’ì l 1 i t { vU; ■ ■ - Fase. I, li e III Serie il - Ve!. Ili Anno XI- 1902, BOLLETTINO DELLA soiyni!^A.R.xo I. PARTE UFFICIALE Processo verbale delTadananza generale del 20 febbraio 1002. - 1. Relazione del presid. effettivo cotnra. prof. A. Carrucclo sulle condizioni della Società dorante il 1901 con cenni sall’opera coin- pinia nel primo decennio. - 2. Votazione e nomina di nn vice-pres' dente e di cinque consiglieri. - 3. Radiazione di nn Socio straordinario, p. I-XIX. II. MEMORIE ORIGINALI E COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE 1. JUarcJiesini prof. Ilinaldo. Sulle metamor- fosi degli eritrociti, pag. 1-30 (con tig.) - 2. Mar- chesini pred. Snlia ricerca dell’ alcaliuita del sangue, pag. .31-36 - .3. Ve Stefano dott. Oiti- seppe. Studio sull’ Emys Cuvierì De Stef del- l’eocene superiore paiigino, p..37-68. - i. Miirarci dott. Venanzio Ricerche .sperimentali sui maschi polimorfi degli Acari, p. 69-78 (con tìg ) - 5. Cìiec- chia dott.Uiitseppe. Osservazioni suU’apparecchio apicale di alcuni Ecbiuidi appartenenti alla fami- glia degli Spatangidae, p. 79-84. - 6. Varnahò Valentino stufi, nella R. Univ. di Roma. Di tre anomalie muscolari dell’arto toracico, p. 85-107 (con fig.) — 7. Rostarjno comm. Fortunato, Classificazione descrittiva dei Lepidotteri italiani (Sez. IV Geometre), p. 108-128. III. RECENSIONI ED ANNUNCI BIBLIOGRAFICI 1 . Dal Pins. G. Di alcuni resti di Cyrtodel- pMs sulcatus. - 2. Pornasini C. Contributo alla conoscenza delle Balimine adriatiche. - 3. For- ; nasini pred. Sinnzzi metodica dei For.vminifari i di Kimini. - 4. Messineo Gius, Sul veleno eon- I tenuto in alcune Tenie deU'uomo. - 5. Oinhoni G. Appendice alla nota sui denti di Lophioduii del Dolca. - 6. Rovereto Q. Briozoi, Anelhdi 6 Spugne perforanti del neogene Ligure (Neviani prof. A.), p. 129-132. AVVISI IMPORTANTI A quanti ne faranno domanda, accompagnata dall’ importo anticipato, ver- ranno spediti, franco di posta se in Italia, i DIECI volumi pubblicati dalla Società Zoologica con sede in Roma dal 1892 al 1901, al PREZZO DI FAVORE di lire OTTANTA, in luogo di lire CENTOVENTI. I fascicoli del Bollettino durante 1’ undecimo anno, 1902, conterranno oltre le memorie e comunicazioni originali, utili e variate riviste sulle novità più note- voli della Zoologia, recensioni bibliografiche, ecc. Si annunciano le pubblicazioni ricevute in dono. Conto corrente colla posta - Pubblicazione trimensile SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in ROMA SOTTO LA PRESIDENZA ONORARIA (li S. M. il R(^ YlTTOlìTO ERAMELE IH" Anno XI. Consiglio Direttivo ; Prof. Comm. Antonio Carruccio — Presidente (Zoologia ed Anat. comj}., Spec. Vertebrati). D. Guido Orazio Falconieri Conte di Carpegni\ — Vicepresidente ( Ornitologia). Prof. Romolo Meli — Vicepresidente (Paleozoologia e Malacologia). Dott. Giuseppe Roniaro — Segretario (Biologia generale). Rag. Sig. Vittorio Zambra — Cassiere (Ornitologia). Prof. Antonio Neviani (Zoologia generale., Spec. Briozoi). March. Dott. Filippo Patrizi (Ornitologia). Prof. Giovanni Angelini (ZooL gen., Spec. Ornitologia). Comm. Fortunato Rostagno (Entomologia, Spec. Lepidotteri) . March. Dott. Giuseppe Lepri (Entomologia, Spec. Imenotteri). Prof. Cav. Rinaldo Marchesini (Istologia generale). Prof. Cav. Giovanni Pochettino (Zoologia generale). V'' SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede in ROMA SOTTO LA PRESIDENZA ONORARIA (li S. M. il Re YITTORIO EMANUELE IIU Processo Verbale dell’ Adunanza Generale del 26 Febbraio 1902 (Aula (Iella Scuola di Zoologia della 11. Uuiv^ersità) Presidente ; Prof. A. Carruggio. Vicepresidente : D. Guido Orazio Falconieri Conte di Car- Sono presenti i Soci: Angelini, IMarchesini, Peitrizi, Rostagno, Romero, Businelli, Tnccimei, De Wagner, Pjarnabò, Zannutelli, Lepri, Checcliia, Zarnbra, Granclietti, Coli, M. Carruccio, Zan- niclielli, Montesperelli, oltre 35 soci che inviarono la loro sche- da di votazione. Il Presidente, prende la parola, per leggere una gentile lette- ra del Socio prof. Neviani, che si scusa di non poter intervenire, perchè indisposto, e per proclamare i nuovi Soci ; conte Aug. Pomari, Ing. Crema, sigg. laureandi in scienze naturali Lavarra e Greco. Quindi il Presidente legge la seguente relazione : pegna. SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA con sede iu ROMA sotto la presidenza onoraria di S. M. il K£ SULLE CONDIZIONI DELLA SOCIETÀ DURANTE IL 1901 con cenni snll'opeia compiuta nel primo decennio Relazione del presidente effettivo comm. prof. Antonio Carruccio letta nell’assemblea generale tenuta nella R. Università degli studi il 26 febbraio 1902 e pubblicata per voto unanime dell’istsssa assemblea Egregi Consoci, Molto si è scritto sulla grande elllcacia dei fatti compiuti, principalmente quando sono sanzionati da una apprezzabile se- rie d’anni. Ed è per noi un fatto compiuto il felice compimento di un intiero decennio del nostro scientifico sodalizio, del quale fu ed è sede la Capitale del Regno. E questa, come Vi è ben noto, fu prescelta da più altre Società, sorte o prima o dopo della Zoologica : anzi taluna, che ebbe altrove la sua origine, venne in appresso trasferita in Roma (1). Onorandosi tutte del titolo di Società Italiane, e volendo il loro primario centro d’azione nella Capitale, addirnostraronsi profondamente convinte che l’eterna città meno d’ogni altra è disposta ad esercitare fatue supremazie, o sognati quanto vani monopoli di scuole ; ed ancor meno è disposta ad inspirare idee od atti di regionalismo, che purtroppo furono altre volte assai dannosi, nè vorremmo si avessero più a deplorare altrove. Da Roma, che può e deve considerarsi il cuore d’Italia, vor- (1) Troppo lunga potrebbe forse sembrare la citazione di tutte le Società.- citiamo soltanto a caso le prime dieci vengono alla me- moria, quali la Società Geologica Italiana, la Geografica Italiana, Agricola Italiana, dei telefoni e delle applicazioni elettriche, di Me- dicina interna, dQgV Ingegneri ed Architetti, di Dermatologia e Sifi- lopatia, di Cliirargia, della Fratellanza Militare, di Pediatria, di Ostetricia e Ginecologia, di Pediatria, di Elettro-chimica. q più altre, tutte dal titolo di Società Italiane con sede in Roma, IV PROF. A. CARRUCCIO reiumo pure che s'irrairgiasse una corrente non mai interrotta e benefica su tutte le migliori manifestazioni dello s[iirito. Oggi quanti facciamo parte della Società Zoologica, la ])rima a sorgere in Italia, doblnamo sentire la più viva soddisfazione perchè ci è dato inaugurare il principio del secondo decennio dei nostri lavori. (dova innanzi tutto aver presente che il l'.)()2 è il Uh anno dacché la Società Romana i)cr gii studi zoologici. el)he a deli- berare, a voti unanimi, in una solenne e numerosa adunanza tenuta in questa stessa Università, cli'essa assumesse a datare dal 1. gennaio 11)00 il nuovo titolo di Società Zoologica Italiana con sede in Koina. Dobbiamo inoltre ricordare con aninm grato che Tanno 19.)2 è il secondo in cui la Società medesima ha Talto onore di avere a suo PRESIDENTE ONORARKO il giovane Principe, il quale se ovun([ue lo si apprezza come assai intelligente Sovrano, si c anche in breve tempo fatto stimare perchè sa essere un [Mecenate giusto e savio degli studi e d'ogni progresso. Oggi stesso adempirò il dolere di annunciare come S. ài. il Re donando altro cospicuo materiale di studio siasi nuova- mente reso benemerito della Società e dellTstituto Zoologico Universitario, che da più anni la ospita con affetto disinteres- sato e sincero. Egregi consoci, due lustri sono ormai trascorsi nel modo ])iiì confortevole che potessimo desiderare. E se si pon mente a pa- recchie difficoltà, che sapemmo di comune accordo vincere, panni che tanto dal lato cronologico, quanto dal lato storico, il periodo che abbiamo attraversalo sia sutlicientissimo per mettere ancora una volta nella più chiara luce le vere ragioni per le quali sorse questa Società scientifica, e per riaffermarne la sua esistenza in Roma. Era i colleglli ed amici che vedo presenti, sono in buon nu- mero quelli cui tornerà facile di richiamare alla memoria come fin dal principio del 1892 potemmo compendiare nelle due parole oraziane — meiidax proplieta — il giudizio verso- chi credeva, 0 voleva far credere, che questa fosse la città meno adatta per una Società di naturalisti^ e verso taTun altro che con sicu- RELAZIONE SULLE CONDIZIONI DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA V rezza non meno audace, ina più ridevole, aveva fissato irrevo- cabilmonte a due, o luU'al più a 3 anni, la durata dell’esistenza della novella Società Zoolo^dca !... Oltrepassato il limite fatale che tanto gene y osamente ci si volle prefissare, la Società continuò sicura di sè nel tranquillo e progressivo suo sviluppo, E quando vi piaccia potete benissi- mo rammentare- che avanti e do})0 il 1. lùennio, il quale chia- mammo tutti il biennio di p)’ora, ci scrivessero con cortesia e nobiltà di pensiero onorandi scienziati e galantuomini, tacendo tutt’altre previsioni.... Fra le nulle lettere, che ci ò caro di conservare, rileggeie ad esempio quella deirottimo prof, senat. Michele Lessona dell’Ateneo Torinese, e troverete che nella me- desima afferma come apprezzasse « tutto il valore di questa Società appena essa venne ist itili la. » E l’istesso Ecssona volle rallegrarsi « nel vedere cosi bene compiuti i prevedimcnti » da lui tàlli. — Àia sentiamo forse oggi il bisogno di citare i molti e favorevoli giudizi già dati sulla nostra Società, e quelli che pur recentissimamente ci pervennero da uomini che alla maggiore competenza uniscono la iiuiggioro spassionatezza, e riconoscono il bene che si è fatto e si vuol tare? Se ai primissimi anni di modesto lavoro possiamo adunque mandare un lieto saluto, con maggior diritto (juesto saluto, insieme al pili soddisfacente ricordo, lo rivolgeremo nelTodierna adunanza alTintiero decennio. Feci noto altra volta come or sono (juasi 12 anni, mentre riannodavo le trattative jier for- mare una Società esclusivamente zoologica, cui avevo accennato fin dal novembre 1-S83, un chiaro collega, presidente di una delle società di scienze naturali, mi ripetesse che dovessi seco lui adoperarmi non già por quella che io desideravo, ma por costituire una federazione di tutte le già esistenti società di naturalisti nella nostra penisola. Con rincrescimento non trovai pratico tjuel consiglio, né lo trovarono parecchie altre egregie jiersone con cui elibi a parlarne. E fu sempre col loro valido concorso che tenni termo il proposito di dar vita in Roma ad una società di studiosi di cose esclusivamente zoologiche; la quale, giova ripeterlo, fu senz’ alcun dubbio la prima a sorgere in Italia a datare dal 1. gennaio 189,2; ed in quelTanno medesimo VI PROF. A. CARRUCCIO riuscimmo a pubblicare un primo volume di oltre 280 pagine, nel quale si comprendono 25 comunicazioni. Avanti che esponga sommariamente quanto devo intorno alle reali nostre condizioni, desunte dai làlanci, le quali hanno sol- tanto un valore materiale, mentre sulle altre, che hanno un valore morale m’intratterrò più volentieri, permettetemi che v’informi come in una recentissima adunanza tenuta dai mem- bri del Consiglio Direttivo, partecipassi i seguenti fatd : cioè l’avvenuta chiusura della nostra Cniversità per alcuni giorni del trascorso gennaio; la persistente infermità del Dott. Giulio Alessandrini, Economo Cassiere, al quale lo statuto affida la compilazione dei bilanci consuntivi, preventivo e patrimoniale; la indisposizione sofferta pure da me in gennaio e da due altri egregi colleghi dell’istesso Consiglio. Questi tre fatti furono i principali che ci costrinsero al dif- ferimento della prescritta convocazione entro il primo mese del nuovo anno, come sempre fu fatto. Il Consiglio unanime rico- nobbe la necessità di tale differimento, tanto ])iù che voleva compilati con ogni esattezza possibile i lulanci da presentarsi all’assemblea generale. Nè per la deplorala malattia ed assenza del Dott. Alessandrini, che da una settimana all'altra si spe- rava che potesse tornare al suo ufficio, il Consiglio poteva in- sistere per avere quei maggiori schiarimenti che gli occorre- vano, ed anche per adottare quanto molto giustamente projio- neva uno dei più autorevoli maestri che vanti lo Stato nelle cose amministrative. Nella precitata adunanza erasi infatti ri- conosciuta da tutti l’opportunità di seguire le utili norme tanto cortesemente suggerite dal consocio comm. Rostagno. Dall’ottobre 1901 al gennaio 1902 dovette intanto funzionare da Economo-Cassiere il segretario Doti. Romero, ciò ch'egli fece assai di buon grado : e dobbiamo essergliene grati. iMa il Consiglio Direttivo, annuente l’ istesso Segretario, deliberava neH’ultima sua adunanza che fosse in via provvisoria invitata persona tecnica, facente parte della stessa nostra Società, affin- chè si compiacesse compilare i bilanci da presentarsi nell’as- semblea amministrativa; ed il collega comm. Rostagno propose di pregare il socio sig. Vittorio Zambra, ch’ò abilissimo ragio- Relazione sulle condizioni della società zoologica italiana vii niere, e cultore deirornitologia. La proposta avendo incontrato il favore dell’intiero Consiglio, allo Zarabra che gentilmente ac- cettò lo incarico, furono consegnati il registro e quei documenti che il Segretario ave\m ultimamente ricevuto dal Dott. Ales- sandrini, costretto per la sua infermità a dimettersi. Penso di essere vostro fido interprete esprimendo in questa favorevole occasione, che per la prima volta mi si presenta, vivi ringraziamenti al Dott. Giulio Alessandrini per la intelli- gente opera sua durante il tempo che esercitò ruffìcio di Eco- nomo-Cassiere ; e insieme a tutti voi gl’invio i più sinceri auguri i affinchè possa perfettamente riacquistare la salute. Pa- rimenti credo di potere, a nome di tutti, ringraziare il consocio sig. Vittorio Zambra per la premura ed esattezza colle quali disimpegnò il mandato di fiducia affidatogli, presentandoci i bilanci, che da più giorni vennero già trasmessi a tutti i soci ordinari e straordinari, tanto residenti in Roma che fuori. Non mi sembra adunque opportuno che rilegga cifre e dati, che risultano ben evidenti nei bilanci posti a conoscenza di tutti i memliri della Società. Mi è però gradito di far rilevare come le condizioni econo- miche della Società medesima si presentino lusinghiere, tanto che se diversi Soci adempiranno senza ulterior ritardo al do- vere di trasmettere la tenue quota fissata dal nostro Statuto, colla quale si ha diritto ai fascicoli formanti l’annuo volume del Bollettino, avremo certamente un notevole avanzo di cassa alla fine del 1902, avanzo cioè maggiore di quello pur avutosi nel 1901. E notisi che non intendiamo portare alcun aumento nella predetta quota, che da 7 lire pei soci straordinari, rag- giunge il massimo di lire 10 per gli ordinari, quantunque nelle spese di stampa in Roma siasi, specialmente dopo il 1892, avuto un notevole aumento, in confronto ad altre città. Ma il bilancio che poco fa considerai d’un valore più elevato è il morale. Vi prego, egregi colleglli, di ricordare che nella mia relazione del passato anno dissi come siffatto bilancio acqui- sterebbe maggiore importanza se fatto alla fine del decennio ; ne avrà pure abbastanza, io soggiunsi, facendolo, anche per le ultime due annate 1900 e 1901, perchè con esse abbiamo vm l’ROP. A. CARRUCCIO iniziato la seconda fase di esistenza della nostra Società, dopo cioè eh’ essa da Uouìana si traslbnnò in Ilaliand. Prova assai efficace per poter slahilire un giudizio definitivo, possiamo con pien diritto desumere dal ma^uior numero dei membri componenti la Società, (piale evidentemente si ottenne dopo Tanzidetta trasformazione. PI cosi anche per una modesta istituzione si ò verificata la savia sentenza (h'H'antico e celebre maestro di scienza ed arte strategica, il generale conte Monte- cuccoli, che cioè « non sono i molti capitani quelli clic fanno forte e vittoriosa una falange di militi, a qualunque arma appartengano, ma la compatezza e fedeltà dei medesimi. » Coll’istesso diritto affermate, cari colleglli, ch'ò andato sem- pre aumentando il numero delle note e memorie che ci vennero trasmesse per comunicarle nelle adunanze sociali, e poi inse- rirle nel nostro Bollettino. E infine aggiungete il fatto non meno evidente dell’ accoglienza di' ebbero presso le più accreditate Società ed Accademie di scienze naturali i volumi dell’ istesso Bollettino, si da avere — anche non richiesti — mollissimi cambi da tutte le nazioni civili del mondo. Ai cambi dovete inoltre aggiungere importanti e preziosi doni fattici da molti scienziati sommi, a cominciare dall’ Haeckel, Moèbius, Perrier, Yaillant ecc. Ecco come in un periodo di tempo relativamente breve, abbiamo formato, e sempre piti formeremo, una scelta biblioteca, che oltre al notevole valore materiale, diventa un patrimonio scientifico utilissimo, particolarmente per quei soci, i quali dedicandosi con maggior intensità agli studi zoologici, avranno quella comodità, che prima loro mancava, di consultare cioè un considerevole numero di aiti e resoconti, specialmente stranierij e quindi di conoscere lavori e ricerche davvero non facili ad aversi sott’ occhio nelle biblioteche cittadine. Pld è unicamente a causa della non lieve spesa tipografica che sospendiamo la pul)hlicazione di un completo catalogo della biblioteca nostra, la quale inoltre, pel suo notevole incre- mento, dev’esser di nuovo ordinata. Abbiamo adunque preferito — ciò che del resto era doveroso — di dare alle stampe molte comunicazioni di Soci, accolte dal Consiglio Direttivo col jueritato favore. ERLAZTCNE SULLE CONDIZIONI DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA IX Da questi elementi di giudizio che vi ho riassunto risulta dapprima evidentissimo che neirultimo biennio abbiamo procla- mato un numero di soci ordinari e straordinari, quale ante- riormente ed in egual spazio di tempo, non si era mai dato il caso. Intatti, se si eccettua il primo periodo della nostra co- stituzione, in due soli anni — cioè nel 1901 — la nostra pre- sidenza proclamò una cinquantina di nuovi soci, appartenenti a molte provincie, dei quali ricordo ora i nomi ; Soci ordinari : Arrigoni degli Oddi conte dott. Ettore, libero docente — Baruchello cav. dott. Leopoldo, libero do- cente, maggiore medico veterinario — Belloni cav. Alessandro — Bellini dott. Raf. prof, di Storia naturale — Brizi dott. Ugo, libero docente — Castelli dott. Giovanni prof, di Storia na- turale — Calandruccio dott. Salvatore, libero docente — Chigi principe D. Francesco — Coccanari cav. dott. Filippo — Da- miani dott. Giacomo, prof, di Storia naturale — De Stefano dott. Giuseppe (Parigi) — Faliani dott. Carlo prof, di St. nat. — Franchetti Orsio, laureando in St. nai. — Gagliani dott. Fr. Saverio, prof, di St. nat. — Losito dott. Carmela, prof, di St. nat. — Magini dott. Giuseppe, prof. d’Istol. e Fisiol. generale — Mariani sig. Camillo — Montesperelli prof. Omero — Ninni conte Emilio — Pacini cav. Torquato, Dirett. Capo di Divisione — Righetti Carlo stud. Univ. — Romero dott. Gius. — Ruffìni sac. prof. Eliseo — Sergi prof. Giuseppe, presidente della So- cietà Romana di Antropologia — Silvestri dott, Antonio prof, di St. nat. — Siri dott. Ahneenzo prof, di St. nat. — Tiraboschi dott. Carlo — Poderi dott. Agostino — Torossi dott. G. B. prof, di St. nat. — Trabucco dott. Giovanni prof, di St. nat. — A^er- celloni dott. Carlo, prof, di St. nat. — A^enditori sig. Domenico stud. univ. — AAAam dott. Ugo, libero docente-- Zambra sig. ATttorio, Ragioniere. Soci i^iy aordinari : Bentivogiio dott. Tito, prof, di St. nat. — ■ Biscossi signorina Adalgisa, studentessa Univ. — Bonomi dott. Agostino prof, di St. nat. — Campoccia dott. Gesualdo prof, di St. nat. — Cecconi dott. Giacomo, prof, di St. nat. — Conforti signorina Maria, studentessa Univ. — Coli sig. Casirnirro — ■ Curreri dott. Gius, prof, di St. nat. — Greco dott. Benedetto, X PROF. A. CARRUCCIO prof, di St. nat. — Map’gio dott. Ignazio, prof, di St. nai. — Minio doli. Michela ngiolo prof, di St. nat. — Monteverde cav. doti Ugo — Nalato dott. rologia degli animali, avverte giustamente che vi sono due problemi abbastanza distinti. E prosegue con queste savie parole: « Uno di ossi è quello di raccogliere c di descrivere lo forme animali, distribuendole, a seconda dei loro caratteii in una classificazione naturale; la quale, in seguito ai moderni concetti, assunse essa pure una importanza scientifica, tenendo a rappresentarci, nella sua disposizione ramificata, T albero genealogico o la filogenia degli animali. (,»uesta parte costitui- sce la tassonomia o zoologia in stretto senso, a cui si conuet- tono le interessanti questioni della corologia o geografia zoolo- gica, e le applicazioni della conoscenza delle singole forme animali alla medicina e all’agricoltura, onde i rami importan- tissimi della parassitologia e della zoologia medica ed agraria. » Or bene è appunto questa parte della tassinomia che io amerei fosse meglio studiala da molti giovani naturalisti. Ma questa parte cui, come ben disse il Cattaneo, si connettono le interessanti (luestioni della corologia, e le applica"- ioìii della conoscenza delle singole forme animali alla medicirM (cioè alla parassitologia, all’igiene eco.) ed aH’agricoltura, da quanti viene coltivata in Italia con perseveranza e profnto reale ? Non è questo il luogo ed il momento più propizio per ridimo- strare con quanta dissennatezza operassero certuni, dei quali, trovandomi presento, potei combattere la proposta vagheg- giata, che più non osarono sostenere, della soppressione cioè RELAZIONE SULLE CONDIZIONI DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA XVII cleirinsegnamento della Zoologia e Botanica per gli studenti di Medicina e Chirurgia ! No, dicasi piuttosto che queste scienze vanno insegnate bene, non già disordinatamente e coH’arroganza dei vanitosi. Accenno pur di Amlo alla tendenza, che si va accentuando qua e là di trasandare lo studio della parte descrittiva dei rami di storia naturale. E quindi molti questo studio fanno in modo assai superficiale. Certo é che le cattive conseguenze si faranno sempre più evidenti. Non mancano gl’ insegnami universitari die fanno avvertiti 1 loro allievi della importanza, estensione e difficoltà della sovramenzionata parte descrittiva ; e ad essi inculcano di riprenderla dopo laureati, principalmente se in scienze naturali, e se voglionsi dedicare all’ insegnamento. Ma questo argoraenio che ho avuto motivo di appena sdora- re, penso che i distintissimi consoci cui nei Licei, Istituti tecnici ecc. è affidata tanta bella parte d’istruzione, possano e vogliano trattare di proposito; e già ne diede, per una parte, il buon esempio il prof. Neviani del R. Liceo Ennio Quirino Visconti nell’ adunanza tenuta il 20 luglio del 1901. Se in questa sommaria relazione fossi, almeno in parte, riuscito a dare una giusta idea del molto lavoro compiuto dalla nostra Società non solo negli 8 primi, ma anche negli ultimi 2 anni dopo l’avvenuta trasformazione; se le mie parole vales- sero a scuotere ({ualcuno meno attivo; se inoltre dimostrassero i giusti intendimenti che sempre guidarono il Consiglio Direttivo e quanti efdcacemente contribuirono al progressivo sviluppo della stessa Società; se questa apparisse allo sguardo dei bene- volenti sempre più meritevole di simpatia e di appoggio; potrei concludere affermando che in gran parte fu raggiunto lo sco- po vagheggiato che fu ed è di rialzare — e non solo in Roma- gli studi della Zcologia, e sovratutto di quelli concernenti non poche faune locali pochis*simo ancora illustrate. Tutti confidar dobbiamo nell’ avvenire e nella possanza dei fatti. L’ antica e la nuova sapienza non negarono mai la profonda verità contenuta nelle parole: Falci viam hivcnieìiL Invero coloro che pur sapendo essere molto ardua una de- svili PROF. A. CaRRUCCIO terminata meta, vollero rettamente perseverare e progredire, finiscono per raggiungerla ; e se lasciassero a mezza via gli altri, non si avrebbero a male quando questi, un pò più tardi, riescissero a fare magari completo il giro del mondo.... Egregi Consoci — Chiudo col mandare a nome della Società Zoologica Italiana con sede in Roma un rispettoso omaggio al Sovrano benemerito, al nostro amatissimo PRESIDENTE ONORARIO. L’ assemblea applaude caldamente le parole pronunciate dal suo presidente. Il Socio Comm. Rostagno, ringrazia Tistesso Presidente a nome di tutti i soci e crede di interpretare Tanimo dei suoi colleglli, porgendo, al benemerito prof. Carruccio le più vive congratula- zioni per r alta e nuova onorificenza, concessagli da S. M. il Re, tanto più che S. E. il Ministro della P. I., proponendo a S. ]M. la nomina a Commendatore, ha compiuto un atto di giu- stizia, che alTistesso egregio Ministero fa onore. Tale nomina inoltre torna di sommo gradimento a tutti i Colleglli della Società Zoologica ed quanti cononosconu la grande opera ri- formatrice e in grandissima parte creatrice dell’Istituto Zoolo- gico nell’Ateneo Romano, indubitamente dovuta all’indefesso nostro presidente. Il Presidente, commosso, vivamente ringrazia. Itlesso ai voti, il bilancio Sociale del 1901, viene approvato alT unanimità. Si passa quindi alla votazione per la rielezione di un Vice- Presidente e di cinque consiglieri uscenti : Dalla votazione risultano — Su 43 votanti : Eletti: Vice -Presidente — prof. Meli voti 41 Consigliere — prof. Pochettino » 40 » — Rag. Sig. Zarnhva » 40 » — march, dott. Ct. Lepri » 41 Riconfermati : Consigliere — march, dott F. Patrizi » 41 » — prof. A. Neviani » 41 Non si potè tener conto di altre schede di soci lontani, giunte con ritardo. RELAZIONE SULLE CONDIZIONI DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA NIX Il Presidente, proclamati i nuovi eletti, e congratulatosi con i presenti, fa leggere al Segretario la seguente comunicazione : Il Consiglio Direttivo della Società Zoologica Italiana : Udite le comunicazioni della Presidenza, a riguardo delPopu- scolo del Dott. Omero Ricci ( Socio della Società Zoologica Italiana), dal titolo: «Ricerche sulle Metamoì fosi dei Mure- noidi », pubblicato negli atti della Società dei Naturalisti e Matematici di Modena; rilevato che tale opuscolo, fu posto dal Dott. Omero Ricci, in circolazione, con raggiunta di quattro pagine, non facienti parte della pubblicazione ufficiale, inserita negli « Atti della Società dei Naturalisti e Àlateinatici di Modena » nè edite dalla Tipografìa, che pubblica gli Atti ufficiali medesimi ; attesoché, in quella aggiunta, presa contezza dei documenti, fra cui le lettere del Prof. Pantanelli Presidente, e Dott. Picaglia, segretario della « Società dei Naturalisti e Matematici di Mo- dena », e la lettera del Prof. F. S. Monticelli, Economo-Segre- tario deir « Unione Zoologica », dalle quali sono pienamente riconfermati i fatti sopraccennati, è evidente U intenzione, del Dott. Omero Ricci, di recare sfregio e danno alla Società Zoolo- gica Italiana, alla quale il detto Dott. Omero Ricci, purtroppo appartiene, con un linguaggio che non può essere tollerato ; considerato, inoltre, che i fatti stessi rendono, chi li ha com- messi, indegno di appartenere ad una Associazione scientifica, che si rispetta ; pur non volendo dar peso all’ attacco diretto, fatto alla So- cietà Zoologica Italiana, a unanimità di voti delibera : la ì-adiaz-ione del Socio straordinario Dott. Omero Ricci, dall’ Albo dei Soci della Società Zoologica Italiana. Il Segretario Dott. Gr. Romero Fase. I, Il e III. Sane II - Voi. III. Anno XI- 1902. BOLDeTTiriO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA orYT r D 0 Ai-ÀÀ, Y rY.im ÀVÀAi À AUORFOS: DSGRI KPJTROOITI pel Doti. RINALDO MARCHESINI Quelle apparenze che oramai si vanno riscontrando, da pa- recchi autori, di parti differenziate nell’ interno dell’ eritrocita dei mammiferi adulti in casi normali e patologici, che assu- mono colorazioni differenti dal protoplasma ematico, sembrano a me gli antesignati di una teoria di riconciliazione tra gli autori che negano la presenza del nucleo negli eritrociti, e quelli che lo ammettono trasformato e quelli che lo ritengono normale. Questo qualche cosa di differenziato che eminenti autori hanno pure riscontrato nell’ interno dell’ eritrocita adulto, è apparso differentemente nelle loro ricerche o come una necro- biosi del globulo ( Maragliano e Castellino ), o come una dege- nerazione anemica (Ehrlich), uno pseudo nucleo (Heidenhain), una sostanza emoglobigena (Giglio-Tos), un nucleoide (Lavdow- sky), una sostanza centrale (Hayem', una metamorfosi nucleinica (Guarnieri e Daddi), un’ alterazione degenerativa degli eritro- blasti (Zenoni), o come elementi immaturi (Poggi)j a seconda cioè della ricerca, a seconda dei metodi di colorazione adoperati. Ognuno come si vede ha voluto dare una spiegazione più confacente alle sue idee, direi quasi preconcette, ricorrendo cioè a spiegazioni che erano più in rapporto con le proprie ricercliej ma tutti sono caduti in un medesimo errore, dimo- strandosi più patologi che biologi. 2 DOTT. RIBALDO MARCHESINI Essi, i più; studiando su uomini malati o su animali d’espe- rimento resi malati, non hanno avuto per punto di vista che alterazioni patologiche, dimenticando che in questi malati si potevano pure svolgere fatti vitali, fatti biologici che avessero la tendenza a ricondurre ad pristinum le condizioni alterate del sangue: essi hanno seguito lo sfacelo della morte e non hanno tenuto conto degli sforzi, delle adattazioni, di tutte le difese che madre natura ripone nelle cellule rosse sanguigne di un dato organismo, perchè questo organismo possa e sappia lottare contro le infezioni, la distruzione, la morte. Eppure l’argomento da essi studiato è il prototipo della vitalitcà, è il sangue che tutto regola, che tutto governa, ed al quale è le- gata indissolubilmente la vita animale. Or bene se questo sangue ammala, essendo cosi indispensa- bile alla vita, dovrà in sè stesso trovare subito una difesa, una forza contro l’agente morbigeno, aovrà modificarsi, adat- tarsi, trasformarsi in modo ed in maniera di poter almeno lottare prima di soccombere. E queste modificazioni, e queste trasformazioni che esso subisce non sono solo e sempre pato- logiche, ma sono vitali: è 1’ adattazione all’ ambiente malsano, è lo sprigionamento di tutte le sue forze che noi vediamo tra- sformate in modalità diverse, solo percettettibili ai nostri sensi, e con le quali esso tenta di riguadagnare il suo stato primitivo sano per tornare alle sue normali funzioni. E questo che la maggior parte degli ematologi hanno dimenticato nelle loro ricerche. L’apparente scomparsa del nucleo è un adattamento fisiolo- gico deU’eritrociìa ad una nuova funzione, come l’epitelio cor- neale diviene trasparente per dare passaggio ai raggi luminosi che debbono andare a colpire la retina: ma per questo l’epitelio corneale perde i suoi caratteri di cellula ? Nelle anemie noi abbiamo tutte le modificazioni possibili dell’elemento che co- stituisce la parte principale corpuscolare del sangue, cioè del- l’eritrocita, modificazioni che vanno sotto il titolo di poichilo- citosi per ciò che riguarda la forma (.Jaksck); di policromato- filia per ciò che làguarda la reazione microchimica (EhrlLch - Cabri tschoAvsky - Askanay - Troye - Maragliano - Gabot - Klein), S0LLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI g e di degenerazione e rigenerazione megaloblastica per ciò che riguarda la grandezza d’alcune forme nucleate (Ehrlich - Pap- penheira - Lazarus ■ Giglio-Tos - Rindfleisch, Ehrlich e Li- denthal - St Klein-Askanazy). Questo è ciò che colpisce i nostri occhi perchè le modiflca- zioni del plasma ci sono per la massima parte sconosciute. Ora tutti questi fatti osservati dai diversi autori sono realmente da ascriversi a fatti puramente patologici? Qualunque parte del nostro organismo animali essa tende sempre alla reUltutio ad integrurn, e colle degenerazioni quin- di vanno compagne le rigenerazioni cellurari, e perciò in un organo, in un tessuto malato tutti i fatti che vi si svolgono non pòssono attribuirsi a fatti puramente patologici, essendo im.mancabilmente uniti ad essi i fatti vitali di resistenza, di ri- generazione del tessuto malato in un tessuto di nuova forma- zione. Questo senza dubbio dovrà puro succedere per il sangue che è un tessuto liquido ed è vitale per eccellenza. Ma si dirà che le osservazioni degli autori sono state rivolte su sangui malati 0 resi tali, e quindi i fatti osservati non possono stare a cari- co che di alterazioni patologiche. Di più il sangue di un indivi- duo sano non presenta tali modificazioni del globulo rosso e perciò tutto dovrà ascriversi a necrobriosi, a degenerazione cel- lulare. Che tali fatti siano l’ indice di uno stato di alterazione della massa sanguigna non c’ è discussione e nessuno lo può negare; ma questo tessuto avrà anche la tendenza, come tutti altri, al- la guarigione, e quindi unitamente a fatti degenerativi dovran- no pur riscontrarvisi fatti rigenerativi, e questi due stadi cosi diametralmente opposti sono stati essi abbastanza distinti tra loro ? - La scomparsa del nucleo dall’eritrocita oggi con buona parte degli autori (Sanfelice, Eliasberg, Mondino, Freiberg, Spuler, Arnold, Giglio-Tos) non deve interpretarsi come una vera scom- parsa, nel senso di una fuoriuscita, come avrebbero inteso Rindfleisch, Bizzozero, IIovv"el; ma come una modificazione della sostanza nucleare tal quale ci appare nelle altre cellule del 4 DOTT. RINALDO MARCHESINI corpo e negli eritrociti stessi allo stato giovane; ossia che essa va assumendo caratteri differenti per cui non si colora più in tale stato con i comuni colori nucleari. Ora il dire che il nucleo degli eritrociti adulti non si presti più ad assumere le colorazioni comuni nucleari e quindi sia diffìcile metterlo in evidenza per modificazioni avvenute nel suo intimo, non è la stessa cosa che il dire che esso non esista più nell’ interno deireritrocila. Ammettendo la sua scomparsa assoluta noi dovremmo cer- carne la ragione in un ffxtto degenerativo il quale avvenga nel modo come natura si libera di ciò che' più non corrisponde ad una data funzione; ma la cellula in questo caso non si libere- rebbe di una parte secondaria, ma della parte più vitale di una cellula, e perciò la scomparsa del nucleo deve essere ap- parente, per un fatto fisiologico, suliordinato all' ossigenazione; onde il nucleo resta latente finché il globulo rimane carico di emoglobina, pronto sempre a riapparire allorché una funzione diversa lo richiami a compiere un altro ufficio differente. La spiegazione data della poichilocitosi e della microcitemia da Jak-sh e da Maragliano e Castellino, come una contrattilità morbosa del protoplasma, non sarebbe certo dimostrata dalle loro indagini, perché 1’ esperienze fatte specialmente dagli ul- timi due autori su sangue estratto, non possono confrontarsi con ciò che avviene nel sangue vivo ancora in circolo, o possono solo spiegarsi in questo modo: che allorquando il globulo rosso va perdendo la sua emoglobina e di conseguenza la sua nor- male rigidità, esso può assumere le svariate forme poichiloci- tiche e può essere penetrato da sostanze basiche, che colorano i resti nucleari messi così allo scoperto. È questo della poichilocitosi un fatto patologico, per ciò che esso non avviene solo, come crederebbe il Poggi, in cellule giovani, ma anche a carico di eritrociti adulti che perdono le proprietà acquisite colla perdita della loro emoglobina, rima- nendo però sempre cellule viventi, pronte forse a reintegrarsi nello stato primitivo, quando siano migliorate le coiidizioni di vita 0 abbiano termine le cause deleterie che avevano spinto Porganismo ad ammalare. La poichilocitosi é il primo fatto SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 5 che avviene nell’alterazione del sangue; ma è desso esclusiva- mente da considerarsi come un’ alterazione regressiva e non vi potremo noi trovare anche un’adattazione aU’ambiente viziato per mantenere ancora una difesa all’ organismo, finché tutto ritorni al normale ? La degjìier azione anemica di Ehrlich consisterebbe nel fatto che in date contingenze in alcuni eritrocid rispettivamente nel loro stroma si depositino sostanze penetrate da una serie di colori, i quali del resto come Tematossilina acida, il bleu di metilene.... non colorano i corpuseoli sanguigni normali. Questa proprietà policromatofìla è stata osservata anche da altri au- tori (Gabritschev'skj, Askanazy, Troye, Maragliano e Castellino, Foà, Mondino, Gabot, Klein) Il Zenoni poi dice che più volte in preparati di sangue normale si possono ottenere forme cro- matotìle prodotte artificialmente quando intervengano cause che agiscono alterando direttamente gli elementi del sangue. Cosi per il Zenoni i pseudonuclei di Lowit, i residui nucleinici di Neumann, le numerose forme di emazie nucleate ottenute da Timofeiewsiki, i nucleoidi di Laddowsky,, i corpi centrali di Heidenheim ecc. non sarebbero da ascriversi che tra le forme policromatofile. Egli ammette resistenza di un rapporto tra le alterazioni degenerative nucleari degli eritroblasti e la meta- cromasia del corpo cellulare; e quindi in base a tale rapporto crede più verosimile l’ ipotesi della penetrazione di una sostanza basatila nello stroma globulare, derivata dal suo nucleo in dis- soluzione e non già come vogliono Ehrlich Askanazy, dallo stesso citoplasma alterato. Le forme granulose quindi sono da lui considerate come uno stadio avanzato della degenerazione intraglobulare del nucleo, che dallo stadio di rosetta va ad un fino sbriciolamento; si tratterebbe di eritroblasti incompletamente evoluti, e di processi degenerativi di cariocinesi, in rapporto col fenomeno della maturazione dei globuli rossi. 11 Poggi invece descrive una nuova specie di corpuscolo rosso del sangue delle anemie gravi, tingibile in tutto od in parte dal bleu di metilene sciolto nel cloruro di sodio. Le for- me colorate che cosi riscontra rassomigliano a quelle di stadi mitosici, ma egli è ben lungi dal credere che si tratti di veri 6 t)OTT. RINALDO MARCHESINI globuli in mitosi perchè non è riuscito n colorarle a secco (sic). Dice che la perdita deirenioglohina del globulo possa essere invece il primo passo verso quella colorazione. Non ammette però che la colorazione possa essere un fatto di ordine vitale e crede che simile affinità al hleu sia data da che questa specie di corpuscoli non abbiano ancora il protoplasma modificato alla guisa dei globuli adulti: sarebbero essi elementi immaturi gio- vanissimi venuti in .circolo precocemente con una povertà estre- ma di emoglobina. Egli però ritiene che la sostanza ^ nucleare di questi rimanga nel globulo, e che lasciata ogni parvenza di morfologia ivi si diffonda, ritirandosi specialmente ad ingros- sare la parte periferica, e subendo poi ulteriori modificazioni' tanto da ritenere solo qualucna delle sue primitive proprietà, quella cioè di tingersi a fresco col bleu di metilene, quale co- lore di natura basica. Pure il Gabritscliev'sky a tale riguardo ritiene che tali formazioni stiano a rappresentare fasi primitive, stadi giovani di eritrociti, è tale opinione oggi viene accolta da molti. 11 Guarnieri e il Paddi notano anche essi nei globuli rossi dei clorotici una sostanza capace di calorarsi intensamente col turchino di metilene, ma contemporaneamente notano l’alterazione del globulo, da assimilarla alla forma di poichiliocitosi, e che tutte queste forme corpuscolari si mostrano impoverite d’emo- globina. Si oppongono a spiegare questi fatti come degenerazioni anemiche secondo 1’ Ehrlich, e credono invece che il processo di alterazione sia caratterizzato dalla manifestazione di una sostanza anormale che si colora intensamente con il turchino di metilene, un colore basico d’anilina, e perciò probabilmente costituita da granulazioni di nucleina. Queste granulazioni di nucleina, secondo questi autori, si formerebbero direttamente in sito, e deriverebbero dalla scomposizione chimica della sostanza proteica contenuta nello stroma eritrocitico, costruito quasi per intero di nncleoproteina. Questa alterazione dell’ eri- trocita'che chiamano metamovfoù nucleinica rappresenterebbe per essi un fenomeno d’involuzione e di decadenza organica, segnerebbe la fine naturale dei globuli rossi; e le piastrine del Bizzozero sarebbero forme eritroblasticbe nella già avanzata StfLLA metamorfosi DEGLI ERITROCITI ^ 7 alterazione, fasi ulteriori di metamorfosi regressiva. Questo fenomeno d’ involuzione sarebbe dovuto a speciali processi di disintegrazione caratterizzati da sdoppiamenti di sostanze al- tamente complesse, contenute nei globuli stessi e troverebbe la sua ragione sufficiente di essere nel ricambio materiale entro il -limite della vita fisiologica. Come si vede il Guarnieri e il Daddi sarebbero in opposizione con gli autori sopracitati, per i quali le alterazioni notate sa- rebbero a carico degli eritroblasti (cellule giovani), essendo per loro invece a carico di eritrociti adulti moribondi, e si scoste- rebbero d’altra parte anche dall’ idea dell’ Ehrlich e del Mara- gliano. In fondo però dovremo rilevare che i più recenti autori riconoscono che nella cellula rossa, in date contigenze si può riscontrare qualcosa di differente dal protoplasma cellulare e tingibile con i colori basici di anilina. Ora se per gli uni siano elementi immaturi, per altri alterazioni degenerative, o stati giovani di eritrociti adulti, è certo che abbiamo a che fare in questi casi sempre con parti riferentisi al nucleo delle cellule rosse, e ciò che appare colorato è il nucleo o parte del nucleo. Sicché la policromatofilia delle cellule rosse sarebbe dovuta in fine dei conti al mettersi in evidenza del nucleo normale o modificato per un fatto degenerativo o per un fatto rigenerati- vo. Il riscontrare adunque queste forme in sangui patologici o resi tali non sta affatto a dimostrare che si tratta di alterazioni regressive della cellula rossa perche it sangue come può am- malare, cosi può tendere alla guarigione, e ciò vedremo meglio nella parte speciale. Sull’ interpretazione data ai gigantoblasti di Ehrlich sono pure varie le opinioni, poiché per alcuni (Lazarus, Giglio-Tos) rappresentano un ritorno alle condizioni dell’organo embrionale e fetale, un vero fenomeno d’atavismo, per altri dipenderebbero da importanti metamorfosi degli eritrociti (Rindfleisch); per altri sarebbero una degenerazione megaloblastica (Erlich) e Lindenthal); cosi una rigenerazione megaloblastica del midollo per st. Klein e Asckanazy, e elementi di carattere embrionale per il Zenoni, secondo cui la loro presenza nel sangue dell’ a- 8 DOTT. RINALDO MARCHESINI dulto sarebbe una prova che il tessuto midollare è in via di rigenerazione. A questo riguardo le diverse teorie degli autori starebbero più per 1’ ammissione di un fatto fisiologico che patologico, perchè la presenza di queste cellule, quantunque riscontrate più facilmente in sangui patologici, sta a dimostrare la ripa- razione e la rigenerazione per parte del midollo delle ossa nei casi in cui ve ne sia il bisogno, ed anzi là dove il bisogno sia pili urgente, se pure come vedremo, tali cellule non dovranno subire altre metamorfìsi per la difesa delforganismo. PARTE SPECIALE Come abbiam visto, al punto in cui stanno oggi gli studi sul sangue, dovremo riconoscere che i fatti appresi accennano senz'altro ad una riconciliazione tra quegli autori che negano negli eritrociti ogni parvenza di nucleo e tra quelli che ne sostengono la presenza, e questa riconciliazione sta appunto nell’ ammettere che.il nucleo si mantenga nell’eritrocita, ma sotto forma diversa da quella che siamo soliti riconoscere nelle cellule del corpo, cioè modificato per l’adattazione del globulo rosso alla funzione respiratoria. Accettando questa teoria sono allora spiegabili tutte lo con- getture fatte sull’ eritrocita, e tutte le teorie le più disparate avranno una piccola parte di verità e di ragione. Certo che questo nucleo che cosi ostinatamente si cela alle indagini ordinarie, allorché sotto qualunque forma o fase esso riapparisce, indizia senz’ altro o uno stato non normale del sangue o alterazioni procurate sperimentalmente. E qui hanno ragione i patologi ad attribuire queste fasi e questi stadi a processi patologici, perchè 1’ eritrocita adulto che entra a far parte della circolazione del sangue deve aver subito tutte le modificazioni necessarie per questa funzione e tra le altre, e forse tra le prime, quella di nascondere ogni traccia di nucleo (s’intende nei mammiferi). Allorché questo ricomparisce nell’eri- SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 9 trocita è segno manifesto che la funzione ematopoietica si compie male, o che esiste nella massa sanguigna un quid che alterando la compagine del corpuscolo ce lo ripresenta come se fosse allo stato iniziale di sua vita, cioè povero di emoglo- bina, malleabile facile a deformarsi, e in cui con più facilità si può mettere in evidenza la parte nucleare che rimaneva prima nascosta dalla presenza deiremoglobina. Per questa ragione possono facilmente scambiarsi le forme realmente giovani con le forme adulte e tornate protoplasma- tiche e da qui l’interpretazione diversa data della poichilocitosi dagli autori, che per alcuni come si è visto (Poggi) non sarebbe che l’effetto della facile alterabilità di globuli immaturi, e per altri (Jachsh, Maragliano) d’una contrattilità morbosa del pro- toplasma di eritrociti adulti in stato di sfacelo. Interpretazioni però entrambe vere se si vuole, perchè l’eri- trocita adulto che ha perduto per una causa qualunque in tutto od in parte la sua emoglobina torna a presentarsi sotto una forma simile a quella di un giovine eritrocita che non presenta che una piccola carica di emoglobina, ed in cui il nucleo non si è ancora totalmente trasformato. Gli autori che hanno riscontrato il nucleo in tutti gli eritro- citi adulti hanno dovuto certamente ricorrere a metodi ed a colorazioni speciali, hanno messo quindi 1’ eritrocita sano in c( 'Udizioni simili all’eritrocita giovane o malato che per la per- dita della sua emoglobina diventa più malleabile e meglio pènetrabile dai colori che mettono in rilievo il nucleo, prolun- gando a lungo e per giorni la colorazione (Petroni Marchesini). Ma il riapparire manifesto deve interpretarsi sempre come uno stato patologico? Per Giglio-Tos l’ultimo prodotto di tra- sformazione del nucleo eritroblastico nei sauropsidi ed ittiopsidi sarebbe la sostanza emoglohigena che egli ritrova nel centro dell’eritrocita e non esprime alcun dubbio che tale mutamento sia indizio di una modiflcazione chimica nella sostanza stessa del nucleo. La cromatina del nucleo sarebbe per lui costituita da sostanze diverse e dal loro scambio risulterebbe una cro- matina eritrofìla, ed una nuova sostanza che fuoriuscendo dal nucleo verrebbe a costituire la sostanza emoglobigena. Questa 10 f>OTT. RINALDO MARCHESINI trasformazione però non si farebbe contemporanea, in tutta la sostanza del nucleo, e da ciò la promiscuità in un primo pe- riodo di granulazioni cianofiìe ed eritrofile nei nudi degli eri- troblasti, finché tutta la cromatina diventerebbe eritrofila e costituirebbe il nucleo dell’eritrocita: e la facoltà di dar luogo a fenomeni di divisione nucleare non iscomparirebbe nella cro- matina durante questo frattempo. I granuli di cromatina eri- trofila nel nucleo di questi eritrociti rappresenterebbero uu residuo di sostanza nucleare che non ha potuto subire la trasformazione suddetta in sostanza emoglobigena; questo nucleo però non avrebbe nell’ eritrocita nè importanza nè funzione alcuna. Negli eritroblasti dei mammiferi adulti il fenomeno si svol- gerebbe presso a poco nello stesso modo, con questo però di speciale, che tutta la cromatina si riunirebbe al succo nucleare per trasformarsi interamente in sostanza emoglobigena. Cosic- ché nell’eritrocita adulto non rimarebbe più traccia di cromatina. Questi fatti osservati da Giglio-Tos, se non corrispndono esattamente alla verità, ci pongono però sulla via dell’ inter- pretazione del modo come possa apparentemente scomparire il nucleo negli eritrociti dei mammiferi; egli ci indizia fatti bio- logici di grande importanza, che per i più invece sono stati ascritti a fenomeni di alterazione patologica. Così noi seguiamo la modificazione che subisce una parte tanto importante della cellula rossa giovane, non per un semplice fatto di degenera- zione, ma per un adattamento ad una funzione altamente com- plessa, quale è quella dell’ emoglobinizzazione. Il nucleo cioè non si atrofizza, ma si modifica morfologicamente e chimica- mente per trasformare la cellula rossa in una forma od in una composizione più adatta per rendere lo scambio respira- torio più facile all’organismo. Un nucleo che si trasforma per la funzione non perde le sue proprietà nucleari, è sempre un elemento vitale e nelle alterazioni patologiche della massa sanguigna esso per fatti irritativi, come succede per altri nuclei del corpo può tornare a riprendere tutta la sua natura primitiva, ed ecco la causa del suo riapparire nel sangue, in date contigenze, degli ari- SliLLA ÌIETAMORFOSI DF.GLÌ ERITROCITÌ 11 trociti nucleati e di tutte quelle forme di passaggio che da autori diversi sono state interpretate più o meno come fatti di degenerazione nucleare, e che invece sono serviti per altri giustamente a dimosriare che il nucleo non scompare dall’eri- trocita, ma solo si modifica. Questa critica dei lavori più recenti e più accreditati sullo studio delia cellula rossa del sangue e le deduzioni a cui sarei giunto, ho fiducia di poter convalidare con osservazioni di fatti nuovi che starebbero a dimostrare appunto come il il nucleo degli eritrociti non solo non sparisca, ma possa in dati casi presentarsi nel suo pieno vigore, e la cellula intera trasformarsi per servire a funzioni differenti da quella dei- fi ossigenazione. A tale scopo le mie osservazioni non sono state rivolte solo sopra sangui anemici, ma sopra il sangue detratto da processi infiammatori cronici. Ho iniettato dapprima a tale uopo sotto la pelle dei porcel- lini e dei conigli dei blastomiceti, che già per altri miei studi sapevo essere capaci di produrre delle iperplasie senza dare esito a formazione d’ ascesso ed ho fatto preparati tanto dal liquido sanguigno spremuto da simili iperplasie, quanto dal tessuto iperplastico stesso dopo fissato, incluso, tagliato al mi- crotomo e colorato. Per avere agio poi di poter seguire il processo d’ora in ora ho introdotto sotto la pelle di conigli, di porcellini, e di rane dei tubetti di midolla di sambuco secco e sterelizzato, procu- rando di non produrre- alcuna emorragia ( cosa facile per le rane) e ricucendo poi accuratamente la ferita. Le preparazioni istologiche le facevo in più modi; spremendo il liquido sanguinolento assorbito dai tubetti che venivano estratti di ora in ora e di giorno in giorno dai singoli animali, in esperimento; distendendole sopra dei vetrini coprioggetti e lasciando questi in parte asciugare alla temperatura ordinaria, in parte portandoli subito ripetutamente alla fiamma. Quei DOTt. RINALDO MARCHESINI vetrini in cui lo stato sanguinolento si era asciugato all’ aria, in parte li fissavo con i fissatori ordinari, in parte li fissavo alla fiamma. Altri preparatili allestivo fissanloli direttamente o- in una soluzione di sublimato o di acido osmico o in una miscela satura di sublimato in etere ed alcool al mezzo. I preparati che erano stati fissati alla fiamma prima di sottoporli alla colorazione, venivano passati per qualche secondo nel li- quido del Flemming usato come mordente, poi lavati in acqua distillata e colorati. 11 liquido colorante da me adoperato era una miscela di colori; verde di metile — fucsina acida — auranzia — ■ orange — violetto di metile, in soluzioni sature ed allungate poi tutte con glicerina ed alcool sul tipo del liquido Ehrlich-Biondi : con tale miscela ho potifio ottenere delle differenziazioni me- ravigliosa. Colorati i preparati alcuni per pochi minuti, altri per lunhe ore fad anche per un intero giorno, li lavavo in acqua distil- lata rapidamente, li disidratavo; lasciati poi asciugare per lenta evaporazione li riscliiaravo in xilolo e li chiudevo in balsamo. Gli altri melodi di fissazione mi sono serviti come controprova. Non dirò come mi sia stato facile con tale colorazione la differenziazione di tutti gli elementi cellulari che si riscontra- vano perchè tanto gli eritrociti che i leucociti si vedevano colorati differentemente e con differenze di grado a seconda dello stadio in cui si osservano, e cosi i nuclei presentavano i loro caratteri policromatofili in modo meraviglioso : — ma veniamoli a studiare parti tamen te. I preparati del succo sanguinolento, estratto nel modo indi- cato, di coniglio 0 di porcellino, se venivano fatti dopo le dodici ore dall’ introduzione del tubetto di sambuco, il reperto cellulare era tutto a carico di forme leucocitarie e perciò nulla si poteva osservare riguardo agli eritrociti. 11 tempo utile per la ricerca era tra 1’ ottava e la dodicesima ora di permanenza del cubetto al disotto della pelle dell’ animale, tempo ottimo per colpire 1’ iniziarsi delle trasformazioni che avvenivano nelle cellule del sangue e gradatamente fino alla loro estrema evoluzione. SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 13 Il fatto rilevante a carico degli eritrociti era che molti fra essi si vedevano ingranditi e nello stesso tempo appariva nel loro intorno una massa differenziala colorabile leggermente in bleu (Fig. 2, 3 e 4) nel mentre che la periferia del globulo si andava scolorando per la perdita dell’emoglobina. Queste forme richiamavano alla mente le forme megaloblastiche dell’Ehrlich. In mezzo a Cjueste forme si scorgevano ancora molti eritrociti alcuni dei quali ancora normalmente carichi di emoglobina ed altri che pur mantenendosi normali si presentavano solo molto -impalliditi. In questi preparati il numero dei leucociti è rela- tivamente scarso e numerose sono invece le forme eosinoflli. In altri preparati di tempo più avanzato, oltre le forme già accennate, si notavano grossi eritrociti in cui il nucleo si era fortemente tinto in bleu (ffg. 4), altri della stessa natura ma in cui vicino al nucleo colorato in bleu si scorgevano granuli tinti fortemente in rosso (ffg. 5, 6, 7). In altri eritrociti i granuli rossi andavano aumentando in guisa da far scorgere il nucleo centrale composto di due parti eguali per grandezza, 1’ una tinta in bleu, quasi omogenea, l’altra tinta in rosso e granulare (ffg. 6, 5, 7). Su queste forme non può cader dubbio che sieno eritrociti, perchè ancora il protoplasma cellulare assume il colore tipico che F emoglobina prende dalla eosina. In altre fasi inoltrate il nucleo bleu va assumendo una forma a mezzaluna, nell’incavo della quale rimangono aggrup- pati dei granuli rossi (fig.SL Dopo di queste fasi i granuli rossi si vanno spargendo nei protoplasma della cellula, nel mentre che il nucleo blu si presenta sotto forme diverse ed.il proto- plasma non presenta più tracce o minime d’emoglobina. L’eri- trocita cosi trasformato va assumendo l’apparenza di una vex"a cellula cosinoflia. In prosieguo il nucleo bleu si allunga e si spezzetta ed i granuli rossi rimangono diffusi in tutto il protoplasma cbe ora non è più cosinofflo, ma si tinge leggermente in rosa e pre- senta la struttura di un vero leucocito cosinofflo con nucleo polimorfo ( fig. 10-15 ). Nei preparati, fatti con materiale del focolaio che superi più di 10 ore di vita, non si scorge più 14 DOTT. RINALDO MARCHSSLNI nulla di questi passaggi e le cellule che vi si riscontrano sono tutte prevalentemente cosinoflle. Questo riscontro, del resto, di celle cosinofde è stato os- servato, oltre che dall’Ehrlich, da molti autori (Muller, Canon, Freiberg) in processi inflammatori in cui per dilatazione dei vasi sanguigni si ha diapetesi dei globuli rossi, e che esse aumentino in quelle malattie in cui si distruggono globuli rossi come nelle affezioni del midollo e della milza, e tale au- mento dimostrerebbe sempre alterazioni croniche degli organi ematopoietici. Cosi nell’escreato degli asmatici (Biffi) ed in tutti i casi in cui vi sia versamento sanguigno negli interstizi dei tessuti (Goldberger e Weiss), come per iniezioni di tubercolina (Gravvitz ) nelle elmintiasi ( Miiller, Rieder, Leichteustern ), nel pemphigo acuto ecc. Compagna di questi fatti secondo il Biffi deve sempre ritenersi 1’ emocitolisi che sarebbe dovuta al di- sgregarsi degli eritrociti i cui detriti possegono chemiotassi positiva e che perciò vengono incorporati dai globuli bianchi fagocitaci Gli autori pure affermano che con la presenza delle cellule iodoflie vi è sempre leucocitosi ( Kaminer-Tarchetti ), e perchè una spiccata reazione iodoeosinofila compaia necessita la concomitanza di due fatti, emocitolisi e presenza di fagociti (Biffi). Non vi sarà dunque la eosinofilia o sarà debole quando la leucocitosi dipende da una causa che non produce contempo- raneamente emocitolisi e questo appunto succede in molte leuce- mie, specie negli stati iniziali, dove non abbiamo moltiplicazione abnorme di polinucleati. Come si vede gli autori ritengono che la presenza delle cellule cosinoflle in tutti i notati processi, sia dovuta a disgregazioni deireritrocita ed all’ assumere i fagociti questi detriti che poi si colorano con 1’ eosina. Ma i fatti da loro notati sono anche in ultima analisi in favore delle mia tesi, inquantoche in tutti questi fatti avviene fuoriuscita dei globuli rossi dai vasi per trasformarsi in buona parte essi stessi in cellule eosinofile fagocitarle, ossia in cellule di difesa dell’organismo, e non per morire ed essere mangiati da cellule bianche fagocitarle. I fatti sono i medesimi ma ne è un po’ diversa la interpre- tazione ! Ora per me il primo fatto a mettere in evidenza è SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 15 che è erronea l’interpretazione dell’origine delle cellule eosino- file, come si è detto ammesso anche per ora che le cellule or ora descritte non debbano ritenersi per eritrociti, ma per pic- cole cellule bianche mononucleari, giacche esaminando i miei preparati non può cadere ormai più discussione sull’ origine e derivazione dei granuli eosinofill che come sopra si è visto sono una derivazione diretta del nucleo e non hanno nulla a che fare con i detìùti di emoglobina. Ma su ciò che dicono gli autori? Sono nuovi in tutto questi fatti ? Il Giglio-Tos come abbiamo veduto suppone che negli eritro- blasti degli ittiopsidi e dei sauropsidi la cromatina del nucleo sia costituita di sostanze diverse, che insieme congiunte danno alla cromatina la proprietà cianoflia. Perdendo essa una di queste sostanze, diventa eritrofìla, nel fratempo che il resto congiunto al succo nucleare costituirà la sostanza emoglobigena. Questa trasformazione non si farebbe contemporaneamente e perciò la promiscuità di granulazioni cianoflle ed eritrofile nei nuclei degli eritroblasti. Erb ha pure riscontrato i granuli rossi negli eritroblasti di polli e crede che derivino dal nucleo. L’ Auerbach dallo studio dei globuli del sangue, ma anche di altre cellule, suppone che nel nucleo delle cellule di un ani- male nello stato embrionale o delle cellule di nuova formazione degli animali adulti vi siano due sostanze croma'.iche, 1’ una cianofìla, 1’ altra eritrofìla, insieme intimamente unite. Col progressivo sviluppo del nucleo la sostanza cianofìla si mescola con la sostanza fon famentale e le granulazioni del nucleo di- ventano cosi rosse. Queste poi si dividono in minute particelle che si mescolano fra i granuli cianofìli della sostanza fonda- mentale ed il nucleo diventa interamente rosso. Le granulazioni rosse sono state osservate anche dal Tetten- hamer ma vengono spiegate da lui come derivazioni dei nuclei in degenerazione dei leucociti j però è da notare che se fossero forme in degenerazione nel midollo non si troverebbero in cariocinesi (Ehrlich). Il Zenoni avrebbe pure rare volte constatato una parvenza 16 D3TT. RLVALDO MARCHESIN'I di derivazione dei granuli eosinofìli dal nucleo non solo in pa- recchi mielocici ma anche in alcune forme di cromatolisi degli elementi del sangue e vi avrebbe riconosciuto, in alcuni, forme vescicolari degli eritroblasti in metamorfosi involutiva. Al Ze- noni però non sarebbe riuscito di rilevare un legame sicuro di origine fra queste cellule midollari e le forme di sviluppo degli eritroblasti. Hermann avrebbe notato che nelle degenerazioni la sostanza nucleare safranofila aumenterebbe a spese della genzianofiln. Non è una cosa nuova, come si vede dagli autori citali, r aver rilevato la presenza di granuli eosinofìli a carico del nucleo, e questo conforta le mie osservazioni; solo però che le interpretazioni da loro date sono molto diverse dalla mia. Riguardo alla natura delle granulazioni eosinofìle abbiamo già visto come molti le considerino derivati di emoglobina per distruzione delle cellule rosse, e cosi Klein, Berker e Frei- berg. Esse risulterebbero formate di emoglobina perchè si co- lorano con r eosima ; ma V Ehrlich ha già, dimostrata la diver- sità che esiste tra le granulazioni eosinofìle e remoglobina. Per Metchnikofif le granulazioni eosinofìle rappreseli crebbero un de- posito nutritivo nei fagociti e per Hankin ed Heidenhain un pro- dotto di secrezione cellulare. Affini alle mie interpretazioni sta- rebbe il Wernicki, per il quale le cellule eosinofìle rappresente- rebbero le forme più giovani del globulo rosso, da cui derivereb- bero gli ematoblasti delPHayem cesi lo Schmidt, il Seramered il Baunwarth che il reputerebbero forme giovani dei globuli rossi. La derivazione dei granuli eosinofìli dal nucleo, per costituire una cellula bianca eosinofìla non è stato prima di me rilevato da alcun autore quantunque parecchi abbiano pur visto dei nuclei con granuli rossi misti a cromatina scura (bleu) ; da molti interpretati come degenerazione nucleare e dai meno in- terpretati come due sostanze del nucleo che hanno chiamato cianofìla ed eritrofìla, con stretta attinenza alla sola colorazione nucleare. Non potrebbe trattarsi di una sostanza di cui si li- berano i nuclei che si dispongono alla divisione ? Inoltre lo studio del sangue dei processi infìammatori ci ha messo cosi in evidenza che la cellula eosinofìla non è solo un SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI ir derivato dell’ inflammazioiie degli organi ematopoietici, ma essa può originarsi direttamente pur là dove avviene un fatto irri- tativo, perchè là noi la vediamo nascere, crescere, svilupparsi; e ciò starebbe in diretto rapporto con la sua azione di difesa. E la sua prima derivazione dalle cellule rosse del sangue ci verrebbe suffragata anche dalle ricerche degli autori i' quali tutti consentono nel riscontrare cellule eosinofìle là dove è av- venuta una diapedesi dei globuli rossi o dove è avvenuto un versamento sanguigno nell’ interstizio -dei tessuti. Che non siano fatti degenerativi ce ne possiamo convincere perchè come si è visto noi possiamo senz’ altro assistere ai gradi progressivi di sviluppo ; noi cioè, possiamo seguire le fasi, iniziandosi il processo in una cellula rossa che diviene nucleata, se di mammifero, e questo nucleo poi unico, centrale, vediamo assumere forma di bisaccia, alla insenatura della quale appaiono i primi granuli eosinoflli, che col distribuirsi del nu- cleo in frarnenti, si spargono nel protoplasma cellulare. Nell’ e voluzione di queste fasi la cellula ingrandisce sempre di più nel mentre che perde la sua emoglobina, fino ad assumere la forma e la grandezza normale di una cellula eosinoflla. Queste modificazioni non possono stare in rapporto a fasi degenerative; ed anche il Zenoni riconosce nelle cellule eosino- file diversi stadi di sviluppo tanto rispetto al numero tanto alla grossezza, tingibilità e disposizione dei granuli, quanto ai caratteri del nucleo ; ma siccome egli non ne ha potuto seguire le successive fasi di sviluppo non ha potuto riconoscere che le varietà da esso riscontrate fossero dovute alla medesima cellula in diversi gradi di sviluppo. Di più molti sono gli autori, incominciando dall’ Ehrlich, che hanno riscontrato le cellule eosinofili allo stato di cariocinesi e tra questi noteremo il Denys, il Bizzozero, il Decknyzen, il Muller, il Baunwarth, 1’ treindenburg ed il Zenoni, i quali au- tori le hanno riscontrate in organi differenti ed anche in pro- cessi patologici. Ora, soggiungo, se è possibile la cariocinesi, essa deve avvenire nel momento in cui il nucleo è riunito al centro e non sparso nel protoplasma ; e perciò nel primo mo- mento di evoluzione che io ho notato, ed ecco che le forme Bollettino della Società Zoologica Italiana 2 18 DOTr. ELVALDO MARCHESINI mononucleate eosinoflli non debbono riguardarsi come forme degenerative, ma come forme nel vigore di attività cellulare. Una seconda serie di esperienze le ho eseguite praticando piccole sanguigne su di piccioni, ripetute ogni 3 o 4 giorni e per mesi di seguito, allo scopo di seguire le fasi di moltiplica- zione delle cellule eosinoflle, comparandole con quelle fatte su animali sani. Nei midolli di animali sani non assoggettali a salassi si ri- scontrava pure qualche cellula eosinofìla, ma nei midolli di animali assoggettati già a qualche salasso le cellule eosinoflle sono più in numero, ed in quei midolli poi di piccioni che ab- biano subito un numero abbastanza grande di salassi queste cellule eosinoflle làcoprono tutto il tessuto in ossservazione, e questo fatto certo deve essere in rapporto diretto con uno stadio di riproduzione e di moltiplicazione Allorché il midollo delle ossa si osserva cosi ripieno di cellule eosinoflli, non tutte queste cellule presentano granuli eosinoflli cosparsi sul pro- toplasma cellulare, ma molte di esse presentano la parte eosi- nofila sotto forma di bastoncini, di filamenti i quali sono stati veduti anche dal Denys, ma questi non ne sa dare la spiega- zione. I bastoncini eosinoflli si dispongono sempre come raggi intorno ad un punto. Quando si scorge una sola di queste irradiazioni di baston- cini eosinoflli, e il nucleo della cellula si presenta sotto forma di bisaccia, ci dà 1’ apparenza come se dalla parte concava di questo fuoriuscisse un fascio di raggi eosinoflli (flg: 21) e ciò probabilmente perchè il resto degli altri raggi rimane masche- rato dal nucleo stesso. Se il nucleo invece si presenta strozzato in una o più parti allora i fasci dei raggi eosinoflli sono di- sposti in diverse direzioni, ma sempre facendo capo ad un punto centrale (flg; 22 e 23). Io ho già dimostrato in altro mio lavoro come sia facile vedere il centrosoma nelle cellule bianche del sangue, quando il nucleo di esse o si presenta a a bisaccia o multiplo e dà esso centrosoma che trovasi sempre aderente al nucleo partono raggi che vanno alla periferia. Ora la disposizione a raggi che prendono i bastoncini eosino- flli mi rappresenta appunto quella struttura, e noi così ci spie- StrrXA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 19 ghiamo facilmente perchè i granuli eosinoflli fondendosi tra di loro si dispongano a raggi sotto forma di bastoncini ; essi pro- babilmente vengono cosi orientati dai raggi del centrosoma che risiede nel centro delle cellule. Se questa disposizione ci spiega 1’ origine dei bastoncini eosi- noflli, ci dimostra anche che la cellula si trova nell’ inizio della scissione cellulare, nello stato cioè di profasi (1. periodo cinetico): che poi verrebbe seguito o dalla scissione diretta o dalla vera mitosi cellulare riscontrata anche dagli autori. Ora noi sappia- mo, come abbiamo visto, che questa sostanza eosinoflla è un derivato del nucleo; ma potremo noi riguadarla come la stessa sostanza Alare acromatica del nucleo dell’ Kerwig e Flemming cioè, come la linina dello Schwartz che in questa specie di cel- lule verrebbe colorata dalla cosina ; o una sostanza del nncleo di queste speciali cellule che separandosi e fuoriuscendo nel periodo cinetico, verrebbe a disporsi sulle fibrille del utoplasma, ed assumere perciò quella data disposizione a raggi? Questa seconda ipotesi mi pare la più plausibile : e noi potremmo rite- nerla come una sostanza in qualche rapporto anche con la genesi dell’emoglobina, nel senso di Giglio-Tos, ma che non sia però emoglobina. Di più risulta ad evidenza che questi granuli eosi- noflli, che assumono speciali disposizioni in date contingenze, non possono riguardarsi più come granuli qualsiasi a chemio- tassi positiva ingoiati da cellule fagocitarle; essi sono %>arte e fanno parte delle cellule a cui appartengono. Ma se questi granuli e bastoncini eosinoflli non sono emoglo- bina, hanno però una relazione di qualche rapporto con 1’ emo- globina e quindi debbono appartenere a cellule capaci di tra- sformarsi in eritrociti. Quindi la cellula midollare carica di queste granulazioni non può ritenersi altro che la prima ma- trice di un ernatoblasta che per precipitata riproduzione non può presentarsi allo stato perfetto : e nei focolari infiammatori un eritrocita, che perduta la sua funzione respiratoria, assume quella di cellula di riparazione è di difesa (fagocitaria) al punto del tessuto leso; e ciò analogamente a tutto le cellule del corpo, che irritate, possono riprendere dei caratteri em- brionali. 20 DOTT. RIBALDO MARCHESINI Un’ altra serie, di osservazioni 1’ ho rivolta sopra al sangue di rana i cui eritrociti in istato di irritazione ci presentano altri fatti oltre i già notati, di un massimo interesse perchè tornano a spiegazione dei primi. Se si iniettano al di sotto della pelle di rana dei blastomiceti e si va poi a fare 1’ esame nelle prime ore del liquido sangui- gno del punto d’ innesto, si riscontreranno degli eritrociti an- cora ben conservati ripieni di blastomiceti (fig : 24 e 25) L’ a- zione fagocitaria come si vede qui si esplicherebbe ancora prima che la cellula rossa si sia modificata in cellula eosino- fila fagocitaria ; e ciò oltre che darci ragione delle idee sue- sposte, che la cellula eosinofila-fagocitaria — è un derivato dell'e- ritroblasta, ci conferma l’ idea degli autori che T eritrocita dei vertebrati inferiori è una cellula ancora poco modificata per la funzione respiratoria, e vi si mantiene ancora allo stato quasi normale la funzione di cellula nucleata. Nei preparati poi fatti con 1’ umore spremuto dai cubetti di midollo di sambuco, tenuti per poche ore sotto la pelle della rana, possiamo in alcuni riscontrare degli eritrocili ancora ben conservati che però presentano degli pseudopodi come una cellula bianca fagocitaria (tìg ; 26-27). Questi due fatti per me vengono a dimostrare indubbiamente il rapporto diretto fra eritrocita e cellula fagocitar! eosinofila e che cioè quesf ultima non sia che la fase iniziale retrograda dell’ eritrocita perfetto. Il processo ulteriore di trasformazione degli eritrociti della rana e di quelli degli uccelli pel passaggio cioè in cellule eo- sinoflli avviene nello stesso modo di quello dei mammiferi. In alcuni eritrociti in cui si inizia il processo (fig : 17) il nucleo appare fortemente colorato in bleu e molto ingrandito, in altri a ridosso del nucleo ed anche nell’ interno di esso si incominciano a vedere dei granuli tinti fortemente dalla eosina (flg : 18), altri presentano il nucleo più ingrandito e differen- ziato nei due colori bleù e rosso, mentre il protoplasma cellu- lare si presenta già sbiadito. Il contorno dell’ eritrocita si vede in alcuni che va sempre più sbiadendosi e quasi sfumando finché in altri non si scorge più che il nucleo il quale si presenta ricco di cromatina bleù SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 21 tempestata di granuli eosinofili. Una osservazione superdciale farebbe ritenere questi ultimi come piccoli leucociti mononu- cleari eosinofìli, ma rimettendo in evidenza con reattivi appro- priati la periferia dell’ eritrocito cosi fortemente modificata, allora si scorge chiaramente che queste formazioni che paiono a bella prima dei piccoli leucociti, non sono che i nuclei degli eritrociti che si vanno cosi trasformando (fìg : 19-20J ; in pro- sieguo il nucleo si diffonde nel protoplasma cellulare come i granuli eosinofìli e l’ eritrocita va ad assumere l’ aspetto di una vera cellula eosinofìla. In molte di queste cellule p:*rò, massime in quelle degli uc- celli-pollo) la disposizione dei granuli eosinofìli si presenta co- me nel midollo rosso delle ossa di cui abbiamo già parlato ; ossia si allineano, si fondono e vengono a formare dei baston- cini che si irridiano dal centro della cellula, assumendo la di- rezione probabilmente dei fili cifoplastici e ri presentando cosi tutte le figure che già abbiamo riscontrato nel midollo 'li pic- cioni salassati. Questi fatti naturalmente ci inducono a credere che 1’ origi- ne delle cellule eosinofìli non è solo negli organi ematopoietici, ma che esse possono prolursi anche nel sangue in circolo purché vi sia una causa irritativa qualunque che le spinga a questa metamorfosi : con la sola differenza che mentre negli organi emotopoietici esse rappresentano uno stadio di sviluppo degli eritrociti, qui rappresenterebbero un ritorno allo stato embrionale, per riacquistare la potenzialità di cellula, perdendo quella acquisita di elemento specializzato per la funzione re- spiratoria. Nei focolai irritativi è vero che si finisce il più delle volte col prodursi un accumulo di pus, e quindi secondo il Mosso dovremo credere che l’ eritrocita assumendo pure le trasfor- mazioni descritte finirebbe sempre come una cellula di pus; ossia come una cellula morta; e quindi di ragione allora do- vremmo ritenere che i fatti or ora descritti debbano attribuir- si a degenerazioni cellulari più che a metamorfosi progressive. Queste deduzioni potrebbero parere esatte se ci mettiamo col Mosso a studiare le cellule rosse già belle e trasformate, 22 DOTT. RINALDO MARCHESINI quando cioè ha avuto luogo la formazione del pus ; ossia dopo quel dato tempo necessario percliè ciò avvenga : ma se noi, come ho detto sopra, ci poniamo a studiare, nel modo indicato, d’ ora in ora, il processo, allora le cose ci appariranno molto differentemente, perchè noi non andremo a costatare un fatto avvenuto, ma seguiremo le fasi successive che lo determinano. Se il focolaio è asettico, allora potremo seguire come ho già descritto il modo di prodursi delle cellule eosinotìle dalle cel- lule rosse del sangue, le quali cellule eosinofili, esaminate poi nelle condizioni volute, presentano il loro fenorueno vitale ca- ratterhtico della mobilità e della 'prodaz-ione di pseudopodi il che ci indica che non sono olfatto cellule rnorenli. In queste condizioni esse sempre si presentano finché o per pe- netrazione di bacteri o per stasi di circolo o per irritazioni chimi- che non venga a mancar loro la nutrizione o che la produzione di tossine bacteriche le uccida. Se una di queste condizioni si osserva, è allora solo che esse andranno a formare la raccolta marciosa. Ma se ciò non è, esse manterranno sempre tutta la loro attività come agenti fagocitar! o secretori di antitossine o come agenti di riparazione alle perdite subite all’ organismo, con la produ- zione di un tessuto di nuova formazione. Cosicché se io sostengo che la cellula rossa può trasformarsi iiv una cellula bianca eosinofila, annette però a questa una ben alta funzione, quale è quella della difesa dell’ organismo, prima di poter divenire per circostanze contrarie una cellula di pus, una cellula morta. Essa trasformandosi, prima assume tutta la vitalità per vincere una lotta viva a corpo a corpo con elementi ete- rogenei, poi r aspetto di cellula di pus che essa può assumere non è che il cadavere di questo forte elemento rimasto ucciso nella lotta impegnata. Cosicché non è esatto il dire solo, che gli eritrociti morendo vadano a formare buona parte del pus, perchè in questo modo avremmo dimenticato o trascurato la più grande delle loro funzioni in tali contingenze, quella cioè della difesa dell’ orga- nismo. Noi diremo invece che gli eritrociti perdute le loro qualità di cellule respiratorie, possono trasfommarsi in cellule di difesa del corpo, e solo se vengono sopraffatte nella lotta StJLLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 23 essi naturalmente subiscono la fine fatale di tutti gli elementi vivi ossia muoiono ed entrano a far parte del pus: che se in- vece riescono vincitori si plasmano in nuove cellule o rientrano a far parte del tessuto circolatorio. Nuove esperienze e nuovi fatti. Il fin qui detto è abbastanza cliiaro, a me sembra per non lasciar dubbio sulla metamorfosi eosinofilia delle cellule rosse. Le nuove esperienze che ora riporterò verranno a ribadire queste conclusioni, alle quali non saprei dare interpretazioni diverse. Le esperienze fin qui condotte potevano lasciar dubbio sulla provenienza di queste cellule eosinofilie e potevano cioè anche credersi, quantun(|ue non giustamente, derivate tutte dal mi- dollo delle ossa od altro organo ematopoietico e concorrenti al punto di lesione come agenti fagocitaci : dico derivate tutte, perchè io stesso non troverei esatto ritenere che anche delle cellule midollari non possano giungere sul luogo d’irritazione e confondersi cosi con le altre. Ho voluto perciò in certo qual modo localizzare il processo entro limiti ristretti. A questo riguardo ho preso dei piccoli cuori di animali diversi ed appena estratti dall’ animale ancor vivo, li ho legati accuratamente in alto sul limite deli’ uscita dei grossi vasi e li ho introdotti cosi sotto la pelle di altri animali di specie di- versa. Ossia i cuori di rana e di uccelli li ho introdotti sotto la pelle di porcellini e di conigli ed i cuori di piccole cavie e e di topi bianchi li ho introdotti sotto la pelle di pólli dome- stici. — I cuori venivano tenuti sotto la pelle degli animali per ore diverse: da una, due, tre, fino a ventiquattro ore, e con alcuni si facevano preparati direttamente con il sangue che contenevano, altri si fissavano e si includevano in paraf- fina per far tagli e colorarli secondo il metodo solito. Il fatto nuovo, se mal non mi appongo, e di sommo interesse, r ho dovuto rilevare nei tagli istologici, dove si notava innanzi tutto una specie di osmosi cellulare tra le due specie di eritro- l'OTT. RINALDO MARCHESINI citi, tra quelli rimasti cioè nel cuore innestato e quelli dell’ani- male a cui questo cuore si innestava. Nei onori estratti nelle prime ore si" contenevano ancora tutti gli eritrociti che gli erano propri: invece nei cuori estratti in ore susseguenti si vedevano gli eritrociti degli animali in- nestati farsi strada attraverso le fdjre del miocardio, e pene- trare nelle cavità cardiache tiel mentre chegli altri che vi era- no si portavano alla periferia con tendenza ad uscirne. In pro- sieguo gli eritrociti propri del cuore scotnj'arivano ed il cuore rimaneva infiltrato di soli eritrociti deli’ animale in cui questo cuore era stato introdotto. Tali osservazioni erano facili a ri- levarsi, perchè le due specie di eritrociti essendo diverse per forma e struttura, essendo gli uni discoidali e gli altri ovoida- li e con nucleo apparente, non era possibile di confotidcrli fra loro. Però il fatto che qui a noi torna di sommo irderesse non è Tosinosi cellulare, ma bensì la penetrazione dall’ esterno attraverso robuste fibre muscolari di eritrociti dell’ animale innestato, senza poter scorgere al primo momento alcun leu- cocita 0 elemento bianco. E solo in seguito, ossia in ore più inoltrate, che il cuore si ritrova infiltrato anche di forme leucocitarie. Ora lascian- do anche da parte che dei leucociti siano potuti penetra- re dall’ esterno come gli eritrociti ed invadere cosi il cuo- ricino innestato; resta sempre sommamante interessante il fatto, che i primi a penetrare ed i soli sono gli eritrociti, i quali in questo caso non avrebbero seguito passivamente la strada fatta loro dai leucociti, come in genere si crede; ma questa strada se -la sarebbero fatta da loro, per una virtù insita loro propria; per la capacità cioè di trasformarsi in date circostan- ze in cellule semoventi, primo indizio della ulteriore trasfor- mazione loro in cellule fagocitarle. Non è a dirsi che si possa qui obbiettare che la invasione delle cellule rosse sia dovuta ad emorragie avvenute nel punto dell’ innesto, perchè introducendo dei cuori di sorcio vuoti di sangue, ma sempre chiusi per legatura, nel peritoneo di pollo, i fatti narrati si presentano nella stessa maniera. SULLA metamorfosi DEGLI ERITROCITI 25 Dopo la prima invasione del cuore da parte di eritrociti ( nelle prime ore ), nelle ore susseguenti già molti di questi si sono trasformati in cellule eosinofde, e nelle ore più inoltrate r infdtrazione attraverso i muscoli del cuore è tutta per parte di cellule eosinoflli. Da ciò risidterebbe che il sangue oltreché veicolo di nutrizione, sarebbe di difesa a se stesso ed agli organi del corpo; e ciò per tutti gli animali, poiché nei tagli di cuori di rana o di uccellini introdotti sotto la pelle dei conigli e dei porcellini, tra gli eritrociti invasori si notano tutti le forme di passaggio già descritte che V eritrocita dei mammiferi assume prima di trasformarsi iu una cellula bian- ca eosinofila. La concomitanza di tutti questi fatti osservati non potrà più lasciar dubbio oramai sulle ulteriori evoluzioni della cel- lula rosm del sangue; che essa cioè possa trasformarsi in una cellula bianca ecsinofila, assumendo forse in pari tempo tutte le proprietà di cui questa specie di cellule bianche é ritenuta capace; sia quella della Ligocitosi, sia quella della secrezione di antitossine contenute negli stessi granuli eosinodli, secondo la dottrina di Hankin, Kantkach, Hardy ; sia infine quella di fissarsi in forme istologiche destinate alla costruzione d’ un tessuto nuovo di riparazione. Da ciò potremo concludere che rimarrebbe dimostrato che le cellule eosinoflle sono derivate dalle cellule rosse del sangue 0 per sviluppo ritardato di queste nell’ organo ematopoietico, 0 per trasformazione delle cellule rosse adulte in circolo in prossimità del focolaio infiammatorio; che la loro azione può essere fagocita ria o di riparazione al punto leso ; che i granuli eosinofili sono una derivazione del nucleo degli elementi rossi del sangue, e non granuli di emoglobina inclusi da cellule bianche fagocitane in seguito a distruzioni di cellule rosse ; che le granulazioni eosinofili hanno tutt’al più un rapporto indiretto con la genesi emoglobinica. DÒTT. RINALDO MARCHESINI 2ft BIBLIOGRAFIA 1. Arnold I. Zur morphologie urici biologie der vothen Blulkov- perclien « in A neh mikrosk Anat. Boi; 40 1892. 2. Askanazy. Zeitschr f. Klin. medicin XXIII Bel. CXXVII Boi. 3. Auerbaoh L. Zur Kennlniss der thierisclien Zellen in « Sit- zungsb d. k. preusr Akad ’Wissensch zu Berlin 1890. 4. Auerbacii L. Ueber die Blutkor pereben der Batrachier in Anat. Anzeig M. 1890. 5. Bizzozero Ct. Formafions des corpuscules sangulns rouges in Ardi. Ital. de Biol: Tome IV 1883. 6. Biffi U. sulla natura e sul significato delle granulazionioni iodofile e di quelle eosinofili nei leucociti. Policlinico Sez- M. fase: 7 1901. 7. CuENOT L. Etudes sur le sang e les glandes lymphatiques dans la serie animale, in Ardi: Zool: esper et gener. 2» serie Tomo VII 1899. 8. Denys e Van Velde. La cellule Tome XI fase: li 1896. 9. Ehrlich Ueber sdì Avere anemisebe Verhandlungen des Con- gresses fur iunere medicin-Elfter Congress 1892 (Wisbaden- Bergmann). 10. Eliasberg. M. Exsperimentelle Untersuchungen uber die Blutbildung inder mitz der sangethiere. Dissert-Doppart 1893. 11. Ehrltcii Ueber ananiisclie Blutbefunde ( Verbandt der Ge- sellsdiaft der cliarité artze zu Berlin von 10 inni 9 dee 1889) Farbenanalitysdie Untermcliungen zur Hystologie und klinik der Blutes-Ester Tbeil-HirscliAvald. Berlin 1891. 12. Eiirlih a Lindenthal. Eigentliumlichen Blutbefun bei ei- nem Fallvonprotrahirter mitrobenzolvergiftung. Zeit. scile f. Klin; Eed; Boi: XXX 1896. 13. Erb W. Zur Entmikelungsgesdiichte der rotlien Blutkorper- clien in Virchow’s Are: Pat; Aiiat: Boi; 34 1865. 14. Fre'iberg H. Experimentelle Untermcliungen uber die re- generatio der Clutkorperdien in knoclienmark - Dorpat 1892. 15. Freiberg. Inaugurai Dissertation 1893, SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCltl 2f 16. Gigli-Tos E. La struttura e l’evolazione dei corpuscoli rossi del sangue nei vertebrati Acc: R. delle Scienze di Torino 1896-97. 17. Guarnieri e Daddi. Sulla metamorflsi nuclenica degli eri- trociti - Ricerche di fìsiol. e scienze afF: dedicate al prof. Luciani Soc: Edit: 1900. 18. Gabritschewsky. Klinische haematologische notizien. Are: f. esp: Rat; in Pharmak XXA^III Boi: 19. Goldberger. u Weiss Die iodreaction in Biute u italre dia- gnostische verAvertung in der chirurgie. Wienn Klin: Woch X. 25 1897. 20. Grawitz Klinische Pattiol. der Blutes. Berlin 1896. 21. Heidenhain M. Neve Untersuchungen uber die centralkorper und ihre Beziehungen zum kern und Zellenprotoplasraa in Are: f: mik Anat. Boi 43 1894. 22. Hayem G. Du sang et de ses alterations anatomiques Paris 1889. 23. Howel W. H. The life History of thè formed elementa of thè blood especially thè reed blood corpuscules, in Journ of Morph « Boston Voi: IV 1801. 24. Hermann. Ueber regressive rnetamorphosen de Zeli Kerns Anat; Anz; III larg 1888. 25. Hindenburg. Zur Kenntniss der organ veraenderung bei leukaeraie. Are: f; Klin: medicin LIV Boi: H 2-3. 26. Kaminer. Neber die iodenpfindiliche substanza in leucocyten bein puerperal dieber Bert: Klin Woch 1889. 27. Kaminer. Leocoeystose u iodreaction in leucocyten Deut: Med: Woch S. 235. 28. St Klein. Die regenerations fachigkeit des organismus bei den verxhiedenen varietaeteni der anemie Ein Beitrag zur Kenntniss der perniciosen anàmie. Wien; Med Prese N” 28 1896. 29. Lavdowsky M. Blut und lodsaure und der soc. Chenutro- pismus in Zeitsch f: Wissenbach mikrosk Boi; X 1893. 30. Lazarus. Deutech med: Wochenschr 4 Juni 1896 Verling Beri 17 28 DOTT, RINALDO MARCHESINI 31. Lòwit. Ueber neublidung und Zerfall M’eisser Blutkorperchen Akad Wiss zu Wieu 1882 Boi; 92. 32. Maragliano e Castellino. Sulla miscrobiosi dei globuli rossi etc: Are: Hai: di clinica medica. 1891. 33. Mondino C. sulla genesi sullo sviluppo degli elementi del sangue nei vertebreli. Gior: Se: Xat. Palermo Voi: XIX 1888. 34. Marchesini R. Sulla natura del sangue cloroóco e sulla che lo determina. Clin med: X» 10 anno 1899. 35. Marchesini R. Sulla presenza e persistenza del nucleo de- a-li eritrociti dei mammiferi adulti. Ricerche di fisiologia e scienze affini dedicate al Prof. Luciani Soc: Edit: Lib: Milano 3 magg: 1890. 36. Mùller H. Die peni icioese progressive anaemie Zurich 1877. 37. Metchnikoff. Pathologie comparèe de rinflammation 1892. 38. Id: Ann: Pasteur N“ 1 1894. 39. Marchesini R. Centrosveni e sferule attrattive nelle cellule bianche del sangue di trilone. Boi: della Soc: Rom: per gli studi Zoolog: Voi: V^ 1896 fase: III e IV. 40. Mosso A. De la transformation des globules rouges en elucocytes et de leur necrobiose dan la coagulation et la snppuration. in Are: Dal: Biol: 2 A^III 1887. 41. Poooi G. Di una nuova specie di corpuscolo rosso nel sangue delle anemie gravi. Policl: a V'^ 1898 S. xM. 42. Petrone a. L’Esistenza del nucleo nell’ emasia adulta dei mammiferi. Catania 1899. 43. Rindfleisch G. E. Ueber Konchenraark und Blutblidd in Are: mik Anat: Boi 17 1889. 44. Sanfelice F. Genése des corpuscules rouges dans la moel- le des OS des vertebrès. in Ardi: Dal: Biol: Tom: 13 1892. 45. Spuler a.- Ueber die intracellulare entstehung vother Blut. korprghen - in Are: Mik anat: Boi: 40 1892. 46. Schmidt M. B. Ueber Blutzellenbildung in leber und milz unter normalen and pathologischen Verhaltnissen in Zie- gleis Beitrage zur Pat: Anat: Boi XI 1892. 47. Troje. XI Congress fuer innere medicin. Leipzig. 48. Timofeiewsiki. Des globules rouges nuclees Ann: de Micro: 4 1894. SULLA METAMORFOSI DEGLI ERITROCITI 29 49. Tettenamer Ueber die Eutstehung der acidophilen leuko- cysten-graniilcaus degenerivender kernsubstanz. Anat. Anz: Vili Boi: 1893. 50. Tarchetti. Sulla natura e sul significato della sostanza iodoflla dei globuli bianchi. La Clin: Med: Ital. 1899 N° 10. 51. Zenoni C. Delle alterazioni degenerative degli eritroblasti nelTanemia perniciosa. Polic: A. V. 1898. 52 Wernicki Supplement à l’etude de l’Eematologie. Lemberg 1885. 53. Eugel S. Zur Entstehung der Kurperlichen Elemente des Blutes - Arch. fur Mikr. Aoat. 1893. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig: 1 Eritrociti di mammiferi normale. Fig: 2, 3, 4, modificazioni dell’ eritrocita in cui va riapparendo il nucleo contemporaneamente che la cellula s’ ingrossa. Fig; 5 II nucleo dell’ eritrocita assume due colorazioni. La cromatina si tinge in bleu e la parte granulosa si tinge in rosso con 1’ eosina. Fig: 0, 7, Le granulazioni rosse si incominciano a distaccare dal nucleo. Fig: 8, 9, 10, 11 nucleo va diventando polimorfo nel mentre che i granuli eosinoflli si spargono nel protoplasma. Fig: 11 a 15, Eritrociti completamente trasformati in cellule eosinoflli. Fig; 16 Eritrocita normale di pollo. Fig: 17 Eritrocita di pollo in cui si ha ingrossamento del nucleo. Fig; 18 L’ eritrocita di pollo va perdendo la sua forma normale nel mentre che nel nucleo appaiono le granulazioni eo- sinoflli. Fig: 19, Fritrocita di pollo in cui il protoplasma viene rimes- so in vita mediante colorazione iodica. 30 DOTT. RINALDO MARCHESINI Fig: 20 L’ eritrocita è completamente modificato, di esso non rimane in evidenza che il nucleo con le granulazioni eo- sinoflli ed un poco di protoplasma, ed assume V appa- renza di un piccolo leucocita mononucleato. Fig: 21 Eritrocita di pollo completamente modificato in cui però i granuli eosinofili si dispongono a formare dei ba- stoncini disposti a forma di raggi partenti dal cen ro. Fig: 22 e 23 Disposizione diversa dei bastoncini eosinofili, in rapporto forse all’ intervento dei centrosomi. Fig: 24 e 25 Eritrociti di rana nell’ interno dei quali si scor- gono dei blastoraiceti Fig: 26 e 27 Eritrociti di rana che presentano forme pseudo- podiche. MÀkUHtbiNi etamorfosi degli eritrociti Serie 11 - Voi.lil - F. ! -11. aliane 12, 13, lA. ttisti lit. Roma. R . MaTchesini iis. SOLLA RICERCA DELL’ALCALINITÀ DEL SANGUE per il Prof. RINALDO MARCHESINI La ricerca sulla alcalinità del sangue è stato V oggetto di numerosi lavori da parte di molti autori, perchè essa è legata strettamente ai fenomeni del ricambio materiale. Per dimostrare l’ alcalescenza del sangue gli autori han dovuto ricorrere a procedimenti speciali, essendo il sangue per il suo colore non adatto a svelarla facilrnemente sulle co- muni carte al tornasole. A questi studi si diedero prima il Cahen, il Kuhm, il Lie- breich, il Zuntz e tutti con procedimenti speciali ne dimostra- rono r alcalinità, che fu poi riconosciuta appartenere al carbo- nato sodico ed al fosfato bibasico che fan parte dei sali del sangue. Le semplici ricerche qualitative però non erano sufficienti per conoscerne l’importanza e seguirne le modificazioni nei pro- cessi biochimici normali e patologici, in cui 1’ alcalinità del sangue doveva essere in rapporto con le assimilazioni e le disa- similazioni che avvenivano nell’ assorbimento nutritivo e nelle alterazioni patologiche dovute a disturbi funzionali del ricambio materiale. E qui una schiera di esperimentatori propone metodi speciali per la determinazione quantitativa dell’alcalescenza del sangue, basandosi tutti sulla neutralizzazione di quantità de- terminate di un acido con un corrispondente d’idrato di sodio. Il Cahen adopera a questo riguardo una soluzione centesimale d’acido fosforico, ma il metodo viene modificato dal Lasser, sostituendo all’ acido fosforico una soluzione titolata d’ acido tartarico che dà una reazione più determinata rapportando la neutralizzazione all’ idrato di sodio. A questo metodo con al- quante variazioni si attengono Lepine, Reale, Mya e Tassinari, e Cohnstein. Il Landois propone poi una serie di dieci miscele di acido tartarico al 7.5 O/oo ® di solfato di soda a soluzione satura, che rappresentano gradi alcalimetrici diversi, graduai- 32 DOTT, RINALDO MARCHESINI mente crescenti; e laksch e Freudeberg, Druln, Winternitz ne seguono in linea generale il procedimento. Questo metodo ha il vantaggio su quelli sopra indicati e su quelli di Kraus, Barbera, Tauszh, Lepine e Mariz, per la ricerca più facile e la piccola qualiià di sangue necessaria. Tutte queste ricerche ebbero per mira di determinare F alca- linità complessiva del sangue, e si stabilirono cosi gradi diversi di alcalinità nelle diverse condizioni in cui può trovarsi un organismo ed anche rispetto alle varie età dell’ individuo. Col Mayer e col Maly la ricerca dell’ alcalimetria del san- gue prese un altro indirizzo, giacché questi autori basarono il loro metodo sulla ricerca dell’ acido carbonico del sangue che è in rapporti con la quantità alcalimetrica disponibile per la sua fissazione e stabilirono T ernoacidimetria sulle valenze acide disponibili del mestruo sanguigno. (>)uesto metodo non è esatto perchè come vedremo T alcalinità del sangue non è data dai soli carbonati. Cogli studi recenti del Lòwy e del Devoto si cambia total- mente r indirizzo a queste ricerche, perchè questi autori credet- tero una necessità di dover distinguere T alcalescenza dei glo- buli da quella del plasma. Il Ló’svy avendo dimostrato che i globuli rossi possono cedere al plasma in condiz’oni opportune delle variabili quantità di affinità alcaline, egli propone di valutare l’alcalescenza totale dopo dissoluzione dei globuli. Il Devoto invece determina solo 1’ alcalescenza del plasma dopo centrifugazione del sangue man- tenuto liquido. Cosi sotto questo indirizzo abbiamo i metodi di Berend, di Limbeck, del Ferranini ; il quale ultimo poi tien conto dell’ alcalinità totale e dell’ alcalinità piasmatica. Colla nuova ricerca le variazioni fisiologiche della alcalinità del sangue, non corrispondono ai dati prima trovati ; e 1’ alca- lescenza del plasma verrebbe molto aumentata perla cessione di alcali da parte dei globuli rossi e perciò l’ alcalescenza totale sarebbe molto maggiore. Non starò qui a far la critica di questi diversi indirizzi per la ricerca dell’ alcalinità del sangue, però a me sembra che 1’ uno non possa sopraffare 1’ altro avendo ognuno per se una SULLA RICERCA DELL’ ALCALINITÀ DEL SANGUE 33 ricerca tutta speciale, che può essere alla sua volta preferita a seconda le circostanze. Perchè ad esempio, se 1’ alcalinità del plasma può crescere secondo Lòwy e lo credo esatto, per una cessione di alcali da parte dei globuli, sarà bene attenersi anche a saggiare 1’ alcalinità totale del sangue secondo il vec- chio metodo, che potrebbe allora stare in rapporto con la re- sistenza globulare e ci darebbe cosi la spiegazione dello stato di alcalescenza maggiore del sangue in alcune forme di ane- mie; e che bisognerebbe poi mettere in rapporto con lo stato isotonico del sangue come prova di controllo. Cosi se di una data alcalescenza trovata esagerata o dimi- nuita vogliamo stabilirne la causa e la provenienza ci potranno servire alla ricerca gli altri metodi coi quali noi potremmo valutare a quale delle parti del sangue, plasma o globuli^ spetti r alterazione. Quindi oggi volendo apprezzare le idee di tutti questi autori dovremo tener conto a seconda le circostan- ze e le ricerche, di una alcalinità totale del sangue attenendoci al vecchio metodo di ricerca; di una alcalinità piasmatica sot- tratti i globoli; e di una alcalinità globulare sottratto il plasma. Per seguire queste ricerche crescono naturalmente le difficol- tà, dovendosi attenere ai diversi metodi. escogitati dagli autori. Perciò ho pensato di semplificare queste ricerche con un metodo praiico che a mio credere potrebbe essere accetto tanto per ricerche scientifiche quanto per ricerche cliniche, e questo me- todo cercherò di esporre ora brevemente. Metodo delle gocce di reazione graduata su carta di tor- nasole neutra. Seguo per queste ricerche in buona parte il Landois, tenen- do conio dello sue miscele di acido tartarico alla soluzione del 7. .50 per 1000, con il solfato di soda a soluzione satura, nel modo seguente e che dispongo in dieci vaschette. I Ac. tarlarico in parti - Solfato tli soda TUO parti - Grado di alcalescenza - p. 100 “ gr. 0,030 1 r « « 21) 0 — « tt 00 « d’ idrato di sodio. „ 0,072 IH « « ;io « « « 80 « • « « 0,108 1 V . n •lo « « a 70 c « « « 0 144 V < ryl) c « (( 00 « « « 0,180 VI . « fio « 50 c « « <( 0,210 VII . « 70 « — « c 40 « « « « 0,252 vili . a «i) « — « iiO « « « 0,288 XI <. ft !)U « — o 7 cii-cn. Queste esperienze mi pongono cosi in grado di poter dire che r alcalinità maggiore dei globuli rispetto al plasma è do- vuta ai suoi sali potassici o specialmente al fosfato di potassa; od ecco la ragione per cui 1’ alcalinità del plasma dovuta in genere ai carbonati sodici può aumentare dietro la distruzione dei globuli. In altro lavoro parlerò dell’ applicazione pratica di queste ricerche, raffrontando le cifre ottenute dagli autori e (juelle da me ottenute nei diversi stati fisiologici del sangue e nei di- versi stati morbosi. Nota — L’ inacidimento del sansrae che viene per 1’ entrata in circolo rapida dei prodotti acidi col liquido dei tessuti stessi non può rimanere senza effetto sulla costituzione e resistenza ckiremagic. Queste in tale circostanza si trovano costrette a cedere al plasma i loro equivalenti alcalini, tanto da rimanere per questo già modi- ficate e più deboli ( Poggi, (jf. Di una nuova specie di corpuscoli rossi nel sangue delle anemie gravi. Policlinico anno V al fefibraio 1898). L’ Hraburger osserva che sotto P azione degli acidi i corpu- scoli cedono al siero non solo gli alcoli, ma anche gli altri compo- nenti. Cohnstein pure, facendo passare una corrente di acido carbonico nel sangue defibrinato di cane, trovò che l’ alcalinità cresceva, perchè venivano sottratti gli alcali dai globuli stessi. Corto che le perdite fatte delPeraagie dei loro alcali e componenti non torna che a detrimento dalla loro costituzione ed energia. Viola e Iona sag- giando in tali circostanze l’isotonia dei corpuscoli ebbero a costatare una diminuzione della loro resistenza minima e media ( Eicerchc sperimentali Ardi, delle Se. ]\]cd. Voi XIX n. 7.) Tutto ciò prove- rebbe che P alcalinità alterata del sangue può essere a carico dei corpuscoli rossi alterati o distrutti; a carico dei prodotti acidi entrati in circolo; come a carico delP acido carbonico, STUDIO SULL’ EMYS CUVIERl DE STEFANO DELL'EOCEXE SUPEPJORE PARIGINO pel Dottore GIUSEPPE DE STEFANO Il prof. A. Gaudry, mio amato maestro al museo di Paleon- tologia a Parigi, ed il suo otiimo allievo M. Boiile, ebbero la cortesia di comunicarmi nel novembre del 1901 — con l’incarico di studiarlo — un Chelonide fossile rinvenuto recentemente negli strati gessosi eocenici di Francia, il quale mi veniva indicato, dal Houle in particolar modo, come una forma identica al- 1’ Enitj^ 'parigina Cuvier, citata nei trattati di Paleontologia. Chiesto allora il materiale sul quale il sommo naturalista fondò la sua specie, eltbi subito ad accorgermi che di esso non rimangono che pochi frammenti di clipei e di piastroni, rife- ribili certamente ad ima Erngs\ e che d’altro canto gli avanzi descritti ed in parte illustrati dal Cuvier — come mi si dice, quasi tutti quelli che ora si conservano nel Museo di Paleon- tologia al giardino delle piante — non sono sufficienti per descrivere e definire una specie, la quale continuamente lascia scuoprire avanzi di sé nell’ Eocene parigino. Il fatto sopra citato c lo particolarità e differenze specifiche che io trovo fra 1’ esemplare ultimamento rinvenuto nel gesso di Romainville e le altre forme eoceniche, oligoceniche e mio- ceniche europee del gruppo al quale spetta il fossile in studio, mi fanno credere opportuno, e giovevole per la Paleontologia, con la illustrazione di esso uno studio compartivo e sintetico fra gli avanzi cheloniani con, servati in Museo ed attribuiti alla Enujs parigina Cuv., e quelli rinvenuti nel gesso eocenico superiore. Intorno alla citata specie prima d’ ogni altro è bene pre- mettere un pò di storia onde meglio si comprenda lo scopo 38 DOTT. GIUSEPPF. DE STEFANO vero di questo lavoro e si giiisiifìdii, nella conclusione, il nome specifico posto in capo ad esso. Tutti i migliori trattati di Paleontologia, antichi e recenti, die sono oggi fra le mani degli studiosi, come, ad esempio, quelli del Pictet e dello Zittel, per non citarne altri, quando trattano dei Clielonidi fossili della famiglia delle Eiui/didae Cray, in particolare del genere Euìijs Prongt., citano VEuiijs 'parigina Cuv. del gesso eocenico superiore della Francia, quale una specie di tale formazione caratteristica, come se realmente fosse stata descritta e definita dall' Autore, e non ci rappresen- tasse più che altro un Chelonide del gen. Eniijs, del quale solo qualche cattiva porzione della sua corazza è a noi nota. 11 primo, se non m’ inganno, a chiamare col nome di Erni/^ parigina gli avanzi descritti o accennati dal Cuvier fu, nel 1831 il Gray I. TA nella sua Sgnopsis rcptiliuvn etc., il quale a pag. 33 del suo lavoro dice semplicemente e testualmente cosi; — Ennjs jjai'isirjìsis. Ewgs, des Plalricrcii de l^aris, Cuv. Oss. foss., in 320. v. 227 — (diasi nello slesso tempo il Fitzigor dava ai soliti e non visti avanzi il nome di Cleui- nys 2jarisiens, da identificarsi con V altro. In seguito, gli autori di Paleontologia, accettando il nome in precedenza dato agli avanzi cheloniani del ges.so jiarigino, adottarono senz’altro VE. 'jjaì'igiiìw, tanto vero che il compian- to Gervais, ad esempio, nel suo liliro Zoologie et Paleontologie francaises (Animau.ic vertébrés. Tome I. Paris, 1848 - - 1852, pàg. 210), con le seguenti testuali parole. « Enigde des plàtrièreìi de Paris, Cuv. oss. foss., t. Ili, pag. 230. Erngs pio-^'lsiensis Anctoniin » prova, avanti tulio, che il nome specifico non dato dal Cuvier, veniva ai suoi tempi accettato senza vagliarne il giusto valore e signillcato; e poi, che si attribuivano a deila specie avanzi che potrebbero benissimo riferirsi a più specie, come del resto fece notare lo stesso Pictet prima di me ancora (Traitè de Paléonlologie etc. T(-me premier. Paris, 1853, pag. 448), malgrado anche egli cadesse nell’ errore commesso dagli altri, Poiché, ò bone notare, il materiale lasciatoci dal Cuvier e da me esaminalo, composto di soli frammenti, come in seguito STUDIO sull’ E.MYS CUVIERl DE STEFANO 39 si vedrà, contiene anche avanzi di Triomjx e di Emys, che non spettano certo alla specie ideale indicata dagli autori. Il che lo stesso Cuvier sapeva; tanto vero che, il naturalista francese, nella descrizione e comparazione dei suoi fossili verte- brati rinvenuti nello formazioni del bacino di Parigi o altrove, non si preoccupò mai di rari nomi specifici ai generi studiati e alle forme comparate con le viventi. Così, ad esempio, a proposito dei chelonidi, egli scrisse ; « Triomjx de la molasse da dè'parlement de la Gironde » « Des tortiies d’ eau douce des pldlrières de Paris », « Ermjdes des sables ferrugineaux da cornlè de Sassex», e così via dicendo {Reclierches sar Ics oss. foss., fi’ome nouvième, pag. 445-461). In altri termini, gli autori finora hanno chiamato col nome di Emgs parigina Cuv. una forma di Emgs, per lo meno non completamente descritta e definita, e le hanno dato un nome da non attribuire certamente al Cuvier. L’ Emgs pari- gina, perciò, non è dii non comprenda, in tal caso diventa una specie della quale tutti i libri di Paleontologia e Geologia generale ne parlano, tutti gli Autori la citano come caratteri- stica deir Eocene superiore parigino, ma effettivamente nessuno sa forse che cosa essa sia e quale aspetto e quale forma abbia rispetto alle altre Emgs mioceniche ed eoceniche europee. Ora, il vedere quale posto occupi nella sistematica paleon- tologica ì' Emgs parigina Aiictoriiin a cercare coifle meglio è possibile definirla con gli avanzi che fino al giorno d’ oggi si posseggono, è un fatto di non lieve importanza, del quale io mi sono assunto il compito di occuparmi modestamente. Resi jierciò pubblici ringraziamenti tanto al Prof. Gaudry quanto al signor àlarcellin Houle, ed al Signor Thévenin, il quale ultimo mi agevolò in tanti modi il compito assuntomi, passo senz’altro all’ esame del materiale gentilmente messo a mia disposizione. G. De Stefano Musco di Paleontologia a Parigi Gennaio del 1902 40 DOTT. GlUSEPl’F. DE STEFANO LETTERATFRA Per la compilazione del presente studio e la comparazione deir Ernys Cuvieri De Stefano, lo scrittore si è avvalso del materiale conservato nei musei di Paleontologia, Anatomia comparata e Zoologia al giardino delle piante; e ha utilizzato i seguenti libri : I — Anualcn des Wiener Museurn dee XatnrgeschicJde; ìierausg. von der Direction desselòen. Vien, V. I-II, 183(5-10. II — • Archives des Sciences ‘pJiysiques et na/urelles. l!i- bliotèfpie universelle de Gèneve. Tome (iluatrième. Paris, 1847. Ili — CoPE E. D. — The reptiles of ihe cuncì'ican Picene. The american Naturlist an illustrated Magazine of Naturai Hystory. Voi. XVI, Philadelpia; 1882, Pag. OSO-'.)!):',, fig. 10. IV — Cuviep.G. — Recherches sur ìes osseinenis fossiles, 4"''’ èdition. Tomo IX, Paris, 1830. Y — D.^mes (\V. V.) Die Chelonier der Yoì'ddeutschen Tertidì format ion. Palaeontologische. Alihandlungen neue folge Band II (Der gauzen Reche Band IV) Heft 4. .Jena, 1894. VI — DelfoutPvIE e. — Les Chèioniens du miocène su pe- ') ieur de la Gironde. Actes de la Societè linnéenne de Bor- deaux. Tomo XXVII, 4'"® livr., 1870. II V — Bollo L. — ■ Sur les Ch'Honiens oUgocènes et nèogè- nes de la Belgique. Bull, musèo roy. d’ hist. Nat. etc. voi. V, 1888. Vili — Bollo L. — Yole sur les Chèioniens de Bernissart. Bull, musèo roy. d’ hisloiro Nat. de Belgique. Voi. Ili, ISSI, pag. 03 et suiv. IX — Gaudry A. — Animaux fossiles et geologie de V At- ticpie,A^, Paris, 1804-07, pag. 216-319, PI. EX, tìg. 1-2. X — Gaudry A. — Auimaux fossiles de Mont IJhòron, 4", Paris, 1873, pag. 70-73, PI. XIV, fìg. 1, 2 et 3. XI — Gervais P. — Zoologie et paléontologie francaises. 2'“® èdit. 4“ Paris, 18,59. Pag. 434-411, PI. 52-54. XII — Giep.el G. — Fauna dei' Yonoelt rnit steler STÙDIO sull’ EMYS CUVIERl DE STEFANO 41 Beràkùchtgiing cler lehenden Thiere. Erster Band. Zweite Abtheilung (Yogel und phibien). Leipzig, 1817, pag. 57. XIII — Gollikz H. et Lugeon M. — Note sur quelques Chèloniem nouveaux de la mòllasse langhienne de Lausanne. Mèra, de la Soc. Paleontologique suisse. Voi. XVI. Genève 1889. Pag. 3-24, PI. I-XIll. XIV — Gray J. e. — Synopsis reptilium; or short de- scriptions of thè species of reptiles. Pari. I. Cataphracta, Tortoises, Crocodiles, and Enaliosaurians. London, 1831. XV — Gray J. E. — Catalogne of Shield EepUles in thè collection of thè British Museutn. Part 1. Testudinata (Torto- ises). London, 1855. XVI — Gray J. E. — Notes on thè famiUes and genera of Tortoises (Testudinata) and on thè characters afforded hy thestudy of their skulls. Proc. Zool. Scc. of London, 1860, X. Xll, pag. 165-225, 8’ Witli lig. and Piate. XVII — Harpr (Piiil. de la) — In Bull, de la Soc. Vaud. d. Se. Nat., Voi. HI, pag. 141, séance du 17 nov. 1852. XVIII — Harpe (Piiil. DE la) — In Bull. d. la Soc. Vaud. etc., Voi. IV, pag. 51 et pag. 256. XIX — Harpe (Piiil. de la) — In Bidl. d. la Soc. Vaud. eie., Voi. V, pag. 343, et pag. 347. XX — Ibidem — Ibidem, Voi. VII, 1861, pag. 26 et pag. 34.5. XIX — IBID. — Ibid., Voi. IX, 1866 pag. 216. XXII — Ibid. — Ibid., A’^ol. XII 1873, pag. 477. XXIII — Ibid. — Ibid., Noi. XV, 1876, pag. 20. XXIV — Lydekker R. — Catalogne of. thè fossil Bepiilia and Ampli ibia in thè British Museum (Naturai History). Part. HI, The Order Clielonia, 1880. XXV — Meyer (H. V.) — Zur fauna der Vorwelt: fossile Sdngenlhiere, Vogelund Reptilien aus der mollasse — Mergel von Oeningen. Frankfurt - a - M. 1845. XXVI — Mourlon e. — Sur le d ’póts Eocènes et les gi- sernents des tortues de Melsbroech. .\n. N. E de Rru.vclies, 1889. XXA^H — PiCTET I". I. — Traile de Paleontologie ou Histoi- re Naturelle des animaux fossiles. Tome premier. Paris. 1853. XXVHI — PiCTET ET Humbert — Moìiographie des Che- 42 DOTT. GIUSF.rPE DR STEKAXO loìilens de la inoliasse snisse. Mat. pour la Palóont. suissc. Geneve, 1850. XXIX — PiCTRT KT Humrrret — Notc suv UH nouvel exeniiilaire de V Enixs Laliarpi Pici, et Huinb. etc.. Pulì. d. L. Soc. Yaud. d. Se. Nat., Voi. VI, pag. 3D-4’^, 1858. XXX — Partis a. — iJi alcuni fossili terziari del Pie- monte e della Liguria apparlencnli aU'ordine dei Clielonidi, Meni. d. R. Acc. della Se. di Torino. Ser. 11, toni. XXXll, pag. 1-24, tav. I IV, Torino, 1870. XXXI — PoRTis A. — Les, Chèlon,iens de la Mollasse vau- diose couser eès dans le Musèe Gèologique ds Lausanne. Meni, de la Soc. Palèont. suisse. Voi. IX, 1882. Pag. 1-78, PI. I-XXIX. XXXII — Oaven R. — Monograph of thè fossil repfiha of London Clay. Part. I. Cheionia. Palaeontog. Soc., London, 1849, 4«. XXXIII — OwEN R. — MonograjJh of fossil Chelonian Reptilia of thè Wealden Clay and Purhech — limestone. Palaeont. Society 4«, London, 1853. XXXIV — Report of thè Eleventh meeting of thè hrilisli association fon Ihe Adeancement of Science. London 1842, pag. 161. XXXV— Rììtimeyer L. — Veber den Ba\i con Schale und Schaedel bei lebenden und fossilen Schildhrbten. A erh. d. Naturf. Ges. in Basel. Bd. IV, I Heft, 8®, 1874. XXXVI — SoRDELLi F. — Sulle tartarughe fossili di Lxffe. Atti d. Soc. It. di Se. Nat., Voi. XV, fase. Ili, iSIilano, 1872. XXXVIl — Vaillant L. — Memoire sur la disposition des vertebres cervicales chez les Ch Honiens, Ann. Soc. Nat. 0’’ sèrie. Voi. X, Paris. XXXVIII — WaCxNEr a. — Uebersicht ueber die fossilen Reptilien des lithographischen Schieferns in Bayern nach ihren gattungen inni Orten. Sitz, — Ber. d. k. Bayr, Akad. d. Wiss., 8% .lalirg, 1861, Milnchen, 1861. XXXIX — • WiNKiLER — Description des Tortues foss. conservées dans le Mus'>e Deyler et dans quelques autres Ardi, dii mnsée Teyler, 4® , pag. 1-151, PI. I-XXXIIl. musées, Harlem, 1869. STUDIO sull’ EMYS CCVlEPa DE STEFANO 43 XL — ZiTTEi. K. A.) — Tì'uitè de Palèontogie. Tome III. Paleozoologie (Vertebrata, 1893. Traduit par Charles Barroni D.'' I Il Chelonide di Komainville Il fossile che si descrive in questo paragrafo fu rinvenuto in questi ultimi mesi dal signor Vaquez, istitutore a Romain- ville, nel gesso eocenico che affiora in quella località. Esso dunque proviene dal cosi detto gesso parigino, chea suo tempo, insieme alle sottostanti marne, dette al Cuvier tanto bel materiale da illustrare, e tra l’altro avanzi di Cheioni li in abliondanza. Il gesso parigino — come ognun sa — ci rappresenta nel bacino in discorso la porzione piti alta dell’Eocene. Spetterelibe quindi al Priaboniano. In esso si constata l’asso- ciazione di forme marine dell’Eocene con quelle dell’Oligocene inferiore. Ad ogni modo, considerando che la serie del Priabo- niano nel bacino di Parigi viene sincronizzata dalla maggior parte fra gii autorevoli geologi odierni con gii strati dell’Eocene più alto, quali, il Calcare a Pcduduie di Gourbsville, gli strati a OpercuUne e ad Euspalangm di Biarritz, alla lignite della Dèbruge, alle sabbie di Neerpen, a parte del FUscli alpino, al calcare a Polipai di Crosara, alle marne a Briozoi, O^lrea Broììgniariii, Spnndglus cimlpimise Clausilia Szaboi (\\ Bren- dola nel Vicentino, alle argille scagliose, ai galestri, al calcare a Nnnimidili ed Orbiloidi delia Calabria, ai calcari marnosi del gruppo di Priabona con PoUiIaì'ia spirulaea, Operculina, Orbiloidi, ccc., ecc.; il deposito dove il fossile — che si descriverà — ò stato rinvenuto, si considera, meglio come Eocene, anzi che spettante all’Oligocene, ritenendolo insieme alle sottostanti marne come faciente parte dell’orizzonte più alto dell’ Eocene. Ciò premesso, bisogna pur dire che lo stato di conservazione del Chelonide in esame non è perfetto; lo scudo dorsale (Clipeo) è cosi mal ridotto da non potere lare assegnamento per la determinazione — la quale perciò riesce alquanto difficile — che sopra sole cinque piastre marginali. 44 DOTT. GIUSEPPE DE STEKANu Alcuni frammenti di piastre vertebrali e coslali sono stati appiccicati sul modello della corazza dorsale dal preparatore del iMuseo, Signor Papoinlr; la cui diligenza c al)ilità però non riescono a supplire la deficienza sopra notala dello scudo dorsale. Una speciale importanza — come in seguito si vedrà — ha il piastrone, piuttosto ben conservato; il quale non ba avuto bisogno di nessuna restaurazione. E una vera fortuna per lo studioso il poter constatare che tanto 1' Entopiastrone e T Epi- piastrone, (pianto l’iopiastrone, Tlpopiastrone ed il Xifipiastrone sono ben conservati. La forma generale del Clielonide (‘ abbastanza allungata. Cosi dicasi per il Piastrone, molto slanciato nella parte poste- riore. Esso ha le due estremità, anteriore e po-teriore, diversa- mente arcuate; la sua superficie è pianeggiante. La parte anteriore rappresenta i tre primi pezzi piastronali. Le scaglie umero — pettorali hanno sobo poco distante dall’ iopiastrone. I diametri autero-posteriore. e transverso dell' Entopiastrone si differiscono poco. Dato un esame generale aH’esemplare, facilmente si riconosce che esso spetta al sottordine Crijptodiva, per la disposizione delle cinque piastre marginali laterali posteriori che rimangono del suo Clipeo. Si comprende altresì facilmente che spetta alla famiglia delle Emtjdklae Cray, per la corazza completamente ossificata (il che indica un individuo allo stato adulto), per lo scudo dorsale, che per quanto compresso allo stato attuale e deformato, allo stato perfetto, non poteva essere molto rigonfio, per il Piastrone ripiegato lateralmente in alto di contro al lungo ponte sternale, per le camere sternali abliastanza sviluppate, e perla mancan- za di Intergolari. Diiuensioiii in niillinietri dell’ esemplare in studio. Lunghezza dello scudo dorsale ( approssimativa ), 323 mm. Larghezza approssimativa dello stesso verso la metà della sua lunghezza, 188 mm. Fig I. Il piasti’i;ne ùeWEmys Cuvieri De Stef. del gesso di Komainville (1901Ì. STUDIO sull’ EMYS CCYIERI de STEFANO' 45 Altezza dello stesso allo stato attuale, 70 mm. Lunghezza del piastrone, 265 nim. Larghezza dello stesso al margine estremo delle piastre golari, 45 mm. Larghezza dello stesso alla estremità delle anali, 34 mm. Larghezza del ponte piastronale, 104 mm. Lunghezza della parte anteriore del piastrone, 55 mm. Lunghezza del loro posteriore dello stesso, 07 mm. PIASTRE OSSEE DERMATICHE DEL PIASTRONE Epi piastrone — E situato tutto in avanti della scatola ossea: è lungo e' stretto. Esso là con la sutura mediana un angolo retto, aperto in indietro. Il margine esterno è regolarmente arrotondato, e legg'ermente troncato ai margini delle golari. Il margine pesteriore è diretto prima obliquamente dall’ avanti in indietro, e poi, dall’indietro in avanti, con direzione sinuosa. I Eiitopiastrone — Ha l'orma di losanga. 1 suoi bordi posteriori 1 si dirigono leggermente inclinati, prima dairinlerno airestorno, e poi, inclinando sempre in fuori, dall’indietro in avanti. Vicino alTestremità posteriore, la superficie deirentopiastrone è solcala dalla sutura che unisce le scaglie umerali e pettorali. lopiiistrono — E più lungo che largo: il bordo posteriore è leggermente sinuoso: il margine esterno ha il primo terzo anteriore libero. Ipopiastrone — E formato da pezzi molto vasti, la cui sutura posteriore è quasi perpendicolare a quella mediana, e si sviluppa in forma di doppia ondulazione: i margini esterni sono un po’ più lunglii di quelli dell’ iopiastrone; quasi il terzo anteriore della loro lunghezza è saldalo alla corazza. Xifipiastrone — I suoi pezzi sono più piccoli di quelli esa- minati iópiastronali ed ipopiastronali. Il margine anteriore si sviluppa con inclinazione dall’ avanti in indietro, ed ò leggermente ondulato; il mai’gi ne libero esterno è alquanto sinuoso nella regione della linea suturale che unisce le scaglie femorali a quelle anali. 46 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO ♦ SCAGLIE I. SCUDO DORSALU (Clipeo) Yertpbnili — Dai pochi framinenti che riman.ijono si può con alquanta veriilicilà arpaiire che esse non fossero mollo larghe, forse mollo allungalo in rapporto alla loro larghezza; e di forma esagonale, con i margini anteriore e posteriore curvati convessamente in indietro. Costali — Per la cattivissima conservazione dello scudo, anche le scaglie costali non ])Ossono essere diagnosucate: quei pochi frammenti che la mano del preparatore ha qua e là appiccicati sul Idocco gessoso, non dicono nulla all’occhio del- r osservatore. Nella parto posteriore della corazza però due frammenti lasciano arguire che esse [>otessero essere di forma non molto allungata in rapporto alla loro larghezza. Le dimensioni in millimetri del frammento meglio conservato, sono : Larghezza Altezza. (i.à min. ? Marginali — Di queste scaglie si hanno solo cinque, ben conservate, nella parte posteriore. A me sembra inoltre che un piccolo frammento, posto anteriormente, verso il limile margi- nale della linea mediana del Clipeo ed in corrispondenza delle golari del sottostante piastrone, spetti alla sopra nucale; la cui forma però non saprei per ora precisare. Fra le cinque placche marginali posteriori, le tre mediane sono leggermente concave: la concavità va gradualmente sce- mando daU’indietro in avanti. Tutte hanno forma presso a poco rettangolare, la quale verso il margine esterno si allarga alquanto; e forma un contorno regolare, senza ondulazioni. Lungo la loro linea mediana, secondo T asse della lunghezza, si osservano delle larghe e profonde sature. Le dimensioni in millimetri delle cinque placche margànali STUDIO sull' KMYS CUVIERl DE STEFANO 47 conservate, misurando per prima quella posta immediatamente dopo la pigaie, sono le seguenti : Larghezza Altezza massima la 43 mm. 25 mm. 2 a 40 mm. 30 mm. 3a 38 mm. 32 mm. 4a 40 mm. 35 mm. 5® 40 mm. 33 mm. li. PIASTRONE Il piastrone non ha subita alcuna deformazione. Dopo quanto si è detto in generale su di esso, aggiungerò che da solo basta a mostrarci la reale lunghezza che doveva avere Tanirnale. La linea limite delle due parti non corrisponde esattamente alla stessa linea limite dello lopiastrone dell’ Ipopiastrone. 11 pia- strone è leggermente rialzalo alla regione delle golari. dolari — Esse non sono molto grandi, hanno forma trian- golare, e superfìcie leggermente curva al margine esterno. Umerali — Le umerali sono grandi, di forma trapezioidale, con i margini esterni in entrambe regolarmente arcuati e leg- germente rilevati. La sutura che le unisce alle scaglie golari è obliqua e diretta in avanti; quella con le pettorali è presso a poco perpendicolare alla grande sutura mediana, e si pre- senta in forma di doppia ondulazione. Pettorali — wSi presentano a superficie vasta e con forma rettangolare: i loro margini esterni sono leggermente arcuati e rivolti in alto. Sono riunite fra esse da un solco suturale poco profondo. Il solco posteriore è un pò distante dall’artico- lazione delTIopiastrone e delTIpopiastrone: la sutura posteriore si presenta perpendicolare alla grande sutura mediana e lie- vemente ondulata in doppia ondulazione. Le dimensioni in millimetri delle scaglie pettorali sono le seguenti : Lunghezza, 40 mm. Larghezza estrema anter., 72 rnra. Addominali — Le addominali sono molto grandi, un pò più 48 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO lunghe che larghe, di forma quasi quadrangolare; con i mar- gini anteriori e posteriori fra loro paralleli, e perpendicolari alla sutura mediana: i margini anteriori si presentano leg- germente arcuati. Le loro dimensioni in millimelri sono le seguenti; Lunghezza 70 mm. Larghezza 62 m ii. Femorali — Queste scaglie, al pari delle umerali, hanno forma trapezioidale: anche esse sono grandi. Il loro margine posteriore è ohliquamente rivolto in indietro per ris})elto alla sutura mediana. I margini laterali esterni sono regolarmente e leggermente arcuali, senza sinuosità di sorta. Le loro dimensioni in millimetri sono le seguenti: T.unghezza 55 mm. Larghezza al margine poster. 11 mm. Anali — Le anali relativamente alle addominali ed alle femorali soi:o piuttosto })iccole. Hanno forma e disposizione, | rispetto agli alt.à pezzi piastronali esaminati, sub romboidale; ì e Uniscono in due loia acuti, i cui estremi distano fra loro di 31 mm. Fra le Emys eoceniche dell’ Europa o Ameinrane, finora il- lustrate, io trovo che alcune forme, pur presentando alcuni caratteri d’identità con l’esemplare descritto, con quest’ultimo per molti altri si discostano talmente da non poterlo identificare con alcuna fra esse. Tutte le specie qui appresso trascritte, Em\s Laharpl Pietet et Hmbert, E. Chaì'panlieri Pict. et Hum., E. Silicei /a Portis, E. CI rissa P>ell., E. testudiniformis Owen, E. Renevieri Portis, E. ìaUcectchralis Cupe, E. (Ocadia) ouJ’(?;^^.ydekker, etc., COMPARAZIONE ( Rap[)orti e differenze) Fìg. Il Porzione del clipeo deW’ Emys Cuvieri De Stef. del gesso di Roniainville (1901) STUDIO SULL* E«YS CDVIERI DE STEFANO 49 hanno ben pochi, e qualcuna nessuno, caratleri d’ affluita con l’esemplare ultimamente rinvenuto nel gesso parigino. 'L' E m\s testudiìiiforìais Owen, ha la corazza cosi convessa da non somigliare perciò alle altre specie di acqua dolce, e non ha inoltre cerniera al piastrone. VEmxs laenh Bell. ditTcrisce dall’ esemplare di Romainville già descritto e dalle altra ^;ay.s conosciute, fra gli altri carat- teri, per avere due pezzi irregolarmente arrotondati intercalati verso il margine esterno fra i pezzi iosternali ed iposternali. La Cislndo Portisi ed il Cymixis {Eriys) Gaudini della inol- lassa svizzera con il nostro esemplare avrebbero di comune l’al- lungamento del corpo ed il piastrone abbastanza slanciato. VEmys latirei’iehralis dell’ Eocene americano, (Stati Uniti) illustrata dal Cope, ha la parte posteriore del piastrone ab- bastanza allungata e presso a poco con le piastre disposte nello stesso modo che nell’esemplare descritto: hia la parte anteriore dello stesso piastrone, il ponte piastronale, la disposizione e conformazione delle placche golari, sono cosi differenti da non potere considerarla come una specie affine alla nostra. L’ Emys bicaìdaata Bell., si differenzia dalla descritta, tra gii altri caratteri, por avere le tre carene longitudinali sulle sue placche, e per la notevole strettezza delle piastre vertebrali. Etnys crassa Bell., anch’essa, come la precedente, dell’Eo- cene inglese, per quanto poco conosciuta, pure ha i pezzi del })iastrorie .cosi notevoli per il loro spessore da non potere con- fondersi con nessuna altra forma. Ocadia {Emys) Oioeni Lyd., per quanto abbia le piastre umero-petterali il cui solco confina con l’iopiastrone, e i dia- metri antcro-posteriore e transverso dell’ entopiastrone eguali, pure le golari e la disposizione del lobo anteriore del piastrone sono molto differenti di quelli deH’csemplaro descritto. Senza dubbio fra le Emys eoceniche europee, io non trovo identità che solo fra quello ]-accolte nel bacino di Parigi, precisamente nella formazione gesso-marnosa dell’Eocene supe- riore e della Lignite della Débruge, le quali disgraziatamente sono rappresentante da avanzi in pessimo stato di conservazione; avanzi che si andranno a descrivere. Jiollctlino della, Società Zoologica, llaliana, 4 50 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO II. Il piastrone del gesso di >oisy — le — See. ( 1873 ). Si tratta di metà piastrone (la par;c anteriore) completa- mente isolato dalla roccia nella quale fu rinvenuto, e montato per bene su piedistallo di legno; li cartellino annesso al fossile contiene scritto quanto segue ; « Kmys parisic/isis Cuv. — Gypse de Paris ( Xoisy-le-Sec. ) — i\I. Vesseur, 1S73 ». La porzione di piastrone che si possiede dal gesso di Noisy le-Sec, potrebbe ben studiarsi tanto sulla sua faccia esterna quanto su quella ititerna qualora fosse un pò meglio conservato. Le sue dimensioni in millimetri sotto : Lunghezza 119 mm. Larghezza al limite atiteriore del [lonte piasirale Lò.ò mm. Larghezza al margine anteriore delle piastre golari (il mm. La superficie è pianeggiante coi margini laterali esterni un pò curvi e rivolti in alto. La sutura tra 1' iopiastrone e, P ipo- piastrone — come si osserva presso a poco nell’ esemplare già descritto di Homainville — corre al(|uanto ondulata : non si osservano bene le suture fra l’ iopiastrone, 1’ entopiastrone e r epipiastrone ; ciò perchè il fossile proltabilmenle più di una volta è stato restaurato col mastice, onde tenere saldate insie- me le scaglie golari, queste con le umerali, e (jueste alla loro volta con le pettorali. Golari — • Queste scaglie hanno forma triangolare, e, come si osserva nelle annesse figure, sono identiche a quelle del piastrone avanti descritto. Lnierali — Le umerali sono grandi e di forme trapezioidale. La sutura che le unisce alle golari è obliqua e diretta in avanti: quella con le pettorali è presso a poco perpendicolare alla grande sutura mediana e si presenta iti forma di doppia ondulazione. Le loro dimensioni in rnillimitri sono le segmenti : Lunghezza 62 mm. Larghezza 83 mm, 11 piastrone deW Emi/s Cuvìeri Do Std'. lei t;'esio di Nuisy-le-Sec (1873). 1 r - i' J. STUDIO sull’ EMYS CUVIERI DE STEFANO 51 Pettorali — ■ Le pettorali si presentano a superficie vasta ed in forma rettangolare. 11 solco mediano suturale che le uni- sce, per il mastice che le tiene aderenti, non è ben visibile. La loro sutura 'posteriore si presenta alquanto obliqua alla sutura mediana. Le loro dimensioni in millimitri sono le seguenti: Lunghezza 05 mm. Larghezza Ovi mm. Addoiniiuili — Delle scaglie addominali non si hanno chele sole parti anteriori, dalle quali non si può ricavare nessun utile dato. RAPPOliTI E DIFFERENZE Se ben si osserva la porzione di piastrone che ci rimane del gesso di Noisy - le - Sec, senza tare lunghe disgressioni per compararlo con (juello delle altre note forme eoceniche di Jùiiys europee o ameiicane, inutili dopo quanto si c fatto con l'esemplare del gesso di Romainville avanti descritto, — bacon il piastrone di quest’ ultimo, abbastanza caratteri di identità. La conformazione generale del loI)0 anteriore del piastrone di Nois}' - le - Sec e quella dall’esemplare di Romainville c iden- tica:-le golari hanno forma triangolare in entrambi gli esem- plari, e la stessa disposizione avuto riguardo agli altri pezzi piast renali: cosi dicasi delle umerali, che hanno forma trape- zioidale, e la sutura che le unisce alle piastre golari ò obliqua e diretta in aventi, mentre quella con le pettorali ò quasi perpendicolare alla grande sutura mediana e si presenta in forma di doppia ondulazione. Tutto, dunque, induce a ritenere che se noi potessimo osservare il loljo posteriore mancante del piastrone delT/ù/iys di Noisy -le- Sec, esso sarebbe molto allungato come quello intero che si conserva di Romainville; e elicgli stéssi caratteri che si lianno per lo scaglie addominali, femorali ed enali dell’ esemplare di quest’ ultima località si verificherebbero anche per quelle di Noisy -le-Sec. Facendo però un rapporto fra le dimenzioni dei diversi pezzi 52 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO piaslronali che rimangono del fossile di Xoisy - le - Sec con i corrispettivi di quello di Komainville, si trovano delle notevoli differenze, come risulta dal seguente speccliieito. Lunghezza al limite anteriore del ponte juastronale Esemplare di Noisy-le-Src, 155 mm. Esemplare di Itomainville, EIT mm. Larghezza al margine anteriore delh' golari Esemplare di X’oisy-le-Sec, (il mm. Esem})lare di Komainville, 5o mm. Scaglie liniera il Esemplare di Noi^-le-Sec. Esem[»lare di Komainville Lunghezza 62 mm. Luiigiiczza 45 mm. Larghezza 83 mm. Larghezza OS mm. Scaglie pettorali Lunghezza 62 mm. Lunghezza 13 min. j Larghezza 96 mm. Larghezza 69 m:n. i Tali differenze di dimensioni unite a quel che si è fallo no- ' tare nei caratteri generali, fanno comprendere che i due esem- plari, pur riferendosi alla stessa specie, ci rappresentano due individui di diversa età, là dove quello di Komainville, sicura- mente deve considerarsi come meno sviluppato e meno adulto , di quello rinvenuto a Xoisy -le-Sec. i I III I I I Il materiale delle ligniti della Déhrnge j I Esso consiste in pezzi di Clipeo e di Piastrone, contenuto in j due cassettine, e, a quanto sembra da ciò che vengo a dire, j fu raccolto in due epoche diverse, I W ' STUDIO sull’ F.MYS C'UVIERl DE STEFANO o3 Una porzione risale al 1851, ed il cartellino ad essa inerente porta scritto quanto segue : « Tortues fossiles des lignites de Dèbruge, cornmunede Saint. — • Saturnin près Apt. — ■ Racueil- les par iMonsieur Gervais (1851). » L’altra porzione contiene un cartellino il quale ci dice che gli avanzi ai quali esso si riferisce, da principio erano stati riferiti nientemeno die a Palaeolerium medium (sicli!) e che solo più tardi furono riconosciuti come avanzi di Emys. Il cartellino porta questa semplice indicazione: « La Dèbruge, 1872. Cat. 21 ». Come ben si osserva tutto il materiale conservato in Museo e proveniente dalle ligniti della D(3bruge è indeterminato; forse per il suo cattivo stato di conservazione. Io cercherò diagno- sticarlo nella miglior maniera che mi sarà possibile, dopo aver premesso che, anche le ligniti della Dèbruge, come ho già incidentalmente detto al principio della descrizione deH’esemplare ultimamente rinvenuto a llomainville, spettano all’Eocene su- periore del bacino di Parigi; cioè a dire, sono sincrone al gesso ed alle marne di Montmartre, di Romainville, etc. Il materiale raccolto dal compianto Gervais, consiste, in numerosi avanzi di scudo dorsale, in qualche porzione di piastrone, e due frammenti ossei, fra i quali un omero con la base troncata, spettanti a Trionyx. Tutti gli altri avanzi accennati dopo un’accurato studio e una paziente comparazione si riconoscono come appartenenti a forme della famiglia Emydidae. AVANZI DI SCUDO DORSALE Piastre vertebrali — Sono in numero di cinque, e sembra che si succedano nella serie Luna di seguito all’altra. Nel qual caso noi le dovremmo immaginare come appartenenti ad un clipeo di un individuo adulto, per le dimensioni, che in ! seguito si faranno conoscere. Le loro dimensioni vanno grada- I tamente scemando dalla anteriore alla posteriore: sulla faccia I interna della estrema posteriore si osserva la corrispondente I vertebra, ben conservata. I i u DOTT. OlUSErPF. DE STEFAXO Le piastre in esame lianno forma esagonale, poco allungala: l’allungamento diminuisce gradatamente dalle anteriori alle posteriori. La loro superficie lievemente convessa sulla taccia superiore delle prime anteriori diventa gradualmente piana nelle posteriori. Il margine suturale anteriore è concavo e quello posteriore convesso, conia convessità rivolta in indietro. I margini laterali — che soim i piti lunghi fra lutti — si restringono gradualmente dall’avanti airindictro. Lungo 1' asse mediano antero-posteriore e sulla faccia interna si osservano gli avanzi della colonna vertebrale. Il margine posteriore di ciascuna piastra si appoggia a quello anteriore della seguente nella serie, il che fa dedurre, che, le piastre vertebrali dell’/fy/iv.s alla quale le descritto appartengono, fossero regolarmente su- turate nella serie longitudinale. La suturazione di detti pezzi appare per justaposizione c non per sovrapposizione, coi margini posteriori. L’ asso antero-posteriore divide le piastre in due parti simmetricamente eguali. La penultima posteriore ha il margine laterale anteriore rotto. I margini laterali posteriori delle piastre in esame con quelli laterali anteriori formano nella successione della serie, da ambo i laii, tanti angoli, anche essi come i margini laterali suturati, ai quali tutti dovevano ingranarsi le placche costali. Si è accennato chele cinque piastre verosimilmente spettano ad una unica serie; il che risulta evidente da quanto si è detto, e dal loro spessore. Le loro dimensioni in millimetri, a cominciare dall’ ultima posteriore, sono le seguenti: 1. 2. 3. 4. 5. Dianieti'O antero-poatei-iore, . . . . 22 mm. 24 min. 26 mm. 28 mm. .11 mnr Larghezza anteriore, ? 28 mm. 29 mm. .SO mm. Larghezza posteirìore, . . . • . IO mm. 17 mm. 18 mm. 19 min. Lunghezza del margine laterale . , ♦ 17 mm. 18 mm. 20 mm. 21 mm. 24 mm. Piastre costali — Si hanno cinque frammenti, costituiti da due 0 tre pezzi di piastre costali, cosi mal conservati che sarebbe troppo ardito voler fare intorno ad essi una esatta diagnosi. Tali piastre sembrano un po’ più lunghe che larghe; Fìg. IV. o E o , TS 45 O) CQ .2 O p O -u q4J ai c3 ^ 'S-r^ (X) .2 ^ S CIT ^ S o ri O T3 O CP I 2 +j a CS 05 Oh ^ o c; ^ ‘o =« ^ S .c3 O ^ J> 3- . — ^ N3 rT S3 ra un i)ic- colo blocco gessoso, i quali si possono perciò osservare sulla sola superficie interna. Benché ci sia ignota la località nella quale il tossile fu rinvenuto, egli non è dubbio che proviene dai dintorni di Pa- rigi e che spetta alla stessa formazione eocenica della (juale in antecedenza si sono illustrati tanti avanzi; poiché la roccia sulla quale P avanzo sta aderente spetta al gesso eocenico superiore di Parigi. Sul fosssile in quistione, detto che, esso spetta sicuramente ad Einys, aggiungerò che si tratta di tre frammenii di piastre costali a superficie interna concava ed un pò scabrosa; e che probabilmente spetta ad un esemplare identico alla forma di Rornainville scoperto nel 1881, per la conformazione dei tre pezzi, le curve dei loro margini laterali, anteriori e posteriori, l’anda- mento e Fampiezza delle suture, ed in fine, la larghezza (88 mm.). II frammento, in conclusione, comprende due porzioni di piastre costali destre posteriori. Fig:. X. Fig. X. - Piastra neurale di una Emys Cavieri De St. del gesso di Montreuil (1885). Faccia interna. Fig. XI. Fig. X[. — Faccia esterna della stessa piastra tigurata al n. X. Fig XII. * Fig. XII. - Piastra marginale di una Emys Cuvieri De Stef. del gesso di Montreuil. (1885). • -1^ STUDIO sull’ EMYS CUVIERI DE STEFANO 65 I Vili. Materiale del gesso di Montreiiil Si tratta di tre avanzi costituiti da una piastra vertebrale, da una marginale, e da un pezzo piastronale indecifrabile. Il cartellino annesso agli avanzi citati contiene il seguente scritto: «Tortile — Gypse de Montrcuil ( M. Morlet ). Cat. 21, 18S5 » — Piastra iieurale — Questo pezzo ha il margine suturale anteriore più largo di quello posteriore, ed ha la forma di un esagono irregolare, i cui margini laterali sono fra tutti i più lunghi. 11 margine anteriore è abbastanza concavo; e quello posteriore convesso in indietro. Entrambi presentano ben mar- cate linea suturali per le quali la piastra si ingranava alla anteriore e posteriore della serie. La faccia interna è legger- mente concava, la faccia esterna alquanto convessa; ed i mar- gini latero-costali rispetto all’asse anterio-posteriore della piastra seguono una linea obbligua avvicinandosi dall’ avanti in indie- tro. L’ anpiezza cbe il canale neurale, presenta sulla faccia interna, mi fa ritenere V avanzo come spettante alla serie dorsale. Le sue dimensioni in millimetri sono le segnenti; Diametro antero-posteriore 40 mm. Lunghezza dei margini latero-costali 33 mm. Larghezza del margine posteriore 24 mm. Largii, del margine anteriore 38 mm. Piastra marginale — Questo pezzo ha i bordi laterali quasi paralleli e non offre notevoli caratteri differenziali con le pia- stre marginali del l’e.sem piare di Romainville ultimamente tro- vato. La sua superficie esterna è lievemente concava, senza scabrosità. Il bordo esterno è leggermente arcuato. Il margine interno resta aderente per mezzo di una profonda sutura ad un frammento di piastra costale. I II pezzo in discorso spetta probabilmente alla parte laterale ; posteriore della serie marginale di un clipeo mollo sviluppato. ISoUelUm della Sociclà Zoologica Italiana 5 66 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO COMPARAZIONE Gli avanzi fossili esaminati, fatto un confronto con quelli precedentemente descritti della Dèbruge e di Rornainville, spet- tano alla stessa forma di questi ultimi, salvo che, per le loro dimensioni, si ritengono essere apiiartenuti ad un individuo molto sviluppato. IX. Avanzi del gesso di 3Ioiitmaitre raccolti da M. Iliongaiart nel 187G. Sono tre frammenti, uno di clipeo, uno di [)iastrone ed uno in- decifrabile, appartenenti ad una Emys di difficile identificazione. X. Avanzi del gesso di Montniartre scoperti da (tillet di Lanniont. Sono due piastre marginali posteriori,^ la cui faccia esterna aderisce ad un piccolo blocco gessoso. Il cartellino inerente al fossile contiene il seguente scritto: « Tortue de iMontmartre, 2 plaques de la Carapace. Ì\I. Gillet de Laumont » La faccia interna delle piastre in discorso è leggermente convessa, con il margine esterno, un pò curvo in fuori, e quelli laterali che si allargono ahpjanto dell’alto in basso. Le loro dimensioni in millimetri sono le seguenti : 1« 2‘ Altezza ..... . 37 42 Larghezza del margine superiore . 30 20 Larghezza del marg. inf. . 36 30 I due avanzi, appartengono ad Euiys sp. XI I I 1 Materiale di Nillefuit rinvenuto da Gillet di Lanniont. ! i Si tratta di pezzi piastronali e clipeali deformati, e perciò indeci- ' frabili, i quali furono rinvenuti nel solito gesso eocenico parigino, j STUDIO sull’ EMYS CUYIERI DE STEFANO 67 XII. Materiale diverso Con tale intestazione indico un discreto numero di pezzi, certamente appartenenti ad una Emys dell’ eocene superiore parigino, forse alla stessa specie studiata in questo lavoro, i quali, posti sotto comparazione, non danno utili risultati. Essi consistono: 1. In avanzi di piastrone, di piastre marginali e costali, raccolti — come dice 1’ annesso cartellino — nella Platriere de Paris. 2. In due pezzi di clipeo d’ ignota provvenicnza, 3. In un blocco gessoso con avanzi di piastre costali e mar- ginali. Conclusione Da tutdo il materiale passato in rassegna risulta quanto segue : 1. Che la maggior parte di esso deve riferirsi ad una spe- cie di Emys, quasi certamente a quella che il Cuvièr chiamò col la espressione «Emys de 'pkUriéres de Paris», e che gli autori in seguito si affrettarono a identificare col nome di Emys jìariguia, pure ignorandone la descrizione, e sapendo che la specie non poteva essere definita da pochi e mal con- servati frammenti di piastrone e di clipeo.- 2. Che poclii avanzi spettano a Tì‘ionyx\ il che non c da me- ravigliare, poiché l’associazione di Emys e Trionyx dell’Eocene superiore francese si riscontrò altrove e nello stesso miocene inferiore della Francia. 3. Che pochi avanzi spettano ad Emys sp. La specie definita con 1’ ultimo esemplare del gesso di Roma- inville che io ho avuto la fortuna di descrivere, si può ritenere come caratteristica dell’ Eocene superiore del bacino di Parigi, dati i numerosi avanzi da attribuire ad essa che in tale piano 68 DOTT. GIUSEPPE DE STEFANO continuamenle si rinvengono. Ciò non esclude però che forme identiche potrebbero rinvenirsi nelbEocene superiore della Sviz- zera. 11 nome specifico che io ho creduto l)ene di dare ad essa è, secondo me, ampiamente giustificato da rpianto prima si è scritto. Poicliò il Cuvier per il primo indicò avanzi ad essa riferibili, è logico, che in suo omaggio, si dia alla forma testò definita il suo nome. Nel rpial caso il nome specifico pnrif/iiia j\iu*toruni cadrebbe in sinonimia. Tale fatto potrebbe solo in apparenza dar luogo a confusione: e solo T uso generalmente, ma non giustamente, seguito dagli Autori, potrebt)e contestarlo, conoscendo bene quanto i preconcetti e le abitudini, anche in Paleontologia, molte volte facciali velo alla verità e resistano agli assalti della logica. Quanto io affermo non è cosa nuova, avuto riguardo al Chelonide in discorso. Oltre il citato Pictet, anche Oiebel, O., anteriormente a questo ultimo, nel suo libro Fauna dar Vora'elt mit slrfcj' I>eì'nks/cJìl/(janrj dar hdnaah’n cdc., a pag. 57, con le seguenti ])arolc « Pnter dieser Peneimung sind eine Panzerfragmante und Skelettheile aus dem Pariser ttypse vereinigt Avorden, Avelche die generellen charaklere nodi zur Geniige erkennen lassen, aber di specifischen Cingeiithumlich- keiten niclit deutlich verrathen. Nur soviel kaiin man mit GeAvissheit aniihmen, das sie mehr als einer Art angeliòren. » ci fa logicamente comprendere che dell’ Fnìys parif/ina elencata ben poco egli poteva dire avuto riguardo ai suoi caratteri specifici. La posizione sistematica che T Ernys Curieri occupa fra i diversi tipi specifici della famiglia Emydidae, o meglio, del gen. Emys, sarebbe un pò arrischiato per ora stabilirla con sicurezza. È certo però che il suo piastrone ha molti cai’atteri ' di identità con quello dell’ Emys s/gris delle coste mediterranee | deir Africa settentrionale, specialmente dall’ Algeria, e qualche ' volta trovata ancora in Spagna. j i (li alcune forme di Acari “ Cryptostigm.ata „ Dott. VENANZO MARUCCI Il fenomeno di polimorfismo sessuale è stato rilevato da molti osservatori e nel regno animale e nel regno vegetale ; ma a parer nostro avrebbe potuto dare sempre luogo a dubbi ed incertezze nell’ ammetterlo senza peculiari esperienze tenden- ti anche a rischiarare le condizioni^inducenti gli strani cam- biamenti di forma. Osserviamo infatti come dei molti autori, dai lavori de’ quali si possono attingere gli esempi, nessuno fece mai di questo polimorfismo un problema, le cui varie incogni- te dovessero venire ricercate per via di accurate osservazioni ed esperimenti. Essi senza seguire mai un piano determinato di ricerche si servirono di osservazioni fatte per così dire alla spicciolata e non unirono mai all’ investigazione dei caratteri esterni e r indagine dei caratteri interni e l’esperimento ; anzi bastò tal- volta Tesarne di pochi individui a formulare le loro facili affermazioni. Se escludiamo le api, le formiche, e le fermiti, le quali forme sono stato oggetto di studi accuimli da parte di vari zoologi e dove il polimorfismo si presenta cosi complesso, noi non possediamo prove assolute dell’ esistenza di quello in nessun altro animale. Eppure non isfuggirà a nessuno T alta importan- za che può avere il definire una buona volta siffatte questioni, non solo perchè serve a colmare una lacuna, ma per la ra- gione eziandio che T argomento offre di per sè ste.sso un gran- de interesse per la biologia animale. E appunto per queste considerazioni che abbiamo intrapreso una serie di esperienze rivolte alle forme di acari crittostigmati FalcuUfer rostratus ( Kaillet 1896 ) e Rhyzogly'phus echinopm (Foumuze e Robin), nelle quali si ammetteva il polimorfismo dei maschi. ^0 DOTT. TENANZO MARUCCI Il concetto informativo delle nostre ricerche ed esperienze è stato quello di giungere per c%se, prima ad accertarci in modo indiscutibile dell’esistenza di questa sorta di polimorfismó e poi a precisarne il significato biologico. Naturalmente abbiamo accoppiato all’ osservazione della forma esteriore l’ indagine anatomica; e dopo lunghe e pazienti ricerche ecco i i-isullati ai quali siamo pervenuti. Cominciamo lo studio col F. Rostratus. Esistono com’ è noto due sorta di maschi ; chiameremo col Rerlese omeomorfi quelli simili alle femmine ed eteromorfi quelli che da esse si allontanano per caratteri esteriori. Le differenze principali dell’ eteromorfo dall’ omeomorfo con- sistono 1” in un dato della mandibola che si allunga a mò di falcula sorpassando enormemente l’altro dito. 2"' nel grande sviluppo che assumono le zampe del primo e del secondo paio 3' nelle dimensioni generali del corpo pili grandi. Nella dispo- sizione di peli e delle appendici cultriformi non vi hanno diffe- renze. Sono state dal Mégnin segnalate in questa specie due ninfe, una ninfa normale presso a poco coi caratteri degli adulti di- stinti da questi per la mancanza dell’ ajiparato esterno della riproduzione e una ninfa anormale {hi/podecfes) molto differen- te dagli individui della serie ordinaria per avere rudimentale l’apparato buccale e per presentare moltissime disposizioni speciali, che qui non è d’ uopo ripetere. Questo fatto ci fece supporre che i maschi eteromorfi deri- vassero dalle ninfe ipopiali; ma ben presto questa ipotesi venne a cadere: 1. perchè tenendo dietro per un certo numero di gior- ni a colonie viventi su dati piccioni si vedeva crescere il numero di maschi eteromorfi senza mai poter trovare una ninfa ipopiale: 2. perche abbiamo determinato come i maschi eteromorfi derivassero da peculiari ninfe della serie normale, ninfe sfuggite agli altri osservatori, caratterizzate dalle loro maggiori dimensioni (circa q, più grandi) rispetto a quelle che danno luogo alle femmine e ai maschi omeomorfi. Supponemmo allora che la diversità d’ alimentazione potesse influire sulla comparsa delle varie forme, come precisamente eìcerche sperimentali sui maschi polimorfi 71 avviene nelle colonie de’ terinitedi et?, e che gli eteromorfi aves- sero una funzione speciale, p. es. proteggere la colonia od altro. Strappate a un piccione e poste al microscopio delle remiganti e delle timoniere, fra le cui barbe, com’ è noto, vivono i Fal- culifer, costatammo che gli acari in discorso si nutrono di quanto per caso viene a fermarsi sul vessillo della penna c delle disquamazioni di questa ( Che lambiscono il grasso di cui sono spalmate le penne, come dice il Berlese, non l’abbiamo potuto rilevare). • Tali osservazioni dimostrano che i Falcidifer possono nutrir- si delle più diverse sostanze e che il regime alimentare d’ogni colonia parassita su un dato piccione può risultare differen- tissimo ; ma non ci dettero a divedere che i maschi eteromorfi abbiano una alimentazione speciale. Tuttavia le osservazioni condottte in tal inolio ci rischiararono un altro punto della biologia di questi animali di non lieve importanza. Abbiamo osservato cioè che i maschi eteromorfi lottano fra loro per la conquista della femmina giovandosi mólto delle dita falculiformi delle mandibole. Una sola volta abbiamo verificato T incontro di un omeomorfo con un oteromorfo; quest’ ultimo servendosi delle falcale mandibolari rovesciò il primo, che appena riavutosi prese un’ altra direzione. Tuttavia lo scopo della lotta c limitato alla conquista della femmina poiché non siamo riusciti mai a verificare per essi r azione difensiva, che p. es. è evidente nelle colonie dei Ter- mitidi; per altro abbiamo notato, come del resto avevamo sup- posto, che l’eteromorfo colle dita falculiformi delle mandibole può concorrere alla muta della ninfa, provocando con esse la rottura della spoglia e aiutando quindi T individuo a venir fuori da essa; se non che questo fatto si verifica molto di raro e la muta si compio generalmente senza questo intervento. E bene ricordare a questo proposito che la muta si affettila dopo la copulo e che la femmina divenuta adulta non accoglie più nessun maschio. L’ intervento dell’ eteromorfo nella muta cosi come T abbiamo osservato non dimostra una divisione di lavoro come si verifica 12 DOTT. YENANZO MARUCCI nelle colonie più differenziate; ma pofrel)be dar luogo all' inter- pretazione che si tratti di una colonia allo stato primitivo e forse studiando altre forme potrà acquistare un significato importante. Furono trovati in copula maschi omeomorfi e maschi etero- morfi. Di qui n’ è sorta F idea che le femmine potessero distin- guersi in due sorta corrispondenti ciascuna a una forma di maschi ; ma nulla abbiamo potuto rilevare che sostenesse la nostra supposizione. Allora abbiamo tentato un esperimento che riteniarnò fonda- | mentale per le ulteriori ricerche : ! Presa una coppia costituita da una ninfa e da un maschio | omeornorfo fu isolata, si tolse il maschio omeomorfo e si dette | alla ninfa un eteromorfo; dopo due ore circa la ninfa fu trovata i in copula con quest'ultimo, il giorno appresso era mutata del • tegumento ninfale. Un simile esperimento ripetuto più volto - dimostra in modo assoluto che ambedue i maschi servono per la copula e una stessa femmina si accoppia indifferentemente : coir uno 0 coir atro maschio. Notiamo prima di passare oltre che in un grandissimo nu- mero d’individui che abbiamo esaminato non abbiamo riscon- trata mai nessuna forma intermedia im le due sorta di ma- schi: di più come sui colombi domestici che spaziano pe’ ' campi e sulle colombelle {columla livia) piccioni selvatici co- munissimi nella campagna Romana e anche dentro Roma, che , i maschi eteromorfi sono in numero molto maggiore rispetto i agli oraeomortì, mentre sui colombi domestici che vivono spe- cialmente in gabljia gli omeomorfi pure generalmente mo- strandosi in minore quantità sono un pò più ovvi! e qualche i volta in numero presso a poco uguale, raramente superiore. A completare lo studio del polimorfismo sessuale avremmo I dovuto seguire lo sviluppo della prole di una coppia isolata: . troppo grandi essendo le difficoltà da superare per evitare ogni j causa d’errore nel far l’ isolamento abbiamo lasciata da parte | questa specie e ci siamo serviti invece del Rhxzoglyphus j echino'pus, come più adatto a ciò. , Anche il Rhyzoglyphus echinopus presenta due sorta di I RICERCHE SPERIMENTA r.l SUI MASCHI POLIMORFI 13 maschi, V eteromorfo distinto dall’ omeomorfo per l’enorme svi- luppo del terzo paio di zampe, che sono terminate da un robu- sto uncino sfornito di ventosa e munito alla sua base di un processo breve, grosso, conico. Il B.echinopffs vive sulle sostanze in via di decomporsi (patate e cipolle fradicie p, es.) Nelle ricerche su quest’ altra specie abbiamo seguito lo stesso ordine e lo stesso criterio tenuto pel F Ros/ralus. Mentre nel FalcuUfer le ninfe ipopiali non furono da noi trovate nel lì. echinopus si rinvennero comunissime. Allo scopo di determinare se da queste derivassero solo i maschi etero- morfi ne abitiamo isolate parecchie, ma contrariamente alla nostra supposizione esse hanno dato tutte le forme della serie normale: tuttavia qui non abbiamo potuto stabilire che vi siano ninfe delle serie normale peculiari ai maschi eteromorfi. In questa specie a conforto che la nutrizione non ha influ- enza sulla comparsa do’ masclii -eteromorfi possiamo citare il fatto che tra gl’ individui di una colonia abbiamo incontrato parecchi maschi (11) presentanti una zampa (destra) del terzo paio alla maniera dell’ eteromorfo e una (sinistra) come quella deir omeomorfo, essendo evidente come tali forme simmetrica- mente mostruose non possano essere determinate da un’ ali- mentazione intermedia. Come abbiamo veduto che le falcule del FalcuUfer eteromorfo giovano a questa forma di maschio per la conquista della fem- mina, anche lo zampe molto sviluppate del terzo paio del lìy- zoglijplius. con lunghia modificata possiamo dire che recano a questo maschio un vantaggio notevole nella copula concorren- do con esse a tenere validamente abbracciata 1’ estremità po- steriore dell’addome femminile (1). Tuttavia se tal carattere può apportare un vantaggio agli individui, che lo posseggono non risulta che sia assolutamente necessario non presentando niente di simile le specie a questa affini. (1) Nel R. ecliinopiis e forme afflili (tyroglyphus) il niaseliio viene trascinato durante la copula della Rniaiin.i, si ha per così dire, la coppia ambulante. 74 nOTT. VENAXZO AfARUCCl Che vi sia lotta fra le varie fornio di maschi del R. echino- pus non è evidente, tuttavia aljhiarno osservato, come il Cane- strini, due maschi contemporaneamenle aderenti all' estremità posteriore di una stessa femmina. Abbiamo costatato come non di raro avviene d’incontrare ac- coppiali tra loro maschi non solo della stessa sorta ma e dell'una e dell’altra surta insieme. Dinanzi a rpiesto fatto ci parrebbe di dovere escludere, che nell’ accoppianiento tra maschi e ninfe, che daranno poi luogo definitivamente a maschi e femmine si traiti di un incubazione- genitale, come si esprime il Trouessart così, che gli organi genitali ricevano una spinta a raggiungere la maturazione Furono anche in questa specie trovati in copula maschi orneo- raorfi e mnsclii eteromorfi: non si potè precisare la distinzione delle femmine in due categorie rispondenti ciascuna a una sorta di maschi. Anche qui abbiamo tentato di sostituire nella copula una forma di maschio all’altra forma e anche (|ui s‘è verificata la sostituzione, come avevamo costatato che si era effettuata per il F. rostratus. Siamo venuti fiinalmente a isolare delle coppie per studiarne la prole: Abbiamo pertanto tolte tante coppie costituite dalla femmina e dal maschio omeoraorfo e altrettante formate dalla femmina e dal maschio eteromorfo, da una colonia dove si rinvennero molti maschi eteromorfi; nell’istesso tempo abbiamo prese altre due serie di coppie, corrispondenti alle due testò dette da una colonia, in cui gli eteromorfi erano i\ari assai. Abbiamo seguito questo criterio, perchè in natura e in un primo esperimento non ben condotto da noi si rilevò come sia variabile la frequenza di ciascuna sorta di maschi nelle diverse ; colonie, cioè alle volte abbondano i maschi eteromorfi alle volte i gli orneomorfi, alle volte infine si ha quasi un equilibrio tra gli 1 uni e gli altri. Alle coppie furono apprestate per materiale di nutrizione i patate bollite per circa 30’ per distruggere ipopi o altri indi- vidui della serie normale di qualsiasi acaro non facilmente ' RiCERCHE SPERIMENTALI SOI MASCHI POLIMORFI 75 visibili, che rrcviameiite avessero infestate le patate, e quindi avesero potuto alterare e rendere dubbio il risultato. Ciascuna coppia fu posta in una capsula di vetro, a coper- chio smerigliato per impedire l’accesso agli insetti, che avreb- bero potuto rendere impuri gl’ isolamenti. Le singole capsule vennero posto in un recipiente, in cui si manteneva dell’acqua all’altezza di 3 o 4 cm. per rendere più che fosse possibile uniformi le condizioni ambienti. Le coppie tutte proliferarono e costituirono colonie, in cui si riscontrarono maschi e dell’ una e dell’ altra sorta. Ciascun ordine (serie) di colonie pre.sentò de’ vari maschi proporzioni numeriche molto variabili, cioè, in una colonia erano molte numerosi i maschi omeomortl, in un’ altra gli eteromorfi e in una terza si aveva una specie di equilibrio ira le due forme. E pertanto, mentre ci aspettavamo di trovare qualche differenza tra le quattro serie di colonie posti nel modo che abbiamo riferito, nulla ci ha dato a divedere, che la nostra supposizione potesse avere un fondamentoj per cui non abbiamo potuto com- prendere le ragioni del fenomeno. Identico risultato ottenemmo da un’altra prova condotta con lo stesso intendimento. Notiamo come gl’isolamenti riuscirono secondo le nostre pre- visioni e desideri, cioè purissim'. Resta perciò confermalo in modo assoluto quello che già aveva sostenuto con validi argomenti Canestrini, che, cioè, si tratta veramente di maschi polimorfi e non di maschi di un’ altra specie. Peraltro si noti che anche in questo caso si verifica il fatto generale comune a tutto il regno organiz- zato, che, cioè, gl’individui di una stessa forma di maschi non sono mai tra loro perfettamente simili, identici, ma si avvici- I nano approsimativamente gli uni agli altri i Es.sendo stato da taluno (Rerlese) emessa Videa, che uno de’ I maschi, il più debole, romeomorfo, potesse risultare da arresto j di sviluppo dei testicoli o da castrazione parassitaria abbiamo I creduto necessario procedere allo studio degli organi genitali interni. Per quanto grande sia stata la nostra attenzione nell’ ós- 7G DOTT. VENANZO MARUCCI servare se si potessero stal)ilire ditTerenze fra omeoinorfi e eteromorfi specialmente per ciò che riguarda Tessere i testicoli capaci 0 meno di produrre spermatozoi e fpiindi di fecondare la femmina, non aljhiamo potuto scorgere nulla die indichi lon- tanamente arresto di sviluppo dei testicoli o castrazione paras- sitaria e quindi sterilità in nessuna delle forme, perchè tutte anno nella vescicola seminale sperma pronto per Tejaculazione; cosi abbiamo dissipato andie questo dulibio. Chiudiamo la presente pubblicazione accennando alT impor- tanza grande die possono assumere le nostre osservazioni riguado alla teoria delTevoluzione; Infatti secondo questa teoria tra le due sorta di rnasdii si sarebliero dovute trovare tutte le gradazioni possibili (maschi intermediari) come appunto è stato affermato da illustri acarologi, quali il IMègnin, Trouessart, Berlese etc., ma nulla è a noi risultalo che ci potesse far sta- bilire un tipo intermedio, e la forma anomala (costituita metà simile alTorneomorfo, metà come Teteromorfo) non si può ritenere tale, perchè presenta nettamente distinti i caratteri e delTuno e deir altro mascliio, presenta cioè la variazione completa per ciascuna metà. Questo fatto merita tutte la nostra attenzione perchè viene ad accordarsi coi criteri che oggi alcuni autori vengono espo- nendo a proposito delTevoluzione. Infatti tra questi autori Kòlliker, Bateson, Yignoli e Scliiapparelli prevale T idea che in natura esistano fenomeni di discontinuità nulla rariazione della specie, e noi presentiamo i nostri risultati come un primo contributo a questa teoria interessantissima, la quale certamente ha bisogno di moltissimi fatti tanto più che la maggior parte di quelli che si conoscono sono fondati su sem- plici osservazioni generalmente non accompagnate e approfon- dite con opportuni esperimenti. Ci piace infine di notare che, esclusa, come abbiamo detto, Tintluenza della nutrizione, delTumidità ect. nella comparsa dei j maschi polimorfi nelle colonie da noi studiate, dobbiamo ascrivere a cause intrinsiche alTorganismo la ragione del feno- meno, che, cioè, già nell’ uovo e nello spermotozoo si abbia la distinzione delle due forme di maschi. RICERCHE SPERIMENTALI SUI MASCHI POLIMORFI 77 LATORI CONSULTATI Bateson — Materials tbr thè study of. variation — London 1894. Bkrlese a. — Acari agrari — Memoria. » » — Acari myriapoda et scorpiones hucusque in Italia reperto — Portici (1882-1897). Canestrini — Prospetto dell’ Acarofauna italiana — parte 111 e V Padova. Canestrini e Kramer — Das Tienvicli — 7 lieferiing — Berlin 1899. Mèonin — Les parasites e Ics maladies parasitaires — Paris MDCCCLXXX. ÌMéonin — lournal de T Anatomie et de la Pliisiologie (extra it) Paris 1877. Trouicssart — Les sarcoptides pliimicoles oii analgésinés — • Paris 188.5 (extrait dii Journal de Microgrophie.) Troùessart — Diagnoses d’especes noiivelles de Sarcoptides pliimicoles ( Analgesinae ) ( extrait dii Biilletin de la Societó d’ Eliides Scicntifiques d’ Angers Année 1889 ). Moniez — Traitè de Parassitologie animale et végétale de Paris 1899. Rosentiiall — Biologisclies centralblatt XIV Band 1894 — Rivista di Scienze Biologiche anno 1, gennaio 1899 N. 1. Nalepa — Die anatomie der Tyroglyphen abth I, 11 Sitzb 9 der K. Akad. der Wissensch XC - XI 11 Band 1884-85. ViNKLER — Anatomie der Gamasiden (Arbeit, d. Zool. Inst. zu Wien, T. VII 1886.) Barrir — De la Variation des Animaiix e des Plantes — Paris 1868. Spiegazione della tavola I. Le ligure 1 e 2 sono copiate al microscopio Kart. oc. .3 obb. 4. Le figure 2, 4, 5 al microscopio Koristka oc. 3 obb. 8, 78 nOTT. VEN’ANZO MARDC'C’I Fig. 1 Ninfa normale di F. rostrahiH in mota: nell' interno si distingue il maschio omeornorfo Fig. 2 Ninfa normale di F. rosh'ati's in muta: nell’ interno si distingue il maschio eteromorfo. Fig. .3 Sezione trasversale (normale all' asse cefalo caudale) di maschio omeornorfo {F. ros/rafns) t. — testicolo. .S-. — spermalozoi. h. — sacclietio interpo.5to ai testicoli d’ incerto signilicato. i. — intestino. Fig. 4 Sezione longitudinale (parallela all’ asse cèfalo-caudale, ohhliqua rispetto all'asse perlaterale e all'asse doi-sovenlimle) di maschio eteromorfo {F. ì'oslratns) L — testicolo, .s. — spcrmatozoi. 1>. — sacchctlo etc. (come nella fig. .3). r. .s. vescica seminale, c. e. — canale ejaculatore. Fig. 5 (Preparato a fresco dell’ apparato genitale del maschio eteromorfo (F. ros/z-alus) l. — testicolo, h. — sacchetto etc fcome nella Fig. 3). i\ s. — vescicola seminale. Spiegazione della tavola II. Le figure 1. 2. 4 sono copiate al microscopio Koristka oc 3> ohi). 5. La figura 3. è copiata ugualmente al microscopio Koristka, ma coll’oculare 3 e l’ohbietlivo 8. Fig. 1 (Preparato a fresco dell’apparato genitale femminile di F. ì'oslraf/fs). u. utero. — od. — ovidutto. — HO. uovo. Fig. 2. Preparato a fresco dell’apparato genitale femminile di F. rostra/ics) c. c. — canale della copula. V. s. — vescicola seminale, or. — ovario, c. — canale di ' comunicazione tra l’ovario e la vescicola seminale. | Fig. 3: Sezione trasversale (normale all’ asse cefalo caudale) di ' maschio omeornorfo di lì. ccJiinopus. v. s. — vescica se- j minale, s. — spermalozoi. , Fig. 4 li. echinopus forma costituita metà simile al maschio j omeornorfo metà simile all’eteromorfo. Bo! iettino della Società Zool ena ene Lit. E-Batttstl. (orna OSSERVAZIONI SULL'APPARECCHIO APiCALE DI ALCUNI ECHINIDI APPARTENENTI ALLA FAMIGLIA DEGLI « S p CI f (IH g i d (( C » Doti. GIUSEPPE CHECGHIA Durante Io studio di alcuni echinidi eocenici del Monte Gar- frano, mi è occorso di fare qualche osservazione sulla costituzione deir apparecchio apicale di alcune specie di Spa/anrpklae, die non credo inutili di portare a conoscenza di coloro i quali s’interessano dello studio di questi esseri. Nel Distefaiiac^ter gargcuiicics (1), nuova forma di echinide, di cui tralascio qui di descrivere minutamente i caratteri, l’ap- parecchio apicale si differenzia notevolmente da quello degli altri spatangidi si per il numero, che per la disposizione delle piastre che lo formano. Esso infatti ( vedi figura la ) risulta costituito da 5 piastre radiali od ocellari e da 3 basali o genitali. Di queste ultime la IP e la IV*, cioè la posteriore destra e la posteriore sinistra, hanno assunto un grande sviluppo, hanno una forma subesa- gonale e verso la parte centrale deirapparecchio si restringono a guisa di cuneo. Esse sono disgiunte fra di loro dalle piastre ocellari 3' e A', le quali per 1’ assenza della genitale IIP sono divenute contigue, e dalla U genitale o piastra madreporica, che qui non assume quello sviluppo che ha in altre forme ed è alquanto più piccola delle altre. La piastra V^ è scomparsa per cui le ocellari 5» e E sono pur esse divenute contigue. Le piastre IP e IV» sono quelle che portano i pori genitali, i quali- si presentano largamente aperti e rotondi. --^(1) Ijfx descrizione particolareggiata di questo nuovo genero com- parirà in un mio lavoro di prossima pubblicazione : Gli Echinidi eocenici del Monte Gargano. (V. Boll, della Soc. Geol. Italiana, anno 1092,. voi. XXI, fase. 1). 80 DOTT. GIUSEPPE CHECCHIA III questa forma adunque il numero delle piastre genitali è ridotto a tre e quello dei pori a due. La tendenza alla riduzione delle piastre genitali e s[)edal- mente quella dei pori è ben evidente nella famiglia degli Spa- iangidae, la più elevata degli Ecliinidi, che ha alihandonato il tipo radiale, avvicinandosi ad una simmetria nettamente làla- terale. Se noi seguiamo la riduzione dei pori genitali nei vari ge- neri di questa famiglia, vediamo che è sempre il poro della piastra madreporica che scompare per il i)rimo e che il secondo a scomparire è quello della piastra basale antenàore sinistra, ristabilendosi in tal modo la simmetria bilaterale. Però quando V apparecchio apicale presenta tre pori genitali, talvolta invece di scomparire per primo il poro della piastra madreporica , come nel genere Cijctaster Cotteau (vedi tì- gura 2''), scompare quello della come avviene nel genere Pericosmus Agassiz (vedi tigura 2'); e quando presenta due pori, può avvenire che sco:npariscano i pori della I* e del- la IP e restino quelli della IV-' e V-'', come nel genere Plesiospa- tangus Pomel (vedi figura 4'); ma molto proliahilmente qui si tratta di un fatto puramente teratologico ed in (piesto caso la simmetria si perde del tutto. (2). Fig. 1. Bistefanaster t/arijitniciis LlllX'CMIA - (di molto ingrandito) Fig. 2. Ciclaster oealis CoUe.iu l^di molto ingraudiioj (2) Gauthier, Cuntrihutioìi à V iHitde dea Echiaides fossiles. Ap- pareil apical dii Plesiospatangas Cotteaui ( clt3 Loriol ) Porael — Nel Boll, della Soc. Géol Prauc. Serie 111, Tom. 27. OSSERVAZIONI SULl' APPARECCHIO APICALE 81 l’ig. 3. l’ericosiniis bastcnneiisis Cotteaii (di molto iiigvaudilo) E evidente dunque che il numero e là disposizione dei pori penitali modificano grandemente T apparecchio apicale. Non si può disconoscere- 1’ importanza di questo fattoj im- portanza che di già il Professore iMunier Chalmas ha fatto ben rilevare. Egli dopo lo studio di molti echinidi cretacei e terziari ha mostrato die ò necessario di dare un valore generico asso- Inlo al ìvuaei o dei pori genitali. (1). Oltre ai generi aventi -i pori genitali egli ha distinto i seguen- ti con tre ; gen. hasler Desor, di cui si conosce una sola specie pro- veniente dal Daniano dei Pirenei. gen. Isopncnstef' Pomel, che c' un tipo vicino ai Cgclaster e contiene cinque o sei specie senoniane e daniane dei Pirenei, gen. Cgclasler Cotteau, con dieci specie terziarie, gen. Pericosnui^i Agassiz, comune nei terréni terziari e che c stalo a torto indicato come avente quattro pori. Inoltre ha indicato con due pori il genere l)ilremasle>- Munier- Clialrnas comune iieirEocene medio. Prima tutti i IHtreìnasteì' erano determinati come Ilerniaster Desor e a torto venivano indicati come aventi quattro pori genitali: V Hemiaster nuja Desor, r lieta. Corvazi Cotteau erano 'sempre passati come a- vciui quattro pori, mentre non ne hanno che due situati sulle l-'ig. 4. l’iesiospatanfjus C'ottcìnii (do Lorioli Pomel. (di mollo iiigi-audito) (1). Miinier-Chalmas, Observations sur l’appareil apical de quelques tchinides crétacés et tertiaires. (Coinpt. rene!, et. l’Ac. d. Se., t. 101 pag. 2, Paris). Bollettino della Società Zoologica Italiana 6 82 DOTT, GIUSEPPE CHECCIUA piastre genitali posteriori ; è probabile quindi clic gran parte degli Herniastc)' eocenici debbano rientrare nei Dii re master. Questo genere dunque ditterisce dai veri llemiaslcr perché 1' ap- parecchio apicale è munito di due pori. Il Pomel ha stabilito poi il gen. Tj-achijasler \)Qv [ovina aUìni, dove nell’ apparecchio apicale la pias/ra uuuìreporica attra- versa le piastre basali c si prolunga al di là delle occllari po- steriori. Ora questo genere non avrebbe più ragione di esistere dal momento che il Gauthier ha dimostrato che presso jiarecchie specie di Hemiaster la piastra madrc.porica penetra piti o me- no profondamente nell’ apparecchio apicale sino ad attraversare le radiali posteriori. E allora il gen. Honiaslei' si continue- rebbe nell’ Eocene, restando sempre però distinto dal gen. Di- tremaster pel diverso numero dei pori. Dopo la pubblicazione della Nota del Òlunier-Chalmas fu crea- to dal Pomel il gen. Opissasla-, che presenta due pori geni- tali e comprende l'Opiss. Iheòensis de Loriol e ì'Opiss. thaga- slensis Pomel. Le specie riferite al gen. Opissaslci- ei-ano prima determinate come ScJnzasteì-, però per P assenza della fasciola latero-subanale e per la eccentricità dell' apparec hio apicale, munito di due pori genitali, un Opissasler si distinguo facilmen- te da uno Schicasler. Qui potrei ancora citare moltissimi esempi, che dimostrar.o come da parecchi autori è dato un grande valore generico al numero dei pori genitali. Pertanto noi non vediamo da tutti attri- buito a questo carattere quella importanza che effettivamente ha c troviamo indifferentemente ascritti allo stesso genere delle specie con diverso numero di pori genitali. Ma (piesto caratte- re noi non crediamo che si possa trascurare, se si pensa che il numero dei pori è in rapporto diretto con cptello delle glandole genitali e che ad una riduzione di queste corrispon- de una riduzione di plori : può risultarne (piindi anche una tendenza alla riduzione delle placche genitali e perciò una-BI profonda modificazione dell’ apparecchio apicale. li Dal I.aboratorio p deontologico del R. Ufficio Geologico, p Roma, Gennaio 1902. CATTURA DI DUE COSMONETM HiSTRlONlC.-l:: ( Moratta arlecchino ) PER LA PREMA VOLTA IN ITALIA (omiiuicazioue di GUIDO FALCONIERI di Carpergiia per parte del Conte Prof. Ettore ArrÌToni degli Oddi 11 nostro egregio consocio e chiaro ornitologo Conte Prof. Eitore Arrigoni degli Oddi comunica per mio mezzo alla nostra Società, come il giorno 2 Marzo 1902 nel canale di Piove (Estuario veneto) il cacciatore Antonio Puppi uccise due Cosmo- ncttao’ hidrionicai (Linneo 1758) Kaup, che egli modernamente preferirebbe chiamare Ilislì'ionicns hiatrlonicus. Erano in un liranco di circa dieci individui, alcuni dei quali sembrarono di tinta più bluastra, e perciò stesso adulti. Italianamente quest’a- natra, che appartiene al gruppo delle Fuligulince suole chia- marsi Moretta arlecchino, ed abita l’isla'nda e la regione settentrionale neartica, non che il Nord Est dell’Asia e giunge iriiiverno fino al Giappone. E di comparsa accidentale in Europa, 0 parecchie volte fu còlta nelle Isole brittanniche, nella Svezia, secondo Degland in Germania ed in Francia; forse nella Svizzera 0 nel Tirolo (Tcliusi). Ma certamente ò per la prima volta che viene avvertita in Italia. I due individui erano giovani ed ora son ])Osseduti dall’ istesso amico ornitologo, e sono andati ad arricchire la già ricchissima sua collezione. Noi siamo grati all’amico della importante comunicazione, e seguendo la mia alntudine, mi giova qui riportare in succinto 1 caratteri del Genere, e della specie, desumendoli dal prezioso volume del nostro illustre Salvadori (Cat. degli Uccelli del Museo brittaimico Voi. XXVIP.) 84 GDIDO FALCONIERI DI CARl’EKGNA CAliATTElil Pollice ampiaiitcìile lobato : Becco (lep/'csso ; Tiìnoniei'e normali non rifiicle = Sotlofa:nii:li:i Fnlif/ali/ar- Reuiifjcuili 0 brune, o neraP.re unifoi inemenle ; Timoniere centrali non riroUe all’ i/isn • Piumaggio generale non nero, ma plumbeo-btuasl/'o : Capo senz-a cresta: becco conico e pnnluto Gen: Cosinoiiotta Kaup. Questo Genere vicinissimo ai generi Clangala ((,)ualtr* occhi) e Harelda (Moretta pezzata) non comprende che una sola specie: Cosrnonetta histrionica Kaup. Linneo l’avea chiamata nel 175S Anas histrionica', il Flemming la disse Clangnla histrionica : e il Bonaparte la nomò FuUgula e Harelda hisB-ionica; e se volessi seguire quello che penso, io non ne farei un Genere a parte e la unirei al tipico genere F>digìda o quanlo meno al gen. Harelda col Bonaparte. Ma sarebbe andare contro la corrente! Ecco una brevissima e succinta descrizione: 3Iascliio - Becco blu-plumbeo coir unghia pUf chiara: capo ce- nerino-bluastro con iena linea mediana nera marginata ante- riormente di bianco, posteriormente di castagno : dorso, ali e coda cenerino-bluastri : specchio dell’ ala blù-rnetallico: quattro macchie bianche, due alla base del becco, e due dietro gli occhi. Sui lati del 2^etto due macchie bianche marginate di nero: fianchi castagni: addome bmino-grigiastro: due macchie bianche ai lati del sottocoda. Lunghezza totale circa 0'^',4Ò8. Femmina — Bruna con tinta olicacea: le macchie dinnanzi e dietro gli occhi bianco-sudicie, le paì'ti inferiori brune colle penne marginate di bianchiccio. Statura piiìi piccola con una lunghezza totale di 0’'\353. I giovani somigliano più o meno alle femmine. I DI TRE ANOMALIE MDSCOLARI DELL’ARTO TORACICO (M. piccolo rotondo e M. hicipUe) per VALENTINO BARNABÒ Trovandomi nella sala Incisoria dell’ ospedale di S. Spirito in Roma, ebbi occasione di sezionare V arto toracico di una l)ambina di 10 anni. In questa dissezione notai due anomalie muscolari, che stimo utile esaminare un po’ diffusamente, te- nendo conto di ciò che è stato stampato fino ad ora su questo argomento. Tengo infatti fin da principio a dicliiararo come i casi non siano nuovi, rna credo tuttavia che non siano perciò meno degni di nota, tanto più che, come si vedrà, sono di- sposizioni molto raro ad esser notate. Per di i)iù, sopra il significato morfologico di uno di essi gli autori sono discordi tra di loro, ed è bene mettere a confronto le varie opinioni in proposito per poi decidere con mente serena quella che sembra la più conveniente, secondo che suggeriscono i latti riscontrati dalla Anatomia Comparata, dall’ Embriologia e an 'he dalla Elnologia. bl bene notare poi fin da principio il fatto che ambedue le anomalie si ritrovavano sopra uno stesso individuo e da tutte e.due le parti, sia destra che sinistra; e ci(’) mi pare sia da rilevarsi per renderne più chiara la spie- gazione come risulterà da quanto dirò in seguilo. .\nzi tutto nella regione della spalla ebbi a notare un’ano- malia del muscolo piccolo rotondo, detto anche dai Tedeschi /crc.s minor. Mentre il muscolo grande rotondo o icren> major era molto robusto e sviluppato e presentava il suo aspetto solito, ossia dopo aver preso origine dall’ angolo inferiore e dal bordo ascellare della scapola, s’ inseriva alla diafisi dcl- r omero; il piccolo rotondo invece era intieramente fuso col vicino muscolo sottospinoso. Questa fusione era cosi intima, 8C VALEMTiyo HARNABÓ che, per quanto cercassi di separare i due muscoli, coiuinciaiido dalle inserzioni sul Irochitere, e servendomi del setto intermu- scolare fibroso che avrehLe dovuto esservi o che invece non era affatto sviluppato, non sono riuscito a fare altro che un taglio artificiale sulle fibre carnose. Si vede da ciò che il muscolo sottospinoso insieme col pic- colo rotondo in questo caso costituiva una unica massa mu- scolare degna della nostra attenzione, sia per la sua descri- zione, che per i suoi rapporti coi vasi e coi nervi vicini. Questo muscolo adunque, costituito dalla fusione dei due sopraccennati, prendeva origine sui due terzi interni della tossa sottospinosa, sulla faccia profonda delfaponevrosi sottospinosa che lo ricopriva, sulla metà superiore della faccetta longitudi- nale dell’orlo ascellare dell’ omoplata, e sul setto tìliroso in- termuscolare del muscolo grande rotondo. Da questa larga superficie di origine, esso veniva ad inserirsi con delle corto ed espanse fibre- tendinee sopra la capsula dell’ articolazione scapolo-omerale, sulla faccetta media del Irochitere. e sulla sua faccetta inferiore. Da ciò si vede che tanto f origine quan- to l’inserzione veniva esattamente a coincidere con quelle del muscolo sottospinoso e del piccolo rotondo quando sono separati tiva di loro, come suole essere nei casi normali. E da notarsi però che questa massa muscolare era innervata da due nervi ben differenti, fatto questo. di una fondamentale importan- za per l’interpretazione esatta, e cioè superiormente essa era aggredita nella faccia anteriore dal nervo soprascapolare e interiormente da un ramo speciale del nervo circonflesso. Ora si sa che questi due nervi, pur e.ssendo ambedue bran- che del plesso brachiale, son ben differenti l'uno dall’altro e per origine, poiché il primo è un ramo collaterale del plesso stesso e il secondo una delle sue liranche terminali, e anche ])or percorso. Sotto a questi due muscoli, ossia per dire più esat- tamente tra la superficie del piano osseo e la massa muscolare, vi era una ricca rete arteriosa, da cui la massa stessa era irrorata. Anche questa rete era formata da rami arteriosi ben differenti gli uni dagli altri. Infatti essa era costituita da quei rami dell’ arteria subclavia che i Francesi chiamano ar- tir DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL’ARTO TORACICO 87 teria scapolare superiore o soprascapolare, c arteria scapolare posteriore; c precisamente dalle ramificazioni sottospinoso della sopra scapolare, e dai rami terminali esterni della scapolare posteriore. Inferiormente poi concorrevano alla formazione della rete arteriosa delle branche dell’ ascellare, ossia un ramo po- steriore del ramo esterno della arteria scapolare inferiore, o numerosi rami collaterali della circonflessa posteriore. Da fpiesta descrizione facilmente si deducono i rapporti di un siffatto muscolo. Esso, ricoperto dal deltoide, dal cuculiare o trapezio, dall’ aponevrosi sottospinosa, e dalla pelle, veniva ad occupare intieramente la fossa sottospinosa e a ricoprire la lunga porzione del tricipite brachiale proprio nel punto dell’in- serzione alla fossetta sotto glenoidea deU’omoplata Inoltre, mentre alla sua origine era contiguo al muscolo grande rotondo o teres rnajoì-, e da questo separato mediante uno speciale setto fibroso intermuscolare, se ne separava poi dando luogo a uno spazio triangolare dalla base rivolta verso 1’ omero, per il quale spa- zio passavano la lunga porzione del tricipite, il nervo circonfles- so, e le arterie omerale e circonflessa posteriore. Dopo di aver descritto cosi il meglio che mi è stato possibile la riscontrata anomalia, vediamo anzi tutto quali autori 1’ ab- biano notata o in qual modo, e cominciamo dall’ esaminare dapprima i migliori trattati generali di Anatomia, e poi lo mo- nografie speciali del sistema e dello Anomalie muscolari. Frat- tanto non si trova cenno alcuno nell’ Hyrtl, e neppure nel- r atlante dcll’Heitzmann, nell’ Anaiomia del Fort e nella Miolo- gia del Drovvne che ho avuto occasione di consultare. Ne parlano però il Doaunis et Bouchard (pag. dl4); il Gegenbaur, il Quain 0 per meglio dire il Thane che ha scritto la Miologia di quel trattato (pag. 27); il Romiti (vol.I.pag.6.34); finalmente il Testut (vol.l.pag.857): che concordemente dicono non esser raro il ritro- vare la suaccennata fusione muscolare. Però mentre tutti costoro l’ammettono soltanto a combinazione, vi è invece il Cruveilhier, il quale dice addirittura (voi I. pag. 052), che « le petit rond morite à peine d’ètre distingue du sous-épineux, avec lequel il a été longtemps confondu (musculus peculiaris a nomine adirne annotatus, Spigel], et avec lequel je 1’ avais réuni moi mème • VALE>JTtMO BARN’AP.f) dans la première édilioii de cet ouvrage.» A me pare, con tulio il dovuto rispetto verso il celebre anatomico, die egli certa- mente esageri nel far rieniraro nel novero d^i falli normali ([Ilei pochi casi che, come vedremo dalle statisticlie, cosliluiscono delle vere anomalie, mentre riporterebbe addirittura ad anor- male il caso normalissimo della separazione dei due muscoli. Se ora noi veniamo ad esaminare ciò che dice il T.eliouble. il più autorevole trattato speciale d‘ anomalie muscolari, li-ovia- mo che (voi. II. pag. 13) « 1’ ahsence du petit rond a été signa- lée par Petit », e sulhlo dopo aggiutige che « il est permis de suppose!’., que les cas d’absence du petit rond.. ne sont que des cas de fusion de ce muscle et du sotis-èpineux. I)' autani mieiix que le petit rond et le sous-épineux sont assez souvent partiellement ou entièrement confondus. » Vediamo adunque (|uali sono le statistiche che abbiamo. Lo Sclnvallie e lo Pfit- zner nel loro layoro sulla statistica delle anomalie muscolari Importano la seguente: I. — 100. soggetti: 1(1 o lo <"asi li. — 189 » 31 0 1(),4 » III. — 102 » 19 0 11,7 » 11 Le Dotible ci dà invece qitesti altri dati: 2*23 soggetti : 28 (190 imaschi c 90 femmine) casi Da mie osservazioni, che dopo il caso presentatomi all' ospe- dale di S. Spirito ho intrapreso a questo riguardo, risulta: 16 soggetti : 1 caso (Questa statistica non giustifica davvero il dire che il muscolo ])iccolo rotondo sia nonimlrnenie appena meritevole di essere distinto, come dice il Cruveilhier ! Vediamo adesso quali siano i dati che ci fornisce V Anato- mia Comparata su questo argomento, e quali possano rischia- rarcene il significato morfologico. Anzi tutto troviamo tina cosa ben strana nel Sabatier (pag. .320) il quale, mentre dice che «le muscle petit rond des Mammifères est à la face ex terne du scapulum axial ce qu’cst à la face interne le sous-scaptilnire axial », soggiunge che «les muscles sus et sous-épineux ne doivent point ótre considérés comme detix muscles distincts. C’ est un seni et mème muscle, le sus-scapulaire, dont un DI TRÉ AN'OMALIE MUSCOLARI DELL’ARTO TORACICO 89 des iioinbreux intersiices cellulaires est occiipé dans une éiendue variable par une lamelle osseuse, 1’ épine scapulaire, qui ne se développe que tard, corame un plissement de la sur face exlerne du scapulum cartilagineux et sans point d’ ossification sp!’‘cial » Si vede quindi come i due muscoli che io ho trovati fusi assieme abbiano un significato ben diverso 1’ uno dall’ al- tro, e siano ben distinti tra loro come del resto lo prova il fatto deir innervazione loro lien differente. Tuttavia, mentre questa considerazione invece di spiegarci qualcosa, getta mag- gior buio nelle nostre ricerche, è da notare insieme col Sabatier che «il y a entro ces derniers rauscles des relations de mème gendre que cellos qui relient le rnoyen fessier à Tiliaque aléal » 11 Le Doulile poi ci la sapere che « M. Maisonneuve iT a pas trouvé trace du petit rond dans le Yespertilio nutrim'S) sclon jMacalister ce rauscle existe néannioins dans certains gendres de Chéiroptères II manque corame muscle propre dans les Célarés, les Boìifieiirs, les Marsiipiauip chez la plupart des Ccn'nassieì-^, dans le Mah/s, les Cercop/JJièqìfrs etc. » Queste ricerclie ci denotano che nei Mammiferi su larga scala questo muscolo piccolo rotondo può mancare, e ora per riduzione e trasformazione totale degli arti toracici come adattamento al- rambiente nel caso dei C'etacei, ora per riduzione di sviluppo di tutti gli organi come nei Marsupiali e negli Sdentati. Ma non poca importanza si deve dare a parer mio alla funzione di questi due muscoli. Si vede infatti come essi anche nell’ Uomo abbiano una perfetta comunanza di azione, che è quella di ruotare in fuori V omero, applicando nello stesso tempo la sua testa contro il fondo della cavità glenoidea dell’ omoplata. Concludendo, mentre si deve ritenere che il muscolo sottospi- noso sia ben distinto dal piccolo rotondo, cono c’ insegna r Anatomia Comparata contrariamente ancora all’ asserzione i del Cruveilhier; mentre si può ritenere come un’anomalia reversiva il fatto della loro fusione, tenendo conto dei casi di I Mammiferi in cui questa cosasi verifica normalmente; bisogna , anche tener conto che la fusione dello loro fibre carnose ora i parzialmente, ora totalmente come nel caso da me riscontrato, 90 VAr.ÈN’TINO BARVARf') deve mollo alla comunanza di azione e for.?e puro al i)Oco esercizio che in vita fu fatto di quesii due muscoli. La seconda anomalia dame risconli'ata è ben piti importanic di quella già esposta, e più diversamente interpretata da varii aulori. Pros'^guendo la mia dissezione dell' arto toracico di (ptella bambina, trovai nel braccio due muscoli tric'piii ossia uno posteriore, formato, come nei casi normali, dal muscolo vasto esterno, dalla lunga porzione e dal vasto interno, e uno anteriore, formato per caso anomalo dal bicipite composto di tre capi, uno lungo, uno breve e uno omerale, (jueslo muscolo infatti, come si può benissimo vedere dalla figura dal vero che riporto, riceveva un terzo capo soprannumerario, meritevole di esser ben precisato nelle sue origini e nella sua inserzione per non essere confuso coi molti altri casi di capo omerale del bicipite riportati dagli scrittori. Il capo omerale da me riscontrato si originava sulla taccia interna dell’ omero, subito al di sotto dell' inserzione inferiore del muscolo coracodirachiale, e al di sopra e un poco al di dentro del muscolo brachiale anteriore, con delle fdnre carnoso intramezzate da leggiere fdjre tendineo. Da una tale superficie d’ inserzione di circa 3 cm., questo fascio carnoso bene svilup- pato come quello della corta porzione del bicipite stesso, veniva a portarsi in basso e lateralmente in fuori, e a confonder le proprie fibre con quelle del bicipite stesso, a tre dita trasverse circa al di sopra dell’ espansione aponevrotica del tendine, e propriamente ancora sulle fibre carnose muscolari. Questo capo soprannumerario era innervato da un filetto nervoso che il nervo muscolo cutaneo, passando al di sotto di lui e al di sopra del sottostante brachiale anteriore, gli abbandonava sulla faccia posteriore alla riunione del terzo superiore coi due terzi infe- riori. Era poi irrorato da un ramo apposito fornitogli dall’ arte- ria bicipitale, branca dell’ omerale. I rapporti di questo capo omerale erano quindi i seguenti. Alla sua origine esso era situato tra 1’ origine del brachiale anteriore, l’ inserzione del coraco brachiale in modo anzi da 1 DI TRE ANOMAUE MUSCOLARI DELL’aRTO TORACICO 91 sembrare nell* insieme _im sol muscolo col coraco-bracbiale, il quale originandosi dal tendine della corta porzione del bicipite, fosse andato ad inserirsi sulla faccia interna dell’ omero, per poi tornare a riunirsi col bicipite mediante il fasno sopran- numerario. Esso quindi veniva a trovarsi al disotto della corta porzione e della porzione fusa del bicipite stesso, e al di sopra del brachiale anteriore e del nervo muscolo cutaneo ; interna- mente era in rapporto col vasto interno. Degno di nota era perciò il percorso del nervo muscolo-cutaneo o perforante del Casserio in questo soggetto, perchè esso, dopo di aver perfo- rato normalmente il coraco brachiale o muscolo perforato, si collocava neU’interstizio cellulare tra il capo omerale del bicipite e il brachiale anteriore, disposizione questa che si vede net- tamente nella figura, in cui è stato appositamente lasciato a sito. Trattandosi, come ognun vede, di un’ anomalia di grande interesse, riscontrata da molti autori in casi più o meno simili a quello da medescritto, come vedremo, ere lo bene di far pre- cedere all’ esame dei varii autori, una breve statistica sopra i casi in generale di capo omerale del bicipite stesso. Abbiamo quindi le seguenti cifre tolte dai trattali: Theile — soggetti 9 casi 1 Hallett » 15 » 1 Hervé » 10 » 1 M^ood >> 175 » 18 Quain » 100 » 10 M acali ster » 10 » 1 Gegenbaur » 10 » 1 Test ut: I » 105 » 11 » Il » 10 » 1 » III » 100 » 10,02 Sclnvalbe » 519 » 57 Le Doublé » 200 » 16 Media soggetti 126.3 casi 128,02 La statistica media dataci invece dal Le Doublé è di 105 casi sopra 1033 soggetti esaminati. Però tanto lo Sclnvalbe 92 VALEXTIXO BARN' Aitò come il Le Doublé ci forniscono dei dati statistici più esat e precisamente lo Scln\'albe ci dà Soggetti 100, casi 14 nomini da tutte e due lo parti » 100 » 10 donne » » 100 » 10 nomini a sinislr; ì soltanto » 100 » 17 donne » » » 100 » 13 uomini a destra soltanto » 100 » 4 donne » » E il Le Doublé ci dà i seguenli dati : nomini HO, t da ambo le parli » » 1 a destra soltanto » » 1 a sinistra soltanto donno 9i) 4 da ambo H parli » » O a destra soltanto » » 1 a sinistra soggetti 200 lo casi Finalmente da mie ricerco risulta; 29 soggetti, casi 1 da ambo le parli ; Da ciò si vede come fin da molto tempo si sia riscontrata ; dagli anatomici questa anomalia, la quale è tanto importante ■ da modificare del tutto il tipo normale di questo muscolo, di > esser composto cioè di due soli capi. Infatti se consultiamo anzi- : tutto i Trattati generali di Anatomia troviamo che vi accen- ! nano il Beaunis et Bouchard (pag. 33S)il Gegenbaur (pag. 44ti) j il Quain ( pag. 33), il Romiti (voi. I, pag. 037), e ne paidano (' diffusamente il Cruveilbier (voi. I, pag. 052), 1" Ilyrtl (pag. 345 j e 047), e il Testut (voi. I pag. 800) Anzi questi ultimi ne danno ’ , un’ esatta descrizione, ed è bene appunto vedere come essi ne ; parlano per ragioni che vedremo in appresso. Anzi tutto il O’ru- |- veilbier dice che: « Le chef surnnméraire est interne et naìt dii bord interne de rimmèrus, au-dessons du coraco-brachial, qu'on pourrait regarder cornine la continuation de ce faisceau, car il a } le nième volume et la mème direction. Ce faisceau se l’end ! au bord interne et à la face poslèrieuro du tendon inférieur du biceps. » Il Testut scrive che: « C est un faisceau aplati, tantùt volumineux, tantot fort gràie, situò au-dessous des deux DI TUE ANOMALIE MDSCOLARI DELL’ARTO TORACICO 93 porlions normales da biceps. 11 prend naissance soli sur riiumè- rus, entre le coraco-brachial et le brachial antérieur, soit sur la face aatérieure de ce dernier muscle. De là il se porte en bas et se termine sur le biceps, soit au niveau de sou tendon (dispo- sition plus frequente) soit au niveau de son corps charnu (dis- position plus rare) » Oltre a quesli autori ve ne sono molti altri che anno illustrato con speciali note o monografie questo caso, e mi sembra doveroso tenerne un conto scrupoloso ed esatto. Ma anzi tutto fin da quanto al)biamo visto fino ad ora risulta una osservazionte, che mi preme notare subito. Molti sono gli autori che parlano di capo omerale del bicipite, e molti sono i casi da essi esaminati ; però dobbiamo distinguere delle varietà del fascio soprannumerario che va sotto questo nome, le quali si distinguono e per la loro origine e per la. loro inserzione infei-iore, ossia per la varia loro riunione colle fibre del bicipite. (:luincli tengo a far rilevare che il caso da me riscontrato non è stato ritrovato che eccezionalmente dagli ('Sservatori più attenti, e che costituisce una rarità deH’anomalia già di per sè cosi importante. Ma questa mia osservazione risulterà più evidente dal confronto che farò adesso di ciò che dicono le molte monografie suH’argomento. Anzi tutto il Calori (pag. 441) descrive un fascio soprannu- merario «che ti si para davanti alla metà circa del lato in- terno del braccio destro di un uomo piuttosto muscoloso, il quale fascio muove dal legamento intermuscolare interno non che dalla fascia bracliiale che cuopre il tricipite, al cui capo lungo è aderentissima e si continua colla striscia aponeurotica di Halbertsma, la quale congiugne il tendine del detto capo lungo con quello del gran dorsale. Esso fascio recasi col bici- pite, attraversando obliquamente il fascio vascolo-nervoso bra- chiale, cui ricopre» Si vede facilmente quanto sia diverso questo caso da quello descritto da me, e ho voluto riportare testualmente le parole del Calori, perchè da altri autori è stata citata questa memoria in appoggio delle proprie opinioni, senza badare alla diversità di origine e di inserzione descritta dal Calori stesso. Anche il Cuyer ha avuto occasione di partecipare alla Societé d’ Anthropologie di Parigi un caso diverso alquanto dal' mio. 94 VALENTINO BARNABÒ perchè egli dice di aver trovato im fascio, il quale « preiiant uii poiut d’ iiisertioii par ses fibres profondes à la parile nio- yenne et interne du corps de riuitnérus aii-dessusde rinsertion supérieure du bi-achial antérieur renforce par ses fibres super- flcielles le bord antérieur du coraco-brachial. Kn bas il se confond avec rexpansion aponévrotique » (pag. 4(i7\ Parlando della spiegazione probabile di quest’anomalia, dirò allora come sia molto più facile la spiegazione di questo caso presentato dal Cuyer che nel caso descrilto da me. K pure mollo diirercn- te il caso di cui parla il Dtibreuil, che anzi è citato dal Calori stesso per far notare la diversità dell' ano. nalia, perchè egli i scrive di aver visto che « dans un seni cas la portion cliarnue { surnuméraire, recouvrant les dcux atilrcs, naissail en bas du tendon commun, pour s’insérer à la face interne et supérieure ' de riiumérus, au-dessus du coraco-brachial» (pag. 14:5). Si vede facilmente quindi che qui P oiàgiue era ben piti prossima- le ed erano pure mutati totalmente tutti i rapporti. In questo caso era anche molto interessante il tener conto di un tale ; fascio soprannumerario per P allacciatura dell'arteria omerale, I per cui appunto il Dubreuil ha notato P anomalia muscolare, j Ma di ciò io non mi devo occupare, volendo parlare solamente * della pure descrizione Anatomica e delle riflessioni fornite j dall’Anatomia Comparata. Il Chudzinski e P Hervé pure no- i tarono più volte dei capi omerali del bicipite, i quali però ; andavano tutti a confondere le loro fibre in basso con la faccia i profonda dell’espansione aponevrotica, disposizione questa che ! perciò risulta come la più frequente, e che si comprende fa- j cilmente come debba facilitare di molto P azione del muscolo j bicipite stesso. Il Le Doublé, raccogliendo coscienziosamente I tutte le osservazioni degli scrittori, dichiara che questo fascio «se terminait tantòt sur le tendon (disposilion fréquente), tanlòt sur le corps charnu (disposilion plus rare), tantòt sur P expansion aponévrotique du biceps (disposition excessivement rare) » (pag. ) 38 e segg; voi. IL), trovandosi in ciò perfettamente d’ accordo t con quello che dice il Test ut nel suo «Traile d'Anatomie », come t abbiamo visto. Per altro mentre il Le Doublé giudica bene comd più frequente la terminazione sul tendine, e più rara ' DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL’ ARTO TORACICO 95 quella sulle fibre carnose erra secondo me nel dire « excessive- ment rare » l’ inserzione sull’ espansione aponevrolica. Infatti nell’ esame fatto fin qui dei vari casi riferitici, abbiamo visto che una tale disposizione di cose era stata ritrovata per- fettamente e con frequenza dal Cuyer, dal Chudzinski e daH’Hervé, e venne pure trovata dal Testut nel suo secondo soggetto esami- nato, come vedremo di qui a un momento, e abbiamo anzi concluso più sopra col dire che questo, insieme coll’ inserzione sul ten- dine, ó il caso più frequente notato dagli autori. Ora il Testut jiresentò alla Societé d’Anthropologie de Paris cinque casi che giova rammentare fp.238) per le varietà di questo fascio omerale. In un primo soggetto il capo omerale, originatosi sulla faccia interna dell’ omero s’ inseriva sulla faccia profonda del tendine bicipitale; in un secondo, nato pure dalla faccia interna del- r ornero, s’ inseriva tanto al tendine come alla sua espansione aponevrotica: in un terzo, sorto dall’origine del muscolo brachia- le anteriore si confondeva col tendine radiale del muscolo; in un quarto si estendeva dalla faccia anteriore del bracliiale an- anteriore fino al tendine infei'iore del bicipite ; e finalmente in un quinto soggetto dal Ijrachiale anteriore s’inseriva tanto aH’apodsi coracoide come al tendine bicipitale. In fine ancbc Thébault ebbe occasione di osservare «un faisceau se délachant du corps charmi et se rendant au brachial antórieur » ( pag. 286 ) Concludendo si può dire che il capo omerale del bicipite può presentarsi con queste varietà: e che il caso da me ritrovato a S. Spirito appartiene alla IV varietà, la meno facile di tutte a riscontrar-si. Se ora noi vogliamo dare uno sguardo all’ Anatomia Com- parata per vedere se nella serie degli animali si può ritrovare una condizione di cose simile a quella del caso anomalo uma- no, dobbiamo anzi tutto notare che il muscolo bicipite corri- sponde a quello che il Chauveau chiama coraco-radiale, e il Cuvier « long fléchisseur de T avant-bras » Per procedere con inserzione ; libre cainose bicipite » e.-^pansìone aponevrotica » tendine bicipite » fibre carnose bicipite 11 Ilt IV V VI taccia interna deli’ omero; tacca interna superiore omerale; taccia interna otuero; faccia interna omero; m. brachiale anterioi e; temi ne bicipite temi ne bicioite 96 VALEXTIXO BARN'ABÒ ordine esaminiamo i trattati di Anatomia Comparata. Il Cliau- veau (pag. 321) ci dice che nel Porco, nel Cane e nel Gatto il coraco-radiale aU'estremità inferiore s' inserisce alla tiiherosità Incipitale e con un piccolo tendine verso la base dell' olecrano; mentre nel Dromedario si hanno in basso soltanto due fasci, uno per il radio, 1' altro per la tuberosità bicipitale e per il corpo del muscolo estensore anteriore del metacarpo. Ed egli non ci fornisce altri dati che possano servi'-ci di piti. È bene però lin d’ora notare che (|uesto muscolo, mentre all' estreuiiià superiore tende ad essere unito, ha invece una marcata tenden- za a dividersi aU’estremità inferiore. 11 Cuvier ci fornisce mag- giori dati, perchè, mentre dice '(png. 150) che « dans les Repiiles il y a un seni chef (Grenouille) » dice pure (pag.MS) che « la téle corachoidienne de ce muscle est reprèsentèa dans Pours par ime petite languetto que lui fouriiit le coraco-lirachial » Ecco di già una connessione del muscolo coi muscoli vicini ; ma vi 0 di più: «dans les (hiseaux le long tièchisseur a ime attaclie corachoidienne tendineuse longue et ime humèrale très courte sous la tubérosité inférieure. » (Questo sarebbe un dato impor- tante, tanto più die 1’ Alix dice che vi c un fascio paragona- bile al capo femorale del bicipite crurale, e che egli chiama « téle humèrale du biceps » distaccantesi al di sotto della tu- berosità interna, sulla faccia anteriore omerale. àia il Sabatier distrugge questo fatto, dicendo die « celte prétendue inserlion du biceps sur 1’ humèrus n'est qu' un nouvd exemple remarquable de muscle incomplètemenl interrompu. » A me manca la possibilità di accertarmi quali delle due opi- nioni sia la vera riguardo al capo omerale preteso negli Uccelli; perciò bisogna che mi rimetta ad accettare verosimilmente ciò che dice il Sabatier, come quegli che è di molto posteriore al Cuvier e anche all’ Alix. àia se il Sabatier ci vuol distruggere un tal punto di appoggio, d’ altra parte ci viene in aiuto, fa- cendoci sapere che « chez les Amphibiens Urodèles, chez la Salamandra maculosa en particulier, le biceps.. se confond au niveau du bras avec un faisceau musculaire naissant de la face antérieure. de 1’ humèrus et va avec lui s’ insérer sur les deux OS de r avant-bras. » DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL* ARTO TORACICO 9f Anche neW Ratte ria il Sabatier trova « des adhérences à la tubérosité humérale » per mezzo del tendine, e anzi che nei <■< Charaaelèoakles le chef cubital s' unit généraleraent avec le brachial inférieur on huméro-antébrachial, qu’ il récoiivre » e che nei Coccodrilli al tendine « fait suite un muscle plat qui s' unit inférieurement avec le muscle brachial inférieur. » Queste sarebbero tutte disposizioni che pur non coincidendo esattamen- te col capo omerale umano, fanno bensì vedere ancora meglio la tendenza del muscolo alle connessioni e alle suddivisioni. Del resto una tale unione si ritrova anche nei IMarsupiali, nei quali « le tendon du muscle extcrno s’ unit à celiti du brachial antérieur pour aller s'insórer ensemble à la face antérieuro de l’ex- trémitè proximale du cubitus. » Il Filrbringer poi osservando come nei Sauri si abbia un lùcipite con inserzione nel solco intertubercolare dell’ omero, l’omologo della doccia bicipitale umana, nota che nei Mammiferi soltanto per la prima volta appare una corta porzione originata dal coraco-brachiale e posta in fuori della doccia lùcipitale stessa, osservazione questa che a me sembra della massima importanza. Gunther ci dà un dato ancora più importante dicendo che aeW Ha Ite ria «le muscle biceps serait composè de detix muscles entièremeut sè[)arés: le premier interne, naissant du bord sternal du coracoide s' insércrait sur rextrérnité supérieure du culùtus et représen- terait la courte portion du biceps humain; le second, externe serait Thomologue de la longué portion de ce mème biceps, et s’ insércrait sur 1’ extrémiti- supérieure du radius; son origine supérieure présenterait ceci de remarquable qu’elle aurait lieu sur la grosse tubérosité de I humérus.» (Sabatier) Ecco un nuovo caso evidente di inserzione omerale del bicipite. Però tutto ciò è in generale sul muscolo e non si riferisce strettamente al caso da noi cercato. E coloro i quali hanno avuto a descrivere un caso omerale del bicipite, c no hanno cercato anche la spiegazione, hanno parimenti consultato rAnatomia Comparata trovandovi dei dati più chiari e piti sicuri di quelli che siamo venuti esaminando sino ad ora, e che secondo me sono utili a ricordarsi per formarsi un’ idea chiara dello variazioni di questo muscolo nella serie Zoologica. Il Chudzinski di gi;'i ci Bulletiino della Società Zoologica Italiana 7 98 VALENTINO BARNABÒ dà delle notizie positive; egli dice (pag. 16), che « chez les Edentés, chez le talon, la lóngue portion est très developpèe; elle regoit un fais''eau beaucoup rnoins developpé du muscle coraco-brachial. » Questo veramente non è che un caso parti- colare di fascio soprannumerario, e non precisamente rpiello che a rigor di termini si chiama capo omerale. Però egli soggiunge che « chez Vai., la courte portion nait de rhumérus. Il y a toujours deux chefs chez tous les singes et mème nous avons vu deux fois chez les orangs le troisième l'aisceau ou laisceau humèral. » Questa ultima disposizione degli Aniropo- morfi e dei Quadrumani, che è confermata anche dall' llervf', dal Le Doulile il quale anzi l'ha ritrovata oltre che nelPorango anche nel gibbone, e ilal Thèbault, che dice trovarsi pure nel . gorilla, può per altro non aver che valore di un' anomalia, poiché non è detto da alcuno che vi si ritrovi sempre normal- mente, ma solo che vi si è trovata (lualche volta. Xon deve poi meravigliare il ritrovare una anomalia umana anche negli Antropomorfi, data la stretta parentela di struttura anatomica che esiste tra essi e l'romo. Secondo me adunque bisogna ac- cettare una tale osservazione tenendo conto come di un'anomalia ; l’eversiva, che ci spiega alquanto ranomalia umana, ma non del tutto, giacché bisognerebbe venir poi a spiegare il caso | degli Antropomorfi, immettendosi quindi in un circolo vizioso. ■ Riguardo anzi al gibbone, l’Hervè dice che «la courte portion i au lieu de se rendre à V apophyse coracoide s' insére sur le ' tendon du grand pectoral » e riporta poi dai suoi appunti par- ticolari presi al corso di Antropologia del Broca il seguente . passo; « ce court chef étant représenté par un faisceau (gie i s’attache à rhumérus et à l’aponévrose intermusculaire interne » .« Come ognun vede quest’ asserzione del Broca é di un’ impor- 't tanza indiscutibile, perchè cosi ci viene a provare che il caso ji di quest’ anomalia neH’uomo non è che 1’ omologo normale del j gibbone. 11 Rapp poi ha trovato ancora questo fascio omerale I nella Myrìnecophaga tarnandra, il Macalistcr nel Rhinocheros, j' arphricanus e in alcuni Chirotteri; 1’ Humphry nell’ ai come il j Chudzinski, e nella Phoca communis, e il Testut anche nell’orso | come il Cuvier. Concludendo, da tutto ciò che ci forniscono gli I I DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL'ARTO TORACICO 99 studii di Anatomia Comparata, si può dire che il caso del fascio omerale dell’ uomo trova riscontro in casi normali di molti animali, e in casi anormali di Antropomorfi. Un’ultima cosiderazione molto importante dal punto di vista etnico co Toffre il Ghudzinski, il (piale dice die « trcs fréquemment nous avons VII la présence d’un troisième chef ou chef huméral dans la race de couleur » e anzi nella Revue Anthropologi([ue ne ha descritti otto casi in individui di razze nere. IMettendo ora in relazione la maggior frecpienza dell’ anomalia nelle razze nere che in (pielle bianche, colla fre(pienza del caso anomalo degli Arilropomorfi e del caso normale del gibbone e degli altri animali inferiori si viene a concludere che realmente vi dev’es- sere una connessione in favore dell’ opinione, -che si tratti di una anomalia reversiva. (Riesto fatto poi ha grande importanza secondo me pure per stabilire un’inferiorità delle razze di colore sulle bianche, (juantumpie 1’ Hervc voglia dire che « au point de vLie eihnirpie cetto anomalie n’a pas à ce qu’il semble, ime signification tròs importante, puis([ue, quòique plus frequente dans les races noircs, elle se retrouve souvent aussi dans les races blanches ». E questa deirilervó una ragione sutiiciente e seria per escludere davvero questa importanza ? A me pare di nu, perchè in questo modo egli puro potrebbe venire a con- cludere che l’anomalia non ha alcuna importanza neppure dal punto di vista reversivo poiché, ((uantimque più frequente negli Antropomorfi e noi Mammiferi piti bassi, pure si ritrova spesso anche nell’ uomo ! ! Corno può dunque egli stesso, ragionando a fil di logica, dire che « je penso dono que le chef huméral du biceps de 1’ hornrne constitue peut otre une disposition ré- versive ?» E ciò basti a questo riguardo. Adesso che abbiamo descritto l’anomalia nei suoi varii aspetti, I ci si può domandare naturalmente (jualo significato morfologico I e.ssa possa avere. Una tale domanda che si sono rivolti tutti ! coloro ai ([uali si è presentato il caso dell’ anomalia, ha rice- j vuto delle risposte cosi varie e ha dato luogo a tali numerose ' discussioni, che mi pare sia necessario esaminare più chiara- 1 mente possibile queste varie opinioni prima di poter dare un I giudizio sicuro e sereno. Anzi tutto colpisce una strana spie- ! 100 VALENTINO BARNABÒ gazione data dall' Hyrtl in proposito, ma per comprenderla esattamente, mi sembra sia utile ricordare brevemente il de- corso normale del nervo muscolo-cutaneo, a cui io ho più sopra soltanto accennalo. (Questo nervo, cbiamaio anche perfaranU’ del Cause rio, appartenente al plesso In-acbiale. si distacca dalle radici esterne del nervo mediano nel cavo ascellare con delle fibre provenienti dal V e dal VI nervo cervicale. I>i là si dirige in basso e in fuori, incrocia il tendine del muscolo sotto-scapolare, perfora nel lato interno il muscolo coraco-bra- chiale o perforato, si dispone tra il bicipite e il bradbale anteriore e alla piega del gomito perfora T aponevrosi super- ficiale per ramificarsi nella metà esterna della pelle deH'avam- braccio. Durante questo tragitto esso fornisce una prima branca al coraco-bracliiale, una seconda al bicipite, e una terza al bra- cliiale anteriore; finisce poi col dividersi in una branca termi- nale posteriore e in una anteriore aml)edue sottocutanee. Ciò nel caso normale. Ora FHyrtl dice (pag. 3f5): «Questo fascio muscolare è cosi analogo al suddetto tiracliiale per la direzione delle fibre, che io lo considero come una porzione distaccata di questo muscolo, opinione convalidata dal fatto della straor- dinaria piccolezza del brachiale anteriore ({uando esista il sud- detto terzo capo. La deputazione comune del bicipite c del i brachiale come flessori dell’ avambraccio permette tra loro (juesto ricambio di fibre. Inoltre io bo fatto rimarcare che la esistenza di questo terzo capo coincide con un' anomalia nel | cammino del nervo brachiale cutaneo esterno, il (piale, invece ^ di sdrucciolare tra il bicipite e il brachiale anteriore, passa tra ■. le fibre di quesfultimo, e cosi ne separa un fascio il quale si ricongiunge col bicipite. » E per avvalorare una cosi strana ; supposizione egli dice poi (pag. 647) ; « in rare occorrenze il '( brachiale cutaneo esterno non solo perfora il muscolo coraco- jl brachiale ma anche il brachiale anteriore. In (juesto caso una porzione di questo muscolo gli corrisponde innanzi, 1’ altra i porzione lo ricuopre indietro e sempre la porzione anteriore ò meno voluminosa della posteriore. Una serie di preparati da me eseguiti lascia osservare che la porzione del brachiale an- teriore che resta innanzi del nervo si stacca e si emancipa DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL’aRTO TORACICO 101 dalla porzione posteriore, in modo da rappresentare un terzo capo del bicipite con inserzione al tendine di questo muscolo». vSemljra strano che una tale opinione possa essere quella del celebre professore di Vienna ! Anzi tutto come mai si può dedurre un fatto di parentela tra due muscoli soltanto per il fatto della comunanza di direzione nelle fibre? ÌMa se noi esa- miniamo anche superficialmente un cadavere vi troviamo un’in- Unità di questi 'esempii, specialmente negli arti, come i varii muscoli epitrocleari dell’avambraccio, il pettineo e gli adduttori della coscia, i tre glutei dell’ anca, ecc. ecc. E bisogna quindi dire perciò che il grande palmare, il piccolo palmare, il flessore del pollice, il flessore superficiale, il flessore profondo delle dita siano tutti varii fasci di un muscolo solo; che il pettineo, il I, il li, il III adduttore siano un muscolo solo, che i tre glu- tei non formino che un’unica massa muscolare? Per di piti da nessuno degli autori che hanno des 'ritto P anomalia, e neppure da ine, è stata notata una « straordinaria piccolezza del bra- chiale anteriore»; anzi nel mio caso era sviluppato come di solito e non presentava alcuna particolarità rilevabile. L’Hj-rtl verrebbe quindi a credere che il capo omerale del bicipite non sia altro che una specie di anastomosi tra i due muscoli, se mi si permette l’espressione. Ciò potrebbe anche essere ( sempre colle debite riserve ) nel caso dell’ origine del capo omerale sulla faccia anteriore del brachiale anteriore, e nel caso in cui alla sua origine il capo in questione manda delle libre carnose a con- fondersi con quelle del muscolo ‘sottostante; ma quando invece esso nasce proprio sul piano osseo, senza nessuna relazione col brachiale all’ infuori del rapporto topografico, come può spie- gare l’Hyrtl in ([uesta maniera ? trinando poi egli vuol valersi del tragitto del nervo per la spiegazione di questa specie di emigrazione e di emancipa- zione (!) muscolare, allora egli va addirittura contro ai fatti e contro ai dati fornitici dall’ Emliriologia. Infatti, quantunque una simile disposizione di cose sia stata osservarla dall’ Hervè, dal Le Doublé e dal Testut in 0 casi, e anche da me, come si può benissimo vedere nell’ annessa figura in cui è stato ai>- posta lasciato in sito il nervo; pure il Calori e il Testut in 5 102 VALFNTIXO P.ARN'AP.ò altri casi hanno trovato clic il nervo « sui vani en ce point san trajet norinal, passait en avant dii clief hutiiéral on niàme ne contractait avec le dernier ancnn rapport de contiguVtè » E sono appunto i cinrine casi del Testut, dei (inali ahhiamo più sopra parlato. Ma vi è un'altra circostanza che è contraria all’ Ilyrtl, ed è il fatto riscontrato dairilervc di un secondo capo omerale piti piccolo posto al di sopra di quello da tutti descritto, e precisamente- di lianco al coraco brachiale. Ora r Hervè stesso dice e con molta ragione: « le nerf musculo cutam' se comporte e.vactement à l'c’gard de la moili(‘ inhh’ieure du petit chef surnuméraire cornine à Tègard dii clief humé- . ral: il est situò à sa partie postòrieure. » Notiamo adumiue che ò esattamente la disposizione dell’ Ilyrtl questa. « 11 ne viendrcà pour cela à 1’ idèe de pensee de rattacher le petit chef surnuméraire à un antro muscle qu'au l>iceps; il n'i'st pas douteu.x un moment quo ce chef étendii de riiumòrus au long fléchisseur de 1’ avant-hras appariienne au hiceps et seulemeht au hiceps. » (Questo è chiaro: a (piale altro muscolo r Ilyrtl lo potrebbe aggregare per la direzione delle fibre, per la comunanza di azione e magari per il passaggio del nervo ? Forse al coraco-Iirachiale? «Pourquoi donc en irait-il autrement du chef lui méral élendu, lui aussi, de riiumòrus au hiceps?» Que- sto a me sembra di una evidenza indiscutibile, senza alcun dubbio. Per di più vi è da aggiungere che non si può davvero dire che un ; nervo soltanto per il fatto che attraversa un muscolo abbia il potere di dividerlo in due muscoli distinti, come fa rilevare anche > il Testut. E rilervò dice anche di più: «il faudrait donc consi- Ù dòrer cornine muscles distinets les deux faisceaux en lesquels 1 se decompose notre petit chef surnuméraire, divisò par le y passage du musculo-cutanò ?» E io per conto mio aggiungo: si deve pure considerare come due muscoli distinti i due |i fasci del coraco brachiale il quale viene pure perforato dal | muscolo cutaneo? Come si vede ciò è assolutamente contrario f a qualunque idea in proposito: bisognerebbe anzi ammettere I che questo fortunato nervo poiché perfora il coraco-brachiale, j il piccolo capo soprannumerario di Ilervé, e secondo Hyrtl an- i che il brachiale anteriore, avesse la proprietà di esser fatale j DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL ARTO TORACICO 103 per tutti i muscoli a lui vicini, dentro ai quali s’intrometterebbe per il gusto di dividerli in due!! Ma vi è un’obbiezione ancora più forte, ed è quella embriologica. Il nervo ha un tragitto anomalo soltanto perchè è anomalo il muscolo, ed è la conse- guenza e non la causa dell’ anomalia, come dice bene il Le Doublé. L’ Hervè spiega molto chiaramente il fatto: « Le tissu musculaire étant encore à 1’ état embryonnaire, des flbros et des faisceaux s’y sont développés en arcière, en avant et toiit autour du nerf, englobant ce dernier par ime certaine longueur de son parcours, et lui ménageant une sorte de canal que le nerf semble ainsi s’ètre creusé dans la masse mème du muscle. » È dunque una sorta di manicotto, mi si permetta l’espressione, quello che il tessuto muscolare fa intorno al nervo. Da ciò si comprende bene quanto erronea e inammissibile sia la spiega- zione dell’Hyrtl ! Senza contare che nessuno scrittore di Anato- mia Comparata registra un fatto di brachiale anteriore che s’inserisca sul bicipite normalmente nella serie Zoologica. Esclusa cosi l’ ipotesi dell’ HyrtI, resta a vedere quali altre spiegazioni diano gli autori. Abbiamo già visto che l’Hervé dice: « que le chef huméral du biceps de 1’ homme constitue peut- ètre une disposition réversive dont le gibbon nous présenterait l’homologue normale. » E questo stesso concetto di un’anomalia reversiva è appoggiata dal De Doublé, dal Thébault, e dal Testut, il quale anzi aggiunge: « pour moi dénote une tendancc manifeste du muscle à s’insérer sur 1’ os externe de 1’ avant- bras, disposition realisée à 1’ état normal chez le mouton, le chevai et le damau » e che io esaminando i dati deil’Anatomia Comparata ho fatto pure rilevare. Per concludere da tutto ciò che io sono venuto raccogliendo ed esponendo su questo capo omerale del bicipite mi sembra risulti manifesto che si tratti realmente di un’anomalia reversiva senza andare ad ammettere un’ ipotesi come quella dell’ Hyrtl, la quale, basata sopra un rapporto anatomico variabile e sopra un dato falso embriologico, non ispiega nulla e anzi complica moltissimo la spiegazione. Per di più il fatto del ritrovarsi questo caso più frequentemente nei negri e negli Antropomorfi, e il ritrovarsi normalmente nei Mammiferi più bassi, mi sembra appoggi maggiormente 104 VALKNTIS’O BAKKAB.’) la mia opinione, rpiando anche si tenpra conto che sopra imo stesso soggetto io ho avuto a riscontrare due anomalie e tutie e due si devono raccòglierò nel gruppo delh’ anomalie reversive. Nel fare delle ricerche anatomiche per rilevare dei dati sta- tistici suiranomalia suesposta di capo omerale del bicipite, mi i .sono indiattuto in un’ altra anomalia di questo muscolo sopra il liraccio destro di un vecchio, e che brevemente desidero esporre come appendice alla mia relazione. Come si può vedere dalla mia terza figura, si aveva anche in questo caso un muscolo bicipite con tre lasci: ma non si poteva però parlare di muscolo tricipite perchè non era che il fatto di una divisione della lunga porzione in due fasci : Ecco come il muscolo era dunque costituito. Il capo breve si origi- nava normalmente all’ apotìsi coracoide, dava luogo al tendine ^ del coi‘aco-l)rachiale, e poi si riuniva colla porzione carnosa i della lunga porzione. Questa originatasi con un sol tendine, come nei casi normali, dalla cavità glenoidea dell' omoplata, si. i presentava divisa in due fasci di eguali dimensioni, uno interno ) e l’altro esterno, subito a due dita trasverse al di sotto del- t l’uscita del tendine dalla capsula articolare e ancora sul tendine i stesso. Il fascio interno veniva poi a riunii'si col capo breve, e | il fascio esterno si portava addirittura sopra il lendine inferiore t a livello del suo inizio. Tra i due fasci esisteva un setto fibroso i intermuscolare l)en sviluppato, che mi ha permesso di sepa- i-arli servendomi soltanto della divaricazione colle dita senza ; adoperare neppure il hi&lorìj. Si vede facilmente che in questo t caso i rapporti delTintero muscolo non erano perciò per nulla ' ' cambiati dai casi normali. Ora una simile anomalia dev’ esser ben distinta dal fascio Ji soprannumerario a cui accennano il Beaunis e Bouchard e il i 'l’estut, il quale fascio si origina dalla capsula scapolo-omerale | e non dal tendine della lunga porzione bicipitale. Deve anche j esser distinta dal caso presentata da W.Gruber, di « un faisceau ! i musculaire qui naìt du sommet de la cavitò glénoide avec le i 1 DI TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELI/ARTO TORACICO 105 fondon de la long’ue portion, sort avec lui de la capsule ar- liculaire après avoir contourni' la lAte de V liumérus et. se termine sur le corps de V hurnèrus en dedans de la coulisse Ijicipitale, au-dessus du bord supèrieur du grand dorsal. » (Le Doublé) Il caso da me sopra descritto non è invece notato ne dairileitzinann, nò dal Fort, ne dal BroAvne, nè dal Quain, nò dal Oegenbaur, nè dal Testili, nè dal Curveilbier, e nepjmre Deaunis et Bouchard. Vi accenna soltanto il Uomiti, dicendo che « il capo lungo può esser doppio », e il Le Doulile, il quale dice che « Moser (Ardi. voi. Adii, pag. 227) a rencontré et j’ai rencontré moi-mème (cà droite, sur un colon de Methay) la longne portion doublé. » Da ciò si vede che il caso è stalo ritrovato soltanto qualche rara volta, e che costituisce uiTano- malia molto rara a riscontrarsi. Come dato statistico si può ritenere; 29 soggetti: casi 1. Anche la spiegazione non è facile a darsi, poiché dall’ Ana- , tomia Comparala non si può saper nulla che serva perriscliia- rarci un poco, e soltanto il Le Doulde emette l’opinione che «ces anomalies sont pour moi la conséquence d’un trouble embriogé- nique qui fusionne plus étroitement ou moins étroitement les I f[uatre chefs qui composent le long tléchisseur de Tavant-bras» nella serie animale. Mentre questa è la spiegazione più plau- ' sibile che ci si offre, non posso lare a meno di osservare che ' nel mio caso in cui i due fasci della lunga porzione erano talmente divisi da non presentarsi che uniti al tendine superiore, il e anzi soltanto nel tragitto intracapsulare, e in poco tratto del tragitto estracapsulare, e al tendine inferiore, bisogna ammet- '• tere che il « troulile embriogénique » debba essere stato molto ;} grave e duraturo. Secondo me bisogna tener conto anche del ti fatto che trovandosi cosi suddiviso il muscolo bicipite ne veniva ■ facilitata di molto l’azione, e cosi dare una certa importanza I allo sviluppo muscolare notevole di quel soggetto. I Gennaio 1902. VATENTINO BARS'AHÒ 106 OPERE CONSERTATE R Beattxis et Rouciiari) — Xouvonnx ElciiìPnls d'Aììatoinio pAscriptive — Paris, 1S9R 2. Hianchi — Ro Sperimentale — agosto 1880. 8. Eroga — Cours d’ Antliropologio (Notes) — lS7i)-80. 4. Calori R. — Delle anomalie più l'rei|uenti di ossa, vasi, nervi, ecc. — Meni, dell' .\ccademia dello Scienze di Bolo- gna, 18()8. 5. CiiAEVRAiT A. — Traitè d'Anatomie Gomparée des animaux doniesliques — Paris, ISOi). 6. CiiUDziNSKi Tii. — Variaiions musculaires dans les races liumaines - - Móni. Soc. Anthropol. Paris, 180S. 7. — Revue Antliropolog-i(|ue, 1882 tome V. 8. CiiRVEiLiiiER — Trait(' (T.Vnatomie Desci-iptive — Paris, 1877. 1). CtJYER En. — Anomalies musculaires — Bullet. Soc. An- tliropol. de Paris. 1893 Tome IV. 10. CuviER G. — Regons d’Anatomie Comparèe — Paris, 1837. 11. Derirrre — Soc. de Byologie de Paris, tome V. n. 19. 12. Dubreuil — Des anomalies arterielles — Paris, 1847. 13. Froelicii N. — Bullet. Soc. des Sciences de Nancy, 1891. 14. Gegexbaur C. — Traité d’.Nnatomie Humaine — Paris, 1889. 15. Hervè G. — ■ A'^ariations corrèlatives — Bull. Soc. Anthropol. Paris 1889. 16. — .Anomalie du Inceps — Bull. Soc. Anthropol. Paris 1883. 17. Humphra’ — On thè Myology of Oricteropus capens’is and Phoca communis — .1. of. Anat. a. Phys., mai 1808. 18. — J. of. anat. a. Phys., nov. 1809. 19. Hyrtl — Trattato di Anatomia — Milano. 20. — Oest. Zeitschrifft tur prakit. Heilkunde, 1859 n. 28, 21. Re Doublé. — Traité des variations du système musculaire de THomme — Paris, 1897. 22. Macalister. — ■ Catalogues of muscular Anomalies — Transact, of Accad. 1872. r DÌ TRE ANOMALIE MUSCOLARI DELL’aRTO TORACICO 107 23. — On Ihe flexor ni. of thè Vertebrale limbs — J. of An. a. Phys 1803. 21 Martixs Ch. — Comparaison clos merabres cboz l’ Ilomnie et les Mamraifères — IMéra. Accad. Sciences IMonlpellier 1857-02. 25. Meckel — Anatomie Coraparée — tomo A'I. 20. Moser — Archi ves A"ol. A^III. 27. Petit — Mèm. Accad. royale des Sciences — Paris 173.?. 28. Quain. .T. — Trattato di Anatomia Umana — Thane G. I). Apologià — Milano. 20. Rape. — Anatomische Untersucliungen iiber die Edentaten. 30. Roaiiti — Trattato di Anatomia deH’Uomo — Milano. 31. Sabatier a. — Comparaison des ceintures et des membres dans la sèrie des AMrtébrés — Paris et Montpellier, 1880. ; 32. ScHAVALBB uxD Pfitzxer — A'arietaten Statistick und An- i thropologie — Alorpliologiscbe Arbeiten — Jena, 1804. i 33. SouLiGOUx — Bullet. Soc. Anatomie de Paris, 1805. ; 34. Strutiiery — References to papor in Anat. — Edimboiii*g, i 1880. 35. Testut Leo. — Traitè d'Anatomie Humaine — Paris, 1001. I 30. — Anomalies musculaires chez l’Homme expliquèos par l’Anatomie Comparèe — Paris, 1884. 37. — Note sur la signifìcation dii Chef humòral du biceps. Bullet. Soc. Anthropol. Paris 1883. ! 38. Tiiébault — Anomalies du biceps — Bull. Soc. Anthrop. j Paris, 180.'). ; 30. A'ogt C. et Young E. — ■ Traitè d’ Anatomie Comparèe ; pratique — Paris, 1804. i CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA nEiI.EPIIlUTTERI ITALIANI COMPILATA par cura del Coimn. FORTUNATO KOSTAONO Consigliere della Società Zoologica Italiana {Confinuazione: vedi Fase. III. 7 r, T, e VI. Serie JJ, voi. 77, X, 1001). f . I Tribù XX\ I - Caradrinidi Tribù XXVII - Noctuìdi Genere Genere Genere TriVin XXVIII - Ortosjdi Tribù XXIX - CoSMiDl Segue: Legione II — Eteroceri \ ì Sezione HI \ Divisione I — Macroete- I Nottue, roceri. Genere Gencr Tribù - XXX Adentdi Tribù - XXXI Xylimidi I — Grammesiti u ^ A cosmei/ti III — Caradrhui I — Kiisìna II — Agrotis , ni — BoUtobìa \ — PanoUs ! II — Taeniocnmpa IM — Pachnobitì IV — Dyschorista ’ V — Orih‘}SÌa \ VI — (h'rhodì'a \ii — Scopelòsoma ■ t vin — Ifoporiua ■ J IX — Xiinthia ' X — Hìptelìa XI — Cirroeditì Xii — MesogOfin I — Plastenis il Il — Calymnia in — Costnia IV — Dicycla , 1 — Dianthoecia • Il — Metopoceras , in — Ammoconia , IV — Politi V' — Epitnda VI — Clcoceris | VII — Valeria « Vili — Miselia | IX — Chariptera X — Trigonophor\ XI — Habry7ttis j Xii — Brotoloìuia ' xm — Knplexìa i XIV — Polyphaenis \ x\’ — Thecophora \ XVI — Dryobota ! xvii — Dichonia | XN'iii — Hadena XIX — Trachea 1 XX — ilyppa XXI — Jaspidiii Genere 1 — Lithocampa li — Xyhcampa m — Cloatiiha IV — Calocampa \ — Xylina \‘i — Cucullia VII — F.pituecìa Vili — Omia IX — Cleophana' i X — Calophasia Legione II Divisione I roceri. i ! I i 1 CLASSIFICAZIONE Lteroceri Macroete* ( Sezione III Nolele descrittiva dei lepidotteri italiani 109 1 Iribù XXXI I . Elio'i IDI ^ Genere ( : 1 — Anarta Il — Melìaca HI — Heliothls IV — Chariclea 1 Tribù XXXIII - Acontidi ^ Genere ( : 1 — Agrophila Il — ^anthodes in — Acontia IV — Metoponia I Tribù XXXIV - Erastredi — Genere 1 — Er astria Tribù XXXV - Antofìlidi ^ Genere I — Thalpochares li — Metoptria Tribù XXXVI - Falenoidi — Genere T — Brepho% Tribù XXXVII - ERiorior — Genere 1 — Eriopus Tribù XXXVIII . Euripidi — Genere I — Eurhipia iribù XXXIX - Pf-ACODIUI — Genere I — Telesilla Tribù XL - Plusiui — Genere 1 — Elusili Tribù XLI - Calpidi — Genere 1 — Calpe Iribù XLII - Gcnopteridi — Genere 1 — l^coliopteryx Tribù XLI II - Anfìfikidi ^ Genere 1 — A mphipyra n — Mania ( » IH — Noenia 1 Tribù XLJV - Toxocarrpidi ^ Genere ( : I — Sp{niher( ps Il — Tùxocampa III — Exophila IV — Eccrita iribù XI, V - Stiluidi — Genere 1 — Siilbia iribù XLVI - Ca TEPIDI ^ Genere ( : 1 — Catephia u -• Aitophia IH — Aedia Tribù XLVIl - Do.mlidi — Genere I — Leucanitis Tribù XLVI II - Cafocalidi — Genere 1 — Catocala Tribù XLIX - Ofiusidi ^ Genere 1 — Pseudopkia Il — Grammodes Tribù L - Euclididi — Genere 1 — Euclidia Tribù LI - PoAPiUDi ^ Genere I — Trothymia II — Aventia Iribù DII - l ociLLiDi — Genere 1 — Zcthes / Genere 1 — Madopa l » Il — Bof/tolocha Tribù LUI - Ipenini l * ni — Hypena IV — Orectis f V — Hypenodes \ > VI • — Tholomìges Genere 1 — ‘ Helia / *> Il — Simplicia 1 » ni — Nodaria Tribù LIV - Ermi NI DI / » IV — • Zanclognathi # ” V — Mei minia ( VI — Pechipogon ' » VII — Rivula 110 FORTUNA ro ROSTAONO Sezione IV — Geometre I generi compresi nel gruppo delle Geometre, sono quelli che compongono la grande sezione delle FalenicU. Il nome più comune di Geometre viene loro dato da un carattere speciale quasi asso- luto delle larve. Queste lianiio generalmente dieci zampe, sei scagliose e quattro membranose, e mai più di (juattordici ; quasi tutte sono liscio, allungate, esili cilindriche : molte hanno sul dosso e talvolta sui fijjnchi delle prominenze che rassomigliano ai nodi od alle gemme di un giovane ramoscello. Tali protu- beranze sono generalmente situate sull’ undecimo anello, ma non è infrequente il caso in cui si riscontrino al disopra del quarto od ottavo, o sui fianchi del quinto. Non è però da questi caratteri die le larve delle Falenidi hanno dato il nomo al gruppo di larfalle in cui si convertono : , (jueste larve hanno un carattere assolutamente speciale che le i distingue da tutte le altre quando camminano. Prive di due o tre paia di zampe membranose ventrali, esse hanno le altre } disposte alle due estremità del loro lungo ed esile corpo, per cui (juando vogliono spostarsi, sono obbligate a ravvicinare lo | loro zampe anali a quelle scagliose formando col corpo una t specie di anello più o meno allungato. Allorché le zampe anali d sono fissate sul terreno o sul ramo ove trovasi la larva, questa i.‘ allunga e distende il corpo portando la testa in avanti fissando I in questo modo innanzi le zampe anteriori accosto alle quali di fi seguito ritira di nuovo le zampe posteriori. Questo movimento li presenta all’occhio la vera immagine di una misurazione di |i lunghezza, ed è perciò che le larve delle Falenidi, presero il i nome più comune di bruchi misuratori o Geometre che fu poi 1 1 riportato all’insetto perfetto (1). ] (1) Bcrce op. cit. Voi. 5 pag. 11. w CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 111 Ma oltre a questo carattere distintivo le larve delle Geometre 1 ne hanno pure un altro speciale che consiste nel modo di tenersi ; sui rami durante il riposo. Il Latreille cosi lo descrive; (1). ' « Alcune raggruppano le loro zampe posteriori su di un i ramoscello, tenendo il corpo rilevato verticalmente e restando immobili in questa posizione per delle ore intiere. Altre pren- ì dono una infinità di pose che esigono incomparabilmente più IJ forza ancora. Siccome in tale stato di immobilità queste ! larve rassomigliano a dei pezzi di ramo secco, si è loro dato ■ il notile di misuratrici in bastone. ! (Quando si tocca la foglia sulla quale è un bruco misuratore, i esso si lascia immediatamente cadere: ma non discende tino a ) . . i terra, avendo sempre una corda pronta a sostenerlo in aria, i corda che il bruco può allungare a volontà. Tale corda non è j che un filo di seta fluissimo ma sufficiente per sostenere la j larva, ed essa non cani mina mai senza lasciare sul terreno ! ove passa un Alo che vi attacca ad ogni passo. Questo filo ori- j gina dalla Alierà, per una lunghezza uguale a uando le due prime esistono, esse occupano il mezzo dell’ala ma esse sono - piià soventi che nello nottue, parallele. U CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 113 Lo spazio mediano posto tra ([ueste due linee, forma soventi una terza linea simile alle due prime. La cubitale è variabi- lissima, non soltanto per la sua posizione soventi molto scostata dal centro dell’ ala, ma anche perchè essa va a raggiungere j direttamente l’angolo apicale ove si unisce ad un piccolo tratto I obliquo che esiste soventi indipendentemente da essa. Questa j linea è però la piti costante di tutte ed esiste soventi sola, es- ! sondo inoltre quasi sempre comune alle quattro ali, carattere j che non si trova nelle nottue. I Soventi lutto le linee si sdoppiano, e ciascuna di esse forma I allora una fascetta a bordi paralleli traversata nel mezzo .da j un piccolo filetto scuro. Vi è assenza assoluta di tratti virgo- I lati, e non si trovano quasi mai tratti costali, j Per ciò che riguarda le macchio ordinarie, non esistono più j nelle Geometre nè la macchia orbiculare nò la claviforme. La ì reniforme esiste piti soventi, ma varia dalla forma che Iia nelle noltue limitandosi ad un punto detto cellulare o discoidale, o ad un piccolo anello che .si riproduce quasi sempre nelle ali inferiori. (Questo punto e questo anello sono, colla cul.iitalc il disegno più costante delle Falenidi (1). Ciò premesso diamo i caratteri generali di questo importante I griqipo di le])idotteri quali risultano nell’ opera dei sommi mae- [ sud Loisduval e Guence (2). i Insello perfello — ■ Farfalle ad antenne variabili ma a stelo I esile, mai munite di nodosità; a palpi labiali solo visibili, esili, I raramente molto lunghi; a tromba di lunghezza variabile, ma quasi sempre debole e divisa; a fronte sprovvista di stemmate; I a corpo quasi sempre gracile; il torace molto corto, il più spesso j arrotondilo, senza crestosità, a pterigoidei corti; 1’ addome dei j maschi (juasi sempre esile e senza crestosità; a zampe lunghe I poco 0 punto vellose; le posteriori a tibie soventi rigonfie e 1 quasi costantemente munite, almeno in uno dei sessi, di due ! paia di sproni; ad ali larghe, sottili, delicato; le inferiori prov- (l) Borco — up. cil. voi. 5. (2j Boisduvai — op. eh. voi. IX, pag. 25 iivllclUm della Società Zoolo nel Poisiluval: i generi che lo Staiidinger vi ];one si trovano sparsi secondo quegli autori nelle famiglie dei Zerenidi. Sionidi, Ligidi, Fido- nidi. Malagevole quindi riuscirebbe dare i caratteri generali della famiglia Ortostixine secondo gli autori predetti, per cui noi ci atteniamo al criterio di cspon’e quelli del genere sti[)ico, Orthostixis deir Hubuer, rimandando per le differenze ai singoli caratteri dei vari generi nella parte speciale di questo nostro lavoro. Secondo il Poisduval i caratteri del genere Ortliostixis. sono i seguenti: Antenne esili, sempliccme;ite .moniliibrmi c imbescenti nei due sessi, l^alpi molto corti, molto esili, dritti, squamosi, ad articoli indistinti, sorpassanti appena la fronte che c larga ed un po' convessa. Corpo subvelloso : 1' adorne a carena, non punteggiato a valve vellose. Zampe esili, tignali: le posteriori fornite di un solo paio di sproni molto corti nei due se.ssi. Ali delicate sottili ma opache, bianche, intiere, non aventi che dei punti sempre isolali a frangia unicolore: le superiori al([uanto prolungate all' apice; le inferiori all'angolo anale. Una areola lunga e strettissima, non divisa. Nervature del.toli. Lo seconde ali ad indipend-ntto distinta; seconda e terza separate alla loro origine. Larve — Crisalidi — ; ignoto. Lo Staudinger jiorta in t[uesta famiglia i seguenti quattro generi accertali per T Italia: Orthostixis che non trova corri- spondenza nel Rerce, nel Curò, nel Calberla; Gypsochroa, che trova risconlro nel Lerce alla famiglia degli Eubolidi (1) e non è portata nè dal Curò, ne dal Calberla, mentre è portata dal Loisduval nella famiglia dei Sionidi (2); Eusarca secondo Herri- (1) Lerce — op. cit. voi. 5 prig. 489, (2) Loisduval — op. cit. voi. X pag. .512 CL.VSSIFICAZÌONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI l’2l clì-Sclùiffer, tratto dal genere Aspilates, non portato dal Berce, Curò. Gallierla, portalo dal Boisduval nella famiglia dei Fidoni- di (1); Clieraerina portato puro dal Curò, non dal Calhcrla; e. portato dal Berce e Boisduval nella famiglia dei Fidonidi f2) Noi conserviamo nella nostra classificazione questi generi acci'rtata- mente trovati in questi ultimi tempi nell’ Italia insulare. Abbiamo quindi nella famiglia delle Ortostixine i cpiattro generi; Ortostixis, Gypsochroa, Eusarca, Cliemerina. Tribù BIX Boarmiine — Insetto perfetto — Farfalle ad antenne quasi sempre pettinate o fortemente citiate ma non piumate noi maschi, filiformi, dentate od anche pettinate nelle femmine; a palpi sorpassanti poco o punto la fronte, dritti od un poco ascendenti, squamosi, talvolta eretti; a fronte senza ciuffo ne rilievo; a corpo esile; il torace un po’ oblungo; l’ad- dome dei maschi lungo, esile, terminante in punta smussata a zampe assai lunghe e tibie posteriori soventi rigonfie e molto lunghe; ad ali concolori ed a disegni comuni, il più soventi dentate, non angolose, grigie, spolverizzate; le superiori trian- golari, ad apice prolungato, ma non acuto nè falcato; le infe- riori arrotondile, più profondamente dentate che le superiori, punto od appena ristrette, talvolta prolungate nel senso del corpo. Areola raramente divisa. Indipendente delle superiori pili debole ma distinta, inserta nel mezzo della disco-cellulare. Costale delle inferiori sovrapposta o saldata alla sotto costale più 0 meno lungamente ma non mai fino alla meta. Mancanza d’indipendente, ed ordinariamente d’interna. Seconda, terza e quarta ben separate. Tjn-rp — a dieci zampe, corte o medie, raramente verdi, senza prominenze, o non aventi ordinariamente che quella del- l’undicesimo anello e due appendici laterali nel quinto anello; a testa- grossa come il collo, soventi riquadrata od appiattita; viventi sugli alberi, le piante, e talvolta anche sui licheni. (1) Boisduval — op, cit. voi. X pag. 143. (’2) Berce - op. cit. voi. 5 pag. 269 — Boisduval — op. cit. voi, X pag. 242 •— Staediiiger — op. cit. pag. 322. 12-2 FORTUNATO ROSTA G NO ('rlsaUdi — lucenti, acute alle estremità, il più sovenli inter- rate, talvolta contenute nelle foglie (1). Questi sono i caratteri grenerali dati dal lloisduval per le IJoarmiine, ma deblio qui pure soggiungere, che essi caratteri, se possono considerarsi come propri, in una gran quantità dei generi compresi in questa vasta famiglia, ne differenziano essenzialmente da alcune, specie dopo le ultime ricerche dello Staudinger, il quale ha comprese fra le Boarmiine molti generi che secondo il Berce, il Boisduval e gli altri autori, specie latini, formavano famiglie diverse. Cito ad esempio la famiglia degli Anfidasidi. E quindi piti esatto ricorrere perle descrizioni a quelle dei singoli generi, che compongono questa grande tribù 0 suddivisione delle Geometre. Il Berce colloca nelle Boarmiine o Boarmidi, i seguenti undici generi : Hemerophila, Nychiodes, S^mopsia, Cleora, Boarmia, Tephrosia, Gnophos, Dasydia, Psodos, Pygmaena, Mniophila (2). Gli stessi generi porta il Boisduval, ad eccezione del genere Cleora (8). 11 Curò ed il Calberla nei lepidotteri italiani non danno per le Geometre le distinzioni in famiglie, come abbiamo detto, per cui credo opportuno prima stabilire i generi portati dallo Stau- dinger, e fare dopo il confronto coi detti autori. Staudinger porta nella famiglia delle Boarmiine una notevole quantità di generi i quali, in parte, corrispondono alla classifica- zione del Berce e del Boisduval, ma per la maggior parte trovano bensì riscontro in questi autori, ma sotto le altre divisioni in famiglie che lo Staudinger non conserva. Cosi adunque per la fauna italiana lo Staudinger porta fra le Boarmiine i generi seguenti che troviamo pure nei Boarmidi di Berce: Hemerophi- la, Nychiodes, Sinopsia, Boarmia, Gnophos, Dasydia, Psodos Pygmaena e Tephronia, secondo Hiìbner, sinonimo di Mniophi- la del Berce secondo la denominazione del Boisduval (4). Oltre (1) Boisduval — op. cit. voi. IX pag. 214. (2) Berce — op cit. voi. 5 pag. da 47 a 94. (3) Boisduval — op.cit. voi. IX pag. 216 a 324 (4) Staudinger — op. cit. pag. 337 a 348 — Berce op. cit. voi. 5 pag. 47 a 90 — Boisduval op. cit. voi. IX pag. 216 a 316. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 123 a questi lo Slaudinger porta fra Boarmiine i segueiBi generi; Ourapteryx, che il Berce ed il Boisduval danno come famiglia a sé negli Urapleridi (1); Epione, Yenilia, Angerona, Metro- rampa, Etiopia, Eurymene, Hygrochroa secondo Huher corri- spondente al genere Pericallia dello Stephens e Guenèe; Selenia Bonodentis secondo Hubner, corrispondente al genere Odonto- ptera del Berce, secondo la denominazione dello Stephens (2) ; Crocallis, Ennomos secondo Treitschke, Duponchel e Giienèe che nel precedente catalogo aveva portata sotto il nomedi Eugenia, secondo Hubner, ed Himera. Tutti questi generi sono dal Berce e Boisduval considerati nella famiglia speciale degli Eunomidi, che lo Staudinger più non porta (3). Porta inoltre lo Staudinger i generi; Phigalia Biston, nel quale riunisce, secondo Leaach, i generi Biston o Ayssia del Berce e Boisduval secondo Duponchel; Amphidasis, gene] i questi portati dal Berce nella famiglia degli Amfidasidi, non conser- vata dallo Standuiger. 11 Boisduval oltre ai detti generi porta inoltre nella famiglia degli Arnfldasidi il genere Apocheina (4) che lo Staudinger colloca pure fra le Boarmiine; secondo la clerominazione di Zarnacra del Meyrich (5). Porta inoltre lo Staudinger i generi; Stegania, Deilinia secon- do Huhner, corrispondente al genere Cabera del Berce, secondo Treitschke; Bapta secondo Stephens, corrispondente al genere Coryc'a del Berce, secondo Duponchel; questi generi formano nel Berce e Boisduval la famiglia dei Caberidi non conservata da Slaudinger (0). Porta inoltre lo Staudinger i generi; Sernio- thisa, secondo Hubner, corrispondente al genere Macaria del (1) Staiidiugf'r — op. cit. pag. 330 — Berce op. cit. voi. 5 pag. 2 — Boisduval op. cit. voi. IX pag. 27 ;2) Berce — op. cit. voi. 5 pag. 21. (3) Staudinger op. cit. pag. 326 a 331 — Berce op. cit. voi. 5 pag. 4 a 3G — Boisduval op. cit. voi. IX pag. 9.5 a 181. (4) Boisduval — op. cit. vol< IX pag. 203. I (5) Staudinger — op. cit. pag. 335, 336 — Berce op. cit. voi. 5 pag. 38 a 45 — Boisduval op. cit. voi. IX pag. 195 a 20G (6) ~ Staudinger. op. cit. p'ag. 324 e 325 FORTUNATO RO.STAO.NO m Berce, secondo Curtis; Thaninonorna, secondo Lederer, corrispon- dente al genere Halia del Derce, secondo Duponcliel. Questi due generi formano nel Berce c Boisilnval la famiglia dei iUacaridi. i non conservata dallo Standinger (1). |i Porta.sempre lo Standinger i generi: Diastictis, secondo .llubner, , Phasiane secondo Herrich-Sclinffer tratti dal genere Teplirina del Berce secondo Guenée; Numeria; Enconista secondo Lede- rer e Scodiana tratti dal genere Scodiana del Berce secondo Boisduval; Selidosema; Fidonia, Eurranthis secondo llubner, corrispondente al genere Atliroolopba del Lederer, Ematurga, Bupalus secondo Lederer, tratti tutti e quattro questi ultimi dal genere Fidonia del Berce secondo Treitschke, Cleogene, Scoria, divide il genere Aspilates in due Aspilatesed Eusarca secondo Herrich-Scbaffer portando il genere Eusarca nella famiglia delle Ortostixine come già abbiamo detto. Tutti questi generi secondo la classincaziono del Berce e Boisduval, formano la famiglia dei Fidonidi (2). Porta inoltre il genere Abraxas che il Berce e Boisduval ' collocano nella famiglia dei Zerenidi; (3) Cimelia, secondo Lede- rer, corrispondente al genere Timia del Berce e Boisduval secondo Boisduval; Prosopolopha secondo Lederer, corrispondente i al genere Ligia del Berce e Boisduval, secondo Duponcbel, e i Pachycnemia che il Berce e Boisduval collocarono nella fami- glia dei Ligidi; (4) Hybernia, Anisopterix, che il Berce e Boisdu- val collocano nella famiglia degli Ibernid' (5). Porta infine i generi Eucaterva secondo Gumppenberg, non portato dal Berce (1) Standinger — op. cit. pag. d;J2, 352 — ILrce op. cit. voi. 5 , pag. 194, 199 — Boisduval — op. cit. voi. X pag. 06, 91. j (2) Standinger — op. cit. pag. da 332 al 356 — Berce op. cit. I voi. 5 pag. da 201 a 251 — Boisduval op. cit. voi. X pag. da ttO ■ a 180. I (3) Standinger — op. cit. pag. 223 — Berce op. cit. voi. 5 pag. !■ 357 — Boisdnval op. cit. voi. X pag. 191 ^ i (4) Standinger — op. cit. pag. 34.3, 358 — Berce op. cit. voi. j 5 pag. 2G3 a 265 — Boisduval op. cit. voi. X pag. 229 a 240 (5) Standinger — op. cit. pag. 333, 334 — Berce op. cit. voi. 5 > pag. 270, 277 — Boisduval. op, cit. voi. X pag. 249, 254 i CLASSIFICAZIONE DE3CRÌTT1VA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI lk!5 e Boisduval (1) ed Eubolia die il Berce e Boisduval portano nella speciale famiglia degli Eubolidi (2). Il Curò ha quasi lutti i generi ora portati dallo Staudinger, ma, come abbiamm detto, non distinti in famiglie; dobbiamo però soggiungere che egli porta per l’Italia il genere Uuraia (3) che lo Ì5taudinger porta sotto la denominazione di Opisthogra- ptis secondo Hubner, ma non per 1’ Italia, mentre sulla asser- zione del Curò ò abbastanza comune, e noi pure 1’ abbiamo raccolto nella campagna romana, per cui dobbiamo conservarlo; distingue i due generi Atroolopha ed Eurranthis che lo Stau- dinger riunisce nel genere Turrantliis (4); porta il genere Anthometra del Boisduval e Berce, mentre lo Staudinger, forse per mancanza di altre notizie oltre quella del IMabille che scopri un maschio in Corsica, non lo da per l’Itcìlia (5); porta il genere Hypopléctis, che sarebbe stato osservato nella parte più orientalo della zona settentrionale, mentre lo Staudinger ]>er insufficenza di dati positivi non lo dà per l’ Italia (G). Noi porteremo (juesto genere nella nostra classi (Icazione sulla tede del Curò, però con le pili ampie riserve che scioglieremo poi trattando di questo genere nella parte speciale. Porta il Curò il genere Rhyparia dell’Hubner, citato per la specie Melanaria da Ilerrich-Schàffer e da Duponchcl come specie italiana. Lo Staudinger non porta questo genere fra le Geometre, ma bensì fra gli Arctidi (Bombici) noi però dobbiamo per ora conside- rarlo sulla fede dei citati autori, fra i lepidotteri italiani. 11 Calberla si accosta moltissimo alla classificazione dello Staudinger, secondo catalogo; non porta però i generi Etiopia, Pigalia, Apocheirna, Nychiodes, Gnophos, Basydia. Psodos, Py- graaena, Tephoronia, Enconista, Fidonia, Eurrantis, Buphalus, (1) StaudingfT — op. cit. pag. 349 (2) Staudinger — op. cit. pag. 354 — Berce op. cit. voi. 5 pag. 467 — Boisduval. op. cit. voi. X pag. 484. (3) Curò op. cit. voi. X pag. 198 (4) Curò — op. cit. voi. X pag. 238 (5) Curo op. cit. voi. X pag. 237 (6) Curò — op. cit. voi. X pag. 198 126 FORTUXATO ROSTAGXO Anthometra, Hypoplectis, Aspilates, Rhyparia, Cimelia, Ligia (1). j Però noi dobbiamo conservarli per la fauna italiana essendo I la loro esistenza accertata per le altre regioni dell' Italia geo- -i grafica aH’infuori delle provincie centrali. Il Berce ed il Boisduval portano nelle varie famiglie citate i altre specie oltre quelle collocate dallo Staudinger fra le 1 Boarrniine, ma di esse non dobbiamo tenere conio perchè t accertamente non italiane, almeno pei dati che abbiamo a tut- ) t’ oggi. Tutto ciò premesso, rimangono nelle Boarrniine i seguenti cin- •. quantacinque generi: Abraxas, Bapta, Stegania, Numeria, Ellopia, i Metrocampa, Ennomos, Selenia, Ilygrocbroa, ftonodontis, Himera, ' Crocallis, Angerona, Ourapteryx, Eurymene, Opistbograptis, Epio- ' ne, Hypoplectis, Venilia, Semiotliisa, Hy benda, Ainsopteryx, . Biston, Zamacra, Ampliidasis, Nycbiodes, llemei-opliila, Synopsia . Boarmia, Tephronia, Pachycnemia, Gnoplios, Dasydia, l^sodos, Pygmaena, Anthometra, Eiicaterva, Eidonia, Eurranthis, Ermi- . turga, Bupalus, Selidosema, Thamnonoma, Diastictis, Phasiane, t Eubolia, Euconista, Scodiona, Cleogene, Scoria Aspilates, Cimelia, ; Ryparia. Dobbiamo infine notare come il Berce porti fra le Geometre . il genere Bolelobia, unico nella famiglia del Boletobidi, e cosi ; pure il Boisduval (2) ; ma (puesto genere noi seguendo i più f recenti studi dello Staudinger, abbiamo già portato nelle Nottue, | alla tribù dei Noctuidi. Riassumendo ciò che abbiamo fin ({ul sposto riguardo alle • Geometre abbiamo il seguente quadro generale: ; (1) Oalberla — op. cit. Ili band. (2) Boisduval opi cit. voi. X pag, CLASSIFICAZIONE nESCRlTTlVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 127 Legione II Divisione I roceri Tribù LV - Geo:\ietrin’e Genere Tribù LVI - Acida LI NE / Genere - Eteroceri Sezione IV Tribù LVII - Larentine / - Macroetc- è Geometr Tribù LVIII - Ortostixine ( ( Genere Tribù LIX - BoAK.MiiNE 1 •• Aplasia Il -• ì'seudoterpna HI -- Geometra IV -• Nemoria V •- Encrosies Vi •• Euchloris (Phorodesma) Vii •• ’J'halera ( Jodis-Hemithea) Vili -- Hemiihea I -- Acidalia I I — Timandra III •• Rhodostrophia (Pellonia) IV -- Ephira (Zonosoma) I •' Sterrila II •• Lythria III •• Ortholitlfa IV -- Rlesotypc V •• Minoa VI -- Odezia VII -- Stona . Vili -• Lithosfege IX -• Anaifìs X •• Ckesias xi -- Lobophora XI 1 -- (Byssodes) xiii -• Cheìmatobia XIV -- Trip /iosa (Scotosia) XV •• Encosnua ( Scotosia) xvi -• Scotosia XVII -- Lygris (Cidaria) xvu! •- Larentia (Cidaria) XIX •- Asthena XX -- Trpìiroclysiix ( Eupithecia) XXI -- C/Uorocly9.tis (Eupithecia) XXI 1 -- CoUix XXI li •- Pkibalapteryx \ -• Orthostixis II •• Gjpsochroa III -■ Eìesa^'ca fAspilates) IV •• Ckemerina \ ‘ A braxas II -- Bapta (Corycia) III •• S'tegania 1 V -- Ntaneria V -- Ellopia fPericallia) VI Metrocampa VII -■ Eunomos (Eugenia) Vili -- Selenia IX •- Hygrochroa (PericalHa) X — Gonodontis (Odontoptera^ XI •• Himera XI i Crocallis xiii -- Angerona XIV •- Ourapteryx XV -- Eurymene xvi •• Opisthograptis (Rumia) xvii •• Epione 128 FORTUNATO' ROSTAGNO I Gcncr, ( ) Legione li - Elerocerl Divisione I - Macrootc- ro ceri Sezione JV Geomctre ■ J Tribù LIX - Boar.miine ^ xvtii •• Ilypoplcclis XIX •• Venilia XX -• Scmiothisa (Macaria) XM •• Ifybcrnia XXII •• AnistìpUryx xxiii •• Ihigalia XXIV •• Biston (Xyssia) AXV •• Zamat:ra CApochei ma) XX Vi AmphzJtiSfS XXVII -- Nuchiodes xwm -• Hemcrophilti XXIX •• Sffftops/a XXX •• Boarmiti XXXI •• Tephronia 4 M iophila) XXXI I •• Vrtchycurmiti xxMii Gwphos xxxiv -- D assiditi ^ X XV -- ì*sodos xxxvi -- Pigmacna xxxti -- Anthoinrir.i xvxvm •• Eucnterva XXXIX — Fidonia Lx •• F.nyranthis ( AiJin.ob*pha^ xLi -- Ematuria ( i idonia i xLii -• Bupalus ’ (Fidonia» XU1I •- Selìdiìscma xi.iv •• Thamnonomti (Halia) XLV •- Diastictìs »' ( rephriiijO XLVI -- ì'hasiane (Tephrima) I.XVII - Enbolia Lxvjii Eticonista (Scodiona) Lxix -- Scodiona L •• Cleogcnc it -- Scoria Lii -- Aspilau's LUI -- l’rosopoloiìhii (Ligia) Liv -- Cimelia (Timia) LV -- Rhlipur ili RECENSIONI E ANNUNCI BIBLIOGRAFiCi A, N E V I A N I Dal Piaz G. — Di alcuni resti di Cijrtodelphis sulcatusr delV arenaria miocenica di Belluno — Palaeniographia Ita- lica, Voi. VII, pag. 287-202, con una tav.; Pisa 1901. — Nella breve, ma succosa, memoria l’A., riassuato ^brevemente la storia del gen. Cgrtodelphis,c\ dà una accurata descrizione del cra- nio da lui stesso rinvenuto nelle cave di arenaria di Bolzano bellunese ed appartenente al C. sulcatus Gerv. sp. Il gen. CgrtodelphD, appartiene alla fam. dei Platanistidi. Fornasini C. — Contributo alla conoscenza delle Bulimine adriatiche — Aleni. Accad. Se. Boi. t. IX. s. 5, p. .371-381, con. una tav. (0) e 7 fìg. intere.; Bologna 1901 — Premes- sa una revisione delle 12 sp. di Bulimina dell’Adriatico insti- tuite dal d’Orbigny nel Tableau, 1’ A. passa all’esame delle sp. che egli stesso ha riscontrato nelle arene di Porto Corsini; esse sono 8, con 6 var.; lai?, gibba è specie nuova; vengono infine elencate altre 10 sp. rinvenute dopo l’estensione del lavoro. Fornasini C. — Sinossi metodica dei Foranùniferi sin (pii rinvenuti nella sabbia del lido di Rimini — Aleni. R. Acc. Se. Bologna, t. X, s. 5, pag. 1-68, _ con 03 fig. intere. Bo- logna 1902. Il titolo del presente lavoro è più che sufficiente a dimostrare l’importanza della memoria che il valente rizopo- dista bolognese ha ora offerto agii studiosi. Molti autori, dopo Jano Planco (1739) trattarono dei forarniniferi del lido di Rimini, ed una revisione generale si imponeva. Sono 183 le specie che. vengono esaminate e discusse, comprese in 7 fam., 13 sottofam. 130 A. NEVIAN'I r € 47 gen. Le C3 figure intercalale sono riproduzioni di disegni inedili del d’Orbigny. Nessuna sp. nuova è segnalata. Messiiieo Oiiiseppe — Sul veleno conlenuto in alcune Tenie dcir Uomo — Atti della Accad. Gioenia di Se. Xat. in Catania; An. LXXYllI : (/L) XIV ; Meni. V F, pag. 1 - AG. Catania 1001. — Fatto precedere un breve cenno storico sullo studio dei liquidi velenosi conlenuti nei venni parassiti dell’ Uomo 0 di altri animali, F A. espone i risultati di ben 71 espe- rienze eseguite su Cavie, Conigli, Cani, Colombe, ed Alauda, mediante succhi canlenuti nella Tenia solium e T. saginata, avendo FA. procuralo lutti i mezzi per sottrarsi all’azio- ne tossica dovuta alla putrefazione dei tessuti e sostanze organiche adoperate. Ita esse esperienze risulta che anche le tenie contengono una sostanza tossica capace di determinare per iniezioni ipodermiche disturbi nervosi e irritativi, anclie seguiti dalla morte, in varie specie d’animali; che il mecca- nismo d’ azione sembra essere esclusivamente dinamico, non avendo osservato lesioni anatomiche macroscopiche; e che per Fazione relativamente pronta, questa sostanza sembra debba essere ascritta fra i veleni anziché fra i virus. Oniìioni 0. — A'ppendice alla Sola sui denti di F^opltiodon del Bolca — Alti R. Ist. \'en. se. letl. ed arti, T. I,XI parte seconda; Pag. 180-102; Padova 1002. — Degna della migliore accoglienza è questa breve comunicazione del prof. Omboni, e degna di essere in ogni modo imitata, giacché F A., con una lealtà della quale pur troppo raramente se ne hanno esempi, riconosce pubblicamente un suo errore. Esso in una i memoria precedente descrisse un frammento di mascella che ' attribuì ad un F^ophiodon {Tapiridae), mentre secondo gli i venne suggerito da due specialisti stranieri si tratterebbe di una forma appartenente forse ad un Hgracodon {Rinocerontide). j Il cambiamento di determinazione ha una importanza straor- ^ dinaria, perchè gli Hgracodon sino ad ora determinati sono i I RECENSIONI 131 tutti Americani, e il presente sarebbe il primo che si annunzia in Europa. Il giacimento viene riferito all’ oligocene. Rovereto 0. — Briosol, AnelUcU e Spugne perfoi-anti del neogene Ligure — Palaeontog rapii ia italica. Voi. VII, pag. 219 - 234 con una tav. e 5 fig. intere.; Pisa 1901 — ■ L’ e- gregio A. ha in questa memoria studiato uno degli argomenti I più interessanti e poco noti della zoologia; quello cioè delle . specie che perforano rocce, conchiglie, legni etc. Lo studio fatto t nelle forme fossili ha diretta applicazione alle forme viventi. Per esser brevi diremo solamente che per i Briozoi si tiene parola della Terebripora Manzonii n.n. e della T. Orbigngana Fisch.; per gli Anellidi si hanno descrizioni della Polydora cfr. coeca Oerst, P. cfr. hoplura Clap., di una Dodekaceria? e di due Sabella\ per le Spongiae si parla specialmente dei generi Thoosa e Cliona. Del massimo interesse poi è una ap- jpendice ai Briozoari, nella quale 1’ A. ci fa conoscere il n. g. e n. sp. Protidopjhila gestro! che è il primo hriozoo ctenostoma ben accertato allo stato fossile. II ANNUNCI BIBLIOGRAFICI Aiiderssoii Lars Gabriel — Some new species of suakes (Col- lections of thè R. Museum in Stockholrn) 1901. ji Idem Idem — Catalogne of Linneau type-specimens of Suakes (R. xMuseurn in Stockholrn). Ai-rigoiii degli Oddi Ettore — Atlante Ornitologico — Uc- celli europei con notizie d’indole generale e particolare, con 50 iB tav. col. e 210 disegni intercalati nel testo - Milano, Hoepli, 1902. tif Boni Paul — Einige miltheilungen ùher Rumanische Cara- ; ben. Buco resci 1902. Ji ; Canierano Loi’enzo — Ricerche intorno alle Renne delle Isole Spitzberghe. Torino 1901. Cecconi Giacomo — Osservazioni hromatologiche sui Verte- brati della Foresta di Vallombrosa. 1901. / 132 A. NEVIANI Idera Idem — Intorno alla sporulazione della MonocysUs agilis. 1901. foglietti Luigi — Gli Oligoclieti della Sardegna. Torino. 1901. Daiiiiaiii Giacomo — La Collezione Ornitologica Italiana del prof, conte C. Arrigoiii degli Oddi in Caoddo-Monselice (Padova) Siena. 1901. Giutfrida-Ruggeri T. — Sui residui della fontanella metopica i o medio-frontale. Como. 1901. 3Ioel)ius Iv. — Bericht iiber das Zoologisclie Museum za i Berlin. 1901. Ninni Emilio — Sul passo primaverile anticipato (1901) di | alcune specie di uccelli della provincia di Treviso e Venezia^ i Siena. 1901. Idem idem. Sul passaggio straordinario del Merops. apiaster | nella provincia di Treviso. 1901. ! Idem idem — Note di Agricoltura per combattere la Mosca | olearia. Verona. 1901. Ronle Louis — Atherina Riqiieli — nouv. espèce vivant j dans les eaux douces — Toulouse. 1902. i Silvestri Filippo ■ — Descrizione di nuovi Termitoflli e rela- zioni di essi con gli ospiti — Torino. 1901. Idem idem — Nota preliminare sui Termitidi sud-americani ■ — Torino. 1901. Sordelli Ferdinando - — Materiali per la conoscenza della Fauna Eritrea raccolti dal Dott. Paolo Ulagretti — Marami- 1 feri (con 3 tav.) — Milano. 1902. I Steindachner Franz — Herpetolegische und Telithylogische i ergebnisse einer reise nacli Sud Amerika — AVien, 1902. ; Testi Francesco capit. med. — Ricerche sugli Anofeli du- j rante la campagna antimalarica nella Maremma Grossetana. i (1901) — Roma, 1902. j Tuttoloniondo Angelo — Fauna ittiologica del Compartimento marittimo di Catania — Girgenti, 1901. Willard G. Tan Naine — The Ascidians of thè Bermuda. Islands. — 1902. Whitaker losepli I. S. — Furher Information on two re-| cently described species of passerine birde. 1902. {continua) j 1902 ESTRATTO DALLO STATUTO Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli is appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori delll biologia animale anche nella sue varie applicazioni ; di pubblicai! nei modi stabiliti dal regolamento un Bolleltino contenente i res< conti della adunanza le comunicazioni scientifiche d’ indole bioh gica, anatomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematic. e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di tre so( 1® Soci ordinari distinti in soci a tempo, i quali pagheranr lire Dieci all’anno e soci a vita se pagheranno lire 200 in ui sola volta; 2® Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette annue | 3® Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consigi» direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zq logici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali ABBONAMENTO PEI NON SOCI Italia . . 12 lire annue } Estero . . |5 « « ) anticipato Un fascicolo doppio o triplo, separato, L. 4 Volumi arretrati: Italia L. ll> - Estero L. IS ( franchi di posta) Pi •ezzo di favore a dii acquista i DIECI volumi finora pulbblicii Vedi pagina prima della copertina. Sede della Società: Istituto Zoologico - R. Università T7a della Sapienza - E.OMA Ascoi-I PiCE.vo Stab* Tip. Litografico L. Cardi Fase. IV, Y e YI. Serie II - Yol. ili. ' BOLLETTINO DELLA sdciEU zoDidcici imuii CON SEDE IN ROMA Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III. SOMMARIO I. MEMORIE ORIGINALI E COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE 1. €arru«*oio prof, Anlonio. Sovra un pal- luijibde rariasimo e di gran valore (Plautug im- peniiiii). donato da S. M. il Ke Vittorio Emanuele III. al Museo Zoologico dèlia K. Università di lloma (Kiassunto di due. comunicazioni) — Con tav.) pag, 1-20. 2. Bianchini Dott. Bruno. Osservazioni a- natomiche sulle arterie encefaliche corticali del Cavallo 6 del Cane, in rapporto a ctuelle degli altri mammiferi domestici. . . p. 21-55. 2. Fulconieri V. Buido conte di Carxjegna. Sulla cattura dell’ Jiìnberiza melanocephala nel- l’Agro romano pag. 56 4. Barneri dott. Antonio. Contribuzione alla Fauna Sarda — Aracnidi — (Dal Gabinetto Zoo- logico della R. Univ. di Pavia) . pag. 57.103. 5. (arruccio prof. Antonio. Sovra un Oy- pdetu» barbatus adulto del Piemonte, donato da S. M. il Ke Vittorio Emanuele III al Museo Zoo- logico della K. Univ. di Koma. . p. 104-119. 6. Falconieri D. Bnido conte di Carpegna. Catalogo descrittivo degli Uccelli esotici (già esi. stenti nel K. Castello di Moucalieri, donati da S. M. il Ke Vittorio Emanuele III al Museo Zoolo- gico della K- Univ. di Koma). . p. 120-157. 7. Angelini prof. Biovanni Sunto della re- lazione sui Trochili donati da S. M. il Ke al pre- detto Museo p. 158-159. 8. Tiraboaclii dott. Farlo. Gli animali pro- pagatori della peste - Pulci parassiti dei ratti c sorci — Hystrichopgylla tripectinata noV. spec. — (Con tav. e 3 fig.) . . . p. 160-171. 9. Idem. idem.. Sulla SarcopsyUa gallinacea ■Westw p. 172. 10. Idem idem.. Caratteri distintivi del Mus decumanus PaU. e M. rattn.8 L. e diifusione di quest' ultimo in Italia . . . p. 173-177. 11. Bostagno comm. Fortnnato. Classidca- zione descrittiva dei Lepidotteri italiani (Microe- terocori — Piralidine) . . . p. 178-192. 12. Kouicro dott. Binseppe. Il Tachiolo Paternò nella tecnica del metodo di Golgi (dal- l'Istituto Zoologico della K. Università di Koma). p. 193-197. 13. Maurizi dott. Agostino. A proposito di un nuovo caso di Ascaridi nel fegato. Monografia dell’Ascariasi con speciale riguardo alle migra- zioni àoW Aeaari.g lumbricoides ed alla parte in- teressante l’ottalmologia (Dalla li. Clinica Oculi- stica di Koma) p. 198-223. 14. Alessandrini dott. Biulio. !Note di Er- petologia (Kuove specie aggiunte alla collezione del K. Museo Zoologico di lioma) p. 224-229. Indice generale del volume III, Serie H, 1902 (parte 1. e 2.). . . . p. 230-232. NOTIZIE Sovra nn dono di eccezionale importanza fatto al Museo Zoologico della R. Università di Roma , • p. 232. J AVVISI IMPORTANTI A quanti ne faranno domanda, accompagnata dall’importo anticipato, verranno spediti, franco di posta se in Italia, gli UNDICI volumi pub- blicati dalla Società Zoologica con sede in Roma dal 1092 al 1902, al PREZZO DI FAVORE di lire OTTANTOTTO, in luogo di lire CEN- TOTRENTADUE. I fascicoli del Bollettino durante il dodicesimo anno, 1903, conterranno oltre le memorie e comunicazioni originali, utili e variale riviste sulle novità più notevoli della Zoologia, recensioni bibliografiche, ecc. Si annunciano le pubblicazioni ricevute in dono. Conto corrente colla posta - Pubblicazione trimensile SOCIETÀ’ ZOOLOGICA ITALIANA con sedo ìli ROMA sono I.V rWESIDENZA ONORARIA di H. M. il Re VITTORIO EMANUELE IIP Anno XII. Consiglio DiRKTTno: Prof. C ora m. Antonio Carmccio — l'i rsidente (Zoologia ed Anni, comp.^ .Specialmente Vertebrati) . I). Guido Orazio Falconieri C'onte di C:upe"ua — Vicepresidente (Ornitologia) . Prof. Cac. Komolo Meli — V ieepresidenfe (Paleozoologia e Malaeologia) . Dott. Giuseppe Bomero — Segretario (Biologia generale). Ka*);. Sig. Vittorio Zambra — Cassiere (Ornitologia). Prof. Cav. Antonio Neviani (Zoologia generale., Spec. Briozoi). March. Dott. Filippo Patrizi (Ornitologia) . Prof. Giovanni Angelini (Zool. gcn., Spec. Ornitologia). Comm. Fortunato Bostagno (Bnt omologia, Spec. Lepidotteri). March. Dott. Giuseppe Lepri (Entomologia, Spec. Imenotteri) l’rof. CaY. Binaldo Marchesini (Istologia generale) . Prof. Cav. Giovanni Pochettino (Zoologia generale). Anno 1902 -Xi. asc. IV. V e VI. Serie li - Vo!. Ili, j DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA PALMIPEDE RARISSIMO E DI GRAN VALORE PLA.UTUS IMPENNIS donato DA S. M. IL RE VITTORIO EMANUELE III al Museo Zoologico della R. Università di Roma I Riassunto di due comunicazioni fatte dal Prof. A. Carruggio alla Società Zoologica Italiana in Roma. Due questioni sono in modo speciale interessanti, quella della distribuzione geografica dell’ Alca impenne, e quella del- ' r epoca della sua scomparsa definitiva, fissando possibilmente I la regione in cui avvenne T ultima cattura del tanto perse- guitato palmipede. I Entrambe queste questioni mi sembra siano abbastanza (, collegate fra loro, e quindi potrebbero trattarsi contempora- ì neamente, e T una compenetrarsi nell’ altra. Comunque, certo è che per scioglierle con soddisfazione, occorrono molte ed ac- curate ricerche bibliografiche, le quali pur io ho dovuto fare Ì. quanto meglio potei, chè in verità limitatissimo è il tempo per ' chi* ha insegnamento quotidiano ed altri doveri. In Italia, per quanto a me risulta, nessuno finora ebbe opportunità di riferire più o meno largamente sul Plautus im- j pennis : perciò penso che possano tornar gradite quelle notizie che finora mi fu dato raccogliere 5 le quali espongo molto rias- 2 PROF. A. CARRUCCIO suntivarnente, per necessità di spazio, dovendole pubblicare nel Bollettino sociale del presente anno. Comincio dal far rilevare che non sono d’ accordo gli scrit- i tori nello stabilire, sia il numero, sia la estensione delle regioni ; nelle quali ebbe a dimorare l’Alca impenne: e non è facile i dire in quali fra esse questa specie fosse più copiosamente ) rappresentata, cioè più abbondante. — Già qualcuno fra gli j egregi consoci ebbe a rivolgermi questa domanda: Si sa quando e da chi sia stata scopeT’ta 1’ Alca impenne ? | — Dirò subito che a siffatto quesito rispose già A. NeAvton | nel suo lavoro ^ugli uccelli della Groelandia {The Arctic Ma- I miai ecc.). ! Il Newton adunque lasciò scritto che « la prima scoperta j di questa rimaiahevole ed interessante specie data daH’annó 1574; I ed aggiunge che fu un islandese, di nome Clemens, quegli che j fermatosi colla nave presso talune isole, poste sulla costa orien- ; tale della Groenandia,chiamate in quell’epoca Giinnbjaniareijiur, I e posteriormente note coi nomi d’ Isole di Danell' s o Graah’ s 4 (Latit. N. .65”, 20“), potè venire in possesso di un numero si . grande di Alche da caricarne a piacimento l’ istessa nave. j Troppo difficile però credo lo stabilire con precisione quanto avvenne per lunga serie di anni in quelle lontane terre insu- lari, nelle quali il Clemens aveva trovato una grande anzi stra- ordinaria abbondanza di cosi fatti uccelli, che il Newton non dubita appartenessero al Pìautm impennls. Quindi senza troppo indugiarmi, ricordo quanto si legge j sulle cacce tentate presso la Groelandia nel 1815 ed anche dopo. , Dalle asserzioni di Holbòll e di altri risulta che, a stento, in quell’anno, si potè catturare da Heilmann un solo esemplare di Alca impenne presso Fiskenaesset. Sonvi inoltre scrittori i quali asseriscono come anche nel tempo in cui questa specie esisteva lungo le coste groelandiche,i soltanto d’ inverno ed in poco numero vi si fermasse. Si narrai pure che si facesse vedere presso gli scogli della Norvegia^ , Per l’anno 1821 troviamo che il Reinhardt {Ibis 186Q' cita con sicurezza la cattura di un esemplare fatta nell’ isolai Disco ed un altro posteriormente. | Troviamo parimenti espressa T opinione che T Alca impenne. A SOVRA UX PALMIPEDE RARISSIMO — PLAUTUS IMPENNIS 3 non dovesse essere rara poco più di un secolo fa presso parec- chie dello coste settentrionali d’Europa. E per quanto riguarda r Islanda il Preyer crede che alla distruzione di questa specie abbiano assai contribuito le eruzioni vulcaniche, le quali deso- larono soventi quelle regioni. Steenstrup per il primo, e poi altri, narrarono che furonvi annate in cui 1’ Alca impenne fu vista nidificare su qualche scoglio dell’ Islanda. Il Newton, citando un manoscritto del 1760, narra che in queir epoca il Plautus Impennis era comune a Reikjanes.... L’ istesso autore aggiunge che nelle spedizioni fatte negli anni 1753, 1773, 1784 e 1800 venne constatata la presenza dì questo uccello nella preindicata località. Però alla sua volta Thorswmlder Oddson ne assicura che in una regione prossima, cioè a Helliskni- pa, tra Skagen e Klebavick, alcuni anni dopo, cioè nel 1808 e 1810, non si poterono catturare che due sole Alche impenni. Il già citato Newton osserva come non faccia duopo di risalire a un’ epoca lontana per trovare la causa della distru- zione di questa specie: si sa come nel 1807 cominciassero le ostilità f.’a r Inghilterra e la Danimarca, e come nel di 24 lu- glio deli’ anno seguente 1’ equipaggio di una nave corsara giunto in Islanda, potesse in un solo giorno compiere a Geirfuglasker una vera distruzione non solo di tutte le Alche adulte che vi trovò, ma di tutti i piccoli. Inolire brutalmente da quei marinai vennero schiacciate quante uova poterono rinvenire ! Nel 1813 poi un’imbarcazione, espressamente preparata dai miseri abitanti delle Isole Fcroé, inviata in Islanda e presso il Capo Reykjanes, fece su quelli scogli un vero massacro di quante Alche impenni vi si trovarono; e così al ritorno dei cacciatori, i compatrioti sofferenti per mancanza di cibo ebbero di che sfamarsi per qualche giorno.... Nel successivo anno (1814) racconta il Faber che sovra un piccolo scoglio situato presso Làtràbjarg (Costa settentrio- nale di Breidifjord) vennero uccise molte Alche impenni. E dall’ istesso autore rilevasi come in un’ altra escursione fatta sette anni dopo, e precisamente il 21 Giugno 1821, non fosse pos- sibile uccidere sugli scogli presso Reykjanes verun’ Alca. Ho già detto del massacro fatto nell’ anno 1813 che pare 4 PROF. A. CARRUCCIO fosse quasi completo, E dico quasi perchè qualche anno dopo John Jonsson e suo figlio riuscirono a stento ad uccidere, in quelle stesse località, soltanto due Alche. Trascorsi circa 20 anni, cioè nel 1830 e 1831, furono cah turati a Reykjanes Fugleskayaer altri 27 individui; e nel 1839 e 1840 altri 10. Le ultime due Alche impenni, una di sesso maschile, T altra femminile, vennero uccise in una delle piccole isole dell’ Islanda nell’anno 1844, e mandate a Copenaghen (1). Si è pur fatto parola di un’altra apparizione durante il 1841 presso le coste | dell’ Islanda, ma non trovo detto se di un solo esemplare di j Alca, 0 di parecchi, nè se fu possibile di impo.ssessarsi di qual- cuno. Interessanti sono purè le varie notizie storiche che devonsi al Nilsson sul Pinguino od Alca impenne lungo le coste del- r America settentrionale, tra il 45® e 55'’ di latit. N. — Nella zona indicata dal Nilsson si trovano isole che in altri tempi pel numero notevole d’ individui appartenenti alla specie in di- scorso vennero chiamate Pengiiinoarne, Geirfugla^her etc. I na- vigatori che nel secolo XVI solevano approdare verso il Banco di Terranova assicuravano come in gran copia vi si potessero j uccidere le Alche impenni. Epperò molte navi inglesi, francesi, j spagnuole, olandesi e portoghesi facevano senza difficoltà le più I larghe provviste di detti uccelli in carne e di uova; e quelli I che non erano mangiati dagli uomini formanti V equipaggio delle j1 rispettive navi, venivano salati e conservati in botti. Nel se- !■ colo XVI adunque le Alche impenni erano nelle predette loca- lità cotanto numerose, che scendendo dalle barche armati di solo bastone, i marinai ne potevano in una sola ora ammazzare a ; migliaia. ; Aggiunge il Nilsson, che se questa narrazione sembrasse a i taluni esagerata, potrebbe citare la testimonianza del distinto j (1) Queste notizie contengousi principalmente nell’opera di Olphe r — Galliard, T. I. pag 21-26. Il riassunto dato è sufficiente per dime- j strare che alla caccia spietata e senza' tregua si deve in massima parte | la distruzione del Plautus Impennisi come del resto risulta dagli estratti i delle memorie di Newton, Nilsson ecc, j Sovra dn palmipede rarissimo — PLAìjrus impennis 5 naturalista norvegiano, Peder Stuwitz, il quale molto tempo dopo (1841) avendo visitato una di quelle terre insulari chia- mata Punk Island, vi trovò considerevoli quantità di ossa ap- partenenti air Alca impenne. Fu constatato inoltre come in queir isola, mancante di alberi da bruciare, una parte dei corpi delle numerose Alche uccise venisse arsa — for to boil thè — per cuocere 1’ altra parte. E il narratore conclude asserendo che la specie andò sensibil menta scemando nei secoli XVII, XVIII, pur potendosi ancora esercitare la caccia. L’ illustre prof. Steenstrup, che poco fa ho già citato, af- fermò che quest’ uccello in altri tempi non solo dovette vivere in qualche parte della Danimarca, ma vi potè nidificare. Egli inoltre scopri molti frammenti di scheletri nelle cosi dette Kyokenmóddingerne (avanzi delle cucine degli antichi abitatori insulari). Non tutte le opinioni manifestate dallo Steenstrup sono divise dal Preyer nella sua memoria Ueher Plautm imjpennis, 1863). Quest’ autore crede infatti che 1’ Alca im penne non abbia giammai nidificato nè in Groeuandia, nè In Islanda, nè al La- brador, e neppure a Terranuova, bensì nidificasse nelle piccole isole disseminate lungo le coste di quest’ ultima terra. Il Preyer cita anche le isole Feroé, S. Kilda, le Ebridi, le isole danesi, ed infine quelle piùo meno prossime all’ Islanda, quali Gunnhjarnareyar , Ldtrabjarg, Grimsey etc. Verso il 1834 pare che molte Alche impenni si trovassero nelle isole Orcadi, e si narra che il ministro presbiteriano re- sidente allora a Mayaland offrisse un prezzo assai elevato a quanti gli portavano qualche esemplare della specie; e quindi, anch’ egli contribuisse alla distruzione della medesima (Degland). Altre località trovo citate quà e là, nelle quali in epoche più 0 meno lontane sembra si trovasse il Plautm impennis, e fra esse anche la costa dei Massachussetts, in cui più ossa di questa specie furono rinvenute miste a crani di Indiani. Anzi nel 1602 il capitano Bartolomeo Gosnold avrebbe trovato vivente nel- r indicata costa T Alca impenne, nel sito chiamalo Gilbert-Point (41. 40. dilatit.) Ma se mi ridomandasse, come fecero non pochi distinti visi- tatori venuti in Museo per osservare il bellissimo esemplare, che 6 PROF, A. CARRUCCIO assai mi compiaccio di poter presentare nell’ odierna adunanza, dove sia stato catturato 1’ ultimo individuo della-specie ormai di- strutta, risponderò nuovamente che mi sembra assai difficile una risposta in termini assoluti. Non solo dovrebbesi prima cono- scere tutto quanto fu scritto da autori degni di fede, ma anche esser messi in grado di conoscere ed apprezzare le molte osser- vazioni e narrazioni di viaggiatori e comandanti di navi, i quali visitarono diverse regioni gità abitate dal Plautiis inqjeunP. L’ Olphe-Galliard e qualche altro ornitologo scrivono che il colonnello Drummond-Hars avrebbe osservato (aurait obser- vèe) l’Alca impenne nel 1852 presso il Banco di Terranova.... La frase è un pò dubbia, nè io so se la diagnosi della specie sia esatta. Quando ciò fosse, fu in quell’ anno che per l’ultima volta apparve il Plautus impe7inh, nel 1844, oppure nel 1846, come altri affermarono ? Ma fra le regioni che ho ricordato avrei d(-vuto alquanto più insistere sulla Norvegia, sapendosi che sull’ Alca impenne Linneo {Fauna Suecica)\as,db scritto: Habitat in mari Norvegico rarius. Il conte de Buffon lasciò scritto: «La specie ci sembra poco numerosa: questi grandi Pinguini non si mostrano che rara- mente sulle coste della Norvegia; essi non vengono a visitar tutti gli anni le isole di Feroè, e non discendono punto più al Sud nei nostri mari d’ Europa (1). Ripete adunque a un dipresso le parole di Hoierus apud Clusium (Exòtic. Auctor): « Rarissime autem et nonnisi peculiaribus quibusdam annis visi tur ». Il D’ Hamonville scrivendo del « Pinguoin brachij}itere » riassume con parole molto giuste alcuni fatti, e perciò le rife- risco nella loro integrità: « Il se reproduisait sur les ilots escarpés et déserts de cette partie de T Océan coraprise entre le LaI)rador et la Nor- vège, specialment près de Terreneuve, de l’ Islande, des Orcades. et des Hébrides. Il ètait très comm un en XVI et en XVII (1) Ved. Oeuvres corapletes de Buffon — Ton 8.'"® Les Oiseaux, j pag. 600. ! w SOVRA UX PALMIPEDE RARISSIMO — PLAUTÙ3 IMPENNIS 7 siécle, et- ofFrait aux navigateurs de précieuses ressources ali- mentaires, d’ autant plus faciles à se procurer que, si cet ha- bile nageur était surpris sur la terre ferme, son impuisance pour la marche comme pour le voi le laissait à la merci des ses ennemis. Malheuresement les marins ne surent pas ménager cette ressource que la Provvidence leur avait préparée, et en I tìrent des rnassacres inutiles qui diminuèrent 1’ espèce avec une rapidité d’ autant plus grande, que chaque couple ne pondait qu’ un oeuf par an » (2). Alla domanda pur fattami da parecchi sul genere di nu- trizione propria a questo palmipede, rispondo che da rapporti di antichi viaggiatori risulterebbe che cihavasi di pesci piuh tosto grossi, e fra gli altri di un Acantottero, particolarmente dei Ciclopterus lumpus, che appartiene alla famiglia dei Disco- boli. Ma sembra che si nutrisse anche di piante marine. Parecchi fra i migliori scrittori d’ ornitologia si adopra^ rono onde compilare un’ esatta statistica degli esemplari in pelle di Alca impenne conservati presso Musei pubblici o pri- vati, e fra questi scrittori meritano di essere ricordati il Ghampley, De Selys-Longchamps, Palio, S. Grieve, Blasius etc. Comincio dal dire che più volte ho osservato i pochissimi esemplari di Plautus inipemiis che si trovano in Italia (Firenze, Milano, Pisa, Torino). In Piemonte esistevano due esemplari, uno al R. Castello di Moncalieri, clT è questo ora donato dal Re Vittorio Emanuele 111 al Museo della R. Università Romana, I ed acquistalo nel 1867 da Vittorio Emanuele II, e 1’ altro ap- I partenente at R. Museo Zoologico Universitario di Torino, dove I naturalmente ancora si trova. Quei 4 esemplari sono certo meno f belli di questo che avete sott’ occhi; il quale anzi credo sia il i migliore non solo in Italia, ma uno dei più adulti e perfetti nella loro conservazione in confronto ad altri di più Musei j stranieri. Io conosco gli individui conservati nelle grandi colle- I zioni di Berlino, Cambridge, Dieppe, Dre.sda, Gratz, Londra, Mo- i naco, Oxford, Parigi, Praga, Tring, Vienna. Taluni di questi esemplari li ho osservati una o due sole volte ("a Dieppe, Dresda, j (2) La vie des oiseaus 1, 1890, p. 389, i 8 PROF. A. CARRUCCIO Gratz e Tring); gli altri molte volte o perchè nelle precitate , città potei fare parecchi viaggi, specialmente a Berlino, Parigi, Londra e Cambridge, o perchè mi vi trattenni più a lungo. 11 Bollettino della nostra Società ha pubblicato assai di re- cente (ved. fase. Ili, IV, Vie VI dell’ anno X, 1901 pag. 21.3-214) un’ interessante memoria del prof. S. Brusina sulle Alche, nella quale è ben riassunto quanto concerne le uliime catture del Plautus impennis, ed il numero degli scarsi esemplari in pelle, degli scheletri e delle uova die si trovano nelle varie raccolte. Nulla di meglio posso fare che riprodurre le precise parole scritte dal prof. Brusina ; « . . . . nel 1833 furono uccisi 13 Plautus, soltanto 9 nel 1834, appena 3 nel 1840 o 1841; gli ultimi due caddero, come sembra accertato, nel 1844 sullo scoglio Elde\'-rock del gruppo delle isole Euglaskòr a S. E. dell’ Islanda. Accortisi i cacciatori e naturalisti della scomparsa del Plautus, ne fecero ricerca nei luoghi più reconditi di sua dimora, sperando di trovarne ancora qualche piccola e dimenticata colonia nei paraggi spe- cialmente dell’ estremo settentrione. Si sperava che nella ce- lebre circomnavigazione dell’ or defunto prof. Nordenskiòld, colla Vega, si riescisse a scoprirne qualcuno, ma la speranza, rimase delusa ». L’ autore ricorda quindi quanto si scrisse sulla estinzione della specie, e le premure usate dagli ornitologi per rintrac- ciarne le spoglie, e prendere nota perfino di ogni pezzo trovato nelle collezioni pubbliche e private. E dopo di aver citato i pre- gevoli lavori del Grieve e R. Blasius, ricorda ancora come oggi esistano « nelle varie raccolte da 79 ad 80 esemplari montati; da 23 a 24 scheletri più o meno completi; da 850 ad 861 singole ossa; non più di 2 o 3 preparati fisiologici; final- mente da 70 a 72 uova ». E giustamente osserva il prof. Bru- sina come gli esemplari di Plautus a misura che « passano dalle raccolte private alle pubbliche diventano sempre più ir- reperibili ». Riassumendo dirò che di poco variano i totali dati da di- versi autori sulle Alche impenni in pelle possedute in Europa ed in America, totali che credo non vi dispiaccia di conoscere. 1 f r i' SOVRA tTN PALMIPEDE RARISSIMO — PLAUTUS IMPENNIS ’ 9 Cominciando dall’ Alemagna possiamo affermare che nelle diverse città aventi collezioni pidibliche o private, gli esemplari sono una ventina. Nel Belgio ne posseggono due; in Danimarca parimenti due; in Francia nove; in Olanda due; nella Gran Brettagna sono poco più di una ventina; in Italia cinque; in Norvegia uno; nel Portogallo uno; in Russia (Pietroburgo) uno; in Svezia due; in Svizzera tre; negli Stati Uniti d’ Ame- rica sei. Il Patio ed altri indicano con precisione le collezioni ed i paesi in cui si conservano gli esemplari montati ed intieri; i quali in tutto il mondo civile, stanno molto al disotto, come già si disse, del centinaio. Ed ormai può ritenersi che più non si abbia a trovare verun altro esemplare sia « sur les còtes du Gròeland, qui sont presque toujours couvertes de glaces, come scrive l’autore della Faune ornitliologique de L’ Eurojpe occidentale, sia altrove; e non già ancor vivente, ma neppure estinto e conservato a una certa profondità sotto poderosi massi di ghiaccio. — È quasi superilo che io ancora una volta metta in chiaro come in questa grande metropoli non si era mai posseduta un’ Alca impenne, e senza il generoso dono del Re Vittorio Emanuele III, il Museo Romano avrebbe forse per sempre de- plorato questa lacuna eh’ è fra le massime dovunque si abbia un’ importante collezione ornitologica generale. Del resto, è sempre vera l’ affermazione fatta dal Dott, Dubois nel 1872; I peu de musèes sont en possession de ce rare oiseau; celui de Bruxelles peiit s’ estimer heureux d’en posséder un magnifìque ; exemplaire. — Altrettanto ora possiamo dire per il Museo della Capitale d’ Italia. Ed ora, prima di passare alla descrizione dell’ esemplare donato da S. M. il Re, dirò brevissime parole della Sinonimia del genere e della specie. I j Le denominazioni generiche che leggiamo in opere diverse i\ più che sinonimiche, possono chiamarsi polinimiche. ■ La parola Alca, adoperata da Linneo, la troviamo nel suo i; j Sgstema naturae tanto nell’edizione del 1758, quanto in altre. 10 PROF. A. CARROCCIO Briinnich (Zool. Fundament.) adottò nel 1771 il vocabolo Plautus, che più altri autori successivamente usarono di pre- ferenza. Altra denominazione generica, rarissimaraente adope- rata, fu quella di Phaleris (Brandt ecc.). Il vocabolo Pinguimis lo vediamo prescelto da Bonnalerre nel 1790 (Encycloped. method., p. 2% nel qual genere anno- verò specie che per quanto affini, vennero ragionevolmente da altri autori collocate nei due generi distinti, Pìautns p. d. e Alca. Nè taccio che Brisson precedentemente (1760) si era valso di altro nome generico, quello di Aoihinga. Non fa duopo che mi trattenga a commentare altre donomi- nazioni generiche, quali quelle di Chenalo'pex, di Mataeptera ecc., nei qnali generi si volle comprendere l'Alca impenne. V’ ha chi considera la parola Plaali/^ come un'alterazione di Plotus, che in greco suono muto. Da Linneo venne pure in- dicato il genere Plotus. Anche le denominazioni specifiche usate, principalmente da scrittori più o meno antichi, sono oltre il bisogno varie e nu- merose. Mi limiterò a citare le principali : oltre la linneana Alca impennis, ripetuta in molte opere, abbiamo quella di Anhinga major Brisson (1760); Plautus impennis Bnmmch ('1761); di Pinguimis impennis Bonnat. (1790); di Chenalopex impennis G. B. Gray, ecc. (1). Prevale, fra le citate denominazioni, quello di Alca impen- nis adoperata da Temminch (1820), da Gould (1837), Audu- bon (1856), Schlegel (1867), Coues (1868), Dubois (1872). Altre i denominazioni troviamo in opere diverse, quasi tutte possedute ' dal nostro Museo. Preferisco dare alcuni nomi volgari con cui i questo importante uccello veniva chiamato presso diversi popoli, i Ai Norvegesi era noto col nome di Brillefugl a motivo delle > larghe macchie bianche al davanti degli occhi, si da sembrare I che portasse occhiali. Secondo StrÒm ed altri in Norvegia adoperavasi anche il no- l me di specialmente nell’epoca della maggior pesca, (1) Brandt la chiamò Phaleris camtschatica, ehQpQoihìxx Alca Eam- \ i tchatica,.,,, 1 SOVRA UN PALMIPEDE RARISSIMO PLAUTDS IMPKNNIS 11 in cui l’Alca impenne compariva più o men numerosa, man- dando un grido speciale quello di aangla, aangla, col quale i pescatori la riconoscevano anche ad una certa distanza. Gli Americani del Nord la chiamavano Great- Auk. Il Faher {lùs, 1827. p. 680) ricorda pure la denominazione usata dagli Islandesi di Geirfiigl, colla quale pare si voglia accennare alla forma caratteristica del becco. Gli Svedesi chiamavano l’Alca impenne Garfogel) gl’inglesi Great- Auk ecc. (Pennant) i Francesi Pingouin brachypiere, e cosi via dicendo. Dimensioni dell’ esemplare. Prese colla massima accuratezza esse dimostrano ch’è uno dei più adulti fra quelli che cosi ra- ramente osservansi nelle collezioni ornitologiche europee. Infatti l’individuo donato da S. M. il Re offre le seguenti dimensioni: 1. Altezza totale. Questa è di cm. 61 e Q2 se si misura ristes- se individuo nella stazione quasi affatto verticale in cui trovasi. Se però lo misuriamo lungo la linea mediana dorsale, seguen- do la lieve curva ch’essa forma, a cominciar dall’apice della coda Ano alla punta del becco, abbiamo una lunghezza massi- ma di cm. 89. 2. Altezza della sola testa: cm. 9. — Sua lunghezza dall’in- dietro in avanti, cm. 1.3. 3. Lunghezza del collo: cm. 12 1 [2 — Perimetro del mede- simo: cm. 21. 4. Perimetro del torace : cm. 58. 5. Perimetro dell' addome : cm. 53. 6. Lunghezza di ciascun’ ala] cm. 16. — Larghezza cm. 7 1[2 alla base, e cm. 5 1|2 all’ apice. 7. Lunghezza dei tarsi : cm. 7. — Loro grossezza da 10 a 12 mm. 8. Lunghezza massima di ciascheduna zampa, colla palma- tura ben distesa, e le dita quasi equistanti : cm. 9 1[2- Lunghezza delle 3 dita ; è alquanto diversa, cioè 1’ esterno che è il più lungo, misura mm. 72; il mediano mm. 70, e l’in- terno mm. 50. Tutte e tre sono rivolte in avanti. Il dito po- steriore manca. 10. lAinghezza delle unghie: la mediana 15 mm. ; l’interna e 1’ esterna 10 mm. V’ è adunque nella rispettiva lunghezza I I 12 PEOF. A. CARROCCIO unghiale ima lieve differenza. Tutte e tre hanno un colore ne- riccio. La membrana interdigitale, la quale si avanza oltre alla base delle unghie (e perciò il Plautus impennis è un tolipal- maio) offre un colore qaasi ferrugineo. 11. Lunghezza del becco: dalla base Ano all’apice, ch’è ri- curvo, cm. 8 li2. Però siccome la porzione basale è obbliqua dall’ alto in basso e dall’ indietro in avanti, perciò il solo mar- gine superiore, ch’è il più lungo, ha la preindicata lunghezza, mentre il lato inferiore misura soli cm. 6 1[2. 12. Altezza del becco : la massima si ha nel centro mede- simo, ed è di cm. 5 ; T altezza alla base è di cm. 4 li2; ed all’apice è solo di 1 cm. 1(2 circa, 13. ' Solcature laterali del becco e sua colorazione : a comin- ciare dall’ alto e da ambo i lati, e presso la base della ranfo- teca, si vede una profonda solcatura ricurva, che ha la forma quasi di una lettera S, e quindi colle sue punte rivolte in senso opposto : ogni solco è lungo cm. 2 li2. Ma sulle parti laterali della stessa ranfoteca superiore si hanno altre quattro solcature curvilinee, colla convessità rivolta verso r apice, e la concavità verso la base. Queste solcature cominciano dall’alto, verso il 3° po.steriore della stessa ran- foteca, e come si portano in basso si avvicinano all’apice, pur rimanendo T ultima di essa distante dall’istesso apice del becco circa 15 mm. Ognuna di queste 4 solcature minori misura da ■ 2 a 5 mm. La ranfoteca inferiore presenta altre otto solcature proprie che vanno decrescendo a cominciare dalla sua parte mediana fln verso T apice. Le prime 2 solcature sono rettilinee e ver- ticali ; la terza ha la forma di un C. le altre 5 sono quasi 4,-.^ verticali e rettilinee, ma più .profonde delle prime due. ì La colorazione del becco è affatto nera. i* 14. Spessore del becco: presso la base è di 18 mm., verso la metà del becco medesimo, e per la mascella superiore, lo || spessore riducesi a soli 4 mm. Nel mezzo invece della mascella il inferiore si ha uno spessore di 8 mm. L’ apice della mascella superiore, ch’é uncinato, è grosso | i 4 mm., e quello della inferiore, che si adatta col sovrastante è ; * SOVRA UN PALMIPEDE RARISSIMO PLAUTUS IMPENNIS 13 grosso 5 mm. : quest’ ultima è angolosa ed aguzza, mentre la superiore per le cose già dette resta arcuata, e quasi sormom tata da una cresta (1). Le narici ablunque, lineari, stanno presso il margine destro e sinistro del becco, e sono ricoverte da membrana e da pin- nule vellutate. Macchia 'preoculare. Di questa notevolissima macchia bianca preferisco parlarne ora, ricordando eh’ essa dista dall’ apice del becco 8 cm. Essa è situata al davanti dell’occhio, ed è disposta obbliquamente, in modo che la estremità superiore, col margine esterno, lambisce il contorno oculare. La forma di essa macchia è ovale, disposta obbliquamente col diametro maggiore di 42 mm., ed il minore di 25 mm. Ali. Queste, come vedete, non hanno bisogno di speciale descrizione, tanto sono caratteristiche, ed ognuno può anche col primo sguardo persuadersi che- non sono atte al volo, man- cando di penne adatte e di ossa ben sviluppate dell’arto toracico desti-o e sinistro, quali le troviamo negli uccelli più o men volatori. La lunghezza di queste ali è di soli 16 cm., con una larghezza di cm. 5 Q2. Il colore della marginatura formata dalle piccole cuopritrici alari, è d’ un biancoperlaceo. Coda. È affatto nera e lucida, breve ma robusta. La descrizione che ho fatto di questo esemplare che, lo ripeto, è bellissimo, per alcuni particolari riesce più completa di altre descrizioni date da diversi scrittori fra i più reputati, e cor- risponderebbe in parte a quella del Temminck (2); il quale i avverte che ancora non conoscendo il piumaggio d’ inverno nè (1) Questa conformazione del becco ha dato luo^o a commenti più 0 meno benevoli per la celebre Alca estinta. Citerò, fra gli altri quello d’ uno scrittore francese il Toussenel: ^ I^e bec, d’ un couleur noire cornèe commes les pieds, est beancoup plus long que le teté ; il est ridiculement Compriraè dans sa hauteur, crochu à son extrémiié, et sillonnè de huit àdix rainures verticales. line longue tache ovoide blanc pur, qui va de 1’ oeil à la naissance; du bec, contribue à don- nei’ une expression étr.inge à cette physionomie » . (2) V. Manuel d’ Ornithologie. Seconde partie. 2. edit. Paris 1820- 1840. pag. 969. u PROF* A. CARRUCCIO quello dei giovani di questa specie rarissima, era costretto a descrivere il « plumage d’ èté ou des noces ». Migliore assai è la descrizione dell’ Alca impenne che ci ha dato John James Audubon nella reputata sua opera The Birdsof America from dravvings made in thè United States and their territories '1) Chi può consultare quest’opera troverà che le due figure del- r Alca, date dall’ Audubon, quantunque assai ben colorite, non sono cosi esatte in alcuni particolari, e massime nella dimensione della testa eco., come le figure che accompagnano questa mia nota. Aggiungo finalmente che la descrizione data W. R. Ogilvie- Grant nel voi. XXVI del Catalogne of thè Birds in thè Bri- tis/i Miiseum {Steganopodes, Pigopodes, Alcae ecc.) per gl’ in- dividui in abito estivo e d’ inverno è per fin troppo concisa. Anche quest’ autore giustamente fa notare come altro carattere differenziale fra i due generi Plautus e Alca sia dato dall’ avere il primo 14 penne nella coda, ed il secondo sole 12. Avevo già riassunto la prima comunicazione da me fatta, alla Società Zoologica Italiana, quando, per cortesia della con- socia Dott. Carmela Losito, fui posto in relazione colla egregia' Signorina inglese Cooper Isabella, residente in Roma, la quale, da un cugino, distinto naturalista in Londra, mi fece avere un duplice elenco esattissimo non solo degli esemplari di Alca co- nosciuti e conservati, ma anche di tutte le uova che vennero acquistate, non di rado a prezzi altissimi. Rinnovo i più sentiti ringraziamenti alla Signorina Cooper ed al Sig. Edward Bidwel, cui devo anche due belle fotografie di uova dell’ A tea impennis, una acquistata dall’ istesso Signor Bidwel quasi 20 anni fa, e l’altro da un suo amico 10 anni or sono pel prezzo di circa dieci mila lire (2). • Riproduco fedelmente gli elenchi favoritimi dal signor Bidwel: (1) V. Voi. VII, pag. 245-246 (Great-Auk-A Zea impenni) piatei cccxLv Adult. New Yorck 1856. (2) Anehe il Barone cf Hamonville nel suo libro La vie des oiseaux Paris, 1890, a pag. 390 parla dei prezzi assai elevati in cui a| Londra nel Dicembre 1887 fu, in una pubblica vendita, pagata qualche uovo dell’ Alca impennis; e parimenti in altra vendita.! fatta nel marzo 1888 (il prezzo oscillò fra le 4170 e 5725 lire). SOVEA UN PALMIPEDE RAPISSIMO — PLAUTUS IMPENNIS 15 PRIMO ELENCO There are 82 recorded skins of thè Great Auk. Austria 4. — Belgium 2. — Great Britain 24. — Denmark 3. — France 8. — Germany 20. — Holland 2. — Italy 5. — Norway i, Portu- • gal. I. — Russia i. — Sweden 2. Switzerland. 3. — United States - 6. Tho Great Auk Avich H. M. thè king of Italy has lately pre- sented to thè Museum of thè University of Rome A\ms former- ]y thè property of thè late Pastor Brehin Avho obtained it in 1802 from thè Museum of Copenhagen. Il sig. Bidwl ci fa adunque conoscere che 1’ Alca donata da S, M. il Re d’Italia al Museo di Roma era proprietà del pa- store Brehm, il quale l’aveva ottenuta nel 1802 dal Museo di Copenhagen. Dopo molti anni l’ i stesso esemplare fini per essere acquistato, come dissi, dal Re Vittorio Emanuele II. LIST I British Museum, Naturai History, Cromwell Koad, London. 2o 2 British Museum, Naturai History, Cromwell Koad, London. 2 I Museum of Science And Art, Edinburgh, 2 2 , 4 Museum of Science And Art, Edinburgh. 23 ' 5 . University Museum, mmbridge. 24 , 6 University Museum, Cambridge. 25 7 University Museum, Cambridge. 26 8 University Museum, Cambridge. 27 9 Uniyersity Museum, Cambridge. 28 IO University Museum, Oxford. 29 1 1 Royal College of Surgeons, London. 30 I 2 Royal College of Surgeons, London. 31 Royal College of Surgeons, London. 32 14 Derby Museum, Liverpool 1 E Naturai History Museum, Newcastle-on-Tyne. 34 ! Phliosophlcal Society’s Museum, Scarborough. 35 17 Mr. Edward Bidweli, Twickenham. 36 18 Mr. Robert Champley, Scarborough. 37 i Ilr. Robert Champléy, Scarborough. 38 SECO showing present ■ fflr. Robert Champley, Ssarbcf ” Mr. Robert Champley, Scarb Mr. Robert Champley, fecarb Mr. Robert Champley, Scarb r. - Mr. Robert Champley, Scarb f • ' Mr. Robert Champley, Scarb f * Mr. Robert Champley, Scarb British Museum, Naturai Croio well Kuad, f ’ ■ Mr. Herbert Massey, Didsburv Lai TJi . '* j' Lord Lilford, Li 1 torci , Hall, N Lord Malcolm, Poltallock, ArgL';. Sir Frederick Miiner, Nunappleioi ’ Professor Newton, Ca »:_■ Professor Newton, Ca 'li . Professor Newton, Ca Mr. John C. L. Rocke, Clunguiitbi 'T. V Hon. Walter Rothschili Triugh Pane ’ C i/ Mr. C. Fydell Rowley, I Mr. C. Fydell Rowley, c ri Ms. Herbert Massey, 28^* Didsbury, Lancashire. SNCO ■ggs of thè Great Auk. r. C. Fydell Rowley, r. C. Fydell Rowley, J \ iriiir. C. Fydell Rewley, 1 arltr. G. Fydell Rowley, Brig'hton. Brighton. Brighton. Brighton. artf r Gbeville Smythe, j Ashotn Court, Sornerset. Ir. W. Newail London . car|P. Hernry Walter, Caiton Norfolk. jjlr. T. G. n/liddlebrook Il London. 9 y^iyal University Museum, Copenhagen. (turai History Museum, Angers. ^Jiliseum of Naturai History, I ' Bfii’is. rJ liseum of Naturai History, ;; Paris. iiseum of Naturai History, Paris. Jr Vaunceyh Grewe, Calke Abbey Derby. fi’. Herbert Massey, Didsbuiy, Lancashire. [f’. T. C. Middlebrook London. fi’. T. G. Middlebrook, I , ■ London. fitnsieur De Meezemaker, Bergues les Dunkerque. 1" Monsieur De Meezemaker, Bergues les Dunkerque. 58 Monsieur M. Hardy, Perigueux.' 59 Royal Zoological Museum, Dresden . 60 Grand Ducal Museum, Oldenburg. 6 I Herr Th. Lobbecke, Dusseldorf. 62 Zoological Museum, Amsterdam. 63 Zoological Museum, Leyden. 64 National Musem, Lisbon. 65 Museum of Naturai History, Lausanne. 66 Academy of Naturai Sciences, Philadelphia. 6 7 Smithosonian Institute, Washington. 68 Mr. S. Evelyn Shirley, Ettington, Warwickshire. 69 Mr. Herbert Massey, Didsbury, Lancashire. 70 Mr. J. Gardner, London. 7' Mr. H. Nonble Henley, Onthames. 72 Mr. J. Gardener London. 73 Mr. J. Gardner London. 74 Mr. Scales, (dee.) Model. Jan 1902. 46^k Mr. Leopold Field, London. 18 PROF. A. CARROCCIO Nel por fine a queste notizie riassuntive mi par davvero che tornino molto a proposito le parole del celebre autore del- la vita degli animali. Egli dopo di averlo chiamato « strano uccello » ancor vivente in sul principio del secolo XIX nell’O- ceano Glaciale Artico, aggiunge che al presente è « intiera- mente scomparso in seguito alle accanite persecuzioni dell’uo- mo. Se lo incrontrassimo per caso anche ai nostri giorni in un luogo ignoto, dice con ragione il Newton, la sua scoperta sarebbe seguita in breve da una rapida diminuzione, e forse da una scomparsa totale della specie ». Infatti se « anticamente questo uccello costituiva un ottimo cibo per gli abitanti dell’ Islanda e della Groelandia, oggidì la sua pelle si trova appena a peso d’oro (1) ». Ma più dell’ oro vale per gli uomini di cuore ed amanti del bello che la natura ci offre in tante svariate forme, vale, ripe- to, la gratitudine lealmente e profondamente sentita. E se qual presidente di questa Società ho compiuto un dovere assai gra- dito presentandovi lo splendido esemplare di Plaiitus iiwpennis, quale direttore poi del Museo Zoologico Universitario credo che voi, egregi consoci, mi presterete pienissima fede quando altra volta affermi che nessuno più di me sente la riconoscenza verso il Sovrano ; il quale spontaneamente seppe arricchire le nostre collezioni di doni preziosi. E questa specie, che io non speravo di poter mai introdurre nella raccolta ornitologica ge- nerale in Roma, — quantuaque in brevi anni io abbia avuto la fortuna di aggiungervi migliaia di esemplari — questa spe- cie, ripeto, troverete ragionevole che io, per duplice motivo, la consideri 'preziosissima, A Sua Maestà il Re Vittorio Emanue- le lir rendo oggi pubblicamente nuovi e sentiti ringraziamenti a nome degli studiosi, cui sta a cuore il progresso d’ ogni no- stro istituto scientifico. (1) Tra i moltissimi visitatori italiani e stranieri che dal gennaio in poi del presente anno, vennero in Museo per osservare anche U Alca, mi compiaccio di rammentare il nome di uno scienziato com- petentissimo, il professore coinm. Raph. Blanchard della Facoltà di scienze di Parigi. L’ illustre collega ed amico trovatosi poche setti- mane or sono in Roma, e visitando le nuove collezioni del Museo, fermatosi davanti alP Alca irapenne, donata da S. M. il Re, all’ As- sistente Dott. Romeno che lo accomaagnava, ebbe a ripetere queste parole : « mais c’ est superbe ! » gOVBA UN PALMIPEDE RARISSIMO PLAUTUS IMPENNIS 19 NOTIZIE BIOLlOdRAFICHE Abbastanza ricca è la bibliografìa che riguarda il Plautus inipennis, e già un buon numero di citazioni ho fatto nelle pa- gine precedenti. In queste ultime dispongo alfabeticamente i nomi di diversi autori, parecchi dei quali scrissero egregiamente da uno, o da più punti di vista, intorno alla specie in discorso od aH’intiero gruppo delle Alche. Alien ./. A. The extinction of thè great-Auk (Alca impenni^ at thè Funk Islands — in Amar. Natur. Voi. 10, 1876. pag, 618. Alluni Bernli. Der Brillenak {Alca impennis) — in Natura. Offenbarung. 9. B. 1863. Barroios W. B. Catalogue of thè Alcidae contained in thè Museum of thè Boston of Naturel History with a Review and proposed Classiflcation of thè Family — in Proced, Boston Soc. Nat. Hist. Voi. 19. 1877. pag. 199-268. Baird S. F. Note on old. Avorks containing reference to Alca impenni?, — in Ibis. N. Ser. Voi. 1 1866 p. 223. — Specimens extant of thè great-Auk {Alca impenni?) in Harper’s New Monthly Mag. XLI. 1870. pag, 308. Brandt doli. Fiedr. Erganzungen u. Berichtigungen zur Na- turgeschte der Famille der Alciden — in Bull. Acad. imp. Se. St. Netersbaug. T. 14 1870. pag. 449-497. Colie? Elliot. Extraets from a mernoir intituled A Monograph of thè Alcidae — in Zoologist — 2. Ser. Voi. 5. 1870. p. 2004 e seg. — A Monograph of thè Alcidae — in proced. Acad. Nat. Se. Philad. 1888. pag. 2-81. Baldioin R. The Great-Auk (Yorkshire Nat. Recorder. N. 11. 1873. p. 165). Behn. Cari: Not. Alca impenni? betreffend (Sitzber. d. Ges. Isis. Dresden, Ihg. 1868. p. 19). Altre notizie vennero pur date da Carlo Bolle, R. Cliampley, Edeio, Charlton, R. Collet, R. Beane, Cray, ecc. dei quali i 20 PROF. A. CARRUCCIO mi basta ricordare soltanto i nomi. Seguendo l’ordine alfabetico cito più estesamente i lavori dei seguenti altri autori: Faiio V. Liste des divers représentants de VAlca impennis en Europe, oiseaux, squelettes et oeufs. Bullet. de la Soc. Or- nith. Suisse, T. 2 p. 80-8.5, 1870. Supplement. ibid. p. 147-149. Id. id. Quelques mots sur les xemplaires de VAlca impenni?, oiseaux et oeufs qui se trouveut en Suisse (Avec 1. pi. col. — Bull, de la Soc. Ornith. Suisse, T. 2. 1870. p. 73). Grecie S. The Great-Auk or Garefolwl {Alca inpennii). Its bistory, archeology a. rernaias. London 1885 (Cod. plates aud flg-)- Gurney J. lì. The Great-Auk {Alca impenni?). Zoologist. 2 Ser. Voi. 3. 1868 p. 1442, e voi. 5. 1869. p. 1864 (ed altre note pubblicate dall’istesso autore). Jones J. M. The Great-Auk from Punk Island. Zoologist. 2. Ser. Voi. 5 1870. p. 21 82. Neioton Alfr. Abstract of Mr. .1. Wolley’s Researches in Iceland respecting thè Gare-fowl or Great-Auk {Alca impennis) Ibis. Voi. 3 1861. p. 374 (ed altre pubblicazieni dell’ istesso autore). Orlon R. The Gare-Fowl or Great-Auk ecc. .\nn. Mag, Nat. Hist. 3 Ser. Voi. 14 1864. p. 393. Preyer W. Uber Plautus impennis Brunn. in Cabanis .Jour- nal f. Ornith. 10 Jhg. 1862 p. 110. Sclater P. h, Note on thè Great-Auk {Alca impennis) Ann. , Mag. Nat. Hist. 3. Ser. Voi. 14 1864. p. 320. Si hanno inoltre interessanti pubblicazioni tanto sulle uova di questa specie quanto su parti diverse dello scheletro, ed anche su tutte; e fra gli autori merita di essere ricordato in modo speciale il celebre prof. Rich. Ovven, che mi compiaccio i( di aver conosciuto in Londra la prima volta che mi vi recai (1881); ed al quale devesi la Bescription of thè skeleton of |\ thè Great-Auk , or Garfoiol {Alca impennis) — Del S. Bidwel 0 Edv., che mi ha favorito le esatte indicazioni sovra riportate, i' devo citare la «Note on some neroly -■ discovered Eggs of' ,i thè Great-Auk in thè Ibis. Voi- 6 July 1894 p. 449. * I I OSSERVAZIONI ANATOMICHE SULLE ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAYALLO E DEL CANE in rapporto a quelle degli altri mammiferi domestici pel Dott. BRUNO BIANCHINI Le notizie che ci vengono fornite dagli scrittori di anatomia veterinaria intorno all’origine, decorso e distribuzione dei vasi sanguigni arteriosi della corteccia cerebrale, sono insufficienti per illuminarci sul loro modo di comportarsi riguardo alle aree dell’ encefalo nutrite da esse. Rispetto a tale argomento si trova un accenno in Barkow, che nel 1829, nella sua opera intitolata Disquisitiones circa originern et ducursum arteriarum mammalium, parla, è ve- ro, delle arterie cerebrali dei mammiferi, ma si limita quasi esclusivamente alla descrizione del circolo di Willis, senza cercare poi di determinare quali siano i territorii che i rami da esso emanati vanno ad irrigare (Staderini). Anche Milne Edwards, nelle sue Lecons, sur la phislologie et V anatomie compareè de Vhomme et des animaux, che pure si estende molto a parlare della circolazione sanguigna degli animali, per ciò che si riferisce al cervello, descrive solo la disposizio- ne che hanno le arterie alla base (Staderinij. Molti egregi au- tori, quali Chauveau, Ellenberger, Baum, Ftirstenberg, Leise- ring, Mffller, Krause, Franck etc., nei loro trattati ne parlaro- j no in maniera molto superflciale. Solamente circa tredici anni j or sono vedeva la luce il bel lavoro dei professori Tenchini e Negrini, dell’ Università di Parma, sulla Coydeccia cerebrale degli Equini e Bovini, in cui vengono trattate con ispecial ri- guardo le arterie cerebrali stesse, e quasi contemporaneamente appariva il saggio del dott. Staderini, settore all’ Istituto Aua- f 22 DOTT. BRUNO RlANCHINI tomico della R. Univessità di Siena, sulle arterie cerebrali di alcuni mammiferi domestici comparate con quelle dell’ uomo. Tranne questi due lavori, regnava piena oscurità, direi quasi, nel campo dell’ anatomia veterinaria, per quel che riguardava la vascolarizzazione arteriosa del cervello. Tali scritti però si riferiscono soltanto alle arterie del cervello propriamente detto, ed in essi non si discorre affatto di quelle delle altre due par- ti dell’ encefalo, vale a dire del cervelletto e dell’ istmo ence- falico. 1 In queste mie note mi propongo non solo d’illustrare le arterie proprie di cotesto organo nervoso centrale degli animali presi in esame dai menzionati autori, ma di allargare le mie inve- stigazioni anche nel cervello di qualche altra specie animale | domestica finora non istudiata, e di parlare eziandio delle ar- j ferie cerebellari, e di quelle dell’istmo delTencefalo, cosa di cui 1 sino ad oggi nessuno si era occupato, d’ interessarmi, in una parola, di tutte le arterie encefaliche. Come può scorgersi dal : titolo di questa mia tesi, io mi riporterò solo alle arterie pe- riferiche 0 superficiali o corticali, cioè quelle che si termina- | no alla superficie esterna dell’encefalo, dolente di non essermi potuto applicare anche allo esame delle centrali o gauglionari, e delle vene encefaliche, per la ristrettezza di tempo, difficol- tà dei preparati, e scarsezza di soggetti, poiché sarebbe stata mia intenzione di presentare un lavoro completo sui vasi del- r encefalo, studio che presto continuerò. Il mio materiale scientifico si compone di 56 encefali, appar- • tenenti a varii animali cosi ripartiti: cavalli 11, asini 9, muli 2, cani 10, gatti 5, bovi 9 (dei quali due adulti e sette feti a vario periodo di vita intrauterina da tre mesi in giù), bufali 3 (dei quali uno adulto e due feti a tre mesi di sviluppo) pe* core 3, capre 1, suini 2, conigli 1. Per iniettare i vasi enee* , fatici di codesti soggetti, mi sono servito o dell’ arteria caro* [ fide primitiva, o della carotide interna, o della occipitale, e - come sostanza da iniezione ho usato il mastice del Teichmann ' modificato dal Laskowski, sciolto o nell’etere etilico oppure nel , solfuro di carbonio, coll’aggiunta di cinabro o di bleu di Prus- I sia. Altre volte ho adoperato il sevo colorato, ed altre volte , ancora ho praticato il comune metodo d’iniezione col gesso i ARTÈRIE encefaliche CORNICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 23 mescolato ad acqua. L’ estrazione dell’ encefalo dalla cavità cranica 1’ ho sempre effettuata il di seguente all’ iniezione, e gli encefali iniettati col gesso li ho studiati allo stato fresco, agli altri ho fatto subire una preparazione consistente nel la^ sciarli immersi per sette o dieci giorni in soluzione di forma- lina, e poi facendoli stare per altrettanto tempo in un liquido cosi composto : Glicerina pura parti 100 Acido fenico cristallizzato \ Alcool r Acqua distillata ^ anaparti 10 Acido borico ] Sublimato corrosivo parte 1^2 Dopo di questo trattamento la sostanza nervosa si essica, ed acquista durezza, pur conservando la forma, il volume, ed i rapporti anatomici abituali. In questa mia applicazione ho dato la preferenza al cavallo ed al cane, perchè su questi animali ho istituito un maggior numero di ricerche, e man mano poi passerò in rassegna l’en- cefalo degli altri mammiferi domestici, notando solamente le diffenze che ci offre la loro arborizzazione arteriosa, senza ri- cominciare da capo la descrizione. Cavallo. — La sostanza grigia dell’ encefalo del cavallo ri- ceve il sangue arterioso dalle arterie cerebo-spinali, posterior- mente, e dalle due carotidi interne, anteriormente. L’ arteria cerebro-spinale è una delle branche terminali del- 1’ arteria occipitale, la quale alla sua volta proviene dalla ca- rotide primitiva. La cerebro-spinale entra nella parte superio- re della teca vertebrale per mezzo del forame pterigoideo in- terno dell’ atlante, attraversa la dura meninge, e, giunta sotto la faccia inferiore del midollo spinale, si scinde in due rami. Di questi, l’ anteriore, portandosi obliquamente dall’ indietro all’ avanti e dall’ infuori all’ indentro, penetra nel cranio, si u- nisce col ramo analogo dell’ arteria opposta, formando una mezza losanga, da cui nasce il tronco basilare, che percorre la faccia ventrale dell’ istmo encefalico; 1’ altro ramo volge in dietro, ed insieme a quello emanato dall’arteria del lato oppo- 24 DOTT. BRUNO BIANCHINI sto, dà origine all’ arteria spinale mediana. Da siffatte distri- buzioni ne risulta dunque una sorta di rombo o losanga va- scolare, soverchiamente distesa, che arriva fino alla metà circa della faccia inferiore del midollo allungato, e che di consueto riceve le due arterie cerebro-spinali verso il punto mediano dei suoi lati più lunghi. Dalla parte destra di questa figura romboidale derivano quattro piccole' arterie. Le prime due si staccano in corrispodenza della prima porzione del midolto spinale e seguono un decorso quasi parallelo da principio, che si cangia poi in divergente ; la posteriore si ripiega all’ indie- tro diramandosi nel midollo spinale, e 1’ anteriore inveca man- da da tre a quattro ramuscoli all’estremità del bulbo rachi- dico, là dove questo si continua col midollo spinale. La terza arteria emana della parte anteriore della losanga, dirigesi obli- quamente con due curve in avanti, e si divide in cinque rami principali, e questi in altrettanti secondari, che decorrendo tor- tuosamente vanno a distribuirsi i posteriori e i medii alla zo- na delle fibre arciforini, e gli anteriori verso il corpo trapezoi- de, ed assumendo tutti un cammino molto serpiginoso, arri- vano alla faccia laterale destra del bulbo, portandosi verso le radici apparenti del nervo spinale e dello pneurnogastrico i primi, e verso il punto di emergenza del nervo acustico i se- condi. La quarta diramazione, esilissima, si distacca sotto il corpo della piramide destra, e la segue progredendo all’ in- nanzi pur essa con tragitto sinuoso, mandando rami che s’in- trecciano con quelli provenienti dalla prossima arteria radico- lare destra del tronco basilare. Dalla metà sinistra della losan- ga il più delle volte traggono origine tre rami arteriosi, che si portano all’ esterno, dei quali il secondo fornisce quattro 0 cinq ie arteriole che si perdono nella zona delle fibre arci- formi, e alla faccia laterale del bulbo, verso il punto di emer- genza del nervo accessorio e del vago. L’ ultimo ramo parte in corrispondenza del limite di dietro della piramide sinistra vicino all’ origine del tronco basilare, si porta all’ avanti e al- 1’ esterno, attraversando la piramide medesima e il suo cordo- ne laterale, e ripiegandosi ad angolo leggermente acuto, viene ad esaurirsi al terzo anteriore’ della zonula Arnoldi. Dicemmo che dall’ unione delle due arterie cerebro-spinali, ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 25 risulta il tronco basilare. Ebbene questo è un vaso arterioso impari, cbe decorre nel solco mediano longitudinale della faccia inferiore del midollo allungato, al di sotto dell’ aracnoide vi- scerale, ed avanzasi fino a livello del margine anteriore del ponte di Varolio, dove si termina per due branche divergenti, le quali confluiscono con le arterie comunicanti posteriori, che in appresso esamineremo. Il tronco basilare ha una lunghezza di 10 a 12 centimetri, ed un decorso leggerissimamente flessuo- I so. Sopra undici reperti avuti nel cavallo, solamente una volta potei osservare il tronco, di cui qui si fa parola, perfettamente rettilineo, con le sue diramazioni (arterie radicolarij pure rette che da esso staccavansi ad angolo aperto press’ a poco di 90° ed allo stesso livello tanto quelle di destra, che quelle di sini- stra, componendo un insieme schematico degno di attenzione. Durante il suo cammino il tronco basilare fornisce le arterie cerebellari 'poUeriori ed anterior'i, le comunicanti durali, ed una moltitudine di piccoli rami ansiformi che o penetrano nella sostansa del bulbo rachideo e del mesocefalo, o si distribuisco- no alle radici dei nervi che da esso fuoriescono. Di simili rami, i primi si portano verso i corpi restiformi e al pavimento del quarto ventricolo, dove si spandono in vere arborescenze, che si vedono sorgere dal fondo del calamus scriptorius, e correre al di sotto dello stato superficiale rivestente il canale dell’ ependina; abbandonano alle parti centrali del bulbo qualche ramuscolo collaterale, e le loro divisioni terminali si disperdono intorno ai nuclei d’ origine dei nervi. I secondi costituiscono le arterie radicolari, cosi chiamate perchè si portano verso le radici dei nervi, e che possono essere opportunamente suddivise in arterie radicolari maggiori && io arterie radicolari minori. Le arterie radicolari maggiori sono in numero di cinque o ; sei per lato, ed hanno un calibro grosso quanto una minugia, irrigano mediante esilissime diramazioni collaterali: le posteriori [ la zona delle fibre arciformi: le mediane il corpo trapezoide, ! h; piramidi del bulbo ed i loro cordoni laterali, le anteriori I il tubercolo facciale. Gli stessi vasi, oltre questi rami, inviano j tre, quattro od anche più, che sono terminali e costituiscono le arterie radicolari minori, le quali arrivano a breve distanza e all’ esterno del punto di emergenza dei nervi bulbari, e si 26 DOTT. BRUNO BIANCHINI spartiscono immediatamente in due piccoli rami, 1’ uno esterno i 0 discendente che accompagna il nervo verso la periferia, r altro interno od ascendente che salisce col nervo sino al suo nucleo d’ origine, dove si risolve in capillari. 11 tronco basilare, propriamente detto, fornisce direttamente le arterie radicolari, che vanno al nervo oculo - motore - esterno e al nervo acustico. Le arterie vertebrali provvedono di rami il nervo facciale, lo spinale, il glosso-faringeo, il pneumogastrico, f ed il grande ipoglosso, il quale ultimo riceve eziandio rami i dallo spinale anteriore. Nel tragitto sulla linea mediana delia ; faccia ventrale del ponte di Varolio, il tronco basilare lascia, < da ambo le parti, tre o quattro rami, i quali si dirigono con > decorso più o meno regolare verso 1’ avanti e verso 1’ esterno, stioccandosi sul margine laterale del ponte stesso in capillari, ' e questi chiameremo arterie ^rotuberanziali laterali. Le arterie ; protuberanziali laterali in parte si originano dal tronco basilare • ed in parte dalle cerebellari, gettano a destra e a sinistra un certo numero di ramuscoli collaterali, alcuni terminano, span- ■ dendosi, in sottilissime ramificazioni sul pavimento del quarto ventricolo j altre penetrano nello spessore del ponte. La più cospicua fra esse è la arteria trigemella, che giunta verso il punto di emergenza del V° nervo, si sdoppia in due branche, una che segue il nervo medesimo verso il ganglio semilunare l di Gasser, 1’ altra che rientra nella protuberanza e va a ter- ‘ minarsi ai nuclei d’ origine del trigemino. Le arterie cerebellari posteriori nascono d’ ordinario dal . tronco basilare ad angolo retto, indietro del margine po- steriore del ponte di Varolio; indi si dirigono all’ esterno, uua a destra ed una a sinistra, e attraversando a sbieco la piramide bulbare e il suo cordone corrispondente, si portano fino air estremità anteriore del midollo allungato, passando a tergo del punto di emergenza dei nervi facciale ed oculo-motore esterno, giungono così verso il margine esterno del bulbo, s’iflettono allora indietro verso le radici apparenti del V1I° nervo ' cranico, da dove saliscono in alto e si gettano sulla faccia del , cervello che é in diretto contatto con la faccia superiore del- 1 r istmo encefelico, passano sotto quella parte del cervelletto , cho nell’ uomo va col nome di lobulo del pneumogastrico, '• ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 27 decorrono in vicinanza della amigdala, e vanno a situarsi sotto i plessi coroidei cerebellari, ove espandono le loro diramazioni terminali. — In questo suo percorso, l’arteria cerebellare poste- riore, manda numerose branche, delle quali le une si portano al calamus serijjtorius, alla valvola di Vieussens, altre, e sono sei, si distribuiscono al lobo centrale del cervelletto, altre tre al solco mediano compreso fra questo lobo e il laterale, e quattro a questa ultima formazione ; talvolta un tenuissimo ramo va anche al nervo facciale. Tra le varietà, ho veduto, in un soggetto sorgere l’arteria cerebellare posterioro destra per due radici, una del ponte ed una della protuberanza, che poi si sono riunite al margine esterno di questa porzione dell’ istmo, racchiudendo in tal guisa tra esse uno spazio triangolare assai notevole. Le arterie cerebellari anteriori il più delle volte sono doppie per ciascun lato, con un tronco maggiore costante ed uno minore. Provengono dall’ estremità terminale del tronco basilare in avanti del mesocefalo , ed alcune volte , dice Chauveau, dalle arterie cerebrali posteriori, fatto non mai da me riscontrato. Quando sono, multiple, riunite in fascio volgono in fuori ed alquanto indietro , circondando e sa- lendo lungo i peduncoli cerebrali del relativo lato, girano intorno ai tubercoli nate?., ed ascendono sulla faccia anteriore del cervelletto, quella, cioè, eh’ è ricoperta della tenda. Durante il loro serpeggiante tragitto queste arterie inviano rami; uno ragguardevole che scaturisce all’ altezza del giro attorno al tubercolo natis,, e decorre parallelo all’arteria principale sino al cervelletto, dove giunto, volge in basso, passandovi sotto ed in- ' ternandosi in parte nella sua compagine, in parte distribuendosi ■ alle eminenze quadrigemelle, ed in parte alla faccia laterale del peduncolo mediano del cerebello, mandando eziandio un ramo delicato ma lungo, che ritorna sulla faccia anteriore del ' cervelletto medesimo, e decorrendo innicchiato noi suo solco i marginale, si spinge fino alla salienza del lobo cerebellare ! laterale. Il tronco che va alle tuberosità quadrigemine, dà ! luogo alla piccola arteria guadrigemina ed arteria quadri- gemina posteriore, che, come indica il suo nome, va al tuber- colo testis e vi penetra perpendicolamente alla sua superficie, 28 DOTT. BRUNO BIANCHINI seguendo nel suo interno una direzione radiala. Un ramo inoltre provvele la ghiandola pineale e il plesso coroideo me- diano. Un altro ramo, pure voluminoso, dell’ arteria cerebellare anteriore, portasi verso la linea mediale, emettendo circa otto flletti sanguigni destinati ed alimentare i solchi 0 le circonvo- luzioni cerebellari che incontra Inngo il suo passaggio, e monta poi sulla rivelatezza di mezzo del lobo centrale fino alla sua sommità, e qui si spegno. La faccia anteriore di questo lobo centrale del cervelletto, riceve pure due ramoscelli, uno per lato, derivanti della prima branca dell’ arteria cerebrale poste- riore. Le altre divisioni della cerebellare anteriore sono in numero di due, e danno, alla lor volta, sei rami finali, che irrigano il lobo laterale e il solco compreso fra questo e il lobo centrale. Tali vasi appartengono alla categoria delle arterie terminali, perchè non si anastomizzano scambievolmente nè durante il loro decorso, nè alla loro terminazione. Prima di dare le due comunicanti durali, il tronco basilare invia numerosi canali sanguigni anche ai peduncoli cerebrali, dei quali vasi, alcuni mediani seguono qualche nervo, oppure, con cammino ascendente, vanno alla parte postica dello spazio interpeduncolare, e qui penetrano in varii punti della sostanza deir organo ; altri laterali, che poi ugualmente penetrano nello spessore del peduncolo. Le arterie comunicanti durali vengono parimenti originate dal tronco basilare prima di consumarsi, fra 11 terzo anteriore ed il terzo medio circa del suo decorso in avanti del margine posteriore del mesocefalo, divergono in alto ed in avanti, e con tragitto serpentino, attraversano la dura madre, s’immettono nel seno cavernoso, e sboccano nelle carotidi interne nella convessità della prima curvatura. Queste arterie, unitamente alle cerebro- spinale, stabiliscono una larga via di derivazione posteriore. E per tornare al tronco basilare diremo, che appena superato il margine anteriore della protuberanza anulare, si biforca in due rami, che vanno a costituire, insieme ad altri corrispon- denti rami della carotide interna, le arterie comunicanti poste- riori, che presto vedremo. Le branche della sua biforcazione, mandano rispettivamente, dal lato interno, una serie di filetti vascolari, dei quali, alcuni stabiliscono una anastomosi tra le ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 29 branche medesime, altri invece si dirigono in avanti, giungendo fino all’ ipofisi, dove si perdono. Tali sono le diramazioni del tronco basilare; ed, in complesso si può affermare, che, senza tener conto dei suoi maggiori rami sin qui descritti, il tronco basilare, nel cavallo, invia, du- rante il suo decorso sulla faccia ventrale dell’ istmo encefalico, circa dieci arterie per lato, che risolvonsi in una ottantina di ramuscoli terminali. Questa, almeno, è la media dedotta dai soggetti fin qui da me considerati. Esaurito cosi l’ argomento intorno alle arterie superficiali, dell’ istmo encefalico, diamo ora uno sgardo ai condotti arteriosi, della base del cervello, e delle altre parli di quest’ organo nervoso centrale. Siffatte arterie provengono tutte della carotide interna, la quale è una delle branche finali della carotide primitiva. Gua- dagnato il foro lacero, essa penetra nel confluente sotto-sfenoi- dale, e di là nel seno cavernoso o sopra-sfenoidale, in cui descrive due inflessioni, occupando la prima, a convessità anteriore, la fossetta carotidea dell’ osso sfenoide', ed una seconda successiva, con la convessità rivolta all’ indietro. Non appena compiuta quest’ ultima ansa, le due arterie carotidi si scambiano un grosso ramo anastomotico trasversale, sempre flessuoso, spesso doppio o, per lo meno, biforcato alle sue estre- mità, talvolta multiplo, che istituisce una comunicazione inter- carotidea, e dà luogo ad un primo circolo molto notevole, a cui Tenchini e Negrini hanno dato il nome di circolo intra- durale, perchè effettivamente si compie nella compagine della dura meninge e nell’ ambito del seno che circonda la sella turcica. (A simile circolo intradurale giugono pure le arterie comunicanti durali già descritte). Quindi, le due arterie carotidi interne superano il seno cavernoso, attraversando la dura madre, e riescono alla base dell’encefalo, situandosfsui lati della ghian- dola pituitaria, indentro del nervo mascellare superiore, fra il chiasma dei nervi ottici e lo spazio perforato posteriore. Quivi formano un nuovo circolo, raccolto intorno allo spazio interpe- dnncolare, che ha rapporto di continuità con tutte le arterie encefaliche: è il cerchio od esagono o e'ptagono di Willis in genere analogo a quello umano. Per tenerci strettamente al- 30 DOTT. BRUNO BIANCHINI l’ antico vocabolo esagono, possiamo in esso considerare sei lati: i due laterali sono rappresentati esclusivamente da quei rami che partendo dalla carotide interna volgono all’ indietro, per generare le arterie comunicanti posteriori; gli anteriori vengono dati, per un primo tratto, da quei rami, che parimenti muovono dalla carotide, costeggiano, la linea esterna del chiasma ottico e finiscono, bipartendosi, nell’ arteria cerebrale media e nella cerebrale anteriore, la quale ultima, da questo punto in poi, compone da sola 1’ altro tratto dei lati anteriori dell’esago- no, Ano a riunirsi sulla linea mediana, nella scissura intere- misferica, con la omonima opposta; all’ indietro, la figura esagonale viene limitata dai due rami di biforcazione del tronco basilare, i quali, come precedentemente abbiano notato, si- ino- sculano, a pieno canale, con le comunicanti postesiori. Tale è la disposizione dei vasi alla base dell’ encefalo, da cui dipende il circolo arterioso cerebrale, disposizione che per il modo di comportarsi ricevè T appellativo di esagono di WilUs. Però la dizione: esagono, nel cavallo, può reggere, giacché volendo at- tenerci, ripeto, allo stretto significato della parola, possono descriversi, in codesto animale e nei suoi congeneri, sei lati ; ma non in tutti i soggetti puossi discorrere di figura esagonale poiché non è sempre conservata questa peculiare maniera di disporsi, e tanto meno poi se vogliamo istituire confronti con le altre specie domestiche. Sarebbe opportuno quindi scambiare la voce esagono, imitando ciò che già si è fatto da alcuni ana- tomici, con la denominazione di circolo o poligono di Willis, cosa che meglio corrisponde alla realtà. La carotide interna, prima di arrivare a comporre il detto circolo, dà molti ramuscoli alla ghiandola pituitaria, ai seni cavernosi, al terzo, quarto e sesto nervo cranico, come al primo e al secondo ramo del trigemino. Abbiamo accennato poc’ anzi alla dipendenza in cui la circo- lazione arteriosa del cervelletto si trova rispetto al poligono di Willis, ed in verità da esso hanno vita le arterie che stabi- liscono due sistemi principali, destinati il primo alle circonvo- luzioni, T altro ai nuclei e ai gangli interni del cervello. Ci occuperemo soltanto del primo sistema che comprende V arteria cerebrale anteriore, la cerebrale media, la cerebrale posteriore arterie encefaliche corticali dfl cavallo e del cane 31 e la coroidee, canali che ora prenderemo successivamente in esame. Sorge L’ arteria cerebrale anteriore dalla carotide con un unico ramo comune alla cerebrale media, a lato della com- messura dei nervi ottici, e si dirige subito in avanti descrivendo una dolce curva a convessità esterna, lambisce il margine del chiasma, e, giunto nello spazio quadrilatero, si stacca dal tronco comune e diviene indipendente. Seguita allora il suo decorso obbliquo dall’ indietro all’ avanti, e dall’ infuori all’ indentro, portandosi verso la linea mediana, dove, dopo aver percorso im tratto di circa un centimetro, si unisce, per corvergenza, coll’ arteria del lato opposto, per formare un solo tronco di volume ragguardevole. Questo unico vaso arterioso penetra nella scissura interemisferica, e vi si approfonda, cammina in avanti e salisce alquanto in alto, ed abbraccia con un arco, convesso anteriormente, il ginocchio del corpo calloso, superato il quale, dividesi in due branche di calibro gi-osso quanto un comune specillo, che si addossano rispettivamente a ciascun emisfero cerebrale, alle quali credo che convenga il nome di arterie callose, appunto perchè decorrono con direzione antero- posteriore a brevissima distanza dalla superfìcie dorsale di quest’ organo, e lungo la superfice libera dell’ omonimo lobo, fino ad oltrepassar la sua metà, dove si esauriscono in sottili rami, che si anastomizzano colle divisioni terminali anteriori dell’ arteria cerebrale posteriore. Può avvenire del resto, come ricordo di aver osservato in un individuo, che 1’ unico tronco delle cerebrali anteriori, dopo aver accavallato l’ estremità o ginocchio del corpo calloso, si spinga senza dividersi sin presso r estremità posteriore di questa grande commessura, inviando rami collaterali a destra e a sinistra, e biforcandosi solamente al confine della regione parietale con la regione occipitale. Dall’ arteria cerebrale anteriore durante il suo corso hanno principio varie diramazioni secondarie. Due o tre arteriole muo- vono all’ esterno della sua prima porzione libera, destinate al trigono olfattorio, sottilissime, flessuose e brevi. In seguito for- nisce di sangue il becco del corpo calloso, il nervo ottico e il chiasma. Immediatamente dopo si vede staccarsi dalla rnedesi- 32 DOTT. BRUNO BIANCHINI ma cerebrale anteriore un ramuscolo di discreto diametro, che di consueto invia una meningea anteriore, che confondesi con un ramo terminale deirmrteria oftalmica, la quale, nel cavallo, manda un tronchicino cerebrale, anastomizzantesi, sulla linea di mezzo, più in basso delTapofìsi crista galli, con quello oppo- sto, che scorre lungo la parte anteriore del lobo olfattivo ; e le sue ramificazioni in parte s’insinuano fra il detto lobo e le sovrastanti circonvoluzioni, in parte volgono all’ esterno e si sfioccano sul lobo frontale, arrivando indietro fin presso la scissura di Rolando, dove si anastomizzano coi ramuscoli an- teriori deH’arteria cerebrale media. Dal tronco unico, risultan- te dalla fusione due arterie cerebrali anteriori, come pure dalle arterie callose, partono dall’ avanti all' indietro numero- se diramazioni, che irrorano la faccia interna del corrispon- dente emisfero situata al di sopra e al davanti del corpo cal- loso, eccettuata la regione occipitale, dove pervengono i rami della cerebrale posteriore. Ordinariamente tali ramificazioni, come in seguito vedremo, dopo di aver percorsa in modo più 0 meno regolare dal basso all’ alto la superficie interna dell’e- misfero cerebrale, salgono Ano al tratto che corrisponde al margine supieriore dell’ emisfero stesso, lo sormontano, e com- paiono sulla sua convessità o faccia esterna superiore, dove si uniscono ai filetti terminali dell’arteria silviana, nel tratto più interno della zona sagittale. Il medesimo tronco unico delle cerebrali anteriori inottre dà luogo ad esili arteriole, di cui, alcune muoiono alla prima porzione delle circonvoluzioni fron- tale ed olfattiva interna, altre entrano nella volta a tre pila- stri. Si diparte ancora da questo tronco, in corrispondenza del- la regione anteriore del ginocchio del corpo calloso, da ogni banda, un ramo abbastanza sottile, che s’ infossa nel solco fronto-olfattivo interno, da cui ne riesce un segmento, per a- scendere sopra la circolazione frontale interna, sulla quale si divide in tre piccoli rami, il più importante di essi prosegue il cammino, per internarsi nella scissura ecto-fronto-olfattiva, e risalisce, per espandersi, sulla circonvoluzione olfattiva interna. — Dalla cerebrale anteriore si distacca pure un considerevole ra- mo, che costeggia il margine infero-anteriore dell’ emisfero. È r arteria frontale, la quale alimenta, con minuti rami, la zona r ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 33 inferiore del lobo olfattivo, e giunta alla sezione più ristretta del medesimo, si biforca in una branca esterna, che passa tra il lobulo olfattorio e la superficie cerebrale, che con esso sta in contatto ; si avanza |più oltre, e perviene nella parte ante- re-inferiore del lobo frontale od orbitario, sopra cui si arbo- rizzano i suoi ultimi rarnuscoli ; 1’ altra branca, l’interna, per- corre la superficie del cervello in senso opposto alla preceden- ! te, risalisce, serpentina, lungo la faccia 'interna dell’ emisfero, seguendone la regione anteriore, si volge poscia in alto e in- i dietro per arrivare normalmente in prossimità del solco cro- ! ciato, dove si esaurisce inviando qualche ramuscolo anche al- la convessità dell’ emisfero. L’ arteria del corpo calloso si divide in tre branche princi- I pali che distingueremo col nome di anteriore, mediana e ; posteriore. La branca anteriore, talvolta doppia o tripla, i risale sul davanti della circonvoluzione crestata, e si approfon- I disce nella scissura calloso-marginale, da cui fuoriesce, alla 1 distanza di un centimetro circa, scissa in rami. Il primo ascen- de fino al lato superiore della circonvoluzione frontale interna, a cui manda un arteriuzza, e sale ancora attorniando la cir- convoluzione frontale esterna per diramarsi nella faccia ante- i riore del lobo orbitario. Gli altri rami, meno cospicui, si stac- cano approssimativamente a cinque millimetri l’uno dalLaltro, i e vanno a bagnare il rimanente territorio del lobo del corpo calloso. La branca mediana valica di sbieco, in alto e in die- 'j tro, la circonvoluzione crestata, e s’ interna essa pure nel solco ■j calloso-marginale od arco superiore della scissura limbica di Broca, quindi riapparisce all’ esterno, s’innalza e va in avanti, ^ per sdoppiarsi in un ramo anteriore, che arriva al lobo fron- fl tale, e che a sua volta si separa in quattro o cinque rami se- ^ condarii, i più interessanti dei quali si dirigono uno al giro fa] sigmoide, l’ altro alla seconda circonvoluzione frontale, ed in •i uno postergale, che attraversa il lobulo fronto-parietale, si por- !. ta nella faccia superiore dall’ emisfero, si addentra nel solco crociato, e invia un canale arterioso alle pieghe di passaggio che uniscono le due circonvoluzioni parietali al giro sigmoide, e per il suo intermediario alle circonvoluzioni frontali, e si anastomizzano largamente colle ultine divisioni dell’arteria ce- 3 i DOTT. BRUNO BIANCIUM y i rebrale media sui dintorni della scissura di Rolando. La b/'cin- ca 'posteriore percorre vastissimo spazio del lobo del corpo calloso, abbandonandovi un certo numero di filetti arteriosi, poi si torce all’ insù, avvallasi nel solco calloso-marginale pe- netrandovi al di sotto della piega di passaggio fronto-parietale interna, a livello della quale emette alcune arteriole destinate agli elementi istologici del parenchina cerebrale; un suo ramo bastevolmente grosso vien fuori dallo stesso solco calloso-mar- ginale, nel punto dove a ([uesto mette capo il solco cruciale, inalzasi sul tratto anteriore della circonvoluzione parieto-occi- pitale interna, e si sommerge nella sua scissura limitante, da dove nasce un ciuffo di arteriuzze, che in buon numerosi con- fondono coi rami terminali anteriori della cerebrale posteriore, lasciando che le rimanenti s' internino nella sostanza bianca del cervello. L'arteria cerebrale anteriore dà pure un esiguo ramo alla falce del cervello, arteria meningea anteriore] ed iuvia anche nei fori della lamina cribrosa dell’ etmoide piccole arterie etmoidali, anastomizzantesi colle arterie nasali supe- riori. Dalla descrizione fin qui fatta dell’ arteria cerebrale ante- riore, appare evidente come essa tenga sotto il suo dominio il polo anteriore, piccola parte della faccia esterna e quasi tutta la superficie interna deH’ernisfero, o meglio, quasi tutto il lobo del corpo calloso, la circonvoluzione frontale interna, la olfat- tiva interna, ed una porzione del lobulo parieto-occipitale su- periore, che corrisponde alla faccia piana dell’ emisfero, com- prendendo le due prime circonvoluzioni parietali. L’ arteria cerebrale media o silHana procede dal summen- tovano tronco comune alla cerebrale anteriore, da cui si sepa- ra a lato del chiasma dei nervi ottici, in corrispondenza dello spazio quadrilatero o perforato anteriore. Dirigesi quindi tra- sversalmente all’esterno, addossata alla base della clava olfat- toria, e, decorrendo in avanti del lobo sfsnoidale, mantenendosi sempre superficiale, guadagna la faccia inferiore dell’emisfero e si getta nella vallata di Silvio, che segue, un po’ flessuosa, fino all’ altezza della circonvoluzione parietale ascendente, dove normalmente si sdoppia in una branca anteriore ed una po- sleì'iore. La prima si divide dicotomicamente, distribuendosi a ARTERIE EXCEFAUCHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 35 quasi tutta la metà anteriore della superfìcie convessa dell’e- misfero, in altri termini, alle circonvoluzioni che attorniano la valle di Silvio, alle scissure che incontra lungo il suo passag- gio, ed alcuni suoi rami finiscono alle due pieghe principali della prima e seconda circonvoluzione frontale, al solco con- centrico-parietale, e alla circonvoluzione silviana superiore. La branca posteriore s’ innalza anch’ essa, ma con direzione obli- qua verso l’ indietro, ed irriga la restante parte della faccia convessa del relativo emisfero, all’ infuori della piccola pro- vincia adiacente alla grande scissura interemisferica, a cui giungono i rami più sottili della cerebrale anteriore, ed^ all’in- fuori pure della parte posteriore del medesimo emisfero, che vien irrorata dalla cerebrale posteriore. 11 suo tronco princi- pale si ramifica dendriticamente, spingendo alcune sue divisio- ni Ano al lobulo parieto-occipifale, ed altre mandandole in senso verticale, percorrendo la circonvoluzione silviana inferiore, la scissura interparietale, il solco parietale limitante, le circon- voluzioni retrosilviche, il solco sotto-parietale, la scissura occi- pitale trasversa, e la terza e quarta circonvoluzione parietale. Un ramo speciale va al lobulo della piega curva. Le ultime di- ramazioni ter.minali di questo tronco contraggono rapporti di continuità coi ramuscoli provenienti dalle due altre arterie ce- rebrali. Prima di arrivare superiormente a ramificarsi, la ce- rebrale media dà nel tratto iniziale della valle di Silvio, un piccolo ramo che si consuma al lobulo sottosilvico, e si ana- stomizza coll’ arteria coroidea, e talvolta un altro ramo lun- ghissimo, che va sino alla grande fessura di P)ichat, attraver- sando il polo sfenoidale a cui lascia rami minori, e seguendo il corso della scissura sfeno-parieto-occipitale, invia filetti al solco temporale e alla circonvoluzione tempore-occipitale. Non è raro il vedere come l’ arteria cerebrale media sia doppia a cominciare dal suo ingresso nella valle silvica; cosi può anche avvenire che nello stesso soggetto si conservi uni- ca da una banda, e sia bipartita dall’ altra. E la più inte- ressante delle arterie proprie del cervello, e possiede un’area vascolare mollo estesa, che incontra rapporti anastomotici colle altre arlerie cerebrali. Le sue diramazioni sono sempre sog- gette però a svariate modificazioni nella maniera di distribuir- / 36 DOTT. BRUNO BUNCHINI si, tanto che non sarebbe possibile farne un quadro partico- lareggiato. Venendo slVart&ria cerebrale ^ìosteriore, noteremo che Chau- veau e Arloing chiamano cerebrale 'posteriore il tronco che, decorrendo a fianco del iiiber ciaereum, mette in comunica- zione la carotide interna col corrispondente ramo di decom- posizione del tronco basilare, e fanno partire, verso la metà di essa, la cerebrale posteriore propriamente detta. A me inve- ce sembra, che, analogamente a quanto si verifica negli altri animali e nell' uomo, debba chiamarsi siffatto tronco arteria comunicante posteriore, e che il vaso sanguigno, in disamina, debba aver vita da questa comunicante. Ciò almeno risulta dai soggetti che io ho considerati. — La comunicante posteriore dà rami interni, che vanno al chiasma, al taber cinereum,o\ tubercolo mammillare, gli esterni alla benderella ottica e al peduncolo cerebrale, e talora fornisce un grosso tronco che gira al di dietro dell’ ipofisi, e serve a stabilire una importan- te anastomosi trasversale tra le due comunicanti posteriori stesse. Alcuni autori accennano ad un duplice modo di originarsi deir arteria cerebrale posteriore', a volte la fanno sorgere dalla carotide interna, ed a volte dai rami di bipartizione del tronco basilare. Nel primo caso la carotide interna, anziché due, emana, alla base dell’encefalo, tre rami : uno anteriore già descritto che dà luogo all’ arteria cerebrale anteriore e alla silvianaj uno medio, che con decorso obliquo indietro e all’ esterno, lambisce i peduncoli cerebrali tino a raggiungere la scissura dell’ Ippocampo, nella quale si adagia e si porta indietro per distribuirsi alle formazioni posteriori del cervello, e questo ramo costituirebbe 1’ arteria cerebrale poster m e ; infine un altro che, staccandosi pure dalla carotide, si dirige in dietro fino ad imbattersi nella branca di scissione del tron- co basilare; e, che, fondendovisi, formerebbe 1’ arteria comuni- cante postica. — Nel secondo caso la cerebrale posteriore na- scerebbe dal ramo biforcato del tronco basilare, in conformità di quanto succede nell’ uomo, senza un limite ben netto che segni il punto della sua origine. Come che sia, l’arteria, cerebrale posteriore, non cammina ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 3? sinusoidale, valica il corrispondente peduncolo cerebrale, portane dosi sulla sua faccia superiore, e voltando in dietro e in alto, pe- netra nell’ andito della grande fessura di Bichat, da dove emette rami per la tela coroidea. Da qui fortemente volge all’ indietro e salisce alla superficie postergale del cervello, cioè quella che è in diretto contatto con la faccia anteriore del cervelletto, e vi si spande in diramazioni, che si adattano alle varie facce del lobulo entro cui si esauriscono. I suoi rami sono interni, esterni e retrossali. Gl’ interni vanno verso la scissura intere- misferica, in vicinanza della grande vena di Galeno e del co- nariurn, terminandosi agli organi del piano emisferico che le sono adiacenti, ed anastomizzandosi con le branche posteriori finali della cerebrale anteriore; gli esterni e i retrossali sono rappresentati da un ramo, che s’ infigge nel corno d’Ammone, da un altro, che prende una direzione verso la scissura calca- rina e le pieghe sfeno-occipitali, assumendo rapporti di conti- nuità cogli ultimi ramuscoli terminali dell’arteria silviana. — Questa è, per sommi, capi la distribuzione dell’ arteria cere- brale posteriore, la quale, per le sue frequenti varietà, non mi ha permesso di farne una. descrizione più minuta. Noto che, prima d’invadere la faccia posteriore dell’emisfero cerebrale, essa genera Varleria degli strati ottici, la grande arteria quadrigemina, ed una cerebellare che chiamerò supe- riore-anteriore, la quale risale lungo la faccia anteriore del cervelletto, su cui fondesi con i ramuscoli di sboccamento della normale arteria cerebellare anteriore. La grande arteria qua- drigemella, in parte, insangua il tubercolo quadrigemino ante- riore dello stesso lato od eminenties natis, ed, in parte, s’inca- stona nello spazio compreso fra le due paia di tubercoli nates e testes, qui terminandosi. Le ultime diramazioni delle grandi arterie quadrigemine, unitamente a quelle delle piccole arterie omonime, di cui fecesi cenno parlando dell’ arteria cerebellare anteriore, si anastomizzano fra loro, e costituiscono nella pia meninge, al disopra della lamina quadrigemina un ricco reti- colo, che alla sua periferia è in comunicazione da un lato con i vasi della tela coroidea, dall’altro con la rete del cervelletto. Per terminare ora di esporre tutto ciò che si riferisce alle arterie del mantello encefalico del cavallo, mi resta d’ aggiun- 38 1 DOTT. BRUXO RIAN'CHIXl gere solo pochissime' parole sulle arterie coroidee, che si por- tano alla tela coroidea ed ai plessi dello stesso nome. Si pos- sono esse classificare in ante>-io)-i e po^terioìd. Le anteriori si originano in ditferente guisa; norinalmente si stacr*ano da quel tronco comune, già passato in rassegna, derivante dalla carotide interna, che poi si sdoppia nella cerebrale anteriore p nella sil- viana, oppure si partono dal pruno tratto della cerebrale media, appena che questa è penetrata nella valle di Silvio. Comunque originatesi, le arterie coroidee anteriori seguono fedelmente la listerella ottica, e penetrano nei ventricoli laterali. — Le po- steriori vantano una triplice provenienza: imperocché talora partono daU’arteria cerebrale posteriore, a livello dei peduncoli, tal’ altra dal terzo medio della comunicante posteriore, altre volte invece si distaccano dalla vicina branca di biforcazione del tronco basilare. Divenute indipendenti, esse corrono all’ in- fuori, abbracciano i peduncoli cerebrali e vanno a disperdersi nella tela coroidea e nella lamina quadrigemina su ricordata. Ho compiuta cosi la descrizione del modo di generarsi, de- correre e distribuirsi delle arterie periferiche dell’ encefalo del cavallo, descrizione ricavata da quanto ho personalmente os- servato e studiato al tavolo anatomico. — Per qualunque grossa arteria del collo io praticassi l’ iniezione, sempre ho avuto l’in- tero encefalo iniettato; risulta dunque che meravigliosi sono i rapporti di continuità che hanno le arterie cerebrali fra di loro, e che la nutrizione di tal parte del sistema nervoso centrale è bene assicurata. Un solo tronco arterioso avrebbe potuto ba- stare; ne possiede invece quattro tutti legati insieme mediante frequenti anastomosi a corto tragitto e di ampia capacità. Po- trebbe accadere che uno di questi tronchi venisse obliterato per effetti di processi patologici, quali la trombosi e 1’ embolia, o da operazioni chirurgiche, quali ad esempio l’ allacciatura di uno di essi, senza che simile riduzione nelle vie di afflusso, porti sempre e di necessità un perturbamento grave di circolo nel cervello e conseguentemente delle sue funzioni. Esposto in cotal guisa il reperto necroscopico ottenuto nel cavallo, consideriamo la circolazione arteriosa encefalica nei suoi congeneri, e poscia nègl’ individui delle altre specie animali, i ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALL ; E DEL CANE 39 trattenendoci però sulle generali, ed accennando alle differenze più apprezzabili che in essi si riscontrano. Asino. — Nulla avvi da aggiungere a quanto abbiamo testé riferito riguardo al cavallo; dappoiché le arterie encefaliche in questo animale si comportano nella identica maniera che nel cavallo, ed hanno le stesse aree di distribuzione ed assumono le medesime relazioni. Solo, nell’ asino, se fosse lecito trarre una conclusione dai pochi casi da me osservati, parrai che si riscontri un maggior numero di anomalie. — Cosi il tronco basilare l’ ho riscontrato sempre flessuoso e talvolta addirittura sinusoide;, ed anche la figura romboidale composta dalle due arterie cerebro-spinali 1’ ho sempre trovata chiusa da lati serpentini. — Vidi, in un individuo, l’ origine abnorme dell’ arteria cerebellare posteriore sinistra, consistente in una doppia radice, il cui ramo postergile sorgeva al li- mite fra il terzo medio e il terzo anteriore del bulbo rachideo, ed il ramo anteriore all’ altezza del solco situato fra tale or- gano e la protuberanza anulare; questi’rami, poi, riunivansi fra loro dietro il punto di emergenza del V“ nervo cranico, dopo di aver circoscritta, col tronco basilare, una superficie deltoidale pure a lati sinuosi. Analoga disposizione riscontrai nella parte destra di un altro soggetto. 11 cerchio di Willis si comporta pure come nel cavallo, ed é similmente dato dalla carotide interna e dal tronco basilare. Noto che, neH’asino, é un fatto normale il distacco dal tronco basilare di due branche, che partendo da esso in avanti del margine posteriore del ponte di Varolio ed attraversando la dura madre, penetrano nel seno cavernoso, e si anastomizzano per inosculamento con le arterie carotidi interne a livello della loro seconda curvatura. L’ arteria silviana e la cerebrale posteriore offrono quasi sempre varietà, o presentandosi doppie, o ramificate fin dalla loro origine, o per il numero dei rami che forniscono. Nonper- tanto si modellano tutte sul tipo già descritto nel cavallo. Mulo. — A proposito di questo quadrupede dovremmo ripe- tere quanto abbiamo già detto circa i suoi congeneri. 11 tronco 40 DOTT. BRUNO BIANCHINI basilare è più regolare, e si accosta di più quindi a quello del cavallo. — Le arterie quadrigemine le ho osservate bene svi- luppate. — Se si volesse parlare anche in codesto equino degli altri vasi arteriosi, si cadrebbe in una inutile ripetizione di ciò che innanzi è stato descritto. — Cane. — Ci fermeremo un po’ più a lungo intorno alle ar- terie encefaliche superficiali del cane, che offrono notevoli di- versità da quelle proprie dei Solipedi, quantunque esse pure sieno tutte formate del tronco basilare e della carotide interna. Il tronco od arto-ie haùlare proviene anche dalla cere- bro-spinale, che alla sua volta è un ramo della occipitale. Per amore di brevità ci risparmieremo di trattare particolarmente questi ultimi tronchi arteriosi, giacché nei carnivori trovasi una disposizione pressoché identica a quella eh’ é stata veduta negli equidi. Il tronco basilare nasce dalla parte anteriore del rombo ri- sultante dall’ unione delle arterie cerebro-spinali dei due lati, e dal voluminoso ramo spinale-cervicale proveniente dalla ver- tebrale, che penetra nel canale rachidiano fra la seconda e la terza vertebra del collo. Dalla riunione di questi vasi ottiensi un poligono allungato a quattro lati, nell’ angolo posteriore del quale trae origine 1’ arteria spinale anteriore, che percorre il salco longitudinale mediano del midollo spinale, dopo aver distribuito ramuscoli al bulbo. Dagli angoli laterali del poligono romboidale partono arterie che inviano rami al bulbo verso il punto di emergenza dell’XP paio di nervi craniani, e poi esco- no dallo speco vertebrale, portandosi àgli organi circostanti. Dalla metà anteriore della losanga derivano due rami arteriosi, che, repentinamente, volgono in avanti, biforcandosi e risalendo fino alla zonula Arnold!. Dall’ angolo anteriore, ripeto, origina il tronco basilare che é sempre rettilineo ; si applica alla faccia ventrale del bulbo rachidico e del ponte di Varplio, situandosi nel solco mediano di essa, e dopo si biforca inviando un ramo d’ ambo i lati, assumendo rapporti simili a quelli considerati nei monodattili. Mentre che cosi sviluppasi, invia da tutt’ é due le parti rami che costituiscono le arterie radicolari. Ci dispen- seremo dal ripetere la loro divisione terminale in una arte^ AETERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 41 viola esterna o discendente ed in una interna o ascendente, come già riscontrammo nel cavallo, solo parleremo del loro tragiito. — Sono in numero di cinque o sei pel midollo allun- gato, e di tre o quatto per la protuberanza anulare, e seguo- no tutte un cammino obliquo dall’ indietro all’ avanti e dal- r indentro all’ infuori. Un primo ramo, sufficientemente grosso, si distacca ed allontanasi dal tronco basilare, volgendo dapprima all’ infuori, quindi curvandosi in avanti, poscia novellamente all’ infuori ed in avanti sino a risolversi in capillari nel culmine della regione delle fibre arciforrni ; invia anche un ramo ai- fi innanzi, che si avvicina al tronco mediano, e finisce alla piramide corrispondente ed al suo cardone laterale. Altri due rami, intrecciantisi fra loro, percorrono la nominata regione per dirigersi verso la linea di emergenza del XII'" paio di nervi cranici. Presso il limite posteriore delle piramidi del bulbo sorgono, a destra ed a sinistra altre due arterie radicolari maggiori, che progrediscono fino al punio più largo del cor- done laterale esterno, poi voltano ad un dipresso ad angolo retto, con direzione sempre esterna, valicando la zonula Arnold!, passando sotto il tubercolo facciale, diramandosi in capillari a breve distanza dell’ uscita dei nervi pneumogastrici. — Altre arterie appartenenti a codesta classe son quelle che varcando a spirale le precedenti formazioni, giungono al corpo trapezoide, da dove inviano minori rami al punto di emergenza dei nervi facciali ed acustici, e quindi, curvandosi, si perdono in alto verso fi origine apparente della radice sensitiva del trigemiro. Nel tratto del ponte di Varolio percorso dal tronco basilare, emanano altre arterie radicolari, che decorrendo più o meno regolarmente, vanno a risolversi ai nervi che da esso fuorie- scono, sicché avvene una speciale per fi oculo-motore-esterno, ed una per il V.° In avanti ancora, al limite anteriore del ponte medesimo, sovente si osservano due altre arteriuzze, che, dapprima costeggiano lo stesso margine, in seguito si flettono in dietro, e da capo lateralmente fino a consumarsi al bordo nasale della protuberanza. — Ai Iati il bulbo rachi- dico è irrorato da scarsi ramuscoli terminali delle arterie anzidette ) vale a dire verso la linea di emergenza del grande ipoglosso sino ad una certa porzione della rotta del nervo 42 DOTT. BRUNO BIANCHINI stesso, è percorso da numerosa arteriole serpiginose, che pro- vengono dalla prima ramificazione dell’ arteria cerebellare posteriore, le quali si uniscono sulla faccia laterale del bulbo con i filetti terminali della prima branca dell’ arteria menin- gea postica. Oltre ai presenti rami, il tronco basilare fornisce eziandio V arteria uditiva interna, la meningea superiore e posteriore e le cerebellari. Queste ultime sono in numero di quattro (due anteriori e due posteriori), o in numero di sei, per la esistenza di altre due arterie postero laterali, come ebbi occasiona di riscontrare in più soggetti. L’’ orteria cerebellare posteriore, staccatosi dal tronco basi- lare si, dirige all’ infuori, risale lungo il margine esterno del bulbo, e si adatta alla sua faccia dorsale in prossimità del peduncolo cerebellare posteriore, passa sul corpo rettifor- me, si addentra per un istante nel seno o fossa romboidale, ne esce, si piega all’ indietro ed in alto, fino a raggingere la fac- cia posteriore del cervelletto. Giunta al lobo cuneiforme scindesi normalmente in due branche principali, che poi si suddividono in altre secondarie, le quali in parte si confondono con quelle dell’ arteria susseguente ed in parte finiscono al culmine ed al lobo semilunare posteriore. L’ arteria cerebellare posteriore e la postero-laterale, quando esiste, portano il sangue anche agli elementi cellulari delle formazioni del pavimento del quarto ventricolo, all’ eminentia teres, all’ erninentia fasciculi teretis, alle ali grigie etc. Qtaalche rara volta dall’ arteria cerebellare, posteriore, anziché del tronco basilare, nasce 1’ arteria uditiva interna sopra accennata. A poca distanza dalla precedente, si genera dall’ arteria basilare, la cerebellare postero-laterale, la quale dopo corto sviluppo, ascende al cervelletto, e si decompone, dicotomica- mente, in branche che vanno a spegnersi ai lobi semilunari posteriore e anteriore, e si anastornizzano coi rami emanati dell’ arteria cerebellare antecedente. Ripartitosi il tronco basilare, vengono fuori dai suoi rami, al limite anteriore della protuberanza anulare, le due arterie cerebellari anteriori, che poi si portano con direzione opposta abliquamente ai lati ed all’ indietro, costeggiando la proiube- ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 43 ranza, circondano i peduncoli cerebrali, in seguito s’ internano nella spaccatura o spazio compreso fra cervello e cervelletto, e si applicano sulla faccia anteriore di tale organo. Danno vita a cinque o sei rami cospicui, che decorrono quasi in senso rettilineo, per sciogliersi in corrispondenza delle parti cui vennero destinati, ossia ai lobi semilunari superiori ed inferio- ri, ed a quello centrale incluso il verme. Codesta arteria abbandona anche dei filetti che alimentano la superficie dorsale anteriore dell’ istmo encefalico, primo fra tutti V arteria qua- drigemina. Le arterie proprie del cervello, anche nel cane sono date dalla carotide interna, la quale ha un diametro grosso appros- simativamente quanto quello della occipitale. Comincia alquanto all’ indietro di questa, percorre la faccia esterna dei muscoli retti anteriori della testa, recandosi verso l’apofisi basilare dell’ osso occipitale, penetra nel foro lacero e nel canale caro- tideo, intendendo con questa denominazione il condotto che incomincia dalla parte anteriore col meato carotideo, e si dirige posteriormente fra l’apoflsi basilare dell’occipitale e la bolla timpanica dell’ osso temporale, alla quale sembra pertanto appartenere; di più esso sbocca al di fuori, insieme al forame lacero, e comunica con la cavità cranica mediante un orifizio particolare. Percorre 1’ arteria carotide interna, questo canale, dall’ indietro all’ innanzi, descrive in seguito un’ ansa note- volissima, che esce dal cranio mercè il foro carotideo, de- signando con tale espressione 1’ incavatura carotidea dello sfenoide, che si unisce ad una simile incavatura del temporale. Dopo di che, l’arteria, in discorso riflettesi al davanti, ricevo un ramo speciale della carotide esterna, ed entra di nuovo nella calotta cranica; s’immette nel salco carotideo, e, prima di passar la dura meninge, lascia uno o due piccoli rami, che confluiscono con 1’ arteria meningea mediana. Uno di essi ab- bandona la cavità del cranio per lo hiatus orbitario, e si fonde con 1’ arteria oftalmica. La carotide interna sul lato della fos- setta pituitaria emana dei rami che si vedono contrarre rapporti di cintiraità colle divisioni dell’ arteria sfeno-spinosa e con le branche rientranti dell’ oftalmica. — Risulta da queste anosto- mosi una specie di plesso arterioso, inizio della rete ammi- 44 DOTT. BRUNO BIANCHINI inabile che riscontreremo nei ruminanti e nei suini. Il vaso principale di simile plesso è sempre rappresentato dalla caro- tide interna, la quale sorpassata la dura madre, si scompone, come nei solidungoli, in una branca anteriore, che poi dà le arterie cerebrali anteriore e media, ed in una branca posteriore, che dà l’arteria cornunicamente posteriore, anastomizzantesi col relativo ramo di scioglimento del tronco basilare. Da siffatta disposizione dei vasi arteriosi alla base dell’ encefalo, si com- pone il circolo 0 poligono di Willis, affatto analogo a quello del cavallo. Diciamo particolarmente delle arterie cerebrali. Staccatasi dal tronco comune alla silviana, V arteria cere- brale anteriore del cane progredisce verso il lato nasale, incrocia il nervo ottico, arriva al davanti del chiasma, e si anastomizza a pieno canale con la omonima opposta. Da questo punto Ano alla sua terminazione comportasi tale arteria nel- r indentica maniera che nei solipedi, separandosi poi nelle due arterie del corpo calloso. Nel primo tratto del suo cammino emette dei piccoli rami, di cui alcuni vanno verso la scissura rinaie, altri si distribuiscono alla base del trigono olfattivo ed alla circonvoluzione subrostrale. Nella scissura interemisferica invia il ramo frontale, il quale, curvandosi, segue la faccia interna degli emisferi cerebrali in vicinanza del margine litiero di essi, poi r orlo anteriore dei lobi olfattivo e frontale, quindi biforcasi, emanando un ramo, che attraversa la circonvoluzione frontale superiore, e quindi si bipartisce in filetti, che si disper- dono alla omonima scissura ed alla olfattiva. L’ arteria cere- brale anteriore dà luogo ancora ad un tronco per la falce del cervello, chiamato arteria meningea anteriore, ed a proposito di questa anteria mi limiterò a dire che Ellenberger e Baum non sono molto esatti nel determinare la provenienza di essa, giacché nella loro Anatomie descriptive et topogrciphique du Cliien (1894^, alla pagina 379, dichiarano che l’arteria menin- gea anteriore deriva dalla cerebrale anteriore, che a sua volta è dipendente dalla carotide interna, mentre, a pag. 390, la fanno originare dall’ arteria etmoidale posteriore, generata dall’oftalmica, la quale alla sua volta proviene dalla carotide esterna! Appare qui evidente la contraddizione. Ebbene, per arterie encefaliche corticali del cavallo e del C4NE 45 mio conto, istituii delle ricerche sul cadavere, e da quanto ho io, in persona, costatato, ho veduto sempre nascere la meningea anteriore dalla cerebrale anteriore, e credo che questa vera- mente debba essere la norma. Le arterie callose danno luogo, sul piano emisferico, come negli equini, a branche anteriori, medie, e posteriori. Le prime, percorrendo territorii del tutto omologhi a quelli del ^vallo, arrivano in alto, e varcato il margine superiore deireiMsfero, vanno a spartirsi alle circonvoluzioni frontali interne, nel solco crociato e ne’ suoi dintorni, ed inviano talora un ramo, che, percorrendo la circonvoluzione centrale posteriore, si dirige aU’indietro, Ano a morire nel solco post-cruciforme. Le bran- che mediane vanno alla scissura ansiforme, da cui pure deriva un’ arteriola che portasi verso la fissura confinis ovvero scissura entolaterale, accavallando la circonvoluzione sopraspleniare. Le altre branche, in parte s’immettono nella scissura limbica 0 calloso-marginale e si recano agli elementi istologici della compagine del cervello, nelle adiacenze dei ventricoli laterali. Alla sua origine 1’ arteria del corpo calloso, procrea 1’ arteria etmoideale anteriore, che segue la listerellae il bulbo olfattorio, spandendovi rarnuscoli e penetra poi nella fossa nasale della lamdna cribriforme dell’ etmoide, contraendo rapporti con l’ar- teria etmoidale posteriore e con la sfeno-palatina. — 1 rami terminali dell’ arteria cerebrale anteriore, si anastomizzano con quelli della cerebrale media e della posteriore nello stesso modo e nelle stesse province che abbiamo veduto nel cavallo. j L’ arteria cerebrale media si dissocia dal tronco comune j con la cerebrale anteriore, in prossimità del chiasma dei nervi ottici, volgesi, lateralrnentL Ano a toccare il lobo sfenoidale, e I si adagia nella valle di Silvio che. segue Ano alla faccia esterna I dell’ emisfero, dove si ramiAca, mandando branche nel paren- I china cerebrale, e branche, che nutriscono tutta^ la superAcie I convessa dell’ emisfero, eccezione fatta per le porzioni anteriori, I superiori e postiche, che san rispettivamente irrigare dalle altre I due arterie cefaliche viscerali. A cominciare dalla sua origine, 1 rami più vistosi, che da essa si formano, sono quelli che in ì basso vengono destinali al lobo sfenoidale e al lobo olfattivo, ed in alto uno pure cospicuo che s’ interna nella biforcazione 46 DOTT. BRUNO BIANCHINI anteriore della vallata di ^Silvio, il quale si spartisce in più ramuscoli, che vanno in direzione opposta a terminarsi in vi- cinanza della scissura presilvica. I j’arni dell’ arteria mediana che s’ infiggono nella corteccia del cervello, ricompariscono poi all’ esterno; uno in corrispondenza della stessa valle di Silvio, che si sdoppia sulla circonvoluzione silviana posteriore, di cui una branca va alla scissura ectosilvica posteriore; un’ altra per- corre, 'di traverso, la medesima circomvoluzione, si colloca nel solco ectO'Silvico posteriore, sormonta la circonvoluzione ecto- silvica media, ed, in parte, si perde in quella sopra silviana media ed, in parte, nelle porzioni adiacenti sino alla scissura soprasilviana posteriore; altri rami, poi, conducono il sangue al solco ecto-laterale, altri, ancora, alla scissura di Rolando. — Tutti questi rami con le loro divisioni finali anastomizzansi, in seguito, con quelli dell’arteria cerebrale posteriore e con quelli dell’ arteria callosa corrispondente. — Altre branche, dirette dell’ arteria Silviana, si rendono visibili alla base del lobo orbitario, di cui, una percorre la circonvoluzione composta anteriore e, con progressione tortuosa, s’innalza fino a toccare la scissura soprassilviana anteriore, lambisce ed attraversa la circonvoluzione coronaria ed avanzasi al solco dello stesso nome, ove finisce in tre arteriuzze. Queste branche si fondono con quelle della cerebrale anteriore. Anche nel cane, varia è T origine dell’ arteria cerebrale ‘posteriore. Nella pluralilà dei casi io l’ ho riscontrata na- scere a livello del tuber cinereum, là dove la comunicante posteriore, sino allora rettilinea, converge ad angolo ottuso all’ indentro per associarsi con la- corrispondente branca del tronco basilare. Senonchè volge la cerebrale posteriore all’ ester- no, verso il lobo sfenoidale, scorrendo tra il peduncolo cere- brale ed il nervo oculo-motore-comune, che le fa da Cenacolo, costeggia il lobo piriforme, s’immette nella grande fessura di Bichat, e passando tra la faccia leterale del peduncolo cerebrale e il lobo temporale, arriva alla superficie posteriore del cervello. Dispensa rami, nel tempo del suo tragitto, agli strati ottici, ed ai tubercoli quadrigernelli, precisamente come accade nel cavallo, e molti ne invia, pure curvilinei, alla faccia dorsale dell’istmo Dall’ emisfero cerebrale spinge arterie, come negli equini, nella ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 47 parte posteriore della scissura interemisferica, a tergo della piega del corpo calloso, e spinge pure nn ramo alla scissura splenale, tre o quattro alla post-splenica, che poscia giungono alia porzione superiore della faccia convessa dell’ emisfero. Nella superflce piana interna manda diramazioni alla parte postica della scissura calloso-marginale e della circonvoluzione crestata, che poi si fondono con le vicine ultime branche del- r arteria callosa. Le arterie coroidee del cane le ho trovate sempre poco appariscenti. Le coroidee posteriori muovono il più delle volte dalla arteria cerebrale media, e vanno a consumarsi ai plessi coroidei. Gatto. — Le arterie del mantello encefalico del gatto si comportano similmente a quelle del cane. Soltanto diremo che sono molto esili e povere di ramificazioni. 11 poligono di Willis è un pò diverso da quello degli altri animali, per la presenza di due lati rientranti. Le arterie cerebrali conservano maggior- mente un tipo ben definito, per cui le anomalie non vi si notano tanto spesso. 1 territori ai quali essi portano il mate- riale nutritivo, sono gli stessi che descrivemmo nel cane. Maiale. — Nel presente mammifero domestico già è notevole una diversità nei vasi che conducono il sangue all’ encefalo. Manca 1’ arteria cerebro-spinale neirinterno del canale rachideo, ed il tronco basilare proviene dalla fusione delle comunicanti posteriori. Si riscontra dunque una diminuzione nel numero delle vie d’ afflusso pel sangue destinato all’ encefalo. Nulla di particolare òvvi da riferire sul tragitto e ramificazioni del tronco basilare, delle arterie cerebellari, e delle radicolari. L’ arteria, carotide interna penetra nel cranio mediante il forame lacero posteriore, e situandosi a lato della sella turcica, sotto la dura madre, dà luogo con i suoi finissimi ramuscoli alla costituzione di una massa, a sottili maglie vascolari, che molto si avvicina alla rete mirabili dei ruminanti, su cui in seguito ci fermeremo. Tutti questi tenuissimi filetti si saldano p('i in un tronco unico, il quale supera la dura meninge, ed alla base del cervello dà origine alle note arterie cerebrali, che ci 48 DOTT. BRUNO BIANCHINI asteniamo dal trattare, perchè non offrono sensibili differenze sia nel decorso che nella terminazione, da quanto si è riferito a pro- posito dei solidungoli. Bue. — L’encefalo dei bovini é riccamente vascolarizzato. Le arterie vengono fornite da due tronchi, uno per parte, che disegnerò col nome di risultanti della rete ammirabile, per ragioni che ora saranno enunciate. Accennerò, innanzi tutto, che i bovini, e cosi pure gli altri ruminanti, sono privi della vera arteria carotide interna, e questa viene sostituita da un complesso di parecchie arterie minori derivanti dalla sola ca- rotide esistente per lato. Vediamo quali siano codesti tronchi arteriosi che vanno a comporre la rete ammirabile. Parecchi distaccansi dall’ arteria mascellare interna, e se ne osservano primieramerte due principali, a cui conviene 1’ ap- pellativo di arterie generatrici della rete mirabile, che di consueto sorgono con un canale comune all’ oftalmica, attra- versano nel senso antero-posteriore il condotto sopra-sfenoidale, ramificandosi in una foggia singolare, per anastomizzarsi con i rami delle altre arterie seguenti. 'L'arteria sfeno-spinosa, che nasce associata alla dentata inferiore, entra nel cavo cranico per il foro ovale dello sfenoide, mediante cui penetrano anche altri rami minori. Altre piccole branche attraversano lo spiraglio orbitario e concorrono anch’ esse alla formazione di tale rete, insieme alla meningea mediana in avanti, a\V arteria condi- loidea ed al ramo interno della vertebrale, che viene posterior- mente. Tutte queste arterie si ramificano ripetute volte a bre- vissima distanza, uniscono e confondono i loro infiniti ramuscoli in un modo estremamente complicato, che rende impossibile r enumerarli e il descriverli, e da questa peculiare, caratteristica anastomosi ne risulta un ricchissimo reticolo vacale, di cui una volta riuscii a contare circa 200 maglie, senza tener cal- colo di parecchie altre che mi sfuggirono di mano, il quale, unitamente a quello dell’ opposto lato, si colloca intorno alla sella turcica, fra la dura madre e le ossa del cranio, indentro del nervo rnascellara superiore, assumendo T aspetto di una piccola massa circolare, che ben a ragione è stata chiamata mirabilis. Le due masse sono in iscambievole comunicazione, ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 49 per mezzo di quattro o cinque anastomosi trasversali, pure reticolate, e la vera vet'u^ mu'cihiUs dunque è 1’ insieme di queste due masse. Ciascuna massa poi ha 1’ estremità inferiore rivolta verso il condotto sopra-sfenoidale, e riceve le arterie generatrici; V estremità postergale, ricoperta dall’ apoflsi clinoide, é in comunicazione, come si è veduto, con 1’ arteria sfeno-spino- sa, che qui si termina. Verso la sua porzione mediana e supe- riore, le arteriuzze che costituiscono questo intricato plesso, si ricompongono in un unico tronco (uno per lato), analogo alla parte intracranica della carotide interna degli equini e carnivori, che denomineremo arteria o tronco risultante dalla rete ammirabile. Non vi è motivo quindi di chiamare questa porzione arteria carotide interna, come vorrebbero alcuni scrittori, poiché non solo è data da rami superiori provenienti dall’arteria chiamata negli altri animali carotide esterna, ma anche perchè manca il tratto iniziale della medesima carotide interna, quella cioè corrispondente alla diramazione della caro- ..tide primitiva nelle altre specie. Questa risultante perfora la dura madre ai fianchi del tuber cinereum, per produrre le arterie proprie del cervello. Chauveau paragona la rete am- mirabile ad un ganglio linfatico, di cui i vasi afferenti sareb- bero rappresentati dalle arterie generatrici colla sfeno-spinosa, e gli afferenti del tronco d’ origine delle arterie encefaliche. Il poligono di AVillis è esclusivamente formato da questo tronco, il quale dopo breve decorso si divide in tre branche; arteria cerebrale anteriore, media, e posteriore. Le arterie cerebrali anteriori nei bovini, come nel resto dei fissipedi, sono indipendenti l’una dall’altra. Senonchè talvolta si nota, al davanti del chiasma, un piccolo plesso composto di tre 0 quattro filetti arteriosi, che anastomizzano le due arterie cerebrali anteriori, a cui spetterebbe il nome di comunicante anteriore, per analogia con quanto si verifica nell’ encefalo umano. Anche in alio le due arterie callose si scambiano molto spesso dei ramuscoli anastomotici, e, sovente, l’arteria di un lato invia rami che si arborizzano sulla faccia piana dell’ emi- sfero opposto, forse per riparare alla mancanza di quella soli- darietà anasfomotica che già constatammo negli altri quadrupedi. È superfluo dire che anche nei bovini, per le omologie del 4 50 DOTT. BRUNO BIANCHINI cervello, quest’ arteria cerebrale riproduce il medesimo tipo dei monodattili, irrigando l’ identico territorio. Perciò che riguarda l’ arteria silviana, fondamentalmente riscontrammo quanto già in altro luogo abbiamo esposto. Con soverchia frequenza però notasi la sua duplicità fin dall’origine. L’ arteria cerebrale posteriore è semplicissima, emette un cospicuo ramo per il lobulo occipitale, ed offre gli stessi rap- porti di distribuzione che si sono incontrati più innanzi. — E da rilevare che, il più delle volte, non fornisce direttamente i tubercoli quadrigemini, ma V arteria quarlrigemella procede direttamente, spesso doppia o tripla, dalle comunicante poste- riore. Le arterie coroidee pure provengono dalla comunicante po- steriore. Quest’ultima arteria comunicante cammina, poi, all’indietro e all’indentro, sino a convergere ed unirsi con l’opposta, a tergo della ghiandola pituitaria, e comporre il tronco basilare. Adunque l’arteria basilare, in questi animali, piglia le mosse dal* la rete mirabile'mercè la comunicante posieriore. Codesto tronco è rettilineo e sottile in rapporto alle dimensioni dell’istmo encefa- lico, e le arterie radicolari che da esso partono sono del pari esili; raggiungono però un numero ragguardevole, e tutte pren- dono una direzione opposta a quella finora osservata sulle altre specie domestiche, in altre parole retrocedono dall’ avanti al- rindietro e dal di dentro all’ infuori, simulando così, insieme al tronco basilare, la spina di pesce o le barbe di una penna, appunto perchè il sangue nel tronco basilare scorre nei bovini dall’ avanti all’indietro. Tranne questa diversità, nel rimanente si comportano come quelle dei solipedi, e vanno ad esaurirsi alle stesse paia di nervi cranici. Le arterie cerebellari anteriori nascono dai due rami, che poi vanno a comporre il tronco basilare, in corrispondenza dei peduncoli cerebrali, volgono indietro ed in alto, e, rasentando i tubercoli testes, a cui dispensano rami, saliscono sulla faccia anteriore del cervelletto, dove sdoppiansi iu due grosse branche, delle quali, una va al lobo centrale, ed una al lobo laterale della stessa parte, ove si sfioccano in numerosi rami. Le arterie cerebellari posteriori partono dalla metà del ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 51 mesocefalo, e dal limite di demarcazione esistente tra questa formazione e 11 midollo allungato, si diriggono obliquamente all’indietro e aH’esterno, varcando il corpo trapezoide e la zona delle fibre arciformi, arrivano fin presso la linea di emergenza dei nuovi spinali, e, sempre andando indietro, risalgono in alto e vanno a distribuì .’si alla faccia, posteriore del cervelletto, allo stesso modo come negli altri animali, Sembrami adunque di aver sufficientemente dimostrata la maniera secondo la quale avviene la circolazione sanguigna arteriosa dei bovini, che varia immensamente da ciò che di- chiarai circa i solipedi e i carnivori, nei quali, fra le altre, il tronco basilare proviene dalle cerebro-spinali e non dalle comu- nicanti posteriori, come è il caso dei fissipedi. Bufalo — Passando, ora, a considerare i bufalini, ben poco ci rimane a notare riguardo alle loro arterie encefaliche. Tra le varietà, vidi una volta far. cerebrale anteriore anastomizzarsi per inosculamento con quell’ apposta, proprio come accade nel cavallo, però, dopo un decorso di tre o quattro millimetri, stac- carsi di repente. — Le altre arterie le ho sempre osservate fe- deli alla norma, per cui appaiono le stesse note anatomiche fondamentali e gli stessi rapporti di distribuzione. Pecora. — La disposizione dei canali sanguigni della corteccia cerebrale della pecora, si accosta molto a quella dei bovini. Tutte le arterie derivano dalla rete ammirabile, che, sostanzial- mente, è costituita come quella già esaminata. Solo che qui le due masse, onde si compone, piuttostochè sferoidali sono ovoidali ed allungate nel senso antero-posteriore, e, ne’ suoi costituenti, esiste una piccola varietà nelle arterie generatrici, che nascono separate dalf arteria oftalmica. Il dott. Staderini, nel suo citato lavoro, parla di carotide in- terna nella pecora, e si esprime cosi; « Nella Pecora la caro- tide interna, raggiunta la base dell’ oncefalo, sui lati del tuher cinereum, si divide tosto in due rami.... », io contesto questa affermazione, perchè contraria al vero. Che egli chiami col nome di carotide interna la risultante della rete mirabile, non è da supporre, poiché trattandosi d’impiegare un vocabolo già 52 DOTT. BRUNO BIANCHINI adottato per designare un altro vaso che non ha nulla a che vedere col presente, lo avrebbe necessariamente avvertito; di più avrebbe dovuto fare, sia pure, un lontano accenno a simile plesso arterioso tanto ragguardevole. Invece inclino a credere ch’egli abbia condotto le ricerche in un modo tanto superficiale, che non si è accorto neppure dell’esistenza di questo importan- tissimo e ricchissimo reticolo vascolare. Il circolo di Willis è formato nella foggia surriferita, a pro- posito degli altri animali. L’ arteria cerebrale anteriore non insinuasi nella fessura interemisferica, se non nella parte anteriore degli emisferi, che corrisponde al margine interno del lobo frontale. Tranne queste piccole diversità, in sostanza poi va a ramificarsi nella maniera dinanzi studiata. h'arteria cerebrale mediana si divide già prima di gettarsi nella valle di Silvio, lua questi rami decorrono addossati l’uno all’altro fino alla parte più alta della vallata, dove si allonta- nano e si sciolgono risolvendosi in piccole branche, che ascen- dono fino alla faccia superiore degli emisferi. Id arteria cerebrale fmderiore assume relazioni con le iden- tiche provincie cerebrali, che più sopra Tilevammo. Similmente dicasi delle arterie coroidee, le quali sono mul- tiple e decorrono sotto il lobo sfenoidale. Niente di speciale ci offre il tronco basilare con le sue dira- mazioni, le arterie cerebellari anteriori e posteriori, ed arterie radicolari. Noteremo che queste ultime, come nei bovini, sono molto numerose. Capra — Potrebbesi ancora ripetere quanto si è dichiarato relativamente alla sua congenere. Ricorderemo che l’encefalo caprino, analogamente a quello degli altri ruminanti, é prov- visto di numerosissimi vasi arteriosi, i quali poi finiscono nei modi indicati. Coniglio — Considerata la massa dell’ istmo encefalico di codesto roditore, alquanto soverchiamente voluminoso presentasi il tronco basilare rispetto ad essa. E rettilineo, e da esso par- tono 6 0 7 arterie radicolari che sarebbe ozioso descrivere. ARTERIE ENCEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CANE 53 giacché, non differiscono punto da quelle delle altre specie di mammiferi. Le arterie cerehellari anteriori si decompongono tosto in due rami, dei quali uno si risolve al lobo esterno del cervel- letto ed uno ai tubercoli quadrigemini. L’ arteria carotide interna adagiasi nel canale dell’ osso temporale, che da essa prende nome, e, attraverso il medesimo s’introduce nella cavità cranica. Da qui decorre sulla parte mediale del nervo trigemino, alla porzione laterale postica del corpo dello sfenoide, si volta all’ insù verso il tratto di mezzo del luogo d’entrata del nervo oculo-motore, nello spiraglio orbi- terio, incrociandosi con esso a linea ortogonale. In questa ma- niera descrive tre anse. Dà in seguito 1’ arteria comunicante posteriore e l’oftalmica superiore, e si rompe a^Varteria cere- brale anteriore e nella mediana. Talora dà l’arteria occipitale, che è tanto grossa quanto la continuazione dell’arteria carotide interna stessa. Il cerchio o 'poligono di Willis è assai allungato, ed i suoi lati esterni nella metà postei-gale rasentano il VI paio di nervi cranici. L’ arteria cerebrale anteriore va in avanti, al di là del nervo ottico e costituisce un tronco unico con la sua opposta. Si erige quindi in mezzo agli apici dei lobi frontali, dove emette T arteria etmoidale posteriore, si curva poi indietro a mo’ di volta, dividesi in una branca superiore ed una inferiore. Questa' scorre nel piano laterale del lobo frontale, portandosi Ano al lobo occipitale; quella si ramifica sulla faccia superiore del primo lobo. Una vera arteria comunicante anteriore nel coniglio non si riscontra. L’ arteria cerebrale mediana è poco sviluppata, e si distri- buisce alla faccia infero-laterale della porzione media dell’ emi- sfero. Sciogliesi in tre rami principali. Alla sua origine manda anche un tronco, che decorre sotto il lobo sfenoidale, e che va a costituire, probabilmente, T arteria coroidea. Nel soggetto rinvenni una distribuzione abnorme dell’ arteria silviana sinistra, consistente in due branche ben distinte, di cui una nasceva al di sopra del chiasma e si diramava alla parte 54 DOTT. BRUNO BIANCHINI anteriore dell’ emisfero cerebrale sinistro; l’altra invece origi- nava a lato del chiasma medesimo, e volgevasi alla parte po- steriore dello stesso emisfero, ove scindevasi in due rami, per- correndo da principio la parte anteriore del lobo sflenoidale, al quale inviava tre arteriole. L’ arteria cerebrale ijosteriore non offre nulla di caratteri- stico. È superflua quindi ogni ripetizione. Non essendomisi presentata 1’ opportunità di osservare ence- fali di altre specie animali, sono giunto, cosi, al termine di questa mia dissertazione, e credo di esser riuscito a far rile- vare come, non tenendo conto di differenze trascurabili, tutte le arterie periferiche dell’ encefalo, qualunque sia laloro prove- nienza, conservano uno stesso tipo di distribuzione in ciascuno animale, fin qui da me studiato, malgrado le apparenti notevoli diversità nella morfologia della corteccia cerebrale. Eseguii le ricerche nell’Istituto di Anatomia Normale della R. Scuola Superiore di Medicina Veterinaria di Napoli, e sento il dovere di esprimere la mia gratitudine al prof. Barpi, sia per avermi accolto nel suo Gabinetto, .sia per essermi stato lar- go di consigli, in ogni circostanza. Sono grato anche al Dott. Soderò, Direttore del Civico IMacello di Napoli, per avermi per- messo di asportare dalla Sala Necroscopica municipale, teste di feti 0 di animali adulti sequestrati per la distruzione, delle quali mi giovai ampiamente per le indagini sui ruminanti. ARTÈRIÉ EN’CEFALICHE CORTICALI DEL CAVALLO E DEL CAN'E 55 BIBLIOGRAFIA Krause. — Die Anatomie des Kaninchens. — Leipzig. 1884. Chauveau e Arloing. — Trattato di Anatomia comparata degli animali domestici. Trad, Boschetti e Colucci. — To- rino 1888. Tenchini e Negrini. — Sulla corteccia cerebrale degli Equini e Bovini. — Parma 1889. Staderini. — Ricerche anatomo-comparitive sulla distribuzione delle arterie sulla superficie encefalica di alcuni mammiferi. (Atti della R. Accademia dei Fisiocritici di Siena. Serie IV. Voi. 1.) — 1889. Ellenberger e Baum. — Anatomie déscriptive et topographique du Chien. Trad. Deniker. — Paris 1894. Testiit — Traité d’Anatomie humaine. — Paris 1897. SULLA CATTURA dell’EMBERIZA MELANOCEPHALA Scop: NELL’ AGRO ROMANO comunicazione del Conte Cuido di Carpegna per parte del Dott. DE FILIPPI 11 nostro consocio Dott. De-Filippi ha voluto cortesemente comu- nicarmi, come nel 1891 e nei mese di Maggio a Cài rapo di mare, fra Civitavecchia e Palo, sul nostro liitorale, fu còlio un bel ma- schio di Zinolo capinero {Ernheriza melaaocephala Scop), in abito estivo. Mi mandò- l’esemplare stesso, die ora fa parte della collezione Ridolfl di Firenze. — E la prima volta, che con si- curezza possiamo atfermare la presenza di questo Zivolo nel- V Agro Romano. L’illustre Conte Salvadori nel suo Elenco degli Uccelli italiani parla di questa specie comune in Dalma- zia, non rara nel littorale adriatico, rara però sulla spiaggia mediterranea. E nuova per Roma, e non esiste tuttavia nella ornai ricca nostra Collezione regionale, lo so d’averne ucciso a Pesaro, un bel maschio, che si conserva nel Museo universitario romano; so che il chiarissimo Prof. Giglioli nella sua inchiesta ornitologica lo fè conoscere, come veduto una volta in quel di Torino, raro ma nidificante talvolta nella provincia di Udine, e nel Monte Conero presso Ancona {Paoliicci); non raro nelle Puglie col nome volgare di Re degli ortuani, rarissimo in Sicilia. — 11 mio amico Dott. March. Lepri asserì, che parecchi anni fa, ne vide altro in campagna, e nell’istessa epoca primaverile, presso Furbara, località poco lontana da Campo di mare, dove più tardi fu effettivamente poi rinvenuto. Basti dunque questo breve cenno; e possiamo concludere, che lo zivolo capinero fa le sue comparse accidentali fra noi : e quandochessia ci verrà fatto averne nella Collezione. Si arricchisca dunque, senza tema di dir cosa inesatta, anche di questa specie dell’Europa orientale meridionale, 1’ Avifauna romana. — CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA AF<ÌA.CNIDI Dottor G. ANTONIO GARNERI Comunicazione alla Società Zoologica Italiana CON SEDE IN Roma PREFAZIONE Lo studio delle faunule regionali ha assunto in Italia, in questi ultimi anni, un’ importanza che vano sarebbe negare, e gli studiosi si interessano nell’ illustrare sistematicamente una 0 più classi di Artropodi, che in una data regione con accu- rate indagini e molta pazienza si sono rintracciati. La classe degli Aracnidi non ultima viene ad essere presa in considerazione, e, specialmente dopo il valoroso impulso ed esempio dato dai Prof. Canestrini e Pavesi, in breve tempo comparvero pubblicazioni svariate, nelle quali sono elencate specie abitatrici nelle diverse regioni. Cosi vennero alla luce, sotto differenti titoli, gli elenchi, specialmente di Ragni, del Pavesi e del De-Carlini per il Pie- monte ; del Pavesi per il Canton Ticino ; del Pavesi, del Sor- delli, del Mazza, del De-Carlini per la Lombardia ; del Cane- strini, del Moschee per il Trentino, del Contarini, del Cane- strini, del Ninni per il Veneto ; del Blackwall, del Palau, del Simon per la Toscana ; del Pavesi, del Lucas per 1’ Agro Ro- mano ; del Costa per il Napoletano ] del Simon per la Basili- cata] del Cantoni per le Puglie] del Caffi per la Calabria] del Blackwall, del Wright, del Cantoni per la Sicilia] del Pavesi, del Magretti, del Costa, del Carniccio, del Marcialis per la Sardegna] del Simon per la Corsica] del Pavesi, Si- mon, De-Carlini, Boeris per le numerose isole Tirrene minori. • • • Riguardo in special modo alla Sardegna, la prima menzione sugli Aracnidi rimonta all’ anno 1697, in cui Paolo Boccone 58 DOTT. G. ANTONIO GARNERI nel SUO : « Museo di Fisica ed Esperienze » all’ Osserv XVIll, indica e descrive i costumi di un Ragno, che chiama Solifuga, ma che dai dati incerti e fantastici non è possibile ascriverlo ad alcune delle specie conosciute. Da quel tempo bisogna scen- dere sino all’anno 18.‘36, in cui il Prof. Oronzio Gabriele Costa dà la relazione di due specie abitatrici dell’ isola ; un Panto- podo ed un Ragno. In seguito troviamo più diffuse notizie sugli Aracnidi Sardi nelle « Note ed Osservazioni sulla Geo-Fauna Sarda » dovute al figlio del precitato prof. Costa, il Prof. Achille, che riuscì ad elencarne 57 specie. Contemporaneamente, ed ancor più in seguito alle pubblica- zioni del Prof. A. Costa, molti si sono occupati dell’ Aracnofau- na sarda, e quasi tutti el)bero a disposizione o poterono clas- sificare qualche specie della Sardegna. E così Carniccio, Simon, Pavesi, Thorell, Koch, Canestrini per i Ragni', Canesirini, Thorell per gli Canestrini, Berlese, per gli Acari; Fanzago e Pavesi per gli Scorpioni', Anton Dohrn per i Pantopodi. Si aggiungano a tutti questi ancora altri naturalisti i quali, sia in relazioni di viaggi attraverso T isola, come il Magretti, sia in Cataloghi sistematici di Artropodi in genere come il De- Carlini ed il IMarcialis, ebbero agio di citare specie da loro riscontrate. Dal sopra detto appare come in moltissime pnbblicazioni sono sparse notizie che si riferiscono ad una sola classe di Animali, e ad una sola regione. Si imponeva quindi la compi- lazione di un Catalago, che, oltre al raccogliere ed ordinare i risultati in antecedenza ottenuti, portarne le cognizioni sugli Aracnidi dell’ isola a quella completa conoscenza, che la scien- za vede diffìcilmente raggiunta, ma alla quale costantemente tende, e ne è la sua precipua aspirazione. Io ho tentato col presente studio di compilare un Catalogo siffatto, ed in ciò fui validamente aiutato da tre coefficienti, e cioè : dagli illuminati consigli dell’illustre mio Maestro, il Prof. Pietro Pavesi ; dalla amplissima bibliografia esistente nel Ga- binetto Zoologico della R. Università di Pavia j dall’ esamq CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 59 della ricca raccolta di Aracnidi Sardi, ancora inclassificata, giecente nel predetto Gabinetto. La raccolta di cui in parola è la medesima che veniva an- nunziata dal Prof. Pavesi in una nota al suo libro « Ragni del Canton Ticino » p. 208, colle parole : « Una nuova collezione « entomologica dell’isola fatta in questa primavera deH’egregio « mio amico Doti Gestro, coll’aiuto del giovane abissino Said, « ne aumenterà certamente il numero (di Ragni.) » Ora io sono lieto, con il risultato numerico da me ottenuto, in seguito alla classificazione degli esemplari di detta raccolta, di aver contribuito alla realizzazione del desiderio del Prof. Pavesi e di non aver del tutto deluse le fatiche e le ricerche dei raccoglitori, di aver infine portato un sassolino all’edificio faunistico d’ Italia. • • Nel presente lavoro, la parte sistematica è condotta per i Ragni, Opilionidi, Scorpioni e Pseudoscorpioni sopra la classifi- cazione dal Simon usata nei suoi « Arachnides de France 1874 -'84 Paris »; per gli Acari su quella proposta dal Cane- strini nel suo « Abbozzo del Sistema Acarologico »; e ri- guardo ai Pantopodi, 1’ unica famiglia è tratta dal Dohrn nei suoi « Die Pantopoden des Golfes zu Neapel ». Nella parte diagnostica d’ ogni singola specie ho tralasciato tutte le sinonimie per attenermi al nome generalmente adotta- to ; ho citato il nome del primo descrittore, 1’ opera, la pagina, la figura in cui 1’ Aracnide fu descritto ed illustrato. Ho di- stinto in seguito con tre motti di comprensione sempre minore il luogo ove r Aracnide fu rinvenuto : nell’ Habilat è notata 1’ estensione dell’ area specifica ; nell’ In Italia sono citate le regioni italiane in cui è stata notata la sua presenza ; nell’ In Sardegna ho indicato i luoghi sardi dove lo stesso è stato cat- turato, e, nel caso eh’ esso non appartenga alla collezione da me studiata, il nome del Raccoglitore o del Descrittore. Quan- do però r indicazione è riportata da altri autori, senza che io abbia preso visione di alcun esemplare della specie, il suo nu- mero progressivo d’ ordine è preceduto da un asterisco .(’). 60 DOTT. G. ANTONIO GARNEKI Classe — AIUCHXOIDEA Ordine — ACARINA — ■ Sottordine Astigmata Famiglia — Demodicidae (*) 1 Demodex folliculorurn, Erchs — Distribuito in tutta Italia — Citato dal IVIarcialis. Famiglia — Psoroptidae (*) 2 Sarcopfes scafjiei, De Geei. 1778 (i\Iém. pour servir a Fhi- stoire des insectes 7 p. 94 — Tom. V. fig. 12 13 sub. Acarus) — Citato dal Marcialis. Famiglia — TjTOglipliidae (*) 3 Tyrogliphus .s/ro, Gervais. 1844 (Histoire nat. des insectes Aptéres. Ili p. 261 — Citato dal Marcialis. Sotto Ordine — Prostigmata Famiglia — Bdellidae (*) 4 Scirus setirostris, Hermann. 1804 (Memoire aptérologique. p. 62 tav. Ili flg. 12). Hab. — Europa — In Italia fu trovato nel Trentino, Ve- neto, Porretta. Dal Canestrini non è indicata la località. Sarda ove fu rinvenuto. fCanestr. Acarofauna It. Voi. II, p. 192). Famiglia — Ehyiicliolopliidae (') 5 Rhycholophus cinereus, Dugés. 1834 ( Recherclies sur l’ordre des Acariens. Ann. Se. Nat. ser. II, Tom. I, p. 31, tav. 1. flg. 7, 7 bis ). Hab. — Europa, Africa. — In Italia fu trovato nel Trentino, Veneto, Agro Romano, Sicilia. Non è nota la località Sarda (Canestr.) 0 6 R. similis, Canestrini, 1885 ('Prospetto dell’ Acarofauna CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 61 It. I, p. 144.) Esclusiva della Sardegna, Non è nota la località Sarda (Canostr.) (*) 7 R. regalis, Koch C. L. 1835 (Crustaceen, Myriapoden und Arachniden Deutschlands fas. 16 fìg. 5). Hab. Europa — In Italia trovato nel Trentino. Ignota la località Sarda (Canestr.). (*) 8 R. elecioralis, Koch C. L. 1875 (C. M. u. A. Deutsch. fas. 16, flg. 7). Hab. — Europa — In Italia: Trentino, Veneto, Isola di Capraia (Gestro . Ignota la località Sarda. (Canestr.). Famiglia — Trombididae (') 9 Trombidium holosericeum, Linnaeus (Fauna Suecica p. 1979. Syst. Nat. p. 2934. Hab. — Europa — In Italia: Trentino, Veneto, In Sardegna. Isola Asinara, Torralba. (Magretti). (*) 10 T. setosulum, Berlese A. (Di alcuni Acari del Museo di Firenze. Acari, Miriapodi e Scorpioni tav. 162). Esclu- sivo della Sardegna. Cagliari (Berlese). Sotto Ordine — Metastigmata Famiglia — Txodidae (*) 11 Ixodes ricinm, Linneo 1758 (Syst. Nat. p. 2995 e 1967.). Hab. — Europa, Asia, Africa. — In Italia è sparso ovun- que, cosi pure nella Sardegna (Marcialis). (*) 12 /. rediwius, Charleton (Onom. Zooicum, 49, mas). Hab. — Europa, Africa, (Pavesi, Aracn. di Tunisia I, p. 109). — In Italia; — Trentino, Veneto, Toscana. — In Sardegna: Torralba, Dintorni di Pera (Magretti). (*) 13 Hyalomma hisj)anum, Fabricius. 1775 (Entom. Syst. IV, p. 426,5 sub. Acarus). Hab. — Europa meridionale — In Italia trovato all’ isola di Caprera (Pavesi, II, Crociera del < Violante » 14 Dermacentor reticulatus, Fabr. 1775 (Op. cit.) Hab. — Europa, Africa — In Italia: Trentino, Valtellina, Veneto, Toscana — In Sardegna: Oristano ! 62 DOTT. Q. ANTONIO GARNERI Famiglia — Irgasidae (*) 15 Argas reffexus. Latreille. Hab. — Europa. — In Italia: parte settentrionale media — Tutta la Sardegna. (Marcialis) Sotto Ordine — Mesostigmata Famiglia — Laelaptidae (*) 16 Cyrtolaelaps nemorensis, Koch, 1835 (sub. Gamasus). Hab. — Europa media — In Italia: Trentino, Veneto Li- guria, Toscana. Non è indicata la località Sarda. (Canestrini). Famiglia — Gamasidae (*) 17 Gamasus attemiatus, Koch 1835 (C. M. u. A. Deutsch. fas. 39 flg. 19j. Hab. — Europa — In It. parte settentrionale, media e Sicilia. Non è indicata la località Sarda (Canestrini). Sotto Ordine — Cryptostigmata Famiglia — Nothridae (*) 18 Eremaeus oblongus, Koch. 1842. Hab. — Europa — In Italia: Trentino, Veneto, Liguria, Sicilia. Non è indicata la località Sarda (Canestr.). Ordine — PANTOFOLA Famiglia — Ammotheidae (’) 19 Trygaeus communis, Dohrn. 1881 (Die Pantopoden des Golfes von Neapel. Fine Monogr. p. 164, tav. IX. fig. 6-14; tav. X, flg. 1-5). Hab. — Mare Mediterraneo: Nopoli, Nisida (Dohrn) — In Sardegna: Cagliari (Emery). CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 63 (*) 20 Platychele& sardonìcus, (0. G, Costa. Esclusivo dei fondi coralligeni dell’Isola di Sardegna (0. G. Costa). Ordine — OPILIONIDA — Sotto Ordine Opiliones plagiostethi Famiglia — Fhalangidae — Sotto Famiglia — Phalanginae (*) 21 Pìialangium ogilio, Linneo, 1761. Eah. — Europa — In Italia: parte settentrionale e media. In Sardegna Isola S. Antioco (Magretti). (*) 22 P. propinquum, Lucas, 1845. Hab. — Le regioni circummediterranee. — In Italia, Li- guria, Toscana, Calabria, Corsica. In Sardegna, Iglesias (Gestro) Torralba (Magretti). Citato anche dal Canestrini senza indicazioni di località. (*) 23 P. Targionii, Canestrini. 1872 (Ann. Soc. Nat. Mod. VI, p. 3 et Ann. Mus. Civ. St. Nat. Genova, II p. 45, t. I, fig. L). Esclusivo dell’Isola. Trovato dal Tagioni-Toz- zetti in località non precisata. (') 24 Dasilobus argentatm. — Canestr. 1872 (Ann. Mus. Nat. Mod. VI, p. 4 et Ann. Mus. Civ. Nat. Genova II, p. 43, sub: Opilio). Hab. — Europa — In Italia: Trentino, Calabria, Corsica. In Sardegna: Oristano ! (*) 25 D. Gestroi, Thorell, 1876 {5u\r. Phalangiuyn). Proprio della Sardegna e della Corsica. Non v'è indicazione di località. 26 Acantholophiis echinatus. Lucàs, 1845 (Expl. Alg. p. 298, pi. XIX, flg. 2. sub: Pìialangium). Hab. — Francia, Algeria — In Sardegna. Cagliari ! Sotto Famiglia — Sclerosomalinae {‘) 27 Scler'osoma sardiium, Thorell, 1876 (Ann. Mus. Civ. Se. Nat: Genova. Vili, p. 501) Esclusivo alla Sardegna. Descritto dal Thorell sopra individui raccolti dal Ge- stro, senza indicazione di località. Famiglia — Trogulidae (*) 28 Dicranoclasma scabrurn, Herbst (sub: Opilio). 64 DOTT. 6. ANTONIO GARNERI Hab. — Europa — Ungheria ( Herbst. ) In Italia; parte centrale (Soreusen) - Corsica (Simon). In Sardegna trovato dal Pavesi in località non indicata. Ordine — ARAXEIDA — Sotto Ordine — Araxeae Theraphosae Famiglia — Avicolarid«ae 29 Nemesia focUens, Thorell, 1870 ( On European Spiders p. 166). — Carniccio, Bollett. Soc. Entom. Italiana 1871 fase. 3 con tav. Hab. — Europa — In It; parie centrale, meridionale ed insulare. In Sardegna sparsa per tutta l’isola. 30 N. meridioaalis, Costa, 1835 (Fauna Regn. Nap. .\rach. p. 14, p. I, fig. 2-3R Hab. — Europa — In It. Corsica; in Sardegna, Iglesias. 31 N. maculai ipes, Doleschall (In manoscr. p. 23 sec. Ausserer, sub: Cteniza). Hab. — Europa meridionale — In It: Calabria, in Sar- degna: Iglesias. V>sl\V Ausserer non è citata la località. 32 N. coementaria, Ltr, 1804 (N. d. Crust. T. ARI, p. 164, sub: Mygale). Hab. — Europa — Europa meridionale ed Africa set- tentrionale. In It: parte meridionale, le regioni bagnate dal mare. In Sardegna: Isola Asinara, Cagliari, Sarrabus. 33 N. badia, Ausserer, 1871 Beitrag. z. Kenktniss. p. 53.) Esclusiva dell’Italia: Corsica (Auss.) Calabria (Caffi) fem- mina di Iglesias ! 34 N. africana (C. Koch. 1839 (Arachn. N. p. 10 flg. 344, sub: Cteniza). Hab. Regioni circummediterranee. Una femmina di Sarrabus! 35 N. Manderstjernae, L. -IaocIi., (in litt. sec. Ausserer) (Mog- gridge, Harvest. Auts. and Trap. door. spiders p. 283 pi. XX, flg. B C, p. 254). — Hab. — Europa — In It: S. Remo, Bordighera, Alentone (Mogg.). Un maschio di Masulas (Circ. Iglesias) 36 Aepycephalus brèvidens, Doleschall. (mss.sub: Pachyloscelis). Hab. — Sicilia, Sardegna (Simon) Una femmina di Masulas! CO.STRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 65 Famiglia — Filistatidae 37 Filistata testacea,, Ltr. 1810 (Consid. génér sur les Aracn. et. p. 121). Eab. — Europa, Africa settentrionale, Arabia, Asia minore, America, Oceania, Isole: Canarie. Azorre. Abita in tutta Italia. In Sardegna é comune ovunque. Sotto Ordine — Arane ae Gnaphosae Famiglia — Dysderidae 38 Segestyna senoculata, Linn. 1858 (Sj^st. Nat. ed 10. I, pag. 622, sub: Aranea). Hab. — Europa, Algeria, Madera, Siberia Orientale. In tutta Italia Una femmina di Cagliari ! (*) 39 S. fiorentina. Rossi, 1790 (Fauna Etnisca II, p. 133, tav. IX, flg. 3, sub. Aranea). Hab. — Europa e regioni circum mediterranee. Isola S. Elena, Canarie, Azorre, In tutta Italia, Monti di Desulo e della Limbara presso Sassari (Costa) 40 Dysdera erytlirina, C. Koch. 1839 (Araclm. V. p. 76, flg.389). Hab. — Europa — In tutta Italia. In Sardegna: in ab- bondanza femmine di Talana, Monte Nuovo, Tortoli, Tacquisara, Elmas, Tacco S. Antonio, Gennargentu e Sarrabus; un solo maschio di quest’ultimo sito. 41 D. crocota, C. Koch. 1839 (Arachn. V, p. 81, flg, 392,-94.) Hab. — Europa, Africa settentrionale. Isola S. Elena, Ca- narie. In tutta Italia. In Sardegna Isola Vacca (Pvs. Vio. 1. ), Isola Asinara, Pauli Latino, Pau, Cagliari (Magretti). Femmine di Iglesias, Elmas, Monte Nuovo, e maschi di Cagliari. Famiglia — Scytodidae 42 Loxosceles erythrocephala, C. Koch, 1839 (Arachn. V, p. 90, flg. 399-400 sub: Scylodes). Hab. — Regione mediterranea. In Italia; parte meri- dionale ed insulare. In Sardegna: Isola Asinara, Isola S. Antioco (Magretti,) Due maschi di Sarrabus e s 66 DOTT. a. ANTONIO GARNERI molte femmine di Sarrabus, Iglesias, Porto Corallo, Cagliari. 43 Scytodes thovacica, Ltr. 1804 (Tabi, rnéth. d. Ins. in Nouv. Diat. d’hist. nat. XXIV, p. 134, sub; Aranea) Hab. Europa, Regione ci rcum mediterranea. Africa equato- riole. Persia. In tutta Italia. In Sardegna, una femmina di Iglesias ! 44 S. delicatula, E Simon (Aran. nouv. ou peu connus li, p. 39) Hab. — Regione mediterranea. In Italia, Sicilia, Corsica (Simon.) Calabria (Caffi). In Sardegna; Due femmine di Sarrabus ! Sotto Ordine — Araneae verae Famiglia — Drassidae (*) Mica} ia smaragdula, E. Simon. 1878 Araclin. de Franco IV, p. 14). Hab. — Francia. In Italia; Corsica. In Sardegna; Dintorni di Sassari (Costa). 46 M. 'pidicaria, Sundevvall, 1832 (Sv. spindl. Beskrif. in Vet. Akad. Handt. p. 140, sub; {Clubiona). Hab. — Europa — In Italia parte settentrionale, Corsica. In Sardegna; Un maschio di Porto Corallo e un altro di Sarrabus ! (*) 47 Aphantaulax seyni-niger , E. Simon. 1878 (Ararli, de Franco IV, p. 34). Hab. — Europa meridionale, Algeria. In Italia; Corsica. In Sardegna; dintorni di Pula, Sassari e sulle mon- tagne di Desolo e della Limbara (Costa). 48 Prosthesima fiiscqoes, L. Koch. 1866 (Drassiden, IV, p. 189, lìg. 127-129 sub: Mdanophora). Hab. — Europa meridionale. In Italia; Calabria, Sicilia, Corsica, In Sardegna; Una femmina di Cagliari! 49 P. Sarda, Canestrini G. 1873 (Nuove specie di Aracnidi in Atti Soc. Ven. Trent. II, fas. 1, p. 2 e Osservazioni aracnologicbe (1876), ibid. Ili, fas. 11. p. 3, tav. X, fig. 5, sub; {Melamphora). CONTRI BUUIONE ALLA FAUNA SARDA 67 Hah. Europa meridionale — In Italia; Corsica, Isole LavesL In Sardegna: Is, Vacca (Pvs. « Vio » I). Molti individui di Sarrabus, Monte nuovo, Gennargentu, Tacquisara, Cabras, Porto Corallo! femmina e maschio. 50 P. latipes, Canestrini G. 1872. (Nuov. sp. it. di Aracil. in Atti Soc. Yen. Trentina II, fas. 1, p. Le Osservaz. aran. ibid. Ili, fas. II, p. 3 1876). Hab. — Europa meridionale — In Italia: Corsica Liguria, In Sardegna: Isola S. Pietro (De Carlini). Una femmina di Carloforte ! 51 P. hrachialis, n. sp. Cephalotborace panilo breviore quam tibia cum patella IV paris, fusco-rufo ; oculis anticis in lineam fere rectam, mediis a posticis spatio aequale disjuncti ut inter se distant ; totis pedibus brunneis, exceptis patellis, metatarsibus et tarsibus brunneo- nigris ; metatarsibus et tarsibus III inermis; patella et tibia I dilatatis et elongatis, rariis pilis conspersis; abdomine nigrescente; palporum tibia non valde robu- sta, bulbo scuriore et acuminato — Cefalotorace lungo 2,3 mill. più breve della tibia e patella IV, poco convesso, solco breve con strie raggianti appariscenti: bruno rosso pallido. Sterno più chiaro del cefalotorace, ovale, un po’ fulvo sui margini Occhi mediani della serie anteriore più piccoli dei laterali, più distanti fra loro che dai laterali e più sporgenti di questi ; occhi della serie posteriore, leggermente procurva, ovali, distanti fra loro meno dei mediani anteriori; Mandibole più piccole del femore I. Palpi testacei, femore un po gracile e convesso indentro, patella più lunga che larga, quasi parallela. Zampe rosso-brune, colorate più intensamente alle patelle e tibie del I, II e IV paio 111, paio concolore. Coscie suH’angolo anteroAMevìore striate da due linee spic- canti sul fondo testaceo e unentesi in alto verso il trocantere. Lunghezza delle zampe; I, 7,5 II, III, 4 IV, 8j robuste, gradatamente assottigliandosi verso 68 DOTT. G, ANTONIO GARNERl i metatarsi^ meno il primo paio in cui la patella e la tibia sono molto dilatate ; conica la patella, rettangola- re la tibia e finientecon angolo sporgente all’articolazione col tarso. Sparse di peluria fulva ed abbondante, con peli più lunghi, neri, formanti ciuffo, specialmente all’apice degli articoli; femori e tibie anteriori inermi; femori posteriori con 2,3 spine terminali, tibie con 6 spine inferiori disposte in rango. Addome ovale, rpiasi nero di sopra, va gradatamente scolorandosi per i fianchi, fino al ventre di un color bruniccio-testaceo. Regione epigastrica visibilissima. Filiere tozze di colore rosso-pallido. Questa specie è affine alla P. suavis, Simon ed alla P; latipes Canestr. ed affinissima alla P. Kerimii. Pavs. (Arac, di Tunisia, I p. 72). Un solo esemplare maschio di Tortoli ! 52 Drassus lapidosus, Walckenaer. 1802 (Faune Paris, p. 222, n. 20, sub. Aranea) Hab - Europa, Algeria, Siria, Cina, Kamsciatka, America Meridionale. In tutta Italia. In Sard. Montagna di Desolo,, dintorni di Oscl\iri (Costa) Is. Caprera (Pvs. “ Vio „ li) - Sarrabus, Gennargentu ! 53 D. lutescem C. Koch. 1838 Hab. Regione mediterranea. In It. ; Campania, Sicilia, Corsica. In Sard. : femmina di Gennargentu e Talanal 54 Z). rubidus - E. Sim, 1878 (Arachn. d. France. IV, n. 115) Hab. Spagna. In Sard. : Gennargentu, Iglesias, Tacquisara! 55 D. hypocrita. E. Simon. 1878 (Arachn. de France, IV- p. 120) Hab. — Spagna e Francia In Sard. : Tacquisara 1 56 D. hispaìius L. Koch. 1866 iZaù. Europa In It. Cantori Ticino? In Sard.: maschio di Sarrabus! (*) 57 D. troglodytes — C. Koch. 1839 (Arachn. VI, p. 35tav. CLXXXIX, flg. 455-456) Hab. — Europa, Palestina e Siria. Tunisia. In It. ; Canton Ticino, Trentino, Emilia, Corsica, Capri. In Sard. : Sul Gennargentu (Costa) Dintorni di (Cagliari Magretti). 58 D. miniiscìdus — L. Koch. 1876. Kab. — Regione mediterranea. In Ital.; Veneto, Agro Romano, Sicilia, Cor.sica. In Sard.; femmina di Sarrabus!. COKTRTBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 69 \ {*) 59 D. macelUnus. Thorell, 1871 (Syn. of Europ. Spiders p. 185) Hab. — Europa In Ir.; NizzJa, Liguria. In Sardegna.: Is. S. Pietro (De-Carlini) 60 Poecilochroa 'pietà E. Simon. 1878 (Arachn. de France, IV, p. 160, tav. bis 2) Hab. — Europa In It. : Corsica. In Sard. : femmine di Tanca S. Antonio, Porto Corallo, Tortoli, Cabras ! 61 Gnaphosa lucifuga. Walekenaer 1802 (Tabi, des Aran. p. 45, tav. V, flg. 46-47) Hab. — Europa In It. : parte settentrionale e Calabria. In Sard. : femmina di Iglesias e di Cagliari ! 62 G. lugubri?,. C. Koch. 1839 (Die Arachn. VI p. 60 tav. CXCV, flg. 473 sub. Pythonissa) Hab. — Europa In It. ; Lombardia. Canton Ticino. In Sard.; una femmina di Porto Corallo ! 63 G. bicolor. Hahn. 1831 ( Aracb. I, pag. 123, flg. 94, sub: Prassus). Hab. — Europa In It. ; Canton Ticino, Lombardia, Trentino, Emilia, Calabria. In Sard.: maschio di porto Corallo femmina e del Gennargentu ! 64 G. alacri? E. Sim, 1878 (Arachn. de France, I. IV, p. 119, pi. XV, flg. 24) Hab. Europa meridionale. In It. ; Corsica. In Sard. ; fern- mina di Tacco S. Antonio !. 65 Pythonis?a exornata, C. Koch; 1839 (Arachn. VI, p.- 63, flg. 476.) Hab. — Regione mediterranea e transcaspiana; Turchestan. In tutta Italia. Comune in Sardegna. Esemplari dei due sessi di Gennargentu, Sarrabus, Montenuovo, Porto Corallo, Cagliari ! * 66 Clubiona phragmiti? C. Koch. 1843 (Arachn. X, p. 134, tav. CCCLX, flg. 846-47) Hab. — Europa. In It. : Lombardia, Canton Ticino, Emilia, Corsica ! Non precisata la località sarda dal Costa. 67 C. pallidula Clerck. 1757 (Op. cit. p. 81, tav. 11, flg. 7 (sub. Araneu?) 70 ir t )' DOTT. G. ANTONIO GARNERI Hab. — Europa. In It.; parte settentrionale In Sard: femmine del Gennargentu ! 68 C. erratica. C. Koch. 1836 Deutsch. Ins. 139 5. 6. Hab. Europa centrale; Sardegna : diverse lèmrnine dei dintorni di Cagliari ! 69 Qihiracanthiun Mildei, L. Koch: Drassiden, V, p. 253, flg. 161-163 Ilab. — Regione mediterranea. In Sard.: Un maschio di Porto Corallo! • 70 C. SiedlUzi. L. Koch. 1867. (Drassiden, VI, p.264, flg. 109-171) Hab. — Europa meridionale. — Regione transcaspiana. In It: Agro Romano, Campania, Calabria, Sicilia, Corsica. In. Sard. : Sarrabus ! 71 C. pela^giciim. C. Koch. 18.37 (Arachn. VI, p. 12, flg. 436 437. sub, Bolyphantes) Hab. — Regione mediterranea. In II; Lombardia, Cam- pania, Calabria, Sicilia, Corsica, Capri. In Sard. : Tacco S. Antonio. 72 C. nufrix. Walckenaer. 1802 (Faune Paris, p.220, sub: Aranea) Hab. — Europa. In It. : parte settentrionale, Campania, Calabria. In Sard.: Sarrabus, Gennargentu ! (*) 73 Anyphaena accentuata 1802. Faune Paris. II. p. 226. Hab. — Europa, Palestina. In It.: parte settentrionale; Ca- labria, Corsica. In Sard. : vicinanze di Meana (Costa) 74 A. sabina. L. Koch. 1866 Hab. Europa meridionale In It; Romagna. In Sard.: Sar* rabus ! (*) 75 Liocranum rupicola. Wlk. 1825 (Hist d. ins. apt p. 595 sub: {Clubiona) Hab. — Europa. Is. di Giava ! In It. : Corsica. Individui esistenti nel Mus. Civ. di Genova senza indicazioni di località. 76 Zoropsis ocreata. C. Koch, 1841 (in M. Wagner Reiss. Alg. III. p. 212, sub: Dolomcdes) Hab. — Regione mediterranea. In It: Veneto, Emilia,, Liguria, Campania, Calabria, Sicilia, Capri. In Sard.:- Vicinanze di Laconi (Costa)-Iglesias, Cagliari ! CONTEIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 71 \77 Z media, E. Simon. 1878 (Arachn.de France. IV p.328 tav. XVI, flg. 12) Hab. — ■ Europa meridionale. — In It. ; Campania, Sicilia, In Sardegna: Sarrabus! Famiglia — Dictynidae. 78 Dictyna puella, E. Simon, 1870 (Aracn. nouv. ou. peu con- nus I, p. 31). Hab. — Europa meridionale In Italia: Corsica. In Sar- degna; Sarrabus. 79 D. viridissima. Wlk. 1837 (Ins: Apt., I, 631 sub: Drassus) Hab. — Francia, Beerfelden, Dalmazia — In Italia: Canton Ticino, Lombardia, Liguria, Campania, Calabria, Si- c ciba, Corsica, Capri. In Sardegna: femmina di Elmas ! 80 D. Arundinacea, Linnaeus, 1758 (Syst. Nat. I, p. 620 sub: Aranea^i Hab. — Europa, Palestina — In tutta Italia. In Sardegna: Cabras, Tortoli ! 81 D. latens, Fabricius. 1775 (Syst. Entom. p. 432, sub: Aranea). Hab. — Europa, Tunisia. In Italia: Piemonte, Veneto, Plmilia, Calabria Capri, Iscbia. In Sardegna: Cagliari! 82 D. globiceps, E Simon, 1870 (Aran. nouv. ou peu connn. I, p. 42, tav. I fig. 24-25). Hab. — ■ Europa meridionale — In Italia: Calabria. In Sar- degna: Cagliari ! 83 Titanoeca albo-maculata, Lucas. 1842 fExpl. de 1’ Algérie, p. 250, tav, XV, flg. 6 sub: Epeira. Hab. — Europa australe, regione mediterranea. — In Ita- lia: Trentino, Emilia, Nizza, Toscana, Calabria, Corsica Capraia. In Sardegna: Porto Corallo, Cabras, Elmas. Sarrabus, Tortoli ! 84 Amaurobius fenestralis, Stroern. 1768 fRescr. ou Norske ins. sub: Aranea = sec. Thorell). Hab. — Europa — In Italia: Piemonte, Canton Ticino, Lombardia, Trentino Veneto, Calabria ! In Sardegna : Cagliari. 85 A. ferox, Wlk. 1830 (Faune Frane. Arach. p. 150, 11. 7, flg. 7, sub: Clubiona). 72 DOTT, G. ANTONIO GtRNERI Hah. — Europa — In Italia: Piemonte, Canton Ticino, Lombardia, Trentino, Veneto, Campania. In Sardegna: Porto Torres, Oristano ! Famiglia — Agelenidae 86 Tegenaria parietina, Fourcroy-1785 (Entom, Paris, sub: Aranea = sec. Simon.) Hab — Europa media e meridionale. In tutta Italia. In Sard.: Sarrabus ! 87 T. pagana C.Koch. 1841 (Die Arachn. Vili p.31, tav. CCLII, fig. 612-13) Hab — Europa. In It: Lombardia, Napolitano, Corsica. In Sard.: Dintorni di Cagliari (Magretti) — Sarrabus ! 88 T. dome&tica Clerck 1757 (Ir. spindl p. 76 pi, II tav. 9 flg. 2 sub: Aranea) Hab. — In ogni regione. In tutta Italia. In Sardegna.: Dintorni di Sassari (Costa)-Sarrabus ! 89 T. campestris C. Koch 1835 (Arachn. Vili p. 34 fig. 615-616 sub: Aranea). Hab. — Europa meridionale. In It. : Canton Ticino, Lom- bardia, Emilia, Toscana, Campania, Calabria, In Sard.: Un maschio del Gennargentu ! 90 T . soriculata. E. Simon. 1837 (.Iran. nouv. ou peu connus II, p. 144, pi. I flg. 20) Hah. — In It. Corsica In Sard. : Monte Nuovo e Gennar- gentu ! 91 Agelena labyrinihica. Clerck 1757 (Sv. Spindl. pag.79, ph II, tav. 8 sub: Aranem) Hab. — Europa. In tutta Italia. In Sard.: Laconi (Costa) Sarrabus, Iglesias, Oristano ! 92 A. similis, Keyserling. 1863 (Beschrif. neuer spinn. in Wer- handl d. Zool. Bot. Wien XIII, p. 6 pi. X. flg. 2-3) Hab. Europa. In It. : Canton Ticino, Lombardia, Trentino Veneto, Emilia, Napolitano. In Sard. : Sarrabus ! 93 Textrix denticulata, Olivier. 1789 (Encycl. met. IVp. 213 sub; Aranea) Hab. — Europa media e meridionale. In tutta Italia. In Sard.: Gennargentu, Talana ! CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 73 (*) 94 T. violantis, Pavesi P. 1878 (Nuovi risultati aracn. delle Crociere del « Violante » p. 10). Kob. — In Italia: In Sardegna: Isola di Caprera (Pavesi). 95 T. Coarctata L. Dufour. 1831 (Descr. et flg. de quelques Aran. in Ann. se. Nat. XXII p. 358, tav. X, flg. 1. sub: Aranea.) Hab. — Regione mediterranea — In Italia parte meridio- nale ed insulare. — In Sardegna: Isola Vacca (Pavesi). Isola Asinara. Dintorni di Cagliari Isola S. Antioco (Magretti), Isola S. Pietro (De Carlini) — Carloforte Sarrabus, Iglesias, Cabrasi Famiglia — Euyoidae. 96 E)iyo elegans, E. Simon, 1873 (Aran. non. ou. peu connus. II, p. 56, tav- II, flg. 13-14). Hab. — Regione mediterranea. — ■ In Italia: Nizza, Li- guria, Calabria, Sicilia, Corsica, Capri, — In Sard. : Elmas, Iglesias, Cagliari! 97 E. nigriceps, E. Simon 1873 (Op. cit. supra II, n. 58, pi. II, flg. 7). Hab. — In Italia; Corsica — In Sardegna: Isola Vacca (Pavesi) Sarrabus, Elmas, Talana ! 98 E italica. Canestrini e Pavesi 1869, (Aran. Italia p. 117; e 1870 id. id. tav. Ili, (g. 7.) Hab. — Francia. In Italia: Veneto, Emilia, Corsica. — In Sardegna: Sarrabus, Cagliari! Famiglia — Urocteidae. 99 Uroctea Durandi. Walekenaer, 1809 (Ins. Apter., I. p. 636. sub: Clotho). Hab. — Regióne mediterranea. Cina, Giappone. — In Italia: Istria? Sicilia, Calabria. — In Sardegna: Gen- nargentu. Famiglia — Pholcidae. 100 Holocnemus rwidatus, Forskael, 1775 (Descript, anim. p. 86 sub: Aranea). 74 DOTT. 0. ANTONIO GaRNERI Hab. — Regione mediterranea. — In tutta Italia. — In Sardegna; Porto Botte (Pavesi), Sarrabus, Cagliari! 101 Pholcus opilionoidss, Schramk, 1783 (Enura. Ins. Ausi. p. 530. sub: Aranea). Hab. — Europa. — In Italia: Canton Ticino, Lombardia, Corsica. — In Sardegna: Sarrabus! 102 P, phalangioide», Fuessiin S. 1775 (Sclnveitz In. p. 61, sub: Aranea). ^ Hab. — Europa media e meridionale. Isola S. Elena — Asia orientale ? — Giava — Canada. — In tutta Ita- lia. — In Sardegna; Isola Caprera (Pavesi) — Dintorni di Cagliari (Magretti) — Sarrabus! Famiglia — Tlieridioiiidae. 103 Argyrodes avgyrodes, Wlk. 1837 .(Ins. apt. I, p. 282. sub: Linyplna). Hab. — Sottoregioni: mediterranea, malgasica, indomalese etiopico - atlantica, brasiliana, alleganica. In Italia; — parte meridionale, Calabria, Sicilia, Corsica, Monte- cristo — In Sardegna: Isola Serpentara e Porto Botte (Pavesi) — Calloforte, Cagliari! (*) 104 FormicÀna eleonorae, Costa 0. G. 1884 (Notiz. ed os- serv. sulla Geo-Fauna sarda. Mem. Ili p. 48 — Questa specie é solo in citazione, non avendola descritta l’aut.) Esclusiva della Sardegna — ■ Dintorni di Osilo (Costa). 105 Mimetus inter^ector, Hentz N. M. 1850 (Aran. of. thè U. S. A. VI, p. 33 tav. IV. flg. 12-131. Hab. — Reg. mediterranea. Stati Uniti. — In Italia: Canton Ticino, Lombardia, Campania, Calabria, Sicilia, Corsica, Ischia, In Sard. : Porto Corallo! 106 Ero ajjhana, Wlk. (Faune Paris. II, p. 206, sub: Aranea) Hab. — Europa. In Italia: Piemonte, Lombardia, Toscana, Calabria, Corsica. In Sardegna : Cagliari ! (*) 107 E. tubercolata, De Geer. 1878 (Mens. VII, p. 226, tav. 13 fig. 1. 9. sub: Aranea). Hab. — Europa. In Italia : Piemonte, Canton Ticino, Lom- bardia, Trentino, Emilia. — Esemplare esistente nel Museo Civ. di Genova di non precisata località. CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 75 108 Episinus luguhris, E. Simon 1873 (Menm. soc. roy. se. Liège; 2, serie p. 123). Hab. — Europa. — In Italia : Corsica — In Sardegna: Tortoli. 109 E. truncatus. Latreille, 1809 (Genera Insectorum, IV, p. 371). Hab. — Europa — Africa settentrionale — In tutta Italia — In Sardegna; Laconi, Meana, Oristano (Costa) — Cagliari, Talana! 110 Theridion lineatum, Clerck, 1757 (Op. cit. p. 60, pi. Ili, tav. 10 sub: Araneus). Hab. — Europa — Stati Uniti. — ■ In tutta Italia. — In Sardegna: Vicinanze di Meana (Costa) — Sarrabus, Cagliari, Tacco S. Antonio! 111 T. varians Hahn, 1831 (Arachn. I, p: 93, fìg. 71-72). Hab. — Europa. Algeria — Siria. — In Italia: parte set- tentrionale, Calabria, Corsica. — In Sardegna: Cagliari, Sarrabus, Talana! 112 T. iinctum Wlk. 1802 (Faune Paris. II p. 208, sub: Aranea). Hab. — Europa. — In Italia: parte settentrionale, Corsica. — In Sardegna : Sarrabus. (*) 113 T. denticulatum Wlk. 1802 (Faune Paris II, p. 208, sub : Aranea) Hab. — Europa, Africa settentrionale, Siria. — In Italia: parte settentrionale, Corsica. — Esemplare esistente nel Museo Civ. Gen. senza indicazione di località. 114 T. familiare. Cambridge 1871 (Trans. Finn. Soc. T. XXVIII, p. 418, pi. LV, flg. 15) Hab. — Europa. — In Italia: Sardegna — In Sardegna: Sarrabus ! ' 115 T. aidicum, C. Koch. 1838 (Aracbn. T. IV, p. 115, flg. .323). Hab. — Regione mediterranea. Isole Seychelles — In Italia : Toscana, Agro Romano, Calabria, Corsica. — In Sardegna: Isola S. Pietro (De-Carlini) — Sarrabus. Cagliari Talana, Oristano, Gennargentu ! 116 T. shyphium Clerk, 1757 (Sv. Spind. p. 54, pel 3, tav. 5, sub Araneus)-. Hab. — Europa, Algeria, Nuova Zelanda? In Italia.: parte 76 DOTT. G. ANTONIO GARNERI settentrionale, Sicilia, Corsica. In Sardegna. : Vicinanze di Aritzo (Costa) - Oristano, Sarrabus ! 117 T, simile C. Koch 1836 (Arachn. Ili, p, 62, fìg. 215; Vili, n. 39. fig. 649) Hab. — Europa, Africa settentrionale, Palestrina, Siria. In Italia.: Canton Ticino, Toscana, Calabria, Corsica, Ischia, In Sardegna. : Talana ! 118 Euryopis acuminala. Lucas, 1842 (Explor. Alger. I, p. 268 fas. XVII fig. 10, sub. Tlieridion). Hab. — Regione mediterranea. In Italia. : Lombardia, Ve- neto, Calabria, Corsica, Ischia. In Sardegna.: Oristano! 119 Pholcomma gibbmn. Westring. 1851 (Fòrteckn. etc. p. 44 sub. Erigane) Hab. — Europa. In Italia.: Corsica. In Sardegna.: Sarrabus! 120 Teutana tniangnlosa Wlk. 1802 (Faune Paris II, p. 207 sub: Aranea) Hab. — Europa, Africa settentrionale. Stati Uniti, Brasile, Is. Elena. In tutta Italia. In Sardegna.: Porto Coral- lo, Oristano, Gennargentu, Sarrabus, Cagliari. 121 T. Grossa C. Koch. 1838 (Arachn. IV. p. 112, fig. 321 sub. Thei’idiurn) Hab. — Europa. In Italia.: Trentino, Campania, Calabria. In Sardegna.: Due femmine trovate nella Grotta dei Colombi presso Cagliari (Mazza). 122 Lithiphantes fjaylndlianus. Wlk. 1805 (Ins. Apt. II, p. 296, sub: Tlieridion) Hab — Regione circummediterranea e transcaspiana. In tutta Italia. In Sardegna. : Vicinanze di Tempio (Costa). Isola Asinara, Torralba, Cagliari, Dintorni di Pau, Isola S. Antioco, Miniera di Montevecchio (Magretti). Tutte femmine della varietà V (interamente nere). (E Simon. Arachn. de France V. p. 169) di Sarrabus, Tortoli, Iglesias, Talana, Monte Nuovo, Porto Corallo; una femmina sola di Cabras di varietà R. 123 L. corollatus. Finn. 1758 (Syst. Nat. ed X, p. 621, sub: Aranea) Hab. — Europa, America Settentrionale. lenisse!, Turche- stan, Mongolia. In Italia. : Piemonte, Lombardia, Emilia, CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 7*7 Calabria. In Sardegna.; Sul Gennargentu (Costa) — Monte Nuovo, Sarrabus ! 124 Asagena phalerata. Panzer C. F. W. 1801 (Faun, Ins. Germ. 78, 21 sub: Phalangium) var. Corsica. E. Simon. 1881 (Arachn. de France, V. p. 174) Hab. — Europa: In tutta Italia. In Sardegna. : Gennargentu, Monte Nuovo. 125 Latrodectus tredecim - guttatus, Rossi, 1790 (Fauna Etru- sca, II, p. 136, tav. IX, flg. 10 sub: Aranea) Hab. — Europa media e meridionale, Egitto, Siria, Asia minore. In tutta Italia. In Sardegna. ; Tipo— presso lo stagno di Sorso (jav-lugubris — dintorni di Muravere 0 Tempio (Costa), Miniera di Monte vecchio (Magretti), tipo — una femmina di Iglesias ! 126 Enoplognatha nigr ornar ginata, Lucas 1842 Explor. Alger. I. p. 258, tav. XVI, flg. 7 sub: Tlieridion) Hab. Regione circum mediterranea. In Italia. : Corsica. In Sardegna. : Una femmina di Cagliari ! 127 E rnandibularis, Lucas. 1842 (Explor. Alger. I, p. 260, tav. XVI, flg. I. sub: Theridion) Hab. — Europa, Algeria, Marocco, Egitto, Siria, Arabia meridionale. China, Isole Canarie ed Azzorre. In Italia. ; Nizza, Roma, Campania, Calabria, Sicilia, Corsica, Capri, Isola Lavesi. In Sardegna. : Oristano, Cagliari ! (*) 128 Bolyphantes nigropictus, E. Simon, 1881 (.Urachn. d. France, voi. V p. 214) Hab. Europa In Italia. : Corsica. In Sardegna. ; Sassari (Damry sec. Simon) 129 Linyphia montana,, Clerck, 1757 (Sv. Spindl. p. 64, pi. 3, tav. 1 sub: Aranea) Hab. — Europa - Siberia. In Italia. : parte settentrionale, Nizza. In Sardegna. ; Gennargentu, Tortoli ! 130 L. friitetorum C. Koch. 1834, (Schoeff. Ueutsch. Ens. p. 123 Hab. — Europa meridionale, Algeria, Siria. In tutta Italia. In Sardegna. : Sarrabus, Talana, Tacco S. Antonio ! 131 L. pusilla, Sundewall, 18.30 ('Sv. spindel. p. 214) Hab. Europa. In Italia. : parte settentrionale (Calabria, 78 DOTT, G. ANTONIO GARNERI Corsica. In Sardegna.: Dint. di Porto Torres (Costa) Cagliari, Iglesias ! 132 Lept^phantes cvucifer, Menge 1806 fPreuss. Spinn, I, p. 115, pi. XX, fig. 41 sub: Bathyphantes) Ilab. — Europa media. In Italia. : In Sardegna. : Sarrabus, Massai, Monte Nuovo ! (*) 133 L. angustiformis. E. Simon. 1881 (.\rachn. d. Franco, V. 305) Hab. — In Italia. Corsica, Sardegna. In Sardegna. : Sassari (Damry sec. Simon.) 134 L. ienebricola. Wider - 1834 (Zool. Mise. Arachn. p. 260, pi. XA^III, fìg. 2, sub: Linxphia). Hab. — Europa. In tutta Italia. In Sardegna. : Sarrabus ! 135 Erigonc mgans. wSavigny et Audoin, 1827 Dèscr. de l’Egispte, ed 2., XXII, p. 810) Hab. Europa meridionale Algeria, Egitio, Siria, Isole Ca- narie, Isole Azzorre. In Italia.: Campagna Romana. Sicilia, Corsica. In Sardegna.: Tortoli ! (*) 136 Gonatium biiinpì-essum E. Simon. 1881 (Arach. d. Fran- co V, p. 551). Hab. — In Italia. Corsica ?- Sardegna. In Sardegna.: Sas- sari (Damry sec. Simon). Famiglia Uloboridae (*) 137 Uloborus M^alcheìiaerius. LatreilIe-1806 (Gen. Crust. ed Ins. I, p, 110), Hab. — Europa - Palestina. In tutta Italia. In Sardegna. : Tempio (Costa). Famiglia — Epeiridae 1.38 Aì'giope lobata, Pallas P. S. 1772 (Spicil. Zool. I, p. 46, tav. Ili, flg. 14-15, sub. Aranea). jjab. — Europa media e meridionale — Africa — Asia. In tutta Italia. ~ In Sardegna: Isola Serpen tara. Vacca, Caprera. (Pavesi). Porto Botte, Cagliari, Iglesias. 139 A. Brilnnicliii, Scopoli 1772 (Obs. Zool. in Ann. V, Hyst. Nat. p. 125, sub. Aranea). Pjab. — Europa media e meridionale — Africa settentrio- CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 79 naie, Hong-Kong, Giava, Giappone. — In tutta Italia. — In Sardegna Isola Serpentara: (Pavesi) — Masulas. 140 Cyrtaphora citricola, Forskael P. 2775 (Descript, anim. p. 86, n. 27 sub. Aranea). Hab. — Europa meridionale. — Africa, India, Isole Sey- chelles, Brasile — In Italia: Campania, Calabria, Sicilia, Corsica, Isola Salina. In Sardegna: Isola S. Pietro (De-Carlini). Porto Botte (Pavesi) Cagliari, Oristano (Costa). Presso il fiume Tacco (Marcialis), Cagliari, Carloforte, Sarrabus ! (*) 141 Caciosa insulana, 0. G. Costa, 1834 Ann. Zool. p. 65, sab. Epeira. Hab. — Esclusiva alla fauna circummediterranea. Spagna, Algeria, Tunisia, Isola di Rodi, di Tinos (Pavesi). Ri- scontrata in quasi tutte le isole tirrene. In Sardegna: Isola Serpentara (Pavesi), [Stagno di Sano presso Ori- stano e stagni vicini a Porto scura (Costa), Iglesias (Marcialis). 142 C. conica, Pallas, 1772 (Spicil. Zool. I, p. 48, tav. I. fig. 16 sub. Aranea). Hab. — Tutta P Europa ed Isole della Sonda. - In tutta Ita- lia. — In Sardegna: Individui nel Mus. Civ. Gen. di non notata località.pristano (Costa), Sarrabus! 143 C. Sierrae, E. Simon ,1870 (Aran. nonv. ou. peu counus I, p. 40.) Hab. — Spagna, Siria — In Balia Tirolo, Calabria, Corsica, Ischia. In Sardegna: Sarrabus ! 144 Epeira dromedaria, Wlk. 1802 (Faune Paris, p. 191, n. 6 sub. Aranea). Hab, — Europa, Egitto, Palestina. — In tutta Italia. In Sardegna, Tortoli, S. Vito Sarrabus ! (') 145 E. diademata, Clerk, 1757 Sv. Spindl. p. 25, pi. I, tav. 4 sub. Araneus). Hab. — Specie diffusa in tutto il mondo — Europa, Si- beria, Mongolia, Kamsciatka, Egitto, Chili, Islanda, Groenlandia. — In tutta Italia continentale e nelle isole. — In Sardegna: Cagliari (Marcialis). Costa riferi- sce che è abbondante. Non ho potuto identificarla mai) • 80 DOTT. G. ANTONIO GARNERI cando la mia collezione di individui. Sono però indotto a credere che i Sigg. Costa e Marcialis abbiano elen- cata sotto questo nome VE. soror. Simon, della vicina Corsica, la quale differisce dalla E. diademata « solo per aver le tibie del Il'> paio di zampe rigonfiate, nel maschio. » (’) 146 E. cornuta, Clerck 17,57 (Op cit. n. .59, pi. 1, tav. 11, sub. Aranem). Hat). — Europa — Africa settentrionale — Asia — In tutta Italia — In Sardegna; Cagliari, (Costa, Mar- ‘ cialis). (*) 147 A7 .\udoin in Savigny, 182.5, (Descr. d. l’Egipte, XYII, p. 3.37 tav. II, fig. 8. Hab. — Euro[ia — Africa settentrionale — In Italia: Can- ton Ticino, Lombardia, Trentino, Nizza, Calabria, Cor- sica, Capraia, Giglio. In Sardegna: Isola di S. Pietro (De-Carlini). 148 E. cucurhitina, Clerck 1757 (Op. cit. p. 44, pi. II, tav, 4 sub. Araneus). Hab. — Europa — Africa settentrionale, Palestina, — Ame- ca settentrionale — In tutta Italia — In Sardegna: Laconi, Desulo, Grani, Tempio (Costa). Talana, Iglesias, Tacco S. Antonio, Tacquisara, Tortoli ! 149 E. atipica, L. Koch, 1869 (Beitrag Z. Kentniss. Arachn. fauna Tirolo p. 173 (253). Hab. — Tirolo — In Italia -- Corsica — In Sardegna: Talana ! 150 E. Redli, Scopoli, 1763 (Entom. Carnica, p. 394). Hab. — Europa media e meridionale — Africa settentrio- nale ed equatoriale, Palestina, Penisola del Sinai, In- dostan, Ceylan, Isola S. Elena. — In tutta Italia — In Sardegna, Isola S. Pieti’O (De*Carlini) Tacco S. Antonio. Tacquisara, Iglesias. Oristano, Sarrabus ! 151. E. paiagiata, Clerck 1757 (Op. cit. p, 38, pi. I, tav. 10 sub. Araneus). Hab. — Europa — America settentrionale — In Italia: parte settentrionale, Calabria. — In Sardegna: Cagliari, Oristano, Elmas. CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 81 152 E. adianta, Wlk, 1802 (Faune Paris, p. 199 sub. Aranea). Hab. — Europa, — Africa settentrionale, Turchestan, le- nissei. China, Giappone, Chili! In tutta Italia. — In Sardegna, Is. Caprera (Pavesi) — Comunissima : Ca- gliari, Oristano, Elmas, Iglesias, Sarrabus ! 536-37). 153 E. acaly'plia,Vd\^. 1802 (Faune Paris, p. 199 sub; Aranea) Hab. Europa, Madera. — • In tutta Italia. — In Sardegna: Sarrabus, Cagliari, Talaria, Iglesias, Tacco S. Antonio! 154 E. diodia, Wlk. 1802 (Faune Paris, p. 200 sub: Aranea) Hab. — Europa media o meridionale Tunisia. — In tutta Italia. — In Sardegna : Talana, Iglesias, Sarrabus, Tacco S. Antonio ! 155 Ainga haniata, Clerck. 1757 (Sv. Spindl. p. 51 pi. 3 tav. 4 sub. Aranéus). Hab. — Europa. — In Italia: Piemonte, Lombardia, Can- * ton Ticino, Veneto, Istria, Emilia. — In Sardegna ; Sarrabus, Iglesias ! (*) 156 5. rufula, E. Simon. 1873. Hab. ■ — Europa. — In Italia; Corsica, Tirolo. — In Sar- degna: Presso lo stagno di Sorso (Costa). 157 Zilla africa, C. Kock (Arachn. p. 103, flg. 1030-31, sub: Eucharia). Hab. — Europa media o meridionale. — In tutta Italia. — - In Sardegna : Is. S. Pietro (De-Carlini) — Tacquisara, Ca rioforte ! 158 Z. x-notata, Clerk n. 1757 (Op. cit. p. 46 voi. II, tav. 5 sub. Araneus). Hab. — Europa media o meridionale. Africa settentrio- nale. — In tutta Italia. In Sardegna: Tacquisara ! 159 Z. montana C. Koch. 1845 (Die Arachn. VI, p, 146, flg.) Hab. — Europa: In Italia Trentino, Veneto, Emilia. In Sar- degna. : Monte Gennargentu ! 160 Meta segmentata, Clerck - 1757 (op. cit. p. 45, bl. II, tav. 6 sub. Araneus) Hab. — Europa: In tutta Italia. In Sardegna.: nel Campi- dano di Cagliari (Costa). Sarrabus ! 6 82 DOTT. G. ANTONIO GARNEHI 161 M. Merianae, Scopoli, 1757 (Entora, Carn. p. 395, sub: Aranea) Hab. — Europa: Isole Azzorre. In tutta Italia: In Sardegna.: presso lo stagno di Sorso (Costa)- Montenuovo, Sarrabus, Cagliari, Tacco S. Antonio ! 162 Telragnatha extema Linnaeus, 1758 (Hyst. Nat. ed, X p. 621, sub: Aranea) Hab. — Europa. Asia Settentrionale e Orientale, Nuova Zelan- da, America. In tutta Italia. In Sardegna. : Mistra e dintorni di Oristano (Magretti). Porto Corallo, Tacqui- sara ! 163 T. montana E. Simon. 1874 (Arachn d. Franco. I, p. 157. fig. 16) Hab. Francia. In Italia.: Calabria, Ischia. In Sardegna. : Talana, Oristano. Sarrabus ! ‘ 164 T. nitens, Aud. in Sav. 1827 (Descr. de T Egipte, XXII, p, 323, tav. II, 2, sub: Eugnatha) Hab. — Francia, Tunisia, Egitto. In Italia..* Calabria, Cor- sica. In Sardegna.: Iglesias, Cagliari, Porto Corallo, Tacquisara ! 165 T. chry sochlora, Aud. in Sav. 1827 (op. cit. XXII, p. 324 sub: Eugnahta) Hab. — Europa - Egitto. In Italia.: Corsica. In Sardegna. : Isola S. Pietro (De-Carlini - Carloforte !) 166 Cercidia 'prominens, Westring - 1851 (Forteckn. etc. p. 35, sub: Epeira) Hab. — Europa. In Italia. : Lombardia, Trentino. In Sar- degna. : Porto Corallo ! 167 Pachygnatha ClercM, Sundewall. 1823 (Spec. Acad. Gen. Aran. Suec. exibens, p. 16) ; Hab. — Europa. In Ital. : parte settentrionale - Calabria. | In Sardegna. : Porto Corallo ! | Famiglia Eresidae ■! 168 Eresus ruficapillus. C. Koch. 1836 Hab. Europa meridionale. In Italia.: Istria, Sicilia, Corsica. In Sardegna. : Tacquisara ! COXTKIBUZONE ALLA FAUNA SARDA 83 (') 169^. cinnciberinus, Olivier. 17 Lombardia, Liguria, Emilia, Toscana, Sicilia. — In Sardegna: Isola S. Pietro (De-Carlini). 188 Diaea dot sita, Fabricius, 1777 (Gen. Insect. p. 249, sub. Aranea). Hab — Europa — In Italia : Piemonte, Lombardia, Ca- labria. — In Sardegna: Cagliari ! 189 Thomisus alhus, Gmel. in Linn. 1767. (Syst. Nat. I, p. 2961, sub. Aranea.) Hab. — Europa media. Regione mediterranea e transca- spiana — Africa Orientale, Singapore, Giava, Cina. — In tutta Italia. — Comunissimo per tutta T isola. 190 Runcinia lateralis, C. Koch 1858, (Arachn. IV, p. 22, flg. 277, sub. Thomisus). Hab. — Russia meridionale e Regione mediterranea. — In tutta Italia. — In Sardegna — Cagliari (Costa), Isola S. Pietro (De-Carlini), Sarrabus, Cagliari! 191 Philodrornus emarginatus, Schrank, 1803 (Fauna Borea III sub. Aranea). Hab. — Europa — In Italia: Corsica. — In Sardegna: Mon- te Nuovo e Talana ! (*) 192 P. histrio, Latreille 1819 (Nouv. Dict. d’Hist. Nat. 2. ed. XXXIV, p. 36, sub. hominus). Hab. — Europa — In Italia — Canton Ticino (Pavesi, sub. P. fallax Ind.) Corsica. — In Sardegna non è indicata la località dal Canestrini (sub. P. elegam B.) DOTT. G. ANTONIO GARNERI 193 P. Umclus, E. Simon, 1. ccdiginosa, E. Sim. pure della Spagna, il Pirata piscatorius, Clerck; altre dimoranti nella vicina Corsica, quale la grossa Lycosa ocidata, E. Sim. \\ Pirata latitane, Black. ; \d^ Pardom pullata, Clerck; la Pardosa fervida E, Sim. e la P. strigillata, E. Sim. ; altra dell’isola di Capri la Lycosa balearica, Thor. Finalmente le Attidae, le meglio rappresentate, offrono an- eli’ esse delle rarità, e prima di tutte il Synageles albatri- maculatus, Lucas proprio dell’ Algeria, e sino ad ora non ancora rinvenuto in Europa ; in secondo luogo T Hasarius Paykidli, Aud: in Sav., che viene ad aumentare il numero delle specie italiane. Seguono la Marpissa pornatia, Wlk. il Pellenes arcigerus, àVlk. ; T Heliophanus corsicus, E. Sim.; V Euophrys terrestìùs, E. Sim.; il Balliis arriìadiUo E. Sim. comuni soltanto colla Corsica o riguardo all’ Italia : il Pellenes genicidatns E. Sirn. ; P Icim notabilis C. Koch ; la Cyrba algerina Lucas; Y Eris albob ini addata Lucas, della Sicilia e della Corsica. Insomma specie tutte di carattere essenzialmente meridionale. * * Recapitolando: il presente studio, nella parte che rigtiarda i Ragni, porta a conoscere una specie nuova per 1’ Araneologia, la : Prothesirna brachialis, mihi fa entrare il Sinageles albotì'irnaadabis, Lucas, nel novero delle specie abitatrici dell’ Europa, ed aumenta di dieci il numero delle specie appartenenti all’ Araneofauna italiana: Nemesia africana, C. Koch. Philodromuspidchellus,\A\ea^, Brassus rubidus,, E. Sim. Drassiis hypocrita, E Sim. Oxyptila Blackvxdli, E. .Sim. Philodrornus dispai', Wlk. Lycosa laciniosa, E. Simon. Lycosa caliginosa, E. Simon. Pirata piscatorius, Clerck Hasarius PayhidU, Aud. in Sav. 102 DOTT. Q. ANTONIO GARNERI Dall’ esame rapido delle forme comprese nelle diverse fami- glie, scaturisce subito il fatto che la Sardegna e la Corsica posseggono una fauna Araneologica molto a^'flne, e, se si facesse astrazione di al mne forme della Sardegna, che le impartono un carattere più meridionale, quasi identica. Una comunanza di specie assai rimarchevole, la Sardegna presenta pure con l’ Africa settentrionale, con la quale vien strettamente unita dalla frequenza e rassomiglianza di forme di Aviculai'idae e di Attidae e della quasi mancanza di Eri- gonini. Le considerazioni, che emergono dalla distribuzione della fauna araneologica, verrebbero a portare una nuova e non fallace prova all’ opinione di quei geoioghi, che, con altri criteri, argomentarono esser state 1’ Africa settentrionale, la Sicilia e la Corsica, in un remoto tempo, riunite fra di loro. La fauna sedentaria della Sardegna, in generale, è caratterizzata dalla piccolezza di mole degli individui chela compongono; in alcune specie più marcata, in altre meno, ma sempre tale da esser notata quando si faccia il paragone con le specie identiche, abitatrici del Continente: Orbene, nei Ragni ho scorto la mede- sima proprietà, e gli esemplari adulti, da me presi in esame, quasi tutti sono minori di dimensioni dei corrispondenti di terra ferma : per di più, i colori brillanti, metallici che sono propri' di molte specie, e che costituiscono talvolta disegno di sorprendenti vaghezza, sono diminuiti d’ intensità; pero, le livree, più modeste, conservano il tipo comune. Per tacere di altre regioni, non ancora sufficientemente studiate, dei 243 Ragni sardi, 133 sono comuni colla Corsica, 125 colla Calabria, 119 colla Lombardia, e 106 col Canton Ticino. Conviene notare inoltre come il numero complessivo delle specie Sarde sorpassa di assai quello delle specie riscontrate in altre regioni e per non citar altro, supera di 28 la somma CONTRIBUZIONE ALLA FAUNA SARDA 103 dei Ragni di Calabria, attenendosi al Catalogo pubblicato dal Dott. Caffi, che è 1’ ultimo comparso ed il più numeroso di tutti. Ora mi auguro che questo mio studio possa tornar utile a coloro che della fauna italiana iii generale, e della Sarda in particolare, imprendono ad occuparsi. Dal Laboratorio Zoologico della R. Università di Pavia - Giugno 1902. SOVRA UN GYPÀETUS BARBATUS ADULTO DEL PIEMONTE PRESO NEL FEBBRAIO 1U02 E DONATO DA S. IL RE VITTORIO EMANUELE HI Comiuiicazione fatta alla Società Zoologica Italiana dal presidente Prof. Antonio Carruccto neM’ adananza del 2 aprile 1902. Stante la grande e attuale sua rarità nel luogo in cui fu ucciso, rni giunse graditissimo quanto inaspettato un Yulturide dal piumaggio non comune ed in condizioni che migliori non si potevano desiderare. Ed ora eh’ è ben preparato, credo non vi sia discaro che lo presenti nell’ odierna adunanza, accom- pagnando la presentazione con qualche breve cenno illustra- tivo G)- Dirò innanzi tutto che anche questo esemplare assai bello fu donato al Museo Zoologico Universitario dal nostro generoso Sovrano ; e quindi - unitamente alle altre moltissime specie, invero splendide per la loro conservazione e preparazione, e quasi tutte molto interessanti dal lato scientifico, del pari non ha guari donate da S. M. il Re, - lo si potrà da qui in avanti osservare dagli intelligenti visitatori nella maggior sala desti- nata alla collezione generale ornitologica, ricca ormai di pa- recchie migliaia di esemplari ben studiati. Quanto sia per l’alta Italia meritevole di attenzione la com- (1) I diversi preparati anatomici, splacnici ed ossei, che ho ot- tenuto da questo GypdetusbarbatioSf saranno collocati nella colloca- zione didattica, SOVRA UN GYPAETUS BARBATUS 105 parsa di qualche Gipeto, ben lo riaffermò il competentissimo ornitologo italiano, conte prof. Tommaso Salvadori, in una bre- vissima nota pubblicata nel 1897, col titolo: Intorno a due Uccelli appartenenti a specie estinte o quasi in Piemonte (1). Egli ci narra che recatosi a Piossasco, in casa della signora Ferrerò, ebbe occasione di osservare due grandi quadri, pro- tetti da vetri, in fondo ai quali si vedevano un esemplare giova- nissimo di Gypdetus barbatus, coll’ indicazione Valle di Lu- serna dicembre 1719, e un giovane (rijps fulvus coll’ istessa indicazione. 11 Salvadori fa il seguente opportuno commento: « Abbiamo quindi due esemplari di specie interessanti per la regirme Pie- montese; una di queste, il Gipeto, é rimasta a quel che pare soltanto nelle Alpi Marittime, e specialmente nella regione fra il Colle di Tenda ed i monti sopra Valdieri, ed anche là vi è rarissima, e non passeranno molti anni prima della sua estin- zione. In un mio breve lavoro intorno a questa specie {2) ho avuto occasione di menzionare gli esemplari recentemente uc- cisi in quella località; 1’ esemplare giovane che si conserva in Piossasco prova che sul finire del secolo scorso il Gipeto viveva anche nella valle di Luserna e probabilmente vi nidificava, giac- ché, come ho detto, quell’ esemplare giovanissimo, quando fu ucciso, non poteva avere che pochi mesi di vita. » Oggi stesso (2 aprile) ebbi dalla cortesia del Salvadori la seguente risposta alla domanda da me rivoltagli : « Oltre al- r esemplare di Gipeto avuto dal Comba, il Museo di Torino possiede ora altri due esemplari avuti recentemente da S. M. il lie, cioè quello ucciso addi 25 marzo 1889 sul Monte Ragoral, e l’altro ucihso il 3 marzo 1895, e che fu preparato dal signor Genovesio. Non so di altra cattura, ed ignorava anche quella dell’esemplare che il Museo di Roma ha ricevuto recentemente in dono da S. M. » Gli studiosi ornitologi, tenendo conto delle osservazioni del Salvadori, non possono non accogliere con vivo interesse Tan- fi) Vedi Avicula, Giorn. ornitol. ital., anno I, fase. 2®, marzo-aprile 1807, pag. 29-30. (2) Boll, del Mus. Zool. di Torino X. 207. 1895. 106 PROF. ANTONIO CARRUCCIO nuocio di un’ altra cattura bene accertala di un Gypdetus harhatu& nelle montagne di Valdieri. E devo alla squisita cor- tesia del Medico di S. M. il Re, 1’ egregio doti. comm. Quirico, le precise indicazioni sulla provenienza propria dell’ esemplare che presento. Il Quirico infatti si affrettò a comunicarmi (24 febbraio 1901) la lettera del sig. Comandante delle Reali Cac- cio in A^aldieri, dalla quale rilevasi che questo grossissimo rapace fu nell’ora scorso febbraio ucciso dal « cacciatore-guar- dia Giovanni Piacenza fu Bernardo sul Monte Mera, a dorso del Monte Matto, dirimpetto alla battuta dell'Asta, nel versante sinistro del Gesso, ed a destra di chi parte da S. Anna per recarsi alle Terme di Valdieri in direzione (a montej dei tetti Gaina ». Risulta inoltre dalla lettera che in quel di il cacciatore Pia- cenza avrebbe potuto uccidere anche due Aquile, ma premen- dogli più (e secondo me fece bene) di catturare il grosso Av- voltoio degli Agnelli, attese alla caccia di questo. Devo però soggiungere che quasi contemporaneamente al Gìjpàetus barbatiis, S. M. il Re fece dono al nostro Museo di quattro bellissimi esemplari di Aquila chvysdetos] ma esse furono prese tutte sulle montagne d’ Aosta, e non mancherò di presentarle in altra adunanza, appena preparate, desideran- do che ne facciate un esame comparativo con esemplari d’altre regioni. Ed anche ieri S. M. ci ha fatto dono di un bell’esem- plare di Felis linx appena giunto dalle Alpi in cui fu ucciso. Il Gy'pdetus barbatus, pervenuto nello scorso febbraio ha le seguenti dimensioni : 1. Apertura delle ali. Misurando da un’ estremità all’ al- tra, e senza veruna forzata distensione le ali medesime, a corpo fresco appena giunta in Roma, abbiamo ottenuto una lunghez- za di metri 2,65 ] 2. Lunghezza del becco. La ranfoteca della mascella su- periore, dalla base all’ apice, fortemente uncinato e sporgente sulla ' mascella inferiore, ch’é rettilinea, misura 1 1 cent. Lo spessore massimo del becco è di 21 mm.; la maggiore altezza di 33 mm. si ha prima che la ranfoteca superiore, assai con- vessa, pieghisi su se stessa. Il colore è decisamente corneo; SOVRA UN GYPAETU3 BARBATUS 107 3. Grossezza del collo alla base delle pemie, 15 cent. Colle penne erette, quali sogliono presentarsi in questi rapaci, cent. 44 ; 4. Grossezza del corpo, presa in corrispondenza della metà circa della carena sternale, cent. 40 ; 5. Lunghezza della coda, cent. 51; 6. Lunghezza del tarso, cent. 9 ; del dito medio, non compresa l’unghia, cent. 9 coll’unghia, cent. 11' del dito interno senza 1’ unghia, cent. 5 e coll’ unghia, cent. 8,7 ; del dito esterno, pure senza l’ unghia, cent. 4,8 e coll’ unghia, cent. 7 ; e finalmente del dito posteriore, senza 1’ unghia, 4 cent, e coll’ unghia, cent. 7.8. I tarsi sono abbondantemente coperti di penne fino alle dita ; 7. Lunghezza totale deW esemplare, m. 1,15. Le dimensione date da parecchi autori variano più o meno secondo che essi ebbero a misurare esemplari di Ggpàetus 'barhatus diversi per età, per sesso, per provenienza, ecc. Il Patio dà come lunghezza totale quella di m. 1,5 a metri 1 ,42. L’ ala piegata la trovò lunga da 73 cent, a 88; la coda da 48 cent, a 60; il dito mediano, senza unghia, cent. 7,8 a cent. 8,9 e coll’unghia, cent. 9,5. Il becco da cent. 10 a 11,2, misurando in linea retta (1). Il De Murs stabilisce quale lunghezza totale del corpo metri l, 40 a m. 1,.50; della coda 47 cent.; dell’apertura delle ali m. 3,50 a m. 4, ma aggiunge: raramente (2). Il Brehm scrive che 1’ Avvoltoio barbato misura in lunghez- za m. 1 a m. 1,14, e può raggiungere m- 2,4 a m. 2,67 in apertura d’ ali. La coda è lunga da 48 a 55 cent, e cosi via dicendo. Le misure del .Brehm, che mi sembrano assai più corrispondenti al vero di taluna data dal De Murs e da altri, furono prese su individui catturati in Spagna (3). Il Degland e Gerbe danno pur essi come lunghezza totale del .corpo quella m. 1,40 a m. l,*50;ed il Sarvi cita questi au- lì) Faune des vertébrès de la Suisse, Les Oiseau'i, voi. II, 1896, (2) Les Oiseaux da prole, tomo IV, 1887, pag. 28. (3) Brehm A. E. La vita degli animali voi. VI, pag. 445, 2* ediz. sulla 3^ tedesca, Unione tip.-editr. Torinese. 108 PROF. ANTONIO OARRUCCIO tori e accetta le predette dimensioni (pag. Ili à^WOrnlt Ital.y, ma riferisce anche quelle « d’ un individuo adulto della Sarde- gna 0 della varietà occidentale, misurate dal dott. Salvadori; m. 1 circa, apertura del becco m. 0,10; coda, cioè timoniere medie da cent. 58 a 60 ; dito medio, non compresa 1’ unghia, cent. 9» (pag. 12). Fra gli scrittori di più antica data vo’ ricordare solo i due seguenti : Ranzani, pel quale la lunghezza totiile della femmina adulta è ordinariamente di piedi 4 e pollici 6 (1); Ternrninch, che scrive avere i vecchi Gipeti una lunghezza di 4 piedi e 7 pollici (2). E poiché ricordo il Ternrninch osservo che quest’au- tore erra quando pretende che i Gipeti si cibino « sans rien emporter dans leurs serres, qui ne sont point propres à saisir ». E riporto le parole testuali perchè il Ranzani citandolo c rife- rendo le stesse parole in italiano, ne fa una traduzione che chiamerò esagerata. Infatti fa dire al Temminch che il Gipeto barbato ha i piedi « manifestamente inetti a stringere ed a sostenere in aria il corpo di un animale anche mediocre. » Ometto (perchè non è il caso di moltiplicare le citazioni ri- guardanti misure diverse date da distinti scrittori), quanto in proposito leggesi nelle opere di Dubois, Heuglin, Layard, Me- yer, Arrigoni ecc. Colorazione. Merita di esser descritta esattamente perchè non poco si differenzia da quella che vien data nelle opere migliori d’ ornitologia. Possedendo il Museo dell’Università Ro- mana altri quattro esemplari di Gy'pdetus, uno italiano (colle- zione Lezzani), e tre africani (della collezione del fu marchese Orazio Antinori) rilevasi dal confronto con essi una notevole diversità di tinte. Il nuovo esemplare di Valdieri offre tutta la faccia superiore o dorsale del corpo con una predominante colorazione nero-grigiastra, ma il nero si ha sui margini del vessillo d’ ogni piuma, tanto cuopritrici, quanto remiganti e timoniere : tale marginatura, è sempre più pronunciata nelle (1) Vedi Elementi di Zoologia, tomo III, parte 7. Bologna 182.3 pagg. 39-44. (2) Vedi Mannel d’oniithplog, eco., 2. édit., 1 pare. Paris, 1820- 1840, pagg. 11-12. SOVRA UN GYPAETUS BARBATUS 109 prime che nelle seconde e terze. Lo stelo poi bianchissimo di tutte le piume risulta poi assai bene sul lucido ed elegante fondo grigio, principalmente dalle larghe remiganti o timonie- re : invero taluna di queste ha un vessillo la cui larghezza raggiunge i 9 cent., ch’è quanto dire le barbe che da ciascun lato si attaccano allo stelo, sono lunghe centimetri 4 e mezzo circa. Le più lunghe remiganti misurano 62 cent., e le più lunghe timoniene 49 a 51 cent. 11 pileo e la cervice sono affatto bianchi e contornati da una fascia nerissima, più larga sopra T occhio, e che muove dalla base del becco. Le piccole piume che stanno sotto l’occhio, lungo la mascella superiore, e sotto la predetta fascia nera, sono pure bianche. Cominciano a farsi bianco-gialliccie quelle ai lati della mascella inferiore e del collo, per diventar d’ un bel rugginoso-chiaro sotto la gola e sull’alto e nel mezzo del petto. A cominciar poi dalle spalle si vede una fascia, qua e là interrotta, formata da poche cuopritrici grigio-nerastre, fascia che si porta giù a formare un angolo, che non resta chiuso nel mezzo della base del petto. Tutte le piume poi sotto tal fascia, eh’ é incompleta, c quelle dell’ intiero addome sono bianche con lieve tinta rugginosa, che non si estende all’ in- tiero vessillo. I calzoni poi, sviluppatissimi, sono aneli’ essi bianchi con sfumatura giallognola in talune penne della faccia interna. Al disotto delle ali si vedono le remiganti maggiori e mi- nori tutte d’un colore grigio uniforme, eccetto verso T apice in cui diventano nericcio : il loro stelo non è bianco come al disopra 1’ hanno le stesse penne, ma a zone anulari alterne, bianche cioè e grigiastre. Le cuopritrici più alte della stessa faccia inferiore delle ali hanno il loro vessillo nero, con stelo perfettamente bianco, e molte barbe presso il punto di attacco, e passime presso T a- pice delle penne medesime, sono bianche: si ha adunque una fascettina bianca mediana dalla base fino alla punta d’ognuna di esse penne. Le scapolari sono o bianche o bianco-giallastre con margi- natura nericcia. Ilo PROF. ANTONIO CARRUGGIO Distribuzione geografica. Andrei per le lunghe anche quan- do volessi citare i soli scrittori italiani, più o meno recenti, i quali hanno fatto parola delle località in cui è stazionario, o fece insolite apparizioni il Gypaelus harTmius. Fra le opere italiane ne scelgo alcune, sufficienti pel mio intento, cominciando da una delle più antiche e rare, che la biblioteca del nostro Museo possiede, e che come è noto è stata elogiata dal Savi e da altri. Quest’opera è la Storia natw'ale degli uccelli, dedicata al Granduca Pietro Leopoldo, pubblicata in Firenze nel MDCCLXTll. A pag. 42-49 del tomo 1, si parla degli Avvoltoi nero o Lepraiuolo, di color castagno, ecc. e an- che del barbato d' Africa. Ma chi scrisse quella celebre opera evidentemente non sapeva che il Vultur barbatus Africanus, come in essa è chiamato, vivesse anche in Italia ; e la tavola in cui è rappresentato (eh’ è la XI) merita, al pari delle al- tre, il giudizio che ne ha dato il Savi nella introduzione dell’Or- nitologia Toscana pubblicata nel 1827 (pag. V). In questa opera è detto soltanto che l’Avvoltoio barbato vive sulle « Alpi più alte del Piemonte, della Svizzera, del Tirolo, della Dalmazia, ecc. (pag. 10). Il Benoit nel 1840 scriveva che questo uccello, abitatore del- r alte montagne dell’Egitto e delle Alpi, non 1’ aveva giammai trovato in Sicilia. Però annoverava « fra gli uccelli di quest’i- sola per due mediocri e ben distinte figure del maschio e della femmina che ne dà il Cupani » (1). Nell’ Ornitologia Italiana dell’ istesso Savi (1873), le indica- zioni di località (pag. 109) sono assai più estese non solo per l’ Italia, ma per le regioni fuori d’ Europa in cui la specie in discorso fu osservata. Nè è il caso che io le ripeta, trovandosi l’ istessa opera sott’ occhi del maggior numero dei nostri or- nitologi. E ciò dirò pure pel Getti, Bonaparte, ecc. Il Giglioli nel 1881 (2) riassumendo quanto poteva dirsi in- (1) Vedi Oniitolngia Siciliana di Luigi Benoit, Messina, 1840, pag. 4. (2) Vedi Elenco delle specie eh. uccelli che'trovansi in Italia sta- zionarie e di passaggio, ecc., Annali di agricoltura, n. 36. Roma, 1885, pag. 41. SOVRA UN GYPAETDR BARBATUS 111 torno all’ habitat di questa specie, scrisse ch’essa era divenuta rara sulle Alpi e rarissima sulle vette maggiori deU’Appennino: trovasi anche sulle Nebrodi in Sicilia ed è abbastanza frequente in Sardegna- «Nidifica già», egli aggiunge, «in febbraio al dire degli autori, ma l’epoca della riproduzione sembra prolungarsi talvolta perchè ho un uovo tolto dal nido, presso cui venne ucciso il maschio, il 2S maggio 1875 presso Capoterra » (Sar- degna). y>Q\V Avifauna Italica, per servire alla inchiesta ornitologica, dall’ istesso Giglioli pubblicata nel 1836 (pag. 254-265) fra le altre notizie trovo questa : « il signor Whitehead lo vide a due riprese sulle alte montagne della Corsica e ne esaminò uno preparato e tarlato ch’era stato ucciso nei pressi di Aiaccio... ». Nel Primo Resoconto dei risultati della predetta inchiesta in Italia (parte I, 1839, pagg. 429-429) il Giglioli confermò e rettificò alcune delle notizie prima date, ed altre ne aggiunse riguardanti il Piemonte, la Lombardia, il Veneto, la Liguria, ecc. Rammento inoltre che una femmina di Gipeto fu uccisa sul Monte Bego, Cuneo, il 21 giugno 1876, e che nel distretto di Feltro, Belluno, nidifim una sola volta in maggio, tra le ru- pi, deponendo due uova bianche con macchie scure, la cui in- cubazione durava circa 20 giorni, « Ora però, va considerata specie rarissima; l’ultima sua nidificazione che si ricorda av- venne verso il 1845 : vennero allora tolti dal nido i due giova- ni (Delaito) ». Sull’ argomento concernente la distribuzione geografica del Gypàetus barbatus, mi piace riassumere ancora qualche altra notizia non su regioni lontane, ma su taluna relativamente vicina, quale ad esempio, la Svizzera. Oltre il Fatio, anche il Brehrn riferisce con molta diligenza che nella Svizzera questo uccello ha cessato di nidificare da qualche anno, e secondo il Girtanner sarebbe stato abbastanza comune sulle alte montagne del Cantone di Berna, dei Grigioni, del Canton Ticino e del Vallese. L’ultimo Gipeto stabilito nella Svizzera era conosciuto col nome di Vecchia femmina, e(\.ahìiav a la valle di Lotschen nel Vallese, e nidificava sulTHochgleifen. Essa fu trovata mor- Il2 PROF. ANTONIO CARRUCCIO ta neirinverno del 1887, e la si conserva nel Museo di Losanna (1). Ma l’ istesso Brehm aggiunge che Io Tschudi-Keller non crede sia stato questo T ultimo individuo osservato nella Svizzera, avendone il Saratz nel 1888 visto un altro che svolazzava nella valle di Rosegg. Devo però tener conto d’ una importante rettifica che venne fatta alla nuova edizione dell’opera del Xeumann, nella quale, pare per errore di stampa, si legge che dal 1880 in poi erano state segnalate in Svizzera 85 apparizioni di Gypàeius. Questo numero, pur riferito da Patio e Studer, riguarda invece un periodo d’ anni assai più lungo, perchè comincia dal 1800 (non già dal 1880). Dopo 1’ anno 1880 furono con sicurezza segna- lati 3 soli Gipeti, dei quali uno nel 1891 fu veduto sul S. Bernardino (2). Nell’ opera di L. Olphe-Galliard leggo che il Gypàeius har~ batus nidificava sul Monte Thabor en Maueienne ed al S. Bernando, e che nel dicembre 1884 fu ucciso un individuo presso la Chapelle-en-Maurien)ie, ed il 15 febbraio 1851 un altro venne ucciso a Modano (3). 11 prof. Agostino Bonomi in una sua pregevole pubblicazione del 1889 sull’ Avifauna Tridentina, ci ha fatto conoscere che nel gennaio 1881 fu preso un Gypàeius barbatus sul Mon- te Ranhekopz, Comune di Pfunds (valle superiore dell’ Ynn) mediante una trappola contenente intestina di vitello. Il pro- prietario, dopo aver mandato vivo all’ Esposizione Ornitologica di Vienna questo esemplare, continuò a tenerlo in cattività per tre anni, in uno stato molto florido. Il Bonomi fa pur noto che quattro anni prima nella mede- sima località era stato ucciso un altro individuo, e che sul gruppo della Silvretta e del Reticom, in Carinzia, sulle Alpi Lepontine e sulle Alpi Marittime quasi ogni anno se ne piglia qualcuno. E conclude : « Nei secoli scorsi quest’ Avvoltoio do- veva essere molto diffuso, perchè da un documento esistente (1) La vita dfigli animali, dispensa 92, pag. 447. (2) Avicula, anno III, fase. 15-1(5, marzo-aprile 1889, pag. .44. (3) Vedi Faune Ornithologique de V Europe occidentale, tom. II, pag. 56. Sovra un gypaetus barbatus 113 nell’Archivio Luogotenenziale di Innsbruck (1500-1585) apparisce che si pagava un fiorino' effettivo per 1’ uccisione di ogni Av- voltoio barbuto. Pare che viva sui monti della provincia di Sondrio (Galli), e nella prima metà di questo secolo era scarso, ma sedentario nel Bellunese (Delai to). Abitudini. — Aloltissimo si è scritto Sulle medesime, e in Germania, affermasi in qualche opera, lo si studiò assai più di qualsiasi altro uccello rapace, non esclusa l’Aquila: eppure, si aggiunge, uno studio esatto delle abitudini del Gipeto risale a pochi anni fa. Comunque, è certo eh’ é proprio delle alte montagne, e solo per necessità discende sulle più basse vallate, e in quelle risale una volta che ha provveduto al suo nutri- mento. I ghiacciai e le nevi perenni non lo molestano affatto, men- tre non può sopportare il caldo. Nella bell’ opera del prof. A. H. Evans di Cambridge non soltanto sono benissimo riassunti i principali caratteri morfo- logici del Gy2)detus barbatus, che 1’ autore chiama « thè ma- gnificent Làmmergeier », ma la distribuzione geografica e le abitudini, e si accenna alla specie congenere il G. ossifragus. L’ Evans cosi descrive il volo e il grido del Gipeto : « The fligt is majestic and power fui ; thè cry weak and querulous, with a croak wehn irritated » (1). Già il nostro Salvadori nel 1863 scrivendo il suo Catalogo degli Uccelli di Sardegna ci avea narrato del modo di volare di due Gipeti da lui visti nelle montagne presso il Gennargentu. Questo io visitai nel 1869 coll’ in allora mio direttore, T illu- stre ed amato prof. Adolfo Targioni-Tozzetti di Firenze. Sulla bellissima montagna quanti avevamo preso parte alla escur- sione vedemmo a notevole distanza un Gipeto, ma non ci fu dato di farne caccia. Ed ecco le parole del Salvaldori: (Ij Ved. The Cambridge Naturai Ili story, voi. IX, Birds, London, pag. 162. 8 114 PROF. ANTONIO CARROCCIO « Essi non avevano il volo pesante degli avvoltoi, ma stor- cevano con grandissima agilità e leggerezza intorno ai fianchi l’occiosi dei monti lenendo le ali quasi immobili » (1). 11 Gipeto vive isolato, o è raro formi branchetti di 4 indi- vidui 0 appena dippiù. Ogni coppia percorre una determinata estensione di molti chilometri quadrati, e pare giornalmente con una certa regolarità, a cominciar dalla mattina, dopo che il sole spunta sulle vette montuose, per tornare nel suo rico- vero verso le 5 pomeridiane. Non sempre vola rapidissimamente, ma alle volte pare che quasi per diletto aleggi nell’ aria con eleganza di mosse, e salga e scenda. Quando il Gipeto ha adocchiata la preda, e si sa come il suo sguardo sia acutissimo, volteggia, anzi par descriva una linea spiraliforme; e se a breve distanza trovasi 1’ altro coniu- ge, ripete l’istessa manovra. Se v’ha preda per entrambi scen- dono lentamente presso il suolo per inseguirla e farla propria; se no scende uno solo. Quando riesce a precipitare neH’abisso un qualche mammifero, e ciò è accaduto anche per cani da caccia, pare che si valga di una forte spinta data coll’ ala po- derosa : nè si escludono le potenti e temute beccate. Quando il Gipeto mangia si posa in luogo elevato, e prefe- ribilmente su rupe sporgente. Anche il Bailly narra che il Gipeto è sempre con astuzia che attacca e combatte la preda, sovratutto quando questa è di grossa mole. Egli spia quindi ristante in cui essa si trova sull’ orlo di qualche abisso per cadere sulla medesima con tutto il peso, e con impeto colpirla e cosi stordita la fa ca- dere in fondo al precipizio o abisso, dove la segue per divo- rarla. Sulle Alpi lo si vede comparire di tratto in tratto, e certa- mente lo si vedeva con maggior frequenza nei passati tempi, dove solevano frequentare Camosci, Capre, Pecore ed Agnelli, 0 Marmotte e Lepri, delle ^ quali ultime due sa scovare i na- scondigli; e quando è il caso ghermisce anche qualche uccello. (J) Vedi Cat, cit. a pag. 18, e Martorelli. Mon. ili. d, rap. in Italia, 1896. SOVRA ÙN GYFAETUS BARBATCS il5 0 deir ordine dei Gallinacei, o di quello dei Palmipedi od al- tro. Narra il barone di Kalbermatten che sulle rive del Danu- bio, presso io sbarco di Orsova, un giorno potè ben osservare un Gipeto che, sceso dall’ aito, ghermì un’ Oca. Certo è che il Gipeto fu sempre ritenuto come voracissimo e bisognoso di molto cibo, nè sdegna inghiottire ossa frammentate ed altri corpi duri. Il Gurney, fra gli altri, ricorda d’aver trovato nello stomaco d’un Gipeto anche una vertebra di Bove e molti peli di Hirax. Adams racconta che in uno da lui ucciso aveva trovato oltre parecchie ossa, anche le unghie di uno Stambecco. Tutti gl’inventari, scrisse già Tschudi e ripeterono altri, che possono farsi degli avanzi lasciati dal Gy'pàetus poco o nulla rappresentano in confronto a ciò che trovasi nel suo stomaco. In uno di essi si rinvennero cinque frammenti di coste di bue, larghe cinque centimetri e mezzo e lunghe da 16 a 24 centi- metri ; una gamba di una giovane capra ed una massa di pe- li ravvolti su sè stessi. Anche il Salvadori nel già menzionato Catalogo degli uccelli di Sardegna, riferisce quanto gli fu detto dai pastori e caccia- tori sul costume che ha il Gipeto di prendere e far cadere da grande altezza le ossa, e su quanto in Cagliari gli narrò il mio parente, cav. doti Cauglia, distinto osservatore, eh’ ebbe occasione di assistere al fatto in discorso. Aperto lo stomaco di questo Avvoltoio, donato da S. M., ed ucciso sul Monte Merà presso Valdieri vi trovai frammenti d’ ossa, due zoccoli dei piedi anteriori (che confrontati con zoc- coli di Stambecco, Camosci, Montoni e Capre di varia età, rassomigliano preferibilmente, anzi direi esattamente a quelli di Camoscio, ma giovane), un’ unghia del dito posteriore rudi- mentario, una gran quantità di peli, parte sciolti, parte formanti gomitoli, pezzi di carne non digerita e pezzetti di tendini. Fra i frammenti d’ osso se ne hanno quattro diversi, appar- tenenti a costole, il maggiore lungo 13 centim. e largo 15 mm.; il secondo 12 centim. per 12 mm.; il terzo 10 centim. per 9 mm.; ed il quarto 7 centim. per 9 mm. Un altro frammento appartiene alla parte inferiore di un femore, vuoto di midollo, tagliato a punta, lungo 6 centim, e 116 Prof. Antonio caredccio adatta coi due condili femorali mancami. Questo frammento dell’ estremità inferiore del femore dimostra che l’ossificazione era ancora in via di sviluppo, e quindi l’osso apparteneva ad un giovane Camoscio. E vero che il Gipeto ha tanta forza da trasportare in alto quando un qualche ruminante (Capra, Montone, ecc.), quando un carnivoro (Volpe o Cane), e talvolta anche un bambino ? Posso subito rispondere colle parole del Doderlein, il quale per la Sicilia cosi afferma : « I pastori lo conoscono assai bene e lo temono, perchè soventi volte rapiscono loro i piccoli cani, ed i capretti » (1). Fra gli scrittori non mancano quelli che opinano siasi esa- gerato tanto sulla forza fisica, quanto sull’ indole sanguinaria e aggressiva dei Gipeti. Però anche questi scrittori non metto- no in dubbio il fatto, troppo ben circostanziato, di cui parla Steinmiiller, cioè di una fanciulletta di tre anni, Anna Furbu- chen, ghermita in montagna da un Gipeto che trascinolla per circa 1300 passi. Volle ventura che un ardito montanaro, sen- titi i lamenti della vittima, accorresse salvandola dall’ immi- nente eccidio. Essa però aveva non lievi ferite, da cui potè guarire j e anzi era nota, anche dopo fattasi sposa, col nome di Annina delV Avvoltoio. Non manca qualche fatto che riguarda ragazzi di 10 o 15 anni aggrediti e fatti precipitare in uno dei soliti pericolosi abissi di montagna. Ad esempio leggesi il caso di un povero pasto- rello precipitato nell’ Alpe di Silbern dall’ urto di un Gipeto, che si affrettò a divorar la vittima. Altro caso, pur bene circostanziato, riferito dal Girtanner, dal Brehm ecc„ riguarda un ragazzo chiamato Giovanni Bet- schen, aggredito e sferzato ripetutamente coll’ ala sulla testa, per stordirlo e gettarlo a terra, da un Gipeto sulle falde di un monte elevato presso Aris. 11 misero pastorello si difese coi pugni, percotendo con energia il potente aggressore, che lo aveva ferito specialmente sull’occipite. Per fortuna fu soccorso (1) Vedi Avifawna del Modenese o della. Sicilia, Palerrno, 1869 pag. 27. SOVRA DN SyPAETUS BARBATDS 117 da una donna, acc(-rsa per le forti strida da lei intese, e che forse contribuirono a far allontanare 1’ aggressore. «É dunque certo», conclude il Girtanner, «che l’Avvoltoio barbuto aggredisce i bambini e ragazzi inferiori all’ età di quindici anni allo scopo di ucciderli e di'’orarli, facendoli pri- ma cadere in qualche burrone. Questi casi sono rari, diciamo pure eccezionali, ma vennero confermati da persone degne di fede ». L’ istesso Girtanner dopo d’ aver detto che negli scienziati si è abbastanza radicata l’idea che il Gypàetm della catena del- le Alpi altro non sia che un volgare divoratore di carogne e raccoglitore di ossa, e che tutto quello che si è raccontato e scritto intorno al medesimo, non abbia fondamento, e quindi trattisi di fandonie, perchè le aggressioni all’uomo solo l’Aquila è capace di compierle, l’istesso Girtanner, ripeto, aggiunge essere noto al mondo scientifico che nel 1870 un Gipeto attentò nel Canton di Berna alla vita di un adolescente. Tale è la certezza di questo fatto « che bisognerebbe aver perduto ogni pudore per poterlo ancora mettere in dubbio ». Ed il Vallon, commentando il predetto scrittore, fa questa riflessione: «Immaginiamoci un uomo - anche adulto -privo di armi di difesa, assalito dall’ Arpia in un luogo ove non trova appoggio nè via di scampo; immaginiamocelo lungo una pa- rete verticale che gli precipita sotto a centinaia di metri di profondità; aggrappato con T unghie a qualche leggiera spor- genza della massa granitica, fermo col piede sopra ad un sentieruolo di qualche decimetro di larghezza. Con raccapriccio, soggiunge, mi sembra che un soffio basti per perderlo. E se da lungi un Gipeto lo scorge, e sopra di lui accanitamente si precipita battendo l’ala poderosa la testa della vittima infelice, come potrà questa trovar scampo ? Il Gipeto adunque ha suffi- cienti mezzi offensivi, e se non assale più frequentemente l’uo- mo non è perchè ne abbia rispetto, nè perchè si senta incapace di assalirlo » (1). (1) Veli Escursioni oniitoiojiche nel Friuli^ in Boll, della Soc Adr. di Se. nat., voi. XII 1890. 118 PHOF. ANTONIO CARRUCCIO Ma altri fatti, anche prima del Girtanner, non erano stati messi in dubbio. Fra essi citerò quelli concernenti due ragazzi divorati nel 1819 da Gipeti sulle montagne della Sassonia, pei quali fatti il Governo propose un premio per ciascun Gipeto ucciso (Lemaire, Hist. nat. des oiseaux). Ed il Crespon di Nimes nella sua Ornitologia del Gard riferisce che egli per più anni tenne vivo un Gipeto ed aven- dolo un giorno lasciato libero nel suo giardino, spiando il mo- mento in cui nessuno lo osservava, si precipitò sovra una sua nipotina di due anni e mezzo, abbrancandola per le spalle e gittandola per terra. Per buona sorte udite le grida della pic- cina, fu un pronto accorrere, ed essa, a cui era stato squar- ciato l’abito, non ebbe altro a soffrire che la paura. Anche il Toussenel racconta che in un’escursione da lui fat- ta nei dintorni di Pont-de Vaux qter prendere parte alla caccia del Lupo, trovò due pastorelli che poco prima erano stati as- saliti da un Gipeto, il quale si era precipitato su loro colle ali distese, dando ai medesimi con pertinacia la caccia. Nè quella era la prima volta che i due ragazzi avevano corso pericolo. Il Toussenel combinò cogli altri compagni che l’indomani uno dei cacciatori si sarebbe trovato sul posto, in cui per solito si aggirava il grosso rapace : e cosi infatti lo si potè uccidere. Il Gipeto offriva le dimensioni massime che esso possa rag- giungere. In Spagna e altrove si ha maggior timore delle gesta san- guinarie delle Aquile, che di quelle degli Avvoltoi barbuti. Assai meno favorevolmente sono giudicati questi rapaci in Abissinia, dove li considerano quali terribili aggressori, capaci di precipitare negli abissi non soltanto grossi mammiferi, ma T istesso uomo. Ciò asserisce T Heuglin, il quale sezionando molti Gipeti trovò nello stomaco ossa o detriti di animali da essi predati; perchè delle carni d’animali trovati morti o di cadaveri umani non si nutrono se non in caso di assoluta ne- cessità. Aggiunge THeuglin che il Gipeto si vede volteggiare non solo dove si tengono i mercati dei montoni e bovi, ma seguire i soldati nei loro accampamenti. < Nella guerra che il Re Teodoro combattè contro i Galla, i Gipeti seguivano a doz- zine i soldati. » SOVRA UN OyPAETUS BARBATUS U9 Il Gipeto riceveite con pieno dirUto il nome di rompìossa, essendosi più volte constatato che precipitandole dall’alto sovra massi rocciosi esse si spezzano, e cosi può cibarsi del midollo che contengono, perchè di questo è assai ghiotto. È curioso il fatto, ch’è riferito pure dal Krùper e dal Sim- pson, ecc. che cioè il Gipeto quando talvolta ha da saziare la sua fame o quella dei suoi piccini, e vede una tartaruga, dopo averla ghermita la precipita contro una rupe. E cosi infrangen- dosi la dura corazza del cheloniano può senza difficoltà valersi del buon cibo che gli forniscono le parti molli. L’istesso Sim- pson narrò che il 14 maggio 1861, esplorando il nido di un Gipeto, vide a piè dell’alta roccia su cui lo aveva costruito, un cumulo di ossa e di avanzi di tartarughe. Eguale osserva- zione fu fatta da altri. Nidificazione — É in un cavo roccioso il più inaccessibile che, secondo Bailly ed altri, il Gipeto sceglie il sito dove costrur- re una specie di ricovero, più che di nido, mediante rami riu- niti alla meglio. Può così formare un piano ben solido, che in seguito ricuopre con radici, avanzi di pelle, di lana ecc. L’uovo è grossissimo, allungato, con diametro longitudinale di m. 0.08 a 0.09, e un diametro trasversale di m. 0.06 a 0.07. Il colorito è biancastro o bianco-rossastro, con macchiettine brunastre appena visibili. La superficie è assai rugosa. In altra comunicazione dirò di alcune osservazioni fatte sui preparati anatomici, che mi torneranno assai utili anche nella Scuola, giacché pur possedendone di tal un altro grosso rapace, mi mancavano affatto del Gypdetus. Quindi anche dal lato dell’istruzione mi fu doppiamente gradito il dono di S. M. CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI donati da S. M. il Re Vittorio Emanuele Ili' AL Museo Zoologico della R. Università di Roma compilato per cura di GUIDO FALCONIERI Conte di Carpegna Nel pormi a riferire sulle bellissime specie di uccelli, che S. M. il Re Vittorio Emanuele III, nostro Itene amato Presidente onorario, volle graziosamente donare al Museo Zoologico della R. Università di Roma, fa mestieri vi accenni ai criteri da me seguiti nei fanmne un elenco il più possibile accurato e preciso. Presi, senza discuterlo, il sistema di classificazione del Catalogo degli Uccelli del Museo brittannico, che è quello adoperato nella R. Università, e che da parecchi anni mi sono studiato tradurre in italiano, onde farmi un’idea esatta dell’ ultima parola della Scienza, in fatto di Tassinomia ornitologica. Poche cose cam- biai, poiché a talune abitudini recentissime, non nii riesci adat- tarmi; Italiano, e quindi per tradizione latino, adoperai i nomi latini secondo la tradizione classica dei Padri miei; non rad- doppiai mai il nome generico, per significare la specie tipica, perchè questo vezzo crea confusione e niente più; adoperai le regole grammaticali nell’iscrivere le lettere majuscole, dove esse debbono essere adoperate, secondo la correttezza ortografica; e, se si tratta di nomi di persone o di paesi, non mi piace e non mi piacerà mai di cominciarli con lettera minuscola : la Scienza non mi pare abbia diritto di corrompere gli usi delle lingue!... A quelle specie, di cui non si avevano rappresentanti nel Museo, aggiunsi annotazioni speciali, e qualche accenno ai caratteri; e ciò per far meglio apprezzare, il dono di S. M. in rapporto al Museo stesso, e a benefizio degli studiosi della Società zoologica italiana, cosi generosamente ospitata ed incoraggiata dal bene- merito Direttore e Presidente Comm. Antonio Prof. Carruccio, da cui appunto mi ebbi affidato l’incarico di questa succinta relazione. E vengo senz’ altro al mio Elenco : Specie uaova catalogo degli uccelli ESOITCI 121 Ordine I. - ACCIPITRES (Rapaci) Famiglia Viilturiclce (Avvoltoj). Cathartes papa III. maschio — specie americana. Famiglia Falconidae. Subfamiglia Accipitrinae (Sparvieri). Melierax gabar maschio. , d. d. femmina. Questa specie portava il nome di Micrastur xan- thothorox Gray. con provenienza dal Brasile; ma i tarsi poster iormnit e scudettati e non re- ticolati, e la mancanza di qualunque accenno di rufo-arancio sulla gola e sul petto nel ma^ scino, mi han fatto decidere per altro Genero {Melierax) di provenienza africana; e di questa specie appunto si avevano in Museo due vecchi esemplari. — Specie dunque africana. Subfamiglia Aquilinae. {Aquile" e Nibbi). Circoetus qallicus. Linn. - d. d. d. I due bianconi, quantunque segnati con prove- nienza africana, sono somigliantissimi a quelli, che non raramente si colgono nella R. Tenuta di Castel-porziano (Agro Romano). 1 Halicethus leucoceplialus Sav. — Distinguesi dal- 1' africano H, vocifer Cuv. per avere il ventre bruno e non castagno. E specie dell’ America settentrionale. - Elanoides furcatus Vig — railvino del Brasile. - ' Gampsonyx Swainsonii Vig — altro milvino del Brasile di piccola statura. Subfamiglia Falconinae. 2 Microhierax fringillarius — il più piccolo fra i Rapaci diurni, della statura di un grosso pas- sero. Abita le Indie orientali. 122 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 10 11 12 13 3 Falco concolor raascbio Tenira. — d. d. femmina d. Tutto di color grigio-piombato; specie che abita il Nord Est dell’Africa e l’Abissinia. — Cerchneis cinnamomina maschio Bp. — d. d. femmina Bp. Dal pileo interamente blu nel maschio. Fu erro- neamente indicato come C. sparvcria. Abita l’America meridionale. Sottordine — STRIGES 14 15 16 Famiglia Bubonidoe. Subfamiglia buboninoc. 4 Bubo virginianus Bp. — Più piccolo, di colorito meno scuro, e di forme assai più svelte del nostro B. maximus o ignavus. Fui alquanto incerto nel determinarlo. E specie delFAmeri- ca del Nord. — Glaucidhim ferox Bp. — Piccola civetta dell’Ame- rica meridionale. L’esemplare appartiene a quelli dalla livrea bruna e non castagna. Subfamiglia — Syrniinoe. 5 Syrnium nebulosum Boie — Esemplare degli Stati Uniti d’America con larghe fascie trasverse fui vo-castagne sul torace. Ordine li. - PASSERIFORMES A. Acomyodae. — a. Passerei» normales. Tordi formes. — Coliomorpliae 17 18 19 20 21 ^42 Famiglia Corvidae. — Corvultur crassirostris Rùpp. — Grosso corvo d’A- bissinia dalla nuca bianca. — Corone cbrnix (Linn) — La comune cornacchia bi- gia europea. 6 Dendrocìttarufa (Lath) - elegantissima indiana. — Chrypsirina mjùans.Vicill— bell’esemplare di Giava. 7 Glaucopis cmerea. Gm. — Specie della Nuova Ze- landa con due bargigli alla base del becco. 8 Neoviorplia Gouldii Gray — Questa forma di Cor- CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 123 vidae è veramente strana, perché presenta un dimorfismo sessuale nel becco, caso più unico che raro. Nella splendida opera del Dcs Murs tav. 2^ troviamo effigiato il maschio con becco grosso appuntato, corvino-, e questo nostro e- semplare, che è femmina, ha invece il becco lunghissimo, fino, e molto ricurvo, — La fem- mina di questo uccello fu chiamata acutirostris dapprima: il maschio crassirostris-, e furono credute due specie diverse. Molto giustamente il Gray (discoperta 1’ unicità della specie dal Gould), la intitolò dallo scopritore, e questo no- me doverosamente io conservo. Adoprar quello di acutirostris, archeologicamente più esatto, non mi par bene, come fa il Catalogo del Mu- seo brittannico, perchè non risponde alla ve- rità. — Se volessi seguire i miei intendimenti, 10 non creerei un genere nuovo Neomorpha, (e perchè allora non Zljmorp/ia, che almeno signi- ficherebbe qualclie cosa ?) ma chiamerei la spe- cie Glaucopis Gouldii-, poiché i due bargigli caratteristici riavvicinauo quest’ uccello all’ al- tro d’Australia; Glaucopis cinerea. Ma non oso tanto, po\ ero faunista, come sono ! — E questo un uccello della Nuova Zelanda, detto ellia dagli indigeni, e che abita sui monti vicini al porto di Nicholson; specie, che diviene ogni giorno più rara, e minaccia di estinguersi. Il Gray la collocò fra gli TJpupidi per la foggia del becco della femmina; ma siccome i carat- teri zoologici debbono essere forniti dal maschio; è più corretto porla fra i Coì-vidi, tantopiù, che 11 numero delle remiganti primarie questo con- siglia. Il Catalogo degli Uccelli del Museo brit- tanico la nominò Haphelocoma acutirostris. Il cibo e le abitudini ravvicinano il Neomorpha al Glaucopis. Fam. Paradiseidae. Pti'orhis paradisea Rwains. Nel nostro Museo così ricco di esemplari di questa famiglia, mancava 124 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA questa specie. Lo scudo di penne metalliche e risplendenti scende triangolare sul petto bruno purpureo-vellutato; e le delicate penne setacee, che partono dai fianchi non giungono al sot- tocoda. È uccello della Nuova Guinea. 24 — Paradisea apoda Llnn — Esemplare del tipico Uc- cello di Paradiso. 25 — Cfcinnurus regius Vieill — Specie strana e notis- sima della Nuova Guinea. Famiglia Prionopidae. 26 10 Grallina picata Strickl — Importante tipo austra- liano bianco e nero ; ha 1’ aspetto di un Tur- dide ; coi tarsi però lunghi, la coda appena ar- rotondata, e le ali non giungono alla fine della coda. Nel Museo si possedeva un esemplare del massiccio e solido suo nido. 27 11 Prionops plumatus Smains — Specie africana dal- 1’ elegante cresta bianco-cinerea allungata sul- F occipite. Si avevano i congeneri P. polioce- phalus e P. talacoma. Cichlomorphae. Famiglia Muscicapidae. 28 12 Patis molitor Sharpe — Piccolo muscicapide a largo becco delFAfrica meridionale, coi fianchi bian- chi e neri (carattere, che lo distingue dalla tipica B. capensis, o Platisteira pristina- ria); e la piccola linea bianca, che si parte dal becco e giunge agli occhi senza circondare il capo, e la macchia bianca della nuca lo differenziano da altre specie affini. Famiglia Turdidae. 29 — Turdus mustelinus Gm. — Specie dell’America set- tentrionale. 30 13 Turdus Pallasii Lath. — Altra speda americana. detta anche T. solitarius Wils, o T, nanus. Salv. Essa ha le parti superiori bruno-castageo- olivastre ; la coda e il sopraccoda bruno-ro§- catalogo degli uccelli ÈSOTlCI Ì25 sastri ; e grandi macchie scure triangolari sul petto. É di statura molto piccola ed elegante. Ticrdus tristis Licht — Specie deH’Ainerica centrale^ molto vicina al T. albicoUis che già si aveva Se ne distihgue per avere il dorso e groppone del medesimo colore bruno-olivastro : e i fian- chi bruni e non castagni. Famiglia Timelliidae. Di questa numerosissima famiglia, suddivisa in molte e svariate sottofamiglie non bene deter- minate, io ritengo si debbano ancora occupare gli Ornitologi. Confesso, che non posso, se non ciecamente e con non poca difficoltà rendermi conto dei criteri!, che hanno guidato gli illu- stri compilatori del catalago degli Uccelli del Museo britannico, a porre insieme uccelli di- versissimi, solo tenendo presenti pochi carat- teri comuni. Subfamiglia Brachypadinoc. Chloropsis lerdonii femmina (Blith.) — D’ un bel verde-chiaro. Specie del Bengala. E stato pos- sibile determinarla con sicurezza, perchè pa- recchie altre congeneri si posseggono dal Regio Museo. Subfamiglia Ptilonorhynchinae. Ptilonorhyncus violaceus Kuhl — Uno splendido esemplare femmina. Fu detto anche dal Tem- mink. Ritta holosericea. Questo tipo aberrante (come a me pajono tutti aberranti i tipi ag- gruppati in questa sottofamiglia) rappresenta, come le due altre specie che seguono, una vera importante aggiunta alla nostra Collezione. Pro- viene dall’Australia. Chlamjdodera orientatis maschio juv. Gould — l,a fascia lilla lucente della nuca, caratteristica dei maschi, è appena accennata con qualche penna ; ma il eapo macchiettato di biancastro- argenteo, specialmente sulla fronte, e gli api- GUIDO FALCONIERI Di CARPEGNA ci delle cuopritrici bianchi nettamente marcati mi hanno convinto di non ing'annarmi. Trat- tasi d’ una livrea di transizione. È specie del Queensland in Australia. Seviculus melliìius maschio. Gould. Sericulus mellinus femmina. Altro importante tipo dalle penne vellutate gial- le e nere nel maschio. Si direbbe a prima giunta uno splendido rigogolo (Oriolus) elegantissimo. 11 Temmink infatti lo chiamo Oriolus regens, e gli Inglesi gli dàuno il nome di Regent-bird. È della Nuova Galles. Subfamiglia Thamnohiae. Myioplionoeus flaoirostris maschio. Gray — Non si avea che la femmina. È di Giava. Copsgclius musicus Gray — Sottospecie del C. sau- laris delle isole della Sonda. Se ne possedeva altro esemplare di Boriieo. Cercotrichas podobe Gray. d. d. Due esemplari provenienti dalla Senegambia. Subfamiglia Crateropodes. Pomatorhinus tempornlis Gray — Genere e specie d’ Australia senza fascia bianca sulle ali, e le timoniere largamente apicate di bianco, Famiglia Paridae. Par US bicolor Baird maschio. d. d. femmina. Due cingallegre col ciuffo dell’ America setten- trionale. Famiglia Laniidae. Ggmnorhina Leuconota Gray — Si distingue dal- la G. tibiicen tipica, perchè ha tutto il dorso, il collo, e il groppone bianco-candidi e non mescolati a cinereo ed a nero, come nell’esem- plare posseduto dal R. Museo. È di provenien- za australiana. CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 127 45 — Laniarius polioceplialus Sharpc — dell' Africa oc- cidentale. 46 22 Pachycephala guttnralis Vig. et. storsf. — Colla parte basilare della coda grigia, sfumata di olivastro, e la parte apicale nera: gola bianca: una bella fascia, nera sul petto dello stesso co- lore del capo :un collare sul basso della cervi- ce e le parti inferiori gialle. Specie australiana. Cynnìrimorphas. Un’ elegante rappresentanza di questi uccelletti a colori metallici, detti Sui-manga ■ che sono i colibrì 0 uccelli mosca del vecchio Continen- te è costituita dalle specie seguenti: 47 48 — 49 ~ 50 23 51 24 52 25 53 Famiglia Nectariaiidae. Nectarinia metallica maschio. Lieht. d. d. maschio. Due esemplari del Nord Est dell’Africa. 'Sectarinia platyura Vicill — dell’Africa occidentale. Anthohaphes violacea (Finn) — Questa specie, unica del Genere, abita la Colonia del Capo. Essa di- stinguesi per avere : la coda graduata colle due timoniere centrali molto più lunghe delle altre; il becco più lungo del capo: il petto giallo-arancio: e il groppone bruno e non giallo. Cynniris splendida (Shaw) — dell’ Africa occiden- tale L'esemplare però è in pessimo stato. Cynniris asiatica (Lath) maschio — D’un bel bleù- nero metallico sulle parti superiori ed inferio- ri, e due ciuffi di penne giallo-arancio rossi alla base ; ai lati del petto. Specie indiana. Cynniris abyssinica ? (Stempr et EhrJ — di statu- ra però alquanto più piccola degli altri esem- plari, che si hanno; e col basso del petto d’un bruno-chiaro piuttostochè nerastro. Non so de- cidere se si tratti di una varietà o di una razza speciale. Dovrebbe essere del Nord Est del- 1’ Africa, ma se ne ignora la provenienza. Sic- ché restò dubbioso. Ì28 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 54 26 Cynniris zeilonica (Linn) — dal mantello non metal- lico, e col groppone e sopraccoda d’ un bel purpureo-violetto-metallico, non che le parti inferiori gialle. Specie indiana. 55 — Cynniris gutturalis maschio. 56 — d. d. maschio. (Gray) — DelF Africa 'Orientale. 57 2 Arthotreptes phoenicotis femmina? (Temra) Dubbio sissima diagnosi; ma la lunghezza delle ali che coprono più della metà deilu coda : e la gola fulvo-chiarissima mi fanno credere di non es- sermi ingannato. È di Malacca. Famiglia Melipliagidae. In questa famiglia io vedo raggruppati uccelli di forme svariatissime. 11 carattere della fog- gia delia lingua non è pei classificatori , che non possono disporre se non di pelli. Quindi c’ è che seguire, qaasi istintivamente, ciò che piacque agli Ornitologi illustri, e passar oltre. 58 27 Ptilotis auricomis (Lath) — Questo Genere d'Ocea- nia comprende ben N. 37 specie. E importante per noi il possederne almeno una 1 Essa distin- guesi dalle altre per avere le redini e la re- gione oculare nero-lucida con due bei ciuffi di penne gialle e allungate sulle orecchie ; il ca^ po e la gola gialli più o meno tinti di verda* stro; e le parti superiori bruno-grigio-olivastre. Essa rappresenta nella Nuova Galles un’ altra specie (P. cassidix) a lei vicinissima, che vive a Vittoria, e in tutta 1’ Australia meridionalei 59 — - Postaemadera Novae Zeelandiae (Gm) ^ Un bel maschio : specie esclusiva di quest’ isola. 60 28 Philemon corniculatus fLath) Anche di questo Genere, proprio dell’ Australia e della regione austro-malese, e che comprende oltre N. 16 specie, mancava ogni rappresentante. Tale spe- cie si distingue dalle altre per avere tutto il capo e il collo quasi interamente nudi di pen- ne : le penne del petto lunghe e lanceolate, e CATALOGO DEGLI DCCeLlI ESOTICI 129 una protuberanza alla base del colmo del bec- co, Abita r Australia meridionale. Friugilliformes, Famiglia Dicaeidae. 29 Pardalotus punctatus Temm — Questo piccolo uc- cello australiano ha distinzione di colori ele- gantissima; e rappresenta Genere e Specie nuo- vi pel Museo. Famiglia Mniotiltidae. 30 Dendraeca aestiva (^Gm) — D'un bel color giallo e verdastro a strie fulvo-castagne sul petto; vive nell’ America settentrionale. Famiglia Motacillidae. 31 Anthus furcatus ? Lafr et D’ Orb — Questo esem- plare portava il nome di Anthus maculatus, che è specie dell’ Asia; e lo si poneva prove- niente dal Chili. L’ho esaminato accuratamente ma siccome l' unghia del pollice non è intera, non ho potuto determinarlo con sicurezza. Te- nendo conto della provenienza, e riportandomi al Cat. degli Uccelli del Museo brittannico Voi. X., gli ho attribuito il nome di Anthus furcatus. Famiglia Cerebidae, Dacnis eayana fLinn) — dell’America centrale e meridionale. Dacnis angelica Defìl dell’America meridionale. •— Chlorophanes spiza ( Linn ) — dell' America cen- trale e meridionale. — d. d. d. d. —■ Caereba cjanea (Linn) — dell’ America centrale e meridionale. — d. d. — d. d. « Famiglia Tanagridae. — subfainiglia Procniatinae, — Procnias tersa (Linnj — del Brasile. GUIDO FALCONIERI DI CARREGNA subfamig'lia Euphoninae. Euplionia chloì\.tica (Linn) — coll’ addome e il sottocoda d’ un bel giallo, come la parte an- teriore del pileo; le timoniere laterali con mac- chie lunghe bianche sui vessilli interni, e il dorso nero a riflessi blu-purpurei. Specie del- r America meridionale. subfamiglia Tanagrinae teninuirostres. Calliste tatao (Linn) — col groppone a metà su- periore rosso-splendente, ed a metà inferiox’e giallo : il capo a penne verde-lucide a squam- ma. 11 Museo possedeva la specie vicina C. Yenii, che ha il groppone interamente rosso- scarlatto. Abita r America meridionale. Calliste tricolor Gm — del Brasile. Calliste l'estiva Shaw — del Sud Est del Brasile. Calliste Desmarestii Gray — della Colombia e Ve- nezuela. Calliste Gouldii Sei — del Sud Est del Brasile. Calliste festiva o femmina o juv — Shaw — del Sud Est del Brasile. subfamiglia Tanagrinae fortirostres . Stephanopliorus leucoceplialus Vitill — del Brasile. Tanagra episcopus Linn — della Guiana e Colombia. Rampliocaelus hrosilius Linn — del Sud Est del Brasile. d. d. — d. Rampliocaelus jacapa Linn — Distinguesi dal R. atrosericeus, di cui si avevano due esemplari, per avere il color rosso-scuro-sericeo non limi- tato al petto, ma diffuso sull’ addome. Specie dell’ America meridionale. subfamiglia Tanagrinae setirostres, Pyranga aestiva Gm — dell’America settentrionale e centrale. Lanio atricapillus (Gm) — Dal groppone arancio: la gola e le grandi cuopritrici nere. — E fra le congeneri di piccola statura. Debbo aH’illU- ÒATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI rèi stre Conte Salvadori l’aver potuto determinar l’esemplare. E’ della Guiana. subfamiglia Tanagrinae conirostres. 84 — Arremon silens Bodd. dell’America meridionale. « Famiglia Fringillidae — subfamiglia Coccothraustinae 85 36 Guiraca cyanaea. ^Linn) — Jlolto vicina alla cae- rulea, ma senza macchie castagne sulle cuopri- • trici delle ali, col groppone blù chiaro, men- tre il dorso è blù-nerastro, c colle piccole cuo- pritrici d’un bel blù-chiarissimo, com’è quello della fronte. Proviene dal Brasile. subfamiglia Emberizinae. 86 37 Chondestes grammica Bp. — Io fui molto incerto nel determinare questo zivolo americano, uni- co del genere Chondestes Swains. Ma : le ali decisamente più lunghe della coda: la prima remigante assai più lunga delle secondarie in- terne, che sono più corte di tutte le primarie, e la provenienza, mi decisero. Col capo, il collo e una larga macchia rotonda sul petto d’ un bel fulvo-castagno : il dorso striato e passerino come le cuopritici: il groppone e tutte le parti inferiori gialle molto avvicinasi nell’ insieme alla nostra pagliaresca o zivolo giallo {Embe- riza citrinella), ed è dell’ America centrale. 87 — - Oyanospiza ciris (Linn) — detto volgarniente « il Papa > è dell’America centrale e settentrionale. 88 — d, d. 89 — d. d. 90 — d. d. 91 — Cyanospiza cyanaea (Linn) — detto « il Ministro » dell’America settentrionale. 92 38 Junco hiemalis maschio. 93 — d. d. femmina — Sci. Di questo Genere dell’ America settentrionale non conoscevamo alcuna specie delle N. 12, in cui vien distinto. Questa, nel maschio, ha i fianchi grigio-nerastri, come tutte le parti su- GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA periori, la gola e il petto: le parti inferiori sono bianche. La femmina è bruna tendente al fulvigno, e il bianco delle parti inferiori ò meno puro, e la statura è più piccola. È chia- mato — Ortolano nero delle nevi. Paroaria cuculiata Bp — del Brasile. Paroaria larvata Sci — del Brasile. d. d. — d. d. * Guhernatrix cridata S\v — della Repubblica ar- gentina. Sturuiformes. Famiglia Artamidae. Artamus fuscus. Vicill. — Una sola specie di que- sto genei’e 1’ A. leucogaster noi conoscevamo. E questa seconda se ne distingue per avere il groppone bianco come il dorso, le ultime penne del sopraccoda bianche con leggiera tinta ceneri- na e il petto bruno chiaro con isfuraatura vinata. E specie indiana. Artamus sordidus (L^ath. — Ha il groppone e il sopraccoda neri, alcune remiganti primarie e- sternamente bianche, e le timoniere laterali con larghi apici bianchi, non che le cuopritrici subalari bianche. Abita la Nuova Olanda. Famiglia Sturnidae. Acridotheres tristis Bonn et Vieill. — dei monti Imalaja. Sarcops calvus (Linn) — il merlo calvo dello Filippine, detto Qoulin dai Francesi : è tipo strano ed aberrante, nuovo per noi. Mainatus intermedius (A. Hay) — Si distingue dal tipico M. religiosus perchè soltanto una linea di pelle nuda va dai bargigli occipitali verso gli occhi. Si differenzia poi dal M. ja- vanensis, perchè la linea postoculare di pen* nuzze non interrompe completamente lo spazio nudo. Abita Giava. CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 1H3 103 104 105 106 107 108 109 110 111 112 113 114 115 116 117 118 U9 — Lamprotornìs caudatus (Milli) — Abita il Nord Est dell’ Africa, e 1’ Africa occidentale. — Pholidauqes leucoqaster Cab. — è del Nord Est del- 1’ Africa. 43 Buphaga africana Linn — detta dal Brisson pique- òofiM/’jdistinguesi dall’altra specie Bierythrorhyn-- ca, che si aveva, per avere sui vescilli in- terni delle timoniere un colorito fulvo-casta- gno-rossastro. Trovasi in tutta 1’ Africa. ' Famiglia Ploceidae subfamiglia : Viduinae. — Vidua principalis maschio estiv. Cuv. — d. d. maschio estiv. d. — d. d. maschio hiem d. Due esemplari maschi in abito di nozze della nota Vedova domenicana, ed uno in abito d’in- verno, dell’ Africa. — Steganura paradisea maschio estiv. (Linn) , — d. d. maschio estiv. d. Due esemplari maschi in abito di nozze pari- menti africani. — Pqromelana francescana maschio est. (Isert) — d. d. d. d. (d.) Due esemplari maschi dell’ Uccello della croce, detto Mascal dagli Abissini, comune anche nella nostra Colonia eritrea. 44 Quelea sanguinirostris Linn. — d. d. — d. d. Colla fronte nera, come le cuopritrici delle orec- chie e la gola ; e questo carattere la distingue dalla Q. oethiopica, che era posseduta dal Museo. Specie africana. 45 Laqonosticta minima Cab. — d. d. Distinguesi dalla L. senegaia, che si aveva, per avere piccole macchie bianche ai lati del petto. Specie di Senegambia. — Amadina fasciata Svvains — il notissimo cou-coupè africano, è maschio. 46 Amadina marginalis Sharpe — con una fasciai 134 GDIPO FALCONIERI DI CARPEGNA 120 121 122 123 124 125 126 47 127 — 128 48 129 — 130 — 131 132 133 134 135 49 136 — 137 138 sulla gola di rosso-cremisiuo molto scuro : di colorito generale più sjuro, colle penne del petto e dei fianchi apicate di nero a frangia, e non con piccole fascio n^re subterminali, come nella specie precedente. É del Senegai. Steganopleura guitata — (Shaw) — doli’ Australia. Hgpochoera oenea Harh — il noto Comba-sou di Senegambia. Hgpochoera funerea (De Tarrag — africana. Sporaeggnthus amandava maschio ad. Linn. d. d. maschio juv. d. d. femmina. Detti bengalini punteggiati (piquetés) dell’India. Sporaeggnthus subflavus maschio Vleill. d. d. feininina. I Bengalini ventre-arancio d’ Etiopia. Sporaeggnthus melpodus (Vieill). d. d. d. d. detti bengalini guancie-arancio di Senegambia tutti maschi, sebbene uno abbia 1’ arancio delle guancie più sbiadito Mania orgzivora (Linn) d. d. il conosciutissimo Calfat o Padda, o fringuello delle risaje che ò proprio della Cina. Mania malacca (Linnj. d. d. i cosi detti Domenicani notissimi ai venditori di uccelletti esotici. Poephila cincta (Gould). d. d. Elegante ploceide australiano, che spesso si trova presso i rivenditori di specie esotiche — Col capo e collo cenerini : una larga macchia nera attendata copre la gola e il petto: dorso, torace, e addome di color cannella-scuro: una striscia nera limita i fianchi trasversalmente fino alle coscio ; il sopraccoda e sottocoda sono bianchi. Estruda astrilda Swains. d. d. CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 135 I Smegalini fasciati dell’ Aft’lca meridionale. Estruda cinerea (Vieill) — il Senegalino cenerino di Senegambia. Estruda phoenicotis maschio Sw. d. d. femmina È il Frinyilla bengahcs linneano, detto volgar- mente mariposa, hengalino blù, o cordon-blit,. Estruda granatina, (Linnj — Non ammettendo io 1’ antipatica e confusioniera ripetizione del nome generico ; nè riconoscendo caratteri così salienti da creare per quest’ unica specie, un nuovo genere Qranntina, come vorrebbero"' gli Inglesi nel loro Catalogo, conservo il nome specifico linneano e unisco, come fu sempre unita, la specie al genere Estrilda. Ha la Coda assai lunga, con due belle macchie lilla-viola sulle gote ; ed abita 1’ Africa meridionale. sub. famiglia Ploceinae. Il g pìiantornis grandis Gray. A gola nera, capo nero, seguito sulla cervice da larga fascia castagna, che continua e circonda parimenti il nero della gola. Proviene dall’ Africa occidentale. b. Passerei^ abnormales. Famiglia Menuridae Menura superba maschio Dav. — L’ Uccello-lira dell’ Australia. B. Mesomyodae. a. Oligomyodae. P’araiglia Tyrannidae. — subfuniglia Tgranninae, ‘■ 14.5 52 Muscivora regia (Gm) — Colla cresta a venta- glio sulla fronte. Distinguesi dalla specie seguente, che si aveva, pel suo petto a fascie trasverse più o meno marcate, per le fascie suhterminali nere sulle scapolari, e per gli apici delle timoniere macchiettati di bruno-ne- rastro. Abita la Guiana è il Paese delle Amazoni. 139 140 141 142 50 143 51 144 GUIDO FALCONIERI DI'CARPEQNA im. 146 147 148 149 150 151 152 153 154 155 156 157 158 159 160 — - Muscivora Svvainsonii Pelz — Somigliantissima, ma con colorito giallu-ocraceo-pallido senza fa- scie sul petto; colle, fasciature appena accennate sulle scapolari; e colla coda ad apici scuri senza macchiettature, del Brasile. j, P’amiglia Pipridae — Machoeropterus regulus maschio Cab et„ Heine — ■ Del Brasile. Chiromachoeris gutturosa (Desm) — un maschio del Brasile. Famiglia Cotingidae — subfamiglia Rupicolinae. — Plio>micocercus carnifex maschio (Limi) — del- r America meridionale — Rupicola crocea maschio Vieill — d. d. femmina _ , , Specie peruviana. subfamiglia Cotinginae — Phihalura flnvirostrisWcxW. - Elegantissima specié brasilana. — Cotinga coerulea maschio Sci — dell’ America me- ridionale. — Cotinga cincta maschio Gray — d. d. maschio. del Sud., Est. del Brasile. — Cotinga cayana Limi. — della Guiana. , — Xypholoema pompadora maschio Linn. — d. d. femmina del Brasile. subfamiglia Gymnoderinae. 53 Iloemntoderus militaris Lath. maschio. — d. d. d. femmina., Importantissima specie d’ un bel piumaggio rosr so cremisino-scuro, con penne lunghe lanceolate sul capo, sul collo, sul petto, e sul groppone nel maschio. La femmina è alquanto più pic- cola, senza le penne lanceolate, col dorso e groppone bruno-fuliginosi, come le ali. E del- l’America ineridionale, CATALOS) DEGLI UCCELLI ESOTICI 137 161 162 163 — Quaeriila cruenta maschio (Bodd) — deh Messico. 51 Qymnocephalus calvus (Gm) — strano tipo, colla metà anteriore del capo senza penne e di color nero. Con becco e statara da corvo. Il più- maggio è bruno-castagno chiaro, colle ali e la oda nera. È dell’America meridionale. — Chasmorhyncus nudicollis maschio (Vieill.j — del Brasile. Famiglia Pittidae. 161: 55 Pitta brachyitra (Linn) — Col capo bruno -chiaro, e una larga striscia nera sul mezzo ; le cuo- pritrici e il groppone blù-chiaro-vivaci : la gola bianca: il solo centro dell’addome è di color rosso-scarlatto, come il sottocoda. Del Bengala. 165 56 Pitta coccinea Eyton — Avevamo già due splendidi esemplari delle P. granatina Femm. di Bor- neo. E quest’altra specie somigliantissima; ma la fascia nera frontale molto ristretta mi ha assicurai) nella determinazione: da Borneo, sebbene questa, che chiamerei sottospecie, è di Malacca. Famiglia Eurylaem.idoe. Calyptomena viridis maschio (Raffi) — di Sumatra. Euryloemus javanicus Horsf. — di Giava. Euryloemus ochroraelas Raffi — di Giava. Cymborhyncus macrorhyncus (Gm) — di Giava. d.' d. d. B. Traclieophonae I Famiglia Dendrocolaptidae — subfamiglia Philydorinae 171 — Xenops rutiius Licht — dell’America meridionale subfamiglia Dendrocolaptinae. 172 57 Nasica longirostris (Vieiiy — detto le grimpard' nasican da Levaillant, _ con provenienza dal Brasile, e dal lungo e robusto becco. Le parti superiori sono d’ un bel fulvo-ferruginoso-chia- ro : la gola bianca : il petto con lai’ghe mac- chie bianche, marginate di/ bruno-scuro. 166 167 168 169 170 138 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 173 58 Xyphorliyncus trochilirostrìs (LichtJ — Distinguesi dalla specie X. lafresnayanus prr avere il becco più corto, il colorito generale più scuro, - I e la statura più piccola. Proviene dal Brasile. Famiglia Formicarlidoe — subfani'glia Taranophilinae 174 - — Famno/)/H7us Liclit maschio -- del Brasile. subfamiglia Formicariinae 175 59 Pyriglena leucojytem (YìeìU) m:\sch\o — D’ un m ro lucente; una macchia dorsale, due strireie tra- sverse sulle ali, e le piccole cuopritrici di color bianco. È del Brasile. 176 Pithys albifroìis (Gm) — il maniliup della Guiana. subfamiglia Grallnriinae 177 60 Granaria albiloris Tacz — Le redini bianchiccio distinguono questa specie del Pei’ù dalla con- * genere e tipica G. rufìcapilla Lafr. della Co- lombia. * Famiglia Pteroptochidae 178 61 Hylactes castaneus (Phil. et Landò). — Tutto il piumaggio, compresa la gola castagno- bruno- scuro. È del Chili. Ordine IIP - PICARIAE A questo punto dovrebbero essere collocati i TRt)- CHILI {colibrì o uccelli-mosca) ma di questi si occupa [separatamente il mio amico ornitologo Prof. Giovanni Angelini. Sottordine — COKIACIAE Famiglia Cnprimulgidae — subfamiglia Caprimulginae 179 62 Lurocalis semitorquatus (GraJ — f.a mancanza di setole presso T ajiertura del becco ; la coda troncata e molto corta in confronto delle ali lunghissime ; il tarso molto corto c in parte pennuto sul dinnanzi; 1' addome fulvo-castagno non unicolore ma a fascie sono i caratteri CATALOGO CKGLI UCCELLI ESOTICI 139 generici e specifici. Non ve ne ha che due specie, la nostra del Brasile, e un’altra del Perù. sutfainiglia Nyctibiinae Nyctibius oethereus (Wied) — Distinguesi dal iV. grandis (Ginj per avere lo parti superiori ten- denti al bruno- castagno, o non al biancastro : e il ventre nerastro con macchie trasverse molto chiare. È del Brasile. Famiglia Podargidae Podargus strigoides (Lath). — Del Gen: Pudargusnou si aveano esemplari. Lo strigoides ha la coda lun- ga 0,m 261, ossia più corta; e le ali più lunghe cioè 0,m 23.5. Del resto le specie di questo Genere assai si somigliano. È d’ Australia. Famiglia Steatornitliidae Siteatornis caripensis Hamb — il notissimo Guacharo dalla Colombia. Famiglia Coraciclae Coracias abgssinicus Bodd. — dalla Senegarabia. Eiiristomus afer. (Lati’.) — dalla Senegambia. Euristomus orientalis (Linn) — di Malacca. Sottordine — HALCYONES subfamiglia Alcedininae Ceryle maxima (Pali) femmina — Dal petto e addome castagni. Le parti superiori grigìo-la- ' vagna bluastre macchiate di nero : una fascia scura con macchie lunghe nere sugli steli delle penne, divisa dal castagno mediante altra stret- tissima fascia bianca sul petto. È dell'Africa tropicale. Ceryle amazona (Linn) — dell’America centrale. subfamiglia Daceloninae Beicelo gigas (Bodd) femmina — dell’ Australia. Ilalcyon pileatus (Bodd) — delle isole Filippine. 140 GDIDO FALCONIERI DI CARPEGNA Famiglia Momotidae 190 66 Momotus brasiliensis Lath. — Questa specie, che può dirsi il tipo del Genere ci mancava: si avevano soltanto alcuni M. Nattererii Sci. Distinguesi per essere più grande e per avere del castagno sulla cervice. Proviene dal Bra- sile, Famiglia Coliidae 191 — Colius leucotis Eùpp. — dell’ Abissinia. Sottordine — BUCEROTES 192 67 Buceros rhinoceros Linn. — maschio — E la tipica specie dal tarso corto ; coda subtroncata : mento e gola pennuti: cresta di penne capillari. Codi bianca, larga con fascia nera sul mezzo. Di grandissima statura con un elmo grande, con- cavo superiormente, e rivolto all’ in su sul dinnanzi. Siccome è un maschio, ha la base dell’ elmo e delle mandibole nera, e una riga nera si allunga fino all’ apice deir elmo ri- curvo. Proviene dalle isole della Sonda. 19.3 — 194 — 195 68 196 69 Sottordine — TROGONES Pharomacrus mocinno La Slave — maschio, d. d. d. — maschio. Due bellissimi esemplari dell’ America m'^ridio- nale. Trogon atricollis Vieill. maschio — dal ventre giallo-chiaro (divenuto bianco, perchè sbiadito per essere troppo esposto alla luce) ; e le timo- niere medie verde-metalliche a riflessi bron- zini. Dal Brasile. Trogon surucura Vieill. maschio — dal ventre rosso sanguigno : il paio esterno delle timoniere colla parte basilare nera, 1’ apicale bianca — Dal Brasile. Trogon aurantius Spix maschio — Simile al T. surucura ma col ventre arancio (divenuto in gran parte bianco, perchè sbiadito), dal Brasile, CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 141 198 — 199 71 200 72 201 202 203 204 205 206 207 73 208 — 209 74 75 Sottordine SCANSORES Famiglia Picidae Campothera nubica (Gm) maschio — lo si dice di Persia : ma credo debba essere africano. Celeus elegans (Miill) maschio — Tutto di color fulvo-castagno, col capo e una bella e lunga cresta occipitale fulvo-giallo-chiara •, non che il groppone dello stesso colore della cresta* Le remiganti fulvo - castagne a fascio nere sui vessilli interni. Dalla Guiana. Famiglia Capitonidae Pagonorhyaciis dubius (Gm). Unica specie del Ge- nere: colla mandibola superiore solcata pro- fondamente : e setole forti e dense alla base del becco. È dell’ Africa. Chotorhea chrysopogon (Teinin) da GiaVa. Chotorhea versicolor (Raf4) — parimenti da Giava. Famiglia Ramphastidae Ramphastos tocard Vieill — dell’America centrale. Ramphastos arici Vig — del Brasile. Ramphastos dicolorus Limi — del Brasile. Pteroglossus formosus Cab. del Brasile. Famiglia Galbusidae Urogalba paradisea (Linnj Colle timoniere medie molto allungate e col capo uniformemente bruno-scuro. Mento bruno : gola bianca — Della Guiana. Galbula rufo-viridis femmina — Cab. Dal Brasile. Galbula vmdis La th. maschio — Gola bianca: ti- moniere esterne nerastre ; petto verde-bronzato; becco nero — Dalla Guiana. Distinguesi dalla precedente pel colore nerastro, e non fulvo-ca- stagno delle timoniere esterne. Famiglia Bucconidae Bacco macrorhyncus Gm — 210 A colori bianco e 142 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 211 212 213 214 215 216 217 218 219 220 nero : il bianco sulla fronte è ristretto. Della Guiana. — Malacoptila torquata (Hahn) — Del Brasile. Sottordine — COCCYGES Famig-lia Cuculidae — subfainiglia Cuculinae 76 Eudynamis honorata femmina (Linn) — Bruna a mncchic bianche; le fascie dell' addome sono larghe. Il becco non è nero. Dai Monti Imalaja. Statura piccola. subfamiglia Phoenicophainae — Rhinortha clilorophoea maschio. — Rhinortha chlorophoeu femmina. (Raffi.) Dall’ India. — Rhmccoccyx curvirostris (Shavvj — Da Giava. Famiglia Musophagidae — Turaciis corythaix Wagl.) — Dell’ Abissinia. 77 Musophaga violacea Isert. — Col becco grosso e giallo prolungato in lamina sulla fronte. Capo e cervice rosso-sanguigno-scuro-vellutato. Colorito generale nero-purpureo-violaceo; re- miganti in gran parte rosso-sanguigno-scure. Petto a riflessi verdi — Dall’Africa. 78 Schizorhis africana (Lath). — Con penne lunghe bruno-scure sulla cervice. Coda molto lunga bruno-nerastra. Gola, petto e parti superiori brune:' torace e addome bianchi a strie brune; il vessillo interno delle remiganti in gran parte bianco. Dell’ Africa occidentale. Ordine - FRITTACI Famiglia Nestoridae ~ Nestor meridionalis (Gin.) Famiglia Loriidae. 79 Psitteuteles Meyeri CWald) — Statura piccola ! coda lunga. Tutto verde con poco blu sulle ali. r 2-21 222 223 224 225 226 227 228 229 230 231 232 233 234 235 236 catalogo degli uccelli esotici 143 Petto verde giallastro-chiaro. Da Celebes. Avea scritto il nome di pappagallo delle Molucche,. Famiglia Cacatuidae 80 Cacatua galerita Veill. — Di statura grande i tutta di color bianco colle penne della cresta lunghe, sottili, cogli apici ricurvi, e di color giallo zolfino. Proviene dall' Australia. — Cacatua Leadbeaterii Wagl. — dalle Mollucche. — Cacatua, moluccensis Wagl — dalle Mollucche, — Cacatua sulpliurea. Wiell — dall' Australia, 81 Cacatua roscicapilla Wiell — Di statura piccola! colle penne della corta cresta larghe e non ricurve all'apice. La cera pennuta. Parti infe* riori rosso-rosee: parti superiori grigie. Dal- 1' Australia. — Calopsittacus Novae Hollandiae (Gm) — Dall' Au- stralia. Famiglia Psittacidae. subfamiglia Conuvinae. — Ara ararauna (Finn). — Dall'America tropicale, — Ara chloroptera Sclat — Dal Brasile. — Conurus aureus. (Gm) — Dalla Guiana. — Psittacula passerina (Finn) maschio — Dal Brasile. subfamiglia. Pioninae 82 Chrgsotis Levaillantii Gray. — Colorito verde. Capo, gote, e la parte superiore del collo gialli: spigolo dell'ala largamente rosso. Base della coda, e una macchia rossa sulle ali. Dal Messico. — Chrgsotis leucocephala ( Finn ) — Due esemplari provenienti dalle Antille. — d. d. — Pionus menstruus. (Finn) — Dall' America me- ridionale 83 Pionus fuscus. Gray — Colle remiganti e le mag-, glori cuopritrici blù-scure: pileo e redini nera- strp-blù: base] della coda rossa. Dalla Guiana. ““ Deroptus, accipyitrinus (Finn) — Dalla Guiana, 144 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA subfamiglia Psittacinae 237 — Psittacìis eri/thacus Liun. — Dall’ Africa. 238 1 239 ( 84 240 85 241 242 243 sub-famiglia: Paìoeornithinae Eelectus roratus femmina Gray — Due splendidi esemplavi. — Di coloriti rosso (i maschi sono verdi): senza un cerchio di color blù intorno agli occhi: una fascia larga sulla cervice, che ricopre anche la parte superiore del dorso di color blù: petto e addome blù-purpurei: sottocoda giallo-vivace. Entrambi dalla Nuova Guinea. Palaeornis cyanocephala maschio Wagl. Capo ros- so, che cambiasi in rosso-lilla sulla cervice. Dorso superiore verde-olivastro Macchia rossa sulle cuopritrici delle ali. Timoniere centrali d’ un bel blù a larghi apici bianco-giallognoli. Parti inferiori ve rde-erba chiarissimo. Dall’India. Palaeornis Alexandri Finsh — Dall’India. Polytelis Barrabandi maschio Gould. — Dalla Nuo- va Olanda Agapornis puUaria femmina (Linn) — Dall’ Africa. subfamiglia Platycereinae. 244 86 Platycercus elegans ( Gm ) — A gote blù: parti inferiori rosso-cremisine. Dall’ Australia. 245 87 Platycercus pallidiceps. Sci — A gote bianche, con poco blù inferiormente. Capo giallo-bian- castro. Parti inferiori blù-chiare. Le penne del dorso nere a larghe marginature giallo-vivaci. Dall’ Australia. 246 88 Barnardius Barhavdii (Vig. et Horsf) — Fronte rossa: capo verde: una larga macchia scura semilunare, che attraversa la cervice e va sino agli occhi: un collare giallo sul basso della cervice che finisce ai lati del petto: larga macchia gialla con sfumature rossastre sul mezzo dell’ addome. Dall’ Australia. 247 89 Psephot'us hoematonotus, Gould — A ddome gial- lo: groppone rosso. Dall’Australia. Psephotus pulchtrrimus juv. Gould — Con pochi 248 90 catalogo leglì uccelli esotici 145 249 250 251 accenni di rosso sulla fronte e sulT addome: e la macchia rossa sulle cuopritrici mediane appena incipiente: il blù-chiaro del groppone è mescolato con penne cinereo-brune. Gote e penne del petto bruno-bianchiccio-verdognolo 0 giallognolo con marginature brune. Dal- r Australia. — Psephotus pulclierrimus maschio ad — Gould. Fronte e addome rossi: grande macchia rossa sulle cuopritrici medie: groppone blù-chiaro. Dall’ Australia 91 Neophoema Burchii Gou\d — V-àrtì superiori brune: addome roseo: sottocoda blù-chiaro: Dell’ Au- stralia. 92 Neoplioema pulchella maschio (Shaw) Parti superio- ri verde-olivastre: addome e sottocoda gialli: tutta la faccia blù. Macchia rosso-castagna sulle cuopritrici superiori interne. Dall’Australia Ordine - COLIJMBAE Famiglia Treronidae — subfamiglia Carpophaginae 252 — Carpopliaga perspicillata (Temm) — Dalle Molluc- che. Famìglia Columbidae subfamiglia Ectopìstinae, 253 — Ectopistes migratorius (Finn) — Dagli Stati Uniti. 254 255 256 Famigla Peristeridae, subfamiglia Plàbinae. “ Oena capensis (Linn) femmina Dall’Africa. 93 Phaps chalcoptera, (Lath) — A gola bianca: petto e parti inferiori rosso-virate. Con belle macchie metalliche giallo-dorate sulle cuopritrici. Fronte castagno-chiara; pileo e occipite bruno-scuri: una striscia bianca dal becco va sotto gli occhi fino alle orecchie. Dall' Australia. 94 Ociphaps lophotes (Temm) — Capo cinereo-lava- gna con cresta di penne sottili e allungate. Coda lunga, molto arrotondata. Partì inferiori grigie: i lati del petto sfumati di rossigno. Mac- chie verdi, e sanguigno rosso-metalliche sulle 10 146 GUIDO PALCON’IURI DI CARPEGN’A grandi cuopritricl e seconderie. Cuopritrici a fascio strette e nere. Dall’ Australia. Subfainiglia Geotrigoninae. 257 95 Starnoenas cyanocephala (Linn). col becco da pic- cione, e tutta l’ apparenza di un gallinaceo. Gola nera con una striscia bianca che attraversa il mento e va sotto gli occhi fino alle orecchie: marginature bianche sulle penne nere della gola, che vanno sul petto. Capo blu circondato da una fascia nera. Colorito generale bruno-oliva- stro e bruno-rugginoso. Da Bogota. Snbfamiglia Calenadinae. 258 96 Caloenas peleicensis Finsh. — Colle penne{ del collo pettinate, molto lunghe e strette. Tutto di color verde metallico, con forte tinta blu, parti- colarmente sulle cuopritrici. Coda candida. Dal- le isole Pelew. Famiglia Guridae 259 ) — Gura coronata (Linn) — Due splendidi esemplari, 260 1 — provenienti dall’ isola di Giava. Ordine - PTEROCLETES Famiglia Pteroclidae, 261 9? Pterocles coronatus maschio Licht — Timoniere cen- trali non allungate in filamenti. Parti superiori ed inferiori cannella-chiaro senza macchie bianche. Gola gialla con una striscia nera centrale, che circonda il becco ed è interrotta sulla fronte da Una macchia bianca. Petto e ventre senza macchie nere. Dal Nord Est dell’ Africa. Ordine — GALLllVAE Famiglia Tetraonidae 262 — Tetraetes bonasia (Linn) — La notissima gélinoite, 0 francolino di monte. Dall’ Europa settentrio- nale, CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 147 263 264 265 266 267 268 269 270 Famiglia Phasianidae — subfamiglia Perdicmae. — • Starna perdix (Linn) — var. isabellina — Europa. 98 Arboricola torqucola (Valenc) — Questo esemplare, che portava il nome di Pernice di monte, non è un francolino, e molto meno è europeo. La coda di N. 14 penne, è lunga meno della metà della lunghezza dell' ala: il pollice porta un unghia bene sviluppata, e i tarsi sono sprovvisti di sproni (Gen: ^j-òo?u'coZa) Le penne dei fianchi sono grigie marginate di castagno con larga macchia bianca centrale: il pileo è castagno: mento e gola neri con penne marginate di bianco. È maschio, ed è uccello asiatico dell’Ima- laja. — Coturnix communis Bonn. — Una quaglia in gran parte albina. — Coturnix communis Bonn — altra quaglia intera- mente albina. 99 Microperdix erythrorhynca ? (Sykes) femmina — Questo esemplare era segnato come Coturnix austrcclis o quaglia della Nuova Olanda. Ma la prima remigante corta è uguale alla lO^ me lo toglie dal gruppo delle quaglie, che hanno la prima remigante ugnale alla 4.® Sono dubbioso nella determinazione, perchè il becco e le zampe dovrebbero essere rosse, e sono sbiadite: e la livrea non corrisponde perfettamente. Abita le alture della penisola indiana. — Rollulus rourloul maschio (Scop) — — Rollulus rourloul maschio (ScopJ — — Rollulus roulroul ('Scopj — Dalle isole della Sonda, 271 — 272 — 273 — 274 100 subfamiglia Phasianindae Tragopan satyra maschio (Linn) ,d. d. d. d. d. d. Tre esemplari della Cina. Tragopan Temminkii ( Gray ) Distinguesi dal precedente per avere le macchie del petto e 148 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 275 — 276 — 277 101 278 102 279 — 280 103 281 104 282 — 283 284 105 delle altre parti inferiori d’un bel grigio, non circondate dal nero. Della Cina. Lopbophorus refalgens femmina d. d. maschio, due esemplari dell’ India. Acomus e.rytliroplitlialmus maschio ( Raffi ) — A petto e addome nero-lucido-porporiui- Coda ful- vo-ceciato-chiara — Di Malacca. Loplmra rufa maschio (Raffi.) | d. d. femmina. ; Il maschio col petto nero a riflessi blù-purpurei i e il paio medio delle timoniere fulvo-ceciato chiaro. La cresta con lunghi steli nudi sormon- tati da un ciuffetto nero: larga placca di pelle nuda intorno agli occhi: ventre e groppone rosso vermiglio splendenti — La femmina colle ; parti superiori e la coda color castagno, e le I cuopritrici castagne finamente screziate di nero. ( Dalla Cina, ma forse è provenienza errata, poiché questa è specie malese. Lopliura Diardii (Teram) femmina — Colle cuopri- trici e il dorso e il sopraccoda neri con scre- ziature e fascie irregolari bianco-ceciate e il mantello e le parti inferiori di color castagno. ^ Si disse anche Diardigallus prelati Bp. Dalla < Cocincina. ^ Gennaeus leucomelanus maschio ( Lath ) — Coda ( nera: cresta nera: le penne del groppone mar- * ginate di bianco: penne del petto biancastre e ,• lanceolate. Dell’India. Gennaeus nyetimerus maschio (Linn). d. d. femmina. Il comune fd^giano argentato proveniente della ' Cina j Gennaeus Siomhoii (Gouldj — Distinguesi il maschio , da tutte le altre congeneri per avere le scapo- | lari rosso-cremisino-scure con riflessi rosso-bron- I zati. La femmina poi ha le scapolari e cuopri- j trici con una macchia triangolare subterminale ! ceciato-giallastra largamente apicata di nero: i 285 286 287 288 289 290 291 292 293 294 295 296 297 298 299 300 301 302 303 CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 149 e i vessilli interni delle remiganti a fascie alternate nere e castagne. Dalla Cina. Puorasia xanthospila maschio Cray — Dalla Cina* Phasianics colchicus Linn. pulcino. — d. d. d. — d. d. d. — d. d. d. — d. d. d. 106 Phasianus Torquatus maschio Gm. — d. d. femmina — — d. d. ibrido — ^ Maschio. Un collare bianco; groppone e so- praccoda grigio lavagna verdastro: le fascie tra- sverse nere delle lunghe timoniere medie assai larghe. Mantello e fianchi ceciato-giallastri ad apici neri a riflessi: scapolari marginate di rosso-indiano — La femmina, manca del collare: pochi accenni di rosso sui margini delle scapo- lari: del resto, bruno e ceciato a macchie e fascie. Dalla Cina. 107 Phasianus Reevesii maschio Gray. — Dal pileo bianco. Conosciuto anche sotto il nome di Ph. veneratus Temm. — Dalla Cina. — Chì-ysolophus pictus maschio (Linn) — d. d. femmina Il notissimo fapiano dorato nella sua elegante livrea. Dalla Cina. 108 Chrjsolophus, Amlicrstiae maschio (Leadb) — d. d. femmina Dalla varietà e bellezza di colorito veramente rimarchevole, c la coda lunghissima. Col torace e r addome bianco-candidi nel maschio. Dalla Cina. 109 Gallus Sonneratii femmina — Dell’India — Poliplectron chinquis 'maschio (Milli. ) — Dalla Cina. — Argusianus argus maschio (Linn) — d. d, femmina Dell’ Isola di Sumatra. — subfamiglia Odontophorinae — Oreortyx pictus (Douglas) maschio — Con cresta di dne penne lunghe e ne' e 160 GUIDO FALCONIERI DI CARPE6NA 304 305 110 306 — 307 308 309 310 311 111 312 — 313 112 314 113 d. d. — la femmina non avrebbe la cresta. Li livrea dei due sessi è perfettamente uguale. Dalla California. Lophortyx californicus maschio (Shaw) d. d. femmina. Del Messico. Non lo descrivo; perchè sebbene non fosse posseduto dal Museo; è notissimo. Orlyx virginianus femmina (Linn) d. d. maschio Dalle Antille. Famiglia Cvacidae Crax alector maschio (Linn) — h’ Hocco proveniente dal Brasile d. d. — in questo secondo esemplare della medesima provenienza noto il ventre non bian- co, come, secondo il Catalogo brittannico do- vrebbe essere, e come è infatti nel 1® esemplare: esso c invece di color fulvo-cannella: e non può attribuirsi però per gli altri caratteri ad altra specie descritta nel medesimo Catalogo. Pauxis galeata (Linn) Teinra — Importante nuova specie per noi: con un elmo rialzato sulla fronte a foggia di fico: col pileo e collo a penne nero -bruno-vellutate: e tutte le penne nere a rifles- si: col ventre, il sottocoda e gli apici della coda bianchi. Pigile jacutinga (Spix) Dal Brasile. Pipile cujubii (Natt) — Distinguesi dalla prece- dente per avere i vessilli esterni delle cuopri- trici delle secondarie non bianchi, ma solo marginati di bianco — Dal Brasile. Ordine FULICARIAE famiglia RalUdae Limnocorax niger (Gm ) Piumaggio tutto nero om- brato di cenerino. Sebbene sia segnata la provenienza indiana , tuttavia è specie del- F Africa. CATàLOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 151 Famiglia Heliornithidae 315 114 Heliornis fulica ( Bodd ) Elegante e strano tipo dalle dita lobate di color giallo a fascie brune. Parti superiori bruno-olivastre. Pileo e cervice nero'blù a riflessi; gote castagno-chiare: gola bianca: due striscie bianche vanno dagli occhi all’ occipite: altre due si partono dal fulvo delle gote e vanno lungo i lati del collo: una striscia nera circonda la gola bianca. Petto ceciato scu- riccio: addome bianco. Dell’America centrale. Ordine - ALECTORIDES Fam. Aramidae. 31G 115 Aramus srolopaceus (Gm) — A prima giunta si di- rebbe un piccolo Ciconiidae. Tutto color ciocco- lata colle penne delle parti superiori marginate di bruno-chiaro, e macchie bianche lanceolate sulla cervice, sul lungo collo, ed alcuna sul mantello. — Dal Brasile. 317 318 Fam. Gruidae. Grus communis Bechst — Un grande esemplare maschio — Europa. Fam. Psophiidae. Psophia crepitans Linn. La notissima Agami del- 1’ America. Fam. Otitidae. 319 — Otis tetrax Linn, femmina. 320 — d. d. maschio. la nostra Gallina pratajola. Ordine — LIMICOLAE Fam. Parridae. 321 — Phgllnpezus africanus (Gm) — Dall’Abissinia. 322 — lacana spinosa Stejn — Dell’America meridionale. 152 323 324 325 326 327 328 329 330 331 322 1 GUIDO FALCONIERI DI CARPEQNA Fam. Charadriidae. — subfara. IToematopodinae. — Iloematopus palliatus Gm — L’ Ostricaja d’America dal dorso bruno. subfam. Charadriinae. — Belonoptems caiennensis (Gm) — DeU’America me- ridionale. subfara. Ilìmantopodinae. 116 Recurvirostra Novae HoUandiae Viell: Col capo e I la cervice di color castagno-rossastro. Dal- j r Australia. subfara. Totaninae. { 117 Symphaemia semipalmata ("Gin^: con arabo le dita laterali congiunte al medio mediante una mem- brana, che giunge quasi alla metà del dito stesso. — In livrea d’ inverno e proveniente da'T America. 118 Tringoides macularia (Limi) — Le belle macchie nerastre a gocciola delle parti inferiori lo di- stinguono dal nostro comune T. hypoleucus. Dall’ Europa. } subfam. Scolopacinae. — Calidris arenaria. 111. — europea. — Limonites minuta (Leist) — il nostro gambecchio d’ Europa. — Relidna alpina (Linn) — Il piovanello pancia-nera ' in livrea d’ inverno. i 119 Rostratula capensis (Linn) — Colla gola superiore j bianca; e il collo bruno-fulvo-chiaro: le cuo- J pritrici con macchie ovali ocraceo-ceciate : Africa. h 1 Fam. Thinocorhythidae j 120 Attagis Gayi Less. — Tipo vicino ai Gallinacei. i Color fulvo-grigio con ondulature e screziature j nere al di sopra: e color cannella con fasce ondulate nere inferiormente. Del Chili. j j CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 153 323 324 325 326 327 328 329 330 331 Ordine — GAVIAE Fam. Larìdae. subfam: Sterninae. 121 Hjdroprogne caspia (Pali.) — Col becco molto ro- busto. Capo nero, lati del capo e parti inferiori bianche: ali e parti superiori cinereo-perlate. Statura grande. Europea. — Anous stolidus (Linn) — Dal Brasile. Ordine — TUBIXARES Pam. Puffinidae. subfam. Falmarinae — Ossifraga gigantea (Gm) — delPOceano del Sud. Fam. Diomedeidae — Diomedea exulans juv. Lino — Tutto bruno-scura: colla fronte, i lati del capo e l’alto della gola bianchi. Statura assai più piccola degli esem- plari adulti posseduti già dal Museo. Ordine — PLATALEAE Fam. Ibididae. — Ibis aethiopica (Lath) — l’Ibis sacro dell’Africa. — Eudocimus ruber fLinnj ad. — d. d-. — juv. dell’America meridionale. Fam. Plataleidae. — Ajaja rosea Ridgw. — E la Spatola rossa dell’A- merica settentrionale. Ordine - HERODIOI^^ES Fam. ArdeidaCi 122 Agamia pietà Reich. — Capo nero, con cresta di penne lunghe e fini di color grigio. Dorso, ali e coda verdone-lucente: scapolari eon color ca- stagno sui vessilli esterni: le penne ornamen- tali del mezzo del dorso grigio periate, come quelle arricciate dei lati del collo, La gola è f 154 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 332 333 334 bianca con una striscia castagna sul mezzo. U- nica specie del Genere deH’Araerica centrale. Cancroma cochlearia Linn — Il becco a cucchiajo del Brasile. Fam. Ciconiidae. Ciconia alba Bechst - La notissima Cicogna europea. Ciconia nigra (Linn) — La cicogna nera parimenti europea. Ordine - STEGANOPODES Fam. Pelecanidae. 335 — Pelecanus onochrotalus Gin. — dell’Europa. 336 123 Pelecanus philippensis Gra. — vicino al P. crispus di Dalmazia, ma colle penne del capo, della cresta, e del collo a basi nere: le ali biancastre e brune: le remiganti nere; due macchie alla base della mandibola superiore. Dorso di color chiaro-vinato. E dell' India. Famiglia Fregatidae 337 124 Fregata ariel maschio (Gould) — Di statura pìccola con una macchia bianca sui fianchi. DaU’Occano ^ tropicale. Famiglia Phoetontidae 338 — Phaeton rubricauda Bodd — h’ Uccello dei Tropici i a coda rossa dei mari tropicali dell’ India. Ordine - PYGOPODES Famiglia Padicipedidae 339 — Podilymnus podices. (Linn) — ovvero ludovicianus ‘ Bodd. 0 carolinensis Lath. Colle penne della ' fronte setolose; il colmo del becco fortemente I ricurvo verso 1’ apice: una fascia nera attraversa i sul becco le narici. Unica specie del genere, j che è proprio dell’ America centrale e inerii ' dionale. ' catalogo degli GCCELLl ESOTICI ]55 Ordine — ALCAE Famiglia Alcidae — subfamiglia Alcinae 340 125 Plautus impennis Lina — Di questo rarissimo e splendido esemplare^ che forma ora l'ornamento invidiato del nostro Museo per la manificenza del Re, tenne lungamente discorso in una speciale Memoria il Presidente Prof. Carruceio. Ritengo esser desso uno fra i più belli di quanti ne esistono, e per la bellezza della livrea, e per la conservazione. Ordine - IMPENNES 341 Aptenodytes patagonica Forster — Colla base della man* diboia inferiore nuda di penne. Il nero-bruno della gola termina a punta sul petto, ed è marginato lateralmente e strettamente da giallo arancio, che si unisce colle macchie dei lati del capo, e coll’ arancio del petto. É dello stret* to di Magellano. 342 127 Gatarvhactes chvysolophus (Gray) Le fascie di pen* ne lunghe e dorate sopraccigliari si riuniscono sulla fronte; le redini, il mento, la gola, il collo e i lati del capo sono bruno-nerastri. Fu detta dei mari antartici africani forse, per errore, poiché si rinviene in quelli americani. 343 — d. d. — Altro esemplare co' mede- simi caratteri, ma di statura di gran lunga più piccola: certo un giovane della specie medesima. Infatti aveva il medesimo nome. Ordine - CHOEXOMORPHAE Sottordine — PALAMEDEAE Famiglia Palamedeidas 344 — Chauna cristata (Sw) — DalPAmcrica meridionale. L’esemplare, che già esisteva in Museo, sebbene segnato col nome di C. chavaria, a me sembra appartenga ugualmente a questa specie pe’ suoi caratteri. 156 GUIDO FALCONIERI DI CARPEGNA 345 128 346 347 — n cigno nero Famiglia Anatidae — subfamiglia Cygninae Cygnus melanocorjplius. Bonn — detto anche C. nigricollis Boiè dell’ America meridionale. Clienopis atrata Vieill. d. d. d’ Australia colle secondarie e terziarie arricciate. Tutto di color nero-scuro, colle primarie e se- condarie bianco-candide. Becco rosso attraver- sato presso la cima da una fascia bianca. 348 349 350 351 129 subfamiglia Plectropterinae Aex sponsa maschio d. d. maschio d. d. femmina (Linn) — Dagli eleganti colori: col capo crestuto: e la parte basilare della mandibola superiore formante angolo molto marcato in rapporto alle penne della fronte e delle redini. Le ter- ziarie interne larghe molto, cogli steli diritti. La femmina colla cresta assai più corta, e colle penne senza colori a riflessi metallici. Dall’ America centrale. Aex galericulata maschio Boiè — U Anatra cinese 0 mandarina splendidamente variopinta ha la base della mandibola superiore che forma una linea retta in rapporto alle penne della fronte e delle redini. Le penne dei lati del collo fnel maschio) sono molto strette ed allungate e di color castagno striate di bianco. Le terziarie larghissime hanno gli steli inclinati. Dal Giap- pone. Subfamiglia Anatinae 352 130 Dendroegena fulva (Gm) — Le piccole cuopritrici dell’ ala rosso-castagno-scure. Capo color can- nella con una striscia nei’a sulla cervice; sca- polari nere a fascie fulvo cannella; sopraccoda bianco-ceciato con macchie nere; petto e parti inferiori fulvo-cannella senza macchie nerastre. Dal Messico. CATALOGO DEGLI UCCELLI ESOTICI 157 353 — Dendrocjcna autumnalis (Linnj -- Dalla Guiana. 354 — Querquedula discors maschio — (Linn) — Dal Brasile. subfamiglia Merginae. 355 131 Lophodytes cucullatus (Linn). — Con una bella cresta arrotondata bruna e bianca. Il colmo del becco più lungo del tarso: colle seghetta- ture delle mandibole corte, ottuse e non piegate all’indietro, come nel Gen: Merganser, Collo nero-bruno: petto e parti inferiori bianche. Dair America settentrionale. Ordine — CASUARII 356 132 Casuarius sp. Un pulcino superbamente preparato. Dall’ Australia. Ordine - APTERYGES 357 134 Apterjx Mantellii Bartl — Col piumaggio bruno- fulvo colle penne marginate spesso di nero sulle parti superiori, aspre e non soffici al tatto. Dall’ Australia settentrionale. Riassumendomi: sui N. 357 esemplari da me accU'‘ ratamente esaminati e determinati come sopra: ben N. 134 non si possedevano dal Museo Zoo* logico della E. Università di Roma. SUI TROCHILI donati da S. M. il Re Vittorio Emanuele 111° AL Museo Zoologico della R. Università di Roma SUNTO della relazione fatta dal prof. GIOVANNI ANGELINI alla Società Zoologica Italiana Il socio Prof. Giovanni Angelini presenta uno scelto saggio dei Trochili, o Colibrì, facenti parte della collezione di animali donata nello scorso anno da S. M. il Re d’ Italia al Museo della R. Università di Roma. Dopo rapida menzione dei caratteri distintivi di questo ben delimitato gruppo di uccelli, non che della loro vita e dei loro costumi, 1’ Angelini fa cenno della loro classificazione, ricor- dando i poco ben riusciti tentativi per suddividere il sott’ ordine in sezioni, le quali nel recentissimo Catalogo generale dello Sharpe {A Hand-List of thè genera and species of thè Birds, Voi. II 1900 ) vennero lasciate totalmente da banda. Parla poi dei generi, e col confronto degli importanti e successivi lavori del Mulsant, et Verreaux (Histoire naturelle des Oiseaucc-Mouches 1874j del Salvin (Upupae and Trochili; in Cat. of thè Brit. Mus. VoLXVL 1892^ e dello Sharpe (op. cit.) dimostra come il numero dei generi dei Trochili sia stato gradatamente diminuito, mentre il numero delle specie conosciute è andato aumentando considerevolmente. Elogiando questo, che egli chiama atto di resipiscenza, ne trae argomento per osservare in via generale, come lo eccessivo sminuzzamento dei generi, in base a caratteri morfologici di poca entità e mal definiti, oltre al non avere importanza scien- tifica, non offre nemmeno vantaggio pratico, e imbarazza più che non agevoli P identificazione della specie. Nella determinazione e classificazione dei Trochili della col- lezione Reale dice di aver seguito il sopracitato catalogo del Museo Britannico, anziché gli ultimi lavori dell’Hartert (Thier- SUI TEOCHIU 159 reich, Lief. IX,) e dello Sharpe (op. cit.J, anche per mettere in accordo questo gruppo di uccelli cogli altri studiati dall’amico Conte di Carpegna, e colle altre collezioni orniti che del Museo, in cui fu seguito 1’ ordine e la nomenclatura dello stesso Ca- talogo. Riservandosi a pubblicarne l’ intiero elenco, riassume per ora la statistica dei generi e delle specie da lui determinate nella Collezione dei Trochili donati dal Re, e la pone in con- fronto con quella dell’ altra collezione di Trochili precedente- mente posseduta dal Museo, e della cui revisione egli stesso si occupò ì’ anno avanti. Constata cosi esistere nella Collezione Reale N. 148 esemplari, rappresentanti N. 101 specie, e N. 68 generi, di cui 30 specie e 9 generi non erano rappresentati nella più antica collezione del Museo. Quest’ ultima invece consta di 276 esemplari rap- presentanti 106 specie e 67 generi, di cui 59 generi e 71 specie in comune colla collezione Reale, e 8 generi e 35 specie ad essa esclusivi. Cosi in complesso il Museo di Roma possiede ora 384 esem- plari montati di Calibri, rappresentanti 76 generi e 136 specie, circa. Certamente per arrivare alla cifra di 118 generi e 570 specie elencati nel citato Hand-List dello Sharpe ne mancano ancora molti; tuttavia non si può negare che il gruppo dei Calibri del Museo Romano forma una delle più belle Collezioni speciali posseduta dai Musei Italiani. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA I, O T ^ LE PULCI PARASSITE DEI RATTI E DEI SORCI Hystrichopsylla tripectinata uova sp. Dui Laboratorio di Micrografia e Batteriologia della Sanità Pubblica Comunicazione alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Dott. CARLO TlRABOSCHl É a tutti nota la parte importante che nella propagazione e diffusione della peste bubbonica è stata attribuita in questi ultimi anni ai ratti e ai sorci e ai loro parassiti cutanei, e sopratutto alle pulci. Per incarico del Direttore Prof. B. Gosio vado studiando da qualche tempo la distribuzione geografica di tutte le specie di Muridae e Arvicolidae italiani nelle varie regioni e provincie d’ Italia, e ciò allo scopo di avere nozioni esatte e complete sulla diffusione di queste specie e quindi sulle diverse condizioni epidemiologiche in cui, sotto questo punto di vista, verrebbero a trovarsi le varie regioni e province d’Ita- lia allo scoppiare di una epidemia di peste. Contemporanea- mente studio anche gli ectoparassiti di queste specie di Mus e Arvicola, sia dal punto di vista zoologico-sistematico, come un contributo alla conoscenza di questi parassiti in relazione alla maggiore o minore importanza che ciascuno di essi può avere per la diffusione della peste, sia dal punto di vista bio- logico come un contributo alla conoscenza dell’ ufficio preciso che essi possono avere nella propagazione della peste, sia da ratto a ratto, sia da ratto ad uomo e da uomo ad uomo. Riservandomi di pubblicare a suo tempo i risultati completi di questi studi, comunico ora con questa prima nota preventiva la descrizione di una nuova specie di pulce, che ho raccolta sopra un Mus musculus L. (comune topolino delle case), cat- turato in una casa di Roma. GLI ANIMAU PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 161 r Premetto che sui numerosi esemplari di Mus musculus, raccolti in molte province d' Italia, che fino ad ora ho esami- nati, la specie di pulce più frequentemente trovata è la Cteno- psylla rnusculi Dugès (Pulex musculi Dugès; Typhlopsylla rau- sculi Tschb.) e che questa specie soltanto ho finora raccolto su Mus musculus var. albina (^topolini bianchi addomesticati); pochissime volte ho trovato su Mus musculus il Ceratophyllus fasciatus Dose. (Pulex fasciatus Dose., Tschb.); questa specie invece è quella che si trova più frequentemente sul Mus decu- manus Pallas, (comune ratto delle chiaviche) insieme col Pulex serraticeps 'Tschb. (Pulex canis Curtis; Pulex felis Bouchè (1) e col Pulex pallidus Tsebb. rarissime sono sul Mus decumanus la Pulex irritans L. e la Ctenopsylla musculi Bug. Sul Mus alexandrinus Geotfr. (varietà del Mus rattus L.; sorcio tettaiuolo 0 topo da tetto) ho raccolto più frequentemente la Ctenopsylla musculi e qualche rara volta Ceratophyllus fasciatus e il Pulex pallidus Tschb,, più di rado ancora Pulex irritans L. e Pulex serraticeps Tschb. Sul Mus silvaticus L. (topo selvatico o sorcio campagnuolo) ho trovato fino ad ora soltanto esemplari di Ctenop- sylla musculi. Quanto alle altre specie meno diffuse di Mus (Mus agrarius Pallas; Mus minutus Pallas) e alle diverse specie di Arvicola, non ho ancora raccolto un sufficiente numero di esemplari per poter dire quali specie di pulci vivano su esse. Quanto alla nuova specie trovata sul Mus musculus, essa ap- partiene al genere Hystrichopsylla, istituito dal Taschenberg (2), che descrisse in esso una sola specie; H. obtusiceps Rits. (H. talpae; Pulex talpae Curtis etc.), a cui si aggiunsero altre due specie; H. americana Baker (3) e H. Narbeli Galli V. (4), e adesso questa quarta specie che denomino H. tripectinata, perché caratterizzata dalla presenza di tre soli pettini di spine; uno alla testa, uno al pronoto, e uno al primo segmento addominale. (1) Sull’ importanza della presenza del Pulex serraticeps sul Mus deiuinanus vedi la mia nota pubblicata sul Policlinico 1902. (2) Otto Taschenbet-jr. Die Flohe ecc. — Halle 1880 pag. 36 e 8.3. (.3) Cari F. Baker. On two neu and one previously knovvn. Flea. Eutoinol. News Voi. X. 1899 (A) Galli-Valerio Bruno. Sur les puces d’ Arvicola nivalis. Ardi, de Paras. IH, 1990 11 162 DOTT. CARLO TIRABOSCHI I caratteri generici dei gen. Hystrichopsylla Tschb. sono cosi enunciati da questo autore: Testa tronca anteriormente. Occhi mancanti. Fosse antennali spianate, senza bordo anteriore ispes- sito. Guance, pronoto e parecchi dei segmenti addominali armati di pettini di spine. Tutto il corpo ‘coperto da peli e da setole straordinariamente numerosi (1) La descrizione che segue della Hystrichopsylla tripectiiiata n. sp. maschio, si riferisce naturabnente aU’unico esemplare maschio che possiedo e che è lungo mm. 3, .5; potrebbe quindi darsi che con T esame di altri esemplari alcuni dei caratteri che do come specifici diventino caratteri sessuali o anche sem- plicemente individuali. II corpo è allungato e di colore castagno-scuro. Testa. Noterò anzitutto che la testa non è tronca anterior- mente come weWix HìjsirichoiJiiìjlla ohtusiceps e che quindi, volendo mantenere questa specie nel gen. Hpstrichopsylla'VscM), bisogna modificare questo carattere che il Taschenberg dà come generico. Nel suo contorno e a partire dal suo bordo posteriore, la testa decorre superiormente per un certo tratto in linea retta, in continuazione della linea dorsale del torace, poi descrivendo una curva dolce e regolare, scende in basso, e infine si piega bruscamente, con un angolo leggeimiente ottuso, in dietro e in basso, e in quest’ ultimo tratto presenta una specie di calotta chiara molto sporgente, grossolanamente emisferica, simile a quella descritta da Galli- Valerio nella sua Hystrichopsylla Nar- beli. Lungo ciascuna guancia, dall’ estremità anteriore della testa fino alla rispettiva fossa antennale, si distende un pettine di 13 spine, scure, grandi, larghe, assottigliate alTestremità, senza però terminare a punta aguzza, tutte all’ incirca della stessa lunghezza (le due estreme sono più corte di tutte), dirette obliquamente in basso e in dietro. 11 margine superiore del pettine descrive due linee: una retta che parte dal bordo ante- riore della testa, e una leggermente ondulata, lunga circa il (1) È da questo carattere che il Taschenberg ha desunto il nome generico. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 163 doppio della prima, e che parte del bordo anteriore; le due linee convergono in basso, e si incontrano ad angolo quasi retto. Gli occhi sono rappresentati danna macchia oculare rudimen- tale, appena visibile, non tanto per le sue dimensioni le quali anzi sono notevoli, quanto per il suo colore molto sbiadito; questa macchia circolare si trova presso il bordo anteriore delle fosse antennali, verso metà. Le fosse antennali, benché non siano profondamente incavate, non sono del tutto spianate, (v. s. caratteri del genere), come si può benissimo constatare osservandole col microscopio di Zeiss a visione stereoscopica, ed anche coi comuni microscopi- non hanno il bordo anteriore ispessito e presentano invece un forte ispessimento chitinoso al bordo posteriore nel suo tratto superiore; sono larghe in basso, ristrette in alto, e raggiun- gono 0 quasi il margine superiore della testa, là dove questa comincia ad incurvarsi in basso e in avanti. L’ articolo termi- nale delle antenne è a cono di pino, con nove incisore circolari come nell’ Hystrichopsyìla obtusiceps-, il 2. articolo è caliciforme, con lunghe setole lungo tutto il suo orlo superiore. Le mascelle sono allungate, a punta acuminata. I palpi mascellari sono lunghi e grossi, e muniti di molte setoluzze; il 1. ariicolo è il più lungo di tutti; il 2. e il 3. sono quasi ugualmente lunghi Gl 3. un po’ più breve); il 4. é più corto del L, ma più lungo del 2.; la successione è quindi, in ordine crescente di grandezza: 3 - 2 - 4 - 1. Sulla testa ci sono molle setole, alcune sparse, altre ordinate in serie. Nella porzione anteriore cioè in quella che è avanti alle fosse antennali, si vede una fila di piccole setole lungo il tratto incurvato del margine superiore; sotto a questa fila, una grande setola anteriore ; altre tre grandi setole si trovano vicino al bordo anteriore delle fosse antennali nella loro porzione superiore; un’ altra fila di piccole setole stà sopra al pettine, è infine altre setole piccole sono distribuite qua e là. Nella por- zione posteriore, cioè in quella che é dietro alle fosse anten- nali e che è meno estesa della precedente, si vedono tre file successive e obliquamente dirette di setole piuttosto grandi, crescenti di numero e di -grandezza dalla prima alla terza fila, la quale ha le sue setole inserite lungo il bordo posteriore della 164 DOTT. CABLO TIRAB'SCHI testa; infine sul margine superiore della testa ci sono delle Ale di peli, di cui quelli anteriori sono più corti. Torace. I segmenti toracici sono tutti e tre bene sviluppati, specialmente il mesotorace; bene sviluppate sono pure le pleure del mesotorace e più ancora quelle del metatorace ; tutte e due presentano una cresta chitinosa, diretta obliquamente in basso e in dietro e che nel metatorace divide ogni pleura in due par- ti: una anteriore più piccola o pleura propriamente detta, e una posteriore molto sviluppata, la cosidetta squama o scaglia ali- forme. 11 bordo posteriore del pronoto è armato di un lungo pettine, costituito da .32-34 spine (se ne contano da 16 a 17 per ciascun lato, ma in realtà é un pettine unico e continuo), simili a quelle della testa; sul pronoto stesso, avanti al pettine e ad esso parallele, si contano tre Ale di setole, crescenti di grandezza dalla Ala anteriore alla posteriore ; in qnest’ ultima le setole sono 5-6 per lato e alternate con Ani setoluzze. Sul mesonoto si contano Ano a sette od otto Ale trosversali di setole, di cui quelle delle prime Ale si distinguono appena perchè sono cortissime e nascoste in parte dalle spine del pettine del pronoto, quelle delle Ale successive, in numero di 6-7 per ciascun lato di ciascuna fila, van crescendo di lunghezza ; lunghissime sono quelle inserite lungo il bordo posteriore del mesonoto, e anche queste sono alternate con Ani setoluzze. Anche sulle larghe pleure del mesotorace ci sono molte Ale di setole, di cui quelle anteriori, costituite da setole cortissime, sembrano una continuazione di quelle del mesonoto ; le Ale posteriori invece, costituite da setole più grandi, si dirigono obliquamente in basso e in dietro. Sul metanoto si possono contare cinque Ale trasversali di setole, di cui le prime tre non sono molto regolari e constano di setole più corte ; al solito quelle del bordo posteriore, in numero di 8-9 per lato, sono lunghissime e alternate con piccole setoluzze. Sulle ampie pleure del metatorace ci sono pure molte setole distribuite in parecchie Ale, irregolarmente disposte. Aggiungerò che sulla linea mediana dorsale dei tre segmenti toracici le setole delle rispettive Ale sono un pò più lunghe, GLI ANIMALI PROPAGATORI Ì)ELLA PESTE BUBBONICA 165 Addome. Il bordo posteriore del 1. zoonita addominale ha un pettine, nel quale si contano, per ogni lato, da 14 a 15 spine, simili a quelle degli altri due pettini e tutte all’ incirca della stessa lunghezza; avanti al pettine c’ é una Ala regolare di otto lunghe setole, alternate con peli, e avanti a questa altre tre file irregolari di setole sempre più piccole. Sul bordo poste- riore della banda dorsale (notum) del 2. — 6. zoonita addomi- nale si vede una fila trasversale di setole (10-11 per ciascun lato), lunghe e nere, alternate con dei peli chiari (setoluzze finissime); nella fila del 7. zoonita si contano soltanto 7-8 setole per lato. In ciascun zoonita poi avanti a questa fila c’ è una fila parallela di setole piuttosto piccole e avanti a questa un’ al- tra di setole piccolissime. Sul bordo posteriore della banda dorsale del 3.-6. zooni- ta addominale si trova una serie pettiniforme di grosse pun- te di chitina, in forma di coni neri, a punta piuttosto acuta, tutti ben distinti e visibili ; nel 3. segmento queste punte sono 9 per lato ; nel 4, 8 ; nel 5, 7 ; nel 6, 5. Nel 3. e nel 4. segmen- to le grandi setole del bordo posteriore sono inserite dietro a queste punte o denti di chitina; nel 5. quasi allo stesso livello; nel 6. in avanti. Il settimo zoonita addominale, posteriormente alla solita fila delle setole lunghe, ha da ciascun lato una grossa prominenza, sul cui bordo posteriore leggermente convesso si' vede una serie ben distinta di quattro setole lunghissime, grosse e scure, di cui le due inferiori od esterne sono più lunghe delle altre due, delle quali quella superiore é la più corta di tutte. Richiamo l’ attenzione su questo dato caratteristico, giacché in tutte le specie di pulci che finora sono state riscontrate sui Muridae e Armcolidae, non si vedono più di tre setole apicali (o caudali) per lato; solo il Galli-Valerio ha trovato nella sua B.ystrichopsylla Narbeli, oltre le tresetole per lato, un’ altra setola dorsale impari, e il Wagner nella femmina della sua 166 DOTT. CARLO TIRABOSCHI Ctenopsylia 'pectiniceps sei o sette setole per lato, ma nel maschio solo tre per lato. (1) La banda dorsale dell’ ottavo segmento addominale non ha la solita Ala di setole lunghe, ma solo due file irregolari di setole piuttosto piccole. Non si vedono nell’ esemplare che ho sott’ occhio i tre denticini neri descritti nella Hystrichopsylla obtusiceps Rits. e nella H. 2^arheU Galli- V. L’ ultimo zoonita addominale (pygidium) ha la sua banda dorsale diretta in basso, verticalmente o quasi, e il caratteristico aspetto determinato dai peli e dagli spazi chiari non è molto netto ed evidente. La banda ventrale di ciascun zoonita addominale, dal 2. al- l’8., ha sul suo bordo posteriore e vicino alla linea mediana ven- trale una corta fila di 3-4 lunghe setole scure per lato, e ante- riormente a queste altre setole più corte; le setole del margine posteriore dell’ ottavo zoonita (4 per lato) sono più lunghe e più grosse di tutte le altre. Quanto all’ ultimo segmento del- r addome esso presenta sulla sua banda ventrale un folto ciuffo terminale di setole e di peli di lunghezza svariatissima. L’ apparato di fissazione del maschio è molto complicato e ricorda nelle sue parti principali quello dLeW Htjstrichospsylla obtusiceps Rits. Le due tenaglie (2) laterali che lo costituiscono sono di forma tozza e, vedute da un lato, grossolanamente trian- golari. L’angolo superiore-anteriore o angolo di articolazione della tenaglia con l’addome è rappresentato dall’angolo al ver- tice di questo triangolo ed è molto largo; non sono distinti i due angoli inferiore-anteriore e inferiore-posteriore, ma riuniti (Ij Taschenberg. e Wagner (op. cit.j descrivono anche per la Ctenopsylia (Typhlopsylla) muscoli Dugès 3 setole apicali per lato. Sui numerosissimi esemplari da me esaminati ho potuto riscontrare che esse sono realmente tre in tutti i maschi, ma quattro in tutte le femmine; si avrebbe quindi in questo un carattere sessuale, già rilevato dal Rotschild (New British Fleas. The eutom. Record X. 1898. Typhlopsylla spectabilis). (2) Per questa e per le altre denominazioni adoperate nella de- scrizione dell’apparato di fissazione, consultare il Wagner; Apha- nipterologische Studien parte 1. e 3. Horae Societ. entomol. rossicae Voi. 23. 1889 e 31 1898. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA ’ 167 in un solo inferiore, rappresentato daH’angolo alla base ante- riore; questo è molto arrotondato e in vicinanza di esso ha luogo l’articolazione del dito mobile della tenaglia; mancano il raanubrium e il processo articolare; l’angolo superiore-po- steriore, rappresentato dall’altro angolo alla base, presenta un processo (processo immobile) grosso e corto, bene arrotondato, costituente l’articolo o dito immobile della tenaglia. L’articolo 0 diio mobile (apparato di fissazione in senso stretto) si articola largamente alla tenaglia un po’ al disopra dell’angolo inferiore, si dirige dapprima in basso, poi si piega bruscamente a gomito, presentandosi in quel punto come un po’ strozzato e si dirige in dietro e in alto, terminando a punta ottusa all’ altezza del dito immobile; nel suo insieme esso è lungo e stretto, quasi cilindrico. La base della tenaglia è quasi rettilinea leggermente ondulata; il lato anteriore-inferiore é convesso; il lato poste- riore superiore presenta una concavità ai disotto della artico- lazione con r addome. Accanto all’angolo superiore-anteriore della tenaglia, un po’ in avanti e al di sopra di esso, si articola direttamente all’ addome un altro pezzo accessorio, allungatissirno, cor- rispondente a quello già descritto xìQÌVHìjstrichopsìjlla od- fusicejjs Rits., e nell’ H. Narheli G. V.; esso decorre dap- prima lungo il lato anteriore-inferiore della tenaglia, mantenen- dosi grosso e cilindrico, leggermente incurvato, indi, sorpas- sato l’angolo inferiore della tenaglia, si piega dirigendosi in- dietro, assottigliandosi sensibilmente e girando l’angolo infe- riore della tenaglia, per poi proseguire nella direzione della base della tenaglia, dilatandosi fortemente a clava e terminando sporgente dalla estremità posteriore dell’addome. Alla base della tenaglia ci sono molte setole, tutte dirette indietro, delle quali alcune, e più specialmente quelle che si trovano sul dito immobile e vicino ad esso sono molte lunghe. Il pezzo accessorio termina con un folto ciuffo di setole sul bordo posteriore della sua estremità distale; altre setole si tro- vano distribuite in gran numero sulla porzione terminale della clava e lungo tutto il bordo posteriore di questa. Piccoli peli si vedono lungo il bordo posteriore del dito mobile. 168 DOTT. CARLO TIRABOSOHI Arti. Le zampe sono lunghe, ma un po’ gracili, cosicché r animale non può spiccare grandi salti (1); esse sono fornite di molte setole e peli. . Le anche (coxae) del 1. paio sono lunghe e grosse ed hanno una fda di lunghe setole sul bordo posteriore fortemente con- vesso, e molte altre Ale di setole un po’ più piccole, distribuite su tutta la superficie esterna. Quelle del 2. paio sono molto compresse e viste lateralmente hanno l’aspetto di un triangolo quasi isoscele, con la base all’estremità prossimale; su esse e su quelle del 3. paio si prolunga la cresta chitinosa che ab- biamo descritta nelle pleure del meso - e del meta-torace. Le anche del 3. paio sono molto larghe e viste lateralmente hanno quasi l’aspetto di un rettangolo col lato anteriore convesso e con una profonda intaccatura sul lato inferiore, vicino all’an- golo posteriore; le setole si trovano solo lungo il bordo anteriore e sulla porzione anteriore della superficie esterna, e crescono in lunghezza e in numero dalla estremità prossimale alla distale. Lungo il bordo posteriore di ciascun femore (femur), e spe- cialmente nel 3. paio (v. fig.) oltre la solita fila di setole ricurve a sciabola (fila che vicino al capo articolare inferiore termina con una grande setola fortemente ricurva), si vede un’ altra fila ad essa ravvicinatissima e parallela di setole più piccole e diritte, fila che termina aneli’ essa con una grossa setola, meno sviluppata e meno ricurva dell’ altra. In vicinanza del margine anteriore decorre un’altra fila di setole, di cui quelle vicine alla estremità distale sono molto più lunghe; infine si vedono altre tre file oblique di setole nella porzione posteriore-inferiore (1) Ho riscontrato questo stesso fatto anche per altre specie di pulci, come p. es. per il Ceratophyllus fasciatusBosc, per la Ctenopsylla musculi Dugès e più ancora per la Ceratopsylla (Typhlopsylla) octo- ctean Kob, catturata la prima su Mus musculus L. var. albina e la seconda su Vesperugo noctula Schreb. — Di quest’ ultima e in genere delle pulci parassite dei Chirotteri (gen. Ceratopsylla Wagner) già il Landois aveva osservalo che non avevano zampe atte al salto e il Taschenberg ne fa grandi meraviglie. Io credo che forse tutte le specie di pulci che hanno come ospiti degli animali dal pelame lungo, folto e morbido, hanno perduta in tutto o in parte l’attitu- dine a spiccare grandi salti. Saltano abbastanza bene, ma m^no di P. irritans, la P. serraticeps e la P. erinacei. GLI ANIMAU PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 169 della superficie esterna. In tutte e tre le paia di zampe i femori sono regolarmente convessi sul bordo posteriore; convessi dap- prima, e poi leggermente concavi sul bordo anteriore, cosicché essi si presentano molto ingrossaci subito dopo il capo artico- lare superiore e vanno assottigliandosi verso quello inferiore. Le tibie ftibiae) sono straordinariamente setolose, specialmente quelle del 3. paio, in cui si vedono delle grossissime setole nere, alcune enormemente lunghe e grosse, lungo tutto il bordo po- steriore che appare irregolarmente seghettato, e sull’ orlo del capo articolare inferiore. Da ognuna delle grossissime setole del bordo posteriore si diparte una fila trasversale di setole che vanno decrescendo di lunghezza mano a mano che si avvicinano al bordo anteriore, nel quale sono lunghissime solo quelle vicine al capo articolare inferiore. Nel 2. e più ancora nel 1. paio le setole che si vedono sulla superficie esterna sono molto meno numerose e più piccole. Le tibie sono tutte cilin- dro-coniche, assottigliate verso la estremità prossimale. Gli articoli tarsali, e specialmente al solito quelli del 3. paio, hanno delle forti setole disposte in molte file longitudinali su tutta la loro superficie e delle setole più grosse e più lunghe disposte in corona attorno al capo articolare inferiore; tutte queste setole decrescono di lunghezza dal primo all’ ultimo articolo; questo (metatarso) non ha alla sua estremità distale la corona di forti setole; la fila longitudinale di setole che si trova su ciascun lato di esso consta di quattro setole forti e ricurve, nelle quali la distanza fra la 3. e la 4. è minore di quella fra 1. e 2. e fra 2. e 3. Quanto alle proporzioni di lunghezza degli articoli tarsali, dirò anzitutto che in tutte e tre le paia di zampe gli articoli decrescono di lunghezza dal primo al quarto. Se queste propor- zioni si vogliono esprimere, come già faceva il Dugès, con l’ in- dicare successivamente gli articoli in ordine di lunghezza cre- scente, si ha per il 1. paio la formula : 4 - 3 - 2 - 1 - 5; per il 2.: 4 - 3 - 5 - 2 - 1; per il 3: 4 - 5 - 3 -2 - 1. Se invece si vuole se- guire il metodo più esatto introdotto, credo, dal Taschenberg, per il 1. paio si ha che: il 5. articolo è il più lungo di tutti e la metà circa della tibia; il L è lungo quasi quanto il 5. e poco più del 3. e del 4. assieme; il 2. è tre quarti del 1. e 170 DOTT. CARLO TIRABOSCHl quasi una volta e mezza il 3. Per il 2. paio: 1. più lungo di tutti, più della inetcà della tibia, e = 2. 3.j 2. circa del 1., doppio del 3., e := 4. + o.- 4. metà circa del 5. e ^ del 3. Per il 3. paio: 1. lungo quasi quanto la tibia e = 3. -f 4. + 5.; 2 circa del 1. e doppio del 5.; 3. doppio circa del 4. che è % del 5. Se infine si vogliono adottare le formule molto più semplici adoperate dal Wagner (1), i numeri che esprimono le lunghezze relative dei singoli articoli, dal 1. al 5., sono, per il 1. paio : 24 - 18 - 13 - 10 - 25; per il 2.: 52 - 35 - 18 - 12 - 25; per il 3.; fO - 65 - 42 - 22 - 32. Io anzi proporrei di espri- mere non le lunghezze relative, ma quelle assolute, rappresen- tate in millesimi di millimetro, indicando naturalmente la lun- ghezza totale deir individuo sul quale si sono misurate, e sce- gliendo per queste misure un individuo di grandezza media; da queste formule si potrebbero facilmente ricavare tutte le altre. Nel caso nostro, per un esemplare lungo circa mm. 3,5 queste lunghezze sono: per il 1. paio: mm. 150-110-80-60-155; per il 2.: mm. 325 -220- 110-75-155; per il 3.: mm. 565-410- 265 - 140 - 200. CONCLUSIONE La nuova specie dunque che ho denominato Hystrichopsylla tripectinata si distingue da H. obtusiceps Riis. e da H. Narbeli Galli-V. (2) principalmente per questi caratteri: 1. testa diver- samente conformata, con pettine diversamente collocato e co- stituito da 13 spine invece che da 10 (H. obt. e H. Narb.); esi- stono la calotta emisferica e la macchia oculare rudimentale descritte da Galli-V. per la sua H. Narb.; 2. pettine del pronoto con 16 a 17 spine per lato, invece di 22 (H. obt, e Narb.); 3. un solo pettine addominale di 14 a 15 spine per lato, sul 1. zoonita, e quattro serie pettiniformi di 9 - 7 - 6 - 5 spine sul 3. - 4. - 5. - 6. zoonita, invece di tre pettini di 20 - 12 - 7 spine (1) Op. cit. Voi. 31, 1898. (2) Non ho ancora potuto avere la descrizione di H. americana Baker, e quindi non posso ancora comprendere in questo riassunto questa specie. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 171 sul 2. - 3. - 4. zoonita (H. obt.) o di quattro pettini di 20 - 16 - 13 - 3 spine sul 2, - 3. - 4. - 5. zoonita (H. Narb.); 4. quattro setole apicali per lato invece di tre (H. obt.) o di tre più una dorsale impari (H. Narb.); 5. Mancano o non sono visibili i tre denticini per lato sull’ottavo zoonita addominale, descritti in H. obt. e Narb.; 6. folto ciuffo di setole all’ estremità distale del pezzo accessorio dell’apparato di fissazione del maschio, in- vece di 7 (H. obt.) 0 6 (H, Narb.) spine; 7. numero, distribu- zione e grandezza delle setole di tutto il corpo e delle zampe diversi. 8. Diversa proporzione di lunghezza degli articoli tarsali. Roma Giugno 1902. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Pùg. 1. Hystrichopsylia tripectinata n. sp. maschio (Le due prime paia di zampe sono rovesciate) » 2. » » testa » 3. » » apparato di fissazione A — angolo superiore-anteriore della tenaglia B ; — » » -posteriore » » (processo immobile), c — » inferiore (-post, e-sup.) » D — dito mobile E — pezzo accessorio Sulla SARCOPSYLLA GALLINACEA Wetsw sunto del Dott. CARLO TIRABOSCHI ASSISTENTE NEI LABORATORI DELLA SANITÀ PUBBLICA {Da una comunicazione preventiva fatta alla Società Zoologica Italiana ccn sede in Rona) Comunico di avere raccolto sopra alcuni sorci tettaiuoli [Mus alexandrinus, Geoffr. ) di varie province d’Italia numerosi esemplari femmine di Sarcopsylla gallinacea Westvv., che sta- vano tutte fortemente infisse con il loro apparato pungente nella pelle del muso. I caratteri concordano con quelli di Sar- copsylla gallinacea Westvv., con qualche leggera variante che non permette di creare una nuova specie, ma tutt’al più una varietà. Il reperto è ad ogni modo interessante, tanto per 1’ ospite (si conoscevano come tali solo gli uccelli, e più specialmente i polli e le anatre, e tra i mammiferi solo il cavallo), quanto e ancora più per la località, giacché non solo questa specie di Sarcopsylla, ma anche le altre finora descritte (S. penetrans L. e 5. caecata End.) non erano mai state trovate non soltanto in Italia, ma neppure in Europa; la specie in discorso era stata segnalata soltanto in Asia (Ceylon e Turkestan), in Ame- rica (Florida e Carolina del sud), e recentemente anche in Africa (a Langenburg, nell’ Africa orientale tedesca). '¥i ■ 'Hi Società italiana per gli studi zoologici GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 3. JSrOT^ CARATTERI DISTINTIVI DEL MUS DECUMANUS FALL. E MUS RATTUS L. Diffasione del Mas Rattas in Italia {Laboratorio di Micrografia e Batteriologia della Sanità Pubblica) Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma Dott. CARLO TIRABOSCHI È stato detto che la scomparsa della peste in Europa oltre che dalle migliorate condizione igieniche dipendesse dalla scom- parsa del Miis ratiHs L. specie una volta assai diffusa in Europa e straordinariamente ricettiva alla peste, tra gli indivi- dui della quale si sarebbero svolte nei tempi passati le epidemie di peste precorritrici ed accompagnatrici delle epidemie tra uomini. A parte il fatto che questa supposta scomparsa è stata accompagnata dalla rapidissima diffusione di un’ altra specie: Mus decumanus Pali., anch’ essa sensibilissima alla peste, e che in tutta la letteratura europea non si trova neppure uno scrit- tore che parli con precisione di straordinarie morie tra ratti osservate durante le epidemie di peste (1), resta l’altro fatto che il Mus rattus L. non è scomparso dall’ Europa. In Francia, in Inghilterra, in Germania, in Russia ecc. sono uscite molte memorie sulla diffusione del Mus rattus L. ; in Italia oltre alle osservazioni di vari zoologi limitate a determinate provincie o regioni, oltre al Comalia (2) che nel 1870 riassumendo queste (1) Confrontare lo studio storico-critico di R. Ahel\ Was wussten unsere Vorfahren von der Empfanglichkeit der Ratten und Mause fiir die Beulenpest des Menschen? » Zeitschr. f. Hyg. etc. Bdl. 36, (2) Fauna d’ Italia. Parte 1. : Cornalia: I mammiferi. 174 DOTT. CARLO TIRABOSCHI osservazioni conclude che il Mus rattus trovasi, benché raro, in tutta Italia, oltre al Giglioli (1) che nel 1879 dichiarava infondata la voce che anche allora correva sulla quasi totale scomparsa del Mus rattus, non è uscita sull’argomento nessuna altra memoria completa. Oltre alle indicazioni cortesemente fornitemi dai Sig. Direttori dei Musei zoologici italiani, il Direttore Generale della Sanità Pubblica in Italia, il Prof. R. Santoliquido ha potuto col gentile concorso dei Sig. Medici Provinciali e degli Ufficiali Sanitari fare eseguire delle ricerche in questo senso in molte provincie d’Italia. Prima di esporne i risultati, dirò qualcosa sui caratteri distintivi delle due specie; rattus L. e Mus decumauus Pali. Il primo pare sia immigrato per la prima volta in Europa dall’ Asia nel Medio Evo, al tempo delle crociate e presto vi si diffuse, ma al sopravvenire dell’ altro, oriundo dall’ Asia centrale e importato in Europa nella prima metà del sec. XVIlI (2), fu quasi dovunque decimato. Esso comprende due varietà: Mus rattus propriamente detto (Albert Magn. ; Schreber etc. ; topo nero), e Mus alexandrinus (Geoffr. ; M. tectorum Savi ; M. lencogaster Pictet ; sorcio tettaiuolo (3), che una volta si rite- nevano due specie distinte, ma poi (in seguito ad un esame più accurato dei loro caratteri differenziali che si riducono a sole diversità di colore, in seguito all’osservazione di esemplari in natura presentanti tutte le graduazioni di colorazioni inter- medie, e sopratutto in base agli esperimenti di incrocio di Arthur de /’ Isle (4) conducenti alle stesse forme intermedie e a meticci sperimentati ugualmente fecondi fino alla 4. genera- zione) furono e sono considerate due varietà di una stessa specie. (1) H. Giglioli: Distribution of thè Blak Rat in Italy. Nature XX 1879 (2) Fu segnalato la prima volta nel 1727, nel quale anno truppe immense di questi ratti traversarono a nuoto il Volga presso Astra- kan ; si diffuse rapidamente in tutta Europa e tre anni dopo già invadeva le isole Britanniche. (3) Alcun' distinguono una 3. varietà intermedius (4) De 1’ existence d’ une race negre chez le rat ou de 1’ identità specifìque du Mus rattus et du Mus alexandrinus. Ann. des Sciences uat. 5. IV 1865. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BUBBONICA 175 Ora mentre il Mns rathis propr. detto si distìngue a prima vista per il suo colore dal M. decumanus, la varietà alexandrinus si confonde con esso. I caratteri distitinvi dati dai vari autori sono i seguenti: il colore rossastro o grigio-fulvo del dorso è nell’ alexandrinus mischiato con un po’ più di nero; le parti inferiori cineree o bianco-grigiastre nel decumanus, sono bianche 0 bianco canario nell’ alexandrinus ; la coda bicolore (bruna sopra, più chiara sotto) nel dectimanus, è unicolore (bruna) nel- l’ alexandrinus ; le orecchie che nel decumanus misurano 0 poco più della lunghezza del capo ed hanno dei peli rasi, nel-' r alexandrinus sono lunghe almeno la metà della testa, quasi nude 0 con peli cortissimi ; la coda che nel decumanus è un po’ più corta del tronco, con circa 210 anelli, grossa alla base e sensibilmente assottigliantesi a cono verso la punta, xi^Valexan- drinus è più lunga del tronco, con circa 260 anelli e relati- vamente sottile fin dalla base; le zampe nel decumamis hanno le dita riunite alla base da una piccola membrana, di cui manca qualunque traccia alexandrinus (1). Nel cranio la porzione di volta compresa fra le creste frontali-parietali e il margine superiore dell’ occipitale è stretta e quasi piana nel decumanus, più larga e distintamente arcuata alexandrinus \ quanto ai crani di individui giovani, il miglior carattere distin- tivo sarebbe dato dalla sutura dell’ interparietale coi parietali, che nel decumanus decorre sempre a zig-zag, neW alexandrinus è leggermente incurvata in avanti, e piegata ad angolo solo al punto d’ incontro con la sutura sagittalis (parietale) (2\ A questi caratteri distintivi (che si riducono a leggere differen- ze di colorazione, alla diversa proporzione di lunghezza delle orecchie e della coda rispetto alla testa e al tronco, a piccole differenze nella coda, alla presenza o no di una piccola mem- brana interdigitale, e ad alcune particolarità del cranio) ag- giungerò che le orecchie wQWalxandrinus sono più arrotondate, più sottili e più trasparenti, quasi rosee, nel decumanus sono (1) Fatxo Fauna des vertébrés de la Suisse. Voi. I. Les Mammifè- res. 1869. (2) H. Becker. Ueber die europaischen Ratten, Jahrber. d. Wslfal. Prov-Ver. f. Wiss. u. Kuust, Miinster 1894. 176 DOTT. CARLO TIRABOSCHI un po’ più carnose e più scure per la presenza di peli corti naa folti sulla superficie interna e anche sulla esterna ; gli occhi sono nell’ alexandrinus un po’ più grossi e più sporgenti ; la coda nell’ alexandrinus ha gli anelli più distinti e completi e i peli più scarsi; una leggera traccia di membrana alla base delle dita esiste anche alexandrinus-^ questo generalmente è più piccolo del decuma]m<: (1); il decumanus femmina ha 12 mammelle, 1’ alexandrinus soltanto io e non 12 come è scritto in tutte le opere (2). Quanto al cranio, la diversità di decorso della sutura parietale - interparietale (v. s.) non è un carattere costante; più costante è invece (almeno negli esemplari Italiani) il fatto che l’ interparietale nel decumanus è meno sviluppato ed ha il suo bordo posteriore più dolcemente arrotondato; tra- lascio altre differenze più 0 meno costanti, quali ad es. il il maggiore sviluppo delle creste del sopraoccipitale nel decu- manus ecc. Aggingerò più a titolo di curiosità che d’ altro che il decu- manus e r alexandrinus differiscono anche nei loro ectoparassiti; limitandomi per ora agli Afanitteri, ricorderò che mentre nel decumanus la pulce più diffusa è il Ccratopliyllus fasciatus Bosc. (lì II Fntio (op. pìt.) assegna 42-44 era. PÌ\V alexandrinus, 40-45 al decumanus-, il Ci malia {o'p . cit 1 39 al l.,43al 2.; effettivamente 1 più grandi esemplari di alexandrinus misurano fino a 44-45 cm. di cui soli 20-21 appartengono al tronco; quelli di decumanus tino V2 metro, di cui 26-27 era. sono del tronco. (2) Richiamo 1’ attenzione su questo carattere differenziale che è sfuggito all’osservazione degli altri studiosi e che tra i caratteri esterni è forse il più importante di tutti. Delle 6 mammelle per ogni lato del decumanus, 3 sono pettorali e 3 ventrali; le tre pet- torali sono quasi equidistanti e la superiore è all’altezza dell’ascella; delle 3 ventrali le due inferiori (0 inguinaliì sono più ravvicinate fra loro e alla linea mediana del ventre. Nell’ alexandrinus le ven- trali (3 per lato) hanno la stessa disposizione; le pettorali sono 2 soltanto, mancando per dir cosi quella intermedia; in 3 esemplari (2 dalla Sardegna e 1 da Ancona) ho trovato però questa curiosa anomalia: 3 mammelle pettorali al lato destro, la superiore al- l’altezza dell’ascella, le altre due più in basso e ravvicinate fra loro. Al contrario Mus rattus ha 12 mammelle disposte come nel Mus decumanus. Ora se si deve, come mi sembra, dare una grande im- portanza a questo carattere, l’identità specifica del Mihs rattus e del Mus alexandrinus potrebbe essere messa di nuovo iu dubbio. GLI ANIMALI PROPAGATORI DELLA PESTE BD SONICA 177 e che non ci si trova mai o quasi mai la Cte7iopsylla musadi Dug. , il contrario é per 1’ alexaiidrinns ; il Pulex serraticeps Tscbh., frequente sul decumanus, l’ho trovato rarissimamente 'SXìPC alexandrinHS. (1) Quanto alla clitTusione del M7is rnttus L. in Italia, dirò per ora che esso è nella sua varietà nera rarissimo in tutta Italia {2), e che è invece molto diffuso V alcxa7idri7ms, il quale è raro solo nelle grandi città (3J (dove è straordinariamente abbon- dante il decui7ta7ìus), frequente invece nei paesi e sopratutto nelle campagne; in alcuni luoghi anzi (Atri prov. Teramo; Carini prov. Palermo ; Ancona ; prov. Campobasso ecc.) sembra che sia più diffuso d^el decu7/ia7tìis. Si dice comunemente che esso cacciato dal dec7n7ia7uis si sia ridotto a vivere nei campi granai, solai, sui tetti ecc. e ciò generalmente è vero; ma numerosi esemplari sono stati catturati in cantine, o sotterranei e fogne (prov. di Brescia, Mantova, Teramo, Chieti, Roma, Caserta, Campobasso ecc.); esso dunque convive col Mns decìi- 77ta77ìis che per quanto piti forte, più feroce e phi aggressivo, non é riuscito ancora a distruggerlo; ciò si deve, in gran parte almeno, alla grande prolificità che questa specie ha comune con tutte le altre specie di ratti e di sorci. Nella enumerazione che ho fatta più sopra dei caratteri differenziali fra il decu77iaiius e Valexa7id7'inus ho tenuto conto solo degli esemplari dirò cosi tipici; ho trovato però delle forme intermedie; già ho accennato alla aiiomalia delle li mammelle; aggiungerò che ho visto alessandrini col ventre bianco-grigiastro, altri con la coda grossa alla base e lunga circa quanto il tron- co, altri con le orecchie non molto grandi ecc. ; cosi pure dei decumani con le orecchie grandi ecc. Tutte queste forme in- termedie sono forse degli ibridi ? Per rispondere attendo i risul- tati di esperimenti che ho intrapresi in questo senso. (1) Dr. Carlo Tirahoscln 1. Nota (Bollett. 1902). 2. Nota (1. c.) (2) Il Cornalia (op. cit.] dice che fsso si trovava, benché raro, in tutta Italia e che nelP alta Italia sembrava predominare sul- V alexandrinus (3j In Roma citta ne è stato catturato uno veramente bello per la lunghezza e P aspetto della coda. 12 CLASSIFICAZIONE DESCLITTIYA dei LEPIDOTTELl ITALIANI COMPILATA per cura del Coiuin. FORTUNATO KOSTAONO Consigliere della Società Zoologica Italiana {Continuazione: vedi Fase. /, 11, e III, della Sene II l'i'/. ili, .i)iiio XI. 19U2), Paragrafo IL Categoria IL — Microeterocfri In questa categoria comprendiamo le sezioni V, VI, VII, Vili, IX, e X degli Eteroceri e cioè le Piralidine, Tortricine, lineine, IMicroplerigine, Pteroforine, Aluciline. — Tutte queste sezioni facevano parte delle Falene del Linneo, delle Xolturne del La- treille, degli Eteroceri del Boisduval, classificazione quest’ultima che noi abbiamo creduto di dover conservare per le ragioni che esporremo nella pai-le speciale di questo lavoro, e princi- palmente perchè essa, basandosi su criteri che possono seguirsi 0 no, ma che non sono scientificamente errati, formano soltan- to una questione di sistema, di metodo: noi crediamo assoluta- mente utile agli studiosi la distinzione fatia dal grande en- tomologo latino. I. Sezione V. — Piralidine Le Pirali, o Piraliti o Piralidine, sono lepidotteri ad antenne generalmente lunghe, esili, a stelo fine, filiforme o moniliforme, 0 guarnito di cigli minuti, raramente di lame cigliate: a palpi labiali talvolta disposti a becco, talvolta di forma normale, ma di lunghezza ordinaria, o quando si allungano in becco, non aventi atfatto il terzo ariicolo raggomitolato, nè riversato sul torace, sempre simili nei due sessi; a palpi mascellari frequen- temente distinti, a corpo esile; il torace corto e globuloso, più squamoso che velloso; T addome lungo, squamoso lisciato, classificazione descrittiva dei lepidotteri italiani 179 lucente, quasi sempre conico ed acuto nei maschi, mai guernito di lanuggine nelle femmine, nelle quali termina sempre in punta più o meno lunga; il petto soventi guernito di una la- mina squamosa o vellosa (grembiule); a zampe esili, lunghe, liscie, molto, raramente vellose: le anteriori aventi la coscia e l’anca lunghe, quasi uguali, le tibie più corte della metà delle coscie, i tarsi molto lunghi; i due altri paia, molto lunghe, setose, distese all’ indietro e sorpassanti sempre l’addome. Ali lucenti, soventi iridescenti o semitrasparenti, intiere, mai rilevate nel riposo, nè arrotolate attorno al corpo; le superiori sempre più lunghe delle inferiori, segnate di linee delle quali le due mediane costanti ma la subterminale quasi sempre nulla od appena accennata, le inferiori poco sviluppate e prendenti parte sovente ai disegni ed ai colori delle superiori. Larve spesse, raramente allungate, ad anelli rigonfi o monili- formi, forteraen’te attenuate alle due estremità, liscie, lucenti a trapezioidali, bitorzokui e piliferi; a sedici zampe complete, a testa piccola e lucente, a scudo cornato, quello della nuca sempre distinto; viventi racchiuse alcune nelle sostanze ani- mali, altre sotto é muschi, qualcuna nell’acqua, la più gran parte tra le foglie dei vegetali, che esse legano con seta. Crisalidi prive di spine, rase, a pelle fina, ad anelli addomi- nali liberi, di forma conica, contenute in gusci filati nel mezzo, ove le larve hanno vissuto. Le abitudini delle Piralidine si approssimano a quelle delle Geometre, cosi esse volano al crepuscolo attorno le piante, ai cespugli ed ai fasci luminosi. Nel giorno alcune dormono sotto le foglie colle ali distese e l’addome raddrizzato: altre posano a terra incrociando le ali; altre si agganciano agli steli delle piante acquatiche; tutte sfuggono al cacciatore per riposarsi altrove. Le Piralidine amano i luoghi erbosi, secchi e caldi e volano all’ ardore del sole; gli Hercyna (Orenaia) abitano le alte montagne e si posano volentieri sulle roccie coperte di licheni, coi quali si confondono pel loro colore grigiastro. I Botys (Pirausta) non lasciano mai i boschi e le alte erbe e svolazzano la sera attorno alle ortiche ed ai fiori di rovo. Per le molte variazioni subite in questi ultimi anni dalla classifica- zione delle Piralidine, crediamo opportuno prendere pel nostro 180 FORTUNATO ROSTAGSO 1 studio comparativo come base Y uilimo cibato catalogo dello Staudinger (1), come quello che risponde alle più recenti ricer- che in fatto di sistematica. Il Rebel distingue le Piralidine o Piralidi (2) appartenenti alla fauna italiana in undici famiglie, e cioè: Galloriine, Crani- bine, Schoenobiine, Anerastiine, Fycitine, Epipaschiine, Endotri- chine, Pyraline, Hydrocampine. Scopariine, Pyraustine, famiglie alle quali noi daremo i numeri dal I all’ XI dei Microeteroceri. 11 Curò, seguendo il prece lente catalogi dello Stamìinger, aveva divise le Piralidine in cinque famiglie, e cioè: Ibralididi; Chi- lonidi, Crambidi, Fycidi, Gallerie, in parte ( ori ispondenti al- Fattuale classificazione del Rebel. 11 Rerce suddivide le Pyraliti in quindici famiglie, e cioè; Odontidi. Pyralidi, Cledeobidi, Ercynidi Ennychidi , Asopidi, Steniadi, Idrocarnpidi, Marga- rodidi. Bolidi, Scoparidi, Chilonidi, Crambidi, Ficidee, Gallerie; anche queste in parte corrispondono alla classificazione del Rebel, però vi sono spostamenti di generi, dei quali terremo conto nella classificazione dei generi stessi, alle diverse famiglie. Non possiamo dare il conf’onto colla sistematica del Boi- sduval e col Calberla, dappoiché non hanno questi autori trattato dei microlepidotferi. e passiamo perciò alla descrizione delle singole famiglie ora accennate. Tribù I — Galleriine — Insetto perfetto - Antenne se- tacee, corte, semplici, con un piccolo dente squamoso alla base — Spiritromba corta — Palpi labiali dei maschi corti, ad ultimo articolo acuto; quello delle femmine squamoso, allungato, esteso. Le farfalle di ([uesta famiglia offrono soventi delle grandi differenze fra i due sessi, tanto pel disegno che pel taglio, il colore e le nervature. Esse volano poco, ma il loro cammino è vivo, rapido e saltellante. Durante il giorno si trovano ad- dormentate in prossimità degli alveari e dei nidi di vespe o di calabroni, nei quali le loro larve hanno vissuto. Larve — Spesse, vermiformi, prive di peli, a punti bitorzo- (1) Catalog. (ter Lepidopteren des palaearctiscben faunengebietcs, von D, K. Phil. 0. Staudinger und D. R. Phil H. Rebel, II. Theil von Di’ H Rebel. (2) Secondo i diversi autori riportiamo i nomi da essi adottati, I Classificazione descrittiva dei lepidotteri italiani 181 luti, viventi e metaniorfosaniesi nell’interno degli alveari e nei nidi di vespe e di calabroni. Lo Staudinger (Rebel) porta in questa famiglia i seguenti generi accertati per la fauna italiana; Corcyra, Achroia, Melis- soblaptes, Aphomia, Galleria (1). 11 Curò nel suo catalogo dà tutti questi generi, ad eccezione del genere Corcyra, ora accer- tato per la Sicilia (2) chiama il genere Achroia, Achroea e tutta la famiglia Gallerie. — Lo stesso fa il Berce (3). Noi, seguendo le ultime ricerche del Rebel teniamo quindi in questa famiglia i cinque generi da esso portati e secondo la sua denominazione, cioè, Corcyra Achroia, Melissoblaptes, Aphomia, Galleria. Tribù II — Crarnbine — Insetto Xì^y-f etto — La famiglia delle Crarnbine o Crambidi si distingue pe’ seguenti caratteri: antenne dentate o cibate. I quattro palpi visibili, i labiali mollo lunghi, a becco arcuato in disotto, i mascellari molto corti, testa grossa, corpo esile e liscio, addome che sorpassa rara- mente le ali inferiori. Ali superiori oblunghe, a linee più o meno distinte, senza macchie cellulari; inferiori molto sviluppate, senza disegni. Nel riposo tutte le ali si ricoprono e rimangono come arrotolate attorno al corpo. Larve — ■ a sedici zampe, viventi nascoste e metaraorfosantesi sotto le borraccine (4). Questa famiglia comprende secondo il Rebel per Tltaliai se- guenti cinque generi: Crambus, Plalytes (Sardegna e Sicilia) Ero- mene (Euchromius) (Sardegna e Sicilia) Ancylolomia, Talis (5). Il Curò porta nel suo catalogo i generi Crambus, Eromene, Ancylolomia, non dà il genere Platytes, perchè forse non ac- certata allora la sua presenza nell’ Italia insulare, e porta il genere Talis nella famiglia delle Piralidi, (6). Il Berce divide il genere Crambus nei due; Calamostropha, secondo Zeller e (1) Staudinger Op. cit. voi. IL pag, 1. (2) Curò op. cit. fase. XII pag. 91-92. (3) Berce op. cit. voi. 6. pag. 365, 368, 370,372. (4) Berce op. cit. voi 6 pag. 227. (6) Staudinger op. cit. voi. 2. pag. 2 a 10. (6) Curò op. cit. fase. XII pag. 55; 73, 74, 79, ]82 FORTUNATO ROSTAGNO Crambus, secondo Fabricius, non porla i generi Piatytes e Talis, porta i generi Eromene ed Ancyloloinia (1). Noi, in base alle ultime ricerche del Rebel comprendiamo quindi nella famiglia delle Crambine i cinque generi suddetti, e cioè: Crambus, Piatytes, Eromene, Ancylolomia, Talis. Tribù 111 — Schoenohiine — Insello perfetlo — (vluesta famiglia è formata dal Rebel coi due generi Scirpophaga e Schoenobius (2). 11 Curò porta i detti due generi nella famiglia dei Cliilonidi, abolita dal Rebel (3). 11 Berce aveva la stessa clas- sificazione, portando inoltre il genere Chilo (4), che lo Staudinger dà nelle Crambine, ma non accertato per T Italia. 1 caratteri generali di questa famiglia sono i seguenti : Farfalle di grandi dimensioni, a quattro palpi visibili, labiali soventi molto lunghi ed allungati a forma di becco, le antenne corte, T addome sor- passante le ali. Larve — vermiformi, viventi racchiu.se negli steli delle piante acquatiche come quelle dei Nonagria (5). Conserviamo quindi nella famiglia delle Schoenobiine i due generi ; Scirpophaga e Schoenobius. Tribù IV — AnerasUine — Insello pei'fello — Nè il Curò nè il Berce danno la famiglia delle Anerastiine portata dal Rebel nell’ ultima edizione del catalogo Staudinger, ma due dei tre generi dal Rebel considerati in questa famiglia, e cioè Anerastia ed Ematheudes, comprendono nella tribù delle Fycitine 0 Ficidee (6). Noi seguiamo, come per le altre suddivisioni la classificazione più recente del RebeR dando i caratteri generali della famiglia come segue : antenne setacee, specie nei maschi, arcuate al disopra delle base, quelle delle femmine semplici, epistoma squamoso, prominente od a cono ottuso. Palpi ma- scellari nulli 0 filiformi, i labiali allungati, stesi o ascendenti, accurainati — Spiritromba quasi nulla — Ovidutto in genere (1) Berce op. cit. voi. 6 pag. 227, 229 231 274. (2) Staudinger Op. cit. voi. 2 pag. II. (3) Curò op. cit. fase. XII pag. 73. (4) Berce op. cit. voi. 6 pag. 2l7, 219. (5) Berce op. cit. voi. 6 pag. 217. (6) Cui’ò op. cit. fase. XII pag. 90 — Berce op. cit. voi. 6 pag. 353; 354, CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 188 biarticolato, il primo articolo grande, cilindrico, il secondo co- nico. Secondo Rebel poniamo in questa tribù per 1’ Italia i tre generi : Anerastia, rappresentato dal genere Incarnata, in Sicilia, Hypsotropa, Ernatudes (!)■ Tribù V — F^citiine — Insetto perfetto — Diamo i carat- teri generali di questa tribù, che il Rebel ha notevolmente in- grandita, portando in essa varie specie, che dai precedenti autori erano collocate in altre famiglie; antenne setacee nei due sessi, molto ravvicinate alla loro base, collocate al disopra degli occhi, più spesse nei maschi che nelle femmine, col loro primo articolo molto distinto e soventi noduloso, ma solo nei maschi. Palpi labiali soli visibili, ordinariamente arcuati ed ascendenti. Ali oblunghe, pieghettate, arrololate attorno al corpo. Larve a IG zampe, alcune senza peluria, altre bitorzolute; di costumi variabilissimi. Le Fycitiine rassomigliano alle Cram- f)ine, per il portamento delle ali, ma ne differiscono essenzial- mente per la struttura delle antenne, e pel modo col quale le portano nel riposo, esse non le nascondono sotto le ali, come le Crambine, ma le tengono coricate all’ indietro sopra il dorso, posizione che risulta naturalmente dal modo col quale esse sono fissate sulla testa. Queste antenne sono più corte del corpo, non dentate nè pettinate, forti alla loro origine e terminanti in punta fine. Il loro primo articolo è soventi noduloso, molto distinto dal resto dello stelo che, dopo questo articolo, forma una curva, della quale la concavità fa fronte a quella deH’antenna opposta e della quale la cavità è soventi riempita da una piccola cresta formata di peli o di scaglie. Le ali superiori delle Fycitiine sono ornate di colori molto variati, ma poco brillanti e senza riflessi metallici; esse sono generalmente traversate da due linee, con dei punti nello spazio mediano. Sebbene esse volino benissimo in pieno giorno, fanno pur nonostante poco uso delle loro ali e sfuggono al cac- ciatore, scivolando con meravigliosa rapidità tra le piante e le erbe, che servono loro di rifugio. Da ciò, secondo Duponchel, il nome di Fycitiine, che a loro è stato dato per allusione al- (1) Staadinger — op. cit. voi. II pag. 12, 13. 184 FORTUNATO ROSTAGNO Tagilità dei pesci nelTacqua. Questo nome è effettivamente quello di un pesce della famiglia dei Gadoidi. (1). Secondo Rebel la famiglia delle Fycitiine comprende per l’I- talia i seguenti trentasei generi; Homoesoma, Ephestia, Man- hatta (Hulst 1890 — Hornigia — Rag. 1882) Ancylosis, Doctocera. (Fiume) Gimnoncyla, Alispa, Psorosa, Pempelia (Hb. Corsica, Italia centrale, Pbycis Auct, Flyihia Dup.), Hyphantidium (Scott. 1859 — Cataremna Meyr) Metallosticha (Sardegna), Euzophera, Eccopisa, Nyctegretis (Corsica, Sicilia), Zopliodia, Asarta (Zeli 1848 — Pbycis Dnp.) Hypochalcia (Fluì). 1818 — Pbycis Dup.) Eteilla (Zeli 1840 — Pempelia Flub — Pbyits Dup.) Itradyrrhoa Megasis (Alpi) Epischnia, Calastia (Alpi Hul). 1818 — Diosia Dup.) Selagia, Alophia, Salebria, Nepbopteryx (Hub. 1848 — Pbisis Fab. Dup.) Brepbia, Cremnophila, Trachonitis Dioryctria, Phycita Pterothrix (Corsica) Acrobasis, Ithodophaea, Glyptote- les, Myelois (2). Il Curò da tutti questi generi nelle Ficidi, ad eccezione dei generi: Manbatta, Dectocera, Gymnancyla, Psorosa, Hypbonti- dium, Metallosticha, P>radyri'boa, Megasis, Selagia, Alopbia, Sa- lebria, Cremmophila, Pbyciia, Pterotbrix, Rbodopbaea, Glypto- teles, generi che noi conserviamo perchè accertati per l’Italia dagli ultimi studi dei Rebel. Porta invece il Curò in più del Rebel per ritalia il genere Eucarpia, di cui diverse specie, sebbene rare sarebbero state rinvenute. Noi conserviamo per- ciò anche questo genere (3). Il Berce diffei’isce dal Rebel in (juanto non porta i generi: Manbatta, Dectocera, Psorosa, Hyphantidium, Metallostica; com- prende il genere Euzophera nel genere Ephestia; non porta i generi: Bradyrrhoa, Megasis, Selagia, Alophia, Salebria, Tra- conitis. Pinci ta, Pterothrix, Rhcdophaea (4). Ma dobbiamo con- siderare che il Berce tratta la fauna della Francia, e molti dei generi da esso omessi sono propri dell’ Italia nè fino all’epoca del Berce erano stati rinvenuti nella Francia. (1) Berce op. cit. voi. 6 pag. 277. (2) Staudinger op. cit. voi. 2, pag. da 14 a 41. (3) Curò op. cit. fase. XII pag. 80 a 90. (4) Berce op, cit, voi. (j pag. 278 a 361, CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 185 Ciò posto noi conserviamo nella nostra classificazione i succi- tati generi del Rebel, coH’aggiunta del genere Eucarpia, se- condo Curò. Tribù VI — E'pipaschiine Insetto perfetto — Questa tribù si compone per T Italia del solo genere Lepidogma (Meyr 1890, Asopina Chr. 1894) (1), genere portato dal Curò nelle Pyralidi (2) e non portato dal Berce, perchè proprio dell’Italia centrale. Tanto le Epipaschiine, che la seguente famiglia delle Endotrichine, sono graziose piccole farfalle, aventi le abitu- dini delle Pyraustine e dei Botys. — I caratteri generali quindi possono riassumersi nei seguenti, propri del genere Asopia : antenne submoniliformi, pubescenti, a cigli eguali e serrati. Palpi labiali soli visibili, divisi, squamosi. Addome affilato, conico, terminato in punta: ali seriche, lucenti, esili, discolori, le superiori incavate al bordo terminale (.3) Tribù VII — Endotrichine — Insetto perfetto — Anche questa famiglia è rappresentata in Italia da un solo genere Endotricha (Z 1847, Asopia Tr. Dup.) e dalla sola specie Flam- mealis, portato dal Rebel (4) non portato dal Curò e portato dal Berce negli Asopidi. (5) I caratteri di questo genere e specie sono i seguenti : ali concolori, di un fulvo rossastro, talvolta un po’ carminato, con lo spazio mediano di un giallo ocra; le superiori attraversate da due linee molto divise, flessuose; le inferiori aventi egualmente due linee, molto ravvicinate, paral- lele, curve; queste linee chiare, orlate di bruno dai due lati: le superiori hanno inoltre un punto cellulare e la costa ne- rastri; quest’ ultima segnata di piccole macchie triangolari bianche. Frangia bruna, gialla pallida verso l’angolo apicale. Disotto colore del disopra con tutti i disegni meglio segnati ed il bordo interno delle superiori di un giallo chiaro e ben tagliato. Testa, (1) Staudinger op. clt. voi. II pag. 43. (‘.i) Curò op. cit. fase. XII pag. 55. (3) Berce op. cit. voi. 6 pag. 96. (4) Staudinger op. cit. voi. II pag. 43 (6) Berce op. cit. voi. 6 pag. 98 18G FORTUNA'rO ROSTAGN’O corpo, antenne e zampe di un giallo fulvo. La femmina più grigia e coi disegni meno segnali al di sopra. Larva — Sul Ligustruin volgare (1). Tribù Vili — Psraline — Insello perfello — La tribù delle Pyralirie o Piralidi presenta i segueiiti caratteri: antenne sem- plicemente pubescenti, palpi labiali dritti, divisi, poco spor- genti, non raggiungenti la lunghezza del torace, palpi mascel- lari appena visibili, fronte piatta, quasi sempre sprovvista di stemmate, zampe spesse a tibie un po’ vellose. Ali intiere, spesse lucenti, squamose, a frange lunghe. Larve — Vermiformi, molto lucenti, pieghettate, a placche cornate molto distinte; viventi di materie animali, o di prodotti vegetali manufatturati: qualche specie vivente neH’interno delle case. (2) Il Rebel pone in questa tribù per T Italia i seguenti nove generi : Ulolricha (Sicilia) Hypotia, Aglossa, Stemmatophora, Herculia, Costantia (Sicilia e Corsica), Actenia, Cledeobia (Si- cilia) (.3). Il Curò porta tutti questi generi ad eccezione dei generi Herculia, Costantia, Actenia, ora però accertati per r Italia, secondo le ricerche del Rebel (4). Il Berce dà pure tutti questi generi ad eccezione di Herculia e Costantia e porta i generi Actenia e Cledeobia nella famiglia dei Cledeobidi. (5) Noi conserviamo i generi portati dal Rebel. Tribù IX = Hydrocam'pine = Insello perfello = Le Hy- drocampine od Hydrocampidi, sono eleganti lepidotteri a fondo bianco, ornati di graziosi disegni, ben delineati ed imitanti ricami rilevati da piccoli filetti di un giallo dorato tanto nelle ali superiori che nelle inferiori, le quali ultime sono talvolta ancora più ornate come nel genere Calaclysfa. Essi abitano esclusivamente le sponde dei ruscelli e degli stagni, ove si nu- trono delle canne e delle altre piante acquatiche, le cui foglie stan- no alla superfìcie delle acque. ColTaiuto delle loro lunghe zampe (1) Bei’ce op. cit. voi. G pag. 98. (2) Berce op. cit. voi. 6 pag. 41. (3) Staudinger op. cit. voi. II pag. 44 a 47. (4) Curò op. cit. fase. XII pag. 53 54. (5) Berce op. cit. voi. 6 pag. 42 a 58. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 187 essi si agganciano agli steli ed alle foglie delle canne, dei giunchi dei laschi e fuggono al più lieve movimento causato a queste piante, ma per arrestarsi in riposo un pò più lontano. Larve — Le larve degli Hydrocampidi meritano ancora più di fissare la nostra attenzione delle farfalle stesse, sebbene esse siano cosi graziose, pei loro costumi rimarchevoli e dei quali daremo notizia nella parte speciale di questo lavoro (1). Il Rebel pone in questa famiglia per l’Italia i seguenti sette generi: Niymphula (schrk 1802 — Parapoynx Hb. Hydrocampa Gn), Cataclysta, Duponchelia, Stenia Gn (Amauropiianes Ld), Perinephila, Psamrnotis Hb (Lemiodes Gn), Eurriypara (2). Il Curò divide il genere Nymphula in due; Parapoynx, secondo Hubner e Hyrocampa secondo Guerèe, e porla tutti gli altri generi portati del Rebel, soltanto, seguendo la precedente clas- sificazione dello Staudinger, li colloca nella famiglia delle Pyraline. (3j 11 Berce non da per la Francia i generi Dupon- chelia e Perinephele, divide il genere Nymphula in trej Nym- phula, Parapoynx, Hyrocampa, e porta il genere Psamrnotis colla denominazione di Lemiodes secondo Guenée (4) ; colloca poi tutti questi generi nella famiglia dei Bolidi, non conservata dal Rebel, del quale noi seguiamo P ultima sistemazione. Tribù X = Scopariine = Insetto perfetto — I caratteri generali di ({uesta tribù, che secondo P ultima classificazione del Rebel comprende oggi per l’Italia il solo genere Scoparla Haw. (Eudorea, Curt. Dup.), sono quelli del genere stesso e cioè: antenne corte un pò spesse e molto squamose, appena pube- scenti, alquanto moniliformi.. Palpi ben visibili ; i labiali dritti od incombenti, sorpassanti due volte la testa, leggermente diver- genti dalla tromba, la quale è fine e di mediocre lunghezza; mascellari scuriformi, molto guarniti di scaglie e lunghi quasi la metà dei labiali. Fronte stretta, coperta di peli squamosi, eretti. Stemmate molto piccole, poco distinte, separate. Corpo esile; l’addome dei maschi quasi lineare, un pò depresso, avente (t) Berce op. cit. voi. 6. pag. 112 (,2) Staudinger op. cit. voi. Il pag. 48 a 50. (3) Curò op. cit. fase. XII pag. 60. 68. a 72. (4; Berce op. cit. voi. 6 pag. 113. 115, 117. 140. 187. 18S. 188 FORTUNATO ROSTAGNO le valve anali lunghe, sporgenli, guarnite eli peli squa-nosi e sormontate da un fascio raddrizzato. Ali superiori lunghe, strette, nebulose, polverulente, a linee e macchie distinte; le infe- riori bene sviluppate, alquanto sinuose. Nel riposo le superiori nascondono le inferiori, ma non si incrociano le une sulle al:re. Larve — allungate, vermiformi, di colore terreo a trapezio- dall sporgenti ; viventi nelle gallerie scavate sotto i muschi che ricoprono i sassi ed i tronchi d’ albero. Questo genere è composto di un numero piuttosto rilevante di piccole specie molto facili a riconoscersi genericamente, ma molto difficili a distinguersi, specificamente, poiché, come os- serva Duponchel « Un fondo grigio bruno più o meno nebuloso, e sul quale si scorgono più o meno distintamente due linee bianche trasversali, sinuose e dentellate, è ciò che forma a tutte il modesto abito delle loro ali superiori. « Cosi dunque, sebbene quasi tutte le descrizioni sieno fatte sul vero, non è possibile di riuscire ad un’ esatta descrizione, senza buone tavole che suppliscano. Le larve stesse non sono meglio conosciute, i loro costumi uniformi, il loro colore livido e terreo, non possono essere di grande risorsa per la determinazione delle specie. E ancora da osservare che la macchia reniforme, prende nelle Scopariine la forma particolare di un otto, del quale la parte inferiore è aperta, figurando cosi il segno col quale gli antichi astronomi designavano Mercurio, da cui il noine di Mercurella dato dal Linneo alla sola specie di questo genere eh’ egli aveva conosciuto. Accade talvolta che f8 sia aperto in alto ed in basso, ciò dà allora alla macchia reniforme delle Scopariine la forma di un X (1). In questa tribù poniamo, come abbiamo detto, il solo genere Scoparia portato dal Rebel in questa famiglia, dal Curò nelle Pyraline, dal Berce nelle Scoparidi (2). Tribù xi — Pyrausline — Insetto perfetto — • I caratteri generali delle Pyrausline possono per grandi linee riassumersi come segue: antenne dei maschi esili, filiformi e senza ciglia- li) Berce op. cit. voi. 6 pag. 196. (2) Staudinger op. cit. voi. 2 pag. 50 — Curò op. cit. fase. XII. pag, 55 — Berce op. cit. voi. 6. pag. 196. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 189 zione. Palpi diritti ad articoli indistinti ; i mascellari molto piccoli raddrizzati verso gli occhi. Addome zonato spesso termi- nante a punta aguzza. Grembiule allungato, subverticale, ter- terminante con un flocco di scaglie erette — Ali ben colorate, le superiori con tratti e macchie gialle, le inferiori con una fascia mediana egualmente gialla. Di sotto con disegni così decisi come sul disopra. Volo diurno ed all’ ardore del sole. Larve corte, vivaci, molto attenuate alle estremità, a testa globulosa, a trapezioidali sporgenti. Crisalidi — chiuse in in un tessuto assai solido (1) Osserviamo però che i caratteri sopra descritti sono quelli propri al genere Pyrausta e quindi soffrono eccezione per molti altri generi che oggi, secondo la classificazione del Rebel, fanno capo alla tribù delle Piyraustine e che erano prima d’ oggi classificate in altre tribù. Il Rebel pone nella famiglia delle Pyraustine per l’Italia i venti- quattro generi seguenti; Agrotera, Ercta (Wlk 1859 Spanista Ld), Sylepta, Glyphodes (Gn 1854 Margarodes Gn), Hellula, Orenaia (Dup 1831 -Hercyna Tr), Evergestis (Hb 1818 - Orobena Gn) No- mophiìa, Phlyctaenodes (Hb 1818 Eurycreon Ld), Diasemia, An- tigastra, Mecyna, Calamochrous, Cybolomia, Cynaeda (Hb 1818 Odontia Dup\ Titanio, Metasia, Pionea, Pyrausta (Schrk 1802, Botys aut.) Cornifrons (Sicilia) Tegosoma (Z 1847 - Emprepes Ld) Pelaea, Noctuelia (Gn 1854 - Aporodes Gn) Heliothela (2) Il Curò porta nella sua classificazione i generi ; Agrotera, Ercta sotto il nome di Spanista, Glyphodes sotto il nome di Margarodes, Hellula, Orenaia sotto il nome di Hercyna, Ever- gestis sotto il nome di Orobena, Nomophila; divide il genere Phlyctaenodes in due: Eurycreon ed Ephelis, che porta per la specie Cruentalis, ma che noi non crediamo di conservare per- la fauna italiana, non essendo questa specie affatto certa : Diasemia, Antigastra, Calamochrous, Cynaeda sotto il nome di Odontia ; divide il genere Titanio, secondo Hubner, nei due : Noctuomorpha Guénée, che porta per la specie Normalis, e Threnodes, Guénée, che porta per la specie Pollinalis, e questi I ; (1) Berce op. cit. voi. 6 pag. 77. i (2) Staudinger op. cit. voi. 6. pag. 53 a 70. 190 FORTUNATO ROSTAGNO (ine g'eneri noi conserviamo secondo la più antica classificazione deir Hubner, nel genere Titanio secondo Rebel; porta il genere Catharia, (Lederer), per la specie Pyrenaealis, che sebbene raris- sima, fu però raccolta nel giugno al colle di Fenestre, e che noi conserviamo; Metasia, che suddivide nei due Metasia ed Arnia, e che noi conserviamo, secondo Rebel, riuniti nel genere INietasia, (Ciuénée); suddivide il genere Pyrausta, (Schrank), nei generi Botys, Eunychia, Algedonia, secondo Lederer, e che noiconservia- mo sotto la denominazione di Pyrausta, secondo Rebel; Pionea, Te- gosoma, Pelaea,Noctuelia, sotto il nomedi Aporodes; Heliothela(l). Tutti questi generi porta il Curò nella tribù delle Piralidi. Il Berce da’ i generi: Agrotera negli Asopidi, ÌNIargarodes nei Margarodidi, Hellula negli Scoparidi, Hercyna ed Orenaia negli Ercynidi, Orobena e Scopula nei Botydi, Stenopterix negli Scoparidi, Phlyctaenodes ed Eurycreon sotto il nome di Stenop- teryx, Diasemia, Antigastra, Mecyna, tutti nella famiglia dei Botydi,Cybolomia (Lederer), sotto il nome di Hypolais(Guenée) negli Steniadi; Odontia negli Odontidi; Noctuomorpha. Threnodes e Ca- tharia sotto il nome di Hercyna, tutti nella famiglia degli Ercy- nidi; Metasia nella famiglia degli Steniadi, Pyrausta nella famiglia degli Ennichidi, Botys ed Ebiilea nei Botydi, Rhodaria Herbu- la, Ennychia, Algedonia, Emprepes, Tegostoma negli Ennichidi, Pionea nei Botidi, Aporodes ed Heliothela negli Ercynidi (2). Ciò premesso nella nostra classificazione rimangono i seguenti generi per la famiglia delle Pyraustine: Agrotera, Ercta (Spa- nista) Sylepta tEbulea, Glyphodes, (Margarodes) Hellula, Orenaia (Hercyna) Evergestis (Orobena, Scopula) Nomophila (Stenopteryx) Phlyctaenodes (Eurycreon, Ephelis, Spilodes) Diasemia, Anti- gastra , Itlecyna, Calamochrous, Cyboloinia (Hypolais) Cynaeda (Odontia) Titanio (Noctuomorpha — Threnodes) Catharia (Hercyna) Metasia (Arnia), Pyrausta (Botys, Ennychia, Algedonia, Rhodaria, Herbula), Pionea, Cornifrons, Tegostoma, (Emprepes), Pelaea, Noctuelia (Aporodes), Heliothela. Ciò posto il riassunto di ciò che abbiamo detto per la Pyra- lidine si ha nel quadro che segue : (1) Curò' op. cit, fase. XII pag. 57 a 71. (2) Berce op. cit. voi. 6. pagg. 96. 122. 195. 69. 72. 156. 170. 161. 100. 149. 190. 102. 40.66.64. 71. 111. 125. 141. 87.91. 90 67. CLASSIFICAZIONE DESCRITTIVA DEI LEPIDOTTERI ITALIANI 191 Il Legione II - Kteroceri Tribù I ■ Galleijrne Tribù II - Crambine Tribù III • SCHOENOBllNE Tribù IV . Anerastiine Genere Genere Genere Genere I Genere Se/.io .e V I' Divistone II • Microe- j PìraliJlne teroeri \ Tribù V - Fyci jine Tribù VI - Epipaschiine | Genere^ Tribù VII - Endotrichine ^ ^^^ere T — Corcyra Il — A chroia III — Melissoblaptes IV — A phomi(i V — Galleria I — Crambus li — Platytes m — £ro77tene (Euchromis) IV — A ticylolomia V — Talis I — Scirpophaga II — Sckoenobius I — Arìerastìa u — Hypsotropa ni — Ematudes i — Hmoesoìna II — Ephestia III — MaJiatta (Hornigia) IV — Aìtcylosis V — Deciocera VI — Gimancyla VII — Plispa vili — Asorosa IX — ■ Peinpelia(^)\Yz\^ Flythìa) X — H yphatitidhnn ( Cataremna) xr — Metallosticha Xu — E.uzophera xiii — Eccopfsa XI V — Nyctegretis XV — Zophodia XVI — A sarta iPhycis) xvii — Hypochnlcia (Phycis) xvm — Eiiella (Pempelia- Phycis) XI x — Bradyrrhoa XX — Megasis xxi — Ejicarpia XXII — Epischfiia xxiii — Catastia (Diosia) XXIV — Selagia XXV — Alophia XXVI — Salebria Xxvii — Nephopteryx (Phisis) xxvm — Brephia xxix — Ceemìtophila Xxx — Traconitis XXXI — Dioryctria xxxn — Phycita xxxiii — Pterothrix XXXI V — Acrobasis XXXV — Rhodophaea xxxvi — Glyptoteles XXXVI! - Myelois I — Lepidog7J7a ( Asopi na) 1 — ■ Endoiricha (Asopia) 192 FORTUNATO ROSTAGNO Genere Tribù Vili • PVKALINE Genere Tribù IX - Hvdrocampine l I — Ulotricka II — Hypotia in — Aglcssa IV — Py^alis (Asopia) V — Stemmatophora VI — Herculia va — Cosiantia vili — Actenia IX — CUdeobia i — Nympula \ Farapoynx- Hydrocampa) li — Cataclysta ni — Duponchelia IV — Sterna (Amaarophanes) V — Perinephila ’ VI — Psammotis (Leinìodes) vii — Eurrhypara {Segue^ Legione II - Eterocerì Divistone II • Mìcroe- teroceri l {Segue) \ Sezione V \ Piralidine Tribù X ScoPARUNE S Genere f I — Scoparla (Eudorea) Tribù XI - PvRAUSTlNE Genere » I — Agroter a li — Ercta (Spanista) III — Sylepta (Ebulea) I V — Glyphodes (Margarodes) V — Hellula VI — Orenaia (Hercyna^ VII — Evergestis (Oro- bena-Scopula) vili — Nomophila (Stenopteryx) IX — P hlyctaenodes ( Eu ry creon - Ephe- lis-Spilodes) X — Diascmia XI — Antigastra XII — Mecyna XIII — CalamochroM XIV — Cibolomia- (Hypolais) XV — Cyuaeda (Odontia) XVI — Titanio ( Noctuomorpha 'l'hrenodes) XVII — Catharia ( Hercyna) XVIII — Metasia (Arnia) XIX — Pyr austa (Botys Ennychia-Alge* donia-Rhodaria Herbula) XX — Pionea XXI — Cornifrous xxn — Tegostoma (Emprepes) xxm — Pelaea Xxiv — Noctuelia (Aporodes) XXV — Helioihela 18TIT0TO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA (Direttore: Prof. A. Carruccio) IL “ TACHIOLO PATERNO NELLA TECNICA DEL METODO DI OOLGI ('Comunicazione fatta alia « Società Zoologica Italiana » in Roma) Dott. G- ROMERO Assistente Se si considerano le raodiflcazioni apportate alla tecnica indi- cata da Golgi, per il suo metodo al Cromato d’Argento, risalta, subito, come la maggior parte di esse riguardi specialmente la sostituzione di un altro sale di Cromo, al Bicromato di Potassio, usato da Golgi, — quando le stesse non si limitano alla variazione del titolo della soluzione bicromica, da Golgi stesso consigliala; mentre ben poche sono, in confronto, le va- riazioni apportate all’ uso dei due reattivi classici, che servono, ordinariamente, a determinare la « reazione nera » su pezzi cromizzati: il Nitrato d’ argento e il Bicloruro di Mercurio. E invero, più che modificazioni, debbono chiamarsi semplici tentativi, tutte le prove fatte per sostituire al Nitrato d’argento, altrPsali dello stesso metallo, che, a contatto d’ un sale cro- mico, nei tessuti animali, precipitassero nei vasi e negli ele- menti nervosi, dando delle figure migliori di quelle ottenute col Nitrato stesso. Si direbbe che la preoccupazione maggiore degli sperimen- tatori, che volevano perfezionare la reazione cromo-argentica, sia stata, soprattutto, quella di ottenere, nei tessuti, con la predetta reazione, il maggior numero di figure nervose, annerite, esitando, il più che fosse possibile, la formazione di precipitati, nel preparato. — Spesso, però, con molteplici tentativi, pur riuscendo ad avere un buon numero di figure nere, l’osserva- zione è disturbata dalla presenza di abbondanti precipitati; e ciò si verifica specialmente, per cause non ben definite, quando si applica, ai tessuti, il metodo rapido di Golgi e, soprattutto, la doppia e triplice impregnazione di Ramon y Cajal, 194 DOTT. G. ROMEEO L’ inconveniente fu sempre attribuito al sale cromico : buona parte della causa dipenderà pur da esso; è da credere, però, che non una, ma molte sieno le cause e complicale; per ora, tutti i tentativi fatti ]). e. di sostituire al Bicromato di Potassio, un altro sale di Cromo (Bicromato di Sodio, Ammonio ecc.) non hanno dato alcun risultato positivo. Fra le pochissime prove fatte di sostituire il Nitrato, con un altro sale d’ Argento, ò degna di nota una recente modiflcazione di H. Gudden. (Ueber euieneue yjndification der Golgi' schen Silberimprdgnaiionsmethode — Nenrolog. Cenlralbl. Bd. XX Ì9.91. N. 4 p. 151-152), il quale comunica di aver apportato una modiflcazione molto utile, per bontà e sicurezza di risultati, al metodo di Golgi, impiegando, invece del nitrato, un sale organico d’argento: (Lattato d’Argento — Chem, Fahr.: Heyden in Radeheul-Dresden). Egli ha usato la seguente miscela hicromica : Bicromato di Potassio g. 2,50 Acqua stillata . . c. c. 100 Formalina a piacere (?) Dopo avervi tenuto, per 15 giorni pezzi di cervello e di mi- dollo spinale ('di uomo morto di paralisi^ estratti dal cadavere 10 ore dopo la morte, li passava in Actol 1: 15 ('soluz. ac- quosa). — Cosi operando, egli dice di aver ottenuto ('nelle peggiori condizioni in cui si possa usare il metodo di GolgiJ delle flgure nervose molto più abbondanti, più nere e più nette di quelle che si sogliono ottenere con l’AgNON accanto al quale, poi, r Actol, avrebbe il pregio di penetrare molto più profon- damente, nei tessuti. Altre prove, fatte con molti altri sali anorganici di Argento, non diedero risultati soddisfacenti. L’A: però, in tutta la sua comunicazione, non accenna affatto ad una ricerca comparativa, fatta, tra F Actol e il Nitrato d’ Argento, a parità di condizioni, in rapporto al metodo cromo-argentico. lo ho voluto, a mia volta sperimentare, sostituendo al Ni- trato, il Fluoruro d’Argento e, precisamente, il Tachiolo del commercio, che è Fluorro d’ Argento purissimo, studiato dal JL TACmOLO PATERNÒ 195 Prof. Emanuele Paterno, Direttore dell’ Istituto di Chimica applicata, in Roma. Il Tachiolo, da me adoperato, era stato preparato nel labo- ratorio di devo Istituto e mi fu fornito dalla squisita cortesia del Senatore Paterno. Questo nuovo preparato d’ Argento, possiede delle proprietà, che mi parverodi grande utilità per l’applicazione, che intendevo’ di farne. Anzitutto, la sua reazione alla luce è di una sensibilità molto' maggiore di quella del Nitrato d’ Argento e ponendo, in con-' fronto la struttura dei precipitati ottenuti cali’ azione del Ni- trato e, rispettivamente, del Fluoruro d’ Argento, sul Bicromato di' Potassio, in- vitro, al microscopio, i granuli «li Cromato' d’ Argento, ottenuti col Tachiolo, sono molto più Ani, di quelli ottenuti col Nitrato: si deve, anche aggiungere, che il Tachiolo, coagula, solo, leggermente gli albuminoidi e molto meno del Nitrato d’ Argento. Il materiale di ricerca consisteva in cervello e midollo spi- nale di Rana, di Piccione, di Coniglio e di Nottola. Come miscele cromiche, furono usate quella originale di Golgi, pel metodo rapido (Ardi. p. le Se. Mediche 1879 p. 237j: ( Bicromato di Potassio 2 0/0 p. 10 Acido osmico 1 0/0 p. 2 e quella di Ramon y Cnjal: ( Bicromato di Potassio .3 0/0 p. 4 ( Acido osmico 1 0/0 p. 1 Una parte dei boccetti di vetro giallo, contenente gli oggetti nelle suddette soluzioni cromiche, fu lasciata alla temperatura ambiente (12‘-15” C): un’altra parte, fu tenuta nel termo- stato a 37’ C.. I pezzetti di usmli erano non più grandi di 5 mm; il liquido cromico nella proporzione di 10 cc. per ogni cc. di tessuto nervoso. Dopo 3, 4, 5, 6, 7, 10 giorni, alcuni pezzetti, vennero tolti dalla soluzione cromica e passati in una soluzione aquosa di Tachiolo al 0, 50 0/0 in cui si lasciavano per 24 ore, alla temperatura della stanza: T impregnazione dei Ani capillari 19G D01T, G. ROMERO } sanguigni si aveva, abbondante, già verso il 3" - 4o giorno : tanto per i pezzi tenuti alla temperatura ambiento, come per quelli nella stufa a 37" C. : 1’ impregnazione delle cellule ner- vose, cominciava, invece, verso l‘8'’ giorno, per i primi e tra il o" - 6“ giorno, per gii altri. Inoltre: alcuni pezzi di sistema nervoso centrale, della gran- dezza massima di / cc., furono trattali col inetodo a reazione lenta di Golgi (Ardi. il. de Biologie 7. p. 17>, ISSO); furono, cioè, successivamente tenuti in Bicromato di Potassio, a con- centrazione crescente (2, 3, 4, 5 0/0), alla tempera'.ura ambiente, le cui variazioni giovano molto alla buona riuscita del metodo) — Dopo 13 - 30 giorni, trattati con Tacliiolo al 0, 50 0/0, si aveva già, una buona ed abbondante impregnazione degli elementi nervosi e della neuroglia. La doppia e triplice impregnazione di Cajal, mi diede molte figure nere, ma anche mollissimi precipitati, nonché il fondo del preparato di color giallo nerastro, precisamente come quando si usa il Tachiolo al 0, 75-1 0/0, e come quando vi si tengono troppo a lungo i pezzi cromizzati : la poca chiarezza del fondo del preparato e il suo colore cupo, facevano risaltare poco nettamente le fìgui’C nere.' Le sezioni dei pezzi, venivano fatte col rasoio a mano, per saggiare la reazione e per conge- lazione 0 con una somiinaria inclusione in celloidina, secondo la minore o maggiore fragilità del pezzo: l’ulteriore trattamento dei tagli era Poi’dinario, montando le sezioni su appositi vetrini, incluse in olio di cedro, senza coprioggetti. I risultati da me ottenuti, sebbene con limitate ricerche, mi consigliarono a fare questa comunicazione, e posso conchiu dere che il Tachiolo Paterno venendo a contatto del Bicromato di Potassio, nel tessuto nervoso, dà un precipitato di Cromato d’ Argento, col quale si impregnano i vasi, la neuroglia e le cellule nervose del tessuto in parola. L’ annerimento delle cellule nervose, col Tachiolo, specialmente nei prolungamenti di esse, appare più delicato, di quello otte- nuto col Nitrato. — A parità di condizioni, poi, col Tachiolo, si ha una quantità di figure nervose, maggiore che non col Nitrato. I precipitati si mostravano sempre scarsissimi: molte volle I ]L TACHIOLO PATERNÒ 19? (eccettuala la periferia del pezzo) mancavano affatto nelle sezioni, nelle quali poi, appariva chiaramente che il Tachiolo era penetrato, nei tessuti cromizzati, più profondamente del Nitrato d’Argento. La rapidità con cui ha, luogo la reazione, a me si mostrò iden- tica per i due sali. Questi vantaggi, a me pare che possano concorrere ad aumen* tare l’utilità del prezioso metodo cromo-argentico e a compen- sare con larghezza qualche inconveniente del Tachiolo: come p. e. il suo costo più elevato e la sua minore stabilità in con- fronto al Nitrato : tenendolo però in vasi ben chiusi e al riparo dalla luce, la sua soluzione si conserva relativamente inalterata per parecchi mesi. Riservandomi di ripetere e di estendere lo mie ricerche con questo nuovo salo d’ Argento e di adoperarlo su altri tessuti animali, oltre quelli nervosi, sempre nella cerchia delle applica- zioni del metodo di Golgi, posso affermare che il Tachiolo è da consigliarsi, ogni qual volta si desideri una delicata ed elegante reazione nera secondo Golgi. A |>ropo!^ito di UN NUOVO CASO Di ASCARIDI NEC FEGATO con speciale riguardo alle MIGRAZIONI deli; ascaris lumbricoides ed alla PARTE INTERESSANTE L’OTTALMOLOGIA pel Dott. AGOSTINO MAURIZI Assistente della R. Clinica Oculistica dell’ Università de^li Studi di Rom;». Comunicazione alla Srdrlà Zco/rgita Itaiinua con sede in Roma (1903.) Storia clinica: — Mercui-i Loreto di anni 12, entrato nell'o- spedale di S. Spirito il 10 novembre 1898, nella Sala S. Gi- rolamo al letto N. 8. L’infermo aveva riferito che la sua malattia si era iniziata alla fine di ottobre con dolori addominali diffusi e diarrea; nei primi giorni aveva emesso ascaridi e sembra che di quando in celiando avesse avuto qualche febbre. Questa da tre giorni in- nanzi r ingresso nell’ ospedale era divenuta continua, i dolori addominali, prima alquanto mitigati, si erano riacutizzati. Al suo entrare l’ infermo aveva temperatura elevata, ed all’esame obiettivo presentava meteorismo addominale e dolorabilità nel quadrante superiore sinistro, stipsi, polso frequente (160) e dispnea (60). All’ esame del torace, assenza di fatti degni di nota. Le urine contenevano notevole quantità di indacano, non albumina. La reazione di Widal praticata il giorno 13 risultò negativa. La febbre intanto coniinuava con remittenze serotine. In seguito a trattamento opportuno l’infermo migliorò, scom- parve il meteorismo, si ebbero abbondanti e numerose scariche fecali nelle quali si rinvennero ascaridi, alcuni dei quali furono emessi anche dalla bocca. Dopo questo miglioramento, durato tì\ NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 199 due giorni, la temperatura tornò ad elevarsi, le forze diminui- rono notevolmente, il polso divenne frecpientissimo (180), e dopo agonia prolungata l’infermo spirò il 24 dello stesso mese. Autopsia*: — Nutrizione generale molto deperita, pallore dif- fuso, ventre tumefatto, Appena aperto 1’ addome, si riconobbe 1’ esistenza di una peritonite con essudato fibrinoso purulento aderente alla parte inferiore della milza ed al fegato, e con adesione delle anse intestinali fra loro : nell’ essudato si tro- vavano ascaridi, alcuni ben conservati, altri disfatti (il che stava a dimostrare come non tutti alla stessa epoca fossero migrati nella cavità addominale). 11 digiuno appariva noruAle, presso r ileo la mucosa era un po’ rosea, specie tra le valvole conniventi, le placche del Peyer e i follicoli solitari, iperemici ma non ulcerati, presentavano una lieve iperplasia. Proseguen- do nell’esame discendente dell’ileo, si riscontrava una ulcera- zione, il cui bordo era infiltrato da un essudato fibrinoso che si estendeva sulla sierosa. Più oltre la mucosa appariva inten- samente iperemica, e in corrispondenza della parte superiore di una grossa placca, una seconda ulcerazione approfondentesi fino alla tonaca muscolare con bordi nettissimi: mucosa, sotto- mucosa, muscolare tagliate come a scalino : questa non era perforata, ma non lungi esisteva una perforazione intestinale completa. Tutte queste lesioni presentavano forma triangolare, margini tagliati a picco, bordi poco o punto rigonfi. Le ghiandole del mesenterio erano lievemente turgide, mancava tumore splenico. Diagnosi anatomica : — Si trattava dunque di una ileite acuta con tre ulcerazioni (una delle quali perforata) e con lieve iperplasia di placche di Peyer — e di entero-peritonite da mi- grazione di ascaridi, secondaria a perforazione intestinale. Quale la natura etiologica del processo morboso e del re- * Eseguita e illustrata dal Prof, Ettore Marchiafava in una lezione di Anatomia Patologica (R. Università degli Studi di Roma 27 no- vembre 1898). 200 DOTT. AGOSTINO MAURIZI lativo reperto anatomo-patologico ? Esclusa la tubercolare e la tifosa, 0 era una infezione tifosa molto anomala, od una ileite emorragica ulcerosa di ignota etiologia. Recentemente il iNIara- gliano descrisse alcuni casi di ileite emorragica con poche ul- cerazioni, delle quali credette riconoscere la causa in un bacillo speciale simile al Tjaderium coli. Si dovrà ammettere la stessa causa pel caso suesposto? Essendo il cadavere in condizioni da non permettere le ri- cerche bacteriologiche necessarie, io non mi potei proporre, come avrei desiderato, di rispondere a tale domanda. Ma il caso mi offre occasione di occuparmi di un altro fatto nou meno a proposito ed importante, tanto più che in esso rientra la causa più prossima, cui deve attribuirsi la catastrofe, come quello che (probabilmente più che non il processo ulcero- perforante) determinò la peritonite: delle migrazioni dell’Ascaris 1. h., e se, 0 quanta parte prenda questo parassita nei processi ulcerativi e perforanti dell’ in testino, come p. e. nel caso sue- sposto. Cosi, fra gli altri argomenli attinenti al parassitismo deir A. 1. mi intratterò anche sulla parte specialmente sinto- matologica, che interessa 1’ ottalrnologia. « • Le opinioni suirimportanza patogena (123, 1 lC))deirAscaris lum- bricoides sono molti discordi: Alcuni, e specialmente gli antichi, lo considerano come temibilissimo parassita, capace persino della perforazione intestinale, e di peggio^ tantoché, se vi si credesse, non vi sarebbe più alcuna mala azione, al dire di Bouchut, di cui i vermi non potrebbero incolparsf: in un caso i lombrici avrebbero dissecato tutto il sistema nervoso e va- scolare deir addome con tale finezza da onorarne il più distin- to anatomico : Altri sono scettici su tale nocevolezza Ano al giudizio del Goeze e del Bianchi (84), secondo i quali anche i vermi sono più o meno utili all’ uomo, essendo tutti gli esseri organizzati creati a cagione di lui ! La verità è che questo elminto, generalmente innocuo, spesso causa di peculiari disturbi di lieve entità, non tanto raramen- te può produrre fatti imponenti e fatali, specialmente per il numero degli individui, pel cambiamento di sede (migrazioni), ed a seconda della fase di sviluppo in cui si trovi o dello stato tJN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 201 di infermità dell’ ospite. La sua presenza è dunque insidiosa, tanto più inquantochè, spesso insospettata, [>uò trarre in errore diagnostico ; e perciò va temuta. Sulla teoria della perforazione intestinale attiva da ascaridi molto è stato detto, scritto, discusso fin da’ tempi remoti : Co- dronchius (86), Molinetti (107), Bianchi (84), Tartaglia (68), Ricci (64\ Guastamaccliia {31), Girone (36), Gaddi (3-5), Bottini (12), Delle Ghiaie (27), Conte (19), Termini (69), Sangalli (117), Marcus (103), Yichnevshy (127) ne sono fautori: si alternano con essi come oppositori Tacconi (67 j, Morgagni (53), Frank (34), Polvere (62), Brera (14), Coppola (21), Nicolich (55), Duhini (32), Dujardin (33), Amatori (3), Clemente (18), Perroncito (59), Blan- card' (8), Pestalozza** (60), il quale ultimo da una dotta sintesi critica di tutto il ginepraio delle argomentazioni emesse prò e contra, deduce come conclusione : Che la perforazione intestinale diretta, attiva da ascaridi è impossibile, sopratutto perchè questi non dispongono di mezzi atti a ciò — che pur tuttavia essi possono attraversare la pa- rete intestinale, data la preesistenza di una perforazione, sia pure minima, per la nota tendenza di insinuarsi con le loro estremità aguzze e resistenti nelle strette aperture'** — ma che non possono recare nella determinazione di perforazioni inte- stinali altro che un contributo, sia iniziale che terminale, molto Il Blancbard a sua volta cita fra i favorevoli Spigel; van Doeve- ren, Andry : fra i contrari Platcr, Eudolpliì, Brcniser, Kùchenmei- stcr, Davaine, ** come il Pestalozza fra i primi menziona Van der Espt, Gauthier de Glànbry, Schultzc, Monteggia, Lenckart, Siebold, Mondière, De Blainville, Glarclay, Courtois-Souffit, Immerwol, Miri- nescu e Bibulesco; fra i secondi Eineke, Cruvcilliier, Niemeyer, Andrai, Guersent, Desprès, Bouchut, Billiet, Barther, Birch-Hir- schfeld, Barnberger, Upmann, Rokitansky, Petteruti, Valenti, Moniez, Variot, Mercier, Baginsky, Asbye Wiighc, Miller, Lussana e Romaro, Galvagiio, Bassi, Mcnsi. *** A titolo di curiosità il Blancbard riferisce che alcuni autori, a- vendo riconosciuto questa tendenza con l’aver riscontrato nelle feci di fanciulli ascaridi impigiiati in bottoni o ganci, non si son peritati di consigliare seriamente come cura antielmimica P inghiottire og- getti simili, 202 DOTT. AGOSTINO MAURIZI secondario e soltanto per azione meccanica passiva e forse chi- mica, ma sempre e comunque quando "ià sia lesa l’ integrità dell’ infestino od almeno questo si trovi in condizioni morbose od alterate, anormali. E l ormai tale è la persuasione di tutti. Se non che lo stesso Pestalozza, riflettendo sul fatto che il semplice maneggio (99 b.) degli ascaridi provoca intenso pru- rito alla faccia ed al collo con produzione di pomfi. eritema, e prurito alle mani, secrezione dal meato uditivo, congiuntivite, starnuti, afonia, corizza, etc.: si domanda se questo principio chimico segregato dalla cuticola di questi elminti non possa esercitare sulla mucosa intestinale, più delicata e vulnerabile della cute (secondo la sua opinione) un’azione chimica irritante anche maggiore, in modo da poter costituire l’ inizio dell’ ero- sione 0 almeno uno stato predisponente come l’ iperemia. Il chiaro autore, emesso questo dubbio, dice : « Alea jacta : ferisca almeno la buona volontà di qualche studioso, perché questa pagina del potere patogenetico dei vermi venga presto rischiarata ». Si potrebbe infatti fare qualche ricerca sperimentale in pro- posito, ma, anche indipendentemente dal risultato di queste, lo scrupolo del Pestalozza non ha ragione di esistere, come quello che ha origine dall’errore anatomico, fisiologico e fisico biochi- mico di credere la mucosa intestinale più delicata e vulnera- bile della pelle ; quando, a provare il contrario, basterebbe il sol fatto che, cosi all’ osservazione clinica non a quella anato- mo-patologica, alla tanto frequente presenza dell’ Ascaris non vanno che ben raramente annessi disturbi od alterazioni inte- stinali di qualche rilievo, e il più delle volte altrimenti giusti- ficati, mentre se ne possono facilmente constatare altri, riflessi 0 indiretti che siano, ben gravi, dovuti certamente all’ assorbi- mento della secrezione cuticolare del parassita o a conseguenze della loro azione meccanica, cosi da dimostrar nulla o quasi l’influenza chimica-corrosiva locale. La teoria di un’ azione iperemizzante, come condizione pre- disponente, potrebbe essere più probabile. Il Pestalozza inoltre non lascia chiaramente intendere il suo avviso sulla teoria di Mondière, alla quale accenna, più volte. UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 203 Questa, che fu anch’ essa oggetto di molte discussioni, ammet- terebbe che la testa del lombrico possa divaricare lentamente e progressivamente le fibre delle varie tuniche intestinali, le quali, per la loro tensione elastica e contrattilità, tornando su loro stesse dietro il suo passaggio, ne nasconderebbero ogni traccia. Tale teoria il Mondière escogitò per spiegare i casi (26) nei quali aU’autopsia le pareti delTintestino sarebbero apparse intatte. Egli è certo che la massima parte degli elminti si comportano in tal modo, come fra i nematodi la Trichina, la Filaria del sangue e di Medina; ma è da notare come questi parassiti siano incomparabilmente più piccoli, anche a confronto dei giovanissimi ascaridi, e non si potrà ammettere che questi possano traversare le pareti enteriche senza lasciare dietro di sé un orificio. Perciò T asserita integrità dell’ intestino in tali casi si deve spiegare o dubitando dell’ accuratezza dell’ esame praticato di esso, o coll’ ammettere che 1’ entozoario sia non recentemente migrato, dando tempo alla riparazione di lesioni intestinali, o, come pensa il Davaine, che il passaggio sia av- venuto da lesioni dello stomaco, o da ascessi epatici e pancrea- tici. anziché direttamente dall’ intestino. Il tema dunque della perforazione intestinale non ha rapporto diretto con quello delle migrazioni degli ascaridi, nel senso che quella non costituisce il primo momento attivo di queste, bensì in quanto essa apre il varco al maggior numero delle più strane migrazioni, delle quali molte ed interessanti ricorda annualmente nelle sue lezioni il prof. Carniccio. La dimora normale, abituale dell’ Ascaris lumbricoides è l’intestino tenue dell’ uomo, il quale può esserne infestato da variabilissimo numero Qt, 19, 2h, 87, 94, 101, 109, 125) fino alT incredibile* (70), come nel caso narrato da Fauconneau-Du- fresne (90) di un individuo che emise nello spazio di tre anni cinquemila ascaridi, dei quali seicento in un sol giorno, la maggior parte per vomito numero però che generalmente è molto limitato e talvolta ridotto ad un solo esemplare. Fatto dovuto alla prodigiosa fecondità defila feinra'na, 204 DOTT. AGOSTINO MAURIZI La diagnosi clinica di qusl’ ultimo caso speciale si ha dal ripetuto reperto di uova non fecondate nelle feci dell’ ospite e dal cessare dei sintomi di elmintiasi in seguito all’espulsione di un solo ascaride femmina (S3). Ben arduo poi è riconoscere 1’ unità maschile di simile presenza, che perciò si rivela sol- tanto al casuale suo cessare. Quantunque si riscontri con maggiore frequenza nei bambini, tuttavia si può dire che, a preferenza degli altri elminti, infesti l’iiomo di ogni età, di ambo i sessi, di ogni classe sociale, di ogni luogo del mondo. E da notare come sia frequente nei pazzi per la nota facilità con cui questi portano immondizie alla bocca. La sintomatologia dell’ ascariasi è svariatissima (91, 96, 102, 105, 121); Gli infermi sono dimagrati, pallidi, anemici, torpidi od irre- quieti, hanno la lingua impaniata, gli occhi infossali circondati da aloni bluastri, semichiusi nel sonno, le pupille mid natiche e in diverso grado 1’ una dall’ altra, scricchiolano i denti men- tre dormono, presentano gonfiore di ventre, alito fetido, si la- mentano di cefalee, nausee, disfagia (46), dolori addominali fìssi in un fianco e qualche volta vaganti, coliche (114), diarrea alternata o no a coprostasi, sono di appetito capriccioso, vanno soggetti ad epistassi (113), anasarca (97), gastrorragia (82), en- terite, appendicite, peritonite. Anche prescindendo da queste ultime gravi conseguenze, in alcuni casi si può anche avere la febbre, dovuta al materiale pirogeno sviluppatosi in seguito alle azioni meccaniche com- piute negli intestini dagli entozoi (93), oppure alia sostanza chimica segregata dalla cuticola degli elminti, come pensano Huber (99 b.), Mingazzini (106), etc., la cui tossicità viene più chiaramente dimostrata nei casi in cui, come quello narrato recentemente dallo Chauffard, succede la così detta lombricosi a forma tifoide, nella quale i disturbi prodotti simulavano l’ ileotifo, forma alla quale forse corrisponde la febbre vermi- nosa - maligna - epidemica 0 contagiosa degli antichi (85, 108). Al materiale pirogeno assorbito sarebbe pure dovuto il prurito cutaneo specialmente al naso, la scialorrea e il bruciore agli occhi. Oltre i suddetti fenomeni, se ne possono avere altri di indole UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NED FEGATO 205 riflessa : le convulsioni spesso simulanti quelle di natura iste- rica, epilettica, coreica (89, 127), od eclamptica (17, 34, 71, 111), 0 in forma di accessi uremici — come in un caso che ebbi occasione di osservare 1’ anno 1899 nella Clinica Medica qui in Roma, nel quale si trattava di un contadino di 12 anni proveniente dalla campagna di Albano, con anuria, anasarca, vomito, alta temperatura, accessi convulsivi con spuma alla bocca, in modo da mentire una nefrite ; invece avendo 1’ emis- sione di un ascaride per vomito consigliata la somministrazione di antielmintici, l’ infermo guarì in breve dopo 1’ evacuazione di un gran numero di ascaridi lombricoidi, — si possono avere altre manifestazioni nervose (99, 124), paralisi passeggere (95), allucinazioni, afonia, vizi di pronunzia (27), sordità, — svaria- tissimi disturbi da parte della funzione visiva (81, 115, 120, 126), — e infine il singhiozzo ostinato, lo starnuto, il sonno agitato, etc.... Alcuni autori dubitano che queste ed altre simili sindromi dovute ad elmintiasi siano fenonemi riflessi da azione mecca- nica 0 chimica irritante o stimolante sulle terminazioni nervose, 0 da intossicazione per 1’ assorbimento dei secreti dmintici, o preferiscono spiegarle con la teoria di un’ autointossicazione causata da perturbazioni digestive e da ristagno di materiali intestinali f'126) per 1’ accumulo dei parassiti. È evidente come alla intensità delle sindromi, oltre certe di- sposizioni individuali (92) dell’ ospite (poiché infatti, per esem- pio i fanciulli scrofolosi o di natura linfatica sono più soggetti degli altri alla elmintiasi), concorra il numero dei parassiti, i quali, riunendosi a gomitoli, possono dar luogo a gravi coliche con fenonemi di occlusione intestinale a decorso talvolta molto rapido e di esito letale, — e la tendenza che essi hanno di migrare in altri organi: per cui vomito, così da riscontrarsi le uova del parassita (65), itterizia, ascessi, peritoniti settiche (per aver fatto strada a germi infettanti o esserne stati i veicoli), soffocazione, etc..,. * L’ Ascaris lumbricoides' è di abitudine piuttosto sedentaria, ma non di rado migra più o meno lontano, talvolta favorito da speciali condizioni anatomo-patologiche dell’ospite, come ul- 20G DOTT. AGOSTINO MAURIZI ceri perforate, ascessi comunicanti, fìstole, etc., od altre varie come lo spavento nei bambini (lOd, 118), tal’ altra per l’alte- razione di qualche condizione essenziale alla sua esistenza, il calore ad esempio, cosi per l’ aumento nelle malattie febbrili (23, 88), come per la diminuzione nel raffreddamento cadave- rico (migrazioni post- mortali). La migrazione degli ascaridi è cosa anticamente nota e lo stesso Ippocrate (39) ne riferisce un caso. La normale ed innocua, anzi benefica perchè ne porta al- 1’ espulsione con le feci (spesso in numero considerevole (5, 10, 112)), è la discesa verso il retto. Questa fuori uscita può es- sere anche spontanea cosi da trovare ascaridi nel letto d«i bambini senza emissione alvina. Ma quando invece risalgono l’intestino, essi incontrano tramiti ove insinuarsi, come la papilla di Yater, il dotto coledoco, il dotto di Wirsung e penetrare più o meno nel parenchima pan- creatico (16, 54J. Per il piloro il parassita passa frequentemente nello stomaco (41j e risalisce nell’esofago (46) e persino nel faringe. Esso esce allora abitualmente per la bocca, specialmente con conati di vomito (4, 5, 10, 14, 24, 53, 65, 73) e spesso in gran numero (90), 0 per le narici (5, 32); ma se incontra sul suo cammino qualche ascesso, ulceri perforate o qualche tragitto fistoloso, può introdurvisi e cagionare accidenti più o meno gravi, come nei casi osservati da Lepelletier citato dal Blanchard (8). e da altri autori (34, 35, 42, 57, 64h In alcune di queste e simili altre osservazioni, come quelle del Brigidi (15), del Minaglia (51), e del Troja (74), general- mente le migrazioni vanno ritenute fatto post-mortale, opinione d’altronde confermata quando all’autopsia si trovino in questi ascessi i vermi ancora vivi o non disfatti. Davaine f26) cita due casi di penetrazione di ascaridi nella tromba di Eustachio; 1’ uno di Winslow, 1’ altro di Bruneau : diversi autori (23, 75) ne riferiscono di fuori uscita dal con- dotto uditivo esterno : Blancard (8) menziona i tre di Reynolds, Turnbull e Dagand avvenuti fra le più atroci sofferenze- dei pazienti. UN NUOVO CASO PI ASCARIDI NEL FEGATO 207 Si son veduti anche passare dalle fosse nel canale nasale ed uscire all’angolo interno deH’occhio (8, 59). Beninteso che in queste ultime osservazioni si tratta di esem- plari giovani e perci-ó piccoli, come in quella riferita dal Per- roncito (59), per la quale fu necessario un accurato esame microscopico per decidere se si trattasse di un ascaride o di un ossiuro. Il parassita può ancora introdursi per la glottide nelle vie respiratorie e determinare accessi di soffocazione (1) ed anche la morte per asfissia (13, 26, 31) I più frequenti casi sono quelli di migrazioni nelle vie bi- liari, come dimostra la letteratura che ne è ricchissima (8, 9, 16, 26, 30, 38,- 48, 52, 58, 63, 66, 68, 72, 77). II Prof. E. Marchiafava (47) nel 1894 potè illustrarne uno molto importante. Gli ascaridi possono produrre angiocolite per penetrazione nei grossi condotti biliari e negli intraepatici. Entro il fegato, anche senza dar suppurazione, giungono fin sotto la capsula dilatando i dottolini biliari fino ai loro estremi terminali. At- torno ad essi si può formare, a guisa di bara, una capsula di tessuto connettivo, e talvolta, come nel caso illustrato dal Mar- chiafava, entro essa trovasi una poltiglia che esaminata al microscopio mostra contenere molti frammenti di cuticola chi- tinosa dell’entozoario. E in questi casi che spesso si rimane in dubbio sulla genesi di tali corpi fibrosi pensando a relitti di ascessi sottocapsulari od a processi necrotici. Queste migra- zioni non accompagnate da suppurazione devono non presen- tare sintomi clinici di sorta o tanto lievi da non destare nem- meno il sospetto della loro esistenza. Ma sintomi imponenti provoca l’arresto di ascaridi nel coledoco e nel dotto epatico 0 la suppurazione delle vie biliari, della cistifellea, del fegato. La penetrazione eccezionalmente avviene per via diversa dalla naturale (66). Nell’ospedale generale di Vienna Murchi- son vide un preparato nel quale il dotto coledoco era trasfor- mato in un sacco grosso come il pugno e riempito di un gran numero di parassiti. In un vecchio di sessanta anni, morto d’ it- tero generale con febbre intensa, Vinay (77) trovò più di venti ascaridi nel coledoco, il pancreatico ne Conteneva per quasi 208 DOTT. AGOSTINO MAURIZI tutta la sua estensione, alcuni nella parte mediana del fegato, molti ancora rimanevano nel ceco. Interessantissimo anche il caso riferito dal Kartulis (40). Le lesioni prodotte dagli ascaridi penetrati nelle vie biliari sono generalmente gravissime. Essi le ostruiscono e arrestano così il corso della bile, risultandone ittero, colica e dilatazione dei canali talvolta limitata, spesso superiore alla resistenza delle loro pareti; Schtippel crede che questa rottura sia pre- parata da ulcerazioni dovute al parassita. Quando il soggiorno di questi è lungo, le pareti dei canali si infiammano, si riem- piono di pus, e il processo può estendersi al tessuto epatico conseguendone ascessi talvolta molto estesi (11, 22) e in comu- nicazione con altri organi toracici e addominali. — Tali ascessi si aprono in diverse maniere (8): Nel 1876 Kirkland vide fuori- uscire un ascaride, insieme al pus, da un ascesso del fegato che si era aperto attraverso la pelle a livello dell’ ultima falsa costola destra. In una ragazza di quindici anni, Lebert vide un ascesso simile aprirsi attraverso il diaframma e il polmone destro fin nei bronchi: La morte è il termine consueto di casi cosi gravi. Tuttavia anche in quelli di epatite suppurante la guarigione può avvenire, se gli ascessi si aprono e i vermi vengono espulsi sia attraverso la pelle sia nell’ intestino. Avviene talvolta che l’ascaride passa più o meno direttamente dall’ intestino nella cavità peritoneale (6, 8, 22, 64, 68, 117). In questi casi maraviglia il fatto di non vederli sempre ac- compagnati da peritonite, considerando la grossezza conside- revole del verme e T inevitabile trasporto per suo mezzo di materiali settici: bisogna perciò ammettere che nella generalità di simili reperti trattisi di migrazioni post-mortem. Non si può negare d’altronde l’esistenza di qualche fortunatissimo caso nel quale (probabilmente per mancato fortuito trasporto o versamento del contenuto intestinale) siasi effettuata tale migrazione in vita dell’ospite senza la determinazione di peritonite, e il parassita sia poi uscito dopo più o meno tempo da ascessi cutanei. Un capo notevolissimo osservò in Arsoli il prof. A. Carruccio. Ma talvolta! vermi da questi ascessi non sono emessi soltanto con pus, bensì con materie fecali più o meno in abbondanza ; quando avviene anche ciò senza che se ne sviluppi una peri- UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 209 tonite generale e la morte del paziente, si deve pensare a pro- cessi infiammatori circoscritti della sierosa, adesivi o sacrati. Qualche altra volta può avvenire che dopo più o meno breve cammino, specialmente se isolati, determinando una li- mitata zona di reazione infiammatoria nel peritoneo o in altri organi, vengano incapsulati in uno strato di tessuto fibroso e connettivo, come per le già dette migrazioni primitive nel fegatd. Numerosissimi sono i casi riferiti di ascessi verminosi cu- tanei (68). I più frequenti sono nella regione anale (26), nella addominale (39), e particolarmente presso Tombelico in ispecie nei bambini (8, 12, 17, 18, 22, 26, 36, 37, 42, 43, 50, 55, 56, 60, 62, 78, 79), nella inguinale (17, 20, 21. 25, 28, 67, 69, 80), e sono spesso in rapporto con ernie. Qualche caso se ne è veduto nella regione dei lombi (29, 61), degli ipocondri, del sacro (49', del pube, del perineo e nella crurale. Davaine non ammette che 1’ elminto possa avere alcuna parte nella produzione dell’ascesso verminoso: a suo avviso le cose passerebbero come nei casi ordinari di fistole intestinali con la particolarità tutta fortuita della presenza dei parassiti nelle vie enteriche; essi profitterebbero soltanto dell’occasione per fuo- riuscire in modo insolito, e questa loro espulsione non avrebbe maggiore importanza o significato di quella delle materie fecali. j Leuckart e Blanchard non sono di questa opinione, veramente troppo esclusiva, e pensano invece che la maggior parte degli lascessi verminosi siano direttamente causati dagli stessi pa- rassiti quando si trovino in speciali condizioni, come può es- sere il loro imprigionamento in un sacco erniario (3, 14), nel piale possono certamente agire almeno come corpo estraneo col favore inolire della difficoltata circolazione del pacchetto ntcstinale. E un caso molto evidente dell’azione diretta del larassila come corpo estraneo nella produzione di ascessi, è quello che avviene quando esso si insinua nell’appendice cecale :olla conseguenza di tiflite, peritiflite, peritonite adesiva o sac- !;ata o diffusa, ascesso, fistola stercoracea addominale. I Ascessi, fistole, etc. possono far strada agli ascaridi non olo attraverso la cute dell’ospite, ma anche in altri organi 210 DOTI. AGOSTINO MAURIZI interni (i5). Cosi è che si son trovati nella cavila pleurale (8), nella milza (8), nei reni, nelle trombe falloppiane [~), negli ureteri, nella vescica, e si son veduti uscire dalTuretra {2, 8, 14, 26, 33, 72) e dalla vagina (76). Olire questi, molli aliri casi simili di osservalori stranieri sono citati dal lllancliard. Accennai più innanzi, nell'esporre i vari' sintomi delCasca- riasi, anche a quelli che si manifestano neirorgano visivo. Questi, oltre la semplice midriasi, che spesso suggerisce al pratico esperto la diagnosi, talvolta possono presentarsi sotto le forme più strane, più gravi e più diffìcili ad interpretare. La letteratura riferisce casi di fotofobia, di blefarospasmo, di ptosi, di strabismo paralitico e conseguente diplopia, di aste- nopia accomodativa, di amlìliopia ed amaurosl da neurite ot- tica, in relazione a parassitismo più o meno grave da ascaridi e guariti con la cura antielmintica. Il Rampoldi (115) è forse quegli che si è occupato, più dif- fusamente di qualum[ue altro autore, di tale argomento e che ha recato su questo campo il massimo contributo di studio con numerose osservazioni proprie. 5Ia, è specialmente la interpretazione di questi vari fatti della sindrome elmintica quella che fu oggetto delle maggiori discussioni. Sono essi l’espres.sione di un fenomeno riflesso da causa mec- canica irritativa nervosa ? Sono essi reffetto di un processo di intossicazione dall’assor- timento di secreti ehnintici? Sono essi la manifestazione di un’ autointossicazione dell’ or- ganismo umano dipendenti da disturbi intestinali causati a loro volta da accumulo di ascaridi lombricoidi in esso canale di- gerente? Dopo la conoscenza che ò andato conquistando nel campo scientifico il capitolo delle autointossicazioni, sembra che la piu corrispondente ipoicsi sia ({uesl’ultima. Il concetto del resto di un avvelenamento deU’organismo per ritenzione di prodotti in esso formati è antichissimo. Ma oggi si crede inoltre che ciò possa avvenire non solo US NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 211 per la permanenza di sostanze che dovrebbero essere espulse ma per la produzione conseguente di elementi nocivi nuovi in seno all’ intestino stesso nonché in altri organi. Tutti i disturbi oculari sudetti sono effettivamente spiegabili anch’essi con Tamraissione di tale teoria. L’azione tossica delle ptomaine assorbite anziché eliminate per l’alterata funzione in- testinale, agirebbe in quei dati casi sopra la porzione perife- rica dei nervi dei muscoli estrinseci ed intrinseci dell’ occhio paralizzandoli, e talvolta sul nervo ottico prodncendone T in- fiammazione con effetto daH’ambliopia all’amaurosi. La teoria è confermata dall’osservazione di fenomeni simili anche in quei casi di alterata funzionalità gastro-intestinale in- dipendenti da elmintiasi. Un pregevole contributo a questo studio fu recato dal D, P. M. Varese (126) a proposito dell’ illustrazione di un caso di sua osservazione di paralisi oculare dipendente appunto da autoin- tossicazione per ascariasi. Infine, persino il capitolo delle migrazioni dell’ a. l. ha voluto avere il suo posto nella letteratura oftalmologica ! In questa si trovano citati, descritti ed illustrati tre casi di fuori-uscita di minutissimi esemplari del parassita intestinale dai punti lacrimali. 11 fatto sembrerebbe a prima vista alquanto strano, cosi da renderne giustificato il dubbio — ma gli osservatori sono fededegni. Le prime due osservazioni, riferite dal Blanchard (8) sono Luna di Amatus Lusitanus (Rodrigez), l’altra di Vrayet citato a sua volta da N. Andry. — La terra poi, riferita dal Perroncito (59) é del Bizozzero : • Si trattava di una bambina di appena un anno di età,’ dive- nuta da qualche giorno inesplicabilmente inquieta. Essa portava insistentemente le manine alla radice del naso sfregandosi come se quivi sentisse un intenso prurito. Una notte mentre si dime- nava, contorceva, piangeva e gridava, ed era in preda ad ac- icessi di stranuti, presentò all’angolo interno dell’occhio sinistro 'intensamente arrossato, un piccolo verme, che afferrato subito dai presenti ed esaminato accuratamente poi dal Bizozzero, DOTT. AGOSTINI MAURIZI ‘21-2 non dette alcun dubbio trattarsi di un ascaris lumbricoides di 37 mm. di lunghezza ed I ' j di larghezza massima. L’ irre- quietezza della bambina intanto era da ((uel momento cessata. D’altronde, riflettendo solo un momento, è facile persuadersi che ii fatto non è poi cosi incredibile come a primo aspetto parrebbe : Data la facilità con la quale, come già fu rilevato, può Del minto penetrare nello stomaco e di qui risalire per De- sofago nella retrobocca sia col vomito o semplici conati, sia por colpi di tosse o starnuti, è agevole intendere come possa venir lanciato in tal modo nelle fosse nasali e di qui, per la sua attitudine speciale ad insinuarsi nelle strette aperture, fic- catosi nello sbocco del canale nasolacrimale, gli riesca fatto, se di grandezza proporzionale all’angusto lume di questo, risalirlo lentamente mercè i movimenti contrattili del suo corpo, fino a guadagnarne D uscita in uno dei punti lacrimali. Certamente il fenomeno è straordinario e meraviglioso, e ben difficilmente potremo aver occasione di farne osservazioni per- sonali, perchè rimarrà sempre fra i più rari; ma non per (|ue- sto è meno attendibile. RIASSUMENDO : 1. In tesi generale circa il rapporto fra perforazioni e mi- grazioni: L’A. 1, migra dall’intestino in altri organi per aper- ture fisiologiche e patologiche, ma non è capace di aprirsi da sè stesso vie anormali attraverso esso. 2. Per il caso in ispecie, di cui all’autopsia descritta : Le per- forazioni intestinali, delle quali, così nella diagnosi clinica come in quella anatomica, fu difflcile stabilire l’etiologia morbosa, non si devono però in alcun modo alla presenza degli elminti nell’ intestino. La loro migrazione fu il fatto secondario, causa della peritonite mortale. 3. La polimorfa sindrome oculare dell’ elmintiasi si deve ad autointossicazione dell’ospite per ritenzione ed assorbimento di materiali di rifiuto, dovuto alla disturbata funzionalità gastro- intestinale per la presenza di parassiti. ' 4. Esistono nella letteratura delle varie migrazioni di A. 1, tre casi di fuoriuscita di esso dai punti lacrimali. Essi sono attendibili. UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL EÉGATO 213 LETTERATURA 1 Alesmndì'ini Giulio — Bollettino della Società Romana per gli studi zoologici — Roma Voi. VITI, 1899, Fase. 1 e li, pagg. 83-84. 2 Alghisi Tommaso — De’vermi usciti per la verga e di qual sorta, lett. ad A. Vallisnieri; Giorn. letter. d’Italia, Tom. VI, pag. 150-173, Venezia 1711. 3 Amatori Amatore — Chelotomia con fuoruscita di lombri- coidi: Rivista clinica, Ser. II, Voi. VII, pagg. 149-155, Bologna 1877. 4 Baglioi Georgii — Opera omnia medico-pratica et anato- mica — Lugduni 1704. 5 Benivenius Antonius — De abditis nonnullis ac mirandis morborum et sanationum causis, Florentiae 1507 5 traduz. di Burci Carlo, Firenze 1843. G Bergmann 117 — Uber den Befund eines Ascarides lurabri- coides in der Peritonealhole. In Prager med. Wochenschr 1890 p. 773. 7 Bizzozero Giulio — Casi rari di anatomia patologica; Il « Morgagni » an. IX, pag. 424, 1879 — Schmidt’s -labrb. Bd. 144. 8 Blanchard Raphael — • Traitè de Zoologie Medicale. Tom. I. 9 Bonfils E. A. — Des lésions et des phénoménes patholo- giques déterminés par la présence des vers ascarides lorn- bricoides dans les canaux biliaires. — Ardi. gén. de mèd. 1 p. 661 5 1858. 10 Barelli Francesco — Storia di una malattia verminosa, comunicata al Prof. Rubini; Giorn. di medicina pratica del Brera, Voi. II, pag. 414, 416, Padova 1812. 11 Borger G. — Uber das Auswandern von Ascaris Lumbri- coides aus dem Darme unter Zugrundelegungeines Falles von Leberabscessen in Folge von Ascariden bei cinem Kinde, in Munck. Med. Alili. 2 Reihe 1 II. F. T. 19 pagg. 2 flgg. 12 Bottini Giov. Domenico — Dell’ uscita di vermini dalTom- ■ belico ; Gazz. med, ital., Stati Sardi, ser. II. Voi. IV, p. 2ìi DOTT. AGOSTINO MAURIZI 107-108, Torino 1854; (sunto: Gazz. med. lombarda, ser. 11, T. V. pag, 191, Milano 1854). 13 Botto Gian Luigi — Laringo-tracheotomia per supposto corpo straniero; autopsia; riconfermata causa del soffoca- mento la verminazione; Gazz. medica di Milano, Tom. II, pag. 395, 397; 1843. 14 Brera V. L. — Lezioni medico-pratiche sopra i principali vermi del corpo umano vivente e le cosi dette malattie verminose; Crema tip. Rossi 1802, 4; Crema, tip. Roma, 1811, 4. fìg.; trad. francese, Bartolie Calvet, Paris 1804. — Memorie tisico-mediche sopra i principali vermi del corpo umano ecc., per servire di suppl. e coniin. alle lez., 5 tav., 452 pag.. Crema: Ant. Ronna 1811. 15 Brigicli — Migrazione di un lomhricoide nei muscoli pro- fondi della nuca passando a traverso la colonna vertebrale da un ascesso scrofoloso apertosi nella faringe. (Gazzetta degli Ospitali n. 67 anno 1892. Ed. A^allardi. 16 Carniccio A. — Policlinico. Suppl, Anno I n. 17 p. 290 — Estratto dalla relazione verbale di un’ Adunanza ord. 24-2- 1895 della R, Accademia Medica di Roma nel Bol- lettino della medesima, e sue lezioni litogr. di Parrassitol. 17 Caudi T. — Un caso di elmintiasi con fuoruscita di asca- 1 ridi 1. dall’ ombelico : — Raccoglitore medico, An. LII, ’ Sez. IV, A^ol. XII, pag. 281-291, Eorli 1879. i 18 Clemente P. — Un caso singolare di elmintiasi da lombri- coidi con fuoruscita di alcuni di essi dall’ ombelico. Il ( « Morgagni » An. XX. p. 358-368 ; 1878. 'i 19 Conte F. A. — Caso di perforamento degli intestini da lom- brici. «Il ^Morgagni » an. p. 451, 1865. — Gazz. med. ital. lomb. ser. Y, tom. lA^, p. 401, 1865; id. id. Stati ì Sardi, voi. XA^, ser. II, p. 366, 1865. ,• 20 Contini A. — Tre lombricoidi usciti dalla cavità di un semplice bubbone inguinale: Antologia medica del Brera, p I sem ; p. 61-63, ATnzia 1834; Schmidt’s Jhrb. IV, 47. lì 21 Coppola V. — Peri', int. da lombr. — Il Filiatre Sebezio, j> Giorn. di se. med., An. XII, voi. XXIV, pag. 129-131, U Napoli 1842; Gazz. med. de Paris. Tom. XI, pag. 192, 1343. !' UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 215 22 Cotunio B. — Opera postuma, cura et studio Petri R. mine primura edita, Neapol. 1830-31. 23 Dagand P. — Lombrics observés en grand nombre pendant ime ro.ugeole ; sortie d’un lombric par le conduit auditif Jo- urnal de méd. et de chir. pratiques, LIY, p. 258, 1883. 24 — Pedi’ Olio G. B. — Sopra una straordinaria affezione verminosa. Mera. 1. Memorie di matem. e fìsica della Soc. it. delle se. Tom. XI, pag. 158-172, Modena 1804; Mem. 2. Id Tom. XII. Part. II, pag. 347-360, iModnna 1805. 25 R’ Antonio G, — Fistola stercoracea spontaneamente gua- rita : Il Morgagni, An. XVI, p. 665-067, 1874. 26 Bavaine G. — Lombric ou Ascaride lombricoide. Dictionn. encyclop. des se. méd,. (2j III p. SI, 1870. I 27 Belle Chiaje S. — Compendio di elmintologia umana, 4. [ con 10 tav. Napoli 1825; 2. ed., con 16 tav. Napoli 1833; 3. ed, A^enezia 1835. — Elmintologia umana, ossia trattato intorno agli entozoi ed ai morbi verminosi ecc., Napoli I 1844 ; 5 ed. per cura del D. V. Delle Ghiaie, accrescinta ecc, con 5 dissertazioni elmintologiche. Napoli, tip. Vaglio, XL. 352 pag. e 16 tav. 8. 1856. 'I 28 Benarié — Tumore voluminoso alla regione inguinale; Re- • pertorio delle scienze mediche del Piemonte 1837. Gazet. ì| mèdie. Paris, Tom. V, pag. 571, 1837. 1 29 Be-SaìicUs Giandomenico'. Ascesso della regione lombare :ì destra con fuoruscita di ascaridi 1. ; L’ Indipendente, Gazz. j med. di Torino, An, XXXI, pag. 49-55, 1880. h 30 Be Villeneuve — Gazz. delT Assoc. Med. Lombarda 30 I giugno 1892. 31 Donati Pietro — Un caso di soffocazione per un ascaride I penetrato nelle vie aeree, storia e commenti, Ann. univ. di , med. e chir. .An. LXIV, voi. CCXLA^ p. 462-467, Alilano 1878. ; 32 Bubini A. Entozoografia umana per servire di complemento agli studj di anat. pat. con appendice sui parassiti esterni ; del corpo umano, 544 p. 18 tav., 8. Milano 1850. . 33 Bujardin G. — Intorno all’uscita di tre ascaridi 1. dal meato j urinario in un maschio; La nuova Liguria medica, An. I XVIII, p. 273 -281, Genova 1873. 34 Frank G, P. — De retentionibus ecc, Pisis 1821 — Del t 216 DOtT. AGOSTINO MAURIZI metodo di curare le malattie dell’ uomo etc., traduz. di Morelli L. XII voi: tip. Pirotta, Milano 1833; Napoli 1823; Pisa 1825; Padova 1828 (trad. Chiaverini) 1832. 35 Guddi Paolo — Preparazione anatomica operata dai vermi (asc. 1.) in un fanciullo : Gazz. raed. ital. lomb. ser. Ili, Tom. Y, pag. 182-183; 1854. 36 (Tirone D. — Sull’ uscita di cinque lombr. da un ascesso ombelicale: Riflessioni patalogiche lette all’Accad. med. chlr. in Napoli, 17 giugno 1837 ; il Filiatre Sebezio, voi. XY, An. YIII, pag: 145-155; 1838. 37 Guastamacchia G. — Osservazioni di elmintiasi ecc.. Il Fi- liatre Sebezio : Giorn. med. An. Yll, Yol’ XIY, pag. 82-85; Napoli 1837 (sunto: Gaz. mèdie, p. 570, 1837). 38 GuideUi G. — Dei vermi umani in generale e delle diverse specie di tenia in particolare. Disertazione, Ed. Gaet. Cam- biasi, 40 pag. 4. (2 tav.) ; Firenze 1783. 39 Hippocrate De rnorbis vulgaribus, sectio, YII, § 127. 40 KartuUs — Ueber einen Fall von Answanderung einer grossen Anzahl von Ascariden in die Galléngange und die Leber — Centralblatt fitr Bacteriologie und Parasitenkunde, I p. 65, 1887. 41 Lente F. P. — Report ofeases occuring in thè New York Hospital. — Lumbricus in thè stomach causing dyspnea. New York Journal of. med., (2). v. p. 167; 1850. 42 Leuckart — Meuscklicle Parasiten. II p. 240. 43 TAcci Vincenzo — Su di un’ apertura nell’ ombelico dalla quale sono usciti 56 1. — 11 Filiatre Sebezio voi. XII, an. YIII, p. 234-235 — Ann, Un. di medie. Yol. LXXXYlI, p. 567-568, 1838. 44 Lov/y — Ein Fall. von. Auswanderung von Ascaris lum- bricoides aus dem Darme, in : Prag. Med. 5Yochenshr p. 253, 1894: 45 Malacarne I. — Alcuni cenni sugli Entozoi, Dissertazione; società tip. dei classici ital., 30 p, 8. Milano 1842. 46 Maraglia A. — Sopra un caso di disfagia acuta terminala colla morte (Ascaride nell’esofago); lett. al D. G. Strambio; Gazz. med. ital. lomb., An. XYI, ser. lY, Tom. II. pag. 137, 1857. UN NUOVO CASO DI ASCARADI NEL FEGATO 217 47 Marchiafava E. — Policlinico Suppl. An, I. n. 17 p. 290 — Estratto dalla relazione verbale di un’ adunanza ordi- naria del 24 feb. 1895 della R. Accad. Med. di Roma nel Bollettino di questa. 48 Mattei R. — Di dne lombricoidi penetrati nel fegato du- rante la vita, ecc ; Gazz. med. ital. Toscana ser. Ili, Tom. Ili, n. 24 (Sunto: Dublin Quarterl. Journ. Voi. XXIV, 1857). 49 Medlin J. — Ascaride 1. nel cavo di un ascesso; Allgemcine Militaràzztlicle Zeitschr., n. 13, 1866; Rivista clinica di Bologna, An. V. p. 159-160, 1866; L’Osservatore, Gazz. delle din. voi. I p. 473, 1866. 50 Mercogliano A. — Sull’ uscita di alcuni lombrici da un ascesso ombelicale ; Il Filiatre Sebezio, An. Vili, voi. XV. p. 295-296, Napoli 1838. 51 Minaglia G. — Di una strana migrazione di un lombricoide: La Liguria med. An. IV, p. 177-193 — Genova 1859. 52 Monieverde I. — Penetrazione di ascaridi per T orificio del coledoco nelle vie biliari fegato e cavo peritoneale — Nota clinica Boll. med. Cremonese, An. IX, fase. 5. p. 217-226, tip. Ronzi e Signori, Cr. 1889. 53 Morgagni G. B. — De sedibus et causis morborum per anatomen indagatis, lib. 5, Venetiis' 1760. Versione ital. di P: Maggesi, Milano 1825 ; traduz, frane. Chaussier et Adelon, Lutetia 1822. 54 Nash J. P. — Lumbricns in pancreas. British med. Journal. II p. 770, 1883. 55 NicoUch ili. — Uscita di 1. dall’ ombelico, — Gazz. med. Milano. Tom, IV p. 89-91 ; 1845. 56 Ornnibono — De art. med. inf., Brixioe 1577. 57 Pavana C. — L’ elmintologia italiana da’ suoi primi tempi all’ anno 1890. — Genova tip. del R. I. Sordomuti 1894. 58 Pellizzari Giorgio — ^ Di 16 lombricoidi penetrati nei con- dotti biliari e nel fegato durante la vita dell’ infermo Bollett. del Museo e della scuola di An. patol. di Firenze, p. 3-17, 1864. Lo sperimentale an. XIII, p. 44-56, 1864. .59 Perroncito Edoardo — I parassiti dell’ uomo e degli ani- mali utili ecc. 506 p. 233 fig. 8: tip. Dumolard, Milano 1882. 60 Pestalozza F. — Intorno alla pretesa perforazione intesti- 218 DOTT. AGOSTINO MAURIZI naie verminosa attiva. — Rivista Italiana di Terapia e Igiene — Piacenza. Anno XV, 1895. 61 Piatnitski J. — Ascaris lumi), dans. la région da rein. Medizinslioie Obozzenie, IMoscon, XXII p. 431, 1884. Vo- yenno med. .1. Saint Pétersbourg CLIII p. .",03, ]885 (en russe). 62 Polvere G. — Estrazione di lombricoidi dalla cavità ad- dominale per apertura fatta nel tumescente ombelico, seguita da perfetta guarigione: Il Filiatre Sebezio, an. IV, voi. VII p. 96-99. Nap.^ 1834. 63 Pisano G. B. — Lombricoidi nell’ interno del fegato. Nola sopra un caso osservato ecc. — Gazz. degli Ospedali, Gior. delle se. med. di Genova p. 115-120; 1858. 64 Ricci A. — De vermibus lumbr. per ventriculi intestino- rumque tunicas effractoribus. Inaug ; Dissert. typ. Seminar. 14 p. 8.' Patavie 1824. 65 Raggi G. — Uova di ascaridi 1. trovate accidentalmente in liquido rigetto per vomito : Rivista din. di Bologna, 2, ser. II, p. 15, 1872. 66 Scuppel 0. — Die Krankheiten der Gallenwege und der Pfortader, II, von Ziemssen’s Handbuch der spec. Pathol. und Therapie Vili, I, Kalfte, 2, Abth, 1880, voir p, 171. 67 Tacconi G. — De morbis duobus (De raris quibusd. hepat. aliorumq. viscer. affect. observat). — Bonon. scientiar. Accadem. Commentar. Tom II, Pars I, p. 212, Bononiae 1745. 68 Tartaglia M. — Riflessioni sull’origine dei vermi del corpo umano e su quelle materie che sono ai medesimi nocive, dirette a V. L. Brera, 70 pag. 8, presso Dom. Chianese, Napoli 1805. 69 Termini L. — Storia di un flemmone alle borse con uscita di vari lombr. L’Imparziale, An. XII, p. 526-529, Fi- renze 1872. 70 Mantello — ■ Dissezione del cadavere di un fanciullo morto di verminazione; Giorn. veneto di se. med., ser. IIL Tom. XIII, p. 348, 349, 1870. 71 Sargenti G. — - Convulsioni epilettiformi da elmintiasi , tetano tramuatico ecc.; Gazz. med, ital. lomb. voi. XXXIII p. 169 Milano 1873. UN NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATO 219 72 Tenderini G' Trasmigrazione di vermi, caso di uscita di a. 1. per le vie urinarie in una femmina; Il Tempo: Gior- nale M. fiorentino voi. 1 p.^57, 1858 — La nuova Liguria medica An. XVIII n. 24 p. 369-372 (1873). — Lombrico nel condotto biliare : Società medico-fisica — Firenze 1852. 73 Thnerrnans G. — Studi ed osservazioni di clinica medica, an. Ili, 1864-65, tip. C. Favaie, Torino 1808. 74 Troja M. — Rarissima observatio de magno lomb. in fron- tali sinu reperto et totam eius cavitatem repiente, tup. Raph. Lancianum 21 p. 8, Neapoli 1770. 75 Turnbull — Communication concerning two cases of per- foration of. thè membrana tympani frora Ascaris lombri- coides, with remarks upon thè curious habits of Ibis human parasite. The med. and surgical Reporter, XIV, 1881. 76 Valle F. — Qualche caso raro di elmintiasi ; Gazz. med. ital. Lomb. An. XXIII p. 317, 318. 1864. 77 Vinai] — Observation d’ ictere gènèralisè ténant à la prè- sence de Lombrics dans le voiès biliaires. Lyon mèdical I, p. 251. — 1869. 78 Vital — Enfant scrofuleux, foyer purulent intraperitonéal j tumeur ombelicale, issue d’ un Ascaride lomb. à travers la tumeur. — Gaz. rnéd. p. 353, 1874. 79 Weihe — Beitrag zu den WurmkrankheUen des Meuschen. Berliner Klin. Wochenschr XX p. 131, 1883-84. 80 Zenona N. — Caso di grave ascesso verminoso all’ inguine, guarito con un nuovo trattamento. Repert. med. chirurg. di Torino 1882 p. 441, fase. n. 34. Ofiobre 1822. 81 Alessi S. — Della elemintiasi nelle sue relazioni coll’ ocu- listica; Bollett. Accad. med. chirurg. Bologna, Nov. 1845 — Roma tip. A. Natali 189 p. e IL tav. Gazzetta medicale, Tom. I p. 491, Paris 1846. 82 Andrien G. — Gastrorrhagie causée par des Ascarides 1 ; guerison — Gazette méd, de Picardie. Amiens II p. 166, 1884-1885, 83 Barba gallo P. — Sulla presenza di un solo A. L. femmina nel tubo digerenti dei ragazzi (Suppl. Policlinico a 1897). 84 Bianchi G. B. De naturali in corpore humano vitiosa, mor» 220 DOTT. AGOSTlS’I MAURIZI bosaque generatione vermiura historia. Aug. Tourinorum 1741. 85 Bianchini F. G. — Lettere medico-pratiche intorno all’indole delle febbri maligne e dei loro principali rimedii, colla storia dei vermi del corpo umano e dell’ uso del mercurio, in 8. Venezia 1750. 86 Codì'onchius B. — De morbis qui Imolae et alibi commu- niter hoc anno 1602 vagati sunt et de morbo novo pro- lapsus, ecc. apud. .1. Bapt. Bellagambam 42 pag. Bo- noniae 1603. 87 D’ Ardeane de La Cappelle — Marivai — Nombreux Ascarides lorabricoides — Journal d’ hj-giéne 1880. 88 De Matteis P. — Das Austreten der Ascariden bei Fieber- bewegungen in Centralbl. Bakt. Parasitk. 11 Bd. p. 653-660. 89 Eiselt Tli — Chorea et helmintiasi : Med. chir. Ceniralblatt p. 334 — 1883. 90 Fanconneau — Dufreme — Plus de 5000 vers (dei quali in un sol giorno più di 600) A. L. rendus en moins de trois années, la plupart par le vomissement : guérison — Union mèd. (3) XXIX p. 797 — 1880. 91 Fidelin — Des accidents produits par les A. L. et les Oxyures vermiculaires — Thése de Paris 1873, 92 Gabucinm Hieroniìnus — Commentarius de lurabricis alvum occupantibus ac de rationi curaiiJi eos, qni ab illis infestantur ; Venetiis 1547 ; Lugduni 1549 ; Epist. Anulphi 219 p. 16. Venet. 1542. 93 Galvagno-Bordonari P, — Vermi e verminazione : contri- buto di patologia e clinica pediatrica; Rivista, ital. di terap. ed igiene. An. V. pag. 245-256; 277-287; 309-326; 343-350; 373-380 — Piacenza 1885. 94 Gilli — Brevi cenni d’ una straordinaria verminazione. Giorn. Scienze med. Torino. An. V. Voi. XIll, pag. 257-264 ; Torino 1842 (Sunto : Med. chir. Rev. London 1843). 95 Girard — Un cas d’ hémiplègie passagère paraissant due à la présence de Lombries dans le canal intestinal. — Revue méd. de la Suisse comande, IV, p. 448; 1884. 96 Guermonprez F. — Etude sur les accidents sympatiques ou réflexes determinès par les Ascarides lombricoides UX NUOVO CASO DI ASCARIDI NEL FEGATC 221 dans le canal digestif de 1’ bona me,- specialment pendant 1’ énfance — Paris, in 8. de 73 p. 1881. 97 Guidi G. — Anasarca da verminazione : Mem. letta al- r Accad. medico-fisica fiorentina -, Archivio di patologia infantile. An. VI, Napoli 1888. 98 Haueur — Union mèd. et scientif. du nord-est, I p. 53, 1877. 99 Holland G. C. — Apeculiar case of nervous discase or de- rangement of thè nervous System. — Edinburgh and. surg. Journal, LXIII, 1845. 99 bis. Huber — Considerazioni cliniche sull’ ascaride ; (dal Deutsch. Ardi. f. Klin. 5Ied. VII; Bd. 1870); Giorn. Anat. fisiol. e patol. anim. dom., pag. 240, 1874 Gazz. med. ital. prov. venete, An. XIV, n. 48 p: 386-387 ; 1871., 100 Lancisi — G. M. — Se e come il timore ecciti i vermi nei fanciulli — Congresso medico Romano, Agosto 1687 ; 101 Linoli Odoa>‘do — Di un morboso accurnnlamento di lom- bricoidi nel cieco ; lett. al D. R. Sbragia; Gazz. della R. Accad. med. chir di Torino, ser. II, A. VII, voi. XX, p. 129; 1861. 102 Lussarla P. — Laringismo verminoso; Gazz. med. ital. lomb. sez. IV, An. XX p. 321-322; 1861. 103 Marcus E. — Durchborung des Darmes durch Rundvvur- ner — Deuisches Archiv. fiir Klin. Med. XXIX p. 601; 1881. 104 Martin D. T. — Large number of vvorms discharged from a child five years old. Boston med. and. surg. Journal, XLIV p. .301 ; 1851. 105 Maj S. — Sulla verminazione; lettera al D. Antonio Rota; Gazz- medica ilal., Lomb. voi. XXXIII (VI sez. VI tom), p. 211.215, 219-222; 1873. 106 Mingazzini P. — Trattato di Zoologia Medica. 107 Molinetti .1. — Dissertai Anat. patol. venet. 1675 p. 286. 108 Moreali G. B. — Delle febbri maligne e contagiose : Nuovo sistema teoricopratico ecc. (vermi curali col mercurio) : Venezia, presso Gius. Corona, 1716. 109 Morland. TU. -TU. — Eiection of numerousLumbrici fram tbe monti, impaction ot thè smal intestine vvith Lumbrici, of nhick .365 vvere removed post mortem. — Boston med. and. surg. Journal LVI, 1857, 222 DOTT. AGOSTINO MAURIZI 110 Normann J- — Dod. fraranaldt ved A. L. — Norsh Magazin fov Lagevidonshrab. (3). XI p. 272 — 1881. HI Peyrani G. — Tetano per vernainazione. lett. al D. Pa- squale Laudi ; Gazz. med. ita!. (Toscana) ser. III. An VII, pag. 33-33, Firenze 1855. 112 Fole A. C. — Expulsion of 441 1. worms within 34 days. — Medicai Chronicle, Baltimore, I, p. 184 — 1882. 113 PutelU A. — Di nlcuni vizii nella cura e nell’igiene dei bambini ecc. epistassi ricorrente per verminazione : Memo- riale della medie, contemp. voi. I, pag. 272-278 = Venezia 18.38. 114 Raynaud — Quelques cas de colique vermineuse observès à bord de T Adonis, còte du Vénezuela Tbése de Montpel- lier, 1804. 115 Rcun'iìoldi Roberto — Rapporti morbosi esistenti tra gli organi digestivi e T organo della vista. (Disordini visivi suscitati dalla verminazione). — Annali di attalmologia, An. IX p. 242-250; 1880.. — Comunicazioni ottalmologicbe diverse : Azioni riflesse dall’ apparato digerente a quello visiv (elmintiasi intestinale); Ann. di Ottalrn. citat. An. XIII, p. 289-297 ; 1884. — Di talune malattie degli occhi in rapporto con la elmintiasi intestinale : Gazz. degli ospe- dali, An. ^A, pag. 307-309; 1885. 116 Roger IL -- Des Ascarides 1. et du ròle qu’ils jouent dans la patbologie bumaine. — Revue méd. francaise et étran- gére — 1864. 117 Fnngalli G. — Sopra alcuni punti controversi di elmintolga — Osservazioni; Mern. R. I. L. di se. e lett. voi. XIII, IV della III serie, p. 349-362; 1877 (Sunto: L’Imparziale 1877). Di un nuovo fatto attestante Tattitudine degli ascaridi a perforare membrane inalterate dell’ intenstino ; Rendic. R. Istit. Lomb. cit. II. ser. voi. XIII, p. 18-24; 1880. — Congrés internat. des se. medie. Compì, r. p. 247-250 — Genève, 118 RantinelU B. — Perebè la paura svegli i vermi ai bam- bini — Congresso medico-romano. Agosto 1687, pag. 17-22; stamp. G. A. Mutis, Roma 1687. 119 Bcìileifer — Case of deaf and durnb child restored after UN NUOVO CASO m ASCARIDI NRD FICCATO 223 thè disellarle of worrns Amor joiirna! of rnod. Science, Vili, p. 473 — IS41. ' I 130 S^coUi Giherlo — Sopra un caso di f^aìigTona della cornea con foravi sinlomi cerebrali, elm'inliasi e morte (Ja/z. med. ital. lomb. An. XVI, sor. IV, Tom. II, pa^-. I3.b7. 131 Sirot U. — De riuelque accidents dèlerminós par Ics a. 1. — Observations récuillies à boni de la Tbèmis, pendant la campagne dans le mersdeCliine et du .Ia[)on. — Thòse de Lyon, 1883. 132 Smith I. N. — Tliirty-mine specimcns ofA. L; in a cliild. — Boston med. and. surg. Journal. 1850. 123 Sonsino P. — Importanza della zooparassitologia medica e specialmente degli zooparassiti come fattori di malattie. 124 Soltani G. — Storia di un’apoplessia in un l'anciullo di tre anni, avvenuta dopo una caduta sulle natiche e causata da elmintiasi; Gazz. med. ital. lederai, toscana n. 27, 1850 — Gazz. med. it. Lomb. sez. IH. Tom. II, pag. 14-15, 1851. 125 Taruffi C. , — Compendio di anatomia patologica; tip. regia, Bologna 1870. 120 \hivese P. M. — Un caso di paralisi oculare per auto- intossicazione da elmintiasi (a. 1.) — Nella R. Clinica Oculistica della R. Lniversità di Palermo diretta dal Prof. A. Angelucci (Archivio di oftalmologia An. III — voi. III. 127 Vichnevskìj Th. D. — Vers ronds, cause de nornbreux cas de cliorée et de perforations de T intestili — Vratch, V, p. 481, 1884 (en russe). 128 Victor P. — 122 large round vvorins discharged by a child in live days — Indiali med. Gazette - Calcutta XX, p. 319; 1885. 129 Vidal M. F. A. — De l’ascaride lomliricoide. au point de vue de maladies des Europi'ens dans les mers de Chine et du .lapon — Thése de Montpellier p. 38; 1805. 130 Vnlpian A. — Pérityiihlite suppuróe, expulsion de Lom- hrics dan le selles. — Archiv. gén. de mòd., p. 235; 1885. ISTITUTO ZOOLOGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI ROMA diretto dal Prof. A. Carruccio r NOTA DI ERPETOLOGIA Dott. ALESSANDRINI GIULIO Con queste mie « Note di erpetologia » intendo d’ ora in poi di far conoscere tutte le specie di Rettili, che per doni, acquisti, o cambi, vengono ad aumentare la già ricca collezione che possiede il Museo Zoologico di Roma, oppure che, già esistendo in essa, non furono fino ad ora studiate o determinate. Seguendo, per la no- menclatura il Boulenger nel suo « Catalogue of Snakes in thè Bri- tish Museum » metterò in evidenza, ove ne riscontrassi, quelle par- ticolarità che non corrispondono esattamente alle descrizione date dai vari autori. Python spilotes. Làcep. — L'esemplare che fu acquistato per il Museo appartiene alla Var : A. descritt i dal BDulenger (1). Ha 13 sopra-labiali delle quali la sesta e settima toccano l'occhio: le prime due sono profondamente impresse. Delle 17 sotto-labiali a de- stra sono impresse profondamente la 7. 8. 9. 10. 11. 12 e 13 a sini- stra invece dalla 9. alla 14. compresa. Ventrali 273: anale intera: sottocaudali 80. Lunghezza totale: m. 1,72 — della coda: cent. 26. Australia. (i) Piuttosto che alla vnrietà dar Tindicazione con uua semplice lettera alfabetica sìa per il colo- rito, sìa per ricordare gli autori che sotto altro nomerhanno descrìtto, mi sembrerebbe più opportuno chiamarlo P. spilotes Lacep. Var. argus o var: punctata, 1755. Vipera argus Klein. Tentamen herpetologiae pag. 21. 1766. Coluber argus Lin: Syst: nat: edit. 12. tom i. pag. 389. 1771. « « Daud. Les quadrupèdes ovìpares et les serpents pag. 589. 1788. « « Gmelin. Syst. nat. Lìnn. tom. 3. pag. 1119. 1789. « « Latr. Hist. nat des Reptiles. tom 4. pag. i63 1844. Morelia argus Dum. et Bibi. — Erpètologie gènèrale — voi. VI. pag. 385 1820. Python punctatus Merr. Tent. Syst; Amphib. p. 90. 1826. « < Fitzing. Nene Classif. Rept. p. 54. 1827. « « Boie. Isis — tom. 20 — pag. 516. 1842. Morelia Punctata Gray, Zoolog. Misceli: (Synops. Fam, Boidac) pag. 43 ERPETOLOGIA 225 Python curtus S.-bleg'. — Dodici sopra-labiali, delle quali le pri- me due profondamente impresse. A destra solamente la sesta limita l’occhio, mentre a sinistra esso è limitato inferiormente dalla sesta e settima. Venti sotto-labiali, le quali, ad eccezione della prima e delle quat- tro ultime, sono tutte più o meno profondamente impresse. Ventrali i75: anale intiera: sottocaudali 29, delle quali le prime tre sono divise, poi seguono sei intiere ed a queste tutte le altre divise. Lunghezza totale m. l,5d : della coda cent. 12. Un esemplare proveniente da Suraati’a fu donato dal Prof, Pigo- rini, direttore del R. Museo preistorico ed etnografico. : Corallus COOkii.Gray. — Un esemplare di questa specie, prove- I niente dalle s piccole Antille » e donato dal Prof. Tacchini, era nella ) collezione del Museo determinata col nome di Xiphosoma hortula- ' num Wagl. i Non mi fermo a discutere sull’ esattezza della nomenclatura, ma dirò solamente che piuttosto che al X. hortulanum Wagl. (1) per i suoi caratteri corrisponde al Corallus Cookil Gray. ed alla var. A. [ data dal Boulenger, sopratutto per le scaglie che sono in 43 file, per il !; numero delle ventrali che è di 260 e per la colorazione, giacché quasi i tutte le macchie romboidali includono un ocello giallastro. Ha inol- ; tre 14 sopra labiali, e delle 14 sotto labiali sono impresse le ultime otto. Lunghezza totale m. 1,15 — della coda 25 cent. Corallus hortulanus Lin. — Del giovane esemplare che ci j>er- venne or ora da Mtanam (?) (Alte Amazzoni) è necessario che dia ' una esatta descrizione non corrispondendo, specialmente per il co- ij lorito, esattamente a quelle date dai vari autori. La rostrale è appena visibile dal disopra; le nasali in contatto 'con la rostrale sono divise fra di loro da una piccolissima interna- sale e sono s^^guite da due larghe prefrontali. Una serie di 5 sopi’a- ’ oculari, poco più grandi di tutte le altre scaglie che ricuoprono la 'testa, sono separate d.iir occhio da un’altra serie di piccole scaglie: '13 scaglie da occhio ad occhio e 15 intorno ad essi. Una larga (i) Per la sinonimia vedi: Dumeril et Bibron'. Erpet. generale — VI pag. 245 Boulenger Cat: of. Snakes ecc. pag» 99 loi voi. 1. 226 DOTT, GIULIO ALESSANDRINI preoculare e due larghe loreali : 14 sopra labiali tutte più o meno impresse, e le ultime più profondamente delle altre: 17 sotto labia- li, di cui le prime nove liscie, le altre profondamente impresse. Sca- glie, in 55 file. — Ventrali 283 — anale intera — sottocaudali 121. Bruno rossiccio al disopra, con serie alternate di macchie brune, appena visibili sui lati, le quali verso il dorso si rendono più mani- feste e presentano un accenno di orlatura giallo rossiccia. Testa bruno chiaro con delle macchie e strie nere così dispost'e: Una stria nera dalla prefrontale va fino all' occhio; una seconda dal disopra dell’occhio va fino ai lati della nuca ed una terza da dietro al- r occhio va fino ai lati del collo. Una macchia rotonda nera orlata di giallo sull'occipite è centro di una stella a sette raggi, di cui l’arterioresi prolunga fino quasi alle prefrontali. Tutte queste mac- chie nere sono orlate di giallo. Le sopra e sotto labiali sono gialle macchiate di nero, come ugual- mente giallastre e macchiate di nero sono le parti inferiori del corpo. I fianchi posteriormente e le parti inferiori della coda sono rosso aranciate. Lunghezza totale 72 cent, della coda 15. 1 Boa imperator Daud. Un esemplare di questa specie, che il Museo j non possedeva fu acquistata nel 1900, e colui che la vendette assi- ; curò di averla presa al Brasile, senza però precisare un po’ più i esattamente la località . Esso ci presenta 17 serie di piccole sca- glie liscie fra occhio ed occhio: 17 scaglie circondano 1’ occhio che è separato da due serie di scaglie dalle sopra labiali, le quali sono in numero di 21 e di cui la dodicesima tocca i na di quelle , scaglie che circondano 1’ occhio. ' Sotto labiati 23 Scaglie in 74 file: Ventrali 232: anale intiera — sotto caudali 48 — Colorito generale simile al Boa constrictor, ma con apice della co- da nera: nel mezzo della testa una linea nera manda due branche < laterali fino al davanti degli occhi assumendo la forma di croce. ‘ Macchie dorsali in numero di 25. ' Lunghezza totale 176 cent., della coda 16. ,4 Dendrophis pictus Boie — Le particolarità che presenta 1’ esem-^;;;| piare di questa specie sono : Delle 9 sopra-labiali toccano 1’ occhio'' '| la 5® e la 6^ e delle 11 sotto-labiali, a destra toccano la scaglia meu- i ERPETOLOGIA 227 otniera anteriore le prime 5: a sinistra invece le prime sei. Ven- ti ali iijy : rijtcocaudau id7. Il culoiTto generale e bronzo-bra- nastra sapra; la scria nera che accra versa l’occhio è appena appena visibile ai lati della testa, ma è abbastanza manifesta alla nuca, e la tinta delle parti inferiori è di un colorito unifor- memente grigio verdastro. Lunghezza totale 78 cent, della coda 26. Proviene da Sumatra e fu donato dal prof. Pigorini. Leptophis occidentalis Gthr — Tre esemplari provenienti da Ma- naus (Brasde), rappresentanti tre età diverse, furono recentemente acquistati per il Museo. a) , la prefroucaie è in contatto con la 2^ 'à^ e 4® sopra labiali ; due posi-ocuiari : nove sopra-labiali : 5“ e 6^ toccano l’occiiio : i6 socco labiali, delle quali toccano io scudetto mentoniero anteriore a descra le prime sette, a siniscra le prime sei. Quindici tìle di scaglie attorno al corpo: 174 ventrali: 163 sotcocaudali m due lile : lunghezza telale m. 1,75 delle quali cen- timetri 63 della coda. Colerico generale verde bluastro a riflessi dorati al disopra, gial- liccio al disotto. Nelle parti arteriuri predomina il coloruo verde bluastro, nelle posteriori il bruno dà riflessi dorati. Le scaglie, spe- cialmente quelle delle parti anteriori del corpo, hanno la punta bruna-scura come le carene. b) . Simile al precedente con 12 sotto-labiali di cui le prime sei toccano lo scuuetto mentoniero anteriore: 171 ventrali: 165 sot- tocaudali. Lunghezza totale m. 1,30 : delia coda 51 cent. Il colorito verde è sostituito in questo esemplare dal bleCt violetto. c) . Slmile al precedente: Il sotto labiali, di culle prime sei toc- cano lo scudetto mentoniero anteriore, 176 ventrali: 165 sotto caudali. Lunghezza totale 63 cent.: della coda 25. In questo giova- nissimo esemplare la testa e il collo sono d’ un bel verde smeraldo brillante. Il resto del corpo superiormente è bruno chiaro a riflessi dorati. Labiali inferiori, bianco canume cornei! mento ed il collo. La stria nera che attraversa 1’ occhio è molto più visibile nell’ e- semplare adulto che nel giovane nel quale ultimo se ne vedono solo traccie dietro all’ occhio. 228 DOTT. GIULIO ALESSANDRINI Cyclagras gigas Dum et Bibr. — Un bellissimo esemplare di questa specie fu donata al ì\Iuseo da! Si^. Capitano Reni (1) nel- 1’ ottobre del 1901 e proviene dal sud del Brasile. Mancava affatto nella nostra Collezione. I carattere corrispondono perfettamente a quelli dati dal Duraeril [Xenodon gigas Dum et Bibr.) e dal B ulen- ger (Cyclagras gigas Dum. et Bibr.) e ci presenta 161 ventrali e 0 67 sotto caudali. Lunghezza totale m. 2,10; della coda cent. 50. Le macchie elissoidi del dorso non sono completamente nere ma nel centro sono di un colorito giallastro un poco più scuro di quello generale. Dryophis prasinus Boie. — L’esemplare, che il Prof. Figurini donò al Museo e che proviene da Sumatra, ha le scaglie temporali 1 X le ventrali in numero di 206: 1' anale intiera: le sotto caudali 153 (2). La sua lunghezza totale è di m. 1,50: della coda 0,50. Proviene dall’ isola di Sumatra. La sua colorazione era d’un bel verde chiaro molto brillante, ma viene ogni giorno più decolorandosi, ed a mio avviso più per l’azione della luce che del liquido in cui è immerso. Appena estratto dalla bottiglia di vetro scuro, dove fu messo appena catturato, e posto in un vaso di vetro chiaro, ha cominciato a perdere tanto la sua tinta colorando il liquido, ed ora è quasi divenuto bruno oscuro. Callophis maculiceps Gthr. — L’ esemplare che possediamo è assai decolorato dall’alcool ed è privo di qualsiasi indicazione di località. Faceva parte dell’ antica collezione. Però la testa ed il collo- conservano ancora il colorito nerastro e la coda due fascie scure una al principio di essa P altra poco lungi dall’apice. Ci pre- senta 208 ventrali: 23 caudali in due file: l’anale è divisa e l’esem- plare ha una lunghezza totale di cent. 43 compresa la coda che è appena 3 centimetri. Gli autori danno per patria a questa specie la Concincina. CrotalUS terrificus Laur. — Due bellissimi esemplari di questa specie di Orotalus furono donati nello scorso anno dal Sig. Gap. (i) Il Sig. Cap. Reni venne neU’Ottobrè tgót in Roma con una bellissima raccolta Sel-pénti vivi. Oltre questo Cyclagras dono al Museo molti esemplari di altre spècie che facevano parte della sua collezione. {9} Il nunjero minimo delle sottocaudali dato dal Boulenger è di ERPETOLOGIA 2‘i9 Reni al nostro Museo, e facevano parte di una interessante raccolta di serpenti velenosi e no che, vivi, il Reni andava mostrando al pubblico delle grandi città europee. Al presente il gen. Crotaìm comprende 11 specie divise in 2 ca- tegorie, Runa con gli scudi sopra-oculari lisci, l’altra con gli scudi sopra-oculari che si prolungano su due processi cotnei, simili a quelli che noi vediamo nel Cerastes aegyptius. Alla prima appartengono 10 specie di Crotalus: terriflcus — scu^ tulatus, — confluentus, — durisms, — horridus, — tìgris, — Mitchelli — triaeriatus — polysticus — lepidus. Alla seconda il solo Crotalus cerastes. Non mi fermerò a dare i caratteri differenz’ali di tutte le specie suddette, ma solo quelli che esistono fra il C. horridus e il terrifi- cus, specie che il iiusiro Mureo possiede. L’ habitat stesso ci può essere innanzitutto di guida: infatti mentre V horridus abita tutta l’America del Nord, — Florida — Massa- chusset e Texas, — il terrificus proviene sempre dall’America cen- j trale e Meridionale — dal Messico cioè al Paraguay. La disposizione, il numero delle scaglie è presso a poco identico j nell’ una e nell’altra specie. I Invero noi abbiamo : C. horridas C. terriflens Sopra-labiali 12 — 16 12 — 17 Sotto-labiali . . ; 15 15 Serie di scaglie che dividono le labiali sup; dall’occhio 3—4 3—4 Serie di scaglie attorno al corpo .... 23—29 23—31 Ventrali 165-178 160—199 Anale intera intera Sotto caudali 19—29 18—30 Anche la lunghezza è presso a poco simile, come simile é il nu- mero delle scaglie che costituiscono il sonaglio della coda. La differenza, oltre che nella colorazione, ove si nota la presenza di due strie nere ai lati del collo, mentre noìVliorridus esistono due grosse macchie triangolari; sta principalmente in ciò che il C. terrù ficus ci offre due larghe piastre internasali e prefrontali, mentre l’horridus non ha che le sole internasali. INDICE GENERALE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME III, SERIE 11, ANNO XI, 190: del Bollettino della Società Zoologica italiana SOTTO LA l’RKSlDENZA ONORARIA di S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III PARTE 1. (fasc. 1, li. Hi) 1. Comunicazioni Scientifiche 1. Barnabò Valentino. — Studente nella Facoltà Med. Chir. — Di tre anomalie muscolari dell’ arto tora- cico (Con 3 tav, di ligure) pag. 85-107 2. Checchia dott. Guseppe. — Osservazioni sull’ appa- recchio apicale di alcuni Echiuidi appartenenti alla famiglia Spataugidae « 79-84 3. De-Stefano dote. Giuseppe. — Studio sull’ Emys Cuvieri De Seef. dell’ eoceiie superiore parigino (Con 12 figure) « 37-68 4. Falconieri D. Guido conte di Carpegna. — Cattura di due Cotsmomttce histrionicce (Moretta arlecchino) per la prima volta iu Italia (per parte del socio conte prof. Arrigoui degli Oddi) « 83-84 6. Marucci dott. Venanzio. — Ricerche sperimentali sui maschi polimorfi degli Acari (Con 9 figure in 2 tavole) « 69-78 6. Marchesini prof. Rinaldo. — Sulle metamorfosi degli eritrociti (Con 27 figure) « 1-30 7. Ideyn idem. — Sulla ricerca deli’ alcalinità del sangue « 31-36 8. Rostagno comm. Fortunato — - Classificazione de- scrittiva dei Lepidotteri Italiani ( Sezione IV — Geometre) « 108-128 li. Parte ufficiale Processo verbale dell’ adunanza generale del 26 feb- braio 1902 « I-II Relazione generale del presidente effettivo comm. prof. Antonio Carruccio sulle coufiizioni scienti- fiche ea amministrative della Società Zoologica Ita- liana con sede in Roma durante il X anno delia sua esistenza (1901}. < ni-xviii INDICE GENERALE 231 Votazione e nomina di un Vice-presidente e di 5 Consiglieri. — Radiazione a voti unanimi di un socio straordinario per constatata indegfnità, . . . pag. XIX III. Recensioni e Annunzi bibliografici per cura del prol. Antonio Neviani ] . Dal PiAZ G. — Di alcuni resti di Cyrtodelphis sul- catus dell’ arenaria miocenica di Belluno. — '2. For- NASiNi C.: Contributo alla conoscenza delle Bulimine adriatiche. — 3. Idem. idem. Sinossi metodica dei Foraminiferi sin qui rinvenuti nella sabbia del lido di Rimini. — 4. Messineo Giuseppe: sul veleno contenato in alcune Tenie deH’uomo. — 5. Omboni G.: Appendice alla nota sui denti di Lophiodon dei Bolca. — 1. Rovereto G.: Bnozoi. Anellidi e Spu- gne perforanti del neogene ligure. — Annunci bi- bliografici « 129-132 PARTE II. (fasc. IV, V, vi) I. Comunicazioni Scientifiche . 1. Alessandrini Dott. Giulio. — Note di erpetologia (Istituto Zoologico della R. Università di Roma). 2. Angelini prof. Giovanni. — Sui Trochili donati, da . S. M. il Re Vittorio Emanuele ITI, al Musf>o Zoologico della R. Università di Roma .... 3. Bianchini dott. Bruno. — Osservazioni anatomiche sulle arterie encefaliche corticali del Cavallo e del Cane in rapporto con quelle degli altri Mammiferi. 4. Carruccio prof. Antonio. — Sovra un palmipede ra- rissimo e di erran valore (Plautus impennis) donato da S. M. il Re Vittorio Emanuele III al Museo Zoologico della R. Università di Roma (Con 2 tav. di fig'ure) 5. idem idem. — Di un Gypdet.us barbatus adulto del Piemonte, preso nel febbraio 1902 e donato da S. M. il Re Vittorio Emanuele III f). Falconieri D. Guido conte di Carpegna. — Sulla cattura de\V Emberiza melanocephaln nell’Agro Ro- mano (per parte del socio Dott. De-Filippi). . 7. Idem idem. — Catalogo degli uccelli esotici donati da S. M. il Re Vittorio Emanuele III. al Museo Zoologico della R. Università di Roma. . . . . « 224-229 . 158-159 « 21-55 I 1-20 . 104-119 . 56 . 120-157 232 INDICE GENERALE 8. Garneri Dott. Antonio. — Contribuzione alla Fauna Sarda — Aracnidi — (Dal laboratorio Zoo- logico della R. Università di Pavia) pag. .57-103 9. Maurizi Doti. Agostino = Un nuovo caso di Asca- ridi nel fegato e Monografia dell’Ascariasi con spe- ciale riguardo alle migrazioni deirAscor?s lumbri- coides e'd alla parte interessante l’oftainologia . . « 198-223 10. Romero Dott. Giuseppe. — Il Tacliiolo Paternò nella tecnica del metodo del Golgi « 193-197 11. Rostagno comm. Fortunato. — Classificazione de- scrittiva dei Lepidotteri italiani (Sezione IV — Mi- croeteroceri. Piralidine * 178-192 12. Tiraboschi Dott. Carlo. — Gli animali propagatori della peste bubonica. — Pulci parassite dei ratti e dei sorci « 170-171 13. Idem idem. — Sulla Sarcnjjyylla gallinacea Westw. « 172 14. Idem idem. — Caratteri distintivi del 4/it.s deca- manus Pallas e Mus rattus L. — Diffusione del Mus rattus \n Italia « 173-177 Indice generale delle materie contenute nel voi. XI (1902; serie lì * 230-232 Notizie Sovra un dono di eccezionale importanza fatto al Museo Zoologico della R. Università di Roma. Questa tanto cospicua offerta si deve alla generosità di S. M. il Re Vittorio Emanuele III; e come fu già annunciato da molti giornali trattasi della strana e famosa Okapia che di recente, grazie a Sir ^ H. lohnston, venne ad accrescere inasp^ttamente il numero dei Mammiferi ruminanti. Questa nuova specie vive nella foltissima fo- resta presso il fiume Scmliki (Congo). S. M. ha donato al Jlust-o Zoologico della R. Università di Roma un esemplare in pelle ed uno scheletro (il secondo che finora si potè avere in Europa), i quali furono con somma diligenza preparati nelPistesso Museo, e molto lodati da S. M. il Re Edoardo e da S. M. l’imperatore Guglielmo, ai quali il nostro Re si compiacque di farli osservare. La illustrazione delle due rarissime e importanti preparazioni sarà presto fatta in speciale adunanza della nostra Società Zoologica, e pubblicata in uno dei prossimi Bollettini del nuovo volume colle rispettive tavole, f Roma 29 aprile 1903. Prof. A. C. ERRATA - CORRIGE .147 = 2(17-99= Pedìoiìomua torquahis Goiild. Megiio esaminato l’esemplai-e. e coll’ajuto di confronti lio potato sicuramente determinare questa specie d’Au- stralia. die, unica nel suo genere, è posta nel Catalogo del Museo Brittannico insieme ai Tarnicidi ( Quaglie tridattile), sebbene abbia un piccolo pollice. Erro- neamente avevo segnato il nome (sempre dubitando però) di Microperdix erytlirorhynca, a cui non può assolutamente riferirsi. ESTRATTO DALLO STATUTO Art. 9. — La Società lia lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della biologia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i reso- conti delle adunanze le comunicazioni scientifiche d’indole biolo- ' gica, anatomo-fisiologica, embriologica, iialeontologica e sistematica: e quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci. Soci ordinari distinti in soci a tempo, i quali pagheranno lire Dieci all’anno, e soci a vita se ])agheranno lire 200 in una sola volta; 2^* Soci straordinari, i quali pagheranno lire Sette annue; Soci onorari italiani e stranieri, projìosti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoo logici, od altrimenti benemeriti della Società, Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. ABBONAMENTO PE! NON SOCI ! Italia Estero . 12 aó lire annue ) » » ) pagamento anticipato Un fascicolo doppio o triplo, separato, L. 4 Volisini ari-t-ti-ati: Italia I,. 13 - Estero !.. 18 (franclii di posta) Prezzo di favore a chi acquista gli UJ\'DICI volami finora pubblicati Vedi pagina prima delia copertina Sede della Società : Istituto Zoologico - R. Università ■ ' Via della Sapienza - HOMA Roma-Ascoli Piceno Stab. Tip. Litografico L. Cardi Fase. I, il e Ili. Serie II - Voi. IV Anno XII -1903 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA oojcsr SEiDE! iisr e,oim;-A. Presidente onorario S. M. il Re VITTORIO EMANUELE III SOMMARIO. I. CONITLSnCAZIOXT SCIEXTIFICHE. l. Carruccio prof. Antonio. Sull’ Okapia donata da S. M. il Ee Vittorio Emanuale in al iluseo Zoologico della K. Uni- versità di Eoma (Cenni illustrativi — Parte 1“ — con 2 tavole) (1) Pag. 1-20 Marchesini prof. Rinaldo. Contributo allo studio delle capsule surrenali » 21-32 Vram prof. Ugo- Su due grosse ossa ■«•ormiane del palato duro (con fig.) » 33-35 Idem idem. Un caso di saldatura del- l’atlante con l’occipitale in un cinoce- falo (con fig.) » 36-38 De btetano dott. Giuseppe. La Panna malacologica del pliocene superiore del Belgio e quella postpliocenica dell’I- talia meridionale. » 39-52 Barnabo Valentino. Di due rare ano- malie del sistema nervoso periferico osseivate nell’Ospedale di S. Spirito iii Eoma. » 53_ee Angelini prof. Giovanni. La « Nlarmaro- netta angustiiogtris » (ICénétrier) in Paglia » 67- Chigi principe Francesco. Sulla cattura del « Dendrocopus Lilfondi » (Sharpe e Dresser) » 68-69 Rostagno comm. Fortunato. Classifica- zione descrittiva dei Lepidotteri ita- liani (Sezione VI. - Tortricidi) » 70-76 10. Carruccio prof. Antonio, morfologici che distinguono proteropodo del gen. Euinepis, e cenno delle forme principali della Pam.^/Silw- ridae, di recente introdotte nel Mu- seo Pag. II. EIVISTE B1BLIO&EAPICHE 1. L’ Atlante ornitologico del socio conte prof. Ettore Arrigoni degli Oddi. -Eecen- sione del socio prof. Giovanni Angelini » 2. Intorno ad una rara pubblicazione di G. D. Westéndorp, del prof. Antonio Ne- viani » 77-84 85-95 96-97 in. ATTI TJPFICIALI DELLA SOCIETÀ Proclamazione di soci onorari italiani e stranieri, e loro lettere responsive » 98-100 IV. AXE-UECI SULLA COPEETUSTA 1. Prezzo di favore a chi acquisterà iXII volumi finora pubbiicati, e prezzo di associazione pei non appartenenti alla Società. — 2. Membri componenti il Consiglio Direttivo. - 3. Articoli estratti dallo Statuto. — 4. Sede della Società. ■ (1) Le tavole di questa mem. saranno prossimamente date nel fase. IV. 1. — Prezzo di favore e prezzo di Associazione. j ' 1. A quanti ne faranno domanda sollecita (essendo assai limitato il numero dalle copie disponi- i i) accompagnata dall’ira])orto anticipato, verranno spediti, franco di posta se in Italia, i VTT vo- i ^Jii pubblicati dalla Società dal 1» gennaio 1892 a tutto il 1903, al prezzo di favore di lire Novantasei i luogo di lire Csntoquarantaquattro, come realmente importerebbe la serie di questi volumi. I , Pei non Soci il prèzzo d’associazione ad ogni singolo volume annuo è di L. 12 in Italia, e di . 15 all'estero - pagamento anticipato. — Ogni fascicolo (i>er lo più doppio o triplo) vendesi a ’*• — Volumi arretrati, ognuno al prezzo di L. 15. Conio correnti^ colla Posta — Pubblicazione bimensile.