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Il Comitato di Redazione qualora lo giudichi necessario ha facoltà di chiedere il parere consultivo di altri, anche non soci. Art. 2. — I testi delle note devono essere consegnati al Redattore, dattiloscritti in duplice copia, nella stessa tornata o assemblea in cui vengono comunicati. Per gli alle¬ gati (Figure, tavole, carte ecc.) si richiede la consegna, oltre che degli originali destinati alla Tipografia, di una copia eliografica di tutti i disegni a china e di una seconda serie di stampa per tutte le fotografie, con l’indicazione su ciascuna di esse della figura cui si riferisce e del simbolo (numero o lettera) che ne indica la posizione nella figura stessa. Per le diapositive a colori potrà essere fornita, in luogo di una seconda copia, una stampa a colori nel formato minimo di cm 10 x 15. Art. 3. — • Ogni anno i soci hanno diritto a 10 pagine di stampa, gratuite, o al loro equivalente, oltre a 50 estratti senza copertina. Tale diritto non è cedibile né cumulabile. Art. 4. — Con le prime bozze, la Tipografia invierà al Redattore il preventivo di spesa per la stampa nel Bollettino e per gli estratti, questi lo comunicherà all’Autore per la parte di spesa che lo riguarda. Art. 5. — L'Autore restituirà con le prime bozze, gli originali ed il preventivo di spesa per la stampa, sottoscritto per conferma ed accettazione, indicando il numero di estratti a pagamento desiderati, l'indirizzo a cui dovrà essere fatta la spedizione e l'intestazione della fattura relativa alle spese di stampa del periodico e degli estratti. Nel caso che l'ordine provenga da un Istituto Universitario o da altro Ente, l'ordine deve essere sottoscritto dal Direttore. Art. 6. — Modifiche ed aggiunte apportate agli originali nel corso della correzione delle bozze (correzione d'Autore), comportano un aggravio di spesa, specialmente quando richiedono la ricomposizione di lunghi tratti del testo o spostamenti nell'impaginazione. Tali spese saranno addebitate all'Autore. Art. 7. — Le bozze devono essere restituite al Redattore entro 15 giorni. Il ritardo comporta lo spostamento della nota relativa nell'ordine di stampa sul Bollettino; per questo motivo la numerazione delle pagine sarà provvisoria anche nelle ultime bozze e quella definitiva sarà apposta su esse a cura e sotto la responsabilità della Tipografia. Art. 8. — A cura del Redattore, in calce ad ogni lavoro sarà indicata la data di ac¬ cettazione da parte della Rivista. Art. 9. — Al fine di facilitare il computo dell'estensione della composizione tipografica dei lavori è necessario che il testo venga presentato dattiloscritto in cartelle di 25 righe, ciascuna con 60 battute. Art. 10. — L'Autore indicherà in calce al dattiloscritto l’Istituto o l’Ente presso cui il lavoro è stato compiuto e l'eventuale Ente finanziatore della stampa e delle ricerche. Art. 11. — Le note saranno accompagnate da due riassunti, da cui si possa ricavare chiaramente parte sostanziale del lavoro. Uno dei due riassunti sarà in italiano e l’altro preferibilmente in inglese. Art. 12. — Vengono ammesse alla pubblicazione sul Bollettino anche Note d'Autori non soci, purché presentate da due soci e preventivamente sottoposte per l'approvazione al Comitato di Redazione. La stampa di tali Note sarà a totale carico degli Autori. Art. 13. — I caratteri disponibili per la stampa sono i seguenti : maiuscolo ■--= maiuscoletto - . — . - , corsivo - , tondo; in corpo 10 e corpo 8. L'Autore potrà avanzare proposte mediante le sottolineature convenzionali prima riportate. La scelta definitiva dei caratteri è di competenza del Redattore. ISSN 0366-2047 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VOLUME LXXXIX - 1980 GIANNINI EDITORE NAPOLI 1981 SOCIETÀ DEI NATURALISTI IN NAPOLI VIA MEZZOCANNONE, 8 CONSIGLIO DIRETTIVO BIENNIO 1980-81 Prof. Pio Vittozzi Prof. Aldo Napoletano Prof. Teresa de Cunzo Doti. Gerardo Gustato Dott. Angiolo Pierantoni Prof. Pietro Battaglini Dott. Giorgio Matteucig Prof. Antonio Ariani Prof. Glauco Bonardi Prof. Giuseppe Caputo Prof. Arturo Palombi - Presidente - Vice-Presidente - Segretario - Vice-Segretario - Tesoriere - Bibliotecario - Redattore delle pubblicazioni - Consigliere - Consigliere - Consigliere - Consigliere Hanno contribuito alla stampa di questo volume: La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ente Nazionale Cellulosa e Carta Il Ministero per i beni culturali ed ambientali La Regione Campania L’Università di Napoli COMITATO DI REDAZIONE DELLE PUBBLICAZIONI È costituito dal Presidente, dal Redattore delle pubblicazioni e dai quattro Consiglieri, ma si avvale, quando lo ritiene più opportuno, della consulenza scien¬ tifica di particolari competenti italiani o stranieri. In particolare a questo numero hanno collaborato: Flaminio Albonico, Raffaele Califano, Romualdo Caputo, Giancarlo Carrada, Gennaro Corrado, Mario Covello, Piero De Castro, Teodoro De Leo, Sebastiano Genovese, Angiola Maccagno, Bruno Marano, Donato Matassino, Maria Moncharmont Zei, Emiliano Mutti, Alfredo Paoletti, Rachele Scarpati, Italo Sgrosso, Sergio Tazioli, Er¬ menegildo Tremblay, Enrico Vannini. IN MEMORIA DI LEA PANNAIN Dopo alcuni mesi di una subdola malattia che Faveva letteralmente consumata nel fisico, nelle prime ore del mattino del 14 aprile 1980, si è spenta la Preside Prof. Lea Pannain in Papocchia nostra socia dal 1945. Qualche giorno prima della Sua dipartita, Le feci visita e restai edificato della angelica rassegnazione con cui sopportava il male che La minava. Col sorriso sulle labbra che non posso dimenticare e col bacio dell'ami¬ cizia, volle accomiatarsi da me che Le avevo ispirato fiducia durante di¬ versi anni di collaborazione nel Consiglio direttivo dell'Associazione Cam¬ pana degli Insegnanti di Scienze Naturali e di dimestichezza delle nostre famiglie. Lea Pannain nacque in Roma il 2 maggio 1906 da Ernesto e da Luisa Baraini, entrambi napoletani, e nella città di Roma restò con la fami¬ glia fino al 1917, anno in cui il padre si trasferì a Napoli per dirigere stabilimenti industriali particolarmente attrezzati per l’industria bellica. Completati gli studi secondari, Lea, seguendo le orme del padre che in quel periodo svolgeva presso l’Università di Napoli corsi liberi di Chimica generale, si iscrisse alla Facoltà di Chimica, prima, e poi di Chimica e Farmacia conseguendo, con lusinghiere votazioni, le due lauree. Successivamente, superò l’esame di abilitazione all'esercizio della pro¬ fessione di Chimico, nell’Università di Genova e, subito dopo, quello di Farmacista, nell'Università di Bari. Contemporaneamente, nell'anno 1931, conseguì l’abilitazione all’insegnamento delle Scienze naturali, Chimica, Geografia e Igiene nelle Scuole secondarie superiori. Interna per due anni nel Laboratorio di Chimica generale della Uni¬ versità di Napoli col Prof. Zambonini e poi in quello di Igiene diretto da S. E. il Prof. De Blasi, Lea Pannain perfezionò la Sua preparazione che completò anche prestando servizio presso i Laboratori Chimici e Far¬ maceutici degli Ospedali Riuniti di Napoli. Nel 1932, prese parte al concorso per assistente nell’Istituto di Chi¬ mica Biologica dell'Università di Napoli risultando idonea. In conseguenza, fu nominata assistente volontaria e, nell'Istituto, restò per tre anni du¬ rante i quali eseguì per incarico del C.N.R., alle dipendenze di S. E. il Prof. Filippo Bottazzi, Presidente della Commissione per l'alimentazione, 4 Commemorazione numerose analisi di Chimica biologica. Sono appunto di questi anni le indagini sperimentali svolte sotto l'esperta guida di diversi ricercatori. Con De Caro si occupò della « Composizione chimica di alcuni latticini »; con Mazza, del quale con me ne ricordava il valore, avendolo io cono¬ sciuto alla Stazione Zoologica di Napoli, svolse tre ricerche su: « Un nuovo acido biliare della bile di Bue») sul «Meccanismo di azione della succino deidrogenasi nei muscoli » e « Sui meccanismi di azione della istozyma ». In collaborazione con Cianci sono le tre ricerche su « La mo¬ dificazione delle soluzioni in autoclave: di glucosio, di monosaccaridi e di disaccaridi ». In collaborazione con altri ricercatori, eseguì « Analisi chi¬ mica di pane e di paste alimentari » e, da sola, volle ancora cimentarsi nell'« Analisi di alcuni latticini ». Risalgono agli anni dal 1946 al 1949 i lavori pubblicati nel Bollettino di questa Società. Un primo lavoro riguarda « La struttura dell’atomo » col quale Lea si collega alle ricerche del padre sulla struttura atomica degli elementi pubblicate, anche queste in più riprese, nel Bollettino della Società. Nel 1947, presentò un lavoro sulla « Determinazione dell’allumi¬ nio » per la quale si servì di un metodo volumetrico basato sull’idrolisi dei suoi sali. Nel 1948, pubblicò un lavoro col quale dimostrò, sperimen¬ talmente, L« Equivalenza dei sei atomi di idrogeno del benzene » e, in due lavori, dello stesso anno e del successivo 1949, sui « Valori termici dei legami fra gli atomi di carbonio » sia del legame semplice che del legame benzenico. Anche con queste ricerche Lea si collega agli studi del padre sulla teoria elettronica della valenza. Ugualmente, nella produzione di¬ dattica, Lea si è cimentata lasciando una serie di scritti dai seguenti ti¬ toli: Elementi di Chimica per le Scuole medie superiori; Sunti di Chi¬ mica generale ed inorganica; Sunti di Chimica organica, del quale vi fu anche una seconda edizione; Sunti di Mineralogia ; Sunti di Cosmografia, Geofìsica e Geologia. Le Dispense di Chimica generale ed inorganica dei corsi liberi te¬ nuti dal padre nell’Università di Napoli giunte alla V edizione e le Di¬ spense di Chimica organica giunte alla VI edizione portano associato al nome del padre, anche quello di Lea, come pure di entrambi gli autori è il « Compendio di Fisica sperimentale ». Questa associazione rappre¬ senta la migliore dimostrazione dell’affetto paterno e dell'impegno da questi posto in ogni tempo perché la figlia si affermasse nel campo sco¬ lastico. Dal conseguimento della laurea e fino all'anno 1935 in cui vinse il concorso per l’insegnamento delle Scienze naturali, Chimica, Geografia e Igiene negli Istituti secondari superiori. Lea Pannain, contemporanea- In memoria di Lea Pannain 5 mente all’assistentato presso l’Istituto di Chimica biologica, svolse inca¬ richi di insegnamento in diversi Istituti di istruzione media di Napoli. La troviamo, infatti, nel 1930-31, nell'Istituto parificato Celentano ; nel 1931-32 e 1932-33, nell'Ateneo S. Tommaso D'Aquino e, dal 1932 al 1935, nellTstituto Tecnico Industriale Alessandro Volta di Napoli nel quale già insegnava il padre fin dal 1927. Nel 1935, con l’ingresso nei ruoli degli insegnanti, fu assegnata al¬ l’Istituto Tecnico Commerciale di Littoria (l’attuale Latina). I primi passi di questo insegnamento furono duri per Lea costretta a partire da Napoli nelle prime ore del mattino, quando d’inverno era ancora buio, per rag¬ giungere la scuola in tempo utile per l’inizio delle lezioni. Il ritorno, poi, non era meno disagevole soprattutto per il tempo occorrente per tornare in famiglia. Fortunatamente, questo disagio durò poco perché una serie di provvidenziali trasferimenti La portarono prima al Liceo Ginnasio « Giannone » di Caserta, poi all’Istituto Magistrale « Villari » di Napoli e infine al Liceo « Umberto I » di Napoli ove restò fino al 30 set¬ tembre 1959. ★ ★ ★ Durante l’ultimo conflitto mondiale, troviamo Lea nell'Ospedale mi¬ litare di Napoli impegnata, in qualità di Infermiera volontaria della Croce Rossa Italiana, nel Reparto Chimico Batteriologico e nei Reparti degli Ospedali militari adibiti al ricovero dei feriti provenienti dalle zone di operazione. « La bianca sorella, con la croce vermiglia sul petto — sono Sue le parole — così ricorda quella missione di amore e di carità: fui accanto ai loro letti di dolore e di angoscia, quando, reduci dalle terre africane, con le membra lacere, gemevano, senza che un’imprecazione fosse sul loro labbro, contro chi aveva commesso il crimine di condurre in guerra la Nazione senza averla preparata, contro chi aveva giocato con le vite umane e coi destini di un popolo ». Nel 1944, Lea fu eletta Delegata del Movimento femminile democri¬ stiano di Napoli e, nel 1946, assunse la carica di Delegata provinciale che La portò alla inclusione nella lista democristiana per le elezioni po¬ litiche nel Collegio di Napoli. Durante questo periodo impegnativo, Lea si prodigò per affermare le Sue idee politiche. Sono, infatti, degli anni 1945-1946 le radioconversa- zioni su: « I doveri della donna nell’ora presente » e « Parole ai giovani », nonché la radioconversazione sul « Referendum » nella quale espose il Suo credo politico in occasione della chiamata alle urne del 2 giugno 6 Commemorazione 1946 per la forma istituzionale e per le elezioni politiche per le quali era candidata. Più volte» dal 1943 al 1958/59» Lea fu chiamata a partecipare, quale componente delle Commissioni esaminatrici, ai concorsi a cattedre ban¬ diti dal Ministero della P. I. per l’insegnamento delle Scienze naturali, Chimica e Geografia negli Istituti medi di secondo grado. Nel triennio 1956-1959 fece parte del Consiglio di Amministrazione de¬ gli Educandati femminili ai Miracoli quale rappresentante del Ministero della P. I. con funzioni di Vice presidente. Per un decennio, e precisamente dal 1951 al 1961, Lea fu Presidente del Centro Assistenziale Femminile (C.A.F.) dedicandosi in modo parti- lare all’educazione dei giovani di ambo i sessi nei Centri di addestra¬ mento nei corsi di qualificazione assegnati dal Ministero del Lavoro e nei corsi di cultura assegnati dal Ministero della Pubblica Istruzione. Questa multiforme attività attesta il dinamismo della Pannain che, nonostante l’aspetto delicato, manifestava insospettate riposte energie. ★ ★ ★ Nell'anno 1953 Lea vinse il concorso a preside nei Licei ed Istituti Magistrali e fu destinata alla Presidenza dell’Istituto Magistrale di Co¬ senza. Non accettò la nomina e pertanto ritornò a coprire la cattedra di Scienze naturali, Chimica e Geografia nel Liceo Umberto I di Napoli. Il Suo obiettivo, però, era la presidenza di un Istituto medio ed infatti, nel 1956» si cimentò nel concorso a preside nelle Scuole dei Collegi riu¬ niti di Educazione Professionale Femminlie Duchessa d’Aosta di Napoli riuscendo vincitrice e classificandosi prima in graduatoria. Lasciò trascor¬ rere qualche anno finché il 1° ottobre 1959, avvalendosi del concorso vinto nel 1953, chiese la restituzione al ruolo dei Presidi. La Sua richiesta fu accolta e fu destinata al Liceo di Vallo della Lucania da cui fu di¬ staccata ed assegnata alla Presidenza delle Scuole annesse agli Educan¬ dati Femminili di Napoli ove prestò servizio fino al 30 settembre 1964. Fu questo un periodo poco sereno della Sua attività di Preside — e con me se ne lamentava — perché non Le riusciva di svolgere con regolarità e giustizia il Suo mandato» ostacolata, nel governo della Scuola, dall’in¬ vadente Consiglio di Amministrazione. Eppure, non Le doveva essere ignoto il comportamento di detto Consiglio essendo stata di questo com¬ ponente per tre anni quale rappresentante del Ministero della P. I. in veste di Vice Presidente ! L’incomoda situazione fu superata, con Sua piena soddisfazione, in seguito all’assegnazione, dal 1° ottobre 1964, alla In memoria di Lea Pannain 7 Presidenza dell’Istituto Tecnico Femminile Elena di Savoia ove stette per ben dodici anni esercitando il Suo mandato con dignità, prestigio, tatto ed equilibrio riscuotendo il plauso dei Suoi collaboratori e rispetto e devozione delle allieve. Sotto la Sua direzione, furono portate a compimento importanti opere quali: rimpianto televisivo a circuito chiuso; l'organizzazione del Laboratorio linguistico con Tannessa sala di regìa, nonché il Laboratorio di chimica e l'aula di Scienze naturali anche queste bene attrezzate. Ma¬ nifestazioni didattiche e culturali per la valorizzazione del titolo di studio rilasciato dallTstituto furono da Lei perseguite ripetutamente con mostre didattiche delle attività tecniche femminili e con riunioni, attività educative, visite d’istruzione e discorsi. Importante si rivelò, nel suo concreto risultato, Ylncontro su l’istru¬ zione tecnica femminile al quale parteciparono eminenti studiosi non¬ ché il Direttore Generale per ITstruzione Tecnica il quale nel suo di¬ scorso affermò che le realizzazioni del settore dellTstruzione Tecnica Femminile avrebbero consentito Tinserimento della donna a tutti i com¬ petenti livelli tecnici. La mostra delle attività didattiche e tecniche, colle¬ gata all'incontro, mentre confermò quanto rincontro aveva delineato, suscitò ammirazione ed interesse nei visitatori costituendo la più con¬ vincente testimonianza del grado di preparazione tecnica raggiunto dalle allieve. Ancora di questi anni, sono le conferenze che, per incarico del Lyceum Club Femminile di Napoli, del quale Lea faceva parte, tenne al Circolo Artistico. Ne ricordo due: una, su \Y Emancipazione della donna e la sua preparazione tecnica e l'altra su Madame Curie, donna e scienziata. Nella prima, Lea parlava con piena conoscenza del problema nella Sua qualità di Preside dell’Istituto Tecnico Femminile. Infatti, prospet¬ tava gli indirizzi che meglio completano la loro funzione perché rispon¬ denti alla dignità ed all’efficacia della donna nella Famiglia, nella Scuola, nella Ricerca scientifica e nelllndustria. Raggruppava tali indirizzi nelle due sezioni: industriale ed economica. Nella prima, comprendeva le Tecniche dell'abbigliamento e dell'arredamento e le Perite analiste per i laboratori chimico-merceologici; nella sezione economica, invece, com¬ prendeva l’Economia domestica, le Dirigenti di Comunità, le Economo dietiste e le Segretarie di direzione. Quello che soprattutto occorre, qua¬ lunque sia la specializzazione — affermava la Preside — è che la Scuola e quindi gli Istituti Tecnici Femminili e gli Istituti Professionali Fem¬ minili che costituiscono i pilastri per una sempre maggiore affermazione dei valori sociali del lavoro femminile si impegnino per rendere più 8 Commemorazione idonea e più armonica la preparazione della donna in modo che, con un valido titolo di studio e non con un inutile diploma, risulti che anche la donna è elemento tecnico propulsore del progresso e dello sviluppo sociale, politico ed economico del paese. Ribadiva tali concetti con l'altra conferenza su Marie Curie con la quale Lea volle dimostrare, attraverso la vita e le opere della scienziata, l’eguaglianza degli uomini e delle donne anche in campo scientifico. Nell'ultimo periodo della Sua presidenza, più stretti e frequenti fu¬ rono i nostri rapporti perché componente del Consiglio direttivo della Sezione Campana dell’Associazione Nazionale degli Insegnanti di Scienze Naturali. Fu Lei che liberamente offrì l'Istituto per le riunioni degli associati mettendo a disposizione sia l'aula magna per le assemblee ge¬ nerali, sia le aule speciali per le lezioni e le esercitazioni pratiche. L’ospi¬ talità durò ben sette anni: dal 1969, data della fondazione dell'Associa¬ zione, al 1976, data del collocamento in pensione e ricordo che Lea pro¬ pose al Consiglio di chiedere alla subentrante preside, la concessione dell'ospitalità. Il Consiglio direttivo dell'Associazione, pur apprezzando la proposta della Consigliera Pannain, La pregò di non avanzare la richie¬ sta per non arrecare disturbo all'Istituto. Ci si orientò, invece, anche perché parecchi componenti dell'Associazione sono contemporaneamente soci dei due Sodalizi, di chiedere ospitalità, che fu subito e con piacere concessa, alla Presidenza della Società dei Naturalisti nella cui sede si svolge oggi la manifestazione in omaggio a Lea che L'ha più volte vista presente in questa sala, alle riunioni delle due Associazioni. Nel 1976, col raggiungimento dei limiti di età, la preside Pannain fu collocata in pensione, ma Lea continuò ad esercitare la Sua attività ri¬ coprendo, per incarico, la presidenza del Liceo Internazionale di Napoli, carica che tenne fin quasi alla sua dipartita e che abbandonò con vivo rincrescimento. Signore e Signori! Se disadorna è stata l’esposizione fin qui fatta dell'attività della pre¬ side Pannain, essa è però puntuale, obiettiva e sincera e di questo devo ringraziare i nipoti Dott./ssa Marisa e Prof. Bruno Pannain per le no¬ tizie che mi hanno fornito, nonché la preside Maresca, Sua devota colla¬ boratrice, subentrata nella presidenza dell’Istituto, che ha messo a mia disposizione elementi tratti dall'Archivio della Scuola. In memoria di Lea Pannain 9 Larga era la schiera degli amici e conoscenti coi quali Lea aveva dimestichezza ed anche affezione, ma soprattutto stretti e saldi erano i rapporti fra i componenti la famiglia Pannain. Specialmente nutriva tanta tenerezza per i genitori che ricordava spesso con particolare riconoscenza e reverenza ed alta considerazione aveva per il fratello Remo, eminente giurista, ordinario di Diritto penale nell'Università di Napoli, del quale andava orgogliosa. Non c’era, infatti, ricorrenza in casa di Lea senza che il fratello partecipasse di persona conferendo così alla festa lustro e decoro. Con la scomparsa dei genitori e dei fratelli, l'affetto di Lea si era riversato sui nipoti e sul marito Ing. Raffaele al quale si era dedicata in¬ teramente riaffermando la Sua missione di infermiera. A lui, infatti, pro¬ digava assidue cure e quando si allontanava da casa, anche per poco tempo, telefonava per sentire, dalla viva voce del marito, le sue condi¬ zioni fisiche e morali. Oltre alla Famiglia della quale Lea nutriva un vero culto, la Sua vita era altresì dedicata alla Scuola alla quale si era donata con amore ed abnegazione ed alla Società per la quale aveva profuso tante energie e che desiderava vedere migliore di quella attuale. Purtroppo, il Suo desiderio è restato inappagato e la Sua vita si è spenta lasciando, nel¬ l'animo degli amici e di quanti La conobbero il vivo ricordo dei Suoi valori spirituali. Arturo Palombi Napoli, 31 ottobre 1980 Boll. Soc. Natur. Napoli vo . 89, 1980, pp. 11-18, figg. 2, tabb. 3 Confronto analitico delle acque di tre fonti limitrofe del comprensorio di Ansante (in provincia di Avellino) Nota dei soci Pasquale Forgione(*) e Oreste Schettino (*) (Tornata del 29 febbraio 1980) Il comprensorio di Ansante» nei comuni limitrofi di Villamaina» Fri- gento e Gesualdo (Avellino) presenta una struttura idrologica di rilevante interesse» per la presenza di molteplici falde acquifere dotate di autono¬ mia strutturale pur essendo tra loro contigue. Nella presente nota rife¬ riamo sugli studi analitici condotti su tre sorgenti affioranti spontanea¬ mente nella zona suddetta» una delle quali, in particolare» trova già oggi una certa utilizzazione dal punto di vista termale. Lineamenti di geomorfologia della zona. Per meglio inquadrare la manifestazione termominerale superficiale della zona di Ansante è oppor¬ tuno rifarsi a quanto i più recenti studi di Geologia Regionale hanno messo in evidenza [Cocco e al. (1974) e di Nocera e al. (1976)]. Infatti non è da escludere, alla luce deli '‘interpr eta." ione della struttura di alcuni pozzi profondi e di ampi sondaggi geoelettrici effettuati nella zona» l'ipo¬ tesi di una circolazione termodinamica di fluidi di origine profonda. Ci riferiamo» in particolare» alle osservazioni di campagna riferite da Ippolito e coll. (1974). Sulla base dì tali osservazioni» infatti, i feno¬ meni presenti nella zona in oggetto possono essere inquadrati nell'area geologica della dorsale di Erigente delimitata dal paese di Mirabella Eclano a N.O., dal torrente Predane a S.O.» dal paese di Guardia dei Lom¬ bardi a S.E. e dal Fiume Ufita a N.E. Tale area è riportata nel grafico di Fig. 1. (*) Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica - Università di Napoli. 12 P. Forgione e O. Schettino L'esame della successione degli strati sedimentari secondo Ippolito e colL (1974) consente di evidenziare quattro unità fondamentali che, in ordine discendente, possono essere così descritte: 1 2 5 0 4 Km Fxg. 1. — ■ Schema tettonico dell’area a Nord dei monti Picentini (da Ippolito, Ortolani ... 1974). A) Unità lagonegrese, che costituisce l'unità inferiore affiorante. In tale unità si rivelano: scisti silicei, in modesti affioramenti, rappresentati da diaspri rossi e verdi, in prossimità del campo sportivo di Frigento; Flysch Galestrino, che è la formazione maggiormente rappresentata; Flysch rosso, specie lungo il versante sud-occidentale della dorsale di Confronto analitico delle acque dì tre fonti limitrofe, ecc. 13 Frigento, e parzialmente sulla sponda sinistra del Fiume Unta; Flysch numidico , in prossimità di Villamaina, con struttura mista, compren¬ dente prevalentemente quarzo-arenili, marne ed argille, denominazione indicante i depositi del ciclo Tortomano- superiore messiniano . B) Unità di Villamaina, successione di argille intercalate da sottili strati di arenarie, localizzata prevalentemente lungo la dorsale di Fri¬ gento, versante sud-occidentale, depositi del ciclo Messiniano-Pliocene inferiore. C) Unità di Altavilla, strutturata essenzialmente da gessi micro¬ cristallini alternati a sabbie ed argille non bituminose, ed affiorante in prossimità del M, Forcuso (prevalentemente ad ovest). Secondo alcuni AA. alla base di tali formazioni si rinvengono evaporati, poggianti a loro volta su Flysch rosso, mentre superiormente si rileverebbero conglome¬ rati, sabbie ed argille. D) Unità di Ariano, depositi del ciclo Pliocene inferiore medio Ortolani e coll. (1977), interessante solo marginalmente la zona presa in esame. Nel comprensorio descritto una compagnia petrolifera effettuò tra il 1950 ed il 1955, prospezioni geologiche, che peraltro dettero risultati di scarsa utilità pratica, per la ricerca di idrocarburi, incoraggiata in ciò dalla presenza nella zona di qualche affioramento gassoso spontaneo. Parte sperimentale Lo studio chimico-fìsico delle acque del comprensorio di Ansante è stato eseguito mediante esami e saggi praticati alla sorgente e mediante accurate e ripetute determinazioni quantitative espletate in laboratorio, tenendo conto dei più moderni metodi e criteri adottati in materia. Non ci risulta che antecedentemente alle ricerche di cui riferiamo nella presente nota siano state eseguite analisi complete sulle acque del comprensorio da noi studiato. Le fonti esaminate sono tre, da noi nume¬ rate progressivamente nell'ordine crescente della temperatura a cui l'acqua sgorga, in mancanza di una nomenclatura ufficiale. Le sorgenti affiorano in un'area di circa 600 m2 (distanza reciproca alFincirca 150 m) nella località « zona bagni ». La portata delle sorgenti si aggira sui 300 litri/ora. I prelievi sono stati effettuati dopo un prolungato periodo di assenza di precipitazioni atmosferiche. 14 P. Forgione e O. Schettino I risultati analitici sono riportati nelle Tabelle I - II e III che seguo¬ no, tracciate secondo il classico schema di Marotta e Sica. Considerazioni conclusive Come si osserva dai risultati analitici l'acqua della sorgente 1 si di¬ stacca nettamente, e per temperatura di affioramento e per entità e tipo di mineralizzazione, da quella delle altre due sorgenti esaminate. TABELLA I Caratteri organolettici e chimico - fisici Parametro Analitico CAMPIONE Sorgente 1 Sorgente 2 Sorgente 3 Aspetto limpido limpido limpido Colore incolore incolore incolore Odore inodore inodore leggero odore Sapore gradevole gradevole idrocarburico leggero sapore Temperatura dell’acqua alla sorgente 12° 22° catramoso 27° Temperatura dell'aria esterna 15° 15° 15° Densità 1,0010 1,0011 1,0011 Conducibilità elettrica 8,8. IO-4 1,13. IO-3 1,31. IO-3 Attività degli ioni idrogeno (pH) 6,85 6,89 6,70 Tutte e tre le acque possono essere classificate come alcalino- terrose, tuttavia tra esse quelle delle sorgenti N. 2 e N. 3 sono caratterizzate da un rapporto Ca/Mg che si avvicina molto all’unità. Il complesso della mineralizzazione, peraltro, può essere considerato in armonia con la strut¬ tura profonda dell’area interessata, così come inquadrata in quella più generale dell'Appennino Irpino sulla base degli studi di Ippolito e coll. Confronto analitico delle acque di tre fonti limitrofe, ecc. 15 La presenza di tracce di ammoniaca nell'acqua della sorgente N. 3 non correiabile con la citata struttura del sottosuolo, va attribuita essen¬ zialmente a fenomeni di inquinamento (forse occasionale) della falda acquifera, da addebitarsi in modo speciale ad attività agricole della zona, in mancanza di consistenti insediamenti umani. Primi rilievi biologici TABELLA II SORGENTE 1 2 3 Residuo fisso a 110° (g/1) 0,82510 0,9384 0,8880 Residuo fisso a 180° (g/1) 0,74510 0,8684 0,8480 Ammoniaca NH3 Assente Assente Tracce Nitriti N203 Assenti Assenti Tracce Nitrati N205 Tracce min. Tracce min. Tracce min. Idrogeno solforato Assente Assente 2,21 Alcalinità (in mi HC1 N/i0 per litro) 61,30 139,0 150,0 Durezza totale (°Tedeschi) 29,6 37,7 40,4 Durezza permanente (») 8,7 5,5 9,9 Durezza temporanea (») 20,9 32,2 30,5 Ossigeno cons. (Kubel mg/1) 1,152 0,512 0,50 eseguiti su tale acqua, infatti, hanno permesso di rilevare la presenza di bacterium coli nella misura di 28/250 mi. In considerazione dell'esistenza, nelle zone circostanti alle sorgenti, di esalazioni gassose, come si è accennato all'inizio, abbiamo effettuato, la ricerca dell’eventuale presenza di idrocarburi. Tenendo presente la quantità presumibilmente piccola di tali sostanze nelle acque in esame, si è in via preliminare cercato di selezionare la tecnica analitica più idonea, sulla base, anche, delle indicazioni fornite in materia da Chaigneau e coll. (1976). Nel corso di tale disamina si è preso in considerazione il solvente più efficiente ai fini dell'estrazione pressoché quantitativa degli idrocarburi, che è risultato essere il tetra- 16 P . Forgiane e O . Schettino cloruro di carbonio. Le ripetute prove di estrazione sono state eseguite sempre su grandi volumi di acqua, usando un volume complessivo di solvente pari ad 1/100 di quello dell'acqua da estrarre, ma frazionando tale volume di solvente in più aliquote successive che venivano poi unite per il prosieguo dell’indagine. Dopo l'estrazione si procedeva alla disidra¬ tazione dell'estratto mediante aggiunta del 10 % circa (p/v) di solfato di sodio anidro. L’estratto ottenuto perfettamente anidro è stato esaminato all'IR, uti¬ lizzando l'apparecchio Perkin-Elmer 177 a registrazione automatica, pre¬ SORGENTE IONE 1 2 3 g/1 millimoli g/1 1 millimoli g/1 millimoli Sodio Na+ 0,0280 1.2150 0,0211 0,9150 0,0200 0,8680 Potassio K+ 0,0030 0,0765 0,0030 0,0760 0,0034 0,0860 Calcio Ca++ 0,1367 6,8210 0,1460 7,2850 0,1516 7,5630 Magnesio Mg++ 0,0455 3,7380 0,07504 6,1680 0,08386 6,8540 Alluminio Al3+ 0,0003 0,0330 0,0005 0,055 0,0050 0,0550 Ferro Fe3+ 0,0008 0,0280 0,0008 0,0280 0,0080 0,0280 Stronzio Sr2+ — — 0,0009 0,0200 0,0090 0,0200 Cloridrico CL 0,01846 0,520 0,0379 1,0680 0,03515 0,9910 Solforico S042- 0,2068 4,300 0,1004 2,0880 0,1598 3,3230 Idrocarbonico HC03 0,3721 6,102 0,8479 13,9050 0,9150 15,0060 Silice Si02 0,1286 — 0,0186 — ' 0,0527 — fissando il tempo di scansione a 12 minuti e utilizzando celle di NaCl. La presenza degli idrocarburi in quantità estremamente piccola conte¬ nuta nell'estratto è confermata dalla misura dell'assorbanza tra 3,38 micron, 3,42 micron, 3,50 micron, lunghezza d’onda a cui corrispondono appunto gli assorbimenti dei gruppi CH, CH2, CH3. Per via gas-cromatografica si è proceduto alla identificazione degli idrocarburi dell’estratto CC14 della fonte N. 3 seguendo le condizioni ope- Confronto analitico delle acque di tre fonti limitrofe, ecc. 17 rative come da figura 2 utilizzando un apparecchio C. Erba Fractovap D collegato ad un integratore automatico. La prova di confronto, utilizzando aliquote prefissate in 10 p.p.m. di pentano e N esano in CC14 ha dato un unico picco prima del solvente con lo stesso tempo di ritenzione del campione esaminato. Fig. 2. — Gas cromatografia dell'estratto in CC14 della fonte N. 3. Colonna: paraf¬ fina; gas trasporto: azoto 0,4 Kg/cm2; volume campione: 0,5 ni; tem¬ peratura colonna : 10°C; temperatura camera : 290aC; riv. : ionizzaz. di fiamma. Le sorgenti 2 e 3 con idonee opere di captazione e protezione pos¬ sono essere utilizzate meglio in relazione alla crescente richiesta di acqua potabile e meritano a nostro avviso ulteriori studi per valutare la possi¬ bilità di una più intensiva utilizzazione. 2 18 P. Forgione e O. Schettino BIBLIOGRAFIA Cocco E., Coppola L., Graverò E., Ortolano F., ed altri, 1974 - Le unità irpine nel¬ l’area a nord di Monte Marzano. Men. Doc. Geol. Ist., 4, 13. Di Nocera S., Ortolani F., Torre M., 1976 - Fase tettonica messiniana nell’ appan¬ nino meridionale. Boll. Soc. Nat. in Napoli, 54. Ippolito F., Ortolani F., Di Nocera S., 1974 - Alcune considerazioni sulla strut¬ tura profonda dell’appennino Irpino: reinter prelazione di ricerche di idro¬ carburi. Boll. Soc. Geol. Ist., 93, 861-881. Ortolani F., Aprile F., 1977 - Struttura profonda dell’Irpinia centrale (appennino campano). Boll. Soc. Geol. Ist., 95. Conca we, 1972 - Methody for thè analysis of oil water and soil 1 : 12. CaignEau M., Castagnier M., 1976 - Recherche et Identification des hydrocarbures dissons dans l’eau. Bullettin Soc. Ch. de France, 1-2, 40-44. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 19-32, fìgg. 2, tav. 1 I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pisticci (Mt) (**) Nota del socio Bianca Placella (*) (Tornata del 29 febbraio 1980) Riassunto. — Viene studiata una corallofauna rinvenuta durante il prelievo di campioni di argilla utilizzati per uno studio biostratigrafico e paleoecologico, in vicinanza di Masseria Concarone nei pressi di Pisticci. Dallo studio micropaleontologico si è riconosciuto in questo tratto di suc¬ cessione il passaggio dal Pliocene al Quaternario, essendo stati rinvenuti i se¬ guenti markers di zona: Globigerinoides obliquus extremus per il Pliocene me¬ dio, Globorotalia infiala per il Pliocene superiore e Arctica islandica e Hyalinea baltica per il Quaternario (De Castro Coppa et alii, 1979). Lo studio ecologico della corallofauna ha dimostrato che le acque del ba¬ cino di deposizione di Pisticci dovevano essere state fredde e profonde, e questi dati hanno confermato quelli ottenuti dall'analisi della micro e macrofauna. Inoltre, confrontando la corallofauna di Pisticci con altre dello stesso pe¬ riodo dell’Italia settentrionale, si è notato che mentre il bacino di deposizione di Pisticci ha mantenuto una profondità costante durante tutto il Pliocene, quelli delle zone dell'Italia settentrionale confrontati hanno subito un innalza¬ mento, poiché sono state rinvenute alla base specie più profonde rispetto a quelle trovate alla sommità del bacino pliocenico. Summary. — The examination concerns a coralfauna found during a search for clay samples used for a biostratigrafie and paleoecologic study, in thè pro- ximity of Masseria Concarone, near Pisticci. From this micropaleonthologic study, it has been accertained in this suc- cession stretch thè passage from thè Pliocenic to thè Quaternary, thè following zone markers having been found : Globigerinoides obliquus extremus for thè middle Pliocene, Globorotalia infiala for thè superior Pliocene and Arctica islan¬ dica and Hyalinea baltica for thè Quaternary (De Castro Coppa et alii, 1979). The ecologyc study of coralfauna has shown that thè waters of deposit basin in Pisticci must have been cold and deep and these results have been confirmed by those obtained from thè analys of micro and macrofauna. (*) Istituto di Paleontologia dell'Università di Napoli. (**) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. 20 B. Placella Besides, comparing thè Pisticci coralfauna with those of thè some period from Northen Italy, it has been noticed that while thè deposit basin in Pisticci has maintained a costant depht during thè whole Pliocene period, those of Northen Italy have undergone a change in height, has at their bases there have been found deeper species compared to those found at thè summit of thè pliocenic basin. Introduzione Durante la campionatura della successione argillosa Plio-Pleistocenica di Pisticci, nell'ambito delle ricerche condotte dall’Unità Operativa del C.N.R. diretta dal Prof. G. Valentini, ed afferente al Progetto Finalizzato « Conservazione suolo » - subprogetto « Fenomeni franosi », (De Castro Coppa et alii, 1979) è stata rinvenuta un'interessante corallofauna. Fig. 1. — Ubicazione della sezio¬ ne in esame. Questi coralli sono stati rinvenuti solo nella parte inferiore della suc¬ cessione, e, precisamente, nell'intervallo stratigrafico che va dal Pliocene medio (zona a Globigerinoides obliquus extremus di De Castro Coppa et affi, 1979), al Pliocene superiore (zona a Globorotalia inflata di De Castro Coppa I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pisticci (Mt) 21 et alii, 1979) ed alla base de] Pleistocene (zona a Arctica islandica e Hya- linea baltica di De Castro Coppa et alii, 1979). A questo tratto di sezione ubicato nei pressi di Masseria Concarone, a Sud del fiume Gavone (F 201, III SO, Lat. 40°20'50", Long. 4°6'30") (fig. 1), corrisponde una sequenza monotona argilloso-limosa di circa 350 metri di spessore. L’immersione, evidenziata da un livello cineritico, è verso N-NE con inclinazione di circa 25°. I coralli in esame sono stati raccolti in corrispondenza di alcuni cam¬ pioni della serie. In figura 2 è riportata l'esatta ubicazione dei campioni prelevati (con l'asterisco sono rappresentati i campioni con coralli). La semplice segnalazione della presenza di coralli nella zona era già stata data da Scacchi (1834-36) Gignoux (1913), Lentini (1971) e De Castro Coppa et alii (1979). Questo studio si è intrapreso per trarre ulteriori considerazioni su questa zona ed in particolare su questo tratto di sezione. Le 5 specie solitarie, rinvenute nel Piocene medio-superiore, qui ana¬ lizzate, sono state raccolte sia in sedimenti argillosi batiali del Pliocene inferiore dell’Italia settentrionale (Ponticello di Savena, Tabiano bagni, Campore) da Simqnelli (1881) e da Russo (1979) sia in sedimenti Pleistoce¬ nici sempre batiali dell'Italia centro-settentrionale, meridionale e della Sicilia (Camarano, Archi, Messina, Grammichele), rispettivamente da Rug¬ gieri (comunicazione personale), Placella (1978), Seguenza (1863) e Di Geronimo (1979). In particolare, dall'analisi della corallofauna presente nei sedimenti del Pliocene medio-superiore di Pisticci risulta che durante questo periodo nell'Italia meridionale prevaleva una sedimentazione di mare aperto e profondo, al contrario di quanto avveniva nell’Italia settentrionale dove le corallofaune evidenziavano diminuzione di profondità, passando da un ambiente circalittorale-batiale superiore nel Pliocene medio ad uno infra- circalittorale nel Pliocene superiore (Russo, 1979). Composizione della fauna La fauna, comprendente 436 esemplari, risulta costituita da sei specie di esacoralli, di cui 5 solitari, e da numerosi articoli di ottocoralli; le specie di esacoralli sono: Caryophyllia communis (Seguenza), C. polyedra (Se¬ quenza), C. polymorpha (Seguenza), Conotrochus typus Seguenza, Stepha- nocyathus elegans Seguenza e Madrepora miocenica (Sequenza). Le prime 5 sono state rinvenute solo nel tratto pliocenico mentre l'ul¬ tima in quello pleistocenico. Gli ottocoralli sono rappresentati solo da -300 CO -278' -184 /— 277 -276 -300 © © © (-273' © © © V272* 250 271 270 , 182 © © © (-266-267* -269 100 264 CD © © © -263 260 f-259* © © ■V1 Livelli tufitici Coralli solitari Coralli ramosi scala 1:1000 Fig. 2. — Distribuzione dei campioni lungo il tratto della sezio¬ ne argillosa in esame. I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pisticci (Mt) 23 articoli di Keratoisis melitensis (Goldfuss) e sono presenti in quasi tutti i campioni con coralli. Tutte le specie presenti nei campioni di Pisticci sono state rinvenute sin dal Miocene. I coralli si presentano per lo più in buono stato di conservazione; in¬ fatti solo alcuni o sono completamente riempiti d'argilla alterata o sono deteriorati. La composizione della corallofauna di ogni singolo campione è la seguente: Campione 259: Caryophyllia communis . 3 » polyedra ........ 40 » polymorpha . 56 Stephanocyathus elegans . 1 Conothochus typus . 8 per un totale di 108 esemplari. Campione 257-258: Caryophyllia communis ....... 19 » polyedra ........ 93 » polymorpha ...... 56 Keratoisis melitensis . 51 per un totale di 219 esemplari, più 9 basi di K. melitensis. Campione 266-267: Caryophyllia communis . 2 » polyedra . . . 10 » polymorpha ... . . 1 Keratoisis melitensis . . . 17 per un totale di 30 esemplari. 24 B. Placella Campione 272: Caryophyllia commuhis . . 4 » polyedra . . . 3 » polymorpha . 4 Stephanocyathus elegans . 1 per un totale di 12 esemplari. Campione 273: Caryophyllia communis ....... 12 » polyedra . 13 Keratoisis melitensis . 34 per un totale di 59 esemplari più 4 basi di K. melitensis. Campione 278: Madrepora miocenica ........ 3 Keratoisis melitensis . 5 per un totale di 8 esemplari, più 4 basi di K. melitensis . Da questo elenco si nota che i campioni più ricchi sono quelli appar¬ tenenti al Pliocene medio-superiore (259, 257-258) e che le specie meglio rappresentate sono C. polyedra e C. polymorpha. Le specie fossili del Pliocene medio e superiore presentano stretta affinità (e forse in qualche caso analogia) con specie attuali, che vivono nell'Atlantico Nord Orientale, in acque fredde e profonde (batiali); al con¬ trario l'unica specie pleistocenica ( Madrepora miocenica ) presenta fortis¬ sime affinità con una specie vivente (M. oculata) che preferisce acque meno profonde (vive infatti nella zona dei « coralli bianchi », Peres-Picard, 1964). L’insieme della fauna pliocenica caratterizza, quindi, un bacino freddo e costantemente profondo. / coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pis lìcci (Mt) 25 Conclusioni La fauna a coralli presente nella parte di sezione attribuibile al Plio¬ cene medio-superiore delle argille di Pisticci, mostra una sedimentazione di tipo batiale praticamente continua e senza variazioni di profondità dal Pliocene inferiore al Pleistocene inferiore, contraria mente a quanto avve¬ niva nella zona Padana, dove ad una sedimentazione batiale nel Pliocene inferiore succedeva una sedimentazione sempre più superficiale, passando ad un ambiente circalittorale batiale nel Pliocene medio ed ad un altro di tipo cir cadi t to mìe in fra- 1 ) 1 1 ora! e nel Pliocene superiore. Sarà interessante notare se questa situazione confrontata in alcune zonb dell’Italia sia riscontrabile in altri bacini di questo periodo, così da poter generalizzare sull’andamento del bacino del Mediterraneo durante il Pliocene. Descrizioni paleontologiche Ordine GORGONACEA Lamouroux, 1816 Famiglia ISIDIDAE Lamouroux, 1812 Genere KERATOISIS Wright, 1869 Keratoisìs melilensis (Goldfuss) (tav. 1, figg. 2-3) 1826 - Isis melitensis Goldfuss - Petrefacta Germaniae, pag, 20’, tav. 7, fig. 17 1864 - Idem Sequenza - Disquisizioni paleont. ecc., pag. 410 1927 - Idem Zupparci Comerci - Alcionari del bacino ecc., pag. 566, fig. 6 1979 - Keratoisis melitensis Grasshoff - Isididae aus ecc., in stampa 1979 - Idem Di Geronimo - Il pleistocene in facies batiale ecc., pag. 128 Dimensioni: La lunghezza degli articoli varia da mm 7 a mm 18 ed il diametro da mm 2 a mm 5. Descrizioni: Articoli di varie dimensioni, sia di lunghezza che di spes¬ sore; faccette d’attacco o piatte o appuntite con gli strati di accrescimento concentrici ben evidenti; la superficie esterna è ricoperta di strie a volte un po' oblique, altre diritte (solo in alcuni casi, quando gli esemplari sono molto usurati, le strie non sono bene evidenti). Il colore varia dal bianco al grigio-rossastro. Sono presenti inoltre basi d'attacco della colonia ed una è ancora unita ad un articolo. Osservazioni: La specie si rinviene nei campioni 257-258, 266-267, 273, 278 e si presenta in tutte le variazioni tipiche della specie. 26 B. Placella Secondo Grasshoff (1979) le specie riferite in precedenza al genere Isis devono essere attribuite al genere Keratoisis. La specie K. melitensis è estinta ed il genere Keratoisis non è più rappresentato in Mediterraneo. Rappresentanti attuali si trovano nella fauna profonda e generalmente batiale dell’Atlantico e del Pacifico (vedi Di Geronimo, 1979). Questa specie è stata rinvenuta nel Miocene (Seguenza, 1864) nel Plio¬ cene (Simonelli, 1865; Zuffardi Comerci, 1927) e nel Quaternario (sub-Astia- no Seguenza, 1879; Di Geronimo, 1979). Ordine SCLERACTINIA Bourne, 1900 Famiglia OCULINIDAE Gray, 1847 Genere MADREPORA Linné, 1758 Madrepora miocenica (Seguenza) (tav. 1, fig. 1) 1978 - Idem Placella cum syn. Dimensioni : I pezzi di ramo misurano : mm 25 di altezza e mm 16 di larghezza il primo; mm 40 di altezza e mm 35 di larghezza il secondo e mm 50 di altezza e mm 40 di larghezza il terzo. Descrizioni: Vedi Placella - Nuove osservazioni ecc., Boll. Soc. Nat. Napoli, 1978. Osservazioni: I frammenti di rami, che si rinvengono soltanto nel campione 278, rappresentano 2 parti più basali ed un pezzo di ramo secon¬ dario di dimensioni minori. M. miocenica è affine a M. oculata specie che attualmente vive nella zona dei « coralli bianchi » (da — 200 a — 1000 metri). M. miocenica è stata segnalata nel Miocene (Seguenza, 1864) e nel Quaternario (Placella, 1978). Famiglia CARYOPHYLLIIDAE Gray, 1847 Genere CARYOPHYLLIA Lamarck, 1801 Caryophyllia communis (Seguenza) (tav. 1, fig. 4) 1978 - Idem Placella cum syn. Dimensioni: Gli esemplari si presentano sempre di piccole dimensioni; infatti l'altezza del calice varia da mm 7 a mm 20 e gli assi variano rispet¬ tivamente da mm 5 a mm 19 il maggiore e da mm 3 a mm 13 il minore. I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pisticci (Mt) 27 Descrizione: Vedi Placella - Nuove osservazioni ecc., Boll. Soc. Nat. Napoli, 1978. Osservazioni: I coralli di questa specie si presentano quasi sempre di piccole dimensioni e non sempre in buono stato di conservazione. Sono presenti in quasi tutti i campioni (259, 257-258, 266-267, 272); nel campione 259 gli esemplari sono molto rovinati. Gli esemplari si presentano nelle diverse varietà morfologiche caratteristiche della specie C. communis . C. communis può essere considerata una specie affine a C. ambrosia Alcock (vedi Zibrowius) che vive in acque fredde e profonde nell’Oceano Atlantico (— 1000 — 2000 metri). C. communis è stata segnalata nel Miocene (Sequenza, 1864), nel Plio¬ cene (Seguenza, 1864; Simonelli, 1895) e nel Quaternario (Seguenza, 1864 « sub-Astiano »; Placella, 1978). Caryophyllia polyedra (Seguenza) (tav. 1, figg. 5-6) 1978 - Idem Placella cum syn. Dimensioni: L'altezza degli esemplari varia da mm 8 a mm 20, gli assi misurano da mm 5 a mm 18 il maggiore e da mm 3,5 a mm 14 il minore. Descrizione: Vedi Placella - Nuove osservazioni ecc., Boll. Soc. Nat. Napoli, 1978. Osservazioni: Gli esemplari sono abbastanza ben conservati (su di uno si trova in prossimità del margine calicinare, la piastra basale di un altro corallo). C. polyedra si rinviene nei campioni 259, 257-258, 273. Nel camp. 273, si trova un esemplare molto rovinato, completamente riempito d’argilla, ed uno cresciuto nell'interno del calice di un altro esemplare della stessa specie. Nei campioni di Pisticci questa è la specie più abbondante. C. polyedra (Seguenza) può essere considerata affine alla specie at¬ tuale C. seguenzae Duncan (vedi Zibrowius) che vive in acque fredde e profonde dell'Oceano Atlantico. Questa specie è stata rinvenuta nel Miocene (Seguenza, 1864; De Ange- lis, 1894; Montanaro, 1929), nel Pliocene (De Angelis, 1894) e nel Qua¬ ternario (Placella, 1978; Di Geronimo, 1979). 28 B. Placella Caryophyllia polymorpha (Seguenza) (tav. 1, figg. 7-8) 1863 - Ceratocyathus polymorphus Seguenza - Disq. Paleont., pag. 53, tav. 6, figg. 2-2a-d. 1896 - Caryophyllia polymorpha Simonelli - Antozoi pliocenici ecc., pag. 196. 1979 - Idem Di Geronimo - Il pleistocene in facies ecc., pag. 122. 1979 - Idem Russo - The psychropheric ecc., in stampa. Dimensioni: L’altezza dei calici varia da mm 7 a mm 15 ed il dia¬ metro dei calici da mm 2,6 a mm 6. Descrizione: Corallo solitario, turbinato a volte quasi cilindrico, li¬ bero. La muraglia è ricoperta da granuli e da strie sempre ben evidenti sin dalla base. Calice circolare e abbastanza profondo. I setti sono riuniti in un numero minimo di 3 cicli e ricoperti di granuli (in genere i setti sono ben visibili anche nella parte inferiore del calice). Pali opposti al secondo ciclo di setti e granulati. Columella di forma allungata. Osservazioni: Gli esemplari sono tutti di piccole dimensioni e nei campioni in cui sono presenti (259, 257-258, 272, 273) sono sempre molto abbondanti (C. polymorpha è la seconda in ordine di abbondanza), ma non sempre si presentano in un buono stato di conservazione. La specie C. polymorpha può considerarsi affine alla specie attuale C. ambrosia Alcock che vive in acque fredde e profonde da — 1000 a — 2000 metri (vedi Zibrowius). C. polymorpha è stata rinvenuta nel Miocene (Seguenza, 1864) nel Pliocene (Simonelli, 1895-1896; Russo 1979) e nel Quaternario (Di Gero¬ nimo, 1979). Genere STEPHANOCYATHUS Seguenza, 1864 Stephanocyathus cfr. elegans Seguenza (tav. 1, fig. 9) 1978 - Idem Flagella cum syn. Dimensioni: I 2 esemplari misurano uno mm 1 di altezza e mm 7 di diametro e l’altro mm 1,5 di altezza e mm 15 di diametro. Descrizione: Vedi Placella - Nuove osservazioni ecc., Boll. Soc. Nat. Napoli, 1978. I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pistìcci (Mt) 29 Osservazioni: Gli esemplari si presentano in uno stadio giovanile, in¬ fatti sono completamente appiattiti e dì forma circolare. Il più piccolo mostra tutti ì caratteri specifici; il più grande è riempito di argilla alte¬ rata internamente, ma sulla superficie esterna conserva tutti i caratteri della specie. I 2 esemplari si rinvengono nei campioni 259 e 272. S. elegans è una specie affine a S. moseleyanus Sclater che attual¬ mente vive nelle acque dell'Oceano Atlantico orientale ad una profondità compresa tra — 1000 e — 2000 metri. S. elegans è segnalata nel Miocene (Sequenza, 1864), nel Pliocene (Pon¬ zi, 1876; Osasco, 1895; Simonelli, 1896) e nel Quaternario (Sequenza, « sub- Astiano » 1864; Flagella, 1978). Genere CONOTROCHUS Sequenza, 1863 Conotrochus typus Sequenza (tav. 1, fig. 10) 1978 - Idem Flagella cum syn. Dimensioni: L’altezza degli esemplari varia da mm 6 a mm 13 ed il diametro della fossetta calcinale da mm 5 a mm 8. Descrizione: Vedi Flagella - Nuove osservazioni ecc., Boll. Soc. Nat. Napoli, 1978. Osservazioni: Gli esemplari si presentano tutti in buono stato di con¬ servazione. Questa specie è presente solo nel campione 259, che è il più basso della serie. C. typus può essere considerata forma molto simile a Thecocyathus sp. A. (vedi Zibrowius), che vive nell’Atlantico fino ad una profondità di — 1000 metri. C. typus è stata rinvenuta nel Miocene (Sequenza, 1863; 1879; Osasco, 1895; Simonelli, 1865; Montanaro, 1929) nel Pliocene (Sequenza, 1864; 1879; Osasco, 1865; Simonelli, 1865) e nel Quaternario (Flagella, 1978; Di Gero¬ nimo, 1979). Desidero esprimere i più vivi ringraziamenti alla prof. Maria Monchar- mont Zei dell’Istituto di Paleontologia di Napoli ed al prof. Antonio Russo dell’Istituto di Paleontologia di Modena per i preziosi consigli forniti du¬ rante la stesura del lavoro e per la lettura critica del testo. TAVOLA I Fig. 1. — Madrepora miocenica - camp. 278 - Pezzo di un ramo - x 2. Fig. 2. — Keratoisis melitensis - camp. 278 - Articolo con superficie esterna decorticata - x 7. Fig. 3. — Keratoisis melitensis - camp. 259 - Articolo con base - x 5. Fig. 4. — Caryophyllia communis - camp. 273 - Veduta dalla parte superiore - x 5. Fig. 5. — Caryophyllia polyedra - camp. 257-258 - Veduta dalla parte superio¬ re - x 5. Fig. 6. — Caryophyllia polyedra - camp. 257-258 - Veduta della fossetta calici- nare - x 4. Fig. 7. — Caryophyllia polymorpha - camp. 257-258 - Veduta del corallo dalla parte superiore con particolare riferimento alla fossetta. - x 1,5. Fig. 8. — Caryophyllia polymorpha - camp. 273 - Veduta del corallo - x 5. Fig. 9. — Stephanocyathus elegans - camp. 259 - Parte inferiore del calice - x 5. Fig. 10. — Conotrochus typus - camp. 259 - Veduta della fossetta calcinare - x 6. Boli. Soc. Matur. Napoli, 1980 Flagella B. - I coralli pliocenici di Mas¬ seria Concarone, ecc. Tav. I LAVORI CONSULTATI De Castro Coppa M. G., De Nuoci M., Guadagno F. M., Moncharmont Zei M., Muioio L., Placella B., Sgarrella F., Tàddei Ruggiero E., Turco E., 1979 - Bio¬ stratigrafia e Paleoecologia delle argille grigio-azzurre Bradaniche tra i fiumi Basento e Gavone. Geologia Applicata e Idrogeologia, 1979, Bari. In stampa. Di Geronimo L, 1979 - Il Pleistocene in Facies Batiale di Valle Palione ( Gram - michele. Catania). Boll. Malacologico Unione Malac. Italiana. Anno XV, n. 5-6, maggio-giugno, 1979, pp. 1-85, tabb. 2, figg. 3, tavv. 7, Milano. Gignoux M., 1913 - Les Formations marines Pliocènes et Quaternaires de VItalie du Sud et de la Sicile. Ann. Univ. Lyone, n.s., 1; fase. 36, pp. 1-690, tavv. 21, figg. 42, Lyon. 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Zuffardi Comerci R., 1927 - Alcionari del Bacino Ligure Piemontese . Mem. Acc. Naz. Lincei, 2. S. 6, pp. 559-576, tav. 1, Città di Castello. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 33-45 , figg. 4 Le biocenosi bentoniche del lago Fu saro I. — Osservazioni faunistiche Nota di Giovanni F. Russo e Raffaele Ferro presentata dai soci Virgilio Botte e Giorgio Matteucig (Tornata del 29 febbraio 1980) Riassunto. — Sono state condotte osservazioni sulla fauna bentonica del lago Fusaro, laguna salmastra della zona flegrea (Napoli). Sono stati individuati tre tipi di associazioni faunistiche: a Bivalvi, nel substrato mobile; a Balanidi e Mitilidi ed a Serpulidi sul substrato solido, rispettivamente nel meso — ed infralitorale. Il metabolismo lacustre è stato seguito attraverso osservazioni quantitative sull'andamento stagionale delle popolazioni di cinque specie di Molluschi. Abstract. — Observations have been made on thè benthic fauna of lake Fusaro, a brackish-water lagoon near Naples. Three types of faunistic associa- tions have been found: a Bivalve association in thè soft bottoms; a Balanids and Mitilids associations and a Serpulids one on hard bottoms, in thè meso — and infralitoral zones respectively. The lacustrine metabolism during thè sea- sonal cycle has been studied through thè variations of thè biomass of five species of Mollusks. Introduzione Le lagune salmastre sono ambienti di transizione tra quello marino e quello dulcacquicolo e pertanto presentano peculiari caratteristiche eco¬ logiche di notevole interesse. Loro principale caratteristica è quella di essere degli ecosistemi stabilizzati dalla marea, fenomeno Buttante che li mantiene in uno stadio serale alquanto giovane della loro evoluzione (Odum, 1973); tale fattore ecologico svolge un ruolo di primaria impor¬ tanza per la laguna sia durante la fase crescente, vivificandone la massa d'acqua, sia durante la fase decrescente, rimuovendo i prodotti del suo metabolismo. Altra caratteristica peculiare di tali ambienti è la estrema 3 34 G. F. Russo e R. Ferro variabilità di fattori ecologici quali, ad esempio, la temperatura, la sali¬ nità e la concentrazione di ossigeno. Tra le lagune salmastre tirreniche rientra il lago Fusaro, che è stato ampiamente studiato principalmente per quanto concerne il suo metabo¬ lismo (Leccese e Speziale, 1967; Carrada, 1973). Il lago Fusaro (fig. 1) è situato al margine esterno occidentale del Golfo di Napoli, ha forma irregolarmente semicircolare con una lunghezza (asse Nord-Sud) di circa 1700 m. ed una larghezza (asse Est-Ovest) di circa 800 m. ; la sua profondità media è di circa 2,5 m. e la massima, a centro lago, è di circa 6 m. La sua geologia è peculiare: è una tipica laguna di sbarramento da parte della duna littorale, che però si è formato in una delle numerose caldere poligeniche che caratterizzano la zona dei Campi Flegrei, dopo lo sprofondamento di parte di essa sotto le acque del mare; la qual cosa spiega i numerosi fenomeni di vulcanismo secondario che si manifestano presso le sue sponde (Rittmann, 1950). Comunica con il Mar Tirreno per mezzo di tre foci che attraversano la barra littorale, formata da un cordone di dune largo circa 300 m., che delimita il suo lato occidentale. La foce più meridionale, detta Foce Vec¬ chia, è la più antica essendo stata costruita in epoca romana; la foce più settentrionale, detta Foce Nuova, è di epoca borbonica; la foce interposta a queste due, che taglia proprio al centro la barra littorale, è detta Foce di Mezza Ghiaia e risale al 1940. Il rapporto idrografico che si instaura tra il mare ed il lago attraverso le foci fa di questo bacino una tipica laguna salmastra costiera con acque che, avendo una salinità media di circa 36 %o, per lo scarso apporto delle affluenze dolci, la caratterizzano come eualina secondo il sistema di Ve¬ nezia; comunque tale salinità oscilla sensibilmente durante Tanno, nono¬ stante la clorinità si mantenga su valori di circa 20 %o; la concentrazione dei fosfati e dei nitriti si mantiene sempre su valori superiori a quelli riscontrabili nel mare antistante. La temperatura, per la limitatezza della massa d’acqua, che è di circa 3.000.000 me., e la limitata profondità, segue da presso quella delTaria oscillando da un minimo invernale di 6-7 °C. ad un massimo estivo di 27-28° C. La concentrazione dell’ossigeno, infine, subisce caratteristiche escursioni periodiche, che fanno trasparire fedelmente resi¬ stenza di un regolare ciclo metabolico stagionale della laguna, con: a) so- vrassaturazioni primaverili (durante le quali talvolta si raggiungono valori di 400 % per la ripresa, dopo la stasi invernale, della vegetazione bentonica e per la fioritura massiccia del fitoplancton, eventi provocati dall'innalza¬ mento della temperatura e seguiti da un generale rigoglio biologico; b) mi- Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 35 nimi estivi (con valori anche inferiori al 50 %), legati all'instaurarsi di con¬ dizioni di distrofia che sono prodotte da un ulteriore graduale aumento della temperatura e della salinità e che sono incrementate dai processi di decomposizione conseguenti la morte degli organismi a più bassa valenza ecologica; c) incremento autunnale, per la ripresa del popolamento fitale, dovuto all’abbassamento della temperatura ed al notevole ricambio idrico ad opera delle maree di sizigie, cui segue una notate ripresa biologica; d) minimi invernali, dovuti alla stasi vegetativa per la diminuzione ulte¬ riore della temperatura, cui consegue un evidente depauperamento bio¬ logico. I dati esposti, comunque, sono da considerarsi solo indicativi sia perché passibili di modificazioni legate ad eventi circostanziati e tempo¬ ranei, sia per resistenza nel corpo idrico di una stratificazione verticale, con acque meno salate, e quindi meno dense, sovrapposte ad acque più salate, e quindi più dense. La drasticità degli eventi suddetti seleziona nel lago Fusaro e nelle lagune salmastre in genere, come è ben noto, quelle specie, soprattutto del benthos fisso, a più alta valenza ecologica, ed in modo particolare quelle più euriterme ed eurialine, le quali, per la scarsa competitività esistente in tali ambienti, hanno a disposizione un arenale più vasto ed un sostegno trofico più abbondante e pertanto sono presenti con un gran numero di individui; da ciò consegue una relativa semplicità della rete trofica. La brevità di tale rete alimentare rende questi ecosistemi ad elevato rendimento energetico per l'uomo, che è all’apice della piramide ecolo¬ gica, e quindi le lagune salmastre sono tra gli ambienti più produttivi e maggiormente sfruttati della biosfera. La semplicità della rete alimentare rende bassa l’omeostasi di tali ecotoni che sono quindi particolarmente sensibili ad eventi stressanti esterni, quali i diversi tipi di inquinamento di origine antropica. Pertanto le lagune salmastre sono sempre più og¬ getto di studio da parte dell'uomo per una migliore utilizzazione che si accompagni alla tutela deH’equilibrio biologico. II lago Fusaro è sfruttato come valle da pesca al pari della maggio¬ ranza delle lagune salmastre (Maldura, 1971; Cognetti e Sarà, 1972); vi si pescano specie ittiche di interesse commerciale quali le anguille ( Anguilla anguilla (Linneo)), i cefali ( Mugil sp. p.) e le spigole {Dicentrar chus labrax (Linneo)); notevole è anche la coltura dei mitili ( Mytilus gallo provincialis Lamark) (Renzoni, 1963), mentre non è più possibile l'allevamento una volta fiorente, delle ostriche ( Ostrea edulis Linneo) (Mazzarelli, 1924) a causa della crisi distrofica estiva. Questa, limitando il periodo di trofismo 36 G. F. Russo e R. Ferro normale della laguna a pochi mesi all'anno, impedisce loro il raggiungi¬ mento di una taglia commerciabile, per la quale occorrerebbero circa due anni. In quest’ultimo decennio si è assistito ad un grande sviluppo di inse¬ diamenti umani lungo le rive del lago; l’inquinamento delle sue acque, provocato dai numerosi sbocchi fognari, ha aumentato l'intensità e la du¬ rata della crisi distrofica estiva limitando perciò sempre più il periodo an¬ nuale di sfruttamento della laguna. I dati esposti sono stati inoltre messi a confronto sia con quelli rela¬ tivi a studi precedenti sul lago Fusaro (Costa, 1860; Bellini, 1902; Mazza- relli, 1927; Scorcia, 1927; Bacchi e Renzoni, 1962; Carrada, 1973), sia con quelli relativi ad altre lagune salmastre tirreniche come il lago di Patria (Sacchi, 1961), il lago di Paola (Ferrerò, 1961) e la laguna di Orbetello (Co- gnetti et. al., 1977). Materiali e metodi II materiale di studio è stato raccolto tra l’estate del 1978 e la pri¬ mavera del 1979 in cinque stazioni dove sono stati effettuati quattro pre¬ lievi stagionali. Le date dei prelievi sono state scelte, per quanto hanno permesso le condizioni atmosferiche, in modo da cadere all’incirca nel periodo cen¬ trale della stagione, cioè a metà tra equinozio e solstizio. Per la scelta delle stazioni (Fig. 1) si è adottato il criterio di indivi¬ duare zone che potessero sia dare il maggior numero di informazioni sulle specie presenti, sia rappresentare la tipologia biocenotica della laguna. I canali di foce sono le zone che maggiormente risentono dell’azione vivificatrice della marea, quindi in essi e nelle loro vicinanze i popola¬ menti sono più ricchi di specie ed inoltre sono selezionati in base al re¬ gime idrografico ed alla morfologia del canale. Per tali motivi i luoghi scelti per tre delle cinque stazioni sono situati all'interno dei canali di foce presso il loro sbocco nel lago. Allo sbocco della Foce Vecchia vi è un piccolo molo che allunga nel lago il canale di foce; presso questo molo, oltre alla stazione fissata sul lato rivolto verso l'interno del canale, ne è stata stabilita un’altra sul lato rivolto verso il lago perché in tale luogo, riparato dalla corrente di foce, notevole è l'influenza delle acque prove¬ nienti da una fogna che sbocca nelle vicinanze. Infine l’ultima stazione è stata fissata nel luogo più distante dalle foci, presso un edificio borbonico detto Casino Reale. In ogni stazione sono stati raccolti gli organismi che vivono sulle pareti in calcestruzzo dei moli di protezione, staccando con una spatola Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro 37 le concrezioni per un'area di cm. 50 x 50; per la raccolta degli organismi che vivono sul fondo fangoso, sono state effettuate diverse pescate con un grosso retino a maglie strette. La fauna è stata poi conservata in acqua salmastra e formalina al 4 % per la successiva determinazione. Fig. 1. — Il lago Fusaro con l'ubicazione delle stazioni: 1) Casino Reale; 2) Foce Vecchia, lato canale; 2') Foce Vecchia, lato lago; 3) Foce Nuova; 4) Foce di Mezza Ghiaia. Risultati e discussioni Il substrato è una componente fondamentale dei biotopi del dominio bentonico e pertanto caratterizza profondamente il tipo di biocenosi che in esso si riscontrano. Esistono due tipi fondamentali di substrato (Pérès e Picard, 1964), presenti entrambi nel lago Fusaro: a) mobile, sul fondo del bacino e dei canali di foce, costituito da sabbia ricoperta da uno strato di fango organogeno finissimo; tale strato in alcuni punti raggiunge anche lo spessore di circa 2 m. (Leccese e Speziale, 1967); b) solido, costituito per lo più dal calcestruzzo impiegato per la costruzione dei banchinamenti verticali che proteggono le sponde del bacino e dei canali di foce. Nel biotopo di substrato mobile le popolazioni qualitativamente e quan¬ titativamente più abbondanti appartengono ai Molluschi Bivalvi, con le 38 G. F. Russo e R. Ferro specie Tapes aureus (Gmelin) e Tapes decussatus (Linneo), che vivono bene negli ambienti eutrofici con abbondante detrito organico quali quelli lagunari, ed inoltre Cardium edule Linneo, che è specie altamente eurialina ed è anche essa perciò molto diffusa in altre lagune salmastre. Altre specie molto rappresentate in questa biocenosi sono i Molluschi Gasteropodi della specie Cyclonassa neritea Linneo e Amyclina corniculum (Olivi); que- st'ultima è presente con un gran numero di individui in tutte le comunità della laguna perché vive associata alla fanghiglia organogena che si forma e si deposita ovunque. Infine, tra le specie accompagnatrici, notevole è la presenza dei Crostacei Brachiuri della specie Carcinus medìterraneus Czer- niavsky. Il popolamento a Bivalvi descritto è uniformemente presente nel substrato mobile di tutte le stazioni; si è mostrato molto sensibile alla pur lieve crisi distrofica estiva che era in corso durante le date dei pre¬ lievi, così da risultare praticamente distrutto. Nel lago Fusaro si insediano sul substrato solido diverse comunità a causa della maggiore influenza che altri fattori ecologici, quali l’escursione di marea e la turbolenza delle acque, esercitano sulle pareti verticali che lo costituiscono; tali fattori caratterizzano biotopi diversi secondo la in¬ tensità della loro azione. Sostanzialmente però si possono distinguere due comunità di base, quella mesolitorale a Balanidi e Mitilidi e quella infra- litorale a Sepulidi, le quali si adattano ai vari biotopi mutando i rapporti quantitativi delle popolazioni che le costituiscono. La comunità a Balanidi e Mitilidi ha come specie caratteristiche Ba- lanus amphitrite Darwin e Mytilaster minimus (Poli); è insediata nella zona più superficiale soggetta all’escursione della marea ed alla turbo¬ lenza delle acque. Tale zona occupa sulle pareti verticali una fascia del¬ l'altezza di circa 5 cm. ; fanno eccezioni alcune zone ove le acque sono particolarmente turbolente, come nelle stazioni di Casino Reale e di Foce di Mezza Ghiaia, e dove questa comunità occupa una fascia più ampia con un popolamento quantitativamente più elevato. Nella stazione di Casino Reale (Fig. 2) la turbolenza più accentuata delle acque è dovuta all’azione dei venti, specialmente del terzo quadrante, che spingono verso di essa le onde che si formano sulla superficie del lago. Qui la comunità è tipicamente stratificata: i Balanidi sono i primi organismi che colonizzano il substrato ed i Mitilidi vi si impiantano sopra e, competendo con i primi per alimentazione e substrato, finiscono col predominare. Sono inoltre presenti popolazioni di Brachiuri della specie Pachygrapsus marmoratus (Fabricius) ed, inoltre, di altre specie preda¬ trici dei Mitilidi quali quella del Gasteropode Ocinebrina edwardsi (Pay- m BALAN IDI M I TI LIDI SERPULIDI 0€> ATTI NiARl Anemonia Pachygrapsus Carcinus r^D Blennius Ostrea m * POLICHETI POLICLADI 1 lA Ai iA’ 1 Ib ■1 re Fig. 2. — Stazioni 1 e 4: A) veduta frontale della biocenosi con le specie più caratteristiche; A') veduta frontale della biocenosi del molo Nord della stazione 4; B) piantina della stazione con l'ubicazione della zona di prelievo. 40 G. F. Russo e R. Ferro raudeau) e dell’Asteroide Ast crina gibbosa (Pennant). Infine si è notata, sui talli della Rodoficea Gracilaria confervoides Grev., ammassati dalle correnti nello specchio d’acqua antistante, una numerosissima popolazione di Gasteropodi della specie Turboella sarsi (Loven). Nella stazione di Foce di Mezza Ghiaia (Fig. 2) la maggiore turbolenza delle acque è dovuta alla forza particolare della corrente di foce. In essa, contrariamente a quanto esiste nella stazione precedente, la comunità che stiamo considerando ha una netta predominanza dei Balanidi sui Mitilidi. Alle specie accompagnatrici trovate nella stazione suddetta qui si aggiun¬ gono i ritrovamenti dei Gasteropodi della specie Murex trunculus Linneo, e dei Brachiuri della specie Carcinus Mediterraneus. L’altra comunità vivente sul substrato solido, quella cioè a Serpu- lidi, è di gran lunga la più diffusa nel lago ed è anche quella che presenta biomassa maggiore. Infatti l’intricata tessitura dei gusci calcarei di tali organismi e la fanghiglia organogena che si deposita su di essa creano un microambiente nel quale vive la maggioranza delle specie bentoniche pre¬ senti nella laguna; si tratta per lo più di endofauna costituita da Nemer- tinì, Platelminti Policladi, Ofiuroidi, dei quali abbondandissima è la specie Ophiothrix fragilis (Abildgaard), e Policheti Erranti, dei quali la specie più comune è Nereis diversicolor (O. F. Muller). Tra la epifauna numerosi sono i Briozoi della specie Bugula neritina (Linneo), gli Isopodi della specie Sphaeroma hookeri Leach e gli Antìpodi della specie Gammarus aequi - cauda Martynov. Da una analisi comparativa delle specie accompagnatrici del popola¬ mento a Serpulidi, si è notato che alcune di esse sono diffuse in un areale alquanto limitato; questo fatto è indice della non omogenità del biotopo su cui si impianta il popolamento suddetto; in particolare si passa da una facies altamente eutrofica tipicamente lagunare ad una più tipica¬ mente marina attraverso una facies intermedia. La facies lagunare è presente nella stazione di Foce Vecchia (Fig. 3) ed è caratterizzata dalla massiccia presenza di organismi filtratori, quali gli Ascidiacei, delle specie Giona intestinalis (Linneo) e Microcosmus sul- catus Coquebert, ed i Bivalvi, della specie Petricola lithophaga (Retzius); nella stazione influenzata dalle acque altamente eutrofiche dello sbocco fognario si è notato che il numero di individui di tali specie è maggiore; la facies intermedia è presente nella stazione di Foce Nuova (Fig. 3); tipici sono gli Attiniari delle specie Bunodactis cfr. verrucosa (Pennant) e Pe- ractinia sp., e gli Opistobranchi della specie Flammea hydatis (Linneo). La facies più tipicamente marina è presente nella stazione di Foce di Mezza Ghiaia (Fig. 2) dove caratteristici sono gli Attiniari della specie Le biocenosi bentoniche del lago Fusaio 41 Fig. 3. — Stazioni 2 e 3: A) spaccato verticale della biocenosi con le specie più caratteristiche; B) piantina della stazione con l’ubicazione della zona di prelievo. 42 G. F. Russo e R. Ferro Anemonia sulcata (Pennant), che sono abbondanti sul molo Nord, proba¬ bilmente perché più esposto alla luce; solo in questa stazione sono stati trovati individui del Macruro Palaemon elegans (Rathke) e del Bivalve Ostrea edulis, quest'ultimo una volta molto diffuso in tutta la laguna. Nella descrizione di tale comunità a Serpulidi si è tralasciato citare il po¬ polamento presente nella stazione di Casino Reale, perché poco diffuso ed a biomassa esigua: inoltre non sono state citate quelle specie bento- niche che sono ubiquitarie nella laguna: appartengono a questo gruppo il Gasteropode Amyclina corniculum, i Brachiuri Carnius Mediterraneus e Pachygrapsus marmoratus ed i Blennidi della specie Blennius pavo Risso. La laguna manifesta, come detto, un peculiare metabolismo stagionale, l'andamento del quale si può rilevare da uno studio quantitativo delle popolazioni. NelPambito del popolamento bentonico studiato si è posta particolare attenzione allo studio qualitativo della Malacofauna, che sarà oggetto di una trattazione a parte: in questa sede si è ritenuto opportuno riportare i dati quantitativi relativi all’andamento stagionale nelle stazioni di cinque specie di Molluschi, poste a livelli diversi della piramide ecologica. Tali specie sono: Amyclina corniculum, necrofago e detritivoro; Turboella sarsi e Haminea hydatis, erbivori; Ocinebrina edwardsi, carnivoro; Petricola lithophaga, filtratore (Fig. 4). In generale si è visto che in tutte le stazioni il numero totale di indi¬ vidui di ciascuna specie presenta massimi nei prelievi delle stagioni estreme, cioè nell'estivo e neH’invernale, e minimi in quelli delle stagioni intermedie, cioè nell'autunnale e nel primaverile. Si è visto ancora che nei prelievi estivi il numero di individui giovani di ciascuna specie è di gran lunga superiore a quello degli individui adulti, infine abbiamo riscon¬ trato l'assenza di una crisi distrofica particolarmente accentuata e tale da falcidiare le popolazioni di tali organismi, anzi essi erano, come detto, più numerosi nei prelievi estivi. Conclusioni Sulla base dei dati elaborati e di quelli noti in letteratura, la prima considerazione da fare è che il lago Fusaro deve considerarsi un ambiente con trofismo particolarmente elevato, come testimonia il tipo di fauna presente, che è costituita prevalentemente da specie detritivore e filtra- trici la cui biomassa per unità di superficie è particolarmente abbondante. È noto infatti che negli ambienti eutrofici, ed in particolare in quelli sai- Fi'-'- 4. — Andamento stagionale nelle stazioni del numero di individui delle spe¬ cie: A) Àmydina cornìculum; B) Ocinebrina edwardsi; C) Turboella sarsi; D) Haminea hydatis ; E) Petricoia lithophaga . Sono indicati con il tratteggio gli individui giovani, con il bianco gli adulti e con il nero le conchiglie vuote. 44 G. F. Russo e R. Ferro mastri, l’abbondantissimo detrito organico costituisce uno degli elementi più importanti del nutrimento a disposizione di tali organismi. Nel lago Fusaro si sono riscontrati tre popolamenti faunistici bento- nici dominanti: sul substrato solido si rinvengono un popolamento a Ba- lanidi e Mitilidi, caratteristico del mesolitorale e particolarmente abbon¬ dante nelle zone esposte ad acque turbolente, ed un popolamento a Ser- pulidi, caratteristico dell'infralitorale e particolarmente abbondante nelle zone esposte ad acque tranquille; sul substrato mobile, infine, si rinviene un ricco popolamento a Bivalvi che durante la crisi distrofica estiva è quasi completamente distrutto. Tali organismi con rivestimento calcareo, costituendo il substrato per i successivi popolamenti, ne influenzano la composizione. Abbiamo inoltre notato che il popolamento bentonico animale, almeno per quanto riguarda le specie meglio adattate aH'ambiente lacustre, è di¬ stribuito abbastanza uniformemente, nonostante la ricchezza delle popo¬ lazioni vari sensibilmente al variare dei biotopi. Si è notato che la distrofia estiva è avvenuta in maniera attenuata e non si è riflessa macroscopicamente sui popolamenti bentonici conside¬ rati, perché, a causa del particolare andamento metereologico dell’annata, i cambiamenti dei parametri chimico-fisici non sono stati né bruschi né elevati; pertanto i popolamenti in genere non hanno subito pesanti falci¬ die di massa ed anzi nelle date dei prelievi estivi erano in genere molto abbondanti. Quanto detto, insieme al fatto che nei prelievi invernali si è notato, per le specie prese come parametro quantitativo, una ripresa numerica, è indice dello sfasamento tra la stagione astronomica e quella ambientale lacustre: pertanto i prelievi estivi sono da considerarsi « tardo-primave- rili » ; quelli autunnali, « tardo-estivi »; quelli invernali « tardo-autunnali » ; quelli primaverili infine, « tardo-invernali ». In definitiva il lago Fusaro è una laguna salmastra che conserva ancora comunità con un certo grado di complessità che fanno ben sperare nel pieno recupero per un adeguato sfruttamento delle sue risorse biologiche, se vengono presi adeguati provvedimenti ad impedire un ulteriore degrada- mento dell'ambiente. BIBLIOGRAFIA Bellini R., (1902) - I Molluschi del lago Fusaro e del Mar Morto nei Campi Flegrei. Boll. Soc. Nat. Napoli, 16, 20-27. Carraoa G. C., (1973) - Profilo ecologico di una laguna salmastra flegrea: il lago Fusaro. Arch. Oceanogr. Limnol., 18 (suppl.), 145-164. Le biocenosi bentoniche dei lago Fusaro 45 Cognetti G. e Sarà M., (1974) - Biologia Marina. Calderini, Bologna, XI 1-440 pp., 325 figg. Cognetti G. et al., (1977) - Risanamento e protezione dell’ambiente idrobiologico delle lagune di Orbetello ( studio di fattibilità). Regione Toscana, Comune di Orbetello. Costa O. G., (1860) - Del Fusaro delle sue industrie alterazioni ecc., Napoli, 65 pp., 4 tavv. 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Napoli voi. 89, 1980, pp. 47-53, tabb. 3 Caratteristiche chimico-bromatologiche e composizione aminoaddica delFuovo di Coturnix coturnix japonica Nota del sodo Francesco Righetti (*) (Tornata del 28 marzo 1980) Riassunto . — - L'autore, dopo alcune considerazioni sull 'allevamento della quaglia domestica in Italia, determina il valore medio dei singoli componenti delFuovo nel cui tuorlo le proteine sono risultate presenti in ragione del 16,98 %, i lipidi del 32,29% e le ceneri dell T, 30 %. Nei confronti dell'uovo di gallina, quello di quaglia è risultato più ricco di aminoacidi essenziali, in particolare di lisina. L'autore auspica, infine, che anche in Italia venga incentivato il consumo di uova di quaglia. Summary. — The author, after some considerations about thè breeding of domestic quali in Italy, determines thè average value of single components of thè entire egg. In thè yolk of egg thè proteins have risulted present at thè rate of 16,98%, thè lipids of 32,29 % and thè ashes of 1,30%. In comparison with egg of thè chicken, thè on that of thè quail has risulted more rich in essential amino-acids, in particolar in lisina. Finally, thè author forebodes that also in Italy thè consumpition of quail eggs is increased. Introduzione Di recente sono sorti in varie regioni del nostro Paese impianti di cospicue dimensioni per Fai leva mento intensivo della quaglia domestica, la cui produzione annuale, in Italia, supera gli ottanta milioni di capi (Giordani, 1979) e continua ad espandersi progressivamente. (*) Istituto di Ispezione e Controllo delle Derrate Alimentari di Origine Animale della Facoltà di Medicina Veterinaria della Università di Bari, Viale Japigia, 88/1 - C.ÀJP. 70126. 48 F. Richetti Tale produzione, migliorata quantitativamente e qualitativamente ri¬ spetto agli anni cinquanta, grazie all'impiego di riproduttori sempre più selezionati ed al livello tecnico raggiunto anche in questo settore avicolo, ha contribuito a soddisfare, a prezzi modici, la richiesta di questo tipo di carne che viene particolarmente consumato presso posti di ristorazione e mense di comunità. L’uovo di quaglia, è, invece, ancora poco conosciuto nell'alimentazione umana, salvo che per un limitato impiego nell'industria dolciaria e nella preparazione di zabaglioni, antipasti, zuppe, farinati e tartine. Sebbene il valore biologico e l’apporto in calorie dell'uovo di quaglia sia superiore a quello di gallina (Toschi, 1959; Giordani, 1979), in Italia esso viene rara¬ mente utilizzato per il consumo diretto, mentre in Cina ed in Giappone costituisce un alimento molto pregevole per le proprietà nutrizionali ol¬ treché per la sua azione terapeutica e medicamentosa (Ferrara, 1960). Anche in Italia tale derrata potrebbe rappresentare un alimento di larga disponibilità se i consumatori, conoscendone l'efficacia nutritiva, ne incentivassero la commercializzazione. Siccome è auspicabile e ragionevolmente prevedibile che in un pros¬ simo futuro l’uovo di quaglia possa venire più convenientemente apprez¬ zato e richiesto, abbiamo ritenuto interessante studiarne le caratteristiche bromatologiche allo scopo di fornire ai dietologi concreti elementi di va¬ lutazione ed ai consumatori adeguate indicazioni per eventuali scelte alter¬ native all’uovo di gallina. Materiale e metodi Per la presente indagine abbiamo utilizzato 100 uova di giornata di giovani quaglie, in fase iniziale di produzione, nate dal medesimo ceppo di cui ad altra nota (Righetti, 1980, a). Entro poche ore dalla deposizione abbiamo proceduto al rilevamento del peso di ciascun uovo e delle sue parti. Il tuorlo e l’albume sono stati sottoposti separatamente a criodisidra- tazione sotto vuoto spinto, previo congelamento. Sul liofilizzato così otte¬ nuto sono state effettuate le seguenti determinazioni: a) protidi grezzi (N x 5,9), secondo metodica Kjeldhal-Gunning; b) lipidi grezzi, a mezzo estrattore Soxhelet; c) ceneri, mediante calcinazione a 480 °C per 12 h in muffola. I protidi grezzi sono stati purificati per trattamento con soluzione di solfato di rame in ambiente alcalino e poi sottoposti ad idrolisi acida Caratteristiche chimico-bromatologiche, ecc. 49 (HC1 6N) in fiala Pirex a 110 °C per 72 ore. A distanza di 18-36-72 h dal¬ l'inizio dell'ebollizione 5 mi di idrolizzato sono prelevati ed essiccati sotto vuoto a 30 °C ; il residuo è stato ripreso con soluzione tampone a pH 3,5 ed analizzato mediante amino-acids-analyzer (Beckman/Spinco 116). I dati analitici dei campioni prelevati a diversi tempi di idrolisi sono stati estrapolati e confrontati con le curve di decadimento degli ami¬ noacidi liberi. II triptofano è stato dosato secondo il metodo consigliato da Spies (1967). La cisterna è stata determinata dopo ossidazione ad acido cisteico. Risultati e discussione I dati riportati nelle tabelle I e II rivelano che: 1) il peso medio delle uova intere è risultato di g 10,47; quello del¬ l'albume di g 6,14; quello del tuorlo di g 3,56 ed infine quello del guscio e delle membrane testacee di g 0,77 ; TABELLA I Valori medi del peso dell’uovo intero di quaglia domestica e dei singoli compo¬ nenti con relative percentuali Campioni n. Rilevamento Peso g % Peso minimo Peso massimo Uovo intero con guscio 10,47 100,00 8,82 11,55 Albume 6,14 58,60 5,12 6,73 80 Tuorlo 3,56 34,05 3,01 3,89 Guscio e membrane t. 0,76 7,35 0,68 0,84 TABELLA II Composizione chimica percentuale della sostanza edibile dell’uovo di quaglia domestica Costituenti Albume Tuorlo Uovo intero % o/o senza guscio Umidità 86,70 49,05 66,60 Proteine 11,05 16,98 13,10 Lipidi 0,47 32,29 11,35 Ceneri 0,95 1,30 1,10 Residuo indeter. 0,83 0,38 0,50 4 50 F. Richetti 2) l'albume contiene: umidità 86,70 %; proteine 11,05 %; lipidi 0,47 %; sali minerali 0,95%; altre sostanze rimaste indeterminate 0,83%; 3) il tuorlo è formato per il 49,05 di acqua; per il 16,98 di proteine; per il 32,29 % di lipidi; per 11,30% di sali minerali e per lo 0,38 di residuo indeterminato; 4) albume, tuorlo, guscio e membrane testacee incidono sul peso to¬ tale dell’uovo intero, rispettivamente nella misura del 58,60 %; 34,05 % e 7,35 %. Dall'esame della tabella III si può rilevare che il valore complessivo di tutti gli aminoacidi contenuti nelle proteine oggetto della nostra inda- TABELLA III Contenuto aminoacidico della sostanza edibile dell’uovo di quaglia domestica paragonato a quello dell'uovo di gallina livornese bianca (mg/g di sostanza secca) Aminoacidi Uovo intero Albume Tuorlo quaglia X gallina X quaglia X gallina X quaglia X gallina X Arginina 6,2 6,3 5,7 7,6 8,0 7,9 Istidina 2,2 2,2 2,4 2,3 2,5 2,6 Lisina 8,0 7,2 7,0 6,5 5,9 5,5 Tirosina 4,5 4,3 4,8 4,6 5,3 5,1 Triptofano 1,6 1,5 1,7 1,6 1,6 1,6 Fenilalanina 6,4 6,2 5,6 5,6 5,7 5,8 Cisteina 2,5 2,4 2,4 2,3 1,9 1,9 Metionina 4,4 4,1 4,6 4,2 2,4 2,3 Scrina 3,8 4,1 3,9 4,4 2,1 2,3 Treonina 5,0 4,8 4,6 4,4 2,4 2,5 Leucina 9,2 9,2 4,4 4,4 2,3 2,3 Isoleucina 8,2 8,0 4,6 4,4 2,4 2,3 Vaiina 7,5 7,3 4,5 4,4 2,5 2,3 Acido glutammico 7,2 7,0 4,3 4,2 2,3 2,2 Acido aspartico 7,3 7,3 4,4 4,4 2,3 2,3 Glieina 2,3 2,5 4,2 4,4 2,2 2,3 Alanina 2,5 2,5 4,4 4,4 2,3 2,3 Prolina 2,5 2,5 4,4 4,4 2,3 2,3 Totale 91,5 89,7 77,9 76,7 56,5 56,9 gine risulta, per g di sostanza secca, mg 91,5 nell'uovo intero senza guscio; 77,9 nell'albume e 56,5 nel tuorlo. Gli aminoacidi essenziali per l'uomo adulto concorrono al raggiungimento di tali valori nella misura di mg 53,3; 37; 25,2 rispettivamente nell'uovo intero, nell’albume e nel tuorlo. Caratteristiche chìmico-bromat alogiche, ecc. 51 Allo scopo di stabilire utili raffronti con dei parametri di riferimento, abbiamo eseguito, contemporaneamente, con la stessa metodica ed appa¬ recchiatura, la determinazione del contenuto in aminoacidi delle uova di quaglie e di quelle di galline Livornesi bianche. Sulla scorta degli elementi emersi è possibile rilevare che la compo¬ sizione delle uova di quaglia si discosta alquanto da quella delle uova di gallina il cui potere alimentare, a parità di peso, appare leggermente in¬ feriore: nelle prime, infatti, col rispetto delle proporzioni, è presente un maggior contenuto di albume e di tuorlo pari rispettivamente allo 0,10 % ed al 3,05 % che eleva complessivamente la disponibilità di sostanza edi¬ bile del 3,15 %. Va notato ancora che il rapporto tra le percentuali di albume e di tuorlo è 58,50: 31 nell’uovo di gallina mentre in quello di quaglia è 58,60: 34 con relativo maggiore apporto nutritivo. Il tenore aminoacidico, nelle due specie, non presenta differenze so¬ stanziali (mg 91,5 contro 89,7), però, mentre nell'uovo di quaglia gli ami¬ noacidi essenziali per l'uomo adulto raggiungono la quota di mg 53,3; 37,0 e 25,2 rispettivamente nell’intera massa edibile, nell'albume e nel tuorlo, in quello di gallina, invece, non superano la quota di mg 48,3; 35,5 e 24,6 nei corrispondenti parametri di riferimento. Rispetto all'uovo di gallina i dati più salienti emersi a favore del¬ l'uovo di quaglia possono così essere riassunti: a) prevalgono gli aminiacidi essenziali (lisina 8 contro 7,2; metio- nina 4,4 contro 4,1 ; fenilalanina 6,4 contro 6,2; treonina 5 contro 4,8 ; iso- leucina 8,2 contro 8; vaiina 7,5 contro 7,3; triptofano 1,6 contro 1,5); b) il rapporto lisina-triptofano (4,4 contro 4,3), pur non essendo molto dissimile è relativamente più vicino alle condizioni ottimali in cui questi due aminoacidi esplicano una migliore funzione plastica, grazie alla più accentuata attività proteosintetica che essi determinano; c) il più elevato contenuto in metionina (4,4 contro 4,1) favorisce come è noto la rigenerazione dei tessuti danneggiati, specialmente a livello epatico, renale e dermico, arricchendo, altresì, il corredo gamma-globu- linico ed il tasso anticorpale alla cui formazione questo aminoacido sol¬ forato partecipa in maniera determinante. Ci sembra, quindi, che, per le sue proprietà, l’uovo di quaglia rappre¬ senti una derrata qualitativamente superiore a tutti gli altri prodotti si¬ milari; ciò è desumibile anche dagli studi condotti da Mitchell e Block (1964) sulla composizione dell’uovo di gallinacei, anseriformi, colo tubiformi e meleagridi. Tali Autori, infatti, valutata la natura ed il rapporto inter¬ corrente tra gli aminoacidi delle proteine delle uova di ciascuna specie, hanno assegnato il seguente punteggio di qualità: uovo di quaglia 77,28; 52 F. Richetti di gallina 69,67; di anatra domestica 66,50; di tacchina domestica 65,23: fattore limitante la cisteina con una percentuale di deficit rispettivamente di - 39, - 51, - 56 e - 58. Sempre secondo Mitchell e Block (1960) tale punteggio è stato superato solo nell'ambito di alcune specie selvatiche: uovo di germano reale 81,72 (fattore limitante la metionina con un deficit di -32); uovo di starna 79,81 (fattore limitante la fenilalanina con -35 di deficit); uovo di tacchino selvatico 79,18 (fattore limitante fenilalanina con - 36). Secondo Calet (1973) fra tutte le specie avicole la quaglia riesce a sintetizzare nelle proprie uova, il più elevato contenuto proteico, a parità di peso corporeo. Vogliamo concludere con un richiamo di carattere zooeconomico ri¬ cordando che l’uovo di quaglia, sebbene pesi appena un sesto di quello di gallina, possiede sufficienti pregi perché possa essere prodotto vantaggiosa¬ mente a scopo commerciale. Tale derrata, infatti, proviene da un volatile molto precoce, altamente prolifico, poco esigente e di minimo ingombro, che realizza l'eccezionale rapporto di 1 (peso dell'uovo) a 11 (peso corpo¬ reo dell'animale che lo produce) contro 1 a 33 nelle galline di razza leg¬ gere e 1 a 48 in quelle di razza pesanti (Leqparti et al., 1974). Rispetto alla gallina, perciò, la quaglia produce un uovo proporzional¬ mente molto più grande e, quantunque esistano apprezzabili differenze di metabolismo basale nelle due specie, la relazione tra quantità di alimenti ingeriti e quantità di uova prodotte in un dato periodo di tempo esprime un indice di conversione fisiologicamente più elevato nella quaglia, la quale, in condizioni artificiali di allevamento, deve considerarsi eccellente fetatrice (Pilla, b, 1962). BIBLIOGRAFIA Calet C., 1973 - INRA Poultry Research serves thè industry and thè consumer. World's Poultry Sci. J., 29, 175. Ferrara B., 1960 - L’allevamento della quaglia domestica. 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Fortemente influenzati dall’aggiunta di vitamina E sono risultati, invece, la fertilità delle uova deposte dalle quaglie ed il tasso di mortalità embrionale che si è dimostrato apprezzabilmente inferiore a quello del controllo. Summary. — The inquiries conducted on thè effects of thè addition of vita- min E in thè ration of Coturnix coturnix japonica bave explained that thè ani- mais subjects do not present a percentage of eggs deposition expressively superior to that of thè subjects of control. The fertility of thè eggs laid by thè quail and thè embrional mortality per¬ centage, which has shown to be appreciably inferior to thè control one, bave resulted, instead, strongly influenced by thè addition of thè vitamin E. I primi esemplari di « quaglia domestica » ( Coturnix coturnix japonica, Temminck e Schlegel) sono stati introdotti nel nostro Paese nel 1953 (Toschi, 1959) dal Laboratorio di Zoologia applicata alla Caccia1 allo scopo di valutare l’opportunità di impiegare questo tipo di gallinaceo in campo venatorio. (*) Istituto di Ispezione e Controllo delle Derrate Alimentari di Origine Animale della Facoltà di Medicina Veterinaria della Università di Bari, Viale Japigia, 88/1 - C.A.P. 70126. 1 Attualmente viene denominato Istituto Nazionale di Biologia della Selvag¬ gina e costituisce l'Ente tecnico preposto alla tutela ed alla conservazione della fauna selvatica, giusta Legge n. 968 del 27-12-1977. 56 F. Richetti È stato però constatato che il lungo processo di domesticazione ha cambiato profondamente alcune caratteristiche della Coturnix c. /., sì da renderne discutibile la reversione allo stato originario e praticamente irrea¬ lizzabile il ripopolamento naturale. Infatti tale volatile, a causa della catti¬ vità subita per secoli, cova solo eccezionalmente e per giunta, allo stato libero, depone pochissimo dimostrando scarsa resistenza ai rigori del freddo (Rizzoni e Lucchetti, 1958, a). Poco idonea quindi per essere impiegata come selvaggina classica, la quaglia giapponese è molto adatta, invece, per una utilizzazione zootecnica e si è confermata anche in Italia interessante animale da reddito. È stato già indagato su talune caratteristiche dell'uovo e della carne di questo volatile (Ferrara, 1960); sulla struttura morfo-funzionale del suo apparato digerente in relazione alla capacità di trasformazione degli ali¬ menti (Ferrara e Cecio, 1960); sul comportamento auxinico della spirami- cina e sulla influenza delle diete antibiotate per quanto riguarda deposi¬ zione, peso e schiudibilità delle uova (Ferrara e Minieri, 1962; Minieri, 1963). Righetti e De Masi (1969 a-b) hanno riscontrato in quaglie 6 6 e ? $ trattate con vitamina E modificazioni strutturali nelle gonadi e variazioni negli effetti della costellazione ormonica ad esse legata. Quadri analoghi erano stati già descritti da Falaschimi e Giordano (1953) nel pollo trattato con la stessa vitamina. Più specificatamente nella quaglia giapponese è stato rilevato che la vitamina E stimola l'attività seminale del testicolo, accelera la matura¬ zione dei follicoli oofori nelle ovaie, esalta la funzionalità del surrene, dell’ipofisi e della tiroide (Richetti e De Masi, 1. c.). Alla luce di tali risultati morfologici abbiamo voluto ampliare lo studio sulle variazioni fisiologiche che in Coturnix coturnix japonica conseguono alla somministrazione di vitamina E per verificare l’eventuale aumento del tasso di deposizione e di fertilità delle uova, nonché l'eventuale influenza sullo sviluppo dell'embrione. Materiale e metodi Sono state utilizzate 90 quaglie domestiche di cui 60 femmine di 140 giorni di età, già in deposizione, nate dallo stesso ceppo e dalla medesima schiusa e 30 maschi di 5 mesi provenienti da altro allevamento. Dei predetti soggetti sono stati formati due gruppi (A controllo; B sperimentale), composti ciascuno di 30 femmine e 15 maschi. Alfa tocoferolo e principali parametri riproduttivi , ecc. 57 In seno a ciascun lotto femmine e maschi erano tenuti separati in ra¬ zionali batterie a scomparti singoli sistemate in ambiente permanente- mente illuminato ove la temperatura non scendeva al di sotto di 20’ °C. La ricerca — condotta nei mesi invernali — è stata suddivisa in due fasi di 60 giorni ciascuna (presperimentale e sperimentale). Nella prima fase tutti gli animali hanno usufruito « ad libitum » di una miscela ricca di proteine e povera di tocoferoli che è stata sommini¬ strata sfusa, assicurando contemporaneamente il rifornimento ininterrotto di acqua di bevanda. Nella seconda fase per il gruppo A non si sono effettuate variazioni del regime alimentare, mentre per il gruppo B la miscela base è stata integrata da 0,30 g di alfa-tocoferolo acetato/kg di mangime. Nel corso della prova è stata sistematicamente annotata la deposi¬ zione individuale delle quaglie in seno ai rispettivi lotti e sono state poste in incubazione le uova prodotte fra l'undicesimo ed il quindicesimo giorno di ciascuno dei quattro mesi dell'indagine. La fertilità delle uova e la morte degli embrioni è stata controllata mediante due sperature distanziate di sei giorni l'ima dall’altra a partire dal settimo giorno d’incubazione. Risultati e discussione I risultati ottenuti sono riassunti nelle annesse tabelle. Nella tabella I sono riportati i dati relativi al numero di uova deposte dal gruppo di controllo (A) e da quello sperimentale (B) e vengono messe in evidenza le variazioni rilevate, nell'ambito dei gruppi, per ciascun pe¬ riodo di osservazione. I valori medi (con deviazione standard a coefficiente di variabilità) delle produzioni mensili dimostrano che: a) nella fase pie sperimentale fra la deposizione del gruppo A e quella del gruppo B vi è stata una differenza, priva tuttavìa di signi¬ ficatività statistica (20,366 ± 2,335 e 20,800 ± 2,144 contro 20,933 ± 2,837 e 20,733 ± 2,531); b ) nella fase sperimentale la produzione del gruppo trattato ha fatto registrare, rispetto al controllo, un incremento di 7 uova in febbraio ed altrettante in marzo (21,100 ± 1,483 e 21,033 ± 1,295 contro 21,333 ± 2,795 e 21,266 ± 2,463); anche in questo periodo le differenze fra i valori medi non sono risultate segnificatìve al test di Student . Nella tabella II figurano le percentuali delle uova risultate fertili, di quelle « chiare » e delle uova nelle quali l'embrione è morto durante Fin- Valori medi della ovodeposizione nei gruppi A (controllo) e B (sperimentale) per ciascun periodo di osservazione 58 F. Richetti » ajEtuaumads N.S. = non significativo. Alfa tocoferolo e principali parametri riproduttivi, ecc. 59 cubazione. Si può osservare che la fertilità delle uova incubate è stata del 59,64 e del 54,83 % rispettivamente nei due mesi del 1° periodo (pre-speri- mentale) per il gruppo A e del 58,92 e 55,78 % negli stessi due mesi nel gruppo B. TABELLA II Valori percentuali della fertilità e della mortalità embrionale nelle uova dei gruppi (A controllo; B sperimentale) Periodo Uova incu¬ bate n. Uova fertili n. % Uova « chiare » % Em¬ brioni morti n. % 1 Pre-sperimentale ; | 1° mese 57 34 59,64 23 40,35 7 30,58 Gruppo A 1 ! 2° mese r 62 34 54,83 28 45,16 7 20,58 1 Sperimentale « i 1° mese 66 37 56,06 29 43,92 8 21,62 1 f 2° mese 68 38 55,88 30 44,11 8 21,05 l Pre-sperimentale ^ 1° mese 56 33 58,92 23 41,11 7 21,21 PQ o a a 3 l 1 2° mese 61 34 55,73 27 44,26 8 23,52 O ( Sperimentale | 1° mese 89 64 71,91 25 28,08 9 14,06 i ) 2° mese 90 65 72,22 16 17,77 9 13,84 Nei due mesi del periodo sperimentale tali percentuali sono risultate per il gruppo A del 56,06 e del 55,88 e per il gruppo B del 71,91 e del 72,22 rispettivamente. Di conseguenza, per ciascuno dei due mesi del pe¬ riodo pre-sperimentale la percentuale delle uova risultate « chiare » è stata nel gruppo A del 40,35 e del 45,16 e nel gruppo B del 41,11 e del 44,26 rispettivamente, mentre nel periodo sperimentale per il gruppo A è stata del 43,92 e del 44,11 e per il gruppo B del 28,08 e del 17,77. 60 F. Richetti Nel periodo pre-sperimentale la mortalità embrionale è stata del 20,58 % in ciascuno dei due mesi considerati nel gruppo A e del 21,21 e 23,52 % nel gruppo B; essa è risultata, poi, del 21,62 e del 21,05 % (gruppo A) e del 14,06 e del 13,84 % (gruppo B) rispettivamente in ciascuno dei due mesi del periodo sperimentale. L'aggiunta di 30 ctg di alfa tocoferolo acetato nella razione alimen¬ tare non sembra, quindi, agire sensibilmente sull’ovodeposizione nella quaglia domestica, mentre esplica notevole influenza sul tasso di fertilità che è risultato decisamente inferiore nelle uova deposte dalle quaglie non trattate. L'azione favorevole dell'alfa tocoferolo somministrato nel modo ed alla dose suddetti si è chiaramente manifestata anche nei riguardi della so¬ pravvivenza degli embrioni. Nelle uova ottenute dalle quaglie trattate, infatti, la mortalità embrionale è risultata considerevolmente inferiore a quella riscontrata nel gruppo di controllo durante lo stesso periodo. Tali osservazioni acquistano maggiore significato se si considera che Falaschini e Giordano (1953) hanno riferito che nelle uova di galline alimentate con diete povere di vitamina E si manifestano precoci alterazioni a carico dei vasi del blastoderma con emorragie nella cavità celomatica ed extra celo¬ matica che portano a morte l'embrione fin dal 4° giorno di incubazione. È da ritenere pertanto che l’azione dell'alfa tocoferolo, evitando obli¬ terazione di vasi e facilitando la formazione di una più ricca rete di va¬ scolarizzazione blastodermica, determina le condizioni per una maggiore nutrizione dell'embrione. BIBLIOGRAFIA Falaschini A. e Giordano G., 1953 - Azione della vitamina E sulle gonadi femmi¬ nili . Ricerche sperimentali sulle specie avicole. Zootec. e Vet., Suppl. Ferrara B., 1960 - L’allevamento della quaglia domestica: studio su alcune carat¬ teristiche dell’uovo e della carne. Soc. It. Sci. Vet., 14, 234-236. Ferrara B. e Cecio A., 1961 - La quaglia domestica: prime osservazioni sulla mor¬ fologia dell’apparato digerente. Boll. Soc. It. Biol. Sper., 37 (18), 1-4. Ferrara B. e Minieri L., 1961 a - Ricerche sulla velocità di accrescimento e sulla utilizzazione degli alimenti nella quaglia domestica. Acta Medica Vet., 7 (5), 295-307. Ferrara B. e Minieri L., 1962 b - Indagini sull’effetto auxinico della spiramicina nella quaglia domestica. Soc. It. Sci. Vet., 17 (5), 1-4. Minieri L., 1963 c - Influenza di diete antihiotate sulla fertilità e schiudibilità delle uova . Ricerche con spiramicina in Coturnix c. j. Acta Med. Vet., 9 (5), 359-370. Alfa tocoferolo e principali parametri riproduttivi, ecc. 61 Righetti F. e De Masi R. V., 1969 a - Vitamina E e gonadi. Studio istologico spe¬ rimentale in Coturnix c. j. Boll. Soc. It. Biol. Sper., 44 (24), 1626-1628. Righetti F. e De Masi R. V., 1969 b - Vitamina E e ghiandole endocrine. Studio istologico sperimentale in Coturnix c. j. Boll. Soc. It. Biol. Sper., 44 (24), 1628-1630. Rizzoni R. e Lucchetti L., 1958 - La quaglia domestica. Edagricole, Bologna, 39 pp., 13 fìgg. Rizzoni R. e Lucchetti L., 1959 - La quaglia domestica, Edagricole, Bologna, 170 pp., 45 fìgg. Toschi A., 1959 - La quaglia Ed. Compositori, Bologna, 267 pp., 55 fìgg. . Boll. Soc. Natur. Napoli voi 89, 1980, pp. 63-72, tabh. 5 Influenza del sistema di allevamento sul valore bromatologico della carne di Coturnix coturnix japonica Nota del socio Francesco' Righetti (*) (Tornata del 25 aprile 1980) Riassunto. — L'autore dopo avere illustrato il favorevole andamento di mer¬ cato nella produzione della quaglia da carne in Italia, espone i risultati di deter¬ minazioni analitiche eseguite sui muscoli bianchi e su quelli rossi di quagliardi allevati in batteria e di altri trasferiti in parchetto di finissaggio. Tutte le prove eseguite hanno messo in evidenza l’importanza del sistema di allevamento sulle caratteristiche delle carni, risultate più ricche di proteine e più povere di grassi nei soggetti di parchetto. Summary. — The author describes thè favourable state of thè market in thè production of thè battery quail in Italy and thè results of analytical deter- minations performed on white and red muscles of young quails bred in batteries and of subjects bred in batteries for thè first period and in big floor pens for thè second one. The results obtained show thè importance of thè second breeding System on thè characteristics of meat, which resulted richer in proteins and poorer in fats. La quaglia domestica, originaria dell’Asia nord orientale, è un galli¬ naceo della famiglia dei fasianidi che — selezionato da tempo in Giappone a scopo commerciale — ha perduto quasi completamente le caratteristiche selvatiche della specie di appartenenza (Ghigi, 1958; Toschi, 1959; Rizzoni e Lucchetti, 1959; Ferrara, 1960). A differenza, per esempio, dalla euro-africana ( Coturnix coturnix co turnix), trasmigratrice stagionale di doppio passo in Italia con abitudini (*) Istituto di Ispezione e Controllo delle Derrate Alimentari di Origine Animale della Facoltà di Medicina Veterinaria della Università di Bari, Viale Japigia, 88/1 - C.A.P. 70126. 64 F. Richetti notturne e diurne, la quaglia giapponese ha perduto l'istinto migratorio e la predisposizione alla cova, nonché l'attitudine alla pastura ed agli spo¬ stamenti notturni. L’allevamento industriale della quaglia ha avuto nel nostro Paese una rapida espansione a partire dal 1957, allorché gli avicoltori italiani impa¬ rarono a conoscere e ad apprezzare le capacità produttive di questo pic¬ colo gallinaceo, oggetto di un’ampia e documentata esposizione nella fiera del pollo da carne a Varese. Prove condotte successivamente da Ferrara e Minieri (1961) hanno messo in risalto soddisfacenti valori dell’indice di conversione e della resa nei giovani soggetti da carne (quagliardi), i quali a 41 giorni raggiungono il peso medio di 110 g fornendo carcasse a masse muscolari particolar¬ mente sviluppate e pressoché prive di depositi adiposi. Per tali peculiarità i quagliardi 1 costituiscono un genere il cui consumo, negli ultimi anni, è molto accresciuto soprattutto nelle mense aziendali, posti di ristoro, ta¬ vole calde, self-services, snak e rosticcerie ove vengono generalmente pre¬ feriti ai broilers grazie alla ridotta pezzatura ed al limitato coefficiente di scarto. In considerazione dell'attuale richiesta di mercato di quaglie da carne abbiamo ritenuto interessante istituire la presente ricerca con l'intento di studiare le caratteristiche bromatologiche delle masse muscolari di quagliardi allevati in batteria e di coetanei avviati in batteria e trasferiti successivamente in parchetto di finissaggio. Sono stati impiegati complessivamente 80 soggetti di ambo i sessi prelevati da uno strato di 140 quaglini tutti provenienti dal ceppo di cui ad altra nota (Richetti, 1980, a), allevati, promiscuamente, per 25 giorni in batteria riscaldata a temperatura iniziale di 36 °C, diminuita gradual¬ mente di 0,5 °C al giorno fino alla temperatura ambiente. Durante questo periodo, che abbiamo considerato pre-sperìmentale, è stato somministrato un tipo di mangime della seguente composizione cen¬ tesimale sul t.q. : umidità 10,80; proteina grezza 28,80 ; estratto etereo 4,30 ; fibra grezza 3,10; ceneri 6,80; estrattivi inazotati 45,90. L’acqua di bevanda è stata sempre a disposizione mediante abbeveratoi a sifone con apertura adeguatamente strozzata onde evitare l'annegamento dei quaglini nel primo stadio di vita. 1 In questa specie avicola i soggetti in accrescimento, indipendentemente dal sesso, vengono così suddivisi: quaglini dalla nascita a 25 giorni; quagliotti da 25 a 40; quagliardi da 40 fino all’inizio della riproduzione. Influenza del sistema di allevamento , eco. 65 Gii individui giudicati comunque non idonei alla ricerca sono stati sistematicamente sostituiti durante questa prima fase dell'indagine. Terminata la fase pre-sperimentale (25 giorni dalla nascita) sono stati costituiti 4 gruppi omogenei (A-B-C-D) di 20 quagliotti ciascuno (maschi A e €; femmine B e D) ed ha avuto inizio l'esperimento vero e proprio inteso a valutare le eventuali connessioni tra • tecnica di allevamento e qualità della carne prodotta con i relativi riflessi di ordine merceologico, Per i lotti À e B Fallevamento è proseguito in batteria mentre per i lotti C e D si è provveduto al trasferimento in gabbie-parchetto a fondo sabbiato» munite di mangiatoie ed abbeveratoi rispettivamente a tramogia e a bottiglia. Sono state realizzate identiche condizioni ambientali e di alimentazione per tutti i gruppi. È stato utilizzato un mangime di finissaggio preparato su nostra in¬ dicazione secondo la seguente formula: Farina di mais 40% Farina di medica disidratata 5% » » orzo 10% » » siero di latte 5% » » soia 7% Tritello 6% » » arachidi 7% Grassi stabilizzati 2% » » pesce 7% Complesso minerale 2% » » carne 7% Vitamine + antibiotici 1 % La prova è stata condotta in primavera ed è durata complessivamente 50 giorni» dopo di che gii animali sono stati sacrificati mediante recisione delle carotidi» previo digiuno di 12 ore e pesatura individuale. Subito dopo l’abbattimento sono- stati prelevati « in tota » i muscoli sterno-costo-carenali ed i muscoli della coscia. Sia i muscoli bianchi (petto) sia quelli rossi (coscia) sono stati trattati seguendo la medesima tecnica analitica» ma separatamente allo scopo- di poterne differenziare la compo¬ sizione chimica centesimale. Il materiale di ciascun campione» dopo il dosaggio del contenuto idrico è stato finemente polverizzato per la determinazione dei protidi grezzi (metodo Kjelohal-Gunning), dei lipidi (estrattore Sgxhlet) e delle ceneri (calcinazione a 480 °C in muffola per 12 h). Espletate le suddette indagini si è proceduto all’elaborazione matema¬ tico-statistica dei dati analitici per l'esatta interpretazione della rappre¬ sentatività e della variabilità del fenomeno. 5 66 F. Richetti Risultati e discussione Dall’esame della tabella I si nota che il peso alla macellazione è risul¬ tato di g 120,415 ± 1,754 e 119,330 ± 1,393 nei maschi nonché 120,185 ± 1,798 e 119,245 ± 1,399 nelle femmine, rispettivamente per i soggetti allevati in batteria e per quelli di parchetto: non significative le differenze. TABELLA I Valori medi con deviazione standard e significatività al « t » Student del peso alla macellazione dei quagliardi di batteria e di quelli di parchetto nell’ambito dello stesso sesso e tra maschi e femmine Gruppi Capi Sistema allev. X S Sistema allev. X s « t » Student A/C (3-3) 20/20 Batteria 120,415 ± 1,754 Parchetto 119,330 ±1,393 2,170 N.S. B/D ($-$) » Batteria 120,185 ±1,798 Parchetto 119,245 ±1,399 1,846 N.S. A/B (3-9) » Batteria 120,415 ±1,754 Batteria 120,185 ±1,798 0,409 N.S. C/D (3-9) » Parchetto 119,330 ±1,393 Parchetto 119,245 ±1,399 0,192 N.S. N.S. = Non significativo. Irrilevante anche la differenza tra i quagliardi di sesso diverso allevati mediante la stessa tecnica (g 120,415 ± 1,754 e 120,185 ± 1,798 in batteria contro 119,330 ± 1,393 e 119,245 ± 1,399 in parchetto). Dai dati riportati nelle tabelle II e III emerge che le medie percen¬ tuali (corredate di deviazione standard e di coefficiente di variabilità) re¬ lative ai singoli componenti della carne analizzata sono le seguenti: a) umidità: 73,914 ± 0,612 e 74,539 ± 0,197 rispettivamente nei mu¬ scoli del petto e della coscia dei maschi allevati in batteria contro 73,012 ± 0,828 e 73,757 ± 0,588 degli analoghi reperti dei maschi allevati in parchetto ; 73,738 ± 0,250 e 74,301 ± 0,508 rispettivamente nel petto e nella coscia delle femmine di batteria contro 72,944 ± 0,448 e 73,745 ± 0,573 degli stessi reperti delle femmine di parchetto; sempre altamente significative le differenze (P < 0,01); b ) proteine: 22,823 ± 0,580 e 19,783 ± 0,651 rispettivamente nel petto e nella coscia dei maschi di batteria contro 23,989 ± 0,467 e 20,301 ± 1,389 negli stessi tessuti di quegli di parchetto; 22,915 ± 0,576 e 19,877 ± 0,626 Valori medi della composizione chimica centesimale delle masse muscolari dei quagliardi allevati in batteria distintamente per sesso Influenza del sistema di allevamento, ecc. 67 * * * * * * * * -;s * * ■3! * * A 3- SO '5J- ■a oo r- 3 ON rg i"- m co 3 rg sO «n ©_ in t-h_ C/3 m v-H [P P so" co" rg" CN 1— H \0 s co O co co ON oo © ©\ sO ON OO ^T © -^f > rg ' oo in ON in co in in lo ©" CS so" ri ©" ri rg" so" £ d 1 F— ( w-A O a £ 3 rg o ON sO © sO rg -Fi¬ 'o co co rg in r- so ON o NO m CO © rsi in rg f-h 3 ©" ©" ©" ©" ©" ©' ©" ©" § +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 +1 CO ON CO oo in in -g- rg iX G\ fN oo^ O £ p co r- ON o o r- © f-H^ On © co" ri rg T— 1 ©" co" ri rg" P o" r- f i r ► A i > 1 * 4 .diametro esterno D in mrp spesi .95 1.15 1.35 1.55 1.75 1.95 2.15 .225 .2/ Fig. 8. — Diplopora panormitana n. sp. - Variabità del diametro esterno, dello spessore il tenendo conto del numero degli individui su cui sono state accertate le singi; Nella porzione sinistra del diagramma è rappresentata la variabilità del a degli esemplari espresso in percentuale. Nella porzione mediana è rappresentata la variabilità dello spessore del imi espresso in percentuale. Nella porzione destra è rappres esentata la variabilità del rapporto tra i a espresso in percentuale. In attesa che vengano uniformati i criteri di classificazione delle Dasicladacee metaspondili preferisco pertanto attribuire la nuova specie al genere Diplopora Schafautl, 1863 emend. Pia, 1920. Confronti e differenze D. panormitana n. sp. si differenzia da D. philosophi Pia e da D. anatoliana Guvenc per la presenza di un manicotto calcareo privo di annulazione. Si distingue da D. proba Pia per il minore spessore del manicotto, per il minore diametro dei pori e per il maggior numero di pori per ciuffetto. Differisce da D. subtilis Pia per le maggiori dimensioni del manicotto e dei pori, per l'assenza di estroflessioni della cavità assiale (vestiboli) e per il minor numero di pori per ciuffetto. Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie , ecc. 83 ! licotto e del rapporto fra i diametri, in funzione del diametro interno del manicotto, inabilità. fero esterno del manicotto in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero Ito (D-d)/2 in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero degli esemplari ;ri (d/D %) in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero degli esemplari Altre forme inarticolate che potrebbero presentare qualche analogia con D. panormitana n. sp. sono D. tuhispora Ott, D. interjecta Fenninger e D. phanerospora Pia. La nostra specie differisce da D. tuhispora e da D. interjecta per l’assenza di vestiboli e per la diversa disposizione delle cisti calcificate aU'interno della cavità assiale, e da D. phanerospora per l'assenza di intusannulazione e per la diversa disposizione e dimensione delle cisti calcificate aU'interno della cavità assiale. Microfacies dei campioni studiati Diplopora panormitana n. sp. ricorre in sedimenti calcarenitici costi¬ tuiti per lo più da talli di alghe calcaree, depostisi in un ambiente di laguna di retroscogliera. 82 P. Di Stefano Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie, ecc. 83 Fig. 8. — Diplopora panormitana n. sp. - Variabità del diametro esterno, dello spessore del manicotto e del rapporto fra i diametri, in funzione del diametro interno del manicotto, tenendo conto del numero degli individui su cui sono state accertate le singole (variabilità. Nella porzione sinistra del diagramma è rappresentata la variabilità del dia maro esterno del manicotto in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero degli esemplari espresso in percentuale. Nella porzione mediana è rappresentata la variabilità dello spessore del mani tono (D-d)/2 in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero degli esemplari espresso in percentuale. Nella porzione destra è rappres esentata la variabilità del rapporto tra i dia Ine tri (d/D %) in funzione del diametro interno, tenendo conto del numero degli esemplari espresso in percentuale. In attesa che vengano uniformati i criteri di classificazione delle Dasicladacee metaspondili preferisco pertanto attribuire la nuova specie al genere Diplopora Schafautl, 1863 emend. Pia, 1920. Confronti e differenze D. panormitana n. sp. si differenzia da D. philosophi Pia e da D. anatoliana Guvenc per la presenza di un manicotto calcareo privo di annulazione. Si distingue da D. proba Pia per il minore spessore del manicotto, per il minore diametro dei pori e per il maggior numero di pori per ciuffetto. Differisce da D. subtilis Pia per le maggiori dimensioni del manicotto e dei pori, per l’assenza di estroflessioni della cavità assiale (vestiboli) e per il minor numero di pori per ciuffetto. Altre forme inarticolate che potrebbero presentare qualche analogia con D. panormitana n. sp. sono D. tubispora Ott, D. interjecta Fenninger e D. phanerospora Pia. La nostra specie differisce da D. tubispora e da D. interjecta per l’assenza, di vestiboli e per la diversa disposizione delle cisti calcificate aH'interno della cavità assiale, e da D. phanerospora per l’assenza di intusannulazione e per la diversa disposizione e dimensione delle cisti calcificate all’interno della cavità assiale. Microfacies dei campioni studiati Diplopora panormitana n. sp. ricorre in sedimenti calcarenitici costi¬ tuiti per lo più da talli di alghe calcaree, depostisi in un ambiente di laguna di retroscogliera. 84 P. Di Stefano In associazione con la nuova specie sono presenti altre Dasicladacee ( Diplopora tubispora Ott, Diplopora cfr. adnetensis Flììgel, Heteroporella zankly (Ott), Tendo por ella sp.); talli nodulari di cianoficee (Cayeuxia sp.) e di Solenoporacee ( Solenopora cfr. styriaca Flììgel, Parachetetes sp.); organismi di incerta posizione sistematica (Thaumato por ella parvovesi- culifera (Raineri), Baccanella floriformis Pantic, Microtubus communis Flììgel) oltre a foraminiferi. Età e diffusione della specie La nuova specie è attribuibile al Norico per la presenza di forme segnalate finora soltanto in questo piano: Diplopora tubispora Ott ed Heteroporella zankli (Ott). La sua diffusione geografica è per ora limitata all'area dei Monti di Palermo. Ringraziamenti Voglio esprimere i più sentiti ringraziamenti al Prof. Raimondo Cata¬ lano delFIstituto di Geologia deH’Università di Palermo per gli incorag¬ giamenti, la continua assistenza e i mezzi tecnici messimi a disposizione, e al Prof. Piero De Castro dell'Istituto di Paleontologia dell'Università di Napoli per i preziosi consigli metodologici e per la lettura critica del manoscritto. BIBLIOGRAFIA Abate B., Catalano R., 1974 - Il margine della Piattaforma Carbonatica Panor- mide triassica nei monti di Palermo. Boll. Soc. Nat. Napoli, 83, pp. 1-16, (Napoli). Abate B., Catalano R., D’Argenio B., Di Stefano P., Riccobono R., 1977 - Relation- ships of Algae with depositional environments and fauna l assemblages of thè Panormide Carbonate Paltform, Upper Triassic, Northwestern Sicily. In: Flììgel E. ed., Fossil Algae, pp„ 301-303, 5 figg., 4 tavv., Springer, Berlin. Barattolo F., 1980 - Su alcune nuove Triploporelle del Cretacico dell’ Appennino. Boll. Soc. Nat. 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Fig. 2. — Sezione obliqua (X 17) - Preparato A 20/9. Fig. 3. — Sezione obliqua (X 23) - AlPinterno della cavità assiale si osservano chiaramente i rivestimenti calcarei delle cisti. Preparato A 20/7. Per tutte le figure: Età Norico. Località Cozzo di Lupo vicino Torretta (Prov. di Palermo). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Di Stefano P. - Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie, ecc. Tav. II £ TAVOLA III Diplopora panormitana n. sp. Paratipi Fig. 1. — Sezione trasversale (X 23) - Preparato A 20/7. Fig. 2. — Sezione obliqua (X 23) - Preparato A 20/6. Fig. 3. — Sezione assiale (X 17) - Preparato A 20/7. Fig. 4. — Sezione obliqua (X 23) - Preparato A 20/7. Per tutte le figure: Età Norico. Località Cozzo di Lupo vicino Torretta (Prov. di Palermo). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Di Stefano P. - Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie, ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Diplopora panormitana n. sp. Paratipi Fig. 1. — Sezione trasversale (X 23) - Preparato A 20/7. Fig. 2. — Sezione trasversale (X 23) - Preparato A 20/7. Fig. 3. — Sezione obliqua (X 17) - Preparato A 20/7. Fig. 4. — Sezione obliqua (X 23) - Preparato A 20/7. Per tutte le figure: Età Norico. Località Cozzo di Lupo vicino Torretta (Prov. di Palermo). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Di Stefano P. - Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie , ecc. Tav. IV Boll . Soc, Natur. Napoli voi 89 , 1980, p. 95 Sipholagena benevestita nuovo nome per Buchneria benevestìia (Buchner) Nota dei soci Maria Moncharmomt Zei (*) e Franca Sgarrella(*) (Tornata del 25 aprile 1980) In una precedente nota (Moncharmomt Zei M. e S carrella II, 1977) fu¬ rono esposti i risultati di uno studio eseguito al SEM su gusci di Lagena benevestita Buchner, 1940. La costante presenza negli esemplari esami¬ nati di una parete costituita da due lamelle, separate da una intercape¬ dine attraversata da pilastri, ci suggerì l’opportunità di istituire il nuovo genere, Buchneria. Siamo venuti a conoscenza, per gentile segnalazione del dott: Brew Haman, che tale nome era stato preimpiegato ( Buchneria Borner 1952, Heroi pierà). Esso non può quindi per motivi di priorità essere valido per il nostro genere, per il quale proponiamo il nuovo nome Sipholagena . (*)' Istituto di Paleontologia dell'Università, Largo S. Marcellino n. 10. 8013-8 Napoli. Boll . Soc . Naiur . Napoli voi . 89, 1980, pp. 97-167, figg . 10, tabb. 2, taw. 11 Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi, Basicladaeee) del Cretacico inferiore delFAppennieo campano (*) Nota del socio Filippo Barattolo (Tornata del 27 giugno 1980) Riassunto . — Vengono istituite due nuove specie di Dasieladali (alghe verdi) : Triploporella decastroi n. sp, e Triplo pò ralla matesina n. sp. riscontrate nel Cre¬ tacico inferiore dell' Appennino Campano (Matese). Le due specie differiscono tra loro principalmente per la forma e le dimensioni del tallo, per il diverso numero di pori per verticillo, per la morfologia dei rami primari e per le dimen¬ sioni degli organi riproduttori; differiscono dalle altre specie principalmente per gli organi riproduttori, i valori biometrici dei caratteri più significativi del ma¬ nicotto, per la forma dei rami primari e il numero di rami secondari dei ciuf- fetti. Delle due nuove specie vengono forniti diagrammi dei valori biometrici più significativi e la ricostruzione del tallo. Gli organi riproduttori delle nuove specie sono costituite da cisti raggruppate e sono stati indicati col nome di contenitori di cisti. Cisti raggruppate ai rinterri o dei contenitori non sono osser¬ vabili in tutte le Triploporelle note; alcune di queste, infatti, hanno organi ri- produttori senza tracce evidenti di cisti (per esempio Triploporella remesi e Triploporella marsicana) o non mostrano alcun tipo di organo di riproduzione (per esempio Triploporella fraasi Steinmamn 1880) all'interno dei pori. Un’indagine effettuata sugli organi riproduttori delle Dasicladacee attuali e fossili ha mostrato che i contenitori di cisti e i loro equivalenti coristospori (ampli Ile) non sono sempre differenziabili nettamente dalle cisti in base alle dimensioni; inoltre tenendo presente che nelle specie viventi le ampolle e le cisti in esse contenute possono calcificare o non, viene prospettato che tutte le Triploporelle fossero caratterizzate da uno stesso tipo di organo riproduttore (*) Lavoro eseguito con il contributo del M.P.I. e del C.N.R. Ringrazio il dott. Branko Sokac deìFInstitut za geoloska istrazivanja di Za¬ gabria per i chiarimenti fornitimi sulle Triploporelleae da lui studiate e le cor¬ tesie usatemi in Zagabria. Desidero esprimere la mia riconoscenza al prof. Antonio Praturlon dell'Isti¬ tuto dì Geologia Applicata, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Università di Ancona per aver messo a mia disposizione il suo materiale a Triploporelle dell’ Appennino centrale e per la consueta benevolenza. 7 98 F. Barattolo costituito da contenitori di cisti; il suo grado di calcificazione viene utilizzato per suddividere in tre gruppi le specie del genere Triploporella (specie del gruppo di Triploporella steinmanni, specie del gruppo di Triploporella remesi, specie del gruppo di Triploporella fraasi). Lo studio comparato dei caratteri morfologici delle Triploporelle fossili e delle Dasicladali viventi permette inoltre di prospettare che i rami secondari delle Triploporelle fossero di tipo floioforo e formassero un cortex regolare e continuo anche nella regione sommitale del tallo. Termini chiave. Paleobotanica, novità Dasycladales, (Triploporella decastroi, Triploporella matesina), (biometria, riproduzione, ricostruzione paleontologica), Cretacico inferiore, Italia (Matese, Campania). Key words. Paleobotany, new Dasycladales (Triploporella decastroi, Triplo¬ porella matesina), (biometry, reproduction, paleontological reconstruction), Lo- wer Cretaceous, Italy (Matese, Campania). SOMM AIRE Apercu sur les organes reproducteurs des dasycladales et considerations SUR CEUX DES TRIPLOPORELLES. A Tépoque actuelle les cellules reproductrices des Dasycladales (zoo- spores et gamètes) se trouvent soit libres soit regroupées en cystes à Tintérieur de branches spécialement destinées à la reproduction appelées ampoules, ces sont disposées sur les còtés ou à l’extrèmitè de branches ayant fonction d’assimilation et/ou de soutien pour d'autres branches d’ordre supérieur (type choristospore). L'ampoule peut ètre calcifié et normalement elle contieni plusieurs cystes. Des espèces fossiles pourvues d’ampoules sont par exemple Indopolia satyavanti Pia, Lemoinella geome¬ trica L. & J. Morellet, etc. Notamment les genres Digitella, Zittelina, Mau- pasia, exclusivement fossiles, présentent des ampoules où le volume in¬ terne était calcifié; par conséquent, ces organes reproducteurs se présen- taient en forme de petits corps globuleux pourvus à leur périphérie de petites cavités, elles aussi globuleuses, chacune desquelles hébergeait une cyste. Actuellement les cystes peuvent se former aussi à Tintérieur du siphon centrai ou dans des branches qui servent de support à d'autres d’ordre supérieur, bien que cela arrive peu fréquemment (Puiseux-Dao 1962, p. 436). Par contre les deux formes sont bien connues dans les espèces fossiles. Des ampoules d'un type particulier sont les « loges fertiles » des Aceta- bulariaceae, où les cystes peuvent occuper tout le volume interne de la Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 99 loge ou bien, comme il arrive par exemple dans Acicularia , elles peuvent se disposar uniquement à la périphérie; dans Acicularia la loge fertile peut ètre calcifiée à l’intérieur donnant lieu à une spicule qui présente, en surface, de petites cavités globuleuses, chacune desquelles héberge une cyste. Un organe reproducteur de type particulier qu’on ne trouve pas actuellement est celui observé por la première fois par Steinmann (1899) dans certaines Dasyscladacées du Crétacé supérieur du Mexique attribuées à l'espèce Triploporella fraasi déjà cornine. Dans les exemplaires mexicains pourvus de branches primaires et secondaires, les organes reproducteurs localisés à l’intérieur des branches primaires sont formés de petits corps ellipsoidaux qui contiennent des cavités, dans chacune desquelles était probablement hébergée une seule cyste. Aucun doute sur les rapports morphologiques entre ces « contenants de cystes » et les ampoules des Dasycladacées actuelles et fossiles, notam- ment celles de l'espèce de Digit ella, Zit felina et Maupasia. Les différences importantes entre les contenants de cystes des Triploporelles mexicaines jusqu’ici connues et les ampoules des autres Dasycladacées consiste dans ce que les premiers se situent à l'intérieur des branches et ne sont donc aucunement à considérer comme des ramifications; les autres par contre se situent sur dautres branches et sont considérées comme des ramifica¬ tions de type particulier. Bien que les organes reproducteurs de Triplopo¬ rella steinmanni Barattolo 1981 (= Triploporella fraasi du Mexique in Steinmann (1899)) et de Triploporella minor (Steinmann)1, ainsi que les ampoules, soient des contenants de cystes au sense large du mot, doré- navant j'indiquerai par ce dernier terme les regroupements de cystes à l'intérieur des branches de certaines Triploporelles. Les Triploporelles jusqu'ici connues, à l'exception de Triploporella ? neocomiensis Radoicic, présentent toutefois de différences remarquables dans la fagon de montrer les organes reproducteurs. Farmi ce espèces, qui toutes sont sans doute liées par des affinités morphologiques, on peut distinguer à ce point de vue trois cas: 1) Triploporelles du groupe Triploporella steinmanni. Les organes reproducteurs sont formés de contenants de cystes clai- rement reconnaissables ( Triploporella steinmanni Barattolo, Triploporella minor (Steinmann) Barattolo, Triploporella matesina n. sp., Triploporella decastroi n. sp., Triploporella duplicata (Sokac & Nikler), Triploporella prat urloni Barattolo). 2) Triploporelles du groupe Triploporella remesi. 100 F. Barattolo Les organes reproducteurs soni formés de petits corps globuleux, constitués de calcite spathique, qui ne montrent à l'intérieur aucune subdivision {Triplo por ella remesi Steinmann, Triploporella marsicana Pra- turlon). 3) Triploporelles du groupe Triploporella fraasi. Ces espèces ne montrent aucune trace d'organes reproducteurs {Tri¬ ploporella fraasi Steinmann, Triploporella karabiensis Maslov, Triplopo¬ rella (?) uragielliformis Conrad & Peybernes, Triploporella issaènsis Sokac & Nikler, Triploporella (?) sarda Jaffrezo & AL). Triploporella? neocomiensis Radoicic 1963 n'a pas été nommée dans les groupes ci-dessus parce qu'elle présente des caractères morphologiques qui sont sensiblement différents de ceux des autres Triploporelles citées. Ses branches primaires, contrairement à celles des vraies Triploporelles, sont arrondies et non allongées. En outre, les Triploperelles sont des formes à verticilles rapprochés, tandis que elle montre un écart remar- quable entre les verticilles. Pour ces caractères Triploporella? neocomien¬ sis Radoicic devrait ètre attribuée à un autre genre. Aussi Triploporella apenninica Baretti n’a pas été nommée parceque elle groupe deux espèces differentes qui nécessitent une étude attentive (Barattolo, en preparation). Les organes reproducteurs cités au point 2, qui ne présentent aucune subdivision à leur intérieur, peuvent ètre interprétés de trois fagons dif- férentes : a) Porgane reproducteur était formé d'une seule cyste calcifìée; b) Porgane reproducteur était formé d'un contenant de cystes, dont seulemént la surface externe était calcifìée; c) Porgane reproducteur était formé d'un contenant de cystes cal- cifié aussi à l'intérieur; sa morphologie interne toutefois n'était pas re- connaissable qu’occasionnellement, ayant été effacée suite à des phéno- mènes diagénétiques ( Triploporella decastroi tav. V, fig. 1). Il n'est pas possible d’établir si les formes qui ne présentent pas d’or- ganes reproducteurs pouvaient élaborer des cystes ou des contenants de cystes qui n'étaient pas calcifiés, ou bien s'ils ne produisaient ni les uns ni les autres. La possibilité de distinguer les organes reproducteurs en contenants de cystes et en cystes isolées serait un moyen efficace pour diflférencier les genres, à cause de la plus grande complexité que les pre- miers présentent par rapport aux autres. Malheureusement, le palénto- logiste ne peut pas utiliser ce caractère lorsque les organes reproducteurs ne se conservent pas (point 3). Les déductions sont très limitées aussi lorsque les organes reproduc¬ teurs ont recristallisé totalement à l'intérieur. Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 101 On a donc essayé de voir si les dimensions des deux types d’organes reproducteurs pouvaient fournir des informations sur leur nature. Pour ce faire, on a collecté plusieurs données fournies par la litterature sur l'ordre des Dasycladales; les figg. 1-2 font la synthèse des résultats obtenus pour les Dasycladacées et pour les Aeétabulariacées considérées sépare- ment; naturellement, dans la figure concernant les Aeétabulariacées, qui montrent des organes reproducteurs plus spécialisés, les loges fertiles sont normalement plus grandes que les cystes. Par contre, dans les Dasycla¬ dacées presque toutes les cystes ont des dimensions comparables à celles des ampoules de moyenne et petite taille. Seulement les cystes de quei- ques rares espèces ont des dimensions très réduites qu'on n'a pas encore trouvé dans les ampoules. Toutefois Bakalova 1975 signale dans le juras- sique une Dasycladacée ( Pseudocymopolia j massica ) qui présente des ampoules de taille extrémement petite. Plusieurs ampoules par contre ont une taille plus grande que les plus grandes cystes jusqu’ici connues. La taille des organes reproducteurs de Triploporella remesi rentre soit dans le domaine des cystes que dans celui des contenants de cystes. Les mèmes considérations sont valable pour Triploporella marsicana, où toutefois les possibilités que les organes reproducteurs soient des cystes sont majeures. Dans ce travail on estime, mais avec reserve, que tous les organes reproducteurs des Triploporelles jusqu'ici connues soient des contenants de cystes. Ceux-ci étaient calcifiés dans Triploporella steinmanni , Triplopo¬ rella minor , Triploporella duplicata , Triploporella matesina, Triploporella decastroi, Triploporella praturloni, Triploporella remesi et Triploporella marsicana; par contre ils ne l'étaient pas dans Triploporella fraasi , Triplo¬ porella karabiensis, Triploporella (?) uragielliformis, Triploporella issaén- sis et Triploporella (?) sarda . Mon hypothèse est basée sur le considéra¬ tions que voici: 1) Toutes les Triploporelles citées sont caractérisées par des étroites affinités morphologiques et j 'estimo plus prudent, à l'état actuel des con- naissances, de penser qu'à leur analogie morphologique correspondent les mèmes caractéristiques de reproduction. 2) Dans certaines espèces ( Triploporella praturloni, Triploporella du¬ plicata) les organes reproducteurs calcifiés se présentent presque toujours comme un seul petit corps homogène, ce qui est toutefois une conséquence de la diagénèse, étant donné que, dans certains cas, on peut reconnaìtre nettement à Tintérieur les cavités occupées par les cystes. Par conséquent, il est raisonnable de penser que, dans le cadre des Triploporelles, mème 102 F. Barattolo les organes reproducteurs qui se présentent comme une seule enveloppe soient en réalité des contenants de cystes. Pia était parvenu à la conclusion que les organes reproducteurs con- stitués d’une seule enveloppe sans différenciation interne (spores) et les contenants de cystes (spores subdivisées) ne pouvaient ètre utilisés pour la reconnaissance de genres différents. En effet cet auteur estimait que les organes reproducteurs des deux espèces étaient des « spores » : en I ri - ploporella steinmanni (sub T. fraasi ) elles se divisaient en « spores » plus petites et étaient calcifiées, tandis qu'en T riploporella remesi elles restaient indivises ou du moins n'étaient pas séparées par des parois calcifiées. Dans ce travail on parvient aux mèmes conclusions que Pia de re- grouper dans un seul genre — T riploporella — les formes déjà citées pour- vues de branches de premier et de deuxième ordre. Bien que pour moi le raisonnement de cet auteur à propos de « spores » ne soit pas très clair, dans l'hypothèse où le terme « spores » soit l’équivalent de cystes, mes raisons pour regrouper toutes le formes citées dans un seul genre diffè- rent des raisons de Pia. En fait, on a supposé que toutes les espèces en question avaient un seul type d'organe reprodiicteur qui était totalement, partiellement ou pOint calcifié. Si j'avais eu raison de penser que dans certaines des espèces indiquées les organes reproducteurs étaient formés de cellules reproductrices libres à l'intérieur du thalle ou de cellules reproductrices réunies en cystes non groupées dans un contenant, je les aurai séparées, au niveau du genre, de celles caractérisées par des conte¬ nants de cystes, et cela conformement à la systématique des Dasycladales actuelles. Triploporella decastroi n. sp. Diagnose. Thalle simple, légérement en forme de massue avec siphon centrai probablement cylindrique ou semblable. Branches primaires di- sposées en verticilles rapprochés et alternés en verticilles successifs; ils sont inclinés de 80 à 90° par rapport à l’axe du thalle. Dans la région plus élevée Tinclinaison décroit graduellement et rapidement vers le haut jusqu’à atteindre, probablement, la disposition verticale en correspon- dence de l’apex, Dans les branches primaires on reconnaìt une partie proximale qui setend sur environ 1/4 de la longueur de la branche et le reste qui est remarquablement plus grand. Dans la partie proximale au début les branches sont serrées et apparaissent partant comprimées latéralement ; ensuite elles sont moins serrées de fagon que leur section passe de subquadrangulaire à circulaire. Dans le reste, plus long, les Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 103 branches ont aut début une section elliptique qui devient cylindrique et légéremexit plus épaisse vers l’extrémité distale. Sur chaque branche primaire s'insère une touffe de quatre branches secondaires. Organes re- producteurs formés de contenants de cystes en lentille disposés à l’inté- rieur et/ou à l'extérieur des branches primaires dans l'espace compris entre deux verticilles successifs. Chaque contenant montre 3 à 7 cystes. La calcification est donnée par un manchon calcaire robuste, dépour- vu d'articulation et d'intusannulation, légérement en forme de massue, qui termine vers le haut en hémisphère; il se développe uniquement dans la région fertile du thalle et intéresse les branches primaires et la partie initiale des branches secondaires. Les valeurs biométriques plus impor- tantes sont fournies dans le tableau I. Développement des organes reproducteurs. Probablement, pendant les premiers stades de la phase de reproduction qui conduira à la formation de contenants de cystes, il arrivait que les noyaux formés par scission du noyau «primaire» du thalle pénétraient dans les branches (fig. 6 A); autour de chacun des noyaux s’accumulait une certaie quantité de cyto- plasme. Ensuite chacune de ces petites masses, par un processus sem- blabe à celui des cystes dans les Dasycladacées actuelles (Schulze 1939) s’entourait d’une membrane (fig. 6B); cette membrane et son contenu constituaient le contenant des cystes encore prématuré. Le noyau, à l’intérieur du contenant prématuré, était divisé en noyaux plus petits, chacun desquels s'entourait à son tour de sa propre membrane, en for- mant ainsi une cyste (fig. 6C). Les contenants s'imprégnaient de calcaire à l'intérieur, dans l’espace compris entre les cystes (fig. 6D). Les conte¬ nants de cystes, une fois maturés, pouvaient rester à l’intérieur des bran¬ ches primaires (fig. 6 E) ou bien se disposer, à la suite de la dégénération des branches, dans l'espace compris entre verticilles contigus (fig. 6F). Il n'est pas à exclure que les contenants de cystes pouvaient aussi sortir à travers des ouvertures qui se produisaient dans les parois de la branche. D’autre part, les processus de libération décrits pouvaient très bien ne pas ètre les seuls par lesquels les éléments reproducteurs sortaient du thalle. A la maturité des organes reproducteurs suivait la libération des zoospores et des gametes. Forme des branches secondaires . La plupart des Triploporelles typi- ques {Triplo por ella steinmanni, Triploporella marsicana, Triploporella pra- turloni et Triploporella matesina) montre seulement une partie limitée, proximale, des branches secondaires calcifiée; dans cette partie l'ouver¬ ture des pores croìt graduellement vers l’extérieur; toutefois, quel qu’il 104 F. Barattolo alt été le type de branche (acrophore ou phloiphore), en correspondence de leur point d’attache il aurait dù de toute fagon se vérifier ce phéno- mène. Des indications d’un certain intérèt pour ce qui concerne les bran- ches secondaires des Triploporelles sont fournies par les exemplaires que Sokac & Nikler ont attribué à Triploporella duplicata (sub Euspondylo- porella duplicata ) et à une deuxième Triploporella que ils ont appelée Triploporella fraasi. Dans ces exemplaires les branches de deuxième ordre étaient calcifiées sur une longueur majeure que dans toutes les autres Triploporelles typiques, s’évasaient distinctement et uniformement vers Textérieur et dans certains cas semblaient venir à contact avec l'extrémité distale. Ce caractère est frappant dans Fespèce-type du genre ou Fon peut observer que les branches du deuxième ordre, qui sont bien developpées, donnent lieu, à leur extrémité distale, à un cortex continu (Barattolo 1981). Triploporella matesina n. sp. Diagnose. Thalle simple, cylindrique, avec siphon centrai aussi cylin- drique. Branches primaires disposées en verticilles rapprochés et alternés en verticilles successifs; elles sont inclinées sur Faxe de 80-85°; dans la région plus élevée Finclinaison décroìt graduellement et rapidement vers le haut jusqu'à atteindre probablement une position verticale en corre- spondance de Fapex. Les branches primaires, pour le premier quart de leur longueur, sont cylindriques et relativement minces; ensuite se dila- tent graduellement vers Fextérieur et présentent une section verticale un peu plus ampie que celle horizontale. Au pore de la branche primaire suit un second pore de taille moindre qui correspond vraisemblablement. à la partie proximale d'une touffe de branches secondaires. Organes re- producteurs constitués de contenants de cystes en forme de lentille di- sposés à l’intérieur des branches primaires; chacun présente 3 à 5 cystes. La calcification est donnée par un manchon calcaire cylindrique qui se développe seulement dans la partie fertile du thalle et se renferme de fagon plus oli moins hémisphérique dans la région apicale; ce manchon est continu dans le sens longitudinal et ne présente aucune articulation ni intusannulation (tab. II). Branches secondaires. Au pore correspondant à la branche primaire suit en continui té un pore unique de diamètre inférieur et par conséquant ne sont pas présents les pores relatifs à chaque branche de la touffe. Le pore unique corresponde vraisemblablement à la partie proximale de la touffe de branches secondaires. Probablement, dans Fhypothèse que les Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacee ), ecc. 105 branches secondaires admettaient un mucilage calcifié propre à elles, celu bei n’était pas présent dans la partie interne de la touffe à cause du contact mutuel des branches mèmes. La présence d'un pore unique relatif à la partie basale de la touffe de branches secondaires peut ètre expliquée aussi par le fait que les branches secondaires n'admettaient pas un mu¬ cilage propre qui puisse s’imprégner de calcaire et en mème temps le mucilage de la partie distale de la branche primaire ne parvenait pas à pénetrer à l’intérieur du groupe de branches secondaires; en outre cette deuxième hypothèse est confirmée par la fagon de calcifier en correspon- dance des touffes, où on ne remarque aucune tendence à se projeter vers l'extérieur. Cenni sugli organi riproduttori delle dasicladali e considerazioni su quelli DELLE TRIPLOPORELLE Nella natura attuale le cellule riproduttive delle Dasicladali (zoospore e gameti) si trovano libere o raggruppate in cisti, aH’interno di ramifica¬ zioni particolari adibite esclusivamente a scopi riproduttivi, dette « am- pulle » ; queste sono disposte sui lati o all'estremità di rami che hanno funzione assimilatrice e/o di sostegno per altri di ordine superiore (tipo coristosporo). L'ampulla può calcificare e di norma contiene più cisti. Allo stato fossile specie provviste di ampulle sono, per esempio, Indopolia satyavanti Pia, Lemoinella geometrica L. & J. Morellet ecc. In partico¬ lare Digitella, Zittelina e Maupasia, generi, pure essi, esclusivamente fos¬ sili, presentano delle ampulle in cui calcificava il volume interno; conse¬ guentemente questi organi riproduttori si presentano come corpiccioli globosi provvisti alla periferia di piccole cavità, pure esse globose, in ognuna delle quali alloggiava una cisti. Le cisti, per quanto raramente, possono formarsi anche alLinterno del sifone centrale o in rami che fanno da supporto ad altri di ordine supe¬ riore (Puiseux-Dao 1962, pag. 436). Ambedue questi motivi sono, invece, ben noti tra le specie fossili. Ampulle di tipo particolare sono le « logge fertili » delle Acetabularia- ceae, in queste ultime le cisti possono occupare tutto lo spazio interno della loggia oppure, come per esempio in Acicularia, distribuirsi solo alla periferia; in Acicularia la loggia fertile può calcificare internamente dando luogo ad una « spicola » che presenta, alla superficie, piccole cavità glo¬ bose in ognuna delle quali alloggiava una cisti. Un organo riproduttore di tipo particolare, che non trova riscontro nella natura attuale, è quello individuato, per la prima volta da Steinmann 106 F. Barattolo (1899) in alcune Dasicladacee del Cretacico superiore del Messico ed attri¬ buite alla specie, già nota, Triploporella fraasi \ Negli esemplari messicani, provvisti di rami primari e secondari, gli organi riproduttori alloggiati aH’interno dei rami primari, sono costituiti da corpiccioli ellissoidici conte¬ nenti, alFinterno, delle cavità in ognuna delle quali, presumibilmente, allog¬ giava una sola cisti. Sono indubbi i rapporti morfologici tra questi « contenitori di cisti » e le ampolle delle Dasicladacee attuali e fossili, in particolare quelli delle specie di Digitella, Zittelina e Maupasia. Le differenze sostanziali tra i contenitori di cisti delle Triploporelle messicane finora note e le ampulle delle altre Dasicladacee, sta nel fatto che i primi si trovano alFinterno dei rami e non sono, quindi, da considerarsi in alcun modo delle ramifica¬ zioni; le seconde, invece, ubicate all’esterno del tallo si impiantano su altri rami e vengono considerate ramificazioni di tipo particolare. Per quanto, sia gli organi riproduttori di Triploporella steinmanni e Triplopo¬ rella minor, sia le ampulle, siano dei contenitori di cisti in senso lato, d’ora in poi indicherò con quest'ultimo termine i raggruppamenti di cisti alFinterno dei rami di alcune Triploporelle. Le Triploporelle finora note presentano, tuttavia, differenze notevoli nel modo di presentarsi degli organi di riproduzione. Tra queste specie, tutte legate fra loro da indubbie affinità morfologiche, si possono distin¬ guere, sotto questo punto di vista, tre casi. 1) Triploporelle del gruppo Triploporella steinmanni. Gli organi riproduttori sono costituiti da contenitori di cisti chiara¬ mente riconoscibili ( Triploporella steinmanni Barattolo, Triploporella mi¬ nor (Steinmann) Barattolo, Triploporella matesina n. sp., Triploporella decastroi n. sp., Triploporella duplicata (Sokac & Nikler), Triploporella praturloni Barattolo) 1 2. 2) Triploporelle del gruppo Triploporella remesi . Gli organi di riproduzione sono rappresentati da corpiccioli globosi costituiti da calcite spatica che non mostrano, al loro interno, alcuna sud- 1 Osservazioni eseguite sui tipi del Libano di Triploporella fraasi mi hanno permesso di prospettare l’attribuzione delle forme riscontrate da Steinmann nel Messico ( Triploporella fraasi e Triploporella fraasi var. minor ) a due specie di¬ verse che ho indicato rispettivamente con il nome di Triploporella steinmanni e di Triploporella minor (Steinmann) (vedi Barattolo 1981). 2 In base a studi sugli esemplari della località tipo di Triploporella apenni- nica Baretti 1922 si è visto che questi costituiscono una specie differente da quelli illustrati e figurati da Praturlon (1964) col nome di Triploporella fraasi var. apenninica ; pertanto viene proposta l’attribuzione di questi ultimi alla nuova specie Triploporella praturloni n. sp. (vedi Barattolo in preparazione). Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 107 divisione (Triplo por ella remesi (Steinmann), Triploporella marsicana Pra- turlon). 3) Triploporelle del gruppo Triploporella fraasi. Queste specie non mostrano tracce di organi riproduttori ( Triplopo¬ rella fraasi Steinmann, Triploporella karabiensis Maslov, Triploporella (?) uragielliformis Conrad & Peybernes, Triploporella issaènsis Sokac & Nik- ler, Triploporella (?) sarda Jaffrezg & AL). Triploporella ? neocomiensis Radoicic 1963 non è stata inserita in nessuno dei gruppi ora indicati perché presenta caratteri morfologici che si discostano sensibilmente da quelli delle altre Triploporelle menzionate. I suoi rami primari, al contrario di quelli delle vere Triploporelle, sono tondeggianti e non allungati. Inoltre mentre le Triploporelle sono delle forme a verticilli ravvicinati, Triploporella ? neocomiensis, invece, presenta una notevole distanza tra i verticilli. Per questi caratteri Triploporella ? neocomiensis Radoicic dovrebbe essere attribuita ad un altro genere. Inol¬ tre non è stata presa in considerazione, per il momento, Triploporella apenninica Baretti 1922 perché la descrizione originale di Baretti si rife¬ risce, nella realtà, a due specie diverse (Barattolo, in preparazione). Gli organi riproduttori di cui al punto 2, che non presentano alcuna suddivisione all'interno, possono essere interpretati in tre modi differenti: a) l’organo riproduttore era costituito da una singola cisti calci¬ ficata ; b) l'organo riproduttore era costituito da un contenitore di cisti: di esso calcificava soltanto la superficie esterna; c) l'organo riproduttore era costituito da un contenitore di cisti calcificato anche internamente, la sua morfologia interna, però, non è rico¬ noscibile che occasionalmente essendo stata obliterata da fenomeni diage¬ netici (Triploporella decastroi, tav. V, fig. 1). Non è possibile stabilire se le forme che non mostrano organi di ri- produzione potevano elaborare cisti o contenitori di cisti che non calcifi¬ cavano oppure non producevano nè gli uni nè gli altri. La possibilità di distinguere gli organi riproduttori in contenitori di cisti e in sole cisti costituirebbe un efficace mezzo di differenziazione gene¬ rica a causa della maggiore complessità che i primi presentano rispetto alle seconde. Purtroppo il paleontologo non può valersi di questo carattere quando gli organi riproduttori non si conservano (punto 3). Le deduzioni sono anche molto limitate quando gli organi di riprodu¬ zione sono completamente ricristallizzati all’interno. Si è cercato di ve¬ dere, quindi, se le dimensioni dei due tipi di organi riproduttori potessero dare informazioni sulla loro natura. 108 F. Barattolo 1.0 0 8 0.8 0.1 0.08 0.06 L 0.04 _ 0.01 Spio Sp.20 Sp.30 Sp.40 Sp.50 Fig. I. - Variabilità delle dimensioni degli organi riproduttori delle Dasycladaceae fossili e viventi. Sulle ordinate (in scala logaritmica) sono riportate le dimensioni degli organi riproduttori; sulle ascisse (in scala normale) sono riportate le specie che hanno permesso le misure. Numerose specie sp. 38 - sp. 121 hanno consentito la misura delle am- pulle o dei contenitori di cisti; fra queste alcune (sp. 11 - sp. 37) anche le misure delle cisti in esse contenute. In questi casi la specie compare due volte, con un numero diverso, nel diagramma: una volta viene in¬ dicata perché ha fornito le dimensioni delle cisti, un'altra volta perché ha permesso di misurare le dimensioni dei contenitori di cisti e delle ampulle. Alcune specie fossili (sp. 1 - sp. 10) presentano organi ripro¬ duttori calcificati di cui però non è possibile l’attribuzione a cisti, con¬ tenitori di cisti o ampulle (vedi, in proposito, quanto è riportato nel testo circa le difficoltà del riconoscimento dei contenitori di cisti). Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 109 - • 9 l 1 ; ; - : ! ; ! 1 # . 1 1 1 E - ! « I; ! 1 : : : ; i i 9 9 1 1 i . i i — ; j i 1 i ! i 9 § ! 9 1 J | 9 1 1 1 : i ' * 9 1 1 ! i 1 - i i i 1 9 . • 1 ; j - - - f - specie di Dasyclad 1 laceae 1 - Sp.70 Sp.80 Sp 90 Sp.100 Sp.110 Sp.120 ( — . . — . . — . . — ) = organi riproduttori non determinati; ( - -) = cisti ; ( - - - ) = ampolle; ( . .) = contenitori di cisti. Sp. 1, Triploporella marsicana Praturlon; sp. 2, Diplopora panormitana Di Ste¬ fano; sp. 3, Dactylopora praturloni Barattolo & De Castro; sp. 4, Dactylopora cylindracea Lamarck; sp. 5, Dactylopora gasici Bystricky ; sp. 6, Dactylopora de- loffri Bystricky; sp. 7, Triploporella remesi (Steinmann) ; sp. 8, Aciculella bacil- lum Pia; sp. 9, Holosporella siamensis Pia; sp. 10, Diplopora phanerospora Pia; sp. 11, Terquemella minima Maslqv; sp. 12, Zittelina elegans Mqrellet & Morel- let; sp. 13, Maupasia parisiensis Morellet & Morellet; sp. 14, Triploporella stein- manni Barattolo; sp. 15, Terquemella globularis Elliott; sp. 16, Digitella radoi- cicae Bystricky; sp. 17, Batophora oerstedii Agarth ; sp. 18, Triploporella deca- stroi Barattolo; sp. 19, Terquemella bellovacensis Morellet & Morellet; sp. 20, Digitella dactyloporoides Morellet & Morellet; sp. 21, Terquemella macrocarpus Morellet & Morellet; sp. 22, Bornetella capitata (Harvey); sp. 23, Bornetella oli¬ gospora Solms-Laubach; sp. 24, Bornetella nitida (Harvey); sp. 25, Maupasia du - segue 108 F. Barattolo Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 109 Dasycladaceae Fio. 1. - Variabilità delle dimensioni degli organi riproduttori delle Dasycladaceae fossili e viventi. Sulle ordinate (in scala logaritmica) sono riportate le dimensioni degli organi riproduttori; sulle ascisse (in scala normale) sono riportate le specie che hanno permesso le misure. Numerose specie sp. 38 - sp. 121 hanno consentito la misura delle am- pulle o dei contenitori di cisti; fra queste alcune (sp. 11 - sp. 37) anche le misure delle cisti in esse contenute. In questi casi la specie compare due volte, con un numero diverso, nel diagramma: una volta viene in¬ dicata perché ha fornito le dimensioni delle cisti, un’altra volta perché ha permesso di misurare le dimensioni dei contenitori di cisti e delle ampulle. Alcune specie fossili (sp. 1 - sp. 10) presentano organi ripro¬ duttori calcificati di cui però non è possibile l'attribuzione a cisti, con¬ tenitori di cisti o ampulle (vedi, in proposito, quanto è riportato nel testo circa le difficoltà del riconoscimento dei contenitori di cisti). ( — . . — . . — . . — ) = organi riproduttori non determinati; ( - ) = cisti ; ( - ) = ampulle; ( . ) = contenitori di cisti. Sp. 1, Triploporella marsicana Praturlon; sp. 2, Diplopora panormitana Di Ste¬ fano; sp. 3, Dactylopora praturloni Barattolo & De Castro; sp. 4, Dactylopora cylindracea Lamarck; sp. 5, Dactylopora gusici Bystricky; sp. 6, Dactylopora de¬ io /fri Bystricky; sp. 7, Triploporella remesi (Steinmann) ; sp. 8, Aciculella bacil- lum Pia; sp. 9, Holosporella siamensis Pia; sp. 10, Diplopora phanerospora Pia; sp. 11, Terquemella minima MasloV; sp. 12, Zittelina elegans Morellet & Morel- let; sp. 13, Maupasia parisiensis Morellet & Morellet; sp. 14, Triploporella stein- manni Barattolo; sp. 15, Terquemella globularis Elliott; sp. 16, Digitella radoi- cicae Bystricky; sp. 17, Batophora oerstedii Agarth; sp. 18, Triploporella deca- stroi Barattolo; sp. 19, Terquemella bellovacensis Morellet & Morellet; sp. 20, Digitella dactyloporoides Morellet & Morellet; sp. 21, Terquemella macrocarpus Morellet & Morellet; sp. 22, Bornetella capitata (Harvey); sp. 23, Bornetella oli¬ gospora Solms-Laubach; sp. 24, Bornetella nitida (Harvey); sp. 25, Maupasia du- segue 110 F. Barattolo segue : Fig. 1 masi Morellet & Morellet; sp. 26, Terquemella parisiensis Morellet & Morellet ; sp. 27, Maupasia simplex Morellet & Morellet; sp. 28, Triploporella matesina Barattolo; sp. 29, Bornetella sphaerica Zanardini; sp. 30, Chlorocladus australa- sicus Sonder; sp. 31, Neomeris dumetosa Lamouroux; sp. 32, Neomeris annulata Dickie ; sp. 33, Neomeris bilimhata Koster; sp. 34, Neomeris stipitata Hqwe; sp. 35, Neomeris mucosa Howe; sp. 36, Neomeris cokeri Howe; sp. 37, Neomeris vanbossae Howe; sp. 38, Pseudocymopolia jurassica Bakalova; sp. 39, Neomeris occidentali Johnson & Kaska: sp. 40, Cymopolia delicata Johnson; sp. 41, Cymo- polia kurdistanensis Elliott; sp. 42, Pseudocymopolia anadyomenea Elliott; sp. 43, Cymopolia heraki Gusic; sp. 44, Neomeris pseudoeruca Morellet & Mo¬ rellet; sp. 45, Neomeris budaense Johnson; sp. 46, Neomeris venezuelensis Weis- bord; sp. 47, Neomeris davisi Morellet & Morellet; sp. 48, Neomeris defrancei Morellet & Morellet; sp. 49, Neomeris courtyi Morellet & Morellet; sp. 50, Neomeris limbata (Defrance); sp. 51, Neomeris filiformi Morellet & Morellet; sp. 52, Neomeris radiata Morellet & Morellet; sp. 53, Neomeris craniphora Morellet & Morellet; sp. 54, Cymopolia morelletorum Beckmann & Beckmann; sp. 55, Parkerella montensis Morellet & Morellet; sp. 56, Neomeris oligospora Morellet & Morellet; sp. 57, Triploporella minor (Steinmann) Barattolo; sp. 58, In- dopolia satyavanti Rao & Pia; sp. 59, Parkerella binodosa Morellet & Morellet; sp. 60, Neomeris alternans Morellet & Morellet; sp. 61, Neomeris encrinula (Defran¬ ce); sp. 62, Neomeris fragili (Defrance); sp. 63, Neomeris reticulata (Defrance); sp. 64, Neomeris plagnensis Deloffre ; sp. 65, Cymopolia velici Sokac & Nikler; sp. 66 = sp. 18; sp. 67, Afghanopolia fragili Kaever; sp. 68, Cymopolia elongata (Defrance); sp. 69 - sp. 23; sp. 70; Neomeris pfenderae Konishi & Epis; sp. 71, Neomeris pluricellata Bakalova; sp. 72, Cymopolia mayense Johnson & Kaska; sp. 73, Cymopolia barberae Elliott; sp. 74, Cymopolia eochoristosporica Elliott; sp. 75, Cymopolia tibetica (Morellet & Morellet) ; sp. 76, Neomeris arenularia Morellet & Morellet; sp. 77, Neomeris cretacea Steinmann; sp. 78, Cymopolia pacifica Johnson; sp. 79 = sp. 14; sp. 80 = sp. 22; sp. 81, Lemoinella geometrica Morellet & Morellet; sp. 82, Cymopolia edwardsi (Morellet & Morellet); sp. 83, Cymopolia longistila Sokac & Nikler; sp. 84, Neomeris montensis Morellet & Morellet; sp. 85 = sp. 28; sp. 86, Cymopolia perkinsi Johnson; sp. 87, Neomeris herouvalensis Steinmann; sp. 88, Cymopolia barbata (Linneus) ; sp. 89 - sp. 24; sp. 90, Neomeris auversiensis Morellet & Morellet; sp. 91 = sp. 13; sp. 92, Mon- tiella manieri Morellet & Morellet; sp. 93 = sp. 11; sp. 94, Cymopolia saipana Johnson; sp. 95, Jodotella veslensis Morellet & Morellet; sp. 96, Cymopolia van¬ bossae Solms-Laubach; sp. 97, Lemoinella bureaui Morellet & Morellet; sp. 98 = sp. 25; sp. 99, Cymopolia zitteli (Morellet & Morellet) ; sp. 100, Meminella larvarioides Morellet & Morellet; sp. 101 = sp. 36; sp. 102, Neomeris pustulosa Morellet & Morellet; sp. 103, Cymopolia paktia Kaever; sp. 104 - sp. 29; sp. 105 = sp. 16; sp. 106, Cymopolia dollfusi Morellet & Morellet; sp. 107 = sp. 12; sp. 108 = sp. 20; sp. 109, Terquemella parvula Morellet & Morellet; sp. 110, Cymopolia rarifistulosa Morellet & Morellet; sp. Ili, Neomeris bowdenensis Racz; sp. 112 = sp. 15; sp. 113 = sp. 30; sp. 114, Terquemella dissimilis Morellet & Morellet; sp. 115 = sp. 27; sp. 116 = sp. 26; sp. 117 = sp. 19; sp. 118 = sp. 21; sp. 119, Eodasycladus ogilviae Cros & Lemoine; sp. 120 = sp. 17; sp. 121 = sp. 32. Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. Ili Si sono raccolti in proposito molti dati forniti dalla letteratura su tutto l'ordine delle Dasicladali; le figg. 1-2 sintetizzano i risultati ottenuti per le Dasicladacee e per le Acetabulariacee considerati separatamente; ovviamente nella figura relativa alle Acetabulariacee, che presentano or¬ gani riproduttori più specializzati, le logge fertili sono, di norma, maggiori delle cisti. Nelle Dasicladacee, invece, quasi tutte le cisti presentano dimen¬ sioni comparabili con quelle delle ampulle di medie e piccole dimensioni. Soltanto le cisti di pochissime specie presentano dimensioni molto piccole ancora non riscontrate nelle ampulle. Tuttavia Bakalova 1975 segnala nel Giurassico una Dasicladacea (Pseudocymo polla j massica) che presenta ampulle con dimensioni eccezionalmente piccole. Molte ampulle, invece, presentano dimensioni maggiori delle cisti più grandi finora note. La grandezza degli organi di riproduzione di Triploporella remesi rientra sia nel campo delle cisti sia in quello dei contenitori di cisti. La stessa cosa vale anche per Triploporella marsicana; in questa specie, però, le possibilità che gli organi riproduttori siano delle cisti sono maggiori. Nel presente lavoro viene supposto, ma con riserva, che tutti gli or¬ gani di riproduzione delle Triploporelle finora note siano dei contenitori di cisti. Questi calcificavano in Triploporella sleinmanni, Triploporella minor , Triploporella praturloni, Triploporella duplicata, Triploporella ma- tesina, Triploporella decastroi, Triploporella remesi, e Triploporella mar¬ sicana; mentre non calcificavano in Triploporella fraasi, Triploporella ka- rabiensis, Triploporella (?) uragielliformis, Triploporella issaènsis e Tri¬ ploporella (?) sarda. La mia ipotesi si basa sulle seguenti considerazioni: 1) Tutte le Triploporelle citate sono legate fra loro da strette affinità morfologiche e mi sembra più prudente, allo stato attuale delle cono¬ scenze, ritenere che alla loro analogia morfologica corrispondano le stesse caratteristiche riproduttive. 2) In alcune specie ( Triploporella praturloni, Triploporella duplicata) gli organi riproduttori calcificati si presentano quasi sempre come un unico corpicciolo omogeneo; ciò, però, è un effetto della diagenesi poiché sono chiaramente riconoscibili, in alcuni casi, le cavità occupate dalle cisti all'interno di esse. Conseguentemente è ragionevole supporre che, nel¬ l’ambito delle Triploporelle, anche gli organi riproduttori che si presentano come un solo involucro siano, in realtà, dei contenitori di cisti. Pia era addivenuto alla conclusione che gli organi riproduttori costi¬ tuiti da un unico involucro internamente non differenziato (spore) e i con¬ tenitori di cisti (spore suddivise) non potevano essere utilizzati per il rico¬ noscimento di generi diversi. Questo Autore riteneva, infatti, che gli organi riproduttori delle due specie fossero delle « spore », in T riploporella o.oi L _ J _ 1 1 I i 1 1 I Sp.10 Sp.20 Sp.30 sp.40 Fig. 2. — Variabilità delle dimensioni degli organi riproduttori delle Acetabu- lariaceae fossili e viventi. Sulle ordinate (in scala logaritmica) sono riportate le dimensioni degli organi riproduttori; sulle ascisse (in scala normale) sono riportate le 3 « • i i • ! « i i « i i a ' 1 « i 1 3 1 è f ' 1 i • i ' 1 ; — ! « i ! 11 1 1 3 1 1 ! 1 ! 1 * - J l ! 3 i i ! i i - ' i ; ! I ! ìv - - - specie d li Acetabula 1 riaceae Sp 60 Sp 70 Sp.80 Sp 90 Sp.100 specie che hanno consentito la misura delle logge fertili e delle cisti in esse contenute; in questi casi la specie compare due volte, con numero diverso, nel segue 10.0 si. .1 Fig. 2. — Variabilità delle dimensioni degli organi riproduttori delle Acetabu- lariaceae fossili e viventi. Sulle ordinate (in scala logaritmica) sono riportate le dimensioni degli organi riproduttori; sulle ascisse (in scala normale) sono riportate le specie che hanno consentito la misura delle logge fertili e delle cisti in esse contenute; in questi casi la specie compare due volte, con numero diverso, nel segue 114 F. Barattolo segue : Fig. 2 diagramma: una volta viene indicata perché ha fornito le dimensioni delle cisti, un'altra volta perché ha permesso di misurare le dimensioni delle logge fertili. Tutte le specie (sp. 52 - sp. 104) hanno consentito la misura delle logge fer¬ tili e quasi tutte (sp. 1 - sp. 51) anche la misura delle cisti in esse contenute. ( - ) — cisti; ( - ) = logge fertili. Sp. 1, Acicularia in¬ termedia Dragastan; sp. 2, Acicularia jurassica Johnson; sp. 3, Acicularia albrighti Johnson & Kaska; sp. 4, Acicularia clapei Jaffrezo; sp. 5, Acicularia ame¬ ricana Konishi & Epis; sp. 6, Acicularia elongata Carozzi; sp. 7, Acicularia elon- gata aquitanica Boroullec & Deloffre; sp. 8, Acicularia guatemalaica Johnson & Kaska; sp. 9, Acicularia mor elicti (Pokorny); sp. 10, Acicularia micropora Morel- let & Morellet ; sp. 11, Acicularia dyumatsene Pia; sp. 12, Acicularia antiqua Rao & Pia; sp. 13, Acicularia marginata Morellet & Morellet; sp. 14, Acicularia gra¬ cili Morellet & Morellet; sp. 15, Acicularia michelini Morellet & Morellet; sp. 16, Acicularia pavantina D’Archiac; sp. 17, Orioporella villattae Segonzac; sp. 18, Orioporella malaviae Rao & Pia; sp. 19, Acicularia cornigera Morellet & Morellet; sp. 20, Acicularia endoi Praturlon; sp. 21, Acicularia munieri Morellet & Morel¬ let; sp. 22 Acicularia chomancense Johnson; sp. 23, Acetabularia (Polyphysa) myriospora Joly & Cordeiro-Marino; sp. 24, Orioporella bonieri Morellet & Morel¬ let; sp. 25, Acicularia schenckii Mobius; sp. 26, Acetabularia (P.) clavata Yamada ; sp. 27, Acetabularia (P.) pusilla (Howe) ; sp. 28, Acetabularia major Mortens; sp. 29, Acetabularia (P.) exigua Solms-Laubach; sp. 30, Acetabularia crenulata Lamarck; sp. 31, Acetabularia (P.) parvula Solms-Laubach; sp. 32, Acetabularia calyculus Quoy & Gaimard; sp. 33, Acicularia clavata Morellet & Morellet; sp. 34, Acicularia heberti Morellet & Morellet; sp. 35, Acicularia aeocenica Morellet & Morellet; sp. 36, Acicularia ferganensis Maslov; sp. 37, Acicularia italica Cle¬ rici; sp. 38, Acicularia alaica Maslov; sp. 39, Acicularia archiaci Morellet & Mo¬ rellet; sp. 40, Acicularia indica Varma; sp. 41, Acetabularia dentata Solms-Lau¬ bach; sp. 42, Acetabularia (P.) polyphysioides Crouan; sp. 43, Acetabularia medi- terranea Lamarck; sp. 44, Acicularia persica Morellet & Morellet; sp. 45, Oriopo¬ rella briardi Morellet & Morellet; sp. 46, Acetabularia kilneri Agarth; sp. 47, Acicularia parvula Morellet & Morellet; sp. 48, Halicoryne spicata (Kutzing); sp 49, Acetabularia (P.) antillana (Solms-Laubach); sp. 50, Halicoryne wrightii Harvey; sp. 51, Acetabularia (P.) peniculus (Brown); sp. 52 != sp. 2; sp. 53 = sp. 1; sp. 54, Acicularia asteroidea Bakalova; sp. 55 = sp. 4; sp. 56 = sp. 7 ; sp. 57 = sp. 5; sp. 58 = sp. 42; sp. 59 = sp. 20; sp. 60 = sp. 22; sp. 61 = sp. 26; sp. 62 — sp. 27; sp. 63 = sp. 12; sp. 64 = sp. 11; sp. 65 = sp. 6; sp. 66 = sp. 36; sp. 67 •= sp. 14; sp. 68 = sp. 29; sp. 69 = sp. 47; sp. 70 = sp. 41; sp. 71 = sp. 31; sp. 72 = sp. 8; sp. 73 = sp. 19; sp. 74 = sp. 48; sp. 75 = sp. 24; sp. 76 = sp. 40; sp. 77 = sp. 23; sp. 78 = sp. 9; sp. 79 = sp. 39; sp. 80 — sp. 15; sp. 81 = sp. 45; sp. 82 = sp. 32; sp. 83 = sp. 25; sp. 84 = sp. 10; sp. 85 = sp. 16; sp. 86 = sp. 50; sp. 87 = sp. 38; sp. 88 ==• sp. 37; sp. 89 = sp. 43; sp. 90 = sp. 30; sp. 91 = sp. 44; sp. 92 - sp. 49; sp. 93 = sp. 17; sp. 94, Acetabularia farlowi Solms-Laubach; sp. 95 sp. 34; sp. 96 = sp. 21; sp. 97 = sp. 33; sp. 98, Acetabularia ryukyuensis Okamura & Yamada; sp. 99 — sp. 35; sp. 100 = sp. 13; sp. 101 = sp. 18; sp. 102 = sp. 51 ; sp. 103 = sp. 45; sp. 104 = sp. 28. Su alcune nuove Triploporeìle (alghe verdi, Dasicladacee ), ecc . 115 steinmanni (sub T . fraasi) le « spore » si scindevano in « spore » più pic¬ cole e calcificavano, mentre in Triploporella remesi rimanevano indivise o, almeno, non erano divise da pareti calcificate. « Die ” Sporen die dieses Ruhestadium darstellen und spàter die Gameten liefern , bezeichnet er als Zysten. Zweìfellos haben wir auch die Sporen der beiden Triploporella-ArteK als solche Zysten aufzufassen. Bei Triploporella fraasi erfàhrt der Inhalt der Zysten ìm unteren Teil der Alga, wo sie vermutlich etwas fruher fertig wurden, noch eìne Zerteilung in mehrere Plasmaportionen, bevor der Ruhezustand gleichzeitig in der ganzen Pflanze eintrìtt. Unter Umstànden konnen diese Plasmaportionen sich scheinbar sogar noch voneinander trennen und als selbstàndige Mai¬ nare Zysten in den Dauerzustand eìngehen . Bei Triploporella remesi scheint eine solche Zerlegung des Inhalt es der Sporen nicht vorzukommen, oder mindesfens waren die einzelnen Plasmapartien nicht durch Kalkla- mellen getrennt ... Es ìst wohl wahrscheinlich, daB manche Sporen vor der Einkapselung eine letzte Teilung erfahren, die bei anderen nicht mehr stattfindet ». Nel presente lavoro si perviene alle stesse conclusioni di Pia, di rag¬ gruppare in un unico genere, Triploporella , le forme già citate con rami di primo e secondo ordine. Per quanto mi sia poco chiaro il ragionamento fatto da questo Autore sulle « spore », nell'ipotesi che il termine « spore » sia equivalente a quello di cisti, le mie motivazioni, per raggruppare tutte le forme menzionate in un unico genere, differiscono, però, da quelle di Pia. Si è supposto infatti che tutte le specie in questione avessero un unico tipo di organo di riproduzione costituito da contenitori di cisti il quale calcificava interamente, parzialmente oppure non calcificava. Se avessi avuto motivo dì ritenere che in alcune delle specie indicate gli or¬ gani riproduttori fossero costituiti da cellule riproduttrici libere ali in¬ terno del tallo oppure da cellule riproduttrici riunite in cisti non raggrup¬ pate in contenitori avrei differenziato, in maniera conforme alla sistema- matica delle Dasicladalì attuali, al livello generico, queste specie da quelle caratterizzate da contenitori di cisti. Triploporella decastroi n. sp. Origine del nome. La nuova specie è dedicata al prof. Piero De Castro dellTstituto di Paleontologia dell'Università di Napoli. Olotipo. Tav. I. Preparato S.200.b.l0. Isolivi Tav. II figg. 1-2; tav. Ili figg. 1-2; tav. IV fig. 3; tav. V figg, 1-3; tav. VI fig. 2. 116 F. Barattolo Preparati: S. 200.a. 3, 5, 10, 15; S. 200.b. 4, 10, 12, 14; S. 200.c. 7, 10, 12, 16, 18, 19, 20, 24, 30. Piano dei tipi. Cretacico inferiore. Età compresa fra Barremiano e Aptiano inferiore, ma non meglio precisabile. Località dei tipi. Pendici SE di Monte Miletto nel gruppo montuoso del Matese. Purtroppo la posizione del campione non è meglio precisa- bile: probabilmente essa è compresa fra le pendici di Monte Ruzzo e la sponda NW del lago Matese. La località corrisponde alla fig. 1 di De Rosa (1976). Diagnosi . Tallo semplice, lievemente claviforme con sifone centrale presumibilmente cilindrico o approssimativamente cilindrico. Rami pri¬ mari disposti in verticilli ravvicinati e alterni in verticilli successivi; essi sono inclinati, rispetto all’asse del tallo, di 80-90°; nella regione più alta l'inclinazione decresce gradualmente e velocemente verso l’alto fino ad assumere, presumibilmente, una disposizione verticale in corrispondenza dell’apice. Nei rami primari è riconoscibile una porzione prossimale che si estende per circa 1/4 della lunghezza dell'intero ramo e una porzione restante mediana e distale notevolmente più ampia. Nel tratto iniziale della porzione prossimale i rami sono costipati e risultano, perciò, com¬ pressi lateralmente; in quello mediano e distale sono meno addensati per cui la loro sezione, da subquadrangolare, diventa circolare. Nella porzione mediana e distale, più lunga, i rami hanno dapprima una sezione ellittica e tendono a diventare cilindrici e lievemente più robusti all’estremità di¬ stale. Su ogni ramo primario si impianta un ciuffetto di quattro rami se¬ condari. Organi riproduttori costituiti da contenitori di cisti di forma lentico- lare disposti all'interno e/o all’esterno dei rami primari nello spazio com¬ preso fra due verticilli successivi. Ogni contenitore di cisti presenta da 3 a 7 cisti. La calcificazione è costituita da un manicotto calcareo robusto, privo di articolazione ed intusannulazione, lievemente claviforme che si chiude verso l’alto emisfericamente; esso si sviluppa soltanto nella regione fertile del tallo e interessa i rami primari e la porzione iniziale dei rami se¬ condari. I valori biometrici più significativi sono riportati nella tabella I. Materiale studiato. Lo studio si è basato, complessivamente, su 69 se¬ zioni sottili: S.200.a.l - S.200.a.l8, S. 200.b.l - S.200.b.l9, S.200.C.1 - S.200.C.32. (Nelle sigle i primi tre termini si riferiscono alla sigla del campione, l'ul¬ timo sta ad indicare il numero del preparato). Le osservazioni si sono Su alcune nuove T riploporelle (alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 117 basate su una dozzina di esemplari in vario tipo di sezioni particolarmente indicative. Pur essendo il materiale a disposizione piuttosto limitato tutti gli esemplari scelti hanno consentito la misura dei valori biometrici prin¬ cipali e le osservazioni che mi sono sembrate sufficienti al riconoscimento di una nuova specie. TABELLA I Nella tabella sono indicati alcuni valori biometrici della specie Triploporella decastroi n. sp.. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri; quelli in parentesi indicano il numero di misure eseguite. Diametro esterno (D) Diametro interno (d) Spessore manicotto ^ j Rapporto D/d Numero di pori per verticillo (w) Altezza tra i verticilli (h) Diametro porzione prossimale pori primari (p ■ ) Diametro porzione distale dei pori primari (p^ ) Lunghezza poro primario (1') Diametro cisti Diametro equatoriale contenitori di cisti Diametro assiale contenitori cisti Numero di cisti per contenitore 4. 2- 6, 4 (9) 1,65-2,55 (10) 1. 3- 2,1 (9) 2, 5-3, 3 (9) 29-45 (10) 0,2-0,33 (7) 0,13-0,18 (12) 0,2-0,33 (12) 1,2-1, 7 (5) 0,04-0,06 (20) 0,1-0,15 (20) 0,07-0,1 (16) 3-7 (20) I campioni S.200.a., S.200.b., S.200.C., furono raccolti nel 1962 dal Prof. Italo Sgrosso delllstituto di Geologia dellTJniversità di Napoli. Tutte le sezioni fanno parte della collezione del Prof. Piero De Castro dell'Istituto di Paleontologia della stessa Università. 9 118 F. Barattolo Osservazioni generali sul campione di popolazione. Nei preparati stu¬ diati i manicotti calcarei di Triploporella decastroi si presentano general¬ mente integri con la superficie lievemente erosa; tuttavia lo stato di frat¬ turazione della roccia che interessa pure i talli ne rende, talora, meno agevole lo studio. A parte ciò, le condizioni di fossilizzazione sono buone: esse hanno permesso la quasi perfetta conservazione dei contenitori di cisti aH’interno dei rami primari o all'esterno di essi e delle cavità delle cisti all'interno dei contenitori. Lo scarso numero (12) di esemplari a disposizione non permette di definire esaurientemente la variabilità dei vari caratteri di questa specie; sembra, comunque, che essa non fosse molto ampia e le variazioni mag¬ giori interessino il numero di pori per verticillo. Il campione di popola¬ zione è rappresentato probabilmente solo da esemplari adulti in quanto tutti gli individui riscontrati presentano organi riproduttori. Questo fatto permette anche di stabilire che la porzione del tallo che calcificava era soltanto quella superiore fertile. Caratteri generali della calcificazione . La calcificazione è rappresentata da un manicotto calcareo semplice, privo di articolazione, ondulazione e intusannulazione ; essa interessa i rami primari e la porzione iniziale dei rami secondari. Il manicotto calcareo, nella parte più alta, si assottiglia sensibilmente e si chiude secondo una superficie emisferica o lievemente più depressa (vedi tav. I). La superficie interna del manicotto è, in prima approssimazione, lie¬ vemente claviforme. Nell’ambito dello spessore del manicotto, procedendo dalla superficie interna verso l'esterno, si possono riconoscere tre zone: una porzione prossimale, corrispondente a circa un quarto della lunghezza del poro primario, in cui la calcificazione, ben evidente, si sviluppa nello spazio compreso tra i verticilli e, anche se in misura minore, tra i pori di un verticillo. Una porzione mediana che si sviluppa per quasi tutta la restante parte del ramo primario, in cui la calcificazione si estende nello spazio compreso tra i verticilli mentre è molto sottile, saltuaria o assente tra i rami di uno stesso verticillo; ciò è dovuto principalmente al contatto più o meno serrato che può stabilirsi tra i rami di uno stesso verticillo e subordinatamente a fenomeni collegati con spostamenti di contenitori di cisti (vedi: organi riproduttori). Infine, una porzione più esterna, corri¬ spondente alla parte terminale del poro primario e alla porzione prossi¬ male dei rami secondari in cui la calcificazione è di nuovo ben sviluppata sia tra i verticilli sia tra i rami di uno stesso verticillo; ciò è dovuto al Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 119 fatto che alla diminuzione di spessore della parte terminale dei pori pri¬ mari, si associa sia la maggiore distanza tra i rami di uno stesso verti¬ cillo sia il minor diametro iniziale del ciuffo di secondari. La differente compattezza delle tre porzioni del manicotto ora men¬ zionato può far sì che una o due di esse si isolino parzialmente o total¬ mente dalle altre: per esempio la mediana da quella esterna oppure le porzioni interna e mediana da quella esterna (tav. Ili fìg. 2, porzione su¬ periore della figura) oppure quella interna dalle altre due porzioni (tav. Ili fig. 2, porzione inferiore della figura). La calcificazione dei rami secondari interessa soltanto la porzione prossimale del ciuffo e si estende sia tra ciuffi contigui che tra i rami di uno stesso ciuffo. Il diametro esterno del manicotto (D) varia tra 4, 2-6 ,4 mm, il diametro interno (d) varia tra 1,65-2,55 mm, lo spessore del manicotto (D-d/2) varia tra 1, 3-2,1 mm, il rapporto tra il diametro esterno ed interno (D/d) varia fra 2, 5-3, 3 (figg. 3 e 4). Inclinazione e distribuzione dei rami primari. In base all'andamento dei pori si deduce che per la maggior parte dello sviluppo longitudinale del tallo, i rami presentano un'inclinazione di circa 80-90°. L'inclinazione de¬ cresce gradualmente in corrispondenza della porzione superiore del tallo e in corrispondenza della porzione apicale essi tendono a disporsi verti¬ calmente. L’unica sezione a disposizione (Tav. I) che passa per la regione sommitale del tallo è leggermente obliqua, essa, perciò, per quanto per¬ metta deduzioni sull'andamento dei pori primari nella porzione più alta del tallo, non consente di essere precisi sull’andamento dei rami nella ristretta zona apicale. I rami primari sono disposti in verticilli semplici (tipo euspondilo) e piuttosto ravvicinati, la distanza tra i verticilli varia da 0,2-0,33 mm. La determinazione di questi valori si basa su soli sette esemplari per cui l’intervallo di variabilità deve essere considerato come un dato di mas¬ sima. Le misure sono state effettuate nella porzione lievemente claviforme, inferiore e mediana del manicotto; solo in un esemplare si sono potute eseguire nella regione più alta. In base alle osservazioni eseguite sembra che, nella regione più alta del tallo, la distanza tra i verticilli diminuisca gradatamente via via che ci si approssima all'apice: quanto osservato deve ritenersi un fenomeno non eccezionale, collegato con l’ontogenesi stessa dell'alga. 120 F. Barattolo I pori di ogni verticillo sono disposti in alternanza rispetto a quelli dei verticilli contigui (vedi tav. I, tav. II fìg. \} tav. IV fig. 3). 40 30 20 10 o Triploporella decastroi n.sp. • T riploporella matesina n.sp. Fig. 3. — Triploporella decastroi n.sp. e Triploporella matesina n.sp.. Variabi¬ lità del diametro esterno del manicotto calcareo (D) lato inferiore della figura) e del numero di pori per verticillo (w) (lato superiore della figura) in funzione del diametro interno del manicotto calcareo (d). Nel diagramma i valori di Triploporella decastroi sono stati indicati con cerchietti vuoti (O) mentre quelli di Triploporella matesina con cerchietti pieni (•). A ogni cerchietto del diagramma corrisponde un unico esemplare. Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 121 L'alternanza dei verticilli è ben evidente nella regione prossimale dei pori; mentre in quella più esterna risulta meno evidente potendo essere sostituita da una distribuzione meno regolare. Il numero dei pori per verticillo (w) oscilla fra 29-45; questo parame¬ tro sembra crescere regolarmente in funzione delle dimensioni della ca- 3.4 3.0 2.8 2.2 oTriploporella decastroi n.sp, • Triploporella matesina n.sp. •D/d — • o o 9 • 9 o # • 0 0 S o • • o l“” • 0 # « » •• • 1 1 1 1 D-d/2 1 1 1 1 I 1 1 1 1 i 1 (mm) O 8* o o 0 o 0 D o • 0 # » ® 9 ( • • • # % * d (mm) 2.2 1.8 1.4 1.0 1.0 1.6 2.0 2.6 Fig. 4. — Triploporella decastroi n.sp. e Triploporella matesina n.sp.. Variabi¬ lità dello spessore della calcificazione (D-d/2) (lato inferiore della fi¬ gura) e del rapporto D/d (lato superiore della figura) in funzione del diametro interno del manicotto calcareo (d). Nel diagramma i valori di Triploporella decastroi sono stati indicati con cerchietti vuoti (O) mentre quelli di Triploporella matesina con cerchietti pieni (•). A ogni cerchietto del diagramma corrisponde un unico esemplare. 122 F. Barattolo vità interna del manicotto (fig. 3). I dati forniti sono stati ottenuti su una decina di sezioni oblique e subtrasversali. Forma e dimensioni dei pori primari. I pori primari, nella regione claviforme del manicotto, presentano una lunghezza di 1,2-1, 7 mm, essi risultano lievemente svasati in corrispondenza della superficie interna del manicotto ; presumibilmente questa svasatura non è da attribuire alla forma del ramo ma a mancanza di calcificazione. In questa porzione pros¬ simale e in corrispondenza della superficie interna del manicotto, i pori, già abbastanza robusti, risultano costipati tra loro e lievemente compressi lateralmente per cui presentano un diametro verticale lievemente mag¬ giore di quello orizzontale: conseguentemente danno luogo, nelle sezioni oblique o tangenziali, a figure approssimativamente sub-quadr angolari. Procedendo dalla superficie interna verso quella esterna del mani¬ cotto, il poro è costituito da un tratto prossimale di 0,25-0,65 mm di lun¬ ghezza rappresentante circa un quarto della estensione totale del poro e approssimativamente di 0,13-0,18 mm di diametro. Procedendo verso lo esterno i rami risultano meno costipati per cui presentano una sezione trasversale approssimativamente circolare. La porzione prossimale del ramo si dilata gradualmente e velocemente raccordandosi alla porzione restante. Quest'ultima, molto sviluppata, e pari a circa tre quarti della lunghezza dell’intero ramo, misura 0,89-1,17 mm e 0,20-0,33 mm di dia¬ metro. Essa è approssimativamente cilindrica pur crescendo lievemente verso l'esterno: presenta una sezione debolmente ellittica nella parte prossimale e una sezione circolare in quella distale. Rami secondari. Su ogni poro primario si impianta un ciuffetto di pori secondari: solo in un esemplare (tav. V fig. 2) si è potuto osservare che i rametti di ogni ciuffo sono solo quattro e disposti secondo i vertici di un quadrato con diagonali una verticale e una orizzontale. I pori secondari sono relativamente brevi ed espansi verso l’esterno: il loro diametro nei pressi del punto di unione al poro primario è di circa 0,08 mm mentre distalmente è di 0,13-0,15 mm, la loro lunghezza è di 0,18-0,33 mm. Quando il manicotto risulta usurato esternamente i pori secondari ri¬ sultano apparentemente più corti; inoltre, in questi casi, può succedere che si rompa la calcificazione della porzione interna del ciuffetto: di con¬ seguenza viene simulata la presenza di un unico poro in prosecuzione del poro primario. Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 123 Organi di riproduzione . Gli organi di riproduzione sono costituiti da contenitori di cisti. Essi hanno una forma lenticolare (ellissoide con asse di rotazione corto); si presentano, perciò, ellittici in sezione assiale e cir¬ colari in sezione trasversale. In base a misure eseguite su una decina di 1 ffl u - 0 ’d 0) 0 Triploporella decastroi n.sp. • Triploporella matesina n.sp. • o<7% 8%<»o<12% 6 O >13% c 0 0 u 0) a 1 lo . *o 0 fi © O O © O 1 • • #®oO o o o o - • • • ° o o ò Fig. 5. T riploporella decastroi n.sp. e T riploporella matesina n. sp. Variabilità delle di¬ mensioni del diametro equa¬ toriale dei contenitori di ci¬ sti (lato inferiore della figu¬ ra) , delle dimensioni delle cisti dei contenitori (porzio¬ ne mediana della figura) e del numero di cisti per con¬ tenitore (lato superiore della figura) in funzione del dia¬ metro interno del manicotto calcareo (d). Nel diagramma i valori di T riploporella de¬ castroi sono stati indicati con cerchietti vuoti (O) men¬ tre quelli di Triploporella matesina con cerchietti pieni (•) . Le dimensioni equatoria¬ li dei contenitori di cisti e delle cisti in Triploporella decastroi sono state misura¬ te su sette manicotti calcarei in vario tipo di sezione; le dimensioni delle cisti e del numero di cisti per conteni¬ tore è stato calcolato in ba¬ se ai contenitori in sezione equatoriale prima detti (ve¬ di testo: organi di riprodu¬ zione) . Le dimensioni dei contenitori di cisti e delle cisti in Triploporella matesi¬ na sono state misurate su otto manicotti calcarei in vario tipo di sezione con gli stessi criteri già esposti per Triploporella decastroi. 124 F. Barattolo esemplari di Triploporella decastroi si è visto che il loro asse minore (altezza) varia tra 0,07-0,11 mm ed è, di norma, lievemente inferiore ai 3/4 del diametro equatoriale (larghezza) che misura circa 0,10-0,15 mm. Essi contengono da 3 a 7 cisti globose o lievemente ovoidi con la porzione meno dilatata rivolta verso l’interno del contenitore e tutte disposte su uno stesso piano. Le cisti nel piano equatoriale del contenitore hanno un'ampiezza trasversale di 0,038-0,080 mm ed una radiale di 0,025-0,050 mm (fig- 5). Gli organi riproduttori possono essere ubicati sia nell'interno della porzione più espansa del ramo primario che all'esterno di essi. Nel primo caso essi mostrano una forte tendenza a disporsi con il piano equatoriale secondo la sezione verticale del ramo (vedi tav. Ili fig. 1) ; cosicché gli esemplari in sezione longitudinale presentano i contenitori tagliati pre¬ valentemente in senso equatoriale; mentre esemplari in sezione tangenziale o trasversale mostrano i contenitori tagliati prevalentemente in senso assiale. Quando gli organi riproduttori sono all’esterno del ramo, essi si di¬ spongono, nello spazio compreso tra due verticilli, con il piano equato¬ riale parallelamente alla superficie contigua dei pori primari. I due casi sopra esposti non sono stati riscontrati in un medesimo esemplare; non è da escludere, perciò, che essi rappresentassero fasi successive di un processo di liberazione dei contenitori di cisti. La posizione esterna ai rami primari non doveva rappresentare una situazione originaria ma una disposizione acquisita in seguito alla loro fuoriuscita dai rami primari (vedi: sviluppo degli organi riproduttori). Si accorda con questa ipotesi il fatto che nelle forme con contenitori al¬ l’esterno dei rami non è più osservabile con regolarità la superficie dei pori: ciò potrebbe essere messo in relazione con la disgregazione delle pareti dei rami. I rami fertili sono rappresentati non soltanto da quelli disposti in corrispondenza della superficie laterale della porzione calcificata del tallo ma anche da quelli disposti nella regione sommitale; in quest’ultima zona i rami primari sono meno robusti degli altri e gli organi riproduttori, di conseguenza, si adattano a questa situazione diminuendo di numero e, subordinatamente, di dimensioni; non è da escludere che essi possano anche mancare. Sviluppo degli organi riproduttori. Probabilmente durante i primi stadi della fase riproduttiva che porterà alla formazione dei contenitori di cisti si verificava che i nuclei formatisi per scissione del nucleo « pri¬ mario » del tallo, penetravano nei rami (fig. 6, A); attorno ad ognuno di Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi, Dasìcladacee ), ecc. 125 essi si addensava una certa quantità di citoplasma. Successivamente ognu¬ na di queste masserelle, con modalità simili a quelle osservabili nelle cisti delle Dasìcladacee attuali (Schulze 1939), si circondava di una mera- 8 C D E F Fig. 6. — Formazione degli organi riproduttori in Triplopo- rella decast roi, A. i nuclei « figli » (punti neri circondati da un punteggiato sottile) all’in¬ terno dei rami primari. B. ogni nucleo « figlio », con una certa porzione di citoplasma, si circonda di una membrana (conteni¬ tore di cisti immaturo). C. Contenitori di cisti con la cisti neoformate. D. Contenitori di cisti cal¬ cificati internamente. E-F. Liberazione delle zoo¬ spore o dei gameti dai contenitori di cisti. In E è rappresentato il caso in cui i contenitori di cisti sono alFinterno dei rami; in F il caso in cui essi sono disposti nello spazio tra verticilli contigui. bratta (fig. 6, B); questa membrana ed il suo contenuto costituivano il contenitore di cisti ancora immaturo. Il nucleo, alFinterno del conteni¬ tore immaturo, subiva, quindi, una scissione in nuclei minori; ciascuno dei quali si circondava a sua volta di una membrana propria, dando ori- 126 F. Barattolo gine ad una cisti (fìg. 6, C). I contenitori si impregnavano di calcare nel loro interno, nello spazio compreso fra le cisti (fig. 6, D). I contenitori di cisti, giunti a maturazione, potevano permanere all'interno dei rami pri¬ mari (fig. 6, E) o disporsi, in seguito alla disgregazione dei rami, nello spazio compreso tra verticilli contigui fig. 6, F). Non è da escludere che i contenitori di cisti potessero fuoriuscire anche da aperture che si venivano a produrre nelle pareti del ramo. Pe¬ raltro i processi di liberazione ora detti potevano anche non essere gli unici con cui gli elementi riproduttori fuoriuscivano dal tallo. Alla maturazione degli organi riproduttori faceva seguito la libera¬ zione delle zoospore e dei gameti. Rapporti e differenze. Le Triploporelle maggiormente affini con la specie in questione sono: Triploporella steinmanni Barattolo 1981, Triplo - porella minor (Steinmann) Barattolo 1981, Triploporella duplicata (Sokac & Nikler) 1973, Triploporella matesina n. sp. e Triploporella praturloni n. sp. (= Triploporella fraasi var. apenninica in Praturlon 1964). Triploporella decastroi differisce da Triploporella steinmanni princi¬ palmente perché presenta quattro rami secondari per ciuffetto; invece nella specie messicana il numero di rami secondari per ciuffetto è gene¬ ralmente di tre. Inoltre perché nella nuova specie le dimensioni dei con¬ tenitori di cisti sono minori (0,1-0,15 mm anziché 0,15-0,2 mm); i rami pri¬ mari presentano una porzione iniziale di forma pressoché cilindrica rela¬ tivamente sviluppata (circa un quarto della lunghezza del ramo) che manca nella specie messicana (vedi Steinmann (1899), fig. 7). Triploporella decastroi differisce da Triploporella minor principal¬ mente per le dimensioni maggiori del diametro esterno del manicotto cal¬ careo (4, 2-6 ,4 mm anziché 1,5-3, 5 mm) e subordinatamente di quella degli organi riproduttori (0,1-0,15 mm anziché 0,09 mm). Inoltre, in base all'unica sezione longitudinale (tangenziale) fornita da Steinmann, Triploporella minor sembra avere un manicotto calcareo cilindrico, anzché claviforme. La nuova specie differisce da Triploporella praturloni (= Triploporella fraasi var. apenninica in Praturlon 1964) principalmente per le dimensioni maggiori di gran parte dei parametri più significativi del manicotto cal¬ careo, quali il diametro interno (d) (1,65-2,25 mm anziché 1,0-1, 5 mm) e quello esterno (D) (4, 2-6 ,4 mm anziché 3, 0-4 ,5 mm) del manicotto, per il diametro maggiore dei pori secondari (0,13-0,15 mm anziché 0,06-0,08 mm) e, infine, per il numero maggiore (4 anziché 3) di rami secondari per ciuffetto. Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi , Dasicladacee ), ecc. 127 Triploporella decastroi differisce da Triploporella duplicata principal¬ mente per il maggior numero di rami secondari per ciuffetto (4 anziché 3), le maggiori dimensioni del diametro interno del manicotto calcareo (1,65- 2,55 mm anziché 1,11-1,80 mm) e per la forma della porzione più espansa dei rami primari che è pressoché cilindrica nella nuova specie mentre è ellissoidica allungata nella specie iugoslava, Triploporella decastroi differisce da Triploporella matesina per la forma del tallo (che è più o meno claviforme anziché cilindrica). Inoltre per la forma dei rami (cfr. figg. 7-10), per le maggiori dimensioni degli organi riproduttori ed il maggior numero di cisti nel loro interno (fig. 5). Infine in Triploporella decastroi calcifica interamente la porzione basale dei rami secondari cioè anche il vano compreso tra la porzione prossimale dei rami di uno stesso ciuffetto. Benché gli esemplari a disposizione fossero piuttosto scarsi si è appli¬ cata Fanalisi statistica ai parametri quantitativi più indicativi dei mani¬ cotti per vedere se anche in base ad essi fosse possibile la differenziazione tra le due specie. È stato applicato il test di significatività, t, di Student, alle medie dei valori del diametro interno (d) e quello esterno (D) del manicotto, e al numero di pori per verticillo (w) delle due specie. Sono emersi i seguenti valori tutti altamente significativi, essendo stato supe¬ rato, per ogni test, il valore limite di 2,6 (limite del 99 %, vedi Lamotte 1967): td = 7,5; tD = 10,9; tw = 6,2. I dati riportati possono confermare la effettiva diversità tra le due specie inizialmente basata su caratteri morfologici; i dati quantitativi da soli, però, sarebbero potuti essere poco indicativi a causa del numero li¬ mitato delle misure che si sono potute effettuare. Ricostruzione del tallo. Numerosi caratteri che riguardano la ricostru¬ zione del tallo sono stati illustrati nelle pagine precedenti per cui non verranno presi in considerazione in questo paragrafo: mi riferisco alimi- damento della calcificazione, alla distribuzione, inclinazione e forma dei rami primari ed ai valori dimensionali delle varie parti del manicotto cal¬ careo. In questo paragrafo mi riferisco, perciò, alla morfologia comples¬ siva del tallo e a quelle parti di esso non desumìbili direttamente dal¬ l'andamento della calcificazione (parte iniziale dei rami primari, rami se¬ condari, sifone centrale con particolare riguardo alla porzione apicale). Parte iniziale dei rami primari . In Triploporella decastroi la porzione iniziale dei pori è cilindrica, presenta già una notevole ampiezza e in cor¬ rispondenza della superficie interna del manicotto calcareo si dilata lieve¬ mente ma distintamente. Questa dilatazione potrebbe far pensare alla 128 F. Barattolo esistenza di una porzione iniziale rigonfia cui faceva seguito quella già indicata, in questo lavoro, come porzione prossimale del poro. Questa possibilità, tuttavia, ci sembra possa essere esclusa: — per la mancanza di significato che essa verrebbe ad avere, esistendo già nell’ambito del manicotto calcareo una porzione molto sviluppata e rigonfia del ramo adibita alla riproduzione, inoltre perché questa porzione « vestibuliforme » non poteva avere una funzione assimilatrice essendo circondata dal manicotto calcareo; ► Fig. 7. — Triploporella decastroi n. sp.. Ricostruzione della porzione fertile del tallo in veduta longitudinale. A. Veduta prospettica dei rami primari, dei rami secondari e del si¬ fone centrale privati della calcificazione. I rami sono stati disegnati per intero soltanto sui lati del sifone centrale; sul lato sinistro sono stati disposti, oltre ai rami che giacciono nel piano della figura, anche quelli in posizione alterna; sul lato destro questi ultimi sono stati omessi. Frontalmente sono disegnati soltanto i punti di inserzione dei rami. Superiormente è stato ricostruito l’apice del tallo. B. Veduta prospettica dei rami primari e dei secondari privati della calcificazione. A destra i rami secondari sono stati disegnati per in¬ tero, verso il centro i ciuffetti di rami secondari sono stati troncati all’altezza della calcificazione, a sinistra essi sono stati asportati del tutto. C. Sifone centrale, rami primari, rami secondari e calcificazione in sezione assiale; sono stati disposti anche i contenitori di cisti. Nella porzione superiore, con contenitori di cisti all'interno dei rami, la calcificazione si estende sia tra verticilli contigui sia, con continuità, tra i rami di uno stesso verticllo. Nella porzione inferiore, con conte¬ nitori di cisti disposti all’esterno dei rami, la calcificazione è presente tra verticilli contigui; nell'ambito di ogni verticillo, invece, essa manca in corrispondenza della porzione più espansa, mediana e distale, dei rami. D. Manicotto calcareo in sezione assiale; sono stati omessi i rami primari, i rami secondari e il sifone centrale allo scopo di evidenziare la calcificazione. E. Veduta prospettica di una porzione del manicotto calcareo. (In¬ grandimento: circa 15 x). Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 129 — perché non si ha riscontro della morfologia ipotizzata nè nella na¬ tura attuale nè in altri generi ben noti allo stato fossile; — • vi sono, peraltro, esemplari di varie specie di Triploporella in con¬ dizioni di fossilizzazione particolarmente buone (per es. Triploporella 130 F. Barattolo fraasi ) che mostrano che la porzione iniziale del ramo, quando riesce a calcificare, si rastrema velocemente in corrispondenza della superficie in¬ terna del manicotto. Verosimilmente la porzione iniziale del ramo di attacco al sifone cen¬ trale non si disgregava in mucillagine che potesse impregnarsi di calcare. Questo fenomeno non permette di stabilire con sicurezza se, in corrispon¬ denza della superficie interna del manicotto, i rami si assottigliassero perché venivano a contatto col sifone o se, invece, conservassero ancora la stessa ampiezza della porzione mediana del tratto prossimale per re¬ stringersi e congiungersi al sifone centrale dopo un certo intervallo molto breve della superficie interna del manicotto. Lo schema delle figure 7 e 8 riproducono questa seconda ipotesi. Forma dei rami secondari. La maggior parte delle triploporelle tipiche (Triplo por ella steinmanni, Triploporella marsicana, Triploporella pratur- loni e Triploporella matesina) mostra soltanto una porzione calcificata piuttosto limitata, prossimale, dei rami secondari; in questa porzione il lume dei pori cresce gradualmente verso l’esterno ; tuttavia quale che fosse il tipo di rami (acroforo o floioforo) in corrispondenza del loro punto di attacco si sarebbe verificato comunque questo fenomeno. Indicazioni di un certo interesse sui rami secondari delle Triploporelle sono fornite dagli esemplari attribuiti da Sokac & Nikler a Triploporella ► Fig. 8. — Triploporella decastroi n. sp.. Ricostruzione del tallo in veduta tra¬ sversale. A. Porzione di un verticillo che mostra in prospettiva, il sifone cen¬ trale, i rami primari e i secondari privati della calcificazione. C. Porzione di un verticillo che mostra, in sezione, il sifone centrale, i rami primari, i rami secondari e la calcificazione. I contenitori di cisti sono stati disegnati, superiormente, all’interno dei rami primari, nella parte mediana sono assenti, mentre in quella inferiore sono ubi¬ cati tra i rami. D. Porzione di un verticillo che mostra, in sezione, la calcificazione. I contenitori di cisti sono stati disegnati, superiormente, aH’interno dei rami primari, nella parte mediana sono assenti, mentre in quella infe¬ riore sono ubicati tra i rami. (Ingrandimento: circa 15 x). In F sono riprodotti i contenitori di cisti in sezione assiale (FI) e tra¬ sversale (F2). (Ingrandimento: circa 80 x). Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasìcladacee), ecc . 131 duplicata (sub. Euspondyloporella duplicata) e a un’altra Triploporella in¬ dicata come Triploporella fraasì. In essi i rami di secondo ordine calci¬ ficano per una lunghezza maggiore che in tutte le altre Triploporelle ti¬ piche, si svasano distintamente e uniformemente verso Festerno in alcuni casi sembrano venire a contatto all’estremità distale. Questo carattere è evidente senza alcun dubbio nella specie tipo del genere dove è possibile osservare che i rami di secondo ordine, ben sviluppati, formano un cortex continuo alla loro estremità (Barattolo 1981). A 132 F. Barattolo Microfacies associata. Il campione è rappresentato da una calcarenite di colore avana con clasti costituiti quasi esclusivamente da microfossili, con matrice prevalentemente spatica e, in misura del tutto subordinata, microcristallina. I fossili presenti sono costituiti soprattutto da alghe, esse sono rap- sentate quasi esclusivamente da Dasicladacee appartenenti alla specie: Tri- ploporella decastroi n. sp., Triploporella matesina n. sp., Salpingoporella exilis (Dragastan), Neomeris cf. cretacea Steinmann, Petrascula sp., Cylin- droporella sp., Cymopolia sp., Acicularia sp. e altre Dasicladacee. Altre alghe presenti sono Coptocampylodon sp. e cianoficee nodulari tipo Ca- yeuxia. Nella porzione micritica sono frequenti piccoli Gasteropodi e, meno frequentemente, gusci di Ostracodi. Nella porzione spatitica si possono osservare frammenti di vari organismi: Echinoidi, Lamellibranchi e Ma- dreporari. Tra i Foraminiferi si riconoscono dei Lituolidi (tra cui (?) Debarina hahounerensis Fourcade & Al. e Ammobaculites sp.), Trocolina sp., Cuneo¬ lina laurenti Sartoni & Crescenti, Cuneolina scar sellai De Castro (?), Ata- xophragmiidi, Patellinidi e Miliolidi (tra cui Quinqueloculina sp., Sigmoi- lina sp., Vidalina sp.). Ecologia. Le informazioni ecologiche su questa specie sono deducibili dalTassociazione in cui è presente, soprattutto dall’abbondanza di altre Dasicladacee che costituiscono le forme prevalenti, inoltre dai caratteri tessiturali già esposti a proposito della microfacies del campione studiato. Le Dasicladacee, attualmente, sono distribuite, di norma, da poco al di sotto del limite della bassa marea fino a 50-55 m, eccezionalmente fino a 73 m (vedi Taylor, 1972; Prescott, 1969; Borgesen, 1925). Esse risultano presenti prevalentemente lungo le fasce tropicali e subtropicali, subordina¬ tamente anche in quella temperata dove, nel Mediterraneo, sono state ri¬ scontrate fino a 46° di latitudine Nord e, in Australia, fino a 35° di latitudine Sud (vedi Valet 1969 e 1979). Tuttavia sembra che le forme maggiormente calcificate, cui è ascrivibile la nuova specie, prediligono le profondità minori dei mari tropicali e acque piuttosto tranquille. II numero dei taxa di Dasicladali presenti nel campione è piuttosto elevato (9 specie di 8 generi); questo fenomeno, unitamente alle condi¬ zioni di frammentazione dei manicotti, fa ritenere improbabile che questa tanatocenosi provenga da un unico biotopo originario. Probabilmente le varie specie o piccoli gruppi di essi abitavano biotopi distinti, anche se non troppo distanti tra di loro; esse furono trasportate, dopo la morte, Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee), ecc. 133 in aree indipendenti da quelle in cui vivevano in seguito all'azione del¬ l’energia cinetica ambientale. Questa interpretazione è confortata dalla tessitura della roccia costituita in buona parte da calcite spatica la quale indica, di norma, una certa agitazione delle acque. Triploporella matesina n. sp. Origine del nome . La specie prende il nome dal gruppo montuoso del Matese, nella Campania settentrionale (Appennino meridionale) da cui pro¬ viene il campione dei tipi. Olotipo. Tav. Vili fìg. 2. Preparato S.2Q0.a.ll. Isotipi. Tav. VII figg. 1-2; tav. Vili fìgg. 1, 3-4; tav. IX fìgg. 1-4; tav. X figg. 1-2; tav. XI fig. 2. Preparati: S.200.a. 8, 10, 11; S.200.b. 11, 13, 15, 18; S.200.C. 5, 6, 16, 18, 22, 23, 28, 31. Piano dei tipi. Cretacico inferiore. Età compresa fra Barremiano e Aptiano inferiore, ma non meglio precisabile. Località dei tipi. Vedi quanto detto per Triploporella decastroi. Diagnosi. Tallo semplice, cilindrico, con sifone centrale pure esso ci¬ lindrico. Rami primari disposti in verticilli ravvicinati e alterni in verticilli successivi; essi sono inclinati rispetto all'asse del tallo di 80-85°; nella regione più alta Tinclinazione decresce gradualmente e velocemente verso l'alto fino ad assumere, probabilmente, una disposizione verticale in cor¬ rispondenza dell'apice. I rami primari, per il primo quarto della loro lunghezza, sono cilindrici e relativamente sottili; successivamente si dila¬ tano gradualmente verso l'esterno e presentano una sezione verticale un po' più ampia di quella orizzontale. Al poro del ramo primario segue un secondo poro di dimensioni minori corrispondente verosimilmente alla porzione prossimale di un ciuffetto di rami secondari. Organi riproduttori costituiti da contenitori di cisti di forma lenti- colare disposti alLinterno dei rami primari. Ognuno di essi presenta da 3 a 5 cisti. La calcificazione è costituita da un manicotto calcareo cilindrico che si sviluppa soltanto nella porzione fertile del tallo e si chiude più o meno emisfericamente nella regione apicale; esso è continuo in senso longitu¬ dinale e non presenta articolazione nè intusannulazione. io 134 F. Barattolo I valori biometrici più significativi sono riportati nella tabella IL TABELLA II Nella tabella sono indicati alcuni valori biometrici della specie Triploporella matesina n. sp.. Tutti i valori dimensionali sono espressi in millimetri; quelli in parentesi indicano il numero di misure eseguite. Diamestro esterno (D) 2,74,1 (19) Diametro interno (d) 1,02-1,66 (19) o • [D-dl Spessore manicotto 1 — - — 1 0,8-1, 4 (19) Rapporto D/d 2, 3-3, 5 (19) Numero di pori per verticillo (w) 16-32 (15) Altezza fra i verticilli (h) 0,28-0,33 (5) Diametro porzione prossimale dei pori pri¬ mari (p’ ) 0,1-0,15 (16) Diametro porzione distale dei pori pri¬ mari (Pd ) 0,22-0,33 x 0,36-0,5 (15) (9) Lunghezza poro primario (1') 1,0-1,28 (7) Diametro cisti 0,04-0,1 (25) Diametro equatoriale contenitori di cisti 0,15-0,22 (25) Diametro assiale contenitori di cisti 0,1-0,17 (15) Numero di cisti per contenitore 3-5 (25) Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 135 Materiale studiato. Vedi quanto detto per Triploporella decastroi. Osservazioni generali sul campione di popolazione. Nei preparati stu¬ diati i manicotti calcarei di Triploporella matesina si presentano general¬ mente interi e più raramente in frammenti. Le condizioni di fossilizzazione sono buone: esse hanno permesso la quasi perfetta conservazione dei con¬ tenitori di cisti alFinterno dei rami primari e delle cavità delle cisti all'in- terno dei contenitori. Lo scarso numero (19) di esemplari a disposizione non permette di definire esaurientemente la variabilità dei vari caratteri di questa specie; sembra, comunque, che essa non fosse molto ampia e le variazioni mag¬ giori interessino il numero di pori per verticillo. Il campione di popola¬ zione è rappresentato probabilmente solo da esemplari adulti in quanto tutti gli individui riscontrati presentano organi di riproduzione all'interno dei rami primari. Questo fatto permette anche di stabilire che la porzione del tallo che calcificava era soltanto quella superiore fertile. Caratteri generali della calcificazione. La calcificazione è rappresent- tata da un robusto manicotto calcareo semplice, cilindrico, privo di arti- colazione, ondulazione e intusannulazione ; essa interessa i rami primari e la porzione iniziale dei rami secondari. Il manicotto calcareo, nella parte più alta, si assottiglia leggermente e si chiude secondo una superficie approssimativamente ellissoidica. Il contorno interno del manicotto si presenta quasi sempre frasta¬ gliato ed irregolare (vedi, per es. tav. VII fig. 2): si può presumere, quindi, che esso non toccasse il sifone centrale o lo toccasse solo saltua¬ riamente. Nell'ambito di un verticillo, procedendo dalla superficie interna del manicotto verso l'esterno si possono riconoscere tre zone: una por¬ zione prossimale in cui la calcificazione è sempre presente, ben evidente, corrispondente a circa 1/4 della lunghezza del poro primario e alla sua porzione meno robusta. Una porzione mediana che si estende per circa la metà del poro primario in cui la calcificazione si presenta spesso più sot¬ tile rispetto al tratto precedente e può, in molti casi, mancare; ciò è do¬ vuto all’aumento progressivo delle dimensioni trasversali dei rami e al¬ l'eventuale contatto laterale dei rami contigui: quando si verifica questa ultima circostanza, si viene a formare un canale circolare più o meno ampio nell’ambito della sezione trasversale del verticillo. Una porzione più esterna corrispondente approssimativamente ad 1/4 della lunghezza del poro primario e alla porzione prossimale dei rami secondari in cui la calcificazione è molto sviluppata in quanto, alla lieve diminuzione di spessore dei rami primari nella porzione distale, si asso- 136 F. Barattolo eia anche l’aumentata distanza dei rami contigui a questa distanza dal¬ l'asse del tallo. Nella zona compresa tra due verticilli la calcificazione è più abbon¬ dante di quella presente nel piano dei verticilli poiché la distanza tra questi è notevolmente maggiore della distanza laterale tra i rami di uno stesso verticillo. In particolare poiché i rami sono maggiormente dilatati nella loro porzione mediana, la calcificazione tra i verticilli è più robusta soprattutto nella zona prossimale del manicotto e, subordinatamente, in quella distale. A causa della disposizione alterna e del loro costipamento, i rami dei verticilli successivi vengono generalmente a contatto nella loro porzione mediana più espansa; in questa porzione non vi era, perciò, spazio per accogliere mucillagine impregnata di calcare: conseguente¬ mente si viene a determinare una soluzione di continuità in senso longi¬ tudinale alFinterno di un manicotto. Questo fenomeno, tuttavia, poteva non verificarsi costantemente sia a causa di piccole irregolarità nell’alter¬ nanza dei rami dei verticilli successivi, sia per un minore addensamento dei rami stessi. La calcificazione dei rami secondari interessa soltanto la porzione prossimale del ciuffo e si estende esclusivamente tra superfici esterne dei ciuffi contigui. Il diametro esterno del manicotto (D) varia tra 2,74,1 mm, il diametro interno (d) varia tra 1,0-1,75 mm, lo spessore del manicotto (D-d/2) varia tra 0,8-1, 4 mm, il rapporto tra diametro esterno ed interno (D/d) varia fra 2, 3-3, 5. Inclinazione e distribuzione dei rami primari. In base all’andamento dei pori si deduce che per la maggior parte dello sviluppo longitudinale del tallo, i rami presentano un'inclinazione di circa 80-85° (rispetto all’asse del tallo). L’inclinazione decresce gradualmente in corrispondenza della porzione apicale essi tendono a disporsi verticalmente. L’unica sezione a disposizione (tav. VII, fig. 1) che passa per la regione sommitale del tallo, non è, tuttavia, perfettamente assiale, essa perciò, per quanto per¬ metta deduzioni sull’andamento dei pori primari nella porzione più alta del tallo, non consente di essere precisi sull’andamento dei rami nella ristretta zona apicale. I rami primari sono disposti in verticilli semplici (tipo euspondilo) e piuttosto ravvicinati, la distanza tra i verticilli varia tra 0,27-0,33 mm. La determinazione di questi valori si basa su solo cinque esemplari per cui l'intervallo di variabilità deve essere considerato come un dato di massima. Le misure sono state effettuate nella porzione cilindrica, infe- Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi , Dasicladacec), ecc. 137 riore e mediana del manicotto; solo in un esemplare si sono potute ese¬ guire nella regione più alta. In base alle osservazioni eseguite sembra che, nella regione più alta del tallo, la distanza tra i verticilli diminuisca gra¬ datamente via via che ci si approssima all'apice: quanto osservato deve ritenersi un fenomeno non eccezionale, collegato con l'ontogenesi stessa dell'alga. I pori di ogni verticillo sono disposti in alternanza rispetto a quelli dei verticilli contigui (vedi tav. Vili, figg. 1, 2; tav. VII, fig. 2). L'alter¬ nanza dei verticilli è bene evidente nella regione prossimale dei pori; mentre in quella più esterna risulta meno evidente potendo essere sosti¬ tuita da una distribuzione meno regolare (vedi tav. Vili, fìgg. 3, 4). II numero dei pori per verticillo (w) oscilla fra 16 e 32; questo para¬ metro sembra crescere regolarmente in funzione delle dimensioni della cavità interna del manicotto (fig. 3). I dati forniti sono stati ottenuti da una quindicina di sezioni oblique e subtrasversali. Forma e dimensioni dei pori primari. I pori primari, nella regione cilindrica del manicotto, presentano una lunghezza di 1,0-1, 3 mm essi ri¬ sultano lievemente svasati nella porzione immediatamente in corrispon¬ denza della superficie interna del manicotto, probabilmente, perciò, il ramo in corrispondenza dell'attacco al sifone centrale non calcificava. Procedendo dalla superficie interna verso quella esterna del mani¬ cotto, il poro è costituito da un tratto cilindrico di 0,25-0,45 mm di lun¬ ghezza, rappresentante circa 1/4 della estensione totale del poro. Verso l'esterno la porzione prossimale del ramo si dilata gradualmente e velo¬ cemente raccordandosi alla porzione restante del ramo. Questa, molto sviluppata, è pari a circa 3/4 della lunghezza dell'intero ramo, misura 0,75-0,90 mm. La sua forma è approssimativamente quella di un ellissoide a tre assi piuttosto allungato; la sua sezione trasversale è compressa late¬ ralmente ed ha una forma di ellisse, la quale, nella porzione più dilatata del ramo, misura 0,36-0,50 mm di altezza e 0,25-0,33 mm di spessore. Rami secondari . Al poro corrispondente al ramo primario segue in continuità un unico « poro » di diametro minore e non sono presenti, quindi, i pori relativi ai singoli rami del ciuffo. L'unico « poro » corri¬ sponde verosimilmente alla porzione prossimale del ciuffetto di rami se¬ condari. Probabilmente, nell'ipotesi che i rami secondari ammettessero una propria mucillagine calcificata, questa non era presente nella por¬ zione interna del ciuffetto a causa del mutuo contatto dei rami stessi. La presenza di un unico poro relativo alla porzione basale del ciuffetto 138 F. Barattolo dei secondari può anche spiegarsi col fatto che i rami secondari non ammettessero una propria mucillagine che si potesse impregnare di cal¬ care e, al tempo stesso, la mucillagine della porzione distale del ramo primario non riusciva a penetrare aH’interno del gruppo di rami secon¬ dari; inoltre, questa seconda ipotesi è avvalorata dall’andamento della calcificazione in corrispondenza dei ciuffetti la quale non mostra alcuna tendenza a proiettarsi verso l’esterno. Organi di riproduzione. Gli organi di riproduzione sono costituiti da contenitori di cisti ubicati, generalmente, nella porzione rigonfia dei rami primari; il loro numero, per ogni ramo, varia probabilmente da 3 a 6. Essi hanno una forma lenticolare (ellissoide con asse di rotazione corto); si presentano, perciò, ellittici in sezione assiale e circolari in sezione tra- ► Fig. 9. — Triploporella matesina n. sp. ricostruzione della porzione fertile del tallo in veduta longitudinale. A. Veduta prospettica dei rami primari, dei rami secondari e del si¬ fone centrale privati della calcificazione. I rami sono stati disegnati per intero soltanto sui lati del sifone centrale; sul lato sinistro sono stati disposti, oltre ai rami che giacciono nel piano della figura, anche quelli in posizione alterna; sul lato destro questi ultimi sono stati omessi. Frontalmente sono disegnati soltanto i punti di inserzione dei rami. Superiormente è stato ricostruito l’apice del tallo. B. Veduta prospettica dei rami primari e dei secondari privati della calcificazione. A destra i rami secondari sono stati disegnati per in¬ tero, verso il centro i ciuffetti di rami secondari sono stati troncati all'altezza della calcificazione, a sinistra essi sono stati asportati del tutto. C. Sifone centrale, rami primari, rami secondari e calcificazione in se¬ zione assiale; sono stati disposti anche i contenitori di cisti. Nella porzione superiore, la calcificazione si estende tra verticilli contigui sia con continuità, tra i rami di uno stesso verticillo. Nella porzione inferiore la calcificazione è presente tra verticilli contigui; nell’ambito di ogni verticillo, invece, essa manca in corrispondenza della porzione più espansa, mediana e distale dei rami. B. Manicotto calcareo in sezione assiale; sono stati omessi i rami pri¬ mari, i rami secondari e il sifone centrale allo scopo di evidenziare la calcificazione. E. Veduta prospettica di una porzione del manicotto calcareo. (In¬ grandimento : circa 15 x). Su alcune nuove Triploporelle ( alghe verdi, Dasicladacee ), ecc. 139 sversale. In base a misure eseguite su una decina di esemplari di Triplo- porella matesina si è visto che il loro asse minore (cioè l’altezza) varia tra 0,11 0,16 mm ed è in media 0,8 volte minore del diametro equatoriale (cioè della lunghezza) che misura circa 0,15-0,22 mm. In un tallo in sezione 140 F. Barattolo A Fig. 10. — Triplo por ella matesina n. sp.. Ricostruzione del tallo in veduta tra¬ sversale. A. Porzione di un verticillo che mostra, in prospettiva, il sifone cen¬ trale, i rami primari e i secondari privati della calcificazione. C. Porzione di un verticillo che mostra, in sezione, il sifone centrale, i rami primari, i rami secondari, la calcificazione ed i contenitori di cisti all’interno dei rami primari. D. Porzione di un verticillo che mostra, in sezione, la calcificazione c i contenitori di cisti all’interno dei rami primari. (Ingrandimento: circa 15 x) . In F sono riprodotti i contenitori di cisti in sezione assiale (FI) e tra¬ sversale (F2). (Ingrandimento: circa 80 x). Su alcune nuove Triplo por elle ( alghe verdi , Dasicladacee), ecc. 141 obliqua ne è stato riscontrato uno di dimensioni molto piccole con 0,085 min di lunghezza (vedi tav, XI, lìg. 2). Essi contengono da tre a cinque cisti globose o lievemente ovoidi con la porzione meno dilatata rivolta verso Tinterno del contenitore e tutte disposte su uno stesso piano. Le cisti nel piano equatoriale del contenitore hanno un'ampiezza trasversale di 0,075- 0,10 mm ed una radiale di 0,05-0,075 mm. Nella sezione assiale del conte¬ nitore il diametro delle cisti è di circa 0,075-0,13 mm. Sviluppo degli organi riproduttori. Verosimilmente a causa delle forti affinità con Triploporella decastroi, gli stadi riproduttivi che portano alla formazione dei contenitori di cisti e delle cisti dovevano essere gli stessi per cui per la loro descrizione si rimanda a quanto già detto in proposito di quest’ultima specie. Nella specie in questione, però, non si è osservato che i contenitori di cisti si disponessero nello spazio fra due verticilli. Rapporti e differenze. Le Triploporelle maggiormente affini con la specie in questione sono: Triploporella steinmanni Barattolo 1981, Triplo¬ porella minor (Stexnmann) Barattolo 1981, Triploporella duplicata (Sokac & Nikler) 1973, Triploporella decastroi n. sp. e Triploporella praturloni n. sp. 2 (= Triploporella fraasi var. apenninica in Praturlon 1964). Triploporella mat esina differisce da Triploporella steinmanni princi¬ palmente per la forma dei rami primari i quali sono provvisti di una por¬ zione prossimale molto sviluppata, sottile e cilindrica che manca nella specie messicana. Inoltre, nella nuova specie è osservabile la superfìcie di inviluppo della porzione prossimale del ciuffetto di rami secondari, mentre in Triploporella steinmanni sono osservabili le porzioni basali dei singoli rami del ciuffetto (Steinmann 1899 pag. 140, fig. 6). I contenitori di cisti, benché comparabili in quanto alle dimensioni tra le due specie, contengono 3-5 cisti in Triploporella matesina e 4-7 in Triploporella stein¬ manni. Triploporella matesina si differenzia da Triploporella minor princi¬ palmente per il numero e le dimensioni maggiori dei contenitori di cisti (0,15-0,22 mm anziché 0,09-0,1 mm), subordinatamente per le dimensioni generalmente maggiori del manicotto calcareo e dell’altezza dei verticilli (0,28-0,33 mm anziché 0,2-0,28 mm). La nuova specie differisce da Triploporella praturloni (= Triploporella fraasi var. apenninica in Praturlon 1964) per lo spessore maggiore della porzione più espansa dei rami primari (0,36-0,50 mm anziché 0,2-0, 3 mm) e per una lunghezza generalmente minore (1,0-1,28 mm anziché 1,2-1, 4 mm); inoltre per le dimensioni maggiori dei contenitori di cisti (0,15-0,22 mm anziché 0,1-0,15 mm), per il minor numero di rami primari per verticillo 142 F. Barattolo (16-32 anziché 40-45) e per la calcificazione soltanto periferica della por¬ zione prossimale del ciuffetto di rami secondari. Per le differenze fra Triploporella matesina e Triploporella decastroi si rimanda a quanto già detto in proposito di quest’ultima specie. Ricostruzione del tallo. Numerosi caratteri che riguardano la ricostru¬ zione del tallo sono stati illustrati nelle pagine precedenti. Per quanto riguarda i rapporti fra la superficie interna del manicotto calcareo e il sifone centrale, la forma dei rami secondari e l'apice del tallo si rimanda alle considerazioni già esposte a proposito di Triploporella decastroi. La ricostruzione è stata fornita nelle figg. 9 e 10. Per la microfacies associata e l'ecologia si rimanda a quanto già è stato detto a proposito di Triploporella decastroi. BIBLIOGRAFIA Bakalova D., 1975 - Algues calcaires des sédiments urgoniens dans la montagne du Prébalkan centrai (Bulgarie centrale). Bull. Géol. Inst. Bulg. Acad. Sci. 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In corrispon¬ denza della porzione prossimale dei rami la calcificazione è ben sviluppata tra i verticilli successivi ed è presente, anche se molto meno sviluppata tra i pori di uno stesso verticillo. Le maggiori dimensioni che i rami presentano nella loro porzione restante, ad eccezione della loro porzione distale estrema, determina una calcificazione tra verticilli molto più sottile, mentre, a causa del mutuo contatto dei rami, la calcificazione tra i rami di uno stesso verticillo è quasi sempre assente. Al lato superiore destro della figura è evidente (vedi freccia n. 1) la porzione prossimale, molto robusta, dei pori secondari; in qualche caso (vedi freccia n. 2) il ciuffetto di rami secondari è rappresentato da un unico poro (vedi spie¬ gazione nel testo). Preparato S.200.b.l0. Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi) . Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Matur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasicladacee) , ecc, Tav. I TAVOLA II T riploporella decastroi n. sp., isotipi Fig. 1. — Sezione obliqua. La figura mostra l'andamento della calcificazione se- condo quanto già detto per l’individuo di Tav. I. È osservabile anche la distribuzione in alternanza dei rami nelle porzioni prossime alla superficie interna del manicotto. La porzione superiore del tallo mostra i contenitori di cisti disposti generalmente nello spazio compreso tra i verticilli. Fig. 2. — Sezione subtrasversale. I contenitori di cisti sono all'interno dei rami primari. Il primo poro primario a sinistra del piano verticale di simme¬ tria della sezione mostra due pori secondari tagliati tangenzialmente; il terzo e il sesto poro primario a destra dello stesso piano di simmetria mo¬ strano il poro corrispondente alla superficie esterna dell’intero ciuffetto di rami secondari; la calcificazione che aderiva alla superficie interna del ciuffetto non è presente perché, probabilmente, se ne era distaccata dal manicotto. Fig. 1 preparato S.200.b. 12 Fig. 2 preparato S.200.b. 4 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- ma ndolfi). Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasìcladacee), ecc. Tav. II 11 TAVOLA III Triploporella decastroi n. sp., isotipi Fig. 1. — Sezione sublongitudinale della porzione del lato destro di un mani¬ cotto sensibilmente eroso in corrispondenza della superficie interna e, so¬ prattutto, di quella esterna. Nella sezione sono bene osservabili i conteni¬ tori di cisti disposti alTinterno dei rami primari e tagliati in senso equa¬ toriale. Fig. 2. — Sezione obliqua. Il manicotto notevolmente usurato è costituito sol¬ tanto dalla calcificazione relativa alla porzione prossimale dei pori nel lato inferiore della figura. Negli altri lati manca, in misura più o meno accen¬ tuata, la calcificazione relativa al tratto distale dei rami primari e a quello prossimale dei rami secondari. Fig. 1 preparato S.2Q0.C.19 Fig. 2 preparato S.200.b.l2 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi) . Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle (alghe verdi, dasicladacee) , ecc. Tav. Ili TAVOLA IV Triploporella decastroi n. sp. e Triploporella matesina n. sp., isotipi Fig. 1. — Triploporella matesina n. sp.. Particolare dell'esemplare di Tav. Vili fig. 3 che interessa cinque verticilli successivi; i pori di quattro verticilli più alti comunicano generalmente tra loro; ciò è dovuto al fatto che i rami venivano a contatto lungo la loro porzione più espansa. Questo fenomeno poteva interessare anche i rami di uno stesso verticillo (vedi pori del 2° e 3° verticillo). Il 5° verticillo è ubicato in corrispondenza della superficie interna del manicotto e mostra soltanto la porzione iniziale dei pori. Sono evidenti gli organi riproduttori in sezione prevalentemente longitudinale all'interno dei rami primari. (Ingrandimento: circa 62 x). Fig. 2. — Triploporella decastroi n. sp.. Ingrandimento del particolare di Tav. III fig. 1 che mostra tre contenitori di cisti di cui due in sezione approssima¬ tivamente equatoriale contenenti 7 cisti (lato sinistro della figura) e 5 cisti (lato destro). (Ingrandimento; circa 105 x). Fig. 3. — Triploporella decastroi n. sp.. Sezione obliqua di un esemplare di dimensioni relativamente piccole. (Ingrandimento: circa 20 x). Fig. 1 preparato S.200.b.l8 Fig. 3 preparato S.200.C.30 Fig. 2 preparato S.200.C.19 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi) . r- Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi , dasicladacee), ecc, Tav. IV TAVOLA V T riploporella decastroi n. sp., isotipi Fig. 1. — Frammento di un manicotto in sezione subtrasversale. Sono osserva¬ bili, all'interno dei rami primari, i contenitori di cisti tagliati prevalente¬ mente in senso assiale o parallelamente all'asse. Fig. 2. — Particolare di un esemplare in sezione tangenziale che mostra il nu¬ mero e la disposizione dei pori secondari (vedi freccia) nella porzione infe¬ riore della figura. Fig. 3. — Particolare di un esemplare in sezione obliqua che mostra i conteni¬ tori di cisti nello spazio compreso fra vetricilli. I contenitori, in sezione prevalentemente equatoriale, hanno 4 e più frequentemente 5 cisti. Fig. 1 preparato S. 200.a. 15 Fig. 3 preparato S.200.a.l5 Fig. 2 preparato S.200.C.19 Ingrandimento. Figg. 1, 3: circa 62 x; Fig. 2: circa 33 x. Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi). Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasicladacee) , ecc. Tav. V TAVOLA VI Triploporella decastroi n. sp., isotipi Fig. 1. — Particolare del lato inferiore destro dell’esemplare di Tav. II fig. 1. Gli organi riproduttori sono disposti generalmente nello spazio compreso fra verticilli contigui. Fig. 2. — Particolare di un esemplare in sezione obliqua che mostra organi ri- produttori all’interno dei rami primari. Nella parte mediana-superiore della figura sono presenti contenitori tagliati in senso equatoriale ed altri in senso assiale. Al lato inferiore destro della figura (vedi freccia) sono osser¬ vabili sezioni oblique di contenitori toroidali (vedi spiegazione nel testo). Fig. 1 preparato S.200.b.l2 Fig. 2 preparato S. 200. a. 10 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfì) . Ingrandimento. Circa 62 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasicladacee), ecc. Tav. VI TAVOLA VII Triploporella matesina n. sp., isotipi Fig. 1. — Sezione assiale. Nella parte più alta del manicotto i pori diminuiscono di dimensioni e tendono a disporsi verticalmente nella regione apicale. Fig. 2. — Sezione lievemente obliqua che interessa la porzione superiore del tallo. Notare come nella regione superiore del tallo (porzione superiore della figura) i pori di primo ordine presentano un diametro minore rispetto a quello della porzione più bassa (porzione mediana e inferiore della figura). L'esemplare mostra, anche, che al di sotto della porzione più alta del tallo i rami di verticilli successivi vengono a contatto tra di loro: l'assenza di calcificazione determina, così, estesi vani longitudinali nell’ambito del ma¬ nicotto. Fig. 1 preparato S.200.C.22 Fig. 2 preparato S.200.a.l0 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località . Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi) . Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle (alghe verdi, dasicladacee) , ecc. Tav. VII TAVOLA Vili Triploporella matesina n. sp., olotipo e isotipi Fig. 1 — La figura mostra, inferiormente, tre verticilli. A partire dalla cavità interna del manicotto i pori dei primi due verticilli sono distintamente in alternanza; questa distribuzione dei pori è, invece, poco evidente nella re¬ gione più esterna del manicotto. I pori dei due verticilli più esterni comu¬ nicano ampiamente tra di loro a causa dello stretto contatto che si veri¬ cava frequentemente tra verticilli successivi. Sul lato sinistro sono evidenti i grossi pori relativi ognuno ai ciuffetti di rami secondari; la presenza di un unico grosso poro e non di più pori è dovuta probabilmente al fatto che nella porzione prossimale i rami ve¬ nivano a stretto contatto tra di loro e non lasciavano, perciò, spazio per la calcificazione. Fig. 2. — Olotipo. La sezione obliqua emerge, verso l’alto, dalla porzione supe¬ riore del manicotto: i rami primari, in questa zona, sono meno robusti. Sono osservabili i vani longitudinali in corrispondenza della porzione me¬ diana dei rami primari dovuti allo stretto contatto di essi in verticilli suc¬ cessivi; inoltre sono osservabili, nel verticillo più basso della figura, i pori corrispondenti ognuno alla porzione prossimale di un ciuffetto di rami se¬ condari. Al lato sinistro, superiore ed inferiore, del manicotto sono evi¬ denti i contenitori di cisti tagliati in sezione assiale o subassiale. Figg. 3, 4. — Le porzioni superiori delle figure mostrano gli ampi pori relativi ognuno alla porzione basale di un ciuffetto di rami secondari. Fig. 1 preparato S.200.b.l8 Fig. 2 preparato S.200.a.ll Fig. 3 » S.200.b.l8 Fig. 4 » S.2GQ.a.ìl Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano Inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi). Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasicladacee) , ecc . Tav. Vili TAVOLA IX Triploporella mat esina n. sp., isotipi Figg. 1, 3, 4. — Le figure mostrano che i rami di uno stesso verticillo molto fre¬ quentemente venivano a stretto contatto tra di loro nella regione mediana più espansa; questo fenomeno non lasciava più spazio alla calcificazione per cui i pori potevano comunicare ampiamente tra di loro non solo in corrispondenza di verticilli successivi (vedi Tav. Vili, figg. 1, 3) ma anche nell’ambito di uno stesso verticillo. Fig. 2. — Sezione subtrasversale che decorre in prossimità dell'apice del tallo. Essa mostra, infatti, una ristretta cavità centrale e, in proporzione, un numero di pori per verticillo relativamente elevato e, infine, pori primari di dimensioni minori rispetto a quelli delle porzioni più basse del tallo. Fig. 3 preparato S.200.C.16 Fig. 4 » S.200.a.8 Fig. 1 preparato S.200.a.l2 Fig. 2 » S.200.C.31 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località . Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi) . Ingrandimento. Circa 20 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle (alghe verdi, dasicladacee) , ecc. Tav. IX 4 TAVOLA X Triploporella matesina n. sp., isotipi Fig. 1. — Particolare di un esemplare in sezione tangenziale che mostra più ver¬ ticilli di pori comunicanti tra di loro. All'interno dei pori sono evidenti i contenitori di cisti; la freccia al centro della figura mostra un contenitore di tre cisti in sezione equatoriale; gli altri contenitori sono tagliati preva¬ lentemente in sezione subassiale e obliqua. Fig. 2. — ■ Particolare di un esemplare in sezione obliqua sensibilmente usurato; sono evidenti i contenitori di cisti all'interno dei rami primari. La freccia indica un contenitore in sezione subequatoriale-obliqua con quattro cisti. Gli altri contenitori (lato inferiore sinistro della figura) sono tagliati in se¬ zione prevalentemente assiale. Fig. 1 preparato S.200.b.ll Fig. 2 preparato S.200.a.ll Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi). Ingrandimento. Circa 62 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle (alghe verdi , dasicladacee), ecc. Tav. X 12 TAVOLA XI Triploporella matesìna n. sp., isotipi Fig. 1. — Particolare dell’esemplare di Tav. Vili fig. 1 che mostra i contenitori di cisti all'interno dei pori primari. Al centro della figura vi è un conteni¬ tore in sezione subassiale; gli altri contenitori sono in sezione prevalente¬ mente equatoriale (vedi freccia) e possiedono quattro o cinque cisti. Fig. 2. — Particolare di un esemplare in sezione obliqua con contenitori di cisti all'interno dei pori primari. La freccia indica un contenitore che, contra¬ riamente alla norma, è ubicato nella porzione prossimale del ramo. Le mi¬ nori dimensioni del poro si riflettono sulle minori dimensioni del conteni¬ tore e non sul numero delle cisti (5) in esse contenute: compara, in pro¬ posito, questo contenitore con quelli contigui ubicati nella porzione espansa di un ramo primario. Fig. 1 preparato S.200.b.l8 Fig. 2 preparato S.200.C.5 Per tutte le figure Età. Barremiano-Aptiano inferiore. Località. Pendici meridionali di Monte Miletto (Tav. 161 II NE - Rocca- mandolfi). Ingrandimento. Circa 62 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Barattolo F. - Su alcune nuove triploporelle ( alghe verdi, dasicladacee) , ecc. Tav. XI Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 169-193, figg. 5, tabb. 2, tavv. 2 Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi planctonici del Golfo di Napoli (* *) Nota dei soci (**) Maria Grazia De Castro Coppa, Maria Moncharmont Zei, Bianca Flagella, Franca Sgarrella ed Emma Taddei Ruggiero (Tornata del 27 giugno 1980) Riassunto . — Per uno studio qualitativo e quantitativo dei Foraminiferi planctonici viventi nel Golfo di Napoli sono state eseguite delle raccolte mensili di plancton a —20 m, —100 m, —200 m, —300 m da dicembre 1977 a ottobre 1979 nella zona di mare detta « Ammontatura ». Sono state rinvenute 13 specie la cui relativa ed assoluta abbondanza varia notevolmente nel corso dell’anno. Tutte le specie mostrano un’ampia tolleranza alle variazioni della temperatura che oscilla tra 14°C e 18,3°C. Le popolazioni più ricche sono state osservate durante l’inverno, in particolare durante il mese di gennaio. Le specie do¬ minanti sono: Glohorotalia truncatulinoides, Hastigerina siphonifera, Globo- rotalia inflata, Glohigerina quinqueloba e Globigerinoides ruber. Il rapporto tra i valori percentuali annui delle specie « fredde » e delle specie « calde » ci ha consentito di attribuire le associazioni del Golfo di Napoli al tipo tran- sizionale-subtropicale. Summary. — Monthly plankton sampling at —20 m, —100 m, -200 m and -300 m depth, from dee. 1977 to nov. 1979, was conducted for a qualitative and quantitative study of thè planktonic Foraminifera of thè Bay of Naples. The selected area was « thè Ammontatura », were thè bottom reaches —400 m depth and thè water mass shows thè same characteristic properties of thè Tyrrhe- nian open sea masses. A closing plankton tow net with 116 micron mesh size was adopted. Ringraziamo i dott. Bruno Scotto di Carlo, G. C. Carrada, G. Bonaduce e D. Marino della Stazione Zoologica di Napoli per i validi suggerimenti e consigli. Ringraziamo altresì il Direttore ed i tecnici del Centro di Microscopia elet¬ tronica della Facoltà di Scienze per l'ospitalità ricevuta. (*) Lavoro eseguito con il contributo del C.N.R. (**) Istituto di Paleontologia dell’Università, Largo S. Marcellino n. 10, 80138 Napoli. 170 M. G. De Castro Coppa e coll. Thirteen species were collected, whose relative and absolute abundancy strongly vary during thè year. All species show a tolerance to thè temperature changes that swing between 14°C and 18,3°C. During winter time, and specially during January, thè richest populations appeared. The dominant species were: Globorotalia truncatulinoides , Hastigerina si- phonifera, Globorotalia inflata, Globigerina quinqueloba and Globigerinoid.es ruber. The rate of thè annual percentage betwen « cold » and « warm » species allows to consider thè Bay of Naples associations belonging to thè subtropical- transitional type. Fig. 1. — Golfo di Napoli, localizzazione della stazione L20 e deH'Ammontatura. Introduzione La distribuzione verticale dei Foraminiferi planctonici nel Golfo di Napoli è poco nota e pertanto il ritrovamento dei loro gusci nei se¬ dimenti di fondo ci fornisce una scarsa informazione ecologica sul si¬ gnificato della loro presenza. A completamento delle indagini già condotte sulle microfaune presenti nei sedimenti del fondo, e al fine di apportare un contributo per l'interpretazione delle associazioni planctoniche fossili, Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 171 ci siamo proposti di effettuare uno studio qualitativo e quantitativo sui Foraminiferi planctonici viventi nel Golfo, di osservare la loro di¬ ti ibuz ione verticale e stagionale ed evidenziare le variazioni morfologiche delle diverse specie. A questo scopo abbiamo concordato con la Stazione Zoologica di Napoli una campagna di raccolte mensili di plancton tra i —20 m e i —300 m nella zona di mare detta « Ammontatura » (fìg. 1). L’area prescelta si trova a 5 miglia marine dalla costa, all’altezza del Capo Posillipo, sul prolungamento di una fossa che si apre verso il mare aperto, e dove si raggiungono anche profondità di oltre 400 m. Quest'area è permanentemente sotto l’influenza delle acque oligotrofiche e soltanto occasionalmente risente l’influsso di quelle costiere eutrofiche. I valori dei nutrienti (N-N03 , P-P04 , Si-Si04) e della clorofilla corri¬ spondono quindi a quelli delle acque di mare aperto del Tirreno (stazione L20, Carrada et alii, 1980). Metodi di studio A partire dal dicembre 1977 sono state effettuate, con il battello « Rinaldo Dohrn » della Stazione Zoologica di Napoli, delle pescate mensili di plancton tra — 20 m e —300 m. Per ogni uscita in mare sono state eseguite 4 pescate orizzontali, alle profondità di —20 m, —100 m, — 200 m, —300 m. È stata adoperata una rete in nylon, a chiusura, lunga 3,50 m, la cui apertura misura 75 cm di diametro. La sezione delle maglie è di 0,116 mm (=145 mesh). Per ciascuna pescata la rete è stata trainata per 30 minuti alla velocità di 2 nodi, filtrando ogni volta circa 1000 m3 d’acqua. La profondità di pescata è stata registrata a mezzo di un batigrafo. È stata misurata anche la temperatura dell'acqua alle 4 profondità. I campioni sono stati fissati e conservati con soluzione di formalina al 5 % in acqua marina, tamponata con carbonato di calcio. In laboratorio i campioni sono stati trattati con le seguenti ope¬ razioni: lavaggio attraverso rete di nylon (145 mesh), immersione in H2 02 per 10 minuti e successivo lavaggio con un tensioattivo, vibrazione agli ultrasuoni, incenerimento in forno a muffola a 500° C per 2 ore, vibrazione agli ultrasuoni del residuo, essiccazione. Da ciascun residuo sono stati raccolti, classificati e contati tutti i Foraminiferi. Risultati Nella tabella I vengono riportate per ogni pescata la data, la pro¬ fondità, la temperatura dell’acqua, le specie rinvenute, il numero di individui raccolti per ciascuna di esse. 172 M. G. De Castro Coppa e coll TABELLA I a Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 173 TABELLA I b 174 M. G. De Castro Coppa e coll. Le oscillazioni annuali della temperatura vengono evidenziate dal grafico di fig. 2. Il gradiente termico molto accentuato in estate tra gli strati superficiali e quelli profondi gradualmente diminuisce. In inverno si stabilisce, dalla superficie al fondo, un equilibrio termico con una omeotermia da gennaio a marzo; in questo periodo si raggiungono le temperature più basse dell’anno. In aprile la temperatura comincia a risalire per raggiungere i massimi in agosto specialmente negli strati G ' ~F ' M ' A ' M ' G ' [ ' A S ' O ' N ' D 20m — _____ 100 m — — — *200m ••••»••• 300 m Fig. 2. — Oscillazioni annuali della temperatura relative al 1979. superficiali. Negli strati più profondi le oscillazioni sono molto lievi. Il termoclino si trova nei livelli più superficiali in primavera e all’inizio dell’estate; alla fine di questa stagione si sposta alla profondità di —20 —30 metri. Considerazioni sulle specie Hastigerina pelagica d’Orbigny (tav. I, fig. 13) È una specie poco rappresentata; talvolta sono stati rinvenuti in¬ dividui di notevoli dimensioni, ma sempre a guscio molto sottile. Alcuni Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi , ecc, 175 si presentano interi e con le tipiche spine ben conservate, ma frequenti sono anche quelli rotti che, tuttavia, sono facilmente riconoscibili per le loro peculiari caratteristiche. Presenta la sua massima frequenza in novembre 78 (49 individui) e aprile 79 (37 individui) ; in questi stessi mesi sono stati rinvenuti gli individui meglio sviluppati. Dai dati raccolti risulta che questa specie preferisce le acque più profonde; infatti è stata rinvenuta soprattutto tra i —100 m e i —300 m. A — 20 m è pre¬ sente soltanto nelle pescate di novembre 78 e giugno 79. È assente nelle pescate di giugno '78, luglio 78 e luglio 79. Il diametro massimo, misurato nell’ultimo giro, varia da 0,178 mm a 0,740 mm Hastigerina siphonifera (d'Orbigny) (tav. I, fig. 12; tav. II, fig. 5) È una delle specie meglio rappresentate, con individui anche di grandi dimensioni e spesso con le spine conservate. È particolarmente abbondante nei mesi di dicembre 77, marzo 78, gennaio 79 ed aprile 79; i valori relativi alla raccolta del 26 marzo 79 sono più bassi di quelli del 9 marzo 78. Gli individui piccoli ed a guscio sottile prevalgono da novembre a gennaio; quelli più grandi ed a guscio spesso da febbraio ad aprile. Preferisce le acque più superficiali, infatti a — 20 m è quasi sempre presente e raggiunge le maggiori frequenze in dicembre 77 (170 individui) e gennaio 79 (145 individui); a —100 m è ben rappresentata e mostra i valori più alti nei mesi di dicembre 77, gennaio 79, febbraio 79. A —200 m e a —300 m questa specie è meno abbondante, però conserva il valore più alto in dicembre 77. Il diametro massimo misurato nel l’ultimo giro varia da 0,116 mm a 0,587 mm. Globorotalia infiala (d’Orbigny) (tav. II, figg. 6, 7, 8) È ben rappresentata specialmente nei mesi di gennaio 79, febbraio 79, marzo 78 ed è particolarmente abbondante a —100 m; in gennaio e febbraio sono stati rinvenuti indivìdui adulti e giovani ed in marzo individui prevalentemente adulti. I valori relativi alla raccolta effettuata airinizio del mese di marzo 78 sono più alti di quelli della pescata ef¬ fettuata alla fine di marzo 79. A —200 m non raggiunge valori molto alti, ma è stata rinvenuta in quasi tutti i mesi; a —300 m è quasi sempre 176 M. G. De Castro Coppa e coll . presente, ma è abbondante solo in febbraio 79 e a —20 m è presente solo in pochi mesi con il valore più alto in gennaio 79 (104 individui). Nei mesi estivi è pochissimo rappresentata ed unicamente alle maggiori profondità. È assente nei mesi di giugno e luglio 1978 e ottobre 1979. Sono stati trovati individui bene sviluppati, con guscio più o meno liscio, apertura più o meno ampia e lato spirale piano o convesso. Nel conteggio abbiamo raggruppato in questa specie anche quegli individui che potrebbero corrispondere alla G. oscitans Todd per l’impossibilità di differenziare gli individui giovani. Infatti alcuni individui adulti di G. infiala tipica, a cui sono state asportate le ultime camere (tav. II, fìg. 6), mostrano i primi stadi di sviluppo molto simili a G. oscitans. Il diametro massimo misurato nell'ultimo giro varia da 0,128 mm a 0,459 mm. La temperatura ottimale è tra 14°C e 15°C. Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny) (tav. I, figg. 7, 8, 9, 10, 11) È una delle specie più rappresentate. Sono stati rinvenuti individui quasi sempre sinistrorsi; gli esemplari adulti presentano ombelico aperto e camere deH'ultimo giro molto alte; quelli giovani invece hanno om¬ belico completamente chiuso e spira bassa. Non sono presenti individui con parete particolarmente ispessita; forme di questo tipo sono state da noi riscontrate nei sedimenti di fondo del Golfo di Napoli (tav. 2, fìg. 9), al di sotto dei 300 m di profondità. È stata raccolta in tutti i mesi, mostrando un’ampia tolleranza alle variazioni di temperatura da noi registrate (14°C - 18,3°C); raggiunge le maggiori frequenze nei mesi di gennaio, febbraio, marzo ed aprile fra i —100 m ed i —300 m; in questi stessi mesi sono stati rinvenuti gli individui maggiormente svi¬ luppati. Il diametro massimo misurato nell’ultimo giro è di 0,663 mm. Globigerina bulloides d’Orbigny (tav. I, fìg. 1) Gli individui di questa specie presentano gusci di dimensioni com¬ prese tra 0,128 mm e 0,433 mm. Essi hanno parete sottile ed apertura piuttosto bassa prevalentemente in dicembre 77, parete spessa ed aper¬ tura ampia da gennaio ad aprile 79, e parete spessa ad apertura stretta in maggio e giugno 79. Da gennaio a giugno 79 è costantemente pre- Distribuzione stagionale e verticale dei Foramìniferi , ecc. 177 sente a tutte le profondità, mentre negli altri mesi la sua presenza è saltuaria. Mostra le maggiori frequenze a — 20 m in aprile 79 ed a —100 m in gennaio e febbraio 79. Globigerina falconensis Blow È presente in tutti i mesi, ma raggiunge valori elevati soltanto nel mese di gennaio 79 a —20 m (82 individui) e a —100 m (278 individui); è discretamente sviluppata anche in settembre a — 20' m (48 individui). Negli altri mesi è presente con valori molto più bassi. À —200 m e a — 300 m, come G, bulloides, è costantemente presente da gennaio a maggio 79. I gusci sono generalmente piccoli ed a parete sottile. 11 diametro massimo misurato nell'ultimo giro è di 0,255 mm. Globigerina pachy derma (Ehremberg) (tav. II, fig. 4) Questa specie è stata rinvenuta in tutti i mesi, ma sempre con po¬ chissimi individui di piccole dimensioni che mostrano il margine peri¬ ferico lobato e l’apertura piuttosto ampia. Esemplari a guscio più spesso e di dimensioni maggiori (diametro massimo 0,230 mm) sono stati rin¬ venuti soltanto in marzo ed aprile. Globigerina quinqueloba Natland (tav. I, figg. 5, 6) È presente in tutti i mesi. Mostra un'eccezionale abbondanza in gennaio 79 (945 individui), specialmente a —100 m, con individui a guscio molto sottile e di piccole dimensioni. Raggiunge, inoltre, valori elevati a — 20 m in aprile ed a —100 m in novembre ed alla fine di agosto 78; a —200 m e a —300 m presenta valori più bassi e più uniformi nei vari mesi. I dati relativi alla pescata del 25 agosto 1978 contrastano con quelli del 7 agosto 1979 che sono tra i più bassi. In generale gli esemplari si presentano con guscio sottile e numero di camere variabile da 4 a 4 1/2, mentre sono meno frequenti gli individui che hanno guscio spesso, 5 camere ed apertura con o senza labbro. Nel conteggio abbiamo rag- grappato nella specie G. quinqueloba sia gli individui corrispondenti alla 178 M. G. De Castro Coppa e coll. forma tipica sia quelli attribuibili alla sottospecie G. quinqueloba egelida Citelli e Smith (tav. I, fìg. 6): ciò in quanto i numerosi giovani individui a 4 camere non erano differenziabili. Il diametro massimo misurato nelFultimo giro è di 0,153 min per gli individui a 4 camere e di 0,230 mm per quelli a 5 camere. Globigerinoides ruber (d’Orbigny) (tav. II, fìg. 2, 3) È una specie ben rappresentata ed è stata rinvenuta in tutti i mesi. I valori più alti si hanno in dicembre 77 (336 individui), gennaio 79 (276 individui) soprattutto a —20 m ed a —100 m. A —200 m ed a —300 m continua ad essere abbondante solo nel dicembre 77. Questa specie generalmente si presenta con individui a guscio sottile e con apertura primaria ampia, soltanto nei mesi estivi a —200 m e a —300 m sono stati notati esemplari a guscio più spesso e con apertura primaria stretta ed allungata. Il diametro massimo misurato nelFultimo giro varia tra 0,128 mm e 0,382 mm. Globigerinoides trilobus (Reuss) (tav. I, fìg. 4; tav. II, fìg. 1) Il maggior numero di individui è stato raccolto nel mese di di¬ cembre 77 (81 ind.), con una frequenza pressoché costante alle 4 pro¬ fondità. Negli altri mesi è meglio rappresentato soltanto a —20 m. È assente in febbraio 79, marzo 79 ed aprile 79. Il diametro massimo misurato nelFultimo giro varia tra 0,128 mm e 0,433 mm. Globigerinita glutinata (Egger) È quasi sempre presente, ma con valori bassi, tranne che nel no¬ vembre 78 (305 individui), in cui è ben rappresentata a tutte le pro¬ fondità. Soltanto pochi individui hanno l'apertura coperta da una bulla. Il diametro massimo misurato nelFultimo giro varia tra 0,116 mm e 0,280 mm. Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 179 Orbulina universa d'Orbigny È quasi sempre presente ma con valori molto bassi. Soprattutto nella pescata effettuata a —100 m il 13-3-80 sono stati ritrovati esemplari trocospirali ancora mancanti dell'ultima camera sferica, che presentano gusci molto sottili, aperture suturali e apertura ombelicale ampia, con un sottile labbro (tav. I, figg. 2, 3). Frequenti sono anche gli individui che mostrano ancora neH'interno della loggia sferica lo stadio troco- spirale. Il diametro massimo misurato nello stadio sferico varia tra 0,230 mm e 0,740 mm. Variazioni stagionali osservate nell'arco di un anno Il periodo invernale presenta le associazioni più ricche (figg. 3 a e 3 b) e più varie, in particolare le pescate effettuate a —100 m hanno dato 11 maggior numero di individui. In gennaio sono presenti 12 specie, quasi tutte sono ben rappresentate con una netta prevalenza di G. quin- queloba e di G. truncatulinoides. In febbraio sono state raccolte 11 specie, ma solo poche sono ben rappresentate ed in particolare sono pre¬ valenti G. infiala e G. truncatulinoides', quest’ultima in marzo è la specie più abbondante. Le associazioni riscontrate all'inizio del periodo primaverile (aprile) sono ancora piuttosto ricche con una netta prevalenza di G. truncatu¬ linoides ed un incremento di G. quinqueloba. In maggio (12 specie pre¬ senti) ed ancor più in giugno (11 specie) si nota una netta contrazione di individui per tutte le specie, tranne G. quinqueloba, che specialmente in giugno è quella meglio rappresentata. I primi due mesi estivi sono caratterizzati da associazioni estre¬ mamente povere di individui; in luglio sono presenti 9 specie; G. quin¬ queloba continua ad essere quella dominante, mentre in agosto tra le 12 specie rinvenute è prevalente G. ruber. In settembre (12 specie) le associazioni mostrano un incremento di individui soprattutto per quanto riguarda G. quinqueloba . All'inizio della stagione autunnale le associazioni sono ancora po¬ vere e poco diversificate (in ottobre sono presenti 10 specie), mentre in novembre 78 (13 specie) ed ancor più in dicembre 77 (13 specie) si nota un discreto aumento sia nel numero degli individui che nel nu¬ mero delle specie. In particolare in novembre 78 la specie prevalente è G. glutinata, che raggiunge qui il massimo della sua frequenza, mentre in dicembre 77 le specie dominanti sono H. siphonifera e G. ruber . n.ind. 2500 2415 2000 - 1500 - 1000 - 800 - 600 - 400 - 200 - 0 J Fig. 3 a, n, ind. 400 - 200 - 600 400 200 XII — □ _ III ¥1 ¥11 ¥111 XS i II IDI IV ¥ VI ¥11 VISI IX X Fig. 3 b. Figg. 3 a e 3b — Frequenza relativa delle varie specie a —20 m» -100 m, —200 m, — 300 m, 1) Hastìgerina pelagica , 2) H. siphonifera , 3) 'Globorotalia infiala, 4) G. truncatulinoides, 5) Globigerina hulloìdes, 6) G. falconensis , 7) G. quin- queloba, 8) Globigerìnoides ruber, 9) Globigerinita glutinata, 10) altre specie. 13 182 M. G. De Castro Coppa e coll Conclusioni e confronti La concentrazione dei Foraminiferi planctonici viventi nel Golfo di Napoli è piuttosto bassa. La frequenza assoluta degli individui raccolti nelle quattro pescate per ogni mese viene riportata nella fig. 4. I massimi valori ottenuti, per circa 1000 m3 di acqua filtrata, sono di 2415, 1119 e 940 individui; questi valori si riferiscono alle pescate effettuate a —100 m rispettivamente in gennaio, marzo e febbraio 1979. Tutti gli altri dati sono molto più bassi ed in particolare quelli di giugno e luglio. n.ind. Fig. 4. — Frequenza assoluta degli individui raccolti nelle 4 pescate in ogni mese. Tutte le specie mostrano un’ampia tolleranza alle variazioni della temperatura; le oscillazioni registrate nei vari mesi, tra —20 m e —300 m, variano tra i 14°C e i 18,3°C. Le fluttuazioni stagionali riscontrate nelle popolazioni non sono quindi da imputare alle variazioni di temperatura, ma sono probabil- Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 183 mente da mettere in relazione allo sviluppo del fìtoplancton ed ai pe¬ riodi riproduttivi. I principali picchi relativi all'abbondanza delle specie dominanti sono stati riscontrati da gennaio ad aprile per G. truncatulinoides ; da dicembre a gennaio per H. siphonifera; da gennaio a febbraio per G. infiala ; in gennaio per G. quinqueloba e da dicembre a gennaio per i Globigerinoides (figg. 5 a e 5 b). Le popolazioni più ricche sono state osservate durante l'inverno ed in particolare nel mese di gennaio. La specie prevalente è G. trunca¬ tulinoides alla quale seguono G. infiala e G. quinqueloba. Durante la primavera sono presenti tutte le specie con popolazioni particolarmente ricche in marzo 1979. La specie meglio rappresentata è G. truncatu¬ linoides seguita da G. quinqueloba. In estate si ha un notevole impo¬ verimento delle popolazioni, specialmente in luglio. La specie più fre¬ quente è G. quinqueloba seguita da G. ruber. In autunno sono presenti tutte le specie con un nuovo incremento del numero di individui. La specie prevalente è G. ruber seguita da G. truncatulinoides e H. sipho¬ nifera. Per quanto riguarda la distribuzione verticale delle specie più rap¬ presentative si è osservato che G. truncatulinoides preferisce le acque più profonde (da —100 m a —300 m) nei mesi invernali ed in particolare i — 100 m nel mese di marzo dove rappresenta il 97% dell'associazione. H. siphonifera è più abbondante da — 20 m a —100 m; G. infiala raggiunge i maggiori valori a —100 m; G. quinqueloba mostra la massima frequenza a —100 m soltanto nel mese di gennaio; i Globigerinoides hanno i valori più alti tra — 20 m e —200 m (figg. 3 a e 3 b). I valori percentuali delle varie specie pescate in un anno sono stati confrontati con quelli delle specie di Foraminiferi planctonici rinvenuti in alcuni campioni di fondo raccolti nella stessa area deH'Ammontatura fra le profondità di —300 m e —490 m. Dal confronto appare che questi valori sono molto differenti, e che alcune specie presenti nei sedimenti di fondo, quali G. digitata, G . sacculifer e G. tenellus non sono state rinvenute nelle pescate.Si osserva, inoltre, che G. scitula è assente sia nelle pescate che nei sedimenti; ci risulta però, da studi in corso, che essa, anche se rara, è stata saltuariamente rinvenuta in altri campioni di fondo del Golfo specialmente dai 300 m di profondità in poi. I dati più dissimili sono quelli relativi alle frequenze di G. truncatulinoides e H. siphonifera, che raggiungono valori più alti nelle pescate, e quelli relativi a G. quinqueloba che è molto più abbondante nei sedimenti di fondo. n. ind. n.ind. XII III VI VIIVIII XI I II III IV V VI VII Vili IX X G. truncatulinoides XII III VI VIIVIII XI I II III IV V VI VIIVIII IX X G. quinqueloba Fig. 5 a. — Frequenza assoluta delle specie negli anni 1977-1979. Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 185 Un riscontro con i dati riportati da Cr felli (1974), riguardanti una serie di raccolte di plancton effettuate nel Mediterraneo durante il mese di giugno 1969, è risultato scarsamente indicativo, poiché le nostre raccolte di questo mese nel 1978 e nel 1979 sono molto povere. Tuttavia prendendo in considerazione soltanto le associazioni rinvenute nelle 3 stazioni del Tirreno (25, 28, 29) si rileva che alcune specie quali G. tenellus e G. menardi non sono state raccolte nel Golfo di Napoli, mentre G. rubescens non si rinviene nelle pescate del Tirreno. È inte¬ ressante notare la particolare abbondanza di G. quinqueloba (51 % e 54 %) nelle stazioni 31 e 30 a Nord della Sardegna. Il confronto dei nostri dati con quelli delle ricerche effettuate nel Mar Ligure (Vergnaud-Grazzini, 1974) nei primi 300 m di acqua dal 1967 al 1970, ha portato alle seguenti osservazioni: 1) non tutte le specie sono comuni ai due bacini: G. scinda, G. crassula, G. dutertrei non sono state rinvenute nel Golfo di Napoli; G. falconensis e G. rubescens non sono state segnalate nel Mar Ligure; 2) G. pachyderma, molto abbondante nel Mar Ligure è poco rappresentata nel Golfo di Napoli; G. quinqueloba, H. siphonifera e Globigerinoides spp. sono molto più frequenti nel Golfo di Napoli; 3) vi è una quasi perfetta corrispondenza per i valori relativi a G. trunca- tulinoides e H. pelagica . Per la netta prevalenza delle specie generalmente considerate « fred¬ de » l’associazione ligure viene attribuita al tipo subartico-transizionale. Nelle associazioni del Golfo di Napoli i valori percentuali annui delle specie « fredde » (G. pachyderma, G. quinqueloba e G. bulloides) rappresentano il 30,2 %, mentre quelli delle specie « calde » (G. trun- Fig. 5 b. — Frequenza assoluta delle specie negli anni 1977-1979. 186 M. G. De Castro Coppa e coll. catulinoides, H. sìphonifera, H. pelagica, O. universa, Globigerinoides spp.) raggiungono complessivamente il 53,4 %. Confrontando questi dati con quelli delle zone faunistiche considerate da Bé e Tolderlund (1971) per gli Oceani Atlantico ed Indiano, possiamo definire le associazioni del Golfo di Napoli di tipo transizionale-subtropicale. Per meglio evidenziare alcuni dei confronti effettuati, vengono ri¬ portate nella tabella che segue le percentuali annue delle specie raccolte nel Golfo di Napoli e nel Mar Ligure e quelle presenti nei sedimenti di fondo delTAmmontatura (tab. II). TABELLA II SPECIE Foraminiferi planctonici viventi Foraminiferi planctonici dei sedimenti della Ammontatura G. di Napoli M. Ligure Hastigerina pelagica 1,3 < 1 0-2,3 Hastigerina siphonifera 10,3 1,8 1-5,8 Globorotalia crassula — < 1 — Globorotalia inflata 8,6 3,5 0,9-5, 8 Globorotalia scitula — < 1 — Globorotalia truncatulinoides 30,8 30,5 1,2-6, 2 Globigerina bulloides 7,9 9,3 | 8,1-23,6 Globigerina falconensis 6,5 — Globigerina digitata — — 0-0,8 Globigerina dutertrei — < 1 — Globigerina pachyderma 1 45,2 0-1,8 Globigerina quinqueloba 14,8 2 19,9-58,4 Globigerina rubescens < 1 — 0-2,3 Globigerinoides conglobatus — — 0-7,4 Globigerinoides ruber 8,5 } 2-’ 3,5-34 Globigerinoides trilobus 1,5 0-1,8 Globigerinoides sacculifer — — 0-0,2 Globigerinoides tenellus -- — 0-3,6 Orbulina universa 1 2,7 0,4-4, 6 Globigerinita glutinata 4,7 2 0-16,7 Indeterminati 3 0,1 0-10,4 Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi , ecc. 187 LAVORI CONSULTATI BÉ A. W. H., 1959 - Ecology of recent planktonic foraminifera . Part. 1. Areal di - stribution in thè western North Atlantic. Micropaleontology, 5, n. 1, pp. 77- 100, 2 tavv. BÉ A. W. H., 1960 - Ecology of recent planktonic foraminifera. Part 2. Bathy- metric and seasonal distributions in thè Sargasso Sea off Bermuda. Micro¬ paleontology, 6, n. 4, pp. 373-392, 19 fìgg. BÉ A. W. H., Hamlin W. H., 1967 - Ecology of recent planktonic foraminifera. Part 3. Distribution in thè North Atlantic during thè summer of 1962. Mi¬ cropaleontology, 13, n. 1, pp. 87-106, 41 figg., 3 tabb. BÉ A. W. H., Hemleben C., Anderson O. R., Spindler M., Hacunda I., Tuntivate- Choy S., 1977 - Laboratory and field observations of living planktonic fo¬ raminifera. Micropaleontology, 23, n. 2, pp. 155-179, 4 figg., 2 tabb., 7 tavv. BÉ A. W. H., Lott L., 1964 - Shell growth and structure of Planktonic Fora¬ minifera. Science, 145, n. 3634, pp. 823-824. BÉ A. W. H., Tolderlund D. S., 1971 - Distribution and ecology of living planktonic foraminifera in surface waters of thè Atlantic and Indian Oceans. Micropaleontology of Oceans, pp. 105-149, 27 figg., 3 tabb. BÉ A. W. H., Wilks G., Lott L., 1971 - Winter distribution of planktonic fora¬ minifera between thè Grand Banks and thè Caribbean. Micropaleontology, 17, n. 1, pp. 31-42, 2 tavv., 9 figg., 1 tab. Blanc F., BlanoVernet L., Laureo A., Le Campion J., Pastouret A., 1975 - Ap¬ plication paléoécologique de la méthode d’analyse factorielle en composantes principales: interprétation des microfaunes de foraminifères planctoniques quaternaires en Méditerranée. IL Etude des espèces de Méditerranée Orien¬ tale. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology, 18, pp. 293-312, 2 figg., 1 tav. Boltovskoy E., 1969 - Living planctonic foraminifera at thè 90° E meridian from thè equator to thè Antarctic. Micropaleontology, 15, n. 2, pp. 237-255, 3 tavv. Boltovskoy E., 1971 - Planktonic foraminiferal assemblage of thè epipelagic zone and their thanatocoenoses. The Micropaleontology of Oceans, pp. 277- 288. Boltovskoy E., 1972 - Ecology of thè planktonic foraminifera living in thè surface layer of Drake Passage. Micropaleontology, 17, n. 1, pp. 53-68, 1 tav. Boltovskoy E., Wright R., 1976 - Recent Foraminifera. W. Junk b. V. - Pu- blishers - The Hague. Carrada G. C., Hopkins T. S., Bonaduce G., Ianora A., Marino D., Modigh M., Ribera d'Alcalà M., Scotto di Carlo B., 1980 - Variability in thè hydrographic and biological features of thè Gulf of Naples. Pubbl. Staz. Zool. Napoli, Marine Ecology, 1, n. 1. Chierici M. A., Busi M. T., Cita M. B., 1962 - Contribution a une étude èco - logique des foraminifères dans la Mer Adriatique. Revue de Micropa¬ leontologie, 5, n. 2, pp. 123-142. 188 M. G. De Castro Coppa e coll. Ci felli R., 1962 - Some dynamic aspects of thè distrihution of planktonic Foraminifera in thè Western North Atlantic. 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De Maio A., Moretti M., 1973 - Contributo a un progetto di studio delle correnti del Golfo di Napoli. Fondazione Politecnica per il Mezzogiorno d’Italia. Quaderno n. 71, pp. 1-29, 10 figg. Glacon G., Vergnaud Grazzini C., Sigal M. J., 1971 - Premiers résultats d’une sèrie d’ observations saisonnières des Foraminifères du plancton Méditer- ranéen . Proceedings of thè II Planctonic Conference Roma 1970, I, pp. 555-581, 5 figg., 3 tabb., 3 tavv., Edit. A. Farinacci, Ed. Tecnoscienza - Roma. Hapgood H. W., 1957 - Hydrographic observations in thè Bay of Naples. January 1957 - January 1958. Pubbl. Staz. Zoologica Napoli, 31, pp. 337-371. Hecht A. D., Bé A. W. H., Lott L., 1976 - Ecology and Paleoclimatic implications of morphologic variation of Orbulina universa in thè Indian Ocean. Science, 194, n. 4263. Mateu G., 1965 - Foraminiferos planctonicos del area de afloramiento del Atlantico del NW de Africa : estructura, origen y evolucion de sus comu- nidades. 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Micropaleontology, 17, n. 3, pp. 297-329. Vergnaud-Grazzini C., 1968 - Problèmes posés par l’étude géodynamique des microfaunes actuelles et son application à la stratigraphie, la paléoécologie, Distribuzione stagionale e verticale dei Foraminiferi, ecc. 189 la paléoclimatologie et la paléothermometrie. Revue de Géographie phy- sique et de Géologie dynamique, 10, n. 4, pp. 397-406. Vergnaud-Grazzini C., 1974 - Les Foraminiferes planctoniques de Mer Ligure . Distribution saisonniere et caracteristiques thermiques. Union des Océano- graphes de France, 6, n. 1, pp. 30-35, 2 figg. Vergnaud-Grazzini €., 1975 - Seasonal distribution patterns of Foraminifera in thè Mediterranean plankton. Rapp. Comin. int. Mer Médit., 23, 4a, pp. 161- 162, 1 fig. TAVOLA J Fig. 1. — Globigerina bulloides d'Orbigny. Veduta ombelicale; xl80. —100 m, 1- 3-79. Fig. 2, 3. — Stadio globigerinoide di Orbulina universa d'Orbigny. x250. —100 m, 13-3-80. Fig. 4. — Globigerinoides trilobus (Reuss). Veduta ombelicale; x250. —20 m, 2- 11-79. Fig. 5. — Globigerina quinqueloba Natland. Veduta ombelicale; x380. —100 m, 16-1-79. Fig. 6. — Globigerina quinqueloba Natland. Veduta ombelicale; x350. —100 m, 16-1-79. Fig. 7. — - Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny). Veduta laterale (individuo adulto con ombelico aperto) ; x 130. — 100 m, 1-3-79. Fig. 8. — Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny). Veduta laterale; x 150. -100 m, 1-3-79. Fig. 9. — Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny). Veduta laterale (individuo giovane con ombelico chiuso); xl80. —100 m, 1-3-79. Fig. 10. — Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny). Veduta ombelicale (indivi¬ duo giovane con ombelico chiuso); xl20. —100 m, 1-3-79. Fig. 11. — Globorotalia truncatulinoides (d'Orbigny). Veduta ombelicale (indi¬ viduo giovane con ombelico chiuso); x 180. —100 m, 1-3-79. Fig. 12. — Hastigerina siphonifera (d'Orbigny). Veduta equatoriale; x 150. —300 m, 11-2-80. Fig. 13. — Hastigerina pelagica d’Orbigny. Veduta laterale; x 150. -20 m, 10-11-78. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 De Castro Coppa M. G., Moncharmont Zei M., Placella B., Sgarrella F., Taddei Ruggiero E. - Distribuzione stagionale, ecc. Tav. I TAVOLA II Fig. 1. — Globigerinoides trilobus (Reuss). Veduta ombelicale; xl50. —20 m, 26-7-78. Fig. 2. — Globigerinoides ruber (d’Orbigny) . Veduta ombelicale; xl70. -20 m, 2-11-79. Fig. 3. — Globigerinoides ruber (d’Orbigny). Veduta ombelicale (individuo a guscio spesso e con apertura primaria stretta); x 180. —200 m, 7-8-79. Fig. 4. — Globigerina pachy derma (Ehrenberg). Veduta ombelicale; x250. -100 rn, 1-3-79. Fig. 5. — Hastigerina siphonifera (d'Orbigny) . Veduta laterale; x250. -100 m, 1-3-79. Fig. 6. — Globorotalia infiala (d'Orbigny). Esemplare rotto mostrante all’interno i primi stadi di sviluppo in veduta laterale; x270. —300 m, 6-6-79. Fig. 7. — Globorotalia infiala (d'Orbigny). Veduta laterale; xl5Q. -100 m, 1-3-79. Fig. 8. — - Globorotalia infiala (d’Ordigny) . Veduta laterale (individuo giovane); x450. -100 m, 1-3-79. Fig. 9. — Globorotalia truncatulinoides (d’Orbigny). Veduta laterale; xl20. Esem¬ plare proveniente dai sedimenti di fondo del Golfo di Napoli, C340, prof. 705 m. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 De Castro Coppa M. G., Moncharmont Zei M„ Placella B., Sgarrella F., Taddei Ruggiero E. - Distribuzione stagionale, ecc. Tav. II Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 195-204, figg . 4, tab. 1 Influenza dei trattamenti termici sulla variazione di alcuni parametri analitici di oli vegetali commestibili (*) Nota dei soci Pasquale Forgione e Oreste Schettino e di Lydia Ferrara (**) (Adunanza del 27 giugno 1980) Riassunto. — Si è esaminata l'influenza della temperatura sulle modifica¬ zioni subite da alcuni parametri chimico-fisici di oli vegetali sottoposti a trat¬ tamento termico in condizioni ossidative. Sono stati studiati campioni di olio extravergine di oliva, di germe di mais, di colza, di soia greggio e di arachidi, riportando le variazioni riscontrate nei valori analitici considerati. Summary. — The influence of thè temperature in thè modification of cer- tains parameters of vegetable oils samples submitted to a heat-oxidizing tret- ment has been investigated. Were studied samples of extravirgin olive oil, germ-maize oil, colza oil, unrefined soya oil and peanuts oil, and thè variations observed in analytical values are referred. Il problema delle modificazioni a cui vanno soggetti i grassi alimen¬ tari per effetto dei trattamenti termici che frequentemente precedono il loro consumo alimentare, pur essendo ormai alla ribalta della Chimica Bromatologica da oltre un ventennio, si presenta tuttora complesso e ricco di aspetti particolari che necessitano chiarimenti ed illustrazioni (Panlose, 1973). La mole delle ricerche svolte in questo settore è motivata dalla notevole importanza del tema di studio che oltre a presentare in¬ teressanti risvolti di carattere tecnico-scientifico, investe notoriamente questioni igienico alimentari di primo piano, sia in considerazione del- (*) Lavoro eseguito col contributo del CNR. (**) Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica delTUniversità di Napoli. 196 P. Forgiane , O. Schettino e L. Ferrara l'esteso uso che l'umanità compie di questa indispensabile categoria di alimenti, sia della potenziale tossicità di alcuni prodotti di degradazione. Ne consegue che pur limitandoci, in particolare, al settore degli oli vegetali, una rassegna (anche sommaria) delle pubblicazioni sull'argo¬ mento ci porterebbe oltre i limiti consentiti a una nota sperimentalle. Ci limiteremo, pertanto, a richiamare le principali acquisizioni oggi disponibili con riferimento all'aspetto chimico strutturale del problema. È, ad esempio, comunemente ammesso che il grado di modificazione manifestato dagli oli presenta un quadro di differente gravità a seconda della temperatura raggiunta, potendosi in generale distinguere un primo livello nel riscaldamento fino a 100°, un secondo livello tra i 100° e i 200 °C ed infine un terzo livello che va oltre i 200°, anche se nelle condizioni pratiche di uso, questa temperatura non viene superata di oltre 50-60°. Il riscaldamento fino a 100 °C è quello che si realizza nella quasi ge¬ neralità degli impieghi domestici degli oli, in generale in presenza di acqua che costituisce il veicolo fondamentale delle sostanze alimentari. Già in questa fase si manifestano importanti modificazioni strutturali, che coin¬ volgono in generale gli idroperossidi preesistenti nell'olio o formatisi per ossidazione a caldo. Questi possono, ad es. decomporsi generando radicali che reagendo tra loro danno luogo a derivati di peso molecolare fino a 1900 (Panlose, 1973), ovvero possono subire reazioni di disproporziona¬ mento, con formazione di chetoni e di loro acetali (Artman, 1968). Bi¬ sogna tener presente che la stessa formazione degli idroperossidi risulta accelerata dal riscaldamento (Slover, 1960), che favorisce ancora la rea¬ zione di questi con le molecole intatte di trigliceridi e conseguente for¬ mazione di alcoli, aldeidi, ecc. per demolizione della catena degli acidi grassi. In questa fase la presenza di acqua gioca un ruolo importante, sia in quanto agente idrolizzante degli gliceridi, che per la capacità di favorire la decomposizione dei prodotti instabili (Endres, 1962). Molte¬ plici sono poi ì fattori accessori che intervengono nel determinare l'en¬ tità delle modificazioni, fattori tra i quali è necessario comprendere lo stesso recipiente in cui il riscaldamento viene effettuato (Fedeli, Brillo, 1975). L'elevarsi della temperatura comporta non solo un intensificarsi di fenomeni sopra indicati, ma anche l’aumento della loro complessità. Le condizioni ambientali si approssimano a quelle riscontrabili nel ben noto trattamento di « frittura » degli alimenti. Acquista particolare rilievo, in questa fase, la formazione di composti volatili di natura estremamente varia, e di sostanze a peso molecolare superiore a 200, non volatili. Si verificano, inoltre, complesse reazioni che coinvolgono sostituenti chi- Influenza dei trattamenti termici, ecc. 197 mici dei prodotti sottoposti a frittura (protidi, glucidi, ecc.), con forma¬ zione, tra l'altro di taluni ossipolimeri del tipo a) e poimeri lineari del tipo b) (Sinno, 1975; Fedeli, 1976). CH3(CH2)n(CH = CH-CH2)mCH(CH2)PCOOGl I O I o I CH3(CH2)n(CH = CH-CH2)mCH(CH2)pCOOGl CH3(CH2)n(CH = CH-CH2)mCH(CH2)pCOOGl CHj(CH2)n(CH = CH-CH,)„,CH (CH2 )PC00G1 Infine l'ulteriore elevazione della temperatura oltre i 200° esalta, oltre i fenomeni già accennati, la formazione di composti polimerici (di¬ meri e trimeri) sia ciclici (Michael, 1966) che lineari (San Gupta, 1968). In particolare nel caso dei trimeri si ha una struttura tridimensionlae (Fideli, 1963). È appena il caso di ricordare la tossicità di termolimeri di tale tipo, legata tra l'altro alla presenza di tre o più doppi legami (Potteau, 1973), a cui non sono estranei effetti oncogeni pur se questi riconoscono alla base della loro genesi una soglia di somministrazioni relativamente ele¬ vata (Perkins, 1965). La complessa serie di trasformazioni, di cui necessariamente si è dato appena un sommario accenno, si ripercuote chiaramente nei para¬ metri chimico-fisici tradizionali degli oli, a volte in misura appariscente, in altri casi in modo meno vistoso, anche se pur sempre indicativo. Per tale motivo un certo numero di studiosi ha rivolto la sua attenzione allo studio della variazione di tali parametri, cercando di trarne delle indica¬ zioni che, pur senza ricorrere ad una complessa indagine strutturale, consentisse di evidenziare le relazioni esistenti fra variazioni dei para¬ metri e trattamenti termici, subiti dall'olio (Montefredine, 1969; Interesse, 1974). È interessante notare, ad es., la regolarità della variazione della viscosità in rapporto alla temperatura (Interesse, 1974) ovvero l'influenza del riscaldamento sui caratteri spettrofotometrici dell'olio di oliva (Sa- nelli, 1979). In questo ambito di ricerche si muove il gruppo di studio facente capo alla Cattedra di Chimica Bromatologica dell’Università di Napoli. Nelle ricerche fin qui svolte e di cui si dà conto nella presente nota si sono presi in considerazione diversi oli, dei quali si sono seguiti, in funzione del trattamento termico, alcuni parametri caratteristici tra cui a) b ) 14 198 P. Forgiane, O. Schettino e L. Ferrara qualcuno che, come ad es. il grado termosolforico, anche se caduto in disuso, si riteneva potesse evidenziare qualche interessante correlazione col trattamento termico subito dall’olio. PARTE SPERIMENTALE Materiali e metodi La nostra sperimentazione è stata eseguita sui campioni di olio che seguono: Camp. N. 1) Olio exatravergine di oliva » » 2) Olio di arachide » » 3) Olio di germe di mais » » 5) Olio di colza » » 6) Olio di soia greggio I dati riportati rappresentano la media di tre campioni esaminati, presi dal commercio. II modello sperimentale da noi adottato per i trattamenti termici è stato realizzato tenendo conto delle condizioni reali medie di utilizzo, evitando cioè un attacco eccessivamente drastico. I singoli campioni in esame, disposti in contenitori scoperti di vetro neutro in strato abbastanza sottile sono stati portati alle successive tem¬ perature di attacco, in stufa ad aria, in 10' e mantenuti alla temperatura prescelta. I dati analitici riportati si riferiscono alla temperatura ambiente (20 °C) ed alle temperature di 100 °C, 200 °C e 240 °C, l’ultima t. riferita solo alla tensione superficiale. Per ciascun campione si sono valutati i seguenti parametri analitici: Numero di iodio, n. di perossidi, n. di acidità, tensione superficiale, assor¬ bimento spettrofotometrico nelTultravioletto, grado termosolforico. Per la determinazione degli indici chimici si sono adottati i metodi di analisi ufficiali. La tensione superficiale è stata misurata con l’apparecchiatura di du Noy, impiegando un anello di platino-iridio ed eseguendo l’azzera¬ mento, prima di ogni misura, con acqua distillata. Per le misure spettrofotometriche si è utilizzato uno spettrofoto¬ metro Beckmann mo.d Unicam SP 500 con vaschette da 1/2 cm, usando come bianco isoottano Uvasol della Merck. Influenza dei trattamenti termici, ecc. 199 Il grado termosolforico è stato valutato mediante il classico termo- leometro di Tortelli, prestando cura alla verifica della densità (d = 8313) ed alla purezza dell'acido solforico impiegato. Risultati e discussione I risultati sperimentali sono riportati nelle tabelle e grafici allegati. In tab 1 si riportano i valori dei numeri di perossidi, iodio ed aci¬ dità degli oli analizzati, riferiti alle varie condizioni sperimentali, consen¬ tendo di rilevare, in molti casi, modificazioni apprezzabili. TABELLA I Andamento dei numeri di perossidi, di iodio e di acidità in funzione della temperatura, valori medi delle tre replicazioni. Campione 20 °C 100 °C 200 «C NP NI NA NP NJ NA NP NI NA 1 15,3 83,2 1,25 13,1 86,2 L2 24,2 85,1 1,0 2 1,0 96,9 0,32 3,9 98,8 0,3 9,3 100,5 0,3 3 2,7 117,7 0,82 5,7 122,3 0,8 12,2 121,5 0,8 5 90,0 100,6 1,30 91,0 99,8 1,2 14,5 99,8 1,0 6 117,0 130,0 1,65 120,0 122,6 1,6 13,5 127,6 1,5 Poco rilevanti sono le variazioni del numero di acidità per il quale è presumibile 1’esistenza di una compensazione interna tra diminuzione dell’acidità volatile e contemporaneo aumento dell’acidità fissa dovuta agli acidi a lunga catena liberatisi per idrolisi. Il numero di perossidi assume significato diverso a seconda del tipo di olio considerato. Per il campione N. 1 (olio extravergine di oliva) a 100° si osserva una flessione, che può essere posta in relazione con le trasformazioni subite dagli idroperossidi, secondo quanto detto più sopra. L'aumento osservabile a temperature superiori è da collegare a succes¬ sive ossidazioni in dipendenza sia della temperatura più alta raggiunta che del più prolungato tempo di reazione. 200 P. Forgione, O. Schettino e L. Ferrara I campioni n. 2 e 3 presentano un aumento progressivo della tem¬ peratura mentre per i campioni 5 e 6 si nota un abbassamento a 200°, forse connesso col maggior grado di insaturazione di questi oli. II numero di iodio manifesta in genere lievi oscillazioni, di scarso valore diagnostico in quanto difficilmente correiabili alle condizioni spe¬ rimentali. Nel grafico di fig. 1 sono riportati i valori del grado termosolforico che, a parità dello stato di conservazione degli oli, va correlato sostan- Fig. 1. — Andamento del grado termosolforico in funzione della temperatura. zialmente al numero di doppi legami presenti e, in parte, agli idrope¬ rossidi. Tutti i campioni esaminati presentano un apprezzabile aumento di tale indice dopo riscaldamento a 100°. Per ulteriore elevazione della temperatura si hanno modicazioni più modeste, in qualche caso (camp. n. 5) oscillanti intorno ai valori nor- Influenza dei trattamenti termici, ecc. 201 mali, presumibilmente da riferire al progredire dei fenomeni di polime¬ rizzazione, che impegnano una aliquota dell’insaturazione presente. I dati raccolti nel grafico di fig. 2 si riferiscono ai valori della ten¬ sione superficiale in rapporto alle diverse temperature di trattamento. Come si può osservare i valori di questo parametro subiscono sol¬ tanto modeste variazioni, per di più di segno variabile ed oscillante anche per un medesimo campione. Ciò impedisce di interpretare in maniera univoca il comportamento dei campioni in esame e di trarne delle con¬ siderazioni utili alla valutazione degli stessi. Andamento più concorde presentano, invece, i dati spettrofometrici, raccolti nei grafici della fig. 3 riferiti ai valori di K dei diversi oli trat¬ tati alle singole temperature. In particolare il valore K232 non presenta innalzamento per tutti i campioni esaminati a 100 °C mentre una fles¬ sione a 200 °C del K262 , K268 , K274 si evidenzia per i campioni di colza e di soia. Molto regolare è il comportamento degli altri oli esaminati eviden¬ temente in relazione alla specifica velocità dei singoli nel dare idroperos¬ sidi, ossidazioni secondarie, modificazioni nella coniugazione dei doppi 202 P. Forgione, O. Schettino e L. Ferrara Fig. 3. — Andamento dei K in funzione della temperatura. Influenza dei trattamenti termici, ecc. 203 legami (Montefredine, 1969; Interesse, 1974) che, nei campioni 2, 5, 6 più ricchi in acido linolenico e linoleico, appare evidente a 200 °C. I valori del K in fig. 4 sono correlati con quelli relativi ai K a diversa lunghezza d'onda e si evidenzia il particolare comportamento del cam¬ pione 2 che si differenzia da quello degli altri qualunque sia la tempe¬ ratura di esame. Si ringrazia il tecnico Vincenzo Rullo e lo studente interno Giuseppe D’Itria per la collaborazione. 204 P. Forgiane , O. Schettino e L. Ferrara BIBLIOGRAFIA Panlose M. M., Chang S. S., 1973 - J. Am. Oil Chem. Soc., 50, 147. Artman N. R., Graig A. J., 1968 - J. Am. Oil Chem. Soc., 45, 643. Slover H. T., Dugan J. R., 1960 - I. Am. Oil Chemfl Soc., 37, 635. Endres J. G., Bahlerao V. R., Kummerow F., 1960 - Ibid ., 39, 118. Fedeli E., Brillo A., 1975 - Riv. It. Sost. Grasse, 52, 109. Sinno R. J., Am. Oli Chem. Soc., 52, 144. Fedeli E., Gasparoli A., Favini G., Daghetta A., 1976 - Riv. It. Sost. Grasse, 7, 53. Michael W. R., Lipids J., 1960 - 1, 353, 359-365. San Getta, Scharman H., Fatte, 1968 - Seifen Austrich., 70, 86. Fedeli E., Valentini A., 1963 - Jacini G., Ibid., 65, 402 4. Potteau B., 1972 - Rev. Frac. Corps Gras, 20, 471. Perkins E., Van Akkereb A., 1965 - J. Am. Oil Chem. Soc., 42, 782. Montefredine A., Luise M., 1969, Industrie Alimentari, 69. Interesse F. 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Summary. — The Authors suggest a new way of extracting Psammon from sarld. After a brief reappraisal of thè different methods suggested by severeral authors, a new technique using as basic apparatuses a series of gas washing bottles (Drecsel Bottles) is decribed. This technique consists of letting a regulated flux of water pass through thè sample of sand. This flux, removing thè sand itself, carries psammon's small organisms. At thè end these go in one or more bottles. Experiments showing thè validity of this new method and its swifteness of execution, are related. Il campionamento quantitativo dello psammon comporta, quale lavoro di base, la separazione degli animali dalla sabbia. È un lavoro difficile, noioso e che richiede un notevole impiego di tempo, ma è indispensabile per ogni ricerca quantitativa sull’ambiente delle spiagge o dei fondali sabbiosi sia d'acqua dolce che marini. Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 206 P. Battaglini e L. Russo Il metodo più usato, ma sicuramente non sufficientemente valido ai fini di una ricerca quantitativa, è il semplice e diretto esame della sabbia al microscopio. I risultati, infatti, sono condizionati dall'incostante rendi¬ mento del ricercatore durante le numerose ore di lavoro occorrenti per esaminare anche i campioni più piccoli. Molti ricercatori hanno proposto, in alternativa all’esame microsco¬ pico, svariati metodi per separare lo psammon dalla sabbia. Uno di questi è quello di separare lo psammon mediante il suo gal¬ leggiamento dopo mescolamento in soluzioni ad alta densità. Così Beak (1938) utilizzò una soluzione di solfato di magnesio; Lyman (1934) una so¬ luzione di cloruro di Sodio, Caveness e Jensen (1955) e Anderson (1959) una soluzione di zucchero; Birkett (1957) e Whitehouse e Lewis (1966) il tetracloruro di Calcio. Tutti questi ricercatori non hanno condotto però ricerche quantitative; infatti, essi stessi sottolineano che queste tecniche non sono valide per tutte le specie di invertebrati dello psammon e che neanche per le specie cui si addicono è garantita la totale separazione degli animali dal substrato. L’uso di soluzioni ipertoniche è comunque da sconsigliare poiché possono alterare facilmente la struttura di numerosi animali dello psam¬ mon molto delicati come ad esempio i microcrostacei ed i Tardigradi. Per altro il metodo per galleggiamento richiede un notevole impiego di tempo. Medo diffusa è la tecnica di separazione per asfissia sperimentata da Remane (1927) e da Swedmark (1955). Essa è selettiva e richiede un tempo troppo lungo. Particolare è la tecnica proposta da Uhlig (1968), il quale utilizza una « granita di acqua di mare » che sciogliendosi al di sopra del campione, provoca la fuoriuscita degli animali del solo mesopsammon dalla sabbia trascinati dallo scorrere dell’acqua attraverso il campione stesso. Lo stesso autore afferma, però, che la sua tecnica non è sufficiente da sola a sepa¬ rare tutto lo psammon. Vitiello e Dinet (1979) separano lo psammon con una tecnica al¬ quanto lunga e complessa. Il campione (mediamente di 200 mi) viene messo in sospensione in 1000 mi di acqua. Dopo 30" di sedimentazione si filtra il liquido su una colonna di tre setacci (apertura delle maglie: 1 mm, 100 pm, 40 pm). Queste operazioni vengono ripetute per cinque volte. Infine gli animali sono raccolti dai setacci. Nonostante l’uso di un setaccio con maglie da 40 pm, anche questo metodo non assicura la totale separa¬ zione dell psammon dalla sabbia. L’unica tecnica che teoricamente potrebbe soddisfare le necessità di un campionamento quantitativo è quella ideata da Boisseau (1957) per la Un nuovo metodo da laboratorio , ecc . 207 fauna interstiziale. Una ' ampolla da siero ’ (A) da 300 mi, un tubo di vetro (B. 50! x 3,5 cm), un secondo tubo di vetro (C. 60 x 3,5 cui), un ' tubo di lavaggio per istologia’ (D) collegati fra loro come è mostrato' nella j&g. 1, costituiscono l’apparecchio sul cui funzionamento si basa la tecnica di Boisseau. Il campione di di sabbia (di volume pari a circa 75 mi) viene posto neirampolla, che è munita alla base di un rubinetto (R) a grossa Fig. 1. — Apparecchio di Boisseau per la separazione del mesopsammon. (Da Boisseau, 1957, in Deiamare, 1960; Modificato). portata. Sì immette attraverso il rubinetto R acqua marina e si regola il flusso in modo da agitare violentemente la sabbia senza farla, però, pas¬ sare nel tubo (B). Il materiale organico è rapidamente spinto verso B, C, e recuperato sui filtri contenuti in D, mentre la sabbia resta neirampolla e qualche granello sfuggito si deposita nel tubo B o C. Innanzi tutto bisogna notare che il metodo presenta notevoli difficoltà per la sua attuazione, nonché per la costruzione dell’apparecchio e per il suo costo. 208 P. Battaglini e L. Russo Nella sua applicazione pratica si è potuto constatare che, prima ancora che il flusso d’acqua raggiunga la velocità necessaria a smuovere sufficien¬ temente la sabbia, nei vari recipienti si genera una pressione tale da far saltare i tappi dai tubi e daH’ampolla. Pertanto l’apparecchiatura è stata realizzata utilizzando bottiglie in policloruro di vinile munite di tappi a vite, nei quali sono stati praticati i necessari fori per i collegamenti. È stato sostituito anche ‘ il tubo di lavaggio per istologia ' con un’altra bot¬ tiglia in policloruro di vinile con tappo a vite sul quale sono stati montati i filtri. Ugualmente problematico è risultato il funzionamento dell'apparec¬ chiatura, poiché la resistenza opposta al flusso d'acqua dai filtri, necessa¬ riamente molto fitti, diminuiva la velocità del flusso stesso impedendo la necessaria agitazione della sabbia. Inoltre i filtri, dopo pochi minuti di funzionamento dell'apparecchio, si intasavano facendo aumentare notevol¬ mente la pressione nelle varie bottiglie e sui filtri stessi con danneggia¬ mento degli animali raccolti e con notevoli perdite attraverso le numerose giunture dei tubi e le guarnizioni dei tappi. In conclusione, a causa delle difficoltà di ordine tecnico prima eviden¬ ziate, che determinano, in ultima analisi, un aumento della percentuale di perdite degli organismi, la tecnica di Boisseau, anche modificata, non può ritenersi valida ai fini di una ricerca quantitativa. Descrizione di un nuovo metodo quantitativo di estrazione dello psammon Nel tentativo di risolvere il problema della separazione dello psammon dalla sabbia, gli autori hanno escogitato un nuovo metodo quantitativo. Esso consta di tre fasi : — Fase 1. - Nel caso che il campione contenga granuli di diametro superiore ai 3 mm, questi vengono asportati setacciando il campione attra¬ verso un crivello con maglia da 3 mm (fig. 2). Tramite un imbuto, il mate¬ riale setacciato e l’acqua con formalina (formalina 6 %) necessaria (mi¬ nore o uguale alla capacità della bottiglia di lavaggio - n. 1 - del tipo ' lavaggio gas ’ - bottiglia Drecsel -) vengono raccolti nella bottiglia n. 1. Ciò che resta nel crivello — animali di grosse dimensioni, sassolini, ecc. — vengono esaminati al microscopio. Nel caso occorresse, si può ripetere l'operazione più di una volta, riempiendo più di una bottiglia. Ciò rara¬ mente sarà necessario in quanto, in funzione della taglia del campione e della sua granulometria, sarà scelta una bottiglia di capacità adeguata. — Fase 2. - Chiusa la bottiglia di lavaggio con il suo particolare tappo (fig. 3), l'ingresso, corrispondente al tubo interno, viene collegato al ser- Un nuovo metodo da laboratorio, ecc. 209 batolo contenente una quantità di acqua con formalina leggermente supe¬ riore alla capacità della bottiglia di raccolta n. 2 anche essa del tipo Drecsel. L’uscita della bottiglia di lavaggio è collegata all’ingresso della bottiglia di raccolta. A sua volta l’uscita di quest’ultima è collegata ad una pompa aspirante. Dopo aver agitato la bottiglia n. 1, contenente il Fig. 2. — Separazione dei granuli con diametro superiore ai 3 mm. campione setacciato, per mettere in sospensione gli animali, si aziona la pompa. L'acqua viene aspirata nella bottiglia di lavaggio, dove, passando attraverso la sabbia, trasporterà con sé gli animali ed i detriti più leggeri dei granellini di sabbia nella bottiglia di raccolta. Riempita quest’ultima, si interrompe il flusso. Sarà necessario, ovviamente, regolare quest’ultimo in modo da non far uscire dalla bottiglia di lavaggio la sabbia. L'opera¬ zione potrà essere ripetuta più volte, ma raramente sarà necessario in quanto la capacità della bottiglia di raccolta sarà scelta in base alla taglia del campione. 210 P. Battaglini e L. Russo — Fase 3. - Gli animali e le particelle di detrito raccolte nella botti¬ glia n. 2 possono essere lasciati a sedimentare per qualche ora, dopo di che potranno essere raccolti dal fondo con una pipetta, previa eliminazione dell'acqua sovrastante, ed esaminati al microscopio. Più comodo, pratico e veloce sarà versare il contenuto della bottiglia di raccolta in un imbuto da sedimentazione opportunamente modificato (aperto sul fondo e munito di un rubinetto), dal quale, sempre dopo qualche ora, sarà possibile rac¬ cogliere direttamente in capsule di Petri o in salierine il sedimento e osservarlo al microscopio. La tecnica si presta a svariati tipi di ricerche nel campo del Benthos di fondo e può essere utilizzata per lo studio dello psammon sia d'acqua dolce che marino. Sarà utile far precedere l'operazione da una colorazione degli animali (ad esempio: con ‘ Rodamina B ', Hamilton 1969; con ‘ Flo- xina B ' e 'Rosa bengala', Mason e Yevich 1967), facilitando così ancor più la cernita degli stessi. Per lo studio dello psammon marino non sarà necessario l’uso del¬ l'acqua marina (da molti ritenuto indispensabile) in quanto, nelle molte¬ plici prove effettuate, si è potuto constatare la perfetta conservazione degli animali dopo il trattamento con la semplice acqua potabile con formalina. L’acqua marina sarà necessaria solo nel caso in cui si vogliano studiare gli animali in vivo. Ciò comporterà alcune modifiche della tecnica: occor¬ rerà anestetizzare gli animali per eliminare la reazione di « tigmotatti- smo » delle specie attaccate ai granuli di sabbia utilizzando poche gocce Un nuovo metodo da laboratorio , ecc. 211 di cloruro di Magnesio concentrato (Fauré-Fremiet, 1950; da Delamare, 1960); la sedimentazione degli animali non avverrà e si dovrà ricorrere ad una filtrazione, attraverso un retino da plancton, deli acqua marina rac¬ colta (infatti, alcune specie saliranno verso la superficie alla ricerca di ossigeno data la concentrazione sul fondo di detriti e animali, situazione proibitiva per numerose specie dello psammon). Come è stato già detto, le dimensioni dei contenitori dipendono dalla taglia del campione. Comunque è bene tener presente che conviene utiliz¬ zare una sola grossa bottiglia di raccolta. Per ridurre ulteriormente la perdita di animali converrà siliconare la vetreria e ridurre al minimo la lunghezza del tubo attraverso il quale passano gli animali stessi. Validità sperimentale del nuovo metodo Per verificare la validità della nuova metodica proposta sono state effettuate varie prove sperimentali, delle quali qui ne viene riportata una. Gli esperimenti sono stati condotti su campioni di sabbia, prelevati alla profondità di sei metri, lungo la costa sorrentina tra Castellammare di Stabia e Vico Equense (Napoli), mediante una tecnica proposta da Batta- glini e Arcamone (1980) consistente nell'uso di una draghetta a mano da loro elaborata e consistente in un parallepipedo di acciaio inox (18x8x5 cm.) che veniva affondato nel substrato sabbioso per 2 cm. Dai circa 600 mi. di sabbia prelevati in ogni campionamento venivano estratti, dopo mescolamento (necessario ad evitare fenomeni di aggregazione faunistica), 60 mi. di sabbia che rappresentano il nostro campione base. Il campione, fissato con formalina al 6 %, è stato diviso in due sotto¬ campioni, ciascuno di 30 mi. Uno è stato esaminato usando la tecnica tradizionale al microscopio, l’altro è stato analizzato con la nuova tecnica qui riportata. In base alle prove effettuate, 3,5 1 di acqua con formalina sono stati utilizzati per il ‘ lavaggio ’ del campione dimostrativo. Inoltre, per mettere in evidenza il rapporto fra il numero di organismi separati e la quantità di acqua con formalina necessaria a separarli, la raccolta di quest’ultima è stata frazionata in sette bottiglie, ciascuna da 500 mi, che, una per volta, sono state sostituite interrompendo il flusso. In questo esperimento sono stati scelti per il confronto dei dati e, quindi, per la raccolta e studio solo due taxa fra tutti presenti: i Nematodi e gli Ostra- codi: i primi per il loro corpo filiforme e perché molto numerosi nell'am- 212 P. Battaglini e L. Russo biente psarnmico, i secondi per la loro forma rotondeggiante e perché meno rappresentati. La cernita al microscopio del primo sottocampione ha richiesto circa 48 ore di tempo. Essa è stata effettuata esaminando il campione in salie- rine della capacità di circa un mi, in modo da aumentare la validità dei dati ottenuti con questo metodo. Per quanto riguarda i Nematodi, sono state identificate quattro specie di Nematodi per un totale di 154 indi¬ vidui e 10 per gli Ostracodi divisi in due specie (tabella 1). TABELLA I Confronto tra i risultati ottenuti con l'esame al microscopio e con la nuova tecnica Nematodi Micro- Nuova tecnica scopio B. 1 B. 2 B. 3 B. 4 B. 5 B. 6 B. 7 | Tot. Paradesmodora cefalata 40 43 11 2 56 Xenodesmodora longiseta 37 39 10 2 1 — — 52 Neothonchus hapalus 39 41 10 1 — — — — 52 Dorilaimopsis mediterraneus 38 40 10 _ _ 1 _ _ 51 Totali 154 163 41 5 1 1 — — 211 Ostracodi Krite reniformis 7 8 2 10 Loxoconca versicolor 3 2 . _ . _ _ _ 2 Totali 10 10 2 — — — — — 12 Dopo il ‘ lavaggio ’ del secondo sottocampione, il sedimento raccolto dalle diverse bottiglie è stato esaminato al microscopio: in totale sono occorse 16 ore. Sono state identificate, sempre per Nematodi ed Ostracodi, le stesse specie per un totale di 211 Nematodi e 12 Ostracodi (tabella 1). La sabbia rimasta nella bottiglia di lavaggio è stata attentamente esami- Un nuovo metodo da laboratorio, ecc. 213 nata anch'essa al microscopio, ma non è stato trovato alcun organismo né alcun detrito organico. Pertanto da questo sottocampione è stato sepa¬ rato il 100 % della fauna. Discussioni e conclusioni La tabella I mette in evidenza la differenza dei risultati ottenuti per i Nematodi e gli Ostracodi. Il basso numero di questi ultimi (specialmente per Loxoconca versicolori 3 esemplari nella cernita al microscopio della sabbia e 2 con il nuovo metodo) dipende, come è lecito supporre data la in funzione della quantità di acqua con formalina utilizzata. concordanza dei dati ottenuti con i due diversi metodi, dalle relative pic¬ cole dimensioni del campione rispetto alla evidente bassa densità di Ostra¬ codi nel biotopo campionato: 0,40 individui per mi. Al contrario la den¬ sità dei Nematodi è risultata essere molto maggiore : 7,03 individui per mi. In base a ciò, l’analisi dei dati ottenuti è stata limitata a quelli relativi ai Nematodi. Per evidenziare meglio la presente ricerca si sono messi a confronto i dati ottenuti con le due tecniche supponendo che i due sottocampioni 15 214 P. Battaglini e L. Russo contenessero lo stesso numero di individui. Ciò è senz’altro valido se si considerano le notevoli dimensioni del campione originario (600 mi.) dal quale, dopo mescolamento, è stato prelevato un sottocampione a caso di 60 mi. il quale a sua volta è stato sottoposto alle due prove. La raccolta frazionata dell'acqua con formalina contenente gli animali ha permesso di mettere in evidenza l'efficacia della tecnica. Il grafico della figura 4 mostra come già in 500 mi vi sia il 77,25 %, in 1000 mi si superi il 95 % ed in 1500 mi il 992% dei Nematodi raccolti. Inoltre, poiché fra tutti i taxa presenti nella biocenosi (relativamente ai Metazoi), i Nematodi sono i più numerosi e, insieme agli Ostracodi, quelli di più piccole dimen¬ sioni, queste risultanze possono essere ampliate, come abbiamo potuto verificare durante gli esperimenti, a tutti i taxa presenti. Si può quindi affermare che una quantità di acqua con formalina pari a 2000 mi è più che sufficiente per separare la fauna da campioni di taglia minore o uguale a 30 mi. Dai dati riportati nella Tabella II si può notare TABELLA II Comparazione percentuale tra i risultati ottenuti per i Nematodi con l'esame al microscopio e con la nuova tecnica Microscopio^ Nuova tecnica Incremento Paradesmodora cefalata 40 18,97 % 56 26,55 % 16 7,58 % Xenodesmodora longiseta 37 17,53 % 52 24,64 % 15 7,11 % Neothonchus hapalus 39 18,48 % 52 24,64 % 13 6,16 % Dorilaimopsis mediterraneus 38 18,01 % 51 24,18 % 13 6,16% Totali 154 72,99 % 211 100,00 °/o 57 27,01 % che per ogni specie di Nematodi si è ottenuto, con la nuova tecnica, un numero maggiore di individui con un incremento medio del 6,75 %. La suddetta tabella mette in luce, inoltre, che se si considera il numero mas¬ simo raccolto di Nematodi (211) come quello reale — vedi quanto detto in precedenza — tutti i valori percentuali devono essere riportati al sud¬ detto dato per cui l'incremento totale è del 27 % (Fig. 5). D’altronde, già nei primi 500 mi di acqua raccolta vi sono 9 Nematodi in più rispetto ai 154 ottenuti con il solo esame microscopico. Un nuovo metodo da laboratorio, ecc. 215 L’esame con il metodo tradizionale ha richiesto un tempo tre volte maggiore rispetto a quello richiesto dall’analisi effettuata con il nuovo metodo. Nello stesso tempo, cioè 48 ore, si sarebbero potuti separare gli animali, sempre con la nuova tecnica, da un campione tre volte più grande, oppure da altri due campioni delle stesse dimensioni. Ciò è di notevole importanza nella ricerca ecologica, poiché i ricercatori, generalmente, incremento Fig. 5. — ' Grafico che evidenzia l’incremento ottenuto con il nuovo metodo. dispongono per il campionamento di tempo e mezzi limitati. Di conse¬ guenza, sono obbligati a ridurre al minimo il numero e la taglia dei cam¬ pioni e la estensione della superficie da studiare. Nel progettare l’apparecchio, si è tenuto presente che l’eliminazione dei filtri è indispensabile per ottenere un rendimento della tecnica molto vicino al 100 %. Infatti, se la maglia dei filtri utilizzati è dell’ordine dei 10-15 m, diviene tecnicamente impossibile esaminare il contenuto dei filtri stessi; inoltre, la elevata pressione dell’acqua sul filtro provocherebbe il danneggiamento e quindi la perdita di numerosi animali dello psammon 216 P. Battaglini e L. Russo caratteristicamente molto fragili. D'altronde l'uso dei filtri a maglie più grandi comporta la perdita di una notevole percentuale di organismi. Alcuni autori hanno valutato questa percentuale in rapporto alla misura delle maglie dei filtri adoperati: 20% per una maglia di 200 pm (Bougis, 1950), dal 10 al 60 % per 160 m, (Wieser, 1960), 60 % per 76 m (Me Intyre, 1964), dal 20 al 53 % per 100 m (De Bovee et al. , 1974). Nella nuova tecnica invece, eliminando l’uso dei filtri, di soluzioni ipertoniche (anch'esse danneggiano gli animali), diminuendo il numero dei passaggi degli organismi in diversi apparecchi, è stato ridotto al mi¬ nimo rischio di errori sistematici dovuti agli strumenti. Semplificando al massimo il procedimento e l’apparecchiatura, praticamente nulla è affidato alla abilità dell’operatore, tranne l’esame al microscopio di una piccolis¬ sima quantità di detriti contenenti tutti gli animali del campione. In questo modo anche la percentuale di errore dovuta all'incostante rendi¬ mento dell’operatore si riduce al minimo. Seguendo nella progettazione i criteri su esposti, si è ottenuto un rendimento della tecnica superiore al 99 %, cioè una percentuale di per¬ dita di organismi inferiori all'1%, raramente raggiunta da altre tecniche. Tutto ciò assicura l'oggettività dei risultati e, quindi, la generalizza¬ zione del metodo, vale a dire la sua possibile applicazione in esperienze analoghe, e la confrontabilità dei dati ottenuti da compionamenti effet¬ tuati in zone e tempi diversi. BIBLIOGRAFIA Anderson R. O., 1959 - A modified flotation technique for sorting bottom fauna samplies. Limology Oceanog., 4, 223-225. Battaglini P. e Arcamone N., 1980 - La fauna bentonica di zona infralitorale ( Pe¬ nisola Sorrentina , Napoli) influenzata da alterazione antropica. Atti 4° Con¬ gresso A.I.O.L. (Chiavari, 1-12-1980). Bear T. W., 1938 - Methods of making and sorting collections for an ecological study of a stream. Progress Report III, Avon Biol. Res., Annual Rept. 1936-37, 5, 42-46. Birkett L., 1957 - Flotation technique for sorting grab samples. J. Conseil perm. Intera. Expl. Mer, 22, 289-292. Bqisseau J. P., 1957 - Technique pour Vétude quantitative de la faune inter sti- tielle des sable. C. R. Congr. Soc. 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Napoli voi. 89, 1980, pp. 219-231, figg. 3 Rapporti fra struttura e idrogeologia in alcuni massicci carsici dell’Abruzzo : risultati di alcune indagini geognostiche Nota del socio Pietro Celico (*), di Claudio Bartolomei (*) e di Angelo Pecoraro {*) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — In un precedente studio idrogeologico dei massicci carsici dell'Abruzzo (Celico, 1978) era stata messa in evidenza la possibilità che alcune importanti faglie rappresentassero degli ostacoli per la circolazione idrica sot¬ terranea. Poiché ciò aveva un notevole interesse ai fini della conoscenza idrogeolo¬ gica della suddetta regione, sono state eseguite alcune perforazioni attraverso le quali è stato possibile accertare l’effettiva azione di sbarramento (parziale o totale) esercitata dalle stesse faglie. Infatti, dall'una all'altra parte delle di¬ scontinuità tettoniche, è stata verificata l'esistenza di importanti dislivelli pie¬ zometrici probabilmente dovuti a perdite di carico concentrate della falda. Tale verifica, non solo ha permesso di chiarire alcuni aspetti delle modalità di circolazione idrica sotterranea, ma ha consentito di risolvere interessanti problemi di natura applicativa. Infatti sono state rinvenute falde importanti ad oltre 1200 m di altitudine il cui sfruttamento permetterà, in futuro, di evitare gli attuali trasporti di acque per decine di Km e sollevamenti per oltre 300 m. Résumé. — Au cours d'une étude hydrogéologique précédent des massifs Karstiques de l’Abruzzo (Celico, 1978) on avait démontré de fagon evidente la possibilité que quelques failles importantes pouvaient représenter des obstacles à la circulation des eaux souterraines. Puisque cela avait un intérèt considérable dans le but d’atteindre la con- naissance hydrogéologique de cette Région on a fait des perforages gràce aux- quels on a pu vérifier l’action réelle de barrage (partici ou total) exercée par les mèmes failles. En effect, de l'un à l’autre coté des failles, on a vérifié l'existence d'im- portantes dénivellations piézometriques que les pertes de charge concentrées de la nappe on causé. (*) Cassa per il Mezzogiorno (Ripartizione Progetti Idrici - Div. 4). 220 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro Cette vérification nous a permis, pas seulement d’éclaircir quelques aspects des modalités de circulation des eaux souterraines, mais nous a permis aussi de résoudre des problèmes trés intéressants ayant trait à l’application. En effect on a trouvé des nappes à plus de 1200 m de altitude dont l’exploitation nous permettra, à l’avenir, d'éviter les transports actuels des eaux par dizaines de Km et les élévations de plus de 300 m. 1. Premessa Nell’Abruzzo, così come in altre regioni meridionali, la Cassa per il Mezzogiorno (Rip. I - Div. 4) sta sviluppando un programma di in¬ dagini idrogeologiche finalizzato, tra l'altro, al chiarimento delle mo¬ dalità di circolazione idrica sotterranea aH'interno dei massicci carsici. Nel corso del presente lavoro vengono resi noti i risultati di alcune indagini geognostiche attraverso le quali è stato possibile verificare resi¬ stenza di condizionamenti, su detta circolazione idrica sotterranea, dovuti alla presenza di litotipi a minore permeabilità relativa e/o alla presenza di importanti direttrici tettoniche. 2. Ipotesi di base Al fine di verificare l'effettiva esistenza dei suddetti condizionamenti, specie da parte di faglie caratterizzate dalla presenza di ampie fasce cataclastiche e/o di materiali terrigeni interposti tra i piani di scorri¬ mento, è stato predisposto un programma di perforazioni in zone di par¬ ticolare interesse idrogeologico. La problematica sviluppata con le indagini è stata basata sui risul¬ tati di un precedente studio (Celico, 1978) nel quale, direttrici tettoniche importanti e litotipi poco permeabili, erano stati interpretati a volte come ostacoli in corrispondenza dei quali si verificano perdite concen¬ trate di carico piezometrico (circolazione idrica « a cascata ») ed a volte come veri e propri « spartiacque sotterranei », attraverso i quali gli in¬ terscambi idrici sono trascurabili. 3. L'area compresa tra Sulmona e Roccaraso In fig. 1 a e 1 b è riportato lo schema di circolazione idrica sot¬ terranea dei massicci carbonatici compresi tra la Piana di Sulmona e Rapporti fra struttura e idrogeologia, ecc. 221 la zona di Roccaraso nonché l'ubicazione e le stratigrafie dei sondaggi eseguiti nell'ambito delle indagini. I sondaggi n. 1 e n. 2 sono stati perforati allo scopo di verificare se la faglia inversa che delimita a nord -est il M. Pizzalto costituisse ostacolo al deflusso della falda verso nord -est e mantenesse la piezo¬ metrica a quota alta rispetto alle sorgenti Capo di Fiume (ubicate nel¬ l'alveo dei! 'Averi ti no, a circa 880 m s.l.m.). In effetti, in entrambi i fori è stato riscontrata una quota piezometrica pari a circa 1.200 m s.l.m. e quindi più alta di circa 320 m rispetto a quella del recapito naturale della falda che è a distanza di circa 8 Km. II sondaggio n. 3 è stato perforato allo scopo di individuare il li¬ mite nord - occidentale dell'area di alimentazione delle già menzionate sor¬ genti dell’A ventino che, in Celico (1978), era stato schematicamente in¬ dicato lungo la direttrice Campo di Giove - Causano. La quota piezome¬ trica riscontrata (circa 825 m s.l.m.) è inferiore a quella delle sorgenti e prova la sostanziale validità della suddetta interpretazione idrogeo¬ logica; infatti, così come dimostra il sondaggio n. 4 (asciutto fino a fondo foro: circa 800 m s.l.m.), nell'area posta immediatamente a sud-est della direttrice tettonica indicata, esiste una perdita di carico piezometrico probabilmente concentrata, quasi certamente legata allo stato catacla- stico della roccia. La fascia di acquifero posta a sud - est della diret¬ trice di Campo di Giove - Cansano rappresenta quindi, per le sue carat¬ teristiche idrogeologiche, un « limite di alimentazione » attraverso il quale, dall’alto idrostrutturale di M. Porrara - Pizzalto s.s., la falda drena parte delle sue acque verso l’area nord - occidentale della struttura e da qui verso le falde quaternarie della Piana di Sulmona. Nella parte sud - occidentale dell'area studiata sono stati perforati altri due sondaggi goegnostici. Il foro n. 5 ha incontrato la falda a circa 1.020 m s.l.m. (oltre 180 m più basso rispetto al n. 1) mentre il son¬ daggio n. 6 è rimasto asciutto fino a fondo foro (970 m s.l.m.). Il feno¬ meno è probabilmente da collegare all’azione di sbarramento esercitata, sulla circolazione idrica sotterranea, dalle faglie inverse che delimitano a nord - est e a sud - ovest l’unità idrogeologica di M. Rotella. Pure interessante è il confronto tra i risultati del sondaggio n. 6 e la quota piezometrica verificata nel piezometro n. 7 (circa 1.200 m s.l.m.). Tra i due punti c’è, infatti, un considerevole dislivello piezome¬ trico (certamente superiore ai 230 m) che indica l'esistenza di un osta¬ colo importante probabilmente coincidente con la direttrice tettonica del versante meridionale del Colle d'Aceto (Celico, 1978). Sulla base dei dati disponibili sembra comunque da escludere l’ipotesi (Celico, 1978) 222 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro Fig. la - Schema idrogeologico dell’area compresa tra Sulmona e Roccaraso 0 5 10 15 20 Km I - III! .1 . 1 , Depositi fluvio- lacustri e detritici Depositi flyschoidi Massicci carbonatici q Sorgenti e gruppi sorgivi principali taglie dirette di particolare interesse idrogeologico Direzioni principali di flusso della falda Faglie inverse e sovrascorrimenti di particolare interesse idrogeologico Pozzi . sondaggi e relativo numero di riferimento Rapporti fra struttura e idrogeologia, ecc . 223 Fig.lb- Stratigrafie dei sondaggi ubicati in fig.la 1 2 -286 300 1270 ■75 -142 J 1204 1309 -104 ■238 985 wm o 842 829 Detrito di falda Marne argillose prevalenti . con intercalazioni arenacee Calcari fratturati con inter¬ calazioni di argille e marne Calcari fratturati 1098 -298-J 500 -156 1242 - 13 Profondità dal boccapozzo in metri 1254 Quote in metri s.l. 1205 Livello della superficie piezome- ~~~ trica delle falde degli acquifer carbonatici m m s.l.m. Calcari con fratture spesso intasate di marne verdi e grigie tettonizzate I nel foro n°3. dette fratture hanno un'Inclinazione di 60° i Marne grigie con intercalazioni di brecciole calcaree J Zona di rinverimerito di falde in risalienza 224 P. Calicò, C. Bartolomei e A . Pecoraro secondo la quale le acque della Piana delle Cinque Miglia dovrebbero alimentare preferibilmente le sorgenti del Gizio (nei pressi di Pettorano). Di estremo interesse sono, infine, i risultati conseguiti attraverso i sondaggi n. 8 e 9 (fig. 1). Sembra infatti accertato che il limite set¬ tentrionale dell’area di alimentazione delle sorgenti del Gizio (circa 600 m s.l.m.) debba coincidere con Linnalzamento del « Rosso Ammonitico » (Celico, 1978). Si tratta, probabilmente, di un « limite di alimentazione » che lascia filtrare e traboccare parte delle acque che alimentano le sor¬ genti del gruppo Capolaia e le falde della conoide detritica di Indrodacqua (tra Sulmona e Bugnara). 4. L'area compresa tra Rocca di Cambio e Trasacco In fig. 2 a e 2 b è riportato lo schema idrogeologico dell'area com¬ presa tra Rocca di Cambio e Trasacco nonché l’ubicazione e la strati- grafia dei sondaggi eseguiti nell’ambito delle indagini. Il sondaggio n. 1 è stato ubicato ( a circa 1.340 m s.l.m.) lungo il bordo meridionale di M. Cagno, nel presupposto che la importante di¬ scontinuità tettonica su cui è impostato il versante sud - occidentale dello stesso M. Cagno potesse mantenere localmente a quota alta la falda che defluisce verso le sorgenti del Peschiera (a circa 400 m s.l.m.). Il livello piezometrico è stato infatti rinvenuto a circa 1.230 m s.l.m. I sondaggi n. 2 e 3, ubicati tra l'abitato di Rovere e la Valle d’Arano, hanno rinvenuto la falda a circa 1.300 m s.l.m. probabilmente perché la stessa viene mantenuta a quota alta (rispetto ai 790 m s.l.m. delle sorgenti di Celano ed ai 440 m s.l.m. delle sorgenti di Molina d’Aterno) dalla complessa situazione strutturale (Angeli ucci - Praturlon, 1968) esi¬ stente lungo il versante sud - occidentale del M. Sirente. Se ora si paragona il suddetto livello piezometrico col risultato del sondaggio n. 4 (rimasto asciutto fino a fondo foro: circa 1.150 m s.l.m.) appare evidente 1'esistenza, tra le falde dei bordi occidentale e orientale della Valle di Ovindoli, di un dislivello piezometrico superiore ai 150 m. Ciò è evidentemente da mettere in relazione con l'effetto di sbarramento esercitato dall’importante discontinuità idrostrutturale che divide l’unità idrogeologica di M. Velino da quella di M. Sirente. Pure interessante risulta il paragone tra il sondaggio n. 4, il son¬ daggio n. 5 ed i pozzi di Rio Pago (n. 6), ubicati nei pressi dell’abitato di Celano laddove affioravano delle sorgenti (dal regime molto variabile) ora praticamente essiccate. Infatti, il dislivello tra la piezometrica nel Rapporti fra struttura e idrogeologia , ecc . 225 sondaggio n, 5 (circa 708 m s.l.m.) e quella della falda di Rio Pago (circa L0301 m s 1 m. ) indica resistenza di un importante ostacolo al de¬ flusso della falda verso sud, probabilmente coincidente con la faglia de « Il Fossato » (Celico, 1979), Se ora si estrapola verso nord il gradiente piezometrico (~ 10%) riscontrato tra i fori n. 5 e 6 appare evidente che il sondaggio n, 4 avrebbe dovuto incontrare la piezometrica a circa 1300' m s Lm. : ciò non è avvenuto probabilmente perché lungo la direttrice Ovindoli-M. della Magnola esìstono complicazioni idrogoelogiche importanti (innalzamento del sub-strato si sovrascorrimento? innalzamento di litotipi poco per¬ meabili appartenenti alla serie earbonatica?) 1 che fungono da « spar¬ tiacque sotterraneo » tra la falda che defluisce verso il Fucino e quella che defluisce verso le sorgenti del Peschiera. Il sondaggio n. 7, ubicato a nord di Collarmele, è stato perforato allo scopo di verificare se l'area compresa tra l'abitato di Aielli e la Valle di Forca fosse tributaria della Piana del Fucino (sorgenti di Pe- scina: circa 670 m s.l.m.) o delle sorgenti di Molina d'A terno (circa 440 m s l,m,) Esso è stato spinto fino a circa 70 m al di sotto della quota di af¬ fioramento delle sorgenti di Pescina senza che sia stata incontrata alcuna falda: è quindi probabile che l'area indicata alimenti le sorgenti di Mo¬ lina, poste a quota più bassa. L'esistenza di uno « spartiacque sotter¬ raneo » in corrispondenza della Valle di Forca sembra essere peraltro confermata dal sondaggio n. 8 che, in accordo con lo schema idrogeo¬ logico di fig. 2, ha incontrato la piezometrica a quota 775 circa, ovvero più in alto delle sorgenti di Pescina. Pure importanti sono i risultati dei sondaggi n. 9 e 10 nei quali la piezometrica si è livellata a quota 470 m circa (ovvero circa 30 m più in alto delle sorgenti di Molina d'Aterno e circa 200 m più in alto del gruppo sorgivo di Ramno) . Il dislivello piezometrico riscontrato tra i due piezometri e queste ultime sorgenti è probabilmente legato a per¬ dite di carico concentrate lungo la faglia dell'A terno, sembra invece da escludere Resistenza dello « spartiacque sotterraneo » ipotizzato (Celico, 1978) tra i due sondaggi. Infine, nell'area studiata, c'è da segnalare il dislivello piezometrico (oltre 50 m) riscontrato tra i sondaggi n, Il e ri. 12. Esso, infatti, in¬ dica chiaramente che la dorsale di M. Cornacchia si. non è tributaria delle sorgenti dì Trasacco e che il Fossato di Rosa rappresenta lo 1 Attualmente è in corso di esecuzione il rilievo geologico dell’area inte¬ ressata dai sondaggi n. 4, 5 e 6. 226 P. Celico, C. Bartolomei e A . Pecoraro Rapporti fra struttura e idrogeologia, ecc . 227 Fig. 2b - Stratigrafie dei sondaggi ubicati in fig. 2a 1 13-an 2 -Ras 3 ^ 1413 Detrito di falda Calcari fratturati con interca- ér-r— £— t~; / azioni di argille e marne Calcare misto ad argille Calcari fratturati -101 Profondità' dal boccapozzo in metri 1340 Quote in metri s.l.m 1231 Livello della superficie piezomet rica ~~ delle falde degli acquiferi carbonatici in m s. /. m. J Zona di rinvenimento di falde in risalienza 228 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro « spartiacque sotterraneo » tra questa struttura e quella di M. Fontec- chia (Celico, 1978; 1979). 5. L'area a nord -ovest di L’Aquila In fig. 3 sono stati riportati i due sondaggi perforati lungo il bordo sud - orientale della struttura carbonatica di M. Giano, a monte del¬ l'abitato di Scoppito (n. 1) e nei pressi di Amiterno (n. 2). Nel sondgagio n. 1, la falda si è livellata a quota molto alta (circa 830 m s.l.m.) rispetto al suo punto naturale di recapito rappresentato dalle sorgenti del Peschiera (circa 400 m s.l.m.). Ciò sembra provare, anche se indirettamente, che l’innalzamento dolomitico esistente lungo il bordo sud - occidentale di M. Giano mantiene effettivamente la falda alta verso la Valle dell'Aterno (Celico, 1978). D’altro canto la stessa falda non può traboccare né alimentare in modo copioso le falde alluvionali dell'Aterno perché perde molto carico nella fascia calcarea del bordo sud - occidentale della struttura la quale si presenta, peraltro, molto tettonizzata. A tal proposito basti osser¬ vare (fig. 3) la quota di livellamento della falda nel sondaggio n. 2 (circa 660 m s.l.m.) ed il dislivello piezometrico esistente tra detto son¬ daggio e quello precedente (circa 170 m). 6. ALTRI ESEMPI DI CONDIZIONAMENTO DELL'ASSETTO STRUTTURALE SULLA CIR¬ COLAZIONE IDRICA SOTTERRANEA NeU'Appennino carbonatico abruzzesse esistono altri importanti esempi di condizionamento dell'assetto strutturale sulla circolazione idrica sotterranea . Tra questi ci preme segnalare i Monti del Gran Sasso (Monjoie, 1975; Boutitie - Lunardi, 1976; Celico, 1978) dove sono state acquisite va¬ lide prove sull’azione di ostacolo esercitata da alcune faglie importanti sulla circolazione idrica sotterranea. Nelle note citate, infatti, è riportata la sezione idrogeologica del Gran Sasso lungo la costruenda galleria autostradale. In essa è visibile, tra l’altro, come il fascio di faglie di Campo Imperatore e la faglia della Valle Fredda rappresentino i più importanti ostacoli al libero deflusso della falda verso sud-ovest: nel primo caso la perdita di carico piezo¬ metrico supera i 300 m e nel secondo caso raggiunge probabilmente i Rapporti fra struttura e idrogeologia, ecc. 229 Fig. 3 - Schema idrogeologico dell’area a Nord-Ovest di l'Aquila Depositi fluvio - lacustri e detraici H Depositi flyschoidi Massicci carbonatici Faglie dirette di particolare interesse idrogeologico Faglie inverse e sovrascor rimenti di particolare interesse idrogeologico Sorgenti e gruppi sorgivi princi¬ pali Direzioni principali di flusso della falda Direzioni secondarie di flusso del¬ la falda Pozzi , sondaggi e relativo numero di riferimento © « -81 660 J Detrito di falda Calcari fratturati e tettomzzati Calcari fratturati Profondità' dal boccapozzo in metri Quote in metri s. / m. Livello della superficie piezometrica delle falde degli acquiferi carbonai ici Zona di rinvenimento di falde in r /sa¬ lienza 16 230 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro 450 m. Le esperienze in galleria (Boutitie - Lunardi, 1976) hanno tra l'altro dimostrato che dette perdite di carico sono concentrate e impu¬ tabili alla scarsa permeabilità della fascia di materiale cataclastico che accompagna le faglie. 7. Conclusioni Le indagini geognostiche eseguite nell'Appennino carbonatico abruz¬ zese hanno permesso di acquisire elementi interessanti circa il condizio¬ namento esercitato dall'assetto strutturale del territorio sulla circolazione idrica sotterranea. In particolare è stato confermato che le direttrici tet¬ toniche importanti, caratterizzate dalla presenza di ampie fasce catacla- stiche o di materiale terrigeno interposto tra i piani di faglia, costitui¬ scono un ostacolo per la circolazione delle acque. Per quanto concerne i territori studiati tale conferma ha consen¬ tito di risolvere, tra l'altro, alcuni problemi di particolare interesse ap¬ plicativo. Infatti, nell'altipiano delle Rocche (sondaggi n. 2 e 3 in fig. 2) e nella zona di Roccaraso (sondaggi n. 1 e 2 in fig. 1), la falda di base dei massicci carsici è stata rinvenuta a poche decine di metri dal piano campagna e più in alto di alcune centinaia di metri rispetto ai punti di recapito naturale delle acque. Ciò permetterà di captare in loco le acque necessarie per soddisfare i fabbisogni idrici delle suddette località (circa 200 l/s nei periodi di punta) evitando gli attuali trasporti di acque per diversi Km e diminuendo i sollevamenti di circa 250 m nel¬ l'altipiano delle Rocche e di circa 350 m nella zona di Roccaraso. Analogamente, potranno essere soddisfatti in loco i fabbisogni idrici della Piana di Castel di Ieri (sondaggi n. 9 e n. 10 in fig. 2) e potrà es¬ sere coperto, in tutto o in parte, Fattuale deficit fabbisogni/disponibilità idriche dell'alta Valle dell’Aterno. BIBLIOGRAFIA Per non ripetere un lungo elenco di pubblicazioni, si rimanda alla biblio¬ grafia riportata in Celico, 1978. Qui di seguito vengono riportati soltanto gli studi citati nel testo e alcuni di interesse regionale. Angelucci A., Praturlon A., 1968 - Raddoppio tettonico della serie meso - ceno- zoica nelle gole di Celano a Nord del Fucino ( Appennino centrale ). Geol. Rom., 7, Roma. Rapporti fra struttura e idrogeologia, ecc. 231 Boni C. F., 1973 - Lineamenti idrogeologici dell’ Appennino carhonatico laziale - abruzzese ( primi risultati della campagna 1970/72). Atti 2° Conv. Int. Acque Sott. Palermo. Boutitie J., Lunardi P., 1976 - Franchissement d’un accident tectonique majeur par le tunnel du Gran Sasso. Comptes rendus du 6° Congrès Européen de Mécanique des Sols et des travaux de Fondations. Wien. Celico P., 1978 - Schema idrogeologico dell’ Appennino carbonatico centro-meri¬ dionale. Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 14, Napoli. Celico P., 1979 - Considerazioni sull’idrogeologia di alcune zone dell’Italia cen¬ tro-meridionale alla luce dei risultati di recenti indagini geognostiche . Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 15, Napoli. Manfredini M., 1964 - Schema idrogeologico dell’ Abruzzo in « Le Sorgenti Ita¬ liane - Abruzzo ». Min. LL.PP., Serv. Idr. Centr. 9, Roma. Monjoie A., 1975 - Hydrogeologie du massif du Gran Sasso (Apennin Central). Coll. Pubbl. Fac. Se. Appi. Univ., 53, Liège. Servizio Geologico d’Italia - Carta Geologica d’Italia alla scala 1:100.000 e rela¬ tive note illustrative. Fogli n. 145 , 146, 147, 151, 152, 153. Roma. Boll. Soc. Natur. Napoli voi 89, 1980, pp. 233-254 , figg. 4, tabb. 4 I massicci carbonati ci limitrofi alla Piana di Fondi (Lazio Meridionale): circolazione idrica sotterranea e possibilità di utilizzazione delfacquifero come serbatoio naturale di compenso Nota del socio Pietro Celico (*), di Claudio Bartolomei (*) e di Angelo Pecoraro (*) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — Nel periodo irriguo la Piana di Fondi presenta un deficit, tra fabbisogni e disponibilità idriche, di circa 6 • IO6 me nell’anno medio e di circa 15 • IO6 me nell’anno critico. Gli Autori hanno eseguito indagini idrogeologiche e all’infrarosso termico per verificare resistenza o meno di condizioni favorevoli all'utilizzazione del¬ l’acquifero che alimenta le sorgenti della Piana come serbatoio naturale di compenso. Dall’insieme degli studi è emerso che dette condizioni esistono e che è possibile far fronte al deficit prelevando direttamente in falda i quantitativi d'acqua necessari. A fronte di ciò si dovrebbe avere un abbassamento medio della superficie piezometrica di circa 28 cm ed una diminuzione della portata media delle sorgenti di circa il 2 %. Résumé. — Dans la période irrigatoire la « Piana di Fondi » présente un manque, entre les besoins et les disponibilités hydriques, à peu prés de 6 • IO6 me dans l’année moyenne et à peu près de 15 • IO6 me dans l’année cri- tique. Les Auteurs on fait des recherches hydrogéologiques et aux rayons infra- rouges thermiques pour vérifier l’existence ou non de conditions favorables à l'utilisation de l'acquifère qui alimente les sources de la « Piana » comme un réservoir naturel de compensation. D’après l'ensamble des études est résulté que ces conditions existent et qu’il est possible de faire face au déficit en prélevant directement dans la nappe aquifère les quantités d’eau nécessaires. Par suite on devrait avoir une baisse moyenne du niveau de la surface piézométrique à peu près de 28 cm et un decroissement du débit moyen des sources d'environ 2 %. (*) Cassa per il Mezzogiorno (Ripartizione Progetti Idrici - Div. 4). 234 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro 1. Premessa Lo studio idrogeologico dei massicci carbonatici limitrofi alla Piana di Fondi è stato in parte affrontato nell’ambito degli studi preliminari (Celico, 1978, 1979) che la Divisione 4 (Ripartizione I) della Cassa per il Mezzogiorno ha condotto su tutto il territorio di propria competenza (Abruzzo, Molise, Lazio Meridionale e Campania). Successivamente sono state eseguite ulteriori indagini finalizzate alla determinazione della potenzialità delle risorse idriche della stessa Piana nonché alla valutazione delle possibilità di utilizzazione dell’acqui¬ fero carbonatico dei Monti Ausoni s.l. come serbatoio naturale di com¬ penso. Tale indirizzo degli studi è scaturito dalla constatazione che nella Piana di Fondi esistono solo problemi di utilizzazione razionale delle ri¬ sorse disponibili e, quindi, dalla necessità di reperire in loco le acque ne¬ cessarie per coprire il deficit (~ 6 • IO6 me nell'anno medio e ~ 15 • IO6 me nell'anno critico) attualmente esistente nel periodo irriguo, tra fabbisogni e disponibilità idriche. Bisogna infatti considerare che, mentre nel solo periodo non irriguo va mediamente a scarico (senza trovare utilizzazione) circa il 42 % delle risorse, il fabbisogno idrico globale raggiunge appena il 40 % della potenzialità media annua delle sorgenti ed il 62 % della stessa potenzialità riferita all’anno critico (Bartolomei, Celico, Pecoraro, 1980/b). Nel corso del presente lavoro vengono resi noti i risultati di mag¬ giore interesse scientifico acquisiti attraverso detti studi. 2. Inquadramento idrogeologico del territorio Le strutture carbonatiche che drenano parte delle loro acque verso le sorgenti basali della Piana di Fondi sono rappresentate dalle unità idrogeologiche dei Monti Ausoni e del Monte Grande (Celico, 1978). L’unità idrogeologica dei Monti Ausoni (fig. 1) è costituita essenzial¬ mente da calcari con intercalazioni di calcari dolomitici e, talora, di do¬ lomie (Cretacico-Paleocene). Si tratta di un acquifero molto permeabile per fratturazione e carsismo le cui caratteristiche idrogeologiche sono tali da consentire uno sfruttamento elastico e razionale della falda di base. I massicci carbonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc. 235 L'unità idrogeologica del Monte Grande, invece, presenta in affio¬ ramento anche altri litotipi meno permeabili quali le dolomie ed i cal¬ cari dolomitici basali (Trias sup. - Lias inf.) , nonché calcari con interca¬ lazioni dolomitiche e marne calcaree, calcari marnosi e calcari con noduli di selce ( Lias sup. - Cretacico inf.). Ciò comporta, ovviamente, una mi¬ nore elasticità di gestione delle risorse idriche in quanto non sempre è possibile captare grosse portate attraverso la perforazione di pozzi in zone logisticamente favorevoli all'utenza. 2.1. - Limiti delle unità idro geologiche I limiti dell’unità idrogeologica dei Monti Ausoni (fig. 1) sono stati già individuati in Celico (1978). Quello nord - occidentale, in particolare, è stato oggetto di uno studio di maggiore dettaglio (Bartolomei, Celico, Pecoraro, 1980/a) attraverso il quale è stato possibile accertare 1'esistenza, nella zona dell'Amaseno, di interscambi idrici trascurabili tra le falde di base dei Monti Lepini e Ausoni. II limite settentrionale è ancora più netto del precedente, essendo rappresentato dalTaccavallamento tettonico (Accordi, 1962; 1966) della struttura carbonatica sulle Argille Varicolori e sul Flysch di Frosinone (costituito prevalentemente da depositi argilloso-arenacei ) . In questo caso la falda di base del massiccio è tamponata in modo pressoché completo. Essa trabocca nella zona di S. Giovanni in Carico (dove esistono diverse sorgenti di modesta entità: n. 34 -r- 36 in fig. 1) ed in corrispondenza della sorgente Obaco (n. 33 in fig. 1) dove confluiscono anche le acque di ruscellamento che, dalla Conca di Pastena, si immettono nell'inghiot¬ titoio omonimo. Ad est, tra S. Giovanni in Carico e Pico, il limite dell’unità idrogeo¬ logica è marcato dallo stesso accavallamento tettonico; a sud di Pico, invece, il limite sembra coincidere con la linea tettonica di Itri lungo la quale si verifica l’innalzamento del Giura calcareo-dolomitico. Quest'ul- tima faglia dovrebbe mantenere la falda alta verso est (unità idrogeo¬ logica degli Aurunci occidentali) facendola traboccare nella valle del Sacco (sorgenti della Forma Quesa (n. 103 e 104, in Celico 1978). Essa, almeno da quanto è visibile in affioramento, non pare che debba fungere da vero e proprio spartiacque sotterraneo; infatti le caratteristiche idrogeologiche della faglia non sembrano tali da giustificare un tamponamento com¬ pleto del deflusso da nord -est verso sud-ovest, specie se si considera 236 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro che esistono circa 60 m di dislivello tra la quota nella valle del Liri e quella relativa alla zona di di trabocco della falda Fondi \ Schema idrogeo 1 a di Fondi e dei massicci carbonati E G E N D A onali recenti e deoositi detr Complesso sabbi oso-ghi ai oso- limoso: de Dosi do di depressioni tettonico-carsiche. Permeabilità, per porosità, complessivamente scarsa ma localmente variabil Complesso 1 imoso-marnoso-argi lloso: limi, marne e argille di ambiente palu Permeabilità, per Dorosità, complessivamente scarsa ma localmente variabil Complesso sabbioso: depositi prevalentemente sabbiosi, in facies eoli Permeabilità, per porosità, complessivamente scarsa ma localmente var ico: Tufi litoidi e poco coerenti con affioramenti epi per porosità e fessurazione, complessivamente scarsa ma 1 oc. nonché terre rosse e pi rodasti t one alla granulometria dei deposi almastro sottostanti a terre nere, colmate per boni fi c azione alla granulometria dei depositi. istiche idrogeologie granulometria dei deposi Complesso calcareo: calcari con intercal Permeabilità, per fratturazione e carsis lcareo-dolomi tico: con dolomie a volte prevalenti (talora con impregnazioni bituminose), con mento calcareo-marnoso (a nord-ovest di Gaeta) e calcari marnosi con noduli di selce (a nord di Sperlonga). Permeabilità, per fratturazi one e carsismo, complessivamente alta. conglomeratici a ce à, per fratturazi di tamponamento" dell' uni t con i complessi idrogeologi SIMBOLI SPECIALI idrogeologica dei Monti Ausoni: sono pressocché e di tamponamento" probabile delle falde di base di unità idrogeologi scarso interesse idrogeologie 2 dei Monti Ausoni e di M. Grand' Diessi idrogeologici adiacenti. comunque di entità trascurabile gli interscambi l'acquifero carbonatico alimenta in modo importanti tra nterconnessi i trofi , nel ver bacini sotterranei direzioni e versi principali di flusso della falda di base. direzioni e versi secondari di flusso della falda di base. sorgenti o gruppi sorgivi principali e loro numero di riferimento. ( P = pozzo). gruppi di sorgenti sottomarine. corsi d'acqua lungo i quali gli interscambi con le acque sotterranee sono limite comunque trascurabi 1 i . corsi d'acqua che drenano la falda pluviometro di Monte Calvo Amaseno dric A sud-est, l'accavallamento tettonico di M. Vele sembra dividere l'unità in esame da quella del M. Grande, mentre lungo gli altri bordi il limite è rappresentato dai depositi quaternari delle Piane Pontina e di 1 I dati isotopici delle acque (Celico, 1980/b) e i risultati del bilancio idro¬ geologico (paragrafo 2.4) sembrano comunque escludere 1’esistenza di travasi d’acqua consistenti. I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc . 237 Fondi. Tali depositi si rinvengono sovrapposti all'acquifero carbonatico, ribassato per faglie. L'ubicazione dei punti di trabocco della falda di base è quasi sempre legata all'andamento plano-altimetrico del suddetto limite. Lo stesso tipo di contatto marca il limite nord - occidentale dell'unità idrogeologica di M. Grande lungo il quale affiorano, anche in questo caso, le sorgenti più copiose. I limiti sud - occidentale e sud - orientale della stessa unità coinci¬ dono con la linea di costa dove sono state localizzate, tra l’altro, alcune sorgenti sottomarine di modesta entità (paragrafo 2.3). 238 P. C elico, C. Bartolomei e A. Pecoraro Ad est, infine, la già menzionata linea tettonica di Itri divide l’unità in esame da quella degli Aurunci occidentali. In questo caso la faglia dovrebbe fungere da vero e proprio spar¬ tiacque anche perché, contrariamente a quanto verificato in precedenza, le quote di recapito delle falde di base delle due unità limitrofe si tro¬ vano sempre a livello mare o poco al di sopra. A tal proposito è inte¬ ressante sottolineare che lungo lo spartiacque, nei pressi dell'abitato di Itri, è stata verificata 1’esistenza di una quota piezometrica pari a circa 50 m s.l.m. A questo punto è evidente che i massicci carbonatici che bordano la Piana di Fondi possono ritenersi idrogeologicamente isolati da quelli adiacenti. Se a ciò si aggiunge che l’idrostruttura delle stesse unità è del tipo a « catino », appare chiara la possibilità di sfruttare, per mezzo di pozzi opportunamente ubicati, le riserve permanenti dell'acquifero carbonatico quale volano di utilizzazione per i periodi di magra. 2.2. - Struttura e circolazione idrica sotterranea La comprensione dei fenomeni che condizionano la circolazione idrica sotterranea all’interno dei massicci carbonatici che bordano la Piana di Fondi è risultata, per ovvi motivi, indispensabile per l’impostazione di un piano di corretto sfruttamento delle risorse idriche. Perciò è stato avviato lo studio della struttura dei suddetti massicci e delle implica¬ zioni idrogeologiche ad essa connesse. Nell’unità idrogeologica dei M.ti Ausoni (fig. 1) non esistono bacini di alimentazione distinti per le singole sorgenti o gruppi sorgivi. Sono invece presenti delle importanti discontinuità tettoniche che regolano la circolazione idrica sotterranea imponendo alla falda determinati versi e direzioni di flusso preferenziali, ovvero ostacolando e rendendo difficili gli interscambi tra aree limitrofe dello stesso massiccio. Lungo la direttrice che va da Priverno Scalo alla Piana di Valle¬ corsa e da qui a La Starza (a sud di Pastena) (Celico, 1978), la falda sembra essere ostacolata nel suo deflusso verso i quadranti meridionali per cui trabocca nell'alta valle deH’Amaseno (con quote di sfioro varia¬ bili tra i 20 ed i 110 m s.l.m.: sorgenti n. 25 -h 32 in fig. 1) e nella valle del Liri (con quote di sfioro intorno ai 160 -j- 170 m s.l.m.: sorgenti n. 33 36 in fig. 1). Ovviamente, poiché le suddette sorgenti rappresentano lo sfioro alto della falda degli Ausoni, sono caratterizzate da un regime ad elevata variabilità, talora accentuato dalla presenza di importanti fe¬ nomeni carsici (sorgente n. 33: Obaco). I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc. 239 La summenzionata direttrice coincide con un'importante faglia, re¬ centemente posta in evidenza anche dalle immagini da satellite (Bocca- letti, Coli, Napoleone, 1979), la quale non ha però le caratteristiche tali da giustificare un completo tamponamento della falda verso nord. Ne deriva che parte delle acque riesce a superare l'ostacolo ed a defluire verso i recapiti preferenziali rappresentati dalle sorgenti della Piana di Fondi (n. 1 4- 13 e 21 in fig. 1) e del bordo orientale della Piana Pontina (n. 22 4- 24 in fig. 1). Tra questi due ultimi gruppi sorgivi esiste un'importante faglia tra¬ scorrente (M. Calvo - M. Cervaro) che dovrebbe rappresentare la prin¬ cipale causa del deflusso preferenziale delle acque verso la Piana Pon¬ tina (circa 3,9 me/s); anche le caratteristiche idrogeologiche di questa faglia, comunque, non sono tali da giustificare un’azione di tampona¬ mento completo sul deflusso della falda. Riassumendo e schematizzando si può dunque affermare che le sor¬ genti dei bordi nord - occidentale e nord - orientale della Piana di Fondi (n. 1 -e 13 e 21 in fig. 1) hanno un'area di alimentazione propria rappre¬ sentata dalla porzione di massiccio carbonatico posta a sud-est delle linee tettoniche di M. Cervaro - M. Calvo e Piana di Vallecorsa - La Starza. Poiché detti « spartiacque » non sono a tenuta stagna, le stesse sorgenti ricevono ulteriore alimentazione dal resto del massiccio dove la falda si mantiene generalmente a quota più alta. Per i fini del presente lavoro ciò significa che, lungo le summen¬ zionate linee tettoniche, la trasmissività dovrebbe essere ridotta rispetto alla media del massiccio. Quindi, un'eventuale perturbazione indotta nella falda (attraverso l'emungimento da pozzi ubicati lungo il perimetro carbonatico della Piana di Fondi) dovrebbe trovare difficoltà a supe¬ rarle. Pertanto, emungimenti che non creino grossi squilibri idrogeo¬ logici dovrebbero risentirsi, almeno in tempi brevi, in modo molto li¬ mitato sulle portare delle altre sorgenti dell’unità idrogeologica (n. 22 4- 36 in fig. 1). AH'interno dell’area così delimitata esistono ancora altre direttrici tettoniche di interesse idrogeologico tra le quali ricordiamo quella che, posta a nord -ovest della Cima del Monte (Celilo, 1978), sembra agevo¬ lare localmente il deflusso della falda verso la sorgente Villa S. Vito (n. 5 in fig. 1; ~ 18 m s.l.m.; ~ 0,68 mc/s) anziché verso la sorgente Fontanelle (n. 6 in fig. 1; ~ 0,04 mc/s) posta a quota più bassa (circa 11 m s.l.m.). Ancora da ricordare è l’importante faglia che delimita a nord -ovest la Piana di Fondi e che, proseguendo aH’interno del massiccio, giunge 240 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro fino a La Starza. Essa dovrebbe rappresentare lo spartiacque sotter¬ raneo tra le sorgenti ubicate nelle adiacenze dell'abitato di Fondi (n. 8, 9 in fig. 1) e la S. Magno (n. 7 in fig. 1): infatti gli interscambi tra i due bacini dovrebbero essere trascurabili anche perché, a nord - ovest e a sud - est della discontinuità tettonica, le acque di falda defluiscono pa¬ rallelamente ad essa ed hanno, presumibilmente, quote piezometriche identiche. Nell’unità idrogeologica di M. Grande (fig. 1) la circolazione idrica sotterranea appare condizionata dall'azione combinata della tettonica e della litologia. Si possono infatti distinguere direttrici tettoniche molto nette le quali hanno variamente dislocato blocchi carbonatici con ca¬ ratteristiche litologiche e idrogeologiche diverse Gli sfiori della falda di base dell'unità in esame sono tutti ubicati a livello del mare o a quote di poco superiori. Si può pertanto ipotiz¬ zare che all'interno del massiccio, tra i bacini sotterranei che in fig. 1 sono indicati come tributari dei vari gruppi sorgivi, non debbano esi¬ stere sostanziali dislivelli piezometrici. Pertanto si può ritenere che, nel¬ l'attuale equilibrio idrogeologico, gli interscambi idrici tra gli stessi ba¬ cini siano trascurabili. Nella stessa fig. 1 si può ancora osservare che i blocchi carbonatici costituiti da litotipi a minore permeabilità relativa affiorano proprio lungo la fascia costiera. Essi pertanto, facilitati anche dall'azione di par¬ ziale sbarramento esercitata dalle faglie che li hanno sollevati, rendono difficili le perdite di acqua verso mare e facilitano il deflusso delle stesse verso il fronte acquifero di Vetere (n. 14 -e 18 in fig. 1). Ai fini dello sfruttamento di queste ultime sorgenti si può quindi tenere conto che esistono degli ostacoli al propagarsi delle perturba¬ zioni eventualmente indotte in falda e che pertanto, nell'ipotesi di uno sfruttamento oculato delle risorse, è da escludere la possibilità di una marcata ingressione marina. 2.3. - Risultati del rilievo aereo all’infrarosso termico Il rilievo aereo all’infrarosso termico (Celico, 1979) è stato eseguito, nella zona di Terracina e nel tratto di costa compreso tra Sperlonga e Formia, allo scopo di verificare la validità delle ipotesi fatte circa l’as¬ senza di copiose perdite di acqua verso mare. Nella zona di Terracina è stata evidenziata l'esistenza di alcune sorgenti sottomarine caratterizzate, però, da un limitato contrasto termico I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc. 241 (vedasi carta delle isoterme in fig 2/a.). Esse, pertanto, sono da ritenere di scarsa entità, specie se poste in relazione con la potenzialità totale della struttura dei Monti Ausoni (paragrafo 2.4). Ciò, sia pure indirettamente, conferma lo schema di circolazione idrica precedentemente proposto in quanto lo spuntone di Terracina avrebbe dovuto rappresentare, per ovvie ragioni (Celico, 1979), il punto di recapito preferenziale della falda di base dei Monti Ausoni. Ne deriva automaticamente che, in un acquifero litologicamente omogeneo quale è quello in esame, devono esistere delle complicazioni strutturali (prece¬ dentemente individuate nella faglia M. Cervaro - M. Calvo) che consen¬ tono alle acque di defluire preferenzialmente verso la sorgente del Gr. Fe¬ ro nia (n. 22 in fig. 1) ubicate nella Piana Pontina, ad oltre 5 km da Ter¬ racina. Analogamente si spiega l'ubicazione delle sorgenti del Gr. Mola Bi- sleti (n. 1 e 2 in fig. 1) le cui acque vengono probabilmente intercettate (Celico, 1978), durante il loro deflusso da nord -est verso sud-ovest, dal fascio di faglie ad andamento appenninico esistente a nord -est di Ter¬ racina (Accordi, 1962). Quest'ultima osservazione è importante, tra l'altro, ai fini della capta¬ zione della falda che alimenta dette sorgenti. Infatti, anche in questo caso esistono ostacoli al libero deflusso delle acque verso mare e, di conseguenza, condizioni sfavorevoli all'ingressione di acqua marina. Pure lungo il tratto di costa compreso tra Sperlonga e Formia sono state confermate, con l'individuazione di poche sorgenti a bassissimo contrasto termico (vedasi carta delle isoterme in fig. 2/b), le ipotesi strutturali e idrogeologiche esposte in precedenza. In conclusione, per i fini del presente lavoro, si può affermare che i risultati ottenuti con il rilievo aereo all'infrarosso termico rappre¬ sentano, tra l'altro, una valida prova che nei massicci di bordo della Piana di Fondi sono limitati i pericoli di ingressione marina; pertanto, anche da questo punto di vista esistono condizioni favorevoli per uno sfruttamento razionale delle risorse idriche. 2.4. - Bilancio idrologico medio Il calcolo del bilancio idrologico delle unità dei Monti Ausoni e del M. Grande ha presentato delle difficoltà dovute all'assenza di plu¬ viometri ad alta quota ed all'esistenza di due sole stazioni termome¬ triche. Ad entrambi gli inconvenienti si è comunque ovviato (Bartolomei, 242 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro Scala termica in *C 18°C 17.5 °C 17 #C 16 °C 15 °C fig. 2/b - Principali sorgenti sottomarine (S) del tratto di costa compreso tra Sperlonga e Gaeta (carta delle isoterme) I massicci cartonatici limitrofi alla Piana dì Fondi , ecc . 243 Celico, Pecoraro, 1980/b) utilizzando metodologie ormai note (Civita, 1973; Celico, Civita, Cgrniellq, 1977; Celico, de Riso, 1978). I risultati sono sintetizzati nelle Tab. I e IL In entrambe le unità si può osservare come l'infiltrazione poten¬ ziale (IP) sia dì poco inferiore alla potenzialità delle sorgenti e delle per¬ dite verso le falde quaternarie. La differenza tra le due quantità è chia- TABELLA I Bilancio idrologico dell'unità dei Monti Ausoni Bilancio globale Potenzialità della falda in IO6 mc/a p IO6 mc/a Er IO6 mc/a R, IO6 mc/a IO6 mc/a Sorgenti Aliment. falde quat. Perdite verso mare e lago di Fondi Tot. 646,5 298,1 18,0 330,4 346,9 9,5 trasc. 356,4 TABELLA II Bilancio idrologico dell'unità del Monte Grande Bilancio globale Potenzialità della falda in IO6 mc/a P IO6 mc/a Er IO6 mc/a IO6 mc/a IO6 mc/a Sorgenti Aliment. falde quat. Perdite verso mare Tot. 137,7 68,1 10,1 59,5 62,1 1,6 trasc. 63,7 P = apporti; Er = evapotraspirazione reale; Rp = ruscellamento potenziale; Ip = infiltrazione potenziale. ramante dovuta ai margini di approssimazione delle valutazioni e dei calcoli eseguiti. In conclusione, sulla scorta dei bilanci calcolati, si può affermare che il sostanziale pareggio riscontrato tra entrate e uscite prova la piena validità dei limiti imposti alle singole unità idrogeologiche; sembra pure provato che non debbano esìstere interscambi idrici apprezzabili, né tra di esse, né tra esse e gli adiacenti Monti Aurunci e Lepinh Risulta pure provata resistenza di perdite limitate verso mare, così come era stato precedentemente dedotto (paragrafi 2.2 e 2.3) attraverso considerazioni 244 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro di carattere litologico e strutturale oltre che attraverso il rilievo aereo all'infrarosso termico. Per quanto riguarda i fini del presente lavoro viene confermato che la Piana di Fondi può contare, per il soddisfacimento dei grossi fab¬ bisogni idrici, quasi esclusivamente sui deflussi sorgivi (circa 148 x IO6 mc/a). Pertanto viene ancora una volta ribadita la necessità di raziona¬ lizzare l’uso di dette risorse attraverso l’utilizzazione del massiccio car- bonatico come serbatoio naturale di compenso. 3. Regime idrologico delle sorgenti Le sorgenti della Piana di Fondi sono tutte « per soglia di permea¬ bilità sovraimposta » (Civita, 1973), con esclusione del gruppo S. Gio¬ vanni e Lagurio (n. 10 in fig. 1) la cui genesi è legata aH'affioramento della piezometrica. In fig. 3 sono stati riportati, per il periodo aprile 1979/marzo 1980, i diagrammi relativi alle portate delle principali sorgenti della stessa Piana in relazione aH’istogramma delle piogge registrate dal pluviografo di M. Calvo Amaseno (fig. 1), appositamente installato. Da essi appare evidente che le grosse sorgenti (2, 5, 7, 8 — 9 e 14 -f- 18), pur se in misura diversa ed in tempi diversi, risentono abba¬ stanza velocemente delle piogge. Ciò, anche se sembra contrastare con la loro caratteristica di sorgenti basali del massiccio, trova giustifica¬ zione nelle modalità di circolazione idrica sotterranea precedentemente descritte (paragrafo 2.2). Infatti, a parte il carsismo che certamente incide in modo consi¬ derevole sulla variabilità delle portate, il fenomeno sembra essere legato soprattutto alla scarsa ampiezza dei bacini (fig. 1) che in precedenza (paragrafo 2.2) sono stati indicati come esclusivi delle sorgenti della Piana di Fondi. A conferma di ciò basti osservare come le sorgenti aventi tempi di risposta relativamente più lunghi (n. 2 e 8-9) siano proprio quelle con bacino autonomo più ampio. D’altro canto quelle con periodo di piena relativamente più prolungato sono le sorgenti (n. 14 -e 18) aventi, nel proprio bacino di alimentazione, ampi affioramenti di litotipi a per¬ meabilità ridotta (fig. 1). Molto interessante appare, infine, il regime della sorgente S. Puoto (n. 19 in fig. 3). Infatti, ad un flusso di base abbastanza regolare (pro¬ babilmente dovuto alle acque che circolano nei calcari marnosi e selci- I massicci carhonatici limitrofi alla Piana di Fondi , ecc. 245 £ E O) «o O 17 246 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro TABELLA III Indice di variabilità delle sorgenti riferito all’anno 1970 o G Portata (Q) Indice di Meinzer w * J Sh ^ tSi Sorgenti max med. min. costanti sub variabili variabili 73 mc/s mc/s mc/s Rv< 25% 25 %100% ì « da Baffone » 0,095 0,049 0,028 _ _ 116 2 Gr. Mola Bisle- ti (*) 2,182 1,061 0,492 — — 159 3 Pezzenti 0,267 0,089 0,020 — — 278 4 Portella 0,282 0,139 0,020 — — 189 5 Villa S. Vito 2,080 0,768 0,040 — — 266 6 Fontanelle 0,076 0,037 0,001 — — 203 7 S. Magno 2,300 0,566 0,017 __ — 403 8 Capo d’Acqua 0,340 0,187 0,036 — — 163 9 Settecannelle 0,560 0,431 0,220 — 79 — 10 S. Giovani e La- gurio — — — — — — 11 Trozzi 0,036 0,010 0,000 — — 360 12 Gegni 0,193 0,085 0,029 -- — 193 13 Valmaiura 0,600 0,130 0,004 — — 459 14 Volpe 0,030 0,017 0,010 — — 118 15 Lauro 0,052 0,039 0,024 — 72 — 16 Torricella 0,065 0,031 0,004 — — 197 17 Vetere 1,100 0,841 0,497 — 72 — 18 Setteacque 0,140 0,082 0,021 — — 145 19 Lago S. Puoto (*) 0,795 0,427 0,177 — — 145 20 Fontana 0,052 0,039 0,024 — 72 — (*) Rv è stato calcolato con i dati relativi al periodo Aprile 1979 - Marzo 1980. Q max — Q min Rv = Q med • 100. I massicci carbonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc. 247 feri del suo bacino), si sovrappongono piene parassite probabilmente legate all'alimentazione proveniente dalla parte di bacino più franca¬ mente calcarea (fig. 1). Le considerazioni applicative che si possono trarre da queste osser¬ vazioni ed in particolare dai coefficienti di variabilità riportati in tab III, è che un’utilizzazione razionale delle acque della Piana di Fondi non può prescindere da una regolarizzazione più o meno accentuata del regime dell’intera falda che alimenta le sorgenti; non è infatti ammissibile che gran parte della sua potenzialità defluisca nel periodo non irriguo, quando le utilizzazioni sono molto limitate. 4. Utilizzazione dell'acquifero carbonatico come serbatoio naturale di COMPENSO Nel corso del presente capitolo viene valutata la possibilità di sop¬ perire al deficit attualmente esistente nella Piana di Fondi, tra fabbi¬ sogni e disponibilità idriche (Bartolomei, Celico, Pecoraro, 1980/b), at¬ traverso l'utilizzazione dell’acquifero carbonatico come serbatoio natu¬ rale di compenso. Inoltre vengono fatte delle previsioni sulle variazioni che tale utilizzazione dovrebbe indurre sul regime sorgivo. 4.1. - Estrapolazione dei parametri idrodinamici medi dei Monti Lepini ai massicci che bordano la Piana di Fondi Nell'ambito delle indagini in corso (Bartolomei - Celico - Pecoraro, 1980/a) al fine di risolvere il problema deH'approvvigionamento idrico delle piane Pontina e di Fondi, i Monti Lepini sono stati utilizzati come massiccio campione per l’acquisizione dei dati necessari a valutare an¬ che le possibilità di utilizzazione dei massicci carbonatici adiacenti come serbatoi naturali di compenso. I Lepini, infatti, presentano una situa¬ zione idrogeologica più facilmente schematizzabile e, pertanto, meglio riconducibile ad un modello idrodinamico abbastanza semplice (Celico, (1980/a). Alcuni dei risultati conseguiti attraverso detti studi sono sintetizzati nella tab. IV. L'estrapolazione ai massicci che bordano la Piana di Fondi dei sud¬ detti valori medi relativi al coefficiente di permeabilità ( KM = 4,5 • IO-2 cm/s), alla trasmissività {TM = 3,6 • IO-2 m|2/s), alla porosità efficace 248 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro (Pt = 4,0 • IO-2) e alla velocità reale della falda (V R = 13 m/g) sembra pienamente giustificato. Infatti non solo i Lepini sono complessivamente costituiti dagli stessi litotipi affioranti negli Ausoni e nell’unità di M. Grande, ma hanno subito la stessa evoluzione paleogeografica (Accordi, 1962 e 1966; C.N.R., 1975) e, ovviamente, una identica evoluzione idrogeo¬ logica. Anche l'esposizione agli agenti atmosferici non cambia sostanzial¬ mente tra i vari massicci. TABELLA IV Parametri idrodinamici medi delTunità idrogeologica dei Monti Lepini (da Celico, 1980/a) Gradiente piezometrico ( i ) e % dell'intera superficie interessata (A = 600 kmq) Periodo di magra dell’anno 1979 Media Zone di drenaggio e alimen¬ tazione Zone tettoni¬ camente complesse Altre zone Intera unità idrogeo¬ logica Intera unità idrogeo¬ logica T 1 M PE Vr i %A i % A i % A i %A \ i %A cm/s m2/s o/o m/g 0,004 29 0,037 27 0,009 44 0,015 100 0,013 100 0,045 0,036 4,0 13 4.2. - Copertura del deficit fabbisogni/ disponibilità idriche e possibili ri- percussioni sul regime delle sorgenti La disponibilità, per più anni, di misure di portata sistematiche relative alle principali sorgenti della Piana di Fondi (Cassa per il Mez¬ zogiorno, 1979) ha consentito di calcolare, alla fine dei vari periodi di esaurimento, riserve regolatrici complessive oscillanti intorno ai 20 • IO6 me. Detti volumi sono da soli sufficienti a garantire la copertura del deficit indicato in premessa (~ 6 • IO6 mc/a e ~ 15 • IO6 mc/a). È comun¬ que evidente che tra i volumi d’acqua da sfruttare come volano di uti¬ lizzazione bisogna considerare anche le riserve permanenti. Queste, sulla base del coefficiente di immagazzinamento indicato in tabella IV, possono essere valutate in circa 4 • IO6 me per ogni kmq di superficie e per ogni 100 metri di profondità dell'acquifero posto al di sotto della quota media delle sorgenti. Essendo pertanto certa l'esistenza delle riserve sufficienti per l'utiliz¬ zazione dell’acquifero carbonatico come serbatoio naturale di compenso, I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi, ecc. 249 è ora necessario prevedere quali ripercussioni possa avere, sul regime delle sorgenti, Femungimento supplementare di 6 ~ 15 • IO6 me nel pe¬ riodo irriguo. A tal proposito è interessante osservare che nei Monti Lepini è stata provata (Celico, 1980/a) la piena validità della legge di Darcy. È per¬ tanto lecito ipotizzare che anche nel territorio carsico in studio esista proporzionalità diretta tra livelli piezometrici e portate sorgive. Per¬ tanto si può calcolare la percentuale di diminuzione delle portate medie delle sorgenti semplicemente attraverso il rapporto tra il volume del deficit medio nel periodo irriguo (ovvero, il volume medio d'acqua da emungere in magra: ~ 6 • IO6 mc/a) e la potenzialità media delle sor¬ genti stesse (~ 148 • IO6 me): - 6 • IO6 me - =r ~ 4 % 148 • IO6 me In realtà detta percentuale potrebbe essere ancora più bassa. In¬ fatti, poiché dal punto di vista idraulico non è possibile fare delle di¬ stinzioni nette tra i bacini di alimentazione dei singoli gruppi sorgivi (paragrafo 2.2), sembra verosimile ipotizzare che a lungo termine si abbia un riequilibrio generale della piezometrica (e quindi del regime sorgivo) in tutto il massiccio. In tal caso si avrebbe : - 6 • IO6 me 409 • IO6 me essendo 409 • IO6 me la potenzialità sorgiva totale media annua riferita ad entrambe le unità carbonatiche che bordano la Piana di Fondi (Tab. I e II)2. Nella stessa ipotesi si dovrebbe avere un abbassamento generaliz¬ zato medio della piezometrica pari a: 6 • IO6 me ~ 6 • IO6 me A • P, = 588 - IO6 mq • 0,04 0,26 m 2 Sono state trascurate le perdite verso mare e verso le falde quaternarie, nel presupposto che esse rimangano pressocché costanti anche dopo aver arti¬ ficialmente abbassato il livello piezometrico medio della falda dei carbonati. 250 P. C elico, C. Bartolomei e A. Pecoraro essendo A l’area complessiva delle summenzionate unità idrogeologiche (Bartolomei, Celico, Pecoraro, 1980/b) e Pt il coefficiente di immagazzi¬ namento (Tab. IV). Per ricostruire le probabili portate sorgive relative al nuovo equili¬ brio idrogeologico (susseguente, cioè, ai sistematici emungimenti dei mesi di magra) bisogna considerare che l’abbassamento indotto nella piezometrica può essere considerato, almeno in prima approssimazione, una costante. Pertanto, poiché le stesse portate dovrebbero essere in ogni momento proporzionali alla cadente piezometrica (Celico, 1980/a), il decremento complessivo di portata delle sorgenti della Piana di Fondi dovrebbe essere costantemente pari a: 4,69 mc/s • 0,02 = ~ 0,09 mc/s e, quindi, praticamente trascurabile. Ciò è ovviamente valido nell'ipotesi che sui due massicci non gra¬ vino altre utenze che prevedano lo stesso tipo di utilizzazione del¬ l’acquifero. A questo punto è evidente che, emungendo dalla falda in modo con¬ centrato un volume d'acqua la cui mancanza si fa poi risentire sulle portate sorgive in modo costante per tutto l’anno, non si fa altro che trasportare dei quantitativi d'acqua dal periodo di piena a quello dì magra (fig. 4). Si adegua cioè, entro certi limiti, il regime della falda alle esigenze dell’utenza. 4.3. - Proporzionamento delle opere di captazione Come si è detto, detraendo circa 90 l/s dalle attuali portate sorgive, è possibile calcolare quelle teoriche relative al nuovo equilibrio idrogeo¬ logico, ovvero è possibile prevedere le portate sorgive a lungo termine nell’ipotesi che esse risentano soltanto dell'abbassamento medio artifi¬ cialmente indotto nella piezometrica del massiccio. Ferma restando la validità di questa ipotesi (in quanto nel periodo dell’anno con emungimenti nulli o trascurabili (fig. 4) la falda ha pos¬ sibilità di riequilibrarsi), ai fini del proporzionamento delle opere di captazione bisogna però considerare che, se i pozzi vengono ubicati in prossimità delle scaturigini, nella stagione irrigua le sorgenti potrebbero risentire anche degli abbassamenti indotti localmente nella piezometrica. In altri termini si deve mettere in bilancio la possibilità che si provochi I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi , ecc. 251 -Istogramma fabbisogni /disponibilità" idriche della Piana di Fondi con evidenziazione del parziale trasferimento dei deflussi del periodo non deficitario a quello deficitario- 252 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro un ulteriore decremento delle portate sorgive3 limitato al solo periodo di emungimento. In analogia a quanto fatto negli adiacenti Monti Lepini (Celico, 1980/a), si possono introdurre i valori di TM e PE (Tab. IV) nella formula di Theis e si può calcolare la depressione piezometrica media (A p) che si ha nella zona intorno alle sorgenti (di raggio pari a Ixi) nell’ipotesi cautelativa che da ogni pozzo si emunga una portata continua QP pari o superiore a quella di punta (per es.: 80 l/s in Bartolomei, Celico, Pe¬ coraro, 1980/b) per un periodo di tempo (£,-) di quattro mesi. Ap = 0,183 • QP log 2,25 -Tu-tt x] *PF. 0,183 • 0,08 mc/s 2,25 • 0,036 m2/s • 10.368.000 s log - 0,036 m2/s 7802 m • 0,04 = 0,57 m Considerando ora la cadente piezometrica della falda, che per pru¬ denza si può fissare pari a quella minima indicata in tabella IV, si può calcolare con buona approssimazione l'altezza piezometrica media Hp (ri¬ ferita alla quota di sbocco della sorgente) dell’intera area in cui non dovrebbero essere introdotte perturbazioni: HP = 780 m • 0,004 = 3,12 m Poiché A p è pari a circa il 20 % di Hp e poiché si è già detto che esiste proporzionalità tra altezza piezometrica e portate sorgive4, si può ritenere che la portata delle sorgenti, nel caso in esame, debbano subire un ulteriore decremento di circa il 20 °/o. 5. Conclusioni I massicci dei Monti Ausoni e del M. Grande hanno una potenzialità idrica globale di ~ 420 • 10^ mc/a che trova recapito in sorgenti interne 3 Negli adiacenti Monti Lepini (Celico, 1980/a), è stata calcolata in 1.560 m la distanza minima (2 x{) dalle sorgenti entro la quale non bisognerebbe in¬ trodurre perturbazioni (tramite emungimenti da pozzi) affinché le acque di falda, a velocità VR (Tab. IV), giungano indisturbate a recapito per tutto il periodo di maggiore richiesta d’acqua (da giugno a settembre). 4 Detta proporzionalità risulta confermata, da indagini in corso, anche nel massiccio carsico del M. Terminio. I massicci cartonatici limitrofi alla Piana di Fondi , ccc. 253 (~ 148 • IO6 mc/a) ed esterne alla Piana di Fondi, in falde quaternarie interne ed esterne alla stessa Piana ed infine in mare, probabilmente anche attraverso il lago di Fondi. Poiché si è ritenuto di dover far fronte ai principali fabbisogni po¬ tabili, industriali e irrigui della Piana di Fondi (~ 59 • IO6 mc/a) con l'uso delle sole risorse sorgive (Bartolomei, Celico, Pecoraro, 1980/b) e poiché dette sorgenti presentano un regime molto variabile, con magre accentuate nel periodo di maggiore richiesta dell’utenza, si è reso ne¬ cessario accertare 1'esistenza di condizioni favorevoli all'uso dell’acqui¬ fero carbonatico come serbatoio naturale di compenso. Detti accertamenti, eseguiti attraverso studi di carattere litologico, strutturale, idrologico e idrogeologico (oltre che con l’ausilio del rilievo aereo all’infrarosso termico delle coste carbonatiche), hanno portato alla conclusione che il deficit (~ 6 -4- 15 • IO5 mc/a) esistente tra disponibilità idriche e fabbisogni può essere coperto emungendo direttamente dalla falda, nel periodo di magra, le portate necessarie. Tale tipo di gestione delle risorse dovrebbe comportare una mo¬ desta riduzione delle attuali portate sorgive ma anche una migliore di¬ stribuzione delle disponibilità idriche che nel corso dell’anno. Infatti ver¬ rebbe recuperato all’uso irriguo, industriale e potabile, nel periodo di magra, un volume d’acqua pari al 9 % circa delle quantità che attual¬ mente vanno mediamente a scarico, inutilizzate, nel periodo non irriguo. BIBLIOGRAFIA Per non ripetere un lungo elenco di pubblicazioni, si rimanda alla biblio¬ grafia riportata in Celico, 1978. Qui di seguito vengono riportati soltanto gli studi citati nel testo ed alcuni di interesse regionale. Accordi B., 1962 - Lineamenti strutturali del Lazio e dell’Abruzzo meridionali. Mem. Soc. Geo!. IL, 4, Bologna. Accordi B., 1966 - La componente traslativa nella tettonica dell’ Appennino La¬ ziale-abruzzese. Geol. Rom., 5, Roma. Bartolomei C., Celico P., Pecoraro A., 1980/a - Sulle possibilità di alimentazione artificiale della falda di base del massiccio carbonatico dei Monti Lepini ( Lazio meridionale). Atti 4° Conv. Int. Acque Sott. Acireale. Bartolomei C., Celico P., Pecoraro A., 1980/b - La Piana di Fondi: risorse, fab¬ bisogni idrici e utilizzazione dell’acquifero carbonatico come serbatoio na¬ turale di compenso. Relazione inedita (Cassa per il Mezzogiorno - Ripart. Schemi Idrici - Div. IV - Roma). Bqccaletti M., Coli M., Napoleone G., 1977 - Nuovi lineamenti strutturali da immagini Landsat e rapporti con l’attività sismica negli Appennini. Boll. Soc. Geol. IL, 96, Roma. 254 P. Celico, C. Bartolomei e A. Pecoraro Boni C. F., 1973 - Lineamenti idrogeologici dell’ Appennino carbonatico laziale¬ abruzzese ( primi risultati della campagna 1970/72). Atti 2° Conv. Int. Acque Sott., Palermo. Cassa per il Mezzogiorno, 1979 - Censimento dei dati idrogeologici dell’area di intervento del P.S. 29. Roma. Castany G., 1980 - Relazione generale sul tema: « Acquiferi profondi e scambi tra le falde ». Atti 4° Conv. Int. Acque Sott. Acireale (CT) . Celico P., 1978 - Schema idrogeologico dell’ Appennino carbonatico centro-meri¬ dionale. Mem. e Note Ist. Geol. Api., 14, Napoli. Celico P., 1979 - Considerazioni sull’idrogeologia di alcune zone dell’Italia centro¬ meridionale alla luce dei risultati di recenti indagini geognostiche. Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 15, Napoli. Celico P., 1980/a - Metodologia di calcolo e possibilità di utilizzazione dei prin¬ cipali parametri idrodinamici dell’acquifero carbonatico dei Monti Lepini (Lazio meridionale). In preparazione. Celico P., 1980/b - Le sorgenti della Piana di Fondi ( Lazio meridionale) : prime considerazioni sul chimismo delle acque. Boll. Soc. Natur., Napoli (in corso di stampa). Celico P., Civita M., Corniello A., 1977 - Idrogeologia del margine nord-orientale della Conca Campana ( Massicci dei Tifatini e del M. Maggiore). Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 13, Napoli. Celico P., de Gennaro M., Ferreri M., Chiara M. R., Stanzione D., Zenone F., 1979 - La composizione chimica e isotopica delle acque sotterranee dell’Alta Valle del F. Seie in relazione all’idrodinamica delle falde. Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 15, Napoli. Celico P., De Riso R., 1978 - Il ruolo della Valle Caudina nella idrogeologia del Casertano e del Sarnese (Campania). Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 14, Napoli. Civita M., 1973 - Schematizzazione idrogeologica delle sorgenti normali e delle relative opere di captazione. Mem. e Note Ist. Geol. Appi., 12, Napoli. Civita M., 1973 - L’infiltrazione potenziale media annua nel massiccio carbo¬ natico del Matese (Italia meridionale). Atti II Conv. Int. Acque Sott., Pa¬ lermo. C.N.R., 1975 - Modello strutturale della penisola italiana alla scala 1:500.000. Roma. Ministero LL.PP., 1934-1964 - Le sorgenti Italiane. Pubbl. n. 14 del Serv. Idr., Ist. Poi. Stato, Roma. Servizio Geologico d'Italia, Carta geologica d’Italia alla scala 1:100.000 e relative Note illustrative. Fogli n. 159, 160, 170, 171, Roma. Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 255-261, figg. 4, tabb. 2 Le sorgenti della Piana di Fondi (Lazio meridionale): prime considerazioni idrogeologiche in base al chimismo delle acque Nota del socio Pietro Celico (*) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — Nel corso del lavoro vengono interpretati i primi risultati delle analisi chimiche e isotopiche in corso di esecuzione sulle acque sorgive della Piana di Fondi. Dai risultati finora ottenuti si è avuta conferma dello schema di circolazione idrica sotterranea ipotizzato in studi precedenti, con particolare riferimento ai limiti dei bacini di alimentazione dei singoli gruppi sorgivi e all'azione di parziale sbarramento esercitata sulla circolazione idrica sotterranea da alcune importanti direttrici tettoniche. Résumé. — Au cours du travail nous interprétons les premiers résultats des analyses chimiques et isotopiques au cours d'exécution sur les eaux des sources de la piaine de Fondi. Les résultats obtenus jusqu'à maintenant ont confirmé le schèma de la circulation idrique souterraine que nous avons sup- posé dans les études précédents. En particulier nous avons eu la confirmation des limites des bassins d’alimentation de chaque groupe de sources et de l'action de partici barrage exercé sur la circulation idrique souterraine par quelques importantes directrices tectoniques. 1. Premessa I massicci carbonatici che alimentano le sorgenti della Piana di Fondi (Fig. 1; Tab. I) sono stati oggetto, in precedenza, di studi idrogeologici finalizzati soprattutto alla definizione dello schema di circolazione idrica sotterranea (Celico, 1978, 1979; Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980). (*) Cassa per il Mezzogiorno (Rip. Progetti Idrici - Div. 4). 256 P. Celico Detti studi sono ancora in corso, anche perché attraverso essi si tende ad acquisire gli elementi per giungere ad una utilizzazione otti¬ male delle risorse idriche disponibili. Nel corso del presente lavoro vengono rese note le prime conclusioni scaturite dalla campagna di indagini idrochimiche ed isotopiche. Esse, allo stato attuale delle conoscenze, sembrano avvalorare i risultati degli studi precedenti e, quindi, lasciano ampio spazio all'ipotesi di utilizza¬ zione dell'acquifero carbonatico come serbatoio naturale di compenso (Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980). Le sorgenti della Piana di Fondi , ecc. 257 TABELLA I Sorgenti della Piana di Fondi. N. di riferimento Denominazione quota portata media N. misure disponibili m s.ì.m. l/s 1 « da Baffone » 2 49 12 2 Gr. Mola Bisleti 3 864 1 3 Pezzenti 4 88 30 4 Portella 7 119 90 5 Villa S. Vito 18 680 133 6 Fontanelle 11 42 17 7 S. Magno 20 448 88 8 Capo d'Acqua ) 5 888 74 9 Settecannelle j 10 S. Giovanni e Lagurio 1 100 1 11 Trozzi 10 19 22 12 Gegni 9 56 26 13 Valmaiura 14 96 25 14 Volpe 4 27 27 15 Lauro 4 39 12 16 Torricella 5 35 24 17 Vetere 5 906 154 18 Setteacque 6 83 26 19 Lago S. Puoto 1 360 1 20 Fontana 0 60 17 2. Le indagini eseguite Come si è accennato, lo studio chimico e isotopico delle acque della Piana di Fondi (Fig. 1; Tab. I) è soltanto ai primi passi in quanto è di- 258 P. C elico sponibile, per ora, solo un numero limitato di analisi. Comunque, già sulla base di questi pochi dati, è possibile trarre considerazioni di un certo interesse, e scientifico e applicativo, che vengono qui di seguito esposte. 2.1. I risultati delle analisi chimiche Nel corso del presente paragrafo vengono prese in considerazione le analisi chimiche delle acque della Piana di Fondi (Fig. 1) eseguite nel mese di settembre 1979. Dai diagrammi di Schoeller - Berkaloff (Fig. 2/a e 2/b) si osserva in¬ nanzitutto che è possibile suddividere le sorgenti analizzate in due gruppi: il primo (gr. A: sorgenti n. 3, 4, 10, 14, 18, 19, 20) caratterizzato da una forte componente clorurato - alcalina ed il secondo (gr. B: sorgenti n. 5, 6, 7, 8, 9, P, 15, 16, 17) caratterizzate da una forte componente carbonato - calcica e da bassi tenori in S04, Cl, NA + K. Gli stessi gruppi si possono distinguere nettamente anche negli isto¬ grammi delle Fig. 3/a, 3/b e 3/c. L'alta mineralizzazione, l’alto contenuto in cloruri ed il basso valore del rapporto r S04/r Cl (Fig. 3/c) sembrano indicare, per le sorgenti del gruppo A, 1'esistenza di meccanismi che consentono la mobilizzazione di acque di fondo (Schoeller, 1975). Per le acque di Pezzenti e Portella (n. 3 e 4) ciò sembra essere giusti¬ ficato dal fatto che queste sorgenti si trovano, (rispetto alle direzioni di flusso preferenziali della falda: Fig. 1) a valle della faglia M. Calvo - M. Cervaro, lungo la quale le acque provenienti da nord-ovest dovrebbero trovare difficoltà a filtrare; esse, inoltre, si trovano a valle delle sorgenti Villa S. Vito, Fontanelle e S. Magno (n. 5, 6, 7), dove sfiorano le acque a percorso veloce provenienti da nord -est. Per il gruppo sorgivo S. Giovanni e Lagurio (n. 10), invece, l'appar¬ tenenza al primo gruppo indica chiaramente che esso, oltre che dagli apporti laterali provenienti dalla parte alta della falda degli Ausoni, è ali¬ mentato direttamente dal sub-strato carbonatico sottostante ai depositi quaternari della Piana. Riferendoci ora alle sorgenti dell’area sud-orientale della Piana (Fig. 1), si può osservare che anche S. Puoto (n. 19) e Fontana (n. 20) fanno parte del gruppo di sorgenti ad alto grado di mineralizzazione (fig. 2/b, 3/a, 3/b, 3/c). Poiché esse hanno, tra tutte, il bacino di alimentazione più piccolo (Fig. 1), il fenomeno potrebbe essere legato a mescolamenti con acque a Le sorgenti della Piana di Fondi , ecc. 259 c 0) +* u> c 260 P. Celico 18 Le sorgenti della Piana di Fondi , ecc. 261 percorso più lungo provenienti dal bacino dell'adiacente gruppo sorgivo di Vetere. È comunque probabile che lo stesso fenomeno, in accordo con la litologia e la scarsa permeabilità dell’acquifero (Celico, Bartolo¬ mei, Pecoraro, 1980) sia da correlare anche col deflusso molto lento delle acque del bacino di alimentazione (vedi l'alto valore di rMg/ rCa in Fig. 3/d). Pure nelle acque della sorgente n. 18 (Fig. 1) il contenuto in cloruri e la mineralizzazione complessiva sono elevati, mentre è molto basso il rapporto r S04/r CI (Fig. 2/b, 3/a, 3/b, 3/c). Anche in questo caso il feno¬ meno è probabilmente da correlare, in analogia con quanto verificato in altri massicci carbonati dell’Appennino centro - meridionale (Celico, 1978; Celico et Al., 1979) con la mobilizzazione di acque di fondo in cor¬ rispondenza della faglia che separa (a sud-est) il massiccio di M. Grande s.l. dal blocco carbonatico in cui è ubicata la sorgente. A tal proposito basti osservare che proprio la sorgente in esame pre¬ senta il più alto valore del rapporto rMg/rCa (Fig. 3/d) probabilmente perché vengono mobilizzate acque circolanti nella parte bassa della serie carbonatica (dove prevalgono i termini dolomitici). Che la mineralizzazione avvenga in corrispondenza della faglia pre¬ cedentemente menzionata sembra essere indirettamente confermato dalla constatazione che anche la sorgente Volpe (n. 14) ha caratteristiche ana¬ loghe alla precedente (Fig. 2/b, 3/a, 3/b, 3/c); le acque emergenti a nord- est della faglia (n. 15, 16, 17) sono invece caratterizzate da un minor grado di mineralizzazione (Fig. 3/a), da un minor contenuto in CI (Fig. 3/b) e da un rapporto r S04/r CI più alto (Fig. 3/c). Ai fini del presente lavoro è ancora importante segnalare che le acque del pozzo P (Fig. 1), ubicato nella fascia detritica pedemontana, hanno caratteristiche chimiche analoghe a quelle delle sorgenti vicine (n. 5, 6, 7, 8 e 9). Ciò prova, evidentemente, 1'esistenza di apporti idrici impor¬ tanti dal massiccio carbonatico verso le falde di pianura. Pure interessante è, infine, una breve panoramica sui diagrammi rS04/rCl e rMg/rCa di Fig. 4/a e 4/b. In entrambi, infatti, la buona correlazione positiva esistente tra gli ioni conferma che le acque di tutte le sorgenti circolano in terreni aventi caratteristiche litologiche simili. Nel diagramma r S04/r Cl, in particolare, si può osservare che dal gruppo di punti posti in basso a sinistra si staccano soltanto quelli rap¬ presentativi di acque aventi tempi di transito relativamente lunghi (n. 3, 4, 10, 14, 18, 19, 20) (Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980). 18 262 P. Celico 3,5' r SO4 19 • .3 .14 10. i\ 5-6-7-8-9-P-15-16-17 0 1 5 10 fig. 4/a : Diagramma rSC>4 / r CI .20 18. 20 r CI 25 28 5- 4- 20 3- .19 . 3 .4 2- 1- 0 1 2 fig. 4/ b : Diagramma rMg/rCa 8. * 6 . 7. 16 17 5. .14 15 3 4 rCa 7 Le sorgenti della Piana di Fondi, ecc. 263 Nello stesso diagramma, tra gli altri punti, si allinea molto bene anche quello relativo alla sorgente Fontana (n. 20); ciò sembra escludere la presenza di marcati inquinamenti di origine marina, nonostante essa sbocchi in prossimità del mare. Il diagramma r Mg/r Ca conferma, in pratica, quanto detto in merito al precedente. 2.2. I risultati delle analisi isotopiche Nel corso del presente paragrafo vengono interpretati i dati isotopici attualmente disponibili (Tab. II) delle acque della Piana di Fondi, unita¬ mente a quelli di altre sorgenti ubicate al di fuori della Piana ma appar¬ tenenti alla stessa struttura carbonatica (Fig. 1). Per quanto riguarda le sorgenti dell’unità idrogeologica dei Monti Ausoni (Celico, 1978; Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980) delle quali sono disponibili le analisi isotopiche (n. 2, 5, 8, 22, 25, 27) si può innanzitutto osservare che le acque con 5180 più negativi sono quelle di Fiumicello (pozzo e sorgente: n. 22) e delFAmaseno. I valori di 6180 relativamente meno negativi riscontrati nel fiume sono evidentemente dovuti alle ali¬ quote di acqua piovana cadute nella parte più bassa della valle. Ancora meno negativi sono i valori del 8180 relativi alle acque di Marutte e Feronia (n. 25 e 27), in accordo con la minore quota media del loro bacino di alimentazione. A tal proposito basti considerare che la sorgente Fiumicello trae tutta l’alimentazione dalla zona mediamente più alta di tutta la struttura (comprendente la cima del M. delle Fate: 1090 m s.l.m.), mentre solo una aliquota di queste acque giunge alle sor¬ genti n. 25 e 27 (Fig. 1; Celico, 1978; Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980). Molto interessante è la differenza riscontrata, nel prelievo del mese di maggio, tra i valori del 8180 relativi alle acque delle sorgenti Feronia (n. 27) e Mola di Stefano (n. 2), nonostante esse emergano a quote pres- socché uguali ed alla punta estrema dello stesso massiccio. Infatti, tale differenza sembra confermare lo schema di circolazione idrica sotter¬ ranea proposto negli studi precedenti (Celico, 1978; Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980; Fig. 1) perché il valore meno negativo riscontrato nella sorgente n. 2 avalla l’ipotesi del parziale tamponamento operato dalla faglia M. Cervaro - M. Calvo (Fig. 1) sulle acque provenienti dalla zona alta del già menzionato Monte delle Fate. Un’ulteriore conferma sembra provenire dai successivi prelievi perché, in magra (settembre 1979), i due valori del 8180 quasi si eguagliano per poi differenziarsi ancora a no Dati isotopici delle acque. 264 P. C elico §J a «i & ( LO 0\0\ rp r- lÓcp\ ■4Ó CT'°Ì' ■4® OJU9UIUSJU ÌP ;N I I I ^ o 0\ 0\ sd SO r-~ so °o a\ SO SO +! - 22 V/ vO CN sQ OO ro m so © in in so sd I I ON ON ON ON +1 +1 +1 +1 © OO vo OO ro co (N OO OO OO OO rM co co I I ©^ co vO ©~ co rj- CO S £ 3 c 'ù. ]Z! y-i PQ OJ C/5 J2 _ q "-3 cd O I S 5 OO OO OO OO f od od Qs sd 0 co co co co I ! I I I in m in m J y (*) La sorgente Le Bocche è ubicata in corrispondenza del gruppo sorgivo n. 103, in Celico (1978). Le sorgenti della Piana di Fondi, ecc. 265 vembre, quando alle sorgenti del gruppo Bisleti (n. 2) giungono nuova¬ mente copiose le acque a percorso veloce della zona posta a sud - est della già citata faglia M. Cervaro - M. Calvo. Anche i contenuti naturali in T delle due acque sembrano confermare l’ubicazione delle rispettive aree di alimentazione preferenziale indicate in Fig. 1. Infatti le acque della sorgente Feronia (n. 27) sono le più vec¬ chie, in accordo con l’ampiezza del proprio bacino e, quindi, con i tempi di transito nell’acquifero necessariamente più lunghi. Più giovani delle precedenti sono, invece, le acque della sorgente Marutte (n. 25) probabilmente perché essa, trovandosi a quota legger¬ mente più alta, risente di maggiori apporti a percorso breve e veloce. Osservando ora il 8,80 delle sorgenti Villa S. Vito e Capo d’Acqua (n. 5 e 8) si può notare che, mentre in quest’ultima i valori si manten¬ gono pressocché costanti nel corso dell’anno, nell’altra essi diminuiscono sostanzialmente in magra. Anche ciò sembra essere una importante conferma di quanto è stato ipotizzato in Celico (1978) e in Celico, Bartolomei, Pecoraro (1980). In¬ fatti, il valore più negativo del 8180 riscontrato in settembre nella sor¬ gente Villa S. Vito è probabilmente dovuto ad apporti, quantitativamente maggiori rispetto agli altri mesi, provenienti dalla zona alta posta a nord della più volte menzionata faglia di M. Calvo; d’altro canto l'uniformità riscontrata nella sorgente Capo d’Acqua sembra avvalorare l'ipotesi del¬ l'esistenza di un bacino autonomo (con quote distribuite in modo piut¬ tosto omogeneo) nel quale le acque, avendo la possibilità di omogeneiz¬ zarsi ulteriormente in falda, sono costantemente caratterizzate da un valore del 8180 che rispecchia l’effettiva quota media dell’area di ali¬ mentazione. Detta ipotesi sembra essere avvalorata, sia pure indirettamente, dalla costanza del 8180 riscontrato nella sorgente Vetere, anch’essa probabil¬ mente dotata di area di alimentazione autonoma (Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980) con quote distribuite in modo piuttosto omogeneo. Pertanto sembra che sia da escludere la possibilità di copiosi travasi di acqua dalla parte nord-orientale della faglia di Itri (Celico, 1978; Ce- lico, Bartolomei, Pecoraro, 1980) dove il massiccio degli adiacenti Monti Aurunci raggiunge quote superiori ai 1200 m. A tal proposito basti osser¬ vare (Tab. II) i valori del 8I80 relativi alla sorgente Le Bocche (fuori Tav. in Fig. 1; n. 103 in Celico 1978) che trae alimentazione proprio da questa parte del massiccio. Nella sorgente S. Puoto (n. 19) è stata riscontrata, invece, una certa diminuzione del valore del 8180 nel tempo (Tab. II). In questo caso il 266 P. Celico fenomeno è probabilmente da imputare all'arrivo, tra settembre e no¬ vembre, delle acque che all'inizio del periodo di esaurimento si trovavano nella parte più lontana (e più elevata) del bacino di alimentazione. Il valore relativamente basso del contenuto in T delle acque della stessa sorgente S. Puoto (Tab. II) dovrebbe essere legato alla scarsa per¬ meabilità dell'acquifero, ovvero alla lentezza con cui si muove la falda all'interno dello stesso. 3. Conclusioni Le indagini chimiche ed isotopiche fino ad ora eseguite sulle acque sorgive della Piana di Fondi hanno dato risultati molto interessanti che sembrano provare, anche nei dettagli, lo schema di circolazione idrica sotterranea proposto in studi precedenti (Celico, 1978; Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980). In particolare, sembra confermato che gli interscambi idrici con l’adiacente struttura dei Monti Aurunci (a NE della faglia di Itri) sono nulli o, comunque, trascurabili. Appaiono inoltre confermate l'estensione e l’ubicazione dei bacini di alimentazione dei singoli gruppi sorgivi così come sembra accertata resistenza degli interscambi idrici ipotizzati tra alcuni bacini limitrofi. Appare infine confermata anche l'azione di parziale sbarramento esercitata sulla circolazione idrica sotterranea da alcune direttrici tettoniche. In conclusione si può affermare che l’interpretazione dei primi dati chimici e isotopici disponibili sulle acque sorgive della Piana di Fondi ha consentito di affinare le conoscenze sull’idrodinamica sotterranea nelle aree di alimentazione delle sorgenti stesse. Ciò, ovviamente, consentirà di affrontare con maggiore tranquillità il problema relativo ad una più razionale utilizzazione (Celico, Bartolomei, Pecoraro, 1980) delle risorse idriche disponibili. BIBLIOGRAFIA Accordi B., 1962 - Lineamenti strutturali del Lazio e dell’Abruzzo meridionali. Mem. Soc. GeoL It., 4, Bologna. Accordi B., 1963 - La componente traslativa nella tettonica dell’ Appennino Laziale¬ abruzzese. Geol. Rom. 5, Roma. Bartolomei C., Celico P., Pecoraro A., 1980 - Sulle possibilità di alimentazione artificiale della falda di base del massiccio carbonatico dei Monti Lepini (Lazio meridionale). Atti 4a Conv. Int. Acque Sott. Acireale. Le sorgenti della Piana di Fondi , ecc. 267 Boni C, F., 1973 - Lineamenti idrogeologici dell’ Appennino carbonatìco laziale¬ abruzzese ( primi risultati della campagna 1970/72), Atti 2° Conv. Int. Acque sott., Palermo. Cassa per il Mezzogiorno, 1979 - Censimento dei dati idrogeologici dell’area di intervento dei P.S 29, Roma. Celico P.» 1978 » Schema idrogeologico dell’ Appennino carbonatìco centro-meri¬ dionale, Mem. e Note Ist. Geol. App., 14, Napoli. Celico P., 1979 - Considerazioni sull’idrogeologia di alcune zone dell’ Italia centro¬ meridionale alia luce dei risultati dì recenti indagini geognostìche . Mem. e Note Ist. Geol. App=, 15, Napoli. Celico P.» 1981 - Metodologia di calcolo e possibilità di utilizzazione dei princi¬ pali parametri idrodinamici dell’ acquifero carbonatìco dei Monti Lepini (Lazio meridionale ). In corso di stampa. Celico P„, Bartolomei C.» Pecoraro A., 1980 - I massicci carbonaticì limìtrofi alla Piana di Fondi (Lazio meridionale) : Circolazione idrica sotterranea e pos¬ sibilità di utilizzazione delVacquifero come serbatoio naturale dì compenso . Boll. Soc. Natur., Napoli (in corso di stampa). Celico P.» de Gennaro M., Ferreri M.» Chiara M. R., Stanzione D.» Zenone F., 1979 - La composizione chimica e isotopica delle acque sotterranee dell’Alta Valle del F, Seie in relazione all’ idrodinamica delle falde. Mem. e Note Ist. Geol. App., 15, Napoli. C.N.R., 1975 - Modello strutturale della penisola italiana alla scala 1 : 500.000. Roma. Ministero LL PP . 1934-1964 - Le sorgenti Italiane. Pubbl. n. 14 del Serv. Idr. ... Ist. Poi. Stato, Roma. Schoeller H.» 1975 - Le chimisme des eaux souterraines. Atti III Conv. Int. Acque Sott., Palermo. Servizio Geologico d'Italia - Carta geologica d’Italia alla scala 1 : 100.000 e rela¬ tive Note illustrative. Fogli n. 159, 160, 170, 171, Roma. ■ Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 269-285, tavv. 3 Alcune reazioni citochimiche delle proteine basiche citoplasmatiche e nudeolari di oociti di dona intestinalis Nota del socio Leone Galassi (*) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — Le proteine basiche citoplasmatiche e nucleolari di oociti di dona intestinalis sono state colorate con blu bromofenolo a diversi pH, prima e dopo estrazione totale dell'RNA con ribonucleasi, allo scopo di appurare variazioni nell’associazione tra RNA e proteine basiche durante l’oogenesi. Altri tests citochimici specifici sono stati usati per studiare la natura delle proteine basiche durante l'oogenesi. I risultati hanno indicato che nei giovani oociti sono presenti proteine basiche citoplasmatiche con gruppi — NH2 totalmente legati ai gruppi fosfato dell’RNA; il loro punto isoelettrico istochimico è superiore a 8.1 e sono risultate ricche in lisina. I grossi oociti presentano proteine basiche sia con gruppi — NH2 liberi, sia con gruppi — NH2 legati ai gruppi fosfato dell’RNA. I metodi cito¬ chimici specifici per l’arginina e la lisina non hanno fornito indicazioni del tutto concordi per i grossi oociti; infatti le proteine di questi ultimi risultano ricche in arginina in base a tests con naftochinone, blocco in benzile e acido picrico, ricche in lisina in base ai tests di daminazione e acetilazione. Summary. — The cytoplasmic and nucleolar basic proteins in thè oocytes of dona intestinalis were stained with bromophenol blue at different pH's, before and after RNA extraction with ribonuclease, in order to examine possible variations in thè association between RNA and basic proteins, during oogenesis. The results have shown thè presence in thè young oocytes of cytoplasmic basic proteins with — NH2 groups, all bound to thè phosphate groups of RNA; their histochemical isoelectric point is higher than 8.1 and they are lisine rich basic proteins. The basic proteins of thè largest oocytes have both free — NH2 groups and — NH2 groups bound to thè phosphate groups of RNA. There has not been complete agreement between thè histochemical methods specific for arginine and lisine, when applied to thè largest oocytes; these resulted rich in arginine, according to thè naphtoquinone, benzile and picric acid methods, while they resulted rich in lisine according to thè deamination and acetylation tests. Istituto di Zoologia ■ Facoltà di Scienze - Università di Napoli. 270 L. G alassi Introduzione Ricerche citochimiche sull'oogenesi di dona intestinalis sono state condotte in passato da diversi autori. De Vincentiis (1960) ha messo in evidenza nel citoplasma dei giovani oociti un materiale ricco di RNA, che si origina in corrispondenza della membrana nucleare. Questo autore ha inoltre evidenziato una differenza chimico-fisica sostanziale tra l’RNA nu- cleolare e quello citoplasmatico, essendo il primo, a differenza del secondo, resistente all'azione della ribonucleasi. Tale differenza è stata confermata in un mio studio (Galassi, 1976) sulle condizioni ottimali di pH e concen¬ trazione salina nell'estrazione dell’RNA nucleolare e citoplasmatico di oociti di dona intestinalis con ribonucleasi A: è risultato infatti che a ph*> 6,4 oppure concentrazione salina > 0,03 i nucleoli presentavano ancora una intensa basofilia, dopo tempi di incubazione sufficienti per estrarre tutto l'RNA citoplasmatico. Cowden (1961) ha intrapreso uno studio citochimico comparativo sullo accrescimento e sviluppo degli oociti di due specie di Ascidie sistematica- mente lontatane: Ascidia nigra e Acteinascidia turbinata . In entrambe le specie egli ha distinto tre fasi di accrescimento degli oociti: una fase ini¬ ziale caratterizzata da un’intensa basofilia citoplasmatica e nucleolare, da una quantità trascurabile di sostanze PAS-positive e di triptofano proteico; una fase intermedia nella quale il quantitativo di RNA nucleolare e cito¬ plasmatico va riducendosi mentre le sostanze PAS positive e il triptofano proteico aumentano; una fase terminale che presenta un’ulteriore dimi¬ nuzione dei due tipi di RNA e una sintesi di grossi granuli di tuorlo. Da tali risultati Cowden ha dedotto che negli oociti delle Ascidie la sintesi di RNA cessa o procede lentamente prima della sintesi del tuorlo. In accordo con ciò, Puccia et al. (1976) hanno trovato, con metodi biochimici, che uova ovulate di Ascidia sintetizzano pochissimo RNA. La sintesi di RNA da parte degli oociti di dona intestinalis è stata studiata anche autora- diograficamente, dopo iniezione di uridina-3H,5, minuti, 1 ora e 6 ore prima della fissazione degli ovari (Calassi, 1978). Dopo 5' 7 % dei nuclei presen¬ tano già un’incorporazione statisticamente significativa. Dopo un’ora è an¬ cora incerta la marcatura dei nucleoli mentre i nuclei marcati sono 9,8 %. Sei ore dopo l'iniezione di uridina-3H compaiono nucleoli marcati nella percentuale del 9,1 % e nuclei salgono a 13,1 %. Nessuna marcatura è rile¬ vabile fino a sei ore sul citoplasma. Cowden (1961) osservò che negli oociti delle Ascidie la sintesi e la distribuzione delle proteine basiche sono strettamente parallele a quelle dell'RNA citoplasmatico nei giovani oociti. Cowden dimostrò inoltre che Alcune reazioni citochimiche delle proteine , ecc. 271 è necessaria la rimozione dell'RNA prima che le proteine possano essere colorate con coloranti basici, anche a basso pH e ciò suggerisce che le proteine basiche e l'RNA esistono sotto forme di micie opro teine nei ribo- somi dei giovani oociti, URNA citoplasmatico degli oociti più maturi in¬ vece non risulta essere associato con le proteine basiche. Bavenport e Bavbnport (1965) hanno presentato prove convincenti di un vero e proprio legame tra proteine basiche e acidi nucleici, mediante il blocco dei gruppi amìnicì delle proteine basiche con deaminazione e formalina; entrambi questi trattamenti erano in grado di sopprimere la colorabilità con il Fast green, se applicati dopo estrazione dell'ERN, ma non la sopprimevano se venivano effettuati quando l'RNA era presente. Questi autori conclusero che l'RNA protegge le proteine basiche dalla deaminazione e dalla formilazione, e che tra proteine e RNA esistono legami elettrostatici, simili a quelli presenti tra istoni e DNA. Oltre ad un'associazione con l'RNA citoplasmatico è stato anche sup¬ posto un possibile legame tra proteine basiche e DNA citoplasmatico (Mgore, 1963), mucopolisaccaridi acidi (Backstrom, 1966) e fosfoproteine (Mogie, 1963); tali associazioni sono state supposte in base alla comparsa o comunque all'aumento di colorabilità, dopo estrazione specifica delle varie sostanze, che, come l'RNA, legherebbero i loro gruppi acidi ai gruppi aminici lìberi delle proteine basiche. Circa il significato della presenza dì proteine basiche nel citoplasma, nulla di certo è noto. Ts'o et al. (1958), in base alla grande somiglianza tra proteine basiche citoplasmatiche, provenienti da organismi molto di¬ versi tra loro, ipotizzarono che a queste proteine spetti una funzione fondamentale nella sintesi proteica. Leslie (1961) emise l’ipotesi che le proteine basiche citoplasmatiche agiscano a livello dei ribosomi, soppri¬ mendo quelle catene di RNA, che risultano « sbagliate », allo stesso modo che gli istoni nucleari sopprimono specificamente la funzione « tem¬ piale » di una parte del DNA. Backstrom (1966) identificò nelle proteine basiche il rivestimento pro¬ teico, che inattiva il complesso robosoma-RNAm, e che, una volta rimosso con proteasi, consente al complesso di procedere nella sintesi proteica (Mqnroy et al., 1965). Un primo scopo del presente lavoro è stato quello di studiare se le proteine basiche citoplasmatiche presentano delle variazioni nella preva¬ lenza dì lisina o arginina, in connessione con diversi gradi di repressione dell'attività di traduzione dell'RNA a livello dei ribosomi, così come la prevalenza di istoni ricchi in arginina o in lisina ha la funzione di pro¬ muovere o reprimere la disponibilità de! DNA per la trascrizione dell'RNA 272 L. Galassi ad opera dell'RNA polimerasi (Billen e Hnilica, 1964; Hnilica e Billen, 1974; Johns e Forrester, 1969, 1970; Sluyser e Sneller-Jurgens, 1970). In particolare è stato studiato se il passaggio alla fase di attiva vitellogenesi (Cowden, 1961, 1966) è accompagnato da un cambiamento nella natura degli aminoacidi basici delle proteine, associate ai ribosomi. Un secondo scopo del presente lavoro è stato quello di stabilire se, oltre alle proteine basiche legate all’RNA, esiste una parte di proteine basiche citoplasma¬ tiche legate alle fosfoproteine. L’uso della fosfatasi alcalina permette di verificare tale ipotesi (Moore, 1963), essendo questo enzima in grado di idrolizzare i legami fosfomonoesteri delle fosfoproteine. Materiali e metodi Ovari di dona intestinalis sono stati fissati in liquido di Carnoy o in alcool, poi disidratati ed inclusi n paraffina. Sono stati quindi sezionati trasversalmente al microtomo allo spessore di 7p. Una parte dei vetrini così ottenuti sono stati sparaffinati, trattati con RNasi pancreatica (Sigma, attività 70 unità Kunitz/mg) in concentrazione di 0,1 mg/ml in soluzione tampone acetato a pH = 7,5 0,003 N per 30' o con il solo tampone acetato. Questo tempo in RNasi si è dimostrato sufficiente per estrarre tutto l'RNA citoplasmico e nucleolare. Sono stati poi colorati con una soluzione di BBF o Fast Green 0,05 % (Alfert e Geschwind, 1953) a pH alcalino, rea¬ zione specifica per le proteine basiche e gli istioni. Il BBF è stato usato in un tampone acetato o borato alla concentrazione di 0,01 ed a un pH variabile tra 6,3 e 8,1 per avere indicazioni sul P.I. degli istoni; istochimi- camente viene considerato punto isoelettrico di una proteina il pH a cui si ha minore colorazione con coloranti acidi e basici (Singer, 1952). Il confronto tra i vetrini trattati con l’RNasi e quelli col tampone, a parità di pH, ha dato delle indicazioni sul contenuto di proteine basiche legate e non legate all’RNA. Si è ricorso poi a prove di deaminazione, utilizzando una miscela di acido tricloroacetico al 10 % e sodio nitrito al 10 %, in parti uguali, in modo da staccare i gruppi amminici della lisina. Sia i vetrini trattati con l’RNasi che quelli trattati con il solo tampone, sono stati messi in tale soluzione per 15', e poi sono stati colorati con BBF. Allo scopo di analizzare la natura degli amminoacidi bisici ed il rap¬ porto delle proteine basiche con l'RNA, si sono fatte altre reazioni : ace- tilazione (Bloch e Hew, 1960), blocco con acido picrico (Ringertz e Zet- terberg, 1966; Zetterberg e Auer, 1968), e con benzile (Lillie et al., 1971); Alcune reazioni citochimiche delle proteine, ecc . 273 queste due ultime reazioni sono specifiche per l'arginina, e quella di aceti- lazione per la lisina. L’acetilazione è stata effettuata con una soluzione» ottenuta aggiungendo a 100 cc. di anidride acetica 1 cc. di acido acetico» portata a 60' °C» ed i vetrini sono stati tenuti in essa per un’ora. La solu¬ zione di benzile è stata ottenuta aggiungendo ad 80 cc. di alcool assoluto» 20 cc. di una soluzione di NaOH 1 N e 4 gr. di benzile. Come per Facetila- zione, così con la reazione con acido picrico e col blocco con benzile» il tempo di azione è stato di un’ora e in tutti tre i casi i vetrini hanno subito un previo trattamento con RMasi o con il rispettivo tampone e sono stati susseguentemente colorati con il BBF. La colorazione è durata 15-20'. Altra reazione utilizzata è stata quella di Sakaguchi (specifica per l'arginina), eseguita secondo il metodo citochimico di Beitsch (1961) o secondo la modificazione di Lillie ed altri (1971)» che si basa sull'uso del naftochmone-4-sodio-sulfonato (40 cc. di Ba (OH)?, al 2.5 % + 100 mg naf lo¬ chinone). Anche per questa reazione sono stati fatti dei confronti tra istoni liberi e legati facendo precedere tale colorazione dal trattamento con FRNasL Infine sono state eseguite delle estrazioni con fosfatasi alcalina per stabilire se vi sono proteine basiche citoplasmatiche legate alle fosfopro- teine. È stata usata la fosfatasi alcalina (Sigma, attività 1,7 unità/mg) alla concentrazione di 0,1 mg/ml in soluzione tampone tris a pH = 9,3 Q»Q1M. Risultati La colorazione con blu bromofenolo di sezioni di ovari di dona iute- stinalis è risultata dipendere dal pH della soluzione colorante» nell’inter¬ vallo pH 6,3-8, 1 e, in secondo luogo» dalla natura del pretrattamento usato. In sezioni non pretrattate con ribonucleasi» a pH 6,3 il B.B.F. colora intensamente oltre ai nucleoli» anche il citoplasma dei grossi oociti e le fibre eromattniche del nucleo (Fig. 1). In sezioni, pretrattate in RMAasi (70 u. Kunitz/mg) 0,1 mg/ml in tampone pH 7.3 0,003N per 30fi la differenza più evidente rispetto a sezioni, non trattate con RNAsi» è che» a tutti i pH» si colora il citoplasma dei giovani oociti più intensamente del citoplasma dei grossi oociti (Figg. 2 e 3); sì nota inoltre» dopo trattamento con RNAsi» un cerio aumento della colorabilità del citoplasma dei grossi oociti. Tale aumento risulta più evidente in sezioni di ovari, fissati in alcool (Fig. 4), colorate a pH 7,5, con o senza pretrattamento con ribonucleasi. 274 L. Galassi La deaminazione, eseguita con acido tricloroacetico 10 % e acido nitrico al 10 %, sopprime la colorabilità di sezioni non trattate con ribo- nucleasi a tutti i pH, da 6,3 a 8,1; la deaminazione di sezioni, trattate con la ribonucleasi, risulta in una generalizzata soppressione della colorabilità a pH 2,1; a pH 7,5 e pH 6,3 si nota rispetto ai controlli, una soppressione della colorabilità di nucleoli e del citoplasma dei piccoli oociti. L’acetilazione eseguita con anidride acetica a 60 °C per un'ora è risul¬ tata in una generale e completa abolizione dell'affinità delle sezioni, trat¬ tate o non trattate con ribonucleasi, per il anche a pH 6,3. Il pretrattamento con acido picrico delle sezioni non trattate con ribonucleasi, è risultato in una riduzione della colorabilità con B.B.F. del nucleolo a pH 7,5 e 6,3 (Fig. 5), mentre lo stesso pretrattamento di sezioni preincubate in ribonucleasi, non porta a sensibili differenze rispetto ai controlli, anche quando la colorazione viene eseguita a pH 8.1 (Fig. 6). Il pretrattamento per un’ora con benzile in alcool contenente il 20 % di NaOH 1 N, determina una colorabilità delle sezioni non incubate in ribonucleasi (Figg. 7 e 8), simile a quella delle sezioni incubate in ribonu¬ cleasi: in particolare si nota la colorazione in entrambe dei piccoli oociti; ciò è da attribuirsi all'estrazione del RNA che la soluzione alcolico-alcalina determina nelle fette non incubate in ribonucleasi. A parte ciò, e a parte una generalizzata diminuzione della colorabilità, l'effetto più specifico del trattamento con benzile sembra essere la riduzione della acidofilia dei nucleoli e la totale soppressione di quella del citoplasma dei grossi oociti, quando la colorazione è fatta a pH 7,5. Per quanto riguarda l'applicazione della reazione di Sakaguchi al pre¬ materiale, dei due metodi saggiati, il primo, cioè la modificazione sec. Deitsch, ha dato risultati insoddisfacenti. La modificazione sec. Lillie et al (1971), basata sul naftochinone-4- sodio sulfonato, ha dato invece una buona colorazione delle sezioni, con buon differenziamento delle strutture ricche in arginina (Figg. 9 e 10): tali sembrano essere soprattutto i nuceloli e, moderatamente, il citoplasma dei grossi oociti. Preparati colorati in B.B.F., dopo trattamento con fosfatasi alcalina (1,7 u/mg) alla concentrazione di 0,1 mg/ml, prima o dopo estrazione con ribonucleasi, non presentano apprezzabili differenze rispetto ai controlli. Discussione I risultati della colorazione con B.B.F. a qualunque pH tra 6,3 e 8,1 di vetrini trattati e non trattati con ribonucleasi anzitutto confermano, Alcune reazioni citochimiche delle proteine, ecc. 275 come già dimostrato da Davenport e Davenport (1965), che nei giovani oociti di ovari di dona intestinalis, fissati in liquido di Carnoy o in alcool, esistono proteine basiche i cui gruppi NH2 sono associati ai gruppi fosfato dell'RNA e non possono pertanto legare i coloranti acidi, finché l'RNA non è stato estratto. I nucleoli di tutti gli stadi degli oociti contengono invece proteine basiche libere, come evidenziato dalla loro colorabilità in sezioni non estratte con la ribonucleasi; tali proteine hanno un P. I. istochimico pros¬ simo a pH 8,1; infatti a questo pH in vetrini non estratti con la ribonu¬ cleasi, l'unica struttura che si colora sono i nucleoli. I presenti risultati, oltre a dimostrare che i nucleoli degli oociti di dona intestinalis contengono proteine basiche, con gruppi NH2 liberi, in¬ dicano inoltre che queste sono preponderanti sulle proteine basiche legate ai gruppi fosfato: infatti dopo trattamento con RNAsi, Facidofiiia dei nu¬ cleoli non aumenta di molto. II citoplasma dei grandi oociti presenta una certa quantità di proteine basiche, con gruppi — NH2 liberi, e P. I. istochimico di circa 7,5; nel cito¬ plasma dei grandi oociti è presente anche una parte di proteine basiche legate ai gruppi fosfato: infatti dopo trattamento con ribonucleasi si ha un aumento della colorabilità del citoplasma dei grossi oociti, particolar¬ mente apprezzabile quando la colorazione è fatta a pH 7,5 ed è usato materiale fissato in alcool. La quantità limitata di proteine basiche legate negli oociti maturi è da mettersi in relazione alla ridotta quantità di RNA in essi presente rispetto ai giovani oociti (Davenport e Davenport, 1965; Cowden, 1966). La loro migliore evidenziazione in materiale fissato in alcool che non in mate¬ riale fissato in liquido di Carnoy è attribuibile ad una possibile estrazione dell'RNA da parte del liquido di Carnoy. I risultati ottenuti con i diversi tests (1: deaminazione; 2: acetilazione; 3: trattamento con acido picrico; 4: blocco con benzile ; 5: reazione di Sakaguchi) per identificare la prevalenza di istoni ricchi in arginina e in lisina, nel citoplasma degli oociti e nei nucleoli, non sono stati tutti in per¬ fetto accordo. È noto che la deaminazione eseguita con il reagente di Van Slyke attacca i gruppi alfa-aminici in 4 minuti, gli epsilon-aminici della lisina in 30 minuti e i gruppi aminici dell’arginina in sei ore (Springal, 1954). Il tempo usato nel presente lavoro dovrebbe essere specifico quindi per la lisina. Anche l'acetilazione, eseguita con anidride acetica a 60 °C per un'ora è ritenuta un blocco specifico per la lisina (Bloch e Hew, 1960). 276 L. Galassi L’acido picrico è stato indicato invece come reagente specifico dei gruppi guanidinici dell'arginina (Ringertz e Zetterberg, 1966; Zetterberg e Auer, 1968). Specifico per questi gruppi è anche il benzile in soluzione alcolico-alcalina (Toi et al, 1967). La modificazione della reazione di Sakaguchi basata sull’uso del beta- naftochinone sulfonato è stata proposta da Lillie et al. (1971) per supe¬ rare le difficoltà inerenti alla instabilità dei prodotti colorati che si for¬ mano per ossidazione dell’alfa-naftolo nella tipica reazione di Sakaguchi (1950) e nelle successive modificazioni istochimiche, compresa quella di Deitsch (1961). Che un naftochinone fosse il prodotto colorato della reazione di Saka- guchi era stato suggerito da Bhattachandry fin dal 1958; in seguito Y am ad a e Itano (1966) hanno confermato che diversi 1-2 dichetoni si legano speci¬ ficamente al gruppo guanidinico con formazione di un anello imidazolico, al quale partecipano entrambi gli atomi terminali di azoto guanidilico. I risultati ottenuti con il beta-naftochinone sulfonato indicano una notevole concentrazione di arginina nelle proteine del nucleo e una con¬ centrazione di arginina nelle proteine citoplasmatiche dei grossi oociti alquanto più alta che negli oociti giovani. Tali risultati sono confermati dalla reazione di blocco con il benzile, il quale infatti sopprime la colora¬ zione dei nucleoli e riduce la colorazione dei grossi oociti. Il blocco con acido picrico inoltre sembra indicare che le proteine ricche in arginina nel nucleolo sono soprattutto quelle i cui gruppi guanidinici non sono legati ai gruppi fosfato dell'RNA: infatti la riduzione della colorabilità dei nucleoli, dopo trattamento con acido picrico, si manifesta solo nelle se¬ zioni non preincubate in ribonucleasi. La presenza di proteine ricche in arginina nel nucleolo fu in passato dimostrata da Serra e Lopez (1944), per mezzo della tipica reazione di Sakaguchi. Nel presente materiale la reazione di deaminazione con il reagente di Van Slyke non è del tutto concorde con i risultati ottenuti con il beta- naftochinone sulfonato, con il blocco in benzile, e in acido picrico: infatti, la totale soppressione, dopo deaminazione, della colorabilità delle sezioni, non preincubate in ribonucleasi, sembrerebbe indicare che le proteine basiche con gruppi — NH2 liberi sono ricche in lisina; così pure, dopo incubazione in ribonucleasi, oltre a una soppressione della colorabilità dei nucleoli, si nota una generalizzata riduzione della colorabilità, sia a carico dei grandi come dei piccoli oociti, indicante che entrambi sono ricchi in lisina. Alcune reazioni citochimiche delle proteine , ecc. 277 Queste discrepanze potrebbero essere spiegate da una possibile modi¬ ficazione dei rapporti sterici degli istoni con le proteine circostanti, ad opera del reagente di Van Slyke, che causerebbe pertanto una maggiore o minore accessibilità dei coloranti acidi ai gruppi basici degli istoni stessi. Ad un'analoga inaccessibilità dei coloranti acidi ai gruppi basici deH’arginina degli istoni, rimasti inalterati dopo acetilazione (Bloch e Hew, 1960), potrebbe essere attribuita la scarsa colorabilità delle sezioni trattate con anidride acetica. In base ai risultati ottenuti in seguito al trattamento con fosfatasi alcalina, preceduto o non da estrazione con ribonucleasi, si può concludere che nel citoplasma e nel nucleolo degli oociti di C. intestinalis non vi sono proteine basiche con gruppi — NH2 legati alle fosfoproteine, rilevabili isto- chimicamente. BIBLIOGRAFIA Alfert M. e Geshwind I. 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Fig. 4. — Sezione di ovario di dona intestinalis fissato in alcool, incubata in RNAsi e colorata in B.B.F. a pH 7,5. Oltre alla comparsa di un’intensa colo¬ razione sul citoplasma dei giovani oociti, è evidente un aumento della colorazione del citoplasma dei grossi oociti. 480 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 G alassi L. - Alcune reazioni citochimiche delle proteine basiche, ecc. Tav. I TAVOLA II Fìg. 5. — Sezione di ovario di dona intestinalis trattata con acido picrico e colorata con B.B.F. a pH 6,3. Si nota rispetto ai controlli non trattati con acido picrico un’attenuazione della colorabilità del nucleolo. 480 x. Fig. 6. — Sezione di ovario di dona intestinalis, fissato in Carnoy, incubata in RNAsi, trattata con acido picrico e colorata in B.B.F. a pH 8,1. Rispetto ai controlli non trattati con acido picrico non si nota alcuna sostanziale differenza. 480 x. Figg. 7 e 8. — Sezione di ovario di dona intestinalis, non incubate in RNAsi, trattate con soluzione alcolico-alcalina di benzile per 1 ora, e colorate in B.B.F. a pH 7,5 (fig. 7) e pH 6,3 (fig. 8). In entrambe le figure si nota la colorazione dei piccoli oociti, imputabile all’estrazione del RNA da parte della soluzione alcalina; nella g. 7 si nota la riduzione rispetto ai controlli, della colorabilità dei nucleoli e la soppressione della colorabilità degli oociti più grossi. 480 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Galassi L. - Alcune reazioni citochimiche delle proteine basiche, ecc. Tav. II TAVOLA III Figg. 9 e 10. — Sezioni colorate con naftochinone-4-sodio-solfonato, senza pre¬ trattamento con RNAsi (fìg. 9) e dopo trattamento con RNAsi (fig. 10). Le proteine ricche in arginina si colorano ugualmente nei due preparati, a causa dell’estrazione dell’SNA dal preparato, ad opera della soluzione alcalina di Ba (OH)2 . In entrambi i preparati si nota una forte colorazione dei nucleoli e una colorazione lievemente più accentuata dei grossi oociti, Fig. 11 — Sezione di ovario di dona intestinalis incubata in fosfatasi alcalina 0,1 mg/ml e colorata con B.B.F. a pH 7,5. 480 x. Fig. 12. — Sezione di ovario di dona intestinalis incubata in fosfatasi alcalina 0,1 mg/ml, dopo essere stata trattata con ribonucleasi. Colorazione in B.B.F. a pH 7,5. 470 x. Boll. Soc. Natur. Napoli, 1980 Calassi L. - Alcune reazioni delle proteine basiche, ecc. citochimiche Tav. Ili Boll. Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 287-294, tabb. 3 Anilidi ad attività antimicrobica Nota dei soci Eugenio Piscopo (*), Maria Vittoria Diurno (*), Brunella Cappello {*) e di Maria Teresa Cereti Mazza (*) e di Francesco Aliberti (**) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — È stata preparata una serie di anilidi dell’acido 2-ossi-3,4,5-tri- iodobenzoico (B) variamente sostituite nel nucleo anilinico con uno, due e tre atomi di alogeno; su queste sono stati eseguiti saggi in vitro per evidenziare l’attività batteriostatica e fungistatica. I risultati ottenuti (Tab. II e III) mo¬ strano che tutti i composti sono attivi su Staphylococcus pyogenes aureus e le particolari proprietà biologiche sulla crescita batterica risultano influenzate dalla posizione dei sostituenti aiogenici. Summary. — A series of anilides of 2-oxy-3,4,5-triiodobenzoic acid (B) va- riously substituted in thè aniline nucleus with one, two and three alogen atoms were prepared and tested in vitro for antibacterial and antifungal activity. The results (Tab. II and III) show that anilides of (B) have marked in vitro anti- microbic activity against Staphylococcus pyogenes aureus. It is concluded that biological effects on microbic growth of halogenated anilides are influenced by position of alogen atoms. In precedenti ricerche condotte presso l’Istituto di Chimica Farma¬ ceutica e Tossicologica della Facoltà di Farmacia dell'Università di Na¬ poli è stata oggetto di studio l'influenza di taluni sostituenti, in particolare alogeni, sull'attività antibatterica ed antifungina di composti a struttura anilidica. La sperimentazione è stata eseguita su anilidi alogeno- e nitro- alogeno-sostituite degli acidi: ossibenzoici (o., m., p.) alogenati (1) (2); 2-acetossi- e 2-acetossi-5-alogeno-benzoici (2); (*) Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologica dell’Università di Napoli. (**) Cattedra d'igiene della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli. 288 E. Piscopo e coll. fenilacetico, 4-iodo- e 3,5-diiodo-4-ossi-fenilacetico (1). Sono state anche esaminate le 1- e 2-naftilammidi degli acidi 2-ossi- e 2-acetossi-5-alogeno-benzoici (3). Per quanto riguarda l'attività antimicrobica, i risultati di tale speri¬ mentazione hanno evidenziato, nei composti saggiati, una generalizzata attività, chiaramente evidente nei confronti dei batteri Gram-positivi. Delle idrossibenzanilidi e idrossifenilacetanilidi esaminate, le più in¬ teressanti sono risultate le orto-idrossibenzanilidi alogeno- e nitro-alogeno- sostituite. Per quanto riguarda più specificamente i derivati iodurati della salicilanilide (A) saggiati, la maggiore attività antibatterica è stata ma¬ nifestata dai seguenti composti: 3,5-diiodo-, 3,4',5-triiodo-, 5-iodo-4 '-nitro-, 4-iodo-4'-nitro-, 3,5-diiodo 4'-nitro-salicilanilide. Tutti questi composti inibiscono lo S. aureus a concentrazioni infe¬ riori ad 1 mcg/ml (1). Attività antimicrobica su germi Gram-positivi è stata riscontrata anche nelle 1-naftilammidi di acidi 5-alogeno-salicilici ; nei confronti dello S. aureus e del B. subtilis i termini più attivi sono risultati il 5-bromo- ed il 5-iodo-derivato, i quali inibiscono la crescita a concentrazioni infe¬ riori a 50 mcg/ml (3). I risultati della sperimentazione dianzi citata concordano con i dati rilevabili dalla letteratura (4-10), relativi all'influenza delle sostituzioni nella struttura della salicilanilide, e confermano Finteresse allo studio dei derivati anilidici in generale e, più in particolare, dei derivati aloge- nati, nitrati e nitro-alogenati della salicilanilide. Ci è, pertanto, sembrato utile estendere tale sperimentazione alle anilidi sostituite dell’acido 2-ossi-3,4,5-triiodobenzoico (B), un nuovo deri- Anilidi ad attività antimicrobica 289 vate poliiodurato dell’acido salicilico da noi recentemente descritto (11) e del quale abbiamo preliminarmente preparato, a scopo esplorativo, un certo numero dì derivati che sono stati sottoposti a saggi per l'eviden- ziazione delFattività antibatterica ed antifungina (1243). Tra i derivati saggiati, Fanilide si è dimostrata attiva nei confronti dello Staphylococcus pyogenes aureus a partire dalla concentrazione mi¬ nima di 200 mcg/ml Ciò ha incoraggiato il proseguimento della speri¬ mentazione sui derivati anìlidici di (B), per cui abbiamo iniziato lo studio di serie di tali derivati, di formula generale (C), alogeno-, nitro- e alogeno- nitro-sostituiti nel nucleo anilinico. In questa indagine sistematica abbiamo ritenuto preferibile iniziare con lo studio delle anilidi alogenate di (B) in considerazione dell'influenza generalmente positiva sull'attività farmacologica determinata dall’intro¬ duzione di alogeni nei composti a struttura anilìdica, non solo della serie salicilica, ma anche di quella fenilacetica (14-15). Le anilidi fluoro-, cloro-, bromo- e iodo-sostituite preparate da (B) e delle quali vengono riportate in questa Nota i risultati dei saggi micro- biologici in vitro, sono elencate nella Tabella I. Bei composti preparati è stata anzitutto esaminata l'attività antibat¬ terica nei confronti dello Staphylococcus pyogenes aureus e di Esche- richia coli allo scopo di avere indicazioni sull’attività antibatterica verso germi Gram-positivi e Gram-negativi. I saggi sono stati eseguiti col me¬ todo di diffusione con soluzioni scalari su agar; la concentrazione minima alla quale i composti sono stati saggiati è stata di 50 mcg/ml. I composti esaminati hanno dimostrato una generalizzata attività nei confronti dello Staphylococcus pyogenes aureus (ved. Tabella II) mentre non inibiscono la crescita di Escherichia coli, il che conferma le previ¬ sioni che erano state fatte all’atto della programmazione di questa speri¬ mentazione, sulla probabile attività delle anilidi di (B) nei confronti di batteri Gram-positivi» I composti risultati più attivi sono stati quindi esaminati per via turbidimetrica, col metodo delle diluizioni seriali, per determinare la concentrazione minima inibente (CMI). I risultati ottenuti (ved. Tabella III) evidenziano l’importanza della presenza e della posizione degli atomi di alogeni nel nucleo anilinico dei composti saggiati, ai fini del potenzia¬ mento delFattività antibatterica. Sebbene la ricerca fosse rivolta alla valutazione delFattività antibat¬ terica, si è voluto anche saggiare l'eventuale attività antifungina dei composti preparati. I microrganismi di controllo impiegati sono stati: Candida albìcans, Saccharomyces cerevisiae ed Aspergili!?. s niger. I saggi 290 E. Piscopo e coll. sono stati eseguiti col metodo di diffusione con soluzioni scalari su agar. Alle concentrazioni saggiate, fino ad un massimo di 400 mcg/ml, i com¬ posti esaminati si sono dimostrati privi di attività antimicotica. Parte sperimentale (con la collaborazione di G. D’Agostino) Le anilidi alogenate di (B) preparate e sottoposte ad esame micro- biologico sono elencate nella Tabella (I). Il procedimento preparativo impiegato si basa sull’azione delle relative alogeno-aniline sul cloruro acido di (B) in ambiente benzenico anidro, operando nei seguenti rap¬ porti: 0,004 moli di (B) si sospendono in mi 7 di cloruro di tionile e si tiene il sistema a ricadere, sotto costante agitazione e.m., isolandolo dall’umidità atmosferica. A soluzione completa di (B), si protrae Tebollr zione del sistema reagente per 30', si allontana poi l'eccesso di cloruro di tionile per distillazione a pressione ridotta. Al residuo secco si aggiun¬ gono mi 6 di benzene anidro ed una soluzione anidra dell’anilina alo- genata (0,008 moli) in mi 7 di benzene. Si tiene il sistema a ricadere per 2 h con costante agitazione e.m. Si lascia raffreddare, si filtra e si lava il precipitato con acido cloridrico 2N e poi con H20. Si cristallizza da acetone-acqua. La resa, in generale, è compresa tra il 65 e l'85 %. Le anilidi preparate sono state controllate analiticamente mediante TLC su lastre Merck F 254. I punti di fusione sono stati determinati con un apparecchio Electrothermal e non sono corretti. I valori trovati nel¬ l'analisi elementare (C, H, N, alogeni) rientrano nell'intervallo di ± 0,4 % dei valori teorici. Gli spettri I.R. sono stati registrati con apparecchi Perkin Elmer mod. 177 e mod. 399 in sostanze disperse in nujol ed in KBr. Saggi microbiologici Su tutte le anilidi preparate è stato effettuato uno screening preli¬ minare qualitativo per evidenziare un’eventuale attività antibatterica ed antifungina. I saggi sono stati eseguiti col metodo di diffusione con solu¬ zioni scalari su agar. Data la scarsissima solubilità in acqua dei composti in esame, sono state preparate delle solusospensioni in Tween 80 allo 0,2 %, aventi una concentrazione iniziale di 400 mcg di anilide per mi. La concentrazione minima alla quale i composti sono stati saggiati è stata di 50 mcg/ml. Anilidi ad attività antimicrobica 291 TABELLA I Composti di formula generale: Composto N. Sostituenti Formula bruta P.F. °C. LR. VCO (cm-1) vNH I 4/-Fluoro- C13H7N02FJ3 184-185 1680 3300 II 2',4'-Difluoro c13h6no2f2j3 146-147 1650 3420 III 2',5'-Difluoro- c13h6no2f2j3 144-147 1700 3400 IV 2'-Trifluorometile- C14H7N02F3J3 224-225 1630 3200 V 3'-T rifluorometile- €14H7N02F3J3 196-198 1600 3300 VI 4/-Trifluorometile- €!4H7N02F3J3 198-200 1620 3250 VII 2'-Cloro c13h7no2cij3 190-191 1630 3370 Vili 3'-Cloro- c13h7no2cu3 178-179 1635 3200 IX 4'-Cloro- c13h7no2cij3 199-200 1690 3240 X 2,,3'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 180-81 1600 3300 XI 2',4'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 219-220 1645 3410 XII 2',5'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 204-205 1600 3370 XIII 2',6'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 206-207 1635 3370 XIV 3',4'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 231-232 1640 3370 XV 3',5'-Dicloro- c13h6no2ci2j3 207-208 1600 3420 XVI 2',3',4'-Tricloro- c13h5no2ci3j3 207-208 1600 3420 XVII 2',4',5,-Tricloro- c13h5no2ci3j3 226-227 1650 3390 XVIII 2',4',6'-Tricloro- c13h5no2ci3j3 229-230 1620 3260 XIX 2'-Bromo- C13H7N02BrJ3 164-165 1700 3300 XX 4'-Bromo- C13H7N02BrJ3 197-198 1650 3340 XXI 2',4'-Dibromo- CI3H6N02Br2J3 221-222 1635 3370 XXII 2',4/,6'-Tribromo- C13H5N02Br3J3 224-225 1630 3220 XXIII 2'-Iodo- c13h7no2j4 219-220 1700 3400 XXIV 4'-Iodo- c13h7no2j4 228-229 1680 3335 Per le prove di attività antimicrobica, la composizione del terreno di coltura è stata la seguente : polipeptone g 3, estratto di carne per bat- teriologia g 3, sodio cloruro g 5, agar depurato g 30, H20 mi 1000; pH 7,2. I microrganismi di controllo impiegati sono stati: Staphylococcus pyo- genes aureus ed Escherichia coli, allo scopo di avere indicazioni sull'atti¬ vità antibatterica nei confronti di germi Gram-positivi e di germi Gram- negativi. 292 E. Piscopo e coll. Riguardo l’attività antifungina, si è impiegato come terreno di col¬ tura il Sabouraud dextrose agar (polipeptone g 10, destrosio g 40, agar depurato g 15, H20 mi 1000; pH 5,6). I saggi sono stati effettuati su: Aspergillus niger, Saccharomyces cerevisiae e Candida albicans. Tutti i composti esaminati ed elencati nella Tabella I non hanno mo¬ strato avere attività antifungina né sono risultati attivi su Escherichia coli fino alla concentrazione massima saggiata di 400 mcg/ml. Hanno invece dimostrato una generalizzata attività sullo Staphylococcus pyo- genes aureus, come risulta dai dati raccolti nella Tabella IL TABELLA II Attività antibatterica nei confronti dello Staphylococcus pyogenes aureus (Nota 1) Composto N. Saggiato alla concentrazione di mcg/ml 400 300 200 100 50 I + + + + + II + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + III + + + + + + + + + + + + + + + + + + + + IV + + + + + + + + + + V + + + + + + + + + + VI + + + + + + + + + + VII + + + + + + VIII + + + + + + IX + + + + + + + X + + + + + + + + + + + + + + XI + + + + + + ± XII + + + + + + + + + + + + + + XIII + - — — - XIV + + + + + + XV + + + + + + + + + XVI + + + + + + + ± XVII + + + + + + + + + XVIII + + + + + + + + XIX 4; - - — - XX + + + + + XXI + + + + + + + + + XXII + + + - - XXIII + + + + + + + + + XXIV + + + + + Leggenda : + + + + notevolmente attivo; + + + discretamente attivo; + + moderatamente attivo; + poco attivo; ± molto poco attivo; — inattivo. Nota 1 — Saggi eseguiti col metodo di diffusione con soluzioni scalari su agar. Anilidi ad attività antimicrohica 293 I termini risultati più attivi sono stati quindi sottoposti ad uno screening quantitativo che è stato effettuato per via turbìdimetrica» col metodo delle diluizioni seriali, al fine di determinare la concentrazione minima inibente (CMI). I valori sperimentalmente ottenuti in tale scree¬ ning sono riportati nella Tabella III. TABELLA III Attività antibatterica nei confronti dello Staphylococcus pyogenes aureus (Nota 1) Composto Saggiato alla concentrazione di mcg/ml: N. 200 100 50 25 12,5 6,25 3,12 1,56 0,78 0,39 0,19 I + + + + _ _ — _ — _ _ II + + + + + + + + + + + III + + + + + + + + + + + IV + + + V + + + VI T + + + - - - - - - - IX + + + X + + + XII + + + + + - - - - - - XIII + + + - - - - - - - - XV + + + - - - - - - - - XVI + T + - - - - - - - - XVII + + + + - — - - - - - XVIII + + + - - - - - - - - XXI + + + - - - - - - - - XXIII + + + — — — — — — — — Leggenda: + inibizione di crescita. — mancata inibizione di crescita. Risultati e conclusioni I risultati ottenuti in questo lavoro mettono in evidenza che le alo¬ geno 'aniMi di (B) sono, in generale, attive sullo Staphylococcus pyogenes aureus, il che induce ad allargare la sperimentazione ad altri germi Gram- positivi. Per quanto riguarda le monosostituzioni nel nucleo anilinico, si ri¬ scontra una migliore attività per le para-sostituzionì rispetto alle orto- e meta-. Le bi- e tri-sostituzioni dimostrano che Fattività dipende più 20 294 E. Piscopo e coll dalle posizioni che dal numero di atomi di alogeno presenti nel nucleo anilinico, come, ad esempio, nel caso delle dicloroanilidi (ved. Tabella III). Va sottolineato che tutte le sostanze elencate nella Tabella I risul¬ tano batteriostatiche e che le fluoroanilidi si discostano di molto, per la maggiore attività, dagli altri alogenoderivati. BIBLIOGRAFIA 1) Covello M., Abignente E., De Simone F., Rend. Accad. Sci. Fis. Mat., [4], 33, 309 (1966). 2) Ciampa G., Grieco C., Rend. Accad. Sci. Fis. 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Farm, della Soc. Chim. Ital., 13-14-15 dicembre 1979, Pisa. Atti del Convegno, pag. 89. 13) Piscopo E., Diurno M. V., Cappello B., Cereti Mazza M. T., Rend. Accad. Sci. Fis. Mat., Napoli, [4], 47, 253 (1980). 14) Boido V., Sparatore F., Il Farmaco, Ed. Sci., 29, 517 (1974). 15) Pirisino G., Savelli F., Mule A., Sparatore F., Comunicaz. Poster al Primo Convegno Nazionale Div. Chim. Farm, della Soc. Chim. Ital., 13-14-15 di¬ cembre 1970. Atti del Convegno, pag. 88. Boll, Soc. Natur. Napoli voi. 89, 1980, pp. 295-298, tabh. 2 Acidi grassi in alcuni Basidiomiceti Nota dei soci Felice Senatore (*), Riccardo Cerri (**), Giovanni Cordella (**) e Amedeo Pau (**) (Tornata del 19 dicembre 1980) Riassunto. — Sono stati determinati gli acidi grassi di quattro specie di Basidiomiceti. L’acido linoleico è presente in tutti i funghi esaminati ed assume valori molto elevati, fino al 62 % del totale. Summary. — Fatty acids from Basidiomycetes were analysed. Linoleic acid is always found in high percentage, sometimes greater than 60 %. Con questa nota cominciamo ad estendere le nostre ricerche sulle caratteristiche analitiche di sostanze estratte da pollini e funghi (Cerri, 1979; De Simone et al, 1979 e 1980) agli acidi grassi presenti nei funghi in considerazione della importanza che la conoscenza della composizione chimica riveste dal punto di vista della fisiologia vegetale. Infatti gli acidi grassi sono attivi per la crescita dei funghi (Yusef, 1953; Taber, 1957) e rappresentano la maggior percentuale della fase eterea che si ot¬ tiene dibattendo l'estratto acetonico di funghi. Come infatti si può rilevare dalla Tabella I, ove riportiamo i dati relativi ad alcuni Basidiomiceti da noi raccolti nel bosco di Capodimonte, a Napoli, la percentuale di acidi grassi, ottenuti saponificando la fase eterea dell’estratto acetonico, varia da un minimo del 51 % per lo Stereum hirsutum ad un massimo del 76,9 % nel Lactarius controversus. In accordo con altri autori (Shorland, 1963; Wassef, 1977; Yokokawa, 1979; Nes, 1980) i maggiori acidi grassi da noi riscontrati nei funghi esaminati sono a lunga catena lineare e, generalmente, costituiti da acido paimitico, oleico, (*) Facoltà di Farmacia, via L. Rodino 22, 80124 Napoli. (**) Facoltà di Farmacia, via Muroni 23/B, 07100 Sassari. 296 F. Senatore, R. Cerri, G. Cordella e A. Pau stearico e linoleico. Abbiamo riscontrato nei due poliporacei esaminati tracce di acido pentadecilico mentre l’acido behenico ed il lignocerico sono presenti, in piccole percentuali, solo nel Phellinus pomaceus. General¬ mente l'acido linoleico è presente in tutti i funghi in elevate percentuali, ma nel Lactarius controversus il maggior acido grasso è risultato l’acido stearico. I dati relativi alla composizione percentuale in acidi grassi sono riportati nella Tabella IL TABELLA I Dati relativi agli estratti dei Basidiomiceti (g) Famiglia e specie Fresco Secco Est. etereo fase acetonica Saponi¬ ficabile Insaponi¬ ficabile Agaricaceae Clitocybe laccata (Scop.) Quél 322 26 1.024 0.704 0.166 Lactarius controversus (Pers.) Fries 1380 132 7.550 5.807 0.997 Polyporaceae Phellinus pomaceus (Pers. ex Fr.) Quél 3402 1507 18.171 11.965 3.996 Stereum hirsutum (Willd.) Fr. 680 350 12.278 6.314 1.987 TABELLA II Composizione percentuale degli acidi grassi nei funghi A -d Clitocybe Lactarius laccata controversus Phellinus Stereum pomaceus hirsutum Pentadecilico — --- 0.2 0.8 Paimitico 17.1 13.4 12.6 16.1 Palmitoleico 1.0 0.3 2.7 Stearico 6.2 42.1 LI 0.8 Oleico 16.9 31.5 45.5 17.5 Linoleico 58.8 13.0 35.8 62.2 Behenico — 1.2 Lignocerico ... — 1.0 Non determinati --- 2.8 - = assente. Acidi grassi in alcuni Basidiomiceti 297 Parte sperimentale I funghi, appena raccolti, sono stati puliti e tagliati in piccoli pezzi, quindi estratti con acetone, a t. amb., fino ad estratto quasi incoloro. Gli estratti, riuniti e concentrati sotto vuoto, hanno dato una sospensione acquosa che è stata dibattuta con etere privo di perossidi. La fase eterea, portata a secco, è stata quindi saponificata con KOH 10 % in EtOH al 70 % per 2 h a ricadere sotto N2 . Allontanato sotto vuoto l 'etanolo si è ripreso con acqua ed estratto con etere privo di perossidi. La fase ac¬ quosa, ben raffreddata, è stata acidificata e, quindi, estratta con CH2C12 . La fase organica, anidrificata su Na2S04 ed evaporata al rotovapor, è stata passata su Si gel (Kieselgel 60, 70l230 mesh ASTM) ed eluita con C6H6 e percentuali crescenti di etere esente da perossidi. Gli acidi così purificati, chiusi in « Ipovial » da 3 mi sono stati esterificati con 200 pi di dimetilfor- mammide dimetilacetale e 300 pi di C5H5N pura (Thenot, 1972) per 20' a 60 °C. La miscela degli esteri metilici è stata poi eluita su colonnina di Si gel (1 g), concentrando l'eluato a piccolo volume sotto N2 . Per ogni campione sono state eseguite due serie di gascromatografie, nella prima è stata utilizzata come fase liquida SE-30 che, nelle condizioni da noi impiegate, consentiva la identificazione degli esteri metilici da C6 a C24 . ma non quella dei corrispondenti poliinsaturi. Questi ultimi sono stati determinati utilizzando polietilenglicol succinato come fase liquida. Le condizioni di analisi sono state: — 3 % SE-30 Chrom W 80/100 mesh 6' X 1/8" O.D.S.S., 60 *C isot. X 2' e poi programmata 10 °C/min fino a 250 °C, N2 30 ml/min, D.F.I. 250 °C. — 20% PEGS Chrom 80/100 mesh, 6' X 1/8" O.D.S.S., 185 C°, N2 30 ml/min, D.F.I. 250 °C. Le determinazioni quantitative sono state condotte con l'aiuto di un integratore elettronico ed i dati riportati nella tabella II rappresentano le medie di almeno cinque determinazioni. Ringraziamento Gli autori ringraziano il dott. U. Violante dell’Orto Botanico della Facoltà di Scienze dell’Università di Napoli per la classificazione dei funghi. BIBLIOGRAFIA Cerri R., De Simone F., Senatore F., Zollo F., 1979 - Fatty acids, long-chain alcohols, sterols from pollens of three specie of Pinus. Rend. Accad. Sci. Fis. Mat. Napoli, Ser. IV, voi. XLVI, pp. 399-403. 298 F. Senatore, R. Cerri, G. Cordella e A. Pau De Simone F., Senatore F., Sica D., Zollo F., 1979 - Sterols from some Basidio- mycetes. Phytochemistry, 18, pp. 1572-1573. De Si mone F„, Senatore F., Sica D., Zollo F., 1980 - Free aminoacids from pollens. Biochem Syst. & Ecol., 8, pp. 77-79. Nes R. W., Nes D. W., 1980 - Lipids in evolution. Plenum Press, N. Y. and London, pp. 120-211. Shorland F. B., 1963 - Chemical plant taxonomy. T. Swain Edit., Academic Press, London, pp. 252-311. Taber W. A., Vining L. C., 1957 - Can J. Microbio!., 5, pp. 513-535 Thenot J. P., 1972 - Arsa! Letters, 5, pp. 217-218. Wassef M. K., 1977 - Adv. Lipid Res., 15, p. 159. Yohokawa H., 1979 - Abstract 57 of thè Div. of Biol. Chem., Annual meet. of Am. Chem. Soc., Honolulu. Yusef H. M., 1953 - Bull. Torrey Botan Club, 80, pp. 43-64. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE E DELLE ASSEMBLEE GENERALI Processo verbale dell'Assemblea generale del 25 gennaio 1930 Il giorno 25 gennaio 1980, alle 17h40m si è riunita in Assemblea Generale, la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci Vittozzi, Palombi, Caputo, Gustato, Napoletano, Nicoletti, Milone, Matteucig, Parisi, Ariani, Stan- zione, Della Ragione, bucini, Castellano, Cornicilo, de Cunzo, Capolongo, Val¬ larlo, Cocco, Piscopo, Forgione, Ioni, Moncharmont Ugo, Moncharmont Zei Maria, Coppa De Castro, Di Nocera, Rodriquez, Placella, Guadagno, Rapolla, Bonardi, Fìmianì, Cappello, Senatore, Guagliariello, Brancaccio, de Lerma, Palumbo, Diurno, Piciocchi. In apertura dì seduta il Presidente legge la lettera del prof, de Lerma che riferisce su accordi intercorsi con la Regione Campania. Soprintendenza ai Beni librari, per un contributo, su richiesta da parte della nostra Società, per l'acquisto della Miscellanea Salii, che risulta essere una importante rac¬ colta di estratti e lavori originali in campo zoologico. Il Presidente legge poi la lettera scritta al Ministero per i Beni culturali e ambientali, con la quale trasmette la relazione sull'attività svolta dalla Società nel 1979, i bilanci cosuntìvo 1979 e preventivo 1980 e l'ultimo volume pubblicato del Bollettino, chiedendo assegnazioni di fondi per il 1980', in misura più elevato che per il 1979. La relazione è la seguente: Relazione sull'attività Società dei Naturalisti in Napoli durante Fanno 1979. Nel corso del 1979 è con¬ tinuata Fopera di sistemazione dei libri della preziosa Biblioteca e di compi¬ lazione dei nuovi cataloghi. Il lavoro, a suo tempo egregiamente impostato da ex funzionario della Biblioteca Nazionale di Napoli, è stato, continuato dal Dott. Gennaro Tomasetta, ottimo collaboratore del Consiglio Direttivo della Società. Nel 1979 sono stati ammessi alla Società 11 nuovi soci, che ne • avevano fatto domanda, secondo le modalità presentate dallo Statuto. Purtroppo però, nel corso del 1979, sono deceduti ì soci ordinari Antonio Lazzari ed Adolfo Maranelli, che la Società non mancherà di commemorare degnamente al più presto. Quest'anno, intanto, sono stati ricordati alcuni soci scomparsi lo scorso anno e precisamente, nella seduta del 23 febbraio, il prof. Paolo Pizzolongo, Direttore dell'Istituto di Botanica generale della Facoltà di Agraria delFUni- 300' Processi verbali versità di Napoli, ha commemorato il socio Valeria Mozzetti Bambocioni e nella seduta del 23 novembre il socio Ludovico Sicardi, è stato ricordato dal socio Alessandro Oliveri del C'astillo, dell’Istituto di Geologia e Geofisica del¬ l'Università di Napoli. Attualmente i soci sono: soci benemeriti 5 soci ordinari 239 totale 244 Durante il 1979 la Società si è riunita 2 volte in Assemblea generale e 7 volte in seduta ordinaria. Nell’Assemblea generale del 26 gennaio fu letta ed approvata la relazione del Presidente sull’attività svolta dalla Società nel 1973, inoltre, l’assemblea, udita la Relazione dei Revisori dei conti, approvò all'unanimità i bilanci con¬ suntivo 1978 e preventivo 1979. Nell'assemblea generale del 21 dicembre furono ammessi 11 nuovi soci, le cui domande, a nome dello Statuto, erano già passate al vaglio del Consiglio Direttivo; furono inoltri nominati i Revisori dei conti (2 effettivi e 1 supplente). Nel corso delle varie sedute sono stati presentati 24 lavori scientifici nelle diverse discipline naturalistiche: essi saranno pub¬ blicati nel prossimo volume del Bollettino della Società (voi. 88°-1979) che vedrà la luce nei primi mesi del 1980, Il volume 87° del 1978, di cui è già cenno nella relazione dello scorso anno, fu licenziato il 23-7-79 e mi pregio al¬ legarlo alla presente relazione. Il giorno 12 dicembre 1979, infine, su invito del Consiglio Direttivo, nella sola delle adunanze, il socio Prof. Vincenzo VitagKa.no. ordinario di chimica fisica nell'Università di Napoli, ha tenuto una interessante conferenza, alla quale ha partecipato anche un gruppo di studenti, dal titolo: « Moderni aspetti della Termodinamica e della Cinetica ». Diverse riunioni ha tenuto, il Consiglio Direttivo per esaminare e dare un parere preliminare sulle domande di ammissione dei nuovi soci, per esaminare i bilanci, per deliberare su alcune spese non di ordinaria amministrazione e per essere via via informato sullo svolgimento della pratica relativa alla espro¬ priazione per pubblica utilità di circa 600 metri quadrati di terreno agrario di proprietà della Società. Le relative indennità (Lit 6.537.720) sono state ormai riscosse e il Consiglio Direttivo deliberò di investire la somma in Buoni Ordinari del Tesoro (BOT). Furono, pertanto, prenotati all'asta tramite il Banco dì Napoli - Agenzia 1, BOT per Lit. 7,000.000 (nominali), depositati in custodia presso lo stesso Istituto di Credito. Diverse riunioni ha tenuto anche il Comitato di Redazione del Bollettino che spesso ha inviato a cultori particolarmente competenti I lavori presentati per la pubblicazione, allo scopo di tenere sempre alto il buon nome ed il livello scientifico e culturale della Società. Anche il 1979 sì chiude con l’amara constatazione che le relazioni relative alla Tavola Rotonda, sulTinquinamento, tenuta nel maggio 1975, e che do¬ vevano essere raccolte in un volume delle Memorie della Società dei Naturalisti (altra pubblicazione a carattere occasionale di questa Società) . non hanno ancora potuto essere pubblicate per mancanza di fondi. L'assemblea all'unanimità approva la su trascritta relazione. Processi verbali 301 Il Presidente indi invita uno dei due Revisori dei conti, socio Prof. Pi- scopo, a leggere, anche a nome del socio Vitagliano la relazione riguardante il bilancio consuntivo per l'anno 1979 e preventivo per l'anno 1980. Il Pre¬ sidente illustra ambedue i bilanci che vengono approvati all’unanimità dall'as¬ semblea. Il Presidente propone all’assemblea di scegliere i componenti del seggio per le elezioni del consiglio direttivo previste all’ordine del giorno: si sug¬ geriscono i nomi dei Soci Bonardi presidente e Coppa De Castro e Capolongo come scrutatori. L'assemblea approva all’unanimità e i suddetti soci si in¬ sediano immediatamente e danno inizio alle operazioni elettorali. Il Presidente si fa temporaneamente sostituire dal vice Presidente Napoletano e si procede con le comunicazioni scientifiche: a) non essendo presente l’autore della prima nota prevista, essa sarà in¬ serita nell’ordine del giorno della prossima seduta, sentito l’autore stesso; b) il socio Matteucig presenta il lavoro: « Osservazioni sul comportamento animale in rapporto al sismo in Friuli del 6 maggio 1976 »; intervengono Na¬ poletano, Vittozzi; c) il dott. Perna, non socio, presentato dai soci Cocco e Pescatore, presenta il suo lavoro : « Un contributo alla Geologia quantitativa : analisi multivariata condotta su dati sedimentologici »; intervengono i soci Vittozzi, Vallario, Na¬ poletano, Lucini. Terminata la presentazione delle comunicazioni scientifiche si procede alla lettura del verbale redatto dal seggio per le elezioni del consiglio Direttivo, che farà parte integrante del verbale della seduta: « verbale del seggio ». Il seggio viene costituito alle ore 18 con la seguente composizione: pre¬ sidente Bonardi Glauco; scrutatori De Castro Coppa Maria Grazia e Capolongo Domenico, vengono timbrate e siglate 91 schede e si dà inizio alle operazioni di voto alle 18,15. L'urna viene chiusa alle ore 19,20 avendo votato tutti i soci presenti. Al termine delle operazioni risultano votanti 90 soci di cui 53 per delega; durante le operazioni di voto è stata restituita da un socio una scheda errata che è stata debitamente annullata. Alle ore 19,30 si dà inizio alle ope¬ razioni di spoglio che termininato alle ore 20,30. Al termine dello spoglio risultano votate 90 schede. I risultati possono essere così sintetizzati: Presenti Votanti Voti validi Schede bianche Schede nulle 37 37 + 53 per delega 90 90 Hanno riportato voti: per la carica di Presidente: Vittozzi de Lerma Palombi 88 1 1 per la carica di vice Presidente: Napolitano 84 1 1 Palombi Vittozzi 302 Processi verbali per la carica di Segretario: per la carica di vice Segretario: per la carica di Tesoriere: per la carica di Bibliotecario: per la carica di Redattore: per la carica di Consigliere: Risultano pertanto eletti: Presidente: Vice Presidente: Segretario: Vice Segretario: Tesoriere: Bibliotecario Redattore: Consiglieri : de Cunzo 87 Lucini 1 Gustato 85 de Cunzo 1 Guadagno 1 Lucini 1 Pierantoni 83 Matteucig 3 Abatino 2 Battaglini 81 Guadagno 2 Pierantoni 2 Gustato 1 Matteucig 83 Corrado 4 Battaglini 2 Palombi 83 Ariani 61 Caputo 54 Bonardi 32 Torre 31 Abatino 25 Corrado 20 Moncharmont U. 15 Milone 9 Barbera 6 Lucini 3 Brancaccio 2 Piciocchi 2 Piscopo 2 Palumbo 1 Rodriquez 1 Giuseppe Caputo Pio Vittozzi Aldo Napoletano Teresa de Cunzo Gerardo Gustato Angiolo Pierantoni Pietro Battaglini Giorgio Matteucig Arturo Palombi, Antonio P. Ariani, Glauco Bonardi. del che è verbale. Data 25 gennaio 1980. Firmato: Glauco Bonardi - Domenico Capolongo Processi verbali 303 Le operazioni di scrutinio terminano alle 20h 45m, vengono consegnati i verbali. Terminate le operazioni di scrutinio la seduta viene ripresa. Il Presidente proclama eletti i componenti del nuovo consiglio Direttivo. La seduta è tolta alle 21h. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio V mozzi Processo verbale della Seduta del 29 febbraio 1980 Il giorno 29 febbraio 1980 alle 18h si è tenuta intornata ordinaria la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, Caputo, Ariani, Matteucig, Richetti, Piscopo, Forgione, Palombi, Napoletano, Stanzione, Dini, Placella, Guadagno, de Cunzo. Letto ed approvato il verbale della tornata precedente, il Presidente di¬ chiara aperta la seduta. Il Presidente comunica che si derrà in Milano dal 1° al 16 marzo 1980 un convegno dell'Associazione Italiana di Acquariofilia ed Erpetologia. Dopo aver dato alcune indicazioni sommarie, informa che gli interessati potranno attin¬ gere più dettagliate informazioni presso la Segreteria della Società. Si passa poi alle comunicazioni scientifiche: a) Richetti presenta il suo lavoro: « Vitamina E e principali parametri ri- produttori in Coturnix coturnix japonica »; intervengono: Ariani, Forgione, Onesto. b) Richetti presenta un secondo lavoro dal titolo : « Influenza del sistema di allevamento sul valore bromatologico delle carni di Coturnix coturnix japo¬ nica ». c) il Socio Matteucig presenta anche a nome del socio Botte la nota di Russo e Ferro non soci, dal titolo « Le biocenosi bentoniche del Lago Fusaro », espone Russo; intervengono: Palombi, Ariani, Vittozzi. d) Ariani presenta il lavoro suo e di Fiorito: « Contributo alla conoscenza dei Ropaloceri del M. Taburno (appennino Campano) »; intervengono: Pa¬ lombi, Napoletano, Onesto. e) Il Socio Ariani anche a nome del socio Capolongo presenta il lavoro di Bordoni, non socio, dal titolo: « Descrizione della pura del Quaedius ( Micro - saurus) fulgidus (F.) » raccolta nel Napoletano (Coleoptera, Staphylinidae) . LX contributo alla conoscenza degli Staphelinida », espone Bordoni; f) presentata dai soci De Simone e Dini, la dottoressa Lattanzi presenta tre suoi lavori ; il primo reca il titolo: « Evidenze sperimentali sulle variazioni di Dipolo Elettrico nelle vibrazioni modulari »; su di esso interviene Napoletano, il secondo e il terzo hanno rispettivamente il titolo « Anomalie rotazionali nello spettro infrarosso del Benzene »; « Contorni rotazionali delle fondamentali infrarosse E! n del Benzene deutorato »; g) Forgione presenta la nota sua e di O. Schettino « Confronto analitico delle acque di tre fonti limitrofe del comprensorio di Ansante (in provincia di Avellino)»; intervengono: Napoletano, Vittozzi, Stanzione; 304 Processi verbali h) Placella presenta la sua nota: « I coralli pliocenici di Masseria Con- carone, Pisticci (Mt.). Esaminati gli argomenti all'ordine del giorno, la seduta è tolta alle 2Qh Q5m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 25 aprile 1980 Il giorno 25 aprile 1980 alle 17h 50 m si è tenuta in tornata ordinaria la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, de Cunzo, Richetti, Moncharmont Zei, Sgar- rella. Il Presidente dichiara aperta la seduta e comunica che l'Università di Parma informa che si terrà un Seminario di Sociobiologia, il 30 maggio 1980, organizzato dagli Istituto di Sociologia e di Zoologia. Il Presidente inoltre informa l'assemblea che, alla Biblioteca della nostra Società, sono stati assegnati due laureati in applicazione della legge n. 285 per le occupazioni giovanili. Il Presidente poi, comunica la triste notizia della scomparsa della socia prof. Lea Pannain Papocchia, ne ricorda la nobile figura con sentite parole e informa di aver provveduto a inviare le condoglianze ai familiari e di aver pregato il socio prof. Palombi di tenerne la commemorazione. Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) Richetti presenta la sua nota dal titolo «Struttura, principi alimentari e composizione amino-acidica delle proteine dell'uovo di Coturnix coturnix japonica », intervengono i soci: Vittozzi, Moncharmont Zei, de Cunzo; b) Moncharmont Zei presenta una rettifica alla nota sua e di Sgarrella dal titolo: Sipholagena benevestita nuovo nome per Buehneria benevestita ( Buchner ) nota che era già stata presentata in altra seduta. Esaurito l'ordine del giorno la seduta è tolta alle 18h 15m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale dell'Assemblea Generale del 27 giugno 1980 Il giorno 27 giugno 1980 alle 17h 45m si è tenuta in seconda convocazione l'assembela generale della Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Vittozzi, de Cunzo, Matteucig, Forgione, Coppa De Castro, De Castro, Barattolo, Moncharmont, Napoletano, Moncharmont Zei, Sgarrella, Palombi, Caputo, D’Argenio, Ferreri, Stanzione, Oliveri. Letto ed approvato il verbale della tornata precedente si intende aperta la seduta. Il Presidente comunica che il Consiglio di Amministrazione dell’Università ha stanziato la somma di 1.500.000 lire. Processi verbali 305 Il Presidente comunica inoltre che non ancora la Società ha potuto ma¬ terialmente riscuotere la somma di L. 500.000 stanziata in suo favore dalla Re¬ gione Campania, in quanto tale contributo è stato concesso unicamente per l'acquisto di libri e scaffalature. Si passa alla voce seguente dell'ordine del giorno: ammissione nuovi soci. Il Presidente comunica che sono pervenute n. 13 domande, nell'ordine: Manuel Rodriguez Gallego presentato dai soci; Vittozzi e Schedilo; Pu- rifìcacion Fenoli Hach Ali, Franco Pescatore; Francisco Lopez Aguayo, Franco Pescatore; Miguel Ortega Huertas, Stazione e Pescatore; José Linares Gonzales, Schedilo e Vittozzi; Francesco Huertas Garcia, Brancaccio e Sgrosso; En- rique Barahona Fernandez, Sgrosso e Brancaccio; Julio Boza Lopez, Battaglini e Gustato; Antonio Pozzuoli, Pescatore e Brancaccio; Orfeo Picariello, Bat¬ taglini e Galassi; Aniello Ascione, presentato dai soci Oliveri del Castello, Qua- gliariello ; Graziano Fiorito, Ariani Battaglini; Guido Barone, Vitagliano e Mat- teucig. Si procede alla notazione da parte dei Soci presenti; gli aspiranti sono tutti ammessi a far parte del sodalizio, all’unanimità. Si passa poi alla presentazione delle comunicazioni scientifiche: a) il socio Forgione presenta il lavoro in colaborazione di O. Schettino ed L. Ferrara dal titolo: « Influenza dei trattamenti termici sulla variazione di alcuni parametri di vegetali commestibili », intervengono Napolitano, Vit¬ tozzi; b) P. Di Stefano presentato dai soci D’Argenio e R. Catalano, presenta il suo lavoro dal titolo: Diplopora panormitana, una nuova specie di Dasi- cladacea (alga verde) del Trias superiore dei monti di Palermo», interviene: De Castro; c) il socio Barattolo presenta la sua nota dal titolo: « In alcune nuove triploporelle del Cretacico dell 'Appennino », interviene D’Argenio; d) la socia Sgarrella presenta la nota sua e di M. G. De Castro-Coppa, M. Moncharmont Zei, B. Placella, E. Taddei Ruggiero: «Distribuzione stagio¬ nale e verticale dei Foraminiferi planctonici del Golfo di Napoli », intervengono Palumbi e B'Argenio. Esaurito l'ordine del giorno la seduta è tolta alle 19h 30m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 31 ottobre 1980 Il giorno 31 ottobre 1980 alle 17h45m si è tenuta in tornata ordinaria la Società dei Naturalisti in Napoli. Sono presenti i soci: Cornelio, Caputo, Pierantoni, Vittozzi, Rippa, Mon¬ charmont Ugo, Forgione, Lucini, Moncharmont Zei Maria, Parisi, Matteucig, Oliveri del Castello, de Cunzo. Il Presidente dichiara aperta la seduta, porge il saluto ai familiari della socia Lea Pannain, di recente scomparsa ed esprime il rammarico del socio Palombi non intervenuto per malessere. 306 Processi verbali Il Presidente esprime pertanto voti auguali al socio consigliere Palombi per una rapida guarigione e, da lui delegato, leggerà egli stesso il manoscritto fattogli all'uopo pervenire. Il Presidente sospende quindi la seduta per qualche minuto prima di dar corso alla seduta ordinaria. Il Segretario dà lettura del verbale della seduta precedente che viene approvato, il Presidente legge la lettera del Direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali e ambientali, nella quale si informa che il Ministro stesso ha stanziato per la nostra Società dei Naturalisti la somma di L. 500.000, quale contributo per il 1980. Il Presidente, ancora, comunica che dal 10 al 20 ottobre si è tenuta una mostra nella Reggia di Caserta sulla macchia mediterranea ; che dal 17 al 19 ottobre si è tenuta a Vibo Valentia un convegno nazionale indetto dal Centro Eurgeo formazione agraria sul tema: « Esperienza pilota nella stra¬ tegia e nella cultura dello sviluppo » con particolare riguardo al Mezzogiorno d’Italia ed al suo futuro; che dal 23 ottobre al 16 novembre 1980 nella Galleria Principe di Napoli, si terrà una mostra : « Camera chiara » organizzata dal¬ l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli in collaborazione con la Ilford ; che dal 9 all'll dicembre 1980 si terrà a Parigi, nei locali deH'UNESCO il III Convegno internazionale sull’ambiente; i pieghevoli illustrati dai suddetti, mostre e convegni, resteranno in Segreteria della Società, a disposizione dei Soci. Si passa alle comunicazioni scientifiche: a) il Socio Ascione presente la sua nota: « Ricerche su Ischia »; b) il socio Mattencig presenta il lavoro in collaborazione con Parisi: « Le acque termominerali della città di Napoli » ; intervengono i soci Abatino, Vittozzi ; c) il socio Parisi presenta la sua nota dal titolo: « Biosintesi di pteridine in Drosophila melanogaster ». Esaurito l'ordine del giorno il Presidente dichiara tolta la seduta alle 19h 30m. Il Segretario: Teresa de Cunzo II Presidente: Pio Vittozzi Processo verbale della Seduta del 19 dicembre 1980 Il giorno 19 dicembre 1980 alle 17h 30m si è tenuta in seconda convocazione, la tornata ordinaria della Società dei Naturalisti in Napoli. La seduta, in attesa del parere di agibilità dei locali della Società a seguito del sisma del 23 novembre u.s. si tiene in un’aula dell’Istituto di Geologia e Geofisica, all’ordine del giorno della seduta odierna va premesso l’ordine del giorno della seduta del 28 novembre, che non vi è tenuta a causa del sisma stesso. Sono presenti i soci: Vittozzi, de Cunzo, Diurno, Aprile, Battaglini, Celico, Senatore, Milone, Corrado. Processi verbali 307 Il Presidente, in apertura di seduta, comunica ai soci la scomparsa dei soci benemeriti prof. Antonio Carrelli e Giuseppe Imbò, che saranno a suo tempo degnamente commemorati. Il Segretario legge il verbale della seduta precedente che viene approvato all'unanimità. Si passa dunque alle comunicazioni scientifiche. Con l'approvazione dell'assemblea, a richiesta dell'autore, si modifica l'or¬ dine di successione dei lavori segnati nell'ordine del giorno: a) il socio Senatore Senatore presenta il lavoro in collaborazione con Cini Cordella, Pau, dal titolo : « Acidi grassi nei funghi ». b) il socio Milone presenta il lavoro in collaborazione con Capo-Morrone dal titolo : « Il genere Larus, lungo le coste dalmate dal 1972 al 1980 »; c) il socio Celico presenta il lavoro dal titolo: « Le sorgenti della piana di Fondi : prime considerazioni sul chimismo delle acque »; d) lo stesso presenta un secondo lavoro in collaborazione con Bartolomei e Pecoraro, dal titolo: « L'unità idrogeologica dei monti Arnoni (Lazio Meri¬ dionale); rivelazione idrica sotterranea e possibilità di utilizzazione dell'acqui¬ fero carbonatico come serbatoio naturale di compenso »; e) lo stesso presenta un terzo lavoro in collaborazione con Bartolomei e Pecoraro, dal titolo: « Rapporti tra strutture e idrogeologia indenni massicci carsici dell'Abruzzo : risultati di recenti indagini geognostiche »; e chiede chia¬ rimenti Vittozzi ; f) il socio Aprile presenta il lavoro in collaborazione di Giordano, dal titolo: « Un sistema di acquisizione ed elaborazione di dati, da sondaggi elettrici verticali, basato sull'uso di microcomputer »; intervengono : Vittozzi, Pascale, Galassi, Corrado; g) il socio Diurno presenta il lavoro in collaborazione con Piscopo, Cap¬ pello, Cerreti Mazza, Aliberti, dal titolo: « Quilidi ad attività antimicrobica»; h) il socio Galassi presenta il suo lavoro dal titolo : « Alcune reazioni ci¬ tochimiche delle proteine citoplasmatiche e nucleolari di oociti di Ciona in- testinalis L. »; i) Russo presenta il suo lavoro in collaborazione con il socio Battaglini, dal titolo: « Un nuovo metodo da laboratorio per la estrazione dello psammon ». Esaurito l'ordine del giorno il Presidente dichiara chiusa la seduta alle 19h 20m. Il Segretario: Teresa de Cunzo Il Presidente: Pio Vittozzi ELENCO DEI SOCI AL 31 DICEMBRE 1980 con la data di ammissione SOCI BENEMERITI 1) 31-12-922 Palombi Arturo - Via Carducci, 19 - 80121 Napoli. 2) 29- 4-923 Torelli Beatrice - Via Bracciano, 2 - Roma. 3) 16- 3-924 Viggiani Gioacchino - Via Posillipo, 281 - 80123 Napoli. 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) SOCI ORDINARI 26- 2-971 Abatino Elio - C.NR. - Centro di Microscopia elettronica I. M. - Piazza Barsanti e Matteucci - 80125 Napoli. 28- 3-963 Abignente Enrico - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29- 12-976 Accordi Giovanni - Via Grossi Gondi, 46 - Roma. 29-12-974 Amodeo Giovanni - Via Fava, 33 - 80014 Nocera Ingeriore. 23-12-975 Anastasio Antonio - Via M. Piscitelli, 29 - Napoli. 26- 7-975 Andiloro Filippo - Campo Sperimentale Contrada « Bettina » - 89013 Gioia Tauro. 7- 2-938 Antonucci Achille - Via Girolamo Santacroce, 19/c - 80129 Napoli. 25- 6-976 Aprile Francesco - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità di Napoli - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 29- 10-971 Ariani Antonio - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzo¬ cannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-980 Ascione Aniello - Via S. Michele, 76 - Ponticelli (Napoli). 30- 1-959 B adulato Franco - Via Pantelleria, 3 - Roma. 23-12-975 Balsamo Giuseppe - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ l’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-980 Barahona Fernandez Enrique - Estacion Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). 25- 6-976 Barattolo Filippo - Corso Italia, 11 - 04024 Gaeta. 27- 3-964 Barbera Carmela - Istituto di Palentologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 27- 6-980 Barone Guido - Via Gemito, 70 - Napoli. 31- 5-968 Battaglini Pietro - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. 27- 6-975 Biondi Augusto - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossico- logica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. 21 310 Elenco dei soci 19) 26- 5-972 20) 30- 1-959 21) 30-11-973 22) 31- 5-968 23) 30-12-960 24) 3-12-971 25) 28- 2-969 26) 26- 5-972 27) 20-12-974 28) 27- 6-980 29) 27- 3-964 30) 21-12-979 31) 23-12-975 32) 23-12-975 33) 31- 3-972 34) 28-12-951 35) 29-10-971 36) 27- 4-973 37) 30-12-962 38) 21-12-979 39) 27- 3-964 40) 29-10-971 41) 31- 5-968 42) 28-12-940 43) 23-12-975 44) 24- 6-977 45) 23-12-975 46) 28-12-949 47) 3-12-971 48) 28- 2-969 49) 23-12-975 50) 23-12-975 51) 28- 2-969 Boenzx Federico - Via Lucano, 122 - 75120 Matera. Boisio Maria Luisa - Distacco Piazza Marsala, 3/6 - 16122 Genova. Bolognese Bianca - Via Posillipo, 47/A - 80123 Napoli. Bomardi Glauco. - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Bonasia Vito - Istituto di Geologia e Geofisica dell Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Boni Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell 'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Borgia Giulio Cesare - Geologo - Via Luigi Guercio, 145 - 84100 Salerno. Botte Virgilio - II Cattedra di Anatomia Comparata dell’Univer¬ sità - Vìa Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Bova - Conti Marcello - Piazza S. Giovanni Bosco, 1/8 - 90143 Palermo. Boza Lopez Julio - Estacion Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Brancaccio Ludovico - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Buccino Gerardo - Via C. Rossi, 13 - 84043 Agropolì. Bubetta Paolo - Corso Garibaldi, 142 d - 84100 Salerno. Cagliozzi Anna - Istituto di Zoologia dell'Università Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Can navale Giuseppe - Via Madonna di Fatima, 98 - 84100 Salerno. C araldo Pasquale - Traversa Giacinto Gigante, 36 - 80128 Napoli. Capasso Giuseppe - Via S. Eustacchio, 51 - 84100 Salerno. Capolongo Domenico - Via Roma, 8 - 30030 Roccarainola (Napoli). Capone Antonio - Via Cilea, 136 - 80127 Napoli. Cappello Brunella - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossico- logica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Caputo Giuseppe - Istituto di Botanica - Via Foria, '223 - 80139 Napoli. Carannante Gabriele - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 80138 Napoli. Carrara Eugenio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Casertano Lorenzo - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Castalbo Chiara - Via Ugo Niutta, 22 - 80128 Napoli. Castellano Giovanna - Corso Vittorio. Emanuele, 175 - 80121 Napoli. Castellano Maria Cristina - Via Manzoni, 63 - 80123 Napoli. Catalano Giuseppe - Via Luigia Sanfelice, 5 80137 Napoli. Catalano Raimondo - Istituto di Geologia dell’Università - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Catenacci Vincenzo - Geologo - Via A. Regolo, 12/d - 00192 Roma. Ceccoli Annamaria - Via Pisciceli!, 29 - Napoli. Celxco Pietro - Piazza Pilastri, 17 - 80125 Napoli. Chiaromonte Ferdinando - Parco Grifeo, 38 - 80121 Napoli. Elenco dei soci 311 52) 2940-971 53) 31- 5-968 54) 26~ 5-972 55) 27- 1-978 56) 31- 5-968 57) 21- 5-968 58) 24- 6-977 59) 28- 2-969 60) 28-12-949 61) 28-12-932 62) 27- 6-975 63) 28- 3-963 64) 26- 1-949 65) 29-11-974 66) 29-10-971 67) 30- 1-959 68) 27- 6-973 69) 29-12-961 70) 31- 5-968 71) 30- 1-959 72) 30- 1-959 73) 20- 1-932 74) 3-12-971 75) 31- 5-968 76) 29-11-974 77) 28- 6-975 78) 27- 1-978 79) 31- 5-968 80) 25- 6-976 81) 26- 2-971 82) 25- 6-976 83) 29-10-971 84) 27- 6-975 Chiefti Giovanni - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Ciaranfi Neri - Parco Domingo, scala j - Via C. Rosalba, 46 F - 70124 Bari. Ciardiello Valle Anna Maria - Via Caldieri, 147 - 80128 Napoli. Cimino Antonio - Via Carmelo Trasselli, 9 90129 Palermo. Cippitelli Giuseppe - Via Morandi, 13 - 2C097 S. Donato Milanese. Cocco Ennio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Corniello Alfonso - Corso Umberto, 98 - 81012 Alvignano (Caserta). Corrado Gennaro - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Cotecchia Vincenzo - Corso Alcide De Gasperi, 384 - Bari. Covello Mario - Parco Grifeo, 38 - Napoli. Cozzolino Angela - Via Garibaldi, 9 - Tufino (Napoli). Crescenti Uberto - Via Gioberti, 44 - 65100 Pescara. Cucuzza Silvestri Salvatore - Casella Postale 345 - 95100 Catania. D’Alessandro Assunta - Via G. Grande, 12 - Lecce. Damiani Alfonso Vittorio - Lungotevere Meliini, 30 - 00193 Roma. D’Argenio Bruno - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Dazzaro Luigi - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ateneo - 80121 Bari. De Castro Piero - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Castro Coppa Maria Grazia - Istituto di Paleontologia della Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Cunzo Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Leo Teodoro - Istituto di Fisiologia Generale dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Lerma Baldassarre - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Delfino Vincenza - Via Pietro Castellino, 88 - 80131 Napoli. De Medici Giovanni Battista - Via Beisito, 13 - 80123 Napoli. De Miranda Renato - Via Chiatamone, 6Q/B - 80123 Napoli. D 'Errico Francesco Paolo - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria dell'Università - Portici (Napoli). De Riggi Angelo - Via Cavour, 2 - 80133 Cicciano (Napoli). De Riso Roberto - Istituto di Geologia Applicata dell'Università - De Rosa Ciro - Via Costantinopoli, 25 - Aversa. De Simone Bruno - Parco Comola Ricci, 120/c - 80122 Napoli. De Simone Francesco - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tos¬ sicologia - Via Leopoldo Rordinò, 22 - 80134 Napoli. De Stasio Laura Maria - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. De Vivo Benedetto - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. 312 Elenco dei soci 85) 25- 6-976 86) 27- 3-964 87) 20-12-960 88) 21-12-979 89) 27- 6-975 90) 20-12-974 91) 29-10-971 92) 21-12-979 93 ) 27- 6-973 94) 28- 2-969 95) 27- 6-980 96) 21-12-979 97) 29-10-971 98) 26- 6-976 99) 27- 6-980 100) 29-12-961 101) 21-12-979 102) 24- 6-977 103) 21- 5-968 104) 28- 2-969 105) 23-12-975 106) 18-12-959 107) 23-12-975 108) 28-12-951 109) 3-10-971 110) 30-12-960 111) 15-12-978 112) 31- 3972 113) 15-12-978 114) 31- 3-972 Di Benga Felice - Calata S. Francesco, 12/B - 80127 Napoli. Di Girolamo Pio - Istituto di Mineralogia dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Di Leo Lucia - Via Lepanto, 21 - 80125 Napoli. Di Luise Giancarlo - Via Carlo Ravizza, 7/A - 20100 Milano. Di Maio Ferdinando - Via G. Poli, 70 - Portici (Napoli). Dini Antonio - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tessicolo- gica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Di Nocera Silvio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Diurno Maria Vittoria - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tos¬ sicologica - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Eposito Vincenzo - Via Bonito, 27/c - 80129 Napoli. Fantetti Vincenzo - Via Napoli, 107 - 71016 S. Severo (Foggia). Fenoll Hach-Ali Purificacion - Departamento de Cristalografia y Mineralogia Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna) . Ferreri Vittoria - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Fimiani Pellegrino - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Fin amore Ester - Via Posillipo, 239 - 80123 Napoli. Fiorito Graziano - Via G. Gigante, 39 - Napoli. Fondi Mario - Istituto Geografia dell'Università - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Forgione Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossi¬ cologia - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Forlani Marcello - Via Libertà, 218/bis - 80055 Portici. Foti Lidia - Istituto di Fisiologia Generale dell'Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Franciosa Nicola - Istituto di Edilizia - Facoltà di Architettura - Via Monteoliveto, 3 - 80134 Napoli. Franco Anna Rita - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Franco Enrico - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Galassi Leone - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Galgano Mario - Istituto di Antropologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Galiano Giovanni - Viale Mellusi, 40/c - 82100 Benevento. Gianfrani Alfonso - S. Giacomo dei Capri, 41 - Parco Pica - Napoli. Gioffrè Domenico - Istituto di Coltivazioni Alboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Giunta Giuseppe - Via Passaggio dei Poeti, 22 - Palermo. Guadagno Francesco Maria - Via Tasso, 305 - Napoli. Guglielmotti Eugenio - Via G. Seripando, 14 - Salerno. Elenco dei soci 313 115) 26- 2-971 116) 21- 5-968 117) 27- 6-980 118) 31- 3-972 119) 30-12-936 120) 28- 1-972 121) 27- 4-973 122) 26- 5-972 123) 26- 1-973 124) 6- 2-939 125) 14- 6-945 126) 27- 1-956 127) 29-10-971 128) 20-12-974 129) 29-10-971 130) 28- 2-969 131) 29-10-971 132) 27- 6-973 133) 29-10-971 134) 15-12-978 135) 31- 3-972 136) 27- 6-980 137) 27- 6-980 138) 26- 5-971 139) 22- 2-963 140) 26- 4-974 141) 27- 1-956 142) 20-10-971 143) 25- 6-976 Gustato Gerardo - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Honsel Edmondo - Istituto di Botanica - Via Valerio - 34100 Trieste. Huertas Garcia Francisco - Departamento de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universitad de Granada (Spagna) . Ioni Lamberto - Via Luca Giordano, 6 - 80127 Napoli. Ippolito Felice - Istituto di Geologia - Città Universitaria Roma. Istituto di Geologia e Paleontologia dell'Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica dell’Univer¬ sità - Via Trentino, 51 - 09100 Cagliari. Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Mar¬ cellino, 10 - 80138 Napoli. Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Jovene Francesco - Via Acquedotto, 107 - 80070 Ischia (Napoli). La Greca Marcello - Istituto di Biologia animale dell'Università - Via Androne, 81 - 95124 Catania. Lamberti ni Diana - Istituto di Chimica Industriale dell'Univer¬ sità - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Landi Aldo - Via Tito Angelini, 25 - 80129 Napoli. Landi Ernesto - Piazza Carità, 6 80134 Napoli. Lepegna Ulisse - Via G. Bonito, 27/E - 80134 Napoli. Lapegna Tavernier Amalia - Istituto di Geologia e Geografia del¬ l’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. La Rotonda Maria Immacolata - Corso Garibaldi, 129 - 80055 Portici. Laureti Lamberto - Via Nievo, 84 - 80122 Napoli. Lavorato Giovanni - Via S. Matteo, 5 - 84090 Montecorvino Pu- gliano (Salerno) . Lazzari Silvestro - Via Mantova 32/6 - 85100 Potenza. Liguori Vincenzo - Istituto di Geologia - Via Tukory, 131 - 90134 Palermo. Linares Gonzalez Josè - Estacion Experimental del Zaidin C.S.I.C. - Profesor Albareda, 1 - Granada (Spagna). Lopez Aguayo Francisco - Department de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna) . Lucini Paolo - Via Cammarano, 19 - 80129 Napoli. Maccagno Angiola Maria - Piazza Zama, 19 - Roma. Maglione Costantino - Via Cilea, 280 - 80127 Napoli. Mancini Fiorenzo - Via Gino Capponi, 18 - 50121 Firenze. Manna Fedele - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Manzo Sergio - Via Terracina, 368 - 80125 Napoli. 314 Elenco dei soci 144) 23-12-975 145) 27- 4-973 146) 30-11-973 147) 29-10-971 148) 31- 3-972 149) 29-10-971 150) 28-12-949 151) 27- 1-978 152) 27- 1-978 153) 7- 2-938 154) 27-11-947 155) 30-12-960 156) 2- 5-931 157) 22-12-976 158) 26- 6-976 159) 27- 1-978 160) 31- 5-968 161) 27-11-947 162) 24- 6-977 163) 26- 1-949 164) 25- 6-976 165) 27- 4-973 166) 30-12-960 167) 25- 6-976 168) 27-11-947 169) 27- 6-980 170) 29-10-971 171) 30-12-960 Marmo Francesco - Istituto di Biologia Generale e Genetica del¬ l'Università di Napoli - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Maxia Carmelo - Istituto di Geologia, Paleontologia e Geografia fisica - Via Trentino, 51 09100 Cagliari. Matteucig Giorgio - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Merenda Luigi - C.N.R. - IRPI - 87030 Castiglione Scalo (Cosenza). Meucci Nardella Anna Maria - Via Domenico Fontana, 95 - 80128 Napoli. Micielx De Biase Leandro - Istituto di Entomologia agraria - Fa¬ coltà di Agraria - 80055 Portici. Migliorini Elio - Via Vitelleschi, 26 - 00193 Roma. Milito Pagliara Severina - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Milone Mario - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Moncharmont Ugo - Via A. Falcone, 88 - 80127 Napoli Moncharmont Zei Maria - Istituto di Paleontologia dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Montagna Raffaele - Via Domenico Cimarosa, 2/A . Napoli. Montalenti Giuseppe - Istituto di Genetica - Città Universitaria - 00185 Roma. Moretti Aldo - Istituto di Botanica - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Morrica Sciiirru Patrizia - Istituto di Chimica Farmaceutica e Tossicologia dell'Università - Via Leopoldo Rodino, 22 - 80134 Napoli. Muzzo Carlo - Via Amendola, 2 - 81055 S. Maria Capua Vetere (Caserta). Napoleone Giovanni - Istituto di Geologia - Università di Firenze. Napoletano Aldo - Via Rodolfo Falvo, 20 - 20127 Napoli Nicoletti Pier Giorgio - Via Fuori Porta Napoli - 81043 Capua. Nicotera Pasquale - Istituto di Geologia Applicata - Facoltà di Ingegneria - Piazzale Tecchio - 80125 Napoli. Nicotina Mariano - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. Nota D'Elogio Ernesto - Parco Mergellina, 3 - 80122 Napoli. Oliveri del Castillo Alessandro - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Orio Franco - Via G. De Jacobis, 3 - Salerno. Orrù Antonietta - Via Monte Pollino, 2 - Quartiere Montesacro - Roma. Qrtega Huertas Miguel - Departamento de Cristalografia y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna) . Ortolani Francesco - Istituto di Geologia e Geografia dell’Uni¬ versità di Napoli. Pagella Maria Luisa - Via Girolamo Santacroce, 5 - 80129 Napoli. Elenco dei soci 315 172) 30-12-960 173) 29- 3-693 174) 28- 2-969 175) 30-12-960 176) 2- 5-931 177) 29-10-971 178) 24- 6-977 179) 22-12-976 180) 27-12-957 181) 29-12-961 182) 31- 1-951 183) 27- 6-980 184) 29-10-971 185) 28-12-951 186) 27- 4-973 187) 31- 5-968 188) 18-12-959 189) 21-12-979 190) 27- 6-980 191) 29-10-971 192) 21-12-979 193) 28-12-956 194) 30-12-960 195) 28-12-969 196) 20-12-974 197) 27- 3-964 198) 21-12-970 199) 31- 5-968 200) 28-12-949 201) 3-12-971 Palmentola Giovanni - Istituto di Geologia e Paleontologia del¬ l'Università - Palazzo Ateneo - 70121 Bari. Palumbo Antonino - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Paoletti Alfredo - Istituto d'igiene - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 16 - 80134 Napoli. Parenzan Paolo - Via Roma, 12 - 74100 Taranto. Parenzan Pietro - Stazione di Biologia Marina - Porto Cesareo (Lecce) . Parisi Giovanni - Istituto di Zoologia dell'Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. Pasquarella Carmelo - Via 4 Orologi, 29/A - Ercolano. Pellecchia Maria - Via Francesco Saverio Correrà, 222 - Napoli. Pericoli Sergio - Via del Porto, 151 - 47033 Cattolica (Forlì). Pescatore Tullio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pescione Messina Adelia - Via Fleming, 89 - 00196 Roma. Picariello Orfeo - Istituto di Zoologia dell’Università - Facoltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Piciocchi Alfonso - Parco Comola Ricci, 9 - 80122 Napoli. Pierantoni Angiolo - Galleria Umberto I, 27 - 80132 Napoli. Pierattini Donatella - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Pieri Piero - Istituto di Geologia e Paleontologia - Palazzo Ate¬ neo - 70121 Bari. Piscopo Eugenio - Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Placella Bianca - Corso Umberto, 35 - 80138 Napoli. Pozzuoli Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Fa¬ coltà di Scienze - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Priore Rosa - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agra¬ ria - 80055 Portici. Pugliese Pasquale - Istituto di Chimica Farmaceutica dell’Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Quagliariello Teresa - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Radina Bruno - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Radoicic Raika - Juli 7, 38 - Belgrado. Ramundo Eliseo - Via Cesare Rossaroll, 174 - 80139 Napoli. Rapolla Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Righetti Francesco - Istituto di Zootecnica - Via F. Delpino, 1 - 80137 Napoli. Ricchetti Giustino - Istituto di Geologia dell’Università - 70121 Bari. Rippa Anna - Piazzetta Marconiglio, 4 - 80141 Napoli. Roda Cesare - Istituto di Scienze della Terra - Viale Ungheria - Udine. 316 Elenco dei soci 202) 27- 6-980 203) 27- 3-964 204) 27- 6-975 205) 15-12-978 206) 27-11-947 207) 29-10-971 208) 27- 1-978 209) 31- 5-968 210) 3-12-971 211) 28- 3-963 212) 20-12-974 213) 30-12-941 214) 29-10-971 215) 30-11-973 216) 27- 3-964 217) 27- 3-964 218) 25- 6-967 219) 15-12-978 220) 31- 1-951 221) 21-12-979 222) 28- 3-963 223) 29-10-971 224) 31- 1-951 225) 30-12-960 226) 23-12-975 227) 26- 5-972 228) 31- 5-968 229) 27- 6-975 230) 31- 5-968 Rodriguez Gallego Manuel - Departamento de Cristalografìa y Mineralogia - Facultad de Ciencias - Universidad de Granada (Spagna) . Rodriquez Antonio - Via Pietro Castellino, 179 - 80131 Napoli. Rosso Andrea - Via Ferrara, 14 - Caserta. Rotondo Antonio - Istituto di Coltivazioni Arboree - Facoltà di Agraria - Portici (Napoli). Ruffo Sandro - Lungadige Porta Vittoria, 9 - 37100 Verona. Russo Luigi Filippo - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. Salvati Gerardo - Via Pisa, 1 - 85100 Pisa. Sarpi Ernesto - Via S. Aspreno, 13 - 80133 Napoli. Sartori Samuele - Istituto di Geologia - Via Zambroni, 63-67 - 40127 Bologna. Scandone Paolo - Istituto di Geologia e Paleontologia - Università di Pisa. Scaramella Domenico - Istituto di Entomologia Agraria - Facoltà di Agraria - Portici. Scherillo Antonio - Istituto di Mineralogia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Schettino Oreste - Istituto di Chimica Farmaceutica dell'Uni¬ versità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scipparella Sergio - Centro di Calcolo Elettronico Interfacoltà - Pad. 17 - Mostra d’Oltremare - Napoli. Scorzillo Raffaele - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Scotto Di Carlo Bruno - Stazione Zoologica - Villa Comunale - 80121 Napoli. Senatore Felice - Via Balziro - Traversa Bottiglieri, 17 - Salerno. Serra Virginia - Dipartimento di Biologia Cellulare - Università - Arcavacata Rende (Cosenza). Sersale Recardo - Istituto di Chimica Applicata - Facoltà di In¬ gegneria - 80125 Napoli. Sgarrella Franca - Via Cilea, 250 - 80127 Napoli. Sgrosso Italo - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Simone Lucia - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Sinno Renato - Via Scudillo, 20 bis - Napoli. Sorrentino Pappalardo Albino - Via S. Giovanni Bosco - 33028 Tolmezzo. Spagnuolo Gabriella - Istituto di Zoologia dell’Università - Via Mezzocannone, 8 - 80134 Napoli. Speranza Antonio - Via Monte di Dio, 74 - 80132 Napoli. Stanzione Damiano - Via Nicolardi (Parco Arcadia, Is. 5) - 80131 Steri Stefano - Istituto di Matematica dell’Università - Via Mez¬ zocannone, 8 - 80134 Napoli. T addei Roberto - Orto Botanico - Via Foria, 223 - 80139 Napoli. Elenco dei soci 317 231) 31- 5-968 232) 26- 3-942 233) 31- 5-968 234) 29-12-961 235) 27- 1-978 236) 19-10-971 237) 20-12-974 238) 15-12-978 239) 29-12-961 240) 25- 6-976 241) 29-10-971 242 ) 21 12-979 243) 27- 1-978 244) 31- 3-972 245) 30-12-960 246) 26- 1-949 247) 25- 6-976 Taddei Ruggiero Emma - Istituto di Paleontologia dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tarsia in Curia Isabella - Corso Umberto I, 106 - 80138 Napoli. Torre Mario - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Torre Zamparelli Valeria - Istituto di Geologia e Geofisica del- TUniversità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Tramutoli Mariano - Largo Aurelio Saffi, 11 - 85-00 Potenza. Tremblay Ermenegildo - Istituto di Entomologia agraria - Fa¬ coltà di Agraria - 80055 Portici. Vacatello Michele - Istituto Chimico - Via Mezzocannone, 4 - 80134 Napoli. Valentini Giovanni - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Univer¬ sità - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Vallario Antonio - Istituto di Geologia e Geofisica dell'Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Verniani Franco - Istituto di Fisica « A. Righi » - Università - Via Irnerio - 40126 Bologna. Viggiani Gennaro - Istituto di Entomologia agraria - Facoltà di Agraria - 80055 Portici. V illanis Gabriella - Via Guglielmo Sanfelice, 24 - 80134 Napoli. Villari Anna - Via Bausan, 36 - 80121 Napoli. Vitagliano Paolo Augusto - Via S. Giacomo dei Capri, 125 - Pa¬ lazzo Seca - 80128 Napoli. Vitagliano Vincenzo - Via A. Manzoni, 30 - 80123 Napoli. Vittozzi Pio - Istituto di Geologia e Geofisica dell’Università - Largo S. Marcellino, 10 - 80138 Napoli. Zampino Carlo - Via S. Baratta - Salerno. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti 1) Acta Borealia. Serie scientia. Trombo - Oslo. 2) Acta Botania Fenilica. Helsinki. 3) Acta Entomologica Fennica. Helsinki. 4) Acta Faunistica Entomologica Musei Nationalis Pragae (Sbornik Faunisti- kych Praci...). Praha. 5) Acta Facultatis rerum naturalium Universitatis Comeniane. Ser. Anthro- pologia. Botanica. Chimica. Mathematica. Physica. Physiologia plantarum. Zoologia. Bratislava. 6) Acta Geologica et geographica Universitatis Comenianae. Bratislava. 7) Acta Palaentologica Sinica. Nanking (China). 8) Acta Societasi Botanicorum Poloniae. Warszawa. 9) Acta Societatis prò fauna et flora Fennica. Helsinki. 10) Acta Universitatis Lundensis. Lund. 11) Acta Zoologica Fennica. Helsinki. 12) Allan Hancock Monographs. Los Angeles. 13) Anales del Instituto de biologia. Universidad Nac. de México. Mexico. 14) Anales del Instituto Botanico A. J. Cavanilles. Madrid. 15) Anales de Sociedad Cientifìca Argentina, Buenos Aires. 16) Ammalia Fennica. Helsinki. 17) Annalen der K. K. Naturhistorischen (Hof-) Museum. Wien. 18) Annales Botanici Fennici. Helsink. 19) Annales Entomologici Fennici (Soumen Hyonteistieteellinen Aika Kauskirija). Helsinki. 20) Annales Musei Goulandris. Contributiones ad historiam naturalem Greciae et Regionis Mediterraneae a Museo Goulandris historiae naturalis editae. Kifisia (Atene). 21) Annales de la Sociètè Royale Zoologique de Belgique. Bruxelles. 22) Annales historico-naturales Musei Nationalis Hungarici. Budapest. 23) Annales Universitatis Mariae Curie Slodowska. Sectio B: geographia, geo¬ logia, mineralogia et petrographia. Sectio C: Biologia. Lublin. 24) Annales Zoologici Fennici. Helsinki. 25) Annali della Facoltà di scienze agrarie della Università degli Studi di Napoli. Portici. 26) Annali del Museo Civico di storia naturale « G. Doria » di Genova. Genova. 27) Annali della Università degli studi de L'Aquila. L’Aquila. 28) Annals of thè Missouri Botanical Garden. St. Louis. 29) Annuario della Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Bologna. 30) Annuario della Accademia delle Scienze di Torino. Torino. 320 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 31) Annuario delle Biblioteche italiane. Ministero Pubbl. Istr. Roma. 32) Annuario dell'Istituto e Museo di Zoologia dell’Università di Napoli. Napoli. 33) Annuario del Ministero della P. I. Roma. 34) Annuario de Sociedad Broteriana... Coimbra. 35) Archiv de Fruende der Naturgeschichte in Mecklenburg. Rostock. 36) Archivio di oceanografia e limnologia. Roma. 37) Archivio per l’antropologia e la etnologia. Firenze. 38) Arkiv for Botanik. Uppsala - Stockholm. 39) Archiv for Zoology. Stockholm. 40) Arxius de la Sección de Ciencias. Barcelona. 41) Astarte. Tromso Museum Zoological Department. Tromso. 42) Atti dell'Accademia Ligure di Scienze e Lettere. Genova. 43) Atti dell’Accademia Gioenia di scienze naturali di Catania. Catania. 44) Atti dell’Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. Rendiconti. Classe di scienze fisiche. Bologna. 45) Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino. Atti. Atti Generali e Verbali delle Classi riunite. Torino. 46) Atti dell’Accademia di Scienze Mediche di Ferrara. Ferrara. 47) Atti dell'Accademia delle Scienze Fisiche e Matematiche della Società Na¬ zionale Scienze Lettere ed Arti. Napoli. 48) Atti dell'Istituto Botanico della R. Università. R. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 49) Atti dell’Istituto di Geologia dell’Università di Genova. Genova. 50) Atti del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. Trieste - Udine. 51) Atti della Società dei Naturalisti e Matematici. Modena. 52) Atti della Società italiana di scienze naturali e del Museo Civico di Storia naturale di Milano. Milano. 53) Atti della Società Peloritana di Scienze fisiche e matematiche. Messina. 54) Atti della Società Speleologica Italiana. Alessandria. 55) Atti della Società Toscana di scienze naturali, residente in Pisa. 56) Atti e memorie dell'Accademia di agricoltura, scienze, lettere ed arti. Verona. 57) Atti e rendiconti dell’Academia di Scienze lettere ed arti degli Zelanti (e dei PP. dello Studio). Vedi Memorie e Rendiconti. 58) Berich der Oberhessischen Geselischaft fur Natur-und Keilkund... Giessen. 59) Biblioteca Statale di Cremona - « Bollettino della Società Medico Chirur¬ gica e degli Ospedali - Provincia di Cremona ». 60) Biological Bulletin publi shed by Marine Biological Laboratory. Lancaster. 61) Biological Review of thè Cambridge Philosophical Society. Cambridge. 62) Boletin de Sociedade Broteriana. Coimbra. 63) Boletin de la Sociedad Espanola de historia naturai. Madrid. 64) Bollettino del Laboratorio di Entomologia agraria « Filippo Silvestri ». Portici. 65) Bollettino dell'Istituto Botanico dell’Università di Catania. 66) Bollettino dell'Istituto di Entomologia della R. Università di Bologna. 67) Bollettino dell'Istituto e Museo di Zoologia dell'Università di Torino. 68) Bollettino dei Musei e degli Istituti Biologici della Università di Genova. 69) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Venezia. 70) Bollettino del Museo Civico di Storia naturale di Verona. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 321 71) Bollettino del Servizio Geologico d'Italia. Roma. 72) Bollettino della Società Adriativa di Scienze. Trieste. 73) Bollettino della Società Entomologica Italiana. Firenze. 74) Bollettino della Società Geografica Italiana. Roma. 75) Bollettino della Società Italiana di Biologia sperimentale. Napoli. 76) Bollettino di zoologia agraria e di bachicoltura. Milano. 77) Bollettino Società Sarda di Scienze Naturali. Sassari. 78) Bulletin de l'Institut de Geologie du Bassin d'Aquitaine. Talence. 79) Bulletin of thè British Museum. Naturai History. London. 80) Bulletin of thè Entomological Society of Egypt (U.A.R.). Cairo. 81) Bulletin of Geological Institute. Ser. Petroleum and coal geology. Ser. Pa- leontology. Sofia. 82) Bulletin of thè Geological Institution of thè University of Uppsala. 83) Bulletin of thè Illinois State Natura History Survey. Urbana. 84) Bulletin de l’Institut Royal des Sciences naturelles de Belgique. Biologie Entomologie. Bruxelles. 85) Bulletin de la Societé Entomologique d'Egypte. Le Caire. 86) Bulletin de la Société des Sciences naturelles de l'Ouest de la France. Nantes. 87) Bollettino dell'Orto Botanico di Napoli. Vedi Delpinoa. 88) Casopis Ceské Cek... (Acta Societatis Entomologicae Bohemiae). Praha. 89) Cheapeake Science. A regional Journal of Research and Progress on naturai resources. Solomons. 90) Ciencia biologica (1 Biologia, 2 Ecologia). Dep. de Zoologia Universidade de Coimbra. 91) Colloquis. Sociedad Catalana de Biologia... 92) Commentari dell'Ateneo di Brescia. 93) Decheniana. Bonn. 94) Decheniana. Beihefte. Bonn. 95) Delpinoa. Nuova serie del Bollettino dell’Orto Botanico di Napoli. 96) Doriana. Supplemento agli Annali del Museo Civico di Storia naturale « G. Doria ». Genova. 97) Ekologia Polska. Warszawa. 98) Endeavour. Rassegna del progresso scientifico... 99) Entomologische Arbeiten aus dem Museum G. Frey. Munchen. 100) Entomologisk Tidckrift ut given av Entomologiska Foreningen i Stockholm. Journal entomol publé par la Société Entomol. Stocxholm. 101) Fauna Fennica. Helsingfors. 102) Flora Fennica. Helsinki. 103) Fragmenta Entomologica. Roma. 104) Geoloski Viesnik. Zagreb. 105) Giornale botanico italiano. Firenze. 106) Gorteria Riyksherbarium. Leiden. 107) Illinois biological monographs. Urbana. 108) Il Naturalista Siciliano. Palermo. 109) Journal of thè Marina Biological Association. Cambridge. 110) Leopoldina. Mitteilungen der Deutschen Akademie der Naturgoscher Leopol¬ dina. Halle/Salle. 322 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 111) Madoqua. Scientific papers of thè Namib Desert Research Station Wetenska- plike... 112) Man. The Journal o fthe Royal Anthropological Institute. London. 113) Marine studies of San Pedro Bay. 114) Mediterranea, Departamento de Biologia. Alicante. 115) Memoranda Societatis prò Fauna et Flora Fennica. Helsinki. 116) Memorias de Sociedad Broteriana. Coimbra. 117) Memorie e rendiconti dell’Accademia di Scienze, lettere e belle arti degli Zelandi e dei Dafnici di Acireale. 118) Memorie fuori serie del Museo Civico di Storia naturale di Verona. 119) Memorie del Museo Civico di storia naturale di Verona. 120) Memorie del Museo Tridentino di Scienze naturali. Trento. 121) Memorie e note delFIstituto di Geologia applicata dell'Università di Napoli. 122) Memorie della Società Entomologica Italiana Supplemento al Bollettino della Società Entomologica It. Genova. 123) Mitteilungen aus dem Hamburgischen Zoologischen Institut und Museum. Hamburg. 124) Mitteilungen der Bayerischen Staatssammlung fur Paleontologie und histor. Geologie. Monaco. 125) Monographiae Botanicae. Warszawa. 126) Natura. Rivista di scienze naturali. Milano. 127) Natura bresciana. Brescia. 128) Note fìtopatologiche per la Sardegna. Sassari. 129) Notiziario del Circolo Speleologico Romano. Roma. 130) Nova acta Leopoldina. Leipzig. 131) Novos Taxa Entomologicos... Lourenco Marques. 132) Ohio (The) Journal of Science. Columbus. 133) Periodico di mineralogia. Roma. 134) Pescaport. Genova. 135) Proceedings of K. Nederlands Akademie van Wetenschappen. Ser. Physical Sciences. Ser. Biological und medicai Sciences. Amsterdam. 136) Proceeding of thè Nova Scotian Institute of Sciences. Halifax. 137) (Publications) United States Geological Survey. Department of thè Interior Washington. a) Abstracts of North American geology; b) Bulletin; c) Earthquake information bulletin; d) Geophysical; e) Journal of Research; /) Professional paper; g ) Tecniques; h) Topographic; i) Water supply paper. 138) Pubblicazioni dell'Istituto di Botanica dell’Università di Catania. 139) Pubblicazioni della Stazione Zoologica di Napoli. 140) Publicaciones del Centro Pirenaico de Biologia Experimental. Barcelona, poi Jaca. 141) Publicaciones de Departamento de Zoologia. Universidad de Barcelona. Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino 323 142) Publicagoes de Instituto de Zoologia « Dr. Augusto Nobre ». Porto, poi Coimbra. 143) Quaderni dell'Istituto Botanico deH’Università. Laboratorio Crittogamico. Pavia. 144) Redia. Giornale di zoologia (già Redia. Giornale di Entomologia). Firenze. 145) Rendiconti dell’Istituto Lombardo... Milano. 146) Rendiconto deH’Accademia delle Scienze fisiche e matematiche della Società di Scienze Lettere e Arti. Napoli. 147) Report on scientific activities... Warszawa. 148) Revista de Entomologia de Mogambique. Laurenco Marquez. 149) Revista de la Sociedad Cientifica del Paraguay. Asuncion. 150) Ricerche, Contributi e Memorie del Centro di Studi su l'Isola d’Ischia - Biblioteca Antoniana Ischia Ponte. 151) Risveglio del Molise e del Mezzogiorno. 152) Riviera scientifique. Bulletin de l'Association des Naturalistes de Nice et des Alpes Maritime. Nice. 153) Rivista di Biologia normale e patologica. Messina. 154) Rozpravi Ceske Akademie véd a Umeni. Praze. 155) Sbornik Slovenskeho Nardneo Muzea... Bratislava. 156) Scripta Facultatis Scientiarum naturalium. Universitatis Purkynianae Bru- nensis. Brne. 157) Selezione veterinaria... Brescia. 158) Senckenbergischen Naturforschenden Gesellschaft. Helsinki. 159) Smithsonian Year. Washington. 160) Sottoterra. Bollettino informativo del Gruppo Speleologico Bolognese C.A.I. e dello Speleo Club di Bologna E.N.A.L. Bologna. 161) Spisy Prirodovedecke Fakulty University J. E. Purkiné. Brno. 162) Struktur und Mitgliederbestand. Deutsche Akademie der Naturforscher Leo¬ poldina su Halle/Saale. 163) Studi geologici Camerati. Camerino. 164) Studi Sassaresi. Sassari. 165) Studi trentini di scienze naturali. Sez. A. Abiologica. Sez. B. Biologia. Trento. 166) Thalassia Ionica. Istituto Sperimentale Talassografico. Taranto. 167) Thalassia salentina. Stazione Biologica Marina di Salento. Porto Cesareo. 168) Trabajos del Departamento de Botanica y Fisiologia vegetale. Madrid. 169) Transactions of thè Wisconsin Academy of Sciences arts and letters. Madison. 170) Travaux biologique de l'Institut J. B. Carnoy. Louvain. 171) Travaux sur la géologie de Bulgarie. Trudove Varhu... Sofia. 172) University of California publications in geological Sciences... 173) Verhandlungen der K. K. Zoologisch - botanischen Gesellschaft. Wien. 174) Vesnik Zavod za Geoloska j Geofizicka Intrazivanija. Serie A Geologija. Serie B Hidrogeologia. Serie C Geofizicka. Beograd. Recensioni 1) Literature Resources Department Biosciences Information Service. 2100 Arch Street - Philadelphia, Pennsylvania - 19103 U.S.A. INDICE In memoria di Lea Pannain .......... pag. 3 Forgione P., Schettino O. — Confronto analitico delle acque di tre fonti limitrofe del comprensorio di Ansanto (in provincia di Avellino) . . » 11 Flagella B. — I coralli pliocenici di Masseria Concarone - Pi- sticci (Mt) . . » 19 Russo G. F., Ferro R. — Le biocenosi bentoniche del lago Fusaro. I. - Osservazioni faunistiche . . » 33 Righetti F. — Caratteristiche chimico-bromatologiche e composi¬ zione aminoacidica dell’uovo di Coturnix coturnix japonica . . » 47 Righetti F. — Alfa tocoferolo e principali parametri riproduttivi in Coturnix coturnix japonica . » 55 Righetti F. — Influenza del sistema di allevamento sul valore bro¬ matologico della carne di Coturnix coturnix japonica ... » 63 Di Stefano P. — Diplopora panormitana n. sp. una nuova specie di Dasicladacea (alga verde) del Trias dei Monti di Palermo (Sicilia) » 73 Moncharmont Zei M., Sgarrella F. — Sipholagena benevestita nuovo nome per Buchneria benevestita (Buchner) . » 95 Barattolo F. — Su alcune nuove Triploporelle (alghe verdi, Dasicla- dacee) del Cretacico inferiore dell'Appennino campano ... » 97 De Castro Coppa M. G., Moncharmont Zei M.. Flagella B., Sgarrella F., Taddei Ruggiero E. — Distribuzione stagionale e verticale dei Fo- raminiferi planctonici del Golfo di Napoli . . » 169 Forgione P., Schettino O., Ferrara L. — Influenza dei trattamenti ter¬ mici sulla variazione di alcuni parametri analitici di oli vegetali commestibili . » 195 Battaglini P., Russo L. — Un nuovo metodo di laboratorio per la estrazione dello psammon ......... » 205 326 Indice Celico P.» Bartolomei C., Pecoraro A, — Rapporti fra struttura e idrogeologia in alcuni massicci carsici dell'Abruzzo: risultati di alcune indagini geognostiche ......... pag. 219 Celico P., Bartolomei C.» Pecoraro A. — I massicci carbonatici limi¬ trofi alla Piana di Fondi (Lazio Meridionale) : circolazione idrica sotterranea e possibilità di utilizzazione delPacquifero come ser¬ batoio naturale di compenso ......... » 233 Celico P. — Le sorgenti della Piana di Fondi (Lazio meridionale): prime considerazioni idrogeologiche in base al chimismo delle acque .............. » 255 Calassi L. — < Alcune reazioni citochimiche delle proteine basiche ci¬ toplasmatiche e nucleolari di oociti di dona ìntestinalis . . » 269 Piscopo E., Diurno M. Cappello B.» Cereti Mazza M. T , Aliberti F. — Anilidi ad attività antimicrobica ....... » 287 Senatore F., Cerri R,, Cordella G., Pau à. — Àcidi grassi in alcuni Basidiomiceti ............ » 295 Processi verbali delle tornate e delle assemblee generali .... » 299 Elenco dei soci al 31 dicembre 1980 ........ » 309 Elenco dei periodici ricevuti in cambio del Bollettino della Società dei Naturalisti ............ » 319 TERMINATO DI STAMPARE OGGI XX OTTOBRE MCMLXXXI NELLE OFFICINE GRAFICHE NAPOLETANE « FRANCESCO GIANNINI & FIGLI » Direttore responsabile : Prof. MICHELE FUIANO Autorizzazione della Cancellerìa del Tribunale di Napoli - n. B 649 del 29-11-1960 Art. 14. — Nel dattiloscritto, si raccomanda di indicare con doppia sottolineatura (maiuscoletto) i nomi degli Autori e con la sottolineatura semplice (corsivo) i titoli dei periodici nella bibliografìa, i nomi scientifici latini ed i termini stranieri. Art. 15. — Le illustrazioni che corredano il testo saranno accompagnate da brevi esaurienti didascalie nelle stessa lingua del testo. Art. 16. — Dato il tipo di carta adottato per la stampa del Bollettino la maggior parte delle figure andranno inserite come tali nel testo, con numerazione progressiva. Al termine del testo, in continuità con rimpaginazione precedente, potranno essere in¬ serite delle tavole contrassegnate da numeri romani progressivi, fermo restando che le dimensioni — inclusa la didascalia — non oltrepassino quelle del formato standard di cm 11 x 18. È consigliabile che gli originali per le illustrazioni siano di dimensioni su¬ periori a quelle definitive (1 Vi o 2 volte quelle definitive). Salvo indicazioni contraria, le illustrazioni saranno riprodotte in modo da utilizzare al massimo il formato standard e, in ogni caso, in conformità con il parere espresso in merito dal Redattore. Art. 17. — Le tabelle andranno contrassegnate con una numerazione indipendente e progressiva. Per eventuali tabelle con dati numerici o elenchi di nomi con segni o grafici è consigliabile preparare un originale ad inchiostro di china o dattiloscritto da cui possa essere ricavato uno zinco. Salvo casi di impossibilità, dette tabelle non dovranno superare le dimensioni di cm 11 x 18. Art. 18. — - Le note a piè pagine devono portare una numerazione indipendente e progressiva dall’inizio del lavoro. Nel dattiloscritto esse vanno presentate a parte, tutte riunite in successione e numerate. Art. 19. — La bibliografia sarà raccolta alla fine del testo e dovrà comprendere solo i lavori effettivamente citati nel testo stesso, in una delle forme seguenti Gray (1824); (Gray, 1824); (Gray, 1824; 73); va pertanto esclusa una numerazione progressiva dei ri¬ ferimenti bibliografici. Nell'elenco alfabetico degli Autori il cognome dovrà essere riportato prescindendo dai prefissi di casato (p. es. de, von ecc.) che, se presenti saranno indicati subito dopo il nome. Se di uno stesso Autore vengono citati più lavori, questi saranno elencati cro¬ nologicamente facendo seguire alla data di pubblicazione, nell'ordine, le lettere a, b, c. ecc. Le stesse lettere dovranno essere riportate nelle citazioni nel testo. Per lavori pub¬ blicati da più Autori, tutti gli Autori dovranno essere riportati in Bibliografia, mentre nel testo — qualora gli Autori siano tre o più — si riporterà solo il primo con l'aggiunta di et al. Al cognome dell'Autore o degli Autori seguiranno, dopo una virgola, l’iniziale o le iniziali del nome, quindi la data di pubblicazione del lavoro, tra parentesi, e punto. Il titolo del lavoro dovrà essere riportato per esteso, sottolineando le eventuali pa¬ role in corsivo. I titoli dei periodici dovranno essere riportati in corsivo (sottolineatura semplice) ed abbreviati attenendosi alla Word List of Scientific Periodicals, IV Ed. (1963-65). Il numero del volume sarà sottolineato con una linea semplice ed una ondulata onde sia riprodotto in grassetto; esso sarà eventualmente preceduto, tra parentesi, dal numero della serie e seguito, pure tra parentesi, da qullo del fascicolo; quindi due punti e indi¬ cazione della prima e dell’ultima pagina dell'articolo. Qualora il periodico sia articolato in numeri, questi saranno indicati col simbolo N°; analogamente la parte si indicherà con P., la sezione con Sez., il supplemento con Suppl. una nuova serie con N. Ser., una edizione con Ed. In ogni altro caso il riferimento dovrà essere riportato per esteso (per es. nella citazione di una tesi, di un simposio ecc.). Per i lavori non pubblicati su periodici si indicheranno dopo il titolo, nell'ordine, l’Editore e la relativa Città; quindi dopo il punto, il numero complessivo delle pagine (pp ), le eventuali figure (figg.) , tavole (tavv.), e tabelle (tabb.). Gli esempi seguenti potranno servire da guida per la compilazione della bibliografia: Aist, S. & Riggs, R. D. (1960). Amino acids from Heterodera glycines. J. Nematol. 1: 254-259. Goodey, J. B. (1963), Soil and freshwater Nematodes. Methuen and Co., London, XV + 544 pp., 298 figg. Art. 20- — Di eventuali errori e/o omissioni nella compilazione della Bibliografia sono responsabili gli Autori delle note. ' ."V-v *'""u ?,i ■; ' • Ì ' I . I • ':-yv .> M v ‘ ‘-.J -, '#■ }*, % 1 v-, ' t,Vv- ; •*?? •• ; v/ ■ - il : Vt • é: . ■ li: . f v A ' f'.':..;- &••• ' ■ •• ’ ’ ■ S; ■ ■ ' i: ■■■ ■ • >/ M W : Jf'V * ■ ' 'H ■ V> •••■■ Ti »• ,.-ws' •" • ’IAW ,{ ,v V . 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