5 ^ >' 2 _ ITUTION ^NOIinillSNI^NVINOSHlll^S^SB I a Va 8 I l\l B R AR I ES^SMITHSONIAN^INSTIT co ^ _ z \ X > * H ^ O O N^vo^X “ ' 5 X&5 ™ -J 2 —8 2! avaan librari es smithsonian institution NoiiniusNi nvinoshiiims saiav - Z r~ _ 21 r- 2 ^uixs^X m X!!3/ ^ rn ^ xaiixs^z rn ruuTiON N-oiinmsNrNViNOSHims sa i ava a n~u b rar i esc/>smithsonian”instit co Z . — . % 5 .^-, <£ z J 2 ,< Xs^^X s .,< E /^Tx < r'i xX.X . w. -r Kft” * v ' 00 .v^ 1 > 2 > ‘W 5 X > xìoj.iì^x 2 2 co 2 oo V z ^ avaan libraries smithsonian institution noiidìiisni nvinoshiiws sam 5 __ co 2 _ _ ^ ^ _ _ ^ 'n r^Tx W Xs5^x * , „ , co ^ y^S^Dx * "ìtution NouniiiSNi nvinoshiiws saiavaan libraries smithsonian instit 2 f * z r- 2 r- co ZO > .oy — m co — co fz co Hvaan libraries smithsonian institution NounuiSNi nvinoshiiws S3 i h ^ z co _ ^ Z r CO 2 CO < 2 X^vrrnoX < 2 < 2 s ",\T" >' 2 XffosigX > ITUTION ^ NOIinillSNI___ NVINOSHlltAIS^ S 3 I d Va 8 11 LI B RAR 1 ES^SMITHSONIAN^INSTIT co -* \ co _ r* co O '.W Z O X'/Vosv'iX — o __i z * -j s " =j z ava a il libraries smithsonian institution NounuiSNi nvinoshuins sam ~ ~ z r- z %r i > ava a n Ll BRAR 1 es^smithsonian institution NounuiSNi nvinoshxiwsXs i a — z ■> miisNi NviNOSHims saiavaan libraries smithsonian institution Nonni — tn — /a — co raries smithsonian institution NouniiiSNi NviNOSHiiiAis saiavaan libra z r- _ _ z - rn ^ m LnilXSN I NVI NOSHXI IAIS S3 I B VB 8 \1~L I B R AR I ES SMITHSONIAN “INSTITUTION^ NOIlfL z ^ ^ ^ 5 .x- g z .v,-, gj X\ — i , A,* Z AW> -h X .-'M* JMT O 1/ o » I | I ^ | RARI ES^SMITHSONIAN INSTITUTION' NOIlfUIISNI NVINOSHIIHS^S 3 I H VB 8 ll_ L 1 B R A . _ "? 5 5 VX m. , — _ Z LfUllSNI NVINOSHilINS S3iaVaaM LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlflJ r- z r- z *Z n CO /:vv » ìvas *sy m -"v^r x m Xftos»^ ^ m CO — (7) _ CO — . I n r. a RARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinilJLSNI NVIN0SH1IWS S 3 I H V d 3 I "1 LIBRA CO Z » co: Z CO X /* co g ? x»i > s >"’ 5 XJvos^ > w mxiisNi ~nvinoshiiwsws3 i ava a nzu brar i es^smithsonian institution t A - ,A — CO O X^yosv^X «_ O RARI ES SMITHSONIAN*"1 INSTITUTION^ NOIiniIlSNI^MVINOSHlll/MS ^83 I B V B 8 11 LI B R/ z r- z m ^ m co ± co - inillSNI NVIN0SH1IIMS S3IHVB9n LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIIO Z _ co Z v co z Vv.- co z co *. Z CO ^ . n n ‘RARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIirUliSNI NVINOSHillAIS S3iavaail_LIBR/ CO ~ CO “ CO ^ BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME LXXXIV - 1975 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1976 NORME PER LA STAMPA DI NOTE NEL BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ Art. 1. — La stampa delle note è subordinata all'approvazione da parte del Comitato di Redazione che è costituito dal Presidente del Consiglio direttivo, dai quattro Consiglieri e dal Redattore delle Pubblicazioni. Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessario ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati, dattiloscritti al Redattore nella stessa Tornata o Assemblea in lui vengono comunicati. Solo per gli allegati (figure, carte, tavole, ecc.) è consentita la deroga dalla presente disposizione, ma fino ad un mese dalla data di presentazione della nota. Trascorso tale periodo s'intende scaduto il diritto per la stampa e la nota deve essere ripresentata in altra Tornata o Assemblea. Art. 3. — Ogni anno i soci hanno diritto a 16 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all'Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L'Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l'indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l’intestazione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l'ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l'ordine deve essere sottoscritto dal Direttore. Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d'Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell’impaginazione. Tali spese saranno addebitate all'Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell'ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata: la data di consegna effettiva del dattiloscritto e la data di restituzione delle ultime bozze. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo dell’estensione della composizione tipografica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L’Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l’eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l'altro preferibilmente in inglese. Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d’Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l’approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti : maiuscolo E maiuscoletto: . . , corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L’Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta definitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei lavori nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nelle stesse lingue dei riassunti. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME LXXXIV - 1975 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1976 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VIA MEZZOCANNONE, 8 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1976-77 Prof. Pio Vittozzi - Presidente Prof. Aldo Napoletano - Vice-Presidente Prof. Antonio Rodriquez - Segretario Prof. Gennaro Corrado - Vice-Segretario Dott. Angiolo Pierantoni - Tesoriere Prof. Pietro Battaglini - Bibliotecario Dott. Giorgio Matteucig - Redattore delle pubblicazioni Prof. Giuseppe Caputo - Consigliere Prof. Piero De Castro - Consigliere Prof. Arturo Palombi - Consigliere Prof. Tullio Pescatore - Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume: La Presidenza del Consiglio dei Ministri Il Ministero della Pubblica Istruzione Il Banco di Napoli COMITATO DI REDAZIONE DELLE PUBBLICAZIONI È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si avvale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scientifica di particolari competenti italiani o stranieri. ORESTE PELLEGRINI Il 15 febbraio 1975 è immaturamente scomparso il Prof. Oreste Pellegrini, ordinario di Botanica, nostro amico e consocio. Era nato a Napoli il 2 marzo 1921 e nella nostra Università si era laureato in Scienze naturali. Oreste Pellegrini svolse la sua attività scientifica inizialmente presso il Centro di Biologia del C.N.R. con sede alla Stazione zoologica di Napoli e, a partire dal 1949, prima come assistente e poi come aiuto, presso l'Istituto di Botanica della nostra Facoltà di Scienze. Dal 1960 al 1964 4 Commemorazione tenne per incarico il corso di Fisiologia vegetale per gli studenti di Far¬ macia e fu anche incaricato di Botanica generale e sistematica presso l’Istituto Superiore Pontificio di Scienze e Lettere di S. Chiara. Nel 1964 si trasferì a Messina avendo ottenuto l'incarico deH’insegnamento di Bota¬ nica e della direzione dell’Istituto ed Orto botanico di quella Università. Professore di ruolo di Botanica nel 1967, restò ancora per sei anni a Messina dove continuò a svolgere una intensa ed apprezzata attività le¬ gando, tra l'altro, il suo nome alla realizzazione del nuovo Istituto botanico. Pur legato ai suoi collaboratori e benvoluto da tutti per le sue doti di studioso e di uomo, approfittò volentieri dell’occasione che gli si offriva per ritornare nella sua Napoli, che tanto amava, nell'Istituto di Botanica donde era partito e dove appunto venne chiamato sulla seconda cattedra di Botanica con voto unanime della Facoltà di Scienze a partire dal 1° novembre 1973. A Napoli, ritrovatosi in un Istituto ormai tanto diverso per dimensioni da quello che aveva lasciato, si inserì, come era suo costume, garbatamente e silenziosamente, facendosi presto apprezzare per la sua preparazione ma anche per il suo tatto e la sua equanimità. Cosicché, dopo appena un anno, essendosi resa vacante la direzione dell'Istituto, sembrò a tutti ovvio che la scelta dovesse cadere su di lui; e la proposta di nomina a direttore dell’Istituto attendeva ormai solo la ratifica della Facoltà quando il male, che aveva logorato lentamente ed a lungo negli anni la sua salute, si manifestò con improvvisa violenza in tutta la sua gravità portandolo nel giro di poche settimane alla tomba. Il Prof. Oreste Pellegrini ha lasciato una quarantina di lavori. La sua produzione scientifica, seria e rigorosa, riguarda diversi campi della Botanica. Di notevole interesse i lavori che toccano l’embriologia e la embrio¬ genesi con particolare riguardo all'organizzazione e nutrizione dell’em¬ brione di varie piante. Un gruppo di lavori è dedicato alla sessualità, argomento inizialmente affrontato su materiale zoologico. Altri interes¬ santi contributi riguardano la citotassonomia e la fisiologia vegetale. Il gruppo più importante e rappresentativo dei lavori del prof. O. Pellegrini è quello che riferisce sugli studi di morfologia sperimentale condotti con attenta ed affinata tecnica microchirurgica. Le sue ricerche sulle prospettive morfogenetiche in primordi fogliari chirurgicamente iso¬ lati, sul determinismo morfogenetico delle gemme ascellari e sul compor¬ tamento dei meristemi radicali gli meritarono lusinghieri apprezzamenti internazionali e numerose citazioni trattatistiche. Oreste Pellegrino 5 La morte ha purtroppo interrotto, a poco più di cinquanta anni, un’attività che ancora tanto prometteva alla scienza ed aH'insegnamento. Ma è soprattutto la mancanza di lui che sentiremo a lungo. Chi, in qualche maniera, ha avuto consuetudine con Oreste Pellegrini ricorda che egli fu maestro non solo di scienza ma anche di semplicità nel costume, di concordia nel comune lavoro, di comprensione verso colleghi e collabora¬ tori, di pazienza nelle avversità e nella sofferenza. Aveva vivo il senso dell’amicizia ed era soprattutto buono, di una bontà vera, senza formule e senza infingimenti. Il vuoto da lui lasciato tra amici e colleghi non sarà tanto facilmente e presto colmato. Giuseppe Caputo (*) \ (*) Istituto di Botanica della Facoltà di Scienze dell’Università - Via Foria, 223 - Napoli (80137). ELENCO DELLE PUBBLICAZIONI DI ORESTE PELLEGRINI 1948 - Ricerche statistiche sulla sessualità di Patella coerulea L. Boll, di Zoo¬ logia, 15, pp. 115-121. 1949 - Ermafroditismo proterandrico in Calyptraea chinensis L. Boll, di Zoologia, 16, pp. 49-59. 1951 - Successione delle fasi sessuali in una popolazione di Calyptraea chinensis L. Scientia genetica, 4, pp. 21-29. 1951 - La genesi dei rami laterali studiata alla luce della teoria fogliare. Delpinoa, 4, pp. 1-64. (In coll, con G. Catalano e A. Merola). 1952 - Affinità sistematiche fra Pruneae e Leguminosae dimostrate dai tessuti omologhi dei pericarpi. Delpinoa, 5, pp. 1-44. 1954 - Ricerche embriologiche sulla famiglia delle Caesalpinaceae: lo sviluppo dell’endosperma e dell’embrione in Cassia acutifolia Del. Delpinoa, 7, pp. 138-160. 1954 - I primi stadi dello sviluppo embrionale in Cardiospermum hirsutum Willd. Delpinoa, 7, pp. 1-20. 1955 - Particolare formazione austoriale di natura endospermica e comporta¬ mento delle antipode in Laurus nobilis L. Delpinoa, 8, pp. 155-162. 1955 - Le leggi dello sviluppo embrionale in Cardiospermum hirsutum Willd. (Sapindaceae) . Delpinoa, 8, pp. 1-11. 1955 - Lo sviluppo embrionale in Koelreuteria paniculata Laxm. (Sapindaceae). Delpinoa, 8, pp. 185-194. 1956 - Il differenziamento del procambio e l’organizzazione dell’ epicotile nell’em¬ briogenesi di alcune dicotiledoni. Delpinoa, 9, pp. 97-129. 1956 - Osservazioni sull’endosperma di Leucaena glauca Benth. (Mimosaceae). Delpinoa, 9, pp. 183-188. 1957 - Esperimenti chirurgici sul comportamento del meristema radicale di Pha- seolus vulgaris L. Delpinoa, 10, pp. 187-199. 1957 - Studio ed interpretazione di alcune anomalie cotiledonari in piantale di Dianthus caryophyllus L. Delpinoa, 10, pp. 121-140. 1957 - Rapporti fra cotiledoni e disposizione delle prime foglie dell’ epicotile. Delpinoa, 10, pp. 155-167. 1957 - Poliembrionia e « cleavage polyembryony » in Araucaria bidwillii Hook. Delpinoa, 10, pp. 201-205. 1957 - Osservazioni sull’origine e sul significato dell’epifisi. Delpinoa, 10, pp. 207-211. 1958 - Studio sulla poliembrionia di Araucaria bidwillii Hook. Delpinoa, 11, pp. 261-286. 1959 - Esperimenti microchirurgici sul funzionamento del meristema apicale dei germogli di Phaseolus vulgaris L. Delpinoa, n.s., 1, pp. 205-230. Oreste Pellegrino 7 1960 - Sviluppo di germogli sperimentalmente indotto in primordi fogliari indiffe¬ renziati. Annali Pont. Ist. Sup. Scienze e Lettere S. Chiara di Napoli, 10, pp. 271-274. 1961 - Modificazione delle prospettive morfo genetiche in primordi fogliari chirur¬ gicamente isolati dal meristema apicale del germoglio. Delpinoa, n.s., 3, pp. 1-12. 1961 - Effetti dell’acido gibberellico sull’accrescimento e lo sviluppo dei propaguli di Lunularia cruciata (L.) Dum. Delpinoa, n.s., 3, pp. 217-224. 1961 - Frammentazione sperimentale dei primordi fogliari e loro « proprietà rego- lative » nella morfogenesi della foglia. Delpinoa, n.s., 3, pp. 239-244. 1961 - Andromonoicismo, aspetti morfo-isi alogici delle diverse condizioni sessuali e loro significato nei fiori di Laurus nobilis L. Delpinoa, n.s., 3, pp. 245-257. 1962 - Influenza morfogenetica del primordio fogliare nella genesi della gemma ascellare. Delpinoa, n.s., 4, pp. 225-232. 1963 - Fenomeni di regolazione nei meristemi apicali. Giorn. Bot. Ital., 70, pp. 603-608. 1963 - Esperimenti sulla determinazione del procambio nei meristemi apicali dei germogli. Delpinoa, n.s., 5, pp. 17-24. 1963 - Dati citotassonomici su alcune specie italiane di Astragalus della sezione Tragacantha. Delpinoa, n.s., 5, pp. 1-8. 1963 - Esperimenti sul determinismo morfogenetico della gemma ascellare in Phaseolus vulgaris L. Delpinoa, n.s., 5, pp. 22-42. 1964 - Origine dei centri morfogenetici nel corso del differenziamento embrionale delle dicotiledoni. Delpinoa, n.s., 6, pp. 25-34. (In coll, con R. Rosso). 1965 - Esperimenti sulle capacità organizzative del centro morfogenetico radicale frammentato e coltivato in vitro. Delpinoa, n.s., 7, pp. 35-39. (In coll, con G. Gangemi). 1965 - Problemi della rigenerazione e dinamica dell’organizzazione nelle Cormofite. Delpinoa, n.s., 7, pp. 107-137. 1967 - Nel centenario della morte di Guglielmo Gasparini (1803-1866). Atti Ist. Bot. Univ. Pavia, 3, pp. 219-231. 1968 - Origine e sviluppo dei centri morfogenetici nell’ embriogenesi di Laurus nobilis L. Delpinoa, n.s., 10, pp. 49-54. (In coll, con R. Rosso). 1968 - Origine ed organizzazione del meristema della radice primaria nell’organo¬ genesi di Laurus nobilis L. Delpinoa, n.s., 10, pp. 55-62. 1969 - Accrescimento in superficie del meristema apicale del germoglio studiato col metodo delle micropunture. Delpinoa, n.s., 11, pp. 73-78. 1971 - Effetti morfogenetici della rimozione del meristema periferico nella riorga¬ nizzazione del germoglio di Phaseolus coccineus L. Delpinoa, n.s., 13, pp. 1-9. (In coll, con M. Rossetto) . 1971 - Il ruolo dei vari territori embrionali dell’apice vegetativo nella morfogenesi del germoglio delle piante vascolari. Delpinoa, n.s., 13, pp. 29-103. * ■ In memoria del Socio Giuseppe Fadda Il 12 giugno del corrente anno, il Socio Giuseppe Fadda ha lasciato nel dolore più cocente la Famiglia alla quale aveva dedicato le cure più assidue ed affettuose e nel cordoglio più vivo gli amici fra i quali il sottoscritto che lo ebbe Collega negli ultimi anni di permanenza nel Ministero della Pubblica Istruzione. Laureato in Scienze naturali nell’Università di Cagliari, Giuseppe Fadda fu per 4 anni, dal 1922 al 1925, assistente presso la cattedra di Zoologia di Cagliari tenuta da Giglio-Tos e durante quel periodo, nel quale fu anche incaricato dell'insegnamento della Biologia, pubblicò una ventina di lavori sulla meccanica dello sviluppo e sul comportamento di alcuni animali fra i quali V Artemia salina di Cagliari. La consistente e qualificata produzione scientifica contribuì a fargli vincere il concorso per l’insegnamento delle Scienze naturali nei Licei. Nella Scuola, percorse tutti i gradi della gerarchia: Professore, Preside, Provveditore agli studi, Ispettore centrale del Ministero. Anche durante questo periodo scolastico non tralasciò gli studi come lo attesta il lavoro di antropologia pubblicato nel 1961. Il periodo però in cui rifulsero le Sue qualità di ottimo amministratore e di oculato politico va dal 1952 al 1957 durante il quale, nella Sua qualità di Provveditore agli Studi, fu a capo dell'Ufficio dell’Educazione presso il Governo militare alleato del Territorio libero di Trieste. Il settore in cui si trovò ad operare era molto delicato per i naturali riflessi politici che assumevano gli affari amministrativi ma il Fadda, sempre rimanendo nell’ambito della più stretta legalità e ricono¬ scendo le fondamentali esigenze della minoranza slovena, riuscì a regolare situazioni del tutto ingiustificate riportando l’ordine e la normalità negli Uffici e nelle Scuole, frenando, con serenità e fermezza, pretese eccessive ed istanze destituite di fondamento da qualsiasi parte venissero proposte. Col ritorno dell'Amministrazione italiana a Trieste, venne nominato Direttore della Pubblica Istruzione col compito di trattare gli affari, coor¬ dinare i servizi e vigilare su tutti gli Enti scolastici e culturali del Terri¬ torio. L’apprezzamento lusinghiero per tale servizio lo fece chiamare, nel 1958, al Ministero ove fu destinato alla Direzione Generale delle Zone di confine e degli Scambi culturali con l'Estero. Nel 1963, fu nominato Ispet¬ tore centrale ed assegnato alla Direzione Generale del Personale. 10 Commemorazione Solerte, ma sempre calmo, sbrigava le pratiche a Lui affidate senza affanno né agitazione e sul Suo tavolo di lavoro al Ministero non ho mai visto giacente una pratica se non per quel tempo assolutamente indispen¬ sabile. Con affettuosa memoria ricordo la Sua affabilità e le Sue doti di gentiluomo. Nel 1961 ; un anno prima che io lasciassi il Ministero, volle affidarmi la domanda a socio di questo Sodalizio che io ben volentieri consegnai al Presidente del tempo Prof. D’Erasmo il quale fu lieto di accoglierla e presentarla all’Assemblea dei Soci conoscendo ed apprezzando il Fadda, Suo buon Amico. Nella I guerra mondiale Giuseppe Fadda fu ufficiale combattente deco¬ rato della Medaglia d’argento e della Croce al merito di guerra. Nel 1969, fu nominato Cavaliere di Vittorio Veneto. Le Sue benemerenze ebbero pieno riconoscimento e prova ne sia il conferimento di vari attestati tra i quali quello della medaglia d'oro per i benemeriti della Scuola, della Cultura e dell'Arte e la nomina a Commendatore e a Grande Ufficiale della Repubblica Italiana. La Sua vita attiva e feconda non ebbe soste: collocato a riposo nel 1968, per raggiunti limiti di età, si ritirò nella Sua terra d'origine e, a Macomer, fu Consigliere comunale e Presidente del Consiglio di ammini¬ strazione dell'Istituto Tecnico Commerciale e per Geometri. Al caro Estinto, al quale mi legavano vincoli di affettuosa amicizia vada, col più vivo e sincero rimpianto, il mio riverente e commosso pen¬ siero ed alla Famiglia tutta, restata nel dolore, il mio cordoglio più vivo. Arturo Palombi In memoria del Socio Ester Majo Signori Consoci, è per me motivo di viva commozione dover commemorare la Consocia prof. Ester Majo venuta a mancare il 24 giugno scorso. Il mio turbamento deriva soprattutto dal ricordo di Chi mi fu capace guida nei lontani anni dei miei studi universitari. La Prof. E. Majo fu ammessa a far parte di questo autorevole Sodalizio il 4 febbraio 1923 e, come Voi ricorderete, le fu recentemente conferita la medaglia-ricordo per il compimento dei cinquanta anni di appartenenza al nostro Ente. La Majo, nata a Napoli il 10 luglio 1895, giovanissima conseguì la laurea in Fisica presso questa Università e, successivamente, a breve distanza, nel 1921, la libera docenza in Geografia fisica. Fu per molti anni assistente presso l'Istituto di Fisica terrestre, diretto prima dal Prof. G. B. Rizzo e poi dal Prof. G. Imbò, due insigni maestri. La Majo si dedicò con passione all'attività didattica, accompagnandola, con molto profitto, a quella di ricerca, come testimoniano le circa 70 pubblicazioni. Il Suo interesse per la ricerca scientifica La portò ad occuparsi di quasi tutte le componenti la fisica terrestre, in particolare della fisica dell' atmosfera, per la parte più bassa, la troposfera, come dimostrano i Suoi numerosi lavori su di essa. Varie memorie dedicò alla zona flegrea, ove le Sue misure della conducibilità elettrica e della ionizzazione dell'aria, in conseguenza di una spiccata radioattività esistente nella zona, apporta¬ rono un valido contributo alla conoscenza delle locali condizioni elettriche dell'aria. Lo studio dei raggi gamma emessi dal tufo flegreo, effettuato nella grotta della Sibilla, completarono la ricerca, che si concluse, poi, con le misure di radioattività estesa all’area di Napoli e di altre zone del Golfo. Eravamo negli anni tra il 1927 ed il 1928 in cui l’Istituto di Fisica Ter¬ restre, sotto la illuminata direzione del Prof. Rizzo, si occupava di ricerche sull’elettricità atmosferica; studi che furono, poi, proseguiti in Roma, presso l'Istituto di Fisica dell'Atmosfera, dal compianto prof. E. Medi. Ma in quel periodo la grotta della Sibilla non stimolò solo l’interesse di un fisico, qual era la Majo, ma anche, e in collaborazione, quella di 12 Commemorazione un archeologo, il prof. Majuri, della Soprintendenza ai Monumenti, che curò una ricerca sull'origine e l’ipotizzabile impiego delle ampie sale ricavate nel tufo. Un campo particolare di studio fu, per la Majo, la climatologia del¬ l'area di Napoli e di altre città. Alcuni lavori denotano una approfondita conoscenza di procedimenti statistici di perequazione. Fra le Sue pubblicazioni spiccano alcuni lavori di sismologia, per esempio, quelli riferentisi al terremoto irpino del 23 luglio 1930 e sui fenomeni geofisici susseguenti ad esso. Ma la Sua predilezione per la zona flegrea La riportò successivamente negli stessi luoghi per studiare il bradisismo e le sue influenze sulle zone limitrofe. Dall’alto del terrazzo, sovrastante l'Istituto di Fisica Terrestre, la veduta dell’ampio golfo col suo mare azzurro non potè non destare nella prof. Majo il desiderio di impegnarsi in un nuovo campo di ricerche; così fu spinta a misurare il potere rifrangente e la conducibilità elettrica dell'acqua marina del Golfo e la sua trasparenza, misurata ad alta quota. Al Suo attivo è, fra l’altro, da annoverarsi anche un interessante studio sul regime del Tevere a Ripetta e sui metodi per prevederne i livelli di piena e di magra. A riguardo l’attività didattica vorrei ricordare che il possesso della libera docenza in Geografia Fisica La portò, negli anni tra il 1936 ed il 1938 ad insegnare Geografia Fisica dell'Africa presso l’Istituto Italiano per l'Africa, a cura del quale furono pubblicate in volume le lezioni. È nello stesso periodo che la troviamo anche a Castellammare di Stabia presso queU’Osservatorio di Meteorologia e Climatologia. La Majo seguì molto da vicino gli sviluppi che la meteorologia aero¬ nautica andava subendo in Italia ad opera della pratica previsionistica dello Schinze, basata sulla teoria dei sistemi frontali dei Bjerknes. Fu per Suo incitamento che alcuni fisici napoletani, neolaureati, con¬ corsero per il Servizio Meteorologico dell'Aeronautica Militare: fra essi il col.llo Fiore, il maggiore Pittorino il dott. Speranza, il prof. Pignataro. Vorrei concludere il mio dire col ricordare che la sensibilità della Majo non si esaurì nell’arida ricerca scientifica, sia pure coronata da personale soddisfazione oltre che da numerosi riconoscimenti, ma il Suo pensiero, formatosi negli ideali umanistici, ed una innata e spiccata atti¬ tudine all'arte pittorica l'avvicinarono, nelle pause del Suo lavoro, alla tavolozza. Predilisse la natura e, quasi presaga del futuro scempio di que¬ sta, le figurazioni floreali animarono i suoi quadri in una vivida brillanza di colori. Aldo Napoletano Boll. Soc. Natur . in Napoli voi. 84, 1975, pp. 13-24, figg. 6, lav. I Variazioni precoci di porosità e permeabilità e cementi dolomitici in sedimenti carbonatici del Cretacico inferiore di Petrovici (Banyani, Montenegro occidentale) (*) Nota del socio Lucia Simone (**) (Tornata de! 14 novembre 1974) Riassunto. — Sono stati studiati sedimenti laminati di età cretacica infe¬ riore» affioranti a est di Petrovici (Banyani) nel Montenegro occidentale (Ju¬ goslavia). Questi sedimenti sono interessati da intensi fenomeni di dissecca¬ mento e mostrano1 spesso la pressocché totale sostituzione dell'originario' ma¬ teriale costituente le lamine. Vengono messi in evidenza ripetute fasi di de¬ posizione, dissoluzione e cementazione che, nel corso della diagenesi precoce, hanno modificato' la porosità e permeabilità della roccia. La permeabilità è controllata dall'ambiente diagenetico e oscilla in relazione al clima, riducendosi o aumentando a seconda che si instaurino fasi di tipo umido o arido. Abstract . — A study was made of laminated limestones of Cretaceous age that crop out to thè east of Petrovici (Banyani) in western Montenegro (Yugo- slavia). These sediments are interesting on account of their near-contemporary intense desiccation. There is evidence of repeated phases of deposition, disso¬ lution and cementatìon which» during early diagenesis» modified thè porosity and permeability and led to almost complete substitution of thè originai lami¬ nated rock. Permeability was dependent on thè diagenetic environment which changed according to thè contemporary climate» decreasing or increasing as this varied from humid to arìd. L Introduzione Vengono discussi in questo lavoro i risultati di ricerche su sedimenti carbonatici tendenti a chiarire i processi che» nel corso della diagenesi precoce» ne modificano la porosità e la permeabilità. (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (**) Istituto di Geologìa e Geofisica dell'Università di Napoli, Largo S. Mar¬ cellino 10; 80131 Napoli. 14 L. Simone Lo studio di questi processi, come è noto, ha assunto negli ultimi anni un notevole interesse a causa delle influenze che queste modifiche esercitano sulla migrazione e/o permanenza dei fluidi interstiziali (origi¬ narie acque di imbibizione, soluzioni mineralizzanti o idrocarburi). I materiali studiati provengono da terreni affioranti a est di Petrovici (Banyani), nel Montenegro occidentale (Jugoslavia), e sono costituiti da dolomie e calcari dolomitici in strati e banchi che formano una mono- clinale immergente a SE ; la campionatura è stata effettuata lungo la strada ferrata, in vicinanza dell’abitato. L’esame sedimentologico di questi materiali indica che essi costituiscono una serie di cicli in cui si alter¬ nano depositi sopralittorali stromatolitici a depositi infralittorali, separati spesso da superfici disseccate o da vere superfici di erosione. La loro età è cretacica inferiore, probabilmente corrispondente al Neocomiano inf. (Radoicic e Vujisic, 1970); l’intervallo studiato è infatti immediatamente sovrapposto a calcari dolomitici con Cayeuxia sp. Dal punto di vista tettonico i terreni studiati appartengono alle unità dinariche esterne (unità dell’Alto Carso, Aubouin, 1960), corrispondenti alle parti centrali della Piattaforma Carbonatica Dinarica (D'Argenio, Ra¬ doicic e Sgrosso, 1971). 2. Litologia e tessiture I carbonati oggetto di questo studio provengono da strati di dolomia laminata vistosamente interessata da processi di disseccamento con com¬ pleta sostituzione (almeno in determinate aree) deH’originario materiale costituente le lamine (Fig. 1). La struttura finale, estremamente complessa, indica un succedersi di varie fasi di deposizione e di dissoluzione stretta- mente collegate a fenomeni diagenetici molto precoci. La roccia appare all’osservazione macroscopica costituita da due tipi di dolomite: (a) lamine di dolomite spatica che regolarmente si alternano con ( b ) lamine dolomicritiche. Setti dolomicritici subverticali ( b '), del tutto analoghi alle lamine orizzontali, isolano nelle lamine di dolospatite pile di piattelli concavi verso l’alto, direzione nella quale le loro dimensioni si vanno progressivamente riducendo. (Tav. I). L’insieme di lamine e setti dolomicritici (b e b') rappresenta il riempi¬ mento di un reticolo di cavità orizzontali e verticali isolanti poligoni da disseccamento, cavità che sono state colmate in più riprese da sedimento micritico. Ma anche la dolospatite (a), che costituisce la quasi totalità di ogni singolo piattello, appare a sua volta chiaramente un riempimento Cretacico inferiore di Petrovici 15 di cavità poiché i suoi cristalli formano un tipico mosaico di drusa. Ciascun tipo di cavità richiede dunque un suo tipo di giustificazione. L'esame dei piattelli indica che essi sono il risultato di un processo di deposizione avvenuto in varie fasi che si sono succedute dopo la forma¬ zione delle cavità. In una prima fase un sedimento interno di natura meccanica costituito da dolosiltite riempie 'geotropicamente dette cavità. In un secondo momento il riempimento degli spazi residui è costituito da dolomite spatica in cui sono riconoscibili due generazioni: una prima, a Fig. 1. — Petrovici (Banyani) - Lamine dolomitiche con strutture da dissecca¬ mento. Sono visibili sul piano di stratificazione strutture poligonali (mud cracks ) e sulla testata dello strato cavità verticali ed orizzontali ( prism cracks e sheet cracks ). piccoli cristalli subedrali, che incrosta le pareti della cavità e la superficie d'accumulo del sedimento interno e una seconda, a cristalli subedrali-eue- drali di dimensioni notevolmente maggiori ( 0,5 mm), che cresce con asse C perpendicolare alle pareti della cavità (Fig. 2). Inoltre nelle cavità di maggiori dimensioni alla seconda generazione di dolomite segue, quale ultimo stadio del riempimento che porterà alla formazione dei piattelli , un mosaico di calcite spatica costituito da pochi grossi cristalli anedrali che talora possono ridursi ad un unico cristallo che occupa interamente la cavità residua (Fig. 3). Talvolta, adagiato sulla 16 L . Simon e ultima generazione di dolomite spatica e prima della formazione del mo¬ saico calcitico, si può osservare la presenza di ulteriore sedimento « mec¬ canico » geotropo, costituito da piccoli frammenti di cristalli dolomi¬ tici (Fig. 4). La presenza di tali frammenti appare chiaramente legata alla esistenza di piccole fratture subverticali che collegavano tra loro le cavità ancora beanti in questa fase del processo. Queste fratture, che interessano il sedimento meccanico iniziale e le due successive generazioni di dolo¬ mite, sono riempite dalla stessa calcite che costituisce il riempimento finale delle cavità residue. Fig. 2. — Petrovici (Banyani) - Lamine dolomitiche. Particolare di un piattello dolospatico. Sono riconoscibili: L. lamina dolomicritica costituente la parete della cavità; S. riempimento geotropo dolosiltitico; prima generazione di dolospatite a cristalli subedrali; D2. seconda genera¬ zione di dolospatite a cristalli euedrali (da sez. sottile a nicols in¬ crociati 70 x). In definitiva l'intera successione dei processi di riempimento di queste « cavità » (attualmente sotto forma di piattelli dolospatitici) implica che la dolomite spatica che ha incrostato le cavità vada considerata come pri¬ maria, derivando da un processo di precipitazione diretta. L'esistenza di un sedimento interno, adagiato sul fondo di cavità residue ed originatosi a causa delle piccole fratture che hanno poi messo in collegamento le cavità, Cretacico' inferiore di Petrovici 17 fa escludere che i cristalli di dolomite che tapezzano dette cavità derivino dalla dolomitizzazione di un originario mosaico calcitico. La calcite in grossi cristalli ha colmato tardivamente gli spazi resìdui e le fratture che li collegavano. Ciò è confermato dalFestinzione contemporanea di cristalli di calcite e di contigui cristalli di dolomite: la contiguità ottica dimostra Fig. 3. — Petrovici (Banyani) - Lamine dolomitiche. Particolare di un piattello dolospatitico. Sono riconoscibili: L. lamina dolomicritica costituente la parete della cavità; Dt. prima generazione di dolomite spatica a cristalli subedrali; D2. seconda generazione di dolomite spatica a cristalli euedrali; C. grosso cristallo di calcite che occlude la cavità finale (da sez. sottile a nicol incrociati 100 x). 2 18 L. Simone la crescita sintassiale dei cristalli di calcite su cristalli di dolomite già in quel momento esistenti. La possibilità che questa dolomite rappresenti la sostituzione di una calcite preesistente che incrostava le pareti della cavità non spiega infine la presenza di due generazioni di dolomite con aumento centripeto delle dimensioni dei cristalli e disposizione degli assi C perpendicolare alle pareti delle cavità stesse. Un meccanismo genetico alternativo può consistere in una precocissima dolomitizzazione di cristalli aghiformi di aragonite costituenti la prima fase di riempimento delle cavità. Tale processo avrebbe potuto procedere parai- Fig. 4. — Petrovici (Banyani) - Lamine dolomitiche. Particolare di un piattello dolospatitico. Sono riconoscibili: prima generazione di dolospatite a cristalli subedrali; D2. seconda generazione di dolospatite a cristalli euedrali; C. calcite anedrale; interposto tra D2 e C si rinviene un se¬ dimento (S2) costituito da frammenti di dolomite formatisi in se¬ guito alla creazione di piccole fratture (F) (da sez. sottile a nicols paralleli 70 x). lelamente alla dolomitizzazione delle stesse lamine micritiche delimitanti le cavità; anche in questo caso però resterebbe da spiegare l'aumento delle dimensioni dei cristalli della seconda generazione di dolomite. Si propende quindi per una origine primaria del mosaico dolomitico, anche se resistenza di cementi dolomitici primari è molto discussa. Cretacico inferiore di Petrovici 19 3. Genesi delle cavità La morfologia e la regolarità della distribuzione dei piattelli dolospatiti- ci fanno escludere la loro appartenenza a cavità di tipo sheet cracks . Come si è prima ricordato, infatti, i materiali studiati appaiono smembrati in croste poligonali da un reticolo di cavità da disseccamento verticali ed orizzontali colmate poi da materiale detritico ( b e b') (Fig. 5); le loro caratteristiche sono quindi quelle tipiche di sedimenti littorali-sopralittorali Fig. 5. — Petrovici (Banyani) - Lamine dolomitiche. Poligoni da disseccamento ( piattelli dolospatitici) limitati da un reticolo di cavità verticali col¬ mate da dolomicrite. attuali ( algal mats, croste evaporitiche di sabkha ecc.). Il ritrovare però attualmente i piattelli formati da mosaici dolomitici di drusa indica ovvia¬ mente che essi rappresentano il prodotto della totale dissoluzione dell’ori¬ ginario sedimento costituente le lamine. Di particolare interesse risulta l’evidenza di fasi meno avanzate del processo di dissoluzione ora descritto. Si possono infatti osservare ancora: (a) alcune lamine, in parte integre ed in parte smembrate in piattelli dolo- siltitici, le quali presumibilmente derivano da processi di sostituzione dello orginario sedimento; (b) casi intermedi nei quali i piattelli sono soltanto parzialmente formati dai mosaici di drusa di cristalli dolomitici e risultano separati dalle lamine e dai setti dolomicritici adiacenti da un film dolo- 20 L. Simone C3 a C/3 O O xs u X o fi .a ^ X! ^ a ì s = 2 3 i O fi § £ ® o £ CU 0) Oh a |-8| 8 "° o 'S 2a * So «ufi.. XJ .5 " 4 ^ - / 7.60 — 15.5 Fig. 10. — Pseudo-sezione. Conclusioni Va sottolineato che, grazie alle preliminari analisi di coerenza, nel dominio delle frequenze, tra E ed H, è stato possibile scartare il son¬ daggio MT di lago Patria e accettare i dati relativi agli altri sondaggi, in quanto solo per questi è stata verificata una sufficiente correlazione tra E ed H, ciò che costituisce la base per l’applicabilità della teoria MT cui ci si è attenuti. BIBLIOGRAFIA Cagniard L., 1953 - Geophisics, pp. 18-33. Carrara E., Rapolla A., 1972 - Boll. Geof. Teor. Appi., XIV, 53-54, pp. 34-40. Hermance J. F., 1973 - Phisics of thè Earth and Planetary Interiors, pp. 349-364. Keller G. V., Rapolla A., 1974 - In « Physical Volcanology ». Elsevier Pubi. Co., Amsterdam, pp. 133-166. Parzen E., 1961 - Techtonometrics, v. 3, pp. 167-190. Foster M. R. e Guinzy N. J., 1967 - Geophisics, voi. XXXII, n. 4, pp. 602-616. Rapolla A., 1966 - Ann. Oss. Vesuv., S. VI, voi. VII E Boll . Soc. Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 153-181, figg. 18 Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici II - Regolazione antagonista Nota dei soci Stefano' Steri, Ernesto Quarto e di Pietro Boni (Tornata del 27 giugno 1975) Sommario . — In questa nota viene formulato e discusso un nuovo modello di regolazione in sistemi biologici, basato sull'azione antagonista di due circuiti accoppiati di controllo, uno a feedback negativo, l'altro positivo. Il comportamento è poi raffrontato con quello che realizzerebbe un circuito, chiamato semplice, includente la sola sostanza responsabile deH’incremento del segnale (un solo feedback negativo). Sono mostrati alcuni esempi che si lasciano trattare con gli schemi pro¬ posti. È in particolare discussa l'omeastasi calcica, in descrizione semplificata (avendo qui ritenuta costante la velocità di azione delH-25 (0H)2 calciferolo), e dedotto il molo che sembra così giocare l'ormone calcitonina. È messo pure in luce che il sistema assunto è in buon accordo-, almeno in questo caso, con i dati sperimentali. Si tratta in altri termini di una formulazione generale ed è prevedibile che anche ad altri casi oltre a quelli proposti essa sia applicabile. L'aspetto interessante del modello della regolazione antagonista è che esso permette di verificare le condizioni di maggiore stabilità e persistenza del si¬ stema doppiamente controllato e, quindi, i possibili vantaggi del mantenimento di una migliore omeostasi. I metodi matematici sono quelli della teoria del controllo automatico dei sistemi non lineari. Summary . — The intricate networks of regulative processes existing in bio¬ logica! Systems seem to permit thè operation of some control circuits with posi¬ tive feedback, provided thè latter are coupled with or, presumably, subordinate to, one or more other control circuits with negative feedback. We show that thè resulting « antagonistic » behaviors can be described through thè formulation of simplified models taking into account only two control circuits, characterized respectively by a negative and a positive feedback loop. The mathematica! methods employed are those developed for thè automatic control theory of non- linear systems. In thè ensuing discussion, we bave compared thè operation of 11 154 S. Steri, E. Quarto e P. Boni such doublé control systems with thè situations produced by « simple » circuits, i.e. circuits including only thè component responsible for thè increase of thè signal and thus with one negative feedback loop. Probably, thè most interesting deduction from thè analysis of thè model is that a System undergoing a doublé opposite regulation enjoys conditions of uniform behavior and stability in time much better than thè corresponding « simple » control System does. Several biological phenomena can be interpreted according to thè proposed model. A particular example is thè maintenance of calcium homeostasis in verte- brates, under thè opposite influence of parathyroid and calcitonin hormones. Many experimental data appear to be in agreement with thè predictions provided by thè generai model of « antagonistic » regulation. I. — Impostazione del problema Le attività metaboliche delle cellule e di organismi uni o pluricellulari vengono regolate attraverso circuiti, in cui una sostanza controlla con meccanismi di feedback la sintesi di un’altra che direttamente o indiret¬ tamente sia responsabile della sua produzione. Lo schema più semplice che si può ipotizzare è quello di un circuito con due sostanze Xi , Y in cui la prima induce la sintesi della seconda e questa per feedback ne controlla l'azione. Un tale modello ammette una rappresentazione mate¬ matica del tipo: ( d Xl- = gì ( x i ,y,t) \ dt (1) d y - = f*(xi,y,t) - g*(y,t) \ d t La soprasegnatura apposta ai simboli ricorderà nel seguito che le funzioni del tempo t, xx e y, che rappresentano la concentrazione variabile delle so¬ stanze IieF rispettivamente, soddisfano un sistema differenziale di tipo (1); le funzioni / sono i termini di produzione di ciascuna sostanza: quella con l'indice 1 esprime anche l’azione del feedback; le funzioni g sono i ter¬ mini di consumo. Ma il termine di consumo che figura nell’espressione della derivata della concentrazione di Y, sostanza che produce il segnale di feedback, può dipendere dalla concentrazione attuale di un'altra sostanza X2, la cui produzione sia regolata per feedback. Tuttavia l’azione del segnale sulla produzione di X2 non potrà essere della stessa natura di quella sulla pro¬ duzione di Xi , responsabile dell'incremento di Y; infatti mentre per Xx l’au¬ mento del segnale ha significato di inibizione, questo significherà stimo- Circuiti di controllo in sistemi biologici 155 lazione della sintesi di X2 che è responsabile del consumo di Y che ha prodotto il segnale. Il circuito qui ipotizzato può essere così rappresentato: dx i = = = _ — - = Fi (xh y, t ) - Gì (xh y, t) d t dx2 = = I _ — ; - = F2 (x2, y, t ) — G2 ( x\ , y, t) dt dy = - = = - - = F“ (xi, y, t) — G* (x2, y, t ); d t La doppia segnatura apposta ai simboli indicherà nel seguito che le fun¬ zioni del tempo xh x2, yr che rappresentano la concentrazione variabile delle sostanze Xh X2) Y , rispettivamente soddisfano un sistema differen¬ ziale di tipo (2), nel quale le funzioni F sono i termini di produzione, Fi e F2 esprimono anche l'azione del feedback, le funzioni G sono i ter¬ mini di consumo. Dal momento che il circuito descritto da (1) è sufficiente al manteni¬ mento dell'omeostasi di Y , occorrerà precisare l'importanza dell'ipotizzato intervento di X2 nell'omeostasi di Y ; riterremo a questo scopo il circuito a sola Xh che pure può agire in modo autonomo, funzionante nella zona delle variazioni di y (t) sottoposta all'azione antagonista di Xi, X2. L'analisi raffrontata permetterà di precisare il ruolo che la nuova so¬ stanza X2 esplica agendo con meccanismo diverso dalla sostanza Xh pure essa contribuendo con questa alla omeostasi di Y; precisazione necessaria perché lo stesso scopo può venire raggiunto più semplicemente con un circuito includente la sola X,. Interessa ora esplicitare e discutere i sistemi differenziali (1) e (2) rappresentanti il fenomeno nei due casi: azione della sola Xi e sua azione combinata con quella di X2. IL — Formulazione esplicita del primo caso: azione della sola Xi Sia la produzione di Y, indotta da Xi, controllata col circuito sche¬ matizzato dalla Fig. 1 e [P i]G la concentrazione iniziale di un ipotizzato precursore di Xi, (3) [Pilo = [Pi] + [Pi Si] 156 S. Steri , E. Quarto e P. Boni la relazione esprimente la sua distribuzione attuale, [Pi] essendo l'aliquota libera e [PiSJ quella legata al segnale Si = Si (y) di feedback, (4) [P, Si]_ K' = [P I • [S,] la costante di equilibrio; ritenendo nell’espressione della derivata - dt il termine di produzione proporzionale a [Pi] secondo un fattore costante, Fig. 1. Lj paratiroidi D apparato scheletrico, rene, ecc. Sj segnale di feedback negativo si scrive: d Xi — - - = a [Pi] — (3 (a, (3 - costanti positive) d t ovvero per (3) e (4) dxi a [Pi]0 d t 1 + Ki Si o anche dx i a d t 1 -f- K\ Si cui associamo l'equazione: dy (l'>2 ~ — = Y Xi - cp + X d t dy avendo supposto che nella derivata - il termine di produzione dipenda d t linearmente da Xi con y costante positiva e X numero positivo rappresen- Circuiti di controllo in sistemi biologici 157 tante il contributo, ritenuto costante, di altri fattori diversi da Xi ma come essa agenti sulla produzione di Y; il termine di consumo

)<> - yip°o1 + yd con yip°o1 rappresentante il livello, detto capacità del pool di Y, oltre il quale agisce il segnale di feedback. Il sistema (l')i, (IO2 è di tipo (1), ne rappresenta una esplicitazione con le semplificazioni indicate e col ritenere la sintesi di Xx legata ad un precursore inattivato dal segnale: pertanto si tratterà caso per caso di una formulazione accettabile se i risultati previsti concordano con quelli sperimentali ottenuti. Questo accordo sarà effettivamente mostrato in un esempio di controllo che si lascia semplificare col nostro schema e che deriveremo in seguito (§ IV). 158 S. Steri, E . Quarto e P. Boni III. — Conclusioni del primo caso Se riteniamo il segnale legato alla concentrazione della sostanza che lo produce dalla relazione lineare: s, = 0i(y - yr°l ) con Oi costante positiva, si ha da (l')i e (l')2: d2y d t T = Y e posto si ha: \ + KxOx{y - y 1poo‘) dy -■] = z (y) Tfl 1 d z 2 dy 1 + Kiody - yr°l) -T@ e integrando: (6) z2 = A log (KS y — Hi) — B y + Ei con 2 y a Kv = Gì Ki ; A = — - ; B = 2 y 3 ; Ki infatti è: con Hi = Ki yroX - 1 > 0 Hi M n' m n M numero di molecole del pool di Y, m numero di molecole libere del precursore di Xi, n numero di molecole eccedenti la capacità del pool di Y, nf numero di molecole del precursore di X\ legate al segnale, ed è da ammettere che M » m, n, n' . Circuiti di controllo in sistemi biologici 159 Pertanto, indicato con Ai (y) il secondo membro della (6), il tempo in cui Y raggiunge la concentrazione § è: f dy t = J ± vw + u y o y0 essendo il valore di y (t) all’istante iniziale ta . Si osservi che è: pertanto se lim Ai (y) = — oo , lim Ai (y) = — y~* Hi y~>+ 00 dy A - — UO, è A, (ya) > 0 d t j - t=t e la funzione Ai (y) ammette almeno due zeri §1, £2; questi sono unici d2 Ai dal momento che è sempre - - — < 0 e sono zeri semplici perché la fun- d y2 d Ai zione — 7— ~ è decrescente, perciò non nulla in essi. la concentrazione %2 (£2 > %i) viene raggiunta dy Allora se è in un tempo finito U . •(-2-k* Si osservi che è: (7) si ha: perché è 160 S. Steri, E. Quarto e P. Boni perciò essendo: dy lim - - 2 t - U dt < 0 V d t e dy — — < 0 per t > U d t Sicché dopo ristante t2, y decresce fino a gì che raggiunge al tempo U dopo il quale riprende a crescere e, raggiunta la concentrazione g2 torna a gì : resta pertanto prevista l’oscillazione di y tra gì e g2 . L’oscillazione è periodica. Infatti indichiamo con tr e tf + x gli istanti del primo e del terzo passaggio di y per il valore g'; se y(t) è la solu¬ zione della (7) soddisfacente le condizioni iniziali: anche y (t + x) è una soluzione della stessa equazione che non contiene esplicitamente la variabile e, soddisfacendo alle stesse condizioni iniziali, è con la prima coincidente. Pertanto gli zeri semplici di Ai (y) hanno il significato di minimo (gì) e massimo (g2) valore, tra i quali oscilla periodicamente la concentrazione di Y. Se dy \ - I = 0 possono presentarsi le eventualità: a) c) Ancora si può concludere in a) e b) che y è funzione periodica del tempo, assumendo all’istante iniziale il minimo e massimo valore rispet- Circuiti di controllo in sistemi biologici 161 tivamente; in c) y = y0 è la sola soluzione della (7) soddisfacente alle condizioni iniziali : e Y resta indefinitamente al valore iniziale, cioè permane in steady state. Ma osservando che l’equazione: Ai = Ai (y) rappresenta una famiglia di curve invadente il piano delle coordinate (y, Ai) delle quali una (eventualità c) è tangente all’asse delle ascisse col punto di contatto che resta compreso tra le coppie di punti di interse¬ zione di ogni altra curva della famiglia col detto asse, si può concludere dicendo che Y oscilla periodicamente intorno alla concentrazione di steady state. Quindi lo steady state è una condizione limite cui il sistema tende con oscillazioni periodiche di ampiezza dipendente dalle condizioni iniziali. IV. — Accordo con i risultati sperimentali in un esempio di controllo RETTO DAL SISTEMA 1) Premettiamo qui gli scopi che ci prefiggiamo illustrando preminente¬ mente un caso particolare: l'omeostasi del calcio. Se la calcemia non fosse sottoposta a controllo ormonico e fosse quindi dipendente da soli fattori fisici, tenderebbe ad un valore basso incompatibile con la funzione normale del metallo. Dal momento che è indispensabile un controllo ormonico, è da rite¬ nere preminente l’azione di quei fattori come il paratormone e Fl-25- (OH)2-D3 (1-25 diidrossicalciferolo), atti ad elevare la calcemia fino a va¬ lori normali se inizialmente bassi, cioè prossimi a quelli non fisiologici promossi da soli fattori fisici. Poiché l’omeostasi del calcio oltre a rappresentare un esempio di in¬ quadramento possibile del nostro modello ci offre la possibilità di un’in¬ dagine sul ruolo della calcitonina, avendo anche in vista l'interpretazione della funzione della calcitonina, (ormone che col paratormone realizza lo stesso scopo di un circuito più semplice a solo paratormone) sarà pos¬ sibile, rinunciando a introdurre tutti gli elementi in gioco, la descrizione di un modello semplice; così in particolare per l’ormone renale derivato 162 5. Steri, E. Quarto e P. Boni della vitamina D riterremo costante l’azione (In realtà il paratormone sem¬ bra implicato nella conversione della 25-OH-D3 in l-25-(OH)2-D3 attraverso un abbassamento della concentrazione del fosforo nel tessuto renale con¬ seguente alla inibizione, dall'ormone paratiroideo operata, del riassorbi¬ mento del fosforo a livello dei tubuli renali). Queste ed altre semplifica¬ zioni introdotte, potranno essere accettate nella misura in cui le conclu¬ sioni della discussione del modello assunto, si avvicinano ai risultati spe¬ rimentali e sarà nostro precipuo compito tale verifica. (da Potts-Deftos modificata) Fig. 2. Verranno nel seguito descritti circuiti di controllo, chiamati semplici, a solo paratormone e a sola calcitonina e uno doppio con entrambi que¬ sti ormoni; nella nostra trattazione un ruolo essenziale viene attribuito al paratormone che può agire, come preciseremo, in condizioni fisiolo¬ giche con un suo circuito indipendente, ma alla calcitonina verrà rico¬ nosciuto un ruolo non secondario per il mantenimento dell’omeostasi cal- civa. Evidentemente con le dette semplificazioni il sistema differenziale che deve rappresentare il controllo della calcemia ad opera del solo pa¬ ratormone è del tipo 1), se Xi è il paratormone e Y è il calcio ionizzato del sangue. Mentre se Xi è il paratormone, X2 l’ormone tiroideo calcito- Circuiti di controllo in sistemi biologici 163 nina, Y il calcio ionizzato del sangue, X il contributo ritenuto costante alla velocità di incremento della calcemia da parte dell’ormone l-25-(OH)2-D3, 2) è il sistema differenziale descrivente un circuito di controllo inclu¬ dente anche la calcitonina. Quanto concluso dal § III con le premesse del § II potrà essere ac¬ cettato se esiste un controllo sperimentale su qualcuna delle deduzioni possibili da tale modello matematico. u paratiroidi D apparato scheletrico, rene, ecc. u tiroide Si segnale di feedback negativo X i paratormone s2 segnale di feedback positivo tirocalcitonina A, B, C pool Y calcio ionizzato del sangue B soglia A questo scopo interessa qui precisare il significato che attribuiamo a yipools Questo deve pensarsi come un parametro caratterizzante la pos- sibilità della calcemia di moderare Fazione incrementante del parator- mone per azione sui recettori specifici paratiroidei; infatti Fazione inibi¬ trice sui siti di produzione di Xi inizia non appena i loro recettori siano interessati in una certa misura e la disponibiltà di questi dipende dalla 164 S. Steri , E. Quarto e P. Boni calcemia y' della situazione precedente al controllo che ha impegnato un certo numero di essi. Pertanto riterreno: y^001 = y^1 (y') Ora la funzione Z = y Xi — cp + 1 è periodica attorno al valore 0 e Xi lo è attorno a (8) xS = Y mentre y è periodica intorno al valore di steady state _ . , 1 a — 3 (9) y* = yf°°x + - - - Gì (3 Ki d Xi dove è a> p perché la derivata — - possa essere anche positiva. d t Tenendo conto della (5), da (8) e (9) si ha, eliminando yip°o1, y* Xi* = — — — + w Y dove w è un numero positivo. Questa relazione lineare tra i valori medi di xt e yi è stata trovata sperimentalmente (Potts-Deftos) (vedi Fig. 2). V. — Formulazione esplicita del secondo caso: circuito doppio includente la X2 Ammettiamo qui che il termine di consumo che figura nella derivata della concentrazione di Y dipenda linearmente dalla concentrazione di X2 mentre quello di produzione è come nel primo caso assunto proporzionale a quella di X, . Supponiamo inoltre che, in accordo con le affermazioni del § I, X2 venga prodotta a partire da un precursore P2 attivato dal segnale. Pertanto fissato con la Fig. 3 uno schema di controllo, con considerazioni analoghe a quelle fatte nel caso della regolazione a sola Xi cioè tenendo conto della relazione esprimente la distribuzione attuale di P2 e di quella Circuiti di controllo in sistemi biologici 165 che esprime la legge di azione di massa, il sistema (2) si esplicita nel seguente: dx i a dt 1 + X. s, d x2 a'[ft]..K232 dt 1 +K2S2 dy= = — — = Y Xi — (e x2 + cp) + A d t (a', s , costanti positive che non figurano anche in (l')i, (IO2); dove Ki e K2 sono costanti di equilibrio, e hanno lo stesso valore che in (l')i, { l')2 le costanti che figurano in entrambi i sistemi differenziali; infatti dette costanti nelle due rappresentazioni dello stesso fenomeno dipendono dal comportamento di li e 7 e non di X2 esprimendo o come la produ¬ zione di Xi sia legata al suo precursore o il consumo di Xi o come la produzione di Y dipenda da Xi e da altri fattori agenti allo stesso modo che nel primo caso, e il suo consumo sia legato anche ad altri fattori oltre che a X2 agenti allo stesso modo nei due casi. Il sistema differenziale (2') anche si scrive: d Xi a -p dt 1 + KiSi d x2 a' K2 S2 -P' dt 1 +KX dy _ _ — : — = y Xi - (s *2 + cp) + X \ dt che è il sistema differenziale di tipo (2) descrivente il fenomeno nell’ipo¬ tesi della regolazione antagonista. VI. — Conclusioni del secondo caso Poniamo: dy = z; dt 166 S. Steri , E. Quarto e P. Boni perciò si ha: 1 d z2 y a z a' K2S2 2 d y 1 + Kx Si 1 H 1 + K2 S2 dove 51 Ici(y- yipoo‘) 52 = o2 (y - y2pooì) Si osservi che a 1 e yip°o1 sono gli stessi valori dell'espressione di Si in quanto non legati a y (t) ma il primo alle modalità di trasmissione del segnale ai siti di produzione di Xu il secondo è la capacità del pool di Y relativa alla controazione sui siti di produzione di Xi, ed è oppor¬ tuno, per gli scopi che abbiamo in vista, considerare il circuito a sola Xi nell’ambito dell’attività di quello doppio servendo la contemporaneità fit¬ tizia dei due circuiti ad evidenziare i motivi della presenza di X2 che ha azione consensuale a quella di altri fattori agenti anche nel circuito sem¬ plice per il trasferimento di Y ad altri pools. Pertanto si ha: 1 dz2 Y <2 s a' K2 02 (y — y2p001) 2 dy 1 + K,a,(y - y,p°o1) ~ r ^ ~ 1 + &o2(y-y2“‘) e integrando (10) z2 = A log (Ki'y - Hr) - B y + C log (K/ y - H2) - Dy + Ez dove K'z = 02K2 ; C = EE ; Hz = - 1 + KS y2po0‘ > 0 (come per H,); KS D = 2 (e P' - s a') > 0 , infatti la (2")2 si scrive: dx2 (a' — P') Ki S2 — (3' dt Ì+K2S2 quindi deve essere a' > (3' affinché la derivata possa risultare anche posi¬ tiva (incremento di X2). Circuiti di controllo in sistemi biologici 167 Si può dimostrare con ragionamento analogo a quello del § III che la concentrazione y di Y oscilla periodicamente tra valori estremi rappre¬ sentati dagli zeri di A2 (y) (secondo membro della (10)) attorno al valore di steady state. VII. — Confronto tra i due casi Assumiamo lo spazio delle coordinate (y, z, t) coincidente con quello (y, z} t) e supponiamo che all’istante iniziale sia: y(to) = y(to) = y0 Z (to) = Z (to) = Zo pertanto le curve di equazioni (6) e (10) passano per lo stesso punto (yQ, Zo) del piano (y, z) e per {y0, A0) passano per le curve yi, y 2 del piano (y, A) di equazioni A = Ai (y) A = A2 (y) rispettivamente. Osserviamo che è: d A2 _ d Ai 2z d%2 dy dy d t e che possono presentarsi le seguenti eventualità: li (Figg. 4, 5) se: la tangente in (yQ, Ac) a yi è più inclinata sull’asse delle y della tangente nello stesso punto a y2 . Poiché è: d2 Ai — < 0 per ogni y (i = 1, 2) a y1 l'andamento di yi e y2 in un intorno di (yG> A0) è quello della Fig. 4. 168 S. Steri, E. Quarto e P. Boni Fig. 5. Circuiti di controllo in sistemi biologici 169 Per y > y0 è dòn ~ - <0 (£=1,2) dy d x2 d t > 0 quindi d A2 dy > d Ai d y 12 170 S. Steri, E . Quarto e P. Boni pertanto e y2 non si tagliano a destra di yQ ; si tagliano a sinistra di y0; infatti è A2 — A, = C log {Ki y — Hi) — D y + E* — Ei e dal momento che A2 — Ai > 0 per qualche y (Fig. 4) ed è: lim (A2 — Ai) = — oo y-*H2+ lim (A2 — Ai) = — oo , Ai — A2 ammette due zeri che sono unici dal momento che d2 (A2 — Ai) — i <0 per ogni y; d y1 I2 (Fig. 6) se: le due curve si tagliano a destra di y0; h (Fig. 7) se: le due curve al più si toccano a sinistra di yQ; III (Fig. 8) se: le due curve si tagliano a sinistra di y0’, Circuiti di controllo in sistemi biologici 171 Ila (Fig. 9) se: le due curve si tagliano a destra di yQ; 172 S. Steri, E. Quarto e P. Boni II3 (Fig. 10) le due curve al più si toccano a destra di yQ; le curve si tagliano a sinistra di ya; Circuiti di controllo in sistemi biologici 173 IV2 (Fig. 12) se: d Xì dt <0 t=t le curve si tagliano a destra di y0; Fig. 12. 174 S. Steri , E . Quarto e P. Boni V2 (Fig. 13) le curve si tagliano a destra di yQ; se: le curve si tagliano a sinistra di y0; Circuiti di controllo in sistemi biologici 175 VII; (Fig. 15) se: le curve si tagliano a destra di yQ; Fig. 16. 176 S. Steri, E. Quarto e P. Boni Vili, (Fig. 16) se: le curve si tagliano a sinistra di yQ\ IX3 (Fig. 17) se: le curve non hanno altri punti in comune. Pertanto gli zeri di A2 (y) possono considerarsi inclusi tra quelli di Ai (y); infatti disponendo delle condizioni iniziali si può sempre realizzare la circostanza che entrambi i punti comuni alle curve si trovino al di sopra dell'asse orizzontale. Se pertanto si tiene presente il significato che hanno gli zeri di Ai e A2 si può affermare che esistono condizioni iniziali tali che, col controllo da circuiti antagonisti, l’oscillazione di Y ha ampiezza Circuiti di controllo in sistemi biologici 177 minore di quella che avrebbe, partendo dalle stesse condizioni, se il suo incremento fosse regolato dal circuito a sola Xi . Vili. — Conseguenze per l’esempio: omeostasi del calcio Si è detto che le variazioni della calcemia non possono essere con¬ seguenza di soli fenomeni passivi, dettati da situazioni ambientali, per la tendenza a valori bassi non fisiologici incompatibili con l'orneostasi: è necessario un controllo ormonico; questo ruolo è esplicato dal parator- mone e dall’ormone renale l-25-(OH)2-D3 e il modello assunto ad espri¬ merlo prevede effettivamente, qualunque siano le condizioni iniziali dalle quali il sistema parte, che la calcemia non possa abbassarsi oltre un certo valore, perché è: lim Ai (v) = y-±H + — oo (Fig. 18); 178 S. Steri, E. Quarto e P. Boni inoltre le oscillazioni sono previste attorno al valore y* di steady state della calcemia che corrisponde a una risposta stazionaria delle parati¬ ci X\ roidi ‘ = 0 ; la possibilità di piccole oscillazioni attorno a questo va- dt lore assicura che il sistema tende a tale condizione limite. Il sistema che prevede anche l’azione della calcitonina appare quindi non strettamente indispensabile; ma instaurato, permette una regolazione più fine nel senso che per una elevata, situazione di emer¬ genza, senz’altro le oscillazioni di Y sono meno ampie di quelle che nelle stesse condizioni presenterebbe il circuito a solo paratormone. IX. — Circuito a sola X2; stabilità dei circuiti di fronte a insulti per¬ turbatori Un circuito a sola X2 è ipotizzabile e una sua rappresentazione sem¬ plice è senz'altro la seguente: d x2 a' k2 S2 dt 1 + K2 S2 ~~ 13 d y - = v — (sjc2 + cp) (v costante positiva) d t dove la produzione di 7 è assicurata all’azione, ritenuta costante, di fat¬ tori che, non entrando nella rappresentazione, non sono controllati dal segnale pur essendo essenziali al suo mantenimento; in altri termini un tale circuito non è autosufficiente come quello a sola Xi . Quello che si realizza quando il segnale è così forte da inibire com¬ pletamente la produzione di Xi è così descritto: d x2 a' K2 S2 dt ~ l + K2S2 ~ ^ d y - - = jji — y (3 t + y x/ — (s Xi + cp) dt dove [Jt compendia Fazione di ordinari fattori e quella ritenuta per sem- Circuiti di controllo in sistemi biologici 179 plicità costante, finché resta efficace, di quelli esaltanti il segnale, Xi è la concentrazione Xi all'istante di innesco. Resta ancora prevista l'oscillazione periodica di Y e non appena la concentrazione di Y s’abbassa nella zona di controllo di Xi può reinse¬ rirsi il funzionamento del circuito doppio, mantenuto se è contempora¬ neamente cessata la causa perturbatrice. Se poi una qualche causa ab¬ bassa la concentrazione di Y tanto da disinnescare il circuito doppio, di¬ viene operante un circuito semplice a sola Xi del tipo: dx i a dt 1 + K, S, ~ ^ d y - = Y Xi - ( — £ 3' t + £ Xi' + O) + 1 d t Xi essendo la concentrazione di X2 all’istante di innesco, ® il termine che compendia l'azione dei soliti fattori responsabili del consumo e quella, ritenuta anche costante finché duri, di quelli che hanno depresso il se¬ gnale. La concentrazione di Y può essere da questo circuito innalzata fino a reinserire stabilmente il circuito doppio, quando sia cessato l'intervento estraneo. X. — Ancora sull'omeostasi calcica: ruolo della calcitonxna Quanto prima dimostrato permette di concludere che la possibilità di circuiti semplici a solo paratormone o a sola calcitonina funzionanti allorché una qualche causa tenda ad escludere il ruolo di uno di essi cioè a disinnescare il circuito doppio, assicura la tendenza al ripristino di questo col vantaggio di una regolazione più fine nelle situazioni di emergenza, come è provato dal confronto con quanto realizza un circuito semplice a solo paratormone, che, in quanto autosufficiente, può pensarsi operante nell’ambito del circuito doppio. Inoltre tale confronto prova che quando sia: l’oscillazione dovuta al circuito doppio ha minimo più alto di quello pre- 180 S. Steri, E. Quarto e P. Boni visto dal circuito semplice (Figg. 6, 9, 12, 13, 15) per: il massimo è più basso (Figg. 5, 8, 11, 14, 16). Quindi di fronte a un segnale evocante un intervento crescente della calcitonina il circuito doppio frena la tendenza a valori massimali della calcemia, mentre con un segnale iniziale smorzante la componente tiroidea sul controllo della calcemia, frena la tendenza a valori bassi. Pertanto, una volta innescato, il circuito doppio tende a conservarsi e, se disinserito, divengono operanti i circuiti a solo ormone paratiroideo o tiroideo che costituiscono meccanismi tendenti a ripristinare la doppia regolazione con i vantaggi che ne derivano: maggiore stabilità e regola¬ zione più fine. XI. — Altri esempi In una nostra nota del 1969 [18] è considerato un sistema di regola¬ zione con feedback in cui un metabolita (ATP) controlla il trasporto at¬ traverso la membrana cellulare di due ioni (Mg++,Ca++) i quali a loro volta agiscono antagonisticamente sulla produzione della sostanza stessa. Il sistema differenziale descrivente il fenomeno è del tipo (2) sebbene a esplicitazione più complicata e la sua discussione permette di preve¬ dere l’oscillazione periodica nel tempo dell'ATP attorno al valore di steady state. Ancora se Zi è uno degli ormoni iperglicemizzati controllabili anche dalla glicemia, X2 l’insulina, Y il glucosio nel sangue, la sua omeostasi verrà rappresentata da un certo numero di equazioni come la (2)i e dalla (2)2; ancora è possibile prevederne il comportamento sotto l’azione anta¬ gonista dei detti ormoni quando le equazioni rappresentative siano espli¬ citate e discusse. Naturalmente data la non linearità del sistema differen¬ ziale le complicazioni matematiche possono diventare subito formidabili se si vogliono introdurre tutti i fattori conosciuti nello schema. Questo grado di complessità crescente col numero dei fattori in gioco è in defi¬ nitiva il solo limite a un'analisi di questo tipo. Ma il problema è ogni volta soprattutto di verificare la bontà del mo¬ dello matematico proposto con l'esperimento. Noi lo abbiamo fatto nel caso dell'omeostasi del calcio, utilizzando i risultati di Potts, Deftos [14]. Circuiti di controllo in sistemi biologici 181 BIBLIOGRAFIA [1] Bellman, 1971 - Introduction to thè mathematical theory of control. Voi. I, II, Academic press. [2] Bretscher, 1968 - How repressor molecules function. Nature, 217, 509-511. [3] Catt, 1970 - Hormonal control of calcium homeostasis. Lancet, II, 255. [4] Comunicazioni al 6° convegno nazionale di Biofisica e Biologia molecolare in Roma. Boni, Steri, de Lerma, Nota I, Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici. Attività periodiche in circuiti semplici o as¬ sociati. Steri, Boni, de Lerma, Nota II, Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici. Effetti oscillatori nella regolazione da ioni antagonisti. [5] Goodwin, 1966 - An entrainment model for timed enzyme synthesis in bacteria. Nature, 209, 479-481. [6] Goodwin, 1965 - Oscillatory behaviour in enzymatic control processes. Adv. Enz. Reg. 3, 425-438. [7] Goodwin, 1963 - Temporal organization in cells. Academic press, London. [8] Kalmus, 1966 - Regulation and control in living system. Wiley and sons, N. Y. [9] Kauffman, 1969 - Homeostasis and differentation in random genette control networks. Nature, 224, 177-178. [10] Hausmann, Riggs, 1966 - The effectiveness of negative feedback in regulating plasma calcium in thè dog. J. Theoret. BioL, 12, 350-353. [11] Lotka, 1956 - Elements of mathematical biology. Dover publications Ine. N. Y. [12] Milsum, 1966 - Bioio gical control system. Me Graw-Hill, N. Y. [13] Patrono, 1972 - Endocrinologia per la clinica. Ili ed. Il pensiero scientifico Ed., Roma. [14] Potts, Beftos, 1969 - Diseases of metabolism. Boundy, 255 Philadephia. [15] Riggs, 1966 - Control theory and physiological feedback mechanisms . Williams and Wilkins Co, Baltimora. [16] Riggs, 1963 - The mathematical approach to physiological problems. Williams and Wilkins, Baltimore. [17] Smith, 1968 - Mathematical ideas in biology. Cambridge University press. [18] Steri, Boni, 1969 - Analisi matematica di circuito di controllo in sistemi biologici. I - Comportamento oscillatorio periodico per effetto di ioni me¬ tallici antagonisti . Acc. di scienze fisiche e matematiche della Soc. naz. di lettere scienze ed arti in Napoli, serie 4, voi. XXXVI. [19] Talmage, Belanger, 1968 - Parathyroid and Thyrocalcitonin ( calcitoin ). Amsterdam. [20] Umbarger, 1969 - Regulation of amino acid metabolism . Ann. rev. biochem. 38, 323-370. [21] Yosida, 1968 - Fuctional analysis . Berlino. [22] Yosida, 1960 - Lectures on differential and integrai equations. Wiley and sons. N. Y. [23] Von Merceron, 1973 - Kalzitonin-Physiologie und therapeutische Anwendun- gemoeglihkeiten. Muench. med. Wschr., 38, 1589-1593. [24] Atti del Simposio Internazionale: Un nuovo ormone la calcitonina e il suo impiego terapeutico. Milano 5-6-10-1973 (Fondazione Carlo Erba). Boll. Soc. Natur. in Napoli voi 84, 1975, pp. 183-194, fig . 1 àO1 Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici III ~ Modello lagrangiano per la regolazione antagonista Nota dei soci Ernesto Quarto, Stefano Steri e di Pietro Boni (Tornata del 27 giugno 1975) Sommario . — In questa nota viene assunto un modello lagrangiano per la regolazione antagonista nei sistemi biologici. Esso viene descritto con i metodi variazionali, che conducono a una interpretazione geometrica del fenomeno. Viene così ulteriormente caratterizzata la regolazione antagonista che ha pure costituito oggetto di altra nota. Summary. — This paper is concerned with thè formulation of a lagrangian model of thè « antagonistic » regulation in biological systems. The mathematica! treatment has been developed by means of variational methods, leading to a geometrica! interpretation of thè phenomenon. In this way more insight is gained about thè processes of « antagonistic » regulation, a theme already treated in thè preceding paper. Introduzione In un nostro precedente lavoro [3] è stata definita la regolazione antagonista in sistemi biologici (circuito duplice con feedback negativo e positivo accoppiati) e precisato il vantaggio che questa realizza rispetto alla regolazione chiamata semplice (unico circuito con feedback negativo). Ri¬ prendiamo questi concetti allo scopo di presentarne una interpretazione meccanica (variazionale). Le attività metaboliche che si svolgono nella cellula e in organismi uni e pluricellulari vengono regolate con circuiti, in cui una sostanza Y controlla con un meccanismo di feedback negativo la sintesi di un’altra Xi responsabile della sua produzione. Ma se del consumo di 7 è respon¬ sabile un’altra sostanza X2 , la regolazione di questa a mezzo di feedback da parte di Y potrà realizzarsi con un meccanismo che preveda la sti- 184 E. Quarto, S. Steri e P. Boni molazione della sua produzione in corrispondenza di un incremento posi¬ tivo del segnale; tale retroazione si tradurrà nello smorzamento del se¬ gnale, essendo X2 deputata al consumo di Y che lo ha prodotto. Chia¬ miamo antagonista la regolazione su Y da parte di e I2, e la Fig. 1 la illustra con uno schema a blocchi. Tale ad esempio è Fazione degli ormoni paratormone e calcitonina sul calcio ionizzato del sangue. Infatti è noto che i due ormoni, paratormone (paratiroidi) e calcitonina (tiroide), u paratiroidi Fig. 1. D apparato scheletrico, rene u tiroide sl segnale di feedback negativo X x paratormone s2 segnale di feedback positivo X2 tirocalcitonina A, B, C pool Y calcio ionizzato del sangue B soglia agiscono diversamente sul calcio ionizzato del sangue: l’uno ne aumenta la concentrazione principalmente per rimozione dall'osso, l’altro, favoren¬ done il deposito, invece, la diminuisce. D’altra parte, si può ammettere che il calcio controlli la sintesi ormonica con meccanismi di feedback. Precisamente, un aumento del segnale di feeback, in ogni sito di produ- Circuiti di controllo in sistemi biologici 185 zione del paratormone nelle paratiroidi, ha il significato di inibizione della sintesi dell’ormone, causando questo l'aumento di concentrazione; della sostanza che produce il segnale; in ogni sito di produzione della calci- tonina nella tiroide, invece, un aumento del segnale ha il significato di induzione della sintesi dell'ormone che produce diminuzione della con¬ centrazione di calcio ionizzato e quindi del segnale. Partendo da questo punto di vista abbiamo in questa nota mostrato che il fenomeno della regolazione antagonista è rappresentabile da un si¬ stema lagrangiano normale per il quale il principio variazionale dell'azione variata permette di formulare in termini puramente geometrici il com¬ portamento delle sostanze in gioco. Pertanto, sistemi biologici, anche assai diversi, controllati con regolazione antagonista e perciò descrivibili dallo stesso sistema differenziale, hanno un tale stesso comportamento, doven¬ dosi di volta in volta precisare il significato dei simboli. Impostazione del problema Siano: n' il numero dei siti di produzione del paratormone nelle paratiroidi, n" il numero dei siti di produzione della calcitonina nella tiroide, i l'indice variabile da 1 a n', j l’indice variabile da n' + 1 a n' + n" = n. Per ogni i- sito sia: [Pilo = [Pii + [Pi S,] la concentrazione iniziale di precursore di paratormone con [Pi] sua concentrazione attualmente libera, [Pi Si] sua concentrazione legata al segnale di feedback; poiché è aH’equilibrio: da (1) e (2) si ha: [Pi Sii [Pii [Si] = K [Pi] = [Pilo ì + KSi (Si = [S,]) (1) (2) (3) 13 186 E. Quarto -, S. Steri e P. Boni Se Xi è il contributo in ormone (paratormone) delFi-sito, distinguendo nella derivata rapporto’ al tempo dXi/dt un termine di produzione pro¬ porzionale a [Pi] e uno di consumo» assunto costante, si scrive: ovvero per la (3) oppure - - — = a,-' [P,] — pi (a/, p costanti positive) dt d Xi _ a/ [Pi] o dt ~ 1 E K Si d Xi _ af dt 1 +KSi (i E {1, «'}) (4) Analogamente se X, è la concentrazione di calcitonina proveniente dalF/-sito della tiroide, è: dXj dt a/ [Py Sy] — P,- ' (ay', P,-' costanti positive) (5) dove [Py S;] è l’aliquota di precursore legata al segnale, mentre [P/]o = [Py] + [PySy] è la sua concentrazione iniziale neH’/'-sito; poiché all’equilibrio: la (5) si scrive: [Pi Sy] [Py] [Sy] = tf cioè ovvero d X j [ Py ] o H Sy - = Oiy' — dt 1 + H Sy d Xj ay H Sy d t 1 +HSy d Xj ay 1 +HSy + (ay — Py') Circuiti di controllo in sistemi biologici 187 oppure dXi dt - + (3/ / 6 {n* + 1, • . . , n' -f n"} (5') Ì + HS, Alle equazioni (4) e (5') assoceremo la de n> n - = X E< Xi — fji S j Xj (X, u costanti positive) d t i »'+i dove £ = [Ca++] - [Ca++]p00i è la concentrazione di calcio ionizzato eccedente la capacità del suo pool. Poiché si può assumere: Si = ai e , S, = a,- e (a, , a,- costanti positive) cioè si può ammettere che il segnale su un sito di produzione sia propor¬ zionale all'eccesso e, il sistema differenziale (4), (5'), (6) è pareggiato (tante equazioni quante incognite). Posto ora: si ha: z = x £• Xi - |1 S, X j dZ n' ( OCi dt X ?' ( 1 + KS, ~ Pi a,- 1 + H Si (7) Pertanto si pone: V h £ { 1 , . . . , nf } e ah = X och bh = X 3, Kh = K Oh Uh = p OCh bh = ti Kh = H Oh V h £ {n' + l, ...,n} 188 E. Quarto, S. Steri e P. Boni la (7) si scrive: dz n ( ah ~ — ~ ~ — bk d t i^l+ Kh z La (7') e l'equazione: (7') dz dt = z (60 costituiscono un sistema differenziale nelle funzioni incognite z, s, che am¬ mette l’integrale primo: z2 y = 2* [A log (1 + Kh z) - bh z] - E (8) dove: a,, ed è &/, > 0, in quanto è: fo,- = X (3t- > 0 , bj — [A (oc j — (3/0 e deve essere: (V < a/ affinché nella (50 la derivata possa risultare anche positiva. Si può dimostrare che la funzione A (s) che figura a secondo membro della (8) ammette due soli zeri e che questi sono semplici e da ciò, ser¬ vendoci della (60 e della: d2 z d A dt1 = dz dedotta dalla (60 e dalla (8), si evince che £ è funzione periodica del tempo attorno alla concentrazione di steady state. Allora è funzione periodica del tempo la concentrazione di calcio io¬ nizzato. Circuiti di controllo in sistemi biologici 189 Per le necessarie considerazioni rimandiamo alla nostra nota [3]; in¬ fatti noi qui abbiamo in vista una interpretazione variazionale delle so¬ luzioni del problema posto. Per questo osserviamo che la (8) si scrive: h i f Kh 'v bh A" '°g [ 1 + s‘ J - ~ s‘ (9) la funzione al primo membro della (9) sarà nel seguito indicata con G . Osserviamo ora che è: 9 G 1 dXS dSh g* dt dove V h £ { 1, n' } - - » Xh' = lXh V h £ {n'+l,...,n} - — » Xh'=-y,Xh allora posto: la (10) si scrive: d qlt 9 G dt 0 Sh D’altra parte si ha dalla (6'): e per la (9) e poiché dSh dt oh z 0 G OhZ- - Oh — — 0 Z 0 G _ 0 G dz 0 qh 0 Z 0 Qh (10) (10') si ha: 190 E. Quarto , S. Steri e P. Boni d'altra parte: quindi: 3 z - - = 1 3 Xh 9 z 3 z dqh 3 Xh 9 Qh d Xh 3 z 3 qh = Oh Sicché in definitiva si può scrivere: dSh 3 G dt 3 qh (11) Il sistema (10'), (11) è un sistema hamiltoniano che scriveremo nella forma: qh Si 3 G 3 Sh 3 G 3 qh (12) convenendo di indicare d'ora innanzi la derivazione rapporto al tempo con un punto sovrapposto al simbolo in funzione. Osserviamo che l’hessiano: 32 G 3 S/i 3 Sk ha tutti non nulli gli elementi principali e nullo ogni altro elemento, pertanto non è nullo il suo determinante e ciò basta ad affermare che il sistema hamiltoniano (12) è equivalente ad un sistema lagrangiano nor¬ male: d 3 £ d£ - — = 0 (13) dt 3 qh 3 qh a funzione lagrangiana: £ — hh Sh qh — G Circuiti di controllo in sistemi biologici 191 che come la corrispondente hamiltoniana G, non dipende esplicitamente dal tempo. Allora per il sistema (13) sussiste l’integrale generalizzato del¬ l'energia: G (qh , qh) = E (9') Principio dell’azione stazionaria Una soluzione Q = (qi, q2, ... , qn) del sistema (13), corrispondente ad assegnati valori iniziali {q\, q°h), e quindi soddisfacenti alla (9') con un prefissato valore per la costante E, è quella che rende stazionaria l’azione: rispetto a tutte le n- pie, N di funzioni soddisfacenti la (9') con lo stesso valore di E; le funzioni di ogni N differendo dalle corrispondenti di Q per funzioni arbitrarie (regolari) infinitesime, di t + 8 t essendo 8 t una funzione infinitesima (regolare) del tempo; essendo i vettori numerici as¬ sunti negli istanti estremi tQ e U per ogni N quegli stessi che rappresen¬ tano i valori della Q negli stessi istanti. È noto dalla teoria dei sistemi lagrangiani normali che se la funzione lagrangiana £, indipendente da t esplicitamente, non è somma di due fun¬ zioni omogenee nelle qh, di grado 0 e 1 rispettivamente, nell’ipotesi che U sia abbastanza prossimo a tQ, perché A si possa esprimere in termini delle qh, q\ basta che la forma quadratica a coefficienti funzionali: 32 £ 2 *,* . ' Qh 4k (14) i 3 qh 3 qk sia non nulla per i valori iniziali {q°h, qah}. Se questo si verifica è pos¬ sibile formulare geometricamente la condizione che l’azione sia stazio¬ naria dicendo che nello spazio delle coordinate qh la curva (S) rappresen¬ tativa di Q è quella che rende stazionaria l’azione rispetto a tutte le curve tra gli stessi estremi che ne rappresentano una variazione asin¬ crona isoenergetica, nel senso che sono infinitamente prossime a 6 e le funzioni che ne costituiscono le equazioni parametriche contengono il 192 E. Quarto, S . Steri e P. Boni termine di asincronismo 5 t e soddisfano la (9') con lo stesso valore della costante E. Ma nelle condizioni ammesse la formulazione geometrica locale del principio dell'azione stazionaria prevede la considerazione, accanto a curve arbitrarie dello spazio delle coordinate qh aventi gli stessi estremi di , 1972 - Untersuchungen uber das vorkommen des sexpeptids bei verschiedenen Drosophila Arten. Rev. Suisse ZooL, Voi. 79, p. 333. 209) Kimura, M. and Crow, J. F., 1964 - The number of alleles that can be mairi- tained in a finite population. Genetics, Voi. 49, p. 725. Boll . Soc . Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 347-358, figg. 4, tavv. 3 Il modello del conduttore anulare nello studio delle anomalie geomagnetiche regionali e locali. II Nota (*) Nota dei soci Gennaro Corrado (**) e Pio Vittozzi (**) e di Ettore Amoretti (***) (Tornata del 31 ottobre 1975) Riassunto . — Continuando lo studio del campo magnetico prodotto alla superficie terrestre dalla corrente elettrica circolante in un conduttore anulare o da una lamina magnetica situata ad una certa profondità, i risultati già precedentemente ottenuti vengono estesi al caso più generale in cui la spira o la lamina giacciano in un piano inclinato rispetto all’orizzonte. Viene poi discussa ed illustrata l’applicazione dei risultati per l’interpretazione di ano¬ malie geomagnetiche regionali o locali o per lo studio delle variazioni laterali della conduttività elettrica all’interno della Terra. Abstract . — In a former paper thè magnetic field produced at thè Earth surface by electric currents circulating in an anular conductor or magnetic lamine buried at a certain depth in thè Earth, have been studied. The obtained results have been extended to a more generai case, that is when thè anular conductor or thè lamine lay in a piane inclined relatively to thè orizontal piane. The utilization of thè obtained results either for thè interpretation of geomagnetic regional and locai anomalies or for thè study of lateral variations of thè electrical conductivity inside thè Earth are discussed. Premessa Continuando le ricerche sul campo magnetico prodotto alla super¬ fìcie terrestre da un conduttore anulare percorso da corrente, schema¬ tizzato mediante una spira circolare, giacente in un piano parallelo (*) Il lavoro è stato eseguito col contributo del Comitato Nazionale delle Scienze Fisiche del C.N.R. e del Ministero della Pubblica Istruzione. (**) Dell’Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università di Napoli. (***) Docente Istituti Medi Superiori. 348 G. Corrado, P. Vit tozzi e E . Amoretti all'orizzonte ed a profondità z* (G. Corrado ed altri, 1974), si è voluto esaminare il caso in cui il piano contenente la spira fosse inclinato di un angolo a rispetto all’orizzonte. 1. — Scegliamo un sistema di coordinate cartesiane ortogonali levo¬ giro (0 ,x,y,z) — Fig. 1 — con l’origine 0 nel centro della spira; l’asse — > Z sia normale al piano in cui giace la spira, positivo verso l’alto ed incontri il piano dell’orizzonte nel punto Q = (0, 0, z*)l il piano della spira formi col piano dell’orizzonte l’angolo diedro a ( < 90°) la cui sezione normale appartenga al piano (x, z), nel quale, quindi, sarà conte¬ nuta anche la normale al piano dell’orizzonte, ossia la verticale Z, orien¬ tata positivamente verso l'alto. Si supponga, infine, che il piano della spira si « immerga » dalla parte delle x positive. Il modello del conduttore anulare 349 Con queste ipotesi, l’equazione cartesiana del piano dell’orizzonte è data da: - xtgtx + z — z* = 0 (1) Oltre al sistema di coordinate (0, x, y, z), conviene considerare il sistema di coordinate cilindriche (0, r, fr, z), dove r = y/ x1 + y1 e D- è l'anomalia, con semiasse polare coincidente col semiasse positivo di x. Consideriamo, allora, un punto P del piano dell’orizzonte, e siano (rP , Zp) le sue coordinate cilindriche; in base al precedente citato lavoro risulta noto l’angolo (3 (r? , z? ) che il vettore B del campo magnetico, prodotto dalla corrente circolante nella spira, forma col piano parallelo a quello della spira e passante per P. Denotato, ora, con tpP l’angolo che il vettore B forma col piano del¬ l'orizzonte nel punto P, tenuto conto che i coseni direttori dell'asse cui appartiene B rispetto agli assi x, y, z sono dati rispettivamente da: ( COS (3 (rP , Zp) • COS frp < cos (3 (rP , zP) • sen $P ( sen |3 (rP , zP) e che i coseni direttori dell’asse Z rispetto agli stessi assi sono dati rispettivamente da: l — sen a < 0 ( cos a si ha: sen (pP = cos a sen (3 (rP , Zp) — sen a cos j3 (rP , zP) cos (2) Poiché P appartiene al piano rappresentato dalla (1), si deve avere: cosfrp = - .. rP tg a (3) Sostituendo la (3) nella (2) si ha: sencpp = cosa ! sen|3(rp, Zp) + — - — cos [3 (rP , Zp) [ (4) La (4), giovandosi del fatto che sen (3 (rP , zP) e cos |3 (rP, Zp) si lasciano 350 G. Corrado, P. Vit tozzi e E. Amoretti esprimere in termini delle componenti di BP in coordinate cilindriche mediante le seguenti relazioni: sen fi (rP, Zp) cos fi (rP, Zp) Bz 2 2 B r + Bz Br J b, +b : (5) dove Br e Bz indicano rispettivamente la componente radiale e verticale di B nel punto P, può scriversi: sen c p = cos a Bz z* - z Br ) 1 , . + r / a" , Br +Bz •y Br + B: j (6) dove, per semplicità, si è omesso l’indice P, e (vedi lavoro citato): Bz = 1 — r cos fl* (1 + r2 - 2rcosfr 4- zT2 db Br = Z cos (1 + r2 — 2r cos 0- + Z2)3/2 db (7> \ Come fu già detto nel precedente lavoro, gl’integrali che figurano al secondo membro delle (7) non sono esprimibili mediante funzioni ele¬ mentari, ma in termini di integrali ellittici, e precisamente: B 7 = Br [(1 + r)2 + z2]3/2 4 1 - k2 2 — k2 1 - k2 2 K [(1 + r)2 + z2]3/2 k2 2 — 1 - k2 E - 2K Il modello del conduttore anulare 351 dove k2 è il modulo degli integrali ellittici completi ed è dato da: (ì + rf + z2 ed inoltre E e K sono rispettivamente gli integrali ellittici completi di prima e seconda specie e cioè: */2 Ai fini, però, di una maggiore precisione nei risultati e speditezza nei calcoli, si è preferito calcolare Br e Bz per via numerica servendosi del¬ l'elaboratore UNIVAC 1106 del Centro di calcolo elettronico della Facoltà di Scienze deH'Università di Napoli. 2. — Ritornando alla (6), essa consente, dunque, per una data incli¬ nazione a del piano in cui giace la spira rispetto all’orizzonte e per un assegnato valore di z*» che si traduce in definitiva in una maggiore o minore profondità della spira, di calcolare, per ogni punto del piano orizzontale, l’angolo cp che in quel punto forma col piano orizzontale il vettore B . Infatti, per ogni valore di r prefissato, i punti del piano orizzontale appartengono tutti all'ellisse risultante dall'intersezione della superficie cilindrica di raggio r ed asse z col piano dell'orizzonte, ossia all’ellisse di equazione: + f = r2 — xtg a + z — Z* = 0 (8) Tale ellisse ha il centro nel punto Q = (0, 0, z*), semiasse maggiore r a ~ - e semiasse minore h = r. Pertanto, in corrispondenza del- cos a 352 G. Corrado, P. Vittozzi e E . Amoretti 1’assegnato valore di r, i punti del piano orizzontale devono avere la coordinata z soddisfacente alla limitazione: z* — r tg a < z ^ z* + r tg a (9) Si comprende, così, che, assumendo, per un prefissato r, i valori di z che dividono l'intervallo (9) in un arbitrario prefissato numero di parti eguali, è possibile determinare, in base alla (6), i corrispondenti valori di sen cp. Prendendo in considerazione poi, per ogni r, solo i valori di c p che risultano interi e differenti tra di loro di una certa quantità costante (ad esempio 5°), tra —90° e +90°, il metodo consente di tracciare per punti le linee di uguale

, cioè di uguale inclinazione del vettore B sul piano dell’orizzonte. Per il tracciamento di tali isolinee sul piano orizzontale sarà oppor¬ tuno passare dal sistema di coordinate (0 ,x,y,z) all’altro (Q,X,Y,Z), con origine in Q, asse Z verticale e orientato positivamente verso l'alto, — » -> — > -> — » -> asse Y = y ed asse X tale che X x = Z z = a. Scelto nella (6) un valore per sen c p = A, che caratterizza l’isolinea, fissati a e z*, consideriamo una coppia (rP , Zp) che soddisfa l’equazione. Sul piano orizzontale esistono due e due soli punti aventi la quota Zp rispetto al piano della spira e la distanza rP dall’asse della spira. Intanto Zp sarà la coordinata z dei due punti. La coordinata xP si ricava dalla (1) e si ha: */- = Nota xP e nota rP , si ricava: Z* ~ Zp tg a cos fh> Xp rP Z* ~ Zp rP tg a Pertanto: yP = rP sen & rP (Z* - Zp)2 ri tg2 a / 2 rP (Z* - Zp Y tg2 a Il modello del conduttore anulare 353 Riepilogando, dati rP e Zp , le coordinate dei due punti, nel sistema (0 ,x,y,z) sono: Zp — Zp ( Z * ~ Zp)2 tg2 a Di conseguenza, le coordinate nel sistema (Q, X, Y, Z), saranno: 1 Zp — Z* sen a (Z* - Zp f tg2 a Z = 0 3. — A titolo di esempio è stato calcolato e tracciato l’andamento delle isolinee di cp nei seguenti casi particolari: 1) a = 0°; z* = 1,2,3 (Figg. 2,3,4) 2) a = 45°; z* = 1 (Tav. I) 3) a = 45°; z,v = 2 (Tav. II) 4) a = 30°; z* = 1 (Tav. Ili) Per a = 0° le isolinee di cp sono ovviamente cerchi concentrici col centro nel punto d'intersezione dell'asse della spira col piano dell’oriz¬ zonte. Nei casi esaminati (z* >1), come si desume dal precedente citato lavoro (in particolare dalla Fig. 4 di esso), al crescere di z* a parità di distanza dall’asse, cp cresce. 354 G. Corrado , P. Vittozzi e E. Amoretti Per a^O (casi 2), 3), 4)) le caratteristiche essenziali delle isolinee, che ne consentono la utilizzazione pratica, sono le seguenti: a) Per qualunque valore di a e di z* , la isolinea caratterizzata da cp = ± (90° — a) (10) passa per Q, cioè per il punto d'intersezione dell’asse della spira col piano dell’orizzonte; ciò risulta ovvio perché in Q il vettore B è diretto secondo l’asse della spira. zM b) La retta r d’intersezione del piano su cui giace la spira col piano dell’orizzonte s’identifica con una particolare isolinea (rettilinea) caratterizzata da cp = + (90° - a) (11) Il modello del conduttore anulare 355 Nelle (10) e (11) vanno assunti i segni superiori o inferiori a seconda del verso di circolazione della corrente nella spira o della polarità della faccia della lamina rivolta verso l'alto. Nel caso da noi supposto nelle figure e nelle tavole i segni da assumere sono quelli superiori. Anche la (11) risulta ovvia perché, appartenendo i punti della retta r, in particolare, al piano jz della spira, in essi il vettore B risulta costan¬ temente ortogonale a Detto vettore, inoltre, considerando solo il caso z*=2 che in genere interessa in pratica, e cioè che la spira risulti compieta- mente immersa, il che vuol dire z* > tg a , (12) sarà rivolto verso il basso o verso l’alto a seconda del senso di circola¬ zione della corrente. 356 G. Corrado, P. Vit tozzi e E. Amoretti c) Lungo la direzione di X, da una banda della retta r (quella in cui giace Q), si succedono isolinee con concavità rivolta verso il semiasse positivo di X e caratterizzate da valori crescenti di q? a partire dal valore (11) e viceversa dall'altra banda. d) Qualunque sia a, al crescere di z* , diminuisce (e con rapidità variabile con oc) il grad cp nella direzione di X nell'intorno del punto cui corrisponde cp = rp (90° — oc). Al tendere di z* verso il valore minimo preso in considerazione (12), grad cp -h» oo . 4. — Dal descritto andamento, agevolmente si deducono le applica¬ zioni pratiche sul terreno: Supponiamo di aver effettuato il rilevamento di una anomalia magne¬ tica locale o regionale, oppure di aver separato, coi ben noti metodi analitici, la parte interna delle variazioni del campo magnetico terrestre,. Il modello del conduttore anulare 357 indotta da causa esterna; supponiamo, inoltre, che l'andamento generale delle isolinee di cp ottenute sia del tipo di quelli esaminati. In tal caso il valore di cp che caratterizza l’isolinea rettilinea r ci farà immediatamente ricavare a. Noto a occorrerà prendere in consi¬ derazione la direzione dell'asse delle isolinee normale ad r, cioè dell’asse X. L’intersezione più lontana da r della isolinéa caratterizzata da cp = ± (90° — a) con l'asse X, individuerà il punto fì, cioè il punto d'intersezione dell'asse della spira con l’orizzonte. Indichiamo con akm la misura, ad esempio in km, della distanza di Q da r così individuata; risulterà: z* = akm • sen a (13) km Resta da individuare il raggio della spira, che, nella trattazione teorica, è stato assunto come unità di misura delle lunghezze. Per a eguale al valore determinato, si calcoleranno e tracceranno gli andamenti teorici delle isolinee per vari valori di z*. Scegliendo per ogni valore di z* la scala del disegno in modo che la distanza di Q da r equivalga al segmento sperimentalmente ottenuto e che misura akm , andremo alla ricerca del particolare valore di z* che dà luogo a gra¬ dienti dcp/dX che meglio si adeguino ai valori sperimentali. Sia z* = p il valore di z* così individuato; si avrà allora, in base alla (13), akm rkm = - sen a P È chiaro che l’applicazione del metodo risulta di gran lunga agevo¬ lata se si ha cura di preparare una serie di grafici che rappresentano gli andamenti, per valori discreti di z*t in corrispondenza di assegnati valori di a. Ringraziamo la Dott. Elena Montenero per il prezioso aiuto prestato. Napoli, Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università, 8 settem¬ bre 1975. 358 G. Corrado, P. Vit tozzi e E. Amoretti BIBLIOGRAFIA Rikitake T., 1966 - Electromagnetism and thè Earth’s interior. Elsevier Publish- ing Company. Amsterdam, London, New York. Rikitake T., 1959 - The anomalous hehavior of geomagnetic variations of short period in Japan and its relation to thè suhterranean structure. Bull. Earth- quake Res. Inst. Tokyo Univ., 37, pp. 545-570, 1959. Matsushita S. e Campbell W. H., 1967 - Physics of geomagnetic phenomena. Academic Press. New York e London. Corrado G., Gianfrani A., Vittozzi P., Amoretti E., 1974 - Il modello del condut¬ tore anulare nello studio delle anomalie geomagnetiche regionali e locali . Boll. Soc. Naturalisti in Napoli, Voi. LXXXIII. Tav. II Z-l oC “ 30° Z*-1 oC - 30' Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 359-372, figg. 10, tab. 1 Primi risultati di una analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese nella Calabria settentrionale (*) Nota del socio Donatella Pierattini (**) (Tornata del 31 ottobre 1975) Riassunto. — L'Unità Pollino-Campotenese, cui appartiene la zona presa in esame (S. Donato di Ninea, Lungro, Acquaformosa) sarebbe stata interessata già nel Cretacico sup .-Paleocene da fenomeni traslativi che avrebbero portato la « nappe rigide » carbonatica sul Trias metamorfico filladico in seguito a una «troncatura basale» (Bousquet, 1971). In base agli studi finora effettuati si è visto invece che la successione appa¬ re regolare e il passaggio tra filladi e calcari sì verifica per graduali interca¬ lazioni. Sono state poi esaminate le strutture da deformazione legate al metamor¬ fismo. Le orientazioni prevalenti di tali strutture sono: N 30-N 40: N 70-N 90: N 140-N 160. Sembra però che le fasi N 30-N 40 siano due, una precedente e una suc¬ cessiva alla N 70-N 90. Grandi acquet 1967 nell'Unità Verbicaro (avente metamorfismo coevo a quello in oggetto) riconosce gli stessi lineamenti: pone però la fase N 70-N 90 succes¬ siva alla N 140. In effetti nel corso del presente studio sono state osservate nell'Unità Ver¬ bicaro pieghe ad asse N 70 dislocanti lineazioni N 140. Non si può escludere quindi che le fasi intorno N 70 siano due, una precedente la N 140 e una successiva. Grandi acquet collega le direzioni osservate a quelle antiappenninica, appen¬ ninica e africana: sembra però prematuro trarre conclusioni di questo tipo, trattandosi di direzioni che si esplicano soprattutto nel Pliocene, prima di avere un quadro più. completo della situazione. Abstract . — The area of this study (S. Donato di Ninea, Lungro, Acquafor¬ mosa, Calabria, South Italy) belongs to thè Pollino-Campotenese tectonic Unit, which consists of Triassic phyllites overlain by a carbonatic sequence. (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (**) Istituto di Geologia e Geofisica deH'Università di Napoli. 360 D. Pierattini Bousquet (1971) suggested that thè carbonatic « nappe rigide » overthrust thè Triassic metamorphic terranes in thè Upper Cretaceous-Paleocene age. New field work shows, on thè contrary, that thè sequence is regular, and that thè phyllites turn into limestones gradually by intercalations. The deformation structures due to metamorphism were examined. Their main directions are:. N 30-N 40, N 70-N 90, N 140-N 160. It seems that two deformations were responsible for thè N 30-N 40, one preceding and thè other one following thè N 70-N 90. Grandjacquet (1970) found thè same structures in thè Verbicaro Unit (whose metamorphism is coheval to that of this study), but he suggested that thè N 140 direction is older that thè N 70-N 90. Actually in this work some folds with N 70 axes, displacing N 140 linea- ticns are deseribed in thè Verbicaro Unit. Therefore two N 70 deformations could exist, one preceding and one follow¬ ing thè N 140. Grandjacquet suggested a connection between these directions and thè Apen- ninic, Antiapenninic and African ones. We think some more work is necessary to draw such a conclusion because thè two former directions were active especially in thè Pliocene age. NelTAppennino calabrolucano le unità esterne della catena sono costi¬ tuite, dal basso in alto, dalTUnità del Monte Alpi, dalle unità lagonegresi, dall'Unità di Timpone-Pallone, dall’Unità Pollino-Campotenese, dalTUnità di Verbicaro. Alcune di queste unità (Unità Pollino-Campotenese e Unità di Verbi¬ caro) in Calabria settentrionale hanno subito un lieve metamorfismo (Cor¬ tina Pierattini & Scandone 1974) a differenza di quanto avviene a Nord (Appennino campano-lucano) e a Sud (Sicilia) (Scandone 1972; Dietrich & Scandone 1973; Scandone, Radojcic, Giunta & Liguori 1972; Giunta & Li- guori 1972 e 1973) dove non vi sono tracce di metamorfismo nelle unità esterne. TABELLA I Correlazione tra le unità tettoniche, metamorfiche e non, derivanti dallo smem¬ bramento della piattaforma campano-lucana nelTAppennino meridionale. Appennino campano-lucano Calabria settentrionale Unità Bulgheria Unità Verbicaro Unità Alburno-Cervati Unità Pollino-Campotenese Unità del M. Foraporta e Unità dei Monti della Maddalena Unità Timpone-Pallone Analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese 361 Per lo studio di analisi strutturale, oggetto di questa nota, è stata scelta l'Unità Pollino-Campotenese 1 negli affioramenti della parte setten¬ trionale della Catena Costiera, in quanto strutture mesoscopiche quali assi di pieghe, lineazioni ecc. legate al metamorfismo inframiocenico ap¬ paiono qui molto ben rappresentate e offrono un vasto campionario di studio. Secondo Bousquèt, l'Unità Pollino-Campotenese sarebbe stata interes¬ sata già nel Cretacico sup.-Paleocene da fenomeni traslativi che avrebbero provocato una « troncatura basale » con successiva traslazione della « nap¬ pe rigide » carbonatica sul « Trias metamorfico ». Per Bousquèt, pertanto, « Trias metamorfico » e sequenza carbonatica costituiscono due distinte sotto-unità nell’ambito della stessa unità tet¬ tonica. Scopo del presente studio era: a) accertare la natura del contatto della serie fìlladica con il sopra¬ stante complesso calcareo-dolomitico; b ) costruire il « pattern » strutturale delle filladi e dei calcari. Le ricerche sono ancora in atto, ma gli studi finora effettuati hanno permesso di stabilire che: 1) Trias metamorfico e complesso calcareo-dolomitico costituiscono un'unica unità strutturale : infatti è stato possibile seguire una succes¬ sione regolare, senza segni di « decollement » tra filladi e calcari; ciò non tòglie, ovviamente, che spesso per la diversa competenza dei due membri siano presenti fenomeni di scollamento, da mettere però in relazione a fasi tardive; 2) La serie fìlladica e il complesso calcareo-dolomitico hanno subito le stesse deformazioni verificatesi in più fasi successive probabilmente molto vicine nel tempo. Nell'Unità di Campotenese si distinguono due formazioni: una forma¬ zione più bassa, composta essenzialmente da scisti pelitici,, e una più alta composta prevalentemente da calcari. 1 La definizione di questa unità è in Bousquèt & Grandjacquet, 1969. La successione litostratigrafica di Campotenese è però molto diversa da quel¬ la del Pollino in quanto: — la prima è metamorfica, la seconda no: — gli spessori sono molto diversi, bassi nella prima (200-300 metri), ele¬ vati 500 metri) nella seconda. Secondo gli Autori suddetti si tratterebbe di un’unica unità tettonica. Il presente studio si riferisce ai terreni della successione di Campotenese s.s. 24 362 D. Pierattini Negli scisti pelitici Bqusquet 1971 riconosce la seguente successione: — calcari marnosi massicci, a luoghi dolomitici (100-150 m) conte¬ nenti Teutloporella triasina Schauroth; — scisti cloritico-sericitici talvolta arenacei, talvolta calcarei, con¬ tenenti localmente pietre verdi (500-700 m); — scisti calcarei e dolomie massicce; — scisti cloritico sericitici, quarziti e conglomerati poligenici (max 100 m). La formazione calcarea consta di una successione di calcari più o meno cristallini in banchi, strati, straterelli lino a lastroidi, alternati irregolarmente. Una caratteristica comune è una listatura all’interno degli strati che si presenta con laminazioni e parti della roccia di diverso colore ( « fiam¬ me ») dal rossastro al giallastro al grigio. La parte alta della successione consta di un'alternanza irregolare di dolomie e calcari lastroidi, in strati e banchi anche qui con intercala¬ zioni di filladi spesse fino a una decina di metri. Lo spessore complessivo è superiore a m 328 misurati nella sezione di Vallescura. Secondo Bousquet il contatto tra formazione filladica e formazione calcareo-dolomitica sarebbe tranciante, per effetto di un « decollement ». Sono state effettuate numerose osservazioni sulla natura del contatto filladi-calcari per tutta la sua lunghezza a Nord di Acquaformosa e di Lungro. Si è visto che, a meno di scollamenti successivi al metamorfismo, la successione appare regolare e il passaggio tra filladi e calcari si verifica per graduali intercalazioni, anche se esso si realizza in pochi metri. In particolare i calcari contengono a più altezze intercalazioni di filladi iden¬ tiche a quelle sottostanti e presentanti gli stessi effetti di deformazione. I luoghi dove la successione appare meglio esposta si trovano a ovest di San Donato di Ninea in località Vallescura, a Piano Poliedro ecc. * * * Le strutture da deformazione presenti nell’area studiata sono quelle tipiche di una facies metamorfica di basso grado. Sono state prese in considerazione solo le strutture strettamente connesse al metamorfismo, senza tener conto delle deformazioni post¬ metamorfiche che pure sono presenti negli affioramenti oggetto di questo studio. Dall’esame di tali strutture è possibile, secondo il metodo applicato da Ramsay, stabilire l’età relativa delle varie fasi di deformazione. Analisi strutturale della unità Pollino-C àmpotenese 363 Grandjacquet 1967 ha messo in evidenza nella zona di Maierà (Unità di Verbicaro) avente metamorfismo coevo a quello di San Donato di Ninea (Aquitaniano sup.) sei fasi di piegamento di cui le prime due legate al metamorfismo in questione, le altre post-metamorfiche. Nell'ambito delle strutture connesse al metamorfismo l’Autore distin¬ gueva due lineamenti, corrispondenti ad assi di pieghe isoclinali, N 40-N 50 e N 140-N 150. Fig. 1. — Lineazione N 40. Dai primi risultati di questa indagine sembrano confermate le fasi di metamorfismo riconosciute da Grandjacquet; inoltre è stata individuata una fase intermedia tra quelle suddette, con orientamento degli elementi strutturali N 70-N 90, per cui i rapporti di età relativa sarebbero, dal lineamento più antico al più recente : N 30-N 40; N 70-N 90; N 140-N 150. Oltre a questi lineamenti sono state riconosciute altre lineazioni i cui rapporti con, le precedenti non sono stati ancora chiariti. Esse sono: N 170-N 180; N 50-N 60; N 110-N 120; N 10-N 20; N 100-N 120; N 130. 364 D. Pierattini Lineamento N 30-N 40. Questo lineamento è stato rinvenuto tanto nelle fìlladi quanto nei calcari 0 nei calcari dolomitici sovrastanti, nonché nelle filladi intercalate agli stessi calcari. Esso si presenta generalmente sotto forma di lineazioni e crenulazioni (Fig. 1), ma spesso sono stati ricono¬ sciuti anche assi di piega (Fig. 2). Fig. 2. — Pieghe ad asse N 30-N 40. Nel complesso calcareo gli assi N 30-N 40 osservati appaiono succes¬ sivi al lineamento N 70-N 90, mentre di solito questo ultimo è più recente del N 30-N 40. Analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese 365 Nelle filladi di S. Maria del Monte e nei calcari ad esse intercalati ondulazioni ed assi di piega di direzione N 40 sono chiaramente ripresi dalla N 140 (Fig. 3). Fig. 3. ----- Piegamento N 140 che riprende assi di pieghe N 40. Fig. 4. — Pieghe ad asse N 90. 366 D. Pierattini Si è trattato probabilmente di due fasi aventi la stessa orientazione N 30-N 40 e separate dall’episodio N 70-N 90; ad esse è seguito il piega¬ mento N 140-N 160 che ha reso praticamente indistinguibili fra loro le due fasi isorientate. Fig. 5. — Lineazione penetrativa N 30 in un sistema di pieghe ad asse N 90. Lineamento N 70-N 90, Si presenta quasi ovunque come lineazione finissima, generalmente posteriore alla N 30-N 40. Soprattutto nelle filladi e nelle sottili intercalazioni fìlladiche dei calcari è ben evidente, anche se generalmente molto sottile. È molto visi- Analisi strutturale della unità Pollino-Cam potenese 367 bile anche nelle rocce basiche intercalate alle lilladi nella zona di Acqua¬ formosa. In qualche caso rappresenta l’asse di pieghe asimmetriche, coricate (Fig. 4) con forte lineazione N 30 sui fianchi e in cerniera (Fig. 5). Nei calcari di San Sosti marca l’asse di pieghe minori ripiegate poi da pieghe maggiori ad asse N 140 (Fig. 8). Lineamento N 140-N 160. L’orientazione N 140-N 160, che corrisponde verosimilmente all’ultima fase metamorfica, caratterizza l'asse delle pie¬ ghe descritte qui di seguito. Fig. 6. — Piega simile nelle filladi: si noti il clivaggio secondo il piano assiale. Pieghe simili. Sono le strutture più frequenti nelle filladi del Trias metamorfico; il loro piano assiale è inclinato di circa 45°-50°, oppure su¬ borizzontale. Queste pieghe appaiono spesso molto stirate, hanno forma asimmetrica, con cerniera irregolare e presentano rovesciamento a E-NE. Spesso sono interessate da un clivaggio, più o meno spinto, parallelo ai piani assiali e sono riconoscibili sui loro fianchi micropieghe e lineazioni più vecchie. Tali pieghe sono riscontrabili in varie località nei dintorni di Lungro e Acquaformosa e interessano tutto il complesso fìlladico (Fig. 6). 368 Z). Pierattini Kink-folds. Molto diffuse, queste pieghe hanno orientazione assiale media N 150 con rovesciamento a SW e piano assiale spesso inclinato di circa 30° (Fig. 7). La stessa vergenza e la stessa orientazione caratterizza piccole kink-folds (di ampiezza inferiore al crii) che si ritrovano sui fian¬ chi di pieghe maggiori e formano come una crenulazione. Fig. 7. — Kink - folds nelle filladi. Il kinking è molto sviluppato nelle filladi grigie, forse in relazione ad una foliazione interna molto spinta, legata all’alto tenore in fillosilicati; esiste infatti una stretta interdipendenza tra foliazione e possibilità di sviluppo di kinking , come hanno anche dimostrato studi sperimentali (cfr. Paterson & Weiss, 1966). Laddove le filladi passano a termini calcareo-arenacei (per es. nei din¬ torni di S. Sosti) questi terreni si presentano ancora piegati secondo un asse N 140-N 160, con rovesciamento E-SE e piano assiale suborizzontale. Queste pieghe, pur essendo causate dallo stesso evento metamorfico che ha interessato le filladi, si allontanano dal tipo similare, evidentemente per le diverse caratteristiche delle rocce oggetto della deformazione. Sono ben riconoscibili in queste pieghe le tracce delle precedenti deformazioni, che sono state descritte a parte (Fig. 8). Analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese 369 Quando non sono evidenti, a scala mesoscopica, sistemi di pieghe, gli assi del piegamento N 140-N 160 sono egualmente riconoscibili sulla Sn (superficie della foliazione più evidente) sotto forma di lineazione più Fig. 8. — Assi di pieghe N 70-N 90 sui fianchi di pieghe maggiori N 140-N 160. Fig. 9. — Lineazioni 140. 370 D. Pierattini o meno grossolana, di crenulazione o di clivaggio, marcata sovente nei calcari da sottile calcite ricristallizzata; dovunque siano visibili, oltre a questa, altre lineazioni con diversa orientazione, queste appaiono sempre tagliate dalla N 140-N 160, circostanza che conferma ulteriormente essere quest’ultima la direzione del piegamento più recente. Altri lineamenti . Oltre a quelli descritti, vi sono altri lineamenti con orientazioni diverse. Questi sono per lo più mal definiti e in rapporti non chiari sia reciprocamente che con i precedenti. Per la sporadicità con cui sono stati rinvenuti non si prestano per il momento ad essere raggrup¬ pati in categorie, ma potrebbero esserlo in seguito a un’analisi più estesa Fig. 10. — Pieghe ad asse 126 con lineazione 190. e approfondita. Talvolta alcuni di questi lineamenti sono poco discosti da qualcuno dei gruppi fondamentali e in questo caso è probabile che gli affioramenti su cui si trovano le strutture in questione siano lievemente ruotati rispetto agli altri. Un esempio di ciò è dato dalla situazione in Fig. 10 in cui su una piega ad asse N 126° si trova una lineazione N 190 (= 10°). Ruotando di 24° si arriva a 150° per l’asse e a 214° (=34°) per la lineazione, cioè alla situazione consueta in cui il piegamento N 140-N 160 riprende la N 30°-N 40°; date le intense dislocazioni presenti nella regione non si può escludere che in questo caso non ci si trovi di fronte a ele¬ menti nuovi. Analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese 371 Riassumendo i più frequenti sono: N 170-N 180, lineazione; N 50-N 60, crenulazione, lineazione; N 110-N 120, micropieghe, lineazione; N 10-N 20, lineazione; N 100-N 120, crenulazione, lineazione; N 130, lineazione. Oltre alla frequenza delle osservazioni saranno sempre comunque i rapporti reciproci di età tra i vari lineamenti a servire da controllo di eventuali rotazioni ovvero a suggerire che una nuova orientazione può essere indicativa di un'ulteriore fase di deformazione. Secondo Grandjacquet l’orientazione N 40-N 50 sarebbe da ricollegare alla direzione antiappenninica, la N 70-N 90 alla direzione africana, la N 140 alla direzione appenninica; ma pone la N 70-N 90 successiva alla N 140. In tutti gli affioramenti presi in esame la N 140 taglia la N 70-N 90. Nell'Unità Verbicaro, altra unità calcarea affetta da metamorfismo infra- miocenico, si sono in effetti osservate pieghe ad asse N 70-N 90 che dislo¬ cavano la lineazione 140. Pertanto non si esclude che possano esistere due lineazioni intorno a N 70, una precedente e una successiva alla N 140. Parlare di direzioni appenninica e antiappenninica sembra azzardato, dato che sono direzioni che si esplicano soprattutto nel Pliocene. Si preferisce non tirare conclusioni sull'argomento prima di avere un quadro più completo in altre località e in più unità tettoniche. * * * L'A. ringrazia il prof. Paolo Scandone per i preziosi insegnamenti e i consigli prodigati durante questo studio, e il prof. Felice Ippolito per la lettura critica del manoscritto. 372 D. Pierattini BIBLIOGRAFIA Bousquet* J. C., 1971 - La tectonique tangentielle des series calcar eo-dolomitiques du Nord-Est de l’Apennin calabro-lucanien ( Italie Meridionale). Geol. Rom., 10, pp. 23-51. Bousquet J. C., 1972 - La tectonique recente de l’Apennin calabro-lucanien dans son cadre geologique et geophysique. These, Montpellier. Bousquet J. C. & Grandjaquet Cl., 1969 - Structure de l’Apennin calabro-lucanien ( Italie Meridionale). C.R. Ac. Se. Paris, 268, pp. 13-16. Corti ni M., Pierattini D. & Scandone P., 1975 - Età di messa in posto ed età di metamorfismo delle « limburgiti » nord-calabresi. Boll. Soc. Geol. It., in corso di stampa. Dietrich D. & Scandone P., 1972 - The position of thè basic and ultrabasic rocks in thè tectonic units of thè Southern Appennines. Atti Acc. Pont. Napoli, 21, pp. 15. Giunta G. & Liguori V., 1972 - La geologia dell’estremità nord occidentale della Sicilia. Riv. Min. Sic., 23, pp. 165-226. Giunta G. &? Liquori V., 1973 - Evoluzione paleotettonica della Sicilia nord occi¬ dentale. Boll. Soc. Geol. It., 92, pp. Grandjacquet CL, 1967 - Age et nature du metamorphisme « alpin » en Calabre du Nord. C.R. Ac. Se. Paris, 265, pp. 1055-1058. Paterson M. S. & Weiss L. E., 1966 - Experimental deformation and folding in phyllite. Geol. Soc. Am. Bull., 77, pp. 343-374. Ramsay J. G., 1967 - Folding and fracturing of rocks. Me Graw-Hill. Ine., New York. Scandone P., 1973 - Studi di geologia Lucana : Carta dei terreni della serie calca- reo-silico-marnosa e note illustrative. Boll. Soc. Nat. Napoli, 81, pp. 225-300. Scandone P., RadojciC R., Giunta G. & Liguori V. - Sul significato delle Dolomie Fanusi e dei Calcari ad Ellipsactinie della Sicilia settentrionale. Riv. Min. Sic., 23, pp. 13. Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 373-403, figg. 6, tav. 1 I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) controllati al livello della sottospecie Nota del socio Domenico Scaramella (Tornata del 23 dicembre 1975) Riassunto. — L’autore elenca i mammiferi presenti nel territorio della Rep. Araba dello Yemen. Di ciascun esemplare viene trattata la posizione sistematica fino al livello della sottospecie, l’area di distribuzione geografica ed altre notizie, in particolare sulla consistenza, e conservazione delle specie. Summary. — The author makes a list of thè mammals wich live in thè Y.A.R. He deal with each mammal, giving its position in thè sistem up to thè sub- species level, through distinctive characters ; together with its geographical distribution, and few notes especialìy on its possibility of surviving. Premessa. Il presente studio sistematico dei mammiferi della Y.A.R., vuole essere un contributo alla conoscenza della fauna mammalogica Yemenita. Il dettaglio delle sottospecie ha allargato il campo, fino ad oggi ri¬ stretto alle specie e sovente al solo genere. Il territorio della Y.A.R. con confini non ancora dappertutto definiti, ha consigliato di segnalare quelle forme presenti nelle vicinanze di esso, anche se in territorio di nazioni confinanti, ed in particolare nelle zone viciniori della Arabia Saudita e della Rep. Popolare dello Yemen (Yemen del Sud). Il lavoro di ricerca sistematica è ben lungi dall'essere finito. Se da un lato la classificazione al livello del genere può dirsi completa, molte ricerche e certamente scoperte sono ancora da fare nel settore della sotto¬ specie. Considerazione particolare è da farsi per quanto riguarda la legisla¬ zione sulla caccia, del tutto libera ed indiscriminata che ha portato alla quasi estinzione di specie interessanti come la « Capra ibex », creando così il presupposto per la scomparsa molto vicina di altre. REPUBBLICA ARABA DELLO YEMEN assai* I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) 375 Il materiale raccolto è stato consegnato al Museo Naz. di Sanaa. TC. = Testa 4- corpo. Stt. = Sottospecie. ? . = Specie o Stt. incerta nei territori della Y.A.R. ma presente nei ter¬ ritori confinanti. Ordine CHIROPTERA Sono dotati di arti inferiori trasformati in organi destinati al volo. Tipica la membrana (patagio) che congiungendo le estremità delle dita all’arto anteriore con quello posteriore e sovente alla coda, permette il volo. In genere insettivori, crepuscolari o notturni. Presentano qualche volta secondo i climi, letargo invernale e sovente migrazioni stagionali. Sottordine Macrochiroptera Dobson, 1875. Famiglia Pteropodidae (in arabo: Khufash). Dimensioni uguali o maggiori rispetto alle altre famiglie dell’ordine. Coda non evidente. Il secondo dito possiede 3 falangi, l’ultima delle quali munita di norma di unghia. Genere Eidqlon Rafinesgue, 1815. — Eidolon helvum sabaeum Andersen, 1907. Si differenzia dalla forma tipica per il cranio più piccolo e propor¬ zionalmente molari di maggiori dimension. Il colore del dorso è bruno olivastro scuro; la parte ventrale è chiara, giallastra. Collare aranciato nei maschi. TC. = 170 mm Coda di circa 11-12 mm Gregario in gruppi di 10-15 unità. Migratore periodico per la ricerca del cibo (frutta). Distribuzione geografica: generalizzato nella parte meridionale della penisola Araba. Interessa anche la Somalia sett. e l'Africa centrale e me¬ ridionale. Controllato direttamente sia in Yemen che in Somalia. Genere Rousettus Gray, 1821. — Rousettus aegyptiacus arabicus Anderson e Dewinton, 1902. TC. + coda = 38-42 mm Orecchie piccole con estremità appuntite. Dorso grigiastro con capo più scuro e parte ventrale più chiara. Mem¬ brane alari nerastre. 376 D. Scaramella Distribuzione geografica: Arabia meridionale occidentale. Numerosi esemplari controllati a Taiz ed Alturbam. Sottordine Microchiroptera Dobson, 1875. Comprende pipistrelli di piccole dimensioni e caratterizzati dal padi¬ glione auricolare molto sviluppato. Caratteristica distintiva anche la forma dei denti. Generalmente insettivori, sovente frugivori. Famiglia Vespertilionidae. Molto piccoli, coda compresa nell'uropatagio. Genere Pipistrellus Kaup, 1829. 3-3 3-3 = 32 denti. Sottogenere Pipistrellus Kaup, 1829. — Pipistrellus kuhli ikhwanius Cheesmann e Hinton, 1924. (Pipistrello di Kuhli - Kuhli pipistrello). Ha ben evidente l'ultima vertebra caudale oltre l'uropatagio. Dimen¬ sioni inferiori alla forma tipica, raggiungendo per il TC. + coda i 70-90 mm Colorazione molto chiara. Distribuzione geografica: Arabia in genere, escluse le zone desertiche. — Pipistrellus bodenheimeri Harrison, 1960. (?). (Pipistrello di Bodenheimer - Bodenheimer’s pipistrello). Piccole dimensioni: TC. + coda = 59-74 mm I peli sono alla base nerastri. Il dorso è color camoscio chiaro, tendente al biancastro. Fuo¬ riesce dallo uropatagio solo l'ultima vertebra. Caratterizzazioni craniche e dentarie. Distribuzione geografica: Segnalata per l’Arabia meridionale. Non con¬ trollata. I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 377 Genere Nycticexus Rafinesque, 1892. I rappresentanti di questo genere hanno abitudini legate agli ambienti desertici e predesertici. Mantello bruno scuro. Membrane alari nerastre. f.d. = i !“! c 44 pm 44 m 44 = 30 dent;- 3-3 1-1 2-2 3-3 — Nycticeius schlieffeni bedouin Thomas e Wroughton, 1919. (Scotenio di Schlieffeni - Bedouin slit-faced bat). Distribuzione geografica: Arabia sud.-occ. Gibuti, Somalia sett. Comune. Genere Eptesxcus Rafinesque, 1820. Trattasi di Vespertilionidi che hanno come caratteristica principale la formula dentaria di 32 denti. I 2-2 3-3 C 1-1 1-1 3-3 _ , . - PM - M - — = 32 denti. 1-1 2-2 3-3 — Eptesicus bottae bottae Peter, 1869. (Serotino di Botta - Botta's serotine). È un serotico di medie proporzioni con avambraccio di circa 40 mm e lunghezza cranica di 17-19 mm Colorazione dorsale bruno giallastra, più chiara nella parte ventrale. Peli alla base bruno nerastri. Distribuzione geografica: Penisola Araba, Medio oriente, Europa cen¬ trale (?), Iran, Iraq. — Eptesicus nasutus matschiei (Thomas, 1905). TC. + coda = 80-83 mm Colorazione del dorso con marcata presenza del giallastro. Distribuzione geografica: Presente e controllato nella zona di Wabi- Hardaba, zona confinaria tra i due stati Yemeniti. L’area di distribuzione generale interessa: l'Arabia, il Medio oriente fino alla Persia. Genere Scotophilus Leach, 1821. Somiglia ai precedenti, ha però orecchie più piccole; trago caratteri¬ stico falciforme. Sono presenti inoltre caratterizzazioni craniche e dentarie. f.d. = 1 44 c 44 pm 44 m 44 = 30 demi. 3-3 1-1 2-2 3-3 25 378 D. Scaramella — Scotophilus nigrita nigrita (Schreber, 1774). (Scotolilo giallo - Yellow house bat). TC. + coda = circa 120 mm Orecchie piccole, trago ridotto e falci¬ forme di circa 8 mm Coda che fuoriesce dall’uropatagio per circa 3 mm La colorazione è molto variabile passando dal bruno giallastro nella parte dorsale a toni molto chiari nella parte ventrale. Distribuzione geografica: Yemen meridionale, è noto per la larga di¬ stribuzione a sud del Sahara. Famiglia Nycteridae. Caratteristica distintiva: la presenza nella coda una una vertebra a forma di « T » rovesciata. Muso solcato da piccole escrescenze. 1-1 3-3 M — — = 32 denti. 2-2 Genere Nycterys Cuvier e Geoffroy, 1875. — Nycteris thebaica adana Andersen, 1912. (Nitteride tebaica adana - Adan's slit»faced bat). Membrane alari e orecchie brune. Le tonalità del dorso sono color nocciola. Distribuzione geografica: Arabia merid. Aden, Gibuti, Etiopia orien¬ tale, Somalia, Kenia. Famiglia Rhinolophidae. Caratterizzati da formazione cutanea a « ferro di cavallo » intorno alle narici. In genere vivono lontani dai centri abitati. Crepuscolari; notturni. F.D. = I 1 1 C 1 — - PM — — M 3 3- = 32 denti. 2-2 1-1 3-3 3-3 Genere Rhinolophus Lecèpede, 1799. — Rhinolophus clivo sus clivosus (Cretrschemer, 1826). (Pipistrello di Cret. - Cret's horseshoe bat). I mammiferi dello Yemen {Y.A.R.) 379 TC. = inferiore ai 70 mm Avambraccio = 50-57 mm Colorazione dorsale grigio-brunastra, più chiara ventralmente. Distribuzione geografica: Mar Rosso, lungo le coste sia africane che della penisola araba, Somalia settentrionale. — Rhinolophus clivosus acrolis (Heuglin, 1861). Dimensioni maggiori rispetto alla forma tipica. TC. — 87-93 mm Colo¬ razione più marcatamente scura. Distribuzione geografica: Mar Rosso, Arabia meridionale, Eritrea, So¬ malia settentrionale. — Rhinolophus blasii blasii (Peters, 1866). (Rinolfo di Blasius - Blasiu's horseshoe bat). Specie monotipica di dimensioni medie. TC. = 45-53 mm Coda 22-25 mm Colorazione dorsale bruno scuro, con la parte ventrale più chiara. Distribuzione geografica: segnalata per l’Arabia merid. ma non con¬ trollata. Area del Mediterraneo, Medio Oriente, Asia fino al Turchestan russo. Famiglia Emballonuridae. Taglia piccola, qualche volta molto piccola. Coda appena evidente ol¬ tre l'uropatagio. Genere Coleura Peters, 1867. F.D. = I — — — C — — — PM 2 ^ — — - _ 32 denti. 3-3 1-1 2-2 3-3 — Coleura afra gallarum Thomas, 1915. (Coleura - Sheat-tailed bat). TC. vicino ai 60 mm Colorazione grigio-brunastra-castana sul dorso. Biancastra nella parte ventrale. Membrane alari brunastre. Crepuscolare. Si presenta sovente frammista alle altre specie. Distribuzione geografica: Arabia sud-occ. Gibuti, Etiopia, Sudan merid., Somalia settentrionale. Piuttosto comune; controllato specie nella regione di Mokka. 380 D. Scaramella Genere Thaphqzous Geoffroy, 1818. F.D. = I — — C * PM " M -3. = 30 denti. 2-2 1-1 2-2 3-3 — Thaphozous perforatus haedinus Thomas, 1915. (Tapozoo - tomb bat). TC. non superiore in genere ai 90 mm Dorso brunastro marezzato di nero. Ventre e membrane alari bianche. Presenza del sacco gelare nei ma¬ schi. Crepuscolare e notturno. Quasi esclusivamente insettivoro. Distribuzione geografica: Africa centrale; daH’Etiopia-Somalia al Ka- tanga (Zaire). Ad oriente, la penisola Araba, Iran, Pakistan, India. — Thaphozous nudiventris nudiventris Crestrscher, 1826. (Tafozoo a ventre nudo o maggiore - Naked-rumped tomb bat). Dati simili alla stt. precedente. Distribuzione geografica: Medio Oriente, penisola Araba, Egitto, Sudan, Etiopia, Somalia. Famiglia Rhinophomatidae. Dimensioni piccole. Caratterizzata da formazione cutanea nasale a forma di piccola foglia. Coda ben evidente. Colorazione grigiastra o grigio brunastra sul dorso, più chiara nella parte ventrale. Genere Rhinophoma Geoffroy, 1818. 1- 1 1-1 2-2 3-3 F.D. = I - C - — PM M — - = 28 denti. 2- 2 1-1 1-1 3-3 — Rhinophoma hardwichei cystops Thomas, 1903. (Rinopoma - Tesser mouse tailed bat). TC. + coda = 110-140 mm Coda = 45-72 mm Avambraccio = 55-58 mm Orecchio = 15-21 mm Conformazioni del cranio e dentarie caratte¬ ristiche. Gregario. Distribuzione geografica: Coste del Mar Rosso sia africane che arabe, Africa centrale e Nord-orientale, Sudan, Egitto. Famiglia Hipposideridae. Dimensioni varie. Foglia nasale presente e variamente conformata. Coda evidente. Apofisi assenti. Vertebre lombari fuse. I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) 381 Genere Hipposideros Gray, 1831. 1- 1 1-1 2-2 3-3 F.D. = I - C - — PM — — M — — - = 30 denti. 2- 2 1-1 2-2 3-3 — Hipposideros caffer caffer (Sundevall, 1846). (Ipposidero minore - Giant-leaf-nosed bat). Dimensioni modeste non superando per il TC. i 40 mm e per la coda i 20-30 mm Colorazione del dorso bruno scura e del ventre bruno gial¬ lastra. Avambraccio 4648 mm Lo si incontra facilmente sotto i tetti delle abitazioni abbandonate, ma anche in quelle urbane abitate. Distribuzione geografica: Africa centro meridionale, dal Cameroun alla Somalia, ad oriente l’Arabia meridionale, a sud fino al Sud Africa. Genere Asellia Gray, 1838. F.D. = I 1-1 2-2 1-1 1-1 PM 1-1 2-2 M 3-3 3-3 = 28 denti. — Asellia tridens tridens (E. Geoffroy, 1813). (Asellia dal tridente - Trident leaf-nosed bat). TC. = 50-55 mm Coda di circa 20 mm Caratteristica la foglia nasale tridentata. Mantello bianco-giallastro con la parte dorsale più marcata e quella ventrale più chiara. Orecchie grandi quanto il capo. Gregario in ge¬ nere, ma in non più di una ventina di individui. Distribuzione geografica: Africa mediterranea, Africa centro-orientale, Zanzibar. Ad oriente dall’Arabia alle coste occidentali dell'India. Genere Triaenops Dobson, 1871. F.D. = I — - C * PM — — M - — — = 30 denti. 2-2 1-1 2-2 3-3 — Triaenops persicus macdonaldi Harrison, 1955. (Trienope - Persian leaf-nosed bat). TC. + coda = 80-89 mm Avambraccio 47-52 mm Pelo denso, lungo circa 9 mm sul dorso. Colorazione grigio brunastra con ventre più chiaro. Notturno. Gregario, è presente soprattutto in zone vicino al mare. Distribuzione geografica: Persia, Arabia, Golfo Persico, Mar Rosso e margini dell’Etiopia, Somalia settentrionale. 382 D. Scaramella Famiglia Molossidae. Dimensioni piccole. Coda ben evidente oltre l’uropatagio. Membrane alari molto allungate e di colore sempre più scuro del corpo. Caratterizzati dalla possibilità di camminare sul terreno ed arrampicarsi sugli alberi. Assenza di cartilagine nasale. Genere Tadarida Rafinesque, 1814. FI). = I ~ — ~ o — — C — — \ PM ~~ — — M - 'l — zr = 30 o 32 denti. 2—2 3-3 1-1 2-2 3-3 Tipicizzati in particolare per la forma cranica e per la conformazione dentaria. Colorazione di base grigiastra con notevoli variazioni di toni. — Tadarida pumila (Cketrscnear, 1830). (?). (Pipistrello a coda di topo minore - Little free tailed bai:).. Distribuzione geografica: Mar Rosso» Africa Nord-orientale; orientale a sud fino al Transvaal. — Tadarida aegyptìaca aegyptiaca (Geoffroy, 1818). (?). (Tadarida - Free tailed bai). Distribuzione geografica: Eurasia, Mediterraneo» Mar Rosso» Arabia. — - Tadarida minas (Sundevall, 1843). (Tadarida di Sudevall - SundevalFs tree tailed bat). TC. = 80-90 mm Coda = 45-60 mm Coda che fuoriesce dall’uropa- tagio per uguale o meno del 50 % della lunghezza. Orecchie provviste di membrana basale e trago falciforme. Il pelo è corto e rado di color grigio rossastro sul dorso e con riflessi argentei. Distribuzione geografica: Arabia meridionale, Africa centro orientale e meridionale fino al Mozambico, Madagascar. Ordine INSECTIVORA Mammiferi con caratteri di primitività. In genere piccoli» con arti terminanti con cinque dita. Plantìgradi. Dentatura completa. Terrestri» ar- boricoli» acquatici» molto spesso sotterranei. Famiglia Erìnaceidae. Genere Paraechinus Trouessart» 1879. (Paraechino - Hedgehog). I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 383 Caratterizzato da orecchie molto large. Spine piccole e di lunghezza inferiore sul capo, alla lunghezza delle orecchie. 3—3 1-1 2-2 3-3 3-3 F.D. = I ■ C — — — PM — — — o — — — - M — — = 34 o 36 denti. 2-2 1-1 2-2 2-2 3-3 — - Paraechinus aethiopicus albior Pocock, 1934. Forma dubbia, caratterizzata dal colore giallastro degli aculei sui fianchi e dal pelo marcatamente grigio della fronte. Distribuzione geografica: Sud Arabia. Piuttosto comune nei dintorni di Sanaa. — Paraechinus hypomelasa sabaeus Thomas, 1920 (?). Caratterizzato dalla colorazione chiara della faccia. Cerchiatura nera da sotto gli occhi alla base delle orecchie. Queste sono biancastre. Parte terminale degli arti nera. Distribuzione geografica: Sud Arabia (con controllato). Famiglia Soricidae. Genere Suncus Ehrenberg, 1833. 3-3 1-1 2-2 3-3 F.D. = I - C — — PM - — M -- --- = 30 denti. 1-1 1-1 1-1 3-3 Numerosi rappresentanti del genere in Arabia. Le stt. segnalate di se¬ guito sono certamente presenti nel territorio Yemenita, anche se non in¬ dividuate, pur avendo controllato la presenza di esemplari. — Suncus murinus sacer Ehrenberg, 1833. TC. + coda = in genere inferiore ai 200 mm Muso molto affusalato. Occhi molto piccoli. Pelo corto e denso, bicolore sul dorso: grigiastri nella prima metà e bruni nella parte apicale. Parte ventrale grigio biancastra. Distribuzione geografica: Egitto, Asia Minore, Arabia. — Suncus etruscus etruscus Savi, 1822. TC. + coda in genere inferiore agli 80 mm È il più piccolo mammi¬ fero dell'Arabia. Tali dimensioni minute sono caratteristiche della specie. Distribuzione geografica: Dal bacino del Mediterraneo all'Arabia fino alla Persia. 384 D. Scaramella Ordine LAGOMORPHA Dimensioni medie. Due paia di incisivi superiori, di cui il secondo paio è più piccolo rispetto al primo ed addossato ad esso. Famiglia Leporidae. Genere Lepus Linnaeus, 1758. 3-3 3-3 M — — = 28 denti. F.D. = I 2-2 — Lepus arabicus arabicus Ehrenberg, 1833. sin. Lepus capensis arabicus Ehrenberg, 1833. Qualche autore considera distinte le due stt. Le due lepri si rassomi¬ gliano molto per i caratteri fenotipici, si differenziano in particolare per le bolle timpaniche che nella « arbicus » sono le maggiori del genere. Ta¬ glia generale piccola con TC. + coda compreso tra i 330 e i 550 mm In proporzione le orecchie sono grandi = a 95-130 mm Colorazione generale grigio brunastra, con apice delle orecchie nere. Distribuzione geografica: Comune in tutto il territorio Yemenita (lar¬ gamente controllata nel circondario di Sanaa) e della penisola Araba. Fa¬ scia mediterranea dell’Africa fino alla Libia. Ad oriente interessa il Medio oriente fino all’Iran meridionale. — Lepus arabicus cheesmani Thomas, 1921. sin. Lepus capensis cheesmani Thomas, 1921. (Lepre delle sabbie - Sand here). Simile per le dimensioni alla precedente, ha una larghezza maggiore condilobasale del cranio che può raggiungere i 76 mm ed in qualche caso li supera. Il TC. + coda è compreso tra i 330 ed i 480 mm II tono del colore è specie nella parte dorsale più chiaro. Distribuzione geografica. Interessa lo Yemen nella parte meridionale in condizioni altimetriche inferiori a quelle della stt. precedente. È pre¬ sente inoltre nelle isole Dahat e Salvoa. Ordine RODENTIA Di dimensione generalmente piccole, più raramente medie o grandi. Un solo paio di incisivi superiori, con diastema separante gli incisivi dai / mammiferi dello Yemen ( YA.R .) 385 premolari» più breve nella mascella superiore che in quella inferiore. La forma degli incisivi è a scalpello ed a crescita continua, senza radici. I molari e premolari, sono invece bassi e tubercolati. Trattasi di animali agili, terragnoli o arboricoli, quasi sempre buoni nuotatori. Gli arti sono pentadattili quelli posteriori; sovente tetradattili quelli anteriori, con svi¬ luppo legato al tipo di attività. Famiglia Hystricidae. Taglia media. Caratteristica distintiva la presenza di aculei che rico¬ prono quasi tutto il corpo. Gli aculei sono colorati trasversalmente di nero e di biancastro. Genere Hystrix Linnaeus, 1758. 0-0 1-1 1-1 3-3 M - = 20 denti. 3-3 PM 0-0 — Hystrix indica indica Kerr, 1792. (Porcospino indiano o arabo - Indian crested porcupine). TC. =?. 790-1000 mm Coda = 100-175 mm Peso fino ai 12-13 Kg. Gli aculei della zona dorsale possono raggiungere, nei vecchi maschi, la lunghezza di 360 mm Vibrisse bruno nerastre lunghe fino a 195 mm Nella zona dei fianchi e sui lati della testa, il pelo si presenta setoloso e frammisto a spine. Colorazione generale del pelo: bruno cioccolato scuro, in alcune zone quasi nerastro. Tre paia di mammelle pettorali. Distribuzione geografica: molto vasta, dalla Transcaucasia alle falde himalaiane; tutta la penisola indiana e Ceylon, Medio oriente e penisola araba. In Yemen controllato nella zona a sud di Mokka. Famiglia Cricetidae. Tipici delle zone aride e steppose. Mai commensali dell’uomo. Ricor¬ dano il topo ma con coda grossa provvista di pennello terminale. Arti posteriori con piede allungato che permette salti di notevole lunghezza. Sistematica difficile, in costante aggiornamento. 386 D . Scaramella Genere Gerbillus Desmarest, 1804. 1-1 0-0 0-0 3-3 F.D. = I - C - PM M - = 16 denti. 1-1 0-0 0-0 3-3 Notturni, saltatori, tipici delle zone desertiche. Coda lunga quanto il TC. Occhi tondi e grandi. Orecchie molto sviluppate. Coda grossa prov¬ vista di pennello. Colorazioni varie con prevalenza dei toni sabbia. Sottogenere Dipodillus Lataste, 1881. — Gerbillus nanus mimulus (Thomas, 1902). Vicina nell’aspetto alla forma tipica, ma con coda leggermente più lunga del TC. Infatti: TC. = 70-103 mm Coda = 100-145 mm Peso grammi 15-35. Distribuzione geografica: Arabia meridionale occidentale. Comune in Yemen. Sono da segnalare per le regioni confinanti e probabilmente presenti nel territorio della Y.A.R. le seguenti 3 stt. non controllate. — Gerbillus nanus arabium (Thomas, 1918). Arabia centro settentrionale. — Gerbillus nanus setonbrownei (Harrison, 1968). Oman. — Gerbillus dasyurus lixa (Jerbury e Thomas, 1955). Arabia meridionale. Sottogenere Gerbillus Desmarest, 1804. — Gerbillus cheesmani maritimus Sanborn e Hogstraal, 1953. Localizzato nelle zone sabbiose più vicine alla costa, ma in condizioni ambientali più umide. Genere Meriones Illiger, 1811. — Meriones rex rex Gerbury e Thomas, 1895. (Gerbillo re - King jird). Distribuzione geografica: Arabia meridionale in particolare Aden. — Meriones rex buryi Thomas, 1902. Distribuzione geografica: Arabia meridionale in particolare regione di Mokka. Ad una più attenta verifica è probabile che le due stt. siano da riunire. I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 387 Famiglia Dipodidae. I rappresentanti di questa famiglia sono caratterizzati dagli arti po¬ steriori nettamente più lunghi di quelli anteriori, in particolare il piede è sproporzionalmente più lungo. Ottimi saltatori. Frequentano le zone de¬ sertiche pre-desertiche e della boscaglia. Arti anteriori terminanti con tre dita provviste di robusti unghioni. Notturni, terricoli, generalmente gre¬ gari, vivono in gallerie scavate nel terreno con estrema faciltà. Alimenta¬ zione vegetariana ed insettivora. Genere Jaculus Erxleben, 1777. F.D. I 1-1 1-1 C 0-0 0-0 PM 0-0 0-0 M 3-3 3-3 16 denti. Gerbillo - Jerboa, in arabo = Jarboa). — Jaculus jaculus vocator Thomas, 1921. È uno dei gerbilli più piccoli, relativamente comune nelle zone interne (altopiano centrale) sia nella zona confinaria tra i due stati yemeniti. Genere Psammomys Cretzschmas, 1828. È caratterizzato da uguale formula dentaria. — Psammomys obesus dianae Morrison-Scott, 1939. (?). Gerbillide strettamente diurno. Costruisce tane nel terreno. Colora¬ zione generale rosso fulvo chiara. Orecchie piccole con ciuffo apicale di peli bruno nerastri. Coda sempre più corta del TC. Arti parzialmente ri¬ coperti di peli nelle zone palmari. TC. = 130-160 mm Coda = 115-140 mm Peso da 150 a 275 grammi. Portata di 3-5 piccoli. Distribuzione geografica: Arabia centrale, zone confinarie dello Yemen. Famiglia Muridae. Comprende generi e specie alle quali appartengono quasi tutti i topi ed i ratti conosciuti. Dimensioni piccole e talvolta molto piccole. Hanno habitat diverso: in ambienti naturali alcuni; domestici altri. Sono spesso terricoli, arboricoli. In genere buoni nuotatori, qualche volta sommozzatori. 388 D. Scaramella Genere Arvicanthis Lesson, 1842. — Arvincanthin niloticus naso Pocock, 1934. (?). (Arvicante del Nilo - Kusu rat). Caratterizzato rispetto alla forma tipica dalla maggior abbondanza di peli ocraceo ruggine sul muso. Dimensioni ridotte: TC. + coda = 220-300 mm Coda = 120-148 mm Piede posteriore 25-31 mm Orecchio 14,2-17.0 mm Colorazione generale grigio giallastra. I peli nella parte mediana del dorso posso superare i 15 mm di lunghezza. Distribuzione geografica: tipicamente africana, per l’Asia è conosciuto solo nella parte meridionale della penisola araba, in Yemen specialmente. Genere Acomys Geoffroy, 1838. — Acomys dimidiatus homericus Thomas, 1923. TC. + coda = 160-245 mm Coda = 90-125 mm Piede posteriore = 16,2- 20.0 mm Orecchio = 18.0-20,5 mm Gestazione di 45 giorni con portate da 1 a 5 piccoli. I giovani nati aprono gli occhi al 3° giorno. Distribuzione geografica: Arabia meridionale. — Acomys russatus russai us Wagner, 1840. (Topolino spinoso dorato - Goldel spiny mouse) . Caratterizzato dalle palme dei piedi nere e dalla coda sempre più corta del TC. Distribuzione geografica: Arabia, Sinai, Israele, Egitto. Genere Praomys Thomas, 1915. (Mastomio - Multimmate rat). Tipicamente africani; l’unico rappresentante asiatico è il seguente: — Praomys fumatus yemeni Sanborn e Hoogstraal, 1953. TC. -f Coda circa 290 mm Coda 170-175 mm Piede posteriore 26-28 mm Orecchie di circa 26 mm Colorazione generale brunastra appena più chiara sui fianchi e leggermente più marcata nella parte dorsale. Distribuzione geografica: Estremità meridionale della penisola araba. I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 389 Genere Rattus Fischer, 1803. — Rattus rattus rattus Linnaeus, 1758. (Ratto nero - Black rat). È il comune ratto nero, cosmopolita. Genere Mus Linnaeus, 1758. (Topo - mouse; in arabo « far »). — Mus musculus praetextus Brants, 1827. Distribuzione geografica: Dall'Iraq all’Arabia; Nord Africa orientale fino all'Etiopia. — Mus musculus gentilulus Thomas, 1919. (Topolino - Mouse house). Distribuzione geografica: Penisola Araba, Golfo di Aden, Gibuti, So¬ malia settentrionale. Ordine CARNIVORA Predatori, in genere carnivori, qualche volta insettivori ed erbivori, sovente onnivori. Dimensioni varie, con dentatura completa, canini ben sviluppati atti a lacerare, molari tubercolati o anche appuntiti. Plantigradi, sempre provvisti di artigli retrattili, salvo un caso. Sensi molto sviluppati Sono divisi in due sottordini. Sottordine Fissipedi Caratterizzati da dita distinte provviste di unghioni. Famiglia Felidae. Numerose le specie e le sottospecie. Presenza di peli tattili sul muso. Carnivori con canini appuntiti. Muscolatura possente ed arti anteriori ter¬ minanti con 5 dita quelli posteriori con 4; tutti con unghie retrattili (salvo il ghepardo). Sono assenti solo dall’Australia, Madagascar, Antille, Islanda. Il muso è relativamente corto ed arrotondato. 390 D. Scaramella Genere Panthera Oken, 1816. (Leopardo - Leopard). — Panthera pardus nìmir (Hemprich e Ehrenberg, 1833). (Fig. 1). Distribuzione geografica: Parte meridionale della penisola araba. È uno dei più piccoli leopardi, con colorazione di fondo molto chiara, quasi bianca. È diventato raro, o rarissimo nello Yemen. Foto Scaramella Fig. h — Pelle di leopardo yemenita. (Per la cortesia di S.E. F Ambasciatore L. Baracchi Tua di Paullo). Genere Felis Linnaeus, 1758. Sottogenere Felis Linnaeus, 1758. — Felis silvestris tristrami Pocqck, 1944. (Gatto selvatico - Wild cat; in arabo « Git barri »). Distribuzione geografica: dalla Palestina alla penisola araba. — Felis margarita margarita Locke, 1858. (Gatto delle sabbie - Sand cat). Colorazione del mantello sabbia, con toni che variano dal bruno al giallastro al bruno grigiastro. Una decina di striature sottili interessano la fronte e la nuca. Il dorso è interessato da una linea centrale appena I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 391 più scura. Orecchie molto distanziate con interno bianco e chiazza nera, sempre presente nella parte dorsale. Palme dei piedi sempre provviste di lunghi peli bianchi. Partorisce 24 piccoli. Notturno e carnivoro, è preda¬ tore di vari animali comprese le lepri. Distribuzione geografica: Nord Africa; penisola araba. Controllato nella regione degli altopiani. Relativamente frequente, anche se i casi di ibri¬ dazione con gatti domestici rinselvatichiti possano rendere dubbie certe segnalazioni. Sottogenere Caracal (Gray, 1843). — Caracal caracal schmitzi Matschie, 1912. (Fig. 2). (Lince caracal - caracal; in arabo « Anag el ard). Fig. 2. — Riproduzione di una antica stampa, raffigurante la lince addomesticata per la caccia. 392 D. Scaramella Colorazione rosso sabbia, lunghi ciuffi alle orecchie, taglia medio pic¬ cola. Distribuzione geografica: Penisola araba, Medio oriente fino all’India. Era comune un tempo, anche addomesticata ed utilizzata per la caccia, rara oggi nel territorio yemenita. Famiglia Hyaenidae. Genere Hyaena Brisson, 1762. (Iena - Hyena; in arabo « Daba »). Dimensioni medie: la taglia di un mastino. Caratteristici gli arti an¬ teriori più lunghi di quelli posteriori, tali da dare al corpo una posizione obliqua. Dentatura molto robusta formata da 32-34 denti. Unghie possenti non retrattili. Cacciatori, ma anche divoratori di carogne. — Hyaena hyaena sultana ( Pocock, 1934). Taglia medio piccola. Colorazione tendente al giallastro specie sui fian¬ chi, assenza dei toni grigi. 3-3 M “ | — j- = 34 denti. 1-1 1-1 PM 4-4 Distribuzione geografica: parte meridionale della penisola araba. Famiglia Canidae. Corpo in genere allungato, zampe digitigrade con 4-5 dita agli arti an¬ teriori e 4 a quelli posteriori. Unghie non retrattili. In genere ottimi cor¬ ridori, saltatori, nuotatori. Olfatto sviluppatissimo. Di solito hanno 42 denti. Genere Canis Linnaeus, 1758. — Canis aureus aureus Linnaeus, 1758. (Sciacallo, Jackal; in arabo « Ibn awee »). Distribuzione geografica: Penisola araba, Medio oriente fino alPIndia occidentale, Turkestan. Comune nei dintorni di Sanaa. I mammiferi dello Yemen (YA.R.) 393 — Canis aureus hadramanticus Noack, 1896. Da considerarsi sinonimo della stt. precedente, È probabile derivazione di ibridazioni con cani rinselvatichiti. Piuttosto comune. Distribuzione geografica: Arabia meridionale. — Canis lupus arabs Pocock, 1934. (Fig. 3). I soggetti controllati hanno taglia ridotta. È frequente l'ibridazione con cani rinselvatichiti, il che rende problematico, salvo alcuni casi, la determinazione dei soggetti osservati. Presenti nello zoo di Napoli. Distribuzione geografica: Penisola araba fino alla Siria. Genere Vulpes Oken, 1816. (Volpe - Fox; in arabo « thaaleb »). — ■ Vulpes vulpes arabica Thomas, 1902. Caratterizzata rispetto alla forma tipica dalle bolle timpaniche di di¬ mensioni inferiori, dalla taglia maggiore e dalla colorazione più marcata. Fig. 3. — Foto Scaramella Canis lupus arabs dello zoo di Napoli. 26 394 D. Scaramella Distribuzione geografica: Penisola araba, a nord fino alla Siria. Co¬ mune nei dintorni di Sanaa ed anche nella zona dei bassopiani. — Vulpes ruppelli sabaea Pocock, 1934. È forma dubbia, in quanto si differenzia dalla forma tipica solo per il tono più chiaro della colorazione. Distribuzione geografica: penisola araba centro-meridionale. Famiglia Viverridae. Dimensioni varie, dalle piccole alle medie. Colore del mantello a fondo scuro in generale. Capo allungato. Arti terminanti con cinque dita ante¬ riormente e 4-5 posteriormente. Unghie retrattili o non. dandole anali che producono secrezioni maleodoranti. Dentatura di 36-40 denti. Genere Genetta Oken, 1816. — Genetta genetta granii Thomas, 1902. Di dimensioni inferiori alla forma tipica con un TC. + coda di 840-850 mm Colorazione caratteristica con corso scuro e fianchi e resto del corpo bruno rossastro fulvo. Una netta linea mediana è presente sul capo. La zona ventrale ha toni grigiastri. Le cerchiature della coda sono poco mar¬ cate rispetto al colore di fondo. Distribuzione geografica: Penisola araba, frequente nello Yemen. Famiglia Mustelidae. (Mustele - ratei; in arabo « shifshafa »). Animali plantigradi o semiplantigradi, molto agili, con corpo allungato e zampe medio-corte. Il muso è appuntito e la coda è relativamente lunga. Notturni in genere. In condizioni particolari cadono in letargo invernale. Pelliccia spesso pregiata. Genere Mellivora Storr, 1780. F.D. — I — — — C — — — PM ^ - jyi — — — — 32 denti. 3-3 1-1 3-3 1-1 — Mellivora capensis pumìlio Pocock, 1946. I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) 395 Taglia medio piccola con colorazione più marcatamente scura. La parte chiara è quasi scomparsa. Distribuzione geografica: Arabia meridionale. Ordine SIRENIA Mammiferi acquatici di mare o degli estuari, con corpo fusiforme che ricorda quello delle foche. Più tozzi però e lenti nei movimenti. Capo grosso non separato dal tronco. Dentatura ridotta (sono erbivori) con labbra grosse e prensili. Arti anteriori trasformati in pinne natatorie con 5 dita ricoperte di pelle dura atta allo sfregare. Gregari in coppie o pic¬ coli nuclei familiari. Sono mansueti. Una volta comuni oggi probabilmente estinti o quasi dal Mar Rosso. Famiglia Dugongidae. Genere Dugong Lacepede, 1799. — Dugong dugong dugong Muller, 1776. (Dugongo - sea cow). Distribuzione geografica: interessa tutta la costa orientale africana. In netta estinzione; quasi scomparso dal Mar rosso, non controllato. Ordine CETACEA Trattasi di mammiferi perfettamente adattati alla vita acquatica, di mole media; grande o grandissima (i più grandi mammiferi esistenti). Corpo affusolato, pisciforme, con arti anteriori trasformati in pinne. Arti posteriori mancanti, con presenza sostitutiva di pinna caudale. Notevole strato adiposo sottocutaneo. Collo indistinto, bocca in genere molto grande, con o senza dentatura. In genere marini. Sottordine Odontocetidae Sottordine il cui nome deriva dalla dentatura omodonte. Presenza di una narice (sfiatatoio). 396 D. Scaramella Famiglia Delphinidae. Pinna dorsale ben sviluppata e rostro provvisto di numerosi denti conici. Genere Steno Gray, 1846. — Steno rostratus Desmarests, 1817. (Steno - rough-toothed dolphin). Distribuzione geografica: presente nei mari caldi sia americani che eu¬ ropei, dell’oceano Pacifico, dell'oceano Indiano, del Mar rosso. Genere Tursiops Gervais, 1855. — Tursiops aduncus Ehrenberg, 1883. (Tursio - Red sea bottlenosed dolphin). Distribuzione geografica: tipico del Mar Rosso, Gibuti, Golfo di Aden. Genere Delphi nus Linnaeus, 1758. — - Delphinus capensis Gray, 1828. (?). (Delfino - dolphin). È frequente nelle acque pelagiche, ma comune anche lungo le coste. Distribuzione geografica: Oceano indiano fino all'Africa meridionale, Mar rosso, anche mar del Giappone. Famiglia Physeteridae. Genere Physeter Linnaeus, 1758. Il TC. + coda può raggiungere i 24 metri di lunghezza. Sono carat¬ terizzati da una testa enorme, con cavità interna piena di liquido grasso, noto col nome di « spermaceti ». Presentano parzialmente dei denti sulla mandibola. Cosmopoliti a preferenza dei mari caldi. In genere gregari. — Physeter catodon Linnaeus, 1758. (Capodoglio - Sperm whale). / mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 397 Comune in passato sulle coste arabe, anche del Mar rosso. Oggi raro, quasi scomparso dal Mar rosso. Più frequente lungo le coste di Aden, dove è ancora fonte di lavoro la ricerca, lungo le spiagge, della « Ambra grigia », concrezione prodotta appunto dal capodoglio ed usata in profumeria. Ordine HYRACOIDEA Plantigradi di taglia medio-piccola. Quattro dita agli arti anteriori e tre in quelli posteriori; tutti forniti di unghioni possenti. Gli incisivi sono appuntiti. Erbivori, arboricoli e rupicoli. Tipici delle zone aride desertiche e pre-desertiche africane e sub-asiatiche. Famiglia Procaviidae. Genere Procavia Storr, 1780. Pianta dei piedi provviste di callosità segmentate, atte a facilitare la presa sulle rocce. Testicoli interni. F.D. = I ' ' C — ° PM -4_4- M 3~3 ■ = 34 denti. 2-2 0-0 4-4 3-3 — Procavia capensis jayakari Thomas, 1892. Di posizione sistematica discutibile, comunque più piccola della forma tipica. Distinzione dentarie appena percepibili. Distribuzione geografica: Penisola araba nella parte meridionale. Ordine ARTIODACTYLA Erbivori con unghie modificate a zoccolo. Dita in numero di 2 o 4. Dentatura di 44 denti, sovente non completa. Numerose famiglie con corna di varia forma. Sottordine Ruminantia Famiglia Bovidae, 398 D. Scaramella Genere Capra Linnaeus, 1758. — Capra ibex nubiana Cuvier, 1821. (Fig. 4). (Capra nubiana; in arabo « beden »). Foto Scaramella Fig. 4. — Uno dei palazzi dell'ex Iman, con i particolari dei trofei della « capra ibex » sistemati nei muri perimetrali. Il palazzo è attualmente « l’al- hamb palace hotel ». Quasi certamente estinta nel territorio Yemenita. Solo, come reperti, è stato possibile rintracciarli negli ornamenti di palazzi di particolare prestigio. Distribuzione geografica: Dall’Arabia alla Siria e dalla Nubia alFEgitto. Genere Gazella Blainville, 1816. (Gazella - gazelle; in arabo « ghazal »). I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 399 — Gazella gaietta arabica Lxchtenstexn, 1827. (Fig. 5). sin. Gaietta gaietta muscatensis Brooke, 1874. (in arabo « edem »). Foto Ballotta Fig. 5. — Gazella arabica domestica. Distribuzione geografica: Sinai, penisola araba; in Yemen interessa la zona dell'altopiano inferiore e l'isola di Gran Hanish sul Mar rosso. Ancora controllabile ma in netta diminuzione. — Gaietta dorcas saudiya Carruthers e Schwarz, 1935. Distribuzione geografica: Dalla penisola araba alla Palestina. Rara in Yemen. 400 D. Scaramella — Gazella leploceros marica Thomas, 1897. (Fig. 6). Distribuzione geografica: Penisola araba, in particolare nelle zone chi¬ nali. Foto Zoo Napoli Fig. 6. — Gazella marica. Ordine PRIMATES Dimensioni varie. Plantigradi. Mani e sovente piedi prensili. Pollice opponibile alle altre dita. Orbite spostate in avanti. Dentatura completa di 32 denti. Famiglia Cercopithecidae. Genere Papio Muller, 1773. Sottogenere Comopithecus Allen, 1925. — Papio hamadryas arabicus Thomas, 1900. (Amadriade - sacred babon; in arabo « gundi »). TC. + coda 1300 mm circa. Coda vicina ai 550 mm FD- = I 2-2 c TT PM 2— 2~ M TT = 32 denti- I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) 401 Ha dimensioni inferiori alla forma africana. Colorazione dorsale e dei fianchi grigio olivastro con peli anellati di color crema e scuro. La zona della groppa è sovente oliva chiaro; coda marezzata di nerastro e con fondo crema. La lunghezza del pelo alle tempie raggiunge i 100 mm ed alle spalle i 200 mm Sulle orecchie 20-25 mm i colori assumono negli adulti una tonalità piuttosto chiara, tendente però con sfumature diverse al brunastro. Distribuzione geografica: Penisola araba nel suo insieme, più frequente nella parte meridionale. Comune nella boscaglia a sud di Taiz. Allevata sovente in cattività. BIBLIOGRAFIA Allen G. M., 1939 - Bats. Harvard Univ. Press. Cambridge, Mass. Anderson S. e Jones K. Fr., 1967 - Recent mammals of thè world. A sinopsis of families. The Ronald Press. C.N.Y. Andersen K., 1954 - Catalogne of chiroptera. Brit. Mus. Nat. Hist. Asdell S. A., 1964 - Patterns mammals reproduction. Cornell Un. Press. Ithaca. Barber C., 1971 - Animals et war. Macdonald, London. Bere R., 1970 - Antelopes. Barcher R., London. Boack F. E., 1937 - Les animaux rares dans les zoos de N.Y., Washington et Fi¬ ladelfia. N.Y., U.S.A. Boorer M., 1970 - I felini selvatici. Mondadori, Milano. Botta P. E., 1871 - Relations d’un voyage dans le Yemen entrepris en 1837. B. Duprat, Pub. Paris, pp. 148. Boulenger E. G., 1952 - Les Singes. Payot, Paris. Bourlxere F., 1955 - Mammals of thè world, their life and habits. Harra Pub. London. Brauer A., 1917 - Mene Procaviiden. Sitzben, Ges. Nat. Berlin. Brousset A., 1966 - La\ biologie des chiroptères. Masson, Paris. Burton M., 1962 - Sistematyc dictionary of mammals of thè world. London. Bury G. M., 1915 - Arabia infelix. Mac Millan and Co. London Carruthers D. and Schwarz E. 1935 - On a new gazelle from centrai Arabia. P.Z.S., London. Chapman F. M., 1939 - La vie animale sous les tropiques. Payot, Paris. Cheesman, R. E. and Hxnton M. A. C., 1949 - On thè mammals collected in thè desert of centrai Arabia by Major R.E. Cheesman. Ann. Mag. Nat. Hist. (9) 14, 549. Chigi A., 1950 - La vita degli animali. U.T.E.T., Milano. Cuny H., 1961 - Les désert. Payot, Paris. D'Ancona U., 1956-60 - Zoologia. U.T.E.T., Torino. Darlington P. J., 1957 - Zoogagrebhy : The geographical distribution of animals. N. Y. 402 D. Scaramella Decambre E., 1957 - Enciclopédie feline. Paris. Dollmann J. G., 1932 - Appendix 2, Mammals in Arabia Felix. Jonathan Cape pub. London. Dollmann, J. G., 1927 - A new race of arabian gazelle. P.Z.S. London. Dollmann J. G., 1932 - Appendix 2, Mammals in Arabia Felix. Jonathan Cape pub. London. Doughty C., 1949 - Arabia deserta. Payot, Paris. Ellerman J. R. and Morrison Scott, 1951 - T.C.S. Checklist of paleartic and Indian mammals , 1758-1946. Brit. Mus. London, pp. 810. Fox M. W., 1971 - Behaviour of xvolves dogs and releved canids. Jonathan Cape pub. London. Grgves C. P. and Harrison D. L., 1967 - The taxonomy of gazelle of Arabia. London. Hahn H., 1934 - Die famille der Procavidae. Zeit. fur Sauget. Harrison D. L., 1955 - On a collection of mammals from Oman, ARABIA, with thè describtion of two new bats. Ann. Mag. Nat. Hist. London. Harrison D. L., 1957 - Some sistematic notes of « Trident bats of Arabia». Mam- malia, Paris, 21, 1. Harrison D. L., 1968 - The mammals of Arabia. London. Hayman R. W., 1941 - Chiroptera in: Expedition to S.W. Arabia, 1937-38. Brit. Mus. Nat. Hist. London. Hayman R. W., 1952 - Sand cat from Arabia. Zoo life, pp. 7-99, London. Hayman R. W., 1956 - Manates and Dugong. Zoo life, n. 10, London Huass H., 1955 - Mammals of thè world. Methuen, London. Jones J. K. et al., 1967 - Recent mammals of thè worldt. N.Y. Lanza B., 1960 - Su due specie criptiche di orecchione. Mont. Zool. Ital. Firenze. Lanza B., 1969 - Mammalia. Voi. vari. Edagricole, Bologna. Leen M. et al., 1971 - Le mond fascinant de chauves-souris. S.A. Losanna. Matthey R., 1954 - Cromosomes et sistematique des canidés. Mammalia, Paris. Morrison-Scott, 1939 - Some Arabian mammals coltected by Mr. H. St. J. B. Philby. Nowt, Zool, Tring, pp. 181-21. Newman H., 1965 - Les animaux. Leur comportement. Editions RST. Paris. Norman J. R. et al., 1931 - Giant fìches. Wholes and dopphins, London. Petter F., 1961 - Repartition geographique et ecologie des rongeurs desertique ( du Sahara Occidental à l’Iran orientai ) Mammalia. Tome 25, Paris. Phillips W., 1966 - Unknown Oman. Longmans, Gren and Co., London. Pocock R. I., 1935 - The mammals collected in S.E. Arabia by Mr. B. Thomas and J. Philby. Ann. Mag. Nat. Hist., London. Pocock R., 1930 - The panthers and ounces of Asia. Bombay, Nat. Hist. Soc. Pocock R., 1934 - The races of thè stripted and brown hyaenas. P.Z.S., London. Pocock R., 1935 - The races of canis lupus. P.Z.S., London. Popov G. B., 1960 - Mammals of Aden. Port of Aden annual. Rode P., 1944 - Rats, souris, mulots. P. Lechevalier, Paris. Rode P., 1948 - Les singes anthropoides. Presse Univ. de France, Paris. Roots C., 1974 - Animals of thè dark. D. e C., London. Sanborn C. and Hosgstraal H., 1953 — Some mammals of Yemen and their ecto- parasites. Fieldiana zool., London. I mammiferi dello Yemen ( Y.A.R .) 403 Scaramella D., 1969 - Gli animali da pelliccia. Edagricole, Bologna. Scaramella D., Russo L. F., D’Errico F. P., 1974 - I mammiferi della Somalia. Boll. Soc. Nat., Napoli. Schwarz E., 1935 - On ìbex and wild goat . Ann. Mag. Nat. Hist., London. Slijper E. J., 1962 - Whales . London. Tate R., 1971 - Desert animals. Macdonal, London. Thesiger W., 1959 - Arabian sands. Longmans Green ad Co. Pub., London. Thomas O., 1900 - On some specimens of mammals obtained in S. Wester Arabia by Mr. Parcival e Dobson, P.Z.S., London. Toschi A., 1959 - Mammalia. Edagricole, Bologna. Tyrrell P. R., 1962 - An arabian leopard ( Panthera pardus nimr ). East Afr. wl., Nairobi. Urbain A., 1948 - Les singes anthropoides. Payot, Paris. Yerbury I. W. e Thomas O., 1895 - On thè mammals of Aden. P.Z.S., London. Wesey F., 1952 L.D.E. - Wild life in Arabia. Oryx I, London. Walker E. P., 1968 - Mammals of thè world. Hopkins, Baltimora. World Wildlife Fund, 1966-1975 - Bollettini vari, Roma. Zim H., 1955 - Mammals. Univ. of Illinois. - Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 405-439, tav. XII Osservazioni su Joufia reti culai a Boehm, 1897 (Radiolitidae) (*) Nota del socio V. Campobasso e di M. Morolla (Tornata del 23 dicembre 1975) Riassunto. — Nella presente nota sono riportati i risultati dello studio di numerosi esemplari, più o meno incompleti, di J. reliculata Boehm (Radiolitide) provenienti da banchi di calcari cretacei affioranti in una cava nei pressi di Poggiardo (Lecce). Viene apportato un ulteriore contributo alla conoscenza dei caratteri di questa specie, piuttosto rara e di notevole importanza dal punto di vista paleontologico e stratigrafico. Summary. — In this note are exposed thè results of thè study of many samples, more or less incomplete, of /. reliculata Boehm (Radiolitid) coming from a cretaceous limestones outcropping near Poggiardo (Lecce). A further contribution is given to thè knowledge of thè characters of this species, which is rather rare and considerably important both from thè paleontologie and thè stratigraphic point of view. 1. Premessa Nella presente nota sono riportati i risultati dello studio di numerosi esemplari, più o meno incompleti, di Radiolitidi riferibili alla specie Joufia reliculata Boehm. In particolare, vengono fornite ulteriori indica¬ zioni su alcuni caratteri di questa importante specie, finora non ben in¬ dividuati o mal descritti a causa, generalmente, del cattivo stato di con¬ servazione del materiale fossilifero preso in esame (Boehm, 1897, 1898; Snethlage, 1905; Klinghardt, 1921; Tavani, 1958; ecc.) \ (*) Lavoro eseguito con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche. 1 Tra l’altro, alcuni Autori (Snethlage, op. cit . ; Tavani, op. city, ecc.) hanno commesso l'errore di considerare come valva inferiore quella superiore e vi¬ ceversa. 406 V, Campobasso e M. Morella 2. Provenienza del materiale fossilifero Gli esemplari dì J. reticulata esaminati nella presente nota sono stati prelevati da calcari cretacei affioranti sui fronti di una cava nei pressi di Poggiardo (Lecce) e precisamente a metà strada circa tra O rielle e Cocurnuìa 2 (Fig. 1); i calcari visìbili nella cava si presentano più o meno compatti, microcristallini, biancastri, in banchi di notevole spessore; essi contengono una ricca macrofauna a Rudìste associata a Coralli isolati; è stato possibile determinare le seguenti forme: Pìronaea polystyla sla- vonica (Hilber) Kuhn (Tav. XII, Fig. 2), Hippurites sp., Radiolites mu- sculosus Klimghardt, Durania sp., Sauvagesia sp. Tra i microfossili sono stati riconosciuti: Raadshoovenia salentìna (Papetti & Tedeschi), Accor- diella conica Farinacci, Raadshoovenia cuvillìeri (Fourcaoe), Cuneolina sp., Dictiopsella sp., Nummof allotta apula Luperto-Sinni, Moncharmontia apenninica De Castro, Dicyclina schlumbergeri Munier-Chalmas. Le su indicate associazioni micro e macrofaunistiche suggeriscono un’età fra il Campaniano e il Maastrichtiano. 2 Dalla stessa cava provengono i due esemplari incompleti di J. reticulata esaminati da Tavani (op. cit .). Osservazioni su Joufia reticulata Boehm, 1897 407 3. Paleontologia Farri. RADIOLITIDAE Cray, 1848 Subfam. Sauvagesiinae Douvillé, 1908 Gen. Joufia Boehm, 1897 1897 Joufia Boehm; p. 180. Specie tipo: Joufia reticulata Boehm, 1897; p. 180; Tav. V, Fig. 3; Tav. VI. Caratteristica essenziale del genere è la presenza, nella parete della valva superiore, di canali longitudinali con le aperture disposte sulla su¬ perficie del limbo. Specie note: J. reticulata Boehm; 7. cappadociensis (Cox). Età: Campaniano-Maastrichtiano. Distribuzione: Italia, Jugoslavia, Bulgaria, Turchia, Romania. Joufia reticulata Boehm 1897 - 7. reticulata 1898 - » » 1904 - » » 1905 - » 1908 - » 1909 - » » 1916 - » 1921 - » 1921 - » 1929 - » 1931 - » 1932 - » 1933 - » 1934 - » 1958 - » Boehm, p. 180; tav. V, fig. 3; tav. VI. Boehm, p. 591; fig. nel testo. Douvillé, p. 533. Snethlage, p. 1; tav. I, figg. 1-2; tav. II, figg. 1-3; figg. 1, 2 nel testo. Steinmann, p. 171, fig. 101 nel testo. Kossmat, p. 100. Paroma, p. 272, 273. Klinghardt, Teil I, p. 19. Klinghardt, Teil 4; tav. Ili; tav. IV, figg. 1-9; tav. V, figg. 1-7; tav. XIII, figg. 9, 9a; tav. XVII, figg. 4, 10, Nachtrag; tav. XVIII, figg. 13-14; tav. XIX, figg. 8, 8a; tav. XXII, fig. 11. Klinghardt, p. 97; tav. XIII, fig. 6 . Klinghardt, pp. 2, 9, 49. Kuhn, p. 117. Milovanovic, p. 167. Milovanqvic, pp. 253, 302. Tavani, p. 175; tav. XXVII, fig. 5; tav. XXVIII, figg. la-e; tav. XXIX, figg. la-g, 2. Karacabey, p. 75; tav. I, figg. 1-3; tav. II, figg. 1-2; tav. Ili, figg. 1-2; tav. IV, fig. 1. 1959 408 V. Campobasso e M. Morolla 1965a - J. reticulata 1965b - » » 1965 - » 1967 - » 1969 - » » 1969 - » » 1969 - » 1972 - » Polsak, p. 304; fig. 2 nel testo. Polsak, p. 337; tav. I, figg. 1-4. Pamouktchiev, p. 41; tav. IV, fig. 3. Lupu, p. 485; tav. I, figg. la-d. Pejovic, tav. VII, fig. 1. Karacabey, p. 137. Dechaseaux et al in Moore, p. N815; fig. E240, 6; fig. E266, 5. Karacabey, p. 52; tav. X, figg. 1-2. Materiale: 12 esemplari più o meno incompleti con le valve in con¬ nessione; 7 valve superiori isolate di cui alcune in condizioni frammen¬ tarie; 3 frammenti di valve inferiori. Descrizione bella specie Caratteri esterni Valva superiore : è a forma di cono basso con sezione trasversale subcircolare. Dimensioni minime e massime, in centimetri: larghezza: 12-24,5 altezza: 3- 6,5 Si tratta di dimensioni approssimate perché le valve sono in parte erose e con l’apice rotto. La superficie esterna, nelle zone risparmiate dall'erosione, si presenta liscia. Le bande sifonali sono marcate da due deboli sollevamenti di que¬ sta superficie; la banda anteriore (E) è larga circa tre volte la banda posteriore (S) (Tav. II, Fig. la; Tav. Ili, Figg. 1-2). La superficie del limbo è quasi piana, perforata da una rete di aper¬ ture, ovali o subcircolari, comunicanti con canali longitudinali disposti nello spessore della parete; queste aperture sono disposte in file radiali alternate e, a tratti, anche in cerchi concentrici alla cavità viscerale; inol¬ tre, le stesse aperture hanno un diametro gradualmente più piccolo dal¬ l’interno verso l'esterno della valva (Tav. V, Figg. 1-2). Valva inferiore : è a forma di cono allargato o di cono appiattito con sezione trasversale subcircolare. Le valve da noi studiate si presen¬ tano più o meno erose e rotte; pertanto, le dimensioni (min. e max. in cm) qui indicate sono approssimate: larghezza: altezza: 12-24,5 7-28 Osservazioni su Joufia reticulata Boehm, 1897 409 L'ornamentazione esterna è a coste longitudinali poco rilevate, con spigolo arrotondato, separate da solchi poco profondi e larghi quanto le coste; queste sono numerose, regolarmente distribuite e percorse da linee di accrescimento a zig-zag (Tav. II, Figg. la-lb). Questo tipo di ornamen¬ tazione è simile a quello che si riscontra in particolare nel genere Ra~ diolites Lamarck. Come è stato già accennato, in corrispondenza della re¬ gione sifonale, le valve studiate si presentano erose; è probabile che que¬ sta regione possegga una ornamentazione simile a quella osservabile nelle parti integre della valva. Caratteri interni Valva superiore : è provvista di una cresta ligamentare ben svilup¬ pata, all Incirca a forma di T, con l'estremità distale molto dilatata; la parete, a partire dalla base della cresta ligamentare fino al bordo esterno, è attraversata da un solco ligamentare molto stretto (Tav. IV, Fig. la; Tav. V, Fig. 2). Ai lati della cresta ligamentare, si osservano due grandi apofisi mio- fore, le cui dimensioni e caratteri risultano sufficientemente chiari nelle figure 1-2 della Tav. VI e nella fig. 1 della Tav. VII; le apofisi assumono un aspetto denticolato in sezione trasversale, mentre sulla superficie esterna mostrano, a tratti, un aspetto fibroso; all'interno le stesse apofisi pre¬ sentano una struttura a prismi cavi, con sezione trasversa subquadran¬ golare. Nella cerniera si osservano due denti, quello anteriore è più svilup¬ pato con forma di arco abbracciante la cresta ligamentare, quello poste¬ riore ha forma quadrangolare in sezione (Tav. I; Tav. VII, Fig. 1). All'in¬ terno i denti, originariamente cavi, sono riempiti di calcite di deposizione secondaria e di clasti litici frammisti a gusci di foraminiferi. Valva inferiore : La cresta e il solco ligamentari sono simili, nei ca¬ ratteri, a quelli della valva superiore (Tav. I; Tav. VI, Fig. 2; Tav. VII, Fig. 1); nella maggior parte delle valve studiate, la cresta ligamentare è incrostata da calcite e quindi appare più grande rispetto alle reali di¬ mensioni. La cavità viscerale, a sezione trasversa subcircolare, è sprov¬ vista di setti (Tav. I). Struttura Valva superiore : La parete è molto spessa (6 cm nell'esemplare più grande studiato, nei pressi della commessura) ed è costituita da tre strati: 27 410 V. Campohasso e M. Morolla a) « strato esterno »: il suo spessore è massimo in corrispondenza del limbo e si assottiglia gradualmente fino all’apice; lo strato è costi¬ tuito da sottili e fitte lamelle concentriche alla cavità viscerale (Tav. II, Fig. 1 c; Tav. Ili, Fig. 2); lo spessore di ciascuna lamella diminuisce gra¬ dualmente a partire dal limbo fino alla parte superiore della valva; b) « strato a canali »: costituisce la parte fondamentale e più ca¬ ratteristica della parete, raggiungendo lo spessore di ben 4 cm sul limbo della valva più grande esaminata. La massa fondamentale dello strato è attraversata in direzione longitudinale da canali con le aperture disposte sul limbo in file radiali; i canali più interni si originano in vicinanza del¬ l’apice della valva; gli altri appaiono a mano a mano più corti quanto più sono periferici (Tav. IV, Fig. 1); essi mantengono uniforme il diametro per tutta la loro lunghezza e si slargano leggermente in vicinanza del limbo, assumendo una forma ad imbuto (Tav. Vili, Fig. 1); nel loro com¬ plesso i canali non presentano setti interni, e, solo in qualche caso, due canali vicini si collegano tra loro. Nella maggior parte delle valve esa¬ minate, i canali sono stati ampliati per effetto di fenomeni erosivi e nel¬ l’interno di alcuni di essi si sono originate delle forme simili a cresta o a bastoncino (Tav. IV, Fig. 1 b; Tav. VII, Fig. 2). Calcite di deposizione secondaria è presente in quasi tutti i canali. Al microscopio, in sezione longitudinale, la massa fondamentale dello « strato a canali » presenta una struttura fibrosa compatta, con tipiche sottili bande scure, parallele alla superficie del limbo e fortemente pie¬ gate all'insù attorno ai canali (Tav. Vili, Figg. 1-2). Nella sezione tra¬ sversale, la massa fondamentale presenta una struttura microcristallina compatta, mentre attorno ai canali i cristalli di calcite vanno a costituire una struttura fibroso-raggiata (Tav. IX, Figg. la-lb); c) « strato interno »: chiamato anche strato porcellanaceo (Sne- thlage, op . cit.; Klinghardt, op. cit.); nella maggior parte delle nostre valve questo strato è assente perché asportato dall'erosione; esso è molto sottile e riveste anche la cresta ligamentare; questa aH'interno presenta la stessa struttura della massa fondamentale dello strato a canali. Valva inferiore : nella parete, molto spessa, si distinguono tre strati: a) « strato esterno »: ha una struttura lamellosa; le lamelle, in se¬ zione trasversale, si mostrano regolarmente pieghettate, con le parti con¬ vesse e concave disposte in corrispondenza rispettivamente delle coste e dei solchi della ornamentazione esterna (Tav. X, Fig. 1); b ) « strato medio »: è il cosiddetto « strato a prismi cavi » di Sne- thlage e Klinghardt; comprende quasi tutto lo spessore della parete della Osservazioni su Joufia reticulata Bqehm, 1897 411 valva inferiore e presenta una struttura tipicamente cellulo-prismatica; più precisamente, in corrispondenza del limbo (o in sezioni trasversali) le celle appaiono sotto forma di un reticolato a maglie poligonali (in ge¬ nere pentagonali o esagonali) (Tav. X, Fig. 1; Tav. XI, Fig. 1); nelle sezioni radiali, le lame di accrescimento e le pareti longitudinali delle celle ori¬ ginano una rete a maglie quadrangolari; tuttavia nelle sezioni tangenziali si osserva uqa rete a maglie quadrangolari e romboidali; va precisato che queste ultime corrispondono a sezioni oblique delle celle prismatiche (Tav. XI, Fig. 2; Tav. XII, Fig. 1); c ) « strato interno »: è sottilissimo e ricopre anche la cresta liga- mentare; all'interno di questa si nota la stessa struttura osservabile nella cresta della valva superiore (Tav. X, Fig. 2). Osservazioni La valva inferiore di J. reticulata ha forma molto variabile, da conica più o meno allargata a molto appiattita (per es. in Klinghardt, 1921, Tav. V, Fig. 1; Tav. IV, Fig. 1). Le bande sifonali della valva superiore, debolmente arcuate, sono state descritte e figurate per la prima volta da Klinghardt ( op . cit.): esse cor¬ rispondono esattamente a quelle osservabili negli esemplari da noi stu¬ diati. Lo stesso Autore ritiene che con ogni probabilità le bande della valva inferiore siano simili a quelle della valva superiore. Le nostre osservazioni hanno permesso di stabilire che i caratteristici canali di questa specie sono situati nella parete della valva superiore e non in quella della valva inferiore, come erroneamente hanno ritenuto alcuni Autori (Snethlage, op. cit Tavani, op. cit.; Dechaseaux et al. in Moore, 1969, ecc.). Inoltre, Douvillè (1898) si chiede se le aperture pre¬ senti sul limbo della valva superiore di Joufia immettano in veri canali oppure se si tratti di semplici depressioni del limbo sotto forma di « cor- nets aigus s'emboitant les uns dans les autres ». Klinghardt (1921) ritiene che si tratti di « pseudocanali » in quanto i loro lumi sono così poco pro¬ fondi che non si può indicarli come canali. Senza dubbio noi riteniamo di essere in presenza di veri canali, come hanno affermato altri Autori (Boehm 1898, Snethlage 1905, Tavoni 1958, Polsak 1965a, 1965b; Karacabey 1959, ecc.). Ciò è dimostrato dalle seguenti osservazioni: il lume dei ca¬ nali si mantiene uniforme per tutta la loro lunghezza e non si osserva alcun restringimento a forma di imbuto o di cartoccio; i cristalli di cal¬ cite che riempiono i canali, fino ad occluderli in qualche caso completa- 412 V. Campobasso e M. Morolla mente, sono di origine secondaria; difatti, questi cristalli presentano di¬ mensioni variabili e non sono distribuiti uniformemente per tutta la lun¬ ghezza di uno stesso canale. Per quanto riguarda infine la loro funzione, è probabile che questi canali servissero a condurre nei due sensi l'acqua necessaria per i processi di ossigenazione ed escrezione (Lupu, 1967). Ancora, riteniamo di far notare che nella parete della valva superiore non esiste alcuna traccia del cosiddetto « strato a prismi cavi » segnalato da alcuni Autori (Snethlage, op. cit.; Klinghardt, 1921). Infine riteniamo che il genere Joufia vada senz'altro inserito nella sottofamiglia Sauvagesiinae per la caratteristica struttura, tipicamente a celle poligonali, della parete della valva inferiore. In precedenza, tale ge¬ nere era stato infatti collocato nelle sottofamiglie Lapeirousiinae (Pa- mouktchiev, 1965) Radiolitinae (Astre, 1957) e in un gruppo non ben de¬ finito, insieme ai generi Arnaudia Fischer e Colveraia Klinghardt (Decha- seaux et al. in Moore, 1969). Età e diffusione Allo stato attuale delle conoscenze, la specie J. reticulata ha una di¬ stribuzione geografica limitata alla regione sud-europea e mediterranea: Italia, Jugoslavia, Romania, Bulgaria, Turchia. Più precisamente, esemplari di questa specie sono stati raccolti nel¬ l'Italia settentrionale, presso Maniago, in calcari attribuiti da Snethlage (op. cit.) al Cenomaniano superiore o al Turoniano inferiore e da Kling¬ hardt j (op. cit.) al Maastrichtiano. Inoltre, in Italia è stata citata da Pa- rona (1916) nel Gargano e nel Lazio (presso Fiamignano) senza indicazioni precise sulla località di rinvenimento, né cronologiche. Tavani (1958) ha esaminato due esemplari incompleti di questa specie raccolti nella stessa cava da cui provengono i fossili da noi studiati. In Jugoslavia J. reticulata è conosciuta nella Slovenia occidentale (Kossmat, 1909) e nel Maastrichtiano della Serbia orientale (Milovanovic, 1933, 1934), del M. Zagrebacka in Croazia ( Polsak, 1965a), di Bespelj e Kozluk in Bosnia (Polsak, 1965b; Sladic-Trifunovic, 1972), di Spuz nel Montenegro (Pejovic, 1969). In Turchia è segnalata in terreni del Senoniano superiore e del Maastrichtiano rispettivamente presso Cerkes e Divrigi (Karacabey, 1959, 1972). In Romania (Lupu, 1967) questa specie è nota in livelli del Senoniano superiore, presso Brezoi (Carpazi centro-meridionali), mentre in Bulgaria (Pamouktchiev, 1965) è segnalata nel Maastrichtiano di Garlo. Osservazioni su Joufia reticolata Boehm, 1897 413 BIBLIOGRAFIA Astre G.» 1957 » Recherches sur Vorganisation et la vie des Radiolitidés . Mém. Soc. Geol. France, N.S. 36/3, Mém. 80, 1-88, figg. 1-19 nel testo, Paris. Boehm G., 1897 - Beitrag zur Gtìedemng der Kreide in den Venetianer Alpen . Z.D.g.G., 49, 180-181, tav. V, fig. 3; tav. VI, Berlin. Boehm G., 1898 - Zur Kenntnis der Gattung Joufia. Z.D.g.G., 50, 591-592, figura nel testo, Berlin. Cox L. R.; 1960 - Two new radiolitids ( Rudistid La m eli ì b ranch io) from thè Upper Cretaceous of Turkey . Bull. Brit. Mus. (Nat. Hist.) Geol., 4, n. 9, 427-433, tav. 61-62, 1 fig. nel testo, London. Dechaseaux C. et al. in Moore, 1969 - Treaii.se on Invertebrate Paleontology . Part. N, 2 (di voi. 3), Mollusco. 6, Bivalvia, 952 pp., Geol. Soc. America, Bniv. Kansas Press, New York. Douvillé H., 1898 - Etudes sur les Rudistes . B.S.G.F., 26 (3), 140-158, Paris. Douvillé H., 1904 - Sur quelques Rudistes à canaux . B.S.G.F., (4), 4, 519-538, Paris. Karacabey N., 1959 - La presence et Vàge dii Joufia reticulata Boehm en Turquie. Bull. Min. res. a. expl. Inst. of Turkey, 52, 75-77, Tav. I-IV, Ankara. Karacabey N., 1969 - Sur mie espece de Joufia Boehm prelevée dans la partìe orientale de la Turquie. Bull. Min. res. a. expl. Inst. T., 73, 133-138, Tav. X-III, figg. 1-2 nel testo, Ankara. Karacabey N., 1972 - Quelques Rudistes provenant de la région de Divrigi ( Turquie orientale). Bull. Min. res. a. expl. Inst. T., 78, 46-52, Tav. I-XII, figg. 1-4 nel testo, Ankara. Karacabey M., 1974 - Sur une nouvelle espéce de Colveraia Klinghardt et une nouvelle sous-espèce de Joufia Boehm en Turquie . Bull. Min. res. a. expl. Inst. T,, 82, 78-84; Tav. I-IV, figg. 1-3 nel testo, Ankara. Klinghardt F., 1921 - Die Rudi sten. Teil 1: Neue Rudistenfauna aus dem Maa- strichtien von Maniago ( Friaul ) nebst stratigraphischem Anhang . Arch. f, Biontologie, 5, Heft 1, Teil. 1, 1-68 figg. 1-13 nel testo, Greìfswald. Klinghardt F., 1921 - Die Rudisten. Teil IV: Atlas . Selbstverlag, Berlin. Tav. I-XXIV, Greifswald. Klinghardt F., 1929 - Die stammesgeschichtliche Bedeutung, innere Organisatìon und Lebensweise von Eoradiolites liratus Conrad . Palaeontographica, 72, 95-101, Tav. XII-XIV. Klinghardt F., 1931 - Die Rudisten . Teil III: Biologie und Beobachtungen an anderen Muscheln. pp. 2, 9, 49, Selbstverlag, Berlin. Kossmat F., 1909 - Der Kùstenlàndische Hocharst und seme tektonische Stellung. Verh. d. geol. Keichsanstalt nr. 4-5, p. 100, Wien. Kuhn O., 1932 - Rudistae . Foss. Catalogus, I: Animalia, pars 54, 200 pp., Berlino. Lupu D., 1967 - Prezenta speeiei Joufia reticulata Boehm in Carpata meridionali centrali. St. si cere. geol. geofiz. geogr. Seria geologie, 12, nr. 2, 485-487, Tav. I, fig. la-d, Bucuresti. Milovanovic B., 1933 - Paleobioloski i hiostratigrafski problemi rudista. Rasprave geol. Inst. Kralj. Jugosl., 2, 1-196, Tav. I-LXXII, Beograd. 414 V. Campobasso e M. Morolla Milovanovic B., 1934 - Rudistna fauna Jugoslavie . I, IL Istocna Srbija , Zapadna Srbija, Stara Raska. Geol. anali Balk. poluostr., 12, 1, 179-308, 5 tav., 22 figg. nel testo, Beograd. Pamouktchiev A., 1965 - Faune rudiste du Maestrichtien de V arrondissement de Breznik (II). Annoiai re de l'Université de Sofia, Geologie, 1, 25-45, 7 tav., 7 figg. nel testo. Sofia. Papetti I. & Tedeschi D., 1965 - Nuovo genere dì foraminìfero del Santoniano superiore. Geol. Rom. IV, 119-128, figg. 8, Roma. Paroma C. F., 1916 - Cenni sulle faune sopracretaciche a Rudiste del Monte Gargano. Rendiconti R. Accad. dei Lincei, 25, 271-274, Torino. Paroma C. F., 1918 - Prospetto delle varie facies e loro successione nei calcari a Rudiste dell’ Appennino. Boll. Soc. Geol. IL, 37, 1-12, Roma. Pejovic D., 1969 - Some Rudists from Montenegro. Bull. Inst. for Geol. and Geo- phisical Research. Serie A, Nr. 26, 217-220, 7 Tav., Beograd. Polsak A., 1965 a - Rudisti Mastrihta Iz Sjeveroistocnog Dijela Zagrebacke Gore. Geoloski Vjesnik, Zagreb, 18/2, 301-308, 1 Tav., 4 figg. nel testo, Zagreb. Polsak A., 1965b - Joufìa reticulata Boehm iz Mastrihta Bespelja Sjeverno od Jajca. Geoloski Vjesnik, 18/2, 337-340, Tav. I, figg. 1-4, Zagreb. Sladxc-Trifunovic M., 1972 - Senonian limestones with orbites and Rudists from Kozluk ( Northeastern Bosnia ). Annales Géologiques de la Péninsule Balka- nique, T. XXXVII, Fase. 2, p. 111-150, Tav. I-XIII, Beograd. Snethlage E., 1905 - Uber die Gattung Joufìa G. Boehm. Ber. Naturf. Ges. Frei¬ burg i. B., 16, 1-8, Tav. I, fig. 1-2; Tav. II, figg. 1-3, figg. 1-2 nel testo, Freiburg. Steinmann G., 1908 - Die geologischen Grundlagen der Abstammungslehre . p. 179, f. 101 nel testo, Leipzig. Tavani G., 1958 - Rudiste del Cretaceo delle Puglie (Italia Meridionale). Journ. Pai. India, 3, 170-177, Tav. 26-29, Lucknow. TAVOLA I Fig. 1. — Esemplare, in sezione longitudinale, fornito delle due valve in con¬ nessione; esso è in parte inglobato nella roccia; si distinguono il dente anteriore (da), l'apofisi miofora posteriore parzialmente rotta ,(m p), la cresta ligamentare (L), i canali della valva superiore (C); questa valva è parzialmente rotta nella regione ventrale e mostra un’inclusione di materiale estraneo in seno alla frattura - (x0,6). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufìa, ecc. Tav. I TAVOLA II Fig. la. — Esemplare con le due valve, parzialmente eroso e inglobato nella roc¬ cia ; è visibile la regione sifonale - (x 0,4) . Fig. 1 b. — Particolare dell’ornamentazione delle valva inferiore di fig. 1 a - (x 2,5). Fig. le. — Particolare dell'esemplare di fig. 1 a visto dal basso; sono visibili lo strato medio (S m) della parete della valva inferiore, le aperture dei canali (C) e lo strato esterno (S e) della parete della valva superiore in corrispondenza del limbo - (x 1,1). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - zioni su Joufia, ecc. Osserva- Tav. II TAVOLA III Fig. 1. — Valva superiore dell'esemplare figurato nella tav. II, fig. la; è osser¬ vabile dall’alto la regione sifonale - (x 1,3). Fig. 2. — Valva superiore, in parte inglobata nella roccia, vista dalla zona sifo¬ nale posteriore (S); l'erosione ha messo in evidenza la struttura la- mellosa dello strato esterno della parete e i canali - (x 2,2). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Mordo.. a M. - Osserva¬ zioni su Joufia, eco. Tav. Ili TAVOLA IV Ftg. la. — Valva superiore vista dall’alto; l'erosione ha asportato compieta- mente lo strato esterno della parete, mettendo in evidenza i canali; sono osservabili la cresta (L) e il solco ligamentari (S 1) - (x 0,4). Fjg. 1 b. — Particolare di fig. 1 a; nei canali sono visibili delle forme di erosione a cresta o a bastoncino - (x 2,2). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufia, ecc . Tav. IV TAVOLA V Fig. 1. — Frammento di valva superiore vista dal basso; sono visibili i canali tagliati secondo un piano leggermente obliquo rispetto alla superficie del limbo - (x 0,8). Fig. 2. — Valva superiore in sezione trasversale eseguita poco al di sopra della commessura; si notano la cresta ligamentare (L), il solco ligamentare (S 1) e lo strato a canali - (x 0,8). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufia, ecc. Tav. V 28 TAVOLA VI Fig. 1. — Modello interno di valva superiore; sono chiaramente visibili le due grandi apofisi miofore (ma-mp), parzialmente rotte; nell’interno del- l'apofisi posteriore si osserva in parte la struttura prismatica - (x 0,8). Fig. 2. — Valva inferiore in sezione trasversale eseguita poco al di sotto della commessura; sono visibili le sezioni delle due apofisi miofore e della cresta ligamentare - (x 0,8). i Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufìa, ecc. Tav. VI TAVOLA VII Fig. 1. — Valva inferiore in sezione trasversale; oltre alle apofìsi miofore (ina - mp) e alla cresta ligamentare (L) si notano i due denti (da-dp) - (x 1,7). Fig. 2. Frammento di valva superiore; l'erosione, molto avanzata, ha messo in evidenza i canali; in questi si notano delle forme di erosione a cresta o a bastoncino - (x 2,2). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufia, ecc. Tav. VII TAVOLA Vili Fig. L Fig. 2. — ' Valva superiore; struttura dello strato a canali in sezione tangenziale; è visibile un canale (C) che si apre sul limbo - (x 23,7). — Valva superiore; particolare della struttura della massa fondamentale dello strato' a canali - (x 38). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufìa, ecc. Tav. Vili TAVOLA IX Fig. 1 a. — Valva superiore; sezione trasversale dello strato a canali della pa¬ rete - (x 23,7). Fig. 1 b. — Particolare di fig. 1 a - (x 57). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufia, ecc. Tav. IX TAVOLA X Fig. 1. — Valva inferiore; sezione trasversale della parete mostrante lo strato esterno a struttura lamellosa (Se) e lo strato medio a struttura pri¬ smatica; le fasce scure rappresentano le sezioni delle lamelle di ac¬ crescimento obliquamente disposte; le celle poligonali sono ripiene, in parte o del tutto, di calcite di origine secondaria - (x 23,7). Fig. 2. — Valva inferiore; sezione trasversale dello strato medio (S m), del sot¬ tile strato interno (S i) e della cresta ligamentare (L) - (x 23,7). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufìa, ecc. Tav. X TAVOLA XI Fig. 1. — Valva inferiore; sezione trasversale dello strato prismatico (x 23,7). Fig. 2. — Valva inferiore; sezione tangenziale dello strato prismatico; le lamelle di accrescimento sono dolcemente ondulate e, in alcuni tratti, le pareti dei prismi si biforcano apparentemente a causa della disposizione obli¬ qua delle celle prismatiche (x 23,7). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufia, ecc. Tav. XI TAVOLA XII Fig. 1. — Joufia reticulata Boehm - Valva inferiore; sezione tangenziale dello strato prismatico1 mostrante una rete a maglie quadrangolari e rom¬ boidali - (x 38). Fig. 2. — Pironaea polystyla slavonìca (Hilber) Kuhn - Sezione trasversale della valva inferiore vista dal basso - (x 0,7). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1975 Campobasso V. e Morolla M. - Osserva¬ zioni su Joufìa, eco. Tav. XII Bull. Soc. Natur. in Napoli Voi. 84, 1975, pp. 441-481, fìgg. 22, tavv. Ili, tabb. 4 Ricerche sulla misidofauna del Parco di Santa Maria di Castellabate (Salerno) con descrizione di una nuova specie di Siriella Nota dei soci Antonio P. Ariani (*) e Gabriella Spagnuolo (*) (Tornata del 23 dicembre 1975) Riassunto . — Gli AA. hanno effettuato una prima serie di ricerche sulla misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate (Salerno), nel maggio 1975. Le raccolte planctoniche notturne di superfìcie e l'ispezione di un tratto di litorale sabbioso, hanno permesso di individuare complessivamente nove specie (quattro di Siriellinae, cinque di Gas t rosaccinae ) , una delle quali viene descritta come Siriella castellabatensis n. sp. Tra le altre figurano: S. norvegica G. O. Sars, poco frequente nel Tirreno, e Anchialina oculata Hoenigman, di cui non si conoscono precedenti segnalazioni per il Mediterraneo occidentale. Lo studio tassonomico è integrato da osservazioni di carattere ecologico e biologico. Gli AA. riportano dati sulla distribuzione delle specie in rapporto alla profondità e natura dei fondali, sulla loro attività riproduttiva, fecondità e rapporto percentuale dei sessi nel plancton di superficie. Tale rapporto, tra l’altro, è risultato essere nettamente diverso in Anchialina agilis e A. oculata , il che sembra confermare la validità della specie stabilita da Hoenigman (1960). L’elevato numero di specie di Siriellinae e Gastrosaccinae presenti nel Parco è da correlare, secondo gli AA. all’esistenza di una notevole varietà di biotopi e facies biocenotiche nell'ambito del Parco stesso. Abstract . — Authors have made a preliminary study on thè Mysidacea of thè marine Park of S. Maria di Castellabate (Salerno) in May 1975. Through night surface plankton samplings and inspection of a sandy beach they could recognize a total of nine species (four belonging to Siriellinae and five to Gastrosaccinae). One of thè former is described as Siriella castellabatensis n. sp.; among others can be cited S. norvegica G. O. Sars, scarcely found in thè Tyrrhenian Sea, and Anchialina oculata Hoenigman, concerning which no records are known from western Mediterranean Sea. S. castellabatensis n. sp. is closely related to S. jaltensis Cz. from which, however, it differs in thè following points: 1) Rostral piate broader, mostly in thè male; anterior end neither sharply pointed nor curved downward, with convex margins. (*) Istituto e Museo di Zoologia dell'Università, via Mezzocannone 8, 80134 Napoli. 29 442 A. P. Ariani e G, Spagnuolo 2) Cornea smaller with respect to thè whole eye, at least than in S. j. jaltensis and in S. j. gracilipes . 3) Antennal scale slenderer, mostly in thè male, 3-3 1/4 times as long as broad. 4) Dactylus (nail excepted) of thè third to eighth thoracic limbs distinctly longer than broad, measuring thè length on its lesser (front) margin; nail very slender, even more than in S. j. jaltensis, slightly and almost uniformly curved. 5) Telson with longer lateral spines — interspacing thè series of thè shorter ones — subequal, rather than increasing in length towards thè apex; thè two apical setae very thin, not conspicuously piumose but with rare, hardly per- ceptible hairs in thè distai half. 6) Inner uropod armed along thè ventral inner margin with relatively more numerous (34-43) spines, densely arranged in thè middle third of thè row. 7) Lenght only 10,5-11,5 mm. For some characteristics thè species described resembles S. gordonae Zim- mer, from thè North Sea, in which dactylus is defined longer than broad and antennal scale 3-3 1/3 times as long as broad. However, in gordonae thè nail, according to Zimmer's (1932) drawings, is less slender and remarkably curved, and thè features of thè whole dactylus are very similar to those of jaltensis; thè rostrum is acutely pointed; thè high number of spines on thè inner uropod (34 in thè male, 43 in thè temale) is evidently correlated to thè size of samples (17 mm.). On thè other hand S. gordonae, according to W. M. & O. S. Tattersall (1951) who examined co-types, is synonymous with S. jaltensis var. brooki Nor¬ man, a form to which thè samples from Castellabate cannot be referred. Rather, concerning thè features of thè rostral piate and whole dactylus of thè peraeopods, thè species described shows a clear relationship with S. clausil G. O. Sars. The taxonomic survey has been integrated with ecological and biological observations. The distributions of thè single species in relation to depth and bottom environment, their breeding activity, fecundity and sex percentages in thè surface plankton have been reported. The sex percentages for Anchialina agilis and A. oculata were found to be dilferent, which probably confìrms thè validity of thè species instituted by Hoenigman (1960). The high number of species pertaining to Siriellinae and Gastrosaccinae found in thè Park area can be correlated with thè presence of a considerable variety of biotopes and biocoenoses. In S. Maria di Castellabate, lungo la costa del Cilento, è costituita da qualche anno una riserva biologica marina destinata, oltre che a sal¬ vaguardare un ambiente subacqueo di notevole bellezza naturale, a fa¬ vorire il ripopolamento dell’area, che si riconosce « impoverita da un intenso ed indiscriminato esercizio della pesca » (D.M. del 25/8/1972) . Ci siamo proposti di effettuare un'indagine sulla misidofauna del Parco, sia nell’intento di apportare un contributo alla conoscenza — tut¬ tora assai limitata — dei popolamenti animali della località, sia conside¬ rando l'utilità dell'iniziativa in rapporto ad uno studio delle risorse tro- Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 443 fiche della zona. È noto, infatti, che i Misidacei svolgono un ruolo impor¬ tante neH’alimentazione di molte specie di pesci (v. ad es. Bacescu, 1940; W. M. e O. S. Tattersall, 1951; Reys, 1960), soprattutto Teleostei giovani (Lo Bianco, 1909). Una prima serie di raccolte ha avuto luogo nel maggio di quest’anno, e ci ha consentito di individuare un buon numero di specie (esclusiva- mente dei generi Siriella, Gastrosaccus e Anchialina) e di rilevarne, in particolare, gli aspetti più significativi della distribuzione nell'ambito del Parco. In questa fase delle ricerche siamo pervenuti ad un risultato inatteso: il rinvenimento di una specie di Siriella che per i suoi caratteri siamo indotti a considerare nuova per la Scienza, e che descriviamo come Siriella castellabatensis n. sp. Limiti dell'area esplorata e metodi di ricerca La « zona di tutela biologica » di S. Maria di Castellabate si estende per circa 16 km (considerando lo sviluppo del litorale interessato) e fino a tre miglia dalla costa, tra la Baia del Sambuco e Punta delTOgliastro, al limite meridionale del Golfo di Salerno. Le nostre ricerche sono state svolte in un’area leggermente più ri¬ stretta, tra Punta Tresino a N e Punta Licosa a S (v. Fig. 1). In detta area, e per quasi tutta la sua ampiezza, ci siamo limitati per il momento a prelevare materiale in superficie, di notte, utilizzando un peschereccio — il « S. Maria a mare II » — provvisto di ecometro per il rilevamento in continuo della profondità negli itinerari di raccolta. Sul natante abbiamo installato, e mantenuto costantemente in fun¬ zione oltre il bordo, un complesso illuminante della potenza di 6000 watt, allo scopo di agevolare la cattura delle forme con più spiccato fototro¬ pismo positivo. La velocità è stata mantenuta costante, sull’ordine dei 2,5 nodi. Si è curato che il retino, del diametro di cm 40, emergesse sempre per circa metà dell'apertura, con un continuo controllo a distanza age¬ volato dall'applicazione di materiali fluorescenti sul bordo. Abbiamo uti¬ lizzato un retino da plancton della lunghezza di cm 100, con maglie di mm 0,3 x 0,4 e collettore disinseribile in perspex della capacità di 100 mi. In una prima escursione, effettuata con mare calmo tra le ore 21 e le ore 24 del 10/5/75 abbiamo ispezionato le acque con profondità com¬ presa tra m 9 e m 38. In una successiva escursione, effettuata con mare quasi calmo tra le ore 22 del 24/5 e le ore 0,30 del 25/5/75, abbiamo rac¬ colto materiale in acque con profondità maggiori (42-74 m). Gli itinerari ••«••••• Limite del parco _ - _ Itinerario raccolte del 10. V. 1975 _ Itinerario raccolte del 24. V. 1975 Fig. 1. — Il Parco di S. Maria di Castellabate (scala 1 : 100.000) e gli itinerari di raccolta. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 445 di raccolta sono indicati in Fig. 1, dove i numeri progressivi indicano le zone di provenienza dei singoli campioni; la Fig. 20 riproduce, invece, i tracciati ottenuti con Fecometro in corrispondenza dei tratti di mare in cui i campioni stessi sono stati prelevati. Nel corso di queste escursioni abbiamo rilevato in superficie, per la salinità, valori del 37,6-37,8 %o; la temperatura — sempre in superficie — è risultata essere compresa tra 18,2 e 21,0 °C. Lo studio dei Gastrosaccinae, rappresentati da quattro specie nello zooplancton notturno di superficie, è stato integrato con la ricerca di esemplari di Gastrosaccus sanctus, o altra specie psammicola affine, nelle sabbie del Pozzillo, un’ampia spiaggia compresa nell'area del Parco tra S. Maria di Castellabate e San Marco. Queste ispezioni hanno avuto luogo più volte (10/5, 17/5, 24/5/75) sempre nelle ore pomeridiane (tra le 15 e le 19), ma in una sola occasione abbiamo avuto modo di riscontrare nella sabbia umida del litorale, controllata entro una fascia di 3 X 200 m circa, qualche raro esemplare di Gastrosaccus. Le specie rinvenute Nel materiale raccolto è rappresentato esclusivamente il sottordine Mysida, con una sola famiglia ( Mysidae ), due sottofamiglie ( Siriellinae e Gastrosaccinae ), tre generi ( Siriella Dana, Gastrosaccus Norman e An- chialina Norman e Scott) e nove specie. 1. Siriella clausii G. O. Sars, 1877 Siriella Clausii G. O. Sars, 1877:81 Siriella datisi Zimmer, 1915:315 Siriella Clausi Golosi, 1929-408 Siriella clausi Bacescu, 1940:557 Siriella clausii W. M. e O. S. Tattersall, 1951:148 Siriella Clausi Genovese, 1956:188 Siriella clausii Macquart-Moulin, 1965:221 Siriella clausii Ariani, 1967:4 Materiale : 162 esemplari (58 6 3, 68 $ $ , 36 individui di sesso non determinabile). Dimensioni degli adulti h 5,7-10,0 mm per i 6 6 ; 6, 3-8, 5 mm per le $ $ . ! 1 La lunghezza del corpo è stata sempre misurata tra l’estremità anteriore del carapace e l'apice del telson. 446 A. P . Ariani e G. Spagnuolo Note . Specie largamente diffusa nei nostri mari, e tra le più comuni nel vicino Golfo di Napoli (Golosi, 1929). La lunghezza degli adulti risulta relativamente cospicua, in confor¬ mità con quanto rilevato da uno di noi (Ariani, 1967) per gli esemplari primaverili di S. clausii raccolti nell'Adriatico. Qualche individuo presenta all’apice del telson due lamine subeguali in luogo delle tre che contraddistinguono tipicamente la specie (cfr. Ba- cescu, 1941; Genovese, 1956; Ariani, 1967). 2. Sirìella norvegica G. O. Sars, 1869 Siriella norvegica G. O. Sars, 1869:30 Sirìella norvegica Zimmer, 1915:315 Siriella norvegica Bacescu, 1941:10 Materiale: 2 esemplari immaturi (un <3, una $ ) . Dimensioni: 7,1 mm sia per il <3 che per la $ . Fig. 2. — ■ Siriella norvegica G. O. Sars, $ immatura: a, parte distale dell’endo podite de!F8° toracopode; b, particolare del dattilo; c, endopodite delFuropode. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 447 Note. Gli esemplari presentano in modo evidente i caratteri attribuiti a S. norvegica da Zxmmer (1915) per gli individui del Golfo di Napoli e Fig. 3. — Sir iella jaltensis gracilipes Nouvel, $ adulto di mm. 11: a, margine anteriore del carapace e occhi in veduta dorsale; b, endopodite dell'80 toracopode; c, particolare del dattilo; d, apice del telson. da Bacescu (1941) per quelli di Banyuls e Monaco; unghia terminale del dattilo dell’ultimo paio di pereiopodi estremamente lunga e sottile; spine 448 A. P. Ariani e G. Spagnuolo TABELLA I S. j. gracilipes Nouvel : lunghezza del corpo e caratteri dimensionali del carpo- propode e dell'unghia del dattilo dell’8° toracopode di sinistra. Lunghezza mm R r 9 adulta 13,4 8,00 4,12 $ adulta 12,3 7,87 3,60 9 adulta 12,0 8,71 4,00 9 adulta 11,4 9,66 4,00 3 adulto 11,0 8,33 3,75 9 adulta 10,8 8,04 3,87 9 adulta 10,7 8,66 4,14 9 adulta 10,7 8,16 3,62 9 adulta 10,5 8,16 4,00 9 adulta 10,3 8,16 4,14 9 adulta 9,9 7,69 4,46 3 adulto 9,9 8,16 4,00 3 adulto 9,6 8,66 4,00 3 adulto 9,6 8,16 4,00 9 adulta 9,5 7,16 3,84 9 immatura 9,5 9,00 4,33 9 adulta 9,4 8,00 3,85 9 immatura 9,0 8,40 4,33 $ immatura 8,9 6,83 4,18 9 immatura 8,9 7,27 4,36 3 adulto 8,8 8,40 3,83 9 immatura 8,7 6,83 3,83 9 immatura 8,5 7,80 3,50 3 immaturo 7,7 8,00 4,00 6 immaturo 7,3 6,20 3,50 9 immatura 7,2 7,11 4,22 <5 immaturo 7,1 8,40 4,16 3 immaturo 6,8 6,40 4,22 9 immatura 6,8 7,25 3,60 9 immatura 6,8 7,75 4,00 3 immaturo 6,8 6,88 3,77 3 immaturo 6,8 7,00 4,25 9 immatura 6,7 6,44 3,80 9 immatura 6,6 6,00 4,00 9 immatura 6,4 7,25 3,77 3 immaturo 6,4 6,44 3,60 Mìsìdofauna del Parco di S . Maria di Castellatale 449 più brevi intercalate tra quelle più lunghe anche nella parte distale del margine interno dell’endopodite degli uropodi (v. Fig. 2). Come nel Golfo di Napoli (solo 5 individui citati da Golosi, 1929) an¬ che nel Parco di Casteilabate la specie sembra essere rara. D’altra parte, i reperti di Zimmer e di Golosi sono gli unici noti di S. norvegica per le acque del Tirreno. 3. Siriella jaltensls graeilipes Nouvel, 1942 Siriella jaltensis graeilipes Nouvel, 1942:8 Siriella jaltensis graeilipes Nouvel, 1943:69 Siriella jaltensis graeilipes Macquart-Moulin, 1965:227 Siriella jaltensis graeilipes Ariani, 1967 :7 Materiale: 109 esemplari (28 A 66 $ $ , 15 indivìdui di sesso non determinabile 2). Dimensioni degli adulti : 8,841,0 mm per i 6 6 ; 9,4-13,4 mm per le $ $ . Note. Siriella jaltensis Cz. è specie citata di varie località costiere italiane (tra cui il Golfo di Napoli: Zimmer, 1915; Golosi, 1929) ma solo pochi reperti risultano definiti dal punto di vista subspecifico: Bacescu (1941) segnala per Venezia S. j. jaltensis , mentre Nouvel (1943) e Ariani (1967) attribuiscono a S. j. graeilipes individui rispettivamente della costa sarda e di quella adriatica pugliese. 1 soggetti da noi studiati rientrano tutti perfettamente nel quadro diagnostico fornito dal Nouvel per graeilipes ( v . Fig. 3 ùcce Tab. I). Nella Tab. I, relativa a 36 individui dei due sessi, sia adulti che immaturi, R ed r indicano, rispettivamente, il rapporto tra lunghezza e diametro massimo del penultimo articolo delTultimo (8°) endopodite toracico, e quello tra lunghezza e diametro alla base della relativa unghia terminale (entrambi i rapporti determinati secondo il criterio stabilito da Bacescu, 1940). La diagnosi di S. j. graeilipes prevede R> 6; r = 3-4. 4. Siriella castellabatensis n.sp. Materiale : 13 esemplari (4 9 $ adulte due delle quali ©vigere, un o adulto, 5 $ $ e 3 3 -7 immaturi). Descrizione. Corpo moderatamente robusto; aspetto generale simile a quello di S. jaltensis (Tav. I, Fig. 2 e Tav. II, Fig. 1). 2 In questo numero potrebbe essere compreso qualche individuo giovanissimo dell'affine S . castellabatensis n. sp. 450 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Il carapace, breve, lascia scoperti dorsalmente gli ultimi 3 e parte del quartultimo, lateralmente l’ultimo e gran parte del penultimo somite toracico (Fig. 6). Margine frontale del carapace considerevolmente pro¬ lungato tra gli occhi in un rostro piuttosto largo (soprattuto nel maschio), Fig. 4. — SirieUa castellabatensis n. sp., $ holotypus : estremità anteriore del corpo in veduta dorsale. con l’estremità non spiccatamente appuntita né incurvata verso il basso, a margini convessi (Figg. 4 e 5). Mìsidofauna del Parco dì S . Maria di Castellatale 451 Occhi di moderate dimensioni, poco più di 1 1/3 volte più lunghi che larghi. Articolo basale del peduncolo breve; articolo distale tozzo, legger» mente conico, a base quasi tronca. Cornea relativamente poco sviluppata, Fig. 5. 6 Siriella castellabatensis n. sp., $ allo ty pus : estremità anteriore del corpo in veduta dorsale. di larghezza appena maggiore rispetto a quella massima del peduncolo, ed estesa in lunghezza per circa i 2/5 distali dell’occhio; pigmento bruno appena tendente al violaceo. 452 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Peduncolo antennulare della femmina (Fig. 7 a) alquanto slanciato, con primo articolo lungo circa il doppio del terzo e poco meno di 1 1/3 volte la somma degli altri due; 2 setole piumose sul margine interno del terzo articolo, in aggiunta ad altre 3 — una delle quali molto piccola — all’an¬ golo distale interno del medesimo. Peduncolo antennulare del maschio (Fig. 7 b) più tozzo, con primo articolo di appena 1/4 più lungo del terzo e quasi uguale alla somma degli altri due; terzo articolo poco meno di 1/2 più lungo che largo, con una piccola setola piumosa all’angolo distale interno; lobus masculinus sottile, completamente nascosto, in veduta dor- Fig. 6. — Siriella castellabatensis n. sp., $ allotypus : margine posteriore del carapace e parte dorsale degli ultimi somiti toracici e del primo pleo- nite in veduta laterale. sale, dal terzo articolo e dalla base del flagello interno, esteso oltre il mar¬ gine distale del terzo articolo per appena 1/10 della lunghezza di questo. Flagello esterno in entrambi i sessi più sviluppato alla base di quello in¬ terno. Flagello interno non particolarmente differenziato; setole sul mar¬ gine interno biarticolate e brevi nel maschio, pure biarticolate ma molto più lunghe e accompagnate da piccole setole piumose nella femmina. Squama antennale (Fig. Sa e b) 3 volte più lunga che larga nella fem¬ mina, circa 3 1/4 volte nel maschio, estesa fino all’estremità, o quasi, del peduncolo antennulare; margine esterno leggermente concavo; lobo api- cale 1 1/2 volte più largo che lungo nella femmina, 1 1/4 volte nel ma¬ schio; sutura che delimita il lobo apicale abbastanza netta. Peduncolo an¬ tennale lungo all’incirca quanto i 3/5 della squama nella femmina, quanto i 2/3 nel maschio; secondo articolo lungo poco più del doppio del terzo nella femmina, poco meno del doppio nel maschio. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 453 Labrum, appendici buccali e toracopodi del 1° e 2° paio (massillipedi) essenzialmente come in S. jaltensis. b Fig. 7. — Siriella castellabatensis n. sp„, $ holotypus (a) e $ allotypus (b) : an¬ tennula. Toracopodi del 3° a 8° paio (pereiopodi) con endopodite piuttosto snello, guarnito sul margine interno di setole più numerose nei toracopodi 454 A. P. Ariani e G. Spagnuolo anteriori. Endopoditi del 4° a 6° paio nettamente più lunghi di quelli del 3° paio e subeguali; endopoditi successivi di lunghezza progressivamente minore, quelli dell'8° paio a loro volta più brevi di quelli del 3° (Tab. II e Fig. 9-12). Penultimo articolo (carpopropode) più breve del precedente nei toracopodi anteriori (rapporto pari a 7 : 10 per i toracopodi del 3° Fig. 8. — Siriella castellabatensis n. sp., $ holotypus (a) e 3 allotypus (b): an¬ tenna. paio) lungo all'incirca quanto il precedente nei toracopodi dell’8° paio; l’articolo è suddiviso — in modo per lo più molto netto — in due su¬ barticoli, dei quali il prossimale è lungo quanto i 3/5 - 2/3 del distale nei toracopodi dell'80 paio, all'incirca la metà del distale in quelli del 3°; rap- Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 455 porto tra lunghezza e diametro massimo del carpopropode (R sensu Ba- cescu, 1940) compreso in valore tra 7,5 e 8 per i toracopodi dell'8° paio (valori minori, fino ad un minimo di 6, negli immaturi: Tab. Ili); carpo¬ propode proporzionalmente più robusto (valori di R di poco superiori a 6) nei toracopodi del 3° paio. Dattilo (esclusa l'unghia) nettamente più lungo che largo, fino a un massimo di 1 1/2 volte nei toracopodi dell'8° paio, misurando la lunghezza sul lato più breve (frontale) dell'articolo. TABELLA II S. castellabatensis n. sp., $ holotypus e $ allotypus : lunghezza dell'endopodite e caratteri dimensionali del carpopropode e dell’unghia del dattilo nella serie dei pereiopodi (toracopodi del 3° a 8° paio) di sinistra. Toracopode 3° 4° 5° 6° 7° 8° Lunghezza dell'endopodite 2,57 2,93 2,95 2,93 2,59 2,27 $ holotypus mm R 6,25 6,66 7,43 7,33 7,57 7,73 r 6,81 8,43 8,50 7,71 6,07 5,25 Lunghezza dell'endopodite 2,40 2,77 2,81 2,77 2,42 1,97 S allotypus mm R 6,21 7,14 7,20 7,20 7,43 7,94 r 7,55 9,00 9,00 8,00 7,58 5,92 Unghia molto slanciata, a curvatura piuttosto debole e pressoché uni¬ forme; rapporto tra lunghezza e diametro alla base dell'unghia (r sensu Bacescu, 1940) compreso in valore tra poco più di 5 e 6 per i toracopodi dell’8° paio, più elevato negli altri, fino a un massimo di 8-9 nei toracopodi dal 2° al 4° (Tab. II). Piastra basale dell’esopodite, in entrambi i sessi e in tutti i pereiopodi, provvista di spina all'angolo distale esterno. Pleopodi maschili (Fig. 13) con pseudobranchie essenzialmente come nelle altre specie mediterranee e nordeuropee del genere (tutte del gruppo thompsoni sottogruppo armata sensu II, 1964): a forma di U con rami disuguali non o appena ricurvi nei pleopodi del 1° e 5° paio, con rami av¬ volti a spirale in quelli del 2°, 3° e 4° paio; rami pseudobranchiali consi- 0,5 mm 456 A. P, Ariani e G. Spagnuolo Fig. 9. — Siriella castellabatensis n, sp., $ holotypus : a, 3° toracopode ; b, par¬ ticolare del dattilo. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 457 derevolmente sviluppati, più che nella forma tipica di S, jaltensis a giu¬ dicare dalle figure di Bacescu (1940, Fig. 25 G-K). Ultimo somite del pleon lungo poco più di 1 1/2 volte il penultimo. Fig. 10. — Siriella castellabatensis n. sp., $ allotypus : a, endopodite del 3° tora- copode; b, particolare del dattilo. 30 458 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Telson (Fig. 14 a e 15) linguiforme, lungo circa 1 1/2 volte l’ultimo pleonite e 3 1/4 volte più lungo che largo alla base, esteso di pochissimo oltre il limite esterno dell’articolazione tra lobo distale e articolo pros- Fig. 11. — Sirtella castellabatensis n. sp., $ holotypus : a, endopodite dell'8° to- racopode; b, particolare del dattilo. simale dell’esopodite degli uropodi. Parte basale slargata munita, su cia¬ scun lato, di 4-5 spine di lunghezza progressivamente crescente; seguono un breve tratto privo di spine, quindi un gruppo di 3-5 spine piuttosto Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 459 lunghe, subeguali e notevolmente distanziate e, infine, 7-9 serie ciascuna di 2-5 spine di lunghezza crescente verso l'apice, separate da 6-8 spine più lunghe, subeguali; numero complessivo delle spine su ciascun margine, escludendo l’apicale, compreso tra 37 e 47; spine apicali lunghe circa 11/2 volte le ultime laterali; tra le spine apicali 3 lamine, di cui la mediana Fig. 12. — Siriella castellabatensis n. sp., <3 allotypus : a, endopodite dell'80 tora- copode; b, particolare del dattilo. lunga circa il doppio delle laterali e, tra queste e la lamina centrale, due setole molto sottili, non vistosamente piumose, ma con qualche rara bar- buia appena visibile nella metà distale (Fig. 15). Endopodite degli uropodi (Fig. 14 b) di appena 1/10 più lungo del telson; margine ventrale interno munito, dall'apice fino alla regione della statocisti, di una serie di numerose (3443) spine di lunghezza abbastanza regolarmente decrescente dall’apice verso la base, considerevolmente ad¬ densate nella parte media della serie; spine un po’ più brevi intercalate tra spine più lunghe si riscontrano, comunque, solo nei 2/3 prossimali dell’appendice. Esopodite degli uropodi di poco più di 1/10 più lungo del- 460 A. P . Ariani e G. Spagnuolo J.’endopodite; lobo distale lungo poco più di 1/3 dell’articolo prossimale, e circa 2 volte più lungo che largo alla base; articolo prossimale poco meno di 4 volte più lungo che largo, munito sul margine esterno, per circa gli 8/10 della lunghezza e fino all’articolazione con il lobo, di 14-16 spine, TABELLA III S. castellabatensis n. sp.: lunghezza del corpo e caratteri dimensionali del car- popropode e dell'unghia del dattilo dell'8° toracopode di sinistra. Lunghezza ^ ^ mm $ adulta 11,5 7,73 5,25 $ adulta 11,4 7,83 6,00 $ adulta 11,0 8,00 5,84 <3 adulto 10,7 7,94 5,92 $ adulta 10,5 7,84 5,42 $ immatura 7,9 6,54 5,27 $ immatura 7,4 6,20 5,60 $ immatura 7,1 7,33 5,60 <3 immaturo 6,9 7,11 5,77 9 immatura 6,8 6,66 5,55 <3 immaturo 6,8 6,20 5,33 <3 immaturo 5,6 6,50 5,50 $ immatura 5,3 6,00 5,75 delle quali 4 formano una serie distale di lunghezza regolarmente cre¬ scente verso l'apice e le altre sono inserite isolatamente o a gruppi di 2-3, con la spina prossimale più breve della distale. Colore molto chiaro; aree pigmentate ramificate di colore bruno vio- laceo presenti, in entrambi i sessi, sulle appendici buccali e su alcuni sterniti toracici, nella femmina anche sul secondo articolo del peduncolo antennulare e sugli oostegiti (2 cromatofori su quelli del 3° paio, uno su quelli del 2° e del 1°). Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 461 Lunghezza delle femmine con oostegiti completamente sviluppati: 10,5-11,5 ( 12,0-13,1 )3 mm; lunghezza del maschio adulto: 10,7 (12,2) mm. 0,5 mm Fig. 13. — Siriella castellabatensis n. sp., $ allotypus : a, b, c, pleopodi rispet¬ tivamente del 1°, 3° e 5° paio; d, e, pseudobranchie dei pleopodi ri¬ spettivamente del 2° e 4° paio. 3 I valori entro parentesi indicano la distanza tra l’apice delle squame an- tennali e l'estremità deH’esopodite degli uropodi, allo scopo di agevolare il con¬ fronto con i dati di G. O. Sars e di Bacescu, che adottano questo criterio di misurazione della lunghezza. 462 A . P. Ariani e G. Spagnuolo Holotypus: $ ovigera di mm 11,5; allotypus: 6 adulto; paratypi: altri esemplari. Holotypus, allotypus e 10 paratypi (materiale in alcool a 80° e preparati da dissezione) nella collezione A. P. Ariani presso l’Istituto e Fig. 14. — Siriella castellabatensis n. sp., $ holotypus : a: telson; b, uropode. Misidofauna del Parco di S . Maria di Castellatale 463 Museo di Zoologia dell'Università di Napoli» con i n.ri 361-388/M. Un pa- ratypus parzialmente dissezionato ( $ adulta di mrn 11,4» in alcool) depo¬ sitato presso il Museo Civico di Storia Naturale di Verona. Discussione . La specie descritta è strettamente affine a S. jaltensis Cz., da cui tuttavia si distingue per i seguenti caratteri (cfr. Bacescu, 1940 e 1954 per S. j. jaltensis; G. O. Sars, 1877 e Nouvel, 1942» 1943 per S. j. Fig. 15. — Siriella castellabatensis n. sp.» $ holotypus: particolare dell’apice del telson. crassipes; Nouvel, 1942» 1943 e Ariani, 1967, nonché» in questo lavoro, la Fig. 2 e la Tab. I per S. /. gracilipes; W. M. e O. S. Tattersall, 1951, per S. jaltensis var. brooki ): 1) Rostro alquanto più largo, con l’estremità non spiccatamente ap¬ puntita come in tutte le subspecie note di jaltensis, né incurvata verso il basso come in S. jaltensis var. brooki. 2) Cornea meno sviluppata in rapporto all’intero occhio, almeno ri¬ spetto a S. j. jaltensis e a S. j. gracilipes. 3) Squama antennale più slanciata. 4) Dattilo dei toracopodi 3° a 8° nettamente più lungo che largo; un¬ ghia molto slanciata, anche più che in S. j. jaltensis, meno fortemente e più uniformemente ricurva. 5) Telson con spine laterali più lunghe ■ — interposte tra le serie di spine più brevi ■ — subeguali, anziché di lunghezza crescente verso l’apice; setole apicali molto sottili» non vistosamente piumose. 6) Spine sul margine ventrale interno dell’endopodite degli uropodi più numerose, sia in senso assoluto (valori massimi) che in rapporto alle dimensioni degli esemplari (valori minimi), fortemente addensate nella parte media della serie. 464 A. P. Ariani e G. Spagnuolo 7) Dimensioni minori rispetto a S. j. crassipes, S. j. gracilipes e S. jal- tensis var. brooki, all’incirca uguali a quelle minime (estive e autunnali) di S. j. jaltensis, che tuttavia presenta solo 15-29 spine sull'endopodite degli uropodi. Per taluni caratteri la specie descritta richiama S. gordonae Zimmer, del Mare del Nord, in cui il dattilo dell’ultimo paio di pereiopodi è defi¬ nito chiaramente più lungo che largo, e la squama antennale 3-3 1/3 volte più lunga che larga. Tuttavia in gordonae l’unghia, a giudicare dalle figure di Zimmer (1932, Fig. 5-7) è meno snella e notevolmente ricurva, e l’aspetto complessivo del dattilo appare molto simile a quello di jaltensis; il rostro (Fig. 4) ha l'estremità spiccatamente appuntita; l'elevato numero di spine sull’endopodite degli uropodi (34 nel maschio, 40 nella femmina) è eviden¬ temente in rapporto (cfr. W. M. e O. S. Tattersall, 1951, p. 156) con le dimensioni molto maggiori degli esemplari (17 mm). D'altra parte S. gor¬ donae è, secondo W. M. e O. S. Tattersall che ne hanno esaminato i co- tipi, sinonimo di S. jaltensis var. brooki Norman, una forma anch’essa nordica alla quale non riteniamo che i nostri soggetti si possano riferire (rostro con l’estremità incurvata verso il basso; una sola setola sul terzo articolo del peduncolo antennulare della femmina; dattilo non più lungo che largo, con unghia robusta e ben ricurva: Norman, 1887; esopodite de¬ gli uropodi con 11-12 spine, endopodite con serie prossimali di spine più brevi interposte tra spine più lunghe e le 8-10 spine distali subeguali come espressamente indicato nella diagnosi: W. M. e O. S. Tattersall, 1951). Nella specie da noi descritta l’aspetto d'insieme del dattilo e la stessa conformazione del rostro denotano piuttosto, a nostro avviso, evidenti rapporti di affinità con S. clausii \ Note ecologiche. S . castellabatensis n. sp. sembra essere forma più strettamente litorale di S. jaltensis (v. oltre), in ciò paragonabile a S. clausii. 5. Gastrosaccus lobatus Nouvel, 1951 Gastrosaccus lobatus Nouvel, 1951:3 Gastrosaccus lobatus Furnestin, 1960:185 Gastrosaccus lobatus Macquart-Moulin, 1965:148 Gastrosaccus lobatus Ariani, 1967:16 4 In quest’ultima specie il rostro ha un aspetto molto simile a quello de¬ scritto per S. castellabatensis, come abbiamo potuto rilevare studiando non solo gli esemplari del Parco, ma anche materiale topotipico di S. clausii, raccolto da uno di noi (Ariani) lungo il canale Tunisi - La Goletta, nel settembre 1966. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 465 Materiale: 489 esemplari (205 6 6, 38 $ $, 246 individui di sesso non determinabile). Dimensioni degli adulti: 6,3-9 ,0 mm per i 6 6; 6, 9-8, 8 mm per le $ ? . Note. Per i mari italiani G. lobatus è citato attualmente solo della co¬ sta adriatica pugliese (Ariani, 1967), ma è da notare che questa specie è stata confusa a lungo con G. normani G. O. Sars, di cui si hanno invece varie segnalazioni (per il Golfo di Napoli v. Zimmer, 1915 e Golosi, 1929). Dei numerosissimi esemplari da noi raccolti alcuni rientrano bene nella diagnosi del Nouvel, a giudicare soprattutto dai caratteri del 3° pleopode maschile (ultimo articolo dell’esopodite nettamente più breve del penultimo, e con gibbosità nella parte prossimale: v. Fig. 16). In altri, VJ Fig. 16. — Gastrosaccus lobatus Nouvel, S adulto: parte distale dell’eso- podite del 3° pleo¬ pode. Fig. 17. — Gastrosaccus norma¬ ni G. O. Sars, S adul¬ to: parte distale del- l’esopodite del 3° pleo¬ pode. la differenza in lunghezza tra i suddetti articoli è meno netta, confor¬ memente a quanto rilevato da Macquart-Moulin (1965) in individui del Golfo di Marsiglia. Sempre evidenti i lobi sui margini delhincisura po¬ stero-dorsale del carapace. 8 spine (escludendo la terminale) sul margine del telson degli adulti. 466 A. P. Ariani e G, Spagnuoìo 6, Gastrosaccus normani G. 0. Sars, 1877 Gastrosaccus Normani G. O. Sars» 1877:65 Gastrosaccus normani Nouvel, 1951 :2 Gastrosaccus normani Macquart-Moulin, 1965:148 Materiale : 16 esemplari (1 d , 12 $ $, 3 individui di sesso non deter¬ minabile). Dimensioni degli adulti : 7,5 mm per il o ; 5, 7-8, 3 mm per lè ? $ . Note. Questi esemplari nel materiale appena fissato in alcool a 80° pre¬ sentavano un colore verdastro, ben diverso da quello bianco latteo degli individui di G. lobatus . Questa caratteristica, che non è menzionata dal Nouvel nella diagnosi differenziale delle due specie (ma l'A. studiò mate¬ riale rinvenuto nello stomaco di varie specie di Trigla ) ha permesso di individuare facilmente i soggetti poi ascritti a G. normani in particolare sulla base dei caratteri del 3° pleopode maschile. Nell’esopodite di questo, infatti, l'ultimo articolo è lungo pressappoco quanto il penultimo, e pre¬ senta un lieve rigonfiamento nella parte media (v. Fig. 17 e cfr. Nouvel, 1951). Margini delTincisura postero-dorsale del carapace privi di lobi. 7. Gastrosaccus sp. Gastrosaccus sanctus Ariani, 1967:19, partim Materiale : 3 $ $ ©vigere. Dimensioni : 10,1-10,4 mm. Note . Lasciamo volutamente indeterminato questo materiale, raccolto nella sabbia umida della spiaggia del Pozzillo a 10-15 cm di profondità, verso le ore 18 del 17/5/75, con una temperatura del substrato di 20,8 °C. Ricordiamo che fino al 1970 Punico Misidaceo tipicamente p s arami- colo citato per i mari europei era Gastrosaccus sanctus Van Beneden, 1861, e a questa specie era stato attribuito da uno di noi (Ariani, 1967) — » sia pure con molte riserve — parte del materiale raccolto nelle acque litorali e tutto quello rinvenuto nelle sabbie della spiaggia di Torre Canne (Brin¬ disi). La peculiarità più rilevante di questi individui consisteva nell’as¬ senza dei caratteristici lobi sul margine postero-dorsale del carapace. Con l'istituzione delle specie affini G. mediterraneus e G. roscoffènsis, su materiale rispettivamente del Mediterraneo e della Manica, Bacescu (1970') ha introdotto nuovi criteri nella sistematica del genere. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 467 Gli esemplari rinvenuti a Castellabate corrispondono perfettamente a quelli raccolti nelle sabbie di Torre Canne, che tuttavia — alla luce dei dati di Bacescu — non possono essere ascritti né a G. sanctus né ad altra specie stabilita da questo A. Si tratta, pertanto, di una specie inedita, che ci proponiamo di descrivere in un prossimo lavoro su materiale di entrambi i sessi di altra località. 8. Anchialina agilis G. O, Sars, 1877 Anchialus agilis G. O. Sars, 1877:70 Anchialina agilis Nouvel, 1943:71, partim Anchialina agilis Hoenigman, 1960:340 Anchialina agilis Macquart-Moulin, 1965:188 Anchialina agilis Ariani, 1967:24 Materiale : 74 esemplari (26 6 6, 39 $ $, 9 individui di sesso non de¬ terminabile). Dimensioni degli adulti : 6,0-7 ,3 mm per i 6 6 ; 5, 2-7,0 mm per le $ $ . Note. Secondo Hoenigman (1960) sotto il nome di A. agilis sarebbero state precedentemente confuse due specie distinte, una delle quali viene istituita dallo stesso A. come A. oculata, su materiale dell’Adriatico. La diagnosi differenziale si basa principalmente su caratteri degli occhi: pic¬ coli, con la cornea a contorno ovale e provvisti di papille più o meno Fig. 18. — - Anchialina agilis G. O. Sars, S adulto : margine anteriore del ca¬ rapace e occhi in veduta latero- dorsale. sviluppate in agilis ; più voluminosi, con la cornea a contorno tondeggiante e privi di papille in oculata. Lo studio del materiale raccolto nel Parco — in cui ci è stato dato di riscontrare entrambe le forme — ci permette di concordare con la tesi di Hoenigman, per cui attribuiamo ad A. agilis solo gli esemplari provvisti di papille oculari (v. Fig. 18). 468 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Per i mari italiani A. agilis sensu Hoenigman è citata attualmente solo della costa adriatica pugliese (Ariani, 1967), ma è logico supporre che anche gli esemplari di Napoli riportati dal Mouvel (1943) siano da ri¬ ferire a questa specie, poiché FA,., comparando individui del Mediterraneo e dell’Atlantico, rileva ed attribuisce solo a questi ultimi la caratteristica assenza di papille. In quanto alle altre, numerose segnalazioni di A. agilis (per il Golfo di Napoli v. Lo Bianco, 1903; W. M. Tattersall, 1909; Golosi, 1929) i dati bibliografici non consentono di stabilire l’identità dei reperti nel senso testé precisato. 9. Anchialina oculata Hoenigman, 1960 Anchialina agilis Nouvel, 1943:71, parlimi Anchialina oculata Hoenigman, 1960:339 Materiale : 125 esemplari (82 6 6, 12 $ $ , 31 individui di sesso non determinabile). Dimensioni degli adulti : 6, 5-8,0 mm per i 6 6; 6, 7-7, 6 mm per le $ $ . Note. Esemplari perfettamente conformi alla diagnosi di A oculata, sia per la peculiare morfologia degli occhi (v. Fig. 19) che per altri ca- Fig. 19. — Anchialina oculata Hoenigman, <3 adulto : margine anteriore del ca¬ rapace e occhi in veduta latero- dorsale. ratteri attribuiti a questa specie, come il tegumento quasi glabro e il maggiore sviluppo in larghezza dell’ultimo somite del pleon rispetto ad A. agilis . A ciò possiamo aggiungere che le dimensioni, per entrambi i sessi, risultano sensibilmente maggiori in oculata . Un altro dato interessante, che conferma a nostro avviso la validità della specie stabilita da Hoenigman, è di carattere eco-biologico: nel Misìdofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 469 plancton notturno di superficie i due sessi sono rappresentati in pro¬ porzioni molto diverse per agilis e oculata (v. più oltre). Il presente reperto è — per quanto ci consta — il primo di A . oculata in acque italiane, e nel Mediterraneo occidentale in genere. Distribuzione delle specie nell'ambito del parco I Misidacei sono per la maggior parte — com’è noto — forme per¬ manentemente o temporaneamente bentoniche, la cui distribuzione in una data area è più o meno strettamente legata alla natura e — subordina¬ tamente — alla profondità dei fondali (v. Bacescu, 1940). In considerazione di ciò, ci siamo proposti di prelevare i campioni in corrispondenza di fondali con facies diversa: substrato prevalentemente roccioso, con intercalati tratti più o meno estesi di fondo detritico a Po- sidonia oceanica (v. Fig. 20, tracciati 1, 2 e 4); substrato prevalentemente sabbioso (tracciato 3); substrato prevalentemente o esclusivamente fan¬ goso (tracciati 5, 6 e 7). Le raccolte si riferiscono alle acque sovrastanti, rispettivamente, il piano infralitorale (campioni 1-4) e il piano circalitorale (campioni 5-7). La composizione dei vari campioni è indicata nella Tab. IV. Da questi dati si rileva quanto segue : 1) Il maggior numero di specie si rinviene in corrispondenza del piano infralitorale. 2) Non si notano differenze apprezzabili in rapporto alla presenza di un fondo prevalentemente roccioso o sabbioso nelle zone di raccolta. Ciò è dovuto, con molta probabilità, al fatto che l’unica specie strettamente psammofila presente nel Parco — da noi indicata come Gastrosaccus sp. — sembra esservi piuttosto rara e, comunque, all'epoca delle nostre ricerche è stata riscontrata solo nelle sabbie mesolitorali ove le femmine incu¬ bavano. 3) Esiste — a quanto sembra — una zona del Parco, corrispondente al piano infralitorale del tratto S. Marco-Licosa, particolarmente ricca in Gastrosaccus lobatus. 4) Alcune specie scarsamente rappresentate nei campioni del piano infralitorale costituiscono, invece, la quasi totalità del materiale raccolto in corrispondenza del piano circalitorale. Sulla base delle precedenti osservazioni e volendo riferirci esclusiva- mente al fattore profondità o, più propriamente, alla successione piano infralitorale/piano circalitorale, abbiamo riportato nella Fig. 21 la com¬ posizione percentuale (relativa ai soli individui di sesso determinabile) Profondità’ 470 A. P. Ariani e G. Spagnuolo del materiale prelevato in corrispondenza del primo (A) e del secondo, al di sopra di fondali di 42-72 m (B) e di 65-74 m (C). Fxg. 20. — Profondità e profilo dei fondali nelle zone di raccolta (cfr. Fig. 1). Tracciati ottenuti mediante ecometro SIMRAD; misure originali di profondità in fms tradotte in m e corrette previa taratura dell'ap¬ parecchio mediante scandaglio manuale. Alla velocità di 2,5 nodi ogni minuto di registrazione corrisponde a circa 77 m di percorso. Come si vede, Siriella clausii e Siriella castellabatensis n. sp. sembrano essere forme esclusive del piano infralitorale; S. j. gracilipes si rinviene Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 471 anche in acque con profondità maggiori, senza per altro comparire nella fascia più periferica del Parco (profondità 70 m e oltre); Gastrosaccus lohatus si riscontra prevalentemente, ma non esclusivamente, nelle acque TABELLA IV Composizione dei singoli campioni (cfr. Figg. 1 e 20). Specie Campioni 8 2 17 3 11 4 22 5 6 7 Siriella clausii 9 9 7 10 4 47 — — — juv. 5 7 3 21 — 1 — Siriella norvegica 6 6 9 9 — — — — 1 — juv. — — — — — — — dd 4 3 5 13 3 — — Siriella jaltensis gracilipes 9 9 6 7 8 30 15 — — juv. — 3 4 5 3 — — dd 2 — 2 — — — Siriella castellabatensis n. sp. 9 9 3 — 3 3 — — — juv. — — — — — — 1 — dd 1 10 14 178 2 — _ Gastrosaccus lobatus 9 9 5 3 8 18 3 — 1 juv. 8 29 18 117 16 20 38 Gastrosaccus normani dd 9 9 _ 1 1 5 5 1 juv. — — — 3 — — — dd — — 1 5 9 6 5 Anchialina agilis 9 9 — 1 2 6 9 12 9 juv. — 2 1 1 2 3 — dd _ 1 _ 3 28 39 11 Anchialina oculata 9 9 — 1 1 6 4 — — juv. — 8 9 11 1 2 — Totale 49 102 95 495 101 83 65 del piano infralitorale (donde proviene, anche, circa la metà dello scarso materiale di G. normani, specie che non figura nei diagrammi); Anchialina agilis e A. oculata sono presenti ovunque, ma relativamente molto più abbondanti a livello del piano circalitorale, ove assumono carattere di specie dominanti. S. norvegica (non indicata nei diagrammi per l'esiguità del materiale raccolto) è stata riscontrata solo in acque con fondo oltre i 40 m. I 1 Altre specie Fig. 21. — Composizione percentuale (relativa ai soli individui di sesso determi¬ nabile) del materiale raccolto in corrispondenza del piano infralito- rale (A) e del piano circalitorale a diverse profondità (B, C). Misidofauna del Parco di S . Maria di Castellabate 473 Questi dati concordano, essenzialmente, con le notizie reperibili in letteratura sulla distribuzione in rapporto alla profondità delle più co¬ muni specie citate (v. in particolare Bacescu, 1940; W. M. e O. S. Tatter- sall, 1951; Hoenigman, 1963; Macquart-Moulin, 1965; Ariani, 1967). Attività riproduttiva, fecondità, rapporto percentuale dei sessi nel plancton di superficie Le nostre ricerche sono state svolte, come si è detto, a primavera inoltrata, quando la maggior parte dei Misidacei mediterranei (lato sensu) raggiunge le massime dimensioni corporee ed esce dalla stasi riproduttiva invernale, ove quest’ultima abbia luogo (v. Bacescu, 1940). Ciò premesso, rileviamo innanzitutto che nel materiale da noi rac¬ colto tutte le specie — tranne S. norvegica — sono rappresentate da individui sessualmente maturi. In dette specie la riproduzione risulta es¬ sere certamente in atto, come si deduce dalla presenza nei campioni di femmine ovigere (è il caso di S. clausii, S. jaltensis gracilipes , S. castel¬ labatensis, Gastrosaccus sp. e A. oculata) o di individui giovanissimi di sesso non ancora determinabile. Per quanto concerne la fecondità (numero di prodotti genitali con¬ tenuti nella tasca incubatrice) abbiamo riscontrato i seguenti valori mas¬ simi: in Gastrosaccus sp. 28 » Siriella jaltensis gracilipes 15 » Siriella castellabatensis 15 » Siriella clausii 11 » Anchialina oculata 9 Questi dati confermano la grande prolificità dei Gastrosaccus psam- micoli (più di 50 embrioni negli esemplari primaverili di G. sanctus del Mar Nero: v. Bacescu, 1940), e la regola generale secondo cui gli individui di minori dimensioni contengono comparativamente meno embrioni, sia nell’ambito della specie che dei gruppi sistematici più ampi (Bacescu, 1940). Considerando poi che per lo stesso A. le specie più prolifiche sono — in linea di massima — anche le più comuni, e viceversa, si dovrebbe dedurre che S. castellabatensis sia diffusa nel Parco forse più di quanto le raccolte di superficie abbiamo permesso di rilevare. Nel materiale da noi studiato gli individui dei due sessi sono presenti, per le varie specie, in proporzioni talora molto diverse (v. Fig. 22). 31 474 A . P. Ariani e G. Spagnuolo Questi dati si prestano a qualche considerazione. In primo luogo, la più o meno spiccata prevalenza di femmine in alcune specie (S. jaltensis gracilìpes , S. castellabatensis, S. clausìi, G. normani, A. agìlìs) conferma qualche precedente osservazione di uno di 40,0 67,2 O/ yo dd\ ovigere Fig. 22. — Rapporto percentuale dei sessi nel plancton di superficie. noi (Ariani, 1967), e corrisponde a quanto rilevato dal Bacescu (1940) per tutti i Misidacei del Mar Nero (in parte comuni al Mediterraneo): maschi in percentuale sempre minore rispetto alle femmine nel materiale rac¬ colto. Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 475 La nettissima prevalenza di maschi in G. lobatus 5 si spiega — forse solo in parte — considerando che nel genere Gastrosaccus le femmine ©vigere raramente compaiono nel plancton di superficie (Bacescu, 1940): infatti, non ne abbiamo rinvenuta alcuna, pur essendo G. lobatus in attiva riproduzione (il nostro materiale è costituito, per quasi la metà, da indù vidui di sesso non determinabile). A questo punto, è utile ricordare che si conoscono specie di Misidacei le cui catture, in una determinata località, hanno indicato quasi sempre una percentuale molto maggiore di maschi ( Praunus flexuosus a Roscoff: H. e L. Nouvel, 1939) e che — da un punto di vista più generale — le ricerche di Mauchline (1967-1970) mettono in evidenza in diverse specie di Misinae resistenza di variazioni periodiche e considerevoli nella compo¬ sizione globale delle popolazioni. Circa la forte prevalenza di maschi in A. oculata, ci limitiamo a ri¬ levare l’aspetto a nostro avviso più interessante del dato: un rapporto percentuale dei sessi molto diverso da quello riscontrato (anche altrove: v. Ariani, 1967) in A. agilis. Qualunque interpretazione voglia darsi alla comparsa delle specie nel plancton notturno di superficie (in rapporto alla riproduzione: Face, 1932, 1933, o ad altri fattori: Van der Baan e Holthuis, 1971) riteniamo che aspetti diversi di una tale comparsa — sem- preché ci si riferisca ad una stessa stazione, ad uno stesso periodo, e si adotti lo stesso metodo di raccolta — siano da correlare a caratteri bionomici diversi. Il dato integra, quindi, il punto di vista strettamente morfologico di Hoenigman, e induce a considerare A. oculata come una « bona species ». Conclusioni Sulla base dei risultati acquisiti in questa prima fase di ricerche siamo indotti ad attribuire all’area del Parco di S. Maria di Castellabate caratteri di rilevante interesse sotto il profilo misidologico. 5 In W. M. e O. S. Tattersall (1951, p. 173) si legge, a proposito di G. normani : « Whilst examining a series of oblique hauls taken at hourly intervals during a night in August around thè Eddystone, I was particularly struck by thè pre- dominance of males, especially during thè early hours of thè night ». Questa osservazione sembra coincidere, in realtà, con la nostra, in quanto la monografia dei Tattersall è contemporanea al lavoro di revisione del Nouvel (1951) e a normani vengono attribuiti caratteri di lobatus. 476 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Non conosciamo alcuna stazione del Mediterraneo di cui risultino citate altrettante specie di Siriellinae e Gastrosaccinae, anche se, al ri¬ guardo, dobbiamo far presente che i criteri tassonomici si sono conside¬ revolmente affinati negli ultimi decenni, e ciò rende il confronto con ta¬ lune località (in particolare il Golfo di Napoli) scarsamente significativo. Il numero di specie rinvenute è, comunque, oggettivamente elevato (cfr. dati di Macquart-Moulin, 1965 e Ariani, 1967, rispettivamente per il Golfo di Marsiglia e per un tratto di costa adriatica pugliese) e siamo portati a correlarlo all’esistenza di una notevole varietà di biotopi e di facies biocenotiche nell’ambito del Parco. Ricordiamo, a tal proposito, che le specie riscontrate nel plancton notturno di superficie conducono, di giorno, vita bentonica; che le Siriella sono forme tipicamente petricole e pianticele, con spiccati adattamenti morfologici (unghia dei pereiopodi) all'adesione al substrato; che i Ga- strosaccus sono invece — almeno in parte — forme ileofile e detriticole (Bacescu, 1940). Si inquadra bene nel contesto della nostra ipotesi il rinvenimento del maggior numero di specie a livello del piano infralitorale, dove alla diversificazione degli ambienti concorrono gli insediamenti di Alghe fotofile e di Zosteracee. Tutto ciò premesso, lo stesso rinvenimento della Siriella inedita è — in un certo senso — meno sorprendente di quanto possa sembrare. Esso conferma che l’esplorazione di nuovi distretti costieri del Mediter¬ raneo può condurre a risultati di grande interesse faunistico, come hanno recentemente dimostrato Bacescu e Schiecke (1974), con la descrizione di due nuove specie di Misidacei dalle acque di Capri. Fin qui le considerazioni di carattere qualitativo. Volendo esprimere un parere di massima sulla consistenza delle popolazioni riscontrate nel Parco, notiamo che una specie, almeno, sembra esservi rappresentata da un gran numero di individui. Si tratta di G. lobatus, di cui sono stati rac¬ colti oltre 300 esemplari in un percorso di 1800 m, con una sezione utile del retino di circa 600 cm2. Il dato riveste, a nostro avviso, un certo interesse, per quanto si è detto all’inizio sull’importanza dei Misidacei (e, aggiungiamo, in parti¬ colare di talune specie di Gastrosaccus, tra cui lobatus : Nouvel, 1950, 1951) in rapporto all alimentazione di determinate specie ittiche. Mìsidofauna del Parco di S. Maria di Castellatale 477 BIBLIOGRAFIA Ariani A. P., 1967 - Osservazioni su Misidacei della costa adriatica pugliese. Annu. Ist. Mus. Zool. Univ. Napoli, 18, n. 5, 38 pp., 12 figg., 3 tavv. Baan S. M. Van der & L. B. Holthuis, 1971 - Seasonal occurrence of Mysidacea in thè surf ace plankton of thè southern North Sea near thè « Texel » light- ship. Neth. J. Sea Ras., 5, fase. 2, pp. 227-239, 4 figg. Bacescu M., 1940 - Les Mysidacés des eaux Roumaines ( étude taxonomique, mor- phologique, bio-géographique et biologique) . Ann. sci. Univ. Jassy, 26, 2a sez., pp. 453-804, 108 figg., 2 tavv. Bacescu M., 1941 - Les Mysidacés des eaux Méditerranéennes de la France ( spé - cialement de Banyuls ) et des eaux de Monaco. Bull. Inst. océanogr. Monaco, n. 795, 46 pp., 16 figg. Bacescu M., 1954 - Crustacea : Mysidacea. Fauna Republicii Populare Romina, 4, fase. 3, 126 pp., 47 figg. Bacescu M., 1970. - Contributions à V étude morphoécologique des Gastrosaccinae ( Crustacea , Mysidacea ) du versant Est de VAtlantique et de la Méditerranée. Description de G. mediterraneus n. sp., G. olivae n. sp. et G. roscoffensis n. sp. Rev. Roum. Bioh-Zool., 15, n. 4, pp. 217-234, 6 figg. Bacescu M. & U. Schiecke, 1974 - Gastrosaccus magnilobatus n. sp., and Erytrops peterdohrni n. sp. ( Mysidacea ) - new surprises from thè Mediterranean ben¬ thos. Crustaceana, 27, fase. 2, pp. 113-118, 2 figg. Golosi G., 1929 - I Misidacei del Golfo di Napoli. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 9, fase. 3, pp. 405-441, 24 figg. Face L., 1932 - La migration verticale saisonnière des Misidacés. C. R. Acad. Sci. Paris, 194, pp. 313-315. Fage L., 1933 - Pèches planctoniques à la lumière effectuées à Banyuls - sur-Mer et à Concarneau. III. Crustacés. Arch. Zool. exp. gén. Paris, 76, fase. 3, pp. 105-248, 14 figg. Furnestin M.-L., 1960 - Zooplancton du Golfe du Lion et de la còte orientale de Corse. Rev. Trav. Inst. Pèches marit., 24, fase. 2, pp. 153-252, 66 figg. Genovese S., 1956 - Su due Misidacei dei laghi di Ganzirri e di Faro (Messina). Boll. Zool., 23, fase. 2, pp. 117-197, 3 figg., 1 tav. Hoenigman J., 1960 - Faits nouveaux concernant les Mysidacés ( Crustacea ) et leurs épibiontes dans V Adriatique. Comm. int. Explor. sci. Mer Médit, Rapp. et P. V., 15, fase. 2, pp. 339-343. Hoenigman J., 1963 - Mysidacea de Vexpédition « Hvar » ( 1948-49 ) dans V Adria¬ tique. Comm. int. Explor. sci. Mer Médit., Rapp. et P. V., 17, pp. 603-616, 5 figg. Il N., 1964 - Fauna Japonica. Mysidae ( Crustacea ). Biogeografical Society of Japan, Tokyo, 610 pp. 154 figg. Lo Bianco S., 1903 - Le pesche abissali eseguite da F. A. Krupp col yacht « Pu- ritan » nelle adiacenze di Capri ed in altre località del Mediterraneo. Mitt. Zool. St. Neapel, 16, pp. 109-279, 3 tavv. Lo Bianco S., 1909 - Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di ma¬ turità sessuale degli animali del Golfo di Napoli. Mitt. Zool. St. Neapel, 19, fase. 4, pp. 513-761, 5 tavv. 478 A. P. Ariani e G. Spagnuolo Macquart-Moulin Cl., 1965 - Les Mysidacés bentho-planctoniques du Golfe de Marseille. Red. Trav. Stn. mar. Endoume, 38, fase. 54, pp. 129-253, 26 tavv. Mauchline J., 1967 - The biology of Schistomysis spiritus ( Crustacea Mysidacea). J. mar. biol. Ass. U. K., 47, pp. 383-396. Mauchline J., 1970 a - The biology of Schistomysis ornata (Crus iacea Mysidacea). I. mar. biol. Ass. U. K., 50, pp. 169-175, 2 figg. Mauchline J., 1970 b - The biology of Mysidopsis gibbosa, M. didelphis and M. angusta ( Crustacea Mysidacea). J. mar. biol. Ass. U. K., 50, pp. 381-396, 4 figg. Norman A. M., 1886 - On a crangon , some Schizopoda and Cumacea new to or rare in British seas. Ann. Mag. Nat. Hist., ser. 5, 19 (1887): 89-103. Nouvel H., 1942 - Diagnoses préliminaires de Mysidacés nouveaux provenant des campagnes du Prince Albert Ier de Monaco. Bull. Inst. océanogr. Monaco, n. 831, 12 pp., 23 figg. Nouvel H., 1943 - Mysidacés provenant des campagnes du Prince Albert Ier de Monaco. Res. Camp. sci. Albert Ier Monaco, fase. 105, 128 pp., 180 figg., 5 tavv. Nouvel H., 1950 - Recherches sur la nourriture de quelques Trigles du golfe de Gascogne au large d’Arcachon. Bull. Inst. océanogr. Monaco, n. 964, 12 pp. Nouvel H., 1951 - Gastrosaccus normani G. O. Sars 1877 et Gastrosaccus lobatus n. sp. ( Crust . Mysid.) avec précision de l’hóte de Prodajus lobiancoi Bonnier (Crust. Isop. Epicar.) . Bull. Inst. océanogr. Monaco, n. 993, 10 pp., 10 figg. Nouvel H. & L. Nouvel, 1939 - Observations sur la biologie d’une Mysis : Praunus flexuosus (MÌIller 1788). Bull. Inst. océanogr. Monaco, n. 761, 10 pp. Reys J. P., 1960 - Etude de la nourriture de quelques poissons démersaux du golfe du Lion. Recl. Trav. Stn. mar. Endoume, 20, fase. 33, pp. 65-97. Sars G. Q., 1869 - Undersogelser over Christianiafjordens Dybvandsfauna. lohan Dahl, Christiania, 57 pp. Sars G. O., 1877 - Nye Bidrag til Kundskaben om Middelhavets Invertebratfauna. I. Middelhavets Mysider. Arch. Math. Naturv., 2, pp. 10-119, 36 tavv. Tattersall W. M., 1909 - The Schizopoda collected by thè « Maia » and « Puritan » in thè Mediterranean. Mitt. Zool. St. Neapel, 19, fase. 2, pp. 117-143, 1 tav. Tattersall W. M. & O. S. Tattersall, 1951 • The British Mysidacea. Ray Society, London, 136, 460 pp., 118 figg. Zimmer C., 1915 - Zur Kenntnis der Schizopodenfauna Neapels . Mitt. Zool. St. Neapel, 22, n. 10, pp. 313-327, 27 figg. Zimmer C., 1932 - Ueber einige Mysidaceen des Musée Royal d’Histoire Naturelle in Brussel. Bull. Mus. r. Hist. nat. de Belgique, 8, n. 21, 12 pp., 15 figg. Mìsidofauna del Parco di S . Maria di Castellabate 479 TAVOLA I Fig. 1. — Siriella jaltensis gracilipes Nouvel, $ adulto (x 8). Fig. 2. — Siriella castellabatensis n. sp., $ allotypus (x 8). 480 A. P. Ariani e G. Spagnuolo TAVOLA II Fig. 1. — Siriella castellabatensis n. sp., $ holotypus (x 8). Fig. 2. — Siriella clausii G. O. Sars, $ adulto (x 8). Fig. 3. — Gastrosaccus sp., $ adulta (x 8). Misidofauna del Parco di S. Maria di Castellabate 481 TAVOLA III — Gastrosaccus lobatus Nouvel, $ adulto (x 8). — Gastrosaccus normani G. O. Sars, $ adulta (x 8). — - Anchialina oculata Hoenigman, 3 adulto (x 8). Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Boll. Soc. Nat tir . in Napoli voi. 84, 1975, pp. 483-498, figg. 7, tab. 1 Risultati preliminari relativi all’indagine geofìsica e all’analisi delle prove di portata di uno studio a scopo idrologico nella zona della Piana di Caiazzo (CE) (*) Nota di Francesco Aprile (**) presentata dai soci Francesco Ortolani e Bruno D’Argenio (Tornata del 23 dicembre 1975) Summary. — In this first phase of thè research, that is thè object of this note, we expose thè geophysical results and also thè other ones obtained from thè analysis of thè pumping tests of some pumping bore-holes situated in thè rcsearch-zonc, The geoelectrical prospection has permitted us to see clearly some aspects about thè underground structural configuration, particular we have been able to individuate, in thè complex of thè cover of thè calcareous substrate, three electric layers, of which thè middle one presents a geoelectrical caracteristic behaviour; it has been also' followed, till where thè research-depth has permitted it, thè morphology of thè calcareous top, obtaining, by thè use of thè method of asymptotes, thè minimum of deph in corrispondence of thè centrai parts of thè Piana. The analysis of pumping tests done using thè Ba- bouckine-Guirinsky formula ani also thè other one of Theis, has permitted us to vaine thè permeability and thè trasmissibility of thè acquifers itself. It has been observed, besides, an experimental relation almost linear among resistivity valours and thè permeability ones, about alluvions. In a future study, will be presented thè definitive researches results. Riassunto. — In questa prima fase dello studio, che costituisce l’oggetto della presente nota, si espongono i risultati geofisici e quelli ottenuti dall’analisi delle prove di portata di alcuni pozzi esistenti nella zona d’indagine. La prospe¬ zione geoelettrica ha permesso di evidenziare alcuni aspetti circa la configura¬ zione strutturale del sottosuolo; in particolare sono stati individuati, nel com¬ plesso di copertura del substrato calcareo, tre elettro-strati, di cui quello inter¬ medio presenta un comportamento geoelettrico caratteristico; è stato inoltre seguito, fin dove la profondità d’investigazione lo ha reso possibile l’andamento del top calcareo, stimandone, con il metodo l’interpretazione asintotico, la pro¬ fondità minima in corrispondenza delle parti centrali della Piana. L'analisi delle prove di portata, effettuata applicando la formula di Babouckine-Guirinsky e (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (**) Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università di Napoli. 484 F. Aprile quella di approssimazione logaritmica di Theis, ha consentito di valutare la permeabilità e la trasmissività dei terreni acquiferi; si è inoltre osservata una relazione sperimentale quasi lineare tra i valori di resistività apparente e quelli di permeabilità, limitatamente alle alluvioni. In un lavoro futuro verrà presentato il quadro definitivo delle ricerche con i risultati geoidrologici conseguiti. Cenni idrogeologicx L’area interessata dall'indagine è racchiusa in un quadrilatero i cui vertici sono costituiti, a sud del fiume Volturno, dai rilievi del M. Tifata e dal M. Castellone, che, geologicamente, rappresentano le facies margi¬ nali della piattaforma Campano-Lucana, e, a nord del Volturno, dal M. Maiulo e dal M. S. Croce, anch’essi riferibili alle unità della piatta¬ forma interna. I sedimenti presenti nel bacino così individuato sono costituiti da formazioni arenaceo-argillose di tipo flyschoide, riferibili alle unità irpine mioceniche, le quali ricoprono masse carbonatiche appartenenti alle unità della piattaforma Abruzzese-Campana. Al di sopra del flysch si rinviene il complesso dei terreni quaternari, costituito da sedimenti piroclastici e alluvionali fluvio-lacustri, talora in¬ tercalati da orizzonti travertinosi. Si ha, quindi, nell'area in esame, una successione di termini litolo¬ gicamente ben definiti con caratteristiche idrauliche altrettanto ben di¬ stinte. Infatti, a terreni permeabili per fessurazione e carsismo, rappre¬ sentati dalle formazioni carbonatiche mesozoiche, fanno riscontro terreni permeabili per porosità, costituiti dal quaternario, nonché terreni poco o punto permeabili, rappresentati dal materiale in facies di flysch. Le trivellazioni effettuate hanno rivelato, inoltre, resistenza, nella se¬ rie carbonatica e in quella alluvionale, di una circolazione idrica costi¬ tuente una falda unica nei calcari e suddivisa in più orizzonti acquiferi di limitata potenza ed estensione, nel complesso alluvionale. Le misure di temperatura dell’acqua eseguite nei pozzi impegnanti le alluvioni hanno dato valori costanti di circa 15° e le analisi di laboratorio hanno rilevato nei diversi campioni di acqua la presenza dello stesso tipo di ioni (principalmente HC03” e Cl~) ed in concentrazioni quasi eguali. Metodo d’indagine geofisica L’indagine geofisica è stata condotta mediante Sondaggi Elettrici Ver¬ ticali (S.E.V.), usando dispositivi quadripolari di tipo Schlumberger; gli spazi elettrodici raggiunti variano tra i 400-800 metri. Indagine geofisica nella zona della Piana di Caiazzo 485 Le informazioni ottenute con il metodo geoelettrico sono state con¬ frontate con i dati di trivellazioni esistenti nella zona, sia per ottenere una taratura il più accurata possibile delle misure elettriche, che per stabilire i limiti della corrispondenza tra i due tipi di indagine. L’ubicazione dei S.E.V. e dei pozzi, di cui sono state analizzate le prove di portata e le stratigrafie, è riportata nella Fig. 1. Risultati dell’indagine geoelettrica ed analisi di alcune curve di resistività L’interpretazione dei diagrammi di resistività apparente è stata ef¬ fettuata con il metodo del punto ausiliare, usando curve guida a due e a tre strati; è interessante notare, a questo riguardo, che molte curve di campo, interpretate con entrambi i tipi di master-curves, danno un risul¬ tato quasi uguale. Ciò è dovuto al fatto che le curve sperimentali sono relativamente semplici; inoltre, il loro andamento è sufficientemente re¬ golare per poter affermare che, nel complesso, si riferiscono a terreni stratificati orizzontalmente e lateralmente omogenei. L’esame globale delle curve di resistività ha permesso di dedurre che, prescindendo dai terreni più superficiali, esse rappresentano una situa¬ zione elettrostratigrafica a 3 strati, con quello intermedio a resistività maggiore; si ha, cioè, al di sotto di un terreno superficiale di condutti vità e spessore molto variabili e senz’altro attribuibile al terreno agrario, un elettrostrato con resistività di 20-35 ohm • m e con una potenza mas¬ sima di 15-40 m; tale elettrostrato corrisponde litologicamente ad un com¬ plesso sabbioso-argilloso con prevalenza della componente argillosa in corrispondenza dei valori più bassi di resistività. Ad esso segue lo strato intermedio con valori di resistività compresi tra 40-110 ohm • m e con uno spessore notevolmente variabile, dai 10-40 m in corrispondenza dei S.E.V. eseguiti ai bordi della piana, agli oltre 200 m, in corrispondenza delle parti centrali della piana; litologicamente tale strato non è uniforme, ma è costituito da un'alternanza, sovente ripetuta, di strati più o meno sottili di ghiaie, sabbie e prodotti piroclastici, con intercalazioni di mate¬ riale pelitico. Alla base si rileva un marker conduttivo, con valori di re¬ sistività molto bassi (5-20 ohm • m), costituito da un deposito prevalente¬ mente argilloso. È da rilevare, inoltre, che tutti i diagrammi di resistività relativi ai S.E.V. eseguiti nella parte centrale della piana, anche alle massime di¬ stanze elettrodiche, non presentano un andamento tale da denunciare la 2Y#3 lOT# Fig. 1. — Planimetrìa dell’area oggetto di studio con la posizione dei sondaggi elettrici, dei pozzi e delle tracce delle sezioni. 1“5 0'S6 488 F. Aprile presenza del basamento roccioso. Per poter stabilire quindi una profondità, sia pure approssimata, per il tetto del bedrock calcareo, si è fatto uso del metodo dell'asintoto, mediante il quale si è ottenuta una profondità minima variante da 350 a 500 m. Dal punto di vista idrologico, è lo strato intermedio che riveste la funzione di materasso acquifero; il mezzo filtrante che lo costituisce non è omogeneo, ma è formato da un’alternanza di termini più o meno sottili litologicamente ed elettricamente diversi tra di loro. Questa situazione complica notevolmente l’interpretazione geofisica; infatti, solo in alcuni sondaggi è stato possibile distinguere geoelettrica- mente i singoli termini, mentre nella generalità dei casi si è avuta una risposta elettrica tipica di un monostrato, non presentando i diagrammi di resistività alcuna discontinuità in corrispondenza dei limiti litologici tra le diverse componenti clastiche dell’acquifero. Ciò è dovuto al fatto che ci troviamo di fronte ad un tipico caso di macroanisotropia elettrica determinato proprio dalla suddetta stratificazione dell’acquifero. Come è noto dalla teoria, una serie di n strati, per uno spessore totale H, si comporterà nel suo insieme come uno strato elettricamente aniso- tropo di uguale spessore e, detto X il coefficiente di anisotropia di questo ultimo, non sarà possibile distinguerlo, con misure elettriche di superficie, da un equivalente strato isotropo di spessore X H, avente una resistività uguale alla resistività media dello strato anisotropo. Tutto ciò porta a una più o meno notevole imprecisione nel calcolo degli spessori, nel senso che si ha una sovrastima di questi ultimi, sovrastima a cui è possibile ovviare solo avendo informazioni di altra natura, in primo luogo quelle delle perforazioni. Il S.E.V. n. 16, riportato nella Fig. 2, è un chiaro esempio della man¬ canza di una determinata risposta geoelettrica da parte nei singoli ter¬ mini costituenti l'acquifero; infatti, la successione lapillo, ghiaia più sab¬ bia, argilla, ghiaia, argilla si manifesta elettricamente sulla curva di campo come un singolo strato con valori di resistività intorno ai quaranta ehm • m; i maggiori spessori calcolati, rispetto a quelli reali della colonna stratigrafica, sono ancora da imputare all’effetto della ma¬ croanisotropia. Una situazione elettrostratigrafica diversa dalla precedente si riscon¬ tra in corrispondenza dei S.E.V. eseguiti in vicinanza dei rilievi carbo- natici del M. Tifata e del M. Maiulo, quivi lo strato intermedio e quello basale sono sostituiti da un complesso brecce calcaree-calcari fratturati, che si estende verso il basso ben oltre la profondità d'investigazione rag¬ giungibile con le stesse elettrodiche impiegate. Il diagramma di resisti- Indagine geofisica nella zona della Piana di Caiazzo 489 vità del S.E.V. 13 (Fig. 3) rappresenta proprio una situazione stratigrafica di questo tipo» Infatti, il sondaggio eseguito in vicinanza dei rilievi del Fig. 2. — S.E.V. n. 16: sondaggio elettrico tipo effettuato sulla serie alluvionale: parallelamente all'ascissa, la funzione resistività-profondità è correlata con la stratigrafia del pozzo 11. Fig. 3. — S.E.V. n. 13 : sondaggio elettrico tipo effettuato sui calcari sub-affioranti. M. Tifata ha interessato quasi subito il basamento roccioso calcareo e con Tinterpretazione geofisica, inoltre, non è stato possibile distinguere la breccia calcarea, di limitato spessore (circa 2 m), dal sottostante top 32 490 F. Aprile del basamento intensamente fratturato. Il relativamente basso valore di resistività (450 ohm • m), calcolato per la roccia carbonatica, si può spie¬ gare considerando le sue particolari condizioni fisico-meccaniche (intensa fratturazione, notevole permeabilità, ...) che contribuiscono ad aumentarne notevolmente la conduttività; alla profondità di circa 27 m si ha un’ulte¬ riore diminuzione della resistività (intorno a valori di 110 ohm • m), in coincidenza dell’inizio dei livelli acquiferi e, solo per profondità ben den¬ tro al calcare, la resistività tende di nuovo ad aumentare, come è eviden¬ ziato dalla parte finale della curva. Questo aumento di resistività nelle parti profonde del calcare corri¬ sponderebbe ad una zona in cui è impedito l'ulteriore approfondimento della circolazione idrica a causa, del restringimento o occlusione delle fessure, o della presenza di livelli impermeabili. Nella Fig. 4 si riportano due sezioni elettrostratigrafiche eseguite in direzione E-W e N-S. Prove di portata * Allo scopo di poter dare un’idea delle possibilità idriche degli acqui¬ feri presenti nella zona d’indagine, si è cercato di giungere ad una valuta¬ zione delle trasmissività e dei coefficienti di permeabilità ad essi relativi, mediante l'analisi delle prove di portata di alcuni pozzi, sia in regime di moto permanente (curva caratteristica), che in regime di moto non per¬ manente (curva di discesa). Sebbene, non sia stato possibile eseguire uno studio dettagliato della falda, i risultati cui si è giunti, se pur approssi¬ mati, possono ritenersi sufficienti per la presente fase di studio. I pozzi su cui sono state eseguite le prove di portata pescano parte nei calcari affioranti o sub-affioranti (pozzi 3, 6, 7, 8, 9), parte del mate¬ rasso alluvionale (pozzi 2, 4, 10 11). In regime di equilibrio e tenendo pre¬ sente che i pozzi in esame sono del tipo imperfetto, sono state conside¬ rate le formule valide in questo caso; tra di esse è stata applicata quella di Babouckine e Guirinsky: in cui Q = AC 2,73 K L log 0,66 (L/r) [1] * I dati delle prove di portata sono stati gentilmente concessi dalla Ditta Guado Officine S.p.A. Indagine geofìsica nella zona della Piana di Caiazzo 491 dove: Q è la portata estratta con abbassamento A; k è il coefficiente di permeabilità; L è la lunghezza dei filtri; r è il raggio del pozzo. In regime di non equilibrio è stata applicata la formula di appros¬ simazione logaritmica di Theis e Jacob, che, per la prova in discesa, è: 0,183 Q ( 2,25 T \ A = ~ log j [2] dove: A è l'abbassamento del livello piezometrico misurato in un piezometro all'istante t posto a distanza x dall'asse del pozzo in corrispondenza deH'emungimento di una portata Q; T è la trasmissività; S è il coefficiente di immagazzinamento. Come esempio si riporta la prova di portata eseguita sul pozzo n. 7 (Fig. 5 e 6). La Figura 5 rappresenta la curva caratteristica del pozzo, La pendenza di tale curva, per piccole portate, è costante e vale: C = 40 • IO 3 m2 sec-1 in base alla [1] si ottiene: k= log 0,66 (L/r) 2,73 • L con L = 190 m e r = 0,30 m, si ha per il pozzo 7, un valore di k = 0,2 • IO-3 m sec-1. La Fig. 6 rappresenta la curva di discesa dello stesso pozzo, riferita alla portata Q = 55 1/sec; su di essa, in corrispondenza di un ciclo lo¬ garitmico (log A t — 1), si ottiene A = 0,07 m. In base alla [2] si ricava: k = 0,183/L • A con A — 0,07 m, si ha un valore di k di 0,7 • IO-3 • m sec 1 . M. FALLANO Fig. 4. — Sezioni elettrostratigrafiche I e II. Esse rappresentano l’andamei 500 — L- [EDILI] 30—40 " >200 6 0-110 " P8 pozzo Stratigrafie pozzi H terreno vegetale F>1 mat.pirocl. m sed. fluviali [jr-»! trav. con sabbia O a rg i Ile HE marne f-V-j calca ri [frfj cale, acquiferi Ile varie unità geoelettriche individuate nell'area in esame. II II Stratigrafie pozzi ^■terreno vegetale l^r-1 mat.pirocl. ES3 sed. fluviali Efrìl trav. con sabbia Elargille [fj-fj cale, acquiferi l'andamef «felle varie unità geoelettriche individuate nell’area in esame. Fig. 4. — Sezioni elettrostratigrafiche I e II. Esse rappresentano 494 F. Aprile Ancora in base alla [2], è possibile calcolare la trasmissività mediante la relazione: T = 0,183 Q/A ; T = 167 IO-3 m2 sec-1 per Q = 55 1/sec si ottiene: Fig. 5. — Curva caratteristica del pozzo 7 (regime di equilibrio). Dalla pendenza C della curva si ottiene il valore della permeabilità in vicinanza dei C log 0,66 • (L/r) filtri del pozzo applicando la formula k = 2,73 • L in cui L è la lunghezza dei filtri ed r il raggio del pozzo. e ancora: k = T L 0,8 • IO 3 m sec-1 I valori di permeabilità così ottenuti oscillano quindi, tra 0,2 IO-3 m sec-1 e 0,8 10~3 m sec-1 con un valore medio di 0,5 IO-3 m sec-1 . Calcoli analoghi, effettuati per gli altri pozzi, indicano valori di per¬ meabilità medi compresi tra 0,04 e 0,08 10~3 m sec-1 e valori di trasmissi¬ vità variabili da 1,9 a 106 10“3 m2 sec-1 a seconda della natura degli acquiferi. Nella Tabella I vengono riportati i dati schematici delle prove di por¬ tata ed i parametri idraulici da esse desunti. I ndagine geofisica nella zona della Piana di Caiazzo 495 La diversità dei valori di k e di T, riscontrata tra i pozzi impegnanti l'acquifero calcareo, è spiegabile tenendo conto delle sue caratteristiche di anisotropia e di non omogeneità idrauliche. 0.C 7 IÌP 2,8 io4 ios IO4 logtfeec) Fig. 6. — Curva di discesa del pozzo- ^regime di non equilibrio). Dal valore dell’abbassamento (A), che si ottiene in un tempo corrispondente ad un ciclo logaritmico durante l'estrazione di una portata costante di 55 1/sec, si ricava il valore della permeabilità tramite la relazione k = 0,183 . Q/L • A. (ms’io'3) Fig. 7. — Diagramma sperimentale resistività-permeabilità. Il grafico correla i valori della permeabilità, ottenuti su quattro pozzi impegnanti le al¬ luvioni, con i valori di resistività apparente desunti dai S.E.V. effet¬ tuati in corrispondenza di detti pozzi. La relazione, anche se molto approssimata per la scarsità dei dati sembra essere in accordo con le esperienze compiute da altri autori (Duprat et altri 1970, Cassinis et altri 1973). Notevole è, inoltre, la differenza tra i rapporti portata-depressione dei pozzi scavati nei calcari e di quelli interessanti la serie alluvionale; in questi ultimi, infatti, si sono registrate depressioni molto notevoli, che, 496 F. Aprile TABELLA I. — Dati schematk Pozzi 1 2 3 4 Quota s.l.m. (m) 40,21 37,18 61,13 38,84 Livello statico (m) 31 15,77 30,75 7,53 Spessore acquifero (m) 180 128 203 63 Terreno acquifero (tipo) all. all. calcare all. Portata max di esercizio l/s — 13 42 21 Abbassamento dinamico (m) — 4,53 3,51 12,5 Permeabilità media in m sec-1 — 0,063 • 10~3 0,5 • IO-3 0,05 • IO-3 Trasmissività in m2 sec-1 -- 6,6 . IO-3 91,3 • IO-3 2,9 • 70-3 Profondità finale pozzi (m) 231,20 248 250 144 Le prove di portata nei pozzi 1 e 5 non son -a 2 co fi< o o «s 0) 5 .. (tf « 5 o fi fi fi 45 45 fa a « *s w « 3 fi fi o .-fi •M 5-1 co O 8! 1 S § ;5 B4 13 > * ° « 45 fi *h fi «S o o 3 « o •H 3 •a fi a « o g ■M .3 03 3 "3 O o S 'O d g § H co fi fi U « ✓03 O 43 _ 4) -3 ^ 'S S 45 co fa 2 fi & T3 fi Q 45 *0 T3 . fi •£ 2 fi a a S S O 45 O co - *«J 45 -tì "S "a 5 fi s fi bfl « «S TJ O CO «f=H fi 45 45 5m 45 S-i > 4) I ° bfl fi Cd S ^ M co 0 d o fi fi £ d co 7? co fi 45 .3 O "fi fi 45 O co o co fi '-3 05 45 5-i ■g 3? ^ 2 S *M &p cd a -a .§ fi 45 o a *p fi 45 co fi I *> I g § .2 I E h ó o Gj ’o I - CO 4) S * 2 ✓Rj O •fi d fi 68 fi =05 •* S d °fi « co O O o a • fi 4) fi TJ fi fi t3 CO •• -a t " si d *d ■fi fi d co w g -O Q 3 figo co .y m +-» o rfi *C H ONVINIIS3N Fase tettonica messiniana nell’ Appennino meridionale 503 della Daunia, lungo la Valfortore da Celenza Valfortore fino a Roseto Valf ortore. Anche le « marne di Toppo Capuana », località nei pressi di Celenza (Crostella & Vezzani, 1964), sarebbero da riferire non alle unità Irpine del ciclo Langhiano-T or toniano ma al ciclo Tortoniano superiore- Messiniano. Anche in questa zona i terreni tardomiocenici sono troncati a tetto da una superficie tettonica. Un dato interessante è scaturito dalle recenti ricerche petrolifere con¬ dotte nel Sannio e conclusesi con la perforazione di alcuni pozzi. In par¬ ticolare uno di questi sondaggi ubicato a circa 30 Km ad W del margine orientale della catena appenninica nei dintorni di Castelpagano, in provin¬ cia di Benevento, ha rivelato a circa 3500 m di profondità la presenza di depositi evaporitici messiniani al di sotto delle varie unità alloctone della catena. Questo dato testimonia quindi che non solo le unità superficiali ma tutta la catena hanno subito traslazioni orizzontali in seguito alla fase tettonica messiniana. In questo caso non si hanno elementi per determi¬ nare l’entità dello spostamento orizzontale verso NE. Un altro sondaggio, Con tursi 1 (Dondi & Papetti, 1965), per ricerca di idrocarburi ubicato nella valle del Tanagro, in provincia di Salerno, ha messo in evidenza al di sotto di unità calcaree e terrigene della catena la presenza di depositi evaporitici, probabilmente messiniani, come già ipotizzato da Ogniben (1969). Anche in questo caso sarebbe quindi testimo¬ niata una traslazione profonda in toto della catena durante il Messiniano. 2.2. Lucania Depositi riferibili al ciclo Tortoniano superiore-Messiniano sono stati segnalati in Lucania nelle zone di Oriolo e Colobraro da Vezzani (1966, 1967). Questi terreni poggiano stratigraficamente in discordanza angolare sulle varie unità della catena e sono costituiti da conglomerati, arenarie e argille. L'improvvisa interruzione della sedimentazione in questa zona è probabilmente da attribuire alla fase messiniana. Depositi altomiocenici sono stati messi in evidenza nel sottosuolo da numerosi sondaggi per ricerca d’idrocarburi ubicati lungo il margine orien¬ tale della catena. In genere i terreni autoctoni del Miocene superiore pog¬ gianti direttamente sui calcari che costituiscono il substrato dei depositi pliocenici della fossa bradanica, sono di spessore ride tto rispetto a quelli che giacciono sulle unità della catena in posizione alloctona (Carissimo, D'Agostino, Loddo e Pieri, 1963). Questi ultimi sedimenti comprendono cal¬ cari, gessi e salgemma, come si è riscontrato in numerosi sondaggi (Ogniben, 1969). 504 S. Di Nocera, F. Ortolani e M. Torre 2.3. Calabria Recenti risultati conseguiti con ricerche condotte in Calabria (Per- rone, Torre & Zuppetta, 1973; Di Nocera, Ortolani, Russo & Torre, 1794) hanno permesso di stabilire che anche in questo tratto di catena è testi¬ moniata la fase tettonica messiniana. Già in un primo lavoro di Perrone, Torre & Zuppetta è stata riconosciuta nella zona di Diamante-S. Agata d’Esaro la presenza di una fase tettonica durante la deposizione del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano che avrebbe provocato la venuta a giorno di unità carbonatiche prima ricoperte da varie unità metamorfiche tetto¬ nicamente ad esse sovrapposte. In un successivo lavoro di Di Nocera, Ortolani, Russo & Torre sono stati riconosciuti in Calabria due cicli di sedimentazione: uno di età Tortoniano superiore-Messiniano e l'altro di età Messiniano-Pliocene in¬ feriore. Sono state individuate cioè due unità sedimentarie comprendenti depositi evaporitici di cui la superiore poggia in discordanza angolare sulla inferiore (v. Fig. 1). Nella zona di Amantea la fase tettonica messi¬ niana ha interrotto la sedimentazione del primo ciclo ed ha provocato una serie di scaglie, allineate lungo l'asse Amantea-Tiriolo, che si acca¬ vallano con vergenza verso NE. Nella zona di Lungro-S. Donato di Ninea la fase ha provocato rota¬ zioni dei terreni depostisi durante il primo ciclo, con spessori molto esigui, ed ha dato origine ad un’area (graben della piana di Sibari) in cui durante il ciclo successivo si è avuto un notevole accumulo di depositi evaporitici e pelitici, continuato fino al Pliocene inferiore. Lungo il versante ionico della Sila sembra, dalle evidenze superficiali, che la fase tettonica abbia provocato solo l'interruzione della sedimenta¬ zione appena iniziata la deposizione evaporitica con i calcari di base e gesso. Effetti simili sono stati provocati nella valle del Grati, dove però lo¬ calmente è presente anche l’unità superiore, prevalentemente conglomera- tico-arenacea, come si può osservare nei pressi di Mendicino, poggiante in lieve discordanza sui sedimenti pelitici ed evaporitici del ciclo prece¬ dente; in questa zona quindi la fase tettonica ha provocato un ringiova¬ nimento della morfologia — ■ che precedentemente doveva presentarsi quasi peneplanata — oltre che una notevole riduzione del bacino di sedimen¬ tazione e deboli rotazioni. Nella zona di Capo Vaticano la fase ha provocato l’interruzione della sedimentazione al momento in cui si andava accumulando il calcare di tipo evaporitico (calcare di base) poggiante spesso su livelli diatomitici. Fase tettonica messiniana nell’ Appennino meridionale 505 In questa zona la sedimentazione riprende solo nel Pliocene inferiore con depositi pelitici tipo trubi poggianti in discordanza angolare sui terreni del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano o direttamente sul substrato metamorfico. Nella zona di Amantea la fase tettonica ha provocato la venuta a gior¬ no delle unità carbonatiche che attualmente affiorano anche in diverse finestre tettoniche (Cetraro, Guardia Piemontese, M. Cocuzzo, Amantea, Grimaldi, Bagni di Caronte) al di sotto delle unità metamorfiche. Nel graben di Catanzaro non si sono ancora raccolti dati che testi¬ monino con certezza la presenza della fase messiniana; si è osservato comunque che al di sotto dei livelli diatomitici e calcareo evaporitici i sedimenti sono quasi esclusivamente conglomeratici mentre al di sopra prevalgono successioni politiche con gessi. Questa brusca variazione nella sedimentazione si sarebbe verificata nel momento in cui in zone limitrofe è evidente la fase tettonica messiniana e potrebbe essere stata determi¬ nata dalla individuazione e/o accentuazione del graben di Catanzaro. Un sondaggio per ricerca di idrocarburi ubicato di recente nella zona di Capo Trionto ha riscontrato al di sotto dei terreni cristallini, costi¬ tuenti l’estremità orientale della Sila, depositi evaporitici messiniani te¬ stimoniando quindi che anche in Calabria tutta la catena ha subito tra¬ slazioni orizzontali durante la fase messiniana (v. Fig. 2). 3. Altre evidenze nell'Appennino Anche in altre parti della catena appenninica vari autori hanno messo in evidenza una fase tettonica messiniana come ad esempio in Toscana, Lazio e Abruzzo ed in Sicilia. 3.1. Toscana In Toscana sono presenti depositi clastici ed evaporitici trasgressivi in discordanza sulle unità ripiegate della catena e riferibili al Miocene superiore (Giannini, 1960); tali sedimenti sono nettamente distinti in due unità sovrapposte di cui la superiore è in discordanza angolare sulla in¬ teriore. L’unità inferiore (serie lignitifera) di età Tortoniano superiore- Messiniano è costituita prevalentemente da conglomerati, arenarie ed ar¬ gille con livelli di lignite; l’unità superiore, di età messiniana, è costituita da calcari organogeni (calcare di Rosignano), conglomerati ed argille alla base e da gessi e argille alla sommità. Si hanno quindi anche in To- 33 506 S. Di Nocera, F. Ortolani e M. Torre Fase tettonica messiniana nell’ Appennino meridionale 507 scana le evidenze di movimenti del substrato avvenuti durante il Messi- niano (v. Fig. 1). 3.2. Lazio e Abruzzo I principali movimenti traslativi, nelle aree centro-orientali, secondo Accordi (1966) sarebbero avvenuti durante il Messiniano e avrebbero pro¬ vocato notevoli ripiegamenti nelle unità carbonatiche e terrigene. 3.3. Sicilia I terreni del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano, trasgressivi in discordanza sulle unità ripiegate della catena, affiorano qui diffusamente e sono distinti in due unità; la superiore infatti giace in discordanza an¬ golare sulla inferiore (Decima & Wezel, 1972). I depositi del complesso evaporitico inferiore di età messiniana pos¬ sono essere distinti in due successioni: una tipica di zone marginali e l'altra di bacino. La successione della zona marginale è costituita dalla formazione del tripoli e del calcare di base. La successione di bacino tipica della zona di Cattolica Eraclea è data dal basso in alto da: 1) formazione del tripoli o delle marne biancastre; 2) formazione dei gessi di Cattolica Eraclea; 3) torbiditi gessose; 4) sal¬ gemma e sali potassico-magnesiaci. I sedimenti del complesso evapori¬ tico superiore di età messiniana giacciono in netta discordanza angolare su vari termini del complesso inferiore e sono costituiti dalla formazione dei gessi di Pasquasia e dalla formazione dell’Arenazzolo (v. Fig. 1). 4. Principali strutture originate dalla fase tettonica messiniana Precedentemente si sono messi in evidenza i dati che testimoniano il verificarsi di una fase tettonica lungo quasi tutta la stretta fascia orogenica rappresentante la paleocatena appenninica del Miocene termi¬ nale. Questa è l’area in cui le deformazioni sono state più intense pro¬ vocando ripiegamenti e sovrascorrimenti nell'ambito delle varie unità ma soprattutto — almeno nell'Appennino meridionale — un generale sposta¬ mento della catena verso zone più esterne al di sopra dei sedimenti mes- siniani (v. Fig. 2). Si ha inoltre uno spostamento di alcune decine di km dei bacini marginali alla catena; ne consegue ancora lo spostamento delle zone di maggiore subsidenza che vengono così a coincidere con aree che in precedenza erano spesso emerse (bordo occidentale della piattaforma 508 S. Di Nocera, F. Ortolani e M. Torre apula) o caratterizzate da sedimentazione prevalentemente pelitica (ba¬ cino della « marnoso arenacea »). La sedimentazione nell’Appennino meridionale riprende anche al di¬ sopra delle unità ripiegate della catena solo in alcuni bacini più o meno ampi, probabilmente isolati e generalmente con scarsa subsidenza (Irpinia, Calabria); una notevole velocità di accumulo si riscontra solo in quelli impostatisi o accentuatisi — in seguito alla fase messiniana — lungo im¬ portanti strutture trasversali alla catena come ad esempio la linea Be¬ nevento- Buonalbergo in Campania, la linea di Sangineto (bacino di Lun- gro nel graben della piana di Sibari) e il graben di Catanzaro in Calabria dove la sedimentazione può continuare senza interruzione fino al Pliocene inferiore. La linea Benevento-Buonalbergo delimita a N la zona del bacino, tra llrpinia ed il Sannio, in cui dopo la fase messiniana è continuata la se¬ dimentazione fino al Pliocene inferiore. La linea di Sangineto rappresenta una zona di trascorrenza sinistra lungo la quale — durante la fase tettogenetica tortoniana — si è avuto, tra l’altro, il sovrascorrimento delle unità prevalentemente metamorfiche della Calabria sulle unità dell’Appennino campano-lucano fino a raggiun¬ gere i rapporti attuali. La stretta di Catanzaro costituisce un profondo graben, trasversale alla catena, nell’ambito del quale si realizza il cambiamento di orienta¬ mento delle strutture e dei blocchi che esso divide. L’assetto paleogeografico durante il Messiniano superiore, dopo la fase tettonica, doveva essere quindi profondamente mutato lungo tutta la ca¬ tena: oltre al ringiovanimento dei rilievi infatti doveva essersi notevol¬ mente ridotta l’ampiezza dei bacini marginali esterni, con conseguenti pro¬ fondi mutamenti nelle condizioni oceanografiche. La fase tettonica ha provocato importanti effetti strutturali nelle unità della Calabria originando o accentuando una serie di strutture già individuate in seguito alla fase tettonica tortoniana. Tra queste ultime le più importanti sono visibili a SW di Cosenza; esse sono parallele tra loro ed orientate NW-SE e possono essere così indicate: 1) linea Tiriolo-Aman- tea; 2) alto strutturale Grimaldi-Monte Cocuzzo; 3) depressione Rogliano- S. Lucido. ' La prima è una importante struttura che si segue da Tiriolo fino ad Amantea, lungo la quale affiorano terreni metamorfici e sedimentari («unità granitica» di Colonna & Piccarreta, 1975) che si trovano più dif¬ fusamente lungo il versante orientale delle Serre (unità Stilo di Hieke Merlin et alii, 1975). Fase tettonica messiniana nell’ Appennino meridionale 509 La seconda è un alto strutturale lungo il quale vengono a giorno in finestra tettonica terreni carbonatici geometricamente sottoposti a varie unità tettoniche prevalentemente metamorfiche. La terza è una fascia larga in media 10 km in cui si sono deposti terreni carbonatici organogeni del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano. Tali strutture, da riferire probabilmente alla fase tortoniana, come già detto, si possono interpretare come originate dalla rotazione relativa del blocco della Calabria meridionale, posto a S del graben di Catanzaro, rispetto al blocco della Calabria centro-settentrionale. Le maggiori com¬ pressioni si sarebbero pertanto esplicate lungo la linea Tiriolo-Amantea dando luogo alTintumescenza Grimaldi-Monte Cocuzzo e alla depressione Rogliano-S. Lucido poste immediatamente a NE di quest'ultima struttura. Con l'evoluzione successiva della catena l'arco avrebbe continuato a spostarsi in toto verso l'« avampaese » senza subire sostanzialmente ulte¬ riori ripiegamenti longitudinali. Le faglie inverse - — con vergenza ano¬ mala rispetto al generale spostamento della catena — presenti nella zona di Amantea testimoniano infatti che la linea tettonica su cui si trovano si è riattivata solo in parte durante la fase messiniana. Inoltre, la com¬ parsa di abbondanti clasti carbonatici nell'unità depostasi nei dintorni di Amantea, dopo la fase tettonica messiniana, indica che le unità carbona- tiche sono venute a giorno in seguito a tale fase forse per un accentuarsi dell'alto strutturale Grimaldi-Monte Cocuzzo. Schematizzando, nell'ambito della catena — che in Calabria è costi¬ tuita da varie unità prevalentemente metamorfiche — in seguito alla fase messiniana si individuano quindi quattro blocchi principali che continue¬ ranno ad avere in seguito una evoluzione particolare. Si originano infatti i seguenti blocchi: 1) graben della piana di Sibari; 2) blocco della Calabria centro-settentrionale; 3) graben di Catanzaro; 4) blocco della Calabria me¬ ridionale. Nel primo e nel terzo blocco, dal Messiniano superiore in poi, continueranno a depositarsi sedimenti clastici, che attualmente hanno uno spessore notevole, specie nella piana di Sibari. Il secondo ed il quarto blocco subiranno invece sostanziali modifiche in seguito alle fasi tetto¬ niche mediopliocenica e quaternaria (Ortolani, in corso di stampa). 5. Motivi crostali della fase tettonica messiniana Per quanto riguarda le cause che hanno provocato lo spostamento della catena verso l'esterno si può ipotizzare che siano da individuare negli stessi fenomeni crostali iniziati, nei domini paleogeografici esterni marche ‘d N I ' 00 M d — '§ S 3 W ■SS3W <^Z- M !1 M M O O tì s « pi rr\ Vm» W o u I B 43 „ a a g fi fi ’tì tì cd 8 | ° § cd cd 0) £ a co g 8 3 S W < tì tì 3 8 ^ £ 8 fi „q pfi 03 cu C3 .1—4 p2 C/3 E< cd y-i 03 p— i cd cd 8 Sm 'tì 03 o tì o cu tì H 8 tì o cd tì « 8 8 cd tì S H v -Q D "S a a u tì tì ^ c/3 cu cd 8 tì tì cd g o S 7 tì cd tì 5 « a "cd tì cd tì d fi cd cu tì u tì .2 tì E O _H cu cd o 2 S cg a o cu O •£ 03 'P fi a g, o ài .tì g & "3 p 8 a fi tì cu . J ^ tì •£ cu tì c/3 § • fi ^ ’> cd o ■a s .2 « CU o -a cd O CU tì tì cu .2 tì< tì . tì • cd tì ps cd s § w O cd <8 C cd cd ^ cu cd £ I tì fi . o 8 g .2 § 5-i tì •8 'e tì a; 03 o 8 co CU 03 tì < 03 o ^ fi . cd o a i co fi 8 tì ? 8 8 § .2 C3 Sh 5-i 03 O §•'= 03 a p co O tì .2 ’S o tì o H o d tì _, "o cd o cd cu ~ cd cd S T3 a • -j p 8 tì o co o tì p 3 g O fi fi p o _ .tì C/3 8 •- Miocene superiore in continuità su depositi più antichi. 7) Evaporiti messiniane messe in evidenza al di sotto della catena da sondaggi per ricerca di idrocarburi. 8) Vergenza della catena durante la fase tettonica messiniana. 9) Limite esterno attuale della catena appeninica. 10) Probabile margine della placca europea s.l. sovrascorso sulle unità sedimentarie della catena sud appen¬ ninica. La legenda delle colonne stratigrafiche è la stessa della Fig. 1. CHE Tav. I. — Schema tettonico della zona compresa tra il Mar Tirreno e il Mar Adriatico-Mar Ionio. 1) Placca europea (zolla tirrenica) - Se¬ dimentazione: area in cui probabilmente si ha sedimentazione continua dal Tortoniano all'Attuale; Substrato: crosta della placca europea s.l.; Tettonica: area di sprofondamento dal Miocene superiore all’Attuale. 2) Zona di collisione in profondità tra la placca europea s.l. e la placca africana s.l.; parte « interna » della catena in superfìcie - Sedimentazione: area in cui a partire dal Mio¬ cene inferiore si sono avuti diversi cicli di sedimentazione interrotti da fasi tettogenetiche; Substrato: unità sedimentarie scol¬ late daH’originario substrato, in profondità zona di collisione tra le placche africana ed europea con probabile sottoscorrimento della prima al di sotto della seconda forse fino al Pliocene; Tettonica: fasi tettogenetiche, a partire dal Miocene inferiore, che hanno costruito la catena. 3) Placca africana (zolle adriatica e ionica) - Sedimentazione: più o meno continua dal Mesozoico al Plio¬ cene; Substrato: crosta della placca africana s.l.; Tettonica: movimenti di tipo epirogenetico fino al Pliocene. 4) Zone della catena in cui sono stati riconosciuti il ciclo Tortoniano superiore-Messiniano ed il ciclo Messiniano-Pliocene inferiore. 5) Zone della catena in cui è presente solo il ciclo Tortoniano superiore-Messiniano. 6) Aree esterne alla catena in cui si hanno sedimenti del Miocene superiore in continuità su depositi più antichi. 7) Evaporiti messiniane messe in evidenza al di sotto della catena da sondaggi per ricerca di idrocarburi. 8) Vergenza della catena durante la fase tettonica messiniana. 9) Limite esterno attuale della catena appeninica. 10) Probabile margine della placca europea s.l. sovrascorso sulle unità sedimentarie della catena sud appen¬ ninica. La legenda delle colonne stratigrafiche è la stessa della Fig. 1. 512 S. Di Nocera, F. Ortolani e M. Torre deH’Appennino, nel Miocene inferiore. In particolare si sarebbe verificato un ulteriore avvicinamento relativo tra la crosta prevalentemente conti¬ nentale — posta al di sotto della copertura sedimentaria accumulatasi nelle così dette zone esterne non ancora interessate dai fenomeni tetto¬ genetici — riferibile alle zolle ionica ed adriatico-apula o alla placca afri¬ cana s. L e la crosta della zolla tirrenica appartenente alla placca europea s. 1. La catena che costituisce un elemento strutturale — formato dalle unità sedimentarie scollate daH’originario substrato e variamente accaval¬ late — interposto tettonicamente tra il margine della placca europea ed il margine della placca africana (Tav. I), è la zona quindi lungo la quale si esercitano le maggiori compressioni. Non si può escludere che come con¬ seguenza di questo avvicinamento si siano verificati tra l'altro fenomeni di sottoscorrimento della crosta appartenente alla zolla ionica ed adriatico- apula al di sotto della zolla tirrenica. Del resto le evidenze superficiali lungo tutta la catena di un vulca¬ nismo acido (riolitico-riodacitico) anche durante il Miocene superiore, con centri eruttivi forse disposti lungo il paleomargine della placca europea, e quindi parallelamente alla catena, probabilmente nell'area tirrenica, po¬ trebbero testimoniare fenomeni anattetici avvenuti in profondità connessi comunque ad una tettonica compressiva lungo la fascia di contatto Africa- Europa. Si fa presente che il paleomargine della placca europea in seguito alla fase messiniana ha subito importanti modifiche, probabilmente simili a quelle già avute nel Tortoniano. La presenza di evaporiti messiniane al di sotto delle unità metamorfiche della Calabria appartenenti alla placca europea s. 1. (Selli, 1973; Scandone, Giunta & Liguori, 1974), come del resto la trascorrenza sinistra di Sangineto, indicano che tali unità si sono acca¬ vallate alle unità sedimentarie della catena appenninica nel momento in cui entravano a far parte della catena stessa. Tale accavallamento po¬ trebbe essere interpretato come effetto di scagliature, con vergenza verso l'esterno della catena, verificatesi anche nell'ambito delle unità che costi¬ tuiscono il margine della placca europea, a causa delle compressioni ma¬ nifestatesi nella zona di collisione tra le placche, con conseguente ricopri¬ mento del margine precedente più profondo (Tav. I). 6. Considerazioni sul controllo strutturale sulla sedimentazione durante il Miocene superiore Tutta l'area del Mediterraneo occidentale durante il Miocene superiore è stata interessata da una intensa attività tettonica maggiormente evi- Fase tettonica messiniana nell’ Appennino meridionale 513 dente lungo le fascie orogeniche (fasi tettogenetiche) in evoluzione fin dal Paleogene e nelle zone più stabili quali il bacino balearico ed il mar Tir¬ reno (sprofondamenti verticali). Continuano in particolare gli stessi mo¬ tivi strutturali ben evidenti nelle fasi tettogenetiche del Miocene inferiore e cioè ravvicinamento relativo tra i continenti africano ed europeo in senso lato e conseguente restringimento del paleoMediterraneo. In seguito a questi fenomeni è notevole la possibilità che movimenti, anche locali, in zone della catena particolarmente critiche per gli scambi con TOceano abbiano influenzato il generale assetto paleoceanografico del Mediterraneo e provocato peculiari condizioni ambientali a scala locale come ad esempio variazioni di profondità dei bacini ecc. La sedimentazione nell'area mediterranea, nel periodo di tempo com¬ preso tra il Miocene superiore ed il Pliocene inferiore è risultata forte¬ mente controllata dalla intensa attività tettonica verificatasi non solo lungo le fasce in via di corrugamento ma anche in bacini relativamente tran¬ quilli quali il bacino balearico ed il Mar Tirreno. Non è da trascurare inoltre il fatto che in pochi milioni di anni, tra il Miocene terminale ed il Pliocene inferiore, si sono susseguite con in¬ tervalli di tempo sempre più brevi, numerose fasi tettoniche che hanno condizionato strettamente le caratteristiche dei bacini marginali che si andavano via via restringendo. Un tipico esempio del controllo della tettonica suH'evoluzione dei ba¬ cini durante il Miocene si ha neH’Appennino meridionale dove dal bacino irpino — impostatosi dopo la fase langhiana (Cocco et alii, 1972) con una ampiezza di oltre 100 km e sedimentazione torbiditica • — si è arrivati in varie tappe alla fossa bradanica pliocenica, ampia circa 30 km e colmata da depositi clastici neritici. In quest’area a partire dal Miocene inferiore tutti i cicli di sedimentazione iniziano con una fase tettonica e sono in¬ terrotti da una fase successiva (v. Tav. I). Nei bacini non interessati di¬ rettamente dalle fasi tettogenetiche invece, la tettonica a partire dal Mio¬ cene superiore ha dato luogo in genere a notevoli sprofondamenti (esempio il Mar Tirreno) (v. Tav. I). Eventi tettonici così vigorosi possono quindi aver dato luogo ad im¬ portanti ed improvvise variazioni delle condizioni paleostrutturali e pa¬ leoceanografiche di gran parte del Mediterraneo. È da rimarcare a tal proposito che Tavvento delle condizioni evapo- ritiche almeno nei bacini dell’Appennino meridionale, è stato piuttosto rapido come pure velocemente si sono instaurate di nuovo le condizioni marine alla fine della crisi di salinità che si fa coincidere, in tutto il Me¬ diterraneo, con Tinizio del Pliocene inferiore. 514 S. Di Nocera, F. Ortolani e M. Torre Vari autori del resto segnalano brusche variazioni di profondità dei bacini (da diverse centinaia di metri a pochi metri di profondità) impu¬ tandole a cause tettoniche (Sturani & Sampò, 1973); notevoli variazioni di profondità si sarebbero verificate anche al passaggio Miocene-Pliocene. Altri autori però imputano tali ultime variazioni ad improvvise venute di acqua marina dall’Atlantico che avrebbe invaso un Mediterraneo pro¬ fondo ma quasi essiccato (Cita, 1973). A nostro avviso, pur non trascurando possibili variazioni eustatiche del livello marino, le cause determinanti le notevoli variazioni paleoceano- grafìche avvenute tra il Miocene terminale ed il Pliocene inferiore nell'area del Mediterraneo sono da ricercarsi nelle complicate vicende tettoniche che hanno interessato questa vasta zona. Si dovrebbero quindi approfondire gli studi nelle zone critiche che possono avere condizionato la paleoceanografìa generale dapprima iso¬ lando in parte o totalmente il bacino e successivamente ripristinando di nuovo i contatti con l'Oceano; la ricostruzione dettagliata della succes¬ sione degli eventi tettonici a scala locale potrebbe inoltre chiarire il tipo di controllo esercitato dalla tettonica sulla sedimentazione e sulla circo¬ lazione delle acque in bacini più o meno ampi. BIBLIOGRAFIA Accordi B., 1966 - La componente traslativa nella tettonica dell’ Appennino laziale¬ abruzzese. Geol. Romana, 5. Bonardi G., Pescatore T., Scandone P. & Torre M., 1971 - Problemi paleo geo grafici connessi con la successione mesozoico-terziaria di Stilo ( Calabria meridionale). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 80. Cita M. B., 1973 - Mediterranean evaporite: paleontological arguments for a deep- basin dessiccation model. In: Messinian events in thè Mediterranean. Kon. Ned. Akad. Wetensch. Cocco E., Graverò E., Ortolani F., Pescatore T., Russo M., Sgrosso l. & Torre M., 1972 - Les facies sedimentaires miocenes du bassin irpinien ( Italie Meri¬ dionale). Atti. Acc. Pont., n.s., 2, 13, Napoli. Colalongo M. L., Carobene L. e Pasini G., 1973 - Neogenic sections along thè Tyrrhenian coast. Rapp. Comm. Int., Mer. Médit., 22, 2a. Coppa De Castro M. G., Montcharmont Zei M. et alii, 1969 - Depositi miocenici e pliocenici ad est del Partenio e del Taburno (Campania). Att. Acc. Gioenia, Catania, ser. 8, 1 (sull. Se. Geol.). Crostella A. & Vezzani L., 1964 - La geologia dell’ Appennio foggiano. Boll. Soc. Geol. It., 83 (1). Decima A. & Wezel F. C., 1971 - Osservazioni sulle evaporiti messiniane della Sicilia centro-meridionale. Riv. Min. Sic., 22. Fase tettonica messinìana nell’ Appennino meridionale 515 Dietrich D. & Scandone P., 1972 - The position of thè basic and ultrabasic rocks in thè tectonic units of thè Southern Apennines. Atti Acc. Pont. Napoli, n.s. 21. Di Nocera S., Ortolani F., Russo M. & Torre M., 1974 - Successioni sedimentane messiniane e limite Miocene-Pliocene nelle Calabria settentrionale. Boll. Soc. Geo!. It., 93 (3). Di Nocera S., Nardi G., Ortolani F. & Torre M., 1974 - Cineriti riolitiche nei de¬ positi messiniani della valle del Grati ( Calabria settentrionale). Rend. Acc. Se. Fis. Mat., ser. 4, voi. XLI. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M. - Osservazioni stratigrafiche e tettoniche sui depositi altomiocenici della zona di Amantea (Calabria). In corso di pubblicazione. Dondi L. & Papetti I., 1965 - Sul ritrovamento di una microfacies con Miogypsina e lepidocyclina al fondo del pozzo Constursi I (m. 3478) nel Cilento. Geol. Romana, 4. Giannini E., 1960 - Studio di alcune sezioni stratigrafìche nel Miocene superiore delle Colline livornesi ed osservazioni sui caratteri e sui limiti del Messiniano in T oscana. Giorn. Geol., ser. 2, 28. Hieke Merlin O., Lorenzoni S., Paglionico A. & Zanettin Lorenzoni E., 1975 - Unità granitiche e « Formazione Dioritico-Kinzigitica » nelle Serre (Calabria). Nota preliminare.. Ippolito F., Ortolani F. & Di Nocera S., 1974 - Alcune considerazioni sulla strut¬ tura profonda dell’ Appennino irpino: reinterpretazione di ricerche di idrocar¬ buri. Boll. Soc. Geol. It., 93 (4). Ogniben L., 1969 - Schema introduttivo alla geologia del confine calabro-lucano Mem. Soc. Geol. It., 8 (4). Ogniben L., 1973 - Schema geologico della Calabria in base ai dati odierni. Geo¬ logica Romana, voi. XII. Ortolani F., 1975 - Fase tettonica mediopliocenica in Calabria: schema delle principali strutture originate. Boll. Soc. Natur. in Napoli, in corso di stampa. Perrone V., Torre M. & Zuppetta A., 1973 - Il miocene della catena costiera ca- labra. Primo contributo: zona Diamante-Bonifati- S. Agata D’Esaro (Co¬ senza). Riv. It. Paleont. Strat., 79 (1), Milano. Selli R., 1973 - An outline of thè Italian Messinian. In: Messinian events in thè Mediterranean. Kon. Ned. Akad. Wetensch., Amsterdam. Sturani C. & Sampó M., 1973 - Il Messiniano inferiore in facies diatomitica nel bacino terziario piemontese. Mem. Soc. Geol. It., 12 (3). Vezzani L., 1966 - Le sezione tortoniana di Perosa sul fiume Sinni presso Epi- scopia (Potenza). Geol. Romana, 5. Vf.zzani L., 1967 - Stratigrafia della sezione tortoniana di Oriolo (Cosenza). Geol. Romana, 6. I t I « Boll. Soc. Natur. in Napoli voi. 84, 1975, pp. 517-541, figg. 4, tav. I Fase tettonica mediopliocenica in Calabria: schema delle principali strutture originate Nota del socio Franco Ortolani (*) (Tornata del 23 dicembre 1975) Riassunto. La Calabria rappresenta un tratto della catena appenninica in cui affiorano prevalentemente unità metamorfiche che costituiscono una serie di falde sovrapposte messesi in posto tra il Mesozoico ed il Miocene superiore. Dopo la formazione della catena le fasi neotettoniche hanno dato origine in essa a vari blocchi che si sono distinti per una successiva evoluzione tettonica differente. Nel Messiniano superiore la Calabria viene suddivisa in quattro blocchi prin¬ cipali o di primo ordine: il graben della piana di Sibari, il blocco della Calabria centro-settentrionale, il graben di Catanzaro, il blocco della Calabria meridio¬ nale. Mentre il primo ed il terzo blocco non hanno subito successivamente modifiche importanti, il secondo ed il quarto blocco sono stati smembrati in altri blocchi longitudinali, o di secondo ordine, dalla fase tettonica medioplio¬ cenica. La Calabria centro-settentrionale è divisa in tre blocchi orientati NNW-SSE: la Catena costiera rappresenta un horst immergente ad W ; la valle del Grati costituisce un graben; il gruppo della Sila è un altro horst con immersione ad E. La Calabria meridionale è anch'essa divisa longitudinalmente in tre blocchi orientati NE-SW: Capo Vaticano è un horst immergente a NW; la valle del Me- sima-piana di Gioia rappresenta un graben; il gruppo delle Serre-Aspromonte costituisce un horst immergente a SE. I due blocchi di primo ordine descritti presentano quindi una struttura an¬ tiforme con un graben impostato lungo la zona di cerniera. In base a consi¬ derazioni fatte sulle unità sedimentarie plioceniche della Calabria e sulle ca¬ ratteristiche regionali della tettonica pliocenica si afferma che tale piegamento è stato determinato dalla fase tettonica mediopliocenica. II piegamento potrebbe essere stato provocato da resistenze incontrate, du¬ rante la traslazione, dal fronte della catena qui costituito prevalentemente dalle unità rigide metamorfiche. In seguito a tale piegamento mediopliocenico si sa- (*) Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università di Napoli. Lavoro ese¬ guito e pubblicato con il supporto finanziario del CNR, et. n. 74.00934.05. 518 F. Ortolani rebbero verificati gli importanti scivolamenti gravitativi di pacchi di sedimenti lungo le scarpate continentali tirreniche e ioniche messi in evidenza mediante prospezioni sismiche. Summary. — Many metamorphic units constituting Nappes which have placed one over thè other between thè Mesozoic and thè Upper Miocene outcrop in Calabria. After thè building of thè chain thè neotectonic has originated in it many blocks which furter on had a different tectonic evolution. In thè Upper Messinian Calabria has been subdivided into four main blocks: thè Sibari plain Graben, thè Centre-Northern Calabrian block, thè Catanzaro graben, thè Southern Calabria block. Later on thè First and Third block were not subjected to important modifications, thè Second and thè Fourth were subdivided into other longitudinal blocks by thè Middlepliocenic tectonic phase. Centre-Northern Calabria is subdivided into three blocks orientated NNW- SSE : thè Catena Costiera is a W merging Horst; thè Grati Valley is a Graben; thè Sila Group is an E merging Horst. Also Southern Calabria is longitudinally subdivided into three NE-SW orien¬ tated blocks: Capo Vaticano is a NW merging Horst; thè Mesima Valley-Gioia Plain is a Graben; thè Serre-Aspromonte Group is a SE merging Horst. The above mentioned main Calabrian blocks have therefore thè structure of an anticlyne with a Graben in thè hinge line zone. The folding of this two blocks have been caused by thè Middlepliocenic tectonic phase. The reason of this folding could have been thè compression originated in consequence of a resistance met by thè margine of thè chain during thè overthru- sting. In consequence of this Middlepliocenic folding of Calabrian units im¬ portant gravitative slidings of sediments happened along thè Continental Slopes of thè Thyrrenian and Ionian Seas. 1. Premessa In Calabria, come in tutto T Appennino, sono evidenti le strutture ori¬ ginatesi con le fasi tettoniche plioceniche e quaternarie; tali fasi hanno smembrato in varie parti la catena, realizzatasi prevalentemente con le fasi tettogenetiche mioceniche, influenzando in maniera determinante an¬ che la morfologia attuale \ 1 I dati che riguardano le unità metamorfiche e sedimentarie che costitui¬ scono il substrato dei depositi altomiocenici sono stati dedotti prevalentemente dai lavori dei ricercatori che operano nell’ambito del programma di studio sulla geologia dell’arco calabro-peloritano e da altre pubblicazioni citate. I dati strutturali esposti nella presente nota sono stati conseguiti con ri¬ cerche, condotte nelTambito del programma Geodinamica del CNR — tema di ricerca Messiniano — , tendenti a ricostruire l'evoluzione tettono-sedimentaria Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 519 Considerando le principali strutture recenti individuatesi dopo la co¬ struzione della catena, la Calabria (Fig. 1), esclusa la porzione più setten¬ trionale, può essere schematicamente suddivisa in quattro blocchi longi¬ tudinali più importanti o di primo ordine che sono, da N a S : 1) blocco della piana di Sibari; 2) blocco della Calabria centro-settentrionale; 3) blocco di Catanzaro; 4) blocco della Calabria meridionale (Fig. 2). Fig. 1. — Ubicazione dell’area studiata Tali blocchi vengono definiti di primo ordine perché si sono indivi¬ duati e differenziati, per la diversa evoluzione tettonica nell’ambito della catena, dopo la fase messiniana (Di Nocera, Ortolani & Torre, in corso di stampa). Il secondo ed il quarto blocco con la fase tettonica medioplio¬ cenica, come si dirà in seguito, si sono ulteriormente suddivisi longitu¬ dinalmente in altri blocchi; questi ultimi pertanto vengono definiti di se¬ condo ordine. Alcuni blocchi di secondo ordine, in seguito a fasi tettoniche quaternarie sono stati ancora smembrati in altri blocchi definiti di terzo ordine. Il primo blocco è un graben orientato NE-SW riempito prevalente¬ mente da depositi clastici di età compresa tra il Miocene ed il Quater¬ nario impostatosi lungo la linea di Sangineto; tale linea rappresenta una trascorrenza sinistra mediante la quale le unità prevalentemente meta¬ morfiche della Calabria si sono accavallate su quelle delFAppennino cam¬ pano-lucano. della Calabria durante il Miocene terminale; per ottenere tale risultato si ritiene che sia indispensabile riconoscere anche le fasi tettoniche che hanno interessato la Calabria prima e dopo il Messiniano e le strutture da esse generate. 520 F. Ortolani Il secondo blocco è un alto strutturale, costituito da tre blocchi di secondo ordine orientati all'incirca N-S; essi sono la Catena Costiera, la valle del Crati ed il gruppo della Sila. FiG. 2. — Schematizzazione dei blocchi di primo ordine individuatisi in Calabria nel Messiniano superiore. 1: graben della piana di Sibari; 2: blocco della Calabria centro-settentrionale; 3: graben di Catanzaro; 4: blocco della Calabria meridionale; A: linea di Sangineto. Il primo ed il terzo blocco con le fasi tettoniche successive non subiranno variazioni con¬ siderevoli; il secondo ed il quarto invece in seguito alla fase medio¬ pliocenica risulteranno suddivisi in tre blocchi longitudinali di secondo ordine. Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 521 Il terzo blocco è un graben orientato WNW-SSE e quindi trasversale alla catena come il primo blocco, riempito pure da sedimenti clastici di età compresa tra il Miocene ed il Quaternario. Il quarto blocco è un altro alto strutturale anch’esso costituito da tre blocchi di secondo ordine orientati SW-NE : Capo Vaticano, valle del Mesima-piana di Gioia, Serre-Aspromonte. I rapporti attuali tra unità sedimentarie dell'Appennino campano¬ lucano e unità metamorfiche della Calabria sembra che si siano originati con la fase tettonica tortoniana poiché i primi sedimenti che cicatrizzano la linea di Sangineto sono quelli del ciclo Tortoniano superiore-Messi- niano, come si evince dai lavori di Perrome, Torre & Zuppetta (1973) e di Di Nocera, Ortolani, Russo & Torre (1974). Tra i problemi strutturali che rendono interessante l’area calabra uno dei più importanti è l’accentuata curvatura della catena che si rea¬ lizza tra il graben della piana di Sibari e lo stretto di Messina con centro di curvatura nella zona del graben di Catanzaro. Tale piegamento oriz¬ zontale potrebbe essersi realizzato con le fasi tettogenetiche avvenute tra il Tortoniano ed il Pliocene, mentre cioè le unità metamorfiche della Ca¬ labria entravano a far parte della catena appenninica o dopo che i rap¬ porti attuali si erano originati. In questo lavoro si prendono in esame le strutture del secondo e quarto blocco che presentano tra loro forti analogie e costituiscono i principali elementi strutturali originati dalla fase tettonica medioplioce¬ nica; viene proposto uno schema di queste strutture recenti che interes¬ sano le varie unità sedimentarie e metamorfiche che costituiscono questo tratto di catena. 2. Assetto strutturale della Calabria centro-settentrionale La Calabria centro-settentrionale è costituita in gran parte dal se¬ condo blocco di primo ordine descritto in premessa. Tale blocco risulta delimitato a N dal graben della piana di Sibari e a S dal graben di Ca¬ tanzaro, ad W dalle faglie subverticali che determinano la linea di costa sprofondando bruscamente le unità affioranti verso il mare. Si ritiene margine orientale del blocco la linea passante all'incirca per Cropalati e Caccuri che marca ad E il limite delle unità che costituiscono il substrato dei depositi del Miocene superiore. Il lato più lungo del blocco è di circa 70 km ed è orientato NNW-SSE; il più corto misura circa 60 km. Non si conosce lo spessore del blocco; 34 522 F. Ortolani solo lungo il margine orientale si ha una indicazione fornita da un son¬ daggio per ricerca di idrocarburi secondo cui lo spessore sarebbe di circa 3000 metri. Considerando che si tratta del margine orientale del blocco, sovrascorso su evaporiti messiniane, lo spessore nella parte centrale ed occidentale, cioè nel corpo della catena, dovrebbe essere maggiore. Questo blocco di primo ordine è diviso, come già detto, in senso lon¬ gitudinale in tre blocchi di secondo ordine orientati NNW-SSE; di seguito vengono descritte la struttura e la giacitura di tali blocchi cominciando da quello occidentale. 2.1. Catena costiera Rappresenta il blocco di secondo ordine occidentale, ben marcato dalla valle dell’Esaro a N fino all’altezza del Monte Cocuzzo a S per una lunghezza di circa 40 km; la larghezza media è di circa 10 km. Struttu¬ ralmente esso comunque continua verso S fino al graben di Catanzaro. 2.1.1. Struttura Il blocco è costituito da una serie di falde sovrapposte e da una copertura sedimentaria post-tettogenetica del Miocene superiore. L’unità tettonica più bassa affiorante è data da depositi carbonatici; essa viene a giorno in alcune finestre tettoniche a Cetraro, Guardia Piemontese, al Monte Cocuzzo, nei dintorni di Amantea, a Grimaldi e ai Bagni di Caronte. Seguono varie unità metamorfiche ricoperte dall’unità geometrica più alta rappresentata dall’unità dioritico-kinzigitica (Dietrich & Scandone, 1972; Colonna & Piccarreta, 1975). Nella parte meridionale del blocco al di sopra di tutte le unità menzionate se ne riscontra un’altra, l'unità Stilo di Hieke Merlin et alii (1975) o unità granitica di Colonna & Piccareta (1975) messasi in posto con la fase tortoniana e affiorante più diffusamente nel versante orientale delle Serre. L’assetto descritto è stato raggiunto con fasi tetto¬ genetiche iniziate nel Mesozoico e conclusesi nel Miocene. In trasgressione discordante su tutte queste unità si trovano depositi clastici ed evaporitici del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano (Perrone, Torre & Zuppetta, 1973; Di Nocera, Ortolani, Russo & Torre, 1974; Di Nocera, Ortolani & Torre, in preparazione). Al largo di Paola, mediante prospezioni sismiche a riflessione è stata ricostruita la seguente successione stratigrafica (Selli, 1974) dal basso in Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 523 alto, della porzione ribassata in mare del blocco della Catena costiera: substrato metamorfico (unità sismica C); trasgressione probabile del Mio¬ cene inferiore (z—z); Miocene medio ed inferiore (?) (unità sismica Bi); top delle evaporiti (y—y); Messiniano superiore, Pliocene inferiore e Plio¬ cene medio basale (unità sismica B2 ); trasgressione del Pliocene medio (x—x); successione continua dalla parte alta del Pliocene medio fino all’at¬ tuale (unità sismica A). È stato messo in evidenza un importante scolla¬ mento gravitativo che interessa le unità sismiche Bi e B2 ed è invece fos¬ silizzato dall’unità A; tale fenomeno quindi sarebbe avvenuto nel Pliocene medio e sarebbe da mettere in relazione con lo sprofondamento dell’area tirrenica (Selli, 1974). La superficie (z — z) ritenuta da Selli la superficie di trasgressione del Miocene inferiore è da considerare, molto probabilmente, la super¬ ficie di trasgressione alla base dei depositi del ciclo Tortoniano superiore- Messiniano che sono gii unici ad affiorare diffusamente al di sopra delle unità metamorfiche in Calabria. L’unità sismica B i potrebbe essere cor¬ relata con l’unità A di Di Nocera, Ortolani, Russo & Torre (1974) costi¬ tuita dai terreni di età compresa tra il Tortoniano superiore ed il Mes¬ siniano. Del resto l'unico campione fossilifero dragato da Selli nei sedi¬ menti dell'unità B , ha rivelato un'età Tortoniano superiore. 2.1.2. Giacitura Il blocco risulta delimitato ad W dalle faglie dirette che ribassano verso mare le unità affioranti mentre ad E è delimitato da una serie di faglie dirette subverticali e parallele tra loro di cui le principali sono la faglia S. Marco Argentano - Bucita e la faglia Torano Castello - Cerisano (Fig. 3). Queste ultime faglie ribassano a gradinata nella valle del Grati le unità metamorfiche e la loro copertura sedimentaria altomiocenica; il rigetto verticale complessivo può variare da 500 m nella parte meri¬ dionale del graben, a 800 m circa in quella settentrionale. I depositi del Miocene superiore hanno una giacitura suborizzontale nella parte orientale del blocco mentre nella parte occidentale assumono una giacitura monoclinalica con immersione verso il Mar Tirreno ed una inclinazione che può raggiungere i 40 gradi. Anche le superfici tettoniche che separano le varie unità metamorfiche hanno una giacitura abbastanza conforme a quella dei sedimenti altomiocenici. II blocco della Catena costiera quindi, nel tratto compreso tra la valle dell'Esaro ed il Monte Cocuzze, ha una giacitura monoclinalica con dire- VALLE 524 F. Ortolani o fi f3 9 t fi c/5 O fi fi XS V) * cd ir $ Sh fi fa fi 2 Vi fi u 2 fi fi c/5 fi £ C/3 .2 4-» 4-» .2 cd fi ’j_i fi 'fi fi o fi u fi cd o a _fi o fi a fi fi -fi fi fi fi btì 'fi fi fi .2 > C/5 Vi o "c .2 S-4 fi fi fi ’c "3b fi > 4-1 fi fi .2 fi O a C/D fi a fi cd fi O £ Fase tettonica me dio pliocenica in Calabria 525 Fig. 4. — Schema tettonico della valle del fiume Grati (I) e della valle del fiume Mesima (II). Blocchi di secondo ordine - A: Catena costiera; B: valle del Grati (Bp blocco di terzo ordine di Lattarico ; B2: blocco di terzo ordine di Cosenza) ; C : gruppo della Sila; D : Capo Vaticano; E: valle del fiume Mesima; F : Serre. 1 : unità metamorfiche e sedimentarie che costituiscono il substrato dei depositi post-tettogenetici; 2: sedi¬ menti del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano ; 3: sedimenti del Pliocene inferiore; 4: sedimenti del Pliocene medio; 5: sedimenti del Quaternario; a: faglia S. Marco Argentano-Bucita ; b: faglia Torano Castello-Cerisano ; c: faglia Bisignano-Zumpano ; d: faglia Vibo Va- lentia-Nicotera; e: faglia Soriano-Laureana; f: faglia Arena-Galatro. 526 F. Ortolani zione NNW-SSE ed immersione verso il Mar Tirreno; l'inclinazione au¬ menta da E verso W (Fig. 4). Le stesse unità metamorfiche e sedimentarie continuano ad affiorare con una giacitura simile anche a N dell'Esaro e a S del Monte Cocuzzo fino al graben di Catanzaro, dove però il blocco non è più ben distinto dal contiguo blocco della valle del Grati. 2.2. Valle del Grati Costituisce il blocco di secondo ordine centrale, ben evidente dalla piana di Sibari fino a S di Cosenza per una lunghezza di oltre 40 km; la larghezza è di circa 13 km nella parte settentrionale e di circa 8 in quella meridionale. Il blocco risulta diviso a sua volta in senso longitu¬ dinale in due blocchi di terzo ordine e cioè il blocco di Lattarico ad W ed il blocco di Cosenza ad E. 2.2.1. Struttura Lungo tutta la valle affiorano prevalentemente depositi di età com¬ presa tra il Miocene superiore ed il Quaternario poggianti sull’unità dio- ritico-kinzigitica. I rapporti tra le varie unità, piuttosto complessi, possono così essere schematizzati. Sul substrato metamorfico poggiano in discor¬ danza i depositi del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano costituiti da conglomerati, arenarie, marne, argille ed evaporiti; in discordanza ango¬ lare su questi ultimi si hanno peliti del Pliocene inferiore (Di Nocera, Nardi, Ortolani & Torre, 1974). In trasgressione discordante su tutti i ter¬ mini precedenti si trovano sabbie ed argille del Pliocene medio affioranti all’estremità occidentale del blocco di Lattarico con giacitura monoclina- lica ed immersione ad W. In discordanza su tutte le unità prima descritte o poggianti direttamente sul substrato si hanno depositi conglomeratici, sabbiosi ed argillosi del Quaternario con giacitura sinforme e tendenti a raccordarsi con i blocchi rialzati della Catena costiera ad W e della Sila ad E. Le varie discordanze angolari esistenti tra le unità sedimentarie testimoniano altrettante fasi tettoniche che hanno contribuito a raggiun¬ gere l’assetto attuale. I terreni più recenti che in genere non sono interessati dalle faglie marginali al blocco e che si raccordano con gli alti strutturali laterali, sono di età quaternaria. I terreni più recenti interessati da rotazioni sono Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 527 quelli del Pliocene medio affioranti nei dintorni di S. Martino di Finita (Fig. 4). L’individuazione principale della struttura come profondo graben dovrebbe essere avvenuta quindi tra il Pliocene medio ed il Quaternario. 2.2.2. Giacitura Il blocco è delimitato ad W dalle faglie dirette S. Marco Argentano- Bucita e Torano Castello-Cerisano e ad E dalla faglia Bisignano-Zumpano; Tutte queste faglie sono orientate NNW-SSE (v. Fig. 4). Le faglie citate rialzano rispettivamente i blocchi della Catena costiera e delia Sila por¬ tando i depositi del Miocene superiore ad un’altezza di circa 1000 metri (v. Fig. 3). La valle del Grati rappresenta quindi un profondo graben delimitato ad W dall’horst della Catena costiera e ad E dall’horst della Sila. La faglia S. Marco Argentano-Bucita continua verso N fino a S. Do¬ nato di Ninea con orientamento NW-SE delimitando ad W la Catena co¬ stiera dal graben della piana di Sibari. La faglia Torano Castello-Cerisano divide il blocco della valle del Grati nei due blocchi di terzo ordine di Lattarico e Cosenza (v. Fig. 4). Le unità sedimentarie piegate del blocco di Lattarico (cioè i depositi pre-quaternari) costituiscono una monoclinale con immersione verso W: lungo il bordo orientale infatti affiora il substrato metamorfico mentre lungo il bordo occidentale si trovano via via i ter¬ reni del Miocene superiore, del Pliocene inferiore ed infine quelli del Plio¬ cene medio che hanno una immersione verso W ed una inclinazione media di circa 8-10 gradi (v. Fig. 4). Il blocco di Cosenza nella parte settentrio¬ nale è completamente riempito dai terreni quaternari che fossilizzano la faglia orientale Bisignano-Zumpano mentre localmente sono dislocati dalla faglia occidentale. Nel tratto meridionale della struttura sono presenti faglie dirette con orientamento all'incirca W-E che rialzano a gradinata verso S i depositi del miocene superiore ed il substrato metamorfico. A S di Cerisano quindi il graben della valle del Grati tende a scomparire confondendosi con le strutture laterali. 2.3. Sila È il terzo blocco di secondo ordine della Calabria centro-settentrio¬ nale; esso è nettamente distinto dalle altre strutture prima descritte, dal graben della piana di Sibari a N fino alla linea Monte Cocuzzo-fiume Neto I 528 F. Ortolani Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 529 o g Cd Q co V O o) H & u rfi cfi 2 "S pQ «5 -pi i co cd O o a Cd ^ Tfi _ 5-i O o -a 2 > fi 'fi 5-i O a fi o £ 2 13' 3 T3 .-fi g I fi d (U fi cu fi fi C/D fi .2 o a fi cd cd g a S S fi r5 fi N O o -fi cd fi Ti SP CU 'co a ® .2 •• 'C u barie; h: Capo Vaticano-Mammola ; i: Bagnara-Bovalino); 4, 5, 6: giacitura dei blocchi di secondo ordine (rispettiva¬ mente inclinati fino a 40 gradi, inclinati fino a 10 gradi, suborizzontali); 7: scivolamenti gravitativi lungo le scarpate continentali avvenuti nel Pliocene medio; 8: traccia di sezione. Tav. I. — Schema delle principali strutture plioceniche e quaternarie della Calabria. 1: unità metamorfiche e sedimentarie che costituiscono il substrato dei depositi post-tettogenetici; 2: depositi di età compresa tra il Tortoniano supe¬ riore ed il Quaternario in discordanza su 1; 3: faglie (a: S. Marco Argentano-Bucita ; b: Torano Castello-Cerisano ; c: Bisignano-Zumpano ; d: Vibo Valentia-Nicotera; e: Soriano-Laureana ; f: Arena-Galatro; g: Cinquefrondi-Gam- barie; h: Capo Vaticano-Mammola; i: Bagnara-Bovalino); 4, 5, 6: giacitura dei blocchi di secondo ordine (rispettiva¬ mente inclinati fino a 40 gradi, inclinati fino a 10 gradi, suborizzontali); 7: scivolamenti gravitativi lungo le scarpate continentali avvenuti nel Pliocene medio; 8: traccia di sezione. § 530 F. Ortolani a S. A S di tale linea i tre blocchi di secondo ordine non sono più chia¬ ramente distinguibili 2.3.1. Struttura Gli studi sulle unità della Sila sono ancora in corso di svolgimento da parte dei ricercatori che operano nel programma coordinato sull'arco calabro-peloritano per cui la struttura di questo blocco non è ancora at¬ tualmente ben definita. Le unità tettoniche più basse affiorano lungo i margini settentrionale, occidentale e meridionale (Bonardi, Perrone & Zup- petta, 1974; Colonna & Piccarreta, 1975); quelle geometricamente più alte invece si trovano lungo il bordo orientale e sud-orientale. In trasgressione discordante sulle unità prevalentemente metamorfiche poggiano, lungo la parte orientale del blocco, i depositi conglomeratici, arenacei, argillosi ed evaporitici del Miocene superiore. 2.3.2. Giacitura I terreni del Miocene superiore che affiorano nei dintorni di S. Gio¬ vanni in fiore, nella posizione cioè più occidentale, hanno una giacitura suborizzontale; più ed E essi assumono una giacitura monoclinalica con immersione verso lo Ionio ed una inclinazione media di circa 20 gradi. Il blocco della Sila quindi schematicamente si può considerare una mo- noclinale con immersione verso lo Ionio e inclinazione che aumenta da W verso E (Tav. I); esso risulta delimitato a N dal graben della piana di Sibari, ad W dal graben della valle del Grati — ribassato mediante la faglia Bisignano-Zumpano e a S dal graben di Catanzaro. Il blocco conserva la giacitura monoclinalica, con immersione ad E, anche a S della linea Monte Cocuzzo-fiume Neto dove la struttura non è più distinta ad W dal graben della valle del Grati. 3. Assetto strutturale della Calabria meridionale La Calabria meridionale costituisce il quarto blocco di primo ordine secondo la suddivisione strutturale fatta in precedenza. A N è delimitata dal graben di Catanzaro, importante struttura tra¬ sversale alla catena impostatasi nella zona in cui si congiungono il se- Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 531 condo ed il quarto blocco di primo ordine. Questi ultimi hanno un orien¬ tamento rispettivamente NNW-SSE e NE-SW. Il graben di Catanzaro si è individuato quindi proprio nell'area in cui avviene il cambiamento di orientamento. Il quarto blocco a S è delimitato dallo stretto di Messina. Il lato maggiore del blocco, orientato NE-SW, è lungo circa 115 km; quello minore circa 60 km nel punto più largo e circa 35 in media. Non si hanno dati sullo spessore. Il lato orientale è piuttosto rettilineo mentre quello occidentale è abbastanza articolato a causa di una vigorosa tettonica qua¬ ternaria che ha variamente smembrato il blocco con faglie longitudinali e trasversali. Dove il blocco si presenta ancora integro, cioè nella parte settentrio¬ nale, è possibile riconoscere che anch'esso, come il secondo blocco di primo ordine già descritto, è suddiviso in tre blocchi di secondo ordine in senso longitudinale alla catena, e precisamente da W verso E: blocco di Capo Vaticano, blocco della valle del Mesima-piana di Gioia, blocco delle Serre-Aspromonte. 3.1. Capo Vaticano È il blocco occidentale di secondo ordine delimitato ad W e a S dal mar Tirreno e ad E dalla valle del fiume Mesima; è ben evidente da Vibo Valentia fino a Nicotera per una lunghezza di circa 25 km ed una lar¬ ghezza massima di circa 15 km. Il blocco è abbastanza piatto ed inciso dalle profonde valli dei torrenti che si gettano nel mar Tirreno. 3.1.1. Struttura Il blocco è costituito da terreni metamorfici con una copertura se¬ dimentaria del Miocene superiore e del Pliocene inferiore (Nicotera, 1959). Gli studi sulle unità metamorfiche non sono ancora ultimati per cui la struttura di tali unità non è tuttora ben definita. In discordanza an¬ golare su queste ultime si trovano i depositi conglomeratici, arenacei, calcarei ed evaporitici del Miocene superiore che costituiscono monoclinali regolari immergenti in genere verso NE e di solito debolmente inclinate. Lo spessore di questi depositi può variare da circa 200 metri a poche de¬ cine di metri. In discordanza angolare sui terreni del Miocene superiore e direttamente sul substrato metamorfico si trovano sedimenti pelitici del Pliocene inferiore nella tipica facies « trubi ». Secondo Selli & Fabbri (1973) sul substrato metamorfico rappresen¬ tante la continuazione verso SW del blocco di Capo Vaticano ribassato 532 F. Ortolani nel Golfo di Gioia poggia una successione sedimentaria in cui si possono riconoscere diverse unità sismiche separate da superfici di discontinuità. Dal basso in alto si avrebbe: substrato premiocenico metamorfico (unità sismica C); superficie di trasgressione (z — z); depositi del Miocene infe¬ riore medio (?) (sub-unità sismica Bx) a luoghi delimitati a tetto dalle eva¬ poriti (y—y) e a luoghi, verso il largo, in continuità fino al Pliocene in¬ feriore e alla parte più bassa del Pliocene medio (sub-unità sismica B ); di nuovo sedimenti di età compresa tra il Miocene e la parte bassa del Pliocene medio (sub-unità sismica Bz); superficie di trasgressione discor¬ dante (x—x); successione continua dalla parte più alta del Pliocene medio fino all’attuale (unità sismica A). La sub-unità sismica Bx di Selli & Fabbri (1973) può essere correlata con i depositi del ciclo Tortoniano superiore-Messiniano affioranti nella zona di Capo Vaticano e ai bordi della piana di Gioia, delimitati a tetto dal calcare evaporitico; la sub-unità sismica Bz potrebbe comprendere una massa di sedimenti scivolati gravitativamente da E verso W, durante il Pliocene medio, poiché comprende depositi della parte bassa del Plio¬ cene medio ed è ricoperta in discordanza dai terreni della parte alta del Pliocene medio stesso e del Quaternario. Questo scivolamento gravitativo potrebbe essere correlato quindi con quello riscontrato al largo di Paola (Selli, 1974). Il blocco è delimitato a SE dalla faglia Vibo Valentia-Nicotera orien¬ tata NE-SW che disloca i depositi del Pliocene inferiore ma non quelli del Quaternario che la fossilizzano; il margine sud-occidentale è dato dalla faglia recente Capo Vaticano-Nicotera orientata NW-SE che ribassa nel golfo di Gioia tutte le unità affioranti interrompendo quindi apparente¬ mente la continuità fisica di questo blocco occidentale di secondo ordine (v. Tav. I). I terreni metamorfici presentano una superficie praticamente peneplanata immergente generalmente verso NW con inclinazione di pochi gradi; tale giacitura hanno anche i depositi del Miocene superiore e del Pliocene inferiore. Il blocco di Capo Vaticano rappresenta quindi una monoclinale immergente verso NW con una debole inclinazione (v. Tav. I). I rilievi sismici hanno messo in evidenza che anche la parte ribassata del blocco ha una giacitura monoclinalica con immersione verso NW. 3.2. Valle del Mesima-piana di Gioia Rappresenta il blocco centrale di secondo ordine; è orientato NE-SW e risulta suddiviso trasversalmente dalla faglia Capo V aticano-Mammola Fase tettonica me dio pliocenica in Calabria 533 in due blocchi di terzo ordine, il blocco della valle del fiume Mesima ed il blocco della piana di Gioia (v. Tav. I). La valle del Mesima, deli¬ mitata ad W dal blocco di Capo Vaticano e ad E dal blocco delle Serre, è larga circa 13 km e lunga circa 25 km. La piana di Gioia ad W, nella parte settentrionale, è bordata dal mare mentre in quella meridionale è circoscritta dal blocco di Palmi-Bagnara; ad E è delimitata dal blocco Serre-Aspromonte. 3 .2.1. Struttura Lungo i margini del blocco, orientato NE-SW, si trovano piccoli af¬ fioramenti di sedimenti del Miocene superiore e del Pliocene inferiore; la valle del Mesima è interamente riempita da depositi conglomeratici, sabbiosi ed argillosi del quaternario, in giacitura sinforme, che si raccor¬ dano con i fianchi dei blocchi laterali rialzati. La piana di Gioia inizia a S della faglia Capo Vaticano-Mammola -- faglia che determina verso S un allargamento del blocco — ed è ricoperta da depositi recenti alluvio¬ nali. Il blocco è ben evidente per una lunghezza di circa 50 km e scom¬ pare, come struttura ben distinta, verso S probabilmente a causa di faglie trasversali che rialzano il substrato metamorfico. 3.2.2. Giacitura La valle del Mesima è delimitata ad W dalla faglia Vibo Valentia- Nicotera che rialza il blocco di Capo Vaticano e a SE da due faglie prin¬ cipali parallele tra loro, la Soriano-Laureana e la Arena-Galatro, orientate NE-SW (v. Fig. 3), che rialzano il blocco delle Serre. La valle del Mesima costituisce quindi un graben delimitato a NW dalPhorst di Capo Vaticano e a SE daH'horst delle Serre (v. Fig. 5). La piana di Gioia risulta delimitata a N dalla faglia Capo Vaticano- Mammola orientata NW-SE; ad E dalla faglia Cinquefrondi-Gambarie, orientata NE-SW e rappresentante la prosecuzione della faglia Arena- Galatro, e a S dalla faglia Bagnara-Bovalino orientata NW-SE; ad W dalla faglia Palmi-Bagnara (v. Fig. 4). Quest’ultima faglia è una faglia diretta quaternaria e non una para¬ ferà (prolungamento della faglia Comiso-Messina) che continua verso NE con la linea Nicotera-Vibo Valentia come prospettato da Ogniben (1969); del resto già D'Amico et alii (1974) hanno dimostrato che tale linea non è una faglia trascorrente. 534 F. Ortolani Le faglie che delimitano ad E il blocco — già riconosciute, almeno nel tratto meridionale, da Lembke (1931) e da Lucini (1956) — hanno un rigetto verticale maggiore di quello della faglia Vibo Valentia-Nicotera; esse infatti rialzano le peliti del Pliocene inferiore fino ad una altezza di circa 1000 metri nella zona di Piani di Limina. Il substrato metamor¬ fico della valle del Mesima immerge verso SW; quello della piana di Gioia verso NW. 3.3. Serre-Aspromonte Costituiscono il blocco orientale di secondo ordine. Esso, tra i blocchi della Calabria meridionale, è quello che presenta la lunghezza maggiore (circa 115 km); la larghezza varia da un minimo di circa 18 km ad un massimo di circa 30 km 3.3.1. Struttura Gli studi in corso da parte dei ricercatori che operano nel programma di ricerca sull'arco calabro-peloritano hanno messo in evidenza che la struttura di questo blocco è abbastanza simile a quella della Calabria centro-settentrionale. Nelle Serre infatti sono state riconosciute varie unità tettoniche metamorfiche sovrapposte ricoperte dall'unità Stilo (Hieke Mer¬ lin et alii, 1975). In trasgressione discordante su tutte le unità si trovano depositi conglomeratici, arenacei ed evaporitici del Miocene superiore; in discordanza su questi ultimi si hanno sedimenti del Pliocene inferiore e medio. Infine in discordanza su tutti i termini precedenti si trovano peliti del Calabriano, mancando, lungo il versante orientale delle Serre, il Pliocene superiore (Greco, Ruggieri & Sprovieri, 1974). Anche lungo la scarpata continentale ad E delle Serre, mediante pro¬ spezioni sismiche a riflessione, sono state riscontrate grosse frane sotto¬ marine poggianti al di sopra delle evaporiti messiniane e ricoperte da se¬ dimenti indisturbati (Selli, 1974); tali franamenti potrebbero essere cor¬ relati con quelli presenti nel bacino di Gioia e di Paola nel mar Tirreno. 3.3.2. Giacitura I sedimenti altomiocenici e del Pliocene inferiore affioranti nella zona dei Piani di Limina hanno una giacitura suborizzontale mentre quelli che si trovano lungo il margine orientale del blocco hanno una giacitura mo- Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 535 noclinalica con immersione verso SE. Si può considerare quindi che il blocco costituisce una monoclinale immergente verso SE, con inclnazione via via maggiore da W verso E, delimitata a NW dalle faglie dirette che ribassano il graben della valle del Mesima-piana di Gioia (v. Fig. 3). 4. Piegamento dei blocchi Il blocco della Calabria centro-settentrionale risulta quindi suddiviso in senso longitudinale in tre blocchi di secondo ordine che, come già detto, hanno giacitura variabile da W ad E: il blocco occidentale (Catena costiera) è un horst con giacitura monoclinalica immergente ad W e in¬ clinazione che aumenta da E ad W; il blocco centrale (valle del Grati) è un profondo graben; il blocco orientale è un horst con giacitura mono¬ clinalica, immersione ad E e inclinazione che aumenta da W ad E (v. Fig. 3). La struttura generale della Calabria centro-settentrionale, sche¬ maticamente, può essere considerata una struttura antiforme orientata NNW-SSE con un graben impostatosi lungo la zona di cerniera (v. Fig. 4). Anche il blocco della Calabria meridionale, come è possibile consta¬ tare nella sua parte settentrionale, risulta suddiviso longitudinalmente in tre blocchi di secondo ordine: il blocco occidentale (Capo Vaticano) è un horst meno accentuato della Catena costiera, con giacitura monocli¬ nalica, immersione verso NW e inclinazione di pochi gradi; il blocco cen¬ trale (valle del Mesima-piana di Gioia) è un graben diviso in senso tra¬ sversale dalla faglia Capo Vaticano-Mammola; il blocco orientale (Serre- Aspromonte) è un horst con giacitura monoclinalica, immersione a SE e inclinazione via via maggiore da W verso E (v. Fig. 3). La struttura del blocco della Calabria meridionale, almeno nella porzione settentrionale, può essere considerata, pure schematicamente, una struttura antiforme orientata NE-SW con un graben lungo la zona di cerniera (v. Fig. 4). Tale struttura generale a S della faglia trasversale al blocco Capo Vaticano- Mammola — che allo stato attuale non si può escludere abbia anche una componente di trascorrenza sinistra — non è più completamente con¬ servata in affioramento perché tale faglia interrompe verso SW la con¬ tinuità del blocco occidentale. Il blocco della Calabria centro-settentrionale ed il blocco della Cala¬ bria meridionale hanno quindi una struttura antiforme generale molto simile ma con orientamenti differenti; le strutture infatti sono orientate rispettivamente NNW-SSE e NE-SW. Il cambiamento di orientamento delle strutture avviene, come già detto, nella zona del graben di Catanzaro. 536 F. Ortolani Si fa notare che la catena conserva una struttura antiforme con orien¬ tamento NW-SE anche a N del graben della piana di Sibari fino all’in- circa all'altezza della linea del fiume Lao. I dati finora conseguiti mediante lo studio delle successioni sedimen¬ tarie di età Tortoniano superiore-Messiniano che ricoprono in discordanza le unità prevalentemente metamorfiche della Calabria hanno permesso di riconoscere che gran parte dell'area in oggetto al momento della tra¬ sgressione altomiocenica doveva presentare una superficie quasi penepla- nata. Le deformazioni di cui si è trattato in precedenza devono essere avvenute quindi dopo la deposizione dei sedimenti messiniani (Di Nocera, Ortolani & Torre, in preparazione). 5. Età della fase tettonica che ha provocato il piegamento La faglie principali che determinano la struttura antiforme del blocco della Calabria centro-settentrionale sono la S. Marco Argentano-Bucita, la Marano Marchesato-Cerisano e la Bisignano-Zumpano. I primi sedimenti che fossilizzano tali faglie sono di età quaternaria; i depositi più recenti dislocati e ruotati sono di età Pliocene medio. La struttura antiforme della Calabria centro-settentrionale si è per¬ tanto originata in maniera determinante tra il Pliocene medio ed il Qua¬ ternario e molto probabilmente nel Pliocene medio stesso, come si dirà in seguito. Le fasi quaternarie hanno successivamente riattivato localmente le faglie plioceniche provocando spostamenti verticali anche notevoli che hanno a volte obliterato le strutture precedenti come ad esempio nella parte meridionale della valle del Grati. La struttura antiforme del blocco della Calabria meridionale è deter¬ minata dalle faglie principali Vibo Valentia-Nicotera, Arena-Galatro e Cin- quefrondi-Gambarie, tutte orientate NE-SW. Tali faglie sono fossilizzate dai sedimenti dì età quaternaria; i depositi più recenti dislocati e ruotati sono di età Pliocene inferiore. La struttura antiforme si è individuata pertanto tra il Pliocene infe¬ riore ed il Quaternario. Anche queste faglie durante le fasi quaternarie si sono riattivate pro¬ vocando spostamenti verticali differenziali specie nella parte meridionale del blocco; in particolare faglie trasversali e longitudinali, come la Capo Vaticano-Mammola e la Laureana-Bagnara, hanno determinato una fram¬ mentazione dei blocchi di secondo ordine e la scomparsa del graben cen¬ trale a S della linea Bagnara-Bovalino. Fase tettonica medio pliocenica in Calabria 537 Per determinare meglio l'età della fase tettonica si fa notare che lungo il margine orientale della Sila si rinviene il Pliocene superiore trasgres¬ sivo in discordanza su vari termini del Miocene superiore e del Pliocene (Qgniben, 1973). Sul bordo ionico delle Serre si ha una discordanza an¬ golare tra Calabriano e Pliocene medio (Greco, Ruggieri & Sprovieri, 1974). In queste zone quindi si hanno testimonianze di una fase tettonica av¬ venuta tra il Pliocene medio ed il superiore. I dati ottenuti con le ricerche sismiche a riflessione lungo le fasce costiere della Calabria hanno messo in evidenza una discordanza angolare tra i depositi della parte bassa e quelli della parte alta del Pliocene me¬ dio; in questo stesso periodo di tempo sono inoltre avvenuti gli impor¬ tanti scivolamenti gravitativi lungo la scarpata continentale (Selli & Fab¬ bri, 1973; Selli, 1974). È testimoniata quindi una fase tettonica avvenuta nel Pliocene medio. Al di fuori della Calabria, in tutto l’Appennino meridionale dalla Maiella fino al golfo di Taranto, è testimoniata una importante fase tet¬ tonica traslativa avvenuta nel Pliocene medio che ha provocato uno spo¬ stamento della catena in toto verso l'esterno ed ha dato origine ad una serie di strutture plicative nelle unità della catena stessa; tale fase ha inoltre originato importanti strutture trasversali alla catena come faglie trascorrenti in Irpinia (Ortolani, 1974). Si ritiene pertanto che i dati esposti permettano di correlare la fase tettonica che ha generato le strutture prima descritte in Calabria — in particolare la frammentazione dei blocchi di primo ordine, già individuati nel Messiniano superiore, in blocchi longitudinali di secondo ordine e la rotazione di questi ultimi — con la fase tettonica generale avvenuta nel Pliocene medio e manifestatasi a scala regionale nell'Appennino meri¬ dionale. Le fasi quaternarie hanno poi sollevato la catena in toto — natural¬ mente riattivando le importanti linee di frattura plioceniche e provocando spostamenti differenziali dei blocchi di secondo ordine — originando nuove faglie longitudinali e trasversali ai blocchi. Tali faglie pertanto smembrando in parte i blocchi originari in altri blocchi di terzo ordine, specie con le faglie del versante tirrenico e della valle del Grati, hanno ancora modificato in parte le strutture precedenti. 6. Cause del piegamento Allo stato attuale si possono avanzare due ipotesi sulle cause che hanno generato la struttura antiforme dei due blocchi presi in esame. 55 538 F. Ortolani Tale struttura infatti potrebbe essere stata originata da due diversi tipi di tettonica; una tettonica distensiva oppure compressiva. Una tettonica di tipo distensivo — connessa eventualmente allo spro¬ fondamento pliocenico dei margini tirrenico e ionico nelTambito del ge¬ nerale affossamento delle aree marine — potrebbe essersi esplicata con una serie di faglie dirette nel substrato cristallino al di sotto della catena. Tali faglie ribassando gradatamente il substrato verso il Tirreno e verso 10 Ionio potrebbero avere provocato un accenno di inarcamento nelle unità rigide della catena in seguito alTadattamento al nuovo assetto pro¬ fondo. L'inarcamento si sarebbe realizzato mediante la rotazione dei blocchi di secondo ordine occidentale ed orientale, rispettivamente in senso anti¬ orario ed orario, lungo le superfici delle faglie delimitanti i blocchi cen¬ trali di secondo ordine che si individuavano così come graben. Le unità sedimentarie e metamorfiche della catena in tale ipotesi si sarebbero sem¬ plicemente adattate alle deformazioni del sottostante zoccolo cristallino. Nell’ipotesi che il piegamento dei blocchi in esame sia stato provo¬ cato da una fase tettonica di tipo compressivo, connessa al generale spo¬ stamento in toto della catena verso zone più esterne, si può ammettere che la struttura antiforme si sia originata a causa di forti resistenze, in¬ contrate dal fronte delle unità rigide di questo tratto di Appennino, che hanno costretto le unità stesse ad inarcarsi. Durante questo piegamento del fronte della catena possono essersi individuati i graben centrali nelle zone di cerniera dei blocchi; tali graben risultano infatti allungati in di¬ rezione normale a quella degli spostamenti probabili, avvenuti verso E per 11 blocco della Calabria centro-settentrionale e verso SE per il blocco della Calabria meridionale, e quindi normali agli sforzi compressivi mag¬ giori. Allo stato attuale sembra più accettabile questa seconda ipotesi che permetterebbe tra l’altro di inquadrare la fase pliocenica della Calabria nell’ambito della fase tettogenetica del Pliocene medio, testimoniata in gran parte della catena appenninica, che nell'Italia meridionale ha dato luogo a traslazioni orizzontali di circa 20-30 km. Si fa presente che le prospezioni sismiche a riflessione effettuate nel mar Ionio, ad E della Calabria, hanno messo in evidenza importanti strut¬ ture da compressione avvenute anche in quest’area dopo la deposizione delle evaporiti messiniane (Finetti & Morelli, 1973); una parte di queste strutture potrebbe quindi essersi originata proprio in seguito alla trasla¬ zione mediopliocenica della catena. La fase tettogenetica mediopliocenica sembra essere stata provocata dagli ultimi importanti fenomeni crostali che nei domini paleogeografico- Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 539 strutturali esterni delFAppennino hanno cominciato a manifestarsi nel Mio¬ cene inferiore. Nel Pliocene medio si è praticamente concluso, relativamente all’area appenninica, ravvicinamento reciproco tra le masse continentali africana ed europea realizzatosi con probabile ulteriore sottoscorrimento di parte della crosta appartenente alla prima zolla al di sotto della seconda. La catena appenninica — formatasi con numerose fasi tettogenetiche corrispondenti ad altrettanti momenti di avvicinamento tra le zolle con¬ tinentali rappresenta quindi l’effetto superficiale di questi importanti fenomeni crostali. Fasi tettoniche successive di tipo distensivo hanno spostato vertical¬ mente la catena in toto smembrando, come già detto, i blocchi riattivando parzialmente faglie precedenti. 7. Rapporti tra piegamento dei blocchi e scivolamenti gravitativi lungo le SCARPATE CONTINENTALI TIRRENICA E IONICA Le prospezioni sismiche a riflessione effettuate dal Laboratorio di Geologia Marina di Bologna lungo le coste tirreniche e ioniche della Ca¬ labria (Selli & Fabbri, 1973; Selli, 1974) hanno messo in evidenza che in particolare nei tratti antistanti Paola e Gioia Tauro nel mar Tirreno sono avvenuti — in un periodo di tempo compreso tra la parte bassa e la parte alta del Pliocene medio — importanti fenomeni di scivolamento gravita- tivo, da E verso W, interessanti potenti pacchi di sedimenti. Nel bacino di Paola lo spessore dei sedimenti scivolati va da un massimo di 800 metri al margine orientale ad un minimo di alcune centinaia di metri verso W. I depositi interessati da questi movimenti sarebbero di età compresa tra il Miocene superiore e la parte bassa del Pliocene medio. Lungo la fascia costiera tirrenica, da Guardia Piemontese fino ad Amantea, affiorano per lunghi tratti i sedimenti basali del ciclo Torto- niano superiore-Messiniano, prevalentemente conglomeratici ed arenacei con una giacitura monoclinalica immergente verso il Tirreno ed una in¬ clinazione media di circa 35 gradi. In tali aree non affiora la parte supe¬ riore delle successioni altomioceniche che, dove è presente, è prevalente¬ mente argillosa con calcari di tipo evaporitico e gessi a tetto. Sembra quindi possibile ipotizzare che proprio in seguito al piega¬ mento dei blocchi della Calabria centro-settentrionale e meridionale, pro¬ vocato dalla fase tettonica mediopliocenica manifestatasi a scala regio¬ nale, si siano verificati gli importanti scivolamenti gravitativi, avvenuti 540 F. Ortolani nello stesso periodo di tempo e riscontrati con le prospezioni sismiche a riflessione, lungo i margini tirrenico e ionico. Questi fenomeni sarebbero stati facilitati dal contemporaneo sprofon¬ damento delle aree marine. BIBLIOGRAFIA Bomarbi G., Pescatore T., Scandone P. & Torre M ; 1971 - Problemi paleogeo grafici connessi con la successione mesozoico terziaria di Stilo ( Calabria meridio¬ nale). Boll. Soc. Natur. in Napoli, 80. Bonardi G., Perrone V. & Zuppetta A., 1974 - I rapporti tra « filladi », « scisti micacei » e « metabasìtì » nell’area compresa tra Paola e Rose (Calabria). Boll. Soc. Geol. It., Bousquet J. 1972 - La tectonique recente de VApennin calabro-lucanien dans son cadre geologique et geophysique. These, Montpellier. Colonna V. & Piccarreta G., 1975 - Schema strutturale della Sila Piccola meridio¬ nale. Boll. Soc. Geol. It., 94. Dietrich D. & Scandone P., 1972 - The position of thè basic and ultrabasic rocks in thè tectonic units of thè Southern Apennines. Att. Acc. Pont., n.s., 21. Di Nocera S., Ortolani F., Russo M. & Torre M., 1974 - Successioni sedimentarie messiniane e limite Miocene-Pliocene nella Calabria settentrionale. Boll. Soc. Geol. It., 93 (3). Di Nocera S., Nardi G., Ortolani F. & Torre M., 1974 - Oneriti riolitiche nei depositi messinìanì della valle del Grati ( Calabria settentrionale ). Rend. Acc. Se. Fis. Mat., ser. 4, voi. XLI. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M. - Fase tettonica messiniana nell’ Appennino' meridionale. Boll. Soc. Natur. in Napoli, in corso di stampa. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M. - Osservazioni stratigrafiche e tettoniche sui depositi altomiocenìci della zona dì Amantea (Calabria). In preparazione. D'Amico C., Messina A., Puglisi G., Rottura A. & Russo S., 1974 - Confronti petto- grafici nel cristallino delle due sponde dello Stretto di Messina. Implicazioni geodinamiche . Boll. Soc. Geol. It., 92 (4). D’Argenio B,, Pescatore T. & Scandone P., 1972 - Schema geologico dell’ Appennino meridionale . Atti Acc. Naz. Lincei, 183. Finettx I. & Morelli C., 1973 - Geophysical Exploration of thè Medìterranean Sea . Boll. Geof. Teor. Appi., XV, 60 Greco A., Ruggieri G. & Sprovieri R., 1974 - La sezione calabriana di Monasterace (Calabria). Boll. Soc. Geo!. It., 93. Hieke Merlin O., Lorenzoni S.» Paglionico A. & Zanettxn Lorenzoni E., 1975 - Unità granitiche e « Formazione Dioritico-Kinzigitica » nelle Serre (Calabria). Nota preliminare. Nicotera P., 1959 - Rilevamento geologico del versante settentrionale del Monte Poro (Calabria). Mem. Note Ist. Geol. Appi. Napoli, 7. Ogniben L., 1962 - Le argille scagliose ed i sedimenti messinìanì a sinistra del Trionfo (Rossano, Cosenza). Geologica Romana, 1. Fase tettonica mediopliocenica in Calabria 541 Ognxben L., 1969 - Schema introduttivo alla geologia del confine calabro-lucano. Mem. Soc. Geol. It., 8 (4). Ognxben L., 1973 - Schema geologico della Calabria in base ai dati odierni. Geo¬ logica Romana, voi. XII. Perrqne V., Torre M. & Zuppetta A., 1973 - Il miocene della catena costiera ca- labra . Primo contributo : zona Diamantc-Bonifati-S. Agata d’Esaro (Cosenza). Riv. It. Paleont. e Strat., 79 (1), Milano. Piccarreta G., 1973 - Rapporti tra le metamorfici affioranti nella zona compresa fra Castiglione, Nicastro, Confitenti e la bassa valle del fiume Savuto (Ca¬ labria). Boll. Soc. Geol. It., 92. Ortolani F., 1974 - Faglia trascorrente pliocenica nell’ Appennino campano. Boll. Soc. Geol. It., 93 (3). Roda C., 1965 - Geologia della Tavoletta Belvedere di Spinello (Prov. Catanzaro, F. 237, I-SE). Boll. Soc. Geol. It., LXXXIV, 2. Selli R. (editore), 1970 - Ricerche geologiche preliminari nel Mar Tirreno. Giorn. Geol., ser. 2, 73 (1), Bologna. Selli R., 1973 - Appunti sulla Geologia del Mar Tirreno. In: Paleo geo grafia del Terziario sardo nell’ambito del Mediterraneo occidentale. Suppl. Rend. Semin. Fac. Se. Univ. Cagliari. Selli R., 1974 - Attività del Laboratorio di Geologia Marina durante Vanno 1972. Giornale di Geologia (2), XXXIX, fase. 2, Bologna. Selli R. & Fabbri A., 1971 - Thyrrenian : a Pliocene deep Sea. Rend. Acc. Naz. Lincei, 8, VL, 5. Selli R. & Fabbri A., 1973 - Premières données sismiques et géologiques sur la structure et V évolution de la mer Tyrrhénienne. Rapp. Comm. int. Mer. Médit., 21, 11. _ PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale della seduta del 31 gennaio 1975 Il giorno 31 gennaio 1975, alle ore 17,45, si è riunita in tornata ordinaria la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci P. Vittozzi, P. De Castro, A. Palombi, A. Napoletano, G. Matteucig, P. Lucini, I. Sgrosso, A. Rodriquez, E. Ramundo, C. Maglione. In apertura di seduta il Presidente legge la relazione sull’attività del sodalizio nel decorso anno 1974, che qui si trascrive. RELAZIONE SULL’ANDAMENTO DELLA SOCIETÀ' DEI NATURALISTI IN NAPOLI DURANTE L’ANNO 1974 1) Attività della Società. Nel corso del 1974, due delle sale già in uso alla Società dei Medici e Naturalisti ed a suo tempo concesse in uso alla nostra Società, sono state dotate di scaffalatura metallica in sostituzione di vecchie scaffalature in legno. Nello stesso tempo è proseguita l’opera di sistemazione dei libri nel nuovi scaffali e di riordinamento dei cataloghi avvalendosi della collaborazione di ex funzionari della Biblioteca nazionale di Napoli. Purtroppo il riassetto e la sistemazione definitiva di tutti i locali della Società non è ancora possibile perché si attende sempre l'esecuzione di alcuni lavori a cura dell’Ufficio tecnico dell'Università, lavori che non ricevono mai esecuzione perché il relativo progetto non è stato ancora approvato dal Con¬ siglio di Amministrazione dell'Università per mancanza di fondi. Nel mese di gennaio si sono tenute le elezioni per le cariche sociali per il biennio 1974-75. Dell’esito di queste, limitatamente ad alcune cariche sociali, fu data immediata comunicazione a Codesta Direzione generale. Si ritiene opportuno precisare qui la completa composizione del nuovo Consiglio Direttivo: 1) Presidente: Pio Vittozzi, prof. Straordinario di Fisica terrestre e Clima¬ tologia nell’Università di Napoli, Fac. Scienze. 2) Vice-Presidente : Aldo Napoletano, prof, stabilizzato di Illuminazione ed acustica dell’edilizia nell'Università di Napoli, Fac. Architettura. 544 Processi verbali 3) Consigliere: Giuseppe Caputo, prof, straordinario di Botanica nella Università di Napoli, Fac. Scienze. 4) Consigliere: Piero De Castro, prof, straordinario di Paleobotanica, Uni¬ versità di Napoli, Fac. Scienze. 5) Consigliere: Arturo Palombi, libero docente e già prof. ine. di Zoologia, Università di Napoli, Fac. Agraria. 6) Consigliere: Tullio Pescatore, prof, stabilizzato di Geologia, Università di Napoli, Fac. Scienze. 7) Tesoriere: Angiolo Pierantoni, Direttore del Laboratorio di Igiene e Profilassi della Provincia di Napoli. 8) Redattore del Bollettino: Giorgio Matteucig, ass. ordinario di Zoologia, Università di Napoli, Fac. Scienze. 9) Bibliotecario: Pietro Battaglini, prof, stabilizzato di Zoologia, Università di Napoli, Fac. Scienze. 10) Segretario : Antonio Rodriquez, docente ordinario Istituti medi supe¬ riori. 11) Vice-Segretario: Gennaro Corrado, ass. ordin. Cattedra di Fisica ter¬ restre, Università di Napoli, Fac. Scienze. 2) Soci. Nel 1974 sono stati ammessi alla Società dieci nuovi soci che ne avevano fatto domanda. Attualmente, pertanto, i Soci sono: Soci ordinari (tra i quali 4 Istituti universitari) 214 Soci benemeriti 7 totale 221 3) Tornate. Durante il 1974 la Società si è riunita nove volte ed altrettante volte si è riunito il Consiglio direttivo ed il Comitato di Redazione del Bol¬ lettino che spesso ha inviato a cultori particolarmente competenti i lavori presentati per la pubblicazione, allo scopo di tenere sempre alto il buon nome ed il livello scientifico e culturale del Bollettino della Società. 4) Pubblicazioni. Il volume 83 (1974) del Bollettino, in corso di stampa, comprende 26 lavori presentati nelle varie tornate dell’anno e riguardanti le seguenti discipline: Botanica, Chimica, Geofisica, Geografia fisica, Geologia, Geologia applicata, Geotecnica, Paleontologia, Peteografia, Vulcanologia, Zoo¬ logia. Al termine di questa scheletrica, ma obiettiva relazione, a nome del Con¬ siglio direttivo e mio personale, mi sia consentito formulare alla nostra Società dei Naturalisti, che si approssima a celebrare il suo centenario, l'Augurio che il Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione generale delle Accademie e Biblioteche, continui a sostenerla ed a consentirle un sempre maggiore svilup¬ po, assegnandole un contributo per il 1975 sensibilmente maggiore di quello dell'anno precedente. Presidente: P. Vittozzi Processi verbali 545 La relazione è approvata all'unanimità. Il Presidente illustra, quindi, i bilanci consuntivo del 1974 e preventivo per il 1975 che vengono approvati all'unanimità. Il Presidente, infine, costatatane l'assenza, legge la Relazione dei Revisori dei conti sui bilanci. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. Il Socio Sgrosso legge una nota dei dott. Bousquet, Megard e Taquet dal titolo « Decouverte d’un gisement de Reptiles dans le Tries de l'Apennin cala- bro-lucanien (Italie meridionale) » presentata dallo stesso Sgrosso e dal socio Scandone. Chiede chiarimenti il socio Lucini. Esaurito l'o.d.g., la seduta è tolta alle ore 18,10. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processo verbale della seduta del 28 febbraio 1975 Il giorno 28 febbraio’ 1975, alle ore 17,45, si è riunita, in tornata ordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: P. Vittozzi, A. Pierantoni, P. Battaglini, G. Gustato. In apertura di seduta il Presidente comunica la dolorosa scomparsa del socio Pellegrini, professore ordinario di Botanica, di cui si farà una commemo¬ razione in una prossima tornata. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. Il socio Battaglini legge il riassunto della nota di M. Cotugno, G. Sansone, E. Novellino e A. Biondi dal titolo « La contrazione muscolare: una nuova metodica per la sua registrazione ed evidenziazione ». Uno degli Autori, il Prof. Biondi, che è presente, dà una descrizione della nota. Chiedono chiarimenti i soci Gustato, Battaglini e Vittozzi. Il socio Battaglini legge il riassunto della nòta di M. Cotugno, G. Sansone, E. Novellino, L. Steardo e A. Biondi dal titolo « Capacità di apprendimento e sue variabili in particolari condizioni sperimentali in topi C57 ». Il Prof. Biondi illustra questo secondo suo lavoro sul quale chiedono delu cidazioni i soci Gustato e Vittozzi. Esaurito l'o.d.g., la seduta è tolta alle ore 18,30. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processo verbale della seduta del 26 marzo 1975 Il giorno 26 marzo, alle ore 17,30, si è riunita, in Tornata ordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: P. Vittozzi, G. Matteucig, A. Napoletano, P. Lucini, G. B. dé Medici, F. Ortolani, A. Pierantoni, F. Bonardi, A. Palombi, P. De Castro, A. Rodriquez e N. Franciosa. Scusa l'assenza il socio Costantino. 546 Processi verbali Il Presidente comunica di aver inviato richieste di contributi a diversi Enti, alla Regione, alla Provincia, al Banco di Napoli, nonché al Ministero della P.I. che non ha ancora comunicato l'erogazione del solito contributo annuo a favore della Società. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. a) Il socio; Ortolani presenta ed 'illustra una nota sua e dei dott. Narciso e Sauzò dai titolo: « Prime considerazioni sulla presenza del flysch numidico nell' Appennino sannita ». Chiedono chiarimenti i soci bucini e Bernardi, b ) Il socio Bonardi presenta una comunicazione di V. Liguori e G. Giunta dal titolo « Considerazioni sul significato ambientale e sul ruolo Paleotettonico della Rocca Busambra (Sicilia) ». Esaurito bordine del giorno, la seduta è tolta alle ore 18,20. Presidente: P, Vittozzi Segretario': A. Rodriquez Processo verbale della seduta del 29 aprile 1975 Il giorno 29 aprile 1975, alle ore 17,30, si è riunita in Tornata ordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Caputo, Casutano, Corrado, Matteucig, Pierantoni, Palombi, Vittozzi. In apertura di seduta il Presidente comunica che il Ministero dei beni culturali ha chiesto la documentazione finanziaria relativa al contributo di L. 2.000.000 erogato lo scorso anno, documentazione, che per la verità, era stata già a suo tempo inviata. Si risponderà al riguardo e si spera che subito dopo si riceverà l'assegna¬ zione per l’anno in corso. Comunica, inoltre, il Presidente che il Consiglio direttivo, nella seduta odierna, ha stabilito di organizzare, in onore dei soci benemeriti, una tavola rotonda sui problemi dell’alterazione ambientale operata dall’uomo. Con l’occasione verrà consegnata una medaglia-ricordo ai soci benemeriti. La manifestazione avrà luogo il 30 maggio in luogo della seduta ordinaria. Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche. a) Il socio L. Casertano illustra una nota della Dott. ssa Maria Cristina Castellano dal titolo « Attività vulcanica recente nelle isole Westmannaeyjar (Islanda) », presentata dallo- stesso Casertano e dal socio A. Olivieri del Castillo. b) Il socio Matteucig espone una sua nota dal titolo « Gli ofidi delle valli del Natisone nell'ambito dei beni ambientali e culturali delle stesse ». Chiedono- chiarimenti i soci Caputo' e Palombi. c) Il Presidente dà lettura del riassunto di una nota del socio De Castro dal titolo « Osservazioni su Aeolisaccus Rotori Radoicic (Cjanoschizophyta) ». Esaminato l’o.d.g. la seduta è tolta alle ore 18,10. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processi verbali 547 Processo verbale della seduta straordinaria del 30-5-1975 Il giorno 30 maggio 1975, alle ore 17, si è riunita in Tornata straordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Pio Vittozzi, G. Matteucig, A. Pierantoni, S. Augusti, G. Viggiani, P. Battaglini, A. Palombi, E. Quarto, S. Steri, N. Franciosa, T. Pe¬ scatore, A. Paoletti, B. Torelli, E. Totàro Aloj, L. Panna-in, U. Mouchamont, A. Antonucci, R. Scorziello, L. Mendia, E. Ramundo, G. Mazzarelli, B. de Lerma, A. Parascandole e G. Imbò. Dopo la proiezione di due interessanti filus a carattere naturalistico, il Presidente, con brevi e sentite parole, pone in rilievo il profondo significato della premiazione dei soci benemeriti, che è stato lo scopo di questa tornata straordinaria ed esprime ai soci premiati tutta la gratitudine dell'Accademia. Successivamente viene consegnata ai soci premiati, che hanno compiuto nel 1975, i cinquant'anni di appartenenza alla Società dei Naturalisti, una medaglia ricordo, appositamente coniata, recante, tra l’altro, il nome del socio bene¬ merito e la data di iscrizione alla Società. I soci benemeriti premiati sono: Selim Augusti, Luigi Califano, Antonio Carrelli, Giuseppe Imbò, Ester Majo Andreotti, Gustavo Mazzarelli, Arturo Palombi, Antonio Parascandole, Beatrice Torelli e Gioacchino Viggiani. Per meglio ricordare la circostanza viene, immediatamente dopo, tenuta una tavola Rotonda sulTinquinamento ambientale con particolare riferimento alla provincia di Napoli. I vari aspetti del complesso problema sono stati illustrati da Pietro Batta¬ glini, Mario Mansi, Luigi Mendia, G. Matteucig, Antonino Palumbo, Alfredo Paoletti, Tullio Pescatore, Angiolo Pierantoni, i quali hanno rispettivamente parlato su : « Aspetti di Ecologia animale » ; « Rilevamenti d'inquinamento atmosferico nelle aree industriali di Napoli » ; « Aspetti di Ingegneria sani¬ taria »; « Inquinamento acustico » ; « Inquinamento atmosferico »; « Inquina¬ mento microbico »; « Inquinamento di falde in zone carsiche » ; « Inquina¬ mento chimico delle acque marine ed interne ». Ha fatto da moderatore il Presidente, Prof. P. Vittozzi. È seguito un ampio dibattito al quale hanno preso parte quasi tutti i presenti. Al termine di esso, il Presidente assicura che non appena sarà possibile pubblicare sul « Bollettino della Società » il conte¬ nuto della Tavola Rotonda, gli estratti relativi saranno ampiamente diffusi prin¬ cipalmente alle Autorità cittadine, provinciali, regionali e nazionali, purché esse tengano nel debito conto quanto è stato così ampiamente dibattuto sui più diversi aspetti del problema dell'inquinamento ambientale nella Provincia di Napoli. Non si esagera dicendo che questo è un altro dei tanti meriti che vanno attribuiti alla Società dei Naturalisti. Esaurito l'o.d.g., la seduta è tolta alle ore 20,00. Presidente: P. Vittozzi Segretario : A. Rodriquez Processo verbale della seduta del 27 giugno 1975 Il giorno 27 giugno 1975, alle ore 17,40 si è riunita in Assemblea generale, la Società dei Naturalisti in Napoli. 548 Processi verbali Sono presenti i soci: Vittozzi, Napoletano, Palombi, Corrado, Rodriquez, Casertano, Totàro Aloj, Battaglini, Rapolla, Caputo, Parisi, Scaramella, A. Oli¬ veri, Franciosa, Laureti, De Miranda, Napoleone. Il Presidente comunica che non è stato possibile approntare il verbale della seduta precedente, non essendo pervenute in tempo le relazioni relative a tutti gli interventi della Tavola Rotonda tenuta in occasione della consegna delle medaglie ricordo ai soci benemeriti. Si passa, poi, alTammissione di nuovi soci. Dopo la votazione, all’unanimità vengono ammessi i seguenti candidati: — Biondi A. presentato dai soci Battaglini e Gustato — Cozzolino A. presentato dai soci Totàro Aloj e Dini — Oliveri del Castillo E. presentato dai soci D'Argenio e Casertano — d’Errico F. P. presentato dai soci Tremblay e L. F. Russo — De Vivo B. presentato dai soci Corrado e Ciampo — Di Maio F. presentato dai soci Tremblay e L. F. Russo — Quarto E. presentato dai soci Battaglini e Matteucig — Rosso A. presentato dai soci Battaglini e Matteucig — Steri S. presentato dai soci Battaglini e Matteucig Si passa, quindi, alle comunicazioni scientifiche: 1) Il socio Rapolla presenta ed illustra una nota sua, dei soci Corrado e Pinna, e dal dott. Budetta dal titolo « Analisi dei dati di sondaggio magnete tellurici preliminari nell'area flegrea ». Chiede chiarimenti il socio Vittozzi. 2) Il Dott. Cristiano riferisce sulla nota sua e del socio Rapolla dal titolo « Il complesso strumentale a 12 canali per prospazioni sismiche realizzato presso l’Istituto di Geologia e Geofisica deH’Università di Napoli ». 3) Il socio Steri riferisce su due note sue, del socio Quarto e del Prof. Boni dal titolo « Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici. II Regolazione antagonista » e « Analisi matematica di circuiti di controllo in sistemi biologici. Ili Modello lagrangiano della regolazione antagonista ». Sulla seconda nota chiede chiarimenti il socio Vittozzi. 4) Il socio Totàro Aloj illustra una sua nota dal titolo « Ipotesi ecologica sull'evoluzione biogeodinamica della grotta dello Zolfo in Miseno (Napoli) ». 5) Il socio E. Oliveri del Castillo presenta la sua nota dal titolo « L'evolu¬ zione della sessualità e dell’aggressività ». Chiedono chiarimenti i soci Parisi e Gustato. 6) Il socio Laureti presenta ed illustra la nota dal titolo « Aspetti e pro¬ blemi geomorfologici del Cilento ». 7) La Sig.na Franco presenta una nota sua e del socio Parisi dal titolo « Proteine in Drosophila melanogaster ». 8) Il Presidente, giustificando l’assenza di soci presentatori D’Argenio e' De Castro, legge un breve riassunto di una nota del Dott. Accordi dal titolo « Nuovi affioramenti di lacusta sollevato a terrazzi al bordo settentrionale del Fucino (Abruzzi) ». Esaurito l’o.d.g., la seduta è tolta alle ore 20,00. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processi verbali 549 Processo verbale della seduta del 31 ottobre 1975 Il giorno 31 ottobre 1975, alle ore 17,30, si è riunita in Tornata ordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: P. Vittozzi, G. Parisi, Andrea Rosso, G. Matteucig, A, Palombi, D. Pierattini. Il facente funzioni di Segretario socio Matteucig, legge il verbale della seduta precedente, che viene approvato. Il Persidente annuncia la dolorosa dipartita dei soci G. Fadda e Ester Majo Andreotti e dà notizia dei provvedimenti di cancellazione dei soci morosi da almeno quattro anni. Il Presidente comunica, inoltre, che sono pervenuti alla Società i seguenti contributi: Ministero P.I. L. 2.000.000; C.N.R. - Comitato delle Scienze fisiche L. 1.000.000; Assessorato P.I. della Regione Campania L. 400.000; Soprainten- denza ai beni librai della Regione Campania L. 500.000. Si passa, poi, alle comunicazioni scientifiche: a) I soci G. Parisi e A. Franco presentano una nota dal titolo « Analisi elettroforetica di proteine durante l’ontogenesi di Drosophila melangaster ». b) Il socio Vittozzi presenta una nota sua e di E. Amoretti e G. Corrado dal titolo « Il modello del conduttore anulare nello studio delle anomalie geomagnetiche regionali e locali ». Chiedono chiarimenti i soci Matteucig e Pierattini. c) Il socio D. Pierattini presenta una sua nota dal titolo « Primi risultati di un'analisi strutturali delle filladi dell’unità Pollino-Campotenese nella Ca¬ labria settentrionale ». Esaurito l'o.d.g., la seduta è tolta alle ore 19,30. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processo verbale della seduta del 28 novembre 1975 Il giorno 28 novembre 1975, alle ore 18, si è riunita, in tornata ordinaria, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: P. Vittozzi, A. Palombi, A. Napoletano, G. Matteucig, G. Aloj Totaio, D. Scaramella, P. Scandone, G. Corrado, F. Caputo, P. Batta- glini, A Rodriquez. In apertura di seduta, il Presidente legge la lettera di donazione della Miscellanea da parte del socio Prof. A. Palombi. Comunica, ancora, che i lavori di sistemazione della biblioteca procedono e che si è alla ricerca di qualche per¬ sona che possa continuare anche per il futuro il normale lavoro di aggiorna¬ mento dei volumi in arrivo sempre in numero crescente. Il Consigliere Caputo commemora il socio O. Pellegrino scomparso di recente. Il Presidente si associa al ricordo ed invita i presenti ad un minuto di raccoglimento. Si passa, poi, alle comunicazioni scientifiche: a) Il socio Scaramella presenta una sua nota dal titolo « I Mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) (controllati a livello della sottospecie) ». 550 Processi verbali Chiedono chiarimenti i soci Vittozzi, Rodriquez, Matteucig, Battaglini, Pa¬ lombi e Napoletano. La comunicazione dei Dott. Montanari e Renda « Il Trias Superiore del Monte Triona (Sicani, Sicilia). Aspetti biostratigrafici e paleo¬ ecologici » presentato dai soci D'Argenio e Catalano, è rimandata alle prossime tornate. Esaurito l’.d.g., la seduta è tolta alle ore 18,30. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez Processo verbale della Assemblea Generale tenuta il 23 dicembre 1975 Il giorno 23 dicembre 1975 alle 17,30 in seconda convocazione si è riunita, in Assemblea Generale, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: P. Vittozzi, A. Palombi, G. Corrado, L. Abatino, C. F. Franciosa, A. Napo¬ letano, P. Lucini, P. De Castro, F. Ortolani, A. P. Ariani, M. Civita, D. Scara¬ mella, B. De Simone, R. De Riso, S. Di Nocera e M. Borri. In apertura di seduta il Presidente comunica all'Assemblea che alla fine del mese di Gennaio 1976 si terranno le votazioni per il rinnovo delle cariche sociali. Vengono poi commemorati i soci scomparsi Ester Majo Andreotti e Giuseppe Fedda rispettivamente dai soci Napoletano e Palombi; viene osser¬ vato un minuto di silenzio. Si passa quindi alla nomina dei revisori dei conti per l'anno 1975 : vengono nominati i soci G. Corrado e P. De Castro (Supplenti: i soci F. Ortolani e S. Di Nocera). Si passa poi all'ammissione dei nuovi soci. Dopo la votazione, all'unanimità vengono ammessi i seguenti candidati : — Balsamo Giuseppe presentato dai soci Battaglini e Gustato — Marmo Francesco presentato dai soci Battaglini e Gustato — Castellano Maria C. presentato dai soci Battaglini e Gustato — Budetta Paolo presentato dai soci Palombi e Abatino — Anastasio Antonio presentato dai soci Battaglini e Matteucig — Cagliozzi Anna presentato dai soci Battaglini e Matteucig — Castaldo Chiara presentato dai soci Battaglini e Gustato — Ceccoli Anna M. presestato dai soci Battaglini e Matteucig — Franco Anna Rita presentato dai soci Parisi e Matteucig — Galassi Leone presentato dai soci Battaglini e Gustato — Spagnuolo Gabriella presentato dai soci Ariani e Gustato — Abbruzzese Laccardi A. presentato dai soci Battaglini e Aloj — Celico Pietro presentato dai soci Pescatore e Ortolani Si procede quindi all’esposizione delle comunicazioni scientifiche: — A causa di impossibilità da parte degli AA. il socio De Castro presenta¬ la nota di Montanari e Renda: Il Trias superiore del M. T riora (Sicani, Sici¬ lia). Aspetti biostratigrafici e paleogeologici. Processi verbali 551 — Sempre per impossibilità dei relativi AA, il socio De Castro presenta la nota di V. Campobasso e M. Morolla: i caratteri paleontologici della specie Jonfia reticulata Boehm. Chiedono chiarimenti i soci Lucini, Civita e Di Nocera. — Per impossibilità da parte degli AA. la comunicazione di L. Galassi e G. Pica viene rinviata alla prossima tornata. — Il socio Ariani presenta una nota sua e di G. Spagnuolo, dal titolo: « Ricerche sulla misidofauna del parco di S. Maria di Castellabate (SA) con de¬ scrizione di una nuova specie di . Siriella ». — Il socio F. Ortolani presenta una comunicazione del dott. F. Aprile dal titolo : « Risultati preliminari relativi all'indagine Geofisica ed all'analisi delle prove di portata di uno studio a scopo idrologico nella zona della piana di Caiazzo ». Segue una discussione interessante alla quale partecipano l'autore, il socio Civita ed il Presidente. — La comunicazione di V. Oliveri del Castillo dal titolo: « Osservazioni sul valore biologico della scelta sessuale » viene rimandata alla prossima tornata. — - Il socio F. Ortolani presenta una nota sua e dei soci Di Nocera e Torre dal titolo: «Fase tettonica messiniana nell'Appennino meridionale». — Sempre il socio Ortolani presenta una sua comunicazione dal titolo: « Fase tettonica mediopliocenica in Calabria: schema delle principali strutture originate ». Chiedono chiarimenti i soci P. Lucini e P. Vittozzi. — Infine il socio E. Abatino presenta una sua nota dal titolo : « Studio al microscopio elettronico delle particelle emesse allo scarico degli autoveicoli ». Esaurito l’o.d.g., l’Assemblea è tolta alle 19,50. Presidente: P. Vittozzi Segretario: A. Rodriquez ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1975 con la data di ammissione SOCI BENEMERITI 1) 11- 2-917 2) 11- 4-920 3) 31-12-922 4) 31-12-022 5) 29- 4-923 6) 16- 3-924 7) 8- 6-924 8) 22- 3-925 Carrelli Antonio - Istituto di Fisica dell’Università - Via A. Tari - 80138 Napoli. Mazzarelli Gustavo - Via Luca Giordano, 16 - 80127 Napoli. Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. Parascandola Antonio - I Viale Melina, 18 - 80055 Portici. Torelli Beatrice - Via Luca da Penne, 3 - 80122 Napoli. Viggiani Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli. Augusti Selim - Via Cimarosa, 69 - 80127 Napoli. Imbò Giuseppe - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 1) 26- 2-971 2) 23-12-975 3) 28- 3-963 4) 29-11-974 5) 23-12-975 6) 26- 7-975 7) 7- 2-938 8) 29-10-971 9) 30- 1-959 10) 23-12-975 11) 27- 3-964 12) 27- 4-973 13) 31- 5-963 SOCI ORDINARI Abatino Elio - Istituto motori - Piazza Barsanti e Matteucci - 80125 Napoli. Abbruzzese Saccardi Alberto - Via Girolamo Gerbone, 51 - Napoli. Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Amqdeq Giovanni - Via Garibaldi, 45 - 80014 Nocera Inferiore. Anastasio Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Andiloro Filippo - Via Campo Sperimentale Contrada « Bettina » - 89013 Gioia Tauro. Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/6 - 80129 Napoli. Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Badqlato Franco - Istituto di Fisiologia Generale dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Balsamo Giuseppe - Istituto di Biologia Generale e Genetica dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Barbera Lamagna Carmela - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Barca Sebastiano - Via Goldoni, 31 - 09100 Cagliari. Battaglini Pietro - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 36 554 Elenco dei soci 14) 27- 6-975 15) 26- 5-972 16) 30- 1-959 17) 30-11-973 18) 31- 5-968 19) 30-12-960 20) 3-12-971 21) 28- 2-969 22) 26- 5-972 23) 20-12-974 24) 27- 3-964 25) 23-12-975 26) 23-12-975 27) 26- 5-972 28) 31- 3-972 29) 28-12-951 30) 29-10-971 31) 27- 4-973 32) 30-12-962 33) 27- 3-964 34) 29-10-971 35) 31- 5-968 36) 28-12-949 37) 23-12-975 38) 23-12-975 39) 28-12-949 40) 3-12-971 41) 28- 2-969 42) 23-12-975 43) 23-12-975 44) 28- 2-969 45) 29-10-971 46) 31- 5-968 47) 31- 5-968 48) 26- 5-972 49) 31- 5-968 Biondi Augusto - Via Giovanni Bausan, 1 - 80121 Napoli. Boenzi Federico - Via Lucano, 122 - 75100 Matera. Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova. Bolognese Bianca - Via Posillipo, 47/A - 80123 Napoli. Bonardi Glauco - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Bonasia Vito - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Boni Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Borgia Giulio Cesare - Geologo - Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. Botte Virgilio - II Cattedra di Anatomia Comparata dell’Univer¬ sità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Bova - Conti Marcello - Piazza S. Giovanni Bosco, 1/8 - 90143 Palermo. Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Budetta Paolo - Corso Garibaldi, 142 d - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Istituto di Zoologia dell'Università di Napoli. Campobasso Vincenzo - Via A. Volta, 24 - 70019 Triggiano (Bari). Cannavale Giuseppe - Via Roma, 55 - 84100 Salerno. Capaldo Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli. Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 8410 OSalerno. Capolongq Domenico - Via Roma, 8 - 80030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Caputo Giuseppe - Piazza Medaglie d'Oro, 35 - 80129 Napoli. Carannante Gabriele - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Carrara Eugenio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Via Libertà, 67 - 80055 Portici. Castaldo Chiara - Via Ugo Nuitta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Maria Cristina - Via Manzoni, 63 - 80123 Napoli. Catalano Giuseppe - Via Luigia Sanfelice, 5 - 80137 Napoli. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia dell’Università - Palermo. Catenacci Vincenzo - Geologo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Ceccoli Anna Maria - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Celico Pietro - Piazza Pilastri, 17 - Napoli. Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Chieffi Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ciampo Giuliano - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ciaranfi Neri - Via Postiglione, 2/i - 70126 Bari. Ciardiello Valle Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cippitelli Giuseppe - Via Morandi, 2/c - 20097 S. Donato Milanese. Elenco dei soci 555 50) 31- 5-968 51) 31- 5-968 52) 28- 2-969 53) 28-12-949 54) 28-12-932 55) 27- 6-975 56) 29-10-971 57) 28- 3-963 58) 26- 1-949 59) 29-11-974 60) 29-10-971 61) 30- 1-959 62) 27- 6-973 63) 29-12-961 64) 31- 5-968 65) 30- 1-959 66) 3-12-971 67) 7- 2-938 68) 30- 1-959 69) 20- 1-932 70) 3-12-971 71) 31- 5-968 72) 29-11-974 73) 28- 6-975 74) 31- 5-968 75) 26- 2-971 76) 29-10-971 77) 27- 6-975 78) 27- 6-964 79) 30-12-960 80) 27- 6-975 81) 20-12-974 Civita Massimo - Istituto di Geologia applicata Politecnico - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Cocco Ennio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Corrado Gennaro - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cotecchia Vincenzo - Corso Cavour, 2 - 70121 Bari. Covello Mario - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Cozzolino Angela - Via Garibaldi, 9 - Tufino (Napoli). Graverò Ernesto - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Crescenti Uberto - Via Gioberti, 44 - 65100 Pescara. Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania. D’Alessandro Assunta - Via G. Grande, 12 - Lecce. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Meliini, 30 - 00193 Roma. D'Argenio Bruno - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 80121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia della Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Cunzo Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Giovanni Percuoco Giuliana - Via Gemito, 16 - 80128 Napoli. Della Ragione Gennaro - Via S. Pasquale a Ghiaia, 29 - 80121 Napoli. De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università • Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Chiatamone, 60/B -80121 Napoli. D 'Errico Francesco Paolo - Istituto di Zoologia - Facoltà di Agraria dell’Università - Portici (Napoli). De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell'Università - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Stasio Laura Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Vivo Benedetto - Via Vaiani, 27 - Quarto (Napoli). Di Girolamo Pio - Viale Colli Aminei, Viale Letizia - 80131 Napoli. Dì Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Dì Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - Portici (Napoli) Dini Antonio - Via S. Domenico al Corpo Europa, 97 - 80127 Napoli. 556 Elenco dei soci 82) 83) 84) 85) 86) 87) 88) 89) 90) 91) 92) 93) 94) 95) 96) 97) 98) 99) 100) 101) 102) 103) 104) 105) 106) 107) 108) 109) HO) 29-10-971 Di Mocera Silvio - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino» 10 - 80138 Napoli. 29-10-971 Di Stefano Mario - Via Libertà II trav. dx, 7 ■ 80055 Portici. 22- 2-963 Dohrm Pietro - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. 20-10-971 Esposito Pasquale - Parco Magnolie - 80013 Casalnuovo. 27- 6-973 Esposito Vincenzo - Via Bonito» 27 - 80129 Napoli. 28- 2-969 Fantetti Vincenzo - Via Checchia Rispoli, 176 - 71016 S. Severo (Foggia). 29- 10-971 Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. 29- 1-961 Fondi Mario - Istituto di Geografia dell’Università - Largo S. Mar¬ cellino» 10 - 80138 Napoli. 31- 5-968 Fon Lidia - Istituto di Fisiologia Generale delFUniversità - Via Mezzocannone» 8 - 80134 Napoli. 28- 2-969 Franciosa Nicola - Istituto di Edilizia - Facoltà di Architettura - Via Monteoliveto, 3 - 80134 Napoli. 23- 12-975 Franco Anna Rita - Istituto di Zoologia delFUniversità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 1-956 Franco Domenico - Corso Umberto I» 137 - 82032 Cerreto Sannita (Benevento) . 18-12-959 Franco Enrico - Istituto di Mineralogia delFUniversità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 23-12-975 Calassi Leone - Istituto di Biologia Generale e Genetica delFUni¬ versità - Via Mezzocannone» 8 - 80134 Napoli. 28- 12-591 Galgano Mario - Istituto di Istologia ed Embriologia delFUniver¬ sità - Via Mezzocannone» 8 - 80134 Napoli. 3-10-971 Galiano Giovanni - Viale Meliusi, 40/c - 82100 Benevento. 30- 12-960 Giamframi Alfonso - S. Giacomo dei Capri» 41 - Parco Pica - Napoli. 31- 3-972 Giunta Giuseppe - Via Notarbartolo, 5 - 80141 Napoli. 29- 12-961 Coglia Oscar - Via S. Giacomo dei Capri» 65/bis ~ 80131 Napoli. 31- 3-972 Guglielmotti Eugenio - Via Valerio Laspro, 33 - 84100 Salerno. 26- 2-971 Gustato Gerardo - Via S. Matteo» 46 - 84014 Nocera Inferiore. 28- 3-963 Guzzetta Giuseppe - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniver¬ sità - Largo S. Marcellino» 10 - 80138 Napoli. 31- 5-968 Honsell Edmondo - Istituto di Botanica - Via Valerio - 34100 Trieste. 28- 3-963 Ietto Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - 31- 3-972 Ioni Lamberto - Via Luca Giordano» 6 - 80127 Napoli. 30- 12-936 Ippolito Felice - Istituto dì Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino» 10 - 80138 Napoli. 28- 1-972 Istituto di Geologia e di Paleontologia delFUniversità - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. 27- 4-973 Istituto di Geologia» Paleontologìa e Geografia fisica delFUniver¬ sità - Via Trentino» 51 - 09100 Cagliari. 26- 5-972 Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Mar¬ cellino» 10 - 80138 Napoli. Elenco dei soci 557 111) 26- 1-973 112) 6- 2-939 113) 14- 6-945 114) 27- 1-956 115) 29-10-971 116) 20-12-974 117) 29-10-971 118) 28- 2-969 119) 29-10-971 120) 27- 6-973 121) 29-10-971 122) 28-12-945 123) 31- 3-972 124) 26- 5-971 125) 22- 2-963 126) 27- 6-973 127) 26- 4-974 128) 27- 1-956 129) 20-10-971 130) 28-12-949 131) 27- 4-973 132) 23-12-975 133) 27- 4-973 134) 30-11-973 135) 30- 1-952 136) 29-10-971 137) 31- 3-972 138) 28-12-956 139) 29-10-971 140) 28-12-949 141) 7- 2-938 142) 27-11-947 Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Jovene Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli). La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale deH’Univesrità - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lambertini Diana - Istituto di Chimica Industriale dell’Univer- sità - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Lanci Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli. Lanci Ernesto - Piazza Carità, 6 - 80134 Napoli. Lapegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80129 Napoli. Lapegna Tavernier Amalia - G. Bonito 27/E - 80129 Napoli. La Rotonoa Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Via Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pu- gliano (Salerno). Lazzari Antonio - Via Aniello Falcone, 56 - Napoli. Liguori Vincenzo - Istituto di Geologia - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Lucini Paolo - Via Cammarano, 10 - 80129 Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - Roma. Maggiore Michele - Via O. Fiacco, 49 - 70124 Bari. Maglione Costantino - Via Cilea, 280 - 80127 Napoli. Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Maranelli Adolfo - Via Michelangelo da Caravaggio, 76 - 80126 Napoli. Marano Giovanni - P. O. Box 15 Filabusi, Rodesia. Marmo Francesco - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ l'Università di Napoli. Maxia Carmelo - Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Matteucig Giorgio - Istituto di Zoologia dell'Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Mendia Luigi - Ingegneria Sanitaria - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico Fontana, 95 - 80128 Napoli. Mezzetti Bambagioni Valeria - Via Ludovico di Savoia, 4 - 00185 Roma. Micieli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Moncharmont Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli. Moncharmont Zei Maria - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 558 Elenco dei soci 143) 144) 145) 146) 147) 148) 149) 150) 151) 152) 153) 154) 155) 156) 157) 158) 159) 160) 161) 162) 163) 164) 165) 166) 167) 168) 169) 170) 171) 172) 173) 174) 175) 30-12-960 30- 12-960 2- 5-931 31- 5-960 27-11-947 26- 1-949 27- 4-973 30- 12-960 27- 6-975 27- 11-947 29- 10-971 31- 3-972 30- 12-960 26- 5-972 31- 3-972 29- 3-963 28- 12-945 28- 2-969 30- 12-960 2- 5-931 29- 10-971 27- 4-973 31- 12-928 27- 12-957 29-12-961 31- 1-951 29-10-971 28- 12-951 27- 4-973 31- 5-968 26- 5-972 18-12-959 29- 10-971 Mondellx Giosafatte - Istituto di Chimica Industriale - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80145 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Fontana, 27 - 80128 Napoli. Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma. Napoleone Giovanni - Osservatorio Vesuviano - 80056 Ercolano. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 80127 Napoli. Mxcotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nota D'Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. Oliveri del Castillo Alessandro - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Oliveri del Castillo Enzo - Parco Comola Ricci, 191 - Napoli. Orrù Antonietta - Istituto' di Fisiologia Generale dell'Università - Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Ortolani Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità di Napoli. Ottone Armando - Via Nocera, 65 - 80053 Castellammare di Stabia. Pagella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli. Palma Francesco - Via Basente, 37 - 00198 Roma. Palmentola Giovanni - Istituto di Geologia e Paleontologia del¬ l'Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palumbo Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pannaxn Papocchia Lea - Via Carducci, 29 - 80121 Napoli. Paoletti Alfredo - Istituto d'igiene - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 16 - 80134 Napoli. Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Parenzan Pietro - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Pascucci Immacolata - Via Morghen, 187 - 80129 Napoli. Pasquxni Pasquale - Via Cimarosa, 18 - 00198 Roma. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì). Pescatore Tullio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00196 Roma. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. Pi era intoni Angiolo - Galleria Umberto I, 27 - 80132 Napoli. Pxerattxni Donatella - Via D'Auria, 115 - 80048 S. Anastasia (Na¬ poli). Pieri Piero - Istituto di Geologia e Paleontologìa - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Pingue Lionello - III Trav. Mariano Semmola, 8 - 80131 Napoli. Piscopo Eugenio - Istituto dì Chimica Farmaceutica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agra¬ ria - 80055 Portici. Elenco dei soci 559 176) 28-12-956 177) 27- 6-975 178) 30-12-960 179) 28- 6-969 180) 20-12-974 181) 27- 6-973 182) 27- 3-964 183) 31- 5-968 184) 28-12-949 185) 3-12-971 186) 27- 3-964 187) 27- 6-975 188) 27-11-947 189) 29-10-971 190) 31- 3-972 191) 31- 5-968 192) 3-12-971 193) 28- 3-963 194) 20-12-974 195) 18-12-959 196) 30-12-941 197) 29-10-971 198) 30-11-973 199) 27- 3-964 200) 27- 3-964 201) 26- 1-973 202) 31- 1-951 203) 28- 3-963 204) 26- 1-949 205) 29-10-971 206) 31- 1-951 Quagliarxello Teresa - Istituto di Geologia e Geofìsica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quarto Ernesto - Calata S. Mattia, 27 - Napoli. Radina Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Radoicic Raika - Geoloski Palent. Zavod. - Belgrado. Ramundo Eliseo - Via Cesare Rossaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapisardi Luigi - Corso A. De Gasperi, 401/D - 70125 Bari. Rapolla Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ricchetti Giustino - Istituto di Geologia dell'Università - 70121 Bari. Rippa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli. Roda Cesare CNR - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Rodriquez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - Caserta. Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Russo Maria - Via M. Schipa, 160 - 80122 Napoli. Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartoni Samuele - Istituto di Geologia - Via Zamboni, 63-67 - 40127 Bologna. Scandone Paolo - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scaramella Domenico - Via Posillipo, 181 - 80123 Napoli. Scarsella Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scherillo Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sci ppacercola Sergio - Via Benedetto Cairoli, 60 - 80141 Napoli. Scorziello Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scuotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. Sebastio Lucia - Via S. Giacomo dei Capri, 65 bis Is. D - 80131 Napoli. Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di Ingegneria - 80125 Napoli. Sgrosso Italo - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sicardi Ludovico - Casella Postale 56 - 18038 San Remo (Via Duca degli Abruzzi, 33 - 18038 San Remo). Simoni Lucia - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sinno Renato - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 560 Elenco 207) -12-960 208) 23-12-975 209) 26- 5-972 210) 31- 5-968 211) 27- 6-975 212) 31- 5-968 213) 31- 5-968 214) 26- 3-942 215) 31- 5-968 216) 29-12-961 217) 29-10-971 218) 19-10-971 219) 27- 4-973 220) 20-12-974 221) 29-12-961 222) 29-10-971 223) 31- 3-972 224) 30-12-960 225) 26- 1-949 226) 27- 4-973 227) 27- 6-963 Sorrentino Pappalardo Albina - Via S. Giovanni Bosco - 33023 Tolmezzo. Spagnuolo Gabriella - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Speranza Antonio - Via Monte di Dio, 74 - 80132 Napoli. Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, Is. 5) - 80131 Napoli. Steri Stefano » Istituto di Matematica dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Taddei Roberto - Orto Botanico - Vìa Feria, 223 » 80139 Napoli. Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto' I, 106 - 80138 Napoli. Torre Mario - Istituto di Geologia e Geofìsica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Torre Zamparelli Valeria - Istituto di Geologia e Geofisica del¬ l'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80133 Napoli. Totàro Aloj Eugenia - Viale Maria Cristina di Savoia, 18/d - 80122 Napoli. Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Ulzeca Antonio - Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica delPUniversità - Via Trentino, 51 - 01900 Cagliari. Vacatele!) Michele - Istituto Chimico - Vìa Mezzocannone, 4 - 80134 Napoli. Vallario Antonio - Via A. M. di Francia, 9 - 80131 Napoli. Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Vitagliano Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Pa¬ lazzo Seca - 80128 Napoli. Vitagliano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. Vittozzi Pio - Via Battistello Caracciolo, 39 - 80136 Napoli. Vona Buonfiglio Iolanda - Via Manzoni, 116 - 80123 Napoli. Walsh Nicola - Istituto di Geologia e Paleontologia delPUniver¬ sità - 80123 Bari. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Acta Borealia. Serie scientia. Tromso - Oslo. 2) Acta Botanica Fennica. Helsinki. 3) Acta Entomologica Fennica. Helsinki. 4) Acta Faunistica Entomologica Musei Nationalis Pragae (Sbornik Faunisti- kych Praci...). Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser. Anthro- pologia. Botanica. Chimia. Mahtematica. Physica. Physiologia plantarum. Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et geographica Universitatis Comenianae. Bratislava. 7) Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Warszawa. 8) Acta Societatis prò fauna et flora Fennica. Helsinki. 9) Acta Universitatis Lundensis, Lund. 10) Acta Zoologica Fennica. Helsinki. 11) Allan Hancock Monographs. Los Angeles. 12) Anales del Instituto ed biologia. Universidad Nac. de Mèxico. Mexico. 13) Anales del Instituto Botanico A. J. Cavanilles. Madrid. 14) Anales de la Sociedad Cientifica Argentina. Buenos Aires. 15) Animalia Fennica. Helsinki. 16) Annalen der K. K. Naturhistorischen (Hof-) Museums. Wien. 17) Annales Botanici Fennici. Helsinki. 18) Annales Entomologici Fennici (Soumen Hyonteistieteellinen Aika Kauskirija). Helsinki. 19) Annales Musei Goulandris. Contributiones ad historiam naturalem Greciae et Regionis Mediterraneae a Museo Goulandris historiae naturalis editae. Kifisia (Atene). 20) Annales de la Sociètè Royale Zoologique de Belgique. Bruxelles. 21) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 22) Annales Universitatis Mariae Curie Slodowska. Sectio B: geographia, geo¬ logia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 23) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 24) Annali della Facoltà di scienze agrarie della Università degli Studi di Napoli. Portici. 25) Annali del Museo Civico di storia naturale « G. Boria » di Genova. Genova. 26) Annali della Università degli Studi de L'Aquila. L'Aquila. 27) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 562 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 28) Annuario della Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Bologna. 29) Annuario della Accademia delle Scienze di Torino. Torino. 30) Annuario delle Biblioteche italiane. Ministero Pubbl. Istr., Roma. 31) Annuario dell'Istituto e Museo di Zoologia dell'Università di Napoli. Napoli. 32) Annuario del Ministero della P. I., Roma. 33) Annuario de Sociedade Broteriana... Coimbra. 34) Archiv der Freunde der Naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 35) Archivio di oceanografia e limnologia. Roma. 36) Archivio per l'antropologia e la etnologia. Firenze. 37) Arkiv for Botanik. Uppsala - Stockholm. 38) Arkiv for Zoology. Stokholm. 39) Arxius de la Seccio' de Ciencies. Barcelona. 40) Astarte. Tromso Museum Zoological Department. Tromsq. 41) Atti dell'Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 42) Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania. 43) Atti dell’Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fisiche. Bologna. 44) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 45) Atti delFAccademia di Scienze Mediche di Ferrara. Ferrara. 46) Atti dell'Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Nazio¬ nale Scienze Lettere ed Arti. Napoli. 47) Atti dell’Istituto Botanico della R. Università. R. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 48) Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova. 49) Atti del Museo Civico di Storia naturale di Trieste. Trieste - Udine. 50) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 51) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia naturale di Milano. Milano. 52) Atti della Società Peloritana di Scienze fisiche e matematiche. Messina. 53) Atti della Società Speleologica Italiana. Alessandria. 54) Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. 55) Atti e memorie delFAccademia di agricoltura, scienze, lettere ed arti. Verona. 56) Atti e rendiconti dell’Accademia di Scienze lettere ed arti degli Zelanti (e dei PP. dello Studio). Vedi Memorie e Rendiconti. 57) Bericht der Oberhessischen Gesellschaft fur Natur-und Heilkund... Giessen. 58) Biological Bulletin publishedby Marine Biological Laboratory. Lancaster. 59) Biological Review of thè Cambridge Philosophical Society. Cambridge. 60) Boletin de Sociedade Broteriana. Coimbra. 61) Boletin de la Reai Sociedad Espanola de historia naturai. Madrid. 62) Bollettino del Laboratorio di Entomologia agraria « Filippo Silvestri » Portici. 63) Bollettino dell’Istituto Botanico dell’Università di Catania. 64) Bollettino dell’Istituto di Entomologia della R. Università di Bologna. 65) Bollettino dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Torino. 66) Bollettino dei Musei e degli Itituti Biologici della Univers. di Genova. 67) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Venezia. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 563 68) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 69) Bollettin odel Servizio Geologico d'Italia. Roma. 70) Bollettino della Società Adriatica di Scienze. Trieste. 71) Bollettino della Società Entomologica Italiana. Firenze. 72) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. 73) Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. 74) Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano. 75) Bulletin of thè British Museum. Naturai History. London. 76) Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (U.A.R.). Cairo. 77) Bulletin of Geological Institute. Ser. Petroleum and coal geology. Ser. Pa- leontology. Ser. Paleontology. Sofia. 78) Bulletin of thè Geological Institution of thè University of Uppsala. 79) Bulletin of The Illinois State Naturai History Survey. Urbana. 80) Bulletin de ITnstitut Royal des Sciences naturelles de Belgique. Biologie. Entomologie. Bruxelles. 81) Bulletin de la Société Entomologique d'Egypte. Le Caire. 82) Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l’Ouest de la France. Nantes. 83) Bollettino dell’Orto Botanico - Napoli. Vedi Delpinoa. 84) Casopis Ceské Cek... (Acta Societatis Entomologicae Bohemiae). Praha. 85) Cheapeake Science. A regional Journal fo Research and Progress on naturai resources. Solomons. 86) Ciencia biologica (1 Biologia, 2 Ecologia). Dep. de Zoologia Universidade de Coimbra. 87) Colloquis. Societad Catalana de Biologia... 88) Commentari dell’Ateneo di Brescia. 89) Decheniana. Bonn. 90) Decheniana. Beihefte. Bonn. 91) Delpinoa. Nuova serie del Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. 92) Doriana. Supplemento agli Annali del Museo Civico di Storia naturale « G. Doria ». Genova. 93) Ekologia Polska. Warzawa. 94) Endeavour. Rassegna del progresso scientifico... 95) Entomologische Arbeiten aus dem Museum G. Frey. Munchen. 96) Entomologisk Tidckrift ut given av Entomologiska Foreningen i Stockholm. Journal entomol. publé par la Société Entomol. Stockholm. 97) Fauna Fennica. Helsingfors. 98) Flora Fennica. Helsinki. 99) Fragmenta Entomologica. Roma. 100) Geoloski Viesnik. Zagreb. 101) Giornale botanico italiano. Firenze. 102) Gorteria. Riyksherbarium. Leiden. 103) Illinois biological monographs. Urbana. 104) Journal of thè Marina Biological Association. Cambridge. 105) Leopoldina. Mitteilungen der Deutschen Akademie der Naturfoscher Leopol¬ dina. Halle/ Salle. 106) Madoqua. Scientific papers of thè Namib Desert Research Station Wetenska- plike... 107) Man. The Journal of thè Royal Anthropological Institute. London. 564 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 108) Marine studies of San Pedro Bay. 109) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 110) Memorias de Sociedad Broteriana. Coimbra. 111) Memorie e rendiconti dell'Accademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale. 112) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 113) Memorie del Museo Civico di storia naturale di Verona. 114) Memorie del Museo Tridentino di Scienze naturali. Trento. 115) Memorie e note dell'Istituto di Geologia applicata delFUniversità di Napoli. 116) Memorie della Società Entomologica Italiana. Supplemento al Bollettino della Società Entomologica It. Genova. 117) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 118) Mitteilungen der Bayerischen Staatssammlung fùr Paleontologie und histor. Geologie. Monaco. 119) Monographiae Botanicae. Warszawa. 120) Natura. Rivista di scienze naturali. Milano. 121) Natura bresciana. Brescia. 122) Note fìtopatologiche per la Sardegna. Sassari. 123) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 124) Nova acta Leopoldina. Leipzig. 125) Novos Taxa Entomologicos... Lourenco Marques. 126) Ohio (The). Journal of Science. Columbus. 127) Periodico di mineralogia. Roma. 128) Pescasport. Genova. 129) Proceedings of K. Nederlands Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biological und medicai Sciences. Amsterdam. 130) Proceedings of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 131) (Publications) United States Geological Survey. Department of thè Interior. Washington: a) Abstracts of North American geology; b) Bulletin; c ) Farthquake information bulletin ; d) Geophysical; e) Journal of Research; f) Professional paper; g) Tecniques; h) Topographic; i) Water supply paper. 132) Pubblicazioni dell’Istituto di Botanica dell'Università di Catania. 133) Pubblicazioni della Stazione Zoologica di Napoli. 134) Pubblicaciones del Centro Pirenaico de Biologia sperimentai. Barcelona, poi Jaca. 135) Publicaciones del Instituto de Biologia aplicada. Universidad de Barcelona. 136) Publicagoes de Instituto de Zoologia « Dr. Augusto Nobre ». Porto, poi Coimbra. 137) Quaderni dell'Istituto Botanico dell'Università. Laboratorio Crittogamico. Pavia. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 565 138) Redia. Giornale di zoologia (già Redia. Giornale di entomologia). Firenze. 139) Rendiconti dell'Istituto Lombardo... Milano. 140) Rendiconto dell'Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società di Scienze Lettere e Arti. Napoli. 141) Report on scientific activities... Warszawa. 142) Revista de Entomologia de Mogambique. Laurenco Marquez. 143) Reviseta de la Sociedad Cientifica del Paraguay. Asuncion. 144) Riviera scientifique. Bulletin de l'Association des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritimes. Nice. 145) Rozpravi Ceske Akademie véd a Umeni. Praze. 146) Sbornik Slovenskeho Nardneo Muzea... Bratislava. 147) Scripta Facultatis Seartiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Bru- nensis. Brne. 148) Selezione veterinaria... Brescia. 149) Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Helsinki. 150) Smithsonian Year. Washington. 151) Sottoterra. Bollettino informativo del Gruppo Speleologico Bolognese C.A.I. e dello Speleo Club di Bologna E.N.A.L. Bologna. 152) Spisy Prirodovedecke Fakulty University J. E. Purkiné. Brno. 153) Struktur und Mitgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina su Halle/Saale. 154) Studi Sassaresi. Sassari. 155) Studi trentini di scienze naturali. Sez. A Abiologica. Sez. B. Biologica. Trento. 156) Thalassia Ionica. Istituto Sperimentale Talassografico. Taranto. 157) Thalassia salentina. Stazione Biologica Marina di Salento. Porto Cesareo. 158) Thabajos del Departamento de Botanica y Fisiologia vegetai. Madrid. 159) Transactions of thè Wisconsin Academy of Sciences arts and letters. Madison. 160) Travaux biologique de ITnstitut J. B. Carnoy. Louvain. 161) Travaux sur la géologie de Bulgarie. Trudove Varhu... Sofija. 162) University of California publications in geological Sciences... 163) Universo (L'). Rivista dell’Istituto Geografico Militare. Firenze. 164) Verhandlungen der K. K. Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wien. 165) Vesnik Zavod za Geoloska j Geofizicka Istrazivanija. Serie A Geologi ja. Serie B Hidrogeologia. Serie C Geofizicka. Beograd. . £fc?ÌÌÌ INDICE Commemorazione del Socio Oreste Pellegrini . pag. 3 Commemorazione dei Socio Giuseppe Fadda ...... » 9 Commemorazione del Socio Ester Majo ....... » 11 Simone L. — Variazioni precoci di porosità e permeabilità e cementi dolomitici in sedimenti carbonatici del Cretacico inferiore di Pe- trovici (Banyani, Montenegro occidentale) . . » 13 Bousquet J. C., Megard J., Taquet P. — Decouverte d’un gisement a ossements de reptiles dans le Trias de Saracena, Apennin Calabro- Lucanien (Italie Meridionale) . » 25 Ortolani F., Narciso G., Sanzò A. — Prime considerazioni sulla pre¬ senza del flysch numidico nell 'Appennino sannita .... » 31 Giunta G., Liguori V. — Considerazioni sul significato ambientale e sul molo paleo tettonico della Rocca Busambra (Sicilia) ... » 45 Castellano M. C. — Attività vulcanica recente nelle isole Westman- naeyjar (Islanda) . . » 61 De Castro P. — Osservazioni su Aeolisaccus kotori Radoicic, 1959 (Cyanoschizophyta) . » 19 D’Alessandro A., Laviano A. — Una malacofauna post-tirreniana dei dintorni di Taranto ........... » 119 Budetta G. — Analisi dei dati di sondaggi magneto-tellurici prelimi¬ nari nell'area Flegrea . » 139 Steri S., Quarto E., Boni P. — Analisi matematica di circuiti di con¬ trollo in sistemi biologici. II Regolazione antagonista ... » 153 Quarto E., Steri S., Boni P. — - Analisi matematica di circuiti di con¬ trollo in sistemi biologici. III - Modello lagrangiano per la rego¬ lazione antagonista . » 183 Oliveri del Castillo V. — Note sull'unità e sulla differenza tra la ses¬ sualità animale e la sessualità umana e sulla relazione tra ses¬ sualità e aggressività ........... » 195 Accordi G. — Nuovi affioramenti di lacustre sollevato a terrazzi al bordo settentrionale del Fucino (Abruzzi) ...... » 265 Laureti L. — Aspetti e problemi geomorfologici del Cilento . . . » 281 Parisi G., Franco A. R. — Proteine in Drosophila melanogaster . . » 301 Corrado G., Vittozzi P., Amoretti E. — Il modello del conduttore anu¬ lare nello studio delle anomalie geomagnetiche ragionali e lo¬ cali. II Nota . » 347 568 Indice Pierattini D. — Primi risultati di una analisi strutturale della unità Pollino-Campotenese nella Calabria settentrionale .... pag. 359 Scaramella D. — I mammiferi dello Yemen (Y.A.R.) controllati al livello della sottospecie .......... » 373 Campobasso V., Morolla M. — Osservazioni su Joufia reticulata Boehm, 1897 (Radiolitidae) . » 405 Ariani A. P., Spagnuolo G. — Ricerche sulla misidofauna del Parco di Santa Maria Castellabate (Salerno) con descrizione di una nuova specie di Siriella . . » 441 Aprile F. — Risultati preliminari relativi all’indagine geofisica e al¬ l'analisi delle prove di portata di uno studio a scopo idrologico nella zona della Piana di Caiazzo (CE) . » 483 Di Nocera S., Ortolani F., Torre M. — Fase tettonica messiniana nel- F Appennino meridionale .......... » 499 Ortolani F. — Fase tettonica mediopliocenica in Calabria: schema delle principali strutture originate . » 517 Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali ... » 543 Elenco dei soci al 31 dicembre 1975 » 553 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti . » 561 TERMINATO DI STAMPARE OGGI XXX GIUGNO MCMLXXVI NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE « FRANCESCO GIANNINI & FIGLI » Direttore responsabile: Prof. MICHELE FUIANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n, B 649 del 29-11-1960 . Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite nel testo. Le didascalie delle tavole fuori testo saranno inserite nella pagina a fronte della tavola stessa. Art. 17. — Le illustrazioni nel testo devono essere indicate come figure e portare una numerazione indipendente e progressiva. È consigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni superiori a quelle definitive (1 Vi o 2 volte quelle definitive). Le dimensioni massime delle figure del testo devono essere di cm 11 x 18. Art. 18. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 x 18. Art. 19. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall'inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riunite in successione e numerate. Art. 20. — - La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e prima delle didascalie delle tavole fuori testo, e sarà preparata evitando la numerazione progressiva secondo il fac-simile seguente, ad eccezione di quelle discipline per le quali valgono norme internazionali diverse : Onesto F. 1966 - Morfologia della regione articolare alare e delle pleure nei plecotteri. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 74 (1965), fase. I, pp. 22-39, 8 figg., 2 tabb., 2 tavv., Napoli. e cioè nell'ordine: — - cognome dell'Autore in maiuscoletto seguito dalle iniziali del nome, i prefissi di casato (di, de, von, van) premessi al cognome non influiscono sulla posizione nell'ordine alfabetico del cognome di un Autore; — virgola; — anno di pubblicazione del lavoro: se dello stesso Autore si citano diversi lavori dello stesso anno, l'anno sarà fatto seguire da lettere alfabetiche minuscole (esempio: 1965 a, 1965 b, ecc.); nel caso di pubblicazioni accademiche o di periodici che siano editi con data diversa da quella del volume, la data di edizione sarà quella riportata all'inizio, mentre l'altra verrà riportata, tra parentesi tonde, dopo l'indicazione del volume; — trattino; — titolo del lavoro completo ed in corsivo (sottolineato nel dattiloscritto); — punto; — titolo del periodico abbreviato; per le opere non pubblicate in periodici indicare nell'ordine l'editore e la città presso cui sono state stampate; — virgola (qui, come dopo ognuno dei dati che seguono); — serie, ove esiste (per es.: ser. 5,); — numero del volume in neretto (doppia sottolineatura, la prima semplice e la seconda serpentina, nel dattiloscritto) (esempio: 75); — data corrispondente al volume del periodico, tra parentesi tonda; — numero del fascicolo o di qualsiasi altra suddivisione del volume (helft, part, numero, ecc.), quando si tratti di periodico che non ha la paginazione continua per tutto il volume; — indicazione della pagina iniziale e finale (esempio: pp. 22-39); se il lavoro non fa parte di un periodico a paginazione progressiva, o quest'ultima non è nota, o il lavoro costituisce da solo un volume, si indica unicamente il totale delle pagine (esempio: 18 pp. o 1 p.); — indicazione delle figure nel testo con gli estremi della numerazione se essa sia progressiva per il periodico (esempio: figg. 3-12 o fig. 7), o del totale se non lo è (esempio : 12 figg. o 1 fig.) ; — indicazione delle tabelle (tab. o tabb.) come per le figure nel testo; — indicazione delle tavole (tav. o tavv.) come per le figure nel testo; — città in cui viene stampato il periodico o il volume; — punto. Le indicazioni delle pagine, figure, tabelle e tavole sono facoltative ma in genere, in uno stesso lavoro, per ragioni di uniformità esse devono essere fornite per tutte le voci della bibliografia o eliminate per tutte. Si prega comunque di sostituire i numeri romani con cifre arabe, a meno che ciò non ingeneri confusione. ; N\ ; . / 't| ■ . 3 |-T LI B RAR I ES^SMITHSONIAN^INSTITUTlON^NOIlfUllSNI^NVINOSHllWS^SB I BVdi 2- _ ” ,L co .4 W c O p-S^ _ o ION NOIifUUSNI^NViNOSHllWS S 3 I a V B 8 11 LIBRARI E S~ SMITHSONIAN-1 INSTITUT in UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinillSNI NVIN0SH1IWS S3 lavai z , 52 „ z v « z c/5 < ^ E v E - 1 >WTOkA 2! H 4wW//s,. 2 ° a: co v m*,. co X -X *1» o v\w - t 2 * /■' ' t K'JCAkVb/ 2 5 -\N?r > W i >• i > CO 2! co ' 2 c/3 2! ON NOIi.nillSNI_NVINOSHJ.IWS S3IHVaan UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTl CO _ _ 2 \ _ _ ^ CO 311 UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinillSNI NVIN0SH1IWS S3 I ava m x^v pcy " m xci- tl; x^uiiwx rn co — co £ — co ON NOIinillSNI NVIN0SHJLIIA1S SBIdV^BIl UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUT co z ^ ^ co z co 2 2 .< s >< Ac S co > > W' 2 ^ > x^uiis^ 3 11^ LI B RAR 1 ES^SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfìlliSNI NVINOSHlllAIS^SB I HVH co ^ co — co O X^jY PC/ ~ Q \£\ D.C lON^NOIinillSNI^NVINOSHimS^SB I UVH 8 11 UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUT Z _ r > Z r- Z r- ° m ^ 2 - 70 > ni 'Ns<^osv'^ co — co tz co ]n UBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinillSNI NVIN0SH1IWS S3IBVai Z ■* <2 _ _ Z » CO Z C/5 S | XassSS^ 5 1 ' ~ !■' ON U>N0liniliSNI_NVIN0SHllWStOS3 iaVaanZLIBRARI E S ^SMITHSONIAN INSTITUTl CO ^ _ ^ Z \ 00 ^ _ ^ 5 co ~ S 8 CO 2 co A z ARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUllSNI NVINOSH1IIAJS S3ldVdàl1 LIBR CO ^ _ CO ~ ,CO — O '^3/ _ xc'uusjx' O " XL'-cu^lX q UllSNl“JNVIN0SHllWSZS3 I d Vd 8 11 L I B R A R I E SMITHSONIAN^ INSTITUTION 2 NOIlf r~ v 2 r~ 2 r* 2 CD > 70 as'ìx m ~ n^vasv^x m x^os'^X ^ m co " £ CO £ co ARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOliniliSNI NVINOSHXIINS S3ldVdail L,BR 2 V co 2 co 2 n < '".VX 2 ^ 2 < V _ _ _ _ —1 w/////'//// 21 CO O w/;' vxmv z , _ 2 ' XX* >' 2 X^osv^ >’ 2 CO *' 2 co 2 co 11IJLSNI_ NVIN0SH1IINS SSIdVdSH LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION N0IJLI ^ _ 5 <0 - co . ir < 5 “ W 5 “r ' ' 5 '****&' “ 2 _i z ARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUllSNI NVIN0SH1UNS S3IHVa9IT L I B F UI1SNI NVIN0SH1HNS S3IBVBan LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOI! > AR I ES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIlfUllSNI NVINOSHIIWS^SB I ^VJJQIl^LIB F CO 7Z _ CO ~ CO O _ UI1SNI- NVIN0SH1IWS S3 I dVd a IT LIBRARI ES^" SMITHSONIAN INSTITUTION N0I1 z r- z Z m <' w ™ X^VASV^X m X^vosvA^X ^ m X^os^y CO * £ CO £ CO = , , _ n ARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinillSNI NVIN0SH1IWS S3IHVBan LIBR ° - JS^ ° 1^1 5 8 • I t# 1,^/.-^ | ^ -, V x- 2: co - - - 2 co jfsiosHims saiavaan libraries smithsonian institution CO “ co ~ co