone — To: ma Li ì N : i i ni "FI "d + Y Ud i w I * Ù U : I “i i Mi MR \1,695 BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino === Numero 593 — Volume XXIII Dott. EDOARDO ZAVATTARI Di una nuova e di alcune controverse specie del gen. PODIUM Fabr. In questa breve nota dò la descrizione di una nuova specie del gen. Podium, proveniente dall’Ecuador orientale, accompagnandola con alcune osservazioni su altre specie appartenenti a questo stesso ge- nere, rimaste fino ad ora assai dubbiose o state falsamente interpretate. Prendo qui l’occasione di porgere pubblicamente i miei più sentiti ringraziamenti al distinto imenotterologo di Vienna, Franz Friedr. Kohl, il quale ebbe l’amabilità di esaminare alcuni degli esemplari in que- stione rendendo così col suo autorevole parere, più valide le mie os- servazioni, Podium (Trigonopsis) affine Smith. e Podium (Trigonopsis) intermedium Sauss. 1 Esemplare 9 proveniente dalla Valle del Rio Santiago (Affluente di sinistra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale, rac- colto nel Febbraio 1896 dal Dott. Cav. Enrico Festa) mi permette, anche Secondo quanto mi scrive il sig. Kohl, di richiamare la specie di smith al suo valore primitivo, e di scindere le due specie, a/fine Smith ed inltermedium Sauss, ritenute come sinonime nella monografia dello stesso Kohl (1). (1) Die Hymenopterengruppe der Sphecinen IT Monographie der Neotropischen Gattung Podium Fabr. von Fr. Fr. Kohl. Abhandlungen der K. K. Zool-Botan-Gesell- schaft in Wien Band I. Heft 4, 1902, IZ e Risulta quindi che nella surriferita monografia occorre sostituire al nome affine Smith (p. 33, n. 2) il nome in/ermedium Sauss. e consi- derare la specie a/fine come distinta: (es muss demnach das P. af- fine meiner Monographie den Namen ?n/ermedium Sauss. erhalten und P. affine Smith als selbstindige Art hingestellt werden... [così mi scrive il Kohl]]). Schulz, (1) aveva notato la differenza che incontrava in alcuni esemplari che riferiva al Podium affine Kohl, differenza sopratutto notevole nel numero dei denti del clipeo (Vollige 7 Zihne, wie sie theoretisch vorhanden sein sollen, finden sich eigentlisch an keinem meiner Exemplare, sondern nur 5 [op. c. p. 769]) e aveva per con- seguenza opinato che si dovessero considerare le due forme a/fine Smith ed intermedium Sauss. come due sottospecie che stabiliva in questa maniera: N P. (Trigonopsis) affine affine Smith. P. (Frigonopsis) affime intermedium Sauss. Ora mi pare che non debbansi considerare queste due forme come semplici sottospecie, ma bensì come specie perfettamente distinte. Con- seguentemente le due specie devono essere stabilite come segue: EP. (Trigonopsis) intermedium Sauss, Trigonopsis intermedium — Sauss, Reise der « Novara » Zoolg. II. 1 Hym. p. 33 9 Tab. 2, Fig. 18, 1867. P, (Trigonopsis) affine - Kohl. Abh, K. K. zoolg. bot. Ges. Wien B. I. 4 Heft. p. 33, ci e EL P. (Trìîgonopsis) affime Smith Trigonopsis affinis, Smith. Ann. and Mag. Nat. Hist VII. (2% ser.) p. 81 9 1851. Trigonopsis affinis, Smith. Cat. Hym. Brit. Mus. IV, p. 226, N. 2. 1856. Credo quindi utile, mentre per la specie di Saussure, Podium (Trigonopsis) intermedium, vale la descrizione data da Kohl per P. (Trigonopsis) affine (op. cit. p. 33. n. 2) dare una minuta e completa descrizione del vero Podiura (Trigonopsis) afffime Smith. o Nigrum, nilidum. Mandibulae, clypeus, abdomen inde a petiolo, pedes antici et medii rubriî. Caput et thorax locis nonnultis sericeîs, (1) Hymenopteren Amazoniens von W. A. Schulz. Sitzungsberichte der Math-phys, Klasse der K. B. Akademie der Wissenschaften zu Miinchen B. XXXII. Jahrgang, 1905 - p. 757-832, gie Alae fusco bifasciataé. Mandibulae ad basim marginis interioris den- latae, ad trientem apicalem incisura quadam haud instructae, fere capitis longitudine. Clypei pars media quinque dentata. Oculi în ver- tice flagelli arliculorum 2% + 8tiî longitudine inter se distant. Pronoti collare latius quam. longius, postice în conum obtusuni transcersum assurgens. Caput, pronolum el mesonotum nitida impune - lata, mesopleurae ci mesoslernum finissime et sparse punctatae. Seg- menlum mediale transverse strigatum, medio longitudinatiler sulcalum, sulco ad stigma vergenite utrinque insirucium. Peliolus fere reclus, metatarso postico paulto brevior. Valvula in- fraanatis subcarinata, compressa. Areola cubilalis secunda subqua- drata, venam transverso-discoidalem primam pone venam transtverso cubitalem primam excipit, vena transverso-discoidalis secunda cum vena transverso-cubilali secunda coincidit. Long. 18 mm. Nero lucente. Mandibole ad eccezione dell’estremo apice, margine del clipeo, i primi articoli delle antenne, addome ad eccezione del peziolo, zampe anteriori ad eccezione delle anche, zampe medie ad eccezione delle anche e dei trocanteri, dell’ima base e del margine su- periore dei femori ferruginee. Clipeo, margine posteriore del pronoto; postscudetto, base ed apice del metanoto e le mesopleure guerniti di corta e fitta pubescenza dorata. Ali ialine con due fascie brune disposte come nel Podium intermedium Sauss. Fronte ed occipite non punteggiati, nitidi lucenti, mandibole al- quanto arcuate, della lunghezza circa degli occhi, fornite di un piccolo dente alla loro base, senza alcuna incisura al margine interno iu cor- rispondenza del terzo estremo. Clipeo breve fornito al suo margine libero di cinque denti trian- golari, dei quali i laterali sono più grandi di quelli mediani. Occhi distanti fra di loro al vertice di quanto sono lunghi il secondo e terzo articolo del flagello delle antenne sommati insieme. Antenne ferruginee alla Ioro base, col secondo articolo del flagello lungo quasi quanto il terzo ed il quarto sommati insieme. Protorace lucente, non punteggiato; collare più largo che lungo, rilevato posteriormente in un tubercolo conico, mesotorace pure ni- tido, lucente non punteggiato solcato longitudinalmente, mesopleure pure lucenti con pochi punti superficiali. Segmento mediale striato trasversalmente e regolarmente solcato dall’indietro in avanti sulla linea mediana per tutta la sua lunghezza. Peziolo dell'addome quasi rettilineo appena un po’ più breve del metatarso posteriore; zampe esili, lucenti, nitide, scaglie alari non pun- teggiate, testacee, nervatura delle ali come nelle altre specie del sot- Trigonopsis. x pali (RR Podium (Parapodium) Kohliî n. sp. Q Nigrum, subnitidum, albide sericeo pilosum. Abdomen, petiolo exeplo, rufumy; pedes subgraciles nigri, femorum dimidia apicale parte libiis larsisque anticis el medtis rufis. Alae fere hyalinae fusco bi- fasciatae. Mandibulae rufae, falcatae fere longitudine capitis. Clypeus brevis în partis mediae apice quinque dentatus, insuper utrinque denticulatus. Ocuti in vertice flagelli articuli terlii longitudine inler se distant, ad clypeum longitudine articuli secundi. Flagetli arti- culi {mus | 2dus qrliculis Btio + gto simu? sumptis aequales. Excisura gutturalis a fovea occipilali ad arliculalionem prothoracis apta, per- paullum tantun remota. Occiput post oculos breve. Frons nitida ex magna parte subliliter punctata. Pronotum longitudine relale mediocre, collare evidenter brevius quam lalius postice leviler assurgens, în medio leviler impressum haud in conum rotundatum oblusum emissum. Sulura epislernalis mesotho- raciîs eastal. Mesonotum cum scutetto et posiscutelto segimento mediano toto longitudine fere aequale. Segmentum medianum supra et ad la- lera finissime el regutariler strigalwn, medium longitudinaliter via impressum. Sulcus segmenti mediani ad sligma vergens obsolelum. Mesopleurae punclatae. Peliolus fere reclus, longior prothorace, meso- nolo longitudine aequatis, longitudine flagelli articulorum secundi el dimidiae partis terlii. — Valvula infraanatis compressa. Alarum venu- lalio subgeneris Parapodii. Long. 22 mm. Capo, torace, peziolo e zampe rivestiti di pubescenza bianca, ten- dente al dorato sul torace. La pubescenza del capo e del torace è for- mata da peli brevi assai fitti, quella invece del peziolo e delle zampe da peli radi ed assai più lunghi. Corpo nero, mandibole ad eccezione dell’ima base, addome ad ec- cezione del peziolo e dei lati della porzione dilatata del primo seg- mento, zampe anteriori e medie ad eccezione delle anche, trocanteri e metà basate dei femori, rosso bruno, tarsi bruni verso il loro estremo. Ali ialine con due fascie abbrunate situate come nel Podium bdigut- tatum Tasch. Faccia con punteggiatura fina e notevolmente fitta, più rada sul vertice, il quale in alcune parti è lucente. Mandibole falciforni allun - gate con il margine interno integro, della lunghezza circa del capo. Clipeo corto, presentante nella porzione mediana cinque denti assai lunghi triangolari, lateralmente sonvi pure alcuni altri piccoli denti. Antenne nere con lo scapo alquanto ingrossato rosso bruno inferior- mente, la lunghezza del primo e secondo articolo del flagello sommati lusieme è uguale a quella del terzo e quarto pure riuniti insieme. € | i ES Occhi convergenti, al vertice distanti fra di loro di quanto è lungo il’tefzo articolo del flagello, e distanti dal clipeo quanto è lungo il secondo articolo del flagello stesso. Protorace finamente punteggiato. Collare più breve che lungo, con una lieve solcatura mediana, alquanto gibboso ai lati senza però assurgere in cono come nel Podiwm agilis Kohl. Mesotorace fornito di punti poco profondi radi, in alcune parti lucente. Mesopleure finamente rugose, segmento mediale lievemente impresso longitudinalmente finamente e regolarmente striato in tutta la sua superficie. Peziolo quasi rettilineo, più lungo del protorace, della lunghezza del secondo e della metà del terzo articolo del flagello. Zampe esili, scaglie alari non punteggiate, rossigne; nervatura alare come nelle altre specie del sottogenere Parapodium. 1 solo esemplare $ della Valle del Rio Santiago (Affluente di sini- stra del Maranon od Alto Amazzoni. Ecuador orientale), raccolto nel febbraio 1896 dal Dott. Enrico Festa. Questa specie è assai vicina al Parapodium biguttalum Taschberg. ma se ne distingue per avere mole più grande, colorazione differente, infatti quest’ultima specie è tutta nera ad eccezione delle zampe e delle: mandibole, e per i rapporti di lunghezza differente che hanno fra di loro la distanza degli occhi e fra di loro e col clipeo, i diversi articoli delle antenne, il peziolo rispetto agli articoli delle antenne ecc. Differisce inoltre notevolmente dal Parapodium agile Kohl, al quale si avvicina di più per la colorazione, sopratutto per la forma carat- teristica del collare, poichè quest’ultima specie presenta « Pronoti collare longum fere longius quam latius postice in conum rotundatum obtusum assurgens ». (Kohl. op. cit. p. 43). I’odium foeniforme Perty. e Podium nitidum Spin. . Kohl in appendice alla sua monografia del gen. Podium riporta le descrizioni originali di einiger umbekannter oder nicht hinlanglich gedeuteter Arten e pone fra queste il Podium nilidum Spinola. (Me- morie d. r. Accademia delle Scienze di Torino ser. 2. tom. XIII (1853) pid e'bl d' e). Dopo aver quindi trascritta fedelmente la lunga descrizione dello Spinola stesso, aggiunge queste parole: P. nilidum Spin. fallt wahr- scheinlich mit dem P. foeniforme Perty zusammen. Ora io ho esaminati i tipi di Spinola (29 1 o) ed ho riconosciuto essere esatta l’opinione del Kohl, che cioè il Podium nitidum Spin- non è alro che il Podiwn focniforme Perty. Ed invero l’accurata d scrizione di quest’ultima specie data da oll conviene perfetta mo mente anche alla prima. Credo inutile per conseguenza ripetere la: descrizione dell’unò e dell’altro, solamente, siccome del Podium foe- niforme Perty è conosciuta soltanto la femmina; credo conveniente: dare qualche accenno dei caratteri differenziali presentati dall’unico maschio della collezione Spinola. di. Nigrum, nilidum, alae hyalinde. Mandibulae longiludine oculo- rum aliquanto minores. Ciupeus medio incisura profunda instructus, bidentatus. Oculi in vertice longitudine antennarum flagelli articu- lorum dii + Qdi + dimid. 3tiî, inter se distanti, ad: clypeum vix minus. Antennarum flagelli articuli 1484. 2us articulis gtio + dimid. 4t° longi- tludine aequatles. Peliolus reclus longitudine metatarso postico + articulo inse- quente tarsi. Long. 17. mm. oz Come si vede ad eccezione della mole non havvi alcuna differenza fra i due sessi di questa specie. Rimane quindi stabilito che il Po- dium nilidum Spin. ed il Podium ‘oeniforme Perty sono la stessa specie. Ù * i el sndache Do cont 4 dg: Giovi sità ì È a: È VO Îîo e] ni ? È dato 6h 271995 : Li VT bnofirrmuasi : | n Gi pi NELLA a i % o ae: SERALI, hi d gl PIITARE ‘dd Aaa pro Centa It, utruricita. 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CRA. RaT lo fini Capo, seg Vucteniettti iù largo cole ibra: DES Mi, né we col argine natertgro n a" gii angnt uia di ra eupli ugo pustatiori qheoty } prgini 3 Horn: ggratotitlati. € mioiti 199° Lui VIVCIARI niggper mol» ario inocarno sini da i st von lst paio, SR ar pol ron 0 Di Arianzit edile pr LI sontatye) ti sgtigetà. bb 466 parto pis | 'aiteriare, margine paslbr: 04, HA PPALOO ni Mo; Vik Lori, prieadi al nia laggo Gai dor 0, al 93 goa y TURICULTITIERIT i ds î Sì) Da nasa i: cam © SESTRI A al 1 i CISIMITE MA Pubblicato il 17 Dicembre 1908 = __——=—=—=—=—=_—_—_—_—_—_+»»Lile=““ pas BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino Numero 594 — Volume XXIII Dott. ALFREDO BORELLI Nuovo genere di forficole di Costa Rica Pyragropsis nov. gen. Corpo alquanto convesso: pronoto, elitre e scaglie alari forniti di corte setole; segmenti dell'addome, ad eccezione dell’ultimo, pubescenti e forniti lungo il margine posteriore e ai lati di lunghi peli setiformi. Capo debolmente convesso, declive posteriormente. Antenne di 25 articoli : il 1° lungo, claviforme ; il 2° brevissimo, cilindico; il 8° cilin- drico, un quarto meno lungo del 1° ma molto più sottile; 4° 5° e 6° subconici, quasi sferici, il 4° e il 5° di uguale lunghezza fra loro e ap- pena più lunghi che larghi, il 6° sensibilmente più lungo e un poco più sottile; gli altri conici, allungantisi ed assottigliantisi gradata- mente sino al 14° il quale è di lunghezza uguale al 3°; gli ultimi pressocchè uguali fra loro, appena più lunghi e più sottili del 14° (fig. a). | Pronoto più corto del capo, sensibilmente più largo che lungo; quadrangolare col margine anteriore poco sporgente, gli angoli ante- riori ottusi e gli angoli posteriori arrotondati. Elitre coi margini interni arrotondati e intaccati anteriormente per un breve tratto di modo chè lasciano scoperto un piccolo scutello. ‘ Scaglie alari sviluppate. Prosterno col margine anteriore sporgente a mo’ di triangolo coll’a- pice ottuso, margini laterali convergenti cosicchè la sua parte poste- riore è molto più stretta dell’anteriore, margine posteriore arrotondato. Zampe coi femori ingrossati e arrotondati ; tibie sottili; primo arti- colo dei tarsi più grosso e un poco più lungo del terzo, secondo arti- colo cilindrico brevissimo coll’apice alquanto sporgente sotto il terzo e fornito di un piccolo ciuffo di peli, terzo articolo provvisto di pul- villo fra le unghie. PINE Addome a lati quasi paralleli; ultimo segmento \subrettangolare, due volte più largo che lungo. Penultimo segmento ventrale più largo che lungo; margine poste- riore largamente arrotondato nel @, metà. posteriore triangolare col- l’apice sporgente e ottuso nella 9. Branche della pinzetta: nel gd brevi, separate fra loro, allargate e triquetre alla base, cilindriche e fortemente curvate verso l’apice; la destra più corta della sinistra (fig. c). Nella 9 un poco più lunghe, subrontigue, quasi diritte coll’apice ricurvo; la destra appena più corta della sinistra (fig. d). Genere vicino all’Echinopsalis Borm., ne differisce per la forma degli articoli delle antenne e per la presenza di scutello e di pulvilli. Differisce dal genere Pyragra Serv. per la forma degli articoli delle antenne, quella del pronoto, dell’ultimo segmento dorsale dell’addome € del penultimo ventrale. Tipo del genere : Pyragropsis Tristani E° ywazronpsis Tristiami nov. sp. Capo nero-pece, clipeo bianchiecio, palpi boccali bruno-scuri ; opaco, pubescente e fornito agli angoli posteriori di alcune setole nero-brune. Triangolare cogli angoli posteriori ottusi; debolmente convesso, alquanto depresso nella parte posteriore fornita di tre impressioni longitudinali di cui la mediana segna la sutura occipitale. Antenne di 25 articoli, pubescenti, di colore nero ad eccezione degli articoli 17, 18 e 19 bianchicci. Pronoto giallo - cromo, lateralinente e posterior- mente giallo-limone; for- nito di corte setole nero- brune. Disco convesso per i due terzi anteriori della superficie, la parte con- vessa in forma di semi- cerchio e nettamente di- stinta dal terzo posteriore e dai lati appiattiti e for- temente riflessi; segnato 5 da una linea longitudi- nale ben marcata fian- cheggiata anteriormente da due impressioni corte Pyragropsis Tristani. — a antenna, d 9 € 4 e leggermente arcate. HAN Elitre di lunghezza superiore a due volte quella del pronoto, diritte cogli angoli anteriori ed i margini posteriori debolmente arrotondati, margini interni arrotondati e intaccati anteriormente lasciando sco- perto un piccolo scutello triangolare di colore giallo. Granulose, e co- perte di corte setole nero-brune ; di colore bruno di noce segnate per tutta la loro lunghezza da una striscia bianchiccia di cui la lar- ghezza è uguale al terzo circa di quella dell’elitra. Ali di lunghezza uguale al terzo circa delle elitre, bianchiccie col terzo interno bruno di noce, coperte di setole nero-brune. Zampe: femori gialli, tibie nero-brune, tarsi giallo-bruni; coperte di corti peli gialli più numerosi sulla superficie inferiore dei tarsi, con alcuni peli sparsi più lunghi di colore bruno. Fra le unghie dell’ultimo segmento dei tarsi è da notare il pulvillo bene sviluppato. Segmenti deil’addome di colore castagno; zigrinati e coperti, ad eccezione dell’ultimo, di corti peli bruni con alcuni peli più lunghi ai lati e lungo il margine posteriore. Segmenti 6,7 e 8 prolungati poste- riormente in punta e forniti posteriormente per metà della loro lun- ghezza di una carena liscia ben marcata; il segmento 9 è anch’esso appuntito posteriormente, ma meno dei precedenti ed è privo di carena. Ultimo segmento nero-pece, Incente e leggermente punteggiato; sub- quadrangolare, poco meno di due volto più largo che lungo, segnato da un leggero solco mediano longitudinale che termina con una pic- cola fossetta la quale è circondata da una grande depressione di forma triangolare di cui la base è il tratto del margine posteriore compreso fra le branche della pinzetta. Margine posteriore leggermente concavo e ingrossato fra le branche della pinzetta, tronco obbliquamente ai lati. Superficie laterali leggermente rugose e fornite di una leggera carena longitudinale in corrispondenza degli spigoli esterni delle bran- che della pinzetta. Pigidio poco distinto, quadrangolare col margine posteriore sporgente. Branche della pinzetta castagno-rossiccie, coperte internamente di una peluria giallo-chiara. Separate fra loro alla base, diritte e tri- quetre allargate e divergenti verso l’esterno per più di metà della loro lunghezza, poi cilindriche sottili e fortemente incurvate verso l’interno sino alle punte che rimangono distanti, la branca destra alquanto più corta della sinistra; margine interno liscio e pubescente alla base. (file. €.) Inferiormente: capo castagno, prosterno e mesosterno gialli, meta- «sterno giallo-bruno. Segmenti dell’addome di colore castagno, legger- ‘mente punteggiati e coperti di peli giallo-bruni; penultimo segmento fittamente punteggiato, grande, un terzo più largo che lungo, quadran- .golare coi margini laterali convergenti obliquamente verso l’interno mella metà posteriore ed il margine posteriore largamente arrotondato ; ia fornito nella metà posteriore di una costa mediana lungitudinale. Ul- timo segmento completamente nascosto dal penultimo. 9: Segmenti 6 e 7 dell’addome prolungati in punta posteriormente ma meno che nel ® colla carena ridotta a un piccolo tubercolo. Ultimo segmento più stretto posteriormente. Branche della pinzetta castagno-rossiccie, subcontigue, robuste alla base, simmetriche e quasi diritte sino alle punte incurvate che s’ine contrano, la destra un pò più corta della sinistra; margine interno fortemente denticulato per più di metà della loro Inughezza. Penultimo segmento ventrale meno sviluppato che nel o; la sua metà posteriore, triangolare coll’apice ottuso e sporgente, lascia sco- perto a destra ed a sinistra un tratto dell’ultimo segmento. Lunghezza totale del corpo, o: 15,6 — 9: 16,8 mm. » della pinzetta, 9: a destra 1,7, a sinistra circa 2. » » » e: a destra circa 2,9, a sinistra 3. Hab.: 1 3 e 2 9 da Turrialba (Costa-Rica); Giugno 1908, nelle Bromeliacee. Gli esemplari di questa interessante forficola che sono lieto di de- dicare al prof. J. Y. Tristan, furono trovati da questo distinto natu- ralista e da lui generosamente mandati in dono al Museo di 'Uorino assieme ad alcune altre specie già note della regione i 4 Pubblicato il 18 Dicembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile. 1254 — Tip. Pietro Gerbone — Torino BOLLETTINO Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università di Torino —— * ° Numero 595 — Volume XXIII Prof. LORENZO CAMERANO — GIUSEPPE NOBILI CENNI BIOGRAFICI Il dottor Giuseppe Nobili spegnevasi in Omegna il giorno 4 dicembre dopo lunghi mesi di crudeli sofferenze a soli trentun anni di età. . Il dottor Giuseppe Nobili nacque in Omegna l’11 febbraio 1877 dal dottore Gaudenzio e dalla signora Adele Antonioli. Laureatosi in scienze naturali nella R. Università di Torino il 13 Novembre 1899, fu nominato assistente presso il R. Museo Zoologico della stessa Uni- versità alcuni giorni dopo e nel 1903 passò assistente al R. Museo di Anatomia Comparata pure nella stessa Università. Nove anni appena, pur troppo, il dott. Giuseppe Nobili fu compagno a me che scrivo queste linee e agli altri colleghi del Museo Torinese: ma egli seppe in così breve tempo, colla bontà dell’animo, coll’ingegno suo vivacissimo, coll’energia e colla attività instancabili acquistarsi l'affetto e la stima di tutti. Egli seppe farsi un nome invidiato fra i cultori degli studî zoologici ed affermarsi come autorità riconosciuta fra i carcinologi. Giuseppe Nobili, durante gli studi universitari, incominciò ad oc- cuparsi di ricerche botaniche e pubblicò alcune note non prive di interesse: « La Fragaria indica Andr. e l’Erigeron subulatum Michx in Pie- monte — Bollettino del Naturalista — XIV. Siena - 1894. « La presenza dell’Helleborus viridis L. nell’Italia superiore - Idem. «Nuova stazione di Phelipaea Muteli F. W. Sch. - Idem. <« Note sulla flora dél monte Mottarone — Nuovo Giornale Botanico Italiano. Nuov. Ser. II - 1895. — 2 — Egli abbandénò tuttavia pfesto, sebbene non intefamentef gli studi botanici per rivolgersi agli studi zoologici e nel!1896 ricominciò la serie delle sue pubblicazioni collo studio dei Crostacei decapodi rac- colti dal.dott. A. Borelli nella: Repubblica Argentina» e -nel Paraguay. . (Boll. def Musei di Zool. eAhat ‘Comp. di Toritb — vol»XI n. 2221896. A questo egli fece in brevè' seguiresaltri lAvori sullo stesso gruppo di animali. «-Di-ua-nuovo genere di-Crostacei decapodi raccolto nel Darien dal dott. E. Festa - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. Torino - vol. XI - N. 238 - 1896. ii" RI « Di una nuova varietà della Telphusa dubia B. Capello - Idem - N. 262 - 1896. « Crostacei decapodi del viaggio del dott. Alfredo Borelli nel Chaco Boliviano e nella Repubblica Argentina - Idem - N. 265 - 1896. « Decapodi terrestri e d’acqua dolte‘del ‘viaggio del dott. Enrico Festa nella Repubblica dell'Ecuador e regioni vicine - Idem - vol. XII N. 275 - 1897. « Decapodi e Stomatopodi raccolti dal dott. E. Festa nel Darien, a Curataovete) ece.-- Idem-- N. 280 - 1897. < Crostàgei+decapodi e Stomatopodi di -St. Thomas: (Antille).- Idem vol XHI?- N. :314-- 1898. Questi primi lavori rivelarono subito le eccellenti doti dél Nobili, come-osservatore, come descrittore e come critico e i ‘Musei ‘nazionali e stranieri incominciarono a ricorrere a lui per lo studio delle ‘ loro collezioni di Crostacei. Il Museo Civico di Storia Naturale di Genova per il' primo ‘affidò al Nobili lo studio delle sue importanti collezioni e intorno ad esse il Nobili pubblicò i lavori seguenti: « Sopra alcuni Decapodi tettestri e d’acqua'dolcedell'America? me" ridionàlé'- Annali! del Museo Civico di Storià: Naturalé: di! Genova» Seft: 28 vol) XIX - 1898.» « Contribuzioni alla conoscenza della fauna carcinologica‘della Pa*- puasia; delle Mofueché e’ del’Australia - Idenî --Ser. 28 ‘voli XX:-:1899. <« Déecapodi e Stomatopodi Indé-Malest - Idem - Ser. .2* voli X.X»- 1900, Intorno alle collezioni di Crostacei del Museo di Napoli il Nobili. pubblicò : «"Decapbdi'e''stomatopodi eritrei -- Annuario. dél!Museo-Zoologieo di Napoli -"vòt. I - 1901: po «'Treè“’nùévi ‘Sféeromidi'Eritrei*del: Museo Zodlégico dell’ ‘Università di Napoli - N. ser, vol. 2 - 1906, RS: gt Il Museo di Parigi affilò al Nobili lo studio di collezioni, preziosis- sime e le pubblicazioni seguenti si riferiscono ad esse, « Description d'une nouvelle espéce de Pseudo thelphusa.recueillie par M. F. Geay. dans la Guyane francaise. - Bull. du Muséum d’histoire naturelle.- N. 8 - 1904. - « Diagnoses préliminaires de Vinngt-huit espéces nonvelles de Sto matopodes et Décapodes Macroures de la mer Rouge - Bull. du Muséum d’histoire naturelle - N. 5 - 1904. < Décapodes nouveaux des. còtes d’Arabie et du Golfe Persique - Idem: - N. 3.- 1905. « Note synonymique sur Actaea Kraussi.A. M. E..nec Heller - Idem N. 4 - 1905. < Note sur Ocypoda Fabricii Milne Edwards - Idem.- N. 4.- 1905. « Quattre Décapodes nouveaux du Golfe Persique récoltes par .M. M. S. Bonnier Ch. Perez - Idem - N..2 - 1905. ì « Diagnoses préliminaires de 34 espéces et varietés nouvelles et de. 2 genres nouveaux de Décapodes de la Mer Rouge - Idem - N. 6 - 1905. . « Diagnoses préliminaires de Crustacès Décapodes et isopodes nou- veaux recueillis par M. le Dr. G. Seurat aux Iles Touamotou.- Idem . N. 5-- 1906. - « Crostacés Décapodes et Stomatopodes de la Mission S. Bonnier et Ch. Perez (Golfe Persique-1901) — Bulletin Scientifique de la France et de-la Belgique vol. XL - 1906. Il Museo Nazionale Ungherese inviò pure varie collezioni al Nobili alle quali si riferiscono i lavori’ seguenti : « Tritodynamia-»Horvàthi:Nob. Nuovo. Decapodo del. Giappone - An- nales Musei Nationalis Hungarici IH- 1905. « Decapodi e Isopodi della: Nuova: Guinea. RO raccolti dal Sign. L..Birò--- Idem: IH.--1905. Dal Museo di Madrid ebbe .il Nobili in studio i Decapodi raccolti dal Sign. Martinez de la Escalera- - nella Guinea Spagnuola. « Decapodi della’ Guinéa Spagnola — Memorias de la Sociedad Espanòla dé Historia Natural I. - 1906. Quando il morbo crudele:incominciò a-rendereal dott. Nobili: im- possibile: il-lavoro, egli aveva..già iniziato.lo studio di parecchie. altre collezioni: di- Crostacei; che-gli erano.state inviate-dai Musei di Parigi,, di Bruxelles, di Magdeburgo, di Leida, di. Londra, di. Milano, di- Ge- nova;:-di- Napoli ecc.:studio che‘egli.non:potè condurre-a-termine. Oltre ai lavori sopracitati il: dott! Nobili:pubblicò iiseguenti ; Sao « Intorno ad alcuni Crostacei Decapodi del Brasile - Boll, Mus, Zool. Anat. Comp. Torino - vol. XIV - N. 855 - 1899. « Osservazioni sul Trichodactylus quinquedentatus Rathb. - Idem N. 365 - 1899. « Descrizione di un nuovo Palaemon di Giava e osservazioni sulla Callianassa Turneriana Wh. del Camerun - Idem - vol. XV n. 379 - 1900. « Note intorno ad una collezione di Crostacei di Sarawak - Idem - vol. XVI - N. 397 - 1901. « Decapodì raccolti dal dott. Filippo Silvestri nell'America meri- dionale - Idem - vol. XVI - N. 402 - 1901. « Decapodi e Stomatopodi del viaggio del dott. E. Festa nell’Ecuador e regioni vicine - Idem - vol. XVI - N. 415 - 1901. « Crostacei della spedizione della « Stella Polare » - Milano - U. Hoepli - 1903. « Echinodermi - Idem. « Descrizione di una nuova specie di Parathelphusa delle Isole Mentawei - Boll. Mus. Zool. Anat. Comp. - Torino - vol. XVIII - N. 444 - 1903. « Contributo alla fauna carcinologica di Borneo - Idem - vol. XVIII N. 447 - 1903. « Crostacei di Pondichéry, Mahé, Bombay - Idem - vol .XVIII - N. 452 - 1903. « Crostacei di Singapore - Idem. - N. 455. « La Helleria brevicornis. Ebn. all’Elba e a Pianosa - Idem - vol. XX N. 491 - 1905. « Descrizione di una nuova Caridina del Madagascar - Idem - vol. XX - N. 499 - 1905. « Identità di « Brachycarpus neapolitanus Cano e Palaemon biun - quiculatus Lucas » - Idem - N. 502. « Crostacei di Zanzibar - Idem - N. 506. « Descrizione di un nuovo Potamonide di Madagascar - Idem - N. 507, « Descrizione di un nuovo Apus di Madagascar - Idem - N. 513. « Una nuova Telfusa di Madagascar - Idem - vol. XXI - N. 532 - 1906. < Crostacei della spedizione al « Ruwenzori » di S. A. R. il Duca degli Abruzzi - Nota preventiva - Idem - vol. XXI - N. 544 - 1906. « Nuovi Bopiridi — Atti R.Accad. Scienze di Torino - vol. XLI - 1906. « Ricerche sui Crostacei della Polinesia — Memorie R. Accad. Scienze di Torino - Ser. 2 - vol. LVII - 1906. « Faune carcinologique de la Mer Rouge — Décapodes et Stoma- topodes - pag. 1 a 347 - con XI tavole - Annales des Sciences Natu- relle - 9 ser. - vol. IV - 1906. « Spedizione di S. A. R. il Duca degli Abruzzi al Ruwenzori — Risultati Scientifici - Crostacei - Milano, U. Hoepli. ‘ } È Prg Sa în tutti i lavori sopra menzionati numerosissime sono le descri- zioni di nuove specie e di nuovi generi e le discussioni critiche sopra molte specie controverse. Essi costituiscono un importante contributo alla conoscenza dei Crostacei Decapodi e Stomatopodi. Di singolare importanza è il lavoro sulla Fauna carcinologica del Mar Rosso che si presenta come lavoro monografico di lunga lena, completo e fondamentale per i Decapodi e gli Stomatopodi di quella regione. Giuseppe Nobili era tenuto in grande stima da tutti gli studiosi del difficile gruppo dei Crostacei, e il prof. Bouvier direttore della sezione Entomologica del Museo di Parigi all’annunzio della malattia del dott. Nobili mi scriveva : « C'est un grand malheur qui vient de frapper la famille du pauvre Nobili en méme temp que ce Musée et le votre. On pouvait toùt espérer de ce robuste travailleur a l’intélligence fine et active. » Il dott. G. Horvàth direttore del Museo Zoologico Ungherese mi scriveva pure: « La triste nouvelle sur la maladie du dr. Nobili m’a vivament touché. C’est une grande perte que la zoologie éprouve en perdant ainsi un de ses meilleurs adeptes. » La cultura scientifica di Giuseppe Nobili era assai estesa anche fuori del campo delle sue particolari ricerche. Eccellente conoscitore di varie lingue, tradusse molto bene parecchi lavori di argomento scientifico per la « Piccola biblioteca di scienze moderne del Bocca » Era buon conoscitore della letteratura nostra ed amantissimo della musica. L'attività sua e la costanza al lavoro furono nei nove anni passati nel Museo Torinese veramente meravigliose ed è merito suo se la nostra collezione dei Crostacei Decapodi può ora essere annoverata fra le prime congeneri. Alla memoria del compianto collega vada dal Museo Zoologico di Torine un caldo tributo di affettuoso ricordo. È Pubblicato il 23 Dicembre 1908 Prof. LORENZO CAMERANO, Direttore responsabile 1266 — Tip. Pietro Gerbone — Torino METEO.» (LAO