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Sebastiano 2-4 1924 ■ '7,'V- - \ > . L l FLY , * * : . .• INDICE ATTI (MEMORIE E NOTE) Gargano C. — Le alterazioni prodotte nel fegato della Lacerta muralis Laur. dal Cysticercus dithyridium . . pag. 3 Fedele M. — Simmetria ed unità dinamica nelle catene di Salpa „ 20 Palombi A. — Diagnosi di nuove specie di Policladi della R. N. " Liguria „ . „ 33 Del Regno W. — L'effetto fotoelettrico . . . . . „ 38 Serao C. — Ricerche su la reazione tra cloruro di benzile e fenolo. „ 86 Biondi G. — Osservazioni su alcune bombe vesuviane. . „ 92 Caroli E. — Sulla presenza di Penilia schtnackeri Richard nel golfo di Napoli ........ „ 96 Carrelli À. — Sull'assorbimento di fluorescenza . . . . „ 100 Gargano C. — L'origine nucleolare dei centrosomi negli oociti di cagna . . „ 106 Zirpolo G. — Sulla genesi delle colonie primaverili del Zoobotryon pellucidum Ehrbg . „ 113 Zirpolo G. — Ricerche sulla simbiosi fra Zooxantelle e Phyllirhoè bucephala Peron et Leseur . . . . . ,,129 Lo Giudice P. — Sulla salinità delle acque di superficie dello stretto di Messina durante l' inverno 1921-22 . . . ,, 139 Golosi G. — A proposito di Heteroglyphaea paronae Colosi . ,, 141 Salfi M. — Ricerche sull’epitelio del mesointestino di Locusta danica, L . ,,143 Fedele M. Identità fra Dolchinia mirabilis Korotneff e Do- liolum Chimi Neumann . „ 152 Marcucci E. — La morfologia del bacino dei Sauropsidi. Il pube degli Uccelli . „ 159 Colosi G. — Alcune specie discusse di Misidacei . . . . 191 Salfi M. — Stilla geonemia delle specie del genere Chrysochraon Fisch. ( Orthoptera-Locustidae ) . . . . . ,,196 Gargano C. — Documenti istologici per una ipotetica terapia degli, epiteliomi cutanei . „ 199 Gargano C. — Alterazioni indotte dal radio sulla tiroide normale „ 208 Gargano C. — Considerazioni sulla morfologia delle cellule col¬ tivate in vitro rispetto a quella di elementi normalmente liberi in tessuti patologici . „ 221 Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica ... „ 245 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI BEI NATURALISTI VOLUME XXXV (SERIE II., VOL. XV). ANNO XXXVII 1923 Con 6 tavole ( Pubblicato il 10 gennaio 1924) NAPOLI Officina Cromotipografica » Aldina » Piazzetta Casanova a S. Sebastiano 2-4 1923 L \ B 0A. PtfYMOUTH. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli ATTI (MEMORIE E NOTE) Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. Le alterazioni prodotte nel fegato della La¬ certa muralis Laur. dal Cysticercus di- thyrìdium. Memoria del socio Claudio Gargano (Tornata del 9 Luglio 1922) Generalità. Pochi argomenti sono stati oggetto di così numerose osser¬ vazioni da parte di clinici e di patologi quanto quello delle ci¬ sti, che si verificano nel fegato dell'uomo e degli animali dome¬ stici per opera dello stato vescicolare di un cestode. E così i patologi, coadiuvati dai cultori di zoologia hanno potuto rico¬ struire la biologia di questi elminti, ed hanno chiarito non po¬ chi punti dottrinali e pratici di estremo interesse. Se è ben noto che un cestode svolga per lo più la sua e- sistenza cistica e sessuale in due differenti organismi, non si può dire del tutto chiarita l'interpetrazione che oggi si deve, a - vere di essi, e credo sia preferibile accettare l'ipotesi di Lemar, Lang ed Emery, che essi sieno da considerarsi come una c o- lonia lineare o strobila; la formazione delle proglot¬ tidi sarebbe una generazione agama per gemmazione, e lo sco- lice come nutrice, generatrice agama di proglottidi sessuate. Le proglottidi dei cestodi non sono quindi equivalenti ai metameri perchè hanno sviluppo postero-anteriore, laddove i metameri presentano invece uno sviluppo antero-posteriore. Per quanto numerosi, come si è detto, sieno i lavori sui cestodi parassiti dell'uomo e dei principali animali domestici, pur essi si limitano ad assodare la biologia del verme, il modo — 4 - di diagnosi, le possibili complicanze e la terapia; pochi e fram¬ mentari lavori trattano invece delle alterazioni indotte nel fegato, nella cellula epatica, per opera di tali elminti. Nei sauri in genere e nei lacerti di in ispecie sono stati in varia epoca descritti nel fegato e nel peritoneo cisticerchi di te¬ nie non sempre bene identificate; ed anche noi abbiamo potuto osservare parecchi esemplari di Lacerta tnuralis Laur., che pre¬ sentavano nel fegato, nell'intestino e nell'ovidutto numerose ci¬ sti di cestodi. Pur essendo state raccolte le Lucertole in vari anni (giac¬ ché non sempre si trovano in tal guisa ammalate) è notevole che il verme vescicolare abbia sempre i medesimi caratteri, tali da fornirci la certezza, che ci troviamo di fronte ad un unico pa¬ rassita. Nel fegato i cestodi in parola, contrariamente a quanto af¬ fermano i ricercatori, che ci hanno preceduto, sono sempre nu¬ merosissimi, ma per quanto sieno numerosi, non sembra che l'organo enficiato presenti sensibili aumenti di volume e di peso. Le cisti si svolgono distruggendo il tessuto epatico in un tem¬ po relativamente breve, in guisa che la massa glandolare utile per la vita dell’animale in alcuni esemplari è ridotta moltissimo. Tale riduzione epatica non induce alterazioni sulla vita del¬ l’animale; le lucertole ospitatrici di cisticerchi sono o appaiono le più floride , confermandosi quanto ha osservato Mingazzini (’893) in contrapposizione a Metchnikoff, che cioè il parassita e l'ospite non rappresentano due forze opposte contrastantesi l'una verso l'altra, ma forse, che in certo modo si trovano in armonia fra di loro, avendosi un adattamento reciproco dell'ospite e del parassita, perchè la vita dell'uno e quella dell'altro si compiano nel modo più facile per entrambi. Cenni storici sul parassita della Lacerta tnuralis Laur. Per quanto sieno antiche le prime osservazioni di cisticer¬ chi rinvenuti nelle lucertole , pure non è cosi agevole assodare la posizione sistematica di essi, giacché, paragonando ciò che è stato descritto, con quanto a noi è capitato di constatare, non si — 5 — ha la certezza, che il parassita delle nostre lucertole abbia la mede¬ sima posizione sistematica di quelli studiati da Leuckart (’879-86) e da von Listow (’878). Rudolphi ('819) è il primo a descrivere nelle lucertole due elminti molto dubbi, le cui caratteristiche sarebbero state la presenza di due ventose simmetriche e di un corpo appiattito. Per le affinità grandi con lo scolice di giovani tenie e per la simmetria delie ventose, include i parassiti in parola nel genere Dithvridium. Notò altresi che gli individui ospiti della Lacerta viridis erano più grandi di quelli ospiti della Lacerta muralis . Valenciennes ('843) [in Moniez] trovò anche egli nella la¬ certa verde una larva di cestode, che è probabilmente la specie indicata da Rudolphi. Gli individui in gran numero liberi nel peritoneo, avevano mm, 1 a 3 di lunghezza e svaginati misura¬ vano un centimetro. L'estremità cefalica è fornita di quattro ven¬ tose senza uncini ed il loro corpo è traversato da quattro vasi. L'estremità posteriore, simile alla vescicola caudale dei cestodi, è riempita da una massa di apparenza cellulosa più densa, rite¬ nuta lo sbocco di organi riproduttori. Dujardin (’845) a proposito degli elminti studiati nelle la¬ certe da Rudolphi e da Valenciennes, dice (pag. 632), che: " on pouvait étre couduit a penser que si d'une parte des articles isolés des cestoìdes peuvent continuer a vivre isolément dans l'intestin pour devenir des Proglottis, d'autre part , la téte e la partie antérièure peuveut se développer isolément en dehors de l'intestin sans acquérir d'organes génitaux „. Gurlt (’845) rinviene incistidato nel fegato dei lacertidi {Lacerta muralis , viridis, agilis , ecc.) lo stesso parassita stu¬ diato da Valenciennes, e lo chiama Dubium cestoideum. Diesing (’850) trovando che il genere Dithyridiam Rudol- phi “nomea incongruum mutandum erat „, lo chiamò: Piestocy- stis e non dice le ragioni; e di questo genere nè dà la seguente descrizione: “ Animalicula solitaria. Caput subtetragonum inerme , retractile, acetabulis quatuor angularibus aut lateralibus oppo - sitis. Rostrellum nullum. Os terminale. Corpus brevissimum , vescica caudali oblonga depressa , ut plurimum transverse ru¬ gosa, transparente. Multiplicatio per vescicae caudalis prolifi- cationem exter nam, prole solitaria demum a vescica segregata „ . I Piestocystis di Diesing, a differenza dei Dithyridiam di Rudolphi sono parassiti oltre che dei rettili, anche dei mammiferi, degli uccelli e degli anfibi: 11 Iti Mammalium , Avium et Arnphi- blorum cavo pectoris et abdotninis folliculo membranaceo soll- tariae inclusa demum quandoque libera „. Alcuni cisticerchi della Lacerta crocea sono stati da Leu- ckart ('879-86) ritenuti lo stato cistico della taenla lltterata della volpe, specialmente sul carattere della grandezza delle ven¬ tose e sull'assenza di uncini. Marchi ('874) , avendo occasione di trovare nel peritoneo d t\Y Ascalabotes mauritanlcus alcuni cisticerchi, ritorna su que¬ sto interessante argomento di elmintologia. I cestodi, studiati da Marchi, vivevano in particolari cisti avventizie, fatte da cuticola resistente, senza struttura cellulare e di trasparenza quasi vitrea e di natura chitinosa : erano armati , avendo quattro serie di uncini (in complesso circa settanta). Il nome di questo parassita è: Cystlcercus ascalabotldis Marchi. von Listow (’878) , in un esemplare di Lacerta agllls , ha rinvenuto più di 100 Cystlcercus dlthyridlum , di cui due soli incistidati nel fegato e 'gli altri liberi nella cavità peritoneale. Sono cisticerchi di una tenia inerme, mancando gli uncini, e pre¬ sentano un accenno di segmentazione nel corpo , che con una lieve curva si ritira nella parte posteriore. Le ventose sono per lo meno la metà di quelle della Taenla megalops , che è l'unica tenia inerme dei nostri uccelli indigeni: per questa ragione, e principalmente sul carattere delle ventose e sul fatto di essere una tenia inerme, secondo von Listow, il Cystlcercus dlthyridlum non può divenire una tenia nè di uc¬ celli, nè di batraci, nè di rettili, nè di pesci. Solo nei mammi¬ feri si troverebbero delle tenie inermi, con ventose simili a quelle del Cystlcercus dlthyridlum e propriamente nel topo campa- gnuolo. Moniez ('880) non crede che il Cystlcercus dlthyridlum possa divenire una Tenia nel topo campagnuolo. Le lacerte sono divorate dai Falconidi, ed in questi uccelli il cisticerco si svi¬ luppa: la Taenla periata dei Falchi costituisce lo stato definitivo del Cystlcercus dlthyridlum . Nota FA. come questo cisticerco descriva una curva molto semplice nella sua vescicola, come ab- — 7 bia molti corpuscoli calcarei e come un certo numero di essi passi ad animali perfetti. Manca di formazioni anulari o di bulbo, il che T allontanerebbe dal Milina descritta da van Beneden : mancano altresì organi o prodotti genitali. L'estremità del corpo presenta al contrario un tessuto lasco, non racchiudente quasi elementi cellulari, ed invece in un punto opposto all' orifizio di invaginazione vi è un foro molto stretto, abbastanza profondo, che farebbe credere ad un germogliamento analogo a quello dei Staphylocystis. Non crede l'A., per i caratteri morfologici, di poter ravvicinare il Cysticercus dithyridiam al gruppo dei Pie _ stocystis, nè pensa che il cisticerco in parola possa divenire la Taenia litterata della volpe. Cretj ('887) studiò alcuni cisticerchi rinvenuti da Monticelli nell' Ascalabotes mauritanicus. Essi misuravano mm. 0,80 di lunghezza e mm. 0,77 di lar¬ ghezza, e l'altro mm. 0,50 di larghezza e mm. 0,56 d'altezza, di colore bianco sporco o gialletto, appiattiti; evidente era in essi l'invaginazione. Le ventose, robustissime o grandi relativamente alla piccolezza del cisticerco, misuravano mm. 0,17 di lunghezza e mm. 0,11 di larghezza. Erano inermi e privi di vescicola caudale: numerose le pli¬ che della cuticola , numerosi i corpuscoli calcarei , dei quali è infarcito il loro corpo. Circa la posizione sistematica di questo essere, l'A. pensa che non sapendo a quale forma di tenia rife¬ rirlo, e potendo d'altra parte essere confusa con i Piestocystis , crede opportuno chiamarlo Cysticercus megabothrius . Crety (’887) trovò poi nel YElafis quadr itine atus liberi nel peritoneo dei cisticerchi di grandezza variabile : alcuni misura¬ vano mm. 4 di lunghezza e mm. 3 di larghezza: altri erano lunghi mm. 2 e larghi mm. 3 : infine ve ne erano di quelli an¬ cor più piccoli. Nella parte anteriore l' invaginazione appariva evidente e molti presentavano rughe trasversali ; la parte poste¬ riore del corpo era in alcuni appuntita, in altri globosa e tesa pel liquido accumulato nel suo interno. La parte anteriore del cisticerco aveva un colore bianco sporco, la posteriore era tra¬ sparente. Le ventose erano piccole e misuravano in lunghezza mm. 0,12, in larghezza mm. 0,6. Osservati a luce riflessa, i cor¬ puscoli calcarei si mostravano numerosissimi, specialmente nella 8 — invaginazione, anzi l'opacità di questa parte del cisticerco si deve alla gran copia dei medesimi. Per i caratteri anzidetti l'A. identifica il cisticerco in parola col Dithyridium lacertae , studiato da Valenciennes : sarebbe il medesimo Cysticercus dithyridium , trovato da Moniez n tWEla- fis, Coronella e Lacerta viridis. Questo cisticerco, come quello descritto nell ’Ascalabotes mau- ritanicus, rappresenta la forma larvale di due distinte specie di tenie, che raggiungono il loro completo sviluppo probabilmente nell' intestino di uccelli rapaci. Parona '(886), esaminando la superficie esterna delle tona¬ che intestinali di un giovine Coluber viridiflavus Lacép., le rin¬ venne cosparse da molte piccolissime cisti appena visibili, le quali erano vescicole di cisticerco. I caratteri del parassita sono i seguenti : " Cisticercoide a vescicola rotondeggiante : armato da quattro serie di uncini, dei quali i più piccoli stanno nel cerchio interno e misurano 0,018 mm.; quelli del secondo giro tnisura- rano 0,059 mm., quelli del terzo 0,033, e quelli del quarto 0,069 mm. „. L'A., basandosi sul carattere dei quattro giri di uncini a dimensioni differenti, lo include nella categoria dei cisticercoidi di Leuckart, ed indica questa forma col nome di Cysticercus acanthotetra , e lo trova differente dall'altro scoperto da Marchi nel Gecho. In un accurato lavoro "sul parassitismo Mingazzini (’893) dà un largo contributo alla conoscenza dei cisticerchi dei Sauri. Egli, sia nel Coluber viridiflavus, che nel Seps chalcides ha avuto occasione di riscontrare un cisticerco, abbastanza dissimile dal Cysticercus acanthotetra Parona (che è invece simile al Cy¬ sticercus ascalabotidis Marchi dell' Ascalabotes mauritanicus ), ed egli lo denomina Cysticercus rostratus. Il Cysticercus rostratus ha il corpo distinto in due parti, una anteriore, più ristretta, su cui poggiano ventose e rostrello, ed una posteriore di forma ovale, ripiena di corpuscoli calcarei e portante nell' estremo posteriore la vescicola escretrice, da cui partono, ai due lati del corpo, quattro canali escretori. Il rostrello è notevolmente lungo e ricoperto da uncini in tutta la sua su¬ perficie: le ventose, poste agli spicoli della parte anteriore, sono quattro, robuste ed eguali. Questo cisticercoide, quando è rac- — 9 chiuso nella cisti, la sua porzione cefalica, essendo invaginata nel corpo, non è visibile, soltanto scorgonsi per trasparenza le quattro ventose ed il lungo rostrello con i suoi uncini. La seconda specie, studiata da Mingazzini, è stata trovata nel perinisio dei muscoli della parete del corpo del Seps chal- cides , e cioè il Cysticercus dithyridium Crety, che è il parassita dtWElafis quadrilineatus e della Lacerta agilis e vivipera. Infine nell' Ascalabotes mauritanicus e nel Coluber viridi- flavus, ha avuto occasione di riscontrare il Cysticercus megabo- thrius Crety. Ci dice VA. che tale parassita vive a spese della sostanza epatica distrutta, e che la cisti è formata dalla parte protettiva di natura fibrillare. Sonsino (’897) riferisce su di una ricerca del Dr. Tarozzi, cioè della presenza nel peritoneo parietale e viscerale dt\V Asca¬ labotes mauritanicus , di 9 cisti, della grandezza di una capocchia di spillo e contenenti un cisticercoide con rostrello a campana, provvisto di numerose serie (sino a 14) di uncini a disco basale allargato. Il fondo delhinvaginazione cefalica era inerme. L' A. lo ri¬ tiene una specie nuova, differendo dal Cysticercoides megabo- thrius Crety, che è inerme, e dal Cysticercoides trovato da Marchi. Ricerche personali* Nella Lacerta muralis Laur. non è al certo possibile iden¬ tificare il cisticerco servendosi di tagli microtomici di pezzi di fegato (figg. 7, 8 e 9) previamente fissati, perchè oltre, che nelle cisti il parassita trovasi invaginato, le sezioni di esso danno aspetti così vari, che sarebbe disagevole stabilire con questo metodo la sua posizione sistematica. È necessario quindi isolare a fresco le cisti dal tessuto epatico (fig. 2) il che si ottiene con le dissezioni agli aghi e mercè Tausilio del microscopio bino¬ culare del Greenough a visione stereoscopica: in tal modo si avranno libere le cisti, che basterà aprire per mettere in libertà il parassita. Per preparati stabili (figg. 3 e 4) i cisticerchi vanno trat¬ tati con i procedimenti generali usati per il plankton , cioè nar¬ cosi, fissazione, colorazione con alcool a 70° leggermente tinto in 10 — rosa con poche gocce di paracarminio, disidratazione graduale, diafanizzazione, e chiusura in balsamo del Canadà nelle lastrine cellette adoperate per la batteriologia. Volendo invece svolgere il verme, i piccoli cisticerchi si pongono con la ordinaria soluzione fisiologica su di una la¬ strina portaoggetti e si coprono con una lastrina coprioggetti, esercitando su di essa una modica pressione con un pic¬ colo peso (fig. 5), e poi il tutto si immerge in una soluzione acquosa di cocaina: consecutiva fissazione in alcool a 70° o in so¬ luzione debole di formolo, colorazione, disidratazione, ecc. Il ci- sticerco così ottenuto (figg. 6 e 7) ha una lunghezza media di [i 1045 ; è rivestito da una cuticola chitinosa, ha capo sferoidale privo di rostrello e di uncini, quattro ventose (diametro ia 117, assenza di corpuscoli calcarei e presenza all'estremo posteriore di una vescicola escretrice, dalla quale partono quattro canali esecretori. Per queste caratteristiche sembra avvicinarsi al Cysticercus dithyridium studiato da Leuckart ('879-86) e da von Listow ('878). Quale sarebbe la tenia alla quale questo cisticerco dà sviluppo? Non è così agevole la risposta. Potrebbe trattarsi sia della tae¬ nia litterata della volpe, o della taenia periata dei falchi, o della taenia megalops degli uccelli o di una tenia parassita del topo campagnuolo. Il trovare in una medesima cisti numerosi cisticerchi non credo sia argomento sufficiente per dichiarare, che essi sieno stati generati in epoche differenti; infatti in un medesimo esem¬ plare sono tutti allo stesso stadio di sviluppo. L' aumento del liquido endocistico, le alterazioni del tessuto epatico e la distru¬ zione di parte delle pareti cistiche portano alla genesi di cisti più grandi, contenenti un numero maggiore di cisticerchi (figg. 9 e 10). Fegato normale. Il fegato dei rettili è una glandola tubulosa composta, ra¬ cemosa, nella quale bisogna considerare l'elemento glandolare, gli acini epatici ) e due sistemi di vasi, i vasi sanguigni ed i canali biliari. — 11 — Gli acini epatici (fig. 11) di aspetto sferoidale, di dimensioni maggiori nei sauri, anziché negli altri rettili, risultano di cellule di forma cubica o cilindrica, fornite di citoplasma granuloso e di un grosso nucleo vescicolare sito nella parte distale dell'ele- mento, carico di sostanza cromatica e contenente nel suo interno uno o due nucleoli. Le granulazioni citoplasmatiche variano a seconda 1' acino si trova in attività secernente o in stato di relativo riposo : si hanno quindi acini con cellule molto granulose ed altri con cel¬ lule più chiare, trasparenti, ed anche nel medesimo acino alcune cellule possono essere più granulose rispetto alle altre. In ge¬ nerale l'ectoplasma della cellula è quello, che ha maggior nu¬ mero di tali granulazioni. È da considerarsi nel fegato dei rettili anche un altro tipo di elementi, i cromatoblasti. I cromatoblasti in citolo¬ gia sono stati argomento di numerose discussioni, sia rispetto al loro significato, che alla loro funzione : sembra sieno di origine mesodermica, forniti di prolungamenti citoplasmatici e dotati di movimenti ameboidi molto attivi, che permettono ad essi di spo¬ starsi da un punto all'altro. Secondo gli studi di Eberth e Bunge ('895) si troverebbero attorno ad i cromatoblasti dei cespugli di terminazioni nervose provenienti da fibrille in comunicazione con nervi volontari. La disposizione di queste cellule è ancora più oscura del loro va¬ lore morfologico: per lo più si trovano aggruppate in alcuni acini, e, nelle sezioni di fegato colorate all' ematossilina ferrica di Heidenhain, appaiono giallo scure. Non è improbabile che nella funzione complessa del fegato spieghino un'azione importante : certa cosa è, che nelle altera¬ zioni indotte nel parenchima epatico dal Cysticercus dithyridiam , i cromatoblasti sono i primi a risentire questa funesta in¬ fluenza, degenerando. La bile circola in vasi capillari senza parete, in vasi vir¬ tuali, che circondano gli acini epatici, in modo, che, fissando un pezzo di fegato in funzione, i cennati vasi sono resi evidenti dall'ectoplasma granuloso delle cellule glandolari. Notevole è la circolazione sanguigna arteriosa e venosa; ì — 12 — vasellini costituiscono una rete così abbondante, che in molti punti hanno un predominio sull' elemento glandolare. Parete cistica. Tutti gli aa. sono di accordo neH'ammettere che nella cisti di qualsiasi cestode bisogna considerare un contenuto ed un contenente. Il contenuto è rappresentato dal parassita o dai parassiti e dal liquido cistico, il contenente è la parete cistica, che nella sua parte interna è originata dal cisticerco e nella parte esterna da proliferazione del connettivo interstiziale epatico; l'involucro e- sterno prende anche il nome di ectocisti o di cisti avventizia. È evidente che la presenza del cestode nel fegato induca un processo flogistico cronico debolissimo, si abbia cioè prolife¬ razione degli elementi connettivali, che circondano la cisti ; ma questo connettivo proliferato, che costituisce la ectocisti, ha scarsi contatti col tessuto epatico circostante, in guisa, che è facile di¬ staccarlo da esso. Convengo con Dévé ('902-'903) che non vi è un vero pia¬ no di clivaggio fra ectocisti e fegato, ma nella Lacerta tnuralis le connessioni connettivali sono molto esili. Mingazzini ('898) nella cisti considera oltre ciò, che è di origine del cisticerco, anche uno strato di sostanza, che ha il significato di nutrimento fornito dall'ospite al parassita, nutri¬ mento convenientemente elaborato in forma di liquido ricca¬ mente albuminoso, che passa attraverso i porocanali della cuti¬ cola e quindi sta in rapporto con questa. Questa sostanza, che si colora variamente, cambiando la sua composizione chimica, sarebbe attraversata da grossi vasi sanguigni, dalla cui trasu¬ dazione essa sarebbe originata. Mingazzini crede quindi, che le divergenze finora esistenti fra gli aa. sui diversi strati, che entrano a comporre la cuticola dei ce- stodi e lo stato di muta da essi ammesso nei cisticerchi, si deb¬ bano interpretare semplicemente come dovute al fatto, che essi non abbiano tenuto in considerazione lo strato di sostanza nutri¬ tiva, che avvolge questi parassiti, ed abbiano attribuito alla cuti- — 13 — cola del parassita tanto la formazione propria di questo, quanto l'alimento ad esso fornito dall'ospite. Nella Lacerta muralis , dove sono numerosissime le cisti di Cysticercus dithyridiam , il modo di formazione di esse sembra sia sempre il medesimo per quanto riguarda la endocisti e la ectocisti. Non si rinviene un vero strato parenchimatoso, come nel- rechinococco del fegato dell'uomo, nè una membrana proligera, che possa generare delle ciste figlie, nè mai nell'interno ci è stato dato di constatare vescicole libere di primo e secondo or¬ dine. Si notano aderenti alla parete interna della cisti delle grosse cellule, di apparenza endotelioide, piatte, con nucleo lenticolare, che in molti punti costituiscono come uno strato, laddove al¬ cune di esse sono invece libere nel liquido cistico. Non è pos¬ sibile dire se la messa in libertà di questi elementi sia origina¬ ta dai fissativi, ovvero rappresenti un fatto normale. La cisti propria del parassita è costituita da uno strato di tessuto amorfo, di apparenza chitinoso (anche per le reazioni microchimiche), al quale segue la ectocisti, connettivale, di ele¬ menti prevalentemente fibrillari, con rari fibroblasti. Quando una o più cisti (per l'aumento considerevole del liquido in esse contenuto e per consecutiva distruzione del tes¬ suto epatico) vengono a contatto, si ha usura della parete divi¬ soria e genesi di cisti più grandi, contenenti un numero mag¬ giore di cisticerchi. Alterazioni epatiche. Le alterazioni del fegato della Lacerta muralis per opera del Cysticercus dithyridium, riguardano la cellula epatica, i vasi sanguigni ed i condotti biliari, ma le maggiori alterazioni sono in rapporto all'elemento epatico. Come si è accennato, pochi aa. hanno trattato questo capi¬ tolo di Anatomia patologica. Chauffard (in Dupley e Reclus), a proposito dell'echinococco dell'uomo si limita a poche parole: " Attorno ad una cisti idatidea viva o morta il parenchima epa¬ tico non è soltanto soggetto a modificazioni irritative , che si traducono colla produzione di una membrana fibrosa, spesso — 14 — molto densa: esso si atrofizza anche per compressione , le cel¬ lule ghiandolari si fanno appiattite e fusiformi, i grandi vasi porto-biliari resistono di più ed è così che finiscono per tro¬ varsi applicati sulla faccia esterna della cisti. Se questo arriva fino alla superficie dell’organo, vi provoca periepatite adesiva e vedremo come spesso questa complicanza riesca salutare. „ Dévé (’902-'903) ha constatato delle lesioni di ordine in¬ fiammatorio: glicogenesi (che ha del resto ritrovato nei tumori idatidei adulti del bue), cellule giganti, infiltrazioni leucocitarie, eosinofilia locale. Ma abbastanza rapidamente per lo meno nel¬ l'uomo, il processo irritativo perde ogni carattere di acuzie e non si vede che il tessuto di sclerosi di spessore variabile, che si è sostituito a poco a poco all'elemento glandolare ricalcato, spinto e finalmente distrutto. Questo tessuto fibroso forma spesso una membrana sottile, specie di velo traslucido, a traverso il quale si nota il tessuto epatico sottostante; è, qualche volta nelle vec¬ chie cisti, vitreo ed anche carico di sali calcarei al contatto della membrana idatidea. Il parenchima epatico presenta pure nel rimanente della sua estensione delle ipertrofie e delle iperplasie cellulari, che sono state interpetrate come fenomeni di ipertrofia vicariante o com- pensatrice. Per Perroncito (’882) le lesioni epatiche sarebbero esclusi¬ vamente di natura infiammatoria dovute a fattori meccanici per la pressione esercitata sugli acini e sui dotti biliari dall’ingran¬ dimento della cisti. Il ristagno della bile si appaleserebbe con la presenza di grossi granuli gialli di bile nelle cellule epatiche. Le cellule epatiche in secondo tempo subirebbero dei processi de¬ generativi, che indurrebbero la perdita delle granulazioni grandi e sottili citoplasmatiche, la degenerazione e scomparsa del nu¬ cleo, la istolisi del protoplasma e la sostituzione di tessuto connettivo. Paragonando una sezione di fegato normale di Lacerta mu- ralis con una infarcita di Cysticercus dithyridiurn, quello che colpisce si è che nelle zone libere dal verme vescicolare il tes¬ suto epatico (figg. 9 e 10) mostri un aspetto non poco diverso: sembra infatti che non sieno avvenuti nell'organo ammalato sol- — 15 — tanto dei disturbi meccanici cagionati dall’ aumento del volume della cisti, ma che gli acini glandolari sieno già andati incontro a notevoli degenerazioni citoplasmatiche e nucleari. Dalle zone epatiche libere di cisticerchi (fig. 12) si giunge, per gradi insensibili (fig. 13), alla completa istolisi della cellula (fig. 14) ed alla produzione di infarti emorragici. Volendo descrivere queste alterazioni, per ragioni ovvie, è opportuno schematizzare, e parleremo quindi di tre principali tappe o stadi, che» corrispondono ai disegni. 1. ° stadio — Riproduce il tessuto epatico delle zone libere dal parassita (fig. 12). Si ha dilatazione dei capillari biliari, irn- picciolimento e retrazione dell'acino, chiarificazione del citopla¬ sma cellulare, che ha perduto le sue granulazioni in guisa, che non è possibile riconoscere microscopicamente gli acini funzio¬ nanti da quelli in riposo. Il nucleo dell'elemento epatico è leg¬ germente retratto, assottigliato nel suo reticolo cromatico, ed il nucleolo o i nucleoli appaiono molto refrangenti neH'enchilema cellulare. I cromatoblasti un poco scolorati sono diminuiti di numero, ma si mantengono raggruppati. Nessuna alterazione dei vasi sanguigni. 2. ° stadio. — Riproduce il tessuto epatico nelle zone inter¬ medie fra le cisti di Cysticercus dithyridium (fig. 13). Continua la retrazione dell'acino epatico: si hanno dei sincizi citoplasmas- matici rotondeggianti con alcuni nuclei nell' interno, senza una vera divisione cellulare e tal'altra degli acini, nei quali le cellule sono ancora un poco riconoscibili. Aumenta la risoluzione del nucleo, in guisa che esso si riduce alla sola membrana nucleare ed a qualche granulazione nell' interno ; ma sia citoplasma che nucleo hanno perduto le loro caratteristiche microchimiche, la loro elettività per i colori acidi e basici. Non si rinvengono cro¬ matoblasti, nè si riconoscono più i capillari biliari. Notevole au¬ mento (relativo) dei vasellini sanguigni e rottura di alcuni di essi, in guisa che il sangue circola attorno a questi blocchi di tessuto epatico. 3. ° stadio. — Riproduce un infarto emorragico (fig. 14). Si hanno spandimenti sanguigni considerevoli, e nell' interno si tro¬ vano dei pezzi citoplasmatici e dei nuclei ancora riconoscibili con reliquati di cellule epatiche. 16 — In tanta distruzione di elementi glandolari si ha sempre as¬ senza di una flogosi reattiva, di un processo di neoproduzione connettivale, di una cirrosi. Clinica chirurgica della R. Università di Napoli. LAVORI CITATI 1889. Blanchard, R. — Traité de zoologie médicale : Voi. 1, p. 793. 1891. Chauffard, A. — Vidal, F. — Recherches expérimentales sar les processus infectieax et dialytiqaes dans les kystes hydatiqaes da foie: Bull. Mém. Soc. Méd. Hóp. Paris, (3), Tome 8, p. 168. 1881-82. Colucci, V. — Stadi ad osservazioni salV anatomia patologica del fegato degli animali domestici : Mem. Accad. Se. Ist. Bologna, (4) Voi. 3, p. 535, 1 Tav. 1901. Cornil — Petit, Q. — La cirrhose atrophiqae da foie dans la distornasse des bovidés : C. R. Acad. Se. Paris, Tome 133, p. 178. 1887. 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Fraenkel, A. — Demonstration der Leber eines tódlich verlaafenen Falles von Echinococcas hepatis : Deutsche Med. Wochenschr, 19. Bd., p. 773. 1903. Galli Valerio, B. — Sar ane lésion da foie de Mas decamanas dae aax ceafs de Trichosoma hepaticam Bancr. Centralbl. Bak. 1 Abt. Jena, Bd., 35. p. 88. 1896. Giannelli L., — Giacomini E. — Ricerche istologiche sai tabo digerente dei rettili. Nota terza. Intestino medio e terminaleì fegato. Pancreas : Proc. Verb. Accad. Fisiocrit. Siena, p. 105. 18 — 1845. Gurlt — Verzeichniss der Thiere bei welchen Entozoen gefunden worden sind : Arch. Natur. Wiegmann, 11. Bd., p. 223. 1893. Krause, R. — Beitràge zur H istologie der Wirbelthierleber : Arch. Mikr. Anat., Bd. 42, p. 53, 3 T. 1879-86. Leuckart, R. — Die Parasiten des Menschen and die von Ihnen Herràhrenden Rrantheiten : 3 Aufl., p. 435, fig., 185 A-C. 1872. Marchi, P. — Sopra un nuovo cestode trovato nelV Ascalabotes mauritanicus : Atti Soc. Ital. Se. Nat., Voi. 15, p. 305, T. 3. 1893. 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Van Beneden — Mémoires sur les Vers intestinaux : Supplément aux C. R. Acad. Se. Paris, p. 321. 1 888. Voqel — Ueber Bau und Entwickelung des Cysticercus fasciolaris Osterwieck (Harz, Zickfeldt): cfr. p. 14. 1878. von Listow, O. — Neue Beobachtungen an Helminten : Arch. Naturg., Bd. 44, p. 222. — 19 — SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE 1-2 Tav 1. Fig. 1 — Lacerta Muralis con fegato affetto da cisti di Cysticercus dithyridium. Disegno di insieme. Tav. 2. Fig. 2 — Cisti di C. d . isolata dal tessuto epatico. Il parassita si vede a tra- 2 sparenza. Colorazione Paracarminio Mayer. Zeiss AA Fig. 3 e 4 — Cisticerco tolto dalla cisti ed incluso in balsamo del Canada. Co- 2 lorazione Paracarminio Mayer. Zeiss AA Fig. 5 — Cisticerco in via di svaginazione incluso in balsamo del Canadà. Co- 2 lorazione Paracarminio Mayer. Zeiss AA Fig. 6 e 7 — Cisticerco completamente svaginato ed incluso in balsamo del Ca- 2 nadà. Colorazione Paracarminio Mayer. Zeiss AA Fig. 8 — Sezione di C. d. incluso nella cisti. Colorazione Ematossilina ferrica. Zeiss 2 AA Fig. 9 e 10 — Sezione di fegato con cisti di C. d. Molte cisti per usura delle pareti hanno dato luogo a cisti più grandi contenenti numerosi cisticerchi. Nella fig. 9 apparisce anche una lacuna sanguigna. Colorazione Ematossilina 3 ferrica. Zeiss- AA Fig. 11 — Sezione di fegato normale di L. m. con cromatoblasti. Colorazione 3 Saffranina e verde luce. Zeiss — = — • t Fig. 12 e 13 — Degenerazione progressiva del tessuto epatico di L. m. per la compressione esercitata dalle cisti di C. d. Colorazione Ematossilina 3 ferrica. Zeiss — = — Finito di stampare il 25 maggio 1923 Simmetria ed unità dinamica nelle catene di Salpa. Nota del socio PtoL Marco Fedele (Tornata del 4 febbraio 1923) Lo studio di diverse specie di Salpe, che ho potuto osser¬ vare viventi nella Stazione Zoologica di Napoli e, in parte, in quella di Rovigno — della Salpa punctata Forsk, cioè, della S. mas¬ sima Forsk, S. fusiformis Cuv., 5. confoederata Forsk, 5. de- macratica Forsk, ò\ zonaria (Pall), Gyclosalpa pianata Forsk e C. Virgilio Vogt — mi ha sempre confermata la esistenza di una maggiore vivacità di movimenti, sia in condizioni naturali che sperimentali sotto determinati stimoli, delle forme solitarie di queste specie, in confronto ad una maggiore varietà di orga¬ nizzazione sensoriale nelle forme aggregate. Queste forme, costrutte, dal lato neuro-muscolare, ad una minore attività dal punto di vista quantitativo, per la loro mag¬ giore varietà delle disposizioni nervose ci fan pensare alle pro¬ babili relazioni di questa maggiore ricchezza qualitativa con la vita in comune, che così lungamente le lega nella catena. E' certo che la presenza degli organi sessuali si accompagna nelle salpe con una maggiore varietà del sensorio ma, data la natura della organizzazione, anche sessuale, delle salpe, noi dif¬ ficilmente riusciremmo a trovare relazione fra questi due fatti, e la ricchezza di organi sensitivi più facilmente si spiega (anche se r esperimento non ci desse la conferma di ciò) con i rap¬ porti che vengono a stabilirsi nella coordinazione degli individui sessuati connessi nella catena. — 21 — Il riposo od il movimento, come la rapidità e il seguirsi del ritmo delle contrazioni, mostra nelle catene, in buone condi¬ zioni di vita, una innegabile coordinazione, che è più chiaramente visibile ed apprezzabile specialmente nelle giovani catene nuo¬ tanti, tanto più vivaci nei movimenti e nelle risposte alle stimo¬ lazioni esterne. In queste se alcuni individui stanno, tutti stanno ; se alcuni individui accelerano rapidamente alcune contrazioni, quasi tutti gli altri replicano il rapido susseguirsi di esse ; sicché gli indi¬ vidui della catena o rimangono tutti immoti o tutti si contraggono con ristesso ritmo (sincronia e omoritmia). Una catena in riposo, in cui alcuni individui entrano in at¬ tività, mostra generalmente un ugual inizio di moto negli altri individui, i quali, in breve istanti, raggiungono la omoritmia. Omoritmia va intesa riguardò alla durata e celerità delle contrazioni e non vuol significare che esse siano sincrone in tutti gli individui, come con sincronia si vuol indicare che tutti gli individui sono in moto ma non tutti a movimento espansivo e contrattivo contemporaneo, poiché le contrazioni non sono con ristessa fase in tutti gli individui, ma si susseguono e si propa¬ gano dall' uno al seguente, quasi come un’ onda propagantesi metacronicamente; così, secondo la rapidità di propagazione, mentre un individuo è in contrazione, il secondo, il terzo ecc. a partire da esso si trova nel momento di massima espansione e così via, dando in tal modo la impressione che la catena sia percorsa come da un'onda regolare, e spesso ritmica, di con¬ trazione. Questo accordo, questa armonia di movimento in frequenza e intensità così manifesta nella progressione normale di una ca¬ tena, si complica e diventa più intimo in speciali condizioni di stimolazioni naturali o sperimentali esercitate su una qualunque delle salpe componenti la catena, specie quelle anteriori, in modo da provocare in questa un arresto temporaneo o una inversione di movimento, ed una spinta nel senso cloacale, che fa indie¬ treggiare 1’ animale. Il meccanismo della trasmissione di questo riflesso, non spie¬ gabile con fatti esclusivamente meccanici, richiede un intervento coordinativo del centro nervoso; e siccome la inversione si prò- — 22 — paga rapidamente, da individuo ad individuo, a tutta la catena, tutti i centri nervosi delle singole salpe intervengono nella nuova coordinazione, e ciò non sotto uno stimolo comune esercitato collettivamente su tutti gli individui del gruppo, ma dietro una stimolazione ben localizzata su un solo individuo e trasmessa, per gli effetti, a tutta la catena, che è messa in condizione di risen¬ tire le variazioni di moto dell' individuo stimolato. Ho sperimentato sulle diverse forme aggregate con le più svariate stimolazioni: meccaniche, chimiche, termiche, luminose, variando le modalità di applicazione e di intensità, e sempre ho riscontrato, per gli stimoli efficaci compresi nei limiti della sen¬ sitività degli animali in esame, una risposta riflessa propagatesi successivamente e rapidamente attraverso i componenti della catena. In questa trasmissione si mostrano molto più pronti e com¬ pleti gli individui delle catene piuttosto giovani, specialmente in 5. maxima i cui individui sessuati possono raggiungere dimen¬ sioni relativamente grandi ed un forte ispessimento dello strato di tunicina, perdendo, ad un determinato stadio del loro svi¬ luppo, molto della vivacità e sensibilità normali. Usando, anzi, qualche volta, stimolanti chimici apportanti, dopo efficace reazione difensiva, Timmobilità, per paralisi o ane¬ stesia temporanea, dell'individuo direttamente stimolato, ho ri¬ scontrato una uguale trasmissione della inversione di movimenti secondo il riflesso difensivo (chiusura dell'orifizio cloacale, rapi¬ da contrazione generale, fuoriuscita dell'acqua dall'apertura boc¬ cale con conseguente spinta nella direzione cloacale e indietreg- giamento dell'animale) per gli individui successivi della catena che, coordinando i loro movimenti di indietreggiamento e tro- vantisi in stridente contrasto con l'individuo paralizzato, finiscono con lo staccarsi da esso, anche se gli organi di attacco, in ec¬ cellenti condizioni, avrebbero potuto cementare ancora lunga¬ mente gli individui della catena. E così pure lo stimolare fortemente, immobilizzandoli, uno o più individui intermedii di una catena, con una tenace compres¬ sione esercitata con una pinza, porta per conseguenza lo spez¬ zamento della catena, allontanandosi i due frammenti laterali agli individui stimolati in direzioni opposte; accelerando e prose- — 23 — guendo l'anteriore il movimento già in atto nella catena, indie¬ treggiando l’altro. E' indubitato, quindi — per questa rapida coordinazione di movimenti e pronta armonizzazione di essi, anche per rapidi e variati cambiamenti dietro stimoli causali, e per la complicatezza del riflesso difensivo *) da non potersi spiegare con esclu¬ sive cause meccaniche o regolazioni periferiche — che nelle Sal¬ pe aggregate debbono esistere connessioni nervose fra i diversi individui della catena, in connessione con i centri dei vari zoonti. A questa conclusione son venuto non solo per lo studio approfondito che ho fatto del sistema nervoso di questi animali e per i risultati affermativi ottenuti nei riguardi delle connes¬ sioni accennate, ma anche per avere analizzata la possibilità, che ho dovuto scartare, di possibili coordinazioni dovute a fatti mec¬ canici, a mutue compressioni trasmettentisi da zoonte a zoonte in tutta la catena, all’ infuori dell'intervento del sistema ner¬ voso. Nelle Salpe — animali a sistema nervoso di elevata orga¬ nizzazione, ed a forte accentramento, ed in cui sono da esclu¬ dere, come ho già dimostrato in altro luogo, assolutamente reti fibro-cellulari neuro-epiteliari diffuse — le connessioni neurali fra gli individui della catena, nette e ben differenziate, le riscontriamo sulle pareti cementanti gli organi di attacco, in cui, con moda¬ lità variabili nelle diverse specie , si riscontrano (v. fig. 1) non solo fibre nervose derivanti da rami ben determinabili, e da me determinati, di tronchi nervosi (N.), attraverso i quali è possi¬ bile seguirne il percorso fino al ganglio centrale, ma disposi¬ zioni cellulari sensoriali formanti veri cuscinetti sensitivi (Ps) nettamente delimitati nelle aree segnate dalle pareti di attacco, h II riflesso difensivo si manifesta nei Thaliacea con la chiu¬ sura dell'orifizio più lontano dalla parte stimolata, rapida ed energica contrazione simultanea della rimanente muscolatura, ed ha per effetto un vivace scatto dell'animale in senso contrario alla provenienza della stimolazione. Per questo e gli altri riflessi di questi animali vedi la mia memoria su " Un nuovo organo di senso nei Salpidei „ in Monit. Zool. italiano, anno XXXI, 1920, p. 10-21, e il mio lavoro sulle " Attività dinamiche e rapporti nervosi „ in corso di stampa nel Voi. IV delle " Pubblicaz. della Staz. Zool. di Napoli,, A. 1923 p. 129-240. — 24 — ed adibiti alla trasmissione delle stimolazioni generate dalle va¬ riazioni di movimento degli adiacenti zoonti. Per mezzo di queste disposizioni ciascun individuo è in grado di risentire prontamente le variazioni dell'attività dinamica Fig. 1. — Disposizioni neuro-sensoriali di una placca adesiva di Salpa maxima Forsk, forma aggregata. Ps = cuscinetto cellulare sensoriale ; N= rami nervosi in chiara connessione col centro gangliare; Fn = filamenti nervosi sensitivi ; Ma = Margine di adesione della placca. degli individui con cui è saldato e reagire, coordinando ad essa la propria attività, ottenendo così quella unità dinamica neces¬ saria alla saldezza della catena, così facilmente suscettibile, dietro disturbi e trazioni disordinate, di scomporsi nei suoi componenti. A queste connessioni neurali, che cementano in una unità superiore le singole salpe nella catena, bisogna aggiungere altri notevoli particolari della organizzazione che rendono questa unità ancora più evidente, anche dal punto di vista della forma, e che ci mettono in grado di discernerne chiaramente il significato. - 25 — La ricchezza di aggruppamenti sensitivi nelle forme catenate di Salpe non si rivela solo per i cuscinetti sensoriali, da me in¬ dicati come legame nervoso fra gli individui, ma ancora con la presenza di altri organi e disposizioni sensoriali che sono evi¬ dentemente in relazione con fattori che possono influire sul di¬ namismo complessivo degli aggregati di Salpe e che possono subire, negli individui staccati e menanti vita solitaria da qualche tempo, notevoli riduzioni, fino all'atrofia. Di alcuni di questi organi abbiamo cenni, non ben definiti strutturalmente e fisiologicamente, anche in precedenti ricerche su alcune delle forme di salpa anche da me studiate, come p. e. Salpa maxima Forsk, Gyclosalpa virgula (Vogt) *), ma io ho potuto seguire queste formazioni nelle diverse specie di salpe, vederne i rapporti e dedurne la chiara importanza in corrispon¬ denza a stimolazioni riguardanti più che i singoli individui che ne son forniti, il dinamismo e l'euritmia invece, complessivi della catena. Debbo procedere qui, come è ovvio, per afferma¬ zioni, rimandando a più ampia esposizione i particolari illustra¬ tivi e le prove. Questi organi - manifestantisi come disposizioni mammel- lonari o tentacolari, con una cupola estrema ricca di elementi sensoriali e coronati da una formazione membranosa, che prende l'aspetto di un cappuccio più o meno completo, e con ricchezza, alle volte, veramente singolare di nervi (v. fig. 2) - hanno una posizione molto caratteristica per le diverse specie, che, trascu¬ rando i particolari topografici, variabili da forma a forma, è par¬ ticolarmente notevole per il fatto che, nell'istessa specie e negli individui dell' istessa catena, per alcuni sono localizzati in un lato del corpo, per altri nel lato opposto; così, p. es., in Salpa maxi¬ ma (fig. 3) i due organi di tale natura, esistenti per ciascun in¬ dividuo, si riscontrano, per alcuni, il primo a sinistra, anterior¬ mente al primo muscolo anteriore del corpo (Ts), ed il secondo a destra, anteriormente alla prima fascia muscolare del secondo h Cfr. Todaro, F. — Sopra un particolare organo di senso nelle Sal- pidae. — Rend. R. Acc. Lincei, Voi. 16, 1. Sem. p. 575, A. 1907. Fernandez, M. — Ueber zwei Organe junger Kuttensalpen. — Zool. Anz. Bd. 32, p. 321-328, 1907. — 26 — gruppo dei muscoli principali del corpo (Tsj), mentre per gli altri si trovano corrispondentemente, all' istesso livello, a destra il primo (TsO ed a sinistra il secondo (Ts2). Fig. 2. — Organo sensoriale laterale anteriore di Salpa maxima Forsk. Forma aggregata. Colorazione vitale. Ts = tubercolo sensoriale ; Cs — cellule sensitive ; N= Nervo in cui confluiscono le fibre ( Fn ) provenienti dalle cellule sensoriali; Mpc — margine de¬ limitante il tubercolo sensoriale e la parete del corpo ; M = Mantello; Cs = Cappuc¬ cio dell’organo sensoriale di dimensioni ridotte. Questa disposizione unilaterale non è generale poiché in qualche catena (S. democratica ) possiamo riscontrare, e spiegare in armonia alla conformazione di essa, organi pari posti simme¬ tricamente, su un lato e l'altro, nella parte anteriore del corpo; ma nelle catene che hanno conformazione e progressione in cui, gli individui dei due lati espongono, in modo nettamente diverso, le superficie destra e sinistra della parte anteriore del corpo, alle stimolazioni generate dal dinamismo dei zoonti adiacenti della catena, e dalla progressione di questa nell'acqua, gli organi si trovano sviluppati asimmetricamente, ma sempre in stretta relazione con quelle parti del corpo meglio allogate per la ri¬ cezione delle suddette stimolazioni, specialmente le variazioni di resistenza dell'acqua, come di correnti e vibrazioni generate in essi dalle contrazioni dei zoonti precedenti nella serie. Per fissare le idee accennerò alle modalità riscontrabili in una delle specie più comuni, la Salpa maxima, per non scendere in soverchi particolari, ed essendo sufficiente la descrizione som¬ maria di essa per legittimare le mie conclusioni che trovano, — 27 — d’altronde, piena conferma nelle disposizioni riscontrabili nelle altre specie studiate. Nella Salpa maxima , come nelle altre specie, è riscontrabile, nella forma aggregata, una diversità degli individui dei due lati che, ad un primo esame risultano l’uno verso l’altro come un oggetto rispetto la propria immagine in uno specchio (v. fig. 3). E così furono interpretati dall’ Apstein ') che fermando la sua Fig. 3. — Individuo destro e sinistro della forma aggregata di Salpa maxima Forsk. Nv == nucleo viscerale ; Br = cordone branchiale ; E = endostile ; G = ganglio con organo oculare ; C = cuore; O = uovo in isviluppo; Tsi = tubercolo sensoriale an¬ teriore; 7s2 — tubercolo sensoriale posteriore. Le dimensioni di questi dne ullimi organi sono alquanto esagerate per poter più chiaramente indicare la loro posizione. attenzione su Cyclosalpa virgula, la. cui muscolatura asimmetrica rendeva chiaramente visibile questo fatto, giudicò che gl’ indi¬ vidui delle due file di una catena fossero fra di loro e n a n t io¬ ni o r f i e sostenne la esistenza di un piano di simmetria passante per l'asse della catena, e rispetto al quale gli individui delle due parti risultavano simmetrici. l) Apstein , C. - Die Thaliacea der Plankton-Expedition. Ergebn. Plan- kton-Exped. Bd. II, E. a B. ; p. 1-67; specialmente p. 7 a 9. — 28 — Ma per essersi fermato ai soli caratteri appariscenti della muscolatura, senza spingere ranalisi alla organizzazione com¬ plessiva degli animali, non ha potuto afferrare bene i limiti di questa presunta enantiomorfia, nè il suo significato. In tutte le coppie corrispondenti della catena, ad un esame approfondito, risulta chiarissimo che la divisione degli individui destri e sinistri si rispecchia esclusivamente negli organi stabi¬ lenti rapporti tra gl' individui nella catena e a quelli che con¬ corrono al dinamismo di questa (organi di attacco da una parte, e quindi conformazione esterna determinata dai prolungamenti del corpo, e organi motori e sensoriali, riguardanti Fattività della catena, dall’altro), mentre resta fondamentalmente inalterata la topografia degli altri organi essenziali alla vita individuale: appa¬ rato digerente, apparato circolatorio, organi sessuali; che rispec¬ chiano il tipo unico e stabile di architettura di questa forma della specie. Malgrado un certo grado di torsione, destrorsa o sinistrorsa, dovuta al vario sviluppo, topograficamente parlando, dei pro¬ lungamenti del corpo dell'animale, e che fa obliquare, verso de¬ stra o sinistra, il cordone branchiale, in modo da formare, per chi guardi dal lato dorsale, un angolo fra branchia ed endo¬ stile rivolto rispettivamente verso sinistra o destra, gli altri organi vegetativi hanno Tistesso comportamento negli individui dei due lati ; gli organi sessuali e l'embrione, p. es., che si svi¬ luppano per tutti nell’ istesso lato, e il cuore che è facilmente osservabile con la convessità della sua curva rivolta costantemente verso destra (v. fig. 3, O, C.) La netta divergenza di comportamento fra gli organi ine¬ renti alla vita vegetativa dei diversi zoonti, e quelli connessi con le relazioni e il dinamismo della catena, risulta inoppugna¬ bilmente dalle reciproche posizioni che prendono l'organo sen¬ soriale posteriore (7s2) e l'uovo o embrione ( O ) negli individui destri o sinistri, come è visibile con persuasiva chiarezza nella figura 3, senza bisogno di ulteriori descrizioni. Non possiamo, quindi, parlare di enantiomorfia degli individui della catena, nè di piano di simmetria passante per l'asse di questa, poiché la simmetria speculare rispecchia solo: 1) la disposizione destra o sinistra degli organi d'attacco, con la con- — 29 — seguente influenza sulla conformazione esterna del corpo, sulle conseguenti congruenti torsioni e sulla muscolatura che si mo¬ della al corpo e alle parti libere nei movimenti di esso; 2) nella presenza rispettivamente a destra o sinistra di organi sensoriali in rapporto alla attività motoria della catena (nella 5. maxima gli organi descritti e rappresentati nella fig. 2 e 3); 3) nella po¬ sizione del nucleo che appare a destra o sinistra nel complesso del corpo, per gli spostamenti che importano il differente svi¬ luppo dei prolungamenti del corpo già accennati. Però tutto ciò non intacca le disposizioni essenziali relative degli organi principali vegetativi ed è perciò che la distinzione di individui destri e sinistri più che organica è una di¬ stinzione puramente dinamica, nei riguardi del dinamismo complessivo della catena, che imprime, con i suoi legami, alla conformazione dei vari individui di essa, l’impronta di una in¬ dividualità superiore, che non invade, pertanto, il campo delle singole individualità dei zoonti capaci, come è noto, di prolun¬ gata ed efficace vita indipendente. Ci troviamo in presenza qui di rapporti molto differenti di quelli intervenenti in molte forme coloniali in cui la fusione, l'armonizzazione, più che altro, interviene nella organizzazione e funzionalità vegetativa e, nei legami fra i zooliti, predominano, generalmente, le vie per la distribuzione dei succhi. Qui invece i legami son formati esclusivamente da rapporti nervosi, e le armonizzazioni avvengono nella forma e nel dina¬ mismo muscolare e negli organi sensoriali che possono influire su di esso ; due facce concorrenti e, secondo me, conseguenti dell’ istesso fenomeno dinamico della coesione e locomozione della catena. Non piano di simmetria passante lungo l’asse della catena, ma dissimmetria; ma, non pertanto, il piano che passa fra il doppio allineamento degli zoonti divide forme perfettamente spe¬ culari, limitatamente alla organizzazione dinamica: due zoonti col¬ laterali destro e sinistro formano una coppia dinamica e si completano intorno al piano rigido della loro coesione; e quella della catena è una vera simmetria dinamica, che ha significato solo nei riguardi del movimento complessivo dell’ aggregato e dell'armonizzazione dell'azione dei diversi individui in essa. — 30 — E solo in questo senso noi possiamo descrivere una s i ni¬ ni e t r i a della catena. Nella S. maxima , da me principalmente data ad esempio, il piano che passa fra la doppia fila di zoonti divide quelli de¬ stri da quelli sinistri . I successivi membri di ciascun allineamento si sovrappongono per circa una metà del loro corpo, prendendo aderenza nei rispettivi dischi adesivi; la metà del fianco sinistro superiore dell’individuo posteriore aderisce alla metà destra po¬ steriore (cloacale) degli individui successivamente anteriori; ret¬ tificando Tasse della catena, i successivi individui delle due serie sono inclinati sull’asse di un angolo di circa 45°, volgendo ester¬ namente il lato dorsale con il sistema nervoso, gli organi sen¬ soriali notati e la muscolatura. Abbiamo quindi una parte assiale rigida e immobile, in cui si trovano gli organi di attacco e i cuscinetti sensitivi connet¬ tenti i diversi individui (connessioni sensoriali e vie coordinative interne) ed una parte periferica libera e mobile, organizzata per la sensazione dei più svariati stimoli generali (corrispondenze sensoriali e vie coordinative esterne) e fornite di fascie musco¬ lari che, incomplete ai limiti della parte assiale, si completano quasi, nella coppia dinamica, in cerehie muscolari complete e concordanti. Possiamo così distinguere nella catena, mercè un piano nor¬ male a quello dividente la parte destra dalla sinistra, e passan¬ te anch’esso per Tasse della catena, una faccia orale (muscolare- sensoriale) libera nella propulsione, e che potremmo chiamare dor¬ sale, ed una faccia cloacale volta normalmente in basso (ventrale) e segnante la parte vegetativa ed asimmetrica della colonna. Na¬ turalmente la designazione di dorsale e ventrale nei riguardi della catena non corrisponde alla dorso-ventralità degli indi¬ vidui. A questa bilateralità non si sottraggono nemmeno le Cyclo- salpat in alcune delle quali, come nella C. virgula , essa è ap¬ pariscentissima oltre che nella muscolatura, anche nell’organo ten¬ tacolare visto anche dal Todaro, a cui è sfuggita però la varia¬ bilità della posizione e, per preconcetti teorici, il vero significato. Ma in questa specie la dissimetria, e la corrispondenza destra e sinistra degli individui, non ci sorprendono, data la forma della 31 — catena bilaterale e non circolare, come erroneamente fu ritenuto dal Vogt e da altri che lo seguirono; è notevole, invece, che an¬ che in C. pianata , questa forma tipica a catena concentrica, è visibilissima la bilateralità originaria e permanente dell'aggregato, manifestantesi in individui destri e sinistri per le disposizioni muscolari e neurali e per la presenza di una netta forma tenta¬ colare, allogata qui, nelle due serie di individui, sui limiti ante¬ riori destro e sinistro, fra corpo ed organo di attacco. In tutte le forme, quindi, mentre la trama organica vegeta¬ tiva permane indipendente, secondo un tipo unico individuale, subendo al più torsioni e rotazioni per necessità puramente spa¬ ziali, per lo sviluppo e l' attività delle altre, queste, esclusiva- mente parti nervose e muscolari od organi di connessione, si orientano e si connettono in unità superiore che si manifesta nella coordinazione ed efficacia dei movimenti della catena. Ecco così fermata e delimitata quella unità della catena di Salpe il cui significato dinamico risulta evidente non solo dallo studio fisiologico neuro-muscolare di essa, ma dalla impronta istessa che queste attività segnano nella sua organizzazione. Ma la genesi di questa coordinazione di forma e di attività è inge¬ nita nei tubi cellulari stessi iniziali dello stolone, o si va for¬ mando per i necessari contatti dello sviluppo e delle condizioni che si vanno successivamente creando nel progredire della catena ? Debbo confessare la scarsezza dei dati positivi che ho po¬ tuto raccogliere a riguardo di questo quesito, di cui non mi sfugge la grande importanza, e l' insuccesso dei tentativi speri¬ mentali tendenti a stabilire condizioni di sviluppo anormale per vedere la possibile influenza della variazione di rapporti nelle catene. Da questo lato, le Salpe sono un materiale difficilissimo. Nonpertanto , alcuni dati possono almeno fornirci qualche luce sulle possibili cause plasmatrici di questa bilateralità dina¬ mica della catena, che ha tutti i dati di un fenomeno cenogene- t i c o, subentrante in seguita ai mutui rapporti stabilentisi fra i singoli individui coordinati nella catena, e perduranti finché que¬ sta sussiste. In questo senso ci parlano lo sviluppo e 1' atrofia degli or- gani adesivi, come degli organi in rapporto con produzioni che son chiamate ancor più a cementare 1' unione stabilita dagli or¬ gani di attacco, e infine il comportamento di disposizioni sen¬ soriali che, cessato il loro attivo funzionamento nei riguardi della unità dinamica della catena, vanno successivamente perdendo di importanza ed alcuni, pare, scompaiono del tutto o perdono parte notevole dei loro tipici caratteri J). Così p. es. è molto significativo il fatto che nella forma¬ zione ciclica degli aggregati di Cyclosalpa pianata gli organi tentacoliformi a cui ho avanti accennato si sviluppano a destra in una metà giusta degli individui coerenti e a sinistra nell' al¬ tra metà, qualunque sia il numero degli individui coerenti nel ciclo salvo, s'intende, i casi di numero dispari dove la diffe¬ renza in più da uno dei lati si limita sempre ad un solo individuo. E così il constatare la scomparsa o riduzione più o meno avan¬ zata degli organi sensoriali destri o sinistri già accennati in indivi¬ dui pescati isolati e con ogni probabilità menanti da tempo vita indipendente, come il riscontrarli in ottimo stato di sviluppo in individui anche di grosse dimensioni ancora riuniti in catena (ne ho constatati di ben sviluppati in una catena di individui di Salpa maxima di più di 15 cm.) ci fanno con convinzione pensare alla influenza che possono avere nello sviluppo di questi orga¬ nismi non solo rapporti spaziali manifestantisi con torsioni e disu¬ guaglianze di accrescimento, ma anche l'influenza di determi¬ nate condizioni dinamiche, non solo su inuguaglianze di sviluppo, ma sulla determinazione di ben specificati organi che, col ces¬ sare delle condizioni determinanti, possono ridursi e scomparire. Finito di stampare il 25 maggio 1923. l) Per gli organi sensoriali di Salpa maxima da me descritti non si può parlare di completa involuzione, come accenna il Fernandez (1. c. p. 324) nè di scomparsa, avendoli io constatati ben differenziati in individui di grosse di¬ mensioni. E' facile invece constatare nella s. maxima, ed in altre specie, la scomparsa di altri organi di natura ben diversa, a forma di mammelloni o ca¬ pezzoli, mostranti in un primo tempo attivo trofismo e proliferazione cellulare e la cui distribuzione, diversa in individui destri e sinistri, è in evi¬ dente rapporto con le asimmetrie di accrescimento che si vanno pronunziando fra le due categorie di Individui della catena. Diagnosi di nuove specie di Policladi della R Nota preliminare del socio Dott* Arturo Palombi (Tornata del 4 febbraio 1923) Il Prof. Monticelli ha voluto affidarmi lo studio dei Po¬ licladi raccolti dalla R. Nave Liguria a lui inviati in esame dal Prof. Senna di Firenze che ha illustrato le raccolte planctoniche fatte dalla nave nel viaggio di circumnavigazione del 1903-05. Riservandomi in un lavoro, di prossima pubblicazione, accom¬ pagnato da figure, la illustrazione completa del risultato delle mie ricerche, riassumo ora, per prender data, le diagnosi delle nuove specie da me riconosciute. Gen. Cryptocelides Bergendal 1890 Cryptocelides samoensis nov. spec. Corpo di salda consistenza, uniformemente largo ed appun¬ tito alle due estremità. Occhi piccoli, non molto numerosi e di¬ stinti in frontali, cerebrali e tentacolari; questi ultimi raccolti in due cumuli ben definiti. Cervello concavo nella parte posteriore, profondamente diviso nella parte anteriore. Faringe muscolosa con poche e larghe tasche. Intestino riccamente ramificato con i rami non anastomizzati. Orifizio sessuale maschile dietro il fem¬ minile. I grossi canali del seme, non anastomizzati, versano il loro contenuto in cinque apparati glandolari granulosi “ apparati copulatori „ i quali sboccano in un unico antriim masculinum. — 34 — Numerose glandole granulose a pera, aprentesi isolatamente all’esterno, sono localizzate nel quinto posteriore del corpo dietro l'orifizio sessuale femminile. Uteri posti lateralmente alla faringe; ovidotti sboccanti nella vescicola glandolare di Lang sacciforme. Grossa vagina bulbosa aprentesi all’esterno per un largo foro. Habitat: Oceano Pacifico, in vicinanza delle isole Samoa. Polyposthides nov. gen. Animali a corpo ovale alquanto appuntito all’estremità an¬ teriore. Mancano i tentacoli. Numerosi piccoli occhi marginali in serie prolungatesi ail'indietro ed altri ancora, piccoli anch'essi, sulla parte anteriore; oppure, oltre a questi, due file di occhi cerebrali od anche grossi occhi a breve distanza dal margine del corpo e due cumuli tentacolari molto grossi ed evidenti. Cer¬ vello spostato in avanti non molto lontano dal margine anteriore. Faringe situata un poco indietro della metà del corpo. Nume¬ rosi orifizi sessuali maschili nella linea mediana con numerosi apparati copulatori a rosetta, sboccanti in un atitrum masculi- num. Grandissimo numero di apparati glandolai in tutto il corpo col collo diretto verso gli apparati copulatori maschili. Due per ogni apparato a rosetta grossi canali seminali tortuosi. Appa¬ rato femminile con due grossi uteri lateralmente alla faringe. Orifizio genitale femminile più o meno lontano dal margine posteriore. Polyposthides karimatensis nov. spec. Animali di soda consistenza alquanto appuntiti all'estremità anteriore. Numerosi piccoli occhi marginali ordinati in duplice, ed anche in triplice fila, orlano il bordo anteriore del corpo ; cessano del tutto alla fine del primo quarto. Altri occhi, un poco più grandi, sono sparsi nella parte anteriore. Tra questi, risalta una fila di pochi occhi piuttosto grandi situati a poca distanza , margini laterali ed anteriore. Up denso cumulo di piccoli occhi presso il cervello. Questo, piuttosto piccolo e spostato in avanti, mostra due leggere insenature. Bocca quasi a metà della tasca faringea. La faringe, poco increspata e non molto muscolosa, non oltrepassa il terzo quarto del corpo. Orifizio femminile poco lontano dal margine posteriore. Habitat : Mare della Sonda, nello stretto di Karimata, tra Sumatra e Borneo. Polyposthìdes affinis nov. spec. Corpo tozzo e robusto, appuntito all' estremità anteriore. Numerosissimi piccoli occhi marginali estesi per un buon tratto indietro. Numerosi altri, che non oltrepassano la linea del cervello, su tutta la porzione anteriore. Tra questi piccoli, spicca una fila di occhi più grandi ed allungati che si prolunga indietro. Due gruppi di occhi tentacolari molto grossi sono situati ai lati della faringe. Cervello piccolo, non molto distante dall'estremo ante¬ riore, largamente e profondamente diviso anteriormente. Bocca al centro della tasca faringea. Faringe lunga e riccamente in¬ increspata con strette insaccature. Orificio sessuale femminile a non grande distanza dal margine posteriore. Habitat : Come la precedente. Polyposthìdes caraibica nov. spec. Corpo ovale molto delicato. Occhi marginali nella porzione anteriore del corpo. Due file di pochi occhi piuttosto grossi (occhi cerebrali) ai lati, del cervello. Mancano completamente gli occhi tentacolari. Faringe con brevi e strette tasche laterali. Nu¬ merosi rami intestinali. Orifizio sessuale femminile molto distante dal margine posteriore del corpo. Habitat: Mare Caraibico. Metaposthia norfolkensis nov. gen. nov. spec. Corpo ovale. Numerosi occhi sulla porzione anteriore del corpo. Occhi cerebrali in due file arcuate ai lati e sopra il cer¬ vello. Due cumuli di occhi tentacolari piuttosto grossi. Cervello con due insenature. Bocca e faringe nel mezzo del corpo. Fa¬ ringe robusta e poco piegata. Intestino in fitta rete anastomo- tica per tutto il corpo. Orifizi sessuali nella porzione posteriore del corpo: il maschile dietro il femminile. Numerosi apparati ' — 36 — copulatori circondano Y organo femminile. Numerose glandole granulose nella porzione posteriore del corpo. Grossi canali del seme lunghi e riuniti indietro. Grossa vagina bulbosa. Uteri poco tortuosi riuniti innanzi alla tasca faringea. Habitat : Oceano Pacifico, Mar di Tasmania, al largo del- T isola Norfolk. Gen. Stylochoplana Stimpson (Bock 1913 emend.) Stylochoplana siamensis nov. spec. Corpo non molto esteso, appuntito alle due estremità. Man¬ cano i tentacoli. Pochi occhi cerebrali in duplice fila, ai lati del cervello; due marcati gruppetti di occhi tentacolari spostati in¬ dietro e lateralmente. Cervello fra gli ultimi occhi cerebrali. Fa¬ ringe piccola ed increspata, situata nella metà anteriore del corpo. Bocca al centro della tasca faringea. Orifizi sessuali molto di¬ stanti fra loro : il maschile quasi nel mezzo del corpo, il femminile a breve distanza dal margine posteriore. Grossa vescicola semi¬ nale e robusta vescicola glandolare granulosa. Pene piuttosto grosso ed inerme. Guaina e tasca del pene ben marcate. Antro maschile abbastanza lungo. Vescicola glandolare di Lang pre¬ sente. Glandole del guscio sboccanti nella vagina media. Grossa e robusta vagina bulbosa. Habitat : Golfo del Siam presso la costa Malay. Stylochoplana caraibica nov. spec. Corpo leggermente slargato nella parte anteriore. Mancano i tentacoli. Occhi ai lati del cervello. Bocca circa alla metà del corpo. Faringe lunga ed increspata. Due vescicole seminali nella porzione posteriore deir apparato copulatore. Grossa e lunga¬ mente distesa vescicola glandolare granulosa. Pene grosso ed armato di un lungo stiletto. Guaina del pene muscolosa. Antro maschile molto grosso. Vescicola glandolare di Lang esistente. Vagina bulbosa. Orifizio sessuale femminile non molto distante dal margine posteriore, Habitat : Mare Caraibico. — 37 — Gen. Notoplana Laidlaw (Bock 1913 emend.) Notoplana parvula nov. spec. Corpo ovale molto piccolo. Piccoli occhi in due file allun¬ gate ed arcuate. Gli occhi posteriori corrispondono ai tentaco¬ lari. Bocca intestinale al centro della faringe, bocca esterna a breve distanza da questa. Faringe pochissimo increspata e mu¬ scolosa. Orifizi sessuali molto distanti l’uno dall’altro; il fem¬ minile presso il margine posteriore. Pene piccolo con stiletto. Guaina del pene ed antro moltp sviluppati. Vescicola glandolare di Lang piccola. Grossa e robusta vagina bulbosa. Habitat : Regione della Sonda a Sud di Borneo. Euryleptides brasiliensis nov. gen. nov. spec. Corpo breve, ovale, privo di tentacoli. Numerosi occhi in doppia fila marginale ed occhi cerebrali in due file ai lati della faringe. Cervello ad eguale distanza circa tra il margine anteriore e la bocca. Intestino con numerose paia di rami intestinali di cui cinque notevolmente grossi anastomizzati fra loro. Grande ventosa situata dietro la metà del corpo. Apparato maschile con due grossi canali del seme sboccanti nella vescicola seminale. Apparato copulatore situato sotto la faringe e rivolto in avanti. Vescicola glandolare granulosa e due piccole vescicole glando¬ lar! accessorie sboccanti nel dotto eiaculatore. Pene provvisto di stiletto. Manca la tasca del pene. Apparato femminile con due grossi e lunghi uteri riuniti all' indietro. Glandola uterina cen¬ trale nella quale sboccano gli uteri. Apparato copulatore femmi¬ nile con antro che sbocca ad eguale distanza tra la ventosa e T orifizio boccale. Habitat : Oceano Atlantico, coste del Brasile. Napoli , Istituto Zoologico, Dicembre 1922 . Finito di stampare il 25 maggio 1923. L’ effetto fotoelettrico Memoria del socio Prof. Washington Del Regno (Tornata del 18 marzo 1923) Nel corso delle sue classiche esperienze sulle oscillazioni elettriche Hertz l) ebbe per primo a notare che la scintilla fra due conduttori elettrizzati si stabiliva più facilmente quando i due conduttori venivano illuminati con radiazioni di alta rifran¬ gibilità. In seguito T Hallwachs 2) fece rilevare che l' influenza della luce si esercitava anche sui corpi elettrizzati: un corpo carico di elettricità negativa difatti si scarica qualora venga colpito da radiazioni luminose, mentre lo stesso non accade se il corpo è carico di elettricità positiva. Lo stesso Hallwachs, ed indipen¬ dentemente il Righi 3), notò poi che un corpo isolato sotto Y a- zione della luce acquista un potenziale positivo. A questi fenomeni fu dato il nome di fenomeni fo¬ toelettrici: lo studio di essi, per quanto svolto con notevole larghezza, sia dal punto di vista sperimentale, sia dal punto di vista teorico, per opera sopratutto di Einstein, Thomson, Ri- chardson/ Sommerfeld, Debye e Millikan, ha condotto a sta¬ bilire con certezza solo alcune delle leggi che regolano il com¬ plesso fenomeno. A tutt' oggi molti dei fatti che ad esso si 1) Hertz. — Wiedemann's. Ann. Physik. Voi. 31 pag. 383, 1887. 2) Kallwachs. — Ann. d. Physik. 33 pp. 301 - 312 - 1888. 3) Righi. — Rend. R. Accad. Lincei 1888, Voi. IV.o fascic. 5. l.o semestre pag. 185. Phil. Mag. 5, 25 pp. 314 -316 -Anno 1888. — 39 — collegano non hanno ancora spiegazione sicura nè si conosce la vera natura del fotoelettrone che secondo alcuni sarebbe T elettrone libero degli strati superficiali del metallo mentre se¬ condo altri sarebbe 1' elettrone liberato dagli strati esterni del- T atomo. I. — Principali modalità sperimentali. Le prime esperienze furono eseguite nell' aria alla pressione ordinaria. Una lamina del metallo in esame veniva collocata di fronte ad una griglia a pochi millimetri di distanza da questa ed espo¬ sta alle radiazioni di una sorgente ricca di raggi ultravioletti. Collegando la lamina con una delle coppie di quadranti di un elettrometro, mentre V altra coppia era in comunicazione con la griglia e con la terra, e mettendo prima per un istante a terra la lamina, il Righi i) aveva, con l' illuminazione, una deviazione sempre assai lenta che raggiungeva un valore massimo tanto più rapidamente quanto maggiore era la estensione della su¬ perficie illuminata e quanto più intensa la radiazione eccita¬ trice. Esperienze analoghe furono eseguite dallo Stoletow che inseriva una batteria di pile fra la griglia e la coppia dei qua¬ dranti a terra, il polo positivo di questa batteria essendo in co¬ municazione con la griglia. All'elettrometro, in molte esperienze, veniva sostituito un galvanometro di alta sensibilità: variando il potenziale della batteria si poteva raggiungere per la corrente fotoelettrica il valore massimo cioè la corrente di satu¬ razione. Alle misure nell'aria ben presto seguirono quelle in celle a pressione ridotta fino a raggiungere i vuoti più spinti : solo di¬ fatti nel caso di assenza di aria o di altri gas, in particolare i gas occlusi dalla sostanza che si esamina, la corrente fotoelet¬ trica risulta dagli elettroni emessi dalla sostanza e non da questi e da quelli che si vengono a formare per la ionizzazione del gas circostante. Per liberare le sostanze dai gas occlusi si ricorre al riscal- A) l. c. — 40 — damento con la corrente elettrica oppure al bombardamento ca¬ todico facendo funzionare per tutto il tempo dell'operazione delle pompe ad alto vuoto. Alle lamine così trattate alcuni spe¬ rimentatori sostituiscono depositi sottilissimi ottenuti o per iono- plastica o per distillazione della sostanza nel vuoto. Hugues i) ha difatti costruita una cella che porta nel suo interno una for¬ nace di quarzo ottenendo superficie di metallo che possono considerarsi come pure e libere di quelle pellicole esilissime che non possono non formarsi quando si usano lamine preparate con smeriglio e sottoposte a lavaggi con sostanze varie. Il Millikan * 2) ed i suoi allievi, nelle ricerche fatte allo scopo di determinare, per via fotoelettrica, la costante della legge di Plank, è riuscito ad ottenere risultati non meno buoni di quelli avuti dall'HuGUES usando lamine ordinarie preparate col semplice riscaldamento a mezzo della corrente. Solamente, poiché anche nel vuoto non mancano di for¬ marsi, col tempo, delle pellicole superficiali che, per quanto sottilissime, alterano il valore della forza elettromotrice di con¬ tatto, di cui bisogna tener conto nel calcolo dei potenziali fo¬ toelettrici, come risulta dalle esperienze dello stesso Millikan, del Richardson e del Compton 3), egli ha usato superficie sem¬ pre fresche raschiando, prima di ogni esperienza, la superficie del metallo mediante un coltello mosso con un elettromagnete dall’esterno. Come sorgenti luminose negli studii di fotoelettricità si usano la lampada a mercurio, la scintilla o l’arco fra elettrodi metallici e la scarica nei gas rarefatti. La lampada a mercurio presenta sulle altre sorgenti il van¬ taggio dì mantenere abbastanza costante l’intensità luminosa: la più piccola lunghezza d’onda ch’è possibile ottenere con que¬ ste lampade e che corrisponde al limite di assorbimento del quarzo, sotto gli spessori che ordinariamente vengono impie¬ gati in queste lampade, è À 1850. 4) Hugues. — Phil. Trans. A. CCX1I p. 205. 1912. 2) Millikan. Phys. Rev. VII. 1916 pag. 362. Hennings A. E. - Kadesch. W. H. -Phys Rev. Vili. 1916, pag. 221. 3) Richardson e Compton. — Phil. Mag. XXIV. p. 577, 1912. Quando però si voglia disporre di una maggiore sensibilità e quindi di lunghezze d'onda più brevi, si fa uso della scintilla fra elettrodi metallici ottenuta con forti rocchetti d'induzione de¬ rivando delle capacità agli estremi del secondario : con elettrodi di alluminio si ha, nell'aria, uno spettro assai ricco che si estende nell'ultra violetto con un bellissimo gruppo di righe assai in¬ tense nell'intorno di X 1300. Millikan e SawveR' l) trovarono per scintille fra elettrodi di C, Zn, Fe, A g ed Ni, nel vuoto assai spinto, i limiti degli spettri rispettivamente a X 360, Z 317, X 272, X 260, X 202. Anche la scarica nei gas rarefatti viene usata in ricerche di fotoelettricità. Lyman 2), che ha studiato lo spettro della scarica nell’H e nell'He, trova che l'H, ad una pressione da 1 a 5 min., dà uno spettro assai ricco di radiazioni di piccola lunghezza d'onda con un estremo a circa X 905 mentre per l'elio l'estremo è al 510. Queste scariche hanno una debole intensità luminosa ma fotoelettricamente sono molto attive: qualora però si vogliano impiegare lunghezze d'onda così piccole bisogna ricorrere a di¬ spositivi completamente nel vuoto. Nella determinazione della relazione fra effetto fotoelettrico e frequenza della luce eccitante, relazione che conduce alla de¬ terminazione della costante della legge di Plank, è necessario isolare radiazioni di lunghezza d’onda ben determinate, ciò che nelle prime esperienze non si riusciva ad ottenere avendosi nei risultati scarti dal 10 al 20% del valore della detta costante. Fu il Millikan a notare, fra le altre, anche questa causa di errore : oltre a far ricorso a buoni monocromatori egli usava anche degli opportuni filtri coi quali era sicuro di eliminare le lunghezze d’onda più brevi di quella impiegata per l'esperienza. Ai filtri si ricorre sempre quando non vi sia bisogno di una radiazione semplice: è nota tutta una serie di filtri per un intervallo che si estende nell'ultravioletto fino a X 600. 0 Millikan e Sawyer. — Phy. Rev. Voi. 12 pag. 167, 1918. Astrophysical Journal. Voi. 52 pag. 47, 1920. 2) Lyman. The spectroscopy of thè Extreme Ultra - Violet. Longmans. Astrophysical Journal Voi. 43 pag. 89, 1916. Science Voi. 45, pag. 187, 1917. 42 II. — Potenziale fotoelettrico* L' emissione di elettroni dalle sostanze per azione della luce è un fenomeno assai complesso sul quale influiscono sia la na¬ tura della sostanza, sia la intens:tà, frequenza e natura delle ra¬ diazioni eccitatrici, Si considerino due lamine affacciate 4 e 5 della stessa so¬ stanza ed allo stesso potenziale. Se A viene colpita da un fascio luminoso mentre B resta all'oscuro, degli elettroni si liberano da A e vanno verso B : come risultato si ha una differenza di po¬ tenziale, A essendo positiva rispetto a B , che va crescendo fino a che il lavoro che é capace di compiere l'elettrone espulso da A, e che vien dato da lJ2 m v2, se con m si indica la massa dell' elettrone e con v la velocità posseduta da esso fuori del metallo, non diventi uguale a V e, cioè al lavoro delle forze elet¬ triche dovute al campo antagonista generatosi. Si ha quindi (1) Ve = 72mv2 che dice essere la velocità massima di emissione proporzionale alla radice quadrata del potenziale V che prende il nome di p o- tenziale fotoelettrico. Esso può determinarsi sia applicando un campo antagoni¬ sta alle due lamine A e B sufficiente ad arrestare tutti gli elet¬ troni provenienti dalla lamina A sotto 1' azione della luce, sia applicando ad esse una differenza di potenziale atta a produrre il moto di convezione degli elettroni liberati : variando il poten¬ ziale si può raggiungere il valore al quale viene a corrispon¬ dere la corrente di saturazione. L' andamento del fenomeno viene indicato dalla curva della figura 1 : da essa si rileva: 1. ° che i potenziali contati da O verso D rappresentano dei potenziali acceleranti mentre quelli da O verso A sono poten¬ ziali ritardanti ; 2. ° OA rappresenta il valore della differenza di potenziale alla quale corrisponde una corrente nulla cioè rappresenta, in valore assoluto, il potenziale fotoelettrico : 43 — 3.° un'ordinata della curva, ad esempio EF, rappresenta la intensità di corrente per la quale gli elettroni hanno una velo¬ cità superiore a quella che corrisponde al valore di v ricavato Fig. 1 dalla (1) nella quale si faccia V = OF: questa curva, per tale pro¬ prietà, prende anche il nome di curva di distribuzio¬ ne delle velocità. Dalla figura si rileva poi che senza campo accelerante solo una parte degli elettroni emessi dalla lamina A raggiunge la la¬ mina B : perchè cioè si possa ottenere la corrente di saturazione necessita un potenziale accelerante che in figura è indicato con OD. Tale fatto, che nasce dall' esperienza, è dovuto: 1. ° alla riflessione per parte della lamina B di alcuni degli elettroni emessi da A, riflessione che cessa a partire da un de¬ terminato valore del campo accelerante l 2): 2. ° dal mancato arrivo di elettroni sulla lamina B per 1' a- zione deviatrice del campo magnetico terrestre 2): 3. ° sopratutto perchè, come Richardson e Compton 3) hanno previsto e mostrato in seguito sperimentalmente, la differenza di potenziale effettiva fra i due elettrodi è quella applicata più o o meno, a seconda della natura delle sostanze, la differenza di 4) Bayer. O. V. — Verh. Deutsch. Phys. Ges. Bd. 10, p. 96, 1908. 2) Hugues. — On thè emission velocities of piloto electrons. Phil. Trans. Roy. Soc. 212 pp. 205-226, 1912. 3) Richardson and Compton. — The photoelectric effect. Phil. Ma g. XXIV. p. 577, 1912. — 44 potenzale di contatto per effetto Volta. Richardson e Compton hanno sperimentato con platino, rame, bismuto, stagno e allu¬ minio ottenendo curve regolarissime che mostrano un anda¬ mento analogo a quello della curva (2) nella fig. 1. Non si hanno quindi elettroni che per raggiungere la lamina B hanno bisogno di potenziale accelerante, come forse non si avevano nelle altre esperienze, nelle quali la irregolarità sarebbe dovuta al non aver tenuto conto della detta differenza di potenziale. III. — Velocità massima di emissione ed intensità luminosa* La velocità massima di emissione degli elettroni, e di con¬ seguenza il potenziale fotoelettrico, è indipendente dalla intensità della luce eccitante come risulta da esperienze di Lenard l) Lademburg, 2 3) Mohlin 3) e più recentemente di Millikan e Whincester 4). Alcune esperienze di Elster e Geitel 5) con superficie di sodio, di potassio ed anche con amalgame di questi metalli, nelle quali l’intensità luminosa veniva variata a mezzo di un diafram¬ ma ad iride, han messo in evidenza che la variazione dell’inten- sità luminosa influisce solo sul tempo necessario a che la lamina assuma il potenziale positivo costante caratteristico della sostanza ma non sul valore di questo potenziale che è sempre lo stesso. Questa indipendenza fra potenziale positivo ed intensità lumino¬ sa risulta anche dalle esperienze di J. R. Wrigt6) che sperimentò suiralluminio, in vuoti assai spinti, e con sorgenti costituite da scintille fra elettrodi di zinco, cadmio e ferro che davano varia¬ zioni di intensità luminosa da 10 a 100 unità ottenendo varia¬ zioni del potenziale non superiori al 0, 5 °[0. Alcuni sperimentatori han creduto di notare una differenza nei valori della velocità massima di emissione col variare della 0 P. Lenard. — Ann. Physik. Bd. 8, pp. 149-198, 1902. 2) Lademburg. — Deutsch. Phys. Gesell. Verh. Bd. 9. pag. 508, 1907. 3) Mohlin. — Akad. Abhandl. Upsala, 1907. 4) Millikan e Winchester. — Phil. Mag. (6). Voi. 14. p. 201. 1907. 5) Elster e Geitel. — Phy. Zeit. Bd. 10 pp. 457-465, 1909. 6) J. R. Wright. — Phy. Rev. Voi. 33 pp. 43-52, 1911. — 45 — intensità luminosa: le esperienze accuratissime del Millikan i) e di Pohl e Pringsheim 2) dimostrano che la maggiore velocità che si ottiene usando una sorgente costituita da una scintilla, in confronto al valore ottenuto con l’impiego dell'arco, è dovuta unicamente al fatto che nel primo caso non viene eliminata la influenza delle perturbazioni elettromagnetiche generate dalla scintilla. Il Millikan ha verificato questo fatto usando elettrodi di zinco e scintille molto luminose : tutto il sistema che costi¬ tuisce la sorgente viene chiuso in una ga. bia metallica che fun¬ ziona da schermo, il passaggio della luce avendo luogo attra¬ verso una finestra di quarzo. Con questo dispositivo egli ha ot¬ tenuto con la scintilla gli stessi valori ottenuti con l'arco a mer¬ curio : come nelle esperienze di Elster e Geitel il potenziale positivo costante sotto l'azione della luce veniva raggiunto, per le intensità molto deboli, in un tempo che era da cinque a sei volte quello richiesto nelle esperienze con intensità forti. IV. — Intensità della corrente fotoelettrica ed intensità luminosa* L’intensità della corrente fotoelettrica, a differenza della ve¬ locità massima di emissione, risulta proporzionale alla intensità della radiazione eccitante. Tale fatto è stato confermato anche in eperienze molto recenti fatte dall' Hugues 3), da Ives, f)t Du- shmann e Karrer4 5 6) e da Elster e Geitel 6); e dalle quali risulta che nei casi nei quali la proporzionalità non si verifica gli scarti sono da attribuire all'influenza perturbatrice di qualche parte della superficie della cella non rivestita dallo strato sensibile, su¬ perficie che viene ad acquistare una carica per elettroni che la raggiungono. Tale carica è diversa a seconda dell'intensità del¬ l'illuminazione e dell'intensità del campo applicato : ad essa è 4) Millikan. — Phys. Rev. Bd. 1, p. 73, 1913. 2) Pohl e Pringsheim. — Verh. Deutschr. Phys. Ges. Bd. 15, pag. 974, 1912. 3) Hugues. — Phil. Mag. Voi. 35, pag. 679, 1913. 4) Ives. — Astrophysical Journal. Voi. 39, pag. 428, (1914). Voi. 40, pag. 182, (1914). Voi. 46, pag. 241, (1917). 5) Dushman e Karrer. — Astrophysical Journal. Voi. 43, pag. 9, 1916. 6) Physikalische Zeitschrift. Bd 14, pag. 741, 1913. — 46 — dovuta una distorsione del flusso di elettroni e quindi una va¬ riazione della corrente misurata. La forma della cella ha dunque un'importanza particolare: \mjjl Fig. 2 1' Hugues indica, in sostituzione del comune tipo della fig. 2 il tipo della figura 3 che presenta la superficie interna quasi Fig. 3 completamente ricoverta da uno strato sottile di sodio mentre l’altro elettrodo è costituito da un bastoncino metallico Elster — 47 e Geitel trovano che quando tale influenza è eliminata la pro¬ porzionalità si verifica in un intervallo che va da 30000 a 6 X IO’4 ùix : la più piccola intensità d'illuminazione, in queste esperienze, è di 2,4 X IO'6 Ìux e dà, con un potenziale di 200 Volta applicato alla cella, una corrente di 1,8 X IO'12 Ampère. Le celle fotoelettriche sono formate generalmente di idruri di metalli alcalini che risultano più sensibili dei corrispondenti metalli: per aumentarne ancora la sensibilità s'introducono nel- T interno di esse piccole quantità di gas inerte, generalmente He, Ne, Ar, alla pressione di circa 1 mm. La corrente di queste celle, che sono sensibili anche alla luce ordinaria, può inoltre essere amplificata con valvole a tre elettrodi : Kunz l) e Pike 2) hanno ottenuta un'amplificazione nel rapporto di 1 a 15000 e più di recente Meyer, Rosemberq Tank3) ed altri sperimentatori sono arrivati ad ottenere correnti 125000 volte più grandi di quelle misurate direttamente. Si è trovato inoltre che il rapporto di amplificazione resta sensibilmente costante per correnti de¬ boli. V. — Intensità della corrente fotoelettrica e natura della luce eccitante* Le prime esperienze sulla dipendenza fra piano di polariz¬ zazione, angolo d'incidenza della radiazione ed intensità della corrente fotoelettrica, per quanto numerose ed accurate, risultano assai contraddittorie. Elster e Geitel 4) trovano difatti per i metalli alcalini un comportamento che non si accorda con quello trovato da Pohl 5) per altri metalli, come Pt, Cu ed Hg. Con sodio e potassio, allo stato liquido ed eccitati con luce bianca polarizzata, Elster e Geitel trovano che la corrente fotoelettrica è dipendente sia q Kunz. — Phys. Review. Voi. 10 pag. 205. 1917. 2) Pike. — Phys. Review. Voi. 13 pag. 102, 1919. 3) Tank. — Archives des Sciences. Tome 2 pag. 260, 1920. 4) Elster e Geitel. — Weitere lichtelehtrische Versuche. Wied. Ann. Bd. 52, 1894. pag. 433.,, Bd. 55, 1895 pag. 684. 5) Pohl R. —Ueber den lichtelektrischen Effect au Pt, Cu , Hg, in pota siertem ultrav iolette m licht. Verh. d. D. Phys. Ges. Bd. Il, 1909 pag. 399. Bd. 11, 1909, pag. 609. — 48 — dallo stato di polarizzazione della luce sia dall'angolo che il raggio luminoso fa con la superficie del metallo. Relativamente allo stato di polarizzazione della luce: a) si ha un massimo quando il piano di polarizzazione è perpendicolare al piano d’incidenza, cioè il vettore elettrico, nel¬ l’onda luminosa, è parallelo al piano d'incidenza e quindi con una componente normale alla superficie del metallo: b) si ha un minimo quando i due piani sono paralleli. In quanto poi all'influenza della particolare incidenza del raggio eccitatore si ha : a) una corrente fotoelettrica proporzionale alla quantità di luce assorbita per la luce polarizzata parallelamente al piano di incidenza : b) per luce polarizzata perpendicolarmente al piano d'inci¬ denza la proporzionalità manca e si ha solo quando si consi¬ dera quella parte di energia che corrisponde alla componente ad angolo retto con la superficie metallica. A diverso risultato conducono invece le esperienze di Pohl con Pt, Cu e Hg eccitati con luce polarizzata o non e con an¬ goli d’incidenza diversi, impiegando strati sottilissimi del metallo formati per ionoplastica su lastrine di quarzo. Se si fanno i rapporti delle intensità delle correnti fotoelet¬ triche ottenute e delle corrispondenti quantità di luce assorbite si hanno gli stessi valori per tutti gli angoli d'incidenza: si può quindi dire che vi è un'influenza del piano di polarizzazione e del diverso angolo d' incidenza della luce eccitante solo in quanto si ha, per tal fatto, una diversa quantità di luce assorbita. Altra differenza da notare è che variando la lunghezza di onda della luce eccitante si ha nelle esperienze di Elster e Geitel una corrente che va aumentando, raggiunge un massimo per una certa lunghezza d' onda e poi diminuisce, mentre per gli altri metalli, nelle esperienze di Pohl, si ha un'andamento sempre crescente col diminuire della lunghezza d'onda : questo stesso andamento si ha nelle esperienze dell'Hallvachs per uno dei metalli alcalini, il potassio, ma in questo caso, ed a diffe¬ renza da quello delle esperienze di Elster e Geitel, esso viene eccitato con luce normale alla superficie sensibile. Tale disaccordo fra queste diverse esperienze è però solo — 49 — ir ■ . r . apparente com'è stato assai bene messo in evidenza, con tutta una lunga serie di esperienze, da Pohl e Pringsheim !), ricerche che han condotto a stabilire resistenza di due specie di feno¬ meni fotoelettrici: il fenomeno normale ed il fenomeno se¬ lettivo. Nell'effetto fotoelettrico normale, che si riscontra in tutti i metalli, il numero di elettroni emessi, a parità di luce assorbita, è, per tutti indistintamente i metalli, indipendente dall'orientazio- ne della vibrazione elettromagnetica. Nell'effetto selettivo invece, caratteristico dei metalli alcalini, e limitato ad un breve inter¬ vallo di lunghezze d'onda, il numero di elettroni liberati è mag¬ giore quando il vettore elettrico è nel piano d'incidenza. Nelle esperienze di Elster e Geitel l'influenza del piano di polariz¬ zazione era dovuta al fatto che i due autori sperimentavano con luce bianca, cioè proprio nella zona di lunghezza d'onda nella quale si determina il fenomeno selettivo. In questi metalli l'ef¬ fetto fotoelettrico totale può essere riguardato come la sovrap¬ posizione dei due fenomeni con questo di particolare che nel selettivo il numero di elettroni liberato dall'unità di energia lu¬ minosa è però molto maggiore di quello che si ha con effetto 4) Pohl R. und Pringsheim P. — Verh. D. Phis. Ges. Bd. 12 1910, pag. 349 — Bd. 12 1910, pag. 682 — Bd. 12 1910, pag. 697 — Bd. 12 1910, pag. 1039 — Bd. 13 1911, pag. 219 — Bd. 13 1911, pag. 474 — Bd. 14 1912, pag. 46 — Bd. 15 1913, pag. Ili — Bd. 15 1913, pag. 431. 50 — normale. La fig. 4 si riferisce (Pohl e Pringsheim) ad una lega Na-K illuminata obliquamente e l'intensità è quella del fascio incidente. Per la luce polarizzata E± (vettore elettrico perpen¬ dicolare piano incidenza) l'effetto cresce rapidamente al decre¬ scere della lunghezza d'onda mentre per E|| si ha il fenomeno di massimo corrispondente ad una determinata lunghezza d'onda. Nell'ordine d'idee avanzato da Pohl e Pringsheim sottraendo dall' effetto totale l' effetto normale si hanno le curve indicate nella fig. 5 che mostrano come col variare dell'angolo d'incidenza lo effetto aumenta senza che vi sia però uno spostamento della lunghezza d'onda corrispondente al massimo (lunghezza d'onda critica). Da ciò si comprende come nelle esperienze dell'HALL- wachs *) sul potassio il massimo non appaia: con l'incidenza normale, impiegata da questo sperimentatore, viene difatti a man¬ care ogni componente del vettore elettrico perpendicolare alla superficie eccitata, vettore al quale sarebbe dovuto il fenomeno selettivo. In quanto poi alla posizione di km essa si sposta verso le lunghezze d' onda più brevi col diminuire del peso atomico dei l) Hallwachs. — Ann. Phys. Voi. 30, pag. 593, 1909. metalli alcalini mentre diminuisce la grandezza dell’ effetto mas¬ simo e la curva assume base più larga, come dimostrano i se¬ guenti dati. Sostanze À,max Larghezza della zona di effetto selettivo Rb 4700 1800 K 4400 2500 K-Na 3900 2900 K-Hg 3800 2900 Na 3400 -a- 3200 K - TI 3000 > 3200 Li 2800 — Ba 2800 — E’ notevole inoltre considerare che nel caso di amalgame di sodio e di potassio non si ha una lunghezza d' onda massima ciò che induce a credere che il fenomeno sia un fenomeno di pura risonanza dell' atomo del metallo alcalino. Molti sperimentatori, specie in principio, ritennero che ogni massimo riscontrato in queste curve fosse da ritenere dovuto ad effetto selettivo : le esperienze successive hanno confermato l'ef¬ fetto selettivo solo per i metalli alcalini mentre negli altri casi è escluso che il massimo, quando lo si ottiene, sia di natura selettiva. Il Richardson, in base ad induzioni teoriche, è con¬ dotto a ritenere che le sostanze con effetto normale debbano presentare tutte un massimo che non è stato notato perchè molto lontano nell' ultravioletto, massimo che sarebbe completamente indipendente dallo stato di polarizzazione e dall' angolo d' inci¬ denza: per il sodio l'effetto normale avrebbe un massimo a k — 227 [api. Pohl e Pringsheim pensano che il fenomeno se¬ lettivo sia in relazione col potere riflettente del metallo. Espe¬ rienze sono state fatte da Mabel K. Erehafer l) sul rapporto l) Mabel. Frehafer. — Phy. Rev. Voi. 15 pag. 110, 1920. 52 — dei poteri riflettenti del K e del Na con luce polarizzata nei due piani : da esse si rileva che per entrambi i metalli si ha un Eli massimo ed un minimo del rapporto g-j- (riferito al fascio ri¬ flesso) per le lunghezze d' onda rispettivamente À 3650 U. A. e 3341 : per il sodio i valori mostrano che la variazione del po¬ tere riflettente, per i due fasci polarizzati ad angolo retto, cade proprio nell' intervallo nel quale corrisponde il massimo dell’ef¬ fetto selettivo, ciò che non si verifica per il potassio, per il quale si ha solo una piccola variazione nella curva, in corrispondenza a À 4358, ma poco netta e, come nota lo stesso A, non troppo sicura avendo questa parte del diagramma bisogno di ulteriore conferma per il numero insufficiente di punti rilevati. Gli espe¬ rimenti fatti poi con film sottili, tanto di sodio quanto di po¬ tassio, non hanno indicata alcuna discontinuità nei fenomeni di riflessione ed assorbimento nella zona dell' effetto selettivo la cui natura resta perciò ancora oscura e senza spiegazione. VI. — Emissione fotoelettrica dai corpi non conduttori. Oggetto di alcune interessanti ricerche è stata la emissione di elettroni da parte di sostanze non conduttrici. Generalmente in queste esperienze si ricorre ad un conden¬ satore piano ponendo su di una delle lamine una lastra della sostanza da esaminare. Con questo dispositivo Goldmann e Ka- landyk 2) studiarono Y effetto fotoelettrico nello zolfo : R. Wei- ger 3) sperimentò con altri isolanti quali ad esempio la ebonite, la mica, la ceralacca ed il vetro che mostrano tutti un' assai pic¬ cola emissione fotoelettrica se esposti alla luce di un arco a carbone. Più complete sono invece le determinazioni del Kelly *) fatte con un dispositivo analogo a quello impiegato da Millikan nelle sue ben note esperienze per la determinazione del valore di e. Il particolare condensatore, usato in queste determinazioni, 2) Goldmann e Kalandyk. — Ann. Phys. Bd. 36, p. 589, 1911. 3) R. Weiger. — Ann. Physik Bd. 17, p. 935, 1905. q Kelly. — The valency of photo electrons and thè Photo-electric Pro- perties of some insulators. Physical Review. Voi. 16, Ottobre 1920, p. 260. — 53 è a lamine circolari orizzontali, distanti circa due centimetri, chiuso tutt* intorno da una striscia di ebonite nella quale sono oppor¬ tunamente ricavate delle finestruole una per l' illuminazione della goccia, T altra per il microscopio di osservazione e la terza, li¬ mitata da una lamina di quarzo, per 1' entrata delle radiazioni eccitatrici. Le gocce si ottengono portando la sostanza allo stato liquido, oppure in soluzione, e polverizzandola nella camera su¬ periore del condensatore. Il potenziale impiegato in queste espe¬ rienze è di 7000 Volta e la carica della goccia, fra i due piatti, viene regolata a mezzo dell'azione di un fascio di raggi X. L’ equilibrio viene a mancare per l'azione della luce ultra- violetta : intercettandone 1' entrata non appena si produce la va¬ riazione nella velocità di caduta, dalla conoscenza di questa variazione si ha, applicando metodi noti, il valore della carica emessa. Il Kelley . sperimentò con zolfo, olio, paraffina e ceralacca ottenendo le lunghezze d' onda limiti dell’ effetto fotoelettrico X 2400-2200 per lo zolfo, l 2200 per la ceralacca, 1 2150 per l'olio e la paraffina: di più egli notò che la fotoemissione dalle molecole di zolfo e ceralacca risulta di un singolo elettrone per ogni emissione. Ricerche di tal genere hanno un grande interesse dal punto di vista teorico inquantochè la emissione di elettroni dai corpi cattivi conduttori, che non hanno quindi elettroni liberi, è uno degli argomenti che può essere portato a sostegno della ipotesi della natura atomica dei fotoelettroni. Questa ipotesi è ancora controversa: non è però controverso, come risulta da mie espe¬ rienze l) che nel Selenio, corpo cattivo conduttore dell’elet¬ tricità all' oscuro, la conducibilità prodotta dalle radiazioni lu¬ minose sia dovuta ad elettroni liberati dalPatomo con le modalità che sono caratteristiche dei fenomeni di risonanza. l) Del Regno, W. — Sulla natura del fenomeno foto-elettrico nel Selenio. Nuovo Cimento Serie VI. Voi. 8, Fascicolo Ottobre 1914. — 54 — VII. — Influenza della temperatura sulla velocità massima di emissione. Anche la determinazione della velocità massima di emissione in rapporto alla temperatura presenta un grande interesse teorico perchè Tesservi o no dipendenza fra la detta velocità e la tem¬ peratura è criterio per stabilire appunto la natura del fotoelet¬ trone oggi ancora sconosciuta. Un'influenza della temperatura sulla velocità di emissione porterebbe a stabilire T ipotesi che gli elettroni espulsi siano proprio gli elettroni liberi che vagano negli spazii intermoleco¬ lari dello strato superficiale: la maggiore forza viva che essi acquistano col crescere della temperatura sarebbe tale da renderli più facilmente capaci di vincere le forze del doppio strato su¬ perficiale del metallo e liberarli con una velocità all' esterno tanto più grande quanto maggiore è la temperatura. Qualora invece i fotoelettroni altro non siano che gli elettroni atomici, e s' intende non quelli nucleari ma quelli degli strati corticali, è da prevedere una indipendenza della velocità di emissione dalla temperatura la cui azione nell' interno dell' atomo è piccolissima se non del tutto nulla. Le prime esperienze sull'argomento presentano la più gran¬ de incertezza sia perchè fatte per la maggior parte nell'aria, i cui moti convettivi rendono incerte le determinazioni , specie se elettrometriche, sia perchè le sostanze impiegate non erano ac¬ curatamente e completamente liberate dai gas occlusi. Anche ai nostri giorni, pur usando tutte le precauzioni che tali delicatissime esperienze richiedono, non esclusa quella di ope¬ rare in vuoti altissimi, non pare sia possibile, a temperature un poco alte, di sceverare, nelle deviazioni elettrometriche, la parte dovuta alla dispersione naturale da quella dovuta all'effetto fo¬ toelettrico. Le migliori determinazioni restano sempre quelle del Mil¬ likan 0 che ha sperimentato prima sull' alluminio, spingendosi *) Millikan and Winchester. — The influence of temperature upon photo-electric effects. Phil. Mag. Voi. 14, p. 188, 1907. 1 — 55 — fino alla temperatura di 348°, ma con risultati non troppo con¬ cordanti, e poi su di undici metalli con i quali ha però dovuto limitarsi, per avere buoni risultati , alla temperatura di 125° : a temperature più alte la perdita naturale del sistema costituito dalla lamina e dall'elettrometro (la lamina era carica a -20 Volta) diveniva così grande da mascherare completamente l'effetto do¬ vuto all'azione della luce, ed a 400° l'elettrometro disperdeva ugualmente sia una carica positiva sia una carica negativa. I risultati ottenuti da questo sperimentatore sono indicati nelle tabelle seguenti : essi portarono, all'epoca in cui vennero otte¬ nuti, alla conclusione che nessuna influenza sul potenziale foto- elettrico è esercitata dalla temperatura e quindi che al fenomeno non prendono parte gli elettroni liberi. Valori della scarica in divisioni della scala 25° 35° 40° 50° 65° 80° 100° 125° Rame .... 25.10 25.15 25.20 25.25 25.00 25.05 24.80 24.75 Oro .... 24.70 24.60 24.55 24.70 24.80 24.75 24.40 24.00 Nichel. . . . 24.00 23.96 23.98 23.90 24.05 23.90 23.55 23.40 Ottone. . . . 23.80 23.85 23.95 24.00 23.85 23.90 23.40 23.40 Argento . . . 17.16 17.20 17.15 17.20 17.10 17.00 16.90 16.77 Ferro .... 16.40 16.25 16.30 16.20 16.36 16.55 16.15 16.00 Alluminio . . 14.90 15.00 14.85 14.86 15.06 14.90 14.50 14.55 Magnesio . . . 11.00 11.12 11.10 11.05 11.00 10.97 10.90 10.90 Antimonio . . 4.00 4.00 4.10 4.00 4.00 4.00 3.90 3.95 Zinco .... 1.20 1.30 1.31 1.35 1.26 1.20 1.24 1.10 Piombo . . . 0.90 0.90 0.90 0.88 0.90 0.90 0.90 0.90 È da osservare che l'intervallo assai limitato delle tempe¬ rature nel quale si è sperimentato non consente di asserire nulla 1' influenza della temperatura sul potenziale fotoelet¬ trico. E’ noto difatti che a temperature relativamente basse, quali quelle raggiunte dal Millikan , anche i fenomeni di emissione termoionica, cioè fenomeni enormemente più cospicui — 56 — di quelli fotoelettrici, essendo essi dipendenti dagli elettroni li¬ beri che si trovano in numero grandissimo nel metallo, hanno Potenziali fotoelettrici 26° C. 40° 55° 60° 80° 95° Argento .... 1.340 1.340 1.342 1.339 1.338 1.336 Ferro .... 1.225 1.224 1.224 1.230 1.220 1.219 Oro . 1.215 1.217 1.215 1.214 1.215 1.213 Ottone .... 1.174 1.170 1.180 1.176 1.181 1.182 Rame .... 1.135 1.132 1.130 1.128 1.126 1.125 Nichel .... 1.126 1.126 1.130 1.130 1.122 1.130 Magnesio . . . 0.839 0.840 0.840 0.842 0.835 0.840 Alluminio . . . 0.738 0.738 0.738 0.735 0.740 0.738 Antimonio . . . 0.394 0.395 0.390 0.395 0.396 0.390 . Zinco . . . . 0.197 0.197 0.199 0.192 0.190 0.188 Piombo. . . . 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 0.0 valori assai piccoli. Non è quindi da escludere che ad alte tem¬ perature un'influenza si abbia anche per questo fenomeno,- in¬ fluenza che, appunto se è piccola, potrà essere rilevata solo quan¬ do venga esplorato un'intervallo di temperature abbastanza am¬ pio. E, solo allo scopo di aumentare l'ampiezza del campo delle temperature esplorato, si presenta utile lo studio del fenomeno dalle temperature dell'ambiente a quelle inferiori fino, ad esempio, alla temperatura dell'aria liquida; una ricerca come quella del Lienhop l) fatta solo nell’ intervallo temperatura ambiente-tem¬ peratura dell’aria liquida, pur presentando un notevole interesse dal punto di vista sperimentale è, da sola, insufficiente a deci¬ dere la questione. Una tale indagine va dunque ripresa specie oggi che lo stesso Millikan, avanzando l’ ipotesi che i fotoelettroni siano proprio gli elettroni liberi, riconosce la necessità di una revi¬ sione di tutte le esperienze non escluse le sue. — 57 Vili. — Legge di Einstein e determinazione fotoelettrica della costante di PLANK. Le esperienze fatte per trovare la relazione fra potenziale fotoelettrico e frequenza della luce eccitante han messo in ri¬ lievo che, qualora tutte le cause di errori nelle determinazioni siano eliminate, si ha una relazione di perfetta proporzionalità fra l'energia massima dell'elettrone liberato e la frequenza della radiazione eccitatrice. Se si indica graficamente questa relazione, nel piano frequenza energia, si ha una retta, e la tangente del¬ l'angolo che essa fa con l'asse delle frequenze sta ad indicare il valore della costante h della formola di Plank, mentre il suo punto d’incontro col detto asse indica la frequenza minima ca¬ pace di liberare un elettrone dalla superficie del metallo, frequenza che viene comunemente indicata col nome di soglia (threshold) dell'effetto fotoelettrico. Nel 1905 Einstein l) ha estesa la teoria di Plank al feno¬ meno fotoelettrico e ritenendo che l’energia di un fotoelettrone sia appunto il quanto di luce è stato condotto a stabilire la formola Ve = hv — p = hv — V0e nella quale V rappresenta il potenziale fotoelettrico, Ve l’energia dell'elettrone dopo che ha abbandonato il metallo, V0e l'energia perduta attraversando il metallo, h la costante di PLANCk e v la frequenza della luce eccitante. Se tutta l'energia del fotoelettrone è spesa nel lavoro ne¬ cessario ad attraversare la superficie del metallo, avendosi per tal fatto all'uscita una velocità nulla, la relazione precedente di¬ venta: O == hv0 - V0 e cioè V0 e = hv0 che dà il valore dell' energia necessaria per attraversare la su¬ perficie del metallo ed il valore v0 della soglia dell'effetto foto- lettrico per il particolare metallo in esame. 9 Einstein A. — Ueber eitien die Erzengung und Verwandlung des Li - chtes betreffenden heuristischen Gesichtspunkt. Ann. Phys. Voi. 17, 1905, 123. — 58 — Le esperienze del Ramauser ]) sono le uniche che appaiono in disaccordo con le precedenti conclusioni tratte dalla relazione di Einstein: in base ad esse non vi sarebbe un punto d'incon¬ tro della linea dei potenziali fotoelettrici con l'asse delle fre¬ quenze, e quindi non vi sarebbe una soglia dell'effetto fotoelet¬ trico caratteristica per ogni metallo, ma si avrebbe per tutte le sostanze, un andamento assintotico tendente a zero. Millikan 1 2) ha fatto una disamina accurata di questi risultati mettendo in rilievo il fatto che la mancanza d'incontro della detta linea con l'asse delle frequenze è dovuta al non avere eliminato, in dette esperienze, l'azione di radiazioni di lunghezza d'onda più piccole di quella con la quale si determinava volta per volta il potenziale fotoelettrico, e ciò per l’imperfezione dei monocromatori usati. Egli che nelle prime esperienze aveva irregolarità del tipo di quelle notate dal Ramauser potè avere risultati concordanti, nell'ordine di vedute dell'EiNSTEiN, impiegando oltre a buoni mo¬ nocromatori opportuni filtri. Altro perfezionamento sperimentale usato in queste ricerche è stato quello di annullare l'azione di piccole quantità di luce che arrivano sempre sulla superficie interna della gabbia di Faraday, destinata a raccogliere gli elet¬ troni liberati dalla lamina eccitata, provocando una corrente, per quanto piccola, antagonista a quella diretta che dà la misura del¬ l'effetto. Ciò egli otteneva usando pel rivestimento interno della gabbia una sostanza con una soglia fotoelettrica molto lontana nell'ultravioletto, e studiando il fenomeno con sodio, potassio e litio che sono sensibili alla luce ordinaria. Con questo artificio, la sostanza impiegata pel rivestimento è l' ossido di rame, il Ka- desch 3), allievo del Millikan, ha ottenuto per h i valori di 1) Ramauser. — Ueber eine direkte magnetiche Methode zur Bestinu- MUNG der lichtelehtrischen Geschwind igkeits verteilu n g . Ann. Physik. Bd. 45, 1914, pag. 961. Ueber die lichtelehtusche Geschwindigkeitsverteilung und ihre Abhangigkeit voti der Welleti lànge. Ann. Physik. Bd. 45, 1914 pag. 1120. 2) Millikan. — Einstein ’s Photo electric Equation and Contact Electromo-- trice Eorce. Physical Review. Voi. 7, pag. 18, 1916. 3) Kadesch. — The energy of photo-electrons from Sodium and Potas- sium as a function of thè frequency of thè incident tight Phys. Rev. Voi. 3, pag. 367, 1914. — 59 — 6,16 X IO"27 e 6,09 X IO"27 rispettivamente per K ed Na: le espe¬ rienze successive del Millikan *), estese anche al litio, hanno dato i valori di 6,569 X IO'27 per il sodio e 6,584 X IO'27 per il litio. IX. — Relazione fra forza elettromotrice di contatto di due metalli e frequenze limiti dell'effetto fotoelettrico. Alcune considerazioni teoriche del Milltkan * 2) hanno con¬ dotto ad un altro metodo sperimentale per la verifica della rela¬ zione di Einstein. Se si ammette che i fotoelettroni siano gli elettroni liberati dal- P atomo e non quelli liberi il termine p dev'essere la somma di due termini pì e p2: il primo rappresenta il lavoro necessario a staccare l'elettrone dall'atomo e farlo diventare elettrone libero, il secondo è invece il lavoro necessario per liberare l'elettrone dal metallo. Ponendo due metalli A e B successivamente dinnanzi alla stessa gabbia di Faraday si hanno le due relazioni. per il metallo A (V + K) e == h v — h v0 „ „ B (V' + K')e = hv -hv0' nelle quali K rappresenta il potenziale di contatto. Sottraendo dalla seconda la prima si ha (1) K’-K=X(vo-v0')-(V’-V) che dà una relazione fra la forza elettromotrice di contatto i po¬ tenziali di arresto e le frequenze limiti dell'effetto fotoelettrico, relazione che viene verificata sperimentalmente. Ponendo inoltre per il metallo A (V + K) e = hv — (pj + p2) » „ B (V' + K') e = hv — (Pl* + p2') e sottraendo dalla seconda la prima si ha (2) (V’— V) + (K1 — K)= - PX 9 Millikan, A. R. — A direct photo eie ctric determination of Plank’s “hin Phys. Rev. Voi. 7, pag. 355, 1916. 2) Millikan A. R. — Einstein'’ s photoelectric equation and contacte elee - tromotrice force . Phy. Rev. Voi. 7, pag. 18, 1916. — 60 — Essendo e — 2 i valori dei potenziali intrinseci Vsa e V'sb dei due metalli ed essendo inoltre VSa — V'sb = K'— K la (2 diventa (3) V' — V = Le esperienze fatte da Pages, Kadesch e dallo stesso Mìl- likan per la verifica di queste forinole hanno condotto ad un ri¬ sultato inatteso : ponendo due metalli successivamente e rapida¬ mente davanti alla stessa gabbia di Faraday i potenziali di arresto V e V' risultano uguali. Per tal fatto la (1) e la (3) danno ri¬ spettivamente K’ — K = ~ (v0 — V o) Pi = Pi’ Non potendosi ammettere, perchè contrario ad un gran nu¬ mero di fatti sperimentali, che il lavoro per staccare un elettrone da un atomo di un metallo sia lo stesso per tutti i metalli, biso¬ gnerà ammettere, per la validità delle relazioni precedenti, che hv0 rappresenti per -i singoli metalli l'energia necessaria pel distacco dell'elettrone dal metallo stesso e quindi che, alla stessa tempe¬ ratura, vi sia identità fra la funzione hv0 del lavoro fotoelettrico e la funzione epe del lavoro termoionico. Ammessa intanto una tale ipotesi deriva che, o 1’ energia della luce incidente può essere comunicata all'elettrone libero nella quantità data da un quanto intero, oppure che 1' energia della luce incidente non è assorbita per quanti interi ma 1' as¬ sorbimento continua fino a che l'elettrone sia in grado di la¬ sciare l'atomo con l’energia hv, la maggiore quantità di energia p essendo rappresentata appunto dal lavoro necessario per stac¬ care 1' elettrone dall' atomo. A questa conclusione arriverebbe Barkla con le sue espe¬ rienze con i raggi X ed anche il De Broglie che trova elettroni con energia hv -|- a, hv -j- b etc.... per quanto egli riconosca che i termini additivi siano tanto piccoli di fronte ad hv da essere tra¬ scurabili. L'ipotesi del Barkla condurrebbe ad ammettere che nel me¬ tallo possano esservi un numero infinito di frequenze naturali — 61 — oppure che un elettrone in un atomo sia capace di assorbire una quantità di energia caratteristica dell' atomo ed un'altra che è solo caratteristica del raggio incidente. Il Millikan, respingendo questa ipotesi, è propenso ad am¬ mettere che i fotoelettroni siano gli elettroni liberi ciò eh' è in evidente disaccordo con le conclusioni che egli traeva dalle sue esperienze sulla nessuna influenza della temperatura sui poten¬ ziali fotoelettrici, esperienze che egli stesso riconosce debbano es¬ sere rivedute. Le curve che danno i potenziali fotoelettrici con le temperature dovrebbero, secondo il Millikan, presentare delle discontinuità nei punti in cui agli elettroni liberi si cominciano ad unire anche gli elettroni provenienti dall'atomo. X. — Teorie del fenomeno foto-elettrico* Le principali teorie del fenomeno fotoelettrico sono tre : la teoria dell'EiNSTEiN i) o dei quanti di luce, la teoria del Debye e Sommerfeld 2) o dei quanti di azione ed infine la teoria del Richardson 3) o teoria statistica. In quanto alla prima, come abbiamo già visto, essa ha buone conferme sperimentali e non v'ha altra difficoltà ad ammetterla oltre quella che si riferisce alla impossibilità di spiegare con la ipotesi della discontinuità dell'energia raggiante i ben noti feno¬ meni dell'ottica fisica. Le teorie del Debye e del Richardson, per quanto essen¬ zialmente diverse, conducono ad espressioni che si identificano con quella di Einstein senza però fare alcuna ipotesi sulla natura dell'energia raggiante. Secondo il Debye l'elettrone costituirebbe nell’atomo un ri¬ suonatore capace di assorbire l'energia dal campo nel quale esso 4) L. C. 2) Debye, P. - Sommerfeld A. — Theorie des lichteléktrischen Efjettes Voti Standpunkt des Wirkungs quantum. Ann. physik. Bd. 41, pag. 873, 1913. 3) Richardson, O. W. — Some applications of thè electron theory of matter. Ph. Mag. Voi. 23, pag. 594, 1912. — id. id. The theory of photoelectric action. Phil. Mag. Voi. 24, pag. 570, 1912. — id. id. Richardson and Compton.— 77z£ photoelectric effect. Phil. Mag. Voi. 24, pag. 575, 1912. — 62 — viene a trovarsi immerso: nel caso dell'effetto fotoelettrico dal campo della radiazione luminosa eccitante. Esso, per l'energia assorbita, si libererebbe dall'atomo dopo un certo tempo, il tempo necessario ad assorbire un quanto di azione dato in valore h da— — in cui h è la costante di Planck; l'espressione della 2 Jt energia sarebbe poi data da r (i) o in cui r è il tempo di azione ed H la differenza fra l'energia cinetica e l’energia potenziale dell'elettrone. Si avrebbe quindi, secondo il Debye, all'atto della liberazione dell' elettrone. r o L'energia richiesta per liberare l'elettrone dalla sostanza non sarebbe contenuta nell'atomo ma nella radiazione eccitante sulla cui natura, per la teoria del fenomeno, non occorre fare alcuna particolare ipotesi tanto meno quella della discontinuità dell'e¬ nergia ammessa nella teoria dell'EiNSTEiN. Si supponga ora l'elettrone nell'atomo legato alla sua posi¬ zione di equilibrio da una forza - fx, cioè contraria allo sposta¬ mento x e proporzionale ad esso. Se l'elettrone è sollecitato da una forza esterna, dovuta unicamente all'onda incidente monocro¬ matica, data da e F == e Ecosnt diretta secondo l'asse delle a: (n == pulsazione == 2jcv) l'equazione del movimento dell'elettrone, trascurando ogni smorzamento, sarà mx" = eF - fx = e Ecosnt - fx L'energia cinetica e l'energia potenziale saranno date rispet¬ tivamente da T = % mx'2 U == % fx2 — 63 — Sostituendo ad H nella (1) il valore T - U == V2 mx’2 — V2 fx 2 si ha r r (3) W = / ~ x'm - f-t x2dt o o Sviluppando per parti il primo degli integrali si ha r r f'm ,, m , /s m .... x'2dt=^- x x- I x^-x'dt o o e sostituendo nella (3) r (4) W=~ x'x - -ì- I x(mx" - fx) dt o L'energia dell'elettrone è rappresentata da una curva oscillante la cui ampiezza va da zero ad un massimo. Se W deve raggiungere il valore rappresentato dal quanto di azione 0 — questo deve Z 3T avvenire nelle vicinanze di un massimo perchè in caso diverso esso viene a corrispondere al massimo dell'oscillazione precedente. Per W massimo dW dt = o e quindi T = U cioè m • ’2 _ f fX2 ~r x2 e quindi x'2 = 2 m (5) Per essere la pulsazione dell'elettrone n0 = 2jevc V-L m la (5) dà x' =n0 x e quindi il primo termine della (4) si trasforma in m 1 m T — XX = - zr- x 2 — - — 2 n0 2 n0 cioè il primo termine dell'espressione di W, e che corrisponde al tempo r poiché è nullo per t = o (x = x’ = o), è dato dall'energia — 64 — cinetica dell'elettrone dopo il tempo di accumulo r divisa per la sua pulsazione n0. Essendo h 2 JT T-_ _ jl / n0 2 J xFdt si avra Tr = hx)0 + f JcFdt (6) O che dà il valore dell'energia cinetica dell'elettrone quando esso viene emesso dalla sostanza. Nel caso della risonanza pura si di¬ mostra che il secondo termine della (6) si annulla e quindi per l'energia dell’elettrone si ha il valore T = hv0 = hv In questa espressione, come in quella di Einstein, non com¬ pare l'intensità della radiazione incidente che influisce solo sul valore di r. Quando invece non si ha la risonanza pura, se n >n°, 1'emissione fotoelettrica ha luogo con un’energia Tr sF(vT)E(vT)dv. O Nelle condizioni di equilibrio si ha <» — 03 o -—■I eF(vT)E(vT)dv = A1T2e”Rr O che, quando per E (vT) si assuma la formula di Wien diventa °°* -hv - co0 T '~ir§l ®F(vT)hv3e~Sr dv = A2T2e^r O che ammette come soluzione (a) eF(vT) = o quando o oro (6) 1 1 1 00 o d oro (8) 1 l irò 0,14 0.14 ^ CN 00 IO 0 O 1 o ’ — 1 T— t 6 © 1 d © d d e oj J- bjO o > 1 > _ CN CO VO vO, O o o o w O d d d d d 1 e C/5 c 00 05 05 05 io O o o o o o H "" o d d d d o 00 co t— cs o o o CN CN w o d d d d d B B ci _ o vO co o 05 5-i 00 ’ — 1 CN co CN 1 bjO w d d d d d i o >l> < 1 \o + 17-18). 3) 1906. Neumann, G. Doliolum. Wiss. Ergebn. Deutsch. Tiefsee-Exp. (Valdivia 1898-99) Bd. 12, p. 93-243, Taf. 11-25 (cfr. sp, p. 221-222, Taf. 23, fig. 9 e 10 e Taf. 24, fig. 3). 154 — Dalla comparazione delle due descrizioni date dai rispettivi scopritori per le due specie notate, dall'esame delle figure che le accompagnano (belle e precise quelle del Neumann) e dalla indica¬ zione esplicita che ne fa anche questo A. nella descrizione delle due specie riportate in " Tierreich „ (1. c. p. 17-18) si può dedurre che i caratteri che dovrebbero distinguere Dolchinia mirabilis da Doliolum Chimi sarebbero essenzialmente i seguenti: 1) per la forma di forozoide: diversità nella con¬ formazione e dimensioni dell'appendice ventrale; 2) per la forma di gonozoide; le dimensioni diffe¬ renti del corpo, minori in Dolchinia (ó min.), il numero delle fes¬ sure branchiali (fino a 70 in questa forma, fino a 90 nell' altra), la estensione dell'estremo ventrale della branchia e, infine, la con¬ formazione degli organi sessuali, risultanti in D. Chimi da un ovario posto nel sesto spazio intermuscolare e da un testicolo otriforme circondante, con largo arco, il tubo intestinale sul lato ventrale sinistro, mentre in Dolchinia mirabilis gli organi genitali ermafroditi presenterebbero la forma di un sacco ricurvo, nel fondo del quale gli zoospermi si svilupperebbero indipen¬ dentemente dalle uova, poste nella parte anteriore del sacco (Ko- rotneff, 1891 p. 193, fig. 5 gn.). Ma queste presunte differenze non sono inconciliabili é sono la conseguenza di osservazioni fatte su materiale scarso a diverso stadio di sviluppo; mentre il Korotneff, infatti ha potuto os¬ servare forozoidi ancora connessi con tratti dell'appendice dorsale di nutrice o staccatisene da poco, il Neumann ha os¬ servato individui di tale forma ben più avanti nello sviluppo, come lo provano gli individui sessuati liberi e a completo sviluppo pescati con essi; e così, mentre il primo autore ha potuto osser¬ vare solo gonozoidi giovanissimi ed ancora in evoluzione ed in connessione con l'appendice ventrale del f oro z oi d e , il secondo potè osservare individui a sviluppo completo senza avere, evidentemente, opportunità di vedere stadi giovanili con¬ nessi ai forozoidi. Già queste considerazioni, unite al fatto che i caratteri tipici sono dedotti dal Korotneff dal f or o zo id e e dal Neumann dal gonozoide, fanno molto dubitare della reale esistenza delle differenze notate; l'esame poi che ho potuto fare di abbon- dante materiale simile a quello osservato dal Korotneff, varia¬ mente conservato, e datomi in esame gentilmente dalla Stazione Zoologica di Napoli, e la fortunata pesca, da me eseguita, di tre individui adulti, un gonozoide e due forozoidi, con gemme e individui sessuati a diversi stadi di sviluppo sull'appen¬ dice ventrale, tolgono ogni dubbio sulla identità, spiegano com¬ pletamente le presunte differenze specifiche e ci convingono esau¬ rientemente che ci troviamo in presenza di forme della istessa specie. I tre individui in parola furono da me pescati — durante una delle serie di pesche planctoniche sistematiche che vado periodi¬ camente eseguendo nel golfo di Napoli e adiacenze fin dall'anno scorso — nel centro del Golfo, quasi a metà strada fra Capo Mi- seno e P. della Campanella, a circa 100 metri di profondità, il giorno 30 marzo di quest'anno. II gonozoide adulto, con testicolo maturo, presentava una lunghezza, sul vivo, di circa 8 mm. Mentre il colore del tubo digerente era di un verde giallastro molto appariscente, il testi¬ colo si mostrava bianco latteo e mostrava disposizioni e con¬ formazioni perfettamente ugali a quelle descritte, e con chiarezza figurate, dal Neumann per Doliolum Chuni. Su questo e sugli altri punti ho potuto procedere sicuro nella comparazione per le figure molto chiare, precise e particolareggiate del Neumann e per la diretta osservazione del materiale ben conservato di Dolchinia. I due forozoidi da me pescati, in perfette condizioni, per tutti i particolari di struttura, nonché per le condizioni speciali di pesca, non lasciano dubbio che siano forme asessuate della istessa specie dei gonozoidi; essi alla appendice, molto più ridotta di quella riportata dal Korotneff per i trofozoidi di Dolchinia da lui (e da me) osservata, avevano ancora connesse diverse forme di gonozoidi giovanili, con i diversi organi ancora in isviluppo, e il più avanzato con una massa genitale confor¬ mata perfettamente come quella descritta dal Korotneff e pas¬ sata erroneamente come conformazione definitiva dell'adulto. E basterebbe ciò perchè ogni dubbio definitivamente spa¬ risse come completamente scomparve in me fin dalla prima os¬ servazione ; ma l'esame degli altri caratteri, che io farò brevemente, renderà ancora più evidente la identità. — 156 — Per l'appendice ventrale del forozoide, l'esame del ma¬ teriale conservato e di quello vivente da me fatto, come la pra¬ tica e la conoscenza delle altre forme di Doliolum, mette defi¬ nitivamente fuori dubbio che essa è variabilissima nelle dimen¬ sioni e subisce riduzioni non scompagnate da variazioni nella conformazione; non ha quindi alcun valore sistematico. La conformazione e i rapporti della lamina branchiale, of¬ frono, invece, buoni caratteri diagnostici, non il numero delle fessure, però, che è variabile durante lo sviluppo. L'apparente diversità che si nota fra le inserzioni ventrali della branchia in Dolchinia mirabilis e Doliolum Cimai , e che è messa in evidenza nei caratteri diagnostici dati delle due specie dal Neumann in Tierreich, si risolve subito notando, come ho già fatto, che la de¬ scrizione di questo autore è basata sul gonozoide e che quella del Korotneff sul forozoide, due forme che hanno, come è chiarissimo dalla osservazione comparativa degli esemplari da me pescati, una piccola diversità di inserzione ventrale e cioè, mentre la branchia nel gonozoide si inserisce alle pareti ventrali del corpo strettamente contro il margine inferiore del 4° nastro muscolare, nel forozoide non vi giunge (e questo negli in¬ dividui conservati avuti in esame e in quelli da me pescati !) e si estende solo alquanto al disopra della metà del 4° spazio intermuscolare. In qualche individuo con 70 e più fessure bran¬ chiali si spinge, anche in questa forma, quasi sotto il 4° anello muscolare. Il numero delle fessure branchiali è evidentemente variabile con l'età: negli individui da me pescati ne ho contati, nei fo- rozoidi 85-90 paia, nel gonozoide 85 paia. Nei gonozoidi giovani il numero è molto minore, e negli individui conservati si nota una graduale varietà, fino a raggiungere i limiti tracciati dal Korotneff e a superarli. Le piccole diversità nelle dimensioni non hanno valore, se si tien conto dei diversi stadi su cui sono state eseguite le mi¬ surazioni; così i gonozoidi giovanissimi del Korotneff hanno dato una lunghezza di 6 mm., quelli giovani, ma ben sviluppati, del Neumann 7, mentre il gonozoide da me pescato dà, sul vivo, 8 mm. Queste diversità, anzi, sono una prova dippiù che si tratta dell’istessa forma a diversi stadi di sviluppo. 157 — Sono così risolte e spiegate tutte le apparenti discordanze ; e le minute corrispondenze in tutti gli altri particolari della or¬ ganizzazione, come, p. es., il nodo ciliare dorsale, che pre¬ senta, in tutti gli esemplari osservati, gli identici particolari, che vanno fino alle minime ondulazioni dei nastri e al caratteristico arco discordante innalzantesi nel punto dove si inserisce l' im¬ buto cibato (v. fig. 9, Tav. 23 del Neumann, 1906), come i par¬ ticolari caratteristici di quest’ultimo organo, come sono dati dal Neumann, e come ho riscontrati negli individui conservati e in quelli da me pescati, ci fanno con sicurezza concludere che si tratta di una stessa specie di Doliolum. Perciò alla Dolchinia mirabilis Korotn. e Doliolum Chuni Neumann va definitivamente sostituita l'unica specie, Doliolum mirabile (Korotn.) Fedele 1923, appartenente al sottogenere Dolioletta , con distribuzione geografica estendentesi sulle località prima distinte di appartenenza delle due presunte diverse spe¬ cie, e di cui ci son chiaramente note, finora, tutte le forme, ec¬ cetto la Nutrice (Oozoide). La specie resta così caratterizzata : Doliolum ( Dolioletta ) mirabile (Korotn.) Fedele 1923. — 1891 Dolchi¬ nia mirabilis , Korotneff in: Mitth. Z. Stai. Neapel, Bd. 10, p. 191- 193, taf. 12 fig. 1 (Forozoide); 1904 D. m. Korotneff in: Mitth Z. Stai. Neapelt Bd. 16 p. 482, Taf, 19, fig. 1 (Trofozoide); 1906 Doliolum chuni, Neumann G. in: Ergebn-Tiefsee-Exp. Bd. 12 n, p. 221-222, Taf. 24, fig. 2 (Gonozoide); 1913 Doliolum mirabile (Korot.) Neumann in: Das Tierreich 40 Lief. p. 17-18. Oozoide - ignota Gonozoide: Mantello sottile ma consistente, lamina branchiale fortemente arcuata posteriormente, con molte (fino a 90) paia di fessure, ed inserentesi dorsalmente appena dietro il 3° nastro muscolare, ven¬ tralmente al 5° nastro; tubo digerente a spira, colorato in giallo verdastro nel vivo, posto quasi completamente nel 5° spazio inter¬ muscolare e sboccante dietro il 6° anello muscolare; endostile iniziatesi appena avanti al 3° e giungente fin sopra la metà dello spazio fra 4° e 5° anello muscolare. Organi sessuali: ovario posto nel sesto spazio intermuscolare, sotto, il 6° anello ; il testicolo, allungato, forma come un arco a pastorale e, attraversando 6° e 5° anello muscolare, si incurva nel 4° spazio intermuscolare, cir¬ condando con largo arco il tubo intestinale sul lato ventrale sinistro. Lunghezza fino ad 8 mm. — 158 — Forozoide come il gonozoide; la lamina branchiale si inserisce ven¬ tralmente alquanto al di sopra della metà del 4° spazio intermusco¬ lare; l’appendice ventrale lunga e sviluppata negli individui gio¬ vani, si va successivamente riducendo. Trofozo i de - Senza lembi boccali e senza tentacoli tattili, tubo dige¬ rente ad ansa; fessure branchiali (in individui di 8 mm.) da 40-42. Specie affini : Doliolutn valdiviae Neum., D. tritonis Herdm. j). Distribuzione Geografica: Mediterraneo (Napoli: Korotneff, 1891 e 1904; Lobianco, 1903-4; Fedele, 1923; Villafranca: Korotneff), Oceano Atlantico ed Oc. Indiano tropicali (Neumann 1906). Finito di stampare il 30 agosto 1923. 9 Sono veramente sorprendenti le rassomigiianze fra il D. mirabile e questa ultima specie, in cui il carattere distintivo più valutato, la forma ed estensione del testicolo, presenta anche, dalle osservazioni del Ritter ed Herd- mann , una notevole variabilità. Credo che una revisione di queste forme e l'osservazione di nuovo materiale potranno riservarci forse, sulla sistematica dì queste specie, qualche ulteriore sorpresa. La morfologia del bacino dei Sauropsidi Il pube degli Uccelli Ricerche del socio Prof. Ermete Marcucci (con 10 fig, nel testo) (Tornata ordinaria dell' 8 luglio 1923) Il pube degli uccelli è omologo all'intero pube dei rettili od a parte di esso, oppure è una nuova formazione, un nuovo ele¬ mento del bacino ? Le opinioni in proposito sono varie. Molti morfologi e paleontologi hanno cercato di risolvere questa an¬ tica ed ardua quistione, ma sono ben lungi dal venire ad un accordo. Meckel (1824), Cuvier (1835), Owen (1866), Gegenbaur (1871) considerano il pube degli uccelli omologo all'intero pube dei rettili. Il pube, che nei rettili viventi è rivolto in basso ed in avanti (cefalicamente), sarebbe negli uccelli ruotato caudal¬ mente. Bunge (1880), mediante l’esame di sezioni microtomiche di giovanissimi embrioni di pollo, ha potuto constatare che il pube nel suo primo abbozzo si presenta quasi perpendicolare all'ileo, come negli embrioni di rettili; ma in embrioni più svi¬ luppati esso appare ruotato caudalmente e quindi parallelo al¬ l'ileo. Da ciò deduce che il pube degli uccelli è omologo a quello dei rettili, confermando embriologicamente l'ipotesi degli antichi morfologi. Ma la scoperta dei Dinosaurii ornitopodi pone in una nuova luce la morfologia del bacino degli uccelli e modifica l'antica concezione del pube. Hulke (1876) e poi Marsh (1878) credono riconoscere in questi rettili fossili gli antenati degli uccelli; ed ammettono che il pube degli uccelli non abbia alcun omologo — 160 — nei rettili viventi, ma corrisponda a quella porzione del bacino dei Dinosaurii ornitopodi da Marsh chiamata postpubis; men¬ tre il pube dei rettili viventi sarebbe omologo al pubis o prae- pubis di Dames dei Dinosaurii ed al processus pectinealis degli uccelli. Così il processus pectinealis ritenuto da Gegenbaur (1871) e poi da Bunge (1880) facente parte delPileo e perciò da loro chiamato spina iliaca , da Owen (1866, Voi. 2, p. 36) e da altri come una porzione acetabolare del pube, e da Sabatier (1880), nel Casuarius galeatus , come facente parte del pube e dell'ileo, sarebbe invece il rappresentante dell'intero pube dei rettili viventi. Johnson (1883), per consiglio di Balfour, studia lo sviluppo del bacino del pollo e constata che V abbozzo del pube, che è fuso con quello dell'intero bacino, dapprima appare semplice; ma poi si mostra costituito da due branche pressoché uguali : una diretta cefalicamente (branca anteriore) ed una rivolta in basso (branca posteriore) e quasi perpendicolare all'abbozzo dell'ileo. La branca anteriore, la quale formerà il processus pectinealis del pube, si arresta quasi nel suo sviluppo. La branca posteriore invece, la quale formerà il pube, si allunga sempre più in ma¬ niera che mentre la sua porzione prossimale rimane nella me¬ desima posizione che aveva prima, la porzione distale si accresce nel senso antero-posteriore, parallelamente all'ileo. Da ciò ne de¬ duce che non vi è alcuna rotazione del pube. La Johnson viene ad una conclusione opposta a quella di Bunge e cioè: che il pube degli uccelli è omologo al processus lateralis del pube dei ret¬ tili viventi ed al postpubis di Marsh dei Dinosaurii; mentre il processus pectinealis degli uccelli è omologo al pube dei rettili viventi ed al pubis di Marsh dei Dinosaurii. Baur (1885), dopo ricerche fatte su giovani polli, quaglie ed anitre, e tenendo conto dei lavori di Bunge, Dollo, Sabatier e Johnson, viene ad una conclusione che si accorda in parte con quella di Johnson, cioè che il pube degli uccelli è omologo al postpubis dei Dinosaurii; ma che il pubis dei Dinosaurii, che negli Ornitopodi incomincia a ridursi, è solo rappresentato dalla porzione inferiore del processus pectinealis dei Ratiti ; mentre la porzione superiore del processus pectinealis dei Ratiti e l'intero processus pectinealis dei Carenati corrisponde alla porzione ar¬ ticolare dell'ileo dei Dinosaurii, che si articola col pubis. — 161 — Wiedersheim (1883-1886) anche sembra seguire in parte Johnson. Egli dice (1883) che si può concludere che il pube de¬ gli uccelli non è omologo a quello dei rettili, ma che esso deve essersi sviluppato nuovo nella serie dei Dinosaurii e forse già nei loro antenati, e che (1886) il prolungamento anteriore del pube dei Dinosaurii può solo corrispondere ad un forte accre¬ scimento della pars acetabularis e che traccia di esso si trova anche negli uccelli recenti, come nello Apteryx , Drotnaeus , Geo- coccyx. Egli ammette quindi un nuovo elemento formatosi nel bacino (la pars acetabularis ), che è evidente in molti mammi¬ feri e che secondo Wiedersheim, si trova anche nel bacino del Coccodrillo. Baur più tardi (1886) cambia opinione. Egli riconosce che il pube degli uccelli è omologo al pube dei rettili e che non esiste alcun postpubis ; poiché nello stadio embrionale il pube degli uccelli sta quasi perpendicolarmente all'ileo ed in seguito si gira verso dietro. Egli accetta l'ipotesi di Wiedersheim circa resistenza di un quarto costituente del bacino, affermando che il prolungamento (processus pectinealis) degli uccelli (in parte), come quello dei Dinosaurii, è molto probabilmente omologo al- Tosso acetabolare. Poiché se questo prolungamento dei Dino¬ saurii fosse il pube, allora noi avremmo un caso unico in tutti i vertebrati, cioè che l'estremo distale del pube sarebbe diretto in fuori e non in dentro. Mehnert (1887), per concorrere ad un premio stabilito dalla Fa¬ coltà di Medicina della Università di Dorpat, si occupa della qui- stione della composizione e modo di sviluppo del bacino degli uccelli, sotto il punto di vista della teoria della discendenza. Poi¬ ché ritiene che non è possibile risolvere la quistione con ricer¬ che fatte solo sul pollo, egli esamina anche numerosi embrioni di uccelli acquatici e di altri uccelli selvatici. L'esame è fatto sia mediante sezioni microtomiche, che mediante dissezioni. Egli nota che l'abbozzo del pube degli uccelli, nei primi stadii embrio¬ nali, si presenta quasi perpendicolare a quello dell'ileo, e che in embrioni più avanti nello sviluppo esso appare girato caudal¬ mente; e che il processus pectinealis non nasce dall'abbozzo del pube, ma dal pericondrio della cartilagine acetabolare dell' ileo. Egli viene quindi alla stessa conclusione di Bunge, cioè che il pube degli uccelli è omologo a quello dei rettili viventi. Secondo Mehnert il processus pectinealis sia nei Carenati che nei Ratiti non può essere considerato come una formazione autonoma, cioè come un quarto componente della pelvi; ed i Dinosaurii orni- topodi non sono gli antenati degli uccelli, ma solo un ramo la¬ terale del comune tronco dei Sauropsidi, del quale ramo non è sopravvissuto alcun discendente. Zittel (1890) segue completamente Mehnert e Bunge. Egli dice che il pube degli uccelli corrisponde al vero pube dei Coc¬ codrilli, Lucertole e rimanenti rettili; e che, contrariamente a quanto ammettono Hulke e Marsh, il pube degli uccelli non è affatto omologo al postpubis dei Dinosaurii ornitopodi. Che la presunta corrispondenza del bacino degli uccelli con quello dei Dinosaurii ornitopodi è solo apparente e che quindi vengono a cadere le conclusioni fondate su di essa. Il postpubis degli Orni¬ topodi e Stegosaurii sembra perciò come un prolungamento ap¬ partenente solo ai Dinosaurii, come un particolare differenzia¬ mento, al quale negli uccelli non è omologa alcuna formazione Gadow (1891) accetta Y ipotesi di Johnson, cioè che il pube degli uccelli è omologo al processus lateralis del pube dei ret¬ tili ed al postpubis dei Dinosaurii ; ed il processus pectinealis degli uccelli è omologo al pube dei rettili ed al pubis dei Di¬ nosaurii; e che mentre esso come processus pectinealis pubicus è un preformato elemento ereditato dai rettili, ha esso come spina iliaca solo il valore di una cresta od apofisi dell' ileo. W iedersheim più tardi (18923, 1898, 1902) torna all'antica con¬ cezione del pube degli uccelli, cioè che questo è omologo al pube dei rettili ed è rotato verso dietro. Egli dice (18923) che negli uc¬ celli non si sviluppa un postpubis nel senso di Marsh, e che la pars acetabularis, come giustamente osserva Bunge, appartiene geneticamente al processus ilei acetabularis pubicus e deve es¬ sere considerata come spina iliaca . Gegenbaur (1898) persiste nella sua antica concezione del pube, accettando completamente le conclusioni di Mehnert. Circa il processo preacetabolare, egli fa osservare che bisogna escludere un rapporto di esso con un prepube, poiché nei Ca¬ renati esso non appartiene al pube ma all’ileo; e che se nei Ratiti il pube può prender parte alla sua formazione ( Casuarius , — 163 — Apteryx ), ciò non modifica Popinione sopra espressa, poiché Ponto- genesi ha già provato come sia erronea ogni altra spiegazione. Haller (1904) considera invece il pube degli uccelli omologo al postpubis dei Dinosaurii ornitopodi ed il processus pectinealis <\t\X Apteryx omologo al praepabis. Butschli (1910) non si accorda con nessuno degli autori precedenti. Infatti egli ammette che il pube degli uccelli sia omologo al pube dei rettili ed al postpubis dei Dinosaurii, il quale, come il vero pube dei rettili, forma una sinfisi; e che il processus pectinealis degli uccelli sia omologo al processus late¬ rali del pube dei rettili, che egli chiama processus praepubici , ed al praepubis dei Dinosaurii, il quale, come il processus prue- pubici, non forma una sinfisi. Egli dice che se alla formazione del processus pectinealis in alcuni Ratiti prende parte anche P i- leo e nei Carenati solamente l'ileo, ciò deve riferirsi ad una omologia sostituzionale* Si potrebbe dire che Pipotesi di Butschli sia quella di Johnson capovolta. Da questo breve cenno bibliografico si può chiaramente ve¬ dere come le opinioni sulla omologia del pube dei Sauropsidi sono varie e contradittorie. Esse, per quanto riguarda i Sauro¬ psidi viventi, possono essere riassunte nelle seguenti tre princi¬ pali ed opposte concezioni: 1) 11 pube degli uccelli è omologo all'intero pube dei rettili; ed il processus pectinealis è da con¬ siderarsi come una formazione della porzione acetabolare o del- P ileo , o del pube, o dell'ileo e del pube, oppure come una formazione autonoma ( pars acetabularis ), già esistente in alcuni rettili e che costituisce un quarto elemento del bacino. 2) Il pube degli uccelli è omologo al processus laterali del pube dei rettili; ed il processus pectinealis è omologo al pube dei rettili, meno il processus laterali. 3) Il pube degli uccelli è omologo al pube dei rettili, meno il processus laterali ; ed il processus pectinealis è omologo al processus laterali del pube dei rettili. Da che dipende questa diversità di concezioni? L'esame e la comparazione delle sole ossa del bacino dei Sauropsidi, così nel loro completo sviluppo, che nei primi abbozzi embrionali, non è sufficiente per poter venire a conclusioni morfologiche. L'embrio¬ logia ci mostra che negli stessi rettili i primi abbozzi del bacino - 164 — possono apparire in maniera affatto diversa; così, per esempio, neirHatteria, secondo Schauinsland (1900), il pube e rischio di ciascun lato da principio sono costituiti da un abbozzo unico, che dairacetabolo, biforcandosi, si accresce verso la linea mediana, senza mai fondersi con quello del lato opposto; mentre ntW'Emys lutarla taurica , secondo Mehnert (1890, fig. 1), ambedue i pubi e gli ischi nascono da un unico abbozzo mediano a forma di x, le cui branche laterali, accrescendosi, vanno più tardi a raggiungerel'abbozzo dell'ileo nella regione acetabolare. Io ritengo quindi che sia necessario tener conto anche di altri dati non meno importanti, e cioè : 1) di alcuni caratteristici legamenti del bacino dei rettili, che nei Saurii specialmente hanno una importanza funzionale grandissima per la inserzione di numerosi muscoli; 2) della presenza, inserzione e rapporti di posizione dei muscoli; 3) dei nervi e spe¬ cialmente del nervo otturatore. Tenendo conto principalmente di questi tre dati e mettendo a profitto sia le mie dirette osservazioni sulla miologia del bacino di molti rettili ed uccelli, che quelle degli altri autori e special- mente di Furbringer (1870), Hoffmann (1890), Gadow (1882, 1891), Selenka (1891), Perrin (1892), Osawa (1898) ed Ogusi (1911, 1913), io mi propongo di risolvere l’antica quistione del¬ l'omologia del pube dei Sauropsidi viventi. L'Otturatore e l'Adduttore del femore degli Uccelli ed i loro omologhi nei Rettili* Per la esatta conoscenza dei rapporti di posizione del pube, è necessario prima di tutto stabilire quali siano nei ret¬ tili gli omologhi del M. otturatore e del M. adduttore del fe¬ more degli uccelli. Il Gadow (1891), nel suo importante lavoro sugli uccelli, dice che 11 A4. obturator (n. 41) si è forse sviluppato dal A4. pubi- ischio- f e moralis externus (n. 14) dei rettili. Ma poiché questo muscolo nei rettili si inserisce sulla faccia ventrale del bacino, mentre il AL obturator prende inserzione sulla superficie visce¬ rale del bacino; egli suppone che il A4. obturator originaria¬ mente avesse la stessa posizione del A4. pubi-ischio-fetnoralis — 165 — m ' externus dei rettili, ma che, spinto forse dallo sviluppo dei mu¬ scoli più superficiali, sia poi migrato con la sua porzione prossi¬ male nelTinterno del bacino; e che il pube e l'ischio, riavvicina¬ tisi, siano stati secondariamente connessi tra loro dalla membrana ischio-pubica. Egli quindi ammette che il forame otturato degli uccelli sia omologo al forame cordiforme dei rettili; ciò che è, come vedremo in seguito, in evidente contraddizione con Tipo- tesi di Johnson, da lui accettata. L'Otturatore degli uccelli (fig. 1, 3, ot), come i suoi mu¬ scoletti accessorii (fig. 1, aot), è certamente omologo al Flessore del femore dei rettili (fig. 2, 4, ff.), cioè al M. pubi-ischio- fe¬ morali externus n. 14 Gadow, Fléschisseur du fémur n. 119. Perrin, M. pubo-ischio-trochantericus externus n. 7. Osawa, M. obturatorius externus n. 119 Ogushi. Ciò si deduce dalla sua fun¬ zione, innervazione, inserzioni e rapporti di posizione. Infatti l'Otturatore degli uccelli come il Flessore del femore dei rettili: 1) porta caudalmente il femore e lo fa alquanto ruotare in dentro, 2) è innervato dal nervo otturatore, prima che questo vada al¬ l'Adduttore del femore (714. pubi-ischio-femoralis n. 43 Gadow, Adductor magnus n. 80 Selenka), 3) il suo capo distale si inse- risce sulla faccia postero-esterna del capo del femore. Quanto alla sua inserzione prossimale ed ai suoi rapporti di posizione con le ossa del bacino, sembra a prima vista che esso si diffe¬ risca di molto dal Flessore del femore dei rettili; ma questa di¬ versità di comportamento, che ha fatto supporre a Gadow una migrazione del muscolo dalla faccia esterna a quella interna del bacino, non è che apparente. Per poter comprendere quali siano i veri rapporti di posizione di questo muscolo, è necessario tener conto non solamente delle ossa, ma anche dei legamenti. Se si esamina il bacino di un Saurio, per esempio di una Lucertola, si nota un legamento laminare molto resistente (fig. 2, 4, 10, Ipi), il quale dalla spina pubica {processus lateralis ), si estende sino al bordo posteriore dell'ischio, formando, insieme alla spina pubica, come un ponte che va dall'ischio al pube, e determinando una specie di cavità compresa tra la faccia ventrale di questi due elementi del bacino ed il legamento stesso. E' in questa cavità che trovasi la porzione prossimale del Flessore del femore (fig. 2, 4, ff), isolata dagli altri muscoli. Questo lega- — 166 mento, che in alcuni rettili (Testugine, Camaleonte fig. 7) si presenta in parte fortemente ispessito, in modo da formare un cordone tendineo molto robusto, prende comunemente il nome di legamento pube-ischiatico. Ma io preferisco chiamarlo lega¬ mento spina pubica-ischiatico, per distinguerlo da un altro lega¬ mento pube-ischiatico (fig. 5, lm.), il quale e situato nella regione mediana del bacino e riunisce la sinfisi pubica a quella ischiatica, dividendo il forame cordiforme (fc.) in due porzioni simmetriche. Fig. 1. — Bacino di un giovane pollo, visto lateralmente ed alquanto schematico : aot. ac¬ cessorio dell’otturatore, fe. femore, fo. forame otturato, il. ileo, is. ischio, Ipi. lega¬ mento pube-ischiatico, ot. porzione interna (prossimale) dell’ otturatore sinistro , ot\ porzione esterna (distale) dell’otturatore destro, pu. pube. Tenendo conto dei due menzionati legamenti, il bacino presenta per ciascun lato due aperture: una dorsale, che corrisponde ad una metà del forame cordiforme {fc.) e che è delimitata dal margine interno del pube, dal margine anteriore dell'ischio e dal legamento mediano pube-ischiatico {lm.)\ l'altra, (fig. 2, 10, fo.) latero-ventrale, la quale è delimitata dal margine esterno della spina pubica (sp.), dal legamento spina pubica-ischiatico, dal mar¬ gine posteriore dell'ischio e dall'acetabolo. A questa apertura io dò il nome di forame otturato. Per gli autori invece foramen obtura - tum od obturatorium è sinonimo di forame cordiforme o pube- ischiatico, oppure di foro nerveo-vascolare (piccolo foro del pube dei saurii per il quale passa il nervo otturatore) ; mentre negli uccelli è detto forame otturato l'apertura situata presso l' aceta¬ bolo, compresa tra il pube e l' ischio e per la quale fuoriesce Fig. 2. — Lacerta viridis. Bacino visto dalla faccia ventrale, alquanto schemat;co : Le linee a grossi tratti indicano il luogo di inserzione dei muscoli sulla superficie esterna del legamento spina pubica-ischiatico. adf. adduttore del femore, adt. adduttore ante¬ riore e medio della tibia, btp. branca trasversale del pube, fc. forame cordiforme o pube-ischiatico, ff. ff* flessore del femore, ff. sua porzione interna (prossimale), ff*. sua porzione esterna (distale), Ipi legamento spina pubica-ischiatico, mpa. muscoli della parete ventrale dell’addome, rit. rotatore inverso della tibia, sp. spina pubica. Le altre indicazioni come nella fig. 1. dal bacino il capo distale dell'Otturatore. Il forame otturato de¬ gli uccelli è ritenuto omologo al forame pube-ischiatico dei Che- lonii e Coccodrilli, cioè al forame cordiforme più il foro ner¬ veo-vascolare del pube dei Saurii; ma, come io cercherò di di¬ mostrare in seguito, queste due aperture del bacino dei rettili non hanno alcun omologo negli uccelli ; ed il forame otturato — 168 — di questi sauropsidi può solo omologarsi a quella apertura del bacino dei rettili, che, come ho detto innanzi, è delimitata dal mar¬ gine esterno della spina pubica e del legamento spina pubica- ischiatico, dal margine posteriore dell'ischio e dall’acetabolo. Perciò a questa apertura ho voluto dare il nome di forame otturato. Il legamento spina pubica-ischiatico ha una grande importanza funzionale, poiché, mentre sulla sua superficie interna si possono inserire molti fasci muscolari del Flessore del femore ( Platyda - ctylus , Hemidactylus ), sulla sua superficie esterna si inseriscono nella Lacerta : 1) i Retti dell'addome ed in parte gli Obbliqui (< npa ); 2) l’Adduttore anteriore della tibia ( adt ) (M. pubi-ischio- tibialis n. 10 pt. I Gadow, Adducteur antérieur du tibia n. 106 Perrin); 3) l'Adduttore medio della tibia (adt) (M. pubi-ischio- tibialis n. 10 pt. II Gadow, Adducteur moyen du tibia n. 107 Perrin); 4) il Rotatore inverso della tibia (rie) (M. pubi-tibialis n. 12 Gadow, Rotateur inverse du tibia n. 117 Perrin); ed in fine 5) l'Adduttore del femore (adf) (M. ischio-femoralis n. 11 Gadow, Adducteur du fémur n. 118 Perrin). Il capo distale del Flessore del femore (fig. 2 fuoriesce in vicinanza dell'acetabolo attraverso uno spazio lasciato libero dal legamento spina pubica-ischiatico e delimitato dalle branche arti¬ colari del pube e dell’ischio, dalla spina pubica e dal legamento in parola (fo). Anche negli uccelli il capo distale del M. otturatore (fig. 1, ot ') fuoriesce dal bacino presso l'acetabolo, attraverso un'a¬ pertura (forame otturato) (fo), delimitata dalle branche articolari del pube e dell'ischio e dal legamento pube ischiatico (membrana ot¬ turatrice) (Ipi). La inserzione del Flessore del femore nei Saurii si fa sulla faccia ventrale del pube e dell'ischio, ma i fasci più su¬ perficiali (ventrali) si inseriscono sulla faccia interna della spina pubica, ed in alcuni saurii anche sulla superficie dorsale del le¬ gamento spina pubica-ischiatico. Così nel Platydactylus maurita- tiicus e nel X Hemidactylus verruculatus i capi del terzo gruppo della porzione grande del Flessore del femore (cioè i capi più superfi¬ ciali e situati dorsalmente al legamento spina pubica-ischiatico) prendono inserzione sopra il detto legamento (Marcucci 1907). Ed è degno di nota il fatto che essi possono variare di numero nella stessa specie, ciò che mostra una evidente instabilità del Flessore del femore ed una tendenza ad abbandonare la sua normale in- — 169 — serzione pube-ischiatica. Anche in Triotiyx japonicus , secondo Ogushi (1913), la porzione superficiale (a) di questo .muscolo (M. obtaratorias exter nas n. 119) si inserisce sulla faccia dorsale della Fascia pelvico- femoralis, cioè del legamento spina pubica- ischiatico; e, come in alcuni saurii, presenta dei capi che oltrepas¬ sano la linea mediana e si incrociano con quelli del lato opposto (porzione ischiatica, d). Ora se noi sopprimiamo completamente la branca trasversale del pube (btp) insieme alla porzione del Flessore del femore che vi si inserisce, lasciando solamente la porzione articolare e la spina pubica col relativo legamento spi¬ na pubica-ischiatico, riesce facile comprendere come la posizione del Flessore del femore dei rettili e quella dell'Otturatore degli uc¬ celli sia la stessa rispetto a questi elementi del bacino; cioè tutti e due i muscoli sono situati dorsalmente (lato viscerale) al pube (spina pubica) ed al legamento pube-ischiatico, mentre il loro capo distale per inserirsi al femore fuoriesce attraverso il forame otturato (fig. 1, ot', fig. 2, ff'). Anche per la inserzione ischiatica questi due muscoli pre¬ sentano gli stessi rapporti di posizione. Se nei rettili il Flessore del femore, contrariamente all'Otturatore degli uccelli, prende inserzione sulla faccia ventrale dell' ischio ; nel Gongilus però, come io ho fatto notare (1906, fig. 21, 22), i capi profondi di questo muscolo possono passare dorsalmente all'ischio. Ma, senza voler tenere conto di questa peculiare disposizione, è da notare che la faccia viscerale dell'ischio degli uccelli non corrisponde a quella dei rettili. E' presumibile invece che la faccia viscerale dell'ischio degli uccelli corrisponda al bordo anteriore ed in parte alla superficie antero-ventrale dell'ischio dei rettili, mentre la faccia esterna dell'ischio degli uccelli corrisponda al bordo po¬ steriore ed in parte alla superficie postero-dorsale dell'ischio dei rettili; come pure il tratto di unione dell'ischio con l'ileo degli uccelli non corrisponda al legamento ischio-iliaco dei rettili. Ciò si può dedurre: dalla posizione di dette facce rispetto all'acetabolo ed all'ileo, dal punto di inserzione del legamento pube-ischiatico, e specialmente dai rapporti di posizione con i muscoli. Così mentre nei rettili i Deduttori caudali della coscia (fig. 4, de) (M. caudi- femoralis n. 7 e M. caudi-ilio- femoralis n. 6 Gadow, Déducteur caudal inférieur de la cuisse n. 111-112 e Déducteur caudal su- — 170 — périeur de la cuisse n. 116 Perrin, M. coccygeo-femoralis longus n. 4 e M. coccygeo-femoralis brevis n. 3 Osawa), passano inter¬ namente al legamento ischio-iliaco (fig. 4, liil), cioè attraverso al foro delimitato dall'ischio, dall'ileo e da detto legamento; il loro omologo negli uccelli ( Adductor longus n. 81 Selenka, M. caudo- ileo-famoralis n. 36 Gadow) non attraversa il f or amen ischiadicumt ma passa esternamente al tratto di unione ischio-iliaco, e quindi adf et Fig. 3. — Gallus domesticus. Muscoli della superficie interna della coscia destra e della corrispondente metà del bacino : adf. adduttore del femore, et. M. ambiens, pp. pro- cessus pectinealis. Le altre indicazioni come nelle figure precedenti. non internamente ma esternamente all'ischio. Così pure il Rotatore inverso del femore degli uccelli ( Quadratus femoris n. 79 Selenka, M. ischio- femoralis n. 40 Gadow! si inserisce sulla faccia esterna dell'ischio, mentre nei rettili il suo omologo (M. pubi-ischio- femoralis poster ior n. 15 Gadow, Rotateur inverse da fémur n. 124 Perrin, M. ischio-trochantericus n. 9 Osawa) si inserisce sulla superficie postero-dorsale dell'ischio. E' strano che Gadow, il quale giustamente considera omologhi questi due muscoli, non si preoccupi della loro inserzione prossimale, quando cerca di spiegare quella dell'Otturatore. Dopo quanto ho detto, credo che si possa concludere che l'Otturatore degli uccelli corrisponda perfettamente al Flessore del femore dei rettili, non solamente per la funzione, innerva¬ zione ed inserzione femorale, ma anche per i rapporti di posi¬ zione con gli elementi del bacino; e che non sia quindi neces¬ sario ricorrere alla migrazione del Flessore del femore nell'in¬ terno del bacino ed alla neoformazione della membrana otturatrice,, supposta da Gadow. Fig. 4. — Lacerta viridis. Muscoli della faccia ventrale del bacino ed antero-interna della coscia ; a sinistra sono stati asportati i muscoli superficiali della coscia : c. cuneo che sporge nella cavità addominale, costituito dalle due branche trasversali del pube e dai muscoli che ad esse si inseriscono, de. deduttori caudali della coscia , et. estensore della tibia, liti, legamento ischio-iliaco, Ipi. legamento spina pubica-ischiatico. Le altre indicazioni come nelle figure precedenti. Un altro muscolo del bacino degli uccelli, del quale è ne¬ cessario stabilire la omologia, è l'Adduttore del femore (fig. 3, 9, adf) (M. pubi-ischio-femoralis n. 43 Gadow, A dductor magnus n. 80 Selenka). Questo muscolo, molto bene sviluppato e si¬ tuato nella regione interna della coscia, è costituito da due grossi e piatti capi muscolari, ben distinti fra loro, e si inserisce sulla faccia esterna della metà prossimale del pube, della membrana otturatrice (legamento pube-ischiatico) e della porzione a questa adiacente dell'ischio e del pube. Per la sua funzione, rapporti di posizione ed innervazione, questo muscolo deve considerarsi omologo all’Adduttore del fe- — 172 — more dei rettili (fig. 2, 4, IO, adf) (M. ischio-femoralis n. 11 Gadow, Adducteur da fémur n. 118 Perrin, M. pubo-ischio- fe¬ moralis n. 6 Osawa, M. Sartorius n. 132 Ogushi), il quale è re¬ lativamente meno sviluppato e costituito da un solo capo mu¬ scolare. Il Gadow invece lo fa derivare in parte dal M. pubi- ischio-femoralis externus n. 14 dei rettili, cioè dal Flessore del femore (ff). Egli propriamente nel trattato sui rettili (1882-2) fa derivare il M. pubi-ischio - femoralis dei Ratiti in parte dal M. pubi-ischio-femoralis externus n. 14 dei rettili ed in parte an¬ che dal M. ischio-femoralis n. 11, cioè dall’Adduttore del femo¬ re (adf)] ma nel lavoro sugli uccelli (1891), che è di molto po¬ steriore a quello sui rettili, dice solo che il M. pubi-ischio-femo¬ ralis n. 43 degli uccelli corrisponde in parte al M. pubi-ischio- femoralis externus n. 14 dei rettili. La omologia dell’Adduttore del femore degli uccelli con l’Adduttore del femore dei rettili è evidente. Infatti: 1) L'Adduttore del femore degli uccelli è inner¬ vato dal nervo otturatore, come nella maggior parte dei rettili. Il nervo otturatore sia negli uccelli che nei rettili, dopo di essere uscito dal bacino e dopo di avere innervato il M. otturatore de¬ gli uccelli od il suo omologo nei rettili, cioè il Llessore del fe¬ more (ff.), va ad innervare l' Adduttore del femore {adf). 2) L’Adduttore del femore degli uccelli, come quello dei ret¬ tili adduce il femore, cioè esso tende ad avvicinare il femore alla faccia ventrale deH'animale; invece il Flessore del femore dei ret¬ tili ( ff ’.) tende ad avvicinare il femore alla coda del rettile, cioè a portare la coscia verso dietro. 3) L'adduttore del femore degli uccelli si inserisce alla porzione distale del femore, distalmente al Deduttore caudale della coscia (M. caudo-ileo-femoralis n. 36 GaDow). Similmente l’Adduttore del femore dei rettili si inserisce sulla diafisi del femore, distalmente ad Deduttore caudale infe¬ riore della coscia (M. caudi- femoralis n. 7 Gaoow, n. 111-112 Perrin) ed al Deduttore caudale superiore della coscia (M. cau- di-ilio-femoralis n. 6 GaDow, n. 116 Perrin), i quali, come am¬ mette il GaDow, sono sicuramente omologhi al Deduttore cau¬ dale della coscia degli uccelli (M. caudo-ileo-femoralis n. 36 GaDow). Mentre il Flessore del femore dei rettili si inserisce alla porzione prossimale del femore (capo del femore) e prossimal- mente ai due menzionati Adduttori caudali della coscia. Dimo- — 173 — doche la inserzione sul femore di questi due ultimi muscoli è posta tra quella del Flessore del femore e quella dell'Adduttore del femore. Volendo far derivare, come vuole il Gadow, l'Ad¬ duttore del Femore degli uccelli dal Flessore del femore dei rettili, si dovrebbe supporre non solamente che la funzione di questo muscolo fosse mutata, ma che la sua inserzione femorale si fosse spostata dalla parte prossimale verso la parte* distale del femore, scavalcando la inserzione femorale dei due Adduttori della coscia; ciò che non è assolutamente ammissibile. Il pube dei Sautopsidi viventi* Se si esamina il pube di una Lucertola (fig. 5), si nota che il foro nerveo-vascolare (per in quale passa il nervo otturatore), ed un solco longitudinale mediano (causato dall'assottigliamento dell'osso) dividono il pube in due porzioni ben distinte fra loro: una esterna (pe.), che si continua nella spina pubica (sp.); l'altra interna (pi) , che si continua nella branca trasversale (i btp .). Inoltre il pube e propriamente la porzione esterna di questo non è situata nello stesso piano dell'ischio e dell'ileo, ma in un piano a questo quasi normale. La porzione esterna, col suo estremo prossimale si articola dorsalmente col processo ace- tabolare pubico dell' ileo (pap.) e posteriormente coll' ischio (fig. 10), contribuendo nella stessa misura dell' ischio e dell' ileo alla formazione della cavità acetabolare l). La porzione interna col suo estremo prossimale si articola pure coll'ileo e con l'ischio )fig. 5), ma non prende parte alla formazione della cavità ace¬ tabolare; essa concorre invece a formare il forame cordiforme 4) Gegenbaur (1876, p. 237) afferma che " Bei den Eidechsen und Schild- kròten bietet sich zwar das Bestehen eines mit der Pfanne verbundenen Scham- beins, aber der Antheil an jener Pfanne ist geringer als der einer der beiden anderen Bestandtheile des Hiiftbeins Ma ciò non è esatto, poiché nella La¬ certa, Platydactylus e molti Saurii, nei quali la porzione esterna del pube è ben sviluppata, i tre componenti del bacino partecipano ugualmente alla for¬ mazione dell’acetabolo; in ogni modo la porzione del pube che prende parte alla formazione dell' acetabolo non è inferiore a quella degli altri due componenti del bacino. — 174 — (fc.) e la sinfisi pubica. Perciò rischio presenta nella sua super¬ ficie interna, cioè opposta all'acetabolo, due bordi articolari: uno per l'ileo e l’altro per il pube. Nel Camaleonte (fig. 7), dove la porzione esterna del pube è molto ridotta, noi vediamo perciò il pube quasi completamente escluso dalla formazione della ca¬ vità acetabolare. Nei Chelonii (fig. 6), dove manca la parte pros¬ simale della porzione interna, mentre il pube partecipa alla for¬ mazione dell'acetabolo, sulla superficie interna della regione ar- Fig. 5. — Lacerta virìdis. Bacino visto dalla superficie dorsale : btp . branca trasversale del pube, fn foro nerveo-vascolare, per il quale passa il nervo otturatore. Im. lega¬ mento mediano pube-ischiatico, pap. processo acetabolare pubico dell’ileo, pe. por¬ zione del pube situata esternamente al nervo otturatore, pi. porzione del pube situata internamente al nervo otturatore, sii. spina iliaca, sp. spina pubica. Le altre indica¬ zioni come nelle figure precedenti. ticolare, opposta all'acetabolo, non si nota più, come nelle Lu¬ certole, il bordo dell'articolazione pube-ischiatica, ma solamente quello molto esteso dell'articolazione pube-iliaca, come se il pube si articolasse solo con l' ileo; ed il nervo otturatore non perfora il pube. Nei Coccodrilli oltre a mancare la porzione interna pros¬ simale del pube, manca anche il processo acetabolare pubico dell' ileo (pap.) ; e la porzione esterna del pube è, come nel Ca¬ maleonte, molto ridotta; perciò il pube non prende parte alla formazione della cavità acetabolare e si articola solo con l'ischio. Anche nei Coccodrilli, come nei Chelonii, il nervo otturatore non perfora il pube. In tutti i Saurii e nell’ Hatteria invece il nervo otturatore attraversa il pube, passando tra le due branche di questo (esterna ed interna), in modo che è situato internamente alla prima, esternamente alla seconda. Quando viene a mancare la branca in¬ terna, almeno nella sua porzione prossimale, manca anche il foro nerveo-vascolare e quindi il nervo otturatore non perfora più il pube, e trovasi invece nel forame cordiforme. Così deve spiegarsi che nei Chelonii e Coccodrilli il nervo otturatore non perfora il pube. Ciò è provato anche dal fatto che nei Chelonii e Coccodrilli manca il Rotatore accessorio del femore (M. pubi-ischio-fetnoralis inter nas pt. II. n. 13 Gadow, Rotateur acce sso ir e da fémur n. 123 Perrin), che nei Saurii, dove è molto sviluppato, si inserisce so¬ pra questa porzione del pube, chiudendo dorsalmente il forame cordiforme. Vi sarebbe anche una prova embriologica : Secondo Wiedersheim (1889 pg. 438), come in Lacerta agilis così in Che- Ione midas ed in Crocodilus biporcatus l'abbozzo del pube e dell'ischio nello stadio precartilagineo è costituito da un baste¬ rna unico, il quale nella regione del futuro forame cordiforme presenta una interruzione solo per il nervo otturatore. (Cfr. an¬ che 18923). Il nervo otturatore quindi, sia nei Chelonii che nei Coccodrilli, sarebbe circondato dal blastema che costituisce il primo abbozzo del pube; ma quando più tardi avviene la con¬ drificazione, poiché essa interessa la sola porzione del blastema del pube situata anteriormente ed esternamente al nervo ottura¬ tore, questo nervo rimane escluso dal pube e viene quindi a tro¬ varsi libero nel forame cordiforme. La parziale mancanza in alcuni rettili della porzione interna del pube, diventa completa negli uccelli. Ciò si può rilevare non solamente dalla direzione del pube e suoi rapporti di posizione coi muscoli e col nervo otturatore, ma anche esaminando i primi abbozzi embrionali del bacino di alcuni uccelli acquatici. Dalle figure di tagli sagittali di giovani embrioni di Podiceps cornatus , date da Mehnert (1887, fig. 1, 3), si vede chiaramente che l'ab¬ bozzo del bacino nei primi stadii di sviluppo (tessuto a piccole - — 176 — cellule prive di sostanza intercellulare) è perforato dal nervo ot¬ turatore; mentre in stadii successivi (fig. 6) il nervo appare li¬ bero, per la condrificazione della sola parte dell’abbozzo del pube situata esternamente al nervo. Che negli uccelli questa porzione interna del pube sia com¬ pletamente assente, è dimostrato specialmente dai rapporti del pube con i muscoli della parete ventrale dell' addome. Quando si apre l’addome di una Lucertola, noi vediamo sporgere nella cavità addominale un grosso cuneo (sul quale il peritoneo passa direttamente dalla parete ventrale dell' addome), con Y apice di- Fìg. 6. — Testudo graeca. Bacino visto dalla superficie dorsale. Indicazioni come nelle figure precedenti. retto cefalicamente, mentre i muscoli delle pareti addominali si portano obliquamente sulla sua base per congiungersi sulla li¬ nea mediana. Questo cuneo, (fig. 4, c.), che divide la cavità ad¬ dominale posteriore in due fosse, una dorsale e una ventrale, è formato dalle branche trasversali dei pubi e dai muscoli che so¬ pra di esse si inseriscono. I rapporti dei muscoli delle pareti addominali col pube sono nei rettili intimamente legati alla po¬ sizione della spina pubica; quanto più questa è situata presso la sinfisi pubica, tanto più il cuneo diminuisce; così nella Lacerta , Gongilus, Platydactylus il cuneo è grande, nel Camaleonte è piccolissimo, nel Coccodrillo non esiste. Il cuneo inoltre è poco appariscente in quei Sauri!, nei quali le branche dei pubi, che concorrono alla formazione della sinfisi, non sono come nella — 177 — Lacerta dirette in avanti, ma sono invece trasversali, come per esempio nell' Uromastix. In tutti i rettili però, e, ciò che è de¬ gno di nota, tra tutti gli amnioti solo nei rettili, esiste sempre uno spazio più o meno esteso, che separa le pareti addominali dalle branche trasversali dei pubi e dai muscoli che ad esse si inseriscono; ed anche nei Coccodrilli, nei quali, a causa della posizione della spina pubica i), i Retti addominali si inseriscono sulbestremo anteriore dei pubi, esiste pure un detto spazio, poi¬ ché ciascun Retto dell'addome, passando come ponte sulla ri¬ manente parte del pube, va ad inserirsi caudalmente suH'ischio. Quando invece si apre l'addome di un uccello, appare una unica cavità; poiché i muscoli della parete ventrale dell'addo¬ me sono inseriti caudalmente sopra il margine ventrale del ba¬ cino, cioè lungo i pubi. Negli uccelli quindi manca quella grande massa muscolare, che, nei Saurii e nei Lacertilii specialmente, forma il grosso cuneo sporgente nella cavità addominale, di cui ho fatto cenno innanzi; cioè mancano tutti quei muscoli che si inseriscono sulla branca interna del pube (l'Estensore del femore, il Rotatore accessorio del femore ed il Rotatore diretto del fe¬ more), i quali chiudono il forame cordiforme, e che, come io ho fatto notare (1906, 1907), presentano una grande tendenza a fra¬ zionarsi in più capi, che si incrociano sulla linea mediana. Solo rappresentante di essi rimane il Flessore del femore, cioè l'Ot¬ turatore con i suoi muscoletti accessorii; ma è facile supporre che questo muscolo degli uccelli non rappresenti l'intero Fles¬ sore del femore dei rettili, ma solamente la porzione che si inserisce sulla faccia interna della spina pubica e del legamento spina pubica-ischiatico ( Platydactylas , Trionyx). Il Gregory (1918) dice che il pube si è variamente ridotto, perchè il M. pubo-ischio- femoralis externus ed i relativi muscoli trovano negli uccelli il loro attacco principale sull'ischio; ed il pube e l'ischio sono ambedue piegati verso dietro a fine di tirare il femore in dietro ed in A) L'estremo distale cartilagineo del pube dei Coccodrilli, considerato da Wiedersheim (18924 , 1902) come epipubis, deve essere invece considerato, al¬ meno in parte, come una porzione della spina pubica rimasta cartilaginea; poi¬ ché in tutti gli altri rettili i Retti addominali si inseriscono sulla spina pubica, mai sull' epipubis. — 178 — dentro. Ma egli non solamente non tiene conto dei rapporti di posizione del M. otturatore con le ossa del bacino; ma dimen¬ tica che tutti i muscoli, che nei rettili sono situati dorsalmente ed anteriormente al pube, mancano completamente negli uccelli. La mancanza negli uccelli di questa grande massa muscolare è spiegabile con il passaggio dalla locomozione strisciante dei Fig. 7. — Camaeleo vulgaris. Metà sinistra dei bacino vista dalla superficie esterna : a. acetabolo, Ipi. legamento spina pubica-ischiatico, s. porzione ossificata di questo le¬ gamento, sp. spina pubica. Le altre indicazioni come nelle figure precedenti. rettili a quella semieretta degli uccelli. Nei rettili (fig. 8) l’arto nella locomozione dapprima è alquanto sollevato dal terreno e poi è portato in avanti (cefalicamente). Si hanno quindi due mo¬ vimenti di rotazione del femore: il primo avviene intorno all'as¬ se maggiore del capo del femore, che è parallelo all'asse longi¬ tudinale del corpo dell'animale (p a) ; l'altro intorno ad un asse normale al precedente e parallelo al piano sagittale delPanimale. Il primo movimento (1, 2) è prodotto in parte dai capi muscolari dell' Estensore superficiale della tibia che si inseriscono sull' ileo (M. extensor ilio-tibialis n. 2 Gadow, Extenseur super f idei da tibia n. 102, 103 Perrin); ma principalmente dalla contrazione dei capi muscolari del Deduttore del femore (M. ilio-fetnoralis n. 5 Gadow, Déducteur du fémur n. 120 Perrin), i quali sono poco sviluppati, essendo il movimento di poca importanza, poi- / — 179 — chè serve solamente a non fare strisciare l'arto sul terreno. Men¬ tre il secondo movimento (2, 3), il quale serve veramente a sta¬ bilire la posizione dell' arto indispensabile per poter portare in avanti il corpo dell'animale, è prodotto dalla successiva contra¬ zione dei muscoli che costituiscono quella grande massa muscolare in parola. Negli uccelli invece, a causa della conformazione del capo del femore, il movimento è semplificato ; poiché il solleva¬ mento dell'arto è sufficiente a portare questo in avanti (cefalica¬ mente), come avviene anche nei mammiferi. Il femore in questo movimento ruota intorno all'asse maggiore del capo del femore. Questo asse è perpendicolare all'asse longitudinale del corpo del¬ l'animale (p a) e parallelo al piano frontale. Il movimento di sol- levamento dell'arto diventa quindi non solo importante, ma in¬ dispensabile per la locomozione; e perciò i muscoli che servono per questo movimento (Mm. ilio-trochanterici n. 29, M. ilio-fe- moralis externus n. 30 Gadow), i due capi muscolari dell'Estensore superficiale della tibia che li coadiuvano (Mm. ilio-tibialis n. 33, 34 Gadow) e l’osso sul quale tutti questi muscoli si inseriscono, cioè la porzione anteriore dell' ileo, acquistano un enorme svi¬ luppo. Il secondo movimento invece è soppresso e con esso anche i muscoli che a questo movimento servivano, e tutta quella por¬ zione del pube sulla quale questi muscoli prendevano inserzione. Il pube in tutti gli uccelli, ad eccezione della porzione pros¬ simale, ha una direzione antero-posteriore (caudale) e leggermente dorso-ventrale, cioè quasi parallela a quella dell'ileo e dell'ischio, e con l’estremo distale curvato verso la linea mediana; mentre il pube dei rettili (branca trasversale) è diretto ventralmente ed alquanto in avanti (cefalicamente). Ciò che nei rettili e propria¬ mente nei Saurii ha la medesima direzione e gli stessi rapporti di posizione del pube degli uccelli è la spina pubica, che con la porzione del legamento spina pubica-ischiatico, sulla quale pren¬ dono inserzione i muscoli della parete ventrale dell’ addome, costituisce orna stretta e lunga zona (fig. 10, mpa ), che, come il pube degli uccelli, è diretta caudalmente e con l'estremo po¬ steriore ricurvo verso la linea mediana. La spina pubica dei rettili, che, come la spina ischiatica, è una formazione che appare secondariamente nell' embriogenesi del cinto pelvico (Mehnert — 180 — : 1 890), originariamente forse era diretta in avanti (cefalicamente) ed in fuori, come negli Urodeli e come è il caso anche delle Testuggini di acqua e dei Coccodrilli. Ma presumibilmente, per l'ossificazione della porzione del legamento spina pubica-ischiatico, che ad essa si inserisce, si presenta, specialmente nei Lacertilii, ricurva in basso e verso dietro (caudalmente). Ciò è molto evidente nel Camaleonte (fig. 7), dove la spina pubica (che trovasi presso la sinfisi pubica) è appena accennata; ma per ossificazione della porzione prossimale del legamento spina pubica-ischiatico, che forma una grossa e lunga epi¬ fisi (s), essa appare molto sviluppata. *) Anche nei Lacertilii si può no¬ tare aH’estremo della spina pubica una piccola epifisi. Se noi supponiamo che negli uccelli la ossificazione si sia gra¬ datamente estesa sopra tutto il legamento spina pubica-ischiatico e propriamente su tutta la sua porzione, sulla quale prendono inser¬ zione i muscoli addominali, noi possiamo facilmente spiegarci la forma e direzione del pube degli uccelli, senza ricorrere alla voluta rotazione in dietro di esso od alla formazione di un nuovo compo¬ nente del bacino. E l'esame embriologico col quale il Bunge (1880) ed il Mehnert (1887) hanno creduto di poter avvalorare la antica ipotesi della rotazione del pube, verrebbe invece ad avvalorare la ipotesi della progressiva formazione del pube per ossificazione del legamento spina pubica-ischiatico. Difatti la porzione del pube degli l) Wiedersheim (18924 p. 53) considera invece questa epifisi come porzione di un epipubis, che nei giovani Camaleonti sarebbe costituito da una cartila¬ gine a forma di T, comprendente la cartilagine interposta nella sinfisi pubica e gli abbozzi cartilaginei delle epifisi, in ciascuno dei quali più tardi si for¬ merebbe un centro di ossificazione autonomo. Ma, come giustamente aveva fatto osservare Hoffmann (1876), ciascuna di dette epifisi è portata da un partico¬ lare processo del pube ed è riunita all' ischio mediante un legamento (fig. 7). Ora poiché queste due ultime formazioni, per i loro rapporti di posizione col pube e con l’ischio, coi muscoli della parete ventrale deH’addome, col Flessore del femore e con gli Adduttori, debbono senza alcun dubbio essere conside¬ rate l'una come spina pubica e l’altra come legamento spina pubica-ischiatico, non è assolutamente possibile accettare l'interpretazione di Wiedersheim. La posizione di dette epifisi nel giovane Camaleonte esaminato da Wiedersheim (18924 fig. 9), la loro ritardata ossificazione, il loro centro autonomo di ossifi¬ cazione, sono facilmente spiegabili, quando si tiene conto della estrema ridu¬ zione della branca trasversale del pube e della loro formazione cenogenetica ed indipendente dal pube. uccelli vicina all’articolazione, la quale porzione è diretta in fuori e leggermente in avanti ed è situata anteriormente (cefalicamente) al nervo otturatore, al suo passaggio attraverso il foro otturato, dovrebbe, ammettendo la mia ipotesi, apparire nelle sezioni di embrioni di uccelli quasi perpendicolare all'ileo ed essere la prima a formarsi. Mentre la rimanente porzione del pube , che forma con la prima un angolo acuto ed è diretta caudalmente, dovrebbe essere l'ultima a comparire, perchè filogeneticamente la locomozione : p o a retta parallela all’asse longitudinale del corpo, a estremo anteriore, p estremo posteriore, o acetabolo; t t terreno; 1, 2, 3 femore e sua posizione durante la locomozione, 1 quando l'arto poggia sul terreno, 2 quando l’arto è sollevato, 3 quando l’arto è portato cefalicamente, le frecce indicano la direzione del movimento ; tr piano tra¬ sversale nel quale si muove il segmento 1 per portarsi nella posizione del segmento 2, ruotando intorno all’asse p a ; fr superficie nella quale si muove il segmento 2 per portarsi nella posizione delsegmento 3, ruotando intorno all’asse verticale passante per o-, sa piano parasagittale nel quale si muove il segmento 1 per portarsi nella posizione del segmento 2, girando intorno all’asse trasversale passante per o. formatasi più tardi; e nelle sezioni di embrioni più sviluppati la porzione distale del pube dovrebbe apparire come ruotata verso dietro. Ora dalle ricerche di Bunge (1880) e di Mehnert (1887), come anche da quelle di Johnson (1883) , risulta che il primo abbozzo del pube nelle sezioni appare perpendicolare all'ileo; ma che in embrioni più avanti nello sviluppo esso si presenta girato caudalmente. Giustamente quindi Johnson (1883) fa notarè che, poiché nello stadio nel quale il pube (branca posteriore) si presenta curvato verso dietro, la sua metà prossimale conserva la stessa direzione (perpendicolare all'ileo) che aveva negli stadii — 182 — precedenti Finterò abbozzo (branca posteriore), si può conclu¬ dere che il cambiamento di forma risulti da un accrescimento, anziché da una rotazione in dietro dell’intera cartilagine. Circa i rapporti di posizione ho già detto abbastanza a pro¬ posito dei muscoli che si inseriscono sul bacino. Solamente vo¬ glio far notare che per detti rapporti il pube degli uccelli può essere distinto in due porzioni (fig. 9, 10): una distale, molto lunga ed adiacente al legamento pube-ischiatico, la quale cor¬ risponde alla porzione del legamento spina pubica-ischiatico sulla quale si inseriscono i muscoli addominali; l’altra prossimale, breve ed adiacente al forame otturato, la quale corrisponde alla spina pubica ed alla porzione articolare esterna del pube dei saurii. Ciò appare evidente sopratutto per la perfetta corrispondenza del forame otturato degli uccelli con quella apertura del baci¬ no dei rettili da me indicata con lo stesso nome (fig. 10, fo). Infatti il forame otturato degli uccelli e propriamente il foro per il quale esce dal bacino il capo distale del M. otturatore (fig. 1, 9, fo), è delimitato anteriormente e ventralmente dal pube, po¬ steriormente dal legamento pube-ischiatico e dorsalmente dall'i¬ schio. Esso è situato immediatamente vicino all’articolazione fe- more-acetabolare e per esso passa il ramo del nervo otturatore, che va all’Adduttore del femore (adf.) (M. pubi-ischio-femaralis n. 43 Gadow). Mentre l’Otturatore riceve l'innervazione nell'in- terno del bacino. Ugualmente nei Saurii il forame per il quale passa il capo distale del Flessore del femore (fig. 2, 10, fo), è delimitato dorsalmente dall' acetabolo, anteriormente e ventral¬ mente dalla spina pubica e dal legamento spina pubica-ischia¬ tico, e posteriormente dalla branca articolare dell' ischio. Per questo forame esce il ramo del nervo otturatore, che va all'Ad¬ duttore del femore. Mentre il Flessore del femore, che è omo¬ logo all'Otturatore degli uccelli, è innervato dal nervo ottura¬ tore prima di uscire dal forame, cioè internamente alla spina pubica ed al legamento spina pubica-ischiatico. Da quanto ho detto innanzi, e dall'esame dei rapporti di posizione dell' Otturatore, del Flessore del femore, degli Ad¬ duttori e specialmente dei muscoli della parete ventrale della addome col pube e col legamento pube-ischiatico, risulta che il pube degli uccelli corrisponde alla porzione articolare del pube — 183 — dei rettili, situata esternamente al nervo otturatore, alla spina pubica ed a quella porzione del legamento spina pubica-ischia- tico, sulla quale si inseriscono i muscoli della parete ventrale dell'addome. Questa conclusione sembrerebbe avvalorare la concezione di Johnson; ma Johnson fa derivare il pube degli uccelli dalla sola spina pubica dei rettili, e considera il processus pectinealis come un residuo del vero pube. Ora il processus pectinealis degli uc¬ celli (pp) non può corrispondere alla branca trasversale del pube dei rettili, cioè a quella porzione del pube, che sulla linea mediana si incontra con la corrispondente del lato opposto, for¬ mando la sinfisi pubica. Il Baur (1886) giustamente fa notare che il pube dei rettili (branca trasversale) è diretta verso dentro, cioè verso la linea mediana, mentre il processus pectinealis è diretto nel senso opposto. Il Gegenbaur ha già dimostrato che nei Carenati il processus pectinealis fa parte dell' ileo, e perciò lo chiama spina iliaca. Ciò è stato confermato embriologicamente da Mehnert (1887). Resta però il fatto che nei Ratiti esso può far parte anche del pube. Il processus pectinealis può avere solo il valore di una apofisi o prominenza del bordo anteriore dell' acetabolo e pro¬ priamente della porzione di esso, che nei Saurii è costituita dal processo acetabolare pubico dell’ileo (pap) ed in alcuni casi anche dalla porzione .acetabolare del pube, che con esso si ar¬ ticola (Ratiti). Nei rettili lungo questo bordo, e specialmente sulla porzione pubica, si inserisce Y Estensore superficiale della tibia (fig. 4, 10, et) (M.ambiens n.° 1 Gadow, Extenseur super- ficiel du tibia: Tète interne n.° 104 Perrin, M. pubo-tibialis n.° 14 a Osawa, M. vastus femoris : Caput rectum n .° 133 b Ogushi), aderendo molto spesso alla capsula articolare. Questa ade¬ renza alle volte è tale (come ho potuto osservare nel Camaleonte), che sembra che il suo tendine si origini dalla capsula stessa. Nel- 1’ Hatteria e Chelonii la sua inserzione è spostata verso il margine esterno della spina pubica, ed in alcuni Chelonii può anche spin¬ gersi sul legamento spina pubica-ischiatico (Gadow 18822). Secondo Osawa (1898) questo muscolo neH'Hatteria si inserisce non sola¬ mente sulla base del tuberculum pubis, cioè della spina pubica, ma — 184 — anche sulla capsula deirarticolazione femore-acetabolare. Anche in Trionyx japonicus , secondo Ogushi (1913), il. muscolo ha la mede¬ sima inserzione, però mediante un legamento (ligamentum pubis laterale ), che si stende tra la base del processus lateralis del pube e la capsula dell’articolazione femore-acetabolare. Ma in nessun rettile esso si inserisce sulla branca trasversale del pube. Anche negli uccelli, quando esiste ( Homalogonatae di Garrod 1874) l'o- Fig. 9. — Metà destra del bacino di un giovane pollo, vista dalla superficie esterna ed alquanto schematica. Le due linee a grossi tratti indicano il luogo di inserzione dell’ad¬ duttore del femore ( adf ) e dei muscoli della parete ventrale dell’addome ( mpa ) ; le crocette indicano l’inserzione del M. ambiens, che è omologo all’estensore della tibia (et) dei rettili, a acetabolo, ac. apertura crurale, fi. foramen ischiadicum, le. legamento cru¬ rale, Ipi. legamento pube-ischiatico, pp. processus pectinealis e processo acetabolare pubico dell’ileo. Le altre indicazioni come nelle figure precedenti. mologo di questo muscolo (fig. 3, 9, et.) (Gracilis n.Q 85 Se- lenka, M. ambiens n.° 32 Gadow), esso si inserisce sulla por¬ zione preacetabolare, nel punto dove il pube si articola coll’ ileo, esternamente ai Retti dell'addome ; e propriamente sul processus pectinealis (quando esiste) e sul margine esterno della porzione acetabolare ed alle volte anche postacetabolare del pube. Inoltre nei Saurii ( Lacerta ) il margine esterno della spina pubica è riunito al processo anteriore dell' ileo (fig. 10, le) da un legamento, sul quale si inseriscono i muscoli della parete addo¬ minale; in modo che la branca trasversale del pube viene a tro- — 185 — varsi nell’ interno della cavità addominale. Il legamento aderisce fortemente all' Estensore del femore (prima porzione del M. pubi- ischio- femoralis inter nus n.° 13 Gadow, Extenseur da férnur n.° 121 Perrin), mentre passa come ponte sulla incisura ante¬ riore deir ileo, situata tra il processo anteriore dell' ileo o spina iliaca (sii) ed il processo acetabolare pubico dell' ileo (pap). Si ha così un'apertura (foro crurale), per la quale passano, in¬ sieme ai capi distali del Rotatore diretto del femore (M. pubi- Fig. IO. — Lacerta viridis. Metà destra del bacino, vista dalla superficie esterna ed al¬ quanto schematica. Le linee a grossi tratti indicano il luogo di inserzione dell’addut¬ tore del femore ( adf ), dell’estensore della tibia (et) e dei muscoli della parete ventrale dell’addome (mpa). Ipi. legamento spina pubica-ischiatico. Le altre indicazioni come nelle figure precedenti. ischio-femoralis inter nus n.° 13 pars III Gadow, Rotateur di¬ rect da fémur n.° 122 Perrin) e del Rotatore accessorio del femore ( M . pubi-ischio-femoralis internus n.° 13 pars II Gadow, Rotateur accessoire du fémur n.° 123 Perrin), il nervo ed i vasi crurali. Un legamento omologo si trova pure negli uccelli (fig. 9, le.); esso partendo dal margine esterno della porzione aceta¬ bolare del pube, e dell' ileo o del processus pectinealis , quando esiste, va ad inserirsi al margine esterno della porzione anteriore dell' ileo, che è omologa alla spina iliaca dei rettili. Questo le¬ gamento, sul quale, come nei rettili, si inseriscono i muscoli della — 186 - parete addominale (mpà), concorre alla formazione dell'anello crurale, per il quale passano il nervo ed i vasi crurali. Ora se, come ammette Johnson il pube degli uccelli è de¬ rivato dalla spina pubica dei rettili, il processus pectinealis non può essere considerato omologo alla branca trasversale del pube; poiché bisognerebbe supporre che la inserzione prossimale del- T Estensore superficiale della tibia {et) fosse migrata sulla branca trasversale del pube. Ma in questo caso l' inserzione del- 1' Estensore superficiale della tibia degli uccelli (M. ambiens n.° 32 Gadow) dovrebbe trovarsi internamente a quella dei muscoli della parete addominale, non esternamente. Tranne che non si volesse supporre che anche la linea di inserzione dei muscoli della parete addominale insieme al legamento pube-iliaco si fos¬ sero spostati sulla branca trasversale del pube; ed allora il pube degli uccelli non sarebbe più omologo alla spina pubica, poiché negli uccelli i muscoli della parete addominale si inseriscono sul pube. Conclusioni. 1. — Il forame otturato degli uccelli non può essere consi¬ derato omologo al forame pube-ischiatico ocordiforme dei rettili; ma deve invece essere considerato omologo al foro compreso tra la porzione esterna del pube (porzione articolare del pube situata esternamente al nervo otturatore e spina pubica), il legamento spina pubica-ischiatico e la branca articolare dell'ischio dei ret¬ tili; ed il forame pube-ischiatico o cordiforme dei rettili non ha alcuno omologo negli uccelli. 2. — La porzione interna del pube dei Saurii, cioè quella situata internamente al nervo otturatore e che concorre alla for¬ mazione del forame cordiforme e della sinfisi pubica, mentre nei Chelonii e Coccodrilli manca della sola porzione prossimale, negli uccelli è completamente assente. 3. — Il pube degli uccelli non può considerarsi come un nuovo elemento del bacino, nè corrisponde all'intero pube dei rettili ruotato caudalmente; ma esso deve essere considerato omo¬ logo alla sola porzione esterna del pube dei Saurii (spina pubica e porzione articolare del pube situata esternamente al nervo ot- — 187 — turatore), ed a parte del legamento spina pubica-ischiatico os¬ sificatosi. 4. — Il processus pectinealis può avere solo il valore di una apofisi della regione acetabolare e propriamente della porzione di essa, che nei Saurii è costituita dal processo acetabolare pubico delbileo, ed in alcuni casi (Ratiti) anche della porzione acetabolare del pube che con esso si articola. Napoli , Istituto di Anatomia Comparata e Fisiologia Comparata, 1923. LAVORI CITATI 1885. Baur, G. — 1. Bemerkungen uber das Becken der Vógel und Di' nosaurier : Morph. Jahrb. 10 Bd. p. 613-616. 1886. — — 2. W. K- Parker’ s Bemerkungen iiber Archaeopteryx , 1864, und eine Zusammenstellung der hauptsàchlichsten Litte- ratur uber diesen Vógel : Zool. Anz. 9 Jahr. N. 216, p. 106-109. 1880. Bunge, A. — Untersuchungen zur Entwicklungsgeschichte des Be- ckengurtels der Amphibien, Reptilien und Vógel : Dorpat. Inau- guraldiss. p. 1-54, Taf. 1, 2 fig. 1910. Butschli, O. — Vorlesungen uber vergleichende Anatomie : Leipzig. 1 Lieferung. 1835. Cuvier, G. — Legons d’ anatomie comparée publiées par G. Du- mérll: Paris. Tome 1. 1870. Furbringer, M. — Die Knochen und Muskeln der Extremltàten bel den Schlangenàhnlichen Saurlern : Leipzig. 136 pp. 23 Taf. 1882. Gadow, H. — 1. Untersuchungen iiber die Banchmuskeln der Krokodlle , Eldechsen und Schlldkróten: Morph. Jahrb. 7 Bd. 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Anatomiche Stadien an der japanischen dreikral- ligen Lippenschildkròte (Trionyx japonicus). 2 Mitteilang: ibid. 46 Bd. p. 299-562, Taf. 6-13, fig. 5-42. 1898. Osawa, G. — Beitràge zar Anatomie der Hatteria punctata: Arch. Mikr. Anat. u. Entw. 51 Bd. p. 481-691, 53 fig. 1866. Owen, R. — Anatomy of Yertebrates: London. Voi. 2. 1892. Perrin, A. — Contribations a l'étade de la myologie comparée : Membre postériear chez an certain nombre de Batraciens et de Saariens: Bull. Se. France Belg. T. 24, p. 372-552, Pie. 16-23. — 190 — 1880. Sabatier, A. — Comparaison des ceintares et des membres atiié- rieures et postérieures dans la sèrie des vertébrés: Mém. Ac. Se. Lett. Monpellier. Sect. Se. Tome 9, p. 1-437, Pie. 1-9. 1900. Schauinsland, H. — Welter e Beitràge zar Entwicklungsgeschìchte der Matteria: Arch. Mikr. Anat. u. Entw. 56 Bd. p. 747-867, Taf. 32-34. 1883-1886. Wiedersheim, R. — 1. Lehrbuch der vergleichenden Anatomie : Jena. 1889. — — 2. 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Il primo fu stabilito da Hansen (1912) su una femmina muti¬ lata che descrisse col nome di Doxomysis pelagica ed incluso nella tribù dei Mysini : pertanto la posizione sistematica non basata sui pleopodi del maschio, era necessariamente malsicura. Zimmer (1915) esprime l'opinione che la specie descritta da Illig (1906) sopra una femmina col nome di Mysis (?) quadrispinosa facesse effetti¬ vamente parte del gen. Doxomysis : ciò evidentemente per la pe¬ culiare forma del telson. In seguito all'esame di quattro diverse specie del genere in discorso potei [Colosi (1920)] stabilire, dietro l'esame dei pleopodi maschili, le affinità col gen. Afromysis Zimmer e collocare Doxomysis fra i Leptomysini. Tale posizione sistematica e tale affinità è stata riconosciuta e riconfermata da Tattersall. Ma Tattersall delle quattro specie da me descritte consi¬ dera D. Zimmeri come sinonimo di D. quadrispinosa e C. Tat- tersalli come sinonimo di D. pelagica. Pur non escludendo la possibilità di forti differenze ses¬ suali, credo pertanto poco probabile che D. Zimmeri possa ri¬ condursi a D. quadrispinosa. A prescindere dalla forma della fronte, dal solco cervicale (che secondo la figura di Illig appare profondissima e ben delineato in D. quadrispinosa , mentre non lo è affatto in D. Zimmeri ), dalla forma e dai rapporti tra lun¬ ghezza e larghezza del terzo articolo antennulare (rapporti che abi¬ tualmente variano tra i due sessi della medesima specie), dallo sviluppo degli occhi (il cui peduncolo rimane coperto dalla pia¬ stra frontale in D. Zimmeri mentre è scoperta in D . quadrispi - nosa, dall'aspetto della squama antennale (con margini pochis¬ simo setolosi in D. quadrispinosa , riccamente setolosi fino alla base in R. Zimmeri ), rimane un carattere di speciale importanza fornito dal telson. Questo è notevolmente corto (la larghezza basale sta alla lunghezza come 5:8) in D. quadrispinosa, mentre la lunghezza è più che doppia della lunghezza basale in D. Zim¬ meri e le quattro spine terminali di ciascuna sua branca sono subeguali in D. Zimmeri mentre appaiono molto disuguali in D. quadrispinosa. Sopra altri caratteri è impossibile discutere data la scarsezza di dati forniti da Illig. Potrà dirsi che le differenze possono dipendere e dalla dif¬ ferenza di sesso e dalla differenza di età e dalle differenze in¬ dividuali: tutte le supposizioni sono lecite. Però finché si cono¬ scano soltanto un maschio di D . Zimmeri e una femmina di D. quadrispinosa , prima cioè di possedere una serie di forme che possano dimostrare seriamente la sinonimia, mi pare opportuno lasciare distinte le due specie coi caratteri loro assegnati da Illig e da me. Doxomysis pelagica venne descritta da Hansen (1912) su una femmina molto danneggiata, però benché gli occhi si trovassero in cattive condizioni difficilmente ad un osservatore così acuto e preciso quale è Hansen sarebbero fuggite le peculiari spinula- zioni dei peduncoli oculari che invece sono evidentissime nel campione da me descritto col nome di D. Tattersalli. Ad ogni modo è difficile potersi pronunziare in proposito prima che di queste due forme discusse non si conoscano i maschi: la cono¬ scenza di questi potrà decidere la questione se D. Tattersalli sia sinonimo di D. pelagica perchè la somiglianza tra femmine di specie affini è spesso grandissima. E veniamo al genere Lycomysis. Spetta a Zimmer (1915) la priorità di averlo incluso nella tribù dei Mysini, poiché Hansen (1910) dopo l'esame di tre maschi giovani di L. spinicauda lo aveva prudentemente giudicato di incerta sede. Indipendente¬ mente da Zimmer, ma posteriormente a lui, venivo [Colosi (1916)] alla medesima conclusione studiando un maschio adulto ma molto danneggiato. — 193 — Hansen aveva stabilito L. spinicauda su campioni catturati a sud di Celebes; io avevo ritrovato la sua specie a Capo Ca- mao, Cocincina; Zimmer aveva descritto L. pusilla nella collezione Duncher del viaggio da Ceylon a Dampierstrasse. Tattersall (1922) sopra un maschio delle isole Andainan afferma ora l'identità di L. spinicauda di Hansen e Colosi e di L. pusilla di Zimmer. Ora l'unico pleopodo del quarto paio rimasto al mio esem¬ plare terminava con due setole di cui una rotta alla base, l'altra a qualche distanza da questa; non potevo nulla aggiungere circa la lunghezza e l'aspetto di esse. In quanto al palpo mandibolare Tattersall opina che la differenza da me sostenuta circa la dif¬ ferenza fra quello di L. spinicauda e L. pusilla dipende dalla diversa inclinazione in cui lo avevamo posto io e Zimmer quando lo di¬ segnavano. A me veramente sembra poco probabile che Zimmer sia proprio andato a scegliere una posizione obliqua; ma qualora ciò fosse avvenuto, i caratteri differenziali del palpo mandibolare delle due specie verrebbero ad essere accresciuti e non dimi¬ nuiti, poiché la costola dentata di L. pusilla sarebbe straordi¬ nariamente più larga rispetto a quella di L. spinicauda . Quindi, ammessa e non concessa la supposizione di Tattersall, L. spi¬ nicauda e L. pusilla sarebbero ben distinguibili proprio per la lamina dentata del palpo mandibolare. In quanto ai pleopodi del primo, secondo, terzo e quinto paio posso assicurare che il lobo laterale dell'endopodite era tut- t'altro che bene sviluppato e che essi risultavano formati di un endopodite un pò più corto dell'esopodite, anch'esso breve. Il mio reperto concordava con quello di Hansen; dopo che venni a conoscenza del lavoro di Zimmer e della sua descrizione di L. pusilla riesaminai i campioni e misi in evidenza il differente contegno dei pleopodi nelle due specie. Circa poi la necessaria esclusione di Lycomysis dalla tribù dei Mysini in base alla coalescenza dei rami del primo e secondo paio di pleopodi col loro peduncolo, fo notare che nelle tribù dei Mysini abbiamo una tendenza più o meno accentuata e più o meno estesa alla riduzione dei pleopodi del primo, secondo, terzo e quinto paio; meno accentuata per il terzo, maggiormente per il quinto, massimamente per il primo e secondo, ma la non eoa- — 194 — lescenza dei due rami rudimentali col peduncolo non deve im¬ plicare la esclusione dai Mysini. Può darsi che le forme comprese da Tattersall sotto il no¬ me di Lycomysis spinicauda appartengano alla stessa specie e dinotino forti variazioni individuali (anche troppo forti: p. es. nell'esemplare di Tattersall Tultimo articolo dell'esopodite del quarto pleopodo maschile è lungo un terzo più del penul¬ timo, negli esemplari di Zimmer è lungo più del doppio di que¬ sto, nel mio esemplare una volta e mezzo), io credo che non si possa dubitare della bontà specifica di L. spinicauda e di L. pusilla. La conclusione di Tattersall è pertanto prematura. In altro lavoro Tattersall (1923) afferma la sinonimia di Euchaetomera Vogtii (Chun) E. titubata Illig, E. Sennae Colosi e E. typica Sars, comprendendo tutte le forme descritte sotto quest'ultimo nome. Tale sinonimia basata sopra una numerosa serie di individui in varii stati di sviluppo pare accettabile. Certo è molto lodevole ogni tentativo di sintetizzare le co¬ noscenze sul difficile gruppo dei Misidacei ed è bene che un insigne specialista quale Tattersall si ponga alla coordinazione delle notizie speciografiche. Pertanto le nozioni scarsissime che si hanno intorno a gran numero di forme, molte delle quali descritte su singoli esemplari, spesso femmine, spesso immaturi, spesso molto danneggiati, devono invitarci a non abbandonare del tutto la via della frammentazione prima che sia possibile unificare a stabilire delle serie di stadii e di variabilità, e sug¬ gerirci che il gruppo dei Misidacei per le sue condizioni spe¬ ciografiche si trova in un periodo tale, che è bene seguire il detto: " caute adfirma , raro nega , distueing frequenter BIBLIOGRAFIA. 1916. Colosi, G. — 1. Nuova diagnosi e posizione sistematica di Ly- comysis spinicauda Hansen. Monit. Zool. Ital., XXVII. 1920. — — 2. Raccolte planctoniche fatte dalla R. Nave « Liguria Misidacei. Pubbl. R. Ist. Studi Sup. 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( Orthoptera - Locu- stidae) del socio Dott* Mano Salfi (Tornata ordinaria 8 luglio 1923) Delle specie finora note del gen. Chrysochraon , Fisch due, come è noto, fanno parte della fauna d'Europa: il Chr. dispar , Germ. e il Chr. brachypterus , Ocsk. *)• Esse sono diffuse nel centro e nell'Est d'Europa, dai Pirenei agli Urali, spingendosi poi anche nell'Asia settentrionale. La catena alpina, per quanto è noto finora, fa poi parte della linea di confine meridionale dell'area occupata dalle due specie in Europa. Lo Chopard (1922) * 2 3) indica infatti la presenza di Chr. bra¬ chypterus , Ocsk. nelle basse Alpi e la Mei (1903) 3) accenna al rinvenimento della stessa specie nella zona del Cadore. Intanto, avendo iniziato da qualche tempo ricerche intorno agli Ortotteri della fauna italiana, ho avuto occasione di rinve¬ nire, nelle raccolte fatte in Calabria, nell' Altopiano della Sila (1500 m s.m.) le due forme europee di Chrysochraon , il dispar e il brachypterus. Il limite meridionale di diffusione in Europa viene ad essere così di molto ampliato. 0 Brunner von Wattenwyl, C. — Prodromus der Europàischen Orthop - teren. Leipzig, Engelmann, p. 97-99, 1882. 2) Chopard, L. — Orthoptères et Dermaptères. Paris, Le Chevalier, p. 143, 1922. 3) Mei, L. — Locustidi ed Acrididi del Cadore. Boll. Musei Zool. Anat. Comp. Torino. Voi. t8, n. 457, 1903. Probabilmente assidue ricerche nelle zone più elevate del- l'Appennino vi faranno rinvenire anche le specie di cui ora se¬ gnalo resistenza in una delle regioni più meridionali di esso : l'Altopiano silano. Le specie del gen. Chrysochraon , Fisch. sono poi distribuite in due zone geografiche distinte: una di vasta estensione, com¬ prendente il maggior numero di specie, l'altra, poco estesa, con due specie soltanto fin'oggi note. La prima comprende quasi tutta la regione paleartica, l'al¬ tra le regioni elevate della zona dei grandi laghi dell' Africa orientale. Tra le specie appartenenti alla prima delle suindicate re¬ gioni le due forme Chr. dispar , Germ. e Chr. brachyptems , Ocsk. hanno la massima diffusione. Nel Turkestan si riscontra però il Chr . clavatus , Ostr. {) che, secondo lo stesso Ostroumoff potrebbe considerarsi come una forma vicariante del Chr. dispar , Germ. Della Siberia e della Russia settentrionale e il Chr. Pop piusi, Miram. 1 2 3). Pel Giappone sono note due specie: il Chr. japonicus , Bol. 3) descritto però su di un solo esemplare e il Chr. genicularibus , Shiraki. 4 5). Molto affine alle specie di Chrysochraon e la Podismopsis Altaica , Zub. 5) propria dei Monti Aitai. Nella regione paleartica si hanno così due forme speci¬ fiche occupanti il massimo dell'area di distribuzione geografica e molte altre forme specifiche, distribuite in aree ristrette e de- 1) Ostroumoff, A. — Fine neue Art aus der Familie " Acridioidea „ Z. Anz. Bd. 4, p. 597, 1881. 2 ) Miram, E. — Zur Orthopteren fauna Russlands. Helsingfors Ofvers F. Vet. Soc. Voi. 49, p. 3, 1907. 3) Bolivar, I. — Contr. à Vétude des Acridiens, — Espèces de la Faune indo et austro malaisienne du Museo Civico di St. Nat. di Genova. Ann. Museo Civico Voi. 39, p. 82, 1898. 4) Shiraki, T. — Acridiiden Japans. Tokyo. 90 p., 2 Tav. 1910. 5) Zubowsky, N. — Beitràg zur Kenntniss der Sibirischen Acridiodeen. Horae Societatis Entomologicae Rossicae. Tomo 34, p. 2, 1900. — 198 — limitate, spesso viventi insieme con quelle. Le prime sono da considerarsi con tutta probabilità quali specie madri. Il Chr. levipes , Karsch J) e il Chr. kilimandjaricus , Sjost. 2) sono le due forme proprie della zona montuosa dell'Africa orientale. Le forme specifiche del genere sono distribuite disconti¬ nuamente, raggruppate in zone geograficamente separate, su di un area di assai vasta estensione, comprendente circa tutto l'an¬ tico continente. È questo ancora un caso, tra i molti già noti, che la teoria dei centri di diffusione non riesce a spiegare sufficientemente e che, viceversa, trova la sua perfetta interpretazione nella teoria ologenetica sull'origine delle forme specifiche 3). D'altra parte resistenza di forme specifiche d'uno stesso ge¬ nere in zone, sia pure separate, di una area vasta è sicuro indi¬ zio della antichità e primitività del genere stesso. Tra i generi di Traxalinae (Locustidae) di larga diffusione geografica, per altro, il gen. Chrysochraon mostra, nelle forme specifiche che lo compongono, caratteri relativamente primitivi. Finito di stampare il 20 settembre 1923. 9 Karsch, F. — Ne ne Orthopteren aus dem tropischeti A Jrika. Stettin Ent. Zeit. Voi. 57, p. 255, 1897. 2) SjòSTEDT, Y. — Acridioidea. Sjòsteds Kilimandjaro - Meru Exp. Stockolm p. 149-199, Tav. 7, 1908. 3) ROSA D. — Ologenesi. Firenze, Bemporad, 1919. Documenti istologici per una ipotetica te rapia degli epiteliomi cutanei. Nota del socio Claudio Gargano (Tornata del 31 dicembre 1922) In una prima memoria sull'azione del radio sugli epiteliomi *) [Gargano (l.°; 1922)] venni a conclusioni abbastanza diverse da quelle comunemente accettate (Dominici e Rubens-Duval) circa la regressione della cellula blastomatosa. Notai cioè, che se pur si aveva in primo tempo istolisi dell'elemento neoplastico; questa istolisi si verificava sempre con assenza di reazione leu¬ cocitaria e connettivale. Secondo il risultato delle mie osservazioni 1' assenza della reazione connettivale e la insufficiente fagocitosi erano i due principali fattori, che portavano ad un arresto del processo di guarigione. Constatai altresì che le radiazioni del radio avevano uno scarso potere di attraversare gli strati epidermoidali rige¬ nerati in guisa che le cellule neoplastiche profonde, invece di continuare a subire una ulteriore istolisi , ad un certo periodo avevano un rigoglioso sviluppo, che era la causa del verificarsi una nuova ulcerazione neoplastica. Infine potetti convincermi che le cellule epiteliali neoplastiche, svoltesi durante il periodo, nel quale il tessuto era sotto l' influenza delle radiazioni del radio, sembravano essere ulteriormente poco influenzate dalle radia¬ zioni stesse. l) 1922. Gargano, C. — 1. Azione del radio sugli epiteliomi: Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 34, p. 180. — 200 — Ed in una nota successiva *) a proposito di un epitelioma del collo dell'utero, ottenni un reperto molto simile [Gargano (2.°; 1922)], cioè in mezzo ad un tessuto neoplastico disgregato per opera dei raggi del radio, si appalesavano integri dei nidi cellulari, di cellule sferoidali o poliedriche, grandi, a contorni bene definiti, con citoplasma reticolare e con grande nucleo scarso di sostanza cromatica. Interpetrai la presenza di tali nidi epiteliomatosi (floridi) come la causa di nuovi possibili ripro¬ duzioni del blastoma. Partendo quindi dal concetto che l'assenza della reazione connettivale e della reazione leucocitaria e la poca permeabilità dei tessuti rigenerati alle radiazioni, fossero le cause che impe¬ dissero al radium di arrecare in taluni casi (?) la guarigione de¬ finitiva del tumore, era lecito pensare di associare alla radiumte¬ rapia altri sussidi terapeutici, che da un lato risvegliassero la flogosi organizzante, e che dall'altro rendessero più permeabili i tessuti rigenerati alle cerniate radiazioni , tanto più che, allo stato attuale della scienza, solo le cure fisiche pare dieno da sole od associate all'intervento chirurgico dei risultati brillanti. Osservando al microscopio preparati di tumori epiteliali trat¬ tati con mezzi fisici si ha sempre un reperto identico per cia¬ scun mezzo fisico adoperato, reperto che è pertanto sostanzial¬ mente diverso a seconda l'agente terapeutico impiegato. Sem¬ bra quasi, che se all'associazione di tali cure, do¬ vesse istologicame n te verificarsi un insieme d'al¬ terazioni nel blastoma corrispondenti alla somma delle alterazioni risvegliate da ciascuno degli agenti fisici adoperati, forse il problema della cura del cancro potrebbe dirsi, se non risoluto ^ per lo meno incamminato verso la risoluzione. Ho rivolto le mie indagini ad epiteliomi malpighiani trattati con radium , con la folgorazione e con la iperemia venosa alla Bier. l) 1922. Gargano, C. — 2. Sulla presenza di nidi cellulari epiteliali non Jluenzati dal radio nel cancro uterino : Pathologica Genova, Voi. 14, N. 335. 201 Radiumterapia. — Epitelioma malpighiano; biopsia ese¬ guita dopo 30 giorni da un' applicazione globale di radium. Fig. 1. — Epitelioma malpighiano della regione temporo-massaterina. Biopsia eseguita pri- 2 ma della radiumterapia. Colorazione : Ematossilina ferrica. Zeiss . Le alterazioni indotte nelle cellule neoplastiche epiteliali so¬ no complesse, e, pur essendo difficile schematizzarle, si susse¬ guono con una relativa regolarità. Esse (figg. 2 e 3) sono talvolta esclusivamente citoplasmatiche, tal altra nucleari, e spesso interes¬ sano sia il citoplasma che il nucleo deH'elemento. Nello stroma connettivale del neoplasma si hanno lesioni abbastanza trascurabili. Una delle alterazioni molto comuni è quella, che chiamo sinciziale, nella quale le cellule perdono i contorni, il cito- plasma diviene omogeneo e si fonde con quello delle cellule vi¬ cine, nel mentre che i nuclei si mantengono integri nella loro forma e nelle loro reazioni cromatiche. Talvolta nelle masse sin¬ ciziali i nuclei sono forniti di aloni chiari perinucleari; tal' altra invece del sincizio il citoplasma subisce un ispessimento alla pe¬ riferia deH'elemento, da simulare una capsula, nella quale il ci- Fig. 2. — Epitelioma malpighiano sottoposto a radiumterapia. Distruzione progressiva della cellula neoplastica epiteliomatosa senza concomitante neoproduzione connettivale ed infil¬ trazione leucocitaria. Graduale distruzione di una perla epiteliale. Colorazione: Ematos- silina ferrica. Zeiss . toplasma va incontro prima ad un processo di chiarificazione e poi d’istolisi. Restano allora liberi i nuclei, in queste cellule ri¬ dotte alla sola parete cellulare, che, quando si rompe, porta alla — 203 — genesi di cavità di degenerazione ed alla messa in libertà dei nuclei, ai quali spesso si mantengono aderenti dei frustoli di Fig. 3. — Epitelioma malpighiano sottoposto a radiumterapia. Distruzione progressiva della cellula neoplastica epiteliomatosa senza concomitante neoproduzione connettivale ed infil- 3 trazione leucocitaria. Colorazione : Ematossilina ferrica. Zeiss , protoplasma, nuclei che alla loro volta degenerano per un pro¬ cesso di lisi, o per un processo picnotico. Il processo picnotico dà origine a numerosi granuli, a blocchi di sostanza cromatofila, che per un certo tempo mantengono integre le loro reazioni cromatiche. In altre zone (dove evidentemente il processo di degradazione della cellula neoplastica è più avanzato) si constatano dei pezzi — 204 — di tessuto amorfo, dove non è possibile, anche con forti ingran¬ dimenti, riconoscere una struttura citoplasmatica: essi si colorano leggermente in rosa con l'eosina. Le cavità di degenerazione sono numerose ed hanno forma varia. Il connettivo subisce pure una fase di spezzettamento senza una contemporanea reazione fibroblastica e senza una infiltra¬ zione leucocitaria. Folgorazione. — Epitelioma malpighiano; biopsia ese¬ guita quindici giorni dopo una seduta di scintille d’alta frequenza. Il reperto istologico in questo caso è molto dissimile da quello innanzi accennato. Alla superficie, là dove le scintille hanno agito più intensamente il tessuto blastomatoso è completamente Fig. 4. — Epitelioma malpighiano sottoposto a folgorazione (superficie). Distruzione com¬ pleta della cellula neoplastica epiteliomatosa e concomitante neoformazione connettivale. 3 Colorazione: Emallume - eosina. Zeiss AA distrutto (fig. 4) e sostituito da un connettivo giovane di nuova formazione. I fasci connettivali costituenti questo tessuto si intrec¬ ciano in modo vario, lasciando in molti punti apparire delle cavità. — 205 — Sia nelle cavità, che nei fasci connettivali si hanno numerosi in¬ farti emorragici. Sembra evidente che i fasci connettivali in parola, per l'aspetto morfologico degli elementi, debbano interpetrarsi Fig. 5. — Epitelioma malpighiano sottoposto a folgorazione (parte profonda). Tessuto con¬ nettivo neoformato con residuali noduli epiteliomatosi floridi. Colorazione : Emallume - eosina. Zeiss . AA come un connettivo giovine, originatosi dai linfociti e dalle cel¬ lule mobili del connettivo interstiziale del blastoma. Alla profondità (fig. 5) la disposizione del connettivo neofor¬ mato è quasi identica a quella della superficie: si ha solo come dif¬ ferenza, che i fasci congiuntivi di tratto in tratto circoscrivono delle isole, nelle quali si trovano delle cellule blastomatose epiteliali. Gli elementi neoplastici sembrano apparentemente molto al¬ terati, ma ad un esame più profondo si nota che l'alterazione riguarda più che il nucleo, il citoplasma: il citoplasma infatti non ha più la sua spiccata acidofilia; sono spariti i limiti fra cellula e cellula e sono apparse numerose granulazioni citoplasmatiche cromatofile. Spesso si hanno anche spezzettamenti protopla¬ smatici. I nuclei, in tanta degradazione cellulare, sono normali — 206 — Fig. 6. — Epitelioma malpighiano sottoposto ad iperemia venosa alla Bier. Notevole infiltra- zione leucocitaria e parvicellulare. Zeiss . vo riguardanti gli zaffi epiteliomatosi ; le alterazioni interessano soltanto lo stroma del neoplasma, si ha cioè dilatazione vasale; principalmente dei vasi venosi, stasi sanguigna e cospicua dia- pedesi attraverso le pareti di essi. Nei connettivo, circondante gli zaffi epiteliali, è notevole la infiltrazione parvicellulare. Rias¬ sumendo si hanno tutte le note di una flogosi cronica. Tenendo presente il reperto istologico di questi tre processi terapeutici, apparirebbe, da un punto di vista del tut¬ to dottrinale, che essi possano in t egra r s i, dando la completa regressione della cellula blastoma- per forma, per reazionitintoriali e per dispa vizi rie della cro¬ matina. Iperemia venosa. — Epitelioma malpighiano; 'biopsia eseguita quattro giorni dopo una seduta di iperemia venosa della durata di due ore. All'esame istologico (fig. 6) non si hanno lesioni degne di rilie- — 207 — tosa epiteliale. Volendo pertanto dal campo teorico passare a quello pratico, sarebbe forse opportuno iniziare la terapia con la folgorazione, far seguire le irradiazioni globali del radio, e completare la cura con la iperemia venosa, associando anche dei razionali interventi chirurgici 1). Clinica chirurgica della R. Università di Napoli. Finito di stampare il 20 settembre 1923. h Avendo comunicato le mie osservazioni all’ Istituto Italiano del Radio, il Direttore della Sede di Napoli, D. Alfredo Moscatello, plaudendo a tale ini¬ ziativa, istituirà esperimenti di cure di epiteliomi con i cennati metodi fisici. Alterazioni indotte dal radio sulla tiroide normale. Memoria del socio Claudio Gargano (Tornata dell' 8 luglio 1923) In poco più di un ventennio (1898) dalla scoperta del ra¬ dio, si è avuta una intera letteratura sulle azioni indotte dalle radiazioni di questo metallo, in ispecie sui tessuti blastomatosi. E per vero ai grandi entusiasmi dei primi assertori della nuova terapia fisica sono seguiti degli sconforti ingiustificati, in guisa che il medico, avendo anche minore fiducia negli esperimenti sieroterapici, affida spesso i propri ammalati al radiumterapista, quando essi non possono trovare conforto nemmeno in un ra¬ zionale intervento chirurgico !... Per ragioni ovvie dell’alto prezzo dei minerali della famiglia del radio, una piccola scorta di essi si trova confinata in Labo¬ ratori di fisica ed in istituti commerciali per la cura di affezioni patologiche (specialmente tumori maligni): qualche Clinica ne ha piccolissime dosi; e, che io mi sappia, solo rarissimi Istituti di Biologia generale ne sono forniti. Una tale distribuzione geografica di un così prezioso agen¬ te, per necessità di cose, deve portare come conseguenza, che le pubblicazioni suH'argomento risentino la deficienza iniziale del metodo: infatti i fisici poco si danno pensiero di ciò che i biologi credono poter ricavare dall'azione del radio sull’orga- nismo, e gli istituti specializzati non sono forniti dei mezzi e del personale atti ad integrare un così difficile genere di ricerche. Tutti gli sperimentatori, accettando come dogma di fede, — 209 — i risultati enunciati da Wassermann, che cioè i tessuti ricchi di elementi in riproduzione sieno quelli più influenzati dalle radia¬ zioni del radio, e che razione principale si risolva nell'annulla- mento o nella diminuzione della facoltà riproduttiva, si sono creduti autorizzati ad applicare il metodo fisico in parola ai tes¬ suti blastomatosi, le cui cellule effettivamente mostrano più dei tessuti normali molto accentuato il potere riproduttivo. E si sono avuti così gli interessanti studi di Dominici, di Rubens-Duval, Barcat, ecc. sul modo di regressione della cellula neoplastica e quelli non meno interessanti di Ulesko- Stroganov e di Letulle sulla “ necrosi fibrinoide,, indotta nei vasi sanguigni ; ma purtroppo poche sono le ricerche del tipo di quelle istituite da Tchahotine sul meccanismo di azione dei raggi ultravioletti. Gli esperimenti di Bauer tenderebbero a scuotere la fié ducia cieca, che si debba riporre nei postulati di Heinaz, di Wassermann, di Krause e di Heineche ; infatti uova fe¬ condate di Bufo viridis e di Trifori alpestris , sottoposte alle radiazioni del radio non hanno dimostrato un evidente ri¬ tardo nel loro sviluppo, pur dovendosi ammettere che un uovo fecondato rappresenti una cellula o un insieme cellulare, che goda di attiva facoltà riproduttiva!.. Nè al certo le ricerche di Kolde e Martens e quelle di Pappenheim e Plensch arrecano un notevole contributo all'argomento: questi AA., ripetendo la tecnica di Wertheim, di Schulzer, di Bichel, di Brill, di Zehner e di Weinbreuner hanno compiuto osservazioni sul comportamento del sangue col mesotorio in inferme portatrici di cancro dell'utero. Si avrebbe nei primi giorni, dall'applica¬ zione delle radiazioni del mesotorio, diminuzione nel numero degli eritrociti e diminuzione nel tasso emoglobinico, però questo sarebbe un fatto transitorio, giacché al quarto giorno si verifi¬ cherebbe un ritorno al normale. Per quanto riguarda i globuli bianchi il reperto è inconstante. Associati alle alterazioni ema¬ tiche si avrebbero del pari disturbi generali, caratterizzati da febbre, stanchezza generale, nausea, anoressia, di una durata maggiore di quelli ematici (due o tre settimane). Per gli AA. una simile sindrome fenomenica si interpreta ammettendo, che la cellula sottoposta alle irradiazioni del me- — 210 — sotorio, perdendo la sua facoltà riproduttiva, andrebbe incontro a fenomeni degenerativi citoplasmatici e nucleari, il cui epilogo sarebbe lo sviluppo di colina dalla lecitina del nucleo, co¬ lina, che è una sostanza velenosa del citoplasma. Notevoli studi sull'azione della colina sono quelli di Franck, per il quale la colina esercita una [influenza elettiva sui nervi autonomi, così come l'adrenalina la esercita sui simpatici, in guisa che i nervi simpatici sarebbero antagonisti dei nervi autonomi nel ricambio dello zucchero. Con l'iniezione nelle vene di colina ed adrenalina, l'A. non ha constatato influenza della colina sulla glicosuria adrenalinica, non esistendo nel fegato nervi autonomi antagonisti. Preparati radioattivi inducono alterazioni circolatorie ed ematologiche somministrati altresì per la via ipodermica, infatti le iniezioni di torio X nel coniglio influenzano sinistramente le pareti vasali, in ispecie quelle dei polmoni e del fegato, appa¬ rendo il torio X un veleno elettivo degli endoteli : il che sa¬ rebbe pure confermato dalle ricerche di Salle e Domarus, che avrebbero riscontrato in pari tempo nei primissimi periodi della somministrazione un aumento delle sostanze cromaffini, ma non della funzione adrenalinica, e del tutto recentemente trovereb¬ bero conforto negli esperimenti di Hausmann, che iti vitro avrebbe perfino ottenuto emulsioni di eritrociti sospesi in pia¬ stre di agar, se esposti alle radiazioni di radium per la durata di 24-36 ore. Il meccanismo di azione del torio X (Mello) non potrebbe essere paragonabile a quello indotto dai raggi Roentgen: il torio X eserciterebbe una minima azione sul tessuto linfoide, mentre il mieloide sarebbe alterato precocemente ed intensa¬ mente. Di opinione invece contraria sarebbe Glaubermann, che con l'iniezione nel coniglio di siero omologo sottoposto alle radiazioni X avrebbe ottenuto una leucocitosi transitoria ed una leucopenia, che raggiunge il suo acme dopo due ore. Come si è accennato, non pare possano le ricerche sull'a¬ zione del radio e dei preparati radioattivi sul ricambio materiale o sui tessuti normali, portare a delle conclusioni certe o gene¬ ralmente ammesse ; sembrerebbe che le radiazioni in parola non cagionino che dei disturbi o delle alterazioni transitorie e che l'organismo dopo pochi giorni ritorni al suo normale equilibrio. Invece sui tessuti patologici e specialmente in quelli bia¬ simatosi, il meccanismo di azione è più conosciuto o meglio determinato, infatti volendo attingere alla classica memoria di Dominici pare assodato che “ l'azione delle radiazioni sia doppia: distruttiva rispetto ad alcuni elementi ed evolutiva rispetto ad altri : la distruzione delle cellule neoplastiche è diretta o indi¬ retta, la diretta consiste nella istolisi di queste cellule senza mo¬ dificazioni istologiche precedenti, la indiretta è preceduta dai fenomeni seguenti: 1° ipertrofia del corpo e del nucleo ; 2° gem¬ mazione del nucleo; 3° tendenza alla formazione di corpi pseu¬ doparassitari, il cui volume è più grande di quello che si ri¬ scontrano nei tumori non irradiati ; 4° in alcuni epiteliomi malpighiani, trasformazione cornea del protoplasma cellulare. L'azione evolutiva che apparisce di già, sebbene anormale e seguita da istolisi, nel fenomeno della distruzione indiretta, interviene solo nella trasformazione di alcuni altri elementi meno avanzati nella loro evoluzione neoplastica: essa si esprime con regolazione dell'evoluzione topografica e morfologica delle cel¬ lule epiteliomatose. La regolazione dell'evoluzione topografica si traduce con lo sparire la disorientazione cellulare di Fabre-Domergue : le cel¬ lule epiteliali cessano di migrare nella profondità dei tessuti per obbedire all'exotropismo regolare, che le dirige verso la super¬ ficie del corpo. La regolazione dell'evoluzione morfologica si fa in due maniere: nel caso di epitelioma embrionario puro le cel¬ lule si moltiplicano mentre gli elementi indifferenziati ripassano allo stato di cellule cornee secondo il modo regolare: nel caso in cui l’epitelioma è atipico, una parte delle cellule deformate dal processo del tumóre, ritornano allo stato embrionario puro, poi subiscono ulteriormente la trasformazione cornea. E il citato A. aggiunge “ a queste influenze istolitiche o regolatrici sopra gli elementi epiteliomatosi, si aggiunge la sti¬ molazione del tessuto connettivo sano, che, incitato.... a riprendere lo stato embrionario, colma rapidamente i vuoti lasciati dal tumore scomparso ed assicura una riparazione rapida e perfetta „. Le osservazioni di radiumterapia di epitelioma da me [Gar- — 212 — qano (1922, 1° e 2°, 1923)] l) eseguite nella Clinica chirurgica della R. Università di Napoli, tenderebbero a dimostrare, che per lo meno l'assolutissimo enunciato da Dominici sia esagerato, non ottenendosi in nessuno dei casi osservati, con la distruzione della cellula blastomatosa epiteliale, lo sviluppo di tessuto con¬ nettivo cicatriziale. Si è notato, con numerose biopsie, eseguite prima e du¬ rante tale terapia che la regressione della cellula blastomatosa è complessa e non è riportabile ad unico tipo d'istolisi ed è certamente dissimile da ciò che nei trattati è riportato. Le mag¬ giori alterazioni si verificano nei primi giorni della cura, giac¬ ché col rigenerarsi sull'ulcera neoplastica, degli strati epider- moidali, gli eventuali nidi epiteliali sottostanti non sembra sieno più influenzati dalle radiazioni stesse, e divengono il punto di partenza di nuovi zaffi epiteliali, di una recidiva del neoplasma. Con lo svolgersi poi delle nuove masse blastomatose la cute ri¬ formata si ulcera. Durante il processo istolitico della cellula epiteliomatosa non si verifica una reazione leucocitaria, nè connettivale. L'assenza della reazione connettivale e la insufficiente fa¬ gocitosi sono, stando ai reperti avuti, i due principali fattori, che portano ad un arresto nel processo di guarigione. Le ra¬ diazioni del radio pare poi, che abbiano uno scarso potere di attraversare gli strati epidermoidali rigenerati, in guisa che le cellule neoplastiche profonde, invece di continuare a subire una ulteriore istolisi, ad un certo periodo hanno un rigoglioso svi¬ luppo. E così si spiegherebbe perchè la cute rigenerata finisca per cadere in necrosi, e perchè si abbia di nuovo una ulcera¬ zione neoplastica. Le cellule epiteliali neoplastiche, che si sono andate svolgendo durante il periodo nel quale il tessuto è sotto l'influenza delle radiazioni del radio, sembra sieno poco influen¬ zate dalle radiazioni stesse. *) 1922. — Gargano, C. 1. Azione del radio sugli epiteliomi'. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 34, p. 180-181. 1922. — — 2. Sulla presenza di nidi cellulari epiteliali non influenzati dal radio uel cancro uterino: Pathologica, Genova, Voi. 14, N. 335. 1923. - — Documenti istologici per una ipotetica terapia degli epite¬ liomi cutanei: Giorn. Ital. Mal. Ven. Milano, N. 3. — 213 — r Ricerche personali. Profittando della liberalità dell'Istituto italiano del Radio, ho potuto istituire delle ricerche sull'influenza esercitata dalle radia¬ zioni del radio sul tessuto tiroideo normale, servendomi come animali di esperimento di cani. La tiroide, fra le glandole endocrine è la più notevole, sia per il suo peso maggiore, sia per la grande sfera di azione, in guisa che non può sfuggire come un tale genere di indagini chiarisca non poco la fisiologia e la patologia di essa. La tiroide è rivestita da una capsula fibrosa, fornitale dall'aponevrosi cervicale media, che invia nel suo interno dei setti, che la dividono in lobi e lobuli, nei quali sono contenute le vescicole tiroidee, che sono di grandezza variabile ed in vario stato di evoluzione. In questo stroma connettivale si trovano anche degli accumuli di tessuto linfoide, ai quali si è dato grande importanza in non poche for¬ me morbose. Una vescicola tiroidea risulta fondamentalmente costituita da un unico strato epiteliale di piccole cellule cubiche, fornite di un grosso nucleo sferoidale, cellule che si trovano a contatto con la loro base con ampi capillari sanguigni, laddove il polo del- l'elemento, che guarda il lume della vescicola, è invece in con¬ tatto con la sostanza colloidea. La presenza nelle cellule tiroidee di una serie di granula¬ zioni speciali ha fatto ritenere agli AA. che vi fosse una varietà funzionale perfino fra i vari elementi costituenti una determinata vescicola, il che pare non possa ammettersi essendo più proba¬ bile pensare che la cellula tiroidea presenti granulazioni diverse secondo il suo stato di funzioni o secondo determinati stati fi¬ siologici o patologici dell'intera glandola. Le granulazioni che fanno assumere alla cellula tiroidea un aspetto diverso, possono essere di varia natura e cioè granula¬ zioni fuxinofile, granulazioni colloidi e granulazioni lipoidi. Le prime (le fuxinofile) sono granuli sottili colorabili intensamente con i colori acidi e che hanno una spiccata affinità per la fuxina acida: le granulazioni colloidi appaiono come delle gocciolette diffuse nel citoplasma, ed hanno la medesima colorazione della — 214 — sostanza colloide, che riempie il lume della vescicola; le granu¬ lazioni lipoidi infine, dette anche sudanofile, presentansi come granuli sottilissimi molto rifrangenti, che nelle fissazioni osmiche si tingono intensamente in nero ed in rosso nelle colorazioni al Sudan III. Anzi sembra che tali granuli manchino (?) nelle tiroidi fetali, per aumentare gradatamente, allorché la glandola diviene più adulta, mostrandosi poi abbondantissime nella vecchiaia. Alcune cellule sarebbero fornite di citoplasma chiaro, sbia¬ dito, e privo di qualsiasi genere di granulazioni. Nel citoplasma infine di tutti gli elementi tiroidei è stato descritto un ergasto- plasma con mitocondri. Da ricerche molto accurate di microchimica sembrerebbe dimostrato che i granuli fuxinofili e quelli lipoidi nulla abbiamo a che fare con la secrezione colloide, che è una sostanza spe¬ ciale, che elaborata dalle cellule tiroidee, si accumula nel lume deir acino, sostanza amorfa, omogenea, insolubile in acqua, in alcool ed in etere e poco solubile negli acidi deboli. Tale sostanza, oltre a mostrare talvolta una morfologia varia, assume, in determinati momenti, colorazioni anche varie, colo¬ razioni che naturalmente corrisponder debbono ad una com¬ posizione chimica differente, e così, oltre la colloide normale, si ha una colloide cromofila, una colloide sudanofila, una colloide con granuli sudanofili, ecc. Spesso neirinterno delle vescicole tiroidee, frammiste alla sostanza colloide si rinvengono cellule epiteliali tiroidee libere, alcune normali per morfologia, altre variamente alterate. Sebbene tale desquamazione sia un fatto fisiologico, pure si è voluto dagli autori ritenerlo come esponente di iperattività della glandola, co¬ me nel morbo di Basedow. Acini tiroidei, a tipo fetale, si trovano anche in tiroidi adulte fra le vescicole secernenti la sostanza colloide: le cellule costituenti queste vescicole tiroidee fetali, sono cilindriche, al¬ lungate e, pur non secernendo sostanza colloide, possono pre¬ sentare nel loro citoplasma, le medesime granulazioni fuxinofile e lipoidi delle vescicole tiroidee adulte. La presenza più o meno cospicua di sostanza colloide, non deve essere interpetrata come sicuro segno di iperattività o di ipoat¬ tività tiroidea, giacché vi sono stati di iperattività tiroidea con — 215 — relativa insufficienza di sostanza colloide, e stati invece di ipo¬ attività con abbondante copia di sostanza colloide. Anche vo¬ lendo stare nel puro campo morfologico, si può dire che si sia di fronte ad uno stato di ipofunzione quando, pur essendo ab¬ bondante la colloide, le cellule della vescicola tiroidea si mo¬ strino appiattite, alterate ed atrofizzate. Molto opportunamente Pende fa osservare 11 che non è l'ac¬ cumulo di secreto dentro le vescicole tiroidee il fatto più im¬ portante agli scopi fisiologici, ma la misura in cui avviene la mobilizzazione del secreto medesimo ed il suo passaggio in cir¬ colo, e questa mobilizzazione può essere ostacolata in condizioni fisiologiche o patologiche speciali, cosicché il secreto può non essere utilizzato dall'organismo, ristagnando, distendendo le pa¬ reti vescicolari, atrofizzando l'epitelio delle pareti stesse, e su¬ bendo modificazioni fisico-chimiche, come qualsiasi secreto rista¬ gnante a lungo nei dotti glandolai „. Al certo non si può non tenere in considerazione il fatto che l'unica glandola endocrina, che possegga nell'interno degli acini un secreto, sia proprio la glandola tiroide con la sua so¬ stanza colloide, per il che non è lecito escludere che questa so¬ stanza abbia bisogno di metabolizzarsi e di attivarsi con gli al¬ tri secreti glandolari prima di andare in circolazione. La vita fe¬ tale ed alcuni stati patologici, nei quali manca la colloide, possono confermare tale veduta, perchè in questi casi si continuano a ri¬ scontrare nell'epitelio tiroideo le granulazioni fuxinofile e le gra¬ nulazioni lipoidi. Si è adoperato sia il metodo delle radiazioni globali del radio (raggi a, (3 e y), che quello ultrapenetrante di Dominici, tenendo gli apparecchi radiferi applicati sul collo del cane legato su di un tavolo operatorio. Ogni applicazione è stata di 5-6 ore, applicazioni che si sono ripetute settimanalmente. La tiroide nel primo cane è stata asportata dopo un mese dalla prima appli¬ cazione e nel secondo dopo due mesi. La glandola in parola , divisa a pezzi , si è variamente fis¬ sata, per eseguire le varie colorazioni consigliate allo scopo di mettere in evidenza le numerose granulazioni e formazioni cito¬ plasmatiche delle cellule tiroidee. — 216 — Quello che colpisce ad un piccolo ingrandimento, parago¬ nando il preparato con uno di tiroide normale, ugualmente fis¬ sato e colorato, si è la riduzione globale del tessuto tiroideo, fenomeno che nel secondo cane appare più evidente : la ridu¬ zione interessa il tessuto connettivo interstiziale, le vescicole ti¬ roidee e gli accumuli linfatici intervescicolari. Lo stroma connettivale della glandola è infatti quasi com¬ pletamente distrutto, non residuando che pochi e rari fascetti Fig. 1. — Tiroide di cane dopo un mese dall’irradiazione di radio. Distruzione del paren- 3 chima glandolare tiroideo. Colorazione: Emallume - eosina. Zeiss congiuntivi, che solo in alcuni punti dividono gli acini tiroidei meno alterati dalle radiazioni del radio : non si ha mai neopro¬ duzione di elementi nuovi formati, nè infiltrazione parvicellulare. La distruzione congiuntiva associata alla distruzione del paren¬ chima glandolare non è il momento etiologico e patogenetico di una reazione infiammatoria. Degli accumuli linfoidi (normalmente siti in questo stroma) non se ne trovano che dei reliquati, avendo il processo di degradazione interessato altresì le forma¬ zioni in parola, inducendo la loro graduale distruzione. Le maggiori lesioni sono pertanto quelle del tessuto tiroideo. — 217 Nelle sezioni microtomiche, le vescicole tiroidee (fig. 1) non appa¬ iono più circolari, sono spezzettate, e, per usura di pareti limitrofe, si originano cavità multiple di degenerazione, nelle quali, oltre blocchi di sostanza colloide, si trovano frammenti cellulari. La cellula tiroidea va incontro ad alterazioni sia della mor¬ fologia, che della struttura, alterazioni che debbono evidente¬ mente indurre cambiamenti nella complessa funzione della glan¬ dola. Pur mantenendo un aspetto cubico, non sono distinguibili i limiti fra cellula e cellula: l’elemento è impiccolito nella sua totalità. Forme multiple di picnosi nucleare e di nucleolisi. Fig. 2. — Tiroide di cane dopo un mese dell’ irradiazione di radio. Si nota con la colo¬ razione all’ematossilina ferrica, che il radio oltre a distruggere il tessuto tiroideo 3 induce anche dei cambiamenti chimici nella secrezione colloide. Zeiss AA Le varie reazioni cromatiche permettono di stabilire che il citoplasma di queste cellule, perdendo il condrioma e le caratte¬ ristiche granulazioni fuxinofile, lipoidi e colloidi, appaia omo¬ geneo. Nelle vescicole meglio conservate le anzidette formazioni citoplasmatiche sono ancora evidenti. In quanto poi alla sostanza colloide, essa è a forma di blocchi, ha struttura amorfa, e, nelle colorazioni airemallume-eosina, prende intensamente il rosso del- — 218 — l'eosina. La tinzione all'ematossilina ferrica di Heidenhain (fig. 2) invece dimostra che la colloide in questo stato, risponde a due reazioni chimiche differenti, che evidentemente corrisponder debbono o a fasi diverse dell'evoluzione di una medesima so¬ stanza o a sostanze chimiche diverse: alcuni blocchi si colorano in giallo scuro, altri in nero intenso. Credo che il nero intenso sia la fase ultima dell'evoluzione della colloide tiroidea degenerata, perchè in tal guisa e dovunque appare così colorata nella tiroide del 2° cane, nella quale sono più avanzati i processi degenerativi. La colloide è infatti retratta e non riempie mai la vescicola tiroidea, laddove nella tiroide normale di animali del medesimo peso e della stessa età, con fissazione e colorazione identica, non si ha il reperto innanzi accennato. Non può sorgere il dubbio che l'assenza completa in molte vescicole tiroidee di sostanza colloide sia da interpetrarsi come dovuta ad aderenza alla sezione precedente o seguente, per il fatto, che con sezioni microtomiche in serie, individuando bene il punto del preparato, si ha la prova incontrovertibile dell'as¬ serto. Nei blocchi colloidei non si appalesano granulazioni fu- xitiofile, sudanofile, ecc. Nelle cellule nelle quali le alterazioni degenerative del nu¬ cleo sono cospicue, colorando il preparato con rosso neutro, il citoplasma si tinge in giallo arancio, o in rosso che vira al giallo arancio, ciò è dovuto allo sviluppo di colina per trasformazione dei lecitidi del nucleo : infatti trattando cellule tiroidee normali con soluzione di colina e colorandole successivamente con rosso neutro, si verifica la medesima colorazione. Allo sviluppo di colina, che è un veleno citoplasmatico, si debbono addebitare tutte le degenerazioni del citoplasma della cellula tiroidea in¬ fluenzata dal radio. Le irradiazioni protratte di radio inducono poi lesioni di maggiore rilievo, le quali si appalesano nella distruzione completa della cellula tiroidea (fig. 3), ed, a similitudine di quanto è stato da me osservato negli epiteliomi sottoposti alla curieterapia, restano ancora dei nuclei liberi abbastanza bene conservati, con brandelli citoplasmatici aderenti ad essi. I blocchi di sostanza colloide sono sempre e tutti colorati intensamente in nero dal- — 219 - l'ematossilina ferrica. Il trattamento al rosso neutro, dà, nelle cellule ancora esistenti, la colorazione giallo arancio dovuta allo sviluppo di colina. Dai reperti ottenuti, che sembrano integrarsi, non è agevole in modo assoluto chiarire quali sieno i cambiamenti funzionali della glandola tiroide irradiata dal radio : sebbene anche la sem¬ plice morfologia delle vescicole tiroidee e della sostanza colloide in esse contenuta faccia propendere per una ipofunzione glan¬ dolare. Gli animali, in specie il secondo, presentavano dei segni di Fig. 3. — Tiroide di cane dopo due mesi dell’ irradiazione di radio. Il processo di distru¬ zione degli elementi tiroidei è già avanzato. Assenza di reazione connettivale e g leucocitaria. Colorazione : Ematossilina ferrica. Zeiss marasma prima di essere sacrificati, e non è improbabile che questi fossero in rapporto all'alterata funzione del maggiore ap¬ parecchio endocrino dell'organismo. Per quanto riguarda la morfologia delle alterazioni tiroidee, si può dire, che, con la distruzione dell'elemento glandolare e dello stroma congiuntivo, non si abbiano concomitanti processi — 220 — di neoproduzione connettivale nè di leucocitosi : alla distruzione graduale della glandola, non si sostituisce un tessuto connettivo, che assolver possa la fase cicatriziale. Clinica Chirurgica della R. Università di Napoli. Finito di stampare il 20 settembre 1923. Considerazioni sulla morfologia delle cel¬ lule coltivate in vitro rispetto a quella di elementi normalmente liberi in tessuti patologici. Memoria del socio Claudio Gargano (Tornata dell’ 8 luglio 1923) Nella Clinica chirurgica della R. Università di Napoli ho quest’ anno compiuto numerosi esperimenti di coltivazioni in vi¬ tro di tessuti, servendomi come materiale di insemensamento di tessuti umani normali e patologici, e di tessuti di animali vari. Per i tessuti embrionali (secondo la tecnica comunemente ac¬ cettata) ho prelevato brandelli di embrioni di pollo dal 5° al 6° giorno. Senza volere entrare in dettagli di tecnica, ciò che a me im¬ porta di dimostrare si è che le culture si sono verificate esclu¬ sivamente nei mezzi al plasma, e che fra questi mezzi al plasma, gli autoplasmi si sono appalesati i più commendevoli rispetto agli omoplasmi ed agli eteroplasmi, avvertendo altresì che non è sempre possibile servirsi degli autoplasmi, come è il caso per i tessuti embrionali di pollo. I mezzi minerali, (liquido di Ringer originale e modificato con T addizione di urea, liquido di Locke ugualmente originale od addizionato ad urea, ecc.) sono apparsi dei buoni liquidi con¬ servativi e spesso necessari per le varie manipolazioni alle quali il pezzo da insemensare deve andare incontro prima che sia im¬ merso nei terreni al plasma. I tessuti blastomatosi, sebbene, da un punto di vista teore- — 222 fico, sembrassero un eccellente materiale per la coltivazione in vitro , pure nella pratica non hanno dato quei risultati, che si sarebbe sperato; questo processo di fisio-patologia sperimentale non ha quindi per nulla chiarito i grandi problemi, che si agitano sulla etiologia e sullo sviluppo della cellula neoplastica. 1 tessuti embrionali poi , che, per il loro rapido accresci¬ mento sembra forniscano dati importanti per risolvere leggi di biologia generale, si sono anche essi dimostrati un mediocre materiale per il fatto, che se l'embrione è già in avanzato grado di sviluppo, allora i risultati sono su per giù identici a quelli dei tessuti adulti: se inyece i brandelli provengono da embrioni nelle prime giornate dello sviluppo, allora non è facile assodare la natura delle cellule insemensate e gli AA. con un termine vago parlano impropriamente di cellule mesenchimali (!) Quale che sia il tipo animale , che ha fornito il pezzo da coltivare, quale che sia lo stato di sviluppo del tessuto in pa¬ rola, se cioè provenga da un organo adulto od embrionale, i ri¬ sultati sono abbastanza identici: si hanno nel centro del pezzo una serie di strati cellulari , che, per necessità imprescindibili dell' habitat , sono poco nutriti, strati che formano la cosidetta zona asfittica, la quale andrà incontro fatalmente a processi degenerativi. Seguono poi all' esterno pochi strati cellulari su¬ perficiali, i quali si trovano nelle condizioni più floride per pro¬ liferare, perchè nutriti meglio dal plasma: questi strati costitui¬ scono la zona fertile; dalla zona fertile gli elementi debbono distaccarsi per disporsi sulla superficie del plasma, debbono cioè invadere il plasma. Il distacco delle cellule dalla zona fertile è evidente che avvenga per condizioni peculiari ine¬ renti all' habitat , le quali esplicar si debbono in processi enzi¬ matici, che inducano una dissociazione degli elementi fra loro. Le azioni enzimatiche dissociative sono da paragonarsi a quelle descritte da Bottazzi con la sottrazione del calcio sulle cellule epiteliali. Orbene gli elementi così dissociati, così distac¬ cati dalla zona fertile, per un processo di divisione indiretta, o di divisione diretta, finiscono per moltiplicarsi e per allontanarsi sempre più sul mezzo nutritivo : la facoltà di distacco e di inva¬ sione degli elementi anzidetti ha fatto dare a questa zona il nome di zona di invasione. — 223 — I vari sistemi consigliati per eliminare dal mezzo nutritivo i prodotti metabolici e catabolici delle cellule ivi proliferate, co¬ stituiscono il tipo di culture secondarie, terziarie, ecc. La forma pertanto degli elementi nelle culture primarie, nelle culture se¬ condarie, nelle terziarie, ecc., non è gran fatto dissimile: le cel¬ lule coltivate in vitro hanno una morfologia abba¬ stanza simile, quale che sia l'animale che le ha fornito e quale che sia il pezzo di organo in se¬ me n s a t o . Si ha cioè lo sviluppo di cellule più o meno appiattite con citoplasma granuloso ed un grosso nucleo povero di sostanza cro¬ matica. Per quanto possa supporsi o debba ammettersi, che una cellula, per coltivarsi in vitro , si distacchi dagli elementi vici¬ niori e quasi si riporti al tipo di un organismo unicellulare, di un protozoo, pure è difficile spiegarsi, che in così breve spazio di tempo abbia stabilizzato dei caratteri così remoti della sua fi¬ logenesi, da permetterle una vita autonoma come quella, che possa godere un protozoo. La constatazione che in una cultura, anche primitiva, di ti¬ roide, di fegato, di connettivo, ecc., le cellule sviluppatesi sieno tutte della medesima forma e non lascino per nulla scorgere il tipo cellulare, dal quale provengono, si presta a parecchie ipo¬ tesi, sebbene i vari ricercatori non si sieno dati gran pensiero, di spiegare la cosa, se cioè la forma sferoidale non debba per caso attribuirsi a fenomeni degenerativi iniziatisi negli elementi della zona fertile. E stando per ora nel semplice campo di una discus¬ sione critica desunta dalla Bibliografia ap¬ pare che per molti le culture in vitro sieno effettivamente de¬ stinate ad una morte più o meno rapida, il che darebbe ragione della forma speciale assunta dagli elementi sviluppati, forma che è di solito assunta dalle cellule nelle fasi degenerative. Per gli autori, che invece sostengono la possibilità di potere indefinitamente tenere in vita le cellule coltivate in vitro) mercè culture secondarie, terziarie, ecc., questa peculiare forma e strut¬ tura cellulare non può essere spiegata come una fase degene- — 224 — rativa, ma deve considerarsi, forse, dovuta all ' habitat , cioè funzione del nuovo genere di vita. Dai dettagli innumeri di tecnica, consigliati dai maggiori assertori del metodo, quali Carrel e Burrows Montrose, e da altri ricercatori, si rileva un dato di fatto di estrema importanza, che cioè non si sia ancora raggiunta la possibilità di fornire ai pezzi insemensati un habitat simile a quello lasciato. La cultura in vitro non riproduce, almeno in teoria, delle condizioni di ambiente simili a ciò, che può riscontrarsi negli autoinnesti in sito : fra cultura di tessuti in vitro ed innesti di tessuti (che pur sembrano esperimenti così affini), la differenza consiste appunto in ciò, che negli innesti un gruppo cellulare può ben trovare nel portainnesto o soggetto un habitat tale da assicurarne la nutrizione e da permetterne l'ulteriore vita e sviluppo. E che questo non sia un supposto del tutto dottrinale lo si desume in modo incontrovertibile oltre che su dati di biologia generale, ti anche da constatazioni di patologia. Le cellule neoplastìche in¬ fatti, abbandonando la loro primiera sede di produzione, per la via linfatica o per quella sanguigna, vanno a trapiantarsi in organi lontani, riproducendo un tumore simile per tutti i carat¬ teri al primiero. Per aversi l'innesto è necessario che inter¬ vengano due condizioni indispensabili che cioè il pezzo da innestare si continui a mantenere vivente, e che i tessuti messi a contatto non sia¬ no di specie istologiche o biologiche incompa¬ tibili, così per esempio sembra che non possa aversi mai lo innesto di pelle sul tessuto muscolare, ecc. Appare anche necessario che per ottenersi l'innesto il pezzo abbia una orientazione determinata: infatti Vochting (1884) ha constatato che se si taglia in una barbabietola una piramide a base rettangolare e si ripone il pezzo nella cavità formatasi, si ha un saldatnento perfetto, ma se invece lo si pone, facendo subire alla piramide un giro di 180° intorno al suo asse, si for¬ mano dei germogli cicatriziali e mai saldatura, sebbene la coat- tazione del pezzo sia ugualmente perfetta come nel primo caso. Ed infine sembra indispensabile, almeno nella serie animale, — 225 — che innesto e oggetto appartengano alla mede¬ sima specie, cioè che gli innesti sieno omolo¬ ghi, omologia dimostrata dagli esperimenti di Schòne (1908; 1912). Il citato A. ha osservato che larghi lembi cutanei di topi, di ratti o di conigli attecchivano sempre se erano portati sullo stesso animale, quindi negli innesti autoplastici : negli omologhi si aveva l'attecchimento solo in un numero limitato di casi: negli eterologhi l'innesto era sempre negativo. E che non potesse ad¬ debitarsi il non attecchimento a mancanza di nutrizione dell'in¬ nesto, lo si desume dal fatto che i lembi si necrosavano non nei primi giorni del trapianto, ma dopo molti giorni (7.-8), e che anzi, se questi lembi — trasportati su di un animale della stessa specie o di specie diversa — dopo 3 o 4 giorni venivano novellamente portati sopra l'animale, che li aveva fornito, l'at¬ tecchimento era costante. D'altra parte numerosi esperimenti tendono a dimostrare, che notevole sia l' influenza del portainnesto o soggetto sulla vita e sui caratteri del pezzo innestato, e che invece eccezionale debba ammettersi l'influenza dell'innesto sul portainnesto. Se di questi principi di Biologia generale, riguardanti gli innesti, si fosse dai coltivatori di tessuti in vitro tenuto maggior conto, io credo si sarebbe cercato di realizzare dei mezzi , che meglio avessero riprodotto l 'habitat lasciato, e d'altra parte gli AA. non si sarebbero ostinati a volere ottenere o a credere di ottenere culture di cellule così differenziate come quelle epatiche, tiroidee, nervose, ecc. Ed allora sui semplici dati fornitici dalla bibliografia del¬ l'argomento e sui dati dell'istologia patologica, appare in modo incontrovertibile, che le cellule che meglio si colti¬ vano fuori del loro primiero punto di origine sieno gli elementi neo plastici o non neo¬ plastici trapiantatisi per metastasi in una glandola linfatica o in un organo qualsiasi. Per quanto non debba escludersi la possibilità che l'organismo cerchi di opporsi allo sviluppo di questo gruppo cellulare, pure è evidente, che le cellule in parola trovino un habitat suffi¬ cientemente consono per la loro ulteriore vita e sviluppo. — 226 — Per vero anche altri elementi cellulari possono distaccarsi dalla loro sede di origine e trovare condizioni buone o discrete di esistenza; è questo il caso delle cellule neoplastiche, che con¬ tinuano a vivere per un certo tempo nelle cavità di degenera¬ zioni dei neoplasmi. Petit e Germain (1913), a proposito di alcuni casi interes¬ santi di fibroadenomi massivi o cistici della mammella nel cane e nella gatta, osservano, che nella cavità delle cisti si trovino accumulate numerose cellule desquamate, di cui alcune in de¬ generazione, mentre altre sembrano viventi ancora, presentando, sebbene sieno separate dalla parete nutritiva, delle figure cario- cinetiche ed anche delle placche equatoriali indiscutibili. Notano altresì che tali cellule rassomigliano all'epitelio, dal quale pro¬ vengono senza contestazione; sono arrotondite e qualche volta aggruppate in ammassi ; la maggior parte hanno la forma ed il volume delle cellule connettive embrionarie, ma il loro nucleo rileva sempre la loro origine epiteliale, del resto indiscutibile. E tenendo presenti le ricerche di Carrel, affermano essere queste delle prove di cultura reale di cellule epiteliali desqua¬ mate, che aiuterebbero a comprendere la possibilità di coltivarle fuori delborganismo, a condizione, che sieno poste in un plasma proprio alla loro nutrizione. Anche io [Gargano (1922, 2°)] ho potuto constatare l'esat¬ tezza dell'affermazione di Petit e Germain nelle cavità di dege¬ nerazione degli epiteliomi : ho notato come queste cavità si pos sano svolgere in qualsiasi punto degli zaffi epiteliali, ma che in generale ciò avviene più di frequente nello strato degli elementi poliedrici. Le cavità, pare, si sviluppino come un processo di de¬ viazione di una cinesi normale: una cellula o un gruppo limitato di cellule aumentano di volume, il loro citoplasma diviene più chiaro, il nucleo è ricacciato alla periferia e degenera per un processo di lisi. La successiva istolisi dei granuli nucleari e del citoplasma cellulare porta alla formazione di cavità, che si trovano riempite di una sostanza piasmatica liquida. Le cellule alla periferia della cavità, essendo a contatto con gran parte della loro superficie con un habitat diverso, che ha costanti fisico -chimiche tanto differenti, cambiano la fase viscida del loro citoplasma in una fase meno viscida : conseguenza di ciò sarà oltre l'aumento del 227 — loro volume e la loro trasformazione in elementi appiattiti, anche il distacco dalle cellule vicine. Le cellule, immerse nella cavità, ho notato che vanno incontro a cariocinesi atipiche, a forma¬ zione atipica di corpi di Plimmer, ad inclusioni di cellule in altre cellule ed infine a degenerazione. Orbene Yhabitat degli innesti, delle cellule metastatiche, e quello delle cellule, che vanno evolvendosi nelle cavità di de¬ generazione, non può per nulla paragonarsi ai vari mezzi , che si adoperano per le culture in vitro dei tessuti. E se l'attecchi- mento degli autoinnesti in sito può perfino essere ostacolato dal semplice fatto del cambiamento di polarità dell'innesto rispetto al portainnesto, appare evidente — da un semplice punto di vista teorico — quanta difficoltà si appalesi per eliminare tutte le cause, che ostacolar possono la vita delle cellule coltivate in vitro . L'interpetrazione delle figure cariocinetiche negli ele¬ menti sviluppatisi fuori dellaloro primiera sede di origine, non è al certo dubbia per quanto ri¬ guarda le cellule neoplastiche o non neoplastiche, che si sono trapiantate per metastasi, ed anche per quelle neoplastiche che si sono andate evolvendo nelle cavità di degenerazione dei tu¬ mori, per esempio degli epiteliomi, con l'avvertenza che la cinesi di queste cellule libere non porta allo sviluppo di un blastoma, ma alla ge¬ nesi di cellule, che in un avvenire più o meno prossimo sono destinate alla dege¬ nerazione. Non è qui il caso di assodare se le cariocinesi delle cel¬ lule metastatiche neoplastiche o non neoplastiche si svolga con il medesimo ciclo delle cellule site nelle cavità di degenerazione, o se il ciclo cinetico di questi ultimi elementi si avvicini di più o di meno a quello delle cellule normali : certa cosa è che non può mettersi in dubbio tale manifestazione cellulare, che deve interpetrarsi come una vita della cellula. La cinesi delle cellule coltivate in vitro è notevolmente di¬ versa per ciclo e per manifestazioni e porta alla genesi di cel¬ lule molto, ma molto dissimili da quelle originarie, le quali, anche nelle migliori evenienze (culture primarie, secondarie, ecc.), vanno incontro ad una morte abbastanza rapida, non esclusa anche la — 228 — ipotesi che molte mitosi rappresentar possano l'esponente delle nuove condizioni di vita, e non reali manifestazioni moltiplicative della cellula insemensata. Tutti poi indifferentemente parlano di culture osservate a fresco, ovvero fissate, il che fa per lo meno presupporre che gli AA. non tengano gran conto della struttura del citoplasma in genere e del citoplasma di elementi, che si vanno sviluppando in un mezzo così dissimile da quello, nel quale dovrebbero vivere e riprodursi. Il citoplasma delle cellule viventi sia alla luce diretta, che col rischiaramento laterale su fondo scuro, appare omogeneo, otticamente trasparente, ed in esso sono distinguibili il nucleo, il condrioma e le inclusioni citoplasmatiche per il fatto, che queste parti cellulari, essendo colloidi in una fase più viscida del citoplasma che li circonda, hanno un indice di rifrazione più alto. I vari colloidi cellulari poi per condizioni fisiologiche cambiano la loro fase, potendo divenire più o meno viscidi ed in stati patologici addirittura torbidi. Il condrioma cellulare, che è visibilissimo nelle cellule vi¬ venti, per l'elevato indice di rifrazione rispetto a quello del ci¬ toplasma circostante, si rende meno appariscente negli stati de¬ generativi della cellula, per sparire anche del tutto, e dato che gli si attribuisce grande importanza nelle funzioni secretici degli elementi glandolari, è evidente che il condrioma non dovrebbe ritrovarsi nella contingenza di una cellula glandolare, che cam¬ biando siffattamente la sua morfologia, non sembri più atta ad una funzione secretrice qualsiasi. La struttura del condrioma, ricco in sostanze lipoidi, che hanno una grande affinità per i sali di cromo, ci dà la spiega¬ zione del perchè non sarebbe sempre riconoscibile negli elementi coltivati in vitro. La fissazione infatti in quasi tutti i casi si tra¬ duce in una coagulazione, la quale è differente a secondo il reat¬ tivo impiegato, assumendo quindi il protoplasma un aspetto dis¬ simile, che ha fatto dai citologi sostenere in varie epoche teorie molteplici sulla sua struttura. E se si tiene presente che anche un medesimo tipo cellulare con medesimi reattivi può dare una visione microscopica diversa per variazioni del suo stato fisico, — 229 — Fig. ) . — Cultura di 24h di tessuto tiroideo di coniglio [Gargano (microfotografia)]. citoplasma molto trasparente, omogeneo , privo di un apparec¬ chio mitocondriale e di inclusioni citoplasmatiche: le reazioni chimiche di questo protoplasma non sono molto definite , esso non mostra nè una spiccata basofilia, nè una spiccata acidofilia. Il nucleo, grande e poco carico di sostanza cromatica, non sem¬ bra affatto un nucleo di una cellula epiteliale. L'elemento in foto ha molte somiglianze morfologiche con le cellule fuxinofile o corpuscoli di Russel rinvenuti negli epiteliomi ed in altre af- è agevole comprendere ciò che verificar si deve nelle cellule svi¬ luppate in vitro. Elementi coltivati " in vitro,,. — Prendendo in esame due tipi di cellule coltivate in vitro per esempio quelle prove¬ nienti daH'insemensamento di tessuto tiroideo e di un brandello di cuore di pulcino si possono fare non poche considerazioni. Un brandello di tiroide di coniglio insemensato anche in un autoplasma (fig. 1), darà sviluppo ad elementi sferoidali piccoli con 230 — fazioni morbose, ma non ha pertanto nessuno dei caratteri che riscontrar si possono in una cellula embrionaria neoplastica sia epiteliale che connettivale, con una cellula carcinomatosa o sar- comatosa. Evidentemente tale forma e struttura sono dovute ad influenza dell' habitat, che è così diverso da quello lasciato, e che col trascorrere del tempo tende a divenire sempre più dissimile. Ho notato infatti che in rnoltj casi questi elementi sembrano cellule endoteliali, mentre in altri differiscono non poco da esse, ed allora, basandosi sul solo criterio morfologico più che su quello strutturale o biochimico, è preferibile ritenere che alcune sieno elementi endoteliali, mentre altre rappresentino cellule del paren¬ chima della glandola, della quale si sono trapiantati i frammenti. Insemensando con la medesima tecnica un brandello di cuore di pulcino (fig. 2) si nota che il movimento ritmico continua per Fig. 2. — Cultura di 24*1 di tessuto muscolare cardiaco di coniglio" [Gargano (microfotogr.)]. un tempo variabile, che non è tanto in rapporto col mezzo (sia questo minerale od al plasma) quanto con la grandezza sua e — 231 — £ con tanti altri fattori, che non è facile precisare. Nelle culture positive si ha intorno al blocco lo sviluppo della zona di inva¬ sione, che porta alla genesi di elementi appiattiti, con nucleo lenticolare al centro. Lo svolgersi di questi elementi perturba la contrazione: essi non sembrano per nulla elementi muscolari, almeno non ne hanno Fig. 3. — Cultura di 24^ di tessuto embrionale (?) di pollo al 5° giorno [Tortora (microfot.)]. nè la morfologia, nè le manifestazioni vitali e sempre manca in essi il fenomeno della birifrangenza, che invece è costante, in tutte le strutture contrattili. Per vero qualche volta si hanno cel¬ lule con prolungamenti, che raggiungono quelli delle cellule vi¬ cine e che si fondono con essi: in queste condizioni è evidente che non possa affermarsi con sicurezza se gli elementi in parola sieno fibrocellule muscolari o elementi generatisi da cellule en- doteliali delle lacune linfatiche, ma ciò che sembra certo si è, che essi non hanno la struttura per poter presentare fenomeni di contrattilità , perchè per aversi la contrazione della fibra muscolare si deve verificare il fatto che la fibrilla, s i p a r 1 i d i e 1 e m en ti stria ti olisci, avendo una forma allungata e termi- — 232 — nata a punta da ambo i lati, possa accor¬ ciarsi nel suo diametro maggiore, se una tensione sia esercitata uniformemente su tutta la superficie. Le figure cariocinetiche riscontrate nelle cellule coltivate in vitro , come si è detto, non possono paragonarsi alle cinesi di elementi normali e patologici sia epiteliali che connettivali, aven¬ dosi come epilogo della mitosi cellule sempre più dissimili dalle generatrici. Cercando poi di mantenere in vita con insemensa- menti secondari, terziari, ecc. le culture, si ha che gli elementi svoltisi non presentano più Y attività riproduttiva e per di più sono destinati a degenerare ed a morire in un tempo variabile dagli 8 ai 10 giorni. Del tutto recentemente Tortora (1923) nella Clinica Chi¬ rurgica della R. Università di Napoli in una notevole memoria Fig. 4. — Cultura di 24^ di tessuto connettivo normale di uomo [Tortora (microfotografia)]. in corso di pubblicazione pare non sia stato molto più fortu¬ nato di me nell'ottenere in vitro elementi (figg. 3 e 4), che pos¬ sano con sicurezza far riconoscere la loro genesi epiteliale o connettivale. — 233 — §gr E volendo altresì eseguire un lavoro di revisione delle fi¬ gure .annesse alle memorie degli osservatori, che mi hanno pre¬ ceduto in così arduo cimento, si resta molto perplessi ad accet¬ tare l'interpretazione data da questi ricercatori sul tipo di tes¬ suto svoltosi nelle culture (figg. 5-15), Fig. 5. — Cultura di 48^ di pelle di embrione di pollo [Carrel e Burrows Montrose (microf.)]. Elementi metastatici neoplastici. — Nelle me¬ tastasi sia per tumori epiteliali (figg. 16 e 17) che connettivali (fig. 18) è agevole riscontrare trapiantati elementi blastomatosi li¬ beri nella glandola o nell'organo enficiato; essi assumono effettiva¬ mente una forma sferoidale, perdono i prolungamenti, ma sono sempre cellule che lasciano riconoscere la loro origine. Non po¬ trà mai confondersi una cellula metastatica di un carcinoma con quella di un sarcoma. Gli elementi in parola si riproducono in¬ cessantemente come il tumore primario, anzi forse più incessan¬ temente del tumore primario, in guisa che in qualche evenienza la metastasi può raggiungere un volume superiore a quello del neoplasma dal quale ha avuto origine. Elementi metastatici non neoplastici. — Ho preso in esame alcune metastasi polmonali in ratto (fig. 19) verifica- tesi in seguito all' inoculazione di poltiglia placentare nel peritoneo [(Romano 1921)]. Il tessuto polmonare non è più riconoscibile ; si nota nel preparato una struttura trabecolare, che ricorda quella delle vescicole polmonari, con 1' avvertenza che le trabecole ri¬ sultano costituite di tessuto placentare, dal quale si distaccano Fig. 6. — Cultura di peritoneo di feto di gatto |Ingebrigtsen (microfotografia)]. nell’ interno, delle cellule libere sferoidali con nucleo grande ve¬ scicolare, carico di sostanza cromatica e con citoplasma forte¬ mente acidofilo. Gli elementi placentari liberi rassomigliano per molti caratteri alle cellule coltivate in vitro , provenienti per e- sempio dalla cultura di tessuti embrionali di pollo, ma presen- Fig. 7. — Cultura di peritoneo di feto di gatto, maggiore ingrandim. [Ingebrigtsen (microfot.)]. Fig. 8. — Cultura di rene di topo [Drew (microfotografia)]. Fig. 9. — Cultura di rene di topo [Drew (microfotografiaj) . • - • •• 7* — 236 — Fig. 10. — Cultura di carcinoma di 20*1 [Drew (microfotografia)]. Fig. 11. — Cultura di rene adulto [Drew (microfotografia)]. Fig. 12. — Cultura di miocardio dPpulcino al 12° giorno [Levi (disegno)]. ■ Fig. 13. — Cultura di tronco (?) di embrione di pollo [Levi (disegno)]. Fig. 14. — Cultura di parete di stomaco di pulcino [Levi (disegno)]. Fig. 15. — Cultura di cuore di pulcino di 4 giorni [Levi (disegno)]. tano una caratteristica importante ed è di una incessante ripro¬ duzione. Non entrerò nella difficile disamina se una metastasi di tal natura si possa paragonare ad un blastoma, ad un corioepi- F/' Fig. 16. — Nidi epiteliali metastatici in glandola linfatica ascellare [Gargano (disegno)] . telioma ; certa cosa è che le cellule in parola hanno tutta la ca¬ ratteristica di un tessuto vivo, vitale, rigoglioso, che non sembra destinato ad una rapida degenerazione. Elementi liberi in cavità di degenerazio¬ ne degli epiteliomi. — Come hanno notato Petit e Ger- main (1913) e come ho potuto osservare anche io [(Gargano (1922)], è facile riscontrare negli epiteliomi delle cavità di dege¬ nerazione (fig. 20 e 21), che sembra abbiano il loro inizio in Fig. 18. — Metastasi sarcomatosa. Elementi magnifuso cellulari in attiva proliferazione [Gargano (disegno)]. Fig. 19. — Metastasi di tessuto placentare in polmone di ratto [Gargano (disegno)]. — 242 — Figg. 20-21. — Epitelioma di cane. Zaffi epiteliali con cavità di degenerazione [Gargano (disegno)]. processi cinetici aberranti della cellula blastomatosa. Per pro¬ babile sviluppo di enzimi le cellule alla periferia di queste cavità vanno continuamente distaccandosi, restando libere nelle cavità: ivi subiscono processi moltiplicativi, ma pur anco regressivi. Paragonando la morfologia degli elementi liberi nelle cavità di degenerazione con quelli epiteliomatosi degli zaffi pieni, al certo quelli hanno un aspetto meno poliedrico, quasi sferoidale, hanno caratteri più consoni alla nuova vita, ma non perdono mai gli attributi di cellule epiteliomatose. Ho potuto constatare che la cellula libera nella cavità di degenerazione , riportata ad un tipo primordiale di elemento sferoidale appiattito, aumenta di volume. Tale aumento è quello che contribuisce a spingerla alla cinesi o alla produzione di corpi di Plimmer, che considero come una deviazione dal normale movimento mitotico. Si hanno stadi più o meno normali od aberranti di sinapsi con l'appari¬ zione di uno o di due centrosomi , abbiamo corpi di Plimmer, originati da tre nuclei, dissoluzioni del corpo di Plimmer, e del nucleo, si ha l'apparizione di tre fusi direzionali, di cellule binu¬ cleate ed infine l'inclusione di una cellula in un'altra. Conclusioni. Dalla revisione dei numerosi preparati di tessuti coltivati in vitro, di metastasi neoplastiche e non neoplastiche e di cellule evolventisi in cavità di degenerazione di blastomi, si può dedurre che gli elementi coltivati in vitro (a differenza delle cellule me¬ tastatiche e libere dei blastomi) non rassomigliano per nulla a quelli che li avrebbero dovuto originare, apparendo cellule sui generis, le quali, sembra, si sieno sforzate di assumere dei ca¬ ratteri più consoni al nuovo habitat, ma che non hanno potuto stabilizzare tali caratteri, in guisa da essere candidate a degene¬ razione ed a morte. Clinica Chirurgica della R. Università di Napoli. LAVORI CITATI (i 1913. Gargano, C. — 1. Innesti di tessuti . Generalità : Giorn. Intern. Se. Med. Napoli, Voi. 35, p. 884. 1922. — — 2. Inclusioni di cellule negli epiteliomi: Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 34, p. 169, T. 4-8. 1922. — — 3. Esperimenti di cultura “ in vitro „ di tessuti di Se- laci : Ibid. p. 210. 1923. — — 4 .La cultura dei tessuti dei Setacei “ in vitro „ : Pubbl. Staz. Z. Napoli, Voi. 4, p. 13. 1923. — — 5. Coltivazione "in vitro,, di epiteliomi umani : Ann. Ital. Chir. Napoli, Voi. 2, p. 184. 1913. Petit, G. - Germain, R. — Cing observations d’ épithéliome villeux ou dentritique (épithéliomes pipillaires, papillo-épithéliomes ) de la mamelle, chez la Chienne et la Chatte : Bull. Ass. Frang. pour l’Étude du Cancer, Paris, Tome 6, p. 17. 1920. Romano, G. — 1. Trapianti placentari : Riforma Med. Napoli, An¬ no 36, N. 13. 1921. — — 2. — — : Folia Gynaecologica, Voi. 14, N. 14. 1912. Schòne, G. — Ueber Transplantations immunitàt : Mùnchener Med. Wochenschr., 61 Bd., p. 457. 1884. Wòchting, O. H. — Ueber transplantion am Pflanzen-Korper : Nachrichten von der Kònigl. Gesellsch. der Wissensch. und der Georg - Augusts - Universitàt zu Gòttingen, p. 389. Finito di stampare il 10 ottobre 1923. 0 Le notizie bibliografiche riguardanti le culture dei tessuti in vitro si trovano nella memoria N. 4 e 5 di Gargano. Studi sulla bioluminescenza batterica. 7* Azione dei sali di potassio* Ricerche del socio Prof* Giuseppe Zirpolo (Tornata del 29 aprile 1923) In una mia precedente Nota mi sono occupato delibazione dei sali radioattivi sulla bioluminescenza batterica. Ho voluto in seguito fare delle esperienze anche con i sali di potassio, tenuto conto della radioattività di questo metallo e dei risultati davvero interessanti ottenuti dallo Zwaardemaker e da tutta una schiera di fisiologi che si sono occupati dell’argomento. Espongo in questa breve nota i risultati ottenuti, per ora, col nitrato di potassio e posso dire che essi confermano quanto oggi si conosce sul potassio e sulla sua radioattività. Materiale di studio e tecnica. Mi son servito al solito di brodo di seppia sterilizzato di cui ho già dato ampie notizie nei miei precedenti lavori. Ho voluto ancora studiare il Bacillus pieratitonii Zirpolo per avere unicità di materiale di studio nelle ricerche sulla bio¬ luminescenza. Nei varii tubi venne introdotta eguale quantità di brodo in cui furono fatte diluizioni precise di nitrato di potassio in con¬ centrazione da 1:5 a 1: 20 000 000, e poi tutto fu sterilizzato in modo da non alterare la natura del liquido. Le osservazioni vennero fatte seralmente. Nei primi giorni ogni sera e poi ad intervallo di varii giorni. — 246 — Qui riferisco le esperienze eseguite nel marzo-aprile del 1921. Tutte le altre vengono assorbite da queste, delle quali poi non sarebbero che una ripetizione. Per ogni serie di tubi ne veniva posto uno di controllo. Azione del nitrato di potassio* La sera del 5 marzo venne fatta la semina dei bacilli fo¬ sforescenti nei tubi preparati con diluizioni di nitrato di potassio da 1:5 a 1:20 000 000. La sera seguente comparve la luce in tutti i tubi, eccetto in quello con diluizione 1:5. Nelle sere successive nei tubi la luce andò sempre più in¬ tensificandosi fino al 20 marzo. Il 21 marzo i tubi con diluizione 1:10 e 1:20 si oscurarono, mentre tutti gli altri rimasero luminosi e così nelle sere seguenti sebbene la loro luce incominciasse a sbiadirsi lentamente, più presto nei tubi con diluizione 1:50; 1:100; 1:200; 1:500; 1:1000; 1:2000, più tardi in tutti quanti gli altri. Verso la fine del mese di aprile la luce scomparve in quasi tutti i tubi, rimanendo appena impercettibile in quelli in cui la diluizione raggiungeva le cifre più alte, ma nei tubi di controllo era già scomparsa completamente. Dalle precedenti ricerche si deduce che il nitrato di po¬ tassio è tossico per il Bacillus pierantonii Zirpolo nella dilui¬ zione 1:5, tutte quante le altre diluizioni da 1:10 a 1:20000000 fanno aumentare l’intensità e la durata della luminosità. Il comportamento, inoltre, del nitrato di potassio è analogo, entro determinati limiti, a quello dei sali radioattivi. Napoli , Stazione Zoologica, marzo 1923. BIBLIOGRAFIA 1918. Zirpolo, G. — I batteri fotogeni degli organi laminosi di Sepiola intermedia Naef. (Bacillas pierantonii n. sp.) Boll. Soc. Nat. Na¬ poli Voi. 30, p. 206, Tav. 6. 1919. — — / batteri fosforescenti e le recenti ricerche sulla biofoto¬ genesi: Natura, Riv. Se. Nat. Voi. 10, p. 60, Milano. 1920.1 — — Studii sulla bioluminescenza batterica. 1. Azione de¬ gl'ipnotici. Riv. Biol. Roma. Voi. 2, p. 52. 1920.2 — — Idem. 2. Azione dei sali di magnesio. Boll. Soc. Nat. Napoli Voi. 32, p. 112. 1920.3 — — Idem. 3. Azione dei raggi emanati dal bromuro di ra¬ dio. Ibid. Voi. 23, p. 76. 1921. — — Idem. 4. Azione dei sali radioattivi. Natura, Riv. Se. Nat. Milano, Voi. 12, p.*139. 1922.1 — — Idem. 5. Azione del nitrato di cerio. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 34, p. 46. 1922.2 — — Idem. 6. Azione dei sali di chinina, caffeina, cocaina e stricnina. Natura, Riv. Se. Nat. Voi. 13, p. 70, Milano, 1922. 1921.1 Zwaardemaker, H. — The replacement of Potassium by Uranium in perfusion of heart. Journ. Phys. Voi. 53, p. 3. 1921.2 — — et Feenstra, T. P. — Substitution du potassium par Té- manation de radium , datis le liquide de Sidney Ringer. C. R. Soc. Biol. T. 84, p. 704. Finito di stampare il 30 novembie 1923. Una specie fossile di Gerionide (Decapodi brachiuri) del socio Giuseppe Colosi (Tornata del 12 agosto 1923) Devo alla gentile benevolenza del Prof. C. F. Parona, Di¬ rettore dell'Istituto di Geologia della R. Università di Torino, se ho potuto esaminare un'interessante forma fossile appartenente al gruppo dei Gerionidi ed unico rappresentante fossile di tale gruppo, a meno che analoghe forme non siano state preceden¬ temente attribuite ad altre famiglie, il che non ho avuto campo di accertare, mentre d'altra parte i loro caratteri di affinità con i Geryon attuali sono tali che ogni altra posizione sistematica mi sembra senz'altro da scartare. I vari campioni sono stati trovati in buono stato di conser¬ vazione entro concrezioni calcaree in forma di ciottoli roton¬ deggianti od elissoidali, qualche volta uniti a due ed assumenti aspetto di manubrio, inclusi in marne di origine probabilmente neogenica che costituiscono una caratteristica formazione a capo S. Pablo nella Terra del Fuoco ove furono raccolti dal Rev. P. De Agostini. Con squisita gentilezza il Rev. P. A. Tonelli mi permise l'esame di numerosi altri campioni da lui raccolti alla Terra del fuoco, a Cerro della Lena presso la Missione Candelaria e due campioni raccolti a Capo Sunday, non lontano dalla Missione, tutti conservati nel Museo dell'Istituto Salesiano di Torino : an¬ che questi erano inclusi entro concrezioni e facevano parte di un conglomerato alternato con arenarie con fossili propri e fos¬ sili rimaneggiati : anche P. Tonelli attribuiva il conglomerato — 249 — all'atto terziario e ad origine costiera. Dei crostacei di Cerro della Lena la maggior parte appartengono alla stessa specie se¬ gnalata a S. Pablo; due altre specie sono tali che il loro stato di conservazione non ne permette lo studio : uno è un oxirinco l'altro sembra un galateide. I due campioni di Capo Sunday sono della medesima specie di quelli di Capo S. Pablo. La specie studiata presenta, come dicevo, le maggiori affi¬ nità con le specie del gen. Geryon , le cui affinità e la cui posi¬ zione sistematica sono state molto discusse. Esso è stato ascritto prima ai Catometopa) poi ai Cyclometopa. Miers (1886) lo pose fra i Carcinoplacini ed Ortmann (1901) seguendo lo stesso criterio lo poneva pure nei Catometopa fra i Carcinoplacidae. Milne- Edwards e Bouvier (1894 e 1899) lo situavano con maggior ra¬ gione tra i Cyclometopa; ma mentre da una parte ne vedevano le affinità col gen. Galene , d'altra parte lo ravvicinavano a Car¬ dilo plax e a Pseudorhombila che sono dei Catometopi netti. Gli stessi autori infine (1901) lo ascrissero alla famiglia dei Galeni- dae. Alcock (1899) lo incluse nella famiglia dei Xantidae e nella sottofamiglia dei Galeninae. Spetta a Doflein (1904) il merito di averne riconosciuto le affinità coi Potamonidi tanto da inclu¬ derlo nella stessa famiglia dei Potamonidae (ciò a cui però non si può consentire da tutti). Anche per molto tempo i Potamonidi erano stati riferiti ai Catometopa , finché Dana non fece osservare che essi presenta¬ vano caratteri che dovevano farli ascrivere ai Cyclometopa'. il suo criterio fu poi seguito. Circa poi le maggiori affinità dei Potamonidi, Alcock li ravvicina sopratutto agli Oziinae e agli Eriphiinae. Ma veramente pare che essi siano da raccostarsi più che altro alle forme del gen. Geryon , col quale però è conveniente istituire una famiglia dei Geryonidae ben distinta benché vicinissima a quella dei Po¬ tamonidae , Tra i Potamonidae vi è un genere di cui rilevai (1920) la primitività e che perciò contrapposi a tutti gli altri ge¬ neri della famiglia: esso comprende la sola Platythelphusa armata Milne-Edwards rappresentante della sottofamiglia dei Propota- monida. Ebbene, Platythelphusa fra tutti i potamonidi, è quello che più si avvicina ai Geryonidae per la collocazione delle an. tenne e per la conformazione delle orbite. — 250 — Dei Geryomidae attualmente viventi si conoscono sei specie tutte appartenenti al gen. Geryon. Esse sono: G. longipes Mil- ne Edwards del Mediterraneo e del Golfo di Biscaglia, G. af¬ fiate Milne Edwards e Bouvier delle Azorre, delle coste atlan¬ tiche dell'Africa meridionale presso il tropico del Capricorno e delle coste della Somalia e dell'India meridionale, G. quitique- dens S. Smith del Nord-Atlantico occidentale, H. tridens Kro- yer del Nord- Atlantico orientale, G. trispinosus (Herbst) De Man delle Indie e del Giappone e G. paulensis Doflein di Nuova Amsterdam nell'Oceano Indiano. G . incertus Miers, sta¬ bilito sopra un esemplare molto giovane e in cattivo stato di conservazione proveniente dalle Bermude, secondo l’opinione di Milne-Edwards e Bouvier, seguita da Doflein, è probabilmente da escludere dal gen. Geryon. Giova ricordare che la compara¬ zione tra le diverse specie descritte aveva portato Doflein alla conclusione che ci si trovasse presenti ad una sola specie co¬ smopolita e propria di grandi profondità; ad ogni modo egli per prudenza mantiene le specie descritte le quali per ora presen¬ tano caratteri distintivi notevoli, caratteri forse anche dovuti ad influenze ambientali o a differenze di stadio di sviluppo ma che solo in seguito a nuovi e numerosi reperti potranno essere ri¬ conosciuti come non specifici. Il fossile da me studiato si scosta da tutte le forme attuali di Geryon per un carattere molto appariscente: le orbite ocu¬ lari sono molto larghe tanto che la distanza fra la spina fron¬ tale esterna e la spina extraorbitale è circa doppia della distanza tra le due spine frontali esterne. Tale carattere giustifica la crea¬ zione di un nuovo genere Archaeogeryon ben distinto dal gen. Geryon , in cui la distanza tra la spina frontale esterna e la spi¬ na extraorbitale è, al più, uguale alla distanza fra le due spine frontali esterne. Le forme attuali del gen. Geryon sono state rinvenute in vicinanza dei continenti, ma sempre a grandi profondità che può superare i 2000 m.; eccezionalmente si è avuto, per G. trispi¬ nosus , qualche reperto a mediocre profondità. La specie di Archaeogeryon da me studiata doveva essere invece strettamente costiera. Ciò mi fu fatto osservare dal Prof. Parona il quale esaminò sia la natura della roccia di Capo S. Pablo sia parecchi molluschi in essa contenuti ed appartenenti ai generi Volata (con forme proprie delle spiagge sabbiose), Tadicla , Turritella (che giunge fino a 127 metri di profondità) Solarium ed altri, meno perfettamente conservati, e attribuibili ai gen. Aporr hais ( Chenopos ), Cassidaria e Lucina. Vhabitat batimetrico dei due generi è quindi ben diverso. Nel gruppo affine dei Potamonidae abbiamo forme prevalente¬ mente d'acqua dolce, ma che possono vivere anche sulla terra; talune forme sono acclimatate alle acque salate e salmastre; Pla- tythelphusa è stata trovata da 60 a 500 piedi di profondità nel lago Tanganica, ma vive bene anche al di fuori dell'acqua e ad una certa distanza da essa. Archaeogeryon fuegianus n. sp. Cefalotorace grande, raggiungente perfino cm. 10 di lun¬ ghezza e circa cm. 13 di larghezza, un poco ristretto posterior¬ mente. Scudo dorsale uniformemente granuloso, con superficie appiattita ma ineguale per cospicue creste ed emergenze, spinoso lungo i margini anteriori e latero-anteriori. Fronte con quattro spine subeguali in lunghezza, le due mediane ravvicinate, le due esterne un pò più distanti dalla mediana e più larghe alla base. Orbite larghissime; margine superiore sinuoso finemente e fit¬ tamente denticolato, margine inferiore con denti più radi ma più regolari sottili ed acuti e con un lobo lamellare angoloso, ap¬ puntito, sporgente all'innanzi, più prossimo alla spina frontale esterna che alla spina extraorbitale. I margini laterali dello scudo sono armati in modo estremamente simile a quanto si osserva in Geryon paulensis : dietro ogni spina extraorbitale lamellare ed appuntita vi è un tubercolo conico, a cui segue una grossa spina conica e acuta, e poi un nuovo tubercolo ed infine una robustis¬ sima spina. L'estremità della spina extraorbitale raggiunge la base della spina frontale. Dietro la fronte si notano un paio di pic¬ coli lobi epigastrici ottusi e smussati. Forca dei solchi mesoga- strici mediocremente delineata, solchi posteriormente evanescenti; ai due lati della forca una cresta trasversa sinuosa che divide la regione protogastrica dalla metagastrica; al disotto di ciascuna cresta un piccolo tubercolo rotondo a cui segue posteriormente ed un pò all'indentro, sempre nella regione metagastrica, una — 252 — forte punteggiatura. Un cospicuo tubercolo ottuso angoloso ac¬ canto e posteriormente alla prima grande spina del margine la¬ terale. La regione epatica è ben distinta dalla branchiale da una cospicua cresta che va dagli angoli posteriori esterni della re¬ gione mesogastrica fino alla base posteriore dell’ultima grande spina del margine dello scudo; tale cresta protunde con due lar¬ ghe protuberanze di cui l'esterna è più robusta, sollevata e ango. Iosa. Due lobi diretti trasversalmente e arrotondati separano la regione gastrica dalla mesogastrica. Lateralmente dalla regione gastrica partono, dirette all' indietro e verso la linea mediana, due serie divergenti di forti punteggiature; le anteriori formano un arco continuo entro la regione gastrica, le posteriori si inol¬ trano nella regione urogastrica rimanendo con la loro estremità posteriore ben discoste l’una dall'altra. La regione cardiaca an¬ teriore è separata dalla posteriore mediante una cresta trasver¬ sale, smussata, medialmente attenuata. Una forte incisura separa le regioni gastrica, urogastrica e cardiaca dalla regione bran¬ chiale. Una forte cresta ondulata longitudinale percorre la parte centrale di ciascuna regione branchiale. Posteriormente lo scudo è carenato ai due lati (Fig. 1). Occhi con peduncoli lunghi, cilindrici. Terzo ischiognato circa due volte più lungo che largo, con solco longitudinale più prossimo al margine interno che all'e¬ sterno e parallelo ad essi; merognato più stretto dell'ischiognato, tanto lungo che largo, sporgente all'esterno oltre il livello del margine esterno dell'ischio, con margine superiore ed esterno arrotondato; corpo dell'esopodite oltrepassante il livello anteriore del merognato. Chelipedi con robusta spina carpale sul margine anteriore interno ed una cresta angolosa granuloso-tubercolata, simile a quella di Geryon paulensis sulla superficie superiore interna e con tubercoli aspri ed irregolari sulla porzione superiore esterna; dita larghe, piatte, grossamente dentate. Ischio con robusta spina distale superiore (Figg. 2, 3). Regione sternale del cefalotorace con profondo solco rettilineo o un po' sinuoso tra 1' inserzione dei due gnatopodi del terzo paio, con profondi avvallamenti che nel maschio cominciano molto anteriormente ed al livello anteriore dell'inserzione dei che- dpedi (Fig. 4), nelle femmine proprio al livello anteriore del— Y inserzione di questi (Fig. 5); i due avvallamenti laterali si in¬ contrano posteriormente formando angolo, in una scanalatura mediana fortemente insenata con cui s'inizia la depressione su¬ baddominale del cefalotorace. Addome del maschio con settimo, sesto e quinto segmento di ugual lunghezza; il margine basale dell'ultimo segmento è no¬ tevolmente più stretto del margine distale del penultimo. Addo¬ me della femmina molto largo. Il più grosso campione esaminato proviene da Cerro della Lena ed era incluso nelle arenarie. Il cattivo stato di conserva¬ zione non mi permettono altro che una misura approssimativa della — 254 — lunghezza e della larghezza: esso è lungo circa cm. 10 e largo circa cm. 13. Un grosso esemplare maschio di Cerro della Lena, la cui lar¬ ghezza e lunghezza non erano misurabili, presentava l'addome ben conservato: esso era lungo circa mm. 28; il settimo segmento era lungo mm. 5, 7, il resto medialmente mm. 5, 7 e marginalmente mm. 6, 7, il quinto mm. 6, il quarto mm. 5, 8, il terzo mm. 3, 7. Un esemplare di Cerro della Lena lungo mm. 20 e largo mm. 27 presentava solo quattro spine al margine laterale dello scudo di cui solo la prima (extraorbitale) e l'ultima ben pronun¬ ziate; le creste e i tubercoli erano molto pronunziati. Dei due esemplari di Capo Sunday, di color nero carbone, uno era lungo mm. 44, 5 e largo mm. 5,8; l'altro era largo mm. 20, 5. Maggiori dettagli nella misurazione posso dare di altri e- semplari. Un maschio di Cerro della Lena è lungo circa mm. 46 e largo circa mm. 57 ; la distanza tra il vertice anteriore dello sterno e l’estremità dell'addome è di mm. 17; la larghezza dello sterno al livello dell'inserzione posteriore dei chelipedi è di mm. 24; il meropodite dei terzi endognati è lungo mm. 10 e largo mm. 6, il carpopodite è lungo mm. 5, 5 e largo altrettanto, la base dell'esognato è di mm. 11 di lunghezza. Un altro esemplare di Cerro della Lena è lungo mm. 43 e largo mm. 52; la distanza fra le due spine frontali esterne è di mm. 10 e tra ciascuna spina frontale esterna e la spina extraor¬ bitale di mm. 17; presso i margini superiori delle orbite esistono numerosissimi piccoli tubercoli appressati; le spine frontali si presentano notevolmente divaricate. Un maschio di Capo S. Pablo è lungo mm. 59 e largo, tra la base dell'ultimo paio di spine marginali, mm. 65; la distanza fra le estremità delle spine frontali esterne è di mm. 11; il settimo, il sesto e il quinto segmento addominale sono lunghi mm. 6, 5 ciascuno; la larghezza basale dell'ultimo è di mm. 9, 5, la lar¬ ghezza distale del penultimo mm. Ile la basale 15; la larghezza distale del terzultimo é di mm. 15; l'ischiopodite del terzo en- dognato è di mm. 12; il meropodite del chelipede destro è lun¬ go mm. 24; la palma del propodite del chelipede destro è lunga mm. 26 e larga circa mm. 18, 5. — 255 — Un esemplare, pure di Capo S. Pablo, è lungo mm. 52 e largo mm. 48, 5; la distanza fra Y estremità delle due spine extraorbitali è di mm. 47; quella fra le due spine frontali ester¬ ne di mm. 10,5 fra le due interne mm. 3 fra una spina frontale interna e l'esterna corrispondente è di mm. 4. Un esemplare di S. Pablo largo mm. 50, 5 e con distanza fra le due spine extraorbitali di mm. 44, 5 ha il meropodite del primo paio di zampe ambulatone lungo mm. 27, quello del se¬ condo paio lungo mm. 33, quello del terzo paio mm. 35 e quello dell'ultimo paio mm. 35. Come si vede le zampe ambulatorie dovevano essere notevolmente lunghe, similmente a quanto si osserva nei Gerionidi attuali. Il propodite di un chelipede destro è lungo mm. 55, di cui mm. 29,5 spettano alla palma, e mm. 25, 5 al dito immobile; il dattilo misurato nel suo margine superiore doveva essere lungo non meno di mm. 30. Purtroppo nessun particolare posso aggiungere circa le an¬ tennule e le antenne di cui però in una figura si vedono chia¬ ramente i luoghi di inserzione. Torino, Palazzo Carignano, maggio 1923. Finito di stampare il 30 novembre 1923. Su di una “ emanazione „ “ forza vitale effluente ,, finoggi non dimostrata. Nota preventiva del socio Frank A* Perret (Tornata del 12 agosto 1923) Fin dai più remoti tempi si è accennato alla probabile esi¬ stenza di misteriose emanazioni umane, dotate perfino di potere magico. In seguito, quando alFesaltazione mistica si sostituì l'os- servazione sperimentale, si ebbero, di quando in quando, notizie di strane energie, radiazioni biologiche, emanazioni sviluppate dalborganismo vivente; ma se ne parlò generalmente in modo vago, senza che le proprietà attribuite a quegli efflussi potessero essere confermate con esperimenti semplici, inoppugnabili. Senza voler qui addentrarci in una critica dei così detti raggi " N „ o “ V ,„ “ forze odiche „ ecc. ecc., una cosa sembra ormai indiscutibile, ed è che, alTinfuori degli scopritori, nessun altro ha potuto dire con convinzione: " Ho visto,,. Benvero Te manazione di cui oggi si espongono le caratte¬ ristiche, in questa breve nota, dopo anni di indagini, ha potuto forse essere per il passato intravista, per quanto appaia nelle sue proprietà diversa da quelle di cui finora si è avuto notizia; ma quel che alle attuali esperienze conferisce massima importanza è il fatto di aver escogitato mezzi semplici, a disposizione di tutti, con i quali si ha la prova visibile deiremanazione ed anche la registrazione di essa in nitidi diagrammi. In che cosa consiste questa emanazione? Pare si tratti di una vera e propria " sostanza „, piuttosto — 257 — che di una semplice radiazione. A tale concetto si è indotti spe¬ cialmente dalla proprietà — di cui si parlerà in seguito — di im¬ pregnare di sè i corpi che attraversa. Questa emanazione è sprigionata, in varia misura ed in mo¬ do non costante, spesso disuguale e fluttuante, da tutto il corpo, specialmente poi dalle mani e in modo più spiccato dalle estre¬ mità delle dita. Essa varia secondo gli individui ed i momenti in cui viene misurata, secondo lo stato di sanità o di malattia, in seguito ad uso di sostanze eccitanti o deprimenti, ecc. ecc. Sembra che sulla emissione di essa influiscano certi movi¬ menti muscolari, lo stato emotivo e svariati oscuri fattori, sui quali occorre ulteriormente indagare. Sembra ancora che sulla forza di efflusso influiscano certe condizioni astronomiche e meteorologiche, quali le fasi della luna, la pressione barometrica, il grado di umidità atmosferica ecc. Le sue proprietà fisiche finora note sono delle più straor¬ dinarie e tali da differenziarla nettamente dalle altre forze e ra¬ diazioni: questa emanazione penetra ed attraversa qualunque so¬ stanza, sia organica sia inorganica, buona o cattiva conduttrice delTelettricità e del calore. Non si tratta quindi di forza elettri¬ ca, o magnetica, o termica. Essa produce i suoi effetti meccanici attraverso tutti i corpi interposti, si tratti di legno, metallo, carta, stearina, gelatina, re¬ sina, gomma, vetro (trasparente od opaco). Attraversa quindi an¬ che lamine spessissime di piombo ed il cartone bagnato, ciò che non si verifica per i così detti raggi “ N „. Non impressiona le comuni lastre fotografiche. Non subisce modificazioni apparenti per effetto del calore o deirumidità della mano. L'efflusso dell'emanazione dà: 1. Effetti meccanici di spinta e rotazione di apparecchi sem¬ plici, anche di non lieve peso e resistenza: un ago, calamitato, o no, in bilico, una losanga di cartone, di legno, di metallo ecc. ecc., un cono od un cilindro di carta, di mica ecc., pivotati su di un ago, sono messi in moto da questa emanazione. (Fig. 1 e 2). 2. Incurvamento ed oscillazioni sensibili della fiamma di una candela. Questo fenomeno apparisce chiaramente anche mediante — 258 — conducibilità di lamine metalliche: è come un soffio che esce con discreta forza. Interessante e nuova è la proprietà di questa emanazione di poter impregnare i corpi organici ed inorganici e di agire, svi¬ luppandosi da essi, dopo tolto ogni contatto con la mano, come se questa fosse ancora vicina : le fluttuazioni hanno il medesimo carattere di quelle emananti dall' organismo. Si sono potuti re¬ gistrare graficamente anche questi residui di emanazione dai corpi impregnati. Lamine metalliche fortemente riscaldate non modi¬ ficano in modo apprezzabile questa proprietà. Un guanto, anche di gomma, calzato per qualche minuto, agisce sugli apparecchi sensibilmente, anche dopo tolta la mano. pi 3 metile olio Cilindro g' l’t'Vole interna Cilindro esterno \ »ii àppi ics I? nano a4 C'Ito Valendomi della proprietà meccanica di spinta di questa ema¬ nazione, ho pensato dapprima a misurare la forza di efflusso, misurando in gradi di arco la deviazione impressa ad un ago ca¬ lamitato in bilico; indi ho ideato e costruito, con mezzi primi¬ tivi, un primo apparecchio registratore. — 259 — Su di un'armatura fissa esterna è poggiata la mano; tale ar¬ matura può essere di cartone o di altra sostanza. L'armatura mobile, interna è costituita da un volante imperniato su di un ago verticale. Dovendo stabilire lo zero della scala, mi sono ser¬ vito dell'ago magnetico, anche come resistenza regolabile per modo che in istato di riposo il volantino prende la direzione del meridiano terrestre. Fig. 2. L'emanazione, uscendo, tende a far rotare l'armatura, in op¬ posizione allo sforzo magnetico, ed il grado di rotazione cor¬ risponde, in un dato momento, alla forza dell'emanazione. Un ristretto fascio di luce verticale viene riflesso da uno specchietto, montato sul bilancino, su di una fessura longitudi¬ nale, dietro la quale gira, con opportuna velocità, un cilindro portante un foglio di carta sensibile. Si ottiene, così, un punto luminoso che impressiona fotograficamente detta carta, nello spostarsi secondo il grado di forza della emanazione, tracciando il grafico. (Fig. 4). Tutto l'apparecchio è protetto da eventuali perturbazioni di ambiente. (Fig. 3). 260 — Evidentemente è possibile escogitare altri sistemi di regi¬ strazione anche più sensibili, ciò che potrà formare oggetto di ulteriori studi. I diagrammi dimostrano la grande variabilità dell'emanazio- ne sotto l'influenza dell'ingestione, o iniezioni di sostanze ecci¬ tanti o deprimenti, e ciò dopo brevissimo tempo dalla immis¬ sione in circolo. In questi ultimi tempi, in seguito alle obbiezioni sollevate da alcuni illustri contraddittori al primo annunzio di questa sco¬ perta, che potesse trattarsi puramente e semplicemente dell' in¬ fluenza di correnti d'aria vorticose prodotti dal calore della mano, sebbene esperimenti inoppugnabili dimostrassero assurda tale sup¬ posizione, ho costruito dei dispositivi parimenti semplicissimi che non lasciano alcun dubbio al riguardo. A — Sorgente luminosa c / lamp. elettr. ad 1 filamento. B — Cilindro portante all’ interno la carta sensibile av¬ volta su altro cilindro, girevole. C — Apparecchio girevole c/ ago calamitato spostato dall’emanazione. D — Specchietto su cui riflette il raggio luminoso. E — Fascia di cartone per appoggio della mano. F — Calamita spostabile per regolare la forza dell’agcl I G — Raggio luminoso che si rifrange in D. H — Apparecchio d’orologeria regolabile. I — Fessura longitudinale del cilindro esterno. Si è preparato un cilindro di cartone, dell'altezza di 4 a 5 cm. e del diametro di 10 cm., pivotato su di un ago con cop¬ petta di agata e sostenente due piccole lampade con fiamme op¬ poste, in corrispondenza dei punti estremi del diametro. (Fig. 1). L'apparecchio, che deve essere protetto da eventuali cor- — 261 — renti d'aria dell'ambiente, resta immobile fino a che non vi si accosta la mano, e sotto 1' influsso dell'emanazione si mette in moto abbastanza rapidamente. Con la mano destra roterà in sen¬ so inverso a quello delle sfere di un orologio; togliendo la ma¬ no destra ed applicando la sinistra, roterà in senso contrario. I Fig. 4. Un altro apparecchio dimostrativo è il seguente: si ha, al centro, un cilindro di cartone girevole; all'esterno un altro fisso, che lo circonda; entro lo spazio, di circa 3 cm. che trovasi fra i due cilindri si poggiano uno, due, o più lumicini, in modo che le fiammelle non superino il margine superiore del cilindro e- sterno. Applicando a questo apparecchio la mano destra o la sinistra si ha la rotazione a sinistra o a destra del cilindro in¬ terno. Ciò prova tre fatti importanti: 1. °- l'emanazione attraversa il cartone esterno fisso; 2. ° - il calore della mano non può avere assolutamente alcuna influenza sul moto del cilindro, in quanto che le fiamme inter¬ medie hanno un potere calorifico ben più importante e purtut- tavia il cilindro interno di cartone non si mette a girare fino a che la mano non è accostata al cilindro esterno; 3. ° - non possono formarsi vortici d'aria fra un cilindro e — 262 — Faltro, in quanto che il cilindro esterno è perfettamente ade¬ rente al piano del tavolo su cui poggia. Infine, si è potuto, ma non sempre, ottenere la rotazione del cilindro sostenente le due piccole lampade, descritto più sopra, mediante la trasmissione a notevole distanza delTemanazione della mano calzata da apposito guanto munito di sottili fili di trasmissione. Queste sono le esperienze eseguite finora e che occorre sviluppare. In quanto alle origini, alle altre proprietà fisiche o fisiolo¬ giche di questa emanazione, resta enormemente ancora da inda¬ gare, ed in ciò è aperto largo campo a tutti gli studiosi. I problemi più suggestivi che si presentano allo spirito sono i seguenti: Rappresenta questa emanazione una forza o una debolezza delborganismo? Che significano e donde originano le sue fluttuazioni ? Ha questa emanazione potere curativo? Ha rapporti con la così detta forza medianica? Vi è in essa qualche cosa della forza psichica? Ha essa delle proprietà chimiche che ne possano spiegare le origini e la eventuale composizione? Napoli, 12 agosto 1923. Finito di stampare il 30 novembre 1923. Sull’azione delle basse temperature sullo svi¬ luppo del Zoobotryon pellucidum Ehrbg. Nota del socio Prof* Giuseppe Zirpolo* (Tornata dell’8 luglio 1923) Nei varii anni di ricerche compiute alla Stazione Zoologica allo scopo di conoscere la ecologia del Zoobotryon ebbi occa¬ sione di osservare come abbassandosi la temperatura dell'ambiente esterno i rami di Zoobotryon arrestassero il loro sviluppo. Que¬ sto fatto potetti facilmente constatarlo per la ragione che i rami coloniali di questo briozoo hanno un accrescimento rapidissimo. Da un giorno all’altro si ha uno sviluppo di varii millimetri di lunghezza, il che è raro poterlo verificare sempre in altre forme animali. Riconnettendo questa osservazione ad un dato di fatto con¬ statato nella biologia del Zoobotryon , cioè allo stato di vita la¬ tente che passa questo briozoo durante l’inverno per poi nella primavera dare origine a numerosi germogli, ho voluto eseguire delle esperienze allo scopo di ottenere la prova per poter con¬ cludere circa razione del freddo come causa principale della vita latente del Zoobotryon durante il periodo invernale. A tal uopo ho preso dei rami speciali, ricchi di sostanza blastogena, e li ho tenuti in ghiaccierà alla t.a di circa 10° C. Ebbene finché i rami sono stati neH'interno di questa non è stato possibile osservare nessuno sviluppo di rami, ma quando ne sono stati trasportati fuori alla t.a ambiente, allora si è iniziato — 264 lo sviluppo. Non si è avuta la formazione di novelli rami subi¬ to , ma, a secondo la durata della permanenza dei rami nella ghiaccierà di uno , due , tre o quattro giorni si è avuto un ri¬ tardo relativo nello sviluppo ulteriore dei rami. Evidentemente Y essere passati i rami dalla t.a ambiente ad una t.a così bassa per essi ha prodotto un'azione poco favore¬ vole ed è stata tanto più intensa quanto più lunga è stata la permanenza dei rami sotto l'azione del freddo. Concludendo quindi le basse temperature agiscono sullo sviluppo dei rami coloniali del Zoobotryon e fra le cause per cui noi non troviamo, durante l'inverno, delle colonie di questo briozoo v'è non fra le ultime il freddo che genera una stasi nei processi metabolici dell'organismo animale, arrestando la sua at¬ tività e facendogli vivere una specie di vita latente. Napoli, Stazione Zoologica , giugno 1923. Finito di stanpare il 15 dicembre 1923. Di una specie italiana di Typhlocarìs (T. salentina n. sp.) con osservazioni morfo¬ logiche e biologiche sul genere. Nota preliminare del socio E. Caroli. (Tornata del 29 aprile 1923) Nel settembre dello scorso anno, il Prof. Bottazzi della nostra Università raccolse in una grotta presso Castro, in Terra d' Otranto , alcuni esemplari di un Crostaceo decapode , che cortesemente volle mandarmi in esame. Con sorpresa riconobbi che essi appartenevano al genere Typhlocaris , raro Carideo ca¬ vernicolo, cieco, della famiglia dei Palaemonidae , del quale si conoscevano solo due specie : T. galilea Calman, trovata in Pa¬ lestina, in un pozzo nei pressi del Lago di Tiberiade , e T. le- thaea Parisi , rinvenuta nella Grotta del Lete, in Cirenaica. In seguito ho potuto stabilire che essi rappresentano una terza spe¬ cie, alla quale, dal luogo di rinvenimento, ho dato il nome di T. salentina. La descrizione particolareggiata dei caratteri che distin¬ guono questa specie dalle altre due forma oggetto di un la¬ voro che sarà pubblicato prossimamente nelTAnnuario del Mu¬ seo Zoologico della R. Università di Napoli ; ma uno di essi merita , per la sua importanza , d’esser fatto conoscere subito. Mentre nelle altre due specie, nonché in tutti gli altri Decapodi cavernicoli ciechi , finora conosciuti , i peduncoli oculari non presentano traccia di organi visivi, in T. salentina , alla parte an¬ teriore degli oftalmopodi, presso il margine esterno, vi è una 266 — piccola macchia di pigmento scuro, più o meno distinta nei di¬ versi esemplari , ( in qualcuno cancellata dall' azione dell' al¬ cool); inoltre, in tutti gli esemplari, in corrispondenza di questa macchia, la cuticola è alquanto depressa, più sottile, e mostra una struttura differente da quella che ha nel resto dell'oftalmo- podo. Evidentemente qui si tratta di un residuo di occhio, del quale, come ho già detto, non esiste traccia nelle altre Typhlo- caris e negli altri Decapodi cavernicoli. Lo stato di conserva¬ zione degli animali non mi ha permesso di constatare se ad esso corrisponda internamente qualche resto di elementi retinici. L'esame degli esemplari della nuova specie, nonché di quelli delle altre due, che ho potuto avere a mia disposizione, mi ha dato agio di notare alcune particolarità di struttura, comuni a tutto il genere, ma non rilevate dai precedenti osservatori, delle quali darò breve notizia. Le setole olfattive non sono, come negli altri Caridei, di¬ vise in segmenti e gradatamente più sottili dalla base alla punta; ma intere e composte di una parte basale, ristretta a tuo’ di picciuolo, e di una distale, più lunga e più grossa. Il loro nu¬ mero è di molto inferiore a quello di Caridei forniti di occhi bene sviluppati, p. es. di Leander. Finora non erano state trovate statocisti. Queste in realtà vi sono, ma hanno struttura affatto speciale; l'apertura è dispo¬ sta in modo da non permettere l'introduzione di statoliti dall'e¬ sterno; questi invece sono prodotti neH'interno delle setole sta¬ tiche, le quali hanno subita una profonda modificazione. Le tre ultime paia di zampe portano lunghe e flessibili se¬ tole piumose, disposte in doppia serie, lungo il margine esterno del propodite. Sono senza dubbio setole di senso, e probabil¬ mente servono alla percezione dei movimenti dell'acqua. In due maschi di T. salentina ed in uno di T. lethaea , ho trovato, aderenti alle aperture genitali, due spermatofore; que¬ ste sono coniche, alquanto allungate, e constano di un involu¬ cro piuttosto resistente e di una massa spermatica contenuta in esso. Si tratta dunque di vere spermatofore che il maschio porta seco, finché non gli si offra l'opportunità di attaccarle alla fem¬ mina; al contrario di ciò che si ritiene avvenga negli altri Ca¬ ridei, nei quali lo sperma è versato direttamente sul ventre della 267 — femmina, e nei quali, in ogni caso, non sono state mai osser¬ vate spermatofore aderenti agli orifizi sessuali. Termino con un accenno allo strano modo di nutrirsi della T. salentina. Nella grotta nella quale essa fu rinvenuta, trovano ricovero numerosissimi Chirotteri, i cui escrementi formano sul suolo uno spesso strato di guano. Gli escrementi cadono anche nell'acqua dove vive la Typhlocaris , ed è proprio di questi che essa si nutre, come ho potuto constatare esaminando lo stomaco di un esemplare, il cui contenuto era costituito di resti e fram¬ menti di scheletri chitinosi di Insetti, cioè degli stessi elementi che costantemente si rinvengono nello sterco dei pipistrelli. Poi¬ ché con la Typhlocaris non è stato mai pescato nessun altro animale, si può supporre che per la mancanza, o per lo meno la scarsezza, di altro cibo, essa si sia dovuta adattare a questa sorta di nutrimento. Finito di stampare il 15 dicembie 1923. Bollettino della Società dei Naturalisti di Napoli. COMUNICAZIONI VERBALI Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. Fecondazione a distanza in Ginkgo biloba Linn. e in Araucaria Bidwilli Hook. Comunicazione verbale del socio Fr* Cavata (Tornata del 31 dicembre 1922) La Ginkgo biloba Linn., la pianta mistica del Giappone, il “ Mai'- denhair „ albero capelvenere degli Inglesi, introdotto in Europa tra il 1727 e 1737, e diffusosi rapidamente per la eleganza del suo fogliame, è pianta dioica, e quasi sempre sono individui maschili che si riscon¬ trano nelle collezioni degli Orti botanici, o dei parchi, evidentemente ottenuti per via agamica. Nel nostro Orto' botanico sonvi due grandi esemplari, entrambi maschili, e parecchi altri giovani, ottenuti da qual¬ che anno per semi, dai quali si aspettano, con ansietà, individui fem¬ minili. Alcuni di questi esemplari si ebbero, intanto, da semi di una vigo¬ rosa pianta femminile del cortile del Politecnico, la quale quasi ogni anno si ricuopre abbondantemente di fiori, e matura pur copiosi frutti. E fu il Chiare Collega ed amico, Prof. Orazio Rebuffat che me li favorì. Il fatto che questa pianta di Ginkgo biloba , cresciuta fra quattro pareti di alto fabbricato, conduce a maturità una parte soltanto di una congerie di ovuli che essa produce, sta a dire che non si tratta di una possibile partenogenesi, ma di una parziale fecondazione dei suoi fiori dovuta a polline portatovi dal vento, e senza dubbio, dalle due piante dell’ Orto botanico, per quanto distino di un chilometro e forse più. Vi è da escludere, intanto, che la pianta possa essere eventualmente monoica, poiché ciò sarebbe certo stato avvertito dal Professore Rebuf¬ fat il quale richiamava la mia attenzione sulla enorme quantità di fiori femminili, che, infecondati cadevano al suolo, ed io stesso ebbi a constatarlo in una visita che feci all' uopo al Politecnico : nessuna traccia di amenti maschili sul terreno. Sì aveva, perciò, una fecondazione longinqua operata dai venti di — 4 — Nord-Ovest che attraversando la collina di Capodimonte e lambendo la sottostante valle, ove si adagia l’Orto botanico, trasportano il pol¬ line verso la marina. Intorno alla fecondazione della Ginkgo biloba in Europa sonosi rac¬ colti dei dati assai curiosi ed interessanti. In un recente articolo apparso nel Bulletin of Miscellaneous information del Royal Botanic Gardens di Kew, il Dallimore, dopo aver riferito che un vecchio albero di Ginkgo del Giardino di Kew aveva dato alcuni frutti da un ramo di pianta femminea innestato nel 1911, riporta alcune considerazioni che, a tale riguardo, ha fatto il Prof. Went, direttore del Giardino botanico di Utrecht, il quale richiama l’attenzione su di un fatto assai singolare e cioè che una pianta maschile, forse centenaria, di Ginkgo aveva emesso un ramo portante frutti. Siccome da qualche anno erano stati atterrati degli Olmi, pur secolari, la cui ombra si proiettava sulla Ginkgo, il Went si domanda se il cambiamento di condizioni sopravvenuto a tal fatto non possa essere la causa del fenomeno, essendo egli certo che dal 1896, anno in cui egli assunse la Direzione dell'Orto botanico di Utrecht, la pianta mai aveva presentato frutti in alcun suo ramo. Il Dallimore riferisce anche che nel 1914, il nostro Re chiese al Direttore dei Giardini Reali di Kew notizie sul modo di fruttificazione della Ginkgo biloba , dappoiché due esemplari di questa pianta esistenti nel Giardino del Quirinale, si caricano ogni anno di frutti per quanto non esistano piante maschili in Roma. E' da ritenere, peraltro, che nei dintorni della capitale qualche esemplare di pianta maschile ci sia, e si avveri là, lo stesso fenomeno che ho riferito per la pianta del Poli¬ tecnico di Napoli. Relativamente al caso citato dal Went, non è improbabile si tratti di una subitanea mutazione conseguente forse alle cambiate condizioni di illuminazione e di aerazione. Del resto è noto che anche in alcune conifere dioiche, si verifica talora la produzione di amenti maschili in piante femminili e vice-versa, come nel Taxus boccata ad es. Così pure a Pisa, secondo riferisce il Longo, una pianta maschile di Idesia poly- carpa, diede un anno frutti in un suo ramo; d'onde poi questo botanico pretese di definire tal fenomeno cambiamento di sesso. In alcune piante questa variabilità è suscettibile di una certa flut¬ tuazione. Così nell' Amacaria Bidwilli Hook, si hanno individui mo¬ noici e piante dioiche. Così alTOrto botanico di Catania vi era, quando vi fui alla Direzione (1901-1905), un magnifico esemplare monoico, il quale pur essendo isolato e producendo amenti maschili nei rami in¬ feriori e strobili in alto, maturava normalmente semi perfetti. All’Orto botanico di Napoli invece, vi è un magnifico esemplare di Araacaria - 5 - Bidwilli , portante solo fiori femminili, e per molti anni ha lasciato ca¬ dere i suoi enormi strobili senza alcun seme buono : si aveva, cioè1 semplice partenocarpia. Nel passato autunno, per altro, si sono avuti oltre 80 semi perfetti da due strobili, il che mi ha fatto pensare che si tratti anche qui di fecondazione longinqua, cosa che ho potuto assodare in primavera esa¬ minando gli esemplari che si trovano nelle vicinanze; e così ai Giar¬ dini di Piazza Cavour, ove esiste uno splendido esemplare che si mo¬ strava carico di amenti maschili, e così pure in opposta direzione al¬ tro cospicuo esemplare al Cimitero degli Inglesi all’Arenaccia. Mi si as¬ sicura inoltre che in ville private nelle adiacenze della Specola di Ca¬ podimonte esistono anche piante monoiche che maturano pure frutti e semi buoni. Resta, intanto, a domandarsi come solo quest’anno la pianta dell'Orto botanico che, a mio giudizio, è pressoché coeva di quella dei due giar¬ dini citati, abbia potuto dare frutti fecondi, mentre ha dato per anni e anni frutti spuri o partenocarpici. La natura ha pur tanti ancora segreti da disvelare! Finito di stampare il 30 agosto 1923. Il bradisisma in relazione colFattività vulcanica dei Campi flegrei. Comunicazione verbale del socio Dr. Francesco Signore (Tornata ordinaria 8 luglio 1923) 11 1920 iniziai lo studio fisico dei Campi Flegrei, il lavoro com¬ pleto vedrà tra breve la luce, intanto mi piace annunciare a questo Consesso che ho potuto stabilire una relazione tra il bradisisma e l'at¬ tività vulcanica dei Campi Flegrei. Il mio lavoro mostra che le zone, ove maggiormente si ha l’abbassamento, sono quelle in cui si esplicano ancora i fenomeni termici, ed inoltre che l'attuale incremento dell’atti¬ vità vulcanica dei Campi Flegrei dipende dal rapido abbassarsi della zona. Finito di stampare il 20 agosto 1923. Caso di atrofia del cieco epatico dorso-cefalico in una Phyllirhoe bucephcila Peron et Leseur. Comunicazione verbale del socio Prof* Giuseppe Zirpolo (Tornata del 29 luglio 1923) È noto che i ciechi epatici della Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur sono normalmente quattro ed è questo uno dei caratteri che i sistema¬ tici adoperano nella determinazione della specie. Fra numerosissimi esemplari da me esaminati, per ricerche com¬ piute sulla simbiosi fra Zooxantelle e Phyllirhoe l), mi è occorso trovare un esemplare i cui ciechi epatici erano tre invece di quattro. Ho, in un primo momento, pensato a qualche altra specie i cui ciechi epatici sono tre come la Ctilopsis picteti E. André, ma la presenza di due gonadi e gli altri caratteri non appartenenti affatto a quest' ultima mi hanno convinto trattarsi di una forma anormale della Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur. Nella bibliografia, per quanto vasta, non sono registrati che sola¬ mente dal Vessichelli 2), nella sua accurata Memoria, tre esemplari che presentavano i ciechi epatici con piccoli diverticoli ed una sola volta un esemplare che aveva la completa atrofia del cieco epatico dorso ce¬ falico. Nel mio esemplare si tratta proprio di un caso simile. Il cieco epatico dorsale anteriore, che piglia origine direttamente dalla regione intermedia fra lo stomaco e l’intestino, manca completamente nel punto dove ora è residuata una zona circolare corrispondente allo sbocco del cieco. £) Zirpolo, G. — Sulla simbiosi fra Zooxantelle e Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 35, p. 129, 1923. 2) Vessichelli, N. — Contribuzioni allo studio della Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur. Mitth. Z. Stat. Neapel, Bd. 18, p. 105, Taf. 5-6, 1906. - 8 Precedentemente in un altro esemplare io avevo notato una ridu¬ zione notevole proprio di questo cieco epatico dorsale anteriore, previo uno strozzamento avvenuto trasversalmente nella sua lunghezza, ma poi non potetti seguire l’ulteriore destino perchè l’animale visse pochi giorni appena. Sono, infatti, le Phyllirhoè gasteropodi così delicati che rara¬ mente vivono qualche settimana nelle nostre vasche. Ma alla forma pre¬ sentemente invenuta riconnettendo l’altra in precedenza osservata è pos¬ sibile dedurre che sia avvenuta un' atrofia di uno dei ciechi epatici, come è stato già per due volte osservato. D'altra parte ho potuto ancora osservare ultimamente che una Phyllirhoè ha morsicato un’altra compagna, asportando buona metà del cieco epatico dorso cefalico. Nello spazio di due o tre giorni il mar¬ gine del corpo si è rigenerato, mentre il cieco epatico è rimasto cica¬ trizzato in quel punto. Se lo strappo fosse stato più profondo l'avrebbe asportato tutto, onde è presumibile che, la mancanza del cieco epatico dorso cefalico può essere causato oltre che da atrofia, anche da man¬ cata rigenerazione in seguito a lesione subita. Napoli, Stazione Zoologica , luglio 1923. Finito di stampare il 30 agosto 1923. Su di un caso di cleistogamia deir Orchis macu¬ lata L. Comunicazione verbale del socio Giuseppe Colomba (Tornata del 29 luglio 1923) Nel riordinare, quale assistente volontario, alcuni materiali nel Ga¬ binetto di Orticoltura della R. Scuola Superiore di Agricoltura in Por¬ tici, trovai, in un tubo da saggio, conservato in alcool, un esemplare d'infiorescenza di un’orchidea. Il Prof. De Rosa, al quale ne richiesi, mi disse che si trattava di un caso di cleistogamia àt\V Orchis maculata L. e, aggiunse pure, che quella infiorescenza l’aveva trovata fra molte altre, normalmente fiorite, che in massa erano state messe in mostra nell’Esposizione floreale-or¬ ticola tenutasi in Napoli, nella Villa Comunale, dal maggio al luglio del 1911 in occasione della celebrazione del cinquantenario del regno d’Italia. Il Prof. De Rosa ritiene che quelle infiorescenze di Orchis prove¬ nivano dalla raccolta che, sulla collina dei Camaldoli ed adiacenze, se ne fa dai cosidetti soccavesi (abitanti di Soccavo, piccolo comune a NW di Napoli) che esercitano, fra l'altro, l’industria di raccogliere fiori e fogliami, muschi e terriccio, per fornirne, specialmente in certe stagio¬ ni, i fiorai ed orticoltori. Egli stesso mi incoraggiò a che mi fossi occupato di studiare quel caso teratologico, che egli riteneva non frequente. Io alle prime armi in fatto di lavori di questo genere non mi sarei accinto a provarmi se non fossi stato sicuro di trovare guida e appoggio in lui, che, con paterna cura e amorevole sollecitudine, mi inizia allo studio della Botanica e, specialmente, all'osservazione diretta delle forme e dei fenomeni na¬ turali. Per poter mettere in rilievo il caso, da me studiato, credo oppor¬ tuno ricordare specialmente la struttura fiorale della Orchis maculata L. nella condizione normale: Infiorescenza a spiga, cilindrica, di cm. 15 — 10 — circa, contenente un numero di fiori variante che oscilla, d'ordinario, fra un minimo di 25 ed un massimo di 30-35, mentre Finterò asse ar¬ riva fino a cm. 50 circa. Le foglie bratteali sono lanceolate, acuminate, nella maggior parte più brevi dei fiori. Il fiore è irregolare col perigonio supero formato di sei tepali, di forma e grandezza diversa, disposti in due verticilli nei quali i tepali si alternano. Di tali tepali tre formano il verticello interno. Ma di essi due sono simili fra loro ed il terzo (labello) è diverso, perchè più largo, diviso in tre lobi, dei quali il mediano è ovato, acuminato e i due la¬ terali larghi di circa il doppio; questo labello si conforma alla base a sperone più breve dell’ovario. Il colore del perigonio è rosa carminato con tendenza al violaceo: non mancano delle variazioni di colore più o meno carico e per eccezione se ne è trovato qualcuna a fiore bianco, come comunicò a questa Società il prof. De Rosa nella nota « Su di un Muscari ed un Orchis a fiore bianco » (Boll. Soc. Nat. Napoli, anno XVII, voi. XVII, 1903) e come lo stesso prof. De Rosa mi afferma di aver riconosciuto in un ritratto all'acquarello, in una tavola che trovasi nei cimelii cavoliniani donati all' Istituto zoologico della R. Università che, però, ebbe agio di vedere vari anni dopo la sua nota. Fig. 1. Quando il fiore è ancora chiuso (fig. 1) il labello è posto in alto, più vicino all'asse della infiorescenza, ma, quando il fiore si apre, Fovario, sul quale sono inseriti tutti gli organi fiorali, subisce una torsione per la quale il labello resta dalla parte inferiore rovesciandosi all’ esterno come un grembiule. E' questo labello che porta alla base lo sprone nel quale si raccoglie il nettare. Il caso di cleistogamia studiato potrebbe quindi spiegarsi nella man¬ cata torsione dell’ovario per cui il labello non si è rovesciato e il fiore — 11 — è rimasto chiuso. Nel centro di ogni fiore esiste una colonnetta, il gi- nostemio, la quale non è altro che uno stame e un pistillo che sono cresciuti saldandosi insieme. L'antera, in alto, ha due caselle che hanno forma di piccole borse, deiscenti, per mezzo di due fenditure e dentro di esse il polline, invece di trovarsi in granuli separati, si trova in due masse, a forma di clave, che finiscono dalla parte inferiore, più stretta, con un piccolo rigonfiamento attaccaticcio. Nella parte inferiore del ginostemio vi è una piccola superficie vischiosa rappresentante lo stimma e, come si è ricordato, il ginostemio è collocato sopì a un ovario triloculare ed infero. Trattandosi di Orchis maculata , ricordo che essa differisce dalle altre Orchis , oltre che per i caratteri del fiore, perchè ha le radici tuberiformi Fig. 3. che, invece di esser ovoidee, sono lobate, con dei prolungamenti somi¬ glianti alle dita della mano e, come si dice, digitate. Le foglie inferiori, lanceolate, sono macchiate sulla superficie da chiazze di colore bruno rossastro. — 12 — Nella infiorescenza che presento, fig. (2) anche ritratta in disegno, si os¬ servano ovari ingranditi formando le caratteristiche capsule delle quali al¬ cune portano ancora la corolla disseccata fig. (3) ed in relazione anche l’in¬ grossamento graduale dell’ovario. Se intanto non si dovesse ammettere l’avvenuta fecondazione, malgrado la mancata apertura del fiore, non sa¬ rebbe facile spiegarsi l’accrescimento normale dell’ovario, perchè sta in fatto che sono assai rari i casi nell'O. maculata che qualche fiore non resti fecondato e di conseguenza non si riscontra 1' accrescimento del¬ l’ovario e della conseguente formazione della capsula. Non mancherò d' altra parte di procedere ad un più accurato esame sugli ovuli che vi sono contenuti e ciò per assicurarmi della loro condizione normale di fecondazione avvenuta. Intanto data la specialità del caso da me osservato, che non è in¬ frequente in altre piante, ma abbastanza raro nelle orchidee, ho cre¬ duto di prendere data con questa mia comunicazione, tanto più che non ho riscontrato niente di simile nella letteratura che ho avuto agio di scorrere finora. Finito di stampare il 20 agosto 1923 Su di un caso teratologico in un Citrus limonum v . digitata Risso. Comunicazione verbale del socio Giuseppe Colomba (Tornata del 12 agosto 1923) Fra il materiale, che il Prof. De Rosa raccoglie da anni per la col¬ lezione del suo Museo, ho trovato uno strano frutto di Citrus limo¬ num Risso, finora poco conosciuto, e del quale credo opportuno farne una comunicazione. Si tratta di un frutto di limone che si presenta in una forma ec¬ cezionale, cilindrica, un po' curvata, a base quasi ottusa e leggermente acuminata all'apice. Ha una lunghezza di cm. 12,5, per un diametro di cm. 2,5 l’epicarpio rugoso, ricordante quello dei comuni limoni della costiera d'Amalfi. Proviene infatti l'esemplare, probabilmente, proprio da quelle contrade. La parte interna dello esperidio consiste nello sviluppo di un solo spicchio aspermo, sviluppato nel senso della curva esterna, così che subito si dimostra che risulta da un carpello unico. Ho creduto consultare un po’ la letteratura avendo avuto il dubbio che la forma di tale frutto, che potrebbe riportarsi a quella netta di un dito, possa essere una delle forme rilevate dal Penzig ( Studi botanici sugli agrumi, Annali di Agricoltura, anno 1887). Questi però parla di una forma digitata dovuta a divisione dei carpidii, cosa, del resto, che — 14 — egli stesso ha varie' volte riscontrata nel così detto “ arancio stellato „ dove i carpidii, divisi, irradiano dalla base del frutto, come centro, in tutti i sensi. Il Penzig però riferisce il frutto digitato, non a questa for¬ ma stellata, ma bensì ad un’altra detta “ frutto corniculato „ dovuto al fatto che solo un carpello si stacca dal cerchio degli altri e sporge fuori. Aggiunge pure, egli, che i frutti a forma digitata, coltivati spesso nei nostri giardini, non lasciano distinguere bene gli stimmi all’ apice di quelle prominenze digitiformi, e non vi entrano logge ovariali, mo¬ strando essi nel loro interno solo il tessuto bianco spugnoso del me¬ socarpio. Queste forme però, cui accenna il Penzig, non trovano esatto riscontro in quella da me esaminata. Il Penzig si riferisce sempre all’arancio ( Citras aurantiam L.) e non accenna ai casi simili ed omologhi del limone (C. limonimi R.). E poi le prominenze, che il frutto ricordato presenta, sono, come si è detto, prominenze nelle quali, però, non vi entrano logge ovariali, per¬ ciò da ritenersi come determinate da accrescimento anormale dell’epi¬ carpio e del mesocarpio, cioè variazioni normali della buccia. Anche il Savastano (Le forme teratologiche dei fiori e del fratto degli agrami , 1884) non fa cenno ad altro che a questo anormale accrescimento del¬ l'epicarpio e mesocarpio, accrescimento talora localizzato a striscie o a punti come tante creste. Nel caso attuale, invece, l’intero corpo digitato costituisce un frutto intero che, per quanto aspermo, deve ritenersi completo. Così evidentemente devesi considerarlo come un vero e proprio frutto anormale, prodotto dall’accrescimento del solo carpello presente e di conseguenza, probabilmente, l'anomalia di questo frutto è in diretta funzione dell'anomalia del’ fiore nel quale, effettivamente, l'ovario do¬ veva essere costituito da un solo carpello. Il caso è tanto più notevole che nelle forme coltivate di limone è anche meno frequente quello che si verifica nell’arancio e cioè una moltiplicità di carpelli così che non è addirittura raro il caso di avere frutta con un numero di logge maggiore della normale. Finito di stampare il 30 agosto 1923. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli. RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE Tornata ordinaria del 13 agosto 1922. Presidente : E. Cutolo — Segretario : C. Gargano Soci presenti : Carrelli, Zirpolo, Giordani M., Pierantoni, Siniscal¬ chi, Guadagno, Giordani F., Cavara, Marcucci, Quintieri, Mazzarelli Giuseppe, Mazzarelli Gustavo, D'Avino, Bakunin. Si apre la seduta alle ore 15.30 in seconda convocazione. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Pierantoni legge un lavoro dal titolo : L’organo dorsale del Pyrosoma giganteum , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Mazzarelli legge tre comunicazioni: Sulla biologia dell’o¬ strica. 1. Note sulla biologia dell'ostrica (Ostrea edulis L.); 2. La sorte del fregolo bianco nelle ostriche madri tenute in piccoli acquari; 3. Se l’ostrica del Fusaro possa considerarsi come una forma locale , e ne chie¬ de la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Carrelli legge un lavoro dal titolo: La decomposizione elet¬ trica delle righe spettrali , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Gargano legge una nota su: La cultura dei tessuti in vi¬ tro, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Guadagno legge un lavoro dal titolo: La vegetazione del M. Nuovo e le sue origini , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Zirpolo legge una nota del socio Cotronei: Ricerche sul pancreas dei Petromizonti, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino a nome dell' A. Si decide di prendere le vacanze sociali fino al novembre. Vengono ammessi soci ordinarii residenti: il prof. Antonio Gar- giulo e a socio ordinario non residente il sig. Giuseppe Colomba. Si chiude la tornata alle ore 17,30. Assemblea Generale del 31 dicembre 1922. Presidente : E. Cutolo — Segretario : C. Gargano Soci presenti: De Rosa, Monticelli, Cavara, Quintieri, Giordani M., Zirpolo, Pierantoni, Guadagno, Gargiulo, Califano, Mazzarelli Giuseppe, Mazzarelli Gustavo, Chistoni, Giordani F., D’Evant, Piccoli. Si legge e si approva il processo verbale della tornata prece¬ dente. Il Segretario presenta i nuovi cambi pervenuti e le pubblicazioni donate. Il Presidente comunica all'Assemblea le pratiche svolte per la si¬ stemazione dei locali. Il socio Gargano propone alFAssemblea la votazione per acclama¬ zione a socio benemerito del Presidente Prof. Enrico Cutolo per il va¬ lido interessamento svolto in tutte le pratiche riguardanti la sistema¬ zione dei locali e le cospicua concessione di sussidi ottenuti per la sua opera. La proposta è accolta ad unanimità dai soci. Il socio Zirpolo legge un lavoro dal titolo: Osservazioni sullo svi¬ luppo dei rami coloniali del Zoobotryon pellucidum Ehrbg., e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Gargano fa una comunicazione: SulVazione del radio e delle folgorazioni sugli epiteliomi. Il socio Mazzarelli fa una comunicazione: Sulle ostriche perlifere . Il socio Pierantoni in seguito alla comunicazione del socio Maz¬ zarelli propone che la Società faccia un voto presso il competente Mi¬ nistro per mettere in piena efficienza la stazione idrobiologica del Lago Fusaro. Il socio Gargano propone che 1' Assemblea faccia un voto al Mi¬ nistero della P. I. per sospendere il provvedimento di soppressione della cattedra di Embriologia generale nella Facoltà di Medicina. Il socio Chistoni propone un voto perchè si faccia subito il con¬ corso per Direttore del R. Osservatorio Vesuviano. Il socio Zirpolo legge una comunicazione a nome del socio Caroli : Sulla presenza nel Golfo di Napoli della Penilia Schmackeri. Il socio Cavara fa una comunicazione: Casi di impollinazione loti- ginqua in Araucaria e Gingko biloba. Il socio De Rosa a nome del socio Siniscalchi propone che la So¬ cietà faccia un voto presso il Municipio di Napoli per sollecitare i la¬ vori di edificazione della nuova sede del Museo Trinchese. — V — Viene approvato il seguente: Voto La Società dei Naturalisti in Napoli, nell’assemblea generale dei soci del 31 dicembre 1922, venuta a conoscenza della deliberazione del Consiglio Comunale di Napoli circa la costruzione di un padiglione pel museo civico Trinchese; Considerato il numero di circa 3090 alunni che frequenta per anni detto Museo; Considerato il grande vantaggio che la popolazione scolastica ope¬ raia riceve da questa istituzione; Considerato che l’Assessore della Pubblica Istruzione ha elaborato un progetto di riforma per l’insegnamento di scienze naturali con corsi popolari, il quale non potrà effettuarsi se il Museo non è costruito fa voti perchè al più presto siano iniziati i lavori per il costruendo padiglione onde tutta la popolazione scolastica operaia e popolare possa durante l’anno usufruirne. Il socio Anile passa dalla categoria dei soci ordinari residenti a quelli di non residenti. Sono ammessi soci ordinari residenti i signor Professori Roncali, Fedele, Parascandolo ed a socio ordinario non residente il Dott. Palombi. Costituitosi il seggio elettorale nella persona dei soci Ugo Milone, Califano, Mazzarelli Gustavo risultano eletti : Vice Presidente : Chistoni Ciro Segretario : Monticelli Fr. Sav. Consiglieri : Quintieri Luigi Guadagno Michele ed a Revisori dei conti i socìi: Oreste Forte Luigi D’Emilio L’Assemblea è sciolta alle ore 19,30 dopo aver approvato il pro¬ cesso verbale della seduta. — VI Tornata ordinaria del 7 gennaio 1923. Presidente : E. Cutolo — Segretario : Fr. Sav. Monticelli. La tornata si apre alle ore 17. Soci presenti : Chistoni, Pierantoni, Cavara, Zirpolo, Siniscalchi, D’ Emilio, Marcello, De Rosa, Mazzarelli Giuseppe, Mazzarelli Gustavo, Geremicca F., Guadagno, Giordani F. Si legge il processo verbale dell’Assemblea precedente già approvato. 11 socio Cavara discute sulle varie incongruenze che si notano nei pareri formulati dal C. S. della P. I. per l' insegnamento della Bota¬ nica, Zoologia ed Anatomia Comparata. Il ridurre l'insegnamento di botanica ad un corso semestrale significa togliere tutta l’importanza di questa disciplina ed è meglio abolirla anzicchè permettere la impossi¬ bilità di fare un corso che possa essere utile agli studenti di Medicina e di Farmacia. Parimenti l'alternare un corso di Zoologia con quello di Anatomia comparata è una incongruenza che non si può spiegare se non ammettendo che nel C. S. manchino elementi adatti ad intendere il va¬ lore e l’importanza di quelle discipline per la serietà degli studi. Propone quindi che si faccia un voto in cui si dichiari che è ne¬ cessario che nel C. S. vengano chiamati uomini competenti delle varie Facoltà e di gruppi di materie. I soci Pierantoni e Monticelli credono che bisogna fare un voto per¬ chè vengano chiamati a far parte del C. S. i vari competenti, e per ciò che riguarda la sistemazione delle varie materie si deve soprasse¬ dere perchè non è ancora pervenuto il regolamento del Ministro della P. I. Viene proposto dalla Presidenza e si approva il seguente: Voto La Società dei Naturalisti in Napoli, nella tornata del 7 gennaio 1923; Considerando che nei pareri formulati dal C. S. della P. I. sui nuovi ordinamenti degli insegnanti delle diverse Facoltà si notano delle incongruenze, specialmente per ciò che riguarda le materie delle Fa¬ coltà di Scienze Naturali (vedi pareri dell’insegnamento della Zoologia, Anatomia comparata e Botanica); Considerando che tali incongruenze sono dovute al fatto della man¬ canza nel suddetto consesso dei rappresentanti pei gruppo di materie biologiche delle Facoltà di Scienze Naturali. fa voti perchè nel C. S. della P. I. vengano chiamati a far parte i rappresen¬ tanti dei singoli gruppi delle materie appartenenti a ciascuna Facoltà, — VII affinchè il Consiglio Superiore stesso possa essere competente nelle que¬ stioni riguardanti ciascuno di questi gruppi. Il socio Chistoni propone un voto per gli assistenti ed aiuti, di¬ cendo che le delimitazioni degli anni a 6 ed a 8 è un grave inconve¬ niente per i laboratori di scienze pure. II socio Mazzarelli Giuseppe dice di accettare il voto Chistoni e propone che si faccia bene intendere la differenza fra assistenti di cli¬ niche e quelli di scienze pure. Che se per i primi un rinnovamento può giovare di molto, per i secondi è una rovina. Propone poi che data la scarsezza di cattedre universitarie i gio¬ vani assistenti possano entrare nelle scuole medie. Il socio Pierantoni si associa alla divisione del voto che propone Mazzarelli e vorrebbe che fosse motivato col far intendere che andando via gii assistenti non c’è chi li sostituisca. Il socio Monticelli dice che bisogna soprassedere perchè la no¬ tizia non è ancora certa, ma che nel caso si faccia tal voto si debba insistere sulla differenza fra le varie specie di assistenti. Cutolo riepiloga la discussione e propone il seguente : Voto La Società dei Naturalisti in Napoli nella tornata del 7 gennaio 1923 essendo informata di possibili proposte per limitazione di tempo che si vorrebbe assegnare alla durata in carica degli aiuti e degli assi¬ stenti; Considerando che bisogna fare una distinzione fra assistenti di la¬ boratorio di scienze pure ed assistenti di laboratorio con applicazioni pratiche (clinici); Considerando che una limitazione di sei od otto anni per gli as¬ sistenti dei laboratori di Scienze pure arrecherebbe un danno incalco¬ labile alLincremento delle produzioni scientifiche ed alla formazione di un seminario di aspiranti alle cattedre universitarie; Considerando che per il tempo occorrente affinchè un laureato possa divenire un provetto assistente, ogni limitazione di tempo co¬ stringerebbe i Direttori di laboratori a formare sempre nuovi assi¬ stenti, perdendoli proprio nel momento in cui la loro opera diviene piu proficua ; Considerando che una tal legge priverebbe subito un gran numero di laboratori di assistenti già pratici e difficilmente sostituibili per man¬ canza di personale; come dimostra la grande difficoltà già esistente nel sostituire i posti vuoti nelle materie puramente scientifiche; perchè il Ministro della P. I. nel caso in cui voglia addivenire ad una delimitazione di tempo, questa non riguardi gli assistenti ed aiuti dei laboratori di Scienze pure. La tornata si chiude alle ore 20 dopo avere approvato il suddetto Voto. Assemblea generale del 4 febbraio 1923. Presidente: E. Cutolo — Segretario : Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: Chistoni, Marcucci, Fedele, Capozzoli, Roncali, De Rosa, Palombi, Guadagno, Giordani F., Giordani M., Bakunin, Co¬ lomba, Parascandola, Mazzarelli Gustavo, Forte, Geremicca F., Zirpolo, Milone, Quintieri, D’Evant, Piccolo. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Presidente annunzia la morte del socio Marzio Cozzolino. Il socio De Rosa dice inattesa la morte del socio Cozzolino e parla del valore dello studioso che nonostante sia morto in età giovane, ap¬ pena trentaquattrenne, pure lascia notevoli lavori degni della consi¬ derazione degli studiosi. Manda un saluto alla memoria del socio così presto scomparso. Il Presidente si associa e dice di inviare le condoglianze della Società alla famiglia. Il Presidente comunica le risposte del M. della P. I. in ordine ai voti emessi dalla Società per la riforma del C. S. della P. I. e per gli assistenti universitari. Il socio Fedele legge un lavoro dal titolo : Simmetria ed unità di¬ namica nelle catene di Salpa , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Palombi legge un lavoro dal titolo: Diagnosi di nuove specie di policladi della R . Nave Liguria , e ne chiede la pubblicazione. Il socio Chistoni dice che il voto sulla laurea in Geografia emesso dalla nostra Società sarà un fatto compiuto nel prossimo anno scolastico. Il socio Chistoni inoltre comunica che nel giornale universitario il Prof. Monti annuncia che il Magistrato delle acque di Padova ha inca¬ ricato tre professori viennesi per il rilevamento geologico nella Venosta, Pusteria, Val d’Isarco. Ora tutto questo va a disdoro dell’Italia e degli scienziati italiani. Pare impossibile che in Italia non vi sia gente che possa -fare di questi rilievi e che si debba ricorrere a scienziati stra¬ nieri e per giunta a gente che partecipò a Caporetto contro l'Italia. Propone che la Società invii direttamente al Presidente del Consi¬ glio dei Ministri la sua protesta vibrata onde il grave sconcio sia eli¬ minato. Riferisce inoltre sulle sorti dell’Osservatorio geografico di Pola e fa voti perchè queirimportante Osservatorio geografico sia restituito al più presto al suo decoro. Il socio Chistoni inoltre dice che si è ottenuto, in seguito ai nu¬ merosi voti formulati dalla Società che l'Istituto geografico militare fac¬ cia la livellazione dei Campi Flegrei dal Capo Miseno a Fuorigrotta con uno sviluppo di 70 Km. e che ora farà la livellazione partendo dal Mandracchio, Istituti Universitari!, Orto botanico fino a S. Maria del Pianto. Guadagno riferisce sul Tunnel di Posillipo e prega il Presidente di interessare direttamente il Sindaco, perchè si occupi della cosa. Il socio Gargano legge la relazione sull'andamento morale e finan¬ ziario della Società per l’anno 1922. Egregi Consoci , Lo Statuto ed il regolamento della nostra Società concedono al Segretario uscente l’onorifico incarico di leggervi a nome del Consiglio direttivo la relazione sull’andamento morale e finanziario per l’anno 1922. Ed è con orgoglio e con dolore, che adempio a questo incarico, con orgoglio perchè ho l’opportunità di potervi mostrare l’incremento sempre crescente della nostra società ; con dolore, perchè dopo un biennio lascio i compagni di lavoro del Consiglio direttivo, con i quali da molti lustri mi legano vincoli di affetto e d’amicizia sincera. Soci. — Il numero dei soci al 31 dicembre era di 116 divisi in soci ordinari residenti 66, soci ordinari non residenti 34 e soci ade¬ renti 16. Sono stati ammessi come soci ordinari residenti i signori proff. Bakunin Maria, Pomilio Umberto, d'Emilio Luigi, Capozzoli Rinaldo, Corradini Flavio, del Regno Washington, Fiore Guido, Gargiulo An¬ tonio, Roncali Demetrio Bruto, Fedele Marco e Parascandola Antonio. Sono stati ammessi come soci ordinari non residenti i signori proff. Valerio Rosaria, Fiore Maria, Dalla Brida Costantino, Lo Giudice Pietro, Cotronei Giulio, Colomba Giuseppe, Palombi Arturo. Il Consiglio direttivo ha trasferito i soci Mauro Anna Maria ed Anile Antonino dalla categoria di soci ordinari residenti a quella di soci ordinari non residenti ; i soci Geremicca Federico e Carrelli An- X tonio da soci ordinarli non residenti a soci ordinarli residenti ed il socio aderente Sbordone Annibaie a socio ordinario non residente. Ma se con un senso di vero piacere constatiamo questo sempre crescente aumento di scienziati e di cultori di scienze naturali, che de¬ sidera venire ad aumentare la falange dei nostri soci, non possiamo nascondere l’angoscia per la perdita di un nostro carissimo socio or¬ dinario residente il prof. Francesco Balsamo, e del socio ordinario non residente prof. Marzio Cozzolino. Il prof. Balsamo era uno dei primissimi soci della Società dei Na¬ turalisti ed al suo grande valore di Botanico insegne accoppiava una rettitudine di animo ed una bontà di cuore infinito, che lo rendevano l’esempio vivente del professore e del padre di famiglia. Non vi parlerò io della sua grande attività scientifica, non è pari la mia mente; in una tornata straordinaria il chiarissimo nostro socio prof. Fridiano Cavara, incaricato dal Consiglio direttivo, vi parlerà de¬ gnamente di lui Il socio Marzio Cozzolino anche egli Botanico copriva attualmente la carica di direttore della Cattedra Ambulante di Agricoltura, posto ottenuto per concorso, e nel quale aveva portato tutto l'entusiasmo dei suoi giovani anni e della sua vasta cultura. Alle doloranti famiglie, alle quali il Consiglio direttivo ha inviato le parole di condoglianze sincere, vada il solidale saluto dell’ Assem¬ blea dei soci. Il Consiglio direttivo si è trovato, per ragioni amministrative e per rispetto alla nostra carta statutaria nella penosa condizione di dovere adattare verso alcuni soci alcune misure disciplinari, e cioè radiare per mora alcuni soci. Ed è da augurarsi che questi soci, che pur in nu¬ merose circostanze, avevano dimostrato attaccamento alla società, rien¬ trino nel seno della Società dei Naturalisti, dove ritroveranno sempre quell’affetto e quella liberalità di vedute che è stata da circa un qua¬ rantennio la forza sociale. Bollettino. — Per ragioni tipografiche e di opportunità ammini¬ strative il Consiglio direttivo ha creduto utile riunire in un unico vo¬ lume i Bollettini 1921 e 1922, e questo fra giorni sarà distribuito ai soci ed alle società scientifiche con le quali siamo in corrispondenza. Esso è stato pubblicato per i tipi delPOfficina Tipografica Aldina ed è il Volume 34 della collezione ed è un libro di circa 400 pagine corredato da nu¬ merose tavole e figure intercalate nel testo. Come i volumi precedenti è diviso in tre parti: la prima Atti comprende i lavori originali dei soci e così le Memorie e le Note, la seconda le Comunicazioni verbali ed infine XI i Rendiconti delle tornate con 1’ elenco dei soci e delle pubblicazioni pervenute in dono ed in cambio. E dato l’enorme prezzo della carta, della composizione, della stampa e delle tavole rappresenta il maggiore sforzo al quale si è po¬ tuto andare incontro. Tornate. — La Società si è riunita sette volte in tornata ordinaria ed assemblea generale, e in queste sette sedute il numero delle Me¬ morie lette è cospicuo e così anche il numero dei voti e deliberati ap¬ provati riguardanti questioni che hanno attinenza con la Scienza e con la Società dei Naturalisti. Voti e deliberati. — Anche quest’anno la Società si è occupata del progetto Corbino sulle lauree miste in fisica e scienze naturali, ha fatto voto al Ministro perchè detto progetto sia sostanzialmente modificato. Ha anche inviato un voto perchè nell’ Università di Napoli siano conferite lauree in Geografia dato che esistono tutti gl’ insegnamenti speciali atti ad integrare una cultura severa su questo importante di¬ ploma, che ora viene insegnato come materia collaterale e non fonda- mentale dai laureati in lettere e filosofia. Si è fatto anche un voto per il livellamento del Serapeo di Poz¬ zuoli, per il riordinamento delle nostre biblioteche, per affrettare i la¬ vori della erigenda nuova sede del Museo Trinchese, per l'italianità della Stazione zoologica di Napoli, per il ripristino della cattedra di Embriologia nella facoltà di medicina di Napoli, per la sistemazione degli assistenti universitari e per il concorso di direttore dell’Osserva¬ torio vesuviano. Attività scientifica. — I lavori pubblicati nel Bollettino 1922 sono 23, e così divisi Zoologia 10, Botanica 2, Fisica e Metereologia 5, Pa¬ tologia generale 4. I titoli dei lavori sono i seguenti : Zirpolo. — Sull' omeofagistno della Asterina gibbosa Penti. Mazzarelli. — Sulla biologia dellOstrea edalis. Nota 1. Marcello. — Breve nota sa due casi teratologici del Rafanus sativas. Zirpolo. — Osservazioni sulla biofotogenesi. Gargano. — Inclusioni di cellule negli epiteliomi. Del Giudice. — Le acciughe dei mari italiani. Gargano. — Le alterazioni prodotte nel fegato della Lacerta mu- ralis Laur. dal Cysticercus dithyridium. XII Del Regno. — Gli elementi diottrici dell’occhio afachico. Mazzarelli. — Note sulla biologia dell’ ostrica ( Ostrea edulis.). 2. La sorte del fregolo bianco nelle ostriche madri tenuto in piccoli acquarii. Gargano. — Esperimenti di cultura “ in vitro „ di tessuti di Selaci. Malladra. — E attività del Vesuvio nell'anno 1918. Zirpolo. — Sulla biologia del Zoobotryon pellucidum Ehrbg. Carrelli. — Sul raggio dell'atomo. Carrelli. — La decomposizione elettrica delle righe spettrali. Guadagno. — La vegetazione del monte Nuovo e le sue origini. Cotronei. — Ricerche sul pancreas dei Petromizonti. Gargano. — Azione del radio sugli epiteliomi. Mazzarelli. — La «secca» del Pampano. Pierantoni. — Sulla biofotogenesi simbiotica. Zirpolo. — Sulla presenza di organi simbiotici nell'Hirudo medi¬ cinali L. Gargano. — Dei tumori spontanei nei Mammiferi. Bilancio 1922. — Come rileverete dalla relazione dei revisori dei conti e dalla esposizione del Bilancio consuntivo 1922 il Bilancio or¬ dinario si chiude con un attivo di L. 711.75, di che va data lode al Consiglio -direttivo, e al Chiarissimo Presidente che con cura paterna ha vigilato alle funzioni sociali. Ho parlato del bilancio ordinario, per¬ chè si sono ottenute o si ottengono somme cospicue per circa lire qua¬ rantamila con le quali il Consiglio direttivo intende provvedere alla scaffalatura ed al riordinamento della Biblioteca che rappresenta uno dei maggiori patrimoni sociali, affinchè questi nuovi locali costruiti sul¬ l’area del vecchio palazzo universitario, possano decorosamente ospitare la Società onorevolmente, che segna tanti anni di vita gloriosa dedicata alla Scienza ed all' incremento della scuola. Egregi Consoci } Nel chiudere la mia relazione debbo additare alla benemerenza deH'Assemblea alcuni soci .che in un momento di disagio finanziario della Società vollero anticipare delle somme, e che ora, che la Società era in condizioni di poterle restituire, hanno desiderato che esse fos¬ sero devolute aH’acquisto di eleganti sedie. E debbo del pari additare alla riconoscenza deH'Assemblea quattro nostri soci, che con il loro benvolere e con il loro zelo hanno reso non pochi servizi al funzionamento della Società dei Naturalisti, e cioè al socio Mario Giordani, vice Segretario attivo ed intelligente, al Cassiere — XIII Ermete Marciteci, vigile custode delle finanze sociali, al Bibliotecario Mario Salfi, ed al socio Giuseppe Zirpolo, Redattore del Bollettino. Infine nutro fiducia che nella nuova sede, riordinatasi la Biblioteca, la Società possa attendere, senza preoccupazioni, alla sua alta finalità di incremento delle Scienze naturali, sorretta dal buon volere e dalla operosità di tutti. Il Presidente ringrazia il socio Gargano per l’opera esplicata du¬ rante la sua carica di Segretario. Il Presidente invita il socio Forte a leggere la relazione sulla revi¬ sione dei Conti per Fanno 1922. Il socio Forte legge la relazione anche a nome del socio D’Emilio e propone un voto di plauso al C. D. E’ approvato ad unanimità il bi¬ lancio consuntivo 1922. Il Segretario legge il bilancio preventivo 1923, che è approvato. Si discute circa il pagamento delle quote mensili e pigliano la pa¬ rola i soci Gargano, Giordani F., Monticelli, Cutolo, Forte. Si addi¬ viene nella necessità che l’esattore pigli accordi con i soci circa il pa¬ gamento. Il Presidente propone la radiazione per mora dei soci Bellino R., Masi A., Albore I., Figliolia, A. Sono eletti ad unanimità soci ordinari residenti i Dott.ri Pozzi, Sbordone, Signore, Maio e socio ordinario non residente il Dr. Mingioli. L’Assemblea si scioglie alle ore 18. Tornata ordinaria del 18 marzo 1923. Presidente: E. Cutolo — Segretario: Fr. Sav. Monticelli Si apre la tornata alle ore 14.30 in seconda convocazione. Socii presenti: De Rosa, Siniscalchi, Marcucci, Zirpolo, Gargano, Mingioli, Milone, Sbordone D., Signore, Chistoni, Giordani F., Car¬ relli, Del Regno, Muratore, Parascandola, Serao, Cavara, Mazzarelli Gustavo, Mazzarelli Giuseppe, Geremicca F. Si legge e si approva il processo verbale dell’Assemblea precedente. Il Presidente comunica che il C. D. ha stabilito per l’anno 1923 di concedere 16 pagine di stampa e un contributo non superiore a lire cinquanta per clichè o tavole fatte a spese dell’Autore. Il Presidente comunica che il voto emesso dalla Società per il Mu¬ seo Trinchese é stato accolto in quanto sono state dall'Ente municipale approvate ancora le spese. Il socio Siniscalchi ringrazia il Presidente e l’Assemblea. XIV Il socio Serao legge un lavoro dal titolo: Ricerche sulla reazione tra cloruro di benzlle e fenolo, e ne chiede la pubblicazione. Il socio Del Regno legge un lavoro dal titolo : L'effetto fotoelet¬ trico e ne chiede la pubblicazione. Il socio Zirpolo legge un lavoro dal titolo: Sulla simbiosi fra Zoo- xantelle e Phylllroe bucephala Peron et Leseur, e ne chiede la pubbli¬ cazione. Il socio Zirpolo legge a nome del socio Biondi un lavoro dal ti¬ tolo: Osservazioni sulle bombe vesuviane, e ne chiede la pubblicazione a nome dell’Autore. Il socio Gargano legge una nota dal titolo: L'origine nucleare del centrosomi negli oociti di cagna, e ne chiede la pubblicazione. Il socio Carrelli legge un lavoro dal titolo: Sull’assorbimento di Fluorescenza, e ne chiede la pubblicazione. Il socio Giordani F. fa una relazione sulla stampa scientifica. Il socio Mazzarelli comunica che il Comm. Giammarino col 31 marzo lascia la sua carica di Direttore Generale del Demanio. Si pro¬ pone in vista delle benemerenze del Comm. Giammarino per gli studi idrobiologici, di inviargli un deferente saluto per la sua opera così bene svolta a vantaggio della Scienza. La tornata si chiude alle ore 16.20. Tornata ordinaria del 29 aprile 1923. Presidente : E. Cutolo — Segretario: Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: Marcucci, Giordani F., Siniscalchi, De Rosa, Chistoni, Zirpolo, Colomba, Fedele, Gargano, Parascandola, Del Regno, Serao. La tornata si apre in seconda convocazione alle ore 16. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente prega i socii di voler concorrere all'incremento della Biblioteca donando libri e pubblicazioni utili al sodalizio. Il Segretario legge una lettera del Comm. Giammarino che rin¬ grazia la Presidenza ed i soci per la lettera inviatagli in occasione del suo ritiro dalla Direzione Generale del Demanio. Il Presidente presenta il Bollettino 1921-22. Un volume di oltre 300 pagine con 11 tavole fuori testo. Il Presidente comunica che i soci Giordani F. e Zirpolo hanno vinto rispettivamente i premi all'Istituto d’incoraggiamento ed all’Accademia pontaniana e si congratula vivamente con loro. I soci Giordani e Zirpolo ringraziano. II socio Gargano dice di voler fissare le tornate in precedenza per poter presentare a tempo i titoli dei lavori che si vogliono leggere, e propone che il Bollettino esca diviso in fascicoli. Il Presidente risponde dicendo che in un prossimo C. D. si sta¬ bilirà la data approssimativa delle tornate. Circa la divisione del Bol¬ lettino fa notare la spesa maggiore cui andrebbe soggetta la Società, d’altra parte si faranno calcoli approssimativi per vedere se la propo¬ sta convenga nell’interesse di tutti. 11 socio Zirpolo legge un lavoro dal titolo: Studi sulla biolamine - scema batterica. - 7. Azione dei sali di potassio e ne chiede la pubblica¬ zione nel Bollettino. Il socio Fedele legge una nota dal titolo : Sulla identità di Dolio- lum Chuni Neumann con Dolchinia mirabilis , Korotneff, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Zirpolo legge una Nota del socio Caroli : Di una specie italiana di Typhlocaris (T. salentina n. sp.) con osservazioni morfolo¬ giche e biologiche sul genere, e ne chiede la pubblicazione a nome dell'Autore. Il socio Giordani fa una relazione sul celtio. Il socio De Rosa propone di fare una escursione. Il socio Chistoni propone di fare una visita alla Solfatara in vista della sua rinnovata attività e di là passare al Serapeo. Si stabilisce che il 10 maggio si faccia una visita alla Solfatara ed indi al Serapeo. La Dott. Bice Torelli è ammessa ad unanimità socio ordinario residente. Il Sig. Ugo Trezza è ammesso ad unanimità socio ordinario non residente. La tornata si chiude alle ore 17.50. Tornata ordinaria del giorno 8 luglio 1923. Presidente: C. Chistoni — Segretario : Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: D’.Evant, Mazzarelli Gius., Marcucci, Gargano, Salfi, Zirpolo, Biondi, Guadagno, Signore, Colomba, Capozzoli, Mazzarelli Gu¬ stavo, De Rosa, Milone, Monticelli Giuseppina. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Vice Presidente legge una lettera del Presidente che si scusa di non poter partecipare alla tornata per gravi ragioni professionali. XVI Il socio Mazzarelli dice in merito al processo verbale che se fosse stato presente alla tornata precedente avrebbe caldeggiata la proposta Gargano circa la pubblicazione del Bollettino in fascicoli. Il socio Milone prega il C. D. di voler stabilire un’altra seduta per le ricezione dei lavori per il Bollettino 1923. Il Presidente comunica che domenica 15 luglio si farà l’annuale escursione al Vesuvio. Poiché sulla quota si fanno discussioni in base al prezzo esagerato che chiede la ditta Gook il socio Chistoni dà esaurienti spiegazioni ai soci Milone, Signore e Gargano che vorrebbero una riduzione forte sulle tramvie e funicolare elettrica trattandosi di una Società scientifica. Il Segretario comunica che la direzione delle "'Rivista di Teosofia „ chiede il cambio col nostro Bollettino. Poiché la rivista si occupa di argomenti completamente estranei alle scienze fisiche e naturali si re¬ spinge il cambio. Il Segretario legge un invito della società di Filadelfia per parte¬ cipare alle onoranze del Dott. Ioseph Leidy. Si stabilisce di aderire e di incaricare un socio che si troverà alla cerimonia di rappresentare- la Società. Il socio Marcucci legge un lavoro dal titolo: La morfologia del baci¬ no dei Saaropsidi. Il pube degli Uccelli e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Salfi legge un lavoro dal titolo: Ricerche sali epitelio del mesointestino di Locusta danica (L.) e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Gargano legge i seguenti lavori : 1. Alterazioni indotte dal radio sulla tiroide normale. - 2. Considerazioni sulla morfologia delle cellule coltivate in vitro, rispetto a quelle di elementi liberi in tessuti patologici , e ne chiede la pubblicazione del Bollettino. Il socio Mazzarelli G. legge un lavoro del socio Lo Giudice: Osser¬ vazioni preliminari sulla salinità dello stretto di Messina, e ne chiede la pubblicazione a nome dell'Autore. Il socio Signore fa una comunicazione verbale sul Bradisisma di Pozzuoli. Il socio Guadagno in merito alla comunicazione del socio Signo¬ re dice: Poiché il prof. Signore ha accennato alle lesioni che si verificano nelle gallerie della Collina di Posillipo, ritenendo che esse possano at¬ tribuirsi al fenomeno bradisismico, debbo far rilevare, come del resto credo di aver dimostrato in un mio lavoro presentato al R. Istituto d’ In- XVII coraggiamento di Napoli *), che le lesioni che si verificano nelle Gal¬ lerie e collettori della Collina di Posillipo sono dovute allo schiaccia¬ mento del tufo alle spalle dei rivestimenti in un tratto ove la collina è per giunta martoriata da ben otto perforazioni in una zona ristretta. Il detto tufo giallo, che verso il nucleo della Collina si schiaccia tra 10 e 16 kg. per cmq., non è adatto a sopportare le pressioni che per i carichi dovuti alla roccia sovrastante si scaricano su di esso. Inoltre i caratteri¬ stici sfaldamenti, dei quali ho dato le fotografie nel mio lavoro, si ma¬ nifestano nel senso longitudinale alle gallerie, sia nelle gallerie ad orien¬ tamento E. O. che in quelle a S. N. il che non dovrebbe accadere se, come si è affermato, vi fosse stato un incurvamento della collina (?), ipo- tetizzato in base all'abbassamento di alcuni millimetri del Caposaldo di S. Vitale a Fuorigrotta. Inoltre alla ipotesi dell’influenza dei bradisismi nel lesionamento delle Gallerie della Collina ostano fatti inoppugnabili ; che mentre si lesionano, per esempio, i manufatti della zona tra Piedigrotta e la Di¬ rettissima, resta intatta la Galleria di Seiano ; che non si lesionano i collettori delle fognature e le gallerie, quando essi entrano nel tufo duro, o quando i rivestimenti sono sufficienti ed infine osta l’ incolumità del tratto di Collettore Cuma dalla metà della Collina di Posillipo al mare di Cuma. Anche il prof. Dell'Erba del nostro Politecnico in un pre¬ gevolissimo lavoro monografico, che ha visto recentemente la luce : (// tufo giallo napoletano pag. 276), ha espresso idee analoghe alle mie. Debbo aggiungere che questo Caposaldo di Fuorigrotta fulcro della suddetta affermazione, è molto sospetto. Esso non è un Caposaldo si¬ smico ma è la quota targhetta dell' Istituto Geografico militare posta sulla parete della Chiesa di S. Vitale, e che mal si presta ad una li¬ vellazione di precisione. In oltre la recente trivellazione del pozzo ar¬ tesiano di Piazza S. Vitale a Fuorigrotta ha mostrato che sotto la piazza non vi è il solito tufo della Collina, ma vi sono ben 105 metri di strati di lapillo , sabbie e puzzolane e solo alla profondità di 105 metri comparisce il tufo giallo. Su questa gran coltre di materiale sciolto posa dunque il Caposaldo di S. Vitale ; ed allora un piccolo tassa¬ melo a causa di acque sotterranee, per naturale agire delle pressioni della massa sovrastante o per diversa ragione, può produrre un abbas¬ samento che nulla ha da vedere, nè coi bradisismi locali (Pozzuoli e Serapeo), nè con quelli più lati che investono la platea profonda della penisola italiana da Genova all’ Aspromonte. E perciò che lo abbassa- l) Le perturbazioni statiche dei manufatti che attraversano la Collina di Posillipo e le loro cause. Att. R. Ist. Incor. Serie VI, voi. LXXV, fase. 1. XVIII mento di pochi millimetri del Caposaldo di S. Vitale non mi pare adatto a tirar fuori deduzioni che potrebbero dare uno speciale indirizzo alla soluzione del problema delle comunicazioni fra l’oriente e l’occidente della Città, (taglio della Collina) con immensa erogazione di milioni da parte delle amministrazioni competenti. Il socio Mazzarelli Gustavo fa una comunicazione verbale: Su di uno statoscopio per la registrazione dei temporali. Il socio Salfi fa una comunicazione: Sulla Geonemia delle specie del genere Chrysochraon Fischer. Il socio Zirpolo fa una comunicazione: SulV azione delle basse tem¬ perature sulla bioluminescenza batterica e sullo sviluppo dei rami del Zoobotryon pellucidum Ehrbg. Si stabilisce di tenere tornata il 29 luglio per discutere la riforma delle scuole medie e si dà l'incarico al socio Mazzarelli di riferire. Si stabilisce di inviare una lettera di congratulazione al socio Pierantoni per avere vinto il premio reale dei Lincei per i lavori che fu¬ rono in gran parte pubblicati nel nostro Bollettino. Si stabilisce di inviare una lettera di condoglianze alla Signora Prof. Bakunin per la morte del marito prof. Oglialoro nostro socio. E’ ammesso socio ordinario non residente il Dott. G. Colosi. Si toglie la tornata alle ore 18.30. Tornata ordinaria del 29 luglio 1923. Presidente : Fr. Sav. Monticelli — Segretario : G. Zirpolo Soci presenti: Mazzarelli Gius., D’Evant, De Rosa, Muratore, Ca- vara, Milone, Colomba, Palombi, Gargano, Mazzarelli Gustavo. Si apre la tornata in seconda convocazione alle ore 16.30. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. Il socio Siniscalchi si scusa con lettera di non poter intervenire alla tornata per grave motivo familiare. Il socio Milone prega la presidenza di voler intavolare trattative con la casa centrale Cook per ottenere una riduzione tutte le volte che la Società deve fare escursioni al Vesuvio. Il socio De Rosa desidera che la Presidenza si occupi presso le Ferrovie dello Stato per far ottenere una congrua riduzione ai soci, al¬ lorché compiono escursioni o viaggi di indole scientifica. Il Presidente comunica che il giorno 15 luglio si fece l’annuale gita al Vesuvio con l’intervento di varii socii e con la guida dei Prof. C. Chistoni, e F. Signore. XIX — Il sodo Gargano chiede alla Presidenza perchè interessi il Diret¬ tore della Tipografia Aldina di voler con maggiore sollecitudine pub¬ blicare il Bollettino. Il socio Zirpolo legge due lavori del socio G. Colosi: 1. Alcune specie discusse di Misidiacei; 2. A proposito di Heteroglyphaea Paronae Colosi, e ne chiede la pubblicazione a nome dell’Autore. Il socio Colomba fa una comunicazione verbale : Su di un caso di cleistogamia dell’ Orchis maculata L. Il socio Zirpolo fa una comunicazione verbale: Su di un caso di atrofia del cieco epatico-dorso-cefalico in una Phyllirhoè bucephala Peron et Leseur. Il socio Mazzarelli Gius, riferisce sulla riforma delle Scienze Na¬ turali nelle Scuole Medie. Si stabilisce di pubblicare una relazione da alligarsi al volume e si approva il seguente : Voto La Società dei Naturalisti di Napoli riunita in assemblea nella pro¬ pria sede il giorno 29 luglio 1923 alle ore 16; esaminato il decreto legge 6 maggio u. s. col quale si provvede alla riforma dell’insegnarnento secondario; presa visione degli ordini del giorno della Società Italiana di Scienze Naturali di Milano , della Società Botanica Italiana di Firenze , della Facoltà di Scienze di Pavia e di Torino, ecc.; dolente che in tale decreto sia stata grandemente menomata l’im¬ portanza delle Scienze fisiche e naturali nell’ insegnamento secondario, tendendosi, in tal guisa, a diminuire la cultura scientifica della Nazione, in un momento in cui le applicazioni delle Scienze diventano sempre più importanti e le cognizioni scientifiche sono sempre maggiormente necessarie per la vita; meravigliata della soppressione dell' insegnamento della Storia na¬ turale nel Ginnasio e degli elementi di Scienze Naturali nei corsi in¬ feriori (già Scuola Tecnica) dell’Istituto Tecnico, nonché della riduzione inesplicabile dell’insegnamento della Chimica nel Liceo scientifico e di quello delle Scienze Naturali e dell’Igiene nel Liceo femminile; convinta d’ altra parte che i decretati abbinamenti non possano portare che a conseguenze disastrose se prima gl’insegnanti non sa¬ ranno convenientemente preparati nelle Università ai corsi che do¬ vranno dettare, e meravigliata che fra i vari abbinamenti sia contem¬ plato perfino quello (nei corsi inferiori dell’Istituto Tecnico) della Com¬ putisteria con le Scienze Naturali ; dolente che lo stato giuridico degli insegnanti secondari sia di XX fatto abolito, sì che questi, come già un tempo, saranno di nuovo senza garanzia alcuna, in balia dei loro capi diretti e del Ministero fa voti a) che, pur modificandone, ove occorra, i programmi, sia ripri¬ stinato rinsegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio e quello degli elementi di Scienze Naturali nei corsi inferiori (già Scuola Tecnica) dell’Istituto Tecnico; b) che sia istituito l'insegnamento completo della Chimica nel Li¬ ceo scientifico , ripristinandosi ciò che era insegnamento di Chimica nella sezione fisico-matematica dell’Istituto Tecnico, cioè con un inse¬ gnamento a sè , non abbinato con altri , dettato da un insegnante laureato in Chimica ; c) che sia istituito l’insegnamento delle Scienze Naturali e del¬ l’Igiene nel Liceo femminile; d) che con disposizione transitoria — per la dignità degl'insegna¬ menti e della Scuola— si soprassieda ad attuare la legge per quanto riguarda lo abbinamento delle varie discipline scientifiche, sino a quando il Ministero potrà disporre di personale convenientemente pre¬ parato agl’insegnamenti abbinati da dettare, in seguito a studi all'uopo prescritti nelle Università pel conseguimento di speciali diplomi; e disponendosi ad ogni modo che gli attuali insegnanti di Matematica siano dispensati dal dovere di abbinare il loro insegnamento con quello della Fisica o delle Scienze Naturali, salvo beninteso che siano prov¬ visti di speciale diploma di laurea in tali discipline; è) che in ogni caso la Computisteria non debba mai essere ab¬ binata con le Scienze Naturali , ma sia affidata a speciale insegnante anche per incarico ; /) che lo stato giuridico dei professori medi , destinato sopra¬ tutto a dare all’ insegnante quella tranquillità, senza la quale egli non può attendere, con la necessaria calma, alle sue delicate mansioni, venga ripristinato pieno ed intero; e prega S. E. il Presidente del Consiglio e S. E. il Ministro per la P. I. di prendere in benevola considerazione questi voti, che mirano unicamente a impedire che la scemata importanza dell’ insegnamento scientifico nella Scuola Media, e la mancata tranquillità di animo del¬ l’insegnante, abbiano a provocare un troppo grande abbassamento del livello scientifico della Nazione — livello che, in verità, si aveva invece vivo bisogno di elevare — ; pur esprimendo il fondato timore che, a causa dei voluti abbinamenti e del conseguente diminuito numero de¬ gli insegnanti, nonché della dispersione delle energie degl’insegnanti XXI stessi per la necessaria loro preparazione in numerose discipline, anche con gli opportuni ritocchi proposti nei sopra riportati voti, la decretata riforma condurrà, per complesse ragioni, ad una inevitabile depressione degli studi scientifici nel nostro Paese. Il socio Mazzarelli, si occupa dell'Osservatorio idrobiologico del Lago Fusaro. Egli fa la storia dell’istituzione di questo laboratorio scientifico che nella mente di quelli che lo crearono aveva un significato di par¬ ticolare importanza, cioè doveva essere la fucina in cui si sarebbero potuti compiere studii notevoli sulla fauna e flora del lago. C’era an¬ cora la speranza che in seguito tutto il rendimento del lago venisse utilizzato per la istituzione di tavoli di studii per ricerche idrobiologi¬ che, le quali si potevano eseguire in particolar modo, avendo tutti i mezzi a disposizione. In seguito agli ultimi avvenimenti l’azienda del lago Fusaro è pas¬ sata ad un privato ed è appena rimasto l'osservatorio con una dota¬ zione così grama da poter appena sopperire alle piccole spese per il funzionamento degli apparecchi. Il socio Mazzarelli prega la Società di voler esercitare una specie di tutela su questo istituto nominando una commissione la quale escogiti i mezzi per poter sopperire alle sue necessità di laboratorio scientifico. Il Presidente dice che già la Società si è occupata e propone un voto. Gargano dice che attualmente, data la mentalità che esiste nei Mi¬ nisteri per una falsa economica è ben inutile attendersi sussidii dei Ministeri. Cavara dice che se è vero questo, pure basta saper trovare la via per poter avere ogni specie di sussidio. Accenna al Parco Nazionale della Sila per il quale il governo è propenso a spendere una somma cospicua. Mazzarelli ritiene che la Società nomini una commissione per poter far proposte concrete. De Rosa propone varii mezzi per poter ottenere dei sussidii. Il Presidente dice di mettere in atto le proposte del socio De Rosa. In seguito a richiesta del socio Cavara il Presidente comunica che il C. D. ha già stabilito di tenere la commemorazione dei soci Balsamo e Oglialoro. Il Presidente comunica la morte del socio Gargiulo e propone che siano inviate alla famiglia le condoglianze. E’ approvato. E’ ammesso ad unanimità socio ordinario residente il sig. Grandi Loreto. 11 Presidente ringrazia il socio De Rosa per un cospicuo dono di libri che fa alla Società. Si toglie la seduta alle ore 19. XXII Tornata ordinaria del 12 agosto 1923. Presidente: E. Cutulo — Segretario:. Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: Chistoni, Zirpolo, Alfano, Alfieri, Perret, Siniscalchi, Guadagno, Pierantoni, Colomba, Marcucci, Biondi, Mazzarelli Giuseppe, Mazzarelli Gustavo, Fiore, Sbordone, Capozzoli, Cutolo Costantino, Cavara, Palombi, Gargano, Muratore, Milone, Geremicca Federico. Si apre la tornata alle ore 16 in seconda convocazione. Si legge e si approva il processo verbale della tornata precedente. 11 Presidense comunica i nomi dei soci che fanno parte della com¬ missione per il lago Fusaro: Chistoni, Cavara, Pierantoni, Mazzarelli Giuseppe, De Rosa, Zirpolo e Monticelli quale segretario della Società. Il Segretario comunica i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Chistoni richiama l’attenzione della Società circa il Con¬ gresso che si terrà ad Utrecht nel quale si stabilirà la nomenclatura per lo studio delle radiazioni solari. Inoltre egli raccomanda alla Società di interessarsi perchè Potenza sia scelta per stabilire un centro di studi di eliofania. Il socio Mazzarelli Giuseppe fa una comunicazione dal titolo: Note sulla biologia dell’ostrica. - IV. La durata del periodo riproduttivo delle ostriche del Lago Fusaro, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Mazzarelli Gustavo fa una comunicazione : Su di un nuovo tipo di evaporimetro galleggiante , e suo funzionamento , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Milone fa una comunicazione : Sulla determinazione del¬ l’azoto col metodo Kjeldhal , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Zirpolo legge la relazione del socio Malladra : Sui feno¬ meni verificatisi al Vesuvio negli anni 1919-20, e ne chiede la pubblica¬ zione nel Bollettino a nome dell'Autore. Il socio Gargano prega la Presidenza di voler invitare il socio Malladra di accelerare le pubblicazioni in modo da potersi leggere la relazione dell’anno in corso. Il socio Pierantoni legge una nota del socio Colosi dal titolo: Su di un nuovo Gerionide fossile , e ne chiede la pubblicazione a nome dell’Autore. Il socio Sbordone legge a nome del socio Perret una nota: Su di una emanazione forza vitale mai dimostrata f inoggi , e ne chiede la pubblicazione. XXIII Il socio Colomba fa una comunicazione verbale: Su di un caso teratologico di Cytrus limonum. Il socio Zirpolo fa una comunicazione del socio Caroli : 2° Sulla pertinenza della presunta Larva di Nautilograptus minibus. Il socio Sbordone A. comunica che durante una sua escursione a Montevergine ha visto che il giardino tenoreano, ideato e fondatola Fridiano Cavara sotto gli auspici della Società dei Naturalisti, è diven¬ tato attualmente un luogo di raccolta di detriti. Prega la Presidenza di volersi interessare alla ricostruzione di detto giardino o a togliere la lapide che è oggi un non senso. Il socio Cavara dice che con dolore ascolta quella informazione. La colpa, a parte le ragioni del periodo bellico, è tutta del Ministro che soppresse il fondo di 700 lire che aveva stabilito e l'Orto Botanico che inizialmente dava il suo contributo non ha potuto più ulteriormente mantenere l'impegno per deficienza di mezzi. Prega la Società di voler assumere l'incarico di iniziare pratiche presso la locale Abbadia per stabilire in seguito il da farsi per riattivare una località molto importante per lo studio della piante alpi¬ ne, specialmente ora che una funicolare permetterà la più facile ascesa. Il Presidente ringrazia il socio Sbordone della notizia e promette al socio Cavara di fare suo il voto approvato all' unanimità dai soci : Voto La Società dei Naturalisti di Napoli nella tornata del 12 agosto, venuta a conoscenza, per informazioni data dal socio Prof. A. Sbor¬ done, del deplorevole stato attuale del giardino tenoreano di Monte¬ vergine; Considerando che esso fu fondato ed inaugurato sotto gli auspici della Società dei Naturalisti; Considerando che esso costituisce un campo di studio prezioso per l'adattamento delle piante alpine; Considerando che durante gli anni di guerra e postbellici non fu possibile, per i mancati sussidi, curarne la piena efficienza; Considerando che la rinnovata attività scientifica del paese richiede la sistemazione di un giardino sperimentale così importante fa voti perchè la Presidenza si cooperi in tutti i modi e con ogni mezzo presso le autorità locali e superiori come l’Abbazia di Montevergine, l'ufficio Demaniale, il Ministero deH’Economia Nazionale e quello dell’Istruzione, XXIV perchè venga rimesso nelle sue primitive condizioni ed anzi migliorato il giardino che ideato da Fridiano Cavara e dedicato al nome di Michele Tenore fu voluto ed inaugurato sotto gli auspici della Società dei Na¬ turalisti. Il socio Perret fa alcune esperienze sulla nota presentata. 11 Presidente alle ore 18.20 chiude la seduta ringraziando i soci del loro intervento e dà le vacanze sociali. Tornata ordinaria del 16 dicembre 1923. Presidente: E. Cutolo — Segretario: Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: Chistoni, Zirpolo, Colomba, Palombi, De Rosa, Ca¬ vara, Pierantoni, Guadagno, Carrelli, F. Giordani, Sbordone A., Sbor¬ done D., Mingioli, Gargano, Marcucci, Parascatidola. Il Presidente apre la tornata in seconda convocazione. Il Presidente nel comunicare il lavoro compiuto dal socio Biblio¬ tecario Parascandola invita i soci ad un voto di plauso per l’opera as¬ sidua e faticosa da questi compiuta. I soci per acclamazione aderiscono a tale plauso ed incaricano il Presidente di volersi rendere interprete del sentimento di tutti verso il socio Parascandola. II socio Colomba legge un lavoro dal titolo: Sai valore ereditario del carattere « file di granelli » nella spiga di granturco, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio Palombi legge un lavoro dal titolo : Di un nuovo ospi- tatore delle cercarie dell Echinostomum secundum Nicoli 1906 del My- tilus galloprovincialis Lmk, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il Presidente dice di aver inviata una lettera all'Abate e ne fa leg¬ gere la risposta. Apre quindi la discussione sul da farsi. Cavara dice che la Società deve subito interessarsi per iniziare le pratiche per la ricostruzione del giardino tenoreano molto importante per la cultura di piante alpine che costituiscono, a parte una località sperimentale di grande utilità scientifica, anche un mezzo di educa¬ zione per chi si reca lassù, specialmente in alcuni periodi delFanno. Poiché la zona finora tenuta è priva di acqua sarebbe necessario scegliere un'altra zona dove è possibile innaffiare le aiuole. Indica per¬ ciò una nuova località non molto lontana dalla precedente. Il socio Sbordone dà particolari ragguagli su questa nuova zona indicata. XXV Pigliano inoltre la parola i soci Giordani F., Guadagno, De Rosa circa il giardino tenoreano. Il Presidente riassume la discussione e stabilisce di scrivere all’ a- bate di Montevergine pregandolo di voler consentire ad una permuta di zona. Prega frattanto il socio Cavara di preparare il fabbisogno per il novello impianto della Tenorea. Il socio Gargano fa una comunicazione verbale : Sulla presenza di strutture filamentose in alcuni tessuti patologici. Sono ammessi soci ordinarii residenti ad unanimità Dott. Gaetano Rodio, Luigi Pellegrini, Raffaele Riccio, Luigi D’ Aquino e socio ordinario non residente il Prof. Luigi Cognetti De Martiis. La seduta è tolta alle ore 17.30. Assemblea generale del 30 dicembre 1923. Presidente : E. Cutolo — Segretario'. Fr. Sav. Monticelli Soci presenti: De Rosa, Pierantoni, Chistoni, Biondi, Signore, Salfi, Trezza, Palombi, Colomba, Zirpolo, Riccio, Mingioli, Pellegrini, Gior¬ dani F., Giordani Mv Sbordone D., Capobjanco, Marcello, Siniscalchi. Si apre l’Assemblea in seconda convocazione alle ore 16. Il Segretario legge il processo verbale della Tornata precedente che è approvato. Il Segretario presenta i nuovi cambi e le pubblicazioni pervenute in dono. Viene eletto ad unanimità socio ordinario residente il Dott. Vessi- chelli Nicola. Si procede quindi all’elezione del Presidente, di due Consiglieri per il biennio 1924-25 e di due revisori di conti per l'anno 1923. Il Presidente chiama a far parte del seggio per l’elezione il socio Francesco Giordani quale presidente ed i soci Geremicca F. e Signore quali assistenti e Sbordone D. scrutatore. Vengono eletti ad unanimità: Presidente : Capobianco Consiglieri : De Rosa Giordani M. Revisori dei conti: Milone D’ Emilio Il Presidente proclama i nuovi eletti. XXVI Il socio Mingioli chiede la parola per rivolgere un voto di plauso al Presidente uscente che nello spazio -di due anni ha saputo insieme col Consiglio direttivo dare tanta attività alla Società da renderla una delle migliori esistenti in Italia. Il socio Capobianco e Pierantoni si associano al voto di plauso pro¬ posto dal Mingioli, ma avvertono che già si era convenuto di rivolgere a suo tempo il plauso unanime dei soci tutti per le grandi benemerenze del Presidente E. Cutolo. Il Presidente rievocando brevemente la storia della Società ringrazia i soci delle parole gentili ed affettuose a lui rivolte e promette di con¬ tinuare nella sua opera. Prega inoltre i soci di voler approvare il processo verbale della se¬ duta, dovendo essere inserito nel Bollettino che è in corso di stampa. Il Segretario legge il processo verbale che è approvato. L’Assemblea è sciolta alle ore 17.30. CONSIGLIO DIRETTIVO per l'anno 1924 Capobianco Francesco Chistoni Ciro Monticelli Francesco Sav. De Rosa Francesco Giordani Mario Quintieri Luigi Guadagno Michele Salti Mario Parascandola Antonio Zirpolo Giuseppe Presidente Vice-Presidente Segretario Consiglieri Vice-Segretario Bibliotecario Redattore del Bollettino ELENCO DEI SOCI ( 1 0 Gennaio 1924 ) 4? ’ BENEMERITI DBLLA SOCIETÀ Monticelli Francesco Saverio — Via Ponte di Chiaia 27. Cutolo Enrico — Via Roma 404. SOCI ORDINARII RESIDENTI 1. Aguilar Eugenio — Vico Neve a Materdei 27. 2. Arena Ferdinando — Via Roma 129. 3. Bakunin Maria — R. Politecnico (Napoli). 4. Bruno Alessandro — Via Bari 30. 5. Capobianco Francesco — Via Sapienza 18. 6. Capozzoli Rinaldi — Corso Vittorio Emanuele 475. 1. Caroli Ernesto — Istituto Zoologico della R. Università. Napoli. 8. Carrelli Antonio — S. Domenico Soriano 44. 9. Cavara Fridiano — R. Orto Botanico , Napoli. 10. Chistoni Ciro — Istituto di Fisica terrestre R. Univ. Napoli. 11. Colomba Giuseppe — Via S. Biagio dei Librai 39. 12. Cutolo Enrico — Via Roma 404. 13. D’Aquino Luigi — Via S. Domenico Soriano 22. 14. D’Emilio Luigi — Via Depretis 41. 15. Del Regno Washington — Ist. Fisico R. Università Napoli. 16. Della Valle Antonio — Via Salvator Rosa 259. 17. De Rosa Francesco — Via S. Lucia 62. 18. De Miranda Domenico — Colleg. Milit. della Nunziatella - Napoli 19. Fedele Marco — Stazione Zoologica Napoli. 20. Forte Oreste — Prolungamento Amedeo, Palazzo Scarpa. 21. Gargano Claudio — Via S. Lucia 62. 22. Geremicca Federico — S. Teresa agli Scalzi 116. 23. Guadagno Michele — Via Foria 193. 24. Getzel Demetrio — Via dei Mille 159. 25. Giordani Francesco — Corso Umberto I 34. 26. Giordani Mario — Corso Umberto I 34. 21. Grande Loreto — R. Orto Botanico , Via Foria. XXX 28. Maio Ester — Istituto di Fisica Terrestre R. Univers. Napoli. 29. Marcello Leopoldo — Piazza Cavour - Farmacia Marcelle. 30. Marcucci Ermete — Calata S. Severo alla Pietrasanta 27. 31. Milone Ugo — Via S. Lucia 173. 32. Monticelli Fr. Saverio — Ponte di Chiaia 27. 33. Mazzarelli Giuseppe — Baia. 34. Mazzarelli Gustavo — » 35. Parascandola Antonio — Via Giudecca a Pietro Colletta 12. 36. Pellegrino Giuseppe — Via Sapienza 19. 37. Pellegrino Luigi — Via S. Paolo 5. 38. Perret Frank — Villa Luisa Posillipo. 39. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I, 27. 40. Police Gesualdo — Via Bausan IL 4L Pomilio Umberto — Via S. Lucia 15. 42. Pozzi Olimpio — Soc. Generale Illumin. via Paolo E. Imbriani. 43. Quintieri Luigi — Via Amedeo 18. 44. Quintieri Quinto — Via Amedeo 18. 45. Riccio Raffaele — Piazza Carlo III, R. Albergo dei Poveri. 46. Rodio Gaetano — R. Orto Botanico. 47. Romano Pasquale — Via Porta Medina 44. 48. Roncali Demetrio — Istituto di Patol. Chirurgica R. Univ. Napoli. 49. Scacchi Eugenio — Istituto di Mineralogia della R. Università. 50. Salfi Mario — Via Montesilvano 30. 51. Sbordone Domenico — 5. Domenico Maggiore 3. 52. Signore Francesco — Istituto di Fisica Terrestre R. Univ. Napoli. 53. Siniscalchi Alfonso — Via Salvator Rosa 249. 54. Torelli Beatrice. — Parco Margherita 33. 55. Trani Emilio — Via Campanile ai Miracoli 47. 56. Vessichelli Nicola — Vico Cieco Pietro Colletta 9. 57. Viglino Teresio — Piazza Dante 4L 58. Zirpolo Giuseppe — Via Duomo 193. SOCI ORDINARI NON RESIDENTI 1. Anile Antonino — Via XX Settembre 27, Roma. 2. Alfano Giov. Batt. — Osservatorio Meteorico-Geodinamico Valle di Pompei. 3. Biondi Gennaro — Resina. 4. Buffa Edmondo — Via Cavour 325, Roma. 5. Califano Luigi — Vico Forino a Foria 7. 6. Celentano Vincenzo — Vico Minutoli a Foria 33, Napoli. XXXI 7. Cerruti Attilio — Piazza Carbonella 2, Taranto. 8. Cognetti de Marti is Luigi — R. Istit. Anatomia Comparatat Torino. 9. Colosi Giuseppe — istituto Zool. R. Univ. Torino Pai. Corignani. 10. Conti Pasquale — Villa Pane, V omero. 11. Cotronei Giulio — Agostino Depretis 99 - Roma. 12. D’Avino Antonio — R. Liceo Nocera Inferiore. 13. De Cillis Maria — Via Mizzan 51- Tripoli. 14. Dalla Brida Costantino — Via Amedeo 9. 15. Fenizia Gennaro — Via Eoria 136. 16. Fiore Maria — Corso Vittorio Emmanuele 466. 17. Foà Jone — Via Cisterna dell’Olio 18, Napoli. 18. Gerèmicca Alberto — Largo Avellino 4. 19. Guarnieri Francesco — Eslacion Alien Republ. Argentina. 20. Lo Giudice Pietro — Ist. zoologico R. Univ. Messina. 21. Magliano Rosario — Lagonegro. 22. Malladra Alessandro — R. Osservatorio Vesuviano, Resina. 23. Mauro Anna Maria — Massafra {Lecce). 24. Mingioli Paolo — Materdei 8. 25. Muratore Giuseppe — R. Liceo Benevento. 26. Neppi Valeria — Via Milano 3, Trieste. 27. Palombi Arturo — Corso Garibaldi 84. Portici. * 28. Patroni Carlo — R. Istituto Tecnico Arezzo. 29. Piccoli Raffaele — Via Cisterna dell' olio 18, Napoli. 30. Sbordone Annibaie — S. Domenico Maggiore 3. 3 1 . Serao Carlo — Via Eiorentini 60. 32. Trezza Ugo — Via Cristallini 53. 33. Valerio Rosaria — Sala di Caserta. SOCI ADERENTI 1. Alfieri Giulio — Via Posillipo 166. 2. Caruso Antonio — Via Pontenuovo 28. 3. Cutolo Claudia — Villa Claudia, Vomero. 4. Cutolo Costantino — Villa Duretti, Vomero. 5. Fidasi Giuseppe — Riviera di Chiaia 263. 6. Monticelli D’Afflitto Giuseppina — Ponte di Chiaia 27. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli* Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono (31 dicembre 1923) EUROPA Italia Acireale Bologna Brescia Cagliari Cassino Catania Ferrara Firenze — R. Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Ze¬ lanti (Memorie , Rendiconti ). — Bollettino della R. Stazione sperimentale di agrumi- coltura e frutticoltura. — Société de la Flore Valdòtaine (Bollettino). — R. Accademia delle Scienze dell’Istituto (Rendiconti). — Commentari dell’Ateneo. — Bollettino della Società tra i Cultori delle Scienze mediche e naturali. Bollettino della Società Regionale contro la malaria. — La Meteorologia pratica. — R. Accademia Gioenia (Bollettinot Memorie). — Acc. di Scienze Mediche e Naturali. — Archivio per l’Antropologia e l'Etnologia. Società Botanica Italiana (Bollettino). Nuovo Giornale Botanico italiano. Bollettino bibliografico della Botanica italiana. Monitore Zoologico Italiano. « R e d i a » Giornale di Entomologia. R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino) . R. Accademia dei Georgofili (Atti). Società entomologica italiana (Bollettino). L’Araldo Medico — Periodico bimestrale. Bollettino meteorologico dell'Osservatorio Ximeniano dei PP. delle Scuole Pie. - IV - Genova Intra Lodi Lucca Milano Messina Modena Napoli Padova Palermo — R. Accademia medica ( Bollettino , Memorie) Museo civico di Storia Naturale {Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università {Bollettino). Società ligustica di Scienze Naturali e Geografiche {Atti). Rivista ligure di Scienze, Lettere ed Arti. — Scuola Industriale. — R. Stazione sperimentale del Caseificio {Annuario). — R. Accademia lucchese {Atti). — Società Italiana di Scienze Naturali e Museo civico di Storia Naturale {Atti). — Rassegna Tecnica. Giornale di Ingegneri, Architetti, Agronomi ed Arti industriali. — Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Bollettino della Società Medico-Chirurgica di Modena. — R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (. Memorie , Rendiconti , Annuario) Accademia Pontaniana (Atti). Annuario del Museo Zoologico della R. Università. di Napoli (Nuova Serie). Orto Botanico della R. Università {Bollettino). Gl’Incurabili. Stazione Zoologica di Napoli {Pubblicazioni). Annali di Nevrologia. Rivista Agraria. Società Africana d’Italia {Bollettino). Appennino meridionale. Bollettino trimestrale del Club Alpino Italiano. — Sezione di Napoli. Atti del R. Istituto d’incoraggiamento. L’Agricoltura. La Medicina sociale. — Accademia scientifica veneto-trentino-istriana {Atti) R. Stazione bacologia {Annuario). La Nuova Notarisia. La Voce dei Campi e dei Mercati. Il Raccoglitore — Il Naturalista siciliano. Giornale del Collegio degli Ingegneri agronomi, R. Istituto Botanico. Contribuzioni alla Biologia vegetale. R. Orto Botanico e Giardino coloniale {Bollettino) — V - Palermo Perugia Pisa Portici Roma Rovereto Sassari Scafati Siena Torino Trieste Udine Venezia — Annuario biografico del Circolo Matematico. — Annali della Facoltà di Medicina e Memorie della Accademia Medico-chirurgica. — Società toscana di Scienze Naturali (Memorie, Pro¬ cessi verbali). — R. Scuola Superiore di Agricoltura (Annali). Annali della stazione per le malattie infettive del bestiame. Laboratorio di Zoologia generale ed Agraria (Bol¬ lettino). — R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). R. Accademia Medica (Bollettino, Atti). R. Comitato Geologico Italiano (Bollettino). Ministero di Agricoltura (Annali). Laboratorio di Anatomia normale della R. Università (Ricerche). Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei (Atti). Società Zoologica Italiana (Bollettino). Società Italiana per il Progresso delle Scienze (Atti). R. Stazione chimico-agraria sperimentale (Annali). Archivio di Farmacognosia e Scienze affini. Gazzetta Chimica. Annuario bibliografico italiano delle scienze Medi¬ che ed affini. Rassegna di pesca. — Accademia degli Agiati (Atti). Museo civico (Pubblicazioni). — Studi sassaresi. — Bollettino tecnico della coltivazione dei Tabacchi. — Rivista italiana di Scienze Naturali. — R. Accademia delle Scienze (Atti). Club Alpino Italiano (Rivista, Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Università (Bollettino). — Scienza ed Arte. — « Mondo Sotterraneo» Rivista di Speleologia. — L’Ateneo veneto. Bollettino bimestrale del R. Comitato Talassografico Italiano. - vi - Verona Valle di Pompei Helsingfors Bordeaux Cherbourg Langres Levallois-Perret Nancy Nantes Nice Paris Bruxelles Louvain Budapest Kolozsvar -Accademia di Agricoltura, Scienze, Lettere, Arti e Commercio (Atti, Memorie). ■Bollettino dell'Osservatorio meteorico-geodinamico. Finlandia - Societas prò Fauna et Flora fennica ( Acta , Medde- landetì). Francia ■ Société d' Océanographie du Golfe de Gascogne (Rapports). Société nationale des Sciences Naturelles et Mathé- matiques (Me'moires). ■ Société de Sciences Naturelles de la Haute Marne (Balletin). Association des Naturalistes (Bulletin). - Société des Sciences et Réunion biologique de Nancy (Balletin des séances). Bibliographie Anatomique. Société des Sciences Naturelles de 1' Ouest de la France (Balletin). - Riviera scientifique. -Journal de l' Anatomie et de la Physiologie de rhomme et des animaux. Société Zoologique de France (Balletin Mémoires). Musèum d'Histoire Naturelle (Balletin). La feuille des jeunes naturalistes. La Revue de Phytopathologie et des maladies des Plantes. L’Astronomie. Belgio Bulletin sismique. Société Royale Zoologique. La Cellule. Ungheria Aquila - Zeitschrift des K- Ung. Ornith. Institutes. Muzeumi Fiizetek az erdelynemzeti Asvàni tàrànak. VII - Graz Iugoslavia — Mitteilungen des NaturwissenschaftlicHen Vereins fur Steiermak. Brunn Czeco - Slovacchia — Verhandl. des Naturforsch. Vereins. Wien Austria — Verh der K-K. Zoologisch. - botanisch. Gesellschaft. Annalen des Naturhistorischen Hof Museum. Bonn Giistrow Berlin Germania — Naturshistorische Vereins derpreussischen Rheilande. — Archiv des Vereins der Freunde der Naturgeschichte. — Verhandlungen des BotanischesVereins der Provenz Brandeburg. Sitz. der Gesellsch. Naturfosch. Freunde. Leipzig Giessen — Herbarium. — Bericht der Oberhessischen Gesellschaft fùr Natur und Heilkunde. Cambridge London Inghilterra — Philosophical Society (Proceedings, Tmnsactions). — Royal Society (Proceedings , Reports of thè Sleeping sickness Commission). Plymouth — Marine Biologica! Association of thè United King- dom (Journal). Tromsoe Norvegia — Tromsoe Museum. Olanda Amsterdam — Academie Royale (Memoires). - Vili - Coimbra Portogallo — Annses scientificos da Academia Polytecnica do Porto. Lisbona — Bulletin de la Société Portugaise de Sciences Na- turelles. Spagna Barcelona — Institució catalana d’Historia Naturai (Butleti). La Ciencia Agricola. Butleti del Club Montanyenc. Ayuntamento de Barcelona. Cartuja Madrid — Boletin mensuel de la Estaciòn Sismologica. — Memorias de la Reai Sociedad espanda de Histo- ria Naturai. Zaragoza Sociedad espanda de Historia Naturai ( Atiales , Bo- letìn). — Sociedad hiberica de Ciencias Naturales (Boletìn). Associación de Labradores de Zaragoza y su pro¬ vincia, Anales de la Facultad de Ciencias. Valencia — Anales de l’Instituto Tecnico. Svezia Upsala — Geological Institution of thè University of Upsala (Bulletin). Stockholm — K. Vet. Akadems-Bibliothek (Arkiv for Botanik, Arkiv for Zoologi). Svizzera Chur — Naturforschenden Gesellschaft Graubùnden’s(7aAras- bericht). Lugano Zurich — Società ticinese di Scienze Naturali (Bollettino). — Societas Entomologica. Tokyo ASIA Giappone — Annotationes Zoologicae japonenses. - IX - AFRICA Egitto Cairo — Société Entomologique d’ Ègypte (Bulletin , Me¬ mo ir es). AMERICHE Argentina Buenos -Ayres — Museo nacional ( Anales , Comunicaciones). Brasile Rio de Janeiro — Archivos do Museu Nacional. Nicteroy — Escola sup. de Agricultura. Halifax Santiago Bogotà Messico Canada — Nova Scotian Institute of Scienze. — Société scientifique du Chili (. Actes ). Colombia — E1 Agricultor. — Organo de la Sociedad de los Agricultores colombianos. Revista del Ministerio de Obras publicas. Messico — Sociedad Cientifica Antonio Alzate (Memorias, Revista). Institùto Geològico ( Boletiti , Perargones ). Anales del Institùto Medico Nacional. La Naturaleza. Boletin de la dereccion d’Estudios Biologicos. Revista Mesicana de Biologia. Paraguay Puerto Bertoni — Estacion Agronomica. - X - Lima Perù — Boletin de la Societad geografica. San Salvador San Salvador — Museo Nacional (Anales). Stati Uniti — University of California (Publications, Balletin). — Society of Naturai History ( Proceedings ). — Cold Spring Harbor Monographs. — Elisha Mitchell scientific Society (Journal). — Bull, of thè Lloyd Library of Botany etc. — The University of Minnesota. — Illinois biological monographs. Bull, of thè state Laboratory of Hist. Nat. — Academy of Sciences (Bulletta, Annual Report). Field Museum of Naturai History (Department of Botany). — Wisconsin Academy of Sciences, Arts and Lettres (Transactions). Wisconsin Geological and Naturai History Survey (Balletin). — Bulletin of thè University of Montana (Biologica Series). — Botanical Garden (Bulletin). Notre Dame Indiana — The American Midland Naturalist. Philadelphia — Academy of Naturai Sciences (Proceedings). Saint Louis — Academy of Science (Transactions). Missouri Botanical garden (Annual Report). Springfield (Massachussets) — Museum of Naturai History. Tufts College (Massachussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual Report ); U. S. Department of Agriculture. — Division of Ornithology and Mammalogy (Bulletin North Ame¬ rican Fauna). Smithsonian Insti tution (Annual Report). Berkeley Boston Brooklyn Chaphell Hill Cincinnati Minneopolis Urbana Chicago Madison Missoula New York -XI- Washington Montevideo — U. S. National Museum (Bulletin). U. S. Department of Agriculture (Jearbook). U. S. Department of Agriculture. — Bureau of Ani¬ mai Industry (Annual Report). Carnegie Institution of Washington (Publications). The Rockfeller Sanitary Commission for thè Era- dication of Hookworm Desease. Uruguay — Museo nacional. Seccion historico-filosofica ( Anales , Comunicaciones). PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO (31 dicembre 1923 ) Del Grosso L. Salmon. Guadagno M. Bonelli G. — Pro selvaggina e caccia. (Autore). Catalano G. — Principi di chimica organica fondati sulle teorie moderne. Napoli, 1872, (Dono E. Cutolo). — Manuale delle più usate preparazioni chimico far¬ maceutiche colle rispettive teoriche redatto a for¬ ma di dizionario dal farmacista Luigi del Grosso Napoli, 1846. (Dono E. Cutolo). — Lo stato presente di tutti i paesi e popoli del mondo, naturale, politico, e morale con nuove osserva¬ zioni e correzioni degli Antichi e moderni viag¬ giatori. Venezia 1740. Dal Voi, I al XIX. (Dono E. Cutolo). — Note di Erbario. Napoli 1909. (Autore). — L’Epipogium Aphyllum (Schm. Sw. nell'Italia me¬ ridionale 1910. (Autore). — Sulla nomenclatura di alcune Rubie della flora europea, Napoli 1914. (Autore). — A proposito del Thymus striattfs Vahl. (Autore), Napoli, 1913. — La vegetazione della penisola Sorrentina. Parte la 2a e 3a. Napoli 1916. (Autore). — La vegetazione della penisola Sorrentina. Parte 4a 1922. Napoli. — Note ed aggiunte alla flora dell'Isola di Capri. Napoli 1922, (Autore). — Le resezioni del simpatico nella pratica chirurgica. Napoli, 1923. (Autore). Riccio R. F. Buonanno La Rossa — Note di anestesia regionale. Na¬ poli, 1923. (Autori). „ — La toracoplastica extrapleurica nel trattamento chi¬ rurgico della tubercolosi polmonare. Napoli, 1923. (Autore). „ — I punti di elezione nelle anestesie traculari, (peri- nervia e cutanervasa) dello sciatico. (Autore). Na¬ poli, 1922. Riccio R. Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti . INDICE ATTI (MEMORIE E NOTE ) Gargano C. — Le alterazioni prodotte nel fegato della Lacerta muralis Laur. dal Cysticercus dithyricLium Fedele M. — Simmetria ed unità dinamica nelle catene di Salpa Palombi A. — Diagnosi di nuove specie di Policladi della R. N. " Liguria . . Del Regno W. — L’effetto fotoelettrico . Serao C. — Ricerche su la reazione tra cloruro di benzile e fenolo. Biondi G. — Osservazioni su alcune bombe vesuviane. Caroli E. — Sulla presenza di Penilia schmackeri Richard nel golfo di Napoli . Carrelli A. — Sull'assorbimento di fluorescenza .... Gargano C. — L'origine nucleolare dei centrosomi negli oociti di cagna . Zirpolo G. — Sulla genesi delle colonie primaverili del Zoobotryoti pellucidam Ehrbg . Zirpolo G. — Ricerche sulla simbiosi fra Zooxantelle e Phyllirhoè bucephala Peron et Leseur . Lo Giudice P. — Sulla salinità delle acque di superficie dello stretto di Messina durante l' inverno 1921-22 . Colosi G. — A proposito di Heteroglyphaea paronae Colosi Salfi M. — Ricerche sull’epitelio del mesointestino di Locusta danica, L . Fedele M. — Identità fra Dolchitiia mirabilis Korotneff e Do - liolum Chimi Neumann . Marcucci E. — La morfologia del bacino dei Sauropsidi. Il pube degli Uccelli . . Colosi G. — Alcune specie discusse di Misidacei .... Salfi M. — Sulla geonemia delle specie del genere Chrysochraoti FlSCH. ( Orthoptera-Locustidae ) . Gargano C. — Documenti istologici per una ipotetica terapia degli epiteliomi cutanei . Gargano C. — Alterazioni indotte dal radio sulla tiroide normale Gargano C. — Considerazioni sulla morfologia delle cellule col¬ tivate in vitro rispetto a quella di elementi normalmente liberi in tessuti patologici . Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica pag. 3 „ 20 » 33 a 38 „ 86 a 92 « 96 „ 100 a 106 „ H3 „ 129 „ 139 „ 141 a 143 „ 152 „ 159 „ 191 „ 196 „ 199 „ 208 221 245 Colosi G. — Una specie fossile di Gerionide (Decapodi brachiuri) Perret F. — Su di una « emanazione » « forza vitale effluente » finoggi non dimostrata . Zirpolo G. — Situazione delle basse temperature sullo sviluppo del Zoobotryon pellucidum Ehrbg . Caroli E. — Di una specie italiana di Typhlocaris ( T . salentina n. sp.) con osservazioni morfologiche e biologiche sul genere COMUNICAZIONI VERBALI Cavara F. — Fecondazione a distanza in Ginkgo biloba Linn. e in Araucaria Bidwilli Hook . Signore F. - Il bradisisma in relazione coll'attività vulcanica dei Campi flegrei . Zirpolo G. — Caso di atrofia del cieco epatico dorso-cefalico in una Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur Colomba G. — Su di un caso di cleistogamia del YOrchis macu¬ lata L . Colomba G. — Su di un caso teratologico in un Citrus limonum v. digitata Risso . RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) Processi verbali delle tornate 1923 . Consiglio direttivo per l'anno '924 . Elenco dei socii . Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio e in dono. ■ TAVOLE Boll. d. Soc. dei Nat. in Napoli, Voi. XXXV. Tav. 1. LIBRARY, m.b.a. PLYMOUTH. Boll. d. Soc. dei Nat. in Napoli, 1 Tav. 2 Boll. d. Soc. dei Nat. in Napoli, Voi. XXXV. Tav. 2. Boll. d. Soc. del Nat . in Napoli , Voi. XXXVI. Tav. 3 P. CROMOTIP. ALDINA — NAPOLI . i b n arYi M.B.A. - LIBRARY» M.B.A. PLYMOUTH» ALLEGATI Allegato N. 1. Per la Stazione Zoologica di Napoli (Tornata ordinaria dell' 1 1 luglio 1920) Ancora una volta, dopo cinque anni, la questione della Sta¬ zione Zoologica ritorna innanzi alla nostra Società, che verso questo massimo centro degli studi di biologia marina ha sempre mostrato il suo doveroso interessamento. Cinque anni or sono si trattava di rendere la Stazione Zoologica indipendente dalla egemonia tedesca, e nello stesso tempo di assicurarne la esi¬ stenza nel lungo periodo della guerra: (e qui non possiamo fare a meno di rammentare uno dei più giovani e valorosi nostri soci, Paolo Della Valle, che la Patria volle rapito alla vita e alla scienza innanzi tempo, e che può dirsi l'iniziatore del nostro movimento i): oggi occorre proteggere la Stazione contro le insidie di un nuovo orientamento che ne denaturerebbe la essenza, certamente con grave suo danno, se pur non avviandola ad inevitabile rovina. I fatti sono universalmente noti; ma conviene riassumerli, per maggiore intelligenza di tutti. q Paolo Della Valle anche nelle asprezze della guerra scriveva ad uno di noi (prof. Mazzarelli) quanto segue: Dal fronte di combattimento 10 luglio 1915 Egregio Professore, Le scrivo dalle trincee di combattimento dei nostri contro gli Au¬ striaci, mentre shrapnel e granate si incrociano per aria con il loro caratteri¬ stico fruscio, e a decine cadono feriti e morti i nostri oltre che i loro. In tali condizioni il mio pensiero continuamente ricorre alla questione di cui tanto mi interessai prima di partire. Mi sembra perfino impossibile che non si debba riuscire nello scopo che la nostra dignità nazionale ci impone nel presente momento storico. Come Le dissi partendo mi fido nell'opera Sua. 4 Paolo Della Valle. Sottotenente medico 16° Reggimento Fanteria 4° Battaglione — 2 — Bisogna premettere che la Stazione Zoologica di Napoli fin dalla sua fondazione ha avuto sempre delle caratteristiche so¬ stanziali: quella di essere un Istituto privato ed internazionale, e quella di offrire la più completa libertà di azione, nel campo degli argomenti di studio, sia del materiale di ricerca, sia della metodica, sia delle teorie e delle scuole. Aperta agli studiosi di tutti i Paesi, essa non era adatta per gli studenti che avessero ancora avuto bisogno di guida nelle loro ricerche. Gli scienziati eminenti che ne erano a capo, quali il Direttore, Antonio Dohrn, e poi Ugo Eisig, Paolo Mayer, Paolo Schiemenz, I. Giesbrecht, che sopratutto lo coadiuvavano, se richiesti non lesinavano i loro con¬ sigli, ma si guardavano bene dall'esprimere nemmeno il loro parere sugli argomenti che gli studiosi imprendevano a trattare. Era come un albergo gestito, diremmo, quasi, per una convenzione inter¬ nazionale. Ogni Stato o ente aveva diritto, in rapporto con quello che annualmente pagava alla Amministrazione della Sta¬ zione, ad un certo numero di tavoli di studio, arredati di tutto il necessario per le ricerche. Chi voleva recarvisi doveva otte¬ nere dallo Stato o dall'Ente l'uso di un tavolo di studio: ottenu¬ tolo la Stazione ne riceveva avviso dallo Stato o dall'Ente stesso. Chi giungeva si presentava al vice-Direttore: questi chia¬ mava il preparatore, il ben noto Peppino Riegel, ora defunto, e lo faceva accompagnare al posto preventivamente preparato ed arredato di tutto l'occorrente (tranne gli istrumenti che oc¬ correva portare seco); ivi il preparatore indicava le vasche spet- tantigli per tenervi gli animali vivi ed eseguiva tutte le modifica¬ zioni che gli si richiedevano. Più tardi l’ospite riceveva la vi¬ sita del Conservatore (che fu per tanti anni Salvatore Lo Bian¬ co), il quale gli chiedeva quale materiale, e cioè quali animali, occorresse per i suoi studi: prendeva nota ed andava via. Seguiva la visita del Bibliotecario che lo invitava ad accompagnarlo nella ricca Biblioteca e gli indicava il modo come erano distribuiti i libri e i periodici, e nello stesso tempo il meccanismo del pre¬ stito dei libri e periodici medesimi. Il giorno dopo si tornava e si trovavano già sul tavolo dei bicchieri di acqua di mare con entro, viventi, gli animali da studiare. Dopo ciò si restava completamente liberi, senza dar conto a nessuno delle proprie indagini, senza essere obbligati a subire — 3 quella direzione, assurda, per gli studiosi maturi, che viene impo¬ sta negli istituti universitari. Si restava liberi di studiare di giorno, e se occorreva, anche di notte, di mattina e di sera, con un per¬ sonale sempre pronto a tutto quello che abbisognava, si restava liberi di far conoscenza col proprio vicino, ovvero di passargli accanto senza nemmeno salutarlo; di entrare in relazione col per¬ sonale scientifico della Stazione, o magari di mostrare di non accorgersi nemmeno della sua presenza. Così procedeva la Sta¬ zione, mentre il personale direttivo di essa non trascurava, in continuazione, di occuparsi di quanto alla Stazione andava man mano occorrendo, affinchè gli ospiti tutti non mancassero di nulla, nonché delle indagini che ciascuno di essi imprendeva per proprio conto. Unico grave difetto; quella specie di dinastia ereditaria della famiglia Dohrn, che avrebbe impedito a suo tempo la libera scelta di un Direttore adatto e poteva esporre la Stazione ad essere un giorno malamente, diremo così, governata da un Direttore in¬ capace o troppo avido di lucro, e peggio ancora, in caso di estin¬ zione della famiglia, l’alea che la Stazione andasse in mano ad una Università tedesca; (così era stabilito nel contratto col Co¬ mune di Napoli !), con grave offesa alla nostra dignità nazionale; unica grave minaccia, la sempre crescente egemonia tedesca sulla Stazione. Mentre stavano così le cose l'improvviso scoppio della guerra europea fece sì che il personale scientifico della Stazione, al¬ lora del tutto tedesco od austriaco, lasciasse precipitosamente l'Italia. La Stazione si resse anco'ra per alcuni mesi, ma era evi¬ dente che i fondi venivano meno, ed allora si rese opportuno, e forse indispensabile, l’intervento, invocato dal Municipio di Napoli (proprietario della Stazione) del Governo Italiano, che aveva così anche la possibilità di eliminare per l’avvenire il pericolo della menzionata avanzante egemonia tedesca e di tron¬ care il non meno pericoloso andazzo dell’eredità forzata della Stazione nelle mani di un qualsiasi membro della famiglia Dohrn o peggio ancora, come si è detto, in qnelle di una Università tedesca. Il Ministro della P. 1. nominò dapprima una Commissione straordinaria per l’amministrazione della Stazione e più tardi, in seguito alla proposta contenuta nella relazione della Commissione — 4 — medesima, eresse la Stazione stessa in Ente morale con decreto luogotenenziale del 26 Maggio 1918, approvandone successiva¬ mente lo Statuto con altro D. L. del 9 Giugno. Valendosi della disposizione transitoria contenuta neirart. 9 dello Statuto stesso, e tenendo presente l'art. 5 del medesimo, il Ministro del tempo, bon. Berinini, dette al Prof. Monticelli, ordinario di Zoologia nella Università di Napoli, l'incarico temporaneo della dire¬ zione della Stazione. Ma dopo alquanto tempo, e proprio mentre il Consiglio di Amministrazione si accingeva a compilare il Regolamento, ai membri del cennato Consiglio non solo, ma anche al Ministro pervenne un memoriale anonimo, diffuso inoltre largamente nel pubblico, inteso a dimostrare la necessità di modificare lo Statuto, specialmente perchè in esso è consacrato che a Direttore della Stazione Zoologica deve essere chiamato uno zoologo, mentre secondo l'Autore del memoriale stesso più opportuno sarebbe chiamarvi un fisiologo, o quanto meno che i direttori delle due Sezioni di Zoologia e di Fisiologia, si alternassero nella Di¬ rezione dell'Istituto. Questo in breve il punto fondamentale della questione: accessori gli altri. Per sostenere la sua tesi l'Autore del citato memoriale scrive testualmente: “ Ciò che sopratutto importa per l'avanzamento (sic) degli studi di biologia marina in generale e per il progresso di questa Stazione Zoologica in particolare è di sradicare il pre¬ giudizio che, dato l'appellativo di " Zoologica „ che la Stazione reca sin dall'origine, ad essa debba necessariamente presiedere uno zoologo. Non bisogna dare alle parole una importanza maggiore di quella convenzionale che esse hanno. Il Kofoid, che ha fatto recentemente uno studio comparativo sulle stazioni affini a que¬ sta di Napoli, sparse per V “ Europa,,, ha già cessato di chia¬ marle zoologiche e la chiama biologiche; e tali sono, o debbono essere in realtà. La Stazione Zoologica di Napoli è stata ed è essenzialmente un Istituto di biologia marina, dove si sono fatte e si fanno non solo osservazioni e descrizioni di animali, di tessuti ed organi morti e fissati — che a questo è ormai ridotta la vecchia zoologia meramente morfologica — ma anche ricerche spe¬ rimentali su animali, tessuti, ed organi viventi ; ricerche di fisio¬ logia, di chimica fisiologica e di chimica fisica applicata alla fi- — 5 — siologia. Ora è universalmente riconosciuto che queste ultime ricerche non solo non sono meno importanti delle prime ma anzi sono a questi superiori, di quanto lo studio e la conoscenza dei fenomeni della vita sovrastano allo studio e alla conoscenza delle mere forme irrigidite dalla morte ; di quanto la fisiologia, che è il centro verso cui convergono tutte le discipline biologiche, so¬ vrasta alla morfologia descrittiva ; di quanto una scienza dina¬ mica ed in continuo e rigoglioso progresso, qual’è la prima, so¬ vrasta ad una scienza statica, e ormai quasi cristallizzata quale è la Zoologia classica Ci rincresce di doverlo dire, ma l'Autore del memoriale scrivendo queste parole non si è reso conto che egli lasciava nel lettore nettamente l' impressione che egli non conoscesse che cosa sia la Zoologia! E dicendo la “Zoologia,, intendiamo la “ scienza zoologica,, — senza equivocare tra Zoologia vecchia e Zoologia nuova, e senza confonderla col dilettantismo zoologico — quale è stata da secoli sanamente intesa da noi ogni qual volta ha saputo resi¬ stere alle influenze esotiche, non diciamo da Lazzaro Spallanzani ma addirittura da Francesco Redi in poi ! Lasceremo da parte quanto il citato Autore del memoriale scrive sul voluto predominio della Fisiologia sulle altre scienze biologiche; il suo linguaggio è altamente deplorevole: ogni scienza è degna del massimo rispetto, nessuna scienza, da scien¬ ziati degni di tal nome, deve essere considerata superiore o in¬ feriore ad un'altra. E quanto al Kofoid, libro di mera compila¬ zione (per istruzione del pubblico americano) sulle Stazioni bio¬ logiche del mondo, ci limiteremo a dire che non vi era proprio bisogno di chiamarlo in causa, perchè se l'Autore del memo¬ riale fosse al corrente di quello che è avvenuto in Italia da un ventennio a questa parte, invece di seguire il vieto andazzo di portare alle stelle solo quanto si dice o si fa dagli stranieri, sa¬ prebbe che proprio venti anni or sono presso il Museo Civico di Storia naturale di Milano veniva istituito un “laboratorio biologico,,, che si occupava specialmente della biologia delle acque; che più tardi, nel 1907, a Milano stesso questo labora¬ torio si trasformava in una grande stazione di Idrobiologia; che nel 1914 si istituiva in Taranto una Stazione di Biologia — 6 — marina; che nel 1916 si inaugurava a Messina l'Istituto cen¬ trale di Biologia marina del R. Gomitato Talassografico, e che finalmente nel 1919 si è istituito sul lago Fusaro un osser¬ vatorio di B i o 1 o g i a marina; ed avrebbe anche saputo, nel tempo stesso, che a dirigere siffatte stazioni biologiche sono sempre stati chiamati degli zoologi, e affatto recentemente a dirigere la Stazione Zoologica, di Rovigno è stato chiamato uno zoologo, e che inoltre nel capitolato che fa parte della legge speciale per il Mar Piccolo di Taranto, è espressamente dichia¬ rato che il Direttore di quel laboratorio di Biologia marina deve essere uno zoologo. D'altra parte l'Autore del memo¬ riale avrebbe dovuto anche sapere che lo stesso Kofoid, autore del libro da lui invocato, è uno zoologo, e che tutte le Sta¬ zioni di Biologia marina straniere sono dirette da z o o- logi, e che all’estero si può ben trovare uno zoologo che di¬ riga un Laboratorio di Fisiologia generale, ma non già un Fisiologo che diriga un laboratorio di Biologia marina. E la cosa del resto è perfettamente logica. Dandosi il nome di biologiche alle Stazioni che prima si chiamavano solo zoolo¬ giche si è solo voluto indicare che esse non dovessero ser¬ vire soltanto alla Zoologia sistematica ed agli studi di Embrio¬ logia e dì Morfologia, dando a quest'ultima parola il suo rigido significato “ gegenbauriano e non quello solo etimologico, che non è poi quello scientifico, ma sopratutto alla conoscenza della vita degli esseri in rapporto all'ambiente in cui questi vivono : studio della vita dunque e non della morte, come crede o vuol far credere l'Autore del memoriale, scienza dinamica quindi è non statica> e niente affatto cristallizzata. In un'assemblea come questa ci corre appena l'obbligo di rammentare, che l'essere vivente, animale o vegetale che sia, si riannoda mediante infiniti legami all'ambiente in cui vive. L'es¬ sere implica l'ambiente, e reciprocamente un ambiente determi¬ nato implica 1'esistenza di esseri che presentino un insieme di caratteri determinati. Questa dipendenza reciproca è quella che collega il fenomeno da misurare con quello che serve di misura, e realmente l'essere vivente, secondo l'ingegnosa im¬ magine del Thoulet, è bene un istrumento di misura dell'am¬ biente, come, il termometro e un istrumento che misura la tem- - 7 — peratura, il barometro la pressione atmosferica. Ogni cangia¬ mento di condizioni dell’uno corrisponde ad un cangiamento di condizioni delle altre. Una data pianta, un dato animale implicano la coesistenza di una data temperatura, di una data pressione, e possono, per conseguenza, servire a misurare queste ultime. La esistenza di un essere vivente nelle acque implica quindi tutto un insieme di condizioni : di luce, di temperatura, di pressione, di salinità, di contenuto di ossigeno, di trasparenza, di evapo¬ razione, di correnti, di movimento delle onde (in rapporto alla loro volta con lo stato meteorologico, in determinate condizioni di tempo e di spazio, che si riannoda poi alle peculiari condi¬ zioni astron omiche dell'annata), ed inoltre di profondità di natura del suolo, di conformazione delle coste, ed infine, ciò che ha la maggiore importanza di tutto il resto, di nutrimento : nu¬ trimento che è rappresentato alla sua volta da un altro essere vivente, animale o vegetale, che esso stesso implica una serie di particolari condizioni di ambiente; senza contare le condizioni inerenti ai rapporti che tale essere vivente ha coi suoi simili, come quelli sociali o coloniali e quelli di simbiosi, di commen¬ salismo e di parassitismo e oltrecchè quelli di funzionare da pre¬ datore o da preda, senza contare le migrazioni, gli spostamenti batometrici degli esseri stessi in relazione col periodico od oc¬ casionale variare di tali condizioni. E siffatte molteplici condi¬ zioni è necessario studiare, e con esse lo svolgersi della vita degli esseri in mezzo ad esse. Per gli zoologi, cultori di biolo¬ gia marina, il laboratorio è dunque molto più vasto di quello che possa immaginarsi ; tale laboratorio è il mare, nella sua va¬ stità sconfinata, nei suoi abissi, con le sue calme e le sue ire ; ed essi sono ben paghi quando, dopo non lieve lavoro, riescono appena ad intravedere una legge che stabilisca p. es. un rapporto tra un determinato grado di salinità e di temperatura e la presenza o il rigoglioso apparire di una data specie, ovvero tra remi¬ grazione di un'altra e l'andamento di una data corrente, o la maggiore o minore ricchezza di ossigeno in una data plaga acquea. Scienza della vita e non della morte una tale scienza, scienza dinamica e non statica. Ma per cosi procedere noi dobbiamo innanzi tutto cono¬ scere le forme animali, avere con esse sufficiente dimestichezza — 8 — per poterle seguire in tutte le vicende della loro vita: dopo, soltanto dopo, saremo in grado di eseguire su di esse tutti i possibili studi nel vasto campo della biologia intesa nel senso più lato. Ed è ovvio pertanto che solo uno zoologo possa dirigere una stazione di biologia marina, poiché essendo indispensabile innanzi tutto la conoscenza delle forme viventi (di quelle ani¬ mali specialmente, per il loro maggior numero) — una conoscenza tale da sapersi per lo meno orientare tra esse — il punto di par¬ tenza non già il punto di arrivo, è sempre, indiscutibilmente, la Zoologia descrittiva, che è come l'alfabeto, senza la conoscenza esatta del quale non è possibile leggere alcun libro. Ed è sem¬ pre uno zoologo, con tale sano indirizzo, che in una qualsiasi Stazione Biologica deve avere la parte direttiva; perchè egli sol¬ tanto, e non altri, avendo la completa visione dei rapporti che possono intercedere tra esseri viventi ed esseri viventi, fra que¬ sti e l'ambiente, è in grado di segnare l'indirizzo generale della Stazione ; e di mettere in valore, coordinandoli, i risultati degli specialisti delle singole branche della Biologia, che dei dati e del materiale raccolto dalla Stazione stessa si avvalgono per i loro studi. E ciò anche se una Stazione dovesse limitarsi a prov¬ vedere gli animali che occorrono per gli acquari esposti al pub¬ blico ! Perchè anche per tenere un acquario bisogna essere uno zoologo, (l'Acquaria di Berlino informi !) con quel particolare in¬ dirizzo biologico sopra cennato, e sarebbe poi veramente ameno, a dir poco, che a dirigere una stazione zoologica o di biologia marina col relativo Acquario fosse preposto un Fisiologo, abi¬ tuato a conoscere gli animali soltanto affidandosi al cartellino su cui il cortese conservatore dell'Istituto ne scrive il nome scientifico, pronto a sbagliarsi non dico di specie o genere, (per certi fisiologi genere e specie sono la stessa cosa ! gli esempi non mancano !) ma di ordine, di classe e perfino di tipo qualora per avventura, per un causale errore si scambiassero da un bicchiere all'altro i cartellini stessi! e non é il primo caso che ricerche fisiologiche (e anche istologiche o embriologiche), eseguite da non zoologi, abbiano perduto qualsiasi importanza per inesatta od errata determinazione delle specie, determina¬ zione che soltanto chi possiede una fondamentale cultura natu- — 9 — ralistica è in grado di apprezzare al suo giusto valore. Non si tratta dunque di un pregiudizio che fa, in tutto il mondo, chiamare gli zoologi a capo delle stazioni di biologia marina, ma di una vera necessità, non solo scientifica, sibbene anche tecnica, per il funzionamento delle Stazioni stesse. Tuttavia proprio il sopra citato memoriale pare abbia de¬ terminato il Ministero, al quale è da lamentare non sia stato ben prospettato quanto sopra è stato esposto, a nominare una Commissione per la riforma dell’ordinamento della Stazione Zoologica ! Questa Commissione, in cui i veri conoscitori del funzio¬ namento della Stazione e dei suoi scopi scientifici non erano davvero in numero eccessivo, pur non essendo in numero le¬ gale (il verbale venne firmato da cinque membri soltanto su un¬ dici, un sesto membro espresse un voto separato) presentò le sue proposte in un apposito schema di Statuto. Fra queste sono degne di nota quelle relative agli articoli 3, 8 e 10. L'art. 3 parla di contributi, e parrebbe non sostanzialmente differente dall'art. 2 del vigente statuto, se la locuzione usata alla lettera g di " assegni italiani e stranieri per tavolini di stu¬ dio „ in luogo di " locazione di tavoli di studio „ non facesse nascere il sospetto di qualche mutamento essenziale. Ed infatti "l'assegno,, non è la "locazione „, e non ha la portata finan¬ ziaria della locazione, nè impersona l'essenza dell'art. 1° dello statuto ora vigente. Ma vi è di più. L'articolo parla di contri¬ buto a) del Ministero dell' Istruzione ; b) del Comitato Talas¬ sografico ; c) del Ministero dell'Agricoltura ; ma stranamente nella relazione non ne stabilisce l'entità. Viceversa poi si è sa¬ puto che in Commissione si è parlato della necessità un sussidio annuo di L. 200.000 da parte del Ministero dell'Istruzione, di 150.000 da parte del Comitato Talassografico e di 50.000 da parte del Ministero di Agricoltura: 400.000 lire in tutto, che il Go¬ verno italiano avrebbe dovuto elargire alla Stazione, senza della quale elargizione parrebbe che la Stazione non potesse funzionare! Noi non sappiamo se queste cifre siano l'espressione di una speranza ovvero risultino da affidamenti avuti dai singoli mini¬ steri. Se ciò fosse risulterebbe che il governo si accingerebbe a sussidiare la Stazione con tale cospicua somma di 400.000 — 10 — lire annue, stabilendo la sua effettiva preponderanza sulla Sta¬ zione Zoologica, e togliendole definitivamente il suo carattere privato e internazionale, al quale la Stazione deve la sua fama e il suo passato benessere. Noi non crediamo che un sì cospi¬ cuo sussidio abbia ad essere effettivamente erogato, ma ove lo fosse noi, cittadini italiani e cultori di scienze, dovremmo asso¬ lutamente opporci. Non infatti nel momento in cui i gabinetti universitari vol¬ gono in condizioni finanziarie tristissime, massime, e sono molti, quelli a scarsa dotazione, il Ministero deir Istruzione deve im¬ pegnarsi a un così cospicuo sussidio in favore di un Ente che ha proprie risorse; alle quali non si tratta che dare un mag¬ gior sviluppo coadiuvando, con una opportuna azione diplo¬ matica, i lodevoli sforzi della direzione della Stazione, che cominciano già ad essere coronati da successo, intesi a ripri¬ stinare, per quanto è possibile, le antiche locazioni dei tavoli di studio, da parte dei varii Stati Esteri. Ed è bene si sappia che quest'anno sia per tali locazioni, sia per i sussidi, sia per i bi¬ glietti di ingresso dei visitatori dell'Acquario, la Stazione ha introitate oltre 200.000 lire! E nemmeno nel momento in cui l'Istituto Centrale di Bio¬ logia marina di Messina manca ancora di tutto, per difetto di personale, di suppellettile scientifica, di libri, e in cui occorre provvedere degnamente alle sue nuove stazioni di biologia ma¬ rina, il Comitato Talassografico deve impegnarsi a un sussidio di ben 150.000 lire a favore di un Ente che ha proprie risorse, e che una tale somma non si è mai sognato di chiedergli. Ed infine nemmeno nel momento in cui le Regie Stazioni di Piscicoltura mancano ancora di tutto, e sono ben lontane dal funzionare degnamente, e in cui non è possibile ancora istituire, per mancanza di fondi, quegli osservatori di pesca di cui si sente così vivo bisogno, e dei quali si è recentemente occupata la Giunta esecutiva per il coordinamento degli studi di Biolo¬ gia applicata alla pesca, il Ministero di Agricoltura (che ha si¬ nora nella parte ordinaria del suo bilancio stanziate solo non più di 80.000 lire) deve impegnarsi a un sussidio annuo di 50.000 lire a favore di un Ente, che non può dare alla pesca che una piccola parte della sua attività, e che non ha chiesto — 11 un simile sussidio, contentandosene di uno assai più modesto. Quanto poi all'art. 8° dello schema dello Statuto proposto dalla Commissione, esso contempla, nella Stazione tre sezioni, diremo equipollenti: runa di Zoologia, la 2a di Fisiologia, e la 3a di Chimica Fisiologica. Questo ordinamento così limitato non è assolutamente ammissibile : 1° perchè viene a sopprimere la sezione di Botanica, già esistente, che non può non essere autonoma e che ha nobilis¬ sime tradizioni. Essa fu la prima sezione istituita nella Stazione stessa, la quale, è bene notarlo, aveva intrapresa la maggiore pubblicazione col titolo di “ Fauna und Flora des Golfes von Neapel „. 2° perchè non è ammissibile una sezione dì sola chimica fisiologica in una Stazione di Biologia marina: essa deve essere, come era prima, una sezione di Chimica generale, da servire alla chimica del mare e alla chimica fisiologica ed è assai strano che la Commissione abbia dimenticato nientemeno la Chimica del mare I ! ! Quanto infine all' art. 10 esso disporrebbe che la direzione della Stazione fosse affidata indifferentemente ad uno dei tre direttori di sezioni (cosicché la direzione potrebbe anche essere affidata ad un fisiologo o... ad un chimico!); ma di ciò abbiamo già a lungo precedentemente parlato, e non è d'uopo più ripe¬ terci per dimostrare ancora una volta la assurdità di una sif¬ fatta proposta. Ma vogliamo fermarci un momento sulla sezione botanica che la Commissione ritiene opportuno abolire, mentre essa è stata fin qui parte integrante della Stazione. È veramente strano che nel concetto di questa riforma si faccia astrazione dalla vita degli innumerevoli esseri appartenenti alla flora marina, dai quali dipende direttamente o indiretta¬ mente la vila degli animali del mare. Tale connessione non era certo sfuggita all' illustre fonda¬ tore della Stazione Zoologica, il quale istituì in questa la Sezione botanica, promosse la raccolta e lo studio delle piante del mare come ne fanno attestazione le eccellenti monografie sia di stra¬ nieri che di italiani consegnate nelle pubblicazioni della Stazione. 11 titolo stesso, come si è avvertito, nella più importante di esse: Fauna und Flora des Golfes voti Neapel , sta a dire della im¬ portanza assegnata fin dalle origini della Stazione allo studio delle piante marine. Nè potrebbe essere diversamente, dato che la vita nelle acque del mare, come in terra ferma, si esplica sotto la duplice manifestazione di vita vegetale e animale. E senza troppo insi¬ stere sugli intimi rapporti che si stabiliscono fra gli esseri che convivono nelle acque del mare, e senza invocare pur le odier¬ ne dottrine che mettono in rilievo la importanza del metaboli¬ smo delle piante marine per la vita degli animali, si comprende troppo facilmente la necessità dello studio della flora marina in una Stazione di biologia qual'è la Stazione Zoologica di Napoli che per tale studio offre tutta la opportunità e tutti i mezzi. Basti il ricordare, se ce ne fosse bisogno, che proprio negli anni che precedettero la conflagrazione europea, ad integrazione della Sezione di botanica, fu nominato un assistente nella persona del Dr. Funk. La vegetazione marina che ha avuto nella Stazione valorosi cultori quali il Bertold, Y Oltmann, il Valiante, il Nicolosi- Roncati, il Pantanelli ed altri ancora, offre un campo stermi¬ nato alle indagini biologiche, basta pensare che ancora non è stato fatto uno studio completo sulla distribuzione nel Golfo delle alghe e delle monocotiledoni marine in relazione con le profondità del mare, con la natura litologica del fondo e delle coste, e con tanti fattori che concorrono a modificare nei vari settori le condizioni di vita delle piante stesse. Il problema tanto discusso delle variazioni floristiche bati— metriche aspetta ancora una soluzione, come i molteplici pro¬ blemi riguardanti la trasparenza del mare, la penetrazione e l'as- sorbimento delle radiazioni luminose, e l'assimilazione clorofil¬ liana in relazione con i fattori suddetti, con la pressione, e la presenza dell'anidride carbonica alle varie profondità. Ancora insoluto é il problema della origine e la fisiologica importanza dei pigmenti che mascherano e modificano la clorofilla. Come innumeri quistioni di chimica - fisica, e di chimica biologica si affacciano circa i processi di assorbimento, di elettività dei joni a i comportamenti specifici delle alghe del mare, come emerge da studi già iniziati nella stessa Stazione in questi ultimi anni e — 13 — resi di pubblica ragione in pubblicazioni scientifiche quali i "Rendiconti deirAccademia delle Scienze,, di Napoli, il "Bollettino dell'Orto botanico di Napoli,,. Nè di minore interesse sarebbero gli studi sulle biomorfosi e chemomorfosi sperimentali, quando su larga scala venissero intraprese ricerche sperimentali di col¬ tura delle alghe del mare nelle vasche della Stazione, facendo variare i costituenti chimici e le concentrazioni delle soluzioni; esperienze che furono anzi iniziate poco prima dello scoppio della guerra nella stessa Stazione Zoologica. Per tutte queste considerazioni, il mantenimento, ed una più larga funzione di una Sezione botanica, s'impone ed è a deplorare che così leg¬ germente si sia pensato di sopprimerla. Riassumendo la Commissione ministeriale, o meglio la mi¬ noranza di essa intervenuta, che ha coscienziosamente terminato i suoi lavori e formulate le sue proposte, ha evidentemente fatto del suo meglio per assolvere il suo compito; ma essa non vi è riuscita, ed ha presentato proposte tali che, ove fossero ac¬ colte, riuscirebbero di grave nocumento, alla Stazione Zoologica e agli Istituti scientifici italiani: alla prima perchè togliendole la caratteristica veste internazionale, alla quale essa deve il suo rigoglioso sviluppo e affidandone eventualmente le sorti a mani scientificamente e tecnicamente inesperte, ne promuoverebbero la rapida decadenza; agli altri perchè resterebbero privi, di un aumento alle scarse loro dotazioni per quelle somme, che inop¬ portunamente verrebbero somministrate alla Stazione stessa. Ma v'ha un'altra questione fondamentale sulla quale cre¬ diamo intrattenerci. E' per noi ovvio che l'unico modo per man¬ tenere in vita la stazione e per darle anzi uno sviluppo anche maggiore di quello che aveva una volta, è di non mutare punto la sua primitiva fisonomia di istituto scientifico privato ed in¬ ternazionale: la soppressione della dinastia Dohrn e la possibi¬ lità della libera scelta di un Direttore adatto non poteva che giovarle, come egualmente avrebbe dovuto giovare al suo ca¬ rattere di libero Istituto internazionale la cessazione di qualsiasi preponderanza del governo tedesco, al pari di quello di qual¬ siasi altro stato. Lodevole fu certamente l'atto col quale il go- verso italiano intervenne in tempo di guerra, in aiuto di una istituzione che poteva correre il pericolo di interrompere la sua — 14 — proficua esistenza e nello stesso tempo colse 1' occasione pro¬ pizia per distruggere quella egemonia tedesca, che nella Stazione andava sempre maggiormente affermandosi, togliendo, nel tempo stesso, di mezzo la strana eredità scientifica dei Dohrn e la mi¬ nacciante umiliazione del probabile passaggio dell'Istituto in mano a una Facoltà tedesca. Il governo italiano sorresse la Stazione, ne curò la erezione in Ente morale, previo il non lieve lavoro della Commissione straordinaria, approvandone il relativo statuto, proposto dalla detta Commissione straordinaria e, con disposizione transitoria, ne no¬ minava il Direttore incaricato per avviare, diremo così, il com¬ pleto riordinamento della Stazione. Ma, secondo noi, qui doveva arrestarsi l'opera del Governo, qui doveva cessare l'intervento di¬ retto dello Stato, il quale doveva limitarsi a quell'alta azione di tutela e di sorveglianza, che esso ha il diritto e dovere di eser¬ citare su tutti gli enti morali. Invece nello statuto della Stazione venne scambiato un libero Ente norale, che si propone un fine puramente scientifico di fuori di qualsiasi insegnamento, con un consorzio avente il fine di mantenere in vita l'Istituto superiore, quale un Politecnico per es. o una Scuola Superiore di Commercio. Errore questo, se¬ condo noi, gravissimo, che ha alterato la tipica fisonomia della Stazione, con una ingerenza governativa che è fuori posto e dannosa. Lo statuto del 1918 contiene infatti clausole che mal si ad¬ dicano ad un Ente che nel 1° articolo dello statuto stesso vien proclamato un libero Istituto-, e che poi non vanno applicate ad un Ente morale, il cui consiglio di amministrazione deve essere arbitro di tutto il funzionamento dell'Ente stesso. Il Direttore della Stazione Zoologica, dice l'art. 58, deve es¬ sere nominato dal Ministro della P. I.: errore. Il Direttore della Stazione Zoologica deve essere invece nominato dal Consiglio di Amministrazione: se per libera scelta o per concorso deve essere il Consiglio di Amministrazione a sta¬ bilirlo. Non certo nella nostra Società, che è pure Ente morale, il Presidente sarà nominato dal Ministro della P. I., e se la no¬ stra Società avesse i fondi necessari nulla le impedirebbe di creare degli Istituti scientifici privati e di affidarne la direzione 15 — a persone da essa stessa scelta, senza intervento del Governo. Ma vi ha di più: abbiamo inteso una cosa stranissima. L'art. 2° stabilisce come debba essere composto il Consiglio di Am¬ ministrazione. Va da se che i singoli enti, ivi designati, prov¬ vedono alla nomina dei propri delegati. Il Ministero della Pub¬ blica Istruzione invece nomina, con proprio decreto, questi de¬ legati che gli vengono proposti dai detti enti ! Col nuovo statuto poi 1' ingerenza del governo crescerebbe a dismisura, sino al punto di applicare al personale, costituente il corpo scientifico della Stazione, le norme del testo unico delle leggi sullo stato giuridico degli impiegati dello Stato ! Invece secondo noi bisogna battere risolutamente altra via, e questa via deve essere quella che riconduca la Stazione alla sua antica grandezza, ridando completamente al nuovo Ente morale il suo carattere di libero Istituto privato, internazionale, sosti¬ tuendo un Consiglio di Amministrazione, fatto dai rappresentanti degli Enti interessati, al governo della famiglia Dohrn, ma elimi¬ nando qualsiasi ingerenza di qualsiasi Stato cominciando dall'Italia. Così, e non altrimenti, la Stazione Zoologica di Napoli, gui¬ data da un Direttore Zoologo, di speciale competenza, nominato dal Consiglio di Amministrazione, potrà riprendere il suo cam¬ mino glorioso nella veste di un pretto Istituto internazionale privato, adatto soltanto per coloro che vogliono studiare, e se¬ riamente studiare, e non servirsene per un comodo impiego o per un luogo di riposo da circondarsi di facile rèclame. Qualsiasi intervento diretto statale non potrà che uccidere questo grandioso e glorioso Istituto, pur considerato come mo¬ numento imperituro di Antonio Dohrn e dove più generazioni, a dirla con Carlo Emery, hanno imparato a conoscere che cosa sia la Zoologia. Ma che ciò non avvenga ne affida l'alto senno dell'on. Mi¬ nistro della P. J. F.to: Prof* Fridiano Cavata (ordinario di Bo¬ tanica nella R. Università di Napoli). „ Prof. Ugo Milone. „ Prof* Giuseppe Magateli! {or din. di Zoo¬ logia nella R. Univ. di Messina ), relatore. Allegato N. 2. La riforma del Ministro Gentile e Tinsegnamento delle Scienze Naturali nelle Scuole Medie. (Tornata del 29 luglio 1923) La nostra Società, vigile sempre nella sacra tutela del pro¬ gresso scientifico della Nazione , massime per quanto concerne Tincremento delle Scienze Naturali, sempre pur troppo neglette da noi, e non prese mai nella dovuta considerazione, non può rimanere indifferente dinanzi alla testé decretata riforma della Scuola Media, che, pur fermandosi soltanto a quanto concerne le Scienze Fisiche e Naturali, può considerarsi una vera reformatio in pejus. In questa riforma occorre distinguere due provvedimenti diversi, entrambi pur troppo esiziali. Il primo consiste nella ridu¬ zione deirinsegnamento delle Scienze naturali, il secondo nell'ab¬ binamento di questo con altri insegnamenti. Esaminiamoli l'uno dopo l'altro. L — Riduzione dell'insegnamento delle Scienze naturali* Una prima novità dobbiamo constatare nel Liceo Ginnasio classico : la soppressione dell'insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio superiore. Quando nel 1881 Guido Baccelli intro¬ dusse 1' insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio, nes¬ suno di quanti in Italia amano la cultura e il progresso scien¬ tifico della Nazione avrebbe mai potuto supporre che dopo oltre 40 anni un tale insegnamento sarebbe stato soppresso. E perchè poi ? Ci sono perfettamente ignote le ragioni di una tale soppressione. Se sono solo ragioni di economia, costituirebbero queste un ben meschino criterio informativo di disposizioni che concernono nientemeno la cultura scientifica del Paese. Se sono invece di- — 2 — dattiche vorremmo proprio conoscerle ! Non dubitiamo che fra gli stessi cultori di Biologia non vi siano dei critici per mestiere, dei, come dire ? iconoclasti della scienza, per i quali tutto va male e nello stesso tempo tutto è inutile, e che per aver sentito da qual¬ che scolaro degli spropositi, e magari per averne uditi altri da qualche insegnante, non si sono peritati di dichiarare inutile, se non dannoso, l'insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio. Ma se un Ministro segue alla lettera i consigli di tali mestie¬ ranti di critica, allora si può star freschi davvero ! La verità invece è ben altra. L' insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio, più ancora di quello di altre discipline, lascia tracce più o meno profonde, più o meno precise ed esatte, sino ad appassionare addirittura l'allievo, e spingerlo talora a darsi a sif¬ fatti studi, secondo il valore dell'insegnante, secondo l'abilità e l'attitudine di questo a incatenare 1' attenzione dell' allievo e ad interessarlo a quanto espone. E a ciò pensando non possiamo fare a meno d'inviare un saluto alla memoria di Michele Ge- remicca, insegnante sommo per efficacia e dottrina, che seppe con la sua parola non solo appassionare l'uditorio, ma spingere un numero relativamente grande di suoi allievi a dedicarsi alle Scienze Naturali. Si sono attaccati i programmi, che a dire di molti obbliga¬ vano gli alunni ad imparare soltanto, a memoria, una filza di nomi e di caratteri di piante e di animali, si è creduto di ob¬ bligare l'insegnante a fare a preferenza della biologia; ma non si è capito, o non si è voluto capire, che il difetto, come di¬ cono i Veneziani, era nel manico, e che cioè era nell'insegnante. L'insegnante di Scienze Naturali che sa il fatto suo non ab¬ bisogna nemmeno di programmi; basta indicargli l'argomento del suo corso: al resto penserà da sè. Si è pertanto fatta una que¬ stione di cose, di programmi cioè e di materiale didattico, men¬ tre doveva farsi una questione di persone , doveva cioè mirarsi ad avere degli insegnanti ottimi, che davvero raggiungessero lo scopo di aprire le giovani menti, con l'osservazione e l'esperienza, alla conoscenza del vastissimo campo dei fatti e dei fenomeni naturali, da equilibrare almeno le pur troppo copiose imbibi¬ zioni di materiale fantastico e inverosimile, che dalle fiabe delle scuole primarie accompagna l'allievo su su sino ai racconti leg- — 3 - gendari dell'antichità, ai canti dei rapsodi e dei trovatori, ai poemi eroici e cavallereschi, creandogli d'intorno un mondo fantastico, ben lontano dalla realtà della vita e dalla poderosa verità dei fatti e dei fenomeni naturali, ai quali è pur legata la nostra esi¬ stenza, fuori del mondo dei poeti e dei filosofi. Pur troppo poi alla storia Naturale non è stata data Y im - portanza che essa meritava; pur troppo, dove l'insegnante non sa convenientemente far rispettare la propria disciplina dal Pre¬ side e dai Colleghi, questa finisce col non contar più nulla, come “ materia secondaria E precisamente a questo sciocco andazzo devesi, anche se l'insegnante sia, come suol dirsi, in gamba, se ge¬ neralmente nei Ginnasi non si dà dagli allievi alla Storia Natu¬ rale quell'importanza che essa deve avere. La quale importanza poi si limita ad un po' di attenzione che gli scolari dovrebbero prestare alle spiegazioni e alle dimostrazioni del professore, e a non altro* dovendosi escludere gli sforzi di memoria e simili ar¬ tifici. Ma invece di rinforzare sotto tutti gli aspetti l'insegnamento delle Scienze Naturali nelle Scuole si è pensato ad abolirlo o al¬ meno a ridurlo : cosi in Italia si finirà con 1' avere non solo il non invidiabile primato dell' analfabetismo , che pur troppo già abbiamo, almeno di fronte alle più civili nazioni di Europa, ma quello altresì dell'assoluta ignoranza dei fatti e dei fenomeni na¬ turali. In un Paese dove pochi sanno p. es. che le balene non sono pesci, e che non sono pesci nemmeno i polpi , o le arago¬ ste; dove molti credono che gli scarafaggi e i tarli nascano per generazione spontanea; dove sono p. es. professori di lettere che spiegano ai loro alunni che la malaria si sviluppa per la pene- trazione degli anofeli nelle vie sanguigne (autentica !); dove in certi giornali si legge per es. che viene consultato il “ barometro „ per rendersi conto della temperatura della giornata ; dove lo sproposito scientifico è assunto a dignità di istituzione nazionale, e lo si trova consacrato perfino nelle ordinanze dei Comuni, delle Prefetture, delle Capitanerie di Porto, non erano troppe davve¬ ro, lo creda 1' Oli. Ministro, quelle povere due ore d'insegna¬ mento di Storia Naturale nella 4a e nella 5a classe del Ginnasio, attraverso il quale devono passare per la maggior parte le ge¬ nerazioni di professionisti e di impiegati del Regno d'Italia! — 4 — Non vi sarebbe stata che una sola questione da studiare, quella cioè, acuì abbiamo sopra accennato, della conveniente preparazione degrinsegnanti a un siffatto insegnamento. Ma ciò doveva otte¬ nersi nelle Università, adeguatamente trasformando, e non abo¬ lendo, le Scuole di Magistero, nelle quali i giovani avrebbero dovuto ricevere la necessaria istruzione da provetti insegnanti che avessero i requisiti sufficienti, sia titolari delle Università stesse, sia incaricati o liberi docenti, sia anche solo insegnanti secon¬ dari, seguendo criteri d'indole generale fissati dallo stesso Mini¬ stero. Così si sarebbe potuto fare qualche cosa di buono e di realmente proficuo per la cultura scientifica della nazione. Ma le disposizioni dell'On. Gentile invece di risolvere una siffatta questione tendono a distruggere quel poco che si era potuto finora faticosamente guadagnare. Quanto all' insegnamento delle Scienze Naturali nel Liceo classico nulla possiamo dire, non conoscendosene i programmi nè l'orario; solo l’unione con la Chimica e la Geografia, se il nu¬ mero delle ore settimanali non è aumentato, deve naturalmente portare ad una riduzione dei programmi, il che certo non pos¬ siamo che deplorare. Dell' abbinamento con la Chimica e la Geografia parleremo in seguito. Egualmente 1' abbinamento della Fisica con la Matematica lascia supporre che l'insegnante riunisca anche i due orari sinora in vigore rispettivamente per la Fisica e la Matematica; altrimenti anche qui si avrebbe una deplorevole riduzione. E veniamo ora al così detto “ Liceo scientifico „. E diciamo * “ così detto „, perchè confessiamo di non esser riusciti a capire in che cosa questo " Liceo scientifico „ si differenzi dal Liceo clas¬ sico se non per qualità negative; la mancanza cioè dell’insegna¬ mento del greco e quello ridotto della chimica, ben piccola impor¬ tanza avendo i due prescritti insegnamenti di Economia politica e quello di disegno. Cosicché resta assodato che nel Liceo classico si studia una scienza in più che in quell' altro speciale Liceo, che, come Incus a non lucendo , viene chiamato 11 Liceo scientifico „! Ma allora perchè tanto rumore per nulla? A quale scopo creare uno speciale Istituto, con preside, e, occorrendo, segretario, e con appositi locali, quando sarebbe bastato conce- — 5 — dere agli allievi del 1° anno di liceo, vincolandoli a non potere aspirare che alla iscrizione alle facoltà di Scienze e di Medicina delle Università, di poter rinunziare airinsegnamento del Greco, e, poniamo anche della Chimica (!); aggiungendo poi due inca¬ richi per l'economia politica e di disegno. Ma, entrando poi nel merito, se questo Liceo scientifico deve sostituire le soppresse sezioni fisico-matematiche degli Istituti tecnici il difetto di tale istituto si rivela grandissimo. Noi non sap¬ piamo intanto che cosa ci guadagneranno gl'ingegneri ad essere obbligati a studiare il latino e la filosofia, e cosa ci guadagneranno per contro i medici a non studiare il greco : quello che è certo è che è un errore gravissimo quello di aver ridotto l’ inse¬ gnamento della Chimica, che come tutti sanno non era come nel Liceo classico abbinato a quello della Fisica, ma veniva det¬ tato da uno speciale insegnante laureato in Chimica, ed era ac¬ compagnato da esercitazioni. E sarebbe stato proprio provvido, ora che anche coloro che aspirano ad iscriversi alle Facoltà di Medicina possono provenire da queste antiche sezioni di fisico¬ matematica degl' Istituti fossero passati all' Università con un discreto corredo di cognizioni di chimica. Ma invece ciò che proprio era la parte migliore della preparazione scientifica di tali sezioni è stata nei Licei scientifici, che ne dovrebbero essere una trasformazione perfezionata, completamente soppressa ! Quanto poi all'insegnamento della Fisica e della Matematica valga anche qui l'osservazione generica fatta per il Liceo clas¬ sico circa l'abbinamento delle due materie, con raggravante che, come meglio diremo poi, se in un Istituto era proprio neces¬ sario, e per ampiezza di svolgimento, e per una maggiore sin¬ gola competenza dei rispettivi insegnanti, scindere i due inse¬ gnamenti, questo Istituto doveva essere proprio il Liceo scien¬ tifico. Per l'insegnamento delle Scienze Naturali e della Geografia, valgano qui le medesime osservazioni fatte per il Liceo classico circa i programmi e gli orari, che non sono per anco conosciuti. Dal Liceo scientifico per modo di dire passiamo al Liceo addirittura, diremo, " ascientifico „, cioè al Liceo femminile. In questo Liceo s'insegnerà bensì la filosofia e l'immancabile latino, nonché il diritto, 1' economia politica e persino 1' economia do- 6 — mestica (scienza quanto altra mai di difficile applicazione nei ca¬ lamitosi tempi attuali!); ma nulla, assolutamente nulla, s'insegnerà di Scienze Naturali e d'igiene, bagaglio ritenuto affatto inutile per signorine di buona famiglia, alle quali, invece, certo con maggior successo, l' indulgente legislatore, ha reso obbligatorio l'insegnamento della danza! Ora può esser mai concepibile una scuola di cultura dove non si impartisca nemmeno la piu ele¬ mentare nozione di scienze fisiche, chimiche e naturali ? Queste future madri di famiglia, che, come ben notava il prof. Mon- dolfo di Bologna, con la danza diventeranno bensì delle mon¬ dane non delle vere madri, non saranno dunque in grado nemmeno di comprendere cosa sia il sapone e come debba esser fatto per non danneggiare la biancheria domestica, e ignore¬ ranno del tutto i pericoli per es. delle insalate crude, della frutta cruda ecc. e d'altro ancora che esse continueranno a sommini¬ strare incoscientemente anche ai loro bambini ! Infine perchè togliere l'insegnamento degli elementi di Scienze Naturali nei corsi inferiori degl'istituti tecnici, invece di coordi¬ narlo con quello che dovrà impartirsi nei corsi superiori ? An¬ che qui la soppressione di un tale insegnamento, che doveva conservarsi sia pure con mutati programmi, è grandemente de¬ plorevole. In conclusione la riforma dell'on. Gentile: a) sopprime l'insegnamento della Storia Naturale nel Ginnasio ; b ) sopprime l'insegnamento delle nozioni di Scienze Naturali nei corsi inferiori dell’Istituto Tecnico (l'antica Scuola Tecnica); c) riduce l'insegnamento della Chimica dal Liceo scientifico ; d) esclude l'insegnamento delle Scienze Naturali dal Liceo femminile; e) probabilmente riduce i programmi di Scienze Natu¬ rali nel Liceo Classico e nel Liceo scientìfico. Vi è, come si vede in questa riforma tanto quanto basta ad abbassare, e considerevolmente, il livello scientifico della Nazione, già pur troppo sufficientemente basso ! Sarebbe pertanto necessario ripristinare gl'insegnamenti sop- — 7 — pressi, istituire l'insegnamento della Chimica nel Liceo scienti¬ fico, con uno speciale insegnante laureato in chimica, come già ne- glistituti Tecnici, sezione fisico-matematica, e introdurre rinsegna¬ mento delle Scienze naturali e dell' Igiene nel Liceo femminile. 2. — L'abbinamento degl' insegnamenti* Ma v'ha dell'altro, e quest'altro ci è dato daH'abbinamento degli insegnamenti, che porterà a risultati anche più disastrosi, in quanto che affiderà importanti discipline sperimentali ad in¬ competenti, rendendo affatto nullo, se non addirittura risibile, l'insegnamento stesso. Ricordiamo sempre un povero insegnante, che dalle vicende della sua carriera, e per il supremo disprezzo in cui il direttore generale del tempo (illustre letterato) doveva avere per le scienze fisiche e naturali, era stato costretto, pur essendo abilitato in mate¬ matica, a dettar fisica in un Liceo di provincia. Il poveretto non riusciva ad eseguire il più semplice esperimento. Perfino il campa¬ nello gli suonava entro la campana della macchina pneumatica, fra le grasse risate degli alunni,... e dei colleghi! Ed egli finì con l'accontentarsi di una residenza peggiore, pur d' insegnare ma¬ tematica e non più fisica. Non teme l'on. Ministro di generaliz¬ zare ora per tutta Italia un così poco edificante spettacolo? Bisogna ben guardarsi dagli abbinamenti, che se possono sedurre il Ministro del Tesoro per le economie che essi per¬ mettono nel bilancio, devono lasciare molto perplesso il Mini¬ stro dell'Istruzione. Economie che si realizzano col costringere un professore ad insegnare quello che non sa, o che sa male, non sono economie, perchè si risolvono in danno dell'insegna¬ mento per se stesso, e in danno di terzi, che sarebbero poi i padri di famiglia, obbligati a pagare tasse non lievi, senza avere la garanzia che ai propri figliuoli siano impartiti a dovere gl'in¬ segnamenti di cui abbisognano. Non é che in teoria i decretati abbinamenti non siano pos¬ sibili : tutti gli abbinamenti sono possibili, anche quello, poniamo, dal latino con la matematica. Ma occorre che l'insegnante sia in precedenza convenientemente preparato a siffatto insegnamento abbinato, e cioè che egli, nei corsi universitarii, abbia potuto — 8 — studiare e latino e matematiche. Altrimenti gli abbinamenti sono inamissibili. Epperò, pur ammettendo il principio che si possa addivenire a certi abbinamenti, è fuor di dubbio che ad essi non si debba addivenire se non quando vi saranno insegnanti capaci di assumere tali insegnamenti abbinati. Sino a quel momento dovranno essere, logicamente, sospesi gli abbinamenti decretati, che potranno poi attuarsi gradatamente, man mano che si potrà disporre d'insegnanti adatti. Giacché è vano dare importanza ai concorsi testé banditi per materie abbinate. Il matematico potrà pur vincere il concorso per le cattedre di Matematica e Fisica, ma resterà pur sempre matematico; solo potranno utilizzarsi i pochi provveduti di laurea mista in Fisica e Matematica. E d'altra parte le falangi di professori di matematica di Liceo e di Istituto Tecnico, ora in servizio, come s'improvviseranno mai professori di Fisica ? Ma anche negli abbinamenti occorre seguire un criterio lo¬ gico, criterio logico che non ci par di trovare nella decretata riforma in quanto p. es. concerne l'insegnamento della Geografia. Infatti nella scuola complementare, nel Ginnasio inferiore, nei corsi inferiori dell'Istituto Tecnico, nei corsi inferiori dell'Istituto Magistrale, troviamo la geografia abbinata con l'italiano e la sto¬ ria, e con l’italiano, il latino e la storia; nel Liceo femminile con la storia, la filosofia e l'economia politica; nel Liceo clas¬ sico, con le Scienze Naturali e la Chimica; nei corsi superiori dell'Istituto Tecnico con le Scienze Naturali; nei corsi superiori dell’Istituto Magistrale con le Scienze Naturali e l'igiene, sotto il nome di " Scienze geografiche „, e con le Scienze Naturali, anche col nome di “ Scienze geografiche „, nel Liceo scientifico. Ma si tratta di una sola geografia, della comune geografia insegnata sinora nei Ginnasi e negl’istituti Tecnici e Scuole Tecniche, o si tratta di varie geografie ? Quella dei corsi inferiori, e anche delle scuole complementari e del Liceo femminile, è per avventura soltanto geografia antropica, politica e storica, e invece quella dei corsi superiori è geografia fisica e biologica, e magari anche astronomica? Se così fosse l'abbinamento con le Scienze Natu¬ rali sarebbe possibile; ma in caso contrario, e cioè se fosse sem¬ pre la stessa rifrittura sul modello dell'insegnamento della geo¬ grafia che sino ad ora si è impartito nei Ginnasi, sarebbe un surménage per l'insegnante di Scienze, che si troverebbe anche fuori posto. Occorrerebbe che la questione fosse chiarita, e ad ogni modo restiamo con la speranza che i prossimi programmi mettano le cose a posto. E che dire poi dello stranissimo abbinamento inventato per le scuole complementari ? Nientemeno matematica, scienze na¬ turali e... computisteria! Passi pure per la matematica, quando si avranno professori capaci d'insegnare, con precisione di con¬ cetti, sia pure elementari, e matematica e Scienze Naturali; ma la computisteria non ha proprio nulla che vedere nè con la Matematica nè con le Scienze Naturali, e non è nemmeno di¬ gnitoso che un tale insegnamento sia assunto da un laureato. Occorre che la computisteria, costituisca un insegnamento a sè, dato, sia pure, per incarico. In conclusione l'abbinamento con le scienze fisiche e natu¬ rali di altre discipline, se applicato subito, non potrà dare che risultati disastrosi per 1' insegnamento, abbassando anche mag¬ giormente il livello scientifico della Nazione. Chiarita la questione della geografia, ed eliminata la computisteria, esso potrà anche essere col tempo, e gradatamente, attuato; ma non prima che si siano formati, non con improvvisati concorsi, ma con adeguati studi, che essi dovranno seguire nelle Università, gl'insegnanti adatti. * * Tuttavia, in ultimo, non nascondiamo la grande perplessità in cui ci lascia tutta intera la riforma dell'on. Gentile, anche se le proposte dei ritocchi sopra accennati venissero accolte. Già scar¬ sissima era la cultura fisico-naturalistica della Nazione con mag¬ gior numero di scuole, con maggior numero di adatti insegnanti, con una maggiore estensione, nelle scuole di tutti i gradi, di un tale insegnamento scientifico. Che cosa avverrà ora, con le scuole molto diminuite di numero, gli insegnanti in buona parte non adatti, e lo stesso insegnamento ridotto come estensione e come intensità? E se pochi erano coloro che si davano agli studi di Scienze Naturali, pur essendo maggiore la possibilità di trovare occupazione, non diventeranno, ora, pochissimi, o addirittura rari? 10 - Non solo, ma coloro che si recheranno a studiare Scienze nelle Università, preoccupati di mettersi in grado di poter ottenere un posto con insegnamenti abbinati, preferiranno certo le lauree miste, di cui si dovrà, per forza dì cose, avere una estesa fiori¬ tura, e diserteranno i Laboratori, o per lo meno saranno co¬ stretti a rinunziare a qualsiasi indagine scientifica. Così rabbassamelo del livello scientifico della nostra Na¬ zione si andrà rapidamente accentuando, e non sarà lontano il tempo in cui, come già una volta, sarà necessario ricorrere nuo¬ vamente agli stranieri per affidar loro, nelle nostre Facoltà di Scienze, cattedre e posti di aiuto. Non teme Ton. Gentile che la sua riforma ci porterà a questo risultato? Noi sì, lo temiamo ortemente. Finito di stampare il 10 dicembre 1923. Colosi G. — Una specie fossile di Gerionide (Decapodi brachiuri) pag. 248 Perret F. — Su di una « emanazione » « forza vitale effluente » finoggi non dimostrata ....... „ 256 ZiRPOLO G. — Sull'azione delle basse temperature sullo sviluppo del Zoobotryon pellucidum Ehrbg .... „ 263 Caroli E. — Di una specie italiana di Typhlocarìs (T. salentina n. sp.) con osservazioni morfologiche e biologiche sul genere „ 265 COMUNICAZIONI VERBALI Cavara F. — Fecondazione a distanza in Ginkgo biloba Linn. e in Araucaria Bidw illi Hook. ..... pag. 3 Signore F. - Il bradisismi in relazione coll'attività vulcanica dei Campi flegrei . „ 6 Zirpolo G. — • Caso di atrofia del cieco epatico dorso- cefalico in una Phyllirhoe bucephala Peron et Leseur . . ff 7 Colomba G. — Su di un caso di cleistogamia d eWOrchis macu¬ lata L . „ 9 Colomba G. — Su di un caso teratologico in un Citrus linwnum v. digitata Risso . . „ 13 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) Processi verbali delle tornate 1923 . pag. ili Consiglio direttivo per l’anno '924 ... . , . „ xxvil Elenco dei socii . . xxix Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio e in dono. . „ iìl-xm Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. .i Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ’ Dr. Prof. Fr. Sav. Monticelli presso la Sede R. Università — Via Federico II di Svezia Prezzo del presente volume L. 100 LIBRARI ES^SMITHSONIAN INSTITUTION^NOIiniliSNI NVINOSÉuiNS^Sa I U VB a II \ co _ z \ co x _ co D £ /ciF ^o\ \ £ c 9 x o x wBs,..jm 9 n&rm" 2 v .\Jv> > 2 Xc^osva^/ > : ,5NOIinilISNÌ^NVINOSHlUMSOTS3 I B VB 8 n\l B RAR I ES^SMITHSONIAN^INSTITUTION ° 0 _ *2 \ ^ _ r» CO _ -, _ 0 j w m, w ^ ^ m u * q v wm s f^F h ^ C iVSife*3' i" X*.,». ^ *— Iw&sa» 2Sa — Vc> m 02 r - co \ ± ( NOtllUllSNI NVIN0SH1IWS SBIBVaon LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION 2: <£ 5 - £ co co x xvkf.kS$$] o & S '^S^o&X | Z LI B RAR I ES^SMITHSONIAN"' INSTlTUTION^NOIJ.ruiJ.SNI^NVINOSHllWS^SB I BVB 3 11 co r; _ <0 ™ ... co 3 ><,-T u.v^ _ ■ O O ^NOIifUUSNI^NVlNOSHilINS^SB I B VB 9 11 “*U B R AR I ES^ SMITHSONIAN"1 INSTITUTION 2 r- •> 2 r- _ z .!! _ : fCiSTiToJN. _ \.v O ^<^tiYì7>v O >»agj?5*> _ XoOMt\ C UJ ì :vv " \^vììk./ i /> x^iSX m >W « XS?' m XM^Ó>^ w - m ‘ 2 co x co £ co LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUìiSNI NVIN0SH1MS $3IBVaan 2 v g ^ z \ co x 3 •f) E W Ì 2 <■' > •' 2 X^osv^ > ^NOIinilXSNI NVINOSHilWS^SB I HVUaiAlB RAR I ES^SMITHSONIAN INSTITUTION v» _ = c/> = < UJ >rtiSTiT(7>s. ^r^rrr^ ijj ~ j^^vfTÀj^v t ÉT < oc w. m x®. _ v, o «. o ' ^ > '*’ ^ ~ >' S ‘XSF’ 2 co :>v* 2: co z w- : Sfsli NVINOSHllWS S3ldVH8-|1 LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOlinill CO _ “ <0 ” co — fè4g\rKy\ ^ /oMte^A — ~ < flr 3 co 02 DQ O ’",W — o x^yos^ — o Z J SS 2; I ES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIJ.rUU.SNI NVIN0SH1IWS S3IBVHan LIBRARI 2 r° __ Z r- 2 "" m ^s. x^uuv^ m <0 t: co \ 5 co .SNI NVM0SH1MS S3IÌ3VH8I1 LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfìlU 2 _ CO z .*,. co 2 _ co fca/z /«5\ H Ac z H z co z <0 * z - 5 *■ z I ES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUIiSNI NVIN0SH1IWS SBIBV^SH LIBRAR co 5 _ _ co ~ co CO ^ CO V UJ k\ &■ ; ’t* ìi 5» o/ m O .SNI*JNVIN0SH1IWSZS3 1 a VB an^LIB RAR I ES^SMITHSONIAN^INSTITUTION^NOUniU p ^ 2 t“ Z r* 2 2 m 2 vA* m /<^2^>K 2 /£S2g£ì 03 ^ó\ 33 is > "0/ 33 NOIinillSNl“NVINOSHimSWS3 I BVB a IT LIBRAR CO Z co 22 \ .SNi_NviNosHims saiavaan libraries smithsonian institution nouiuu •7» \ co _ — co ~ co _ _ . I ES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUIiSNI NVINOSHIII/MS S3IBVH8I1 LIBRAR Z r- _ 2: r- 2 *“ m co s - co \ ± co 1SN! NVINOSHimS S3IBVHQH LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUL 2 _ CO 2 co 2 V' CO ,< xSgggx E , „ ^ 5 y<3£2x ^ s &S z ri „#/ A* z r* /$kWÉ& z