laiavaan librar i es smithsonian institution NouruusNi nvinoshìiws sa i a\ m ^ m w\x -h ^ o co x o YJy/ZMl x t vcvCéà^x/ z t: ag > '4$?- 2 > ;3 1 ava a n " u B RAR • es^smjthsonian ~ institution" noiidiijlsni NViNOSHiiws^sa i *n “ co 5 ^ ^ ^ ^ ^ “ .„ . co &2S2&X ^ , co w x^fTx m w o NSTITUTION NOIinillSN! NVINOSHlll/MS S3I0V08I1 LIBRARI ES^SMlTHSONIAN-'lNSTI! z z r* z r- k? m x‘ vlv ^ x^vasv^x m £! * ni Ns^^c CO — co £ co ;3iavaail_LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIIfUllSNI NVINOSHJLIWS S3I0\ z « co z co £ < 2 ".N^T > 2 >’ ^ XQvosv^ > NSTITUTION ^NOIIfUllSNI NVINOSHIIWS^ S 3 I d Vd 0 ll^LI B RARI ES^SMITHSONIAN ^INSTIT H O Z ^VASV^X 5 “ O -J z -J z ~J z 33 lava a n libraries smithsonian institution NoumiiSNi nvinoshiiims saia^ - z r- _ _ z r* , 2: Wr INSTITUTION NOiinilXSNI NVINOSHIIWS S3 ! BVd 011 LIBRAR I ES^SMITHSONIAN ”lNSTIl co Z “ > 'W*' 2 2 > - Z . CO Z co A Z oo saiavaan libraries smithsonian institution Nouruiism nvinoshiiws saia CO X _ co “ ... co Q ><^r. 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Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi neces¬ sario ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati, dattiloscritti al Redattore nella stessa Tornata o Assemblea in cui vengono comunicati. Solo per gli allegati (figure, carte, tavole, ecc.) è consentita la deroga dalla presente disposizione, ma fino ad un mese dalla data di presentazione della nota. Trascorso tale periodo s’intende scaduto il diritto per la stampa e la nota deve essere ripresentata in altra Tornata o Assemblea. Art. 3. — Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile nè cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all’Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L’Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l’indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intesta¬ zione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l’ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l’ordine deve essere sottoscritto dal Direttore. Art. 6. - — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d’ Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell’impaginazione. Tali spese saranno addebitate all’Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell’ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata: la data di consegna effettiva del dattiloscritto e la data di restituzione delle ultime bozze. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo della estensione della composizione tipo¬ grafica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L’Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente la parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l’altro preferibilmente in inglese. Art. 12. — - Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note di Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti: maiuscolo - - maiuscoletto : , corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta defi¬ nitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei lavori nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nelle stesse lingue dei riassunti. BOLLETTINO SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME LXXX - 1971 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI Via Mezzocannone, 8 1972 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1972-73 Prof. Arturo Palombi Prof. Piero De Castro Prof. Antonio Rodriquez Prof. Bruno De Simone Prof. Pio Vittozzi Dott. Ludovico Brancaccio Doti. Silvio Di Nocera Prof. Paolo Gasparini Prof. Felice Ippolito Prof. Tullio Pescatore Dott. Bruno Scotto di Carlo - Presidente - Vice Presidente - Segretario - Vice Segretario - Tesoriere - Bibliotecario - Redattore delle Pubblicazioni - Consigliere - Consigliere - Consigliere - Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume : la Presidenza del Consiglio dei Ministri il Ministero della Pubblica Istruzione il Consiglio Nazionale delle Ricerche il Banco di Napoli Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 3-16, 2 tavv. Ammoniti giurassici del circondario di M.te Bulgheria Nota del socio CARMELA BARBERA LAMAGNA (Tornata del 29 gennaio 1971) Riassunto. — In questo lavoro è descritta la fauna Domeriana rinvenuta nella regione di M. Bulgheria nel corso delle ricerche effettuate negli ultimi quattro anni di studi. Si è cercato di effettuare delle serie stratigrafiche ma ciò è stato alquanto difficile data la complessa tettonica della regione. Di particolare impor¬ tanza per la stratigrafia della regione è stato il rinvenimento di Pleuroceras spilla¬ tura (Brug.) che ha permesso di datare bene il Domeriano della zona. Summary. — On this work is described a Domerian fauna from M. Bulgheria We try to do some stratigrafie sequences but we have found some difficulties because in thè region there is a tectonic very complicated. We found a very important stratigrafie species ( Pleuroceras spinatum (Brug.)) that is a marker for thè Domerian in all thè world. In un mio primo lavoro, di carattere preliminare, (Barbera 1963) ho illustrato le forme a parer mio più significative del Giura infe¬ riore della regione di M. Bulgheria ; in un successivo riesame della zona ho effettuato numerose serie stratigrafiche onde poter ricostruire una più dettagliata successione delle faune. Le associazioni, che in un prime esame si erano rivelate per lo più appartenenti al Toarciano, successivamente, hanno mostrato carat¬ tere più spiccatamente Domeriano. Le regioni ove sono state effettuate le serie, sono: Vrugolego, sopra S. Giovanni a Piro, Tragara, lungo la valle del Mingardo, loc. S. Mauro tra Vallone lo Cerra e Vallone Mancosa, Ficcarrola, Il Canneto, sotto S. Andrea (Palinuro). In località S. Elia, Ficcarrola e S. Mauro è visibile il passaggio tra tutti i membri della serie supra liassica ed il Domeriano sottostante ; — 4 — il passaggio con il Dogger è invece visibile a Vrugolego, Tragara e Torre Spinosa. In nessun punto la successione si presenta indisturbata. Al Vru¬ golego ove pure sono presenti quasi tutti i termini, essa appare distur¬ bata da numerose faglie che dislocano variamente le marne ad am¬ moniti. La successione risulta costituita dai seguenti termini : a) calcari detritici con liste di selce del Lias medio di potenza variabile fino ad un massimo di 200 m. Essi sono costituiti talvolta da un complesso sottilmente stratificato ove si rinvengono numerose lumachelle di brachiopodi. Superiormente essi passano a: b) marne gialle ad ammoniti, comprensive del Domeriano, Toar- ciano ed Aleniano, in parte, costituite da calcari, calcari marnosi, areniti e calcareniti talvolta leggermente selciose, di potenza variabile e generalmente compresa tra i 25 ed i 150 m. L’Aaleniano è docu¬ mentato dalla presenza al Vrugolego degli strati a P. alpina Avett. In continuità con le marne ad ammoniti seguono calcari oolitici, pseudoolitici, detritici con coralli e crinoidi aptici. Talvolta si hanno calcari detritici i cui clasti sono solo frammenti di crinoidi. La successione dei terreni, da quanto sopra esposto, si avvicina a quella identificata nei dintorni di Rossano Calabro e si discosta, al¬ quanto, da quella osservata al Gran Sasso. I calcari neri del Lias inferiore qui osservati potrebbero essere coevi di quelli a brachiopodi della Sila orientale; le marne ad ammoniti che si corrispondono nei loro termini più bassi superiormente hanno una maggiore estensione stratigrafica. Gli ammoniti raccolti nelle « marne ad ammoniti » non sono molto abbondanti. Essi si rinvengono facilmente nel detrito, trovarli in posto in un primo tempo si è rivelata una impresa alquanto ardua. Visitando però regolarmente per alcuni anni gli affioramenti ho avuto modo di raccogliere in posto faune abbastanza ricche e varie in modo da poter ricostruire sia delle serie stratigrafie di dettaglio che la varia¬ zione delle associazioni tipiche della zona. Gli ammoniti si trovano per lo più disposti secondo i piani di stra¬ tificazione nei livelli maggiormente marnosi mentre in quelli arenitici e calcarenitici sono disposti anche obliquamente ad essi. In località Tragara non ho rinvenuto ammoniti ma solo aptici in grande abbondanza. 5 — Ringraziamenti Il presente lavoro è stato effettuato con il contributo del C.N.R. Ringrazio le Prof. A. M. Maccagno e M. Moncharmont per la lettura critica effettuata del testo. I colleghi B. d’Argenio, T. Pescatore, P. Scandone, I. Sgrosso per i consigli datemi e per le indicazioni delle località fossilifere. I tecnici dell’Istituto di Paleontologia Geom. B. Pastore per l’ese¬ cuzione dei disegni e il Sig. A. Danese per quella delle sezioni sottili. Confronti con faune coeve Le specie osservate costituenti la fauna in esame sono tutte pre¬ senti nei terreni del Domeriano-Toarciano italiani. Esse sono presenti anche nei terreni del Lias medio superiore dell’Africa settentrionale e dell’Europa meridionale. In ambedue i confronti è importante notare come le diverse litofacies appaiono identiche. Prendendo in esame la distribuzione della specie Arieticeras algo- vianum (Oppel) in tutta l’Europa ed il bacino del mediterraneo si può facilmente rilevare che questa specie, così caratteristica per il Domeriano delle regioni mediterranee, tende a divenire sempre meno frequente a nord e a sud di queste regioni. Nei confronti con le faune dell’Europa orientale e dell’Asia posso osservare che ad eccezione di alcune specie comuni le forme si presen¬ tano nel loro assieme abbastanza diverse. Metodi di studio e criteri sistematici usati La fauna in esame, costituita da circa 300 esemplari non si pre¬ senta tutta in buone condizioni di fossilizzazione. Gli esemplari appaiono lateralmente deformati e sembrano anche aver subito delle deformazioni dovute a spinte oblique laterali ; queste spinte sembrano essere le stesse che hanno causato le deformazioni oblique osservabili nel guscio dei brachiopodi. Hanno quindi subito deformazioni di una certa entità sia l’ornamentazione laterale che l’area esterna. In genere si ha : spostamento dell’andamento delle coste, delle ca- ratteritsiche morfologiche dell’area esterna, riduzione dell’area ombe- — 6 — licale e modificazione dei valori relativi ai dati biometrici. Si ha per alcune specie una modificazione di circa il 20-25% in media. In casi di deformazioni maggiori l’alterazione dei dati arriva al 40% circa. Conseguenza di queste deformazioni è la difficoltà di ap¬ plicare alla fauna sia i criteri sistematici generalmente usati che quelli più moderni basati sulle caratteristiche biometriche. Ho dovuto, per tale ragione, sia considerare le specie degli A A. nel loro senso più ampio e nei loro limiti di variabilità più estesi prescindendo dall’eccessivo « splitting » effettuato degli autori recenti. In alcuni casi ho preferito, onde evitare determinazioni specifiche imprudenti lasciare nel dubbio le specie. Nel caso delle specie H. bi- frons (Brug.) ho usato il termine « gruppo » nel senso che ho incluso in questa specie eccessivamente spezzettata negli ultimi tempi tutte le specie ad essa posteriori che se ne differenziano per caratteri troppo minuti e non completamente apprezzabili numericamente. Descrizioni paleontologiche Per non appesantire il lavoro descriverò in questa sede solo gli ammoniti non descritti precedentemente, per tutto il resto rimando al mio precedente lavoro (Barbera 1963). J uraphyllites libertum ( Gemm.) 1886 Phylloceras libertum, Gemmellaro, pag. 12. 1967 J uraphyllites libertum, Barbera, pag. 260, tav. 1, fig. 2. 1970 Juraphyllites libertum, Barbera, pag. 28. Esemplari esaminati : n. 2. Descrizione : un esemplare è intero ma inglobato nella roccia con un fianco, un secondo è frammentario. Visibile in questo l’ornamenta¬ zione tipica. Corrispondono bene alla specie tipo. Dimensioni : D H L 0 4/4 H/D L/D 40 11 13 — 1,2 0,27 0,30 Collocazione : Museo di Paleontologia, sigle R/84/46 MB 15. Provenienza: l’esemplare R/84/46 viene da Serra Pornia, quello MB 15 da Torre Spinosa. — 7 — Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è caratteristica del Domeriano ed è particolarmente diffusa nei terreni del Domeriano su¬ periore. Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa nel Do¬ meriano di facies mediterranea mentre è rara nel Domeriano dell’Europa centro settentrionale. Lytoceras sp. Esemplare esaminato : n. 1. Descrizione : un solo esemplare eroso superficialmente e deformato lateralmente per cui non si può effettuare una determinazione specifica. I caratteri generici sono ben evidenti. Dimensioni : D H L O H/D O/D 11 5 — 4,5 0,45 0,40 Collocazione : Museo di Paleontologia sigla R/82-28. Provenienza : l’esemplare esaminato proviene da Toppa Caruselle. Pleuroceras spinatum (Brug.) (Tav. 1, fig. 6). 1958 Pleuroceras spinatum, Howarth, pag. 36, tav. 7. figg. 2-5. 1967 Pleuroceras spinatum, Barbera, pag. 12, tav. 2, fig. 3, tav. 3. Esemplari esaminati : n. 1. Descrizione : l’esemplare che si presenta parzialmente ricoperto dalla matrice rocciosa presenta l’ornamentazione caratteristica delle specie in esame. La linea lobale è completamente assente. L’area esterna parzialmente visibile è percorsa da una carena no- dulosa. Dimensioni : D H L O H/D O/D 22 8 — 9 0,36 0,40 Collocazione : Museo di Paleontologia n. 25. — 8 — Provenienza : l’esemplare proviene da Torre Spinosa. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è caratteristica del Domeriano superiore. Distribuzione geografica : la specie è comune in tutto il Dome¬ riano superiore di tutto il mondo. Prodactylioceras tenuicostatum (Y e B). (Tav. 1, fig. 4). 1956 Dactylioceras tenuicostatum, Arkell, tav. 33. 1963 Prodactylioceras tenuicostatum, Howarth, pag. 260, tav. 1, fig. 2. Esemplari esaminati : n. 4. Descrizione del materiale: gli esemplari in esame di cui 2 interi deformati e 2 frammentari mostrano ben evidenti le caratteristiche specifiche. Si hanno coste semplici radiali molto fitte che non presen¬ tano al punto di biforcazione alcuna nodulosità. Non si vede la linea lobale e non si può dare alcuna dimensione. Collocazione : Museo di Paleontologia, sigle: A 19/2, A 19/3, A 18, A 19. Provenienza : gli esemplari provengono dal Vrugolego e dalla regione S. Elia. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è caratteristica della parte bassa del Toarciano. Distribuzione geografica : la specie, comune nell’Europa centro settentrionale, è più rara nei paesi mediterranei. Dactylioceras annulatiforme (Bon) 1867-81 Coeloceras desplacei, Meneghini, pag. 76, tav. 16, figg. 7-8. 1899 Coeloceras annulatiforme, Bonarelli, pag. 212. 1963 Dactylioceras annulatiforme, Barbera, pag. 260. 1966 Dactylioceras annulatum, Pinna, pag. 90, tav. 5, figg. 1-2. Esemplari esaminati: n. 2. Descrizione del materiale : oltre all’esemplare di cui parlo nel mio — 9 — precedente lavoro, ho rinvenuto nella regione Picotta un bellissimo esemplare da me riferito a questa specie. Le sue caratteristiche spe¬ cifiche corrispondono perfettamente a quelle date da Meneghini per la specie. Non sono d’accordo con Pinna che mette questa specie in sino¬ nimìa con D. annulatum ( Sow.) in quanto mentre quest’ultima specie non presenta nodi sulle coste 1 " annidati f or me (Bon.) presenta nei giri interni caratteristiche esclusive del gen. Catacoelocems come nodi e film- lue . Per lungo tempo io sono stata in dubbio se attribuire questa specie a Dactylioceras o a Catacoeloceras. I caratteri delFadulto però sono tipici del Dactylioceras per cui ho preferito quest’ultima soluzione. Dimensioni: D H L 0 H/D O/D 50 9,5 — 26 1,9 0,50 Collocazione : Museo di Paleontologia, sigle: 3a e 3b. Provenienza : un esemplare proveniente da Picotta, un altro da Torre Spinosa. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è del Toarciano in¬ feriore. Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa nel Toar¬ ciano dell’Europa meridionale ed in particolare nel Toarciano Italiano. Arieticeras algovianum (Oppel) (Tav. 1, fig. 2, Tav. 2, figg. 4, 5). 1862 Ammonites algovianum , Oppel, pag. 51, tav. 3, fig. 1. 1967 Arieticeras algovianum , Barbera, pag. 281, tav. 2, fig. 7. Esemplari esaminati : n. 17. Descrizione : tutti gli esemplari corrispondono abbastanza bene alle caratteristiche specifiche ed ai limiti di variabilità per la specie. Di nessuno, date le deformazioni, posso dare le dimensioni. Non si vede linea lobale. Collocazione: Museo di Paleontologia, sigle: 110/42, 6a, R 84/52, 43, 61, 40, R 80, 41, 33, 44, 47, B 3, 67. Provenienza: Il Canneto, Toppa la Carpinosa, Toppa Caruselle, Vrugolego, S. Elia, Porrazzito, Fonte Remite, Picotta, Torre Spinosa — 10 Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è caratteristica del Do- meriano ed in particolare del Domeriano inferiore. Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa nel Do¬ meriano Europeo e nei terreni dei paesi mediterranei. Arieticeras volubile (Fuc.) (Tav. 1, fig. 7). 1900 Harpoceras volubile , Fucini, fig. 23, tav. 7, fig. 3. 1967 Arieticeras volubile, Barbera, pag. 279. Esemplari esaminati : n. 5. Descrizione del materiale : tuti gli esemplari, per quanto defor¬ mati, corrispondono abbastanza bene alle caratteristiche della specie in esame intesa nel senso più ristretto, anche se sono interi, a causa delle deformazioni, non ne posso dare alcuna dimensione. La linea lobale è assente. Collocazione : Museo di Paleontologia, sigle: R 65/85, b2, 2b, 62, 17. Provenienza : Picotta, Torre Spinosa, Vrugolego. Distribuzione stratigrafìca ed età : la specie è comune del Dome¬ riano medio superiore. Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa nel Do¬ meriano mediterraneo. Ariceteras domarense (Meneghini) 1867-81 Harpoceras domarense, Meneghini, pag. 7, tav. 1, figg. 4, 8, 9. 1967 Arieticeras domarense, Barbera, pag. 280, tav. 5, fig. 6. Esemplari esaminati : n. 1. Descrizione del materiale : tutte le caratteristiche specifiche sono evidenti in questa specie deformata dorso-ventralmente. L’ornamentazio¬ ne è quella tipica. Non posso dare alcuna dimensione. Collocazione : Museo di Paleontologia, sigla: B 7. Provenienza : V rugolego . — 11 Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è del Domeriano su¬ periore. Distribuzione geografica : la specie è comune del Domeriano me¬ diterraneo. Arieticeras sp. (Tav. 2, fig. 2, fig. 6). Esemplari esaminati: n. 10. Descrizione del materiale : tutti gli esemplari, per quanto fram¬ mentari ed in gran parte deformati, presentano ben evidenti le carat¬ teristiche generiche e rornamentazione tipica. Non è stato possibile ascriverli ad alcuna specie dato il particolare tipo di frammentarietà che non permette di definire in alcun modo le specie. Collocazione : Museo di Paleontologia, alO/16, alO/62, 12a/2, a2/75, Bl, b4, a5/28, a22, a9, aó/26. Provenienza : Il Canneto, S.O. della Punta di Serra S. Caterina, S. Elia, Licusati, Vrugolego, Serra Pornia, Picotta, Torre Spinosa, Toppa la Carpinosa. Canavaria haugi (Gemm.) 1885 Harpoceras ( Dumortieria ) haugi, Gemmellaro, pag. 5, tav. 1, fig. 1. 1967 Canavaria haugi, Barbera, pag. 282, tav. 4, figg. 5-13. Esemplari esaminati: n. 1. Descrizione del materiale : quest’unico esemplare presenta y2 dello ultimo giro con le caratteristiche specifiche ben evidenti. Le coste per D di circa 60 mm sono 15, molto grosse e inspessite ai margini. La carena esterna è semplice. Collocazione: Museo di Paleontologia sigla 63. Provenienza: Vrugolego. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è tipica del Domeriano superiore. — 12 — Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa nel Do- meriano mediterraneo anche se non è molto comune. Canavaria sp. Esemplari esaminati : n. 2. Descrizione del materiale : i due esemplari si presentano frammen¬ tari. Mostrano ornamentazione con caratteri tipici del genere inteso nel suo senso più ampio. Non posso dare alcuna dimensione nè si vede la linea lobale. Collocazione : Museo di Paleontologia a 15/18, 65/1. Provenienza : Toppa Camselle, Serra Pernia, Fontanelliceras fontanellense (Gemm.) (Tav. 2, fig. 2). 1885 Harpoceras fontanellense , Gemmellaro, pag. 12, tav. II, fig. 12. 1963 Fontanelliceras fontanellense , Barbera, pag. 264. Esemplari esaminati : n. 1. Descrizione del materiale : l’esemplare per quanto deformato late¬ ralmente si presenta in buone condizioni di fossilizzazione e mostra un tipo di ornamentazione identica a quella degli esemplari di Gemei] aro e Fucini, la linea lobale è assente. Dimensioni : D H L 0 L/H H/D L/D O/D 35 12 4 16 0,33 0,34 0,11 0,46 Collocazione : Museo di Paleontologia, MB 53. Provenienza: l’esemplare proviene da Vrugolego. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è del Domeriano. Distribuzione geografica: la specie è comune al Domeriano medi- terraneo. — 13 Hildoceras bifrons (Brug.) s.l. (Tav. 1, fig. 1). 1967 Hildoceras bifrons, Barbera, pag. 294. Esemplari esaminati : n. 19 oltre a quelli esaminati nel precedente lavoro. Descrizione del materiale', i 19 esemplari esaminati di recente ap¬ partengono a tutti i morfotipi della specie e mostrano tutti i passaggi da una forma all’altra. Anche in questa sede ritengo utile affermare ulteriormente la mia supposizione, verificata da una dettagliata analisi statistica, che la specie H. bifrons rappresenti un’ampia entità tassono¬ mica con limiti di variabilità relativamente ampi ma non tali da poter essere separati tra loro. Sarebbero presenti nell’ambito della specie diversi morfotipi distinti, dovuti principalmente a differenze strati¬ grafiche. Distinguerei un morfotipo a per la parte più bassa del Toar- ciano inferiore da un morfotipo b che si rinviene più su stratigrafica- mente. Il tipo e le forme tipiche, con caratteri intermedi tra le forme a e 6, si rinviene esclusivamente a cavallo delle due sottozone. Collocazione : Museo di Paleontologia, 11, a22/14, al3/8, al/31, 49, 56b/5, 16, 55, R82/28, 23, 76a/4, 22, 8, 2, la, lb, R84, 7R82. Provenienza : Vrugolego, sopra a S. Giovanni a S. Siro, Fonte Ro¬ mita, il Canneto, Torre Spinosa, Toppa Spinosa, Toppa Caruselle, Pi¬ cotta, Serra Pornea, Licusati, S. Elia. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è tipica del Toarciano. Distribuzione geografica : la specie, intesa nel suo senso più ri¬ stretto è frequente nell’Europa centro settentrionale e rara nell’Europa meridionale. I morfotipi a e b sono comuni invece nell’Europa meri¬ dionale. Harpoceras exaratum (J. & B.) 1968 Harpoceras exaratum, Barbera, pag. 283, tav. 4, fig. 3. Esemplari esaminati: n. 2. Descrizione del materiale : i due esemplari esaminati si presentano frammentari ed in discrete condizioni di fossilizzazione. Corrispondono — 14 — ai caratteri tipici. Non ne posso dare le dimensioni. La linea lobale è parzialmente visibile. Collocazione : Museo di Paleontologia, MB 57. Provenienza : l’esemplare proviene da Vrugolego. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è del Toarciano in¬ feriore. Distribuzione geografica : la specie è ampiamente diffusa in tutto il mondo in faune europee, asiatiche e artiche. Fuciniceras cornacaldense (Tausch) (Tav. 1, fig. 5). 1890 Harpoceras cornacaldense, Tausch, pag. 36, tav. 1, fig. 1. 1967 Fuciniceras cornacaldense. Barbera, pag. 288, tav. 3, fig. 1. 1970 Fuciniceras cornacaldense, Barbera Lamagna, pag. 38, tav. 1, figg. 1-9. Esemplari esaminati : n. 1. Descrizione del materiale i l’esemplare si presenta in discrete con¬ dizioni di fossilizzazione. Con un fianco è inglobato nella roccia. Dall’al¬ tro è libero. L’ornamentazione è quella tipica della specie; la linea lobale non è presente, le dimensioni dato l’inglobamento non sono fa¬ cilmente rilevabili. Collocazione : Museo di Paleontologia MB a/6. Provenienza i l’esemplare proviene da Serra Pornia. Distribuzione stratigrafica ed età : la specie è tipica del Domeriano mediterraneo. Distribuzione geografica : la specie è comune nel Domeriano me¬ diterraneo e centroeuropeo. Fuciniceras sp. (Tav. 1, fig. 3). Esemplari esaminati : n. 4. Descrizione del materiale : i 4 esemplari corrispondono bene alle caratteristiche del genere inteso nel suo senso più ampio. Alcuni si — 15 — presentano simili a Proto gammoceras. Le condizioni di deformazione, la mancanza di parte della conchiglia non mi permettono di effettuare una diagnosi specifica. Non posso dare nè le dimensioni nè si vede la linea lobale. Collocazione : Museo di Paleontologia, B/6, a/l, 65/2, a/8. Provenienza : Licusati, Toppa Caruselle, S. Elia, Serra Pornia. Pseudolioceras sp. Esemplari esaminati : n. 1. Descrizione del materiale : l’esemplare in esame si presenta late¬ ralmente deformato e parzialmente inglobato nella roccia. Un fianco è quasi del tutto completamente esposto ed è molto visibile Tomeo - morfia che presenta con il genere Lioceras. Non posso darne le dimen¬ sioni precise nè la linea lobale. A causa delle condizioni di frammen¬ tarietà non ne ho effettuato la determinazione specifica. Collocazione : Museo di Paleontologia MB 26. Provenienza : L’esemplare proviene da Torre Spinosa. LAVORI CONSULTATI Barbera C. - 1967, Ammoniti giurassici del Gran Sasso e dell’ Aquilano, Atti Soc. Se. Lett. Arti, Gl. Se. Mat. Nat., ser. 3, voi. VI, mem. 3, 99 pp., II tavv., 20 figg., Napoli. Barbera Lamagna C. - 1970, Ammoniti liassici del circondario di Rossano Calabro (Sila orientale), Atti Acc. Pont, n.s., voi. 19, 51 pp., 2 tavv., 25 figg-, Napoli. N.B. - Data l’ampia bibliografia già data nei lavori sopra citati mi sembra inopportuno ripeterla. TAVOLA I Fig. 1. — Hildoceras gruppo bifrons (Brug.); es. no. R/84. Fig. 2. — Arieticeras algovianum (Oppel); es. no. B/3. Fig. 3. — Fuciniceras sp.; es. no. B/6. Fig. 4. — Prodactylioceras tenuicostatum (Young e Bird); es. no. a/18. Fig. 5. — Fuciniceras cornacaldense (Taush); es. no. a/16. Fig. 6. — Pleuroceras spinatum (Brug.); es. no. 25. Fig. 7. — Arieticeras volubile (Fuc.),* es. no. 65/85. Tutte le figure sono a grandezza naturale. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Barbera Lamagna C. - Ammoniti giurassici, ecc. Tav. I 6 TAVOLA II Fig. 1. — Hildoceras semipolitum (J5uck) ; es. no. 56/65. Fig. 2. — Fontanelliceras fontanellense (Gemmellaro) ; es. no. Fig. 3. — Arieticeras sp. ; es. no. 12/2. Fig. 4. — Arieticeras algovianum (Oppel) ; es. no. R 84/52. Fig. 5. — idem, es. no. 110/42. Fig. 6. — Arieticeras sp. ; es. no. R 82/28. Tutte le figure sono a grandezza naturale. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Barbera Lamagna C. giurassici , ecc. A mmoniti Tav. II 5 H O PS PS o o EH < PS PS w O > w a s 'd ® *§ 5 £ & 2 * ~ a o a p* ,5 ^ - « « 2 Ph ^ CS M ^ g a g .t t® 2 * « 3 a * ® o Ph «j ce « > .2 0) Qj Sm ^ mQ . bC w a ,2 a ^ a ^ a ^ ^ 4 mm), esso è sempre posteriore ad almeno una generazione di spatite che incrosta le pareti della cavità. In esso sono riconoscibili successivi momenti di riempimento messi in evidenza dalla diversità del sedimento. (b) Strutture diagenetiche secondarie sono inoltre le superfici sti¬ lolitiche che si osservano nei campioni studiati, con frequenza non ele¬ vata ; sono generalmente definibili, secondo la classificazione geometri¬ ca del Trurnit (1967) come « stiloliti orizzontali di 3a classe » con pic¬ chi secondari di 1° tipo, 1° ordine. L’impiantarsi di tali piani di dissoluzione avviene indifferentemente nelle zone con sedimento oolitico in cemento spatico, in quelle con matrice prevalente, nei livelli micritici o, talvolta, nell’ambito del riem¬ pimento spatico di cavità di disseccamento, interessando i cristalli di calcite che appaiono compenetrati tra loro. 6. - Ambiente sedimentario ed ambiente diagenetico. Nella successione studiata è caratteristico l’alternarsi ritmico di sedimenti con caratteristiche deposizionali diverse ; nell’ambito di una stessa lamina si assiste al graduale passaggio da sedimenti ad elevata turbolenza a sedimenti di ambiente tranquillo. Alle ooliti, infatti, costituenti un sedimento tipico di un ambiente ad elevata energia, succedono e talora si associano pellets , intraclasti, botroidi, caratteristici di ambienti ad energia più bassa. Il sedimento da merocollesico, cioè con spazi non completamente occlusi, diviene sempre più povero in spazi intergranulari ed alla orto- spatite intergranulare si associa prima, per poi sostituirsi, la micrite, che diviene sempre più abbondante fino a costituire da sola sottili livelli con ostracodi a carapace liscio. L’alternarsi ed il ripetersi di condizioni ambientali tanto diverse fa escludere l’appartenenza del sedimento ad un ambiente le cui con¬ dizioni di tranquillità o di turbolenza siano costanti. L’ambiente di deposizione deve perciò essere localizzato in un’area compresa tra ambienti in cui la normale turbolenza sia interrotta da periodi di relativa tranquillità o viceversa ambienti normalmente cal¬ mi, turbati saltuariamente da periodi di turbolenza. È evidente che i due ambienti non sono distinguibili nettamente ma sfumano l’uno — 43 — nell’altro, per passaggi graduali ; è appunto una di tali zone intermedie quella in cui, probabilmente, può situarsi l’ambiente di sedimentazione di questi depositi. Tali condizioni in ambienti di retroscogliera si possono verificare in prossimità di canali di marea ; avvalora tale tesi la presenza di una sezione lenticolare di canale di marea ( D’Argenio, 1967), che era os¬ servabile nel taglio della strada che da Vitulano porta al Campo e ora non più visibile a causa degli ulteriori lavori di ampliamento della sede stradale. Shinn, Lloyd e Ginsburg (1969) hanno descritto in particolare la sedimentazione delle piane littorali del margine nord-occidentale dell’isola di Andros nelle Bahamas. Questo modello sedimentario ci sembra si adatti molto bene alle considerazioni suggerite dallo studio dei calcari listati. Se si considera, infatti, l’area circostante i principali canali si può individuare, al margine esterno della fascia littorale (Tidal fiat com- plex), l’esistenza di zone protette, interposte tra canali secondari e rela¬ tivamente tranquille che solo saltuariamente vengono interessate da periodi di turbolenza tali da modificare l’abituale sedimentazione: tem¬ peste, uragani, etc. Tali zone, caratterizzate da sedimenti ricchi in mi- crite con faune di ambiente calmo, passano gradualmente, con l’aumen¬ tare della frequenza e della intensità degli apporti ad alta energia, a zone in cui la turbolenza ambientale è saltuariamente prevalente, per l’influenza, anche se attutita, che esercitano su di esse le acque ad ele¬ vata energia provenienti dai delta di marea, con apporto notevole di ooliti (tipico prodotto di zone marginali ad alta energia ambientale). Se la localizzazione dei sedimenti studiati in un’area di transizione spiega la coesistenza di elementi granulari di significato ambientale tanto diverso, come ooliti, talora anche in frammenti, oncoliti, pellets e micrite, non dà una valida spiegazione della gradazione generalmente di¬ retta, ma talvolta anche inversa, che si riscontra nelle singole lamine. Il deposito di ooliti, infatti, derivando da un accumulo « rapido » non dovrebbe presentare la gradazione tipica dei sedimenti depositatisi per decantazione. Si ritiene che tale variazione granulometrica sia funzione della di¬ stanza esistente tra il luogo di deposito ed il margine del canale ; quanto più tale distanza sarà ridotta, tanto più le dimensioni dei granuli pre¬ senti cresceranno e le caratteristiche ambientali si sposteranno da quelle tipiche di un ambiente relativamente tranquillo a quelle tipiche di un am¬ biente saltuariamente turbolento. — 44 — Le variazioni granulometriche possono perciò essere in stretto rap¬ porto con le migrazioni dei meandri dei canali di marea e la ritmicità di tali variazioni può ricollegarsi al periodico, improvviso, ripristinarsi delle condizioni precedenti andatesi lentamente modificando. Il graduale allontanamento del canale dall’area di deposito spiega infatti la gradazione diretta con il concomitante instaurarsi di un’area a minore energia ambientale ; allorquando il ripristino delle condizioni iniziali non è improvviso ma lento e graduale si avrà il caso, general¬ mente meno frequente, di gradazioni inverse. In conclusione si ritiene che l’ambiente di deposizione del sedi¬ mento studiato possa essere la parte esterna di una zona littorale in cui le variabili condizioni di turbolenza erano legate al periodico diva¬ gare dei canali di marea. La presenza nel sedimento di evidenti fenomeni di disidratazione indica il periodico alternarsi in questa zona dell’ambiente sublitorale con l’ambiente littorale-sopralittorale in cui il sedimento veniva preco¬ cemente diagenizzato. BIBLIOGRAFIA Bathurst R. G. C., 1959 - The cavernous structure of some Mississipian stromatactis reef in Lancashire, England. Journ. of GeoL, 1964. Bathurst R. G. C., 1964 - The replacement of Aragonite by Calcite in tlie Molluscan Shell Wall. In Imbrie e Newill N. Approaches to Paleocology. Wiley and Sons., New York. Bathurst R. G. C., 1966 - Oolitic films on low energy carbonate sand grains, Bimini Lagoon Bahamas. Marine geology, 5, n. 2 (1967), pp. 89-109. Bosellini A., 1964 - Sul significato genetico ed ambientale di alcuni tipi di rocce cal¬ caree in base alle più recenti classificazioni. Mem. Museo Storia Nat. V. Trid.. 15 (2), pp. 1-58, figg. 6, tavv. 8. Carozzi A. V., 1957 - Contribution à l’étude des propiétés géometriques des oolithes. Uexample du Grand Lac Sale, Utah, USA. Bull. Inst. Nat. Génevois, 58, pp. 1-52 figg. 27. Carozzi A. V., 1960 - Microscopie Sedimentare Petrography. John Wiley e Sohns, New York, pp. 485. Carozzi A.V., 1961 a - Oolithes remanuées, brisées et régénérées dans le Mississipien des chaine frontales, Alberta Central, Canada. Archives des Sciences, 14 (2), pp. 281-296, figg. 8. Carozzi A. V., 1961 b - Distorted oolites and pseudoolites. Journ. Sed. Petrology, 31 (2), pp. 262-274, figg. 13. Chqquette P. W. & Pray L., 1970 - Geologie nomenclature and classification of poro- sity in sedimentary carbonates. Bull. Am. Ass. Pet. GeoL, 54 (2), pp. 207 -250; figg. 13, tabb. 3. D’Argenio B., 1963 - Lineamenti tettonici del gruppo del Taburno-Camposauro ( Ap¬ pennino Campano ). Atti Acc. Pontaniana, 13, Napoli. D’Argenio B., 1966 - Le facies littorali mesozoiche nell’ Appennino meridionale. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 75, pp. 497-550, figg. 21, tabb. 5, tavv. 3. DMrgenio B., 1966 b - Stromatoliti triassiche della Calabria settentrionale. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 75. D’Argenio B., 1967 - Geologia del gruppo del Taburno-Camposauro ( Appennino Cam¬ pano). Atti Acc. Se. Fis. Mat., 6, s. 3, n. 2, pp. 35-218, figg. 39, tavv. 19, Carta geol. e schema strut. e tavv. 3 f.t. — 46 De Meijer J.J., 1969 - Fossil non-calcareous algae from insoluble residues of alga l li- mestones. Leidse Geol. Medelingen, 44, pp„ 235-263. De Vries Klein G., 1965 - Dynamic significance of primary structures in thè middle Jurassic great oolite series, southern England. Soc. of Economie Paleont. and Mi¬ nerai., spec. Pubbl. n. 12, Tulsa Oklahoma, USA. Di Girolamo P., 1968 - Contributo allo studio dei mosaici calcitici riempienti le cavità della diagenesi precoce di alcune rocce carbonatiche cretaciche dell’ Appennino me¬ ridionale . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 77. Folk R. L., 1963 - Some aspeets of recrystallization in anciet limestones. In: Pray L.C. & Murray R. C., Dolomitization and limestones diagenesis. S.E.P.M.A. Spec. Pubbl. 13. Freeman T., 1962 - Quiet water oolites from laguna madre , Texas. Journ. Sed. Petr., 32, n. 3, pp. 475-483, figg. 10. Friedman G. M., 1964 - Eearly diagenesis and lithification in carbonate Sediments. Journ. Sed., Pet., 34. Friedman G. M., 1965 - Terminology of cristallization Textures and Fabrics in sedimen- tary rocks. Journ. Sed. Pet., 35. Ginsburg R. N., 1956 - Environmental relationships of grain size and constituent parti- cles in some South Florida Carbonate sediments. A.A.P.G., Bull. 40, (10). Ginsburg R. N., 1957 - Early diagenesis and lithification of shallow water carbonate sediments of South Florida. In: Le Blanc J.. Breeding J. G., Regional aspeets of carbonate deposition. S.E.P.M.A. Spec. Pubbl., n. 5. Illing L. .V., 1954 - Bhaman calcareous sands. Bull. Am. Ass. Petr. Geol., 38, (1), pp. 1-95, figg. 13, tabb. 7, tavv. 9. Leighton M. W. & Pendexter C., 1962 - Carbonate rock types, in Classification of carbonate rocks. Memoir n. 1, Am. Ass. Petr. Geol., pp. 33-61, figg. 3, tavv. 9 appendix A & B. Logan B. W., Rezak R., Ginsburg R.N., 1964 - Classification and environmental si- gnificange of algol stromatolites. Journ. of Geol., 72 (1). Purdy E. G., 1963 - Recent Calcium Carbonate Facies of thè Great Bahama Bank. 1° : Petrography and reaction groups. Journ. of Geol., 71, n. 3; 2°: Sedimentary facies. Id. id., 71, n° 4. Purdy E. G. & Imbrie J., 1964 - Carbonate sediments of Great Bahama Bank. Geol. Soc. of America, Guide-book field trip. Convention Miami, Florida. Roda C., 1965 - Livelli a struttura grumosa e livelli ad ooliti rotte e rigenerate nel calcare miocenico del M. Alpi [Potenza). Geol. Romana, 4, pp. 181-220, figg. 26, tavv. 8. 47 — Shinn E. A., Lloyd R. M. e Ginsburg R. N., 1969 - Anatomy of a modem carbo¬ nate tital-flat, Andros Isiand, Bahamas. Journ. Sed. Pet., 39 (3), pp. 1202-1228. Trurnit P., 1967 - Morphologie und entstehung von Druck-losungserscheinungen wa- hrend der Diagenese. Ungedr. diss., 498 s., Heidelberg. Wolf K. H., 1965 a - Littoral environment indicate by open-space structures in algol limestones. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 1, n. 3. TAVOLA I. Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Fig. 1. — Calcarenite colitica ed a pellets con abbondante spatite. Ooliti ed inca¬ ciasti in cemento spatico, al centro è visibile una oolite avente come nucleo un grumo micrilico. (da sez. sott. a nicols incrociati 45 x ). Fig. 2. - — Calcarenite oolitica ed a pellets con abbondante spatite. Oolite super¬ ficiale il cui nucleo è costituito da un grumo micritico, (da sez. sott. a nicols incrociati 45 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Simone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. I TAVOLA IL Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Fig. 1. — - Calcarenite oolitica con abbondante spatite. Foraminifero a nucleo oolite superficiale, (da sez. sott. a nicols incrociati 100 x ). li una Fig. 2. Calcarenite oolitica con abbondante spatite. Frammento di Cayeuxia sp. a nucleo di una oolite che ha subito una fase di rottura ed una successiva fase di oolitizzazione. (da sez. sott. a nicols incrociati 45 x :). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Simone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. II TAVOLA IIL Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Fig. 1. — Calcarenite oo, intra-clastica con abbondante spatite. Ooliti che hanno subito una o più fasi di rottura e successive fasi di oolitizzazione asso¬ ciate ad intraclasti in cemento apatico, (da ses. soli, a nicols incro¬ ciati 45 x ). Fig. 2. — Calcarenite eneolitica con spatite. Oncoliti a struttura SS-C ed intraclasti in cemento spatico. (da sez. sott. a nicols incrociati 45 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Simone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. Ili 1 TAVOLA IV. Monte Camposauro - strada per il Campo . Cretacico inferiore. Fig. 1. — Calcarenite oncolitica ed a pèllet s con spatite. Pellets in grappoli ed onco- liti in cemento spali co. (da sez. sott. a nicols incrociati 100 x ). Fig. 2. — Calcarenite oo, intra-clastica con spatite. Intraelasti in cemento spati co. (da sez. sott. a nicols incrociati 100 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Si mone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. IV 2 TAVOLA V. Monte Camposauro - strada per il Campo . Cretacico inferiore. Fig. 1. — Calcarenite colitica ed a pellets con abbondante spatite. Ooliti ed inca¬ ciasti in un mosaico calcitico di drusa (ortospatite). È visibile l’impiantarsi di cristalli euedrali allungati perpendicolarmente alla superficie dei granuli ( cristalli a palizzata) e la successiva generazione di cristalli subedrali di grandi dimensioni, (da pesi 33 x). Fig. 2. — Particolare della figura precedente, (da peel 75 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Si mone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. V TAVOLA VI. Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Figg. 1-2. — Calcarenite oolitica ed a pellets con abbondante spatite. Mosaico di calcite spatica con numerosi ed evidenti esempi di giunzioni triple con uno degli angoli pari a 180°. (da peels 225 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Si mone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. VI 2 TAVOLA VII. Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Figg. 1-2. — Calcarenite oolitica ed a pellets con abbondante spatite. Sono visibili lamine di spessore variabile individuate, nelTambito dello strato, dalle variazioni granulometriche del sedimento, sono inoltre riconoscibili cavità da disseccamento di tipo condromorfo e trapezomorfo con riem¬ pimento di calcite spatica. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. SiMONE L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. VII TAVOLA Vili. Monte Camposauro - strada per il Campo. Cretacico inferiore. Figg. 1-2. — Calcarenite oolitica ed a pellets con abbondante spatite. Grandi cavità trapezomorfe con riempimento di calcite spatica (liste). Queste cavità si impiantano costantemente al passaggio tra la parte sommitale mi¬ critica (fig. 1), o a granulometria minore (fig. 2), della lamina sotto¬ stante e la parte basale, a granulometria maggiore, della lamina so¬ vrastante. (da sez. sott. a nicols incrociati 33 x ). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971. Sxmone L. - Sedimentologia dei « Calcari listati », ecc. Tav. Vili Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 49-88, 1 tab., 8 tavv. Gli ostracodi delle argille pleistoceniche del Mar Piccolo (Taranto) (*) Nota del socio Dott. GIULIANO CIAMPO (Tornata del 29 gennaio 1971) Riassunto. — Nel presente lavoro ho studiato le ostracofaune rinvenute nei terreni argillosi e argilloso-sabbiosi sottostanti il Tirreniano fossilifero, affioranti lungo le sponde del Mar Piccolo (Taranto), con una potenza complessiva aggirantesi sui 10 m. Nel lavoro non vengono presi in considerazione i termini tirreniani, per lo più in facies di « panchina » calcarea con o senza Strombus. Le associazioni ad ostracodi presenti nelle tre serie esaminate (Località: Il Fronte, Casa d’Ayala e Punta della Penna), permettono di riconoscere nei sedimenti esaminati, la presenza di due di¬ versi episodi marini : a) Argille grigio-azzurre o a volte giallastre, potenti circa 7 m. Esse sono attribuibili al Calabriano per la presenza di : Argilloecia acuminata Muller, Macro- cypris sp., Kriihe compressa (Seg.), Henryhowella asperrima (Reuss), Cytheropteron testudo Sars, ecc. Tra i foraminiferi si rinvengono Hyalinea balthica (Schr.) e Bulimina etnea Seg. Tale associazione indica un ambiente deposizionale di mare relativamente profondo e con temperatura più bassa di quella media attuale dei nostri mari. ò) Argille e argille-sabbiose per lo più giallastre e di potenza variabile (da 2 a 3 m.) trasgressive sul termine precedente. L’ostracofauna è di tipo banale e di ambiente littorale, ma per la presenza di Echinocythereis pustulata (Namias), specie che attualmente è stata rinvenuta solo lungo le coste del Libano e per il carattere dell’associazione, simile a quella da me riscontrata nei terreni tirreniani, attribuisce questi sedimenti a un ciclo più temperato di quello precedente. Nella parte paleontologica descrivo, tra altre, tre nuove specie. Summary. — The ostracofauna of three Pleistocenic sections (Il Fronte, Casa d’Ayala and Punta della Penna) in thè Mar Piccolo area (Sheet 202,11 NO-Taranto) have been studied. The tyrrhenian deposits are not considered bere. Two different stratigraphical sequences can be distinguished : (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. — 50 — a) Blue-grey clays, abcut seven metres thick. The occurence of Polycopp reticulatu Mùller, A rgilloecia acuminata MÙller, Macrocypris sp., Henryhowella asperrima (Reuss), Krithe compressa (Seguenza), Cytheropteron alatum Sars, Bythoceratina vanderboldi Ruggieri, and especially o£ Cytheropteron testudo Sars, indicates a Calabrian age. This association is typical of marine circalittoral waters (about 200 m.). b ) Blue-grey clays and sandy-clays, of variable thickness (from 1 to 3 meters), overlapping thè above Calabrian clays. The fauna of these clays, is typical of shallow marine waters, but has almost no stratigraphic value, altough thè presence of Echinocythereis pustulata (Namias), which in thè present day inhabits only thè libyan coasts of Mediterranean Sea, indicates waters warmer than now. The description of three new species has also been done. Premessa. Il presente lavoro s’inquadra nelle ricerche che da lungo tempo l’Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli conduce, col con¬ tributo del C.N.R., sui sedimenti plio-pleistocenici della Penisola Sa- lentina. In particolare sono già in studio le microfaune a foraminiferi dell’intera zona (Moncharmont Zei) e i rapporti stratigrafici del Tirreniano coi livelli immediatamente sovrastanti e sottostanti in via di pubblicazione alcune osservazioni sui molluschi tirreniani del Mar Pic¬ colo di Taranto (De Castro Coppa). Oggetto di questa nota è lo studio degli ostracodi dei terreni (1) che nell’area del Mar Piccolo (Tav. 202, II NO-Taranto), sottostanno direttamente ai noti « Strati a Strombi ». Tali terreni sono rappresen¬ tati dalle «Argille di Taranto» (Gignoux, 1913) di età siciliana se¬ condo questo A. Attribuite invece al Calabriano e assimilate alle « Ar¬ gille del B radano » secondo studi più recenti (Picchetti 1967; Rob- ba, 1969). Le indagini effettuate oltre ad accertare la presenza di un’abbon¬ dante ostracofauna con alcune specie nuove per la scienza, ha permesso di distinguere nell’ambito delle argille stesse l’esistenza di due diversi episodi marini : uno inferiore freddo ( Calabriano) di mare relativa¬ mente profondo ; una superiore, trasgressivo sul precedente, caldo o temperato-caldo e depositatosi in ambiente littorale. (1) Il materiale studiato è stato raccolto dal Dott. Piero De Castro durante le escursioni da Lui effettuate nella Penisola Salentina nel corso delle ricerche suddette. — 51 — Precedenti conoscenze. I terreni pleistocenici bordano quasi in continuità la Penisola Sa- lentina con sedimenti argillosi per lo più ascrivibili al Quaternario freddo e con la classica « panchina » calcarea tirreniana con o senza Strombus. Molto è stato scritto su tali terreni, ma nessuna notizia sono riu¬ scito a procurarmi sulle ostracofaune in essi contenute. Mi limiterò qui a ricordare quanto espose Gignoux, sui sedimenti pleistocenici che cir¬ condano il Golfo di Taranto, facendo riferimento alla sua opera per quanto riguarda gli studi antecedenti, e citando inoltre alcuni degli A A. che più recentemente e in particolare si sono interessati dell’area in esame. Gignoux (1913) a proposito delle formazioni quaternarie della regione di Taranto scrive quanto segue : « La piaine quaternaire des environs de T drente s’ avrete vers le Nord à une ligne passant approxi- mativement par Grottaglie, Montemesola, Massafra, Palagianello, au Nord de laquelle commencent les plateaux crétacés et pliocènes de la Pouille calcaire. Vers VOuest, cette piaine est partiallement limitée par les collines crétacées de Montejasi et de Roccasf orzata ; enfin vers l’Est et le Sud elle vient se perdre sous la mer Ionienne . la costitution de la serie pliocène à Montemesola : mollasses calcaires inférieures (appelées à T avente a T ufo zuppigno » ) , argiles bleues, argiles sableuses, sables et grès superiéurs ( Calabrien ) de Gravina et de Montemesola ». L’A. con¬ tinua osservando che il Quaternario poggia indistintamente sia sul Cretaci¬ co, che su lembi conservati di « Tufo zuppigno ». Quindi prosegue: « On peut y distinguer, au point de vue des facies de ce Quaternaire, deux régions, l’une à l’Est, Vautre à l’Ouest de Tarente: dans la région orien¬ tale, le Quaternaire comprend inférieurement, de couches argileuses, que nous appellerons les argiles de Tarente, et, supérieurement, des vaves calcaires à Strombus bubonius, . Dans la région occidentale au con¬ traire, predominent les galetes siliceux de l’Appennin, et le Quaternaire y est répr esente sortout par des sable, gres et conglomerats littoraux ». Quanto alla cronologia di tali terreni Gignoux osserva: « les vases cal¬ caires à Strombus bubonius son certaiment quaternaires, et appartienient a Vhorizon a Strombus; quant aux argiles de Tarente, . puisqu’elles soni antérieures au niveau à Strombes, elle seraient donc approximati- vament siciliennes ( s.l.) ». Quindi dopo aver dimostrato l’indipendenza del ciclo quaternario dalle calcareniti inferiori, l’A. passa in rassegna — 52 — le varie facies con cui si presenta il Pleistocene nei dintorni di Taranto, con particolare riguardo agli strati a Strombi. Gigout (1960) riconosce nella zona cinque eventi ingressivi e rivolge la sua attenzione principalmente ai terreni tirreniani. Per quanto riguarda il Quaternario freddo, non fa distinzione tra Calabria- no e Siciliano, assegnando dubitativamente ai sedimenti che lo rap¬ presentano una linea di riva sui 50 m. Ricchetti (1967) prende in considerazione i terreni affioranti nell’area circostante il Mar Piccolo. I termini più antichi affioranti sono rappresentati dai Calcari delle Murge, di essi è presente la parte sommitale di età senoniana, che forma il substrato su cui sono in tra¬ sgressione i sedimenti del Plio-Calabriano. La successione stratigrafica di detti terreni è la seguente: a) « Tufi di Gravina », calcareniti biancastre fossilifere trasgres¬ sive sui termini cretacici. Esse fanno passaggio lateralmente e verso l’alto alle Argille del Bradano. b) « Argille del Bradano », affioranti estesamente nelle vici¬ nanze di Montemesola, Grottaglie e Roccasf orzata e in piccoli lembi nei dintorni di Monte jasi e del Mar Piccolo. Sulla base delle microfaune l’A. attribuisce a tali terreni un’età compresa tra il Pliocene superiore e il Calabriano ( Cenozone a Bulimina marginata e a Hyalinea balthica di Crescenti e Follador, 1965). c) « Calcareniti di M. Castiglione », calcareniti grossolane gial¬ lastre, che spesso prendono l’aspetto di « panchina ». Esse affiorano tra Crispiano e Massi3 Padula Monache. Per quanto riguarda il post- Calabriano l’A. riconosce sei diversi cicli, i primi quattro di questi sono riscontrabili solo nella parte orien¬ tale dell’area studiata. I due ultimi si rinvengono anche in località prospicienti il Mar Piccolo. Il primo di tali cicli viene riferito a un episodio poco antecedente il Tirreniano ; il secondo, in accordo con Gi- gnoux, al Tirreniano per la presenza di « ospiti caldi » ( Strombus bu- bonius , eec.). Più di recente Robba (1969), ha studiato le microfaune a forami- niferi di varie serie stratigrafiche effettuate in una vasta area intorno a Taranto, in occasione del rilevamento del Foglio 202 (Taranto). Dall’esame delle microfaune risulta un quadro stratigrafico simile a quello prospettato dal precedente A. Al Siciliano vengono attribuiti ( anche se non si hanno documentazioni paleontologiche) alcuni terrazzi più alti di quelli che bordano il Mar Piccolo. Questi ultimi sono datati tir¬ reniani per la presenza della tipica fauna. — 53 — Descrizione della serie esaminata. La serie studiata in dettaglio è ubicata sul bordo sud-orientale del Mar Piccolo, in Località II Fronte. Sono stati prelevati 19 campioni (MZ 101 - MZ 119) a cominciare dai primi terreni affioranti fino a quelli immediatamente sottostanti la « panchina » fossilifera con Strombus. La successione stratigrafica riscontrata, che poco si discosta da quella già descritta e figurata da Gignoux (op. cit.), dal basso verso l’alto è la seguente: a) Argille grigio-azzurre, affioranti dal livello del mare e a stra¬ tificazione del tutto indistinta. Le argille verso l’alto divengono legger¬ mente più sabbiose. Poco prima dei 2/3 del complesso è presente del materiale più compatto, fogliettato, che all’esame microscopico è risul¬ tato esser formato in gran parte da sanidino fibroso e perline di vetro. La potenza delle argille è qui di circa 6-7 m. Sono stati raccolti in questo tratto i campioni da MZ 101 a MZ 118 ad intervalli di circa 30 cm. Negli ultimi 20 cm (campione MZ 119) si possono osservare numerosi piccoli lamellibranchi e gasteropodi. b) Calcari biancastri ( « panchina »), teneri, talora friabili, molto ricchi di fossili tra i quali : Cladocora , lamellibranchi e gasteropodi ( tra questi vari esemplari di Strombus bubonius ). I calcari costituiscono un unico banco potente 1,70 m. sporgente a gradino sulle sottostanti argille. c) Sabbie argillose brune con Cardium , della potenza di circa due metri, separate dai calcari sottostanti da una distinta superficie di erosione. Inoltre allo scopo di controllare e meglio interpretare i dati rica¬ vati dallo studio delle ostracofaune de II Fronte, ho esaminato altre due serie complete, interessanti gli stessi termini e campionate : una in Località Casa d’Ayala, circa 2 Km. più a Nord-Est, sempre lungo le sponde del Mar Piccolo; una seconda in Località Punta della Penna, piccola penisola che si protende nella parte centrale del mare interno tarantino. Infine sempre allo stesso scopo, ho esaminato campioni sal¬ tuari prelevati in diverse località dell’area in studio. Voglio ora pre¬ cisare che in questo lavoro prendo in considerazione gli ostracodi delle sole « Argille di Taranto » di Gignoux, ma, data la situazione riscon¬ trata, ho dovuto necessariamente interessarmi anche di alcuni termini ad esse soprastanti, sia di facies marina che continentale. Tuttavia le ostracofaune di tali terreni, unitamente a quelle di altri termini supe- 54 — riori, saranno da me studiate in modo particolareggiato in un altro lavoro e quindi in questa sede non verrà accennato ad esse. Stratigrafia ed ecologia. Gli Ostracodi (2) della serie de II Fronte, presenti in quantità assai variabile da campione a campione, ma sempre in ottimo stato di con¬ servazione, sono elencati in tabella I. Nella tabella, nelle tre file in alto, sono indicate rispettivamente : il numero del campione, il totale degli individui rinvenuti in ciascun campione e infine nella terza fila n e % stanno ad indicare il numero d’individui (n) o la percentuale ( %) con cui le specie son presenti nei campioni. In base alla distribuzione dell’ostracofauna, risulta dalla tabella che i campioni possono esser suddivisi in tre gruppi : un primo dal campione MZ 101 al MZ 109, un secondo da MZ 110 a MZ 115 e infine da MZ 116 a MZ 119. Campioni MZ 101 - MZ 109. In questo intervallo le specie di ecologico sono: Polycope reticulata MÙller Argilloecia acuminata MÙller Argilloecia bulbifera MÙller Macrocypris sp. Leptocythere multipunctata tran- siens Pucci Bosquetina cannella (Heuss) Henryhowella asperrima ( Heuss) un qualche interesse stratigrafico ed Buntonia dertonensis Ruggieri Krithe compressa ( Seguenza) Cytheropteron alatum Sars Cytheropteron rotundatum MÙl¬ ler Cytheropteron testudo Sars Bythoceratina vanderboldi Rug¬ gieri. Queste specie indicano chiaramente che il bacino sedimentario era marino e alquanto profondo. Nel Golfo di Napoli (Puri, Bonaduce & Malloy, 1964), la maggior parte di queste forme è caratteristica della « offshore assem- (2) L’ordine sistematico adottato in tutto il lavoro è quello proposto da Var Morkoven (1963). TABELLA I — 55 — H ss ID CO d o CO Ol 't o co co -Q- c- o d c\i o r- r ■*=* CO m CVJ O o od LO ^ LO LO g d d d r^, r^. c\j co ^ co o odo co io in d d lo in m o d d —i o => cr 3 O LU K I J fo 2 o «j C 2 P ^ CU OC OC UJ OC LU _J LU dd d 'IL1 £ 3 2 "E c cu s. ì 2 U =3 Ul (D J3 o_ 2 2 >« o o o -*- 2 2 in cu £ 3 l_ e O "D 3 -9- o _ -Q 3 >2 E cu QJ in ui .2 ’q. >- _l O o OD cu in CU 3 cu O 2 2 75 •-= 7“ U O < i S CU CU • - o Qj Oj Qj > >, o u “ O O 2 in In 2 "cu 7ù cu o o O 3 e £ o cu - 2 3 o tn l- o Z> CQ .52 '5 £ £ 2 3 ®d E a, £ 2 -^ -£= 2 >» >, O o O O o o — E D cu 0 O O continuaz. tab. — 56 — S ^ Q. S ¥ t £> 8 £ P o o o a o o cn o Cvi (\J -itì" _ _ _ — §B &s s Kj 5 P § o CD O ' — ■ ' — - C\J -e- XZ - .cu. in in v ^ o o o d o a in ^3 51 in 00 o ^ o o -Q “2 *=- g in cn o <- cn o o cn cn in o a a 2 - Q < ^ cr cn m LU ^ CO co — in O z> 2, CL CU : — CU (D U CTI o ^ cn d < UJ 2 cn lU CD .E in -i- o , ^ a. o Jr >v z» a. o m CD CD "E E >- jz CL l/l >' ZI o O CL E O CD CD CD O £ JZ £ CD CU 3 ZJ CD 30%o), ove la profondità si aggirava sui 150-200 m. e la cui temperatura era probabilmente più bassa di quella media attuale dello Ionio Settentrionale. Dal punto di vista stratigrafico, oltre all’insieme delle forme, molte delle quali sono note solo a partire dal Quaternario, particolare importanza riveste Cytheropteron testudo Sars attualmente vivente solo nei mari dell’Europa Settentrionale e specie caratteristica del Quaternario freddo italiano (Ruggieri, 1952; Colalongo. 1965). Campioni MZ 110 - MZ 115. Mentre sul terreno le argille non sembravano presentare alcuna va¬ riazione particolare, eccetto che per il livelletto di materiale piroclastico fogliettato (Campione MZ 114), l’esame micropaleontologico ha rivelato invece, un notevole mutamento nei caratteri della microfauna. Innanzitutto si nota, tra gli ostracodi, il brusco scomparire delle forme di ambiente sublitorale esterno fin qui presenti, ma parallela- — 60 — mente la percentuale dei foraminiferi planctonici svetta a valori che raggiungono il 92%. I rari ostracodi presenti tuttavia, appartengono tutti a specie che prediligono acque piuttosto basse come : Leptocythere tenera (Brady), Callistocythere spp., Cytheridea neapolitana Kollman, Semicy- therura incongruens (MÙller), Loxoconclna ovulata (Costa), ecc. Questa situazione che a un primo esame potrebbe far supporre un ulteriore approfondimento del bacino di sedimentazione, data la gran quantità di foraminiferi planctonici, è risolvibile in tutt’altro senso, sia per considerazioni sulla fauna locale, sia per situazioni più chiare rinve¬ nute lungo l’arco del Mar Piccolo. Innanzitutto bisogna considerare la potenza della serie, complessi¬ vamente sono meno di 7 m. ! In questo intervallo si passa da profondità di 150-200 m. fino a circa il livello del mare, come è indicato dagli ul¬ timi campioni della serie non ancora discussi ; inoltre tale passaggio è estremamente brusco e in pratica si effettua in 1,50 m. di serie. Infatti mentre nel campione MZ 109 la fauna è ancora di dominio relativa¬ mente profondo, nel campione MZ 116, troviamo già un’associazione, con numerosi individui, indicante condizioni francamente littorali. Quin¬ di è evidente che gran parte della serie argillosa originaria deve esser stata asportata, probabilmente per emersione con conseguente smantel¬ lamento subaereo, mancando inoltre ogni indizio di rapido sollevamento, cosa che del resto accade assai di rado. Infine non si spiega la scom¬ parsa delle specie bentonico-profonde sempre presenti in caratteristica associazione nei campioni precedenti. A questo proposito è da escludersi che il fatto sia dovuto all’istaurarsi di un ambiente asfittico sul fondo, sia perchè vi è assoluta mancanza nella frazione inorganica dei caratteri¬ stici minerali che si formano in tale ambiente, sia perchè le specie ben- toniche di mare sottile, anche se rare, sono presenti e per niente piritiz- zate, ma in ottimo stato di conservazione. S’impone quindi l’ipotesi di due episodi marini distinti nell’ambito delle argille. Tale ipotesi viene suffragata da situazioni analoghe, ma più chiare, riscontrate nelle successioni di Casa d’Ayala e di Punta della Penna. Nella prima di queste due località infatti, la parte medio-basale delle argille (Campioni MZ 53 - MZ 66) contiene delle associazioni ad ostracodi del tutto simili a quelle presenti nelle corrispondenti argille de il Fronte, con specie ad habitat prevalentemente bentonico-profondo. In particolare il campione MZ 66 è risultato contenere le seguenti specie d’ostracodi : Argilloecia acuminata MÙller, Macrocypris sp., Lepto¬ cythere multipunctata transiens Pltcci, Krithe compressa ( Seg.), Se:ni- cytherura acuticostata (Sars); Cytheropteron latum MÙller, Pseudocy- — 61 — there caudata Saks, ecc. Tra i foraminiferi sono abbondanti: Brizalina alata (Seg.), Bulimina spp., Uvigerina spp., Planulina ariminiensis ( d’ORB.), Chilostomella sp., Hy alinea balthica ( ScHR.), Cassidulina cari¬ nata Silv Melonis pompilioides (Fich. e Moll), numerose Globigerini- dae , ecc., ; vi sono anche frammenti di placche e radioli d’echinidi ir¬ regolari. Nel campione immediatamente successivo (MZ 67), invece tranne alcuni rari foraminiferi [ Ammonia beccavi (L.), Quinqueloculina sp.,] spesso assai erosi, manca ogni altro resto di forma animale ; nel residuo inorganico si notano granuli di quarzo, da traslucidi a opachi, presen¬ tanti tracce di usura da rotolamento. Si passa quindi (MZ 68) a una fauna più ricca, ma egualmente mal conservata, con foraminiferi, fram¬ menti di radioli d’echinidi regolari, gasteropodi. Gli ostracodi sono rap¬ presentati da molti frammenti di carapaci estremamente sottili (forme d’acqua dolce fluitate) e tra quelli marini la specie quasi unicamente presente è Loxoconcha turbida MÙller,* nella frazione inorganica vi è un aumento dei granuli arenacei e quarzo in genere j alino. Queste condizioni si mantengono pressocchè inalterate fino al cam¬ pione MZ 76, con solo un graduale arricchimento delle faune. Successi¬ vamente (campioni MZ 77-78) si hanno associazioni sempre a carattere costiero, ma molto più abbondanti in numero d’individui con : forami¬ niferi, molluschi (gasteropodi, lamellibranchi, scaphopodi). Tra gli ostra¬ codi le specie più rappresentate sono : Bairdia corpulenta MÙller, TJro- cythereis favosa (Roemer), Cushmanidea elongata (Brady), Semicythe- rura inversa (Seg.), Loxoconcha napoliana Puri, L. ovulata (Costa), L. stellifera MÙller, ecc. Infine nell’ultimo campione della serie (MZ 80) si ritorna a condizioni di spiaggia, con foraminiferi e ostracodi costieri altamente usurati, residuo inorganico abbondante, prevalentemente calca¬ reo e rari granuli di quarzo traslucidi e arrotondati. Nel campione MZ 77 bisogna inoltre osservare che la maggior parte del residuo inorganico è costituito da una grande abbondanza di p orni¬ cene scure, tale livello è direttamente correiabile con quello a sanidino fibroso e perline di vetro de II Fronte, sia per posizione topografica che per associazione microfaunistica, pur mancando a Casa d’Ayala l’alta percentuale di foraminiferi planctonici che caratterizza la prima serie. A Punta della Penna nella porzione basale della successione argil¬ losa, si riscontra la seguente associazione ad ostracodi: Polycope sp. 1, Cytherella vulgata Ruggieri, Argilloecia acuminata MÙller, Henryho- iv ella asperrima (Reuss), Buntonia dertonensis Ruggieri, Krithe com¬ pressa (Seg.), Cytheropteron alatum Sars, C. rotundatum MÙller, C. — 62 — testudo Saks, Bythoceratina vanderboldi Ruggieri, ecc. Successivamente l’associazione varia molto lievemente e la sommità del complesso argil¬ loso è caratterizzato da: Bairdia subdeltoidea conformis Terquem, Argil- loecia acuminata MÙller, Macrocypris sp., Leptocythere bacescoi (Ro¬ me), L. multipunctata transiens Pucci, Callistocythere pallida (MÙller), Henryhowella asperrima ( Reuss), Kritlie compressa (Seg.), Cytheropte- ron alatum Sars, Loxoconcha bonaducei n. sp., ecc., cioè delle forme che indicano ancora un dominio sublitorale esterno. La fauna riscon¬ trata indica che le argille grigio-azzurre di Punta della Penna, al con¬ trario di quello che si è verificato nelle altre due località, sono interes¬ sate da un unico episodio marino ; tuttavia la sommità di esse è per¬ fettamente correiabile, in base ai caratteri dell’ostracofauna, alle argille del Quaternario freddo de II Fronte a Casa d’Ayala. Immediatamente al disopra troviamo qui delle sabbie calcaree bian¬ che alla cui base si notano grosse Ostree e contenenti ostracodi di am¬ biente littorale. Risulta quindi da tutti questi dati, che la serie argillosa calabriana deve essere emersa subendo un intenso smantellamento subaereo che ha asportato gran parte della sua porzione superiore. Poi probabilmente per lentissimi movimenti verticali, si è avuta una nuova graduale in- gressione marina con deposizione di sedimenti littorali direttamente sui lembi residui delle argille. La trasgressione non è, come detto, osserva¬ bile sul terreno almeno a II Fronte e Casa d’Ayala, come spesso avviene in terreni argillosi. Campioni 116-119. In questo intervallo si assiste all’affermarsi e all’estendersi della facies marina, dapprima quasi stentatamente, e allora si alternano faune abbondantissime a faune specializzate ; poi il dominio marino si stabi¬ lizza in condizioni favorevoli allo sviluppo di una microfauna numerosa e varia. Non è chiaro in realtà quali siano stati i fattori che hanno condi¬ zionato lo sviluppo delle ostracofuane in questa parte sommitale delle argille e delle argille-sabbiose, anche perchè le specie che dominano queste associazioni, almeno nei primi tre campioni e cioè : Leptocythere tenera (Brady), Loxoconcha turbida MÙller e Cytherois fischeri (Sars), sono attualmente rare o almeno poco segnalate sia nel Mediterraneo che altrove. Mi sembra ora opportuno rielencare le specie che appaiono con maggior abbondanza in questo intervallo in modo che si possa seguire — 63 — il loro andamento nei vari campioni ed avere così un’idea più precisa di quelle che possono esser state le vicissitudini del bacino. Accanto alle specie è segnato, come nella tabella I, la percentuale con cui è pre¬ sente la specie rispetto al numero totale d’individui in un campione, tra parentesi il numero d’esemplari della specie : % n Campione MZ 116/0 Leptocythere tenera ( Brady) 31,7 (53) Cytheridea neapolitana Kollman 7,1 (12) Loxoconcha turhida MÙller 30,5 (51) Cytherois fischeri (Sars) 6,5 (11) Xestoleberis communis MÙller 15,5 (26) C ampione MZ 117/0 Leptocythere tenera (Brady) 26,1 (831) Cytheridea neapolitana Kollman 3,3 (105) Loxoconcha turhida MÙller 31,3 (996) Loxoconcha stellifera MÙller 1,3 (36) Cytherois fischeri ( Sars) 29,2 (928) Xestoleberis communis MÙller 3,1 (100) Xestoleberis dispar MÙLLER 2,3 (75) Campione MZ 118/0 C arino cythereis carinata (Roemer) 1,6 (8) Loxoconcha turbida MÙller 75,2 (374) Cytherois fischeri ( Sars) 17,7 (88) C ampione MZ 119/0 Callistocythere diffusa (MÙller) 1,9 (39) Aurila convexa (Baird) 2,7 (54) E chino cythereis pustulata (Namias) 1,5 (30) Carinocythereis carinata (Roemer) 1,8 (36) Cytheridea neapolitana Kollman 1,1 (23) Semicytherura acuticostata (Sars) 2,9 (59) Semicytherura incongruens (MÙller) 25,6 (506) Semicytherura tergestina Mas OLI 11,1 (220) Paracytheridea bovettensis (Seg.) 4,8 (95) Loxoconcha bairdi MÙller 4,7 (94) Loxoconcha oculata ( Costa) 14,7 (291) Loxoconcha turbida MÙller 5,6 (111) Cytherois fischeri ( Sars) 1,2 (25) Xestoleberis communis MÙller 3,9 (77) — 64 — Come si vede la fauna fa la sua prima, timida, comparsa con poche specie ben rappresentate, che da sole costituiscono il 91,3% dell’intera popolazione. Abbiamo tra queste forme: Cytherois fischeri (Sars), che è una tipica specie epifita, cioè abitatrice di fondi con detriti algali (Elofson, 1941), Loxoconclia turbida MÙller che sembra anch’essa li¬ mitata a fondali soffici con detriti di piante marine (MÙller, 1894: Me Kenzie, 1964; Rome, 1964). Anche le altre specie presenti si adat¬ tano a vivere su piante o su i loro detriti ed anzi sono segnalate per 10 più in tali ambienti. Per Leptocythere tenera (Brady) ho pochissimi dati (Whatley & Wall, 1969), comunque dovrebbe preferire substrato siltoso tra 0 e 30 m. Si può quindi ammettere come ipotesi, che le correnti che hanno accumulato tra l’altro il gran numero di foraminiferi planctonici riscon¬ trato (nel campione MZ 116 la loro percentuale è ancora del 90,7%), abbiano portato anche detriti o spore algali e favorito così Fimpiantarsi della vegetazione, fenomeno che come si sa avviene molto rapidamente. Si è potuta, in tal modo, sviluppare una fauna fitofila, che la vegeta¬ zione stessa proteggeva da un ambiente forse turbolento per le forti cor¬ renti e probabilmente ostile per l’abbondante materiale in sospensione che inquinava le acque. Col campione MZ 117 assistiamo all’affermarsi di tale ambiente in condizioni più tranquille. Le specie pioniere, ormai a loro agio, aumen¬ tano numericamente, anche se in percentuale subiscono una flessione dovuta all’aumento complessivo della popolazione per l’arrivo di altre specie, forse più delicate, che però già trovano qui possibilità di in¬ sediamento. Successivamente si ha un altro collasso della ostracofauna, che di¬ viene praticamente oligotipica : in effetti tre specie, da sole, costituiscono 11 94,5% della popolazione e tra queste tre predomina in maniera asso¬ luta Loxoconclia turbida MÙller. Le cause di questo collasso non sono per me da ricercarsi in una variazione di salinità dell’ambiente. Infatti se pur ci sono, come è logico in ambiente così costiero specie estremamente eurialine, esse hanno quasi sempre un limite superiore di sopportabilità abbastanza netto, così Loxoconcha bairdi MÙller, Loxoconcha ovulata (Costa), Cytherois fischeri (Sars), non sembrano poter sopportare salinità su¬ periori al 32-35%0 (Elofson, 1941; Wagner, 1957; Me Kenzie, 1964 ; Ne ale, 1964). Quanto a una diminuzione della salinità, a parte il fatto che la presente non è certamente un’associazione di acque sal¬ mastre [ad esempio Pterygocythereis jonesii (Baird) solo raramente 65 si trova in acque aventi una salinità inferiore al 26%o ( Elofson, 1941; Neale, 1964)], resta il fatto che se vi era arrivo di acque dolci continentali, non si capisce perchè qui la fauna non presenti il carat¬ teristico miscuglio di specie marine e acquadulcicole, come avviene a quest’altezza stratigrafica a Casa d’Ayala e in tutti i sedimenti coevi lungo le Sponde del Mar Piccolo. Nè si possono invocare variazioni di temperatura, in quanto si sarebbe dovuto verificare uno sbalzo ter¬ mico cospicuo in brevissimo tempo, cosa che ovviamente è da escludere. Ora si può osservare che le specie che dominano in questo cam¬ pione, non lo fanno perchè trovino l’optimum in tale ambiente, ma per¬ chè sono quelle che meglio hanno resistito a una variazione negativa del mezzo. Infatti se è vero che Loxoconcha turbida MÙller passa dal 31,3 al 75,2% è altrettanto vero che però subisce una diminuzione di indi¬ vidui da 996 esemplari nel campione precedente a 374 ; quindi l’aumento in percentuale è semplicemente dovuto a un’impoverimento di tutta la fauna. Tale evento negativo, secondo me, può essere ricercato in piccoli movimenti verticali del fondo marino, probabilmente dovuti a movi¬ menti di assestamento delle argille sottostanti, accompagnati forse da frane sottomarine o smottamenti della riva. Tali movimenti possono pro¬ vocare effetti disastrosi sulla fauna, considerando che a questo punto ci troviamo in condizioni di mare molto basso e quindi anche piccoli mo¬ vimenti possono provocare notevoli variazioni nell’ambiente e come è avvenuto nel campione MZ 116, hanno meglio resistito quelle forme che vivevano protette dalla vegetazione. Infine coll’ultimo campione si assiste allo stabilizzarsi della facies marina, con probabile leggero approfondimento. Infatti la popolazione diviene numerosa, con molte specie (43), e senza domini assoluti di specie su altre come si era verificato precedentemente. Per quanto ri¬ guarda la profondità a cui si è sedimentata questa parte della serie, data l’associazione estremamente costiera, essa doveva essere sicuramente infe¬ riore ai 50 m., con un ottimale compreso tra i 10 e i 25 m. In partico¬ lare tra le forme più indicative abbiamo : Bairdia corpulenta MÙller, Cal- listocythere littoralis (MÙller), Aurila convexa (Baird), Cytheretta su¬ bradiosa (Roemer), Semicytherura alifera (Ruggieri), S. incongruens (MÙller), S, tergestina Masoli, Loxoconcha bairdi MÙller, ecc. Molto difficile si presenta la datazione di tali terreni mancando spe¬ cie estinte o particolarmente significative ; qualche indicazione si può invece ottenere dall’insieme dell’associazione e dalla presenza di qualche rara specie che attualmente non sembra più rinvenirsi nei nostri mari. Mi riferisco in particolare a Echinocythereis pustulata (Namias), questa 5 66 — specie a quanto mi risulta attualmente è stata rinvenuta soltanto lungo le coste del Libano (Bonaduce, comunicazione personale). Infine l’asso¬ ciazione è estremamente simile a quella riscontrata negli strati a Strombi de II Fronte. Tali consideraioni mi portano ad attribuire in via preliminare questa ultima parte di serie, unitamente a quella immediatamente precedente, complessivamente (campioni MZ 110 - MZ 119), a un episodio più tem¬ perato di quello durante il quale si sono deposte le sottostanti argille del Quaternario freddo. Conclusioni. Le argille grigio-azzurre talora giallastre, che in ispecie lungo le sponde orientali del Mar Piccolo di Taranto, aprono la serie dei terreni quaternari, furono da Gignoux (op. cit.) chiamate « Argille di Taranto » e attribuite approssimativamente al Siciliano in quanto sottostanti al Tir- reniano fossilifero con Strombus bubonius. Altri AA. più recentemente (Picchetti, 1967; Robba, 1969) le hanno invece assimilate alle « Argille del Bradano » di età calabriana. Lo studio delle ostracofaune in esse rinvenute, mi ha permesso di accertare che tali terreni si sono deposti durante due differenti episodi marini. In particolare nella serie de II Fronte, il complesso argilloso può esser così suddiviso: a) Argille inferiori, affioranti dal livello del mare e attribuibili al Quaternario freddo (campioni MZ 101 - MZ 109). b) Argille e argille-sabbiose, trasgressive sulle precedenti e tron- cate superiormente dalla « panchina » calcarea con Strombus. La data¬ zione di questo termine è risultata piuttosto difficile per la mancanza di specie indicative, comunque le attribuisco in via preliminare a un epi¬ sodio temperato-caldo o caldo. (Campioni MZ 110 - MZ 119). Il membro inferiore è da attribuirsi senza dubbio al Quaternario freddo e rappresenta lembi residui sfuggiti all’erosione, che ne ha aspor¬ tato per largo tratto la parte superiore. La datazione risulta agevole per la presenza di un’abbondante fauna sia ad ostracodi che a foraminiferi. In particolare tra i primi è rimarchevole la presenza di Cytheropteron te¬ st udo Saks, che come già detto, è una specie stenoterma, attualmente vi¬ vente solo nei mari dell’Europa settentrionale e Artici. Tra i foraminiferi sono presenti sia Hyalinea balthica (ScHR.) con individui numerosi e di grossa taglia, che Bulimina etnea ( Seg.). — 67 — Credo, in accordo con Ricchetti (1967), che esse limitatamente però a questa parte inferiore, siano correiabili con le « Argille del Bra- dano » di età calabriana, che affiorano in un’ampia area intorno al Golfo di Taranto, e probabilmente con la parte medio-basale di quelle, che tra l’altro costituiscono la serie di Montemesola, le cui microfaune sono state recentemente studiate da Robba (1969). Vi è infatti una certa iden¬ tità tra le faune a foraminiferi e la batimetria che esse indicano. Sui lembi residui delle argille calabriane trasgrediscono, in un secondo mo¬ mento, terreni attribuibili a un ciclo più temperato. Sul terreno la di¬ stinzione tra i sedimenti dei due episodi non è agevole e a volte è possi¬ bile solo dopo un accurato esame micropaleontologico. Ciò si verifica a 11 Fronte, ove oltre ad avere argille su argille entrambe di facies marina, non stratificate e dello stesso colore, abbiamo a complicare la situazione, un notevole apporto di foraminiferi planctonici probabilmente ad opera di correnti. A Casa d’Ayala invece, pur permanendo sul terreno le diffi¬ coltà di distinzione data la similitudine litologica dei due termini non vi sono dubbi d’interpretazione dopo l’esame al microscopio. Infatti im¬ mediatamente al disopra delle argille calabriane con fauna bentonico- profonda, si trovano specie di mare sottile e tra la frazione inorganica granuli di quarzo da traslucidi ad opachi, arrotondati per rotolamento, cioè dei sedimenti che sono chiaramente riferibili a un ambiente di spiaggia. A Punta della Penna, al contrario il membro argilloso è interamente attribuibile al Calabriano, però esso è parimenti troncato, allo stesso li¬ vello stratigrafico da sabbie calcaree bianche. Infatti la sommità di tali argille, in base all’associazione ad ostracodi, è correiabile con una certa precisione con la sommità delle argille calabriane de II Fronte e Casa d’Ayala. Per quanto riguarda le sabbie calcaree bianche, esse esulano dagli scopi di questo lavoro e come detto le relative ostracofaune saranno studiate successivamente. Infine a proposito dei livelletti di materiale piroclastico riscontrati sia a II Fronte che a Casa d’Ayala, mi pare dubbia la loro origine e pro¬ venienza. Infatti se si può attribuire la diversa localizzazione delle po¬ mici nerastre (Casa d’Ayala) e delle perline di vetro (Il Fronte) al loro diverso peso specifico e quindi al differente trasporto ad opera delle cor¬ renti, non si comprende la presenza assieme alle perline di vetro (vuote internamente) del sanidino fibroso, materiale questo che non dovrebbe galleggiare. Questo particolare porterebbe a pensare che la loro depo¬ sizione non sia avvenuta ad opera delle correnti marine, tuttavia resta — 68 il fatto che in nessuno dei termini continentali i cui lavati ho esaminato al microscopio, ho potuto riscontrare materiali piroclastici. Paleontologia. Descrivo in questo capitolo tre specie nuove e altre importanti per l’ecologia e la stratigrafia dei terreni in esame. Mentre per altre specie presenti mi limito a dare i dati stratigrafici ed ecologici. Genere CYTHERELLA Jones 1894 Cytherella vulgata Ruggieri (Tav. I figg. 1-3} 1962, Cytherella vulgata, Ruggieri, pg. 9, tav. 1, figg. 9, 10. 1965, Cytherella vulgata , Colalongo, pg. 86, tav. X, figg. la-b. Osservazioni : Si ha la massima frequenza nei campioni MZ 108 e 109 entrambi di età calabriana ; si rinviene, anche se raramente nei ter¬ reni del secondo ciclo. I caratteri sono quelli tipici della specie con cara¬ paci molto calcificati e robusti. Dimensioni : v.d. 9 L = 0,87 mm h = 0,57 mm v.d. d* L = 0,87 mm h = 0,50 mm. Distribuzione strati grafica : Dall’Elveziano al Quaternario in varie località italiane (Ruggieri, 1962). Ecologia : Mar Mediterraneo : batimetria compresa tra i 69 e i 2772 m con massima diffusione a 69 m (Puri, Bonaduce e Gerva- sio, 1969). Genere BAIRDIA M’Coy 1844 Bairdia raripila MÙller G. W. 1894, Bairdia raripila, Muller, pg. 274, tav. XIII, fig 37; tav. XV, figg. 5-7; tav. 60, fig. 13. 1968, Bairdia raripila, Masoli, pg. 10, tav. I, fig 5 ; tav. IV, figg. 44-46. Osservazioni : Presente con rari e tipici individui solo nell’ultimo campione della serie. — 69 — Dimensioni : v.d. $ L = 0,65 mm h = 0,35 mm. v.s. d* L = 0,63 mm h = 0,28 mm. Distribuzione stratigrafica : Calabriano inferiore nei dintorni di Pa¬ lermo (Ruggieri, 1964). Ecologia : Golfo di Napoli : a piccole profondità associata a Posidonia (MÙller, 1894). Nel mare di Ischia: a profondità minori di 100 m., su praterie a Posidonia (Puri, Bonaduce e Mallot,* 1964). Entrata del Porto di Monaco: a 40-50 m., su fanghi con detriti di Posidonia , a 60 m. su prateria a Posidonia , Mar D’Eze : a 5 m. (Rome, 1964). Golfo di Ga- bes: tra 0-1 m., rara (Bonaduce e Masoli, 1968). Adriatico settentrio¬ nale: alla profondità di 4 m. su limo argilloso (Masoli, 1968). Genere ARGILLOECIA Sars 1866 Argilloecia acuminata MÙller G. W. 1894, Argilloecia acuminata, MÙller, pg. 260, tav. XII, figg. 1, 2, 12-22. Osservazioni : presente solo nella parte Calabriana, più profonda, della serie. Dimensioni : v.d. $ L = 0,61 mm h = 0,27 mm. Distribuzione stratigrafica : Calabriano inferiore di Castellanselmo (Pisa) (Ruggieri, 1964). Ecologia : Golfo di Napoli: tra alghe calcaree (MÙller, 1894). Mar Adriatico: tra i 134 e i 364 m. con massima abbondanza a 364 m. (Ascoli, 1964). Mar Mediterraneo, tra i 150 e i 2550 m. con massima diffusione a 818 m. (Puri, Bonaduce e Gervasio; 1969). Genere LEPTOCYTHERE Sars 1922 Leptocythere bacescoi (Rome) 1942, Cythere hacescoi, Rome, pg. 20, tav. VII, fig. 45. 1950, Leptocythere mellitica, Ruggieri, pg. 53, tav. I, fig. 12; figg. 29-30, n.t. 1968, Leptocythere bacescoi, Masoli, pg. 16, tav. V, figg. 69-70. Osservazioni : Un solo esemplare nella parte calabriana della serie, diviene più frequente nella parte alta della zona temperata. In alcuni — 70 — campioni del Tirreniano s. s. (non considerati in questo lavoro) è la specie predominante. Dimensioni : v.d. $ L = 0,40 mm h = 0,23 mm. Distribuzione stratigrafica : Dal Pliocene superiore in varie località (Ruggieri, 1953, 1959). Ecologia : Mar Adriatico: da 34 a 817 m. (Ascoli, 1964). Ingresso del Porto di Monaco: tra 40 e 50 m. su fangh ì(Rome, 1964). Adriatico settentrionale: rinvenuto in maggior abbondanza a 9 m. ( Masoli, 1968). Tirreno: a profondità inferiori ai 100 m. (Puri, Bonaduce e Gerva- sio ; 1969). Leptocythere fabaeformis (MÙller G. W.) (Tav. I fig. 4, Tav. Vili fig. I) 1894, Cythere fabaeformis, Muller, pg. 355, tav. XXVII fig. 35; tav. XXIX figg. 11, 16. 1968, Leptocythere fabaeformis, Masoli, pg. 17, tav. I, fig. 10; tav. V, figg. 66-68. Osservazioni : Presente esclusivamente nella parte temperata della serie de II Fronte. Dimensioni : v.d. cf L = 0,73 mm h = 0,31 mm Distribuzione stratigrafica : Non ho trovato alcuna citazione della specie allo stato fossile. Ecologia : Golfo di Napoli: con rare Posidonia o Caulerpa (MÙller, 1894). Golfo di Gabes: tra 0 e 1 m. molto comune (Bonaduce e Ma- soli, 1968). Adriatico settentrionale: molto rara, tra i 7 e gli 8 m. (Masoli, 1968). Leptocythere tenera ( Brady) (Tav. I figg. 5-8; Tav. II fig. 1; Tav. VII fig. 1) 1868, Cythere tenera, Brady, pg. 399, tav. 28, figg. 29-32. 1953, Leptocythere tenera, Ruggieri, pg. 97, tav. III, figg. 22-22a. Descrizione : In veduta esterna, valva destra femminile subellittica. Margine anteriore regolarmente e ampiamente arrotondato, collegantesi — 71 — dolcemente al margine dorsale, che appare solo molto lievemente con¬ vesso ; angolo cardinale posteriore appena evidente. Margine posteriore subtronco, con massima protrusione inferiore alla metà altezza. Margine ventrale lievemente concavo con inflessione massima nel terzo anteriore. Superficie liscia e lucida, con piccole faveole poste più o meno irregolar¬ mente ; il margine anteriore appare lievemente appiattito e un po’ espan¬ so, formando un appena percettibile cordone marginale. Norma interna : lamella interna ampia anteriormente e un po’ meno nella regione postero- ventrale, vestiboli ben sviluppati. Poricanali marginali con la tipica struttura complessa del genere. Cerniera della valva destra comprendente un dente anteriore piuttosto acuto, uno poste¬ riore crenulato, largo e espanso verso l’esterno; elemento mediano cre- nulato. Impronte muscolari costituite da 4 adduttori in una fila verti¬ cale, di cui i due sterni tondeggianti e i due interni allungati; impronta mandibolare ( fulcral point) circolare sormontata da un rilievo a mezza¬ luna; impronta frontale a forma di larga V. Valve maschili proporzional¬ mente più corte e basse. Dimensioni : v.d. 9 L = 0,55 mm h = 0,26 mm v.s. d* L = 0,52 mm. h = 0,24 mm. Osservazioni : Si presenta abbondantissima, in associazione oligo¬ tipica, nella parte medio alta della parte temperata. Distribuzione stratigrafica : Non compare che dopo il Calabriano inferiore (Ruggieri, 1953). Quaternario di Calabria, dubbia (Rug¬ gieri, 1959). Ecologia : Mare d’Irlanda: su fondo sabbioso da 0 a 21 m., presente con percentuale del 2%, a 22 m. su silt con percentuale dell’ 8% (Whatley e Wall, 1969). Genere ECHINOCYTHEREIS Puri 1953 Echinocythereis pustulata (Namias) (Tav. II figg. 2-7) 1900, Cythere pustulata, Namias, pg. 24, tav. II, figg. 1-10. Descrizione : valva sinistra femminile, in norma esterna subrettango¬ lare. Margine anteriore quasi regolarmente arrotondato, con massima pro¬ trusione a metà altezza. Il margine anteriore si raccorda senza angolosità — 72 — al margine ventrale che è leggermente convesso, con una forte angolo¬ sità a quello dorsale che è rettilineo e leggermente convergente verso dietro ; angolo cardinale posteriore poco evidente. Margine posteriore sub¬ tronco, con massima protrusione inferiore a metà altezza. Carapace ben calcificato e robusto, con ornamentazione costituita da tubercoli tozzi e lisci, disposti senza ordine apparente e che si sovrappongono a una re¬ ticolazione evidente solo postero-ventralmente al ben sviluppato tuber¬ colo oculare. Il carapace mostra tre rigonfiamenti, uno subcentrale, ove si alloggiano le impronte muscolari, due più indietro, rispettivamente in posizione postero-dorsale o centrale nella v.d. e postero-ventrale. Questi rigonfiamenti sono caratterizzati da un addensamento dei tubercoli che spesso si fondono tra loro. Margini anteriore e posteriore bordati da spine, più rade ma più sviluppate quelle posteriori. Norma interna : lamella interna non molto ampia, mancanza di vestiboli, saura robusto in posizione submediana. Poricanali marginali numerosi per lo più semplici e diritti. Cerniera della valva destra co¬ stituita da un robusto dente cuspidato anteriore, seguito da una pro¬ fonda fossetta in cui si alloggia il ben sviluppato elemento antero- mediano dell’ altra valva, segue una lunga doccia posteromediana rettilinea e liscia e infine il dente posteriore largo, svasato in fuori e liscio. Impronte muscolari difficilmente osservabili e costituite da una fila di 4 adduttori allungati e un frontale formato da due impronte subcir¬ colari separate. In norma dorsale il carapace appare massiccio con estremità an¬ teriore tronca, posteriore subtronca, massima larghezza nel terzo po¬ steriore. Caratteristico l’andamento della linea di commessura dorsale, determinato dall’asimetria delle valve che è particolarmente evidente nella zona di raccordo del margine anteriore con quelli dorsale e ventrale e nel margine posteriore. Dimorfismo sessuale poco accentuato. Dimensioni : v.s. 9 L = 0,75 mm. h = 0,46 mm. v.s. cf L = 0,78 mm. h = 0,44 mm. Osservazioni : Presente con una certa abbondanza solo nel campio¬ ne MZ 119/0. Distribuzione stratigrafica : Pliocene superiore e Calabriano inferiore di: Castellarquato, Vallebjaia, Monte Mario, Cosenza e Castrovillari (Rug¬ gieri, 1953). Ecologia : Mar Mediterraneo : rinvenuto solo lungo le coste del Li¬ bano ( Bonaduce, comunicazione personale). — 73 — Genere OCCULTOCYTHEREIS Howe 1951 ? Occultocythereis maccagnoi n. sp. (Tav. II figg. 7-9 ; Tav. Ili fig. 1: Tav. VII fig. 2) Locus tipicus : Il Fronte, Mar Piccolo (Taranto), argille-sabbiose temperato-calde . Derivazione del nome i Prof. Angiolamaria Maccagno, Direttore dell’Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli. Descrizione : Carapace di piccole dimensioni, ben calcificato e sub¬ rettangolare. Valva sinistra femminile con margine anteriore obliquamen¬ te arrotondato e con massima protrusione poco sotto la metà altezza. Il margine dorsale si congiunge a quello anteriore mediante un sensibile angolo cardinale, in corrispondenza del quale si ha la massima altezza, poi prosegue subrettilineo, finche nella zona centro-posteriore viene na¬ scosto dalPornamentazione. Angolo cardinale posteriore evidente. Margine posteriore troncato obliquamente ; margine ventrale leggermente concavo, raccordato al margine anteriore mediante un’ampia curva e al posteriore con curvatura più stretta. Ornamentazione molto complessa, costituita da una pronunciata e larga costa marginale anteriore che dipartendosi dai pressi del tubercolo oculare, in genere non molto sviluppato ma ben visibile, borda tutto il guscio ad eccezione del margine dorsale. Poco più internamente e parallela alla costa marginale, troviamo nella regione an¬ teriore una seconda larga costa, da cui si dipartono verso l’avanti delle corte costicine radiali, che però non raggiungono mai la costa marginale. Un cordone longitudinale mediano si diparte da un mal definito tubercolo subcentrale, e si dirige verso la parte posteriore obliquamente verso l’alto, sempre più individualizzandosi, finche, poco prima dell’angolo cardinale posteriore forma una nodosità pronunciata. Dopo di che spiega decisamente verso l’alto, con un angolo poco maggiore di 90°, dirigendosi normal¬ mente verso il margine dorsale, alla cui altezza torna bruscamente verso IV vanti, formando una seconda costa longitudinale subparallela alla prima e leggermente convessa verso l’alto. Questa seconda costa termina poco sotto il tubercolo oculare. Il resto del guscio è coperto irregolarmente da costicine più o meno piatte, da faveole di dimensioni diverse e da zone pianeggianti lisce. Due depressioni più accentuate si trovano nella zona centrale ai due lati della costa mediana. Una serie di corte e tozze spine ornano i margini anteriore, ventrale e posteriore, interrompen- 74 — dosi solo nella zona di massima inflessione ventrale; sul margine ante¬ riore esse si iniziano circa all’altezza del tubercolo oculare al margine po¬ steriore terminano nella zona di massima protrusione. In norma dorsale, il carapace è parimenti subrettangolare con margini anteriore e poste¬ riore tronchi. Il profilo appare asimmetrico, sia nei carapaci maschili che femminili, soprattutto per il diverso andamento della costa mediana, che nella valva destra è posta leggermente più in basso ed è più lunga, raggiungendo l’angolo cardinale posteriore. Norma interna : lamella interna abbastanza sviluppata, sia anterior¬ mente che posteriormente, nella regione ventrale raggiunge la minima ampiezza in corrispondenza della convessità del margine. Saum media¬ mente sviluppato in posizione distale. Vestibolo anteriore ben sviluppato a forma di mezzaluna, con massima estensione nella zona antero-ven- trale ; vestibolo postero- ventrale stretto ed allungato. Poricanali marginali numerosi, più addensati nella zona antero-ventrale. I pori sono di tipo semplice e per lo più si ingrossano a metà lunghezza. Cerniera robusta, dente anteriore alto e appuntito, quello posteriore alto, a bottone e leggermente svasato in fuori ; elemento mediano formato da una scanalatura appena crenulata con profonda fossetta antero-me- diana. Impronte muscolari molto difficilmente osservabili, costituite da una fila di quattro adduttori e un frontale a forma di V molto allar¬ gata. Carapaci maschili più lunghi e bassi di quelli femminili. Osservazioni : La specie descritta differisce per alcuni caratte¬ ri dal genere Occultocythereis , quali specialmente : la presenza dei vestiboli e i pori marginali di tipo semplice. Questo ultimo carattere era stato già osservato in esemplari recenti da MÙller (1894) e da Van Morkhoven (1963). Quest’ultimo A. scrive che su tale carattere si po¬ trebbe istituire un nuovo sottogenere. Non ho trovato però segnalazioni di Occultocythereis provvisti di vestibolo. Comunque mi astengo per ora dall’istituire un nuovo genere, lasciando chi ha più esperienza di me la necessaria revisione degli Occultocythereis. Collocazione : Olotipo : valva sinistra maschile preso il Museo di Pa¬ leontologia dell’Univ. di Napoli, coll. Ostr. prep. n. 7. Paratipi : 14 valve maschili e femminili (prep. n. 8, n. 9, C.O., Mus. Pai. Univ., Napoli). 75 — Dimensioni olotipo : paratipi : v.s. cf L = 0,54 v.d. $ L = 0,49 v.s. $ L = 0,51 v.d. d1 L = 0,52 v.s. cf L = 0,54 mm. h = 0,26 mm. mm. h = 0,25 mm. mm. h = 0,27 mm. mm. h = 0,25 mm. mm. h = 0,26 mm. L/h = 2,07 L/h= 1,96 L/h = 1,88 L/h = 2,08 L/h = 2,07 Cenere BUNTONIA Howe 1935 Buntonia dertonensis Ruggieri (Tav. Ili figg. 2-5; Tav. VII figg. 3-4) 1954, Buntonia sublatissima ( Neviani) dertonensis, Ruggieri, pg. 565, figg 25 25a, 26, 32, 33, n.t. Osservazioni : Presente con rari, ma tipici individui nella parte ca- labriana delle tre serie studiate. Dimensioni : v.d. ? L = 0,55 mm h = 0,32 mm. Distribuzione stratigrafica : Tortoniano di Imola, ricompare poi negli strati a Cyprina islandica di Ficarazzi e di Imola (Ruggieri, 1954, 1959). Ecologia: Golfo di Napoli: tra gli 85 e i 230 m . , con massima ab¬ bondanza a 155 m. (Puri, Bonaduce e Malloy,* 1964). Mar Tirreno: tra i 100 e i 200 m.; Isola di Malta: da 108 a oltre 132 m. per lo più su fondi fangosi; Mar Egeo: tra 422 e 790 m. (Puri, Bonaduce e Ger- vasio ,* 1969). Genere CUSHMANIDEA Blake 1933 Cushmanidea elongata (Brady) 1868, Cytheridea elongata, Brady, pg. 421 tav. 28, figg. 13-16; tav. 40, fig. 6. 1968, Cushmanidea elongata, Masoli, pg. 34, tav. II. fig. 17 ; tav. IX, figg. 123-125 Dimensioni : v.s. 9 L — 0,75 mm h = 0,32 mm. Distribuzione stratigrafica : Pliocene superiore di Capocolle (Forlì) (Ruggieri, 1964). Ecologia : Mar Adriatico: a profondità comprese tra 31 e 817 m. ( Ascoli, 1964). Vicinanze di Cuma (Napoli): a 10 m. di profondità as¬ sociata a Posidonia o su substrato sabbioso (Me Kenzie, 1964). Golfo di — 76 — Napoli: abbondante intorno ai 90 m., la maggior percentuale si riscontra comunque intorno ai 45 e i 57 m. (Puri, Bonaduce e Malloy, 1964). Golfo di Gabes: molto comune tra 0 e 1 m. (Bonaduce e Masoli, 1968). Molto diffusa in tutta l’area dell’Adriatico settentrionale (Masoli, 1968). Estuario del Tamigi: in condizioni di salinità e del substrato variabili (Kilenyi, 1969). Lago di Patria (Napoli): alla profondità di 2 m., con salinità del 13-14%o e temperatura variabile dai 7-8°C a 30°C. Mar Tir¬ reno: massima profondità a cui si è rinvenuta intorno ai 50 m. ; Mar Adriatico: su fondi sabbiosi o con argilla e fango tra i 31 e i 42 m.; Isola di Malta: a profondità inferiori ai 108 m. su substrato sabbioso-fangoso con alghe calcaree (Puri, Bonaduce e Gervasio; 1969). Mar d’Irlanda : nella zona delle laminarie (Whatley e Wall, 1969). Genere SEMICYTHERURA Wagner 1957 Semicytherura incongruens (MÙller G. W.) 1894, Cytherura incongruens, Muli.er, pg. 296, tav. XVII, figg. 2, 7, 8; tav. XIX, fig. 7. 1968, Semicytherura incongruens, Masoli, pg. 40, tav. X, figg. 141-144. Osservazioni : Molto abbondante nella parte terminale della serie de Il Fronte, dove costituisce nell’ultimo campione il 25,6% della associa¬ zione con 506 individui. È. parimenti molto abbondante nei terreni tir- reniani. Dimensioni : v.d. } L = 0,53 mm. h = 0,31 mm. v.d. 'cf L = 0,56 mm. h = 0,31 mm. Distribuzione stratigrafica : Pliocene superiore e Calabriano di Co¬ senza (Ruggieri, 1953). Dal Calabriano di varie località italiane (Rug¬ gieri, 1953, 1959). Ecologia : Mar Adriatico: tra i 31 e gli 817 m., con percentuale maggiore (42%) a 34 e 40 m. (Ascoli, 1964). Golfo di Napoli: molto comune sugli 88 m., intorno all’isola d’Ischia (Napoli), si rinviene asso¬ ciata a Posidonia (Puri. Bonaduce e Malloy,* 1964). Molto frequen¬ te nella baia di Carnalès su sabbie con detriti di Posidonia a 30 m. e su fanghi con detriti di Posidonia a 70 m. (Rome, 1964). Golfo di Ga¬ bes: O-lm., rarissima (Bonaduce e Masoli, 1968). Adriatico settentrio¬ nale: su fondali variabili per profondità e composizione (Masoli, 1968). Mar Tirreno; massimo sviluppo a 50 m.; Adriatico: su fondali sabbiosi — li¬ cori argilla e fango tra i 31 e i 42 m. ; Isola di Malta: a profondità infe¬ riori a 108 m. su substrato sabbioso-fangoso con alghe calcaree (Puri, Bonaduce e Gervasio ; 1969). Semicytherura ter gestirla Mas oli (Tav. Ili figg. 6-8) 1968, Semicytherura tergestina | Masoli, pg. 46, tav. Vili, fig. 28; tav. XI, figg 160-161. Osservazioni : A quanto mi risulta non è stata mai segnalata prima d’ora allo stato fossile. Lungo tutto l’arco del Mar Piccolo si accompagna a Semicytherura incongruens (MÙller). Dimensioni : v.d. $ L = 0,52 mm. h — 0,23 mm. v.d. cf L = 0,52 mm. h = 0,20 mm. Ecologia : Adriatico settentrionale: legata a substrato sabbioso più o meno fangoso, batimetria compresa tra i 7 e i 23 m., con massima fre¬ quenza a 20 m. (Masoli, 1969). Genere CYTHEROPTERON Sars 1865 Cytheropteron alatum Sars (Tav. Vili figg. 4, 5) 1866, Cytheropteron alatum, Sars, pg. 81. Osservazioni : Nelle argille calabriane delle serie esaminate, questa Specie è presente con due tipi morfologici che si rinvengono insieme dif¬ ferenti solo per il contorno dell’ala ; essendo in uno di questi fortemente convessa anteriormente e con diversa forma dei poricanali che la interes¬ sano. Per il resto dei caratteri, come per le dimensioni le due forme sono identiche. Dimensioni : v.d. ? Li 0,70 mm. h = 0,36 mm. Distribuzione strati grafica : Frequente nel Calabriano di Le Castella (Colalongo, 1965). Ecologia: Skagerak : vicino alle coste da 40 a 200 ni., in mare aperto da 60 a 150 m . , per lo più su fondali sabbiosi; vive a temperatura compre- — 78 — se tra i 4 e i 13°C., salinità mai inferiore al 32%o (Elofson, 1941). Mar Adriatico: tra i 72 e i 364 m., con massima percentuale (5%) a 243 m. (Ascoli, 1964). Golfo di Napoli: si spinge fino a 360 in., con massima abbondanza (10%) a 193 m. (Puri, Bonaduce e Malloy; 1964). Isole Baleari a 2556 m. ; Tirreno: in genere tra i 200 e i 300 m. ; Mar Ionio: rinvenuto a 2250 m. ; Isola di Malta: su fondi fangosi da 108 a oltre 132 m. (Puri, Bonaduce e Gervasio; 1969). Cytheropteron testudo Sars (Tav. IV figg. 1, 2) 1869, Cytheropteron testudo, Sars, pg. 230, tav. CVI, fig. 1. 1952, Cytheropteron testudo, Ruggieri, pg. 18, tav VI, figg. 4-5; tav. Vili. fig. 8. 1965, Cytheropteron testudo, Colalongo, pg. 110, tav. XII, figg. 5-6. Osservazioni : questa caratteristica e importante specie è rappresentata con rari individui in tutte e tre le serie esaminate, limitatamente alle ar¬ gille calabriane. Dimensioni : v.d. $ L = 0,64 mm. h = 0,37 mm. Distribuzione stratigrafica : Calabriano della penisola di Crotone, Qua¬ ternario di Imola, rimaneggiato? (Ruggieri, 1959). Calabriano di Le Ca¬ stella (Colalongo, 1965). Ecologia : Zona dello Skagerak: tra gli 80 e i 240 m., su fondali granulosi o siltosi, si trova in acque con temperature comprese tra 1-2 a 10°C e a salinità sempre superiori al 34%o. Presente anche in varie lo¬ calità della zona artica a profondità aggirantesi sui 200 m. (Elof¬ son, 1941). Genere LOXOCONCHA Sars 1866 Loxoconcha bonaducei n. sp. (Tav. IV figg. 3-8; Tav. V fig. 1; Tav. VII figg. 5, 6) Locus tipicus : Serie de II Fronte, Mar Piccolo (Taranto), argille Calabriane. Derivazione del nome : Dedicata al dott. Gioacchino Bonaduce che mi ha seguito e guidato in questi miei primi studi sugli ostracodi. — 79 — Descrizione : Valva sinistra femminile subromboidale-ovata in veduta esterna. Margine dorsale molto lievemente arcuato e convergente verso il margine posteriore. Angolo cardinale posteriore evidente che mediante una leggera sinuosità porta al corto e tozzo becco posteriore. Il margine dorsale passa quasi insensibilmente al margine anteriore mediante un’am¬ pia curva. Margine anteriore strettamente arrotondato con massima pro- trusione inferiore a metà altezza ; il margine ventrale presenta una leg¬ gera sinuosità nel terzo anteriore, poi si raccorda mediante un ampio arco, rapidamente saliente, al becco posteriore, che si trova poco più in alto rispetto alla metà altezza. Guscio regolarmente e moderatamente rigonfio con massima sporgenza nella zona subcentrale ; ventralmente il rigonfiamento si tronca bruscamente secondo un angolo acuto; massima altezza subcentrale. In norma dorsale rigonfia al centro e acumi¬ nata alle estremità, il bordo dorsale appare ingrossato per la presenza di due cordoni longitudinali presenti al margine delle valve. Superficie liscia e lucida interessata da faveole, esse sono più grandi al centro del guscio, mentre divengono più sottili nelle regioni anteriore e posteriore, nella prima esse sono anche assai più rade. Le faveole sono disposte con¬ centricamente e postero-ventralmente delimitano tre cordoncini poco sa¬ lienti, ma sensibili ; nella regione centrale tali faveole si dispon¬ gono su 2 o 3 file verticali ad andamento dorso-ventrale. Nel¬ la regione anteriore e in quella posteriore e postero-ventrale, de¬ corre intorno al guscio una fascia appiattita, senza faveole, ma percorsa da un evidente cordone marginale che interessa tutta la pe¬ riferia della valva e che si attenua in corrispondenza del becco posteriore. Norma interna: lamella interna vasta anteriormente, meno vasta nelle regioni ventrale e posteriore. Ampio vestibolo anteriore, maggiormente sviluppato nella zona centrale ; vestibolo stretto e allungato nella regione postero-ventrale e posteriore. Poricanali marginali anteriori semplici e ingrossati a circa metà percorso e in numero limitato (dell’ordine di una decina). Il becco posteriore è interessato da tre poricanali di struttura simile. Saum abbastanza pronunciato in posizione alquanto distale. Pori normali di tipo cribroso. Impronte muscolari costituite da una serie curva di quattro adduttori, con concavità verso Lavanti e un frontale a forma di V. Cerniera tipica del genere con elemento mediano liscio. La valva destra presenta il contorno dorsale più angoloso, essendo più pronunciato l’angolo cardinale anteriore. Macchie oculari appena percettibili. Dimorfismo sessuale non molto pronunciato con carapaci maschili proporzionalmente meno alti rispetto alla lunghezza. — 80 — Dimensioni olotipo : v.s. 9 L = 0,53 mm. paratipi: v.d. 9 L = 0,53 mm. v.s. 9 L = 0,54 mm. v.d. d* L = 0,54 mm. v.s. cf L = 0,54 mm. h= 0,33 mm. h= 0,34 mm. h= 0,34 mm. h= 0,32 mm. h= 0,32 mm. L/h= 1,6 L/h= 1,55 L/h= 1,58 L/h= 1,6 L/h= 1,6 Rapporti e differenze : Forma molto vicina a Loxoconcha dertobrevis Ruggieri, da cui differisce : per la salienza più rapida e pronunciata del margine ventrale nella zona posteriore, per la maggior regolarità del mar¬ gine dorsale e la presenza sullo stesso del cordone marginale, per la maggior estensione della zona appiattita che circonda il carapace, specie anteriormente per la distribuzione generale dei pori normali e infine, per le maggiori dimensioni. Osservazioni : Ruggieri (1967) descrivendo la Loxoconcha dertobre¬ vis, fa notare che esistono nel Pliocene e nel Quaternario italiano forme ad essa molto vicine e non ancora descritte, ritengo che la specie da me istituita possa rappresentare una di tali forme. Collocazione : Olotipo: una valva sinistra femminile (prep. 1 presso Mus. Pai. Univ., Napoli, Coll. Ostr.). Paratipi: 51 valve 9 9 e d1 d (Mus. Pai. Univ., Napoli, Coll. Ostr., prepp. 2, 3). Loxoconcha moncharmonti n. sp. (Tav. IV fig. 9; Tav. V figg. 2-7; Tav. VII figg. 7, 8) Locus tipicus : Località II Fronte, Mar Piccolo (Taranto), argille gri¬ gio-azzurre, Calabriano. Derivazione del nome : Dedicato alla Prof. Maria Moncharmont-Zei che mi ha avviato allo studio della micropaleontologia. Descrizione : Piccola Loxoconcha del tipo reticolato. Valva sinistra femminile in veduta esterna subrettangolare ; margine dorsale da diritto a leggermente concavo, in tal caso l’angolo cardinale anteriore diviene abba¬ stanza evidente, mentre quello posteriore è segnato solo dalla lieve sinuo¬ sità che porta all’appena accennato becco posteriore. Margine anteriore largamente e obliquamente arrotondato, con massima protrusione poco sotto la metà altezza. Margine ventrale subparallelo a quello dorsale e con — 81 questo in lieve convergenza verso la parte posteriore; nella sua parte centrale il margine ventrale è nascosto dalla ornamentazione del cara¬ pace. Margine posteriore strettamente arrotondato interessato da un becco molto corto e largo. L’ornamentazione è costituita da faveole separate da cordoncini a volte pronunciati. Le faveole nelle regioni anteriore e poste¬ riore sono ordinate in file longitudinali, mentre nella parte centrale, anche per l’assottigliarsi dei cordoncini che le separano, hanno andamento dorso¬ ventrale, tale carattere è più evidente osservando la norma interna a luce trasmessa. I cordoncini, di cui i longitudinali sono più sviluppati, divengono delle vere e proprie coste ventralmente e assumono un andamento alquanto irregolare e sinuoso. Il terzo di essi, a partire dal margine ventrale, si eleva ulteriormente a formare un’espansione alare, che ai due terzi del carapace si tronca bruscamente formando un mucrone rivolto all’indietro. Da esso e dalle altre coste ventrali si dipartono posteriormente delle esili costicine che piegano rapidamente verso l’alto e assumono andamento dorso-ventrale. Le zone marginali anteriore e posteriore, sono circondate da una zona appiattita interessata da una costa parallela al margine, che divide tale zona in una parte prossimale, ove si prolungano esili costicine radiali e una parte distale completamente liscia. Macchie oculari non di¬ stinte. In veduta dorsale, carapace rigonfio, ma con lati alquanto paralleli nella parte centrale ; estremità anteriore e posteriore acuminate. Centro- ventralmente sporgono dal contorno dorsale i prolungamenti alari, con andamento subparallelo leggermente divergenti verso dietro. A poca di¬ stanza dai margini dorsali decorrono due coste longitudinali, tra loro pa¬ rallele, che convergono all’altezza delle zone cardinali sormontandone la espansione e collegandosi poi alla costa marginale che si trova sulla zona appiattita anteriore e posteriore. Norma interna : Zone marginali mediamente sviluppate. Saum evi¬ dente e in posizione distale. Vestibolo anteriore allungato, posteriore meno sviluppato. Poricanali marginali semplici, ingrossati a metà percorso e in numero di una decina. Posteriormente la regione del becco è interessata da quattro poricanali che hanno la stessa struttura di quelli anteriori. La cerniera è quella tipica del genere, con elementi distali crenulati ed elemento mediano liscio. Le impronte muscolari sono costituite da una fila di 4 adduttori allungati piuttosto irregolari e di difficile osservazione. Impronta frontale a V. Dimorfismo sessuale abbastanza pronunciato con valve maschili più lunghe e proporzionalmente più basse. 6 — 82 Dimensioni olotipo : v.s. $ L = 0,45 mm. h= 0,24 mm. L/h=l,8 paratipi : v.d. $ L = 0,43 mm. h = 0,24 mm. L/h= 1,7 v.s. $ L = 0,43 mm. h= 0,23 mm. L/h-1,8 v.d. d L = 0,45 mm. h= 0,23 mm. L/h= 1,9 v.s. d L = 0,47 mm. h= 0,23 mm. L/h = 2,0 Collocazione : Olotipo: una valva sinistra femminile (prep. n. 5 Coll. Ostr., presso Mus. Pai. Univ., Napoli). Paratipi: 16 valve 9 2 e cfcf (prepp. n. 4 e n. 6, Coll. Ostr., presso Mus. Pai. Univ., Napoli). Loxoconcha stellifera MÙller G. W. (Tav. Vili figg. 2, 3) 1894, Loxoconcha stellifera, Mùller, pg. 343, tav. XXVEI, figg. 15, 18; tav. XXVIII figg. 2, 7. 1965, Loxoconcha stellifera, Colalongo, pg. Ili, tav. XII, fig. 7. 1968, Loxoconcha stellifera, Masoli, pg. 55, tav. XII, figg. 188-190. Osservazioni : Nei sedimenti del Mar Piccolo, la specie è limitata ai terreni temperato-caldi. Dimensioni : v.d. 9 L = 0,65 mm. li = 0,42 mm. Distribuzione stratigrafica : Rarissima nel Calabriano di Le Castella (Colalongo, 1965). Ecologia: Golfo di Napoli; non rara a piccole profondità su sabbia o alghe (Mùller, 1894). Golfo di Gabes: frequente a 0-1 m. di profon¬ dità (Bonaduce e Masoli, 1968). Adriatico settentrionale: a profondità e su substrati diversi (Masoli, 1968). Coste d’Israele: rinvenuta a 158 m. (Puri, Bonaduce e Gervasio, 1969). Loxoconcha turbida Mùller G. W. (Tav. V figg. 8, 9; Tav. VI figg. 1-3) 1894, Loxoconcha levis, Mùller, pg. 344, tav. XXVII, figg. 8, 19, 22; tav. XXVIIL figg. 4, 8. 1912, Loxoconcha turbida, Mùller, pg. 308. 1950, Loxoconcha turbida, Ruggieri, pg. 15, tav. IV, fig. 1. 1968, Loxoconcha turbida, Masoli, pg. 56, tav. XIII, figg. 194-196. Osservazioni: Questa specie si rinviene saltuariamente e con pochi individui nelle argille calabriane del Mar Piccolo, mentre è comune e — 83 — assai abbondante nella parte temperato-calda, ove in un campione rag¬ giunge il 75,2% dell’associazione. Dimensioni : v.d. $ L = 0,53 mm. h == 0,35 mm. v.d. cf L = 0,55 mm. h = 0,32 mm. Distribuzione stratigrafica: Dal Calabriano di varie località (Rug¬ gieri, 1959). Ecologia: Golfo di Napoli: a piccole profondità o su alghe, o su fondi sabbiosi, o anche su detrito aigaie (MÙller, 1894). Nella baia di Carnalès: su sabbia con detriti di Posidonia a 30 m., nella stessa baia a 70 m. su fanghi con detriti di Posidonia ; all’entrata del Porto di Monaco tra i 40 e i 60 m. (Rome, 1964). Adriatico settentrionale: su fondali con batimetria e litologia variabili (Masoli, 1968). Genere CYTHEROIS MÙller G. W. 1884 Cytherois fischeri (Sars) (Tav. VI figg. 5-7; Tav. Vili fig 6) 1866, Paradoxostoma fischeri, Sars, pg. 96 1957, Cytherois fischeri , Wagner, pg. 99 ; tav. XLIX, figg. 1-4. Osservazioni : Questa specie, assente nella parte calabriana della serie, diviene molto abbondante in quella temperato-calda, associandosi con Loxoconcha turbida MÙller. Dimensioni: v.s. 9 L = 0,56 mm. h = 0,21 mm. Distribuzione stratigrafica: Quaternario di Imola (Ruggieri, 1953). Depositi post-terziari dell’Inghilterra e dell’Irlanda, Olocene dei Paesi Bassi (Wagner, 1957). Quaternario della Calabria e Romagna (Rug¬ gieri, 1959). Ecologia : Skagerak : su substrato con alghe, o sabbioso con detrito grossolano, a profondità comprese tra 0,5 e 14 m. ; rinvenuta anche lungo le coste della Norvegia, Gran Bretagna e Irlanda ; è una specie fitofila, euriterma ( 0-22°C) e eurialina (S > ?3 °/oo) (Elofson, 1941). Fondi ricchi di alghe, specie euriterma e eurialina (Wagner, 1957). — 84 — Genere XESTOLEBERIS Sars 1866 Xestoleheris dispar MÙller G. W. 1894, Xestoleberis dispar, Mùller, pg. 338, tav. XXV, figg. 2, 3, 9, 25. 1968, Xestoleberis dispar, Masoli, pg. 59, tav. Ili, fig. 37 ; tav. XIII, figg. 206-207 Dimensioni : v.d. $ L = 0,73 mm. h = 0,41 mm. Distribuzione stratigrafica: Non ho trovato segnalazioni di questa specie allo stato fossile. Ecologia : Golfo di Napoli : a piccole profondità tra alghe calcaree o Posidonia (Mùller, 1894). Golfo di Napoli; a profondità inferiori ai 100 m., associata con Posidonia o alghe calcaree (Puri, Bonaduce e Malloy, 1964). Golfo di Gabes: da raro a comune a 0-Im. di profondità (Bonaduce e Masoli, 1968). Adriatico settentrionale: ben rappresentata in tutta l’area (Masoli, 1968). Isola di Malta: su fondali sabbioso-fan- gosi, con alghe calcaree a meno di 108 m. di profondità; Mar Egeo: rin¬ venuta a 69, 73 e 649 m. ; Isola di Candia : a 764 m. (Puri, Bonaduce e Gervasio ; 1969). RINGRAZIAMENTI Ringrazio la Chiarissima Prof. Angiolamaria MaccagNO, direttore dell’Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli, che con i mezzi fornitimi ha permesso questo lavoro. La Prof. Moncharmont-Zei per i dati sui Foraminiferi. Il Dott. Piero De Castro per le osservazioni di campagna fornitemi. I signori Bruno Pastore e Antonio Canzanella, rispettivamente disegnatore di questo Istituto e tecnico del Microscopio elettronico, per la collaborazione datami. Ringrazio altresì le Autorità militari dell’Areonautica, Marina ed Esercito del Territorio di Taranto per i permessi di accesso alle zone militari. 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Fig 6. — Leptocythere tenera (Bradi), norma dorsale Q ; x 135. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 7. — Leptocythere tenera (Bradi), cerniera v.d. £ in norma interna; x 185. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig 8. — Leptocythere tenera (Bradi), impronte muscolari della stessa valva; x 610. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. Gli ostracodi delle argille , eco. Tav. I TAVOLA II Fig. 1. — Leptocythere tenera (Brady), norma interna v.s. 9 ? x 135. Camp MZ 117 (Argille temperate). Fig. 2. — Echinocythereis pustulata (Namias), norma laterale v.s. § ; x 68. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 3. — Echinocythereis pustulata (Namias), norma dorsale ^ ; x 70. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 4. — Echinocythereis pustulata (Namias) impronte muscolari v.d. ^ ; x 455. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 5. — Echinocythereis pustulata (Namias), norma interna v.d ^ ; x 68 Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 6. — Echinocythereis pustulata (Namias), norma laterale v.d. (|> ; x 68. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 7. — ? Occultocythereis maccagnoi n.sp., norma laterale v.s. q* , olotipo ; x 115 Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 8. — ? Occultocythereis maccagnoi n.sp., norma dorsale Q , paratipo; x 120, Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 9. — ? Occultocythereis maccagnoi n.sp., norma interna v.s. £ , paratipo; x 115 Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. - Gli ostracodi delle argille, ecc. Tav. II TAVOLA III Fig. 1. — ? Occultocythereis maccagnoi n.sp., norma interna v.d. Cj) , paratipo ; x 115. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 2. — Buntonia dertonensis Ruggieri, norma laterale v.d. ^ ; x 107 Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 3. — Buntonia dertonensis Ruggieri, norma interna v.d. ^ ; x 104. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 4. — Buntonia dertonensis Ruggieri, pori normali v.d. Q ; x 1860 Camp MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 5. — Buntonia dertonensis Ruggieri, cerniera v.s. in norma interna; x 180. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 6. — Semicytherura tergestina Masoli, norma laterale v.d. ^ ; x 116. Camp MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig 7. — Semicytherura tergestina Masoli, norma dorsale ^ ; x 110. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 8. — Semicytherura tergestina Masoli, cerniera v.d. (j) in norma interna: x 248. Camp MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. Gli ostracodi delle argille , eco, Tav. Ili TAVOLA IV Fig. 1. — Cytheropteron tesiudo Saks, norma laterale v.s. § ; x 110. Camp. MZ 1 05 (Argille calabriane). Fig, 2. — Cytheropteron testudo Sams, norma interna v.d. 0 ; x 100. Camp MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 3. — Loxoconcha bonaducei n.sp., norma laterale v.s. Q , olotipo ; x 100. Camp, MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 4, — Loxoconcha bonaducei n.sp., norma interna v.d. O , paratipo; x 105. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 5. — Loxoconcha bonaducei n.sp., impronte muscolari v.s. Q , paratipo ; x 600 Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 6. — Loxoconcha bonaducei n.sp., norma laterale v.d. , paratipo; x 116. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 7. - — Loxoconcha bonaducei n.sp., poro normale, olotipo; x 9760. Camp MZ 107 (Argille calabriane). Fig, 8. — Loxoconcha bonaducei n.sp., norma dorsale , paratipo; x 112. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 9. — - Loxoconcha moncharmonti n.sp., norma dorsale , paratipo ; x. 120. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Sii Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. * Gli ostracodi delle argille, eco. Tav IV TAVOLA V Fig. 1. — Loxoconcha honaducei n.sp., norma interna v.s. paratipo; x 105 Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 2. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., norma laterale v.s. 9 , olotipo ; x 142. Camp. MZ 109 (Argille calabriane). Fig. 3. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., pori normali, olotipo; x 1365. Camp. MZ 109 (Argille calabriane). Fig. 4. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., norma interna v.d. , paratipo ; x 120. Camp. MZ 109 (Argille calabriane). Fig. 5. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., cerniera in norma interna della stessa valva; x 232. Fig. 6. — Loxoconcha moncharmonti n. sp., cerniera v.s. 9 in norma interna, paratipo; x 232. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 7. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., norma laterale v.s. , paratipo; x 131 Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 8. — Loxoconcha turbida Muller, norma laterale v.s. ; x 115. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 9. — Loxoconcha turbida Muller, norma interna v.d. 9 ; x 93. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Ciampo G. - Gli ostracodi delle argille ecc. Tav. V TAVOLA VI Fig. 1. — Loxoconcha turhida Muller, cerniera v.d. 9 in norma interna; x 183 Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 2. — Loxoconcha turbida Muller, norma interna v.s. 9 ; x 110. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 3. — Loxoconcha turbida Muller, norma dorsale q* ; x 110 Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 4. — Bylhoceratina vanderboldi Ruggieri, norma laterale v.d. (j) ; x 70. Camp. MZ 101 (Argille calabriane). Fig. 5. — Cytherois fìscheri (Sars), norma laterale v.s. 9 ; x 122. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 6. — Cytherois fìscheri (Sars), norma dorsale 9 ; x HO- Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 7. — Cytherois fìscheri (Sars). norma interna v.d. 9 ; x HO. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 8. — Xestoleberis dispar Muller, norma dorsale 9 ; x 95. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 9. — Xestoleberis dispar Muller, norma interna v.s. 9 ? x 95. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Ciampo G. • Gli ostracodi delle argille, ecc. Tav VI Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 m immmm TAVOLA VII Fig. 1. — Leptocythere tenera (Bkady), struttura delia zona marginale anteriore. v.s. 9 5 x Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 2. — ? Occultocythereis maccagnoi n.sp., struttura della zona marginale ante¬ riore, v.d. , paratipo; x 207. Camp. MZ 119 (Argille-sabbiose temperate). Fig. 3. — Buntonia dertonensis Ruggieri, struttura della zona marginale anteriore, v.s. 5 ? x 225. Camp. MZ 106 (Argille calabriane). Fig. 4. — - Buntonia dertonensis Ruggieri, struttura della zona marginale posteriore della stessa valva; x 225. Fig. 5. — Loxoconcha bonaducei n.sp., struttura della zona marginale anteriore, v.s. 9? paratipo; x 200. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 6. — Loxoconcha bonaducei n.sp., struttura della zona marginale posteriore della stessa valva; x 200. Fig. 7. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., struttura della zona marginale anteriore, v.s. £ , paratipo; x 260. Camp. MZ 107 (Argille calabriane). Fig. 8. — Loxoconcha moncharmonti n.sp., struttura della zona marginale posteriore della stessa valva ; x 260. Ul) u U cy Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. - Gli ostracodi delle argille, eco. Tav VII TAVOLA Vili Fig. 1. — Lepthocythere fabaeformis (Muller), strutture delle zone marginali e distribuzione dei pori normali, v.d. ; x 95. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 2. — Loxoconclin stellifera Muller, struttura delle zone marginali e distri¬ buzione dei pori normali, v.d. CJ) ; x 100. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 3. — Loxoconcha stellifera Muller, impronte muscolari della stessa valva; x 470. Fig. 4. — Cytheropteron alatum Sars, norma laterale e struttura delle zone mar¬ ginali, v.d. ^ ; x 103. Camp. MZ 109 (Argille calabriane). Fig. 5. — Cytheropteron alatum Sars, impronte muscolari v.d. ^ ; x 500. Camp. MZ 109 (Argille calabriane). Fig. 6. — - Cytherois fischeri (Sars), struttura della zona marginale anteriore, v.d. ^ ; x 230. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Fig. 7. — Xestoleberis dispar Muller, struttura delle zone marginali e distribu¬ zione dei pori normali, v.s. ; x 111. Camp. MZ 117 (Argille temperate). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Ciampo G. - Gli ostmcodi delle argille, ecc. Tav. Vili 7 Boll. Soc. Natur. in Napoli voi . 80, 1971, pp. 89-112, 2 tabb., 8 figg. Andamento delie repliche nella crisi sismica di Mignano Montelungo Nota dei socio LORENZO CASERTANO (*). del dott. EDOARDO IACCARINO (**) e degli Ingg. dott. FRANCESCO MUZI (**), MAURIZIO PERINETTI (**), TITO SANÒ (**) e CARLO ZAFFIRO (**). (Tornata del 26 febbraio 1971) Riassunto. — La crisi in oggetto è stata esaminata sotto diversi aspetti Per il sisma che l’ha originata la posizione delTepicentro si è potuto determinare in base ai dati macrosismici più attendibili, risultando 2 Km circa a SE del centro di Mignano. Dalle registrazioni sismiche avute a Napoli e al Vesuvio sono state dedotte le seguenti velocità nei due percorsi : Vp (Km/sec) Vs (Km/sec) Epicentro - Napoli 4,7 2,8 Epicentro - Vesuvio 6,6 3,2 La differenza dei valori viene attribuita alla presenza delTedificio del Roccamon- fina che risulta maggiormente interessato dalle onde che hanno seguito il per¬ corso epicentro - Napoli. Lo studio statistico delle repliche ha messo in evidenza che il normale de¬ cremento è stato interrotto da almeno tre recrudescenze che risultano ancora meglio dalTandamento temporale delle energie prodotte dalle repliche, e quindi dalle defor mazioni subite dagli strati (curva di Benioff). Le recrudescenze si sarebbero avute il 5 e il 29 ottobre, nonché il 21 novembre. La curva previsionale ha messo in evidenza che il particolare andamento avrebbe potuto essere previsto se si fosse avuto a disposizione l’attrezzatura adeguata. La distribuzione spaziale degli ipo ed epicentri delle repliche indica che queste si sono prodotte principalmente a una profondità media intorno ai 6 Km, con poche ripercussioni a profondità più alte o più basse di 5 Km da quella media. I centri delle repliche risultano compresi poi in una fascia della lunghezza di circa 10 Km con direzione NW-SE, partendo dalle pendici occidentali del M. Ro¬ tondo, a nord di Mignano, fin poco oltre la Stazione ferroviaria di Tora-Presenzano. (*) Osservatorio Vesuviano - Ercolano. (**) Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare, Viale Regina Margherita 125 - Roma. — 90 — La distribuzione delle compressioni e delle dilatazioni del primo movimento del suolo lasciano dedurre che, probabilmente, le repliche furono dovute a « frattura di strati ». Summary. — Various features of thè Mignano Montelungo aftershocks sequence are reported. The epicentral ubication of thè main shock, deduced by macroseismic data, is about 2 Km away from Mignano village south-eastward. The seismic records of Naples and Vesuvious stations have denoted thè following velocities in thè two sites : Vp (Km/sec) Vs (Km/sec) Epicentre - Naples 4,7 2,8 Epicentre - Vesuvius 6,6 3,2 The small values from epicentre to Naples travel are related to Roccamonfina volcano. Statistic studies of aftershocks have pointed out that thè normale decrement was interrupted by three recrudescences at least. The different behaviours of Benioff curve start with thè recrudescences happened on october 5 and 29, and november 21, 1970. The prediction curve shaws that such a behaviour could be predicted by means of adeguate equipment. The spatial distribution of foci indicates that they are produced at a mean depth of 6 Km, and are desplaced within a 10 Km wide zone striking NW-SE, from M. Rotondo to railway station of Tora-Presenzano. Compession-dilatation change distribution probably denotes a strike-slip faulting. Introduzione. Il 27 settembre 1970, verso le 20,20, ore locali, fu avvertita in Mignano Montelungo e nei Comuni viciniori una scossa sismica alla quale è stata attribuita un’intensità del VII grado Mercalli e una magnitudo di circa 4. Dalle indagini svolte, nei giorni immediatamente successivi, dai funzionari del Genio Civile e dei Vigili del Fuoco di Caserta fu accer¬ tato che nel Comune di Mignano — comprese le frazioni di Càspoli e Campozillone — il sisma aveva prodotto danni di gravità piuttosto ana¬ loga nella quasi generalità dei fabbricati. Meno diffusi furono i danni subiti a S. Pietro Infine, Conca della Campania e Galiuccio. A Presen- zano fu soltanto avvertito e non dalla generalità della popolazione, come invece lo fu a Torà e Piccilli e Marzano Appio. Per tali considerazioni macrosismiche l’epicentro sembra che deb¬ ba essere fissato nella zona posta a SE del centro di Mignano e a una distanza di 1-2 Km da questo. D’altra parte è proprio questa la — 91 — zona in cui risultano addensati il maggior numero degli epicentri che è stato possibile calcolare per le repliche. Il sisma fu registrato, fra le altre stazioni, nella rete sismica del¬ l’Osservatorio Vesuviano e ai sismografi dell’Istituto di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli. Nei giorni successivi fu seguito da alcune altre scosse soltanto avvertite nella zona. Per avere indicazioni precise sullo sviluppo del fenomeno il 5 ottobre fu sistemata nei sotterranei della Casa Comunale di Mignano una componente verticale Hosaka, con periodo di 5% con amplificatore transistorizzato Kuhn e registrazione su carta affumicata. Questa componente ha funzionato nelle stesse condizioni fino al 12 gennaio 1971 quando è stata collegata, insieme a due componenti orizzontali, a un amplificatore a valvole della stessa Hosaka. Dal 28 dicembre, inoltre, è stato sistemata, nella Stazione Carabinieri di Pre- senzano, una tripletta di masse sismografiche della Geotech, collegate però ad amplificatori Kuhn e con registrazione su carta affumicata. Nei primi giorni di dicembre il CNEN ha installato proprie at¬ trezzature con le quali è stato possibile trarre ultili informazioni ai fini delle indagini in corso. Queste apparecchiature consistevano in : a) un acceleragrafo fotografico MO-2 del tipo « Strong Motion » e cioè capace di registrare su pellicola fotografica le tre componenti di un sisma di elevata intensità. Questo apparecchio, di costruzione statunitense, fornisce direttamente l’accelerazione del sisma ed è azio¬ nato da un dispositivo a soglia che mette in moto il motore di trasci¬ namento della pellicola se l’accelerazione supera il valore di 0,01 g , corrispondente ad una scossa del VI grado della scala Mer calli, e lo arresta dieci secondi dopo che l’accelerazione è scesa al di sotto del va¬ lore di soglia ; b) tre sismometri ad elevata sensibilità Si 3, del tipo a periodo corto, costituiti da masse oscillanti in campo magnetico e con uscita elet¬ trica proporzionale alla velocità del moto del terreno. Questi apparec¬ chi, della Geotech, erano predisposti per rilevare le tre componenti del sisma; c) tre amplificatori ad elevato guadagno, sempre di costruzione della Geotech, per amplificare i segnali forniti dagli elementi sensibili. Il guadagno degli amplificatori era stato predisposto per misurare velo¬ cità comprese all’incirca fra i 10 e i 300 [x/sec che, per frequenze normalmente presenti in un oscillogramma di un sisma, corrispondono ad accelerazioni comprese fra 0,1 e 0,003 g, e quindi a sismi inferiori al IV grado della scala Mercalli ; — 92 — d) un registratore magnetico della ditta Honywell per la regi¬ strazione su nastro magnetico dei segnali in uscita degli amplificatori, regolati appunto per poter essere utilizzati in tale tipo di apparecchiature. Le attrezzature del CNEN sono state installate negli stessi sot¬ terranei della Casa Comunale di Magnano. Esse hanno formato una stazione sismica di grande capacità e di elevato grado di affidamento permettendo di ricavare dati ed informazioni che sono alla base della trattazione che verrà esposta. Prima di passare a questa si ritiene opportuno dare un breve cenno sulle registrazioni avute a Napoli e all’O.V. del sisma che ha dato inizio alla crisi. A riguardo vi è da rilevare che mentre la distanza epicento — I.F.T. (65 Km circa) è inferiore a quella epicentro — stazioni sismi¬ che O.V. (in media 72 Km circa) purtuttavia il valore della diffe¬ renza (S - P) — essendo S e P i tempi di arrivo delle rispettive fasi ■ — per Napoli risulta superiore a quella ricavata per le diverse stazioni dell’O.V. : infatti per tale differenza è stato dedotto un valore medio di circa 10s per Napoli e di circa 8S per il Vesuvio. Con i valori sopra indicati e nell’ammissione che sia VP/VS = 1,73 — essendo VP e Vs le velocità delle relative onde — si ricava per i percorsi : epicentro-N apoli VP = 4,7 Km/sec e Vs = 2,8 Km/sec epicentro- V esuvio VP = 6,6 e Vs = 3,2 Il diverso comportamento delle onde sismiche può essere giustifi¬ cato con la presenza dell’edificio vulcanico del Roccamonfina. Infatti mentre quelle registrate al Vesuvio lo hanno interessato solo margi¬ nalmente, le onde registrate a Napoli lo hanno attraversato nelle zone più centrali, quindi probabilmente meno compatte. Giustificazione sotto un certo aspetto analoga si ha per il fatto che delle differenze (S - P) dedotte per le singole stazioni vesuviane il valore più alto (8%5) e l’unico che si distacchi dagli altri per uno scarto superiore al limite dell’errore, si ha per il bunker n° 2, siste¬ mato sul versante occidentale del cono vesuviano. Infatti proprio per tale bunker è stata trovata ( Casertano e Na¬ poleone, 1969) una diminuzione anomala delle ampiezze massime delle registrazioni relative ad esplosioni artificiali, anomalia giustificata dalla particolarità della zona, in cui trovasi la stazione, molto tormentata — e quindi con coefficiente di assorbimento piuttosto elevato — • a causa 93 — dell’attività vesuviana ivi svoltasi nel secolo scorso, fino alla forma¬ zione del Colle Umberto, al margine del quale trovasi il bunker n° 2. Informazioni e dati rilevati. La componente verticale Hosaka ha registrato dal 6 ottobre 1970 al 12 gennaio 1971 circa 800 scosse, la maggior parte delle quali, inte¬ ressanti il presente studio. Nel periodo in cui è stata in funzione la stazione sismica del CNEN ha registrato : a) una scossa di intensità massima pari a 0,020 g, rilevata dal- l’accelerografo M02 alle ore 8,39 del 21 novembre 1970; b) n° 13 scosse di intensità comprese fra 0,1 e 0,003 di g ri¬ levate dai sismometri Si 3 nei giorni 1, 2, 3 dicembre 1970, riportate nella Tabella I. Altre repliche sono state registrate, infine, nelle stazioni dell’O.V. sistemate a Presenzano e a Mignano: parte di esse sono state utilizzate per dedurre la distribuzione degli epicentri e sono riportate nella Tabella IL Allo scopo di poter utilizzare il maggior numero possibile delle registrazioni avute alla componente verticale Hosaka sono state eseguite delle correlazioni fra velocità e spostamenti effettivi del suolo dedotti dai dati avuti su pellicola e su nastro magnetico agli apparati del CNEN con le ampiezze massime dei segnali registrati contemporanea¬ mente dalla ricordata componente verticale. È stato anche possibile rica¬ vare per le repliche registrate all’Hosaka il valore della magnitudo, ricorrendo per questo anche ai dati forniti dall’Osservatorio dell’I.N.G. di Monteporzio Catone. Di ciò si riferisce in particolare nel paragrafo seguente. Correlazioni sperimentali dedotte. Le registrazioni della stazione sismica del CNEN, effettuate su nastro magnetico, sono state elaborate per determinare la componente verticale sia della velocità che dello spostamento, quest’ultima otte¬ nuta mediante integrazione su calcolatore analogico. I valori massimi della velocità Vn in |i/sec, dello spostamento s in jjl e del segnale Vc in mm registrato dall’apparecchiatura Hosaka sono riportate in Ta- — 94 — bella I. I dati corrispondono a letture picco-picco effettuate sugli oscil¬ logrammi. I valori Vc ed s sono stati poi correlati con i valori di Vn con il metodo dei minimi quadrati ammettendo relazioni di tipo lineare. Le due correlazioni ottenute sono : Vc = 0,04156 Vn s = 0,03031 Vn TABELLA I N° giorno ora V C y n s 1 1/12/70 18,45 0,7 14,5 0,4 2 1 19,10 9,0 210,0 5,5 3 1 20,40 0,6 14,0 0,5 4 1 20,45 7,0 145,0 3,5 5 1 21,23 1,0 15,0 0,5 6 1 22,30 0,8 16,0 0,5 7 1 23,38 0,6 12,0 0,25 8 2 2,24 2,4 40,0 1,0 9 2 2,35 3,6 72,0 2,4 10 2 3,35 1,4 28,0 0,6 11 2 11,23 5,0 110,0 3,2 12 2 22,56 21,0 520,0 16,5 13 3 1,17 4,4 110,0 2,8 Nell’ammissione che la frequenza predominante sia sempre la stessa per tutte le scosse dalle registrazioni dell’Hosaka si è potuto rica¬ vare il valore effettivo della componente verticale dello spostamento del suolo mediante la relazione s = 0,73 Ve Per calcolare la magnitudo di tutte le scosse registrate si è tenuto conto che con il Wood- Anderson dell’Osservatorio di Monteporzio Ca¬ tone era stato registrato non solo il sisma principale — di magnitudo M = 3,93 — ma anche le repliche nn° 1, 16, 116, 302 e 340. Poiché la replica n° 302 fu registrata a Mignano anche con — 95 — l’accelerografo MO-2 è stato possibile, mediante integrazione grafica, di risalire alla velocità massima effettiva e allo spostamento massimo Fig. 1. — Correlazioni tra i valori di velocità e di spostamento. effettivo verificatosi e quindi di calcolare la magnitudo di tutte le scosse registrate con FHosaka. Restava soltanto da determinare la magnitudo di una diecina di scosse per le quali le registrazioni dell’Hosaka erano andate fuori scala e le apparecchiature di Monteporzio non avevano fornito alcuna indicazione. — 96 — Tenuto conto che la scossa più grande registrata all’Hosaka senza che l’amplificatore venisse saturato — cioè senza che l’apparecchio andasse fuori scala — ha la magnitudo di 2,58 e la più piccola regi¬ strata a Monte Porzio ha magnitudo 2,70, è stato possibile in base alle informazioni macrosismiche stabilire i valori di magnitudo anche per quelle scosse delle quali le notizie strumentali erano insufficienti. L’errore per questa approssimazione può essere al massimo del 5%. Vi è infine da aggiungere che sono state prese in considerazione, per le ulteriori indagini, soltanto le scosse con magnitudo superiore a 0,95 perchè per tale magnitudo l’ampiezza picco-picco sulle registra¬ zioni dell’Hosaka risulta di 1 mm. In conclusione i valori di magnitudo di tutte le scosse verificatesi a Mignano sono ricavabili da tutti i dati di cui si è fatto cenno prece¬ dentemente. Infatti per tutte le scosse si hanno i valori dello sposta¬ mento effettivo del suolo a Mignano per cui è possibile risalire alla magnitudo con una semplice relazione di proporzionalità dedotta dal rapporto tra lo spostamento del Wood- Anderson e lo spostamento dello MO-2 per la scossa n° 302. Analisi frequenziali e determinazione degli spettri dei sismi. Queste informazioni di grande utilità sia dal punto di vista dello studio della dinamica del terreno, sia per i problemi di ingegneria si¬ smica, non sono ancora disponibili in linea definitiva date le lunghe e laboriose elaborazioni che si son dovute effettuare mediante compu¬ ter s. Da un esame preliminare delle elaborazioni è possibile trarre la conclusione che in tutti i terremoti è presente una componente fon¬ damentale di 5 Hz corrispondente ad un periodo di 0,2 secondi. Considerazioni sull’andamento delle repliche. Generalmente i terremoti tettonici vengono interpretati come do¬ vuti ad un’improvvisa liberazione di energia accumulatasi sotto forma di tensioni elastiche nell’interno della crosta o del mantello superiore. Purtroppo, l’azione delle scosse è così rapida da non consentire il re¬ cupero delle caratteristiche elastiche delle rocce interessate. Questo recupero, ritardato dal comportamento elasto-plastico, causa nuove tensioni che si sommano alle forze principali residue. — 97 — In tal modo la frattura originaria si rimette improvvisamente in movimento ogni qualvolta le tensioni accumulatesi superano la resi¬ stenza che blocca la frattura stessa. Questo processo si ripeterà finché rimarrà una tensione residua insufficiente a vincere la resistenza di coesione interna. In base a questo principio ed ai risultati dì esperienze di labora¬ torio, II. Benigff formulò un modello del meccanismo secondo il quale si verifica un fenomeno sismico di carattere tettonico. Le leggi empiriche osservate in laboratorio che descrivono le de¬ formazioni di un provino di roccia sottoposta a sforzo, possono essere espresse da : S = C + D [1 — S = A + Blogt a seconda che si tratti rispettivamente di deformazioni di pressione o di distorsione e nelle quali S è la deformazione e A, B, C, D, t0, a e p sono costanti dipendenti dalla natura del materiale. Accettate alcune ipotesi semplificative, Benioff ritiene che il contributo di ogni singola replica al rilascio delle tensioni, e quindi alla deformazione complessiva, sia proporzionale alla radice quadrata della energia irradiata in onde elastiche. Questa energia può essere valutata dalla relazione : log E = a + b M dove (E) rappresenta l’energia, (M) la magnitudo e (a) e (b) sono costanti note. Questa relazione, pur soggetta a varie qualificazioni e incertezze, ha un’influenza trascurabile sull’andamento della deformazione quando il contributo di deformazione delle repliche è espresso in rapporto al contributo di deformazione della scossa principale. Nella rappresentazione grafica dei contributi di deformazione delle singole scosse in funzione del logaritmo del tempo contato a partire dalla scossa principale, le curve ottenute possono dare una indica¬ zione del meccanismo del processo delle repliche. Dai risultati di laboratorio deriva che l’andamento lineare può in¬ dicare una deformazione per compressione, mentre uno di tipo espo¬ nenziale indicherebbe una deformazione derivata da forze prevalente¬ mente di taglio. 7 — 98 — Lo studio delle repliche è stato completato da P. E. Valle (1969) e da L. Marcelli e P. E. Valle (1969) per la parte previsionale. In esecuzione di quanto sopra esposto, per i fenomeni sismici di Mignano si è proceduto al calcolo delle deformazioni di ogni replica e alla previsione per la replica successiva. Le formule adottate sono: log E = 9,154 + 2,147 M che lega l’energia (E) alla magnitudo ( M) ; xj = Ej/Eo che rappresenta l’energia normalizzata dove Eo è l’energia irradiata in onde sismiche dalla scossa principale ed Ej è quella irradiata dalla re¬ plica j esima: essendo inoltre xj Vi il contributo di deformazione della j esima replica normalizzata alla deformazione della scossa principale. Inoltre il rapporto: K V 1/2 L x. 1 3 sta ad indicare il rendimento complessivo del fenomeno fino alla Kma replica, mentre ArjK+i5K — X 1/2 + 1 K V I/2 ^ X . , 3 + X 1/2 K+l rappresenta la variazione del rendimento per la scossa (K + 1) esima e pertanto funzione della grandezza incognita xK+i- Questa funzione oscilla tra i valori minimi e massimi che sono indicati da AY}m e AyJm* È pertanto possibile stabilire l’andamento del processo e cioè se è crescente, stazionario o decrescente a secondo che A T) J 0. — 99 — Per i ragionamenti che seguono, conviene introdurre la grandezza funzione di xK+1 , definita da A rj k+i , k r = - A Y] M Ay]m che oscilla fra i valori rm - — — — e 1. A 7] M Infine dalla 2 Mo, Kn = Mo + - log Tj K 2,147 dove M0 è la magnitudo della scossa principale, è possibile prevedere il valore della magnitudo della replica successiva se il processo è sta¬ zionario. Questo valore ovviamente rappresenta il valore massimo della magnitudo se il processo è decrescente oppure il valore minimo di magnitudo se il processo assume andamento crescente. La grandezza rm, che è sempre negativa, può fornire indicazioni sulla tendenza del processo delle repliche a passare da una fase all’altra. Se il processo è decrescente ed il valore di rm previsto per le repliche successive ha un andamento che si approssima allo zero, è manifesta la possibilità che il processo alla (K + l)ma replica cambi fase assu¬ mendo l’andamento crescente per cui il valore di magnitudo calcolato con la formula precedente risulta minimo rispetto a quello che si avrà effettivamente. Se il processo delle repliche si trova in fase stazionaria, la defor¬ mazione prevista per la (K + l)ma replica è proprio uguale a yjK ed è possibile calcolare anche il valore di magnitudo previsto. Nella figura 2 sono riportati, in funzione del numero d’ordine delle repliche, i valori di deformazione osservata e di quella prevista, nella ipotesi che il processo sia stazionario (per cui x Y}k) e quindi con scala diversa i valori di magnitudo previsti. Da questo grafico risulta che i valori osservati sono tutti infe¬ riori a quelli previsti ; fanno eccezione quattro scosse e precisamente la Tòma, 94ma, 1 1 6 ma e la 302ma. — 100 — Fig. 2. — Valori di deformazione osservati e, per ar^2 = , valori di deforma¬ zione e magnitudo previsti in funzione del numero d’ordine. Per completare la previsione bisogna controllare l’andamento del rendimento attuale per vedere se si può avere un’inversione nelle fasi del processo. A tal fine è stato costruito il diagramma di figura 3 ove su ordinata sono riportati i valori di r osservato e di rm previsto. Questo grafico pone in evidenza il valore quasi zero di rm in corri¬ spondenza delle repliche n° 16, 116, 302 avvertendo che era possibile avere un’inversione delle fasi del processo. Il processo delle repliche viene così schematizzato : a) dalla prima replica alla quindicesima il processo era in fase decrescente, ma il valore di rm cresce rapidamente avvicinandosi allo zero rendendo manifesto il pericolo del passaggio del processo dalla fase 101 > • i . . " i il ‘ [ 1 i. ' 1 . 4 s * ! 1 n 1. * i \ \ ’ 1 \ « \ \ 1* . i l * * \ r * '» . \ r »* i, j . \ * . * {* > ’ 1 \ }' i ’ ' % . )/ 'f\ •*.* \ i * . 1 i ’ }/. 1 I bD s Valori minimi previsti e valori osservati della variazione normalizzata del rendimento attuale del processo delle repliche in funzione del loro numero d’ordine. — 102 — decrecente alla fase crescente, come effettivamente si verificò alla sedi¬ cesima replica. Infatti la replica n° 16 si manifestò con una magnitudo superiore a quella prevista. Tenuto conto del fatto che l’HOSAKA fu installato dopo la sedicesima replica, i risultati di previsione sono da considerarsi abbastanza buoni ; b) alla sedicesima replica il valore di rm diminuì sensibilmente, facendo prevedere il ritorno del processo alla fase decrescente e ciò av¬ venne alla diciasettesima replica ; c) dalla 17ma replica alla 93ma, il processo risulta decrescente e il valore di rm cresce, progressivamente da far ritenere assai prossimo il cambiamento di fase del processo ; d) alla 94ma replica il processo è crescente e quindi è manifesto il pericolo che la scossa fosse di magnitudo superiore a quella prevista ; e) dopo la 94ma replica, il processo ritorna decrescente, ma con valori elevati di rm e quindi prossimo il cambiamento di fase che effet¬ tivamente si ebbe alla replica llóma; /) dopo la llóma replica, il processo ritorna decrescente e i va¬ lori di rm molto piccoli ma crescenti fino alla 302ma replica dove sono assai prossimi allo zero, mettendo in evidenza la possibilità del cambia¬ mento di fase che si ebbe effettivamente alla 302ma replica ; g ) dopo la 302ma replica, il processo ritorna decrescente e i va¬ lori di rm molto piccoli ma crescenti. Il fenomeno però è in fase di estinzione e quindi il pericolo di una nuova fase crescente è meno manifesto. Se questi grafici fossero stati costruiti durante il fenomeno sismico, entro certi limiti, era possibile controllare l’evolversi del fenomeno stesso. Mentre per le repliche 16, 116 e 302 era possibile prevedere la variazione di fase con una certa approssimazione, certamente si poteva prevedere la replica 94ma dal fatto che la fase improvvisamente da decrescente risultò crescente. La figura 4 mostra i diagrammi previsti per la variazione del ren¬ dimento attuale in funzione della deformazione prevista per le repliche n° 301, 302 e 303; si può notare che i valori osservati sono sulle curve di previsione. Questa buona corrispondenza tra previsione e realtà fa ritenere attendibile l’ipotesi che il fenomeno di Mignano ricada nello schema proposto da Benioff, per i terremotati di origine tettonica. In figura 5 è riportato il grafico delle deformazioni in funzione del logaritmo del tempo a partire dalla scossa principale. 103 Fig. 4. — Diagramma previsto di ÀTQ in funzione di x1/2 per le repliche N° 301 302 e 303. Per la prima parte di questa curva fino alle ore 203 e 32 minuti, nulla si può dire poiché mancano le registrazioni delle scosse di pic¬ cola intensità ; mentre la seconda parte della curva può essere in un — 104 — certo senso paragonata a quella ottenuta da Benioff per la serie di re¬ pliche del terremoto di Signal Hill dell’ottobre 1933. Sembra di poter distinguere, per questa seconda parte di curva, Fig. 5. — Andamento della deformazione prodotta dalle repliche nel corso del tempo. due andamenti rettilinei dei quali il primo nelFintervallo 203 h 32 m - 798 h 14 m caratterizzato dall'equazione S = — 0,8465 + 0,5638 logt, il secondo nell’intervallo 798 h 14 m - 1308 h 19 m caratterizzato dall’equazio¬ ne S = — 6,2429 + 2,5049 logt; infine, l’ultimo tratto ad andamento 105 — esponenziale dove cioè prevalgono deformazioni di distorsione caratteriz¬ zato dall’equazione S - 2.7785 — e<" °-0224 1 " 1308-32> °,5r- Sembra logico poter definire che il processo delle repliche sia ca¬ ratterizzato da quattro fasi iniziatesi con una scossa rilevante e precisa- mente la principale, la 16 ma. llóma e la 302ma, nelle prime tre con liberazione di deformazioni di pressione e la quarta con liberazione di deformazioni prevalentemente di distorsione. L’aumento di pendenza dei tre tratti rettilinei può essere giustifi¬ cato da un aumento di fagliazione nell’area attiva. L’ultimo tratto è caratterizzato dall’esaurirsi del fenomeno stesso. A conferma di quanto detto vi è l’andamento della distribuzione delle frequenze nel tempo riportato in figura 6. Infatti ad un andamento ge¬ nerale crescente fin verso il 56mo giorno, fa seguito un andamento de¬ crescente dell’attività sismica e ciò può essere spiegato dall’aumento di fagliazione nell’area attiva. A parte il primo tratto, cioè fino al giorno 10 dalla scossa princi¬ pale in cui è stato installato l’HOSAKA, anche il grafico di figura 6 può essere suddiviso in tre periodi che iniziano il giorno lOmo, 35mo, 56mo corrispondenti alle scosse n° 16, 116, 302. Ogni periodo si inizia con un’attività elevata per numero di scosse e va poi decrescendo. In conclusione sembra poter dire che la scossa principale ha libe¬ rato la deformazione accumulatasi lungo una faglia principale e le re¬ pliche hanno liberato deformazioni che si sono create nel recupero totale delle caratteristiche elastiche delle rocce interessate con aggiunta di liberazione di deformazioni accumulatesi lungo faglie secondarie come se la scossa principale avesse innescato il movimento ad altre faglie che si sono mosse per ritrovare quell’equilibrio ormai rotto dei blocchi di roccia in cui tutta la zona è suddivisa. Distribuzione spaziale degli ipo ed epicentri. Le registrazioni su nastro magnetico avute nei primi giorni di di¬ cembre agli apparati del CNEN hanno consentito ancora di avere delle deduzioni sulle posizioni epicentrali e sulle profondità ipocentrali di alcune scosse. Pertanto pur avendo eseguito indagini analoghe sulle registrazioni avute direttamente su carta a Mignano e a Presenzano — come si ve¬ drà — è alle prime che si attribuisce una maggiore attendibilità : in — 106 — particolare si ritiene che i dati ricavati dalle registrazioni su nastro magnetico siano affetti da un errore di alcune centinaia di metri, e quelli dedotti dalle registrazioni su carta siano affetti da un errore medio dell’ordine del chilometro, chilometro e mezzo. Fig. 6. — Frequenze delle repliche in funzione del tempo. Trattandosi di sismi molto vicini alla stazione e abbastanza super¬ ficiali si ritiene di poter ricavare non solo la posizione dell’epicentro ma anche quella dell’ipocentro in base a semplici considerazioni geo¬ metriche sulle tre componenti del primo moto del suolo. — 107 — Per poter risalire dalla differenza (S - P) al valore della distanza ipocentrale (r) — necessaria per i calcoli — nella formula r — a ( S - P) essendo a = Vp/(Vp/Vs — 1), si è assunto il valore a = 7 che, in media, si ricava per i terremotati vicini registrati in Campania, com¬ preso quello del 27 settembre 1970. Ciò porta a ritenere, sempre nell’ammissione di VP/VS = 1,73, che nella zona epicentrale si abbia: VP = 5,1 Km/sec e Vs = 3,0 Km/sec Questi valori corrispondono ai limiti inferiori dei valori medi che si attribuiscono alle due velocità nel granito. Nella Tabella II sono elencati i sismi per i quali è stato possibile ricavare con minore incertezza l’ubicazione degli epi e ipocentri. Gli stessi dati sono serviti per ricavare le Figg. 7 e 8. Dalla Fig. 7 si os¬ serva che gli epicentri si addensano principalmente in una fascia che, partendo dalle pendici occidentali del M. Rotondo, a nord di Mignano, con direzione NW-SE si prolunga fin nella zona posta a un paio di chilometri a SE dalla stazione ferroviaria di Presenzano. Questo anda¬ mento coincide abbastanza bene con quello della faglia appenninica riconosciuta nella zona. In verità potrebbero essere individuati anche altri allineamenti degli epicentri — sia paralleli sia trasversali e addirittura perpendicolari al primo — ma la non eccessiva abbondanza dei punti e la considerazione sugli errori di cui sono affetti i dati non consigliano di fare altre affer¬ mazioni più o meno decise a riguardo. Nella Tabella II è stato indicato anche il verso del primo movi¬ mento, cioè se esso è stato positivo ( compressione) o negativo ( dila¬ tazione). Per quanto le osservazioni anche contemporanee nelle due stazioni non consentono di avere una distribuzione completa dell’andamento del verso del primo moto del suolo, purtuttavia i dati a disposizione per¬ mettono di osservare che tale verso : 1) non è sempre lo stesso in ogni singola stazione: 2) il più delle volte nelle due stazioni è opposto. A riguardo del primo punto si può aggiungere che le diverse cen¬ tinaia di registrazioni avute alla componente verticale Hosaka siste- 108 — TABELLA II N° data ora longitudine da M. Mario latitudine h in Km verso prime to compor tici Mignano M. ) movimen- rente ver- rle Pres-enzano 1 1-12-1970 19h IQm 1° 30', 1 41° 25', 2 5,1 2 1 20 45 32 ,8 23 ,6 5,6 — 3 1 22 30 33 ,5 22 ,6 6,0 — 4 2 2 24 33 ,0 23 ,5 6,0 — 5 2 2 35 33 ,1 23 ,5 5,1 — 6 2 3 35 33 ,2 23 ,4 10,0 — 7 2 22 56 32 ,9 23 ,8 5,1 + 8 3 1 17 33 ,3 23 ,5 5,1 — 9 30 2 45 35 ,3 23 ,0 10,0 + — 10 30 4 55 35 ,8 23 ,3 5,3 + + 11 31 12 45 35 ,4 24 ,2 2,1 + 12 31 13 00 31 ,3 24 ,6 2,2 + 13 31 14 21 31 ,8 25 ,1 5,1 — 14 31 18 20 34 ,6 23 ,9 7,7 + 15 1- 1-1971 4 45 35 ,3 25 ,3 11,0 — 16 1 21 30 33 ,0 19 ,2 6,1 — 17 2 2 08 34 ,6 22 ,9 9,7 + 18 2 2 20 33 ,2 25 ,3 5,7 — 19 3 0 10 34 ,6 23 ,4 8,1 + 20 6 21 04 32 ,5 23 ,9 8,6 • — + 21 7 9 16 33 ,0 25 ,6 6,0 + 22 7 21 33 34 ,1 23 ,6 6,8 + — 23 7 23 15 36 ,2 21 ,3 8,0 + 24 8 21 21 34 ,1 26 ,0 4,4 — + 25 9 2 18 33 ,5 23 ,6 7,7 — 26 9 3 03 33 ,8 21 ,7 4,9 + 27 12 2 35 34 ,4 19 ,4 6,9 . in + 28 12 15 34 33 ,1 24 ,3 12,0 — + 29 13 16 40 34 ,3 23 ,1 5,8 + + 30 17 21 05 29 ,5 22 ,4 6,7 + + 31 17 21 45 29 ,6 22 ,4 3,2 + + 32 18 7 05 34 ,5 25 ,3 1,0 — + ? 33 18 21 32 35 ,1 25 ,3 6,0 — + 34 22 17 58 35 ,9 21 ,3 4,9 + — 109 — N° data ora longitudine M. Mario da latitudine h in Km verso primo movimen¬ to componente ver¬ ticale Mignano M. Presenzano 35 26- 1-1971 2 54 1° 34', 7 41° 25', 7 8,7 + + 36 27 3 59 30 ,5 22 ,2 3,7 — + 37 27 5 43 35 ,8 21 ,5 6,4 + 38 27 22 51 32 ,9 24 ,5 5,4 + — 39 28 1 49 32 ,9 24 ,4 5,4 + — 40 28 16 15 29 ,9 25 ,1 1,3 — 41 29 23 05 35,8 21 ,2 7,7 + 42 30 1 40 36 ,3 21 ,3 6,5 + 43 30 9 53 36 ,4 20 ,9 6,3 + 44 3- 2 2 43 33 ,2 24 ,0 6,0 + — 45 3 3 54 32 ,6 24 ,8 5,5 + + 46 5 21 30 36 ,4 23 ,5 4,2 + mata a Mignano hanno, nella grande maggioranza, indicato come primo moto del suolo delle dilatazioni, pur non mancando delle compressioni. La non corrispondenza del verso nelle due stazioni porta, evidente¬ mente, ad escludere che il meccanismo dei sismi possa essere stato di sollevamento o di sprofondamento, per i quali erano da attendersi nelle due stazioni — molto prossime alla zona epicentrale — soltanto, rispet¬ tivamente, compressioni o dilatazioni. La cosa più logica sembrerebbe, perciò, che essendosi avuto, per la maggior parte dei sismi — se non per la totalità — segni opposti la distribuzione di questi sia stata quella a quadrante caratteristica per i sismi dovuti a « frattura di strati ». La non completezza dei dati impedisce di dedurre la direzione delle coppie di forze tangenziali che hanno prodotto la frattura. Per la profondità ipocentrale sembra di poter accettare come altamente in¬ dicativo il valore della media aritmetica che dà h == 6,0 Km. Infatti intorno a tale profondità si addensa, con scarti dell’ordine di grandezza dell’errore medio, il maggior numero di sismi ; d’altra parte esso risulta anche il valore della profondità ipocentrale del sisma che ha dato origine alla crisi dedotto sia con i dati macrosismici sia con — no — quelli microsismici relativi alla più netta registrazione avuta all’O.V. seguendo il metodo Caloi. Sugli addensamenti degli ipocentri si possono notare i due — in¬ vero non molto cospicui — che si hanno intorno alla profondità di 41" 26' 25' 24' 23' 22 21' 20 41" 19 1° 2 9" 30' 31' 32' 33' 34' 35’ 36' 37' 1* S8" Fig. 7. — Distribuzione spaziale degli epicentri. mignano nj. caspo/i 20 ^ « \ 25 22 \ campozi/lone \ \ presenzano \ 37 \ U «2 41 X \ *3 \b conca c. torà t * piccilli 1,5 Km (in numero di sei sismi) e di 10 Km (in numero di 13, fra i quali uno registrato il 2 dicembre e quindi con una ubicazione af¬ fetta da un errore minore rispetto alle altre). Si è voluto vedere se dalla distribuzione degli ipocentri potesse dedursi una variazione più o meno regolare in funzione della posizione epicentrale. Dalla Fig. 8 si osserva che ciò deve escludersi lungo Fallineamento — Ili principale degli epicentri. Analoghi risultati si hanno per gli eventuali altri allineamenti che potrebbero anche ricavarsi. Da ciò si può concludere che la manifestazione ha avuto sede, per tutta la sua durata, a una profondità media intorno ai sei chilo¬ metri con ripercussioni non importanti a profondità più alte o più basse di circa 5 Km rispetto alla prima. La posizione epicentrale, in¬ vece, si è andata spostando nel tempo, senza però alcuna regolarità come si osserva dal fatto che i numeri progressivi dei sismi si dispon¬ gono sul terreno senza alcuna regolarità. Conclusioni. Dalle considerazioni esposte si può dedurre, innanzitutto, che il sisma che diede origine alla crisi alle ore 20,20 del 27 settembre 1970 ebbe l’epicentro in una zona posta a SE del centro di Mignano e a circa 2 Km da questo. La profondità ipocentrale si può ritenere intorno ai 6 Km. Per ciò che si riferisce alla causa che lo produsse si può osser¬ vare che il meccanismo delle repliche — e, probabilmente, anche della scossa principale — è stata riconosciuta nella fratturazione di strati. In particolare le repliche hanno interessato una fascia lunga circa 10 Km — dalle pendici occidentali del M. Rotondo, a nord di Mignano, fin poco oltre la stazione ferroviaria Tora-Presenzano — con direzione da nord-ovest a sud-est, quindi coincidente con quella della faglia appen¬ ninica riscontrata nella zona. Gli ipocentri di queste repliche si adden¬ sano, in gran parte, intorno a una profondità di 6 Km, con due adden¬ samenti minori rispettivamente a 1,5 e a 10 Km. — 112 — Dalla distribuzione temporale sia del numero delle repliche sia delle energie prodotte — e quindi delle deformazioni subite dagli strati — si ricava che la crisi ha avuto un andamento abbastanza particolare, nel senso che il normale decremento è stato interrotto almeno tre volte, e cioè il 5 e il 20 ottobre e il 21 novembre. A riguardo dell’andamento dello sviluppo dell’energia prodotta dal¬ le repliche va notato che la curva di Benioff ha consentito di avere indicazioni sul meccanismo del fenomeno ; quella invece previsionale ha chiaramente mostrato che le recrudescenze del fenomeno potevano es¬ sere previste se fosse stato possibile seguirne lo sviluppo con adeguata attrezzatura. È per questi motivi che il CNEN, oltre ad aver pronta una sta¬ zione sismica adatta ha sviluppato anche il relativo programma nume¬ rico che permette il rapido trattamento dei dati secondo la linea esposta nella presente nota. BIBLIOGRAFIA Casertano L. e Napoleone G., 1969 - Esplosioni artificiali registrate nella rete sismica delV Osservatorio Vesuviano. Boll. Soc. Natur., Voi. 78, p. 75. Marcelli L. e Valle P. E., 1969 - Ancora un tentativo di controllo di un periodo sismico. Ann. Geof., Voi. 22, N. 4. Valle P. E., 1969 - Tentativo di controllo del periodo sismico siciliano iniziato il 14-1-1968. Ann. Geof., Voi. 22, N. 1. Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 113-128, 3 tabb., 4 figg. Indagine gascromatografica e dosaggio titrimetrico in mezzo non acquoso di ossiacidi aromatici Nota del Socio ENRICO ABIGNENTE e dei doti. CIRO GRIECO, FEDELE MANNA, CARLO SILIPO e ANTONIO VITTORIA. (Tornata del 26 febbraio' 1971) Riassunto. — Viene effettuata l’analisi degli acidi Tossi e 4-ossi-5-iodoisoftalico e dei relativi esteri metilici ed etilici mediante titrimetria potenziometrica in mezzo non acquoso e mediante gascromatografia dei corrispondenti trimetilsilil-esteri. L’opportuna scelta del solvente e del titolante, nonché opportuni accorgimenti tecnici, rendono possibile l’analisi selettiva delle funzioni caratteristiche delle sostanze in esame permettendone il dosaggio sia da sole che in miscele complesse. Summary. — The analysis of 4-hydroxy-,4-hydroxy-5-iodoisophtalic acid and rela- ted methyl and ethyl esters has been carried out by potentiometric titration in non- aqueous solvents and by gaschromatography of trimetylsilyl derivatives. Careful choice of titrant and solvent mixtures and suitable experimental conditions alJow thè selective analysis of each functional group. The method also permits thè analysis of compounds when are mixed together. L’osservazione che la presenza di due funzioni carbossiliche ed una fenolica sull’acido 4-ossiisoftalico permette a quest’ultimo di racchiudere le strutture relative agli acidi 2-ossi e 4-ossibenzoico, ha portato ad in¬ dividuare una nuova serie di prodotti attivi verso stipiti batterici e mi- cotici (Selleri e Caldini, 1961 a; Selleri e Caldini, 1961 b; Che- sher e Coll., 1955 ; Bavin e Coll., 1952). Poiché tale attività è risultata confermata anche nei 5-cloroderivati, Covello e Piscopo (1969), ri¬ prendendo tali ricerche, hanno sintetizzato una serie di 5-iododerivati di alcuni esteri dell’acido 4-ossiisoftalico. La presenza in tali prodotti di funzioni evidenziabili mediante titri¬ metria non acquosa, ha permesso di studiare il loro comportamento in soluzione e di pervenire ad una tecnica di dosaggio rapida e sensibile. 8 114 — La selettività del metodo di indagine impiegato è stata tale da con¬ fermare la sua validità non solo nella differenziazione di più funzioni titolabili sulla stessa molecola, ma anche nella determinazione e risolu¬ zione di miscele complesse, permettendo di differenziare eventuali im¬ purezze acide costituite dalla presenza nel campione di prodotti secon¬ dari di reazione. Operando opportune scelte di miscele solventi e di titolanti è stato possibile, infatti, individuare la natura e la quantità delle impurezze presenti, differenziare l’acidità delle funzioni da esse supportate e fare valide ipotesi sulla identità chimica dei prodotti secondari che accom¬ pagnano il prodotto esaminato. Tali ipotesi sono state ampiamente con¬ fermate dall’analisi gascromatografica dei prodotti, previa trasformazione di questi ultimi nei corrispondenti tr imetilsililder ivati , ottenendosi in ogni caso risultati in buon accordo con quelli dedotti dall’analisi titri- metrica. Considerazioni teoriche sull’andamento titrimetrico, infine, hanno portato ad individuare, nel comportamento dei prodotti in soluzione, fenomeni di associazione ionica, formazione di complessi inter ed intra¬ molecolari e fenomeni di interazione soluto-soluto e soluto-solvente. Parte sperimentale Titrimetria in mezzo non acquoso. — L’andamento delle titolazioni è stato seguito con un potenziometro Radiometer pH E 23, munito di un sistema elettrodico vetro/calomelano, sostituendo in quest’ultimo la soluzione satura acquosa di KC1 con un analoga soluzione metanolica ; e ciò al fine di realizzare rapide letture e di allargare il campo di po¬ tenziale sfruttabile. Accorgimenti particolari sono necessari per escludere il contatto dell’anidride carbonica atmosferica dai solventi e dai tito¬ lanti ad essa sensibili (Ciampa, Grieco e Silipo, 1966; Ciampa, Grieco e Silipo, 1968; Ciampa, Grieco, Manna, Silipo e Vittoria, 1969). Fra i vari titolanti il metilato potassico in metanolo e l’idrossido di tetra-n-butilammonio (ITBA) in benzene/metanolo 10:1 (v/v) 0,05 N hanno fornito i migliori risultati. In particolare l’ITBA è stato preferito perchè non forma precipi¬ tato con alcuno dei prodotti saggiati, non altera la sensibilità dell’elet¬ trodo di vetro e permette di abbracciare un notevole campo di poten¬ ziale. Esso, inoltre, è risultato particolarmente efficace per misure in so- 115 — luzioni a bassissimo contenuto idrogenionico, fornendo potenziali stabili e riproducibili. Il titolo delle suddette soluzioni è stato controllato con acido ben¬ zoico sciolto nello stesso solvente in cui vengono effettuate le successive determinazioni . Il campione in esame viene pesato direttamente nella cella di ti¬ tolazione e solubilizzato a temperatura ambiente. Al fine di realizzare le condizioni più favorevoli per la titolazione non è risultato sempre sufficiente l’uso di un singolo solvente, ma è stata spesso necessaria l’aggiunta di cosolventi capaci di contribuire al raggiungimento delle condizioni ambientali più idonee ad esaltare le caratteristiche acide delle sostanze in esame. La Tabella I riporta i sistemi solventi usati. I dati relativi alle de¬ terminazioni più significative vengono riassunti nelle Tabelle II e III. TABELLA I Sistema solvente Rapporto in volume Piridina Dimetilformammide (DMF) Dimetilsolfossido (DMS) Metilisobutilchetone Piridina/benzene/ metanolo 2:1:1 Piridina /benzene 1:1 Piridina/ clorobenzene 1:3 Acetone/ acetonitrile 1:1 La Tabella II, in particolare, riporta i dati titrimetrici relativi alle so¬ stanze presenti come impurezze nei campioni esaminati ed identificate per via gascromatografica. Gascr ornato grafia. — Uno studio comparativo delle curve di tito¬ lazione di uno stesso prodotto in solventi diversi aveva messo in evi¬ denza la presenza in alcune di esse di viraggi imprevisti, poco sviluppati ma netti. Ciò poteva essere imputato ad interazioni solvente-soluto e soluto-soluto, ma poteva anche essere attribuito a impurezze presenti nel prodotto, specie in quei casi in cui l’errore calcolato rispetto al peso — 116 — equivalente teorico era superiore a quello standard ottenibile mediante titrimetria. Per risolvere tale problema si è fatto ricorso all’analisi gascroma¬ tografica dei prodotti previa trasformazione di questi ultimi nei corri¬ spondenti trimetilsililderivati. Tale motodo si è dimostrato non solo estremamente sensibile, ma anche rapido per la reattività dell’agente usa¬ to, la cui forza silildonatrice è tale da trasformare quantitativamente in poco tempo i prodotti nei corrispondenti trimetilsililderivati (Klebe, Finkbeiner e White, 1966) I prodotti, infatti, sono stati sciolti in cloroformio anidro con l’ag¬ giunta, nei casi necessari, di poche gocce di piridina e trasportati me¬ diante siringa in boccette con tappo di gomma ermeticamente chiuse in cui è stato successivamente aggiunto un lieve eccesso di bis-trimetilsililace- tammide, che come riportato in recenti lavori, è il più reattivo tra gli agenti trimetilsililanti attualmente in uso. Dopo 15’ a 30°C tutti i prodotti sono risultati completamente trasformati, come è stato controllato mediante standard di confronto ottenuti silanizzando quantità note di prodotti riportati in Tabella II. L’analisi gascromatografica dei prodotti è stata condotta con il gascromatografo Perkin-Elmer 800 munito di rivelatore a ionizzazione di fiamma. Si è usata una colonna di acciaio lunga due metri con dia¬ metro interno di 2 mm. e con riempimento costituito da Chromosorb W 80-100 mesh trattato con esametilendisilazano e contenente 3,5% di SE/30. Tale colonna tra le varie provate è risultata la più idonea per il rapporto ottimale tempo di ritenzione-potere risolvente. Le analisi sono state condotte iniettando quantità note di soluzioni cloroformiche di trimetilsililderivato alla temperatura programmata da 90 a 250°C alla velocità di 4°C al minuto, con injector alla temperatura di 150°C, usando come gas vettore azoto. I tempi di ritenzione delle impurezze silanizzabili sono stati con¬ frontati con quelli calcolati dai cromatogrammi di miscele standard a titolo noto dei derivati silanizzati dei prodotti riportati nella Tabella IL Questo ha permesso di individuare in prima approssimazione le impu¬ rezze la cui identità è stata successivamente controllata aggiungendo quantità note di soluzioni standard alle soluzioni dei prodotti in esame e osservando i corrispondenti incrementi delle aree. Una volta indivi¬ duate le impurezze e osservati i tempi di ritenzione si è proceduto alla loro determinazione quantitativa mediante tecnica dello standard inter¬ no (acido benzoico silanizzato). Portando in diagramma i tempi di ritenzione in minuti in fun- TABELLA II — 117 — CO rH OO © © ®\ O O OS CO vo oC oC © O' co co VO T— ( O r— I © © © © CO r-H CO t- o o o o LO oo o © © © © co r— o o ó © o o CSI t— © C— o o © © <3 O <1 <1 °« <5^ PQ PQ CO hH PQ PQ &r PQ PQ PQ PQ PQ PQ ss hH u SS HH h- l i— i H H H HH H H HH HH — 118 — zione del logaritmo del peso molecolare del corrispondente trimetilsilil- derivato, si può osservare (Fig. 1) che esiste una relazione lineare fra le due grandezze, per lo meno nell’ambito dei pesi molecolari inda¬ gati. Tale relazione permette, quindi, di individuare, con buona appros¬ simazione, il peso molecolare della sostanza incognita conoscendo il cor¬ rispondente tempo di ritenzione. Fig. 1. — Tempi di ritenzione in funzione del logaritmo del peso molecolare dei tri- metilsililderivati . La Tabella III riporta le impurezze totali presenti in ogni singolo campione, determinate gascromatograficamente con il metodo dello stan¬ dard interno in confronto con i dati ricavati mediante titrimetria non acquosa. TABELLA III 119 3 g <>„ H 1 O N00 ^ OPj, fi fi \ 0 0 > 0 0 > 0 fi > Ufi 0 > O N \ Ih ti > O I— I efl rs .5 ©q •£ c 0 ^ S -fi Q cu s » s<3 8 3 •£ N fi § fi £ £ Q cu 3 ’-S S 0 0 pS s s| Q O Cu g .a s $ S3 ?^g .§ QQ 0 a co O O << o o *H o o U O 1-H m e«C w .2 * "S 9 m o 4 &> *A BS p-H .2 3 ‘3 0 "© rA .2 o © ©*2 0 l? 3 "o 3 0 co O oj *5 5 4j CO co O < W W 4 (*) Valore corretto dalle impurezze cromatografiche e relativo al viraggio più idoneo ai fini analitici. (**) Valore relativo alla somma delle impurezze titolabili totali riportate in Tabella IL (Segue Tabella III) 120 li s 2 « Qt O «*-i a ai «5 fi 68 u 1 — 1 &J0 feiffl 2,4 c— pH ec^ e4 pH 0,9 Purezza % Os p- | 00. ooS» O O 03 i-H i“ 1 100,0 100.4 100,0 100.5 cn co oC ® ® 03 o o pH i*H o ® c© o ssss hhhh o o cT o o OOP a? „ fi S e «s g o©w vo e© esi o. ^ V© OS ©a fH S© t- rH S ^ w i 3 ® O ^ e 03 os ph Tjf» eo p— 1 £¥3 O C© t>» i— i -^f» © P» 0*5 CSJ CS5 ^» LO LO «rj» « | o o o o

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L’apertura cribrata presenta uno spes¬ sore che decresce in maniera graduale, per quanto piuttosto sensibile, dai margini verso il centro. Essa si dispone secondo una superficie scutiforme dilatata lateralmente e più o meno convessa verso Lavanti ; spesso, però, per accentuarsi della convessità, il trematoforo assume più o meno distintamente la forma di un cono, più o meno arrotondato apicalmente, il cui asse decorre approssimativamente nel senso della spira. Molti esemplari mostrano un riassorbimento, parziale o totale, del trematoforo ; quello parziale è molto più comune ed interessa, più o meno estesamente, la zona apioale di esso a causa, probabilmente, dello spessore più ridotto. L’apertura cribrata è presente già a partire dalla prima loggia dopo il collo. È da osservare, in proposito, che spesso, a causa dello accennato riassorbimento, specialmente delle logge del primo giro, può venire simulata un’apertura unica subcentrale. Ho dei dubbi sul tipo di apertura del canale flessostilo ; ciò è dovuto non solo alle difficoltà di osservazione legate alla sua piccolezza ma anche ai fenomeni di riassorbimento che qui, a causa della deli¬ catezza delle pareti, possono manifestarsi più frequentemente. Tuttavia le numerose osservazioni eseguite permettono di escludere la possibilità di una apertura unica basale e limitano le possibilità aa un vano unico centrale o ad una apertura cribrata con gli stessi caratteri delle logge successive. Nelle logge uniseriali il trematoforo si sostituisce alle pareti de] setto con modalità analoghe a quelle viste per lo stadio avvolto. Esso è costituito, più esattamente, da una superficie convessa la cui distanza tra apice e base varia per lo più tra 0,043-0,063 mm. Il riassorbi¬ mento è frequente ; generalmente è totale ed interessa indifferentemente sia l’ultima loggia che quelle intermedie ; il riassorbimento parziale si osserva in misura subordinata. Il dente. Il dente presenta uno sviluppo tanto maggiore quanto minori sono le dimensioni della loggia iniziale ; esso è perciò ben rappresentato nelle forme maggiormente compresse e fornite di stadio svolto ; si deprime velocemente risultando indifferenziabile negli indi¬ vidui con proloculo maggiore. La presenza del dente, unitamente alla tassia ed alla morfologia .ty — 215 — del guscio, denuncerebbe la derivazione di Scandonea samnitica da una N umm oloculina, genere che nelle serie neritiche dell’ Appennino risulta abbastanza diffuso già alla fine del Cretacico inferiore. Se le forme con piccola camera iniziale costituiscono anch’esse delle macrosfere, come da me supposto, se pure con riserva, è inte¬ ressante notare come anche in questa generazione si possa manifestare una certa conservatività dei caratteri ancestrali (dente ed avvolgimento iniziale irregolare) in misura tanto maggiore quanto minore è la camera iniziale. Nelle forme con piccolo proloculo il dente si manifesta con carat¬ teri che ricordano quelli riscontrabili in alcune specie attuali come p. es. Spiroloculina excavata e Massilina secans. Esso è costituito da una lama robusta che, in corrispondenza dell’apertura, raggiunge la massima altezza e presenta le super fici laterali più o meno concave. Ciò determina (vedi figg. 14, 15), sui due lati del dente, la presenza di due brevi canalicoli. Procedendo dalla faccia aperturale verso la porzione posteriore della loggia la lama si deprime gradatamente rag¬ giungendo nel suo punto più basso, a secondo dello stadio ontogenetico, lo strato basale o il pavimento della loggia ; contemporaneamente le superfici laterali da concave si fanno piatte, acquistano un’orienta¬ zione inversa a quella precedente e si raccordano alle depressioni late¬ rali del vano della loggia. Anomalie. Nella popolazione esaminata si riscontrano frequentemente numerosi individui con anomalie ; tra queste le più gravi sono rappre¬ sentate da esasperazioni dell’irregolarità dell’avvolgimento, dal nanismo, dal gigantismo e da alcuni fenomeni di polivalenza. Le anomalie meno gravi, piuttosto diffuse, possono interessare qual¬ siasi stadio o elemento morfologico. Io accennerò solo alle seguenti che sono quelle più evidenti e più comuni : elevato numero di camere per giro, intercalazione di logge molto brevi tra logge a lunghezza normale, irregolarità dello stadio svolto in alcune forme con proloculo di medie dimensioni, aberrazioni dello stadio senile. Le anomalie che interessano l’andamento della spira sono piuttosto frequenti e, spesso, a causa della loro gravità, costituiscono vere mo¬ struosità. Per quanto nella nuova specie l’avvolgimento, dopo lo stadio nepionico, possa non essere regolarmente planispirale, tuttavia vi sono dei casi in cui il piano che contiene l’ultima porzione di esso devia no¬ tevolmente da quello in cui giace, o tende a giacere, la maggior parte — 216 — della spira che si sviluppa dopo lo stadio nepionico. L’angolo fra i due piani può raggiungere anche 90° (A. 3598.11); in quest’ultimo caso se l’ultima porzione, aberrante, dell’avvolgimento viene tagliata in senso as¬ siale, quella precedente risulta sezionata in senso equatoriale. In alcune forme l’angolo fra i due piani può superare 90° e raggiun¬ gere 180°: si realizza, così, l’inversione del senso della spira (preparati A. 3598.32,60,65). L’ultima porzione, aberrante, dell’avvolgimento, la quale non supera generalmente l’ampiezza di 180°, è sede, a sua volta, di altre anomalie legate al numero ed alla morfologia delle logge ; il primo, infatti, risulta più alto che negli individui normali ; la seconda è caratterizzata da valori di altezza e lunghezza rispettivamente maggiori e minori di quelli normali. Relativamente ai casi di nanismo e gigantismo nasce ragionevolmente il dubbio che non si tratti di veri nani e di veri giganti ma di forme rispettivamente piccole e grandi distribuite ai limiti reali del campo di variabilità, il quale può essere diverso da quello stimato. Ciò, tuttavia, è difficile da accertare in quanto gli individui che per un determinato ca¬ rattere si trovano ai limiti del campo sono sempre pochissimi ed è quindi difficile stabilire se il valore che compete al parametro che si considera è separato da una discontinuità da quelli che spettano agli estremi del campo o se esso invece vi si collega con continuità tramite dei valori realmente esistenti ma non riscontrati. Il nanismo sembra interessare la popolazione occasionalmente. L’uni¬ co esemplare da me riscontrato (preparato A. 5231.6) non è affetto da altre aberrazioni. Il suo diametro al 3 2 ed al 3,5 giro assume rispettiva¬ mente i valori di 0,725 e 0,937 mm mentre i valori che si riscontrano, negli stessi stadi ontogenetici, a parità di diametro della loggia iniziale, ai limiti inferiori del campo di variabilità, sono espressi rispettivamente da 0,787 e 1,112 mm. Anche il gigantismo sembra essere nella popolazione studiata una mostruosità del tutto occasionale. L’individuo affetto da questa anomalia (preparato A. 3598.15) presenta un proloculo di circa 0,084 mm e rag¬ giunge 3,5 giri. L’anomalia si sviluppa soltanto nell’ultimo mezzo giro. L’esemplare, infatti, presenta un diametro di 1,625 mm mentre allo stesso stadio ontogenetico gli individui normali, a parità di diametro della log¬ gia iniziale, non superano 1,137 mm. Il fenomeno di polivalenza è più frequente. Esso interessa solo i primissimi stadi ontogenetici. Lo stadio più avanzato prima del verifi¬ carsi del fenomeno si è riscontrato in due individui che avevano rag- — 217 — giunto circa il primo giro (preparato A. 3598,100). In un altro caso il fenomeno si è sviluppato subito dopo la formazione del proloculo (prepa- rato A. 3598.95); in un altro caso ancora quando erano state secrete soltanto per metà le logge iniziali (preparato A. 3598.46). È da attribuire ad uno sviluppo precocissimo di questo fenomeno, almeno in alcuni casi, la presenza di logge iniziali più o meno dilatate che simulano delle lievi anomalie morfologiche (preparato A. 3598.61). Manifestazioni più o meno precoci di polivalenza sono state messe in evidenza dallo scrivente (1966, tav. XI, figg. 1-10) in Ovalveolina maccagnoi. Una anomalia meno grave è rappresentata dall’intercalazione di logge molto brevi tra logge a lunghezza normale (preparati A. 3598.12, 62,74,98). Il fenomeno sembra indipendente sia dallo stadio ontogenetico, sia dalle dimensioni del proloculo. In alcuni casi la loggia aberrante è incompleta e si ha, perciò, soltanto la tendenza alla formazione di una loggia. Il fenomeno è rappresentato da camere sprovviste di trematoforo (A. 5231.4) o da abbozzi di camere che interrompono solo localmente la continuità di una loggia normale (A. 3598.47). Un’altra anomalia, relativamente frequente, è la costruzione di un elevato numero di camere per giro. Io la ho riscontrata, probabilmente per motivi statistici, soltanto in esemplari con proloculo di medie dimen¬ sioni. Tra queste forme teratologiche un individuo con poco meno di tre giri (A. 3598.3) presenta 10 logge nell’ultimo giro; un altro, con poco più di tre giri (A. 3598.2) ne presenta 12. Ricordo che al terzo giro il numero normale di logge è di 6-8,5. Gli altri esemplari teratologici osservati raggiungono il 3,5 giro (preparati A. 3598.14,68,105) e presentano negli ultimi 360° dell’avvol¬ gimento 11-12 logge; gli individui normali, invece, non ne presentano più di nove. Anche lo stadio svolto delle forme con proloculo di medie dimen¬ sioni si presenta spesso con caratteri aberranti (A. 3598.23,98). In questi casi, esso è più largo degli stadi svolti normali quali sono generalmente presenti nelle forme con piccola camera iniziale ; le logge inoltre sono più basse e si succedono secondo una curva piuttosto irregolare. Anomalie particolari sono alcuni fenomeni che insorgono con lo stadio senile e si estrinsecano in caratteri che, dal punto di vista morfo¬ logico, non si inseriscono nella variazione normale degli stessi caratteri durante l’ontogenesi. In proposito si osserva che l’ultima loggia di molti individui (preparati A. 5231.3,4; A. 3598.17,60,67,68,102,110) presenta valori della lunghezza e dello spessore della muraglia minori di quelli — 218 — che competono alle logge immediatamente precedenti. Se per questi mo¬ tivi il fenomeno dovrebbe essere considerato una anomalia, tuttavia la relativa frequenza e la regolarità con cui esso si manifesta potrebbe anche indurre a considerarlo come un normale, anche se facoltativo, evento ontogenetico. Forma Microsferica Nella popolazione studiata sono presenti, in numero molto limi¬ tato, dei foraminiferi porcellanacei in cui lo stadio nepionico è rappre¬ sentato da logge disposte come in Quinqueloculina. La camera iniziale è piccolissima ed indistinguibile. Dopo lo stadio nepionico la forma delle logge e la tassia sono del tutto simili a quelli di Scandonea samnitica. L’endoscheletro, però, nelle logge adulte, è costituito soltanto, a prima vista, dallo strato basale; le lame sembrano mancare. Si sarebbe indotti, perciò, ad at¬ tribuire queste forme ad una Hauerina. Un esame più attento degli esemplari mostra, tuttavia, che alcuni di essi presentano, nelle camere più sviluppate, delle festonature al tetto delle logge (A. 3598.26) le quali non possono essere attribuite che alla presenza di lame rudimentali. Queste ultime, d’altronde, sono osservabili occasionalmente in alcuni esemplari (A. 3598.14,24,95) in cui il taglio interessa la parte più alta del trematoforo, in prossimità del margine interno della superficie di articolazione. Gli esemplari in esame, che nelle osservazioni sulla popolazione studiata avevo considerati appartenere ad un primo gruppo morfologico, potrebbero rappresentare delle forme B della specie in esame. La estrema rudimentalità con cui si manifestano le strutture endoscheletriche potrebbero essere giustificate colla maggiore conservatività della micro¬ sfera che in questo caso denuncerebbe chiaramente la derivazione di Scandonea samnitica da una Nummoloculina tramite una Hauerina. Credo opportuno, tuttavia, insistere sul fatto che solo dei rinve¬ nimenti più numerosi di questi esemplari potranno confermare e rendere valida definitivamente la mia supposizione ; per il momento è più pru¬ dente considerare queste forme soltanto come probabili microsfere della specie tipo di Scandonea. Le dimensioni degli esemplari sono minori non solo degli individui macrosferici provvisti di stadio uniseriale, ma anche della maggior parte di quelli, più piccoli, completamente avvolti. — 219 — Le misure che ho potuto effettuare sono piuttosto scarse. In base ad esse sembra che i gusci abbiano un diametro variabile tra 0,620- 1,10 mm e più frequentemente tra 0,b6-0,94 mm. La larghezza sembra raggiungere 0,67 mm. L’avvolgimento dopo lo stadio nepionico non supera generalmente i due giri. Lo stadio nepionico sembra essere costituito da circa 3,5-4 giri e presenta un diametro complessivo compreso tra 0,160-0,200 mm. Olotipo. Tav. IV, fig. 5 (preparato A. 3598.115). Paratipi. Tavv. I-XII (preparati A. 3598.123; A. 5231.1-6). Località dei tipi. Pendici meridionali di Monte Mutria, alla quota di circa 1150 m, a 200 m SE di Fontana Vertolo (tav.: 162 III SO - Cusano Mutri). I campioni che contengono la popolazione studiata fanno parte di uno strato dello spessore di una quindicina di centimetri che si trova un paio di metri al di sopra di un banco di bauxiti. Questo strato fa parte di una breve successione di calcari a rudiste, dello spes¬ sore di una diecina di metri, i quali trasgrediscono sul Cretacico infe¬ riore e sono ricoperti, a loro volta, da calcareniti trasgressive del Miocene. Microfacies del livello dei tipi. La roccia che contiene la popola¬ zione studiata è costituita da una calcarenite nocciola che presenta, a luoghi, delle impurezze ferruginose. I clasti (bioclasti) sono rappresen¬ tati esclusivamente da microfossili in posto o che hanno subito degli spostamenti orizzontali di poca entità rispetto alla posizione originaria. La matrice, microcristallina, è frequentemente in via di ricristallizza¬ zione ; ad essa si aggiunge una certa quantità di cemento spatico. I fossili sono costituiti per la massima parte da foraminiferi ; subor¬ dinatamente da ostr acodi, alghe ed organismi perforanti. I foraminiferi sono rappresentati generalmente da forme a guscio agglutinante e calcareo porcellanaceo ; del tutto subordinate sono quelle calcaree microgranulari e quelle perforate. Si possono riconoscere i taxa sottoindicati per i quali mi riferisco alla classificazione di Loeblich e Tappan in Moore. Tuttavia, la famiglia Barkerinidae è intesa se¬ condo i caratteri assegnatigli da Hamaoui e Saint-Marc (1970). I simboli (x), (■ + ), ( — ) che compaiono dopo i nomi dei taxa stanno ad indicare che nella associazione esaminata questi ultimi sono, rispet¬ tivamente, abbondanti, frequenti, rari o occasionali. — 220 Cyclammininae* , Barkerinidae+ , Spiroplectammina~ , Accordiella ' , F alvulammina+ , CimeoZma+, Z)icycZma+, ?Pseudolituonella~ , Endothy ridae + con Moncharmontia~ e piccole forme avvolte a pareti microgranu¬ lari ed apertura unica basale, Nubeculariidae + (si tratta probabilmente di N odobaculariinae ), Spiroloculina~ , Quinqueloculina +, Triloculina , Pyrgo ~ , Sigmoilina- , N liminolo culina~ , Scandonea samnitica x, Di- scorbidae~ . Fig. 16. — Porzione della tavoletta I.G.M. alla scala 1:25.000, 162 III SO - Cusano Mutri, in cui trovasi « Fontana Vertolo », alle pendici meridionali di Monte Mutria. La località da cui provengono i campioni di roccia (A. 3598, A. 5231) della po¬ polazione di Scandonea samnitica è ubicata a circa 200 m SE di Fontana Ver¬ tolo, alla quota approssimata di 1150 m, ed è contrassegnata da un cerchietto. Il livello fossilifero, dello spessore di una quindicina di metri, fa parte di un pacco di strati, di una diecina di metri di potenza, che riposano su un banco di bauxite e sono ricoperti da calcareniti, trasgressive, del Miocene. — 221 TABELLA I Variazione del diametro del guscio nei vari stadi ontogenetici in Scandonea samnitica . Nella prima riga i valori non tengono conto del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive, invece, sono riportati i valori relativi ad individui caratterizzati da determinate dimensioni, successivamente crescenti, del proloculo. I numeri fra parentesi indicano, ogni volta, il numero di misure eseguite. Diametro del proloculo in mm Diametro del guscio in mm al 1° giro al 2° giro al 3° giro al 3,5 giro al 4° giro 0,150 - 0,387 (236) 0,262 - 0,787 (227) 0,487 - 1,312 (202) 0,675 - 1,467 (108) 0,912 - 1,550 (17) 0,050 0,150-0,187 (5) 0,300 - 0,375 (5) 0,537 - 0,775 (5) 0,750 - 0,937 (2) 0,062 0,150 -0,225 (33) 0,262 - 0,437 (32) 0,487 - 0,875 (32) 0,675 - 1,200 (22) 0,912-1,375 (7) 0,075 0,162 - 0,250 (34) 0,300 - 0,437 (34) 0,550 - 0,862 (31) 0,775 - 1,137 (20) 1,112-1,475 (6) 0,087 0,212-0,262 (35) 0,387 - 0,550 (35) 0,725 - 1,050 (31) 0,937 - 1,312 (21) 1,550 (1) 0,100 0,212 - 0,287 (50) 0,400 - 0,612 (48) 0,787 - 1,150 (48) 1,112-1,467 (28) 1,375 - 1,412 (3) 0,112 0,250 - 0,337 (48) 0,462 - 0,712 (47) 0,900 - 1,250 (41) 1,150 - 1,350 (13) 0,125 0,262 - 0,387 (19) 0,550 - 0,725 (16) 1,025 - 1,312 (10) 1,350 (1) 0,137 0,337 - 0,375 (10) 0,587 - 0,762 (8) 1,150-1,412 (3) 1,400 (1) 0,150 0,350 - 0,375 (2) 0,737 - 0,787 (2) 1,287 (1) — 222 — TABELLA II Variazione della larghezza dei giri al crescere del numero d’ordine del giro in Scandonea samnitica. Nella prima riga i valori non tengono conto del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive sono riportati i valori relativi ai gruppi di individui caratterizzati da determinate dimensioni del proloculo. A causa della scarsezza delle misure eseguite e dei valori molto gradatamente variabili della lar¬ ghezza dei giri al crescere della camera iniziale i valori del proloculo sono stati suddivisi in tre gruppi soltanto: piccole dimensioni (0.050 - 0.075 mm), medie (0.087 - 0.112 mm) e grandi (0.125 - 0.150 mm). I valori di larghezza al 3,5 giro sono stati dedotti solo in base agli esemplari con proloculo tra 0.050 e 0.112 mm ; quelli relativi al 4° giro solo in base a quelli con proloculo tra 0.062 e 0.075 mm. Gli esemplari con proloculo maggiore di 0.075 mm, infatti, non superano generalmente il 3,5 giro e tra essi quelli con camera iniziale superiore a 0.112 mm difficilmente raggiungono il 3° giro. I numeri fra parentesi indicano ogni volta il numero di misure eseguite. Diametro del proloculo in mm Larghezza del guscio : in mm al 1° giro al 2° giro al 3° giro al 3,5 gire al 4° giro 0.100 -0.325 0.150 - 0.587 0.300 - 0.700 0.350 - 0.712 0.400 - 0.537 (16) (49) (77) (43) (9) 0.050 - 0.075 0.100-0.137 0.150 - 0.300 0.300 - 0.412 0.350 - 0.512 0.400 - 0.537 (4) (16) (34) (23) (8) 0.087 - 0.112 0.162-0.212 0.300 - 0.487 0.412-0.662 0.487 - 0.712 0.500 (7) (24) (35) (20) (1) 0.125-0.150 0.187 - 0.325 (5) 0.387 - 0.587 (9) 0.512 - 0.700 (8) Le alghe appartengono prevalentemente a cianoficee ; tra queste, le più evidenti sono rappresentate da forme nodulari sul tipo delle attuali Rivularia ; non mancano, per quanto siano occasionali, degli aggregati di tubicini che ricordano le girvanelle ma che sono disposti parallelamente tra loro. Probabilmente sono da riferire anche a cianoficee degli organismi molto minuti, tubolari, situati spesso all’interno delle logge dei foraminiferi. — 223 — TABELLA III Variazione del rapporto tra l’altezza (diametro) H e la larghezza W dei giri in Scandonea samnitica. I numeri fra parentesi indicano, ogni volta, il numero di misure eseguite. I rapporti relativi al 3,5 giro sono dedotti soltanto in base agli esemplari con proloculo tra 0.050 e 0.112 mm ; quelli relativi al 4° giro solo in base agli esemplari con proloculo di 0.062, 0.075, 0.100 min. Come si può dedurre dalla tabella I, in¬ fatti, al crescere del diametro della loggia iniziale tende a diminuire il numero dei giri. 1° giro 2° giro' 3° giro 3,5 giro 4° giro H/W 1,2 -1,5 1,1 -1,9 1,5 -2,3 1,7 -2,5 1,8 -2,9 (16) (48) (77) (42) (9) Tra le alghe si rinvengono, anche, per quanto molto raramente, dei piccoli talli pseudofilamentosi di difficile collocazione sistematica ; del tutto occasionali sono le cloroficee volvocali ( Thaumatoporella ) e le dasicladacee. La presenza di altri organismi da riferire probabilmente a più taxa (vedi Roger e Fatton, 1968) è testimoniata da perforazioni di varia forma e grandezza che interessano, sopratutto, i gusci dei fora- miniferi porcellanacei. Fam. ALVEOLINIDAE gen. raadshoovenia Van Den Bolo, 1946, emend. 1946 Raadshoovenia . Van Den Bold; Tesi Rijksuniversit., p. 123. 1964 Raadshoovenia. Loeblich & Tappan in Moore ; p. C 477. 1965 Cuvillierinella. Papetti & Tedeschi; Geol. Romana, voi. 4, pp. 120-121. 1966 Murciella. Fourcade; Rev. Micropaléont., voi. 9, n. 3, pp. 149-150. Specie tipo del genere: Raadshoovenia guatemalensis Van Den Bolo, 1946, emend. De Castro. Diagnosi. Guscio calcareo imperforato porcellanaceo. Avvolgimento iniziale pelotonnato ; successivamente pianispirale interamente o par¬ zialmente involuto con numero delle logge gradualmente crescente e. — 224 — TABELLA IV Variazione del passo della spira nei vari stadi ontogenetici in Scandonea samni- tica. Nella prima riga i valori non tengono conto del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive, invece, sono riportati i valori relativi ai gruppi di individui caratterizzati da determinate dimensioni, successivamente crescenti, del proloculo. I nu¬ meri fra parentesi indicano, ogni volta, il numero di misure eseguite. A causa della scarsezza delle misure eseguite negli esemplari con proloculo di 0.050 mm, i dati ad essi relativi non sono stati riportati separatamente ma sono stati inseriti, invece, in quelli degli individui con camera iniziale di 0.062 mm. Per lo stesso motivo figurano in un unico gruppo le misure eseguite negli individui con proloculo di 0.137 e 0.150 mm. Diametro de>l proloculo in mm Passo della spira in mm al 1° giro al 2° giro al 3° giro al 3,5 giro al 4° giro 0.047 - 0.125 (221) 0.075 - 0.225 (201) 0.135 - 0.337 (230) 0.162 - 0.400 (66) 0.250 - 0.412 (17) 0.050 - 0.062 0.050 -0.062 (29) 0.075 - 0.119 (32) 0.135 - 0.250 (32) 0.162 - 0.337 (17) 0.250 - 0.400 (8) 0.075 0.047 -0.069 (30) 0.075 - 0.125 (28) 0.137 - 0.300 (31) 0.208 - 0.325 (14) 0.250 - 0.412 (6) 0.087 0.052 - 0.077 (27) 0.100-0.175 (29) 0.156-0.312 (25) 0.212 - 0.387 (15) 0.300 (1) 0.100 0.060 - 0.087 (57) 0.112-0.187 (50) 0.175 - 0.325 (50) 0.237 - 0.410 (15) 0.325 - 0.400 (2) 0.112 0.056 - 0.100 (47) 0.116-0.200 (44) 0.212 - 0.337 (30) 0.262 - 0.350 (6) 0.125 0.069 - 0.125 (18) 0.156 - 0.212 (7) 0.262 - 0.325 (9) 0.137 - 0.150 0.073 - 0.119 (13) 0.187 - 0.225 (11) 0.256 - 0.300 (3) — 225 — TABELLA V Variazione dello spessore della muraglia, nel piano mediano, nei giri successivi in Scandonea samnitica. Nella prima riga i valori non tengono conto del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive sono riportati i valori relativi ai gruppi di individui caratterizzati da determinate dimensioni, successivamente crescenti del proloculo. I numeri fra parentesi indicano, ogni volta, il numero di misure eseguite. A causa della scarsezza delle misure eseguite negli esemplari con proloculo di 0.050 mm, i dati ad essi relativi non sono stati riportati separatamente ma sono stati inseriti, invece, in quelli degli individui con camera iniziale di 0.062 mm. Per lo stesso motivo figurano in un unico gruppo le misure eseguite negli individui con proloculo di 0.137 e 0.150 mm. Diametro del proloculo in mm Spessore della muraglia in mm al 1° giro al 2° giro al 3° giro al 3,5 giro al 4° giro 0.018-0.050 (199) 0.025 - 0.085 (174) 0.056 - 0.100 (166) 0.062 - 0.110 (58) 0.062 -0.116 (14) 0.050 - 0.062 0.018 - 0.031 (21) 0.025 - 0.060 (34) 0.055 - 0.087 (30) 0.068 - 0.093 (15) 0.081-0.100 (5) 0.075 0.020 - 0.035 (27) 0.035 - 0.062 (26) 0.055 - 0.100 (26) 0.065 - 0.097 (15) 0.062 - 0.118 (6) 0.087 0.022 - 0.037 (29) 0.037 - 0.062 (27) 0.062 - 0.100 (22) 0.062 - 0.106 (10) 0.100 0.022 - 0.037 (51) 0.037 - 0.075 (35) 0.062 - 0.100 (47) 0.062 - 0.100 (13) 0.075 (2) 0.112 0.025 -0.043 (44) 0.047 -0.075 (29) 0.062 - 0.100 (30) 0.075 - 0.110 (5) 0.087 (1) 0.125 0.025 - 0.050 (18) 0.060 - 0.075 (10) 0.075 - 0.100 (7) 0.137 - 0.150 0.035 - 0.050 (13) 0.055 - 0.085 (13) 0.087 (4) 15 — 226 — TABELLA VI Variazione dello strato basale in corrispondenza dell’apertura in Scandonea samni - tica i. Tutti i valori riportati sono stati dedotti soltanto da individui in sezione me¬ diana o con forte componente nel piano mediano. Nella prima riga i valori non tengono conto del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive sono riportati i valori relativi, rispettivamente, agni individui con proloculo di piccole (0,050 - 0,075 mm), medie (0,087 - 0,112 mm) e grandi di¬ mensioni (0,125 - 0,150 mm). A causa della scarsezza delle misure non compaiono i valori relativi al quarto giro. Inoltre a quelli del 3,5 giro non contribuiscono i dati degli esemplari con loggia iniziale di grandi dimensioni ; questi influenzano in misura trascurabile anche i valori del terzo giro. Nella popolazione studiata, infatti, gli esemplari con proloculo maggiore di 0,112 mm raggiungono ooccasionalmente il terzo giro. I numeri tra parentesi indicano, ogni volta, il numero di misure eseguite. Diametro del proloculo in mm Valori in mm dello strato basale in corrispondenza delTapertura al 2° giro al 3° gire al 3,5 giro 0,007 - 0,044 0,017-0,100 0,031 - 0,112 (33) (45) (14) 0,050 -0,075 0,022 - 0,044 0,037 - 0,100 0,075 - 0,112 (5) (13) (4) 0,087 - 0,112 0,007 -0,037 0,017-0,069 0,031 - 0,075 (22) (30) (10) 0,125-0,150 0,012-0,031 0,031 - 0,037 (6) (2) comunque, più di due per giro ; ultime logge dello stadio adulto a disposizione uniseriale rettilineare e con sezione trasversale circolare. Apertura cribrata. Cavità interna delle logge adulte divise da lame decorrenti nel senso della spira e da pilastri che si fondono lateral¬ mente tra loro e con le lame determinando un endoscheletro mas¬ siccio perforato da due tipi di camerette ad andamento spirale : « ca¬ merette marginali » determinate dalle lame, la muraglia e l’endosche- letro più interno ; « camerette centrali » determinate dal confluire late¬ rale dei pilastri tra di loro. — 227 — Le camerette confluiscono nella parte anteriore della loggia in un « vano presettale » più o meno ampio ; questo può essere attraversato in varia misura da alcuni « pilastri residuali » che possono raggiungere il trematoforo. Rapporti e differenze. Sono da considerare sinonimi di Raadshoo- venia i generi Cuvillierinella e Mur della. Cuvillierinella fu istituito nel 1965 da Papetti e Tedeschi con specie tipo C. salentina. Gli autori vi riconobbero, tra l’altro, un endo- scheletro costituito da pilastri ma ad essi sfuggì, a causa del difficile metodo d’indagine in sezione sottile, la presenza delle lame ( fig. 18). Mur della fu istituita nel 1966 da Fourcade con specie tipo M. cuvillieri. Il genere fu esaurientemente descritto ; i suoi caratteri, però, sono gli stessi di quelli di Raadskoovenia come qui emendato ma di cui allora si conosceva soltanto la diagnosi incompleta. I generi che presentano maggiori somiglianze con Raadskoovenia sono Scandonea n. gen., Pseudedomia Henson emend. Eames & Smout, Chubbina Robinson e Sellialveolina Colalongo. II genere di Van Den Bold ha in comune con Scandonea la tassia ( stadio avvolto seguito da stadio svolto) e, nelle logge adulte, la presenza di strato basale e lame decorrenti nel senso della spira ; differisce dal nuovo genere per la presenza di un endoscheletro deter¬ minato dalla fusione laterale di pilastri (che non è uno « strato basale ») provvisto di camerette centrali e marginali. La parentela fra questi due generi è molto spiccata : Raadskoovenia rappresenta molto probabil¬ mente un taxon direttamente derivato da Scandonea e provvisto di una struttura interna maggiormente differenziata. Raadskoovenia , Pseudedomia , Chubbina e Sellialveolina differisco¬ no tra loro per la tassia mentre, nelle logge adulte, presentano una struttura interna simile : camerette centrali e marginali ( subsidiary chamberlets e primary chamberlets di Reiss et al. e di Smout che si aprono in un « vano presettale » più o meno ampio entro cui possono proiettarsi, in varia misura, fino a raggiungere il trematoforo, dei pila¬ stri residuali ( residuai buttresses di Reiss et al. e di Smout). Dal punto di vista morfologico i generi ora indicati differiscono tra loro nel modo seguente : Raadskoovenia , derivato probabilmente da Scandonea , è caratte¬ rizzato da uno stadio svolto cilindrico ; in alcune popolazioni, però, le forme con stadio uniseriale cilindrico si acompagnano ad altre con stadio svolto appiattito : è il caso di R. cuvillieri. — 228 — Pseudedomia e Chubhina , derivati probabilmente da Sellialveolina , presentano l’ultimo stadio di sviluppo flabelliforme con logge pseudo¬ evolute. I due generi differirebbero tra loro per l’andamento dei primi giri ; ciò, però, potrebbe rappresentare soltanto un carattere specifico. Sellialveolina , è privo di stadio finale flabelliforme e presenta, di norma, un guscio completamente avvolto ; con ciò non contrasta il fatto che in una popolazione possano essere presenti alcuni esemplari che mostrano la tendenza ad assumere ( e che in qualche caso assu¬ mono) uno stadio svolto. Queste manifestazioni occasionali vanno con¬ siderate come aberrazioni che caratterizzano forme teratologiche o che possano insorgere in corrispondenza di stadi senili. Stadi svolti di que¬ sto tipo sono stati accertati dallo scrivente, con sicurezza in Sellialveo¬ lina viallii e, forse, in Ovalveolina maccagnoi (vedi De Castro, 1966). Ad essi vanno riferiti, secondo me, anche quelli riscontrati da Saint- Marc (1970) in Sellialveolina viallii e da Reichel (1937, p. 136) in Borelis cardenasensis. Le forme B di Sellialveolina viallii (vedi fig. 17) possiedono sicu¬ ramente uno stadio iniziale pelotonnato per cui sono riferibili sicuramente ad alveolinide. Anche i primi giri dopo lo stadio nepionico di Sellialveolina viallii parlano in favore di questa tesi in quanto presentano tutti i caratteri di una Ovalveolina. Si potrebbe considerare, in particolare, Sellialveolina viallii una Ovalveolina maccagnoi (simile è la forma e quasi uguale la distribuzione stratigrafica) che dopo un certo stadio ontogenetico com¬ plica la sua struttura interna acquistando dei caratteri che in una popo¬ lazione di O. maccagnoi si presentano soltanto saltuariamente e sotto forma di aberrazioni individuali (vedi De Castro, 1965). Il riferimento a rango di famiglia dei generi sopra elencati non è esente da perplessità. Tuttavia, le analogie strutturali che essi presentano con le alveoline mi inducono a prospettare, così come già fatto da Eames e Smout, 1955 e Smout, 1963 per Pseudedomia , l’inserimento dei primi tra le seconde. Le Alveolinidae comprenderebbero, in questo modo: « gusci calcarei, imperforati, porcellanacei, avvolti in modo planispirale o con forte ten¬ denza ad assumere questa tassia, provvisti o non di stadio svolto. La forma B presenta un avvolgimento iniziale miliolino ; quella A presenta un proloculo seguito da un canale flessostilo. Logge suddivise, almeno allo stadio adulto, in loggette ad andamento spirale che comunicano anteriormente tra loro per mezzo di un vano presettale il quale, se è 229 — Fig. 17. — Sellialveolina viallii Colalongo. Forme microscoferiche ad avvolgimento iniziale pelotonnato (1-3) e forme macrosferiche (4-6). Si osservi come la struttura endoscheletrica caratteristica del genere si instaura dopo un certo numero di giri pianispirali (generalmente 2,5-3); in questo primo periodo dell’ontogenesi Sellial¬ veolina viallii è indifferenziabile da Ovalveolina maccagnoi De Castro. esemplare 1 : preparato A. 1976.5 » 2: » A. 1976.5 » 3: » A. 1976.12 esemplare 4: preparato A. 1976.18 » 5: » A. 1976.16 » 6: » A. 1976.5 Per tutti gli esemplari. Età : Cretacico superiore (Cenomaniano medio). Località : Monte Cerreto, presso Tuoro in provincia di Caserta (tav. 172 II SE - Caserta). Ingrandimento : 77 X. — 230 — sviluppato linearmente ed in senso assiale, si specializza in un canale preseti ale. Distribuzione stratigrafica. Il genere è noto nell’Eocene inferiore del Guatemala con la specie R. guatemalensis ; nel Santoniano dei dintorni di Trieste ( Bignot, 1967) e dell’ Appennino rispettivamente con le spe¬ cie R. cuvillieri ( Fourcade) e R. saientina (Pàpetti & Tedeschi); nel Campanìano spagnolo con R. cuvillieri. Raadshoovenia guatemalensis Van Den Bolo, emend. Fig. 18, Tav. XIV, figg. 1-4, 1946 Raadshoovenia guatemalensis . Van Den Bolo, Tesi Rijks-Univ., p. 123, tav. XVIII, figg. 3 a-e. Lo studio, eseguito soltanto sui tre esemplari gentilmente inviatimi dal prof. Drooger, non mi consente che poche osservazioni le quali più che definire esaurientemente la specie, espressione dei caratteri di una popolazione, permettono soltanto di rilevare come si precisano alcuni caratteri generici nella specie guatemalensis. Descrizione . Guscio calcareo, imperforato, porcellanaceo, con stadio avvolto inizialmente pelotonnato e successivamente pianispirale, involuto o con forte tendenza ad assumere questo tipo di tassia (vedi fig. 18 b). Stadio svolto uniseriale a sezione trasversale circolare, ben sviluppato ma di poche logge : generalmente due o una in base a quanto è os¬ servabile negli esemplari in mio possesso ed in quelli figurati da Loeblich & Tappan e da Van Den Bolo). L’avvolgimento iniziale, pelotonnato, è costituito da circa 5-7 logge, ognuna di 180° di ampiezza, che tendono a disporsi come in Quin- queloculina . Queste logge sono prive di struttura interna tranne che l’ultima o le ultime due, degli esemplari in cui lo stadio pelo¬ tonnato è più sviluppato (vedi fig. 18, c-d). In tal caso l’endoscheletro sembra essere costituito da un unico tramezzo ad andamento spirale o da due lame che si sviluppano al pavimento ed al tetto della loggia in corrispondenza della posizione che il tramezzo avrebbe determinata. Lo stadio pianispirale è costituito da circa 2,5 giri in cui sia il passo della spira, sia il numero delle logge crescono gradualmente du¬ rante l’ontogenesi ; queste ultime sono circa 3-4 nel primo giro e circa — 231 5 nel secondo. Alla superfìcie del guscio di un esemplare adulto se ne possono osservare 5-6. In sezione assiale le logge sono molto più larghe che alte ; in sezione mediana sono più lunghe che alte ; queste condizioni non sono (o possono non essere) soddisfatte nell’ultima loggia dello stadio avvolto di transizione allo stadio svolto. Sembra che lo spessore della muraglia diminuisca lentamente negli ultimi stadi ontogenetici. Gli elementi presenti all’interno delle logge sono rappresentati da : 1) Lo strato basale. Questi è presente nelle logge dell’ultimo giro per cui durante l’ontogenesi si passa da logge a grondaia (vedi Serova, 1961) a logge tubolari. 2) Lame ( ingl. : subepidermal partitions ) robuste ed a sezione triangolare in sezione trasversale ; probabilmente una diecina nelle log¬ ge adulte. 3) Pilastri che si impiantano fra i pori del trematoforo della loggia precedente e si fondono lateralmente tra loro e con le lame. Si viene così a costituire all’interno delle logge una struttura scheletrica massiccia, limitata verso il pavimento dallo strato basale, se presente, e perforata da numerose « camerette centrali » e da « camerette mar¬ ginali » ; queste ultime, in particolare, nascono dalla fusione dei pilastri con le lame e sono perciò ubicate in corrispondenza del tetto e delle pareti laterali della loggia. L’insieme dei pilastri, si arresta nella porzione anteriore della log¬ gia ; le lame, invece, si spingono maggiormente in avanti verso il tre¬ matoforo. Si viene a formare così un ampio « vano presettale » attra¬ verso il quale possono proiettarsi in misura variabile, spesso raggiun¬ gendo la faccia aperturale, uno o più pilastri ( residuai buttresses in Reiss et al. e in Smout). Le camerette per quanto presentino prevalentemente una sezione uniforme si svasano notevolmente in prossimità del vano presettale per cui la loro vera forma è quella di un imbuto. Le logge dello stadio svolto presentano un diametro trasversale che supera di circa un terzo l’altezza ; la loro struttura interna è analoga a quella osservata nelle logge avvolte adulte. Le camerette marginali sono circa 11-15 ; quelle centrali una diecina. Può succedere che a causa della minore resistenza del guscio in corrispondenza del vano pre¬ settale la loggia si rompa (fig. 18. a) e simuli perciò un’altezza minore di quella reale. A 1? £ » s co in « m < 1? Pu CS (D Ph g S « Ph S w g . «3 « « O « Ph bc .:. o u 4-J D TO O a *" P - w p CO T3 « -3 P tì ’P o ° P *iH Q. M £ m 43 H .rH w © h •IH Q, h Q & o p _r P tì ^ « « » '« a, oo « w g fc; m s & • ^ g 2 43 43 g P ’S 3 » I s ® o § w PP o ... o na 8 > 43 •£j w > © o .H §-!« eB 2 ” 2 CB ,43 a 43 43 n* P Ph .2 w *N 43 S^O o a) co M ^ 85 -2 ^ w bD ^ P o“* 85 ^ o ^ § P5 > .1 -S •s I .2 P 1—1 bD -£ cd *p ^ 53^0,0 4 0 CO 43 co cC CO e 2 g £ P *< 03 (4 > & m 43 J Ih 8 fi * I *N I « «5 O •S ‘S bD « « TI 4b£ E ! — 233 — Rapporti e differenze . Lo scarso numero di esemplari esaminati ed il fatto di non possedere dei campioni di roccia con R. salentina e R. cuvillieri non mi permette di effettuare dei validi confronti d’ordine E I Cm Hp C m Fig. 19. — Raadshoovenia salentina (Papetti e Tedeschi). Caratteri interni delle logge. Cc = camerette centrali. Cm = camerette marginali. E1 = lame. Np = pi¬ lastro residuale. A e B sono riproduzioni rispettivamente di fig. 5-1 (pag. 122) e di fig. 5-6 (pag. 123) del lavoro di Papetti e Tedeschi (1965). A : sezione tangenziale che interessa 2,5 giri di muraglia. NelPultimo mezzo giro la sezione decorre, più o meno perpendicolarmente alla spira, nella porzione più ante¬ riore della massa dei pilastri : si riducono infatti i contatti di quest’ultima con le lame delle regioni laterali e superiore della loggia. B : sezione tangenziale interessante una successione di cinque logge appartenenti in parte allo stadio avvolto ed in parte a quello svolto. (Se fosse stato interessato soltanto lo stadio avvolto il contorno della figura sarebbe stato quello di una corona ellittica e simmetrica, perciò, rispetto a due assi; se fosse stato interessato soltanto lo stadio svolto il numero delle logge sarebbe stato minore : queste, infatti, secondo Papetti e Tedeschi, sono in numero di 2-4 ed in media tre). Per tutte le figure. Età : Santoniano superiore. Località : cave fra Ortelle e Cocumola in provincia di Lecce (tav.: 214 II SE - Poggiardo). Ingrandi¬ mento : 80 x . — 234 — specifico. Tuttavia, in base alle figure fornite dagli autori ed alle loro descrizioni sembra che R. guatemalensis differisca dalle forme europee almeno per il maggior diametro del guscio nei vari stadi ontogenetici. La specie guatemalteca sembra presentare maggiori affinità con R. salen- tina ( fig. 19) per possedere un avvolgimento iniziale pelotonnato ed, inoltre, un numero ridotto di logge svolte ; in quanto alFavvolgimento iniziale di R. salentina, Papetti e Tedeschi riferiscono, infatti, che la specie presenta « primissime camere accrescentisi su un piano diverso da quello della spira ». Istituto di Paleontologia dell’ Università di Napoli. BIBLIOGRAFIA Barker R. W., Grimsdale T. F. - 1937, Studies of Mexican fossil Foraminifera. Ann. Mag. Nat. Hist. ; ser. 10, voi. 19, pp. 161-178, 2 figg. 5, tavv. (London). Bignot G. - 1967, Présence de Murciella cuvillieri Fourcade dans le Liburnien des environs de T rieste. Comptes Rendus Som. Séances Soc. géol. France ; 1967 , fase. 2, pag. 50. 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Paratipi. Individui a piccola camera iniziale. Lame, nella porzione avvolta, si possono osservare nella parte inferiore dell’ul- timo giro dell’esemplare di fig. 1. Il dente, che nelle forme a piccola camera iniziale si accompagna al tremato- foro, è osservabile nella parte superiore dell’ultimo giro dell’esemplare di fig. 5 ed in quella inferiore dell’esemplare di fig. 6. Fig. 1. — Sezione centrata, assiale lievemente obliqua, passante per lo stadio svolto. Figg. 2-6. — Sezioni centrate, assiali o lievemente oblique. Fig. 7. — Sezione trasversale dello stadio svolto. Figg. 8-9. — - Sezioni oblique interessanti due logge dello stadio svolto. Nei due esemplari, la loggia inferiore è tagliata in corrispondenza del trematoforo. Fig. I preparato A. 3598.39; Droloculo di 0,075 mm. » 2 » ’"A. 3598.105 » 0,072 » » 3 » A. 3598.120 » 0,072 » » 4 » A. 3598.36 » 0,060 » » 5 » A. 3598.123 y) ? 0,062 » » 6 » A. 3598.28 » 0,062 » preparato A. 3598.15 » A. 3598.80 Fig. 9 preparato A. Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : circa 200 m SE di Fontana Vertolo (tav.: 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, ecc. Tav. 1 TAVOLA II Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Individui con camera iniziale di piccole e medie dimensioni in sezione assiale o assiale obliqua. Lame sono evidenti nella porzione inferiore dell’ultimo giro delle figg. 1, 2. Il dente, che si accompagna al trematoforo per lo più nelle forme a piccola camera iniziale, è evidente nelle figg. 1, 5, 8 (parte superiore dell’ultimo giro) e in fig. 4 (sia nella parte inferiore che in quella superiore dell’ultimo giro). Fig. 1 preparato A. 3598.118; proloculo di 0,075 mm » 2 » A. 3598.63 » 0,062 » » 3 » A. 3598.59 » 0,085 » » 4 » A. 5231.3 » 0,075 » » 5 » A. 3598.103 » 0,062 » » 6 » A. 3598.60 » 0,075 » » 7 » A. 3598.86 » 0,075 » » 8 » A. 3598.15 » 0,085 » Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : circa 200 m SE di Fontana Vertolo ( tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Ben Bold, eco. Tav. II TAVOLA III Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Individui con camera iniziale di medie dimensioni, in sezione assiale o assiale obliqua. Le lame sono evidenti nelle figg. 4, 5 ; la loro presenza si deduce anche dalle festonature nella parte superiore dell’ultimo giro nell’esemplare della fig. 6. Il dente che si accompagna al trematoforo nelle forme a camera iniziale minore è deducibile da quanto si osserva nella porzione superiore dell’ultimo giro delle figg. 1, 6. Fig. 1 preparato A. 3598.12; proloculo di 0,095 mm » 2 » A. 3598.111 » 0,100 » » 3 » A. 5231.4 » 0,100 » » 4 » A. 5231.4 » 0,100 » » 5 » A. 3598.67 » 0,112 » » 6 » A. 3598 » 0,105 » Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Scandonea samnitica n. sp. Olotipo e paratipi. Lame sono evidenti nelLultima loggia delTolotipo e nelle figg. 6, 9 ; esse sono invece deducibili dalle festonature presenti in fig. 4 (parte superiore dell’ultimo giro) e fig. 7 (parte inferiore del giro). Il dente che si accompagna al trematoforo generalmente nelle forme a piccola camera iniziale è ben visibile in fig. 8 (in tutto l’ultimo giro e nella parte superiore del penultimo). Figg. 1-4. — Individui con camera iniziale di medie e grandi dimensioni in sezione centrata, assiale o assiale obliqua. Fig. 5. — Olotipo. Individuo in sezione obliqua. Figg. 5-8. — Sezioni tangenziali in individui con proloculo probabilmente di piccole dimensioni ad eccezione dell’esemplare di fig. 7. Fig. 1 preparato A. 3598; proloculo di 0,112 mm » 2 » A. 3598.64 » 0,125 » » 3 » A. 3598.26 » 0,137 » » 4 » A. 3598.109 » 0,150 » » 5 » A. 3598.115 » 0,100 » Fig. 6 preparato A. 3598.24 Fig. 8 preparato A. » 7 » A. 3598.51 » 9 » A. 3598.118 3598.34 Per tutte le figure. Età: Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località : circa 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . ! Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, eco. Tav. IV TAVOLA V Scandoneea samnitica n. sp. Paratipi. Sezioni tangenziali. Le lame sono evidenti in figg. 3, 4, 6, 9 (parte superiore dell’ultimo giro) e figg. 5, 8 (parte inferiore delFultimo giro); esse si desumono anche dalle feste • nature presenti nella parte superiore dell Fig. 1 preparato A. 3598.53 » 2 » A. 3598.42 » 3 » A. 3598.42 » 4 » A. 3598.66 » 5 » A. 3598.28 Per tutte le figure. Età i Cretacico 200 m SE di Fontana Vertalo grandimento t 50 X . 'ultimo giro nelle figg. 1, 7. Fig. 6 preparato A. 3598.113 » 7 » A. 3598.2 .» 8 » A. 3598.1 » 9 » A. 3598.103 superiore ( Turoniano-Senoniano). Località : (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In - Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, eco . Tav. V TAVOLA VI Scandonea samnitico n. sp. Paratipi. Esemplari con proloculo di piccole dimensioni. Le lame sono evidenti nell’ultima loggia dì fig. 2 la quale appartiene allo stadio svolto; inoltre nella parte inferiore del giro in fig. 4. Esse sono invece deducibili dalle festonature che si osservano alla base dell’ultima loggia svolta in fig. 5. Il dente che si accompagna al trematoforo nelle forme a piccolo proloculo è evidente nella parte inferiore del penultimo giro dì fig. 2 ; in quella superiore dell’ultimo giro in fig, 3. Fig. 1. — Sezione trasversale dello stadio svolto. Figg. 2-6. — Sezioni tangenziali interessanti sia lo stadio svolto che quello uniseriale. Fig. 1 preparato A. 3598.67 Fig. 4 preparato A. 3598.66 » 2 » A. 3598.113 » 5 » A. 3598.81 » 3 » A. 3598.110 » 6 » A. 3598.82 Per tutte le figure. Età: Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, ecc. Tav. VI TAVOLA VII Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Esemplari con proloculo di piccole dimensioni. Le lame delle logge uniseriali sono osservabili in fig. 1 e nell’ultima loggia di fig. 2. Fig. 1. — Sezione obliqua dello stadio svolto. Figg. 2-5. — Le sezioni interessano, in varie misura e tangenzialmente, lo stadio avvolto; più o meno assialmente quello svolto. Nella fig. 5, in particolare, sono interessate dal taglio una o, al più, due logge soltanto dello stadio avvolto. Fig. 1 preparato A. 3598.104 Fig. 4 preparato A. 3598.105 » 2 » A. 3598.41 » 5 » A. 3598.26 » 3 » A. 3598.35 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Ben Bold, ecc. Tav. VII TAVOLA Vili Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Lame dello stadio svolto sono osservabili in figg. 1, 2. Lame sono evidenti anche alla base delLultima loggia nelle figg. 4, 5 (esemplare al lato sinistro), 6. Figg. 1-2. — Sezione obliqua attraverso lo stadio svolto. Figg. 3.-7. — Sezioni interessanti quattro loggie (ad eccezione dell’esemplare al lato destro della fig. 5) appartenenti probabilmente allo stadio avvolto. Fig. 1 preparato A. 3598.39 Fig. 5 preparato A. 3598.80 » 2 » A. 3598.86 » 6 » A. 3598.25 » 3 » A. 3598.119 » 7 » A. 3598.16 » 4 » A. 3598.104 Per tutte LE FIGURE. Età : Cretacico superiore (Ti iironiano-Senoniano). Località 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove - nia Van Ben Bold , ecc. Tav. Vili TAVOLA IX Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Esemplari con proloculo di piccole dimensioni. Figg. 1-5. — Sezioni centrate o subcentrate con forte componente nel piano mediano. Figg. 2-4. — Sezioni trasversali dello stadio svolto interessanti una ( fig. 4) e due logge (figg. 2, 3). Fig. 1 preparato A. 3598.16; proloeulo di 0,062 mm » 5 » A. 3598.48 » 0,062 » Fig. 2 preparato A. 3598.109 Fig. 3 preparato A. 3598.9 » 4 » A. 3598.114 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav.: 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van D'en Boid, eco. Tav. IX TAVOLA X Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Esemplari con proloculo di piccole dimensioni. Lame dello stadio svolto sono evidenti in fig. 2 ; si possono anche dedurre dalle festonature visibili, una o due per loggia, nell’esemplare di fig. 5. Figg. 1, 4, 5. — Sezioni centrate o subcentrate (fig. 5), mediane (fig. 1) o con forte componente nel piano mediano. Figg. 2, 3. — Sezioni trasversali dello stadio svolto; quella di fig. 2 interessa chiaramente due logge. Fig. 1 preparato A. 3598.66 ; proloculo di 0,067 mm » 4 » A. 3598.100 » 0,080 » Fig. 2 preparato A. 3598.90 Fig. 3 preparato A. 3598.41 » 5 » A. 3598.87 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 X . Boll. Soc. Nat, in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, eco. Tav. X TAVOLA XI Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Individui con proloculo di piccole e medie dimensioni. Sezioni centrate, mediane o con forte componente nel piano mediano. Fig. 1 preparato A. 3598.122; proloculo di 0,062 mm » 2 » A. 3598.13 » 0.072 » » 3 » A. 3598.76 » 0,075 » » 4 » A. 3598.43 » 0,087 » » 5 » A. 3598.54 » 0,110 » » 6 » A. 3598.37 » 0,100 » Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località i 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold , ecc. Tav. XI TAVOLA XII Scandonea samnitica n. sp. Paratipi. Individui con proloculo di medie e grandi di¬ mensioni. Sezioni centrate, mediane o oblique, con forte componente nel piano mediano. Fig. 1 preparato A. 3598.84; proloculo di 0,100 mm » 2 » A. 5231.4 » 0,112 » » 3 » A. 3598.109 » 0,095 » » 4 » A. 3598.60 » 0,125 » » 5 » A. 3598.98 » 0,118 » » 6 » A. 3598.113 » 0,107 » » 7 » A. 3598.83 » 0,112 » » 8 » A. 3598.70 » 0,137 » Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località : 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). In¬ grandimento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, ecc. Tav. XII TAVOLA XIII Esemplari riferibili con molta probabilità a forme microsferiche di Scandonea samnitica n. sp. Le logge dopo lo stadio nepionico hanno gli stessi caratteri morfo¬ logici di quelli riscontrabili nella nuova specie. L’endoscheletro, però, nelle logge adulte, è costituito a prima vista dallo strato basale soltanto. Si sarebbe indotti, perciò, ad attribuire queste forme ad una Hauerina. Tuttavia un esame più attento permette di accertare che alcuni esemplari presentano delle festonature al tetto delle logge più sviluppate. Le festonature non possono essere giustificate che con la presenza di lame ; queste ultime, d’altronde, sono direttamente osservabili, in quegli esemplari in cui il taglio interessa il margine superiore del trematoforo. Fig. 1 preparato A. 3598.95 » 2 » » 3 » » 4 » » 5 » A. 3598.35 A. 3598.77 A. 3598.63 A. 3598.76 Fig. 6 preparato A. 3598.14 » 7 » A. 3598.19 » 8 » A. 3598.4 » 9 » A. 3598.24 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località 200 m SE di Fontana Vertalo (tav.: 162 III SO-Cusano Mutri). Ingrandi¬ mento : 50 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Ben Bold, ecc. Tav. XIII TAVOLA XIV Raadshoovenia Van Den Bold Figg. 1-4. — Raadshoovenia guatemalensis Van Den Bolo. Esemplari del Guatemala raccolti da Van Den Bold (sample V 139) e sezionati. Per una migliore com¬ prensione di queste forme vedi la fig. 18 nel testo. Fig. 1. — Lectotipo. Sezione mediana eli un esemplare mancante della porzione supe¬ riore delFultima loggia (preparato A. 5588.a). Fig. 2. — Sezione mediana. Nelle ultime due logge il taglio decorre verso i margini del trematoforo (preparato A. 5588.d). Fig. 3. — Sezione assiale (preparato A. 5588.C.). Fig. 4. — Sezione trasversale dello stadio svolto praticata nello stesso esemplare da cui si è ottenuta la sezione assiale di fig. 3 (preparato A. 5588.b). Per le figure 1-4. Età : Eocene inferiore ( fide Van Den Bolo). Località : Guatemala (sample V. 139). Ingrandimento : 50 x . Figg. 5-7. — Raadshoovenia cuvillieri (Fourcade). Le figure sono riproduzioni, lieve¬ mente ingrandite (fig. 5) o rimpicciolite (figg. 6, 7), tratte da Fourcade, 1966, pag. 152 (figg. 2, 4) e pag. 154 (fig. 3). Fig. 5. — Sezione che interessa trasversalmente lo stadio avvolto e marginalmente le logge svolte. Fig. 6. — Sezione assiale dello stadio avvolto. Nelle logge adulte la muraglia può presentare i margini anche arrotondati (vedi Fourcade, 1966). Fig. 7. — Sezione trasversale dello stadio svolto; questo può presentare sezione tra¬ sversale anche ellittica (vedi Fourcade, 1966). Per le figure 5-7. Età : Cretacico superiore ( Campaniano). Località : provincia di Murcie, regione di J umilia, Spagna. Ingrandimento ; 50 x . Fig. 8. — Raadshoovenia salentina (Papetti e Tedeschi). Sezione mediana. La figura è una riproduzione, lievemente rimpicciolita, tratta da Papetti e Tedeschi, 1965, pag. 121, fig. 2. Età : Cretacico superiore (Santoniano superiore). Località ; cava fra Ortelle e Cocumola, in provincia di Lecce (tav. : 214 II SE-Poggiardo). Ingrandimento : 50 x. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, ecc. Tav. XIV TAVOLA XV Calcarenite con clasti costituiti esclusivamente da microfossili e con matrice microcristallina per lo più in via di ricristallizzazione ; a questa si aggiunge una certa quantità di cemento spatico. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rap¬ presentanti per la massima parte da foraminiferi bentonici ; subordinatamente da alghe, organismi perforanti ed ostracodi. Nella tavola le forme più evidenti sono Scandonea samnitica, Dicyclina, Cuneo¬ lina, Quinqueloculina, Pyrgo, Cyclammininae, Textulariidae, Thaumatoporella. Preparato. A. 3598.13. Età. Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località. Circa 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). Ingrandimento. 15 x. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Ben Bold, ecc. Tav. XV TAVOLA XVI Caicarenite con ciasti costituiti esclusivamente da microfossili e con matrice mi¬ crocristallina per lo più in via di ricristallizzazione ; a questa si aggiunge una certa quantità di cemento spatico. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rappresentati per la massima parte da foraminiferi bentonici, subordinatamente da al¬ ghe, organismi perforanti ed ostracodi. Nella tavola le forme più evidenti sono Scandonea samnitica, Dicyclina, Num- moloculina, Quinqueloculina, Textularììdae. Preparato. A. 3598.37. Età. Cretacico superiore ( Turoniano-Senoniano). Località. Circa 200 m SE di Fontana Vertolo (tav.: 162 III SO-Cusano Mutri). Ingrandimento. 15 X . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Vasn Ben Bold, eco. Tav. XVI TAVOLA XVII Calcarenite con clasti costituiti esclusivamente da microfossili e con matrice microcristallina per lo più in via di ricristallizzazione ; a questa si aggiunge una certa quantità di cemento spatico. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rappresentati per la massima parte da foraminiferi bentonici ; subordinatamente da alghe, organismi perforanti ed ostracodi. Nella tavola le forme più evidenti sono Scandonea samnitica , Quinqueloculina, TSubeculariidae, Dicyclina, Cuneolina, Valvulammina, Thaumatoporella. Preparato. A. 3598.38. Età. Cretacico superiore (Turoniano-Senoniano). Località. Circa 200 m SE di Fontana Vertolo (tav. : 162 III SO-Cusano Mutri). Ingrandimento. 15 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971. P. De Castro - Osservazioni su Raadshoove- nia Van Den Bold, eco. Tav. XVII Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 237-256, 8 figg., 3 tavv. Processi diagenetici precoci in alcuni calcari a diceratidi ( lamellibranchi ) del Cretacico del! 'Appetirli no Campano (*) Nota della Dott.ssa LUISA SAGRISTANI (**) presentata dai soci B. D’ARGENIO e F. IPPOLITO (Tornata del 25 giugno 1971) Riassunto. — È stato eseguito uno studio su alcuni diceratidi cretacei prove¬ nienti da varie località dell’ Appennino campano. I gusci sono caratterizzati da : a) uno strato colorato esterno, con tracce di strie di accrescimento, ricristallizzato e suddi¬ viso in due metà di cui quella esterna è formata di regola da cristalli allungati con struttura prismatica ; 6) uno strato interno costituito parzialmente da calcite spatica e da sedimenti interni ; c) la cavità primaria ripiena di normale sedimento Oltre ai diceratidi sono stati studiati anche i gusci di alcuni gasteropodi, le cui cavità primaria e secondaria (cavità derivata cioè dalla dissoluzione del guscio) sono riempite da calcite spatica e da sedimento interno o, a volte, interamente da calcite spatica. La contemporanea presenza di spatite e di sedimenti interni nelle parti di¬ sciolte dei gusci e le cavità tubiformi di organismi perforanti (spugne?) che attra¬ versano sia lo strato ricristallizzato che la spatite riempiente le cavità secondarie, fanno ritenere che i gusci abbiano subito molto precocemente i processi diagenetici. Abstract. — A detailed study of thè diagenetic processes modifying thè shell structure of some cretaceous diceratids collected in several localities of thè Campan Apennines, has been carried out. The main diceratid shell characteristics are : a) a recristallized and coloured (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. nell’ambito del programma di ricerca sulla sedimentologia dei carbonati in facies di « Calcare Massiccio » con¬ dotto dagli Istituti di Geologia delle Università di Napoli, Firenze, Perugia e dall’Istituto di Mineralogia dell’Università di Firenze. (**) Istituto di Geologia dell’Università di Napoli, Laboratorio rocce carbona- tiche, Largo San Marcellino 10s 80138 Napoli. — 238 — external part in which thè accretionary structure is stili evident ; b ) an internai part formed by a drusy mosaic af sparry calcite and partially filled by internai sediments ; c) thè soft body primary cavity filled by thè normal sediment. The gastropods are complelely dissolved and then filled either by a drusy mosaic of sparry calcite or partially by calcite and partially by internai sediments. The sparry calcite and thè internai sediments, both filling thè dissolved shell parts, and some tubular cavities of boring organisms (sponges?), passing through thè recristallized external part of thè shell and thè sparry calcite filling of thè secondary cavities, show that thè shells and thè embedding sediments underwent very early diagenetic processes. Introduzione In questo lavoro sono riportate le osservazioni fatte su alcuni diceratidi del Cretacico dell’ Appennino campano, considerati co¬ me elementi del sedimento in cui sono contenuti, e perciò le¬ gati alle trasformazioni che lo hanno interessato. È noto che si parla di fossilizzazione quando ci si riferisce a quei processi che, modificando interamente o parzialmente le parti scheletriche de¬ gli organismi, ne consentono la conservazione, mentre il termine diagenesi si usa per descrivere trasformazioni che interessano lo intero sedimento. Tenendo presente, come già s’è detto, che i fossili possono essere considerati anche come elementi costituenti la roccia, la fossilizzazione può essere studiata come un particolare aspetto della diagenesi. In questo senso le trasformazioni subite dagli organismi du¬ rante le fasi precoci della diagenesi (sindia genesi) danno anche indi¬ cazioni paleoambientali per le strette relazioni che intercorrono tra l’ambiente deposizionale e quello sindiagenetico. I campioni studiati presentano caratteri che fanno pensare ad una diagenesi molto precoce che ha agito sia attraverso processi chi¬ mici ( soluzione della parte aragonitica del guscio con susseguente scomparsa di ogni struttura e genesi di una cavità secondaria) sia attraverso l’azione di organismi perforanti. A questo riguardo la presenza di cavità secondarie nei gusci dovute alla dissoluzione dell’aragonite, più stabile in ambiente marino, può indicare l’avvenuta variazione di condizioni ambientali. Il verificarsi di questi fenomeni, quando siano poi seguiti dal riempimento delle cavità secondarie, non solo con deposito chimico (calcite spatica) ma anche con sedimenti detritici 239 interni, fa ritenere che, quando si è verificata la diagenesi dei gusci, questi erano ancora in rapporto con Fambiente sedimentario. I risultati di questo lavoro confermano che la diagenesi precoce dei resti organici può essere un ulteriore criterio orientativo per individuare tali ambienti. 1. Strutture di gusci attuali Prima di iniziare la descrizione delle strutture organiche e dia¬ genetiche studiate, si è ritenuto utile dare qui di seguito alcuni cenni sulla struttura dei lamellibranchi, per un più semplice riferimento ai gusci attuali nella descrizione delle variazioni subite da quelli fossili. In genere le conchiglie dei lamellibranchi sono costituite da tre strati e precisamente : a) Periostraco o strato esterno ; b) Mesostraco o strato medio ; c) Endostraco o strato interno. Il periostraco è uno strato di natura organica costituito da una sostanza proteica ( conchiolina), gli altri strati sono composti da cristalli di carbonato di calcio nei suoi polimorfi aragonite e calcite, immersi in una matrice di conchiolina. Comunque ciascuno strato è formato o da calcite o da aragonite. Gli elementi che costituiscono il guscio si combinano dando origine a differenti strutture che si possono trovare isolate o variamente associate nelle varie conchiglie. I dati riportati, ricavati dalla letteratura (Poggilo 1930; Taylor J. D., Kennedy W. L, Hall A., 1969), sono stati integrati da osservazioni dirette su sezioni sottili di alcuni lamellibranchi e gasteropodi attuali. Struttura prismatica. Forma lo strato esterno del guscio e può essere sia di natura calcitica che aragonitica. La struttura prismatica a sua volta è semplice (di natura aragonitioa o calcitica) o composta (di natura aragonitica). Solo la prima si è conservata più o meno inalterata nei gusci fossili studiati. Struttura prismatica semplice . Ciascun prisma consiste di un singolo individuo cristallino, i prismi sono separati fra loro da una parete di conchiolina ; in sezioni radiali e trasversali dei gusci, questi prismi hanno forma di colonna più o meno regolare. I prismi calcitici hanno spesso strie trasversali che sono a forma di menisco, convesso verso l’intemo del guscio. I prismi aragonitici mostrano un tipico — 240 — aspetto piumoso dovuto a strie longitudinali divergenti, ma sono attraversati anche da strie trasversali (Taylor J. D., Kennedy W. I., Hall A., 1969). L’orientazione dei prismi in relazione alla conchiglia può essere molto variabile : in genere gli assi dei prismi sono disposti verticalmente rispetto alla superficie del guscio, ma si possono trovare anche in posizione obliqua. Lungo un pia¬ no tangenziale al guscio i prismi hanno una sezione esagonale e talvolta qua¬ drangolare. Il loro diametro è minimo ai margini del guscio ed aumenta verso l’interno. Le facce dei prismi di solito sono diritte, ma occasionalmente possono essere fortemente curvate. Struttura prismatica composta. « La struttura prismatica composta è costituita da prismi di primo ordine, ciascuno dei quali, a sua volta, è composto da piccoli prismi (prismi di secondo ordine) con disposizione pennata. Questa struttura è tipica dello strato superiore della maggior parte degli individui di TSucula sp. ; i prismi di primo ordine sono disposti orizzontalmente in direzione radiale e formano un solo strato, i prismi di secondo ordine divergono verso i margini. Detta struttura è solo di natura aragonitica. Struttura lamellare incrociata. Non si è conservata nei gusci fossili studiati, poiché la sua natura aragonitica ne ha favorito la precoce dissoluzione. La struttura lamellare incrociata (Boggild, 1930) è costituita da lamelle (lamelle di primo ordine) con forma quasi rettangolare Le lamelle di primo ordine sono costituite a loro volta da numerose lamelle più piccole (di secondo ordine) orientate normalmente alla faccia più lunga delle lamelle di primo ordine e formanti con il loro margine un angolo di 41°. In due lamelle adiacenti di primo ordine le lamelle del secondo ordine sono inclinate in direzione opposta, ciò produce il caratteristico incrociarsi di queste lamelle con angoli di 82° o 98°. Studi recenti hanno dimostrato che guardando in sezione sottile tagliata lungo un piano radiale, le lamelle di secondo ordine, a loro volta, sono composte di unità ancora più piccole (lamelle di terzo ordine). Ciascuna di queste lamelle composta da lamelle più piccole, forma un singolo cristallo con una estinzione uniforme. Struttura madreperlacea. Anche questa struttura, che recentemente è stata oggetto di molti studi, non è conservata nei gusci fossili studiati. Essa è formata da strati di piastrine arago nitiche (madreperla) alternate a strati di conchiolina interlamellare dello spessore di 0,02-0,3 micron (Wada, 1961b ; Watabe, 1965). Anche le piastrine sono separate da un inviluppo di matrice organica intercristallina. Ciascuna piastrina di madre- perla forma un cristallo che a sua volta è costituito da « blocchi » più piccoli pure essi « immersi » in matrice organica intracristallina. Ulteriore matrice intracristallina (conchiolina) è presente perfino dentro questi blocchi più piccoli. La dimensione e la forma delle piastrine può essere molto varia (Wada, 1961b). — 241 2. Descrizione dei campioni studiati Litologia I fossili studiati sono contenuti in rocce carbonatiche pure. Per la descrizione di queste rocce si è fatto riferimento alla clas- Fig. 1. — Località di provenienza dei campioni studiati. Il tratteggio obliquo indica le zone di affioramento dei terreni cartonatici mesozoici in facies di piattaforma, le crocette i terreni vulcanici. sificazione di Leighton M. W. e Pendexter C., 1962, modificata da D’Argenio (1967) ( fig. 1). In particolare i litotipi osservati sono: 1) biomicriti (campioni provenienti dal M. Maggiore); 2) calcareniti intrabiomicritiche con spatite (campioni provenienti dal M. Massico e rilievi a nord ovest di Mignano Montelungo) ; 3) calcareniti intraclastiche con spatite ; calcareniti biointraclastiche 16 242 — con spatite ; calcareniti intrabioclastiche con spatite ( campioni prove¬ nienti dal M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità). Contenuto in microfossili I microfossili sono discretamente abbondanti nei campioni prove¬ nienti dal M. Massico, da Mignano Montelungo, dal M. Camposauro. Più precisamente nei campioni del M. Massico sono frequenti miliolidi, oftalmididi, orbitolinidi, textularidi. Nei campioni di Mignano Montelungo si notano ostracodi, milio¬ lidi, orbitolinidi, textularidi, alghe. Negli altri campioni si notano miliolidi, oftalmididi, textularidi. Più rari sono i microfossili contenuti nei campioni provenienti dal M. Maggiore, sono presenti alcuni ostracodi e piccoli foraminiferi in¬ determinabili. Tutti i campioni studiati sono di età aptiano-cenomaniana superiore. 3. Strutture dei gusci di diceratidi La conservazione dei gusci in esame non permette di effettuare alcuna determinazione specifica, ma si può solo dire che si tratta di individui appartenenti alla superf amiglia delle Hippuritacea ( Dicerati - dae e/o Requienidae). I gusci dei diceratidi studiati di regola presentano: — uno strato esterno ricristallizzato, talvolta suddiviso in due bande di spessore variabile ; — uno strato interno che è stato disciolto e poi riempito da spatite ; — una cavità primaria riempita da sedimento. A volte i gusci sono intatti, a volte presentano fenomeni di frat¬ tura abbastanza intensi. In alcuni si nota l’attacco da parte di orga¬ nismi perforanti. a. Strato esterno ricristallizzato Questo strato si presenta debolmente o fortemente colorato e con tracce di strie di accrescimento. Il bordo dello strato esterno a contatto — 243 — con il sedimento si presenta spesso dentellato e si differenzia nettamente dal sedimento stesso. Quando il guscio è circondato da spatite, esso non si distingue dal sedimento se non per il colore. Alcuni gusci attac¬ cati da organismi perforanti presentano fori che interessano contem¬ poraneamente lo strato ricristallizzato e lo strato di spatite ; da ciò si deduce che l’attacco si è avuto dopo la formazione della spatite. I fori sono stati riempiti da micrite, da spatite o da entrambe. Delle sezioni di guscio studiate, alcune presentano i cristalli di calcite tagliati parallelamente all’asse c, in altre i cristalli sono tagliati perpendicolarmente a detto asse, qualche volta si può notare il pas¬ saggio graduale fra i due. Esaminiamo il primo caso (cristalli di calcite tagliati parallelamente all’asse c). Campioni del M. Maggiore. Lo strato esterno del guscio non è suddiviso ma è composto da prismi calcitici la cui lunghezza variabile fra mm. 0,7 e mm. 2,2 è pari allo spessore dello strato stesso. I prismi calcitici inoltre sono più sottili verso il margine esterno del guscio e più larghi verso quello interno. Lungo il margine esterno inoltre ci sono dei cristalli di cui si intravede solo la parte terminale e che sem¬ brano riempire il vuoto creato dall’ assottigliarsi degli altri cristalli (Tav. I - fìg. 1). I secondi che solo in alcuni casi si vedono in tutta la loro lun¬ ghezza sono sempre più sottili. Talvolta le facce dei cristalli sono curve. Campioni del M. Massico e di Mignano Montelungo. Lo strato esterno del guscio ha uno spessore variabile fra mm. 0,5 e mm. 3,0 ed in molti tratti si presenta distinto in due bande. I cristalli della banda esterna non sono ben distinguibili, grosso modo hanno una forma colonnare la cui estremità esterna è leggermente più ristretta. C’è traccia di strie di accrescimento e i cristalli sono ad esse perpen¬ dicolari. La banda interna è costituita da cristalli di sezione grossola¬ namente rettangolare, nelle sezioni di Mignano questa metà ha spessori molto esigui. Campioni del M. Camposauro - 2 km ad ovest di Fontana Trinità. In molti tratti lo strato esterno è suddiviso in due parti separate da una linea nera, complessivamente per uno spessore variabile fra mm. 1 e mm. 6,5. I cristalli della banda esterna sono abbastanza sottili e di forma prismatica con estremità ristrette, l’asse c è perpendicolare alle strie di accrescimento. La parte interna presenta dei cristalli non ben — 244 — definiti. Consideriamo ora il secondo caso (cristalli di calcite tagliati perpendicolarmente all’asse c). Nei preparati provenienti dal M. Camposauro i cristalli si pre¬ sentano compenetrati (Tav. II, fig. 1), i più grandi hanno una sezione grosso modo quadrangolare, i più piccoli, che sono in numero inferiore e raggruppati senza alcun ordine, hanno una sezione quadrangolare più defi- Fig. 2. — Guscio di diceratide. Si confronti lo schema della pagina a fronte per maggiori dettagli. M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols incrociati 33 per. nita ed i limiti inter cristallini più netti. Le dimensioni dei cristalli più grandi variano da un minimo di mm 0,05 x 0,05 ad un massimo di mm 0,3 x 0,25 e sono abbastanza costanti. In rari casi tuttavia cristalli più piccoli possono disporsi lungo linee ben definite, oppure occupare, per un certo tratto, quasi tutta la metà esterna del guscio (quella interna, invece, è occupata da cristalli grandi compenetrati). Il passaggio tra i due tipi di cristalli è graduale. Nei casi di compenetrazione tra cri¬ stalli adiacenti le superfici intercristalline possono interpretarsi come superfici intergranulari di « erosione », nel senso dato a questo termine da B. Sander (B. Sander 1970, pagg. 287-288). Il contorno si sarebbe — 245 — prodotto in maniera analoga a quanto avviene nella formazione dei giunti stilolitici. b. Strato interno Lo strato interno che è sempre disciolto ha in molti campioni uno spessore notevolmente maggiore di quello esterno ricristallizzato, infatti Fig. 3. — Rappresentazione schematica del particolare del guscio di diceratide della figura 2. Dall’esterno verso l’interno si noti: 1. Sedimento inglobante il guscio. 2. Strato esterno del guscio ricristallizzato in cui si notano le strie di accresci¬ mento. Superficie stilolitica al passaggio con il sottostante. 3. Strato esterno del guscio in cui sono evidenti le strie di accrescimento. 4. Impianto di mosaico spatico di drusa sul sottostante [2] frammento di guscio ricristallizzato e crollato nella cavità secondaria. 5. Mosaico di calcite spatica. 6. Intraclasti penetrati nella cavità secondaria durante la crescita del mosaico calcitico. esso può giungere ad uno spessore massimo, calcolato perpendicolarmente alla superficie esterna del guscio, di circa mm. 8,2 (Campioni di Mi- — 246 — gnano Montelungo). Questo strato è formato di solito da spatite anche se, in alcuni casi, un sedimento interno micritico ha completato il riempimento della cavità formatasi. Per analogia con le strutture di gusci recenti di lamellibranchi affini a quelli studiati si ritiene che lo strato interno fosse originariamente aragonitico e che, discioltosi, abbia lasciato poi una cavità secondaria che è stata in seguito riempita da spatite oppure da spatite e micrite. Le pareti di questa cavità erano costituite sia dal guscio ricristallizzato sia dal sedimento della cavità primaria (Tav. II, fig. 2), oppure da un inviluppo micritico che circonda la parete del guscio a contatto con la cavità primaria. Bathurst (1964) ha denominato inviluppo micritico l’intreccio di tubuli sottolissimi (ordi¬ ne di grandezza del micron) scavati da alghe azzurre o da funghi e poi riempiti da micrite. In tutti i casi osservati il mosaico di spatite presenta delle carat¬ teristiche comuni che rispondono a quelle che Bathurst (1964) ha chiamato « mosaico parassiale ». Sulle pareti si notano dei cristalli minuti seguiti da altri leggermente più grandi che passano quasi bru¬ scamente a grossi cristalli euedrali che formano una palizzata ed hanno l’asse c perpendicolare alla parete della cavità. Verso il centro della cavità il mosaico è formato da cristalli subedrali ed anedrali. Inglobati nello strato di spatite si osservano anche frammenti di guscio ricristal¬ lizzato o rari foraminiferi incrostati da cristallini di spatite orientati normalmente alle loro super fici (fig. 2 - fig. 3). Altre cavità (con diametro variabile fra mm 0,3 e mm 0,5) attraversano sia lo strato esterno ricri¬ stallizzato che quello interno, costituito da spatite con mosaico di drusa, sono prodotte da organismi perforanti (spugne?) e sono riempite da micrite o da spatite (Tav. Ili, fig. 1). Si tratta in questo caso di un avvenimento posteriore alla forma¬ zione del mosaico calcitico che riempie le altre cavità di maggiori dimensioni ora descritte. A conferma di ciò si vede che i cristallini della prima generazione sono disposti normalmente alle pareti di questi fori ; prima minuti ed euedrali, poi più grandi ed anedrali fino alla occlusione della cavità. c. Contatto tra strato esterno e strato interno Di notevole interesse risulta il contatto tra la spatite del guscio ricristallizzato e quella che occupa la cavità secondaria derivante dalla soluzione della parte aragonitica. A piccolo ingrandimento si nota una differenza di colore tra le due parti del guscio, infatti è rilevante il — 247 — contrasto tra la parte ricristallizzata colorata in marrone rossastro e la spatite bianco-grigia ; in alcuni tratti inoltre è presente una linea di demarcazione scura e abbastanza spessa. Osservando questa linea ad un centinaio di ingrandimenti si può vedere un addensamento di piccoli cristalli che segnano l’inizio della spatite che occupa lo strato interno. Talvolta è evidente il contrasto fra questa microspatite e quella da ricristallizzazione e quindi risalta la differenza fra i due tipi di cristalli. Fig. 4. — Sezione del guscio di un diceratide. DalFesterno verso Finterno si noti: (a) lo strato esterno del guscio ricristallizzato in cui sono ancora evidenti le strie di accrescimento (in particolare sul lato destro della figura); (b) un sottile riempimento « meccanico » di micrite (in grigio chiaro nella fotografia) che separa, sul lato sinistro della fotografia, lo strato ricristallizzato (a) dal riempimento spatico (c) della cavità secondaria (precedentemente occupata cioè dalla parte interna del guscio) ; questa spatite separa, con un tipico mosaico di drusa composto da più generazioni di cristalli crescenti verso Finterno di questa cavità, lo strato ricristallizzato (a) dalla (d) cavità primaria del guscio riem¬ pita da sedimento normale (in bianco nella figura). M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità, cretacico inferiore. Positivo da sez. sott. 3 x . Talvolta invece c’è continuità, per cui non si riesce a distinguere il punto di passaggio fra lo strato di spatite da riempimento e quello di spatite ricristallizzata. In alcuni gusci è avvenuto uno « scolla- — 248 — mento » tra questi due strati con relativo spostamento. Il vuoto suc¬ cessivamente è stato riempito da sedimento interno. 4. Paragenesi dei fenomeni diagenetici nei lamellibranchi Da quanto si è precedentemente detto nella descrizione dei gusci si può ritenere che nelle fasi precoci della loro diagenesi si sia verificata dapprima la dissoluzione dello strato interno con la conseguente for¬ mazione di una cavità secondaria e poi la graduale occlusione di questa. Fig. 5. — Sezione del guscio di un dicera tide. E’ possibile notare la presenza del- l’inviluppo micritico nonché la presenza di due generazioni di calcite spatica e di sedimento interno micritico che hanno occupato il vuoto creato dalla disso¬ luzione dello strato interno. M. Massico 2 km a sud della vetta, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols paralleli 4 x . 249 Genesi della cavità Le principali tappe di questi processi si possono così schematiz¬ zare. ( 1) Il guscio era immerso in un sedimento che riempiva più o meno interamente anche la cavità primaria. In questa fase potrebbe aver inizio la formazione dell’inviluppo micritico interno al guscio. ( 2) Successivamente si è avuta la dissoluzione dello strato interno con susseguente formazione di una cavità secondaria le cui pareti potevano essere costituite dallo strato ricristallizzato , dai sedimenti circostanti v ’ Sedimento mieti fico llìpj Calcite spafica (e generazione) Calcite spatica (I generazione) &usas ricrìstalliizato Sedimento inaili inviluppo micritico Fig. 6. — Rappresentazione schematica della paragenesi dei processi di sostituzione e riempimento del diceratide illustrato in fig. 5. oppure dall’inviluppo micritico che circondava lo strato interno a con¬ tatto con la cavità primaria. Si son potute avere anche dissoluzioni successive. L 'inviluppo micritico , che contorna il margine interno dello strato ricristallizzato, non sempre è presente; talvolta la sua presenza è dubbia. — 250 — Questo inviluppo, formato come si è detto per l’azione di cianofìcee o/e funghi, potrebbe essere contemporaneo della fase ( 1) poiché, ad esem¬ pio, i funghi, che non richiedono la presenza della luce, avrebbero potuto svilupparsi anche a spese della matrice di conchiolina che per¬ meava interamente i gusci. Paragenesi del riempimento della cavità secondaria Il riempimento della cavità secondaria è avvenuto gradualmente e con piccole variazioni che però possono inquadrarsi in alcuni schemi generali validi per tutti i campioni studiati : si riportano qui i 4 casi più caratteristici. 1) Precipitazione di calcite spatica che si presenta sotto forma di un mosaico ad accrescimento centripeto, già descritto precedente- mente ; questo mosaico riempie solo parzialmente la cavità. Successi¬ vamente c’è occlusione completa della cavità con sedimento interno micritico (Tav. Ili, fig. 2). A volte sono presenti più generazioni di micrite. 2) La cavità viene riempita completamente da un mosaico di calcite spatica. 3) Si ha un deposito meccanico di lieve entità. Successivamente si ha occlusione completa della cavità con spatite (fig. 4). Il guscio infine ed il suo riempimento calcitico possono essere attaccati da organismi per¬ foranti ; le cavità così formatesi, che interessano sia lo strato ricristal¬ lizzato che la spatite, sono riempite poi da micrite o da spatite. Questo fatto è di notevole interesse poiché indica che quando gli organismi perforanti hanno esercitato la loro azione il guscio aveva già subito processi complessi, soluzione e successivo riempimento calcitico. 4) Si ha ulteriore formazione di un inviluppo micritico (fig. 5 - fig. 6) che contorna internamente lo strato ricristallizzato, poi una prima generazione di calcite per lo più microcristallina, in cui si notano minusco¬ li fori allungati riempiti da micrite. Questi stessi fori interessano anche lo strato ricristallizzato. Si possono verificare a questo punto fenomeni di frattura che permettono lo « scollamento » dell’inviluppo micritico con formazione di un vuoto subito riempito dal sedimento circostante. Si ha ancora una seconda generazione di calcite spatica limpida che riempie anche i vuoti creati dalle fratture e dallo scollamento dello inviluppo micritico. Infine il sedimento interno micritico completa l’occlusione della cavità. Talvolta c’è continuità tra la calcite che riempie la cavità secon- daria e quella che cementa il sedimento della cavità primaria per cui non si può stabilire se si tratta esattamente della stessa generazione di calcite. 5. Brevi osservazioni sui gusci dei gasteropodi I gasteropodi non conservano alcuna traccia della struttura del loro guscio originario, che è completamente sostituito da calcite spatica. La cavità primaria del guscio i cui limiti sono conservati dall’invi¬ luppo micritico si presenta di solito riempita da sedimento. La calcite spatica mostra i tipici caratteri del mosaico parassiale descritto da Bathurst e già notato nella parte disciolta e riempita da spatite dei lamellibranchi. In questo caso la prima generazione di cristalli si im¬ pianta sull’inviluppo micritico delimitante la cavità primaria e diret¬ tamente sul sedimento esterno che ha permesso la conservazione del modello esterno del guscio. Si può anche pensare che il contorno del guscio sia stato conservato dall’aragonite disciolta e poi precipitata sotto forma di calcite microcristallina lungo i margini. Genesi della cavità e paragenesi del riempimento I gusci giacevano in un sedimento che riempiva completamente o in parte la cavità primaria. Si è poi avuta la dissoluzione completa del guscio : tale dissoluzione è potuta avvenire anche in più fasi successive. La cavità secondaria così formatasi è stata riempita da calcite spatica che ha completato anche il riempimento della cavità primaria quando questa risultava ancora parzialmente beante. Talvolta il riempimento della cavità secondaria può avvenire in modo diverso da quello ora descritto, infatti si possono notare due generazioni di spatite alternate a sedimento meccanico penetrato attra¬ verso fratture del guscio. La prima generazione di spatite è leggermente torbida, i cristalli della seconda generazione sono più chiari, dapprima più piccoli subedrali ed euedrali poi più grandi ed anedrali mano a mano che ci si avvicina verso il centro della cavità ( fig. 7, fig. 8). Tutti i gasteropodi presi in esame si presentano completamente spatizzati in seguito alla formazione di una cavità secondaria creatasi precocemente per dissoluzione totale del guscio e successivamente riem¬ pita da calcite spatica. Tale dissoluzione integrale è comprovata dalla — 252 — mancanza di qualsiasi struttura originaria del guscio e conferma la natura aragonitica del guscio dei gasteropodi studiati. Fig. 7. — Sezione del guscio di un gasteropode (acteonide?) completamente sostituito. Si può osservare infatti l’assenza della struttura originaria del guscio che è sostituito da due generazioni di calcite spatica ( di cui la seconda con chiaro accrescimento centripeto) e da sedimento penetrato nella cavità secondaria attraverso fratture. S. Vito (M. Camposauro), Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols paralleli 3 x . Conclusioni L’esame dei campioni descritti ha permesso di mettere in evidenza alcune caratteristiche comuni alla maggior parte dei gusci di lamelli- branchi osservati. Quasi tutti i gusci presentano lo strato esterno ricristallizzato e diviso in due bande di spessore diverso. — 253 — Rivediamo i dati relativi alla metà esterna del guscio : - — ■ Presenza di tracce di strie di accrescimento ; — - Colorazione marrone-rossastra ; — • Presenza di calcite in cristalli ben individuati ; — Cavità di organismi perforanti che attraversano sia il guscio che la cavità nella porzione disciolta riempita da calcite ; — Cristalli, normali alle strie di accrescimento, di forma prisma¬ tica ristretta in prossimità del margine esterno ed allargata verso quello Fig. 8. — Rappresentazione schematica della paragenesi dei processi di sostituzione e riempimento del gasteropode illustrato in fig. 7. interno. Quando la parte esterna è molto spessa i cristalli sono più sottili alFestremità e rigonfi al centro; — Facce cristalline normalmente diritte. Da tutto ciò si può concludere che la metà esterna dello strato calcitico ha conservato la sua struttura prismatica originaria, anche se con leggere modifiche. La metà interna non sempre è ben indivi¬ duabile e quindi ci si limita a menzionarla e a dire che si presenta colorata e che in origine era presumibilmente ealcitica. Non c’è alcuna traccia di una qualsiasi struttura originaria nello strato interno del — 254 — guscio, lo spazio ad esso corrispondente è caratterizzato dalla presenza di sedimenti interni e di mosaici di calcite spatica. Talora sono evidenti strutture da collasso, rappresentate da frammenti di guscio ricristal¬ lizzato crollati sul pavimento della cavità e poi incrostati da piccoli cristalli subedrali. Questi fatti indicano che la soluzione dello strato interno del guscio è avvenuta molto precocemente. Ciò è confermato anche dalle cavità di organismi perforanti che attraversano sia lo strato esterno ricristallizzato dei gusci che il materiale occludente la cavità derivata dalla soluzione dello strato interno. Lo studio dei processi di diagenesi precoce che hanno interessato i gusci di diceratidi e gasteropodi, è risultato utile anche perchè ha fornito alcune indicazioni sull’ambiente di sedimentazione. Infatti la formazione delle cavità secondarie i cui sedimenti interni, talora molto fini, inglobano ostracodi è da collegare alla porzione aragonitica dei gusci che è stata disciolta senza lasciare parvenza alcuna della strut¬ tura originaria. Poiché la dissoluzione dell’aragonite sembra avvenire agevolmente in presenza di acque più o meno dolci e i gusci caratte¬ rizzati da analoghe vicende diagenetiche si ritrovano a più riprese entro un intervallo stratigrafico di molte decine di metri, si possono giusti¬ ficare i processi diagenetici studiati se si ipotizzano ricorrenti emersioni, sia pure effimere, o intense diminuzioni della salinità o l’alternarsi di entrambi i casi (D’Argenio, 1966). Tutto ciò poteva avvenire in un’area di retroscogliera in cui perio¬ dicamente si instauravano condizioni di tipo sopralittorale-littorale o lacustre. Napoli, Istituto di Geologia, giugno 1971. BIBLIOGRAFIA Bathurst R. G. C., 1964 - The replacement of aragonite hy calcite in thè Mol luscan Shell Wall. In Imbrie J. e Newell N. Approaches to Paleoecology. New York, Wiley and Sons. Bathurst R. G. C., 1966 - Boring algae, micrite envelopes, and lithification of molluscan biosparites. Geol. Jour., V. 5, pagg. 15-32. Boggild 0. 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International Geological Congress, XXIII Session, pioceedings of section 8, Genesis and Clas- sification of Sedimentary Rocks, Prague, pagg. 227-248. TAVOLA I Fig. 1. — Guscio di diceratide. Strato esterno ricristallizzato. Cristalli tagliati paral¬ lelamente alFasse c. M. Maggiore, cava a ovest del Castello di Dragoni, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols incrociati 43 x . Fig. 2. — Guscio di diceratide. Strato esterno ricristallizzato. Cristalli tagliati paral¬ lelamente all’asse c. Si noti come le facce dei cristalli abbiano un andamenio leggermente curvo in cui si intravedono le strie di accrescimento del guscio. M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols incrociati 40 X . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971 Sagristani L. - Processi diagenetici pre¬ coci in alcuni calcari, ecc. Tav. I Fig. 1. TAVOLA II Fig. 1. — Guscio di diceratide. Strato esterno ricristallizzato. La sezione taglia i cristalli normalmente all’asse c. Sono bene evidenti i limiti intercristallini ondulati. M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità. Da sez. sottile a nicols paralleli 220 x . Fig. 2. — Guscio di diceratide. Contatto tra sedimento che riempie la cavità (in grigio scuro in basso) e la spatite che occupa la cavità secondaria. Il mosaico calcitico si impianta direttamente sul sedimento con piccoli cri- stalli subedrali e prosegue verso l’alto con cristalli eudrali di dimensioni crescenti. M. Camposauro, 2 km ad ovest di Fontana Trinità, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols paralleli 100 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971 Sagristani L. - Processi diagenetici pre¬ coci in alcuni calcari, ecc. Tav. II Fig. 1. Fig. 2. TAVOLA III Fig. 1. — Guscio di diceratide. Cavità di organismi perforanti riempite da micrite. Le cavità sono posteriori alla formazione del mosaico calcitico di drusa che riempie la parte disciolta poiché esse tagliano contemporaneamente sia lo strato cristallizzato che la spatite da riempimento. M. Camposauro, 2 Km ad ovest di Fontana Trinità, Cretacico inferiore. Da sez. sottile a nicols paralleli 39 x . Fig. 2. — Guscio di diceratide. Strato interno del guscio. Mosaico di spatite che riempie parzialmente la cavità secondaria. Il sedimento interno micritico (a sinistra in nero) completa il riempimento della cavità. In basso a destra si può osservare parte del riempimento meccanico della cavità pri¬ maria del guscio. M. Massico, 2 km a sud della vetta, Cretacico inferiore. Da sez sottile a nicols paralleli 35 x . Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971 Sagristani L. - Processi diagenetici pre¬ coci in alcuni calcari, ecc . Tav. Ili Fig. 1. Fig. 2, Boll. Soc. Natur . in Napoli voi. 80, 1971, pp. 257-276 Sul Pliocene italiano: problemi di cronostratigrafia Nota del socio UBERTO CRESCENTI (*) (Tornata del 29 ottobre 1971) Riassunto. — La successione dello stratotipo del Tabianiano (Tabiano Bagni. Parma) presenta alla base una lacuna stratigrafica, per cui non comprende la parte iniziale del Pliocene italiano. La lacuna è dimostrabile sia su basi geologiche che biostratigrafiehe. La cronostratigrafia del Pliocene italiano, nella proposta di Barbieri (1967a) ribadita in Barbieri (1971), presenta numerosi inconvenienti. Appare preferibile prospettare una cronostratigrafia basata sulle avanzate e attendibili conoscenze bio- stratigrafiche, precisate nelle note di Bertolino et olii (1968) e Cati et alii (1968). Abstract . — The Tabianian stage. This stage is defined by gray-blue marly claystones of Tabiano Bagni (Parma) with Ficula ficoides (originai definition by Mayer 1868), or with Globorotalia mar- garitae and Uvigerina rutila (Barbieri 1967a, Iaccarino 1967). In my paper (Crescenti 1971b) I have pointed out a hiatus localized at thè contact of thè Pliocene with Miocene in thè stratigraphic section of Tabiano Bagni ; thè lower part of Italian Lower Pliocene is not represented in Tabianian stratotype. Barbieri (1971) is not in agreement with my opinion; thè Author does not supply doeumentary evidence for his ideas, which moreover are expressed in a polemic spirit. Barbieri declares that my suspicions on thè hiatus concerning thè lowermost part of Pliocene in thè Tabianian stratotype, is based on thè absence of part («livelli basali») of thè Sphaeroidinellopsis subzone. Aetually in my paper (Crescenti 1971b) I have furnished more data and two hypotheses about thè extent of thè hiatus. Owing to Barbiere s omission and in order to furnìsh an objective scientific documentation, I have deemed it appropriate to clear certain aspects of this matter, principally in order to divulge more satisfactory generai lines of Italian Pliocene chronostratigraphy. 1 — All thè geologists that have paid their attention to thè Emilian Pedeap pennine, within thè Piacenza and Bologna distriets, are in agreement on basai transgression of Pliocene succession. I recali Ruggieri & Selli (1949), Fin etti (*) Istituto di Geologia, Facoltà di Scienze, Università di Perugia (Italia). Lavoro eseguito col contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Comitato per le Scienze Geologiche e Minerarie. 17 — 258 — (1957, 1959), Lucchetti (1963), Albertelli & Mazzei (1963), Thieme (1963), Selli (1967b), ecc. Thieme (1963, p. 50) says that between thè Stirene and Parma rivers (where Tabianian stratotype is localized) : «la base del Pliocene è caratte¬ rizzata da una fascia di conglomerati omogenea e di ampia estensione, ma non sempre continua. Essa è da ritenersi tipicamente trasgressiva in base alla osser¬ vazione che ricopre terreni delle più svariate età e che verso l’alto passa grada¬ tamente a terreni sempre meno grossolani (sabbie e argille)». The basai Pliocene discordance is also evident from thè geological map of thè Parma district, published by thè Geological Institute of Parma University (1966) Pezzani (1963, p. 50, fig. 1) illustrates thè Tabiano Bagni section according to Venzo’s studies (1955-58). The lowermost Pliocene part is considered transgres- sive ; thè basai gray-blue sandy clays include « grossi ciottoloni ovoidali, appiattiti, in conseguenza del rimaneggiamento della trasgressione del Piacenziano inferiore (il cosiddetto ” Tabianiano ”) ». 2 — The hiatus concerning thè lowermost part of Pliocene in thè Tabianian stratotype is deducible (Crescenti 197lb) because of thè absence of «basai levels » Sphaeroidinellopsis subzone, of thè presence of G. margaritae, of G. puncticulata and G. pucticulata padana appearances just 50 m above thè basai conglomerates and of G. bononiensis appearance just 80 m above these levels. If we have in mind thè biostratigraphic scheme of Italian Lower Pliocene (Bertolino et alii 1968, Cati et olii 1968), from thè micropaleontological and biostratigraphic data of thè Tabianian stratotype, we may deduce thè existence of a Pliocene gap localized at thè Miocene-Pliocene ccntact in thè Tabiano Bagni section. This gap corresponds to thè Sphaeroidinellopsis subzone and to thè G. puncticulata subzone’s lowermost part, or to thè Sphaeroidinellopsis subzone’s lower- middle part only (see Crescenti 197lb, fig. 3). Barbieri’s correlations (1967, f. 10; 1967b, f. 3; 1971, f. 2) offer thè mo=t evident proof of this hiatus. In fact, according to thè Author’s data, thè Tabianian of thè Vernasca-CastelTArquato and T. Stirone sections, is about 500 metres thick, it is transgressive on allochtonous levels, and is divisible into two biostratigraphic units, which are, from bottoni to top, thè « Glohigerina-Orbulina-Globigerinoides » and thè « Globorotalia margaritae » units. In thè Tabianian stratotype, thè Tabianian is 160 metres thick only and lacks thè « Globi gcrina-Orbulina-Globigerinoides » unit. The Italian Pliocene chronostratigraphy. Selli (1967a) summarizes effectively thè Italian Pliocene chronology. It is evident that thè Author’s opinions on thè conventional division of thè Pliocene series into two or three parts, are not in agreement. The twofold subdi vision is upheld by thè Authors from a lithological point of view, on thè contrary thè threefold subdivision is most logicai from a paleontological point of view. According to De Stefani (1891, fide Selli 1967a) « tout essai de subdiviser le Pliocène par des principes non exclusivement paléontologiques, qu’on n’a pas encore pu établir, doit étre absolutement repoussé ». Ruggieri & Selli (1949) proposed thè conventional subdivision of thè Plio¬ cene itno three parts, namely Lower, Middle and Upper, based on paleontological characters. This subdivision has been used by almost all thè Authors for thè last — 259 — twenty years. See Perconig (1952, 1953, 1955), Martinis (1954), Selli (1954), Agir Mineraria (1957), Tedeschi (1959), Dondi (1963), Papani & Pelo¬ si© (1963), Neviani (1964), Pirini & Radrizzani (1964), Roda (1964, 1965, 1966, 1967), Vezzani (1966), Colalongo & Sartoni (1967), Selli (1967a), Lentini (1967, 1968, 1969), Bertolino et olii (1968), Di Grande (1968), Wezel (1968), Dondi & Papetti (1968), Colalongo (1.968), D’Onofrio (1968), Dallan & Salvatorini (1968), Sprovieri (1968), Crescenti (1971a), ecc. Consequently I am not in agreement with Barbieri’s (1971, p. 5) statement: « it is difficult to understand why some workers stili insist npon using a three-fold arbitrary snbdivision of thè Pliocene (Crescenti 1971b) which has little or no meaning ». Barbieri (1967a) proposes thè Pliocene snbdivision in Tabianian and Piacenzian The Tabianian stratotype is selected in thè Tabiano Bagni section (Iaccarino 1967); its upper limit, according to Barbieri, is defined by G. margaritae and U. rutila disappearances. This paleontological level could correspond, according to thè Author, to thè Piacenzian lower limit in thè Piacenzian stratotype ( Vernasca-CastelFArquato section), here defined by lithological features. ¥e may make some objections to these proposai : — according to Mayer’s originai definition (1868), thè Tabianian upper limit is defined by Ficula ficoides disappearance (fide Selli 1967a, Pelosi© 1966, ecc.). In thè Tabianian stratotype, F. ficoides disappears 70 m above thè G. margaritae and U. rutila ; therefore Barbieri’s (1967a) proposai does not observe thè originai Tabianian definition ; — thè Tabianian stratotype is transgressive on thè Messinian, with a hiatus which corresponds to thè lowermost levels of thè Italian Pliocenic sequence. The Tabianian stage does not solve thè chronostratigraphic problem of thè Lower Pliocene; — thè Piacenzian, according to Barbieri’® ( 1967a) proposai, is defined by means of lithological features ; thè Italian Pliocenic lithofacies are very changeable, either laterally or vertieally, and thè lithostratigraphic limits are never utilizable from a chronostratigraphic point of view ; — in thè Piacenzian stratotype upper part, because of its particular lithology (sands with calcarenites and claystones), thè microfossil association is not typical for biostratigraphic purposes ; thè planctonic species are very rare. « Due to this fact it is difficult to establish a biostratigraphic break-down of this interval both on benthonic and planktonic foraminifera » (Barbieri 1967a, p. 148). It is difficult therefore, to correlate regionally by means of lithological and paleontological features, thè Piacenzian stratotype with Italian Pliocenic series. For all these reasons, thè Italian Pliocene chronostratigraphy is stili not satisfactory, and has no valid praticai application. There can be no doubt that, for biostratigraphic instead lithostratigraphic effeetiveness in Italian Pliocene stra- tigraphic correlations, thè threefold subdivision of Pliocene, namely Lower, Middle and Upper, based on paleontological features, is thè best solution we can adopt in thè present eireumstances. Besides, this subdivision is further confirmed by thè geological and paleogeo- graphical evolution of our Pliocene, in which three well-defined phases bave been established : — 260 — — thè first phase, following thè basai transgression, whereby active subsidence coincides with an active tectonic resulting in thè emersion o£ some areas ; — thè second phase which, owing to these emersions, is caracterized by thè familiar middle-pliocenic gap (Roda 1966, Crescenti 1971a); — thè third phase: tectonically qniet, transgressive on former deposits. These three phases, are locally variable from thè chronological point o£ view; but are generally easily recognizable, especially on thè western edges of thè Apen- ninic foretrench. Ruggieri & Selli (1949) impostavano su basi paleontologiche, la stratigrafia del Pliocene italiano. Come è noto, gli AA. proponevano di suddividere il Pliocene in tre parti : inferiore, medio, superiore. Questa tripartizione aveva grande successo negli anni a seguire, tanto che tutt’oggi, dopo il fiorire di dettagliati studi e ricerche biostrati- grafiche basate soprattutto sui microfossili, appare ancora la soluzione più logica e senza dubbio la più valida ai fini pratici. La biostratigrafia del Pliocene italiano, precisata e attendibile a livello regionale, è puntualizzata nelle note di Bertolino et alii (1968) e Cati et alii (1968). Viceversa, confusa e insoddisfacente appare tuttora la cronostra- tigrafia come risulta evidente dalla sintesi di Selli (1967a). Barbieri (1967a) ha prospettato la suddivisione in due termini, Tabianiano e Piacenziano. In una recente nota (Crescenti 1971b) ho espresso il sospetto che il Tabianiano, nello stratotipo di Tabiano Bagni (Barbieri 1967a, Iaccarino 1967), risulta trasgressivo sul Messiniano e lacunoso alla base, in modo da non rappresentare cronologicamente la parte ini¬ ziale del nostro Pliocene. Contro questo mio modo di vedere, si è pronunciato vivacemente Barbieri (1971) senza peraltro addurre, a sostegno delle sue opinioni, elementi scientifici che potessero essere considerati assolutamente probanti. Eppure i dati da me esposti sul Tabianiano, alla luce delle attuali conoscenze biostratigrafiche del Plio¬ cene italiano, non volevano costituire la base per una polemica, ma lo spunto per un colloquio scientifico al fine di apportare nuovi contri¬ buti alle conoscenze dell’argomento. Data questa reazione, mi trovo costretto, mio malgrado, a fare delle precisazioni. E ciò non tanto perchè il mio eventuale silenzio potesse venire interpretato come una conferma delle idee di Barbieri, quanto per poter contribuire ad una soddisfacente impostazione della cronostratigrafia del Pliocene italiano, alla luce delle reali conoscenze stratigrafiche che oggi si hanno sullo argomento. — 261 — Sul Tabianiano Rimando a Pelosio (1966), Iaccarino (1967) e Selli ( 1967a) per dettagliate notizie in riguardo. Ricordo solo che col Tabianiano, termine introdotto per la prima volta da Mayer (1868), oggi si in¬ tendono le argille grigio-azzurre plioceniche inferiori, affioranti presso Tabiano Bagni (Parma), e contenenti Ficula ficoides (definizione ori¬ ginale, Mayer 1868) oppure Globorotalia margaritae e U viperina rutila (Barbieri 1967a, Iaccarino 1967). Nella mia recente nota (Crescenti 1967b), come già detto, ho espresso l’opinione che nella successione dello stratotipo del Tabianiano, non sia rappresentata la parte iniziale del nostro Pliocene. Barbieri (1971) è di parere contrario e ritiene infondato il mio sospetto per la mancanza di basi stratigrafiche nelle mie considerazioni. A mio avviso invece, la presenza di una lacuna tra Messiniano e Tabianiano nella successione di Tabiano Bagni, è dimostrabile sia mediante i dati biostratigrafici per essa noti, sia mediante i dati forniti dalla geologia di campagna. Tale lacuna perciò, non si fonda solo sulla assenza dei cc livelli basali » della subzona a Sphaeroidinellopsis, come Barbieri (1971, p. 8, nota 2) mi ha fatto dire. In effetti, nel lavoro cui l’A. si riferisce (Crescenti 1971b), avevo indicato svariati motivi a dimostrazione dell’esistenza della lacuna e due ipotesi sulla sua estensione, queste ultime evidenziate anche nella mia fig. 3. Vista l’omissione operata da Barbieri, a danno di una obiettiva documenta¬ zione scientifica, sono costretto a tornare sulTargomento con ulteriori e più dettagliate precisazioni, sia su base strettamente biostratigrafico- micropaleontologica, che con elementi forniti dalla letteratura sulla geologia dell’area considerata. a) Evidenze dalla geologia di campagna. In tutto il Pedeappennino emiliano, fra Piacenza e Bologna, il Pliocene inferiore viene concordemente segnalato, dai geologi che si sono occupati della regione, in trasgressione sopra termini di varia età e di differente significato tettonico. Per notizie in merito e per ulteriori dati bibliografici rimando a Ruggieri & Selli (1949), Lucchetti (1963), Albertelli & Mazzei (1963), Thieme (1963), Selli (1967b), ecc. In particolare, per la zona dal Torrente Stirone al Torrente Parma, ove cadono gli affioramenti dello stratotipo del Tabianiano, così si — 262 — esprime Thieme (1963, p. 50): «In quest’area la base del Pliocene è caratterizzata da una fascia di conglomerati omogenea e di ampia estensione, ma non sempre continua. Essa è da ritenersi tipicamente trasgressiva in base alla osservazione che ricopre terreni delle più svariate età e che verso l’alto passa gradatamente a terreni sempre meno grossolani (sabbie e argille) . L’evolversi della ricerca minera¬ ria nella Pianura Padana ha messo poi chiaramente in evidenza il carattere trasgressivo di questo membro conglomeratico in tutto il ba¬ cino . Lo spessore massimo dei conglomerati si trova nella zona di Tabiano, a sud-est di Fornovo e a S. Vitale B aganza. Il grado di ce¬ mentazione è massimo a Tabiano. I costituenti sono eterogenei, ma per la maggior parte derivanti dalle formazioni eocenico-cretacee del retrostante Appennino e dagli inclusi delle Argille indifferenziate ». In aree contigue, al posto dei conglomerati, la base del Pliocene può presentare termini più fini, da sabbie fino ad argille. Per dettagli rimando ad Albertelli & Mazzei (1963) e a Thieme (1963). La variabilità del contatto alla base del Pliocene è pure bene evidente nella Carta Geologica della provincia di Parma e zone limi¬ trofe, pubblicata a cura dell’Istituto di Geologia dell’Università di Parma (1966), sotto la direzione del prof. S. Venzo. Anche Finetti (1957, 1959), che ha rilevato la regione della struttura di Salsomaggiore, così si esprime in merito al contatto Plio¬ cene e termini sottostanti ( questi in parte in posizione alloctona) : « I depositi pliocenici sono trasgressivi sulle precedenti unità litologiche e sono notevolmente sviluppati. Alla base si trovano bancate conglo- meratiche che da Tabiano in poi, proseguendo verso sud-est, vengono a contatto con le marne langhiane » (Finetti 1957, p. 22). Ed ancora: « Sul Messiniano, dove questo esiste, o sui livelli più antichi (Torto- niano, Langhiano) si trovano i conglomerati di base del Pliocene, discordanti sui precedenti depositi » (Finetti 1959, p. 147). L’A. segnala i pareri contrastanti degli studiosi precedenti, sul riferimento cronologico dei conglomerati al Messiniano o al Pliocene, facendo però rilevare che fra i conglomerati e le argille sicuramente plioceniche non esiste alcuna discordanza apprezzabile; Finetti (1959) convenzional¬ mente attribuisce i conglomerati alla base del Pliocene. Al Messiniano sono invece riferiti i conglomerati da Iaccarino ( 1963), che si occupa del bordo nord-orientale dell’anticlinale di Salso¬ maggiore ; l’A. comunque considera le sovrastanti argille del Pliocene inferiore ( « Tabianiano ») trasgressive sul Messiniano. Successivamente Iaccarino (1967), nello studio micropaleontologico dello stratotipo del 263 — Tabianiano, attribuisce i conglomerati al Pliocene inferiore o Tabianiano basale. Pezzami (1963) in un dettagliato studio micropaletontologico su di un campione messiniano raccolto dal prof. S. Venzo nella serie di Tabiano Bagni, riporta in fig. 1 (p. 560) la successione « messiniano- piacenziana » secondo i rilievi di S. Venzo (1955-58) ed illustrata da Venzo (1959). Al di sopra del livello 7 («sabbie e conglomerati, più grossolani in alto, che ricoprono la serie messiniana ») sono indicate (livello 8) « argille sabbiose azzurre con grossi ciottoloni ovoidali, ap¬ piattiti, in conseguenza del rimaneggiamento della trasgressione del Piacenziano inferiore (il cosiddetto «Tabianiano»)»; seguono le ar¬ gille azzurre del Tabianiano (livello 9). Infine, la trasgressione del Pliocene inferiore è ben documentata da Iaccarino & Papanx (1967), per la zona tra la Val Stirene e Ver- nasca (circa 10 km a Ovest di Tabiano Bagni). b) Evidenze dalla biostratigrafia micropaleontologica . Barbieri (1971, p. 8) afferma che Crescenti (1971b) « suspects a hiatus concerning thè lowermost part of Pliocene in thè Tabianian stratotype. The suspicion is based on thè absence of part (« livelli basali ») of thè « Sphaeroidinellopsis » subzone..... The « Sphaeroidinel - lopsis » subzone ( anyhow « Sphaeroidinellopsis » is occurring in thè « basai » Tabianian stratotype) is questionable, since this genus, as thè genus « Sphaeroidinella », are considered to be growth by depth ; there- fore thè absence of this subzone does not represent a hiatus (in thè Tabianian stratotype, according to Crescenti, it is a matter of a part of subzone!). It is interesting to remark that thè same biostratigraphic sequence observed in thè Tabianian stratotype, is present in thè Crostolo section, where thè Upper Miocene evaporites are directly overlaid by thè Pliocene claystone ». Riguardo alPinteresse di questa correlazione, mi limito a notare che tra le serie di Tabiano Bagni e del Torrente Crostolo (ove man¬ cano i conglomerati basali) corrono circa 50 km di distanza, nel cui ambito sono note numerose altre serie tra le quali ricordo (da Thieme 1963, per la geologia di campagna, e da Dondi 1963, per la biostra¬ tigrafia micropaleontologica): 1) la serie di S. Vitale B aganza, col Pliocene inferiore rappresentato alla base da conglomerati con molasse, trasgressivo e discordante sulle « Marne di Antognola », oligoceniche ; 2) serie di S. Michele di Tiorre, col Pliocene inferiore basale a sabbie — 264 ocracee ciottolose, trasgressivo e discordante sulle « Marne del Termina », mioceniche (Dondi & Papetti 1968, riconoscono in questa serie i « livelli basali » della subzona a Sphaeroidinellopsis ) ; 3) serie del Ter¬ mina e serie di Caverzana col Pliocene inferiore ad argille grigio¬ azzurre direttamente discordanti e trasgressive sulle mioceniche cc Mar¬ ne del Termina » ; ecc. Come ho già detto, il sospetto da me espresso sulla esistenza di una lacuna alla base dello stratotipo del Tabianiano, non era esclusi¬ vamente dedotto dall’assenza della subzona a Sphaeroidinellopsis. Riporto in riguardo, le parti essenziali della mia nota (Crescenti 1971, p. 9). Riferendomi ai dati pubblicati da Iaccarino (1967), scrivevo che « la base del Pliocene non presenta i ” livelli basali ” della subzona a Sphaeroidinellopsis , mentre contiene già G. margaritae ; inoltre G. puncticulata e G. puncticulata padana appaiono appena 50 m sopra i conglomerati, e nel camp. 2.336, ossia appena 80 metri sopra i conglomerati..... ho riscontrato la presenza di Globorotalia bononiensis. Tutti questi dati fanno sospettare che il Tabianiano occupa, nella serie pliocenica italiana, una posizione stratigrafica ” non basale ” In particolare andrebbe inquadrato nelle subzone a G. puncticulata e a G. bononiensis . Oppure il limite inferiore del Tabianiano potrebbe cadere nella parte superiore della subzona a Sphaeroidinellopsis , ma in tal caso si avrebbe uno spessore troppo limitato per la subzona a G. puncticulata , in contrasto con i dati noti per zone vicine (Dondi & Papetti 1968a). Queste due ipotesi sono evidenziate nella fig. 3. In un caso o nell’altro, comunque, lo stratotipo del Tabianiano appare giacere trasgressivo sul Messiniano, con una sensibile lacuna stratigra¬ fica alla base Nella nota di Barbieri (1967b) dalle correlazioni riportate nella fig. 3, verrebbe confermata la lacuna dello stratotipo del Tabianiano..... ». Preciso in merito alla citata figura riportata in vari lavori di Barbieri (1967a, fig. 10; 1967b, fig. 3; 1971, fig. 2), che le corre¬ lazioni dello stesso A. sono la maggiore e più chiara dimostrazione della lacuna in questione. Infatti, sulla base dei dati pubblicati, si ha che nella successione di V ernasca-Castell’ Arquato, ubicata circa 14 km ad ovest di Tabiano Bagni, il Tabianiano ha uno spessore di oltre 500 m, è rappresentato da un intervallo inferiore a sabbie e marne con conglo¬ merato basale, per uno spessore di 85 m circa, cui segue un intervallo di marne e argille grigio-azzurre, per uno spessore di 450 m; l’inter¬ vallo basale è considerato trasgressivo su un complesso caotico alloctono di età Cretaceo-Terziario (Barbieri 1967a, p. 148). 265 — Nella successione del Torrente Stirone (6 km a NW di Tabiano Bagni) l’intervallo inferiore ha uno spessore ridotto rispetto alla serie precedente ed è discordante e trasgressivo su marne tripolacee alloctone mioceniche (ved. anche Thieme 1963, Dondi 1963, Papani & Pelosio 1963); seguono argille grigio-azzurre con rare intercalazioni sabbiose; lo spessore totale del Tabianiano è ugualmente superiore ai 500 m. In ambedue le serie, la successione tabianiana, relativamente allo intervallo argilloso, è da Barbieri (1967b, 1971) suddivisa in due unità biostratigrafiche, che dal basso all’alto sono una a « G.na-Orb.-G.oides » e l’altra a « Globorotalia margaritae ( ex-hirsuta) » ; l’unità inferiore ha uno spessore di circa 150 m, e quella superiore di oltre 300 m. Nella successione di Tabiano Bagni, secondo i dati più volte pub¬ blicati dallo stesso Barbieri, il Tabianiano ( 1) manca alla base della unità biostratigrafica a « G.na-Orb.-G.oides » e il suo spessore totale (160 m appena) è oltre 300 m inferiore rispetto alle successioni di Vernasca-Castell’Arquato e del T. Stirone. A tutti questi dati, senza tener conto delle mie precedenti osser¬ vazioni (Crescenti 1971), non so trovare altra spiegazione che in una lacuna sedimentaria alla base dello stratotipo del Tabianiano. Nè comprendo come possa Barbieri (1971) affermare che l’as¬ senza della subzona a Sphaeroidinellopsis non rappresenta uno hiatus. A parte le argomentazioni sul genere Sphaeroidinellopsis , che possono benissimo essere valide, qui si tratta di una unità biostratigrafica, indi¬ pendentemente dal valore sistematico del fossile indice. E quando una unità biostratigrafica manca, a meno che non si riesca a dimostrarne una equivalente, lateralmente coeva, vuol dire che esiste una lacuna stratigrafica. Sulla validità stratigrafica della subzona a Sphaeroidinellopsis e dei relativi « livelli basali » (sensu Crescenti 1971b). desidero solo far presente che tale unità è stata riconosciuta in tutta Italia, dalla (1) C’è da rilevare nella citala figura riportata nei vari lavori di Barbieri, che il limite superiore del Tabianiano delle serie di Vernasca-Castell’Arquato e T. Stirone corrisponde secondo l’A., al top dell’unità a « Globorotalia margaritae (ex- hirsuta ) », mentre nelle serie di Tabiano e del T. Crostolo corrisponde ad un livello posto entro la sovrastante unità a « Gtl. puncticulata-Gtl. crassaformis » (si \eda pure Barbieri 1971, p. 20). In altre parole, in base alle correlazioni di Barbieri, sembrerebbe che il limite superiore del Tabianiano (che è una unità cronostrati- grafica) vari di età ( ?), ringiovanendo da Vernasca-Castell’Arquato al T. Crostolo. A meno che non si ammetta, nella stessa direzione, l’invecchiamento del top della unità a Globorotalia margaritae, il che non è detto nei testi relativi ai tre lavori in cui è riportata la figura (si veda, più avanti, anche la nota 4). — 266 — Pianura Padana alla Sicilia, nell’avanfossa adriatica come nel retro¬ terra tirrenico, nell’Epiro e nelle isole ioniche, accettata e proposta da oltre 20 ricercatori di varia provenienza (ved. Cati et olii 1968; ed inoltre Bertolino et alii 1968, Dondi & Papetti 1968, Bizon 1967, Dallan & Salvatorini 1968, Giammarino & Tedeschi 1970, Co- LALONGO & Sartoni 1967, ecc.), sia italiani (a rappresentanza di quasi tutte le Università e le industrie italiane) che stranieri. La presenza di Sphaeroidinellopsis nello stratotipo di Tabiano, sottolineata da Bar¬ bieri (1967), non è di alcun valore biostratigrafico per avvalorare la presenza dei « livelli basali » della omonima subzona ; occorre tenere ben distinta la distribuzione stratigrafica di un fossile e il significato di una unità biostratigrafica. Sphaeroidinellopsis è presente in Italia certa¬ mente quasi per tutta la cenozona a Globorotalia margaritae, ossia ha una distribuzione stratigrafica molto più ampia della omonima subzona (si veda per es. Dondi & Papetti 1968, tab. 1; Colalongo 1968, tab. 1 ; Follador 1967, tab. 1 ; ecc.). c) Conclusioni. Da quanto finora detto, mi pare che sia i dati della geologia di campagna che quelli micropaleontologico-stratigrafici, noti per la suc¬ cessione di Tabiano Bagni, non ammettono dubbio alcuno sulla presenza di una trasgressione tra Pliocene e Messiniano (2), con uno hiatus stratigrafico che interessa certamente le assise plioceniche. Pertanto resta confermato che lo stratotipo del Tabianiano, nella definizione di Barbieri (1967a) e Iaccarino (1967), non appare risolvere crono- stratigraficamente la parte iniziale del Pliocene italiano. In Crescenti (1971b) sono citate alcune serie (Pasquasia in Sicilia, Aventino in Abruzzo) che possono essere prese in considerazione per risolvere questo problema. (2) Barbieri (1971, p. 5) osserva che il Miocene superiore è inappropriata mente chiamato « Messiniano » ; questo termine « should rather be considered as ” Messinian facies” (evaporitic of Upper Miocene)». Mi pare che questa osserva¬ zione, non invalidi il valore cronostratigrafi co del Messiniano. Del resto è comune in geologia stratigrafica, che uno stesso intervallo cronologico possa essere rappre¬ sentato da differenti unità cronostratigrafiche a seconda della facies sedimentaria. Basta pensare alle differenti scale cronostratigrafiche del Carbonifero, del Trias di facies germanica e alpina, ecc. Vorrà dire che il Messiniano, cronologicamente defi. nito come l’intervallo di tempo compreso tra il Tortoniano e il Pliocene (Selli I960), rappresenterà di questo intervallo l’unità cronostratigrafica in facies con crisi di salinità. — 267 — Sulla cronostratigrafia del pliocene italiano Selli (1967a) riepiloga efficacemente, in modo sintetico, le cono¬ scenze sulla cronologia del Pliocene italiano. Rimando a questo A. per ogni informazione bibliografica. Dai dati esposti, risulta chiaro che per lunghi anni gli studiosi hanno suddiviso il Pliocene in due o tre parti. Favorevoli ad una bipartizione erano gli studiosi che fondavano le loro osservazioni soprattutto su basi litologiche, viceversa favorevoli alla tripartizione gli studiosi che si basavano su elementi paleontologici. Non mancarono ovviamente gli spunti polemici, come si rileva nella opera di De Stefani (1891, fide Selli 1967a). Come già detto, in favore della tripartizione si espressero Ruggieri & Snelli (1949), che proposero di dividere il Pliocene in inferiore, medio e superiore sulla base di faune a Molluschi e Foraminiferi. Questi A A. osservano che la stratigrafia del Pliocene è complessa, « per la varietà delle facies e i mutamenti avvenuti nelle associazioni fau¬ nistiche e negli ambienti di sedimentazione. Abbiamo perciò trovato più opportuno una suddivisione in tre piani, basata sui caratteri pa¬ leontologici e non in funzione delle facies, per le quali sono stati spesso proposti termini infelici, privi di un preciso significato cronologico (Fossaniano, Sansino, Piacenziano pseudoastiano, ecc.) ». Ed inoltre, in nota 2, specificano che già De Stefani (1891) «aveva messo in evidenza lo scarsissimo valore cronologico delle facies plioceniche. Malgrado il generale consenso suscitato dalle sue osservazioni troppo spesso si continua ancor oggi a suddividere il Pliocene in piani definiti solo dalla natura litologica ». Dopo l’opera di Ruggieri & Selli, quasi tutti i ricercatori ita¬ liani, anche se non sempre con gli stessi criteri, adottarono conven¬ zionalmente la suddivisione del Pliocene in tre unità, suddivisione che si presentava di pratica applicazione soprattutto col progredire degli studi micropaleontologici. Ricordo solo alcuni lavori, che però credo documentino largamente l’indirizzo unanime seguito dagli studiosi. Perconig (1952, 1953, 1955) nei suoi studi stratigrafici rispetti¬ vamente del sondaggio n. 29 di Cortemaggiore (Pianura Padana), del sondaggio n. 1 di Morrovalle e del Foglio Fermo (avanfossa marchi¬ giana), suddivide il Pliocene in inferiore, medio e superiore. Martini s (1954), nel suo dettagliato studio del bacino pliocenico piemontese, afferma che la « suddivisione su basi micropaleontologiche del Pliocene in tre membri, inferiore, medio e superiore, venne usata — 268 — anche indipendentemente da altri Autori » (tra cui ricorda Di Napoli, J abolì, Giannotti, Conato, Barbieri, ecc.) « anche se essa talora non è trattata esplicitamente. Questa suddivisione, che allo stato attuale delle ricerche appare buona e sostenibile, è stata adottata nel presente lavoro ». Il lavoro di Barbieri (1953) cui FA. fa riferimento, riguarda 10 studio di due campioni provenienti dalla Val Rocchio (Parma), attribuiti da Barbieri uno al Pliocene inferiore, l’altro al cc Pliocene medio superiore, più probabilmente superiore ». Selli (1954) nella sua monografia sul bacino del Metauro, così si esprime in merito alla serie pliocenica : « Nell’esposizione che segue distinguerò il Pliocene in tre parti, inferiore, medio e superiore.,... Infatti se vi è una regione italiana dove in nessun modo è possibile seguire la vecchia bipartizione in Piacenziano ed Astiano, questa è proprio la nostra, con le sue numerose e cospicue variazioni laterali di facies ». L’Agip Mineraria (1957) nel dare alle stampe il notissimo Atlante sui Foraminiferi padani, frutto di vari anni di studio di numerosi micropaleontologi (tra cui sono ricordati Perconig, Barbieri, Conato, Tedeschi, Zanmatti-Scarpa), riportò per il Pliocene una suddivi¬ sione in inferiore, medio e superiore. Analoga suddivisione è quella seguita da Tedeschi (1959) per 11 Pliocene della Pianura Padana ; FA. inoltre ne documenta miero- paleontologicamente le associazioni caratteristiche (tavv. IX, X, XI), tracciando sinteticamente le fondamentali suddivisioni biostratigrafiche, successivamente confermate dalle ricerche in tutta Italia. Infatti questo A. segnala per il Pliocene inferiore l’associazione ad U viperina rutila , Cihicides italicus , Globorotalia punctulata , Plectofrondicularia gemina, Globorotalia hirsuta ( = margaritae) e Saracenaria italica , che costi¬ tuisce « biozone utili ai fini correlativi » ; per il Pliocene medio, alla scomparsa di specie tipiche del Pliocene inferiore, Tedeschi ricorda Globorotalia crassula ( = G. crassaformis) (3) ed Anomalina helicina ; per il Pliocene superiore, infine, sono segnalate tipiche e frequenti Globigerìna infiala e Anomalina ornata. (3) Dopo il Convegno sul Neogene (Bologna 1967) gli studiosi italiani indicano con G crassaformis le specie prima segnalate come G. crassula . Solo Barbieri (1967b, 1971) adotta una sistematica differente, che presenta numerose impreci¬ sioni e una terminologia troppo arbitraria, senza il rispetto, per alcuni casi, della priorità scientifica. Non ho intenzione di scendere a maggiori precisazioni, avendo già espresso sostanzialmente la mia opinione in riguardo (Crescenti 1971, p. 9, nota 4), che collima in pratica con quella dì tutti gli altri ricercatori italiani. — 269 — Don di (1963) in un vasto lavoro stratigrafico sul Pedeappennino Padano, suddivide la serie pliocenica in Pliocene inferiore e Pliocene medio-superiore, specificando però che faunisticamente è quasi sempre possibile distinguere il Pliocene medio dal superiore e che l’unione dei due termini è conveniente perchè appartengono al medesimo ciclo sedimentario. Successivamente, comunque, Dondi & Papetti (1968) portano determinanti contributi sull’argomento, dividendo nettamente il Pliocene in tre termini (inferiore, medio e superiore), ai quali fanno corrispondere unità biostratigrafiche basate sui foraminiferi. Papani & Pelosio (1963) suddividono, su basi paleontologiche (Foraminiferi e Molluschi), la successione pliocenica del T. Stirone ( Parmense occidentale) in Pliocene inferiore, medio e superiore, evi¬ denziando una probabile lacuna in corrispondenza del Pliocene medio. La tripartizione del Pliocene è pure seguita da Neviani (1964), Pirini & Radrizzani (1964), Follador (1967), Conato & Follador (1967); dai ricercatori della scuola catanese, tra cui ricordo Roda (1964, 1965, 1966, 1967), Vezzani (1966), Wezel (1968), Di Grande (1968), Lentini (1967, 1968, 1969), ecc. ; da quelli della scuola bolo¬ gnese, Selli (1967a), Colalongo & Sartoni (1967), Colalongo (1968), D’Onofrio (1968), ecc.; della scuola pisana, Dallan & Sal- vatorini (1968), Giannelli, Menesini, Salvatorini & Tavani (1968), ecc. Una precisazione a parte meritano le opinioni in riguardo espresse dalla scuola palermitana. Ruggieri (1961), Ruggieri, Catalano & Sprovieri (1968) dichiarano essere più logica, su basi paleontologiche, la bipartizione del Pliocene, anziché la tripartizione. Però Sprovieri (1968), nel descrivere la serie plio-pleistocenica di Agrigento, ritorna alla tripartizione del Pliocene, su basi micropaleontologiche. L’unanime consenso dei ricercatori italiani, per una tripartizione convenzionale del Pliocene, fondata sulla biostratigrafia micropaleonto- logìca, emerge infine dalla nota di sintesi presentata sul Neogene di Bologna (1967), da Bertolino et alii (1968). Stando così le cose, non si comprende come Barbieri (1971, p. 5) possa scrivere : « it is difficult to understand why some workers stili insist upon using a three-fold arbitrary subdi vision of thè Pliocene (Crescenti 1971b = Crescenti 1971a di questa nota) » « which has little or no meaning ». Nel mio lavoro (Crescenti 1971a, p. 4), così avevo scritto : « Per comodità del lettore parleremo spesso in questa Nota in termini cronostratigrafiei, facendo corrispondere il Pliocene inferiore alla ceno- — 270 — zona a Globorotalia margaritae , il Pliocene medio alle cenozone a Globorotalia aemiliana e a Globorotalia crassaformis , il Pliocene supe¬ riore alla cenozona a Globorotalia inflata (Bertolino et alii 1968) ». Si trattava ovviamente di una semplice convenzione, fondata però sui dati di anni di indagine di numerosi ricercatori italiani, come sopra ben dimostrato. Barbieri (1967a) propone di suddividere il Pliocene italiano in Tabianiano e Piacenziano; indica come stratotipo del Tabianiano, la successione affiorante a Tabiano Bagni, descritta da Iaccarino (1967), e in particolare le argille marnose grigio-azzurre al di sotto delle scomparse di Globorotalia margaritae ( ex-hirsuta) e Uvigerina rutila. Questo limite paleontologico, estrapolato alla serie di Vernasca-Castel- l’Arquato, corrisponderebbe, sec. l’A., al limite litologico tra le parti inferiore e superiore della unità litostratigrafica « Lugagnano claystone » e viene convenzionalmente proposto per definire paleontologicamente il limite Tabianiano-Piacenziano. Come stratotipo del Piacenziano, Bar¬ bieri (1967a) indica la parte superiore dell’unità «Lugagnano clay¬ stone » e l’unità « Castell’Arquato sand », quest ’ultima parallelizzata all’Astiano Auct. Analizzando in dettaglio queste proposte, emergono varie osservazioni che ne sconsigliano l’adozione : — il termine Piacenziano, introdotto per la prima volta da Mayer nel 1858 (fide Selli 1967a) corrisponde a tutte le argille subappennine ; nella sua definizione originaria, quindi, il Piacenziano comprende an¬ che le argille di Tabiano Bagni, e quindi il Tabianiano. Selli (1967a) fa inoltre rilevare che sia Mayer che gli Autori successivi, hanno im¬ piegato il termine di Piacenziano essenzialmente con significato lito- stratigrafico ; — il Tabianiano, nella definizione di Mayer 1868, corrisponde alle argille azzurre plioceniche di Tabiano Bagni a Ficaia ficoides (fide Selli 1967a, Pelosio 1966, ecc.); a Tabiano Bagni (Iaccarino 1967) F. ficoides scompare oltre 70 m dopo le scomparse di G. margaritae e U. rutila ; pertanto la proposta di Barbieri (1967a) non rispetta la definizione originaria del piano ; — il Tabianiano, nell’affioramento dello stratotipo, presenta alla base una marcata lacuna stratigrafica e pertanto non risolve cronostra- tigraficamente il problema del Pliocene inferiore italiano ; — il Piacenziano, nella proposta di Barbieri (1967a), è definito nell’area dello stratotipo su basi litostratigrafiche ; è ormai a tutti noto quanto discontinue e variabili siano le litofacies del nostro Pliocene, per cui i limiti litologici non possono mai essere utilizzati quali limiti — 271 — cronologici. Barbieri, in particolare per il limite inferiore del piano, ovvia all’inconveniente ricorrendo a questo punto ai dati della paleon¬ tologia, ossia alle scomparse di G. margaritae e U. rutila. Si può però obiettare che a Vernasca-Castell’Arquato, le scomparse di queste due specie possono essere in relazione proprio alla variazione di litologia, per cui non ne sono garantiti il valore cronologico e la correlazione con significato di coevità con la successione di Tabiano Bagni; inoltre tali scomparse non rispecchiano la definizione del limite superiore del Tabianiano, come già detto; — nella successione dello stratotipo del Piacenziano, per la parti¬ colare litologia, la parte superiore del Piacenziano presenta microfaune biostratigraficamente poco indicative ; rare soprattutto risultano le forme planctoniche. Le associazioni sono indicative di facies ; « due to this fact it is difficult to establish a biostratigraphic break-down of this interval both on benthonic and planktonic foraminifera » (Barbieri 1967a, p. 148). Tutto ciò non garantisce correlazioni biostratigrafiche a largo raggio, e non permette una ampia utilizzazione del termine cronostra- tigrafico a causa della mancanza di una sua precisa caratterizzazione paleontologica. Conclusioni La cronostratigrafia del Pliocene italiano appare tutt’ora non sod¬ disfacente, confusa e imprecisa, con notevoli manchevolezze e di scarsa applicazione pratica. I dati che a tutt’oggi si possono utilizzare per risolvere i vari problemi, traggono ovviamente origine dalle nostre co¬ noscenze sulla litostratigrafia, sulla biostratigrafia e sulla evoluzione dei bacini pliocenici italiani. Le conoscenze litostratigrafiche sconsigliano l’utilizzazione delle lito¬ facies in termini cronostratigrafici, a causa della loro grande variabilità, delle frequenti eteropie laterali ed equivalenze verticali. Queste diffi¬ coltà furono saggiamente puntualizzate già nel secolo scorso da De Stefani (1891, fide Selli 1967a), che affermò « que tout essai de subdiviser le Pliocène par des principes non exclusivement paléonto- logiques, qu’on n’a pas encor pu établir, doit étre absolutement re- poussé ». Al contrario la biostratigrafia pliocenica è pervenuta, specie in questo ultimo decennio mediante studi micropaleontologici, a risultati soddisfacenti, che permettono correlazioni attendibili sia nelle succes- — 272 — sioni dell’avanfossa appenninica, che dei bacini intrappenninici (intra- fosse), che delle retrofosse (neoautoctono tirrenico). Questa biostrati¬ grafia, sottoscritta da quasi tutti gli studiosi italiani interessati allo argomento, oltre che da esperti stranieri, è stata presentata e puntua¬ lizzata nelle note di Bertolino et alii (1968) e di Cati et olii (1968) (4). Appare pertanto che, allo stato attuale delle conoscenze, tale biostra¬ tigrafia deve essere appieno utilizzata per risolvere i nostri problemi di cronostratigrafia, anche perchè a tutt’oggi è l’unico elemento valido per le correlazioni regionali. In quanto alla questione della bipartizione o tripartizione della successione pliocenica italiana, è bene innanzitutto precisare da che punto di vista ( cronostratigrafico, litostratigrafico, biostratigrafico) si vuo¬ le operare ; la convenzione da adottare ne risulterà di conseguenza, e dovrà rispettare soprattutto esigenze di ordine pratico. Appare indubbio, data l’efficacia della biostratigrafia e la non attendibilità, ai fini crono¬ logici, delle correlazioni litostratigrafiche in seno alla successione plio¬ cenica, che la tripartizione cronostratigrafica, sia pure basata sulla paleontologia, risponde a tutt’oggi alla migliore soluzione che si possa adottare. Essa tra l’altro, trova una buona corrispondenza nella evolu- (4) Scorrendo l’elenco degli A A. italiani che hanno partecipato alla redazione di queste note, si nota la presenza di specialisti delle Università di Bologna, Cata¬ nia, Firenze, Milano, Pisa, Palermo, Torino e delle Società minerarie Agip e Montedison, praticamente di tutti i ricercatori italiani particolarmente interessati all’argomento, ad eccezione della scuola parmense. Le due proposte per la biostra¬ tigrafia pliocenica presentata in Cati et alii (1968), sono sostanzialmente analoghe, dopo le precisazioni di Crescenti (1971a, 1971b). La recente proposta di Barbieri (1971, p. 20), che tra l’altro non viene uti¬ lizzata dallo stesso Autore (1971, fig. 2), è priva di ogni significato biostratigrafico, data la completa mancanza delle definizioni delle unità biostratigrafiche (tra l’altro non specificate nel loro rango), cioè dei limiti e delle tanatocenosi relative. Si rileva inoltre una grossa imprecisione sul limite Tabianiano-Piacenziano, sulla base dei dati di Barbieri (1967a) e Iaccarino (1967). In questi lavori, dalle ta¬ belle riportate sulle distribuzioni stratigrafiche dei microfossili, si osserva che il limite superiore dell’unità biostratigrafica a G. hirsuta ( = G. margaritae ) è fatto corrispondere all’estinzione della specie indice ; questa estinzione, assieme a quella di Uvigerina rutila, è inoltre proposta, come già detto, per delimitare paleontolo¬ gicamente il limite Tabianiano-Piacenziano. Ciò vuol dire, in altre parole, che il limite biostratigrafico superiore dell’unità a G. margaritae dovrebbe corrispondere sec. i dati riferiti, al limite superiore del Tabianiano. Ciò è inspiegabilmente in contrasto con la proposta di Barbieri (1971), che pone tale limite entro la so¬ vrastante unità a G. puncticulata e G. crassaformis. — 273 — zione della storia geologica e paleogeografica del nostro Pliocene, in cui sono state riconosciute tre fasi ben distinte: — una prima fase, successiva alla trasgressione basale, in cui ad una subsidenza attiva fa riscontro una tettonica efficace che determina emersioni di aree; — una seconda fase che, a causa delle emersioni, risulta carat¬ terizzata dalla ben nota lacuna medio-pliocenica (Roda 1966, Cre¬ scenti 1971a) ; — una terza fase a tettonica tranquilla, trasgressiva sui depositi precedenti. Le tre fasi, regionalmente, sono variabili dal punto di vista cro¬ nologico, ma sono comunque quasi sempre ben riconoscibili, soprattutto sui margini occidentali dell’avanfossa appenninica (5). OPERE CITATE Agip Mineraria - 1957 - Foraminiferi padani ( Terziario e Quaternario). Atlante iconografico e distribuzione stratigrafica. 52 tt., Milano. Barbieri F. - 1953 - Il Pliocene di Val Recchio (Parma). Boll. Serv. Geol. d’Ital.. 74 (1952), 169-180, Roma. Barbieri F. - 1967a The Foraminifera in thè Pliocene section V ernasca-Castell’A r- (5) Limitatamente alla porzione dell’avanfossa appenninica compresa tra la regione marchigiana meridionale e il mare Jonio, queste tre fasi sono intimamente collegate con l’arrivo da SO dei materiali alloctoni, e con la migrazione verso SE del bacino di sedimentazione pliocenico di cui è da supporre antenato il bacino della marnoso-arenacea miocenica umbro-marchigiana, attraverso il bacino messiniano del Flysch della Laga del Piceno (province Ascoli Piceno e Teramo). Così da NO a SE il massimo spessore di Pliocene inferiore si ha nelFavanfossa abruzzese ; i massimi spessori di Pliocene medio e di Pliocene superiore si hanno nell’avanfossa molisano-pugliese ; il massimo spessore di Pleistocene nelFavanfossa lucana. Da questo bacino pleistocenico deriva, per ulteriore migrazione verso SE, Fattuale bacino dello Jonio (per la delimitazione geografica dei termini usati, si veda Crescenti 1971b). Analogamente l’età di arrivo dei depositi alloctoni che locai mente si inseriscono nella successione plio-pleistocenica, come pure l’età della tra¬ sgressione che segna l’inizio della terza fase sopradetta, risultano regionalmente sfasate ringiovanendo da NO verso SE. Nello stesso senso ringiovanisce la trasgres¬ sione basale del Pliocene (Crescenti 1971b). E’ interessante il collegamento tra il movimento da SO verso NE delle masse sovrascorse, con la migrazione da NO verso SE del bacino sedimentario ; ciò trova una logica spiegazione nell’inquadramento cronologico dell’evoluzione dei fenomeni geologici, esplicatisi durante il Plio-Pleistocene nella parte centro-meridionale del- l’avanfossa appenninica qui considerata. 18 — 274 — quato includine thc « Piacenzian stratotype » ( Piacenza Province) . Mem. Sor. It. Se. Nat., Mus. Civ. St. Nat., 15 (3), 145-163, 1 tab., 10 ff., Milano. Barbieri F. - 1967b - Planktonic Foraminifera in Western Emily Pliocene ( North ltaiy). 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Gli Ostracodi Plio-pleistocenici dei dintorni di Calvello (Potenza) (*) Nota del socio GIULIANO CIAMPO (Tornata del 29 ottobre 1971) Riassunto. — In un recente lavoro (Ciampo, 1970), studiai le microfaune a foraminiferi dei terreni affioranti nei dintorni del paese di Calvello (Potenza), prendo ora in considerazione le ostracofaune degli stessi sedimenti onde confrontare i dati stratigrafici forniti dai due tipi d’associazione. Lo studio dei foraminiferi mi aveva permesso di dividere gli affioramenti nelle tre seguenti successioni stratigrafiche : a) Conglomerati e sabbie basali, trasgressivi con forte discordanza su terreni fliscioidi prepliocenici. Questa prima successione fu da me attribuita al Pliocene inferiore per la presenza di specie quali Mucronina gemina (Silv.), Stilostomella bassanii (Forn.), ecc. b ) Argille grigio-azzurre, potenti circa 100 m,, in esse ho potuto distinguere due cenozone successive : 1) Cenozona a Globorotalia crassaformis aemiliana Colaloisgo & Sartone 2) Cenozona a Globorotalia crassaformis crassaformis (Gall. & Wiss.). Complessivamente attribuii le argille grigio-azzurre al Pliocene medio. c) Argille-sabbiose, sabbie e conglomerati sommitali, calabriani per la presenza di Bulimina etnea Seg. e delle altre specie associate. Per quanto riguarda gli ostracodi, i terreni del Pliocene inferiore hanno fornito una fauna scarsissima e banale, che non può aggiungere niente di nuovo a quanto conosciuto. Una leggera discrepanza si ha tra i dati forniti dai due gruppi tassono¬ mici per quel che riguarda il Pliocene medio, tendendo gli ostracodi ad elevare l’età della successione per la presenza di specie quali Leptocythere multipunctata multipunctata (Seg.), Loxoconcha turbida Mùller, ecc., mai segnalate finora prima del Pliocene superiore. Infine si ha piena conferma dell’età quaternaria della successione c. (*) Lavoro eseguito col contributo del C.N.R. — 278 — Summary. — In a recent work (Ciampo 1970), I studied thè foraminiferal microfauna in outcrop areas adjacent to thè town Calvello (Potenza). I will now consi der thè ostracofauna of thè same sediments in order to compare thè strati gra phical data furnished by thè two. The study of foraminifera enabled me to divide thè outcrop in thè following three stratigraphic successions. a) Conglomerates and basai sands, transgressives with a marked discordance in prepliocene fliscoid areas. This first succession I attributed to thè Lower Pliocene due to thè presence of species such as Mucronina gemina (Silv.), Stilostomella bas- sanii (Forn.) etc. b ) Grey-blue clays, thickness about 100 m., in which I was able to distin- guish two successive cenozones : 1) Cenozone a Globorotalia crassaformis aemiliana Colalongo & Sartoni 2) Cenozone a Globorotalia crassaformis crassaformis (Gall. & Wiss.). On thè whole I attributed thè grey-blue clays to thè Middle Pliocene. c) Sandy clays, sands and conglomerates on thè top, recognisable as Cala- brian owing to thè presence of Bulimina etnea Seg. and other similar species. As for thè ostracods, thè Lower Pliocene areas furnished very poor common fauna which can add nothing to what is already known. There is a slight discre- pancy between thè data furnished by thè two taxonomic groups, concerning thè Middle Pliocene, as thè ostracods tend to raise thè age of thè succession due to thè presence of species such as Leptocythere multipunctata multipunctata (Sec.), Loxoconcha turbida Mùller, etc., never before recorded earlier than Upper Pliocene. Finally, it is fully confirmed that thè succession c: belongs to thè quaternary age. Premessa I terreni conglomeratici, sabbiosi e argillosi che affiorano nei din¬ torni del paese di Calvello, provincia di Potenza (Tav. 199 II NE- Calvello) furono già da parte mia oggetto di studio per quanto riguarda la microfauna a foraminiferi (Ciampo, 1970). È ora scopo di questo lavoro l’esame delle ostracofaune degli stessi sedimenti, onde confron¬ tare i dati ricavati dai due tipi d’associazione dal punto di vista stra¬ tigrafico ed ecologico. Nel precedente lavoro, a cui rimando per la localizzazione esatta dei terreni campionati e per le precedenti conoscenze, lo studio dei foraminiferi mi aveva permesso di ricostruire la seguente serie stra¬ tigrafica dai termini più antichi ai più recenti : a) Conglomerati e sabbie basali, trasgressivi in discordanza su termini fliscioidi pie-pliocenici. Questa successione con spessore varia¬ bile dai 5 ai 20 m. è attribuibile al Pliocene inferiore. — 279 — b) Argille grigio-azzurre, della potenza di circa 100 m., di età medio-pliocenica. In esse ho distinto due cenozone : inferiormente quella a Globorotalia crassaformis aemiliana Colalongo e Sartoni e nella parte superiore delle argille quella a Globorotalia crassaformis crassa¬ formis ( Gall. e Wiss.). c) Argille-sabbiose, sabbie e conglomerati sommitali, della po¬ tenza complessiva di oltre 300 m. Di questa successione solo le argille¬ sabbiose hanno fornito una abbondante microfauna a foraminiferi tra cui è caratteristica Bulimina etnea Seg, che insieme alle altre specie costituenti l’associazione ha permesso di attribuire questi terreni al Pleistocene basso. Stratigrafia ed ecologia Come fatto nel precedente lavoro, anche in questo dividerò l’intero complesso in tre successioni litostratigrafiche rispettivamente del Plio¬ cene inferiore, Pliocene medio e Quaternario. Pliocene inferiore (Campioni GC. 28 - GC. 32) Riferibili al Pliocene inferiore è la seguente successione dai ter¬ mini più bassi ai più alti : 1) Sabbie conglomeratiche e puddinghe a matrice sabbiosa, i cui clasti sono a volte costituiti da grossi massi arenacei con fori di litodomi. Quest’unità, della potenza massima di circa 5 m., appare trasgressiva con forte discordanza su terreni fliscioidi in prevalenza miocenici fortemente ripiegati. 2) Calcareniti della potenza di 3 o 4 m., con abbondanti resti di lamellibranchi, gasteropodi, brachiopodi, briozoi. Questa unità lito¬ logica, per lo più lentiforme, a volte poggia direttamente sul substrato prepliocenico. 3) Sabbie stratoidi grigie con spessore variabile fino a un mas¬ simo di 30 m. Avevo ottenuto una microfauna a foraminiferi relativamente ab¬ bondante e significativa solo dalla terza unità, avendo le prime due fornito una fauna banale e scarsa e per lo più in pessimo stato di — 280 conservazione. Le specie più indicative che mi avevano permesso di datare questa successione come appartenente al Pliocene inferiore sono : Textularia ponderosa Forn., Mucronina gemina (Silv.), B olivina lu¬ cana Pirini, Stilostomella bussami (Forn.), ecc. Inoltre l’associazione era tipicamente rappresentativa di ambiente litorale, con valore mas¬ simo del rapporto plancton/benthos eguale a 0,089. Gli ostracodi non permettono di aggiungere niente di nuovo, in quanto sono presenti in numero scarsissimo, parimenti solo nella terza unità, e sempre rappresentati da frammenti o da carapaci interi forte¬ mente schiacciati o del tutto spatizzati. Comunque le forme riscontrate sono le seguenti: Bairdia sp. Mutilus ( Aurila ) convexa (Baird) Mutilus ( Aurila ) cf. cicatricosa (Reuss) Quadricythere sp. Cytheropteron sp. Loxoconcha sp. Pliocene medio (Campioni G.C. 33 - G.C. 43) L’affioramento che interessa è costituito da circa 100 m. di argille grigio-azzurre compatte, a stratificazione mal definita e incise profon¬ damente da calanchi. Nella parte superiore si possono osservare livelletti maggiormente arenacei ed altri di materiale ferruginoso con nidi di piccoli macrofossili (prevalentemente lamellibranchi). Lo studio dei foramini- feri mi aveva permesso di distinguere nell’ambito della successione due cenozone tipiche del Pliocene medio italiano, quella a Globorotalia crassaformis aemiliana Colalongo e Sartont passante, a quella a Globorotalia crassaformis crassaformis (Gall. e Wiss.). Nella prima di queste cenozone associante al marker si trovano, tra le forme più importanti o più abbondanti: Turborotalia acostaensis (Blow), Tur- borotalia bononiensis (Dondi), Textularia jugosa Silv., Uvigerina pere¬ grina parvula Cush., ecc. Successivamente alla Globorotalia crassa¬ formis crassaformis (Gall. e Wiss.) si accompagnano Brizalina alata (Seg.), Bulimina marginata d’ORB., Proth oelphidiu m granosum (d’ORB.), ecc. — 281 — L’ostracofauna ha un andamento quantitativo quasi parallelo a quello dei foraminiferi con campioni particolarmente ricchi in numero d’individui e specie ed altri invece assai poveri. Gli individui sono tuttavia quasi sempre in buono stato di conservazione, a volte piri- tizzati. Le specie rinvenute in questa successione sono le seguenti : Polycope reticulata MÙller Cytherella vulgata Ruggieri Pontocypris sp. Argilloecia acuminata MÙller Phlyctenophora sp. Macrocypris sp. Leptocythere multipunctata multipunctata (Seg.) Leptocythere multipunctata transiens Pucci Leptocythere tenera (Brady) Leptocythere sp. Callistocythere flavidofusca (Ruggieri) Callistocythere pallida (MÙller) Mutilus ( Aurila ) convexa (Baird) Bosquetina dentata (MÙller) Echinocythereis scabra ( MÙnster) Trachyleberis hystrix (Reuss) Ruggiera tetraptera tetraptera (Seg.) Costa edwarsi runcinata ( Baird) Henryhowella asperrima (Reuss) Pterygocythereis jonesi (Baird) Cytheridea aff. neapolitana Kollman Krithe compressa dertonensis (Seg.) Parakrite dactylomorpha Ruggieri Parakrithe aff. dactylomorpha Ruggieri Semicytherura acuticostata (Sars) Semicytherura incongruens (MÙller) Semicytherura mediterranea ( MÙller) Semicytherura punctata (MÙller) Semicytherura ? rara (MÙller) Hemicytherura defiorei Ruggieri Hemicytherura videns (MÙller) Eucytherura complexa (Brady) — 282 — Eucytherura gullentopsi (Ruggieri) Cytheropteron aff. alatum Sars Cytheropteron aff. crassipinnatum Brady e Norman Cytheropteron ? punctatum Sars Cytheropteron latum MÙller Cytheropteron rotundatum MÙller Cytheropteron sp. Loxoconcha aff. dertobrevis Ruggieri Loxoconcha tumida Brady Loxoconcha turbida MÙller Loxoconcha versicolor MÙller Pseudocythere caudata Sars Cytheromorpha sp. Xestoleberis communis MÙller Anche per gli òstracodi si nota una variazione nell’associazione in corrispondenza del campione 37, che era stato posto come limite supe¬ riore della cenozona a Globorotalia crassaformis aemiliana Col. e Sart. Le specie di ostracodi che scompaiono in corrispondenza di tale limite sono : Parakrithe dactylomorpha Ruggieri, Henryhowella asperrima ( Reuss), Polycope reticulata MÙller, Eucytherura complexa (Brady), Argilloecia acuminata MÙller, Cytheropteron aff. alatum Sars, Pseu¬ docythere caudata Sars, Macrocypris sp. Risulta subito evidente che in base a tali forme non può porsi un limite stratigrafico, infatti esse sono segnalate anche in terreni più recenti e per lo più come attualmente viventi, quindi la scomparsa delle succitate specie è da porsi certamente in relazione a variazioni ecologiche verificatesi nel bacino come vedremo in seguito. Tutt’al più si può notare che tra le specie che compaiono successivamente al campione 37 ve ne sono alcune segnalate finora solo a cominciare dal Pliocene superiore o addirittura dal Quaternario, ad esempio : Lepto- cythere tenera (Brady), Semicytherura punctata (MÙller), Lepto - cythere multipunctata multipunctata ( Seg.), Costa edwarsi runcinata ( Baird), ecc. Questo fatto può dipendere dalle conoscenze ancora non complete delle ostracofaune fossili specialmente plioceniche, ma potrebbe anche indicare che i sedimenti in esame appartengono a un Pliocene medio piuttosto alto, cosa che del resto concorda con i dati forniti dai foraminiferi precedentemente studiati. Infatti per l’aspetto generale del — 283 — marker, avevo supposto che la porzione medio-basale delle argille gri¬ gio-azzurre comprendesse la parte più alta della Cenozona a Globorotalia crassaformis aemìliana Col, e Sart. ; per quanto riguarda poi la Globorotalia crassaformis crassaformis ( Gall. e Wiss.), essa si spinge anche nel Pliocene superiore e anzi sembra avere nei nostri terreni una distribuzione stratigrafica molto più ampia di quanto non si credesse qualche tempo fa. Presente in quasi tutti i campioni e fino alla sommità delle argille è Raggiera tetraptera tetraptera ( Seg.), specie che ha una distribuzione compresa tra il Tortoniano e il Pliocene superiore e che quindi conferma l’età pliocenica della successione in esame. Sono presenti poi altre specie suscettibili di assumere una certa importanza stratigrafica, tra le quali una Loxoconcha da me indicata come L. aff. dertobrevis Ruggieri, che sembra essere una forma intermedia tra la L. dertobrevis del Miocene della Val Marecchia (Ruggieri, 1967) e la L. bonaducei Ciampo del Quaternario del Mar Piccolo di Taranto (Ciampo, 1971). In realtà la forma in questione è un po’ più vicina a L. dertobrevis , per la distribuzione generale dei pori normali, la mancanza del distinto cordone margine dorsale, la presenza delle nodosità al¬ la base del becco, il rigonfiamento latero-ventrale che si raccorda dolcemente al margine ventrale. D’altra parte, il margine anteriore più strettamente arrotondato rispetto alla forma di Ruggieri, l’anda¬ mento del cordone marginale anteriore e la forma più angolosa della orecchietta cardinale posteriore l’avvicinano alla L. bonaducei. Infine la L. aff. dertobrevis presenta caratteri suoi propri come» la distribu¬ zione particolare di alcuni pori normali (nella zona centrale del guscio sono disposti in file con andamento dorso-ventrale, quasi come in L. bonaducei ), l’andamento del cordone marginale posteriore che per¬ corre la periferia della zona appiattita margino-ventrale, la forma del becco posteriore, più corto di quello delle specie precedenti, tondeg¬ giante e a lati simmetrici. Quanto ai caratteri interni la forma in discussione si distingue dalla L. bonaducei , per i pori-canali marginali che sono di struttura leggermente diversa e sono in numero maggiore (12 o 13) e per il vestibolo anteriore di forma più regolare. Trova conferma, almeno parzialmente, la distribuzione reciproca di Leptocythere multipunctata transiens Pucci e Leptocythere multi- punctata multipunctata ( Seg.). La prima sottospecie era stata finora segnalata a partire dal Pliocene superiore (Pucci, 1956 ; Ruggieri, — 284 — 1959; Colalongo, 1968), questa poi farebbe passaggio, accompagnan¬ dola, a L. multipunctata multipunctata, segnalata solo a partire dal Ca- labriano (Neviani, 1906; Ruggieri, 1950; Pucci, 1956; Colalongo, 1968). Nella microfauna della serie di Calvello si nota tale passaggio, ma il tutto è spostato un po’ più in basso stratigraficamente, in quanto L. multipunctata transiens si rinviene a partire dalla base delle argille grigio-azzurre, cioè nel Pliocene medio, mentre la L. multipunctata multipunctata compare dopo la Cenozona a Globorotalia crassaformis aemiliana , e precisamente nel Pliocene medio-superiore, poi le due spe¬ cie si rinvengono insieme anche nei primi campioni quaternari. La L. multipunctata multipunctata appare qui essere sempre più piccola ( L = 0,47 mm. ; h = 0,23 mm.) della sottospecie, al contrario di quanto descritto da Ruggieri (1950) ( L = 0,52 mm.; h = 0,28 mm.) e da Pucci (1956) (L = 0,52 mm.; h = 0,27 mm.), ma in accordo con quanto riportato da Neviani (1906) ( L — : 0,47-0,50 mm.; li = 0.22- 0,25 mm.) evidentemente vi deve essere una certa variabilità delle dimensioni in relazione probabilmente alle condizioni ecologiche. Le dimensioni di L. multipunctata transiens (L = 0,52; h = 0,27) sono invece in perfetto accordo con quanto riportato dall’ A. istitutore della specie. Come accennato precedentemente nel corso della deposizione delle argille grigio-azzurre devono essersi verificate variazioni ecologiche te¬ stimoniate dalla diversità delle associazioni che si riscontrano nei vari campioni. Per quanto riguarda la batimetria, nello studio dei forami- niferi avevo riscontrato il maggior valore del rapporto P/B(0,6) alla base affiorante della successione argillosa, con valori che andavano poi gradualmente decrescendo. Ciò è in accordo con quanto permette di dedurre l’ostracofauna, infatti, oltre alla presenza in questo primo tratto della successione di quelle specie, già menzionate, che scompaiono col campione 37, ve ne sono altre quali: Krithe compressa dertonensis (Seg.), Loxoconcha versicolor MÙller, Cytheropteron rotundatum Mùller, C. latum MÙller, Bosquetina dentata (MÙller), Polycope reticulata Mùller, Argilloecia acuminata Mùller, Pseudocythere cau¬ data Sars, che sono tutte specie attualmente viventi per lo più a profondità superiori ai 100 m. Sono presenti tuttavia alcune forme che raramente superano tale batimetria quali : Callistocythere flavi- dofusca (Ruggieri), Eucytherura complexa (Brady), Xestoleberis com- munis Mùller. Si può quindi concludere che la parte basale delle 285 — argille grigio-azzurre si è deposta in un bacino la cui profondità doveva aggirarsi sui 100 m. o poco più. Successivamente si ha una progressiva diminuzione della profon¬ dità denunciata nel campione 39 dall’abbondanza di Mutilus ( Aurila ) convexa (Baird) e la presenza di Semicytherura punctata (MÙller), Loxoconcha turbida MÙller, Leptocythere tenera ( Brady), ecc. A questo graduale abbassamento del livello marino, a un certo punto si sovrappongono probabilmente condizioni asfittiche sul fondo, infatti sia la fauna ad Ostracodi che quella a Foraminiferi diviene molto scarsa e gli individui appaiono il più delle volte piritizzati. Infine in corrispondenza dell’ultimo campione delle argille grigio¬ azzurre l’ostracofauna diviene più abbondante e il ricomparire di specie come: Krithe compressa dertonensis (Seg.), Cytheropteron latum MÙller, C. rotundatum MÙller, Bosquetina dentata (MÙller), sta¬ rebbe ad indicare un nuovo approfondimento del bacino, approfondi¬ mento non troppo sensibile data la contemporanea presenza di specie più littorali quali: Leptocythere tenera (Brady), Semicytherura incon- congruens (MÙller), S. punctata (MÙller) Costa edwarsi runcinata (Baird), Loxoconcha turbida MÙller, Callistocythere pallida (MÙller), ecc. La presenza di questa associazione mista potrebbe esser spiegata anche con un inizio di irrigidimento climatico, per quanto questo non trovi riscontro nella distribuzione dei foraminiferi planctonici in quest’ultimo campione. Infatti se nella successione in esame sembra essersi prodotta una diminuzione progressiva della temperatura, feno¬ meno testimoniato dalla iniziale presenza di specie « calde » come : Hastigerina siphonifera ( d’ORB.), Globi gerinoides conglobatus (Brady), Globi gerinoides ruber (d’ORB.), Globi gerinoides sacculifer (Brady), sostituite poi, dopo il campione 35, da Globorotalia scitula (Brady) e Globigerina pachy derma (Ehrem.), specie che hanno tutt’altro signi¬ ficato climatico, in corrispondenza della sommità della successione però, potrebbe essersi verificato un nuovo aumento della temperatura testi¬ moniato dalla scomparsa di Globigerina pachy derma (che ricomparirà poi nel successivo Quaternario) e dalla ricomparsa di Globi gerinoides conglobatus. Tra gli Ostracodi il raffreddamento verificatosi nella parte medio-alta della serie trova limitata conferma nella presenza di Cythe¬ ropteron aff . alatum Sars nei campioni 36 e 37, tale specie infatti non sembra poter sopportare temperature superiori ai 13°C (Elofson, 1941; Wagner, 1957; Neale, 1964). TABELLA I Distribuzione stratigrafica degli Ostracodi Plio-Pleistocenici di Calvello. 286 Calabriano # SO IO # ■'f # m * # o-. « 6 i «iH U l fi .1 ! ^ 1 c 8 | o E CO # * 1 fS | 1 © s s CO * # * * # - r— 1 O 03 CO * # SO co * I- co * 30 co * io co * co co # # # # * # Pliocene inferiore « Pterygocythereis jonesi ( Baird) Loxoconcha versicolor Muller Pontocypris sp. Xestoleberis ? communis Muller Callistocythere flavidofusca RuGG. Cytheropteron rotundatum Muller Cytheropteron latum Muller Bosquetina dentata (Muller) Polycope reticulata Muller Eucytherura complexa (Brady) Argilloecia acuminata Muller Cytheropteron aff. alatum Sars Pseudocythere caudata Sars Semicytherura ? rara (Muller) Leptocythere tenera (Brady) Leptocythere sp. 1 Semicytherura mediterranea (Muller) {segue tabella 1 ) 288 Calabriano r~ # m VO IO # # * # # # o-» .2 © a f o 1 2 8 8 ; o £ eo f # # * # # # # # # # afe # # N rf rH * o r? # Cs eo # # co PO # t- co vo eo io PO PO PO | g 8-g .2 Jj £ .a (Plinio p. 206). Plinio visse tra il 23 av. Cr. ed il 79 d. Cr. ed il suo ante nos è un semplice indeterminato richiamo a tempi lontani. Si tratta tuttavia di una nuova terra la cui nascita si può far risalire a quel 183 av. Cr. che appare con tutta evidenza in Tito Livio. Questo autore ( 59 av. Cr. - 17 d. Cr.) scrive: «Supplicalo extremo anno fuit prodigiorum « causa quod sanguine per biduum pluvisse in area Concordiae satis « credebant, nuntiatumque erat haud procul Sicilia insulam, quae non « ante fuerat, novam editam a mari esse. » (Livio, p. V, p. 52). L’eruzione è segnata da Tito Livio nell’anno dei consoli M. Claudio Marcello e Q. Fabio Labeone cioè al 183 av. Cr. Il Mercalli non mostra di essere a conoscenza del passo di Tito Livio, riportato invece dal De Fiore il quale però non fa caso al rife¬ rimento cronologico esistente nello stesso Livio. Tutti e due gli autori per poter fissare la data anzidetta sono costretti a ricorrere alla testi¬ monianza di due tardi scrittori cristiani, Giulio Ossequente ( Osse¬ quente, p. 152) del III-IV secolo e Paolo Orosio (Orosio, p. 135) del IV i quali, rifacendosi integralmente a Livio, registrano, come fatto prodigioso, la nascita della nuova isola al tempo dei consoli ricordati dallo storico latino. L’avvenimento doveva aver fatto acquistare una certa notorietà a Vulcano e Polibio nei suoi viaggi o ne fu informato o visitò l’isola per cui è del tutto verosimile che abbia completato l’elenco di Callia con il più orientale e più antico degli attuali crateri di Vulcanello, legato alla prima eruzione del 183 av. Cr. ed unico esistente al suo tempo e probabilmente già in stato di solfatara. — 310 — * * * Gli altri due crateri di Vulcanello si formarono in tempi poste¬ riori al 183 av. Cr.. Ne tracceremo brevemente la storia per poter poi meglio confutare le opinioni espresse dal Mercalli e dal De Fiore sullo stesso nostro argomento, opinioni che non ci paiono aderire alla sequenza storica degli avvenimenti quale è possibile ricostruire con un discreto grado di probabilità. All’eruzione del 183 ne seguì un’altra violentissima nel 126 av. Cr. esclusivamente sottomarina. I nostri informatori questa volta sono sopratutto Ossequente (Ossequente, p. 161) e Orosio ( Orosio, p. 156) giacché le corrispondenti decadi di Tito Livio, fonte dei due autori, nqn sono giunte a noi. Non riportiamo per brevità i passi dei due autori i quali si riferiscono ad una eruzione sottomarina presso Lipari durante la quale una forte moria di pesci causò l’avvelenamento di quanti se ne cibarono. Non si fa alcun cenno a formazioni di nuove terre, anzi Orosio accenna a terre disfatte « mare in tantum efferbuit « ut adustas quoque rupes dissolverà ». La data del 126 è fissata dal nome dei consoli in carica. Anche Plinio ci tramanda in parte lo stesso avvenimento. Sempre a proposito delle nuove terre emerse dal mare, scrive : « altera insula (( Olympiadis CLXIII anno tertio, in tusco sinu, flagrans hac violento 10 < 1 — f— J — — j — - i4 i ) / / / / / / / VV/V/V\ calcari dolomìtici < O i i i - 9 AVxVxV e dolomie ■ .. E di V V v v v / y v v / y ✓ VV/V/V/V/V/V W/VVV/V/VV/ WV / /V / W V v / VVyVvVVVVVVV - 8 - 7 s o »4 #iP§ Orci 1 -2 3 o i 1 1 - 6 p 1 1 1 - 5 1 , 1 - 4 ; , - 3 1 I ri - 2 - 1 328 al t ri microfossili associati, né la presenza di rudiste del genere Apri- cardia : questo genere, infatti, persiste anche in strati della serie-tipo del Liburnico delFIstria meridionale (Bignot, op. cit.). Concludendo, si può oggi affermare che le Dolomie di Galatina, il cui spessore (misurato nella perforazione del pozzo Ugento 1 ; v. Mar- tinis, 1967) è di circa 4000 metri vanno riferite, almeno per la parte affiorante, anche al Senoniano. LETTERATURA CITATA Bignot G., 1971 - Contribution à Vétude des especes liburniennes des genres Rha- pydionina Stache 1913 et Rhipidionina Stache 1913. Revue de Micropal. 13, n. 4, pp. 222-236, pi. 4, Paris. De Castro P., 1966 - Sulla presenza di un nuovo genere di Endothyridae nel Cretaceo superiore della Campania . Note biostratigrafiche sulla successione sedi¬ mentaria di età turoniana e senoniana, in facies di retroscogliera , in Campania. Boll. Soc. dei Natur. in Napoli, 85, pp. 317-347, figg. 7, tab. 1, tavv. 5, Napoli. Martinis B., 1967 - Note geologiche sui dintorni di Casarano e Castro (Lecce). Riv. Ital. Paleont., 73, n. 4, pp. 1297-1380, figg. 23, tavv. 10, 1 carta geo¬ logica, Milano. Martinis B., 1970 - Note illustrative della Carta Geologica d'Italia. F° 223 « Capo S. Maria di Leuca ». Servizio Geologico d’Italia, Roma. Rossi D., 1969 - Note illustrative della Carta Geologica d'Italia. Fogli 203 , 204 . 213 « Brindisi-Lecce-Maruggio ». Servizio Geologico d’Italia, Roma. Servizio Geologico d’Italia, 1968 - F° 213 « Maruggio ». Roma. TAVOLA I Calcarenite con clasti costituiti quasi esclusivamente da microfossili e con matrice microcristallina, spesso in via di ricristallizzazione. I fossili, desumibili da tutti * preparati dello stesso campione di cui è illustrata la microfacies, sono costituiti prevalentemente da Rhapydionina liburnica (Stache), foraminiferi trocoidi a guscio calcareo perforato riferibili probabilmente a Laffitteina marsicana Farinacci e fram¬ menti di lamellibranchi. Località : Cava presso Masseria Marchioni, circa tre Km a WSW di Veglie in pro¬ vincia di Lecce (tav. 213 - I-NE, Porto Cesareo). Età : Senoniano. Ingrandimento : circa 16 x. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 1971 Ricchetti G. - Sulla presenza di Rhapy- dionina liburnica, ecc. Tav. I Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 329-364, 7 figg., 3 tabb., 13 tavv. Osservazioni su Archaias lata (Luperto Sinni) (*) 0) Nota del socio PIERO DE CASTRO (Tornata del 3 dioembre 1971) Riassunto. — Viene invalidato il genere Murgella ed emendata la sua specie tipo Murgella lata Luperto Sinni, 1966, che viene riferita al genere Archaias De Montfort, 1808. L’emendamento si basa sullo studio di esemplari di una stessa popolazione nella quale sono rappresentate sia la generazione microsferica che quella macrosferica. La forma B di Archaias lata (Luperto Sinni) ha un guscio peneroplino; la forma A è caratterizzata da un guscio pianispirale involuto provvisto di stadio svolto cilindrico o più o meno compresso lateralmente. Nella sistematica dei foraminiferi le forme avvolte con stadio adulto uniseriale cilindrico vengono attribuite, dalla maggior parte degli autori, ad un genere diverso da quello a cui si riferiscono le forme con uguale avvolgimento iniziale ma con stadio uniseriale a sezione trasversale ellittica. Le varie morfologie riscontrate nella popolazione studiata consigliano una mag¬ giore prudenza nella valutazione dell’importanza sistematica della morfologia degli stadi svolti di un guscio, specialmente nelle generazioni macrosferiche. Raadshoovenia couvillieri (Fourcade) e Raadshoovenia guatemalensis Van Den Bolo rappresentano altri casi in cui, nell’ambito della stessa specie, la successione uniseriale può presentare una sezione trasversale da circolare ad ellittica sensibilmente allungata. Per questi motivi il genere Raadshoovenia dovrebbe comprendere, a parità di struttura endoscheletrica, non solo le forme con stadio svolto cilindrico ma anche quelle con stadio svolto compresso e perfino quelle in cui l’adulto ha una tassia peneroplina. Tuttavia si ritiene più prudente che un ulteriore emendamento di questo genere sia subordinato allo studio di una popolazione di Raadshoovenia guatemalensis. (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (1) Ringrazio la Sig.ra Dott. Rajka Radoicic dello Zavod za Geoloska i Geofizicka Istrazivanja di Beograd ed il Dott. Italo Sgrosso dell’Istituto di Geo¬ logia delTUniversità di Napoli per il dono di materiale ad Archaias lata da loro raccolto a Peliaciaz presso Peljesac (Mali Ston-Iugoslavia). Ringrazio ancora il Prof. Giustino Ricchetti dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Bari per la cortese segnalazione di alcune località ad Archaias lata delle Murge e per l’aiuto datomi, durante la campionatura, sul terreno. 330 Viene, inoltre, invalidato il genere Cycledomia Hamaoui, 1964, che diventa un sinonimo di Cyclorbiculina Silvestri, 1937. Vengono, ancora, anticipati alcuni risul¬ tati di uno studio in corso secondo cui il genere Cuneolina D’Orbigny e alcune forme del Cretacico attribuite a Pseudotextulariella presentano uno stadio iniziale planispi- rale e non trocospirale come si riteneva finora. Viene, infine, precisato il significato attribuito, in questo lavoro, ad alcuni termini di nomenclatura. Summary. — In this work thè genus Muriella is invalided and thè type species Murgella lata Luperto Sinni, 1966, is amended and referred lo as Archaias De Montfort, 1808. The amendment is based on a study of a population in which both A and B generations are present. The B forma of Archaias lata (Luperto Sinni) has a penero- pline test ; thè A form is characterized by an involute, planispiral test with a cylin- drical or, more or less laterally compressed, uncoiled stage. In foraminiferal systematics, coiled tests with adult cylindrical uniserial stages are referred, by most of thè Authors, to a genus different from thè one to which thè tests with similar initial coiling but with uniserial compressed stage are referred. The various morphologies of thè studied population advise greater care in thè evaluation of thè systematic significance of thè uncoiled stage, particularly in macro- sferic generations. Raadshoovenia couvillieri (Fourcade) emend. De Castro and R. guatemalensis Van Den Bold emend. De Castro are other species in which thè uniserial succession may be circular to elliptical in thè cross section. For these reasons Raadshoovenia would include, under tha same internai structure, not only specimens with uncoiled cylindrical stages but also those with compressed uncoiled stages and, even, specimens with a peneropline adult stage. Neverthless, more carefully, I think a further amendment of thè genus is subordinate to a study of a population of Raadshoovenia guatemalensis. Moreover in this work thè genus Cycledomia Hamaoui, 1964, is invalided and considered a synonimous of Cyclorbiculina Silvestri, 1937. Furthermore some results of a work, which is being prepared, are given; on this ground, thè Cuneolina genus and some Cretaceous species referred to as Pseudotextulariella bave an initial plani¬ spiral, not trochospiral coiling, as believed until now. Lastly, thè significance of some nomenclatural terms (peneropline, flabelliform) is specified. — 331 — PAR. 1 - NOTE DI NOMENCLATURA (2). Peneroplino, o peneropliforme, è l’attributo che si dà generalmente ad un guscio (o porzione di guscio) avvolto e pianispirale le cui logge si dispongono come nello stadio adulto di Peneroplis planatus. Io riser¬ verò l’attributo di peneroplino solo ai gusci (porzioni di guscio o singole logge) che ripetono la morfologia dello stadio adulto, flabelliforme, dei Peneroplis planatus più tipici. Considero tali quegli esemplari le cui logge adulte appartengono ad una tassia planispirale. In molti esemplari della specie menzionata, infatti, le logge adulte non poggiano su giri di muraglia ma si sviluppano secondo una successione uniseriale, talora flabelliforme, talora a sezione trasversa costante ; non considero queste logge di tipo peneroplino. Le tipiche logge peneropline, nel senso ora precisato, sono assimi¬ labili, in veduta laterale, ad archi di corone circolari; esse presentano, perciò, valori piccoli e pressoché costanti di lunghezza e di larghezza mentre l’altezza, sempre notevolmente maggiore dei parametri prece¬ denti, cresce sensibilmente e progressivamente. Col progredire dell’onto¬ genesi le ampiezze angolari delle corone circolari possono superare 180°. Queste logge, non anulari, il cui arco di corona circolare, cui sono assimilabili, supera il mezzo giro, io le considero ugualmente di tipo peneroplino ; nella letteratura esse sono state indicate come « reniformi » e si è dato il nome di stadio reniforme ad una loro successione. Nelle logge reniformi, l’altezza ( espressione dell’ampiezza della loggia in senso normale all’andamento della spira ed alla direzione dell’asse di avvolgimento) coincide con l’ampiezza della massima corda della corona circolare cui la loggia è assimilabile. Nei foraminiferi discoidi caratterizzati da stadio adulto con camere anulari, la successione: stadio peneroplino con logge di ampiezza infe¬ riore a 180°, logge peneropline con ampiezza superiore a 180°, stadio con camere anulari, rappresenta una sequenza normale. Una successione peneroplina, talora, è indicata, anche, come fla¬ belliforme. I due attributi, però, non sono sinonimi ed il primo ha un valore più restrittivo. Il termine « flabelliforme », più elastico ma meno (2) La nomenclatura adottata è quella già proposta in un precedente lavoro (De Castro, 1971 a). — 332 — preciso, si applica sia ai gusci peneroplini, sia a stadi svolti e sia a forme prevalentemente o del tutto svolte ; esso designa una successione di logge che assume l’aspetto di un ventaglio a causa della crescita sen¬ sibile e progressiva di un parametro fondamentale (l’altezza nelle forme avvolte, una delle larghezze principali in quelle svolte) rispetto agli altri due che rimangono pressoché costanti. Dopo quanto si è detto desidero precisare le diagnosi dei generi Rhipidionina Stache e Pseudorhipidionina De Castro da me recen¬ temente formulate (1971 b). Rhipidionina : « Guscio calcareo , imperforato , porcellanaceo, pene- roplino, con o senza logge flabelliformi non avvolte nelVultimo stadio. Avvolgimento iniziale planispirale (mal conosciuto: ? evoluto, ? involuto). Apertura cribrata. Endoscheletro costituito da lame e pilastri non co¬ stituenti elementi distinti ma fusi tra loro in modo da determinare came¬ rette marginali e camerette centrali confluenti , nella porzione anteriore di ogni loggia adulta , in un vano presettale entro cui possono proiettarsi in varia misura pilastri residuali ». Pseudorhipidionina : « Guscio calcareo , imperforato , porcellanaceo , peneroplino , con o senza logge flabelliformi non avvolte nelVultimo sta¬ dio. Avvolgimento iniziale planispirale involuto. Apertura cribrata. En¬ doscheletro costituito da lame ». Durante lo svolgimento di questo lavoro è sorta la necessità di indicare specificatamente le due larghezze, una decorrente secondo l’asse maggiore, l’altra secondo quello minore, di una successione uniseriale (e di ogni sua loggia) a sezione trasversale ellittica. Le sezioni oblique, in una successione di questo tipo, danno luogo a figure molto diverse ; esse sono raggruppabili, però, in tre tipi fondamentali : quelle oblique ed al tempo stesso perpendicolari al piano mediano del guscio ; quelle oblique ed al tempo stesso perpendicolari al piano normale al piano me¬ diano ; quelle oblique non perpendicolari nè al piano mediano, nè al piano ad esso normale. Per indicare in modo più sintetico i vari tipi di sezione obliqua e le due larghezze principali di una sezione trasversale ellittica indicherò con « piano equatoriale » o « mediano » il piano mediano del guscio. L’attributo di equatoriale è dovuto al fatto che le successioni uniseriali sono spesso precedute da uno stadio pianispirale involuto, più o meno globoso, il cui piano mediano è indicato nella letteratura anche come equatoriale. — 333 — Il piano perpendicolare a quello mediano e passante per l’asse della successione uniseriale lo indicherò con « piano meridiano » per ana¬ logia con quanto si usa nei gusci pianispirali involuti, più o meno globosi. Naturalmente, in una forma avvolta provvista di stadio svolto, il piano meridiano della successione uniseriale non coincide, general¬ mente, con gli infiniti piani meridiani ( = assiali) che passano per l’asse di avvolgimento dello stadio avvolto. Dopo quanto si è detto le due larghezze fondamentali di uno stadio svolto le indicherò con « larghezza meridiana » e « larghezza me¬ diana » (o « equatoriale ») a seconda che vengano misurate nel piano meridiano o in quello mediano. In quanto alle sezioni oblique, indicherò, in particolare, con a ortomediane » quelle perpendicolari al piano me¬ diano ; con « ortomeridiane » quelle perpendicolari al piano meridiano. Penso che l’introduzione di questi nuovi termini renderà piu facile e più precisa la designazione delle morfologie e delle sezioni anche di altri foraminiferi, p. es. le cuneoline. Cuneolina , come anche alcune specie del Cretacico attribuite a Pseudotextulariella , sono state ritenute, a torto, fin’ora, trocospirali nei primi stadi ontogenetici ; esse, invece, sono sicuramente pianispirali. Quanto ho detto si basa sull’esame di diverse centinaia di esemplari, in ottimo stato di fossilizzazione, il cui studio dettagliato è oggetto di un lavoro in corso di preparazione. — 334 — PAR. 2 - PALEONTOLOGIA. Nel 1966 Luperto Sinni, in base allo studio di campioni del Cretacico superiore delle Murge baresi, istituiva il genere Murgella , con specie tipo Murgella lata , attribuendolo alle Soritidae. La serie dei tipi, olotipo e paratipi, era costituita da esemplari provenienti da diverse località del foglio 189-Altamura ; tra queste non veniva precisata quella dell’olotipo. La diagnosi del nuovo genere era la seguente: « Guscio libero di notevoli dimensioni, flabelliforme, appiattito, con primo stadio piano¬ spiralato e secondo stadio uniseriale. Camere basse e larghe, rapidamente crescenti in larghezza, dapprima arcuate ed infine quasi semicircolari, in sezione equatoriale. Setti secondari robusti, in disposizione radiale, continui tra camere successive. Guscio calcitico, micro granulare, imper¬ forato. Apertura nello stadio pianospiralato unica, dapprima basale poi subcentrale. Nello stadio adulto apertura multipla ». Le illustrazioni fornite dall’Autore, tuttavia, non sembravano cor¬ rispondere alla diagnosi : così, p. es., lo stadio avvolto mostrava logge ad apertura cribrata (Luperto Sinni, tav. 37, fig. 2) e l’endoscheletro appariva costituito, almeno fondamentalmente, da pilastri e non da lame (setti secondari in Luperto Sinni). Tali dubbi sui caratteri di Murgella lata mi sono stati recentemente confermati dallo studio di numerose sezioni sottili di un campione, con¬ tenente questa specie, raccolto in Iugoslavia (1). Infatti, in base ai caratteri dell’apertura e dell’endoscheletro accer¬ tati da me ; inoltre in base alla tassia che, limitatamente alla forma mi¬ crosferica, è anche quella accertata da Luperto Sinni ed ancora per la natura del guscio (calcareo, imperforato, porcellanaceo), le forme delle Murge baresi sono da riferire al genere Archaias De Montfort, 1808. Murgella, perciò, è un sinonimo più recente, quindi non valido, di Archaias. Per motivi di priorità anche il nome di Cycledomia Hamaoui (1964) deve essere abbandonato a favore di Cyclorbiculina Silvestri (1937). Con ambedue i nomi, infatti, sono state indicate forme a guscio porcellanaceo, inizialmente pianispirali ed involute, con stadio adulto con camere anulari ed endoscheletro costituito sia da lame che da pilastri. Secondo Cole (1965) Cyclorbiculina sarebbe, a sua volta, sinonimo di Archaias. — 335 — A causa dell’importanza stratigrafica che i livelli ad Archaias lata (Luperto Sinni) hanno nel Senoniano dell’Appennino ritengo oppor¬ tuno fornire le mie osservazioni sulla specie ed emendarla. Per questo ultimo scopo ho preferito non ricorrere al materiale iugoslavo ma pro¬ curarmene altro proveniente dalle Murge : in tal modo sono maggiori le possibilità che le mie osservazioni abbiano interessato individui vissuti in un tempo ed in condizioni non troppo diversi da quelli dell’olotipo (1). L’emendamento si basa su esemplari riscontrati soltanto in sezione sottile ; queste sono state ottenute da due campioni di roccia provenienti da punti vicinissimi della porzione inferiore di uno stesso strato dello spessore di una sessantina di cm. Le osservazioni si riferiscono, perciò, ad individui della stessa popolazione ; esse sono state eseguite su alcune centinaia di esemplari in vario tipo di sezione. I campioni di roccia di cui si è detto sono contrassegnati dal numero A.5604 ; come di consueto il numero che si accompagna a quello del campione sta ad indicare il numero d’ordine del preparato. Nei preparati esaminati sono presenti due gruppi di foraminiferi porcellanacei caratterizati dalla medesima struttura interna ( costituita essenzialmente da pilastri), dallo stesso tipo di tassia per la maggior parte dell’avvolgimento (tassia pianispirale involuta con passo della spira lievemente crescente), dallo stesso tipo di apertura (cribrata). Uno dei due gruppi, cui sono riferibili gli esemplari di tav. 34 di Luperto Sinni, presenta, in particolare, loggia iniziale piccolissima, guscio peneroplino di dimensioni molto grandi, giri a passo lievemente crescente di piccolo diametro. Facendo riferimento a Loeblich & Tap- PAN (1964), queste forme sono riferibili al genere Archaias. II secondo gruppo, cui sono riferibili gli esemplari delle figg. 1-4 di tav. 37 e quelli delle tavv. 35 e 36 di Luperto Sinni, presenta, rispetto alle forme del gruppo precedente, proloculo grande, guscio di piccole dimensioni con stadio svolto da cilindrico fino a lievemente flabelliforme, giri a passo lievemente crescente di dimensioni maggiori a parità di stadio ontogenetico. Per alcuni di questi esemplari sorge il dubbio se attribuire alcune strutture endoscheletriche a pilastri contigui alle pareti laterali del guscio (vedi in proposito Reichel, 1951, fig. 3) oppure a lame. Se si volessero inquadrare rigidamente le forme dei due gruppi menzionati nelle conoscenze sistematiche attuali, si dovrebbero attribuire le forme peneropline, con piccola camera iniziale, al genere Archaias ; quelle con stadio svolto e proloculo di grandi dimensioni ad un nuovo 336 Fig. 1. — Porzione della tavoletta alla scala 1:25.000, 201 I NO-Laterza. La località, contrassegnata da un cerchietto, da cui provengono i campioni ad Archaias lata studiati, è ubicata in corrispondenza della cava a circa 500 m Ovest di Masseria il Ciccio. genere il cui nome potrebbe essere, eventualmente, quello di Mur gelici : non è noto, infatti, per quanto sappia, nessun genere caratterizzato da questa struttura endoscheletrica e da questa tassia. Io penso, tuttavia, che i due gruppi di forme appartengano ad una stessa specie, riferibile al genere Archaias, della quale rappresentano, rispettivamente, la forma microsferica e quella macrosferica. I motivi che mi convincono di questa interpretazione sono i seguenti : identità di caratteri interni e di tipo di apertura, analogo tipo di tassia della maggior — 337 — parte dell’av volgimento, diversità delle dimensioni complessive dei gusci le quali risultano inversamente proporzionali a quelle delle logge iniziali, ed infine, la simultanea ricorrenza dei due tipi morfologici, oltre che nei materiali delle Murge, anche in quello della Iugoslavia esaminato. Se le mie supposizioni sono esatte ne derivano considerazioni di un certo interesse sulla sistematica dei foraminiferi. Innanzi tutto l’apprez¬ zamento del valore tassonomico della presenza e della morfologia dello stadio svolto dei foraminiferi deve essere valutato con prudenza. Inoltre, le forme megalosferiche possono reagire alle spinte evolutive con una plasticità maggiore di quella fin’ora nota, discostandosi più di quanto non si pensasse dalle rispettive forme B. Infine, a causa delle marcate differenze morfologiche tra le due generazioni, le diagnosi generiche do¬ vrebbero basarsi essenzialmente sulla microsfera non escludendo che la forma macrosferica possa acquistare caratteri morfologici simili in generi affini. Una conferma del valore tassonomico poco preciso della forma dello stadio svolto uniseriale è offerto, oltre che dalla specie in esame, anche da Raadshoovenia. Questo genere, che ammette generalmente uno stadio svolto cilindrico, può presentare questa porzione del guscio anche più o meno compressa lateralmente: ciò era stato messo in evidenza da Four- cade (1966, p. 150) ed accennato, in base alle osservazioni dell’autore francese, in un mio precedente lavoro (1971 a, didascalia di fig. 7 di tav. XIV). Tuttavia, allora (1971 a), ritenevo che la presenza in Raad¬ shoovenia couvillieri di uno stadio svolto appiattito fosse da addebitarsi a difetti di sviluppo di qualche esemplare per cui era opportuno non tenerne conto nelle diagnosi. In seguito, il Prof. Manfred Reichel dell’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Basilea, cui sono riconoscente per la consueta gentilezza e benevolenza, mi ha inviato la fotografia di nume¬ rosi esemplari di Raadshoovenia guatemalensis depositati presso il Museo di Storia Naturale di Basilea (Coll. Visser, n. V. 139 Guatemala). La maggior parte di essi mostra la porzione adulta costituita da uno stadio svolto a sezione trasversale ellittica più o meno debolmente allungata o, anche, sensibilmente allungata ; un paio di esemplari mostra uno stadio adulto peneroplino. In accordo col Prof. Reichel sarebbe interessante accertare se a questi ultimi corrisponde una microsfera. Dopo quanto si è detto ora su Raadshoovenia , si potrebbero stabilire nuovi rapporti tra il genere di Van Den Bold, Pseudedomia e alcuni generi affini. Penso, tuttavia, che a causa dell’importanza dell’argomento, 22 — 338 — sia opportuno che ogni considerazione venga subordinata allo studio di una ricca popolazione di Raadshoovenia guatemalensis. ARCHAIAS LATA (LTJPERTO SINNI) emend. Figg. 2-4 ; tavv. I-X 1966 - Peneroplidae . Luperto Sinni* Geol. Romana; voi. 5, tav. XII, figg. 3, 4 1966 - Murgella lata. Luperto Sinni : Boll. Soc. Pai. Italiana; voi. 4, n. 2, pp 263-268, 4 tavv. 1969 - Murgella lata. De Castro: Boll. Soc. Nat. Napoli; voi. 78, pp. 152-153 Descrizione. — Guscio calcareo, imperforato, porcellanaceo in cui la successione delle logge può essere divisa in due porzioni : una, che comprende i primi stadi ontogenetici, è caratterizzata da tassia piani¬ spirale involuta con passo della spira lievemente crescente e si sviluppa per un certo numero di giri circolari, o subcircolari, in sezione assiale. Una seconda porzione, che comprende la porzione adulta del guscio, è caratterizzata da logge a disposizione peneroplina nella forma B ; da logge in successione uniseriale cilindrica, o più o meno appiattita late¬ ralmente, nella forma A. In ambedue le generazioni il passaggio tra le due porzioni del guscio avviene attraverso un breve tratto di spira con logge ad altezza sensi¬ bilmente crescente. La forma macrosferica presenta, rispetto a quella microsferica, un guscio molto più piccolo ; sono, invece, maggiori i valori che competono ai parametri più importanti : larghezza del proloculo, altezza dei giri, passo della spira, dimensioni delle logge avvolte nei giri a passo lieve¬ mente crescente. In ambedue le generazioni le suture sono lisce o lievemente de¬ presse ; l’apertura è cribrata ; l’endoscheletro è costituito da lama basale nella porzione avvolta del guscio, da pilastri in tutte le logge ad eccezione di quelle dei primi stadi ontogenetici della generazione B ; l’ornamenta¬ zione è assente. I valori biometrici caratteristici della specie sono sintetizzati nella tabella I e saranno discussi più dettagliatamente in seguito. Parametri fondamentali degli individui adulti appartenenti alle generazioni microsferica e macrosferica di Archaias lata. Nella tabella i valori più frequenti sono scritti in grassetto. Tutte le misure dimensionali sono espresse in mm. — 339 — M in t- in © © tjT o “Ih PI r—H MO ÓhÓ IO IO © © co © 'i-H 00 © © © PH § tó o ce © ! ° pd o 'o .° g 2 ^ co ce 43 5 b m S d 2 tS « y> *S ^3 ©

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Le dimensioni massime osservate, inferiori d’altronde a quelle reali perchè si riferiscono ad individui in sezione tangenziale oppure obliqua, sono le seguenti : in mm preparato tipo di seziono 13 A. 5604.117 obliqua 13,6 A. 5604.74 tangenziale 14 A. 5604.39 » 14 A. 5604.33 » I gusci, tipicamente peneroplini, sono fortemente flabelliformi ; essi si presentano sensibilmente rigonfi in corrispondenza dell’asse di avvol¬ gimento (tav. VII, figg. 1, 3; tav. IX, figg. 3, 4), quindi si deprimono centrifugamente per poi aumentare, per quanto lievemente, di larghezza verso la zona aperturale. Le logge adulte possono superare l’ampiezza di 180° (tav. IX, figg. 3, 4). Le suture sono lisce o lievemente depresse. Le logge peneropline, sviluppatissime, sono molto numerose; raggiungo¬ no facilmente il numero di venti e possono spingersi, in alcuni esemplari, fino ad una quarantina (tav. VII, figg. 1, 3). In base ad osservazioni compiute su 15 esemplari, scelti tra i migliori, sembra che il numero di segmenti intersuturali per mm sia compreso generalmente tra 4-6 (13/15 esemplari) e possa spingersi fino a 7,2 (2/15 esemplari). La larghezza del guscio (spessore, auct .), per quanto sia compresa più frequentemente tra 0,65-0,92 mm, varia generalmente tra 0,57-1,00 mm. Muraglia e andamento della spira. — In maniera conforme ai caratteri del genere il guscio microsferico è regolarmente planispirale e involuto o mostra, comunque, una spiccata tendenza ad assumere questa tassia. Si assiste, infatti, in alcuni casi, ad una certa rotazione 341 — tra la porzione peneroplina e quella precedente (tav. VII, fig. 2); inoltre, non è da escludere che le ultime logge non abbraccino il guscio con la loro estremità (logge avvolte ed evolute) o che non poggino sulla mu¬ raglia del giro (logge non avvolte). La spira, costituita complessivamente da circa 4-5 giri, è divisibile in tre porzioni: la prima, che corrisponde alla maggior parte dell’avvol- gimento, è caratterizzata da giri a passo lievemente crescente. Nella seconda, che è di transizione fra la prima e la terza e si sviluppa per un’ampiezza di circa 180°, l’altezza della muraglia rispetto al giro sotto¬ stante cresce più sensibilmente che nel tratto precedente. La terza, che si sviluppa in corrispondenza dell’ultimo giro, comprende tutto lo stadio peneroplino ; essa presenta, perciò, un passo che cresce velocemente e un aspetto flabelliforme. La prima porzione, più ampia, dell’avvolgimento presenta un’altezza (diametro, auct.) compresa per lo più tra 0,70-1,32 mm ; essa si sviluppa per circa 3-3,5 giri ed in qualche caso sembra arrivare sino a quattro. Si sono osservati alcuni esemplari in cui il primo giro è piuttosto irregolare ; in altri sembra perfettamente planispirale. A causa delle minute dimensioni e della menzionata irregolarità la sua altezza è mal osservabile per cui si sono potuti commettere errori nell’apprezzarla. L’influenza di questi errori nei giri successivi, però, si fa sempre più piccola col progredire del loro numero d’ordine. Il diametro dei giri a passo lievemente crescente assume i seguenti valori : 0,20-0,22 mm al 1° giro 0,40-0,47 » » 2° » 0,70-0,87 » » 3° » Le misure eseguite, tutte approssimate, si basano su otto esemplari soltanto ; per quanto esse siano valide con approssimazione le ritengo, tuttavia, idonee a fornire l’ordine di grandezza del parametro che si considera. Il campo di variabilità del diametro dei giri durante l’ontogenesi è illustrato alla fig. 7. A causa del limitato numero di individui osser¬ vati in sezione mediana, o submediana, e della difficoltà di stabilire esattamente i limiti dei vari stadi ontogenetici dell’avvolgimento, esso può risultare, in realtà, più ampio di quello tracciato. — 342 — Per il passo della spira valgono le stesse considerazioni espresse per il diametro dei giri ; i valori riscontrati risultano i seguenti : 0,05-0,07 mm al 1° giro 0,10-0,12 » » 2° » 0,17-0,25 » » 3° » Lo spessore della muraglia, pur esso gradualmente crescente come gli altri parametri esaminati, risulta, con le stesse approssimazioni, il seguente : 0,02-0,03 mm al 1° giro 0,04-0,05 » » 2° » 0,06-0,07 » » 3° » Proloculo e collo. — Il proloculo ed il collo non si sono potuti osservare in modo distinto ; e ciò è dovuto sia all’estrema piccolezza degli stadi iniziali, sia alle condizioni di fossilizzazione. Tuttavia, le dimen¬ sioni della loggia iniziale dovrebbero essere inferiori a 0,1 mm e com¬ prese, probabilmente, tra 0,05-0,07 mm. Forma e distribuzione delle logge. Logge dei giri a passo lievemente crescente. In questi giri le logge, di tipo prevalentemente tubolare, sono semicircolari in sezione assiale (ciò si desume dalle figg. 3, 4 di tav. IX) e presentano, in sezione me¬ diana, la forma di un triangolo con lati arcuati. Di questi lati, i due meno sviluppati corrispondono, uno, alla superficie del giro che limita infe¬ riormente la loggia ; l’altro, al trematoforo della camera ontogenetica¬ mente precedente. Il lato più sviluppato, che è anche più arcuato degli altri due, corrisponde alla parete superiore della loggia che si considera ed alla sua faccia aperturale. Il vano interno di ogni loggia ripete i motivi della superficie esterna. Ogni loggia si salda per un’ampiezza notevole alle pareti di quella precedente lungo la superficie di articolazione suturale (Serova, 1961). Essa presenta pareti molto robuste il cui spessore è desumibile dalle — 343 — misure, precedentemente riportate, dello spessore della muraglia ai vari stadi ontogenetici : queste permettono, più esattamente, un apprezzamento qualitativo dei valori delle pareti laterali e quantitativo dei valori del tetto delle logge. Durante l’ontogenesi, l’altezza, la larghezza, e la lunghezza delle logge crescono lievemente ; le misure di altezza sono direttamente pro¬ porzionali a quelle, già riportate, del passo della spira ai vari giri. Durante l’ontogenesi il numero delle logge sembra crescere piuttosto sensibilmente ; esso assume probabilmente i seguenti valori : 3 al primo giro, 6-8 al secondo giro, 10-13 al terzo. Stadio peneroplino. Un breve tratto di spira con logge ad altezza sensibilmente crescente costituisce la transizione fra i giri a passo lieve¬ mente crescente e la porzione peneroplina del guscio. Le logge peneropline, fortemente flabelliformi, hanno una notevole ampiezza e possono superare 180° (tav. VI, figg. 2, 4; tav. IX, figg. 3-4). La loro altezza cresce velocemente raggiungendo le dimensioni già asse¬ gnate al guscio (fino a 14 mm) all’inizio del paragrafo. La larghezza, invece, cresce molto lievemente e può mantenersi costante per successioni più o meno lunghe di logge ; i suoi valori sono quelli già assegnati alla porzione peneroplina del guscio (0,57-1,0 mm ; con maggior frequenza 0,65-0,92 mm). Lo spessore delle pareti del guscio (e quindi delle logge), misurato in corrispondenza delle pareti laterali, varia tra 0,11-0,16 mm ed assume più frequentemente valori tra 0,12-0,15 mm. La lunghezza delle logge (espressione dell’ampiezza nel senso della spira), misurata da trematoforo a trematoforo e nel piano mediano del guscio, assume generalmente un valore compreso tra 0,17-0,25 mm ; essa cresce molto lievemente durante l’ontogenesi e, in misura ancora più accentuata di quanto si è visto per la larghezza, si mantiene costante per successioni più o meno brevi di logge. L’apertura. — Le forme microsferiche di Archaias lata presen¬ tano un’apertura multipla costituita da numerosi fori che perforano, senza ordine, il setto della loggia, sia nello stadio peneroplino, sia in quello di transizione aH’avvolgimento con passo della spira lievemente crescente, sia nell’ultima porzione di quest’ultimo (tav. VII, fig. 1). Non sono in grado di precisare l’apertura degli stadi ontogenetici ante¬ riori ; osservando i preparati si ha, però, l’impressione che, ad ecce¬ zione delle logge del primo giro, essa sia dello stesso tipo. — 344 L’endoscheletro. — Nelle forme microsferiche di Archaias lata l’endoscheletro è costituito, complessivamente, da strato basale e da pi¬ lastri. Strato basale . Lo strato basale, che rappresenta la parete inferiore delle logge tubolari (Serova, 1961), è sottile. Esso è evidente nell’ul¬ tima porzione dell’avvolgimento con passo lievemente crescente, in quello di transizione allo stadio peneroplino ed in quest’ultimo. Esso è facil¬ mente individuabile nella fig. 1 di tav. VII dove l’ultimo giro, che precede la porzione flabelliforme, è staccato dal giro precedente ; per quanto poco distinto a causa del modesto ingrandimento, è osservabile, per lo stesso motivo, anche nelle logge più adulte dello stadio pene¬ roplino dell’esemplare di fig. 2 di tav. VI. Non sono riuscito ad osservare lo strato basale nelle logge dei primi due giri ; ciò può essere dovuto ad una vera assenza o a difficoltà di osservazione ; tuttavia, un deposito basale è sicuramente presente nella zona aperturale di queste logge. (Vedi quanto si dirà in proposito per la forma macrosferica). Pilastri. I pilastri costituiscono l’elemento endoscheletrico più vi¬ stoso della specie in esame. Essi mancano o sono, al più, occasionalmente presenti nella porzione dell’avvolgimento a passo lievemente crescente ; sono invece numerosissimi e molto sviluppati nello stadio peneroplino. I pilastri si impiantano tra i fori dell’apertura della loggia ontogeneti¬ camente precedente ; presentano una porzione posteriore ( rispetto allo andamento della spira) a sezione trasversale subcircolare o lievemente el¬ littica ; procedendo verso Lavanti, invece, si fanno via via più robusti finche, in prossimità dell’apertura, si fondono, più o meno compieta- mente, tra di loro e con le pareti laterali della loggia. Quest’ultimo fenomeno simula, almeno in parte, la presenza di lame. Se non vi fossero i pori aperturali che interrompono l’espansione distale dei pilastri questi assumerebbero la forma di un fungo. La fusione laterale dei pilastri in corrispondenza dell’apertura de¬ termina, nelle sezioni tangenziali, figure allungate, arcuate, stellari o semicircolari ; inoltre, li dove si è avuta una fusione accentuata della porzione distale dei pilastri, il fenomeno simula uno spessore maggiore della zona aperturale cribrata. Per questo motivo, in molte sezioni tan¬ genziali, è difficile separare, nell’ambito della struttura che simula un robusto trematoforo, lo spessore del guscio che compete realmente alla apertura da quello dovuto alla confluenza dei pilastri. 345 tì O 0 > l> ed 43 03 43 è ~ s s s o m S 2 o S S 43 o S 'G w | O 5-i N ■a 2 © a a p- bD 4|=i 6D © S *Sb ^ ^ 0 Ph g a § 2 c#2 1 :l W bD bD 43 CT "S >■ 3 I * C/2 43 » n O Ph .m s pi S fep w o 'tì <1 <ì < CQ *H A 03 0 2 cn H b} 3 bD 4P _ 43 #bp E g< 03 .2 § tì — 346 — FORMA MACROSFERICA Caratteri esterni. — Nei preparati esaminati gli individui ma¬ crosferici sono più numerosi di quelli microsferici ; una valutazione approssimata mostra che le forme A costituiscono circa il 60%, quelle B il 40% della popolazione. La generazione macrosferica è rappresentata da gusci pianispirali, involuti, con stadio avvolto sferico o subsferico, seguito, negli individui adulti, da stadio svolto uniseriale la cui forma conferisce una sensibile varietà morfologica alla forma macrosferica. La successione uniseriale, infatti, è sia cilindrica che appiattita lateralmente ; in qualche caso diventa, anche, lievemente flabelliforme. Non si sono osservati indi¬ vidui con stadio adulto peneroplino. Le dimensioni dei gusci, molto minori di quelle che spettano agli individui microsferici, variano generalmente tra 1,50-4,27 mm ed assu¬ mono più frequentemente un valore compreso tra 2,25-3,25 mm. Le dimensioni, però, per quanto occasionalmente, possono essere maggiori. Prescindendo da due casi di polivalenza che presentano rispettivamente un’altezza complessiva di 3,75 e 4,27 mm (prepp.: A. 5604.78, 137), gli individui normali più grandi osservati presentano i seguenti valori biometrici fondamentali : 4) « N © r—4 N O ^ « > © a £ a 0,37 3,47 2,55 2,8 2,5 1,50 7 A. 5604. 9 0,32 4,97 2,57 3,0 ? 2,50 11 A. 5604. 101 Lo stadio avvolto, considerato isolatamente, assume dimensioni com¬ prese tra 1,75-2,50 mm; quello svolto, in relazione al numero variabile delle logge, tra 0,20-1,80 mm. Occasionalmente, come p. es. in uno degli esemplari di cui si sono riportati i valori biometrici fondamentali, si pos¬ sono riscontrare valori anche maggiori. Le suture sono quasi sempre lisce nello stadio avvolto, lisce o lievemente depresse in quello svolto. Il numero delle logge di quest’ultima porzione del guscio è com- — 347 — preso generalmente tra 1-7 ed assume, spesso, il valore di 4 ; esso tuttavia può elevarsi fino a 9 e anche a 11 (prepp. : A. 5604. 27, 101). Il numero dei segmenti intersuturali per mm, dedotto da una diecina dì esemplari scelti tra i migliori, varia tra 3,9-6 ed assume più frequentemente il valore di 4,3-5 (7/10 misure). Le logge della successione uniseriale, sempre molto basse, sono, come si è detto, da circolari ad ellittiche in sezione trasversale. La loro Fig. 3. — Archaias lata (Luperto Sinni) ; forma macrosferica. In tutte le figure le zone punteggiate più fittamente, all’interno delle logge, corrispondono a pilastri. Le figure sono disegni schematici di alcuni esemplari osservati in sezione sottile. Siccome si sono potuti commettere errori nella interpretazione delle strutture osservate, ogni esemplare utilizzato è stato fotografato ed illustrato nelle tavole aggiunte al presente lavoro. A sezione mediana lievemente obliqua di logge della porzione avvolta con passo della spira lievemente crescente ; le logge sono comprese tra il 1 ,5 ed il 2° giro. (Preparato A.5604.17 ; esemplare originale in tav. I, fig. 6). B sezione tangenziale a due giri dello stadio avvolto con passo della spira lie¬ vemente crescente. La sezione corrisponde approssimativamente a quella che si ottiene intersecando la successione A con un piano di traccia b, parallelo all’asse di avvolgimento. (Preparato A. 5604.71 ; esemplare originale in tav. Ili, fig. 3). C sezione mediana lievemente obliqua dei primi stadi ontogenetici. (L’esem¬ plare utilizzato è quello stesso di fig. A). Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Senoniano). Località i cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (tav. 201 I NO-Laterza). ingrandimento : circa 34 x . — 348 — larghezza meridiana sembra essere, per lo più, di 0,87-1,10 mm ; quella mediana di 0,82-2,47 mm ed assume più frequentemente il valore di 1,07-1,75 mm (25/30 misure). L’altezza, in sezione assiale, è compresa per lo più tra 0,17-0,25 mm. Lo spessore delle pareti laterali varia tra 0,087-0,15 mm ed assume più frequentemente il valore di 0,12 mm. Fig. 4. — Archaias lata (Luperto Sinnj) ; forma macrosferica. Sezione obliqua ortomeridiana dello stadio svolto Nella figura le zone punteggiate più fitta¬ mente corrispondono a pilastri. La figura è un disegno schematico dedotto da un esemplare in sezione sottile. Siccome si sono potuti commettere eventuali errori nella interpretazione delle strutture osservate, l’esemplare utilizzato è stato fotografato ed illustrato nelle tavole aggiunte al presente lavoro (Preparato A.5604.171 ; esemplare originale in tav. IV, fig. 5). Età : Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava 500 m Ovest di Mas¬ seria il Ciccio (tav.: 201 I NO-Laterza). Ingrandimento : circa 105 x. Muraglia e andamento della spira. — La porzione avvolta del guscio è planispirale involuta ; in corrispondenza del collo e delle primissime logge del primo giro si possono presentare, però, deviazioni dal piano mediano. La spira, tuttavia, tende a stabilizzarsi rapidamente in un unico piano. — 349 — Anche in questa generazione, sono presenti nell’avvolgimento due porzioni simili a quelle riscontrate nella forma microsferica : una, che abbraccia la quasi totalità della spira a partire dai primi stadi ontoge¬ netici, caratterizzata da un passo lievemente crescente ; l’altra, di tran¬ sizione allo stadio svolto, che si sviluppa per un’ampiezza di 90°-180°, costituita da logge con altezza crescente in misura piuttosto sensibile. A causa dell’importanza molto minore della seconda porzione del¬ l’avvolgimento, mi riferirò, d’ora in poi, solo ai giri con passo lieve¬ mente crescente. Il loro diametro, negli esemplari adulti, è maggiore di quello che compete, a parità di stadio ontogenetico, alla generazione microsferica ; il loro numero, invece, è lievemente minore. Esso varia generalmente tra 1 ,5-2,5 ; sì può abbassare ad uno soltanto negli individui che presentano logge iniziali molto grandi e, al contrario, elevarsi fino a tre nelle forme con proloculo minore. Il valore che si riscontra con maggiore frequenza è di due giri. La sensibile variabilità che si osserva nel numero di giri di un esemplare adulto è più apparente che reale. Al riguardo, non sono prive di interesse le distribuzioni A e B della fig. 6 ; da esse si deduce che il numero dei giri è legato, anche se in modo lieve, da una rela¬ zione di proporzionalità inversa al diametro della loggia iniziale. Un fenomeno analogo si verifica per la variazione del diametro dei giri ; infatti, in base all’esame di 58 esemplari scelti tra i migliori, si sono osservati i seguenti valori : 0,65-1,30 mm al 1° giro 1,05-1,80 » » 2° » 1,27-1,93 » » 2,5 » In questo caso le dimensioni del proloculo influenzano decisamente il diametro dei giri, per cui la variabilità che si riscontra è più appa¬ rente che reale avendo una giustificazione precisa. Se infatti si dividono gli individui esaminati in gruppi caratterizzati da valori della loggia iniziale compresi in limiti ristretti, si osserva che, in ogni gruppo, le dimensioni del guscio presentano, nei vari stadi ontogenetici, una va¬ riazione più limitata. Ciò è desumibile dalla tabella II dove sono ripor¬ tati, nella prima riga, i valori dei diametri nei giri successivi indipen¬ dentemente dalla grandezza del proloculo ; nelle righe successive figurano. — 350 — TABELLA II Variazione del diametro dei giri a passo lievemente crescente in una popolazione (A. 5604) di Archaias lata. I valori della prima riga si riferiscono a tutti gli esem¬ plari e non tengono conto, perciò, dei valori della loggia iniziale. I valori delle righe successive si riferiscono a gruppi di esemplari caratterizzati da dimensioni del proloculo comprese in limiti ristretti. Nella tabella non figurano i valori degli esem¬ plari con loggia iniziale di 0,22-0,25 e 0,55 mm ; questi esemplari, per quanto presenti nella popolazione, non sono stati utilizzati perchè risultano sezionati in modo tale da non fornire risultati attendibili. Le cifre tra parentesi, indicano, ogni volta il numero di misure eseguite. larghezza del proloculo in mm altezza in mm dei giri a passo lievemente crescente al 1° giro al 2° giro al 2,5 giro 0,65-1,30 1,05-1,80 1,27-1,93 (57) (35) (13) 0,27-0,30 0,65-0,82 1,05-1,45 1,27-1,77 (10) (9) (5) 0,32-0,35 0,77-0,87 1,27-1,62 1,62-1,93 (8) (5) (2) 0,37-0,40 0,82-1,05 1,32-1,62 1,70-1,87 (13) (11) (4) 0,42-0,45 0,85-1,12 1,35-1,62 1,70-1,87 (17) (8) (2) 0,47-0,50 1,00-1,30 1,72-1,80 (9) (2) 0,52 1,30 1,80 (1) (1) invece, i valori relativi ad ogni gruppo di individui caratterizzato da dimensioni del proloculo comprese in limiti ristretti. Quanto illustrato nella tabella II si può dedurre anche dalla fig. 7 dove figurano, oltre ai campi di variabilità accertati per la forma A e per la forma B, anche le curve relative a singoli individui scelti tra i più significativi. Nella fig. 7 il campo relativo alla forma macrosferica non tiene conto dei dati relativi agli individui con proloculo di 0,22-0,25 e 0,55 mm ; questi individui, per quanto siano presenti nella popolazione, non sono stati utilizzati perchè risultavano sezionati in modo tale da non fornire risultati attendibili. — 351 — TABELLA III Variazione del passo della spira nei vari stadi ontogenetici in una popolazione ( A.5604) di Archaias lata. I valori riportati nella prima riga si riferiscono a tutti gli esemplari e non tengono conto, perciò, del diametro della loggia iniziale. Nelle righe successive i valori si riferiscono a gruppi di esemplari caratterizzati da valori del proloculo compresi in limiti ristretti. Nella tabella non figurano i valori degli esemplari con loggia iniziale di 0,22-0,25 e 0,52-0,55 mm ; questi esemplari, per quanto presenti nella popolazione, non sono stati utilizzati perchè risultano sezionati in modo tale da non fornire risultati attendibili. Le cifre fra parentesi indicano ogni volta il numero di misure eseguite. larghezza del proloculo in mm passoi in mm dei giri con altezza lievemente crescente al 1° giro al 2° giro al 2,5 giro al 3° giro 0,17-0,30 0,22-0,40 0,25-0,40 0,35-0,42 (54) (37) (9) (3) 0,27-0,30 0,17-0,22 0,25-0,30 0,25-0,40 0,35-0,37 (9) (7) (3) (2) 0,32-0,35 0,17-0,25 0,22-0,30 0,32-0,40 (11) (8) (3) 0,37-0,40 0,22-0,27 0,25-0,30 0,37 0,42 (13) (9) (1) (1) 0,42-0,45 0,20-0,27 0,25-0,40 0,32-0,35 (14) (9) (2) 0,47-0,50 0,22-0,30 0,27-0,37 (7) (4) Il passo dei giri, in base a 103 misure eseguite, assume i seguenti valori in mm : 0,17-0,30 mm al 1° giro 0,22-0,40 » » 2° » 0,25-0,40 » » 2,5 » 0,35-0,42 » » 3° » Anche per questo parametro, che cresce lievemente con l’onto¬ genesi, la variabilità che si riscontra nei giri successivi è da mettere in relazione, almeno in parte, alla variabilità delle dimensioni della — 352 — loggia iniziale. Ciò si può dedurre dalla tabella III, compilata con le stesse modalità della tabella II ; qui, però, la corrispondenza tra i valori della loggia iniziale e quelli del passo dei giri non è troppo evi¬ dente a causa del modesto numero di misure eseguite, che non permette di apprezzare esattamente le variabilità ad ogni stadio ontogenetico ; un altro motivo per cui i rapporti tra passo e loggia iniziale non sono subito evidenti è dovuto alla variazione molto lieve che il primo su¬ bisce con la crescita dell’individuo. Lo spessore della parete del guscio nella regione equatoriale non sembra influenzato dai valori del proloculo ; esso varia molto lieve¬ mente e, spesso, è costante in giri successivi. I valori riscontrati (a fianco dei quali sono riportati in parentesi il numero delle misure eseguite) sono i seguenti : 0,07-0,12 mm al 1° giro (36) 0,07-0,12 » » 2° » (28) 0,10-0,12 » » 2,5 » (8) 0,12-0,13 » » 3° » (2) Proloculo e collo. Proloculo. Il proloculo, o loggia iniziale, è globoso e si presenta spesso schiacciato ; la sua forma, perciò, è assimilabile oltre che ad una calotta sferica anche ad una calotta più o meno sensibilmente ellissoi¬ dale. La sua larghezza è notevole e mostra una grande variabilità ; essa varia, infatti, tra 0,22-0,55 mm ed assume più frequentemente valori compresi tra 0,32-0,45 mm. La curva di distribuzione del numero degli individui al variare delle dimensioni del proloculo, costruita in base a 150 esemplari in sezione centrata di vario tipo, mostra due picchi in corrispondenza degli individui con loggia iniziale di 0,32-0,35 e 0,42-0,45 mm rispettivamente ( fig. 5). I due picchi non hanno, probabilmente, alcun significato bio¬ logico e potrebbero essere dovuti alla fortuita impossibilità di osserva¬ zione del proloculo degli individui con loggia iniziale di 0,37-0,40 mm. Lo spessore delle pareti del proloculo è piuttosto costante e com¬ preso tra 0,010-0,020 mm nella maggior parte degli esemplari. Quasi sempre, però, si ha l’impressione di osservare spessori notevolmente — 353 — maggiori, circa doppi ; ciò è dovuto alla presenza della lama basale delle logge del primo giro che, ricoprendo la porzione inferiore e po¬ steriore della loggia iniziale, fa si che questa simuli una maggiore robustezza. Il collo o canale flessostilo. Le osservazioni compiute al riguardo sono molto limitate. Il collo sembra avere pareti piuttosto robuste e si presenta come una piccola loggia di tipo normale ; la sua ampiezza, nel senso della spira e prendendo come limite anteriore la sutura della prima loggia, è piuttosto limitata e non supera una quarantina di gradi. La altezza sembra crescere al crescere delle dimensioni della loggia iniziale; in alcuni esemplari con proloculo tra 0,37-0,45 mm che ne hanno consentito la misura, essa varia tra 0,11-0,12 mm. La larghezza sembra avere un valore di poco maggiore del doppio dell'altezza . Forma e distribuzione delle logge. — Siccome i caratteri delle logge dello stadio svolto sono stati già esaminati, ora verranno prese in esame solo le logge della successione spiralata. Sia nei giri a passo lievemente crescente, sia nella breve porzione di transizione allo stadio svolto, le logge sono di tipo tubolare ; più esat¬ tamente, qualche loggia a grondaia può essere presente nei primi stadi ma il passaggio da questo tipo a quello dominante si realizza molto precocemente durante l’ontogenesi ed è completo già prima della fine del primo giro. La forma delle logge è simile a quella che si riscontra nella gene¬ razione microsferica, però, in modo analogo a quanto succede per il diametro dei giri e il passo della spira, i parametri fondamentali, nella forma A, variano considerevolmente, nel senso di un aumento, rispetto a quelli della forma B. Non si sono effettuate misure per stabilire esattamente l’altezza e la larghezza delle logge. Ciò è giustificato dall’avere solo pochi esem¬ plari in sezione perfettamente assiale. Fortunatamente l’importanza tas¬ sonomica di questi parametri è del tutto subordinata agli altri di cui si sono forniti i valori. Tuttavia, il diametro dei giri ed il passo della spira forniscono ottimi elementi per l’apprezzamento qualitativo della altezza dei giri. La forma sferica o subsferica del guscio nei giri a passo lievemente crescente, unitamente ai valori dei parametri prima detti, forniscono elementi per apprezzare qualitativamente la larghezza delle logge. 23 — 354 — Fig. 5. — Archaias lata (Luperto Sinni); forma macrosferica. Curva di variazione del numero degli esemplari al variare delle dimensioni del proloculo. La curva si riferisce ad individui della stessa popolazione ; essi, infatti, sono presenti nei preparati di due campioni di roccia (A.5604) raccolti da punti vicinissimi della parte inferiore del medesimo strato. La curva è stata costruita in base all’esa¬ me di 150 esemplari in sezione centrata di vario tipo. Come si vede dal diagramma il maggior numero degli individui macrosferici ha dimensioni del proloculo comprese tra 0,32-0,45 mm. I due picchi della curva non hanno, probabilmente, alcun significato biologico e sono da mettere in relazione ad una fortuita impossibilità di osservazione (a causa del metodo d’indagine in sezione sottile) del proloculo degli individui con loggia iniziale di 0,37-0,40 mm. Il numero delle logge nei successivi stadi ontogenetici cresce piut¬ tosto sensibilmente ; esso sembra influenzato, anche se in misura lieve, dalle dimensioni del proloculo; ciò, però, risulta evidente solo se si confrontano i valori più frequenti che si presentano in individui con dimensioni della loggia iniziale molto diverse. Per quanto il numero di misure effettuate sia modesto (comples- — 355 — sivamente 76) i risultati, suscettibili di ulteriori precisazioni, forniscono, con una approssimazione da non trascurare, la variazione in esame. I valori riscontrati, a fianco dei quali è riportato in parentesi il numero di misure eseguite, sono i seguenti : 5-8 logge al 1° giro (50) 8-13 )) » 2° » (19) 10-13 )) » 2,5 » (S) 12-13 )) » 3° » (2) L’apertura. — Nella forma macrosferica l’apertura è multipla in tutte le logge a partire dalla prima ; anche il collo presenta, probabil¬ mente un’apertura dello stesso tipo. Nella ristretta porzione dell’avvolgimento costituita da logge con altezza crescente in modo piuttosto sensibile, di transizione allo stadio uniseriale, come anche in quest’ultimo, ogni apertura è costituita da numerosi fori sparsi senza ordine sulla superficie del setto ; essa costi¬ tuisce, quindi, un trematoforo. Nei giri a passo lievemente crescente il numero dei fori di ogni loggia è minore. Ciò è una conseguenza della ampiezza minore della superficie dell’area aperturale ; è probabile che, specialmente nelle prime logge delle forme a proloculo minore, le quali presentano una faccia aperturale più ridotta, l’apertura sia rappre¬ sentata da una sola serie di fori. Endoscheletro. — L’endoscheletro è costituito da strato basale e da pilastri. Il primo è presente nelle logge dello stadio avvolto ; i se¬ condi sia nelle logge avvolte che in quelle della successione uniseriale. Strato basale. Lo strato basale si sviluppa precocemente e con le stesse modalità illustrate in Scandonea samnitica (De Castro, 1971 a); esso è dovuto, cioè, al progressivo aumento e alla concomitante esten¬ sione verso la parte posteriore della loggia di un deposito basale loca¬ lizzato, inizialmente, in corrispondenza dell’apertura delle logge di tipo a grondaia. Anche in Archaias lata , quindi, si passa gradualmente da logge a grondaia a logge tubolari. La transizione è veloce ed è già com¬ pleta in corrispondenza della prima metà del primo giro. Lo spessore dello strato basale, sempre modesto, aumenta col pro¬ gredire del numero d’ordine del giro. I valori più frequentemente ri- — 356 — scontrati, a fianco dei quali è riportato in parentesi il numero delle misure eseguite, nella porzione deH’avvolgimento a passo lievemente crescente, sono i seguenti : 0,010-0,037 mm al 1° giro (15) 0,025-0,050 » » 2° » (24) 0,035-0,062 » » 2,5 » (5) 0,040-0,062 » » 3° » (2) Pilastri . Contrariamente a quanto si verifica nella forma B l’in- sorgere dei pilastri nella generazione macrosferica avviene molto presto durante l’ontogenesi. Essi sono presenti sicuramente già a partire dalla terza loggia ; probabilmente possono insorgere anche prima ; in alcuni Fig. 6. — Archaias lata (Luperto Sinni); forma macrosferica. Distribuzione ap¬ prossimata del variare de] numero dei giri a passo lievemente crescente nei singoli individui al variare delle dimensioni del proloculo. Gli individui esaminati fanno parte della stessa popolazione ; essi infatti, sono stati osservati nei preparati di due campioni di roccia (A. 5604) raccolti da punti vicinissimi della parte inferiore di uno stesso strato. Sia in A che in B gli individui esaminati sono stati divisi in gruppi caratte¬ rizzati da dimensioni del proloculo comprese in limiti ristretti. In A, per ogni gruppo di esemplari, il numero degli individui aventi lo stesso numero di giri è espresso in percentuale rispetto al numero di tutti gli indi¬ vidui del gruppo che si considera ; le percentuali, perciò, non si riferiscono al numero totale degli individui dei vari gruppi. In B è riportato, per ogni gruppo, il numero, non espresso in percentuale, degli individui con lo stesso numero di giri. Ambedue le distribuzioni B e A, per quanto siano approssimate, mostrano che nella popolazione vi è una certa tendenza alla diminuzione del numero dei giri al crescere della loggia iniziale. Sia A che B sono state dedotte dall’esame di 126 esemplari in sezione centrata di vario tipo. L’approssimazione delle distribuzioni è dovuta al fatto che non si è potuto accertare l’esatto numero di giri di molti esemplari. I singoli gruppi considerati sono costituiti dai seguenti numeri di individui : proloculo di 0,22-0,25 mm ; esemplari osservati 6 » » 20 » » 29 » » 24 » » 28 » » 15 » » 4 » » 0,27-0.30 » » » 0,32-0,35 » » » 0,37-0,40 » » » 0,42-0,45 » » » 0,47-0,50 » » » 0,52-0.55 » giri a passo lievemente crescente 357 3 2.5 2 1.5 • 10.5-17 £ 21-27 % 33-35 A -12-53 • 75 2.5 2' 1.5 1 • 1-2 esemplari • 3-4 • 5-7 ^ 10 o piu » larghezza del proloculo in mm in o in o m o in CNI co co m m o d d 1 d o o o i C\J i r- 1 cu ri- cu I n- cu CM cu co co in o o d o d o o Fig. 6 — 358 — Fig. 7. — Archaias lata (Luperto Sinni); forme macrosferica e microsferica. Varia¬ zione del diametro dei giri a passo lievemente crescente al crescere del numero d’ordine del giro. Gli individui utilizzati fanno parte della stessa popolazione ; essi, infatti, sono stati osservati nei preparati di due campioni di roccia (A. 5604) raccolti da punti vicinissimi della parte inferiore di uno stesso strato. Le due aree, limitate da linee in parte continue ed in parte tratteggiate, si riferiscono alla variabilità presentata dalla maggior parte degli individui della popolazione. L’area relativa alla forma macrosferica, infatti, non tiene conto dei valori presentati dagli individui con proloculo di 0,22-0,25 mm, nè di quelli con proloculo di 0,55 mm ; questi esemplari, per quanto presenti, non sono stati utilizzati perchè risultavano sezionati in modo tale da non fornire misure attendibili. Per la costruzione del campo di variabilità della forma macrosferica sono stati utilizzati complessivamente 57 esemplari scelti tra i migliori. L’area relativa alla forma microsferica, a causa del modesto numero di esemplari osservati in sezione mediana o submediana e della difficoltà di stabilire esatta¬ mente i limiti dei vari stadi ontogenetici deH’avvolgimento a passo lievemente crescente, può risultare, nella realtà, più ampia di quella tracciata. Per la co¬ struzione di questo campo di variabilità sono stati utilizzati solo otto esemplari Nell’ambito delle due aree di variabilità figurano le curve relative a singoli individui scelti tra i più significativi. Analogamente a quanto si riscontra in Scandonea samnitìca De Castro. 1971 a, anche in questa specie le curve di ogni gruppo di esemplari, caratterizzati da valori del proloculo compresi in limiti ristretti, presentano un proprio campo di variabilità che si sovrappone, più o meno estesamente, sui campi dei gruppi con¬ tigui. Nella popolazione vi è, comunque, la tendenza all’aumento del diametro dei giri al crescere delle dimensioni della loggia iniziale. A questa tendenza si sovrappone l'altra, per quanto più debole, rappresentata dalla diminuzione del numero dei giri al crescere della larghezza del proloculo. A preparato A.5604.137 ; proloculo di 0,52 mm B » A. 5604.234 » » 0,50 » C » A.5604.100 » » 0,47 » D » A.5604.72 » » 0,45 » E » A. 5604.28 » » 0,42 » F » A.5604.31 » » 0,37 » G » A.5604.33 » » 0,35 » H » A.5604.71 » » 0,30 » I » A. 5604.157 « » 0,27 » L » A.5604.93 » » 0,05 » — 359 Fig. 7 — 360 — esemplari, infatti, sono evidenti a partire dalla seconda loggia (fig. 6 di tav. I e fig. 3c del testo). Preferisco non generalizzare quest’ultimo ri¬ sultato perchè non escludo che la comparsa, più o meno precoce, dei pilastri sia subordinata ad una certa ampiezza della faccia aperturale della loggia ontogeneticamente precedente. Se questa ipotesi fosse vera la com¬ parsa dei pilastri sarebbe più precoce nelle forme con proloculo mag* giore, in cui le logge tendono ad avere dimensioni maggiori, anziché in quelle con proloculo minore. In questa generazione la forma e l’andamento dei pilastri sono ana¬ loghi a quelli riscontrati negli individui microsferici. Sono particolar¬ mente dimostrative, in proposito, la fig. 8 di tav. IV e la fig. 6 di tav. VI, che si riferiscono a logge della successione uniseriale. Sia nello stadio avvolto che in quello svolto, come già accennato all’inizio, sono presenti delle strutture endoscheletriche che fanno pen¬ sare alla presenza di lame (ingl.: subepidermal partitions). Degli esempi sono stati illustrati, fra l’altro, relativamente alla porzione avvolta del guscio, nelle figg. 6, 11 di tav. Ili (porzione inferiore del giro); rela¬ tivamente alla successione uniseriale, nella fig. 2 (lato destro) e nella fig. 6 (lato sinistro) di tav. V. Io credo che, almeno in parte, queste strutture siano dovute a pila¬ stri adiacenti alla parete del guscio: tale dovrebbe essere il caso di fig. 2, tav. V. Nelle forme avvolte, queste strutture, simili a lame rudimentali, rappresentano formazioni identiche alle « coste basali » ( cótes òasa/es), che insorgono in corrispondenza della faccia anteriore del setto, men¬ zionate da Reichel (1951) in Fusarchaias bermudezei. A coste basali dovrebbero essere attribuite anche le lievi festonature, che si osservano nelle sezioni trasversali delle logge uniseriate, quando sono ubicate in prossimità di un setto, sia al lato interno (loggia x), che al lato esterno (loggia x+1) (vedi in proposito la fig. 6 di tav. V). Diventa problematico stabilire il limite oltre il quale le coste basali, per ulteriore irrobustimento, debbano essere considerate come lame. In¬ dubbiamente il valore sistematico da assegnare alle strutture che com¬ paiono allo stato rudimentale va precisato. Forme teratologiche. — Nella popolazione studiata si possono riscontrare degli esemplari che presentano il collo o un certo tratto dell’avvolgimento iniziale caratterizzati da un andamento diverso da — 361 — quello che compete al resto deH’avvolgimento. Questi casi, secondo me, non costituiscono delle anomalie ; tali invece, ma lievi, sono, forse, le rotazioni che lo stadio peneroplino presenta rispetto ai giri precedenti nelle forme microsferiche (tav. VII, fig. 2). Vere anomalie piuttosto frequenti nella popolazione sono i casi di polivalenza. Nei casi osservati la fusione interessa due cellule ed avviene, generalmente, molto precocemente : quando ancora non si sono formate per intero le pareti del proloculo (tav. Ili, fig. 11); ciò simula la pre¬ senza di esemplari con loggia iniziale di dimensioni molto grandi. In altri casi la polivalenza si instaura dopo che è stato costruito circa un giro di muraglia (esemplare destro di fig. 10 di tav. III). Un altro fatto di un certo interesse, che forse non è da considerare una anomalia, è costituito dalla presenza di individui che mostrano all’interno del proloculo delle sottili pareti più o meno deformate (tav. Ili, fig. 12). Il fenomeno è piuttosto raro ed è stato riscontrato soltanto in sei esemplari (A. 5604. 25, 102, 198, 207, 212, 216); non è da esclu¬ dere che esso sia da attribuire al fatto che l’individuo secerne una prima loggia iniziale che poi abbandona a favore di un’altra più grande ed a scapito del numero delle logge dell’avvolgimento. Località della popolazione studiata. — Piccola cava a circa 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (tav.: 201 I NO-Laterza). I prepa¬ rati esaminati sono stati ricavati da due campioni di roccia (A. 5604) raccolti da punti vicini della porzione inferiore di uno stesso strato dello spessore di una sessantina di cm. Lo strato fa parte di una breve successione calcarea spesso ricca di rudiste. Microfacies dei campioni studiati. — Calcarenite di colore avana con clasti costituiti da fossili di dimensioni generalmente piccole e con matrice microcristallina spesso in via di ricristallizzazione. I fossili sono rappresentati prevalentemente da foraminiferi bentonici, subordi¬ natamente da alghe, piccole rudiste, idrozoi, esacoralli, echinoidi e forme incertae sedis ( Aeolisaccus kotori Radoicic). Tra i foraminiferi le specie più diffuse sono Archaias lata (Luperto Sinni) e Dicyclina schlumber gerì Munier-Chalmas ; altre forme pre¬ senti sono Accordiella conica Farinacci, Moncharmontia appennìnica (De Castro), Lituolidae , Nubeculariidae , Miliolidae , tra cui Nummoloculina , — 362 — Pyrgo, Quinqueloculina ; inoltre, Textularia , Cuneolina , Pseudorhapy- dionina , ? Scandonea (prep. A. 5604. 61), forme trocoidi a guscio calcareo perforato tra cui, forse, Rotorbinella scarsellai Torre. Le alghe sono rappresentate sopratutto da Thaumatoporella parvo » vesiculifera (Raineri), in via del tutto subordinata da Sgrossoella par- thenopeia De Castro e piccoli talli nodulari di cianoficee sul tipo di Cayeuxia. Istituto di Paleontologia dell’ Università, Largo S. Marcellino n. 10, 80138 Napoli. BIBLIOGRAFIA Cole W. S., 1965 - Structure and classification of some recent and fossil peneroplids. Bull. Am. Paleontology ; voi. 49, n. 219, 37 pp., 10 tavv. (Ithaca, U.S.A.). De Castro P., 1969 - Su alcune tallofite del Mesozoico in Campania. Boll. Soc. Nat. Napoli; voi. 78, 1969, pp. 87-167, 10 figg., 2 tabb., 20 tavv. (Napoli). 1971 a - Osservazioni su Raadshoovenia Van Den Bold e i suoi rapporti col nuovo genere Scandonea ( Foraminiferida , Miliolacea ). Boll. Soc. Nat. Napoli; voi. 80, 1971, 78 pp., 19 figg., 6 tabb., 17 tavv. (Napoli). 1971 b - Osservazioni sui generi Rhapydionina Stache e Rhipidionina Stache ( Foraminiferida ). Atti Acc. 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Figo 1. — Sezione con forte componente nel piano mediano. Fig. 2. — Sezione obliqua centrata. Figg. 3-5. — Sezioni tangenziali interessanti lo stadio svolto, Tultimo (fig. 4) ed il penultimo giro della porzione avvolta (figg. 3, 5). Fig. 1 preparato A.S604.158 ; proloculo di 0,32 mm » 2 » A. 5604. 95 » » 0,29 » Fig. 3 preparato A. 5604.158 Fig. 4 preparato A.5604.188 » 5 » A. 5604.221 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-La terza). Ingrandimento : circa 24 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, eco. - Tav. II . ' TAVOLA III Archaias lata ( Lupepto Sinni) ; forma macrosferica. Figg. 1-7. — Sezioni tangenziali allo stadio avvolto interessanti, rispettivamente. 1, 2, 2, 2, 2, 3, 3 giri. Fig. 8. — - Sezione subassiale interessante marginalmente il proloculo. Fig. 9. - — Sezione centrata obliqua. Figg. 10-11. — Casi di polivalenza. Spesso la fusione delle cellule avviene molto precocemente, quando non si sono formate per intero le pareti del proloculo ; vengono simulate in questo modo camere iniziali molto grandi ed allungate Fig. 12. — Sezione mediana di un esemplare che mostra all’interno del proloculo delle pareti irregolari. Il fatto, riscontrato anche in altri esemplari, lascia pen¬ sare che un individuo possa costruire una prima camera iniziale che poi abban¬ dona a favore di un’altra più grande. Fig. 1 preparato A. 5604. 94 » 2 » A. 5604. 53 » 3 » A. 5604.71 » 4 » A. 5604.207 Fig. 9 preparato A.5604.158; » 10 » A.5604.203 » 11 » A. 5604.92 » 12 » A. 5604.102 Fig. 5 preparato A.5604.155 » 6 » A. 5604. 151 » 7 » A. 5604. 186 » 8 » A. 5604. 140 proloculo di 0,47 mm » » 0,50 e 0,42 mm » » 0,32 mm » » 0,50 » Per tutte le figure. Età t Cretacico superiore ( Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento : circa 24 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. Ili TAVOLA IV Àrchaias lata (Luperto Sinni) ; forma macrosferica. Figg. 1-3. — Individui provvisti di stadio svolto. La sezione, che interessa trasver¬ salmente la porzione avvolta, decorre parallelamente e molto vicina al piano mediano della successione uniseriale. Figg. 4-6. — Sezioni trasversali o subtrasversali alla successione uniseriale di indi¬ vidui con stadio svolto cilindrico o subcilindrico. Figg. 5, 7, 8. — Sezioni oblique orlomeridiane (fig. 5) e ortomediane (figg. 7, 8) alla successione uniseriale di individui con stadio svolto cilindrico o subcilindrico. Fig. 1 preparato A. 5604. 131 » 2 » A.5604.5 » 3 » A.5604.111 » 4 » A.5604.78 Fig. 5 preparato A.5604.171 » 6 » A. 5604. 196 » 7 » A.5604.230 » 8 » A.5604.128 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Senoniano). Località: cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento: circa 24 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. IV TAVOLA V Archaias lata ( Luperto Sinni) ; forma macrosferica. Sezioni oblique alla successione uniseriale di individui con stadio svolto più o meno compresso lateralmente. Figg. 1, 6. 7, 8. — Sezioni oblique prevalentemente ortomeridiane. Figg. 2, 3, 4, 5. — Sezioni oblique prevalentemente ortomediane. Fig. 1 preparato A. 5604. 4 » 2 » » 3 » » 4 » » 5 » A.5604.177 A.5604.91 A.5604.171 A. 5604.120 Fig. 6 preparato A. 5604. 154 » 7 » A.5604.198 » 8 » A. 5604. 182 » 9 » A.5604.223 Per tutte le figure. Età: Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento: circa 24 x . Boll» Soc» Natur. in Napoli, 1971 De Castro' P. » Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. Y TAVOLA VI Archaias lata (Luperto Stnni); forma microsferica. Fig. 1. — Sezione obliqua con forte componente nel piano mediano dello stadio peneroplino. Figg. 2, 4. — Sezioni submediane. Fig. 3. — Sezione obliqua dello stadio peneroplino. Fig. 1 preparato A.5604.4 Fig. 3 preparato A. 5604. 198 » 2 » A.5604.7 » 4 » A.5604.181 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento: circa 24 x . Boll. Se Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. VI 4 TAVOLA VII Archaias lata (Luperto Sinni) ; forma microsferica. Figg. 1, 2. — Sezioni centrata (fìg. 1) e subcentrata (fig. 2), sensibilmente (fig. 1) e lievemente (fig. 2) obliqua, dello stadio peneroplino. Fig. 3. — Sezione tangenziale interessante due giri di muraglia. Fig. 4. — Sezione tangenziale. Fig. 1 preparato A.5604.5 Fig. 3 preparato A. 5604. 197 » 2 » A.5604.162 » 4 » A.5604.42 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio ( Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento i circa 24 x . Boll S Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. VII TAVOLA Vili Archaias lata (Luperto Sinni) ; forma microsferica. Figg. 1, 4. — Sezioni tangenziali dello stadio peneroplino. Figg. 2, 3, 5. — Sezioni oblique dello stadio peneroplino. Fig. 6. — Sezione obliqua subcentrata. Fig. 1 preparato A. 5604. 59 Fig. 4 preparato A.5604.199 » 2 » A.5604.134 » 5 » A.5604.99 » 3 » A. 5604. 81 » 6 » A. 5604. 126 Per tutte le figure. Età: Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento : circa 24 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. ■ Tav. Vili TAVOLA IX Archaias lata (Luperto Stnni); forma microsferica. Figg. 1, 2. — Sezioni più (fig. 2) o meno (fig. 1) oblique dello stadio peneroplino. Figg. 3, 4. — Sezioni tangenziali, lievemente oblique, che interessano tre giri di muraglia. Fig. 1 preparato A. 5604. 54 Fig. 3 preparato A. 5604. 123 » 2 » A.5604.174 » 4 » A.5604.29 Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore ( Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (Tav. : 201 I NO-Laterza). Ingrandimento i circa 24 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su A rchaias, ecc. - Tav. IX TAVOLA X Archaias lata (Lupekto Sinni) ; forma macrosferica. Figg. 1, 2. — Sezioni mediane (lievemente obliqua in fig. 1) di individui con sta dio svolto. Figg. 3, 4. — Sezioni assiali di individui con stadio svolto. Figg. 5, 6. — Sezioni centrate oblique con forte componente nel piano mediano di individui con stadio svolto. Fig. 7. — Sezione interessante longitudinalmente lo stadio svolto e tangenzialmente due giri di muraglia dello stadio avvolto. Fig. 1 preparato A. 5580. 43 ; proloculo di 0.56 mm » 2 » A. 5580.43 » » 0,51 » » 3 » A. 5580. 15 » » 0.34 » » 4 » A. 5 580. 1.8 » » 0,32 » » 5 » A. 5617.2 » » 0,33 » » 6 » A. 5 580. 9 » » 0,40 » » 7 » A .5580.30 Località del campione A. 5580: Peliaciaz, presso Peljesac (Mali Ston-Iugoslavia) Località del campione A .5617 : Bosco Mercadante, presso Cassano delle Murge (tav. : 189 I SO-Cassano delle Murge). Per tutte le figure. Età : Cretacico superiore (Senoniano). Ingrandimento : circa 24 X . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, eco. - Tav. X TAVOLA XI Calearenite di colore avana, con clasti costituiti esclusivamente da fossili di dimensioni generalmente piccole, con matrice microcristallina spesso in via di ìi- cristallizzazione . I fossili più evidenti in questa tavola sono Archaias lata (forma A e B) e dicycline. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rappresentati prevalentemente da foraminiferi bentonici ; subordinatamente da alghe esacoralli. idrozoi e piccole rudiste. (Vedi notizie più dettagliate nel testo). Preparato : A. 5604. 181. Età : Cretacico superiore (Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (tav.: 201 I NO-Laterza). Ingrandimento : circa 11 X. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. XI TAVOLA XII Calcarenite di colore avana, con clasti costituiti esclusivamente da fossili di dimensioni prevalentemente piccole, con matrice microcristallina per lo più ricri¬ stallizzata. I fossili più evidenti in questa tavola sono rappresentati da Archaias lata (forma B), frammenti di piccole rudiste e Thaumatoporella. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rappresentati per la massima parte da foraminiferi bentonici, subordinatamente da alghe, piccole rudiste, esacoralli, idrozoi ed organismi incertae sedis ( Aeolisaccus kotori). In ordine di importanza decrescente, le forme riscontrate tra i foraminiferi sono Archaias lata (forme A e B), Nubeculariidae, Quinqueloculina spp., varie spe eie di Lituolidae, Dicyclina schiumò ergevi, Cuneolina sp Pseudolituonella sp., Pseudorhapydionina sp., Textularia sp., foraminiferi trocoidi a guscio calcareo per¬ forato, Accordiella conica, Moncharmontia apenninica, Pyrgo sp., Spiroloculina sp. Tra le alghe, la maggior parte sono da riferire a Thaumatoporella parvovesiculifera ; altre, occasionali, a Sgrossoella partlienopeia. Preparato: A.5580.24. Località : Peliaciaz, presso Peljesac (Mali Ston-Iugoslavia) . Età : Cretacico superiore ( Senoniano). Ingrandimento: circa 11 x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, ecc. - Tav. XII TAVOLA XIII Calcarenite di colore avana, con clasti costituiti esclusivamente da fossili di di¬ mensioni generalmente piccole, con matrice microcristallina spesso in via di rieri- stallizzazione. I fossili più evidenti in questa tavola sono Archaias lata (forma A), Dicyclina schlumhergeri, Thaumatoporella parvovesiculifera, Miliolidae tra cui Quinqueloculina. I fossili desumibili da tutti i preparati dello stesso campione di roccia sono rappresentati prevalentemente da foraminiferi bentonici ; subordinatamente da alghe esacoralli, idrozoi e piccole rudiste. (Vedi notizie più dettagliate nel testo). Preparato : A. 5604. 158. Età : Cretacico supcriore ( Senoniano). Località : cava a 500 m Ovest di Masseria il Ciccio (tav.: 201 I NO-Laterza) Ingrandimento : circa II x . Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 De Castro P. - Osservazioni su Archaias, eco. - Tav. XIII Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 365-378, 7 figg. Aspetti geomorfologici dell'area fra Matera e Ferrandina (Lucania) C1) (2) Nota di FEDERICO BOENZI presentata dai soci G. RICCHETTI e P. DE CASTRO (Tornata del 17 dicembre 1971) Riassunto. — L’esame di alcuni depositi continentali quaternari affioranti a sud di Matera e il ritrovamento di accumuli detritici stratificati di origine criocla stica osservabili presso Ferrandina hanno permesso di ricostruire la successione degli eventi geologici e morfologici verificatisi in questa parte della « Fossa bradanica » nel Postcalabriano secondo il seguente schema : dopo la regressione del mare cala- briano si sono succeduti nelle zone due cicli marini orientativamente riferibili a un « Siciliano » e a un « Milazziano ». Dopo il secondo ciclo la zona sarebbe stata interessata prima da un clima caldo-arido e successivamente da un clima più umido. In seguito (durante il Wiirm) la zona considerata sembra aver attraversato una fase climatica più fredda, forse di tipo periglaciale, durante la quale si sareb¬ bero originate le forme di accumulo riferibili al tipo degli « éboulis ordonnés » Summary. — The investigation of some Quaternary Continental deposits out- cropping south of Matera and thè finding of stratified cryoclastic breccias not far from Ferrandina, has allowed to reconstruct thè course of thè geomorphic events that happened in this part of thè « Fossa bradanica » area during thè Postcalabrian. These events probably look place according to thè following scheme : after thè calabrian sea regression, two marine sedimentary cycles followed : these could be referred to a « Sicilian » and to a « Milazzian » age respectively. Probably, after thè end of thè second cycle a hot-dry climate and later a wetter climate affected this area. More recently (during thè Wiirm) thè same area seems to have passed through a colder, periglacial climatic period, during which talus kinds like « éboulis or¬ donnés » developed. (1) Ricerca eseguita e pubblicata con il contributo del C.N.R. (2) Si ringrazia il prof. Adriano Valduga per la lettura critica del manoscritto. — 366 — Premessa. Questa nota prende Pavvio dalla descrizione, che qui si fa, di alcuni terreni continentali osservabili presso lo sbocco della Gravina di Matera. La successione verticale di questi ha consentito di formulare un’ipotesi sulle vicende climatiche che nel Quaternario hanno interes¬ sato la parte sud-orientale della Fossa bradanica e sul ruolo che tali vi¬ cende hanno rappresentato nelLevoluzione morfologica del paesaggio. A tal fine, le osservazioni sono state fino ad oggi estese ad un’area della Fossa bradanica compresa fra Matera a nord-est e Ferrandina a sud- ovest ( fig. 1). Lineamenti morfologici del territorio. L’area considerata è attraversata da tre corsi d’acqua, il Torrente Gravina, il Fiume Bradano e il Fiume Basento, localmente diretti da — 367 — nord-ovest a sud-est: il T. Gravina scorre fortemente incassato fra pa¬ reti subverticali. Dal punto di vista morfologico l’area stessa può suddividersi in due parti ben distinte fra loro. La prima, nord-orientale, corrisponde ad affioramenti dei calcari cretacei ed è caratterizzata da un rilievo (Murgia materana) che può presentare sensibili ondulazioni, con som¬ mità fra i 400 e i 500 m s.m. . Nella rimanente parte affiorano sedimenti argilloso-sabbiosi del Calabriano. Vi si nota una serie di rilievi isolati, localmente detti « Serre », con aree sommitali sub-pianeggianti, che degradano verso mare da quote dell’ordine dei 450 ma quote intorno ai 200 m s.m. . Sulle spianate sommitali più elevate sono presenti piccole depressioni vallive, resti di antiche reti idrografiche. Cenni stratigrafici. I terreni affioranti sono, in prevalenza, sedimenti del Calabriano, trasgressivi sui calcari cretacei delle Murge. La serie calabriana è rappresentata dal basso verso l’alto dai se¬ guenti termini: 4) Conglomerato di Irsina 3) Sabbie di M. Marano 2) Argille subappennine 1) Calcareniti di Gravina. In vicinanza delle Murge, sui termini inferiori ( Calcareniti e Argille) poggiano in discordanza depositi terrazzati, riferibili con pro¬ babilità ai primi due fra i cicli sedimentari marini del Postcalabriano, che hanno interessato la parte meridionale della Fossa bradanica (Boen- zi, 1967) (3). I sedimenti riferibili al più antico fra questi due cicli si rinven¬ gono a quote fra i 300 e i 275 m s.m.; quelli del secondo, a quote fra i 225 e 200 m s.m. . Al fine di precisare l’età dei sedimenti postcalabriani si può ricor¬ dare che in relativamente recenti lavori su vicine aree (Palmentola, ( 3) Non si esclude che nel Postcalabriano l’area esaminata possa essere stata interessata anche da un terzo ciclo. Lo testimonierebbero tracce di una probabile superficie di abrasione incisa nelle Argille, fra le quote 160 e 150. — 368 — 1967 ; Vezzani, 1967 ; Panizza, 1968) i depositi topograficamente più elevati, riferibili al primo ciclo sono stati, pur con dubbio, attribuiti al Siciliano ; quelli a quote più basse riferibili al secondo ciclo, sono stati attribuiti, con probabilità, al Milazziano. Sui depositi del secondo ciclo si osservano formazioni continentali, che qui di seguito vengono descritte. Formazioni continentali. Queste formazioni affiorano a luoghi, specialmente sul margine murgiano della Fossa bradanica, lungo una linea che va alFincirca da Masseria Passarelli, a sud di Matera, fino a Castellaneta. La loro suc¬ cessione verticale, osservabile presso Masseria Passarelli, è la seguente : 3) Paleosuolo « nero » (Kaiser, 1964). Spessore da 30 a 50 cm. 2) Conglomerati alluvionali sciolti, costituiti da ciottoli subarro¬ tondati di calcari e calcareniti, con diametri massimi variabili da alcuni cm a alcune decine di cm. Lo spessore dei conglomerati è di circa un metro sui lati della Gravina, fra le quote 200 e 175, e superiore ai 6 metri nella zona di sfocio del torrente. 1) Crosta calcarea, dello spessore variabile da 50 cm a 1 metro. Qui di seguito si espongono alcune considerazioni sulla età dei terreni di ambiente continentale ( a cominciare dal termine più basso) e sulle condizioni climatiche sotto le quali questi si son formati. 1) Crosta calcarea (fig. 2). Questo termine presenta notevoli analogie con la « crosta calcarea pugliese » descritta da De Dominicis (1919) e da Minieri (1955), che concordemente la considerano un paleosuolo. Secondo Minieri l’età della crosta è tirreniana (4). L’origine secondo alcuni autori (Choubert e Bryssine, 1946, e Minieri op. cit.) è da ricercarsi nelle particolari condizioni clima¬ tiche del Tirreniano, caratterizzate da elevate temperature e da aridità. Nell’area esaminata, la crosta calcarea, formatasi, come si è accen¬ nato, su un probabile « Milazziano » potrebbe effettivamente costituire una facies continentale tirreniana dalle caratteristiche climatiche sopra menzionate. (4) Formazioni continentali analoghe c della stessa età sono stati segnalate da Choubert e Bryssine (1916) in Africa settentrionale e recentemente da Di Poppa (1965) nella Provenza. — 369 — 2) Conglomerati alluvionali (fìg. 3). La posizione di questi sedimenti, direttamente poggianti sulla cro¬ sta, fa innanzitutto pensare ad una accresciuta intensità delle azioni delle acque correnti, probabilmente connessa con una modificazione climatica in senso più « umido » della precedente (fig. 4). Fig. 2. — Un aspetto della crosta calcarea presso Mass. Passarelli a sud di Matera L’età di questi conglomerati potrebbe corrispondere alla fine del- Uinterglaciale Riss-Wiirm ; a tale proposito va infatti ricordato che se¬ condo alcuni autori (Mancini, 1962) sul finire del detto periodo in Italia si sarebbe manifestata un’attiva erosione idrica, sotto un clima temperato ( 5). (5) L’azione erosiva sembra essere stata localmente agevolata anche da un ulteriore sollevamento verificatosi nella parte settentrionale dell’area. In conseguenza 24 — 370 — 3) Paleosuolo « nero ». Questo termine è classificato come una rendzina e interpretato come un paleosuolo « testimonio di un equilibrio biologico oggi scom¬ parso » (Kayser, op. cit.). L’età e le condizioni climatiche sotto le quali questo paleosuolo Fig. 3. — Un aspetto dei conglomerati alluvionali presso Mass. Passarelli a sud di Matera. si è generato non sono facilmente definibili in base ai dati di cui si dispone ; l’unica cosa che si può dire è che si tratta di un suolo allo¬ geno, deposto in luogo ad opera delle acque correnti. di questo sollevamento il T. Gravina avrebbe ulteriormente approfondito il suo letto incidendo i calcari cretacei e avrebbe deposto i Conglomerati nella zona di sfocio — 371 — Forme di erosione e di accumulo. Soprattutto nelle aree di affioramento delle Argille, le forme di erosione possono essere distinte in due gruppi ; la maggior parte di esse Fig. 4. — Rapporti fra crosta calcarea (a) e conglomerati alluvionali (b) presso Masseria Passarelli. è in equilibrio con le odierne condizioni climatiche ; altre invece sem¬ brano essere Feredità di climi differenti da quello attuale. Le forme di erosione in equilibrio con il clima attuale, caratteriz¬ zato da inverni brevi e umidi ed estati lunghe e secche, sono quelle dovute all’esportazione graduale del terreno e a a movimenti di massa » nei sensi indicati da Pouquet (1961) e da Cori (1964). L’erosione — 372 — produce usuali forme a calanchi, oppure serie di piccoli solchi nelle zone a debole pendenza. L’erosione con grandi movimenti di massa è rappresentata da frane, da scollamenti a cucchiaio e da colamenti superficiali. Le forme che ne derivano sono già state descritte (Kayser, op. cit.; Panizza, op. cit.). Fig. 5. — Falda detritica stratificata ( éboulis ordonnés ) a nord di Ferrandina. Alle forme menzionate se ne debbono aggiungere altre, che non sembrano corrispondere alle attuali condizioni climatiche, ma che po¬ trebbero essere relitti di forme in equilibrio con un clima passato. In particolare, si tratta di vasti espandimenti di argille, addossati ai fianchi delle colline, nonché di particolari tipi di accumuli detritici, che possono colmare le depressioni vallive incise nelle più elevate spianate delle « Serre ». Nell’area esaminata, un accumulo detritico ben conservato, che ha permesso di formulare un’ipotesi sulla sua origine è stato osservato nelle immediate vicinanze dell’abitato di Ferrandina, ad una quota di 450 m s.m., nella zona di « Punta della Valle » (6). (6) Le osservazioni che qui si espongono sono state facilitate da recenti scavi e sondaggi, che hanno messo in evidenza la successione dei terreni. — 373 — Sotto l’aspetto morfologico questa zona è rappresentata da una pic¬ cola depressione valliva diretta da nord a sud. Il fondo di questa depres¬ sione è piatto ; i versanti sono debolmente inclinati. Sul versante orientale, oggi debolmente inclinato, affiorano depositi detritici degni di particolare attenzione. Fig. 6. — Particolare della falda detritica stratificata Litologicamente si tratta di fitte alternanze di straterelli sabbiosi e conglomeratici (fig. 5 e fig. 6). I conglomerati sono costituiti da ciottoli di piccole dimensioni, scarsamente o per nulla arrotondati, debolmente legati fra loro da una matrice sabbiosa. Lo spessore del deposito detritico che è di circa 4-5 metri sul versante orientale ( manca completamente sul versante occi¬ dentale) raggiunge 15 metri e più sul fondo del solco erosivo della valle, come hanno rilevato i sondaggi (fig. 7). — 374 — Per quanto riguarda la genesi di tale deposito, la sua posizione topografica, la singolare alternanza di strati ad elementi grossolani e fini, lo scarso arrotondamento dei clasti che costituiscono i livelli conglo¬ meratici farebbero escludere trattarsi di un accumulo dovuto alle acque correnti ; ma piuttosto fanno pensare ad una forma di accumulo peri¬ glaciale riferibile al tipo degli « éboulis ordonnée » (Tricart e Cail- leux, 1967). Punta della Valle 450 LEGENDA .•3>***6l'*>* Accumuli detritici léboulis ordonnés) Conglomerato di Irsina Sabbie di M. Marano Argille subappennine big- 7. — Schema illustrante la posizione della falda detritica a éboulis ordonnés in località « Punta della valle » a nord di Ferrandina. Non è escluso che forme di accumulo del genere fossero origina¬ riamente più diffuse ; successivamente azioni erosive le avrebbero in gran parte distrutte e di conseguenza attualmente possono rinvenirsi solamente nei luoghi meno esposti all’erosione. Le forme descritte quindi rappresenterebbero il risultato di feno¬ meni di gelifrazione e di soliflusso che possono verificarsi solamente sotto climi più freddi dell’attuale. Poiché, come si è precedentemente accen¬ nato, la presenza dei sedimenti alluvionali sulla crosta calcarea sugge¬ rirebbe un cambiamento del clima in senso umido verso la fine del¬ l’interglaciale Riss-Wiirm, si potrebbe pensare che le forme osservate si siano cominciate a originare in questo periodo e in seguito si siano 375 — estesamente sviluppate durante una fase cronologicamente corrispondente al wiirmiano e caratterizzata da un clima freddo-umido riferibile al gruppo dei climi periglaciali. Forme periglaciali in Italia sono state osservate in varie località : le più meridionali sono quelle segnalate da Tricart e Cailleux (1956) nel Lazio, da Guzzetta (1961) e Brancaccio (1968) nella Penisola Sorrentina. Per Tricart e Cailleux queste forme si sarebbero originate pro¬ babilmente durante il Riss o addirittura durante il Mindel, e cioè in periodi che secondo questi autori furono caratterizzati da freddi intensi tali da permettere manifestazioni tipicamente periglaciali. Per Guzzetta le forme potrebbero essere rissiane. Secondo Brancaccio le forme peri¬ glaciali della Penisola Sorrentina sarebbero, invece, da attribuire al Wùrm ed esattamente al Wùrm 3°. Nell’area considerata i fenomeni che hanno originato le forme pre¬ cedentemente descritte sembrano essersi verificati durante il Wùrm per i seguenti motivi : a) anzitutto, si tratta di forme (specie quelle riferibili al tipo degli « éboulis ordonnés ») che possono generarsi sotto climi periglaciali umidi non necessariamente molto freddi (Tricart e Cailleux, 1967) come quello rissiano o mindeliano ; b) condizioni climatiche di tipo periglaciale possono aver carat¬ terizzato alcune aree della regione lucana proprio durante il Wùrmiano: ciò appare probabile, perchè, come è noto dai precedenti studi, sembra che solo in questo periodo le parti più elevate della regione (M. Pol¬ lino, M. Alpi, M. Sirino) abbiano ospitato ghiacciai ; c) tale supposizione sembra confermata anche da indizi fauni¬ stici : resti di mammiferi ( Cervus elaphus , Cervus cupreolus, Cervus dama , Ursus spelaeus) ritrovati nella « grotta dei pipistrelli » nelle vi¬ cinanze di Matera accanto a manufatti litici del Paleolitico medio e su¬ periore (Ridola, 1912) sembrano infatti indicare che in una parte del Wùrmiano l’area esaminata possa essere stata caratterizzata da condi¬ zioni di clima freddo. Conclusioni. Dai dati raccolti si possono ricostruire gli eventi geologici e morfo¬ logici verificatisi nel Postcalabriano secondo il seguente schema : dopo — 376 — la regressione del mare calabriano si sono succeduti nelle zone due cicli sedimentari orientativamente riferibili a un « Siciliano » e a un « Mi- lazziano» . Dopo il secondo ciclo sedimentario la zona sarebbe stata interessata da un clima caldo e arido, che avrebbe portato alla formazione della crosta calcarea. In un successivo periodo ( corrispondente alla fine dell’intergla¬ ciale Riss-Wiirm?) sembra si siano verificati, quasi insieme, due avve¬ nimenti : una modificazione del clima ( che sarebbe diventato più umido) e un nuovo sollevamento nella parte settentrionale dell’area. Le precipi¬ tazioni più abbondanti e il sollevamento avrebbero favorito l’azione erosiva delle acque correnti ; ne sarebbero derivati l’accumulo di mate¬ riali alluvionali nella zona di sfocio del torrente Gravina e lungo il margine murgiano della Fossa bradanica, in genere allo sbocco di corsi d’acqua minori, nonché l’approfondimento del torrente stesso. La zona considerata sembra avere in seguito (durante il Wiirm) attraversato una fase climatica più fredda, durante la quale si sarebbero originati gli espandimenti delle argille, essenzialmente dovuti a feno¬ meni di soliflusso e le forme di accumulo, riferibili, al tipo degli « éboulis ordonnés » (da gelifrazione e soliflusso). Infine, forme di erosione e di accumulo in equilibrio con il clima attuale hanno in buona parte modificato o distrutto quelle precedenti, prodotte durante il clima di tipo periglaciale. Istituto di Geologia e Paleontologia - Bari, Novembre 1971 BIBLIOGRAFIA AlmagiÀ R., 1960 - Studi geografici sulle frane in Italia. L’Appennino centrale e meridionale. Conclusioni generali. Mein. R. Soc. Geogr. Xt., 14. 431 pp. Boenzi F., 1967 - Sedimenti calabriani s postcalabriani a sud di Muterà. Atti Acc Gioenia Se. Natur. Catania, s. 6, 18, Suppl. Se. Geol., 142-152, 1 fig. Boenzi F., Palmentola G., 1971 - Tracce della glaciazione wurmiana sul Massiccio del Pollino al confine calabro-lucano. Boll. Soc. Geol. It., 90 (1), 139-150, 8 ff. Brancaccio L., 1967 - Genesi e caratteri delle forme costiere sulla penisola sor¬ rentina. Noli. Soc. Natur. in Napoli, 77, pp. 25, 14 ff. 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La malacofauna pliocenica di Cala Bianca (Salerno) Nota di ASSUNTA D’ALESSANDRO presentata dai soci T. PESCATORE e B. D’ARGENIO (Tornata del 17 dicembre 1971) Riassunto. — Si dà notizia di una ricca fauna di molluschi trovati nei pressi di Marina di Camerota (Salerno). All’elenco delle specie determinate seguono con¬ siderazioni di carattere batimetrico e cronologico. Abstract. — A very rich Molluscan fauna from Pliocene has been found near Marina di Camerota (Salerno). A list of species is given, some bathimetric and cronologie observations are made. Premessa. All’estremo meridionale della tozza penisola del Cilento, dove sorge l’abitato di Marina di Camerota, in trasgressione sui calcari mesozoici si osservano lembi di sedimenti prevalentemente marini, talora fossili¬ feri, coperti da dune rosse. L’area oggetto di questo studio è stata rilevata da I. Sgrosso per il Servizio Geologico d’Italia (F. 209, 2a ediz., 1969). G. Mirigliano (1949) sulla base di macrofossili raccolti nella zona costiera fra Licusati e Porto Infreschi ha riferito al Pliocene questi sedimenti. Più di recente Sgrosso e Ciampo (1966) hanno ritenuto di ascri¬ vere al Calabriano le argille fossilifere della zona, sulla base di micro¬ faune con specie « fredde » di foraminiferi escludendo la datazione al Pliocene proposta in precedenza da Mirigliano. Le presenti ricerche su una malacofauna raccolta in argille sab¬ biose verdastre affioranti in località Cala Bianca F. 209 II SE (long. 2°57’40 E lat. 39°59’50 N q. 15 m circa) mettono in grado di precisare che, ferma restando l’età calabriana dei livelli con Hyalinea balthica — 380 — ( Schr.) studiati dai suddetti autori, certamente esiste nella zona anche parte del Pliocene superiore : ciò vale a dire che la serie è più estesa di quanto non fosse stato messo in chiaro in precedenza. Questo argomento sarà ripreso nelle conclusioni del presente lavoro. La vi al ago fauna di Cala Bianca. A Cala Bianca, come nel resto della zona, i calcari mesozoici affio¬ ranti lungo la costa, sono ricoperti da dune rosse quaternarie. Nella parte sud-est di Cala Bianca un torrentello ha inciso queste dune, met¬ tendo allo scoperto argille grigio-verdastre. La lunghezza dell’affiora¬ mento è di circa 20 m, per un’ampiezza massima di 2 m. I fossili sono molto abbondanti, sia per numero di individui che per varietà di specie. È da notare però che la fauna è prevalentemente formata da specie ad individui di piccole dimensioni ; la maggior parte delle specie determinate proviene dal lavaggio di campioni di argille Abbondantissime fra le specie grandi sono : Turritella pliorecens (Monterosato) Aporrhais pespelecani (Linneo) Natica tigrina (Defrance) Buccinulum corneum (Linneo) Glycymeris pilosa (Linneo) Glycymeris violacescens (Lamarck) Ostrea edulis (Linneo) Venericardia antiquata (Linneo). II residuo è composto prevalentemente da resti organici (briozoi, foraminiferi, molluschi, radioli di echinidi, ostracodi, crostacei) oltre a una frazione di sabbia quarzosomicacea. Presenti anche piccoli ciottoli calcarei completamente perforati da spugne. Nel seguente elenco è seguita essenzialmente la sistematica di Nordsiek (1969). Sono segnalate con il simbolo * le specie estinte durante o dopo il Siciliano, con ** quelle estintesi durante il Calabriano e con *** quelle ritenute estinte durante il Pliocene. Haliotis ( Euhaliotis ) tubercolata (Linneo) Scissurella ( Schizotrocus ) crispata (Fleming) — 381 — Emarginala cancellata Philippi Emarginala elongata (Da Costa) Puncturella ( Craniopsis ) sp. Diodora graeca (Linneo) Diodora italica (Defrance) Patella ( Patellastra ) rustica Linneo Acmaea ( Tectura) verginea (MÙller) ** Calliostoma cingulatum Brocchi Calliostoma conulum (Linneo) Gibbula magus (Linneo) Gibbula ( Tumulus ) umbilicaris (Linneo) Gibbula ( Forskalena) fanalum ( Gmelin) Gibbula ( Forskalena ) guttadauri (Philippi) Jujubinus exasperatus (Pennant) Jujubinus striatus (Linneo) Clanculus corallinus ( Gmelin) Clanculus ( Clanculopsis) jussieui (Payraudeau) Circulus striatus ( Philippi) Homalopoma sanguineum (Linneo) Astraea ( Astralium ) sp. Astraea ( Bolma ) rugosa (Linneo) Tricolia pulla (Linneo) Folinia ( Manzonia ) costata (Adams) Alvania lineata (Russo) Alvania ( Turbona ) reticolata (Montagu) Alvania ( Turbona ) cimex ( Linneo ) ** Alvania ( Turbona ) mariae (D’Orbigny) Alvania ( A cinopsis) cancellata (Da Costa) Rissoa variabilis (Muhlfeld) Ammonicera rota (Forbes, Hanley) Turitella pliorecens (Monterosato) Turritella biplicata Bronn Philippia obtusa (Bronn) Lemintina arenaria (Linneo) Caecum trachea (Montagu) Bittium reticulatum (Da Costa) ** Bittium deshayesi Cerulli-Irelli Gourmya ( Thericium ) vulgata ( Bruguiere) *** Gourmya ( Thericium ) neogenita (Mayer) — 382 — Cerithiopsis tubercularis (Montagu) Triphora perversa (Linneo) Epitonium ( Hirtoscala ) spiniferum (Seguenza) Epitomimi ( Clathrus ) clathrus (Linneq) Eulima ( Vitreolina) incurva (Renieri) Odostomia ( Megastomia ) conoidea (Brocchi) Chrysallida ( Parthenina ) excavata ( Philippi) Clirysallida ( Parthenina ) spiralis Montagu Chrysallida ( Parthenina ) interstincta (Montagu) Turbonilla densecostata Philippi Turbonilla lactea Linneo Turbonilla ( Pyrgisculus ) scalaris Philippi Capulus hungaricus (Linneo) Calyptraea chinensis ( Linneo) Crepidula ( Janacus ) unguiformis Lamarck Xenophora crispa (Koenig) Aporrhais pespelecani (Linneo) Trivia europea (Montagu) Lunatia catena (Da Costa) Natica millepunctata (Lamarck) * Natica tigrina De fr ance Charonia lampas (Linneo) Trunculariopsis trunculus (Linneo) Murex ( Bolinus ) brandaris Linneo ** Hexaplex rudis (Borson) Muricopsis blainvillei ( Payraudeau) Hadriania brocchii (Monterosato) Coralliophila ( Pseudomurex) bracteata (Brocchi) Buccinulum ( Euthria ) corneum (Linneo) *** Cantharus ( Pollia ) plicatus ( Brocchi) * Hinia musiva (Brocchi) Hinia ( Uzita ) limata (Chemnitz) * Hinia ( Tritonella ) serraticosta (Bronn) Alectrion ( Zeuxis) semistriatus (Brocchi) ** Fasciolaria ( Pleuropoca ) lawleyana (D’Ancona) Fusinus ( Gracilipurpura) rostratus ( Olivi) Mitra ( Fuscomitra ) cornicula (Linneo) Mitra ( Ebenomitrà) ebenus (Lamarck) Mitra ( Ebenomitra( plicatula (Brocchi) — 383 — Cythara ( Cytharellà) costata ( Donovan) Cythara ( Cytharella ) sp. ex. gr. albida ( Deshayesi) Bela ( Neoguraleus ) brachystoma (Philippi) Clathromangelia granum (Philippi) Comarmondia gracilis ( Montagu) Raphitoma hystrix (Jan) Raphitoma reticulata ( Renieri) Raphitoma turgida (Forbes) Conus ( Lautoconus) ventricosus Gmelin Acteon tornatilis Linneo Retusa truncatula BruguiÈre Dentalium inaequicostatum Dautzemberg Lepidopleurus ( Lepido pleurus) cajetanus (Poli) Lepidochitona ( Lepidochitona) cinereus (Linneo) Chiton ( Chiton) olivaceus Spengler Chiton ( Chiton ) corallinus (Risso) Acanthochitona fascicularis (Linneo) Nucula nucleus nucleus (Linneo) * Nucula piacentina Lamarck Nuculana ( Jupiteria ?) fragilis (Chemnitz) Arca noae Linneo Barbatia barbata (Linneo) Acar pulchella (Reeve) Striarca ( Galactella ) lactea ( Linneo) Glycymeris pilosa (Linneo) Glycymeris violacescens (Lamarck) Modiolaria marmorata (Forbes) Modiolaria sulcata (Risso) Pinna sp. ind. Aequipecten opercularis (Linneo) Chlamys varia (Linneo) Chlamys multistriata (Poli) Manupecten pesfelis (Linneo) Flexopecten flexuosus (Poli) Pecten jacobaeus (Linneo) Spondylus gaederopus Linneo * Plicatula mytilina ( Philippi) Lima lima (Linneo) Mantellum inflatum (Chemnitz) — 384 — Anomia ephippium (Linneo) Ostraea edulis Linneo Venericardia ( Cardites ) antiquata (Linneo) C ardita caly culata (Linneo) Lucinella divaricata (Linneo) Ctena decussata (0. G. Costa) Chama gryphoides (Linneo) * Chama piacentina Defrance Pseudochama gryphina Lamarck Laevicardium norvegicum (Spengler) Parvicardium nodosum (Turton) P apillicar dium papillosum ( Poli) Acanthocardia echinata mucronata (Poli) Sphaerocardium paucicostatum ( Sowerby) Gouldia minima (Montagu) Ventricoloidea nux (Gmelin) Venus verrucosa verrucosa Linneo Chiane ( Timoclea ) ovata (Pennant) Clausinella fasciata (Da Costa) Irus irus irus ( Linneo) Azorinus chamasolen (Da Costa) Tellinella distorta (Poli) Tellina serrata Renier. * * * Dal punto di vista batimetrico la malacofauna appare piuttosto inomogenea ; tuttavia la grande abbondanza di specie indicate comune¬ mente come litorali o sublitorali induce a ritenere che le argille di Camerota si siano deposte nelFambito della zona neritica e precisamente nella parte epineritica. È veramente curiosa la presenza in un’associa¬ zione di questo tipo di un genere proprio di acque profonde : Puncturella ( Craniopsis ). Data la modestissima mole dell’esemplare si potrebbe ri¬ correre all’ipotesi del suo trasporto da parte di correnti ascendenti ; op¬ pure si può pensare che si tratti di specie non identificabile con alcuna fra quelle note nell’ambito del sottogenere Craniopsis ed eccezionalmente adattata a vivere in acque basse. Non prendo in considerazione anche l’eventualità che si tratti di una migrazione verticale dovuta alla tempe¬ ratura perchè un abbassamento di temperatura tale da essere sensibile a — 385 — grande profondità avrebbe dovuto essere accompagnato da un muta¬ mento di fauna nella zona neritica e quindi caratterizzato dalla presenza di ospiti nordici. ❖ ❖ * La malacofauna studiata ha, a prima vista, un carattere piuttosto recente, conferitole dalla percentuale molto bassa (circa 9%) di specie estinte o comunque scomparse dal Mediterraneo. Tuttavia, questo dato non può essere sopravvalutato, in relazione al fatto che gran parte delle specie elencate si è ottenuta dal lavaggio di campioni di argilla : si tratta quindi di una prevalenza di specie ad individui di piccole o piccolissime dimensioni, per loro natura più conservative che le altre. Le specie a grandi dimensioni, abbondanti come numero di individui, sono poche. La fauna, pur mostrandosi, ad una prima indagine, relativamente recente, mostra la presenza di alcune specie estinte di un certo interesse e precisamente : Calliostoma cingulatum Brocchi Alvania mariae (D’Oorbigny) Bittium deshayesi Cerulli-Irelli Gourmya neogenita (Mayer) Natica tigrina De frange Hexaplex rudis (Borson) Cantharus plicatus (Brocchi) Fasciolaria lawleyana (D’Ancona). Fra queste specie ve ne sono due che non sono state mai citate in terreni più recenti del Pliocene e precisamente : Gourmya neogenita (Mayer) Cantharus plicatus ( Brocchi) ; ciò, mentre le altre specie che figurano nell’elenco non risalgono oltre livelli strettamente basali del Pleistocene. Gli « ospiti nordici » man¬ cano totalmente nella malacofauna, e, come mi ha confermato il Prof. G. Ruggieri, che gentilmente ha esaminato i residui di lavaggio, sono assenti anche nelle microfaune sia a foraminiferi che a ostracodi. Esiste è vero, fra i molluschi un unico esemplare di un genere ( Puncturella ) 25 — 386 — che è particolarmente diffuso nei mari nordici ; però questo esemplare rientra nel sottogenere Craniopsis , i cui rappresentanti si spingono an¬ che nei mari caldi pur mantenendosi in acque profonde. In conclusione, mentre a favore di una età pleistocenica si ha solo l’argomento estremamente discutibile della scarsità delle specie estinte, a favore di un’età pliocenica superiore esistono dati positivi rappresen¬ tati dall’assenza di « ospiti nordici » e dalla presenza di specie che noto¬ riamente non superano il limite plio-pleistocenico. Ringraziamenti. Ringrazio sentitamente il Prof. Giuliano Ruggieri, Direttore del¬ l’Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università di Palermo per i consigli e l’aiuto datomi durante il presente lavoro, eseguito con il con¬ tributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche. BIBLIOGRAFIA Bucchieri G., 1967 - Contributo alla malacofauna di un terrazzo marino presso Palermo. Atti Acc. Gioenia Se. Nat. Catania, s. VI, 18. Suppl. di Se. Geol., pp. 329-332, Catania. Bucquoy, Dautzenberg, Dollfus, 1882-1898 - Les Mollusques marins du Rous- sillon (2 voi.). Paris, Baillière et fìls, 1882-1886. Cerulli-Irelli S., 1907-1916 - Fauna malacologica mariana. 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Nat. in Napoli, 1971 D’Alessandro A. - La malacofauna plio¬ cenica, ecc. Tav. Ili Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 80, 1971, pp. 389-412, 9 figg., 3 tavv. Ricerche sedimentologiche sulla successione ciclotemica delTInfralias del Passo dell'Annunziata Lunga (Monti di Venafro) (*) Nota del Dott. GABRIELE C AR ANN ANTE (**) presentata dai soci B. D’ARGENIO e F. IPPOLITO (Tornata del 17 dicembre 1971) Riassunto. — È stato eseguito lo studio di una parte della successione ìnfra- liassica affiorante in località Annunziata Lunga, nei Monti di Venafro (Appennino Campano). Come era già stato segnalato da alcuni Autori, la successione appare composta da numerosi ciclotemi, ciascuno dei quali è costituito da : un livello con¬ tinentale, un intervallo trasgressivo di ambiente sopralittorale-littorale, un intervallo subcotidale ed infine un intervallo regressivo, nuovamente di ambiente sopralittorale- littorale. Questi intervalli si combinano in vario modo e sono presenti in tutti i 200 m di successione misurati. Dopo avere esaminato singolarmente i vari tipi di intervalli per poterne dare una interpretazione ambientale, si sono ricavate le percentuali di tutti i tipi di ciclotemi studiati, distinguendo, rispetto ad un insieme di ciclotemi ideali completi, quelli dovuti ad una variabile intensità della velocità di subsidenza, da quelli dovuti ad una variabile intensità di erosione. Sono state tentate anche alcune rappresentazioni grafiche dei dati raccolti : in particolare una di queste ha mostrato un tipico raggrupparsi dei ciclotemi in gruppi di quindici. L’esistenza stessa e l’elevato numero dei ciclotemi, la loro presenza ed esten¬ sione su vaste aree e, infine, il loro raggrupparsi in cicli maggiori, hanno fatto ritenere improbabile una origine legata esclusivamente a variazioni laterali di facies o a sole oscillazioni tettoniche. D’altra parte i dati, numerosi e non contraddittori, per accertare un’ipotesi puramente basata su cicli eustatici sovrimposti alle oscillazioni prima elencate, ipotesi che sola potrebbe, a nostro avviso, giustificare la notevole (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. nell’ambito del programma di ricerca sulla sedimentologia dei carbonati in facies di « Calcare Massiccio » con¬ dotto dagli Istituti di Geologia delle Università di Napoli, Firenze, Perugia e dallo Istituto di Mineralogia dell’Università di Firenze. (**) Istituto di Geologia dell’Università di Napoli, Laboratorio rocce carbo- natiche, Largo San Marcellino 10, 80138 Napoli. — 390 — regolarità degli episodi sedimentari studiati, non sono ancora tali da poter escludere con certezza ogni altro modello genetico. Abstract. — A very detailed study of some 200 of uppermost Triassic-lowermost Liassic ( Infralias) sequence, cropping out in thè Venafro Mountains (Campanian Apennine), has been carried out. As already known, thè studied terranes are formed by repeated cyclothems consisting of : 1) a Continental level ( yellow- greenisch and/ or reddisch clays, or, sometimes, only erosional surfaces) ; 2) a cc transgressive » supralittoral-littoral interval ( very f requently stromatolitic limestones or dolomitic limestones, with diffused shrinkage structures ( loferites ) and dolosparite drusy mosaics in thè dissecation cavities); 3) a sublittoral interval (normally dolomitized carbonates with megalo- dontidae and very frequent small turriculate gastropods) ; 4) a « regressive » supra¬ littoral-littoral interval, very similar to thè previous interval n. 2. The various types of observed intervals, or members, bave been carefullv analyzed to test their enviromental interpretation ; then thè several types of cyclo¬ thems have been distinguished and their percentages calculated. Some graphic plots of thè quantitative results of thè present study show that thè individuai cycles are associated in groups of 15. A genetic model for thè studied sequence shculd be found excluding an action of lateral facies wandering or tectonic oseillations as main causes, because of thè high number and of thè regular grouping of thè cyclothems. The present writer, although thè collected data are not completely exaustive, favours more an eustatic model, with a minor control of thè previously quoted factors, because of thè impressive regularity and thè high number of cycles. 1. Introduzione. Non era stata finora eseguita alcuna ricerca sedimentologica di dettaglio sull’Infralias carbonatico di facies neritica dell’ Appennino meridionale, nonostante i frequenti riferimenti a questa parte della successione mesozoica. Tra gli autori, nei cui lavori si fa cenno alla sedimentologia di questi depositi, si possono ricordare: D’Argenio (1966 a), il quale nota come questi terreni siano caratterizzati dalla presenza di stroma- toliti associate a cavità da disseccamento, dello stesso tipo di quelle studiate da Fischer (1964) nelle Lofer Facies del Dachstain alpino ( loferiti ), e mette in evidenza l’alternarsi ritmico di questi strati lofe- ritici, che egli interpreta come littorali, con altri che attribuisce ad un ambiente sublitorale ; e D’Argenio e Vallario (1967) che descrivono brevemente la ritmicità della sedimentazione nellTnfralias dell’Italia - 391 — meridionale ( l’insieme dei cui depositi costituisce ciclotemi simili a quelli del Dachstain alpino). È sembrato perciò opportuno procedere all’analisi accurata di al¬ cune sezioni che, per i loro caratteri, si prestavano a fornire elementi per approfondire i pochi dati disponibili. Lo studio è stato eseguito in quella parte della successione infra- liassica che, con buona esposizione, affiora lungo la strada che da S. Fig. 1. — Ubicazione della successione studiata. 1. Affioramenti della Piattaforma Carbonatica Abruzzese-Campana; 2. Affioramenti della Piattaforma Carbonatica Campano-Lucana; 3. Terreni vulcanici. Location of thè studied section. 1) Abruzzi-Campania Carbonate Platform ; 2) Campa- nia-Lucania Carbonate Platform; 3) Volcanics. Pietro Infine porta al passo dell’Annunziata Lunga, limite tra le pro- vincie di Isernia e di Caserta; questa zona è compresa nel F.° 161 (Venafro) tav. Ili NO (fig. 1). — 392 — Fig. 2. — Passo dell’Annnuziata Lunga, 1,2 Km circa ad ovest del valico. Loferiti algali ed a pellets (la freccia indica la parte superiore del campione). È ben visibile a sinistra della foto la successione delle lamine separate da cavità u da sottili livelli micritici. Le lamine, frequentemente rotte e brecciate, sono molto spesso « gradate inversamente » nel senso che la loro parte alta è formata da granuli ben distinguibili, che verosimilmente furono trattenuti dalle superfici mucillaginose delle pellicole algali. A destra è visibile invece parte di un pic¬ colo canale caratterizzato dalLassenza di lamine. Negativo direttamente da peel, 1 X . Passo dell’Annunziata Lunga, about 1,2 Km on thè west of thè Pass. Dissecation cavities and interlaminar micritic films in algal and pellettal loferites (thè arrow indicates thè upper part of thè sample). The grain coated by thè mucilla- ginous algal mats are evident on thè upper part of several laminae, which are often brocken and/or brecciated. Note on thè right a small channel without laminar fillings. Negative print from acetate peel 1 X . 393 — Partendo dal Passo dell’ Annunziata Lunga sono stati misurati duecento metri di serie, con interruzioni varie dovute sia a modesti spostamenti dovuti a piccole faglie, sia a copertura detritica e vegetale, su una complessiva esposizione di circa due chilometri lineari. In corrispondenza del secondo chilometro la successione si presenta molto disturbata, in quanto una faglia, a cui è legato topograficamente un piccolo inpluvio, ha spostato e fratturato questa parte della successione, rendendo difficile uno studio di dettaglio ; si è pertanto interrotta a questo punto la campionatura continua. Oltre al lavoro di campagna si sono studiati in laboratorio 180 campioni di grandi dimensioni (5-10 dm3). Gli esami al microscopio é mediante un proiettore di profili (PP 500, Leitz) sono stati eseguiti su pellicole all’acetato di cellulosa e su sezioni sottili. Si sono inoltre disciolte parti dei campioni in HC1 diluito al 10% per mettere in evidenza l’eventuale presenza di fila¬ menti algali nelle lamine stromatolitiche di cui era più dubbia l’origine. Infine lo studio della dolomitizzazione e del riempimento delle cavità è stato eseguito colorando sezioni lucide e sezioni sottili con alizarina RS in soluzione di HC1 allo 0,2%. Nella successione studiata si alternano e si combinano in modi svariati strati costituiti da sedimenti diversi per litologia, per strutture sedimentarie e per vari altri caratteri (figg. 3 e 4). Si descriveranno innanzitutto i caratteri di questi strati così come sono stati osservati in campagna. 2. Strati sopralittorali-littorali. Un primo tipo di strati a cui si è già accennato nell’introduzione, è quello costituito prevalentemente da lamine stromatolitiche o a pellets , separate tra loro da piccole cavità da disseccamento successi¬ vamente riempite da spatite e/o da sedimenti interni ( loferiti ) (figg. 3 e 4). Tali cavità sono state interpretate come effetto della contra¬ zione delle lamine stromatolitiche, o di quelle a pellets , a causa del disseccamento seguito ad esposizioni subaeree. Le lamine hanno uno spessore medio di circa 0,3 mm. e rappresentano dallo 80% al 50% dello spessore totale degli strati loferitici ; il resto è costituito dalle cavità che separano le lamine e dal loro riempimento ( fig. 2). Queste strutture sono di forma e dimensioni differenti e sono ben riconoscibili anche in campagna ; possiamo distinguere strutture di dimensioni com- — 394 — prese tra pochi decimi di millimetro e 1-2 mm. ( cavità condromorfe , D’Argenio, 1966a; shrinkage pores in Fischer, 1964), disposte lungo piani subparalleli alle lamine; strutture allineate anche esse più o meno parallelamente alle lamine ma di dimensioni maggiori, varia¬ bili cioè da 1-2 mm. a circa 1 cm. di altezza e da pochi millimetri a pochi decimetri di diametro ( cavità trapezomorfe, D’Argenio, 1966a; sheet cracks in Fischer, 1964) e, infine, strutture che collegano fra loro cavità trapezomorfe disposte su piani diversi ( cavità prismatiche, prism cracks in Fischer, 1964). Nei tre tipi di cavità è stata sempre riscontrata la presenza di dolomite spatica primaria. Fig. 3. — Passo dell’ Annunziata Lunga, 300 m ad W del valico. Alcuni membri costituenti due ciclotemi completi e l’inizio di un terzo ; spessore complessivo circa 1,5 m. Passo dell’Annunziata Lunga 300 m on thè west o£ thè Pass. Some members for- ming two complete cyclothems and thè beginning of a third one. Totale thick- ness 1,5 m. Un disseccamento più intenso, oltre alle cavità, produce spesso la frammentazione delle lamine con formazione di brecce intraformazionali. Frequentemente inoltre in questi strati laminati si notano piccoli canali, presumibilmente legati all’azione delle acque (maree?) sulle — 395 — lamine non ancora completamente litificate con erosione e successivo deposito di clasti strappati e drenati dalle zone circostanti. Sono a volte presenti foraminiferi, alghe o piccoli frammenti di molluschi ; la lito¬ logia varia da calcari a calcari dolomitici, il colore è di solito nocciola, lo spessore degli strati va da pochi centimetri ad un massimo misurato di 200 cm. La maggior parte degli autori ritiene le stromatoliti di ambiente littorale e/o sopralittorale ; tuttavia va ricordato che Playford e Fig. 4. — Schizzo tratto dalla figura precedente. Ciclotema inferiore : a) superficie superiore del membro continentale con strutture da disseccamento, b) membro sublittorale passante a c) membro loferitico regressivo. Ciclotema intermedio : d) membro sublittorale separato dal ciclotema precedente da un membro continentale (indicato dalla doppia linea in corrispondenza della testa del martello). Ciclo- tema superiore : e) membro continentale che incide il ciclotema precedente fino aH’intervallo sublittorale (d), f) membro sublittorale (la parte alta di questo ciclo- tema non appare nella figura). Drawing from fig. 3. Lower cyclothem : (a) upper surface of thè Continental member with dessication structures ( prism cracks), (b) subtidal member, passing to (c) regressive loferitic member. Intermediate cyclothem: (d) sublittoral member whicb is separated by a Continental member (doublé line near thè head of thè hammet). Upper cyclothem : (e) Continental member eroding thè intermediate cyclothem till thè (d) sublittoral member, (f) sublittoral member. The upper part of fhe last cyclothem does not appear in thè draft. — 396 — Cockbain (1969) hanno studiato delle stromatoliti algali del Devoniano per le quali hanno potuto dimostrare una profondità di circa 45 m. Questo e altri casi di depositi stromatolitici di dubbia attribuzione am¬ bientale, consentono la esclusione di un ambiente sublitorale solo se c’è il concorso di altri elementi quali, ad esempio, le strutture da dis¬ seccamento (cfr. anche D’Argenio, 1966a). Va chiarito a questo riguardo che la concomitante presenza delle strutture da disseccamento (normalmente riempite da mosaici di drusa di dolomite primaria), di brecce intraformazionali, sia in sottili livelli che come riempimento di piccoli canali, non consente di attribuire questi strati ad un ambiente certamente sopralittorale o littorale. Per tali motivi si è, in questo lavoro, usata la dizione sopralittorale-littorale , per sottolineare questa indeterminatezza, che ci sembra si accresca quan¬ do si tende ad estrapolare rigorosamente le condizioni ambientali at¬ tuali a situazioni verificatesi circa 200 milioni di anni or sono. 3. Strati sublittorali. Un secondo tipo di strati è quello in cui non sono presenti cavità da disseccamento, anche se non mancano a volte altre strutture analoghe, sovente beanti, che rappresentano il residuo della dissoluzione del guscio dei molluschi ( figg. 3 e 4) ; talvolta questi modelli esterni hanno una tipica sezione cuoriforme ( megalodontidi), altre volte invece una sezione circolare o triangolare ; in alcuni casi, infine, gasteropodi e lamellibranchi sono visibili in rilievo per dissoluzione differenziale. I megalodontidi, sia quando sono in rilievo, sia quando è visibile la sola cavità residua della dissoluzione del guscio, si presentano gene¬ ralmente con l’umbone in alto (fig. 5). Sono sovente presenti livelli ad oncoliti con frequente presenza a nucleo di piccoli gasteropodi o di frammenti di gusci di lamellibranchi intorno a cui si sono accresciute lamine concentriche di natura aigaie e di micrite (tipo SSC secondo Logan, Rezaic e Ginsburg, 1964); la loro natura è confermata dal ritrovamento di filamenti algali nelle on¬ coliti disciolte in HC1 diluito al 10%. La litologia di questi strati varia da calcari dolomitici a dolomie ; il colore è generalmente grigio chiaro, quando non è bianco per l’al¬ terazione della dolomia ; il loro spessore è compreso tra pochi centi- metri e un massimo misurato di 3,7 m. — 397 — Le caratteristiche di questi strati, la fauna fossile in essi presente e l’abbondanza di livelli oncolitici indicano un ambiente neritico non molto profondo. 4. Livelli continentali. Questi livelli si riducono spesso a super bei di discontinuità (1) troncanti i sottostanti depositi carbonatici ; tali superfici sono quasi sempre molto ondulate e con cavità riempite da argilliti di colore verde¬ giallastro o rossiccio. La superficie di questi livelli ha sovente un aspetto òhe ricorda i suoli poligonali delle superfici disseccate (figg. 3 e 4) : sono cavità prismatiche delimitanti poligoni di disseccamento il cui diametro in planimetria è dell’ordine del decimetro. Essi sono dovuti a disidratazione ed a divisione dei sedimenti in blocchi prismatici di piccolo spessore (1-5 cm) fra cui si depositano argilla ed altri sedi¬ menti. Sono talvolta presenti anche cavità trapezomorfe e brecce intra- formazionali. Questi livelli hanno uno spessore massimo di pochi centimetri. L’intensa disidratazione seguita da una notevole attività erosiva ohe ha troncato le strutture sottostanti, la presenza di argilla verde¬ giallastra o rossiccia proveniente da suoli residuali, talvolta frammista ad elementi clastici spigolosi trasportati dalle acque correnti, ci testi¬ moniano un ambiente continentale. 5. Litologia. La serie è costituita completamente da dolomie, calcari dolomitici e calcari ; in particolare gli strati sublitorali sono doloareniti o dolo¬ ruditi, mentre gli strati sopralittorali-littorali sono essenzialmente delle calci- e dolomicriti. Nelle cavità è stata sempre riscontrata la presenza di dolomite spatica primaria, in cristalli che possono essere anedrali, subedrali o euedrali ; talvolta è presente anche calcite spatica o micrite. Confrontando fra loro tutti gli strati sublitorali si è notata un’accen¬ tuata riduzione della dolomitizzazione man mano che si procede verso (1) Pertanto termini quali livelli o membri continentali non sono di regola da intendersi in senso stretto e vengono usati per comodità. — 398 — l’alto della serie, con passaggio da strati dolomitici a strati calcareo dolomitici. Anche per gli strati sopralittorali-littorali si nota una ridu¬ zione parallela, con passaggio da strati calcareo dolomitici a strati calcarei. Normalmente fra gli strati contigui quelli sublitorali sono più dolomitici di quelli sopralittorali-littorali. Al di sopra dei livelli continentali una notevole quantità di argilla, in cui si ritrovano spesso brecce, forma delle calci- o doloruditi a matrice argillosa. Argilla è infine presente nelle cavità prismatiche esterne e sulle superfici di erosione e di disseccamento. Fig. 5. — Passo dell’ Annunziata Lunga, 2,5 Km circa ad ovest del valico. Cavità rappresentanti il modello esterno del guscio di megalodontidi (posizione fisio¬ logica?). Passo dell’Annunziata Lunga, about 2,5 Km on thè west of thè Pass. Fotograph and draft of external molds of megalodontid shells (in growth position?). 6. Fossili. Nella successione studiata sono presenti foraminiferi, molluschi ed alghe, spesso obliterati dalla intensa dolomitizzazione che li ha colpiti. Foraminiferi. I foraminiferi si osservano soprattutto negli strati littorali, il loro cattivo stato di conservazione ha consentito di ricono¬ scere solo rare Textularidae. — 399 Molluschi. Soprattutto negli strati sublitorali sono riconoscibili numerose cavità rappresentanti modelli esterni di lamellibranchi e gasteropodi ; di questi ultimi talora si ritrova il modello esterno messo in evidenza dall’erosione differenziale. Tra i lamellibranchi un notevole interesse presentano i megalodontidi, essi sono rappresentati dal loro modello esterno, cuoriforme e con l’umbone di regola rivolto verso Fig. 6. — Successione del Passo dell’Annunziata Lunga, 1 Km circa ad ovest del va¬ lico. Due esempi di feltri algali in cui sono riconoscibili filamenti di spessore variabile fra i 2 e i 5 JJL, residuo della dissoluzione in HCl al 10% di lamine stromatolitiche 200 x . Annunziata Lunga Pass section, about 1 Km on thè west of thè Pass. Algal felt with filaments of 2-5 fi, from thè dissolution of stromatolitic laminae in 10% HO 200 x. l’alto (in posizione fisiologica?). Il loro diametro massimo non su¬ pera i 20 cm (fig. 5). La frequenza e le dimensioni di tali lamellibranchi vanno dimi¬ nuendo verso l’alto della serie. Frammenti di gusci di molluschi sono inoltre visibili negli strati sopralittorali-littorali inglobati nelle lamine stromatolitiche. — 400 7. Filamenti algali nelle stromatoliti ed oncoliti di Annunziata Lunga. La presenza di filamenti algali nelle lamine stromatolitiche è stata di recente osservata da De Meijer (1969) che, dissolvendo con HC1 al 10% campioni stromatolitici ed eneolitici di varia provenienza ed età, ha ottenuto la liberazione di elementi non calcarei di natura chiara¬ mente aigaie (essenzialmente Cyanophyta , Chlorophyta , Xanthophyta e Rodophyta). Applicando la stessa tecnica a campioni di vari strati sopralittorali- littorali di Annunziata Lunga si è osservato nel residuo insolubile la presenza di ciuffi di filamenti che alla osservazione microscopica mo¬ strano caratteri chiaramente algali. Si tratta di filamenti di lunghezza variabile con diametro dell’ordine di pochissimi micron, talora ramificati e variamente intrecciati a formare un tipico feltro (fig. 6). Tra i fila¬ menti sono distinguibili un primo tipo non ramificato con diametro di circa 2 P, ed un secondo tipo, notevolmente subordinato, con strut¬ tura complessa, talvolta ramificato, con diametro di 4-5 P, in alcuni casi con setti trasversali. Oltre ai filamenti si sono riscontrati elementi tondeggianti con diametri di 2-3 P, talora liberi, talora inglobati in un ammasso dall’aspetto mucillaginoso, forse Cyanophyta unicellulari. Interessante è l’osservazione di sezioni sottili attaccate con HC1 al 10% in cui si può notare al microscopio un addensamento di filamenti in corrispondenza delle lamine stromatolitiche e con andamento con¬ forme a queste. 8. Strutture sedimentarie legate alla deposizione e/o alla diagenesi. Nella successione studiata, come già si è detto di volta in volta, si è osservato un numero molto elevato di strutture sedimentarie ricor¬ renti, in parte legate ai processi deposizionali, in parte a quelli diage¬ netici, e spesso dovute all’intervento di entrambi. Fra le strutture deposizionali un posto particolare occupano le stromatoliti, strutture organico-sedimentarie, dovute all’attività biologica di comunità algali, prevalentemente Cyanophyta e Rodophyta, sul cui feltro mucillaginoso si deposita e rimane imprigionato sedimento « mec¬ canico )). Le lamine stromatolitiche dell’ Annunziata Lunga, in base alla classificazione di tipo geometrico introdotta da Logan, 2?ezak e Gin- sburg ( 1964) sono del tipo LLH, ogni livello è cioè formato da una serie di ondulazioni cupoliformi più o meno accentuate, non separate — 401 — da intervalli piatti ( fig. 2) ; non sono state notate lamine SH, cioè lamine in cui si hanno strutture cupoliformi separate tra loro. Lo spessore medio delle lamine osservate è di 0,2-0, 4 mm. Sono frequenti piccoli canali (ordine di grandezza: pochi centimetri di profondità, centimetri Fig. 7. — Successione del Passo dell’ Annunziata Lunga, 1,5 Km circa ad ovest del valico. Parte centrale di una cavità da disseccamento composta di tipo trapezi morfo negli strati sopralittorali-littorali. È visibile sul pavimento della cavità uno strato di spatite a grana sottile, seguito da una generazione di cristalli euedrali di dolomite spatica. Una sottile pellicola micritica separa questa cavità da quella soprastante in cui sono pure presenti un primo strato di spatite in piccoli cristalli ed una generazione di dolomite spatica. Da sez. sottile a nicols incrociati, 77 x . Annunziata Lunga sequence, about 1,5 Km on thè west of thè Pass. Central part of a complex shrinkage cavity (sheet crack-type) in thè littoral-sopralittoral de- posits. On thè bottom of thè cavity a first generation of fine grained sparite layer grows and is then followed by a second generation of euhedral dolosparite crystals. A thin micritic film separates this cavity from thè upper one, in which thè same first generation of sparite and second generation of dolosparite occur. Thin section, crossed nicols, 77 x . o pochi decimetri di larghezza), che, come si è accennato, sono dovuti all’attività erosiva esercitata sulle lamine stromatolitiche non ancora completamente litificate da parte delle acque. In questi canali vi sono 26 — 402 — abbondantissimi frammenti di molluschi, piccoli fossili integri e fram¬ menti di natura loferitica dovuti a disseccamento e poi qui trascinati. Talvolta un nuovo canale incide il precedente dopo il suo completo riempimento. Le strutture sedimentarie legate al disseccamento sono rappresen¬ tate da vari tipi di cavità, distinguibili in cavità condromorfe, trape- zomorfe e prismatiche. Le cavità condromorfe, di forma alquanto irregolare, sono disposte lungo piani subparalleli alle lamine e le loro dimensioni vanno da alcuni decimi di millimetro a qualche millimetro ; sono diffuse in tutti gli strati loferitici, anche se in quantità minore delle cavità trapezo- morfe, e sono dovute ad esposizione subaerea ; il loro riempimento è costituito da una o due generazioni di dolomite spatica in cristalli anedrali o subedrali. Le cavità trapezomorfe, anche esse disposte subparallelamente alle lamine, sono indicative di periodi di emersione probabilmente più pro¬ lungati ; esse hanno dimensioni nettamente visibili ad occhio nudo e derivano dalla fusione di più cavità condromorfe (D’Argenio, 1966a). Il riempimento è di solito costituito da un mosaico di dolomite spatica, in cui sono riconoscibili una prima generazione di cristalli anedrali e/o subedrali che tappezzano tutta la parete della cavità, una seconda generazione di cristalli euedrali di dimensioni notevoli, possono an¬ cora seguire più generazioni di dolomite, ma talvolta l’occlusione finale è dovuta ad un unico grande cristallo di calcite, probabilmente forma¬ tosi in fasi diagenetiche più tardive (fig. 7). Le cavità prismatiche, infine, distinte da D’Argenio (1966a) in cavità prismatiche esterne, legate ai grandi poligoni di disseccamento e cavità prismatiche interne, rappresentanti uno stadio di dissecca¬ mento molto intenso delle lamine, hanno dimensioni variabilissime. Tra queste le seconde che hanno dimensioni massime di pochi cen¬ timetri, collegano cavità suborizzontali disposte su piani diversi. Il loro riempimento è dato da una prima generazione di dolomite spatica in cristalli subedrali che tappezza le pareti della cavità e da una o più generazioni successive di cristalli di dolomite subedrali o euedrali. I cristalli di dolomite costituenti i mosaici di riempimento delle cavità descritte, presentano alcuni caratteri, quali l’aumento di di¬ mensioni man mano che si procede verso il centro della cavità, limiti netti e piani, che li fanno ritenere di origine primaria. — 403 — 9. Ciclotemi. Come già D’Argenio (1966a) e D’Argenio e Vallario (1967) avevano indicato, nella successione di Annunziata Lunga ci si trova in presenza di tipici ciclotemi loferitici. Ciclotema loferitico è un termine coniato da Sander (1936) per indicare le successioni ritmiche che si riscontrano nel Dachstain Alpino ( Lofer facies). Fischer (1964) usa il termine intendendo per ciclotema loferitico completo un ciclotema in cui si ha un membro littorale trasgressivo, costituito da loferiti di varia natura, un membro neritico, un nuovo membro littorale, questa volta però regressivo ed infine un membro continentale che di solito segna una discontinuità stratigrafica e con¬ tiene argille verdi. In questo lavoro si è considerato come singolo ciclotema uno o più strati limitati a tetto e a letto da un membro continentale. Un ciclotema completo è quello composto da un membro loferitico trasgressivo, che rappresenta l’arrivo delle acque sul membro continen¬ tale e lo impiantarsi di un ambiente sopralittorale-littorale ; da un membro sublitorale che rappresenta un approfondimento dell’ambiente ; da un membro loferitico regressivo, in cui si ha una riduzione della profondità e nuovamente un ambiente sopralittorale-littorale ; infine da un membro continentale, che rappresenta un periodo di emersione dello ambiente così prolungato da produrre fenomeni di disseccamento e/o erosione subaerea, eventualmente con paleosuoli. Per quanto siano stati misurati complessivamente 203 m di serie, i dati e le percentuali che sono riportati sono stabiliti solo in base ai 138,5 m che rappresentano la somma di 110 ciclotemi distinti in base alla presenza di un membro continentale alla base e di un altro al tetto. Infatti non sempre è stato possibile misurare con continuità inter¬ valli che soddisfacessero alle condizioni ora esposte, a causa della co¬ pertura vegetale o a causa di piccole faglie. Dall’analisi di questi 110 ciclotemi sono state calcolate le percen¬ tuali dei vari tipi presenti, tra cui i ciclotemi completi rappresentano il 47,4% dei casi ( fig. 9; A, F). Esaminando poi le coppie formate da ciascun ciclotema completo con quello ad esso successivo, si è riscon¬ trato che soltanto nel 27% dei casi si trova nuovamente il membro loferitico trasgressivo al di sopra di quello continentale (fig. 8, A), nel rimanente 20,4%, al di sopra del membro continentale segue diret¬ tamente il membro sublitorale (fig. 8, F). — 404 — 10. Ciclotemi cc incompleti ». La maggior parte dei ciclotemi osservati non presenta tuttavia uno sviluppo completo. Essi hanno caratteri tali da potersi riunire in due gruppi principali : Gl 7.4% F (20.4% ) A(27,0%) B (37,0% ) C(4,1 % ) D(4,1%) riduzione per variabile intensità’ della velocita’ di subsidenza ciclotema completo riduzione per variabile intensità’ d’erosione Fig. 8. — Tipi e percentuali dei ciclotemi osservati al Passo dell’Annunziata Lunga; mancano i paraciclotemi (cfr. par. 11). Nel disegno si prospetta una possibile interpretazione genetica delle diversità osservate nei vari ciclotemi. (1) Membro continentale, (2) membro loferitico, (3) membro sublittorale. A — Ciclo completo seguito dal membro loferitico trasgressivo. B — Ciclo mancante del membro loferitico regressivo e seguito dal membro loferitico trasgressivo. C — Ciclo costituito dal solo membro loferitico trasgressivo e seguito dal mem¬ bro loferitico trasgressivo. D — Superfici di erosione complesse seguite dal membro loferitico trasgressivo. F — Ciclo completo immediatamente seguito (per una rapida subsidenza?) da un membro sublittorale. G — Ciclo mancante del membro loferitico regressivo immediatamente seguito (per una rapida subsidenza?) da un membro sublittorale. Types and percentages of cyclothems observed at thè Annunziata Lunga Pass (thè paracyclothems have not been represented, see also n. 11). A genetic interpreta- tion of thè cyclothems and of their differences is also outlined. (1) Continental member. (2) Loferitic member. (3) Sublittoral member. A — Complete cyclothem, followed by thè transgressive loferitic member. B — Cyclothem without thè regressive loferitic member and followed by a transgressive loferitic member. C — Cyclothem with thè transgressive loferitic member only, followed by a transgressive loferitic member. D - - Complex erosional surf aces followed by a transgressive loferitic membe F — Complete cyclothem suddenly fcllowed (because of a rapid subsidence?) by a sublittoral member. G — Cyclothem without thè regressive loferitic member, suddenly followed (be cause of a rapid subsidence?) by a sublittoral member. — 405 — a) Ciclotemi costituiti dal membro loferitico trasgressivo , dal membro sublitorale e dal membro continentale. Sono i più numerosi dopo i ciclotemi completi , rappresentando il 44,4% dei casi ( fig. 9, B). Essi sono caratterizzati da una fase finale di più intensa erosione ri¬ spetto ai ciclotemi completi, per cui il membro continentale taglia il membro sublitorale. Non è però da escludersi la possibilità che l’assenza del membro loferitico regressivo dipenda anche da altri fattori quali un passaggio molto rapido da un ambiente sublitorale ad uno sopra- littorale. Esaminando le coppie formate da ciascun ciclotema di questo tipo con quello ad esso successivo (completo o incompleto che sia), si può osservare che nel 37 % dei casi al di sopra del membro continentale che segue quello sublitorale si impianta un membro loferitico tra¬ sgressivo (fig. B, B) mentre nel rimanente 7,4% al di sopra del membro continentale si impianta direttamente il membro sublitorale (fig. 8, G). b) Ciclotemi costituiti dal membro loferitico trasgressivo e dal membro continentale. Sono caratterizzati da un’erosione intensa, per cui mancano completamente tutti i membri tranne il più basso (membro loferitico trasgressivo). Un’ipotesi alternativa è che l’ambiente sopralit- torale-littorale invece di passare ad un ambiente sublitorale sia tornato verso condizioni di tipo continentale (fig. 9, C). Questo tipo di ciclotema è stato rinvenuto nel 4,1% dei casi. c) Superfici di erosione complesse. Infine nel 4,1% dei casi si incontrano più membri continentali a distanza molto ravvicinata per cui spesso i più recenti intersecano i precedenti (fig. 9, D). Queste situazioni possono essere prodotte da periodi di erosione molto prolungati che si sono succeduti frequentemente con la conse¬ guente erosione dei ciclotemi sottostanti, oppure possono essere legate a ripetute oscillazioni che non hanno mai consentito la deposizione di sedimenti lofevitici e sublittorali. 11. Paraciclotemi. Il 27% dei ciclotemi osservati ad Annunziata Lunga comprendono all’interno più membri loferitici separati da membri sublittorali, privi però di superfici di erosione (fig. 9, E). Convenzionalmente questo tipo sarà definito paraciclotema. © pi " « a © tì » ^ o J | O fl nd 2 « S S -5 co ■M © g 3 £ © w « & >» « (D pH _ * .§ u ^ g h H jj • Eri S l“ 1 :5 *-> o ,2 *S ‘■g O •“• *»H ^ « O *\ v © bD § a p ■3 H C3 m « 3 o CO • i— i .2" a CO IL a a p a • w 'E © 1 ■M a o © C « vari 2 o ^© a .2 © -g co h CO '% "i © si dei o W ’w © © u o «+H their a © © © © <+H U P CO 0) P © *3 rP o o r© !►» 1"—) © bD "Ei *© a bC © c .2 e0 1 a yp u © >-» u .a *3 PQ ’co 2 '3 Ph P CO C S=i O o • - © VU 3 a w '3 d t« .S o © rS Ph a £ % -Q g 2 Ph ® © £ n «e d X a © Jì O. 1 1 O © © Q © « •*• H, JET* a a IV. ^P - 3 ■<5 © a « « +2 'S 'E O ,g H p #bp £ a a E g «3 ,g Ph tfi — 407 — I paraciclotemi possono essere spiegati ammettendo che nel punto particolare in cui essi si sono formati, le condizioni batimetriche fossero tali da creare con ricorrenza un ambiente littorale-sopralittorale, senza che mai fosse raggiunto il livello di erosione. In aree meno profonde essi potrebbero corrispondere a tanti ciclotemi quante sono le coppie di membro loferitico-membro sublitorale. 12. Considerazioni conclusive . Tutto ciò che si è esposto finora ci offre un certo numero di ele¬ menti per tentare una interpretazione dei possibili meccanismi genetici di una così particolare successione di sedimenti e di strutture sedi¬ mentarie. L’interpretazione ambientale dei singoli membri costituenti i ciclo- temi è documentata da elementi ben definiti : la litologia e le strutture sedimentarie infatti non lasciano dubbi sulla netta separazione tra lo ambiente sublittorale, che caratterizza i membri dolomitici non laminari, e l’ambiente sopralittorale-littorale in cui si sono formati gli intervalli algali e in cui le lamine sono state disseccate, distaccandosi più o meno nettamente e lasciando delle cavità successivamente riempite da dolomite spatica primaria. L’ordine di successione di queste unità impone di considerare il deposito ritmico di questi membri come il risultato di un’oscillazione del livello marino o/e dell’ambiente sedimentario. Gli autori che si sono di recente occupati dellTnfralias neritico dell’Appennino meridionale (D’Argenio e Vallario, 1967) o di suc¬ cessioni equivalenti (Fischer, 1964; Bosellini, 1967) hanno prospet¬ tato possibilità genetiche fra loro diverse, che possono combinarsi, non escludendosi però completamente. Fischer (1964) attribuisce la genesi dei singoli ciclotemi a feno¬ meni di tipo eustatico e spiega col ritmico variare della velocità di subsidenza il periodico raggrupparsi dei ciclotemi in cicli di ordine maggiore. D’Argenio e Vallario (1967) propendono per un controllo eusta¬ tico sia pure con l’interferenza di una variabile velocità di subsidenza. Bosellini (1967, pag. 167) ritiene che i ciclotemi « sarebbeio dovuti al concomitante effetto del controllo sedimentario per graduale riempimento del luogo deposizionale, e di supercontrolli a carattere — 408 cì ini atiro, per periodiche oscillazioni del livello marino, ed a carattere tettonico per irregolari accelerazioni della subsidenza ». Riassumendo, i meccanismi genetici possibili sono : a) movimenti tettonici locali o regionali che, mentre il livello del mare rimaneva costante, avrebbero potuto sollevare o abbassare il fondo del bacino di sedimentazione provocando arresti o accelerazioni della subsidenza ; ò) apporti intermittenti e di variabile entità di materiali sedi¬ mentari che avrebbero potuto riempire con minore o maggiore velocità l’ambiente di deposizione ; c) oscillazioni eustatiche del livello marino. Si deve a questo punto ricordare che Lloyd, Shinn e Ginsburg (1969), analizzando alcuni ambienti di deposizione attuali paragonabili a quelli descritti in questo lavoro, si richiamano ad una spiegazione più strettamente sedimentaria, ritenendo che depositi simili a quelli che si incontrano nell’ambito di un singolo ciclotema possano essere dovuti alla migrazione delle aree sopralittorali-littorali in relazione alla mute¬ vole ubicazione dei canali di marea durante il drenaggio di vaste aree di retroscogliera (2). Per quanto i dati finora raccolti nello studio della successione ciclo- temica Infraliassica siano relativi soltanto alla località dell’Annunziata Lunga e quindi anche se numerosi necessariamente insufficienti per esprimere un giudizio di portata regionale, si ritiene che, allo stato attuale delle nostre conoscenze e salvo nuovi elementi che dovessero emergere da ulteriori ricerche ancora in corso su aree contigue, la genesi dei ciclotemi nel loro insieme debba essere legata sostanzialmente a feno¬ meni eustatici. L’ipotesi prospettata da Lloyd, Shinn e Ginsburg (1969) che indubbiamente è di particolare interesse, può essere ragionevolmente accettata a livello di singoli ciclotemi e megaciclotemi, ma non può da sola spiegare il ritmico sviluppo di tutta la successione studiata. Infatti solo una ritmica variazione di tipo eustatico del livello ( 2) Da questa interpretazione deriva che una trasgressione marina potrebbe essere mascherata da depositi pseudoregressivi in relazione con le migrazioni dei canali (e viceversa). — 499 — marino può spiegare, oltre all’ordine con cui i vari membri si seguono all’interno dei singoli cicli, la concomitanza : — dell’elevato numero dei ciclotemi (ordine di grandezza di circa trecento) ; — del modo di associarsi di ciclotemi e megaciclotemi nell’ambito dell’intera successione (tav. II, III); — della grande diffusione areale di queste facies infraliassiche con le stesse caratteristiche nell’ Appennino meridionale ; — della presenza di depositi equivalenti e grosso modo con lo stesso numero di cicli nelle Dolomiti e nelle Alpi calcaree settentrionali. Napoli, Istituto di Geologia, Giugno 1971. — 410 — BIBLIOGRAFIA Bathurst R. G. C., 1967 Depth ìndicators in sedimentary carbonates. Marine Geol., 5, pp. 447-471. Black M. 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Gli spessori massimi sono distribuiti ad intervalli crescenti mano a mano che si procede verso la parte alta della successione, cioè da destra verso sinistra nel grafico. Andando nello stesso senso i ciclotemi più potenti passano da uno spessore di m 4,5 ad uno finale di m 3. Interposti tra questi spessori maggiori, si notano altri « massimi » di secondo ordine raggruppati in numero di due o di quattro, indicanti ciclotemi che passano da una potenza di m 3,5 ad una di m 1,5. Fig. 2. — Grafico costruito con gli stessi criteri della fig. 1, sono però qui riportati separatamente gli spessori dei membri loferitici (linea tratteggiata) e dei membri sublitorali (linea intera). È possibile notare sei membri sublitorali più spessi degli altri, che raggiungono una potenza individuale massima di 3,7 m, mentre la somma dei membri loferitici formanti ciascun ciclotema mantiene una uni¬ formità maggiore, tranne un massimo che supera la potenza di 2 m ed uno che quasi la raggiunge. PLATE I Thickness of thè cyclothems and for their members. Fig. 1. — 100 continuously measured cyclothems are plotted at conventional Constant distances on thè abscissa, while their thickness is represented on thè ordinate. The greater thickness are distributed at progressively increasing distances, proceding upward in thè section (i.e. from thè right to thè left in thè diagram). In thè same direction thè thicker cyclothems diminish from 4,5 to 3 meters and a number of cyclothems, forming a second order group among them, diminish from 3,5 to 1,5 meters. Fig. 2. — The same diagram of thè fig. 1. The thickness of thè loferitic members (brocken line) and of thè sublittoral members (solid line) are indicated. It is possible to individuate a number of six thicker sublittoral members, reaching an individuai thickness of 3,7 m, while thè total thickness of thè loferitic mem¬ bers in each cyclothems remains more uniform, with thè exception of two cyclothems in which thè loferitic members reach about 2 meters. Boll. Soc. Natur. 4 3 2 Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Carannante G. - Ricerche sedimentologiche, ecc. - Tav. I V\ I , ‘ M — -V Vv * \ v _ l _ v /v _ - _ _ I _ 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 Fig. 2. TAV. II Le colonne rappresentano 45 ciclotemi che è stato possibile misurare in successione strettamente continua : la base di ciascun ciclotema corrisponde alla sommità di quello che lo precede a sinistra. Fig. 1. — La linea orizzontale continua, posta a metà del membro subcotidale, rap¬ presenta convenzionalmente il momento in cui in ogni ciclotema si è avuta inversione della subsidenza. Gli intervalli in cui si verifica una tendenza alla regressione, raffigurati al di sotto della linea orizzontale, sono normalmente rap¬ presentati da un maggior spessore di depositi (maggiore durata della sedimenta¬ zione corrispondente?), rispetto agli intervalli in cui si è avuta tendenza alla trasgressione, raffigurati al di sopra della linea orizzontale. Fig. 2. — Al di sopra della linea orizzontale sono posti soltanto i membri lof critici trasgressivi. È visibile un raggrupparsi dei ciclotemi in cicli maggiori, come ap¬ pare più chiaramente dal grafico della tav. III. Nota. Nel ciclotema 22 della fig. 2, nella parte inferiore per un errore di disegno c’è un’inversione del membro loferitico con il membro sublitorale; nei ciclotemi 14 della fig. lei della fig. 2. il membro loferitico è indicato in bianco, oltre che come al solito da linee ondulate. PLATE II Detailed stratigraphy of 45 cyclothems measured without any break. The base of each column corresponds to thè top of that on its left. Fig. 1. — The orizontal solid line, separating thè sublittoral members in two halves, conventionally indicates thè moment of change in thè subsidence of each cyclo- them. The intervals below thè horizontal line, corresponding to a regressive stage, have higher thickness (correlated with a longer period of sedimentation?). The intervals above thè line, corresponding to a transgressive stage, have, on thè contrary, smaller thickness. Fig. 2. — Above thè horizontal solid line have been figured only thè transgressive members. The cyclothems appear grouped in major cycles as it is also shown in piate III. Note. In thè cyclothem 22, fig. 2, thè loferitic and thè sublittoral member have been represented erroneously one in thè place of thè other ; moreover thè loferitic member has been not drawn in thè cyclothems 14, fig. 1 and 1, fig. 2. li I IMBIBI Boll. Soc. Natur, in Carannante G. - Ricerche sedimentologiche , ecc. - Tav. II Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Carannante G. - Ricerche sedimentologiche, ecc. . Tav. II Fig. 2. TAV. Ili Curva di subsidenza di 45 ciclotemi misurati in successione continua. Sull’asse verticale sono rappresentati gli spessori dei singoli ciclotemi ed il loro spessore complessivo. Sull’asse orizzontale è stata disegnata la successione di 45 ciclotemi (i quali corrispondono anche come numerazione a quelli della tav. II), ad una distanza convenzionale costante, cioè nell’ipotesi che ciascun ciclotema si sia depositato in un uguale periodo di tempo, rappresentando l’asse orizzontale anche l’asse del tempo. In questa ipotesi un qualsiasi sottile livello di sedimenti depositatosi all’inizio del primo ciclo qui considerato (in alto a sinistra), dovrebbe aver subito un approfondi¬ mento progressivo muovendosi verso il basso secondo la linea ondulata. Ciascun punto ( x) di questa linea indica la posizione che man mano va assumendo la base del primo ciclotema figurato, all’atto della deposizione dei sedimenti costituenti il ciclotema disegnato sull’asse orizzontale e incontrato dalla verticale innalzata dal punto (x). Nell’ipotesi in cui si ritenesse costante oltre il tempo di formazione di ciascun ciclotema anche la velocità di subsidenza e la velocità di sedimentazione, la subsidenza sarebbe rappresentata in ogni momento sulla retta obliqua congiungente il primo ciclo con il fondo della linea verticale rappresentante gli spessori. Come risulta evidente dal grafico i cicli si associano in gruppi di 15, con una regolarità che, confrontata con quella riscontrata da Fischer (1964) nella compilazio¬ ne di un grafico illustrante la curva di subsidenza di 20 ciclotemi della sezione dello Steinernes Meer (Alpi Calcaree settentrionali), fa propendere per un controllo di tipo eustatico non solo nei riguardi di ciascun ciclotema, ma anche in quelli dei loro rag¬ gruppamenti. PLATE III Subsidence curve of 45 cyclothems unbrockenly measured. On thè vertical axis thè individuai thickness of thè cyclothems and their total thickness is plotted, while on thè horizontal axis thè sequence of thè 45 cyclothems has been drawn (see also piate II, where thè cyclothems are indicated with thè same numbers). Inferring a costant lime interval of sedimentation for thè cyclothems, they bave been drawn at equal intervals on thè representing thè time. In this hypothesis any thin sediment deposited at thè beginning of thè first considered cycle (upper left), should have progressively mouved downward along thè wavy line. Any point (x) of such a line indicates thè position that thè base of thè first figured cyclothem has at thè moment of thè sedimentation of thè cyclothem drawn on thè top horizontal line which and met by a vertical line moving upward from (x). If also thè subsidence and thè sedimentation velocities are assumed as Constant, thè subsidence of thè base of thè first figured cyclothem is represented by thè oblique straight line, going from thè upper left to thè lower right. The diagram shows that thè cycles are regularly grouped by is. This grouping, which has been also observed by Fischer (1964) and taken into account in a diagram which illustrates thè subsidence curve of 20 cyclothems of thè Steinernes Meer (Northern Limestone Alps) suggests an eustatic control not only for thè indi¬ viduai cycles but also for their multiples. Diagramma : da Fischer (1964), modificato. Boll. Soc. Natur, in Napoli, 1971 Cakannante G. - Ricerche sedimentologiche, eec. - Tav. Ili Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1971 Carannante G. - Ricerche sedimentologiche , ecc. - Tav. Ili RECENSIONI Karol Borza, 1969, Die Mikrofazies und Mikrofossilien des Oherjuras und der Unterkreide der Klippenzone der W estkarpaten. Vyvadatelstvo Slovenskej Akadémie Vied, 124 pp., 12 figg., 88 tavv. fuori testo. ( Bratislava). L’autore esamina dal punto di vista geologico, stratigrafico e paleon¬ tologico i sedimenti del Giurassico superiore e del Cretacico inferiore della zona dei klippen dei Carpazi occidentali. In questo lavoro di 124 pagine di testo, corredato da 12 figure ed ottantotto tavole fuori testo (quaranta delle quali di microfacies) rivestono particolare interesse la parte stratigrafica e quella, ampiamente sviluppata (72 pp.), esclusiva- mente paleontologica. Nello studio effettuato da Borza i fossili più ricorrenti sono rap¬ presentati da gusci di giovani lamellibranchi, protoglobigerine, Sacco- coma , radiolari, tintinnidi ed organismi incertae sedis ( Cadosinidae , Stomiosphaeridae , Calcisphaerulidae ). Le numerose specie riconosciute, spesso di limitatissima distribuzione verticale ed alcune delle quali nuove per la scienza, appartengono pre¬ valentemente ai generi Globochaete , Stomiosphaera , Cadosina , Chitinoi- della , Tintinno psella, Calpionellopsis. Il lavoro di Borza rappresenta un notevole contributo scientifico che, a causa della diffusione delle stesse facies nell’area mediterranea, è di grande utilità per la conoscenza del Mesozoico di un’area ben più vasta di quella dei Carpazi : molte delle forme e delle microfacies illustrate da Borza sono, per es., immagini ben note agli studiosi di micropaleontologia dell’ Appennino . Piero De Castro Istituto di Paleontologia della Università di Napoli ( Tornata del 28 novembre 1969 ) » Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali Verbale dell'adunanza del 29 gennaio 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 29 gennaio 1971, alle ore 16,45, nell’aula dell’Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino 10 - si è riunita, in seconda convocazione, l’assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Palombi, Vittozzi, Maccagno, D’Argenio, Jetto, Rodriquez. Pescatore, Tavernier, P. de Castro, U. Moncharmont, Mazzarelli, de Cunzo, Ciampo, Sgrosso, Brancaccio, Ciampa, Guzzetta, Scarsella, Ippolito e Vallario. Prima della seduta il socio Ciampa tiene una conferenza su « Le macromolecole nelle applicazioni industriali ». Alla interessante esposizione segue una discussione alla quale prendono parte molti soci. Dopo una breve interruzione, ha inizio la seduta della Società. Il Presidente prega il Segretario di leggere il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Comunica, inoltre, che l’Ufficio tecnico dell’Università lo ha informato che è stata costituita una Commissione per lo studio dei lavori più idonei da eseguire nei locali della Società in seguito alle lesioni manifestatesi. Poiché si prevede che tali lavori non saranno solleciti, è stato provveduto ad informare la ditta Lips Vago che l’ordine relativo alla scaffalatura metallica commissionata deve essere sospeso e la fornitura rinviata al termine dei lavori. A proposito del pre¬ ventivo della Lips Vago, il Presidente comunica che la ditta ha fatto presente che per un errore, in detto preventivo non è stato conteggiato il prezzo di una terza scala metallica pur essendo stata questa considerata ; pertanto, il preventivo subisce una maggiorazione di L. 30.000 che eleva la spesa totale a L. 1.762.000. Il presidente informa inoltre che per le feste natalizie, il Direttore generale delle Accademie e Biblioteche del Ministero della P.I., ha fatto pervenire alla Società un cordiale messaggio di auguri al quale è stato risposto ringraziando e ricambiando i voti augurali. Comunica, altresì, che la socia Boisio ha conseguito la libera docenza e che il socio Enrico Franco ha perduto il padre. In relazione ai due eventi, il Presidente non ha mancato di far pervenire all’una i suoi ralle¬ gramenti ed al socio Franco i sensi di profondo cordoglio della Socità per la grave perdita. Il socio Costantino ha inviato una lettera per scusare l’assenza. A questo punto il Presidente legge la Relazione sull’attività svolta dalla Società durante l’anno 1970. Durante l’anno 1970, la Società dei Naturalisti in Napoli ha svolto notevole attività. Oltre alle nove riunioni annuali predisposte dal calendario, sono state tenute due assemblee straordinarie per la votazione delle modificazioni apportate allo Statuto ed al Regolamento. — 416 — Comunicazioni scientifiche. Nelle normali riunioni scientifiche, sono stati co¬ municati 26 lavori abbracciane tutto l’arco delle scienze naturali. Di queste comu¬ nicazioni originali, 8 lavori riguardano argomenti di biologia e 18 sono di contenuto abiologico così distinti : 5, di chimica ; 6, di fisica terrestre ; 5, di geologia e di idrogeologia ; 2, di paleontologia ; oltre a discorsi e comunicazioni verbali 3ul fenomeno del bradisisma della zona flegrea. Su questo argomento, la Società si è intrattenuta più volte esprimendo anche un voto al C.N.R. perchè le ricerche sulle manifestazioni sismiche e geotermiche nel golfo di Pozzuoli, realizzate con la m/n Dekta dell’Istituto Universitario Navale, siano proseguite non solo in superficie ma anche in profondità. Bollettino e Memorie. Ultimata la stampa del volume 78 del Bollettino, at¬ tualmente in distribuzione, è in corso di stampa il volume 79 che si spera di vedere pubblicato nel primo quadrimestre del corrente anno. Contemporaneamente è in via di avanzato allestimento il I volume delle Memorie stampato in onore del socio Scarsella e si spera quanto prima di distribuirlo ai soci e di inviarlo ai Sodalizi coi quali la Società scambia le pubblicazioni. Alla stampa di queste pubblicazioni hanno contribuito Istituzioni ed Enti diversi come si può rilevare nella parte interna del frontespizio ; particolarmente, alla stampa delle Memorie ha concorso in misura notevole il Banco di Napoli al quale esprimo unitamente agli altri Istituti ed Enti, il ringraziamento più vivo e cordiale. Biblioteca. Lo scambio delle pubblicazioni che si cerca di incrementare, ha portato un notevole aumento del patrimonio librario della nostra biblioteca, unica vera ricchezza del nostro Sodalizio ; patrimonio che bisogna curare e gelosamente custodire. A tale proposito, rivolgo vive sollecitazioni ai soci che da tempo hanno preso in prestito volumi dalla biblioteca di restituirli anche per effettuare la revi¬ sione in vista della sistemazione che i periodici avranno nella nuova scaffalatura. Scaffalatura. Questa, in metallo, sostituirà, nel locale attualmente adibito a Segreteria, la vecchia scaffalatura in legno e pertanto questo locale sarà interamente adibito a Biblioteca ; la sistemazione a pettine degli scaffali, consentirà di disporre di ben 400 metri lineari che consentiranno, almeno per alcuni anni, la tranquillità per la sistemazione dei libri che sono in continuo notevole aumento. Questo nuovo assetto è stato possibile grazie al sussidio di un milione concesso per lo scopo dalla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche del Ministero della Pubblica Istruzione alla quale vanno la nostra gratitudine ed il più vivo ringraziamento. Tuttavia, questo generoso aiuto del Ministero non è sufficiente a colmare la spesa poiché il costo degli scaffali della Ditta Lips Vago, scelta fra le 8 ditte interpellate, supera di circa 800.000 lire la somma ricevuta. Facciamo assegnamento sulla comprensione della Direzione generale affinchè venga incontro alle esigenze di questo Sodalizio ricco di entusiasmo ma scarso di mezzi. Infatti, la stampa del volume del Bollettino e delle Memorie pone in notevoli difficoltà la cassa del Sodalizio. Lavori in corso nei locali della Società. Vi è noto, per le riunioni che siamo costretti a tenere in quest’aula dell’Istituto di Geologia dell’Università, messa a disposizione del socio Ippolito al quale porgo il mio ringraziamento più vivo, che — 417 nei locali della Società si vanno eseguendo notevoli lavori di muratura, attintatura e di elettricità concessi dal Consiglio d’ Amministrazione dell’Università che rende¬ ranno gli ambienti piu decorosi e meglio utilizzabili. Questi lavori, però, hanno richiesto la soluzione di notevoli problemi, primo fra tutti, lo allestimento dei numerosi pacchi dei libri da trasferire ed il loro trasporto. Alla preparazione dei pacchi che ha richiesto notevole impegno di tempo, hanno prestato principalmente la loro opera disinteressata due aspiranti soci : i Proff . Abatino e De Simone che addito alla Vs/ considerazione; mentre, per il trasporto, il Magnifico Rettore, da me pregato, ha fornito i mezzi necessari. A tutti porgo il mio ringraziamento e formulo l’augurio di vedere presto nostri consoci i due aspiranti sopra citati. L’aspirazione di diventare soci del nostro Sodalizio è però condivisa da molti altri : infatti, ben 26 sono le domande di dottori e professori in giacenza nella Segreteria della Società. Questa attesa speriamo che sia presto appagata con l’approvazione del nuovo Statuto che renderà illimitato il numero dei soci. Statuto e Regolamento. Vi sono note le vicende per averle vissute : lo Statuto ed il Regolamento furono approvate nella seduta del 26 giugno 1970. Lo Statuto fu inviato al Ministero della Pubblica Istruzione il quale richiamò l’attenzione su alcuni punti e fornì suggerimenti di cui il Consiglio Direttivo tenne conto e redasse il testo che, assieme al Regolamento, fu nuovamente sottoposto all’Assemblea per l’approvazione nella seduta del 18 dicembre 1970. Attualmente lo Statuto si trova negli uffici della Direzione generale delle Accademie e Biblioteche per i provvedi¬ menti di competenza. Terreno a Posillipo. La briciola di terreno della estensione di 615 mq. situata in via Ferdinando Russo, ritornata in proprietà della Società in seguito alla vertenza giudiziaria, è stata posta in vendita, ma la sua appartenenza alla Panoramica 2a, che importa la esclusione di ogni possibilità di costruzione edilizia, non consente di ricevere offerte molto vantaggiose. La relazione dei soci Franciosa e Napolitano ne danno piena conferma e pertanto l’Assemblea dei soci all’uopo convocata, ha deciso di soprassedere alla vendita in attesa di offerte migliori. Nel chiudere questa sintetica ma precisa ed obiettiva rassegna dell’attività svolta, esorto i soci a sostenere la nostra fatica con la loro fattiva partecipazione alla vita della Società alla quale mi legano vincoli di tempo e di amore. Al termine della lettura l’Assemblea approva all’unanimità. Seguono le comunicazioni scientifiche : a) C. Barbera Lamagna - Segnalazioni del Calloviano a M. Pietralata, Passo del Furio (Pesaro). b) C. Barbera Lamagna - Gli ammoniti liassici di M. Bulgheria (Salerno). Per l’assenza della socia Barbera Lamagna, il Segretario legge i riassunti dei lavori. c) Lucia Simone - Sedimentologia dei « calcari listati » del Cretacico inferiore del M . Camposauro (Appennino campano ). Presentata dai soci F. Ippolito e B. D’Argenio. 27 — 418 — d) Giuliano Ciampo - Gli ostracodi dei sedimenti pretirreniani del Mar Piccolo. (Tav. 202 II NO - Taranto). Al termine delle comunicazioni viene distribuita la parte II del voi. 78 (1969) del Bollettino. Alle ore 19,30 la seduta è tolta. Verbale dell'adunanza del 26 febbraio 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: ff. A. Rodriquez Il giorno 26 febbraio 1971 alle ore 17,30, nell’aula dell’Istituto di Geologia largo S. Marcellino, 10, si è riunita in seconda convocazione l’assemblea dei soci. Sono presenti i soci : Abignente, Maccagno, Rodriquez, Casertano, de Cunzo, Vittozzi, Battaglia, Oliveri, Quagliariello, Palumbo, Torre, Napoletano, Franciosa e Palombi. In assenza del segretario Pescatore, il Presidente prega il socio Rodriquez di svolgere le funzioni e pertanto lo invita a leggere il verbale della seduta precedente, che viene approvato all’unanimità. Comunica, inoltre, che il socio Palumbo ha conseguito la libera docenza ; si compiace ed esprime i rallegramenti anche a nome della società. Per quanto riguarda la consegna della prima parte del volume delle memorie stampato in onore del socio Scarsella, per l’assenza dell’interessato, trattenuto a Roma per malattia, il Presidente propone di rinviarla alla prossima seduta. Formula intanto, per il socio Scarsella vivi voti augurali di sollecita completa guarigione. L'assemblea si associa. Per ciò che riguarda i bilanci la socia de Cunzo riferisce, anche a nome del socio Rodriquez, con relazione scritta, sul bilancio consuntivo del 1970; il Presidente illustra il bilancio preventivo per il 1971. L’Assemblea approva, alla unanimità, i due bilanci separatamente. Il Presidente, poi, su segnalazione del Consiglio direttivo, propone all’Assemblea la decadenza dei soci Castaldi, Gianfrani, Giacomini, Ruocco e Scorza, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento, per prolungata morosità. L’Assemblea approva alFunanimilà e prende pure atto delle dimissioni pre¬ sentate dai soci Desiderio, Gervasio e Maino. In tal modo i posti resi liberi sono otto, ma ne diventano disponibili 9, con¬ siderando quello lasciato vacante dalla scomparsa del socio M. Salii. Tenendo, però, presente che il numero dei soci era 155 invece dei 150 previsti dallo Statuto si rendono liberi soltanto 4 posti che potranno essere occupati da altrettanti aspi¬ ranti. A questo punto il Presidente, avendo sentito il parere del Consiglio direttivo, propone per l’ammissione i proff. Elio Abatino, Bruno de Simone, Gerardo Gustato e Paolo Lucini, L’Assemblea approva all’unanimità. Si passa, poi, alle comunicazioni scientifiche : a) Il socio Casertano illustra il lavoro presentato in collaborazione con Iaccarino, Muzzi, Perinetti e Zaffiro, dal titolo « Andamento delle repliche nella crisi sismica di Mignano Montelungo iniziatosi il 27-9-70 ». — 419 — b) Il socio Abignente, illustra il lavoro, presentato in collaborazione con Grieco, Manna, Silipo e Vittoria, dal titolo « Indagine gascromatografico e dosaggio titri- melrico in mezzo non acquoso di ossiacidi aromatici ». c) Il dott. Di Nocera, presentato dai soci M. Torre e F. Ippolito, illustra il lavoro dal titolo « Primo contributo alla conoscenza del nannoplancton calcareo del Giurassico del Gargano ». Per l’assenza del socio D’Argenio, il Segretario legge la parte introduttiva del lavoro dal titolo « Distribuzione dell’uranio nelle rocce carbonatiche. Primi risultati sul Cretacico e Vlnfralias dell Appennino campano » Poiché alcuni soci hanno chiesto delucidazioni in merito, l’Assemblea, su proposta del Presidente, decide di rinviare la presentazione di tale nota alla seduta successiva. Esaurito l’o.d.g., la seduta è tolta alle ore 19. Verbale dell'adunanza del 26 marzo 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 26 marzo 1971, alle ore 17,45, nell’aula dell’Istituto di Geologia, largo S. Marcellino 10, si è riunita in seconda convocazione l’Assemblea dei soci. Sono presenti i soci : Palombi, Abatino, de Cunzo, Oliveri, Napoletano, Mas¬ cagno, Scarsella, D’Argenio, Pescatore, Casertano, Napoleone, Vittozzi. Il Presidente legge un telegramma di auguri per il socio Scarsella del socio Mancini e una lettera di scusa, per l’assenza, del socio Costantino. Il Presidente presenta quindi il primo volume delle Memorie della Società e ricorda che tale volume rappresenta l’omaggio che la società ha voluto rendere al socio Scarsella in occasione del suo collocamento fuori ruolo per raggiunti limi¬ ti d’età. Il Presidente formula per il socio Scarsella i migliori voti di fervida attività e di vita prospera e felice. Il socio Scarsella ringrazia il Presidente e i soci tutti. Il Presidente comunica, quindi, che il socio Palumbo ha perduto la madre e rende noto che non ha mancato di fargli pervenire, anche a nome della Società, le più sentite condoglianze per la dolorosa perdita. Si passa poi alle comunicazioni scientifiche. Il socio D’Argenio illustra una nota presentata in collaborazione con il Dott. dall’Aglio dal titolo « Distribuzione dell’uranio sul Cretacico e Vlnfralias dell’Ap- pennino Campano ». Dopo le comunicazioni scientifiche prende la parola il socio Lazzari auspicando nuovi studi sulla fenomenologia del bradisismo di Pozzuoli. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle ore 18,45. — 420 — Verbale dell'adunanza del 30 aprile 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 30 aprile 1971, alle ore 18, nei locali della sede sociale in via Mezzocannone 8, si è riunita, in seconda convocazione, l’Assemblea dei soci. Sono presenti, i soci Palombi, Pescatore, Lucini e Abatino. La seduta si è tenuta nel locale della Società e non nell’aula dell’Istituto di Geologia come dalla convocazione ai soci in quanto detta aula era occupata da studenti in agitazione. Scusa l’assenza il socio Costantino. Il Presidente comunica che il Ministero della Pubblica Istruzione ha dispu to un contributo di L. 2.500.000 in favore della Società (2 milioni per la stampa del Bollettino e Memorie e 1/2 milione quale supplemento alla somma di 1 milione già stanziata, per l’acquisto della scaffalatura metallica). Per quel che concorne i lavori nei locali della Società, il Presidente rende noto che la commissione tecnica nominata dal Rettore dell’Università ha effettuato un primo sopralluogo; ulteriori accertamenti sono necessari, comunque, prima che detta commissione possa stabilire le condizioni dei locali. Il Presidente comunica, inoltre, che si stanno svolgendo le pratiche per ottenere la tariffa postale ridotta. Il Presidente, anche a nome del Consiglio direttivo, rin¬ grazia vivamente il socio Abatino per l’interessamento dimostrato nell’espletamento di questa pratica. Il Presidente conclude rendendo noto che prossimamente sarà distribuito ai soci il voi. 79 (1970) del Bollettino. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. Il Segretario legge il riassunto della nota del socio P. Scandone « Sulla posizione dei calcari Peristeri ( Pindos occidentale - Grecia ) ». Il Segretario illustra una nota di Bona i di, Pescatore, Scandone, Torre dal titolo « Problemi paleo geo grafici connessi con la successione mesozoico-terziaria di Stilo ( Calabria meridionale ) ». Il Segretario legge, infine, una recensione del socio de Castro sul lavoro di Karol Bozza: Die Mikrofazies und Mikrofossilien des oberjuras und der U nterkreide der Klippenzone der W estkarpaten. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle ore 18,30. Verbale deH'adunanza del 28 maggio 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 28 maggio, alle ore 17,45, nell’aula dell’Istituto di Geologia, largo S. Marcellino, 10, si è riunita in seconda convocazione l’Assemblea dei soci. Sono presenti i soci; Palombi, Abatino, D’Argenio, Vittozzi, Sgrosso, M. G. De Castro, Napoletano, Oliveri, Scarsella, Pescatore e P. De Castro. — 421 — Il Presidente comunica che il Consiglio direttivo, su designazione dello stesso Presidente, ha nominato il socio Abatino a Redattore del Bollettino. Circa la pratica in corso per ottenere la tariffa postale ridotta, non poche difficoltà, ancora da superare, si sono presentate. Si confida di riuscire nelPintento grazie anche al fattivo interessamento del socio Abatino. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. Il socio Oliveri ha esposto una sua nota dal titolo : « Anomalie residue di gravità in ordine n-1 nella regione del Vulture ». Il socio P. De Castro presenta una nota dal titolo: a Osservazioni sul genere Raadshoovenia Van Den Bold e sui rapporti con Scandonea n. gen. ( For amini f erida) ». Esaurito Fo.d.g. la seduta è tolta alle ore 19,20. Verbale dell'adunanza del 25 giugno 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 25 giugno 1971 alle ore 17,45 nell’aula dell’Istituto di Geologia, si sono riuniti, in seconda convocazione ed in tornata ordinaria i soci del sodalizio. Sono presenti i soci Palombi, Scarsella, Scandone, Mazzarelli, Tavernier e Abatino. In assenza del Segretario T. Pescatore, il Presidente nrega il socio Amalia Tavernier di svolgerne le funzioni. Il Presidente comunica che la pratica ad ottenere la tariffa postale ridotta è ancora lontana dalla conclusione per le difficoltà incontrate presso la Prefettura ove non si trovano più i documenti della erezione in Ente Morale della Società e pertanto s’è dovuto far ricorso alla Soprintendenza dell’Archivio di Stato per ottenere il certificato. Il Presidente, inoltre, ricorda con commosse parole il socio Giuseppe Ciampa. immaturamente scomparso e legge il biglietto che a nome dei soci ha inviato alla famiglia. Circa lo Statuto della Società, il Presidente comunica che esso è stato approvato dal Consiglio di Stato ed attualmente si trova presso la Corte dei Conti per passare, infine, al Ministero di Grazia e Giustizia : comunque si ha fiducia che entro l’anno si abbia la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale della Repubblica. Circa la vendita del terreno a Posillipo, la migliore offerta è di L. 3.800.000 ; tuttavia, per poter prendere qualsiasi decisione in merito e per decidere sull’impiego del ricavato della vendita, occorre convocare o una assemblea straordinaria in luglio o normale in ottobre. Si passa poi alle comunicazioni scientifiche. Il Dott. G. Carannante presentato dai soci D’Argenio e Ippolito presenta un lavoro dal titolo « Ricerche sedimentologiche sulla successione ciclotermica delVInfralias del Passo di Annunziata (M. di Venafro ) ». La dott. L. Sagristani, presentata dai soci D’Argenio e Ippolito presenta il lavoro dal titolo « Processi diagenetici precoci in calcari a diceratidi del cretacico dell’ Appennino campano ». Esaurito Fo.d.g., Ja seduta è tolta alle ore 18,45. — 422 — Verbale dell'adunanza del 29 ottobre 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: ff. A. Rodriquez Il giorno 29 ottobre 1971 alle ore 17, nell’aula dell’Istituto di Geologia, si è riunita l’Assemblea generale dei soci del Sodalizio. Sono presenti : Ippolito, Battaglini, Napoletano, Franciosa, Pierantoni, Tavernier, Taddei, Ciampo, Scandone, Torre, Abatino, Lucini, Vittozzi, De Simone, Palombi, D’Argenio, Rodriquez, De Cunzo, Civita, Vallario. Scusano l’assenza i soci Maccagno e Costantino. In assenza del Segretario Pescatore, il Presidente invita il socio Rodriquez a svolgere le funzioni e a leggere il verbale della seduta precedente che l’Assemblea approva all’unanimità. Il Presidente si associa a titolo personale e di tutto il sodalizio al dolore dei soci De Castro, Moncharmont Zei e De Cunzo per i gravi lutti che hanno colpito le rispettive famiglie. Il Presidente comunica di aver richiesto alla Tipografia Genovese di consegnare gli estratti dei lavori presentati entro pochi giorni dal licenziamento delle bozze col « si stampi » e che la tipografia ha accettato, con un piccolo aggravio delle spese per gli estratti. Per quanto riguarda poi i lavori da eseguire nella sede sociale il Presidente comunica che essi procedono con notevole lentezza ; comunica, inoltre, che il nuovo Statuto della Società, approvato dagli uffici della Presidenza della Repubblica con decreto N. 664 del 27-5-1971, è stato pubblicate dalla G.U. N. 221 e perciò è operante fin dalla data del 2-9-71. Per il Regolamento, invece, sono stati fatti dalla Direzione Generale delle Accademie e Biblioteche del Ministero della P.I. alcuni rilivi sugli articoli 5, riguardante il rinnovo delle cariche sociali, 20, riguardante i bilanci, 21, riguardante i revisori dei conti e 23, riguardante il personale di Segreteria non socio. 11 Presidente propone una nuova stesura di detti articoli che vengono letti ed ap¬ provati all’unanimità nella seguente forma: Articolo 5. - Allo scadere del biennio dall’approvazione dello Statuto che limita a due anni il periodo di permanenza nelle cariche sociali, il rinnovo di queste avverrà mediante schede nelle quali sono elencate le cariche da ricoprire. Ciascun socio votante segnerà : in corrispondente all’indicazione di ciascuna carica, il nome del socio designato. Tali schede saranno consegnate al Presidente del seggio elettorale il quale sarà assistito da due soci scrutatori tutti nominati, seduta stante. dall’Assemblea dei soci. Alla fine delle votazioni sarà redatto regolare verbale, sottoscritto dal Presidente del seggio, che sarà consegnato assieme alla scheda, al Presidente della Società. L’Assemblea generale dei soci per il rinnovo delle cariche sociali è convocata, preferibilmente, nel mese di aprile. Articolo 20. - La Società terrà un’assemblea nell’ultimo bimestre dell’anno so¬ ciale per l’approvazione del bilancio preventivo per Fanno successivo. In tale bilancio verrà determinato dal Consiglio direttivo l’eventuale ammontare e il numero dei premi che saranno posti a concorso entro l’anno a norma dell’art. 2 dello statuto. La società terrà, inoltre, entro i primi due mesi dell’anno sociale, un’Assemblea — 423 — generale nella quale il Presidente, dopo aver riferito sull’attività della Società nel¬ l’anno precedente, sottoporrà ai soci, per l’approvazione, il conto consuntivo del decorso anno. Articolo 21. - Il Collegio dei revisori dei conti, di cui all’art. 19 ■ II comma - dello Statuto, è composto di due membri effettivi e di uno supplente, tutti nominati, per un anno, dall’Assemblea generale nell’ultimo bimestre di ciascun anno. I revisori effettivi vigilano anche singolarmente sulla gestione amministrativa e sull’osservanza dello Statuto; esaminano il bilancio preventivo e il conto consuntivo e ne riferiscono collegialmente per iscritto all’Assemblea ; assistono alle adunanze del Consiglio direttivo. Art. 23. - Il Consiglio nominerà persona estranea alla società per coadiuvare il Segretario ed il Bibliotecario nel lavoro materiale e per la vigilanza della biblio¬ teca nelle ore in cui questa resterà aperta e :.ie stabilirà la retribuzione e tanto secondo il regolamento approvato dall’Assemblea generale, ai sensi dell’art. 24 dello Statuto approvato con D.P.R. 27-5-71 n. 664. Viene, altresì, letto ed approvato all’unanimità, il seguente Regolamento organico: A. unico. Ai sensi dell’art. 24 dello Statuto ed in ottemperanza al disposto dell’art. 23 del Regolamento interno approvato dall’Assemblea generale dei soci nell’adunanza del 29 ottobre 1971, la Società dei Naturalisti in Napoli è aperta ai soci nel pomeriggio di almeno due giorni della settimana ed in tali giorni la Biblioteca è accessibile anche agli studiosi che ne volessero usufruire. Per coadiuvare il Segretario ed il Bibliotecario nel lavoro materiale e per la vigilanza, il Consiglio direttivo affiderà l’incarico ad una persona estranea alla Società, alla quale sarà assegnata una retribuzione in relazione al servizio prestato ed alla disponibilità del bilancio. Orario di servizio e retribuzione saranno stabiliti dal Consiglio direttivo ed il Segretario vigilerà affinchè l’orario di servizio sia rispettato e le mansioni rego¬ larmente assolte. Vengono, quindi, presentate le dimissioni del Consiglio direttivo, in conside¬ razione del nuovo assetto che detto Consiglio viene ad assumere con l’entrata in vigore del nuovo Statuto. L’ Assemblea accetta le dimissioni ; il Consiglio direttivo resta in carica per l’ordinaria amministrazione fino all’insediamento del nuovo Consiglio. II Presidente, a nome del Consiglio direttivo, propone all’Assemblea la deca¬ denza dei soci Devoto e Saraceno per morosità : l’Assemblea approva. Si passa, poi, alla approvazione delle domande di ammissione di nuovi soc; il cui elenco qui di seguito riportato, era già stato comunicato insieme all’indica¬ zione dei soci presentatori : Dott. Ariani Antonio Prof. Capasso Giuseppe Dott. Carannante Gabriele Prof. Chieffi Giovanni Dott. Coppola Luigi Dott. Graverò Ernesto Dott. Damiani Alfonso Vittorio presentato dai soci Battaglini e Palombi » » » Parascandola e D’Argenio » » » Pescatore e Abatino » » » Battaglini e Palombi » » » Vallano e Abatino » » » Pescatore e Sgrosso » » » Pescatore e Abatino — 424 Dott. De Stasio Laura Maria presentato dai soci Abatino t ; Rodriquez Dott. Di Nocera Silvio » » » Torre e Pescatore Prof. Di Stefano Mario » » » Palombi e Abatino Prof. Esposito Pasquale » » » D’Argenio e Pescatore Dott. Fimiani Pellegrino » » » Palombi e Abatino Dott. Landi Aldo » » » Palombi e Rodriquez Dott. Lapegna Ulisse » » » Tavernier e Abatino Prof. La Rotonda Maria I. » » » Covello e Piscopo Prof. Lavorato Giovanni » » » Parascandola e D’Argenio Prof. Lorica Giampiero » » » Parascandola e D’Argenio Dott. Manna Fedele » » » Covello e Vallano Dott. Merenda Luigi » » » D’Argenio e Abatino Dott. Micieli de Biase Leandro » » » Palombi e Rodriquez Dott. Ortolani Francesco » » » Sgrosso e Scandone Prof. Parisi Giovanni » » » Battaglini e Pescatore Dott. Piciocchi Alfonso » » » Pescatore e V aliano Dott. Pinna Eros » » » Casertano e Gasparini Prof. Priore Rosa » » » Palombi e Abatino Dott. Russo Luigi Filippo » » » Palombi e Rodriquez Prof. Schettino Oreste » » » Covello e Piscopo Dott. Simoni Lucia » » » Tavernier e Abatino Prof. Totàro Aloj Eugenia » » » Battaglini e Pescatore Prof. Tremblay Ermenegildo » » » Palombi e Rodriguez Prof. Viggiani Gennaro » » » Palombi < e Abatino 1 1 Presidente propone di votare complessivamente, a scrutinio segreto, per tutti i nominativi, salvo il voto contrario di qualcuno dei presenti, nel qual caso si procederà alla votazione per ogni singolo nominativo. L’Assemblea accetta la proposta e si passa ai voti. Sono presenti N- 20 soci e tutti votano per Fammissione di tutti gli aspiranti. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. a) Il socio Ciampo presenta un lavoro dal titolo « Ostracodi pliopleistocenici dei dintorni di Calvello ( Potenza ) ». Chiede chiarimenti il socio Scandone. A questo punto intervengono alla riunione i soci G. Mazzarelli, I. Sgrosso, G. Bonardi, G. B. dè Medici, G. Napoleone. b) Il socio Abatino presenta ed illustra con diapositive una sua nota preli¬ minare dal titolo « Applicazione della Microsonda a raggi X alla Micropaleontologia ». Chiedono chiarimenti i soci D’Argenio, Vittozzi e Napoletano. c) In assenza del socio U. Crescenti, il Segretario ff. legge il riassunto del lavoro: « Sul Pliocene italiano ; problemi di cronostratigrafia ». Il lavoro resterà a disposizione dei soci per il tempo previsto dal Regolamento. Esaurito, Fo.d.g., la seduta è tolta alle ore 19. 425 Verbale dell'adunanza del 3 dicembre 1971 Presidente : A Palombi Segretario: T. Pescatore Il giorno 3 dicembre 1971, alle ore 17,15, nell’aula dell’Istituto di Geologia, si è riunita l’Assemblea generale dei soci del sodalizio. Sono presenti i soci: Palombi, P. De Castro, Napoletano, De Simone, Vittozzi, Pierantoni, Tavernier, Pescatore, M. G. De Castro, Ciampo, Ricchetti, Gustato, Scotto di Carlo, Graverò, Torre, Carannante, Parisi, M. Moncharmont Zei, Rodriquez, De Stasio, Sgrosso, Ortolani, Chieffi, Vallano, dè Medici, Battaglini, D’Argenio, Bonardi, De Capoa, Cocco, Vig- giani, Fimiani, Esposito, Franciosa, Simoni, Abatino, Lorica, Lavorato, Lapegna, Tremblay, Russo, Priore, Boni, Sagristani, Landi e Piciocchi. Scusa l’assenza il socio Costantino. Il Presidente dà il benvenuto ai nuovi soci e comunica loro che potranno ricevere il voi. 79 del Bollettino e la parte I del volume delle Memorie previo pagamento della quota sociale per l'anno 1971. Il Presidente legge, quindi, il bilancio preventivo per il 1972 L’Assemblea approva all’unanimità. Il Presidente fa presente che sono pervenute otto domande di ammissione. Dato che il Consiglio direttivo è dimissionario, l’Assemblea è direttamente investita della questione. Si procede, quindi, alla votazione se discutere o meno l’ammissione di nuovi soci. Sono favorevoli 43 soci, ] contrario, 2 astenuti. Il Presidente legge i nomi degli aspiranti soci e dei loro presentatori. Essi sono : 1) Maria Boni 2) Raimondo Catalano 3) Vincenza Delfino 4) Giovanni Galiano 5) Giuliana Percuoco 6) Cesare Roda 7) Luisa Sagristani 3) Samuele Sartoni presentato dai soci » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » » Ippolito e Vallano Pescatore e D’Argenio De Simone e Palombi D’Argenio e Pescatore Battaglini e Pescatore Pescatore e Vallano D’Argenio e Tavernier D’Argenio e Pescatore Si passa, poi, alla votazione per l’ammissione di questi aspiranti soci. Tutti sono ammessi all’unanimità. Si passa, quindi, alla costituzione del seggio elettorale per l’elezione del nuovo Consiglio direttivo. Su proposta del Presidente vengono eletti il socio P. De Castro in qualità di Presidente ed i soci Parisi e De Simone come scrutatori. Mentre questi soci preparano il seggio vengono discusse le comunicazioni scien¬ tifiche che sono : a) G. Parisi e S. De Mitri : Pigmenti oculari in Drosophila Melanogaster. b) G. Ricchetti : Sulla presenza di Rhapydionina liburnica nei calcari cretacici della penisola Salentina. c) P. De Castro: Osservazioni su Archaias lata ( Luperto Sinni). — 426 — d) A. Tavernier Lapegna : Ricerche palinolo giche nella successione Mesozoica del gruppo del Pollino. e) L. Sicardi : I crateri nell’isola di Vulcano nel 111 e II secolo a.C . Esaurite le comunicazioni scientifiche si dà inizio alle votazioni per il nuovo Consiglio direttivo. Tali votazioni, a norma dello Statuto, vengono svolte a scrutinio segreto. Terminate le operazioni di voto e lo spoglio delle schede, il Presidente del seggio, dopo aver effettuati i dovuti controlli, annuncia la composizione del Consiglio direttivo neo-eletto : Presidente: A. Palombi Vice-Presidente : P. De Castro Segretario: A. Rodriquez Vice-Segertario : B. De Simone Tesoriere: P. Vittozzi Bibliotecario : L. Brancaccio Redattore delle pubblicazioni : S- Di Nocera Consiglieri: P. Gasparini, F. Tppolito, T. Pescatore e B. Scotto di Carlo. Il Presidente, infine, ricorda ai soci che la seduta di dicembre si terrà il giorno 17 e che pertanto, i titoli delle comunicazioni da presentare in tale seduta debbono pervenire alla Segreteria entro il 6-XII-71. Esaurito l’o.d.g. la seduta è tolta alle ore 19.40. Verbale del seggio Il giorno 3-12-1971, alle ore 17,30, nell’aula A dell’Istituto di Geologia del l’Università di Napoli, il Presidente ha costituito il seggio elettorale per le votazioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo, come segue : Presidente del seggio : Piero De Castro Scrutatori : Giovanni Parisi e Bruno De Simone. Alle ore 18,00 il Presidente del seggio dà inizio alle operazioni di voto che sono procedute senza inconvenienti ed in perfetta normalità sino alle ore 19,30. Chiusa la votazione, si è proceduto allo spoglio delle schede con i seguenti risultati : Presenti : 46 Votanti 45 (per l’assenza di uno dei soci) Maggioranza 23 Schede bianche 0. Presidente : A. Palombi voti 39; B. D’Argenic voti 2; P. Vittozzi voti 3. Vice-Presidente : De Castro voti 33; Vittozzi 11; Napoletano 1. Segretario: Rodriquez voti 33; Brancaccio 7; Pescatore 2; Vittozzi 1; De Castro 1 ; Abatino 1. Vice-Segretario : De Simone voti 25 ; Abatino 8 ; Dè Medici 8 ; Brancaccio 2 ; Lirer 1 ; Rodriquez 1. Tesoriere : Vittozzi voti 27; Pierantoni 11; Napoletano 3; Dè Medici 3; Ippolito 1 . — 427 — Bibliotecario : Brancaccio voti 18; Battaglini 16; Ugo Moncharmont 4; De Simone 4 ; Gasparini 1 ; Pierantoni 1 ; Abatino 1 . Redattore : Di Nocera voti 25; Abatino 16; Vallarlo 2; Scotto di Carlo 1. Consiglieri : Ippolito voti 37 ; Pescatore 36 ; Gasparini 27 ; Scotto di Carlo 19; Battaglini 12; Napoletano 11; Ugo Moncharmont 10; D’Argenio 7; Monchar¬ mont Zei 6 ; Caputo 3 ; De Castro 2 ; Casertano 2 ; De Medici 1 ; Franco 1 ; Di Nocera 1 ; Rodriquez 1 ; Chieffi 1. Proceduto al controllo delle schede esse sono risultate in numero di 45, corri¬ spondenti alle persone votanti ed una in meno rispetto ai soci presenti in base alle firme apposte sul registro delle presenze. Il Presidente del Seggio proclama i seguenti risultati. Presidente: A. Palombi Vice-Presidente: P. De Castro Segretario: A. Rodriquez Vice-Segretario: B. De Simone Tesoriere : P. Vittozzi Bibliotecario: S. Di Nocera Consiglieri: F. Ippolito, T. Pescatore, P. Gasparini, B. Scotto di Carlo. Il Presidente del seggio : firmato Piero De Castro Gli scrutatori: firmato Giovanni Parisi, Bruno De Simone. Verbale dell'adunanza del 17 dicembre 1971 Presidente: A. Palombi Segretario: A. Rodriquez Il giorno 17 dicembre 1971, alle ore 17, nell’aula dell’Istituto di Geologia, largo S. Marcellino, 10, si è riunita, in seconda convocazione, l’Assemblea generale dei soci della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi. P. ile Castro, Pescatore, Corrado, De Simone, Rodriquez. Palombi, Lucini, Tavernier, Maccagno, Esposito, Boni, Lorica, Abatino, Schettino, La Rotonda. Scusa l’assenza il socio Costantino. Prima di dare lettura dell’o.d.g. il Presidente, a nome suo personale e degli altri componenti il Consiglio direttivo, ringrazia l’Assemblea dell’elezione del nuovo Consiglio direttivo della Società, dichiarando che spenderà le energie migliori per una sempre maggiore valorizzazione della Società, ed a tale scopo richiede la col laborazione non solo del Consiglio direttivo, ma dei soci tutti. Si passa, quindi, all’o.d.g. Il Presidente legge una lettera augurale pervenuta da parte del Direttore generale delle Accademie e Biblioteche. Il Presidente comunica, poi, le dimissioni del socio Vighi L., già presentate fin dal marzo 1970 ma mai pervenute. L’Assemblea, all’unanimità le accoglie. Per quanto riguarda la scaffalatura, il Presidente comunica che essa è stata spedita in ben 120 colli e per svincolarli è necessario pagare un dazio di circa L. 80.000, non essendo stato concesso l’esonero da tale tassa. Tale scaffalatura non potrà, per il momento, essere sistemata perchè, purtroppo — 428 — i lavori nella sede sociale vanno a rilento anche per un ulteriore aggravio nella situazione statica di quella parte dell’edificio. Si passa, quindi, alla nomina del collegio dei Revisori dei conti che, secondo il nuovo Regolamento, resteranno in carica un anno. All’unanimità vengono designati i soci G. Corrado, I. Sgrosso, e A. Tavernier Lapegna supplente. Si passa, poi, alle comunicazioni scientifiche. Il socio de Castro legge la nota del dott. F. Boenzi dal titolo « Aspetti geomor¬ fologici dell’area fra Matera e Ferrandina ( Lucania ) ». Il socio Pescatore legge la nota della dott.ssa D’Alessandro dal titolo « La mola- co fauna pliocenica di Cala Bianca ( Salerno ) ». Esaurito l’o.d.g., la seduta è tolta alle ore 18.30. Elenco dei soci al 31 dicembre 1071 con la data di ammissione 1) 28-3-920 2) 11-2-917 3) 11-4-920 1) 26-2-971 2) 28-3-963 3) 7-2-938 4) 29-10-971 5) 8-6-924 6) 30-1-959 7) 27-3-964 8) 31-5-968 9) 30-1-959 10) 31-5-968 11) 31-5-968 12) 30-12-960 13) 3-12-971 14) 28-2-969 15) 27-3-964 SOCI BENEMERITI Calxfano Luigi - Corso Vitt. Emanuele, 88 80122 Napoli Carrelli Antonio - Istituto di Fisica dell’Università - Via A. Tari 80138 Napoli Mazzarelli Gustavo - Via Luca Giordano, 16 - 80127 Napoli SOCI ORDINARI Abatino Elio - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/c - 80129 Napoli Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo- cannone, 8 - 80134 Napoli Augusti Selim - Via Cimarosa, 69 - 80127 Napoli Badolato Franco - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Lamagna Barbera Carmela - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Battaglini Pietro - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova Bonardi Glauco - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Bonardi de Capoa Paola Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Bonasia Vito - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 • 80138 Napoli Boni Maria - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Borgia Giulio Cesare - Geologo Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli — 430 — 16) 28-12-951 17) 29-10-971 18) 30-12-952 19) 27-3-964 20) 29-10-971 21) 31-5-968 22) 28-12-949 23) 28-12-949 24) 3-12-971 25) 28-2-969 26) 28-2-969 27) 29-10-971 28) 31-5-968 29) 31-5-968 30) 31-5-968 31) 31-5-968 32) 31-5-968 33) 29-10-971 34) 28-2-969 35) 30-5-938 36) 28-12-949 37) 28-12-932 38) 29-10-971 39) 28-3-963 40) 31-5-968 41) 26-1-949 42) 29-10-971 43) 30-1-959 44) 29-12-961 45) 31-5-968 46) 30-1-959 47) 3-12-971 48) 7-2-938 Capaldo Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli Gap asso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli Caputo Giuseppe - Piazza Medaglie d’Oro, 35 - 80129 Napoli Carannante Gabriele - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Carrara Eugenio - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università - Largo S. Marcellino, lU 80138 Napoli Casertano Lorenzo - Via Libertà, 67 - 80055 Portici Catalano Giuseppe - Via Luigia Sanfeliee, 5 - 80137 Napoli Catalano Raimondo - Istituto di Geologia dell’Università - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo Catenacci Vincenzo - Geologo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli Chieffi Giovanni - Istituto di Istologia ed Embriologia dell’Uni¬ versità - Via Mezzocannone, 8 80134 Napoli Ciampo Giuliano - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Ciaranfi Neri - Via Postiglione, 2/i 70126 Bari Cippitelli Giuseppe - Via Morandi, 2/c - 20097 S. Donato Milanese Civita Massimo - Via Posillipo, 272 - 80123 Napoli Cocco Ennio - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Coppola Luigi - Istituto di Geologia dell’Unversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Corrado Gennaro - Via Francesco Ierace, 5 - 80129 Napoli Costantino Giorgio - Via A. De Gasperi, 7 - 88100 Catanzaro Cotecchia Vincenzo - Corso Cavour, 2 - 70121 Bari Covello Mario - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli Graverò Ernesto - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Crescenti Uberto - Via Gioberti, 44 - 65100 - Pescara Crostella Angelo - Viale Cristoforo Colombo, c/o Petrosud - 65100 Pescara Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Meliini, 30 - 00193 Roma D’Argenio Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli De Castro Piero Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia della Università - Largo S. Marcellino, 10 80138 Napoli De Cunzo Teresa - Istituto di Geologia dell’Università Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli De Giovanni Percuoco Giuliana - Via Gemito, 16 - 80128 Napoli Della Ragione Gennaro - Via S. Pasquale a Chiaia, 29 - 80121 Napoli — 431 19) 30-1-959 50) 20-1-932 51) 3-12-971 52) 31-5-968 53) 31-5-968 54) 26-2-971 55) 29-10-971 56) 27-3-964 57) 30-12-960 58) 29-10-971 59) 29-10-971 60) 22-2-963 61) 29-10-971 62) 26-1-962 63) 28-2-969 64) 29-10-971 65) 29-1-961 66) 31-5-968 67) 28-2-969 68) 27-1-956 69) 18-12-959 70) 28-12-951 71) 3-10-971 72) 28-3-963 73) 29-12-961 74) 26-2-971 75) 28-3-963 76) 31-5-968 77) 28-3-963 78) 22-3-925 De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli de Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell’Università • Piazzale Tecchio - 80125 Napoli De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli De Stasio Laura Maria - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 80138 Napoli Dì Girolamo Pio - Viale Colli Aminei, Viale Letizia - 80131 Napoli Di Leo Lucia- Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli Di Nocera Silvio - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Di Stefano Mario - Via Libertà 2a trav. dx, 7 - 80055 Portici Dohrn Pietro - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli Esposito Pasquale - Parco Magnolie - 80013 Casalnuovo Fadda Giuseppe - Via Roma, 31 - 08015 Macomer (Nuoro) Fantetti Vincenzo - Via Checchia Rispoli, 176 - 71016 S. Severo (Foggia) Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria Facoltà di Agraria - 80055 Portici Fondi Mario - Istituto di Geografia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Foti Lidia - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Franciosa Nicola - Istituto di Edilizia - Facoltà di Architettura - Via Monteoliveto, 3 - 80134 Napoli Franco Domenico - Corso Umberto I, 137 - 82032 Cerreto San¬ nita ( Benevento) Franco Enrico - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Galgano Mario - Istituto di Istologia ed Embriologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Galiano Giovanni - Viale Mellusi, 40 c - 82100 Benevento Gasparini Paolo - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Goglia Oscar - Via Antonio Porpora, 19 - 80128 Napoli Gustato Gerardo - Via S. Matteo, 46 - 84014 Nocera Inferiore Guzzetta Giuseppe - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Honsell Edmondo - Via Carlo Antoni, 3 - 34100 Trieste Ietto Antonino - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli ImbÒ Giuseppe - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università Largo S. Marcellino, 10 • 80138 Napoli — 432 — 79) 30-12-936 80) 6-2-939 81) 14-6-945 82) 27-1-956 83; 29-10-971 84) 29-10-971 85) 28-2-969 86) 29-10-971 87) 29-10-971 88) 28-12-945 89) 31-5-968 90) 29-10-971 91) 28-12-945 92) 26-5-971 93) 31-5-968 94) 31-5-968 95) 22-2-963 96) 30-12-952 97) 4-2-923 98) 1-12-932 99) 27-1-956 100) 29-10-971 101) 28-12-949 102) 30-1-952 103) 29-10-971 104) 26-1-949 105) 28-12-956 106) 29-10-971 107) 28-12-949 108) ) 7-2-938 109) 27-11-947 Ippolito Felice - Istituto di Geologia dell’Università - Fargo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Jovene Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli) La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale deirUniversità - Via Androne, 81 - 95124 Catania Lambertini Diana - Istituto di Chimica Industriale dell’Univer¬ sità - Piazzale Tecchio, 80125 Napoli Landi Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli Lapegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80129 Napoli Lapegna Tavernier Amalia - Via G. Bonito, 27/E - 80129 Napoli La Rotonda Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pu- gliano ( Salerno) Lazzari Antonio - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Lirer Lucio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli Lorica Giampiero - Via Robertelli, 19 - 84100 Salerno Lucchese Elio - Via Piscille, 2/A - 06100 Perugia Lucini Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli Luongo Giuseppe - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Luperto Sinni Elena - Istituto di Geologia dell’Università - Palazzo Ateneo - 70100 Bari Maccagno Angiola Maria - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Maini P. Dante - Convento di Sangiuliano - 67100 L’Aquila Majo Andreotti Ester - Piazza S. Maria degli Angeli a Pizzo- falcone, 1 - 80132 Napoli Majo Ida - Via Monte di Dio, 74 ■ 80132 Napoli Mancini Fiorenzo - Piazzale delle Cascine, 15 - 16133 Firenze Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Maranelli Adolfo - Via Michelangelo da Caravaggio, 76 - 80126 Napoli Mencia Luigi - Ingegneria Sanitaria - Facoltà di Ingegneria Piazzale Tecchio - 80125 Napoli Merenda Luigi - Via Europa, 2 - 80047 S. Giuseppe Vesuviano Merola Aldo - Orto Botanico - Via Feria, 223 - 80139 Napoli Mezzetti Bambagioni Valeria - Via Merulana, 61/A - 00185 Roma Micieli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma Moncharmont Ugo - Via Aniello Falcone, 88 - 80127 Napoli Mon charmant Zei Maria - Istituto di Paleontologia dell’Università Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli — 433 — 110) 30-12-960 111) 30-12-960 112) 2-5-931 113) 31-5-968 114) 27-11-947 115) 26-1-949 116) 30-12-960 117) 31-5-968 118) 27-11-947 119) 29-10-971 120) 30-12-960 121) 31-12-922 122) 28-3-963 123) 28-12-945 124) 28-2-969 125) 31-12-922 126) 30-12-960 127) 2-5-931 128) 29-10-971 129) 31-12-928 130) 22-12-954 131) 27-12-957 132) 29-12-961 133) 31-1-951 134) 29-10-971 135) 28-12-951 136) 31-5-968 137) 29-10-971 138) 18-12-959 139) 29-10-971 140) 28-12-956 141) 30-12-960 142) 28-2-969 Mondelli Giosafatte - Istituto di Chimica Industriale - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli Montagna Raffaele - Via Domenico Fontana, 27 - 80128 Napoli Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma Napoleone Giovanni - Osservatorio Vesuviano - 80056 Ercolano Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 80127 Napoli Nicotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli Oliveri del Castillo Alessandro - Istituto di Fisica Terrestre delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Onesto Emma - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli OrrÙ Antonietta - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Ortolani Francesco - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Pacella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli Palombi Arturo Via Carducci, 19 - 80121 Napoli Palumbo Antonino - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Pannain Papocchia Lea - Via Carducci, 29 - 80121 Napoli Paoletti Alfredo - Istituto d’igiene - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 16 - 80134 Napoli Parascandola Antonio - I Viale Melina, 18 - 80055 Portici Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto Parenzan Pietro - Via Roma, 12 - 74100 Taranto Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Pasquini Pasquale - Via Cimarosa, 18 - 00198 Roma Pellegrini Oreste - Piazzetta Arenella, 7 - 80128 Napoli Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì) Pescatore Tullio - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Pescione Messina Adelia - Via Nevio, 102 B - 80122 Napoli Piciocchi Alfonso Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli Pierantoni Angiolo - Galleria Umberto I, 27 - 80132 Napoli Pieri Piero - Traversa Corso Sicilia, 379/46 - 70126 Bari Pinna Eros - Via Celimi, 32 80055 Portici Piscopo Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agra ria - 80055 Portici Quagliariello Teresa - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Radina Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - 70100 Bari Radoicic Raika - Geoloski Paleont. Zavod - Belgrado 28 — 434 — 143) 27-3-964 144) 31-5-968 145) 28-12-949 146) 3-12-971 147) 16-12-923 148) 27-3-964 149) 27-12-957 150) 27-11-947 151) 29-10-971 152) 3-12-971 153) 31-5-968 154) 3-12-971 155) 28-3-963 156) 18-12-959 157) 30-12-941 158) 29-10-971 159) 27-3-964 160) 27-3-964 161) 31-1-951 162) 28-3-963 163) 26-1-949 164) 29-10-971 165) 31-1-951 166) 30-12-960 167) 31-5-968 168) 31-5-968 169) 31-5-968 170) 26-3-942 171) 29-4-923 172) 31-5-968 Rapolla Antonio - Istituto di Fisica Terrestre dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Ricchetti Giustino - Istituto di Geologia dell’Università - 70100 Bari Rippa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli Roda Cesare CNR - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza) Rodio Gaetano - Via Guarnieri, 63 - 70010 Locorotondo (Bari) Rodriquez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli Romano Giuseppe - Via Broggia, 11 - 80135 Napoli Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici Sagrestani Luisa Via Maianiello, 20 - 80065 Sant’Agnello Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli Sartori Samuele - Via Brigate Partigiane, 4 - 40134 Bologna. Scandone Paolo - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Scarsella Francesco - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Scherillo Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Scorziello Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Scotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica . Villa Comunale - 80121 Napoli Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di Ingegneria - 80125 Napoli Sgrosso Italo - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Sicardi Ludovico - Casella Postale 56 - 18038 San Remo (Via Duca degli Abruzzi, 33 - 18038 San Remo) Simoni Lucia - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Sinnq Renato - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli Sorrentino Pappalardo Albina Via S. Giovanni Bosco - 33028 Tolmezzo Stanzione Damiano - Via S. Maria a Cubito, 2 - 80145 Napoli Taddei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli Torelli Beatrice - Via Luca da Penne, 3 - 80122 Napoli Torre Mario - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli — 435 — 173) 29-12-961 174) 29-10-971 175) 19-10-971 176) 30-1-952 177) 31-5-968 178) 29-12-961 179) 29-10-971 180) 16-3-924 181) 30-12-960 182) 26-1-949 Torre Zamparelli Valeria - Istituto di Geologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli TotÀro Aloj Eugenia - Viale Maria Cristina di Savoia, 18/d - 80122 Napoli Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici Trotta Michele - Via Michele Conforti, 13 - 84100 Salerno Valduga Adriano - Istituto di Geologia dell’Università - 70100 Bari Vallario Antonio - Via A, M. di Francia, 9 - 80131 Napoli Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici Viggiani Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli Vitagliano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli V ittozzi Pio - Via Battistello Caracciolo, 93 - 80136 Napoli istituzioni itaìiane con le quali la Società scambia le pubblicazioni Acireale. Accademia di Scienze, Lettere e Belle Arti Bologna. Accademia delle Scienze — Istituto di Entomologia delFUniversità Brescia. Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti Catania. Accademia Gioenia di Scienze Naturali — Istituto di Botanica - Orto Botanico delFUniversità Ercolano. Osservatorio Vesuviano Ferrara. Accademia delle Scienze Firenze. Società Botanica Italiana — Istituto Sperimentale per la Zoologia Agraria — Società Italiana di Antropologia ed Etnologia — Istituto Geografico Militare Genova. Società Entomologica Italiana — Museo Civico di Storia Naturale « Giacomo Boria » — Istituto di Zoologia delFUniversità — Accademia Ligure di Scienze e Lettere Messina. Società Peloritana di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali Milano. Società Italiana di Scienze Naturali e Museo Civico di Storia Naturale — Istituto di Zoologia Agraria e Bachicoltura — Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere Modena. Società dei Naturalisti e Matematici Napoli. Istituto e Orto Botanico delFUniversità — Stazione Zoologica — Istituto di Zoologia delFUniversità — Società di Scienze, Lettere e Arti — Società Italiana di Biologia Sperimentale — Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria — 438 — Portici. Laboratorio di Entomologia Agraria « Filippo Silvestri » — - Facoltà di Scienze Agrarie dell’Università Pavia. Istituto Botanico « G. Briosi » Pisa. Società Toscana di Scienze Naturali Roma. Servizio Geologico d’Italia. — Biologia Coloniale — - Società Geografica Italiana — Istituto di Mineralogia e Petrografia dell’Università — Istituto Nazionale di Entomologia Sassari. Istituto di Entomologia Agraria Torino. Accademia delle Scienze — Istituto e Museo di Zoologia Trento. Museo Tridentino di Scienze Naturali Trieste. Società Adriatica di Scienze — Museo Civico di Storia Naturale Venezia. Società Veneziana di Storia Naturale e Museo Civico — Ateneo Veneto — Istituto di Biologia del Mare Verona. Museo Civico di Storia Naturale — Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere Indirizzi delle istituzioni straniere con le quali avviene lo scambio EUROPA AUSTRIA Graz, Naturwissenschaftlichen Verein fiir Steiermark Wien. Naturhistorische Museum — Vehrandlungen Zoclogische Botanische Gesellschaft BELGIO Bruxelles. Institut Royal des Sciences Naturelles de Belgique — Société Royale Zoologique de Belgique Louvain. Biblioteque do lTnstitut J B. Carnoy BULGARIA Sofia. Biblioteque de TAcademie des Sciences de Bulgarie CECOSLOVACCHIA Bratislava, Acta rerum naturalium Musei Nationalis Slovaci Brno Kotlarska, Faculty of Sciences Praha I. Cekolovenska Akademie ved Zakladni Knihovna Praha IL Narodni Museum Entomologieke Addeleni FINLANDIA Helsingfors. Societas Pro Fauna et Flora Fennica — Societas Biologica Fennica Vanamo FRANCIA Nantes. Société des Sciences Naturelles de FOuest de la France Nizza. Associations des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritimes Paris. Société Zoologique de France — Museum National de Histoire Naturelle GERMANIA Bonn. Deckeniana - An den Naturhistorischen Vereins der Rheinlande und Westfalens Frankfurt. Senckenbergische Naturforschende Gesellschaft Giessen / Lahn. Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur und Heilkunde zu Giessen Hall / Saale. Deutschen Akademie der Naturforscher Leopoldina — 440 Rostock. Verein der Freund der Naturgeschichte in Mecklenburg Botanisches Institut der Università! Tutzing B/Munchen. Entomologisches Arbeiten Museum G. Frey INGHILTERRA Cambridge. Cambridge Philosophical Society Plymouth. Marine Biclogical Association of thè United Kingdom OLANDA Amsterdam. Nederlandse Akademie van Wetenschappen POLONIA Lublin. Universitatis Marie Curie Slodowska Varsavie. Academie Polonaise des Sciences Institut d’Ecologie Warszawa. Société Botanique PORTOGALLO Coimbra, Museu e Laboratorio Zoologico de la Universidad de Coimbra — Sociedade Broteriana de FUniversidade de Coimbra - Instituto Botanico (Uni- versidade) Porto. Biblioteca Museo e Laboratorio de Mineralogia e Instituto de Zoologia « Dr. Augusto Nobre », Universidade do Porto. SPAGNA Barcelona. Institut d'Estudis Catalans — Istituto di Biologia Aplicada Universidad Madrid. Instituto Botanico de Universidad Jardin Botanico — R. Sociedad Espanòla de Historia Naturai SVEZIA Lund. Acta Universitatis Lundensis Stockholm. Naturhistoriska Riksmuseet - Entomologiska Avdelningen Biblioteket Stockholm — Academie R. des Sciences Uppsala. Geological Insti tutions of thè University UNGHERIA Budapest. Musei Nationalis Hungarici - Természettudomàny Mùzeum Konyvtara AFRICA EGITTO Le Cairo. Société Entomologique d’Egypte MOZAMBICO Mocambique. Instituto de Investigalo Cientifica de Mo^ambique MANDOCA Windhoek (S. W. AFRICA). Madoqua - Nature Conservation and Tourism — 441 — AMERICA DEL NORD CANADA' Halifax. The Nova Scotian Institut of Sciences STATI UNITI Berkeley. Serials Department - University of California Cincinnati. The Lloyd Library and Museum Columbus. The Ohio Journal of Science Lancaster. Biologica! Bulletin Los Angeles. University of Southern California - Hancock of Biology and Ocea- nography — California Insect. Survey - Serial Department University Resarch Madison. The Wisconsin Academy of Sciences Arts and Letters St. Louis. Missouri Botanical Garden — Academy of Science St. Paul. The University of Minnesota Agricultur - Experiment Station Urbana. University of Illinois. Serial Department Washington. Smithsonian Institution — U. S. Department of Agriculture — United States Geological Survey Woods Hole. Marine Biological Laboratory AMERICA CENTRALE MESSICO Mexico. Instituto de Biologia — Instituto de Geologia AMERICA MERIDIONALE ARGENTINA Buenos Aires. Museo Argentino de Ciencias Naturales « Bernardino Rivadavi* » — Sociedad Cientifica Argentina PARAGUAI Assuncion. Sociedad Cientifica del Paraguay . Cenni storici sulla Società dei Naturalisti in Napoli Nel novembre del 1881, un esiguo gruppo di giovani naturalisti, studenti universitari, gettò le basi dell’attuale Società dei Naturalisti istituendo il Circolo degli aspiranti naturalisti con lo scopo di allargare e completare specialmente con escursioni e conferenze scientifiche, l’educazione teorica dei giovani naturalisti» Il Circolo, in pochi anni, crebbe prospero e promettente, tanto da poter pubblicare, nel 1885, la Rivista italiana di Scienze naturali nella quale, oltre a passare in rasse¬ gna i lavori italiani che venivano pubblicati nei diversi rami delle Scienze naturali, erano inseriti brevi lavori originali dei soci. Raggiunto così un maggiore sviluppo, anche economico, l’Asso¬ ciazione, senza discostarsi dal suo indirizzo, si denominò, nel 1887, Società dei Naturalisti in Napoli e trasformò la Rivista in Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli che, alla fine del corrente anno, e cioè al compimento del 90° anno di vita del Sodalizio, conterà ben 80 volumi contenenti lavori originali dei soci sui più svariati argomenti delle scienze della natura. Una nuova serie di pubblicazioni dal titolo Memorie ha avuto inizio nel 1970. Di formato maggiore e con composizione tipografica diversa, le Memorie, che del Bollettino rappresentano il supplemento, raccol¬ gono lavori originali intesi ad illustrare, sotto profili diversi, un medesimo argomento di vasto respiro o riferentesi ad un unico obbiettivo. Il Bollettino e così pure le Memorie vengono scambiati con le pubblicazioni periodiche di numerosi Istituti scientifici ed Accademie italiane e straniere. In relazione a questi scambi ed alle donazioni di alcuni affezionati soci, la Società possiede un importante patrimonio bibliografico ricco di molte migliaia di volumi comprendenti numerosi periodici, notevoli opere ed una consistente collezione di opuscoli e memorie. Complessivamente, la consistenza tra periodici ed opuscoli, ascende a circa 16.000 volumi. La Società, sistemata in decorosi locali 444 — dell’edificio universitario, è aperta al pubblico che, pertanto, può usu¬ fruire della ricca biblioteca. Eretta in Ente morale con R. D. 16 luglio 1914 n. 774, la Società ebbe, dal 1927 al 1936, un periodo floridissimo dovuto alla cospicua eredità De Mellis, discendente di Filippo Cavolini, illustre biologo napoletano, al quale la Società, nel 1910, tributò solenni onoranze sia pubblicando un grosso volume comprendente per intero tutte le Sue opere, sia apponendo sulla facciata della casa nella quale questo illustre scien¬ ziato aveva condotto gli studi, una lapide, sia facendo intotolare al Suo nome una via di Napoli. Le rendite della cospicua eredità erano, per testamento, devolute in borse di studio per studenti, in premi di incoraggiamento per dottori in scienze, in aiuti finanziari per pubblicazioni e tali disposizioni testa¬ mentarie furono scrupolosamente rispettate fino al 1936 allorché i beni ereditati furono convertiti in titoli di Stato. Le disastrose conseguenze di tale conversione sono facilmente intuibili. La Società oggi svolge la sua notevole attività scientifica col con¬ tributo finanziario dei soci in numero illimitato, distinti in soci bene¬ meriti e soci ordinari, e col concorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Pubblica Istruzione, del Consiglio Nazionale delle Ricerche, del Banco di Napoli, dell’Università di Napoli e di qualche altro benemerito Ente. Fra i soci, che il nuovo Statuto, recentemente approvato (D.P.R. 25 maggio 1971 n. 664) ha reso illimitato, si annoverano molti professori universitari, docenti degli Istituti superiori e di Scuole secondarie ed altri studiosi di discipline naturalistiche. Lungo sarebbe l’elenco dei soci illustri che hanno nel tempo onorato la Società con la loro appartenenza. Si ricorda soltanto qualche nome: Stanislao Cannizzaro, Giuseppe Di Lorenzo, An¬ tonio Dohrn, Luigi Palmieri, Francesco Giordani, Arcangelo Scacchi, Antonio Stoppani, Ferruccio Zambonini. Antonino Anile e Quintino Sella, oltre ad essere naturalisti, furono anche eminenti uomini di Stato. Mentre con l’attività scientifica dei soci, con escursioni, conferenze e discussioni nei diversi rami di studio, la Società esplica il suo compito principale, concorrendo al progresso delle discipline naturalistiche, essa non resta indifferente a tutte le questioni che si agitano nel campo della cultura nazionale, o che riflettono problemi dell’Italia meridionale, o che toccano gli interessi delle istituzioni scientifiche napoletane come fanno fede, tra l’altro, gli studi, le relazioni, i voti, le proposte fatte a — 445 — proposito della riforma della Scuola secondaria, della riforma degli studi di Geografia nelle Facoltà universitarie, delle sorti dell’Osservatorio vesu¬ viano, della fondazione del Giardino alpino di Montevergine, del peri¬ colo che correvano le importantissime specie di piante della Floridiana, dell’Osservatorio magnetico di Pola, della Stazione Zoologica di Napoli, degli studi sui Campi Flegrei, dell’Osservatorio biologico del Lago Fu¬ gare, del Serapeo di Pozzuoli, del bradisismo flegreo. Oltre alle onoranze a Filippo Cavolini, già ricordato, la Società ha partecipato alla commemorazione di Ulisse Aldrovandi, all’inau¬ gurazione del monumento a Salvatore Trinchese che circondò di affetto paterno i giovani soci dimostrando la sua benevolenza con l’affidare ad essi, per la stampa, la prima nota pubblicata nella '( Rivista », alle onoranze a Giovanni Lamarck, a Michele Tenore, ad Antonio Dohrn, ad Antonino Borzì, a Giovambattista Grassi, ad Agostino Oglialoro. La Società ha promosso ancora onoranze ad Antonio e Paolo Della Valle al nome dei quali istituì un premio triennale di mor¬ fologia animale, recentemente, a Francesco Scarsella al quale ha dedicato un volume delle Memorie ed ha, infine, partecipato ad altre molteplici attività quali Convegni e Congressi con la partecipazione di propri delegati. STATUTO Art. 1. — La Società dei Naturalisti con sede in Napoli, ha per scopo la diffusione delle Scienze naturali e ne incoraggia lo studio. Art. 2. — Per conseguire i suoi scopi la Società promuove pub¬ blicazioni, conferenze, riunioni periodiche ; organizza escursioni ; confe¬ risce premi di incoraggiamento a studiosi e a studenti. Art. 3. — La Società è costituita da soci ordinari e da soci benemeriti, in numero illimitato. Art. 4. — Possono essere nominati soci ordinari tutti i cultori delle scienze naturali nonché le Istituzioni con interessi naturalistici. Possono essere nominati soci benemeriti quei cultori delle scienze natu¬ rali che, avendo contribuito con donazioni e sussidi alla vita economica della Società, o avendone favorito le attività culturali, abbiano bene meritato dalla Società. I soci che ininterrottamente appartengono al Sodalizio da 50 anni, passano nella categoria dei soci benemeriti. Ad essi non è richiesto alcun contributo. Art. 5. — Le nomine dei nuovi soci sono fatte dall’Assemblea generale in base a proposte presentate da almeno due soci al Consiglio direttivo e da questo preventivamente esaminate ed accettate. Art. 6. — Tutti i soci hanno diritto di partecipare alle attività della Società e di ricevere le pubblicazioni sociali. Art. 7. — La Società è retta ed amministrata da un Consiglio direttivo composto di un Presidente, un Vice presidente, un Segretario, un Vice segretario, un Tesoriere, un Bibliotecario, un Redattore delle pubblicazioni e quattro Consiglieri eletti dall’Assemblea dei soci. — 447 I membri del Consiglio direttivo durano in carico un biennio e possono essere rieletti. Le nomine del Presidente e del Vice presidente sono comunicate al Ministero della Pubblica Istruzione. Art. 8. — Il Presidente rappresenta legalmente la Società ; ne presiede i lavori, convoca e dirige le sedute del Consiglio direttivo, delle Assemblee generali, delle adunanze ordinarie e delle riunioni straordi¬ narie e ne fa eseguire le deliberazioni ; ordina le riscossioni e i paga¬ menti ; firma gli atti ufficiali. In caso di assenza o di impedimento, è supplito dal Vice presidente. Art. 9. — Il Vice presidente ha tutte le prerogative e i doveri del Presidente se questi è assente o nella impossibilità di esercitare la sua carica. Art. 10. — Il Segretario redige i verbali delle tornate sociali e delle sedute del Consiglio direttivo, controfirma i medesimi, tiene la corrispondenza e cura il servizio di segreteria. Art. 11. — Il Vice segretario fa le veci del Segretario se questi è assente o impossibilitato ad intervenire, lo aiuta nelle sue mansioni per la maggiore regolarità nello svolgimento dell’attività della segreteria. Art. 12. — Il Tesoriere cura la riscossione delle quote sociali firmandone le ricevute, provvede al versamento di ogni introito di de¬ naro sul conto corrente bancario nonché alla custodia dei libretti di assegni dei conti correnti bancario e postale intestati alla Società, tiene i registri di entrata e di uscita, redige i bilanci consuntivi e preventivi da presentare al Consiglio direttivo. Art. 13. — Al Presidente ed al Tesoriere è demandata la firma congiunta dei conti correnti intestati alla Società. Art. 14. — Il Bibliotecario registra le pubblicazioni in arrivo, dando ad esse il numero d’inventario e procede alla schedatura ed alla loro collocazione nella Biblioteca. Inoltre, in collaborazione col Segre¬ tario, provvede ad incrementare gli scambi con altre Istituzioni scienti¬ fiche italiane e straniere ed a curare le eventuali relazioni riguardanti la biblioteca. — 448 — Art. 15. — Il Redattore delle pubblicazioni cura, secondo le nor¬ me stabilite, la stampa dei lavori comunicati nelle riunioni, seguendo, in linea di massima bordine cronologico di presentazione ; provvede alla stampa dei verbali delle tornate, dell’elenco aggiornato dei soci, nonché, almeno ogni triennio, dell’elenco dei periodici che giungono in cambio delle pubblicazioni della Società. Art. 16. — Il Consiglio direttivo sovraintende alla vita e alla ordinaria amministrazione della Società e ne cura le pubblicazioni e le manifestazioni. Esamina i bilanci consuntivo e preventivo re¬ datti dal Tesoriere e li presenta annualmente ai Revisori dei conti per la relazione all’Assemblea per l’approvazione. Art. 17. — La Società tiene assemblee generali, adunanze ordi¬ narie e riunioni straordinarie. Le assemblee generali e le adunanze ordinarie sono tenute nell’epoca e con le norme che saranno stabilite dal regolamento interno. Le assemblee generali sono convocate per ascoltare la relazione del Presidente sull’attività svolta dalla Società nell’anno precedente ; per discutere e votare i bilanci ; per le elezioni del Consiglio direttivo ; per l'ammissione di nuovi soci ; per l’acquisto o l’alienazione di beni e l’impiego delle somme ricavate ; per deliberare le eventuali proposte di modificazione dello Statuto e del Regolamento. Le adunanze ordinarie sono di carattere amministrativo o scienti¬ fico ed a queste ultime possono essere ammesse persone estranee alla Società dietro invito del Presidente. Le riunioni straordinarie sono tenute ad iniziativa del Consiglio direttivo o dietro richiesta motivata di almeno un decimo degli associati per deliberare su quegli argomenti la cui approvazione è deferita al voto dei soci. Art. 18. — In prima convocazione, le deliberazioni delle assem¬ blee, delle adunanze e delle riunioni sono prese a maggioranza di voti e con la presenza di almeno la metà dei soci. In seconda convocazione, che non potrà aver luogo nello stesso giorno della prima, le deliberazioni delle assemblee, delle adunanze e delle riunioni, prese sempre a maggioranza di voti, sono valide qua¬ lunque sia il numero degli intervenuti. Le votazioni si fanno per al¬ zata di mano. — 449 — È consentito che i soci impossibilitati a presenziare all’assemblea generale per la riforma dello Statuto e del Regolamento abbiano facoltà di farsi rappresentare da altri soci con delega scritta. Nelle assemblee, in cui trattasi di eleggere i soci o il Consiglio direttivo, dovrà adottarsi lo scrutinio segreto. Nelle elezioni del Consiglio direttivo, qualora anche in seconda convocazione non si raggiunga la maggioranza, i due candidati che per ciascun posto abbiano ricevuto il maggior numero di voti, saranno sottoposti ad un nuovo scrutinio, e sarà eletto colui che avrà ottenuto la maggioranza dei voti. Qualora i due candidati riportino lo stesso numero di voti, sarà eletto il socio che in ordine all’anzianità nella Società risulta più anziano. In caso di parità, prevale il socio più anziano per età. Art. 19. — L’anno sociale e l’anno finanziario decorrono dal 1° gennaio al 31 dicembre. Per ciascun anno finanziario, l’assemblea nomina tre Revisori dei conti, dei quali due effettivi ed uno supplente. I Revisori dei conti riferiscono per iscritto all’assemblea sull’andamento dell’amministrazione. Art. 20. — Il patrimonio della Società è costituito: a) dalla somma di Lire 1.023.300 in titoli di Stato; b) dai libri, dalle cose mobili o immobili inventariate di proprietà della Società ; c) da donazioni, lasciti, oblazioni e sussidi di enti o di privati espressamente diretti all’arricchimento di tale patrimonio. Art. 21. — Le entrate della Società sono costituite: a) dai proventi del patrimonio ; b) dal contributo annuo dei soci ; c) dai contributi, sussidi e sovvenzioni dello Stato e di altri Enti pubblici e privati ; d ) dai proventi delle proprie pubblicazioni. Art. 22. — Non oltre il mese di gennaio di ogni anno, il Presidente trasmette al Ministero della Pubblica Istruzione una relazione sull’attività svolta dalla Società nell’anno precedente. Art. 23. — Le proposte di riforma al presente Statuto dovranno essere richieste da almeno un quarto dei soci. Esse, dopo essere state 29 — 450 discusse ed approvate dall’Assemblea generale, presenti almeno i tre quarti dei soci iscritti, salvo il disposto dell’art. 18 - III comma, saranno comunicate al Ministero della Pubblica Istruzione per i provvedimenti di competenza. Art. 24. — Il Consiglio direttivo predisporrà per il proprio funzio¬ namento, così come per il dipendente personale, uno schema di regola¬ mento che sarà sottoposto all’approvazione dell’Assemblea generale e tra¬ smesso in visione al Ministero della Pubblica Istruzione. REGOLAMENTO Art. 1. — L’emblema della Società dei Naturalisti è rappresen¬ tato dalla figura di una medaglia con l’incisione del simbolo del fiume « Sebeto » cui fa sfondo il panorama del Golfo di Napoli col classico pino e col Vesuvio fumante. In basso, in una cornice rettangolare, è il motto « Investigando invenies ». Una dicitura marginale, circolare reca la scritta « Società dei Naturalisti in Napoli , 1881 ». Consiglio Direttivo Art. 2. - — Il Consiglio direttivo, oltre a realizzare le finaniltà statutarie del Sodalizio, ha il compito di estendere il prestigio della Società in Italia e all’estero sia sviluppando i rapporti culturali con lo scambio delle pubblicazioni, sia ancora facendo giungere l’eco della sua attività nei congressi e nelle altre manifestazioni scientifiche. Art. 3. — Il Presidente firma i verbali delle tornate della Società e delle sedute del Consiglio direttivo, le lettere di nomina dei soci, la corrispondenza della Società, i mandati di pagamento, e gli altri atti ufficiali. Art. 4. — Le adunanze del Consiglio direttivo non sono valide se non intervengono almeno 6 dei suoi componenti. A parità di voti pre¬ vale il voto del Presidente. - 451 — Art. 5. — Allo scadere del biennio dall’approvazione dello Sta¬ tuto che limita a due anni il periodo di permanenza nelle cariche sociali, il rinnovo di queste avverrà mediante schede nelle quali sono elencate le cariche da ricoprire. Ciascun socio votante segnerà, in corrispondenza all’indicazione di ciascuna carica, il nome del socio designato. Tali schede sarano consegnate al Presidente del seggio elettorale il quale sarà assistito da due soci scrutatori tutti nominati, seduta stante, dal¬ l’Assemblea dei soci. Alla fine delle votazioni sarà redatto regolare ver¬ bale, sottoscritto dal Presidente del seggio, che sarà consegnato, assieme alle schede, al Presidente della Società. L’Assemblea generale dei soci per il rinnovo delle cariche sociali è convocata preferibilmente nel mese di aprile. Soci Art. 6. — Ciascun socio riceve: 1) la lettera di nomina firmata dal Presidente della Società ; 2) una copia delle pubblicazioni ufficiali della Società, a partire dall’anno di iscrizione purché in regola. Art. 7. — I soci ordinari versano un contributo annuo che, pro¬ posto dal Consiglio direttivo, deve essere approvato dall’Assemblea dei soci. Le Istituzioni che diventano soci versano un contributo pari a cinque volte quello dei soci ordinari. I soci che per due anni consecutivi non hanno versato la quota sociale sono dichiarati dimissionari daU’Assemblea su segnalazione del Consiglio direttivo. Art. 8. — Tutti i soci intervenuti alle tornate della Società fir¬ mano un apposito registro per attestare la loro presenza alle adunanze. Art. 9. — L’elezione dei nuovi soci avverrà, a norma degli art. 5 e 18 dello Statuto, nelle Assemblee generali, previa comunica¬ zione a tutti i soci dei nominativi dei candidati proposti. — 452 — Attività scientifica Art. 10. — La Società pubblica annualmente un Bollettino che accoglie lavori originali e che, in relazione alla mole, può essere diviso in due o più parti. Supplemento al Bollettino sono le Memorie desti¬ nate ad accogliere lavori originali tutti rivolti ad illustrare un deter¬ minato argomento o in onore di qualche socio. Nella prima parte del Bollettino vengono inserite: a) le memorie e le note dei soci ; b) le conferenze per esteso o in riassunto tenute dai soci o da studiosi estranei alla Società che vengano all’uopo invitati dal Presi¬ dente dopo deliberazione del Consiglio direttivo ; c) le recensioni. Nell’ultima parte del Bollettino vengono inserite : a) i risultati e le relazioni dei concorsi e dell’attribuzione dei premi conferiti ; b) i verbali delle tornate sociali ; c) l’elenco dei soci, con la data di ammissione alla Società, la qualifica e l’indirizzo ; d ) le cariche sociali del biennio; e) le eventuali modificazioni dello Statuto e del Regolamento ; /) qualsiasi altra notizia di cui il Consiglio direttivo riconoscerà utile la pubblicazione. Gli argomenti dell’ultima parte del Bollettino potranno, con deli¬ berazione del Consiglio direttivo, costituire una pubblicazione a parte sotto forma di Annuario. Art. 11. — I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno es¬ sere presentati nelle tornate. Sui lavori comunicati potrà essere fatta discussione. Quindi i lavori restano sette giorni in Segreteria a dispo¬ sizione del Comitato di Redazione e dei soci che volessero ponderata- mente esaminarli. Trascorsi i sette giorni, qualora nulla osti da parte del Comitato di Redazione o non sia pervenuta alla Segreteria nessuna osservazione da parte di alcun socio, il lavoro è passato al Redattore delle pubblicazioni per la stampa. Essendovi osservazioni, queste ver¬ ranno discusse nella tornata successiva a quella della comunicazione, informandone l’autore perchè possa intervenire: un sunto della discus¬ sione sarà pubblicato nel Bollettino di seguito al lavoro, tenendosene sempre conto nel processo verbale. — 453 1 1 Comitato di Redazione di cui al comma precedente, è costituito dal Presidente del Consiglio direttivo, dai quattro Consiglieri e dal Redattore delle pubblicazioni. Al Comitato di Redazione potranno aggre¬ garsi, caso per caso, su invito del Presidente, specialisti nelle singole materie, anche non soci. I lavori già pubblicati in tutto o in parte in altre riviste e quelli a carattere compilativo non possono di norma essere stampati. I soci che si trovano nella impossibilità di poter intervenire alla tornata, possono incaricare sia il Segretario sia altro socio di dare let¬ tura del proprio lavoro. Art. 12. — Gli autori dovranno, al momento della presentazione dei loro lavori, consegnare al Segretario il manoscritto dattilografato. Riguardo alle eventuali illustrazioni spetta al Consiglio direttivo, su proposta del Redattore delle pubblicazioni e sentito l’Autore, decidere quale sia la maniera più adatta per la loro riproduzione. II Consiglio direttivo, in base alle disponibilità del bilancio, si ri¬ serva il diritto di richiedere all’autore di contribuire alle spese per la stampa. Art. 13. — Il Consiglio direttivo, in rapporto alla potenzialità del bilancio, determina, anno per anno, il numero complessivo delle pagine di stampa gratuite a disposizione di ciscun socio. Art. 14. — Gli autori delle memorie, delle note, delle conferenze inserite nel Bollettino o nelle Memorie riceveranno gratuitamente il numero di estratti che sarà stabilito annualmente dal Consiglio diret¬ tivo. Coloro che desiderano un maggior numero di copie le riceveranno al prezzo che verrà stabilito in base al costo corrente della stampa. Art. 15. — La revisione delle bozze di stampa per quanto ri¬ guarda le note, le memorie e le conferenze deve essere fatta dal rispet¬ tivo autore il quale dovrà restituire le prove corrette entro il termine di giorni 15 dall’invio. Trascorso tale termine, la stampa sarà eseguita a cura del Redattore delle pubblicazioni secondo il manoscritto originale presentato, dandone contemporaneamente comunicazione all’autore. Art. 16. — Le escursioni verranno organizzate dal Consiglio di¬ rettivo che ne fisserà le modalità affidandone le direzione ad uno o più soci di particolare competenza. — 454 — Sedute Art. 17. — La Società terrà le sedute nella sede sociale nella quale saranno tenute anche le eventuali conferenze. Le sedute si terranno in base al calendario che verrà stabilito dal Consiglio direttivo alLinizio di ciascun anno e comunicato ai soci. Art. 18. — La diramazione degli inviti ai soci per partecipare alle sedute, è fatta dal Segretario. Nell’avviso di convocazione, dovrà essere riportato l’ordine del giorno fissato dal Consiglio direttivo. I soci che intendano comunicare memorie o note, devono, almeno 15 giorni prima della seduta, avvisarne per iscritto il Segretario indi¬ cando il titolo per la relativa iscrizione all’ordine del giorno. Art. 19. — In ciascuna adunanza si darà anzitutto lettura del verbale della seduta precedente e si procederà all’approvazione di esso. È consentita, ove ne sorga la necessità, la compilazione, la lettura e la approvazione del verbale seduta stante. In tal caso, si procederà a tale adempimento in fine di seduta. Seguiranno : 1) Le comunicazioni del Presidente. 2) Le comunicazioni delle opere pervenute in dono e dei nuovi cambi di pubblicazioni accettate dal Consiglio direttivo. 3) La presentazione ed il commento che i soci credono opportuno di fare di opere, memorie e note scientifiche recenti italiane e straniere. 4) La comunicazione delle memorie e delle note originali e la loro eventuale discussione. Bilancio Art. 20. — La Società terrà un’Assemblea nell’ultimo bimestre dell’anno sociale per l’approvazione del bilancio preventivo per l’anno successivo. In tale bilancio verrà determinato dal Consiglio direttivo l’eventuale ammontare e il numero dei premi che saranno posti a concorso entro l’anno a norma dell’art. 2 dello Statuto. — 455 — La Società terrà inoltre, entro i primi due mesi dell’anno sociale, un’Assemblea generale nella quale il Presidente, dopo aver riferito sull’attività della Società nell’anno precedente, sottoporrà ai soci, per l’approvazione, il conto consuntivo del decorso anno. Art. 21. — Il Collegio dei revisori dei conti, di cui all’art. 19 — II comma — dello Statuto, è composto di due membri effettivi e di uno supplente, tutti nominati, per un anno, dall’Assemblea generale nel¬ l'ultimo bimestre di ciascun anno. I revisori effettivi vigilano anche singolarmente sulla gestione amministrativa e sull’osservanza dello sta¬ tuto ; esaminano il bilancio preventivo e il conto consuntivo e ne rife¬ riscono collegialmente per iscritto all’Assemblea ; assistono alle adunanze del Consiglio direttivo. Art. 22. — I premi e le borse di studio verranno assegnati in base ai regolamenti esistenti per ciascuna fondazione. Il Consiglio diret¬ tivo, nei limiti del bilancio, potrà, ove lo creda, bandire altri premi di incoraggiamento. Segreteria, Biblioteca e Cassa Art. 23. — Il Consiglio direttivo nominerà persona estranea alla Società per coadiuvare il Segretario ed il Bibliotecario nel lavoro mate¬ riale e per la vigilanza della Biblioteca nelle ore in cui questa resterà aperta e ne stabilirà la retribuzione e tanto secondo il regolamento orga¬ nico preventivamente approvato dall’Assemblea generale, ai sensi del- l’art. 24 dello Statuto approvato con D. P. R. 27-5-1971 n. 664. Art. 24. — Il prestito dei libri è limitato esclusivamente ai soci. Ove nel termine di tre mesi il socio, tempestivamente avvisato, non restituisca i volumi presi in prestito, dovrà corrisponderne il valore. Art. 25. — Presso la Segreteria della Società debbono essere de¬ positati : 1) Lo Statuto ed il Regolamento. 2) Il registro dei verbali delle sedute del Consiglio direttivo. 3) Il registro dei verbali delle sedute della Società. — 456 — 4) Il registro della corrispondenza in entrata ed uscita. 5) Il giornale di cassa. 6) Il registro dei titoli patrimoniali della Società. 7) L’inventario della biblioteca e della mobilia. 8) Il registro di presenza dei soci alle sedute. 9) Lo schedario dei soci. Art. 26. — Oltre al conto corrente postale, il servizio di cassa sarà affidato ad un Istituto di credito della città designato dal Consiglio direttivo. INDICE Barbera Lamagna C. — Ammoniti giurassici del circondario di M.te Bulgheria ...... . pag. 3 Barbera Lamagna C. — Segnalazione del Calloviano a M. Pietralata, Passo del Furio (Pesaro) . 17 Simone L. — Sedimentologia dei « Calcari listati » del Cretacico inferiore del Monte Camposauro (Appennino Campano) .....)) 23 Ciampo G. — Gli ostracodi delle argille pleistoceniche del Mar Piccolo (Taranto) 49 Casertano L., Iaccarino E., Muzi F., Perinetti M., Sanò T. e Zaffi¬ ro C. — Andamento delle repliche nella crisi sismica di Mignano Montelungo 89 Abbignente E., Grieco C., Manna F., Silipo C. e Vittoria A. — Indagine gascromatografica e dosaggio titrimetrico in mezzo non acquoso di ossiacidi aromatici ........... 113 D’Argenio B. e Daijl’Aglio M. — Distribuzione dell’uranio nelle rocce carbonatiche. Primi risultati sul Mesozoico campano .... » 129 Scandone P. — Sulla posizione dei « Calcari di Peristeri » (Pindos occi¬ dentale. Grecia) ........... y> 139 Bonardi G., Pescatore T., Scandone P. e Torre M. — Problemi paleo¬ geografici connessi con la successione mesozoico-terziaria di Stilo (Ca¬ labria meridionale) . . . . . . . . . . . » 147 De Castro P. — Osservazioni su Raadshoovenia Van Den Bold e i suoi rapporti col nuovo genere Scandonea (Foraminiferida, Miliolacea) . » 161 Sagristani L. — Processi diagenetici precoci in alcuni calcari a diceratidi ( Lamellibranchi) del Cretacico dell’Appennino Campano ...» 237 Crescenti U. — Sul Pliocene italiano: problemi di cronostratigrafia . » 257 Ciampo G. — Gli Ostracodi Plio-pleistocenici dei dintorni di Calvello (Potenza) ............. 277 Sicardi L. — I crateri dell’Isola di Vulcano nel III e II sec. av. Cr. . » 299 Parisi G. e De Mitri S. — Pigmenti oculari in Drosophila melanogaster » 315 Ricchetti G. — Sulla presenza di Rhapydionina liburnica ( Stache) nei calcari cretacei della Penisola salentina . . . . . . » 321 De Castro P. — Osservazioni su Archaias lata (Luperto Sinni) ... » 329 Boenzi F. — Aspetti geomorfologici delFarea fra Matera e Ferran- dina (Lucania) ........... pag. D’Alessandro A. — La malacofauna pliocenica di Cala Bianca (Salerno) » Carannante G. — Ricerche sedimentologiche sulla successione ciclotemica delFInfralias del Passo dell’Annunziata Lunga (Monti di Venafro) » Recensioni ............. 'i) Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali . . . . » Elenco dei soci al 31 dicembre 1971 ........ » Istituzioni italiane e straniere con le quali la Società scambia le pubblicazioni ........... y> Cenni storici sulla Società dei Naturalisti in Napoli .... » Statuto ............... Regolamento » 365 379 389 413 415 429 437 443 446 450 Finito di stampare il 21 Febbraio 1972 nello Stab. Tip. G. Genovese Pallonetto S. Chiara, 22 Napoli Direttore responsabile : Prof. MICHELE FUI ANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29-11-1960 Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite nel testo. Le didascalie delle tavole fuori testo saranno inserite nella pagina a fronte della tavola stessa. Art. 17. — Le illustrazioni nel testo devono essere indicate come figure e portare una numerazione indipendente e progressiva. È consigliabile che gli originali per le illu¬ strazioni siano di dimensioni superiori a quelle definitive (IV2 0 2 volte quelle definitive). Le dimensioni massime delle figure del testo devono essere di cm 11 x 18. Art. 18. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 X 18. Art. 19. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall’inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riunite in successione e numerate. Art. 20. — La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e prima delle didascalie delle tavole fuori testo, e sarà preparata evitando la numerazione progressiva secondo il fac-simile seguente, ad eccezione di quelle discipline per le quali valgono norme interna¬ zionali diverse : Onesto F., 1966 - Morfologia della regione articolare alare e delle pleure nei plecotteri. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 74 (1965), fase. I, pp. 22-39, 8 figg., 2 tabb., 2 tavv., Napoli, e cioè nell’ordine; — cognome dell’Autore in maiuscoletto seguito dalle iniziali del nome, i prefissi di casato (di, de, von, van) premessi al cognome non influiscono sulla posizione nell’ordine alfabetico del cognome di un Autore; — virgola; — anno di pubblicazione del lavoro: se dello stesso Autore si citano diversi lavori dello stesso anno, l’anno sarà fatto seguire da lettere alfabetiche minuscole (esempio; 1965a, 1965b, ecc.); nel caso di pubblicazioni accademiche o di periodici che siano editi con data diversa da quella del volume, la data di edizione sarà quella riportata all’inizio, mentre l’altra verrà riportata, tra parentesi tonde, dopo l’indicazione del volume; — trattino; — titolo del lavoro completo ed in corsivo (sottolineato nel dattiloscritto); — punto; — titolo del periodico abbreviato; per le opere non pubblicate in periodici indicare nell’ordine l’editore e la città presso cui sono state stampate ; — virgola (qui, come dopo ognuno dei dati che seguono); — serie, ove esiste (per es.: ser. 5,); — numero del volume in neretto (doppia sottolineatura, la prima semplice e la seconda serpentina, nel dattiloscritto) (esempio; 75); — data corrispondente al volume del periodico, tra parentesi tonda ; — numero del fascicolo o di qualsiasi altra suddivisione del volume (helft, part, numero, ecc.), quando si tratti di periodico che non ha la paginazione continua per tutto il volume ; — indicazione della pagina iniziale e finale (esempio: pp. 22-39); se il lavoro non fa parte di un periodico a paginazione progressiva, o quest’ultima non è nota, o il lavoro costituisce da solo un volume, si indica unicamente il totale delle pagine (esempio: 18 pp. o 1 p.); — indicazione delle figure nel testo con gli estremi della numerazione se essa sia progressiva per il periodico (esempio; figg. 3-12 o fig. 7), o del totale se non lo è (esempio: 12 figg. o 1 fig.); — indicazione delle tabelle (tab. o tabb.) come per le figure nel testo; — - indicazione delle tavole (tav. o tavv.) come per le figure nel testo; — città in cui viene stampato il periodico o il volume ; — punto. Le indicazioni delle pagine, figure, tabelle e tavole sono facoltative ma in genere, in uno stesso lavoro, per ragioni di uniformità esse devono essere fornite per tutte le voci della bibliografia o eliminate per tutte. Si prega comunque di sostituire i numeri romani con cifre arabe, a meno che ciò non ingeneri confusione. INDICE Barbera Lamagna C. — Ammoniti giurassici del circondario di M.te Bulgheria ...... . Barbera Lamagna C. — Segnalazione del Calloviano a M. Pietralata, Passo del Furio (Pesaro) . . . Simone L. — Sedimentologia dei « Calcari listati » del Cretacico inferiore del Monte Camposauro (Appennino Campano) ..... Ciampo G. — Gli ostracodi delle argille pleistoceniche del Mar Piccolo (Taranto) . Casertano L., Iaccarino E., Muzi F., Perinetti M., Sanò T. e Zaffi¬ ro C. — Andamento delle repliche nella crisi sismica di Mignano Montelungo ............ Abbignente E., Grieco C., Manna F., Silipo C. e Vittoria A. — Indagine gascromatografica e dosaggio titrimetrico in mezzo non acquoso di ossiacidi aromatici .......... D’Argenio B. e Dall’Aglio M. — Distribuzione dell’uranio nelle rocce carbonatiche. Primi risultati sul Mesozoico campano . . . . Scandone P. — Sulla posizione dei « Calcari di Peristeri » (Pindos occi¬ dentale. Grecia) ........... Bonardi G., Pescatore T., Scandone P. e Torre M. — Problemi paleo¬ geografici connessi con la successione raesozoico-terziaria di Stilo (Ca¬ labria meridionale) ........... De Castro P. — Osservazioni su Raadshoovenia Van Den Bold e i suoi rapporti col nuovo genere Scandonea (Foraminiferida, Miliolacea) Sagristani L. — Processi diagenetici precoci in alcuni calcari a diceratidi ( Lamellibranchi) del Cretacico dell’Appennino Campano . Crescenti U. — Sul Pliocene italiano: problemi di cronostratigrafia Ciampo G. — Gli Ostracodi Plio-pleistocenici dei dintorni di Calvello (Potenza) . . . . . . . . Sicardi L. — I crateri dell’Isola di Vulcano nel III e II sec. av. Cr. . Parisi G. e De Mitri S. — Pigmenti oculari in Drosophila melanogaster Picchetti G. — Sulla presenza di Rhapydionina liburnica (Stache) nei calcari cretacei della Penisola salentina ...... De Castro P. — Osservazioni su Archaias lata (Luperto Sinni) . . . Boenzi F. — Aspetti geomorfologici dell’area fra Matera e Ferran- dina (Lucania) ........... D’Alessandro A. — La malaeofauna pliocenica di Cala Bianca (Salerno) Carannante G. — Ricerche sedimentologiche sulla successione ciclotemica delFInfralias del Passo dell’Annunziaia Lunga (Monti di Venafro) Recensioni ............. Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali . Elenco dei soci al 31 dicembre 1971 ........ Istituzioni italiane e straniere con le quali la Società scambia le pubblicazioni . . Cenni storici sulla Società dei Naturalisti in Napoli . Statuto ......... . Regolamento . . pag. 3 » 17 » 23 » 49 » 89 » 113 » 129 » 139 » 147 » 161 » 237 » 257 » 277 » 299 » 315 » 321 » 329 » 365 » 379 » 389 » 413 » 415 » 429 » 437 » 443 » 446 » 450 rT co ì H > X JL' "• CO KàkM&y z »- § 5 PCX > '-^r ^ ^ > X^uiiS^ k. 2 co Z CO * ~Z. co *■■ jan libraries smithsonian institution NouruiiSNi nvinoshiiiajs S3 i ^ vh a i _ co 2 _ CO ^ _ _ __ -p> . CO ^ LjJ ^ Z^^TX /r, W /^VÀT Q X^. D.l^ _ -'Jfr— o TION 2 NOIlflillSNI^NVINOSHlllNS __ S3 I HVB a H^LI B RAR I ES^SMITHSONIArT’lNSTITUTIC 2 _ r* > z r~ z [“ 2 m ZEìòX 2 tu a? 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