ITHSONIAN INSTiTUTION NOIinillSNI NVINOSHIIWS S3ldVdan LIBRARIES SMITHSONIAN i ^ VX i ° ■“^ol 5> :3P m X^osv^ " m ' .V^V ^ ^vryAi.n>^ (T| C/) _ CO — co — to iNosHiii^s salava a 11 libraries smithsonian institution NoiiniiiSNi nivinoshìiws co , 21 co ^ 21 ^ U) 21 co < 2 < ■ .«V 2 .«aSfet < 21 J | ' t I g l g 1 Z co 2 co ***“ Z 5 2 ITHSONIAN INSTITUTION NOIJ.niliSNI_NVINOSHilWS S3IUVaan LIBRARIES SMITHSONIAN — "' ■ ~ c/) = NOSHilws saiavaan libraries smithsonian institution NoiiniiiSNi nvinoshìiws i ro i , i m ^ 33 > rri ><./>■ pvj^ — m ^ rn ITHS0NIAN“1NST1TUTI0N NOIiniliSNrWVmOSHlllAlS S3 l a Va 8 H^LI B RAR 1 ES^SMITHSONIAN' Z vV ^ 2: ^ 5 v**- ^ 2 z =i ^y-z- =! ,zzk/A 5 d z 5 > "■«p»' s > -ip?'' s i N0SHillMs‘^S3IBVaén^LIBRARIEs‘”sMITHS0NIAN INSTITUTION NOUnillSNI NVINOSHilWS*^ (fi 11 (f) IZ _ _ CO _ — ... . 0 o _ ITHS0NIAN“^INST1TUT10N NOIiHillSNI^^NVINOSHilWS S3iaVaan“‘LIBRARI E SMITHSONIAN* r- z r- * z r- Z f NqX O 03 ^ /C^Tir7}>v, O 33 2 m ^ x>iVAsv^ m m x^osva^ ^ n INOSHlll^S S3 I ava a n^ll B RAR I ES SMlTHSONIAN~INSTlTUTION^NOIiniIlSNl“'NVlfsIOSHim$ C2 ^ 2 N, co _ ^ z ,( co z c/ ITHSONIAN INSTITUTION NOIinXIlSNI NVINOSHIIINS S3iavaan LIBRARIES SMITHSONIAN co _ \ ^ _ _ _ ^ CO iNOSHiiiMS saiavaan libraries smithsonian institution NoiiniiiSNi nvinoshi^s z _ r~ _ ? r ^ 2: r- . . 2 UTION NOIiniliSNI NVINOSHilWS^S3 I a Va a 11^ LI B R AR I ES^SMITHSONIAN^INSTITUTION ^ m '' ^ vjyA^>^>^ rn xì^vosvìì^^ r; m a> ~ c/> - ^aan'LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOlifliliSNI NVINOSHilIrtS S3iavaan 2 ■ ^ > 'sa:«Si' s •.)ìr >■ S 'sarosv«i^ > UTION ‘’NOIinilXSNI NVIN0SHilWs‘^S3 I a Va 8 H LI B RAR I Es“’sMlTHSONIAN INSTITUTION tn — , ___ — n o ■■ *. o ~ o _ Z ^ 2 — ^ 2 /aan libraries smithsonian institution NoiiniiiSNi nvinoshiiws saiavaan ^ i / i ® i 5\ “ * vC V / ^ ^ vC y ^ f 3 0 ^ rUTION NOIiniliSNrNVmOSHimS S3liJVdan'‘LIBRARI£S^SMITHS0N!AN~INSTITUTI0N . c/> 2 _ _ _ ^ 2 .y. ^ z c/ b I - . -•= t S ^ . '^ ■' Il ^ ^ i % > ^ > NiOiii^ :2 :)c ■2L ifì 2 CO ^.2 *‘ 2 vaan_ librar lEs $mithsonian_institution NoiiOiiiSNi^MviisjosHiiifMs saiavaan^ S r i ^ •< (o IV yo O D ~ o ?? o ~ C rUT10N^N0linillSNl“^NVIN0SHimS^S3ldVdan“‘LIBRAR lES^SMlTHSONlAN’^INSTITUTION 2 «“.,2 r- z r* 2 i>ox 9. 9 TZ o ZZ A’'rScn:i?^ c co ± (/) ± s^',»-, V. ■» l\^'*^' WKBKBk •‘-. ■.i!Ì,-'* „T •-j*',.'^'-.'s.v'.vj;-- •■; -eSi^2s:rr-J: 'l^'V;. ''tf'|'&%'.'^:,: ,■' ■•:, ■■■ '’\‘-fu ■ ■■ Hr;- '"'f^ '■;: . ■ ■ '-r:, ■ ìi;3iii.iv^ ■' ;;'->iv i-v ■-.ri I. 'iS' ■ '■' ■ .?' V ^ft fc %« '*A( ^'* \ ■0‘- _ -v^;;»., , . " ■ l'l< ’' ' ;' .?f|n't*'i;v'^&r*i'^ ji?V v ^ ls|tH^4 ^ » ’ " 'V * ’ ■•'-■ f 'lS^~ ■ '* . ^ -i "•■ . iììL^ ;o^ •■■ t i>}t m ^ ■- ,.i' ■ %' ' ■'• '•^-: :m*'\ .~^ '•‘^ai:--v'‘’'ì- '■• Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1919, pp. 21-41 , figg. 5, tab. 1 Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche del bradisismo puteolano rivelate dal Serapeo di Pozzuoli (Napoli) Nota del socio Ludovico Sicardi(*) (Tornata del 28 aprile 1978) Riassunto. — Il lavoro è diviso in due parti. Nella prima l’epoca della con¬ statazione della prima fase storica del bradisisma, rivelato dal Serapeo di Poz¬ zuoli (Napoli), è ripresa dagli studi di Antonio Niccolini (prima metà del secolo XIX) ma è sostituita dall'A. con altra connessa allo stesso Serapeo. Si valuta l’altezza massima raggiunta dal Serapeo alla fine della seconda fase connessa con la eruzione del M. Nuovo nel 1538 senza che il monumento sia stato coin¬ volto nei movimenti derivati dai fatti eruttivi. Nella seconda parte l’autore de¬ scrive e commenta i dati noti della terza fase discendente del bradisismo fle- greo registrati dal movimento del Serapeo di Pozzuoli (Napoli). La fase sembra mostrare una probabile unità di fondo con gli indizi di temporanee deviazioni senza che di queste sia possibile determinare la sicura ampiezza. Summary. — The paper consists of two parts. In thè first part thè epoch of thè ascertainment of thè first historical phase of thè bradyseism revealed by thè Serapeo of Pozzuoli (Neaples) is taked again by thè studies of Antonio Niccolini (thè first half of 19*^ century) but it is replaced by A. with a different linked to thè same Serapeo. It is estimates thè greatest height acquired by thè Serapeo to thè end of thè second phase binded to thè eruption of thè M.t Nuovo in thè year 1538, without that thè monument be involved in thè movements derived by thè eruptive events. In thè second part thè A. describes and com- ments thè known data of third descending phase of thè Plegraean bradyseism registered by thè movements of Serapeo of Pozzuoli. The phase seems to ma- nifest a probable uniformity of ground with thè indication of temporary de- viations without thè determination of thè true amplitude. Antonio Niccolini, architetto napoletano, nei primi decenni del sec. XIX riconobbe nel Serapeo di Pozzuoli (Napoli) (Fig. 1) i segni di uno spo- (*) Il Comitato di Redazione nel licenziare postumo il presente lavoro, onde onorare la Memoria del socio Ludovico Sicardi, ringrazia il prof. Giuseppe Luongo per la revisione « solo formale » dello stesso. 28 L. Sicardi stamento del livello marino rispetto al suolo sviluppatosi nei tempi sto¬ rici in tre fasi durante le quali il mare si sarebbe sollevato, poi abbas¬ sato fino al nuovo sollevamento evidente in quel tempo. Come fu poi am¬ messo era in realtà il suo ad essersi spostato ed il Serapeo divenne esem¬ pio classico del fenomeno bradisismico. Ed in tal senso noi riferiremo le conclusioni del Niccolini. Questo A. ritenne di poter fissare la data del riconoscimento storico del movimento nonché i limiti successivi delle fasi e l'intensità del feno¬ meno. Nel 1839 Egli riporta la prima notazione all' 80 av. Cr. anno in cui sarebbe stato costruito a m 1,69 s.l.m. il pavimento a mosaico del primi- Fig 1, — Il Serapeo di Pozzuoli. (foto Sopraintendenza alle antichità, Napoli) tivo Serapeo dal Niccolini stesso ritrovato a m 2,11 sottostante quello attuale in marmo su cui si elevano le colonne. Ogni calcolo dell’abbassa¬ mento del suolo doveva perciò partire dalla posizione del pavimento in marmo come se questo fosse già esistito nell’ 80 av. Cr. cioè a m 3,80 s.l.m. Tale pavimento secondo il Niccolini nel V sec. d. Cr. si sarebbe trovato a pari col livello marino raggiungendo nel proseguimento dell’im¬ mersione un massimo nel IX-X secolo quando il livello marino restò se¬ gnato dal limite superiore della fascia delle colonne foracchiate dai lito- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 29 domi cioè a m 5,80 di altezza sopra il pavimento marmoreo. In definitiva il suolo puteolano si sarebbe abbassato in totale per m 9,60. Possiamo perciò noi calcolare un abbassamento medio annuo durante i nove secoli di mm 10,7. Si noti però che dall’ 80 av. Cr. i nove secoli portano all’ 820, quindi non tra il IX ed il X secolo ma nei primi decenni del IX. Tanto r 80 av. Cr. che l’epoca del IX-X secolo non sono documentati dal Niccolini il quale nel 1845 sposta la data del riconoscimento storico all’inizio del II sec. av. Cr. e fuori del Serapeo. Nel suo Indice e Note dei Tre Periodi annesso alla Descrizione della Gran Terma Puteolana etc. il Niccolini fa riferimento alla testimonianza offerta dalle opere murarie del porto della vicina isoletta di Nisida. Nei primi decenni del secolo XIX Egli poteva infatti vedere tali opere sommerse per un abbassamento da Lui valutato in metri sei quando il secondo pavimento del Serapeo si trovava a livello della superfice marina. È da arguire ehe al Niccolini, nella considerazione di un uniforme andamento del bradisisma e facendo risalire la eostruzione del porto all’inizio del II secolo av. Cr., sia sem¬ brato possibile supporre che il suolo puteolano abbia potuto egualmente abbassarsi nello spazio di sei secoli sotto il livello del mare cioè con il secondo pavimento a pari di tale livello come quest’ultimo appariva al suo tempi proseguendo successivamente l’immersione per i 5,80 metri del soprastante colonnato. Da questi nuovi dati si verrebbe ad avere in 10 secoli un valore medio annuale di mm 11,8 nell’abbassamento del suolo. Dai primi anni del 200 av. Cr. ai primi del 900 d. Cr. corrono però 11 se¬ coli e non dieci con la conseguente riduzione dell’anzidetto valore a mm 10,7, la stessa cifra che risultava nel 1839. Da notare che il Niccolini tra¬ scura tali valutazioni limitandosi a presentare l’entità degli spostamenti in tutta la fase. Per rimanere fuori da ogni ipotesi, il Lyell ed il Suess non fissano alcuna data e pur sapendo di opere dell’èra pre-cristiana successivamente sommerse, si limitano a riportare a questo tempo il riconoscimento del¬ l’immersione del suolo. Inoltre questi AA. si attengono alla semplice con¬ statazione del movimento del Serapeo senza fissarne ampiezza e velocità. Per quanto si rivelino incertezze e imprecisioni, è pur sempre note¬ vole ehe un movimento del suolo puteolano verifieato empiricamente dal Niccolini tra i 10,7 e gli 11,8 mm in media all’anno per un periodo del¬ l’ordine di 10-11 secoli sia del tutto vicino alle misure effettuate durante la terza fase con la precisa tecnica dei rilievi geodetici con i quali si è avuta una media di 12 mm tra estremi di 11,6 e 12,7 lasciando pensare che la cifra sia un significativo valore ,almeno delle fasi negative, del bra¬ disisma puteolano per l’uniformità che appare. Si potrebbe perciò dar 30 L. Sicardi senz’altro ragione al Niccolini e tutto ciò è così evidente da indurre a ritenere che non ci sia altro da aggiungere. Gli elementi cronologici però e l’incertezza delle premesse potrebbero sempre porre in dubbio i dati de¬ sumibili dalle corrispondenti valutazioni. Noi però desideriamo dare alla data del riconoscimento storico una più evidente e più sicura logicità ricercando elementi di riferimento più attendibili senza allontanarci dal Serapeo. E sotto questo punto di vista il lavoro non sarà inutile, senza sminuire i reali meriti del Niccolini i cui risultati resteranno confermati e meglio consolidati. La estesa monografia del Parascandola (1947) segue da vicino il Niccolini con un interessante largo commento ricco di dati e di notizie, entro un’ampia documentazione per tutte e tre le fasi. Noi richiameremo sovente tale studio, seguito pure dal Pichler (1970 nel suo dettagliato lavoro sui Campi Flegrei. Per il raggiungimento della massima immersione del Serapeo a ter¬ mine della prima fase, ci riportiamo ancora con il Niccolini ai primi anni del secolo X d. Cr., una data priva di una positiva documentazione ma che neppure contrasta con le vicende deH’edificio dopo il suo abban¬ dono nel declino dell’epoca imperiale romana, ben chiaramente delineate dal Parascandola (1947. Un altro dato al quale anche noi ci riferiremo è l'altezza del limite superiore della foracchiatura delle colonne sul pavi¬ mento in marmo dal Niccolini fissata in m 5,80. Questo è l’unico elemento di tutta la vicenda ancora controllabile. Esso concorda con quello del SuESS (m 5,83) e si avvicina al valore del Barbage (m 5,60) allontanandosi solo da quello del Lyell (m 6,30) che viceversa in seguito è il più citato. Questi quattro AA. sono gli unici ad aver compiuto tali misure non facili per la mancanza di un netto limite nell’orlo della foracchiatura. Ci allontaniamo invece dal Niccolini nel fissare una data per il rico¬ noscimento del movimento bradisismico. Anche ammesso che nel 1845 il Niccolini abbia approfondito i suoi calcoli, manca sempre qualsiasi obiet¬ tiva documentazione per confermare l’esistenza e la posizione del porto di Nisida all’inizo del II secolo av. Cr. Delle origini di tali opere murarie non ci è stato possibile rintracciare una corrispondente testimonianza mentre invece è posto in evidenza il porto di Pozzuoli. È interessante però che Scrinari (1965, pag. 390) noti che « appartiene alla concezione imperiale di Roma l'organizzazione e la costruzione sistematica dei ba¬ cini portuali ». Il porto di Pozzuoli appartiene infatti sicuramente al¬ l'epoca augustea, e a nostro semplice parere senza voler troppo entrare in un estraneo argomento, sembrerebbe del tutto improbabile che nell’iso- letta di Nisida possa essere stata fatta una simile minore costruzione già all’inizio del II secolo av. Cr., tutt'al più immaginabile contemporanea Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc, 31 a quella di Pozzuoli (se non addirittura più tarda) quale possibile secon¬ dario posto di ormeggio. In questa nota nella ricerca di una precisa epoca nella quale sia possibile ammettere resistenza in atto del bradisisma pu- teolano, ci riferiamo, senza allontanarci dal Serapeo, aH'esistenza dell'an¬ tico pavimento a mosaico nonché di un'epigrafe in cui viene nominato un edifìcio dedicato a Serapide. A tali fonti è stata già rivolta l'attenzione avvertendosi l'eventualità di un reciproco rapporto senza però una con¬ clusione valida alla quale ci sembra di poter invece giungere. L'epigrafe (fig. 2) trovata a Pozzuoli e datata col 90° anno dopo l'ele¬ vazione della città a colonia romana (194 av. Cr.) riporta la Lex P arieti Faciendo nella quale, solo per dare un riferimento topografico ad alcuni lavori da farsi in altri edifici, si nomina una Aedes Serapi (cioè Serapi dicata) situata presso il mare, da questo separata per una strada: una posizione del tutto analoga a quella dell'attuale Serapeo. .AgCOiONlADtDVtTAANNO XC I N-FWIDIO-HfMPVLLlO-OyO-vm I PWÌÌi^N-MALlKKOS - I ■ ' ^ t AEOEM-setAWRAMs viA^toyf I f AaVEtt^SlCNAIO ■ i V|AAtlN©i!SiRì£tt'MeOÌO0SriO IVMM,,;; I y^RnOlAt^fV!Aim4PVlir/C!IOEXEO' Fig. 2. — La Lex Parieti Faciendo. (da Niccolini, 1845) Nei suoi lavori il Niccolini non nomina l'epigrafe, pur riproducen- dola (1845), collocando la costruzione del pavimento a mosaico, come sap¬ piamo, nell' 80 av. Cr, ma senza alcun appoggio. Il contemporaneo inglese Barbage (1847) sfiora appena l'argomento. Il Lyell (1828, pagg. 618-619) si chiede se l'antico edificio citato nell'epigrafe è quello stesso di cui oggi restano le rovine ricordando la presenza tra queste del più antico dei due edifici trovando però nella questione un puro interesse archeologico. Più recentemente il Parascandola (1947, pag. 16) rimane ancora dub¬ bioso per poter ritrovare la Aedes in un edificio precedente l'attuale Serapeo mancando « un notevole fondamento tranne l'ubicazione e l'età « del pavimento inferiore che quasi coincide con l'epoca della Lex Parieti 32 L. Sicardi « Faciendo (sec. II-I av. Cr.) ». Ci sembra che queste ultime constatazioni non siano di poco conto e ad esse pure ci colleghiamo. La Aedes Serapi esistente certamente sulla fine del II secolo av. Cr., doveva la sua origine agli intensi scambi commerciali di Roma, attraverso Pozzuoli, con Alessandria d'Egitto dove nel III secolo av. Cr. Tolomeo II Filadelfo (309-246) aveva introdotto il culto di Serapide conferendo al dio gli attribuiti di Esculapio, protettore degl infermi, per offrire, con chiaro accorgimento politico, una comune divinità ai due popoli greco ed egiziano. La Aedes nella sua intitolazione a Serapide rivela il proprio carattere religioso e ad essa sembrerebbe meglio appartenere quella statua di Se¬ rapide trovata nel XVIII secolo durante gli scavi del Serapeo e che, come nota il Parascandola (1947, pag. 10), per la sua altezza di soli m 1,10 non appare affatto in armonia con l'ampiezza monumentale del Serapeo. La scultura, a nostro parere parrebbe un assai probabile elemento di colle¬ gamento tra i due edifici nel secondo dei quali si è venuta a trovare quando la costruzione primitiva, assai probabilmente perciò la Aedes Se¬ rapi, per l'avanzarsi dell'invasione marina sarebbe stata sostituita dal Se¬ rapeo. All'Aedes Serapi andrebbe attribuito il pavimento a mosaico. La nuova costruzione con il pavimento in marmo era quella di un mercato ma per Formai acquisito carattere religioso del sito la statua di Serapide poteva trovar posto nella cella quale divinità propiziatrice. Escludendo una tale derivazione è da supporre durante quei secoli l’esistenza contemporanea, in due diversi luoghi ma in completa analoga posizione topografica di due edifici egualmente dedicati a Serapide, cosa piuttosto difficile ad ammettere anche di fronte alle difficoltà che la de¬ vozione per il dio egiziano incontrava presso i romani i quali la tollera¬ vano soprattutto per ragioni di opportunità commerciale. Già sotto questi aspetti appare possibile identificare la Aedes Serapi nell’edificio con il primo pavimento a mosaico. Un altro argomento ci sembra però decisivo. Alludiamo alla sorgente termominerale ancor oggi presente tra le rovine e che doveva far parte integrante dell’edificio pre¬ cedente ma che non possiamo neppure escludere dalla Aedes Serapi per il legame della sorgente salutare con il culto del dio protettore degli am¬ malati tanto più che la Aedes, per la data della sua esistenza, mostra di aver avuta per primo la possibilità di accogliere la sorgente. Ne de¬ riva ovviamente l’identità delle due presunte diverse costruzioni. Quest’ultimo fatto soprattutto, nonché la posizione, l’età e le conside¬ razioni storiche relative ci convincono per ritrovare nell’edificio primitivo del Serapeo la Aedes riportando la costruzione di quest’ultima alla metà del II secolo av. Cr. giacché a quanto pare (Levi 1963, pag. 212) una co- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 33 struzione a mosaico non può farsi risalire più addietro di tale epoca. Il che si accorda con la data deH’epigrafe (104 av. Cr.) nonché con quella della elevazione di Pozzuoli a colonia romana (194 av. Cr.) quando verso la fine della seconda guerra punica (201 av. Cr.) il suo scalo cominciava ad acquistare importanza negli scambi commerciali con Foriente ed in modo particolare con l'Egitto. Risaliamo ora alla posizione del pavimento a mosaico attribuito alla Aedes Serapis sul livello marino all’atto della sua costruzione. Secondo l’archeologo Maturi (1934, pagg. 28, 31) il nucleo principale del Serapeo (e perciò il pavimento in marmo della corte) appartiene al¬ l’epoca flavia (69-96) mentre la rotonda centrale e le colonne del pronao per le differenti qualità stilistiehe sono da porre in epoca più tarda. Se il secondo pavimento risale a circa 1’ 80 d. Cr., è da pensare che il prece¬ dente in quegli anni fosse vicino ad un metro s.l.m. giacché con lo sca¬ rico dei rifiuti a m 0,66 sotto il pavimento (Niccolini 1829, pag. 12 e tav. annessa) lo spurgo diventava difficile in condizioni sfavorevoli del mare. Se la Aedes è stata costruita nel 150 av. Cr., è da presumere tra questa data e F 80 d. Cr. un abbassamento del suolo di circa 11 mm all’anno (ritmo medio della fase) cioè m 2,53 per cui la costruzione si sarebbe trovata all’inizio eon il pavimento a mosaico a m 3,53 s.l.m. Col secondo pavimento a m 2,11 sul precedente a mosaico, il livello di partenza per la valutazione storica del bradisismo risulta di m 5,64. Per la prima fase è perciò da ritenere che si sia compiuta l’immer¬ sione del suolo fino all’altezza del secondo pavimento (m 5,64) e poi quella del colonnato soprastante quest’ultimo, al limite superiore della foracchia¬ tura (m 5,80). Un totale di m 11,44 in 1050 anni (150 av. Cr. -900 d. Cr.) cioè mediamente mm 10,9 all’anno. Un dato che resta vicino a quello del Niccolini (10,7) ma più fondato di questo riconoscendo sempre la felice percezione di questo Autore pur nell’incerta impostazione. La Scala dei Tre Periodi annessa al già citato Indice, è un incompleto diagramma su cui il Niccolini allinea le variazioni di livello del mare senza però farne risultare la posizione nel tempo. La riportiamo sempli¬ ficata nella fig. 3. La disposizione tuttavia delle tre linee sotto angoli eguali conferisce al disegno una simmetria che farebbe supporre la vo¬ lontà di presentare un’uniformità nel tempo del movimento bradisi- smico quale in verità poteva già apparire all’A. Sui segmenti sono mar- 3 34 L, Sicardi cate 16 posizioni in corrispondenza di altrettante forse probabili date delVIndice. Il Niccolini è piuttosto incerto per la collocazione sulla Scala della fine della seconda fase (posizione 12) quando il ritiro del mare è provato nei primi anni del secolo XVI da documenti reali per la donazione delle terre emerse e da porsi non oltre l'ultimo decennio del secolo XXVII (po¬ sizione 14) in cui l’abbassamento del suolo è già evidente come dimo¬ strava l’apertura della non lontana foce del Fusaro nel suo sbocco al mare. Il Niccolini non fa alcun riferimento all’eruzione del M.te Nuovo del 1538 che il Parascandola pone nella sua giusta valutazione temporale ad evidente conclusione della fase di emersione. Nelle sue incertezze il Fig. 3. — Scala dei Tre Periodi. (schema dal disegno del Niccolini, 1845) Niccolini nel 1845 (pag. 28, p.te geologica) ritiene perciò nello schema della Scala « proseguire al di sotto dei due punti conosciuti le linee se- « gnate graficamente a seconda delle rispettive inclinazioni, fino ad in- « contrarsi per non discontinuare il movimento assegnando quel punto « di sezione come termine del secondo e principio del terzo periodo ». È ciò che rappresenta la posizione 13 dalla quale appare il raggiungimento di un'altezza del secondo pavimento del Serapeo di m 1,65 s.l.m., un va- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 35 lore che risulta quindi calcolato per interpolazione e sulla base di altre cifre della stessa Scala piuttosto incerte e che va perciò verificato. Mancando ogni documentazione in proposito si resta anche noi ob¬ bligati al calcolo. La nostra strada è però assai diversa. Tra le misura¬ zioni in nostro possesso per l'abbassamento del suolo puteolano durante la terza fase, si hanno alcuni interessanti valori della posizione del se¬ condo pavimento rispetto al livello marino (Oliveri Del Castillo, 1960): 1845 Smith m — 0,710 (misurazione diretta) 1905 IsT. Geogr. Milit. » - 1,396 » geodetica) 1960 Oliveri Del Castillo » — 2,060 » mareografica). Tra il 1905 ed il 1960 con precise misurazioni geodetiche si è regi¬ strato un abbassamento medio annuo di mm 12, tra estremi di 11,6 e 12.7 dai quali non si allontanano neppure i mm 11,4 desumibili nel pre¬ cedente intervallo 1845-1905 considerato a sé nei suoi valori terminali in¬ dipendentemente dalla deviazione dell'andamento del bradisismo ricono¬ scibile per i valori intermedi.. Si è portati a pensare che tra il 1538 ed 11 1960 la velocità di discesa si sia mantenuta sul valore medio annuo di 12 mm con un abbassamento perciò in 422 anni di m 5,060. Siccome nel 1960 il secondo pavimento mostra di essere a m 2,060 sotto il livello del mare, è da supporre che nel 1538 si sia trovato s.l.m. a m 3,00. Un cal¬ colo sempre meno empirico di quello ricavabile dalla interpolazione del Niccolini in m 1,650 dalla quale risulterebbe che tra il 1538 ed il 1845, cioè in 307 anni, si sarebbe avuto un abbassamento di m 2,360 (m 1650 + 0,710) pari a mm 7,7 in media all'anno non giustificati dall'esame che si può fare del regolare sviluppo storico del bradisisma puteolano rendendo pure impensabile un'eccezionale temporanea stasi. Non si può tuttavia escludere che il dato sia stato forse anche minore di m 3,000, restando però sempre assai più elevato di m 1,650. L’innalzamento totale del suolo è costituito, per comune ammissione, della porzione riemersa delle colonne per m 5,800 e dell'altezza del solle¬ vamento del secondo pavimento sul livello del mare valutata attraverso il Niccolini in m 1,650 e da noi m 3,000. Seguendo il Parascandola, tale movimento si sarebbe compiuto tra l'inizio del 900 ed il 1538. Il Nicco- LiNi, pur non riferendosi all’eruzione del M.te Nuovo, assegna con lo stesso inizio un periodo di sei secoli e mezzo alla seconda fase, un inter¬ vallo quindi praticamente pari al precedente. Da ciò consegue una velo¬ cità media annua per l'innalzamento, di mm 11,7 per il Niccolini e di 13.8 per noi. 36 L, Sicardi Il Niccolini non vede alcun legame tra il bradisisma ed il vulcanismo flegreo, per cui non pensa di porre la fine della fase ascendente in con¬ nessione con l'eruzione del M.te Nuovo nel 1538. Non furono invece dello stesso parere, tra gli altri, il Lyell ed il Suess i quali andarono molto più in là vedendo nei due fenomeni uno stretto legame. Il Lyell (1830) ritiene che l’immersione nella prima fase storica anziché chiudersi con il 900 si sia mantenuta fino al termine del secolo XV ammettendo che la parte principale della successiva emersione si sia compiuta con l'eruzione del 1538 non interpretando con una certa cautela le informazioni che al¬ l'epoca stessa diedero alcuni cronisti circa il ritiro del mare (cioè il sol- levamento del lido) che precedette l’eruzione. Dopo avrebbe avuto inizio la nuova immersione da Lui stesso constatata. Per lo stesso motivo il Suess (1881) è del parere che il movimento della prima fase si sia pro¬ lungato addirittura aH'inizio del XVI secolo quando il 28 settembre, o poco prima, si sarebbe prodotto un brusco movimento di risalita del suolo. Il Suess concentra praticamente tutta la seconda fase in tale vio¬ lento sbalzo. La inaccettabilità delle idee dei due geologi è stata in parte messa nella sua giusta evidenza dal Parascandola il quale nota la mancanza di fondamento nello stabilire il limite finale della prima fase e considera perciò più graduale il movimento della seconda. Questi ammette tuttavia avanti l’eruzione « un bradisisma ascendente, occasionale, vulcanico » per il quale calcola (1946, pag. 202) in base all'arretramento del mare consta¬ tato dagli scrittori del tempo ed alla disposizione delle isobate lungo la spiaggia, un innalzamento del suolo di ben 7 metri ed aggiunge che anche il Serapeo fu sollevato con un « temporaneo aumento di velocità nel suo « moto ascensionale »; sembra però che vada ancor meglio considerata l’incidenza del ritiro del mare avvenuto prima dell'eruzione. È bene per¬ ciò rivedere la documentazione disponibile in alcuni scritti riportati in¬ tegralmente dal Parascandola (1946), in cui si danno molte informazioni sui fenomeni sismici ed eruttivi del 1538. È solo da notare che i titoli di alcuni opuscoli paiono dettati dalla emotività dei singoli Autori sotto una spinta piuttosto letteraria. Il nome di Pozzuoli viene in essi legato in parte a manifestazioni del tutto eccezionali che non hanno riscontro nelle stesse relazioni in fatti specifici, quasi fossero gli Autori nella ne¬ cessità di dare agli avvenimenti un riferimento topografico con una deno¬ minazione significativa nel nome dell'unico centro di spiccata locale evi¬ denza. Di ciò va tenuto conto per non essere tentati a riferire a Pozzuoli circostanze più ristrettamente collegabili alla zona dell'eruzione. L’unico riferimento effettivo che chiaramente tocca Pozzuoli è quello dei movi- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 37 menti sismici ovviamente più palesi dove raddensamento urbano era maggiore ed in cui gli effetti furono particolarmente sentiti come ci de¬ scrive il Marchesino (Parascandola 1946). Questa attività si palesò due anni prima dell'eruzione del Monte Nuovo e divenne molto intensa nell’area della futura eruzione il 27 e 28 settem¬ bre 1538, il giorno successivo si aprì la bocca del nuovo centro eruttivo, come afferma Pietro Giacomo Toleto nel suo « Ragionamento del terre¬ moto del M.te Nuovo, deH'aprimento di terra in Pozzuolo e della giusti¬ ficazione di essi ». Importanti sono i dettagli con i quali resta localizzato il dissecamento del mare ed il collegamento tra questo ed il sollevamento più interno. Vediamo ora quanto si può desumere dagli altri Autori in rapporto alle notizie del Toleto. Il 30 settembre Marco Antonio Belli Falconi, un sacerdote studioso di filosofia e di scienze naturali, si reca a Pozzuoli durante l’eruzione al seguito del viceré. Egli osservò gli sviluppi dell'azione eruttiva dalle al¬ ture presso Pozzuoli non potendo procedere oltre per la veemenza delle esplosioni. Nel suo opuscolo « Dell'incendio in Pozzuoli nel MDXXXVIII » egli conferma la localizzazione fatta dal Toleto. Un altro Autore da considerare è Francesco Del Nero, un agrario (egli accenna ad una sua fattoria) abitante in quel di Baia a ponente del sito in cui divampò l’eruzione giacché riporta come per recarsi in quei giorni a Pozzuoli fosse costretto a seguire la via del mare. Col Toleto è senz’altro comune la valutazione del Del Nero sul ritiro del mare per 360-370 metri. Il Del Nero però afferma che il mare si sa¬ rebbe ritirato a Pozzuoli. Nonostante ciò siamo dell'idea che le notizie non contrastano. Queste derivano rispettivamente da osservazioni fatte dalle colline di Pozzuoli e dalla campagna di Baia cioè da due opposti siti rispetto alla località (fig. 4) citata dal Toleto. La prima, quella del Belli Falconi, poteva quindi indicare a ponente il fenomeno avvenuto verso Baia, e ciò non può lasciar dubbio, e a seconda, del Del Nero, ri¬ ferire genericamente alla vicina città di Pozzuoli, verso levante, senza aver voluto attribuire un specifico locale ritiro del mare ma solo dare un'informazione che dalla sua zona appariva sufficiente per definire la posizione del luogo dove il fenomeno sembrava che potesse essersi ma¬ nifestato. In definitiva e direzioni delle due indicazioni hanno, si potrebbe dire, una soluzione comune nel luogo intermedio registrato e delineato dal Toleto. è solamente nella raccolta del pesce che il Toleto ed il Del Nero si accordano chiaramente giacché questa non poteva che esser fatta dagli abitanti di Pozzuoli, l'unico agglomerato popoloso cui far riferì- 38 L. Sicardi mento e pronto a sfruttare la situazione creatasi nelle vicinanze. E qui anche il Toleto non poteva esprimersi diversamente. Un quarto autore è Simone Porzio (Parascandola 1946, pag. 155) che, per informazioni ricevute a Napoli ,ci conferma solo l’allontanamento del mare per 200 passi (m 370). Un ultimo cronista è il già citato Francesco Marchesino il quale in una « Lettera di Napoli che contiene li stupendi, « et gran prodigi apparsi sopra a Pozzuolo » annota nella salita al M.te Nuovo del venerdì 4 ottobre che il mare si era ritirato per mezzo miglio circa, un valore di 926 metri alquanto diverso dai precedenti. Certo che se, come osserva il Parascandola, 1946, pag. 201) si tratta della estensione in lunghezza del lido prosciugatosi, si può ancora pensare ad una netta delimitazione non in disaccordo con quella già ammessa. Il Marchesino non ci aiuta però a farci comprendere esattamente dove il fatto ebbe a verificarsi. Fig. 4. — Il M.te Nuovo sul Golfo di Pozzuoli. Esclusa l’ipotesi (Parascandola 1946, pag. 200) di un ritiro del mare per un maremoto giacché l’onda di ritorno avrebbe avuto conseguenze disastrose di cui non sarebbero mancate sicure notizie, da quanto esposto emergono elementi sufficienti per una conclusione abbastanza fondata. Il punto base è la localizzazione fatta dal Toleto del sollevamento della costa e del terreno più interno adiacente nella limitata zona com¬ presa tra il mare da una parte ed il Lago d’Averno ed il M.te Barbaro (Gauro) dall’altra sulla quale, ci sembra, convergono le due testimonianze del Belli Falconi e del Del Nero. Un’evidenza assai probabile finora non rilevata. È proprio in quest’area che avviene la formazione del M.te Nuovo poco dopo che ebbe a verificarsi il sollevamento del lido e della corri- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 39 spendente entroterra di cui dà notizia il Toleto, È da pensare che per il carattere esplosivo deU’eruzione, con la spinta delle pressioni interne, il massimo rigonfiamento si sia avuto in corrispondenza del sito in cui si aprì la bocca eruttiva. Ciò fa sì che il sollevamento sia stato puramente di carattere vulcanico, come asserisce il Parascandola, annullandosi però secondo noi, anche rapidamente durante Fimmediato periodo eruttivo, restando del tutto staccato dal bradisisma anche se poi Feruzione stessa causò Finversione di quest'ultimo per il pur sempre evidente collegamento tra le cause delle due diverse manifestazioni. La riemersione perciò del suolo sommerso nella prima fase non si compì e neppure si completò con il sollevamento collegato al moto eruttivo, come vorrebbero il Lyell ed il SuEss, ma sarebbe avvenuto in precedenza secondo le idee del Nic- COLINI riprese poi dal Parascandola. Questo nostro richiamo a quanto ci sembra potersi dedurre dalle cro¬ nache del tempo, oltre che dare agli avvenimenti un legame più sostan¬ ziale e più proporzionato, ha lo scopo di porre in evidenza il fatto che la ristrettezza dell'area interessata dai fenomeni connessi all’eruzione del M.te Nuovo ci porta ragionevolmente a supporre che per la non eccessiva ampiezza del fenomeno eruttivo, anche il sollevamento del lido deve es¬ sere rimasto circoscritto al sito indicato dal Toleto. Ciò potrebbe anche essere confermato dal Marchesino, se si ritiene il dato di questo autore (m 960) rappresentare l’estensione del sollevamento parallelamente alla spiaggia. Con o senza questa testimonianza si è in definitiva indotti sem¬ pre a supporre la formazione di una cupola non elevata e nemmeno troppo ampia e perciò degradante rapidamente. Pozzuoli resterebbe esclusa dal sollevamento e quindi anche il Serapeo od al massimo con una esigua e momentanea partecipazione. Nel come si presenta l’assieme delle manifestazioni ci si viene a tro¬ vare, entro certi limiti, d’accordo col Niccolini che nel descrivere i mo¬ vimenti del Serapeo non pose alcun nesso con Feruzione del 1538. Ovvia¬ mente si tratta di un incontro del tutto esteriore giacché l’interpretazione dei fatti resta invece profondamente diversa. Sono note le idee del Nic- COLINI, mentre oggi si ammette logicamente una stretta connessione tra il bradisma flegreo ed il vulcanismo in quel territorio. A parte qualsiasi considerazione sul meccanismo secondo il quale si sviluppa il fenomeno bradisismico, è da ritenere che si possa scindere il suo effetto da quello proprio di un'eruzione. Tra i due fenomeni vi è certo una palese connes¬ sione che appare quando col mutare progressivo degli equilibri profondi si giunge alla realizzazione dell’evento eruttivo, conservando tuttavia cia¬ scuno una distinta individualità nella propria diversa evoluzione anche 40 L. Sic ardi per una differente localizzazione e diffusione degli effetti ai quali danno luogo. Le osservazioni che abbiamo esposte in precedenza hanno solo lo scopo di contribuire a fissare dei punti temporali e dimensionali ai quali si possano riferire con una certa attendibilità, nei limiti della documen¬ tazione disponibile, alcuni momenti del bradisisma puteolano tra il se¬ condo secolo av. Cr. ed i primi decenni del XVI. Ci ha interessato soprat¬ tutto quanto fu oggetto di ricerca da parte del Niccolini il cui studio, rettamente interpretato e nei suoi limiti, conserva risultati validi anche di fronte alle diverse considerazioni di altri studiosi che presentano du¬ rate e modalità dierenti nello sviluppo delle due prime fasi storiche. Se il Niccolini inizia la sua cronaca nel 200 av. Cr. per quanto l’iso- letta di Nisida, fuori del Serapeo, può offrire ma in grado malsicuro, noi ci fermiamo al 150 av. Cr. con una costruzione ben nota, la Aedes Serapi, precedente il Serapeo attuale ed a questo collegata superando positiva- mente le limitate supposizioni di altri autori con una sicura e ragionata convinzione. Considerando le dimensioni del fenomeno seguiamo il Nic- COLINI nell'accettare un’immersione ed una emersione di m 5,80 per le colonne del pronao e non 6,30 come spesso ripetuto per il maggior ac¬ cordo con le cifre riscontrate da altri ricercatori del XIX secolo. Ci scostiamo di nuovo dal Niccolini nel valutare il dislivello per¬ corso dal suolo puteolano durante la seconda fase ritenendo che esso sia stato di m 8,80 anziché 7,45 risultandoci più alta la posizione raggiunta dal secondo pavimento del Serapeo all’inizio della terza fase in base al ritmo di sviluppo di quest’ultima quale sembrerebbe potersi ammettere. Mentre per la prima fase le valutazioni del Niccolini e nostre si mantengono vicine (in media 10,7 e 11,7 mm/anno), per la seconda vi è una lieve differenza: 10,9 e 13,8 mm/anno. Quest’ultimo nostro dato è maggiore del precedente (11,7) e di quello assai probabile per la terza fase (12 mm/anno) rispondendo al carattere della fase stessa che accom¬ pagna il crescendo del dinamismo interno culminante con l'eruzione del 1538. Limitatamente alla prima e terza fase per la maggior fondatezza dei nostri riferimenti, è ammissibile che lo sviluppo del bradisisma pu¬ teolano nei suoi lunghi periodi di immersione sia rappresentato da una velocità media vicina ai 12 mm/anno. Un'ultima osservazione è fatta in rapporto alla presunta incidenza che i movimenti del suolo connessi all’eruzione del 1538 avrebbero avuto sul Serapeo. Le informazioni che si possono desumere dalla documenta- Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 41 zione del tempo, tendono a far escludere completamente, o quasi, ogni conseguenza per questo monumento pur riconoscendo nell’eruzione del 1538 la causa determinante della fine della fase ascensionale considerando il fenomeno bradisismico bensì collegato (e regolato) al magmatismo in¬ terno ma con una fenomenologia propria staccata da eventuali fatti eruttivi. La terza fase del bradisisma discendente flegreo, registrata, come le precedenti riconoscibili nei tempi storici, dal Serapeo di Pozzuoli (Napoli) segue l'eruzione del M.te Nuovo. L'inizio si può quindi riportare alla metà del secolo XVL La sua continuità si mantiene fino a quando nel febbraio del 1970 fu constatato (Oliveri Del Castillo e Quagliarello 1969, Imbò 1970) che il bradisisma era diventato ascendente. Solo l'avvenire potrà confermare se il nuovo senso è a capo di una nuova quarta fase o rap¬ presenta solo una provvisoria deviazione. Per ora è da riconoscere il mu¬ tamento che secondo Casertano ed altri (1974) risale alla metà del mag¬ gio 1969, in base allo studio diagrammatico delle livellazioni effettuate dopo il 1970. Tale data segna quindi il limite al quale per ora ci si deve attenere. Lo sviluppo della terza fase è abbastanza noto dalla prima metà del secolo XIX. In precedenza si hanno alcuni dati frammentari. Alla fine del secolo XVII il Niccolini valuta a m 0,90 s.l.m. il pavimento del Serapeo ancora nascosto oltre che dalla coltre di terra anche dal cumulo delle deiezioni dell’eruzione del M.te Nuovo ed a m 0,66 dopo gli scavi del 1750. Il Guasco nel 1779 lo trova fuori dell'acqua come lo disegna il Morghen nel 1792 e come ancora constata il Breislack nei primi anni del 1800 (Pa- rascandola 1947, pagg. 63-65). Lo Smith nel 1819 pone mare e pavimento allo stesso livello. Da que¬ sta data una serie di misure dell'altezza dell'acqua sul pavimento del Se¬ rapeo è indice nel suo complesso di un movimento discendente offren¬ dosi un significativo schema delle variazioni osservate durante tutto il secolo XIX dai molti studiosi che si sono interessati del fenomeno. A queste misurazioni furono fatte varie obiezioni: la non sempre eguale altezza dell'alta marea (Oliveri 1960) alla quale i dati si riferiscono, la presenza della sorgente termominerale causa di alterazioni del livello del¬ l'acqua nell'interno del Serapeo privo di una libera comunicazione col mare ( Parascandola 1947). Nel secolo XX le nostre conoscenze si fanno più sicure. Il collega¬ mento del Serapeo alla rete geodetica nazionale effettuato nel 1905, ripe¬ tuto nel 1919 e nel 1953, permise all’ISTiTUTo Geografico Militare (I.G.M.) di valutare con un rigoroso criterio le variazioni di quota sul livello del 42 L. Sicardi mare dei caposaldi posti sulle colonne del Serapeo (ed altrove sulla costa flegrea) le cui altimetrie riferite al caposaldo della Torretta di Ghiaia (Napoli) appartenente alla rete geodetica nazionale, venivano riportate allo zero convenzionale del livello marino del Golfo di Napoli (Digiesi G., 1954). A tali dati si aggiunge nel 1960 una livellazione mareografica da parte di Oliveri Del Castillo. Molto vicini i valori delFabbassamento medio annuale accertati nei tre intervalli, 1905-1919 (mm 12,6), 1919-1953 (mm 11,6), 1953-1960 (mm 12,7) con un ritmo medio annuale in tutto l’in¬ tervallo 1905-1960 di mm 12 per oltre un cinquantennio. Un dato questo con il quale abbiamo calcolato il probabile massimo abbassamento rag¬ giunto dal pavimento del Serapeo nel maggio 1969. Con l'anzidetto rap¬ porto in nove anni dopo il 1960 si sarebbe avuta un’ulteriore discesa sotto il livello marino di mm 108 per cui all’atto dell’inversione dai m — 2,060 del 1960 l’immersione avrebbe raggiunto all’incirca i m — 2,168. La tabella I raccoglie i dati dell’altezza dell’acqua sul pavimento misurate direttamente (*) soprattutto nel secolo XIX, nonché quelle cor- TABELLA I 1 1819 Smith * 0,000 14 1905 LG.M. 1,396 2 1826 Forbes * 0,300 15 1907 Du Boys * 1,500 3 1928 Barbage * 0,350 16 1913 SìMOTOMAI * 1,530 4 1828 Lyell * 0,300 17 1919 LG.M. 1,571 5 1839 Niccoli NI * 0,570 18 1924 I.F.T. 1,940 6 1843 Forbes * 0,650 19 1933 Maio 2,050 7 1845 Niccolini * 0,260 20 1945 Ranieri 2,486 8 1845 Smith * 0,710 21 1946 Parascandola * 2,000 9 1858 Lyell * 0,600 22 1951 Ranieri 2,100 10 1878 Suess * 0,650 23 1953 LG.M. 1,971 11 1883 Mercalli * 1,000 24 1960 Oliveri 2,060 12 1890 Grablovitz 1,130 25 1969 Sicardi 2,168 13 1905 Mercalli * 1,400 rispondenti alle misurazioni geodetiche del secolo XX, tabella già ripor¬ tata da Oliveri Del Castillo (1960) oltre il calcolato dato del 1969. Nel suo diagramma questo A. trova la sicura indicazione di un abbassamento continuo del Serapeo tra il 1800 ed il 1960 e pone in particolare rilievo Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc. 43 come le misure deU'LG.M, e la sua appaiono centrali fra tutte e pressa¬ poco allineate fra loro , Nel diagramma della fig„ 5 diamo dei punti della tabella I una distri¬ buzione nel tempo ordinata con un criterio differente da quello solita¬ mente seguito, senza cioè un collegamento in una continua successione. Infatti tenendo conto del regolare ritmo medio di 12 mm/anno nelFab- bassamento del pavimento tra il 1905 ed il 1960 (e prolungato al 1969) siamo stati condotti ad estendere tale regolarità anche alFintervallo 1845- 1905 considerato nei suoi due elementi estremi (8 e 14) registrando tra questi una discesa media annuale di mm 11,4 che si accosta bene al pre¬ cedente di 12 mm se si tien conto che quesFultimo valore nei suoi anda¬ menti parziali intermedi, già ricordati, oscilla tra 11,6 e 12,7. La linea unita 1845-1969 è presa così a base. Questa si sviluppa per oltre un secolo rappresentando un probabile andamento di fondo la cui regolarità nelFas- sieme del disegno si manifesta in maniera evidente anche nella distin¬ zione che essa assume di fronte a tutti gli altri punti i quali vengono a formare, come vedremo, degli aggruppamenti collaterali chiaramente in¬ dipendenti. Qui ci interessa solo lo sviluppo degli ultimi 170 anni della fase. Ac¬ cenniamo perciò solo che nella prima parte di questo lavoro col valore 44 L. Sicardi della linea di fondo abbiamo ritenuto di riconoscere aU’inizio della fase (1538) una probabile posizione del pavimento del Serapeo a m 3,000 s.Lm. con una migliore fondatezza delbincerto valore desumibile dai dati piut¬ tosto incerti del Niccolini. Tutte le quotazioni che più o meno notevolmente si allontanano dalla linea di fondo, ad eccezione di una (7) veramente fuori posto, sono da noi collegate a questa da una linea discontinua disegnandosi così tre an¬ damenti anomali: il primo tra il 1818 (1) ed il 1845 (8), il secondo tra il 1845 (8) ed il 1905 (13-14), il tezo tra il 1919 (7) ed il 1953 (23). Il primo non è delineato a sufficienza come gli altri due. Anzitutto è da ritenere che l'allontanamento di tali valori dalla direzione di un più probabile normale andamento, non è una ragione sufficiente per ritenerli derivati da misure del tutto errate. È significativo a questo proposito notare come la misura diretta 13 del Mercalli sia praticamente identica alla 14 geo¬ detica deiri.G.M. nello stesso anno. Osservando nel diagramma della fig. 5 tali anomalie si resta colpiti dalla regolarità con la quale i diversi valori restano distribuiti. Abbiamo tratteggiato i collegamenti interni delle figure e punteggiato invece quelli con la linea di fondo della quale non si conosce il momento dell'attacco. Se le misure possono essere state soggette ad errori è da ritenere piut¬ tosto irrilevante l'incidenza di questi di fronte all'entità della variazione bradisismica registrata nelle singole misurazioni non essendo stata ogni volta (e per cause non costanti) l'alterazione del valore tale da rompere la regolarità della distribuzione nel diagramma. È quanto appare logico pensare che sia accaduto nella seconda delle anomalie registrate, tra il 1845 (8) ed il 1905 (13-14), riferendoci a quelle cause di errore delle quali abbiamo precedentemente fatto cenno. Da notare come tra il 1819 (1) ed il 1845 (8) il tracciato non solo ripeta l'andamento 1878 (10- 1905 (13-14) ma anche comporti la stessa velocità annua di abbassamento del suolo cioè rispettivamente 27,6 e 27,5 mm per cui anche il primo isolato tratto 1-8 appare come il finale di un'anomalia altrettanto vistosa quanto la successiva. La coincidenza non ci sembra che possa essere in tutto ca¬ suale, per lo meno l'analogia è piuttosto singolare e riteniamo doverla rilevare. Passiamo alla deviazione più recente e più documentata, compresa tra il 1919 (17) ed il 1953 (23). Qui si dovranno fare altre considerazioni anche la regolarità del disegno può indurre ad una accettazione delle ci¬ fre esposte e della relativa rappresentazione, una regolarità che è solo da ricondurre entro limiti più ristretti nei risultati raggiunti. Alcune osservazioni sulle tre fast storiche, ecc, 45 Del dato 18 deli'IsxiTUTo di Fisica Terrestre (TFT.) non si hanno particolari. Quelli della Maio (1933) e dei Ranieri (19454951) derivano dal rilevamento delFaltimetria dei caposaldi posti sulle tre colonne del Se- rapeo dallT.G.M. rispetto al livello medio del mare nel vicino porto di Pozzuoli. Tra quegli anni si colloca la misura diretta 21 del Parascandola (1947, pag. 68). Alle determinazioni altimetriche del Ranieri furono fatte ferme obie¬ zioni (Parascandola 1952, D'Erasmo 1953, 1954) per cui fu chiesto un in¬ tervento deU’LG.M. che si realizzò nel 1953, assai più tardi quindi rispetto alle date dei rilievi incriminati. Nel 1953 si venne a riconoscere solo la già notata costanza della velocità delFabbassamento del suolo con ap¬ pena un lieve rallentamento. Ci si manteneva cioè su quella che abbiamo chiamato linea di fondo del movimento bradisismico in atto. Ciò dice ancor poco giacché la misura 21 del Ranieri prelude ad un rientro del movimento nella normalità come è chiaramente espresso dal diagramma. Nel diagramma della fìg. 5 il tratto 17-21 segue la misura della Maio che effettivamente registrava già Faccelerazione del movimento di abbas¬ samento del suolo del resto, aggiungiamo, pure avvertito dalla precedente livellazione 18 delFLF.T. Il Ranieri trova poi i punti 20 e 22 ben indiriz¬ zati verso quella normalità che FLG.M. constatava nel 1953. Escludendo la possibilità di errori tecnici di tre diversi sperimenta¬ tori in ripetute misurazioni, è da fare solo un chiarimento suggeritoci da una osservazione di Oliveri Del Castillo (1960) il quale a proposito del proprio rilevamento mareografico mette in dubbio la validità del sem¬ plice riferimento al livello medio del vicino mare di Pozzuoli. Egli infatti si riporta allo zero convenzionale del livello marino, base dellT.G.M., cioè pur riferendosi al livello del mare nel golfo di Pozzuoli, tiene paral¬ lelamente conto del livello medio nel golfo di Napoli (risultando questo alle osservazioni mareografiche più basso del precedente) nonché della posizione altimetrica della Torretta di Chiaia a Napoli nella rete geode¬ tica nazionale. Solo così si corregge il dato mareografico locale e lo si rende raffrontabile nella livellazione geodetica nazionale. LT.F.T., la Maio ed il Ranieri non hanno seguito un tal procedimento non ancora messo in evidenza ed è naturale che abbiano correlato i propri dati con quelli delFLG.M. pur questi diversamente riferiti. Noi manchiamo degli elementi per poter analizzare una tale situa¬ zione. Anche senza far ciò è sempre da ammettere che ogni eventuale correzione riduce ma non annulla la portata delFandamento anormale verificatosi tra il 1919 ed il 1953 e nel cui campo potrà collocarsi il valore della misura diretta del Parascandola. 46 L. Sic ardi La terza fase storica del bradisisma puteolano presenta più sicuri ele¬ menti di valutazione che non le due precedenti. Si può dire che per quanto le misurazioni durante gli ultimi due secoli possono in parte dare ancora luogo a dubbi, resta sempre un fatto positivo la rappresentazione che si può fare deirandamento del bradisisma su di una regolare linea di fondo che misura quantitativamente l'ampiezza del fenomeno per oltre cenno anni con un movimento di abbassamento del suolo di 12 mm in media all'anno. Quest'ultimo valore può anche essere ritenuto proprio di tutta la fase permettendo di valutare con una buona approssimazione l'altezza del pavimento del Serapeo sul livello marino all'inizio della fase stessa indipendentemente dai fatti eruttivi connessi con l'eruzione del 1538. Nella terza fase resta anche possibile diagrammare alcune deviazioni che non sono certamente definite nell’esattezza dei limiti ma che restano almeno qualitativamente espresse. BIBLIOGRAFIA Barbage Ch., 1847 - Observations on thè Tempie of Serapis at Pozzuoli near Neaples. 42 pp., 4 figg., 2 tavv., London, Capocci E., 1835 - Nuove ricerche sul noto fenomeno delle colonne perforate dalle foladi nel tempio di Serapide in Pozzuoli. Il Progr. d. Se, Lett. ed Arti, 11, pp. 66-76, Napoli. Casertano L., OLiVERf Del Castillo A., Quagliarello M. T., 1974 - Terremoti, bradisismo e moti del mare a Pozzuoli. Atti Acc. Pontaniana, Nuova ser,, 23, 14 pp., 4 figg., Napoli. D’Erasmo G., 1953 - A proposito di una nota del Prof. L. Ranieri sul bradi¬ sisma del Serapeo di Pozzuoli. Boll. Soc, Geogr. It., (8), 6, pp, 42-44, Roma. D’Erasmo G., 1954 - La riedeterminazione altimetrica del Serapeo di Pozzuoli Boll, Soc. Natur. in Napoli, 63, pp. 37-44, Napoli. Digiesi D., 1954 - Il bradisisma di Pozzuoli secondo le misure di livellazione geometrica di precisione eseguite fino al 1953 dallTst. Geogr. Milit. Boll. Geodesia e Scienze Affini, 13, pp. 361-371, 3 figg., Firenze. iMBò G., 1970 - Inversione del bradisisma puteolano. Boll. Soc. Natur. in Na¬ poli, 79, pp. 25-35, Napoli. Levi D., 1969 - Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale. 5, pag. 212, Istituto Enc, It. Treccani, Roma, Lyell Ch., 1830 - Principles of Geologie. Ed. francese della IP ed, inglese, trad. di M. J, Gineston, voi. 2°, pp. 212-231, Paris. Maiuri a,, 1934 - I Campi Flegrei. 154 pp., 98 figg., 1 tav.. Libreria dello Stato, Roma. Maio E., 1934 - Il bradisisma flegreo. Ann. Oss. Vesuv., ser. 4, 2, pp. 261-273, 4 figg., 2 tavv., Napoli. Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche, ecc, 47 Niccolini a., 1829 - Rapporto sulle acque che invadono il pavimento dell’an¬ tico edifizio detto il tempo di Giove Serapide. IV-46 pagg., 1 tav., Stam¬ peria Reale, Napoli. Niccolini A., 1839 - Tavola Metrico-Cronologica delle varie altezze tracciate dall superfìcie del mare fra la costa di Amalfi ed il promontorio di Gaeta nel corso di diciannove secoli. Niccolini A., 1845 - Descrizione della Gran Terma Puteolana volgarmente detta Tempio di Serapide. Reale Accademia delle Belle Arti, 1, 93 pp., 2 figg., 23 tavv., Napoli. Oliveri Del Castillo A., 1960 - Studio del bradisisma flegreo mediante osser¬ vazioni mareo grafiche. Atti X Congr. Ass. Geofìsica It., pp. 207-221, Roma. Oliveri Del Castillo A., Quagliarello M. T., 1969 - Sulla genesi del bradisisma flegreo. Atti Ass. Geof. It., 18, 38 pp., 8 figg., Roma. Parascandola a., 1946 - Il Monte Nuovo ed il Lago Lucrino. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 55, pp. 151-312, 22 figg., 16 tavv., Napoli. Parascandola A., 1947 - / fenomeni bradisismici del Serapeo di Pozzuoli. 116 pp., 25 figg., 18 tavv.. Tip. Genovese, Napoli. Parascandola A., 1953 - Ulteriori osservazioni sul Serapeo di Pozzuoli. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 61, pp. 97-110, Napoli. PiCHLER H., 1970 - Italianische Vulcan. Gebiete IL Phlegraische Felder, Ischia, Ponza Inseln, Roccamonfina. Sammlung Geologische Fuhrer, 52, 186 pp., 50 figg., 6 tavv., Berlin. Ranieri L., 1945 - Le moderne vedute sui bradisismi e lo stato attuale del fle¬ greo. Ann. Fac. Ec. e Comm. Univ. Bari, nuova ser., 6, pp. 1-24, 3 tabb., Bari. RANiERt L., 1952 - Inversione del bradisisma di Pozzuoli. Boll. Soc. Geogr. It., set, 8, 5, pp. 27-36, 1 fig., Roma. Ranieri L., 1956 - Nuove notizie sul bradisisma di Pozzuoli. Ann. Fac. Ec, e Comm. Univ. Bari, nuova ser., 12, pp. 209-216, 1 fig,, Bari. ScRiNARi V., 1965 - Enciclopedia dell’Arte Antica Classica e Orientale. 6, Istituto Enc. It. Treccani, Roma, SuESs E., 1883 - Das Antlitz der Erde. Leipzig. Ed. francese della 1“ ediz. te¬ desca, trad. di De Margerie E., voi. 2“, pp, 598-638, Paris. . . ■_„. - ,,.P''''''® :'_ «' ••■"«f :. .. '-i «|ii-,i''' ■•■ ■ t ■'•KMaS!?* ’¥ ■SS^i" £ '^S:À 4LS % WT-" >X''v ^ ■•* 'V.- r . .V, A'j-k.l //; i .V j- ;'7y .■’vàtìKS ^'' i' iiiiiniÉii[inniiii?tl ' ‘i”' ’lijiì ^fji'-'’ U- ''^' ’‘>Tsi „-. - *. . ' i -i-i -.- i' ■■ •‘”'' V **^''^’'' (i':l'''- ' y/ ^ ' w * , ^ ?CT" -^Btyy^f.? > -.p. - ^ A, ■m*ii ^^4 - ' ... S- ■; . ‘Wm r , "■ &É!^ .1»^ ;W, ..4a A Lì ' J ■^H, 'f' ' -'i, i ..''!•;■ ■■ '“ ■ '■>' "il'i '‘< ■:3 Boll. Soc. Nattir. Napoli voi. 88, 1979, pp. 49-56, fig. 1, tabb. 2 Su alcuni fatti connessi all’attività vulcanica dei Campi Flegrei, presso Napoli Nota del socio Ludovico Sicardi(*) (Tornata del 28 aprile 1978) Riassunto. — Questo studio riporta due diverse osservazioni suggerite dal- l’esame di alcune caratteristiche delle manifestazioni endogene dei Campi Fle¬ grei, presso Napoli. La Solfatara di Pozzuoli è l'unico cratere flegreo che nei tempi storici ha distintamente presentato nelle manifestazioni di una pur modesta esalazione fumarolica i segni della continuità di una attività endogena profonda. Ciò no¬ nostante nel 1538 durante la vicina eruzione del M.te Nuovo è mancata alla Solfatara ogni straordinaria attività. All'A. ciò sembra dipendere dalla partico¬ lare struttura del condotto, ostruito da una massa lavica, per cui una piena riattivazione non è stata possibile per le attuali condizioni del dinamismo fle¬ greo che preferisce una più facile trapanazione del materiale piroclastico so¬ prastante per aprire una nuova via di uscita. È probabilmente riconoscibile un tipico continuo andamento oscillatorio dell’intensità termica dell’esalazione fumarolica della stessa Solfatara come ap¬ pare nell’ultimo ottantennio durante il quale si rivela una lunga oscillazione della temperatura dei gas entro limiti assai ristretti con l’accentuazione al suo massimo di più relativamente elevate temporanee punte. Summary. — This study reports two different observations suggested by thè examination of some caracteristics of thè endogenous manifestations in thè Phlegraean Fields. near Neaples. The Solfatara of Pozzuoli is thè only phlegraean crater which in historic times has presented in thè manifestations of a yet modest fumarolic activity thè marks of a continuity of a deep endogenous activity. Notwithstandig in thè year 1538 during thè near eruption of M.t Nuovo, every exstraordinary ma¬ nifestations of activity is wanted to thè Solfatara. To A. that depends by thè particular structure of channel volcanic obstructed by a lavic stock, for that a complete revival has been not possible for thè actual conditions of thè phle¬ graean dynamism what prefers an easyer drilling of thè overlooking pyroclastic material to open a new way out. (*) Il Comitato di Redazione nel licenziare postumo il presente lavoro, onde onorare la Memoria del socio Ludovico Sicardi, ringrazia il prof. Giuseppe Luongo per la revisione « solo formale » dello stesso. 4 50 L, Sicardi Una particolare situazione delFattività flegrea, nel suo sviluppo du¬ rante i tempi storici, si presenta nel 1538 quando l’eruzione che diede luogo alla formazione del M.te Nuovo non fu accompagnata da partico¬ lari manifestazioni, almeno di una certa evidenza, alla Solfatara di Poz¬ zuoli delle quali i cronisti deH’epoca, pronti a cogliere ed a registrare gli aspetti spettacolari dell'eruzione, non avrebbero mancato di far cenno. Con tutta probabilità la Solfatara si trovava, come ora, nelle condizioni di una assai limitata attività fumarolica. Recentemente Oliveri Del Castillo e Quagliarello (1969) hanno pre¬ sentato un interessante quadro della fenomenologia flegrea. Con questi AA. è possibile ritenere che il M.te Nuovo sia dovuto ad un’eruzione freatica molto circoscritta come un fatto strettamente locale destinato a chiudersi rapidamente. Altrettanto dovrebbe dirsi del cono della Solfatara dove però si ebbero in precedenza delle emissioni laviche di un certo rilievo ed in un tempo successivo, più o meno immediato, un’eruzione nello stesso cratere nel quale tuttava la lava appena affiora. Tutti questi fatti rendono alquanto più complesso il centro della Solfa¬ tara nella quale oggi si mostra tuttavia ancora presente una comunica¬ zione tra il focolare profondo e l’atmosfera anche se attraverso essa si sviluppa, su scala assai ridotta, una semplice manifestazione fumarolica. Le eruzioni freatiche flegree alle quali si riferiscono gli AA. citati, indicano la formazione di singole apofisi, propaggini della massa pro¬ fonda, insinuatesi nelle fratture del substrato calcareo. Ciò è anche na¬ turalmente avvenuto nell’origine dei coni della Solfatara e del M.te Nuovo. Dato però che il bradisisma si presenta in tutta l’area con un massimo su Pozzuoli, è palese una connessione con le più vive manifestazioni della Solfatara presso quella città, dovendosi escludere una mera coincidenza in un così stretto abbinamento topografico delle due massime espressioni dell’attuale attività flegrea. Una tale facile constatazione fa pensare come mai l’impulso magmatico del 1538 non si è presentato alla Solfatara riat¬ tivandone il condotto. La risposta è già formulata nell’aver posto in ri¬ lievo come il camino del vulcano sia rimasto ingombrato dalle radici dell’ultima eruzione lavica che ne ha reso angusto il passaggio. Questo si dimostra già difficile per l’attuale emissione gassosa costretta a pene¬ trare tra la vecchia lava ed il limitato settore di levante della parete del condotto come fa ritenere la posizione della Bocca Grande e come induce a supporre lo sviluppo della vegetazione che alligna vigorosamente a poche centinaia di metri dalle fumarole con alberi ad alto fusto. Si può quindi anche comprendere come in siffatte condizioni la Sol¬ fatara possa non aver subito l’evento eruttivo cui è legata l’origine del Su alcuni fatti connessi alV attività vulcanica, ecc. 51 TABELLA I Autore Anno Data T° Johnston- Lavis 1889 1242 156" Mercalli 1900 2840 153° » 1901 1L8 1524 » 1902 23^2 153" » 1903 274 152" » » 214 154" » » 2442 151" » 1905 284 1574 » 1906 114 154"5 » 1907 14 154°5 » » 104 154" » » 254 153"5 » 1908 234 162"5 » 190840 media 157" » 1912 241 158"5 » 1913 264 161"5 Malladra » 842 160"5 » 1919 14 161" Signore 1920 174 155" » » 2=9 162"5 » 1921 20=2 162"5 » 1922 141 162°5 » » 17=11 152" » 1923 20=2 152" » » 214 162"5 » » 241 161" » 1924 124 162" » » 20=8 160"5 » » 241 162"5 » 1925 11=5 162" » » 194 160" » » 25=6 162" 52 L. Sicardi Segue: TABELLA I Autore Anno Data To Signore 1925 17-9 162°5 » » 6-9 159° » » 18-11 160° » 1926 30-3 162° » 1927 31-7 174°5 Sicardi 1928 31-12 154° Signore 1930 3-8 153° Majo » 8-8 163°8 » » 26-8 162° >> 1931 23-7 162°8 » 1932 15-8 162°5 Rizzo 1935 15-1 215° Signore » 19-1 154° Sicardi » 22-1 150° Signore » 1-2 151° Parascandola 1936 20-7 0 O Sicardi 1937 16-8 141° Ginori Conti 1938 ? 149° Sicardi » 24-4 153° » 1939 14-8 149° » 1949 7-8 149° » 1950 18-8 150° » 1951 19-9 147° Parascandola 1955 19-9 150° Santi » 7-10 153° » » 14-10 151° Sicardi 1958 21-5 151° Pacella 1959 7-6 145°7 » » 7-8 145°9 » » 28-9 145°4 Sicardi 1962 28-5 148° » 1969 14-9 146° Su alcuni fatti connessi all’attività vulcanica, ecc. 53 M.te Nuovo potendosi così escludere pure la possibilità della presunta eruzione del 1198 già inammissibile per altri motivi (Sicardi 1970). La formazione del M.te Nuovo si deve in conseguenza ad una apofìsi stac¬ catasi dal bacino non lungi dalla verticale della Solfatara e rimasta poi favorita dalla più facile trapanazione del materiale piroclastico sopra¬ stante. Il fatto di riconoscere in questa l'effetto del turbamento che an¬ dava maturandosi nel dinamismo del bacino magmatico puteolano di¬ mostra tuttavia la sua connessione con il massimo del parallelo movi¬ mento bradisismico ascendente identificabile in quel tempo. La manife¬ stazione si compiva in forma del tutto indipendente ma a soli tre chilo¬ metri di distanza da Pozzuoli, dove il massimo di quel movimento viene riconosciuto e dove lo sfogo eruttivo non poteva compiersi per quanto si è detto manifestando però una forte sismicità causa della ruina subita dalla città stessa. V? * * L'andamento termico della più importante delle fumarole della Sol¬ fatara, quella della Bocca Grande, ci è nota solo dal 1889. I dati raccolti fino al 1969 sono riportati nella tab. 1. Si tratta di una serie di 67 valori dei quali 62 mostrano di mantenersi tra i 140“ ed i 163°8 mentre ne re¬ stano esclusi cinque. Tre di questi sono degli incerti minimi. La tempe¬ ratura di 132“ riscontrata dal Nasini risale al 1897 quando il gas sfociava in una angusta grotta in cui era difficile non solo individuare l'orifizio fumarolico ma anche collocare il termometro in una giusta posizione. TABELLA II Tempo Anno Temperature Min. j Max t Media I 1889-1907 151“ 157“5 154“ (12) II 1908-1935 152“ 163“8 161“ (30) III 1935-1969 140“ 154“ 148 + 4 (20) La misura di 122“ del Mercalli nel 1899 venne effettuata dopo il crollo della cavità quando il gas non aveva trovato ancora uno sbocco defini¬ tivo tra le macerie, restando frazionato e soffocato dal materiale franato 54 L. Sic ardi offrendo in superfice valori termici evidentemente inferiori al normale. Incerta è la valutazione ancora del Mercalli nel 1901 tra le molte altre effettuate da questo A. con valori del tutto vicini al normale andamento di quegli anni. Le altre due cifre eccezionali sono dei massimi ma questi, di cui non è da porre in dubbio l’esattezza, rappresentano delle vere ac¬ centuazioni nell’attività fumarolica. Riportiamo la tabella II già da noi compilata in addietro (Sicardi 1041, 1970) in cui appare come le temperature limitatamente ai valori più normali tra i 140^" ed i 163^ sicuramente misurati dopo il 1889, si possono raggruppare in tre tempi che restano individuati da un massimo ed un minimo con il relativo valore medio dedotto dalle misure rilevate il cui numero è posto tra parentesi. Anche se riferiti ad un ottantennio tali dati sono sufficienti per darci l'idea di un andamento di fondo ben defi¬ nito alla Bocca Grande. Fig. 1. — L’andamento dei massimi termici annuali delfiesalazione fumarolica della Bocca Grande durante gli ultimi ottant'anni. Nella fig. 1 un diagramma dà una rappresentazione evidente e più completa di quanto risulta già espresso dalla tab. II, per quanto esso si Su alcuni fatti connessi all’attività vulcanica, ecc. 55 limiti a considerare i valori massimi annuali. Infatti appare ben chiara¬ mente come alla punta di 215" si sia giunti, pur tra secondarie oscilla¬ zioni, con un graduale, se pur lento, rinvigorimento termico manifesta¬ tosi attorno al 1908 e seguito da una netta caduta dopo il 1935, anno in cui il massimo ebbe a presentarsi. Dall'insieme delle due rappresentazioni si viene a riconoscere in modo significativo un’oscillazione a lungo periodo ,anche se non di eccessiva ampiezza, che si rivela tanto tra i valori massimi che tra quelli minimi, rendendosi evidente una Inea id fondo rotta solo nel 1927 da un primo minore incremento a 174"5 e nel 1935 da un secondo più alto, con 215° (Signore 1935, Rizzo 1935). Si deve essere trattato di sbalzi di breve du¬ rata compiutisi nel secondo tempo durante il quale sulla linea di fondo si è avuto il massimo di 163°8 ed una sensibile permanenza per alcuni anni a 162°. La mancanza di dati nel periodo 1932-1935 non permette purtroppo una più dettagliata valutazione ma sembra assai probabile che le due più alte temperature siano il frutto di sbalzi temporanei giac¬ ché la secondo fu seguita dopo quattro giorni da un valore di 154° dopo di che la termicità del gas emesso dalla Bocca Grande si abbassò sensi¬ bilmente a meno del primo tempo. Da notare la rapida caduta termica che si è avuto anche dopo il primo incremento, poi però superata. Siffatto andamento, non rilevato da alcuno, non trova alcun rapporto con la parallela immersione del suolo. Anzi lo sviluppo dell’andamento termico si presenterebbe nel suo complesso in antitesi con la direzione discendente del bradisisma. Resta indubbiamente positivo il valore delle misurazioni termiche della Solfatara attraverso le quali è possibile pen¬ sare ad una persistente oscillazione, sia pure assai limitata, che caratte- rizzerebe lo sviluppo della modesta attività fumarolica del vulcano con la probabile apparizione di sporadiche punte termiche più elevate ma di durata quasi per certo assai limitata. Sembrerebbe quasi di assistere a quello che potrebbe essere il « respiro » della Solfatara. La rappresentazione diagrammatica e le considerazioni inerenti danno alle manifestazioni della Solfatara una fisionomia del tutto propria che meglio precisa la tipicità della classica fase solfatarica di un vulcano quale fu empiricamente enunciata dallo Stoppani. Una precisazione che conduce a comprendere una sicura gamma di situazioni nella variabilità termica di un centro, così detto solfatarico, quali si potranno ricono¬ scere sulla linea in cui appaiono quelli minori, ma non del tutto mono¬ toni, di cui la Solfatara di Pozzuoli è un appropriato esempio verso gli aspetti più vivaci del dinamico riposo posto in rilievo dall’lMBÒ (1956) e che noi troviamo pure riconoscibili all’Isola di Vulcano. 56 L. Sic ardi BIBLIOGRAFIA Imbò G., 1956 - Sul dinamico riposo del Vesuvio, Ann. Oss. Ves., ó'" s., 2, pp. 79-94, 1 fig., Napoli. Oliveri Del Castillo A., Quagliarello M. T., 1969 - Sulla genesi del bradisisma flegreo. Atti Ass. Geof. It., 18, 38 pp., 8 figg., Roma. Rizzo G. B., 1935 - Notizie sulla Bocca 15 Gennaio 1935. « Il Mattino » ed il « Roma », 16 e 1 gennaio 1935, Napoli. SiCARDi L., 1941 - Sulle manifestazioni dell’attività fumarolica della Solfatara di Pozzuoli nell’ultimo ottantennio. (1856-1936). Natura, 32, pp, 73-74, 6 figg., Milano. SiCARDi L., 1970 - Recenti misure termiche alla Solfatara di Pozzuoli e qualche ancora necessara osservazione. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 79, pp, 137-144, 2 figg., Napoli. Signore F., 1935 - Attività vulcanica e bradisismo nei Campi Flegrei. Ann. Oss. Ves., 4^^ ser., 3, pp. 173-191, una carta, Napoli. Nota - Per l’ampia bibliografia relativa alla tab. I, si rinvia alle note dell'A. 1941 e 1970, Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 57-85, figg. 4, tabb. 3, tavv. 2 La sezione pleistocenica di Archi (RC) (^) Nota dei soci Francesco Maria Guadagno (*), Emma Taddei Ruggiero (**) e di Iginia De BlasioC"*), Bianca Flagella (**) e Franca Sgarrella (**) (Tornata del 26 gennaio 1979) Riassunto. — È stata studiata una successione argillosa pleistocenica affio¬ rante presso Archi (RC), Gli organismi presi in esame sono Foraminiferi planc¬ tonici e bentonici, Nannofossili e Coralli. La successione si può attribuire al Si¬ ciliano (sensu Ruggieri e Sprovieri, 1975) per la presenza di Hyalinea baltica e Globorotalia truncatulinoides. L’esame dei Nannofossili ci ha permesso di indivi¬ duare tre zone: il top della zona ad Helicopontosphaera sellii, la zona a piccole Gephirocapsa e forse l’inizio della zona a Pseudoemiliana lacunosa. L’esame di questi dati ci ha indicato una età che potrebbe essere compresa tra 1.250.000 e 900.000 anni circa. Ne risulterebbe una velocità di sedimentazione di circa 10 cm per 1.000 anni. Data l’alta percentuale dei Foraminiferi planctonici rispetto a quelli bentonici, è stato possibile costruire una curva paleoclimatica attendibile: essa mostra tre intervalli freddi e tre intervalli temperato-caldi. Considerando i risultati biostratigrafici, riteniamo che la curva paleoclimatica possa essere cor¬ relata con la glaciazione del Donau (Kukla, 1977). Summary. — A succession in outcrop pleistocenic clays near Archi (Reggio Calabria, Italy) has been studied, considering specially planctonic and benthonic Foraminifera, Nannofossils and Corals. The series has to be ascribed to thè Sici¬ liano (sensu Ruggieri and Sprovieri, 1975) owing thè presence of Hyalinea bal¬ tica and Globorotalia truncatulinoides. The Nannofossil’s study allowed Authors to distinguish three zones : thè top of Helicopontosphaera sellii zone, thè small Gephirocapsa zone and thè beginning of Pseudoemiliana lacunosa zone. The exa- mination of such items has suggested a time lapse between 1,250.000 and 900.000 >ears, that is a sedimentation speed rate of about 10 cm/1000 y. Laying on thè high percentage of planctonic in front to thè benthonic Foraminifera, it was possible to build a reliable paleoclimatic curve: that is, three cold and three warm temperate intervals can be distinguished. Considering biostratigraphic re- (‘) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (*) Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università di Napoli, (**) Istituto di Paleontologia dell’Università di Napoli. 58 F. M. Guadagno, e coll. sults. thè AA. believe that thè paleoclimatic curve obtained can be related wilh Donau glaciation (Kukla, 1977), Premessa NelPambito delle ricerche che l'Istituto di Paleontologia di Napoli conduce da anni sui sedimenti plio-pleistocenici deH'Italia Meridionale, è stata presa in considerazione la sezione di Archi a N di Reggio Cala¬ bria sulla riva destra del torrente Fiumetorbido (F. 254 - II NE; long. 3° 13' lat. 38° 11' 20"). Dal recente lavoro sulla corallofauna di questa sezione (Placella, 1978) risulta che essa si è depositata in acque piuttosto profonde e quindi è particolarmente adatta alla costruzione di una curva paleoclimatica correiabile con quelle già conosciute del Mediterraneo e Atlantico Equa¬ toriale costruite sui dati delle carote di mare profondo. Al fine di ottenere una maggiore precisione nell’esame stratigrafico, accanto allo studio dei Foraminiferi è stata eseguita un’analisi dei Nan- nofossili. Studi precedenti Le argille a Coralli e Nucule di Archi erano già note in letteratura (Sequenza, 1879; Cortese, 1909; Gignoux, 1913; Carta Geologica della Ca¬ labria 1967) ed erano state attribuite da questi Autori al Pliocene. Recen¬ temente Bonfiglio (1974) nello studio della sezione Reggio-Terreti rin¬ viene argille sabbiose siciliane su cui poggiano in discordanza sabbie e ghiaie e mette in relazione questa successione con le argille affioranti ad Archi. Nel 1978 uno di noi (B.P.) ha studiato la corallofauna delle argille in oggetto giungendo ad interessanti conclusioni paleoecologiche. Mancando fino ad oggi una analisi biostratigrafica approfondita della sezione, ci è sembrato interessante affrontarne lo studio. ► Fig. 1. — Successione stratigrafica delle argille di Archi: 1 argilla, 2 sabbia, 3 conglomerato, 4 coralli isolati, 5 coralli ramosi, 6 Chlamys. Sulla sinistra del disegno: Tempo in anni x 10^ Età, Piano, Stratigrafia paleomagnetica. Correlazioni con la stratigrafia continentale. Zone a Foraminiferi e Nannofossili, Sulla destra del disegno: Rapporto Plancton/Benthos. 10 20 30 % 60 F. M, Guadagno, e coll. Descrizione della successione La campionatura, effettuata sul fronte della cava, ha interessato uno spessore di sedimenti di 35 m circa, prevalentemente costituiti da argille marnoso-siltose; si riconoscono inoltre livelli più siltoso-sabbiosi con dif¬ ferente comportamento all’erosione. Verso l'alto i sedimenti divengono complessivamente più sabbiosi. L’esame dei residui di lavaggio ha con¬ fermato il carattere prevalentemente argilloso-siltoso della successione; questi, dell'ordine del 3-8 % in peso, sono risultati costituiti prevalente¬ mente da materiale di origine organica comprendente Foraminiferi, Ostra- codi. Pteropodi e frammenti di altri Gasteropodi, Lamellibranchi (in pre¬ valenza Nucula sulcata), Coralli e rari Brachiopodi {Gryphus minor). Da segnalare ancora il campione 2 che è in corrispondenza di un livelletto a piccole Chlamys dal guscio sottilissimo, e che ha dato un residuo di 87 g costituito totalmente da Foraminiferi, risultando quindi simile ad un fango organogeno. Nello scarso residuo inorganico sono presenti cri¬ stalli di quarzo, mica, noduli concrezionali di glauconite e cilindriti di pirite. Sono inoltre presenti, sparse nelle argille, pomici di forma sferica o allungata, di solito completamente alterate, di dimensioni fino a 8 cm. Da notare che simili pomici sono state ritrovate anche da Bonfiglio (op. cit.) nelle argille da lei attribuite al Siciliano. Sulle argille poggia in di¬ scordanza un conglomerato sabbioso a ciottoli arrotondati in cui si rin¬ vengono Glycimeris. Gli strati hanno direzione NE ed immergono ad O con una pendenza di circa 15° (Fig. 1). Caratteri della microfauna e metodi di studio Sono stati esaminati 13 campioni; di ognuno sono stati lavati 150 g con un setaccio da 150 mesh (maglie di 105 micron di lato). La disgrega¬ zione non ha presentato difficoltà. La frazione organogena del residuo è prevalentemente costituita da Foraminiferi, associati generalmente a radioli e placche di Echinodermi, Ostracodi, piccole conchiglie di Molluschi, Briozoi, Pteropodi e otoliti di Pesci. Il residuo non selezionato è stato pesato e splittato in modo da otte¬ nere una frazione con almeno 400 foraminiferi, sono stati raccolti, contati e classificati tutti gli individui della frazione ottenuta e sono state con¬ siderate le percentuali di tutte le specie rispetto al totale della fauna (Tab. I). TABELLA I Distribuzione percentuale dei Foraminiferi riconosciuti nella successione di Archi. I tondi indicano percentuali inferiori a 0,5 %. Le percentuali sono rife¬ rite al totale della fauna. SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 e 10 11 12 13 % planctonici 90 88 75 95 88 92 91 83 85 i4 Ì4 97 87 % bentonici 10 12 25 5 12 8 9 17 5 6 6 3 13 TEXTULARIIDAE Ehrenberg, 1838 Spiropiectammina wrighti (Silvestri) • • 1 • • Textularia conica d'Orbigny • • • " sp.. 1 Siphotextularia concava (Karrer) • • ATAXOPHRAGMODAE Schwager, 1877 Eggerella brady (Cushrnan) • • • 1 1 • Karreriella brady (Cush.) • • Clavulina cylindrica d'Orb. • ■ FISCHERINIDAE Millett, 1898 Cyclogyra .involvens (Reuss) • NUBECULARIIDAE Jones, 1875 Ophtalmidium acutimargo concavum (Wiesner) • Cornuloculina inconstans (Brady) • Wiesnerelia auriculata (Egger) • Spiroloculina canaliculata d'Orb. • *' disparilis Terquem • • *' rotunda d’'Orb. • MILIOLIDAE Ehrenberg, 183 9 Quinqueloculina berthellottiana d'Orb. • • • " bosciana d'Orb. • • • " cuvieriana d'Orb. • " laevigata (d'Orb.) • • • • • " lata Terquem • " padana Perconig • • • " pygmea Reuss • • « " stalkeri Loeblich e Tappan • " stelligera . Schlumberger • • • " vulgaris d'Orb. • • • • • • • Pyrgo lucernula (Schw.) • • • • " oblonga • (d'Orb.) • • • Sigmoilina tenuis (Czjzek) • • Triloculina sp. • Miliolinella circularis elongata Kruit • • " subrotunda Montagu \ • 1 • 1 Biloculinella globula (Bornemann) • • • • " inflata (Wrigh ) • • " labiata (Schlumb.) • • " labiata depressa Wiesner • Articulina tubulosa Seguenza • NODOSARIIDAE Ehrenberg, 1838 Amphicoryna hirsuta (d'Orb.) • Lagena laevis semistriata (Williamson) • " nebulosa Cush. • " striata d'Orb. • • • Lenticulina curvisepta (Seg , ) • • • " gibba (d'Orb.) • • " peregrina (Schw.) • • " rotulata (Lamark) • Saracenaria italica Defrance • segue TABELLA I SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 n 12 13 GLANDULINIDAE Reuss, 1860 Ooliiia hexa9ona . (Will.) • • • • • • • " sp. • Fissuinna annectens (Burrow e Holland) • " bicarinata Terq. • " clathrata (Brady) • Il granifera (Buchner) • " lagenoides (Will.) • " orbignyana Seg. • " pseudoglobosa (Buch.) • ” pseudorbignyana (Buch,) • • • ” staphyllearia Schw. • • • • Parafissurina lateralis (Cush.) • • • • • • TURRILINIDAE Cushman, 1927 Buliminella sp. • SPHAEROIDINIDAE Cushman, 1927 Sphaeroidina bulloides d'Orb. 1 BOLIVINITIDAE Cushman, 1927 Bolivina alata (Seg.) • " catanensis Seg. • • • ” difformis (Will.) • • • • • • • • " dilatata Reuss 1 • • • • • • • " pseudoplicata H. Alien e Earland • • 1 • • • • • • " spathulata (Will.) • • • • • • " striatola Cusli. • " subspinescens Cush. • • " variabilis (Will.) • • ISLANDIELLIDAE Loeblich e Tappan, 1964 Cassidulinoides brady (Norman) • " sp. • BULIMINIDAE Jones, 1875 Bulimina costata d'Orb. • • " inflata Seg. • " marginata d'Orb, • • • • Globobulimina affinis (d'Orb.) • " pupoides (d'Orb.) • " sp. • Reussella spinulosa (Reuss) • • UVIGERINIDAE Haeckel, 1894 Uvigerina auberiana d'Orb. • • " mediterranea Hofker • • • • " peregrina Oush . • 1 1 1 1 1 1 1 • • 1 Sagrine dertonensis (Gianotti) • Siphogener ina sp. • Trifarina anguiosa (Will.) 1 1 1 • • • 2 • 1 1 DISCORBIDAE Ehrenberg, 1838 Discorbis mira Cush. Gavelinopsis praegeri (H.A. e E.) 1 1 • 1 • 1 • • 1 Neoconorbina terquemi (Rzehak) • • • • 1 Rosalina araucana d'Orb. • 3 1 1 • • • " globularis d'Orb. • • • • • • " obtusa d'Orb. • • • • segue TABELLA I SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Rosalina sp. • Tretomphalus concinnus (Brady) • • • Cancris auriculus (Fichtel e Moli) • Valvulineria bradyana (Fornasini) • • GLABRATELLIDAE Loeblich e Tappan, 1%4 Glabratella erecta (Sidebottom) m ASTERIGERINIDAE d'Orbigny, 183 9 Asterigerinata adriatica Haake 1 • • • • " mamilla (Will.) • • • 1 • • ELPHIDIDAE Galloway, 1933 Elphidium advenum (Cush«) • • • • • • " complanatum (d'Orb,) • • • • • " macellum aculeatum Silv, • • " pulvereum Todd • • • " sp. Cribrononion incertum (Will.) • " sp. • HANTKENINIDAE Cushman, 1927 Hastigerina siphonifera (d'Orb.) 1 1 1 • 1 • 1 1 • GLOBOROTALIDAE Cushman, 1927 Globorotalia infiala (d'Orb.) 3 5 1 4 3 7 3 2 6 3 3 4 5 " oscitans Todd 3 • • • 1 3 1 3 3 1 3 1 1 " scitula (Brady) 4 • 4 3 2 2 2 2 2 1 2 3 2 ” truncatuliniodes (d'Orb,) • • • • GLOBIGERINIDAE Carpenter, Parker e Jones, 1862 Globigerina bulloides d'Orb, 2 13 18 10 2 7 7 9 8 2 8 11 8 " calabra Colalongo e Sartoni • • " falconensis Blow 15 1 4 21 3 3 5 9 10 5 " pachyderma (Ehrenberg) 22 34 19 13 44 25 12 30 40 54 28 11 27 " quinqueloba Natland 1 2 6 19 10 1 9 10 25 9 27 26 22. 10 21 " rubescens Hofker « 1 1 1 • • Globigerinoides conglobatus (Brady) 1 1 • 2 1 1 1 • 1 3 1 " quadrilobatus (d'Orb.) • • " ruber (d'Orb.) 15 21 4 12 5 11 15 5 2 1 n 20 6 " saccuiifer . (Brady) • • • • " tenellus Parker • • • 1 • • • 1 1 " trilobus (Reuss) • • 1 # • 2 Neogloboquadrina dutertrei (d'Orb.) • 1 • 2 • Globigerinita glutinata (Egger) 5 • 3 6 8 9 14 10 5 4 1 1 1 1 6 Orbulina universa d'Orb, • 2 1 1 1 1 1 1 • 2 1 1 Globigerinidae 8 2 # 7 • 10 3 1 1 • 2 8 2 EPONIDIDAE Hofker, 1951 Eponides frigidus granulatus di Napoli • " sp. • CIBICIDIDAE Cushman, 1927 Planulina ariminensis d'Orb, • • • • • Hyalinea baltica (Schroeter) Cibicides lobatulus (Walker e Jacob) • 5 1 • 1 • 1 2 • • 1 " pseudoungerianus (Cush.) 1 1 • 1 • • • • • " sp. • PLANORBULINIDAE Schwager, 1877 Planorbulina mediterranensis d'Orb, 1 • • • • 64 F. M. Guadagno, e coll. segue TABELLA I SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 1 12 13 CAUCASINIDAE N.K. Bykova, 1959 Furscnkoina tegulata (Re"ss) • " tennis (Seg.) • LOXOSTOMIDrtE Lneblich e Tappan Loxostomum limbatum (B- ady) CASSIDULINIDAE d'Orbigny, 1839 Cassidulina crassa d'Orli. • 1 2 1 1 • • • • 2 " laevigata cannata Silv. • 1 1 • 2 • • • ì • • 1 Globocassidulina subglobosa (Brady) 2 1 2 • • 1 1 • • • 1 • • NONIONIDAE Schultze, 1854 Chilostomelia mediterranens is Cush. e Todd • " oolina Schwa^er'' • Nonion depressulum (W. e J.) 1 • • • Astrononion stellatum Cush. e Edw. • • • Pullenia bulloides d'Orb. • " quadnloba Reuss • • • • " quinqueloba (Reuss) • • • • ALABAMINIDAE Hofker-, 1951 Gyroidina laevigata d'Orb. • • • • " neosoldani Brotzen • • • • " umbonata (Silv.) • • • ANOMALINIDAE Cushman, 1927 Hanzawaia rhodiensis (Terquem) • • • Melonis barleanum (d'Orb.) • CERATOBULIMINIDAE Cushman, 1927 Hoeglundina elegans (d'Orb.) 1 ROBERTINIDAE Reuss, 1850 Robertira brady Cush. e Parker • La classificazione seguita è quella di Loeblich e Tarpan (1964). Tutti i campioni esaminati hanno dato associazioni a foraminiferi in cui la percentuale delle forme planctoniche è sempre notevolmente alta (75-97 %). In Fig. 1 è espresso il rapporto Plancton/Benthos. Per Tinterpretazione paleoclimatica sono stati considerati solo i fo¬ raminiferi planctonici e le percentuali delle diverse specie sono state ri¬ ferite al totale dei planctonici (Tab. II). Per le specie più interessanti e meglio rappresentate sono stati costruiti dei diagrammi che indicano le variazioni percentuali delle specie lungo tutta la sezione presa in esame. I foraminiferi planctonici sono rappresentati da 20 specie apparte¬ nenti a 3 famiglie. I foraminiferi bentonici sono scarsamente rappresentati in tutti i campioni della successione con percentuali che variano dal 3 % nel cam- La sezione pleistocenica di Archi ( RC ) 65 pione 12 al 25 % nel campione 3. Sono presenti 134 specie appartenenti a 28 famiglie. Sono meglio rappresentate le specie che, secondo vari Au¬ tori (Blanc-Vernet, 1969; Cita et ahi, 1974; Parker, 1958; Phleger, 1960; Todd, 1958; Wright, 1978), vivono a notevoli profondità quali: Eggerella brady, Sphaeroidina bulloides, Bolivina spp., Uvigerina peregrina, Trifa- rina anguiosa, Rosalina araucana, Planulina ariminensis, Hyalinea bal- TABELLA II Distribuzione percentuale delle 20 specie di Foraminiferi planctonici pre¬ senti nella successione di Archi. I tondi indicano percentuali inferiori a 0,5 %. Le percentuali sono riferite al totale dei Foraminiferi planctonici. SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 Hastigerina siphonifera 1 2 1 • 1 • 1 1 • Globorotalia inflata 4 6 2 5 3 8 3 2 7 4 3 4 6 II oscitans 3 • • • 1 3 1 4 3 1 3 1 1 ” scitula 4 • 5 3 2 2 2 2 2 1 2 3 3 " truncatulinoides • • • • Globigerina bulloides 2 15 23 11 3 7 8 11 8 2 8 11 9 " calabra • • ” falconensis 17 1 6 23 3 4 6 11 10 5 ” pachyderma (destra) 18 21 20 12 13 23 11 21 18 54 26 10 20 '■ pachyderma (s. lustra) 7 18 6 1 37 4 2 15 24 3 4 1 12 '■ quinqueloba 13 6 25 1 1 21 1 1 27 12 27 27 24 10 24 " rubescens • 1 1 1 • • Globigerinoides conglobatus 1 1 • 2 2 1 1 • 1 3 1 ” quadrilobatus • • ruber 17 24 6 12 5 12 17 6 2 1 12 21 7 " sacculifer • • • • " tenellus • • • 1 • • • 1 1 " trilobus • • 2 • • 2 Neogloboquad rina dutertrei • 1 • 2 • Globigerinita glutinata 5 • 4 6 9 10 16 12 5 5 11 11 7 Orbulina universa • 2 1 2 1 1 1 1 • 3 1 1 Globigennidae 9 2 • 8 • 1 1 3 2 1 • 2 9 2 tica, Pullenia bulloides, P. quinqueloba, Melonis barleanum, Hoeglundina elegans. Tra gli altri bentonici sono presenti i Miliolidi con individui di piccole dimensioni e con specie segnalate a grandi profondità, quali Arti- culina tubulosa (oltre i 600 m, Parker, 1958) e Pyrgo spp.; sono inoltre presenti numerose specie di Glandulinidae e di Cassidulinidae piuttosto frequenti, che raggiungono una percentuale massima del 5 % nel cam¬ pione 3. Contrasta con questa associazione la presenza di Discorbidae e 5 66 F. M, Guadagno, e coll. Cibicididae con specie considerate caratteristiche di acque basse e con percentuali relativamente alte (C. lobatulus raggiunge il 5 % nel cam¬ pione 2). Si può ritenere che queste forme siano rimaneggiate. L'associazione bentonica rinvenuta indica una batimetria di circa — 1.000, — 2.000 m che concorda con la profondità ricavata dalla percen¬ tuale dei foraminiferi planctonici (Wright, 1978). Considerazioni sui foraminiferi planctonici rinvenuti Non si è ritenuto necessario descrivere dettagliatamente le forme rinvenute, perché si tratta di specie ben conosciute; in queste note viene precisato solo il significato paleoecologico che si attribuisce loro e il grado di variabilità con cui sono state considerate. Hastigerina siphonifera (d’ORBiGNY) Non è presente in tutti i campioni ed ha sempre percentuali molto basse raggiungendo un massimo del 2 % nel campione 3. Le forme sono ben sviluppate. È stata considerata come indicatore caldo essendo dif¬ fusa in acque equatoriali e subtropicali, Globorotalia infiala (d'ORBiGNY) [Fig. 3] È sempre presente con valori che variano dal 2 % all’S %. È stata considerata una forma temperata essendo caratteristica di acque tempe¬ rate e subtropicali. Nella costruzione del diagramma questa specie è stata associata a G. oscitans che ha lo stesso significato paleoclimatico. Globorotalia oscitans Todd [Fig. 3] È sempre presente con percentuali basse (0,5 %A %) e con forme ben caratteristiche. Globorotalia scitula (Brady) [Fig. 2] È presente in tutti i campioni con valori quasi sempre costanti e con un massimo (5 %) nel campione 3. Tutti gli esemplari rinvenuti mo¬ strano la morfologia tipica della specie. G. scitula è stata considerata come indicatore freddo e di ambiente batipelagico. Globorotalia truncatulinoides (d’ORBiGNY) È stata rinvenuta in 4 campioni con un numero di individui molto basso. Nel campione 13 alcune forme mostrano il guscio più spesso e la La sezione pleistocenica di Archi (RC) 67 carena visibile soltanto nelFultima camera {G. truncatulinoides pachyteca), È stata rinvenuta fin dal campione 2, La sua presenza indica che tutta la sezione appartiene al Siciliano {sensu Ruggieri e Sprovieri, 1975). È una specie che vive con maggiore frequenza nelle acque subtropicali. Nella costruzione della curva paleoclimatica non è stata considerata perché è presente episodicamente e con percentuali minori dello 0,5 %. Globigerina bulloides d’ORBiGNY [Fig. 2] È presente in tutti i campioni con percentuali variabili dal 2 % (camp. 1) al 23 % (camp. 3). Accanto a forme tipiche si notano alcuni in¬ dividui con aperture più basse. È stato considerato come indicatore freddo essendo una forma tipica di acque subpolari. La percentuale più alta si riscontra in corrispondenza di uno dei picchi più freddi. Globigerina calabra Colalongo e Sartoni È presente solo nei campioni 2 e 13. Questa specie è stata recente¬ mente istituita da Colalongo e Sartoni (1978) presso il limite plio-pleisto- cene della sezione di Vrica (Crotone). Globigerina falconensis BLOtv È presente quasi in tutti i campioni (manca nel periodo considerato più freddo, camp. 9, 10, 11) con percentuali che variano dalli % (camp. 2) al 23 % (camp. 4). Le percentuali più alte corrispondono alle massime percentuali di Globigerinoides ruber e a basse percentuali di Globigerina pachyderma sinistra. Accanto alle forme tipiche sono presenti alcuni in¬ dividui deformati, ma comunque attribuibili alla specie. Globigerina pachyderma (Ehrenberg) [Fig. 2; 4 A] Forma sempre presente con altissime percentuali che variano dai¬ ni % (camp. 12) al 57 % (camp. 10). Accanto alla forma tipica sono pre¬ senti individui con una cameretta supplementare liscia o un labbretto, individui con il contorno del guscio più lobato e individui con tre ca¬ mere e con un accenno alla quarta. Sono presenti individui con avvolgi¬ mento della spira destrorso e sinistrorso la cui percentuale è molto va¬ riabile (Fig. 4 A). G. pachyderma è stata considerata come indicatore freddo, vivendo con le percentuali massime in acque polari. Nei cam¬ pioni da noi studiati le massime percentuali si riscontrano nei campioni 5, 9, 10 risultati i più freddi della successione e nei campioni 5 e 9 la forma sinistra prevale su quella destra. Fig. 2. — Variazioni percentuali delle specie più significative dei Foramin della successione in metri e la posizione dei campioni. Globigerina pachiderma tonici. Sulla sinistra e sulla destra della figura sono indicati lo spessore Globigerinita glutinata Fig. 2. — Variazioni percentuali delle specie più significative dei Foraminifc Planctonici. Sulla sinistra e sulla destra della figura sono indicati lo spessoie della successione in metri e la posizione dei campioni. Globigetinoides rubai 70 F, M. Guadagno, e coll. Globigerina quinqueloba Natland [Fig. 2] È sempre presente con valori alti e negli episodi più freddi è pre¬ sente con percentuali che variano dal 21 % al 27 % .Abbiamo considerato in questa specie sia gli individui tipici con l’ultima camera fornita di labbro che si prolunga a coprire l'apertura, sia gli individui a 4 o 5 ca¬ mere senza labbro prolungato considerati da Cifelli e Smith (1970) come G. quinqueloba egelida, ma di dimensioni costantemente piccole. È stata considerata come indicatore freddo, raggiungendo le massime percen¬ tuali nelle acque subpolari. Globigerina rubescens Hofker È saltuariamente presente con percentuali molto basse, con un mas¬ simo deiri %. Gli individui, tutti di piccole dimensioni, non si rinven¬ gono mai di colore rosso. Globigerinoides conglobatus (Brady) Questa specie non è presente in tutti i campioni ed ha percentuali sempre molto basse con un massimo del 3 % in corrispondenza del picco più caldo della successione. È stato considerato come indicatore caldo, vivendo nelle acque subtropicali. Globigerinoides quadrilobatus (d'ORBiGNY) Questa specie è stata rinvenuta con, scarsissimi ma ben sviluppati individui, soltanto nei due campioni più bassi della successione. Per la sua presenza saltuaria e le percentuali minori dello 0,5 % non è stata presa in considerazione nella costruzione della curva paleoclimatica. Globigernoides ruber (d’ORBiGNY) [Fig. 2; 4 A] È presente in tutti i campioni con percentuali che variano dall'l % (camp. 10) al 24 % (camp. 2), con minimi nei campioni più freddi e mas¬ simi negli intervalli più caldi. Questa specie è stata considerata come in¬ dicatore caldo, infatti è caratteristica di acque subtropicali e tropicali. G. ruber è presente solo con la forma tipica. Globigerinoides sacculifer (Brady) Dato il numero molto scarso di individui presenti non è stato usato come indicatore climatico nella curva, ma come controllo di condizioni calde, avendo le percentuali più alte in acque tropicali e subtropicali. La sezione pleistocenica di Archi (RC) lì Globigerinoides tenellus Parker È rappresentato in buona parte dei campioni, ma con percentuali sempre molto basse. Gli individui sono generalmente di piccole dimen¬ sioni, ma molto tipici. È stato considerato come indicatore caldo. Globigerinoides trilobus (Reuss) È saltuariamente presente con percentuali molto basse, massimo 2 % che si raggiunge nei picchi più caldi. È completamente assente negli in¬ tervalli più freddi. È presente nella forma tipica. È stato considerato nella costruzione della curva paleoclimatica come indicatore di acque calde. Neogloboq Madrina dutertrei (d'ORBiGNY) È presente solo in 5 campioni con un valore massimo del 2 % (camp. 10). Gli individui mostrano spira compatta e apertura stretta ma con un tipico labbro. Questa specie sembra risentire più le alterazioni di salinità che le variazioni di temperatura; è stato notato infatti un aumento della percentuale di questa specie in corrispondenza di episodi sapropelitici (Ruddiman, 1971; Cita et ahi, 1974; Cita et alii, 1977). Orbulina universa (d’ORBiGNY) È presente in tutti i campioni con una percentuale massima del 3 % (camp. 11). È stato considerato indicatore caldo, avendo la sua massima diffusione nelle acque subtropicali. Globigerinita glutinata (Egger) [Fig. 2] È presente in tutti i campioni con percentuali che variano dallo 0,5 % (camp. 2) al 16% (camp. 7). Secondo Bé e Tolderlung (1971) è specie co¬ smopolita con diffusione massima nelle acque subtropicali. Alcuni Au¬ tori hanno considerato questa tra le specie indicatrici di clima freddo. Nella successione da noi studiata G. glutinata ha la percentuale più alta in corrispondenza di uno dei valori più bassi della Globigerina pachy- derma (13%) la cui forma sinistra raggiunge appena il 2%. (camp. 7). Inoltre G. glutinata raggiunge una delle percentuali più basse (5 % ) in corrispondenza del massimo della Globigerina pachyderma (42-57 % ri¬ spettivamente nei campioni 9 e 10), in particolare nel campione 9 le forme sinistre sono più abbondanti di quelle destre. Da queste osserva¬ zioni non si è ritenuto opportuno usare G. glutinata come indicatore climatico freddo. 72 F. M. Guadagno, e coll. Globigerinidae Sotto il nome della famiglia sono stati riuniti gli individui rotti, pic¬ coli o deformati per cui non è stato possibile determinare né il genere né la specie. Sono stati comunque raccolti e considerati per il rapporto P/B (Fig. 1). Nannoplancton calcareo I campioni, quasi sempre molto ricchi di nannoplancton calcareo in buono stato di conservazione, sono stati esaminati al microscopio elet¬ tronico a scansione e a quello ottico polarizzatore. Oltre alle numerose specie pleistoceniche, elencate nella Tabella III in ordine alfabetico, sono presenti frequentemente taxa riferibili per lo più airOligo-Miocene, TABELLA III Elenco dei Nannofossili presenti nelle argille di Archi. SPECIE CAMPIONI 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 1 1 12 13 Braarudosphaers bigelowi (Gran e Brarud) • • • • Cyclococcolithiha Jeptopora (Murray e Blackman,) • • • • • • • • • • " macintyrei (Bukry e Bramlette) • Cyclolithella annula (Cohen) • • • • Coccolithus pelagicus (V/allich) • • • • • • • • • • " sp. (sensu Bartolini, 1970) • Discolithina macropora Deflandre • • • • • • • • • Gephyrocapsa carribbeanica Boudreaux e Hay • • • • • " oceanica Kamptner • • • • • • • • " protohuxleyi Me Intyre • • • • • • Helicoponthosphaera hyalina (Gaarder) • " kamptneri Hay e Mohler • " rhomba Bukry • " sellii Bukry e Bramlette • • Oolithotus fragilis cavum (Lohmann) • • • • • • Ponthogphaera aff. anisotrema (Kamptner) • " japonica (Takayama) • • • • • • • • • " muitipora Kamptner • • " sp. (sensu Stradner, 1973) • Pseudoemiliana lacunosa (Kamptner) • • • • • • • • • • Reticulofenestra pseudoumbilica (Gartner) • • • • • • • • Rhabdosphaera clavigera Murray e Blackman • • 9 • • • • • Scyphosphaera apstenii Lohmann • • • • • " pulcherrima Deflandre • Sphenolithus abies Deflandre • • Syracosphaera pulchra Lohmann • • • • Thoracosphaera sp. (sensu Stradner, 1973) • Umbilicosphaera sibogae (Weber-Van Bosse) • • • • • La sezione pleistocenica di Archi (RC) 73 Lo studio delle microflore ha permesso di riconoscere tre delle bio- zone recentemente istituite da Gartner (1977) per il Pleistocene Atlantico, e Pacifico, anche se Pultima alquanto dubitativamente per la presenza di numerose specie rimaneggiate. 1) Zona a Helicopontosphaera sellii L'associazione è, come sempre, molto ricca di specie tra le quali il marker alquanto raro. Ciò, unitamente alla presenza del numero già ele¬ vato di piccole Gephyrocapsa, fa pensare di essere al limite superiore della zona. Nel campione 1, il più basso della sezione, si è osservato un esemplare di Cyclococcolithina maciutirei molto probabilmente rimaneg¬ giato da termini precedenti. A questa biozona sono riferibili i campioni da 1 a 3. Poi ha luogo il graduale passaggio (osservato anche da Gart¬ ner) alla biozona a piccole Gephyrocapsa segnalato dall'affermarsi sem¬ pre più netto di questi piccoli taxa nell'associazione (camp. 4-5). 2) Zona a piccole Gephyrocapsa Nel campione 6 il dominio di queste piccole Gephyrocapsa (tra cui si è riconosciuta G. protohuxley) nell'associazione è assoluto, le altre specie presenti essendo del tutto subordinate in percentuale. Questa si¬ tuazione si protrae fino al campione 12. 3) Zona a P scudo emiliana lacunosa Bruscamente il dominio delle piccole Gephyrocapsa finisce nell'ul¬ timo campione. Anche questo dato è consono con quanto rilevato da Gartner (op. cit.), segue quindi la zona a P scudo emiliana lacunosa, che in effetti è presente nel campione con numerosi e ben definiti esemplari, tuttavia la presenza massiccia di individui rimaneggiati maschera Peffet- tiva composizione percentuale dell'associazione, per cui si riferisce il campione a questa biozona con riserva. Coralli Nelle argille è stata raccolta una ricca corallofauna molto ben con¬ servata, in cui mancano completamente le forme ermatipiche. A 3 m dalla base della sezione si trova un livello di circa 15 cm di spessore costituito da Coralli ramosi della specie Enallopsammia scil- lae disposti parallelamente agli strati, cui sono associati frammenti di rami di Madrepora miocenica, Isis peloritana, Lophelia pertusa. 74 F. M. Guadagno, e coll A qualche metro dalla base e fin quasi alla sommità sono stati ritro¬ vati in abbondanza esemplari di Caryophyllia communis, Flabellum ber¬ ta e Javania sp. Quasi alla sommità della sezione sono stati raccolti Co- notrochus typus, Stephanocyathus spp. e qualche esemplare di Caryo¬ phyllia polyedra. L'esame dettagliato di questi coralli (Flagella, 1978) ha dimostrato che la maggior parte delle specie esaminate è affine a specie attuali vi¬ venti nell'Atlantico Nord-Orientale a temperature comprese tra i 4'’ e gli 11“ ad una profondità variabile tra —500 e —2.500 m. Costruzione della curva paleoclimatica I dati relativi all'esame della microfauna e dei Coralli e quelli rela¬ tivi ai caratteri litostratigrafici della successione indicano una profondità di sedimentazione che supera i 1.000 m. Poiché le variazioni di percen¬ tuale delle varie forme considerate come indicatori climatici sono quindi da attribuirsi, presumibilmente, solo a variazioni di temperatura delle acque, la curva paleoclimatica relativa dà un notevole affidamento. Tenendo conto della distribuzione dei foraminiferi planctonici nei mari attuali (BÉ e Tolderlung, 1971; Parker, 1971; etc.), sono stati consi¬ derati indicatori di acque fredde Globigerina pachyderma, G. bulloides, G. quinqueloba, Globorotalia scitula; di acque temperate Globorotalia infiala e G. oscitans; di acque calde Hastigerina siphonifera, Orbulina universa, Globigerinoides ruber, G. conglobatus, G. tenellus e G. trilobus. Non sono stati presi in considerazione nella costruzione della curva pa¬ leoclimatica Globorotalia truncatulinoides e Globigerinoides quadriloba- tus che sono indicatori di acque calde, ma sono presenti nei campioni da noi studiati con percentuali minori dello 0,5 % e solo episodicamente. Globigerinoides sacculifer, anch'esso presente con percentuali minori dello 0,5 % è stato usato come controllo degli intervalli caldi. In Fig. 3 sono indicate le curve degli indicatori caldi, temperati e freddi. Le percentuali dei temperati sono poco variabili e molto basse (va¬ lore massimo 11 %); quelle dei caldi e dei freddi sono sempre in opposi- ► Fig. 3. — Variazioni percentuali dei Foraminiferi considerati indicatori « caldi », « temperati » e « freddi », Alla estremità della figura è indicato lo spessore della successione in metri e la posizione dei campioni. camp. La sezione pleistocenica di Archi (RC) 75 Freddi 76 F. M, Guadagno, e coll. zione tra loro. I caldi raggiungono un massimo del 28 %, mentre i freddi, arrivano aH'S? %. È stato inoltre considerato il verso di avvolgimento della Globige- rina pachyderma, in quanto la forma sinistra indica acque più fredde della forma destra poiché attualmente è prevalente nelle acque polari. In Figura 4 A è messa in evidenza la variazione percentuale di Glo- bigerina pachyderma rispetto a Globigerinoides ruber e di Globigerina pachyderma destra rispetto alla forma sinistra. Nella figura il 100 % di Globigerinoides ruber è sulla destra, mentre quello di Globigerina pa¬ chyderma è sulla sinistra. È da notare che di solito all'aumentare di Globigerinoides ruber diminuisce la percentuale delle forme sinistre di Globigerina pachyderma e che in due campioni (5 e 9) la percentuale delle forme sinistre è maggiore di quella delle forme destre. Da questo punto di vista fa eccezione il campione 10 nel quale si ha la minore per¬ centuale di Globigerinoides ruber ed una delle minori percentuali di Glo¬ bigerina pachyderma sinistra (per le considerazioni su questo campione vedi pag. 78). Per la costruzione della curva climatica cumulativa (Fig. 4B) sono state considerate le percentuali degli indicatori caldi come valori posi¬ tivi e quelle degli indicatori freddi come valori negativi partendo dalla li¬ nea mediana O (Ruddiman, 1971; Cita et alii, 1977). Considerazioni sulla curva climatica [Fig. 4 B] I valori si trovano tutti dalla parte negativa e variano da — 87 % a — 7 %. In un primo tempo ci è sembrato che in tutto Fintervallo studiato si avesse un clima decisamente freddo con tre intervalli temperato freddi corrispondenti ai campioni 4, 6-7 e 12. In seguito, osservando in questi intervalli considerati temperato-freddi, la presenza di Hastige- rina siphonifera, Globigerinoides conglobatus, G. sacculifer, G. tenellus, ► Fig. 4. — Curve delle variazioni climatiche. A - Variazione percentuale di Glo- bigerinoides ruber rispetto a Globigerina pachyderma e di Globigerina pachyderma destra (G.p.d.) rispetto a quella sinistra (G.p.s.) il 100 % di G. ruber (G.r.) è sulla destra della figura e il 100 % di G. pachy¬ derma è a sinistra. B - Curva climatica cumulativa; per la costru¬ zione di questa curva sono stati considerati come positivi i valori degli indicatori di acque calde e negativi quelli degli indicatori delle acque fredde. La curva si trova tutta dalla parte negativa, cioè a sini¬ stra della linea che indica lo zero. A B ^ 100% _ *°G. pachyderma 0 freddo caldo 78 F. M. Guadagno, e coll. G. trilobus oltre a G. ruber e Orbulina universa (presenti in quasi tutti i campioni), abbiamo preso in considerazione l'eventualità che questi in¬ tervalli potessero essere più « caldi ». Abbiamo perciò confrontato questa curva con la carota 1 del pozzo 132 Leg 13 del DSDP (Cita et alii, 1974) e abbiamo ricostruito la curva climatica del DSDP considerando come va¬ lori positivi gli indicatori di acque calde e negativi quelli di acque fredde. Ne è risultato che il valore minimo che si raggiunge è — 82 % e corri¬ sponde ai picchi più freddi del Wùrm e i valori più alti sono 0,-6 %, — 15 % che si raggiungono rispettivamente nel Tirreniano 2, Tirreniano 1 e Tirreniano 3. Confrontando la curva di Archi con quella del DSDP emerge che il picco freddo (campioni 9-10) è assimilabile, come intensità a quelli del Wùrm e il picco più caldo (camp. 12) a quello del Tirreniano 1. Diversa è la situazione nel Mediterraneo Orientale in cui, nei periodi più caldi, la percentuale degli indicatori di acque calde raggiunge il 70 %- 80 % (Parker, 1958; Cita et alii, 1977). In definitiva la curva può indicare tre intervalli freddi (campioni 3, 5, 9-10) di cui il più freddo e lungo è il 9-10 e tre intervalli più caldi cor¬ rispondenti ai campioni 4, 6-7 e 12. Di questi i primi due possono essere considerati temperato-caldi e l’ultimo caldo (confrontabile come intensità con il Tirreniano 1); ad esso corrisponde la minore percentuale di Globige- rina pachy derma (11 %) e la minore percentuale di G. pachy derma sini¬ stra. Agli intervalli freddi corrisponde una diminuzione di Globigerinoi- des ruber, la scomparsa di G. quadrilobatus, G. sacculifer e G. trilobus e un aumento della Globigerina pachyderma e della sua forma sinistra. Particolare è il campione 10 in cui si ha la maggiore percentuale di Globigerina pachyderma e una delle minori percentuali delle forme si¬ nistre, il minor numero di specie presenti (50%), la percentuale minore di Globigerinoides ruber e la scomparsa di tutti gli altri Globigerinoides, la percentuale maggiore di Globigerina quinqueloba e la percentuale mag¬ giore di Neogloboquadrina dutertrei; nel residuo sono presenti forami- niferi piritizzati, cilindriti di pirite e noduli concrezionali di glauconite; tutti questi dati indicano, per questo campione, condizioni di salinità al¬ terata. Pensiamo tuttavia che si trovi comunque in un periodo freddo, in quanto il campione 9 preso soli 30 cm al di sotto, indica condizioni nor¬ mali e il freddo più intenso di tutta la successione. Conclusioni La sezione studiata è di età pleistocenica. Per quanto riguarda i Fo- raminiferi può essere attribuita al Siciliano {sensu Ruggieri e Sprovieri, La sezione pleistocenica di Archi (RC) 79 1975), per la presenza dal campione 1 di Hyalinea baltica e dal campione 2 di Globorotalia truncatulinoides e Globigerina calabra. Per quanto ri¬ guarda i Nannofossili comprende il top della zona a H elicopontosphaera sella, la zona a piccole Gephirocapsa e forse la parte bassa della zona a P scudo emiliana lacunosa (Gartner, 1977). Per cui l'età può essere stimata tra 1.250.000 e 900.000 anni e comprende quindi la parte inferiore del¬ l'evento Jaramillo dell'epoca Matujama. Corrisponde inoltre alla zona S istituita da Erikson sulla Globorotalia menardi per l'equatoriale atlantico. La curva climatica mostra tre intervalli freddi e tre intervalli tem¬ perato-caldi, di cui l'ultimo decisamente più caldo. Nella curva climatica generalizzata per il Mediterraneo, mancano i valori corrispondenti all'in¬ tervallo 1.100.000-1.300.000 anni e quindi un confronto tra questa curva e quella di Archi può essere fatto solo per un tratto. Il primo grosso in¬ tervallo freddo datato circa 1.000.000 di anni (Cita et ahi, 1972) potrebbe ben corrispondere al nostro picco più freddo (camp. 9-10). Questo inter¬ vallo è già stato correlato (op. cit.) con quello meno rigido della stessa età dell'equatoriale atlantico (Ruddiman, 1971). Dai lavori di Cooke (1973) e di Kukla (1977) che hanno correlato il Pleistocene continentale con quello marino, si può rilevare che la nostra curva potrebbe corrispondere a parte del Donau e forse alla parte più antica dell'interglaciale Donau-Gunz. I caratteri litostratigrafici della successione, i dati relativi allo stu¬ dio dei Coralli, all'associazione dei Foraminiferi bentonici e al rapporto Foraminiferi planctonici/bentonici ci indicano una profondità di sedi¬ mentazione delle argille siciliane di Archi compresa tra -1.000 e -2.000 metri. La velocità di sedimentazione può essere calcolata in circa 10 cm per 1.000 anni; questa velocità si accorda bene con una sedimentazione in acque profonde, ma non molto lontane dalla costa. Ringraziamo i Proff. Giuliano Ciampo, Maria Moncharmont Zei e Italo Sgrosso per gli utili consigli forniti durante la stesura del lavoro e per la lettura critica del testo. Ringraziamo, inoltre, il sig. Antonio Canzanella tecnico addetto al mi¬ croscopio elettronico e il sig. Bruno Pastore per l'accurata esecuzione dei disegni. TESTI CITATI Bartolini C., 1970' - Coccoliths from sediments of thè Western Mediterranean, Micropaleontology, 16, n. 2, pp. 129-154, New York. 80 F. M, Guadagno, e coll. BÉ A. W. H., Tonderlund D. S., 1971 - Distribiition and Ecology of living Planc- tonic Foraminifera in surface waters of thè Atlantic and Indian Oceans. Riedel W, R., Funnel B, M., ed., Micropaleontology of thè Oceans, Cam¬ bridge University Press., pp. 105-149. Blanc-Vernet L., 1969 - Contribution a Vétude des foraminifères de Mediterranée. Exstrait du Recueil des Travaux de la Station Marine d'Endaume (64-68). Blanc-Vernet L., 1972 - Données micropaléontologiques et paléoclimatiques de après des sédiments profonds de Méditerranée. Mediterranean Sea: a natu¬ rai sedimentation laboratory. Dowden, Hutchinson and Ross, inch., pt. 3, pp. 115-127. Bonfiglio L., 1974 - Stratigrafia del Neogene e del Quaternario nella sezione Reg¬ gio Calabria-Terreti. Mem. Ist. It- di Paleont. Umana, 2, pp. 297-313. Cita M. B. et ahi, 1972 - The Quaternary Record in thè lonian and Tyrrhenian basins of thè Mediterranean Sea. Initial Reports DSDP, 13, pt. 2, pp. 1263- 1339, Washington. Cita M. B. et ahi, 1974 - Il quaternario del Tirreno abissale. Interpretazione stra¬ tigrafica e paleoclimatica del Pozzo DSDP 132. Revista Espahola de Micro¬ paleontologia, 6, n. 2, pp. 257-326. Cita M. B. et ahi, 1977 - Paleoclimatic Records of a Long Deep-Sea Core from thè Eastern Mediterranean. Quaternary Reasearch, 8, pp. 205-235. Academic Press., New York and London. CoLALONGO M. L., Sartoni S., 1977 - Globigerina calabra nuova specie presso il limite Plio-Pleistocene della sezione Vrica (Calabria). Giorn. di Geoh serie 2, 42, pp. 205-220, Bologna. CooKE H. B. S., 1973 - Pleistocene Chronology : Long or Short? Quaternary Re¬ search, 9, pp. 206-220. Cortese E., 1909 - Una sezione Geologica attraverso il Peloro, lo Stretto di Mes¬ sina e V Aspromonte. Boll. Soc. Geol. Ital., 28, (3), pp. 445-468. De Stefani C., 1884 - Escursione scientifica nella Calabria: leio, Montalto e Capo Vaticano. R. Acc. Naz. Lincei, Mem. CI- Se. fis. mat. nat., s. 3, 18, 290, Roma. Gartner S., 1977 - Calcareus nannofossil biostratigraphy and revised zonation of thè Pleistocene. Marine Micropaleontology, 2, pp. 1-25, Amsterdam. Gignoux M., 1913 - Les formations marines pliocènes et quaternaries de ITtalic du Sud et de la Siede. Ann. Univ. Lyon, nuov. ser., 1 (36) 393, Lyon. Kukla G. J., 1977 - Pleistocene land-sea correlations I. Europe. Earth Sci. Rev., 13, pp. 307-374. Loeblich a,. Tarpan H., 1964 - Sarcodina, chiefly « Thecamoebians » and Forami- niferida: Treatise on thè Invertebrate Paleontology Part C, Protista 2, ed. Moore R. . Parker F. L., 1958 - Eastern Mediterranean Foraminifera. Rep. Swedish Deep- Sea Exped., 8, n. 4, pp. 219-283. Parker F, L., 1971 - Distribution of Planktonic Foraminifera in recent deep-sea sediments. Riedel W. R., Funnel B. M., ed., Micropaleontology of thè Oceans- Cambridge University Press., pp. 289-308. Phleger F. B., 1960 - Ecology and Distribution of Recent Foraminifera. The Johns Hopkins Press, Baltimora. Placella B., 1978 - Nuove osservazioni sulla Corallofauna delle argille Pleistoce¬ niche di Archi (RC). Boll. Soc. Nat., Napoli, in stampa. La sezione pleistocenica di Archi (RC) 81 Ruddiman W. F., 1971 - Pleistocene Sedimentation in thè Equatorial Atlantic: Statigraphy and Fauna! Paleoclimatology. Geologica! Soc. America Bu!!., 82, pp. 283-302. Ruggieri G., Sprovieri R., 1975 - La definizione dello stratotipo del Piano Sici¬ liano e le sue conseguenze. Riv. Min. Sic., 151-153, 6 pp. Seguenza G., 1879 - Le formazioni Terziarie nella provincia di Reggio (Calabria). Meni. R. Acc. Lincei, Roma, 6, pp. 1-446. Sprovieri R., 1978 - / foraminiferi benthonici della sezione Plio-Pleistocenica di Capo Rossello (Agrigento-Sicilia) . Boll. Soc. Pai. Ita!., 17, n. 1, pp. 68-97. Stradner H., 1973 - Catalogne of calcareous nannoplankton from sediments of Neogene age in thè Eastern North Atlantic and Mediterranean Sea. Initia! re- ports of thè Deep Sea Drihing Project, 13, part. 2, pp. 1137-1199, Washington. Todd R., 1958 - Foraminifera from Western Mediterranean Deep-Sea Cores. Rep. Swedish Deep-Sea Exped., 8, n. 3, pp, 169-215. Wright R., 1978 - Neogene Paleobathymetry of thè Mediterranean based on Ben- thic Foraminifers from DSDP. Leg. 42 A. Init. Rep. Deep-Sea Drihing Pro¬ ject, 42, Part 1, Washington, pp. 837-846. La presente nota è stata accettata il 3-4-1979. Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Fig. 5. Fig. 6. Fig. 7. TAVOLA I — Cyclococcolithina leptopora (Murray e Blackman) - x 8000 camp. 1 — Oolithotus fragilis cavum (Lohmann) - x 8000 camp. 1. — Thoracosphaera sp. {sensu Stradner ,1973) - x 3200 camp. 1. — Umbilicosphaera sibogae (Weber-van Bosse) - x 8000 camp. 7. — Associazione microfloristica — zona a piccole Gephyrocapsa - x 8000 camp. 7. — Syracosphaera pulchra Lohmann - x 4400 camp. 5. — Discolithina macropora Deelandre - x 12000 camp. 5. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1979 Guadagno F, M., Taddei Ruggiero E., De Blasio I., Placella B., Sgarrella F., - La se¬ zione pleistocenica di Archi (RC) Tav. I Fig. 1. Fig. 2. Fig. 3. Fig. 4. Fig. 5. Fig. 6. Fig. 7. TAVOLA II — Ponthosphaera japonica (Takayama) - veduta prossimale x 7000 camp. 1. — Pofìthosphaera japonica (Takayama) - veduta distale x 4400 camp. 7. — Gephyrocapsa oceanica Kamptner - coccosphaera x 8000 camp. 6. — Gephyrocapsa oceanica Kamptner - x 8000 camp. 7. — Gephyrocapsa protohuxleyi McIntyre - coccosphaera x 8000 camp. 6. — Gephyrocapsa protohuxleyi McIntyre - x 9600 camp. 6. — Pseudoemiliana lacunosa (Kamptner) - x 8000 camp. 1. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 1979 Guadagno F. M., Taddei Ruggiero E., De Blasio L, Placella B., Sgarrella F., - La se¬ zione pleistocenica di Archi {RC) Tav. II I I i Boll. Soc. Natiir. Napoli voi. 88, 1979, pp. 87-99, fìgg- 2, tabb. 2 Il miocene superiore dei dintorni di Salerno (*) Nota di Giuliano Ciampo("*) e dei soci Maria Grazia De Castro Coppa (**) e Italo Sgrosso (***) (Tornata del 23 febbraio 1979) Riassunto. — È stato studiato raffioramento neogenico costituito da argille, argille siltose e arenarie costituente il fronte della « Cava di argilla » presso le Ceramiche d’Agostino (Salerno), nonché le sabbie ad esso sovrastanti. Me¬ diante i foraminiferi planctonici è stato possibile riconoscere il limite biostra- tigrafico Tortoniano-Messiniano, come proposto da D'Onofrio et alii (1975). La successione è divisibile in due intervalli stratigrafici: la Subzona a Globorotalia suterae attribuita dai suddetti AA. al Tortoniano superiore, seguita dalla Subzona a Globorotalia mediterranea del Messiniano inferiore. Vengono anche studiati i nannofossili calcarei e in via del tutto subordinata i foraminiferi bentonici e i rari ostracodi. Vengono inoltre prospettate consi¬ derazioni geologiche sui sedimenti del Miocene superiore del Salernitano. Abstract. — In thè present work thè results of micropaleontological re- search carried out on planktonic and benthonic Foraminifera, Coccolitophorida and rare Ostracoda from clayey levels outcropping at « Cava di Argilla » (Tav, 185, II SW - Salerno) are discussed. The study of thè microfaunistic and microfloristic assemblages allows to identify thè Tortonian-Messinian biostratigraphic boundary (sensu D’Onofrio et alii, 1975). In fact thè presence of Globorotalia acostaensis Blow, GL hume- rosa Takayanagi e Saito. Gl. merotumida Blow e Banner, Gl. praemargaritae Catalano e Sprovieri, Gl. suterae Catalano e Sprovieri, Globigerinoides extremus Bolli e Bermudez, allows to ascribe thè lower clayey levels to Globorotalia suterae Subzone (Upper Tortonian). The subsequent Globorotalia mediterranea Subzone, by thè occurrence of Globorotalia conomiozea Kennett, Gl. mediter¬ ranea Catalano e Sprovieri, Gl. miozca miozea Finlay, was also identified. (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. Gruppo di coordinamento del Paleopelagos. (**) Istituto di Paleontologia, Università di Napoli. (***) Istituto di Geologia e Geofisica, Università di Napoli. 88 G. Ciampo, M. G. De Castro Coppa e L Sgrosso No evolutive events in thè calcareous nannoplankton in harmony with Tortonian-Messinian biostratigraphical boundary was observed. The occurrence of Amaurolithus delicatus Gartner e Bukry, A. primus (Bukry and Percival), Discoaster herggreni Bukry, D. qiiinqiieramiis Gartner, etc. ascribed thè assemblage to thè NN 11 Zone of Martini 's standard zonation and to thè Ceratholithus primus Zone of R.oth (1973). PREMESSA I sedimenti terrigeni neogenici, oggetto di questa nota, sono essen¬ zialmente costituiti da argille, argille siltose e arenarie ed affiorano este¬ samente in una fascia compresa tra Pabitato di Salerno e la valle del Fig. L — Veduta generale della cava d'Agostino a Fratte nei dintorni di Sa¬ lerno. Nella porzione bassa della cava affiorano le argille che passano gradualmente ad arenarie le quali a loro volta sono tagliate in di¬ scordanza dai conglomerati poligenici continentali. Il passaggio è visibile in basso a sinistra della foto. Fiume Seie (F. 185 - Salerno; 186 - S. Angelo dei Lombardi; 197 - Amalfi; 198 - Eboli). Questa fascia, che borda verso Sud i massicci carbonatici, è discontinua a causa della copertura quaternaria e degli estesi affiora- Il miocene superiore dei dintorni di Salerno 89 menti di « Argille Varicolori ». I sedimenti terrigeni che affiorano nei dintorni di Salerno vennero nel passato genericamente attribuiti al Pliocene, anche perché costituiti da una successione di argille che pas¬ sano superiormente a sabbie (Piacenziano ed Astiano). Successivamente Fig. 2. — Particolare della cava di Fig. 1: il passaggio dalle argille alle are¬ narie. Le arenarie spiccano per la stratificazione più evidente. sono stati studiati da uno degli scriventi (Coppa, 1967, 1970) ai cui lavori si rimanda per le precedenti conoscenze, per la descrizione delle succes¬ sioni e per un elenco più dettagliato dei foraminiferi. In base a tali studi, i sedimenti in oggetto furono datati come tor- toniani {sensii Gianotti, 1953) per la presenza di associazioni caratteri- 90 G. Ciampo, M. G, De Castro Coppa e I. Sgrosso stiche a fo raminiferi bentonici e planctonici, come ad esempio Brizalina arta Macfadyen, Bolivina miocenica (Gianotti), Turborotalia mayeri (CusHMAN e Ellisor), T. ps elido pachy derma (Cita, Premoli Silva e Rossi), BurseoUna calabra Seguenza, etc. In seguito CoLALONGO et alii (1973), in un lavoro a carattere regionale, occupandosi della zona di Salerno, hanno segnalato in località Brignano, il Tortoniano ed il Messiniano, identificati dalla presenza rispettivamente di Globorotalia humerosa Takayanagi e Saito, e Globigerinoides obliquus extremiis Bolli e Bermudez, e di Globorotalia tumida plesiotumida Blow e Banner e Globorotalia miocenica mediterranea Catalano e Sprovieri. Allo scopo di effettuare una datazione più particolareggiata, tenendo conto delle attuali più approfondite conoscenze che si hanno sul limite Tortoniano-Messiniano, sono state riesaminate le microfaune a forami- niferi planctonici, nonché il nannoplancton calcareo e, in via del tutto su¬ bordinata, i foraniiniferi bentonici e gli ostracodi (*). Tale studio è stato effettuato in dettaglio nella sezione della « Cava di argilla » presso le Ceramiche D Agostino, ubicata negli immediati din¬ torni di Salerno, e su alcuni campioni sparsi prelevati in zone stratigra- ficamente sovrastanti alla successione affiorante nella cava. È stata scelta tale sezione in quanto presenta affioramenti ordinati, non interrotti da intercalazioni di « Argille Varicolori » e soprattutto per¬ ché in essa è visibile con chiarezza il passaggio graduale tra le argille e le arenarie sovrastanti (figg. 1 e 2). La sezione, come è visibile nella foto 1, è tagliata in forte discordanza erosiva da conglomerati poligenici tardopliocenici o, più probabilmente, pleistocenici di ambiente fluvio-deltizio. A causa della copertura di questi conglomerati non si segue con continuità il passaggio tra le arenarie che affiorano nella porzione sommitale del fronte di cava e la successione arenaceo-sabbiosa che, con spessore notevole anche se non apprezzabile con precisione, costituisce quasi tutta la restante parte del rilievo; però, dato che l'andamento degli strati affioranti nella cava è concordante con quello dei depositi sovrastanti e dato che con le microfaune non si evidenziano sensibili lacune stratigrafiche, è logico pensare che la suc¬ cessione, anche se interrotta in affioramento, sia continua. (') I foraminifcri planctonici e bentonici sono stati studiati da M. G. De Castro-Coppa; i nannofossili e gli ostracodi da G. Ciampo; la parte geologica è stata curata da I. Sgrosso. Il miocene superiore dei dintorni di Salerno 91 Di questi terreni non è conosciuto in affioramento l'appoggio strati¬ grafico; molto probabilmente però essi poggiano discordanti su terreni carbonatici appartenenti a unità tettoniche originariamente riconducibili alla piattaforma interna (piattaforma campano-lucana in Ippolito et alii, 1973) o/e su « Argille Varicolori » alloctone che con colate più o meno estese e potenti sono anche intercalate a varie altezze nei sedimenti stessi. Sempre nei dintorni di Salerno affiorano altri lembi di questa suc¬ cessione del Miocene superiore, anche con sedimenti evaporitici che dovrebbero rappresentare la porzione più alta del Messiniano in questa zona. Noi non ci siamo occupati in dettaglio di questa restante parte della successione, in quanto non abbiamo rinvenuto una sezione con¬ tinua, o ricostruibile con sufficiente attendibilità, tra le argille tortoniane ed i sedimenti evaporitici, che molto spesso sono imballati nelle « Ar¬ gille Varicolori ». DESCRIZIONE DELLA SEZIONE La sezione studiata è ubicata nella « Cava di argilla » presso le Ce¬ ramiche D'Agostino (tavoletta 185 - II SW - Salerno). Il fronte attuale di cava è maggiormente approfondito ed esteso rispetto a quello esi¬ stente quando fu effettuata la campionatura da parte di Coppa; attual¬ mente esso è potente 90 m circa, di cui i primi 60 sono costituiti da argille più o meno siltose grigio-azzurre intercalate da rari livelli are¬ nacei di spessore massimo intorno ai 20 cm, che presentano evidenti strutture torbiditiche (laminazione parallela, obliqua e convoluta). Nella porzione superiore del fronte di cava gli strati arenacei diventano più numerosi e più potenti, quindi diventano nettamente predominanti fino a che le argille scompaiono del tutto. Il passaggio argille-arenarie è evidenziato anche da un cambiamento di colore piuttosto marcato, in¬ fatti il colore predominante, da grigio diventa giallastro; sono ancora riconoscibili, ma non in tutti gli strati, strutture di tipo torbiditico (laminazione convoluta). La successione terrigena miocenica in oggetto costituisce la gran parte del rilievo tra Salerno e Fuorni, però, come già accennato, l'estesa copertura delle brecce pleistoceniche e dei terreni vegetali non permette di seguirla in tutti i suoi particolari, né di precisarne lo spessore. Co¬ munque da alcuni affioramenti sparsi si può notare che nella porzione me¬ diana della successione gli strati arenacei sono meno cementati, pre¬ sentano solo raramente interstrati argillo-siltosi e non mostrano, per 92 G. C lampo, M. G. De Castro Coppa e L Sgrosso quello che si è visto, strutture torbiditiche. Sono invece presenti a questa altezza stratigrafica grossi blocchi di rocce carbonatiche (sino a migliaia di metri cubi di volume) molto tettonizzati e brecce calcaree a scarsa matrice arenacea. La porzione più alta affiorante è abbastanza ben visibile, per esem¬ pio, nei tagli della sede stradale tra S. Bartolomeo e S. Maria ed è rap¬ presentata da arenarie e da vere e proprie sabbie in strati generalmente abbastanza sottili con rare intercalazioni argillo-siltose. Talora in questo materiale sono visibili stratificazioni incrociate e non sono rari livelli di puddinghe poligeniche, che talora riempiono veri e propri canali. Da tutta la successione sono stati prelevati e studiati 11 campioni in serie nella porzione argillosa e argilloso-siltosa affiorante nella cava e numerosi campioni sparsi nelle intercalazioni siltose delle altre porzioni della successione. La maggior parte dei campioni sparsi sono risultati sterili o con faune banali, solo alcuni hanno mostrato una microfauna significativa, sempre se non rimaneggiata. FORAMINIFERI I foraminiferi riscontrati sono nella maggior parte planctonici; ad essi si accompagna una fauna bentonica a volte scarsa, non ben conser¬ vata, ma abbastanza significativa. Lo studio delle associazioni planctoniche ha permesso di riconoscere il limite Tortoniano-Messiniano nella cava a circa quaranta metri dalla base attualmente affiorante, cioè circa venti metri al di sotto del pas¬ saggio argille-arenarie. II ritrovamento inoltre di alcune specie particolarmente indicative (vedi Tab. 1) permette di dividere la successione studiata in due intervalli biostratigrafici: il primo, che comprende i campioni più bassi, rientra nella Zona a Globorotalia acostaensis acostaensis e in particolare nella sua Subzona superiore a Globorotalia suterae di D’Onofrio et alii (1975). Il secondo, costituito dai successivi campioni, rientra nella Zona a Globorotalia conomiozea, più precisamente nella Subzona inferiore a Globorotalia mediterranea, sempre dei predetti AA., per la presenza dei rispettivi markers zonali. L'età messiniana è estendibile anche alla restante parte della succes¬ sione per il ritrovamento nelle intercalazioni argillo-siltose superiori di Globorotalia mediterranea Catalano e Sprovieri e di GL plesiotiimida Blow e Banner. Il miocene superiore dei dintorni di Salerno 93 Zona a globorotalia acostaensis acostaensis Subzona a Globorotalia suterae. L’associazione planctonica presente è costituita prevalentemente da Globorotalia acostaensis Blow, GL humerosa Takayanagi e Saito, GL merotumida Blow e Banner, Gl. gr. miozea Finlay, GL praemargaritae Catalano e Sprovieri, GL suterae Catalano e Sprovieri, Globigerina ne- penthes Todd, GL quinqueloba Natland, Globigerinoides extremus Bolli e Bermudez, Orbulina universa, D'Orbigny, Globigerinita glutinata (Eg- ger), etc. Queste specie permettono d’inquadrare tale intervallo nella Subzona a Globorotalia suterae del Tortoniano superiore. Questa datazione trova conferma anche nel benthos; esso infatti, an¬ che se scarso e in stato di conservazione talora non buono, permette di riconoscere, fra le altre, Spiroplectammina carinata (D’Orbigny), Gy- clammina spp., Bolivina miocenica (Gianotti), Rectoiivigerina tenuistriata gaudrynoides Lipparini, Siphonina planoconvexa (Silvestri), etc,, specie considerate, in letteratura, tipiche del Aiiocene medio-superiore. Zona a globorotalia conomiozea Subzona a Globorotalia mediterranea Questo intervallo viene attribuito al Messiniano e in particolare alla sua parte basale in accordo con D'Onofrio et alii (1975). Il ritrova¬ mento di Globorotalia conomiozea e di numerose GL mediterranea, unita¬ mente all’assenza di Globigerina multiloba permettono infatti d’inquadrarlo nella Zona a Globorotalia conomiozea, Subzona a GL mediterranea. La fauna planctonica è ben rappresentata da numerose specie, con individui in buono stato di conservazione, fra cui: Globorotalia acostaen¬ sis Blow, GL conomiozea Kennett, GL mediterranea Catalano e Spro- vieri, GL gr. miozea Finlay, Globigerina nepenthes Todd, GL quinqueloba Natland, Orbulina suturalis Bronnimann, etc. Il benthos non è molto abbondante e mantiene le stesse caratte¬ ristiche del precedente intervallo. Tra le specie presenti, si segnalano Frondicularia sp., Bolivina miocenica (Gianotti), Brizalina dilatata (Russ), etc. (Q. (9 Per l’elenco completo delie associazioni bentoniche si rimanda a Coppa (1967). 94 G. Ciampo, M. G. De Castro Coppa e I. Sgrosso NANNOPLANCTON CALCAREO E OSTRACOFAUNA I nannofossili sono presenti in tutti i campioni con relativa abbon¬ danza; lo stato di conservazione non è in genere buono, soprattutto a causa della ricristallizzazione, che ha consigliato lo studio al microscopio ottico, ottenendosi col microscopio elettronico risultati molto mediocri. Le specie rinvenute, unitamente alla loro distribuzione nei vari cam¬ pioni, sono elencate in ordine alfabetico, in Tab. 2. Come si può osservare dalla tabella, le nannoflore non permettono di porre un limite biostratigrafico in corrispondenza di quello evidenziato per mezzo dei foraminiferi planctonici. Questa impossibilità era già nota in letteratura e in particolare è stata riaffermata recentemente attraverso lo studio di vari affioramenti italiani del Miocene superiore (Rio et alii, 1978). Nello stesso lavoro però, si evidenzia il valore stratigrafìco del ge¬ nere Amaurolithus Gartner e Bukry, la cui comparsa avviene per detti AA., molto vicino al Globorotalia conomiozea datum. Nella sezione da noi studiata, Amaurolithus primus (Bukry e Percival) è presente fin dalla base, circa 40 metri al di sotto del primo ritrovamento di GL co¬ nomiozea; tuttavia in una zona limitrofa, e in argille tortoniane diretta- mente poggianti sulle « Argille Varicolori » e assegnabili per la presenza di Discoaster quinqueramus Gartner alla zona NN. 11, il genere Amau¬ rolithus è assente. Quindi la sua apparizione, ricostruendo la situazione locale, dovrebbe essere abbastanza vicina al Gl. conomiozea datum. Per il diminuire della batimetria, verso l’alto si ha la scomparsa della maggior parte dei Discoaster; relativamente più numerosi diventano Braarudosphaera bigelowi (Gran e Braarud), Scyphosphaera spp., prima assai rari e l’associazione rimane quasi esclusivamente composta d a Coc- colithus pelagicus (Wallich), Reticulofenestra pseudoumb elica (Gartner), Pontosphaera spp., Cyclococcolithus leptoporus Murray e Blakman, in or¬ dine di frequenza decrescenti. È da notare nella parte più alta della successione campionata nella cava la presenza di Discoaster tamalis Kamptner, specie segnalata finora a partire solo dal Pliocene. Gli ostracodi sono rarissimi e generalmente in pessimo stato di con¬ servazione, per schiacciamento e/o dissoluzione. Nella parte inferiore del¬ l’affioramento si sono potuti riconoscere Parakrite dactylomorpha Rug¬ gieri, Argilloecia cf. A. acuminata G. W. Muller, a testimonianza di un ambiente francamente marino e di una certa profondità. Il miocene superiore dei dintorni di Salerno 95 Nella parte più alta, non nella cava, ma ad un livello aU'incirca stra- tigraficamente corrispondente, rari individui di Cytkeridea cf, C, neapo- Utana Kollmann e Amila sp. testimoniano il rapido evolversi deH'am- biente verso le condizioni tipiche del Messiniano, CONCLUSIONI Nella successione argilloso-arenacea della « Cava di Argilla » è stato riconosciuto il limite biostratigrafico Tortoniano-Messiniano, sensu D'Ono- FSio et aia (1975). I foraminiferi planctonici hanno permesso infatti di ri¬ ferire Laffioramento a due Subzone, inferiormente quella a Globorotalia suterae del Tortoniano superiore, superiormente quella a Globorotalia mediterranea del Messiniano inferiore. L'età tortoniano-messiniana è anche confortata dai foraminiferi ben- tonici, mentre viene riconfermata tra i coccoliti la mancanza di specie utili al riconoscimento di tale limite, anche se il genere Anmurolithus compare relativamente vicino ad esso. Nelle sabbie sovrastanti, che sem¬ brano in successsione continua sulle argille e le arenarie della cava, sono state rinvenute microfaune ancora di età messiniana per la presenza di Globorotalia mediterranea Catalano e Sprovieri e Gl. plesiotumida Blow e Banner. Inoltre lo studio di questa sezione, per quanto arealmente limitata, insieme a conoscenze di carattere generale riguardanti zone più vaste, permette di effettuare le seguenti considerazioni di carattere geologico: 1) Sia per le variazioni deducibili dallo studio delle microfacies, sia per le caratteristiche sedimentologiche, l'intera successione presa in esame se, come sembra, è da ritenersi continua, rappresenta un ciclo sedimentario regressivo. 2) Pur non essendo visibile in affioramento il substrato su cui pog¬ giano i sedimenti in esame né la porzione basale di essi, è possibile, se non addirittura probabile, che Fappoggio tra le « Argille di Salerno » e la successione carbonatica sia strati grafico di tipo « pseudotrasgressivo » (nel senso di Pescatore et alii, 1969). 3) L'ultima fase tettogenetica responsabile del trasporto della piat¬ taforma carbonatica interna, che rappresenta la più alta delle falde ap¬ penniniche affioranti nella zona (Scandone e Sgrosso 1974), è attribuibile al Tortoniano superiore o ad una età immediatamente precedente ad esso. 4) La successione arenaceo-sabbiosa, a quanto sembra, non è plio¬ cenica, ma ancora di età messiniana; è pertanto da dedurre che dal Miocene superiore in poi, la zona presa in esame, e probabilmente gran 96 G. Ciampo, M. G, De Castro Coppa e L Sgrosso parte della fascia montuosa e collinare prospiciente la costa tirrenica a sud del M. Massico e fino alla stretta di Catanzaro, sia stata sempre in affioramento a prescindere da locali trasgressioni pleistoceniche. Questo dato può essere interessante per l'inquadramento neotettonico di questa porzione della catena appenninica e, insieme ad altri dati, dimostrerebbe il progressivo spostamento dello spartiacque appenninico verso l'Adria¬ tico. 5) La presenza dei livelli di Argille Varicolori alloctone intercalate a varie altezze nelle « Argille di Salerno » e la presenza dei blocchi calcarei e delle brecce nelle arenarie e sabbie sovrastanti potrebbero far pensare che nel Tortoniano superiore e almeno in parte del Messiniano perdurassero in questa zona condizioni generali di compressione; tuttavia l'intercalazione di questi materiali (in particolare dei blocchi calcarei) potrebbe essere stata causata dai primi movimenti di surrezione, che, almeno nel Messiniano, sono già stati evidenziati anche in zone abba¬ stanza prossime a quella in esame (De Castro-Coppa et ahi 1969; Perrone et ahi 1973). OPERE CITATE Catalano R. e Sprovieri R., 1971 - Biostratigrafia di alcune serie saheliane {Messiniano inferiore) in Sicilia. Proc. II Plankt. Conf., 1, pp. 211-249, 18 fìgg., 6 tabb., 5 tavv., Roma. CoLALONGO M. L., Pasini G. e Carobene L., 1973 - Su alcune sezioni neogeniche presso la costa tirrenica tra Salerno e Livorno. Giorn. GeoL, Bologna, ser. 2, 39, fase. 1, pp. 101-113, 3 figg., Bologna. Coppa M. G., 1967 - La microfauna delle argille mioceniche dei dintorni di Sa¬ lerno. Boll. Soc. Nat., Napoli, 78 (1967), part. 1, pp. 1-73, 3 figg., 3 tabb., 3 tavv., Napoli. De Castro-Coppa M. G., 1970 - Una precisazione sulla microfauna delle argille mioceniche dei dintorni di Salerno. Boll. Soc. Nat., Napoli, 78 (1969), pp. 399-400, Napoli. De Castro-Coppa M. G., Moncharmont-Zei M., Pescatore T., Sgrosso I. e Torre M., 1969 - Depositi miocenici e pliocenici ad est del Partenio e del Laburno (Campania). Atti Acc. Gicenia in Catania, serie VII, 1, pp. 479-512, 2 figg., 7 tavv., Catania. D’Onofrio S., Giannelli L., Iaccarino S., Morlotti E., Romeo M., Salvatorini G., Saaipò M. e Sprovieri R., 1975 - Planktonic foraminifera of thè Upper Miocene from some italian sections and thè problem of thè lower boundary of thè Messinian. Boll. Soc. Pai. it., 14, n. 2, pp. 177-196, 4 figg., 5 tavv., Modena. Gianotti A., 1953 - Microfaune della serie tortoniana del Rio Mazzapiedi-Ca- stellania (Tortona-Alessandria) . Riv. It. Pai. Stratig., mem. 6, pp. 167-308, 10 figg., 6 tabb., 10 tavv., Milano. Il miocene superiore dei dintorni di Salerno 97 Ippolito F., D'Argenio B., Pescatore T. e Scandone P., 1973 - Unità stratigrafico- strutturali e schema tettonico dell’ Appennino meridionale. Ist. Geol. Geof., pubbL n. 15, n. ser., pp, 5-33, 1 fig., 2 tavv., Napoli. Martini E., 1970 - Standard tertiary and quaternary calcareous mannoplankton zonation. Proc, II Plankt. Coni., 2, pp. 739-785, 6 tabb,, 4 tavv., Roma. Perrone V., Torre M. e Zuppetta A., 1973 - Il Miocene della Catena Costiera Calabra. Primo contributo: zona Diamante-Bonifati-S. Agata d’Esaro (Co¬ senza). Riv. It. Pai. Strat., 79, n. 2, pp. 157-205, 23 figg., 2 tabb., Milano. Pescatore T., Sgrosso I. e Torre M., 1969 - Lineamenti di tettonica e sedimenta¬ zione dell’ Appennino Campano-Lucano. Mem. Soc. Nat, Napoli, suppL, 80 (1971), pp. 337408, 53 figg., Napoli. Rio D., Mazzei R. e Palmieri G., 1978 - The stratìgraphic position of thè Me- diterranean upper Miocene evaporites, basen on nannofossilis. Mem. Soc. Geol. It., 16, pp. 261-276, 6 figg., Roma. Roth P. H., 1973 - Calcareous nannofossils Leg. 11, Deep Sea Drilling Projet. In Winterer E. L., Ewing J. L. et alii (ed.). Init. Rept. D.S.D.P., 17, pp. 695- 795, Washington. Scandone P. e Sgrosso L, 1974 - La successione miocenica dell’alta Vallimala nella finestra tettonica di Campagna. Boll. Soc. Geol. It., 93, fase. 2, pp. 1043- 1047, Roma. La presente nota è stata accettata il 26-6-1919. 7 TABELLA 1 Distribuzione dei foraminiferi planctonici più significativi elencati in ordine sistematico nella sezione della « Cava di argilla ». PIANI TORTONIANO MESSINIANO ZONE Gl. acostaensis Gl. conomiozea SUBZONE Gl. suterae j Gl. mediterranea SPECIE ' - 1 1 1 1 1 1 1 1 : Globorotalia acostaensis Globorotalia conomiozea Globorotalia humerosa Globorotalia mediterranea Globorotalia merotumida - - - - — Globorotalia gr. miozea Globorotalia praemargaritae Globorotalia suterae Globigerina bulloides Globigerina nepenthes Globigerina quinqueloba Glohigerinoides obliqiius Globigerinoides extremus Glohigerinoides ruber - - - — - - — Globigerinoides trilobus - — - Orbulina bilobata Orbulina suturalis Orbulina universa Globigerinita glutinata - — - - TABELLA 2 Elenco in ordine alfabetico dei coccoliti e loro distribuzione nella sezione della « Cava di argilla ». PIANI ZONE TORTONIANO Gl. acostaensis Gl. suterae Amaurolithus delicatus Amaurolithus primus Braarudosphaera bigelowi Coccolithus pelagicus Cruciplacolithus tenuiforatus Cyclococcolithiis leptoporus Cyclococcolithus neogammation Cyclolitella annula Discoaster berggreni Discoaster broweri Discoaster broweri recurvus Discoaster calcaris Discoaster challengeri Discoaster divaricatus Discoaster icarus Discoaster loeblichii Discoaster obtusus Discoaster pentaradiatus Discoaster perclarus Discoaster quinqueramiis Discoaster aff. stellulus Discoaster surculus Discoaster tamalis Discoaster variabilis Discoaster variabilis pansus Discolithina macropora Helicosphaera kamptneri Helicosphaera rhomba Helicosphaera selii Lithostromathion perdurum Pontosphaera japonica Pontosphaera multipora Pontosphaera sp. Reticululofenestra pseudoiimb elica Rhabdosphaera clavigera Rhabdosphaera aff. stylifera Scyphosphaera apsteini Scyphosphaera intermedia Scyphosphaera pulcherrima Sphenolithus gr. abies Sphenolithus moriformis MESSINIANO Gl. conomiozea \ Gl. mediterranea I 1 j i ■'■^ :?"5 -;i> '.fv&j''' ÌSék{Vjr\?Él£^ Boll. Soc. Natiir. Napoli voi. 88, 1979, pp. 101-191, fìgg. 12, tab. 1, tavv. 20 Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhàutl 1863 (alga verde Dasicladacea) delle scogliere triassiche della Lucania (Appennino meridionale) (*) Nota del socio Piero De Castro (Tornata del 30 marzo i979) Riassunto. — Vengono esposte le osservazioni eseguite su una popolazione di alghe verdi Dasicladacee riscontrata in rocce del Triassico medio della Lu¬ cania nelTAppennino meridionale. Le osservazioni riguardano le condizioni di fossilizzazione, l’associazione, i caratteri del manicotto calcareo, la ricostruzione del tallo. Viene fornita, infine, la distribuzione areale della popolazione studiata e la distribuzione stratigrafica e geografica di Teutloporella nodosa (Schafhautl) Pia. La popolazione studiata, infatti, è da attribuire probabilmente a questa specie; essa fu già riferita a Diplopora nodosa Schafhautl da De Lorenzo nel 1897 e questa attribuzione fu ritenuta valida da Pia (1920) che eseguì su Diplo¬ pora nodosa, che attribuì al genere Teutloporella, uno studio molto accurato. La massima parte dei caratteri degli esemplari studiati, e soprattutto quelli più evidenti, sono presenti realmente nella specie di Schafhautl; anche l'am- (*) Lavoro eseguito con il contributo del M.P.L e del C.N.R. Ringrazio il Dott. Costantino Maglione e il Dott. Filippo Barattolo per l’aiuto fornitomi in alcune indagini di campagna e nella misurazione dei caratteri biometrici di Diplopora nodosa; sono anche grato al Dott. Barattolo per l'accu¬ rato disegno di ricostruzione della specie menzionata. Un ringraziamento cor¬ diale rivolgo anche al Prof. Herbert Hagn (Institut fùr Palàontologie und histo- rische Geologie, Mùnchen) e al Prof. Rolf Schroeder (geologisch-palàontologi- sches Institur der Universitàt, Frankfurt am Main) per la cortese sollecitudine con cui hanno facilitato alcune consultazioni bibliografiche. Desidero esprimere la mia gratitudine, in particolare, al Prof. Antonio Pra- TURLON (Istituto di Geologia applicata. Dipartimento di Scienze della Terra, Uni¬ versità di Ancona) per la lettura critica del manoscritto, e al Prof. Paolo Scan- DONE (Istituto di Geologia, Università di Pisa) per le informazioni fornitemi sugli affioramenti delle rocce a Diplopora nodosa della Lucania. 102 P. De Castro biente e l'età degli esemplari lucani sono confrontabili con quelli di Diplopora nodosa. Nonostante i numerosi caratteri in comune la specie studiata differisce da T eutlo por ella nodosa (Schafhautl) Pia per il fatto che i rami tricofori non si impiantano singolarmente sul sifone centrale bensì in ciuffi costituiti, ognuno, soltanto da due rami affiancati lateralmente; i rami presentano, perciò, una distribuzione metaspondila che, per quanto sia quella più semplice possibile, giustifica la permanenza della popolazione lucana nel genere Diplopora Scha¬ fhautl 1863 quale risulta dall'emendamento di Pia (1912). Gli esemplari lucani differiscono dalla descrizione di Teutloporella nodosa fornita da Pia anche per caratteri di dettaglio che interessano l'andamento e la forma dei rami. Per il momento, anche se con riserva, preferisco conservare agli esemplari studiati l'attribuzione a Diplopora nodosa già fatta da De Lorenzo (1897); ciò perché ritengo probabile che i caratteri da me riscontrati nella popolazione lucana possano essere presenti realmente nella specie Diplopora nodosa; inoltre perché, nell'attesa ehe vengano chiarite le perplessità che ho sollevate sulla specie di Schafhautl, mi sembra più opportuno conservare alle alghe studiate il nome con cui esse sono già note nella letteratura italiana e straniera. Summary. — The observations made on a population of Dasycladales from Middle-Triassic earbonate rocks of Southern Apennines are reported in this paper. This speeies is present in several small carbonate outcrops interpreted as pateh reefs and interbedded in a terrigenous marine sequence (De Lorenzo, 1896 a; Scandone, 1972). The conditions of fossilization, microfossil association and textures are briefly described; thè characters of thè caleareous envelope are illustrated pointing out thè variability of thè more signifieant biometrie characters. The above-mentioned variability is documented and analized by means of diagrams (figg. 4-9). Particular attention has paid to thè relations between contiguous segments as well as to thè ornamentation and to its relations with thè distri- bution of branches and mucilage. Lastly, thè areal distribution of thè popu¬ lation studied in thè Southern-Apennines is given, as well as thè stratigraphic and geographic distribution of thè forms attributed in literature to Teutlopo¬ rella nodosa (Schafhautl) Pia. In fact we consider thè studied population pro- bably attributable to this speeies. The above population is characterized by a simple, articulated, caleareous envelope, made up of a long suceession of funnel-shaped segments generally welded together. The lateral surface of thè segment and to a lesser degree its upper surface show a longitudinal ornamentation of ribs and furrows which are more pronounced at thè distai margin. Only primary pores, mainly oblique in respect to thè thallus axis, trichophorous, arranged in regular whorls (branches arranged in verticils). The pores of any whorl are gathered by two metaspondyl distribution of branches) (piate XIV). In each segment thè pores of thè successive whorls tend to converge towards thè distai margin (see figg. 10 a, 11) due to thè graduai upward bending of thè distal-median part of thè branches, or else because thè lower whorls of thè segment have a less pro¬ nounced inclination (piate XVI). The width of thè proximal part of thè pores of a segment, in thè immediate vicinity of thè centrai stem cavity is Constant in all thè whorls. Numerous Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 103 exceptions to thè afore-mentioned behaviours can be observed; however, since they occur in irregular way and lessar amount, they do not seem to express generai tendencies: for instance, thè lowest whorl may present a minor width. It is likely that thè lenght of thè pores varies according to thè whorl po- sition in thè segment. It decreases more or less regularly moving from thè second whorl towards thè lowest one. The highest whorl shows pores of va- riable length compared with those below: generally shorter than those of in¬ termediate whorls; longer, equal to, or shorter than in thè lower whorls. The- refore, thè verticils probably made up series, so thè articulation is a peran- nulation. The values of thè more significant biometrie characters are given in table T The studied algae had already been attributed to Diplopora nodosa Scha- FHAUTL by De Lorenzo in 1897 and this specific attribution was subsequently considered valid by Pia (1920). The greatest part of thè characters of thè studied specimens, particularly thè most evident ones, really do apper in Schafhautl's species; in addition, thè environment as well as thè age of thè Lucania speci¬ mens can be compared with those of Diplopora nodosa from other localities. The specimens used by Schafhautl to institute Diplopora nodosa are no available from almost a century; in addition, thè description and illustrations provided by this Author in 1863 are completely insufficient both for a specific as well as for a generic Identification. For this reason, thè characters taken as valid are those given by Pia (1920) who carried out quite an accurate study on Diplopora nodosa — which he attributed to thè genus Teutloporella — even though thè available material was not very plentiful. For these reasons thè Lucanian population is compared with PiA's instead that Schafhautl's descri¬ ption. Despite thè many characters in common, thè studied specimens differ from Teutloporella nodosa (Shafhautl) Pia because thè trichophorous branches do not establish themselves singularly on thè centrai stem, as happen in thè ge¬ nera Teutloporella Pia and Neoteutloporella Bassoullet et al. (1978). The bran¬ ches form tufts, each one consisting of two branches set side by side; therefore thè branches present a metaspondyl distribution (piate XIV). This distribution justifies thè permanence of thè Lucania population in thè genus Diplopora Schafhautl 1863 as results from Pia’s (1912) amendment. The studied specimens also differ from Pia's description of Teutloporella nodosa in thè details of some characters, mainly regarding thè trends of thè initial part of thè pores. These pores do not show an inflexion corresponding to thè internai surface of thè calcareous envelope, but generally present a Constant bend which can be gradually modified towards thè external lateral surface of thè segment (piate XV and XVI). It is likely that thè morphological particulars characterizing thè Lucania population also appear in Schafhautl's species, but must bave escaped thè Scientists' attention; in fact, they are inconspicuous and can only be examined in thin-sections and in specimens in good conditions of fossilization, However, thè possibility of thè studied population's belonging a species different from Schafhautl's should not be excluded. For thè moment, in spite of some reser- vations, I prefer to keep thè Diplopora nodosa attribution for thè Lucania spe¬ cimens as already done by De Lorenzo (1897) ; this is because I consider it 104 P, De Castro likely that characters found in thè studied population can really be present in thè species Diplopora nodosa (= T eutloporella nodosa). Besides, while wait- ing for thè queries raised on Schafhautl’s species to be clarified, I think it better to cali thè Lucania population by a name by which it is already known in Italian and foreign literature. Termini chiave. Dasycladales, Diplopora nodosa Schafhautl (biometria, mor¬ fologia, ricostruzione, biogeografia). Triassico medio, Italia meridionale. Key words. Dasycladales, Diplopora nodosa Shafhautl (biometry, morpho- logy, reconstruction, biogeography), Middle-Triassic, Southern Italy. 1. Premessa e conclusioni Nel presente lavoro vengono esposte le osservazioni eseguite su una popolazione di alghe verdi Dasicladacee riscontrata in rocce del Triassico medio della Lucania (= Basilicata), nelTAppennino meridionale. La specie è presente in numerosi affioramenti discontinui, di estensione relativa¬ mente modesta, costituiti da rocce carbonatiche, interpretati come sco¬ gliere, inglobati in una potente successione pur essa marina ma terrigena (SCANDONE, 1967, 1972). La popolazione studiata è caratterizzata da un tallo cilindrico prov¬ visto di rami tricolori, disposti in serie di verticilli, generalmente obliqui rispetto all'asse del tallo. I rami di uno stesso verticillo sono raggruppati in ciuffetti (disposizione metaspondila) costituiti, ognuno, da due rami af¬ fiancati lateralmente. Il manicotto calcareo è costituito da una successione di articoli imbutiformi le cui superfici, laterale e superiore, sono ornate da coste e solchi regolarmente alternanti. Le osservazioni eseguite riguardano, anzitutto, le condizioni di fossi¬ lizzazione, l'associazione dei microfossili e, in modo sintetico, i caratteri petrografici della roccia; successivamente viene precisata la nomenclatura adottata e vengono illustrati i caratteri del manicotto calcareo precisando la variabilità dei caratteri biometrici più significativi: alcuni diagrammi cercano di legare tra loro le dette variabilità al fine di metterne in evi- lenza le reciproche relazioni (figg. 4, 7-9). Particolare attenzione è stata posta nell'esame dei rapporti tra articoli contigui, dell'ornamentazione e dei rapporti tra ornamentazione e calcificazione. Viene fornita, infine, la distribuzione areale della popolazione studiata nell'Appennino meridionale e la distribuzione stratigrafica e geografica delle forme attribuite, nella letteratura, a T eutloporella nodosa (Schafhautl) Pia; la popolazione stu¬ diata, infatti, è da attribuire, probabilmente, a questa specie. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 105 Queste alghe della Lucania furono già attribuite a Diplopora nodosa ScHAFHAUTL da De Lorenzo nel 1897; Fattribuzione specifica fu ritenuta valida, successivamente, da Pia (1920). La massima parte dei caratteri degli esemplari studiati, in particolare i caratteri più evidenti, sono pre¬ senti realmente nelle specie di Schafhautl; inoltre anche Fambiente e Fetà degli esemplari lucani sono confrontabili con quelli di Diplopora nodosa. Gli esemplari utilizzati da Schafhautl per l'istituzione di Diplopora nodosa non esistono più da quasi un secolo; inoltre, la descrizione e le illustrazioni fornite da questo Autore, nel 1863, sono del tutto insufficienti tanto per un riconoscimento di rango specifico quanto per un riconosci¬ mento di rango generico. A causa di ciò vengono considerati validi i ca¬ ratteri messi in evidenza da Pia (1920) il quale eseguì su Diplopora nodosa, che attribuì al genere Teutlo por ella, uno studio abbastanza accurato an¬ che se il materiale a disposizione fosse poco abbondante. Per questi mo¬ tivi i confronti della popolazione lucana sono riferiti alle descrizioni di Pia. Nonostante i numerosi caratteri in comune, gli esemplari studiati differiscono da Teutloporella nodosa (Schafhautl) Pia per il fatto che i rami tricofori non si impiantano singolarmente sul sifone centrale, come si verifica nei generi Teutloporella Pia e Neoteutlo por ella Bassoullet et al 1978, bensì in ciuffetti costituiti, ognuno, soltanto da due rami affian¬ cati lateralmente; i rami presentano, perciò, una distribuzione metaspon- dila che, per quanto sia quella più semplice possibile, giustifica la perma¬ nenza della popolazione della Lucania nel genere Diplopora Schafhautl 1863 quale risulta dall'emendamento di Pia 1912. Gli esemplari studiati differiscono dalla descrizione di Teutloporella nodosa fornita da Pia an¬ che per caratteri di dettaglio che riguardano soprattutyo l'andamento della porzione iniziale dei rami; questi non presentano un flesso in corri¬ spondenza della superficie interna del manicotto ma hanno, di norma, una inclinazione costante che possono modificare gradualmente verso la su¬ perficie laterale esterna dell'articolo. È probabile che i particolari morfologici che caratterizzano la popo¬ lazione lucana siano presenti anche nella specie di Schafhautl ma che siano sfuggiti all'attenzione degli studiosi; essi, infatti, sono di notevole dettaglio e si possono osservare soltanto in sezione sottile e in esemplari in buone condizioni di fossilizzazione. Peraltro, non è da escludere nem¬ meno che la popolazione studiata possa appartenere, effettivamente, ad una specie differente da quella di Schafhautl. 106 P. De Castro Per il momento, anche se con riserva, preferisco conservare agli esemplari lucani l’attribuzione a Diplopora nodosa già fatta da De Lo¬ renzo (1897); ciò perché ritengo probabile che i caratteri riscontrati nella popolazione studiata possano essere realmente presenti nella specie Di¬ plopora nodosa {= Teutloporella nodosa); inoltre, perché, nell'attesa che vengano chiarite le perplessità che ho sollevate sulla specie di Schafhautl, mi sembra più opportuno conservare alla popolazione lucana un nome con cui essa è già nota nella letteratura italiana e straniera. 2. Cenni geologici e paleontologici sulle rocce a Diplopora nodosa della Lucania ‘ Le rocce della Lucania in cui è possibile riscontrare Diplopora nodosa Schafhautl vengono indicate nella letteratura geologica come Scogliere a Diplopore; questo termine riflette l’interpretazione formulata da De Lo¬ renzo nel 1892 e l’abbondanza con cui possono esservi presenti le Dasicla- dacee {Diplopora nodosa, Diplopora beneckei, Diplopora porosa, Diplo¬ pora gurmarae^). I lavori successivi più impegnati di geologia lucana (De Lorenzo, 1896; Scandone, 1967) non hanno smentito questa interpre¬ tazione. Queste rocce sono costituite prevalentemente da calcari e calcari do¬ lomitici grigio chiari, non stratificati, in ammassi di dimensioni variabili e relativamente modeste: il loro contorno, in pianta, è subcircolare o el¬ littico; l’estensione varia da poche centinaia di metri quadrati fino a qualche chilometro quadrato; lo spessore non supera 150 metri; l’età è stata attribuita al Ladinico (De Lorenzo, 1896; Mojsisovics, 1896; De Capoa, 1970). Esse sono circondate da una successione di origine marina ma ter¬ rigena (membro terrigeno della Formazione di Monte Facito, in Scandone, 1967) dello spessore di circa 200 metri, costituita prevalentemente da ar¬ gille, marne, arenarie, siltiti, calciruditi e conglomerati, riferibili, almeno per la massima parte, al Ladinico e, soprattutto, al Gamico. * Allo scopo di non gravare sulla Bibliografia con pubblicazioni meno perti- neti, vengono indicati, in questo paragrafo, per lo più i lavori a carattere di sintesi; si rimanda a essi per notizie più ampie e riferimenti bibliografici più dettagliati. ^ Pia (1920) considera Diplopora beneckei Salomon sinonimo di Macropo- rella beneckei; inoltre, Diplopora gurmarae De Lorenzo e Diplopora porosa Schafhautl sinonimi di Diplopora annulata Schafhautl. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 107 SCANDONE (1967) ha prospettato Feteropia tra le Scogliere a Diplopore e la successione terrigena che ho menzionato prima; conformemente a questa ipotesi, esse vengono considerate come il membro organogeno della Formazione di Monte Facito. De Lorenzo (1896, a) aveva prospettato, invece, Feteropia tra le dette scogliere e le formazioni triassiche dei « Calcari con selce » e degli « Scisti silicei » affioranti nella regione. Secondo Scandone, il membro terrigeno della Formazione di Monte Facito e queste ultime due sono tutte in suc¬ cessione stratigrafìca. La Formazione di Monte Facito non era stata indi¬ viduata da De Lorenzo forse a causa delle affinità litologiche che spesso presenta con quella degli scisti silicei. Una breve e chiara sintesi sul progredire delle conoscenze sui terreni triassici della Lucania cui si è fatto riferimento fin'ora, sulle ipotesi tra i loro rapporti e sulla loro età, è fornita da De Capoa (1970) nella sua monografia sulle Daonelle e le Halobie della regione. Esistono in Lucania altri lembi di rocce carbonatiche che per i ca¬ ratteri litologici e per i rapporti con le rocce circostanti sono simili alle Scogliere a Diplopore ma non vi sono stati riscontrati fin'ora fossili ca¬ ratteristici di età triassica. Non è da escludere che alcune di queste masse calcaree-dolomitiche possano avere un'età differente dal Triassico medio. La presenza del Permiano vi è dibattuta da diversi anni (Azza- ROLi, 1962; Luperto, 1965; Scandone, 1964, 1967 p. 28). I taxa di rango specifico, determinati senza approssimazioni (aff., cf.), riscontrati nelle Scogliere a Diplopore triassiche da De Lorenzo (1896, b) sono indicati in seguito. Vi ho aggiunto, per completare l'elenco dei ma¬ crofossili fin'ora noti, Daonella tommasii Philipp, determinata da De Ca¬ poa (1970). Diplopora nodosa Schafhautl Diplopora porosa Schafhautl Diplopora beneckei Salomon Diplopora gurmarae De Lorenzo Terebratula sturi Laube Spiriferina (Mentzelia) ampia Bitt- NER Spirigera {Dipolo spir ella) wissman- ni (Mùnster) Koninckina delorenzoi Bittner Collonia cincta (Mùnster) Neritopsis distincta Kittl Naticella acutecostata Klipstein Naticopsis (Hologyra) declivis Kittl Naticopsis pseudoangusta Kittl Naticopsis sublimeiformis Kittl Loxonema kokeni Kittl Eustyliis loxonemoides Kittl Euchrysalis tenuicarenata Kittl Spirocyclina eucycla Laube Avicula caudata Stoppani Posidonomya gemmellaroi De Lo¬ renzo Posidonomya bittneri De Lorenzo 108 P. De Castro Daonella lenticularis Gemmellaro Daonella bassanii De Lorenzo Daonella tommasii Philipp Aviciilopecten wissmanni (Mùnster) Pecten (Leptochondria) tirolicus Bittner Pecten discites Shlotheim Pecten tenuicostalus Hornes Pecten stenodichtyus Salomon Pecten subalternans D’Orbigny Pecten tubulifer Munster Lima alternans Bittner Lima angulata Mùnster Lima victoriae De Lorenzo Mysidioptera ornata Salomon Mysidioptera camalli (Stoppani) Terquiemia (Placunopsis ?) dentico- stata (Laube) Nautilus meridionalis De Lorenzo Pleuronautilus cornaliae (Stoppani) Dinarites misanii Mojsisovics Arpadites cinensis Mojsisovics Arpadites mojsisovicsi De Lorenzo Protrachyceras pseudo - archelaus (Boeckh) Proarcestes subtridentinus Mojsl sovics 3. Paleontologia DIPLOPORA NODOSA SCHAFHÀUTL 1863 Sinonimie di Teutloporella nodosa (Schafhautl) Pia: 1863 Diplopora nodosa. Schafhautl: Sud-Bayerns Lethaea geogn.; p. 328, tav. LXV e, figg. 19-20. 1872 Gyroporella infundibuliformis. Gùmbel: Abh. bayer. Ak. Wiss.; voi. XI, p. 276, tav. D III, figg. 8^ ^ 1895 Diplopora nodosa. Salomon: Palaentographyca; voi. 42, pp. 125-126, tav. I, figg. 6-8, 10-12. 1895 Diplopora nodosa var. elliptica. Saloaton: Palaeontographyca; voi. 42, p. 127, tav. I, fig. 9. 1897 Diplopora nodosa. De Lorenzo: Paleont. ital. ; voi. 2, p. 117. 1920 Teutloporella nodosa. Pia: Abh. zool.-bot. Gesel. Wien; voi. 11, pp. 43-45, tav. II, figg. 11-13. 1965 Teutloporella nodosa. Herak: Geol. Vjesnik; voi. 18, pp. 8-10, tav. II fig. 1, tav. Ili figg. 1-4, tav. IV figg. 1-4. 1967 Teutloporella nodosa. De Castro (in Scandone): Boll. Soc. Natur.; voi, 76, tav. IL 1967 Teutloporella nodosa. Pantic: Vesnik; voi. 24/25, p. 250, tav. V, figg. 1-3. Per la sinonimia dei taxa indicati come Diplopora nodosa da Scha¬ fhautl, come Gyroporella infundibuliformis da Gùmbel e come Diplo- Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc, 109 para nodosa da Salomon, mi sono affidato alle osservazioni di Salomon (1895, p. 125). Questo Autore, infatti, ebbe a disposizione oltre a abbon¬ dante materiale che raccolse alla Marmolada, anche gli esemplari origi¬ nali di Gùmbel e di Schafhautl; egli fornì una descrizione della specie che, pur se incompleta, è notevolmente più esauriente di quella degli altri due Autori \ ^ Gumbel (1872, p. 277) non aveva escluso la possibilità che la sua Gyropo- rella infundibuliformis potesse essere un sinonimo di Diplopora nodosa Scha¬ fhautl; tuttavia, forse a causa della diagnosi molto lacunosa di quest’ultima, aveva preferito farne una specie distinta (Vermuthlich gehdrt hierher Diplopora nodosa Schafhautl, doch ist diess nicht sicher festzustellen). Salomon (1895, p. 125) riferisce, a sua volta, che: La descrizione e le illu¬ strazioni di Schafhautl di questa specie caratteristica sono così mal fatte che io stesso posso rendermi conto della identità della nodosa Schafh. e della in¬ fundibuliformis Gumbfl solo in base ai campioni originali che sto esaminando. (Schafhautl’s Beschreibung und Abbildungen dieser charakteristischen Species sind so schlecht, dass auch ich nur auf Grand der mir vorliegenden Originai- stiìcke den Nachweis von der Identitdt der « nodosa Schafh. » und « infundi¬ buliformis Gumbfl» fùhren kann). La descrizione fornita da Schafhautl, che riteneva che questa specie fosse da riferire ai Briozoi, è la seguente: « Di questa strana forma osservo anche il secondo cilindro interno (forse Schafhautl si riferisce alla superfìcie interna del manicotto calcareo) composto da verticilli che si incuneano l’uno nell’altro come imbuti. Purtroppo, tutto l’esemplare è così incrostato di calcare che non è possibile un esame più approfondito della struttura interna della nostra specie. Tuttavia abbiamo altri esemplari in cui le cellule (cioè i pori) sono con¬ servate perfettamente ;esse si dirigono verso l’alto formando un angolo acuto rispetto all’asse; successivamente si piegano ancora un po’ di più verso l’alto come una sciabola {fig. a del testo). A causa di questo andamento, anche in una sezione obliqua del cilindro (cioè del manicotto calcareo) le cellule (cioè i pori) risultano tagliate trasversalmente e si presentano come vani circolari e non come tubuli (fig. b del testo). Si rinviene nei calcari dello Zugspitze. (Wir sehen hier in dieser merkwùrdigen Gestalt auch den innern, zweiten Cylinder und zwar wieder aus Quirlen zusammengesetzt, die wie Trichter in einander stecken. Leider ist die ganze Gestalt so von Kalk durchzogen, dass eine n'dhere Unter- suchung des inneren Baues unserer Species nicht moglich ist, dagegen haben wir andere Exemplare, wo die Zellen noch vollkommen gut erhalten sind. Sie steigen unter einem spitzigen Winkel and der Achse empor und biegen sich dann sdbelfdrmig etwas nach oben, litt. a.Die Zellen sind desshalb auch beim òchiefen Durchschnitt eines solchen Cylinders immer in ihrem Querschnitt, d. h. nicht als Rohren, sondern als kreisfòrmige Oeffnungen sichtbar, litt. b. Im Zugspitzkalké) ». La descrizione di Gumbfl è la seguente : « È una forma conosciuta fin’ ora solo in sezione. Le sezioni verticali (tav. D III, fig. 8^’) mostrano un sistema co- 110 P. De Castro Ho avuto anche qualche perplessità sulla sinonimia tra le Diplopora nodosa osservate da Salomon e gli indiviui che Pia (1920) attribuì alla stessa specie col nome di Teutloporella nodosa. In questo caso ho fatto affidamento sul fatto che gli esemplari studiati da Pia provenivano an- ch’essi dalla Marmolada e sull’autorevole parere di questo Autore che li attribuì alla medesima specie nonostante che: « ... la descrizione di Sa¬ lomon è meno buona del solito. Egli, infatti, non ha visto i pori degli ar¬ ticoli e, inoltre, la sua rappresentazione dei caratteri interni non corri¬ sponde a ciò che si può osservare nettamente sulle mie sezioni sottili. (Vbrigens ist Salomons Beschreibimg in den vorliegenden Falle weniger gut als sonst meistens. Her hat die Poren in den Gliedern nicht gesehen und auch die Darstellung der àusseren Umrisse stimmi nicht rechi mit dem, was sich aus meinen Schliffen deutlich ergibt) ». Provenienza del materiale studiato. Nelle Scogliere a Diplopore, cui si è accennato nel paragrafo precedente, Diplopora nodosa non presenta una distribuzione uniforme; in parecchie sembra mancare o è del tutto occasionale. Contrariamente a quanto si verifica per le Dasicladacee delle facies di piattaforma carbonatica del Mesozoico, le Diplopore lucane compaiono soltanto in alcune zone degli affioramenti. All'irregolare pre- stituito da numerosi articoli a forma di imbuto molto ravvicinati; rispetto al loro diametro la cavità centrale è molto stretta. Sia nelle sezioni verticali sia in quelle orizzontali (fig. si riconoscono i canaletti dei pori i quali sono rivolti molto verso l’alto e, probabilmente, sono in doppia fila. Il diametro è di 5-6 mm; la distanza degli articoli è di 1,4-1, 5 mm. È presente nella dolomia della Mendola, nella dolomia del Wetterstein allo Ziigspitze, nella dolomia delle alpi di Hottinger . . Probabilmente è la Diplopora nodosa Schafhautl; però, ciò non si può stabilire con sicurezza. (Gehduse bis jetzt nur aus Durchschnit- ten bekannt ; diese zeigen im Verticalschnitte (T.D III Fig. S’’) ein aus sehr vielen tutenfórmig ineinander steckenden trichterartigen Gliedern bestehendes System, das eine verhdltnissmdssig enge Haupthóhlung umschliesst. In Verdi- kalwie in Horizontaldurchschnitten ( F. 8^') erkennt man die Rinnen der sehr steil nach aufwdrts gerichteten, wahrscheinlich doppeltreihigen Kandlchen. Grosse des Durchmessers 5-6 Mm.; Distanz der Glieder 1, 4-1,5 Mm. V ork^ommen in dem Mendoladolomit , im W ettersteindolomite der Zugspitz; im Dolomite der Hottinger Alpe ... Vermuthlich gehórt hierher Diplopora nodosa Schafhautl, doch ist diess nicht sicher festzustellen) ». Le figure fornite da Gumbel non si riferiscono ad esemplari in sezione sot¬ tile di roccia ma ad esemplari su roccia parzialmente isolati dagli agenti atmosferici. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. Ili senza di queste alghe nella roccia si accompagna una notevole varietà delle condizioni di fossilizzazione (Scandone, 1967); queste sono migliori in località II Castello, a Sud di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza (tav. 199 II SO-Marsico Vetere), da cui provengono, perciò, i campioni studiati (fig. 1). In questa località i manicotti calcarei sono anche più abbondanti e sono costituiti, spesso, da successioni piuttosto lunghe di articoli; la loro orientazione nella roccia è del tutto irregolare. Tutti i campioni esaminati sono stati prelevati in pochi metri di spessore nella porzione inferiore del fronte della cava ubicata nella lo¬ calità suddetta. Le osservazioni eseguite si basano su alcune centinaia di manicotti incompleti riscontrati in sezioni sottili di roccia e su alcune decine di esemplari, sezionati o non naturalmente, inglobati nella roccia ma parzialmente isolati dagli agenti atmosferici; questi ultimi sono ri¬ sultati di notevole aiuto perché hanno permesso di confermare e inte¬ grare le osservazioni eseguite in sezione sottile, soprattutto quelle ri¬ guardanti Tornamentazione degli articoli. Le sezioni sottili cui si fa riferimento nel presente lavoro sono state preparate da un unico campione di roccia (A. 3010); in esse, il numero che segue alla sigla del campione sta a indicare il numero d’ordine del preparato. Gli esemplari parzialmente isolati dalla roccia provengono da campioni aventi praticamente la stessa posizione stratigrafica del prece¬ dente e sono indicati con la stessa sigla. Osservazioni generali sulla popolazione. Nei preparati studiati i ma¬ nicotti calcarei di Diplopora nodosa, per quanto siano numerosi, si pre¬ sentano quasi sempre frammentati in successioni piuttosto brevi di arti¬ coli; queste sono costituite, per lo più, da uno a quattro articoli e, in misura minore, da cinque a sette. Successioni con un numero maggiore sono piuttosto rare e quelle con più di una trentina di articoli sono del tutto occasionali. Le condizioni di fossilizzazione non sono del tutto soddisfacenti. L'inconveniente più grave è rappresentato dalla obliterazione del lume dei pori; esso è osservabile con una certa frequenza soltanto nel tratto iniziale in corrispondenza della superficie interna del manicotto; meno frequentemente lo si osserva per un tratto più o meno ampio della sua porzione prossimale. Queste possibilità sono dovute, probabilmente, alle maggiori dimensioni che i pori tricofori presentano verso il punto d'at¬ tacco al sifone centrale. La popolazione presenta un'ampia variabilità della maggior parte dei caratteri biometrici; particolarmente accentuata è la variabilità della 112 P. De Castro FiG. L — Porzione della tavoletta LG.M. alla scala 1/25.000, 199 II S. O. - Marsico Vetere, in cui è ubi¬ cata la cava in località « Il Castello » da cui provengono i campioni a Diplopora nodosa stu¬ diati. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 113 larghezza e quella della altezza degli articoli. Questi possono presentare, perciò, un aspetto molto differente quando alla riduzione delFaltezza non si accompagna, in modo proporzionale, quella della larghezza: ciò deter¬ mina la coesistenza di manicotti con articoli alti e massicci (tav. VI, fig. 3; tav. X, fìg. 2) e di altri con articoli bassi e serrati (tav. VI, fig. 7; tav, XIII, figg. 2, 5). I due tipi di manicotti, se rinvenuti isolatamente, avrebbero potuto fare pensare alla presenza di specie differenti. Il feno¬ meno non era sfuggito a Salomon (1895, p. 126) che ammise che si pote¬ vano distinguere gli articoli in alti e piatti. In alcuni esemplari al limite del campo di variabilità della popola¬ zione, la calcificazione dell'estremità distale dei rami non confluisce con quella dei rami contigui ma forma involucri distinti; questi esemplari (tav. XVII, fig. 1) ricordano Teutloporella echinata Ott. Si sono osservati anche alcuni manicotti incompleti in cui la mor¬ fologia degli articoli è molto irregolare e la superficie di congiunzione tra segmenti successivi è molto ampia: ciò determina porzioni di mani¬ cotto irregolarmente sfrangiante in sezione assiale (tav. XVII, fig. 2). Non è improbabile che questi manicotti incompleti spettino, almeno in parte, alle parti più vecchie, inferiori del tallo. L'esemplare di tav. XIII, fig. 5 mostra, infatti, che in questa regione possono verificarsi notevoli ano¬ malie rispetto alla consueta regolarità della morfologia degli articoli. Nelle altre porzioni del tallo irregolarità del tipo ora detto possono veri¬ ficarsi ma la loro presenza non turba in modo sensibile la regolarità della successione degli articoli. Descrizione sommaria. Tallo semplice, cilindrico, manicotto calcareo articolato costituito da una successione piuttosto lunga di articoli imbu¬ tiformi generalmente saldati tra loro; la saldatura può essere incompleta e, talora, può mancare. La superficie laterale dell'articolo e, in misura minore, quella superiore presentano una ornamentazione a coste e a sol¬ chi longitudinali che si accentuano maggiormente al margine distale. Pori soltanto di primo ordine, obliqui (raramente perpendicolari) rispetto all’asse del tallo, tricolori, disposti in verticilli. I pori di uno stesso ver¬ ticillo sono raggruppati in ciuffetti costituiti, ognuno, da due pori affian¬ cati lateralmente (distribuzione metaspondila). I pori dei verticilli suc¬ cessivi di uno stesso articolo tendono a convergere verso il margine di¬ stale dell'articolo; ciò si realizza mediante un graduale incurvamento verso l'alto della porzione mediana e distale dei pori (e quindi del rami) e/o coll'assunzione di una inclinazione minore da parte dei verticilli in- 114 P. De Castro Fig. 2. — Diplopora nodosa Schafhautl. In A, B, C sono riprodotte le illustra¬ zioni fornite rispettivamente da Schafhautl, Gùmbel e Salomon. Le indicazioni numeriche e letterali di ogni figura sono quelle ori¬ ginali. A Diplopora nodosa Schafhautl (1863, p. 328, figg. a-b; tav. LXV, figg. 19-20). Schafhautl non indicò né Lingrandimento, né la località degli esemplari figurati. Nella descrizione della specie la località indi¬ cata è lo Zugspitze; successivamente, nel testo, LAutore la segnala anche al Rossstein e al Wetterstein. La fig. a rappresenta, probabilmente, un disegno schematico di una sezione assiale di un manicotto incompleto: sul lato sinistro il vano continuo ad andamento verticale rappresenta il vano interno del manicotto; sul lato destro del disegno, i vani di spessore mode- Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 115 feriori. I pori del verticillo più alto possono presentare, però, anche un andamento differente da quello ora detto. L’ampiezza trasversale del tratto prossimale dei pori di un articolo, nelle immediate vicinanze del sifone centrale, è da considerare costante in tutti i verticilli; si possono riscontrare numerose eccezioni in propo¬ sito; esse, però, a causa della irregolarità e della saltuarietà con cui si presentano, non sembrano esprimere tendenze generalizzabili. ^ {continua FiG, 2). sto, allungati e arcuati verso l'alto, rappresentano i pori del mani¬ cotto calcareo (tubi zoeciali di briozoi, secondo Schafhautl). La fig. b rappresenta probabilmente Fandamento dei pori di un articolo visto dal di sotto. Questa figura è stata lievemente ritoccata dallo scrivente in un ristretto settore del lato inferiore sinistro. B Gyroporella infundibuliformis GÌImbel (1872; tav. D III, figg. Le figure, indicate da Gumbel come sezioni, si riferiscono a esemplari su roccia parzialmente isolati dagli agenti atmosferici, pro¬ venienti dallo Zugspitze. Fig. 8"" Successione di articoli in grandezza naturale. Fig. 8*^ Sucessione di articoli in veduta laterale (5 x), Fig, 8‘' Veduta superiore di due articoli successivi. L'articolo più alto mostra la superficie superiore ad eccezione di una porzione del margine distale; l'articolo inferiore mostra soltanto la porzione de] margine distale non osservabile nell'altro articolo (5 x), C Diplopora nodosa in Salomon (1895, tav. I, figg. 6-12). Figg. ó'*''’ Veduta inferiore di un articolo (a) e veduta laterale di una successione di articoli (b); grandezza naturale. Figg. 7^-^ Veduta inferiore (a) e laterale (b) di articoli in gran¬ dezza naturale. Fig. T Veduta inferiore di un articolo (3 x). Figg. 8^‘‘’ Veduta laterale di una successione di articoli di grandi (a) e piccole (b) dimensioni; grandezza naturale. Figg. 10®'*' Veduta inferiore (a), superiore (b) e laterale (c) di arti¬ coli; (2 x) , Figg. Veduta inferiore (a) e laterale (b) di articoli; (2 x). Figg. 12, 12^ Veduta inferiore (fig. 12) e laterale (fig, 12Ù di arti¬ coli alti e di grandi dimensioni; grandezza naturale. Figg. 9®'^ Diplopora nodosa var. elliptica. Vedute inferiori di un articolo di piccole dimensioni (a) e di un altro di grandi dimensioni (b) ; grandezza naturale. Tutti gli esemplari provengono dal versante settentrionale delia Marmolada. 116 P. De Castro Probabilmente la lunghezza dei pori varia a seconda della posizione del verticillo nell'ambito dell’articolo nel seguente modo: decresce più o meno regolarmente dal secondo verticillo verso quello più basso; il verticillo più alto, però, presenta pori di lunghezza variabile rispetto a quelli sottostanti e, di norma, più corti di quelli dei verticilli inter¬ medi. Probabilmente, perciò, i verticilli costituiscono serie di verticilli e l'articolazione è una perannulazione. I valori dei caratteri biometrici più significativi sono riportati in tabella I. TABELLA I - Teutloporella nodosa (Schafhautl) . Valori dei caratteri biometrici più significativi riscontrati in una popolazione della Lueania. Le misure sono espresse in mm; quelle più frequenti sono scritte in corsivo Diametro interno degli articoli {d) 0,25-1,45-1,85 Diametro esterno degli articoli (D) 1,25-3,65-4,45-5,25 Rapporto D/d 2,0-2,5-3,5-5,0 Altezza totale degli articoli {Ht) 0,85-1,65-1,35-2,25 Altezza prossimale degli articoli {Hp) 0,45-1?, 35-1, 05-1, 65 Inclinazione complessiva della superficie degli articoli laterale 32-40-46-56 Inclinazione complessiva della superficie degli articoli superiore 45-60-30-90 Numero di verticilli per articolo {Nv) 3-4-5-6 Distanza tra i verticilli {h) 0,10-0,20-0,25-0,30 Numero di pori per verticillo (w) 15-25-35-45 Ampiezza iniziale dei pori (p) 0,06-0,03-0,12-0,14 Inclinazione prossimale dei pori 40-53-73-90 Caratteri generali del manicotto calcareo. Il manicotto calcareo è semplice, cioè non ramificato, e costituito da una successione più o meno lunga di articoli imbutiformi; ognuno di questi si congiunge al succes¬ sivo lungo una zona anulare, generalmente ristretta, che indico come superfìcie di congiunzione. La larghezza del manicotto (coincidente col diametro esterno degli articoli( varia tra 1,60-5,25 mm e, più frequente¬ mente, tra 3,654,45 mm. La lunghezza dei manicotti, e quindi dei talli interi, non è ben pre¬ cisabile a causa della disarticolazione che si verificava per cause mecca¬ niche, dopo la morte dell’alga e tanto più facilmente quanto più lunga era la successione degli articoli. Tuttavia, ipotesi sulla lunghezza del tallo si possono fare in base ai manicotti incompleti che in sezione sottile o sulla roccia mostrano il maggior numero di articoli. La successione più Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 117 numerosa riscontrata in sezione è di 47 articoli ed è lunga 33 mm (tav. XIII, fig. 2); quella più lunga appartiene a un manicotto incompleto che misura 36 mm ed è costituito da 38 articoli (tav. XIII, fig. 1). De Lorenzo (1897) aveva osservato successioni anche maggiori, lunghe circa 50 cm e contenenti, probabilmente, circa 50 articoli ^ Queste successioni più lunghe di articoli dovrebbero essere conside¬ rate quelle più indicative delle reali dimensioni dei talli. È ragionevole supporre, perciò, che i manicotti degli esemplari adulti contenessero ap¬ prossimativamente da 30 a 50 articoli e che la loro lunghezza assumesse per lo più valori compresi tra 30-50 mm. A causa della lunghezza elevata, i talli potevano risultare più o meno ricurvi e lievemente ondulati (tav. X, fig. 3; tav. XIII, figg. 1, 5). Nelle pagine che seguono, nella indicazione degli articoli di un ma¬ nicotto e dei verticilli di un articolo mi servirò di una numerazione pro¬ gressiva a partire da quello più alto osservabile; p. es. in una successione di tre articoli, il primo articolo è quello più alto, il secondo quello in¬ termedio ed il terzo quello più basso. Forma degli articoli. La forma di un articolo di Diplopora nodosa è approssimativamente quella di un tronco di cono avente la base mag¬ giore rivolta verso Falto e limitata da una superficie più o meno debol¬ mente concava (fig. 3). Pertanto, in un articolo considerato nel suo as¬ sieme (prescindendo, cioè, dai caratteri dell'ornamentazione) si possono distinguere una superficie superiore (55), una laterale {si) ed una interna {si). Le prime due superfici confluiscono, verso l'esterno, nel margine distale (m). Superfìcie laterale (superfìcie esterna o inferiore, in Pia, 1920). La su¬ perficie laterale di un articolo, approssimativamente conica, è scomponi¬ bile, molto spesso, nei due seguenti tratti: 1) una porzione inferiore che si estende su quasi tutta la superficie laterale ad eccezione del margine distale; essa determina, a causa della sua ampiezza, l'inclinazione complessiva dell'articolo. L'inclinazione di ^ In proposito, De Lorenzo (1896, p. 117) riferisce: «Nelle scogliere calcar eo- dolomitiche delle Murge del Principe ho raccolto ramoscelli o frammenti di ra¬ moscelli, lunghi fino a 50 mm con una larghezza variabile da 2 fino a 4 e 5 mm. Su di un tratto di circa 3 cm di alcuni di questi ramoscelli si possono contare fino a più di 30 articoli ». 118 P. De Castro questa superficie rispetto all'asse del tallo (supposto orientato verso l'alto) è di 32“-56” e, più frequentemente, di 40‘’46°. Questi valori sono de¬ dotti da 390 misure eseguite su 36 manicotti incompleti in sezione assiale e subassiale. 2) Una porzione superiore, di ampiezza più limitata, che si estende in corrispondenza del margine distale. Questo tratto della superficie la¬ terale si raccorda gradualmente a quello precedente e presenta, rispetto a esso, una inclinazione minore (tav. X, fig. 2; tav. XII, fig. 1). Le deviazioni che si riscontrano rispetto all'andamento generale ora descritto sono varie e frequenti; ricorrono irregolarmente e si manife¬ stano, anche contemporaneamente, tanto in manicotti differenti, quanto negli articoli di uno stesso manicotto e, perfino, nell'ambito di uno stesso Fig. 3. — Diplopora nodosa Schafhautl. Nomenclatura degli articoli. D = diametro esterno; d = diametro interno; Ht = altezza totale; Hp = altezza prossimale; ss = superficie superiore; si = superficie laterale esterna; si = superficie interna; bp = bordo prossimale; m = margine distale. articolo. Le deviazioni più comuni, cui se ne possono aggiungere altre a carattere intermedio, sono le seguenti: — la superficie laterale dell'articolo presenta un'inclinazione appros¬ simativamente costante (tav. XI, fig. 5); Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 119 — la superficie laterale si svasa più o meno distintamente verso l'alto tranne che in corrispondenza del margine distale (lato destro degli articoli di tav. XI, fig, 1); — nei casi di mancanza parziale o totale di congiunzione di un arti¬ colo al successivo e quando la superficie di congiunzione è sede di un verticillo, l'articolo superiore tende a assumere, verso il basso, una forma convessa e arrotondata (tav. XI, fig. 3, secondo articolo e lato destro del 3“ e 4° articolo) ^ Superficie superiore delV articolo (superfìcie interna, in Pia, 1920). La superficie superiore, considerata nel suo assieme, forma rispetto all'asse del tallo un angolo di 45°-90° e, più spesso, di 60“-80°; questi valori sono dedotti da 300 misure eseguite su 28 manicotti incompleti in sezione as¬ siale e subassiale. Questa superficie può essere suddivisa in due e, talora (quando in corrispondenza del margine distale presenta un andamento proprio), in tre fasce anulari concentriche successive. Procedendo dall'interno una prima zona è rappresentata da un ampio bordo rilevato (bp) in posizione prossimale rispetto al vano del sifone centrale (wulstertigen Erhebung rings, in Pia 1920), individuabile in successioni di articoli saldati (tav. X, fig. 2) o non saldati (tav. II, fig, 7; tav. X, fig. 2, lato destro del 4“ e 5° articolo); esso è di ampiezza variabile e si deprime gradualmente verso l'esterno. Il bordo rilevato prossimale può risultare più evidente quando non si effettua, parzialmente o totalmente, la saldatura tra due articoli suc¬ cessivi; in questo caso ,infatti, esso si estende sino al vano del sifone centrale. Esso, invece, può risultare poco evidente, o può mancare del tutto, soprattutto quando la superficie superiore dell'articolo risulta sen¬ sibilmente inclinata verso l'alto (tav. VI, fig. 7; tav. XII, fig. 4). Il bordo rilevato prossimale è dovuto alla maggiore quantità di mu- cillagine calcificata connessa alla porzione più robusta dei rami trico¬ lori; ciò, però, sembra essere in contrasto con quanto aveva ritenuto Pia (1920) per gli esemplari della Marmolada nei quali « il verticillo su¬ periore è denudato per un certo tratto in prossimità del sifone cen¬ trale ». * Quest’ultimo caso era stato messo in evidenza anche da Pia (1920, fig. 9) che lo aveva figurato nei due articoli più alti della ricostruzione del tallo. 120 P. De Castro Dopo il bordo prossimale rilevato (nei casi in cui è presente), la su¬ perficie superiore dell'articolo si inclina gradualmente e lentamente verso l'alto (tav. XI, figg. 5-7; tav. XII, fig. 5, 2° articolo). In corrispondenza del margine distale, la superficie superiore può serbare lo stesso andamento del tratto precedente (tav. XI, figg. 3, 5) oppure può inclinarsi più rapi¬ damente verso l'alto (tav. X, fig. 2). Ambedue i casi possono verificarsi tanto in articoli differenti quanto nell'ambito di uno stesso articolo (tav. XII, fig. 5). Rapporti tra articoli contigui. In corrispondenza del sifone centrale, gli articoli, nella massima parte dei casi, si saldano per un tratto più o meno breve e solo raramente risultano completamente staccati l'uno dal¬ l'altro. Lungo la ristretta zona anulare di congiunzione di due articoli successivi, la saldatura si effettua in modo variabile sia in senso radiale sia in senso laterale. L’ampiezza radiale della saldatura varia tra 0-0,75 mm ed assume, più frequentemente, valori compresi tra 0,54-0,4 mm; riferita al diametro esterno degli articoli, essa è molto modesta e determina, perciò, un'arti¬ colazione di tipo annulazione (in seguito si vedrà che trattasi, probabil¬ mente, di perannulazione) . Il rapporto tra l'ampiezza radiale della salda¬ tura ed il diametro esterno dell'articolo varia approssimativamente tra 0,00 (caso in cui non si verifica saldatura) e 0,57 e, più spesso, tra 0,20-0,40. L’ampiezza della saldatura in senso laterale si può verificare, in molti casi, con scarsa uniformità a causa di una distribuzione altrettanto irre¬ golare della mucillagine originaria e, conseguentemente, della calcifica¬ zione. Essa, perciò, può variare non soltanto in manicotti differenti ma anche nell'ambito di una medesima coppia di articoli di un manicotto. Si è osservato che, nella maggior parte dei casi, la saldatura procede uni¬ formemente in senso laterale: ciò è messo in evidenza dalle sezioni tan¬ genziali prossime al vano del sifone centrale (tav. X, fig. 1; tav. XIII, fig. 1), dagli esemplari su roccia che mostrano la cavità interna del ma¬ nicotto (tav. I, figg. 4-7), da sezioni oblique poco inclinate (tav. VI, fig. 5; tav. IX, fig. 2) e da numerose sezioni assiali e subassiali che mostrano come la zona di congiunzione si estenda per un'ampiezza pressocché uguale su ambedue le bande contrapposte degli articoli. Vi sono, però, numerosi casi in cui un articolo si salda a quello suc¬ cessivo soltanto per una certa ampiezza laterale; ciò è messo in evidenza soprattutto dalle sezioni assiali e subassiali in cui due articoli contigui Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 121 \o OJ B " ' M 1 i <• - 1 1 i -3 •• 1 Diplopora ncxlosa S Preparati: A. 3010, • Sl% • 2-3% "O 1 Q • k é 1 i k 1 l é k à “ % 1 É f % i i 9 ' 1 1 k .; f % 9 1 w ^ f 9 . à rr W 9 w ^ ' \ ^ \ MJ 1 1 1 1 1 1 1 1 '1 1 1 1 1 1 i 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 i 1 1 1 1 1 1 A 1 1 1 1 1 i à \ A * % 1_ 4 f k .< "i i ■ Q ^ \ 1 É r ^ à 1 w ^ A 1 -É 1 i 9 * h. d k 1 f ^ . J f % h À 9 9 k A f ^ * f 9 1 à W i k é w ^ k w % k A W 1 k à 9 * k d k * % 9 9 w f f k ^ f f A k * % W 9 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 . c \ je “a A E » s / c / (UJU 1) p COvO^CSOOO^’a-CN o o o o e ^ Cd (U t/i ^ ^ d ^ a ^ a -g Cd .d s ^ /oj .d o Cd C ^-1 ^ 5 3 fN d W) ^ Cd d - V3 .S Cd ^=3^0 'd d £ M -d .d! 2 S d3 c/) c/2 a> (U 'd o o u u d d s g S S ’B 'd fj d c o .2 N a c2 a Cd _, }-< C d o -d fl -a ^ Cd O d o o d d c 'd ^ 5-1 • d 0/ d -d d -fa o o -fa ^ d d § S .2 d d I = -o '2 2 u •j::^ +-* d .2 d O > — I a I & X ^ u ^ d a -d 00 ^ - O d Q « a p a Q d d d U o Cd d P p d s d B C Cd y d d ^ fa o ^ .2 w) N Cd §■2 Sh U j o ^ o a p3 fi O fci) u d d d -t-j •S d d 5h Cd Q Sh o —, d 'bl) g d d d a" -fa fi d 'Q d ■3 d o fi u d fi 'u 5-, fa oo d fi d -fa Cd d •5 - 3 .fa ^ 1 ’S •fa o C -p Cd d Cd = g 3 ^ te| Cd c d .2 o a! fi -fa Cd a d e .fi o d s 'n , fi fa d § Cd ".2 'p al d d (U .2 fi fa .2 ^ N dotta da 280 individui. 122 P, De Castro risultano collegati su una banda della sezione mentre, su quella opposta, risultano lievemente staccati (tav. XII, fig. 5, fig. 6, lato destro del 1° e 2" articolo; tav. X, fig. 2, lato destro del terzo articolo). In una minoranza di casi può verificarsi anche che due articoli successivi risultino comple¬ tamente staccati l'uno dall'altro (tav. XI, fig. 3, secondo articolo; tav. XII, fig. 6, quinto articolo). Tuttavia è possibile che in alcuni casi la mancanza di congiunzione tra articoli contigui sia soltanto apparente e dovuta al fatto che il piano del taglio passa per i pori di un verticillo ubicato proprio in corrispondenza della superficie di congiunzione di due articoli. L'assenza parziale o totale di saldatura tra articoli contigui era do¬ vuta probabilmente a una quantità di mucillagine calcificata minore del normale in corrispondenza di uno e/o di ambedue i verticilli contigui dei due articoli successivi per cui quella del superiore non riusciva a con¬ fluire, localmente o totalmente, con quella dell'inferiore; l'assenza di sal¬ datura poteva essere dovuta anche a una distanza maggiore del normale tra i verticilli suddetti per cui la quantità di mucillagine, che di solito era sufficiente a congiungerli, nella situazione particolare ora indicata ri¬ sultava insufficiente. L'assenza, la discontinuità o la modesta ampiezza della zona di con¬ giunzione tra due articoli sono la causa fondamentale della facile fram¬ mentazione del manicotto calcareo in successioni più o meno brevi di articoli. Questa causa è ulteriormente aggravata dal fatto che in alcuni casi la zona di congiunzione coincide con il piano in cui giacciono le por¬ zioni prossimali dei pori di un verticillo: ciò indebolisce ulteriormente il legame tra gli articoli dopo il disfacimento delle parti molli del tallo. Anche a Pia (1920) non era sfuggito che vi fosse una certa elasticità nei rapporti tra articoli contigui; l'Autore, pur senza accennarvi esplici¬ tamente nel testo, ne tenne conto nella ricostruzione del tallo dove figurò articoli contigui che si saldano totalmente e altri che si saldano tra loro soltanto parzialmente. Asimmetria degli articoli. Contrariamente alla norma può verificarsi che, nell'ambito di un articolo, l'altezza non sia più o meno costante; questo fenomeno è evidente soprattutto in alcune sezioni assiali e subas¬ siali dove uno stesso articolo presenta altezze (prossimale e totale) molto differenti sulle due bande contrapposte della sezione (tav. XI, fig. 6, ul¬ timo articolo; tav. XII, fig. 4, secondo articolo). Una prima causa di questo fenomeno si determinava quando il pe¬ nultimo verticillo di un articolo presentava localmente (cioè in corrispon¬ denza di una breve successione laterale di rami) una quantità di mucil- Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 123 lagine così scarsa che non riusciva a confluire con quella del verticillo sottostante; lungo la stessa zona verticale, peraltro, la mucillagine dei rami dell'ultimo verticillo confluiva normalmente, per il breve tratto re¬ lativo alla superficie di congiunzione, con la mucillagine del verticillo piìi alto dell’articolo sottostante. Questa distribuzione di mucillagine nei due articoli contigui conduceva alla formazione di un articolo superiore ca¬ ratterizzato da un’altezza minore dalla parte dei pori del penultimo ver¬ ticillo con mucillagine più scarsa e, lungo la stessa verticale, di un arti¬ colo inferiore con altezza maggiore. L’eventualità di cui si è detto è stata figurata nella ricostruzione del tallo fornita alla fig. 11. Una seconda causa dell’asimmetria degli articoli si poteva determi¬ nare quando l’ultimo verticillo di un articolo presentava localmente rami 1.2 2,0 2,8 3,6 4,4 5,2 Fig. 5. — Diplopora nodosa Schafhautl. Variabilità del diametro esterno (D) in funzione del numero degli individui (manicotti calcarei incompleti: vedi precisazioni nel testo) espresso in %. Il diagramma si basa su misure eseguite su 2ó4 esemplari. con inclinazione sensibilmente maggiore degli altri. Questi rami ad incli¬ nazione maggiore si associavano, allora, con quelli del verticillo più alto dell’articolo sottostante anzicché con quelli del penultimo verticillo della serie cui realmente appartenevano. Fra le anomalie osservate nella distribuzione della mucillagine va se¬ gnalata quella in cui la mucillagine calcificata di rami corrispondenti (cioè giacenti in uno stesso piano verticale passante per l’asse del tallo) dei verticilli contigui di due articoli sovrapposti fosse più abbondante del solito. In questo caso la mucillagine di alcuni rami del verticillo più basso dell'articolo superiore poteva confluire con quella dei rami del ver¬ ticillo più alto dell’articolo inferiore; ciò determinava la presenza di « setti » radiali che si proiettavano per una certa ampiezza verso l’esterno 124 P. De Castro (tav. IV, fig, 1, lato inferiore sinistro; tav. IV, fig. 2, lato inferiore me¬ diano). Dimensione degli articoli. Si è ritenuto opportuno distinguere, in un articolo, l’altezza totale (Ht) e l'altezza prossimale (Hp); la prima è de¬ terminata dalla distanza tra i piani orizzontali tangenti, rispettivamente, alla porzione più alta e a quella più bassa deH'articolo; l’altezza prossi¬ male, invece, è quella che compete alla superficie interna dell’articolo. Si è indicato, inoltre, come diametro esterno (D) quello massimo che tiene conto anche del margine distale dell'articolo; il diametro interno (d) è, come di norma, quello che compete alla superficie interna dell’articolo (fig. 3). Il diametro interno varia tra 0,25-1,85 mm. Il poligono di frequenza che esprime la sua variabilità in funzione del numero degli individui pre¬ senta un unico picco in corrispondenza del valore di 1,45 mm (fig. 4). Questi dati sono ricavati da 280 misure eseguite su manicotti incompleti costituiti da uno o più articoli in sezione assiale, subassiale e obliqua; queste successioni non corrispondono, sicuramente, tutte a individui dif¬ ferenti; tuttavia, è ragionevole supporre che, a causa del numero elevato di misure, i dati ottenuti siano coincidenti, pur se con una certa appros¬ simazione, con quelli reali. Le considerazioni ora espresse e le approssi¬ mazioni che ne derivano sono da ritenersi sottintese in tutto il presente lavoro. Il diametro esterno varia tra 1,25-5,25 mm (figg. 4-5). Il poligono di frequenza che esprime la sua variazione in funzione del numero degli esemplari (manicotti incompleti) presenta un massimo assoluto in corri¬ spondenza di 3,6 mm e un massimo relativo in corrispondenza di 4,4 mm. Non ritengo che i due massimi stiano a indicare la presenza di specie differenti bensì che siano dovuti al fatto che alcuni manicotti in¬ completi, considerati come individui differenti, appartengano in realtà a un numero minore di individui. Il rapporto tra il diametro esterno e quello interno (D/d) (figg. 4, 6) è compreso tra 2-5; più frequentemente tra 2,5-3 ,5; in un solo esemplare molto piccolo, forse teratologico, esso è uguale a 7. Il diagramma che esprime la variazione di D/d in funzione del numero degli individui (fig. 6) si basa su 260 esemplari e presenta un unico picco in corrispon¬ denza del valore 3. Il diagramma di fig. 4 lega tra loro le variabilità di d, D e D/d; esso, tenendo anche conto delle frequenze dei valori di questi caratteri biome¬ trici nella popolazione, esprime il diametro esterno e il rapporto D/d in Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc, 125 funzione del diametro interno; a quest'ultimo viene assegnata un'impor¬ tanza prevalente perché è indicativo delle dimensioni del sifone centrale e, quindi, almeno nella maggioranza dei casi, dello stadio ontogenetico del tallo. L’altezza totale (Ht) degli articoli varia tra 0,85-2,25 mm e, più fre¬ quentemente, tra 1,65-1,85 mm. L'altezza prossimale (Hp) varia, a sua volta, tra 0,45-1,65 mm e, più spesso, tra 0,85-1,05 mm. Il diagramma di fig. 7 lega tra loro le variabilità di d, Ht, Hp, h (di¬ stanza tra i verticilli) e Nv (numero di verticilli per articolo); esso, anche Fig. 6. — Diplopora nodosa Schafhautl. Variabilità del rapporto tra il diametro esterno e quello interno (D/d) degli articoli in funzione del numero degli esemplari (manicotti calcarei incompleti; vedi precisazioni nel testo) espresso in %. Il diagramma si basa su misure eseguite su 260 esemplari. tenendo conto della frequenza dei valori dei detti caratteri nella popola¬ zione, esprime i caratteri stessi in funzione del diametro interno. Nel diagramma, le misure eseguite su più articoli di uno stesso manicotto sono state sostituite dal loro valore medio. Ornamentazione degli articoli. La superficie laterale e quella supe¬ riore di un articolo non sono lisce ma sono interessate da una orna¬ mentazione la quale, però, è meglio definita sulla superficie laterale. L'ornamentazione si accentua verso la porzione più esterna dell’articolo per cui il margine distale risulta quasi sempre discontinuo, sfrangiato e fortemente inciso. 126 P. De Castro Ornamentazione della superficie laterale. Alcuni esemplari su roccia parzialmente isolati dagli agenti atmosferici (tavv, I, II) mostrano che la superficie laterale degli articoli è caratterizzata da coste e solchi rego¬ larmente alternanti ad andamento longitudinale; essi, cioè, si dipartono dalla regione inferiore dell'articolo dove sono indistinti o poco pronun¬ ciati; si fanno via via più netti procedendo verso la porzione superiore e, in corrispondenza del margine distale, sono così accentuati che questo risulta profondamente inciso. Questa ornamentazione non era sfuggita (fig. 2) all'attenzione di GtÌMBEL (1872, tav. Ili, fig. 8 b) e di Salomon (1895, p. 126, tav. I, figg. 6-12) ma non viene menzionata da Pia (1920) né da altri Autori posteriori. L'ornamentazione è ben evidente anche in sezione sottile dove determina ondulazioni più o meno marcate nei contorni delle sezioni oblique e tan¬ genziali degli articoli (tav. VII, fig. 6; tav. Vili, fig. 4; tav. X, fig. 3; tav. XIII, fig. 3), soprattutto in quelle che interessano per un ampio tratto il margine distale. In particolare, se il piano del taglio ha una inclinazione prossima alla superficie laterale dell'articolo, la parte superiore della se¬ zione mostra figure fortemente incise (tav. IV, figg. 7, 8, 11, 12; tav. V, figg. 1, 6, 8); se, invece, viene interessato dal taglio il margine distale in senso trasversale si ottengono figure continue o discontinue a forma di rosario (tav. Ili, figg. 4, 8, 9, 12, 13; tav. IV, figg. 1, 2). Alla presenza di coste e solchi è dovuta la ondulazione più o meno regolare osservabile alla periferia delle sezioni trasversali ed oblique che interessano porzioni degli articoli meno elevate del margine distale (tav. Ili, figg. 2, 10, 11). Come si è accennato, l'ornamentazione può attenuarsi, o scomparire, nella porzione più bassa dell'articolo; questo fenomeno è messo in evi¬ denza dall'assenza di ondulazioni nelle corone circolari, intere o parziali, che nelle sezioni trasversali e subtrasversali corrispondono alla detta re¬ gione inferiore di un articolo (tav. Ili, figg. 6, 8). La presenza di questa ornamentazione spiega perché, molto spesso, i valori d'inclinazione della superficie laterale misurati, in sezione sottile, su di un lato dell'articolo sono diversi da quelli misurati sul lato oppo¬ sto. La differenza di inclinazione tra i due lati contrapposti varia tra 0“-16° e, più frequentemente, tra l°-5°; questi dati sono ricavati da 186 misure eseguite su 36 manicotti incompleti. Il taglio interessa una costa sul lato della sezione su cui si legge una inclinazione maggiore mentre interessa un solco su quello in cui si legge una inclinazione minore. Ornamentazione della superfìcie superiore. Questa ornamentazione è dello stesso tipo di quella presente sulla superficie laterale ma è meno Diplopora nodosa SCHAFHADTL Preparati: A. 3010.1 - A. 3010. 26 Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 127 Cd N O > s g fi O t "O oj Cd . tu •.fi ft o ^ o o .B ^ r- .3 0) •| S •fi O O ^ cu bfl > ou (U -d &i o K ^ - g Cd N N d ^ rfi d o -• ”= co (U Q -fi cu ^ d •S S . .2 Cd" ’n ^ s d fi P 11 u +-> }_4 .O fi o .2 _ d d ^ "S 0) d co fi cu d fi _ o - d c fi > .fi fi .fi’ p bO .... "d fi a d d fi S d fi .2 Uh o M) fi ‘d fi fi S fi d fi d > N fi c fi o fi ■fi Uh M "o u co co u fi bJ) fi ..2 .s d fi ■fi "55 fi fi fi fi lu o "d s d fi 6 fi o fi fi u 6 .2 ’c fi "d co fi 'o fi fi .2 d fi fi fi fi fi _ _ 1 .2 .fi fi d ‘3 fi ’n Sh fi d fi O •a fi fi ■> co a fi 'd fi bO CU CU co ■fi fi O ^ ad ® 0^ ^ d 2 fi fi ^fi -d ^ M Cd r* .2 d Uh d 3 ci bi) 0) d cfi d fi S fi o fi fi fi N S fi ^ £ a w .2 ^ _a fi Q 3 I 23 ^ ’w 2 3' ■s s .S d fi co fi I S 2 I I S S .2 d cu fi fi C > p O .fi ‘n .2 d d l»l b tra i verticilli in funzione del diametro interno. Nella porzione estrema destra è rappresentata, in base ad osservazioni su 115 individui, la variabilità del numero di verticilli per articolo in funzione diametro interno. 128 P, De Castro pronunciata. Nei talli inglobati nella roccia e parzialmente isolati dagli agenti atmosferici (tav. I, fìgg, 7-9) la superfìcie superiore si mostra inte¬ ressata da coste molto deboli separate da leggere depressioni disposte radialmente; le prime e le seconde si attenuano fino a scomparire verso la porzione prossimale dell'articolo occupata o non dal bordo prossimale rilevato; si accentuano, invece, però lievemente, verso l’esterno. Al mar¬ gine distale, il perimetro della superficie superiore si piega più o meno sensibilmente verso Finterno in corrispondenza dei solchi per cui le coste si proiettano verso Festerno. Coste e solchi della superficie superiore si trovano in corrispondenza di quelli della superficie laterale. Nelle sezioni sottili di roccia, l'ornamentazione della superficie supe¬ riore è facilmente riconoscibile al margine distale; ciò è desumibile dagli stessi esempi indicati a proposito della superficie laterale dell'articolo. L'ornamentazione di regioni meno esterne è desumibile principalmente dalle sezioni oblique poco inclinate, nelle porzioni inferiori del taglio, dove gli articoli sono tagliati all'esterno del bordo prossimale: in una successione di tali articoli interessati dal taglio in regioni sempre più lontane dall'asse del tallo, la superficie superiore presenta ondulazioni minute che si fanno sempre più accentuate sino ad essere sostituite da figure fortemente incise e discontinue al margine distale (tav. Vili, figg. 3-4; tav. IX, fig. 2; tav. X, fig. 3). Nelle sezioni assiali e subassiali, questa ornamentazione è desumibile soltanto in seguito ad un'analisi attenta delle misure d'inclinazione della superficie superiore dell'articolo; queste, sui due lati contrapposti della sezione, presentano differenze di 0°-20° e, più frequentemente, di le quali, però, probabilmente, non sono da attribuire per intero alla presenza di coste e solchi ma, almeno in parte, anche ad irregolarità nella calcificazione. Rapporti tra ornamentazione e calcificazione. L'ornamentazione di Diplopora nodosa trova la sua giustificazione nella concomitanza dei se- gueti fattori: 1) nella distribuzione dei rami in serie di verticilli disposti in con¬ tinuità (vedi distribuzione e forma dei pori) e nella forma tricofora dei rami; 2) nella ragionevole supposizione che, in Diplopora nodosa, la quan¬ tità di mucillagine (che si impregnava di calcare) prodotta dai vari tratti lingitudinali di un ramo fosse proporzionale all'ampiezza della superficie dei singoli tratti. In questa ipotesi, la mucillagine connessa ad un ramo Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 129 tricoforo era cospicua verso la regione prossimale mentre si faceva via via minore verso la regione distale. Conseguentemente, nelle regioni prossimali di un verticillo (cioè quelle più vicine al sifone centrale), sia per la maggiore dimensione dei rami tricofori e quindi per la maggiore quantità di mucillagine, sia per la mi¬ nore distanza tra i rami, la mucillagine di un ramo veniva a contatto con quella dei rami contigui riempiendo interamente lo spazio interposto tra i rami stessi. Nella regione distale di un verticillo, invece, sia per le dimensioni mi¬ nori dei rami e quindi per la minore quantità di mucillagine, sia per la maggiore distanza dei rami, la mucillagine non era sufficiente a colmare lo spazio tra i rami di uno stesso verticillo ma formava attorno ad ognuno di essi un involucro che s’attenuava rapidamente verso l'esterno fino a scomparire. La modesta distanza tra i verticilli e l'andamento convergente dei rami verso l'alto (vedi inclinazione dei rami) permettevano, però, quale che fosse la porzione del ramo, che la mucillagine di ognuno di essi si fondesse con quella dei rami immediatamente sovrastanti e sottostanti dei verticilli contigui. In seguito a quanto si è detto e considerando nel suo complesso la mucillagine dei verticilli di un articolo, questa era più abbondante e si proiettava maggiormente verso l'esterno in corrispondenza dei piani ver¬ ticali passanti per l'asse del tallo e per ogni successione verticale di rami; in corrispondenza di questi piani verticali, la mucillagine impregnata di calcare veniva a formare le porzioni dell’articolo fornite di coste. Invece, negli spazi interposti tra i detti piani verticali, la mucillagine era meno abbondante e si proiettava in misura minore verso l'esterno determi¬ nando le porzioni dell'articolo provviste di solchi. Distribuzione dei pori Distribuzione in verticilli. Numerosi esemplari in sezione obliqua e trasversale (tav. III, fig. 7; tav. V, fig. 3; tav. VI, fig. 5; tav. VII, figg. 6, 8; tav. IX, figg. 1, 3; tav. X, fig. 3; tav. XIII, figg. 1, 4) e alcuni esemplari su roccia parzialmente isolati dagli agenti atmosferici, che mostrano la superficie interna del manicotto (tav. II, figg. 4-7), mettono in evidenza che i rami di Diplopora nodosa sono disposti in verticilli regolari. Nell'ipotesi che i caratteri riscontrati nella popolazione lucana siano estrapolabili a quelle studiate da altri Autori, verrebbero superate, con 9 130 P. De Castro i dati ora forniti, alcune perplessità presenti nella letteratura (Herak, 1969; Pia, 1920) sulla eventuale distribuzione dei pori di questa specie in verticilli non regolari. La distanza tra i verticilli è molto breve; essa varia tra 0,10-0,30 mm e, più frequentemente, tra 0,20-0,25 mm (fig. 7). Questi dati sono dedotti da alcune centinaia di misure su 68 manicotti incompleti. Nel diagramma di fig. 7 che, unitamente ad altri caratteri biometrici, esprime anche la variazione della distanza tra i verticilli in funzione del diametro interno del manicotto calcareo, le misure eseguite su articoli di uno stesso mani¬ cotto incompleto sono state sostituite dal loro valore medio. Fig. 8. — Diplopora nodosa Schafhautl. Variabilità del numero di pori per verticillo (w) in funzione del diametro interno (d) del manicotto calcareo. Il diagram¬ ma tiene conto anche del nu¬ mero di individui (manicotti calcarei incompleti; vedi preci¬ sazioni nel testo), espresso in %; esso si basa su misure ese¬ guite su 100 individui. Numero di verticilli per articolo. Il numero di verticilli per articolo, in base ad alcune centinaia di misure eseguite su 115 manicotti incom¬ pleti, è di 3-6 e, più spesso, di 4-5; si è riscontrato anche un articolo con due verticilli soltanto. Nel diagramma di fig. 7 le misure eseguite su arti¬ coli facenti parte di uno stesso manicotto incompleto sono state sosti¬ tuite dal loro valore medio. Questo carattere sembra influenzato molto scarsamente dal diametro del sifone centrale (diametro interno degli arti¬ coli) e dalFaltezza, prossimale e distale, degli articoli. Distribuzione dei pori nei verticilli. A prima vista si sarebbe indotti a ritenere che la porzione iniziale di ogni poro venga a contatto, o quasi, con quella dei pori contigui dello stesso verticillo e che, conseguente¬ mente, così come aveva ritenuto Pia (1920), i rami si tocchino in pros¬ simità della cellula assiale. Un esame più attento dei preparati mette in Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 131 evidenza una distribuzione lievemente differente; le sezioni che interes¬ sano la porzione iniziale di più pori successivi di uno stesso verticillo mostrano che, nella maggior parte dei casi, i pori non si dipartono sin¬ golarmente dalla superficie interna del manicotto bensì a coppie. I rami, quindi, hanno una distribuzione metaspondila ed ogni ciuffetto è costi¬ tuito soltanto da due rami affiancati lateralmente \ La detta distribuzione è evidente soprattutto nelle sezioni trasversali e subtrasversali e, meno spesso, anche nelle sezioni oblique (tav. XIV). La presenza di rami metaspondili è confermata daH’accoppiamento dei tagli di pori osservabile in alcune sezioni oblique, lungo il loro asse di simmetria e in prossimità del vano interno del manicotto (tav. Vili, fig. 4, primo verticillo del 10° articolo; tav. XIII, fig. 4, primo, secondo e terzo verticillo del 13° articolo). Allo stesso fenomeno è da attribuire la presenza di « pori » dilatati inizialmente in senso orizzontale osservabili in alcune sezioni oblique; questi vani iniziali più sviluppati dovrebbero appartenere alla superficie complessiva della porzione iniziale delFintera coppia metaspondila (tav. IV, fig. 6; tav. IV, fig. 7, pori sul lato sinistro del vano interno; tav. V, fig. 3, pori adiacenti al vano interno e in prossi¬ mità dell'asse di simmetria della sezione). Tuttavia, in una minoranza di casi (5 su 25 esemplari) si è avuta l'impressione che, in uno stesso verticillo, alcuni pori si dipartissero a coppie dal sifone centrale mentre altri si dipartissero singolarmente; oppure, occasionalmente, sembra che alcuni pori si dipartano in coppie mentre altri siano tutti contigui tra loro (2 esemplari su 25). La metaspondilia non è risultata evidente sulle superfici interne degli articoli inglobati nella roccia ma parzialmente isolati dagli agenti atmo¬ sferici (tav. I, figg. 4-7). Ciò è dovuto, probabilmente, alla debole azione erosiva a cui è stata esposta la detta superficie; a seguito di essa non è più osservabile l'esile spessore in cui si congiungevano i pori delle coppie metaspondili per cui tutti i pori sembrano essere più o meno distinta- mente separati tra loro. ’ Anche a Pia (1920, p. 44) era sorto il dubbio che la distribuzione dei rami di un verticillo potesse essere meno semplice di quella assegnata: « / rami si toccano in prossimità del sifone centrale ..... è difficile farsi un’idea della loro posizione precisa e molti dati dovrebbero essere confermati dall’esame di altre sezioni sottili. {Die Wirtelàste beriihren einander in der Nàhe der Stammzelle ..... war es ziemlich schwierig, sich von ihren genauen Verhalten ein richtiges Bild zu machen, und manche der folgenden Angaben wàren einer Nachpriifung an Schliffen bediirftig) ». 132 P, De Castro Numero di pori per verticillo. In base ad un centinaio di misure ese¬ guite direttamente su sezioni trasversali oppure dedotte con metodi gra¬ fici da sezioni oblique, si è accertato che il numero di pori per verticillo varia tra 15 e 45 e, più frequentemente, tra 25-35. Il numero di ciuffetti metaspondili sarebbe compreso, perciò, tra 7-23. Negli esemplari di massima frequenza cui corrisponde un diametro interno di 1,45 mm, il numero di pori per verticillo è di 25-45 e, più spesso, di 30-40. Gli esemplari osservati da Pia (1920) avevano 30-40 pori per verticillo; lo stesso numero era stato riscontrato da Salomon negli esemplari più grandi. La variabilità di questo carattere è funzione, soprattutto, del dia¬ metro del sifone centrale (fig. 8). 0,04 0,08 0,12 FiG, 9. — Diplopora nodosa Schafhautl. Va¬ riabilità dell'ampiezza iniziale dei pori (p) in funzione del diametro interno degli articoli (d). Il dia¬ gramma tiene conto anche del nu¬ mero di individui (manicotti cal¬ carei incompleti; vedi precisazioni nel testo), espresso in %, e si basa su osservazioni eseguite su 95 in¬ dividui. Inclinazione e andamento dei pori. I pori, probabilmente a causa del lume modesto, risultano obliterati per la maggior parte del loro sviluppo longitudinale e occupati da materiale spatico del tutto simile a quello deU'articolo calcificato; soltanto una porzione più o meno breve del tratto prossimale, forse a causa delle dimensioni maggiori, riesce a scampare frequentemente alPobliterazione. Tuttavia, informazioni sufficienti sulTin- clinazione e sull'andamento dei pori sono state fornite da un buon nu¬ mero di esemplari in sezione assiale e subassiale che hanno permesso di osservare direttamente la porzione prossimale dei pori; in alcuni casi è stato possibile osservare la porzione distale e, occasionalmente, quasi tutta la lunghezza di un poro. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc, 133 In base a circa 150 misure eseguite su una ventina di manicotti in¬ completi in sezione assiale e subassiale, si è accertato che Finclinazione della porzione prossimale dei pori varia sensibilmente non soltanto in manicotti differenti ma anche nelFambito di uno stesso manicotto e, per¬ fino, nell'ambito di uno stesso articolo, I valori riscontrati sono compresi tra 40°-90° e, più spesso, tra 53°“78°, NelFambito di una stessa successione di articoli, le differenze di inclinazione possono raggiungere anche una ventina di gradi. Una conferma dell'ampia variabilità dell'inclinazione della porzione prossimale dei pori è fornita, oltre che da osservazioni su numerosi arti¬ coli in sezione assiale e subassiale (compara, p. es., tav. X, fìg. 2; tav. XI, fig. 4; tav. XII, fìg. 4), anche da numerose sezioni oblique. In queste, negli esemplari in cui Finclinazione è molto elevata, i tagli dei pori si presen¬ tano subcircolari in prossimità dell'asse di simmetria nella porzione su¬ periore della sezione (tav. V, fig. 3; tav. VII, fig. 4; tav. Vili, fig. 4; tav. IX, fig, 1); negli esemplari in cui i pori sono meno inclinati, i tagli delle loro porzioni prossimali sono, invece, più o meno allungati (tav. IV, fig. 11; tav. V, fig. 4). Tutte le osservazioni eseguite mi fanno ritenere che, in linea gene¬ rale, i pori dei verticilli successivi di un articolo tendono a convergere verso il margine distale dello stesso articolo. La detta convergenza viene realizzata con le due seguenti modalità le quali possono verificarsi anche contemporaneamente : 1) i pori dei verticilli inferiori tendono a assumere una inclina¬ zione minore rispetto a quelli superiori (tav, XV, fig. 5; tav. XVI, figg. 4-5); 2) le porzioni mediane e distali dei pori si incurvano gradualmente verso l’alto via via che ci si allontana dal sifone centrale (tav. XVI, fig, 1, lato sinistro del 1° articolo e lato destro del 2“ articolo); le deviazioni della porzione distale rispetto a quella prossimale dovevano essere tanto più accentuate quanto più quest’ultima era prossima a 90°. L'incurva¬ mento verso l'alto sembra interessare in modo talora marcato la por¬ zione distale dei verticilli mediani (generalmente il 2° e 3° verticillo) e forse, in parecchi casi, anche quelli del primo verticillo; ciò fa sì che gli articoli imbutiformi possano presentare il margine distale ben svi¬ luppato e sottile contrariamente a quanto è osservabile nella maggior parte degli esemplari figurati nella letteratura come Diplopora nodosa o Teutloporella nodosa (tav. IX, fìg. 3, lato destro del T articolo; tav. X, fìg. 2, lato sinistro del 4° articolo e lato destro del 5°-7° articolo). Questa seconda modalità di convergenza dei pori si adatta alle figure (lettera a e b; fig. 2) fornite da Schafhautl le quali, mostrano che i pori hanno 134 P. De Castro lunghezza differente nei verticilli successivi e, procedendo verso Festerno, si incurvano progressivamente verso l'alto e sono a contatto tra loro*. In seguito alla convergenza verso il margine distale le estremità dei pori tendono a disporsi parallelamente alla superficie laterale dell’arti¬ colo e vengono a toccare, o quasi, porzioni esterne, ma meno distali, dei pori del verticillo immediatamente superiore. In particolare, i pori del verticillo più basso tendono a disporsi, per tutta la loro lunghezza, paral¬ lelamente alla superficie laterale dell’articolo. L'andamento convergente dei pori verso il margine distale è do¬ vuto, probabilmente, al fatto che durante la vita dell'alga i rami di un articolo giacenti lungo la stessa verticale si appiccicavano tra loro per effetto della mucillagine formando un pennello di rami; l'inclinazione dei vari pennelli di rami verso l’alto, e non perpendicolarmente all’asse del tallo, era dovuta all'inclinazione oilginale dei rami fin dal tratto prossi¬ male oppure a fenomeni di fototropismo. Per quanto occasionalmente poteva succedere che una successione verticale di rami di un articolo si potesse flettere lateralmente addossan¬ dosi a quella contigua, p. es. a quella alla sua sinistra; ciò aveva come conseguenza che la mucillagine della prima successione non era più suf¬ ficiente a colmare il vano che la separava dalla successione verticale posta alla sua destra. Questo fenomeno potrebbe spiegare le soluzioni di continuità che presentano alcuni articoli in senso laterale (tav. Ili, figg. 10, 13; tav. IX, fig. 4, lato sinistro del 4“ articolo; tav. XII, fig. 3, lato si¬ nistro del 2“ articolo). Probabilmente è da addebitare ad un più stretto contatto dei rami di una stessa successione verticale, e quindi alla mancanza di mucilla- * Salomon (1895, p, 126) ritenne che i pori descritti da Schafhautl corrispon¬ dessero all’ornamentazione a coste e a solchi delle superfici laterale e superiore dell’articolo: « Su ogni articolo imbutiforme si vedono accennati, sia sopra che sotto, sottili solchi non ramificati che nel loro decorso verso l’alto, in corrispon¬ denza del descritto allungamento verticale dell’articolo imbutiforme, si piegano un po’ a forma di sciabola (Schafhautl, p. 328). (Auf jedem Trichterglied sieht man sie oben wie unten als zarte unverzweigte Rinnen angedeutet, die in ihrem Verlaufe nach oben in Folge der beschriebenen verticalen Verldngerung des Trichters ” etwas sdbelfórmig” (Schafhautl, p. 328) nach oben gebogen sind) ». L'interpretazione di Salomon, però, non trova alcuna giustificazione nella descrizione e nelle figure fornite da Schafhautl, il quale per la deduzione dei caratteri interni si servì, probabilmente, di esemplari rotti longitudinalmente o usurati che mostravano la distribuzione e l'andamento dei pori. Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 135 Fig. io. — Diplopora nodosa Scha- FHAUTL. Forma e anda¬ mento dei rami. A Ricostruzione del¬ la forma e dell’andamen¬ to dei rami nell’ipotesi che abbiano tutti la stes¬ sa ampiezza trasversale iniziale e lunghezza dif¬ ferente a seconda della posizione del verticillo nell’ambito dell’articolo. B Ricostruzione del¬ la forma e dell’andamen¬ to dei rami nell’ipotesi che abbiano tutti la stes¬ sa forma e la stessa lun¬ ghezza. C Ricostruzione del¬ la forma e dell’andamen¬ to dei rami secondo Pia (1920, fig. 9): i rami han¬ no tutti lo stesso anda¬ mento; presentano, però, forma differente a secon¬ da della posizione del verticillo nell’ambito del¬ l’articolo a causa di una diversa ampiezza trasver¬ sale del tratto prossi¬ male. 136 P. De Castro gine interposta, la presenza di « pori » di dimensioni inusitate riscontra¬ bili in qualche esemplare (tav, XII, fig, 3, lato sinistro del 7° e 8“ articolo); questi « pori » dovrebbero corrispondere al vano pertinente a più rami. In merito all'andamento dei pori (e quindi dei rami), situazioni mi¬ noritarie, differenti da quelle prima indicate, si possono verificare ma senza alterare, con la loro presenza, l’andamento più generale dei feno¬ meni descritti. Segnalo, p. es., le seguenti di cui si è tenuto conto nella ricostruzione del tallo (figg. 11-12). 1) I pori del verticillo più alto possono sboccare alla superficie su¬ periore dell’articolo dopo il bordo prossimale e prima del margine distale (tav. XVI, fig. 3 a, fig. 4, lato destro del 2° articolo, fig. 7); in alcuni di questi casi l’andamento iniziale dei pori è tale da far supporre che la porzione libera dei rami si adagiasse sulla superficie superiore dell’arti¬ colo (tav. XVI, figg. 3a-4). 2) I rami del verticillo superiore fuoriescono dal bordo prossimale dell’articolo (tav. XVI, primo articolo delle figg. 5-6) e la loro porzione libera poteva adagiarsi sulla superficie superiore dell’articolo (tav. XVI, fig. 5, primo articolo). 3) Vi sono degli indizi che i pori del verticillo inferiore dell’articolo possano emergere da esso continuando ad aderire col loro lato supe¬ riore alla superficie laterale dell’articolo (tav. XVI, fig. 1, lato destro e lato sinistro del 2° articolo; fig. 7, lato destro del 2° articolo). 4) È possibile che nei casi in cui il verticillo più basso è situato proprio in corrispondenza della superficie di congiunzione di due arti¬ coli, i suoi rami possano fuoriuscire dal manicotto calcareo e conservare un andamento indipendente da esso ^ Pia (1920) aveva riconosciuto il comportamento abbastanza vario del¬ l’andamento dei rami del primo verticillo nei confronti dell'articolo. L’autore, pur non accennandovi esplicitamente nel testo, ne tenne conto, però, nella ricostruzione del tallo dove rappresentò varie possibilità: i rami decorrono per intero all’interno dell’articolo; i rami emergono dal bordo prossimale per poi immergersi nell'articolo in corrispondenza del margine distale oppure, senza calcificare, si mantengono indipendenti dal manicotto calcareo. ^ Un accenno a questi verticilli situati al limite tra due articoli si legge anche in Pia (1920): «in Teutloporella nodosa vi sono verticilli di pori che si dispongono frequentemente nei solchi anulari dell’articolazione ». Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 137 Negli esemplari studiati, il tratto prossimale dei pori presenta solo occasionalmente un debole flesso in corrispondenza della superficie in¬ terna del manicotto; peraltro, questo carattere, se presente, sembra inte¬ ressare i pori dei verticilli superiori di un articolo mentre scompare negli altri (confronta lato sinistro del 4° e del 2° articolo di tav. X, fig. 2 e tav. XVI, figg. 3 ab). Pia (1920, p. 44, fig. 9) aveva messo in evidenza un sensi¬ bile flesso nel tratto prossimale dei pori e dei rami della ricostruzione di Teutloporella nodosa anche se questo carattere lo aveva riscontrato solo in qualche esemplare Nella popolazione lucana, questo andamento oltre a non evidenziarsi nella massima parte dei casi in cui il tratto pros¬ simale è osservabile per un certo tratto nelle sezioni assiali e subassiali, non è deducibile né dalle sezioni oblique, né da quelle tangenziali radenti alla superficie interna del manicotto calcareo. Peraltro, anche Pandamento perpendicolare all’asse del tallo della maggior parte dello sviluppo longi¬ tudinale dei pori, considerato da Pia come un fatto generale, rappresenta negli esemplari della Lucania una inclinazione possibile e, al tempo stesso, abbastanza rara (tav. X, fig. 2; tav. XVI, fig. 3). Le mie osserva¬ zioni sull'andamento dei pori differiscono da quelle di Pia anche per quanto riguarda la porzione distale dei pori e dei rami; questa, secondo Pia (1920, fig. 9) incideva la superficie laterale dell'articolo con un angolo relativamente elevato mentre, secondo me, almeno nella maggior parte Pia fu indotto alla detta interpretazione da esemplari in sezione simili a quelli riprodotti alla fig. 11 della sua tavola 2. Questa figura si riferisce alla sezione tangenziale di un articolo il cui taglio decorre parallelamente all’asse del tallo e in prossimità del vano interno del manicotto calcareo; essa mostra chiaramente le successioni di pori di due verticilli contigui. In ognuno di que¬ sti, i vani (sezioni di pori) dei quattro pori più interni sono costituiti da pic¬ cole ellissi allungate verticalmente ; esse potrebbero rappresentare sezioni di porzioni iniziali di pori poco inclinate rispetto all'asse del tallo. I vani ellittici di cui ora si è detto sono fiancheggiati da vani circolari di diametro decrescente verso l’esterno; questi rappresentano sezioni di porzioni di pori successive alle precedenti e maggiormente inclinate rispetto all’asse del tallo. La interpretazione fornita della fig. 11 di tav. 2 di Pia riuscirebbe, tuttavia, a spiegare l’andamento della porzione prossimale dei pori quale supposta da Pia ma non la forma dei pori quale figurata dallo stesso Autore nella ricostru¬ zione del tallo di T. nodosa; per soddisfare anche a questo carattere i vani cir¬ colari, immediatamente contigui ai vani ellittici, sarebbero dovuti essere molto più ampi in senso orizzontale poiché pertinenti alla porzione più dilatata del ramo tricoforo. 138 P. De Castro dei casi, aveva più o meno la stessa inclinazione della superficie la¬ terale Forma e dimensione dei pori. I pori sono sottili, di tipo tricoforo e presentano per tutta la lunghezza la sezione trasversale circolare. Il fatto che soprattutto la loro porzione mediana e quella distale risultino quasi sempre obliterate è da addebitare, almeno in parte, al lume minore che essi presentano procedendo verso l'estremità. La loro porzione iniziale è lievemente dilatata nel piano del verticillo; ciò è osservabile nelle sezioni subtrasversali o oblique che interessano la porzione iniziale dei pori (tav. " SuH'andamento dei pori, Pia (1920, p. 44) si esprime così: « I pori, all’inl zio, sono perpendicolari all’asse del manicotto calcareo; poi si curvano lieve¬ mente verso l’alto senza, però, ripetere fedelmente il contorno degli articoli. In ogni articolo il verticillo inferiore esce per primo dallo scheletro calcareo mentre quello superiore sembra, molto spesso, inviluppato in esso salvo nelle vicinanze della cellula assiale dove è denudato per un tratto molto lungo della sua lunghezza. In qualche caso i pori, da quando fuoriescono dalla cavità in¬ terna per entrare nel manicotto calcareo, si dirigono prima nettamente verso l’alto prima di assumere un andamento orizzontale ; tenuto conto della curva¬ tura della porzione distale essi prendono, allora, la forma di una S. (Die Poren verlaufen anfangs ziemlich senkrecht zur Achse des Skelettes, dann biegen sie sich etwas auf, ohne sich dabei streng an die Kontur der Glieder zu halten. Der unterste Wirtel jedes Gliedes tritt am friihesten aus dem Skelett aus, der oberste scheint ófter nur teilweise, nàmlich in einem dusseren Abschnitt, von demselben umhiìllt zu sein, in der Ndhe der Stammzelle aber auf einer ziem¬ lich langen Strecke blosszuliegen. In einigen Fdllen kann man beobachten, dass die Poren unmittelbar nach ihrem Eintritt von inneren Hohlraum aus in das Skelett stark gegen oben verlaufen und sich dann erst horizontal legen, so dass sich zusammen mit der Aufbiegung des distalen Teiles eine S-fórmige Kriimm- ung ergibt {taf.. 2, fìg. 11). Per quanto Pia dica d'aver osservato solo in qualche caso che i pori si di¬ partono nettamente verso l’alto prima di assumere un andamento orizzontale, tuttavia, tende a generalizzare questo concetto; alla stessa p. 44, in prosecu¬ zione del brano riportato, è detto: « presso gli esemplari in cui questa curva¬ tura non è visibile, non si può sapere se essa manca realmente o se si svilup¬ pava prima di raggiungere il manicotto calcareo. {Ob bei den Exemplaren, bei denen man die zuletzt beschriebene Biegung im proximalen Teil der Aste nicht sieht, diese Biegung ganz fehlt oder einwdrts von der verkalkten Region liegt, Idsst sich nicht entscheiden) ». Inoltre, senza alcuna restrizione, alla pag. 45 accenna: « alla curvatura caratteristica dei rami di T eiitlo por ella nodosa nelle porzioni prossimali, {endlich die eigentiimliche Knickimg der Aste von Teiitlo- porella nodosa im proximalsten Teil, die ganz besonders charakteristisch, aber freilich nicht regelmdssig zu beobachten ist) ». Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 139 XIV). Successivamente, procedendo verso Testerno, i pori si assottigliano molto lentamente (tav. XIV, fig. 6; tav. XV, fig. 4; tav. XVI, fig. 5); talora, però, possono presentare un lume costante per un certo tratto della por¬ zione prossimale (tav. XV, fig. 3, lato destro del 2° articolo). L'ampiezza trasversale della porzione prossimale, misurata presso la superficie interna del manicotto, è di 0,06-0,14 mm e, più spesso, di 0,08- 0,12 mm (fig. 9); questi dati sono dedotti da 95 manicotti incompleti. L'ampiezza trasversale del tratto prossimale dei pori (da non confon¬ dere con l'ampiezza del tratto longitudinale in cui i pori di verticilli suc¬ cessivi presentano le dimensioni maggiori) è da considerare costante in tutti i verticilli di un articolo (tav. X, fig. 3, lato destro del 3° e del T ar¬ ticolo; tav, XIII, fig, 4; tav. XV, fig. 1; tav. XVI, fig. 2 a, secondo articolo e primo verticillo del terzo articolo; tav. XVI, fig. 6; tav. VII, fig. 4, lato sinistro del 6° e del 7° articolo). Si possono riscontrare numerose ecce¬ zioni al comportamento generale ora detto; esse, però, a causa della fre¬ quenza minore e della irregolarità con cui si presentano, non esprimono, secondo me, tendenze generalizzabili. Vi sono, in proposito, sezioni in cui l'ampiezza iniziale dei pori è maggiore nei verticilli mediani (tav. XVI, fig, 2 b, articolo della porzione mediana inferiore della figura); questo caso era stato ritenuto da Pia (1920) quello normalmente ricorrente negli esemplari della Marmolada: « Nella porzione mediana di un articolo, i rami presentano lo spessore massimo; nella porzione superiore ed in quella inferiore, invece, sono presenti uno o due verticilli i cui rami sono molto sottili perfino nella porzione prossimale. (Es scheint mir, dass Wir- telserien vorhanden sind, so dass die Zweige in der Mitte jedes Gliedes am dicksten sind, wàhrend oben und unten je ein bis zwei Wirtel mit auch im proximalen Teil viel schxvdcheren Asten stehen) ». Peraltro, negli esemplari da me studiati ve ne sono alcuni che met¬ tono in evidenza situazioni opposte a quelle prima dette: nella sezione longitudinale di tav. XIII, fig. 1, nel tratto in cui il taglio decorre tangen¬ zialmente in prossimità del vano interno del manicotto, si nota al 13°, 14‘ e 16° articolo che i pori dei verticilli estremi presentano un vano uguale o lievemente superiore a quello dei verticilli intermedi. Nella stima della ampiezza iniziale dei pori bisogna porre attenzione a non rimanere influenzati dalla estenzione del tratto in cui il poro pre¬ senta le dimensioni maggiori. Probabilmente l'ampiezza di questo tratto è proporzionale alla lunghezza del poro, è maggiore nei verticilli inter¬ medi e decresce verso quelli più bassi dell'articolo (vedi lunghezza dei pori). 140 P. De Castro ► Fig. 11. — Diplopora nodosa Schafhautl. Ricostruzione del tallo in veduta lon¬ gitudinale. A Articolo in sezione assiale; sono stati omessi i rami e il si¬ fone centrale allo scopo di evidenziare la calcificazione. B Sifone centrale, rami e calcificazione relativi a quattro arti¬ coli successivi in sezione assiale. C Veduta prospettica dei rami di una serie di verticilli e del sifone centrale privati della calcificazione. I rami sono disegnati per intero soltanto sui lati del sifone centrale; frontalmente sono dise¬ gnati soltanto i punti di inserzione dei rami. D Veduta prospettica dei rami di una serie di verticilli privati della calcificazione. E Veduta prospettica della porzione calcificata (articolo) di una serie di verticilli. Fra D ed E è presente una serie di verticilli di cui si sono indi¬ cati soltanto i punti di inserzione dei rami sul sifone centrale. In C e D, i rami sul lato destro della figura sono provvisti di capillari assimilatori; questi non sono stati disegnati sugli altri rami per non appesantire la figura. I capillari non sono deducibili dal manicotto calcareo perché non calcificavano; la loro presenza è ritenuta proba¬ bile perché rappresentano un mezzo d’assimilazione più vantaggioso dell’estremità distale di rami trichofori. La figura mette in evidenza oltre ai motivi morfologici più fre¬ quentemente ricorrenti (rami obliqui tutti all’interno dell’articolo e con ampiezza trasversale del tratto iniziale costante in tutti i verti- ticilli; superficie di congiunzione tra articoli contigui continua) anche i seguenti comportamenti particolari : — La superficie di congiunzione tra due articoli contigui è par¬ ziale (lato sinistro del 3° articolo) o assente (1° articolo). — In seguito ad una distribuzione originale di mucillagine non uniforme l'altezza di un articolo (Ht e Hp) non è costante (2" e 3“ articolo) (vedi spiegazione nel testo). — Il bordo prossimale può essere rilevato (1° e 5° articolo) o non (2° e 4“ articolo). — I rami del verticillo più alto di un articolo fuoriescono dalla superficie superiore dell’articolo in corrispondenza del bordo prossi¬ male adagiandosi su di essa (lato sinistro del 4° articolo) o da un punto compreso tra il bordo prossimale e il margine distale (lato destro del 3° articolo). — Il verticillo più basso di un articolo presenta rami più sottili di quelli dei verticilli sovrastanti (5° articolo). — I rami del verticillo più basso di un articolo fuoriescono dal manicotto calcareo: si mantengono indipendenti dall’articolo (lato destro del 4° articolo e lato sinistro del 2“ articolo) oppure si ada¬ giano sulla sua superficie laterale (lato sinistro del 3° articolo). Fig. 12. — Diplopora nodosa Schafhautl. Ricostruzione del tallo in veduta tra- | sversale. ì B Porzione delParticolo che mostra, in sezione, il sifone cen- \ trale, i rami e la calcificazione del 2° verticillo. La figura non rap- ? presenta una sezione trasversale ma è la superficie, generalmente | concava verso l’alto, in cui giacciono gli assi dei rami del 2° verticillo. ^ C Porzione dell’articolo che mostra, in prospettiva, il sifone cen- I trale e i rami del 2° verticillo privati della calcificazione e provvisti 1 di capillari assimilatori; questi ultimi, per non appesantire il disegno, | sono riportati all'estremità di alcuni rami. I capillari non sono dedu- ] cibili dal manicotto calcareo perché non calcificano ;la loro presenza j è ritenuta probabile perché rappresentano un mezzo d’assimilazione t più vantaggioso dell'estremità distale dei rami tricofori. j E Superficie superiore di una porzione dell’articolo; il bordo I prossimale è rilevato nella porzione superiore mentre non lo è nella porzione inferiore. Questo settore della figura mette in evi- . denza il comportamento variabile dei rami del primo verticillo. | Questi fuoriescono, di norma, in corrispondenza del margine di- | stale; talora, però, fuoriescono dal bordo prossimale adagiandosi | per un tratto più o meno ampio sulla superficie superiore dell’arti- | colo QRpure fuoriescono da , punti compresi tra il bordo prossimale | e il margine distale. | Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc, 143 Lunghezza dei pori. La lunghezza dei pori è il fatto più difficile da accertare in questa specie a causa delFobliterazione che interessa soprat¬ tutto le loro porzioni mediane e distali. Gli articoli che mettono in evi¬ denza queste porzioni dei pori sono così pochi da consentire soltanto deduzioni di carattere generale sulla forma e sulFandamento dei rami ma non osservazioni dettagliate su tutta la loro lunghezza nei verticilli suc¬ cessivi di un articolo. Su questo carattere, perciò, le ipotesi plausibili sono, secondo me, quelle sottoindicate le quali sono molto prossime tra loro ma non identiche. 1) In una prima ipotesi (fig. 10, A) che, per i motivi riportati in seguito, a me sembra più probabile, i pori presentano lunghezza diffe¬ rente a seconda della posizione del verticillo nelFambito delFarticolo; la loro lunghezza decresce, più o meno regolarmente, dal secondo verticillo verso quello più basso. I pori del verticillo più alto (1° verticillo) hanno lunghezza variabile; di norma sono più corti di quelli del secondo e del terzo; possono essere più lunghi, uguali o più corti di quelli dei verticilli più bassi. L'ipotesi espressa si basa sulla possibilità che, negli articoli in cui il tratto prossimale dei pori è osservabile per un certo tratto in tutti i ver¬ ticilli, la lunghezza del tratto prossimale sia proporzionale alla lunghezza totale del poro; nella popolazione studiata si sono osservati una quindi¬ cina di articoli in cui le lunghezze delle porzioni prossimali dei pori ri¬ flettono quelle ipotizzate per l'intera lunghezza dei pori nei verticilli suc¬ cessivi di un articolo (tav. XV, figg. 2,4; tav. XVI, fig. 2 b, articolo medio inferiore della figura; tav. XVI, fig. 5, lato sinistro del primo articolo). Il fatto che la porzione più robusta di un poro si estenda in misura di¬ versa verso l'esterno nei verticilli di un articolo fa sì che i tagli dei pori di verticilli successivi possano dare luogo a figure circolari equidimen- sionali soltanto nelle sezioni tangenziali molto prossime alla superficie interna del manicotto calcareo (tav, XIII, fig. 1, dodicesimo articolo; tav. XIII, fig. 4, quinto e tredicesimo articolo). Questa ipotesi si adatterebbe meglio di quella successiva alle figure fornite da Schafhautl (vedi andamento dei pori) e da Pia (1920). Peral¬ tro, l'esistenza di rami tricofori il cui spessore è costante nel tratto ini¬ ziale di verticilli successivi, mentre diminuisce in varia misura verso l'esterno a seconda del verticillo, è stata già dimostrata inequivocabil¬ mente da Pia (1912, p. 40) in Teutloporella triasina (Schauroth). 2) In una seconda ipotesi (fig. 10, B) tutti i rami (e quindi anche i pori) di un articolo hanno la stessa forma e la stessa lunghezza; anche 144 P. De Castro essi si raggruppano in pennelli rivolti verso l’alto per gli stessi motivi già esposti in precedenza. Questa ipotesi, così come la precedente, sod¬ disferebbe a tutte le configurazioni dei tagli di pori fin’ora osservate nei vari tipi di sezione. Serie di verticilli e perannulazione. Secondo Pia (1912, p. 32; 1920) la serie di verticilli è costituita da un gruppo di verticilli successivi, dif¬ ferenti tra loro per la forma dei rami, la cui configurazione complessiva si ripete periodicamente lungo il sifone centrale; i rami sono uguali (hanno cioè la stessa forma e le stesse dimensioni) nell’ambito di uno stesso verticillo ma differiscono da quelli dei verticilli contigui; il con¬ cetto di serie di verticilli interessa, quindi, la forma e le dimensioni dei rami ma non la loro inclinazione. La perannulazione, carattere del ma¬ nicotto calcareo, è una annulazione che interessa un tallo con rami rag¬ gruppati in serie di verticilli. Si potrebbe parlare, quindi, di serie di verticilli e di perannulazione nella popolazione studiata solo nel caso, secondo me più probabile, che fosse valida la prima ipotesi formulata sulla lunghezza dei rami: forma, lunghezza e andamento lievemente differenti a seconda della posizione del verticillo nell’ambito dell’articolo. Il raggruppamento dei verticilli in serie e la perannulazione non sus¬ sisterebbero se, invece, fosse vera la seconda ipotesi: rami di forma e lunghezza uguali ma con andamento lievemente differente a seconda della posizione del verticillo nell’articolo. Ricordo che secondo Pia (1920) la organizzazione in serie di verticilli in Teutlo por ella nodosa era dovuta alla variazione dello spessore (am¬ piezza della sezione trasversale) dei pori nel tratto successivo al loro flesso iniziale. Quest'Autore, nella ricostruzione del tallo della specie men¬ zionata, attribuisce ai rami dei verticilli successivi di un articolo anche una lunghezza differente senza, però, accennarvi esplicitamente nel testo. Microfacies e ambiente. La roccia che contiene gli esemplari studiati è un calcare di colore grigio-chiaro che in sezione sottile si presenta ricco di granuli, di micrite (limo) e di cemento spatico; essa è definibile un Packstone secondo la classificazione di Duhnam. I granuli sono rappresentati soprattutto dai bioclasti venutisi a for¬ mare in seguito alla disarticolazione dei manicotti di Diplopora nodosa; subordinatamente sono costituiti anche da microfossili integri (bioso- mata). II cemento spatico (vedi tav. XVIII) colma la parte superiore di in¬ terstizi pavimentati (floored interstices in Duhnam) cioè dei vani più o Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 145 meno irregolari limitati inferiormente da micrite e superiormente da granuli; oppure riempie totalmente o parzialmente le cavità assiali dei manicotti algali mettendo in evidenza, molto spesso, strutture geopete. Frequentemente attorno ai manicotti incompleti di Diplopora nodosa, sia al lato esterno sia a quello interno, sono presenti uno o due involucri di calcite fibrosa costituiti da cristalli aciculari disposti perpendicolarmente agli involucri stessi; questi involucri si possono estendere dai manicotti algali ad altri granuli vicini. I fossili sono rappresentati soprattutto da alghe; in misura del tutto subordinata da foraminiferi (piccole Trocholina, forme a guscio arenaceo, Nodosariidae) e da problematici (Tubiphytes obscurus Maslov e, occa¬ sionalmente, da forme riferibili dubitativamente a Ladinella porata Ott); raramente sono presenti piccoli gasteropodi e valve isolate di minuti la- mellibranchi. Le alghe sono costituite per la massima parte da Dasicladacee; tra queste Diplopora nodosa è la specie di gran lunga più abbondante. Sono anche presenti, ma con scarsa frequenza, aggregati filamentosi riferibili probabilmente a Cianoficee. L'interpretazione dell'ambiente in cui visse Diplopora nodosa in Lu¬ cania pone dubbi non risolvibili in questa sede perché il campione stu¬ diato è stato « scelto » per la abbondanza delle alghe presenti per cui po¬ trebbe non essere quello più indicativo dell'ambiente di deposizione. Con le riserve che provengono da quanto si è detto, il campione permette di riconoscere tre fasi successive nella storia del sedimento originario le quali, unitamente al valore dei fossili presenti, conducono a una stessa interpretazione ambientale. In una prima fase si ebbe la disarticolazione dei manicotti; ciò non avvenne, secondo me, in seguito ad una energia cinetica elevata ma alla connessione modesta o precaria degli articoli e alla lunghezza dei mani¬ cotti. Questa ipotesi mi sembra avvalorata dal fatto che i margini distali degli articoli, per quanto siano sottili e sfrangiati, non si presentano ar¬ rotondati per usura o spezzati. In una seconda fase si ebbe la deposizione degli involucri calcitici di prismi aciculari attorno e all'interno dei manicotti incompleti. In una terza fase vennero colmate da materiale spatico le porzioni superiori degli interstizi pavimentati e delle strutture geopete; l'orientamento comune di queste ultime permette di stabilire che le condizioni di tranquillità del sedimento perdurarono fino all’inzio della diagenesi. I caratteri tessiturali della roccia, lo stato di conservazione degli ar¬ ticoli, l'abbondanza della micrite, l'abbondanza degli interstizi pavimen¬ to 146 P. De Castro tati e delle strutture geopete parlano, quindi, in favore di una sedimen¬ tazione in ambiente tranquillo o relativamente tranquillo. Questa ipotesi sembra confermata dall'assenza di organismi adattati a condizioni di energia cinetica elevata; nonostante le numerose osservazioni eseguite da ScANDONE e da De Lorenzo non sono stati riscontrati nelle rocce a Diplo- pora nodosa organismi costruttori viventi in condizione di agitazione delle acque (coralli , alghe rosse, spugne calcaree, vermi, etc.). L’abbondanza delle Dasicladacee non si oppone a quanto si deduce dalla tessitura delia roccia e permette di precisare che la sedimentazione si effettuava in un ambiente di scarsa profondità con temperatura delle acque relativamente elevata. Le Dasicladacee calcificate, infatti, oggi pro¬ sperano nelle acque calde e poco profonde dei mari tropicali. Le rocce a Diplopora nodosa della Lucania, non stratificate o mal stratificate, spingono a valutare non solo la possibilità che esse rappre¬ sentino formazioni di scogliera tipo patch-reef (ipotesi accettata fin'ora) ma anche la possibilità che queste rocce si siano formate nelle parti di una laguna più prossime al corpo della scogliera così come è stato ac¬ certato da Ott (1972) nelle Alpi settentrionali e nella Penisola di Kara- burun (Turchia). Distribuzione stratigrafica e geografica. Fino ad una diecina di anni fa Diplopora nodosa (= Teutloporella nodosa) era ritenuta essenzialmente una specie di età ladinica (Pia, 1920, 1940; Bystricky, 1964; etc.). Attual¬ mente si è inclini a riconoscerle anche una distribuzione stratigrafica più ampia sia per i dati emersi da nuove segnalazioni sia perché è stata pre¬ cisata l'età di alcune formazioni in cui era stata riscontrata dai primi Autori: p. es. il « Calcare della Marmolada » e la « Dolomia dello Sciliar ». In particolare Ott (1972), in un lavoro di sintesi sulla distribuzione stra¬ tigrafica delle Dasicladacee triassiche delle Alpi, precisa che questa specie è presente dalla parte più alta dell’Anisico (Illirico superiore) fino a tutto il Ladinico. La distribuzione areale di Diplopora nodosa si estende sulle catene alpine s.l. dell’Europa, centrale e orientale, e della porzione più occiden¬ tale della Turchia. In particolare, la specie è segnalata nelle seguenti località. Repubblica Federale di Germania. Nelle Alpi Bavaresi, è presente allo Zugspitze (a Sud di Garmisch), al Wetterstein Gebirge e al Rossstein (a E-NE di Garmisch) dove fu segnalata da Schafhautl (1863) e, limita¬ tamente allo Zugspitze, da Gùmbel (1872). Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 147 Austria. È presente nella zona di Innsbruck, all’Hottinger Alpe (Gumbel, 1872) e al Karwendengebirge (Ott, 1967, pp. 73, 76). Italia. Nelle Alpi meridionali, in terreni in facies di Schlern-dolomit è presente alla Mendola (Schlerndolomit der Mendel, in Pia, 1920) a SO di Bolzano (Gumbel, 1872) e, forse, al Monte Cislon presso Egna (= Neu- markt; Pia, 1920). Nelle Dolomiti è presente alla Marmolada (Salomon, 1895; Pia, 1920). Sia il « Calcare della Marmolada (Marmolatakalke) » quanto la « Dolomia dello Sciliar (Schlerndolomit) » vengono riferiti oggi all'Anisico superiore (Illirico superiore) e al Ladinico inferiore (Pisa, 1974). In Lucania, la specie è segnalata in varie località, riportate in se¬ guito, della provincia di Potenza, in rocce attribuite al Ladinico (De Lo¬ renzo, 1896, 1897; Scandone, 1967, 1972). Iugoslavia. Ladinico della Slovenia, a Brdo ad Ovest di Trzic (He- RAK, 1965 a; Buser e Ramovs, 1968). Anisico-Ladinico della Croazia nord- occidentale, zona di Gorski Gotar (Herak et al., 1967; Ramovs, 1973). Ani¬ sico-Ladinico della Croazia occidentale e centrale (Lika), zone di Velika Popina, Suplje Brdo, Velika Paklenika e SV. Rok (Herak, 1965 ab; Herak et al., 1967). Ladinico della Croazia meridionale, a Orlovica e Debelo Brdo, ambedue presso Knin (Herak, 1965 a). Ladinico della Serbia centro-occi¬ dentale, alla Montagna Tara (Pantic, 1966/67). Ladinico del Montenegro (Pantic, 1967, 1971/72, 1975), nelle zone di Golija e Durmitor (Pantic e Rampnoux, 1972) e ai Monti Prokletije (Pantic, 1973/74, 1974). Cecoslovacchia. Ladinico inferiore delle Gemeridi (Carpazi occiden¬ tali), nelle zone del Villaggio Debad e di Plesievec (Bystricky, 1957; 1964, p. 64, tab. IX; Bystricky e Kollarova Andrusova, 1961; Byely e Bystricky, 1964). Romania. Patrulius (1970) e Patrulius et al. (1971) la segnalano al Dealul Melcilor-Brasov (Postavarul Massif, Carpazi orientali) in una successione che attribuiscono al Ladinico ma che, secondo Dragastan e Gradinau (1975), abbreccerebbe un intervallo stratigrafico più ampio, com¬ preso tra il Ladinico e il Carnico inferiore. Turchia. Ladinico della Penisola di Karaburun (Ott, 1972). Nell'Appennino meridionale, le località della Lucania in cui è pre¬ sente Diplopora nodosa sono le seguenti. 1) Circa 1.200 m ad E-SE di Monte Arioso, tra Croce Camillo, Serra Giumenta, Serra Marlevante e La Maddalena (tav. 199 II NO-Marsico Nuovo). 2) Circa 1.000 m a Nord di Monte Facito, in direzione di Piano Bellagamba (tav. 199 II NO-Marsico Nuovo). 148 P. De Castro 3) Circa 800 m a Ovest di Monte Maruggio (tav. 199 II NO-Marsico Nuovo). 4) Cava a Sud deH’abitato di Marsico Nuovo, in località « Il Ca¬ stello » (tav. 199 II SO-Marsico Vetere). 5) Zona compresa tra La Manca, Capo Macchia, Il Parco, Pezza la Quagliara e L’Acqua Morcine (tav. 199 I SO-Pignola). 6) Zona compresa tra Masseria Spera, Schiena Rasa, Case Pascale, Masseria Barco, Torricello, Masseria Isca Colonia, Case Stella (tav. 199 IV SE-Tito). 7) Località Murge del Principe (angolo SO della tav. 210 I SE-Moli- terno e angolo NO della tav. 210 II NE-Monte Sirino). BIBLIOGRAFIA Azzaroli a., 1962 - Affioramenti di calcare permiano presso Abriola. Boll. Soc. geol. ital., 81, n. 1, pp. 85-86 (Roma). Bassoullet J. P., Bernier P., Conrad M. A., Deloffre R., Jaffrezo M., 1978 - Les algiies dasycladales du Jiirassique et du Crétacé. Geobios.; mém. spécial n° 2, pp. 1-330, 40 tavv. (Lyon). Buser S. e Ramovs A., 1968 - Razwoj triadnih skladov v slovenskih zunanjih Dinaridih {Entwicklung der Trias-Schichten in den slowenischen Aussen- Di- nariden). Prvi Kolokvij o Geologiji Dinaridov, Ljubljana 20-25 Junije 1966; 1, pp. 32-42 (Ljubljana). Byely a. e Bystrtcky J., 1964 - Die Dasycladaceen in der Trias der Westkarpaten. Geol. Sbornik; 15, n. 2, pp. 173-188, 1 tab. (Bratislava). Bystricky J., 1957 - Prispevok kii poznanin Diplopor Triasu Gemerid. Geol. Sbor¬ nik; 8, n. 2, pp. 226-241, 7 tabb., 5 tavv. (Bratislava). (Trad. BRGM, n“ 1980, Paris) . Bystricky J., 1964 - Slovensky Kras. Stratigrafie a Dasycladaceae mezozoika slovenskeho krasu. Ustredny ustav geologicky; pp. 1-204, 38 tavv. (Bratislava). Bystricky J., 1967 - Die obertriadischen Dasycladazeen der Westkarpaten. Geol. Sbornik; 18, n. 2, pp. 285-307, 3 figg., 10 tabb., 18 tavv. (Bratislava), Bystricky J. e Kollarova-Andrusovova V., 1961 - Biostratigraphie du Trias des Karpates occidentales d’après les Dasycladacées et les Ammonoidés. Geol, Pràce; 60, pp. 107-112 (Bratislava). De Capoa Bonardi P., 1970 - Le Daonelle e le Halobie della serie calcareo-silico- marnosa della Lucania {Appennino meridionale). Studio paleontologico e biostratigrafìco. Mem. Soc. Natur.; suppl. boli. 78, 1969, pp. 1-127, 20 figg., 19 tavv. (Napoli). De Lorenzo G., 1896 - Studi di geologia nell’ Appennino meridionale. Atti Acc. Se. fis. mat., s. 2, 8, n. 7, pp. 1-128, 12 figg. (Napoli). De Lorenzo G., 1897 - Fossili del Trias medio di Lagonegro. Paleontographia Ita¬ lica; 2, 1896, pp. 113-148, 6 tavv. (Pisa). Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 149 Dragastan O. e Gradinaru E., 1975 - Asupra unor alge, foraminifere, sphinctozoare si microproblematice din Triasicul din Carpati orientali si Dobrogea de Nord. St. cere. geol. geofiz. geogr., Seria geologie; 20, pp. 247-254, 2 fìgg., 6 tavv. (Bucuregti). Frech F., 1903 - Lethaea geognostica. II Teil. Das Mesozoicum. XVI -f 623 pp., 116 pagine con figure e 25 con tabelle, 13 tabb. fuori testo, 27-1-68 tavv., 1 carta paleogeografica (Stuttgart) . Gumbel C. W., 1872 - Die sogenannten Nulliporen (Lithothamnium und Dactylo- porideae) und ihre Betheiligung an der Zusammensetzung der Kalkgestein. I Theil: Die Nulliporen des Thierreichs (Dactyloporideae) . Abh. bayer, Akad. Wiss. Kl. 2°; 11, parte 1“, pp. 1-285, 4 tavv. (Miinchen). Herak M., 1965 a - Comparative study of some Triassic Dasyclacadeceae in Yugo- slavia. Geol. Vjesnik; 18, n. 1, pp. 3-34, 1 fig. 15 tavv. (Zagreb). Herak M., 1965 b - Naslage Trijasa u okoloici Sv. Roka u Liei. Acta geologica; 5, pp. 85-100, 1 fig., 1 carta geol. (Zagreb). Herak M., Sokc B., scavnicar B., 1967 - Correlation of thè Triassic in SW Lika, Paklenica and Gorski Kotar (Croatia). Geol. Sbornik; 18, n. 2, pp. 189-202, 5 figg., 1 tab. (Bratislava). Luperto e., 1965 a - Foraminiferi del «Calcare di Abriola» (Potenza). Boll. Soc. paleont. ital.; 4, n. 2, 1965, pp. 161-207, 10 figg., 1 tab., 17 tavv. (Modena). Luperto E., 1965 b - Sezioni di forme nodosaroidi permiane del « Calcare di Abriola» (prov. Potenza, Appennino meridionale). Boll. Soc. paleont. ital.; 4, n. 2, 1965, pp. 208-215, 3 tavv. (Modena). Mojsisovics E., 1896 - Zur Alterbestimmung der sicilischen und suditalianischen Halobienkalke. Verhandl. K. K. geol. Reichsanst.; n. 13, 25 pp., 2 tabb. (Wien). Ott E., 1967 - Segmentierte Kalkschwàmme (Sphinctozoa) aus der alpinen Mit- teltrias und ihre Bedeutung als Riffbildner im Wettersteinkalk. Bayer. Ak. Wiss., math.-natw. KL, N.F.; 131, pp. 1-96, 9 figg., 5 tabb., 10 tavv. (Miinchen). Ott e., 1972 a - Mitteltriadische Riffe der nórdlichen Kalkalpen und altersgleiche Bildungen auf Karaburun und Chios (Agdis). Mitt. Ges. Geol. Bergbaustud. ; 21, pp. 251-276, 8 figg., 2 tavv. (Innsbruck). Ott e., 1972 b - Zur Kalkalgen-Stratigraphie der alpinen Trias. Mitt. Ges. Geol. Bergbaustud.; 21, pp. 455-464, 1 fig. (Innsbruck). Ott e., 1972 c - Die Kalkalgen-Chronologie der alpinen Mitteltrias in Angleichung an die Ammoniten-Chronologie. N. Jb. Geol. Palàont. Abh.; 141, n. 1, pp. 81- 115, 2 figg., 1 tab. (Stuttgart). Ott e., 1975 - Teutlo por ella echinata n. sp., eine nette Dasycladacee aus dem Esinokalk der Lonbardischen Alpen (Mitteltrias, Norditalien). Mitt. Bayer. Staatssamml., Palaont. hist. Geol.; 15, pp. 113-117, 3 figg., 1 tav. (Miinchen). Pantic S., 1966/67 - Mikropaleontoloske karakteristike srednjeg i gornjeg trijasa planine Tare (zapadna Srbija). Vesnik Zavod Geol. Geof. Istrazivanja; s. A., 24/25, pp. 245-253, 1 fig., 1 tav. (Beograd). Pantic S., 1967 - Trijaski mikrof osili severozapadne Crne Gore. Bull. geol. Inst. geol. Montenegro; pp. 89-99, 1 fig., 5 tavv. (Titograd). Pantic S., 1971/72 - Mikropaleontoloske i biostratigrafske odlike trijaskih kar- bonatnih sedimenata busotine SB-2 na profilu brane HE Mratinje (Crna Gora). (Caraetéristiques micropaléontologiques et biostratigraphiques des 150 P. De Castro sédiments triassiques carbonatés du pidt SB-2 sur le profìl du barrage de la centrale hydroélectrique de Mratinje {Monténègro}. Vesnik; s. A., 29/30, pp. 271-308, 1 fig., 14 tavv. (Beograd). Pantic S., 1973/74 - Prilozi sa stratigrafiju Trijasa Prokletija. Vesnik; 31/32, pp. 135-167, 1 fig., 9 tavv, (Beograd). Pantic S., 1974 - Contributions to thè stratigraphy of thè Triassic of thè Prokle- tije Mountains {Prilozi za stratigrafiju trijasa Prokletija). Bull, sci.; sec. A, 19, pp. 3-4, 1 fig. Pantic-Prodanovic S., 1975 - Les microfacies triasiques des Dinarides. Le Monté¬ nègro, la Bosnie orientale, VHérzegovine et la Serbie occidentale. Monogra- phies Soc. Se. Arts Monténègro, Cl. Se. nat.; 4, pp, 1-257, 100 tavv. (Titograd). Pantic S. e Rampnoux J. P., 1972 - Concerning thè Triassic in thè Jugoslavian Dinarids {Southern Serbia, Eastern Montenegro) : microfacies, microfaunas, an attempt to give a paleogeographic reconstitution. Mitt. Ges. Geol. Berg- baustud.; 21, pp. 311-326, 2 figg., 3 tavv. (Innsbruck). Patrulius D., 1970 - Inventar sumar al algelor Dasycladaceae triasice din Car¬ pata Romànesti. D. S. Inst. geol; 55, (1967-68), Paleont., pp. 187-200 (Bucu- re§ti), Patrulius D., Bleahu M., Popescu L, Bordea S., 1971 - Guidebook to excursion of thè II Triassic Colloquium Carpatho-Balkan Association. Pubblicazione Ist, geol., guida alle escursioni n. 8, pp. 1-85 (Bucure§ti). Pia J., 1912 - Nette studien iiber die triadischen Siphoneae verticillatae. Beitr. Palàont. Geol. Ost.-Ung.; 25, pp. 25-81, 24 figg., 7 tavv. (Wien). (Trad. BRGM n. 123, Paris). Pia J., 1920 - Die Siphoneae verticillatae von Karbon bis zur Kreide. Abh. zooL- botan. Gesell. Wien; 11, n. 2, pp. 1-263, 27 figg., 8 tavv. (Wien). (Trad. Inst. frangais Petrole, Paris). Pia J., 1927 - (in Hirmer M., Handbuch der Paldobotanik, 1). Thallophyta. pp. 31-136, figg. 14-129 (Munchen e Berlin). Pia J., 1940 - Die gesteinsbildenden Algen des Hòllengebirges. Jb. Ver. Landes* kunde Heimatpflege Gau Oberdonau; 89, pp. 239-266, 5 figg., 5 tavv. (Linz/ Donau) . Pisa G., 1974 - Stratigraphische Tabelle der siidalpinen Trias. Die Stratigraphie der alpin-mediterranen Trias (Symposium, Wien, Mai, 1973); 2, p. 160, 1 tab. (Wien). Ramovs a., 1974 - Die Trias in Jugoslavien. (in Die Stratigraphie der alpin-me¬ diterranen Trias; Symposium Wien, Mai, 1973). Schriftenreihe Erdwiss. Komm. Osterr. Akad. Wiss.; 2, pp. 161-165 (Wien). Salomon W., 1895 - Geologische und paldontologische Studien iiber die Marmo¬ lata. Palaeontographica ; 42, pp, 1-210, 14 figg., 8 tavv. (Stuttgart). SCANDONE P., 1964 - Nota preliminare sui foraminiferi delle scogliere triassiche della Lucania. Boll. Soc. Natur.; 73, 1964, pp. 167-269 (Napoli). ScANDONE P., 1967 - Studi di geologia lucana: la serie calcar eo-silico- marnosa e i suoi rapporti con V Appennino calcareo. Boll. Soc. Natur.; 76, 1967, 162 pp., 68 figg., 17 tavv. (Napoli). SCANDONE P., 1972 - Studi di geologia lucana: carta dei terreni della serie calca- reo-silico-marnosa e note illustrative. Boll. Soc. Natur.; 81, 1972, pp, 225-300, 3 figg., 3 tabb., 2 tavv., 3 carte geologiche (Napoli). Osservazioni su Diplopora nodosa, ecc. 151 ScHAFHAUTL K. E., 1863 - Sud-Bayerns Lethaea geognostica, Der Kressenberg iind die siidlich von ihm gelegenen Hochalpen geognostisch betrachtet in ihren Petrefacten. 2 volumi (testo e atlante), pp. XVII + 487, 46 figg., 86 tavv. (Leipzig). Venzo G. a. e Fuganti A., 1965 - Il Trias della Adendola (Trentino-Alto Adige). Studi trentini Se. nat.; sez. A, 42, 1965, n. 1, pp. 55-86, 1 fig. nel testo, 48 figg. fuori testo (Trento). La presente nota è stata accettata il 26 6-1919. TAVOLA I Diplopora nodosa Schafhautl. Esemplari inglobati in roccia, sezionati, o non, naturalmente, ricristallizzati e parzialmente erosi dagli agenti atmo¬ sferici. Figo, 1-3. — Veduta longitudinale di porzioni di manicotti che lasciano vedere (soprattutto la fig. 1) l’ornamentazione a coste e a solchi longitudinali della superficie laterale degli articoli. Figg. 4-5. — Manicotti sezionati obliquamente che lasciano vedere la superficie interna degli articoli e la disposizione euspondila dei pori (la distribuzione dei pori è, in realtà, metaspondila (vedi precisazioni nel testo). Figg. 6-7. — Manicotti sezionati parallelamente all'asse che lasciano vedere la superficie interna degli articoli e la distribuzione apparentemente euspon¬ dila dei pori (la distribuzione dei rami è metaspondila ; vedi precisa¬ zioni nel testo). Fig. 1 preparato A.SOlO.h (7-10) » 2 » A.3010.h 3 » 3 » A.3010.h (12-14) » 4 » A.3010.h 7-10) Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Fig. 5 preparato A.3010.h (18-19) » 6 » A.3010.h (7.10) » 7 » A.3010.h (5-6) Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhàutl 1863, ecc. Tav. I TAVOLA II Diplopora nodosa Schafhautl. Esemplari inglobati in roccia, sezionati, o non, naturalmente, ricristallizzati e parzialmentt erosi dagli agenti atmo sferici. Figo, 1-3 — Successioni di 2-3 articoli, sezionate obliquamente, che mostrano Fornamentazione della superficie laterale dell’articolo più alto. Negli esemplari la cavità del manicotto è riempita da materiale secondario che, nelFesemplare di fig. 3, sporge verso Fosservatore. Figg. 4-6. — Articoli isolati, visti dal di sotto, che mostrano il vano del sifone centrale e Fornamentazione, parzialmente erosa dagli agenti atmosferici, a coste e solchi della superficie laterale. Fig. 7. — ■ Superficie superiore di un articolo. L'ornamentazione a coste e a solchi che la interessa è meno pronunciata di quella della superficie late¬ rale degli articoli. Figg. 8-9. — Successioni di 3-4 articoli, sezionate obliquamente, che mostrano la cavità del sifone centrale e, nell'articolo più alto, una porzione della su¬ perficie superiore; qui è osservabile Fornamentazione, che risulta più de¬ bole di quella osservabile sulla superficie laterale degli articoli, anche se si accentua notevolmente al margine distale. Fig. 1 preparato A.3010.C (1-3) » 2 » A.3010.C (1-3) » 3 » A.3010.h (12-14) » 4 » A.3010.h.21 Fig. 6 preparato A.3010.h (23-24) » 7 » A.3010.C (1-3) » 8 » A.3010.h.ll » 9 » A.3010.h.20 » 5 » A.3010.h (12-14) Per tutte le figure Età, Triassico medio. Ingrandimento, Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia dì Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. II 9 TAVOLA III Diplopora nodosa Schafhautl Figg. 1, 2, 6-9. — Sezioni subtrasversali che interessano due articoli: quello su¬ periore (corona circolare o ellittica, continua, interna) è interessato dal taglio nella porzione più bassa; quello inferiore (corona circolare conti¬ nua o discontinua, completa o incompleta, esterna) è interessato dal taglio in corrispondenza del margine distale. Fig. 3. — Sezione obliqua che interessa due articoli. Il piano del taglio è quasi parallelo e prossimo alla superficie laterale dell’articolo superiore di cui interessa anche il margine distale; esso, invece, emerge dalla parte basale dell'articolo inferiore. Figg. 4, 12, 13. — Sezioni subtrasversali che interessano due articoli successivi. L’articolo superiore è interessato dal taglio principalmente su di un lato della sua porzione più bassa; da questo stesso lato, l’articolo inferiore è interessato dal taglio in corrispondenza del margine distale mentre, al lato opposto, il taglio emerge in una posizione più bassa e interessa la super¬ ficie laterale dell’articolo. Fig. 5. — ■ Sezione subtrasversale che interessa un articolo. Nel lato inferiore della figura il taglio interessa dapprima il bordo prossimale; poi emerge dall’articolo e, infine, ritorna ad intersecarlo interessando il margine di¬ stale. Nella porzione superiore della figura, il taglio decorre poco al di sotto e parallelamente alla superficie superiore dell’articolo. Figg. 10, 11. — Sezioni trasversali che interessano un articolo; in fig. 10 il taglio decorre parallelamente e poco al di sotto della superficie superiore; in fig. 11 il taglio interessa la porzione mediana dell'articolo. Fig. 1 preparato A.3010.21 Fig. 8 preparato A.3010.3 » 2 » A.3010.15 » 9 » A.3010.10 » 3 » A.3010.3 » 10 » A.3010.21 » 4 » A.3010.24 » 11 » A.3010.20 » 5 » A.3010.4 » 12 » A.3010.20 » 6 » A.3010.23 » 13 » A.3010.13 » 7 » A.3010.25 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur, Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl J863, ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Diplopora nodosa Schafhautl Figg. 1, 3. — Sezioni subtrasversali che interessano due articoli; viene tagliata la parte basale dell’articolo superiore e il margine distale di quello infe¬ riore. Sono evidenti, in fig. 1, le apofisi di materiale calcificato che uni¬ scono, occasionalmente, la superficie laterale di un articolo con la super¬ ficie superiore dell'articolo sottostante. Fig. 2. — Sezione obliqua che interessa due articoli. Procedendo dalla por¬ zione superiore verso quella inferiore della figura, il piano del taglio in¬ teressa il margine distale dell'articolo superiore, emerge da esso e, dopo un certo tratto, incontra la superficie superiore dello stesso articolo; quindi, il taglio si addentra nel corpo dell’articolo, taglia il vano del sifone cen¬ trale ed emerge dalla porzione inferiore dello stesso articolo; successiva¬ mente, il taglio incontra il margine distale dell'articolo sottostante. Figg. 4, 6, 9. — Sezioni oblique che interessano 2 (fig. 4) e 3 (figg. 6, 9) articoli. Figg. 5, 7, 8, 10-12. — Sezioni oblique che interessano da 2 (fig. 7) a 5 articoli (figg. 8, 10, 12). In tutte le sezioni il piano del taglio decorre prossimo e più o meno parallelo alla superficie laterale dell'articolo più alto interes¬ sando il margine distale. Fig. 1 preparato A.3010.23 Fig. 7 preparato A3010.14 » 2 » A.3010.22 » 8 » A.3010.17 » 3 » A.3012.22 » 9 » A.3010.15 » 4 » A.3010.21 » 10 » A.3010.7 » 5 » A.3010.25 » 11 » A.3010.19 » 6 » A.3010.10 » 12 » A.3010.6 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Scliafhautl 1863, ecc. Tav. IV TAVOLA V Diplopora nodosa Schafhautl. Sezioni oblique Figg. 3-4, — In fig. 3, i tagli dei pori disposti da una parte e dall’altra dell’asse di simmetria della sezione, adiacenti a questo asse e, al tempo stesso, al vano del sifone centrale fanno pensare che i pori si congiungono a coppie in prossimità del sifone centrale per cui la disposizione dei rami doveva essere metaspondila. Anche la fig. 4 fa pensare allo stesso fe¬ nomeno, Figg. 8, 9. — Nei due esemplari il taglio decorre parallelamente alla superficie laterale nell’articolo più alto. In fig. 9, il taglio ne interessa il margine di¬ stale; in fig. 8 è radente alla superficie laterale per cui le singole coste (strisele bianche) risultano staccate tra di loro. Fig. 1 preparato A.3010.17 » 2 » A.3010.18 » 3 » A.3010.21 » 4 » A.3010.17 » 5 » A.3010.1 Fig, 6 preparato A.3010.1 » 7 » A.3010.26 » 8 » A.3010.12 » 9 » A.3010.16 » 10 » A.3010.25 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello » a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O, - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav, V TAVOLA VI Diplopora nodosa Schafhautl. Sezioni oblique Fig. 1 preparato A.3010.24 » 2 » A.30'10.24 » 3 » A.3010.4 » 4 » A.3010.20 » 5 » A.3010.11 Fig. 6 preparato A.3010.24 » 7 » A.3010.18 » 8 » A.3010.26 » 9 » A.3010.15 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). t Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav. VI TAVOLA VII Diplopora nodosa Schafhautl, Sezioni oblique Fig. 1 preparato A.3010.22 » 2 » A. 30 10.24 » 3 » A.3010.22 » 4 » A.3010.13 » 5 » A.3010.24 Fig. 6 preparato A.3010.22 » 7 » A.3010.21 » 8 » A.3010.22 » 9 » A. 3010. 18 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. VII TAVOLA Vili Diplopora nodosa Schafhautl. Sezioni oblique Fig. 1 preparato A3010.6 Fig, 3 preparato A.3010T1 » 2 » A3010J » 4 » A3010.8 Per tutte le figure Età, Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in prò vincia di Potenza (tav, 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav. VII! TAVOLA IX Diplopora nodosa Schafhautl. Sezioni oblique Fig. 1 preparato A.3010.8 Fig. 3 preparato A.3010J » 2 » A3010.8 » 4 » A3010.25 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O, - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. IX TAVOLA X Diplopora nodosa Schafhautl Fig. 1. — Sezione tangenziale in una successione debolmente arcuata di articoli. Fig. 2. — Sezione longitudinale obliqua. Fig. 3. — Sezione obliqua. Fig. 1 preparato A.3010.6 Fig. 3 preparato A.3010.5 » 2 » A.3010.7 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. X TAVOLA XI Diplopora nodosa Schafhautl Figg. 1, 3, 5-7. — Sezioni assiali. Fig. 2. — Sezione tangenziale obliqua. Fig. 4. — Sezione longitudinale obliqua. Fig. 8. — Sezione obliqua che mostra i pori del verticillo superiore del 2“ articolo che sboccano alla superficie superiore. Fig. 1 preparato A.3010.22 » 2 » A.3010.26 » 3 » A.3010.22 » 4 » A.3010.20 Per tutte le figure Fig. 5 preparato A.3010.9 » 6 » A.3010.26 » 7 » A.3010.20 » 8 » A.3010.15 Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. XI TAVOLA XII Diplopora nodosa Schafhautl. Sezioni assiali Fig. 1 preparato A.3010.6 Fig. 4 preparato A3010.15 » 2 » A.3010.8 » 5 » A3010.17 » 3 » A3010.24 » 6 » A3010.10 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di A4arsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav. XII TAVOLA XIII Dipìopora nodosa Schafhautl Fig. 1. — Sezione longitudinale di un tallo lievemente ondulato; il taglio inte¬ ressa il manicotto, successivamente, in senso assiale, obliquo, tangenziale, obliquo. Fig, 2. — Sezione longitudinale di un tallo lievemente ondulato. Il taglio inte¬ ressa il manicotto in senso assiale tranne che nella porzione più bassa della figura dove lo taglia obliquamente. Fig. 3. — Sezione tangenziale. Fig. 4. — Sezione obliqua. Nella porzione media inferiore della figura, e in corrispondenza del suo asse di simmetria, i tagli dei pori del tredicesimo articolo sono distintamente appaiati. Ciò rappresenta un ulteriore indizio sulla possibilità che i rami di questa specie fossero metaspondili (vedi precisazioni nel testo). Fig, 5. — Sezione prevalentemente assiale in un tallo piegato inferiormente, Fig. 1 preparato A.3010.23 Fig. 4 preparato A.3010.12 » 2 » A.3010.11 » 5 » A.3010.9 » 3 » A.3010.25 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 10 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. XIII Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhàutl 1863, eco. Tav. XIII TAVOLA XIV Diplopora nodosa Schafhautl Le figure mettono in evidenza che i pori si dipartono a coppie, e non singolarmente, dalla superficie interna degli articoli; i rami presentavano perciò, una distribuzione metaspondila di tipo molto semplice. Figg. 1, 3, 4, 6. — Sezioni subtrasversali in un articolo (fig. 6) o in due articoli successivi. A causa della breve distanza tra i verticilli, più coppie di pori di uno stesso verticillo sono osservabili nella porzione più bassa e in quella più alta (porzione superiore e, rispettivamente, inferiore delle fi¬ gure) in cui il piano del taglio incontra la superficie interna del mani¬ cotto supposto orientato verticalmente. Le rare coppie di pori osserva¬ bili nelle altre porzioni della superficie interna del manicotto fanno parte di verticilli differenti; in queste stesse porzioni, peraltro, solo raramente è possibile osservare che la sezione incontra ambedue i pori di una stessa coppia. Più coppie di pori di uno stesso verticillo sono asservabili, nella fig. 1, nella porzione inferiore della sezione; nelle figg. 3 e 4 in quella superiore. Figg. 2, 5. — Sezioni trasversali che mostrano più coppie di pori di uno stesso verticillo. Fig. 1 preparato A.3010.20 ingrandimento di tav, II fig. 12 » 2 » A.3010.20 » » » III » 11 » 3 » A.3010.22 » » » IV » 2 » 4 » A.3010.15 » » » IV » 9 » 5 » A.3010.25 » » » III » 7 » 6 » A.3010.17 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. 25,5 x. Località, Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 Di-: Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. XIV TAVOLA XV Diplopora nodosa Schafiiautl Andamento e forma dei pori. Le figure mostrano che: — i pori si dipartono dalla superficie interna del manicotto con una inclinazione che si mantiene costante per un tratto prossimale abbastanza ampio; — ■ non vi sono differenze significative dell’ampiezza della porzione iniziale dei pori; — i pori possono presentare inclinazione variabile nell'ambito di uno stesso articolo (fig. 5, lato sinistro del 2° e 3“ verticillo deU'articolo me¬ diano inferiore); quelli dei verticilli inferiori di un articolo sembra che tendano ad assumere una inclinazione inferiore (vedi, in proposito, tav. XVI, figg. 5-6); — i pori si assottigliano gradualmente verso l'esterno (fig. 5, lato destro dell'articolo mediano-inferiore; fig. 2, lato sinistro del verticillo mediano dell'articolo inferiore) ; — in alcuni esemplari i pori possono presentare tratti acrofori di no¬ tevole ampiezza (fig. 3, lato destro del 2“ articolo). Figg. 1, 3, 4. — Sezioni oblique. Figg. 2, 5. — Sezioni assiali. Fig. 1 preparato A.3010.16 » 2 » A.3010.17 » 3 » A3010.22 » 4 » A.3010.15 » 5 » A.3010.9 Per tutte le figure Età. Triassico medio. Ingrandimento. 25,5 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). ingrandimento di tav. V fig. 9 » » » XII » 5 particolare ingrandito di tav. VII fig. 1 » » » » VI » 9 » » » » XI » 5 BolL Soc, Natur.i Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 Di; Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, eco. Tav. XV 5 TAVOLA XVI Diplopora nodosa Schafhautl Andamento e forma dei pori: — la forma tricofora dei pori è visibile specialmente in figg. 5, 6; — Tampiezza iniziale dei pori può essere pressocché costante sia nei verticilli più bassi, sia in quelli mediani, sia in quelli più alti degli arti¬ coli (figg. 2 a, 3 a, 6); — ■ la porzione più dilatata dei pori raggiunge una maggiore lunghezza nei verticilli mediani di un articolo (figg. 2 b, 6) ; — i pori di un determinato verticillo presentano l’inclinazione del tratto prossimale costante rispetto all'asse del sifone centrale. Il debole flesso iniziale osservabile in fig, 3b è del tutto occasionale; peraltro, in fig. 3 b (che è un particolare dello stesso esemplare cui si riferisce la fig. 3 a) il flesso è inesistente o, al più, appena accennato; — i verticilli più bassi di uno stesso articolo possono presentare un’inclinazione minore di quelli sovrastanti; — i pori del verticillo più alto di un articolo presentano un compor¬ tamento variabile per quanto riguarda il loro sbocco all’esterno. Proba¬ bilmente, nella maggior parte dei casi decorrono subito al di sotto della superficie superiore e le loro porzioni più sottili sboccano aH’esterno in corrispondenza del margine distale (fig. 3 a) ; in alcuni casi fuoriescono da un punto in posizione più o meno mediana della superficie superiore (fig. 7); in altri casi limitano dal lato prossimale la superficie superiore dell’articolo (1° articolo di figg. 5, 6). Fig. 1. — Particolare di tav. XII, fig. 1 (13° e 14° articolo). Figg. 2a-2b. — Particolari di tav. XII, fig. 3 (rispettivamente lato destro del 5° e 6° articolo e lato destro dell’ 8° e 9° articolo). Figg. 3 a - 3 b, — Particolare di tav. X, fig. 2 (rispettivamente lato sinistro del 4° e del 2° articolo). Fig. 4. — Particolare di tav. IX, fig. 3 (7° articolo). Fig. 5. — Particolare di tav. XII, fig. 3 (1° articolo). Fig. 6. — ■ Porzione di esemplare in sezione assiale. Fig. 7. — Particolare di tav, XI, fig. 8. Fig. 1 preparato A.3010.6 » 2 » A.3010.24 » 3 » A.3010.7 » 4 » A.3010.7 Per tutte le figure Età, Triassico medio. Ingrandimento. 25,5 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Fig, 5 preparato A.3010.15 » 6 » A. 3010.26 » 7 » A.3010.15 BolL Soc. N Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 TAVOLA XVII FiG. 1. — Diplopora nodosa Shafhautl. Esemplare, in sezione obliqua, al li¬ mite della variabilità intraspecifica o teratologico. In questo esemplare che ricorda T eutlo por ella echinata Ott, la calcificazione forma una massa compatta e continua solo in corrispondenza della porzione prossimale dei rami mentre, verso quella distale, costituisce incrostazioni più o meno separate tra loro attorno ai singoli rami; i pori di questi rami, a questa distanza dalla cellula assiale sono molto sottili e non sono evidenti per¬ ché obliterati. Il fenomeno è evidente nella porzione più alta della figura dove vengono tagliati marginalmente due serie di verticilli. Fig. 2. — Diplopora nodosa Schafhautl. Esemplare in sezione assiale da con¬ siderare teratologico perché la superficie di congiunzione tra articoli con¬ tigui è notevolmente ampia; esso ricorda, per questo aspetto, Teiitlopo- velia triasina (Schauroth). Figg. 3, 5-10. — Dasicladacee in sezione trasversale, subtrasversale e obliqua associate a Diplopora nodosa. Fig. 4. — ? Ladinella porata Ott. Fig. 1 preparato A.3010.15 » 2 » A.3010.4 » 3 » A.3010.21 » 4 » A.3010.2 » 5 » A.3010.17 Fig. 6 preparato A.3010.25 » 7 » A.3010.21 » 8 » A.3010.7 » 9 » A.3010.6 » 10 » A.3010.22 Ingrandimento. Figg. 1, 2, 4: circa 10 x; figg. 3, 5-10: circa 15 x. Per tutte le figure Età. Triassico medio . Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O, - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, eco. Tav. XVII TAVOLA XVIII Microfacies a Diplopora nodosa Schafhautl Preparato. A.3010.26. Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 8 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). De Castro P» - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav. XVIII Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 TAVOLA XIX Microfacies a Diplopora nodosa Schafhautl Preparato. A.3010.7. Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 8 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boli. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schaf hauti 1863, ecc. Tav. XIX TAVOLA XX Microfacies a Diplopora nodosa Schafhauti, Preparato. A.3010.22. Età. Triassico medio. Ingrandimento. Circa 8 x. Località. Cava in località « Il Castello », a Sud di Marsico Nuovo, in pro¬ vincia di Potenza (tav. 199 II S.O. - Marsico Vetere). Boll. Soc. Natur, Napoli, 1979 De Castro P. - Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863, ecc. Tav. XX Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 193-211, tab. 1, tavv. 4 Lamellibranchi miocenici della « formazione di Cusano » (Selli 1957) provenienti da Cusano Mutri (Matese orientale, Benevento) Nota del socio Carmela Barbera (*) (Tornata del 25 maggio 1979) Riassunto. — Al margine sud orientale del Matese (Appennino campano) af¬ fiorano calcari miocenici ad alghe melobesie, briozoi e lamellibranchi. Questi calcari (formazione di Cusano, Selli 1957), riposano in trasgressione di regola paraconforme su sedimenti carbonatici del Cretacico. Essi hanno for¬ nito una ricca fauna di lamellibranchi, pettinidi ed ostreidi, che ha permesso di datare con precisione l’intervallo di deposizione di questi calcari. Questo in¬ tervallo di età è compreso tra il Burdigaliano e il Langhiano. In questo lavoro sono studiati i lamellibranchi di questa formazione che hanno permesso di da¬ tare l'intervallo di deposizione. In particolare Pecten pseudobendenti Dep. Rom. e Pecten hornensis Dep. Rom. hanno limitato questo intervallo. Abstract. — Organogenie limestones very rich in red algae, bryozoa, pelecy- pods of Miocenic age (Burdigalian-Langhian); disconformably overlap Cretaceus carbonates in thè Eastern Matese Mountains (Campania, Appennines). These limestones (Cusano formation. Selli 1957) are generaly reported as shallow water, reefoid sediments. They gave a very rich fauna whith ostreids and pectinid; so it has been possible say that thè age of this formation is Burdigalian-Langhian. On this work thè bivalvia (Pectinidae and Ostreidae) are studied. The presence of Pecten pseudobendent Dep. Rom, and Pecten hornensis Dep. Rom. confirms that thè age of formation is Burdigalian Langhian. Oggetto del presente lavoro che si inquadra nelle ricerche sui terreni miocenici delFAppennino Campano, è lo studio di una fauna a lamellibran- (*) Istituto di Paleontologia deH'Università di Napoli. 194 C. Barbera chi proveniente dalle calcareniti mioceniche della formazione di Cusano (Selli 1957) affioranti a Cusano Mutri (Matese sud orientale). Tale formazione rappresenta il primo termine della successione mio¬ cenica, trasgressiva sui calcari di piattaforma di età mesozoica, che carat¬ terizza nell’Appennino meridionale l'unità tettonico-strutturale del Ma¬ tese - Monte Maggiore. I calcari costituenti tale formazione presentano spessori variabili e caratteristiche diverse nell'ambito della stessa facies. L'analisi delle caratteristiche litologiche dei calcari in esame (Bar¬ bera, Carannante, Simone 1978) permette di descriverli come biocalcareniti e biocalciruditi. Le biocalcareniti i cui elementi si presentano di taglia grossolana oltre che costituire grossi banchi privi di una evidente strati¬ ficazione rappresentano la matrice per le biocalciruditi i cui elementi fon¬ damentali sono rappresentati da grosse rodoliti, briozoi, foraminiferi ben- tonici, balani, serpulidi, rari coralli ahermatipici ed infine grossi lamelli- branchi, in particolare ostreidi e pettinidi oggetto di questo studio. Tali calcari, finora, sono stati interpretati come calcari biocostruiti e/o di piccola profondità. Essi sono stati da lungo tempo oggetto di studio da parte di geologi e paleontologi. Pescatore ed altri (1970) asse¬ gnano loro un'età langhiano superiore - servalliana nell’unità Matese - M. Maggiore. La loro età, dai dati desunti dalla malacofauna (Tab. 1) è po¬ steriore all'Aquitaniano ed anteriore al Serravalliano, corrispondendo al¬ l’intervallo Burdigaliano-Langhiano (Berggren, 1972). Breislak (1798) per primo parla di una formazione a pettinidi sopra i terreni a pesci; Covelli (1827) li ascrive al Giurassico; Pilla (1833) di¬ stingue i calcari ittiolitici da quelli miocenici sovrastanti e determina dei denti di pesci provenienti da quest’ultimi terreni come Spariis sp. Pleuro- nectes sp. Zeus sp. Mentre i calcari ittiolitici interessano numerosi geologi e paleontO' logi da Costa a d’Erasmo i calcari miocenici, pur così famosi per l’ottima pietra ornamentale che se ne ricava, non hanno suscitato grande interesse. Selli (1957), nello studio del Miocene deH’Appennino meridionale, di¬ stingue come « formazione di Cusano » le calcareniti a briozoi e litotamni. Facies analoghe sono studiate successivamente da Ogniben (1958) D’Arge- Nio (1963, 1967), Cestari Malferrari e Manfredini (1975) Bergomi Manfre- DiNi e Martelli (1975), Froideveaux (1976). Nel 1978 Barbera, Carannante, D'Argenio e Simone al 6° simposio in¬ ternazionale di Sedimentologia dei Carbonati, a Liverpool, danno un nuovo modello di deposizione per il Miocene del Matese orientale ed affermano Lamellibranchi miocenici della « formazione di Cusano », ecc. 195 che Tambiente di deposizione non doveva essere di profondità non infe¬ riore ai 60-80 m in regime di open shelf. Barbera, Simone e Carannante (1978) in un analisi dettagliata delle facies del Matese orientale, confermano ulteriormente questo modello. Le calcareniti, che hanno fornito la fauna a lamellibranchi, si presen¬ tano abbondantemente fossilifere. NelFanalisi dettagliata della tantocenosi sono stati riconosciuti i se¬ guenti costituenti: molluschi, briozoi, foraminiferi, poriferi, coralli, artro¬ podi, serpulidi, echinodermi ed alghe coralline. I molluschi sono rappre¬ sentati solo da lamellibranchi, ed in particolare da pettinidi ed ostreidi. Le specie ed i generi identificati sono: Pecten pseudobeudanti Dep. Rom. Pecten hornensis Dep. Rom. Chlamys holgeri (Geinitz). Chlamys latissima (Brocchi). Chlamys haueri (Michelotti). Chlamys scabrella (Lamarck). Anomia rugosa Schaf. Ostrea lamellosa Brocchi. Neopycnodonte sp. I lamellibranchi formano localmente dei banchi biostromali sia con ambedue le valve connesse ancora tra loro sia con valve isolate. Le di¬ mensioni degli individui possono raggiungere i 30 cm di diametro um- bono paileale. Rispetto ai pettinidi ed agli ostreidi gli anomidi sono nu¬ mericamente subordinati. Gli ostreidi appaiono fossilizzati in posizione fisiologica, sono di grosse dimensioni con gusci spessi anche diversi cen¬ timetri; il substrato su cui sono cresciuti è rappresentato dal fondo mo¬ bile indurito o da grosse rodoliti. Del genere Neopycnodonte è stata rico¬ nosciuta in sezione sottile la caratteristica struttura ma non si è riusciti a risalire alla specie. Fra i briozoi sia integri che in frammenti sono prevalenti i gruppi vinculariformi ed idmoneiformi e subordinatamente gli adeoniformi, cel- leporiformi e membraniporiformi. Le specie identificate sono: Crisia sp. Idmidronea atlantica For. Jhon. Coscinoecia radiata Can. Lec. 196 C. Barbera T etracycloecia dichotoma Can. Holoporella sp. Celiarla sp. Hornera sp. Acanthodesia sawarthii Sav. Aud. Myriapora truncata Pal. Cupidadria sp. Lunulites sp. Porella sp. aff. P. cervicornis Pallas Py ripor a sp. Sono state inoltre osservate numerose altre specie non identificabili in sezione sottile ; le specie presenti con maggior numero di esemplari sono Parila cervicornis Pallas ed Idmidronea atlantica Forbes. Tra i foraminiferi sono stati riconosciuti: Textularia sp. Bigenerina sp. Miliolidi Cyclamina sp. Elphidium sp. Lagenidi Buliminidi Rotalidi Operculina sp. Eterostegina sp. Amphistegina sp. gruppo A. lessoni D’Orb. Gypsina sp. Globigerinidi: Globigerina sp. Orbidina sp. Sono inoltre presenti Homotrematidi con Homotrema sp. e Minia- cina sp. Il maggior numero di foraminiferi appartiene al genere Antphiste- gina; le dimensioni degli individui appaiono estremamente variabili da pochi mm ad 1 cm, talvolta sembra esistere un orientamento degli indi¬ vidui dovuto al trasporto, talaltra essi non sono orientati; anche i fora¬ miniferi sessili sono molto abbondanti ed incrostano soprattutto le rodo- liti. I foraminiferi planctonici, sporadicamenete presenti nella succes¬ sione, aumentano verso l'alto raggiungendo percentuali molto elevate Lamellib ranchi miocenici della « formazione di Cusano », ecc, 197 nelle calciruditi e calcareniti al passaggio alle calcilutiti pelagiche sovra¬ stanti (Formazione di Longano, Selli 1957). I gusci di molluschi appaiono abbondantemente perforati probabil¬ mente da Clionidi in quanto il sistema di pori può riferirsi ad Entobia sp. Sono inoltre presenti artopodi con ostracodi e balanidi; questi ultimi incrostano rodoliti o gusci di molluschi e frequentemente sono stati ritro¬ vati anche come nucleo delle rodoliti. Molto frequenti in alcuni livelli sono i radioli e le placche di echinidi sia regolari che irregolare, localmente, in corrispondenza di livelli calca- renitici a grana più sottile individui integri di Echinolompas sp. e di Scu- tella sp. Numerosi sono i serpulidi col genere Dytrupa le cui sezioni appaiono costantemente associate alla frazione più arenitica del sedimento. Le alghe sono esclusivamente rappresentate da rodoficee ed in par¬ ticolare da: Archaeolithotamniiim sp. Lithophillum sp. Lithptamnium sp. Mesophillum macrosporangium Mastr. Mesophillum sp. I coralli sono rari e costantemente rappresentati da forme ahaerma- tipiche. Localmente sono presenti denti di pesci (Franco 1960) fra cui sono stati individuati: Carcharodon megalodon Agassiz Odontaspis cuspidata Agassiz Odontaspis contortidens Agassiz Oxyrhina desori Agassiz Oxyrhina hastalis Agassiz Milobatis crassus Gervais Hemipristys serra Agassiz Chrysophrys cincta Agassiz La fauna a lamellibranchi studiata nel presente lavoro è per lo più rappresentata da una collezione acquisita al Museo di Paleontologia del- rUniversità di Napoli dal Prof. E. Bassani; il resto della fauna è stata raccolta nel corso delle ricerche effettuate al Matese Orientale negli ul- 198 C Barbera timi anni. La collezione del Museo proviene dalla località denominata Conca morta di Cusano Mutri. Questa cava, che era la più antica in eser¬ cizio nel paese attualmente è in disuso e viene usata come deposito per i residui delle altre cave. La fauna raccolta più di recente viene sia da alcune serie stratigrafìche effettuate nel vallone a monte del paese sia dalle cave attualmente in esercizio sia a Cusano che in località Calvaruso. In questo studio si è esaminata assieme alla fauna raccolta di recente nel circondario di Cusano la collezione del Museo in quanto quest’ultima oltre ad avere una provenienza definita presenta materiale in ottime con¬ dizioni di fossilizzazione che ben rappresenta la composizione della fauna. Il materiale raccolto di recente si presenta infatti alquanto frammentario anche se mostra ben evidenti le caratteristiche specifiche delle specie in¬ dividuate. La collezione di « Conca morta » consta di 78 esemplari quella rac¬ colta di recente a Cusano di 47 esemplari. In ambedue le collezioni il maggior numero di esemplari è rappre¬ sentato da individui di Chlamys scabrella (Lk.) seguiti immediatamente da Ostrea lamellosa Brocchi. Le altre specie seguono tutte con presenze nettamente minori. Descrizioni paleontologiche Pecten pseiidobeiidanti Deperet Roman (Tav. 1; fig. 2) 1902 Pecten pseudobeudanti Deperet Roman, pag. 20, tav. 2, fig. 3-3a. 1966 Pecten pseudobeudanti Czepreghy Meznerics, pag. 10, tav. 4, fig. 5-6 {cunt syn.). Esemplari esaminati: n. 2 valve sinistre provenienti dalla località « Conca morta ». Descrizione del materiale: I due esemplari, per quanto frammentari sono in condizioni di fossilizzazione tali da mostrare perfettamente le caratteristiche specifiche. Le valve sono fortemente convesse, apice note¬ volmente incurvato, 16 coste con profilo arrotondato separate da inter¬ valli piani. Dimensioni: Diametro antero posteriore 60 mm. Diametro umbono- palleale 52 mm. Angolo apicale 86°. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è abbondante nel Burdigaliano del bacino del Danubio, Persia, Egitto, Cirenaica. Tav. I - Fig. 1, Pecten hornensis Dep. Rom. - Fig. 2. Pecten pseudobeudanti Dep. Rom. - Fig. 3, 5. Chlamys latissima (Brocchi). - Fig. 4. Anomia rugosa ScHAFFER. - Fig. 6. Ostrea lamellosa Brocchi. - Fig. 7, 8. Chlamys haiieri (Michelotti). 200 C. Barbera Pecten hornensis Deperet Roman (Tav. 1; fig. 1) 1902 Pecten hornensis Deperet Roman, pag. 27, tav. 3, fig. 1-la. 1960 Pecten hornensis Czerpreghy Meznerics, pag. 11, tav. 3, fig. 13-15, tav. 4, fig. 1, 7 {Cum syn.). Esemplari esaminati: n. 1 valva sinistra proveniente dalla località Conca Morta. Descrizione del materiale: L’unica valva in esame benché deformata presenta tutte le caratteristiche tipiche della specie. Essa si presenta piano-concava a bordo rilevato, 14-15 coste rilevate a sezione rettangolare meno larghe degli intervalli e coperte da lamelle concentriche molto regolari presenti anche negli intervalli. Dimensioni: Diametro antero posteriore 68 mm. Diametro umbono paileale 69 mm. Angolo apicale 98°. Distribuzione geografica e stratigrafica: Questa specie è esclusiva del Burdigaliano superiore del bacino del Danubio. Chlamys holgeri (Geinitz) (Tav. 2; Tav. 3, fig. 2) 1846 Pecten holgeri Geinitz, pag. 470. 1939 Chlamys holgeri Roger, pag. 31, tav. 16, fig. 2 {cum syn.). Esemplari esaminati: n. 16 di cui 14 provenienti dalla località Conca Morta, altri 2 dalle nuove cave di Cusano. Di essi 12 mostrano la super¬ ficie esterna della valva, 3 quella interna, uno sia quella esterna che quella interna. Descrizione del materiale: Dato che tutti gli esemplari mostrano le orecchiette frammentarie non si può dire se si tratta di valva destra o sinistra. La debole convessità, l’angolo apicale inferiore a 90°, la disposi¬ zione delle coste corrispondono ai caratteri specifici. L’assenza di tracce di ornamentazione, dovuto allo stato di conservazione non permettono di definire meglio la sottospecie. Dimensioni: Diametro antero posteriore tra 188 e 151 mm. Diametro umbono paileale tra 117 e 161 mm. Angolo apicale tra 83° e 89°. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è ampiamente dif¬ fusa nel Burdigaliano dell'Europa e dell’Asia minore; nelTElveziano della Collina di Torino e della Spagna. Tav. II . Chlamys holgeri (Geimitz). 13 202 C. Barbera Chlamys latissima (Brocchi) (Tav. 1, fig. 3, 5; Tav. 3, fig. 1) 1914 Ostrea latissima Brocchi, pag. 581. 1939 Chlamys latissima Roger, pag. 37, tav. 18, fig. 1. 1951 Pecten (Chlamys) latissima Rossi Ronchetti, pag. 27, fig. 8. 1960 Chlamys latissima Czepreghy Meznerics, pag, 39, tav. 30-31. Esemplari esaminati: n. 10 di cui 6 provenienti dalla località Conca Morta, 2 dalle nuove cave di Cusano, 2 da Calvaruso. Di questi uno, iso¬ lato è completo di ambedue le valve, 2 mostrano la superficie interna della valva, sette quella esterna. Descrizione del materiale: Gli esemplari, anche se tutti privi di orec¬ chiette mostrano molto netti i caratteri specifici; superficie esterna poco rigonfia, con quattro coste radiali principali, simmetriche rispetto al dia¬ metro umbono-palleale. Ai lati delle coste principali sono visibili una co¬ sta laterale principale e tre o quattro costicine laterali secondarie sempre in posizione radiale. Il precario stato di conservazione non permette di definire con certezza la sottospecie. Dimensioni: Diametro antero posteriore tra 129 e 173 mm. Diametro umbono paileale tra 97 e 142 mm. Angolo apicale tra 93° e 97°. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è diffusa dal Bur- digaliano all’Astiano in tutt'Europa. Nel Pliocene inferiore raggiunge an¬ che le coste del Marocco. Chlamys haueri (Michelotti) (Tav. 1; fig. 7, 8) 1847 Pecten haueri Michelotti, pag. 88, tav. 3, fig. 13. 1939 Chlamys haueri Roger, pag. 50, tav. 7, fig. 3, 4, 4a (cum syn.). Esemplari esaminati: un solo modello interno proveniente dalla loca- calità Conca Morta. Descrizione del materiale: L’unico esemplare in esame si presenta in precario stato di conservazione, parzialmente rotto sia al margine paileale che a quello cardinale. Il numero di coste osservabili è di 30 e ciò è spie¬ gabile in quanto ogni costa esterna è divisa nel modello interno in due coste secondarie, fatto questo che porta nel modello interno le coste a raddoppiarsi. Questo fatto è osservabile sia nella fig. 4 della tavola 7 di Roger (1939) che nella fig. 1 della tavola 7 di Tavani (1938). I due AA. Tav. Ili - Fig. 1. Chlamys latissima (Brocchi). - Fig. 2. Chlamys holgeri (Geimitz). 204 C. Barbera mostrano infatti sia la superficie esterna che quella interna della valva della specie in esame. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è del Burdigaliano Francese, Spagnolo ed Italiano. NeH’Elveziano è diffusa neH'Appennino ligure ed emiliano; nel Tortoniano penetra infine nella regione atlantica. Chlamys scabrella (Lamark) (Tav. 4) 1939 Chlamys scabrella Roger, pag. 104, tav. 12, fig. 8-10; tav. 13; fig. 3-9, 12 {cum syn.). 1960 Chlamys scabrella Czepreghy Meznerics, pag. 20, tav. 12, fig. 2-20. 1963 Chlamys scabrella Tavani Tongiorgi, pag. 16, tav. 6, fig. 4; tav. 7; fig. 3, tav. 9, fig. 6; tav. 10, 1, 3-6, tav. 12, fig. 2. Esemplari esaminati: n. 37 di cui 22 provenienti da località Conca Morta, 5 dalle cave di Cusano, 10 da Calvaruso. Descrizione del materiale: gli esemplari esaminati sono tutti inglo¬ bati in blocchi di roccia che portano assieme numerosi individui appar¬ tenenti alla stessa specie. Le orecchiette non sono mai visibili per cui non è mai possibile dire se si tratta di valva destra o sinistra. Le coste sem¬ pre ben evidenti sono sempre 16 a sezione arrotondata. I caratteri osser¬ vabili sono tutti riferibili alla specie che si presenta molto varia e poli- forma tanto che gli AA. citati hanno ritenuto necessario istituire nume¬ rose sottospecie. Il materiale in esame per quanto abbondante è insuffi¬ ciente a poter meglio definire questo discorso dato il precario stato di conservazione. Dimensioni: Diametro antero posteriore tra 39 e 53 mm. Diametro umbono paileale tra 33 e 47 mm. Angolo apicale tra 80° e 105°. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è ampiamente dif¬ fusa dal Burdigaliano al Pliocene antico del Mediterraneo, Vi sono rare segnalazioni nel Calabriano. Anomia rugosa Schaffer (Tav. 1; fig. 4) 1870 Anomia costata Hoernes, pag. 462. 1910 Anomia rugosa Schaffer, pag. 23, tav. 25, fig. 28. Esemplari esaminati: n. 1 valva sinistra proveniente dalla località Conca Morta. Tav. IV - Chlamys scabrella (Lamark) 206 C. Barbera Descrizioni del materiale: Esemplare in buono stato di conservazione, i margini della valva sono inglobati nella matrice rocciosa calcarea. Il guscio ove è conservato, è madreperlaceo. Valva sinistra abbastanza spessa con accentuata convessità; margine palmato, 4-5 coste radiali molto rile¬ vate ed ampiamente spaziale tra loro si allargano verso la parte poste¬ riore più nettamente che verso la parte anteriore. Umbone fortemente ri¬ curvo che mette in evidenza la struttura lamellare del guscio. Sottili strie radiali irregolari, spesso rugose sono presenti insieme a strie di accresci¬ mento molto rilevate. Schaffer (1910) dice che questa specie è simile a A. costata Brocchi ma ne differisce per Fornamentazione più grossolana. Forme simili sono state descritte come A. choffatti nel Miocene del Porto¬ gallo; esse differiscono da A. rugosa per la mancanza del contorno palmato. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è segnalata sinora esclusivamente nel Miocene del bacino di Vienna. Neopycnodonte sp. Numerosi frammenti di guscio riferibili a questa specie sono osserva¬ bili sia in gran numero di campioni che nelle sezioni delle serie stratigra¬ fiche. Nonostante la frammentarietà del guscio la diagnosi generica è stata fatta con una certa sicurezza in quanto è osservabile nelle porzioni rotte del guscio la caratteristica struttura prismatica esclusiva di questo genere. Buone indicazioni ecologiche sono date dalla sua presenza. Il genere infatti è cosmopolita, vive in acque oceaniche a temperatura compresa tra 12 ‘’C e 14 °C ed a profondità compresa tra i 27 ed 1500 m. Ostrea lamellosa Brocchi (Tav. 1; fig. 6) 1814 Ostrea lamellosa Brocchi, pag. 564, tav. 2. 1952 Ostrea lamellosa Lecointre, pag. 36, tav. 1, tav. 2, fig. 3-6. 1963 Ostrea lamellosa Venzo Pelosio, pag. 163, tav. 53, fig. 13. 1974 Ostrea lamellosa Malatesta, pag. 65, tav. 6, fig. 2-2c. Esemplari esaminati: n. 34 di cui 24 provenienti da Conca Morta, 10 dalle altre località. Descrizione del materiale: I numerosi esemplari di questa specie pre¬ sentano molto netti i caratteri specifici ben noti. Alcuni sono ben conser¬ vati; altri sono inglobati in roccia. Molti AA. hanno considerato O. lamel- Lameltib ranchi miocenici della « formazione di Cusano », ecc. 207 Iosa come una varietà di O. edulis Lecointre (1972) distingue però le due specie oltre che per i caratteri definiti da Brocchi anche per la forma e la posizione della impronta muscolare. Distribuzione geografica e stratigrafica: La specie è ampiamente dif¬ fusa dalFElveziano a tutto il Pliocene nel Mediterraneo ove viene sosti- tcita nelFattuale da O. edulis. Conclusioni Dall'esame della tab. I, relativa alla distribuzione stratigrafica delle specie in esame, si possono trarre immediate conclusioni circa Fetà della fauna, Tutte le specie sono caratteristiche del Burdigaliano-Langhiano ; alcune iniziano prima altre si spingono oltre questo intervallo. In parti¬ colare due di esse P. pseudobeudanti e P. hornensis sono esclusive di que¬ sto intervallo per cui si può che Fetà della fauna è Burdigaliano-Lan- ghiana (Berggren, 1972). TABELLA I , . . Burdigaliano Aquitamano Langhiano Serravalliano Pecten pseudobeudanti Dep. Rom. X Pecten hornens Dep. Rom. X Chlamys holgeri (Geimtz) X X Chlamys latissima (Brocchi) X X Chlamys haueri (Michelotti) X X Chlamys scrabrella (Lmk) X X Anemia rugosa Schaf. X X X Ostrea lamellosa Brocchi X X Per le suddivisioni del Miocene ci si riferisce a Bergreen 1972. Circa la paleoecologia della formazione di Cusano il discorso è più ampio e complesso e non può riguardare solo i lamellibranchi ma la tota¬ lità degli individui costituenti la tanatocenosi. I dati ottenibili dalla fauna a lamellibranchi non sono significativi in senso assoluto; sono indicativi solo se messi a confronto con gli altri eie- 208 C. Barbera menti desunti dairesame globale della tanatocenosi. Per i pettinidi si può dire che essi vivono su fondi mobili con pendio non molto pronunciato, le forme in esame, di grandi dimensioni e con guscio alquanto massiccio, non dovevano vivere su fondi fangosi ma su substrati rigidi anche se mo¬ bili, anche Chlamys vive attualmente su substrati alquanto rigidi. Anomia ed Ostrea vivono attualmente o su fondi rigidi o su blocchi rigidi in fondi fangosi. I vari gruppi di pettinidi esaminati sono tutti estinti ad eccezione del gruppo della C scabrella che attualmente è rappresentato da C. commu¬ tata che vive nel dominio circalittorale sui fondi cosidetti « coralligeni » nel Mediterraneo occidentale (Roger 1939). In questo contesto la prepon deranza di Chlamys rispetto a Pecten indica un mare più aperto (Fatton 1972) indicazioni analoghe sono date da O. lamellosa la quale è conside¬ rata più profonda di O. edulis dagli AA. che considerano le due specie come unità tassonomiche distinte (Lecointre 1972). La presenza inoltre di Neopycnodonte sp. è indicatrice di mare aperto e profondo essendo la specie caratteristica di margine esterno di piattaforma. LAVORI CONSULTATI Accordi et al., 1967 - Il Neogene nell’ Appennino laziale abruzzese. Com. Med. Neog. Strat., Proc. IV, ses. Bologna, Giorn. Geol., 35, pp. 235-268 (1969) Bologna. Aguirre e., 1964 - Utilizacion del genero Chlamys en el Neogeno de Granada. Curs. Conci. Inst. Lucas Mallada Madrid, 9, pp. 141-146. Barbera C., Carannante G., D'Argenio B., Simone L., 1978 - Open shelf Miocenic carbonates and evidence of paleofault s in sothern Appennines. Proc. VI symp. Int. Sed. Carb. Liverpool. Barbera C., Simone L,, Carannante G., 1979 - Depositi circalittorali di piattaforma aperta nel Miocene Campano. Analisi Sedimentologica e Paleoecologica. Boll. Soc. Geol. Ital., Roma (in stampa). Berggren W. a., 1972 - A Cenzoic time scale some implications for regional geology and palebiogeography. Lethaia, 5, pp. 195-215. Bergomi C., Manfredini M., Martelli G., 1975 - Note illustrative della carta geo¬ logica d’Italia, Foglio 163, Benevento. Serv. Geol. dTtal., Roma, pp. 1-166. Boni A., 1933 - Fossili miocenici del Monte Vadosa. Boll. Soc. Geol. It., 52. pp. 73-156. Breislak S., 1797 - Topografìa fisica della Campania. Firenze, 367 pp., 2 tavv. Cestari G., Malferrari N., Manfredini M., Zattini N., 1975 - Note illustrative della cara geologica d’Italia, F. 162, Campobasso. Serv. Geol. Ital., pp. 1-78. Comaschi Caria L, 1967 - Sintesi dei pettinidi del Miocene della Sardegna. Com. Med. Neog. Strat. Proc. IV sess. Bologna, Gior. Geol., 35, 1, pp. 253-271. Lamellib ranchi miocenici della « formazione di Cusano », ecc. 209 1972 - I pettinidi del Miocene della Sardegna. S.T.E.F., Cagliari, 1 voi., 82 pp. 25 tavv. CovELLi N., 1927 - Memoria per servire di materiale alla costituzione geognostica della Campania. Atti R. Acc. Se., voi. IV (1839), p. 43 e p. 279, C.SERPREGHY Meznerics L, 1960 - Pectinidés du Néogène de la Hongrie et lem im- portance biostratigraphique. Mem. Soc. GeoL Fr., n.s., 92, 56 pp. D’Argenio B., 1961 - Sul miocene autoctono del Monte Camposauro {gruppo del Taburno, Benevento), Boll. Soc. Nat, Napoli, 70, pp. 3-5. D’Argenio B., 1967 - Geologia del gruppo del Taburno-Camposauro {Appennino Campano). Atti Acc. Fis. Mat. Napoli, 6, pp. 35-218, D’Argenio B., Pescatore T., Scandone P., 1973 - Schema geologico dell’ Appennino meridionale {Campania e Lucania). Conv. « Moderne vedute sulla Geologia delFAppennino ». Roma, Atti Acc, Naz. Lincei. Demarq G., 1959 - Contribution à Vétudes des facies du Miocène de la vallèe du Rhóne. Conf. Int. Neog. Med. Vienna. 1962 - Etude stratigraphique du Miocene rhodanien. Mem. B.R.G.M., 61, 257 pp., 56 figg., 4 atvv., Paris 1970. Deperet Ch., 1902-28 - Monographie des pectinidés néogènes de VEiirope et des region voisines. Mem. Soc. Geol. Fr. Pai., 26, pp. 1-168, fig. 1-71, tav. 1-23, n.s. 10, pp. 169-194, fig, 1-10, tavv, 24-28, Paris. Dollfus G. F., Dautzemberg Ph., 1920 - Conchyliologie du Miocene moyen du ba- sin de la Loire, lere partie Pélécypodes. Mem. Soc. Geol. Fr. Pai., 27, 498 pp., 51 tavv., Paris. Erunal Erentoz L., 1958 - Mollusques du Néogène des bassins de Karaman Adana et Hatay {Turquie). Maden, Tetkik, Arama, Enst. Yayn, ser. C., 4, 232 pp.. 36 tavv., Ankara. Fabre Taxi S., Philip J., 1966 - Biostratigraphie et paleoecologie des peuplemenfs à huitres des formation saumatres du Santonien provencal. Boll. Soc. Geol. Fr., 7, 7 ser,, pp. 702-711, 1 fig., 1 tab, Fatton e,, 1973 - De la province biogeographique à la population d'après le Pectinidés néogenes et actuels. Not. Contr. 3, pp. 1-213, Orsay. Franco D., 1960 - Su alcuni ittiodontoliti rinvenuti nei calcari terziari a pettinidi di Pietraroia {Benevento). Boll. Soc. Nat. Napoli, 67, pp. 187-200. Froideveaux R., 1976 - Contribution à Vétude sédimentologique du Miocène de la platforme « Abruzzi-Campania » {Appennin Méridional, Italie). Arch. Se. Ge¬ nève, 29, pp. 265-272. Glibert M., 1945 - Faune malacologique du Miocene de la Belgiqtie 1; Plecypodes Mem. Mus. Roy. Hist. Nat. Belgique, 703, 266 pp., 12 tavv., 22 figg. 1958 - Tableau stratigrapique des mollusques du Néogène de la Belgique. Inst. R. Se. Nat. Bel. Bull., 34, 32, pp. 1-20. Glibert M., Van de Poel C., 1965 - Le Bivalvia fossiles di Cénozoique étranger des collections de l’Institut Royal de Sciences Naturelles de Belgique. T. 2, Inst, R. Se. Nat. Bel. Mem., 2 se., 78, 105 pp. Imbesi Smedile M., 1960 - Su alcuni pettinidi neogenici e quaternari della Cala¬ bria. Atti Soc. Tose. Se. Nat. se. A., 66, 1959. Korobkov I. A,, 1954 - Guide et manuel metodique des mollusques du Tertiare Lamellib ranches. B.R.G.M. trad. 1703, ser. Geol. 210 C. Barbera Krach W., 1957 - Pectinidae from thè upper Miocene deposits of upper Slesia. Acta GeoL Poi., 7, 3, pp. 321-359, tavv. 45-49. Lecointre G,, 1952 - Recherches sur le Néogene et le Quaternaire marins de la còte atlantique du Maroc. Serv, Geol. Mar. Not. Mem., 99, pp. 173, 28 tavv., Paris, Malatesta a., 1960 - Malacofauna pleistocenica di Grammichele. Mem. Serv. Des. Carta GeoL, 12, Roma. 1974 - Malacofauna pliocenica Umbra, idem, 13, Roma. Mongin D,, 1959 - Studi on some american miocene lamellibranchs and compa- rison with related european species. Bull. Am. Pai., 39, 180, pp. 283-337, tavv. 24-27, Ogniben L., 1956 - Flysch miocenico autoctono e parautoctono ed argille scagliose alloctone nella zona di Calazio (Caserta). Boll. Soc. Geol. It., 75, pp. 169-179. 1958 a - Melobesie basso elveziane di Calazio. Paleont. Ital., 53, pp. 49-73. 1958 b - Stratigrafia e microfauna del Terziario della zona di Calazio (Ca¬ serta). Riv. Ita. Pai. Strat., 64, 2, pp. 89-142; 3, pp. 199-286. Pedley H. M., 1976 - A palaecological study of thè upper Coralline limestone, Terebratula Aphelesia bed (Miocene-Malta) based on Bryozoan growth form. Studies on brachiopods distributions. Pai. Pai. Pai., 20, pp. 209-234. Peres J. M., Picard J., 1964 - Nouveau manuel de bionomie benthique de la Mer Mediterranée. Ree, Trav. St. Mar. Endoume. Bull., 31, 47, 137 pp., Marsiglia. Permanyer a., Esteban C., 1973 - El Arrecife Mioceno de Sant Paulo d’Ordal (Prov. de Barcellona) . Inst. Inv. Geol. Univ. Barcellona, 28, pp. 45-72. Pescatore T, S., Sgrosso L, Torre' M., 1970 - Lineamenti di tettonica e sedimenta¬ zione nel Miocene dell’ Appennino Campano Lucano. Soc. Nat. Napoli, suppl. Boll., 78, pp. 337-406. Raffi S., 1970 - / pettinidi del Pliocene ed il Calabriano dell’Emilia occidentale (Piacentino e Parmense). Boll. Soc. Pai. Ital., 9, 2, pp. 97-135, tavv. 25-35, Modena. Ranson G., 1952 - Les huitres et le calcaire. C.R. Ac. Se., 234, pp. 1485-1497. PoBBA E., 1968 - I molluschi del Tortoniano tipo. Riv. It. Pai. Strat., 74, 2, pp. 457-646, tavv. 37-46. Roger J., 1939 - Le geme Chlamys dans le formations néogènes de l’Europe. Mem. Soc. Geol. Fr., 17, 40, 254 pp. Roman F., Roger J., 1939 - Observations sur la fuaune de Péctinitidés de Malta. Bull. Soc. Geol. Fr. ser., 5, 9, pp. 59-79, tavv. 4-5. Sacco F., 1897-1904 - / molluschi dei terreni terziari del Piemonte e della Liguria. Pt. 12, 24, 30, Torino. ScHAFFER F., 1910-1914 - Das Miocan von Eggenburg, 1 Die Fauna; 2 Stratigra- phie. Abh. K. K. Geol. Reich., 22, Vienna. Selli R., 1957 - Sulla trasgressione del Miocene nell’Italia meridionale. Giorn. Geol., 35, 1, pp. 51-59, fig. 1-2. SoRGENFRET T., 1958 - Molluscan assemblages from thè marin middle Miocene of South Jutland and their environnemens. Dan. Geol. Undersog. 2 Rk, 79, 503 pp., 76 tavv. Stanley D. M., 1970 - Relation of thè shell form to life habits of Bivalvia, (Mol¬ lusco). Geol. Soc. Am. Mem., 125, 296 pp., 48 figg., 40 tavv. Lamellib ranchi miocenici della «formazione di Cusano», ecc, 211 Tavani G., 1938-39 - Fossili del Miocene della Cirenaica. Pai. Ital., 38, pp. 127-183, 3 tavv., 3 tavv., 39, pp. 17-76, 2 tavv., Pisa. Tavani G., Tongiorgi M., 1963 - La fauna miocenica delle arenarie di Ponsano, 1 pt. Lamellib ranchi. Pai. Ital., 58, pp. 143, 1 fig., tavv. 1-30, Pisa. Venzo S., Pelosi© G., 1963 - La malacofauna tortoniana del colle di Vigoleno. Pai. Ital., 58, pp. 43-213, tavv. 31-57, Pisa. La presente nota è stata accettata il 19-114979. ^1,. . ag' '■ ''4 ^^’-ìSii;’-.',', ''■■ J :•, • r'.'.'-ÌJl iife ■■■ " . ? . ’> '■'■#’ il "''/‘s^ 1^:.' (>^.' irf i«.lfii - ' -i.iW' Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 213-241, fìgg. 14 Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali dei depositi altomiocenici nella zona di Falconara Albanese (Catena Costiera Calabra) (*) Nota dei soci Silvio Di Nocera(**), Franco Ortolani (**), Mario Torre (**) e di Bianca Russo (**) (Tornata del 25 maggio 1979) Riassunto. — I depositi del ciclo di sedimentazione Tortoniano-Messiniano affioranti nell'area compresa tra Falconara Albanese e Piano delle Quarte pre¬ sentano differenti caratteristiche sedimentologiche e litologiche da W ad E, Nelle zone occidentali (Falconara A.) si sono riconosciuti, dal basso in alto, con¬ glomerati di piana alluvionale passanti ad arenarie e argille di mare basso e poi a calcareniti arenacee a laminazione obliqua a grande scala, tipiche di barre costiere. Nella parte centrale (zona di M. Guardia) la parte bassa della sezione è simile alla precedente mentre le calcareniti sono prive di frazione terrigena e presentano varie intercalazioni marnose fossilifere. Nei settori orientali stu¬ diati, dove affiorano le sezioni più complete, (zona di Piano delle Quarte-valle Carlomagaro) , al di sopra dei conglomerati basali con caratteri tipici di conoide pedemontana, seguono calcareniti con una percentuale variabile di frazione ter¬ rigena, argille con intercalazioni di livelli mineralizzati a Mn, diatomiti e cal¬ cari evaporitici. I deposti della zona di Falconara A. caratterizzano il margine occidentale di questa parte deH’originario bacino; quelli della zona di M. Guardia indivi¬ duano la parte centrale e quelli della zona di Piano delle Quarte-valle Carlo¬ magaro sono indicativi di aree prossime al margine orientale. Abstract. — Upper Miocene sediments analysis show variations of more significant intervals. This is due to thè fact that thè sedimentary environment varies from West to East: marginai areas bave been recognized in thè Falco¬ nara Albanese zone; axial areas in thè Monte Guardia zone; and marginai areas in thè Piano delle Quarte - valle Carlomagaro zone. (*) Lavoro eseguito e stampato con il contributo del C.N.R. e del M.P.L (**) Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università di Napoli. 214 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B, Russo Introduzione Questa nota illustra i principali caratteri stratigrafici, micropaleonto¬ logici e sedimentologici dei depositi altomiocenici poggianti in discordanza angolare sulle Unità metamorfiche della « catena appenninica », lungo un'ampia sezione naturale orientata W-E nell'area compresa tra Falconara Albanese e Piano delle Quarte, sul versante tirrenico della Catena Costiera Calabra, poco a S di Paola (Fig. 1). I terreni riferibili al ciclo di sedimen¬ tazione Tortoniano-Messiniano (Di Nocera et al, 1974), depostisi tra le fasi tettogenetiche del Tortoniano inferiore-medio e del Messiniano, presen¬ tano significative variazioni di facies di notevole interesse per la ricostru¬ zione deH'originario bacino di sedimentazione. Tale bacino era allungato in direzione NW-SE e limitato a SW e a NE da terre emerse. I sedimenti in esso deposti sono ancor oggi largamente affioranti in una fascia com¬ presa tra S. Lucido e i dintorni di Rogliano. Ancor più a SE i depositi altomiocenici tendono a scomparire e sono completamente assenti sulla sinistra orografica del F. Savuto; verso NW si rinvengono solo alcuni lembi dei termini basali della serie lungo la costa tirrenica tra Paola e Guardia Piemontese. Le deduzioni di carattere paleoambientale che discendono dalle nostre ricerche sono in accordo con i principali lineamenti dell'evoluzione paleo¬ geografica già in parte delineata per le aree più meridionali (zona di Amantea). La sezione stratigrafica si compone di tre sezioni parziali, facilmente correlabili sul terreno; gli affioramenti principali sono stati misurati nelle tre aree che di seguito vengono descritte, da W verso E: zona di F. Alba¬ nese, zona di M. Guardia, zona di Piano delle Quarte - Valle Carlomagaro Zona di Falconara Albanese Nei pressi del centro abitato affiorano i termini più bassi della serie altomiocenica (Fig. 2). Il substrato è alquanto uniforme per tutta l'area studiata ed è costituito dai terreni metamorfici delle Unità Castagna e Polia-Copanello, così come definite in Amodio-Morelli et al. (1979). Conglomerati I depositi del ciclo di sedimentazione Tortoniano-Messiniano iniziano con circa 60 metri di conglomerati a clasti arrotondati di rocce ignee e Caratteristiche stratigrafìche e paleoambientali, ecc. 215 Fig. 1. — Schema geologico. Substrato: 1 = terreni metamorfici delle Unità Ca¬ stagna e Polia-Copanello, Sedimenti del ciclo Tortoniano-Messiniano: 2 = conglomerati; 3 = arenarie e argille; 4 = calcareniti; 5 = argille; 6 = calcari evaporitici e diatomiti. Quaternario: 7 = alluvioni e detriti. 216 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo metamorfiche inglobati in una abbondante matrice arenacea rossastra. La stratificazione è assente, talvolta appena accennata da livelli di ciottoli o da intercalazioni lenticolari di arenaria a grana medio-fine. Le dimensioni dei clasti risultano poco selezionate e con diametri variabili da pochi cm ad oltre 50 cm. Questo intervallo, che è risultato sterile, è correiabile con i conglomerati che in genere caratterizzano la base del ciclo di sedimenta- F. A 1 h a n e se Fig. 2. — Colonna litostratigrafica schematica: 1 = substrato; 2 = conglomerati a clasti arrotondati; 3 = arenarie; 4 = argille; 5 = calcareniti arenacee. zione altomiocenico già studiati in varie zone della Calabria (Perrone et ah, 1973; Di Nocera et al., 1974; 1979). Questi conglomerati marcano Pinizio della sedimentazione sulle unità metamorfiche della Calabria ancora in ambiente continentale, dopo lunghi periodi di erosione durati almeno dal Miocene inferiore (momento in cui le unità calabre entrano a far parte della catena appenninica) alla fase tettonica del Tortoniano infe¬ riore-medio. I caratteri litologici e sedimentologici deH’intervallo, la po- Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 217 sizione stratigrafica, Fevoluzione verticale delle facies (di seguito descritte) permettono di ipotizzare che la sedimentazione sia avvenuta in ambiente di piana alluvionale costiera impostata su una zona tettonicamente ribas¬ sata ai bordi di aree moderatamente sollevate ed in via di smantella¬ mento. Arenarie e argille Al di sopra dei conglomerati seguono, con passaggio graduale, circa 30 m di arenarie e sabbie a grana medio-fine, di colore grigio o bruno, irregolarmente stratificate, con sottili intercalazioni argillose più frequenti verso l'alto. Talvolta è presente la laminazione obliqua a piccola scala. Questi depositi possono risultare in qualche caso disturbati da fenomeni tettonici probabilmente sinsedimentari. In generale i sedimenti sono ste¬ rili e solo raramente (poco a N dell’abitato di F. Albanese) negli strati are¬ nacei si rinvengono numerosi frammenti di bivalvi ed Echinodermi, Buone esposizioni di arenarie ed argille si osservano nei dintorni del¬ l'abitato di F. Albanese, che risulta almeno in parte costruito sui termini più resistenti di questo intervallo. Le argille contengono un residuo inorga¬ nico talora anche abbondante composto prevalentemente da quarzo, feld¬ spati, mica e subordinatamente da altri minerali colorati; in qualche cam¬ pione sono stati rinvenuti anche frammenti calcarei e rari frustoli carbo¬ niosi. Di solito inoltre si riscontra una scarsa frazione organica costituita da foraminiferi e da rarissimi frammenti di Echinodermi e spicole di spugna. I gusci dei foraminiferi si presentano generalmente spatizzati, spesso parzialmente deformati o rotti, testimoniando pertanto un tra¬ sporto, probabilmente limitato, ma che ha interessato tutta l'associazione. La percentuale delle forme planctoniche nell'associazione presenta sempre valori molto elevati (oltre il 70-80 %). A causa del cattivo stato di conservazione, gran parte della micro¬ fauna non ha potuto essere determinata a livello specifico e talora anche generico; tra i planctonici sono state riconosciute le seguenti forme: Globorotalia acostaensis Blow G. aff. continuosa Blow Globorotalia sp. Globigerina ex gr. bulloides D'Orb. G. concinna Reuss G .f^lconensis Blow G. aff. nepenthes Todd 14 218 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B, Russo Globigerinoides ex gr. trilobiis (Reuss) G. ex gr. obliqtius Bolli, Orbulina suturalis Bronn, O. universa D’Orb. La G. acostaensis è alquanto rara ed è rappresentata dalla varietà con sole quattro logge nelLultimo giro di spira; talvolta ad essa si accompa¬ gna una forma affine alla G. continuosa. Mancano esemplari di globoro- talie carenate. Tra i Globigerinoides figurano rappresentanti del gruppo G. obliquus, ma è assente la varietà G. o. extremus. Tra i foraminiferi bentonici figurano forme alquanto banali e diffuse in tutto Tambiente neritico; sono rappresentati i generi: Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Elphidium, Eponides, Gyroidina, Lagenonodosaria, Martinottiella, Nodosaria, No- nion, Pullenia, Robuliis, T rifarina, Uvigerina. Il gen. Elphidium è sempre molto raro; altrettanto sporadici sono i Buliminidi, Per la presenza di G, acostaensis le associazioni rinvenute possono es¬ sere correlate con la « zona a G. a. acostaensis » di D'Onofrio et al, 1976, la cui età è Tortoniano. L'ambiente di sedimentazione è neritico e caratterizzato da un note¬ vole apporto terrigeno; all'ambiente di piana alluvionale costiera, testi¬ moniato dai conglomerati basali sottostanti, si è sostituito pertanto un ambiente marino con acque poco profonde. Calcareniti arenacee Alle arenarie ed argille segue verso l'alto un potente (circa 50 m) li¬ vello di calcareniti arenacee grossolane a laminazione obliqua a grande scala (Fig. 3). Le lamine, che risultano planari, quasi sempre troncate e della lunghezza variabile da pochi metri ad oltre 10 metri, presentano una inclinazione che oscilla tra i 10° e i 30°. Lungo l'immersione delle lamine, che è molto varia, spesso si nota una progressiva diminuzione della incli¬ nazione. I clasti sono prevalentemente costituiti da frammenti di gusci di Lamellibranchi, Gasteropodi, Echinodermi, di colonie di Briozoi, alghe melobesie, etc. e subordinatamente da frammenti di rocce ignee. Tali cal¬ careniti si presentano in banchi e strati a granulometria variabile da me¬ dia a grossolana (Fig. 4). Questo litotipo passa lateralmente, verso E, a Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 219 calcareniti con intercalazioni marnose (zona di M. Guardia) di età torto- niano medio-superiore= Le calcareniti arenacee a laminazione obliqua a grande scala sono del tutto simili a quelle affioranti più a sud, nelFarea compresa tra Belmonte calabro, Amantea e Aiello calabro (Di Nocera et al, 1979). L’ambiente di sedimentazione in cui si sono accumulate le calcareniti era marino neritico, con acque molto basse. Le strutture sedimentarie fanno ritenere che siano tipici depositi di barre costiere. Fig. 3. — Falconara Albanese. Calcareniti arenacee a laminazione obliqua a grande scala. Zona di Monte Guardia Conglomerati Anche in quest'area (Fig. 5) la base dei depositi altomiocenici è rap¬ presentata da un potente livello (circa 70 m) di conglomerati, con inter- 220 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo calazioni lenticolari arenacee, del tutto simili a quelli affioranti nella zona prima descritta. Arenarie e argille Ai conglomerati ed arenarie seguono, con passaggio graduale, sabbie grossolane con intercalazioni argillo-marnose e siltose nella parte alta. La potenza complessiva deH'intervallo è delLordine dei 30 m. Nella parte basale si osservano alcune lenti ciottolose, costituite da elementi di com¬ posizione identica a quella dei sottostanti conglomerati. Fig. 4. — Falconara Albanese. Sezione sottile delle calcareniti arenacee. Ingr. X 7 circa. Le argille contengono sempre una frazione siltosa più o meno abbon¬ dante, composta da granuli di quarzo, feldspati, miche e rari altri mine¬ rali. In alcuni campioni si osservano anche frammenti calcarei, tracce di carbone e pirite. Le peliti sono sterili o racchiudono associazioni microfaunistiche poco abbondanti ed in cattivo stato di conservazione, nelle quali, di norma, si nota una netta prevalenza del plancton sul benthos. Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 221 Tra i globigerinidi sono stati determinati complessivamente: Globorotalia acostaensis Blow G. aff. acostaensis Blow G. a. aff. humerosa Tak. & Saito G. aff. continuosa Blow G. menar dii forma 3 Tjalsma G. menardii forma 4 Tjalsma G. ex gr. scitula (Brady) Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. G. concinna Reuss G. falconensis Blow G. globorotaloidea Colom G. microstoma Cita, P. Silva & Rossi Globigerinoides ex gr. trilobus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Or bulina sp. M . ( j II a rd i a mSO 0 I I ) rzi I I IM ao l oo' oo otO %o o o Q ri f 0 0 Oo oo o 0 eh ^opOoQoC O e? O o O o 2 k o o ® I o ® » Fio. 5. — Colonna litostratigrafìca schematica: 1 = substrato; 2 = conglome¬ rati; 3 = arenarie; 4 = calcareniti; 5 = marne e argille. Le globorotalie sono generalmente poco numerose. Le forme strati- grafìcamente più interessanti sono G. acostaensis (che presenta solo quat¬ tro logge nell'ultimo giro di spira) ed una varietà molto vicina a G. a. humerosa. Inoltre sono stati osservati rari esemplari di una Globorotalia 222 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo che, per la forma delle logge e la posizione dell'apertura, si avvicina alia G. continuosa. Il benthos è costituito da: Anomalina, BoUvina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Eggerella, Elphidium, Gyroidina, Lagena, Martinottiella, Nodosaria, No- nion, Robulus, Siphonodosaria, Textularia, Trifarina, Uvigerina. Sono presenti anche rari Radiolari, frammenti di radioli di echino e spicole di spugne. La frequenza delle forme bentoniche nell’associazione non si discosta da quella già osservata nella precedente località. Le condizioni di conser¬ vazione dei gusci dei microfossili fanno pensare ad un limitato trasporto postdeposizionale. La presenza di sicuri esemplari di G. acostaensis consente di correlare le microfaune rinvenute con Fomonima zona di associazione istituita da D’Onofrio et ah, 1976; non è possibile però identificare alcuna subzona all'interno di tale cenozona per l'assenza dei relativi markers. L'età è Tor- toniano. L'ambiente di sedimentazione con ogni probabilità era molto simile a quello descritto per l’affioramento di F. Albanese. Calcareniti con intercalazioni marnose L'intervallo inizia con uno strato calciruditico al quale seguono strati e banchi di calcareniti a laminazione subparallela; nella parte alta si hanno alcuni livelli dello spessore medio di 150 cm costituiti da alternanze di marne argillose ricche di microfauna e straterelli di calcare bioclastico. Le calcareniti che costituiscono la parte prevalente di questo inter¬ vallo (la cui potenza complessiva oscilla tra 60 e 100 m) sono di colore bianco giallastro, a grana medio-grossolana, e costituite quasi compieta- mente da frammenti di fossili (Fig. 6 e 7) ; in genere la matrice marnosa è scarsa e la roccia appare leggermente vacuolare. Anche ad un esame macroscopico tra i clasti si riconoscono frammenti di piastre e radioli di eehino, Lamellibranchi, Gasteropodi, frammenti di alghe melobesie e di colonie di Briozoi, Coralli individuali. Balani, etc. Tra i microfossili abbondano Globigerina, Orbulina, Globorotalia, ma sono anche presenti piccoli bentonici, Amphistegina sp., Rupertina sp. La frazione terrigena è scarsa ed è composta da frammenti di rocce meta¬ morfiche, granuli di quarzo, feldspati, lamelle di mica. Figg. 6-7. — Monte Guardia. Sezioni sottili delle calcareniti. Ingr. x 7 circa. 224 S. Di Novera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo Le argille marnose intercalate nella parte alta deirintervallo risultano generalmente ricche di microfaune ma contengono anche frammenti di macrofossili. La frazione inorganica dei residui di lavaggio è molto scarsa e costituita unicamente da clasti calcarei, talora anche da rarissimi mi¬ nerali e tracce di pirite. Le condizioni di conservazione dei microfossili sono discrete, senz'altro migliori di quelle osservate nelle microfaune del¬ l'intervallo sottostante. Non mancano comunque livelli in cui i gusci sono intensamente spatizzati, erosi o rotti. Il plancton costituisce sempre r80% ed oltre dell'intera associazione ed in esso sono stati determinati: Hastigerina sp. Globorotalia acostaensis Blow G. a. aff. humerosa Tak. & Saito G. menardii forma 4 Tjalsma G. menardii forma 5 Tjalsma G. obesa Bolli G. ex gr. scitula (Brady) Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. G. concinna Reuss G. aff. falconensis Blow G. globorotaloidea Colom G. microstoma Cita, P. Silva & Rossi G. quinqueloba Nat. Globigerinoides ex gr, obliquus Bolli G. o. extremus Bolli & Bermudez G. sacculifer (Brady) G. trilobus (Reuss) Orbulina sp. La G. acostaensis è presente con la forma a quattro logge nell'ultimo giro di spira e con una varietà simile alla G, a. humerosa. Frequenti sono, in alcuni campioni, le globorotalie del gruppo G. menardii. Il benthos è di norma molto scarso e rappresentato da: Bolivinoides, Cibicides, Dorothia, Elphidium, Nonion, Ophtalmidium, Planulina, Robulus, Textularia, Uvigerina. Talvolta sono presenti rarissime valve di Ostracodi. Le associazioni di foraminiferi planctonici rinvenute possono essere correlate con la « zona a G. a. acostaensis - subzona a G. o. extremus » (D’Onofrio et al., 1976) per la presenza dei markers zonali. L'età è Torto- niano, probabilmente medio-superiore. Caratteristiche stratigrafiche e paleoamhientali, ecc. 225 L’assenza di frazione terrigena, le intercalazioni marnose fossilifere, la presenza di frequenti foraminiferi planctonici nella matrice delle cal- careniti permettono di ipotizzare che l’ambiente di sedimentazione era marino neritico e ubicato in una zona centrale del bacino dove l'arrivo di materiale terrigeno era trascurabile o del tutto assente. Le calcareniti bioclastiche che, come già detto, costituiscono il litotipo prevalente in questo intervallo, affiorano ampiamente nella Calabria cen¬ tro-settentrionale, sia sul bordo tirrenico della catena costiera (Fiume¬ freddo Bruzio, S. Lucido) che nell’alta valle del fiume Grati, nella zona di Rogliano, Carolei, Marano Marchesato, Mendicino. Esse presentano una limitata variabilità per quanto riguarda in particolare il contenuto terri¬ geno, la stratificazione, la potenza complessiva, la frequenza delle interca¬ lazioni pelitiche. Esistono strette analogie dei caratteri litologici e di asso¬ ciazione faunistica tra i calcari di M. Guardia (e delle altre località della Calabria ora citate) e depositi carbonatici simili, di età compresa tra il Tortoniano ed il Messiniano, affioranti nella Penisola ed in Sicilia dove sono noti con differenti nomi formazionali {calcare di Rosignano in Gian¬ nini 1960; Bancone di Vigoleno in Venzo & Pelosio 1963; Formazione di Baucina in Aruta & Buccheri 1978). Argille Nella zona a N di M. Guardia la successione termina con alcuni metri di argille di colore grigio scuro, talvolta marnose o debolmente siltose, in strati della potenza di alcuni decimetri. Il passaggio dalle calcareniti bioclastiche alle argille è netto ed il più delle volte è disturbato da lievi fenomeni di scivolamento. I campioni di argille studiati sono caratterizzati da un residuo inor- ganico complessivamente non molto abbondante, costituito prevalente¬ mente da quarzo, feldspati, mica e pirite talvolta ossidata; sono presenti inoltre, frammenti calcarei ed altri minerali. La frazione organogena è sempre molto copiosa ed è rappresentata quasi unicamente da foraminiferi, oltre che da rari frammenti di radioli di echino, di valve di Lamellibranchi, di spicole di spugne e di valve di Ostracodi. I gusci dei foraminiferi risultano sempre ben conservati; il rapporto P/B è nettamente a favore del plancton. In quest’ultimo sono state riconosciute le seguenti specie: Globorotalia acostaensis Blow G. a. humerosa Tak. & Saito G. menardii forma 4 Tjalsma 226 S. Di Macera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo G. menar dii forma 5 Tjalsma G. ex gr. scitula (Brady) G. suterae Cai. & Sprovieri Globigerina ex gr, bulloides D'Orb. G. concinna Reuss G. falconensis Blow G. globorotaloidea Colom G, aff. microstoma Cita, P. Silva & Rossi G. quinqueloba Nat, Globigerinoides aff. bollii Blow G. obliquus Bolli G. o. extremus Bolli & Bermudez G. sacculifer (Brady) G. trilobus (Reuss) Orbulina bilobata (D’Orb.) O. sutiiralis Bronn. O. universa D'Orb. Tra le forme elencate risultano alquanto frequenti la G. acostaensis, che è presente sia con la varietà con sole quattro logge nelTultimo giro di spira, sia con quella tipica con cinque logge, la G. suterae, la G. menar- dii forma 4 e, infine, la G. menardii forma 5. La frazione bentonica è com¬ plessivamente molto scarsa ed è rappresentata da forme diffuse in tutto il dominio neritico. In particolare sono stati determinanti i seguenti generi: Bolivina, Bolivinoides, Cassidulina, Cibicides, Elphidium, Eponides, Gyroidina, Nodosaria, Nonion, Ophtalmidium, Planulina, Pullenia, Ro- bulus, Siphonina, Trifarina, Uvigerina, La frequenza tra i globigerinidi dei markers G. acostaensis e G. sute¬ rae consente di correlare le associazioni rinvenute con la « zona a G. a, acostaensis - subzona a G. suterae » (D’Onofrio et al., 1976) del Tortoniano superiore. L'ambiente di sedimentazione è neritico, caratterizzato da scarso ap¬ porto terrigeno. Zona di Piano delle Quarte - Valle Carlomagaro Conglomerati Anche in quest'area i conglomerati basali si presentano senza strati¬ ficazione; si notano solo alcuni livelli irregolari di arenaria grossolana in- Caratteristiche stratigrafìche e paleoambientali, ecc. Ili tercalati a varie altezze (Fig. 8). I clasti costituiti da rocce metamorfiche sono anche di dimensioni notevoli, con diametro intorno ad 1 metro, ed in prevalenza a spigoli vivi; la matrice arenacea è prevalente. Lo spessore ri¬ sulta molto variabile, anche a breve distanza, da qualche decina di metri a circa 70-80 metri. Nella parte aita i conglomerati passano ad arenaria sil- tosa, di colore grigio scuro, stratificata e dello spessore complessivo di circa due metri. Piano delle (^uarte- ^alle L a ri o ma ga r<)i Fig. 8. — Colonna litostratigrafica schematica: 1 = substrato; 2 = conglome¬ rati a clasti non arrotondati; 3 = calcareniti; 4 == argille con livelli mineralizzati a Mn; 5 = diatomiti; 6 = calcare evaporitico. Al di sopra segue spesso un livello di circa 60 cm di argilla sabbiosa ricca di frustoli carboniosi con alla sommità un livelletto di argilla verde. Alla sommità di quest'ultimo livello, a contatto con le sovrastanti calca¬ reniti, si notano diversi noduli calcarei in corrispondenza di filoni di cal- cilutite subverticali che troncano tutto il pacco carbonatico sovrastante (Figg. 9 e 10). In questa zona il livello conglomeratico si differenzia, rispetto alle due zone prima descritte, per le dimensioni maggiori e la scarsa elabora- 228 S. Di Macera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo zione dei clasti e per la prevalenza della matrice. Inoltre manca il livello arenaceo-argilloso che nelle altre zone segna l'inizio della sedimentazione marina. Si ipotizza che l'ambiente di deposizione dei conglomerati sia stato continentale, al margine orientale della piana alluvionale, dove si accu¬ mulavano caoticamente i detriti più grossolani, probabilmente in un si¬ stema di conoidi pedemontane. Fig. 9. — Piano delle Quarte. Passaggio stratigrafico dal livello conglomera- tico-arenaceo basale alle calcareniti. Calcareniti La parte bassa di questo livello si presenta spesso conglomeratica e con diversi clasti di rocce ignee; verso l'alto la stratificazione è poco evi¬ dente e la roccia appare con una laminazione interna subparallela e a volte con una abbondante frazione terrigena. Le calcareniti sono sempre molto ricche di frammenti di gusci di Lamellibranchi e Gasteropodi, di frammenti di Coralli individuali, Balani etc. (Fig. 11). Nella zona di Valle Carlomagaro si trovano livelli in cui i resti fossili sono alquanto ben conservati. Caratteristiche stratigrafìche e paleoambientali, ecc. 229 Una maggiore percentuale di frazione terrigena e la mancanza delle intercalazioni marnose consentono di differenziare queste calcareniti da quelle di M. Guardia; lo spessore complessivo è lo stesso nelle due zone. L’area di sedimentazione risentiva della vicinanza delle zone emerse e probabilmente era prossima al margine orientale del bacino; Tambiente era marino neritico con acque poco profonde. Fig. io. — Piano delle Quarte. Filoni sedimentari di calcilutite che attraversano le calcareniti e terminano al contatto con le sottostanti arenarie. Argille Il passaggio dalle calcareniti alle argille è molto netto e marcato spesse volte da una superficie ricca di noduli di pirite. La roccia è di co¬ lore grigio, in strati e straterelli dello spessore massimo di 40-50 cm. A varie altezze si notano sottili strati arenacei. La porzione intermedia del¬ l'intervallo è sottilmente laminata e di colore grigio scuro perché mine¬ ralizzata a manganese. I livelli argillosi mineralizzati sono ricchi di sca¬ glie di Pesci, Otoliti, frammenti di carbone; a volte si notano livelletti arenacei ricchi di foraminiferi di color ruggine. Lo spessore delFinter- vallo si aggira sui 60 m. 230 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo Le analisi effettuate sui numerosi campioni in serie prelevati dalla base alla sommità delLintervallo hanno mostrato interessanti variazioni sia del contenuto microfaunistico che della composizione del residuo inorganico di lavaggio. I campioni prelevati nei primi metri al di sopra delle calcareniti sono caratterizzati da una frazione inorganica più o meno abbondante, costi- Fig. 11. — Piano delle Quarte. Sezione sottile delle calcareniti. Ingr. x 7 circa. tuita essenzialmente da quarzo, feldspati e mica, talora prevalente sui primi due, subordinatamente da minerali colorati; in alcuni livelli si ri¬ scontrano pochi frammenti calcarei, pirite, talvolta ossidata, pochi fru¬ stoli carboniosi. La componente organogena è sempre molto abbondante ed è rappresentata prevalentemente da foraminiferi, oltre che da rari frammenti di macrofossili, tra cui Lamellibranchi ed echinidi, e di valve di Ostracodi. I gusci dei microfossili sono in buono stato di conserva¬ zione. I globigerinidi sono rappresentati da: Globorotalia acostaensis Blow G. a. humerosa Tak. & Saito Caratteristiche strati grafiche e paleoambientali, ecc, 231 G. menardii forma 4 Tjalsma G. menardii forma 5 Tjalsma G. obesa Bolli G. ex gr. scinda (Brady) G. suterae Cai. & Sprovieri Globigerina ex gr. bulloides D’Orb. G. falconensis Blow G. globorotaloidea Colom G. aff. microstoma Cita, P. Silva & Rossi G. aff. nepenthes Todd G. quinqueloba Nat. G. aff. uvula (Ehren.) Globigerinoides obliquus Bolli G. o. extremus Bolli & Bermudez G. sacculifer (Brady) G. trilobus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Orbulina bilobata (D’Orb.) O. suturalis Bronn. O. universa D'Orb. Particolarmente frequenti sono G. suterae, G. acostaensis (sia nella forma tipica che nella varietà con sole quattro logge nell'ultimo giro di spira) e G. a. humerosa; a queste forme si accompagnano con frequenza minore G. obliquus, G. o. extremus, G. menardii. Tra i foraminiferi bentonici sono stati individuati i seguenti generi: Anomalina, Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cibicides, Dentalina, Dorothia, Elphidium, Eponides, Gyroidina, Lagena, Marti- nottiella, Nodosaria, Nonion, Ophtalmidium, Planulina, Pullenia, Ro- bulus, Siphonina, Textularia, Uvigerina, V alvulineria, Vulvulina. La microfauna bentonica risulta ben rappresentata come numero di generi, ma ognuno di essi è presente con pochi individui. Il rapporto plancton/benthos è sempre nettamente a favore del plancton. Per la presenza dei markers zonali le associazioni rinvenute possono essere correlate con la « zona a G. a. acostaensis - subzona a G. suterae » (D'Onofrio et al., 1976), ultima in ordine di comparsa nel Tortoniano, Per¬ tanto, i livelli basali dell’intervallo pelitico sono di età Tortoniano su¬ periore. Proseguendo nella successione i livelli pelitici (non mineralizzati) che sono stati campionati hanno rivelato un contenuto scarso o molto scarso di silt, composto da pirite, molto spesso presente in apprezzabili quantità 232 S, Di Nocera, F, Ortolani, M, Torre e B. Russo e talora ossidata, percentuali molto limitate di quarzo, feldspati e mica, quasi sempre prevalente sui primi due; in alcuni livelli inoltre sono pre¬ senti rari clasti calcarei, tracce di carbone ed altri minerali. La compo¬ nente organogena per lo più è molto abbondante, costituita quasi unica¬ mente da foraminiferi, oltre che da rari radioli di echino, resti di Pesci e valve di Ostracodi. La microfauna a foraminiferi appare il più delle volte ben conservata; solo in alcuni casi si osservano fenomeni di spatizzazione e i gusci si presentano rotti. Talvolta i gusci sono riempiti di pirite. Il rapporto plancton/benthos è sempre nettamente a favore del plancton ed in taluni casi il benthos è del tutto assente. Tra i globigerinidi sono stati deter¬ minati: Hastigerina siphonifera (D'Orb.) Globorotalia acostaensis Blow G. a. humerosa Tak. & Saito G. conomiozea Kennett G. alT. dalii Perconig G, mediterranea Cai. & Sprovieri G. menardii forma 3 Tjalsma G. menardii forma 4 Tjalsma G. menardii forma 5 Tjalsma G. miozea saphoae Bizon G. obesa Bolli G. ex gr. scitula (Brady) G. suterae Cat. & Sprovieri Globigerina ex gr. bulloides D'Orb. G. concinna Reuss G. falconensis Blow G. globorotaloidea Colom G. aff. incompta (Cifelli) G. microstoma Cita, P. Silva & Rossi G. aff. nepenthes Todd G. quinqueloba Nat. G. aff. uvula (Ehren.) Globigerinoides aff. bollii Blow G. aff. mitrus Todd G. obliquus Bolli G. o. extremus Bolli & Bermudez G. sacculifer (Brady) G. trilobus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Orbulina bilobata (D'Orb.) O. suturalis Bronn. O. universa D’Orb. Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 233 Fin dalla loro comparsa G. conomiozea e G. mediterranea sono rap¬ presentate da numerosi esemplari; a queste si accompagna sovente la G. m. saphoae, mentre la frequenza di G. suterae subisce una drastica ri duzione o scompare del tutto. Risultano ancora abbastanza frequenti la G. acostaensis, e la G. a. humerosa. Solo sporadicamente sono stati rinve¬ nuti alcuni esemplari attribuibili solo dubitativamente alla G, dalii, men¬ tre sono ancora presenti le G, menardii Il benthos è composto da: Anomalina, Bolivina, Bolivinoides, BuUmina, Cibicides, Dentalina, Do- rothia, Elphidium, Eponides, Gyroidina, Lagena, Lagenonodosaria, Mar- tinottiella, Nodosaria, Nonion, Ophtalmidium, Planularia, Pleurosto- mella, Robulus, Siphonodosaria, Trifarina, Triloculina, Uvigerina, Val- vulineria. Come già osservato nei livelli sottostanti questi generi di foraminiferi bentonici sono rappresentati ciascuno da pochi individui. La presenza de markers consente di correlare le associazioni di que¬ sti livelli con la « zona a G. conomiozea - subzona a G, mediterranea », la prima in ordine di comparsa nel Messiniano. I campioni prelevati nei livelli più alti delFintervallo argilloso, fino al passaggio con le sovrastanti diatomiti sono caratterizzati da una scarsis¬ sima componente inorganica. Essa è composta da pirite, a luoghi abbon¬ dante e talvolta ossidata, e da piccole quantità di quarzo, feldspati, mica; sporadicamente si rinvengono anche altri minerali e tracce di frustoli carboniosi. Anche la frazione organogena è scarsa, a luoghi addirittura assente, ed è rappresentata quasi unicamente da foraminiferi, oltre che da scaglie di Pesci e rari frammenti di radioli di echino. I gusci dei foraminiferi appaiono sempre ben conservati, ma, in al¬ cuni livelli, mostrano caratteri di nanismo. Il rapporto P/B è nettamente a favore del plancton, nel quale sono state riconosciute le seguenti specie: Globorotalia acostaensis Blow G. a. aff. humerosa Tak. & Saito G. mediterranea Cat. & Sprovieri G. suterae Cat. & Sprovieri Glohigerina ex gr, bulloides D’Orb. G, concinna Reuss ^ G. falconensis Blow G. glob or ot aioidea Colom G. aff. incompta (Cifelli) 15 234 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo G. microstoma Cita, P. Silva & Rossi G. multiloba Romeo G. quinqtieloba Nat, G. aff. uvula (Ehren.) Globigerinoides aff. bollii Blow G. obliquus Bolli G. o. extremus Bolli & Bermudez G. trilohus (Reuss) Globigerinita glutinata (Egger) Orbulina bilobata (D'Orb.) O. suturalis Bronn. O. universa D’Orb. Tra le specie elencate risultano frequenti G .concinna, G. quinqueloha; sono ancora presenti G. acostaensis e G. a. aff. humerosa mentre G. sute- rae è rarissima. Le globorotalie carenate, infine, sono quasi del tutto as¬ senti, fatta eccezione per alcuni rarissimi esemplari attribuiti a G. medi- terranea. Ugualmente rara è G. multiloba. Nel benthos sono stati determinati i seguenti generi: Bolivina, Bolivinoides, Bulimina, Cassidulina, Cihicides, Elphidium, Eponides, Lagena, Nonion, Ophtalmidium. Le associazioni rinvenute sono correiabili con la « zona a G. conomio- zea - subzona a G. multiloba » (D'Onofrio et al., 1976) per la presenza del marker G. multiloba. L'età è Messiniano. L’ambiente di sedimentazione è neritico alla base delTintervallo, con normali condizioni di circolazione e di salinità delle acque. Nella parte medio-superiore si verificano condizioni di ambiente euxinico per una pro¬ gressiva riduzione della circolazione delle acque e conseguente diminu¬ zione del tenore di ossigeno sul fondo, testimoniate, tra l'altro, dalla scar¬ sezza o totale assenza del benthos. Diatomiti Al passaggio con le sottostanti argille, nelle poche aree di affioramento nella zona di Piana delle Quarte, le diatomiti si presentano silicizzate per circa 20 cm; la rimanente porzione del livello (circa 6 m) è di colore bianco e sottilmente laminata. Nei residui di lavaggio sono stati rinvenuti numerosi gusci di Diato- mee, di forma prevalentemente circolare (Centrales) e a luoghi gusci di foraminiferi. Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 235 Calcari evaporitici Sono costituiti da calcari molto vacuolari con sottili intercalazioni di argilla verde; la fauna è assente e lo spessore osservabile è di circa sei metri (Fig. 12). Fig. 12. — Piano delle Quarte. Calcari evaporitici. Questi ultimi due intervalli testimoniano una accentuazione delle con¬ dizioni euxiniche del bacino (diatomiti) e il progressivo passaggio a con¬ dizioni evaporitiche, senza una necessaria riduzione della profondità delle acque. Considerazioni sull'evoluzione paleoambientale L'area studiata, compresa tra F. Albanese e Piano delle Quarte, rap¬ presenta una zona particolarmente significativa per la ricostruzione della 236 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo stratigrafia e per lo studio delle variazioni di facies dei depositi del ciclo Tortoniano-Messiniano della Calabria, grazie all'abbondanza degli affiora¬ menti, alla scarsa tettonizzazione ed alla continuità fisica riscontrata tra i vari litotipi. L'evoluzione ambientale che si evince dallo studio della sezione è del tutto simile, nelle grandi linee, a quella già messa in evidenza, in prece¬ denti lavori (Di Nocera et al., 1974 a; 1974 b; 1975; 1979) per gli stessi se¬ dimenti di altre aree della Calabria. I conglomerati basali si sono deposti su di un substrato, costituito da rocce metamorfiche intensamente tettonizzate, già esposto all’azione degli agenti morfogenetici per un lungo periodo, in ambiente continentale. Le caratteristiche sedimentologiche riscontrabili nella zona di Falconara Al¬ banese fanno ipotizzare una sedimentazione avvenuta in ambiente di piana alluvionale costiera; nelle zone più orientali invece la sedimentazione sa¬ rebbe avvenuta in ambiente di conoide pedemontana (Fig. 13 A; Fig. 14). L’apporto del materiale clastico sembra essere avvenuto da E verso W. Le arenarie ed argille per le loro caratteristiche litologiche, sedimen¬ tologiche e faunistiche si sarebbero deposte, nella zona di Falconara Alba¬ nese e di M. Guardia, in un ambiente di mare molto basso con notevoli apporti detritici provenienti dalle aree circostanti ancora emerse tra le quali è da considerare la zona di Piano delle Quarte - valle Carlomagaro dove questi depositi sono assenti (Fig. 13 B; Fig. 14). Nelle calcareniti, che rappresentano il litotipo più diffuso, si riscon¬ trano significative variazioni dei caratteri sedimentologici e litologici spo¬ standosi dalle zone occidentali a quelle orientali (Fig. 13 C; Fig. 14). Nella zona di Falconara A. l’abbondanza di frazione terrigena e la presenza di laminazione obliqua a grande scala indicano un originario ambiente di sedimentazione caratterizzato da acque basse e presenza di barre co¬ stiere. Questa zona quindi rappresentava un margine di un vasto bacino limitatamente interessato da apporti terrigeni provenienti dai settori occi¬ dentali emersi. A M. Guardia i depositi carbonatici risultano privi o quasi di frazione terrigena e con intercalazioni marnose; ciò fa ritenere che la sedimentazione sia avvenuta in zone del bacino più lontane dalla costa non necessariamente molto più profonde. Nell’area più orientale (Piano delle Quarte - valle Carlomagaro), si hanno calcareniti contenenti frazioni terrigene variabili e risultano assenti le intercalazioni marnose; questa area di sedimentazione risente degli apporti terrigeni provenienti da terre emerse ipotizzabili in posizione più orientale. I limitati affioramenti di terreni argillosi non permettono di osser¬ vare variazioni laterali dovute ad eventuali differenze dell’ambiente di Caratteristiche strati grafiche e paleoambientali, ecc, 237 sedimentazione (Fig. 13 D). L'evoluzione verticale riscontrabile indica che solo inizialmente si avevano condizioni marine normali mentre nella parte medio alta Fabbondanza di resti di vertebrati (Pesci) e di microfaune scarse ed oligotipiche testimoniano una progressiva restrizione nella cir¬ colazione delle acque senza evidenze di diminuzione della loro profondità. c Fig. 13. — Profili paleogeografici schematici durante le fasi più significative nel¬ l'evoluzione del bacino. A = Deposizione dei conglometati (Torto- niano medio superiore): a = piana alluvionale; b = conoide pede¬ montana. B = Deposizione delle arenarie e argille (Tortoniano medio superiore): c = mare poco profondo. C = Deposizione delle calcare- niti (Tortoniano superiore) : d = margine occidentale del bacino con barre costiere; e = parte centrale del bacino; f = area prossima al margine orientale del bacino. D == Deposizione delle argille (Torto¬ niano superiore e Messiniano) : g = probabili zone marginali; h = parte centrale del bacino. Il progressivo isolamento del bacino è testimoniato dalla presenza, nella parte sommitale della successione, delle diatomiti e dei sovrastanti calcari evaporitici (Fig. 14), con i quali si chiude anche in questa zona il ciclo di sedimentazione Tortoniano-Messiniano. L’analisi dei dati prima esposti permette di delineare un quadro sche¬ matico della evoluzione della sedimentazione nel bacino in relazione al- 238 S. Di Nocera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo l'assetto strutturale e morfologico delle aree circostanti. Lo spessore ri¬ dotto dei conglomerati continentali basali lascia supporre che il substrato su cui è avvenuta la sedimentazione presentava una morfologia poco acci¬ dentata e una generale subsidenza molto limitata. In quest’area del bacino e nelle zone circostanti, il substrato, da cui proveniva parte dei sedimenti clastici, era privo di copertura sedimentaria; verso est si hanno evidenze della presenza di aree morfologicamente più accidentate ed in via di smantellamento. Probabilmente già in questa fase si sono individuati gli elementi strutturali principali che condizioneranno tutta l'evoluzione suc¬ cessiva di questa parte del bacino. Fig. 14. — Schema dei rapporti stratigrafici dei sedimenti del ciclo Tortoniano- Messiniano: 1 = substrato; 2 = conglomerati di piana alluvionale; 3 = conglomerati di conoide pedemontana; 4 = arenarie e argille di mare basso; 5 = calcareniti arenacee del margine occidentale del ba¬ cino; 6 = calcareniti bioclastiche della parte centrale del bacino; 7 — calcareniti parzialmente arenacee delle aree prossime al margine orientale del bacino; 8 = argille con livelli mineralizzati a Mn; 9 = diatomiti; 10 = calcari evaporitici. Gradualmente solo nella parte centro-occidentale della zona studiata si instaura un ambiente di mare molto basso in cui si hanno abbondanti apporti terrigeni dalle aree circostanti ancora emerse quali ad es. la parte orientale (zona di Piano delle Quarte - Valle Carlomagaro). Solo succes¬ sivamente l'ambiente marino si estende su vaste aree, come testimoniano le calcareniti che affiorano, oltre che in tutta la zona studiata, da S. Lu¬ cido al F. Savuto e all'alta valle del F. Grati, lungo una fascia orientata NW-SE e della larghezza di qualche decina di chilometri. La presenza di Caratteristiche stratigrafiche e paleoambientali, ecc. 239 depositi di barra costiera costituita dalie calcareniti molto arenacee a laminazione obliqua a grande scala nella parte occidentale, passanti verso est dapprima a calcareniti con intercalazioni marnose (zona di M. Guar¬ dia) e poi a calcareniti con livelli ricchi di frazione terrigena (zona di Piano delle Quarte - Valle Carlomagaro) sempre più abbondante nelle zone ancora più orientali, al di fuori delFarea studiata, permettono di ri¬ costruire i bordi del bacino e di ipotizzarne le caratteristiche strutturali e morfologiche principali. Il bordo occidentale probabilmente era carat¬ terizzato da una terra emersa alquanto articolata morfologicamente ed in erosione, che riforniva una abbondante frazione terrigena al bacino, in cui si aveva una rigogliosa presenza di organismi a guscio calcareo (La- mellib ranchi, Gasteropodi), di Coralli individuali, colonie di Briozoi, Li- thothamnium, etc., una limitata e generale subsidenza e mare poco pro¬ fondo in cui i detriti (costituiti da frammenti di rocce cristalline e meta¬ morfiche e da frammenti di fossili) venivano agevolmente trasportati dal moto ondoso e accumulati in barre costiere. La zona di M. Guardia cor¬ rispondeva alla parte centrale del bacino dove non poteva giungere la frazione terrigena e nella quale si depositavano solo i calcari bioclastici e sedimenti pelitici con microfauna planctonica. I depositi che si osser¬ vano nella zona di Piano delle Quarte - Valle Carlomagaro si sono accu¬ mulati probabilmente in aree prossime al margine orientale del bacino ed indicano che la morfologia, la struttura e la litologia delle aree emerse era tale da non permettere notevoli apporti terrigeni. Questa parte margi¬ nale del bacino inoltre doveva essere più protetta daH'azione del moto ondoso e con condizioni batimetriche tali da non consentire la formazione e conservazione di depositi di barra costiera. In conclusione, è possibile ipotizzare un bacino caratterizzato da un bordo occidentale morfologica¬ mente articolato e probabilmente tettonicamente attivo e da un margine orientale più stabile e generalmente più uniforme dal punto di vista mor fologico. Un ulteriore ampliamento ed approfondimento del bacino viene testimoniato dalle argille, che, come in altre aree delFAppennino, deno¬ tano un ambiente marino normale nella parte bassa e condizioni di circo¬ lazione ridotta delle acque verso Paltò. Le generali condizioni di scarsa circolazione e del successivo quasi completo isolamento, come in tutti i bacini del Messiniano del Mediterraneo, sono indicate dalla sedimenta¬ zione delle diatomiti e dei calcari evaporitici. I dati relativi ad un'ampia zona della Calabria centro-settentrionale (in parte ancora in fase di elaborazione) hanno permesso di riconoscere che in un'area di circa 600 km^ compresa tra S. Lucido, Amantea, F. Sa¬ vuto, Rogliano, Cosenza e Marano Marchesato, affiorano calcareniti che 240 S. Di Novera, F. Ortolani, M. Torre e B. Russo per i caratteri litologici e sedimentologici e per la posizione stratigrafica sono simili, a quelle illustrate nel presente lavoro; inoltre spostandosi da W verso E si riconoscono le stesse variazioni di facies illustrate per la zona di F. Albanese - P. delle Quarte. Lo studio di questi calcari bioclastici affioranti alcuni km più a S, tra Belmonte, Amantea e Aiello Calabro ha consentito tra l’altro di ipotizzare anche qui la presenza di una terra emersa ubicata ad occidente (Di Nocera et ah, 1974 a; 1979). Pertanto le zone di F. Albanese, Belmonte, Amantea e Aiello Calabro dovevano rap¬ presentare il margine occidentale del bacino tortoniano-messiniano, se¬ gnatamente durante la deposizione delle calcareniti. Si può infine avanzare l'ipotesi che il bacino sia stato condizionato da strutture orientate NW-SE individuatesi con la fase tettonica tortoniana. In seguito a tale fase si sarebbe tra l’altro accentuato Finarcamento della Catena tra l’Appennino meridionale e la Sicilia, ed i vari blocchi ancor oggi riconoscibili nella Calabria avrebbero subito rotazioni differenziali. In particolare, in seguito alla relativa rotazione oraria del blocco della Calabria meridionale rispetto a quello della Calabria centro-settentrionale (Di Nocera et al., 1975) si sarebbero individuate nella zona di contatto dei blocchi delle strutture orientate NW-SE riconoscibili (da S verso N) nella « linea Tiriolo - Amantea », nell’« alto strutturale Grimaldi - M. Cocuzze » e nella « depressione Rogliano - S. Lucido » (Di Nocera et al., 1975): in quest’ultima, per un’ampiezza di alcuni km, si sono deposti durante il ciclo del Tortoniano sup. - Messiniano, i maggiori spessori di terreni car¬ tonatici organogeni. BIBLIOGRAFIA Amodio Morelli L., Bonardi G., Colonna V., Dietrich D., Giunta G., Ippolito F., Liguori V., Lorenzoni S., Paglionico A., Terrone V., Piccarreta G., Russo M., ScANDONE P., Zanettin Lorenzoni E. & ZUPPETTA A., 1976 - L’arco calabro pelo- ritano nelVorogene appenninico-maghrebide. Mem. Soc. Geol. It., 17. Aruta L. & Buccheri G., 1976 - Biostratigraphy and palaeoecology of thè Early Messinian carbonates {Baucina Fm) in Western Sicily. Mem. Soc. Geol. It., 16. Blow W. H., 1969 - Late middle Eocene to Recent planktonic foraminiferal bio¬ stratigraphy. Proc. Intern. Conf. Plank. Microf., Geneva 1967, 1. Boni M. & Rolandi G., 1975 - Mineralizzazioni manganesifere nel Messiniano del versante tirrenico della catena costiera calabra (Serra d’Aielloi. Rend. Acc. Se. fìs. mat. Soc. Naz. Scienze, lett. e arti in Napoli, ser. 1, 42. Di Nocera S., Nardi G., Ortolani F. & Torre M., 1974 - Cineriti riolitiche nei de¬ positi messiniani della valle del Grati (Calabria settentrionale). Rend. Acc. Se. Fis. Mat., ser. 4, 41. Caratteristiche stratigrafiche e paleo ambientali, ecc. 241 Di Nocera S., Ortolani F., Russo M. & Torre M., 1974 - Successioni sedimentarie messiniane e limite Miocene-Pliocene nella Calabria settentrionale, Boll. Soc. Geol. It., 93. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M., 1975 - Fase tettonica messiniana nell’ Ap¬ pennino meridionale. Boll. Soc. Natur., Napoli, 84. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M., 1976 - La tettonica messiniana nelVevolu- zione della catena appenninica. Atti seminar. « Il significato geodinamico della crisi di salinità del Miocene terminale nel Mediterraneo », Firenze, 17-24976. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M., 1979 - Il Miocene superiore della zona di Amantea {Catena costiera calabra). Boll. Soc. Geol. It., 98. D’Onofrio S., Giannelli L., Iaccarino S., Morlotti E., Romeo M., Salvatorini G., Sampò M. & Sprovieri R., 1976 - Planktonic foraminifera of thè Upper Mio¬ cene from some Italian sections and thè problem of thè lower boundary of thè Messinian. Boll. Soc. Pai. It., 14, n. 2. Giannini E., 1960 - Studio di alcune sezioni stratigrafiche del Miocene superiore delle colline livornesi ed osservazioni sui caratteri e sui limiti del Messi- niano in Toscana. Giorn. Geol., s. 2, 28. Perrone V., Torre M. & Zuppetta A., 1973 - Il miocene della catena costiera cala¬ bra. Primo contributo: zona Diamante-Bonifati - S. Agata d’Esaro (Cosenza). Riv. It. Paleont.e Strat., 79 (1), Milano. Venzo S. & Pelosio G., 1963 - La Malacofauna del Colle di Vigoleno (Preappen¬ nino piacentino). Paleontogr. Italica, 68. Zachariasse W. J., 1975 - Planktonic foraminiferal biostratigraphy of thè late neo¬ gene of Crete (Greece). Utrecht Micropai. Bull., n. 11. La presente nota è stata accettata il 19-11-1979. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 243-261, figg. 12 « Sulla struttura profonda della Piana Campana » Nota dei soci Francesco Aprile e Franco Ortolani (Tornata del 26 giugno 1979) Riassunto. — L'indagine geoelettrica profonda eseguita nella Piana campana, utilizzando anche un nuovo apparato di misura con cui è possibile ottenere di¬ rettamente in situ il parametro « resistività apparente » ha permesso di ricono¬ scere nel sottosuolo fino a circa 2 km di profondità la presenza di quattro unità geoelettriche fondamentali : — - due subsuperficiali, di vario spessore e resistività, corrispondenti a depo¬ siti alluvionali, marini e vulcanici recenti; — una intermedia molto conduttiva e generalmente molto potente costituita da depositi marini argillosi; — una basale resistiva costituita da lave (nella parte centrale dell’area inda¬ gata), arenarie e conglomerati (specie nella zona compresa tra il F. Volturno ed il M, Massico). Con i dati di numerose perforazioni profonde e della geologia regionale è possibile ipotizzare al di sotto dei terreni indagati, ad una profondità che varia da 3 a 5 km circa e per uno spessore complessivo di circa 8-10 km, la presenza di varie unità tettoniche della catena appenninica ed infine il basamento defor¬ mato dell’originario margine africano. Abstract. — A new model for thè structure of thè area North of Naples is presented on thè ground of a geoelectrical study carried out in thè Campania Plain (Pianura campana) by using a new measurement device, which directly indicates thè apparent resistivity. Four main geoelectrical units have been indi- viduated up to a depth of about 2000 m: — thè upper two are formed by recent sedimentary (alluvial to marine) and volcanic rocks; — thè middle unit is very conductive and is formed by thick marine clays; — thè basai unit is constituted by lavas (in thè centrai part of thè investi- gated area) and by sandstones and conglomerates (mainly in thè area between Volturno river and M. Massico). The above units fili a broad graben in thè Apenninic structures between thè Sorrento Peninsula and M. Massico, across thè Naples Bay. 244 F. Aprile e F. Ortolani Introduzione Lo studio sulla struttura profonda della Piana campana (compresa tra il M, Massico ed i Campi Flegrei) che viene qui presentato rientra ne) quadro delle ricerche condotte neH'ambito del Progetto Finalizzato Geo¬ dinamica del C.N.R. e di una Convenzione stipulata tra il Centro Studi dei Fenomeni Vulcanici dei Campi Flegrei e Tlstituto di Geologia e Geofisica deH’Università di Napoli. Nel corso delLindagine a grande scala, che si basa su prospezioni geo¬ elettriche profonde e sui dati geologici e strutturali che scaturiscono dagli studi a scala regionale sulFAppennino meridionale, ci si è avvalsi anche delle stratigrafie dei pozzi profondi sinora realizzati (CV 1, CV 2, CV 3, Q 1, Gl, VL 1, CF21, CF 22, CF 23, P2) e dei dati di altri sondaggi mecca¬ nici che si spingono a profondità comprese tra gli 80 ed i 300 m. La prospezione geoelettrica, eseguita anche con l'impiego di una nuova apparecchiatura che permette l’acquisizione automatica e diretta in cam¬ pagna della resistività apparente già filtrata statisticamente, è stata ese¬ guita in due fasi: nella prima ha interessato l’area compresa tra il fiume Volturno ed i Campi Flegrei, nella seconda (che è oggetto della presente nota) è stata estesa alla rimanente parte della Piana campana compresa tra il M. Massico e l’area flegrea (Fig. 1). Lo studio geoelettrico eseguito, integrato anche con i dati sperimen¬ tali dei SEV effettuati in precedenza dalla SAMET per ricerche petroli¬ fere, con i dati di vari pozzi profondi, di prospezioni sismiche (Finetti e Morelli, 1974), inquadrati con le conoscenze geologiche regionali, ha per¬ messo di proporre una nuova interpretazione della struttura profonda di quest’area. Premessa In un primo lavoro (Ortolani e Aprile, 1973) presentato alla Società Geologica Italiana, nella seduta del 284-1978, dedicata ai nuovi risultati ottenuti nell’ambito del progetto finalizzato Geodinamica, Sottoprogetto Modello Strutturale Tridimensionale del C.N.R., è già stato proposto un nuovo schema dell’assetto profondo di un tratto di Piana campana com¬ presa tra il Fiume Volturno ed i Campi Flegrei. Secondo il modello da noi prospettato in base ai dati delle prospe¬ zioni geoelettriche profonde ed utilizzando anche i risultati di precedenti indagini gravimetriche e magnetiche, la Piana campana è un grande gra- ben in cui le rocce carbonatiche vanno progressivamente abbassandosi Sulla struttura profonda della Piana Campana 245 dai rilievi circostanti verso l’area centrale delia pianura; nella zona di Parete i carbonati si troverebbero a profondità variabili dai 4000 ai 5000 m e a profondità ancora superiori al di sotto dei Campi Flegrei. Fig. L — Schema strutturale dell'area studiata. 1 = unità derivanti dalla defor¬ mazione della Piattaforma carbonatica campano-lucana; 2 = unità de¬ rivanti dalla deformazione della Piattaforma abruzzese-campana; 3 = sovrascorrimento tortoniano; 4 = faglie mioceniche; 5 = faglie quater¬ narie; 6 = traccia delle sezioni geologiche; 7 = pozzi profondi. In bian¬ co i terreni quaternari che costituiscono il riempimento del graben. Le anomalie gravimetriche e magnetiche esistenti tra il Fiume Vol¬ turno ed i Campi Flegrei sono dovute alla presenza di potenti masse la¬ viche nel sottosuolo che rappresentano una serie di apparati vulcanici del Quaternario antico, ribassati e ricoperti da depositi marini, alluvionali e piroclastici recenti. 246 F. Aprile e F. Ortolani Il substrato resistivo, in questa zona, corrisponde al tetto delle lave, come testimoniano varie perforazioni, ed ha un andamento che presenta una serie di alti morfologici, probabilmente coincidenti con la parte più elevata degli apparati vulcanici. SISTEMA ENERGIZZANTE SCHEMA A BLOCCHI Fig, 2. — Schema a blocchi dell'apparato energizzante. Uno di questi alti si trova al di sotto della zona di Parete ed è la causa della anomalia gravimetrica positiva attribuita da vari autori ad un alto relativo costituito da rocce carbonatiche (Oliveri, 1966; Carrara et alii, 1973, 1974; Cameli et alii, 1975; Rapolla, 1977; Barberi et alii, 1977). Sulla struttura profonda della Piana Campana 247 Dal punto di vista geoelettrico l'area indagata in questa prima fase è risultata caratterizzata dalla successione di tre elettrostrati, uno super¬ ficiale più o meno spesso e più o meno resistivo ed uno intermedio con¬ duttore cui segue un livello profondo resistivo identificato con il tetto delle lave; è significativa inoltre l'assenza, nella zona di Parete, di contra¬ sti di resistività con le aree circostanti tali da far supporre un fenomeno geotermico localizzato. APPARATO DI MISURA IN RICEZIONE SCHEMA A BLOCCHI Fig. 3. — Schema a blocchi dell'apparato di misura. Strumentazione impiegata, esecuzione delle misure, tipi di curve SPERIMENTALI Nel corso di questa seconda fase di prospezioni geoelettriche profonde è stato sperimentato un nuovo apparato per l'energizzazione del terreno e per la misura diretta in situ della resistività apparente (De Bonitatibus 4Q°46'3S 248 F. Aprile e F. Ortolani Sulla struttura profonda della Piana Campana 249 et alii, con nota d'appendice di F„ Aprile, 1978; Aprile, in corso di pubbli¬ cazione), progettato e realizzato su idea di F. Aprile. Per quanto riguarda il circuito eccitante le principali caratteristiche consistono nell'uso di diodi SCR, al posto dei tradizionali relè di po¬ tenza, per pilotare l'inversione di polarità della corrente continua, nella possibilità di stabilizzare quest’ultima nel circuito e di operare con pe¬ riodi di commutazione della stessa, compresi in un intervallo da 5 a 150 secondi. Il vantaggio fondamentale dell’apparato di ricezione è costi¬ tuito dall'acquisizione diretta e automatica, sul luogo del SEV, del valore medio del parametro « resistività apparente », dello scarto quadratico medio e della deviazione standard. Nelle Figure 2 e 3 viene presentato un sintetico schema a blocchi dell'apparato utilizzato. La prospezione è stata eseguita mediante la tecnica del sondaggio elet¬ trico verticale tipo Schlumberger con distanze AB massime di 5000 m (alcuni sondaggi hanno raggiunto anche i 6000 m); le linee elettrodiche sono state orientate prevalentemente in direzione W-E e le misure sono state effettuate con frequenze di inversione della corrente continua varia¬ bili in funzione delle distanze elettrodiche. La posizione ed il numero 16 250 F. Aprile e F. Ortolani d’ordine dei SEV eseguiti in questa seconda fase e di quelli preesistenti nonché le tracce delle sezioni elettriche sono riportate nella fig. 4. Nella figura 5 sono riportati alcuni SEV tipo; si tratta, come per la maggior parte dei grafici, di curve appartenenti alle famiglie AKQH o KQQH; è da tener presente che per la scarsità di pozzi profondi nella zona indagata in questa seconda fase la maggior parte delle interpreta¬ zioni dei diagrammi di resistività apparente risentono più o meno del¬ l'ambiguità dovuta al principio di equivalenza. Risultati dello studio geoelettrico L’interpretazione delle prospezioni eseguite ha permesso di ricostruire la seguente serie elettrostatigrafica (a parte i terreni più superficiali, con¬ duttivi o resistivi a seconda del luogo di esecuzione, di modesto spessore) dall'alto verso il basso (Figg. 6 e 7): — orizzonte sub-superficiale resistivo (a). La resistività è variabile da punto a punto con valori generalmente superiori a 100 ohm.m e con mas¬ simi di 400-750 ohm.m; lo spessore è compreso tra i 50 e i 250 m; — orizzonte (b) con valori di resistività compresi tra 20 e 80-90 ohm.m e spessori variabili da 130 a 350 m; — orizzonte (c) notevolmente conduttivo caratterizzato da resistività dell'ordine di 2-10 ohm.m e con potenza massima di circa 2000 m e mi¬ nima di 1000-1200 m; — orizzonte (d) resistivo, con valori minimi di resistività di 60-90 ohm.m e massimi di 300-500 ohm.m. La successione elettrostratigrafica esposta è comune a tutti i son¬ daggi elettrici, tranne in alcuni ove non si rende evidente il secondo elet¬ trostrato (b). Le sezioni elettrostratigrafiche delle figure 6 e 7 danno una visione dei rapporti fra le 4 unità geolettriche fondamentali individuate e dell’anda¬ mento del top resistivo di fondo. I primi due orizzonti (a) e (b), come risulta dalle stratigrafie di nu merosi pozzi, sono costituiti da materiali alluvionali e da prodotti piro¬ clastici litoidi ed incoerenti intercalati a depositi marini (Ippolito et alii, 1973). Nell’area a nord di Villa Literno i valori di resistività, specie del¬ l'orizzonte (a), sono generalmente inferiori rispetto alla zona posta a nord dei Campi Flegrei; probabilmente ciò è dovuto alla prevalenza di depositi alluvionali nella parte nord occidentale e di prodotti piroclastici nella parte sud orientale della Piana campana. SEZiONE A A' Sulla struttura profonda della Piana Campana 251 U) 5 252 F. Aprile e F. Ortolani Il terzo elettrostrato (c) a bassa resistività corrisponde, in base ai dati di diverse perforazioni profonde, a depositi argillosi, di ambiente marino (Ippolito et alii, 1973). Il terreno di fondo (d), corrisponde, almeno per quanto riguarda i SEV eseguiti nella zona compresa tra i pozzi Q I, G I e gli abitati di Villa Literno, Aversa, Qualiano ed il Lago Patria, al top delle lave (Ortolani e Aprile, 1978). Nell'area compresa tra il M. Massico e Villa Literno il sub¬ strato resistivo sarebbe costituito dalle rocce carbonatiche (zona poco a sud del M. Massico) ed alternanze di arenarie e conglomerati con livelli di argille e lave (Ippolito et alii, 1973). Nella figura 7 è rappresentata l’estensione areale delle lave nell'area studiata. SEZIONE C-C' SEZIONE D-D t>E WO CE Fig. 7. — Sezioni elettrostratigrafiche. Le isoohmiche per AB = 5000 m (Fig. 8) mettono in evidenza la pre¬ senza di un gradiente regionale di resistività decrescente verso W con l'avvicinarsi alla linea di costa; confermano inoltre l'assenza di contrasti di resistività tra la zona di Parete e quelle circostanti tali da far supporre un fenomeno geotermico. Considerazioni sull'evoluzione geologico strutturale della Piana campana La Piana campana rappresenta la parte più estesa ed indagata del vasto graben costiero, delimitato a NW dal Monte Massico, a NE dai ri¬ lievi dei monti di Caserta - monti di Sarno e a SE dai monti Lattari, in¬ dividuatosi probabilmente tra il Pliocene superiore ed il Quaternario (Ip- Sulla struttura profonda della Piana Campana 253 f26 20 Fig. 8. — Carta della resistività apparente per AB = 5 km. 254 F. Aprile e F. Ortolani POLITO et alii, 1973) che si è andato ampliando ed accentuando progressi¬ vamente almeno in seguito a due fasi tettoniche principali quaternarie. L’indagine non si è spinta fino ai bordi estremi per cui non si è indivi¬ duata l’ubicazione esatta delle faglie marginali, orientate SW-NE e NW-SE, ricoperte dai sedimenti recenti, che ribassano le unità carbonatiche affio¬ ranti nei rilievi circostanti. Il dolce raccordo tra la Piana e le zone rial¬ zate che la bordano indica che la tendenza ultima dell’intera area è stata di generale ribassamento. L'indagine geoelettrica profonda, confortata dalle stratigrafie di di¬ versi pozzi per ricerche petrolifere (Ippolito et alii, 1973), geotermiche (Cameli et alii, 1977) ed idriche, dai risultati di precedenti indagini gravi- Sulla struttura profonda della Piana Campana 255 metriche (Oliveri, 1966) e magnetiche (Carrara et alii, 1973, 1974) e dalla conoscenza dell’evoluzione geologica e strutturale delFAppennino cam¬ pano (Pescatore e Ortolani, 1973; Di Nocera et alii, 1976; D'Argenio et alii, 1973; Ortolani, 1978), permette di avere un quadro generale esauriente della situazione stratigrafico strutturale del sottosuolo. Uno dei principali risultati ottenuti è stato la delimitazione degli am¬ massi di rocce laviche, non conosciute in affioramento, presenti nel sotto- Fig. io. — Carta delle anomalie magnetiche e gravimetriche. 1 = anomalie ma¬ gnetiche (Az); 2 anomalie di gravità residua di ordine n-1 (in mgal) ; 3 = pozzi profondi. suolo della zona compresa tra il basso corso del fiume Volturno ed i Campi Flegrei, e di età quaternaria rappresentanti una serie di apparati vulcanici (Figg. 9 e 10). La tettonica del Pliocene Superiore-Quaternario antico avrebbe provo¬ cato aU’interno del vasto graben una zona più depressa nell’area com- 256 F. Aprile e F. Ortolani presa tra il fiume Volturno ed i Campi Flegrei ove si sarebbero impostati i suddetti apparati vulcanici. Successive fasi tettoniche (fine Villafranchiano) avrebbero determi¬ nato un ulteriore rapido ribassamento di tutto il graben ed in particolare della zona compresa tra i Campi Flegrei ed il Vesuvio. Si sarebbero così accumulati potenti orizzonti argillosi di ambiente marino in quasi tutto il graben che avrebbero praticamente colmato la depressione e ricoperto gli apparati vulcanici preesistenti. L'accumulo della parte più superficiale dei sedimenti (arenarie e ar¬ gille marine, alluvioni, piroclastiti) sarebbe connessa agli eventi tettonici (fase rissiana e probabili fasi successive), vulcanici e climatici che hanno caratterizzato il Quaternario recente. Le faglie marginali del graben, che hanno provocato complessiva¬ mente, in due fasi principali, ribassamenti deH'ordine di circa 6000 m ri¬ spetto alle zone circostanti, devono interessare tutte le unità della catena appenninica (potenti probabilmente nella zona, in base alle conoscenze di geologia regionale, circa 13 km) ed il basamento costituito presumibil¬ mente dalle rocce metamorfiche del margine continentale africano. Esse quindi devono avere provocato un ribassamento differenziato, nello spa¬ zio e nel tempo, anche di parti di quest'ultimo. Conclusioni In base all'indagine geoelettrica i depositi che riempiono la Piana cam¬ pana, fino a circa 2000 m di profondità, sono stati distinti in quattro unità geoelettriche principali. Le unità superficiali, di spessore complessivo va¬ riabile da circa 180 a circa 400 m (come risulta anche da vari pozzi pro¬ fondi), sono interpretate come alternanze di alluvioni, piroclastiti, tufi e depositi sabbiosi ed argillosi marini (Ippolito et ahi, 1973) (Figg. 11 e 12). A nord del fiume Volturno prevarrebbero i depositi alluvionali e marini, a sud i prodotti piroclastici recenti. L'unità intermedia, conduttiva, di spessore variabile da alcune centi¬ naia di m, nella parte sudoccidentale, a circa 2000 m nell'area compresa tra il fiume Volturno ed il M. Massico, è costituita prevalentemente da ar¬ gille marine quaternarie (Ippolito et ahi, 1973) (Figg. 11 e 12). L'unità basale resistiva, della quale è stato posto in evidenza l'anda¬ mento del top ma di cui non si è accertato lo spessore, è rappresentata, come hanno rivelato diversi sondaggi meccanici profondi, da potenti am¬ massi lavici nell'area compresa tra il pozzo CV2, gli abitati di Aversa, Sulla struttura profonda della Piana Campana 257 Quaiiano ed il Lago Patria, e da alternanze di arenarie e conglomerati di ambiente variabile da deltizio a marino e di età quaternaria (Ippolito et alii, 1973) nelle altre zone (Figg. 11 e 12). I dati ricavati con varie perforazioni profonde e le considerazioni pos¬ sibili per le conoscenze geologico strutturali regionali permettono- di ipo¬ tizzare che al di sotto dei terreni (sedimentari e vulcanici) quaternari, at¬ traversati da alcuni pozzi fino a 30'00 m di profondità, si po-ssono trovare, almeno nella parte centrale della piana, depositi clastici ed evaporatici del Pliocene e Miocene, come nel graben della Piana del Garigliano (Ippolito et alii, 1973), o direttamente le rocce carbonatiche (Figg. 11 e 12), SW-* ♦«ne Sezione 2-2 Q" CZ]" E9® Fig. il — Sezione geologica schematica. Terreni quaternari (plioc. sup. ?) che costituiscono il riempimento del graben. 1 = alluvioni, piroclastiti e depositi marini recenti; 2 = vulcaniti degli apparati flegrei; 3 = de¬ positi prevalentemente argillosi marini; 4 = depositi prevalentemente conglomeratici ed arenacei ; 5 = vulcaniti prevalentemente andesi- tiche. Terreni del substrato. 6 = probabili depositi del Pliocene e Miocene; 7 = unità derivanti dalla deformazione della Piattaforma carbonatica campano-lucana; 8 = unità lagonegresi; 9 — depositi ter¬ rigeni miocenici poggianti su ; 10 = unità derivanti dalla deforma¬ zione della Piattaforma carbonatica abruzzese-campana; 11 = faglie; 12 = sovrascorrimento ; 13 = pozzi profondi. 258 F. Aprile e F. Ortolani Fig. 12. — Sezione geologica schematica. Terreni quaternari (plioc. sup. ?) che costituisc<,( del Somma-Vesuvio; 3 = vulcaniti degli apparati flegrei; 4 = depositi preva-i substrato. 7 = probabili depositi del Pliocene e Miocene; 8 = unità derivcit 10 = depositi terrigeni miocenici poggianti su; 11 = unità derivanti dalla dew menti; 14 = pozzi profondi. Queste ultime, dagli alti strutturali del M. Massico e del M. Maggiore - Monti di Caserta, si abbassano generalmente verso la parte centrale della Piana fino a profondità valutabili intorno a 4000-5000 m o addiritura su¬ periori. Esse appartengono a due unità tettoniche sovrapposte: — unità derivanti dalla deformazione della Piattaforma campano lucana (unità superiore, potente da 1 a 3 km circa); unità derivanti dalla deformazione della piattaforma abruzzese campana (potenti circa 3500 m) (Figg. 11 e 12). Nella parte settentrionale del graben, in profondità, dovrebbe trovarsi il fronte di accavallamento tra queste unità, riscontrabile anche nel gruppo del M. Massico - M. Tifata (Ippolito et alii, 1973; Pescatore e Sgrosso, 1973). Al di sotto di tutte queste unità possono anche esservi terreni di unità tettoniche più esterne (unità individuatesi dalla deformazione del bacino molisano) potenti presumilbilmente alcune migliaia di m ed, infine, (in¬ torno ai 13 km di profondità), il basamento metamorfico deformato del¬ l'originario margine continentale africano. Sulla struttura profonda della Piana Campana 259 GOLFO DI NAPOLI PSNISOLA S* HU* Q* EH* □' O* ED* S» S" - iempimento del graben. 1 = alluvioni, piroclastiti e depositi marini recenti; 2 = vulcaniti lente conglomeratici ed arenacei; 6 = vulcaniti prevalentemente andesitiche. Terreni del a deformazione della Piattaforma carbonatica campano-lucana; 9 = unità lagonegresi; done della Piattaforma carbonatica abruzzese-campana; 12 = faglie; 13 = sovrascorri- La struttura delParea flegrea, posta al margine sudoccidentale della zona studiata, è nota in bibliografìa solo fino a profondità di circa 2000 m (stratigrafie dei pozzi CF21, CF22, CF23, in Ippolito et alii, 1973). L'anda¬ mento del tetto delle lave in progressivo abbassamento, nella zona a sud di Parete, lascia supporre che al di sotto delParea flegrea gli apparati vulcanici antichi che hanno dato origine a tali vulcaniti non siano pre¬ senti. Probabilmente parte delle piroclastiti profonde, sottostanti ai tipici prodotti flegrei, potrebbero derivare dagli stessi centri eruttivi che più a nord hanno originato le lave prevalentemente andesitiche. Al di sotto dei terreni vulcanici la struttura dovrebbe essere molto simile a quella schematizzata per la Piana campana (Figg. 11 e 12). L’area flegrea rappresenterebbe una substruttura del grande graben in cui la tettonica recente ha provocato un ulteriore ribassamento favo- endo la migrazione dell'attività vulcanica in questa zona. 258 F. Aprile e F. Ortolani Sulla struttura profonda della Piana Campana 259 Fig. 12. — Sezione geologica schematica. Terreni quaternari (plioc. sup. ?) che costituisco™ 1 del Somma-Vesuvio; 3 = vulcaniti degli apparati flegrei; 4 = depositi prevalei ei substrato. 7 = probabili depositi del Pliocene e Miocene: 8 = unità derivanilall 10 = depositi terrigeni miocenici poggianti su; 11 = unità derivanti dalla defo aa; menti; 14 = pozzi profondi. riempimento del graben. 1 = alluvioni, piroclastiti e depositi marini recenti; 2 = vulcaniti mente conglomeratici ed arenacei; 6 = vulcaniti prevalentemente andesitiche. Terreni del Ila deformazione della Piattaforma carbonatica campano-lucana; 9 = unità lagonegresi; izione della Piattaforma carbonatica abruzzese-campana; 12 = faglie; 13 = sovrascorn- Queste ultime, dagli alti strutturali del M. Massico e del M. Maggiore - Monti di Caserta, si abbassano generalmente verso la parte centrale della Piana fino a profondità valutabili intorno a 4000-5000 m o addiritura su¬ periori. Esse appartengono a due unità tettoniche sovrapposte: — unità derivanti dalla deformazione della Piattaforma campano lucana (unità superiore, potente da 1 a 3 km circa); unità derivanti dalla deformazione della piattaforma abruzzese campana (potenti circa 3500 m) (Figg. II e 12). Nella parte settentrionale del graben, in profondità, dovrebbe trovarsi il fronte di accavallamento tra queste unità, riscontrabile anche nel gruppo del M. Massico - M. Tifata (Ippolito et ahi, 1973; Pescatore e Sgrosso, 1973). Al di sotto di tutte queste unità possono anche esservi terreni di unità tettoniche più esterne (unità individuatesi dalla deformazione del bacino molisano) potenti presumilbilmente alcune migliaia di m ed, infine, (in¬ torno ai 13 km di profondità), il basamento metamorfico deformato del¬ l’originario margine continentale africano. La struttura dell’area flegrea, posta al margine sudoccidentale della zona studiata, è nota in bibliografia solo fino a profondità di circa 2000 m (stratigrafie dei pozzi CF21, CF22, CF23, in Ippolito et ahi, 1973). L’anda¬ mento del tetto delle lave in progressivo abbassamento, nella zona a sud di Parete, lascia supporre che al di sotto dell’area flegrea gli apparati vulcanici antichi che hanno dato origine a tali vulcaniti non siano pre¬ senti. Probabilmente parte delle piroclastiti profonde, sottostanti ai tipici prodotti flegrei, potrebbero derivare dagli stessi centri eruttivi che più a nord hanno originato le lave prevalentemente andesitiche. Al di sotto dei terreni vulcanici la struttura dovrebbe essere molto simile a quella schematizzata per la Piana campana (Figg. 11 e 12). L’area flegrea rappresenterebbe una substruttura del grande graben in cui la tettonica recente ha provocato un ulteriore ribassamento favo- endo la migrazione dell’attività vulcanica in questa zona. 260 F. Aprile e F. Ortolani BIBLIOGRAFIA Aprile F,, 1978 - Nota in appendice a: Studio di fattibilità di un nuovo apparato per la misura di resistività in prospezioni geoelettriche. Annali Ist. Un. Na¬ vale di Napoli, 45 e 46. Aprile F., Una nuova apparecchiatura per la misura diretta della resistività ap¬ parente nei Sondaggi Elettrici Verticali. In corso di pubblicazione. Aprile F. e Carrara E., 1974 - Andamento e caratteristiche geoelettriche dell’ignim- brite campana nella zona del lago di Patria (Napoli). Riv. It. di Geofis., 23. Baldi P., Cameli G. M. D’Argenio B., Oliveri del Castillo A., Pescatore T., Rossi A., PuxEDDU M. & Toro B., 1976 - Geothermal research in Western Campania (Southern Italy). A revised interpretation of thè Qualiano-Parete structure. Symp. on Geoth. and Volc. of Medoter. Area, Athens. Barberi F., Innocenti F,, Luongo G., Nunziata C. & Rapolla A,, 1977 - Shallow magmatic Reservoirs as heat source of Geothermal systems: preliminary in¬ terpretation of data available for thè Neapolitan active volcanic areas. Se¬ minar on Geothermal Energy, Brussels, 6-8 December 1977, Commission of thè European Communities. Barbieri M,, Di Girolamo P., Locardi E., Lombardi G. & Stanzione D., 1979 - Pe- trology of thè Parete 2 well (Campania, Italy). Periodico di Mineralogia, anno 48. Cameli C. M., Rendina M., Puxeddu M., Rossi A., Squarci P,, Tappi L., 1975 - Geo¬ thermal research in Western Campania (Southern Italy): geological and geo- physical results. 2nd U.N. Symp. on Developm. and use of Geotherm. Re¬ sources, S. Francisco. Carrara E., Iacobucci F., Pinna E. & Rapolla A., 1973 - Gravity and magnetic survey of thè Campanian volcanic area, S. Italy. Boll. Geofis, Teor. Appi., 15, 57 Carrara E,, Iacobucci F., Pinna E. & Rapolla A., 1974 - Interpretation of gravity and magnetic anomalies near Naples, using computer techniques. Bull. Vol- canologique, tome 38, 2. De Bonitatibus A., Fusco C. & Giordano F., 1978 - Studio di fattibilità di un nuovo apparato per la misura di resistività in prospezioni geo elettriche. Annali Ist. Un. Navale di Napoli, 45 e 46. Compagnie generale geophisique, 1963 - Abaque de sondage electrique. D'Argenio B., Pescatore T. & Scandone P., 1973 - Schema geologico delV Appennino meridionale. Atti Acc. Naz. Lincei, Quad. 183. Di Girolamo P., Nardi G., Rolandi G. & Stanzione D,, 1976 - Occurrence af calc- alkaline two-pyroxene andesites from deep bore-holes in thè Phlegraean Fields. /. Petrographic and petrochemical data. Rend, Accad. Se. Fis. Mat. della Soc. Naz. Se. Lett. Arti in Napoli, s. 4, 43. Di Nocera S., Ortolani F. & Torre M., 1976 - La tettonica messiniana nell’evolu¬ zione della catena appenninica. Seminario su « Il significato geodinamico della crisi di salinità del Miocene terminale nel Mediterraneo », Firenze, 17-2-1976. Finetti L & Morelli C., 1974 - Esplorazione sismica a riflessione dei golfi di Na¬ poli e Pozzuoli. Boll. Geofis. Teor. Appi., 16. Ippolito F,, Ortolani F. & Russo M., 1973 - Struttura marginale tirrenica delVAp- pennino campano: reinterpretazione di dati di antiche ricerche di idrocar¬ buri. Mem. Soc. Geol. It., 12. Sulla struttura profonda delia Piana Campana 261 Keller C. V. & Frischknecht F„ C», 1966 - Electrical methods in geophysical prò- specting. Pergamon Press, Oxford. Maino A., Segre A. G. & Tribalto G., 1963 - Rilevamento gravimetrico dei Campi Flegrei e delVIsola d’Ischia. Ann. O'sserv, Vesuv., s. 6, 5. Oliveri del Castillo a., 1966 - Alcune considerazioni sulla regionale in gravime¬ tria. Ann. Osserv. Vesuv., 8, s, 6. Oliveri del Castillo A., 1966 - Considerazioni gravimetriche sul bacino eruttivo e sedimentario campano {anomalie residue di ordine n — 1). Ann. Osserv. Vesuv., 8, s. 6. Orellana e. & Mooney H., 1966 - Master Tables and curves for Vertical ElectrU cal sounding over layered Structures. Interciencia, Madrid. Pescatore T. & Ortolani F., 1973 - Schema tettonico dell’ Appennino campano-lu¬ cano. Boll. Soc. GeoL It., 92. Ortolani F. & F. Aprile, 1978 - Nuovi dati sulla struttura profonda della Piana Campana a Sud Est del fiume Volturno. Boll. Soc. GeoL It., 97, Ortolani F., Alcune considerazioni sulle fasi tettoniche mioceniche e plioceniche deir Appennino meridionale e sull’oroclino calabro. Boll. Soc. GeoL It., in corso di stampa. Pescatore & Sgrosso L, 1973 - I rapporti tra la piattaforma campano-lucana e la piattaforma abruzzese-campana nel casertano. Boll. Soc. GeoL It., 92. Rapolla a., 1977 - Ricerca di fonti di energia geotermica: le masse magmatiche superficiali nelle aree di vulcanismo attivo. Convegno naz. promosso dalle Regioni Toscana, Lazio e Campania, Chianciano, 14-15-16 aprile, 1977. Standard graphs for resistivity prospecting, 1975 - Published by Eiiropean Asso- ciation of Exploration Geophysicists. WoRTHiNG G. & Geffner J., 1965 - Elaborazione dati sperimentali. E. Ambrosiana, Milano. La presente nota è stata accettata il 19-11-1979. ... i' P'^ -Élffi ' ''^' ' ' ' '"^ >> A'.::3 ■ !>'' ■■ '■■^\,g^:^M ■?’ p; M ^V*i",l’ , ‘Vl'i.y ■ 'SI '"h - r>'‘"Wr«ìf.^,ff||^| '■ -i ■’ ■’-• ^,i««ÌMrfK'4**»»fV (TO'"i 'Itf ■■' '. ' ^*ri^*"^'.}:j/i" *y > ^^->t3ÉÉIU|^V ' '*'"^'* ^ v. ' *^- '£l£®^!'®' *' '’! i/'v ■■■' "' ;\ ' . "’ . |fcl,<’;, . . '."ABSSiÉiC .' ; ‘.^.'-t ^?," n- i>4i^':tAi ^v.^hì&t^'l^ijc4^ipSyfci^ li''- - K' '•: k^.r \ “’ "S?' ' ;' ’ ' ''•• 'ii' ' -> '■ v’ >•-., . V//-';’,"' ' '..■■'f.'Vi ■' i' - , ’’ ** . * . ' i ' ? , , ' ' "v "i'}’ '^\^ .- ,■ 1 '1 *'■■■■" fti >*. X ^ I il. >' ’l* ■. . - j, *- ‘,' J* »> Vi ‘'t",.' ■'■ *' lA ■ v“ . ■* ,f'^ „C I, . ■■ .,® r^Al'P ^ ,„ p&::. fri,*.' ■iiSM* '"^ .-«eii* .,.{: .0à Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 263-274, figg. 4 Nuovi iodo-organici di sintesi. Sintesi delFacido 3,4.54riiodosalicilico Nota del socio Eugenio Piscopo e di Maria Vittoria Diurno, Brunella Cappello e Maria Teresa Cereti Mazza (Adunanza del 27 giugno 1979) Riassunto, — Si descrive un nuovo acido ossibenzoico triiodurato: l’acido 3,4,5-triiodosalicilico (I), che è stato preparato per iodurazione diretta dell’acido 4-iodosalicilico (V) e per iodurazione indiretta dell'acido 3,5-diiodo4-amminosa- licilico (VI), Del composto (I), di cui è in corso lo screening farmacologico, si riportano i dati preliminari relativi all'attività antibatterica e quelli relativi alla tossicità (DL 50). Summary. — In continuation of previous work designed to obtain iodorganic derivatives of possible biological interest, thè 3,4,5-triiodosalicylic acid was pre- pared and characterized. The compound was prepared by two different routes using as a starting material either 4-iodosalicylic acid or 3,5-diiodo-4"ammino- salicylic acid. Toxicity data (DL 50) and preliminary results on bacteriostatic activity are reported. A complete pharmacological screening is in progress. In continuazione di precedenti ricerche su composti organici iodu- rati, che si vanno conducendo da tempo, in maniera sistematica, presso questo Istituto, stiamo indagando sulla possibilità di sintesi di nuovi de¬ rivati iodurati di acidi ossibenzoici. La presente nota dà conto della spe¬ rimentazione da noi condotta in serie salicilica per la sintesi di un nuovo derivato poliiodurato : Facido 2-ossi-3,4,5-triiodobenzoico o acido 3,4,5-tri- iodosalicilico (I), composto di potenziale interesse dal punto di vista chi¬ mico-farmaceutico applicato. La sperimentazione in oggetto continua, estendendola a derivati poli- iodurati, le ricerche condotte in questo Istituto, in serie salicilica, e che portarono alla elaborazione di una tecnica perfezionata di preparazione degli acidi 3- e 5-iodosalicilico (II e III) per iodurazione a freddo del- Facido salicilico con ipoiodito alcalino (1), tecnica che consentì, succes¬ sivamente, la preparazione di un nuovo derivato iodurato delFacido p. am- minosalicilico : Facido 4-ammino-5-iodosaiicilico (IV) (2). 264 E. Piscopo, M. V. Diurno, B, Cappello e M. T. Cereti Mazza Volendo pervenire all’ottenimento di (I), abbiamo ritenuto che un possibile procedimento preparativo poteva essere quello formulato nello schema (A), che si basa sull'introduzione di altri due atomi di iodio, ri¬ spettivamente in posizione 3 e 5, nell'acido 4-iodosalicilico (V), mediante iodurazione diretta di quest'ultimo. Abbiamo anche esaminato la possi¬ bilità di pervenire aH'ottenimento di (I) per iodurazione indiretta del¬ l'acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI) (Schema B). Questa seconda via è stata tentata per avere una conferma della formula del composto (I). Sia il composto (V) che il composto (VI) sono descritti in letteratura e sono entrambi preparabili dell'acido 4-amminosalicilico (VII) per cui negli schemi preparativi anzidetti il composto di partenza è rappresen¬ tato dall'acido 4-amminosalicilico (VII), non essendo i composti (V) e (VI) disponibili in commercio. I due procedimenti preparativi proposti sono risultati entrambi rea¬ lizzabili, consentendoci di pervenire sempre allo stesso composto finale (I); essi possono quindi considerarsi integrativi l'uno dell'altro ai fini della di¬ mostrazione della formula del composto (I). Sotto il profilo chimico-far¬ maceutico applicato, lo schema preparativo (A) si è rivelato realizzabile senza difficoltà operative di rilievo ed appare più idoneo per utilizzazioni industriali. Il composto (V), che in questo schema figura quale « inter¬ medio », si può preparare dall’acido 4-amminosalicilico (VII) (3) o dal suo sale monosodico biidrato (4), composti entrambi reperibili in commercio, secondo tecniche di iodurazione indiretta ispirate alla metodica di Bre- NANS e Prosi (5), la quale utilizza l'estere etilico di (VII). La prepara¬ zione di (V) dall’acido (VII), così come da noi realizzata (ved. parte spe¬ rimentale), avviene in maniera soddisfacente per la semplicità operativa e per il grado di purezza del prodotto ottenuto. Nuovi iodo-organici di sintesi, ecc. 265 L'ulteriore iodurazione di (V) per pervenire al composto (I) [passag¬ gio (V) — (I) dello schema (A)] è risultata di facile realizzazione, per azione del cloruro di iodio in ambiente acetico. Il rendimento effettivo di tale reazione è molto elevato; ciò rende possibile la facile e rapida pre¬ parazione di (I). Lo schema operativo (B), da noi formulato onde pervenire, per altra via, all'ottenimento del composto (I), confermandone così implicitamente la struttura chimica, prevede la formazione dell’intermedio (VI), compo¬ sto noto, oggetto di indagini farmacologiche (6-8), e la cui preparazione per iodurazione diretta di (VII) è stata descritta quasi contemporanea¬ mente da SuTER (9) e da Bhate et al. (10). Schema A - Preparazione dell'acido 3,4,5-triiodosalicilico per iodurazione diretta dell’acido 4-iodosalicilico. Il passaggio successivo (VI) — (I) dello schema (B), relativo alla iodurazione indiretta dell’acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI), si rea lizza meno agevolmente dell’analogo passaggio (VII — (V) dello schema (A), relativo alla iodurazione indiretta dell'acido 4-amminosalicilico (VII). Ciò in conseguenza dei caratteri chimici e fisici del composto (VI), che lo rendono meno idoneo a questo tipo di reazione. Il procedimento descritto nella parte sperimentale, relativo al passaggio (VI — —» (I), è quello che ci ha dato i risultati migliori, né si sono mostrate più valide le metodiche preparative proposte per la diazotazione di ammine debolmente basi¬ che (11), (12). È appunto in considerazione delle difficoltà tecniche rela¬ tive alla realizzazione della reazione (VI) - > (I) che lo schema prepara¬ tivo (B) risulta essere, sotto il profilo chimico-farmaceutico applicato, meno vantaggioso dello schema preparativo (A), anche se consente di per¬ venire allo stesso composto (I) cui si perviene, più agevolmente, secondo lo schema operativo (A). La purificazione dell'acido (I) si realizza nel modo migliore per sposta¬ mento dal sale sodico (mono-), poco idrosolubile (ved. parte sperimen- 17 266 E. Piscopo, M. V. Diurno, B. Cappello e M. T. Cereti Mazza tale). Il prodotto puro così ottenuto può, a sua volta, essere ottenuto pu¬ rissimo per analisi mediante cristallizzazione da sistemi metanolo-acqua. I controlli della purezza di (I) sono stati eseguiti cromatograficamente mediante cromatografia su strato sottile di gei di silice, sviluppando i cromatogrammi con sistemi formati da etere etilico (mi 5,5), cicloesano (mi 3,5), acido acetico (mi 1) oppure sostituendo al cicloesano un egual volume di esano. In entrambi i casi si osserva che il composto (I) prepa¬ rato dalFacido 4-iodosalicilico (V) presenta un Rf identico a quello del composto (I) preparato dall'acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI). Im¬ purezze di (V) o di (VI) sono facilmente evidenziabili per avere tali com¬ posti valori di Rf superiori a quello di (I). (VII) (VI) (I) Schema B - Preparazione dell’acido 3,4,5-triiodosalicilico per iodurazione indi¬ diretta dell'acido 3,5-diiodo-4-amniinosalicilico. Il composto (I) è un solido incoloro, quasi insolubile a freddo in acqua, benzene, toluene, esano, cicloesano, etere di petrolio; poco solubile in clo¬ roformio, diossano; alquanto solubile in alcool metilico, alcool etilico, etere etilico, ed ancor più in acetone, tetraidrofurano, dimetilsolfossido. Dei solventi anzidetti gli alcooli metilico ed etilico ed il diossano sono quelli nei quali il composto (I) è più solubile a caldo. Il sale monosodico di (I) è molto poco solubile in acqua a freddo, so¬ lubile in alcool metilico, alcool etilico ed ancor più in tetraidrofurano. Il comportamento al riscaldamento di (I) è influenzato dalPandamento del riscaldamento stesso, avendosi una graduale decomposizione con per¬ dita di iodio, a temperature superiori a 230 °C. Il rilevamento del punto di fusione, nelle condizioni precisate nella parte sperimentale, dimostra che l’acido (I) è più altofondente di altri acidi salicilici meno iodurati, quali gli acidi 3-iodosalicilico (1), 4-iodosalicilico (5), 5-iodosalicilico (1), 3,5-diiodo-4-amminosalicilico ( 9 ). Di (I) si riportano i dati relativi aH'analisi elementare e le caratteri¬ stiche spettrofotometriche (LR., U.V., R.M.N.); il peso molecolare è stato determinato mediante la registrazione dello spettro di massa. Nuovi iodo-organici di sintesi, ecc. 267 Il sale monosodico di (I) è alFesame tossicologico presso Flstituto di Farmacologia della Seconda Facoltà di Medicina e Chirurgia delFUniver- sità di Napoli, diretto dal Chiar.mo Prof. Paolo Preziosi cui gli AA. espri¬ mono il più vivo ringraziamento. Il sale monosodico di (I) è anche all’esame dell’attività antimicotica ed antibatterica presso la Cattedra di Igiene della Facoltà di Scienze del¬ l’Università di Napoli. Gli AA. ringraziano il Chiar.mo Prof. Alfredo Pao- letti, titolare della Cattedra suddetta, per la cortese collaborazione. Delle due indagini in corso si riferisce, nella parte sperimentale, sui risultati preliminarmente ottenuti, relativi alla tossicità acuta ed all’attività anti¬ batterica. Nel corso della sperimentazione eseguita, avendo utilizzato l'acido 4-amminosalicilico (VII) quale prodotto di partenza per la realizzazione Schema C - Preparazione deU'acido 3,5-diiodo-p-resorcilico dall'acido 4-ammino¬ salicilico. dei due metodi di preparazione di (I) secondo lo schema (A) e lo schema (B), ci si è offerta anche l’opportunità di saggiare la possibilità di utiliz¬ zazione di (VII) per preparare l’acido 3,5-diiodo-p-resorcilico (Vili), secondo le due vie alternative formulate nello schema (C). Ciò ci ha anche con¬ sentito di verificare l’esattezza dei dati bibliografici relativi all'acido 3,5-di- 268 E. Piscopo, M. V. Diurno, B. Cappello e M. T. Cereti Mazza iodo-p-resorcilico (Vili). Per tale composto, da noi preparato sia per de- composizione con H2O del diazocomposto delPacido 3,5-diiodo4-ammino- salicilico (VI), secondo la reazione (VI) - » (Vili) dello schema (C), sia per iodurazione diretta dell'acido (I-resorcilico (IX), secondo la reazione (IX) - > (Vili) dello schema anzidetto, abbiamo registrato un valore del punto di fusione (218-219 °C) che è in accordo con quello (218 °C) rilevato da Shah e Suresh Sethna (14) i quali hanno preparato l'acido 3,5-diiodo- P-resorcilico per iodurazione diretta dell'acido P-resorcilico con a) iodio e acido iodico, b) iodio in ambiente ammoniacale, c) monocloruro di iodio in acido cloridrico. Non trovano conferma, invece, i seguenti valori del punto di fusione: 193-196 °C dee. e 199-200 °C dee., registrati rispettiva¬ mente da Nicole! e Sampey (15) e da Hisao Fukamauchi (16), valori che, peraltro, ci erano sembrati poco attendibili in quanto inferiori a quello dello stesso acido j3-resorcilico, il che contrasta con la constatazione spe¬ rimentale che l'introduzione dello iodio comporta, generalmente, un au¬ mento del punto di fusione. Nell'esecuzione dello schema preparativo (C) abbiamo avuto modo di constatare che la preparazione dell'acido (I-resorcilico dell'acido 4-ammino- salicilico, secondo la reazione (VII) - > (IX), avviene con buona resa e senza difficoltà operative, come risulta dalla parte sperimentale. Rite¬ niamo, pertanto, di poterla segnalare quale procedimento preparativo di laboratorio, alternativo a quelli indicati in letteratura (17) (18), basati sulla reazione tra resorcina ed anidride carbonica. Parte sperimentale chimica (con la collaborazione di A. Andreotti) Tutti i composti preparati, ad eccezione di quelli racchiusi tra paren¬ tesi quadre negli schemi (A), (B) e (C), sono stati sottoposti ad analisi elementare, previa cristallizzazione dal solvente più idoneo e controllo cromatografico della purezza mediante cromatografia su strato sottile di gel di silice (lastre pronte Merck F 254), Le analisi elementari (C, H, N, J) sono state eseguite nel Laboratorio di Microanalisi dell'Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica del¬ l'Università di Padova. I valori trovati rientrano nell'intervallo + 0,35 % dei valori teorici. I punti di fusione sono stati determinati in capillare con un apparec¬ chio Gallenkamp, azionando il comando per il riscaldamento rapido per i composti altofondenti, e non sono corretti. Nuovi iodo-organici di sintesi, ecc. 269 Gli spettri U.V., LR. ed R.M.N, sono stati registrati rispettivamente con: a) uno spettrofotometro Beckman DB-GT usando soluzioni in eta¬ nolo (95 %) alla concentrazione di 1 : 100.000^; b) uno spettrofotometro Perkin-Elmer 177: sostanza in esame di¬ spersa in KBr; c) un apparecchio- Perkin-Elmer R 24 usando TMS come riferimento interno (S = 0,00 ppm). Simbologia: s = singoletto. Il peso molecolare di (I) è stato determinato mediante il rilevamento dello spettro di massa» Acido 44o do salicilico (V) [Reazione (VII) — » (V) dello schema (A)) Grammi 6,12 (0,040 moli) di acido 4-amminosalicilico (VII) si sospen¬ dono in mi 240 di H2SO4 dii. 1 : 1 (v/v), si scalda lievemente a b.m., sotto costante agitazione, fino a soluzione completa e poi, senza interrompere Fagitazione, si raffredda gradualmente, col che si ha formazione di preci¬ pitato finemente cristallino di solfato di (VII). Controllando che la tem¬ peratura del sistema si mantenga sensibilmente intorno a ~ 8 °C (oscil¬ lazioni termiche possibilmente non superiori a +2°C) e mantenendo la massa in costante agitazione (preferibilmente mediante un agitatore ma¬ gnetico opportunamente regolato), si addiziona lentamente una soluzione di 3,04 g (0,044 moli) di nitrito sodico in acqua fredda (20 mi) facendola defluire da un piccolo imbuto a rubinetto il cui gambo peschi sotto la su¬ perficie del liquido. Si ha la rapida formazione del sale di diazonio, molto solubile, con conseguente graduale solubilizzazione della abbondante fase solida, cristallina, inizialmente presente nel sistema. Al termine dell’ag¬ giunta della soluzione di nitrito, non vi è traccia di precipitato ed il si¬ stema, monofasico, appare formato da una soluzione di colore giallo-ver¬ dastro, Il lievissimo eccesso di acido nitroso eventualmente presente si elimina per aggiunta di una piccola quantità di urea. La soluzione del sale di diazonio viene quindi versata lentamente in una soluzione di 7,30 g (0,044 moli) di ioduro di potassio in acqua (15 mi), operando a bassa tem¬ peratura (— 4°C) e con costante agitazione. Si lascia in riposo per una notte, indi si scalda lievemente, a temperatura non superiore a 30 °C, fino a completa decomposizione del complesso bruno-nerastro, il che si rende manifesto dalla graduale variazione di colore del precipitato, dal bruno al chiaro-rosato. Si lascia raffreddare, si raccoglie il precipitato di (V) 270 E. Piscopo, M. V. Diurno, B. Cappello e M. T. Cereti Mazza grezzo che si purifica per soluzione a freddo in bicarbonato di sodio (sol. acq, al 5 % p/v), trattamento con carbone attivo, filtrazione e precipita¬ zione per lieve acidificazione con HCl 2N. Si ha precipitato color crema (g 4,5) di (V) (resa 41,4 %). Il prodotto ottenuto è ad un grado di purezza tale da poter essere impiegato per sintesi. Al saggio termico fonde con dee. a 220-222 “C, previo imbrunimento a 195-198 °C. Per cristallizzazione da alcool-acqua si ha il prodotto purissimo il cui punto di fusione (228 °C dee. previo imbrunimento a 195-198 °C) concorda con i dati di letteratura più attendibili (3) (4) (5). Acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI) [Reazione (VII) (VI) degli schemi (B) e (C)] Il composto (VI) è stato preparato con il procedimento preparativo proposto da Suter (9). Il prodotto grezzo ottenuto è stato purificato at¬ traverso il sale monosodico, operando in modo analogo a quanto da noi precisato in merito alla purificazione dell’acido 3,4,5-triiodosalicilico (I). Acido ^-resorcilico (IX) [Reazione (VII) - - > (IX) dello schema (C)] Grammi 5,28 (0,025 moli) di sale monosodico biidrato dell’acido 4-am minosalicilico si sospendono in mi 12,6 HCl dii. 1:1 (v/v); si scalda lieve¬ mente il sistema, agitando energicamente fino a soluzione completa. A tale soluzione, raffreddata a 0°C e mantenuta in agitazione e.m., si aggiunge lentamente una soluzione di 1,85 g (0,268 moli) di nitrito sodico sciolto in acqua fredda (4 mi), avendo cura di far pervenire la soluzione di nitrito nella soluzione cloridrica anzidetta tramite un piccolo imbuto a rubinetto il cui gambo peschi sotto la superficie di tale soluzione. Dopo due ore di reazione si riporta a temperatura ambiente e, dopo un’ora, si scalda gra¬ dualmente a 35-40 °C fino a completo svolgimento di azoto. Si lascia raf¬ freddare, si raccoglie, si lava e si asciuga all’aria il precipitato. Ottenuti g 4,2 di prodotto [resa 80,7% in triidrato di (IX)] fondente a 213-214 °C dee. in accordo con i dati di letteratura (17) (18). Acido 3,5-diiodo-^-resorcilico (Vili) a) [Reazione (VI) — -» (Vili) dello schema (Cj] Grammi 1,05 (0,0026 moli) di acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI) si sciolgono in mi 25 di H2SO4 conc., operando a lieve calore e con agita- Nuovi iodo-organici di sintesi, ecc. 271 zione e.m. Si raffredda la soluzione a — 5 °C e, senza interrompere l'agita¬ zione, si procede alla diazotazione facendo pervenire lentamente sotto la superficie del liquido una soluzione acquosa di nitrito sodico preparata con 0,24 g (0,0034 moli) di NaN02 in mi 2 di H2O fredda. Dopo un’ora di reazione si aggiungono g 40 di ghiaccio e, sospesa l'agitazione, si lascia tornare il sistema a temperatura ambiente in due ore. Durante tale lasso di tempo si nota svolgimento di gas e formazione di una schiuma abbon¬ dante. Si aggiungono 25 mi di H2O e si scalda gradualmente a 50-55 °C fino a completo svolgimento di azoto. Si lascia raffreddare, si raccoglie per fil¬ trazione a pressione ridotta il precipitato, lo si lava e si essicca. Si otten¬ gono g 0,88 di (Vili) (resa 83,41 %) ad un grado di notevole purezza. P.f. 218-219 °C dee. b) [Reazione (IX) — ^ (Vili) dello schema (C)] La reazione (IX) - > (Vili), relativa alla iodurazione diretta dell’acido P-resorcilico (IX), è stata eseguita con iodio ed acido iodico, secondo Shah e SuRESH Sethna (14). I dati sperimentali da noi ottenuti (resa 69,6%; p.f. 218-219 °C dee.) concordano con quelli (resa 70%; p.f. 218 °C) registrati dagli AA. anzidetti. Acido 3,4,5-triiodosalicilico (I) a) [Reazione (V) - > (I) dello schema (A)} Si sciolgono g 2,64 (0,01 moli) di (V) in mi 80 di acido acetico. A tale soluzione, tenuta in energica agitazione a temperatura ambiente, si ag¬ giungono lentamente mi 7,15 (0,022 moli di JCl) di una soluzione al 50 % (p/v) di monocloruro di iodio in HCl dii. 1:1 (v/v). Terminata l'aggiunta della soluzione di cloruro di iodio, si diluisce il sistema con mi 300 di H2O e si lascia reagire per sei ore senza interrompere l’agitazione. Al ter¬ mine si raccoglie il precipitato, lo si lava e si essicca. Si ottengono g 4,2 di (I) grezzo (resa 81,5 %), che si purifica convenientemente attraverso il sale monosodico, poco solubile. A tal fine il precipitato di (I) grezzo si sospende in acqua e si scioglie a caldo per aggiunta della quantità neces¬ saria e sufficiente di soluzione di bicarbonato sodico al 5 % (p/v). Si tratta con carbone attivo e si filtra a caldo. Il filtrato si concentra a pressione ridotta fino ad incipiente precipitazione. Si raffredda in frigo indi si rac¬ coglie per filtrazione a pressione ridotta il precipitato bianco, sericeo, di sale sodico. Quest’ultimo, lavato con poca acqua fredda, viene sciolto a 272 E. Piscopo, M. V. Diurno, B. Cappello e M. T. Cerati Mazza caldo in H2O: la soluzione così ottenuta viene acidificata lievemente con HCl 2N, col che si ha precipitazione di (I) molto puro. Per cristallizza¬ zione da metanolo si ha il prodotto purissimo, per analisi, avente p.f. 244-245 °C. Il comportamento al riscaldamento anzidetto è quello che si osserva azionando il comando del riscaldamento rapido ed inserendo il campione allorché il termometro deH'apparecchio indica la temperatura di 210 °C. U.V.: X max 234 nm, 322 nm. I.R.: 3440, 3075, 1648, 1565 cm-\ R. M.N. (DMSO-d6): 5 8,29 s (IH, H aromatico); 11,65 s slargato (2H, OH fenolico e OH acido). S. M.: M+ m/e 515. b) [Reazione (VI) ■ — (I) dello schema (B)'\ Grammi 1,05 (0,0026 moli) di (VI) si sciolgono in mi 30 di H2SO4 conc. ; la soluzione solforica, fredda, si diluisce versandola cautamente su g 30 di ghiaccio. Al sistema ben refrigerato ( — 5 °C) e tenuto in costante agita¬ zione si aggiunge molto lentamente una soluzione fredda di g 0,27 (0,04 moli) di nitrito sodico in mi 2 di H2O, facendo pervenire tale soluzione nella soluzione solforica tramite un imbutino il cui gambo peschi in que- st’ultima. Si lascia reagire per un’ora a — 5 °C sempre sotto agitazione. L'eventuale eccesso di acido nitroso si elimina per aggiunta di una pic¬ cola quantità di urea. Si versa la soluzione, molto lentamente, in una so¬ luzione di g 0,6 (0,036 moli) di ioduro di potassio in acqua (mi 4), mante¬ nendo il sistema in energica agitazione a temperatura non superiore a 0 °C, Si lascia in frigo per una notte poi si scalda cautamente fino a com¬ pleto svolgimento di azoto, si raffredda, si filtra, si lava e si essicca il pre¬ cipitato: si ottengono g 0,55 (resa 41 %) di (I) grezzo che si purifica attra¬ verso il sale sodico nel modo anzidetto. Parte sperimentale farmacologica Attività biologica È in corso l’esame dell’attività antibatterica e antimicotica del¬ l’acido (I) e del suo sale monosodico. I saggi preliminarmente eseguiti per evidenziare una eventuale attività antibatterica sono risultati positivi, particolarmente nei confronti dei Gram +. Le prove sono state effettuate Nuovi iodo-organici di sintesi, ecc. 273 utilizzando il sale monosodico di (I) ed operando col metodo della diffu¬ sione in agar con germe-test (Staphylococcus pyogenes aureus e Coli Bb, entrambi prescelti per le prove preliminari perché non patogeni). Sono in corso ulteriori ricerche di carattere quantitativo onde valutare le con¬ centrazioni minime inibenti (C.M.I.) nei confronti di vari germi-test. Tossicità Della sperimentazione tossicologica in corso si possono anticipare i seguenti risultati, relativi ai saggi di tossicità del sale monosodico di (I). Le prove di tossicità acuta sono state effettuate sul topo (peso corporeo medio g 26-28), somministrando il prodotto solusospeso in Tween 80 allo 0,2 % per via endoperitoneale, alle dosi di 100-250-500 mg prò chilo. La mortalità a 24 ore è risultata pari a 0-60-90 % rispettivamente nei tre gruppi. Sono in corso ulteriori ricerche al fine di poter effettuare una valu¬ tazione statistica della DL50. Conclusioni I risultati sperimentali ottenuti consentono di concludere che il nuovo acido ossibenzoico iodurato cui si voleva pervenire, Lacido 3,4,5-triiodosa- licilico (I), è un composto molto stabile, che si può preparare per iodu¬ razione indiretta dell’acido 3,5-diiodo-4-amminosalicilico (VI) o per iodu¬ razione diretta dell’acido 4-iodosalicilico (V). Dei due metodi preparativi messi a punto, il secondo è quello che, per la semplicità operativa e per il rendimento effettivo della reazione, presenta il maggiore interesse sotto il profilo chimico-farmaceutico applicato. I saggi farmacologici e tossicologici preliminarmente condotti sul sale monosodico di (I) hanno evidenziato una apprezzabile attività anti¬ batterica sui Gram + ed una bassa tossicità. Tali risultati incoraggiano un approfondimento della sperimentazione sul composto (I) ed una esten¬ sione delle ricerche a suoi derivati, nel quadro più ampio delle indagini sulle correlazioni tra struttura chimica ed attività biologica, correlazioni alle quali tendono le ricerche chimiche, chimico-fisiche e farmacologiche in corso. Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica deirUniversità di Napoli. 274 E. Piscopo, M. V, Diurno, B. Cappello e M. T. Cereti Mazza Gli Autori ringraziano il Chiar.mo Prof. Mario Covello, promotore delle ri¬ cerche sui composti organici iodurati condotte presso questo Istituto, per l’in¬ teresse mostrato alla sperimentazione in corso e per le utili discussioni su questo lavoro. BIBLIOGRAFIA 1) Covello M., Ann. Chim. Appi., 31, 235 (1941). 2) Covello M., Capone A., Ricerca Sci., 20, 79 (1950). 3) Hiroshi Ohta, Nippon Kagatu Zasshi, 78, 1608 (1957); Chem. Abst., 53, 21341 g (1959). 4) Covello M., Bini A., Abignente E., Rend. Accad. Sci. Fis. Mat., Napoli [4], 33, 319 (1966). 5) Brenans M., Prosi C., Comptes Rend. Acad. Sciences, 178, 1010 (1924). 6) Drain D. J., Goodacre C. L., Seymour D. E., J. Pharm. PharmacoL, 1, 784 (1949). 7) Kass J., Am. Rev. Tuber., 65, 316 (1952); Chem. Abst., 47, 12622 i (1953). 8) Whitehouse M. W., Biochem. PharmacoL, 13, 319 (1964). 9) SuTER H. (della Cilag Ltd.), brev. svizzero n. 276.618 (CI. 116 h), 14-2-1949; Chem. Abst., 47, 614 a (1953). 10) Bhate D. S., Pansé T. B,, Venkataraman K., Proc. Indian Acad. Sci., 32 A, 357 (1950); Chem. Abst., 47, 12304 a (1953). 11) SCHOUTISSEN H. A., J. Am. Chem. Soc., 55, 4531 (1933). 12) Hodgson H. H., Walker J., J. Chem. Soc., 162, 1620 (1933). 13) WooLLETT G. H., Johnson W. W., Organic Syntheses, Coll. Voi. 2, 343 (1943) 14) Shah M. V., SuRESH Sethna, J. Chem. Soc., 2676 (1959). 15) Nicole! B. H., Sampey J. R., J. Am. Chem. Soc., 49, 1799 (1927). 16) Hisao Fukamauchi, J. Pharm. Soc. Japan, 63, 20 (1943); Chem. Abst., 44, 7265 i (1950). 17) Brunner K., Ann., 351, 313 (1906). 18) Nierenstein M., Clibbens D. A., Organic Syntheses, Coll. Voi., 2, 557 (1943) e lav. loc. cit. La presente nota è stata accettata il 19-11-1919. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 275-286, fìgg. 2, tabb. 2 Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici sul versante settentrionale del Matese, presso S. Massimo (*) Nota dei soci Ludovico Brancaccio e Italo Sgrosso e di Aldo Cinque, Giovanni Orsi, Raimondo Pece e Giuseppe Rolandi (Tornata del 27 giugno 1979) Riassunto. — Vengono segnalati e descritti alcuni lembi residui di sedi¬ menti lacustri, sospesi rispetto all’attuale livello di base, che affiorano lungo il versante settentrionale del Matese, nei dintorni di S. Massimo. La presenza nella successione di materiali piroclastici risedimentati, at- attribuiti ad un magmatismo intermedio tra le trachiandesiti e le trachiti della serie potassica, ha consentito di effettuare datazioni assolute col me¬ todo K-Ar. Le età di 1.0 -1.5 m.a. così ottenute consentono di escludere l'ipotesi che questi materiali provengano, dal Roccamonfina il quale, pur essendo il set¬ tore vulcanico più vicino nell’ambito del distretto campano, in questo pe¬ riodo dava dei prodotti di serie alto-potassica dal chimismo molto differente da quello riscontrato nelle piroclastiti in esame. Inoltre in questo periodo esso esplicava un’attività essenzialmente effusiva. Anche la presenza di questi sedimenti lacustri di brecce geneticamente collegabili ad una fase glaciale è in accordo con questa datazione, cadendo essa nell’intervallo di tempo concordemente attribuito al glaciale Donau. Al bacino lacustre si raccorda un’ampia superficie morfologica sospesa sui talwegs attuali, la cui età di modellamento viene così ad essere deter¬ minata. Poiché, infine, i depositi lacustri ed il paesaggio ad essi raccordato è interessato da dislocazioni dell’ordine di alcune centinaia di metri, risulta evidente che a questa fase tettonica va attribuito come limite cronologico inferiore quello di 1.0 m.a. circa. Abstract. — On thè base of geomorphological evidences, an ancient base level has been recognized along thè northern scarp of thè Matese mountains (Campanian Apennines) between Roccamandolfi and Boiano. (*) Lavoro eseguito e stampato con il contributo finanziario del C.N.R. e del M.P.L 276 L. Brancaccio e coll. Sometimes lacustrine sediments are associateci to thè above mencioned ancient morphology. Around thè village of St. Massimo such a sediments are characterized by thè occorrence of pyroclastic material redeposited by means of turbidity currents. Mineralogical and geochemical analyses allow to attributo these pyroclastic Products to a magmatism correlable to thè one which gave rise to thè « tra- chytes-trachyandesites » of thè k-series. K/Ar geochronological determinations on k-feldspar separates give ages between 1.0 and 1.5 m.y. which allow to exclude a provenence for these material from thè nearest volcano in thè area — thè Roccamonhna volcanic complex. The latter being characterized during this time interval by an effusive activity with products belonging to thè high k-series. The presence of morainic material in thè lacustrine sediments testifies thè existence during sedimentation of a cold climate which should correspond, according to thè radiometrie ages, to thè Donau glaciation. The ages of thè sediments allow to date thè aggradation of thè landforms connected to thè lake. In thè same may it’s possible to date not older than 1.0 m.y. thè tectonic phase responsible either of thè breking up of this lacu¬ strine basin, or of thè engraving of thè old landscape. Residuai parts of thè latter occur some hundred metres higher than thè actual talwegs. Premessa Nel corso dello studio geomorfologico del gruppo montuoso del Matese abbiamo rinvenuto sul bordo settentrionale del Massiccio, ad altezze di poco variabili intorno agli 800 metri s.l.m., lembi residui di sedimenti lacustri sollevati di circa 300 metri rispetto all'attuale talweg del torrente II Rio (affluente del Biferno). La presenza nella successione di abbondante materiale piroclastico ci ha messo in grado di datare, tramite analisi radiometriche, questo episodio lacustre che riveste una notevole importanza ai fini di una ri- costruzione della evoluzione geomorfologica del Matese. Lo studio mi- neralogico-petrografico condotto sugli stessi materiali ha permesso, inol¬ tre, la loro caratterizzazione e la probabile individuazione dell’area di provenienza di queste piroclastiti. In questo lavoro la parte petrografica è stata curata da Roland!, le datazioni assolute sono state effettuate da Orsi e Pece e la parte geo¬ logica e geomorfologica è stata curata da Brancaccio, Cinque e Sgrosso. Descrizione degli affioramenti Lungo la strada che da S. Massimo conduce a Campitello Matese, alla quota di circa 800 metri, affiora una delle sezioni più tipiche dei Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici, ecc. 111 sedimenti in oggetto. Questo affioramento espone circa 300 metri di una successione, della quale non è visibile l'appoggio, formata preva¬ lentemente da materiale piroclastico, tranne che negli ultimi metri dove si rinvengono frequenti intercalazioni di detrito calcareo (Fig. 1). I depositi piroclastici sono ordinati in banchi notevolmente regolari, potenti da poco più di un metro a circa due metri ciascuno dei quali costituisce in realtà una sequenza nella quale si passa da materiali più grossolani, alla base, a materiali di granulometria via via più sottile Fig. 1. — Affioramento lungo la strada S. Massimo - Campitello. Sono ben esposti i banchi di sedimenti piroclastici e, più in alto, le intercalazioni di detrito calcareo, parzialmente occultate dalla copertura vegetale. (fino a siltosi e argillosi), verso l'alto (Fig. 2). La porzione più gros¬ solana è di colore grigio-giallastro e contiene pomici decisamente al¬ terate unitamente ad una frazione cristallina sciolta la quale deriva probabilmente dal disfacimento delle stesse pomici. La parte alta delle sequenze presenta talora colore azzurro-grigiastro e contiene esili gusci di molluschi dulcicoli quasi completamente decalcificati. In essa sono pure osservabili dei foraminiferi planctonici rimaneggiati, presumibil¬ mente ereditati dalle formazioni terrigene mioceniche sottostanti. 278 L. Brancaccio e coll Nelle porzioni medie e basse di ciascuna sequenza si riconoscono delle chiare strutture sedimentarie quali laminazioni incrociate, paral¬ lele e convolute. Il contatto fra i diversi banchi è marcato da piccoli solchi erosivi e da sottili croste indurite (spesse fino a qualche milli¬ metro) di probabile natura manganesifera. Il detrito calcareo intercalato nella parte alta delle piroclastiti è formato da elementi a spigoli vivi che hanno dimensioni variabili da qualche cm^ fino a parecchi m^ e che derivano, evidentemente, dalla degradazioni dei rilievi immediatamente retrostanti. Fig. 2. — Particolare dell'affioramento precedente. Alcune sequenze piroclastiche separate da contatti erosivi. L’intera successione immerge a Sud, verso il massiccio calcareo, con angoli di 10-15°. Un'altra sezione ben esposta è quella che affiora in alcune incisioni presenti a quote analoghe e quelle dell’affioramento precedente, ma più verso Ovest (nei pressi della Serra S. Giorgio, a monte della centrale idroelettrica). In queste incisioni, che talora assumono carattere di forra, la suc¬ cessione affiorante è costituita quasi esclusivamente da materiale de- Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici, ecc. 279 tritico carbonatico i cui clasti, generalmente a spigoli vivi, hanno di¬ mensioni comprese fra qualche cm^ ed un m^ Sporadicamente sono rinvenibili livelli a ciottoli smussati e non arrotondati. Ciò si verifica essenzialmente nella parte bassa delle valli, dove il conglomerato as¬ sume un andamento stratoide e contiene delle intercalazioni di mate¬ riale piroclastico di colore bruno, più o meno alterato e argillificato. Nella parte alta delle valli, invece, il detrito ha disposizione caotica e presenta evidenze di un trasporto in massa. Laddove l'incisione è più profonda, affiorano, al di sotto dei con¬ glomerati, sequenze piroclastiche del tipo di quelle già descritte. Lungo il contatto detriti-piroclastiti, il quale ha, come tutta la successione, andamento sub-orizzontale o lievemente inclinato verso monte, si ma¬ nifestano numerose venute di acqua le più cospicue delle quali sono captate. DalLesame delle caratteristiche dei sedimenti fin qui brevemente descritti si può facilmente desumere che essi rappresentano il prodotto di vari tipi di apporto e di diversi meccanismi deposizionali. Il materiale piroclastico, in un primo momento depostosi sopra i versanti in aggetto sul lago, dava luogo, forse in connessione con epi¬ sodi climatici particolarmente umidi, a delle successive colate che si riversavano nel bacino determinando una deposizione di tipo torbiditico della quale ciascuna sequenza rappresenta un episodio. La sporadica presenza di fossili nella sola porzione sommitale, ar¬ gillosa, delle sequenze, unitamente alle croste mineralizzate ed alla ricchezza di materiale organico, sembra indicare resistenza di periodi di relativa quiete fra un episodio e l'altro. Poiché gran parte delle rive dell'antico lago erano impostate su terreni miocenici (formazione di Frosolone) appare facilmente spiega¬ bile la presenza nei sedimenti lacustri di foraminiferi planctonici, chia- ramenti rimaneggiati. Anche la presenza del detrito calcareo trova spiegazione nella na¬ tura litologica dei rilievi che bordano la conca i cui versanti, come sarà precisato più avanti, si sono modellati, in gran parte, durante il periodo di esistenza del lago. Più complessa è invece la interpretazione genetica di questo detrito, il quale nelle aree più prossime alle pendici assume l'aspetto di un materiale morenico (abbondante matrice; man¬ canza quasi assoluta di selezione granulometrica; ecc.), mentre nella parte più a valle mostra i segni evidenti di una distribuzione in am¬ biente acqueo. In ogni caso la potenza e la localizzazione di questi con- 280 L. Brancaccio e coll glomerati appaiono strettamente legati alla morfologia delle sponde ; il detrito inoltre risulta in parte sovrapposto e in parte eteropico del materiale piroclastico. Osservazioni Geomorfologiche La sommità dei depositi lacustri si presenta nettamente terrazzata con una lieve pendenza verso Fattuale fondovalle. In generale questa superficie non corrisponde alla forma di accumulo originaria costituita dal top dei sedimenti lacustri bensì rappresenta una superficie di ero¬ sione modellatasi successivamente allo svuotamento del lago. Ciò è par¬ ticolarmente evidente dove la superficie del terrazzo taglia le testate degli strati. Comunque i versanti marginali del Massiccio tendono a raccor¬ darsi in maniera molto vistosa con il terrazzo. L’antico livello di base dell'erosione , costituito dal lago, è molto ben visibile a partire dalla zona di Roccamandolfi fino a Boiano e forse ancora più ad Est fino a Sepino, lungo il bordo carbonatico del Matese. Nella stessa zona, inoltre, si nota tutta una serie di colline in depositi terrigeni miocenici le quali hanno la sommità spianata in corrispondenza di quote ben raccordabili con i sedimenti in oggetto. Nella struttura di Macchiagòdena-Frosolone, la quale doveva co¬ stituire la chiusura del bacino verso Nord, non si rinvengono tuttavia evidenti stacchi morfologici alla presumibile quota del lago. Geocronologia Sono state eseguite 5 datazioni radiometriche sulle piroclastiti ri¬ sedimentate campionate in tre punti diversi della successione affiorante lungo la strada S. Massimo-Campitello, a quota 800 circa. Le datazioni sono state effettuate col metodo K-Ar, su separati di feldspato potassico. Su due campioni esaminati le analisi sono state effettuate in duplicato. L'^“Ar è stato determinato col metodo della di¬ luizione isotopica tramite uno spettometro di massa GD 150 della VARIAN MAX ; lo spike arricchito in ^*Ar è stato fornito dalla Univer¬ sità di Zurigo. L’accuratezza delFanalisi di Ar è stata controllata con misure di standards interlaboratorio (muscovite MCT, biotite U.SG.S. LP-6 ed un campione di età = 0 colata lavica del 1955 delle Hawaii) caratterizzate da un rapporto '“’Ar/^^Ar non distinguibile dal rapporto Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici, ecc. 281 atmosferico. Il potassio è stato determinato in duplicato mediante as¬ sorbimento atomico con uno spettrofotometro Perkin Elmer mod. 303; la riproducibilità delle misure di K è dell! %. L’errore sulle età è stato calcolato con la formula di Cox e Dalrymple (1967). Per ulteriori dettagli sulle strumentazioni utilizzate e sui metodi di analisi si vedano Civetta et Alii (1971). Dai dati analitici riportati nella Tabella A risulta che le datazioni K-Ar de 11° e del 3° campione, ben riproducibile nelFambito degli errori, sono in accordo tra loro indicando un’età compresa tra 1,000 ed 1,15 m.a. TABELLA A Campione K (O/o) (O/o) 10-10 moli gr 40Ar 36Ar 40Ar 36Ar X 103 Età m.a. 1 10,82 22,0 0,182 379,0 1456 0,97 ± 0,04 10,82 13,7 0,201 344,9 753,5 1,07 ± 0,05 2 11,45 31,8 0,293 434,9 1619 1,48 ± 0,04 3 11,56 29,5 0,226 419,7 1898 1,13 ± 0,04 11,56 19,0 0,220 365,3 1089 1,10 ± 0,04 L’età del 2° campione di 1,48 ± 0,04 m.a. è invece nettamente diversa. Questa differenza potrebbe riflettere sia resistenza di più episodi vulcanici separati da un intervallo di qualche centinaia di migliaia di anni, sia la presenza di un eccesso di ‘*®Ar rad. nel feldspato potassico del campione N. 2. Dati mineralogici e petrografici I livelli piroclastici descritti sono costituiti da pomici decisamente alterate, con un grado di cristallinità molto elevato, frammenti di cri¬ stalli, di ossidiane e litici. La frazione cristallina molto ben rappresentata e, al contrario del vetro, poco alterata, ha consentito, come si vedrà, di determinare una serie di dati mineralogici molto significativi. A scopo puramente indi¬ la 282 L. Brancaccio e coll. cativo inoltre è stata effettuata un'analisi sul materiale « in toto », da cui si evince l'elevato grado di alterazione, confermato del resto dal¬ l'analisi termica differenziale che mette chiaramente in evidenza la presenza di minerali Kanditici. TABELLA B Analisi della in toto roccia A tipo diopsidico SÌO2 50.84 Analisi dei pirosseni B tipo salico TÌO2 0.60 B B AI2O3 25.75 SÌO2 90.90 49.80 Fetot. 3.72 TÌO2 0.95 0.80 MnO 0.10 AI2O3 4.02 5.60 MgO 3.81 Fetot 4.80 8.90 CaO 0.78 MnO — — Na^O 1.61 MgO 14.59 10.78 K2O 3.40 CaO 23.92 23.08 P2O5 0.40 Na^O 0.34 0.44 H3O + 8.90 K2O 0.04 0.08 9.91 99.56 99.48 OLIVINA PLAGIOCLASIO BIOTITE SANIDINO d,3o = 2.77 Fo (moli %) = 90 % An65.75 (determinazione ottica) Io04 + Io06 —17 ^ 2.60 ■ U “ ■ % Fe 3 201 = 21.11 060 = 41.60 204 = 50.86 Or = 84 % È stato recentemente dimostrato (De Gennaro et Ahi, 1973) che il minerale di alterazione predominante nelle formazioni piroclastiche an¬ tiche è l'Hallosyte 4 H2O, associato spesso a Metahalloysite. La curva ATD di un campione di studio rappresentativo dell'alterazione è caratte¬ rizzata da un’ampiezza ridotta del primo effetto endotermico denotante un contenuto in acqua « interlayer » deficitario, come è tipico della Metahallo¬ ysite (De Gennaro et Ahi, 1973). Tra i prodotti della alterazione non è stata rinvenuta la presenza di analcime, la cui esistenza sarebbe stata evidenziata nelle curve del- l'ADT con un piccolo endotermico intorno ai 450". La presenza di piroclastiti alterate nel distretto vulcanico cam¬ pano, e in particolare nel settore della provincia di Caserta, è stata Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici, ecc. 283 segnalata da diversi autori (De Gennaro et al., 1973; Lirer e Stanzione, 1968; Sinno, 1966, 1967). Molto estesi sono gli affioramenti rinvenuti lungo le propaggini sud-occidentali del Matese associati a depositi la¬ custri (zona di Pantani-Fragneto nei tenimenti di Prata Sannitica e di Aitano (Lirer e Stanzione, 1968; Sinno, 1967). Sempre in provincia di Caserta, piroclastiti trasformate in me- tahalloisite son state rinvenute anche presso il lago Coree e al monte Covuto (De Gennaro et al., 1969). Come si è detto, caratteristica di questo tipo di alterazione è la completa trasformazione della sola parte vetrosa che coesiste con la parte inalterata costituita dalla frazione cristallina, che pertanto rap¬ presenta Punico indizio per risalire al tipo petrografico della roccia originaria. A tale scopo sono state isolate le varie fasi mineralogiche presenti; quelle estratte in quantità sufficienti sono state analizzate chimicamente e diffrattometricamente (pirosseni e feldspati alcalini), mentre per quelle meno abbondanti (plagioclasi ed olivina) sono stati effettuati dei debyegrammi su cristallo singolo e delle determinazioni ottiche. I dati mineralogici addotti permettono di fare una serie di con¬ siderazioni circa Paquadramento del tipo petrografico originario, e com¬ patibilmente con i dati cronologici ottenuti, anche sul distretto vulca¬ nico di provenienza. I dati ottenuti in Tabella B sono simili, infatti a quelli ottenuti per la serie potassica Di Girolamo e Stanzione, 1973; Ghiara et al., 1977; Ghiara e Lirer, 1977). Come è noto, questa serie, presente nei prodotti in affioramento e in quelli profondi ai Campi Flegrei, a Ventotene e a Roccamonfina, è caratterizzata da K-basalti, trachiandesiti, trachiti e fonoliti. Tutta l'associazione presenta costantemente un carattere a nefelina normativa, mentre le serie alto-potassiche (I ciclo del Roccamonfina e Somma Ve¬ suvio) hanno un carattere a leucite modale. Le serie potassiche presenti nei citati distretti mostrano delle ca¬ ratteristiche mineralogiche ben precise (Di Girolamo e Stanzione, 1973; Ghiara et al., 1977; Ghiara e Lirer, 1977): — i clinopirosseni sono ricchi in Ca e Mg e si arricchiscono leg¬ germente in Fe nel corso dell'evoluzione Dì Girolamo et al., 1977; Ghiara e Lirer, 1977). È da sottolineare che dai K-basalti alle trachiti alcaline vi è la presenza di due clinopirosseni, uno di colore verde (diopsidico), l'altro di colore nero (salitico). I rapporti tra questi due tipi cambiano 284 L. Brancaccio e coll. nel corso dell'evoluzione fino a che quelli salitici diventano prevalenti nei termini trachitici ; — la cristallizzazione delle fasi feldspatiche inizia con la primitiva separazione di un plagioclasio di tipo bytownitico-labradoritico, unita¬ mente a olivina e clinipirosseni, cosicché il fuso si arricchisce, tra l’altro, in potassio favorendo la cristallizzazione delle miche prima e successivamente, per ulteriore incremento di potassio, delle fasi feldspa¬ tiche alcaline. Queste ultime, che a questo stadio dell’evoluzione coesi¬ stono con un plagioclasio di tipo labradoritico-andesitico, sono alquanto potassiche. Infine il liquido diventa più sodico con diminuzione rispet¬ tivamente di potassio nel feldspato alcalino e di calcio nel plagioclasio (Chiara M. R., Lirer L., 1977; Chiara M. R., Rolandi C., 1977). I caratteri mineraloci riportati in Tabella B per i prodotti in studio, suggeriscono inoltre alcune considerazioni: — Folivina, scarsamente ferrifera (F090), è nettamente subordinata agli altri femici presenti; — i clinopirosseni sono prevalentemente di tipo diopside-salitico, questi ultimi più abbondanti. I tipi francamente diopsidici sono nettamente subordinati. — il plagioclasio (Anós-vs) è nettamente subordinato al sanidino, il quale, peraltro, è abbastanza potassico (Or84); segno evidente che il fuso da cui cristallizzava aveva ancora un discreto contenuto in potassio. — la biotite rientra nel gruppo delle Mg-biotiti, come è stato ri¬ scontrato per i termini della serie potassica (Chiara M. R., Lirer L., 1977). In base a queste considerazioni si ritiene probabile che il tipo petrografico originario abbia avuto delle caratteristiche mineralogiche e geochimiche intermedie tra le trachi-andesiti e le trachiti della serie potassica. Per quanto riguarda il settore vulcanico di provenienza nell’ambito del distretto campano, sembra improbabile, sulla base delle età as¬ solute ottenute, una attribuzione al vulcano di Roccamonfina (Casparini P., Adams J. a. S., 1969; Cortini et Ahi, 1975). Compatibilmente con i dati cronologici riportati e con il tipo pe¬ trografico ipotizzato è più probabile una provenienza flegrea 1. s. Va ricordato a tal proposito che trivellazioni profonde effettuate nei Campi Flegrei hanno rinvenuto fino a 3.000 metri di profondità vulcaniti ef¬ fusive ed esplosive di serie potassica, successive al vulcanismo andesi- tico riscontrato in perforazioni effettuate nella piana del Volturno (Or¬ tolani F., Aprile F., 1979). Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici, ecc. 285 Conclusioni La caratteristiche morfologiche di questo versante del Matese con sentono di individuare più eventi tettonici e morfogenetici che hanno interessato l'area e la cui successione è riconoscibile anche in altri massicci carbonatici deH’Appennino meridionale nei quali, tuttavia, man¬ cano, come è noto, elementi di riferimento cronologico certi. La successione schematica degli eventi è così ricostruibile: 1) una fase neotettonica consente l'individuazione del bacino e de¬ finisce il primo assetto dei rilievi sovrastanti il lago stesso; 2) durante la fase di lacustrinità si modellano i versanti di faglia marginali che risulteranno così raccordati con il livello di base rappre¬ sentato dal lago stesso. L'età assoluta di questa fase è collocabile nel¬ l'intervallo 1.0 -1.5 m.a. Questa datazione è anche in accordo con la presenza di materiale detritico legato certamente a fasi glaciali ; infatti nell'intervallo crono¬ logico indicato si sono verificate le crisi climatiche connesse al gla¬ ciale Donau (Kukla G. J., 1976). In questo intervallo pervengono al ba¬ cino lacustre prodotti piroclastici, che, in accordo con l'età e con i dati petrografici che indicano l'appartenenza a termini evolutivi intermedi di serie potassica, avevano presumibile provenienza dall'area flegrea. 3) una nuova fase tettonica disloca il bacino lacustre consenten¬ done l'estinzione o lo spostamento a livelli più bassi. A questa fase neotettonica, di un certo rilievo (alcune centinaia di metri), va presu¬ mibilmente imputata anche la rotazione dei depositi lacustri, non sap¬ piamo quanto solidali con il resto del massiccio. Ovviamente, l'età di questa fase tettonica è inferiore a 1.0 m.a. Una successione morfogenetica di questo tipo è largamente rico¬ noscibile, a prescindere dalla presenza di depositi lacustri, in parecchie aree deH’Appennino (Brancaccio et al., 1976) dove però i riferimenti cronologici assoluti mancano o non sono certi. Se si ammette il sin¬ cronismo di eventi cosi importanti (e non è detto che ciò si verifichi), si potrebbe avere un riferimento cronologico anche per eventi tettonici e morfogenetici riguardanti zone dell'Appennino distanti fra loro. BIBLIOGRAFIA Brancaccio L., Cinque A., Sgrosso L, 1976 - La grotta di S. Barbara nel con¬ testo deir evoluzione geomorfologica della Piana di Agerola. Annuario Speleol. C.A.L, Napoli, 1974-75. 286 L. Brancaccio e coll. Civetta L., Cortini M,, Gasparini P., Scandone R., 1971 - Il laboratorio K-Ar dell’Istituto di Fisica Terrestre dell’Università di Napoli. Rend. Soc. It. Min. Petrol., V (27), 309-319. Cortini M., Roberti N., Scandone R., 1975 - Geocronologia e paleomagnetismo del vulcano Roccamonfina. Ann. Geofisica, 28 (2-3), 129-138. Cox A., Darlymple G. B., 1967 - Statistical analysys of geomagnetic reversai data and thè precision of thè K-Ar dating method. J. Geophy. Res., 72, 2603-2614. Darlymple G. B., Lamphere M. A., 1969 - Potassium- Argon dating. Freeman and Company Ed., San Francisco. De Gennaro M., Franco E., Stanzione D., 1973 - L’halloysite come prodotto di alterazione nelle vulcaniti campane e laziali. Atti. Acc. Se. Fis. Mat., Serie III Voi. Vili, N. 2. Di Girolamo P., Stanzione D., 1973 - Lineamenti geologici e petrologici del¬ l’isola di Procida. Rend. Soc. It. Min. Petrol., 29, 497-552. Di Girolamo P., Rolandi G. Stanzione D., 1977 - I clinopirosseni delle vulcaniti ad affinità shoshonitica della Campania. Estr. Per. Min., Anno XLVI, N. 1-2-3. Di Girolamo P., Nardi G. Rolandi G., Stanzione D., 1976 - Occurence of calcal- kaline two pyroxene andesites from deep bore-holes in thè Phlegrean Fields. I - Petrographic and petrochemical data. Estr. Rend. Acc. Se. Fis. Mat. della Soc. Naz. Lett. Arti in Napoli, (IV) XLIIL Gasparini P., Adams J. A. S., 1969 - K-Ar dating of italian Plio-pleistocene vol- canic rocks. Earth. Pian. Sci. Lett., 6, 225-230. Ghiara M. R,, Rolandi G., Stanzione D., 1977 - Evoluzione delle vulcaniti ad affinità shoshonitica dei Campi Flegrei l.s.: Studio petrologico e geo¬ chimico. Estr. Per. Miner., Anno XLVI, N. 1-2-3. Ghiara M. R., Lierer L., 1977 - Mineralogy and geochemistry of thè « Low- potassium series of Roccamonfina volcanic suite {Campania South Italy). Bull. Volc., 40 (1), 1976-77. Ghiara M. R., Rolandi G,, 1977 - La serie piroclastica di M.te S. Angelo. Cic- ciano (Napoli). Rend. Acc. Se. Fis. Mat. della Soc. Naz. Lett. Arti in Na¬ poli, Serie IV, Voi. XLIV. Jager e., Hunziker J. C., 1979 - Lectures in isotope geology. Springer-Verlag Ed. Kukla G. J., 1977 - Pleistocene land-sea correlations. /, Europe. Earth. Sci. Rev., 13, Amsterdam. Lirer L., Stanzione D., 1968 - Le piroclastiti stratificate del Roccamonfina Pri¬ mordiale. Atti. Acc. Se. Fis. Mat,, Serie III, Voi. VII, N. 5. Ortolani F., Aprile F,, 1979 - Nuovi dati sulla struttura profonda della Piana Campana a SE del F. Volturno. Boll. Soc, Geol. It, (in corso di stampa). SiNNO R., 1966 - Studio sulla composizione chimica e mineralogica e sulle possibilità di sfruttamento dei « prodotti di alterazione » della zona di Prata Sannitica (Caserta). Boll. Soc. dei Natur, in Napoli, Voi. LXXV, SiNNO R., 1967 - Le piroclastiti alterate della zona di Aliano (Caserta). Boll. Soc. dei Natur. in Napoli, Voi. LXXVI. La presente nota è stata accettata il 27-6-1979. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 287-317, tabb. 4 Campo geomagnetico L. Catalogo delle fonti (*) Nota del socio Antonino Palombo e di Stuart R. Malin (Tornata del 26 ottobre 1979) Summary. — In order to provide a satisfactory and definitive pìanetary representation of thè lunar geomagnetic tide « L » thè data of 146 observatories have been collected studied, and analysed by thè Chapman - Miller method. The parameters of thè principal lunar harmonics were obtained. Por each ob- servatory, thè contribution of thè sea tidal dynamo was determined. A new worldwide model based on all thè non-electrojet data, with thè ocean contribu¬ tion removed and adjusted to a mean sunspot number is presented bere. The remaining geomagnetic lunar daily variation, ascribed to thè ionospheric dynamo effect was separated into parts of internai and external origin. Riassunto. — Al fine di ottenere una rappresentazione planetaria soddisfa¬ cente del campo geomagnetico L sono stati raccolti, normalizzati ed analizzati i dati di 146 osservatori determinandone le prime quattro armoniche lunari. L'analisi armonica sferica eseguita su questa messe di dati, ben quattro volte maggiore rispetto al passato, basata su serie di dati sufficientemente lunghe che hanno consentito livelli di significatività statistica al livello di confidenza dello 0.01, su elementi pesati in relazione alla incertezza di ciascuna determina¬ zione, filtrati dell'effetto della dinamo oceanica e resi indipendenti dalla di¬ versa influenza delle macchie solari ha fornito risultati che migliorano quelli precedenti. I valori ottenuti del rapporto E/I delle ampiezze e dello sfasamento (£ — i) tra le fasi della componente esterna ed interna del campo geomagnetico, di ben nota utilità per lo studio della conducibilità interna della terra, possono considerarsi definitivi. 1. Introduzione Le correnti dell'aria in seno alla ionosfera, nell'attraversare le linee di forza del campo magnetico terrestre, generano correnti elettriche che, a loro volta, inducono correnti in seno alla crosta ed al mantello. La pre¬ sente indagine si sofferma sulla parte del campo magnetico, designata (*) Ricerca eseguita col contributo del C.N.R. 288 A. Paltimbo e S. R. Malin « L », connesso con i sistemi di correnti elettriche destate dalle com¬ ponenti giornaliere delle maree lunari, allo scopo di fornirne una soddi¬ sfacente e definitiva rappresentazione, indispensabile per future investi¬ gazioni e fino ad ora mancante. Una tale rappresentazione richiede invero l'esame di serie sufficientemente lunghe di osservazioni di un numero elevato di stazioni, ben distribuite intorno al mondo, che si presumeva potesse trarsi dai dati dei satelliti. Questa aspirazione resta però ancora illusoria. Infatti dai dati dell'OGO-4 non si è riusciti neppure ad ottenere il campo geomagnetico solare S, molto più ampio del campo L. Le orbite dei satelliti più vicini alla Terra, anche se site alTesterno delle regioni ionosferiche dove sono generati i sistemi di correnti elet¬ triche connesse con il campo L, attraversano ugualmente le linee di forza del campo magnetico principale lungo le quali si presume che fluiscono le correnti dirette da Nord a Sud e che equilibrano le forze elettromo¬ trici alle due estremità opposte delle linee di forza. Sicché la deduzione del campo L dai dati dei satelliti è estremamente difficoltosa. Di qui l’importanza dei dati degli osservatori magnetici al suolo. La sensibilità delle determinazioni di L con gli indici di attività ma¬ gnetica e le macchie solari (Green and Malin, 1971) suggerirebbe (Matsu- SHITA and Maeda, 1965) Tanalisi dei dati contemporanei. Ciò limita ovvia¬ mente il numero dei dati a scapito perciò dell’esigenza di esaminare stazioni disposte lungo tutta la superficie della Terra. Malin (1973) ha eseguito con successo una tale analisi, partendo dai dati, ricavati du¬ rante TIGY, estesi a 8 mesi di osservazione per n. 100 stazioni (Gupta, 1968). La limitata lunghezza delle serie ha fornito però, con una certa frequenza, determinazioni statisticamente poco significative. Per integrare la precedente indagine sono state raccolte ulteriori in¬ formazioni eseguendo le analisi dei dati di numerosi altri osservatori, richiedendo i valori direttamente a ricercatori, rilevando altri dalla let¬ teratura e procedendo a normalizzare i valori ottenuti. Nella presente stesura vengono riportati o citati tutti i procedimenti di calcolo qui seguiti onde consentire future rielaborazioni dei dati elencati. 2. Analisi dei dati delle singole stazioni Al fine di ridurre l’influenza dei dati più perturbati sulle determi¬ nazioni sono stati eliminati, per ogni mese, i dati delle cinque « giornate Campo geomagnetico L. Catalogo delle fonti 289 internazionali disturbate ». Ciò anche sulla scorta del successo ottenuto da Chapman Gupta and Malin (1970) con tale eliminazione. Schlapp (1977) ha eseguito un'attenta investigazione sulle tecniche statistiche più sofisticate per la determinazione delle componenti mareali pervenendo alla conclusione che il metodo Chapman-Miller (1940) rappre¬ senta sempre lo strumento di calcolo più idoneo per ottenere risultati mareali. Palumbo e Mazzarella (1979) hanno mostrato il vantaggio di prefil¬ trare i dati d'ingresso al programma Chapman-Miller, I dati delle stazioni qui esaminate (Tab. 1) sono stati analizzati se¬ condo Malin and Chapman (1970) per la determinazione delle ampiezze « In » e delle fasi « In » delle prime quattro armoniche, unitamente ai corrispondenti valori del raggio del cerchio di errore probabile « p.e » p„. Per ciascun osservatorio le componenti del campo geomagnetico L verranno espresse mediante le prime quattro armoniche secondo la legge delle fasi di Chapman: L = Z /„ sin [ (w — 2) t -f 2 T + Xn] (1 ) dove t e T rappresentano rispettivamente il tempo solare e lunare medio contati da 0 a2 TX dalla culminazione inferiore a quella successiva. Allorquando per qualche stazione le componenti del campo geoma¬ gnetico lunare erano espresse in D ed H {D = declinazione, H = compo¬ nente orizzontale), queste sono state in primo luogo convertite dalle unità in cui erano espresse (decimi di grado) in quelle attuali nT e suc¬ cessivamente nelle due componenti X ed F mediante la: 5 X = S // cos D — sen 8D 5D 5Y = 8 H sen D -f cos D 5 D dove D ed H sono i valori medi, relativi alFintervallo di tempo della serie esaminata, di D e di i7 per quella stazione (Leaton and Barraclough, 1971), 5X rappresenta la componente lungo Passe x dell’armonica lunare per X (In sin oppure L cos Xn) eSF, 5He§Di valori corrispondenti per Y, H e D tutti espressi in n T. Per qualche stazione si è trovato che D era misurato positivamente verso W, per altre la Z era assunta positivamente verso l'alto. Ciò è stato corretto aggiungendo 180° ai valori delle fasi così che per tutti i valori Nome della Stazione Byrd Vostok Little America Scott Base HalleV Bay Novolazarevskaya Roi Baudoin Dumont d^Urville Mirny Wi I kes Oasis Argentine Islands NewYear’sIsland Macquarie Island Trelew H = 1 ST. LAT. tONG . YEARS R EL AMR P, E PHASi BY -80. 0 240. ,0 2. , 5 1 76 X 157 111 340 BY -80, 0 240. .0 2. . 5 1 76 y 248 127 281 BY -80, 0 240. .0 2. . 5 1 76 2 392 179 293 VO -78. 5 1 06 . ,9 2. . 0 1 3 X 72 56 266 vo -78, 5 1 06. .9 2, , 0 1 3 Y 1 43 56 272 1 VO -78, 5 106. ,9 2. . 0 1 3 I 86 36 111 ' VO -78, 4 1 06. .9 2. , 5 1 76 X 110 104 76 ’! VO -78, 4 106. .9 2. , 5 176 Y 320 1 1 7 194 1 VO -78. 4 106. ,9 2. , 5 1 76 2 222 116 301 , lam -78, 3 197. . 5 1 . . 5 187 X 108 128 189 LAM -78. 3 197. . 5 1 . . 5 187 Y 300 147 1 89 i L am -78, 3 197, . 5 1 . . 5 187 2 354 167 241 i SB -77, 9 166. . 8 2. .0 13 X 36 43 192 I SB -77. 9 166. .8 2. .0 13 Y 88 76 38 i SB -77. 9 166. , 8 2. .0 1 3 2 135 42 68 I SB -77, 8 166. . 7 1 . . 5 1 87 X 165 1 48 316 ! SB -77. 8 166. . 7 1 . . 5 1 87 y 345 105 99 i SB -77. 8 1 66, . 7 1 . . 5 1 87 I 1 41 106 209 HB -75. 5 333. . 4 8. . 0 97 X 55 36 248 \ HB -75. 5 333. . 4 8. . 0 97 Y 25 23 3 2 HB -75. 5 333. . 4 8. . 0 97 Z 52 41 157 ^ NL -70 8 1 1 . .8 2. . 0 1 3 X 51 62 235 NL -70. 8 1 1 . . 8 2. . 0 1 3 Y 19 62 74 HI -70 . . 8 1 1 . . 8 2. . 0 1 3 2 2 53 206 il RBD -70. , 4 24. . 3 2. . 0 1 3 X 28 119 209 i' RBD -70. , 4 24. .3 2. . 0 1 3 Y 49 119 3111; RB^ -70. , 4 24. . 3 2. . 0 1 3 7 53 58 3 1: DU -66, , 7 1 40. . 0 1 . . 0 1 3 X 87 1 47 21 3 DU -66. , 7 1 40. . 0 1 , . 0 1 3 Y 1 39 1 1 5 309 DU -66. , 7 1 40. . 0 1 . . 0 1 3 Z 317 88 81 i MY -66. , 6 93. . 0 2. . 5 1 76 X 267 1 29 1 55 ì‘ Mv -66. . 6 93. . 0 2, . 5 1 76 Y 238 1 08 277 i- MY -66. , 6 93. . 0 2. . 5 1 76 7 1 58 97 31 0 1 MY -66. , 5 93. . 0 2. . 0 1 3 X 81 81 41 MY -66. , 5 93, , 0 2. . 0 1 3 y 1 09 81 271 i MY -66. . 5 93, . 0 2, . 0 1 3 2 1 36 79 338 [ WK -66, . 4 110. . 4 1 . . 5 187 X 1 48 1 53 49 r WK -66 . , 4 110. , 4 1 . . 5 1 87 Y 88 162 1 3 i' WK -66, , 4 110. . 4 1 , . 5 1 87 2 394 187 1 20 ^ OA -66. , 3 1 00 . . 7 1 . . 5 187 X 250 1 58 89 OA -66. , 3 1 00. . 7 1 . . 5 187 Y 263 172 337 OA -66. . 3 1 00. . 7 1 . . 5 187 2 224 1 52 108 ^ ARG -65. . 2 295 . , 7 10. . 8 82 X 67 14 227 ' ARG -65, , 2 295. . 7 10. . 8 82 Y 31 1 2 300 ARG -65. , 2 295. . 7 10. . 8 82 Z 40 1 4 1 1 4 NY I -54. . 6 295. .8 6. . 0 27 D 46 14 326 J MI -54. . 5 158. .9 1 . , 5 187 X 224 237 291 i MI -54. , 5 1 58. .9 1 . . 5 187 Y 1 48 105 286 MI -54. , 5 1 58, .9 1 . . 5 187 2 242 85 43 ' TRE -43. .2 294, .7 9. .0 72 ^■X 25 20 219 TRE -43. ,2 294. .7 9. , 0 72 Y 43 16 298 i TRE -43. , 2 294. .7 9 . . 0 72 2 46 1 3 39 i' AM -43. ,2 172. . 7 5. . 0 17 X 55 56 134 ! Amberley N s P* i 78 100 73 46 46 35 66 67 67 75 92 122 38 42 34 77 100 6é 28 20 23 34 34 26 70 70 36 67 56 58 96 80 9? 63 63 56 1 48 1 45 135 135 120 134 9 10 9 1 1 178 ao 1U 13 15 8 34 2 N 3 PHASE AMP P. E 161 56 81 294 28 85 0 48 56 45 1 1 34 57 24 34 241 15 1 8 308 84 58 27 61 59 1 03 70 51 289 67 55 42 123 91 35 5 92 64 277 29 30 60 49 5 4 22 34 29 285 53 67 350 81 72 180 75 63 31 1 1 4 21 58 1 0 12 239 38 23 63 1 3 26 1 36 6 2é 93 15 23 53 31 49 162 44 49 42 30 58 264 40 41 119 65 53 218 182 43 329 94 64 40 66 60 1 33 132 78 281 38 49 69 40 49 1 39 44 45 281 188 88 231 87 80 308 85 104 300 195 92 190 104 87 337 122 97 27 38 5 145 20 6 238 16 7 88 35 8 331 70 119 10 37 50 349 185 é1 55 55 10 125 58 1 1 156 32 6 312 44 19 3 PHASE AMP N * P. E 205 36 47 323 36 52 101 30 54 31 3 12 25 305 1 5 23 7? 10 19 109 42 40 197 135 45 183 5é 34 40 78 62 97 43 62 1 59 78 59 191 37 28 334 47 25 297 6 25 100 4 67 78 1 3 52 132 8 42 94 1 1 1 7 262 12 1 6 208 16 20 303 18 21 274 28 21 180 20 22 1 42 15 56 267 31 36 53 1 3 26 10/ 15 36 308 45 44 49 73 47 16 39 43 151 78 37 268 96 64 75 30 46 226 43 46 303 50 49 39 1 72 74 224 59 72 1 08 26 T01 ■ 70 163 87 239 65 65 I5é 95 69 211 2 4 237 13 6 0 6 5 261 8 6 280 188 75 259 88 34 49 51 63 235 17 6 287 18 6 326 15 4 117 7 15 4 PHASE D REF 342 1 300 1 186 1 35 2 43 2 74 2 246 1 22 1 249 1 227 1 258 1 65 1 218 2 208 2 5 2 1 54 1 89 1 276 1 331 4 165 4 253 4 306 2 38 2 21 7 2 70 2 227 2 1 48 2 228 2 252 2 223 2 190 1 31 1 98 1 253 2 27 2 74 2 196 1 77 1 292 1 256 1 58 1 64 1 329 4 33 4 319 4 57 15.4 2é ^238 1 217 1 79 1 43 14 80 14 118 14 334 17 = Nome della N = Stazione ST. LAT. LONG . YE ars R E L AMR P. E Byrd BY -80 . 0 240 . 0 2 . 5 1 76 X 157 1 1 1 BY -80 . 0 240 . 0 2 . 5 1 76 Y 248 127 BY -80 . 0 240 . 0 2 . 5 1 76 7 592 1 79 Vostok VO -78 . 5 106 .9 2 . 0 1 3 X 72 56 vo -78 . 5 1 06 ,9 2 . 0 1 3 Y 143 56 VO -78 . 5 1 06 ,9 2 . 0 1 3 7 86 36 VO -78 . 4 1 06 .9 2 . 5 1 76 X 1 1 0 104 VO -78 . 4 1 06 .9 2 . 5 1 76 Y 320 1 1 7 VO -78 . 4 1 06 . 9 2 . 5 1 76 ? 222 1 1 6 L AM -78, . 3 197 . 5 1 . 5 1 87 X 108 1 28 Little America L AM -78 . 3 197 . 5 1 . 5 1 87 Y 300 1 47 L am -78, . 3 197 . 5 1 . 5 1 87 7 354 167 SB -77, .9 166 , 8 2 . 0 1 3 X 36 43 SB -77, , 9 166 . 8 2 . 0 1 3 Y 88 76 Scott Base SB -77, , 9 166 . 8 2 . 0 1 3 7 135 42 SB -77, , 8 166 . 7 1 . 5 187 X 165 1 48 SB -77, ,8 166 . 7 1 . 5 1 87 V 345 105 SB -77. , 8 1 66 . 7 1 . 5 1 87 7 141 1 06 HB -75, , 5 3 3 3, . 4 8 . 0 97 X 55 36 HalleV Bay HB -75 , , 5 333, . 4 8 . 0 97 Y 25 23 HB -75 , , 5 3 33, . 4 8, . 0 97 7 52 41 NL -70. , 8 1 1 , .8 2, . 0 1 3 X 51 62 Novolazarevskaya NL -70 . 8 1 1 , , 8 2, . 0 1 3 Y 1 9 62 NL -70 , 8 1 1 , , 8 2. . 0 1 3 7 2 53 RBD -70. 4 2 4 , , 3 2. , 0 1 3 X 28 119 Roi Baudoin RBD -70 . 4 24. , 3 2, , 0 1 3 Y 49 119 R6( -70 . 4 24. , 3 2. , 0 1 3 ? 53 58 DU -66 . 7 1 40 . , 0 1 . , 0 1 3 X 87 1 47 Dumont d’Urville DIJ -66 . 7 140. , 0 1 . , 0 1 3 Y 1 39 1 1 5 OU -66. 7 140. , 0 1 . .0 1 3 7 31 7 88 MY -66. 6 93. , 0 2 , , 5 1 76 X 267 1 29 MY -66. 6 93. , 0 2. , 5 1 76 Y 238 1 08 MY -66 . 6 93 . , 0 2. . 5 1 76 7 1 58 97 Mirny MY ”66. 5 93. 0 2 . 0 1 3 X 81 81 MY -66. 5 93. 0 2. 0 1 3 Y 1 09 81 MY -66 . 5 93. 0 ?.. 0 1 3 7 1 36 79 Wi 1 kes WK -66 . 4 110. 4 1 . 5 1 87 X 1 48 1 53 WK -66 . 4 110. 4 1 . 5 1 87 Y 88 162 WK -66 . 4 Ilo. 4 1 , 5 1 87 7 394 1 87 OA -66 . 3 100. 7 1 . 5 1 87 X 250 1 58 O a s i s OA -66. 3 1 00. 7 1 . 5 187 Y 263 1 72 OA "66 . 3 1 00 . 7 1 . 5 1 87 7 224 1 52 Argentine Islands ARG ARG -65. -65. 2 2 295 . 29 5 . 7 7 10. 10. 8 8 82 82 X 67 31 1 4 1 2 ARG -65. 2 295 . 7 10. 8 82 7 40 1 4 NewYear’sIsland NYI -54. 6 295 . 8 6 . 0 27 D 46 1 4 MI -54. 5 1 58. 9 1 . 5 187 X 224 237 Macquarie Island MI -54. 5 158. 9 1 . 5 187 Y 1 48 105 M I -54. 5 158. 9 1 . 5 187 7 242 85 Trelew TRE -43 . 2 294. 7 9 . 0 72 X 25 20 TRE -43, 2 294. 7 9 , 0 72 Y 43 1 6 Amberley TRE -43. 2 294. 7 9 . 0 72 7 46 1 3 AM -43. 2 172. 7 5. 0 1 7 X 55 56 N = 2 N - 3 N * 4 amp P. E PHASE AMP P . E PHASE AMP P . E PHASE D REE 31 78 161 56 81 205 36 47 342 1 ' 70® 100 294 28 85 523 36 52 300 1 i 21 5 73 0 48 56 101 30 54 1 86 1 ! 58 46 45 1 1 34 31 3 12 25 35 2 I (n5 46 57 24 34 305 1 5 25 45 2 1U-' ! 60 35 241 1 5 1 8 7 7 1 0 19 74 2 I 127 66 308 84 58 1 09 42 40 246 1 ' 1 1 4 67 2 7 61 59 197 135 45 22 1 ; I2l 67 103 70 51 183 56 34 249 1 i 73 75 289 67 55 40 78 62 227 1 ' -L i i|A 92 42 123 91 97 43 62 258 1 44 122 355 92 64 1 59 78 59 65 1 A6 38 277 29 30 191 37 28 218 2 60 42 60 49 34 334 47 25 208 2 48 34 22 34 29 297 6 25 5 2 15 1 4 39 117 1 1 9 196 35 5 30 8 309 47 6 n 5 343 42 3 fi 8 73 33 2 14 7 263 97 4 34 4 296 28 2 :31 19 183 35 14 l5 19 6 34 1 4 7 9 321 37 7 17 145 36 1 3 M 17 8 47 8 .^6 14 69 é? 9 7 176 25 4 ^5 4 347 21 4 n 36 50 70 23 IO 36 251 127 23 >6 14 349 62 12 N a 4 AMP P. E PHASE D REF 1 0 5 258 25 18 3 166 25 35 1 1 03 1.2 3 6 8 169 1 35 5 1 03 1 1 3 4 167 1 39 1 2 64 1 91 1 9 236 1 87 15 315 1 1 8 1 46 1 37 1 0 95 1 26 6 1 73 1 22 1 0 196 1 35 7 255 1 39 6 209 1 30 8 254 18 33 5 1 03 18 32 4 1 69 18 32 1 2 201 1 31 6 264 1 20 1 2 310 1 28 9 1 24 1 29 7 86 1 43 5 342 1 1 5 1 6 304 4 28 20 305 4 19 1 3 78 4 25 3 209 4 18 4 322 4 9 2 339 4 1 7 9 245 1 1 2 7 18 1 27 1 0 63 1 24 8 252 1 35 8 350 1 44 1 0 55 1 1 5 4 269 21 1 4 5 315 21 1 0 2 20 21 12 2 5 4 30 2 296 4 1 1 1 33 4 16 1 1 220 2 6 1 1 285 2 9 6 65 2 25 1 1 74 12 5 4 301 12 19 6 24 12 8 3 136 23 6 5 335 23 16 16 99 2 39 16 250 2 17 10 296 2 3 PHASE 22 342 274 334 256 339 325 53 143 35 252 350 17 72 343 49 289 2 3 1 04 145 20 286 1 70 141 1 1 3 238 24 138 171 60 135 211 45 1 30 208 39 132 184 1 86 93 189 4 87 187 359 146 207 14 111 225 78 141 N = 1 N ■» 2 N = 3 N a 4 ST. 1 AT. LONG . YEARS R EL AMP P . E PHASsi^P P.E PH ASE AMP P . E PHASE AMP P . E PHASE D RE F BAT -6.2 106.8 17.0 40 X 57 1 4 308 ! 75 9 208 37 8 22 1 0 5 258 25 B at a V 1 a BAT -6.2 106.8 17.0 40 7. 41 8 356 i 2» 7 8 50 5 342 1 8 3 166 25 BAT -6.2 106.8 58.0 44 0 58 4 241 llO 3 79 90 2 274 35 1 103 1.2 3 Kuyper AU -6.2 106.8 2.5 176 X 56 35 345 lOO 16 190 53 12 334 6 8 169 1 KU -6.2 106.8 2.5 176 Y 92 28 224 122 17 59 73 9 256 35 5 103 1 KU -6 . 2 106.8 2.5 1 76 2 38 17 1 8 l8 11 20 39 7 339 1 3 4 167 1 TAL -4.6 278.7 1 . 5 1 87 X 97 41 350 1l8 21 150 61 1 4 325 39 1 2 64 1 Talara tal -4.6 278.7 1 . 5 1 87 Y 269 59 348 299 43 206 236 27 53 91 19 236 1 tal -4.6 278.7 1 . 5 1 87 7 82 35 1 39 225 28 357 211 24 143 87 1 5 31 5 1 H 0 1 1 a n d i a HN -2.8 140.5 2.5 1 76 X 122 35 360 121 20 1 69 1 3 8 35 1 8 1 46 1 HN -2.8 140.5 2. 5 1 76 Y 52 39 246 73 24 29 60 1 6 252 37 1 0 95 1 HN -2.8 140.5 2.5 1 76 7 75 1 9 326 68 15 1 29 52 1 0 350 26 6 1 73 1 TT -1.2 311.5 2.5 1 76 X 1 33 28 7 109 19 181 53 1 3 1 7 22 1 0 196 1 Tatuoca TT -1.2 311.5 2.5 1 76 Y 55 23 1 64 I 97 22 246 91 1 1 72 35 7 255 1 TT -1 . 2 311.5 2.5 1 76 7 91 19 249 140 14 124 123 8 343 39 6 209 1 MC 3.3 8.7 7.0 59 X 79 1 6 39 95 1 2 212 66 9 49 50 8 254 18 M 0 c a MC 3.3 8.7 7.0 59 V 20 1 1 1 21 65 10 108 48 6 289 35 5 105 1 8 MC 3.3 8.7 7.0 59 7 70 6 22 123 7 203 84 4 2 32 4 1 69 1 8 FAN 3.0 200.6 1 . 5 1 87 X 182 47 354 127 28 166 1 1 2 21 3 32 1 2 201 1 Fa n n i ng 1 s . FAN 3.9 200.6 1 . 5 187 Y 45 24 244 25 22 300 29 1 3 1 04 31 6 264 1 fan 3.0 200.6 1 . 5 187 7 1 30 35 1 78 94 22 349 73 1 8 1 45 20 1 2 310 1 BA 4 . 4 18.5 2.5 1 76 X 1 45 32 4 164 18 195 120 1 2 20 28 9 1 74 1 Sangui BA 4.4 18.5 2. 5 1 76 V 1 9 25 62 i 65 18 1 38 53 1 0 286 29 7 86 1 BA 4.4 18.5 2.5 1 76 7 68 1 5 182 ! 122 12 3 96 8 1 70 43 5 342 1 PA 5.8 304.8 T. 5 1 87 X 1 40 56 2 5 42 33 195 1 4 1 6 141 1 5 1 6 304 4 P a r a m a r i b o PA 5.8 304.8 1 . 5 1 87 Y 68 43 186 1 104 44 261 96 20 1 1 3 28 20 305 4 PA 5.8 304.8 1 . 5 187 7 68 43 218 75 20 60 40 20 238 19 1 3 78 4 ri 11 a m ■ GU 13.6 144.0 14.6 85 X 164 21 8 169 9 1 79 76 3 24 25 3 209 4 o u a m GU 13.6 144.9 14.6 85 Y 39 1 0 107 ' 101 7 312 59 5 1 38 1 8 4 322 4 GU 13.6 144.9 14.6 85 7 70 1 2 190 114 6 345 44 3 171 9 2 339 4 MU 14.4 121.0 2.5 176 X 1 49 33 23 118 1 4 203 46 1 3 60 1 7 9 245 1 Munti nlupa MU 14.4 121.0 2.5 176 Y 40 19 71 127 1 3 300 69 1 0 1 35 1 2 7 18 1 MU 14.4 121.0 2.5 1 76 7 100 1 4 1 86 173 1 1 1 6 99 1 3 211 27 1 0 63 1 MB 14.4 343 .0 2.5 1 76 X 121 25 359 ' 115 17 205 66 1 1 45 24 8 252 1 M ’ B 0 u r MB 14.4 343.0 2.5 1 76 V 84 19 135 113 16 280 1 00 1 0 130 35 8 350 1 MB 14.4 343 . 0 2.5 1 76 7 95 1 3 210 175 1 4 39 117 1 1 208 44 1 0 55 1 MAN 14.6 121.0 7.0 1 5 X 69 20 12 90 9 196 35 5 39 1 5 4 269 21 Manila MAN 14.6 121.0 7.0 1 5 Y 36 9 90 80 8 309 47 6 1 32 1 4 3 315 21 MAN 14.6 121.0 7.0 1 5 7 47 7 166 93 5 343 42 3 184 1 0 2 20 21 S J 18.4 293.9 27.4 71 X 1 5 1 2 1 84 77 8 73 33 2 1 86 1 2 2 5 4 San Juan S J 18.4 29 3.9 27.4 71 Y 73 8 72 214 7 263 97 4 93 30 2 296 4 S J 18.4 293.9 27.4 71 7 40 6 167 84 4 296 28 2 1 89 1 1 1 33 4 AL 18.6 72.9 2.0 1 3 X 64 28 18 81 19 183 35 1 4 4 1 6 1 1 220 2 AL 18.6 72.9 2.0 13 Y 3 28 291 15 19 6 34 1 4 87 6 1 1 285 2 A 1 i b ag AL i8.6 72.9 2.0 1 3 7 1 7 16 1 45 7 9 321 37 7 187 9 6 65 2 A L 1 8. 6 72.9 4.0 1 28 X 117 38 354 91 1 7 145 36 1 3 359 25 1 1 74 12 A L 18.6 72.9 4.0 1 28 Y 44 19 145 71 1 7 8 47 8 1 46 5 4 301 1 2 AL 18.6 72.9 4.0 1 28 7 67 19 214 46 1 4 69 67 9 207 19 6 24 12 Bombay BOM 18.0 72.8 26.0 60 X 79 1 2 354 74 7 1 76 25 4 1 4 6 3 1 36 23 BOM 18.9 72.8 26.0 60 Y 1 2 6 127 25 4 347 21 4 111 6 5 335 23 TE 19.8 260.8 1 .0 13 X 67 40 294 71 36 50 70 23 225 16 1 6 99 2 TeoLoyuc am TE 19.8 260.-8 1.0 13 Y 83 40 77 180 36 251 127 23 78 39 16 250 2 TE 19.8 260.8 1 . 0 13 7 61 18 92 56 14 349 62 12 141 17 10 296 2 ST. LAT. LONG. YEARS n EL AMP P.E PHASIl Honolulu HO 21,3 201.9 30.4 72 X 20 12 340i HO 21.3 201.9 30.4 72 Y 29 12 103' HO 21 .3 201 .9 30.4 72 I 30 7 120; Cha Pa CHA 22.4 103,8 2.5 176 X 72 39 22: CHA 22.4 103.8 2.5 176 Y 48 28 174' CHA 22.4 103.8 2.5 176 Z 31 11 302 TA 22.8 5.5 2.5 1 1 X 71 24 5' Tamanrasset TA 22,8 5.5 2.5 1 1 Y 41 13 132' TA 22.8 5.5 2.5 11 Z 27 5 197; HV 23.0 277.8 1 .0 13 X 35 35 292; Havana HV 23.0 277.8 1 . 0 13 Y 104 35 77| (©entro Geofisico) HV TEN 23.0 28,5 277.8 343.7 1.0 1 .0 13 1 3 Z X 43 132 11 37 1 49 ! 22i Tenerife TEN 28.5 343.7 1 .0 1 3 Y 60 37 188; TEN 28.5 343.7 1 .0 13 Z 15 15 183: Misallat ML 29.5 30.9 1 . 0 13 X 55 29 18' ML 29.5 30.9 1 .0 1 3 Y 18 29 31 1 1 ML 29.5 30.9 1 . 0 13 Z 31 11 1 59 1 HWN 29,9 31.3 2.5 176 X 58 44 225i Helwan HWN 29.9 31 .3 2.5 176 Y 78 21 128 HWN 29.9 31.3 2.5 176 Z 59 9 171 ; HE 29.9 31.3 26.0 36 X 28 10 264' HE 29.9 31.3 26.0 36 Y 31 5 150: HE 29.9 31.3 26.0 36 Z 42 3 158 2KW 31 ,2 121.4 7.0 1 5 X 10 15 241 I Zikawei ZKW 31 .2 121.4 7.0 1 5 Y 58 9 76; IKW 31 ,2 121.4 7.0 1 5 7 28 1 1 155; Kano^a KY 31 .4 130.9 2,0 13 X 34 27 3281 KY 31 . 4 130.9 2.0 13 Y 38 27 48! KY 31 .4 130.9 2.0 13 z 23 9 1 49 1 Tucson TU 32.2 249.2 29 . 4 72 X 50 7 174' TU 32.2 249.2 29.4 72 Y 54 8 86 TU 32,2 249.2 29.4 72 z 25 8 1 30 Aso AS 32.9 131.0 2.5 176 X 37 28 338' AS 32.9 131.0 2.5 176 Y 53 25 86 AS 32.9 131.0 2.5 176 z 56 12 173 Simosato SS 33.6 135.9 2.0 13 X 32 24 292 SS 33.6 135.9 2.0 13 Y 35 24 45 ss 33,6 135.9 2.0 13 z 30 10 172: ss 33.6 135.9 2.5 176 X 38 29 310 ss 33.6 135.9 2.5 176 Y 51 22 107 ss 33.6 135.9 2.5 176 z 36 16 173 KA 36.2 140.2 2.5 176 X 44 27 284 KA 36,2 140.2 2.5 176 Y 53 21 1 1 3 i Kakioka KA 36.2 140.2 2.5 176 Z 35 12 1 59i KA 36.2 140.2 2.5 1 1 X 47 24 240 KA 36,2 140.2 2.5 11 Y 35 15 60 KA 36.2 140.2 2.5 11 Z 14 10 190 SF 36.4 353.8 37.0 47 X 28 8 2241 San Fernando SF 36,4 353.8 37.0 47 Y 63 6 131 ' SF 36.5 353.8 2.5 176 X 65 34 218! Almeria SF 36.5 353.8 2.5 176 Y 72 26 123! AE 36.8 357.5 2.0 13 X 16 24 287 N « 2 H » 3 N s 4 MP P.l PHASE AMP P,E PHASE AMP P.E PHASE D REF 67 7 46 7 2 1 54 10 2 344 4 31 4 282 73 4 107 28 3 289 4 2Q 2 35 37 2 140 16 1 324 4 64 17 157 21 13 273 15 13 321 1 09 24 352 55 17 175 14 9 7 1 5 7 38 4 5 278 4 4 238 1 80 17 150 35 9 343 18 14 168 3 63 9 282 48 10 114 24 5 317 3 37 3 9 33 2 208 13 2 38 3 66 31 17 64 27 198 26 16 48 2 18 31 264 136 27 96 49 16 288 2 41 11 318 46 ? 150 21 5 326 2 18 33 288 18 25 19 14 18 315 2 39 33 275 40 25 108 14 18 343 2 09 9 257 6 8 168 9 5 193 2 22 32 113 31 19 272 23 14 64 2 1 4 32 126 10 19 102 16 1 4 192 2 40 9 330 27 8 136 21 4 278 2 87 23 67 91 13 255 35 10 83 1 84 15 298 70 9 1 50 12 9 353 1 ?1 9 349 60 6 167 20 5 338 1 85 6 85 59 4 253 23 3 96 3 49 3 292 53 3 114 19 3 299 3 63 2 334 49 2 156 20 2 335 3 43 10 121 24 6 242 12 4 355 21 57 9 274 63 5 94 19 3 309 21 0 5 8 252 22 4 165 9 4 344 21 54 16 132 22 1 1 252 8 9 352 2 n 16 291 49 1 1 110 22 9 318 2 21 5 178 23 5 203 10 4 31 2 ?é 5 18 57 4 213 23 3 57 4 51 7 276 84 4 103 34 1 298 4 |5 5 16 30 2 135 12 1 336 4 n 17 122 38 1 1 234 4 9 351 1 52 22 317 74 1 4 145 15 8 6 1 52 7 29 34 é 230 6 4 92 1 ^0 14 103 27 1 1 239 5 9 337 2 »4 14 294 46 1 1 114 17 9 310 2 7 187 35 6 261 10 5 80 2 |3 13 102 52 9 251 10 7 135 1 26 20 303 73 10 124 12 7 339 1 )0 9 182 50 8 283 13 6 166 1 )3 13 85 58 8 246 12 7 112 1 i5 21 299 54 12 121 9 7 351 1 52 7 280 38 6 266 11 4 143 1 56 15 79 45 11 259 7 11 7 3 51 11 289 36 7 106 13 6 333 3 45 6 501 25 6 263 6 7 40 3 49 6 55 36 4 259 8 3 39 7 57 5 283 72 3 117 22 3 311 7 59 25 46 55 20 282 27 14 110 1 ?4 24 268 76 10 99 16 8 320 1 54 19 65 29= 13 281 18 11 155 2 N s ST. LAT. LONG . YEARS R EL AMP P. E Honolulu HO 21.3 201.9 30.4 72 X 20 12 HO 21.3 201 .9 30.4 72 Y 29 1 2 HO 21.3 201 .9 30.4 72 Z 30 7 Cha Pa CHA 22.4 103.8 2.5 176 X 72 39 CHA 22.4 103.8 2.5 176 Y 48 28 CHA 22.4 103.8 2.5 176 Z 31 1 1 TA 22.8 5.5 2.5 1 1 X 71 24 Tamanrasaet TA 22.8 5.5 2.5 1 1 Y 41 13 TA 22.8 5.5 2.5 1 1 Z 27 5 HV 23.0 277.8 1 . 0 1 3 X 35 35 Havana HV 23.0 277.8 1 . 0 13 Y 104 35 (Centro Geofisico) HV TEN 23.0 28.5 277.8 343.7 1 . 0 1 .0 13 1 3 Z X 48 132 1 1 37 Tenerife TEN 28.5 343.7 1 . 0 1 3 Y 60 37 TEN 28.5 343.7 1 .0 1 3 Z 15 1 5 Misallat ML 29.5 30.9 1 . 0 1 3 X 55 29 ML 29.5 30.9 1 .0 1 3 Y 18 29 ML 29.5 30.9 1 .0 1 3 Z 31 1 1 HWN 29.9 31.3 2. 5 176 X 58 44 Helwan HWN 29.9 31 . 3 2.5 1 76 Y 78 21 HUN 29.9 31 . 3 2.5 176 Z 59 9 HE 29.9 31 .3 26 . 0 36 X 28 1 0 HE 29.9 31 . 3 26.0 36 Y 31 5 HE 29.9 31.3 26 . 0 36 z 42 3 Zikawei ZKW 31.2 121.4 7.0 1 5 X 1 0 1 5 ZKU 31.2 121.4 7.0 1 5 Y 58 9 ZKW 31 .2 121.4 7.0 1 5 7 28 1 1 Kano)fa KY 31 .4 130.9 2.0 13 X 34 27 KY 31 . 4 130.9 2.0 1 3 Y 38 27 KY 31.4 130.9 2.0 1 3 Z 23 9 Tucson TU 32.2 249 . 2 29.4 72 X 50 7 TU 32.2 249.2 29.4 72 Y 54 8 TU 32.2 249.2 29.4 72 Z 25 8 Aso AS 32.9 131.0 2.5 176 X 37 28 AS 32.9 131 .0 2.5 176 V 53 25 AS 32.9 131.0 2.5 1 76 Z 56 12 Siniosato SS 33.6 135.9 2.0 1 3 X 32 24 SS 33.6 135.9 2.0 1 3 Y 35 24 SS 33.6 135.9 2.0 1 3 z 30 1 0 SS 33.6 135.9 2.5 176 X 38 29 SS 33.6 1 35.9 2.5 176 Y 51 22 SS 33.6 1 35.9 2.5 176 z 36 16 KA 36.2 140.2 2.5 176 X 44 27 KA 36.2 140.2 2.5 176 Y 53 21 Kakioka KA 36.2 140.2 2.5 176 Z 35 12 K A 36.2 140.2 2.5 1 1 X 47 24 KA 36.2 140.2 2.5 1 1 Y 35 1 5 KA 36.2 140.2 2.5 1 1 Z 14 10 San Fernando SF 36.4 353.8 37.0 47 X 28 8 SF 36.4 353.8 37.0 47 Y 63 6 SF 36.5 353.8 2.5 176 X 65 34 Almeria SF 36.5 353.8 2.5 176 Y 72 26 AE 36.8 357.5 2.0 13 X 16 24 N ■ 2 N » 3 N « 4 IHP P. E PHASE AMP P . E PHASE AMP P.E PHASE D REF 7 46 7 2 1 54 1 0 2 344 4 jjl 4 282 73 4 1 07 28 3 289 4 !» 2 35 37 2 1 40 16 1 324 4 64 17 157 21 1 3 273 1 5 13 321 1 |09 24 352 55 17 175 1 4 9 7 1 5 7 38 4 5 278 4 4 238 1 60 17 1 50 35 9 343 18 1 4 168 3 63 9 282 48 1 0 1 1 4 24 5 31 7 3 ì7 3 9 33 2 208 13 2 38 3 66 31 17 64 27 198 26 16 48 2 31 264 1 36 27 96 49 1 6 268 2 41 11 318 46 7 1 50 21 5 326 2 18 33 288 1 8 25 19 1 4 1 8 31 5 2 '139 33 275 40 25 108 1 4 1 8 343 2 109 9 257 6 6 168 9 5 193 2 32 113 31 19 272 23 1 4 64 2 1 ,4 32 1 26 1 0 19 102 16 1 4 192 2 40 9 330 27 8 136 21 4 278 2 87 23 67 91 1 3 255 35 1 0 83 1 84 15 298 70 9 1 50 12 9 353 1 91 9 349 60 6 167 20 5 338 1 65 6 85 59 4 253 23 3 96 3 49 3 292 53 3 1 1 4 19 3 299 3 6! 2 334 49 2 156 20 2 335 3 43 10 121 24 6 242 12 4 355 21 137 9 274 63 5 94 19 3 309 21 105 8 252 22 4 165 9 4 344 21 54 16 1 32 22 1 1 252 8 9 352 2 72 16 291 49 1 1 1 1 0 22 9 318 2 21 5 1 78 23 5 203 1 0 4 31 2 76 5 18 57 4 213 23 3 57 4 151 7 276 84 4 103 34 1 298 4 15 5 16 30 2 135 12 1 336 4 71 17 122 38 1 1 234 4 9 351 1 132 22 317 74 1 4 145 15 8 6 1 52 7 29 34 6 230 6 4 92 1 70 14 103 27 1 1 239 5 9 337 2 114 14 294 46 1 1 1 1 4 17 9 310 2 98 7 187 35 6 261 10 5 80 2 113 13 102 52 9 251 10 7 135 1 176 20 303 73 10 124 1 2 7 339 1 100 9 182 50 8 283 13 6 166 1 103 13 85 58 8 246 12 7 1 1 2 1 145 21 299 54 12 121 9 7 351 1 32 7 280 38 6 266 11 4 143 1 66 15 79 45 1 1 259 7 1 1 7 3 81 11 289 36 7 106 13 6 333 3 45 6 301 25 6 263 6 7 40 3 U9 6 55 36 4 259 8 3 39 7 167 5 283 72 3 117 22 3 311 7 139 25 46 55 20 282 27 14 110 1 194 24 268 76 10 99 16 8 320 1 54 19 65 29^ 13 281 18 11 155 2 1 PHASE 340 103 120 22 174 302 5 132 197 292 77 1 49 22 188 183 18 311 1 59 225 128 171 264 1 50 158 241 76 155 328 48 149 1 74 86 130 338 86 173 292 45 172 310 107 173 284 113 159 240 60 190 224 131 218 123 287 ST. LAT. LONG AE 36. .8 357. Almeria AE 36. .8 357. AE 36. .8 357. AE 36. .8 357. AE 36. .8 357. AK 37. , 9 58 . Ashkhabab AK 37. .9 58, AK 37. .9 58. FR 38. .2 282. Prederiksburg FR 38. .2 282. FR 38. .2 282. Chaltenhorn CH 38. .7 283. CH 38. ,7 283. TL 39. ,9 355 , TL 39. .9 355 . TL 39. .9 355 . Toledo TL 39 . .9 356, TL 39. .9 356. TL 39. .9 356. CI 40. .2 351 . Coimbra Cì 40, .2 351 . CI 40. .2 351 . CAP 40, . 5 14. Capri CAP 40. . 5 14. CAP 40, . 5 14. E8 40. ,8 0. Ebro EB 40. .8 0. EB 40. .8 0. VES 40. .8 14. Vesuvian Obs. VES 40. .8 14. VES 40. .8 14, yb 41 . . 4 69. Yangi Bazar VB 41 . . 4 69. YB 41 . . 4 69. KE 41 . . 4 69. Koles KE 41 , . 4 69. KE 41 , . 4 69. DT 42. . 1 44, Busheti DT 42. . 1 44. DT 42. . 1 44. AQ 42. . 4 13. L’Aquila AQ 42. . 4 13. AQ 42. ,4 13. L6 42. . 4 357. Logrofìo LG 42. . 4 357. LG 42. .4 357. PN 42, . 5 24. Panaguritsche PN 42. .5 24. PN 42. .5 24. Logrono LG 42. .5 357. LG 42. .5 357, LG 42. .5 357, Vf ikodnoi VK 43. .1 131. H a 1 YEARS R EL AMP P. E PHAS, 2.0 13 Y 44 24 143 2.0 13 2 17 11 212 2.5 176 X 42 35 226 2.5 176 Y 70 22 1261 2.5 176 Z 36 1 1 1851 2.0 13 X 25 28 133; 2.0 13 Y 27 28 4rj 2.0 13 Z 8 8 185^ 16.4 90 X 84 14 188 16.4 90 Y 68 12 6 4Ì 16.4 90 Z 16 1 1 241( 16,0 31 X 93 7 170! 16.0 31 Y 62 7 71^ 2.5 176 X 62 29 -21 1i! 2.5 176 Y 74 24 130^ 2.5 176 Z 42 9 167!! 1 .0 13 X 13 34 2 58,: 1 .0 13 Y 19 34 181^ 1 . 0 13 Z 18 12 188'' 2.0 13 X 15 18 26 2'! 2.0 1 3 Y 53 18 I57j 2.0 13 Z 26 14 217? 11 .0 85 X 56 18 224) 11.0 85 Y 39 13 1 59! 11.0 85 Z 9 12 1 59i! 2.5 176 x‘ 63 31 207:l 2.5 176 Y 58 31 13é!; 2.5 176 Z 30 12 1 72i: 8.0 75 X 48 15 179:: 8.0 75 Y 45 26 15Cj 8.0 75 Z 27 1 1 165 1.0 13 X 28 27 62:1 1 .0 13 Y 25 27 4| 1.0 13 Z 43 11 16 311 2,5 176 X 37 35 20C 2.5 176 Y 53 21 10?| 2.5 176 Z 39 10 203, 2.5 176 X 75 38 1 7él 2.5 176 Y 87 22 109: 2.5 176 Z 31 12 37! 12.0 79 X 62 10 224 12.0 79 Y 67 9 143i 12.0 79 Z 22 4 168 2.0 13 X 18 26 204' 2.0 13 Y 22 26 145( 2,0 13 Z 4 10 314 2.0 13 X 40 23 I6e 2.0 13 Y 27 23 159 2.0 13 Z 8 9 182 2.5 176 X 76 38 1831 2.5 176 Y 67 28 132! 2.5 176 I 39 14 144 2.5 176 X 62 33 234 5 5 5 5 5 1 1 1 é 6 6 1 1 9 9 9 0 0 0 6 6 6 2 2 2 5 5 5 4 4 4 2 2 2 2 2 2 7 ? 7 3 3 3 5 5 5 2 2 2 5 5 5 9 'HP ■82 ^53 ■82 135 49 12 44 15 ^9 3 >84 44 9 2 ■84 ■66 70 ■83 21 1 1 ■56 59 32 46 71 57 41 83 32 17 73 52 45 25 lé 36 17 6é 41 SI 01 31 75 57 46 25 60 21 52 19 20 89 15 51 81 N « 2 N s 3 . N s 4 P,E' PHASi AHP P.E PHASE AMP P. E PHASE D REF 19 258 52 13 100 17 1 1 301 2 7 65 7 5 176 8 5 246 2 23 36 45 17 248 21 9 94 .1 18 252 72 10 90 21 7 277 1 10 38 17 7 133 7 4 1 46 1 24 350 26 15 248 8 10 294 2 24 255 49 ■15 90 8 10 176 2 6 324 13 5 125 6 3 301 2 7 1 4 70 5 187 24 4 29 4 10 260 69 5 88 23 3 281 4 8 291 14 3 16? 4 2 83 4 5 10 75 4 187 35 4 17 3 5 263 ■78 4 86 33 3 270 .3 18 37 37 14 246 Z0 7 122 1 16 261 64 9 104 1 5 8 280 1 8 345 28 4 •138 4 3 267 1 25 322 15 20 279 16 13 207 2 25 249 41 20 78 10 13 272 2 9 3 19 6 122 1 2 4 286 2 18 é1 31 15 251 12 9 159 2 18 2é0 48 1 5 1 00 14 9 308 2 11 343 33 é 1 54 16 3 350 2 7 82 60 6 307 1 5 5 178 11 5 302 48 8 165 15 4 8 11 6 21 23 5 235 3 3 29 11 18 30 42 15 251 23 8 114 1 21 273 70 11 111 25 13 231 1 12 3 16 5 142 8 5 223 1 12 40 68 10 241 1 4 é 77 11 16 249 41 11 74 8 10 210 11 10 334 11 6 180 7 4 38 11 35 282 18 23 224 3 15 359 2 35 243 38 23 57 12 1 5 161 2 7 331 19 5 117 5 4 227 2 15 34 29- 1 1 211 16 8 2 1 13 302 24 10 116 33 8 79 1 6 6 23 4 190 8 4 160 1 17 356 62 14 205 24 9 35 1 13 288 69 9 120 16 7 136 1 8 276 14 5 ‘ 89 7 4 206 1 7 71 56 6 295 15 4 166 1 1 é 128 45 7 168 5 3 1 74 11 3 13 17 2 214 2 2 64 11 19 24 30 17 229 14 10 99 2 19 266 50 17 92 8 10 283 2 a 260 13 4 131 7 3 321 2 21 9 41 13 208 23 9 47 2 21 271 29 13 110 15 9 280 2 7 ■322 18 4 133 7 3 304 2 26 21 33 21 239 37 13 129’ 1 18 267 49 8 ■74 5 a 182 1 10 281 24 6 110 8 5 258 1 17 75 43 11 252 8 7 35 1 N n ST. t AT. long . YEARS R EL AMP P. E AE 36, ,8 357, . 5 2, . 0 1 3 Y 44 24 Almeria AE 36, , 8 557, , 5 2, . 0 1 3 7 17 11 AE 36, ,8 357, . 5 2, , 5 176 X 42 35 AE 36, ,8 357, ,5 2, . 5 176 Y 70 22 AE 36. , 8 357, , 5 2, . 5 176 Z 36 1 1 Ashkhabab AK 37. ,9 58, , 1 2. , 0 1 5 X 25 28 AK 37. .9 58, , 1 2. ,0 1 3 Y 27 28 AK 37. ,9 58, , 1 2. , 0 13 Z 8 8 FR 38. .2 282, ,6 16. , 4 90 X 84 1 4 Prederiksburg FR 38. . 2 282. , 6 16. , 4 90 Y 68 12 FR 38. , 2 282. , 6 16. , 4 90 7 1 6 1 1 Chaltenhorn CH 38. , 7 283. , 1 16. ,0 31 X 93 7 CH 38. ,7 283. , 1 16. ,0 31 Y 62 7 TL 39. ,9 355, ,9 2, , 5 1 76 X 62 29 TL 39. ,9 355. ,9 2. , 5 1 76 Y 74 24 TL 39. ,9 355. ,9 2. 5 176 Z 42 9 To ledo TL 39. ,9 356. , 0 1 . 0 13 X 1 3 34 TL 39. ,9 356, ,0 1 . , 0 1 3 Y 19 34 TL 39. ,9 356, , 0 1 . , 0 1 3 Z 1 8 1 2 CI 40. ,2 351 , ,6 2. , 0 1 3 X 1 5 1 8 Coimbra CI 40. , 2 351 . ,6 2. 0 1 3 Y 53 1 8 CI 40. ,2 351 . ,6 2. 0 13 Z 26 1 4 CAP 40. , 5 1 4 , ,2 1 1 . ,0 85 X 56 1 8 Capri CAP 40 . , 5 14. ,2 1 1 . , 0 85 Y 39 1 3 CAP 40. 5 1 4 . , 2 1 1 . 0 85 Z 9 1 2 EB 40. ,8 0. , 5 2. 5 1 76 X 63 31 Ebro EB 40. ,8 0. , 5 2. 5 1 76 Y 58 31 EB 40 . ,8 0. ,5 2. , 5 176 Z 30 1 2 VES 40. ,8 1 4 . , 4 8. ,0 75 X 48 1 5 Vesuvian Obs. VES 40. 8 14. , 4 8. , 0 75 Y 45 26 VES 40 . 8 1 4 . , 4 8. 0 75 z 27 1 1 YB 41 . 4 69 . ,2 1 . 0 1 3 X 28 27 Yangi Bazar YB 41 . 4 69. ,2 1 . ,0 1 3 Y 25 27 YB 41 . , 4 69. ,2 1 . , 0 1 3 z 43 1 1 KE 41 . , 4 69. ,2 2. , 5 176 X 37 35 Koles KE 41 . , 4 69. ,2 2. , 5 1 76 Y 53 21 KE 41 . , 4 69 , ,2 2. , 5 176 Z 39 10 OT 42. , 1 44, , 7 2. , 5 176 X 7 5 38 Dusheti DT 42. , 1 44. , 7 2. , 5 176 Y 87 22 DT 42. , 1 44, ,7 2. , 5 1 76 Z 31 12 AQ 42. , 4 13, , 3 12. ,0 79 X 62 1 0 L'Aquila AQ 42. , 4 13, ,3 12. ,0 79 Y 67 9 AO 42. , 4 13, ,3 12. ,0 79 Z 22 4 LG 42. , 4 357, ,5 2. , 0 13 X 18 26 Logrofìo LG 42, , 4 357, .5 2. ,0 13 Y 22 26 LG 42, , 4 357, .5 2, ,0 13 Z 4 10 PN 42, , 5 24, .2 2. ,0 13 X 40 23 Panaguritsche PN 42, .5 24, .2 2. .0 13 Y 27 23 PN 42, . 5 24, .2 2. ,0 13 Z 8 9 _ LG 42, , 5 357, .5 2. .5 176 X 76 38 o 3 LG 42, ,5 357, .5 2. ,5 176 Y 67 28 Vtikodnoi LG 42, , 5 357, .5 2. . 5 176 2 39 14 VK 43, .1 131 , .9 2. .5 176 X 62 33 N * 2 N = 3 N * 4 P.E PHASE AMP P.E PHASE AMP P. E PHASE D REE 19 258 52 13 1 00 1 7 1 1 301 2 7 65 7 5 176 8 5 246 2 23 36 45 17 248 21 9 94 1 18 252 72 1 0 90 21 7 277 1 10 38 1 7 7 133 7 4 1 46 1 24 350 26 1 5 248 8 10 294 2 24 255 49 1 5 90 8 1 0 1 76 2 6 324 1 3 5 125 6 3 301 2 7 1 4 70 5 187 24 4 29 4 10 260 69 5 88 23 3 281 4 8 291 1 4 3 167 4 2 83 4 5 1 0 75 4 187 35 4 1 7 3 5 263 78 4 86 33 3 270 3 18 37 37 1 4 246 20 7 1 22 1 16 261 6 4 9 104 1 5 8 280 1 8 345 28 4 1 38 4 3 267 1 25 322 1 5 20 279 1 6 1 3 207 2 25 249 41 20 78 10 13 272 2 9 3 19 6 122 12 4 286 2 18 61 31 15 251 12 9 1 59 2 1 8 260 48 1 5 1 00 1 4 9 308 2 1 1 343 33 6 154 1 6 3 350 2 7 82 60 6 307 1 5 5 178 1 1 5 302 48 8 165 1 5 4 8 1 1 6 21 23 5 235 3 3 29 1 1 18 30 42 15 251 23 8 1 1 4 1 21 273 70 1 1 1 1 1 25 1 3 231 1 12 3 16 5 1 42 8 5 223 1 12 40 68 1 0 241 1 4 6 77 1 1 16 249 41 1 1 74 8 1 0 210 1 1 10 334 1 1 6 180 7 4 38 1 1 35 282 18 23 224 3 1 5 359 2 35 243 38 23 57 12 1 5 161 2 7 331 19 5 117 5 4 227 2 1 5 34 29 1 1 211 16 8 2 1 13 302 24 1 0 116 33 8 79 1 6 6 23 4 190 8 4 160 1 17 356 62 1 4 205 24 9 35 1 13 288 69 9 120 16 7 1 36 1 8 276 1 4 5 89 7 4 206 1 7 71 56 6 295 15 4 166 1 1 6 128 45 7 166 5 3 174 11 3 13 17 2 214 2 2 64 11 19 24 30 17 229 1 4 1 0 99 2 19 266 50 17 92 8 1 0 283 2 8 260 1 3 4 131 7 3 321 2 21 9 41 13 206 23 9 47 2 21 271 29 13 110 15 9 280 2 7 322 18 4 133 7 3 304 2 26 21 33 21 239 37 13 129 1 18 267 49 8 74 5 8 182 1 10 281 24 6 110 8 5 258 1 17 75 43 11 252 8 7 35 1 1 phase *mp U3 82 212 153 226 82 126 135 185 149 1 33 l2 41 44 185 15 188 95 64 184 241 44 1 70 92 71 '184 211 66 130 '170 167 ' 83 258 21 181 ni 1 88 56 262 59 157 |i32 217 Iu6 224 ' 71 1 59 57 1 59 41 207 83 136 132 172 ili7 1 79 73 1 50 52 1 65 45 62 25 4 ; 16 1 63 36 200 17 1 07 66 203 41 176 , 81 109 noi 37 31 224 75 143 : 57 168 1 46 204 |l25 145 , 60 314 1 21 1 66 52 159 19 1 82 20 183 189 132 |115 1 46 51 238 81 ST. LAT. LONG . YEARS R EL AMP N = P. E 1 I PHAS^ Vaikodnoi VK 43.1 131 .9 2.5 176 Y 61 22 92 I VK 43.1 131.9 2.5 176 Z 26 13 132 AG 43.8 280.7 2.0 13 X 90 23 176 AG 43.8 280.7 2.0 1 3 Y 75 23 80 Agincores t AG 43.8 280.7 2.0 13 Z 28 1 5 294 AG 43.8 280.7 2.5 176 X 87 40 207 i AG 43.8 280.7 2.5 176 Y 45 27 521 AG 43.8 280.7 2.5 176 Z 42 35 289 MT 43.9 144.2 1 .0 1 3 X 51 24 244 Memambe tsu MT 43.9 144.2 1 . 0 1 3 Y 28 24 8 MT 43.9 144.2 1,0 13 Z 20 1 2 107 MT 43.9 144.2 2.5 176 X 43 29 234I MT 43.9 144.2 2.5 176 Y 54 20 122^ MT 43,9 144,2 2.5 176 Z 45 9 153 RGB 44 . 3 7,9 9 . 0 69 X 39 1 3 208 Roburent RGB 44.3 7.9 9 . 0 69 Y 34 8 181 RGB 44.3 7.9 9 . 0 69 Z 17 5 I60' 6-C 44 . 4 8.9 6.0 123 X 32 1 4 238^^ Geno a«Cas te 1 laccio G-C 44 . 4 8.9 6.0 123 Y 58 1 8 155' Monte -Cape 1 lario MON 44. 5 8.9 1 . 5 1 87 X 81 3 0 177 MON 44.5 8.9 1 . 5 1 87 Y 58 33 127' MON 44.5 8.9 1 . 5 1 87 Z 1 8 23 133 SU 44 . 7 26.3 2.0 1 3 X 42 25 1 77 SU 44.7 26.3 2.0 1 3 Y 29 25 169, SU 44.7 26,3 2.0 1 3 Z 12 1 0 45 '1 Surlari SU 44.7 26.2 2.5 176 X 81 31 177,| SU 44,7 26.2 2.5 176 Y 87 19 132^1 SU 44.7 26.2 2.5 176 Z 25 16 72, 1 POL 44,9 15.8 7.0 15 X 48 13 203, ( Fola POL 44.9 13.8 7.0 1 5 Y 62 8 1 381 POL 44.9 13.8 7.0 1 5 Z 1 4 9 116; STE 46.8 30,9 2.5 1 76 X 81 27 175' Stepanovka STE 46 . 8 30.9 2.5 176 Y 95 20 12 3:; STE 46.8 30.9 2.5 176 Z 24 1 4 3 3:i TY 46.9 17.9 1 . 0 13 X 52 30 125,, TY 46,9 17.9 1 . 0 1 3 Y 2 30 19 0, Tihany TY 46.9 17.9 1 . 0 13 Z 5 1 1 299: TY 46.9 17.9 2.5 176 X 94 26 I83»i TY 46 . 9 17.9 2.5 176 Y 88 22 138'j TY 46.9 17.9 2.5 1 76 Z 25 1 4 80'l Sakhalinsk SA 47.0 142.7 2.5 176 X 46 29 21 5:| SA 47,0 142.7 2.5 176 Y 62 18 115J SA 47.0 142.7 2.5 176 Z 40 10 15 2' HB 47,9 18.2 2.0 13 X 26 23 175^ Hurtanova HB 47.9 18.2 2.0 13 V 41 23 1 6 4*1 HB 47.9 18.2 2.0 13 z 7 10 29 r* HB 47.9 18.2 2.5 176 X 85 24 185 HB 47.9 18.2 2.5 176 Y 89 23 130 Chambon-La-For@t HB 47.9 18.2 2.5 176 z 27 14 76 CF 48,0 2.3 1 .0 13 X 33 38 155 CF 48.0 2.3 1,0 13 Y 6 38 71 CF 48.0 2.3 1.0 13 z 14 14 206 Fùrstenf eldbruck FU 48.2 11.3 1.0 13 X 33 28 146: ìMP n s p.i 2 PHASI AMP N s P. E 40 21 299 58 12 30 9 31 1 6 6 95 19 354 58 19 63 19 268 63 19 29 12 263 13 7 70 22 34 88 16 ’04 29 268 51 18 77 31 285 26 14 66 21 8/ 35 1 4 52 21 305 32 1 4 45 7 299 10 5 88 12 73 61 8 14 22 306 39 13 4? 5 312 1 4 3 51 5 15 34 4 29 8 221 19 5 42 3 346 13 2 88 13 50 51 9 96 13 244 38 9 21 19 24 67 22 98 20 258 44 16 49 1 0 308 8 8 48 22 360 39 1 4 21 22 313 30 1 4 1 3 8 294 1 3 5 93 1 5 6 63 1 5 32 14 290 47 8 40 7 293 1 4 5 70 7 35 51 4 69 7 242 39 5 39 4 313 16 3 94 U 4 59 U 95 14 288 55 8 23 7 277 12 4 64 25 354 30 18 41 25 245 1 5 18 21 8 342 1 1 5 02 14 14 61 16 89 15 273 36 7 41 8 303 15 é 85 11 72 ■58 8 25 22 304 34 1 4 37 6 330 7 4 51 18 1 4 32 15 22 18 214 21 15 16 9 332 14 4 98 U 8 55 13 85 1é 273 36 8 40 8 304 14 5 56 29 7 37 21 14 29 233 33 21 75 10 1 15 7 57 24 0 32 19 N s 4 AHP P.E PHASE D RIF 10 8 284 1 4 4 46 1 27 1 1 43 2 27 1 1 261 2 6 5 190 2 29 17 12 1 15 1 1 220 1 18 1 1 135 1 9 10 1 69 2 1 3 1 0 292 2 4 3 30 2 1 4 / 99 1 6 8 1 .59 1 4 2 131 1 1 2 4 58 1 1 7 2 254 •^'1 1 5 2 332 1 1 6 6 98 1 1 4 6 128 1 1 13 1 6 191 1 1 0 1 1 532 1 6 4 231 1 18 1 1 40 Z 20 1 1 301 2 6 4 250 2 31 7 64 -1 16 6 203 1 8 4 198 1 1 4 4 47 6 7 4 2B3 8 6. 2 340 8 25 8 68 1 19 6 183 1 1 0 4 193 1 7 1 5 30 2 12 1 5 285 2 9 4 270 2 25 8 86 1 19 5 205 1 7 4 21 0 1 15 6 94 1 7 7 1 24 1 2 2 253 1 22 1 1 55 2 10 1 1 261 2 8 4 31 4 2' 17 8 72 1 1é 5 20? 1 11 4 221 1 9 1 8 239 2 16 18 31 1 2 13 5 300 2 3 1 4 32 2 3 PHASE 1 1é 225 178 81 229 213 107 216 239 117 197 240 114 258 213 85 152 250 1 1 2 248 85 1 08 198 121 119 224 1 36 105 223 86 135 219 1 29 57 190 81 116 235 121 111 240 1 19 237 209 94 107 236 119 108 197 52 129 190 N = ST, LAT. LONG . YEARS R EL AMP P . E VK 43.1 131.9 2.5 1 76 Y 61 22 Vaikodnoi VK 43.1 131.9 2.5 1 76 Z 26 1 3 AG 43.8 280.7 2.0 1 3 X 90 23 AG 43.8 280.7 2.0 1 3 Y 75 23 Agincorest AG 43.8 280.7 2.0 1 3 Z 28 1 5 AG 43.8 280.7 2.5 1 76 X 87 40 AG 43.8 280.7 2.5 1 76 Y 45 27 AG 43.8 280.7 2.5 1 76 Z 42 35 MT 43.9 144.2 1 . 0 1 5 X 51 24 MT 43.9 144.2 1 . 0 1 3 Y 28 24 Memambetsu MT 43.9 144.2 1 . 0 1 3 Z 20 1 2 MT 43.9 144.2 2.5 176 X 45 29 MT 43.9 144.2 2 . 5 1 76 Y 54 2 0 MT 43.9 144.2 2.5 176 Z 45 9 ROB 44.3 7.9 9 . 0 69 X 39 1 3 Roburent Roe 44.3 7.9 9 . 0 69 Y 34 8 ROB 44.3 7.9 9 . 0 69 Z 1 7 5 G-C 44.4 8.9 6 . 0 123 y 32 1 4 enoa-Castellaccio G-C 44.4 8.9 6.0 123 Y 58 1 8 Monte -Cape 11 ario MON 44.5 8.9 1 . 5 1 87 X 81 3 0 MON 44.5 8.9 1 . 5 1 87 Y 58 33 MON 44.5 8.9 1 . 5 1 87 Z 1 8 23 SU 44 . 7 26. 3 2.0 1 3 X 42 25 SU 44.7 26. 3 2.0 1 3 Y 29 25 SU 44.7 26.3 2.0 1 3 Z 1 2 1 0 Surlari su 44 . 7 26.2 2.5 176 X 81 31 su 44 . 7 26.2 2.5 176 Y 87 19 su 44.7 26.2 2.5 1 76 2 25 1 6 POL 44.9 13.8 7.0 1 5 X 48 1 3 Fola POL 44.9 13.8 7.0 1 5 Y 62 8 POL 44.9 13.8 7.0 1 5 Z 1 4 9 STE 46.8 30.9 2.5 1 76 X 81 27 Stepanovka STE 46.8 30.9 2.5 1 76 Y 95 20 STE 46 . 8 30.9 2.5 1 76 Z 24 1 4 T Y 46.9 17.9 1 . 0 1 5 X 52 30 TV 46 . 9 17.9 1 . 0 1 3 Y 2 30 Tihany TV 46.9 17.9 1 , 0 1 3 Z 5 1 1 TV 46.9 17.9 2.5 1 76 X 94 26 TV 46.9 17.9 2.5 1 76 Y 88 22 TV 46.9 17,9 2.5 1 76 Z 25 1 4 Sakhalinsk SA SA 47.0 47 . 0 142.7 142.7 2.5 2.5 176 1 76 X Y 46 62 29 1 8 SA 47.0 142.7 2.5 176 Z 40 1 0 HB 47.9 18.2 2.0 1 3 X 26 23 Hurtanova HB HB 47.9 47.9 18.2 18.2 2.0 2.0 1 3 1 3 V z 41 7 23 1 0 HB 47.9 18.2 2.5 1 76 X 85 24 HB 47.9 18.2 2.5 176 Y 89 23 Chambon-La-For@ t HB 47.9 18,2 2.5 1 76 z 27 1 4 CF 48.0 2.3 1.0 13 X 33 38 CF 48.0 2.3 1 .0 13 Y 6 38 CF 48.0 2.3 1 .0 13 z 1 4 14 Fùrs tenf eldbruck FU 48.2 11.3 1 .0 13 X 33 28 N 2 N = 3 N = 4 ,mp p .E PHASE AMP P . E PHASE AMP P . E PHASE 0 RE F 21 299 58 1 2 116 1 0 8 284 1 30 9 31 1 6 6 225 4 4 46 1 95 19 354 58 19 1 78 27 1 1 43 2 163 19 268 63 19 81 27 1 1 261 2 29 12 263 1 3 7 229 6 5 190 2 70 22 34 88 1 6 213 29 1 7 1 2 1 204 29 268 51 18 107 1 5 1 1 220 1 '77 31 285 26 1 4 216 1 8 1 1 135 1 66 21 87 35 1 4 239 9 1 0 1 69 2 52 21 305 32 1 4 1 1 7 1 3 1 0 292 2 45 7 299 1 0 5 197 4 3 30 2 88 1 2 75 61 8 240 1 4 7 99 1 ll4 22 306 39 1 3 1 1 4 6 8 1 59 1 4? 5 312 1 4 3 258 4 2 1 31 1 51 5 15 34 4 213 1 2 4 58 1 1 29 8 221 19 5 85 7 2 254 1 1 42 3 346 1 5 2 152 5 2 332 1 1 88 1 3 50 51 9 250 6 6 98 1 1 96 1 3 244 58 9 1 1 2 4 6 1 28 1 1 121 19 24 67 22 248 1 5 T 6 I9i 1 98 20 258 44 1 6 85 1 0 1 1 332 1 49 1 0 308 8 8 1 0 8 6 4 231 1 48 22 360 39 1 4 198 1 8 1 1 4 0 2 21 22 31 3 30 1 4 121 20 1 1 301 2 13 a 294 1 3 5 1 19 6 4 250 2 93 1 5 6 63 1 5 224 31 7 64 1 82 1 4 290 47 8 1 36 1 6 6 203 1 40 7 293 1 4 5 105 8 4 198 1 70 7 35 51 U 223 1 4 4 47 8 69 7 242 39 5 86 7 4 283 8 39 4 313 1 6 3 1 35 6 2 340 8 94 u 4 59 1 4 219 25 8 68 1 95 1 4 288 55 8 1 29 1 9 6 183 1 23 7 277 1 2 4 57 1 0 4 193 1 64 25 354 30 1 8 190 7 1 5 30 2 41 25 243 1 5 1 8 81 1 2 1 5 285 2 21 8 342 1 1 5 116 9 4 270 2 102 1 4 1 4 61 16 235 25 8 86 1 89 15 273 36 7 1 21 19 5 205 1 41 8 303 1 5 6 1 1 1 7 4 21 0 1 85 11 72 58 8 240 1 5 6 94 1 125 22 304 34 14 119 7 7 124 1 37 6 330 7 4 237 2 2 253 1 51 18 1 4 32 1 5 209 22 1 1 55 2 22 1 8 214 21 15 94 1 0 1 1 261 2 16 9 332 1 4 4 107 8 4 314 2 98 14 8 55 1 3 236 1 7 8 72 1 85 16 273 36 8 1 19 1 6 5 207 1 40 8 304 1 4 5 1 08 1 1 4 221 1 56 29 7 37 21 197 9 1 8 239 2 114 29 233 33 21 52 1 6 1 8 311 2 75 10 1 1 5 7 1 29 13 5 300 2 57 24 0 32 19 190 3 1 4 32 2 1 phase 92 132 176 80 294 207 52 289 244 8 1 07 234 122 153 208 181 160 238 1 55 177 1 27 133 177 169 45 177 132 72 203 138 1 1 6 1 75 123 33 125 190 299 183 138 80 215 115 152 175 164 291 185 130 76 155 71 206 146 N » 1 ST. LAT. LONG. YEARS R EL AMP P.E PHASB 1 FU 48.2 11,3 1 . 0 13 Y 30 28 169 FU 48.2 11.3 1 . 0 13 1 12 12 268 i Furs tenf e Idbruck FU 48.2 11.3 2.5 176 X 89 27 187 i FU 48.2 11.3 2.5 176 Y 74 26 135 FU 48.2 11.3 2.5 176 I 26 17 125 ! FU 48.2 11.3 2.0 31 X 61 24 153 i FU 48.2 11.3 2.0 31 Y 41 30 63 FU 48.2 11.3 2.0 31 I 4 9 25 i WIE 48.3 16.3 2.0 13 X 36 22 174 i WIE 48.3 16.3 2.0 13 Y 36 22 1 54 i Wlen-Kobenzl WIE 48.3 16.3 2.0 13 1 8 9 292 ! VNK 48.3 16.3 2.5 176 X 95 27 181 i VNK 48.3 16.3 2.5 176 Y 90 23 138 j VNK 48.3 16.5 2.5 176 7 24 16 79 , VI 48.5 236.6 2.5 176 X 38 32 118 : Victoria VI 48.5 236.6 2.5 176 Y 63 18 130 VI 48.5 236.6 2.5 176 Z 21 23 248 ;ì VJ 48.8 2.0 24.2 38 D 51 23 149 1 VallJoyent VJ 48.8 2.0 24.2 38 7 8 9 1 40 ’ì LV 49.9 23.8 2,0 13 X 41 24 152 LV 49.9 23.8 2.0 13 Y 31 24 1 59 ! Lvov LV 49.9 23.8 2.0 13 Z 11 1 0 301 LV 49.9 23.7 2.5 176 X 72 26 174 ' LV 49.9 23.7 2.5 176 Y 1 08 23 1 41, Il LV 49,9 23.7 2.5 176 Z 18 20 20 : PR 50,0 14.5 1 .0 1 3 X 55 32 138 PR 50.0 14.5 1 .0 13 Y 25 32 195 i PR 50.0 14.5 1 .0 13 Z 7 12 232 ^ Fruhonice PR 50.0 14.6 2.5 176 X 75 20 1 84 ii PR 50.0 14.6 2.5 176 Y 92 28 154'^ PR 50.0 14.6 2.5 176 z 24 21 55 : PR 50.0 14.6 2.5 1 1 X 21 16 186 PR 50.0 14.6 2.5 1 1 Y SO 23 86 ' PR 50.0 14.6 2,5 1 1 Z 29 17 127 DB 50,1 4.6 2.0 1 3 X 26 22 194 DB 50.1 4.6 2.0 13 Y 54 22 160 il Dourbes DB 50.1 4.6 2.0 1 3 Z 7 9 275 DB 50.1 4.6 2,5 176 X 89 28 180 DB 50.1 4.6 2.5 176 Y 94 26 1 50 DB 50.1 4.6 2.5 176 Z 12 18 114 1 KV 50.7 30.3 2.0 13 X 41 24 148 Kiev KV 50,7 30.3 2.0 1 3 Y 39 24 150') KV 50.7 30.3 2.0 1 3 Z 1 8 9 32 5 ifi HA 51.0 355.5 15.0 88 X 65 12 196 i HA 51.0 355.5 15.0 88 Y 56 12 130( Hartland HA 51.0 355.5 15.0 88 Z 1 5 7 1 40 li AB 51.2 359,6 31.2 62 X 57 8 180 i AB 51 .2 359.6 31 ,2 62 Y 44 9 139 , Abinger AB 51 .2 359.6 31 .2 62 I 10 9 15 ‘ 6R 51.5 0.0 10.0 45 X 59 10 174 1' 6R 51.5 0.0 10.0 45 Y 35 12 127 1' Greenwich 6R GR 51 . 5 51 .5 0.0 0.0 9.0 62.0 44 45 Z X 5 57 12 7 82 . 167 •. 34 33 97 97 54 64 84 37 51 29 23 98 88 43 81 01 39 26 83 49 17 5 79 59 22 58 37 27 6 4 71 43 55 77 47 57 64 43 85 04 61 53 22 4 69 86 1 4 28 52 D5 70 54 79 34 RIF 2 2 1 1 1 20 20 20 2 2 2 1 1 1 1 1 1 19 19 2 2 2 1 1 1 2 2 2 1 1 1 3 3 3 2 2 2 1 1 1 2 2 2 4 4 4 5 5 5 5 5 5 6 1 a 2 N » '.1 PHASI AMP P. E 24 248 36 19 10 357 13 5 14 13 45 15 1? 259 35 9 11 319 16 6 12 13 54 12 18 216 48 12 4 319 18 4 18 17 36 1 4 18 228 24 1 4 8 342 1 2 3 14 10 52 15 17 270 32 8 10 317 11 6 23 27 42 12 28 292 71 1 2 17 115 10 15 17 235 40 1 1 8 354 1 8 5 18 358 28 1 3 18 257 13 13 8 7 9 4 14 356 40 15 16 280 27 8 10 283 8 8 25 357 26 24 25 220 28 24 12 3 9 4 15 359 35 15 19 261 17 1 0 12 308 1? 7 19 48 61 1 4 22 258 37 1 1 1 1 313 17 8 18 39 30 14 18 223 35 1 4 8 9 11 3 15 12 41 15 20 254 18 13 12 335 18 7 18 353 33 13 18 313 23 13 7 341 8 5 4 241 28 5 8 238 37 6 8 356 20 3 4 44 38 4 6 231 45 4 3 13 17 2 5 23 33 8 9 236 33 6 8 355 21 5 4 24 40 3 3 N » 4 PHASE AMP P.E PHASE 83 15 1 4 292 135 8 5 275 238 26 8 106 105 1 7 5 237 116 12 4 218 201 27 ? 70 70 13 6 265 123 8 3 272 206 19 10 69 88 1 2 10 257 134 8 3 285 232 2 2 8 86 122 18 6 215 86 10 5 217 256 9 13 357 127 21 12 294 227 3 10 64 102 1 1 6 272 136 4 3 350 191 15 1 0 36 95 1 4 10 255 118 1 1 3 261 201 1 4 8 72 1 46 21 5 187 105 13 5 238 175 4 1 7 253 37 a 1? 314 131 1 1 6 284 232 15 7 83 117 16 8 237 71 9 6 21 3 204 33 1 7 19 81 22 1 4 304 1 07 13 9 258 218 9 9 98 79 11 9 253 150 7 3 297 232 17 8 123 71 32 ? 241 127 9 5 223 173 20 1 1 23 1 1 1 16 1 1 236 85 14 3 247 222 8 3 103 88 9 4 280 133 3 3 248 225 11 3 71 93 15 4 257 125 5 2 288 200 15 7 86 73 5 5 216 126 a 4 280 212 16 2 40 D 12.1 ST. LAT. LONG . VEARS R EL AMP P. E FU 48.2 11.3 1 .0 1 3 Y 30 28 FU 48.2 11.3 1 . 0 1 3 7 1 2 1 2 FU 48.2 11.3 2.5 176 X 89 27 Furs tenf eldbruck FU 48.2 11.3 2.5 176 Y 74 26 FU 48.2 11.3 2.5 176 7 26 1 7 FU 48.2 11.3 2.0 31 X 61 24 FU 48.2 11.3 2.0 31 Y 41 30 FU 48.2 11.3 2.0 31 7 4 9 UI E 48.3 16.3 2.0 1 3 X 36 22 WIE 48. 3 16.3 2.0 1 3 Y 36 22 Wien-Kobenzl WI E 48. 3 16.3 2.0 1 3 7 8 9 VNK 48.3 16.3 2.5 1 76 X 95 27 VNK 48 . 3 16.3 2.5 176 Y 90 23 VNK 48.3 16.3 2.5 176 7 24 1 6 VI 48.5 236.6 2.5 176 X 38 32 Victoria VI 48. 5 236.6 2.5 1 76 Y 63 18 VI 48.5 236.6 2.5 176 Z 21 23 VJ 48.8 2.0 24.2 38 D 51 23 Vali Joyent V j 48 . 8 2.0 24.2 38 7 8 9 LV 49 . 9 23.8 2.0 1 3 X 41 24 LV 49 . 0 23.8 2.0 1 3 Y 31 24 Lvov LV 49.9 23.8 2.0 1 3 7 1 1 1 0 LV 49.9 23.7 2.5 176 X 72 26 LV 49.9 23.7 2.5 1 76 Y 1 08 23 LV 49.9 23.7 2.5 1 76 ? 1 8 20 PR 50.0 14.5 1 . 0 1 3 X 55 32 PR 50.0 1 A. 5 1 .0 1 5 Y 25 32 PR 50.0 14.5 1 .0 1 3 7 7 1 2 Fruhonice PR 50.0 14.6 2.5 176 X 75 20 PR 50.0 14.6 2.5 176 Y 92 28 PR 50.0 14.6 2.5 176 7 24 21 PR 50.0 14.6 2.5 1 1 X 21 16 PR 50.0 14.6 2.5 1 1 Y 80 23 PR 50.0 14.6 2.5 1 1 7 29 17 DB 50.1 4.6 2.0 1 3 X 26 22 DB 50.1 4.6 2.0 1 3 Y 54 22 Dourbes DB 50.1 4 . 6 2.0 1 3 7 7 9 DB 50.1 4.6 2.5 176 X 89 28 DB 50.1 4.6 2.5 176 Y 94 26 DB 50.1 4.6 2.5 176 7 1 2 1 8 KV 50.7 30.3 2.0 1 3 X 41 24 Kiev KV 50.7 30.3 2.0 1 3 Y 39 24 KV 50.7 30.3 2.0 1 3 7 1 8 9 HA 51.0 355 .5 15.0 88 X 65 12 HA 51 .0 355.5 15.0 88 Y 56 1 2 Hartland HA 51 .0 355.5 15.0 88 7 1 5 7 AB 51.2 359.6 31 .2 62 X 57 8 AB 51.2 359.6 31.2 62 Y 44 9 Abinger AB 51.2 359.6 31.2 62 7 10 9 GR 51.5 0.0 10.0 45 X 59 1 0 GR 51.5 0.0 10.0 45 Y 35 1 2 Greenwich GR 51.5 0.0 9.0 44 7 5 12 GR 51 . 5 0.0 62.0 45 X 57 7 N » 2 N ■ 3 N » 4 AMP P.E PHASE AMP P. E PHASE AMP P.E PHASE D REF 34 24 248 36 19 83 1 5 1 4 292 2 33 10 357 1 3 5 1 35 8 5 275 2 97 14 1 3 45 1 5 238 26 8 1 06 1 97 17 259 35 9 105 1 7 5 237 1 54 1 1 319 1 6 6 116 1 2 4 218 1 64 12 1 3 54 1 2 201 27 7 70 20 84 18 216 48 12 70 1 3 6 265 20 37 4 319 18 4 1 23 8 3 272 20 51 18 17 36 1 4 206 19 10 69 2 29 18 228 24 1 4 88 1 2 1 0 257 2 ?3 6 342 1 2 3 1 34 8 3 285 2 98 1 4 1 0 52 15 232 22 8 86 1 88 17 270 32 8 122 1 8 6 215 1 43 1 0 317 1 1 6 86 10 5 217 1 81 23 27 42 1 2 256 9 1 3 357 1 201 28 292 71 1 2 127 21 1 2 294 1 39 17 1 1 5 1 8 1 5 227 3 10 64 1 126 17 235 40 1 1 1 02 1 1 6 272 -12.1 1 9 83 8 354 1 8 5 1 36 4 3 350 19 49 18 358 28 1 3 191 1 5 1 0 36 2 17 18 257 1 3 1 3 95 1 4 1 0 255 2 5 8 7 9 4 118 1 1 3 261 2 79 1 4 356 40 15 201 1 4 8 72 1 59 16 280 27 8 1 46 21 5 1 87 1 22 10 283 8 8 105 1 3 5 238 1 58 25 357 26 24 173 4 1 7 253 2 37 25 220 28 24 37 8 1 7 51 4 2 27 1 2 3 9 4 131 1 1 6 284 2 64 15 359 33 15 232 15 7 85 1 71 19 261 17 1 0 117 16 8 237 1 43 12 308 1 7 7 71 9 6 213 1 55 19 48 61 1 4 204 33 1 7 19 3 77 22 258 37 1 1 81 22 1 4 304 3 47 1 1 31 3 17 8 107 1 3 9 258 3 57 18 39 30 1 4 218 9 9 98 2 64 18 223 35 1 4 79 1 1 9 253 2 43 8 9 1 1 3 150 7 3 29 7 2 85 15 1 2 41 1 5 232 17 8 1 23 1 104 20 254 1 8 13 71 32 7 241 1 61 12 335 18 7 127 9 5 223 1 53 18 353 33 13 1 73 20 1 1 23 2 22 18 313 23 13 111 16 1 1 236 2 4 7 341 8 5 85 1 4 3 247 2 69 4 241 28 5 222 8 3 103 4 186 8 238 37 6 88 9 4 280 4 214 8 356 20 3 1 33 3 3 248 4 128 4 44 38 4 225 1 1 3 71 5 152 6 231 45 4 93 15 4 257 5 105 3 1 3 17 2 125 5 2 288 5 70 5 23 33 8 200 15 7 86 5 154 9 236 33 6 73 5 5 216 5 79 8 355 21 5 126 8 4 280 5 84 4 24 40 3 212 16 2 40 6 1 PHASE 1 69 268 18/ 135 125 153 63 25 1 7A 1 54 292 181 1 38 79 118 130 248 1 49 1 40 152 1 59 301 174 1 41 20 138 195 232 184 154 55 186 86 127 194 160 275 180 1 50 1 1 4 1 48 1 50 325 196 130 1 40 180 139 15 174 127 82 167 ST, LAT. LONG Greenwich GR 51 . . 5 0. VL 51 . .9 349. VL 51 . .9 349 . Valentia VL 51 . .9 349. VL 51 . .9 349. VL 51 , .9 349. VL 51 . .9 349 . NI 52. . 1 12, Niemegk NI 52. . 1 12, NI 52. . 1 12. NI 52. . 1 12. NI 52. . 1 12. NI 52. . 1 12. SW 52. - 1 21 . Swider sw 52, . 1 21 . SW 52. . 1 21 . sw 52, . 1 21 . sw 52. . 1 21 . sw 52. , 1 21 . PY 52. . 2 104. Patrony PY 52. . ? 104. PY 52. .2 104. IR 52. . 5 104, Irkutsk I R 52, .5 104, IR 52. .5 104. WI 52. .8 6. Wittereen WI 52. . 8 6. WI 52, ,8 6. WN 53. .7 9. WN 53. . 7 9 , Wings t WN 53. .7 9. WN 53. .7 9. WN 53. .7 9. WN 53. . 7 9. STO 53, ,8 357. Stonyhurs t STO 53. .8 357. STO 53. .8 357. ME 54, .é 246. ME 54. .6 246. Meanook ME 54. .6 246. ME 54. . 6 246, ME 54, ,6 246. ME 54, .6 246. ME 54. .6 246. ME 54, .6 246. ME 54. .6 246. ES 55. . 3 356. Eskdalemuir ES 55, .3 356. ES 55, ,3 356. MO 55. . 5 37. Moskow MO 55, .5 37. MO 55. . 5 37. Kraznya Pakkra KP 55. .5 37. N a 1 YEARS R EL AMP P.E PHASI 62.0 45 Y 36 7 124 2.0 13 X 30 20 211 2.0 1 3 Y 52 20 154 2.0 13 1 23 14 224 2.5 176 X 105 26 189 2.5 176 Y 47 32 134 2.5 176 Z 48 24 183 2,0 13 X 34 1 5 178 2.0 13 Y 44 18 157 301 1 2.0 13 1 13 7 2.5 176 X 100 24 178! 2.5 176 Y 89 26 I39I 2.5 176 Z 19 20 101 2,0 13 X 34 22 168 2,0 13 Y 41 22 1 50 2.0 13 Z 31 13 325 2.5 1 76 X 89 25 170 2.5 176 Y 91 23 132 2.5 176 Z 28 30 135' 1 . 0 1 3 X 1 1 23 68 1 . 0 13 Y 17 23 33 1 .0 1 3 Z 19 8 1 44! 2.5 176 X 25 26 188 2.5 176 Y 65 26 95 2.5 176 Z 14 10 1 44 1 . 5 187 X 46 49 203 1 .5 187 Y 97 30 169:; 1 . 5 187 Z 62 35 140 2,5 176 X 106 25 176 2.5 176 Y 79 30 137 2,5 176 Z 1 7 24 135 2.0 13 X 41 24 190 2.0 1 3 Y 52 24 153? 2,0 1 3 Z 15 10 281! 8.0 49 X 66 11 194 8.0 49 Y 53 20 132: 8.0 49 Z 1 5 6 71 1 .0 1 3 X 90 87 194 1 .0 1 3 Y 12 87 220 1 .0 1 3 Z 73 59 343 2.5 176 X 195 121 353 2.5 176 Y 38 63 2 2.5 176 Z 205 98 305 2.5 1 1 X 96 87 134 2.5 1 1 Y 81 41 60 2.5 1 1 Z 85 61 88 2.5 176 X 120 28 185 2.5 176 Y 67 36 141 2.5 176 Z 35 30 165 2.0 13 X 26 24 142 2.0 13 Y 35 24 140 2.0 13 Z 29 10 323 2.5 176 X 66 29 164 0 8 8 8 7 1 1 7 7 7 7 7 7 3 3 3 2 2 2 4 4 4 0 0 0 7 7 7 1 1 1 1 1 1 5 S 5 7 7 7 7 7 7 7 7 7 8 8 8 3 3 3 3 m? N s P.E 2 PHASE AMp H B P, E 1 44 4 233 38 3 24 16 48 23 15 130 16 246 37 15 >43 11 1 4 27 8 74 16 6 26 1 4 ì77 20 256 26 1 1 >87 18 1 1 18 10 33 9 30 32 1 1 47 14 219 2 5 9 40 8 2 15 3 87 15 356 32 1 4 89 16 262 23 9 54 13 337 13 6 36 17 1 1 32 1 4 19 17 266 21 14 1 13 256 12 9 81 14 347 35 12 79 15 282 28 8 40 19 340 6 1 0 19 34 222 13 17 55 34 296 32 17 21 7 332 15 3 8 9 18 5 9 20 19 301 27 1 1 26 8 343 7 6 63 25 308 47 26 117 34 243 47 17 60 18 327 13 11 55 17 345 20 1 4 76 17 266 15 10 42 17 150 1 5 9 22 19 1 48 35 16 34 19 224 28 16 42 10 207 17 4 41 7 32 34 5 76 18 242 37 13 51 7 10 18 4 i45 59 300 87 44 i43 59 277 54 44 66 44 351 28 51 140 108 310 100 53 >45 46 270 30 33 16? 54 322 40 37 99 57 69 67 65 101 40 276 5 48 56 55 31 52 37 I16 21 9 13 16 120 20 247 14 12 68 26 30 6 1 1 44 19 341 26 1 2 28 19 292 30 12 12 11 138 8 5 69 16 325 27 14 N s 4 AHP P. E PHASE D RIF 14 2 266 6 5 10 128 2 12 10 278 2 15 4 332 2 1 5 10 186 1 19 7 269 1 19 7 31 2 1 13 8 67 2 1 1 7 256 2 11 4 300 2 17 9 122 1 23 6 225 1 12 6 236 1 12 12 44 2 13 12 271 2 13 6 243 2 1 7 8 101 1 23 6 203 1 19 1 0 195 1 9 13 32 2 13 13 31 1 2 7 4 205 2 8 7 147 1 19 5 38 1 10 5 1 26 1 24 23 132 4 29 1 5 261 4 14 8 222 4 19 1 1 155 1 21 7 241 1 1 5 8 254 1 10 1 1 59 2 13 1 1 249 2 13 3 303 2 14 5 54 13 12 9 261 13 4 3 326 13 13 54 209 2 20 54 281 2 60 4 0 37 2 50 66 274 1 36 33 300 1 57 33 341 1 84 48 278 3 61 33 302 3 18 40 178 3 11 13 193 1 19 8 263 1 19 9 312 1 16 11 316 2 19 11 237 2 15 4 224 2 3 9 186 1 3 PHASE 87 220 91 1 49 169 77 126 201 83 135 228 127 83 191 1 03 77 223 1 41 207 177 40 98 86 132 122 251 177 1 02 228 110 71 202 76 147 218 86 120 206 108 54 234 92 259 280 259 3 151 67 17 142 109 50 225 T N 3 ST. LAT. LONG , YEARS R EL AMP P . E Greenwich GR 51 . 5 0. 0 62. 0 45 Y 36 7 VL 51 . ,9 349. 8 2. 0 1 3 X 30 20 VL 51 . 0 349. 8 2. 0 1 3 Y 52 20 Valentia VL 51 . 9 349 . 8 2. 0 1 3 Z 23 14 VL 51 . 9 349. 7 2. 5 176 X 105 26 VL 51 . 9 349. 7 2. 5 1 76 Y 47 32 VL 51 . 9 349. 7 2. 5 176 Z 48 24 N I 52. 1 12. 7 2. 0 1 3 X 34 1 5 Nlemegk NI 52. 1 12. 7 2. 0 1 3 Y 44 1 8 NI 52. 1 12. 7 2. 0 1 3 Z 1 3 7 N I 52. 1 12. 7 2. 5 1 76 X 1 00 24 NI 52. 1 12. 7 2. 5 176 Y 89 26 NI 52. 1 1 2 . 7 2. 5 176 Z 19 20 SW 52. 1 21 . 3 2. 0 1 3 X 34 22 Swider SW 52. 1 21 . 3 2. 0 1 3 Y 41 22 SW 52. 1 21 . 3 2. 0 1 3 Z 31 1 3 SW 52. 1 21 . 2 2. 5 1 76 X 89 25 SW 52. 1 21 . 2 2. 5 176 Y 91 23 SW 52. 1 21 . 2 2. 5 1 76 Z 28 30 Patrony PY 52. , ? 104. 4 1 . 0 1 3 X 1 1 23 PY 52. . 2 104. 4 1 . 0 1 3 Y 1 7 23 PY 52. , ? 104. 4 1 . 0 1 3 Z 19 8 I R 52. , 5 104. 0 2. 5 1 76 X 25 26 Irkutsk I R 52. .5 1 04. 0 2. 5 1 76 Y 65 26 I R 52. , 5 104. 0 2. 5 1 76 2 1 4 1 0 WI 52, , 8 6. 7 1 . 5 187 X 46 49 Wittereen WI 52, , 8 6. 7 1 . 5 187 Y 97 30 WI 52, , 8 6. 7 1 . 5 187 Z 62 35 WN 53, , 7 9 . 1 2. 5 176 X 1 06 25 Wingst WN 53, , 7 9 . 1 2. 5 1 76 Y 79 30 WN 53, , 7 9 . 1 2. 5 176 Z 1 7 24 WN 53, . 7 9 . 1 2. 0 1 3 X 41 24 WN 53, , 7 9 . 1 2. 0 1 3 Y 52 24 WN 53, . 7 9 . 1 2. 0 1 3 Z 1 5 10 Stonyhurst STO 53, ,8 357. 5 8. 0 49 X 66 1 1 STO 53. , 8 357. 5 8. 0 49 Y 53 20 STO 53, ,8 357. 5 8. 0 49 Z 1 5 6 ME 54, ,6 246. ,7 1 . 0 1 3 X 90 87 Meanook ME 54, . 6 246. ,7 1 . 0 1 3 Y 12 87 ME 54, ,6 246. 7 1 . 0 1 3 Z 73 59 ME 54, . 6 246. ,7 2. 5 176 X 195 121 ME 54, . 6 246. ,7 2. 5 176 Y 38 63 ME 54, .6 246. ,7 2. 5 176 Z 205 98 ME 54, .6 246. , 7 2. 5 1 1 X 96 87 ME 54, . 6 246, ,7 2. 5 1 1 Y 81 41 ME 54, .6 246. , 7 2. 5 1 1 Z 85 61 ES 55, . 3 356, ,8 2. ,5 1 76 X 120 28 Eskdalemuir ES 55, . 3 356, , 8 2. 5 176 Y 67 36 ES 55, . 3 356, ,8 2. , 5 176 Z 35 30 Moskow MO 55, . 5 37, , 3 2. ,0 1 3 X 26 24 MO 55 . 5 37, , 3 2. ,0 1 3 Y 35 24 Kraznya Pakkra MO 55 . 5 37, , 3 2. , 0 1 3 z 29 1 0 KP 55 .5 37, ,3 2. ,5 176 X 66 29 N « 2 N B 3 N 3 4 AMP P. E PHASE AMp P. E PHASE AMP p, E PHASE D REI 144 4 233 38 3 87 1 4 2 266 6 24 16 48 23 1 5 220 5 1 0 1 28 2 1!0 16 246 37 15 91 1 2 10 278 2 243 11 1 4 27 8 1 49 1 5 4 332 2 74 16 6 26 1 4 1 69 1 5 1 0 1 86 1 177 20 256 26 1 1 77 19 7 269 1 287 18 1 1 18 1 0 126 19 7 31 2 1 33 9 30 32 1 1 201 13 8 67 2 47 1 4 219 25 9 83 1 1 7 256 2 40 8 2 1 5 3 135 1 1 4 300 2 87 1 5 356 32 1 4 228 1 7 9 122 1 89 16 262 23 9 127 23 6 225 1 54 1 3 337 1 3 6 83 12 6 236 1 36 17 1 1 32 1 4 191 12 1 2 44 2 19 17 266 21 1 4 103 1 3 1 2 271 2 1 13 256 12 9 77 1 3 6 243 2 81 1 4 347 35 1 2 223 1 7 8 101 1 79 1 5 282 28 8 1 41 23 6 203 1 40 19 340 6 1 0 207 19 1 0 195 1 19 34 222 1 5 17 1 77 9 1 3 32 2 55 34 296 32 17 40 13 13 311 2 21 7 352 1 5 3 98 7 4 205 2 8 9 1 8 5 9 86 8 7 147 1 120 19 301 27 1 1 132 19 5 38 1 26 8 343 7 6 122 10 5 126 1 63 25 308 47 26 251 24 23 1 32 4 117 34 243 47 17 1 77 29 1 5 261 4 60 18 327 1 3 1 1 102 1 4 8 222 4 55 17 345 20 1 4 228 19 1 1 1 55 1 76 17 266 1 5 1 0 110 21 7 241 1 42 17 250 1 5 9 71 1 5 8 254 1 22 19 1 48 35 1 6 202 10 1 1 59 2 34 19 224 28 1 6 76 1 3 1 1 249 2 42 10 207 17 4 1 47 13 3 303 2 41 7 52 34 5 218 1 4 5 54 13 76 18 242 37 13 86 1 2 9 261 13 51 7 1 0 1 8 4 120 4 3 326 13 145 59 300 87 44 206 13 54 209 2 143 59 277 54 44 1 08 20 54 281 2 66 44 351 28 51 54 60 40 37 2 140 108 310 100 53 234 50 66 274 1 245 46 270 30 33 92 36 33 300 1 167 54 322 40 37 259 57 33 341 1 99 57 69 67 65 280 84 48 278 3 101 40 276 5 48 259 61 33 302 3 56 55 31 52 37 3 18 40 178 3 116 21 9 13 16 151 11 13 193 1 120 20 247 1 4 12 67 19 8 263 1 68 26 30 6 1 1 17 19 9 312 1 44 19 341 26 12 142 16 1 1 316 2 28 19 292 30 12 1 09 19 1 1 237 2 12 11 138 8 5 50 1 5 4 224 2 69 16 325 27 14 225 3 9 186 1 1 phase 124 211 154 224 1ft9 134 1fl3 178 157 301 178 1 39 101 168 1 50 325 170 132 135 68 33 1 44 188 95 144 203 169 1 40 176 137 135 190 153 281 194 132 71 194 220 343 353 2 305 134 60 88 185 141 165 142 1 40 323 164 ST. LAI. LON6 Kraznya Pakkra KP 55, . 5 37. KP 55, .5 37. RS 55. .8 12. Rube Skov R$ 55. .8 12. RS 55. .8 12. RS 55. .8 12. RS 55. .8 12. RS 55. .8 12. Kazan KN 55. .8 48. KN 55. .8 48. KM 55, .8 48. Z I 55 . . 8 48. Zaimische ZI 55. .8 48. ZI 55. ,8 4 8, VD 56. . 7 61 . VO 56. .7 61 . Vysokaya VD 56. . 7 61 . Rubrova VD 56 . . 7 61 . VD 56, .7 61 . VD 56, .7 61 . Sitka SI 57, , 1 224. SI 57. , 1 224 . SI 57. . 1 224. Churchill CHR CHR 58. 58. .8 .8 265. 265. CHR 58. .8 265 . Fort Churchill FC 58. . 8 265. FC 58, ,8 265 . FC 58, .8 265 . LO 59, , 3 17. Lovo LO 59. , 3 17. LO 59. , 3 17. LO 59 . , 3 17. LO 59. , 3 17. LO 59. . 3 17. Pavlovsk PAV 59. ,7 30. PAV 59. ,7 30. PAV 59, , 7 30. Voykodnoy VOY 60. , 0 30. VOY 60, , 0 30. VOY 60, ,0 30. Leningrad LE 60. , 1 358 . LE 60, , 1 358 . LE 60, , 1 358. NU 60. , 5 24. Nurnii j arvi NU 60. , 5 24. NU 60. , 5 24. MU 60. , 5 24. NU 60, . 5 24. NU 60. , 5 24. Anchorage ANC 61 . .2 210. ANC 61 , ,2 210. ANC 61 . 2 210. N ■ 1 YIARS R EL AMP P.E PHASÈ 2.5 176 Y 91 24 113 i 2.5 176 Z 20 22 310 I 2.0 13 X 35 24 189 i 2.0 13 Y 52 24 151 I 2.0 13 I 17 1 4 296 i 2.5 176 X 123 24 169 i 2.5 176 Y 88 28 132 ' 2,5 176 z 8 28 165 ! 2.0 13 X 22 24 144, 2.0 1 3 Y 17 24 98 ! 2.0 1 3 z 26 10 318 i 2.5 176 X 54 26 176 i 2.5 176 Y 69 22 98 1 2.5 176 I 19 19 306 1 2.0 13 X 26 24 148 ! 2.0 13 Y 14 24 41 ■ 2.0 13 Z 17 9 277 I 2.5 176 X 55 30 194 ’ 2.5 176 Y 80 25 89 « 2.5 176 Z 31 26 318 \ 67.0 57 X 57 6 176 , 67.0 57 Y 47 7 102 ì 67.0 57 2 7 8 238 1 . 5 187 X 251 208 207 1 . 5 187 V 122 1 03 174 1 . 5 187 z 1 56 187 86 1 . 0 1 3 X 179 1 48 68 1 . 0 1 3 Y 69 97 64 1 , 0 1 3 z 1 02 131 233 i] 1 . 0 1 3 X 24 36 189 i'j 1 . 0 1 3 Y 28 36 119; 1 . 0 1 3 Z 32 41 29 3 i 2.5 176 X 1 26 36 160 !■ 2,5 176 Y 91 29 123 i 2.5 176 Z 40 43 312 ! 7.0 15 X 27 1 0 188 1 7.0 1 5 Y 69 12 122 7.0 1 5 Z 5 11 169 i 2.5 176 X 88 34 1 68 [ 2,5 176 Y 89 25 121 'i 2.5 176 Z 5 43 270 ■ 2,5 176 X 1 30 60 191 f' 2.5 176 Y 73 44 1 30 li 2.5 176 Z 71 76 20 ' 2.5 176 X 113 44 158 j 2.5 176 Y 85 25 122 ' 2.5 176 Z 74 47 321 ! 2.5 1 1 X 26 29 86 2.5 11 Y 45 22 117' 2.5 11 Z 64 49 96 ■ 1 .5 187 X 137 91 143 il 1 . 5 187 Y 157 59 108 : 1.5 187 Z 105 77 194 l 3 3 5 5 5 5 5 5 8 8 8 8 8 8 1 1 1 1 1 1 7 7 7 9 9 9 9 9 9 8 8 8 8 8 8 5 5 5 7 7 7 8 8 8 6 é 6 6 6 6 1 1 1 :MP N > P.E 2 PHASI AMP N » P.E !86 15 284 49 12 9 18 ■67 16 6 ^23 19 22 36 15 i29 19 234 21 15 ‘.31 12 191 16 5 !92 15 343 12 15 ,^85 19 276 22 12 r24 21 259 11 1 1 B3 20 333 1 4 12 r27 20 261 32 12 hi 8 94 4 4 i41 1 6 328 29 1 2 ^6 4 18 277 41 1 3 ^24 1 5 45 18 7 ’32 21 328 9 1 2 ■ 21 21 242 3 5 1 2 1 2 7 55 8 4 .40 1 6 357 39 1 4 .45 1 8 282 32 13 I34 1 5 8 1 7 7 '76 4 548 25 2 .'50 3 294 31 3 ii8 5 82 9 2 .23 1 29 23 44 104 71 78 312 26 73 132 109 88 126 109 186 115 327 168 110 J36 70 295 49 68 lóO 93 245 58 85 ì49 29 345 24 23 130 29 289 27 23 M9 24 1 51 3 15 180 26 348 8 18 >71 20 287 17 13 m9 34 348 19 1 é UB 8 355 40 5 10 259 9 6 1 4 303 4 3 ^65 28 328 22 17 ^75 17 288 39 1 3 6 32 339 43 19 >19 41 351 25 22 «79 27 255 10 15 ’71 60 358 46 26 72 32 340 24 15 69 18 290 27 13 36 40 340 27 18 71 19 12 35 17 62 26 259 16 18 .:49 34 28 29 27 31 107 5 98 56 <88 42 254 65 30 62 78 165 82 38 N a 4 AMP P.E PHASE D REF 31 7 171 1 17 7 211 1 9 11 24 2 12 11 237 2 13 4 314 2 17 1 1 1 54 1 20 7 221 1 22 10 257 1 17 12 281 2 25 12 199 2 5 3 190 2 9 8 101 1 37 7 149 1 12 6 213 1 1 4 1 2 235 2 19 12 155 2 5 3 263 2 2 9 64 1 33 8 118 1 9 7 191 1 1 5 2 35 4 6 2 309 4 3 2 354 4 74 86 297 1 63 56 322 1 81 85 94 1 1 1 2 130 283 2 51 63 257 2 52 78 139 2 10 18 284 2 1 2 18 313 2 1 0 6 317 2 1 4 16 1 59 1 25 5 221 1 30 1 6 262 1 1 7 . 4 316 8 10 4 306 8 1 2 26 6 6 16 50 1 36 7 197 1 13 17 236 1 15 22 255 1 21 1 0 239 1 16 24 336 1 2 19 220 1 29 6 210 1 34 20 243 1 37 23 349 3 5 20 284 3 6 25 26 3 27 54 327 1 42 26 274 1 69 34 338 1 3 PHASi 117 340 194 69 156 216 120 21 138 88 113 225 78 269 162 6ó 96 200 42 216 182 123 21 1 73 94 83 253 271 1 49 154 19 174 299 151 338 169 59 300 263 129 331 12 83 26 310 136 313 120 279 23 180 101 73 N ■ 1 N ■ 2 N ■ 3 N ■ 4 ST. 1 AT. LONG . YEARS R E L AMP P. E PHASe AMP P.E PHASE AMP P.E PHASE AMP P.E PHASE Kraznya Pakkra KP 55 . 5 37. 3 2 . 5 1 76 Y 91 24 1 1 3 86 15 284 49 12 117 31 7 1 71 KP 55 .5 37.3 2 . 5 1 76 Z 20 22 310 9 18 67 1 6 6 340 17 7 211 RS 55 . 8 12.5 2 . 0 13 X 35 24 1 89 23 19 22 36 1 5 194 9 1 1 24 Rube Skov RS 55 . 8 12.5 2 . 0 1 3 Y 52 24 1 5l 29 19 234 21 1 5 69 12 1 1 237 RS 55 . 8 12.5 2 . 0 1 3 z 17 1 4 296 31 1 2 191 16 5 1 56 13 4 314 RS 55 . 8 12.5 2 . 5 176 X 123 24 169 92 15 343 1 2 15 216 1 7 1 1 154 RS 55 .8 12.5 2 . 5 1 76 V 88 28 1 32 85 19 276 22 1 2 120 20 7 221 RS 55 . 8 12.5 2 . 5 1 76 z 8 28 1 65 2‘> 21 259 1 1 1 1 21 22 1 0 257 Kazan KN 55 . 8 48.8 2 . 0 1 3 X 22 24 1 44 33 20 333 1 4 1 2 138 1 7 12 281 KN 55 .8 48.8 2 . 0 1 3 V 1 7 24 98 27 20 261 32 1 2 88 25 1 2 199 KN 55 . 8 48.8 2 . 0 1 3 z 26 1 0 318 11 8 94 4 4 113 5 3 190 Zaimische Z I 55 . 8 48.8 2 . 5 1 76 X 54 26 176 41 1 6 328 29 1 2 225 9 8 101 ZI 55 . 8 48.8 2 . 5 176 Y 69 22 98 64 18 277 41 1 3 78 37 7 149 Z I 55 . 8 40.8 2 . 5 1 76 z 19 19 306 2‘* 15 45 1 8 7 269 1 2 6 213 VD 56 . 7 61 . 1 2 . 0 1 3 y 26 24 1 48 y2 21 328 9 1 2 162 1 4 1 2 235 VD 56 . 7 61 . 1 2 . 0 1 3 Y 1 4 24 41 21 21 242 35 1 2 66 19 1 2 1 55 Vysokaya VD 56 . 7 61 . 1 2 . 0 1 3 Z 1 7 9 277 12 7 55 8 4 96 5 3 263 Dubrova VD 56 . 7 61 . 1 2 . 5 176 X 55 30 194 tO 1 6 357 39 1 4 200 2 9 64 VD 56 . 7 61 . 1 2, . 5 1 76 Y 80 25 89 l5 1 8 282 3? 1 3 42 33 6 118 VD 56 . 7 61 . 1 2, , 5 1 76 Z 31 26 318 U 1 3 8 1 7 7 216 9 7 I9l Sitka SI 57. . 1 224.7 67, ,0 57 y 57 6 176 126 c 548 25 2 182 1 5 2 35 SI 57, , 1 224.7 67, , 0 57 Y 47 7 1 02 150 3 294 31 3 1 23 6 2 309 S I 57. , 1 224.7 67, , 0 57 Z 7 8 238 38 5 82 9 2 211 3 2 354 Churchill CHR 58, , 8 265.9 1 . 5 187 X 251 208 207 225 1 29 23 44 104 73 74 86 297 CHR 58. , 8 265.9 1 . 5 187 Y 122 103 1 74 271 78 312 26 73 94 63 56 322 CHR 58, ,8 265.9 1 . 5 187 z 1 56 187 86 132 1 09 88 126 109 83 81 85 94 Fort Churchill FC 58. 8 265.9 1 . 0 1 3 X 1 79 1 48 68 186 115 327 168 1 1 0 253 1 1 2 130 283 FC 58. 8 265.9 1 . 0 1 3 Y 69 97 64 136 70 295 49 68 271 51 63 257 FC 58 . 8 265.9 1 . 0 1 3 Z 1 02 131 233 60 93 245 58 85 1 49 52 78 1 39 Lovo LO 59. 3 17.8 1 . 0 1 3 X 24 36 1 89 49 29 345 24 23 1 54 1 0 1 8 284 LO 59. 3 17.8 1 . 0 1 3 Y 28 36 119 30 29 289 27 23 19 1 2 1 8 318 LO 59 . 3 17.8 1 . 0 1 3 Z 32 41 293 19 24 1 31 3 1 3 174 1 0 6 317 LO 59 . 3 17.8 2. 5 1 76 X 1 26 36 1 60 80 26 348 8 18 299 1 4 1 6 1 59 LO 59. 3 17.8 2. 5 1 76 Y 91 29 1 23 71 20 287 17 1 3 151 25 5 221 Pavlovsk LO 59 . 3 17.8 2. 5 176 Z 40 43 31 2 19 34 348 19 1 6 338 30 1 6 262 PAV 59 . 7 30.5 7. 0 1 5 X 27 1 0 188 48 8 355 40 5 169 1 7 4 316 PAV 59 . 7 30.5 7. 0 1 5 Y 69 1 2 1 22 62 10 259 9 6 59 1 0 4 306 Voykodnoy PAV 59 . 7 30.5 7. 0 1 5 Z 5 1 1 1 69 1 4 303 4 3 300 1 2 26 VOY 60 . 0 30.7 2. 5 1 76 X 88 34 168 65 28 328 22 17 263 6 16 50 VOV 60. 0 30.7 2. 5 1 76 Y 89 25 121 75 1 7 288 39 1 3 1 29 36 7 197 Lenin^ad VOY 60. 0 30.7 2. 5 176 Z 5 43 270 8 32 339 45 19 331 13 1 7 236 LE 60. 1 358.8 2. 5 1 76 X 1 30 60 191 119 41 351 25 22 1 2 1 5 22 255 LE 60. 1 358.8 2. 5 1 76 Y 73 44 1 30 79 27 255 10 1 5 83 21 1 0 239 L E 60 . 1 358.8 2. 5 1 76 Z 71 76 20 271 60 358 46 26 26 16 24 336 Nurmi jarvi NU 60 . 5 24.6 2. 5 1 76 X 113 44 158 72 32 340 24 1 5 310 2 19 220 N U 6 0 . 5 24.6 2. 5 176 Y 85 25 122 69 18 290 27 1 3 1 36 29 6 210 NU 60 . 5 24.6 2. 5 176 Z 74 47 321 36 40 340 27 18 31 3 34 20 243 NU 60. 5 24.6 2. 5 1 1 X 26 29 86 71 19 1 2 35 17 120 3 7 23 349 N U ài 1 1 60 , 5 24.6 2. 5 1 1 Y 45 22 117 62 26 259 16 18 279 5 20 284 Anchorage N U ANC 6 0 . 61 . 5 2 24.6 210.1 2. 1 . 5 5 1 1 187 Z X 64 1 37 49 91 96 1 43 49 131 34 107 28 5 29 98 27 56 23 180 6 27 25 54 26 327 A N C 61 . 2 210.1 1 . 5 187 Y 1 57 59 1 08 188 A2 254 65 30 101 42 26 274 ANC 61 . 2 210.1 1 . 5 187 Z 105 77 194 62 78 165 82 38 73 69 34 338 REF 1 1 2 2 2 1 1 1 2 2 2 1 1 1 2 2 2 1 1 1 4 4 4 1 1 1 2 2 2 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 3 3 3 1 1 1 ST. LAT. LONG. YEARS R EL AMR N B P.E 1 PHASI YA 62.0 129.7 1.0 13 X 24 29 184Ì YA 62.0 129,7 1 .0 13 Y 32 29 29 8i Yakutsk ya 62.0 129.7 1.0 13 1 41 18 105I YA 62.0 129.7 2.5 176 X 86 34 1871 YA 62.0 129.7 2.5 176 Y 58 33 9 2i YA 62.0 129.7 2,5 176 Z 27 49 2211 DO 62.1 9.1 2.0 13 X 25 35 250i 00 62.1 9.1 2.0 13 Y 67 35 141 Dombas DO 62.1 9.1 2.0 13 Z 27 45 261 DO 62,1 9.1 2.5 176 X 82 78 1901 DO 62.1 9.1 2.5 176 Y 93 40 1301 DO 62.1 9,1 2.5 176 Z 125 82 358 Healy HEA 63.9 211.0 1 . 5 187 X 118 186 2691 HEA 63.9 211.0 1 .5 187 Y 104 107 144! HEA 63.9 211.0 1.5 187 Z 206 133 256Ì BIG 64 . 0 214.2 1 .5 187 X 172 211 2 6 111 Big Delta BIG 64.0 214.2 1.5 187 Y 98 128 1761 BIG 64.0 214.2 1 .5 187 Z 180 123 261 LR 64.2 338.3 1 .0 13 X 171 214 150 Leirvogur LR 64.2 338.3 1 .0 13 Y 67 214 31 LR 64,2 338.3 1 .0 1 3 Z 197 70 160] BL 64.3 264.0 1.0 1 3 X 43 105 324) BL 64.3 264.0 1 .0 1 3 Y 101 64 224 Bl 64.3 264.0 1 . 0 1 3 Z 202 120 31 1| Bakker Lake BL 64.3 264.0 2.5 176 X 150 121 11 BL 64.3 264.0 2.5 176 Y 64 88 4?H BL 64.3 264.0 2.5 176 Z 158 117 9 6 CO 64.8 212.2 2.5 176 X 190 122 275i CO 64.8 212.2 2.5 176 Y 47 61 264 CO 64.8 212.2 2.5 176 Z 93 77 204] College CO 64.8 212.2 2.5 1 1 X 154 135 89 CO 64.8 212.2 2,5 1 1 Y 108 60 6!:l CO 64.8 212.2 2.5 1 1 Z 92 88 2]ì Uellen UE 66.2 190.2 1.0 13 X 104 78 1 1 li UE 66.2 190.2 1 .0 1 3 Y 12 78 36(1 UE 66.2 190.2 1.0 13 Z 92 50 4 li Wellen WE 66.2 190.2 2.5 176 X 94 116 31 1" WE 66.2 190.2 2.5 176 Y 58 37 10(i WE 66.2 190.2 2.5 176 Z 142 76 25 2 tu 1 34 1 1 ’n o -S 2 •i.i U) oo 253 83 O co fN 1 z < '5 cr tu lu"' 36 42 22 On < s u 2 «Sii LO o 263 106 301 *"5 'o c/) i = ^ tu i 39 38 IO z ' IO 94 273 o 266 1 'tu'" 34 50 ON Palumbo IO 98 LLZ 273 Malin & i V 22.0 30.1 15.9 5.2 (N co IO rO I I ^ I I I I I I I 1 i I I 12 11 I I LO 7 7 o a\ r4 I I I I oq 1— ; c'i I I rsj o (N fd r-i r'I m o\ 7 I ON On ^ 90,0 Signore 2-11-1923 140,0 Signore 5-6-1921 99,0 Signore 12-4-1924 136,0 Signore 1-11-1922 143,5 Signore 2-11-1924 143,0 Signore 20-2-1923 139,0 Signore 1964-1966 146,7 Palumbo Fangaia 1913 < 100 °C Signore 30-4-1930 88,0 °C Signore 1921 99,0 Signore 1-1935 88,0 SiCARDI 1927 110,0 Signore 1966-1968 100,2 Palumbo 324 A. Palumbo e R. Battista II 1.2 Fenomenologia attuale Gran parte della piana craterica della Solfatara è permeata da un flusso di gas-vapori che si manifesta più intensamente alla Bocca Grande, alla Piccola Solfatara ed alla Fangaia. In questi primi due punti la tem¬ peratura dei gas-vapori è risultata sempre più elevata rispetto alle altre località delFarea craterica. Alla Fangaia, per la presenza permanente del- Facqua, la temperatura, che viene osservata ad un metro al disotto del fondo lacustre, ha occasionalmente superato di poco i 100 °C. I dati della Fangaia non possono fornire alcuna indicazione sulle variazioni di tempe¬ ratura per la variabilità del livello dell’acqua. L'esistenza dei due punti: Bocca Grande e Piccola Solfatara, con va¬ lori della temperatura sistematicamente più elevata, potrebbe indicare che il flusso di gas e vapori da essi fuoriuscente, abbia attraversato un percorso privilegiato. III.3 Altri rilievi eseguiti Informazioni sulle strutture attraversate dal flusso di gas-vapore sono fornite dai rilievi: a) gravimetrico, che ha consentito la individuazione, nella piana craterica, di un minimo gravimetrico, più accentuato in corrispondenza della maggiore attività fumarolica, connesso con la presenza di strutture superficiali a più bassa densità, a sua volta provocata dall’azione di cao¬ linizzazione dei gas-vapori che le attraversano (Oliveri del Castillo ed al. 1964); b) sismico sparker, che ha individuato sul fondo del golfo di Poz¬ zuoli delle strutture incoerenti, alterate dall’azione idrotermale e pneu- matolitica dei gas-vapori, aventi forme di cupole e raggiungenti il fondo del mare ed alla cui sommità sono state accertate fuoriuscite di gas e vapori (De Bonitatibus et al. 1970); c) geochimico, mediante il quale si è constatata la identità nella composizione chimica dei gas-vapori delle fumarole sottomarine e della Solfatara (Tonami 1972); d) geoelettrico, che ha individuato nella piana craterica strutture a più bassa resistività elettrica (Vittozzi et al. 1965) (Rapolla 1969). I risultati di dette prospezioni consentono di dedurre che il flusso di gas-vapori che viene a giorno alla Solfatara, abbia attraversato strutture del tutto analoghe a quelle identificate sul fondo del golfo di Pozzuoli; Variazioni geotermiche alla Solfatara di Pozzuoli 325 strutture di cui lo stesso flusso di gas-vapori ha modificato i parametri fisici (conducibilità termica, permeabilità, resistività elettrica, etc.) come può del resto osservarsi nelle rocce caolinizzate affioranti alla Solfatara. È presumibile poi che, attraverso tali strutture, il flusso di gas-vapori, proveniente dalle falde profonde, incontri la via più agevole per la sua venuta a giorno. IIL4 Osservazioni del flusso Non sono state eseguite misure vere e proprie di flusso di gas-vapore. Va però segnalato che negli ultimi 20 anni la misura areale della Fangaia è passata da 220 a 530 mq mentre sono sorti, negli ultimi 15 anni altri due vulcanetti di fango in prossimità della Fangaia (Fig. 1). Anche sul fondo del golfo di Pozzuoli l’attività fumarolica ha subito una notevole intensificazione, negli ultimi 10 anni. Ciò è stato osservato, sia seguendo il metodo ecografico introdotto da Palumbo et al. (1970), sia mediante foto¬ grammi sottomarini, scattati nel 1970 e negli anni successivi in corrispon¬ denza di sorgenti ben localizzate e picchettate sul fondo, sempre dalla stessa posizione (Fig. 2). Ciò ha consentito di stimare la variazione nel tempo del flusso mediante il computo del numero di craterini e del nu¬ mero delle bolle emesse da ciascuno di essi. Si è così stimato che, dal 1970 al 1979, il flusso di gas vapori dalle sorgenti sottomarine si è de¬ cuplicato. IV. Conclusioni I dati su esposti hanno mostrato: — un incremento nei valori della temperatura dei gas-vapori nell’ul¬ timo ventennio di 13.0 °C alla Bocca Grande e di 4.9 "C alla Piccola Solfa¬ tara negli ultimi 15 anni; — un aumento nel flusso sia alla Solfatara che alle fumarole sottoma¬ rine nel golfo di Pozzuoli; — l’aumento del flusso alla Solfatara è associato all’incremento di temperatura da un nesso di causa ad effetto. II fenomeno principale osservato è costituito dall’aumento accertato nel flusso di vapore. Questo infatti potrebbe essere l’espressione in super ficie di un corrispondente aumento della qLiantità di vapore in formazione, che a sua volta è l’espressione di un aumento del contenuto di energia in formazione. b) anno 1974 Fig. 2. — Manifestazioni sul fondo del golfo di Pozzuoli. c) anno 1976 d) anno 1979 328 A. Palumbo e R, Battista È chiaro che sebbene il sistema sia isotermoisobaro, vi è una pertur¬ bazione del valore pressione-temperatura di ordine inferiore, per far fun¬ zionare il meccanismo di « fuga » di vapore che, appunto, lo mantiene isotermo ed isobaro. I fatti osservati sono quindi coerenti con la presenza in tutta la Re¬ gione di anomalie geochimiche dovute alla « fuga » di vapore e gas (emis¬ sione di CO2, anomalie di ammoniaca, acido borico e temperatura) e con¬ fermano pertanto il modello geochimico delle «fughe» di Tonani (1970) Si presume che negli ultimi anni si sia anche verificata una varia zione del rapporto gas-vapore, in quanto un aumento della temperatura dello strato alimentatore in un « sistema » stazionario, come sembra es¬ sere quello della Solfatara, dovrebbe produrre una diminuzione del sud¬ detto rapporto, per cui se ne suggerisce la misura. L'aumento dell’attività osservato alla Solfatara potrebbe rappresentare in superfìcie l'effetto ritardato dell'accumulo di energia in profondità, la quale, secondo Imbò (1971) sarebbe da porre in relazione con un processo di degassazione da parte delle masse magmatiche che, per intrusione, avrebbero raggiunto minori profondità. Secondo Caputo (1979) poi, l’aumento del contenuto di energia, dovuto presumibilmente alla migrazione di isoterme, in parte si è trasformata in onde sismiche ed ha eseguito deformazioni plastiche ed in parte resta ancora accumulata come energia plastica e gravitazionale. Secondo Oli- veri DEL Castillo et al. (1969) l’aumento del flusso di calore dal basso avrebbe determinato una accentuazione dei moti convettivi nell’acqua di impregnazione che, secondo Goguel (1953), può sussistere nella fase di vapore lungo i percorsi privilegiati, ossia lungo le linee di minor resi¬ stenza, attraverso le quali, come alla Solfatara, il vapore raggiunge poi la superficie. L’aumento del flusso di calore dal basso determinerebbe cioè l’incre¬ mento dell’energia cinetica responsabile, a sua volta, dell’accentuazione osservata nel flusso dei gas-vapori in superficie. Alternativamente si possono intravvedere, nell’aumento di attività alla Solfatara dei segni premonitori dell’attività del vulcano flegreo. Visto che neH'intervallo di tempo dal 1959 al 1968 Corrado e Palumbo (1968) non accertarono alcun sollevamento del suolo, mentre invece aveva luogo l’accumulo di energia, indicato dall’accertato aumento nel flusso di gas- vapori e nella temperatura, si può presumere che durante quell’intervallo di tempo, si andavano maturando le condizioni che diedero poi luogo ai fenomeni bradisismici verificatisi dopo il 1969. Variazioni geotermiche alla Solfatara di Pozzuoli 329 Si ponga in bilancio da una parte il flusso entrante di energia (gran¬ dezza che converrebbe sempre sorvegliare) e dall’altra quello uscente co¬ stituito dall’energia: (i) spesa per le deformazioni plastiche; (ii) liberata durante l’attività sismica; (iii) accumulata nelle sue varie forme di energia interna (moti con¬ vettivi dell’acqua di impregnazione, energia gravitazionale, termica, chi¬ mica, etc.) di cui il flusso di gas-vapori potrebbe costituire un indice. Poiché i termini (i) e (ii) stanno gradualmente diminuendo dal 1972 ad oggi (Osservatorio Vesuviano), mentre è tuttora crescente il flusso di gas-vapori (iii), nel caso in cui l'andamento crescente nel tempo del termine (iii) si verifichi prima di quelli dei termini (i) e (ii) come è acca¬ duto negli anni sessanta, si può azzardare l’ipotesi che si stiano riprodu¬ cendo le condizioni che hanno portato ai fenomeni osservati dopo il 1969. Anche se questa è solo un’ipotesi, sostiene la proposta ed il progetto di Palumbo e Paglini (1970) di estendere le osservazioni geotermiche al¬ l’intera area flegrea ed in mare per ottenere informazioni sull’evoluzione dell'attività vulcanica. Dal punto di vista della ricerca di energia geotermica le presenti os¬ servazioni indicano che l’energia è in fase crescente. La via più probabile ed agevole per l’individuazione di anomalie geotermiche a piccola profon¬ dità potrebbe essere quella indicata dal percorso dei gas-vapori. BIBLIOGRAFIA Caputo M., 1979 - Two thousand years of geodedic and geophysical observation in thè Phlegrean Fields near Naples. Geophys J. R. astr. Soc., voi. 56. Corrado G., Palumbo A., 1968 - Osservazioni sul bradisisma flegreo. Boll. Soc. Nat., Napoli LXXVIL De Bonitatibus A., Latmiral G., Latmiral G., Mirabile L., Palumbo A., Sarpi E , Scalerà A., 1970 - Rilievi sismici per riflessione: strutturali, ecografìci (fuma¬ role) e batimetrici nel golfo di Pozzuoli. Boll. Soc. Nat., Napoli, LXXIX. Goguel J., 1953 - Le regime termique de l’eau souterranie. Ann. Mines, voi. 10. Imbò G., 1970 - Inversione nel bradisismo puteolano. Boll. Soc. Nat., Napoli, LXXIX. Olivbri del Castillo a., Palumbo A., Percopo E., 1964 - Contributo allo studio della Solfatara di Pozzuoli mediante osservazioni gravimetriche. Ann. Oss. Ves. Oliveri del Castillo A., Quagliariello M. T., 1969 - Sulla genesi del bradisismo flegreo. Atti XVIII Conv. Ass. Geof. Italiana. Osservatorio Vesuviano: rapporti annuali sul bradisismo flegreo, 1970-79. Palumbo A., 1966 - Osservazioni geotermiche alla Solfatara di Pozzuoli. Boll. Soc. Nat., Napoli, LXXV. 21 330 A. Palumho e R. Battista Palumbo a., Latmiral G., Mirabile L., Scalerà A,, 1970 - Metodi ecografici per l’individuazione e lo studio delle manifestazioni fumaroliche e delle strut¬ ture sottomarine. Boll, Soc. Nat., Napoli, LXXIX. Palumbo A., Paglini E., 1970 - Proposta per V installazione di una rete geotermica nel golfo di Pozzuoli. Boll. Soc. Nat., Napoli, LXXIX, Rapolla a., 1969 - Geolectrical survey of a fumarolic area. Atti XIII Conv. Ass, Geof. Italiana. Tonami F., 1070 - Geochemical methods of exploration for geothermal energy. Geothermics, Special, Issue, parte I, voi. 2. Tonami F., 1972 - Rilevamento geochimico delle emanazioni vulcaniche nella Baia — di Pozzuoli. Quad. Rie. Scienti!,, voi. 83, CNR Roma. ViTTOZzi P., Rapolla A., 1965 - Rilevamento geoelettrico alla Solfatara di Poz¬ zuoli. Atti XIV Conv. Ass. Geofis. Italiana. La presente nota è stata accettata il 14-3-1980. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 331-365, figg. 12 Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica Conferenza del socio Vincenzo Vitagliano{*) (Seduta del 12 dicembre 1979) Riassunto. — Quando un processo irreversibile si allontana dalle condizioni di vicinanza airequilibrio, le equazioni fenomenologiche che lo descrivono ces¬ sano di essere equazioni lineari ed i coefficienti di queste equazioni divengono, in generale, funzioni delle forze motrici. Questo fatto, chiaramente evidenziabile nel campo delle cinetiche chimiche, può portare al sorgere ed all'evolversi di nuovi ed interessanti fenomeni non os¬ servabili in vicinanza deirequilibrio. Tra questi ricordiamo la possibilità dell'esistenza di più stati stazionari e quella di cinetiche oscillanti. L’accoppiamento con la diffusione può portare alla formazione di strutture spaziali ordinate che si mantengono stabili finché il processo irreversibile si evolve lontano daH’equilibrio. Vengono illustrati alcuni modelli tipici di queste cinetiche. Summary. — When an irreversible process develops fra from equilibrium, its phenomenological equations are no more linear and their coefficients become functions of thè forces. This fact, commonly observed in Chemical kinetics, can promote thè ap- pearance of new and interesting phenomena not possible in thè neighbourhood of equilibrium. We may remember thè existence of multistationary state systems and that of oscillatory reactions. The coupling of kinetics and diffusion may promote thè rising of spatially ordered structures, which are stable only as far as thè process evolves far from equilibrium. Some typical kinetics models are discussed. La recente traduzione in italiano di una serie di saggi del Prof. Ilya Prigogine, premio Nobel per la chimica nel 1977, pubblicati sotto il titolo « La Nuova Alleanza », ha portato all'attenzione di un vasto pubblico il la- (*) Istituto Chimico, Facoltà di Scienze dell'Università di Napoli. 332 V. Vit agitano VOTO svolto nel corso deirultimo ventennio da Prigogine e dalla sua scuola [1], Nel libro citato sono messi in evidenza non solo gli aspetti scientifici ma anche le implicazioni filosofiche che si possono trarre dall'opera di questo scienziato. Io mi limiterò qui ad illustrare alcuni esempi che potranno chiarire l'importanza scientifica della nuova termodinamica sviluppata dalla scuola di Bruxelles. Uno dei meriti di Prigogine è stato quello di aver messo in evidenza che un gran numero di fenomeni della realtà in cui viviamo possono essere descritti da equazioni matematiche molto simili e che quindi un'analisi delle stesse equazioni è utile nello studio di fenomeni apparentemente molto di¬ versi. Possono quindi trovarsi raggruppati in una possibile descrizione uni¬ taria problemi che investono campi della scienza molto lontani tra loro: ingegneria, elettronica, chimica, biologia, ecologia, economia, psicologia, . . . Un secondo merito, molto importante per le implicazioni filosofiche che ne derivano, è l'aver mostrato la via per un’interpretazione unitaria dei processi chimico-fisici che avvengono nella materia vivente e di quelli del mondo inorganico. Come la sintesi dell’urea dall'isocianato di ammonio aprì la via, nel secolo scorso, a riconoscere una sostanziale uguaglianza tra i composti chi¬ mici ottenuti per sintesi dagli elementi del mondo inorganico e quelli sin¬ tetizzati dall'essere vivente, così gli studi di Prigogine aprono la strada alla comprensione che vi è sostanziale uguaglianza anche tra le trasforma¬ zioni che avvengono nel mondo inorganico e quelle che avvengono nell’es¬ sere vivente e che portano alla sua evoluzione dalle forme più primitive verso quelle più complesse [2, 3, 4]. È possibile individuare tre livelli di descrizione del mondo fisico. Il primo livello comprende i fenomeni della meccanica, classica e quanti¬ stica. Questi fenomeni non distinguono tra il passato ed il futuro: un pendolo che oscilla senza smorzamento, per esempio, si comporta in modo identico sia che consideriamo il suo moto verso il « domani », sia che lo consideriamo verso !’« ieri ». Lo stesso può dirsi per il comportamento degli elettroni in una molecola. Tutti i processi che non distinguono la direzione del tempo possono essere, in genere, descritti da equazioni differenziali del tipo: ' ' a?' “ L 3x^ ^ 3/ ^ 3z' J dove t è il tempo, % una costante ed y, z le coordinate spaziali. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 333 È chiaro che Fequazione (1) è invariante rispetto alla sostituzione t~^ - t: 9^ _ 9> dd d(-ty la (1) descrive processi detti reversibili. Il secondo livello di descrizione prende in considerazione i processi che interessano un grande numero di particelle (o in generale di sotto-sistemi). Questi processi possono essere interpretati solo introducendo considera¬ zioni statistiche, le equazioni differenziali che li descrivono sono del tipo: (3) _ r i dt ^ [ dx^ a/ ar . Trasporto di materia, diffusione, conduzione elettrica e termica sono esem¬ pi di processi descritti dalla (3). Vi è una sostanziale differenza tra la (1) e la (3); nella seconda equa¬ zione la sostituzione t-^ — t inverte il segno dell’espressione: (4) a^^ _ _ _ a dt ~ d{-t) Fenomeni descritti dalla (3) introducono quindi una direzione nel pa¬ rametro tempo che diventa così un vettore: la descrizione di una trasfor¬ mazione rappresentata dalla (3) è diversa se si considera l’evoluzione dal passato verso il futuro, o la « storia » dal presente verso il passato. Tutte le trasformazioni che avvengono nel mondo fisico sono, in pra¬ tica, del tipo descritto dalla [3], esse sono chiamate trasformazioni spon¬ tanee o irreversibili. L’irreversibilità è la causa della direzionalità del tempo; resistenza di un passato distinto dal futuro è dovuta all’esistenza delle trasformazioni irreversibili. A sua volta Tirreversibilità è dovuta al fatto che i sistemi reali sono costituiti da un gran numero di subunità (particelle, molecole, entità indi¬ viduali, . . .) ed ogni trasformazione che coinvolge tali sistemi tende « stati¬ sticamente » ad incrementarne il disordine. Basta, per rendersi conto di questo, immaginare il semplice processo del mescolamento di un mazzo di carte: vi sono 40! (~ 8.159 x 10“^) modi di distribuire le quaranta carte di un mazzo e tra questo enorme numero di modi la distribuzione ordinata per numero e colore è unica. Iniziando il mescolamento di un mazzo ordinato e continuandolo anche per tempi 334 V. Vitagliano molto lunghi è assai difficile, se non impossibile, che si ripresenti la di¬ stribuzione ordinata iniziale. E ci troviamo di fronte ad un sistema di sole 40 subunità, nei sistemi ecologici vi sono migliaia o milioni di subu¬ nità, nei sistemi chimici il numero è dell'ordine di Altri esempi di incremento spontaneo del disordine possono essere il mescolamento di due liquidi o la caduta di un grave. In quest'ultimo caso, l'energia cinetica « ordinata » dell'oggetto che cade si distribuisce, quando tocca terra, in energia cinetica « disordinata » delle sue molecole e di quelle del terreno circostante, diventa cioè energia termica. Non è prati¬ camente possibile che l'energia cinetica disordinata di tutte queste mole¬ cole si riordini, ad un certo istante, per rilanciare verso l'alto l’oggetto caduto. Il principio dell’incremento spontaneo del disordine è il II principio della termodinamica. La funzione che misura il grado di disordine, o me¬ glio, di complessità di un sistema è detta entropia; il secondo principio della termodinamica afferma che in ogni sistema isolato l'entropia può soltanto crescere. In realtà non vi è contraddizione tra le due descrizioni del mondo fì¬ sico; la prima considera sistemi semplici, la seconda non è che l'estensione della prima ai sistemi costituiti da un grande numero di entità. Il terzo livello di descrizione dei fenomeni naturali prende in consi¬ derazione i processi che avvengono negli esseri viventi. Qui sembra che il II principio della termodinamica non sia rispettato. I processi che avvengono negli esseri viventi sembrano contraddire il principio dell'incremento spontaneo del disordine. L'essere vivente si evol¬ ve organizzando la materia disordinata verso strutture sempre più ordi¬ nate e complesse, strutture che vengono mantenute fino alla morte. Non solo, ma nel mondo vivente si osserva anche il processo di evoluzione che dalle forme di vita primitive ha portato ad un incremento di complessità e di organizzazione su su fino ai mammiferi ed all'uomo. Questo fatto ha portato in passato ad ipotizzare la possibile esistenza nel mondo fisico anche di un principio « antientropico » o sintropico, com¬ plementare al II principio della termodinamica [5]. Prigogine e la sua scuola hanno messo in evidenza che non è neces¬ sario invocare un dualismo tra processi evolutivi biologici e processi irre¬ versibili. L’evoluzione biologica si manifesta nell’ambito e nel rispetto del se¬ condo principio della termodinamica, quindi il « terzo livello » di descri¬ zione è più apparente che reale, da qui il titolo del libro « La Nuova Alleanza ». Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 335 Prigogine ha infatti mostrato la possibilità dei sistemi di evolversi, durante una trasformazione irreversibile, verso strutture ordinate che si mantengono tali proprio a spese delFirreversibilità del processo. Questo tipo di strutture sono state chiamate strutture dissipative. Il fenomeno è più sottile di quanto non possa sembrare a prima vista; anche nell'ambito dei fenomeni studiati dalla termodinamica classica può crearsi, localmente, bordine a spese di un maggior disordine delFambiente circostante. Basti pensare alla cristallizzazione di un liquido durante la quale il calore di fusione è ceduto alFambiente esterno. Un simile ordine è tuttavia « statico », porta airequilibrio e non è suscettibile di ulteriore evoluzione. I fenomeni evidenziati e discussi da Prigogine sono di tipo dinamico, bordine si crea e si mantiene durante e perché esiste una trasformazione irreversibile, la struttura ordinata è una struttura in evoluzione entro la quale è in atto una trasformazione spontanea, quindi irreversibile. Ordine ed organizzazione spariscono se il processo irreversibile viene ad interrom- persi per l'approssimarsi di uno stato di equilibrio. Un esempio molto semplice di struttura dissipativa può essere osser¬ vato nel moto di un fluido entro un condotto. Finché la velocità è abba¬ stanza bassa il fluido scorre con moto laminare (regime di Stokes), ma oltre un limite ben preciso il moto passa da laminare a turbolento (regi¬ me di Newton). Nel fluido si creano i vortici, cioè delle strutture altamente organizzate: nel fluido si crea bordine dal disordine a spese dell'energia dissipata per fare scorrere il fluido a forte velocità. Se quest'ultima dimi¬ nuisce i vortici spariscono e si ritorna al regime laminare. È nostra intenzione di illustrare, nelle pagine che seguono, alcuni mo¬ delli di possibili cinetiche che portano alla così detta « rottura delia sim¬ metria », cioè all’apparizione nel sistema di situazioni nuove, non preve¬ dibili in prossimità dell’equilibrio. Situazioni che stanno alla base di una organizzazione strutturale e di una possibile evoluzione del sistema verso quegli stadi di ordine dinamico che simulano l'evoluzione biologica. Equilibrio e processi irreversibili Le condizioni di stabilità termodinamica dei sistemi adiabatici e di quelli isolati impongono che la loro entropia sia massima (v. Fig. 1): (5) S(gOmax dove le gi sono le variabili di stato (temperatura, pressione, concentra¬ zione, , . che definiscono lo stato del sistema. 336 V. Vitagliano Qualsiasi spostamento dalle condizioni di equilibrio porterebbe quindi il sistema verso valori della sua entropia più bassi di Smax: (6) 5S < 0 Se, d'altro canto, il sistema non è aH'equilibrio (Fig. 1, caso A) la sua evo¬ luzione lo deve portare verso il valore massimo dell'entropia: S Smax, Fig. 1. — Rappresentazio¬ ne dell'entropia di un sistema in funzione dei parametri di stato, ed evoluzione di S verso l'equilibrio (ca¬ so A) o verso uno stato stazionario (B). quindi una trasformazione spontanea (irreversibile) che si evolve nel tem¬ po deve necessariamente ubbidire alla condizione: (7) dove l'integrazione si intende estesa a tutto il volume V del sistema. La (7) è un modo di esprimere il II principio della termodinamica. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 337 Nei sistemi aperti Fentropia può essere scambiata con Festerno e la relazione (7) deve essere completata tenendo conto di questo fatto: (8) il primo termine a destra è Fentropia scambiata con l’ambiente esterno lungo il contorno del sistema, questo termine può essere sia positivo che negativo; il secondo termine è la produzione di entropia dovuta alla irre¬ versibilità delle trasformazioni che avvengono entro il sistema, ed il II principio della termodinamica impone la condizione: (9) condizione che deve essere verificata anche localmente, cioè in ogni ele¬ mento di volume del sistema deve essere valida anche la relazione: (10) L'espressione (8) può essere anche negativa, infatti un sistema che si trasforma sotto la spinta di forze esterne può anche diminuire la propria entropia mentre evolve verso l'equilibrio. È il caso di un bicchiere d'acqua che gela entro un frigorifero, Fentropia del ghiaccio è minore di quella dell’acqua liquida, ma questa trasformazione non è adiabatica perché l’ac¬ qua cede calore al frigorifero durante la solidificazione e con esso cede entropia in quantità maggiore di quanta non ne produca la solidificazione che avviene irreversibilmente. Equazioni fenomenologiche Le equazioni che descrivono un processo irreversibile sono dette gene¬ ricamente equazioni fenomenologiche. Queste equazioni mettono in rela¬ zione il processo « in se », che può essere sempre visto come il moto o meglio il fluire di « qualcosa »: calore, energia, materia, quantità di moto, elettricità, . . . , con le cause che provocano la trasformazione e sono dette forze motrici. Le forze motrici sono, in genere, gradienti di parametri di stato (temperatura, pressione, concentrazione, , . .). 338 V, Vitagliano Un’equazione fenomenologica è quindi scritta nella forma: (11) 7, = /(X,, X,,...., X,,....) la (11) è, in definitiva, un modo generico di esprimere la (3); 7, sono i flussi, questi possono essere grandezze vettoriali nei processi che interes¬ sano moto (cioè spostamento nello spazio) di materia, energia, elettricità, oppure grandezze scalari come nelle reazioni chimiche dove 7, sono velo¬ cità di reazione, cioè variazioni di concentrazione nel tempo. Le Xk sono forze motrici: anch'esse sono vettori nei processi irreversibili che interes¬ sano fenomeni di trasporto, o scalari nelle reazioni chimiche (le affinità di reazione). È qui opportuno mettere in evidenza due punti circa le equazioni (11). È innanzitutto da notare che processi irreversibili diversi possono essere descritti dalla stessa equazione fenomenologica; così per esempio, la legge di Fick per la diffusione: (12) 7, = -Z)gradC mette in relazione il flusso di materia con il gradiente di concentrazione, la legge di Fourier per il moto di energia termica: (13) = - k grad T mette in relazione il flusso di calore con il gradiente di temperatura, la legge di Ohm: (14) / = - (1/i^) grad U mette in relazione l’intensità di corrente con il gradiente di potenziale elet¬ trico. Le tre leggi sono formalmente identiche, i coefficienti di proporzio¬ nalità D, k e R sono rispettivamente il coefficiente di diffusione, il coeffi¬ ciente di conducibilità termica e la resistenza elettrica. Il secondo punto è il fatto, implicito neH'equazione (11), che ogni flusso può essere causato da più forze, non solo da quella ad esso asso¬ ciata ‘ (materia-gradiente di concentrazione, calore-gradiente di tempera- ^ L'associazione flusso-forza motrice implica sempre che il prodotto delle due grandezze associate abbia le caratteristiche di un’energia « trasportata » o « mo¬ dificata » (intensità di corrente x gradiente di potenziale elettrico, quantità di Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 339 tura, intensità di corrente-gradiente di potenziale elettrico), come nei casi semplici delle equazioni (12)-(14). Esistono cioè degli effetti incrociati: così, per esempio, un gradiente di potenziale elettrico può causare un flusso di energia termica ed un gra¬ diente di temperatura una corrente elettrica (sono i ben noti effetti Peltier e Seebek che si osservano nelle pinze termoelettriche), un gradiente termico può causare diffusione di materia (termodiffusione o effetto Soret), ecc. . . . Le equazioni fenomenologiche (11) possono sempre essere espresse in funzione delle forze motrici come uno sviluppo in serie di potenze del tipo: (15) Estensione della termodinamica classica agli stati di non-equilibrio Quando i gradienti dei parametri di stato che causano un processo irreversibile sono sufficientemente piccoli sicché in ogni elemento di vo¬ lume del sistema questi gradienti non superano le variazioni che local¬ mente avvengono anche in condizioni di equilibrio per effetto delle flut¬ tuazioni, è possibile ammettere che, anche in presenza di una trasforma¬ zione irreversibile, il sistema si trovi, localmente, in ogni suo elemento di volume, nelle condizioni di equilibrio. Questa ammissione, detta ipotesi delLequilibrio locale, consente di estendere le espressioni matematiche che descrivono le funzioni di stato di un sistema alLequilibrio anche in condizioni di non-equilibrio. Si tratta, in definitiva, di sommare le proprietà di ogni singolo elemento di volume, dove si ammette resistenza delLequilibrio locale, su tutto il volume del sistema. calore x gradiente termico, ecc...); anche nel caso della diffusione si può consi¬ derare un trasporto di energia collegato alla materia (energia libera o potenziale di Gibbs), l'equazione (12) andrebbe perciò modificata nella forma: (12 a) Ji = — D Ci grad (In Ci) = — M grad (In Cd Nel rispetto di questa corrispondenza vi è una certa arbitrarietà nella scelta delle forze motrici da associare ai singoli flussi. Una scelta più restrittiva è im¬ posta per verificare, come si dirà in seguito, l'equazione (16). 340 V. Vitagliano L'ipotesi deH'equilibrio locale è abbastanza restrittiva ma è possibile ritenerla valida per la maggior parte delle trasformazioni spontanee, esclu¬ dendo, al più, casi particolari come, per esempio, le cinetiche esplosive. Questa ipotesi consente di calcolare la funzione cr definita dall'equa¬ zione (10), si dimostra infatti che la produzione di entropia è data dal¬ l’espressione: (16) = cr = Z 7, X a t Per ottenere la funzione cr bisogna tuttavia scegliere opportunamente le forze motrici da associare ai flussi; cosi, nel caso della diffusione (eq. 12 o 12 a) la forza motrice che rispetta la (16) non è nè il gradiente di concentrazione nè quello del suo logaritmo, ma il gradiente del potenziale chimico, e nel caso della conduzione termica, per verificare la (16) occorre scegliere grad(— l/T) anziché grad T. In prossimità deH'equilibrio le forze motrici sono abbastanza pic¬ cole, quindi nello sviluppo in serie (15) i termini di ordine superiore al primo possono essere trascurati, inoltre, poiché all'equilibrio tutte le forze Xfc e tutti i flussi sono nulli, l'equazione (15) si riduce alla forma lineare: (17) 7, = Z X. = Z Z,;x» È stato dimostrato da Onsager [6] e verificato sperimentalmente che in queste condizioni la matrice dei coefficienti L”* è simmetrica: (18) Ll=Ll le (18) sono dette relazioni di reciprocità di Onsager. Evoluzione dei processi irreversibili Ogni trasformazione irreversibile si evolve cercando di portare il si¬ stema verso l'equilibrio. Queste condizioni vengono raggiunte se non esi¬ stono vincoli esterni al sistema che glielo impediscono (v. Fig. 1, caso A). I vincoli sono forze motrici imposte dall'esterno, così una differenza di temperatura tra due punti di un sistema impedisce il raggiungimento deH'equilibrio termico e rimarrà presente un flusso di calore. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 341 Nella Fig. 1, caso B, Fimposizione di un valore diverso da quello al- Tequilibrio per il parametro gz mantiene nel sistema, non più isolato, una forza motrice (grad gz = gz — gi ) ed il sistema non potrà più raggiungere le condizioni S^ax di equilibrio. Nei casi di processi irreversibili descritti dalle equazioni fenomeno- logiche lineari (17), quando il sistema non può raggiungere l'equilibrio esso si evolve verso una condizione detta stato stazionario (Fig. 1, caso B) caratterizzato da un massimo relativo delFentropia, Sstaz, e da un minimo della funzione cr. Allo stato stazionario tutti i flussi e tutte le forze raggiungono un va¬ lore costante indipendente dal tempo, in particolare i flussi relativi alle forze non imposte dall’esterno si annullano: (19) Ji = costante (per tutti i flussi relativi alle forze X, imposte co¬ stanti dall’esterno) (20) Jk = 0 (per tutti i flussi relativi alle forze Xk non imposte dall’esterno). Le forze Xu , in genere, non si annullano, esse raggiungono infatti quei va¬ lori che consentono l’annullarsi dei flussi associati, A . Per quanto riguarda la funzione cr possiamo dire che l’evoluzione verso lo stato stazionario è definita dalla relazione : (21) . 0 dove il segno di uguaglianza corrisponde a (stato stazionario); qui, la presenza di un massimo relativo della funzione S e di un minimo della cr porta anche alle relazioni: per tutte le forze non imposte dall’esterno. Molti processi irreversibili rientrano nel campo di quelli descritti dalle equazioni lineari (17), per esempio la diffusione, il passaggio di elettricità secondo la legge di Ohm, la conduzione termica, il moto dei fluidi in regi¬ me di Stokes (laminare). Si parla in questi casi di processi irreversibili vicini alV equilibrio. 342 V. Vi tagliano Vi è tuttavia una classe di trasformazioni spontanee che soltanto in casi eccezionali possono essere descritte da equazioni lineari, si tratta delle cinetiche chimiche. Basta infatti considerare anche una reazione semplicissima: ki (23) A ^ B ki per vedere che l'equazione della cinetica non è lineare. La velocità della reazione (23) è data da: (24) = = a t a t nella (24) A e B sono le concentrazioni delle specie A e B, ki e kz sono le costanti di velocità della reazione diretta e di quella inversa; la costante di equilibrio della (24) sarà Ke = ki / kz . La forza motrice di una reazione chimica da introdurre nell'equazione (16) è l'affinità di reazione, cioè la variazione dell'energia libera del sistema al variare del grado di avanzamento della reazione h (25) a= = -RTln[&^] Introducendo l'affinità della reazione nell'equazione (24) si ottiene: (26) J = k,A^l - ~ Ke' Come si vede la (26) è ben lungi dall'essere un'equazione fenomenologica lineare. Una linearizzazione della (26) è possibile soltanto se la cinetica (23) è una perturbazione dello stato di equilibrio, cioè soltanto nelle condizioni in cui l'affinità sia molto piccola: (27) a«RT allora uno sviluppo in serie di potenze della (26) può fermarsi al primo termine: (28) J = k,A~^ = k,X = fe.A [ 1 - exp(- a/RT) j ^ Il grado di avanzamento di una reazione, è la frazione di equivalente chi¬ mico di ogni generico partecipante alla reazione che si è trasformata: varia da 0 in presenza dei soli reagenti a 1 in presenza dei soli prodotti della reazione [7]. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 343 Quando un processo irreversibile non è più descritto dalle equazioni fenomenologiche (17), anche se rimane valido il principio delhequilibrio locale che consente di definire le funzioni termodinamiche di stato in ogni elemento di volume del sistema, il criterio generale di evoluzione dato dalla (21) non è più valido. Prigogine e la sua scuola [2, 4] hanno dimostrato che è ancora pos¬ sibile definire un criterio di evoluzione; esplicitando infatti il differenziale della funzione a secondo l’espressione: (29) da- = = I.J,dXi + EXd/, = do-. + d(Tj si dimostra che: (30) dove il segno di uguaglianza, nella (30), vale allo stato stazionario. La (30) non è tuttavia un’espressione che consenta di prevedere la via di evoluzione di una trasformazione. Ovviamente, il sistema cerca sempre di raggiungere uno stato di equi¬ librio dove tutti i flussi e tutte le forze si annullano. In presenza di forze esterne fisse, però, l'equilibrio non può essere raggiunto e la via di evolu¬ zione del sistema deve essere cercata facendo un’analisi dettagliata delle equazioni della cinetica. Infatti, in queste condizioni, possono manifestarsi, per il sistema, si¬ tuazioni nuove, non prevedibili e non possibili in prossimità dell'equili¬ brio; le più importanti sono: 1) Il sistema è instabile, la sua evoluzione ha carattere esplosivo per cui, a lungo andare, le forze esterne non possono più essere mantenute co¬ stanti ed il sistema finirà con il dirigersi verso stati non prevedibili dalle equazioni della cinetica. 2) Possono esistere diversi stati stazionari, alcuni stabili altri non stabili ed il sistema si evolverà raggiungendo l'uno o l'altro degli stati sta¬ zionari stabili secondo le sue condizioni iniziali. Il criterio di stabilità lo¬ cale di uno stato stazionario è dato dall'espressione: (31) dt 5^ S = Z 5 7, S Xi > 0 La (31) afferma che una variazione locale delle forze comporta una va¬ riazione dello stesso segno nei flussi, per cui il sistema tende a riportarsi 344 V, Vitagliano nelle condizioni iniziali. La (31) è un’estensione del principio di Le Chate- lier dell'equilibrio mobile agli stati stazionari di non equilibrio. 3) L'avvicinamento ad uno stato stazionario può essere asintotico attraverso una serie di oscillazioni smorzate, 4) Lo stato stazionario non è stabile, ma vi è una linea di stabilità attorno ad esso nella quale il sistema entra, continuando ad evolversi se¬ condo una cinetica oscillante (ciclo limite). 5) L’interferenza di processi diffusivi con la cinetica provoca il ma¬ nifestarsi di strutture spaziali ordinate (strutture dissipative). Queste strutture sono zone di spazio entro le quali l'entropia del si¬ stema diminuisce perché L'ordine e quindi il basso valore dell’entropia è mantenuto a spese della dissipazione (o^v » 0) dovuta all'irreversibilità, esso si distrugge non appena questa dissipazione diminuisce al di sotto di una soglia limite. Analisi delle equazioni di una cinetica Una generica cinetica chimica può essere descritta da un sistema di equazioni differenziali del tipo: (32) dove A, B, .. . sono le concentrazioni delle specie reagenti, imposte costanti dall'esterno perché i flussi Ja, Jb, . . . sopperiscono al consumo delle specie Fig. 2, man mano che la reazione procede (v. Fig. 2). P, Q, . . . sono le concentra¬ zioni dei prodotti, anch'esse costanti perché i flussi Jp, /q, , . . provvedono ad eliminare i prodotti man mano che si formano. A, B, . . . P, Q, . . . sono Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 345 i vincoli imposti dalFesterno al sistema che si evolve. Xi, Xi, . . . Xk, , . . sono le concentrazioni delle specie intermedie e non sono sottoposte ad alcun vincolo, salvo quello di rimanere entro il sistema. Come già si è detto, quando viene raggiunto uno stato stazionario tutti i flussi Ja, Jb, ^ ^ Jp, /q, . . . divengono costanti (eq. 19) e tutti i flussi h, /a, o . . . . . si annullano (eq. 20). In uno stato stazionario, quindi, le equa¬ zioni della cinetica divengono: (33) Ji = fi {XX (X)2, {XX . . = 0 per ogni intermedio X. . In presenza di diffusione la (33) va scritta: (34) /, =f,{A,B,...P,Q,... (XX (XX ...(XX...) + Xi^‘ ^ ° dove Di è il coefficiente di diffusione della specie Xj ed r sono le coordi¬ nate spaziali. Lo studio della cinetica (32) consiste, innanzitutto, nella ricerca di eventuali stati stazionari, risolvendo il sistema di equazioni (33) o (34), Le soluzioni fisicamente accettabili per le X* (valori reali e positivi delie con¬ centrazioni) corrispondono a stati stazionari possibili. Uno stato stazionario è stabile quando un sistema, allontanato da esso per qualche perturbazione, vi ritorna spontaneamente, questo avviene quando è verificata Fespressione (31). Lo stato stazionario sarà instabile se una perturbazione tende ad amplificarsi, per cui un sistema che si al¬ lontana da esso non può ritornarvi più. Per l'analisi della stabilità di uno stato stazionario bisogna, innanzi¬ tutto, linearizzare le equazioni (32) attorno allo stato in esame; se x,- è una perturbazione nella concentrazione di X. allo stato stazionario ( I X; I « (Xs),-), posto: (35) X,- = X,- - {Xs)i si avrà: (36) X- (X-ì = ^ C.x, dt k \ d Xk ) s Poiché non siamo in prossimità delFequilibrio le relazioni di reciprocità di Onsager non debbono essere necessariamente rispettate ed, in generale: (37) Lik ^ Lki 22 346 V. Vitagliano Le (36) sono un sistema di equazioni differenziali lineari la cui solu¬ zione generale è del tipo: (38) Xi = I. dik exp (kk t) k dove le a,^ sono costanti di integrazione e le "kk sono le radici delFequazione caratteristica che si ottiene risolvendo il determinante: {L\i — X) L\2 U (39) U ÌL22 - \) L2n = 0 Lnl Ln2 . {Lnn — X,) 1) Stato Stazionario Stabile: x, ~»0 per t-^00, tutte le radici Xk devo¬ no essere negative. La Fig. 3 a mostra uno schema di percorso di reazione verso uno stato stazionario stabile. Se qualche radice \k comprende coppie di numeri immaginari, lo stato stazionario è asintoticamente stabile ed il percorso di reazione è rappresentato da una spirale (Fig. 3b). 2) Stato Stazionario instabile: x, -» + 00 per t-»oo, almeno una ra¬ dice kk è positiva. I percorsi di reazione sono rappresentati in Fig. 3 c,d. 3) Centro: Se tutte le radici kk sono immaginarie, le equazioni (38) si riducono ad una combinazione lineare di funzioni sinusoidali ed il si¬ stema ruota attorno allo stato stazionario in una condizione di a-stabilità (Fig. 3 e). Questa situazione non è cineticamente stabile, nei processi reali è in¬ fatti necessario tener conto delle fluttuazioni locali; queste fluttuazioni, durante la rotazione, favoriscono l'aumento del raggio dell’orbita, per cui il sistema, alla fine, si comporta come nel caso della Fig. 3d (stato stazio¬ nario asintoticamente instabile, v. anche Fig. 3 g). È tuttavia possibile che aH'esterno dello stato stazionario esista un percorso di reazione chiuso, stabile, raggiungibile sia daH'esterno che dal¬ l’interno (Fig. 3f); questo percorso è detto ciclo limite, la sua ricerca non può, tuttavia, essere fatta sulla base dell’analisi delle equazioni lineariz¬ zate (36). Come si è già accennato prima, in prossimità deH’equilibrio l’unico caso possibile è la presenza di uno stato stazionario stabile (Fig. 3 a), co¬ munque, anche in lontananza dall'equilibrio, perché si realizzino le situa¬ zioni particolari descritte, è, in genere, necessaria la presenza di cinetiche superiori al secondo ordine. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 347 Per illustrare modelli semplici viene scelta quasi sempre una cinetica autocatalitica del terzo ordine suggerita dalla scuola di Prigogine: (40) 2X + Y~>3X La cinetica (40) non è fisicamente molto realistica, ma consente di illu¬ strare il comportamento di modelli matematici piuttosto semplici. Fig. 3. — Possibili percorsi di reazione attorno ad uno stato stazionario: (a) stato stazionario stabile (fuoco stabile), (b) stato stazionario asintoticamente stabile, (c) stato stazionario instabile (fuoco instabile), (d) stato sta¬ zionario asintoticamente instabile, (e) centro (stato stazionario astabi¬ le), (f) ciclo limite, (g) possibili percorsi reali attorno ad un centro. È stato, del resto, messo in evidenza che sequenze di reazioni cataliti¬ che del secondo ordine comprendenti più di due specie reagenti possono, in opportune condizioni, essere ridotte ad un processo del tipo (40) [8]. 348 V. Vi tagliano Nelle pagine che seguono ci proponiamo di illustrare alcuni esempi caratteristici di cinetiche lontane dall’ equilibrio. Si tratterà sempre di mo¬ delli matematici semplici, modelli che consentiranno tuttavia di mettere in evidenza le possibili implicazioni nel campo dei processi reali. Confronto tra stati di equilibrio nei sistemi bifasici e stati multistazio- NARI DI NON-EQUILIBRIO Il primo modello di cinetica che ci proponiamo di discutere consente di illustrare immediatamente l’utilizzazione della cinetica autocatalitica (40) , esso è anche utile per mostrare un parallelo tra le strutture di equi¬ librio polifasiche (per es,: liquido-vapore) e le strutture di sistemi ove av¬ vengono processi irreversibili con possibilità di più stati stazionari. Consideriamo le reazioni: k, (41) A-f2X ^ 3X h k, (42) X ^ B lu la reazione globale è: (43) A ^ B con costante di equilibrio Ke = hh / k^ ki . Le concentrazioni di A e di B sono costanti e rappresentano i vincoli imposti daH'esterno sul sistema. Le velocità di reazione sono date dalle espressioni: (44) J, = k2X^ - k, A (45) Jx = k, A X^ - k2X^ - ksX + k,B (46) Js = ksX-k,B Allo stato stazionario Ja = — Jb = costante, e Jx = 0. Per calcolare il valore di Xs , allo stato stazionario, si deve risolvere l’equazione di terzo grado: (47) f(X) = r-aX^-ì-kX-b = 0 ottenuta uguagliando a zero la (45) e ponendo a = (kjkd A, b = (kJk2)B, k ^ h/k2 . Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 349 Poiché i coefficienti della (47) sono a segni alternati, le tre radici, se reali, sono tutte e tre positive e quindi corrispondono tutte a stati stazio¬ nari fisicamente possibili. Per semplificare la discussione e i calcoli poniamo kx = k2 = = \, la (47) diventa: (47 a) f{X) = X^-AT- + k2X~B (47 b) j{Xs) = Q (allo stato stazionario) le derivate della (47 a) sono: (48) /' {X) = IX^ -2AX -^k, (49) f^{X) = 6X-2A Fig. 4. — Grafici della funzione (47 a) per A:3 = 10 ed A = V 3 ^3 (a), A = 6.3 (P), Per A < Zkì vi è sempre una sola radice reale e due complesse co¬ niugate (v. Fig. 4 a), per A> V 3 la funzione f (X) prevede un massimo ed un minimo in corrispondenza delle radici della (48): vi possono essere una, due o tre radici reali secondo i valori di B (B > 0, V. Fig. 4B). 350 V. Vitagliano La stabilità degli stati stazionari si ricerca linearizzando la funzione (45) come mostrato nelle equazioni (35) e (36), x = X — X si (51) ~ = (-3A:: +2AX. a t (52) X = cLe^‘ Saranno stabili gli stati stazionari per i quali X < 0. Questa condizione è verificata per gli stati stazionari i cui valori cadono alLesterno deH'inter- vallo compreso tra il massimo ed il minimo della funzione (47 a), intervallo dato dalla (50). In presenza di tre stati stazionari sono stabili quelli corri¬ spondenti alle radici minima e massima, mentre è instabile quello corri¬ spondente alla radice intermedia. Fig. 5. — Stati stazionari per la cinetica descritta dalle eq. (41) e (42) per = 10. Nella Fig. 5 sono riportati i grafici dei valori delle concentrazioni Xs allo stato stazionario, in funzione della concentrazione di B e per diversi valori della concentrazione di A, per h = 10. Si nota la presenza dei tre stati stazionari per A > V 30, Moderni aspetti delia termodinamica e della cinetica 351 Nella Fig. 6 sono riportate le velocità della reazione A-^B (la scala delle ordinate, si Jb , h stata scelta perché le curve entrino nel grafico). Una deile curve della Fig. 6, quella relativa ad A = 6.3, è riportata in Fig. 7; si vede che, partendo dalle condizioni di equilibrio {Beq = 10 A) e di¬ minuendo gradualmente la concentrazione di B, la velocità della reazione (eq, 46) cresce gradualmente lungo la curva chiamata ramo termodinamico Fig. 6. Grafico delle velocità della reazione (43) in corrispondenza degli stati stazionari, riportati in Fig. 5, per k = 10. Per il valore B = 3, sulla curva corrispondente ad A — 8, sono stati messi in evidenza i due stati stazionari stabili S, ed S3 e quello instabile S2. perché si evolve dalle condizioni di equilibrio. Giunti in corrispondenza di un particolare valore dì B (B ^ 4.71) appare improvvisamente una nuova velocità di reazione più bassa della precedente. Continuando a diminuire la concentrazione di B, due diverse velocità di reazione, corrispondenti a due diversi stati stazionari entrambi stabili, sono entrambe possibili per il sistema (ovviamente la cinetica non può procedere con le due velocità contemporaneamente, ma deve scegliere una delle due). I valori di Jb apparsi per B <4.71 si trovano lungo la curva chiamata ramo cinetico perché apparsa improvvisamente in condizioni lon¬ tane dairequilibrio. 352 V. Vitagliano Per B < 0.5 sparisce lo stato stazionario corrispondente al ramo ter¬ modinamico e rimane presente solo quello del ramo cinetico. I grafici delle figure 5, 6 e 7 mettono in evidenza un parallelo tra gli stati stazionari di non-equilibrio del sistema che si evolve secondo la cine¬ tica descritta e gli stati di equilibrio di un fluido descritto dall’equazione di Van der Waals (o da equazioni analoghe). Fig. 7. — Grafico della velocità della reazione (43) per A = 6.3 e = 10. Si riconosce la somiglianza dei grafici delle fig. 5 e 6 con quelli delle isoterme di Van der Waals. Nel caso del fluido di Van del Waals vi è una relazione tra volume e pressione: (53) + {V -b} = RT nel nostro caso quella tra una velocità di reazione e la concentrazione di uno dei reagenti {Jb = f (B)). Per determinati valori della pressione, nel primo caso, appaiono due fasi coesistenti, in equilibrio tra loro (liquido e vapore); per determinati valori di B appaiono nel nostro caso due diverse cinetiche, ambedue possi- Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 353 bili. In entrambi i casi il passaggio da una situazione alFaltra richiede una transizione discontinua, catastrofica: transizione di fase liquido vapore nel primo caso, salto dal ramo termodinamico a quello cinetico (o vice¬ versa) nel secondo. Come nel caso delFequazione di Van der Waals esistono una serie di stati metastabili (vapore soprassaturo, liquido surriscaldato), cosi nel no¬ stro caso esiste la zona degli stati stazionari non stabili (zona tratteggiata delle figure 5, 6 e 7). Fig. 8. — Rappresentazione della velocità della reazione (43) in funzione di A e di B per kj, = 10. Si osserva la possibilità di passare dalla falda termo- dinamica a quella cinetica (percorso T ~^C) con continuità aggirando la curva critica: A = V 30, in analogia al passaggio continuo dal vapore al liquido aggirando l’isoterma critica. Infine, come nel caso dei fluidi è possibile il passaggio continuo dalla fase gassosa a quella liquida riscaldando il sistema al di sopra della tem¬ peratura critica, cosi nel nostro caso è possibile il passaggio continuo dal ramo termodinamico a quello cinetico variando opportunamente le con¬ centrazioni di A e di B, e passando attorno al punto « critico » (A = V 3 Jcj , B — 5.48); questo punto è paragonabile alle condizioni critiche di pressione volume e temperatura dei gas, la curva per A = V 30 è paragonabile all'iso¬ terma critica. 354 V. Vitagliano La Fig. 8 è un grafico dove si vede, in prospettiva, la velocità della reazione (V Jb) in funzione delle concentrazioni A e B, e dove si può vedere il passaggio continuo dalla falda termodinamica a quella cinetica aggiran¬ do la curva critica (A = V 30), lungo il percorso T->C, Equazione di Lotka [9] (54) A + X 2X k (55) X + Y 2Y k (56) Y ^ B k reazione globale: (57) A ^ B Le concentrazioni di A e di B sono i vincoli costanti imposti dalFesterno. Per semplicità tutte le costanti delle reazioni dirette sono supposte uni¬ tarie e quelle delle reazioni inverse uguali a k. Costante di equilibrio Ke = k-\ Be = k-^ A, Xe = k-^ A, Ye = k-^ A. Il sistema di equazioni (54)-(56) non corrisponde a nessuna cinetica nota, è tuttavia interessante illustrarlo per due motivi. Il primo ci consente di mostrare il comportamento delle equazioni fe¬ nomenologiche in prossimità delLequilibrio e di verificare la validità delle relazioni di reciprocità di Onsager (eq. 18). Dalle equazioni (54)-(56) si ha, per le velocità di formazione di X e di Y: (58) Jx = A X ~ X Y — k + kY^ { = 0, allo stato stazionario) (59) Jy = XY~Y — kY^+kB (=0, allo stato stazionario) Allo stato stazionario: (60) Xs=l A kYs- kB/Ys da cui si ottiene l'equazione: (61) f{X)=:k^Y] + {l-kA-\-2k^}Y\ -{A-k + kB ^-2k}B)Yl A + {kAB -2k^B)Ys + k^ B^ = 0 Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 355 La linearizzazione della (58) e della (59) attorno allo stato stazionario {x = X-Xs,y = Y ~Ys) dà: (62) ^ =(A-Y.-2kX.)x + (2kY.-X,)y (63) =Y,x+(X.-\-2kY.)y L'equazione caratteristica è: ìd + A~X. + Ys + 2kX. + 2kYs}\ + {AXs-2kX] -2kAY.+ (64) + A1dXsYs~ A + Ys + 2kXs) = Q Le due radici della (64) consentono l’integrazione del sistema (62-63) nella forma data dalle equazioni (38). In prossimità deH'equilibrio, nella (62) e nella (63) dobbiamo sostituire i valori di Xe ed Ye , le due equazioni diventano: (62a) - A(l + k-^)x+k-'Ay (63 a) = k-^x - + k-' A)y Le forze motrici di una cinetica chimica sono, come si è detto, le affi¬ nità di reazione, in prossimità delLequilibrio molto piccole: (65) dx = -RT In X Xe = - RT k A ^ (66) dy = -RT In Y Ye = - RT k^ A -y Sostituendo la (65) e la (66) nella (62 a) e nella (63 a) si ottiene: (67) (68) d X ~dT dy dt k-^A^{l + k-^) RT k-^ A^ RT + ■ a, - a, = j. a, = j, k-'A = L o 21 (69) L RT 356 V. Vit agitano Come si vede, le relazioni di reciprocità di Onsager, in prossimità del- Tequilibrio, sono verificate. L'equilibrio è uno « stato stazionario stabile » di ordine zero, ed infatti le radici della (64) sono entrambe negative: (70) \,= -2A e L2 = - 2(1 + + /<-M) Il secondo motivo di interesse per illustrare l'equazione di Lotka è dovuto al significato che l'equazione acquista in condizioni di completa irreversibilità: k = 0. In questo caso il sistema di equazioni (54)-(56) descrive in modo molto semplice il meccanismo di un’equazione logistica, cioè l'equilibrio dinamico di un sistema preda ^ predatore in un ambiente dove l'alimento per la preda sia illimitato [10, 11]. La preda X (per esempio un erbivoro) si alimenta e si accresce a spese del substrato A (vegetali) a concentrazione costante; il processo è, natu¬ ralmente, autocatalitico: A-l- X->2X; il predatore Y (carnivoro) si accre¬ sce a spese della preda : X + Y-»2Y e « muore », per cause naturali, pro¬ porzionalmente alla sua concentrazione : Y B. Per k = 0 in (58) e la (59) diventano: (71) 7. = (72) Jy = XY-Y e si ottengono i seguenti valori per le concentrazioni allo stato stazionario: (73) X = 1 ed Ys = A le soluzioni dell'equazione caratteristica (64) sono immaginarie: (74) X,,2 = ± i V'T ciò significa che lo stato stazionario (73) è, in questo caso, un centro (v. Fig. 3 e) e che la soluzione della (62) e della (63) è del tipo: (75) X = Ci cos (w t 4- <5i) (76) y = Cz sen (w t + <^2) Le concentrazioni di X e di Y non possono raggiungere i valori co¬ stanti dati dalla (73) ma ruotano attorno a questi valori, come è rappre¬ sentato nella Fig. 3 e. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 357 In un sistema ecologico del tipo preda ^ predatore, con alimento illi¬ mitato per la preda, le concentrazioni delle due specie viventi non pos¬ sono raggiungere un valore costante, ma oscillano nel tempo attorno a questo valore. Il fatto è stato verificato anche in esperienze di laboratorio su microorganismi [12]. È, comunque, opportuno ricordare che un’equazione logistica reale è sempre più complessa dell'equazione di Lotka; un centro, come quello rap¬ presentato in Fig. 3 e, è un sistema astabile e la presenza delle fluttuazioni lo rende instabile: i possibili percorsi reali sono rappresentati in Fig. 3 g, le fluttuazioni amplificano le oscillazioni per cui alla fine o il percorso in¬ crocia l’asse delle X (caso 1), la concentrazione del predatore va a zero e la preda, da quel momento, può accrescersi indisturbatamente, oppure il percorso incrocia l’asse delle Y (caso 2), la concentrazione della preda va a zero e, di conseguenza, anche il predatore si estingue. Modelli di cinetiche che presentino un ciclo limite all’esterno di uno stato stazionario instabile (Fig. 3 f ) o di un centro sono discussi in lette¬ ratura. Esistono anche diversi casi sperimentali studiati, soprattutto nel caso di cinetiche biologiche, basterà ricordare l’insieme delle cinetiche della fermentazione alcoolica [13]. Molto interessante è anche la famosa cinetica di Zhabotinski [14], cioè l'ossidazione dell'acido maionico da parte del bromato di potassio in am¬ biente acido per acido solforico ed in presenza di un catalizzatore di ossido- riduzione come il sistema Fe++ ^ + + oppure ^ Ce+\ In opportune condizioni è possibile osservare un’oscillazione periodica nella concentra¬ zione degli ioni metallici che passano alternativamente dalla forma ossi¬ data a quella ridotta. Il periodo di oscillazione è molto costante e si man¬ tiene a lungo nel tempo. Modello di una sintesi asimmetrica [15] È ben noto che tutti gli esseri viventi utilizzano nel loro organismo molecole organiche otticamente attive. È abbastanza facile comprendere oggi perché sistemi biologici complessi siano costituiti da molecole asim¬ metriche, non è altrettanto chiaro, invece, il perché tutti gli organismi vi¬ venti siano evoluti utilizzando un’unica classe di composti (L-amminoacidi, D-glucosidi, ecc....) e non si siano contemporaneamente evoluti organismi, o meccanismi metabolici, che utilizzino i corrispondenti antipodi ottici (D-amminoacidi, L-glucosidi, ecc..,.) [16, 17], 358 V. Vi tagliano Nelle comuni cinetiche chimiche ogni composto otticamente attivo si forma contemporaneamente al suo antipodo ottico dando i cosi detti ra¬ cemi, una sintesi asimmetrica non è stata sperimentalmente osservata. È tuttavia possibile dimostrare che in una cinetica autocatalitica che si evolva lontano dairequilibrio possono verificarsi le condizioni per la realizzazione di una sintesi asimmetrica. Consideriamo il seguente meccanismo: da un substrato A, non ottica¬ mente attivo, e mantenuto a concentrazione costante, si formano i due an¬ tipodi ottici X e Y, ciascuno dei quali può accrescersi autocataliticamente a spese deH'altro. I due antipodi ottici si trasformano a loro volta in pro¬ dotti finali otticamente attivi Pl e Po: (77) X (78) 2X+ Y-»3X (79) X + 2Y-^3Y (80) X-» Pl (81) Y-» Po Le velocità di formazione di X ed Y saranno: (82) Jx = A — X + X Y (X — Y) (=0, allo stato stazionario) (83) Jy=A — Y~-XY{X — Y) (=0, allo stato stazionario) allo stato stazionario, dalla (82) e dalla (83) si ricava: (84) Xs = 2A-Ys (85) f(X) = Xl-ÌAXl +\^2A^+ -y]x.--y^ = 0 La (85) prevede tre radici: {Xs\ = (7.), = A; {Xs)2, = A±YA^- 1/2; (86) {Ys)2, = Aà^ Y A^-ì/2 La linearizzazione delle equazioni (82) ed (83) porta alle seguenti espres- sioni : (87) dx dt = {-\+2XsYs-Y])xV{X] -2XsYs)y (88) dy dt = {Y\ -2XsYs)x + {-\-\-2XsYs-X:)y Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 359 e le soluzioni deirequazione caratteristica sono: X, = - 2 I X. = - 2 (89) > per X = A, e 12= ~2{l -2A^) ] \2 = A{ì-2A^) Per A < V 1/2 Tunica soluzione della (85), quella simmetrica, è stabile, ma per A > V 1/2 vi sono tre radici reali e quella simmetrica diventa instabile mentre sono stabili le due radici asimmetriche (v. Fig. 9). Iper le radici asimmetriche Fig. 9. — Valori delle concentrazioni di X (o Y) allo stato stazionario per la ci¬ netica descritta dalle equazioni (77)-(81), in funzione della concentra¬ zione di A. Questo modello mostra come, al crescere della concentrazione del sub¬ strato A si giunga ad un punto di biforcazione (A = V 1/2) a partire dal quale la soluzione simmetrica diventa instabile; per valori di A > V 1/2, 360 V. Vitagliano una fluttuazione nei valori di X o di Y tende ad amplificarsi ed a portare il sistema in una delle due condizioni stazionarie asimmetriche. Naturalmente la scelta di una o deH’altra è, nel modello, puramente casuale. Strutture dissipative Il modello di cinetica (77-81) può anche essere utilizzato per mo¬ strare il sorgere di strutture ordinate entro una soluzione originariamente a concentrazione costante. Fig. io. — Modello di una struttura dissipativa generato dalla cinetica (77-81) per A = 10 a partire dallo stato stazionario simmetrico, instabile, ponendo = Dy = 100 nelle equazioni (90) e (91). Al tempo t = 0 sono presenti delle fluttuazioni positive e negative nei valori di X e di F in corri¬ spondenza delle frecce. L'evoluzione della concentrazione di X nel tem¬ po è mostrato dalle curve 1, 2 e 3, corrispondenti a unità di tempo rispettivamente di 0.05 , 0.06 e 0.15. La curva 3 corrisponde, pratica- mente, allo stato stazionario. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 361 Per questo nelle equazioni della cinetica (82) ed (83) si deve tener conto della diffusione (v. eq. 34). Nel caso più semplice di diffusione lungo una sola direzione, r, e di coefficienti di diffusione costanti si avrà: (90) = A - X + XY (X - Y) + D. (91) J, = A~Y-XY(X-Y) + D, Se in corrispondenza di uno stato stazionario instabile si considerano alcune fluttuazioni lungo l’asse r, queste si amplificheranno nel tempo por¬ tando ad una distribuzione delle concentrazioni, lungo l'asse r, non co¬ stante (v. Fig. 10). Questa distribuzione è chiaramente una nuova struttura del sistema che si organizza in forme più ordinate di quella corrispondente ad una distribuzione uniforme della concentrazione lungo l'asse r. Quest'ordine viene mantenuto finché la cinetica procede in condizioni di forte dissipa¬ zione: A > ^ Xjl. Un processo del genere è, naturalmente, molto elementare, ma il suo meccanismo può essere preso come esempio primordiale dell'organizza¬ zione complessa che è alla base della crescita di un organismo vivente. È importante mettere in evidenza che tra i due fenomeni la differenza può essere considerata quantitativa, non qualitativa. Meccanismo di regolazione del metabolismo Questo modello consente di mostrare come una cinetica « multistazio- naria » possa essere utilizzata per il controllo della concentrazione di un metabolita o per il controllo del suo flusso attraverso un sistema di mem¬ brane semipermeabili. Il modello è mostrato nella Fig. 11 a. Vi è una membrana semipermea¬ bile al composto A (Mi) ed una seconda membrana {Mi) semipermeabile al composto P, A sinistra della prima membrana la concentrazione di A è mantenuta costante al valore A°, a destra della seconda è costante la con¬ centrazione di P: Il composto A entra attraverso la prima membrana alla velocità: (92) J, = D.{A^-A) ed il composto P esce attraverso la seconda membrana alla velocità: (93) Jp = D,{P^-P) 23 362 V. Vitagliano tra le due membrane avviene la reazione: (94) A ^ Y (95) 2X + Y ^ 3X k (96) X ?± P Le equazioni della cinetica saranno: (97) dA - = Da (A" A) A + y d t (98) dP = Dp(P^ P) P ^ X dt (99) dY ■ = A Y X^Y + kX^ dt (100) dX = P X + X^Y kX^ dt Le soluzioni del sistema di equazioni (97)-(100) allo stato stazionario porta ai seguenti risultati per le concentrazioni delle quattro specie nella zona compresa tra le due membrane: (101) (102) (103) (104) + X Ps = As = 1 po ^ 1 + A (1 +Dp)A“+ {DJDa)P^ (Dp/Da) 1+D, 1 Dp Y, = P,-^As- Xs f (X) — (Dp/Dg) P° A° Dp (A° + P°) (I Y k)iì + Dp) + (Dp/Da) - ì DpP^ (1 + ^)(1 + Dp) + (Dp/Da) - 1 (1 + ^)(1 + Dp) + (Dp/Da) - 1 = 0 Il grafico della Fig. 11 b mostra, per un valore fisso dì k e dei coeffi¬ cienti di permeabilità Da e Dp , il campo di esistenza di tre stati stazionari in funzione delle concentrazioni A° e P°. Vediamo ora come il sistema possa funzionare da regolatore della con¬ centrazione del metabolita A. Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 363 Immaginiamo che nella zona (1) (Fig. 11 a) la concentrazione di A vada lentamente aumentando (partendo, per esempio, dal valore A = 1), il si¬ stema elimina A per diffusione attraverso la membrana Mi ad una velocità data dalla (92) (da notare che allo stato stazionario Ja= — Jp). Al crescere Fig. 11. — (a) Modello della cinetica descritta dalle equazioni (92)-(96). (b) Campi di esistenza di uno stato stazionario singolo e di stati sta¬ zionari multipli, in funzione delle concentrazioni di A e di P aH’esterno delle membrane Mi ed Ma; risultati ottenuti dalla soluzione dell’equa¬ zione (104) per fc = 0.1 e = Dp = ì. La linea tratteggiata corrisponde alle condizioni riportate nella fig. 12. di A cresce la velocità di flusso Ja lungo il ramo inferiore della curva mo¬ strata in Fig. 12. Quando A raggiunge il valore critico {A ^ 2.56) il mecca¬ nismo della cinetica scatta aU'altro stato stazionario stabile e la velocità della reazione aumenta notevolmente; questo significa una velocità di con¬ sumo di A, nella zona (2), di gran lunga superiore. Il flusso di A da (1) a (2) aumenta di conseguenza e l'alimentazione di A nella zona (1) non è più sufficiente a sostenere la reazione. In (1) la concentrazione di A comincia a diminuire lentamente e la ve¬ locità di reazione si sposta lungo il ramo superiore della curva di Fig. 12. 364 V, Vitagliano Quando il valore di A scende al di sotto di un limite (A 137) il sistema diventa nuovamente instabile e la velocità di reazione diminuisce brusca¬ mente ritornando sulla curva sottostante. Si realizza così un ciclo di isteresi che controlla il valore della concen¬ trazione di A nel reparto (1), mantenendolo entro i limiti 1.37 < A < 2.56. Fig. 12. — Andamento della velocità di produzione di P (eq. 93) in funzione della concentrazione A° di A nella zona 1 (Fig. 11 a); A: = 0.1 e P° - 0.05. Si osserva il ciclo di isteresi che regola i valori di entro i limiti: 1.37 - 2.56. Conclusioni Penso che gli esempi illustrati fin qui siano sufficienti per dare un'idea del nuovo campo aperto dallo studio delle cinetiche autocatalitiche. I mo¬ delli proposti sono, naturalmente, molto semplificati e, per questo, non hanno una corrispondenza immediata in processi reali, ma la loro sempli¬ cità ne consente una facile discussione. Già si è detto che la differenza tra questi modelli ed i possibili pro¬ cessi reali è quantitativa, non qualitativa. I modelli semplificati possono quindi essere un suggerimento nella scelta della via da seguire per lo stu- Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica 365 dio di sistemi più complessi, studio che appartiene agli specialisti nei vari campi scientifici. Le implicazioni, neH'ambito della filosofia della scienza, che questo campo di ricerca ha introdotto, sono state portate all'attenzione del let¬ tore nelle prime pagine di questo scritto con la sola intenzione di accen¬ narle, è di altri il compito di sviluppare il pensiero lungo questa linea. Desidero, infine, ringraziare il Presidente della Società dei Naturalisti, di cui mi onoro di essere socio, per avermi offerto l’opportunità di illu¬ strare in questa Sede un argomento che ritengo attuale e di interesse per studiosi di numerose discipline, anche diverse tra loro. BIBLIOGRAFIA [1] Prigogine I., 1979 - La Nuova Alleanza. Longanesi Ed., Milano. [2] Glansdorff P. and Prigogine L, 1971 - Thermodynamic Theory of Structure, Stability, and Fluctuations. Wiley-Interscience. London. [3] Prigogine L, 1971 - Introduzione alla Termodinamica dei Processi Irreversi¬ bili. Leonardo Ed. Sci., Roma. [4] Nicolis G. and Prigogine L, 1977 - Self-organization in Non-equUibrium Systems. Wiley-Interscience, London. [5] Schrodinger e., 1951 - What is Life ? Cambridge Univ. Press. [6] Onsager L., Phys. Rev., 37, 405 (1931); ibid., 38, 2265 (1931). [7] De DoìNDEr Th. and Van Rysselberghe P., 1936 - Affinity. Stanford Univ. Press, Menlo Park, Calif. [8] Tyson J., 1973 - J. Chem. Phys., 58, 3919. [9] Lotka a. J., 1920 - J. Am. Chem. Soc., 42, 1595. [10] Volterra V., 1931 - Théorie Mathématique de la Latte pour la Vie. Gauthier- Villars, Paris. [11] Smith J. M., 1975 - L’Ecologia e i suoi Modelli. Biblioteca Est, Ed. Sci. e Tee. Mondadori Ed., Milano. [12] V. rif. (11) pag. 49. [13] V. rif. (4) Capitolo 14. [14] Field R. J., Kòros e., Noyes R. M., 1972 - J. Am. Chem. Soc., 94, 8649. [15] ViTAGLiANO V. and Vitagliano A., 1976 - Gazz. Chim. Ital., 106, 509. [16] Calvin M., 1969 - Chemical Evoliition. Clarendon Press, Oxford. [17] Bouvet R. and Ponnamperuma C., 1971 - Molecular Evolution. North Holland Eds., Amsterdam. Questa relazione è pubblicata con il contributo finanziario del Consiglio Na¬ zionale delle Ricerche. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 861-497 , figg. 3, tabb. 9, tavv. 21 I foraminiferi delle argille pleistoceniche della località « Il Fronte » (Mare Piccolo, Taranto) (tav. 202 II NO-Taranto) (*) Nota del socio Maria Grazia De Castro Coppa (**) (Tornata del 21 dicembre 1979) Riassunto. — Vengono esposti i risultati dello studio dei foraminiferi ri¬ scontrati nelle argille della località « Il Fronte », al bacino orientale del Mar Piccolo di Taranto. La successione argillosa, dello spessore di circa 5,50 m si presta ad essere suddivisa, in base alle variazioni dei foraminiferi planctonici rispetto al totale dei foraminiferi, dal basso verso l'alto, nei seguenti intervalli: Intervallo inferiore (campioni MZ. 101 - MZ. 110), di circa 3,10 m di spes¬ sore, caratterizzato da valori del plancton compresi tra il 34,5 % e il 62%, con associazioni di clima freddo, e profondità di deposizione all'incirca fra i 100-300 m, al limite fra l'ambiente circalitorale e l'epibatiale. (*) Questo lavoro si inquadra nelle ricerche paleontologiche e stratigrafiche che l'Istituto di Paleontologia dell'Università di Napoli conduce, con il contri¬ buto del CNR, sugli affioramenti plio-quaternari della Penisola salentina. I ri¬ sultati già editi di queste ricerche interessano la biostratigrafia, basata sullo studio degli ostracodi, del Mar Piccolo di Taranto (località « il Fronte ») (Ciamfo, 1971) e inoltre la segnalazione, nella stessa zona, di nuovi ospiti caldi rappre¬ sentati da piccoli gasteropodi e da lamellibranchi (De Castro-Coppa, 1971 e 1972), Una parte delle ricerche di campagna, inerenti al presente lavoro, sono state eseguite da P. De Castro. Desidero ringraziare la Prof. M. Moncharmont-Zei per i chiarimenti for¬ nitemi durante l'esecuzione del lavoro; i colleghi Proff. G, Ciampo per la determinazione dei coccoliti, M. De Gennaro ed E. Franco per le analisi mi¬ neralogiche relative al livello di piroclastiti (CO. 337), Desidero inoltre rin¬ graziare il Dott. R. Cardi, che avendo affrontato nella sua tesi di laurea (Aprile 1969) lo studio dei foraminiferi del Fronte, ha permesso di avvalermi dell'ac¬ curato lavoro di isolamento dei foraminiferi dai residui di lavaggio dei campioni esaminati. (**) Istituto di Paleontologia dell'Università di Napoli - Largo S. Marcel¬ lino, 10 - 80138 Napoli. 368 M. G, De Castro Coppa Intervallo mediano (campioni MZ. Ili - CO. 343 - MZ, 116), di circa 1,80 m di spessore, con valori del plancton compresi tra il 75,5 % e il 97 %, con asso¬ ciazioni fredde e batimetria molto più rilevante (superiore ai 500 m) corrispon¬ dente all'ambiente epibatiale. In questo tratto della successione sono presenti due livelli continui di piro- clastiti (riolitico alcaline), a circa 20 cm di distanza tra loro, rispettivamente di 12 e 6 mm, sottostanti a 20-30 cm di argille distintamente fogliettate. Di essi il livello più basso è stato datato col metodo K/AR ed ha fornito un’età di 1,15 (± 0,07) M.A. Intervallo superiore (campioni MZ, 117 - MZ. 118), di circa 0,60 m di spes¬ sore, probabilmente trasgressivo sul sottostante, con valori del plancton com¬ presi tra il 35 % ed il 47,5 %, con associazioni di clima freddo e profondità di deposizione non superiore ai 100 m, corrispondente all’ambiente circalitolare. Le argille de « Il Fronte », in quanto espressione di una sedimentazione verificatasi in clima freddo, sono da ascrivere tutte al Pleistocene freddo, e più precisamente alla sua parte bassa. La presenza infatti dalla base di H. baltica (Schroeter) e di G. calabra Co- LALONGO e Sartoni e l’assenza di G. truncatulinoides (D’Orbigny) da tutta la suc¬ cessione studiata, inquadrano le associazioni studiate nella Zona ad H. baltica permettendone di precisare l'intervallo stratigrafico, e cioè l’Emiliano {sensti Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977). Summary. — In thè present paper data concerning thè study of thè fora- minifera found in a stratigraphic succession collected in thè Pleistocene clays bordering thè Mare Piccolo of Taranto (Italy) are given. The sampling are been carried out in thè locality « Il Fronte », described in thè classic work of Gignoux (1913, pp. 253-254, fig. 37) ; thè succession is composed of 18 samples (MZ. 101 - MZ. 113, CO. 343, MZ. 115 - MZ. 118) collected almost thè same vertical line at a distance of about 30 cm each other. The first sample (MZ. 101) has been collected at about 20 cm above thè sea level; thè last one (MZ. 118) at about 10 cm below thè Stromhus bubonius level, of Tyrrhenian age, wich in this locality rests on thè clays. The clay succession, about 5.50 m thick, can be subdivided, by changes in abundance of planktonic foraminifera related to thè total foraminiferal fauna, into thè following intervals: lower interval, middle interval and upper interval. The lower interval (about 3.10 m thick, corresopnding to samples MZ. 101 - MZ. 110), is characterized by plankton values, whose range is between 34,5 % to 62 % of thè total number of foraminifera. During sedimentation thè climate seems to have been undoubtedly cold, thè batymetry rather accentuated and in any case superior to 100 m (circalittoral-epibathyal environment) . In fact, with reference to thè total number of thè planktonic forms, between thè clima- tically more indicative faunas, we observed: 1) The Constant presence and abundance of Globigerina bulloides D’Or- BiGNY, Globigerina pachyderma Ehrenberg and Globigerina quinqueloba Natland. This association seems to suggest a cold climate; in thè samples MZ. 101 - MZ. 105, MZ. 107 - MZ. 108 thè presence of Globorotalia scitula (Brady) supports this climatic interpretation. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 369 2) The extreme scarcity and/or rarity of thè temperate form Globorotalia inflata (D'Orbigny) and of thè warm forms (Hastigerina siphonifera (D'Orbigny), Globigerinoides riiber (D’Orbigny) e Orbulina universa D’Orbigny, which, con- sidered in mass, never exceed 3 % of thè total plankton. In this interval thè batymetry seems to show relatively higher, more or less Constant values, superior to 100 m. In fact thè most frequent benthic genera indicative of cold and deep waters, Bolivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina, Cassidulina, Globocassidulina and Hyalinea baltica (Scroeter) are abundantly represented (except H. baltica) through all thè examined intervals. This inter- pretation seems confirmed by thè scarcity of thè porcellaneous foraminifers, which never exceed 5 % of thè total benthos, and by absence of typical sballo w- water forms. The middle interval (about 1.80 m thick, corresponding to samples MZ. Ili - CO. 343 - MZ. 116) is characterized by a really remarkable increase of thè plankton whose values are between 75.5 % to 97 % of thè total number of foraminifers. During sedimentation thè climate seems to bave remained cold also if with slight flexion, perhahs in relation to probable volcanic contribu- tions. In fact thè association Globigerina bulloides, Globigerina pachyderma, Globigerina quinqueloba (together with Globorotalia scitula in CO. 343 and MZ, 115) is always prevailing, also if G. pachyderma decreases slightly as regards thè laevogirous forms. The bathymetry seems to be modified in thè sense of a remarkable deepening (epibathyal environment) . The benthic genera indicative of cold and deep waters are rather numerous; nevertheless Hyalinea baltica occurs irregularly with few specimens (MZ. Ili, CO. 343, MZ. 115, MZ. 116); Hopkinsina bononiensis (Fornasini) appears in thè sample MZ. 112, MZ. 113 and CO. 343, A phenomenon to which we would cali attention in this interval is thè smallness of thè benthic fauna, Peculiar environmental conditions on thè bot- tom could be responsable for this; these conditions may be related to thè pre- sence of pyroclastic material, which was observed in thè washing-residue of some samples. In fact, in this section interval, two levels of pyroclastites (rhyolitic alkaline) respectively of 12 and 6 mm (CO. 337, CO. 341) are present. The age K/Ar obtained, for thè fìrst of these levels, appears concordant about 1.15 ± 0.07 M.Y. The upper interval (about 0.60 m thick, corresponding to samples MZ. 117 - MZ. 118) most likely transgressive on thè middle interval, is characterized by thè remarkable and sudden decrease of all foraminifera. Compared with thè previous interval thè percentage of plankton decreases and reaches values dose to those of thè lowest part of thè succession. During sedimentation thè climate seems to be colder than that of thè middle interval: this phenomenon emerges from thè significant planktonic species values related to thè total plankton. Even if in MZ. 117 thè temperate (1.5 % P) in relation to thè studied succession, nevertheless this values cannot modify thè deduction provided through thè cold forms (71,5 % P). Moreover in thè following sample MZ. 118, thè cold forms together total 60 % P, while thè temperate and warm forms appear almost absent (0.19 %P). The sedimentation depth of this last portion of thè clay succession gradually decreases and becomes similar to thè one of thè lower interval, reaching prò- 370 M. G. De Castro Coppa bably, 100 m depth, even less (according to Ciampo, 1971, on thè basis of ostracods, between 10 to 25 m), The deep benthic forms decrease rapidly to reach (MZ, 118) thè never previously attained benthos minimum of 13 %, and a certain abundance of near-shore forms like Ammonia beccarii (Linneo) (28,5 %- 30,5 % of benthos) and Protelphidium granosum (D'Orbignyi (1,5 % - 7,5 % of benthos appears). On thè ground of thè summarized results, drawn from thè study of thè foraminifera, The Fronte’s clavs seems to correspond, with exception probably of thè upper interval, to an uninterrupted sedimentation in prevailing cold climatic conditions in all thè three intervals of thè succession, The environment becomes of increasing depth from thè lower to middle interval, At thè end of thè succession, where shallower conditions became established, preluding thè emersion which will thè followed by thè Tyrrhenian transgression with Strombus bubonius, thè deepness decreases, according to thè probable transgression. All thè clays studied have to be attributed to thè cold Pleistocene, and precisely to its lower part, This is chiefly suggested by thè climatic value of thè planktonic foraminiferal associations. The attribution to this age seems also to be supported: 1) by thè absence of Globorotalia truncatulinoides (D'Orbigny) from all thè succession studied; 2) by thè presence, from thè bottom, of Bulimina etnea Seguenza, Hyalinea baltica (Schroeter) and of Hopkinsina bononiensis (Fornasini) in thè last samples of thè studied succession. Besides thè presence of Globigerina calabra Colalongo e Sartoni is could be a confirmation of thè validity of its stratigraphic rank. These characteristic let us attributo thè whole succession to thè Zone a H. baltica and then to thè Emilian {sensu Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977). My results confirm thè views of Authors who consider that thè Taranto's clays have to be attributed to thè cold Quaternary; they disagree (see Par. 2, note 1, 3) with thè conclusion of Ciampo (1971), who States that upper clays' part, beginning from MZ. 110, is transgressive on thè preceding one and that it sedimented during warm or temperate-warm climatic conditions. Furthemore, my results disagree with attribution to thè Paleotyrrhenian of thè upper marly levels, transgressive on thè foliated silty marls (Dai Pra e Stearns, 1977). 1. Premessa e conclusioni In questo lavoro vengono esposti i risultati dello studio dei forami- niferi presenti in una campionatura eseguita nelle « argille di Taranto » e, più esattamente in quelle affioranti nella località « Il Fronte », al bordo sud-orientale del Mare Piccolo. Questa località, resa ormai clas¬ sica dalla fondamentale opera di Gignoux sulle formazioni marine plio¬ ceniche e quaternarie deH’Italia meridionale (1913), è costituita da un I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 371 piccolo promontorio, proteso sul Mar Piccolo, ed elevato di una decina di metri sul livello del mare. Al Fronte la successione dei terreni è magnificamente esposta lungo la falesia, che borda il bacino interno. Alla base, per circa 5,50 m di spessore, affiorano le argille di Taranto; segue il bacino di calcareniti a Strombus bubonius, di circa 1,50 m di spessore, di età tirreniana; suc¬ cessivamente, infine, marne argillose potenti circa 3 m, che si estendono fino alla sommità del promontorio. La descrizione particolareggiata del- rintera successione è riportata nel successivo Par. 3. Nel 1967 furono prelevate nelle argille diciotto campioni (MZ. 101 - MZ. 118), ad un intervallo di circa 30 cm uno dall’altro, tutti lungo la stessa verticale (Tav. I). Prima del presente studio, il campione MZ. 114 andò perduto per cui fu raccolto successivamente (1975), nella sua stessa posizione strati¬ grafica, ma poco meno di 100 m verso Ovest, un nuovo campione con¬ trassegnato dalla sigla CO. 343. In conclusione quindi la successione dei campioni della serie esaminata, è rappresentata da MZ. 101 - MZ. 113, CO. 343 (= MZ. 114), MZ. 115 - MZ. 118. Il primo campione MZ. 101 fu prelevato ad una ventina di centimetri al di sotto del livello del mare; Fultimo, MZ. 118, a circa 10 cm al di sotto delle calcareniti di età tir¬ reniana. I campioni, ad eccezione di CO. 343, sono quelli stessi esaminati da CiAMPO (1971) nel suo studio delle ostracofaune della stessa località. Nelle righe che seguono saranno indicate con % T, % B, % P, rispet¬ tivamente le percentuali rispetto al totale dei foraminiferi, quelle rispetto ai bentonici e quelle rispetto ai planctonici. Le argille del Fronte si prestano ad essere suddivise, in base princi¬ palmente alle variazioni in frequenza dei foraminiferi planctonici, ri¬ spetto al totale dei foraminiferi, procedendo dal basso verso l’alto, in tre intervalli: inferiore, mediano e superiore. L'intervallo inferiore (campioni MZ, 101 - MZ. 110, dello spessore di circa 3,10 m) è caratterizzato da valori del plancton compresi tra 34,5 %T - 62 % T (Fig. 1), In base al significato delle associazioni plan¬ ctoniche, il clima sembra essere stato decisamente freddo, la batimetria piuttosto accentuata e comunque intorno ai 100-300 m, al limite fra l’ambiente circalitorale e quello epibatiale. L'ipotesi climatica sembra giustificata principalmente (vedi Par. 5) dalla presenza pressoché costante delle specie fredde Globigerina bulloides D’Orbigny, Globigerina pachyderma Ehrenberg, Globigerina quinqueloba Fig. 1. — Diagrammi illustranti rispettivamente in: A - la frequenza, esprr^a valori percentuali, del plancton, rispetto al totale della microfjini in : B - la curva climatica complessiva, ottenuta sommando ai [a MZ.118 ^uali degli indicatori caldi quelli dei freddi, intesi come negativi. Sulle i sono indicati le percentuali; sulle ordinate i campioni. 00 i 1 \ ! 'ìj ! Il 1 [i _ ti r i 1 -j- r 0 10 20 30 40 50 60 70 80% 0 10 20 Fig. 2. — Diagrammi illustranti la frequenza dei vari indicatori climatici, e precisar,^ in: A - G. scitula + G. bulloides + G. pachyderma + G. quinqiieloha s.s^^ dicatori di acque fredde); B - G. inflata (indicatore di acque temperate) H. siphonifera + G. ruber + O. universa (indicatori di acque calde). j J MZ.118 f;ono illustrate inoltre le frequenze di: in D - G. pachyderma, forma destro- ': ( — - ), G. pachyderma, forma levogira ( - ): in E - G. glutinata. ascisse sono riportati i valori percentuali rispetto al totale del plancton; I ordinate i campioni. 1 376 M. G. De Castro Coppa Natland, dalla prevalenza più o meno costante della G. pachyderma levo¬ gira, unitamente alla scarsa rappresentatività e/o rarità delle specie tem¬ perate e calde (Fig. 2). L’ipotesi batimetrica si basa sulla notevole fre¬ quenza di specie bentoniche come Brizalina catanensis (Seguenza), Buli- mina marginata (D’Orbigny), Uvigerina peregrina Cushman, etc. che co¬ stituiscono associazioni spesso riscontrate nei bacini adriatico ed ionico a profondità intorno ai 100-200 m. (Chierici et alii, 1962; Iaccarino, 1969). È presente inoltre, anche se sporadicamente, dalla base, Globigerina calabra Colalongo e Sartoni: è assente invece Globorotalia truncatuli- noides (D’Orbigny). L’intervallo mediano (campioni MZ. Ili - CO. 343. - MZ. 116), dello spessore di circa 1,80 m) è caratterizzato da valori del plancton molto elevati (75,5 % T - 97 % T) (Fig. 1). Il clima sembra essersi mantenuto freddo, anche se con una leggera flessione, forse in relazione con pro¬ babili apporti vulcanici. La batimetria sembra essersi modificata nel senso di un notevole approfondimento, oltre i 500 m (ambiente epibatiale). In questo tratto della successione sono presenti due livelli di piro- clastiti (riolitico alcaline), rispettivamente di 12 e 6 mm (camp. CO. 337 e CO. 341), a circa 20 cm di distanza tra loro e delle quali il livello più alto è direttamente sottoposto a circa 20-30 cm di argille fogliet- tate. L'età K/Ar ottenuta, per il primo di questi livelli, risulta con¬ cordante intorno ad 1,15 (± 0,07) M.A. (Capaldi et alii, 1979, in stampa). L’ipotesi climatica è giustificata principalmente dalla presenza sem¬ pre consistente dell’associazione Globigerina bulloides, G. pachyderma, G. quinqueloba e dalla scarsa rappresentatività, nel loro complesso, degli in¬ dicatori temperati e di quelli di acque calde (Fig. 2,A-D). L’altissima percentuale di plancton e la prevalenza, fra i bentonici, dei generi e specie neritico-profonde, giustificano l’ipotesi batimetrica (Fig. 3). In questo tratto mediano della successione, tuttavia, colpisce l’atten¬ zione la piccolezza delle forme bentoniche, la presenza di Hopkinsina ► Fig, 3. — Istogrammi illustranti le frequenze rispetto al totale del benthos di alcuni generi e/o specie bentoniche più significative dal punto di vista batimetrico. In particolare in; A - Bolivina spp. -t- Brizalina spp. 4- Bulimina spp. -f- Uvigerina spp. (!□), Cassidulina spp. + Glo- bocassidulina spp. (| | | | |) e Quinqueloculina. spp. + Triloculina sp. -f Spiroloculina sp. (■■); B - Protelphidium granosum (] | | | |), Am- monia beccarii (■■) e Hyalinea baltica (!□). TTnmi B — 1 ■_j ■J “1 -J n i ■j - 1-1 1 ■_j ■p \ ■__j 378 M. G. De Castro Coppa bononiensis (Fornasini), segnalata soltanto in livelli del Quaternario freddo e Toccasionalità di Hyalinea baltica (Schroeter), presente con po¬ chi individui: G. calabra è costantemente presente, mentre manca G. truncatiilinoides. Su di esso probabilmente trasgredisce. L’intervallo superiore (campioni MZ. 117 - MZ. 118, dello spessore di circa 0,60 m), caratterizzato da valori del plancton compresi tra il 35 % T e il 47,5 %T (Fig. 1). Il clima sembra subire un inasprimento mentre la batimetria dimi¬ nuisce rapidamente, raggiungendo valori piuttosto bassi, tipici di am¬ biente circalitorale (intorno ai 100 m o anche meno). L’ipotesi climatica è giustificata principalmente, dalFaumento, rispetto al sottostante intervallo, delle specie fredde; quella batimetrica essenzial¬ mente dalla diminuzione di molte forme bentoniche profonde e dall’ab¬ bondanza delle specie di mare basso quali p.es. Ammonia beccarii (Lin¬ neo), Protelphidiiim granosum (D’Orbigny), etc. (Fig. 3). L’apparente incongruenza di tale associazione può essere spiegata con un trasporto di queste specie ad habitat più costiero verso un ambiente più profondo, ad opera di fattori diversi, come del resto hanno ipotizzato per le microfaune siciliane del Belice Sprovieri e Cusenza (1972). È molto probabile che la rapida diminuzione di batimetria di questo intervallo, rispetto al precedente, sia dovuta ad una trasgressione, o al¬ meno, ad un cospicuo sollevamento, senza emersione e piuttosto rapido, del fondo. In base ai risultati sunteggiati, desunti dallo studio dei foraminiferi, le argille de « Il Fronte » sembrano essere state l’espressione di una se¬ dimentazione continua, eccetto che probabilmente in corrispondenza del¬ l’ultimo intervallo, effettuatasi in condizioni climatiche fredde o in mi¬ nima parte temperato-fredde. La profondità a cui si verificò la sedimen¬ tazione sembra essere stata piuttosto sensibile: si tratta di un ambiente circalitorale al limite con quello epibatiale (tra i 100 e i 300 m) che nella porzione mediana sembra approfondirsi fino a raggiungere una profon¬ dità superiore ai 500 m (ambiente epibatiale): esso in seguito probabil¬ mente alla sù citata trasgressione ritorna a condizioni di mare più basso (inferiore ai 100 m, ambiente circalitorale), che preludono all’emersione cui seguirà la trasgressione del Tirreniano a Stromhus bubonius. Tali deduzioni batimetriche sono confortate anche dai dati forniti da Wright (1978), sulla paleobatimetria del bacino mediterraneo durante il Neogene. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 379 In base ai valore climatico delle associazioni a foraminiferi plancto¬ nici, le argille studiate sono da ascrivere tutte quindi ai Pleistocene freddo, e in particolare alla sua parte inferiore. L'assenza di Globorotalia truncatulinoides (D’Orbigny) da tutta la suc¬ cessione, la presenza fin dalla base di Hy alinea baltica (Schroeter) e di Globigerina calabra Colalongo e Sartoni consentono d’inquadrare senza dubbio le associazioni studiate nella Zona a H. baltica indicata da Ruggieri e Sprovieri (1975, 1977) per definire il Pleistocene inferiore. Tale inquadramento permette inoltre di precisare Tintervallo stratigrafico di appartenenza, e cioè l'Emiliano {sensu Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977). Tale riferimento di età viene anche avvalorato — dalla presenza di Bulimina etnea Seguenza e Hopkinsina bononiensis (Fornasini), — dalla notevole frequenza di Globigerina pachyderma Ehrenberg fra i foramini¬ feri; - dalla comparsa a circa 1 m dalla base di Cyteropteron testudo Sars e di Falsocythere maccagnoi Ciampo (nel camp. MZ. 119) fra gli ostracodi (Ciampo, 1971; Ruggieri e Sprovieri, 1977, 1979). Le mie conclusioni confermano le vedute degli Autori precedenti che considerano le argille di Taranto espressione di una sedimentazione ve¬ rificatasi durante il Pleistocene freddo. Essi sono invece in netto disac¬ cordo (vedi Par, 2; e note 1, 3), con i risultati di Ciampo (1971), secondo cui una parte delle argille, corrispondente ai campioni MZ. 110 - MZ. 119 sarebbe trasgressiva sulle precedenti e sedimentata in condizioni clima¬ tiche calde o temperato-calde. Non sono inoltre d’accordo, limitatamente per la sezione de « Il Fronte », nelTattribuire al Paleotirreniano, i livelli marnosi trasgressivi sulle argille fogliettate (Dai Pra e Stearns, 1977). I campioni da me ana¬ lizzati, infatti, relativi a quei livelli, non sembrano contenere microfaune in stato di conservazione tale da lasciar supporre una risedimentazione di faune più antiche (di età calabriana), come prospettata invece dagli Autori. 2. Precedenti conoscenze Nel suo classico lavoro sul Plio-Quaternario dellTtalia meridionale, Gignoux (1913, pp. 247-248) riservò il nome di argille di Taranto ai sedi¬ menti più o meno plastici, grigi o azzurrognoli, che bordano il Mare Pic¬ colo di Taranto. Lo spessore di queste argille è variabile sia in affiora¬ mento, sia al di sotto del piano di campagna: Verri e De Angelis D'Ossat 380 M. G. De Castro Coppa (1899, p, 184), in base ai risultati di alcune trivellazioni, dichiarano che esse raggiungono lo spessore di 73 metri in località « l'Arsenale ». Un inventario preciso delle conoscenze sull’argomento fino al 1905, fu fornito da Bassani nel lavoro pubblicato in quell'anno per illustrare una ricca collezione di pesci fossili provenienti da questi livelli (vedi p. 5, nota 2 a p. 1 e nota 1 a p. 2 di Bassani, 1905). Il suddetto lavoro è il primo che cerca di dare una risposta ai pro¬ blemi stratigrafici e paleoecologici delle argille di Taranto in base ad uno studio di notevole ampiezza. In esso l'Autore non si limitò all'esame dell'ittiofauna ma fornì anche un elenco consistente di altri fossili rinve¬ nuti nei livelli in esame, appartenenti ad alghe, foraminiferi, brachiopodi, echinodermi, molluschi e ad un mammifero. Sull'ittiofauna studiata, la sua età e il suo significato ambientale, Bassani {op. cit., p. 56) espresse l'opinione che essa doveva essere di età pleistocenica inferiore e di ambiente litorale, intendendo l’Autore, per Plei¬ stocene inferiore o Siciliano, in generale, i depositi con ospiti nordici, cioè quelli sia calabriani che siciliani degli Autori recenti. Alcuni anni dopo il lavoro ora menzionato, fu pubblicata la nota opera, già citata, di Gignoux sul Quaternario delTItalia meridionale. In essa vengono analizzati e discussi (p. 268-269), tra l'altro, i dati più im¬ portanti già noti in letteratura, riguardanti le argille di Taranto; inoltre vengono apportati ulteriori contributi alla conoscenza dei fossili in esse presenti. Tuttavia, Tinsieme dei dati disponibili non risultarono ancora sufficienti a permettere deduzioni cronologiche e paleontologiche piena¬ mente soddisfacenti. Sull'età e l'ambiente dei sedimenti in esame, Gignoux è dell'opinione che le argille di Taranto siano di età siciliana e di facies relativamente profonda, identica a quella dei depositi di Ficarazzi. Le sue conclusioni, quindi, concordano con quelle degli Autori precedenti che ritennero le argille di Taranto depositate in un regime climatico freddo; ne viene, però, precisato il riferimento stratigrafico. Contraria¬ mente a quanto supposto da Bassant, viene prospettato per esse un am¬ biente di deposizione relativamente profondo. Dopo Gignoux, per circa mezzo secolo, le notizie sulle argille di Ta¬ ranto sono trascurabili. Nel 1957, Moncharmont-Zei, giungendo alle stesse conclusioni di età di Gignoux, fornisce ulteriori notizie sulla ittiofauna fossile di Taranto, stu¬ diata nel frattempo da D'Erasmo (1922) confermandovi la presenza di esemplari di mare profondo. L'Autore eseguì pure lo studio dei fora¬ miniferi presenti in quei campioni e, avendo osservato in essi una note¬ vole prevalenza di planctonici (94 %), associati a bentonici di piccolissime / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 381 dimensioni e per lo più indicativi di clima temperato-freddo, attribuì le argille ad un bacino di sedimentazione pressoché chiuso e poco pro¬ fondo (70-80 m). Robba (1969) è il primo studioso che esamina sotto molteplici aspetti (paleontologico, biostratigrafìco, paleoecologico) le successioni marine plio-pleistoceniche di una vasta zona della provincia di Taranto. Le for¬ mazioni studiate da questo Autore sono rappresentate da: calcareniti di Gravina (Pliocene medio-Calabriano), argille del Bradano (Calab riano), calcareniti di M. Castiglione (Calab riano-Tirreniano), conglomerati, ghiaie e sabbie poligeniche (Pleistocene). Limitatamente a quanto riguarda più strettamente le argille brada- niche Robba deduce che, data la scarsezza di specie litorali e il clima freddo che probabilmente aveva richiamato in acque meno profonde, specie a batimetria più elevata, Fambiente di sedimentazione delle argille del Bradano dovette essere intorno ai 100 m. CiARANFi et aia (1971) affrontarono anch’essi, sotto molteplici aspetti (biostratigrafìco, paeoecologico, geochimico) lo studio delle argille {sub argille subappennine) della zona di Taranto. Questi Autori, oltre a pro¬ spettare la confìgurazione del bacino preesistente alla loro sedimentazione e a quella degli altri sedimenti pliocenici, assegnano alle argille, in base allo studio delle microfaune e ai dati mineralogici ottenuti, un'età cala- briana, e un ambiente di deposizione freddo. In particolare attribuiscono, limitatamente alla parte più bassa delle argille del Mar Piccolo, un am¬ biente di mare più aperto e più ossigenato e una profondità non preci¬ sata ma comunque superiore ai 100 m. In base allo studio delle ostracofaune contenute negli stessi campioni della successione de «Il Fronte» da me esaminati. Giambo (1971) ritiene che nelle argille di Taranto siano riscontrabili due diversi episodi ma- rini, di cui uno inferiore, freddo, di mare relativamente profondo e uno superiore, trasgressivo sul precedente, caldo temperato-caldo e di am¬ biente litorale. In particolare, per il primo (campioni MZ. 101 - MZ. 109), viene prospettata una profondità di 150-200 m e condizioni climatiche fredde (Calabriano) soprattutto per la presenza di Cyteropteron testudo Sars, specie caratteristica del Quaternario freddo italiano. I sedimenti argillosi sovrastanti, relativi ai campioni MZ. 110 - MZ. 115 vengono attribuiti ad un diverso episodio marino (p. 14) in quanto, anche se le argille non sembrano presentare alcuna variazione litologica par¬ ticolare e se la percentuale dei foraminiferi planctonici raggiunge il 92 %, d'altra parte scompaiono bruscamente gli ostracodi di ambiente sublito¬ rale esterno mentre quelli presenti, rari, sono preferenzialmente indica- 382 M. G. De Castro Coppa tivi di acque piuttosto basse, L'Autore conclude perciò (p. 16): «La serie argillosa calabriana » (corrispondente a MZ. 101 - MZ. 109) « deve essere emersa subendo un intenso smantellamento subaereo che ha asportato gran parte della sua porzione superiore. Poi probabilmente per lentissimi movimenti verticali, si è avuta una nuova graduale ingressione rnarina con deposizione di sedimenti litorali » (campioni MZ. 110 - MZ. 115) « di¬ rettamente sui lembi residui delle argille » \ Nella porzione terminale della successione (MZ. 116 - MZ. 118), in cui CiAMPo include però anche il campione MZ. 119, (pp. 16, 19): «si assiste all’ affermar si e alVestendersi di una facies marina, caratterizzata da una profondità inferiore ai 50 m, e probabilmente tra i 10 e i 25 m ». Il riferimento cronologico della porzione superiore della successione, compresa tra i campioni MZ, 110 - MZ. 119, non è precisato. Tuttavia FAutore (p. 4) ritiene che essa debba essere attribuita ad un episodio più temperato, caldo o temperato-caldo ^ di quello delle argille calabriane sottostanti; ciò per le analogie che le ostracofaune del tratto terminale (MZ. 116 - MZ. 119) presentano con quelle del Tirreniano a strombi imme¬ diatamente sovrastanti e per la presenza nell'ultimo campione MZ. 119 (CiAMPO, Tab. 1) di Echinocythereis pustulata (Namias)\ ^ Secondo me, i dati in base ai quali viene prospettata la situazione paleo- ecologica della porzione delle argille del Fronte, compresa tra MZ. 110 e MZ. 115, non sembrano attendibili; innanzitutto l’affermazione di una trasgressione tra MZ. 109 - MZ. 110, non sembra appoggiarsi né su eventuali variazioni litolo¬ giche né sulle microfaune a foraminiferi presenti. Nel tratto poi compreso tra MZ. 110 e MZ. 115, i foraminiferi sono abbon¬ dantissimi e tra di essi prevalgono i planctonici e i bentonici freddi e profondi; gli ostracodi, invece, sono occasionali (Ciampo, tab. I) e dal significato non interpretabile : pochi carapaci di specie di acque basse si rinvengono unita¬ mente a qualche carapace di specie indicate come profonde (Cyteropteron alatum Sars e Cyteropteron rotundatum Muller in MZ, 110 e MZ. 113; p. 8, tab, I). Inoltre diverse specie di mare basso segnalate in questo tratto della successione sono presenti, peraltro, e più o meno con lo stesso numero di esemplari, anche nella porzione inferiore della successione (MZ. 101 - MZ. 109) ritenuta di mare più profondo. Se si volessero utilizzare ad ogni costo queste ostracofaune occasionali per indicazioni batimetriche sarebbe più logico pro¬ spettare per l’intervallo tra MZ. 110 e MZ. 115 una profondità simile a quella della porzione inferiore della successione; infatti, mentre può succedere che forme di mare basso vengano trasportate verso porzioni di un bacino con mag¬ giore batimetria, è difficile, invece, che avvenga il contrario. ^ V ero similmente tirreniano secondo Ruggieri (1973, p. 219). ^ Prescindendo per un momento dal campione MZ. 119, gli ostracodi degli ultimi campioni (MZ. 116 - MZ, 118) della successione argillosa, per quanto siano abbondanti, non sembrano particolarmente indicativi di clima caldo. Al con- I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 383 Più recentemente (1977) Dai Pra e Stearns analizzano e datano le fasi sedimentarie del Quaternario di Taranto: in particolare individuano al Fronte una continuità stratigrafica tra le marne argillose più basse e quelle superiori fogliettate, documentata dalle microfaune, le cui associa¬ zioni, ricche di plancton e di bentonici neritici, ne confermano Tapparte- nenza al Pleistocene inferiore; su di esse trasgrediscono con netta discor¬ danza angolare marne argillose più o meno siltose, prive di stratificazione e un livelletto di silt argilloso con micromolluschi. Le loro microfaune, costituite in prevalenza da planctonici e bentonici in parte ben conservati e in parte logori, ritenute di mare aperto e di età calabriana, portano gli Autori a considerare Fassociazione come risedimentata e ad attribuire tali sedimenti al ciclo sedimentario Paleotirreniano (privo di fauna a Stromhus) di età superiore ai 300.000 anni. 3. La successione stratigrafica del Fronte La località «Il Fronte», facente parte della tavoletta I.G.M.: 202 II NO-Taranto, è rappresentata da un piccolo e tozzo promontorio, ubicato al margine sud-orientale del Mare Piccolo, elevantesi di una decina di metri sul livello del mare. Esso ha un’ampiezza massima di circa 400 metri nel senso della longitudine e si protende, con andamento me¬ ridiano, all'interno del bacino orientale del Mare Piccolo, per circa 250 metri. trario, la presenza di Leptocythere multipunctata transiens Pucci, in MZ, 116, sembra avvalorare l'ipotesi cronostratigrafica (Emiliano) da me formulata in base ai foraminiferi; questa sottospecie, infatti, è nota nel Pliocene e nel Plei¬ stocene dove però, non sopravvive fino al Siciliano (Ruggieri, 1973). Campione MZ. 119. Ciampo considerò facente parte della serie stratigrafica campionata nelle argille del Fronte anche il campione MZ. 119; questo, però, non fa parte di essa e fu raccolto lungo una verticale, opportunamente scelta, per la campionatura delle calcareniti tirreniane. Qui, MZ. 119 era ubicato al li¬ mite tra le argille e le calcareniti per cui, anche se il materiale argilloso era quello prevalente, il campione avrebbe potuto contenere microfaune di ambedue i complessi a contatto e, anche, di età intermedia (vedi Par. 3 e nota 6). Perciò mi sembra più opportuno non condizionare l'interpretazione crono¬ stratigrafica della porzione superiore delle argille del Fronte alle ostracofaune segnalate in MZ. 119. Ciò, anche, a causa della posizione estrema di questo cam¬ pione per cui, anche nell'ipotesi che le sue microfaune siano tutte coeve, esse non verrebbero ad alterare di fatto il quadro cronologico e paleoclimatico delle argille ipotizzato in base ai foraminiferi; quadro a cui gli ostracodi di MZ. 101 - MZ. 118 non si oppongono o confermano. 384 M. G. De Castro Coppa Lungo il versante occidentale, il promontorio è limitato verso il mare da una ripida falesia per cui le rocce che lo costituiscono risultano bene esposte. Al versante orientale, invece, il pendio meno ripido e la vege¬ tazione rendono l’osservazione meno buona o precaria. Perciò la totalità dei terreni è ben osservabile, al versante occidentale e, più esattamente qualche decina di metri più a sud del punto più sporgente del promontorio stesso. È qui, infatti, che la scarpata verticale della falesia raggiunge la massima altezza; in questo punto, perciò, nel 1967, fu eseguita una fìtta campionatura nei terreni affioranti. Procedendo verso Ovest, il promontorio degrada più rapidamente verso il bacino del Mare Piccolo e, conseguentemente, la ripa verticale si fa progressiva¬ mente meno alta. Nel punto di campionatura prima detto, dove le rocce affiorano per una potenza maggiore, la successione dei terreni ha uno spessore di circa dieci metri; di questi, sette metri sono intagliati dalla parete sub- verticale della falesia. L'intera successione, procedendo dal basso verso l’alto, è scomponibile nei seguenti tre intervalli caratterizzati, ognuno, da motivi litologici e paleontologici propri: argille azzurre {argille di Ta¬ ranto), tutte ascritte, in questo lavoro all’Emiliano; calcareniti a Strombus bubonius di età tirreniana; marne argillose, di età posteriore al Tir- reniano. Argille di Taranto. (Campioni MZ. 101 - MZ. 118; cotiche 1 e II dì Gi- GNOux, 1913) (Tavv. I-III, V, VII). Lungo la verticale della campionatura le argille hanno una potenza di circa 5,50 m, sono prevalentemente azzurrognole e presentano una gia¬ citura suborizzontale; più esattamente, formano una direzione di circa 45“ rispetto al Nord magnetico e immergono verso NW con una inclina¬ zione di circa 5“. Per i primi 3,80 m, all’incirca (MZ. 101 - MZ. 112), le argille sono del tutto prive di macrofossili, piuttosto plastiche e con stratificazione indi¬ stinta o assente. Subito al di sopra è presente un livello di piroclastiti bianco-candide, friabile, pulverulento, dello spessore di 12 mm (CO. 337). Al di sopra di questo livello di piroclastiti, e dopo circa 20 cm di argille che mostrano una certa tendenza al fogliettamento, è presente un secondo livello di piroclastiti che presenta gli stessi caratteri litologici del primo ed ha uno spessore di soli 6 mm (CO. 341). Sulla faccia superiore di am¬ bedue gli straterelli vulcanici sono presenti numerosi cristalli di mica nera. I due livelli di piroclastiti non sembrano presentare tracce di alte¬ razione; quello analizzato (CO. 337) contiene microfossili in condizioni di / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 385 fossilizzazione discrete, tra cui foraminiferi ed alghe pelagiche; tra queste ultime si sono riscontrate diatomee e i coccolitoforidi P scudo emiliana la¬ cunosa (Kamptner) Gartner e Cyclococcolithus leptoporus? (Murray e Blakman) Kamptner (Tav. IX, fig. 2; tav, X, fìgg. 1-2). L'indagine mineralogica e chimica di questo livello ha confermato che esso si presenta costituito da un insieme di granuli delle dimensioni medie di pochi p che conferiscono al materiale un aspetto pulverulento mancando del tutto un cemento litifìcante. Il campione ricavato dopo purificazione da tracce di materiali provenienti da strati contigui è stato sottoposto ad analisi. Le indagini termiche differenziali ed i raggi X hanno posto in evidenza la natura vetrosa della sostanza esaminata che al mi¬ croscopio elettronico a scansione si mostra costituita da granuli a con¬ torno estremamente irregolare ed a spigoli vivi. Al microscopio ottico si confermano le osservazioni precedenti e si nota la presenza, in raris¬ simi esemplari, di laminette di biotite, di granuli di pirosseno e di feldspati. La composizione chimica e normativa classifica la frazione vetrosa contenuta in questo livello, come riolitico-alcalina: l’età K/Ar ottenuta, risulta concordante intorno a 1,15 (+0,07) M.A. (Capaldi et alii, 1979, in stampa). Il campione corrispondente alle argille comprese tra i due livelli di piroclastiti è contrassegnato dalla sigla MZ. 113. Le argille immediatamente al di sopra del secondo livello vulcanico si presentano, per uno spessore di 20-30 cm, meno plastiche e distinta- mente fogliettate; in essa fu raccolto MZ. 114 che mostrava alla lente numerose e grosse globigerine. Le piroclastiti e le argille fogliettate ad esse sovrapposte hanno una notevole continuità laterale fino a raggiungere a circa 150 m più ad ovest il livello del mare. In molti punti di questo tratto della falesia dove le piroclastiti sono presenti, esse possono venire mascherate da materiale argilloso sovra¬ stante, trasportato dalle acque dilavanti: è sufficiente, però, grattare la roccia col martello perché sia subito distinguibile il colore bianco¬ candido delle suddette. Per poter campionare più dettagliatamente e per poter illustrare meglio la situazione di campagna relativa alle piroclastiti, si è eseguita, nel Settembre del 1975, una breve campionatura (CO. 335 - CO. 344) ri¬ portata in Tav. Ili, eseguita a circa 100 m ad ovest della precedente. Ciò è stato utile anche perché, prima del presente studio, era andato perduto il campione MZ. 114: lo si è però potuto sostituire senza alcun dubbio, grazie ad alcune fotografie eseguite nella campionatura del 1967, e a causa 386 M, G. De Castro Coppa della sua posizione caratteristica rispetto ai livelli vulcanici e alle argille fogliettate, con il campione CO. 343 avente la identica posizione strati¬ grafica. La breve successione costituita dalle piroclastiti e dalle argille fo¬ gliettate, ha permesso di apprezzare in modo soddisfacente la giacitura della successione argillosa e la sua discordanza rispetto alle calcareniti di età tirreniana sovrastanti. La discordanza, per quanto lieve, non solo è ben osservabile a vista ma è testimoniata inequivocabilmente anche dal fatto che, mentre lungo la verticale di campionatura (MZ. 101 - MZ. 118) le piroclastiti e le argille fogliettate sono separate dalle calcareniti da circa un metro di sedimenti, a circa 100 metri più ad ovest esse si tro¬ vano, invece, a quasi 2,50 m al di sotto di esse. La porzione rimanente della successione argillosa, corrispondente ai campioni MZ. 115 - MZ. 118, non presenta sul terreno particolari carat¬ teri dal punto di vista litologico; è priva di macrofossili e presenta una minore plasticità rispetto al tratto precedente. Tuttavia al di sopra di MZ. 116 le argille sembrano acquistare una giacitura differente con un’in¬ clinazione intermedia fra quella dei livelli sottostanti e quella del Tirre- niano sovrastante. È molto probabile che tale discordanza sia l'indice di una trasgres¬ sione così come è stata prospettata da Dai Fra e Stearns (1977); peraltro questa ipotesi sarebbe avvalorata dalla presenza di faune bruscamente più costiere e da un residuo indicante un ambiente di deposizione più superficiale nei campioni MZ. 117 - MZ. 118. Non è da escludere però, che la situazione esposta possa corrispondere ad un notevole sollevamento, senza emersione e piuttosto rapido, del fondo. In corrispondenza degli ultimi 20-30 cm le argille contengono nume¬ rosi noduli irregolari di materiale più duro, biancastro, marnoso, distri¬ buiti senza alcun ordine. Le argille con noduli sono osservabili più facilmente (a causa della ripidezza del pendio) subito ad est della porzione più protesa del pro¬ montorio del Fronte: è a questo punto della località studiata che si rife¬ risce la Tav. IL Nelle argille della sezione campionata non si sono osservati macro¬ fossili. Se, però, ci si sposta di un paio di centinaia di metri verso sud- ovest, dove il Tirreniano è prossimo al livello del mare, si possono osser¬ vare, ad uno-due decimetri al di sotto del calcare a strombi, numerose Ostrea edulis Linneo e Cladocora coespitosa Lamarck. Mentre però, le ostree sono sicuramente coeve delle argille che le contengono, le clado- core possono rappresentare la porzione basale di cespugli, formatisi nel I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 387 Tirreniano, che si erano impiantati sul substrato argilloso. Questa inter¬ pretazione è confortata dal fatto che in alcuni punti di questa stessa zona, dove le argille, sono state asportate dall'azione del mare e il Tir¬ reniano sporge notevolmente oltre esse, le porzioni basali di molti ce¬ spugli di Cladocora in posizione fisiologica e inglobate nel banco a Strombus sporgono notevolmente al di sotto del materiale tirreniano per cui non potevano che impiantarsi che nelle argille (Tav. VI). Al Fronte non è osservabile la base su cui poggiano le argille; è vero¬ simile che questa sia costituita dagli stessi calcari del Cretacico superiore a rudiste su cui si vedono poggiare nella zona a NE del Mare Piccolo: specialmente alle cave site a 370 m ad Est di Convento Vecchio (Tav. VII). Calcareniti tirreniane a Strombus bubonius. {Campioni MZ. 120 ~ MZ, 125; conche III e IV di Gignoux). Il Tirreniano a Strombus bubonius è rappresentato da un unico banco dallo spessore di circa 1,50 m (Tavv. I-II, IV, VII) costituito da una calcarenite marnosa, biancastra, di consistenza variabile; spesso friabile, spesso (specialmente in corrispondenza delle su- perfici esposte) più duro, sempre molto polverulento sulla frattura. I fos¬ sili sono più o meno vari, ma sempre abbondantissimi. Nella sezione campionata, quelli più facilmente osservabili sul terreno, sono i seguenti: Cladocora coespitosa Lamarck, Strombus bubonius Lamarck, C ancellaria similis SowERBY, Arca noae Linneo, Glycymeris cor (Lamarck), Glycymeris glycymeris (Linneo), Spondylus gaederopus Linneo, Ostrea lamellosa Broc¬ chi, Ostrea squarrosa De Serres, Filaria chione (Linneo), Venus verru¬ cosa Linneo, Lutraria lutraria (Linneo), Lutraria oblonga (Chemnitz), etc. Un elenco dettagliato dei macrofossili tirreniani de « Il Fronte » è pre¬ sente-in Gignoux (1913); ulteriori notizie su di essi in De Castro-Coppa (1971, 1972). Se ci si sposta lateralmente il contenuto fossilifero di questo strato varia notevolmente; per es. qualche centinaio di metri a Sud-Ovest i fos¬ sili sono più vari, le cladocore sono meno numerose, si riscontrano molte Pycnodonta hyotis (Linneo), e le melobesie sono abbondantissime. Le melobesie sono pure abbondantissime, per quanto prevalentemente sminuzzate, lungo la strada per Buffoluto, immediatamente di fronte ai cantieri Tosi (località citata da Blanc, 1953); ad esse si accompagnano vari fossili appartenenti ai generi Venus, Cerithium, Dentalium, Pinna, Glycymeris, Spondylus, Lima, Bolma (conchiglie ed opercoli). Veneri- cardia, Arca, Chlamys, Pecten, e rari esemplari di Strombus bubonius (MZ. 453, MZ. 470). Poco ad Ovest, circa 500 m a Sud di Madonna di Galese, l'associa¬ zione cambia radicalmente e i fossili sono rappresentati, per un certo 388 M. G, De Castro Coppa tratto, quasi esclusivamente da Cladocora coespitosa, che raggiunge di¬ mensioni veramente spettacolari (Tav. Vili). Se al Fronte, si osserva sotto un angolo visuale molto ristretto il banco calcarenitico del Tirreniano, esso simula una giacitura suborizzon¬ tale; in realtà, invece, esso immerge a Sud-Ovest con un’inclinazione di pochi gradi. Infatti, mentre nel punto di campionatura il letto del banco si trova a 5,50 m sul livello del mare, esso raggiunge il piano di campagna a circa 800 m a Sud-Ovest. La trasgressione del Tirreniano sulle argille è ben evidente ed è stata documentata nelle pagine precedenti; ad essa corrisponde anche, una brusca discontinuità litologica e paleontologica. La trasgressione è ben evidente anche alla cava ad Est di Convento Vecchio di cui si è già parlato; qui, l’ampiezza della visuale permette di osservare che la superficie di separazione fra le argille e le calcareniti superiori presenta ampie ondulazioni; s’individua cioè una distinta superficie d’erosione. A partire dalle argille immediatamente contigue al banco a strombi, per tutto lo spessore del banco, furono raccolti, in località II Fronte, otto campioni (MZ. 119 - MZ. 126). Questi campioni non poterono essere prelevati lungo la stessa verticale della campionatura eseguita nelle ar¬ gille perché, lì, il banco calcarenitico formava una cornice sporgente che non ne permetteva il prelievo. I campioni furono presi perciò lungo una diversa verticale, ad una decina di metri più ad Ovest della precedente. Il campione MZ. 119 fu prelevato al limite fra le argille e le calca¬ reniti tirreniane; esso corrisponde probabilmente al campione MZ. 118 oppure contiene mescolati i materiali (e quindi le microfaune) dei due complessi a contatto. Apparentemente i caratteri litologici di questo campione erano simili a quelli degli ultimi decimetri già descritti, della successione argillosa: cioè il materiale argilloso, prevalente, era associato a grumi e noduli di materiale più duro. Marne argillose postirreniane, {Campioni MZ. 126 - MZ. 130; conche V di Gignoux). Questi sedimenti sono rappresentati da marne argillose giallastre o brune; lungo le ripe del Fronte esse hanno un colore rossa¬ stro dovuto all'azione di acque dilavanti ricche di ossido di ferro. Nella località di campionatura, le marne si sovrappongono al Tirreniano per uno spessore di circa 3 metri; i fossili sono rari e rappresentati per lo più da qualche Cardium e da frammenti di gasteropodi turricolati. La trasgressione di queste marne sul Tirreniano è sempre ben evi¬ dente, specialmente a qualche centinaio di metri ad Ovest del Fronte / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc, 389 (Tav. V): essa è segnata da una superfìcie d'erosione molto accentuata in corrispondenza della quale è presente una distinta crosta dall'aspetto lateritico {conche IV di Gignoux)= Sono stati raccolti in questo complesso cinque campioni: MZ. 126 - MZ. 130, che interessano soltanto la porzione inferiore dell'affioramento, di più facile accesso. In particolare, il campione MZ. 126 è stato raccolto al limite con la calcarenite sottostante e potrebbe contenere materiali di ambedue i ter¬ mini litologici a contatto. Procedendo verso Sud-Ovest, a poco più di un chilometro dalla loca¬ lità di campionatura, in contrada Cimino, dove il Tirreniano non affiora perché giace al di sotto del piano di campagna, queste marne, prima povere di fossili, si fanno biancastre e, in accordo con Gignoux (1913, note a p. 254, 257), ricche di Cardium edule Linneo. La successione del Fronte fu già descritta e figurata da Gignoux (1913, pp, 253-254, fìg. 37) il quale riteneva che tra le argille e le calcareniti del Tirreniano a strombi si verificasse, come fatto generale una deposizione continua anche se, come fatto particolare, poteva interporsi una lacuna stratigrafica (Gignoux, p. 252). La porzione terminale delle argille {conche II), più marnosa e dello spessore di qualche decimetro {fide fig. 37 di Gignoux), che all'Autore francese si era presentata ricca di piccoli lamellibranchi, avrebbe rap¬ presentato il passaggio stratigrafìco continuo tra i due complessi di età diversa. Sicuramente, però, in base alle osservazioni di campagna riportate in precedenza e in base ai risultati dello studio delle microfaune (asso¬ ciazioni di foraminiferi di clima freddo cui succedono i fossili del Tir¬ reniano), le argille marnose della conche II sono separate dal banco a strombi da una lacuna stratigrafìca. Al Fronte, nella porzione terminale delle argille di Taranto io non ho riscontrato le piccole telline e le piccole scrobicularie (né altri fossili) segnalate da Gignoux e che comunque potrebbero essere state dilavate dalle calcareniti sovrastanti dove, di fatto, possono essere molto abbon¬ danti. Infatti, in molti punti del Mare Piccolo, incluso il Fronte, le argille si possono presentare ricche di fossili; questi, però, non sono in posto, ma sono dovuti al dilavamento sù accennato. Questo fenomeno, più fre¬ quente nelle zone in cui le « calcareniti a strombi » si fanno più friabili e marnose (p. es. lato Ovest di Punta della Penna), lascia spesso scon¬ certati perché sfugge facilmente all'attenzione. 390 M. G. De Castro Coppa La divergenza di opinioni sul piano di appartenenza delle argille di Taranto, come anche sulla continuità (Gignoux, 1913; Robba, 1969) o di¬ scontinuità tra esse e il Tirreniano a strombi (Blanc, 1953 p. 26; Cia- RANFi et ahi, 1971, p. 294; etc.) è probabilmente più apparente che reale. Infatti, cosi come non possono essere trascurate le osservazioni degli Autori recenti, tra cui quelle personali, ugualmente è difficile convin¬ cersi di un’interpretazione sbagliata da parte di Gignoux, quando l’Autore, riferendosi all’Arsenale e al Tizzone (i cui affioramenti non sono più os¬ servabili) afferma (p. 256): « Les argiles de Tarante, très plastiques à la base, y deviennent marneuses, puis sableuses, formant ainsi passage aux tufs calcaires à Strombes avec une continuité manifeste » La continuità di sedimentazione osservata all’Arsenale e al Tizzone, dove le argille raggiungono uno spessore di 73 m (Verri e De Angelis D’Ossat, 1899, p. 184); la trasgressione del Tirreniano sulle argille al Fronte e alle cave ad Est di Convento Vecchio, dove le argille presentano uno spessore di qualche metro soltanto; la trasgressione direttamente sui tufi plio-calab riani a Masseria S. Giovanni (Case d’Ayala presso S. Giorgio di Gignoux) osservabile nel taglio presso la ferrovia, sono tutti, proba¬ bilmente, il risultato di un unico fenomeno di emersione. In altri termini, dopo la sedimentazione delle argille deH’intervallo MZ. 117 ^ MZ. 118 (e di quelle ad esse sovrastanti, non osservabili nella sezione studiata, ma sicuramente presenti più ad Ovest, come è indicato dalla giacitura degli strati) si dovette verificare un’emersione via via più accentuata da Ovest verso Est, e cioè man mano che si procede da Com trada Cimino (ad Est del Tizzone) verso il Fronte e Masseria S. Giovanni. Il Tizzone e l’Arsenale invece rimasero sommersi e la sedimentazione ar¬ gillosa venne sostituita da quella sabbiosa (fide Gignoux). A questa emersione seguì, nel tempo, l’erosione delle argille emerse (o del loro equivalente verso la costa) e in misura tanto maggiore quanto più alta era la loro posizione rispetto al livello di base, cioè man mano che ci si sposta verso Est. Conseguentemente, il nuovo diffondersi del dominio marino durante il Tirreniano portò lo strato a Strombi a tra¬ sgredire su spessori d’argille (o del loro equivalente verso costa) varia¬ bile e via via in diminuzione man mano che ci si sposta da Cimino verso Masseria S. Giovanni; in particolare, in quest’ultima località, dove l’ero¬ sione fu maggiore, il Tirreniano trasgredì direttamente sui tufi plio-cala- briani. All’Arsenale e al Tizzone, invece, dove non fu mai emersione (fide Gignoux), la sedimentazione si effettuò con continuità dal Calabriano fino al Tirreniano. / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 391 4. Metodi di studio L’ubicazione sul terreno dei campioni esaminati (MZ. 101 - MZ. 118), tutti raccolti nelle argille, è indicata nella Tav. I. Di ogni campione sono stati prelevati 200 gr di materiale, che sono stati sottoposti a lavaggio in una pila di due setacci, uno di 100 e uno di 200 mesh. Si sono così raccolti, dopo l'essiccazione, due residui di la¬ vaggio per ogni campione. Di ogni residuo è stata esaminata una frazione variabile a seconda dell'abbondanza dei foraminiferi presenti e sono stati raccolti tutti gli esemplari riscontrati. Il numero di foraminiferi direttamente prelevato per ogni campione è sempre stato rilevante. Esso risulta compreso tra 500 e 2000; solo nel campione MZ. 115 sono stati raccolti 441 esemplari, mentre nel campione MZ. 102 ne sono stati raccolti 4318, Dopo aver effettuato la determinazione a rango specifico dei forami¬ niferi della frazione esaminata, il numero di individui di ogni specie è stato moltiplicato per il numero esprimente l'inverso della frazione di residuo esaminata. Si è ottenuto cosi, per ogni specie, il numero totale di individui presenti in quel residuo di lavaggio. Si sono sommati, per ogni specie, i numeri di individui calcolati nel modo ora esposto, per ognuno dei due residui di lavaggio, quello a 100 e quello a 200 mesh. Si è ottenuto così per ogni specie, il numero di esemplari presenti nei 200 gr di materiale trattato per ogni singolo campione. L'elenco delle specie riscontrate è riportato in Tab. VII: in essa ven¬ gono indicati per ogni campione, oltre ai valori percentuali del Plancton e del Benthos, nel loro insieme, rispetto al totale della microfauna, anche quelli di ogni singola specie, espressi graficamente con simboli, rispetto al totale degli individui. Nella tabella sono indicati anche i fora¬ miniferi presenti nel campione MZ. 119, anche se non fa parte della campionatura eseguita lungo la verticale in cui furono raccolti MZ. 101 - MZ. 118. Tuttavia, poiché le sue ostracofaune furono studiate a suo tempo da CiAMPo (1971), si è ritenuto più logico completare in tal modo le conoscenze sui suoi microfossili. Nelle Tabb, Vili e IX vengono invece riportati rispettivamente, i valori percentuali, espressi in numero, delle singole specie planctoniche e bentoniche, rispetto ai relativi totali (P e B). Vengono inoltre date, per alcune specie bentoniche, delle tabelle (Tabb. I-VI), in cui vengono indicati i valori biometrici. 392 M. G. De Castro Coppa Oltre a ciò vengono forniti numerosi diagrammi e istogrammi (Figg. 1-3): uno di essi riguarda le reciproche relazioni quantitative, espresse in percento, tra plancton e benthos per ogni campione (Fig. 1,A); altri riguardano il comportamento di alcune specie planctoniche e ben- toniche di particolare interesse climatico e/o batimetrico (Figg. 2, D, E; 3, B). Vengono inoltre fornite le curve cumulative per gli indicatori cli¬ matici freddi, temperati e caldi (Figg. 2, A-C), la curva climatica otte¬ nuta sommando agli indicatori caldi i valori percentuali di quelli freddi, intesi come negativi (Fig. 1,B), nonché infine, istogrammi relativi ad al¬ cuni generi bentonici di particolare interesse batimetrico (Figg. 3, A). Per la scelta degli indicatori climatici planctonici, ci si è riferiti essenzialmente alle zone biogeografiche sintetizzate nel lavoro di BÈ (1977) e ai dati di Cita et alii (1977). Vengono pertanto scelte come indicatori climatici le seguenti specie planctoniche: Indicatori di acque fredde: Globorotalia scitula (Brady) Globigerina bulloides D’Orbigny Globigerina pachyderma (Ehrenberg) Globigerina quinqueloba Natland s.s. dominanti nelle provincie subartiche e subantartiche (Fig. 2, A) Indicatori di acque temperate: Globorotalia inflata (D'Orbigny) specie indigena della zona di transizione (Fig. 2, B) Indicatori di acque calde : Hastigerina siphonifera (D’Orbigny) Globigerinoides ruber (D'Orbigny) Orbulina universa D’Orbigny specie indigene e dominanti nelle provincie subtropicali (Fig. 2, C). I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 393 Sono state inoltre esaminate le distribuzioni di G. pachyderma levo¬ gira e destrogira e quella di Globigerinita glutinata (Egger) (Fig. 2, D, E); si tratta per quest'ultima, di una specie dal significato climatico piut¬ tosto controverso. Secondo BÈ (1977) essa è estesa dalle acque artiche fino alle antartiche, raggiungendo però la massima frequenza nella pro¬ vincia subtropicale, in acque con temperature sunperficiali comprese tra i 18“C e i 24°C. Cita et alii (1974) la considerano invece un « discreto indi¬ catore freddo», riscontrandone la massima frequenta (25,9%) in corri¬ spondenza degli episodi freddi del pozzo 132 del DSDP, Ugualmente Cita et alii (1977) e Cita e Premoli Silva (1978) la citano fra gli indicatori freddi delFarea del Mediterraneo. Nel lavoro si è cercato di utilizzare anche il valore ecologico dei fo¬ raminiferi bentonici, per ottenere indicazioni sulla profondità di sedimen¬ tazione dei vari campioni. Per la scelta degli indicatori batimetrici, mi sono riferita soprattutto al lavoro di Murray (1973) e anche alle indica¬ zioni fornite in Cita e Chierici (1962), Chierici et alii (1962), Iaccarino (1969) e Wright (1978). Le associazioni prese in considerazione, con il loro significato bati- metrico, sono le seguenti: 1) Quinqueloculina, Triloculina, Spiroloculina (Fig. 3, A). Questi ge¬ neri sono ritenuti caratteristici di acque poco profonde (040 m secondo Murray, 1973), da fredde a tropicali, a salinità per lo più normale o poco inferiore al normale (< 32 %o). 2) Bolivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina (Fig, 3, A), Questa asso¬ ciazione comprende specie che vivono per lo più su fondi fangosi (Murray, 1973) e generalmente in acque profonde, dai 100 m in poi (Chierici et alii, 1962), con temperature tra 0°C-30°C e salinità normale (Murray, 1973), 3) Cassidulina e Globocassidulina (Fig. 3, A). Esse presentano carat¬ teristiche analoghe alla precedente associazione. Pur tuttavia ne sono te¬ nute distinte perché presentano una diversità di comportamento in al¬ cuni campioni (MZ. Ili, CO. 343, MZ. 117). Per eventuali maggiori informazioni sulle variazioni batimetriche ed ambientali sono state considerate singolarmente le variazioni di frequenza delle seguenti specie. Protelphidium granosum (D’Orbigny) (Fig. 3, B), Il genere Protelphi- dium predilige ambienti ipoalini, lagunari, di estaurio e di palude, con temperature e salinità variabili entro ampi limiti e profondità comprese tra 0-10 m (Lentini, 1968; Murray, 1973). La specie granosum, riscontrata a profondità superiori (51-201 m), con percentuali superiori al 6 % 25 394 M. G. De Castro Coppa (Parker, 1958), sembra prediligere nel Golfo di Taranto, una fascia com¬ presa tra i 20-50 m. I ritrovamenti di questa specie nella stessa località, a profondità di oltre 500 m sono stati attribuiti a « spiazzamento lungo la scarpata » (Iaccarino, 1969). Ammonta beccarii (Linneo) (Fig. 3, B). È una specie ubiquitaria che vive di preferenza in ambienti costieri, lagunari, ipo- e/o iper-alini, di bassa profondità (0-50 m) pur potendo essere riscontrata anche a pro- dità superiore ( — 232 m in Saidova, 1961). Le sue più alte frequenze nei mari attuali, sono condizionate in genere da temperature comprese tra 15“C-30‘^C (Murray, 1973); pur tuttavia essa è stata rinvenuta nel mare di Behring e nella zona Nord-Occidentale dell’Oceano Pacifico, a tempe¬ rature di LC-2“C (Saidova, 1961). Hyalinea baltica (Schroeter) (Fig. 3, B). È considerata caratteristica di acque profonde (fino ai 1000 m) da fredde a temperate; è particolar¬ mente abbondante nel Mediterraneo, nei fondi fangosi, fra i 200-600 m, e diventa meno frequente oltre tale profondità (Murray, 1973). 5. Considerazioni ecologiche e stratigrafiche Le argille de « Il Fronte » si prestano ad essere suddivise in tre in¬ tervalli, in base al comportamento delle associazioni microfaunistiche a foraminiferi planctonici e bentonici. Intervallo inferiore (compreso tra i campioni MZ. 101 - MZ. 110). Il plancton è abbondante e presenta valori compresi tra il 34,5 % e il 62% del totale della microfauna (Fig. 1). Nei livelli più bassi, esso è costituito, in prevalenza, da forme fredde; in quelle più alti subisce pic¬ cole variazioni che fanno pensare ad un prossimo addolcimento del clima. In particolare, fra gli indicatori di acque fredde, G. pachyderma, molto abbondante nei primi campioni, dove raggiunge il 46 % del plan¬ cton, tende a diminuire in quelli successivi (Tab. Vili). Di questa specie si sono riscontrate forme sia levogire che destrogire con lieve prevalenza delle prime rispetto alle seconde; ciò può rappresentare un'ulteriore con¬ ferma della rigidità del clima (Fig. 2, D). Gli altri indicatori di acque fredde {Globorotalia scitula, Globigerina bulloides, Globigerina quinqueloba) sono sempre molto abbondanti e fra il 30,5 % P - 61,5 % P. L’andamento della curva esprimente la loro va¬ riazione quantitativa nei successivi campioni è influenzato principalmente dai valori di G. quinqueloba, nettamente prevalente su G. bulloides (Tab. Vili). I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 395 Gli indicatori di acque calde (Hastigerina siphonifera, Globigerinoides ruber e Orbulina universa) sono molto rari (Fig. 2, C). G. ruber è pre¬ sente con percentuali comprese tra lo 0,05 % P e 11 % P (Tab, Vili). L'indicatore di acque temperate Glohorotalia infiala presenta dei va¬ lori di poco superiori a quelli dei precedenti indicatori di acque calde e solo in MZ. 103 raggiunge un valore percentuale massimo del 3 % P (Tab. Vili; Fig. 2,B). Globigerinita glutinata è presente in tutto Pintervallo (Tab. Vili, Fig. 2, E) e registra percentuali variabili in un capo piuttosto ampio (3 % P 22 % P). Se si accettano per questa specie le vedute di Cita et alii (1974, 1977) e di Cita e Premoli Silva (1978) la frequenza di Globigerinita glu¬ tinata rappresenterebbe una conferma delle condizioni paleoclimatiche già ipotizzate in questa porzione delle argille di Taranto. Se invece ci si volesse attenere esclusivamente alle osservazioni di Bè e Tolderlund (1971), la presenza di questa specie non potrebbe alterare le conclusioni già dedotte in base alla frequenza delle forme fredde e alla scarsezza di quelle tem¬ perate calde. Glohigerina calabra ColalongO' & Sartoni è presente sin dalla base, anche se del tutto occasionalmente (Tab. Vili). In questo tratto della successione, il benthos varia tra il 38 % e il 65,5 % del totale dei foraminiferi. I due gruppi di generi indicativi di acque fredde e profonde, costi¬ tuiti uno da Bolivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina Taltro da Cassidulina e Globocassidulina, sono piuttosto numerosi e presentano percentuali va¬ riabili rispettivamente tra il 9,5 % B - 28 % B e il 7,5 % B - 25 % B (Tab. IX; Fig. 3, A). Questi generi sono rappresentati da numerose specie; quelle presenti in quasi tutto l'intervallo in esame, e, spesso, predominanti sulle altre sono Brizalina catanensis (Sequenza), Bulimina marginata D'Orbigny, Bulimina aculeata D’Orbigny, Bulimina etnea Seguenza, Uvigerina medi- terranea Hofker, Uvigerina peregrina Cushman, Cassidulina carinata Sil¬ vestri, etc, Hy alinea baltica, la cui comparsa segue di poco il limite Plio-Pleisto- cene, è sempre presente: i suoi valori percentuali rispetto al benthos, de¬ crescono lievemente ma costantemente da MZ. 101 a MZ. 107, per poi sta¬ bilizzarsi su valori più bassi nei campioni successivi. In conclusione le specie bentoniche maggiormente rappresentative dì questo intervallo sono Brizalina catanensis (Seguenza), Bulimina margi¬ nata D'Orbigny, Uvigerina peregrina Cushman, Trifarina anguiosa (Wil- liamson), Hyalinea baltica (Schroeter), Cassidulina carinata Silvestri. Questa associazione è del tutto simile a quella che nelTAdriatico, predo- 396 M. G. De Castro Coppa mina tra i 100 e i 218 m (Chierici et ahi, 1962) e nello Ionio (Golfo di Ta¬ ranto) oltre i 100-200 m (Iaccarino, 1969). Essa presenta anche notevoli somiglianze con quella osservata da Ciaranfi et alii (1971) nelle sezioni di Montemesola e della parte più bassa di quelle del Mar Piccolo, per cui viene prospettata una profondità superiore ai 100 m. Le forme di bassa profondità come Ammonia beccarii Linneo (pre¬ sente con lo 0,5 % B in MZ. 102) e gli Elphidiidae (0,01 % B - 0,5 % B in MZ. 103 - MZ. 105) sono sporadiche. Le Miliolidae sono meglio rappresen¬ tate ma il loro numero è comunque molto basso (2,5 % - 5 % B (Tab. IX). Intervallo mediano (compreso tra i campioni MZ. Ili - CO. 343 - MZ. 116). In questo intervallo il plancton è abbondantissimo, raggiungendo il valore del 97 % rispetto al totale dei foraminiferi. Esso presenta le stesse associazioni riscontrate nei precedenti campioni; tuttavia ora le varia¬ zioni quantitative delle specie climaticamente significative mettono in evidenza più distintamente, da un lato Tattenuarsi della rigidità del clima dalTaltro il brusco nonché notevole aumento della batimetria; il primo di questi fenomeni, accennato già negli ultimi campioni del precedente intervallo, potrebbe forse essere in relazione con i due livelli di pirocla- stiti presenti in questo tratto della successione (Camp. CO. 337 e CO. 341) (vedi Tav. Ili e Par. 3, pag. 18). L'associazione fredda G. bulloides, G. pachyderma, G. quinqueloba, cui si accompagna occasionalmente G. scitula (0,03 % P - 1 % P in CO. 343 e in MZ. 115) è sempre dominante (40 % P - 73,5 % P). In essa G. pachy¬ derma pur mantenendosi entro valori non bassi (8 % P - 31,5 % P), dimi¬ nuisce leggermente, rispetto all'intervallo precedente. La diminuzione in¬ teressa specialmente le forme levogire che ora sono quasi sempre infe riori a quelle destrogire (Fig. 2, D). L’assenza pressoché completa di G. scitula, potrebbe essere messa in relazione con la presenza di materiale di origine vulcanica; ciò era del resto già stato osservato da altri Autori per analoghe situazioni (Cita et alii, 1974, p. 290). L'indicatore temperato G. inflata presenta percentuali molto basse, tranne che nel campione CO. 343 raggiunge il 14 % P (Fig. 2, B). Gli indicatori caldi sono molto scarsi (0,11 % P - 2,5 % P); tra essi l’unico costantemente presente è G. ruber (Tab. Vili; Fig. 2, C). G. glutinata è presente in tutti i campioni con percentuali variabili tra n,5 % P e il 20 % P (Tab. Vili; Fig. 2,D). Compare inoltre nei campioni MZ. Ili - CO. 343, MZ. 116, Neoglobo- quadrina dutertrei (D’Orbigny); anche qui la sua presenza pure se del I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 397 tutto occasionale (0,05 % P - 1 % P), potrebbe essere in relazione con i li¬ velli piroclastici, come ipotizzato per simili situazioni da Cita et alii, (1974, p. 297). G. calabra è presente in tutti i campioni anche se con percentuali estremamente modeste (Tab. Vili). In questo intervallo il benthos diminuisce bruscamente rispetto al- Fintervallo precedente e presenta valori compresi tra il 3 % e il 24,5 % del totale dei foraminiferi; esso è costituito in prevalenza da individui di piccole dimensioni. Questo carattere, unitamente alla elevatissima quantità di foraminiferi planctonici e alla presenza di materiale pirocla¬ stico in alcuni campioni (CO. 343, MZ. 114) induce a prendere in consi¬ derazione la possibilità di riferire ad uno stesso livello stratigrafico questo intervallo delle argille del Fronte e un'altra situazione simile se¬ gnalata da Moncharmont-Zei (1957) nel Pleistocene freddo della zona di Taranto F I due gruppi di generi di habitat profondo e freddo costituiti uno da Bolivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina e l'altro da Cassidulina e Globo- cassidulina sono piuttosto numerosi e presentano percentuali rispettiva¬ mente variabili tra il 10,5 % B - 61,5 % B (Fig. 2, A). Le specie di questi due gruppi, però, sono in numero leggermente inferiore a quello del pre¬ cedente intervallo (Tab. VII); quelle più rappresentative sono Brizalina catanensis, Brizalina dilatata, Cassidulina carinata, Cassidulina crassa. In particolare in MZ. Ili, l'abbondanza di B. catanensis (38,5 % B) è tale da determinare un picco eccezionale (61,5 % B), cui fa riscontro, al con¬ trario, una netta diminuzione (14 %B) di Cassidulina e Globocassidulina. Al contrario nel campione CO. 343, mentre le specie del primo gruppo diminuiscono (10,5 %B), i generi Cassidulina e Globocassidulina pre¬ sentano valori costanti (36 % B) (Fig. 3, A). Nei campioni MZ. 112-113 e CO. 343, compare per la prima volta Hopkinsina bononiensis (Fornasini) che in MZ. 113 rappresenta il 3 % B. Invece H. baltica è presente saltuariamente e con un numero molto limi¬ tato di individui, non superiore allo 0,5 % B, eccetto che in MZ, 116 dove raggiunge il 7%P (Tab. IX; Fig. 3, B). L'Autore, descrivendo i foraminiferi riscontrati nelle argille ittiolitifere, rivelò la presenza di un’associazione ricca e ben sviluppata di planctonici (94 %) unitamente ad una microfauna bentonica, indicativa di mare profondo, nume¬ ricamente scarsa, ben conservata, ma di piccole dimensioni. Tale situazione fu interpretata daU'Autore come dovuta, probabilmente, all’esistenza di « una par¬ ticolare condizione locale » che doveva risiedere « o in una scarsa salinità delle acque, o in una ridotta ossigenazione del fondo ». 398 M. G. De Castro Coppa I generi che preferiscono di norma profondità inferiori ai 50 m, come Amjnonia, Elphidium, Cribrononion, Protelphidium, sono scarsamente o del tutto occasionalmente rappresentati (Tab. IX; Fig. 3, B). Le Miliolidae o sono assenti (MZ. 112, CO. 343, MZ. 115) oppure pre¬ sentano valori molto bassi. Tuttavia, questa famiglia raggiunge proprio in un campione di questo intervallo (MZ. 116), il maggior numero di pre¬ senze (7 % B); il fenomeno presenta però aspetti particolari sia perché questi porcellanacei sono rappresentati praticamente dall'unico genere Quinqueloculina, sia perché questo genere è costituito esclusivamente dalla specie stalkeri. Q. stalkeri fu istituita da Loeblich e Tappan (1953) su materiale recente dragato a Nord dell'Alasca, dove faceva parte di un'associazione costiera, regolata da basse temperature (1,8°C - 2,9"C); questa specie artica vive anche nei Golfi di Napoli e di Pozzuoli, a pro¬ fondità comprese tra 10-805 m (Moncharmont-Zei, 1964 )^ Intervallo superiore (compreso tra i campioni MZ. 117 - MZ. 118) ^ Quest'ultimo, brevissimo tratto della successione è caratterizzato dalla riduzione repentina di tutti i foraminiferi, sia bentonici che plan¬ ctonici; queste due categorie, pur essendo costituite da un numero di individui molto basso, presentano però rispetto al totale dei foramini¬ feri percentuali simili a quelle che caratterizzano la porzione inferiore della successione (Fig. 1). Gli indicatori climatici e batimetrici, soprat- ^ Alcuni di questi dati sono stati gentilmente forniti dallo stesso Autore e fanno parte di un lavoro in preparazione sui foraminiferi del Golfo di Napoli. ^ Il campione MZ. 119, raccolto al limite tra le argille e la calcarenite del Tirreniano (vedi nota 3 e Par. 3) si discosta notevolmente, dal punto di vista micropaleontologico, dai campioni MZ. 117 e MZ. 118: infatti il numero di foraminiferi presenti (circa 297.000) ritorna agli alti valori che hanno carat¬ terizzato la maggior parte della successione con una percentuale di plancton rispetto al totale del 40 %. Tra le microfaune, una porzione presenta condizioni di fossilizzazione meno buone e lascia pensare a rimaneggiamento; sia quest'ul¬ timo carattere che quelli precedenti potrebbero essere una conseguenza del fatto, già indicato, che questo campione contiene probabilmente materiali di età diversa. Gli indicatori freddi costituiscono r83 % del plancton; tra essi da sola, G. pachyderma rappresenta il 55 % P con una percentuale del 30 % di forme levo¬ gire. G. inflata è assente; gli indicatori caldi sono pressoché inesistenti e rap¬ presentati unicamente da G. ruber (0,14 %P). Nel benthos che rappresenta il 60 % del totale della microfauna, il gruppo costituito da Bolivina, Brizalina, Bulimina ed Uvigerina raggiunge il 31 % B ; Cassidulina e Globocassidulina il 10 % B e Hyalinea baltica l'I % B. Accanto a queste forme profonde sono rappresentati anche i foraminiferi di habitat costiero con la modesta percentuale del 10,5 %B: in particolare Am- I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 399 tutto quelli di MZ. 118, fanno ritenere che a questa porzione più alta delle argille di Taranto sia corrisposto un nuovo irrigidimento del clima, più aspro non solo di quello che sembra aver caratterizzato la porzione mediana, ma più o meno equivalente a quello relativo alla porzione in¬ feriore. La profondità, a sua volta sembra essere variata nel senso di una sensibile diminuzione (Figg. 2, 3). Gli indicatori freddi G. bulloides, G. pachyderma e G. quinqueloba assumono nuovamente valori molto elevati e superiori al 60 % P (Fig. 2, A). Globigerinita glutinata presenta una percentuale compresa tra il 3,5 % P e il 14,5 % P; Tindicatore climatico temperato G. infiala costituisce solo 1T,5 % P in MZ. 117: scompare nel successivo campione. Gli indicatori di acque calde, per quanto siano contenuti in limiti ri¬ strettissimi, raggiungono nel penultimo campione della successione il loro valore massimo, cioè il 7,5 % P di cui il 5,5 % P spetta unicamente alla presenza di G. ruber. Tuttavia questa specie è qui costituita, quasi esclu¬ sivamente, da una popolazione a guscio più compatto e aperture più pic¬ cole e pareti ispessite; queste forme sembrano essere legate, nel bacino mediterraneo a temperature più fredde dell’acqua (Herman, 1972: p. 143, sub G. ruber f. B; Blanc et alii, 1972: p. 766, sub G. ruber forma B). Peraltro nell'ultimo campione (MZ, 118) la percentuale degli indicatori caldi si abbassa allo 0,19 % P, raggiungendo così i valori minori tra quelli, sempre molto bassi, che hanno caratterizzato questo gruppo di indica¬ tori lungo tutta la successione (Fig. 2, C). In questa porzione terminale il benthos, anche se numericamente molto ridotto, ritorna ad assumere gli alti valori percentuali che presen¬ tava nella porzione inferiore (Tab. IX). mania beccarii (0,5 %B), Neoconorbina terquemi (5 % B) e Protelphidium gra- nosum (2,5 % B). Le Miliolidae, rappresentate solo dal genere Quinqueloculina, costituiscono soltanto ri % del benthos, Hopkinsina bononiensis è assente del tutto. Se si escludesse che in MZ. 119 possano essere presenti faune eterocrone, la qualità e quantità sia di foraminiferi planctonici sia delle forme bentoniche profonde porterebbe ad attribuire a questo campione un ambiente di sedimen¬ tazione relativamente profondo ed un clima abbastanza freddo. Questa inter¬ pretazione peraltro, contrasta sia con la presenza di forme costiere, sia con la posizione stratigrafica che si dovrebbe attribuire conseguentemente al campione stesso: cioè una posizione coincidente o comunque molto vicina a MZ. 118, per il quale è stato supposto ragionevolmente un clima freddo ma con am¬ biente più costiero. Per quanto è stato detto alla nota 3 e al Par. 3, mi sembra perciò più opportuno non basare le ipotesi cronostratigrafiche e ambientali della porzione terminale delle argille del Fronte sul campione MZ. 119. 400 M. G. De Castro Coppa I rapporti quantitativi tra le specie presenti mettono in evidenza una batimetria molto diversa da quella relativa al tratto intermedio della campionatura. Più in particolare dei due gruppi di generi bentonici pro¬ fondi, quello costituito da Botivina, Brizalina, Bulimina, Uvigerina pre¬ senta in MZ. 117 valori simili (29,5 % B) a quelli dell'intervallo precedente, mentre invece in MZ. 118 subisce un collasso, costituendo soltanto r8,5 % B (Fig. 3 A): Cassidulina e Glob oc assiduiina diminuiscono note¬ volmente e bruscamente presentando valori pressoché costanti, (Fig. 3, A). Hy alinea baltica che mantiene in MZ. 117 un valore discreto (3,5 % B) decresce però in MZ. 118 notevolmente (1 % B) (Fig. 3,B), Hopkinsina bononiensis è presente anche in questo intervallo con percentuali mode¬ stissime (inferiori allo 0,5 % B) (Tab. IX). Le Miliolidae, rappresentate dai generi Quinqueloculina e Sigmoilina sono scarsissime in MZ. 117 (0,5 % B) e di poco superiori in MZ. 118. Gli altri taxa tipici di bassa profondità {Elphidium, Cribrononion, Protelphidium granosum e Ammonia beccarii) da scarsi o assenti nel pre¬ cedente intervallo, rappresentano ora la porzione più cospicua del ben¬ thos di cui costituiscono circa il 22,5 % B in MZ. 117 e il 39 % B in MZ. 118. Questa massiccia presenza, dovuta in misura più trascurabile ad Elphi- dium e Cribrononion, è causata soprattutto da Ammonia beccarii (18,5 % B e 30,5 % B rispettivamente in MZ. 117 e in MZ. 118) e in misura del tutto subordinata da Protelphidium granosum (1,5 % B e 7,5 % B rispettiva¬ mente in MZ. 117 ed in MZ. 118) (Fig. 3, B). Se si considerano quindi globalmente le microfaune bentoniche di quest'ultima breve porzione della successione, resta comunque inequivo¬ cabilmente comprovata una diminuzione veloce ed accentuata della pro¬ fondità di sedimentazione delle argille di Taranto. Parlano in tal senso infatti oltre alla diminuzione considerevole di molte specie bentoniche profonde, l'aumento repentino e notevole di generi e specie tipiche di bassa profondità. Tali caratteristiche microfaunistiche, unite ad un re¬ siduo di lavaggio, ricco di numerosissimi frammenti di piccoli molluschi e di componenti inorganici, indicanti un ambiente di deposizione più su¬ perficiale, fanno propendere per una profondità comunque non superiore ai 100 m. L'apparente mescolanza di generi profondi con specie ad habitat più costiero come A. beccarii e P. granosum, lascia ragionevol¬ mente supporre un loro trasporto dovuto a cause svariate, verso le zone più profonde. È molto probabile inoltre che la rapida diminuzione di profondità sia in relazione con una trasgressione o almeno con un cospicuo solle¬ vamento, senza emersione e piuttosto rapido, del fondo. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 401 Le argille studiate sembrano dunque Fespressione di una sedimenta¬ zione continua, tranne che probabilmente alla base delFultimo intervallo, verificatasi in condizioni climatiche fredde o in minima parte temperate- fredde. Tale deduzione viene confermata visivamente anche dalla curva cli¬ matica costruita (Fig. 1,B), che presenta un andamento pressoché co¬ stante in campo negativo, oscillante tra il 37,5 % e il 79%. Le caratteristiche delle microfaune mettono inoltre in evidenza come tale ambiente di sedimentazione, inizialmente circalitorale, al limite con quello epibatiale (oltre i 100 m), dovette raggiungere una profondità su¬ periore ai 500 m (ambiente epibatiale), in corrispondenza delFintervallo mediano, per poi ritornare, in relazione evidente con la probabile tra¬ sgressione fra MZ. 116 - MZ. 117, ad una batimetria molto più bassa (in¬ feriore ai 100 m), di ambiente circalitorale. Le considerazioni di età basate sulle analisi microfaunistiche portano alla conclusione che le argille, in quanto espressione di una sedimenta¬ zione verificatasi in clima freddo, sono da ascrivere tutte al Pleistocene freddo e più precisamente alla sua parte bassa. La presenza infatti, fin dalla base di H. baltica e di G. calabra e Fassenza di G. truncatulinoides da tutta la successione studiata, permet¬ tono d’inquadrare le associazioni planctoniche e bentoniche de « Il Fron¬ te », nella Zona a H. baltica (Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977) e inoltre di definire l'intervallo stratigrafico di appartenenza come Emiliano {sensii Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977). Ad avvalorare ciò contribuiscono inoltre la presenza dei bentonici B. etnea, H. bononiensis, la costante e notevole frequenza di G, pachy- derma (spesso dominante come forma levogira); fra gli ostracodi la com¬ parsa a circa 1 m dalla base di C. testudo e la comparsa (solo nel cam¬ pione MZ. 119) di F. maccagnoi (Ciampo, 1971; Ruggieri e Sprovieri, 1977, 1979). 6. Osservazioni tassonomiche In questo paragrafo vengono riportate soltanto alcune osservazioni su alcuni foraminiferi più significativi dal punto di vista ecologico, strati¬ grafico e/o morfologico. In particolare, per ogni specie bentonica, si è riportata una tabella in cui sono indicati i campioni in cui essa è stata riscontrata; per ogni campione si è indicato: il numero (N) degli esemplari direttamente os- 402 M. G. De Castro Coppa servati e quello N, dedotto, degli esemplari presenti nei 200 gr di argilla; la percentuale % T riferita al totale dei foraminiferi e quella % B rife¬ rita soltanto al benthos; infine i valori di altezza (H) e di larghezza (L) degli esemplari e il numero di coppie 2n o di triadi 3n di camere a se¬ conda che si tratti di forme biseriali o triseriali. I valori biometrici sono espressi in mm: quelli più frequenti sono indicati in corsivo (Tabb. I-IV). Poiché le specie considerate in questa appendice tassonomica sono tutte forme piuttosto ben conosciute, è stato fornito soltanto un elenco parziale delle loro sinonimie; ciò allo scopo di non gravare poco util¬ mente nel testo. In ogni elenco è riportato il nome con cui la specie è stata indicata per la prima volta e quello con cui è stata designata da uno o più Autori, opportunamente scelti fra coloro che hanno descritto e/o figurato più esaurientemente la specie stessa. Alla consultazione diretta di molti vecchi lavori, spesso introvabili, si è ovviato, ricorrendo al Catalogne of foraminifera di Ellis e Messina (1940); ad esso si è fatto capo anche per i riferimenti bibliografici di tali lavori. In merito ai cenni ecologici, essi vengono forniti, per quanto sia pos¬ sibile, per quelle specie che abbiano un significato ecologico noto e ben accertato. Riguardo infine alla distribuzione stratigrafica e geografica delle specie esaminate in questa appendice tassonomica, a causa della loro diffusione, si è ritenuto opportuno riportare soltanto le segnalazioni più pertinenti con la posizione geografica della località studiata. Per la nomenclatura sistematica mi sono riferita a quella proposta da Loeblich e Tarpan in Moore (1964). Fam. GLANDULINIDAE, Reuss, 1860 Fissurina castanea (Flint) (Tav. XI, figg. 2 a-c) 1899 Lagena castanea. Flint: p. 307; tav, 54, fig. 3 {fide Ellis e Messina) 1940 Lagena castanea. Buchner: p. 496; tav. 18, figg. 369-373 La specie è stata riscontrata occasionalmente, con percentuali estre¬ mamente basse nella porzione inferiore della successione e alFinizio di quella mediana. Essa è rappresentata da individui ben conservati ma di dimensioni piccole e pressoché costanti. Nei 19 esemplari osservati, rat¬ tezza varia tra 0,12-0,25 mm; la larghezza tra 0,10-0,20 mm. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 403 I dati relativi a Fissurina castanea nei singoli campioni in cui è stata riscontrata sono riportati in Tab. 1. TABELLA I Fissurina castanea (Flint). Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata, e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello N dedotto; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quella % B rispetto al benthos; i valori di altezza e di larghezza L, espressi in mm (quelli più fre¬ quenti, in corsivo). MZ. 102 MZ. 103 MZ. 108 MZ. 110 MZ. Ili (N) 11 5 1 1 1 N 352 2064 4096 2048 2048 %T 0,43 0,57 0,29 0,25 0,12 % B 0,75 0,89 0,78 0,46 0,54 H 0,12-0,17-0,22 0,12-0,25 0,14 0,17 0,12 L 0,10-0,15-0,11 0,10-0,20 0,10 0,15 0,10 Gli esemplari mostrano distintamente sia il caratteristico tubo in¬ terno (osservabile per trasparenza), che si diparte dalTapertura a fessura e si addossa ad una delle pareti, sia la doppia carena basale, sottile e ben sviluppata. A forte ingrandimento, la carena presenta un’ornamen¬ tazione (tav. XI, fig. 2b), costituita da strie longitudinali estremamente sottili e di lunghezza variabile: il resto del guscio, invece, allo stesso ingrandimento, appare privo di ornamentazione (Tav. XI, fig. 2c). Alcune segnalazioni stratigrafìche. — Fissurina castanea fu istituita da Flint (sub Lagena castanea) su esemplari raccolti ad oltre 1.000 m di profondità nell'Istmo di Panama. Fossile è stata riscontrata, fra l'altro, nel Quaternario freddo della zona di Taranto (Moncharmont-Zei, 1957; Robba, 1969) a Cutrofìano (Pu¬ glia) da Salvatorini (1969), a Pisticci (Matera) (Lentini, 1971; De Castro- Coppa et aia, 1979), e nella Valle del Belice (Sicilia) (Sprovieri e Cusenza, 1972). In sedimenti recenti, è stata segnalata anche nel Golfo di Napoli (Buchner, 1940), nel Golfo di Pozzuoli (Moncharmont-Zei, 1964) e nel Golfo di Taranto a 12 m di profondità (Iaccarino, 1969). 404 M. G. De Castro Coppa Fissurina orbignyana Sequenza (Tav. XI, fìgg. 1 a-c) 1862 Fissurina orbignyana. Sequenza: p. 66; tav. 2, fìgg. 25, 26 (fide Ellis e Messina) 1940 Lagena orbignyana. Buchner: p. 504; tav. 20, fìgg. 410412 Questa specie è stata riscontrata solo nel primo e nel terzo inter¬ vallo delle argille del Fronte, dove è presente con valori percentuali molto bassi. Gli esemplari, piccoli ma ben conservati, hanno un’altezza che varia tra 0,12-0,33 mm e una larghezza compresa tra 0,10-0,28 mm. I dati relativi ai singoli campioni sono espressi nella Tabella II. TABELLA II Fissurina orbignyana Seguenza. Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata, e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello totale N, dedotto; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quella % B rispetto al benthos; i valori di altezza H e di larghezza L, espressi in mm (e quelli più frequenti, in corsivo). MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 108 MZ. 110 MZ. 118 (N) 1 3 2 1 1 5 1 N 4 72 528 16 4096 40 32 o/oT 0,002 0,06 0,14 0,007 0,29 0,004 0,36 %B 0,005 0,11 0,23 0,01 0,78 0,009 0,69 H 0,25 0,12-0,25 0,17-0,33 0,28 0,15 0,25-0,28 0,15 L 0,20 0,10-0,22 0,15-028 0,25 0,12 0,20-0,22 0,14 Gli esemplari osservati mostrano le tre carene marginali caratteri- stiche; tra queste, soltanto quella mediana, più ampia, circonda intera¬ mente l'apertura e si irrobustisce in corrispondenza di essa (Tav. XI, figg. la,b). A forte ingrandimento, la superfìcie del guscio, subito sotto al bordo aperturale, è caratterizzata da piccole protuberanze, rotondeggianti o più o meno allungate (Tav. XI, fig. Ib). I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 405 Ad un ingrandimento ancora più elevato (circa 1400 x > Tav. XI, fig. le) sono osservabili anche le minute perforazioni del guscio. Alcune segnalazioni stratigrafiche. ■ — La specie è stata istituita da Sequenza su esemplari provenienti dalle marne mioceniche dei dintorni di Messina. Successivamente è stata segnalata, fra l'altro, nel Pleistocene freddo della zona di Taranto (Moncharmont-Zei, 1957; Robba, 1969; Cia- RANFi et aia, 1971), a Cutrofiano (Puglia) (Salvatorini, 1969, a Monaste- race (Greco et alii, 1974) e ad Archi in Calabria (Guadagno et alii, 1979), a Pisticci (Matera) (De Castro-Coppa et alii, 1979) ed infine nella Valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972). In sedimenti recenti è stata segnalata nelTAdriatico a profondità di 39,5 m, da Iaccarino (1967), nel Golfo di Taranto, a — 12 m (Iaccarino, 1969), nel Golfo di Napoli da Buchner (1940) e da Moncharmont-Zei (1962), a — 225 m. Fam. BOLIVINITIDAE, Cushman, 1927 Bolivina subspinescens Cushman (Tav. XII, figg. 2a-c) 1922 Bolivina subspinescens. Cushman: p. 48; tav. 7, fig. 5 {fide Ellis e Messina) 1937 Bolivina subspinescens. Cushman: p. 157; tav. 19, figg. 1-3 B. subspinescens è presente saltuariamente e con percentuali infe¬ riori al 2 % del totale dei foraminiferi, nella porzione inferiore e me¬ diana della successione studiata (MZ. 102, MZ. 104, MZ. 106 - MZ. Ili, MZ. 116) ^ Gli esemplari, dal guscio relativamente robusto e ornato da una corta spina basale, sono costituiti da circa 3-6 paia di camere crescenti rego¬ larmente in altezza ed in spessore; le dimensioni degli individui sono piuttosto piccole; in particolare l'altezza è compresa tra 0,17-0,38 mm, la larghezza tra 0,008-0,15 mm. I valori relativi alla specie nei singoli campioni sono riportate nella Tabella III. Le camere sono lisce nella porzione formatasi per ultima; in quella formatasi prima, invece, esse presentano un'ornamentazione caratteri- ^ Essa è presente, sempre con basse percentuali anche nel campione MZ. 119. 406 M. G, De Castro Coppa stica e piuttosto variabile. Infatti, mentre nelle ultime logge sono pre¬ senti numerosi pori, man mano che ci si arretra verso le camere prima formate, le perforazioni sono parzialmente nascoste da un reticolo a maglie sempre più irregolari che terminano, talora, in piccole spine TABELLA III Bolivina subspinescens Cushman. Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata, e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello totale N dedotto; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quella % B rispetto al benthos; il numero, di coppie di camere (2n) presenti; i valori di altezza H e di larghezza L, espressi in mm (e quelli più frequenti, in corsivo). MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 106 (N) 25 7 1 2 N 800 3584 512 2048 o/oT 0,71 1 0,22 0,47 % B 1,23 1,56 0,36 0,72 2n 4-5-6 3-4-6 5 3-4 H 0,17-0,22-0,38 0,17-0,27-0,37 0,22 0,17 L 0,70-0,72-0,15 0,10-0,77-0,15 0,11 0,10 MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 116 N 4 6 2 1 1 1 (N) 4096 24576 2048 2048 2048 2048 o/oT 0,63 1,79 0,25 0,25 0,12 0,33 %B 1,49 4,73 0,57 0,46 0,54 2,31 2n 4-5 3-4-5 4 4 5 4 H 0,22-0,28 0,16-0,26 0,24 0,21 0,24 0,17 L 0,70-0,11 0,08-0,11 0,10 0,10 0,12 0,10 basali; questa ornamentazione reticolata s'infittisce maggiormente e di¬ venta sempre più irregolare e spinosa nei primissimi stadi ontogenetici dove non è più riscontrabile la presenza di pori. I foraminiferi delie argille pleistoceniche, ecc. 407 Alcune segnalazioni stratigrafiche, — La specie, istituita da Cushman su materiale recente proveniente daH'Oceano Atlantico (in prossimità delle coste nord-orientali degli Stati Uniti), è stata rinvenuta vivente, anche nei Golfi di Napoli, a — 200 m, e di Pozzuoli, dai 25 fino ai 100 m (Moncharmont-Zei, 1956, 1964) e nelFAdriatico, a — 22 m (Iaccarino, 1967). Fossile è segnalata nel Pliocene e Pleistocene a S. Arcangelo (Potenza) (Lentini, 1968); Monte Navona (Enna) (Di Geronimo, 1969); a Pisticci (Matera) (De Castro-Coppa et alii, 1979); ad Archi (Calabria) (Guadagno et alii, 1979) e nella Valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972). Brizalina aff, bey richi (Reuss) (Tav. XII, figg. la-d) Nel campione MZ. Ili sono stati riscontrati numerosi esemplari si¬ mili a Brizalina bey richi (Reuss) per la forma generale del guscio, che è lanceolato e piuttosto appiattito nella parte iniziale, mentre si fà gra¬ dualmente più rigonfio nella porzione terminale. Nei miei come nella specie di Reuss, le camere, ad eccezione di quelle dei primi stadi onto¬ genetici, crescono sensibilmente sia in altezza che in larghezza e sono provviste di una corta appendice spiniforme al margine inferiore. I miei esemplari costituiscono il 5 % dei foraminiferi del campione e sono rappresentati, per la maggior parte, da individui di piccolissime dimensioni (altezza = 0,17-0,33 mm; larghezza = 0,10-0,20 mm) con 5-8 paia di camere; soltanto due individui presentano dimensioni maggiori (0,51-0,61 mm di altezza e 0,16-0,20 mm di larghezza), con 5-12 paia di camere *. I valori relativi alla specie nel campione sono indicati in Tab. IV, Essi differiscono dalle forme descritte da Reuss, sia perché a parità di numero di camere, presentano dimensioni più piccole, sia per il maggior numero di camere. Le B. beyrichi di Reuss (in Ellis e Messina) hanno un’altezza di 0,6-0,7 mm, e stando alla figura fornita dall'Autore, presentano circa 7-8 paia di camere. Anche gli esemplari riferiti da Cushman (1937, p, 75; tav. 9, figg. 3-6) a questa specie, differiscono notevolmente dai miei in quanto presentano dimensioni variabili tra 0,5-0,9 mm e circa 7-10 paia di camere. * Individui affini alle forme determinate come Brizalina aff. beyrichi sono presenti anche nel livello piroclastico (CO. 337) (Tax. X, Fig. 4). 408 M. G, De Castro Coppa TABELLA IV Brizalina aff. beyrichi (Reuss). Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello totale N dedotto; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quella % B rispetto al benthos; il numero di coppie (2n) presenti; i valori di altezza H e di larghezza L, espressi in mm (e quelli più frequenti, in corsivo). MZ. Ili (N) 39 N 76032 %T 5,12 %B 21,73 2n 5-6, 7, 8-15 H 0,17-d,22-d,25-d,33-0,61 L 0,10-6,77-0,72-0,20 Fam. BULIMINIDAE, Jones, 1875 Bulimina etnea Sequenza (Tav. XIII, figg. 2a-c) 1862 Bulimina etnea. Sequenza: p. 108; tav. 1, fig. 9 {fide Ellis e Messina) 1969 Bulimina etnea. Robba; p. 636; tav. 38, figg. 8a"C Questa specie è presente in quasi tutto il primo intervallo (MZ. 101 - MZ. 106, MZ. 109 - MZ. 110) della successione studiata, con percentuali molto modeste (Tab. IX); ricompare poi, occasionalmente, nel terzo in¬ tervallo (MZ. 117) con lo 0,10% del totale della microfauna ^ Le dimensioni degli esemplari osservati, variano per lo più tra 0,10- 0,56 mm per l'altezza, e tra 0,10-0,28 mm per la larghezza. Il numero di logge di ogni serie è compreso, a sua volta, tra 1-5 e più frequente¬ mente tra 2-4. I valori relativi alla specie nei singoli campioni sono ri¬ portati nella Tab. V. ^ B. etnea è riscontrata anche in MZ. 119 (0,5 %T). / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 409 Gli individui sono in discreto stato di conservazione, per cui sono distinti i caratteri della specie; in particolare le logge di ogni serie del guscio, sono perfettamente allineate una suH'altra e portano, alla base, piccole spine; quest'ultime non sembrano essere mai più di tre nelle ca- TABELLA V Bulimina etnea Seguenza, Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello totale N, dedotto ; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quello % B rispetto al benthos; il numero di triade di camere (3n) presenti; i valori di altezza H e di larghezza L espressi in mm (I valori più frequenti sono espressi in corsivo). MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 (N) 10 47 8 N 40 1120 2608 %T 0,02 0,96 0,72 % B 0,05 1,66 1,13 3n 3-4 1-2, 4-5 2-4 H 0,2641,35-0,39 0,10-9,77-0,56 0,15-9,79-0,42 L 0,17-^l,i9-0,25 9,79-9,77-0,28 0,10-9,72-0,25 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106 MZ. 109 MZ. 110 MZ. 117 (N) 3 1 1 2 1 1 N 1536 512 1024 2048 8 8 %T 0,67 0,24 0,23 0,25 0,001 0,10 %B 1,09 0,52 0,36 0,57 0,001 0,16 3n 1-2 3 3 2-3 4 4 H 0,12-0,14 0,14 0,21 0,14-0,16 0,38 0,43 L 0,11-0,12 0,11 0,12 0,10-0,11 0,22 0,22 mere formatesi per prime, riducendosi ad una soltanto in quelle forma¬ tesi per ultime. Alcune segnalazioni stratigrafiche. — B. etnea fu istituita da Sequenza su esemplari i provenienti dalle argille tardo-pleistoceniche dei dintorni 26 410 M. G. De Castro Coppa di Catania; la sua prima comparsa, insieme ad Arctica islandica (Linneo), Cyteropteron testudo Sars, etc«, sembra costituire ormai una valida con¬ ferma dell'inizio del Pleistocene (Ruggieri e Sprovieri, 1975, 1977), La specie viene segnalata nel Pliocene superiore e nel Pleistocene inferiore nei dintorni di Taranto (Moncharmont-Zei, 1957; Robba, 1969; CiARANFi et aìii, 1971), a Cutrofiano (Puglia) (Salvatorini, 1969), a Mona- sterace (Calabria) (Greco et alii, 1974), a Pisticci (Matera) (De Castro- Coppa et alii, 1979), ad Archi (Calabria) (Guadagno et alii, 1979), nella Valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972), a Vrica (Selli et alii, 1977), Vivente è stata segnalata nell’Adriatico (Cita e Chierici, 1962; Chie¬ rici et alii, 1962) e nel Golfo di Napoli, a 180 e 225 m di profondità da Moncharmont-Zei, 1962). Fam, UVIGERINIDAE, Haeckel, 1894 Hopkinsina bononiensis (Fornasini) (Tav. XIV, figg. la-b) 1888 Uvigerina bononiensis. Fornasini: p. 48; tav. 3, figg. 12, 12a {fide Ellis e Messina) 1968 Hopkinsina bononiensis. Lentini: p, 316; tav. 4, fig. 4 Questa specie è stata rinvenuta saltuariamente in campioni del se¬ condo (MZ. 112, MZ. 113, CO. 343) e del terzo (MZ. 117, MZ. 118) inter¬ vallo delle argille, con percentuali inferiori allo 0,5 % del totale dei fora- miniferi La specie è costituita da individui in buono stato di conservazione con dimensioni comprese tra 0,17-0,54 mm per l'altezza e tra 0,12-0,27 mm per la larghezza. I valori relativi ai vari campioni sono riportati speci¬ ficatamente nella Tabella VI. È ben evidente in essi, la tendenza alla disposizione biseriale, la ca¬ ratteristica sovrapposizione delle camere e la presenza di sottili coste longitudinali che s'interrompono in corrispondenza delle suture. Alcune segnalazioni stratigrafiche. — H. bononiensis fu istituita da Fornasini su materiale delle marne di età pliocenica dei dintorni di Bologna. Essa è presente anche nel campione MZ. 119 con ri,5 % del totale della fauna. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 411 Altre segnalazioni nei Piocene inferiore, medio e superiore riguar¬ dano la località di S. Arcangelo (Potenza) (Lentini, 1968) e i dintorni di Taranto (Robba, 1969). Nel Pleistocene inferiore è stata segnalata, fra l’altro, nella Valle dell’Ofanto (Moncharmont-Zei, 1955), a Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), a Taranto da Robba (1969), nei dintorni di Anzio (Compagnoni e Conato, 1969) e a Pisticci (De Castro-Coppa et alii, 1979). Nel Siciliano è stata segnalata nei livelli sabbiosi affioranti presso Siracusa (Moncharmont-Zei, 1960). TABELLA VI Hopkinsina bononiensis (Fornasini), Nella tabella sono indicati i campioni in cui la specie è stata riscontrata e per ogni campione; il numero (N) degli esemplari osservati e quello totale N, dedotto ; la percentuale % T rispetto al totale dei foraminiferi e quella % B rispetto al benthos ; il numero di triadi di camere (3n) presenti; i valori di altezza H e di larghezza L, espressi in mm (I valori più frequenti sono espressi in corsivo). MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 117 MZ. 118 (N) 1 3 4 4 2 N 128 4224 64 32 8 %T 0,01 0,50 0,04 0,42 0,09 %B 0,07 3,16 1,59 0,65 0,17 3n 3 2 2 34 3-4 H 0,40 0,17-0,35 0,22-0,30 0,28-0,45 0,30-0,54 L 0,21 0,12-0,17 0,17-0,20 0,20-0,27 0,24-0,26 Fam. GLOROROTALIIDAE, Cushman, 1927 Globorotalia inflata (D'Orbigny) (Tav. XVI, fìgg. la-b, 2a, 3a-c) 1839 Globigerina inflata. D'Orbigny: p. 134; tav. 2, fìgg. 7-9 {fide Ellis e Messina) 1967 Globorotalia (Turborotalia) inflata. Banner e Blow: p. 144; tav. 4, fìgg. la-c, 11 G. inflata è costantemente presente nel primo e secondo intervallo, e nel campione MZ. 117 della successione studiata, con percentuali che 412 M. G. De Castro Coppa non superano mai il 2,5 % del totale dei foraminiferi; fà unica eccezione il campione CO. 343, in cui raggiunge una percentuale più elevata (13,5%). La specie si presenta di norma sia con esemplari ben sviluppati con quindici camere in totale, dall’apertura allungata fino alla periferia e senza labbro, e dal guscio non troppo ispessito, sia con un certo nu¬ mero d'individui, di dimensioni minori e con undici camere in tutto, con apertura più piccola e rotonda, in cui è quasi sempre visibile un piccolo labbro, con parete del guscio più robusta e spinosa; esemplari questi molto simili a quelli su cui Todd nel 1958 istituì la specie Globorotalia oscitans. Purtuttavia anch'io, come Parker (1958, p. 277), ritengo che tali forme rientrino nel campo di variabilità della specie G. inflata. Cenni ecologici. — La specie è considerata la sola specie indigena delle zone di transizione che separano le provincie subpolari da quelle subtropicali nei due emisferi e pertanto viene considerata un buon in¬ dicatore temperato. Essa inoltre è considerata far parte del gruppo di specie di « acque profonde » che vivono allo stadio adulto di preferenza oltre i 100 metri, e fra quelle che resistono meglio alla dissoluzione selettiva del loro guscio calcareo con la profondità (BÈ, 1977). Nel Mediterraneo occidentale è segnalata abbondante fra i — 100 e i — 600 m da Blanc et alii (1972). Viene inoltre segnalata con percentuali maggiori nella parte occi¬ dentale più fredda del bacino mediterraneo ed è praticamente assente dai sedimenti superficiali della parte orientale più calda; il suo inter¬ vallo ottimale di temperatura sembra essere tra i 14°-15°C (Thunell, 1978). Alcune segnalazioni stratigrafiche. — Nota dal Miocene fino ad oggi (Blow, 1969), la specie è stata riscontrata, fra l’altro, nel Pliocene supe¬ riore - Pleistocene inferiore: a S. Arcangelo (Potenza) (Lentini, 1968), a Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), nei dintorni di Taranto (Robba, 1969) e nella zona di Pisticci (De Castro-Coppa et alii, 1979), a Vrica (Selli et alii, 1977). Viene inoltre segnalata nel Calabriano della Valle dell’Ofanto da Moncharmont-Zei (1955) e a Monasterace (Greco et alii, 1974). Nel Siciliano è stata riscontrata nelle argille siciliane di Taranto e di Siracusa (Moncharmont-Zei, 1957, 1960), nella Valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972) e ad Archi (Guadagno et alii, 1979). La specie è presente nei pozzi 125 e 132 del DSDP (Cita et alii, 1972, 1974). Nelle porzioni di carote del Mediterraneo orientale (bacino levantino e Mare Egeo) studiate da Herman (1972), relative all’ultimo periodo gla¬ ciale e al postglaciale, la specie è presente nel gruppo di forme « subor¬ dinate », rispettivamente con percentuali del 5% e del 20 %. Vivente è segnalata nei Golfi di Napoli e di Pozzuoli (Moncharmont-Zei, 1956, 1962, I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 413 1964), in quello di Taranto (Iaccarino, 1969); inoltre nel Mediterraneo oc¬ cidentale ed orientale (Parker, 1958; Todd, 1958; Blanc et alii, 1972; Ci- FELLi, 1974; Thunell, 1978). Globorotalia scitula (Brady) (Tav. XV, fìgg. la-d) 1882 Pulvinulina scitula. Brady : p. 716 {fide Ellis e Messina) 1960 Pulvinulina scitula. Banner e Blow: p. 27; tav. 5, figg. 5a-c G. scitula si riscontra in quasi tutto il primo intervallo (MZ. 101 - MZ. 105, MZ. 107 - MZ. 108) con valori percentuali compresi tra lo 0,16 % P e il 4,57 % P e in due campioni del secondo (CO. 343, MZ. 115) in quantità quasi irrilevanti (0,03 % P - 1 % P). Cenni ecologici. — La specie vive associata con le relative specie in¬ digene nelle provincie subpolari, e pertanto viene considerata un buon indicatore di acque fredde. Fà parte inoltre del gruppo di specie « di acque profonde », che vivono poco al di sopra dei 100 m, e i cui stadi adulti si riscontrano predominatamente al di sotto dei 100 m (BÈ, 1977): è considerata, in particolare, una specie batipelagica (Cita e Premoli Silva, 1978). G. scitula presenta le maggiori percentuali in corrispondenza degli intervalli freddi (26% -30%) nel pozzo 132 DSDP (Cita et alii, 1974); però si fà rara, in quelli, sempre freddi, in cui è presente materiale vul¬ canico. Quest’ultimo fenomeno sembra verificarsi anche nelle argille del Fronte, dove G. scitula è pressoché assente nel secondo intervallo della successione, caratterizzato appunto dalla presenza di materiale pi¬ roclastico. Nel Mediterraneo occidentale è segnalata molto rara, tra i — 300 e i — 1000 m da Blanc et alii (1972). Alcune segnalazioni stratigrafiche. — La specie, nota a partire dal Miocene medio (Blow, 1969) è stata segnalata, tra l'altro, nel Pliocene e Pleistocene: a S. Arcangelo (Potenza) (Lentini, 1968) a Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), a Taranto (Robba, 1969), a Cutrofiano (Puglia) (Salvatorini, 1969), a Monasterace (Calabria) (Greco et alii, 1974) e a Pi- sticci (De Castro-Coppa et alii, 1979). Ancora, nel Siciliano, è stata riscon¬ trata da Wezel (1967) nella zona subetnea, nella Valle del Belice (Spro- viERi e CusENZA, 1972) e ad Archi (Calabria) da Guadagno et alii (1979). Ne viene citato il ritrovamento nei pozzi 125 e 132 del DSDP da Cita et alii (1972, 1974). 414 M. G. De Castro Coppa Herman (1972) la ritrova nelle carote del Mediterraneo orientale fra le specie dominanti nell'ultimo periodo glaciale (95 %) fra quelle subor¬ dinate nel postglaciale (20 %). Fra le numerose segnalazioni in sedimenti recenti, ricordo quelle nel¬ l’Adriatico (Chierici et alii, 1962), nel Golfo di Napoli (Moncharmont-Zei, 1962), nel Mediterraneo occidentale (Todd, 1958; Blanc et alii, 1972; Cifelli, 1974; Vergnaud-Grazzini, 1974) ed orientale (Parker, 1958). Fam. GLOBIGERINIDAE Carpenter, Parker & Jones, 1862 Globigerina bulloides D'Orbigny (Tav. XVII, fig. la-b) 1826 Globigerina bulloides. D’Orbigny: p. 277 {fide Ellis e Messina) 1960 Globigerina bulloides. Banner e Blow: p. 3; tav. 1, figg. 1, 4 G. bulloides è presente in tutti i campioni della successione del Fronte, con percentuali variabili. Nei campioni esaminati, la specie mostra una grande variabilità mor¬ fologica. In particolare, in alcuni campioni della parte bassa (MZ. 101 - MZ. 107) e mediana (MZ. Ili - MZ. 116) della successione, è possibile osservare un esiguo numero (0,02 % P - 1,5 % P) d’individui che sembrano discostarsi dalle forme tipiche a causa dell’apertura molto più larga e per la tendenza, anche se appena accennata, allo svolgimento delFul- timo giro. Questi esemplari presentano notevoli somiglianze con Globigerina ca- labra Colalongo e Sartoni, G. valida Parker e G. cariacoensis Rogl e Bolli. Se ne differenziano però per i seguenti motivi: dalla prima perché, pur mostrando l’ultimo giro una certa tendenza alla planispiralità, l’ultima camera si presenta sempre unita alla quart’ultima; dalla seconda per le pareti più robuste e più spinose e perché le ultime camere sono sferiche e non allungate, come si osserva invece in G. calida; dalla terza infine perché presentano un avvolgimento trocospirale molto più basso e l’aper¬ tura molto più alta. Cenni ecologici. — G. bulloides, considerata un valido indicatore freddo, è una fra le specie più comuni e ubiquitarie : essa si ritrova infatti oltre che come costituente predominante delle associazioni delle regioni subpolari, anche nelle regioni a latitudini più basse, nelle aree di « upwelling ». I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 415 È stato osservato che le forme subpolari e subtropicali di questa specie sono virtualmente identiche come morfologia del guscio. Le prime differiscono dalle seconde solo per avere l'apertura più profondamente na¬ scosta, con bordo aperturale meno pronunciato, e rapporto larghezza/lun¬ ghezza del guscio pressoché uguale. Costituisce per quanto riguarda la profondità di vita, una specie del gruppo « di acque intermedie », viventi nei 100 m superiori, e in preva¬ lenza tra i 50-100 m. Presenta inoltre una spiccata variazione diurna, in rapporto al feno¬ meno generale delle migrazioni verticali di molti gruppi planctonici (BÈ, 1977). Alcune segnalazioni stratigrafiche. — La specie, ha un’estesissima dif¬ fusione geografica dal Miocene medio, in cui compare (Blow, 1969) fino ad oggi. Attualmente è stata riscontrata, fra l'altro neH'Adriatico da Chierici et alii, 1962; Iaccarino, 1967), nello Ionio (Golfo di Taranto) da Iaccarino, 1969), e più genericamente in tutto il Mediterraneo occidentale (Blanc et aia, 1977; Vergnaui>-Grazzini, 1973; Cifelli, 1974), e in quello orientale (Thunell, 1978). Globigerina calabra Colalongo e Sartoni (Tav. XVII, figg. 2a-b, 3) 1977 Globigerina calabra. Colalongo e Sartoni: p. 207; tav. 12, figg. 1-3; tavv. 13, fig. 1 Un piccolissimo numero di esemplari attribuibili alla specie G. ca¬ labra, è stato riscontrato in tre campioni della parte bassa (MZ. 101, MZ. 103, MZ. 110) e in tutto l'intervallo mediano della successione (MZ. Ili - MZ. 116) (Tab. Vili). Questa specie, istituita recentemente su esemplari provenienti dalla sezione di Vrica (Potenza, Calabria), compare ivi poco al di sotto della prima segnalazione di Cyteropteron testudo, in prossimità del limite Plio- Pleistocene e vi prosegue per tutta la sezione (Colalongo e Sartoni, 1977). È stata altresì riscontrata, anche se occasionalmente, nella succes¬ sione pleistocenica calabrese di Archi (Guadagno et alii, 1979) e nella zona di Pisticci, poco al di sotto del limite Plio-Pleistocene fino a tutta la zona ad H. baltica (sezioni di Pisticci e di Masseria D'Alessandro) e anche nella zona a G. truncatulinoides nella sezione di Masseria Dursi (De Castro- Coppa et alii, 1979). 416 M. G. De Castro Coppa Globigerina pachyderma (Ehrenberg) (Tav. XVIII, figg. la-c, 2a-d) 1861 Aristerospira pachyderma. Ehrenberg: p. 276, 211, 303 {fide Ellis e Messina) 1962 Globigerina pachyderma. Parker: p. 224, figg. 26-35; tav, 2, figg. 1-6 G. pachyderma è costantemente presente in tutta la successione esa¬ minata, con percentuali variabili tra il 6 % e il 27 % del totale dei fora- miniferi Nel primo intervallo delle argille, la specie è costituita in pre¬ valenza da forme levogire; nel secondo e terzo prevalgono leggermente le forme destrogire (Fig. 2, D). Cenni ecologici. — G. pachyderma è considerata come uno dei più validi indicatori climatici: è infatti da vivente il componente fondamen¬ tale delle associazioni relative alle regioni ad acque fredde polari e sub¬ polari, di cui costituisce rispettivamente il 90 % P (come forma levogira) per le prime, e circa il 50 % P (come forma destrogira) per le seconde. La presenza, con percentuali però non superiori al 5 %, viene riscontrata anche in alcune aree della provincia tropicale. Sempre secondo Bè (1977), il rapporto tra ravvolgimento destro e le¬ vogiro, che è in relazione diretta con la latitudine e/o con la tempera¬ tura superficiale delle acque, può essere utile per definire condizioni po¬ lari o subpolari delFambiente. Tale specie è inoltre tra quelle di « acque profonde », che vivono nei 100 m superiori, ma i cui stadi adulti predo¬ minano a maggiore profondità (BÈ, 1977). Secondo Blanc et alii (1972), attualmente è rara nel Mediterraneo occidentale tra i — 300 e i — 600, mentre durante il Quaternario sembra esservi stata abbondante e/o co¬ mune rispettivamente durante i periodi freddi e temperati-freddi. Alcune segnalazioni stratigrafiche. — La specie, istituita da Ehrenberg su materiale recente della Groenlandia, viene segnalata con certezza solo a partire dal Pliocene medio. In depositi di questa età e del Pliocene superiore, è stata rinvenuta a S. Arcangelo (Potenza), a Monte Navone (Enna), a Taranto, e a Pisticci (Lentini, 1968; Di Geronimo, 1969; Robba, 1969; Lentini, 1971). Nel Pleistocene inferiore è stata riscontrata oltre che nelle sezioni esaminate a Pisticci (De Castro et alii, 1979), nella Valle deirOfanto (Moncharmont-Zei, 1955) a S. Arcangelo (Dentini, 1968), a Ta- " Nel campione MZ. 119, la specie è rappresentata da forme prevalente¬ mente levogire; raggiunge ben il 17,5 % di tutti i foraminiferi e il 55 % delle forme planctoniche. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 417 ranto (Robba, 1969; Ciaranfi et alii, 1971), a Vrica (Selli et ahi, 1977) e a Monasterace (Calabria) (Greco et alii, 1974). Nel Siciliano è segnalata nelle argille ittiolitifere di Taranto e a Siracusa (Moncharmont-Zei, 1957, 1960), nella valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972) e ad Archi (Calabria) (Guadagno et alii, 1979). Herman (1972) la riscontra nei sedimenti dell’ul¬ timo periodo glaciale e del postglaciale, nel Mediterraneo orientale, ri¬ spettivamente fra le specie dominanti (95 %) e, come forma destrogira, fra quelle subordinate (20%). Viene ritrovata anche nei pozzi 125 e 132 del DSDP da Cita et alii (1972 e 1974). In sedimenti attuali, è stata riscontrata, tra l'altro, nell'Adriatico, a profondità superiori ai 100 m (Cita e Chierici, 1962; Chierici et alii, 1962), nei golfi di Napoli e di Taranto (Moncharmont-Zei, 1956; Iaccarino, 1969), in tutto il Mediterraneo occidentale (Vergnaud-Grazzini, 1973; Blanc et alii, 1972; Cifelli, 1974). Thunell (1978) segnala G. pachy derma, rappresentata in prevalenza da forme destrogire, frequente nella parte settentrionale del Mediterraneo occidentale. Globigerina quinqueloba Natland (Tav. XIX, figg. la-c, 2a-b, 3a-b) 1938 Globigerina quinqueloba, Natland : p, 149; tav. 6, fig. 7 {fide Ellis e Messina) 1962 Globigerina quinqueloba, Parker: p. 225; tav. 2, figg. 7-16 Questa specie è particolarmente abbondante in tutta la successione studiata, avvalorandone oltre a confermarle, le condizioni climatiche Essa è rappresentata da numerosi individui di dimensioni da medie a piccole, in genere ben conservati. Molti degli esemplari riscontrati nei residui di 200 mesh, presentano caratteri che li avvicinano a G. atlantisae Cifelli e Smith, a Hastigerinella riedeli Rogl e Bolli e alla sottospecie G. quinqueloba egelida Cifelli e Smith. Se ne differenziano però per i seguenti caratteri: da G. atlantisae in quanto, pur avendo un numero totale di camere e quello dell’ultimo giro pressoché uguale, e lo stesso tipo di parete, hanno un guscio di dimen¬ sioni minori, con suture ad andamento radiale e non ricurve, e a volte spine a base rotonda alla periferia delle camere; da H. riedeli perché pur La specie è presente nel campione MZ. 119, dove costituisce il 7 % dì tutti i foraminiferi e, in particolare, il 22,5 % dei planctonici. 418 M. G. De Castro Coppa avendo le spine sulla periferia, queste non sono triangolari, per l’aper¬ tura che è a fessura e non ombelicale e per la tendenza di H. riedeli a divenire planispirale. Per quanto riguarda infine le somiglianze con G. qtiinqueloha egelida, i miei esemplari presentano le stesse caratteristiche di tale sottospecie: non vengono però tenute distinte da G. quinqueloba perché, tenendo conto della variabilità morfologica che specie e sottospecie sembrano possedere (Cifelli e Smith, 1970, p. 33), a mio avviso, solo uno studio statistico delle popolazioni permetterebbe di eliminare i dubbi che esi¬ stono su di esse. Cenni ecologici, — G. quinqueloba è considerata un buon indicatore di acque fredde, essendo particolarmente abbondante nei livelli superfi¬ ciali delie provincie subpolari. È inoltre considerata come facente parte del gruppo di specie « di acqua bassa », viventi predominatamente nei 50 m superiori (BÈ, 1977). Cita et alii (1974) la riscontrano particolar¬ mente abbondante in corrispondenza degli episodi più freddi, specie se accompagnati da materiale piroclastico. Thunell (1978) segnala questa specie in ristrette aree del Mediter¬ raneo (Tirreno settentrionale, e centrale, coste dell’Algeria, zona fra la Sardegna e la Sicilia e lungo le coste orientali della Grecia) con percen¬ tuali moderatamente significative (1%-10%), e in genere legata alla fre¬ quenza di G. bulloides. L'Autore nota inoltre come i picchi di frequenza di questa specie si trovino nelle zone in cui la temperatura superficiale invernale è inferiore ai 15°C. Alcune segnalazioni stratigrafiche. — La specie, istituita su materiale recente raccolto al largo di Long Beach (U.S.A.), è nota a partire dal Tortoniano. Fra le numerose località in cui è segnalata nel Pliocene ricordo S. Ar¬ cangelo (Potenza) (Lentini, 1968), Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), Taranto (Robba, 1969), Pisticci (Matera) (Lentini, 1971; De Castro- Coppa et alii, 1979). Nel Pleistocene inferiore, la specie, oltre che nelle lo¬ calità già citate, è segnalata anche nei sedimenti argillosi affioranti nei dintorni di Taranto (Ciaranfi et alii, 1971), a Cutrofiano (Puglia) (Salva- TORiNi, 1969), e a Monasterace (Calabria) (Greco et alii, 1974). Viene se¬ gnalata in coste di età pleistocenica del Mediterraneo orientale da Herman (1972). È presente nei pozzi 125 e 132 del DSDP (Cita et alii, 1974). In sedi¬ menti recenti è stata riscontrata fra l'altro, nel Golfo di Pozzuoli (Mon- charmont-Zei, 1964), nell'Adriatico e nello Ionio a profondità variabili da poco meno di 100 m fino ad oltre i 160 m (Cita e Chierici, 1962; Chierici et alii, 1962; Iaccarino, 1967, 1969). / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 419 È presente in tutto il Mediterraneo (occidentale ed orientale) (Parker, 1958; Todd, 1958; Blanc et alii, 1972; Vergnaud-Grazzini, 1973; Cifelli, 1974; Thunell, 1978). Globigerinoides ruber (D’Orbigny) (Tav. XX, figg. la-b, 2a-c, 3a-c) 1839 Globigerina rubra. D'Orbigny: p. 82; tav. 4, fìgg. 1244 {fide Ellis e Messina) 1927 Globigerinoides rubra. Cushman: p. 87 1960 Globigerina rubra. Banner e Blow: p. 19; tav. 3, figg. 8a-b Globigerinoides ruber è presente in tutti i campioni delle argille del Fronte, escluso il campione MZ. 118; le sue percentuali sono sempre estre¬ mamente basse tranne che in MZ. 117 dove raggiunge il 5,5 % P (Tab. Vili). Oltre alle forme tipiche, cioè quelle a spira bassa e camere tipica¬ mente rigonfie, sono presenti in tutti i campioni, esemplari con guscio più compatto, aperture più piccole e pareti più ispessite ed ancora altri individui (nei campioni MZ. 101, MZ. 105, MZ. 106, MZ. 109 - MZ. 116), anche se in esigua percentuale (0,006 % P - 0,23 % P), che presentano una troco- spira variamente sviluppata, ma sempre piuttosto alta, ed aperture più larghe. Il primo gruppo, che costituisce fra l'altro quasi per intero tutta la popolazione di questa specie nel campione MZ. 117, presenta forti somi¬ glianze con gli esemplari descritti e figurati da Blanc et alii (1972: p. 766, sub G. ruber forma B) nel Mediterraneo occidentale, da Herman (1972: p. 143, sub G. ruber forma B) per il Mediterraneo orientale e da Sprovieri e CusENZA (1972) nella sezione siciliana del Belice. Tutti questi Autori insieme ad Emiliani (1971) sono concordi nel ritenere questi individui dal guscio più compatto una variante della specie-tipo, legata ad una tempe¬ ratura più fredda dell'acqua. Gli altri esemplari, che si riscontrano con una certa continuità solo nel secondo intervallo, sono invece abbastanza simili al gruppo di indi¬ vidui, sempre attribuiti a G. ruber, che Parker (1962, p. 230, tav. 3, fig. 14; tav. 4, figg. 1-5) segnala nel Sud-Pacifico, nella fascia compresa tra le lati¬ tudini di 15°-30°S e che hanno la forma del guscio meno compatta e aper¬ ture più grandi di quelle degli esemplari di G. ruber, riscontrati dal sud¬ detto Autore nella fascia più meridionale («a Sud di 30° S'") del Pacifico. Cenni ecologici. -— G. ruber una delle specie di acque calde, più am¬ piamente distribuite, si ritrova molto frequente, fra l'altro, nel Medi- 420 M. G. De Castro Coppa terraneo orientale, dove la salinità supera i valori normali: vive in pre- valenza nei primi 50 m e viene considerata in genere una specie che ha un basso indice di resistenza alla dissoluzione selettiva dei gusci con la profondità (BÈ, 1977). Thunell (1978) la segnala altresì nei sedimenti superficiali del Medi- terraneo, con percentuali piuttosto alte, in corrispondenza della parte orientale regolata da temperature estive superiori ai 24°C, In sedimenti dell'ultimo periodo glaciale e del postglaciale, riscon¬ trati in alcune carote del Mediterraneo orientale (Herman, 1972), G. ruber viene segnalato distinto nelle due forme A e B, di cui la seconda rappre¬ senterebbe la variante più fredda. Secondo l'Autore suddetto, la « forma B », domina le associazioni dell'ultimo periodo glaciale e, insieme alla « forma A » quelle del postglaciale. Nel Mediterraneo occidentale, le forme tipiche e quelle a guscio più compatto, vengono segnalate fino a — 50 m da Blanc et alii, 1972). Esemplari a spira alta vengono segnalati da Christiansen (1965) nel Golfo di Napoli, a — 200 m di profondità. Alcune segnalazioni stratigrafiche. — La specie, istituita su materiale recente, compare nel Miocene medio (Blow, 1969). Dal Pliocene medio in poi è segnalata, fra l'altro, a S. Arcangelo (Potenza) (Lentini, 1968), a Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), a Pisticci (Dentini, 1971; De Castro-Coppa et alii, 1979), a Taranto (Robba, 1969; Ciaranfi et alii, 1971), nel Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972), a Monasterace da Greco et alii (1974),ad Archi (Guadagno et alii, 1979), a Vrica (Selli et alii, 1977), etc. Si riscontra in carote del Mediterraneo orientale riferite all'ultimo gla¬ ciale e nel postglaciale (Herman, 1972). La specie è presente nei pozzi 125 e 132 del DSDP (Cita et alii, 1972, 1974). In sedimenti recenti, è stata ritrovata nell'Adriatico a varie pro¬ fondità (Cita et alii, 1962; Chierici et ahi, 1962; Iaccarino, 1967), nel Golfo di Taranto da Iaccarino (1969), in quelli di Napoli da Moncharmont-Zei (1956, 1962), Christiansen (1965) e di Pozzuoli (Moncharmont-Zei (1964) e nel Mediterraneo occidentale ed orientale (Todd, 1958; Parker, 1958; Blanc et alii, 1972; VerGìNAud-Grazzini, 1973; Cifelli, 1974). N eogloboquadrina dutertrei (D’Orbigny) (Tav. XXI, figg. la-c, 2a-e) 1839 Globigerina dutertrei. D'Orbigny: p. 84; tav. 4, figg. 19-21 {fide Ellis e Messina) 1960 Globigerina dutertrei. Banner e Blow: p. 11; tav. 2, fig. 1 I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 421 1962 Globoquadrina dutertreù Parker: p. 242; tav. 7, fìgg. 1-13; tav. 8, figg. 1-4 1967 Neo globo quadrine dutertrei. Dandy, Frerichs e Vincent: p. 152; tav. 14, figg. 2-12 Esemplari riferibili a questa specie sono presenti nei campioni MZ. Ili, CO. 343, MZ. 116 con percentuali inferiori allo 0,5 % del totale della fauna. Essi possiedono un guscio dall'aspetto robusto, privo completamente di spine, caratterizzato da una bassa trocospira, con circa 14 camere, di cui 5 sono nell’ultimo giro. L'apertura presenta un leggero e distinto lab¬ bro; sono inoltre privi del tutto o quasi di flange ombelicali. In base a quest'ultimo carattere essi presentano forti somiglianze con N. dutertrei subcretacea (Lomnicki), quale indicata in Dandy et alii (1967). Questi Autori, infatti, nel loro lavoro (1967), in cui istituiscono il nuovo genere N eogloboquadrina, attribuiscono le forme senza flange om¬ belicali alla sottospecie subcretacea, a cui forniscono un significato cli¬ matico più temperato. Purtuttavia Parker (1962) che aveva effettuato uno studio su numerosi esemplari di questa specie, provenienti dal Pacifico e dalle zone di ori¬ gine (Cuba, Florida, Ky Islands), era giunta alle conclusioni che« ...gli esemplari sii figurati appartengono tutti alla stessa specie... Le associa¬ zioni di ogni data località mostrano un gran numero di variazioni... ma le caratteristiche fondamentali sono le stesse... », pur avendo riscontrato una grande variabilità sia per le dimensioni, il numero di camere, l'al¬ tezza della spira, sia per i caratteri dell’apertura, che può presentarsi a seconda dell’età, ombelicale ed ombelicale-extraombelicale, con o senza labbro (come è desumibile dalle figure), con o senza flange ombelicali. In base all'insieme di queste considerazioni, si ritiene quindi più lo¬ gico attribuire le forme del « Fronte » a N. dutertrei. Cenni ecologici. — G. dutertrei è una specie tropicale-subtropicale, molto resistente alla dissoluzione selettiva del guscio (DÈ, 1977). Viene inoltre considerata una specie legata a condizioni climatiche tendenti al caldo, con una distribuzione sporadica nel Mediterraneo, durante il Plei¬ stocene (Dlanc et alii, Tab. 3, 1972). Essa sembra comunque legata, per questi Autori, nel Mediterraneo occidentale, a condizioni climatiche fredde. Dandy et alii (1967) ritengono che le forme da loro attribuite alla sottospecie dutertrei, stiano ad indicare condizioni più calde di quelle della sottospecie subcretacea. Ciò, secondo gli Autori, sembrerebbe avva- 422 M. G. De Castro Coppa lorato dalla maggior densità di pori che la prima sottospecie presenta rispetto alla seconda e dal fatto che le forme fossili di N. dutertrei (sub G. eggeri), viventi in periodi interglaciali, avevano un’alta concentrazione di pori (WiLES, 1965); e inoltre dal fatto che, attualmente, nella corrente fredda del Perù, oltre il 90 % delle N. dutertrei {N. dutertrei subcretacea) presenti, mancano di flange ombelicali, mentre invece nelle zone tropicali risulta difficile poter riscontrare esemplari privi di questo carattere. Viene inoltre considerata (Cita et alii, 1977; Cita e Premoli Silva, 1978; Thunell, 1978) un indicatore di bassa salinità e in relazione con li¬ velli sapropelitici, in accordo con la sua distribuzione nell’Atlantico (Ruddiman, 1971). Alcune segnalazioni stratigrafche. — N. dutertrei, istituita in sedi menti recenti, sembra comparire nel Miocene superiore (Dandy et alii, 1967); da Blow (1969) viene invece segnalata a partire dal Pliocene medio. In sedimenti di età dal Pliocene medio al Calabriano, viene segnalata, fra l'altro, a Monte Navone (Enna) (Di Geronimo, 1969), a Taranto (Robba, 1969), a Monasterace (Greco et alii, 1947), a Pisticci (De Castro-Coppa et alii, 1979), a Cutrofiano (Puglia) (Salvatorini, 1969); nel Siciliano viene citata nelle argille della Valle del Belice (Sprovieri e Cusenza, 1972), ad Archi (Reggio Calabria) (Guadagno et alii, 1979). A Vrica compare 10 m sotto alla comparsa di C testudo (Colalongo e Sartoni, 1977). Si ritrova nelle carote tardo-pleistoceniche del Mediterraneo orientale, con percen¬ tuali fluttuanti (Herman, 1972; Cita et alii, 1977; Cita e Premoli Silva, 1978). Viene inoltre segnalata nei pozzi 125 {sub G eggeri) e 132 del DSDP (Cita et alii, 1972; 1974). In sedimenti recenti è stata rinvenuta (Cita e Chierici, 1962) neH’Adriatico, nel Tirreno (Mar Ligure) da Vergnaud-Graz- ziNi (1969), Golfi di Napoli e di Pozzuoli (Moncharmont-Zei, 1962, 1964), nello Ionio (Golfo di Taranto) (Iaccarino, 1969); più generalmente nel Mediterraneo occidentale (Todd, 1958; Blanc et alii, 1972; Cifelli, 1974) e nel Mediterraneo orientale (Parker, 1958). BIBLIOGRAFIA Bandy O. L., Frerichs W. E. e Vincent E., 1967 - Origin, development and geologie significance of N eo globo quadr ina Bandy, Frerichs e Vincent, gen. nov. Contr. Cush. Found. Foram. Res, 18, n. 4, pp. 152-157, 1 fìg., 1 tav., Ithaca. Banner F. T. e Blow W. H., 1960 - Some primary types of species belonging to thè superfamily Globigerinaceae. Contr. Cush. Found. Foram. Res,, 11, n. 1, pp. 1-41, 2 figg., 8 tavv., Ithaca. Banner F. T. e Blow W, H., 1967 - The origin and taxonomy of thè foraminiferal genus Pulleniatina Cushman 1927. Micropai., 13, n. 2, pp. 133-162, 14 figg., 4 tavv., New York. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 423 Bassani F., 1905 “ La ittiofauna delle argille marnose plistoceniche di Taranto e Nardo (terra d’Otranto). Mem. Atti R, Acc. Se. Fis. Mat. Napoli, ser. 2, 12, n. 3, pp. 1"56, 3 ta¥v., Napoli. Bè, a. W, H., 1977 " An ecological Zoogeographic and Taxonomic review of Recent Planktonic foraminifera. Oceanie MicropaL, I, pp, 1-100, 29 figg., 7 tabb., 12 tavv., Londra. Bè a. W, Ho e Tolderlund D. S., 1971 - Distribution and ecology of living plankto- nic foraminifera in surface waters of thè Atlantic and Indian Oceans. Mi- cropaleontology of Oceans: pp. lOS-149, 27 figg., 3 tabb., Cambridge. Blanc C. a., 1953 - Notes sur le quaternaire marin des Pouilles. In: Excursion dans les Abruzzes, les Pouilles et sur le cote de Salerno. I.N.Q.U.A., IV Congres Intern. : pp. 19-30, 8 figg., Roma. Blanc F., Blanc-Vernet L. e Le Campion J., 1972 - Application paléoécologique de la methode d’analyse factorielle en composantes principales: interpretation des microfaunes de foramìnifères planctoniques quaternaires en Mediter¬ ranée. 1) Étude des espèces de Méditerranée occidentale. Tethys, 4 (3), pp. 761-768, 2 figgo, 3 tabb., 2 tavv. Blow W. H., 1969 - Late middle Eocene to Recent planktonic foraminiferal bio- stratigraphy. Proc, First Conf. Plankt. MicropaL, 1, pp. 199-422, 43 figg., 54 tavv., Leiden. Blow W. H., 1971 - Planktonic foraminiferal assemblages of thè epipelagic zone and their thanatocoenosis. Micropaleontology of Oceans: pp. 277-288, 1 fig., Cambridge. Bonaduce G., Ciampo G. e Masoli M., 1975 - Distribution of Ostracoda in thè Adriatic Sea. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 40, suppl. 1, pp. 1-154, 47 figg., 3 tabb., 73 tavv., Napoli. Buchner P,, 1940 - Die Lagenen des Golfes von Neapel und der marinen Abla- gerungen auf Ischia. Nova Acta LeopoL, 9, n. 2, pp. 363-560, 29 tavv., Halle. Capaldi G., Civetta L., Lirer L. e Munno R., 1979 - Caratteri petrografici ed età K/Ar delle emeriti intercalate nelle formazioni argillose pleistoceniche della fossa bradanica. GeoL Appi. Idrog. (in stampa). Chierici M. A., Busi M. T. e Cita M. B., 1962 - Contribution à un étude éco- logique des foraminifères dans la mer Adriatique. Rev. Microp., 5, n. 2, pp. 123-142, 7 figg., 3 tabb., 2 tavv., Parigi. Christiansen B. O'., 1965 - A bottom form of thè planktonic foraminifer Glohi- gerinoides rubra (D’Orb., 1839). Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 34, pp. 197-202, 3 figgo, Napoli. Ciampo G., 1971 - Gli ostracodi delle argille pleistoceniche del Mar Piccolo. (Taranto). Boll. Soc. Nat. Napoli, 80, pp. 1-41, 1 tab., 8 tavv., Napoli. Ciaranfi N., Nuovo G. e Ricchetti G., 1971 - Le argille di Taranto e di Monte- mesola (studio geologico, geochimico e paleontologico). Boll. Soc. GeoL It., 90, n. 3, pp, 293-314, 2 figg., 1 tab., 1 tav., Roma. CiFELLi R., 1973 - Observations on Globigerina pachyderma (Ehrenberg) and Glo- bigerina incompta Cifelli form thè North Atlantic. Journ. Foram. Res., 3, n. 4, pp, 157-166, 2 figg., 4 tavv., Washington. Cifelli R., 1974 - Planktonic foraminifera from thè Mediterranean and adjacent Atlantic waters (Cruise 49 of thè Atlantis II, 1969). Journ. Foram. Res., 4, n. 4, pp. 171-183, 4 figg., 3 tavv., Washington. 424 M. G. De Castro Coppa CiFELLi R. e Smith R. K., 1970 - Distribution of planktonic foraminifera in thè vicinity of thè North Atlantic Current. Smithson. Contr. PaleobioL, n. 4, p. 1-52, 22 figg., 8 tabb., 6 tavv., Washington. Cita M. B. e Chierici M. A., 1962 - Crociera talassografica adriatica 1955, V. Ri¬ cerche sui foraminiferi contenuti in 18 carote prelevate sul fondo del Mare Adriatico, Arch. Ocean LimnoL, 12, fase. 3, pp. 297-359, 27 figg., 9 tabb., 8 tavv., Venezia. Cita M. B. e Premoli Silva L, 1978 - Planktonic foraminifers as ecological indi- cators, Examples from thè fossi! record of thè Mediterranean sea and of thè Atlantic ocean, Boll. ZooL, 45, pp, 115-131, 10 figg., 2 tabb. Cita M. B., D’Onofrio S. e Zocchi M., 1974 - Studi sul Pleistocene della dorsale mediterranea (Mare Ionio), Riv. It. Pai. Stratig., 80, n. 3, pp. 515-562, 11 figg., 4 tavv., Milano. Cita M. B., Chierici M. A., Ciampo G., Moncharmont-Zei M., D’Onofrio S., Ryan W. B. F. e ScoRZiELLO R., 1972 - The quaternary record in thè Tyrrhenian and lonian basins of thè Mediterranean Sea, Init. Rep. D.S.D.P., 13, pp. 1263-1339, 14 figg., 20 tavv., Washington. Cita M. B., Ciampo G., Perone E., Moncharmont-Zei M., Scorziello R. e Taddei Ruggiero E., 1974 - Il Quaternario del Tirreno abissale. Interpretazione stra- tigrafìca e paleoclimatica del pozzo DSDP n, 132. Rev. Esp. Micropai., 6, n. 2, pp, 257-326, 13 figg., 20 tavv,, Madrid. Cita M. B., Vergnaud-Grazzini C., Robert C., Chamley H., Ciaranfi N. e D’Onofrio S., 1977 - Paleoclimatic record of a long Deep Sea Core from thè Eastern Mediterranean. Quater. Res., 8, pp. 205-235, 11 figg., 4 tabb., Washington. COLALONGO M. L., 1968 - Cenozone a foraminiferi ed ostracodi nel Pliocene e basso Pleistocene della serie del Santerno e dell’ Appennino romagnolo. Giorn. Geol., 35, fase. 3, pp. 29-61, 3 tabb., Bologna. CoLALONGO M, L, e Sartoni S., 1977 - Globigerina calabra, nuova specie presso il limite Plio-Pleistocene della sezione Vrica (Calabria). Giorn. Geol. (2), 62, fase. 1, pp. 205-220, 1 fig., 3 tavv., Bologna. CoLALONGO M. L. e Sartoni S., 1979 - Schema biostratigrafico per il Pliocene e il basso Pleistocene in Italia. Contr. Prel. Carta Neotett. It., pubbl. n. 251, pp. 645, 654, 1 fig., Napoli. Compagnoni B. e Conato V., 1969 - Il Quaternario ad « Arctica islandica » a Nord di Anzio (Roma). Boll. Serv. Geol. It., 90, pp. 39-60, 5 figg., 2 tabb., 8 tavv., Roma. Costa O. G., 1856 - Paleontologia del Regno di Napoli. Atti Acc. Pont,, 7, n. 1, pp. 1-378, 28 tavv., Napoli. CusHMAN J, A., 1927 - An outline of a re-classification of thè Foraminifera. Cush. Lab. Foram. Res., Contr., 3, parte 1, pp. 1-105, 21 tavv., Sharon. CusHMAN J. A., 1937 - A monograph of thè foraminiferal subfamily Virgulininae. Cush. Lab. Foram. Res., Spec. Pubi. n. 9, pp. 1-228, 24 tavv., Sharon, Dai Pra G. e Stearns C. E., 1977 - Sul Tirreniano di Taranto. Datazioni sui co¬ ralli con il metodo del Th-^^C^\ Geol. Rom., 16 (1977), pp. 231-242, 5 figg., 1 tabb., Roma. De Castro-Coppa M. G., 1971 - Segnalazioni ed osservazioni su Acteocina knockeri (Smith) e Parastrophia garganica Moncharmont-Zei nel Tirreniano di Taranto Boll. Soc. Nat. Napoli, 79, pp. 3-27, 8 figg., 1 tab., 4 tavv., Napoli. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 425 De Castro-Coppa M. G., 1972 - Osservazioni su Pycnodonta hyotis (Linneo) del Tirreniano di Taranto, BolL Soc. Nat. Napoli, 81, pp. 207-224, 2 figg., 8 tavv., Napoli. De Castro-Coppa M. G., De Nucci M., Guadagno F. M., Moncharmont-Zei M., Muoio L., Flagella B., Sgarrella F., Taddei Ruggiero E. e Turco E., 1979 - Biostrati- grafa e paleoecologia delle argille grigio-azzurre bradaniche tra i fiumi Ba¬ sente e Cavane, GeoL Appi. Idrog., 14, parte S"*, 7 figg., 2 tabb., Bari (in stampa) . D'Erasmo G,, 1922 - Nuovi ittioliti delle argille marnose plistoceniche di Ta¬ ranto. Rend. Acc, Se, Fis. Mat. Napoli, ser. 3, 28, pp. 11-27, 4 tavv,, Napoli, Di Geronimo L, 1969 - La sezione stratigrafica pUo-pleistocenica di Monte Navone Piazza Armerina (Enna). Atti Acc. Gioen. Se. Nat. Catania, ser. 6, 20, pp. 81-146, 3 figg,, 3 tabb., 3 tavv,, Catania. Ellis B. F, e Messina A. R., 1940 - Catalogue of foraminifera. Am, Mus. Nat, History, Sp, Pubi., New York. Emiliani C., 1971 - Isotopie paieotemperatures and shell morphology of Globi- gerinoides rubra in thè type section for thè Plio-Pleistocene boundary. Micropai., 17, n, 2, pp. 233-238, 3 tavv., New York. Follador U,, 1973 - Paleogeografia del Pliocene e Pleistocene delVItalia centro¬ meridionale, versante adriatico. Boll. Soc. GeoL It., 92, n. 1, pp. 141-159, 7 figg,, Roma, Gignoux M., 1913 - Les formations pliocenes et quaternaires de VItalie du Sud et de la Sicile. Ann. Univ. Lyon., 1, fase, 36, pp, 1-393, 21 tavv., Lione, Greco A., Ruggieri G. e Sprovieri R., 1974 - La sezione calabriana di Monaste- race (Calabria). Boll, Soc, GeoL It., 93, n, 2, pp. 151-179, 6 figg., Roma. Guadagno F. M., Taddei Ruggiero E., De Blasio L, Flagella B. e Sgarrella F., 1979 - La sezione pleistocenica di Archi (Re), BolL Soc. Nat. Napoli, 88, pp. 1-25, 4 figg., 3 tabb., 2 tavv., Napoli, Herman Y., 1972 - Quaternary eastern Mediterranean sediments : micropaleonto- logy and climatic record. Mediter. Sea, pp. 129-147, 5 tabb,, 12 figg. Iaccarino S., 1967 - Ricerche sui foraminiferi dell’alto Adriatico. Arch. Oceanogr. LimnoL, IS, pp. 11-54, 27 figg., 1 tab., Venezia. Iaccarino S., 1969 - 1 foraminiferi di campioni di fondo prelevati nel Golfo di Taranto (M. Ionio). Ateneo Farm,, Acta Nat., 5, fase. I, pp. 1-27, 2 tabb., Parma, Lentini F,, 1968 - Stratigrafia micropaleontologica dei terreni plio-pleistocenici di Sant’Arcangelo (Potenza). Atti Acc. Gioenia Se, Nat, Catania, ser. 6, 19, pp, 255-344, 22 figg,, 1 tab,, 6 tavv., Catania, Lentini F,, 1971 - La sezione plio-pleistocenica di Pisticci sul bordo della Fossa bradanica. Atti Acc. Gioenia Se. Nat. Catania, ser. 7, 3, pp. 109-192, 12 figg., 3 tabb., 10 tavv., Catania. LoebliCh a. R, e Tappan H., 1953 - Studies of arctic foraminifera. Smithson, Misceli, Coll,, 121, n. 7, pp, 1-142, 1 fig,, 1 tab., 24 tavv., Washington. Loeblich a. R, e Tappan H, in Moore C., 1964 - Treatise on invertebrate paleon- tology. Part C. Pratista 2. Chiefiy « Thecamoebians » and Foraminiferida. 1-2, pp. 1-900, 653 figg., Lawrence. Moncharmont-Zei M., 1955 - Contributo alla conoscenza del Calabriano nella valle delVOfanto. Boll. Serv. GeoL It., 77, pp. 449-553, 1 fig., 10 tavv., Roma. 27 426 M. G. De Castro Coppa Moncharmont-Zei M., 1956 - Foraminiferi di un campione di fondo prelevato all’ Ammontai lira nel Golfo di Napoli. Boll, Soc. Nat. Napoli, 65, pp. 3«11, 2 tavv., Napoli. Moncharmont-Zei M,, 1957 - Ittioliti e foraminiferi delle argille pleistoceniche di Taranto. Atti Mus. Civ. St. Nat. Trieste, 21, fase. 1, n. 1, pp. 1-25, 1 fìg,, 6 tavv.. Rocca S. Casciano, Moncharmont-Zei M., 1960 - Contributo alla conoscenza del Pleistocene della Si¬ cilia. Boll. Soc. Nat. Napoli, 69, pp. 141-186, 14 tavv., Napoli. Moncharmont-Zei M., 1962 - I foraminiferi del Banco delle Vedove (Golfo di Na¬ poli). Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 32, pp. 442-482, 1 fig., 5 tabb., 3 tavv., Napoli. Moncharmont-Zei M., 1964 - Studio ecologico sui foraminiferi del Golfo di Poz¬ zuoli. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, 34, pp. 160-184, 8 figg., 2 tabb., Napoli. Moncharmont-Zei M., 1968 - I foraminiferi di alcuni campioni di fondo prelevati lungo la costa di Beirut (Libano). Boll. Soc. Nat. Napoli, 77, pp. 3-34, 7 figg., 1 tab., 6 tavv., Napoli. Murray J. W., 1973 - Distribution and ecology of living benthic foraminiferids. Heinemann Educ. Books, pp. 1-273, 103 figg., 12 tavv., Londra. Parker F. L., 1958 - Eastern mediterranean foraminifera. Rep. Swed. Deep Sea Exped., 8, fase. 2, pp. 219-283, 6 figg., 20 tabb., 6 tavv., Goteborg. Parker F. L., 1962 - Planktonic foraminiferal species in Pacific sediments. Mi- cropaL, 8, n. 2, pp. 219-254, 4 tabb., 10 tavv., New York. Picchetti G., 1967 - Osservazioni preliminari sulla geologia e morfologia dei depositi quaternari nei dintorni del Mar Piccolo (Taranto). Atti Acc. Gioenia Se. Nat. Catania, ser. 6, 18, pp. 123-130, Catania. Robba e., 1969 - Il Plio-Pleistocene della zona di Taranto. Riv. It. Paleont. Stratig., 75, n. 3, pp. 605-672, 5 figg., 7 tavv., Milano. Ruddimann W. F., 1971 - Pleistocene sedimentation in thè equatorial Atlantic. Stratigraphy and Climatology. Geol. Soc. Amer. Bull., 82, pp. 283-302. Ruggieri G., 1972 - Su alcuni ostracodi marini plio-pleistocenici mediterranei. Atti Soc. It. Se. Nat. Mus. Civ. St. Nat. Milano, 113, n. 1, pp. 89-113, 9 figg., Pavia. Ruggieri G., 1973 - Gli ostracodi e la stratigrafia del Pleistocene marino medi- terraneo. Boll. Soc. Geol. It., 92, fase. 2, pp. 213-232, 3 figg., Roma. Ruggieri G. e Sprovieri R., 1975 - La definizione dello stratotipo del Piano Sici¬ liano e le sue conseguenze. Riv. Min. Sic., anno 25, nn. 151-153, pp. 1-7, Pa¬ lermo. Ruggieri G. e Sprovieri R., 1977 - A revision of Italian Pleistocene stratigraphy. Geol. Romana, 16, pp. 131-139, 3 figg., Roma. Ruggieri G. e Sprovieri R., 1979 - Selinuntiano, nuovo superpiano per il Pleisto¬ cene inferiore. Boll. Soc. Geol. It., 96 (1977), pp. 797-802, 2 figg., Roma. Ruggieri G., Buccheri G., Greco A. e Sprovieri R., 1976 - Un affioramento Sici¬ liano nel quadro della revisione della stratigrafia del Pleistocene inferiore. Boll. Soc. Geol. It., 94 (1975), pp. 889-914, 3 figg., Roma. Saidova K. M., 1961 - Ecologie des Foraminifères et paléogéographie des mers de VExtreme Orient de VURSS et de la partie NW de VOcean Pacific. Mose. Izd. Akad. Natuk. SSSR, Inst. Okean., pp. 1-232, 45 figg. 75 tabb. 31 tavv. I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 427 Salvatorini G., 1969 - Contributo alla conoscenza delle microfaune pleistoceniche della penisola Salentina. Mem. Atti Soc. Tose. Se. Nat., ser. A, 76, fase. 1, pp. 232-260, 1 fig. 6 tavv., Pisa. Selli R., 1962 - Le Quaternaire marin du versant Adriatique-Ionien de la pénin- sule italienne. Quatern., 6, pp. 391-412, 4 figg., Roma. Selli R., Accorsi C. A., Bandini Mazzanti M., Bertolani Marchetti D., Bigazzi G., Bonabonna F. P., Borsetti A. M., Cati F., Colacongo M. L., D'Onofrio S., Landini W., Menesini E., Mezzetti R., Pasini G., Savelli C. e Tampieri R., 1977 - The Vrica section (Calabria, Italy). A potential neogene/ quaternary boundary stratotype. Giorn. Geol. (2), 62, fase. 1, pp. 181-204, 9 figg., 2 tabb., 1 tav., Bologna. Sprovieri R. e Cusenza A., 1972 - La sezione di età siciliana della Valle del Belice (Trapani). Rev. Esp. Micropai., 4, n. 3, pp. 297-325, 2 figg., 1 tab., 5 tavv., Madrid. Sprovieri R., D'Agostino S. e Di Stefano E., 1973 - Giacitura del Calabriano nei dintorni di Catanzaro. Riv. It. Paleont. Stratig., 79, n. 1, pp. 127-140, 4 figg., Milano. Thunell R, C., 1978 - Distribution of recent planktonic foraminifera in surface sediments of thè Mediterranean sea. Mar. Micropai., 3, pp. 147-173, 2 figg., 2 tavv., Amsterdam. Todd R., 1958 - Foraminifera from Western Mediterranean Deep-Sea cores. Rep. Swed. Deep. Sea Exped., 8, fase. 2, pp. 167-215, 5 figg., 20 tabb., 3 tavv., Goteborg. Trevisan L. e Di Napoli E., 1938 - Tirreniano, Siciliano e Calabriano nella Si¬ cilia sud-occidentale. Giorn. Se. Nat. Ec., 39, mem. 8, pp. 1-38, 9 figg., Pa¬ lermo. Vergnaud-Grazzini C., 1973 - Etude écologique et isotopique de foraminifères actuels et fossiles de Mediterranée. These de Doct., pp. 1-220, 41 figg., 32 tabb., 8 tavv., Parigi. Vergnaud-Grazzini C., 1974 - Les foraminiferes planctoniques de Mer Ligure. Distribution saisonnière et caracteristiques thermiques. Un. Ocean. France, 6, boli. n. 1, pp. 30-35, 2 figg., Parigi. Verri A. e De Angelis D’Ossat G., 1899 - Cenni sulla geologia di Taranto. Boll. Soc. Geol. It., 18, n. 2, pp. 179-210, Roma. Wezel F. C., 1967 - / terreni quaternari del substrato dell’Etna. Atti Acc. Gioenia Se. Nat. Catania, ser. 6, 18, pp. 271-288, 3 figg., Catania. WiLES W. W., 1965 - Pleistocene changes in thè pore concentration of a planktonic foraminiferal species from thè Pacific Ocean. Abstr. Assoc. Quatern. Res., VII Intern. Congr. ; p. 508. Wright R., 1978 - Neogene paleobathymetry of thè Mediterranean based on benthic foraminifers from DSDP LEG 42A. Init. Rep. D.S.D.P., 17, parte I, pp. 837-846, 7 figg. La presente nota è stata accettata il 6-5-1980. 428 M. G. De Castro Coppa TABELLl In tabella sono riportati, per ogni campione, la percentuale espressa in numeri, di Plancton e del Benthos rispetto al totale dei foraminiferi presenti e inoltre le frequem di ogni singola specie sempre rispetto al totale degli individui. Quest'ultimi valori soij espressi graficamente da linee di vario spessore nel seguente modo: - < 0,10 ojj CAMPIONI MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105! MZ. ICl TEXTULARIIDAE Ehrenberg, 1838 Spiroplectammina wrighti (Silvestri) Textularia calva Lalicker e Mccullock Textiilaria cf. conica D’Orbigny Textularia sp. Bigenerina nodosaria D'Orbigny Siphotextularia concava Karrer ATAXOPHRAGMIIDAE Schwager, 1877 Dorothia gibbosa (D’Orbigny) FISCHERINIDAE Millet, 1898 Cyclogira carinata (Costa) Cyclogira involvens (Reuss) NUBECULARIIDAE Jones, 1875 Wiesnerella auricolata (Egger) Wiesnerella sp. Spiroloculina depressa D’Orbigny Spiroloculina excavata D'Orbigny MILIOLIDAE Ehrenberg, 1839 Quinqueloculina lamarckiana D’Orbigny Quinqueloculina oblonga (Montagu) Quinqueloculina padana Perconig Quinqueloculina pygmaea Reuss Quinqueloculina seminulum (Linneo) / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc, 429 1 - - < 1 o/o ■ > 20% 1 3%, ■ 4 % - 6 % g ?%■ -10%, 10 % ■ -20%, IZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 47,5 40 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 • 11- 1 i — — ! i 1 ! i j - - 428 M. G. De Castro Coppa I foraniiniferi delle argille pleistoceniche, ecc. 429 tabella ili In tabella sono riportati, per ogni campione, la percentuale espressa in numeri, del Plancton e del Benthos rispetto al totale dei foraminiferi presenti e inoltre le frequenze di ogni singola specie sempre rispetto al totale degli individui. Quest'ultimi valori sono espressi graficamente da linee di vario spessore nel seguente modo: - < 0,10% - < I %, > 20%. % - 3 %, 4 % - 6 %, 7 % - 10 %, 10 % - 20 %. CAMPIONI MZ. 101 MZ. 102 MZ, 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106 MZ. 10? MZ. 108 MZ. 105 MZ. no MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 co. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 % B 46 42,5 36 38 54 34,5 i 57,5 42,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 47,5 40 SPECIE ^ 54 57,5 64 62 46 65,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 TEXTULARIIDAE Ehrenberg, 1838 Spiroplectanimina wriglili (Silvestri) Textnlaria calva Lalicker e Mccullock Textidaria cf. conica D'Orbigny Textnlaria sp. Bigenerina nodosaria D’Orbigny Siphotextularia concava K.arrer ATAXOPHRAGMIIDAE Schwager, 1877 Dorothia gibbosa (D’Orbigny) FISCHERINIDAE Millet, 1898 Cyclogira carinata (Costa) Cyclogira involvens (Reuss) NUBECULARIIDAE Jones, 1875 Wiesnerella auricolata (Egger) Wiesnerella sp. Spirolocidina depressa D’Orbigny Spirolocidina excavata D’Orbigny MILIOLIDAE Ehrenberg, 1839 Quinquelocidina lamarckiana D’Orbigny Qidnquelocidina oblonga (Montagu) Quinqiielocidina padana Perconig Qiiinquelocidina pygmaea Reuss Qninqueloculina semimdntn (Linneo) 1 — ■ — — — — — 430 M. G. De Castro Coppa Segui CAMPIONI MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 10' % P 46 42,5 36 38 54 34,5 SPECIE B 54 57,5 64 62 46 65,5 1 Quinqueloculina stalkeri Loeblich e Tappan Quinqueloculina spp. Pyrgo bulloides (D’Orbigny) Pyrgo oblonga (D’Orbigny) Sigmoilina elliptica Galloway e Wissler Sigmoilina sigmoidea (Brady) Sigmoilina tennis (Czjzek) Sigmoilopsis coelata (Costa) Triloculina sp. Biloculinella depressa (D'Orbigny) i . . ! — NODOSARIIDAE Ehrenberg, 1838 Nodosaria farcimen (Soldant) Nodosaria ovicula D’Orbigny Lagena acuticosta Reuss Lagena gracilis Williamson Lagena laevis (Montagu) Lagena nebulosa (Cushman) Lagena piriformis Buchner Lagena pseudomarginata Buchner Lagena striata (D'Orbigny) Lenticulina calcar (Linneo) Vaginulina spinigera Brady N odosariidae _ _ _ — - - 1 - - - 1 GLANDULINIDAE Reuss, 1860 Glandulina laevigata (D'Orbigny) Dolina hexagona (Williamson) Fissurina annectens (Burrows e Holland) — — - - I formniniferi delle argille pleistoceniche, ecc. 431 rABELLA VII vlZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 47,5 40 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 - - ! 1 ! ! i 1 1 1 i 1 ! ; i 1 ! 1 1 i i — - — . i 1 1 ! i 1 - - - — 430 M. G. De Castro Coppa I foraininiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 431 Quinqiielocidina stalkeri Loeblich e Tarpan Quinqiieloculina spp. Pyrgo bidloides (D’Orbigny) Pyrgo oblonga (D'Orbignv) Sigmoilina elliptica Galloway e Wissler Sigmoilina sigmoidea (Brady) Sigmoilina tennis (Czjzek) Sigmoilopsis coelata (Costa) Trdocidina sp. Bilocnlinella depressa (D'Orbigny) NODOSARIIDAE Ehrenberg, 1838 Nodosaria farcimen (Soldani) Nodosaria ovicula D’Orbigny Lagena aciiticosta Reuss Lagena gracilis Williamson Lagena laevis (Montagu) Lagena nebulosa (Cushman) Lagena piriformis Buchner Lagena pseudomarginata Buchner Lagena striata (D'Orbigny) Lenticulina calcar (Linneo) Vagimdina spinigera Brady Nodosariidae GLANDULINIDAE Reuss, 1860 Glandulina laevigata (D'Orbigny) Dolina hexagona (Williamson) Fissurina annectens (Burrovvs e Holland) MZ. 101 ÌMZ. 102 MZ. 103 Segue: MZ. lOél 34.5 I 65.5 tabella vii MZ. 107 57.5 42.5 MZ. 11 76.5 23.5 MZ. 112 84.5 15.5 MZ. 118 47.5 52.5 MZ. 119 40 432 M. G. De Castro Coppa ') i Segue\ CAMPIONI MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. loe; %P 46 42,5 36 38 54 34,5 1 SPECIE 54 57,5 64 62 46 1 65,5 1 Fissiirina apiculata Reuss Fissurina cf. apiculata Reuss Fissurina castanea (Flint) Fissurina lateralis (Cushman) Fissurina aff. lateralis (Cushman) Fissurina marginata (Montagu) Fissurina orbignyana Sequenza Fissurina aff. orbignyana Sequenza Fissurina aff. pseudoglobosa (Buchner) Fissurina staphyllearia (Schwaqer) Fissurina tenuistriata (Brady) Glandulinidae — — i 1 1 i _ j : SPHAEROIDINIDAE Cushman, 1927 1 Sphaeroidina bulloides D’Orbigny BOLIVINITIDAE Cushman, 1927 Bolivina aff. albatrossi Cushman Bolivina aff. difformis (Williamson) Bolivina aff. earlandi Parr Bolivina italica Cushman Bolivina pseudoplicata Heron-Allen e Earland - - : ■ 1 Bolivina aff. striatula Cushman Bolivina aff. subreticulata Parr Bolivina subspinescens Cushman Bolivina usensis Conato Brizalina alata (Sequenza) Brizalina aff. beyrichi (Reuss) - - — — 1 I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 433 [ABELLA VII AZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 47,5 40 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 12 14,5 65 52,5 60 1 1 r ■ ■ 1 j ! i ! 1 1 — - - — — 432 M. G. De Castro Coppa Segue CAMPIONI MZ. 101 !mZ. 102 1 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106 0/. P 46 42,5 36 38 54 34,5 SPECIE 54 57,5 64 62 46 65,5 Fissiirina cf. apicidata Reuss Fissurina castanea (Flint) ! Fissurina lateralis (Cushm.in) Fissurina aflf. lateralis (Cusiiman) Fissurina marginata (Montagu) — Fissurina aff. orbignyana Sequenza Fissurina aff. pseudoglobosa (Buchner) Fissurina staphyllearia (Schwager) — — Fissurina tenuistriata (Brady) Glandulinidae — --- SPHAEROIDINIDAE Cushman, 1927 Sphaeroidina bulloides D’Orbigny BOLIVINITIDAE Cushman, 1927 Bolivina aff. albatrossi Cushman Bolivina aff, difformis (Williamson) 1 Bolivina aff. earlandi Parr — Bolivina italica Cushman _ Bolivina pseudoplicata Heron-Allen e Earlani) Bolivina aff. striatala Cushman Bolivina aff. subreticulata Parr Bolivina subspinescens Cushman _ _ — Bolivina usensis Conato _ Brizalina alata (Seguenza) Brizalina aff. beyriclii (Reuss) I foraininiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 433 MZ. 116 85.5 14.5 MZ. 1I7|MZ. 118 _ I . 35 I 47,5 MZ, 119 40 434 M. G» De Castro Coppa Segue' I CAMPIONI |MZ. 101 Brizalina catanensis (Seguenza) Brizalina dilatata (Reuss) Brizalina variabilis (Williamson) Bolivinitidae MZ. 102! MZ. 103 42,5 ! 36 57,5 : 64 MZ. 104 MZ. 105 38 54 62 46 MZ. 106 34,5 I 65,5 I ] EOUVIGERINIDAE Cushman, 1927 Siphonodosaria aspera (Silvestri) Siphonodosaria cf. japonica (Cushman) Siphonodosaria monilis (Silvestri) Siphonodosaria pyrula (D’Orbigny) Siphonodosaria spp. BULIMINIDAE Jones, 1875 Bulimina aculeata D’Orbigny Bulimina costata D'Orbigny Bulimina etnea Seguenza Bulimina cf. gibba Fornasini Bulimina marginata D’Orbigny Bulimina cf. marginata D'Orbigny Bulimina spp. Praeglobobulimina ovata (D’Orbigny) Praeglobobulimina ovula (D’Orbigny) Reussella spinulosa (Reuss) UVIGERINIDAE Haeckel, 1894 Uvigerina mediterranea Hofker Uvigerina peregrina Cushman Uvigerina spp. Hopkinsina bononiensis (Fornasini) I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc, 435 ì.:abella vii [MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 47,5 40 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 : ! 1 1 1 i ì i ! 1 - - ! 1 — i j j 434 M. G. De Castro Coppa I forauiinijeri delle argille pleistoceniche, ecc. 435 Segue: tabella vii CAMPIONI MZ. lOI MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106 MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. llf MZ. 119 o„ p 46 42.5 36 38 54 34,5 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 97 88 85,5 35 t 47,5 40 SPECIE ~ - 54 57.5 64 ó2 46 65,5 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 Brizalina catanensis (Seguenza) Brizalina dilatata (Reuss) Brizalina variabilis (Williamson) Bolivinitidae — -i « — 1 1^“ — — ! EOUVIGERINIDAE Cushman, 1927 Siphonodosaria aspera (Silvestri) Siphonodosaria cf. japonica (Cushman) Siphonodosaria inonilis (Silvestri) Siphonodosaria pyriila (D’Orbigny) Siphonodosaria spp. ^ _ — BULIMINIDAE Jones, 1875 Bulimina aciileata D’Orbigny j Bitumina costata D'Orbigny ! Bulimina etnea Sequenza Bulimina cf. gibba Fornasini Bulimina marginata D'Orbigny Bulimina cf. marginata D'Orbigny Bulimina spp. Praeglobobulimina ovata (D’Orbigny) Praeglobobulimina ovaia (D'Orbigny) Reiissella spimdosa (Reuss) UVIGERINIDAE Haeckel, 1894 Uvigerina mediterranea Hofker Uvigerina peregrina Cush.vian Uvigerina spp. Hopkinsina bononiensis (Fornasini) i 1 — — _ i— 1 - 1 - ! - — • — 1 i j _ 1 436 M. G. De Castro Coppa Segue\ Sagrina dertonensis (Gianotti) Trifarina anguiosa (Williamson) DISCORBIDAE Ehrenberg, 1838 Epistominella exigua (Brady) Gavelinopsis praegeri (Heron-Allen e Earland) Neoconorbina floridensis (Cushman) Neoconorbina orbicularis (Terquem) Neoconorbina terqiiemi (Rzehak) Rosalina araucana D’Orbigny Rosalina bradyi Cushman Rosalina globularis D’Orbigny Cancris aiiriculus (Fichtel e Mole) Cancris oblongus (D’Orbigny) Valvulineria bradyana (Fornasini) Discorbidae SIPHONINIDAE Cushman, 1927 Siphonina retic alata (Czjzek) ASTERIGERINIDAE D'Orbigny, 1839 Asterigerinata mamilla (Williamson) Asterigerinidae SPIRILLINIDAE Reuss, 1892 Patellina corrugata Williamson ROTALIIDAE Ehrenberg, 1839 Ammonia beccarli (Linneo) Rotaliidae I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 437 436 M. G. De Castro Coppa I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 437 Segue: Sagrina dertonensis (Gianotti) Trifarina anguiosa (Williamson) DISCORBIDAE Ehrenberg, 1838 Epislominella cxigiia (Brady) Gavelinopsis piaegeri (Heron-Allen e Earland) Neoconorbina floridensis (Cushman) Neoconorbina orbicularis (Terquem) Neoconorbina terquenii (Rzehak) Rosalina araiicana D'Orbigny Rosalina bradyi Cushman Rosalina globularis D’Orbigny Cancris auriculus (Fichtel e Mole) Cancris oblongus (D’Orbigny) Valvulineria bradyana (Fornasini) Discorbidae SIPHONINIDAE Cushman, 1927 Siphonina reticidata (Czjzek) ASTERIGERINIDAE D'Orbigny, 1839 Asterigerinata niamilla (Williamson) Asterigerinidae SPIRILLINIDAE Reuss, 1892 Patellina corrugata Williamson ROTALIIDAE Ehrenberg, 1839 Ammonta beccarii (Linneo) Rotaliidae MZ. 102 42,5 tabella vii MZ. 107 57.5 42.5 MZ. 113 CO. 343 97 MZ. 115! MZ. 116 88 i 85,5 12 14,5 L._, MZ. 118 47.5 52.5 438 M. G. De Castro Coppa Segue CAMPIONI ELPHIDIIDAE Galloway, 1933 Elphidiiim cf. advenum (Cushman) Elphidium crispiim (Linneo) Elphidium decipiens (Costa) Elphidium macellum (Fichtel e Mole) Elphidium macellum aculeaium Silvestri Cribononion incertum (Williamson) Protelphidium granosum (D’Orbigny) Elphidiidae MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 46 42,5 36 38 54 57,5 1 64 62 1 - HANTKENINIDAE Cushman, 1927 Hastigerina siphonifera (D’Orbigny) GLOBOROTALIIDAE Cushman, 1927 Globorotalia infiala (D'Orbigny) Globorotalia scitula (Brady) GLOBIGERINIDAE Carpenter, Parker e Jones, 1862 Globigerina bulloides D'Orbigny Globigerina calabra Colalongo e Sartoni Globigerina falconensis Blow Globigerina pachyderma Ehrenberg Globigerina quinqueloba Natland Globigerinoides conglobatus (D’Orbigny) Globigerinoides ruber (D'Orbigny) Neogloboquadrina dutertrei (D'Orbigny) Orbulina bilobata (D'Orbigny) Orbulina universa D'Orbigny MZ. 105 54 46 MZ. 106 34,5 65,5 I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc, 439 4BELLA VII 438 M. G. De Castro Coppa I foratniniferi delle argille pleistoceniche, ecc. 439 Segue: ELPHIDIIDAE Gallovvay, 1933 Elphidium cf. advenum (Cusiiman) Elphidiiim crispum (Linneo) Elphidium decipieus (Costa) Elphidium macellum (Fichtel e Moli.) Elphidium macellum aculeanim Silvestri Cribononion incertum (Williamson) Protelphidium grauostim (D'Orbigny) Elphidiidae HANTKENINIDAE Cushman, 1927 Hastigerina siphonifera (D’Orbigny) GLOBOROTALIIDAE Cushman, 1927 Globorotalia infiala (D'Orbigny) Globorotalia scitula (Brady) GLOBIGERINIDAE Carpf.nter, Parker e Jones, 1862 Globigerina bulloides D’Orbigny Globigerina calabra Colalongo e Sartoni Globigerina falconensis Blow Globigerina pachyderma Ehrenberg Globigerina quinqueloba Natland Globigerinoides conglobatus (D’Orbigny) Globigerinoides rubar (D’Orbigny) Neogloboqiiadrina dutertrei (D’Orbigny) Orbulina bilobata (D’Orbigny) Orbulina universa D’Orbigny MZ. 102 42.5 57.5 MZ. 103 MZ. 104 38 MZ. 106 34.5 65.5 tabella vii MZ. 107 57.5 42.5 440 M. G. De Castro Coppa Segue Globigerinita glutinata (Egger) Globigerinita uvula (Ehrenberg) Globigerinidae MZ. 104 MZ. 105 38 54 62 46 Hm MZ. 10(' 34.5 65.5 EPONIDIDAE Hofker, 1951 Eponides frigidus Cushman Eponides granulatus Di Napoli Eponides umbonatus (Reuss) Eponides umbonatus stellatus Silvestri Eponides spp. CIBICIDIDAE Cushman, 1927 Planulina ariminensis (D'Orbigny) Hy alinea baltica (Schroeter) Cibicides floridanus (Cushman) Cibicides lobatulus (Walker e Jacob) Cibicides pseudoungerianus (Cushman) Cibicides ungerianus (D'Orbigny) Cibicides spp. CAUCASINIDAE N. K. Bykova, 1959 Fursenkoina complanata (Egger) Coryphostoma perforatum (Di Napoli) Caiicasinidae CASSIDULINIDAE D'Orbigny, 1839 Cassidulina carinata Silvestri C assiduiina crassa (D’Orbigny) Globocassidulina oblonga (Reuss) I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 441 ABELLA VII 28 440 M. G. De Castro Coppa / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 441 Segui,: Globigerinita glutinata (Egcer) Globigerinita livida (Ehrenberg) Globigerinidae EPONIDIDAE Hofker, 1951 Eponides frigidiis Cushman Eponides gramilatiis Df Napoli Eponides iimbonatiis (Reuss) Eponides iimbonatiis stellaliis Silvestri Eponides spp. CIBICIDIDAE Cushman, 1927 Planiilina ariminensis (D'Orbigny) Hyalinea baltica (Schroeter) Cibicides floridaniis (Cushman) Cibicides lobatidiis (Walker e Jacob) Cibicides pseiidoimgerianiis (Cushman) Cibicides iingeriamis (D’Orbigny) Cibicides spp. CAUCASINIDAE N, K. Bykova, 1959 Fursenkoina complanata (Egger) Coryphostoma perforatimi (Di Napoli) Caiicasinidae CASSIDULINIDAE D'Orbigny, 1839 Cassidiilina carinata Silvestri Cassidiilina crassa (D’Orbigny) Globocassidiilina oblonga (Reuss) MZ. 101 46 MZ. 102 MZ. 103 42.5 36 57.5 64 MZ. 104 38 rABELLA VII MZ. 106 34.5 ' ' 57.5 - -_l : ^ - 65.5 ; : «.5 ^5 MZ. 108 62 MZ. 109 55 MZ. Ili |MZ. 112 76,5 j 84,5 I _ 442 M. G. De Castro Coppa Segui CAMPIONI GlobocassidiiUna subglobosa (Brady) Cassidulinidae MZ. 101 MZ. 102 4ó I 42.5 54 1 57,5 MZ. 103 [MZ. 104 36 38 64 I 62 MZ. 105 54 46 MZ. 10 34.5 65.5 NONIONIDAE Schultze, 1854 Nonion depressulum (Walker e Jacob) Nonion spp. Astrononion stelligerum (D’Orbigny) Florilus scaphum (Fichtel e Mole) Nonionella auricola (Heron-Allen e Earland) Nonionella turgida (Williamson) Pullenia bulloides (D'Orbigny) Pullenia quinqueloba Reuss ALABAMINIDAE Hofker, 1951 Gyroidina lamarckiana (D'Orbigny) Gyroidina neosoldanii Brotzen Gyroidina soldanii (D’Orbigny) Gyroidina umbonata Silvestri ANOMALINIDAE Cushman, 1927 Anomalina ornata (Costa) Hanzawaia rhodiensis (Terouem) Melonis barleanum (D’Orbigny) Melonis padamim (Perconig) Anomalinidae CERATOBULIMINIDAE Cushman, 1927 Hòeglundina elegans (D’Orbigny) ROBERTINIDAE Reuss, 1850 Robertina bradyi Cushman j I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 443 ;:'ABELLA VII IvlZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 57,5 62 55 46 76,5 84,5 84 1 97 1 88 85,5 35 47,5 40 42,5 38 45 54 23,5 15,5 16 3 12 14,5 65 52,5 60 ■ - — - - — — 1 - - - i 1 1 ' ■ 1 I ì’ : I 1 ! 1 i 1 — - - j 1 Illj 1 i 1 1 i i 1 1 — 4 j ; ! il i 1 i _ _ ! 1 i ! i 1 i 1 442 M. G. De Castro Coppa 1 foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 443 Segue: Globocassidulina siibglobosa (Brauy) Cassidulmidae NONIONIDAE Schultze, 1854 Nonion depressidum (Walker e Jacob) Nonion spp. Aslrononion stelligerum (D’Orbigny) Florilus scaplmm (Fichtel e Mole) Nonionella auricola (Heron-Allen e Eari.and) Nonionella turgida (Willumson) Pullenia bulloides (D’Orbigny) Pullenia quinqueloba Reuss ALABAMINIDAE Hofker, 1951 Gyroidina lamarckiana (D'Orbicny) Gyroidina neosoldanii Brotzen Gyroidina soldanii (D’Orbigny) Gyroidina umbonata Silvestri ANOMALINIDAE Cushman, 1927 Anomalina ornata (Costa) Hanzawaia rhodiensis (Terquem) Melonis barleanum (D'Orbicny) Melonis padanum (Perconig) Anomalinidae CERATOBULIMINIDAE Cushman, 1927 Hóeglundina elegans (D’Orbicny) ROBERTINIDAE Reuss, 1850 Robertina bradyi Cushman MZ. 102 42.5 57.5 MZ. 103 36 MZ. 104! MZ. 105 38 54 62 MZ. 106Ì 34.5 65.5 tabella vii MZ. 107 57.5 42.5 MZ. 108 62 38 MZ. 11 76.5 23.5 MZ. 116 85.5 14.5 MZ. 117 MZ, 35 t 47,5 65 ' 52,5 444 M. G. De Castro Coppa \ TABELLI In tabella vengono riportati i valori percentuali, espressi numericamente, di ogni singoli^ specie planctonica rispetto al totale dei foraminiferi planctonici. Le percentuali inferioi! - - - CAMPIONI SPECIE — - - MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 j 1 MZ. 10(, 1 1 Hastigerina siphonifera (D'Orbigny) • • 1 !■ Globorotalia inflata (D’Orbigny) 0,5 1,5 3 1 1 • Globorotalia scinda (Brady) 4,5 4 3 1 0,5 Globigerina bulloides D’Orbigny 1,5 1,5 1 0,5 1 0,5 Globigerina calabra Colalongo e Sartoni • • Globigerina falconensis Blow 8 5,5 7 1 4,5 7 10,5 1 Globigerina pachyderma Ehrenberg 46 21,5 28,5 16,5 28 17,5 i Globigerina quinqueloba Nailand 25 52 46 60 41,5 49 ; Globigerinoides conglobatus (D'Orbigny) • • Globigerinoides ruber (D’Orbigny) 1 • 0,5 • 1 • j Neo globo quadrine dutertrei (D’Orbigny) Orbulina bilobata (D'Orbigny) 1 i Orbulina universa D’Orbigny • j ! ì j Globigerinita glutinata (Egger) 13 12 3 1 1 10 5,5 9,5 ' Globigerinita uvula (Ehrenberg) • 0,5 4 ! 10 9,5 S Globigerinidae • 1 4 ! 1 6,5 i 4 i 3 1 / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 445 ^III ' o 0,5 % vengono espresse graficamente da un • . MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 • • • • • 0,5 1 1 ! • i 1 1 • 1 1,5 2 • 3 14 0,5 i 0,5 1,5 2 • • 1 1 . 0,5 0,5 1 1 1 5,5 3 3 i 2 1,5 7 14,5 6 • • • • • • • 2,5 i 10 7,5 10 10 1 10 15 31 1 4 3,5 11 24,5 20,5 15,5 11,5 8 13,5 10,5 12,5 1 31,5 49 37 55 27,5 45,5 42 50,5 58,5 48,5 35 24,5 30,5 40,5 15,5 8,5 22,5 ! i 1 • • 0,5 • 0,5 1 • 0,5 • 2 1 1 1 5,5 • 1 * 1 • • • 0,5 1 , 1 • • ! ’ • 1 • i • • • • 0,5 2 • 16,5 1 21 22 17,5 16,5 : 15 20 1,5 10 6 i 3,5 14,5 3 ’ 23,5 10 4,5 0,5 6 7,5 1 1,5 7,5 5,5 11,5 2 • 2 3 0,5 5,5 8,5 j 16 1 7,5 1 1 12,5 3 13,5 444 M. G. De Castro Coppa I foramitiiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 445 tabella vili In tabella vengono riportati i valori percentuali, espressi numericamente, di ogni singola jio 05% vengono espresse graficamente da un •. specie planctonica rispetto al totale dei foraminiferi planctonici. Le percentuali inferiori CAMPIONI SPECIE Hastigerina siphonifera (D'Orbigny) MZ. 101 • • MZ. 106 MZ. 197 • • • • • 0,5 I • - - - Globorotalia iiiflata (D'Orbigny) 0,5 1,5 3 1 1 • 1 • 1 1,5 2 • 3 14 0,5 0,5 1,5 Globorotalia scitnla (Brady) 4,5 4 3 1 0,5 2 • • 1 Globigerina bidloides D’Orbigny 1,5 1,5 1 0,5 1 0,5 0,5 0,5 1 1 1 5,5 3 3 2 1,5 7 14,5 6 Globigerina calabra Colalongo e Sartoni • • • • • • • • • Globigerina falconensis Blow 8 5,5 7 4,5 7 10,5 2,5 10 7,5 10 10 10 15 31 16 4 3,5 II Globigerina pachyderma Ehrenberg 46 21,5 28,5 16,5 28 17,5 24,5 20,5 15,5 11,5 8 13,5 10,5 12,5 14 31,5 49 37 55 Globigerina quinqueloba Naeland 25 52 46 60 41,5 49 27,5 45,5 42 50,5 58,5 48,5 35 24,5 30,5 40,5 15,5 8,5 22,5 Globigerifìoides conglobatiis (D’Orbigny) • • • • Globigerinoides riiber (D’Orbigny) 1 • 0,5 • 1 • 0,5 • 0,5 1 • 0,5 • 2 1 1 5,5 • Neogloboqiiadrina diitertrei (D’Orbigny) 1 • • • 0,5 1 Orbtdina bilobata (D’Orbigny) • • Orbtdina universa D’Orbigny • • • • • • • 0,5 2 • Globigerinita glutinata (Egger) 13 12 3 10 5,5 9,5 16,5 21 22 17,5 16,5 15 20 1.5 10 6 3,5 14,5 3 Globigerinita avida (Ehrenberg) • ' 0,5 4 10 9,5 23,5 10 4,5 0,5 6 7,5 1,5 7,5 5,5 11,5 Globigerinidae • 4 6,5 4 3 1 2 • 2 3 0,5 5,5 8,5 16 7,5 12,5 3 13,5 446 M, G. De Castro Coppa TABELL In tabella vengono riportati i valori percentuali, espressi numericamente, di ogni singolh specie bentonica rispetto al totale dei foraminiferi bentonici. Le percentuali inferioij - - - CAMPIONI SPECIE ~~ - MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 10(), J Spiroplectammina wrighti (Silvestri) • 0,5 0,5 • • i Textularia calva Lalicker e Mccullock • • 0,5 Textularia cf. conica D'Orbigny Textularia sp. • \ Bigenerina nodosaria D’Orbigny • • • • • il Siphotextularia concava Karrer • Dorothia gibbosa (D'Orbigny) 1 Cyclogira carinata (Costa) Cyclogira involvens (Reuss) • • 0,5 Wiesnerella auricolata (Egger) • 2 Wiesnerella sp. 0,5 Spiroloculina depressa D’Orbigny Spiroloculina excavata D’Orbigny # Quinqtieloculina lamarckiana D’Orbigny • • • • Quinqueloculina oblonga (Montagu) Quinqueloculina padana Perconig • Quinqueloculina pygmaea Reuss 0,5 : Quinqueloculina seminulum (Linneo) • Quinqueloculina stalkeri Loeblich e Tappan 3 3 4,5 6 2,5 4,5 Quinqueloculina spp. 0,5 1 Pyrgo bulloides (D’Orbigny) Pyrgo oblonga (D’Orbigny) • • • • Sigmoilina elliptica Galloway e Wissler Sigmoilina sigmoidea (Brady) Sigmoilina tenuis (Czjzek) 0,5 Sigmoilopsis coelata (Costa) 2,5 0,5 1 • • Triloculina spp. • Biloculinella depressa (D’Orbigny) • • Nodosaria farcimen (Soldani) • Nodosaria ovicula D’Orbigny 0,5 Lagena acuticosta Reuss • • Lagena gracili^ Williamson • Lagena laevis (Montagu) • • ! I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 447 |:x litio 0,5 % vengono espresse graficamente da un • . 446 M. G. De Castro Coppa I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 447 tabella In tabella vengono riportati i valori percentuali, espressi numericamente, di ogni singola specie bentonica rispetto al totale dei foraminiferi bentonici. Le percentuali inferiori IX allo 0,5% vengono espresse graficamente da un •. CAMPIONI f 1 MZ. II8 SPECIE ' ' . Spiroplectammina wrighti (Silvestri) MZ. 101 • 0,5 0.5 • • MZ. 106 i MZ. 107 0,5 MZ. I0£ MZ. 109 • • j MZ. II2 j MZ. II3 CO. 343 0,5 MZ. II5 MZ. II6 1 MZ. II7 j MZ. 119 2 Textularia calva Lalicker e Mccullock • • 0,5 1 • Textidaria cf. conica D'Orbigny 1 0,5 Textularia sp. • 1 Bigenerina nodosaria D'Orbigny • • • • • 1 1 i 1 1 • Siphotextiilaria concava Karrer • • 0,5 Dorothia gibbosa (D’Orbigny) Cyclogira carinala (Costa) Cyclogira involvens (Reuss) • • 0,5 • 1 ! 0,5 Wiesnerella auricolata (Egger) • 2 1 1 j Wiesnerella sp. Spirolocidina depressa D'Orbigny 0,5 • 1 ì 1 Spiroloculina excavata D’Orbigny 0 0,5 • • • 1 1 Quinquelocidina lamarckiana D'Orbigny • • • • • • ! Quinqtieloculina oblonga (Montagli) Quinqueloculina padana Perconig • • • • 1 1 1 i 1 1 1,5 Quinquelocidina pygmaea Reuss 0,5 0,5 0,5 1 ! 1 Quinqueloculina semimdum (Linneo) • 0,5 1 • 0,5 Quinqueloculina stalkcri Loeblich e Tappan 3 3 4,5 6 2,5 4,5 2 1 3 3,5 3,5 0,5 7 Quinqueloculina spp. 0,5 1 0,5 1 0,5 i 1,5 Pyrgo bulloides (D’Orbigny) Pyrgo oblonga (D'Orbigny) l • • • • • • Sigmoilina elliptica Galloway e Wissler Sigmoilina sigmoidea (Brady) Sigmoilina tennis (Czjzek) j 0,5 • 0,5 1 4 0,5 1 0,5 1 • j 0,5 Sigmoilopsis coelata (Costa) Triloctdina spp. 2,5 0,5 1 • • • • • 1 1 1 i • Biloculinella depressa (D'Orbigny) • • • 1 1 Nodosaria jarcimen (Soldani) Nodosaria ovicula D’Orbigny 0,5 • i 1 1 Lagena acuticosta Reuss • • 1 Lagena gracilis Williamson Lagena laevis (Montagu) 1 1 • 1 • • • 1 1 1 i 1 j j i 448 M. G. De Castro Coppa ~ - ■ — ___________ CAMPIONI SPECIE ~ MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 Lagena nebulosa (Cushman) 0,5 Lagena piriformis Buchner 1 • Lagena pseudomarginata Buchner 0,5 1 Lagena striata (D’Orbigny) 0,5 • ! • • 0,5 Lenticulina calcar (Linneo) • Vaginulina spinigera Brady • Nodosariidae 0,5 • < 0,5 Glandulina laevigata (D'Orbigny) j • i • • Dolina hexagona (Williamson) • • 0,5 • 0,5 Fissurina annectens (Burrows e Holland) • Fissurina apiculata Reuss 1,5 1,5 1 0,5 2,5 Fissurina cf. apiculata Reuss I Fissurina castanea (Flint) 0,5 1 Fissurina lateralis (Cushman) Fissurina aff. lateralis (Cushman) Fissurina marginata (Montagu) • ! Fissurina orbignyana Seguenza • • • • 1 Fissurina aff. orbignyana Seguenza Fissurina aff. pseudoglobosa (Buchner) 2 Fissurina staphyllearia (Schwager) 0,5 0,5 1 • Fissurina tenuistriata (Brady) Glandulinidae • 1 Sphaeroidina bulloides D'Orbigny • ! 0,5 • • 0,5 Bolivina aff. albatrossi Cushman Bolivina aff. difformis (Williamson) Bolivina aff. earlandi Parr Bolivina italica Cushman 0,5 Bolivina pseudoplicata Heron-Allen e Earland 1 0,5 • 0,5 1,5 Bolivina aff. striatula Cushman Bolivina aff. subreticulata Parr Bolivina subspinescens Cushman 1 1 1,5 0,5 I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 449 'ABELLA IX 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 1 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 • 0,5 1 3,5 • • • • • 6,5 0,5 0,5 5 0,5 1 0,5 0,5 0,5 3 1 7 0,5 1 • 0,5 1 i 0,5 • 0,5 0,5 3 1 0,5 0,5 0,5 0,5 2,5 i 0,5 • 1 • • 0,5 0,5 0,5 4,5 1 1 0,5 1 1,5 2,5 5 0,5 2 0,5 0,5 0,5 1,5 4,5 0,5 0,5 0,5 2,5 1 448 M. G. De Castro Coppa I foraiuiniferi delle argille pleistoceniche, ecc. 449 Segue] tabella IX - - CAMPIONI SPECIE ~ " . . . Lagena nebulosa (Cushman) MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 0.5 MZ. 105 MZ. 106 MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. no MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 Lagena piriformis Bucmner • Lagena pseudomarginata Buchner 0,5 • 0,5 Lagena striala (D'Orbigny) 0,5 • • • 0,5 • 0,5 1 3,5 • Lenticulina calcar (Linneo) • Vaginulina spinigera Brady • Nodosariidae 0,5 • 0,5 • Glandulina laevigata (D’Orbigny) • • • • • Dolina hexagona (Williamson) • • 0,5 • 0,5 • 6,5 0,5 0,5 Fissurina annectens (BuRROWs e Holland) • Fissiirina apiculata Reuss Fissurina cf. apiculata Reuss 1,5 1,5 1 0,5 2,5 2 0,5 5 Fissurina castanea (Flint) 0,5 1 1 0,5 0,5 Fissurina lateralis (Cushman) Fissurina aff. lateralis (Cushman) Fissurina marginata (Montagu) • i 0,5 1 7 3 0,5 Fissurina orbignyana Seguenza • • • • 1 • 0,5 • Fissurina aff. orbignyana Seguenza Fissurina aff. pseudoglobosa (Buchner) 2 0,5 0,5 0,5 3 Fissurina staphyllearia (Schwager) 0,5 0,5 • 1 0,5 Fissurina tenuistriata (Brady) 0,5 Glandulinidae • 1 0,5 ! 0,5 0,5 2,5 0,5 Sphaeroidina bulloides D'Orbigny Bolivina aff. albatrossi Cushman Bolivina aff. difformis (Williamson) • 0,5 • • 0,5 • • 1 0,5 • • 0,5 0,5 Bolivina aff. earlandi Parr 0,5 4,5 Bolivina italica Cushman 0,5 1 Bolivina pseudoplicata Heron-Allen e Earland 1 0,5 • 0,5 1,5 1,5 0,5 1 1,5 2,5 5 0,5 2 Bolivina aff. striatula Cushman 0,5 0,5 Bolivina aff. suhreticulata Parr Bolivina subspinescens Cushman 1,5 0,5 0,5 1,5 4,5 0,5 0,5 0,5 2,5 0,5 1 450 M. G. De Castro Coppa Segue. ~~ ~~ - - CAMPIONI SPECIE ~ _______ MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106, Bolivina usensis Conato 1 0,5 Brizalina alata (Seguenza) • 0,5 • 1 1 1 Brizalina afF. bey richi (Reuss) Brizalina catanensis (Seguenza) 1,5 4 4,5 2,5 21 11,5 1 Brizalina dilatata (Reuss) 0,5 1 0,5 • |; Brizalina variabilis (Williamson) • II Bolivinitidae • Siphonodosaria aspera (Silvestri) Siphonodosaria cf. japonica (Cushman) • Siphonodosaria monilis (Silvestri) • Siphonodosaria pyrula (D'Orbigny) • Siphonodosaria spp. • Bulimina aculeata D’Orbigny 0,5 2,5 1 0,5 2,5 0,5 Bulirnina costata D'Orbigny Bulimina etnea Seguenza • 1,5 1 1 0,5 0,5 Bulimina cf. gibba Fornasini 1 Bulimina marginata D'Orbigny 6 • • 1 • 2 , Bulimina cf. marginata D’Orbigny j Bulimina spp. 1 * Praeglobobulimina ovata (D'Orbigny) • 1 • • • • • : Praeglobobulimina ovula (D'Orbigny) • • • Reussella spinulosa (Reuss) • 0,5 0,5 1 Uvigerina mediterranea Hofker ! 2,5 1 1,5 1 1 Uvigerina peregrina Cushman 0,5 2 0,5 1 0,5 • : Uvigerina spp. • Hopkinsina bononiensis (Fornasini) Sagrina dertonensis (Gianotti) 0,5 0,5 T rifarina anguiosa (Williamson) 2,5 ! 3 3 1,5 1,5 0,5 Epistominella exigua (Brady) 6,5 5 6,5 4,5 0,5 Gavelinopsis praegeri (Heron-Allen e Earland) 1 0,5 0,5 1,5 5,5 4 Neoconorbina floridensis (Cushman) i I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 451 ABELLA IX AZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 • • i 0,5 21,5 1 14 12 10,5 11,5 38,5 10 9 0,5 7 1 3 2 13,5 5 1,5 7 14 8 3 0,5 1 4 1 2,5 1 i 0,5 1 • 0,5 0,5 i 1 4,5 2,5 2 0,5 0,5 5 4,5 0,5 0,5 • 0,5 0,5 • • 1 0,5 1,5 1,5 • 2 • 7,5 1,5 • 9 2 4,5 • • • • 1 • • 1 0,5 ' 5,5 2,5 5,5 2,5 i 10 4 7,5 3,5 1 1 0,5 0,5 1 0,5 0,5 ; 0,5 i • 3 1,5 0,5 • 1 0,5 0,5 ; 2,5 1 2 3 2 2,5 2 4,5 0,5 5 2,5 2 1,5 1,5 0,5 2 1 0,5 0,5 i 6,5 2 450 A4. G. De Castro Coppa I foraiiiiniferi delle argille pleistoceniche, ecc. 451 Segue: - - _ CAMPIONI SPECIE ' - - Bolivina usensis Conato MZ. lOI 0,5 1 MZ. 102 UZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 106 Brizalina alata (Seguenza) • 0.5 • 1 Brizalina aff. beyriclii (Reuss) Brizalina catanensis (Seguenza) 1,5 4 4,5 2,5 21 11,5 Brizalina dilatata (Reuss) 0,5 0,5 • Brizalina variabilis (Williamson) • Bolivinitidae • j Sipbonodosaria aspera (Silvestri) Siphonodosaria cf. japonica (Cushman) • 1 Siphonodosaria nwnilis (Silvestri) • Siphonodosaria pyrida (D'Orbigny) • Siphonodosaria spp. • Bidimina aculeata D’Orbigny 0,5 2,5 1 0,5 2,5 0,5 Buliniina costata D'Orbigny Bidimina etnea Sequenza • 1.5 1 1 0,5 0,5 1 Bidimina cf. gibba Fornasini Bidimina marginata D’Orbigny Bidimina cf. marginata D’Orbigny 6 • • 1 • 2 1 Bidimina spp. • Praeglobobidimina ovata (D’Orbigny) • • • • • • Praeglobobidimin.i avida (D’Orbigny) • • • Reiissella spimdosa (Reuss) • 0,5 0,5 1 Uvigerina mediterranea Hofker 2,5 1 1,5 I Uvigerina peregrina Cushman 0,5 2 0,5 I 0,5 • Uvigerina spp. Hopkinsina bononiensis (Fornasini) Sagrina dertonensis (Gianotti) • 0,5 0,5 1 T rifarina angidosa (Williamson) 2,5 3 3 1,5 1.5 0,5 Epistominella exigiia (Brady) 6,5 5 6,5 4,5 0,5 Gavelinopsis praegeri (Heron-Allen e Earland) Neoconorbina floridensis (Cushman) 1 0,5 0,5 1,5 5,5 4 tabella IX MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343! MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 i • • 0,5 21,5 14 12 10,5 11,5 38,5 10 9 0,5 ’ 7 7 3 2 13,5 1 1 i 5 1,5 7 14 j 3 0,5 1 4 2,5 0,5 i • 0,5 0,5 1 4,5 i 2,5 , 2 0,5 0,5 5 4,5 0,5 0,5 i • 0,5 0,5 , • ! • 1 1 ì i 0,5 1,5 1,5 • 2 • 7,5 1,5 • 9 2 4,5 1 • • • • • • 1 0,5 5,5 2,5 i 5,5 j 2,5 1 10 4 7,5 3,5 1 1 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 i 1 j • 3 1,5 0,5 • 1 0,5 0,5 2,5 1 1 2 i 3 2 2,5 2 4,5 0,5 5 2,5 2 1,5 1,5 0,5 2 1 ' 0,5 1 0,5 6,5 2 452 M. G. De Castro Coppa Segui - - - CAMPIONI SPECIE — - _______ MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. 10(j Neoconorbina orbicularis (Terquem) Neoconorbina terquemi (Rzehak) Rosalina araucana D'Orbigny Rosalina bradyi Cushman Rosalina globularis D’Orbigny 2 • 1 1 10 Cancris auriculus (Fichtel e Mole) Cancris oblongus (D'Orbigny) • 0,5 0,5 j Valvulineria bradyana (Fornasini) • 2 Discorbidae 0,5 2,5 3,5 6,5 8,5 1,5 1 Siphonina reticulata (Czjzek) • Asterigerinata mamilla (Williamson) 7 4 n i 2 10 ' Asterigerinidae 2 0,5 7,5 Patellina corrugata Williamson • 0,5 0,5 1 4,5 : Ammonia beccarii (Linneo) 0,5 Rotaliidae • Elphidium cf. advenum (Cushman) • 1 Elphidium crispum (Linneo) Elphidium decipiens (Costa) • • Elphidium macellum (Fichtel e Mole) Elphidium macellum aculeatiim Silvestri Cribrononion incertum (Williamson) Protelphidium granosum (D’Orbigny) • 0,5 ! i Elphidiidae 1,5 5,5 • ! Eponides frigidus Cushman 9,5 10,5 15 8 2 6,5 j Eponides granulatus Di Napoli Eponides umbonatus (Reuss) 0,5 1 0,5 Eponides umbonatus stellai us Silvestri • !' Eponides spp. i • i 0,5 1 Planulina ariminensis (D’Orbigny) • • • • • • i Hyalinea baltica (Schroeter) 3,5 3,5 ! 1 3 1 1 2 Cibicides floridanus (Cushman) j i • ! I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 453 ABELLA IX IZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 1 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 1,5 7 5 3 • 0,5 0,5 0.5 • 0,5 2 2 3 2 3 2,5 5 12,5 2 0,5 2 3 9 3,5 2 3.5 6,5 3 9 3,5 2,5 0,5 1 1,5 0,5 0,5 1.5 3 j • 1 • 6.5 i 18,5 30,5 0,5 i ! • 0,5 1 ! 1 1 0,5 i • 1 7.5 4 0,5 1 • i ! • 1 i • [ ! • i 1,5 7,5 3,5 Ì4,5 2 1 2.5 12,5 1,5 1 2,5 6 1,5 ■) IO i 2.5 12,5 6,5 2,5 5 10,5 5 1 7 14 0,5 1,5 i i i 0,5 1 i 1 i • i i 1,5 i i • • 1 0,5 0,5 S 2 • i 1 • ! • ! • ! 0,5 • 7 3,5 1 1 452 M. G. De Castro Coppa I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 453 Segue: CAMPIONI SPECIE Neocouorbiìia orbicidaris (T1;R0uem) Ncoconorbina terqiiemi (Rzehak) Rosalina araucana D’Orbigny MZ. 101 1 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 10-1 ■ MZ. 105 '!MZ. 106 . ~l - 1 Rosalina bradyi Cushman 1 • Rosalina globularis D'Orbigny i 2 1 1 10 1 Cancris auriculus (Fichtel e Mole) i • , 0,5 1 j Cancris oblongiis (D'Orbigny) V alviilineria bradyana (Fornasini) • . 2 Discorbidae 0,5 2,5 3,5 1 6,5 1 8,5 1,5 Siphonina reticidata (Czjzek) 1 i • j Asterigerinata mamilla (Williamson) ! 7 1 4 2 1 2 I j 10 Asterigerinidae 2 0,5 j 7,5 1 PatelUna corrugata Williamson • 0,5 1 0,5 1 4,5 Ammonia beccarii (Linneo) 0,5 Rotaliidae Elphidium cf. advemim (Cushman) Elphidium crispiun (Linneo) 1 • ! • i 1 Elphidium decipiens (Costa) • 1 • Elphidium macellum (Fichtel e Moli.) Elphidium macellum aculeatum Silvestri Cribrononion incertum (Williamson) Protelphidium granosum (D'Orbigny) • 0,5 1 Elphidiidae 1,5 5,5 • Eponides frigidus Cushman 9,5 10,5 15 i 8 2 6,5 Eponides granulatus Dì Napoli Eponides umbonatus (Reuss) Eponides umbonatus stellatus Silvestri 0,5 1 0,5 1 • Eponides spp. • 1 0,5 1 Planulina ariminensis (D'Orbigny) • • • • • 1 • Hyalinea baltica (Schroeter) Cibicides floridanus (Cushman) 3,5 j 1 3,5 3 i 1 • 2 1 tabella IX MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 ' MZ. 110 MZ. llljMZ. 112 MZ. 113 co. 343 MZ. IIS'MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 1,5 7 5 1 3 i 1 i 1 • 0,5 0,5 1 1 0,5 1 1 • ! 1 0,5 2 2 3 2 1 3 2,5 ' 5 12,5 1 i 2 0,5 j 2 3 1 9 ! 1 3,5 1 2 3,5 1 6,5 ' 3 9 3,5 j 2,5 0,5 1 1,5 0,5 0,5 1,5 ! 3 • 1 • 6,5 ' 18,5 ! 30,5 0,5 1 • 0,5 0,5 j • 7,5 4 0,5 • i • • • 1 1 i 1 1,5 7,5 3,5 4,5 2 1 1 1 2,5 1 12,5 i 1,5 2,5 6 1,5 10 2,5 12,5 6,5 [ 2,5 ' 5 10,5 j 5 7 1 14 1 0,5 1,5 ! ! 0,5 1 • 1 1 1 1 1 1 ' 1 • 1,5 i 1 1 ; • ! 1 ! 0,5 ! 0,5 2 • • • • 0,5 • 7 3,5 1 1 454 M. G. De Castro Coppa Segué ' - - CAMPIONI SPECIE - - — MZ. 101 MZ. 102 MZ. 103 MZ. 104 MZ. 105 MZ. lol Cibicides lobatulus (Walker e Jacob) • • Cibicides pseudoungerianiis (Cushman) • 0,5 4,5 2,5 Cibicides ungeriamis (D'Orbigny) • Cibicides spp. 3 2,5 0,5 2,5 3 Fursenkoina complanata (Egger) 0,5 1 0,5 Coryphostoma perforatum (Dt Napoli) 0,5 Caiicasinidae • Cassidulina carinata Silvestri 11,5 12,5 11 8,5 11,5 3,5 C assiduiina crassa (D’Orbigny) 10,5 12,5 12 9 12 4 Globocassidulina oblonga (Reuss) • • • Globocassidulina subglobosa (Brady) • • i Cassidulinidae 0,5 • Nonion depressulum (Walker e Jacob) 6,5 2 0,5 4,5 7,5 Nonion spp. 0,5 5 7 2,5 5 4 Astrononion stelligerum (D’Orbigny) 5 Florilus scaphum (Fichtel e Mole) Nonionella auricola (Heron-Allen e Earland) 1,5 • 5,5 1 Nonionella turgida (Williamson) 1,5 1 Pullenia bulloides (D’Orbigny) 0,5 • • Pullenia quinqueloba Reuss 0,5 • 0,5 • ' Gyroidina lamarckiana (D’Orbigny) 0,5 1,5 Gyroidina neosoldanii Brotzen • • • • • ' Gyroidina soldanii (D'Orbigny) • • • • Gyroidina umbonata Silvestri 3,5 4 1,5 4 2 3 ; Anomalina ornata (Costa) • Hanzawaia rhodiensis (Terquem) 0,5 2 0,5 2,5 2 j Melonis barleanum (D’Orbigny) • 0,5 • 0,5 * Melonis padanum (Perconig) • • • • • Anomalinidae 0,5 0,5 Hoeglundina elegans (D'Orbigny) Robertina bradyi Cushman I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 455 •ABELLA IX lAZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. 110 MZ. Ili MZ. 112 MZ. 113 CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. 117 MZ. 118 MZ. 119 • • • 2 2,5 1,5 • 0,5 2,5 0,5 • 7 8 0,5 2,5 ! 2 0,5 1,5 3,5 i 0,5 8,5 11,5 12 9 5,5 8 4,5 3,5 4,5 3,5 1,5 4 9,5 11 12,5 14 2,5 13 11 : 30,5 4 9 1 5 4,5 1 1 5 0,5 1 • • 5 5 0,5 7 ! 1,5 1 3.5 i 1,5 2,5 4 3 ! 3 6 i 2 3 • 1 1 4 2 7,5 6 ' 5 7 4,5 0.5 20 1 f 1,5 ! 1 1 1 3 7 3 1,5 5 1 i • b.5 • 0,5 1 • 0,5 0,5 • • • 4,5 0,5 5 5 10,5 1 1 • 0.5 • 0,5 • • 0,5 5 1,5 0,5 4,5 4,5 • 9 10 3,5 9 0,5 ■^0,5 1 2,5 2.5 1 0,5 • ' 0,5 1 10,5 2,5 2,5 3 ! 1 • 0,5 i 1 1 • 1 • ! ! 2 j 1 2,5 1 ^ • 1 [ • 1 j 454 M. G. De Castro Coppa I foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. 455 Segue: CAMPIONI SPECIE Cibicides lobatiihis (Walker e Jacob) MZ. lOI i ' MZ. 102 • |mZ. 103 • |mZ. 104 ■jMZ. 105 r ■ Ìmz.ioóI " ' i Cibicides pseiidonngerianiis (Cusiiman) • 0,5 ' 4,5 2,5 Cibicides imgeriauiis (D'Orbigny) • I Cibicides spp. 3 2,5 0,5 2,5 1 3 Fiirsenkoina complanata (Egger) 1 0,5 1 0,5 i Coryphostoma perforatimi (Di Napoli) 0,5 1 Caiicasiiiidae • 1 Cassidulina carinata Silvestri 11,5 12,5 ! 8,5 11,5 ! 3,5 Cassidiilina crassa (D'Crbicny) 10,5 12,5 12 9 12 4 Globocassidiilina oblonga (Reuss) • • ' • Globocassidiilina siibglobosa (Braoy) Cassidulinidae 0,5 • • • Nonion depressiihini (Walker e Jacob) j 6,5 2 0,5 4,5 7,5 Noiiion spp. 1 0,5 5 7 2,5 5 4 Astrononion stelligeruni (D'Orbigny) Florihis scaphiim (Fichtel e Mole) j 5 Nonionella auricola (Heron-Allen e Earland) 1,5 • 5,5 1 Nonionella turgida (Williamson) 1,5 i 1 Pullenia bulloides (D'Orbigny) j 0,5 • • Pullenia quinqueloba Reuss I 0,5 • 0,5 • Gyroidina lamarckiana (D'Orbigny) 0,5 1,5 Gyroidina neosoldanii Brotzen • ' • • ! • • Gyroidina soldanii (D'Orbigny) • • i • 1 • Gyroidina umbonata Silvestri j 3,5 1 4 1,5 4 2 3 , Anomalina ornata (Costa) | 1 • ' Haiizawaia rhodiensis (Terouem) I 1 0,5 2 0,5 2,5 2 Melonis barleaiuim (D’Orbigny) • i 0,5 • i 0,5 • Melonis padamim (Perconig) • • • • i • Anomalinidae Hoeglundina elegans (D'Orbigny) Robertina bradyi Cushman | 1 1 1 0,5 0,5 tabella IX MZ. 107 MZ. 108 MZ. 109 MZ. no MZ. Ili MZ. 112 MZ. lUl CO. 343 MZ. 115 MZ. 116 MZ. ir, MZ. 118 MZ. 119 • • • 2 2,5 1,5 • 0,5 2,5 0,5 • 7 8 0,5 2,5 2 0,5 1,5 3,5 0,5 8,5 11,5 12 9 5,5 8 4,5 3,5 4,5 3,5 1,5 4 9,5 11 12,5 14 2,5 13 11 30,5 4 9 1 5 4,5 1 1 5 0,5 1 • • 5 5 0,5 7 1,5 1 3,5 1,5 2,5 4 3 3 6 2 3 • 4 2 7,5 6 5 7 4,5 0,5 I 20 1,5 3 7 3 1,5 5 • 0,5 • 0,5 • 0,5 0,5 • • • 1 4,5 0,5 5 5 10,5 1 1 ^ 1 • 0,5 • 0,5 ! • • , 0,5 5 1,5 0,5 4,5 4,5 • 9 10 3,5 9 0,5 0,5 1 2,5 2,5 0,5 • 0,5 10,5 2,5 ! 2,5 3 1 • 0,5 1 • • 2 1 2,5 1 • • 1 j TAVOLA I Il promontorio de « Il Fronte » al lato sud-est del Mar Piccolo di Taranto. Nella parte sinistra della figura sono osservabili, dal basso verso l'alto, argille di età emiliana (A), calcaraniti tirreniane (T), e marne argillose post- tirreniane (M). Tutti questi termini sono separati tra di loro da trasgressioni: una ulteriore è presente inoltre nella porzione superiore dell'affioramento ar¬ gilloso, sopra al campione MZ. 116. MZ. 101 - MZ. 118 e MZ. 119 - MZ. 130 indicano rispettivamente le verticali lungo cui sono state effettuate le campionature; t', t^ t^ indicano rispettivamente la trasgressione in seno alle argille, quella fra le argille e le calcareniti e quella tra le calcareniti e le marne; p' e p" indicano rispettivamente i due livelli di piroclastiti raccolti nelle argille (vedi Tav. HI). Nella parte destra della figura viene riportata la colonna stratigrafica della successione sù citata, con gli spessori e la posizione dei campioni. (Foto eseguita nel Settembre 1975). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / foraminiferi delle argille pleisloceinche, ecc. Tav. I TAVOLA II Contatto tra argille di Taranto e calcareniti del Tirreniano, a Strombus bu- bonius, osservabile immediatamente ad Est della porzione più sporgente del promontorio de « Il Fronte », al lato sud-orientale del Mare Piccolo di Taranto. (Fotografia eseguita nel Settembre 1975). In A'^ le argille sono prive di noduli marnosi. In AC le argille hanno uno spessore di 20-30 cm e contengono numerosi noduli irregolari di materiale mar¬ noso biancastro. In T si osserva la porzione inferiore delle calcareniti del Tir- remano. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. Tav. II TAVOLA III Porzione superiore delle argille di Taranto affioranti nella località de « Il Fronte », al lato sud-orientale del Mare Piccolo, a circa 100 m ad Ovest della campionatura. (Fotografia eseguita nel settembre 1975). a. Nel tratto mediano della figura sono presenti due livelli, p^ (1,2 cm) e p'' (0,6 cm), di piroclastiti candide, separate tra loro da circa 20 cm di argille. Fra i due livelli di piroclastiti, le argille presentano una certa tendenza al fo- gliettamento; esse diventano distintamente fogliettate, al di sopra del livello p'^ per lo spessore di circa 25 cm. a'. In a' è schematizzato quanto è figurato in a; in particolare, le pirocla¬ stiti sono indicate in nero e le argille fogliettate sono indicate con tratti pa¬ ralleli ravvicinati. Nel disegno, a lato della colonna stratigrafica è riportata, anche, la posizione esatta dei campioni raccolti e (approssimativamente) lo spessore di roccia interessato da ognuno di essi. b. In b è visibile con maggiore dettaglio il tratto compreso tra i due li¬ velli di piroclastiti. La loro posizione ed il loro spessore sono indicati, in nero, al lato destro della figura. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. Tav. Ili CM o 00 %o cn €n cn cn • • m • O o o o o o o o 4 - S2 - - OZ - “-' ■" ^ ^ -ti/' .- . . . . . ..... .. ..._ ”'■''' ^rh ; . ::. ■ -'r ^<^Lìc- ' ■ ■■ ÈiL. j^SÌBi - i'hi' ’^'', -Àj^-ìt^'- ^■ Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. Tav. XIX TAVOLA XX Fig. la-b. — Globigerinoides ruber (D'Orbigny). a: veduta del lato spirale, mo¬ strante le aperture supplementari; (circa 170 x) - b: particolare del guscio dell’ultima camera; (circa 1400 x). Fig. 2a-c. — Globigerinoides ruber (D'OrbiGìNy). a: veduta del lato ombelicale; (circa 130 x) - b: veduta del lato spirale; (circa 140 x) - c: particolare del guscio dell’ultima camera; (circa 1050 x). Fig. 3a-c. — Globigerinoides ruber (D’Orbigny). a: veduta del lato ombelicale; (circa 140 x) - b: particolare dell’apertura, mostrante aH’interno le spine pre¬ senti sulla terz’ultima camera; (circa 300 x) - c: particolare del guscio della penultima camera; (circa 1050 x). Campioni: Fig. 1: MZ. 115. Fig. 2: MZ. 116. Fig. 3: MZ. 112. Località: «Il Fronte» (tav. 202, II NO-Taranto). Età: Pleistocene inferiore (Emiliano). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / foraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. Tav. XX TAVOLA XXI Fig. la-c. — Neogloboqiiadrina diitertrei (D'Orbigny). a: veduta del lato ombeli¬ cale; (circa 200 x) - b: particolare dell’apertura, mostrante il labbro apertu- rale ; (circa 700 x) - c : particolare del guscio; (circa 1050 x) . Fig. 2a-e. — Neogloboquadrina diitertrei (D’Orbigny). a: veduta del lato ombe¬ licale; (circa 210 x) - b: veduta del lato spirale; (circa 210 x) - c: particolare della spira; (circa 500 x) - d: particolare dell'apertura, mostrante come aH’interno sia presente una sottile lamina, che forse potrebbe essere assimi¬ labile ad una rudimentale flangia aperturale; (circa 500 x) e e: particolare del guscio, dal lato spirale; (circa 1050 x). Campioni: Fig. 1: MZ. 113. Fig. 2: MZ. 112. Località: «Il Fronte» (tav, 202, II NO-Taranto). Età: Pleistocene inferiore (Emiliano). ,* ■'V..-' V#J'. ■ ;:, „ ■ ■'•••^^- ■V.S-m Boll. Soc. Natur. Napoli, 1979 De Castro Coppa M. G. - / loraminiferi delle argille pleistoceniche, ecc. Tav. XXI ^ * ' .' ^ V - ■ •1 *^AK*àM -*' Ci . J ìÌp^SìJ%% Boll. Soc. Natiir. Napoli voi. 88, 1979, pp. 499-524, fìgg. 7 , tabh. 2, tav. 1 Idrogeochimica del Vallo di Diano (Salerno) Nota dei soci Pietro Celico(*) e Damiano Stanzione (**) e di Maurizio de Gennaro (**), Maria Ferreri(**). Maria Rosaria Chiara (**) e Domenico Russo (***) (Tornata del 23 dicembre 1979) Riassunto. — Le acque del Vallo di Diano sono risultate tutte di tipo bicar- bonato-alcalino-terrose, con salinità (TDS) variabili ma sempre inferiori alle 300 ppm. Gli alti valori del rapporto rMg/rCa, i contenuti in U.T. relativamente bassi l’andamento della conduttività piuttosto costante nel tempo per le acque in destra del F. Tanagro sono da attribuirsi alle caratteristiche idrogeologiche degli acquiferi, costituiti in gran parte da rocce dolomitiche. Gli stessi parametri sono risultati generalmente diversi per le sorgenti ali¬ mentate dagli acquiferi calcarei posti in sinistra del F. Tanagro. Le differenze nei valori di 5'D ben si accordano con quelle delle altezze medie relative dei bacini di alimentazione delle singole sorgenti. Le discordanze sono generalmente imputabili a fattori locali. Abstract. — The spring waters of Vallo di Diano (Tanagro Valley, Southern Apennines) fall in thè family of bicarbonate-alkaline earth. Their total dissolved substances (TDS) even though variyng in thè single springs, are always less than 300 ppm. The spring waters on thè right of Tanagro River show high values of thè rMg/rCa ratio, rather low Tritium contents and Constant conductivity trends during thè year, all due to thè prevailingly dolomi- tic acquifers. 5'®0 values are variable, not only according to thè different mean elevations of thè acquifers, but also because of thè influence of some locai factors. 1. Premessa Recenti studi idrogeologici eseguiti sui massicci carbonatici che bordano il Vallo di Diano (Nicotera e de Reso, 1969; Celico, 1978; 1979) (*) Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Università di Napoli; Cassa per il Mezzogiorno (Rip. Progetti Speciali - Div. IV). (**) Istituto di Mineralogia - Facoltà di Scienze - Università di Napoli. (***) Cassa per il Mezzogiorno (Rip. Progetti Speciali - Div. IV). 500 P. Celtco e coll. hanno condotto, tra l'altro, alla formulazione di ipotesi sulle modalità di circolazione idrica sotterranea e sui limiti delle aree di alimenta¬ zione delle principali sorgenti e/o gruppi sorgivi. Il presente lavoro rappresenta la naturale prosecuzione degli studi suddetti in quanto è finalizzato alla verifica, attraverso lo studio geochi¬ mico e isotopico delle acque sorgive, di ipotesi formulate soprattutto sulla base di evidenze lito-stratigrafiche e strutturali. Al fine di inqua¬ drare la problematica del Vallo di Diano in un contesto necessaria¬ mente più ampio, le ricerche sono state estese a sorgenti che, pur non emergendo nel Vallo stesso, traggono alimentazione dai massicci che si affacciano su di esso. Lo studio è stato svolto neH’ambito delle ricerche condotte in colla¬ borazione tra gli Istituti di Mineralogia e di Geologia Applicata deH'Uni- versità di Napoli e la Divisione IV (Rip. Progetti Speciali) della Cassa per il Mezzogiorno. 2. La circolazione idrica sotterranea I massicci carsici dell’area studiata (Tav. I) sono costituiti essen¬ zialmente da calcari mesozoici ad altissimo grado di carsificazione cui corrisponde un alto coefficiente di infiltrazione e tempi di risposta del¬ l'acquifero generalmente brevi. Soltanto nei Monti della Maddalena esi¬ stono ampi affioramenti dolomitici relativamente meno permeabili. Detti massicci sono tutti limitati da importantissime direttrici tettoniche le cui caratteristiche idrogeologiche sono tali da condizionare la circo¬ lazione idrica sotterranea tamponandola in modo più o meno efficace. Si possono pertanto distinguere più unità idrogeologiche, praticamente autonome, all'interno delle quali l'idrodinamica sotterranea risulta an¬ cora condizionata dalla struttura, oltre che dalle caratteristiche dei sin¬ goli complessi idrogeologici e dai loro reciproci rapporti geometrici. Nel corso del presente capitolo verranno descritte, per ogni unità, le principali modalità di circolazione idrica sotterranea con particolare riferimento a quegli aspetti che semibrano condizionare, in modo più o meno marcato, il chimismo delle acque. 2.1. / Monti Alburni I Monti Alburni sono stati già oggetto di studi precedenti attra¬ verso i quali sono stati individuati i limiti dell’unità idrogeologica (Bran- Idro geochimica del Vallo di Diano (Salerno) 501 CACCIO et alii, 1973) e, nelle sue linee generali, lo schema di circolazione idrica sotterranea (Celico, 1978); sono stati inoltre individuati i principali punti di recapito delle acque (Celico, 1978). Il massiccio degli Alburni è caratterizzato dalla presenza di una carsificazione molto sviluppata e di una scarsa copertura vegetale che svolgono un ruolo importante sulla circolazione idrica sotterranea. Infatti risultano minime le perdite per ruscellamento ed evapotraspirazione e, conseguentemente, sono molto alte le aliquote d'acqua d’infiltrazione ef¬ ficace. Queste ultime, però, non sembrano giungere tutte alla falda di base in quanto vengono parzialmente restituite aH’esterno attraverso per¬ corsi molto veloci legati all’altissimo grado di carsificazione della roccia. Tutto ciò condiziona il regime delle sorgenti ed in particolare di quelle che non sembrano essere legate al trabocco della falda in rete (per es. la sorgente Fasanella). Per quanto riguarda la falda di base, essa dovrebbe defluire prefe¬ renzialmente da Sud-Est verso Nord-Ovest, secondo un percorso « a ca¬ scata » lungo il quale l’ostacolo maggiore dovrebbe essere rappresentato dalla zona compresa tra Pertosa e S. Rufo, dove sono visibili evidenti motivi di compressione (Tav. I). Infatti, ad Est della suddetta zona, la falda mantiene una quota piezometrica pari a circa 400 m s.l.m. (Celico, 1979) e alimenta preferenzialmente le sorgenti di Pertosa il cui punto di sfioro è posto a circa 320 m s.l.m. Una certa aliquota d’acqua dovrebbe continuare a defluire verso Nord-Ovest attraverso detta zona di disturbo tettonico dove dovrebbero verificarsi delle perdite di carico concentrate. A tal proposito basti osservare che la sorgente Fasanella (n 17, ubicata ad Ovest del suddetto « spartiacque »), pur trovandosi ad una quota (~ 310 m s.l.m.) molto prossima a quella della falda di base che ali¬ menta le sorgenti di Pertosa, ha un regime ad altissimo indice di varia¬ bilità, tipico delle sorgenti alimentate dai grossi canali carsici Ciò po¬ trebbe significare che la falda di base del massiccio, all’altezza di S. An¬ gelo a Fasanella, si è già portata più in basso rispetto alla quota della sorgente omonima. I punti di recapito principali della falda in rete degli Alburni sono rappresentati dalle sorgenti di Castelcivita (n. 15 e 16) e del Basso Ta- nagro, ubicate rispettivamente alle estreme punte sud-occidentale e nord- occidentale del massiccio. Le prime, nonostante si trovino a quota leg- ^ La portata della sorgente Fasanella varia dal centinaio di l/s in periodo di magra alla decina di mc/s in piena. 33 il i hJ w w M OT Cfl « o g o I ^ O .rt OT b « ft.S M ’B ^ 8 M o 0) M .4< « 4-> W u • rt 2 ’m w g ^ h « ^ > S ® .a M o ro aj +-• M 0) Il 'O -M a o g « ft b cfl (D a OT w & li d ^ O oca s ^ ^ >3 o O o ^ w o a m s o a «'§ b3 3 4) C O O P « « N i-H N O . ro 0 H Q, ro .ph .rt -1-* O « tì •S 3 5-< 3 ?-( ago g OT 'C tì OJ bJ) u u O PPH c/3 -a o "G « 3 .y--^ S c« -g c^ wi g O C^ ^ OT figo P "b «5 g ’O bi) P o ^ P fi 5 fe.2 g c § *= Èfi fi “ S'B .5 Cd 3 ^ “3 E ^ .fi ''fi o o .fi ^ w fi o a p o Cd tfi .a o a .3 .§ frt O •.— I I O p p B ^ QJ g s 'fi fi j -a 3 8 O 4) yip •fi a fi fi Cd Cd o -fi O .fi 3 g s 8 'fii-S.S 3 fi W o 2 « 2 4) .W ^ a « 3 fi fi « fi gj 43 .fm B^2 o ■fi ,3 Cd ^ ì-J ^ q-i +J Cd Cd P ^ m d fi , ^ fi S m fi 4) a O m °C O o2 o Cd 43 «+=1 cfl ■fi O o fi Cd P ( © r ► o o ► o w o f I I l \ fi ^ O S Cd fi fi n ^ 3 fi a fi p fi? fi o fi Cd > 2„ ag P g 8 ^ pO fi Cd fi ■fi § . P fi ■? 'n a-rt ed Cd fi fi g fi 3 o ^fO ... _ _ cfl O ^ .a ^ 3 'P 2 ^ fi fi ^ - g ^ di iaS §■=.2 O 8 3 pfi Fcd O O 4-J • "fi 3 E o Cd u, fi Cd .3 3 fi o fi 'cfl fi 13 4J "o S ^-1 fi ó 3 -p fi Cd fi 3 > 2 y~i •F-l a fi Cd fi o fi a fi 3 $_i fi a ’n 3 S fi fi o fi g fi fi fi o j_i fi °N ? fi 3 fi ..fi Cd 3 fi ?_, FCd •S .fi fi 3 Cd fi Jfi fi . Alluvioni antiche e recenti, depositi fluvio- lacustri, sabbie di spiaggia, detriti di falda, depositi morenici, terre rosse, (a) : permea¬ bilità per porosità variabile, da bassa a me¬ dia, in relazione alla granulometria dei de- Travertini (t): permeabilità alta, per poro¬ sità e fratturazione. Limiti tra complessi idrogeologici. Faglie dirette di particolare interesse idro- y geologico (tratteggiate se probabili o sepolte). Complesso arenaceo-marnoso-argilloso Terreni in facies di flysch e di molassa (f): permeabilità scarsa, prevalentemente per po¬ rosità. Sovrascorrimenti e faglie inverse di parti- ^ colare interesse idrogeologico (tratteggiati se probabili o sepolti). V Inghiottitoi importanti. Sorgenti principali e pozzi e loro numero di riferimento alla Tab. li (le frecce indi¬ cano le sorgenti sottomarine). Complesso c.alcareo-silico-marnoso Alternanza di calcari, calcari marnosi, cal¬ cari siliciferi, diaspri, marne (sm) : permea¬ bilità per porosità e fratturazione, variabile da bassa a media, legata ad una generale prevalenza di termini impermeabili. Complesso cardonatico Rocce carbonatiche (calcari prevalenti con intercalazioni dolomitiche e calcareo-dolomi- tiche) (c): permeabilità altissima per frat¬ turazione e carsismo. Rocce carbonatiche (dolomie prevalenti con intercalazioni cal¬ caree e calcareo-dolomitiche) (d): permeabi¬ lità alta per fratturazione e porosità. Limiti probabili, aH’interno dei massicci, delle aree di alimentazione di sorgenti e falde (sono limitati o nulli gli interscambi con i bacini limitrofi). o Limiti probabili, aU'interno dei massicci, delle aree di alimentazione di sorgenti e falde (esistono interscambi tra bacini limi¬ trofi nel verso indicato dalle frecce). Direzioni principali di flusso della falda di base. 504 P, Celico e coll. germente inferiore (~ 80 m s.l.m.) rispetto a quella di sfioro delle sorgenti del Basso Tanagro (~ 100 m s.l.m.), hanno una portata di gran lunga inferiore. Tale fenomeno, poiché non sembra giustificato da alcun anda¬ mento preferenziale della fratturazione verso Testrema punta nord-occi¬ dentale del massiccio, potrebbe essere legato all'effetto tamponante della faglia bordiera che da Ottati, prosegue airinterno del massiccio fino a Controne. Probabilmente le acque, nell’attraversare detta zona di di¬ sturbo tettonico, sono costrette ad approfondire il proprio circuito. 2.2. Il Monte Motola La struttura di M. Motola è costituita, in affioramento, da terreni prevalentemente calcarei. In essa non sembra esistano grossi problemi strutturali e idrogeologici perché la falda di base, il cui verso di deflusso preferenziale è orientato da Est verso Ovest, ha il suo recapito princi¬ pale in un’unica grossa sorgente (Sammaro). Esiste, però, anche un verso di deflusso secondario orientato verso il Vallo di Diano (Celico, 1978) (Tav. I), così come dimostra la quota piezometrica molto alta (~ 450 m s.l.m.) riscontrata in alcuni pozzi (n. 14) che, nei periodi di piena, di¬ ventano spesso artesiani. 2.3. Il Monte Cervati Nella struttura del Monte Cervati s.l. sembra ripetersi, forse in forma più accentuata, il tipo di circolazione idrica evidenziato nei Monti Al¬ burni. È infatti presente un fenomeno carsico molto evoluto e la falda di base sembra defluire « a cascata », secondo un percorso preferenziale orientato da Sud-Est verso Nord-Ovest (Tav. I). Il punto ultimo di recapito delle acque è rappresentato dalle sorgenti di Capaccio-Paestum (Celico, 1978; Celico et ahi, 1979) ubicate a quota 30 s.l.m., nella Piana del Seie. Tra le sorgenti più alte (~ 460-470 m s.l.m.) certamente attri¬ buibili alla falda di base vi sono quelle del Vallo di Diano (n. 7, 8, 9), del bacino del Bussento (n. 11) e del bacino del Mingardo (n. 12). 2.4. I Monti della Maddalena La circolazione idrica sotterranea nei Monti della Maddalena si dif¬ ferenzia da quella osservata nei massicci carbonatici posti in sinistra del Fiume Tanagro perché giocano un ruolo idrogeologico importante altri I Ciro geochimica del Vallo di Diano (Salerno) 505 fattori condizionanti quali gli ampi affioramenti di dolomie farinose, Fandamento plano-altimetrico delFimpermeabile di fondo (che crea dei veri e propri spartiacque sotterranei) e l'ubicazione delle sorgenti basali in relazione alla forma allungata della struttura (che rende i percorsi delle acque relativamente brevi). Nella parte settentrionale della stessa struttura, fino all'altezza di Sala Consilina, le principali sorgenti si rin¬ vengono solo nel Vallo di Diano perché la cintura impermeabile che cinge il massiccio presenta la sua quota più elevata nella retrostante Valle del Melandro. In tale area si può distinguere, a Nord, una zona a prevalente componente calcareo-dolomitica le cui scarse interconnessioni idrogeologiche col resto del massiccio sembrano provate attraverso son¬ daggi meccanici (Celico, 1979); il punto preferenziale di recapito della relativa falda si trova al di fuori del Vallo, nelle alluvioni terrazzate del Tanagro. Segue poi una zona prevalentemente calcarea che rappresenta gran parte del bacino di alimentazione della sorgente S. Antuono ed in¬ fine una in cui affiorano quasi esclusivamente dolomie triassiche. In quest’ultima zona, soprattutto a causa della minore permeabilità dei li¬ totipi affioranti, la piezometrica si mantiene a quota più alta rispetto alle aree adiacenti. Ne deriva che le acque del suddetto nucleo dolomi¬ tico, oltre ad alimentare le sorgenti di Sala Consilina (n. 2), dovrebbero essere in parte drenate dalla sorgente S. Giovanni in Fonte (n. 3), che altrimenti non avrebbe un bacino sufficiente a giustificare la propria potenzialità, ed in modo più limitato dalla sorgente S. Antuono (n. 1). A Sud di Sala Consilina l'assetto strutturale e idrogeologico dei Monti della Maddalena si complica perché affiorano in finestra tettonica le Unità Lagonegresi (Scandone, 1967; Scandone e Bonardi, 1968; Boni et ahi, 1974). Queste, infatti, fungono da spartiacque sotterraneo (Nicotera e de Riso, 1969) consentendo alle acque di defluire sia verso il Vallo di Diano sia verso la Valle dell'Agri. Tra le sorgenti di quest’ultima area ricor¬ diamo quelle di Montesano sulla Marcellana (n. 4, 5) alla eui alimenta¬ zione dovrebbe contribuire la conca endoreica di Spigno e, in parte, quella di Magorno (Celico, 1978). Come per le sorgenti S. Antuono e S. Giovanni in Fonte, anche in questo caso è possibile l’interconnessione idrogeologica con le adiacenti dolomie, oltre che con quelle sottostanti (Tav. I). 25. Monte Forcella- Monte Salice -Monte Coccovello L’unità idrogeologica di M. Forcella - M. Salice - M. Coccovello è stata interessata solo marginalmente da questo studio. Infatti i prelievi ese- 506 P. Celico e coll. TABELLÌ Analisi chimiche (*) delle acque (preliei N. T.ar (“C) T.acq «) pH CE rs TDS O2 CO3 H^S SÌO2 Na+ 7 K+ ■;! 1 14.0 12.0 7.30 409 245 0.08 7.6 0.21 8.26 5.00 i 1.5c!' L 2 16.0 11.0 7.30 443 250 0.09 6.1 0.22 6.42 5.79 3.261 3 15.0 13.0 7.20 406 239 0.32 6.1 0.22 4.41 4.85 1.1(| 4 10.0 10.8 7.30 357 190 0.37 5.6 0.17 4.19 3.15 1.36 5 11.0 11.0 7.40 295 188 0.12 31.8 0.20 4.32 3.19 0.811 6 16.5 12.0 7.20 369 205 0.48 4.6 0.22 6.72 5.11 i.sci 7 14.5 12.5 7.40 357 179 0.16 6.7 0.20 6.05 3.45 1.0L 8 15.0 12.0 7.30 357 197 0.16 5.1 0.22 5.63 3.38 l.K 9 10.5 12.6 7.30 300 185 0.18 9.2 0.22 2.88 3.25 0.8: j 10 13.7 11.0 6.80 315 188 0.79 9.2 0.24 4.15 3.33 0.8(1 11 14.0 9.2 7.15 265 158 0.55 3.1 0.21 3.55 2.55 0.6^ f 12 11.0 11.0 7.20 315 180 0.41 3.6 0.09 3.28 3.25 0.51Ì 13 9.0 12.6 6.90 400 211 0.04 10.2 0.24 5.62 4.03 1.2(1 14 15.0 14.0 7.40 418 280 0.17 7.0 0.05 4.43 4.67 1.6(i' 15 9.0 14.0 7.60 525 279 0.90 17.0 0.08 7.38 7.42 1.471 16 9.0 14.0 7.60 483 270 0.20 10.0 0.06 11.40 10.10 4.3(;' 17 9.0 10.8 7.80 332 168 0.48 44.8 tr. 3.23 5.46 0 (*) Na, K, Sr, Li, Fe, Mn, sono stati determinati in spettrofotometria di assorbimentifi (Orion mod. 901); Mg, Ca, Cl, HCO3, CO2, H2S, mediante volumetria; SÌO2 in colorimetria'! guiti alle sorgenti di Morigerati (n. 13) sono stati finalizzati soprattutto alla verifica delLinfluenza delFinghiottitoio di Caselle in Pittari sulle emergenze che non sembravano direttamente collegate con i grossi con¬ dotti carsici che trovano recapito in quella zona. Di questa unità si può comunque dire che, in accordo con Fandamento delle principali diret¬ trici tettoniche (Tav. I), essa ha tre punti di recapito preferenziale ubi¬ cati nelle zone in cui le cinture impermeabili delle singole sub-strutture sono più depresse. Di particolare interesse è la sorgente sottomarina di Scoglio Scialandro (a Sud di Sapri) la cui ubicazione ed entità sono Idro geochimica del Vallo di Diano (Salerno) 507 /A elativi ai mese di febbraio 1978) Da+ + Mg+ + Sr+ + Mn+ + Fe+ + Cl- F- Br- *- SO4— HCO3- ■6220 18.30 0.13 tr. 0.15 18.20 0.15 0.14 0.04 2.00 269.5 50.20 30.50 0.18 0.08 tr. 16.10 0.15 0.17 0.01 2,00 302.8 62.20 15.10 0.12 tr. tr. 16.60 0.19 0.17 tr 2.60 254.9 54.20 15.80 0.10 tr. tr. 15.00 0.12 0.15 0.02 2.20 234.1 : 40.10 14.60 0.07 tr. 0.01 11.90 0.10 0.10 0.01 2.00 189.6 56.20 13.40 0.15 0.07 0.04 20.60 0.20 0.15 tr. 2.40 225.0 66.20 7.30 0.10 tr. tr. 13.50 0.13 0.12 0.02 2.00 219.5 : 64.20 7.30 0.10 0.01 tr. 14.20 0.13 0.14 tr. 4.10 219.5 56.00 8.25 0.07 tr. 0.03 11.60 0.13 0.13 0.02 2.90 201.2 60.40 8.30 0.08 tr. 0.03 11.50 0.12 0.17 0.01 3.45 208.1 54.60 3.80 0.04 tr. 0.04 10.60 0.30 0.16 tr. 2.40 168.7 60.10 5.95 0.08 tr. tr. 11.90 0.11 0.13 tr. 2.60 196.8 '63.60 12.00 0.17 tr. 0.01 13.00 0.18 0.20 tr. 3.00 231.7 66.20 14.60 ass ass ass 15.00 0.14 0.15 ass 9.00 245.7 90.30 10.96 0.19 0.09 tr. 21.40 0.23 0.16 ass 6.10 311.2 ^ 76.30 9.70 0.18 ass ass 24.50 0.17 0.25 ass 8.20 258.1 1.62.20 i 3.70 0.11 0.01 0.01 13.50 0.06 0.12 ass 6.10 195.7 Itomico (Perkin Elmer mod. 370); I, Br, F, mediante potenzimetria con elettrodo specifico ÌÌO4 con metodo turbidimetrico. Valori espressi in ppm. I state recentemente verificate attraverso il rilievo aereo alFinfrarosso I termico (Celico, 1979). I ; 3. Presentazione e discussione dei dati i Sono state poste sotto osservazione, dal novembre 1977 al novembre j 1978, 17 punti d'acqua la cui localizzazione è riportata in Tav. 1. In ! Tab. I/A, I/B e Tab. II sono riportati i valori dei costituenti principali 506 P. Celico e coll Idrogeochimica del Vallo di Diano (Salerno) 507 TABELLA Analisi chimiche (*) delle acque (prelievi | I/A relativi al di febbraio 1978) 1 14.0 12.0 2 16.0 11.0 3 15.0 13.0 4 10.0 10.8 5 11.0 11.0 6 16.5 12.0 7 14,5 12.5 8 15.0 12.0 9 10.5 12.6 10 13.7 11.0 11 14.0 9.2 12 11.0 11.0 13 9.0 12.6 14 15.0 14.0 15 9.0 14.0 16 9.0 14.0 17 9.0 10.8 7.30 409 245 7.30 443 250 7.20 406 239 7.30 357 190 7.40 295 188 7.20 369 205 7.40 357 179 7.30 357 197 7.30 300 185 7.15 265 158 7.20 315 180 6.90 400 211 7.40 418 280 7.60 525 279 7.60 483 270 7.80 332 168 0.08 7.6 0.21 0.09 6.1 0.22 0.32 6.1 0.22 0.37 5.6 0.17 0.12 31.8 0.20 0.48 4.6 0.22 0,16 6.7 0.20 0.16 5.1 0.22 0.18 9.2 0.22 0.79 9.2 0.24 0.55 3.1 0.21 0.41 3.6 0.09 0.04 10.2 0.24 0.17 7.0 0.05 0,90 17.0 0.08 0.20 10.0 0.06 0.48 44.8 tr. 8.26 5.00 1.50 6.42 5.79 3.26 4.41 4.85 1.10 4.19 3.15 1.36 4.32 3.19 0.80 6.72 5.11 1.80 6.05 3.45 1.03 5.63 3.38 1.10 2.88 3.25 0.87 4.15 3.33 0.86 3.55 2.55 0.64 3.28 3.25 0.59 5.62 4.03 1.20 4.43 4.67 1.68 7.38 7.42 1.47 11.40 10.10 4.30 3,23 5.46 0.98 62.20 18.30 0.13 50.20 30.50 0.18 62.20 15.10 0.12 54.20 15.80 0.10 40.10 14.60 0.07 56.20 13.40 0.15 66.20 7.30 0.10 64.20 7.30 0.10 56.00 8.25 0.07 60.40 8.30 0.08 54.60 3.80 0.04 60.10 5.95 0.08 63.60 12.00 0.17 66.20 14.60 ass 90.30 10.96 0.19 76.30 9.70 0.18 62.20 3.70 0.11 tr. 0.15 18.20 0.08 tr. 16.10 tr. tr. 16.60 tr. tr, 15.00 tr. 0.01 11.90 0.07 0,04 20.60 tr. tr. 13.50 0.01 tr. 14.20 tr. 0.03 11.60 tr. 0.03 11.50 tr. 0.04 10.60 tr. tr. 11.90 tr. 0.01 13.00 ass ass 15.00 0.09 tr. 21.40 ass ass 24.50 0.01 0.01 13.50 0.15 0.14 0.04 0.15 0.17 0.01 0.19 0.17 Ir 0.12 0.15 0.02 0.10 0.10 0.01 0.20 0.15 tr. 0.13 0.12 0.02 0.13 0.14 tr. 0.13 0.13 0.02 0.12 0.17 0.01 0.30 0.16 tr. 0.11 0.13 tr. 0.18 0.20 tr. 0.14 0.15 ass 0.23 0.16 ass 0.17 0.25 ass 0.06 0.12 ass 2.00 269.5 2.00 302.8 2.60 254.9 2.20 234.1 2.00 189.6 2.40 225.0 2.00 219.5 4.10 219.5 2.90 201.2 3.45 208.1 2.40 168.7 2.60 196.8 3.00 231.7 9.00 245.7 6.10 311.2 8.20 258.1 6.10 195.7 (*) Na, K, Sr, Li, Fe, Mn, sono stati determinati in spettrofotometria di assorbimento (Orion mod. 901); Mg, Ca, Cl, HCOj, CO;, HjS, mediante volumetria: SiO, in colorimetria; atomico (Perkin Elmer mod. 370); I, Br, F, mediante potenzimetria con elettrodo specifico SO, con metodo turbidimetrico. Valori espressi in ppm. guiti alle sorgenti di Morigerati (n. 13) sono stati finalizzati soprattutto alla verifica dell’influenza dell'inghiottitoio di Caselle in Pittaci sulle emergenze che non sembravano direttamente collegate con i grossi con¬ dotti carsici che trovano recapito in quella zona. Di questa unità si può comunque dire che, in accordo con l'andamento delle principali diret¬ trici tettoniche (Tav. I), essa ha tre punti di recapito preferenziale ubi¬ cati nelle zone in cui le cinture impermeabili delle singole sub-strutture sono più depresse. Di particolare interesse è la sorgente sottomarina di Scoglio Scialandro (a Sud di Sapri) la cui ubicazione ed entità sono state recentemente verificate attraverso il rilievo aereo all’infrarosso termico (Celico, 1979). 3. Presentazione e discussione dei dati Sono state poste sotto osservazione, dal novembre 1977 al novembre 1978, 17 punti d’acqua la cui localizzazione è riportata in Tav. I. In Tab. I/A, I/B e Tab. II sono riportati i valori dei costituenti principali 508 P. Celico e coll. tabellI Analisi chimiche delle acque (preliev N. T.ar (°C) T.acq (°C) pH CE P-S TDS 0, CO, H,S SiO, Na+ K+ ì 1 18.0 12.2 7.00 440 253 tr. 7.50 0.21 8.30 5.90 1.80 1 2 17.5 12.5 7.00 465 253 0.80 6.15 0.22 7.10 6.03 3.80 ^ 3 18.0 11.0 7.00 385 231 0.04 6.08 0.22 6.45 5.19 1.20! 4 16.5 11.0 7.20 380 206 0.04 5.60 0.16 5.10 3.30 1.30 1 5 16.5 11.5 7.40 270 165 0.06 5.10 0.19 4.80 3.35 0.90 J! 6 18.0 13.0 7.20 375 190 0.06 4.50 0.21 5.70 4.74 1.80 : 7 17.0 12.5 7.10 365 233 0.23 6.40 0.20 8.80 3.30 1.20 1 8 17.0 12.0 7.20 360 228 0.19 5.00 0.21 7.09 3.30 0.90 1 9 17.0 15.0 7.40 330 211 0.20 9.20 0.21 6.40 3.40 i.iol 10 17.0 12.2 7.30 345 194 0.08 9.10 0.21 4.26 3.45 1.10 11 16.0 9.0 7.50 285 170 0.59 3.20 0.21 3.85 2.77 0.80^ 12 16.0 11.0 7.30 345 185 0.41 3.60 0.13 4.15 3.95 0.90 1 13 16.0 12.9 7.30 383 246 tr. 10.10 0.24 5.25 4.10 0.90 i È 14 17.0 16.0 7.50 325 184 tr. 1.70 0.23 4.54 5.00 1 2.30 ; f e di alcuni elementi in traccia dei prelievi del mese di febbraio e set- ! tembre, i dati isotopici del Tritio e quelli del 5‘®0, nonché alcuni rap¬ porti caratteristici, la quota e la portata. Le metodologie usate sono quelle concordate con il gruppo di lavoro di geochimica afferente al progetto finalizzato Energetica sottoprogetto Energia Geotermica. L’accuratezza delle analisi è stata controllata mediante standard interlaboratori. Tutte le acque analizzate sono classificabili come bicarbonato-alca- lino-terrose (Fig. 1) e il loro contenuto salino non supera mai le 300 ppm. In Fig. 2 viene riportato il diagramma di Schoeller in cui si evidenzia la facies caratteristica bicarbonato calcica (n. 17) e calcico magnesiaca (n. 2). I dati analitici ottenuti per le singole sorgenti hanno evidenziato, per la gran parte degli elementi (se si escludono Mg, Ca ed HCO3), bassi contenuti e piccole variazioni durante l’anno. Per Mg, Ca ed HCO3 spesso le variazioni sono concordanti con quelle della conduttività. In base a tali osservazioni si è preferito riportare l’andamento periodico del chi- Idra geochimica del Vallo di Diano (Salerno) 509 ':B dativi ai mese di settembre 1978) ì Ca+ + Mg+ + Sr+ + Mn+ + Fe+ + CI- F- Br- I- SO,— HCO3- 65.90 16.20 ass tr. ass 24.50 0.18 0.14 0.03 2.00 257.9 49.40 30.00 ass 0.05 tr. 25.30 0.17 0.13 0.02 2.60 272.6 62.10 13.10 0.10 tr. tr. 18.50 0.19 0.13 tr. 3.10 239.0 155.30 14.80 tr. tr. 0.01 16.90 0.13 0.14 0.02 3.70 219.5 40.10 16.10 tr. tr. tr. 14.80 0.10 0.10 tr. 2.40 185.1 1 55.60 11.20 ass 0.03 0.04 27.40 0.23 0.13 0.06 4.30 195.1 65.90 6.30 ass tr. tr. 17.40 0.16 0.13 0.01 2.20 215.5 62.80 8.90 ass 0.01 tr. 17.00 0.17 0.09 tr. 4.50 219.5 57.70 7.50 ass tr. 0.04 16.60 0.14 0.15 0.01 2.60 196.1 :60.10 6.80 0.09 tr. 0.02 15.50 0.21 0.14 0.01 3.50 201.6 53.00 3.60 tr. tr. 0.03 14.00 0.21 0.14 tr. 3.00 163.6 59.80 6.90 ass tr. 0.01 16.70 0.10 0.17 tr. 3.10 199.2 42.00 11.90 0.10 tr. 0.02 16.50 0.20 0.17 0.01 3.10 232.9 : 53.20 9.00 0.08 ass tr. 18.00 0.29 0.16 tr. 7.80 179.1 mismo di tutte le sorgenti scegliendo il parametro meglio rappresenta¬ tivo: la conduttività. Tali curve sono direttamente messe a confronto con le variazioni periodiche della portata, almeno per le sorgenti di cui si sono potute effettuare queste ultime misure (Fig, 3). È da sottolineare che le variazioni della conduttività nel tempo non sempre sono coinci¬ denti con quelle della portata, in quanto giocano fattori quali la presenza di acque a circuito breve, la mobilizzazione di acque di fondo per Tau- mento della pressione idrostatica e i fenomeni di omogeneizzazione, nonché la dissoluzione dei carbonati, i cui tempi di reazione sono piccoli se comparati con il tempo di residenza delle acque nelFacquifero (Bor- TOLAMi et alii, 1979). Alcuni parametri utili per la caratterizz.azioiie degli acquiferi sono risultati piuttosto omogenei per tutte le acque (Tab. II). Il rapporto Sr/Ca non supera mai i valori massimi (0.005) previsti da Schoeller (1975) per acque circolanti in acquiferi carbonatici. I valori dei rapporti Br/Cl 508 P. Celico e coll. I drogeochimica del Vallo di Diano (Salerno) 509 T.ar T.acq CO (“O TABELLA Analisi chimiche delle acque (prelievi di settembre 1978) H,S SiO; Na+ SO,-- HCOj- 1 18.0 2 17.5 3 18.0 4 16.5 5 16.5 6 18.0 7 17.0 8 17.0 9 17.0 10 17.0 11 16.0 12 16.0 13 16.0 14 17.0 12.2 7.00 440 12.5 7.00 465 11.0 7.00 385 11.0 7.20 380 11.5 7.40 270 13.0 7.20 375 12.5 7.10 365 12.0 7.20 360 15.0 7.40 330 12.2 7.30 345 9.0 7.50 285 11.0 7.30 345 12.9 7.30 383 16.0 7.50 325 253 tr. 7.50 253 0.80 6.15 231 0.04 6.08 206 0.04 5.60 165 0.06 5.10 190 0.06 4.50 233 0.23 6.40 228 0.19 5.00 211 0.20 9.20 194 0.08 9.10 170 0.59 3.20 185 0.41 3.60 246 tr. 10.10 184 tr. 1.70 0.21 8.30 5.90 0.22 7.10 6.03 0.22 6.45 5.19 0.16 5.10 3.30 0.19 4.80 3.35 0.21 5.70 4.74 0.20 8.80 3.30 0.21 7.09 3.30 0.21 6.40 3.40 0.21 4.26 3.45 0.21 3.85 2.77 0.13 4.15 3.95 0.24 5.25 4.10 0.23 4.54 5.00 3.80 1.20 1.30 0.90 1.10 1.10 0.80 0.90 0.90 2.30 65.90 49.40 62.10 55.30 40.10 55.60 65.90 62.80 57.70 60.10 53.00 59.80 62.00 53.20 e di alcuni elementi in traccia dei prelievi del mese di febbraio e set¬ tembre, i dati isotopici del Tritio e quelli del 5'‘0, nonché alcuni rap¬ porti caratteristici, la quota e la portata. Le metodologie usate sono quelle concordate con il gruppo di lavoro di geochimica afferente al progetto finalizzato Energetica sottoprogetto Energia Geotermica. L'accuratezza delle analisi è stata controllata mediante standard interlaboratori. Tutte le acque analizzate sono classificabili come bicarbonato-alca- lino-terrose (Fig. 1 ) e il loro contenuto salino non supera mai le 300 ppm. In Fig. 2 viene riportato il diagramma di Schoeller in cui si evidenzia la facies caratteristica bicarbonato calcica (n. 17) e calcico magnesiaca (n. 2). I dati analitici ottenuti per le singole sorgenti hanno evidenziato, per la gran parte degli elementi (se si escludono Mg, Ca ed HCO,), bassi contenuti e piccole variazioni durante l'anno. Per Mg, Ca ed HCOi spesso le variazioni sono concordanti con quelle della conduttività. In base a tali osservazioni si è preferito riportare l'andamento periodico del chi¬ 16.20 30.00 13.10 14.80 16.10 11.20 6.30 8.90 7.50 ass 0.10 tr. ass ass ass tr. ass 0.05 tr. tr. tr. tr. 0.01 tr. tr. 0.03 0.04 0.01 tr. tr. 0.04 tr, 0,02 tr. 0.03 tr, 0.01 tr. 0.02 ass tr. 24.50 0.18 25.30 0.17 18.50 0,19 16.90 0.13 14.80 0.10 27.40 0.23 17.40 0.16 17.00 0.17 16.60 0.14 15.50 0.21 14.00 0.21 16.70 0.10 16.50 0.20 18.00 0.29 0.14 0.03 0.13 0.02 0.13 tr. 0.14 0.02 0.10 tr. 0.13 0.06 0.13 0.01 0.09 tr. 0.15 0.01 0.14 0.01 0.14 tr. 0.17 tr. 0.17 0.01 0.16 tr. 2.00 257.9 2.60 272.6 3.10 239.0 3.70 219.5 2.40 185.1 4.30 195.1 2.20 215.5 4.50 219.5 2.60 196.1 3.50 201.6 3.00 163.6 3.10 199.2 3.10 232.9 7.80 179.1 mismo di tutte le sorgenti scegliendo il parametro meglio rappresenta¬ tivo: la conduttività. Tali curve sono direttamente messe a confronto con le variazioni periodiche della portata, almeno per le sorgenti di cui si sono potute effettuare queste ultime misure (Fig. 3). È da sottolineare che le variazioni della conduttività nel tempo non sempre sono coinci¬ denti con quelle della portata, in quanto giocano fattori quali la presenza di acque a circuito breve, la mobilizzazione di acque di fondo per l'au¬ mento della pressione idrostatica e i fenomeni di omogeneizzazione, nonché la dissoluzione dei carbonati, i cui tempi di reazione sono piccoli se comparati con il tempo di residenza delle acque nell'acquifero (Bor- TOLAMI et ahi, 1979). Alcuni parametri utili per la caratterizzazione degli acquiferi sono risultati piuttosto omogenei per tutte le acque (Tab. 11). Il rapporto Sr/Ca non supera mai i valori massimi (0.005) previsti da Schoeller (1975) per acque circolanti in acquiferi carbonatici. I valori dei rapporti Br/CI Dati caratteristici delle sorgenti. 510 P. Calicò e coll. o c h O ^ Z T3 -r ooooooooooooooooo ooooooooooooooooo oOOni— |«N— I oooooooo'ooooooo o oo o ro o co IO IO -o io o r^i fd oi '“i fd fN fd rvi (N oi +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 p oq o oq O O Cd C/ì 'o fi 'o fi P P pc-i p 2 fi < u O O CJ g N O u Cd fi Cd fi t*H o 2 2 Cd p O X) rv| (U CCS D. E OJ - s PO fN rsj PO lO^ ’-l t-'' o' sq_ oq_ po' fN rs PO*' so" X X X X sq^ fN CO ^ OsOsO'^o^fN oo '"l ^ °9, sO oo o" po' fN fN po' so' r-. so iq^ LO OS oq^ (N od o' po' CN (N PO CO fN O »-H OS oo OS OS O oq_ so_^ PO csf ■^' r^' oq^ oq^ (N^ po' fN OS fN oq •>-H LO Os^ °° oo' O PO 5 d o Q o Q N ^ ^ h ^ ^B p -2 p .2 |l i-slf a Q b Segue: TABELLA II Dati biometrici di esemplari di Carapus acus allo stadio Juvenilis J u V e n i 1 i s : J Studi biometrici su Carapus acus (Brunnich), ecc. 529 NO O y ^ X o o" rT (N in OO^ '“l nO oo” o" rn rsT oo o OO NO nO no o' «n fN fs) rn oo oq_ 1-H no^ rn no_^ rn o oo' o* rn cnT io" rC CJN ^ OS r^"' o" fb" rn fN" r~''' o® °° tC o* .'' o" rn cnT — h" rn r-' o in *-H r~.__ oo__ oo__ t^" G rn (N fs| CNf rn c\ in oo"' o rn rn rsT rn oo" sO^ *“1 fH gC O m CnT oo oo o oo__ in oo o" CnT CnÌ rn oo' rn in in on oo' o' CN oo' °° in m' fN ^ oo^ in ^ > pessore ghezza unghezz. torale ( istanza (DP) 2B "S o Q o 2B 1 2 2 o C/D J Q hJ Q b Esemplari 1978. 530 G. Gustato, A. Villari e G. Villanis posta LC/LT come variabile dipendente e LT come variabile indipendente, i è stato dunque elaborato da un calcolatore TI 59 con la collaborazione deiring. Santini. È stato ricercato un modello di regressione lineare se¬ parato per i tre diversi stadi di sviluppo, ottenendo le seguenti relazioni matematiche (A): Stadio Tennis LC/LT - 0,1308 - 0,000626. LT Stadio Juvenilis LC/LT = 0,15586 — 0,000631. LT Stadio Adulto LC/LT = 0,1303 - 0,000038. LT Confrontando i dati sperimentali con quelli forniti dal modello A si i è calcolato Terrore % medio. L’errore sul totale delle misure, calcolato I I TABELI Dati biometrici di esemplari ] Adulti — Esemplare 5 A 7 A 9 A 9B 10 A 10 B 10 c 10 D 1 Lunghezza totale (LT) 136 92 82 95 105 98 116 105 i Lunghezza capo (LC) 16 12 10 13 13,6 13 17 13,2 LC/LT 0,117 0,130 0,121 0,136 0,129 0,132 0,146 0,125; Spessore capo (SC) 8,3 4,8 4,1 6,4 6 6 6,8 6,4 ! Larghezza capo (LaC) 6,8 4 3,5 6 5,2 4,5 6 4,8 i Lunghezza del muso (LM) 5,2 3 2,8 3,2 3,2 3,6 4,4 3,6 ! Lunghezza mascella (LMa) 10 5,2 4,8 9,6 6,9 5,6 8 5,6 ’ Lunghezza preanale (LPa) 16 10,5 8,8 12,8 14 13,3 16 12,8 1 Massimo spessore del corpo (MS) 8,1 6 4,4 6 6,8 6 7,8 6,8 f Spessore a 1/3 della lun¬ ghezza 6,5 3,7 3 4,4 4,8 4,6 5,2 5,2 1 Spessore a 2/3 della lun¬ ghezza 2,8 1,4 2 1,6 2,7 2,8 2,8 1 3,2 -t Lunghezza della pinna pet¬ torale (LP) 8,5 5,4 3,2 5,1 5,6 4,8 6,4 X 1 Distanza inserzione pinna (DP) 16 9,7 9,6 12,2 12,9 12,2 16 11,8 1 Larghezza interorbitale mi¬ nima (Lai) 2,5 1,3 0,8 1,2 0,8 0,4 2 0,6 !i Diametro orizzontale dell'oc¬ chio (DO) 3,4 1,8 1,6 2,4 2,4 2,3 2,4 2 1 Diametro verticale dell'oc¬ chio (DV) 3 1,6 1,4 2 2 1,9 2 1,7 1 X — non misurabile. Studi biometrici su Carapus acus (Brunnich), ecc, 531 i S con media ponderata, è stato del 5,8 %. Per lo stadio Tennis è delTS %, ‘ per quello Juvenilis è del 5,6 %, del 5,3 % per lo stadio Adulto. ! Con identica metodica sono stati elaborati i risultati delle misura- : zioni degli esemplari esaminati da Arnold (1956). Si sono così ottenute ! le seguenti relazioni matematiche (B): i I Stadio Tennis LC/LT = 0,1519 - 0,00075. LT i Stadio Juvenilis LC/LT = 0,1177 + 0,00044. LT i Stadio Adulto LC/LT = 0,11018 + 0,00014. LT Quindi, per i nostri esemplari, è stato fornito al calcolatore per ognuno, il dato relativo alla sola LT ed è stata richiesta la LC utilizzando \rapus acus allo stadio Adulto Il A 14 A 14 B 15 A 15 B 1 A^^ 2 A* 7 A " 7 B * 8 B * 2 134 137 131 129 130 136 126 189 110 2,8 17,6 16,8 17,4 15,4 16 16,6 14,4 22,5 14,4 3,139 0,131 0,122 0,132 0,119 0,123 0,122 0,114 0,119 0,130 7 8,4 7,6 7,3 6,6 8,4 7,7 7 11 6,6 5,9 6,4 6 6,4 5,2 6,4 5,6 4,9 7,5 4.8 5,2 4,8 4,4 3,8 4,8 4,2 4,6 4,1 5,6 3,8 5,6 8,4 8,8 8,4 7,6 6,4 8,9 6,6 12 7,4 S 17 17 17 15 12 17 14 22,5 14 7,6 8,4 8 8,8 6,8 7,8 8,1 8,4 14 7,6 5,4 6,4 6,2 7,8 5,1 5,9 6,4 5,1 10,5 4,8 3,2 4 2,8 3 2 2,5 3,2 2,7 3,9 2,4 < 8,8 8 6,4 7,3 6,4 8,8 7,3 10 6,4 4 17,2 16 16 14,8 15,2 16 14,4 20 13,6 0,8 2 1,4 2 1,2 2 2 0,5 3,6 2 2 3,3 3 3 2,8 3,2 2,8 2,4 3,3 2,4 1,8 2,8 2,2 2,4 2,6 2,6 2,5 2 3,2 2,2 Esemplari 1978. 530 G. Gustato, A. Villari e G. Villanis Studi biometrici su Carapus acus ( Brunnich), ecc. 531 posta LC/LT come variabile dipendente e LT come variabile indipendente, è stato dunque elaborato da un calcolatore TI 59 con la collaborazione delTing. Santini. È stato ricercato un modello di regressione lineare se¬ parato per i tre diversi stadi di sviluppo, ottenendo le seguenti relazioni matematiche (A): Stadio Tennis LC/LT = 0,1308 - 0,000626. LT Stadio Juvenilis LC/LT = 0,15586 — 0,000631. LT Stadio Adulto LC/LT = 0,1303 - 0,000038. LT Confrontando i dati sperimentali con quelli forniti dal modello A si è calcolato Terrore % medio. L'errore sul totale delle misure, calcolato con media ponderata, è stato del 5,8 %. Per lo stadio Tennis è delT8 %, per quello Juvenilis è del 5,6 %, del 5,3 % per lo stadio Adulto. Con identica metodica sono stati elaborati i risultati delle misura¬ zioni degli esemplari esaminati da Arnold (1956). Si sono così ottenute le seguenti relazioni matematiche (B): Stadio Tennis LC/LT = 0,1519 - 0,00075. LT Stadio Juvenilis LC/LT =0,1177 -t- 0,00044. LT Stadio Adulto LC/LT = 0,11018 -I- 0,00014, LT Quindi, per i nostri esemplari, è stato fornito al calcolatore per ognuno, il dato relativo alla sola LT ed è stata richiesta la LC utilizzando TABELLA Dati biometrici di esemplari di Adulti : III Carapus A allo stadio Adulto Lunghezza totale (LT) Lunghezza capo (LC) LC/LT Spessore capo (SC) Larghezza capo (LaC) Lunghezza del muso (LM) Lunghezza mascella (LMa) Lunghezza preanale (LPa) 136 92 82 95 Spessore 1/3 della lun- 2/3 della lun- Spessore Lunghezza della pinna pet¬ torale (LP) 0,130 4,8 4 3 5,2 10,5 1,121 0,136 1,1 6,4 13,6 13 0,129 0,: 17 0,146 6,8 13.2 0,125 6,4 4.8 3.6 5.6 12,8 6.8 5.2 12,8 0,139 7 5,9 3,2 5,6 134 17,6 0,131 8.4 6.4 4,8 8.4 17 137 16,8 0,122 7,6 4,4 8,8 17 131 17,4 0,132 7.3 6.4 3.8 8.4 17 8.8 129 15,4 0,119 6,6 5.2 4.8 7,6 15 6.8 130 16 0,123 8.4 6.4 4,2 6.4 12 7.8 5.9 2.5 136 16,6 0,122 126 14,4 0,114 7 4,9 4,1 6,6 = non misurabile. Esemplari 1978. 189 110 22,5 14,4 0,119 0,130 11 6,6 7.5 4,8 5.6 3,8 12 7,4 22.5 14 14 7,6 10.5 4,8 3,9 2,4 10 6,4 20 13,6 3.6 2 3,3 2,4 3,2 2,2 532 G. Gustato, A, V illari e G, Villanis le tre formule A. Si è proceduto poi, applicando la stessa metodica ed utilizzando le formule B, ad esaminare gli esemplari di Arnold. Per ogni esemplare dunque si sono ottenuti tre dati LC. Il confronto tra questi dati e la reale lunghezza del capo ci ha permesso di rigettare due delle tre LC fornite e quindi di escludere due dei tre stadi di sviluppo. In defi¬ nitiva è stato possibile confermare o confutare la precedente identifica¬ zione ovvero chiarire la posizione di esemplari di dubbia localizzazione. A questo punto alcuni dei nostri esemplari, a caso, sono stati esa¬ minati con le relazioni B ricavate dai dati di Arnold, mentre alcuni degli esemplari di Arnold sono stati esaminati con le relazioni A ricavate dai nostri dati. I risultati hanno confermato Tattendibilità del metodo in quanto, anche in tal modo, un'elevata percentuale degli esemplari rien¬ trava negli schemi. Al fine di rendere statisticamente più valido tale me¬ todo, fornendo un modello matematico unico, sono stati elaborati insieme sia i nostri dati che quelli di Arnold, per un totale di 115 esemplari. I valori ottenuti sono (C): Stadio Tenuis LC/LT = 0,138676 — 0,000663 .LT; (su 12 esemplari) Stadio Juvenilis LC/LT = 0,11253 -f 0,0000275. LT; (su 59 esemplari) Stadio Adulto LC/LT = 0,11657 4- 0,0000946. LT; (su 44 esemplari) da cui è stato ottenuto il grafico C (Fig. 1), ponendo sulle ascisse LT e sulle ordinate LC/LT; per ogni retta poi, è stato calcolato l'errore percen¬ tuale medio confrontando i dati sperimentali con quelli forniti dal modello C; per lo stadio Tenuis l'errore è 7,9%, per lo stadio Juvenilis è 8,5 % e per lo stadio Adulto è 5,8 %. Utilizzando tali valori, rispetto ad ogni retta caratteristica di uno stadio di sviluppo, sono state tracciate altre due rette; una al di sopra (errore % positivo) e una al di sotto (errore % negativo). Si sono così delimitate aree diverse e con diversa ampiezza per ognuno dei tre stadi di sviluppo: le aree relative allo stadio Tenuis e Juvenilis non hanno alcuna zona in comune, mentre l'area « Juvenilis » e quella « Adulto » si sovrappongono per un piccolo tratto. Osservazioni e conclusioni Osservando dunque la distribuzione dei nostri esemplari su tale gra¬ fico, si vede che il 50 % delle forme Tenuis è contenuta nell'area rispet¬ tiva ed il rimanente al di sotto di questa, ma in zona chiaramente « Te¬ nuis ». Per lo stadio Juvenilis il 65,3 % è nell'area « Juvenilis », mentre il Uì/tìI Studi biometrici su Carapus acus (Brunnich), ecc, 533 d 35 iiiiiliilili 534 G. Gustato, A. V illari e G. Villanis 34,6 % è al di sotto di essa, in una zona che risulta di transizione tra questo e lo stadio Tenuis. Il 61,1 % degli Adulti è localizzato nell'area « Adulto », mentre il 38,8 % è al di sopra o al di sotto di questa ma in zone che risultano caratteristiche solo di questo stadio. Ogni area, la cui ampiezza è stata calcolata tenendo conto dell'errore % medio, anche se non comprende tutti i pesci relativi a quello stadio di sviluppo, loca¬ lizza nel suo intorno « zone di influenza » dove pure si riscontrano esem¬ plari di C. acus. Tale dispersione di dati, ammissibile statisticamente, conferma la gradualità di crescita di C. acus, in quanto la distribuzione degli esemplari nelle « zone di influenza » è coerente con l'area rispettiva. Infatti gli esemplari così localizzati risultano in stadi intermedi di cre¬ scita e tanto più essi saranno vicini all'area successiva quanto più avan¬ zato sarà lo stadio precedente. In tal modo risulterà semplice e rapido collocare un esemplare di C acus, in un determinato stadio di sviluppo; basterà, misurati il capo LC e la lunghezza totale LT, entrare nel dia¬ gramma C ed individuare il punto che sarà compreso in una delle tre aree così ottenute, ovvero nelle rispettive « zone di influenza », dove è ap¬ punto elevatissima la probabilità statistica di localizzare le coordinate biometriche LT e LC/LT caratteristiche di ogni stadio di sviluppo di C acus. Il lavoro è stato svolto utilizzando un tavolo di studio presso la Sta¬ zione Zoologica di Napoli di cui G. Gustato è titolare. Si ringrazia pertanto il Direttore ed il personale di detto Istituto per l'ospitalità e la collaborazione. Si ringrazia inoltre la sig.na Lina Astarita per la collaborazione fornita nella raccolta dei dati, e l'ing. Santini per l'elaborazione dei medesimi. BIBLIOGRAFIA Arnold, D. C., 1956 - Further studies on thè behaviour of thè fish Carapus acus. Pubi. Staz. Zool. Napoli, 27, 263-268. Gustato, G,, 1976 - Osservazioni sulla biologia e sul comportamento di Carapus acus. Boll. Soc. Nat. Napoli, LXXXV, 505-535. Gustato, G., Villari, A., Villanis, G., 1979 - Ulteriori dati sul comportamento di Carapus acus (Gadiformes; Ophidioidei) . Presentato alla Soc. Nat. Napoli nella seduta del 21-12-1979. La presente nota è stata accettata il 27.-6-1980. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 535^547, tabb. 8 Ulteriori dati sul comportamento di Carapiis acus (Gadiformes Ophidioidei) Nota dei soci Gerardo Gustato (*), Anna Villari e Gabriella Villanis (Tornata del 21 dicembre 1979) Riassunto. — Sono stati analizzati statisticamente i rapporti C. <2cw5-oloturia, in relazione sia alle diverse specie di oloturie, che al diverso stadio di sviluppo del pesce. Sono stati studiati 60 esemplari di C. acus Ophidioidei-Gadiformi ottenuti da 1.502 oloturie raccolte nel Golfo di Napoli nel periodo 1977-1978. La distribuzione del pesce nelle diverse specie di oloturie, mostra quest'ordine di preferenze: H. sp., H. tubulo.sa, H. polii. Ciò non è collegato alla abbondanza delle oloturie, infatti H. sp. pur costituendo solo l'l,3 % delle oloturie totali, contiene nel 28,6 % dei casi C. acus. I tests comportamentali, condotti con le diverse specie di oloturie, mo¬ strano che: a) il pesce penetra, indipendentemente dallo stadio di sviluppo, anche in oloturie nelle quali non è stato mai trovato; b) le forme Juvenilis penetrano con maggiore frequenza (75 %) con la Testa prima (Tp), mentre gli Adulti effettuano r83,3 % delle penetrazioni con la Coda prima (Cp); c) gli Adulti rispondono più prontamente alle oloturie, che non gli esemplari allo stadio Juvenilis; d) le penetrazioni avvengono comunque attraverso l'ano; e) la per¬ centuale di penetrazione/test, così come la rapidità di risposta, non è confron¬ tabile con le preferenze mostrate in natura, relativamente alle diverse specie di oloturie. La sopravvivenza in laboratorio, poi, aumenta considerevolmente negli esem¬ plari che penetrano in oloturie, rispetto a quelli che non sono, stati mai messi a contatto con esse; questo dato, evidenziando l'importanza dell'oloturia per la sopravvivenza del pesce, conferma le definizioni di « ormeggio biotrofico » (G. Gustato, 1976) data a questa simbiosi. Summary. — ' Relationships between C. acus and sea-cucumber concerning both thè different species of sea-cucumber and thè different developmental stages of thè fish have been analyzed with statistica! method. The AA. have tested 60 C. acus found in 1,502 sea-cucumbers collected in thè Gulf of Naples during 1977-1978. According to thè choice of thè sea- (*) Istituto e Museo di Zoologia - Università di Napoli via Mezzoeannone, 8 - Napoli. 536 G. Gustato, A. V illari e G. Villanis cucumbers, thè distribution of thè fish shows that thè favourite species is; H. sp. followed by H. tubulosa and H. polii. But thè abundance of thè sea- cucumbers doesn’t influence thè choice by thè fish, since thè 28.6 % of H. sp., species that amounts only to 1.3 H of thè whole sea-cucumber population, hosts thè fish. The tests show that: a) thè fish penetrates also into sea-cucumber species where it hasn’t been ever found; b) thè penetrations of Juvenilis forms happen more frequentely (75 %) head-first; while thè Adults penetrate tail-first in 83.3 % of cases; c) any way, penetrations are brought through thè anus; d) thè response of thè fish to sea-cucumbers is quicker by adults than by juvenilis forms; e) thè rate penetration/tests and thè time occurring for penetration are not positively correlated with thè naturai choice. The survival time in laboratory is much longer for fish which penetrate into sea-cucumbers with respect to thè ones which never meet with sea- cucumbers, as a consequence thè AA. can confirme thè definition of « biotrophic mooring » given to this particular kind of symbiosis (G. Gustato, 1976). 1. Introduzione e scopo della ricerca Il presente studio utilizza Tanalisi statistica del comportamento di C acus per fornire nuovi dati sulla sua biologia. C. acus appartiene all'or¬ dine degli Ophidioidei-Gadiformi, ed è legato alle oloturie da un rapporto definito « ormeggio biotrofico » (G. Gustato, 1976). Esso vive alTinterno di questi echinodermi ed infatti gli esemplari esaminati sono stati trovati in oloturie raccolte nel Golfo di Napoli. La ricerca è stata condotta analizzando i rapporti C. flcws-oloturia in relazione sia alle diverse specie di oloturie, che al diverso stadio di svi¬ luppo del pesce. 2. Materiali e metodi Nel periodo gennaio 1977-dicembre 1978 sono state raccolte 1.502 olo¬ turie in 23 prelievi effettuati nel Golfo di Napoli, su fondali diversi a pro¬ fondità comprese tra i 10 e i 20 m, distribuiti in tutti i mesi, esclusi luglio ed agosto (vedi G. Gustato & A. Villari, 1977; G. Gustato & A. Vil- LARI, 1978). Sacrificate le oloturie, si sono ottenuti 60 esemplari di C. acus a di¬ versi stadi di sviluppo. Non è stato trovato però alcun esemplare allo stadio Vexillifer. Sottoponendo i pesci agli stessi tests comportamentali descritti da G. Gustato (1976) ed effettuando un'analisi statistica, sono Ulteriori dati sul comportamento di Carapus acus, ecc. 537 stati confermati i risultati allora ottenuti aggiungendo nuovi dati sulla biologia di questa specie. 3. Risultati e osservazioni 3.1. Distribuzione I 60 esemplari di C. acus risultano così distribuiti nei tre stadi di sviluppo (Tab. I): Tenuis 9 esemplari (15 %), Juvenilis 30 esemplari (50 %), Adulti 21 esemplari (35 %). I pesci sono stati trovati in H. sp., H. tubulosa, TABELLA I Prelievi Numero delle oloturie O/o delle oloturie abitate Carapus acus raccolti Tenuis Juvenilis Adulto Esem¬ plari O/o sul Totale Esem¬ plari O/o sul Totale Esem¬ plari o/o sul Totale 1977 15 1.191 4,2 51 8 15,6 29 56,8 14 27,4 1978 8 311 2,8 9 1 11,1 1 11,1 7 77,7 Totali 23 1.502 3,9 60 9 15 30 50 21 35 ed H, polii che risultano rispettivamente abitate per il 28,6 %, il 6,76 % e lo 0,57 % (Tab. II). La % sul totale di oloturie contenenti il pesce è del 3,9 % di cui T81,6 % appartiene alla specie H. tubulosa, il 10,1 % ad H, sp. ed il 6,6 % ad H. polii, mentre nessun esemplare di C. acus è stato tro- TABELLA II Oloturie raccolte H. tubulosa H. polii H. stellati H. sp. H. sanctori H. jorskali Totale Numero 724 691 42 21 13 11 1.502 % sul totale 48,2 46 2,7 1,3 0,8 0,7 100 Carapus acus 49 4 — 6 -- — 59* % di oloturie abitate per specie 6,76 0,57 — 28,6 — — % sul totale di oloturie abitate 83,05 6,7 — 10,1 — — * In totale si sono ottenuti 60 esemplari di cui 1 libero in vasca. TABELLA III Esemplari di C. acus raccolti nelle diverse specie di oloturie 538 G, Gustato, A. V illari e G. Villanis ON r- o' oo vo' ^ ro cn a S 0) (fi (U o H o o ^ a 3 a ^ ’> -'a 8 0 a< § 5 g’3 a 3 'ìH .■3 o c3 S O o iS ^ 'S G fi 3 3 fi fi (U CD > > fi ’C ’G Il II X X bJ) u tN (N u " ’, ' s'/.i-' .-. V :... t, ‘'i' v^V %■ ^w..^;. . ‘V !5 ','; ■ '. .I,’ ' ■ ' ,i T ' i ■ ‘ì <•' ■'"'■ ’i Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 88, 1979, pp. 549-559, tabb. 4 Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile (*) Nota del socio Mario Milone(**X di Flavia Del Sorbo e di Anna Corvino (Tornata del 21 dicembre 1979) Riassunto. — Gli AA. hanno studiato l’aggressività, il comportamento sessuale e la fertilità del topo maschio stabulato in isolamento visivo e tattile. L'ordine di rango degli animali isolati non è legato all'esperienza sessuale dei soggetti in esame, piuttosto è influenzato notevolmente dall'alimentazione in età neonatale e dalla vecchiaia. D'altra parte l’esperienza sessuale altera in misura rilevante tanto il comportamento sessuale quanto la fertilità di topi maschi isolati, Summary. — Socio-sexual behavior of isolated male mice was studied, Order rank was not affected by sexual experience, but only by postnatal nutrition and aging. Experienced male mice in isolation show a prominent sexual hebavior and a higher fertility than unexperienced isolated male mice. Introduzione Le ricerche che stiamo conducendo da diversi anni sulla fertilità maschile nel topo (Milone e Rastogi, 1976; Milone e GrecO', 1977 ; Milone e Caliendo, 1978; Milone et al., 1978; Rastogi et al., 1978; Rastogi et al., 1979 a, b; Rastogi, 1979; Rastogi et ah, in stampa, a, b, c; Milone et al., in stampa, a, b, c) ci hanno portato, in questi ultimi tempi, a consi¬ derare con sempre maggiore importanza alcuni aspetti etologici connessi con la riproduzione. Questi studi condotti in varie condizioni socio¬ sessuali hanno evidenziato in alcuni organi androgeno-dipendenti dei (*) Lavoro eseguito nell'ambito del progetto finalizzato C.N.R, Biologia della Riproduzione e col finanziamento del M.P.I. (**) Istituto e Museo di Zoologia deH’Università di Napoli. 36 550 M. Milone, F. Del Sorbo e A. Corvino quadri enzimatici piuttosto particolari (Milone e Caliendo, 1978; Milone et al., 1978; Rastogi et al., 1978; Rastogi et al., 1979, a, b; Rastogi et al., in stampa, c; Milone et al., in stampa, a, b). L'isolamento è una di quelle condizioni che incide in maniera ri¬ levante sia sul comportamento socio-sessuale (Gerall et al., 1967; Beau- champ e Hess, 1973; Duffy e Hendricks, 1973; Spevak et al., 1973, Dessì Fulgheri et al., 1975) sia sull'attività di alcuni degli enzimi presi in esame (Milone e Caliendo, 1978; Milone et al., 1978; Rastogi et al., in stampa). Però, in letteratura, le informazioni circa i danni che l'isolamento provoca sul comportamento socio-sessuale del topo maschio sono fram¬ mentarie e poco legate alFendocrinologia della riproduzione di questo animale (Brain e Nowell, 1971; Brain, 1975; Dessi Fulgheri et al., 1975; Kamel et al., 1975; Bateson, 1978; Larsson, 1978). Pertanto ci siamo proposti di studiare alcuni parametri del com¬ portamento socio-sessuale di Mus musciilus domesticus in parallelo con ricerche sugli aspetti endocrinologici ed enzimatici di organi androgeno- dipendenti essenziali per la fertilità maschile. In questa nota riportiamo alcuni effetti negativi operati dall'isolamento sul comportamento socio¬ sessuale del topo maschio. Materiali e metodi * Sono stati utilizzati 152 maschi di Mus musculus domesticus (swiss albino cc), di cui però solo 75, come si vedrà in seguito, verranno consi¬ derati nell'esperimento, articonlato in tre fasi. Nella prima fase sono stati adoperati animali svezzati a 7, 14, 21, 28 gg di età. I topi svezzati a 7, 14, 21 gg sono stati allattati artificialmente fino al ventottesimo giorno d'età. Ognuno di essi viene stabulato, iso¬ lato dagli altri. In seguito alla metà dei topini veniva fornita dall'espe¬ rienza sessuale (Milone e Caliendo, 1978), mantenendoli con femmine esperte per 30 gg. Dopodiché tutti gli animali vengono stabulati in iso¬ lamento fino al 4° mese d'età prima di operare le prove di aggressività e dell'attività sessuale. Quindi in questa prima fase si ottengono otto gruppi sperimentali, quattro privi di esperienza sessuale, di animali svez¬ zati a 7 gg. (I Gruppo), 14 gg. (II Gruppo), 21 gg. (Ili Gruppo), 28 gg. ‘ Gli AA. ringraziano il sig. Raffaele Auriemma per l'apporto tecnico e le cure nell'allevamento e la dott.ssa Daniela Palmieri per l'aiuto nei tests com¬ portamentali. Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile 551 TABELLA I Ordine di rango in topi maschi isolati GRUPPO Rango - - - I II III IV V VI VII Vili IX X XI XII XIII XI.V XV 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 B B^C A E D B B B C A A D D^E D B D E D D E B A-D A D B D E C D E A B B C-B A-B 552 M. Milane, F. Del Sorbo e A. Corvino (IV Gruppo) e quattro con esperienza sessuale svezzati a 7 gg. (V Gruppo), 14 gg. (VI Gruppo), 21 gg. (VII Gruppo), 28 gg. (Vili Gruppo). La seconda fase deU’esperimento è imperniata su maschi svezzati a 28 gg. e stabulati con femmine esperte per 7 gg. (IX Gruppo) o 15 gg. (X Gruppo) confrontati con quelli dello Vili Gruppo che hanno avuto 30 gg, di esperienza. Anche gli individui di questi due ultimi gruppi sono stati stabulati in isolamento fino al termine del quarto mese di età. Per la terza fase sono stati utilizzati gruppi di topi, svezzati sempre a 28 gg, con una esperienza di 30 gg., ma stabulati ognuno in isolamento per tre mesi (XI Gruppo), 4 mesi (XII Gruppo), 5 mesi (XIII Gruppo), 6 mesi (XIV Gruppo), 7 mesi (XV Gruppo). Gli individui di questi gruppi non fanno parte delia generazione a cui appartengono gli animali dal I al X gruppo. Essi sono stati allevati e stabulati in modo da ottenere gruppi di topi di età che vanno dai 5 ai 9 mesi al momento dei tests compor- tamentaii in comparazione con gli altri 10 gruppi aventi 4 mesi di età. Tutti i 15 gruppi sono costituiti di 5 animali (individuati come A, B, C, D, E), anche se per i gruppi allattati artificialmente e per quelli con topi anziani si è partiti da un numero di animali considerevolmente più alto. Ciascun individuo è stato- stabulato in isolamento visivo e tattile, ma non uditivo e olfattivo, in gabbie Makrolon (27 x 42 x 15); (luce: 12 ore, temperatura: 18-21° C, acqua e cibo: ad libitum). Il primo test utilizzato è quello dell'aggressività (Brain e Nowell, 1971) per stabilire l’ordine di rango tra tutti gli animali in esperimento. Per quanto riguarda il comportamento sessuale è stata misurata la la¬ tenza di monta, quella di intromissione, quella di eiaculazione, il nu¬ mero di monte, di intromissioni, di eiaculazioni, Fintervallo post-eiacu- lazione, il numero delle copule (Larsson, 1956; Dewsbury, 1969) consi¬ derando per ogni gruppo la media di tutti e cinque gli animali. Infine è stata saggiata la capacità di ogni topo di fecondare 5 fattrici ben collaudate esprimendola come numero di piccoli che ciascun maschio può avere da esse, considerando poi la media dei 5 topi di ogni gruppo (Milone e Greco, 1977). I gruppi sono stati confrontati per la signifi¬ catività usando il test del t di Student. Risultati Ordine di rango NelFordine di rango (N = 31) dei topi maschi isolati, considerati nel¬ l’esperimento, si può notare una differenza piuttosto sensibile tra gli Comportamento sessuale e fertilità in maschi isolati di Mus musculus domcsticus Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile 553 Gruppi provvisti di esperienza sessuale. 0.02 > p ^ 0.01 oppure p < 0.01. 0.05 ^ p ^ 0.02. 554 M. Milane, F. Del Sorbo e A, Corvino individui dei gruppi I, II, III, V, VI e quelli dei gruppi IV, Vili, IX, X, XI, XII, mentre gli animali del VII, XIII, XIV e XV gruppo sembrano occupare delle posizioni intermedie. Topi svezzati in età differenti (provvisti o meno di esperienza sessuale) (Tab. II) Paragonando gli animali svezzati alla medesima età si nota che quelli provvisti di esperienza sessuale mostrano tempi di latenza più brevi, numero di monte per eiaculazioni minori e indice di fertilità maggiori di quelli privi di esperienza. Nell'ambito di ciascuna serie di gruppi di maschi isolati (senza e con esperienza) si nota un costante mi¬ glioramento degli indici in esame man mano che aumenta l’età dello svezzamento. È da notare la mancanza di eiaculazione e quindi l'assenza di fertilità nei gruppi svezzati precocemente e privi d'esperienza. Topi svezzati alla stessa età e provvisti di differente esperienza sessuale (Tab. Ili) Dalla III tabella si rileva che una maggiore esperienza sessuale, a parità di età, accorcia i tempi di latenza, diminuisce il numero di monte TABELLA III Influenza della diversa esperienza sul comportamento sessuale e la fertilità di topi maschi adulti isolati ^ Esperienza sessuale Parametro 7g (gruppo IX) 15 g (gruppo X) 30 g (gruppo Vili) Latenza di monta (min.) 13'±1- 8"±1** 8'±0 Latenza di intromissione (min.) 19/ + 2* 9^±1 8'±1 Latenza di eiaculazione (min.) 24'±2 10' ±1 10'±1 N. di monte/intromissione 5 ±0* 4 ±0** 3 ±0 N. di monte/eiaculazione 20 ±2“ 12 ±1 12 ±1 N. di intromissioni/eiaculaz. 4 ±0 3 ±0** 4 ±0 Intervallo medio di post-eiacu¬ lazione (min.) 12'±1- 13'±L-" 8'±1 Serie di copulazione 2 ±0* 4 ±0 4 ±0 Fertilità 14 ±2* 28 ±2 31 ±3 * 0.02 > p ^ 0.01 oppure p < 0.01. 0.05 ^ p > 0.02. Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile 555 necessarie per eiaculare, abbassa Fintervallo di post-eiaculazione, aumenta il numero delle copule e conseguentemente dei piccoli nati. Topi svezzati alla stessa età ma sperimentati a età diverse (Tab. IV). In individui svezzati sempre alla medesima età e provvisti di espe¬ rienza, ma più vecchi, e che quindi sono stabulati per un periodo mag¬ giore in isolamento, si nota un'inversione dell’andamento dei parametri, se confrontati con la Tab. IL Si può notare, inoltre, come dagli animali di 6 mesi (4 mesi di isolamento) in poi venga a ridursi e infine ad an¬ nullarsi la fertilità (topi di 8 mesi) e poi l'eiaculazione (topi di 9 mesi). I calcoli statistici relativi ai parametri del comportamento sessuale e fertilità sono stati sempre riferiti aH'VIII gruppo. La significatività dei dati è stata espressa nelle relative tabelle. Discussione L’uso della condizione di isolamento come modello per lo studio delle relazioni esistenti tra comportamento socio-sessuale, parametri neu¬ roendocrini e « markers » enzimatici steroide-dipendenti è in funzione principalmente di due aspetti. Il primo tiene conto dell’iperstimolazione androgenica che i topi maschi isolati subiscono (Dessì-Fulgheri et al., 1975). In secondo luogo si viene ad annullare la possibilità che lunghi esperimenti alterino l’ordine sociale di più topi stabulati nella stessa gabbia (Grani e Chance, 1958). Nell’esperimento da noi coordinato, la deprivazione sociale in età prepubere, l’esperienza sessuale e l’età sono i fattori che vengono im¬ plicati nella condizione di isolamento per osservare i rapporti che essa ha con il comportamento socio-sessuale e la fertilità degli individui sperimentati. L'ordine di rango dei topi stabulati in isolamento risente solo dell’età dello svezzamento e della vecchiaia: basta confrontare in Tabella I i gruppi I, II, III e IV con i gruppi V, VI, VII e Vili, In pratica il basso ordine di rango dei gruppi svezzati precocemente dovrebbe essere solo un effetto dovuto a una loro insufficiente alimentazione. Invece per i gruppi XIII, XIV e XV, potrebbe essere in relazione alTinvecchiamenio, diminuendo con l’età la carica aggressiva (Seward, 1945). Tuttavia in questo caso abbiamo anche una rilevante e progressiva azione del pe¬ riodo d’isolamento, sempre più lungo. Influenza delFetà sul comportamento sessuale e la fertilità di topi maschi adulti isolati 556 M. Milone, F. Del Sorbo e A. Corvino Un solo individuo sui 5 del gruppo ha ottenuto 3 piccoli da una delle 5 femmine con cui è stato accoppiato. 0.02 > p ^ 0.01 oppure p < 0.01. 0.05 ^ p > 0.02. Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile 557 Anche il comportamento sessuale e la fertilità vengono alterati in misura notevole da uno svezzamento precoce e dall'età. Nel ratto, il gruppo di Larsson (1978), ha dimostrato che la denutrizione postnatale non inficia in modo determinante i processi della pubertà. È probabile che, nel nostro caso, la condizione di isolamento, unitamente a un'in¬ sufficiente nutrizione, operi più drasticamente. A noi sembra, comunque, che sia l’esperienza sessuale a giocare il ruolo più importante (vedi Tab. II, III). Essa, infatti, altera tutti i parametri da noi utilizzati, in¬ cidendo sia sui tempi di latenza, sia sulle capacità degli animali di eiaculare e, comunque, sulla fertilità. Potremmo, quindi, affermare che la mancanza o, semplicemente, la limitata esperienza sessuale sommate a una deprivazione sociale in età prepubere, inficia seriamente il comportamento sessuale e la fertilità del topo maschio adulto, in isolamento, senza però alterare (sarebbe tuttavia necessario anche un raffronto con individui stabulati in con¬ dizioni diverse di densità di popolazione, cfr. Brain et al., 1978) la loro aggressività, al contrario di altre specie come per es. il macaco (Mason, 1961). Quadri di questo tipo vengono offerti anche da altre specie quali cane, gatto, cavie, ratti etc. (Larsson, 1978). Tuttavia il topo, nelle con¬ dizioni da noi sperimentate sviluppa comunque un comportamento ses¬ suale, anche se non lo esprime completamente. L'attività sessuale di questi animali è raffrontabile, però, con quella tipica della pubertà, non evolvendosi nella situazione comportamentale propria dell'adulto (Larsson, 1956). Il permanere della condizione di isolamento dovrebbe, poi, bloccare un ulteriore progresso nel ripristino dell'attività sessuale (Tab. IV); d'altra parte nei nostri esperimenti si risente anche del sopravvenire della vecchiaia. Alcune differenze tra i nostri risultati e quelli di Gruen- DEL e Arnold (1974) possono essere ascritte non solo all'uso di specie differenti (topo al posto del ratto), ma anche al tempo piuttosto limitato, 20 minuti, del loro test di monta. Ad ogni modo, l'isolamento è una condizione abnorme. Infatti anche per il topo è stata evidenziata l'importanza dei rapporti durante l’in¬ fanzia tra i piccoli e la madre, in particolare, basati principalmente sul¬ l'olfatto (CowLEY, 1978). Ed è su questa strada, indagando sui possibili fenomeni che prima determinano e poi regolano il comportamento socio¬ sessuale, che si dovrà rivolgere una più approfondita ricerca. L'isolamento potrà forse essere il « bersaglio » per una verifica di tipo feromonale. 558 M. Milane, F. Del Sorbo e A. Corvino BIBLIOGRAFIA Bateson P. P. G., 1978 - Early experience and sexual preference. Gap. II in « Biological determinants of sexual behaviour » (Hutchison ed.), John Miley & Sons, Chichester, New York, Brisbane, Toronto. Beauchamp G. K. & Hess E. H., 1973 - Abnormal early rearing and sexual responsiveness in male guinea pig. J. Comp, Physiol. PsychoL, 85, 383. Brain P. F., 1975 - What does individuai housing mean to a mouse? Life Science, 16, 187. Brain P. F. & Nowell N. W., 1971 - Isolation versus grouping effects on adrenal and gonadal function in albino mice. /, thè male. Gen. Comp. Endocrino!., 16, 149. Brain P. F., Benton D. & Bolton J. C., 1978 - Comparison of agonistic behaviour in individually housed male mice with those cohabiting with females. Aggr. Behav., 4, 201. CowLEY J. J., 1978 - Olfaction and thè development of sexual behavior. Gap. IV in «Biological determinants of sexual hebaviour » (Hutchison ed.), John Wiley & Sons, Chichester, New York, Brisbane, Toronto. Dessì-Fulgheri F., Lupo Di Prisco C. & Verdarelli P., 1975 - Influence of long- term isolation on thè production and metabolism of gonadal sex steroids in male and female rats. Physiol. Behav., 14, 495. Dewsbury D. a., 1969 - Copulatory behavior of rats (Rattus norvegicus) as a function of prior copulatory experience. Anim. Behav., 17, 217. Duffy J. a, & Hendricks S. E., 1973 - Influences of social isolation during de¬ velopment on sexual behavior of thè rat., Anim. Learn. Behav., 1, 223. Gerall H. D., Ward I. L. & Gerall A. A., 1967 - Disruption of thè male rat’s behavior induced by social isolation. Anim. Behav., 15, 54. Goldman B. D., 1978 - Developmental influences of hormones on neuroendocrine ntechanism of sexual behavior: comparisons with other sexually dimorphic behaviours. Gap. V in « Biological determinants of sexual behaviour (Hutchison ed.), John Wiley & Sons, Chichester, New York, Brisbane, To¬ ronto. Grani E. C. & Chance M. R., 1958 - Rank order in caged rats. Anim. Behav., 6, 183. Gruendel a. D. & Arnold W. J., 1974 - Influence of preadolescent experiential factors on thè development of sexual behavior in thè albino rats. J. Comp. Physiol. PsychoL, 86, 172. Kamel F., Mock e. J., Wright W. W. & Frankel A. L, 1975 - Alteration in plasma concentrations of testosterone, LH, and prolactin associated with mating in thè male rat. Horm. Behav., 6, 277. Larsson K., 1956 - Conditioning and sexual behavior in thè male albino rat. (Almqvist and Wiksell, eds.), Stockolm, 1-269 pp. Larsson K.^ 1978 - Experiential factors in thè development of sexual behavior. Cap. IH in «Biological determinants of sexual behaviour» (Hutchison ed.), John Wiley & Sons, Chichester, New York, Brisbane, Toronto. Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile 559 Mason W. a., 1961 - The effect of social restriction on thè behavior of rhesus monkeys. IL Test of gregariousness. J, Comp. Physiol. PsychoL, 54, 287. Milone M. & Caliendo M. F., 1978 - L’influenza di alcune condizioni socio-sessuali sull’attività della ^-Glucuronidasi ipotalamica di Mus musculus domesticus. Boll. Soc. Natur, in Napoli, 87, 393. Milone M. & Greco M., 1977 - Alterazioni comportamentali indotte dall’acetato di ciproterone in maschi adulti di Mus musculus domesticus. Boll. Soc. Natur. in Napoli, 86, 235. Milone M. & Rastogi R. K., 1976 - Action of sex hormones on thè ^-Glucuronidase activity in mouse hypothalamus and pituitary. Gen. Comp. Endocrino!., 29, 275 (Ab: 96). Milone M., Greco M. & Caliendo M. F., 1978 - L’attività della MDH e della ^-GLR nel sistema ipotalamo-ipofisario di maschi adulti di Mus musculus do¬ mesticus in diverse condizioni socio-sessuali. Boll. ZooL, 45 suppL (Ab: 34). Milone M., Greco M., CaliExNdo M. F., Iela L. & Rastogi R. K., in stampa - Effect of sex steroids in thè ^-Glucuronidase activity in thè target organs of an amphibian (frog) and a mammal [mouse). Gen. Comp. Endocrino!., 39 (a). Milone M., Del Sorbo F., Corvino A., Caliendo M. F. e Rastogi R. K., in stampa - Effetto del ciproterone acetato sull’attività della ^-Glucuronidasi e della Malato-deidrogenasi nell’ipotalamo di topo maschio adulto (XLVII Con¬ vegno U.Z.I., ì-l 19/919, Bergamo) (b). Milone M., Greco M. & Rastogi R. K., in stampa - L’importanza del tessuto adiposo periepididimale nel controllo della fertilità del maschio di Mus musculus domesticus. Rend. Sci. Mat. Fis. Nat. Accad. Naz. Lincei (c). Rastogi R. K., 1979 - A criticai appraisal of thè effects of thè antiandrogen, cyproterone acetate, on thè epididymis in connection with fertility control in thè male. J. Steroid Biochem., 11, 101. Rastogi R. K., Milone M., Caliendo M. F., Di Meglio M., Greco M. & Chieffi G., 1978 - Controllo androgenico delle attività di alcuni enzimi lisosomiali del¬ l’epididimo di topo. Boll. ZooL, 45 Suppl. (a, b: 43). Rastogi R. K., Milone M., Caliendo M. F. &l Di Meglio M., 1979 - A study of thè enzyme activity in thè seminai vesicles of cast rat ed and hormone- replaced castrated mice. Experientia, 35, 419 (a). Rastogi R. K., Milone M., Di Meglio M., Caliendo M. F. & Chieffi G., 1979 - Effects of castration, 5-i^-dihydrotestosterone and cyproterone acetate on thè enzyme activity in thè mouse epididymis. J. Reprod. Fert., 57, 73 (b). Rastogi R. K., Milone M., Caliendo M. F., Di Meglio M., Corvino A., Del Sorbo F. & Chieffi G., in stampa - Temporal effects of cyproterone acetate on thè lysosomal enzymes in mouse epididymis. Gen. Comp. Endocrinol., 39 (a). Rastogi R. K., Milone M. & Chieffi G., in stampa - Controllo della fertilità maschile: influenza di alcune condizioni sperimentali sull’epididimo in re¬ lazione alla capacità produttiva del topo. (Convegno Annuale 1979, Pro¬ getto Finalizzato CNR « Biologia della riproduzione ») (b). 560 M. Milane, F. Del Sorbo e A. Corvino Rastogi R. K., Milone M. &l Chieffi G., 1979 - In^pact of socio-sexiial conditions on thè epididymis and fertility in thè male mouse. « Animals models in human reproduction », (Ab: 24), International meeting Florence 7-10/12/979 (c). Seward J. P., 1945 - Aggressive behavior in thè rat. I. General characteristics. Age and sex difference. J. Comp. Physiol. PsychoL, 38, 175. Spevak a. M., Quadogno D. M., Knoeppel D. & Poggio, J. P., 1973 - The effects of isolation on sexual and social behavior in thè rat. Behav. BioL, 8, 63. La presente nota è stata accettata il 27-6-1980. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale dell'Assemblea generale del 26 gennaio 1979 Il giorno 26 gennaio 1979, alle ore 17’’ 45'" si è tenuta, in seconda convocazione, l'Assemblea generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i Soci: Battaglini, de Cunzo, Di Benga, Guadagno, Ioni, Na¬ poletano, Palombi, Piscopo, Sgrosso, Stanzione, Vittozzi. Letto ed approvato il verbale della tornata precedente, il Presidente dichiara aperta la seduta. Il Presidente comunica che si terrà a Milano dal 10 al 25 marzo 1979 la D Mostra Italiana di Acquoriofilia, organizzata dalla Associazione Italiana Acqua- riofili (A.I.A.). Dopo aver dato alcune indicazioni sommarie informa che gli in¬ teressati potranno attingere più dettagliate informazioni presso la Segreteria della Società. Il Presidente comunica inoltre che il Consiglio Direttivo, tenutosi prima della Seduta, ha deliberato di pubblicare un altro volume delle « Memorie della Società dei Naturalisti » destinato a raccogliere i contributi della Tavola Ro¬ tonda suirinquinamento, tenutasi presso la Società nel 1975. Finora infatti la mancanza di fondi non lo aveva consentito. Si passa al punto 2 dell’o.d.g. : il Presidente legge la relazione sull'attività della Società nel decorso anno 1978, che viene approvata aH'unanimità. Il Presidente legge anche la lettera che sarà inviata al Ministero dei Beni culturali ed ambientali unitamente alla relazione, per la richiesta dei fondi per il 1979. In essa egli fa presente che ilre siduo attivo risultante dal bilancio con¬ suntivo 1978 è già tutto impegnato per le spese di pubblicazione del volume 1978, che, per vari motivi vedrà la luce nei primi mesi del 1979. Pertanto il Pre¬ sidente insiste per un contributo più sostanzioso per Tanno prossimo, che con¬ senta di sviluppare le attività della Società. Si riporta qui di seguito la Relazione letta dal Presidente « Relazione sul¬ l’attività della Società dei Naturalisti in Napoli durante Tanno 1978 ». « Nel corso del 1978 è stata proseguita l'opera di sistemazione dei libri della preziosa Biblioteca e di compilazione di nuovi cataloghi. Il lavoro, a suo tempo egregiamente impostato da ex funzionari della Biblioteca nazionale di Napoli, 562 Processi verbali è stato continuato dal Dott. Gennaro Tomasetta, ottimo collaboratore del Con¬ siglio Direttivo della Società. Nel 1978 sono stati ammessi alla Società 13 nuovi soci, che ne avevano fatto domanda, secondo le modalità prescritte dallo Statuto. Purtroppo però, nel corso del 1978, sono deceduti i soci ordinari Ludovico Sicardi e Valeria Mezzetti Banbacioni, che la Società non mancherà di comme¬ morare degnamente al più presto. Quest'anno, intanto, sono stati ricordati alcuni soci scomparsi lo scorso anno e precisamente: nella seduta del 26 maggio, il socio Prof. Lorenzo Casertano deirOsservatorio Vesuviano ha commemorato il socio benemerito Prof. Gu¬ stavo Mazzarelli e nella seduta del 27 ottobre il socio Prof. Francesco Scarsella è stato ricordato dal suo affezionato discepolo. Prof. Tullio Pescatore, Direttore dell’Istituto di Geologia e Geofisica deH’Università di Napoli. Attualmente i soci sono: soci benemeriti 5 soci ordinari 230 totale 235 Durante il 1978 la Società si è riunita due volte in Assemblea generale e sette volte in seduta ordinaria. Nell’Assemblea generale del 27 gennaio, oltre alla relazione dei Revisori dei conti e all’approvazione dei bilanci consuntivo 1977 e preventivo 1978, oltre alla relazione annuale del Presidente sull’attività svolta dalla Società nel 1977, al¬ l’ammissione di nuovi soci e alla discussione sulle proposte di aumento della quota sociale e del prezzo di vendita del Bollettino, si tennero le votazioni per il rinnovo del Consiglio direttivo per il biennio 1978-79. La composizione del Consiglio risultò la seguente: Presidente: Prof. Pio Vit tozzi Vice- Presidente : Prof. Aldo Napoletano Segretario: Prof. Teresa de Cunzo Vice-Segretario: Prof. Gerardo Gustato Tesoriere: Dott. Angiolo Pierantoni Bibliotecario: Prof. Pietro Battaglini Redattore delle pubblicazioni: Prof. Giorgio Matteiicig Consiglieri: Prof. Antonio Ariani, Prof. Giuseppe Capu¬ to, Prof. Gennaro Corrado, Prof. Antonio Palombi. Nelle sedute ordinarie sono stati presentati 30 lavori scientifici nelle diverse discipline naturalistiche: essi saranno pubblicati nel prossimo volume del Bol¬ lettino della Società (volume LXXXVII - 1978) che vedrà la luce nei primi mesi del 1979. Processi verbali 563 Il volume 86° del 1977, di cui è già chiuso nella relazione dello scorso anno, fu licenziato nel giugno del 1978 e mi pregio allegarlo alla presente relazione. Diverse riunioni ha tenuto il Consiglio direttivo per esaminare e dare un parere preliminare sulle domande di ammissione dei nuovi soci, per esaminare i bilanci, per deliberare su alcune spese varie di ordinaria amministrazione e per esaminare la pratica relativa alla espropriazione per pubblica utilità di circa 600 mq. di terreno agrario di proprietà della Società. Diverse riunioni ha tenuto anche il Comitato di Redazione del Bollettino che spesso ha inviato a cultori particolarmente competenti i lavori presentati per la pubblicazione allo scopo di tenere sempre alto il buon nome ed il livello scientifico e culturale della Società. Anche il 1978 si chiude con l’amara constatazione che le relazioni relative alla Tavola Rotonda sullTnquinamento, tenutasi nel maggio 1975 e che dovevano essere raccolte in un volume delle « Memorie della Società dei Naturalisti » (altra pubblicazione a carattere occasionale di questa Società), non hanno potuto ancora essere pubblicate per mancanza di fondi. Firmato il Presidente ». Dopo aver illustrato i bilanci consuntivo 1978 e preventivo 1979, il Presidente dà la parola ai Revisori dei consti. Il socio Damiano Stanzione, anche a nome del socio Francesco Ortolani, legge la relazione relativa ai suddetti bilanci e termina elogiando i componenti del Consiglio Direttivo per l'oculata, ordinata e corretta gestione dei fondi della Società e per l'efficacia con cui sono riusciti ad ottenere i contributi da diversi Enti. Egli suggerisce poi di chiedere contributi per le spese di pubblicazione per il volume delle Memorie sulla Tavola Rotonda sull’Inquinamento alia Regione Campania e, in particolare, alla Cassa per il Mezzogiorno che ha, tra l’altro, in via di svolgimento un progetto per la risolu¬ zione dei problemi di inquinamento del Golfo di Napoli. Suggerisce inoltre di chiedere contributi maggiori all’Università, in considerazione del fatto che la nostra Società è un ente morale che ha sede nei locali universitari. Il Presidente dichiara che terrà conto dei suggerimenti per quanto riguarda la Cassa per il Mezzogiorno e che già sono state effettuate le richieste di fondi alla Regione ed aH’Università; in particolare, per quest’ultima richiesta, ha anche esercitato pressioni, tramite il collega Ciliberto, componente del Consiglio di Amministrazione dell'Università, per ottenere un contributo maggiore di quello dell’anno scorso. Posti infine in votazione i Bilanci consuntivo 1978 e preventivo 1979, l'assem¬ blea li approva all'unanimità. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche: 1 - il socio Emma Taddei presenta una nota sua e di De Biasio L, Guadagno F., Placella B., Sgarrella F. dal titolo: «La sezione pleistocenica di Archi (R.C.) ». Chiedono chiarimenti Vittozzi, Napoletano, Stanzione, Sgrosso. Circa la seconda comunicazione scientifica all'o.d.g., il Presidente informa che, per volontà dell'autore essa è rimandata ad altra seduta. Esaminati gli argomenti all’ordine del giorno, la seduta è tolta alle 18'’ 20"’. Il Segretario: Teresa de Cunzo Il Presidente: Pio Vittozzi 564 Processi verbali Processo verbale della Seduta del 23 febbraio 1979 Il giorno 23 febbraio 1979 alle n*" 45"’ si è tenuta in seconda convocazione, la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci : Vittozzi, Palombi, Russo, d'Errico, de Cunzo, Pizzo- longo. Caputo, Scaramella, Matteucig, Senatore, Noviello, Biondi, Napoletano, Gioffrè, Battaglini, Della Ragione, Piscopo, Coppa, Taddei, Ruggiero, Sgrosso. Sono presenti anche i familiari e gli amici della Socia scomparsa prof. Valeria Mezzetti Bambacioni. Giustificano l'assenza i soci Giuseppe Catalano e Giuseppe Imbò. Il Presidente dichiara aperta la seduta e prima di dare la parola al relatore della commemorazione dice: « Il prof. Pizzolongo non ha bisogno di presenta¬ zione. Nessuno meglio di lui, discepolo prediletto di Valeria Mezzetti Bamba¬ cioni, ne potrà tratteggiare la figura. Voglio solo accennare che nel corso del quindicennio nel quale io tenni l’incarico di Fisica presso la Facoltà di Agraria di Portici ebbi modo di conoscere da vicino la Professoressa Mezzetti e di con¬ statare in particolare la dedizione per l’Istituto di Botanica da lei diretto e l'at¬ taccamento profondo per i suoi discepoli, specie per il collega Pizzolongo, che oggi ne è il degno successore nella Direzione dell’Istituto ed il continuatore del¬ l'opera della Mezzetti. Cedo quindi volentieri a lui la parola ». Il prof. Pizzolongo pronuncia quindi la commemorazione della socia prof. Valeria Mezzetti Bambacioni. Al termine il Presidente riprende la parola e dice: « Ringrazio il prof. Pizzolongo per aver così bene tratteggiato la figura e l’opera di Valeria Mezzetti Bambacioni e soprattutto lo ringrazio perché egli è riuscito ad evocare in noi quello stesso sentimento di viva commozione da cui fummo pervasi il giorno in cui apprendemmo la sua scomparsa ». La seduta viene poi sospesa per qualche minuto prima di trattare gli altri punti all’ordine del giorno. li segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato. Il Presidente comunica quindi che il Ministero per i Bni Culturali ed Ambientali ha erogato a favore della nostra Società un ulteriore contributo di L. 2.000.000 quale integrazione di quanto già assegnato per l'anno 1978. Comunica inoltre di aver avuto notizia che il Consiglio di Amministrazione deirUniversità ha concesso un contributo di L. 1.000.000 a favore di questa Società. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche. I soci Coppa e Sgrosso pre¬ sentano il lavoro in collaborazione con Ciampo dal titolo : « Il limite tortoniano- messiniano nei dintorni di Salerno ». Esaurito l’o.d.g. la seduta è tolta alle 19'’ 30"’. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 30 mano 1979 Il giorno 30 marzo 1979 alle 17*’ 45"’ si è tenuta in seconda convocazione, la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Processi verbali 565 Sono presenti i soci: Vittozzi, Palombi, de Cunzo, Napoletano, De Castro, Rodriquez, Marmo, Balsamo, Abatino, Bonardi, Barattolo, Il Presidente dichiara aperta la seduta; il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato alFunanimità. Il Prsidente informa della scomparsa del suocero dei diretto collaboratore del Consiglio Direttivo, dott. Gennaro Tomasetta a cui ha fatto pervenire le condoglianze sue personali e della Società, Il Presidente comunica che è pervenuto il contributo di L, 1,400'.000 da parte dell'Ente per la Cellulosa e per la Carta. Inoltre comunica che è stato acquistato un porta-riviste che verrà posto nel salone delle riunioni per consentire la con¬ sultazione degli ultimi numeri delle riviste scientifiche pervenuti alla Società, Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) il socio De Castro presenta il suo lavoro: « Osservazioni su Dipiopora nodosa Schafonti (alghe verdi Dasicla- dacee) del Triassico della Lucania (Appennino meridionale) »; chiedono chiari¬ menti Bonardi e Rodriquez, b) Il socio Marmo presenta un lavoro in collaborazione con Balsamo dal titolo : « Osservazioni in microscopia elettronica a scansione sugli otoconi del- Tembrione di pollo durante lo sviluppo »; chiedono chiarimenti, Palombi, Vit- tozzi, Abatino, De Castro. Il Presidente chiede aU'Assemblea di consentire la presentazione di un altro lavoro, notizia del quale era giunta in ritardo rispetto all'invio dell’invito alla seduta odierna, e che pertanto non risulta inserito nelTo.d.g. ; TAssemblea ac¬ consente. Il socio Bonardi pertanto presenta il lavoro di Giunta, Liguori, Scandone: « La geologia dei monti Sicani (Sicilia) ». Esaurito To.d.g. la seduta è tolta alle 19’’ 35™. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 27 aprile 1979 Il giorno 27 aprile 1979 alle l?*" 45™ si è tenuta in seconda convocazione la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, de Cunzo, Battaglini, Caputo, Milito Pagliara, Cagliozzi, Napoletano. Il Presidente dichiara aperta la seduta; il Segretario legge il verbale della seduta precedente, che viene approvato all'unanimità. Il Prsidente comunica che è pervenuto da parte del Rettore dell'Università di Napoli, il contributo di lire un milione, di cui si era già avuta notizia tempo addietro. Il Presidente, ancora, informa che è giunta in ritardo una richiesta di comu¬ nicazione da presentare in data odierna da parte del socio Barbera; detta co¬ municazione verrà inserita neU’ordine del giorno della prossima seduta, nel mese di maggio. Si passa quindi alle comunicazioni scientifiche. 37 566 Processi verbali a) il socio Battaglini presenta il lavoro in collaborazione con Cagliozzi A. e Milito-Pagliara S. dal titolo: « La valenza ecologica dei Collemboli come metodo per caratterizzare un ecosistema edafico ». Chiede chiarimenti Caputo. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 18’’ 30"". Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 25 maggio 1979 Il giorno 25 maggio 1979 alle 17’’ 45"’ si è tenuta la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, Barbera, Bucini, Di Nocera, Ortolani, Torre Gustato. Il Presidente dichiara aperta la seduta; il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato alTunanimità. Il Prsidente riferisce poi dell’annoso problema del terreno sito a Posillipo di proprietà del nostro Sodalizio, ne riassume brevemente le alterne vicende succedutesi in questi ultimi anni e comunica quindi che detto appezzamento di terreno è stato espropriato per pubblica utilità dalla Cassa per il Mezzogiorno. Le relative indennità ammontano a L. 6.537.720. Il Presidente poi fa presente la necessità di avvalersi di un avvocato per il disbrigo delle pratiche relative alla riscossione di dette indennità. Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) il socio Barbera presenta la nota dal titolo : « Lamelli bianchi miocenici della formazione di Cusano Mutri (BN)»; chiede chiarimenti Torre. b) Il socio Torre presenta la sua nota, in collaborazione con Di Nocera, Ortolani, Russo B., dal titolo: «La successione sedimentaria tortoniano-messi- niana di F. Albanese, P. delle Quarte (Cosenza) ». Esaurito l'o.d.g. la seduta è tolta alle 18’’ 45™. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 27 giugno 1979 Il giorno 27 giugno 1979 alle 17*’ 35™ si è tenuta la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Battaglini, Vittozzi, Napoletano, Palombi, de Cunzo, Brancaccio, Aprile, Gustato, Piscopo, LazzariS., Tramutoli, Sgrosso. Il Presidente dichiara aperta la seduta, il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Processi verbali 567 Il Presidente comunica che il Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, ha elargito per quest’anno, un contributo di L. 5.000.000. Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) il socio Ortolani presenta la sua nota, in collaborazione con Aprile F. : « Principali elementi della struttura profonda della Piana Campana » ; chiedono chiarimento Napoletano, Sgrosso, Vittozzi, Palombi; b) il socio Battaglini presenta la sua nota in collaborazione con Minopoli e Stolfa dal titolo: « Prime ricerche sulla forma beutonica del piano meditorale di Punta Pennata - Miseno (Campania) »; intervengono Napoletano, Sgrosso, Palombi; c) il socio Piscopo presenta la sua nota in collaborazione con Diurno, Cap¬ pello, Cereti-Mazza dal titolo : « Nuovi iodo-organici di sintesi. Sintesi dell’acido 3,4,5 triiodosalicilico »; chiedono chiarimenti Napoletano, Vittozzi. Il socio Piscopo rinvia a nuova data la presentazione della nota di cui alla lettera d) dell’ordine del giorno, dal titolo « Nuovi iodo-organici di sintesi. Acido iodo- benzo triazolibutirrici » ; e) presentato dai soci Palumbo e Vittozzi l'ing. Affinità riferisce su un la¬ voro dal titolo : « Sulla diffusione delle emissioni di SO2 in funzione del flusso di calore dell'area industriale orientale di Napoli »; chiedono chiarimenti Napo¬ letano, Roland!, Vittozzi. Il Presidente annuncia che si aggiunge all’ordine del giorno un’ulteriore nota, notizia della quale è giunta subito dopo la stesura dell’invito della seduta odierna. La nota è in collaborazione dei soci Brancaccio e Sgrosso e di Cinque, Orsi, Pece e Roland!. La nota, illustrata da Cinque, ha titolo: « Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici sospesi sul versante settentrionale presso S. Massimo ». Il Presidente augura buone vacanze. La seduta è tolta alle 19’’. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 27 ottobre 1979 Il giorno 26 ottobre 1979 alle 17*’ 35“ si è tenuta la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, de Cunzo, Palombi, Napoletano, Battaglini, Palumbo, Ariani, Franciosa, Piscopo, Gustato, Caputo, Di Leo. Il Presidente dichiara aperta la seduta e il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all’unanimità. Il Presidente formula i più fervidi voti augurali al consigliere prof. Arturo Palombi per il compimento del suo ottantesimo compleanno, mettendo in risalto l’opera fattiva costantemente da lui svolta per il nostro Sodalizio del quale pe¬ raltro è stato anche Presidente negli anni passati. 568 Processi verbali Il Presidente comunica la perdita dei soci Antonio Lazzari ed Alfonso Ma- ranelli. Informa che in una delie prossime sedute ci sarà la commemorazione del socio Sicardi di recente scomparso. Il Presidente comunica che la Regione ha stanziato la cifra di L. TOO'.OOO quale contributo alla nostra Società. Comunica ancora che al più presto sa¬ ranno riscosse le indennità di espropriazione per pubblica utilità del suolo a Posillipo. Ringrazia il socio arch. Franciosa che con i suoi preziosi competenti consigli ha contribuito non poco a snellire Fiter di questa annosa ¥icenda. Il Presidente comunica che nella seduta del mese di gennaio ci saranno le elezioni per il rinnovo delle cariche e la nomina dei revisori dei conti. Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) il socio P'alumbo presenta la nota sua e di Malin S. R. dal titolo: « Campo geomagnetico L : catalogo delle fonti » ; chiedono chiarimenti Napoletano e Vittozzi; b) il socio Paiumbo presenta la nota sua e di Battista R, dal titolo: « Varia¬ zioni geotermiche alla Solfatara di Pozzuoli »; chiedono chiarimenti Vittozzi, Napoletano e Franciosa. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 18*’ IO'", p. il Segretario: Pietro Battaglimi II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 23 novembre 1979 Il giorno 23 novembre 1979 alle 17^ SO® si è tenuta la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci : Vittozzi, Battaglini, Palombi, Caputo, Olivieri, Paiumbo, Torre Quagliariello. Il Presidente dichiara aperta la seduta e fa notare che, come dall’ordine del giorno, il nucleo principale dell'odierna riunione è la commemorazione del socio dott. Ludovico Sicardi, da poco scomparso. Pertanto fa presente ai soci la necessità che l'odierna seduta inizi direttamente con tale commemorazione, tenuta dal socio prof. Alessandro Oliveri del Castillo. La lettura del verbale della tornata precedente verrà posticipata. Il Presidente, prima di dare la parola al socio Oliveri del Castillo, comunica ai soci le lettere di partecipazione giunte per la commemorazione del socio Sicardi. Indi legge alFassemblea la lettera inviata alla presidenza della Società dalla vedova del dott. Sicardi; in essa, dopo aver ringraziato con commosse pa¬ role i soci per la affettuosa se pur mesta cerimonia, chiede di essere giustificata per la sua assenza a causa della lontananza e della salute non più ottima. Il Presidente comunica poi che è presente in aula una cugina del socio Sicardi e così si esprime: « Ludovico Sicardi era socio da un trentennio; il nostro Bollettino ha pub¬ blicato gran parte dei suoi lavori, e, nel prossimo volume compariranno postumi gli ultimi lavori inviati. Processi verbali 569 Fu tra le prime persone di cui sentii fare il nome dal Prof, Imbò appena entrai nell’ambiente scientifico da giovane aiuto deirOsservatorio Vesuviano nel 1947. Il prof. Imbò ne aveva stima e me lo descrisse come studioso che, pur es¬ sendo fuori deirUniversità, cercava di mantenere i contatti col mondo scienti¬ fico e di conferire un tono di serietà e rigore alle sue ricerche. Fu così che negli ultimi tempi egli ebbe contatti epistolari col collega Oliveri del Castillo a proposito delle sue ultime ricerche sui Campi Flegrei. Per questo motivo la Società ha pregato Oliveri di commemorarlo in questa sede. Cedo volentieri a lui la parola ». Il socio prof. Alessandro Oliveri del Castillo, pronuncia quindi la comme¬ morazione del socio dott. Ludovico Sicardi. Al termine il Presidente riprende la parola e dice: « Ringrazio il socio Oli¬ veri del Castillo per avere così bene tratteggiato la figura del socio scomparso e rinnovo alla vedova Sicardi, alla sorella dello Scomparso ed alla famiglia i sensi del più vivo cordoglio ». L'assemblea applaude commossa alla fine della commemorazione. Il Presidente conclude la cerimonia precisando che la commemorazione fatta dal socio Oliveri del Castillo sarà pubblicata nel Bollettino e di essa saranno inviate un congruo numero di copie alla famiglia, così come saranno pubblicate postume le ultime due note inviate dal Sicardi al nostro Bollettino. Dopo un intervallo di dieci minuti, la seduta riprende per la normale atti¬ vità, viene quindi letto il verbale della tornata precedente dal socio prof. Bat- taglini che sostituisce il segretario prof, de Cunzo assente per motivi familiari. Il verbale viene approvato all'unanimità. Si passa al secondo punto dell'ordine del giorno: comunicazione del Pre¬ sidente. Il Presidente comunica che è stato pubblicato il volume del 1978 del nostro Bollettino e che è in via di distribuzione ai soci. Per quanto concerne la pubblicazione dei lavori scientifici nel Bollettino, il Presidente comunica che si pensa di snellire e accelerare la meccanica dei « referee » formando una rosa di referendarii fissi, che verranno citati nel Bollettino. Il Presidente comunica inoltre che nel mese prossimo sarà tenuta una con¬ ferenza-seminario da parte del socio prof. Vincenzo Vitagliano su argomenti di chimica fisica e che si svolgerà, per la sua ampiezza, in data diversa dalla tornata ordinaria. Altresì il Presidente comunica la riscossione della somma di circa sei milioni a noi dovuta per la espropriazione del suolo di Posillipo e loro investimento in Buoni del Tesoro. Dà notizia deH’invio da parte della Regione Campania di lire cinquecento- mila da utilizzarsi per acquisto di libri e di attrezzature. Il Presidente infine comunica all'assemblea che le votazioni per il rinnovo del Consiglio Direttivo avverranno nel mese di gennaio 1980 per cui si solle¬ citano i soci ad affluire numerosi. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle 18’’ SS*". p. il Segretario: Pietro Battaglimi Il Presidente: Pio Vittozzi 570 Processi verbali Conferenza-Seinìnari© del 12 dicembre 1979 Il giorno 12 dicembre 1979 alle ore 17*’ 30™ nella sala delle adunanze del nostro Sodalizio, nelFambito delle attività della Società previste dallo Statuto, il socio prof. Vincenzo Vitagliano ha tenuto una conferenza sui: «Moderni aspetti della Termodinamica e della Cinetica ». Erano presenti numerosi soci ed un gruppo di studenti universitari. Dopo brevi parole di presentazione pronunciate dal Presidente, ha preso la parola il prof. Vitagliano, ordinario di Chimica fisica nelFUniversità di Napoli. L’oratore ha svolto in maniera chiara ed interessante il tema proposto, ha giustamente posto in rilievo che, quando un processo irreversibile si allontana dalle condizioni di vicinanza all’equilibrio, le equazioni fenomenologiche che le governano cessano di essere equazioni lineari ed i coefficienti di queste equa¬ zioni divengono, in generale, funzioni delle forze motrici. Questo fatto, chiara¬ mente evidenziabile nel campo delle cinetiche chimiche, può portare al sorgere ed alFevolversi di nuovi ed interessanti fenomeni non osservabili in vicinanza delFequilibrio. Tra questi ricordiamo la possibilità dell'esistenza di più stati stazionari e quella di cinetiche oscillanti. L’accoppiamento con la diffusione può portare alla formazione di strutture stabili finché il processo irriversibile si evolve lontano dall'equilibrio. Vengono illustrati alcuni modelli tipici di queste cinetiche e vengono messe in evidenza le possibili implicazioni nel campo dei fenomeni bologici. La conferenza si è conclusa con numerosi interventi da parte di Vittozzi, Napoletano, Matteucig, lannelli, Barone ed altri intervenuti. Il Presidente ringrazia il prof. Vitagliano ed il pubblico presente. Il Segretario: Gerardo Gustato II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale dell'Assemblea generale del 21 dicembre 1979 Il giorno 21 dicembre alle 17’’ 30™ si è tenuta l’Assemblea Generale della So¬ cietà dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, Palombi, Caputo, Battaglini, Senatore, Barbera, De Castro, Boni, Milone, Milito Pagliara, Stanzione, Parisi, Della Ragione, Pi- scopo, Matteucig, Gustato. Il Presidente dichiara aperta la seduta, il Vice-Segretario legge il verbale della seduta del 23 novembre e dell'adunanza del 12 dicembre che vengono ap¬ provati all'unanimità. Il Presidente comunica che per interessamento del prof, de Lerma la Società potrebbe venire in possesso della miscellanea del prof. Saffi. A tale uopo il prof, de Lerma si sta adoperando per far ottenere dalla Sovraintendenza alle Belle Arti un contributo straordinario in modo da consentire l'acquisto di detta miscellanea. Processi verbali 571 Il Presidente informa poi che lo esproprio del terreno a Posillipo è stato perfezionato e che sono state riscosse lire 6.537.720. Sono state pagate lire 150.000 come onorario del legale che ha curato la pratica. Sono stati perciò ac¬ quistati B.O.T. annuali per lire 7.000,000 nominali al reddito del 14 %. Il Presidente comunica poi che una somma di lire 5.000.000 è stata trasferita dal conto corrente postale al conto corrente del Banco di Napoli al fine di ot¬ tenere interessi più vantaggiosi. Il Presidente legge poi la richiesta di contributi inviata al C.N.R. e riferisce della lettera inviata al Rettore dell'Università di Napoli per richiedere fondi. Il Presidente legge poi una lettera della Società Olimpia nella quale viene richiesta alla nostra Società una firma di solidarietaà « pro-caccia ». Il Presi¬ dente legge poi una lettera del « COMIS » relativa ad una mostra naturalistica che si terrà dal 13 al 21 settembre 1980, con richiesta di patrocinio alla nostra Società, in cambio della concessione gratuita di uno stand alla mostra in questione. Il Presidente dà quindi lettura delle domande presentate da 11 aspiranti soci: 1) Villanis Gabriella presentata da Gustato e Matteucig, 2) Diurno Maria Vittoria presentata da Schettino e Piscopo, 3) Forgione Pasquale presentata da Schettino e Piscopo, 4) Cappello Brunella presentata da Schettino e Piscopo, 5) Sgarrella Franca presentata da Zei Moncharmont e De Castro, 6) Richetti Francesco presentata da Battaglini e Matteucig, 7) Pugliese Pasquale presentata da Senatore e Morrica, 8) Placella Bianca presentata da Zei Moncharmont e De Castro, 9) Ferreri Vittoria presentata da Brancaccio e D'Argenio, 10) Di Luise Giancarlo presentata da Brancaccio e Di Girolamo, 11) Buccino Gerardo presentata da D'Argenio e Brancaccio. Si passa a votare le ammissioni dei suelencati aspiranti soci, che vengono accettate all'unanimità. Vengono nominati quindi dall'Assemblea come Revisori dei conti i soci V. Vitagliano e E. Piscopo, Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) De Castro Coppa M. G.: « I foraminiferi delle argille pleistoceniche della località “ Il Fronte " (Mar Piccolo, Taranto) ». Sulla nota, presentata dal socio De Castro Coppa, ha chiesto chiarimenti Stanzione. b) Barbera C.: « Su due Inocerami della pietraforte toscana provenienti dalle collezioni del Servizio Geologico d'Italia ». La nota è stata presentata dal socio Barbera, c) Milone M,, Del Sorbo F., Corvino A. : « Isolamento, comportamento socio¬ sessuale e fertilità maschile ». Sulla nota, presentata dal socio Milone, chiedono chiarimenti i soci Batta¬ glini e De Castro Coppa. d) Gustato G., Villari A., Villanis G. : « Studi biometrici su Carapus acus Brunnich (Pisces Ophidioidei) ». 572 Processi verbali e) Gustato G., Villari A., Villanis G.: « Ulteriori dati sul comportamento di Carapus acus Brunnich (Pisces Ophidioidei) », Su queste note, entrambe presentate dal socio Gustato, chiedono chiarimenti Palombi e De Castro. f) Battaglini P., Gustato G., Milito Pagliara S.: « Contributo alla conoscenza delle comunità animali presenti nelle pozze di scogliera del Golfo id Napoli ». La nota è illustrata dal socio Battaglini. g) Matteucig G. : « Conoscenze zoologiche e senso della physis nell'antica Ercolano : osservazioni preliminari sugli elementi zoologici ivi rappresentati ». Il socio Matteucig, presentando la nota, dà i chiarimenti richiesti. h) Celico P., de Gennaro M., Ferreri M., Ghiara M. R., Russo D., Stanzione D.: « Idrogeochimica del Vallo di Diano (Salerno) ». La nota è illustrata dal socio Stanzione. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta alle ore 20. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1979 con la data di ammissione SOCI BENEMERITI 1) Ih 2^917 2) 3142^922 3) 29- 4-923 4) 16- 3-924 5) 22- 3-925 Carrelli Antonio - Presidenza Accademia dei Lincei - Roma ; abit. Via Ghiaia, 149 - Napoli. Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. TO’RELLI Beatrice - Via Luca da Penne, 3 - 80122 Napoli. ViGGiANi Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli. Imbò Giuseppe - Istituto di Geologia e Geofisica delTUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 1) 26- 2-971 2) 28- 3-963 3) 29-12-976 4) 29-12-974 5) 23-12-975 6) 26- 7-975 7) 7- 2-938 8) 25- 6-976 9) 29-10-971 10) 30- 1-959 11) 23-12-975 12) 25- 6-976 13) 27--3--%4 14) 31- 5-968 SOCI ORDINARI Abatino Elio - C.N.R, - Centro di Microscopia elettronica L M. - Piazza Barsanti e Matteucci - 80125 Napoli. Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica deU'Univer- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Accordi Giovanni - Via Grossi Gondi, 46 - Roma. Amodeo Giovanni - Via Garibaldi, 45 - 80014 Nocera Inferiore. Anastasio Antonio - Via M. Piscitelli, 29 - Napoli. Andiloro Filippo - Campo Sperimentale Contrada « Bettina » - 89013 Gioia Tauro. Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/6 - 80129 Napoli. Aprile Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica delTUniver- sità di Napoli - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Ariani Antonio - Istituto di Zoologia delTUniversità - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. Badolato Franco - Via Pantelleria, 3 - Roma. Balsamo Giuseppe - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ TUniversità " Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Barattolo Filippo - Corso Italia, 11 - 04024 Gaeta. Barbera Carmela - Istituto di Palentologia delTUniversità ■ Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Battaglini Pietro - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 574 Elenco dei soci 15) 27- 6-975 16) 26- 5-972 17) 30- 1-959 18) 30-11-973 19) 31- 5-968 20) 30-12-960 21) 3-12-971 22) 28- 2-969 23) 26- 5-972 24) 20-12-974 25) 27- 3-964 26) 21-12-979 27) 23-12-975 28) 23-12-975 29) 31- 3-972 30) 28-12-951 31) 29-10-971 32) 27- 4-973 33) 30-12-962 34) 21-12-979 35) 27- 3-964 36) 29-10-971 37) 31- 5-968 38) 28-12-940 39) 23-12-975 40) 24- 6-977 41) 23-12-975 42) 28-12-949 43) 3-12-971 44 ) 28- 2-969 45) 23-12-975 46) 23-12-975 Biondi Augusto - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossico- logica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Boenzi Federico - Via Lucano, 122 - 75120 Matera. Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova, Bolognese Bianca - Via Posillipo, 47/A - 80123 Napoli. Bonardi Glauco - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Bonasia Vito - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Boni Maria - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Borgia Giulio Cesare - Geologo - Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. Botte Virgilio - II Cattedra di Anatomia Comparata delFUniver¬ sità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Bova- Conti Marcello - Piazza S. Giovanni Bosco, 1/8 - 90143 Palermo. Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia e Geofisica delFUni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Buccino Gerardo - Via C. Rossi, 13 - 84043 Agropoli, Budetta Paolo - Corso Garibaldi, 142 d - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Istituto di Zoologia delFUniversità - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Cannavale Giuseppe - Via Madonna di Fatima, 98 - 84100 Salerno. Capaldo Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli, Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno. Capolongo Domenico - Via Roma, 8 - 30030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Cappello Brunella - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossico- logica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Caputo Giuseppe - Istituto di Botanica - Via Feria, 223 - 80139 Napoli. Carannante Gabriele - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Carrara Eugenio - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniver¬ sità - Largo S, Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Castaldo Chiara - Via Ugo Niutta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Giovanna - Corso Vittorio Emanuele, 175 - 80121 Napoli. Castellano Maria Cristina - Via Manzoni, 63 - 80123 Napoli. Catalano Giuseppe - Via Luigia Sanfelice, 5 - 80137 Napoli. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia delFUniversità - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Catenacci Vincenzo - Geologo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Ceccoli Annamaria - Via Piscicelli, 29 - Napoli. Celico Pietro - Piazza Pilastri, 17 - 80125 Napoli. Elenco dei soci 575 47) 28- 2-969 48) 29-10-971 49) 31- 5-968 50) 26- 5-972 51) 27- 1-978 51) 31- 5-968 53) 21- 5-968 54) 24- 6-977 55) 28- 2-969 56) 28-12-949 57) 28-12-932 58) 27- 6-975 59) 28- 3-963 60) 26- 1-949 61) 29-11-974 62) 29-10-971 63) 30- 1-959 64) 27- 6-973 65) 29-12-961 66) 31- 5-968 67) 30- 1-959 68) 7- 2-938 69) 30- 1-959 70) 20- 1-932 71) 3-12-971 72) 31- 5-968 73) 29-11-974 74) 28- 6-975 75) 27- 1-978 76) 31- 5-968 77) 25- 6-976 78) 26- 2-971 79) 25- 6-976 Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Chieffi Giovanni - Istituto di Zoologia delFUniversità - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. CiARANFi Neri - Parco Domingo, scala j - Via C. Rosalba, 46 F - 70124 Bari. CiARDiELLO Valle: Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cimino Antonio - Via Carmelo Trasselli, 9 - 90129 Napoli. CiPPiTELLi Giuseppe - Via Morandi, 13 - 20097 S. Donato Milanese. Cocco Ennio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli, CoRNiELLO Alfonso - Corso Umberto, 98 - 81012 Alvignano (Caserta). Corrado Gennaro - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. CoTECCHiA Vincenzo - Corso Alcide De Gasperi, 384 - Bari. CovELLO Mario - Parco Grifeo, 38 - Tufino (Napoli). CozzoLiNO Angela - Via Garibaldi, 9 - Tufino (Napoli). Crescenti Uberto - Via Giobetti, 44 - 65100 Pescara. CucuzzA Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania. D'Alessandro Assunta - Via G. Grande, 12 - Lecce. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Mellini, 30 - 00193 Roma. D'Argento Bruno - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 80121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia della Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Cunzo Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Della Ragione Gennaro - Via S. Pasquale a Chiaia, 29 - 80121 Napoli. De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Chiatamone, 60/B - 80123 Napoli. D'Errico Francesco Paolo - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria dell’Università - Portici (Napoli). De Riggi Angelo - Via Cavour, 2 - 80133 Cicciano (Napoli). De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell’Università - De Rosa Ciro - Via Costantinopoli, 25 - Aversa. De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Simone Francesco - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tos¬ sicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. 576 Elenco dei soci 80) 2940-971 81) 27- 6-975 82) 25- 6-976 83) 27? 3-964 84) 20-12-960 85) 21-12-979 86) 27- 6-975 87) 2042-974 88) 29-10^971 89) 21-12-979 90) 27- 6-973 91) 28- 2-969 92) 21-12-979 93) 29-10'-971 94) 26- 6-976 95 ) 2942-961 96) 21-12-979 97) 24- 6-977 98) 31- 5-968 99) 28- 2-969 100) 23-12-975 101) 18-12-959 102 ) 23-12-975 103) 28-12-951 104) 3-10-971 105) 30-12-960 106) 15-12-978 107) 31- 3-972 108) 15-12-978 De StasiO' Laura Maria - Istituto di Geologia e Geofisica deH’Uni- versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Vivo Benedetto - Istituto di Geologia e Geofisica delFUnìver- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Di Benga Felice - Calata S. Francesco, 12/B - 80127 Napoli. Di Girolamo Pio - Istituto di Mineralogia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Di Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Di Luise Giancarlo - Via Carlo Ravizza, 7/A - 20100 Milano. Di Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - Portici (Napoli). Dini Antonio - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicolo¬ gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Di Nocera Silvio - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. DIURNO' Maria Vittoria - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tos¬ sicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Esposito Vincenzo - Via Bonito, 27 - 80129 Napoli. Fantetti Vincenzo - Via Checchia Rispoli, 176 - 71016 S. Severo (Foggia). Ferreri Vittoria - Istituto di Geologia e Geofisica delFUniver¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Finamore Ester - Via Posillipo, 239 - 80123 Napoli. Fondi Mario - Istituto di Geologia delFUniversità - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Forgione Pasquale ~ Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. FO'RLANI Marcello - Via Libertà, 218/bis - 80055 Portici. Poti Lidia - Istituto di Fisiologia Generale delFUniversità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franciosa Nicola - Istituto' di Edilizia - Facoltà di Architettura - Via Monteoliveto, 3 - 80134 Napoli. Franco Anna Rita - Istituto di Zoologia delFUniversità - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Franco Enrico - Istituto di Mineralogia delFUniversità - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Calassi Leone - Istituto di Biologia Generale e Genetica delFUni¬ versità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Galgano Mario - Istituto di Antropologia delFUniversità - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Galiano Giovanni - Viale Meliusi, 40/c - 82100 Benevento. Gianfrani Alfonso - S. Giacomo dei Capri, 41 - Parco Pica - Napoli. Gioffrè Domenico - Istituto di Coltivazioni Alboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Giunta Giuseppe - Via Notarbartolo, 5 - Palermo. Guadagno Francesco Maria - Via Tasso, 305 - Napoli. Elenco dei soci 577 109) 31- 3-972 110) 26- 2-971 111) 31- 5-968 112) 31- 3-972 113) 30-12-936 114) 28- 1-972 115) 27- 4-973 116) 26- 5-972 117) 26- 1-973 118) 6- 2-939 119) 14- 6-945 120) 27- 1-956 125) 29-10-971 122) 20-12-974 123) 29-10-971 124) 28- 2-969 125) 29-10-971 126) 27- 6-973 127) 29-10-971 128) 28-12-945 129) 15-12-978 130) 31- 3-972 131) 26- 5-971 132) 22- 2-963 133) 27- 6-973 134) 26- 4-974 135) 27- 1-956 136) 20-10-971 137) 25- 6-976 138) 23-12-975 139) 27- 4-973 140) 30-11-973 Guglielmotti Eugenio - Via G. Seripando, 14 - Salerno. Gustato Gerardo - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Honsel Edmondo - Istituto di Botanica - Via Valerio - 34100 Trieste. Ioni Lamberto - Via Luca Giordano, 6 - 80127 Napoli. Ippolito Felice - Istituto di Geologia - Città Universitaria Roma. Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica dell'Univer¬ sità - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Paleontologia dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. JovENE Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli). La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale dell'Università - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lambertini Diana - Istituto di Chimica Industriale dell'Univer¬ sità - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Lanci Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli. Lanci Ernesto - Piazza Carità, 6 - 80134 Napoli. Lapegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80134 Napoli. Lapegna Tavernier Amalia - Istituto di Geologia e Geografia del¬ l'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. La Rotonca Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Via Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pu- gliano (Salerno) . Lazzari Antonio - Via Aniello Falcone, 56 - Napoli. Lazzari Silvestro - Via Mantova 32/6 - 85100 Potenza. Liguori Vincenzo - Istituto di Geologia - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Lucini Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - Roma. Maggione Michele - Via O. Fiacco, 49 - 70124 Bari. Maglione Costantino - Via Cilea, 280 - 80127 Napoli. Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Manzo Sergio - Via Terracina, 368 - 80125 Napoli. Marmo Francesco - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ l'Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Maxia Carmelo - Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Matteucig Giorgio - Istituto di Zoologia dell'Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 578 Elenco dei soci 141) 29-10^971 142) 31= 3-972 143) 29-10-971 144) 28-12=949 145) 27- 1-978 146) 27- 1-978 147) 7- 2-938 148) 27-11-947 149) 30-12-960 150) 2- 5-931 151) 22-12-976 152) 22-12-976 153) 26- 6-976 154) 27- 1-978 155) 31- 5-968 156) 27-11-947 157) 24- 6-977 158) 26- 1-949 159) 25- 6-976 160) 27- 4-973 161) 30-12-960 162) 25- 6-976 163) 27-11-947 164) 29-10-971 165) 30-12-960 166) 31- 3-972 167) 29- 3-963 168) 28-12-945 169) 28- 2-969 170) 30-12-960 Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico Fontana, 95 - 80128 Napoli. Micieli De Biase Leandro - Istituto di Entomologia agraria - Fa¬ coltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Milito Pagliara Severina - Istituto di Zoologia delLUniversità - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli, Milone Mario - Istituto di Zoologia delLUniversità - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. MoncharmonT Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli. Moncharmont Zei Maria - Istituto di Paleontologia deU'Univer- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Fontana, 27 - 80128 Napoli. Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma, Moretti Aldo - Istituto di Botanica - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Moretti Sandra - Viale Maria Cristina di Savoia, 35/G - Napoli. Morrica Schirru Patrizia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell'Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli, Muzzo Carlo - Via Amendola, 2 - 81055 S. Maria Capua Vetere (Caserta) NapO'Leone Giovanni - Istituto di Geologia - Università di Firenze. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20, 80127 Napoli. Nicoletti Pier Giorgio - Via Fuori Porta Napoli - 81043 Capua. Nicotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nicotina Mariano - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. Nota D'Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. Oliveri del Castillo Alessandro - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Orio Franco - Via G. De Jacobis, 3 - Salerno. Orrù Antonietta - Via Monte Pollino, 2 - Quartiere Montesacro - Roma. Ortolani Francesco - Istituto di Geologia e Geografia delLUni¬ versità di Napoli. Pagella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli. Palmentola Giovanni ■ Istituto di Geologia e Paleontologia del¬ l'Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palumbo Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica delLUniver¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pannain PApocchia Lea - Via Carducci, 29 - 80121 Napoli. Paoletti Alfredo - Istituto d’igiene - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 16 - 80134 Napoli. Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Elenco dei soci 579 171) 2- 5-931 172) 29-10-971 173) 24- 6-977 174) 22-12-976 175) 27-12-957 176) 29-12-961 177) 31- 1-951 178) 29-10-971 179) 28-12-951 180) 27- 4-973 181) 31- 5-968 182) 18-12-959 183) 21-12-979 184) 29-10-971 185) 21-12-979 186) 28-12-956 187) 3042-960 188) 28-12-969 189) 20-12-974 190) 27- 6-973 191) 27- 3-964 192) 21-12-970 193) 31- 5-968 194) 28-12-949 195) 3-12-971 196) 27- 3-964 197) 27- 6-975 198) 15-12-978 199) 27-11-947 200) 29-Wm 201) 27- 1-978 202) 31- 5-968 203) 3-12-971 Parenzan Pietro - Stazione di Biologia Marina - Porto Cesareo (Lecce). Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia deH'Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Pasquarella Carmelo - Via Lepanto, 115 - 84100 Pompei. Pellecchia Maria - Via Francesco Saverio Correrà, 222 - Napoli. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì), Pescatore Tullio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00196 Roma. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. PiERANTONi Angiolo - Galleria Umberto I, 27 - 80132 Napoli. PiERATTiNi Donatella - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pieri Piero - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ate¬ neo - 70121 Bari. PiscoPO Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Placella Bianca - Corso Umberto, 35 - 80138 Napoli. Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agra¬ ria - 80055 Portici. Pugliese Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quagliariello Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni- veristà - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Radina Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Radoicic Raika - Geoloski Palent. Zavod. - Belgrado. Ramundo Eliseo - Via Cesare Rossaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapisardi Luigi - Corso A. De Gasperi, 401/D - 70125 Bari. Rapolla Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Richetti Francesco - Istituto di Zootecnica - Via F. Delpino, 1 - 80137 - Napoli. Ricchetti Giustino - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Rippa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli. Roda Cesare - CNR - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Rodriquez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - Caserta. Rotundo Antonio - Istituto di Costivazioni Arboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Salvati Gerardo - Via Pisa, 1 - 85100 Pisa. Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartori Samuele - Istituto di Geologia - Via Zambroni, 63-67 - 40127 Bologna. 580 Elenco dei soci 204) 205) 206) 207) 208) 209) 210) 211) 212) 213) 214) 215) 216) 217) 218) 219) 220) 221) 222) 223) 224) 225) 226) 227) 228) 229) 230) 231) 28- 3-963 ScANDONE Paolo - Istituto di Geologia e Paleontologia - Università di Pisa. 20- 12-974 Scaramella Domenico - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. 30- 12-941 ScHERiLLO Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 29- 10-971 Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 30- 11-973 SciPPARELLA Sergio - Centro di Calcolo Elettronico Interfacoltà - Pad. 17 - Mostra d'Oltremare - Napoli. 27- 3-964 ScoRZiELLO Raffaele - Istituto di Paleontologia dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 27- 3-964 Scotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. 25- 6-976 Senatore Felice - Via Balziro - Traversa Bottiglieri, 17 - Salerno. 15-12-978 Serra Virginia - Dipartimento di Biologia Cellulare - Università - Arcavacata Rende (Cosenza). 31- 1-951 Sersale Riccardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di In¬ gegneria - 80125 Napoli. 21- 12-979 Sgarrella Franca - Via Cilea, 250 - 80127 Napoli. 28- 3-963 Sgrosso Italo - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29- 10-971 SiMONi Lucia - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 31- 1-951 Sinno Renato - Via Scudillo, 20 bis - Napoli. 3042-960 Sorrentino Pappalardo Albino - Via S. Giovanni Bosco - 33028 Tolmezzo. 23-12-975 Spagnuolo Gabriella - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 26- 5-972 Speranza Antonio - Via Monte di Dio, 74 - 80132 Napoli. 31- 5-968 Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, Is. 5) - 80131 27- 6-975 Steri Stefano - Istituto di Matematica dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 31- 5-968 Taddei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. 31- 5-968 Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 26- 3-942 Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli. 31- 5-968 Torre Mario - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 27- 1-978 Tramutoli Mariano - Largo Aurelio Saffi, 11 - 85-00 Potenza. 19- 10-971 Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Fa¬ coltà di Agraria - 80055 Portici. 20- 12-974 Vacatello Michele - Istituto Chimico - Via Mezzocannone, 4 - 80134 Napoli. 15-12-978 Valentini Giovanni - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29-12-961 Vallario Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino 10 - 80138 Napoli. Elenco dei soci 581 232) 25- 6-976 233) 29-10-971 234) 21-12-979 235) 27- 1-978 236) 31- 3-972 237) 30-12-960 238) 26- 1-949 239) 25- 6-976 240) 27- 6-963 Verniani Franco - Istituto di Geologia e Geofisica deU’Univer- sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. ViGGiANi Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. ViLLANis Gabriella - Via Guglielmo Sanfelice, 24 - 80134 Napoli. ViLLARi Anna - Via Bausan, 36 - 80121 Napoli. ViTAGLiANO Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Pa¬ lazzo Seca - 80128 Napoli. ViTAGLiANO Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. ViTTOZZi Pio - Istituto di Geologia e Geofisica delPUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Zampino Carlo - Via S. Baratta - Salerno. Walsh Nicola - Istituto di Geologia e Paleontologia dell’Univer¬ sità - Bari. 38 r^' ¥ ■ - !' • ' V: ' ■ ... .. , . • ' ' - ■:«', :"!• % ■*t1S ' V'^-'-ì." ■'- - - - - i- 1-~>i- ^r^rfW’. M-. Siv & w'-f > .' '".l !'t ;r«V' J'!.'/*’U'/"^'.. --J '■i‘ '''''r' * %MiÉtr"'‘-' ■ A -^A:, , ’' - * vt..g»JÉ|w ', ,.« SHVwAii^ify . M* .- .«b».. . «-" - ìhrv/miXi^ .ii--'^ V?^', - '.y, J. ^ .»J j.,«l ,<• ' "' , * ■' .* '^'v ■ * "'is il .-n' .,-i; v.v’s ■= -V. '2 't„f ■ ^ ' '9 i ^ ' ' A^' 4^'.w' ' ■;■'■■ ' .* ■ ■■ ','* ^ iHaBIBfr ■ ' -’ '^dl^HW »■' ¥, 'U,' . ■ ' Tj '., 31: ^iv-' ' , ’ .- ■. ■'•■•'. v- ' ® ''u ... :.-',ÌÌ;~ -ir '.-■, " ' ', .'■' ■ ■ ■■■'■■ -'■ ' J ‘'‘'- .. ' '•) :.‘®',j -A"; X"' 'AV - .J.- ■•. ■■ , ■■•, ■ . A ■ ■ '4: -v^V ' ■? . 4 " ••/ ' ..' A ■.'-v ■•-■"'.* I , ■ ' , . 'J ..'- v j ' ■> i) gg.flrelir^É., ■ . - ■ ■ “ f - ".v ' '• Vi JÌV,i!r.&.>„ » i'A -, . ViVil* .f Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Acta Borealia. Serie scientia. Tromso - Oslo. 2) Acta Botanica Fennica. Helsinki, 3) Acta Entomologica Fennica. Helsinki. 4) Acta Faunistica Entomologica Musei Nationalis Pragae (Sbornik Faunisti- kych Praci...). Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser, Anthro- pologia. Botanica. Chimia, Mathematica. Physica. Physiologia plantarum. Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et geographica Universitatis Comenianae. Bratislava. 7) Acta Palaentologica Sinica. Nanking (China). 8) Acta Societatis Botanicorum Poloniae. Warszawa. 9) Acta Societatis prò fauna et flora Fennica. Helsinki. 10) Acta Universitatis Lundensis. Lund. 11) Acta Zoologica Fennica. Helsinki, 12) Allan Hancock Monographs. Los Angeles. 13) Anales del Instituto de biologia. Universidad. Nac. de Mèxico. Mexico. 14) Anales del Instituto Botanico A. J. Cavanilles. Madrid. 15) Anales de la Sociedad Cientifica Argentina, Buenos Aires. 16) Animalia Fennica. Helsinki. 17) Annalen der K. K. Naturhistorischen (Hof-) Museum. Wien, 18) Annales Botanici Fennici. Helsinki. 19) Annales Entomologici Fennici (Soumen Hyonteistieteellinen Aika Kauskirija). Helsinki. 20) Annales Musei Goulandris. Contributiones ad historiam naturalem Greciae et Regionis Mediterraneae a Museo Goulandris historiae naturalis editae, Kifisia (Atene). 21) Annales de la Sociètè Royale Zoologique de Belgique. Bruxelles. 22) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 23) Annales Universitatis Mariae Curie Slodowska. Sectio B : geographia, geo¬ logia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 24) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 25) Annali della Facoltà di scienze agrarie della Università degli Studi di Napoli. Portici. 26) Annali del Museo Civico di storia naturale « G. Boria » di Genova. Genova. 27) Annali della Università degli studi de L’Aquila. L'Aquila. 28) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 29) Annuario della Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Bologna. 584 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 30) Annuario della Accademia delle Scienze di Torino, Torino. 31) Annuario delle Biblioteche italiane. Ministero Pubbl. Istr. Roma. 32) Annuario dellTstituto e Museo di Zoologia deirUniversità di Napoli. Napoli. 33) Annuario del Ministero della P. I. Roma. 34) Annuario de Sociedad Broteriana... Coimbra. 35) Archiv de Fruende der Naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 36) Archivio di oceanograha e limnologia. Roma. 37) Archivio per l'antropologia e la etnologia. Firenze. 38) Arkiv for Botanik. Uppsala - Stockholm. 39) Arkiv for Zoology. Stockholm. 40) Arxius de la Seccio de Ciencies. Barcelona. 41) Astarte. Tromso Museum Zoological Department. Tromso. 42) Atti delPAccademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 43) Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania. 44) Atti dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fisiche. Bologna. 45) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 46) Atti deH’Accademia di Scienze Mediche di Ferrara. Ferrara. 47) Atti dell’Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Na¬ zionale Scienze Lettere ed Arti. Napoli. 48) Atti dell’Istituto Botanico della R. Università. R. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 49) Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova, 50) Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Trieste - Udine. 51) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 52) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia naturale di Milano. Milano, 53) Atti della Società Peloritana di Scienze fisiche e matematiche. Messina. 54) Atti della Società Speleologica Italiana. Alessandria. 55) Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. 56) Atti e memorie dell’Accademia di agricoltura, scienze, lettere ed arti. Verona. 57) Atti e rendiconti dell’Accademia di Scienze lettere ed arti degli Zelanti (e dei PP. dello Studio), Vedi Memorie e Rendiconti. 58) Berich der Oberhessischen Gesellschaft fur Natur-und Keilkund... Giessen. 59) Biblioteca Statale di Cremona - « Bollettino della Società Medico Chirur¬ gica e degli Ospedali - Provincia di Cremona ». 60) Biological Bulletin published by Marine Biological Laboratory. Lancaster. 61) Biological Review of thè Cambridge Philosophical Society. Cambridge. 62) Boletin de Sociedade Broteriana. Coimbra. 63) Bolein de la Sociedad Espanola de historia naturai. Madrid. 64) Bollettino del Laboratorio di Entomologia agraria « Filippo Silvestri ». Portici. 65) Bollettino dell’Istituto Botanico dell’Università di Catania. 66) Bollettino dell’Istituto di Entomologia della R. Università di Bologna. 67) Bollettino dell’Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Torino. 68) Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici della Università di Genova. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 585 69) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Venezia. 70) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 71) Bollettino del Servizio Geologico d'Italia. Roma. 72) Bollettino della Società Adriatica di Scienze. Trieste. 73) Bollettino della Società Entomologica Italiana. Firenze. 74) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. 75) Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. 76) Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano 77) Bullettin de l'Institut de Geologie du Bassin d’Aquitaine. Talence. 78) Bulletin of thè British Museum. Naturai History. London. 79) Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (U.A.R.). Cairo. 80) Bulletin of Geological Institute. Ser. Petroleum and coal geology. Ser. Pa- leontology. Sofia. 81) Bulletin of thè Geological Institution of thè University of Uppsala. 82) Bulletin of thè Illinois State Natura History Survey. Urbana. 83) Bulletin de l'Institut Royal des Sciences naturelles de Belgi que. Biologie Entomologie. Bruxelles. 84) Bulletin de la Societé Entomologique d'Egypte. Le Caire. 85) Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l'Ouest de la France. Nantes. 86) Bollettino dell'Orto Botanico di Napoli. Vedi Delpinoa. 87) Casopis Ceské Cek... (Acta Societatis Entomologicae Bohemiae). Praha. 88) Cheapeake Science. A regional Journal of Research and Progress on naturai resources. Solomons. 89) Ciencia biologica (1 Biologia, 2 Ecologia). Dep. de Zoologia Universidade de COIMBRA. 90) Colloquis. Societad Catalana de Biologia... 91) Commentari dell'Ateneo di Brescia. 92) Decheniana. Bonn. 93) Decheniana. Beihefte. Bonn. 94) Delpinoa. Nuova serie del Bollettino dell'Orto Botanico di Napoli. 95) Doriana. Supplemento agli Annali del Museo Civico di Storia naturale « G. Doria ». Genova. 96) Ekologia Polska. Warszawa. 97) Endeavour. Rassegna del progresso scientifico... 98) Entomologische Arbeiten aus dem Museum G. Frey. Munchen. 99) Entomologisk Tidckrift ut given av Entomologiska Foreningen i Stockholm. Journal entomol. publé par la Société Entomol. Stocxholm. 100) Fauna Fennica. Helsingfors. 101) Flora Fennica. Helsinki. 102) Fragmenta Entomologica. Roma. 103) Geoloski Viesnik. Zagreb. 104) Giornale botanico italiano. Firenze. 105) Gorteria Riyksherbarium. Leiden. 106) Illinois biological monographs. Urbana, 107) Journal of thè Marina Biological Association. Cambridge. 108) Leopoldina. Mitteilungen der Deutschen Akademie der Naturgoscher Leopol¬ dina. Halle/Salle. 586 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 109) Madoqua, Scientific papers of thè Namib Desert Research Station Wetenska- plike... 110) Man. The Journal of thè Royal Anthropological Institute. London. 111) Marine studies of San Pedro Bay. 112) Mediterranea, Departemento de Biologia. Alicante. 113) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 114) Memorias de Sociedad Broteriana. Coimbra. 115) Memorie e rendiconti delTAccademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelandi e dei Dafnici di Acireale. 116) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 117) Memorie del Museo Civico di storia naturale di Verona. 118) Memorie del Museo Tridentino di Scienze naturali. Trento. 119) Memorie e note dellTstituto di Geologia applicata deH'Università di Napoli. 120) Memorie della Società Entomologica Italiana Supplemento al Bollettino della Società Entomologica It. Genova. 121) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 122) Mitteilungen der Bayerischen Staatssammlung fiir Paleontologie und histor. Geologie. Monaco. 123) Monographiae Botanicae. Warszawa. 124) Natura. Rivista di scienze naturali. Milano. 125) Natura bresciana. Brescia. 126) Note fìtopatologiche per la Sardegna. Sassari. 127) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 128) Nova acta Leopoldina. Leipzig. 129) Novos Taxa Entomologicos... Lourenco Marques. 130) Ohio (The) Journal of Science. Columbus. 131) Periodico di mineralogia. Roma. 132) Pescaport. Genova. 133) Proceedings of K. Nederlands Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biologica! und medicai Sciences. Amsterdam. 134) Proceeding of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 135) (Publications) United States Geological Survey. Department of thè Interior Washington. a) Abstracts of North American geology; b) Bulletin; c) Earthquake information bulletin; d) Geophysical; e) Journal of Research; /) Professional paper; g) Tecniques; h) Topographic; i) Water supply paper. 136) Pubblicazioni dellTstituto di Botanica deH’Università di Catania. 137) Pubblicazioni della Stazione Zoologica di Napoli. 138) Pubblicaziones del Centro Pirenaico de Biologia sperimentai. Barcelona, poi Jaca. 139) Publicationes del Departemento de Zoologia. Universidad de Barcelona. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 587 140) Publicagoes de Instituto de Zoologia « Dr. Augusto Nobre ». Porto, poi COIMBRA. 141) Quaderni dell’Istituto Botanico dell’Università. Laboratorio Crittogamico. Pavia, 142) Redia. Giornale di zoologia (già Redia. Giornale di Entomologia). Firenze. 143) Rendiconti dell'Istituto Lombardo... Milano. 144) Rendiconto dell'Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società di Scienze Lettere e Arti. Napoli. 145) Report on scientific activities... Warszawa. 146) Revista de Entomologia de Mogambique. Laurenco Marquez. 147) Revista de la Sociedad Cientifica del Paraguay. Asuncion. 148) Ricerche, Contributi e Memorie del Centro di Studi su l’Isola d’Ischia - Biblioteca Antoniana Ischia Ponte. 149) Risveglio del Molise e del Mezzogiorno. 150) Riviera scientifique. Bulletin de l’Association des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritime. Nice. 151) Rivista di Biologia normale e patologica. Messina. 152) Rozpravi Ceske Akademie véd a Umeni. Praze. 153) Sbornik Slovenskeho Nardneo Muzea... Bratislava. 154) Scripta Facultatis Scientiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Bru- nensis. Brne. 155) Selezione veterinaria... Brescia. 156) Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Helsinki. 157) Smithsonian Year. Washington. 158) Sottoterra. Bollettino informativo del Gruppo Speleologico Bolognese C.A.I. e dello Speleo Club di Bologna E.N.A.L. Bologna. 159) Spisy Prirodovedecke Fakulty University J. E. Purkiné. Brno. 160) Struktur und Mitgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina su Halle/Saale. 161) Studi geologici Camerati. Camerino. 162) Studi Sassaresi. Sassari, 163) Studi trentini di scienze naturali, ez. A. Abiologica. Sez. B. Biologia. Trento. 164) Thalassia Ionica. Istituto Sperimentale Talassografico. Taranto. 165) Thalassia salentina. Stazione Biologica Marina di Salento. Porto Cesareo, 166) Thabajos del Departamento de Botanica y Fisiologia vegetai, Madrid. 167) Transactions of thè Wisconsin Academy of Sciences arts and letters. Madison. 168) Travaux biologique de l’Institut J. B. Carnoy. Louvain. 169) Travaux sur la géologie de Bulgarie. Trudove Varhu... Sofia, 170) University of California publications in geological Sciences... 171) Verhandlungen der K. K, Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wien, 172) Vesnik Zavod za Geoloska j Geofizicka Intrazivanija. Serie A Geologija. Serie B Hidrogeologia, Serie C Geofizicka. Beograd. Recensioni 1) Literature Resources Department Biosciences Information Service. 2100 Arch Street - Philadelphia, Pennsylvania - 19103 U.S.A. J 1 INDICE Commemorazione del Socio Valeria Bambacioni Mezzetti . . . pag. 3 Commemorazione del Socio Ludovico Sicardi ...... » 21 SiCARDi L. — Alcune osservazioni sulle tre fasi storiche del bradisismo puteolano rivelate dal Serapeo di Pozzuoli (Napoli) .... » 27 Sicardi L. — Su alcuni fatti connessi all'attività vulcanica dei Campi Flegrei, presso Napoli .......... » 49 Guadagno F. M., Ruggiero E. T., De Blasio L, Placella B.. Sgarrella F, — La sezione pleistocenica di Archi (RC) . , » 57 CiAMPO G., De Castro Coppa M. G., Sgrosso I. — Il miocene superiore dei dintorni di Salerno . . . » 87 De Castro P. — Osservazioni su Diplopora nodosa Schafhautl 1863 (alga verde Dasicladacea) delle scogliere triassiche della Lucania (Appennino meridionale) . . » 101 Barbera C. — Lamellibranchi miocenici della « formazione di Cusano » (Selli 1957) provenienti da Cusano Mutri (Matese orientale, Be¬ nevento) . » 193 Di Nocera S., Ortolani F., Torre M., Russo B. — Caratteristiche stra- tigrafìche e paleoambientali dei depositi altomiocenici nella zona di Falconara Albanese (Catena Costiera Calabra) .... » 213 Aprile F., Ortolani F. — Sulla struttura profonda della Piana Campana » 243 Piscopo E,, Diurno M. V., Cappello B., Mazza M. T. Cereti. — Nuovi iodo-organici di sintesi. Sintesi dell’acido 3,4,5,triiodosalicilico . » 263 Brancaccio L., Sgrosso L, Cinque A., Orsi G., Pece R., Rolandi G. — Lembi residui di sedimenti lacustri pleistocenici sul versante set¬ tentrionale del Matese, presso S. Massimo . . » 275 Palumbo a., Malin S. R. — Campo geomagnetico L. Catalogo delle fonti . . » 287 Palumbo A., Battista R. — Variazioni geotermiche alla Solfatara di Pozzuoli . . » 319 Vitagliano V. — Moderni aspetti della termodinamica e della cinetica » 331 De Castro Coppa M. G. — I foraminiferi delle argille pleistoceniche della località « Il Fronte » (Mare Piccolo, Taranto) (tav. 202 II NO-Taranto) . . » 367 Celico P., Stanzione D., de Gennaro M., Ferreri M., Ghiara M. R., Russo D. — Idrogeochimica del Vallo di Diano (Salerno) . . » 499 590 Indice Gustato G., Villari A., Villanis G. — Studi biometrici su Carapus acus (Brunnich) (Gadiformes, Ophidioidei) . . . . . Gustato G., Villari A., Villanis G. — Ulteriori dati sul comporta¬ mento di Carapus acus (Gadiformes Ophidioidei) . . . . Milone M., Del Sorbo F., Corvino A. — Isolamento, comportamento socio-sessuale e fertilità maschile ........ Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali . , . . Elenco dei soci al 31 dicembre 1979 ........ Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti . :.à: ' V, ■•'V'; 'Vf ■ ' 'i' ' ^ :.v.l| ■ '.^M , S^4;‘5 ' ' - twi;- : /:-. • '- ; Èr;.i-.«étì V r" 7 \ •■ '■ ?;•" * V, ■■■;-•!;-.!?, -^ , ■"- «'■'V' \ ’wti ’ -'è 3; ' *4.^ . •„. .-4 7 ' ;,“v 7- 'Vn^ c ■ .• ■ .^ *’ > S»' , • - ;• ' . ■■ -^ v-i ■,'M l'^ ; -'f-, . ' ^\' ''■ :. -^fó;;-;, .*v>/ ■ v 7"'. ^ii|||7:g"':;:: ■1 TERMINATO DI STAMPARE OGGI XXVIII GIUGNO MCMLXXX NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE « FRANCESCO GIANNINI & FIGLI » Direttore responsabile: Prof. MICHELE FUIANO Autorizzazione della Cancelleria del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29-II-1960 Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei periodici nella bibliografia, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nelle stessa lingua del testo. Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite come tali nel testo, con numerazione progressiva. Al termine del testo, in continuità con rimpaginazione precedente, potranno essere in¬ serite delle tavole contrassegnate da numeri romani progressivi, fermo restando che le dimensioni — inclusa la didascalia — non oltrepassino quelle del formato standard di cm 11 X 18. È consigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni su¬ periori a quelle definitive (1 14 o 2 volte quelle definitive). Salvo indicazioni contraria, le illustrazioni saranno riprodotte in modo da utilizzare al massimo il formato standard e, in ogni caso, in conformità con il parere espresso in merito dal Redattore. Art. 17. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 x 18. Art. 18. — Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva daU'inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riunite in successione e numerate. Art. 19. — La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e dovrà comprendere solo i lavori effettivamente citati nel testo stesso, in una delle forme seguenti Cray (1824); (Cray, 1824); (Cray, 1824; 73); va pertanto esclusa una numerazione progressiva dei ri¬ ferimenti bibliografici. Nell'elenco alfabetico degli Autori il cognome dovrà essere riportato prescindendo dai prefissi di casato (p. es. de, von ecc.) che, se presenti saranno indicati subito dopo il nome. Se di uno stesso Aùtore vengono citati più lavori, questi saranno elencati cro¬ nologicamente facendo seguire alla data di pubblicazione, nell'ordine, le lettere a, b, c. ecc. Le stesse lettere dovranno essere riportate nelle citazioni nel testo. Per lavori pub¬ blicati da più Autori, tutti gli Autori dovranno essere riportati in Bibliografia, mentre nel testo — qualora gli Autori siano tre o più — si riporterà solo il primo con l'aggiunta di et al. Al cognome dell'Autore o degli Autori seguiranno, dopo una virgola, l'iniziale o le iniziali del nome, quindi la data di pubblicazione del lavoro, tra parentesi, e punto. Il titolo del lavoro dovrà essere riportato per esteso, sottolineando le eventuali pa¬ role in corsivo. I titoli dei periodici dovranno essere riportati in corsivo (sottolineatura semplice) ed abbreviati attenendosi alla Word List of Scientific Periodicals, IV Ed. (1963-65). Il numero del volume sarà sottolineato con una linea semplice ed una ondulata onde sia riprodotto in grassetto; esso sarà eventualmente preceduto, tra parentesi, dal numero della serie e seguito, pure tra parentesi, da qullo del fascicolo; quindi due punti e indi¬ cazione della prima e dell'ultima pagina dell'articolo. Qualora il periodico sia articolato in numeri, questi saranno indicati col simbolo N°; analogamente la parte si indicherà con P., la sezione con Sez., il supplemento con Suppl. una nuova serie con N. Ser., una edizione con Ed. In ogni altro caso il riferimento dovrà essere riportato per esteso (per es. nella citazione di una tesi, di un simposio ecc.). Per i lavori non pubblicati su periodici si indicheranno dopo il titolo, nell'ordine, l'Editore e la relativa Città; quindi dopo il punto, il numero complessivo delle pagine (pp-), le eventuali figure (figg.), tavole (tavv.), e tabelle (tabb.). Gli esempi seguenti potranno servire da guida per la compilazione della bibliografia: Aist, S. & Riggs, R. D, (1960). Amino acids from Heterodera glycines. J. Nematol. 1: 254-259. Goodey, J. B. (1963), Soil and freshwater Nematodes. Methuen and Co., London, XV -f 544 pp., 298 figg. Art. 20- — Di eventuali errori e/o omissioni nella compilazione della Bibliografia sono responsabili gli Autori delle note. ? Wil o joiiniiJiSNir‘NviNOSHiiws_s3 1 a va a n librari es smithsonianI'institution^ noui I B RAR ! ES^SMITHSONIAN"”lNSTITUTION^NOIinilJLSNl’~NVINOSHilWS^ S3 I H VH 0 n ""LI B R c/> _ _ z: > c/> z: 55 ^ ^ > X^vash^x ^ > '' :s ^ lOlinilISNI NVINIOSHXIWS SaiBV^BII LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIK <0 _ ~ c/j i; O X^os\A^ Z O 2: - -J 2: -J JBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOIXnXUSNi NVINOSHXIINS S3IHVaan LIBF r« _ 2: r* z tr* _ m __ Uì ^ €/) \ lOlinillSNI NVINOSHilWS SBiaVasn LIBRARIES SMITHSONIAN INSTITUTION NOUi z _ _ <2 Zi» *'’ z sv- cfl 3 5 , . .‘3 s s S X cn o ^ ;;g ''Ì?' > X(OilXST^ 3 > Z /è’iL^ 3 _ ^ m I B R AR I ES SMITHSONIAN”'lNST!TUTION'^NOIXnXIXSNl'~NVINOSHXIlMS^ S3 I H VH 8 IT B R ^ 55 z \ «'> 2 in z ^ s * '* ® ^ ^ ®** S V >' 5 ■^oi\'sy > Z lOliniliSNI NVIN0SHXIWS"S3iava8n^LIBRARIEs“’sMITHS0NIAN INSTITUTION NOUI (pf c/> E c/) _ c/> SMITHSONIAN INSTITUTION NOIinXIlSNI NVINOSHilWS SBlBVaan LIBRARIES SMIT _ 2 > C/> Z CO Z > 1 ~ i i i o 3 o 5 ÉM'^k o co co co (p^ co co s ^ /.V- t s NVINOSHIIWS^^SH I HVa a n^LI B R AR I ES^SMITHSONIAN INSTITUTION NOIiniliSNI_NVIN '••c/5 •— ~ _ C/) Z \ CO -1 I o ::::' o xììvosva^ z ^^..ìvas^ o z _i 2: _i z SMITHSONIAN INSTITUTION NOIXnillSNI NVINOSHXIWS SBiaVaail LIBRARIES SMI' / ✓ I ° p, 2 ^*2 :5 SMITHSONIAN_INSTITUTION NOIXOXIXSNI NVINOSHXms'^Sa I U Va 8 H^L I B R AR I Es'^SMIT co — tn X c/5 co Z O DC^ ~ XC2£ÌÌ5J^ O ^ ~ ' UJ m n^os»a^ ^ rn _ co ~ co X co SMITHSONIAN INSTITUTION NOIXnXIXSNI NVINOSHXIWS S3IUVaan LIBRARIES SMIT NVINOSHXIWS S3IHVaan libraries SMITHSONIAN INSTITUTION NOIXnXIXSNI_ NVIN co __ X co ~ co _ 2 \ co ^N INSTITUTION^NOIXnXIXSNl’^NVINOSHXIWS^ S3 I 8 VH 8 ll’^LI B R AR I ES SMI1 CD