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NATURAL HISTORY
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ì. - Carruccio prof. comm. Antonio. -
pra condizioni scientifiche, morali
DE sd economiche della Società Zoolo-
34 2 gica Italiana con sede in Roma. - Ele-
re conferme LINE i 47) PAR:
a > Mazza prof. Felice. - Risultati di
- Ficerche anatomo-istologiche sugli or-
, gani genitali delle Anguille d’acqua
.° dolce e d'acqua salmastra - Biblio-
%, “grafia (con 2 tavole e 16 fig.). RL
i be Carruccio prof. Antonio. - Di
tin - Macropus rufus* e di un
KE Arctocephalus ursinus - ora intro-
| dotti nella collezione generale dei
Mammiferi del R. Museo Universita-
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— Serie Ill - Vol. Il
. Anno 1913
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“BOLLETTINO — i
DELLA
1. - COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI
1-26
62-67
SOMMARIO.
4. - Carrucciò prof. Antonio. - Brevi
| rot» di craniologia suì « Parado- Ù
| vurus - e sulle « Viverre». . Pag. 68-76
|| 5. - Carruccio prof. Antonio. - « Tau-
‘rotragus oryx » Pall. e sua arma-
tura scheletrica . . , . ». 77-83
6. - Idem .dem. - Sui . Nicticebi e ‘bo
muridi» del Museo Zoologico della.
| R. Università di Roma ... . vr 84-9?
Rassegne bibliografiche. - Novità: en-
tomologiche italiane - Avvelenamento
Ù e morte per puntura dello Scorpione
- Nuove specie di Lepidotteri italiani 93-100
|
Il. + ANNUNCI SULLA COPERTINA
|
1. Sede della Società - 2, Per l'acquisto dei Bol.
lettini - 3. Membri componenti il Consiglio
| Direttivo della Società - 4. Articoli estratti
Il dallo Statuto.
| N. B- La 1° serie dei volumi del Botlettino è formata dal 10 al 90 volume; la
2° serie dal 100 al 200 volume. La 3a serie comincia col 1912 (Anno XXI).
SR ARE: = Ùa, To Li È età
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1 03
Sulle condizioni scientifiche, morali ed econem'che, ecc. 5
ratamente descritte una ventina di specie di Scorpioni, di pro-
prietà del Mus:o Zoologico Universitario di Roma, delle quali
15 esotiche, con parecchi esemplari che, come scrive l’Autore,
hanno particolare interesse, e con una varietà nuova del Buthus
trilineatus (Ptrs), ed anche una nuova e ben distinta sotito-
specie del Pandinus imperator (C. L. Kcch) di Mogadiscio.
L’intiero materiale della collezione di Scorpioni che misi. a
disposizione del Masi comprende più di cento esemplari, che
prima di ogni altro ricevetti in dono dall'ammiraglio de Ame-
zaga, cotanto benemerito — non mi stancherò mai dal ripeterlo
— del nostro Museo; poscia altri esemplari furono donati dal
compianto mio allievo prof. Pio Mingazzini, dall’egregio dottor
Carlo Mucciarelli, pure mio antico allievo, dai distinti colon-
nelli medici della R. Marina, dottori Moscatelli e Petella, e dal
capitano Casale. Tutti i cinque ora ricordati fecero altri impor-
tanti doni al Museo, come a suo tempo annunciai.
Sapendo come dopo il Fanzago, il Borelli, il Pavesi e quache
altro, sia stato trascurato in Italia lo studio di questa così notevole
categoria di Aracnoidi, mi premeva che la collezione in discorso
fosse determinata con diligenza. Il lettore potrà notare come il
Masi abbia fatto anche osservazioni sovra alcuni caratteri propri
del Buthus bico'or, B. australis, B. trilineatus, Parabuthus
liozoma, Babycurus johnstoni e Isometrus maculatus, tutte
specie attualmente possedute dall’istesso Museo.
Nei primi quattro fascicoli del Bollettino del 1912 leggonsi
pure (pag. 109-112) due riviste bibliografiche, una scritta dal
consocio princ. Chigi sull’interessante volume del dott. Giuseppe
Cioli, che ha per titolo « Caccie utili e caccie dannose ». Il
Chigi chiude la sua rivista osservando giustamente che l’opera
del Cioli è utile ed oltremodo lodevole, e « nobile ne è lo scopo,
ottimi i mezzi coi quali esso vuole essere raggiunto : vada
6 Antonio Carruccio
dunque all'Autore l’augurio che il suo manuale abbia in Italia
il successo che merita ».
La seconda rivista fu da me scritta e riguarda una pub-
blicazione del distinto malacologo francese, il comand. E. Caziot,
la quale ha per titolo « Etudes sur quelques éspèces italiennes
de la section Eulota, Hartmann, et du groupe de l’Helix Or-
sinii, Porro ». i
Dirò ora non meno succintamente di altri lavori comunicati
alla nostra Società, e comparsi nei successivi fascicoli V, VI,
VII e VIII
In questi altri fascicoli abbiamo 10 memorie su argomenti
diversi, oltre una particolareggiata rassegna bibliografica..
Vien prima la memoria del consocio prof. march. Giuseppe
Lepri, nella quale si occupa di tre Felini, di recente avuti dal Mu-
seo, lo stu iio dei quali affidai allo stesso Lepri. Da questo studio
risultò che il primo Felis, proveniente dall’Abissinia, appar-
tiene al S. gen. Catolynx, Severtz, ed alla specie C. chaus, Guld.
Il secondo esemplare è un Oncoides mitis, F. Cuv., ucciso
nello Stato di Missiones (Republ. Argentina) dal sig. Silvio
Bondimai, dal quale lo acquistai. È un graziosissimo Felino, &
adulto, ben distinto dalle altre due specie note col nome di
O. tigrina e O. macrura.
Il terzo esemplare che acquistai dall’istesso sig. Bondimai,
appartiene alla specie nota col nome di Zibethailurus pardalis,
Severtz. Ed anche su questa specie il Lepri fece alcune oppor-
tune considerazioni.
Segue una seconda memoria complementare del dott. Masi
L. sugli Scorpioni, nella quale comincia col dirci che dubbioso
sulla diagnosi dei Pandinus imperator, ne mandò un esemplare
in esame al prof. Kraepelin; il quale riconobbe appartenere in-
vece ad una specie vicina da lui stesso istituita, e che chiamò
Pondinus pallidus.
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Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. T4
Il Masi ebbe opportunità di studiare una specie notevole,
appartenente al Gabinetto di Storia naturale del R. Liceo Ennio
Quirino Visconti, gentilmente comunicatagli dal consocio profes-
sore A. Neviani, riconoscendo ch’essa ha i caratteri dell’Uro-
dacus novaehollandiae del Peters.
Si occupò pure il Masi degli Heterometrus e di altri generi,
esaminando minutamente i caratteri delle singole specie. Finisce
lo studio colle 2 sotto fam. Scorpioninae ed Ischnurinae, dando
la descrizione dell’Hormurus Australasiae, pur questo posseduto
dal nostro Museo.
Passando alla Fam. Chactidae ed alla S. Fam. Euscorpioninae
il Masi ci dà notizia delle località romane, nelle quali nei pas-
sati anni feci ripetute escursioni (Viterbo, Ronciglione, Isola
° Bisentina nel Lago di Bolsena, Arsoli, Soriano nel Cimino ecc.)
raccogliendo quanti esemplari mi fu possibile, ed appartenenti
alle specie Euscorpius italicus (Herbst.), Euscorpius flavi-
caudis (Geer), ed E. carpathicus. |
Ma oltre gli esemplari appartenenti alla Fauna laziale, ne
raccol i altri in Toscana (Siena, Montepulciano ecc.), nel Mo-
denese, nell’Umbria, in Sardegna, oltre taluno inviatomi in dono
dal Canton Ticino ecc.
Dalla Sicilia, e per la specie Euscorpius carpathicus, il
Masi ebbe un buon numero di esemplari in comunicazione, per
cortesia dell’egregio consocio prof. Mario Condorelli, dell’Uni-
versità di Catania.
L’accurato lavoro del Masi si chiude colla descrizione dei
caratteri del Brachiosternus ehrenbergi (Gerv.), della Fam.
Bothriuridae, proveniente dall’Isola Taboga (Golfo di Panama)
e raccolto dai dottori Moscatelli e Petella, quando in viaggio
di circumnavigazione si trovavaro capitani medici a bordo della
Vettor Pisani (?)
Proseguendo il rapido esame dei fascicoli V all'VIII, tro-
3 Antonio Carruccio
viamo nuove aggiunte al vasto ed importante lavoro cui da molti
anni si è dedicato il consigliere Fortunato Rostagno, lavoro che,
come ben sapete, ha per titolo « Lepidoptera Faunae Romance >».
La verità delle parole scritte nella relazione che presentai
il 18 febbraio 1911, ognuno che abbia la cortesia di rileggerle,
troverà che oggi debbono avere una nuova e piena conferma.
Invero il Rostagno colle ulteriori ricerche da lui fatte potè
annunciare l’Erebia neoridas trovata nell’alta valle Fioio sopra
Camerata Nuova, a 1400 metri; oltre la var. flavata, da lui
stesso descritta, del Satyrus hermione, che trovò nella predetta
località; la var. Blanchieri Mill. della Lycaena cyllarus, che
raccolse sui Monti aurunci; la bellissima var. Oricolensis della
Cyaniris argiolus, che catturò a 800 metri nelle valli oricolensi,
al confine orientale fra la provincia di Roma e l’Abruzzo.
Altre interessanti aggiunte fece il Rostagno alle famiglie
Sesiidae, Zygenidae e Thyrididae, segnalando come specie rara
la Sesia aerifrons, pure trovata a Camerata Nuova.
AI lavoro del Rostagno segue una comunicazione fatta dal
consigliere princ. D. Francesco Chigi, col titolo « Alcune osser-
vazioni sulle fasi del piumaggio nel Falco Feldeggi, Schlegel ».
Mi limito a far rilevare che l'Autore confermò ampiamente
le osservazioni del prof. G. Martorelli; e lo potè perchè l’istesso
Chigi riuscì in Roma a studiare non meno di 15 esemplari di
Falco Feldeggi, due dei quali nidiacei, che conservava vivi per
poter seguire i mutamenti del piumaggio. Degli altri 13 esem-
plari, 8 appartengono alla collezione privata dell’Autore, e 5
al nostro Museo Universitario, i quali ben volentieri misi a
disposizione del Chigi. Egli, fra gli 8 di sua proprietà, ricorda
un nidiaceo che ebbe « per la speciale bontà di S. M. la Re-
gina Elena » che volle fargliene dono (pag. 150). Il Chigi chiude
il suo lavoro aggiungendo alle osservazioni del Martorelli quelle
da lui fatte, disponendole in forma di quattro conclusioni.
Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 0)
Ora, se non dovessi stare entro limiti assai ristretti, vorrei
riassumere un po’ largamente la interessante comunicazione del
dott. Luigi Facciolà sulla « Cattura di un Grampus griseus »
fatta nello stretto di Messina, un miglio lontano dalla spiaggia
della borgata Contessa.
L’egregio consocio potè non solo attentamente osservare
questa ch'è sempre un’importante specie di cetaceo, ma potè
disegnarlo e descriverlo con grande accuratezza. Oltre le molte
misure date dal Facciolà, nella sua memoria, l’ha voluta accom-
pagnare con una buona tavola e con alcune precise indicazioni
bibliografiche, fra le quali quelle che ricordano il lavoro da me
pubblicato nel 1906-1907 sul Grampus griseus di S. Vincenzo,
che io acquistai pel Museo di Roma, e l’altro dal dott. Razzanti
“nel 1910, sovra un individuo giovane preso a Nizza, ed un
altro adulto della Spezia: entrambi gli scheletri di questi indi-
vidui si trovano al Museo di Firenze.
Nel Mar siculo il Grampus griseus era stato già catturato
presso Palermo e Catania; ora il dott. Facciolà ci ha fatto
conoscere quest’altro preso a breve distanza da Messina.
Dal signor Ceresoli Adriano, laureando nel nostro Ateneo,
abbiamo avuto una comunicazione su di una anomalia nell’ap-
parato genitale femminile di Ascaris lumbricoides, L. L’autore
espose con chiarezza i fatti da lui verificati (1), dando una
figura della rara anomalia, e dico rara perchè egli potè sezio-
nare oltre cinquecento femmine di questa stessa specie, senza
rinvenire in nessun individuo, fuorchè in uno solo, un tripiice
tubo genitale.
Negli stessi fascicoli fu inserita un’altra comunicazione del
socio dott. Luigi Facciolà, la quale ha per titolo « Scoperta di
un individuo maschio del Conger vulgaris, Linn. »
n_—__—_
(1) Le ricerche del Ceresoli vennero fatte nella sezione di parassitologia
dell'Istituto d'Igiene sperimentale diretto dal chiar. prof. A. Celli.
10 Antonio Carruccio
Quanti apprezzano da non breve tempo il merito di un
osservatore retto, sanno come il Facciolà non affermi se non
dopo di avere ripetutamente constatato i fatti.
Egli in Messina potè disporre di copiosissimi Conger di
ogni età e dimensione, constatando che tutti appartenevano al
sesso femminile. Non essendo dubbio che il tessuto da lui esa-
minato al microscopio appartenesse all’ovario, gli rimaneva « a
trovare individui coi testicoli e il possibile rapporto fra sesso
e colorazione.D’allora in poi, scrive il Facciolà, non lasciai inos-
servati i grossi e medî soggetti che vedevo al mercato, acqui-
stando ogni volta » pezzi dell’organo che potevano rappresen-
tare !a ghiandola testicolare.
Aggiunge che queste ricerche le continuò « con insistenza
per più anni, vale a dire su parecchie centinaia di esemplari
neri, bianchi, o di tinte intermedie, e il risultato fu sempre po-
sitivo per l’ovario, in nessun caso pel testicolo » (pag. 167). .
Naturalmente dovette conchiudere, dopo tante ricerche, che
ancora non si riusciva a conoscere il maschio del Conger vul-
garis.
Ometto di riferire le supposizioni che anche il Facciolà
fece per spiegare l’assenza dei maschi; e tacerò anche sui ca-
ratteri morfologici dei sessi del Conger vulgaris, caratteri che
l’autore espone con grande precisione. Passo quindi imme-
diatamente a dire che la perseveranza del dott. Facciolà
ebbe il meritato premio, perchè recatosi, come al solito, al mer-
cato dei pesci gli venne riferito che trovavasi in vendita « un
pesce mai visto ». Rassomigliava sì al comune Congro, ma col
capo più grosso, gli occhi più grandi ed il corpo relativamente
smilzo. Il Facciolà seppe che l’esemplare era stato pescato nelle
vicinanze di Capo Orlando in Sicilia, ed inviato a Messina per
ferrovia.
Egli praticò dapprima un taglio longitudinale dell’addome
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Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. ll
e asportò i visceri contenutivi, trattandoli col liquido di Miiller
con lo scopo di studiarne la struttura, e censervando i pezzi
del corpo in formalina. Così potè descrivere esattamente tutte
le parti ben conservate.
L’autore constatò la presenza di veri testicoli, bianco-rosei,
nastriformi, posti ai lati della colonna vertebrale, colla faccia
inferiore liscia, e la superiore con numerose pieghe trasversali,
e con ramificazioni laticinose (tubi seminiferi) che confluiscono
in tronchi laticinosi. Osservò inoltre due tubi longitudinali, veri
condotti deferenti, non isolati dall’organo. Altri particolari for-
nisce il Facciolà; ma per rilevare la importanza del suo lavoro,
parmi possa bastare il cenno che ne ho dato.
Forse ricorderete la presentazione di « Uno strano Zivolo
nero, colto nell’Agro Romano », presentazione che dobbiamo
al vice-presidente senat. D. Guido di Carpegna Falconieri. A
ragione egli chiamò strana la Emberiza cirlus colta a Testa di
Lepre, fuori porta Cavalleggeri, in tenuta del principe Doria.
L’esemplare che offre la più variata e curiosa anomalia di co-
lorito fu deposto nella collezione regionale di questo Museo, e
del dono nuovamente ringrazio il proprietario Mons. Alessandro
Lupi, come ringrazio il principe di Carpegna che fu il cortese
intermediario e presentatore dell’esemplare.
A compimento delle pubblicazioni fatte nei 4 fascicoli, devo
ancora menzionare due note dei soci dott. Knottherus-Meyer di-
rettore del Giardino Zoologico di Roma e del prof. Ugo Vram.
In entrambe si tratta di « Nomenclatura Zoolcgica ». Su questa
molto si è scritto, e molto ancora si scriverà.
Ho spesso ricordato anche nelle mie lezioni, le beneme-
renze di coloro, che da Linneo in poi, concorsero a darci un
codice tassinomico per la Zoologia; e dissi che nei recenti
tempi molto dobbiamo anche al nostro socio onorario, l’illustre
prof. R. Blanchard di Parigi e ad altri chiari Zoologi di varie
12 Antonio Carruccio
nazioni. Le proposte e discussioni che sonosi fatte, principalmente
in diversi Congressi internazionali di Zoologia, le relazioni pre-
sentate da dotte e competenti Commissioni, ci fanno sperare che
le norme, tanto necessarie e utili, della classificazione siano
finalmente accolte e rispettate da guanti seriamente amano la
scienza. Se vi sarà chi di proposito intenda in qualche adu-
nanza della Società esporre le condizioni attuali in cui si trova
questo grave problema della nomenclatura zoologica; ricordando
con precisione le proposte, quali furono in questi ultimi tempi
discusse ed accettate, noi ne saremo lietissimi. Rispettando que-
sta o q ell’opinione, come è dovere di quanti serenamente col-
tivano gli studi, diremo ancora una volta che il socio 0 i soci
che tratteranno l’accennato problem», faranno cosa molto van-
taggiosa e gradita, perchè istruttiva principalmente pei giovani.
A proposito dei predetti fascicoli debbo ancora ricordare
che in essi trovansi le note bibliografiche pazientemente com-
pilate dal dott. Luigi Masi, riguardanti le descrizioni di nuovi
Imenotteri Calcididi pubblicate dopo il 1909. Non pochi sono
i nuovi generi e le nuove specie che il Masi enumera, appar-
tenenti a molte regioni, e dà pure il titolo delle relative pub-
blicazioni, coi nomi degli auto:i.
Entro l’ottobre del passato anno potei far pubblicare altri
due fascicoli, il IX e il X, del nostro Bollettino (1).
In questi si contengono i lavori comunicati dai consoci
Chigi e Lepri, e tre mie memorie. Il lavoro del principe Chigi
ha per titolo: « Catalogo della Collezione Ornitologica regio-
nale Romana » appartenente allo stesso autore, che da molti
anni, come ben sapete, va raccogliendo uno scelto materiale.
(1) Come fu annunciato con apposito avviso, annesso a questi fascicoli,
per inavvertenza della Tipografia fu sbagliata la numerazione dele pagine, .
che doveva cominciare col numero 201 e finire col 272.
ug) PA
Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 15)
Egli giustamente osserva che anche il raccoglitore privato, se
vuole rendere efficace ed utile l’opera propria, deve lasciare a
disposizione della collettività degli studiosi quello che in una
raccolta rappresenta il patrimonio scientifico. E sarebbe, aggiunge
« un insensato egoismo » se il possessore non ne facesse cono-
scere il contenuto.
Aggiunge ancora che il principale scopo che si prefisse col
formare la sua raccolta ornitologica fu «di stabilire i limiti
delle variazioni subite da ogni singola specie nell'area geogra-
fica comprendente la regione nostra ».
Il Chigi dichiara di aver seguito in gran parte, per gli or-
dini e sott’ordini, per le famiglie e sotto-famiglie, la recente
classificazion» dello Sharpe; e dopo qualche considerazione fa
note al lettore diverse precise indicazioni. Fra le quali quelle
riguardanti i sessi, le variazioni d’abito in relazione con le sta-
gioni, la data di cattura, le anomalie di colorito, la presenza in
collezione dello scheletro di determinate specie ecc.
A tutto luglio del 1912 la collezione esistente nel Palazzo
Chigi comprendeva 1449 esemplari e 127 scheletri. Queste cifre
dimostrano lo sviluppo che in breve volger d’anni lo studioso
proprietario seppe e volle dare all'importante raccolta.
Nella sola collezione ornitologica provinciale pur da me
fonda‘a in questo Museo Universitario, si annoverano a tutt'oggi
303 specie, mentre in quella del Chigi Ie specie sono 252, ma
con un numero maggicre di scheletri; ed anche gli esemplari
della stessa collezione Chigi sono in numero alquanto più grande
perchè il proprietario potè, e può, di una stessa specie ecqui-
stare moltissimi individui # e , giovani e adulti. In quanto
a specie rare o rarissime, qualcuna ha già potuto procurarsi il
Chigi, come ad es. il Larus affinisj ma il Museo indubitatamente
possiede non pocne di tali specie. E la rarità di queste è ri-
conosciuta non solo per il Lazio, ma per tutte le regioni d’Italia.
14 Antonio Carruccio
Lo studio dell’ornitologia, ch’ebbe in Roma un sommo cultore
nel principe Luciano Bonaparte, non mancò dopo di lui di altri
valenti cultori.
Il Lepri ci ha dato in questi fascicoli una bella relazione
sull’inaugurazione che ebbe luogo in Genova nel trascorso otto-
bre del nuovo Museo Civico di storia naturale, alla presenza
del Ministro della P. I., delle autorità cittadine e di una elet-
tissima folla di cittadini.
Egli rappresentò la nostra Società e l’Istituto Zoologico
Universitario, e alla Società si fece un premuroso dovere di ri-
ferire in modo largo e attraente su quella ch’egli chiamò « una
vera festa della scienza » sulla quale purtroppo gittò un velo
di mestizia l’assenza del benemerito direttore del Museo, mar-
chese senat. Giacomo Doria, impedito d’intervenire per causa
d’infermità.
L’antico Museo nella Villetta di Negro, non potea più con-
tenere e conservare debitamente tanta straordinaria ricchezza di
collezioni, con molti esemplari rari. La tenacia del Doria, che
superò non poche difficoltà, e la munificenza del Municipio di
Genova, valsero finalmente a dotare la metropoli ligure di un
edificio grandioso, di cui il Lepri ci fa conoscere la ubicazione,
citando alcune delle collezioni già ordinate. All’ordinamento di
altre (Poriferi, Celenterati, Echinodermi, ecc.) sappiamo che ora
attende il consocio dott. Masi (1).
Devo pure accennare che dei fascicoli IX e X fanno parte
tre mie comunicazioni: nella prima ho riassunto diverse notizie
sui P/ectognathi che potei introdurre nelle collezioni ittiologiche
del Museo, tanto nella generale, quanto nella Romana, e spe-
(1) Come annunciai in altra adunanza il Masi vinse il concorso ch'era
stato aperto per un posto di Assis‘ente nel nuovo Museo Civico di storia na-
turale in Genova.
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i i price
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vete lena citi cita
Sari i vati
Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 15
cialmenie su due Orthagoriscus, uno di Civitavecchia e l’altro
di Viesti.
Nella seconda trattai dei Leptocebus aterrimus che pure di
recente ho introdotto nella collezione dei primati del Museo.
Nella terza mi sono occupato di diversi Prionodon aggiunti
al gruppo degli Squali dell’istesso Museo.
Altri lavori da me comunicati in parecchie adunanze della
Società spero che possano trovar posto nel volume di questo
nuovo anno. È infatti tuttora da pubblicarsi la memoria in cui
espongo i risultati del mio studio sugli scheletri di Casuarius,
Struthio e Rhea; e forse potrò pubblicare la particoleggiata
mem. sulla Balenoptera acuto-rostrata catturata, come sapete,
così insolitamente, e per la prima volta nelle acque laziali. Devo
pure pubblicare la nota riguardante la Selache maxima, pure di
recente, e per la prima volta catturata nelle acque laziali, come
ho già riferito in altra recente adunanza.
Sono parimenti da pubblicare le mie note sovra una Tha-
lassochelys caretta del Golfo di Teulada, di dimensioni inso-
lite e non ancora registrate, studiata in confronto a molti altri
esemplari dell’istessa specie, pescati in altri mari, fra i quali
quello di Tripoli, di cui, per ge tile pensiero del 40° Reggi-
mento Fanteria, ricevemmo, a mezzo del Ministero della guerra,
un grosso scudo di esemplare pescato da soldati dell’istesso
reggimento.
È anche da pubblicare lo studio che feci sovra un bellis-
simo scheletro di Oreotragus oryx, pur questo già presentato
alla Società, appena finito di preparare.
I fascicoli IX e X hanno fine con una rassegna bibliogra-
fica di una pregevole nota pubblicata dalla signorina Cecilia
Picchi, egregia cultrice degli studi ornitologici. Questa nota ri-
guarda l’Erithacus rnbecula melophilus, Hartet, colto in Italia,
e precisamente a Castiglion del Lago.
16 Antonio Carruccio
Con altri due fascicoli, XI e XII, si chiude il vol. XXI, ed
in essi troviamo cinque diverse memorie, dovute ai consoci Lepri,
Rostagno, Vram, Masi e Damiani.
La prima contiene il risultato degli studi fatti su Ofidi della
Fam. Boidae, Colubridae, Amblicephalidae e Viperidae non ha
guari introdotti nella collezione erpetologica del Museo. Il Lepri,
dopo un utile riassunto dei caratteri delle famiglie e sottofa-
miglie coi rispettivi generi, descrive la Morellia argus e il Boa
occidentalis, avuti in dono dal Giardino Zoologico di Roma, lo
Spilotes mega!/olepis acquistato dal sig. Bondimai, e portato dalla
Repubblica Argentina, il Leptognathus alternans, il Lachesis
lanceolatus, L. alternatus e L. Neuvieudii, tutte specie, come
ho detto, aggiunte poco fa ‘alla predetta collezione. Di esse il
Lepri indica, coi precisi caratteri distintivi, le località in cui
vivono.
Il consigliere Rostagno ci ha dato uu altro capitolo del suo
bel lavoro Lepidoptera Fauna? Romanae nel quale riunisce tutti i
“generi dell’interessante e non facile Sezione Bombyces, comin-
ciando dal gen. Dicranura e dalla non comune specie Dicranura
vinula, ch’egli prese alla Caffarella e a Pietralata. In altri ge-
neri annovera specie rare o rarissime, fra le quali: la Pygcaera,
curtula, che prese a Poli, la P. pigra a Valle Fioio, la Da-
sychirà pudibunda a Poli, la Earias clorana a Pietralata,
l’Arctia testudinaria a Montevirginio, ed altre specie e varietà
notevoli appartenenti a più generi. E quando cita lepidotteri di
questo gruppo dei Bombicidi, trovati e annoverati dal Calberla,
ma da lui finora non presi nella campagna romana, francamente
lo dichiara.
La memoria presentata e pubblicata dal socio Vram in
questi fascicoli è dedicata alla illustrazione di un bell’esem-
plare 3 di Cercopithecus d'ana, che il nostro Museo ricevette
in dono dal Giardino Zoologico di Villa Umberto. Oltre la de-
Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 17
scrizione del rivestimento pilifero, e di altri caratteri, l’autore
si occupa della dentizione e dà una serie di dati somatometrici
sul cranio, sugli arti, ecc., quali nessun altro scrittore avea rac-
colto su questa specie.
La penultima memoria che leggesi nei fasc. XI e XII è
dovuta al dott. Masi. In essa abbiamo le risultanze di uno
studio sovra un non comune cestcde, il Dinobothrium septaria
V. Ben., che trovò in mezzo alla lamina della valvola spirale
dell'intestino in una Selache maxima, la prima catturata, come
gia dissi, nelle acque laziali, e che acquistai pel Museo nella
estate scorsa.
Il Masi ci ha dato una diligente descrizione del parassita,
acccmpagnandola con una bzila tavola in cui sono, da lui de-
signate, le principali parti del parassita medesimo (scclice, stro-
bila, €cc.).
Appartiene finalmente al socio prof. Giacomo Damiani l’ul-
tima memoria, nella quale si è fatto premura di far conoscere
alla Società l’importante cattura di un Regalecus gladius pe-
scato nell’Isola d’Elba presso il promontorio dell’Enfola il 20 di-
cembre 1912. Del rarissimo pesce il Damiani dà, colle esatte
misure, i caratteri distintivi, e riassume quanto ne hanno detto
Cuvier, Moreau, ecc., e in Italia, Risso, Doderlein, Giglioli,
Carus, ecc, facendo pur conoscere i pochissimi esemplari, le
località (Nizza, Messina, Cagliari, Nebi, Genova, ed ora l’Isola
d’Elba) e i Musei in cui si conservano (di Milano, Palermo,
Catania, Firenze, Cagliari, Genova e Portoferraio. Quelli del
Museo di Messina andarono perduti nel terribile terremoto del
dicembre 1908).
Riferisco le ultime parole della bella memoria del Damiani
che si chiude con un cenno sulla posizione sistematica del gen.
Regalecus (Briinnich, 1788):
« Secondo Facciolà, l’eminente istiologo messinese, nel suo
18 Antonio Carruccio
studio Sui Vertebrati itticidi del Mare di Messina (1) è da ascri-
versi (questo genere) alla Categoria 3. Pesci batofili (di con-
siderevole profondità, fino agli abissi) e non batipelagici, com-
prendente i seguenti gen. di Acantotteri: Trachypterus, Lopho-
tes, Regalecus... ». |
Quanti sanno e vollero giudicare imparzialmente il buon la-
voro fatto da più soci, lo apprezzarono già leggendo le memorie
pubblicate nel volume XXI del Bollettino; e non meno favore-
volmente dev’essere apprezzato il lavoro compiuto colle dimo-
strazioni non in un’unica volta all'anno, ma in più adunanze
scientifiche tenute più volte ogni anno. E forse non mai come
nel 1913, furono così numerosi i preparati presentati ed illu-
strati sia da qualcuno dei consoci estranei al personale del Mu-
seo, i quali si assunsero con gentile premura lo incarico di un
determinato studio, sia direttamente da me o dagli aiuti.
Non mi occuperò dell'importante adunanza generale tenuta
il 18 febbraio 1912, ma passerò addirittura ad accennare, al-
meno in parte, alle dimostrazioni eseguite nell'adunanza del 28
aprile dell’istesso anno. In essa il prof. Giovanni Angelini pre-
sentò ed illustrò bellissimi esemplari di Epimachus Mayeri <
e £,di Dendrcygna autumnalis ?, di Branta canadensis, oltre
una bella varietà albina di Rhea americana, avuta in dono dal
Giardino Zoologico. I
Il prof. Vram alla sua volta si occupò nella. stessa adu-
nanza dello sviluppo dell’Urang-Outang.
Il consigliere Rostagno presentò diversi Lepidotteri da lui
presi nella campagna romana, interessanti o per notevoli ano-
malie o per altro, quali ad es. la Zygena transalpina, il Sa-
tyrus actaea, ii S. hermione, il Cyaniris argiolus, ecc.
(1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. Italiana con sede in Roma fasc. IX,
X, XI e XII, serie II, vol. XII, anno 1911 {XX della fondazione) pag. 268-287.
lo dimostrai i nuovi preparati rappresentanti individui ap-
partenenti alla specie Erythrocebus vyrrhonotus, Nycticebus tar-
digradus, Halmaturus dorsalis ®, Myrmecophaga tamandua 3
juv., uno scheletro di Ze/phinus delphis e crani di Felis pardus
e Coccodrillo. |
Il predetto prof. Vram presentò due ottimi preparati, pure
eseguiti in Museo dal tecnico sig. Coli, di Simia satyrus, uno
È HW in pelle, e l’altro, lo scheletro completo, facendo rilevare alcuni
caratteri nettamente offerti dalle preparazioni.
Fu in questa adunanza che lodata la ristampa fatta per
cura del consocio prof. Enrico Balducci, presentai il volume
contenente la raccolta degli studi talassografici fatti e pubbli-
cati dal compianto socio onorario prof. Enrico H. Giglioli (1).
Ed ho pure presentato l’opuscolo che « alla venerata memoria del
loro babbo » consacrarono le egregie figlie di quel modesto e
dottissimo scienziato che fu Giuseppe Vincenzo Ciaccio, per lun-
| ghissimi anni professore d’anatomia e fisiologia comparate, e
preside della Facoltà di scienze nella R. Università di Bologna.
E la presentazione accompagnai con sincere parole di affettuoso
ricordo e rimpianto (2).
Nell’adunanza scientifica tenuta il 25 giugno 1912 rammen-
terete che si fecero dimostrazioni e commenti illustrativi dal
consigliere Lepri sovra gli esemplari di Pennatulidi posseduti
dal nostro Museo, e sovra un caso di polielmintiasi. per. Te-
trarhynchus gigas, osservato nel fegato di un Orthagoriscus
mola pescato a Civitavecchia,
Il Masi poi presentò ed illustrò un raro Chernelide (Ga-
rypus littoralis) da lui trovato presso il Porto d’Anzio.
—
(1) Ministero di Agric. Ind. e Comm. — Roma, Tip. Naz, di G. Bertero,
1912.
(2) In memoria di G. V. Ciaccio nel X anniversario della sua morte. —
| Torino. Vincenzo Bona, Tip. della R. Casa, 1912 (con ritratto).
Antonio Carruccio
NS)
Il prof. Vram presentò uno scheletro di Cynocephalus ha-
madryas e di Papio cynocephalus, posseduti dal Museo, insi-
stendo specialmente sulle misure e proporzioni del bacino, ecc.,
e sui caratteri che ne possono derivare.
Nell’istessa adunanza del 25 giugno furcno presentati da
me crani di Arctomys marmotta e Dide'phis aurita e prepa-
rati anatomici diversi, cioè [o scheletro di un importante psit-
taco, il Ca'yptorhynchus banksti (Lata.) dell'Australia, il. cuore, le
branchie, l'encefalo di Priono ‘on glaucus, la trachea di un Sar-
cogeranus leucogeranus (Pall.); e fu pure osservato dai presenti
un bell’esemplare in pelle di questa specie poco prima acquistato
pel Museo; un Lophoétus occipitalis, (Dazd.) specie unica in que-
sto genere, che mancava nella ricca collezione della S. fam. Aqui
linae posseduta dal nostro Musco; una Goura victoria, (Fraser),
della N. Guinea, usa Ciconia nigra, un Rhynchotus rufescens
collo sterno, questi ulttvi avuti in dono dal Giardino Zoolo-
gico, ed un’Alauda arvengis col becco mostruoso donata dall
principe D. Fr. Chigi.
Nè devo dimenticare che in questa adunanza furono pro-
clamati i nuovi soci ordinari signori: Panichi Filippo e Gra-
ziani Francesco laureando nella nostra Università.
Ed interessanti furono pure tutte le dimostrazioni fatte
nell’adunanza scientifica del 27 ottobre, oltre le comunicazioni
presentate e lette da parecchi soci.
Fra i nuovi preparati, che furono introdotti nelle rispettive
collezioni citerò un completo scheletro di Cygnus musicus, ese-
guito sovra un individuo che avevamo avuto in dono dal Mu-
nicipio; un Fe/is catus var. ferus dono di S. M. il Re; un
bell’esemplare di Cervus axis juv., donato dall’Amministrazione
del Giardino Zoologico; parecchie preparazioni ultimate in quei
giorni ed appartenenti alla Balenoptera acuto-rostrata presa a
Castelfusano (Ostia); un pulcino di Chrysolophus pictus, dono
Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 21
del sig. Catini. Furono pure presentati diversi Rettili Cheloniani
(acquisto) ed Ofidi, fra i quali un Boa constrictor, dono del
Giardino Zoologico, e diverse preparazioni anatomiche eseguite
dal dott. Masi sui visceri della Se/ache maxima di Nettuno
(encefalo, cuore, fegato, pancreas, milza, intestino, ghiandole te-
sticolari, occhi, ecc.).
Presentai inoltre un esemplare di Sphyraena vulgaris, no-
tevole per le sue dimensioni, acquistato nel mercato dì Roma.
E finalmente nell’ultima adunanza scientifica dell’anno, te-
nuta il 29 dicembre, insieme a diverse comunicazioni vennero
fatte altre dimostrazioni di recentissimi preparati.
Fra i primi ricorderò quello intorno a un bellissimo e as-
sai grosso Marsupiale acquistato dal Giardino Zoologico, e
precisamente di un ? adulto del Macropus rufus Desm., dell’Au-
stralia orient. e meriod., specie mancante nella collezione gene-
rale dei mammiferi. Non avendo potuto trovarmi presente, la
nota che scrissi su questa specie fu letta dal Segretario pro-
fessor Lepri.
Egli lesse pure altra mia nota sovra un Arfocephalus ur-
sinus acquistato nel Giardino Zoologico pel Museo, che man-
cava di questo pinnipede. E nella nota ebbi opportunità di ri-
cordare i bellissimi esemplari di pinnipedi uccisi nello Spitzberg
dall’in allora principi ereditari Vittorio Emanuele ed Elena, al-
lorquando, da poco sposati, fecero in quelle lontane regioni un
ardito viaggio; e citai in particolar modo l’Erignathus barbatus,
grossissima foca uccisa dalla principessa Elena: l’attuale e diletta
regina d’Italia.
Lesse il Lepri parimenti a mio nome una breve relazione
che scrissi, dietro notizie favoritemi dal sccio prof. Damiani,
sovra la recentissima cattura di una Sula bassana avvenuta
presso Porto Ferraio, E siccome ricordai quan'o alla Società
aveva riferito nel 1905 il socio prof. Angelini sulla cattura di
DO Antonio Carruccio
un giovane & di Sula bassana, così il soclo Chigi alla sua
volta ne ricordò un’altra che fu fatta in acque romane, e pre-
cisamenie a Porto d’Anzio; quest’altra Su/a era adulta, ed è
conservata nella collezione Garavaglia.
Le tre mie note spero che possano trovar posto nel nuovo
volume del Bollettino.
Il prof. Angelini presentò ed illustrò nell’istessa adunanza
diversi uccelli ora aggiunti alla ricca collezione ornitologica ge-
nerale del Museo, fra i quali l’E/anoides furcatus del S. Amer.,
il Falco albigularis pure del S. Amer., il Tinnunculus cinna-
momina, il Chrysotis vinacea (Kuhl) del Paraguay, la Cyano-
spiza versicolor (Bp.) de! Perù 3 ecc.
Fu pure presentato dal Lepri un bell’ esemplare di Felis
catus ferus, dal pelame nero, mandato dalla Sardegna dal socio
sig. Bonomi. i
Questi, ed altri Vertebrati, che non cito per non andar per
le lunghe, dimostrano che copiose furono le aggiunte di specie
studiate in Museo e per il Museo. Ed oltre i Verterbrati dovrei
ricordare le notevoli aggiunte fatte alla collezione degli Artro-
podi, e particolarmente nella classe degli Esapodi. Richiamo alla
vostra memoria che in diverse adunanze scientifiche del passato
anno partecipai che speravo completar presto l’acquisto della
ricca collezione coleotterologica del cav. Vallon di Udine.
Or bene l’ultima parte di essa collezione mi pervenne nel1912,
e comprende Carabidi, Cicindelidi, Elateridi, Longicorni, Lamel-
licorni, Curculionidi e Stafilinidi di non poche regicni, e tutti
determinati. È superfluo farvi notare quale sia l’incremento, e
quindi il valore materiale e scientifico di più migliaia d’indi-
vidui formanti quest'altra collezione entomologica che ora pos-
sediamo in Roma. |
Avete inoltre appreso che all’ordine dei Ditteri venne fatta
uuova aggiunta pel gradito dono del consccio prof. Tuccimei,
A
Por SIRO
i
> Puiiita \
Do A ALIA ET MITE 120 RESP
si
A
il quale si occupa dello studio dei Ditteri romani già da più
‘anni con grande interesse. E nuovamente ringraziandolo a nome
del Museo, mi piace far noto che fra gli esemplari ultimamente 139
donati si nota qualche specie rara o rarissima. N:
Nell’anno 1912 la Società che ebbi finora l’onore e la re-
sponsabilità di guidare, ha percorso la sua strada in modo non
meno degno delle annate precedenti, cioè con quella indipen-
denza e sicurezza, delle quali altre volte mi sono compiaciuto. N
La buona sementa da voi sparsa fin dall’inizio ha prodotto ot- x
timi risultati. | )
La Società per la cordiale ospitalità a lei concessa in que-
sto Museo e Istituto Universitario, ha potuto seguire il suo
bo sviluppo e i continui progressi delle collezioni; e di essi, pos-
siam dire, fu l’eco fedele il Bollettino sociale.
Entrata già nel XXII anno della sua esistenza la Società
Zoologica Italiana può essere fiera della sua operosità, e della
quantità del lavoro prodotto, diretto principalmente ad illustrare
la Fauna regionale. In questo non breve periodo di temp» non
fu davvero inferiore a verun’altra in Italia fra le Società con-
“i simili. Per l’avvenire sinceramente mi auguro che faciant me-
liora potentes. E possano gli studi di zoologia descrittiva, oggi
{ da taluni misconosciuti o male apprezzati, ma da molti di voi b:
© e da me prediletti, trovare un maggior numero di fervidi cul- È;
tori!
Nè sono solo a ripetere che gioverebbe una maggiore mi-
sura negli slanci d’immaginazione cui vanno soggette alcune
giovani scuole, la cui principale occupazione pare sia quella di
sostenere orgogliosamente teorie vane, anzi più d’una utopia. dl
vi Per la serietà della scienza e dei veri zoologi sarebbe bene
tener presenti alcune verità affermate anche dall’illustre profes-
sor N. G. de Zograf, il quale nel suo discorso d’apertura della
è 1° gi OO" .l ball Pe: i Metà ® PEA PEAS #
24 Antonio Carruccio
Sezione Zcologica del XII Congresso dei Naturalisti in Mosca (1)
disse che « nous voyons dans ce domaine de la science, urne mul-
titude de recherches et d’essais tendant a donner ute interpré-
tation théorique des fai's, mais en vain ».
E dovrebbe rimanere scolpito nella mente dei facili teoriz-
zanti il so!enne e prezioso precetto dato dall’istesso de Zograf:
« B'en plus d’importance doit ét‘e attachée aux observat’ons
directes des organismes ».
Conchiudendo debbo notare che l’anno 1912 fu pel nostro
paese, impegnato in una formidabile e lontana guerra, un anno
di gravi preoccupazioni. Nel cuore di tutti i cittadini italiani
erano vive le ansie pel nostro Esercito e per la nostra Marina.
Ma forte, eroica, gloriosa fu l’opera dell’uno e cell’altra. Ed
anche in questi ultimi giorni, colla \ittoriosa avanzata sul con-
trastato altipiano di Assaba fino a Jeffrem, avvennero commo-
venti episodi di coraggio e di supremo eroi:mo compiuti dai
nostri combattenti.
Potrei ricordare le parole con cui diedi fine alla mia re-
lazione del precedente anno, colle quali affermai che noi, uomini
di studio, sentivamo il bisogno, al pari se non più di altre
classi, di fare augurî e voti caldissimi pei valorosi ufficiali e
soldati che si battevano in Tripolitania e in Cirenaica.
Ed oggi proclamando il loro trionfo ci è sommamente gra-
dito di ripetere che fu trionfo d’Italia; e se questo apportò
grande conforto all’animo contristato di migliaia e migliaia di
famiglie, fu in pari tempo il più meritato compenso all’intiera
Nazione che sostenne e dovrà ancora sostenere immensi sacrifici.
Sicuro di essere vostro fido interprete, mando un reverente
saluto all’amato e saggio Sovrano, nostro Presidente Onorario.
(1) V. «Les nouveaux courants d’idees en Zoologie au début du XXe siè-
cle. » — (Moscon, 29 décembre 1909).
eo fece dl LA
E
i
ELEZIONI
Adunanza ginerale amministrativa del 31 marzo 1913.
Nell’adunanza generale amministrativa tenuta nel R. Isti-
tuto Zoologico dalla Società Zoologica Italiana il giorno 31
marzo 1913, presieduta dal prof. comm. Antonio Carruccio, ver-
nero dal medesimo presentati parecchi cmaggi di pubblicazioni
e molti cambi ultimamente ricevuti. Quindi, col compiacimento
di tutti i presenti, proclamò a nuovo socio il distinto natura-
lista prof. Antonio Valle, Vice-direttcre del Museo Civico di
Storia naturale in Trieste, e Segretario della Sccietà Adriatica
di Scienze naturali di Trieste: proponenti il presidente, il
prof. U. Vram e il prof. march. G. Lepri.
Il presidente, presentando ccpie dei Bilanci consuntivo pel
1912 e preventivo pel 1913, compilati dall’Econcmo-Tescriere,
socio cav. V. Zambra, già trasmessi a tutti i soci in Roma e
fuori Roma, fece rilevare le cttime condizioni finanziarie, es-
sendesi chiuso l’esercizio 1912 con un avanzo di cassa di Lire
532,46, oltre L. 200 di « fondo soci a vita ».
I bilanci sono approvati a voti unanimi, oltre un voto di
encomio proposto, e del pari approvato ad unanimità, ell'Eco-
nomo-Tesoriere ed all’Esattore sig. Casimiro Coli.
L’istesso presidente legge poi una particolareggiata 1ela-
zione sul lavoro scientifico compiuto dalla Società durante il
1912, XXI della sua operosa esistenza. La relazione viene ac-
colta con unanime applauso.
Secondo l’ordine del giorno si dovette dopo procedere alle
elezioni dei membri del Consiglio Direttivo che scadevano di
ufficio. Il presidente pregò il vice-presidente, prcf. cav. Rc molo
Meli, di voler assumere la presidenza, e ncminati gli scrutatcri
26 Elezioni
fra i soci più giovani, signori Lovece e Coli, col. concorso
del Consigliere-Segretario, e fatto l’appello dei presenti e lo
spoglio delle schede arrivate, risultò che il numero dei votanti
era di 41 (1). Fatta la votazione risultarono confermati ed eletti
alla quasi unanimità (da 40 a 39 voti), a presidente: il pro-
fessor comm. A. Carruccio; a vice-presidente: il princ. Senatore
di Carpegna; a consiglieri: Angelini prof. Giovanni, Mazza
prof. Felice, Rostagno gr. uffic. Fortunato, Tuccimei professor
comm. Giuseppe.
Il presidente, ripreso il suo posto, annunciò il risultato
della fatta votazione, e si congratulò vivamente col vice-presi-
dente e coi consiglieri ringraziandoli per la buona e costante
loro coop:razione, e pregandoli a proseguire in essa, ora che
ne ha maggior bisogno, per l’età e pel lavoro che crede aver
sostenuto con fermezza e buon volere. Spera: a che altri fosse
ora meritamente chiamato all’arduo ufficio. Ma un’altra. prova
di fiducia gli si è voluta dare, dopo moltissime altre, accre-
scendo così il debito di gratitudine del suo animo verso i con-
soci; e per la loro benevolenza costringendolo, finchè potrà, a
consacrare alla benemerita Società col suo immutato affetto le
tenui forze di cui dispone.
I soci presenti dimostrano al presidente il loro vivo com-
piacimento.
Il Consigliere-Segretario.
GIUSEPPE (EEPRI:
(1) Dopo lo spoglio giunse qualche altra scheda che naturalmente, non
fu aperta.
Prof. FELICE MAZZA
Risultati di ricerche anatomo-istologiche
ri
sugli organi genitali delle anguille d’acqua
dolce e d’acqua salmastra.
. Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma (E
\ ""ENORI
Espongo succintamente in questa nota ciò che da me venne
osservato, in un lungo periodo di tempo, intorno agli organi ses-
3 suali delle anguille viventi nelle acque dolci ed in quelle sal-
; mastre, premettendo alcuni cenni sui risultati degli studi fatti pe:
a finora, specialmente dagli Italiani, e sulle opinioni emesse in pro- uu.
posito al medesimo argomento.
Gli organi sessuali femminili delle anguille vennero rico- Sua
| mosciuti dal Vallisneri e da Carlo Mondini, il quale, ncn averdo AS
| — trovato altro che femmine, pensò che i maschi rimanessero co- ivi:
stantemente nel mare, e che per un tal fatto, le femmine, atte
che fossero alla generazione, calassero al mare per essere fe- ‘99
condate.
E quindi resterebbero sterili quelle anguille cui venisse
impedito, nei tempi degli amori, l’adito al mare.
Il non avere mai trovato, nelle molteplici sue osservazioni, b-.
delle anguille « fornite di liquore spermatico o aventi qualche PA
altro indizio di matura mascolina » lo confermò sempre più de)
nell’idea che i maschi stessero realmente in mare.
Il Vallisneri, scrisse fra l’altro in una sua nota, che per
lungo tempo non era riuscito a scoprire un’anguilla femmina,
28 Felice Mazza
e che avendo raccomandato al dott. Sancassani di Comacchio
di mandargliene qualcuna, questi, dopo otto anni di ricerche,
glie ne inviò una, che, al dire del Vallisneri, era « piena zeppa
delle semenze sue e tale quale egli ardentemente bramava >».
Il Vallisneri dopo averne descritte le ovaia che presenta-
vano delle ova di diverse grandezze, e visibili ad occhio nudo,
ci narra che si vedeva con evidenza la comunicazione dell’ovaia
con un breve ovidotto che metteva foce alla cloaca. -
A conferma celle sue asserzioni il Vallisneri presenta una
tavola in cui sono rappresentate in foto e sezionate l’anguilla
avuta da Comacchic, e la figura separata delle ovaia. Dalla fig. 2
del'a tav. del Vallisneri anparisce come le ovaia siano diverse
da quelle che realmente si vedono nelle anguille di calata, quan-
tunque l'anguilla avuta dal Vallisneri sia stata, a quanto è dato
arguire, un’anguilla argentina, e come dice il Vallisneri, di quelle
che migrano al mare in principio di quaresima.
Inoltre il Vallisneri descrivendo i pregiudizi intorno alla
generazione delle anguille, in voga a’ suoi tempi, ci parla anche
di altri autori che si occuparono della generazione delle an-
guille, quali il Malpighi, il Morgagni ed il Redi.
Il naturalista Spallanzani esaminò per due anni e quattro
mesi ben 497 anguille, istituendo le ricerche, parte al lago di
Orbetello, parte a Comacchio, parte a Pavia, e parte in alcuni
tratti dell’Appennino, dove era possibile procurarsi di questi
pesci; e nemmeno lo Spallanzani trovò mai alcun maschio, ep-
perciò fa la seguente domanda: « Direm noi, dunque, che il
Mondini ed io ci siamo sempre abbattuti in anguille femmine ?
Tanta moltitudine di individui esaminati rende la cosa affatto
incredibile!» La cosa non è in realtà così incredibile, csserva il
Bellini, come apparve allo Spallanzani, sempre però che si
parta dalla doverosa supposizione che egli, astraendo dalla pre-
venzione, istituisse le sue ricerche con puro rigore scientifico.
Risultati di ricercne anatomo-istolcgiche, ecc.
In effetto, per non giustificare la congettura dello Spallanzani,
bas:a notare che il prof. Miinther ebbe ad esaminare, circa cue
decenni cr sono, più di 3000 anguitle senza scoprirvi un solo
maschio e che il doti. iacoty ne trevò soltanto 240 circa su
1200 individui provenienti cal!e Lagune Comacchiesi.
Ad ogni modo il risultato negativo avuto dallo Spallanzani
nella ricerca dei maschi, fece per un momento balenare nella
mente dell'Autore l’idea che le anguille potessero essere vere
ermafrodite come i serrani. « Con tale ermafroditismo prolificando
ogni individuo, dice lo Spellanzani, si renderebbe ovvia la ra-
gione dell’infinita moltiplicità di questo pesce ».
Tu'tavia, csserva giustamente il Bellini, lo Spallanzani si
è poco soffermato sul concetto che le anguille siano ermafrcdite,
come lo dimestrano le seguenti sue parcle: « Ma tanto è lungi
che l’ermafroditismo abbia lucgo nelle anguille, che fincra non
è assicurata l’esistenza della loro ovaia, e non si manifesta
all'occhio quella dei latti ».
anguille femmine fossero così rare come lo sono i maschi in
al're specie di pesci. Aprendo le anguille che egli andava pe-
scando, durante il mese di giugno, in uno stagno d’acqua dolce
trovò, come egli afferma, che le lacinie delle medesime erano
cosparse di un umore grigio-scuro, avente l’aspetto dello sperma,
ma ciò probabilmente non era che sostanza agdiposa.
le ricerche del Rathke
Nè dev’essere dimenticato che l’Ekstròn credeva che le
Hohnbaum-Hornschuch riconfermò
relative agli organi femminili di riproduzione delle anguille, ma
tentò altresi di approfondirle dandone poi riferimento nella sua
dissertazione del 1842. Egli dice, infatti, di aver giudicato molte
anguille per individui maschi, giacchè gli organi fimbriati di
questi pesci, in luogo di contenere delle uova, si distinguevano
per certe strutture nucleolari, essendo cosparsi di granuli com-
posti di altri granuli minori, diversi, nella loro costituzione,
30 Felice Mazza
dalle vere uova. Epperò egli ritenne di natura testicolare l’or-
gano contenente questi granuli, appoggiandosi all’autorità del
Rathke, il quale, nel suo lavoro sulla struttura interna degli
organi genitali dei pesci, disse che nelle anguille e nei petro-
myzon la sostanza del testicolo è granuloso-lamellare.
L’Hohnbaum giudiziosamente soggiunge che se in questo
organo si fossero trovati gli animaletti spermatici, la questione
sarebbe senz’altro risolta. Si dichiara ad ogni modo persuaso
che le anguille abbiano un sesso distinto, che esistano cioè
maschi e femmine, poichè alcune hanno delle uova, altre un
organo certamente sessuale, ben diverso da quello che inchiude
quelle uova.
Lo Schliiser congetturò che i maschi delle anguille doves-
sero essere o straordinariamente rari o che dovessero avere una
conformazione tutta diversa dalle femmine (appoggiandosi per
tal modo all’osservazione di Brougniart che su mille individui
di Limnadia gigas non trovò un solo maschio), così il Von
Siebold fu indotto a domandarsi se la riproduzione delle an-
guille non succedesse forse per parfenogenesi.
La stessa cosa ripetè più tardi il prof. Miinster, direttore
del Museo Zoologico di Greisfswald.
Errano, dunque, dice il Bellini, quei zoologi, fra cui il
Canestrini ed il Targioni Tozzetti, i quali asseriscono che Von
Siebold abbia senz’altro ammesso la partenogenesi nelle anguille.
Il Von Siebold solo ne espresse il dubbio. Il Bellini osserva
ancora che il Von Siebold asserisce non essere possibile pro-
cedere di un passo in questa questione, fintantochè non sarà
stato provato, con piena sicurezza, la effettiva mancanza degl
apparati maschili di riproduzione nelle anguille. Bisogna ancora.
credere, osserva egli inoltre, che gli organi maschili delle an-
guille siano sfuggiti all’osservazione degli investigatori, giacchè,
fino a’ suoi tempi, non furono esaminati che organi sessuali in
istato immaturo.
RAT
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 31
È difficile, afferma, distinguere i testicoli dagli ovarii, allor-
quando e gli uni e gli altri si trovano in uno stadio non avan-
zato di sviluppo, giacchè non vi si riscontrano che semplici
elementi cellulari.
Le diversità fra testicolo ed ovario furono vagamente. se-
gnalate per la prima volta in Italia dal prof. Oronzio Gabriele
Costa, così asserisce il prof. Bellini di Comacchio.
Il prefato Autore afferma che nelle anguille esistano indi-
vidui maschi ed individui femmine, e che i primi si distin-
guono dai secondi per avere l’interna struttura dei latti, che
però non descrive, assolutamente diversa da quelle delle ovaie.
Soggiunge il Costa che per accertarsi di questa diversità è
bisogno di sorprendere le anguille prima della fecondazione. Il
Costa escluse l’ermafroditismo delle anguille, dicendo di non
aver riscontrato il menomo vestigio che valesse a confermarlo
in questa supposizione.
Dopo il Costa, e fino al 1870, non risulta che qualche
altro scienziato italiano o straniero si sia occupato della que-
stione relativa al rinvenimento degli organi della riproduzione
dell'anguilla maschio. Ma alla fine del 1871 si ingaggiò e si
combattè da noi un’aspra battaglia scientifica.
Nella seduta del 28 dicembre 1871, tenutasi all'Accademia
delle Scienze di Bologna, il prof. G. Ercolani diede leitura di
una sua dissertazione, intitolata « Del perfetto ermafroditismo
delle anguille ». L’11 gennaio 1872, vale a dire 15 giorni dopo,
i prof. Balsamo-Crivelli e L. Maggi di Pavia, davanti al corpo:
accademico del reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, les-
sero del pari una loro memoria « intorno agli organi essenziali
della riproduzione delle anguille ».
L’Ercolani considerava come testicoli delle anguille, una
vescica, che dice sfuggita all'osservazione di tutti, di forma pi-
riforme allungata, colla base in basso contro l’intestino retto e
32 Felice Mazza
l’apice o la punta terminante in quello .spazio che trovasi fra
la piegatura che fa, sotto il fegato, l’intestino. Ed appoggia
quest’idea sul fatto che, esaminando le pareti di detta vescica,
riscontrò miriadi di corpuscoli che si movevano in diversa ma-
niera sotto il campo del microscopio, avevano la forma come
di un fungo e riflettevano un lieve colore ranciato.
Se ques i corpuscoli erano spermatozoi, la vescica doveva
essere un testicolo; e l’anguilla possedendo insieme con questa
vescica i corpi frangiati od ovarii, per conseguenza era erma-
froditica.
La vescica p.edetta trovasi collocata nel lato sinistro del-
l’animale, ed avrebbe, secondo l’Ercolani, uno sbocco al berdo
superiore dell’apertura anc-genitale.
Lo studio anatomico, dice l’Ercolani, delle parti generative
delle anguille porta a concludere che, nel tempo della frega,
le uova cadono nell’addome, ove cadono pure gli spermatozoidi,
e sono emesse già fecondate; che se alcuno sfuggisse all’atto
della fecondazione, neltempo dell’emissione, s’incontrerebbe col
seme, che separato nell’interno del testicolo, deve sgorgare per
un piccolo ed esile canale pesto in vicinanza del bordo ante-
riore dell’apertura. anale.
Mentre la grande vescica addominale ci rappresenta il
testicolo funzionale, posto nel lato sinistro dell’animale, esiste-
rebbe nel lato destro un testicolo atrofico, rappresentato da una
frangia collocata all’indentro dell’ovario destro, la quale colla
sua estremità inferiore aderisce sulla parete laterale destra del-
l’intestino.
I prof. Balsamo-Crivelli e Maggi non parlano della cosi-
detta grande vescica addominale dell’Ercolani, e considerano
come vero testicolo funzionante, la preaccennata frangia che
dall’anatomico bolognese è considerata come un testicolo atro-
fico e trovasi nel lato destro dell’anguilla.
TA
dial ae
Risultati di ricerche anatomo-istclogiche, ecc. . 33
I medesimi professori hanno trovato un secondo testicolo,
quantunque poco sviluppato. « In certi casi, essi dicono, potemmo
notare un principio di un secondo testicolo al lato sinistro del-
l’intestino, quasi pari, in posizione, all’estremità inferiore del
primo, per modo che potrebbe far ammettere l’esistenza di due
testicoli, di cui uno rimarrebbe atrofico. Singolare a notarsi,
si è anche che il testicolo sviluppato sta sempre alla destra,
l’atrofico alla sinistra, e che il primo si trova costantemente
non solo negli individui adulti, ma ancora nei giovani, mentre
l’atrofico non si mostra con certezza che negli adulti ».
Nella frangia, considerata come testicolo funzionante, i
prof. Balsamo-Crivelli e Maggi hanno osservato degli sper-
matozoi i quali sarebbero piccolissimi e dotati di movimento
piuttosto rapido e duraturo, quando si trovino in un liquido
indifferente (acqua salata).
Questi spermatozoi presenterebbero una parte ingrossata,
il corpo, ed un’appendice filiforme, a guisa di coda. Il corpo
misura, coll’ingrandimento 1050 d. del microscopio di Hartnack,
circa 12 decimillesimi di millim. per il diametro trasverso,
essendo il longitudinale superiore al primo di 3-4 volte. Quanto
alla via, per la quale le uova fecondate potrebbero giungere
all’esterno, i professori accennati, spaccando l’uretra per il lungo,
dall’esterno all’interno, tagliando la parete inferiore di essa,
hanno scorto sulla parete superiore, ed a circa 4-5 mill. sotto
il meato urinario, un foro, il quale metteva in un canale tra-
sversalmente posto tra la vescica ed il retto, e che mediante
due fori laterali, destro e sinistro, formati dalla parete esterna
della vescica e del retto, metteva nella cavità addominale.
Da ciò che si disse risulta che le due accennate opinioni
non concordano tra loro che superficialmente, solo nel risultato
finale, cioè nell’ammettere l’ermafroditismo.
Le differenze tra le due opinioni esposte risultano princi»
palmente dalle seguenti conside-azic ni :
34 Felice Mazza
1° Il testicolo, secondo l’Ercolani, è una grande vescica
posta al lato sinistro dell'animale ; secondo Balsamo-Crivelli e
Maggi, il 3° corpo frangiato collocato nel lato, destro.
2° Il primo considera il 3° corpo frangiato come un te-
sticolo atrofico ; gli altri non lo conoscono, oppure hanno cre-
duta affatto estranea all’apparato sessuale, la grande vescica
addominale.
3° Il contrasto riesce manifesto, quando si pensi che il
3° corpo frangiato non ha nel lato sinistro la grande vescica
per organo omotipo, ma un altro corpo meno sviluppato sì, ma
che gli corrisponde e per struttura e per posizione.
4° L’Ercolani ha visto gli spermatozoi in forma di fungo,
i prof. Balsamo e Maggi nelia più comune forma, muniti cioè
di corpo e di coda.
5° L’Ercolani dice di aver osservato uno sbocco della
grande vescica al bordo superiore dell’apertura anogenitale,
apertura che non conoscono il Balsamo-Crivelli ed il Maggi.
Il primo ammette quindi come possibile una fecondazione esterna,
che gli altri negano assolutamente.
Se le idee dell’Ercolani sono esatte, bisogna confessare,
dice il Canestrini, che le anguille presentano alcuni fatti piut-
tosto singolari, e sarebbero questi:
1° Il testicolo è unico e asimmetrico. È vero che ci viene
indicato un testicolo atrofico nel lato destro, ma tra il terzo
corpo frangiato, e la vescica addominale non v’è omologia.
2° Il testicolo è un’ampia vescica, in cui le sole pareti
portano delle cellule spermatiche. Di più, le cellule secernenti
lo sperma si trovano anche all’esterno delle pareti del testicolo.
3° Gli spermatozoi sono fungiformi. Questo termine è
alquanto vago, perchè le forme dei funghi sono svariatissime ;
sarebbe stato utile che l’Ercolani illustrasse con figure gli sper-
matozoi da esso veduti. Evidentemente l’autore ha osservato
‘ Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. i 35
forme simili a quelle che sono rappresentate dal Balsamo-
Crivelli e dal Maggi colle fig. 6 e 7 della loro memoria. Co-
munque sia, gli spermatozoi dei pesci presentano in generale
un’altra forma ; sono cioè filiformi con una eventuale estremità
ingrossata a guisa di capocchia. Anche il colore ranciato dei
corpuscoli non è proprio dei testicoli dei murenoidi. II Cane-
strini seguita a questo proposito, dicendo che egli ebbe ad esa-
minare moltissime anguille, in parte acquistate a Padova, in
parte avute da Venezia a mezzo del conte Ninni, ed in parte
provenienti da Genova e favoritegli dal marchese Giacomo
Doria, e ne vide di quelle che avevano le ovaie perfettamente
mature; ma non fu tanto fortunato da trovare nella grande ve-
scica i corpi fungiformi succitati, nè mai potè scorgere traccia
alcuna dell’apertura di sbocco all’esterno della grande vescica
addominale.
L’anatomico prof. Vlacovich pure si è occupato della que-
stione, e trovò la seconda vescica, lunga e stretta, nel lato
destro dell’anguilla; ma detta vescica, secondo il Vlacovich, non
è che un sacco linfatico; e tale significato ha forse anche la
grande vescica addominale dell’Ercolani. Negli esemplari osser-
vati dal Canestrini, il 3° corpo frangiato gli è sempre apparso
come una massa adiposa, e nulla più; ma questo risultato ne-
gativo, al dire del Canestrini, non può distruggere l’altro posi-
tivo ottenuto dai naturalisti Balsamo e Maggi; tutt'al più esso
potrebbe giustificare il sospetto, già manifestato dal Nardo, che
l’ermafroditismo delle anguille sia uh fatto eccezionale, anzichè
normale. Non si può nutrire tale sospetto senza implicitamente
ammettere che il terzo corpo frangiato e l’altro non frangiato,
che gli corrisponde nel lato sinistro, appartengano al sistema
riproduttore e sieno, di regola, da considerarsi a seconda del
sesso, come ovari o come testicoli secondari o degenerati.
In conclusione, osserva il Canestrini, non è dimostrato l’er-
36 Filice Mazza
mafroditismo delle anguille; e dice di nutrire la speranza che
si scopra il maschio, perchè — procedendo per analogie —
anche il maschio della Cobitis taenia Lin. era sfuggito per
lungo tempo alle indagini dei naturalisti; solo fu scoperto dal
Canestrini nel 1871, dopochè il celebre prof. De Filippi, nella
Riunione straordinaria dei naturalisti italiani alla Spezia (1865)
aveva asserito, che fra le molte migliaia di individui che pas-
sarono fra le sue mani, non aveva trovato mai alcun maschio.
Il Canestrini aggiunge, in proposito, che trovò pure nel
Cobitis taenia un carattere sessuale secondario nel secondo rag-
gio delle pinne pettorali che è straordinariamente ingrossato e
portante alla base un processo osseo a forma di squamma.
L’eco della pretesa bisessualità delle anguille si ripercosse
nelle aule della Società Linneana di Normandia, ove A. Fauvel,
nella seduta del 7 luglio 1873, lesse una nota che terminava
così: « Allo stato attuale della scienza si può dire che la que-
stione dell’anguilla ha fatto un gran passo. L’ermafroditismo è
diventato una probabilità molto forte che formerà oggetto di
investigazioni sempre più dilligenti, dalle quali uscirà senza
dubbio la vera soluzione del problema ». (Bellini, I. c.).
Tali erano le opinioni dei naturalisti quando il 21 noverr-
bre 1873 il dott. Syrski, allora Direttore del Museo Civico di
Storia Naturale di Trieste, iniziò delle accurate indagini sugli
organi sessuali dell’anguilla, ed i risultati che egli ottenne fu-
rono sorprendenti. Syrski considerando, in base alle teorie di
Darwin, ed alle osservazioni fatte dall’ittiologo Giinther sopra
i pesci, che in parecchie specie di animali i maschi hanno una
mole più piccola delle femmine, pensò che ciò potesse. verifi-
carsi anche nelle anguille, epperò scelse per le sue ricerche
delle anguille possibilmente piccole. Questo scienziato, esami-
nando attentamente l’interna cavità addominale degli individui
sezionati, senza preoccuparsi di ciò che altri ebbe a riscontrare,
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 37
trovò già nella seconda anguilla di 400 millim. da lui sezionata,
e precisamente al posto degli ovarii, due organi speciali costi-
tuiti da piccoli lobi del tutto differenti degli ovarii.
Syrski esaminò 176 anguille. In 86 individui i quali ave-
vano una lunghezza variante fra 213 ed i 430 millim. trovò
gli indicati organi, che da lui presero il nome; le altre 90 an-
guille, la cui lunghezza oscillava fra 275 ed i 1000 millim.,
contenevano l’ovario senza la minima traccia dell’organo lobato.
Questi due distinti organi si escludevano reciprocamente; e
poichè l’uno era in modo inoppugnabile riconosciuto come l’o-
vario, era presumibile che l’altro dovesse essere il testicolo.
Negli individui che hanno assunto il colore bronzo-argen-
tino, cioè quel colore che è ritenuto per l’inizio dell’abito nu-
ziale, l'organo lobato, o del Syrski, appare come una fettuccia
nastriforme sottile, stretta, semitrasparente, biancniccia o d’un
grigio rosato, sospesa da una ripiegatura del peritoneo nella
cavità addominale, quasi all’angolo formato dalle pareti del
corpo e dalla vescica natatoria. Il bordo libero dell’organo pre-
senta una serie di lobi piatti, arrotondati in quarto di circolo.
L’organo di destra conta in media 43 lobi e 50 quello di sini-
stra. La loro grandezza diminuisce gradualmente dall’avanti al-
l’indietro; quelli più sviluppati misurano ordinariamente da 3
a 5 millim. di lunghezza su 2-3 mm. di larghezza e su 3{4 di
mm. ad 1 mm. di spessore, e si coprono spesso parzialmente a
vicenda con gli orli che sono a contatto. Dice il Bellini che
detti lobi non sono sempre nettamente separati fra di loro,
come pretendeva il Syrski e come lo stesso Syrski raffigurò
nella Tav. II della sua Memoria, ma si trovano invece per lo
più uniti alla loro base, da un tenuissimo lobulo di sostanza
glandolare. L'organo di destra, che si estende più all’avanti del
sinistro, comincia presso a poco a livello dell’estremità libera
della pinna pettorale e termina al di là dell’orificio anale, un
38 Felice Mazza
po’ meno lungi dal sinistro. A seconda del loro più o meno
grande sviluppo, penetrano entrambi, ad una variabile distanza
dall’ano, nelle cavità caudo-addominale prolungando la cavità
addominale propriamente detta. Quivi, ciascun d’essi, è accom-
pagnato da una parte accessoria, la quale non consiste, come
il Syrski riteneva, in una semplice ripiegatura, dal di fuori al
di dentro e dal di dietro all’avanti, dell’estremità posteriore del-
l'organo, ma in una benda veramente indipendente dalla benda
principale. Quella di destra pare manchi qualche volta, ma chi
bene osservi, dovrà constatare che tale apparente mancanza di-
pende dalla irregolarità o dal poco sviluppo dei lobi non solo,
ma anche dal fatto che l’organo lobulare destro, non arriva così
in giù come il sinistro. Del resto, anche l’ovario ha una parte
accessoria. Nella porzione codale della cavità addominale, ad
ogni ventaglio ovariale può trovarsene aggiunto un altro inter-
namente.
Si può vedere la parte accessoria dell’ovario, ma più dif-
ficilmente di quella dell’organo del Syrski, perchè i ventagli
ovarici, sono insieme congiunti nelle loro facce vaste. In casi
rari — osserva il Bellini — si può riscontrare il fenomeno
della duplicità dei ventagli dell’ovario anche nella cavità addo-
minale.
Per tutta la lunghezza dell’inserzione dell’organo lcbato,
corre un canale, vaso deferente che è cieco dove comincia l’or-
gano e termina all’indietro, fra il retto e la vescica urinaria,
con una parte libera ed allargata che si unisce a quella del lato
opposto per formare un canale unico, il cui orifizio si vede
sulla papilla genito-urinaria. Fra lo sviluppo dei lobi e quello
del lume del detto canale longitudinale, esiste una relazione
evidente. È inoltre innegabile che fra la struttura interna del-
l'organo del Syrski e quella dei testicoli immaturi dei pesci più
prossimi all’anguilla esiste la più grande analogia. Se poi si
Risultati di ricerche anatomo-istologich?, ecc. 39
tiene presente che nelle anguille che posseggono l’organo lobu-
lare non si trova nessun altro organo avente anche semplice
somiglianza con una glandola di riproduzione, si comprenderà
il perchè Syrski abbia concluso che l’organo da lui scoperto
era un testicolo. Egli non pervenne però a scoprire la prova
capitale: la presenza di spermatozoi. La dimostrazione era,
dunque, incompleta e provocò, per conseguenza, delle nuove
ricerche.
Dareste, esaminando delle anguille’ conservate ‘nell’alcool,
constatò l’esattezza di buona parte dei fatti descritti dal Syrski.
Ma uno dei più interessanti contributi allo studio delle
questioni lo si deve a Sigmund Freud, che dal marzo al set-
tembre del 1876, per consiglio del suo illustre maestro: profes-
sor Claus, esaminò nell’Istituto di Zoologia comparata di Trieste,
gli organi sessuali di circa 400 anguille lunghe da 200 a 650 mm.
Secondo il Freud la scoperta del Syrski non era inattaccabile,
essendo facile, leggendo le comunicazioni di quest’ultimo, for-
marsi l’opinione che gli organi lobulari non fossero che ovaie
modificate. Ed infatti il Lepori sostenne che gli organi del Syrski
non sono che ovaie in via di sviluppo. Il Freud esaminò perciò
i detti organi, secondo le loro proprietà anatomo-istologiche,
paragonandoli in pari tempo con gli ovari.
Le sue ricerche lo condussero a riaffermare i dati di Syrski,
ma la ricerca istologica dell’organo lobato non gli permise nè
di contraddire, nè di sostenere l’identità fra l’organo lobato ed
un testicolo.
Qui, dice il Bellini, giova ricordare che l’organo lobulare
non sviluppato è una specie di fettuccia stretta, difficile a ve-
dersi. I singoli lobuli non sono bianchicci ma grigio-ialini 0
grigio-rosati a cagione dei vasi sanguigni che li intersecano;
sono anche più sottili e più stretti dei lobuli sviluppati, quali si
riscontrano in individui migranti dalle acque continentali al mare
40 Felice Mazza
Quanto più piccolo è l’organo lobulare, tanto meno si di-
stinguono i singoli lobuli chiarissimi dall’orlo libero, e tanto
meno profonde diventano le intaccature fra loro. In piccole an-
guille di 200 mm., il Bellini ha constatato che i lobuli sono
irriconoscibili; l’orlo libero della esile fettuccia, poichè sola-
mente così appare in quegli individui l’organo lobulare, mostra
una limitazione debolmente ondulata, spesso interamente retti-
linea. In questo ultimo caso, l’organo di Syrski, non merita più
il suo nome, non avendo il suo caratteristico aspetto, e poco
differisce da un ovario jalino, stretto, insignificantemente incre-
spato, quale si trova in anguille di circa 200 mm. di lunghezza.
Quantunque in tali individui le ovaie sieno almeno 2-3 volte
più grandi delle forme non lobulari più minuscole dell’organo
trovato da Syrski in individui della stessa mole, pure bisogna
ammettere col Freud che l’aspetto di un organo lobulare non
sviluppato si avvicina assai a quello di un ovario non maturo.
Epperò, data la identità di tutte le condizioni topografiche
di ambo gli organi, il Freud giustamente inferisce che non c’è
che la ricerca istologica la quale possa decidere se l’organo
lobulare sia una formazione sui generis, o una modificazione
dell’ovario. sviluppatasi in un assai anteriore stato del mede-
simo.
L’organo lobulare presenta una faccia rivolta contro la ca-
vità addominale, l’altra in contatto con le pareti laterali della
cavità medes.ma. Dalla faccia interna, numerosi vasi sanguigni
penetrano nell’organo e poi si risolvono in una specie di cc-
rona capillare lungo il margine libero. Anche il peritoneo si
avanza verso l’orlo dell’organo, più nel lato interno che in
quello esterno, dove gli elementi cellulari sono liberi. Perciò
tanto nell’organo lobato quanto nell’ovario — che possiede pure,
nel lato interno, vasi sanguigni deputati a nutrirlo ed ha, al-
l’esterno, delle numerose ripiegature dove le ova sono principal-
Risultati di ricerchè anìtomo-istologiche, ecc. 41
mente più sviluppate — si potrebbero, secondo il Bellini, distin-
guere due facce, una interna o vascolare, l’altra esterna o ger-
minativa.
Esaminando al microscopio anche le facce dell’organo lo-
bulare di anguille migratorie, osserva il Bellini (I. c.), si vede
che sono tappezzate da un epitelio pavimentoso, ma differente
per ciascuno di esse. Quello della faccia vascolare somiglia al-
l’ordinario epitelio peritoneale e si compone di cellule poligo-
nali abbastanza regolari, presentanti un piccolo nuclèo allungato,
quello della faccia germinale è, invece, formato da cellule ‘irre-
golari a nucleo cubico che passano insensibilmente alla forma
di cellule fusiformi e si riuniscono in gruppi che prendono una
figura stellata caratteristica. L’epitelio è interrotto da cellule
sessuali che affondano al livello della parete dell’organo lobato
senza mai sporgere alla superficie di esso. Ma il più gran nu-
mero di queste cellule è collocato nelle maglie di una rete for-
mata da fasci di fibre connettive, frammezzate da cellule fusi-
formi e stellate.
Le cellule sessuali, numerose, isolate da prima le une
dalle altre, diminuendo gradatamente di numero dalla faccia
esterna verso la faccia interna dell'organo lobato, sono comple-
tamente trasparenti al principio, e, secondo il Bellini, somigliano
allora moltissimo alle giovani uova, pur essendo più piccole
di queste; il loro nucleo, relativamente voluminoso, possiede un
grosso nucleolo che è qualche volta rimpiazzato da una corona
di sferule, simile a quella del nucleo delle uova; poi esse si
modificano invecchiando. |
L’organo lobato perde la sua trasparenza ed il suo colore
rosato; s’ispessisce e diviene biancastro. Negli organi che pre-
sentano questo aspetto, lo stroma è ancora più spesso ; le cel-
lule sessuali, molto più numerose e più piccole, non sono più
isolate; ma esse sono riunite in cordoni pieni, ramificati e spesso
anastomosati coi loro vicini.
49, Felice Mazza
Cattie, Robin, Jacoby, Chevrel, che si sono occupati della
questione di cui è parola, appoggiano le conclusioni del Syrski.
Il Jacoby si interesò parecchio tempo allo studio della Spsirons
nella stazione Zoologica di Trieste.
Nel settembre del 1877 constatò in una anguilla un pro-
gredito stadio di sviluppo dell’interna struttura dei lobi, e cioè
cordoni otriformi pieni di cellule le quali mostravano, secondo
il detto autore, la più stretta analogia colle cellule spermatiche
di altri pesci. Quest’anguilla venne inviata, per espresso desi-
derio del prof. Claus, al prof. Siebold di Monaco perchè la
presentasse ad un’assemblea di naturalisti (Bellini I. c.).
Pochi anni appresso comparvero le interessanti ricerche del
Brock e quelle del Ryder le quali troncarono definitivamente
la questione nel senso indicato dal Syrski. Ma il testicolo
dell’anguilla non fu dai detti autori potuto seguire fino alla
completa sua evoluzione, non essendo essi riusciti a procurarsi
individui pervenuti alla perfetta maturità sessuale, quali si tro-
vano in mare (1).
Il prof. Ettore Giacomini studiò l’evoluzione delle cellule
germinali nelle anguille in generale, e principalmente l’epoca
del differenziamento sessuale di detti murenoidi.
Il Giacomini trovò che su 193 individui di anguille rac-
colte presso Malalbergo lungo lo scolo denominato Lorgana nel
basso Bolognese, ed a Comacchio, compresi tra i limiti di
mm. 176 e 299 di lunghezza, 31 erano già nettamente differen-
ziati in femmine, e sopra 130 individui compresi tra i limiti di
(1) Il prof. Grassi scoprì dei fasci di spermi negli organi del Syrski di
anguille argentine o macroftalme dello stretto di Messina, il che prova la bi-
sessualità delle anguille. Finora io non riuscii a trov.re fasci di spermi negli
organi del Syrski, quantunque molti dei lobi di detto organo presentassero
uno sviluppo in altezza di 4-5 mm., e ciò mi accadde anche per anguille ar-
gentine catturate verso la foce del Tevere.
Risultati di ricerche anitomo-istologiche, ecc. 43
300 e 395 mm. di lunghezza trovò 28 femmine. Non dice però
come erano differenziate le altre anguille che non erano fem-
mine, ma è probabile che fossero maschi secondo l’Autore.
Le femmine trovate dal Giacomini vanno per lenti gradi
da 230 a 395 mm. La serie dei maschi va gradatamente da
esemplari di 176 mm. ad esemplari di mm. 388.
Con queste due serie di maschi e di femmine gli fu dato
d’instituire esatti ed utilissimi confronti fra gli organi genitali
di individui della stessa lunghezza appartenenti all’uno e all’al-
tro sesso. Prosegue affermando il prof. Giacomini: « Poichè si
è affermato non trovarsi esemplari giovani inferiori ai 380 mm.
di lunghezza che posseggano ovari e che si appalesino quindi
per femmine, io desidero intrattenermi qui più specialmente
sopra ai giovani esemplari di sesso femminile ».
Ed infatti (1) il Giacomini trovò delle femmine aventi 230 mm.
di lunghezza con distintissimi nastri ovarici, sotto forma di due
fettucce della larghezza di circa 2 mm., col margine libero che
corre ondulato per lievi increspature. Sulla faccia laterale o ger-
minale dei medesimi si notano, anche col semplice sussidio di
una lente di ingrandimento, numerose e fini pieghe trasversali,
piuttosto regolari, le quali sono caratteristiche dell’ovario. I
detti ovari oltre a presentare i nidi di oogoni, lasciavano scor-
gere nidi di giovanissimi oociti, il cui nucleo si presentava nel
(1) Per trovare delle anguille femmine della lunghezza di quelle indicate
dal prof. Giacomini, bisogna ricorrere alle anguille gialle, ossia a quelle che
ancora non hanno la livrea argentina e che hanno quindi ancora piccola l’aper-
tura dell'occhio. Nella prima memoria da me pubblicata, io intesi parlare di
femmine di anguille argentine o macroftalme o « Filatrot:s dei Cagliaritani »,
quindi è naturale, che io abbia scritto non trovarsi mai femmine di anguille
argentine che abbiano una lunghezza inferiore ai 400 mm.
Si trovano molte anguille gialle della lunghezza di 55-65 cm., che hanno
il nastro ovarico della larghezza di mill. 8 cppure di 15 mill. ma con uova
ancora poco sviluppate, e che hanno l'apertura oculare più piccola di altre
anguille argentine di pari junghezza.
44 Felice Mazza
periodo di sinapsi, ed oociti già in via di accrescimento che
misuravano sino a 40 p. di diametro con la vescica germina-
tiva assai v.luminosa (24-28 pn.) e i cromosomi o cordoni cro-
matici che avevano assunta la caratteristica figura piumata che
è loro propria durante lo stadio di vescicola germinativa.
Inoltre, in una femmina di 252 mm. ed in un’altra di
mm. 255 trovò più distinte ancora le pieghe trasversali, mentre
il nastro ovarico non misurava in altezza che 2 mm. La lar-
ghezza del nastro ovarico, nelle femmine al disopra di 252 mm.,
varia, potendo essere diversa in femmine delle stesse dimen-
sioni; ma già in qualcuna che sia attorno ai 350 mm. di lun-
ghezza può raggiungere i 40 mm., mentre l’organo del Syrski,
ossia il testicolo, il quale non presenta mai pieghe trasversali,
bensi ha le sue due facce liscie, non supera i 2-2-5 mm. di
larghezza, anche in individui lunghi 385-388 mm.
L’ovario di mano in mano che diviene più largo presenta
sul suo margine libero ondulato delle lievi insenature, cosicchè
questo margine, quando il nastro si dispieghi nell’acqua o nel
liquido fissatore, mostrasi festonato.
I nastri ovarici nelle femmine della lunghezza di 350-395 mm.
ed in quelle di 400-450 mm. posseggono pieghe trasversali più
numerose e più alte, ma ciò che rileva d’importante il Giaco-
mini è il fatto che esse non mostrano più nidi di oogonî e la-
sciano scorgere soltanto pochi oociti all’inizio del loro accresci-
mento, perchè quasi tutti gli oociti hanno attraversato il pe-
riodo di sinapsi e si trovano già discretamente avanzati nel
loro aumento di volume, potendo raggiungere adesso anche
80-112 ». di diametro. Il qual fatto è assai notevole, dice il
Giacomini, giacchè se l’organo lobulare del Syrski non rappre-
sentasse che la gonade indifferenziata destinata, almeno in una
parte delle anguille, a trasformarsi in ovario al momento in cui
esse stanno per raggiungere la lunghezza di 400 mm., noi, pro-
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 45
segue il Giacomini, nelle femmine comprese tra i 400 e i 459 mm.
di lunghezza dovremmo trovare un ovario giovanissimo con.
tutti i caratteri che attestino la recente sua provenienza dalla
gonade indilterenziata, come sarebbero appunto i nidi di oogonî?,
i nidi di giovanissimi oociti e gli oociti inizianti il loro accre-
scimento, le quali particolarità mancano negli ovari di anguille
femmine di tale lunghezza, e si riscontrano invece nelle gio-
vani femmine di 230 sino a 270 mm. di ‘lunghezza. Quanto al-
l'evoluzione degli organi maschili della generazione, essi sono
già riconoscibili in esemplari molto giovani di 176 e di 194 mm.
di lunghezza e meglio ancora in quelli di 200 mm.
In tali esemplari i testicoli si manifestano sotto fcrma di
due nastrini assai stretti misurando ciascuno appena mm. 0.5
di larghezza, col margine libero quasi rettilineo e parallelo al
margine d’inseizione, essendo sul medesimo pochissimo pro-
munziati i tratti convessi che sono il primo accenno dei lobi.
Tuttavia sui nastrini, osservati a fresco o dopo fissazione,
si scorgono porzioni più spesse e di una certa opacità che si
alternano con brevi tratti sottili e trasparenti.
In esemplari della lunghezza di 230 a 250 mm. il nastrino
testicolare non giunge a superare il 1]2 mm. di larghezza, quan-
tunque mostri più distinto l’accenno dei lobi. Questi vanno poi
accrescendosi e acquistando la loro forma caratteristica, quale
si osserva nei maschi di calata, ma non si fondono nemmeno
nei detti maschi in un nastro, bensì rimangono con la distinta
forma di lobi, quantunque congiunti tra loro (1) per mezzo di
tratti sottili, costituiti ugualmente di sostanza testicolare. I lobi
(1) Io ho già dimostrato che i lobi dell'organo del Syrski possono spesso
fondersi completamente formando un nastro pieghettato in alcuni casi, in altri
un tutto continuo, pur non presentando pieghe trasversali. In simili casi la
larghezza del nastro testicolare è di mm. 2 1]2.
46 Felice Mazza
mantengono sempre liscie le loro due faccie. Sono molto meno
° larghi dei nastri ovarici e anche nei maschi di calata da me
tolti in esame (1) non superavano 2-2.5 mm. di larghezza.
Variano assai per la loro lunghezza; di solito quelli della
porzione craniale, che possono in questa dimensione toccare per-
fino mm. 5-6 sono più lunghi degli altri appartenenti alla
porzione caudale del testicolo.
Lo studio istologico dell’organo a vario grado di sviluppo
ci dimostra che dapprima, ossia nei maschi giovanissimi, il te-
sticolo od organo del Syrski contiene numerose spermocellule
primordiali, simili ad ovuli primordiali, le quali danno origine
a spermatogonî. Le cellule germinative, ossia spermocellule pri-
mordiali o spermatogonî, sono circondate da piccole cellule ve-
getative (cellule follicolari) corrispondenti, secondo il Giacomini,
alle cellule del Sertoli. Gli spermatogonî, continuando a molti-
plicarsi, aumentano notevolmente di numero e si raccolgono in
cordoni tortuosi, ramificati e anastomizzati tra loro. I cordoni,
limitati da una parete connettivale (teca follicolare), fornita dal
connettivo fibrillare che costituisce lo stroma del testicolo, sono
circondati, all’interno di detta parete, da cellule vegetative che
inviano prolungamenti del loro citoplasma tra gli spermatogonî,
e cellule vegetative con prolungamenti citoplasmatici si rinven-
gono anche dentro i cordoni medesimi tra gli spermatogonî. La
moltiplicazione degli spermatogoni si fa attivissima nei maschi
della lunghezza di 340-380 mm. e che abbiano la divisa argen-
tina, siano maschi di calata emigranti al mare. Tuttavia anche
nel testicolo di tali maschi non si è ancora iniziata la spermio-
genesi, di guisa che, come si arguisce dalla mancanza di quel
movimento cromatico (periodo di sinapsi) caratteristico della
prima fase del periodo gonocitario nella grande maggioranza
(1) Vedi la nota alla pagina precedente.
Risultati di ricerche anatoms-istologiche, ecc. 47
delle forme studiate, non sembra che si possa ancora parlare
di spermatociti, tutt'al più si tratterà di giovanissimi sperma-
tociti appena usciti dall’ultima divisione spermato-goniale.
I cordoni, che possono riguardarsi come cisti chiuse, Si
metteranno in comunicazione col canale deferente al momento
della completa maturità sessuale.
L’A. conclude coll’asserire che da quanto disse risulta che
« il differenziamento sessuale nelle anguille è già avvenuto allo
stadio di 230 mm. di lunghezza, ma se si pensa che, per es-
sersi iniziato l’accrescimento degli oociti già in femmine di
230 mm., deve il differenziamento avere avuto luogo in un
tempo anteriore, se si considera che il Freud trovò femmine
di 200 mm. e che, come il Giacomini osservò, si rinvengono
maschi al disotto di mm. 200, poichè i due esemplari di 176
e di 194 mm. (i più piccoli che egli abbia potuto esaminare)
si rilevano maschi all'esame microscopico dei loro organi ge-
nitali, fa duopo ammettere che il differenziamento sessuale nelle
anguille non è così tardivo come erasi creduto da qualche au-
tore e recentemente dal Mazza » (1).
Afferma poi, con tutta certezza che effettivamente l’organo
lobulare del Syrski è un testicolo ed è caratteristico del maschio
delle anguille, che il differenziamento sessuale nelle anguille av-
viene ad un’epoca abbastanza precoce, sicuramente negli indi-
vidui della lunghezza di 200 mm, ed infine dice che i maschi,
(1) Se io ho dubitato che il differenziamento sessuale delle anguille fosse
tardivo è perchè fondai i miei dubbi sopra esperimenti fisiologici da me fatti
a Cagliari, e ripetuti a Roma. Negli esperimenti fatti a Roma, per essere più
sicuro, io esportai ad anguille argentine e ad anguille gialle vive porzioni di
lobi dell'organo del Syrski, che conservai lasciando vivere per parecchio tempo
le anguille operate. Sezionatene alcune quest'anno, le trovai provviste dei nastri
ovarici con oociti ancora poco sviluppati, ma distintissimi. In altre anguille
operate, tenute vive per due anni, trovai ancora gli organi del Syrski poco svi-
luppati. Mi riservo a pubblicare in seguito, su questo argomento, il risultato
che avrò ottenuto sopra altre anguille operate e che tengo ancora vive.
48 Felice Mazza
quantunque col testicolo immaturo, si trovano numerosi anche
nelle acque continentali, lontano dal mare, che anzi le femmine
si rinvengono piuttosto raramente tra gli individui compresi nei
limiti di mm. 395 e 300, più raramente tra quelli compresi nei
limiti di mm. 299-176 di lunghezza.
Ho premesso ciò che fu scritto dagli Autori, affinchè appa-
rissero quei fatti caratteristici che vennero da me rilevati nello
studio degli organi sessuali delle anguille d’acqua dolce e d’acqua
salmastra, siano anguille gialle o microftalme, siano anguille
argentine o macroftalme, considerate dagli Autori quali anguille
in abito di nozze.
Punto di partenza de’ miei studi sulle anguille d’acqua
dolce e salmastra furono le conclusioni espresse in una nota del
dottor Cesare Lepori.
Ho voluto, cioè, provare quanto vi fosse di vero in ciò
che dal citato Autore venne asserito, vale a dire che tutte le
anguille fossero maschi nel senso voluto dal Syrski. Se i ca-
ratteri descritti dal Syrski come distintivi dei due sessi fossero
‘costanti nelle anguille colla livrea di nozze e di lunghezza non
molto differente, per es. fra 390-460 mm. Se tutte le anguille
argentine ‘inferiori a 400 mm. fossero tutte fornite dell’organo
del Syrski, se l’organo lobulare diventasse sempre nostriforme,
come il Lepori cercò di dimostrare solo con figure schematiche.
Se l’organo del Syrski non fosse altro che un ovario in via di
sviluppo.
Inoltre, volli ancora verificare se le anguille argentine o di
calata, avessero raggiunta la completa maturità deile cellule ger-
minali, come venne asserito da qualche Autore.
Il materiale da me avuto dal 1894 al 1905 fu sempre della
Sardegna e studiai in prevalenza le anguille argentine o Fila-
trotas, quali anguille indicate come sessualmente mature. Erano
anguille argentine provenienti dal Riu Mannu e da’ suoi af-
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 49
fluenti anche lontani dal mare per es. dal torrente denominato
Terrasopu, dagli stagni di S. Gilla ecc. e di Oristano.
Allora esaminai pure anguille gialle ma in assai minore
quantità essendo rivolta, come dissi, specialmente la mia atten-
zione alle anguille argentine o macroftalme.
Le conclusioni a cui venni, dal materiale studiato allora,
sono quelle che riporto qui sotto:
a) Le anguille « Filatrotas » ossia quelle colla divisa ar-
gentina della lunghezza di 250-390-400 mm. vivono anche lon-
tano dal mare come fu asserito dal Lepori.
b) Vi sono delle « Filatrotas » di 240-250 mm. di lun-
ghezza le quali hanno già l’apertura oculare assai più ampia,
a parità di lunghezza, delle altre anguille gialle. Inoltre vestono
la divisa argentina pur essendo lontane dalla maturanza (1).
L’organo lobulare non è distintivo del solo maschio, perchè
fino ad una determinata lunghezza (240-400 mm.) tutte le Fi-
latrotas posseggono l’organo del Syrski (2). |
Tanto l'ovario quanto il testicolo seguono, per un certo
tempo, un parallelismo di sviluppo, fino a che l’organo lobulare
diventa nastriforme (3).
Il canale deferente non è, fino ad una determinata lun-
ghezza dell’animale proprio del so!o organo del Syrski.
(1) I lobi dell'organo del Syrski di queste anguille sono distinti e pos-
sono presentare talvolta 1 mm. di altezza e più.
(2) La spiegazione del fatto di trovare le anguille argentine, non sorpas:
santi la lunghezza di 400 mm., tutte quante provviste dell'organo del Syrski,
è dal prof. Grassi attribuita a ciò che le anguille femmine acquistano la di-
visa argentina più tardivamente dei maschi, cioè quando esse hanno oltrepas-
sata la lunghezza di 400 mm., mentre i maschi spesso assumono la livrea ar-
gentina accompagnata da una grande apertura orbitale già di 250-270 mm,
(3) Già dissi perchè venni ad una tale conclusione.
50 Felice Mazza
Le anguille Filatrotas sono ancora molto lontane dalla ma-
turanza sessuale.
Non si può con certezza asserire che nelle A. Filatrotas,
viventi nei fiumi, nei torrenti e negli stagni della Sardegna, vi
sia proterandria, perchè resta a dimostrare che le cellule del-
l'organo lobulare o del Syrski, aventi in tutto apparenza di
spermatogoni o di spermatociti, siano realmente tali o non
siano piuttosto cellule germinali ancora indifferenziate (1).
Nello stagno di S. Gilla vivono anguille dal muso rinca-
gnato e cogli occhi relativamente piccoli in proporzione della
lunghezza del corpo (600-750 mm.). che i pescatori cagliaritani
chiamano « Gronghi » (A. latirostris Blanch.) e che hanno spesso
uova di grandezza eguale e di pari sviluppo di quelle chiamate
Filatrotas.
In ultimo, espressi il dubbio che il maschio a completa
maturanza non si troverebbe che in mare. Ciò in seguito alle
ricerche del prof. Grassi ed al dubbio espresso dal Mondini (2).
{1) Modificai a questo proposito la mia opinione dopo che vidi i pre-
parati del Prof. Grassi.
(2) Il Prof. Grassi dice : « Di regola non è difficile trovare maschi di mure-
noidi più o meno maturi, ma fa eccezione quello dell’anguilla. I testicoli dell’an-
guilla sono però sempre molto arretrati nello sviluppo, ancora senza spermidi
e spermi. Io ebbi la fortuna di trovare verso il 1895, nello stretto di Messina,
alcuni maschi un po' più sviluppati: i testicoli erano ancora sottili, ma pre-
sentavano già qua e là gruppi di spermidi e gruppi di spermi quasi perfet-
tamente maturi. Nessuno stadio ulteriore venne poi trovato nè da me nè da
altri nel Mediterraneo o altrove, eccetto un maschio interamente maturo preso
sulla costa danese il 1 settembre 1903.
« Eccezionalmente possono trovarsi fasci di spermi (in degenerazione ?)
anche in maschi del lago di Orbetello e della foce del Tevere. Crediamo che
siano individui casualmente impediti di migrare ».
Le anguille gialle e quelle argentine io ebbi da Orbetello, dai laghi
di Bolsena e di Bracciano, dalle paludi Pontine, moltissime dal mercato di
Roma, alcune altre da Comacchio mercè la ben nota cortesia del professor
Arturo Bellini, altre dal prof. Vinciguerra ai quali esprimo la mia riconoscenza.
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 51
Dal 1906 ad ora continuando le mie ricerche intraprese,
adoperai come materiale di studio anguille argentine ed anguille
gialle, provenienti da acque dolci e da acque salmastre di altre
località non sarde.
Frattanto, confrontando fra loro anguille argentine (lunghe
400-430 mm.) provviste dell’organo carratteristico del Syrski,
oppure di un nastro simile al nastro ovarico visto in toto, ma
senze pieghe trasversali, e quelle provviste del nastro ovarico,
aventi una lunghezza di 460-480 mm., trovai che le differenze
sessuali secondarie sono minime, perchè il colore è spessissimo
identico tanto nei maschi che nelle femmine. Vidi anche non di
rado individui maschi e individui femmine aventi poca diversità
di lunghezza, che non solo avevano il pigmento nero con ri-
flessi bronzini sul dorso, ma anche esteso alle regioni laterali e
ventrali, tanto da apparire quasi completamente nerastri.
I tubi nasali erano posti ad uguale distanza ed avevano
uguale lunghezza tanto nei maschi quanto nelle femmine.
La distribuzione del sistema dei canali laterali colle loro
aperture, specialmente quelli della regione cefalica, avevano un
eguale disposizione ed erano eguali in numero. Le pinne pet-
torali erano di eguale colore e di egual forma e sviluppo.
L’apertura oculare e la lente cristallina presentavano dia-
metri quasi del tutto eguali nei due sessi, così dicasi del pro-
filo del capo e del muso.
Inoltre, tanto nelle une che negli altri la pinna impari,
quasi a livello delle ultime vertebre codali, presentava raggi
più lunghi, tanto da dare lontanamente l’aspetto di un ferro di
lancia alla pinna codale.
Le anguille argentine sia maschi che femmine della accen-
nata lunghezza e le altre più lunghe, messe in recipienti di
porcellana per alcuni giorni, diventavano biancastre, comprese
le solite nerissime pinne pettorali, le quali acquistavano un
52 Felice Mazza
colore più chiaro ancora di quello delle pinne pettorali di an-
guille gialle. Ciò mi fece concludere che il colore non sempre
è carattere costante, mentre che l’ampiezza dell’apertura oculare
lo è assai di più (1).
Posso inoltre confermare ciò che già scrissi, vale a dire
che le anguille argentine delle località indicate, non superanti
i 400 mm. di lunghezza, hanno tutte dalla prima all’ultima,
l’organo del Syrski. i
Fra le anguille gialle, osservate a lunghezza variabile dai
250 ai 380 mm., trovai predominante il numero di quelle che
presentavano un organo lobulare a lobi non così ben distinti e
bene sviluppati come quello delle anguille argentine (tav. 1° fig. 1°
e tav. 1° fig. 6 9-10). In alcune di esse trovai già presente un
canale, che se fosse stato rivestito di basso epitelio, avrebbe
potuto rappresentare un canale deferente.
Le cellule germinali di queste anguille sono diverse per
forma da quelle che osservansi in anguille argentine di pari
lunghezza (2).
Fra anguille gialle della lunghezza di 220-280 mm., ne
trovai di quelle che presentavano un nastrino ovarico dell’al-
tezza di mm. 1 1j2 ed altre che ne mostravano di 2 mm. già
{1) Le anguille argentine in confronto delle anguille gialle presentano
maggior spessore anche nella cute, specialmente nella parte dermatica, perciò,
anche fatta astrazione dal colore, si possano conoscere sebbene sezionate.
(2) In angulle argentine di 380 mm. trovai dei lobi dell'organo del
Syrski della lunghezza di mm. 5 e della larghezza di mm. 1-2. In altre della
medesima lunghezza rinvenni lobi lunghi mm., 4-6 e larghi 1-5. In anguille
argentine di 390 mm. trovai dei lobi farghi mm. 1-3 e della lunghezza di mm.
4-5. In molte di 340 i lobi erano larghi mm. 5 e lunghi mm. 2-5. In parecchie
di mm. 400 i lobi erano larghi 3 mm. e lunghi 4 mm. In anguille gialle
lunghe 350 mm. i lobi presentavano una lunghezza di 3 mm. e 3/4 mm. di
spessore. In altre di 430 mm. rinvenni dei lobi lunghissimi dovuti alla com-
pleta fusione di molti lobi colle pareti contigue.
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 53
colle ripiegature trasversali e cogli oociti in istadio di sviluppo
pari a quello indicato dal prof. Giacomini.
Per converso, trovai anguille gialle di 430-440 mm. di
lunghezza con nastrini ovari.i dell’altezza di 4-5 mm. e con
oociti della grandezza di w. 105.
In alcune anguille argentine, poi, lunghe 460 mm. trovai
delle femmine che presentavano un nastro ovarico diverso dalle
altre (tav. 2 fig. 1-2-3); perchè, quantunque avesse una lar-
ghezza di 3 mm. e più, tuttavia non lasciava per nulla scorgere
quelle ripiegature trasversali che si trovano ordinariamente nelle
anguille gialle, agando il nastro ovarico ha ancora la larghezza .
di 2 mm. oppure di 1 173.
Le pareti laterali dei detti organi racchiudono gli oociti in
uno stadio ancora arretrato di sviluppo. Gli oociti misurano
circa 90-95 mentre in altre anguille argentine di una lun-
ghezza di poco superiore l’altezza dell’ovario può toccare i
6-10 mm. e l'altezza delle pieghe trasversali 200 .
Inoltre, come scorgesi dalle microfotografie (tav. 2 fig. 1-2)
lo spessore di quest’ovario, che in sezione presenta l’aspetto di
un organo lobulare, raggiunge il maggior diametro trasverso
circa verso la metà per poi diminuire sempre più fino a termi-
nare in punta come l’organo del Syrski (tav. 2 fig. 6).
Gli oociti, come apparisce dalla microfotografia (tav. 2
fig. 2), formano nella parte più larga dell’organo, come delle
pile fra di loro quasi parallele. Inoltre il mesoario non presen-
tasi come di solito in altre anguille argentine di lunghezza
poco differente da quelle di cui è parola, ma mostra una specie
Qi sdoppiamento costituente come un canale di lume variabile
(tav. 2 fig. 3-a) che se fosse provvisto di epitelio potrebbe pa-
ragonarsi ad un condotto deferente pari a quello che trovasi in
un organo del Syrski (tav. 2 fig. 6-a). Negli organi del Syrski,
delle moltissime anguille argentine da me esaminate, e special-
54 Felice Mazza
mente in quelle di 420-430 mm. di lunghezza, trovai talora i
lobi completamente fusi. I lobi non erano molto lunghi, misu-
rando appena 4-5 mm. di larghezza al massimo, non presen-
tavano vere pieghe trasversali, come quelle dei nastrini ovarici
di anguille gialle di 230-350 mm., ma tuttavia vedevansi rilievi
formati da cordoni anastomizzati fra di loro, contenenti sperma-
togoni come quelli della fig. 6 tav. 2 e come quelli della mi-
crofotografia fig. 5 tav. 1. i
In altri esemplari rinvenni dei nastrini evidentemente for-
mati dalla fusione di moltissimi lobi, ma questi o erano privi
di ogni tratto di separazione fra lobo e lobo (microfotografia
fig. 5) o ne presentavano solo un lieve accenno, e cio vidi tanto
in organi lobulari di anguille gialle (tav. 1 fig. 6-9-10) quanto
in quelle di anguille argentine.
Giova per altro notare che questo modo d’unione di un
lobo coll’altro accade più frequentemente in anguille gialle.
I lobi dell'organo del Syrski delle anguille argentine si
possono spesso presentare dapprima separatamente (tav. 1 fig. 1)
e sono anche più alti di quelle delle anguille gialle di lunghezza
non molto differente, indi crescendo specialmente in lunghezza,
comincia a svilupparsi un tratto d’unione fra lobo e lobo, formato
da sostanza propria di un testicolo, che li congiunge dapprima
in alto, ma che poi si estende sempre maggiormente, diventa
sempre più spesso gradatamente, fino a fare scomparire le con-
vessità dei lobi nella parte inferiore dell'organo del Syrski, e
che ottiene così l’apparenza di un nastro, ripiegato più volte
su se stesso (tav. 1 microfot. 3 e microfot. 4).
In altri esemplari di anguille argentine lunghe 370-380 mm.
trovai, alcune volte dei lobi piccoli alternantisi regolarmente
con lobi più grandi. La struttura interna dei lobi era presso-
chè eguale, tanto nei lobi piccoli che nei grandi, cioè quella
di un organo del Syrski.
Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 55
In un solo caso rinvenni organi femminili con lobi gran-
dissimi e separati completamente fra loro (1).
Finora nell’organo del Syrski di anguille argentine delle
nominate località non trovai fasci di spermi come venne dato
di osservare al prof. Grassi (vedi bibliografia) e che io stesso
ho potuto vedere.
E per ora posso venire alle seguenti conclusioni.
a) L’organo del Syrski, può non raramente avere la
forma di un nastro, quantunque la interna struttura sia quella
di un testicolo. In simili casi per la forma generale si asso-
miglia grossolanamente ad un testicolo di Conger vulgaris, op-
pure anche a quello di Congromurena balearica (2).
b) L’organo femminile delle anguille può assumere ec-
cezionalmente la forma di un organo lobulare sviluppati simo,
con lobi separati completamente, senza la minima traccia di so-
stanza testicolare interstiziale fra un lobo e l’altro, come venne
da me dimostrato (vedi bibliografia).
c) L’ovario può assumere, anche la forma di un organo
del Syrski con lobi poco sviluppati, ma evidentissimi.
d) Quantunque l’organo lobulare rappresenti, general-
mente, secondo gli autori, un testicolo, tuttavia non basta la
sola sua forma a distinguere il sesso delle anguille, ed occorre
sempre la ricerca istologica (2).
(1) Se io mi fossi limitato alla sola osservazione superficiale dell'organo
del Syrski, avrei giudicata per un maschio maturo, un’'anguilla argentina fem-
mina vissuta per 4 anni in una vasca dov: trovò abbondante nutrimento, e
che alla sezione, presentava lobi di un grandissimo sviluppo, come venne
già da me fatto conoscere in una mia nota.
(2) Quest'anno nel mercato di Roma verso i primi di gennaio rinvenni
un maschio di grongo (C. vulgaris) della lunghezza di 480 mm. L'organo
maschile ha forma di nastro, è largo 10 mm. ha uno spessore di mm. 2 1{2-3
e presenta le superficie interna e quella esterna lisce. Trovai pure due ma-
schi di Congromurena balearica lunghi 390 mm. I testicoli misurano in
arghezza mm. 6 in ispessore mm. 112. Tanto gli spermatogoni di Conger
56 Felice Mazza
e) Le anguille argentine migranti al mare sono ancora
lontane dalla maturanza, come venne anche recentemente affer-
mato dal prof. Grassi (1).
che quelli di Congromurena sono ancora in arretrato di sviluppo. Il canale
deferente non è così ben distinto come quello di anguille argentine aventi
380-400 mm.
(1) Il prof. Grassi (1. c.) dice: È nota da molto tempo la femminà del-
l'anguilla, ma nessuno ha trovato in essa uova di un diametro superiore ai 31
centim. di mm. e perciò devono trovarsi ad un grado di maturanza arretrato,
e le nostre conoscenze intorno alla maturazione degli organi genitali delle an-
guille sono scarsissime. Inoltre il Prof. Grassi trovò in un'anguilla argentina,
vissuta in una vasca di acqua dolce, l'organo di Syrski non più grande del
solito, ma già contenente quà e là fasci di spermi e sparso piuttosto abbon-
dantemente di oociti del diametro fino a 62 |. Il qual fatto dimostrerebbe che
l'anguilla in certi casi è ermafrodita.
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Enciclop. Agr. Ital. Torino 1880-82, Parte VI, pag. 899.
VALLISNERI. — Scoperta dell’ ovaia e nascita delle Anguille.
Venezia, 1706.
WALTER E. Der Flussaal. Eine biologische und fischerei-
wirtschaftliche monografie. Verlag von I. Neumann in Neu-
damm, 1910.
In questa voluminosa monografia sono esposti e citati
i lavori di molti autori sulle Anguille, ma l’A. non ha in-
terpretato bene ciò che da me venne scritto a proposito
delle Anguille argentine.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE
LE CrAV@ IS
1° — Microfotografia di un preparato in toto di una por-
zione dell’organo lobuiare di un’anguilla macroftalma della
lunghezza di 300 mill. I lobi sono anccra completamente
separati. Generalmente i lobi aventi lo sviluppo indicato
nella microfotografia trovansi in anguille di 300-350 mill.
di lunghezza.
2° — Microfotografia di un preparato in toto di un’an-
guilla argentina o macroftalma della lunghezza di 400 mill.
I lobi sono fusi mediante un tratto di tessuto testicolare
in alto, fino circa la metà superiore dell’organo lobulare.
3° — Organo lobulare avente la perfetta forma di un
nastro in un’anguilla argentina o macroftalma di 300 mill.
di lunghezza. I cordoni spermatici hanno delle sporgenze
imitanti lontanamente le pieghe trasversali. Vedonsi molti
vasi sanguigni.
4° — Sezione fatta secondo l’asse maggiore di un organo
lobulare. Fra un lato e l’altro si vede il tratto d’unione
costituito da sostanza testicolare che ha quasi raggiunto lo
spessore dei lobi e che si estende fino all’orlo libero del-
l’organo del Syrski. Anguilla 400 mill. di lunghezza.
5° — Sezione condotta secondo l’asse maggiore di un or-
gano del Syrski (di un’anguilla lunga 410 mill.) di forma
non lobulare, ma nastriforme in tutta la sua lunghezza,
tranne che nella porzione anale e postanale e che non pre-
senta, fra un lobo e l’altro, il tratto di unione come quello
della microfotografia precedente, 410 mill. In a si vede
una piccola depressione che, secondo me, rappresenta una
porzione di lobo ancora un po’ libero, in d si vede una di
quelle sporgenze che simulano delle pieghe trasversali come
quelle di un ovario.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
FIG.
Risultati di ricerche anatomo-istol-giche, ecc. 61
6° — Lobi di un organo sessuale di un’anguilla microf-
talma o gialla della lunghezza di 320 mill., in parte fusi.
7° — Lobi di un’anguilla argentina della lunghezza di 420
mill. fusi oltre la metà della larghezza dei lobi. In a si
vede il tratto d’unione.
8° — Organo del Syrski di un’anguilla di 390 mill. In a
si vede il canale deferente. :
9° — Organo sessuale di un’anguilla microftalma lunga
380 mill. con lobi in moltissime parti fusi.
10° — Organo sessuale di un’anguilla microftalma della
lunghezza di 340 mill. In @ si vedono moltissimi vasi san-
guigni.
TAVOLA. 2°
1° — Sezione di un’anguilla argentina della lunghezza di
460 mill., comprendente i reni, la vescica natatoria, ecc.
nonche gli ovari sviluppati.
2% — Sezione dell’ovario dell’anguilla precedente. La forma
generale imita la figura di un organo del Syrski (Micro-
fotografia).
3° — Disegno di una sezione dell’ovario dell’anguilla pre-
cedente. In a si vede un largo spazio imitante un ovidotto;
non si vede l’epitelio di rivestimento.
4° — Oociti dell’ovario precedente, a forte ingrandimento.
5° — Sezione di un’anguilla argentina o macroftalma lunga
370 mill., che lascia vedere la posizione occupata dagli or-
gani del Syrski. In a ed in a’ si vede il canale deferente.
6* — Sezione secondo l’asse trasversale o dorso-ventrale
di un organo del Syrski di un’ anguilla macroftalma della
lunghezza di 390 mill. Si vedono distintamente i cordoni
spermatici formati forse dalla confluenza e fusione di am-
polle spermatiche. Il canale deferente è assai evidente;
inoltre vi si vede un grosso vaso sanguigno ripieno di
sangue.
Di un *Macropus'ruluso, eldruniee
ctocephalus ursinus,, ora introdotti nella
collezione generale dei Mammiferi del
R. Museo Universitario di Roma
Notizie comunicate dal Prof. A. CARRUCGIO (1).
I. — Alla collezione dei Mammiferi, Sub-classis Marsupialia
viene ora aggiunto, per acquisto, un bellissimo esemplare di
d adulto di marsupiale, fra i più grossi che possano osser-
varsi, appartenente al genere Macropus Shaw, ed alla specie
Macropus rufus Desmarest.
Non tornerà sgradito che io ricordi come la Fam. Macro-
podidae, marsupiali tipici dai grandi piedi e dagli arti disuguali
assai per dimensioni, fosse in altre epoche geologiche rappre-
sentata nell’Australia da più generi e specie, di cui si trova-
rono e studiarono gli avanzi fossili. Le specie estinte sono non
meno di trenta, ed appartenenti ai generi Palorchestes, Ste-
nurus, Synaptodon, Brachalletes, Halmaturus, ecc.
Nel genere Macropus propriamente detto si comprendono
poco più di una ventina di specie, delle quali sedici fossili e
6 viventi; e queste sono il Macropus giganteus Zimmermann,
il M. antilopinus Gould, il M. robustus Gould, il M. bedfordi
Thomas, il M. rufus Desmarest e il M. magnus Owen.
L’esemplare, preparato con la solita accuratezza, come po-
tete rilevare, lo si ebbe dal Giardino Zoologico di Villa Um-
berto nell’ora trascorso mese di novembre.
(1) Adunanza scientifica della Società Zoologica Italiana, tenuta nell'Isti-
tuto Zoologico della R. Università di Roma il 29 dicembre 1912,
Di un « Macr_pus.rufus » e di un « Arctocephalus ursinus » 63
Questo Macropus rufus ha la statura di 1 m. e 26 ct.,
misurando dal vertice della testa all'origine della robusta ap-
pendice caudale. Questa poi dalla sua origine alla punta è lunga
85 ct. È inoltre notevole la grossezza dell’ istessa appendice
caudale, che alla base ha una circonferenza di 31 ct., ed al-
l’apice di 6 ct. La lunghezza totale dell’apice del muso all’apice
della coda è di 2 m. e 11 ct. La testa è lunga ‘24 ct., colla
massima larghezza di 10 ct.
Gli arti anteriori sono lunghi 40 ct., mentre gli arti po-
steriori hanno una lunghezza di 92 ct., colla massima gros-
sezza di 50 ct. L’arto anteriore (braccio p. d.) è grosso
25 centimetri.
I piedi anteriori sono lunghi 11 ct., ed il dito maggiore
(il medio) ha la lunghezza di 34 mm. (non compresa l’unghia);
il dito pollice è il più corto, misurando 13 mm.
I piedi posteriori hanno la massima lunghezza di 29 ct.;
il dito medio, che è il più lungo, misura 75 mm. L’unghia più
grossa misura 35 mm. ed è quella appartenente all’istesso dito
medio. Il dito interno, ch’è il più corto, misura 23 mm. al pari
di quello del piede anteriore.
Il pelame che cuopre il corpo è quasi dappertutto abbon-
dante, di un colorito rosso bruno uniforme nelle parti supe-
riori; nelle inferiori invece diventa bianco, fino alla regione
toracica. Di poi si fa fulvo bianchiccio, e gradatamente nero.
Il dito medio ed esterno dei piedi sono quasi affatto neri. L’un-
ghia del dito interno è doppia.
Le orecchie esterne sono molto sviluppate; il padiglione
ha una lunghezza di 13 ct., ed una larghezza di 6 ct.
È bene dare uno sguardo alla dentizione di questo indi-
viduo, e così constateremo che dei 6 incisivi della mascella su-
periore i due centrali sono lunghi 10 mm., e larghi 8 mm., e
i 2 centrali inferiori hanno la lunghezza di 24 mm. e la lar-
64 AG CIIEO
ghezza di 9 mm. Nelle arcate mascellari si hanno inoltre 4
molari a destra e a sinistra.
Largo è relativamente il torace di questo Macropus perchè
misurato fresco, sotto l’ascella, diede un perimetro di 65 ct.
Anche il perimetro dell'addome essendo stata misurato risultò
essere di 1 m. 2 ct.
L’habitat di questa specie è |’ Australia orientale e meri-
dionale, ma pare che possa trovarsi anche nella regione occi-
dentale.
Le misure che ho dato provano la grande robustezza e po-
tenza locomotrice delle estremità pelviche e della coda di questi
mammiferi, che, come è noto, procedono a salti, percorrendo
non di rado distanze ragguardevoli. Io ebbi | opportunità di
vedere vivi esemplari di questa specie e non pochi delle specie
affini dei maggiori Canguri negli ameni e immensi prati di
Tring, presso Londra, di proprietà dell’ on. barone Leonello
Rotschild, quando cogli altri colleghi invitati con squisita gen-
tilezza ci ospitò, quasi per un intiero giorno nel palazzo dove
ammirasi il Museo ricco di preziose e rare collezioni. I Can-
guri e moltissimi altri animali vivi sparsi nei prati presso il
Museo, davano spettacolo col loro incessante saltellare, ed i
salti erano arditissimi, rapidi, agili, come nessun altro mammi-
fero può compiere. 5
II. — Nell’ordine dei Pinnipedi abbiamo avuto per acquisto
fatto testè dal Giardino Zoologico in Villa Umberto, un bel-
l'esemplare di Arctocephalus ursinus L. 9, genere e specie che
nella collezione generale dei Mammiferi del nostro Museo man-
cavano affatto.
Ricordo che il genere Otaria, instituito da Peron nel 1816,
fu successivamente ripartito in parecchi generi e sottogeneri,
fra i quali Eumetopias, Zalophus, Phocarctos, Arctocephalus, ecc.
Questo ultimo genere fu proposto da Federico Cuvier nel 1824,
-_
ve Db
Di un « Macropus rutus » e di un « Arctocephalus ursinus » 65
e la specie Ofaria ursina è quindi sinonima di Arctocephalus
ursinus, denominazione adottata anche dal prof. Trouessart nel
suo recente Catalogus Mammalium.
Nella famiglia Otaridae oggi si annoverano non più di 3
generi (Otaria, Eumetopias e Arctocephalus) con alcuni sotto-
generi e una dozzina di specie viventi.
L’Arctocephalus ursinus, ora preparato in Museo, appartiene
al sesso 3, è giovane, ed è lungo 1 m. e cent. 21.
La testa ha la lunghezza di 23 ct., colla largiezza di 15 ct.
L’orecchio esterno è lungo 5 ct., e largo 13 mm.
L’occhio ha un diametro trasversale di 25 ct., ed uno lon-
gitudinale di 20 ct., ed è, per quanto scuro, vivace ed espressivo.
Dista dal naso cent. 7, e dall’orecchio cent. 16 e 12.
Le vibrisse raggiungono la lunghezza anche di 10 ct., ma
in individui più adulti possono essere lunghe anche 16 ct., e
raggiungere il numero di una ventina sul labbro superiore.
La circonferenza del collo è di 60 ct.; quella del torace di
80 ct.; e quella dell’addome, misurata, nell’individuo ancora
fresco, presso la base delle pinne pettorali, è di 42 ct.
La lunghezza di ciascuna pinna toracica è di 21 ct., colla
larghezza massima nel centro di 14 ct. e 3 mm., e lo spessore
di circa 2 ct. e 172.
Le natatoie pelviche hanno una lunghezza di 34 ct. e 1]2
ognuna, ed una massima larghezza di 12 ct. La circonferenza,
immediatamente davanti a queste natatoie, è di cent. 20.
Il colorito del pelame, setoloso sul dorso, è grigio, e tende
a diventar rossiccio sui lati; appare grigio-rossastro nella faccia
ventrale, e di nuovo grigio nel collo e nella testa.
Se si isolano i peli alquanto più lunghi si vede che la
prima metà di ciascuno di essi è bianca, e la seconda basi-
lare è nera: la punta libera poi è grigio-chiara.
66 AGILI
Le natatoie hanno i peli d’un colore bruno-rossiccio alla
loro base, e nero nel rimanente della loro lunghezza.
Le unghie delle 5 dita di ciascuna pinna posteriore o pel-
vica sono abbastanza sviluppate; la 1° o interna è lunga 5 mm.,
e così pure la 5°; la 2° ha una lunghezza di 24 mm., la 2° di
25 mm., la 4° di 20 mm.
Tralascio altri particolari morfologici che potrò esporre
nella comunicazione che ho in parte preparato su tutti i Pinni-
pedi, di recente introdotti nella collezione mammologica.
Non posso però oggi non ricordare ai consoci il ricco
ed importantissimo dono avuto nel maggio del 1900 degli
animali uccisi dagli intrepidi cacciatori, il principe e la princi-
pessa di Napoli presso Sassen nello Spitzbergen, cioè dagli at-
tuali nostri amati Sovrani, allorquando nel loro viaggio di nozze
si recarono nel giugno del 1898 in quelle lontane regioni, a
bordo della loro nave 1’ Yela.
Tutti voi avete presente il nuovo e grandioso scaffale dove
ho collocato la bella raccolta nordica fatta dai giovani prin-
cipi in quell’anno, e sapete come in essa figurino stupendi esem-
plari di Focidi, e specialmente una grossa Foca barbata (Eri-
gnathus barbatus) uccisa il 29 giugno del precitato anno dalla
principessa Elena, oltre esemplari di Phoca vitulina ecc. uccisi
in altri giorni dell’istesso mese ed anno dall’in allora principe
di Napoli. Come ci mancava affatto l’Erignathus barbatus, così
anche, prima del generoso dono, mancava nel nostro Museo
il bello esemplare di Halichoerus grypus, pure ucciso dai nostri
principi sulle coste dello Spitzberghen.
Anche altri pinnipedi catturati in diverse località potei ag-
giungere alla collezione di questo Museo, taluno avuto nelle
acque laziali, talun altro nel mare della Sardegna, a Capo Teu-
lada, e precisamente l’esemplare di g adulta di Pelagius mo-
nachus in istato di gravidanza; per cui nel Museo medesimo
Di un « Macropus rufus » e di un « Arctocephalus ursinus » 67
possono osservarsi ben preparati e conservati i due belli esem-
plari, della genitrice cioè e del suo feto (1).
Sono state descritte, con grande precisione, come è facile
rilevare in parecchie opere classiche, le abitudini delle Ofarie
orsine, le quali formano innumerevoli schiere cui si fa annual-
mente una caccia accanita. i
Lo Scammon narra di aver osservato dai punti più elevati
di alcune isolette come le Otarie orsine ritornino nei loro ri-
trovi prediletti soltanto nell’ epoca della riproduzione. Allora
viaggiano in schiere numerosissime, e si dividono in branchi
minori quando sono arrivate sulle coste, scegliendo con pazienza
e prudenza le località in cui intendono di stabilirsi, avendo già
per esperienza imparato che l’acerrimo nemico cui, potendo,
debbono sottrarsi, è l’uomo. Quelle isole sono molto flagellate
dal mare, e sulle loro coste s’infrangono le onde violenti e fra-
gorose, e quindi sono poco accessibili ai cacciatori.
Si ritengono le Otarie orsine per abilissime e forti nuota-
trici, anzi i nuotatori-modelli fra i Pinnipedi. Ma anche questa
qualità non le salva dalle accanite e continue caccie, essendo
animali preziosi per lo splendido pelame e per la bontà delle
carni.
Questa specie vive nell'Oceano Pacifico Settentrionale, avan-
zandosi fino all’Alaska, nel mare di Behring, alla California
Meridionale, ai mari del Giappone e di Kamtschatka, sulle coste
della Patagonia, dell’Africa Meridionale, ecc. Hanno quindi ra-
gione gli scrittori che affermano come pochi pinnipedi abbiano
al pari di questo un’area così larga di diffusione.
(1) Vedi la comunicazione che pubblicai nei fasc. VII e VIII del vol. II
del Bollettino sociale nel 1893, pag. 201-211.
Brevi note di craniologia
sui “ Paradoxurus,, e sulle ‘ Viverre,,
Comunicazione del prof. ANTONIO CARRUCCIO.
Non tutti i più competenti scrittori di Mammologia anno-
verano nell’ordine pei Carnivori p. d. l’istesso numero di fa-
miglie, nè l’istesso numero di generi e specie, viventi e fossili.
Una però delle famiglie che nell’istesso ordine sia assai ben
caratterizzata e da tutti ammessa, è la Fam. Viverridae: nella
quale soglionsi comprendere le tre sotto famiglie: /ctitherinae,
Viverrinae ed Herpestinae.
In virtù di caratteri che mi sembra abbiano non minor
valore di quelli per cui vennero ammesse la 2° e la 3° sotto-
famiglia, credo che debbasi aggiungere una 4° sotto-famiglia
che dal genere più notevole, e che comprende maggior numero
di specie, dovrebbe prendere il nome di sottc-famiglia Para-
doxurinae.
Le specie di questa sotto-famiglia sono pentadattili, semi-
plantigrade, non digitigrade come le vere Viverre e Genette.
La prima volta che introdussi nella collezione dei Mam-
miferi del Museo il gen. Paradoxurus lo dovetti ai doni del
compianto Re Umberto e dell'ammiraglio de Amezaga.
Questo genere fu instituito da Federico Cuvier nel 1821, e
mantenuto successivamente da’ migliori cultori della Mammo-
logia, quantunque non siano mancati coloro che per troppa
fretta, o per vanità, proposero nuove denominazioni generiche
più o meno felici, ma certamente non necessarie.
Nota di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » 69
Il vocabolo composio Paradoxurus, ormai da gran tempo
ammesso, non è in verità neppur esso molto ben scelto. Le pa-
role greche che lo formano equivalgono alle due italiane: coda-
volubile, cioè pieghevole: ma non in tutte le specie di questo
genere si ha una coda pieghevole e d’eguale sviluppo.
Le specie che possiamo ricordare non sono poche; valgano
ad esempio le seguenti: Paradoxurus philippensis |ourdan ;
P. macrodus Gray, di Malacca; P. Jerdoni Blanford, dell’India
meridionale; P. aureus Desm., dell’Isola Ceylan; P. Grayi
Beanet, dei Monti Himalaya e di altre regioni dell’India: P. lar-
vatus Temm., della China meridionale e dell’Isola Formosa;
P. leucomystax Gray, di Malacca, Sumatra e Borneo: P. Mu-
scenbroecki Hodgson, delle Isole Coelebs ecc.:P. /aniger Hodgson
del Thibet; P. hermaphrodytus Schreber, della quale specie mi
occuperò più di proposito. Ho citato le specie date dal Trouessart.
Il Paradoxurus hermaphrodytus si trova nelle grandi Isole
di Borneo. di Giava ed altrove, e quello che il Museo ébbe in
dono dal Re Umberto proviene appunto da Sarawak, e quindi
da Borneo; e quello avuto dal de Amezaga fu preso a Giara.
Gl’individui della specie, non solo per l’età, per il sesso
ed altre condizioni (specialmente di clima ecc.) si sa che sono
soggetti a notevoli variazioni, tanto che si vollero formare, in
base alle medesime, non solo varietà distinte, ma sotto-specie
e perfino specie a sè.
Di queste ultime citerò i seguenti esempi: Paradoxurus
prehensilis Desm.; P. Pallasii Gray; P. quinquelineatus
Gray; P. felinus Wagner; P. nigrifrons Gray ; P. fasciatus
Gray ; P. strictus Horsf.; P. niger Desm., ed altre specie
ancora.
Ma molto ragionevolmente può dirsi che i caratteri mor-
fologici notati negli individui che si pretese appartenessero a
specie distinte, hanno un valore affatto secondario; e quindi
70 L ATGaAnnucclo
tali individui possono rientrare nella specie tipica dello Schre-
ber, cioè nel Paradoxurus hermaphrodytus, considerandoli quali
varietà del medesimo, o tutt'al più taluno può formare una
sotto-specie.
Esaminerò dapprima la testa ossea, che feci preparare se-
paratamente, la quale per fortuna ha le arcate mascellari ior-
nite di tutti i denti. i
Questa testa di Paradoxurus ermaphrodytus ha relativa-
mente, cioè rispetto alle esigue dimensioni del corpo di esso
carnivoro, una notevole lunghezza: infatti il diametro antero-po-
steriore della medesima è di 92 mm.: ed il diametro trasversale
massimo (bizigomatico) è di 43 mm.
L’esame della testa dimostra che appartiene ad un indivi-
duo adulto, non scorgendosi più fra le ossa craniali alcuna
traccia di sutura: solo nelle facciali e precisamente fra le ma-
scellari superiori ed il frontale vi ha leggerissimo indizio delle
pregresse suture.
La sinfisi mentoniera è completa ed è lunga 15 mm. Le
due metà della mandibola nel saldarsi hanno lasciato un solco
evidentissimo, lungo 10 mm. nella faccia esterna ed inferiore
dell’istesso mento: questo solco non è così pronunciato in altre
specie, e meno lo è nei veri Viverrini.
Le branche orizzontali della mandibola sono robuste, tanto
presso la regione mentoniera, quanto, e più, nella mediana, in
cui trovo che lo spessore raggiunge i 7 mm.
La branca ascendente destra e sinistra, colla rispettiva
apofisi coronoide, sono alte 26 mm. Il condilo articolare ha un
diametro trasversale di 8 mm. e 1]2, ed un.diametro antero-
posteriore di 4 mm.
La fossetta articolare glenoidea del temporale è ben sca-
vata, e quindi profonda.
Avverto che confrontando il condilo articolare del mascel-
Note di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » i
lare inferiore del Paradossuro con quello della Viverra, trovai
alquanto più sviluppato quest’ultimo, avendo un diametro bi-
trasverso di 10 mm.
L’apofisi coronoide dell’istessa mandibola nella Viverra ha
invece una grandezza minore dell’apofisi coronoidea del Para-
do suro, nel quale l’indicata apofisi ha alla base una larghezza
di 18 mm., ed all’apice di 11 mm. La base della stessa apofisi
coronoidea nella Viverra è larga 12 mm., ed all’apice soli
5 mm.
La faccia esterna poi della branca ascendente della ma-
scella inferiore, sotto alle due apofisi condiloidea e coronoidea,
si presenta assai più scavata nella Viverra che nel Parados-
suro, con un margine inferiore saliente e tondeggiante più in
quella che in questo. Sono differenze anatomiche non notate da
altri, ma che in osteologia comparata non devono trascurarsi
nè tacersi. (E vero che presso taluni, che pretendono chiamarsi
anatomisti, l’osteologia non gode simpatia, e o non s’insegna
più, o la s’insegna sulla lavagna... È forse una novità che
qualche laureando non sappia dire qual sia l’apofisi coronoidea,
e prenda l'omero pel femore! Par grossa, ma è così, cioè è
storia vera. Però a ricordare fatti storici, riguardanti cognizioni
indispensabili che si sarebbero dovute possedere sia sulle ossa,
sia sul cuore, sia sull’encefalo, sull’occhio, ecc., potrebbe dirsi
ch'è tempo perduto, o che non è questo il luogo opportuno)...
Armatura dentaria, Nel Paradossuro troviamo 6 incisivi
superiori quasi eguali per forma ed altezza: solo i due esterni
sono più larghi degli altri. Nella mascella inferiore i 6 incisivi
sono più piccoli di quelli infissi nella superiore. Tanto in questa,
quanto nella inferiore gl’incisivi sono fra loro ravvicinatissimi.
Gli incisivi superiori sono lunghi 5 mm., e larghi 2 mm., gli
incisivi inferiori sono lunghi 3 mm.
Dei 4 denti canini i 2 superiori sono più grossi dei 2 in-
72 S A. Carruccio
feriori, ma non più lunghi. Il diastema della mascella inferiore
incui da ciascun lato è ricevuto, a bocca chiusa, il canino su-
periore, è più largo del diastema del: mascellare superiore. La
lunghezza dei predetti canini è dl 8 mm. |
Negli 8 premolari, 4 superiori e 4 inferiori, non si nota
differenza di forma e grandezza.
Sono pure in numero di 8 i veri molari, 4 superiormente
e 4 inferiormente. La loro massima altezza è di 5 mm.
Il totale adunque dei denti nell’adulto è di 32, ela formula
dentaria deve così rappresentarsi:
LS)
ue Sidia
So 0 oe
N
La formula dentaria delle Viverre è invece questa:
i 2 su pm. dal m. 3 5
IF 3-4 2
Ma può subire qualche modificazione.
Nella testa di Genetta, che pure vi presento, si hanno 18
denti nelle due arcate mascellari superiori, destra cioè e sini-
stra, mentre nelle arcate inferiori sono 20, e qualcuno di questi
è rotto.
I denti incisivi della vera Viverra appaiono alquanto più
deboli di quelli del Paradossuro. I canini di questo sono sì più
corti di quelli della Viverra, ma non meno robusti.
Una differenza manifesta si osserva nel primo premolare
destro e sinistro della mascella superiore, essendo entrambi assai
più deboli nella Viverra che nel Paradossuro.
Quasi identici per dimensione e forma sono in queste due
forme di Carnivori i secondi premolari, con un lato mediano
sporgente, triangolare, aguzzo nell’apice, e due piccolissimi lobi
laterali, uno per parte.
Note di crani logia sui «Paradoxurus » e sulle « Viverre » (3
Non manca il caso di qualche Viverra in cui si trovino 3
molari per lato nella mascella superiore, e due per lato nella
in‘eriore. E questo caso si verifica nel cranio che presento.
Anche nel Paradossuro si può dare il caso che sia diverso
il numero dei denti molari nelle due mascelle, possono cioè tro-
varsi 2 molari a destra e a sinistra nel mascellare superiore,
ed 1 solo per lato nella mandibola.
Solo chi abbia una ricca raccolta di crani di età diversa,
e di sesso pure diverso, e meglio chi potesse avere buon nu-
mero di Viverre e Paradossuri viventi in un Giardino Zoolo-
gico, e seguirne le fasi di sviluppo e le modificazioni proprie
alle "medesime anche per la dentizione, si troverebbe in grado
di precisare dei fatti, che ora o rimangono più o meno dubbi,
o di essi non si occuparcno affatto gli scrittori.
Per le osservazioni che ho potuto fare, parmi poter affer-
mare che non solo si abbiano nei denti di questi carnivori dif-
ferenze numeriche, ma anche di conformazione.
Esaminando infatti i mo'ari di destra e sinistra nella
mandibola del Paradossuro, ci si presentano non solo più vo-
luminosi di quelli della Viverra, ma con 7 cuspidi distinte,
alternate da escavazioni. Tali cuspidi o tubercoli puntuti
sono disposti a gruppi, uno di tre in sul davanti del molare,
alquanto più salienti dell’altro gruppo di 4, posti all’indietro.
Può chiedersi se tali cuspidi appartenessero in origine a due
distinti molari, dei quali uno ne possedeva 3, e l’altro 4. Ma
non si vede traccia di questa fusione, nè io ho verun altro dato
per affermare che tale fusione sia avvenuta.
Dei due molari superiori a destra e a sinistra nell’istesso
Paradosstuiro, il primo od anteriore è più piccolo. Entrambi
hanno tre tubercoli, meno puntati e meno salienti di quelli già
menzionati nei molari inferiori, e sono collocati a maggior di-
stanza l’uno dall’altro.
T4 Yz (GAarrnecio
I denti molari della Genetta, due per lato nella mascella
infericre, offrono una grande diversità di volume: il primo è
lungo quasi 8 mm., ed ha 3 cuspidi, delle quali una anteriore,
una interna, ch’è la più piccola, la 3° esterna ed è la più alta
e più puntuta. Il socondo molare ha un diametro antero-poste-
riore di 4 mm., e presenta tre piccole cuspidi quasi smusse in
cima.
Dei 6 molari supericri dell’istessa Genetta, 3 a destra e 3
a sinistra, il primo è il più grosso ed ha un diametro antero-
posteriore di 8. mm., e 4 c.spidi: 2 di queste sono anteriori e
parallele; le altre due, disuguali fra loro, sono collocate una
dietro all’altra; la prima, che è la più saliente, occupa quasi, il
centro del dente.
Il 2° molare ha il suo maggior diametro diretto trasver-
salmente, e misura 7 mm. Sulla sua corona sporgono 3 cuspidi,
una interna, l’altra marginale esterna, ed è la più alta, e la
terza, piccolissima, è collocata all’indietro.
Il 3° molare superiore dell’istessa Genetta è piccolissimo,
e rimane collocato più all’interno degli altri precedenti, cioè
rientrante in guisa da raggiungere, coll’apice della sua cuspide
interna, l’apice della cuspide maggiore del 2° molare. Questo 3°
molare ha una direzione trasversale: il suo diametro è di
5 mm.
Volta palatina. — Quantunque la testa del Paradossuro sia
alquanto più allungata di quella della Viverra, pure presenta
più larga, e naturalmente più lunga la volta palatina, che mi-
sura 40 mm., e in larghezza 25 mm,, cogli angoli posteriori
rientranti: all’indietro adunque è curvilinea. La stessa volta pa-
latina nel Paradossuro offre nel mezzo una larga depressione,
divisa da un lievissimo rialzo, questo cioè forma una crestic-
ciuola centrale.
Note di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » 15
x
La volta palatina della Viverra è più piana e regolare, la
sua lunghezza totale è di 35 mm., la sua massima larghezza
all'indietro è di mm. 15.
Faccia superiore (volta craniale) e Faccia inferiore o ba-
silare della testa. — Esaminando la faccia superiore della testa
del Paradossuro e della Viverra si notano alcune differenze me-
ritevoli di essere rilevate.
La volta craniale del Paradossuro è più larga, principal-
mente nella regione occipitale, più liscia, e quantunque le ossa
siano alquanto più spesse che nella testa della Viverra, pure è
evidente la maggior capacità endo-cranica: quindi lo sviluppo
della massa encefalica può credersi maggiore nei Paradossuri
adulti.
La volta craniale della Viverra presenta una cresta sagit-
tale ben manifesta, che manca nel Paradossuro; ed anche la
cresta occipito-parietale è più sviluppata in quella che in questo.
Differenza notevole presenta la parte antero-superiore, o
regione frontale p. d. della testa del Paradossuro, regione che
è affatto depressa nel mezzo: infatti i margini suturali delie
ossa frontali si vedono abbassarsi e riunirsi in guisa da for-
mare un’escavazione bene avvertibile. Per l’opposto la regione
frontale della Viverra anzichè deprimersi, offresi in parte con-
vessa, e in parte piana. Anche queste particolarità e differenze
non trovo che da altri siansi fatto rilevare.
Arcate zigomatiche. — Sono più alte, più prominenti e curve
nella Viverra che nel Paradossuro. Il margine superiore di
queste arcate è un po’ ripiegato all’interno nella Viverra.
Base craniale. — La faccia inferiore o base craniale, oltre le
differenze notate per la volta palatina, me ne ha presentate
altre nelle seguenti parti: la bolla timpanica nelle Viverre p. d.
è in proporzione più allungata, e rimane divisa in due porzioni
da un solco obliquo; una di queste porzioni è più grande e ri-
76 AC Garnniecio
mane all’indietro, l’altra anteriore è più piccola: a questa cor-
risponde il foro uditivo esterno.
Nei Paradossuri è meno pronunciata la preindicata divi-
sione: inoltre la bolla timpanica è più allungata e più stretta
che nelle Viverre.
I due condili occipitali sono più larghi e corti nei Para-
dossuri, ed ognuno è diretto quasi verticalmente. i
Gli stessi condili si presentano nelle Viverre più allungati
e stretti, terminano in alto ed indietro appuntati, ed hanno una
direzione obliqua dall’interno all’esterno.
Orbite. — Sia nella Viverra che nel Paradossuro le cavità or-
bitarie sono largamente aperte, e quasi di eguale grandezza. Il
loro diametro verticale è di 15 mm., e il diametro bitrasverso
di 12 mm.
Nel Paradossuro vedete che abbiamo lasciato a sito il lega-
mento che va ad inserirsi all’apofisi orbitaria esterno del fron-
tale e all’ angolo superiore dell’ apofisi malare del mascellare
superiore. Questo legamento (intatto nel contorno orbitario de-
stro) è lungo 14 mm. e largo 4 mm.
al - dd tal
è * he"
NA
Lagoa DUS. ofyXo Pall.
e sua armatura scheletrica
Indicazione di scheletri completi e di crani importanti introdotti nella classe
dei Mammiferi nel Museo della R. Università di Roma.
Cenno del prof. A. CARRUCCIO (1).
Posso dare agli egregi consoci brevi notizie sovra un’im-
portante e grossa armatura scheletrica preparata nel nostro
Museo e di recente introdotta nella collezione generale dei
Vertebrati Class. Mammalia.
Il genere e la specie di questo mammifero mancavano af-
fatto nella predetta collezione. L’opportunità di averlo procu-
rato ce l’ha data |’ amministrazione del Giardino Zoologico di
Villa Umberto, dal quale, come sapete, già tante e scelte specie
di animali abbiamo o ricevuto in dono od acquistato.
Il gen. Taurotragus Wagner, appartiene alla sottofamiglia
Tragelaphinae, una delle sottofamiglie annoverate nella fam.
Bovidae.
Alla stessa sottofamiglia appartengono i generi: Bosela-
phus, Tragelaphus, Boocerus, Limnotragus, Strepsiceros, e qual-
che altro che comprende specie fossili.
Anche nel gen. Taurotragus sono comprese due specie fos-
sili: il 7. latidens e il T. brevicornis; e due specie viventi:
il 7, oryx Pallas e il 7. derbyanus Gray. Nella prima specie
sono annoverate da Sclater, da Thomas, ecc. due varietà: 7. oryx
(1) Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma,
il giorno 31 ottobre 1911, non ancora pubblicata prima per mancanza di
spazio.
78 A. CGarruccio
var. Liwingstoni, e T. oryx var. gigas. La Liwingstoni è più
propria dell’Africa orientale e si avanza fin presso il Lago Vit-
toria Nianza, e la gigas si trova presso il Nilo bianco e nelle
regioni vicine.
Sinonimia. Il gen. Oreas Desmarest (1822) è sinonimo di.
Taurotragus; e la specie Oreas canna Dem. è sinonimo di
T. oryx Pall., pur chiamato Antilope oreas, ecc. (Canna o Im-
pooko (Cuv.), Impoof dei Cafri, ed altri nomi volgari secondo
le varie regioni africane. (V. anche Gray, Catal. Ung. p. 134 e
Catal. of. Rumin. Mamm. etc. p. 47).
Dimensioni: Diversi scrittori riferiscono che il Canna può
raggiungere una lunghezza totale di quasi 4 metri, di cui 70
cent. spettano alla coda. L’altezza misurata del garrese varia
irene 5 ese ae)
Il peso medio di questo mammifero come può essere di,
soli 500 chilogrammi, oppure 750 chil., così può talvolta rag-
giungere, secondo Harris ed altri, i 1000 chilogr.
Fin dal 1781 il Gordon e l’ Allamand lasciarono scritto
come il Canna, così denominato dagli Ottentati, potesse avere la
lunghezza di 8 piedi e due pollici, misurando dall’apice del muso
all'origine della coda; ed un’altezza massima di 5 piedi, con una
circonferenza, presa dietro gli arti anteriori, di 6 piedi e 7 pollici.
I precitati autori descrissero la prominenza che sorge sul
dorso, il colore fulvo, volgente al rosso, dei peli, i quali però
diventano bianchi nella faccia ventrale, e grigio nerastri sulia
testa e nel collo. Il colore varia coll’età. Descrissero pure il
ciuffo, ch'è quasi una criniera, posta in sul davanti della testa.
Corna. — Vien notata da tutti la forma caratteristica e la
grandezza delle corna: e queste potete bene osservare nello
esemplare ora avuto dal nostro Museo.
Quando sono perfettamente sviluppate. Secondo il Selous, ecc.,
raggiungono la lunghezza di 76 ct. nel ?, e di 86 nella p.
« Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica 79
Le corna nei ® vecchi si presentano più o meno logorate
a causa delle diverse lotte che essi hanno sostenuto ; e si os-
servano individui in cui le corna sono ridotte a una lunghezza
non superiore. ai 30-40 ct. Non solo adunque, nella lotta pel
possesso delle ©, questi ® hanno ricevuto parecchie ferite,
ma hanno spezzate le loro corna.
Nel bellissimo esemplare di Taurotragus oryx d morto
nel Giardino Zoologico di Roma, le corna sono lunghe 71 ct.,
colla grossezza massima alla base di 20 ct., grossezza che,
come vedete, va gradatamente riducendosi fin quasi ai 4 ct.
presso l’apice.
Ecco ora le dimensioni totali e parziali che ho ottenuto
misurando l'armatura scheletrica dell’istesso esemplare (1):
1. Lunghezza dall’apice del muso all’ origine
BORE COrt o e ee 2 MIO,
Gecuoghezza ‘della sola: coda’... +... 0% x 068 »
Totale della lunghezza 3 m. 04 »
mniczza val Garreseb ore tz, Leavin 44 »
4. Lunghezza della testa, seguendo la curva
della faccia superiore della testa medesima 0 » 55 »
5. Lungh. idem secuendo in linea retta la
faccia inferiore o basilare . » 43 »
» 1912 >
» 15.01 »
® SII»
. Distanza da un’arcata zigomatica all’altra
. Altezza massima del cranio.
8. Altezza massima della scapola
\ fleldier o fheheMet'o>mo)
x x
9. Larghezza id. id. 16 1]2 »
10. Lunghezza dell’omero . » 27 »
11. Lunghezza del femore. At » 35 »
12. Lunghezza di ciascun arto anteriore. 96 »
13. Idem idem di ciascun arto posteriore » 10 »
(1) La cavità glenoidea di quest' osso è profonda e può mantenere bene
a posto la grossa testa dell'omero.
89 AVREGAREICGIO
L’omoplata merita di essere esaminata in modo speciale
pel suo insolito sviluppo: come ho detto ha quasi una lun-
ghezza di 49 ct., cioè è assai più lunga dell’omero, ed offre al
margine superiore o vertebrale una fibro-cartilagine flessibile,
che ha un diametro trasverso di 24 cm., ed uno verticale di
8 ct. Questa fibro-cartilagine è assai ben conservata nella nostra
preparazione.
La spina ucromion divide la faccia esterna in due fosse
assai disuguali, avendo la retrospinosa un’ ampiezza più che
doppia dell’antispinosa; cioè la prima è larga 13 ct. e 172; e
la seconda 5 ct. e 1]2. i
Il diametro maggiore (altezza) della spina scapolare è di
61 mm.; il minore di 10 mm.
Robusta è l’apofisi coracoide e sensibilmente ricurva.
%
»
Dirò ora del numero totale delle ossa componenti la ro-
busta colonna vertebrale : esse sono 49, cioè 7 formano la re-
gione cervicale, 13 la dorsale, 6 la lombare, 5 la sacrale e 18
la caudale.
Non manca qualche autore che indica 4 vertebre per la
regione sacrale e 16 per la. coccigea; ma non è raro il caso
in cui trovisi diversità numerica nelle indicate regioni del ra-
chide di più mammiferi, di specie o razze distinte.
II. Mi pare che quanti hanno potuto osservare, nelle molte
adunanze tenute dalla nostra Società, i diversi scheletri prepa-
rati nel nostro Laboratorio in questi ultimi anni, debbano com-
piacersi per queste aggiunte di un prezioso materiale di studio.
Di preparazioni osteologiche trovai del tutto mancante il Mu-
seo Zoologico, ma oggi vi si osservano e scheletri intieri, e
crani ed altre parti dell’armatura scheletrica di mammiferi, uc-
celli, rettili, ecc. Esse sono quindi a disposizione di chi vorrà
Its ti
« Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica sl
fare qualche studio speciale; anzi servirono già a parecchi lau-
reati e laureandi.
Credo adunque possa tornar gradito il ricordo di talune
preparazioni, tutte eseguite nel nostro laboratorio; e mi limi-
terò all’indicazione di armature scheletriche complete di diversi
importanti mammiferi, quali sono : il Trog/odytes niger, Simia
satyrus (ad. e giov.), Cynocephalus hamadryas, Semnopithecus
obscurus, Cercopithecus niger, Macacus rhesus, Leptocebus ater-
rimus, Cebus fatuellus, Japale jacchus, Lemur catta, ecc. Oltre
questi scheletri intieri di Primati e di Prosimiae ora introdotti
nel nostro Museo, abbiamo separatamente anche crani di Simia
satyrus, Cynocephalus hamadryas, Semnopithecus obscurus, Hy-
lobates Miilleri, Cynocephalus papio (più di 20 crani dei due
sessi e di diversa età di questa sola specie), Erytrocebus pyr-
ronotus, Mycetes (specie diverse), Cebus flavus, Cebus niger,
Nyctipithecus azarae, Nyctipithecus lemurinus, Lemur rufus, ecc.
E fra i carnivori abbiamo introdotti scheletri pure com-
pleti di Nasua rufa, di Felis leo, di Felis tigris, di F. par-
dalis, Putorius communis, Lutra vulgaris.
Nell’ordine medesimo potemmo aggiungere crani separati
di Felis leo (2), Felis catus ferus (5), Lutra vulgaris, Ursus
arctos, Thalassarctos maritimus.
E nell'ordine dei Pinnipedi lo scheletro completo di Pela-
gius monachus, oltre un cranio separato dell’istessa specie, e
altro di Cistophora cristata, di Erygnathus barbathus, di Arcto-
cephalus ursinus.
Nell’ordine dei Cetacei poi sono nuove aggiunte lo sche-
letro intiero di Balenoptera acuto-rostrata, il cranio separato e
le pinne d’altro individuo di questa medesima specie ; lo sche-
letro pure completo di Grampus griseus, due scheletri di Del-
phinus delphis (ad. e giov.).
82 INS (CENRRUICCIO
Nei Perissodattili lo scheletro completo di Tapirus indicus,
oltre il cranio di Tapirus americanus.
Nei Ruminanti gli scheletri intieri di Oreotragus oryx,
gia descritto, di Capra ibex d e £, di Capra domestica, di
Tragulus memnina, di Okapia Jonstoni, dono di S. M. il Re
Vittorio Emanuele III; oltre i crani di Kobus Verduni, di Strep-
siceros Kudu, Tragelaphus decula, Cervus capreolus (2), ecc.
Negli Artiodattili (Paridigitati) un cranio completo d’Hip-
popotamus amphibius.
E nell’istesso ordine parecchi crani di Phacochoerus ae-
thiopicus.
Nell’ordine dei Roditori scheletri completi di Sciurus, Ar-
vicola, Dasyprocta, Hystrix, ecc., e crani pure completi d° Hy-
drochcerus cap'bura (di cui uno delie massime dimensioni).
Nell’ordine Hyraci (Lamnungi) un cranio d’Hyrax capen-
sis, donato al Museo insieme a diverse pelli.
Nell’ordine dei Proboscidati un cranio e tre difese, di cui
una di grandi dimensioni. i
Neil’ordine dei Maldentati ricorderò lo scheletro completo
di un Manis javanica, di un Dasypus novemcinctus, e i crani
di Dasypus villosus e Orycteropus capensis.
Nell’ordine dei Marsupiali lo scheletro di Macropus cer-
vinus e il cranio di Didelphis aurita.
E finalmente nell’ ordine dei Monotremi gli scheletri com-
pleti di Echidna acaleata e di Ornithorhnychus paradoxus, pre-
parati che trovansi tutti in ottime condizioni.
Quale sia il pregio dei medesimi e 1’ utilità che gli stu-
diosi ne possono trarre quando si presenti l’occasione di esa-
minarli, non è mestieri che io qui faccia rilevare.
E per non allungare la serie delle preparazioni osteolo-
giche (scheletri o crani) tralascio di citare tutte quelle introdotte
a fianco degli Uccelli, Rettili, Anfibi e Pesci preparati in pelle,
« Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica 83
ed esistenti nelle tre collezioni, romana, generale e didattica.
E sarò lieto se altri vorrà continuare l’utile aggiunta di scelte
preparazioni riguardanti il sistema osseo, principalmente di
queste ultime quattro classi, senza delle quali preparazioni non
può farsi uno studio che intieramente appaghi dei Vertebrati.
E per finire, tornerò al Taurotragus oryx da cui avevo
preso le mosse in questa comunicazione. Ed avendo accennato
alle regioni in cui vive, aggiungerò come sia noto che la bella
specie è quasi affatto scomparsa dall’Orange, dal Griqualand
occidentale e dal. Transwaal.
Pochi anni or sono era ancora frequente tra il Chobé e lo
Zambesi, e al Nord di questo fiume. Attualmente non è rara
nelle regioni montuose del Busoteland, del Griqualand orientale,
del Natal, di Nyassa e del Kieima-Ndjaro. All’ovest la si trova
fino ad Angola, m7 dapertutto si constata che essa va dispa-
rendo a causa dell’accanita caccia che le si fa per utilizzarne
la carne e la pelle (Menegaux). Mentre prima si vedevano
nelle località favorite comparire perfino cento individui per
volta, ora se ne vedono non più di 10 a 15, preceduti da uno
a due maschi adulti, con parecchi giovani, e se insidiati cercano
rapidamente di rifugiarsi nei siti più elevati e folti delle foreste
montuose.
La femmina partorisce un solo figlio all’anno in giugno,
ma più di frequente in luglio od in agosto.
Sui Nicticebi e Lemuridi,, del Museo
Zoologico della R. Università di Roma.
Comunicazione fatta dal prof. A. CARRUCCIO (1).
PARTE I.
Fino a poco tempo fa non era rappresentato nel Museo
Universitario l’ord. della Prosimiae, sia con buone preparazioni
tassidermiche, sia con altre osteologiche, le quali ultime ho sempre
asserito essere non solo utili, ma necessarie per lo studio dei
Vertebrati.
Ora posso presentare tanto della Fam. Lemuridae, quanto
della Fam. Nycticebidae, parecchi individui in ottimo stato.
E comincio da un bellissimo Nycticebus tardigradus L., 9
ad., specie vivente in Borneo (Sarawach) e in Sumatra.
La fam. Nycticebidae si distingue da altre annoverate nel
predetto ordine sia per la situazione e direzione degli occhi, sia
pel muso corto e conico, per le piccole orecchie, per l’indice
della mano corto e quasi tronco, per il contorno oculare che
negli adulti è formato da peli neri, e nei giovani da peli rossi,
per il pelame abbondante e lanoso, per la dentizione (4 incisivi
nella mandibola, e 4 nella mascella superiore, e pei 6 molari
per lato in ciascuna mascella, ecc.). Tralascio quindi qualche
altro carattere morfologico, di cui però verbalmente, mostrando
i preparati, farò cennc.
Il gen. Nycticebus fu instituito da E. Geoffroy S. Hilaire
nel 1795.
(1) Sunto di particolareggiata relazione presentata alla Società Zcologica
Italiana con sede in Roma (e specialmente nelle adunanze scientifiche del
29 dicembre 1910 e 28 aprile 1912), dimostrai ed illustrai parecchi pregevolj
esemplari, appartenenti a specie diverse.
Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 85
V’ha chi fa appartenere al gen. Nycticebus una sola specie
con più varietà. Una seconda specie, il Nycticebus menagensis
Nachtrieb, delle isole Filippine, è dubbia (1).
Il prof. Jenting ed altri scrittori annoverano da 5 a 6 specie
ed è lo stesso Jenting che divide in 2 gruppi le seguenti specie :
nel primo comprende quelle con indice della mano quasi del-
l’istessa lunghezza del pollice, e fornito d’unghia. Queste specie,
che sono 4, presentano una striscia bianca di peli, la quale oc-
cupa lo spazio interoculare, e si allarga sulla fronte. La coda
è nulla o cortissima,
Le quattro specie debbono chiamarsi: Nycticebus gracilis
Fischer, N. tardigradus Fischer, N. cinereus A. M. Edw., N.
javanicus E. Geoffr.
Nel secondo gruppo lo Jenting annovera altre due specie,
e gl’individui che vi appartengono offrono l’indice della mano
ridotto a un semplice tubercolo senza unghie, mancano della
striscia bianca fra gli occhi ed hanno la coda o cortissima o
della lunghezza delle coscie: queste due specie chiamansi N. ca-
lababariensis Smith, e N. potto Bosman.
Devo avvertire che questo nuovo esemplare è il secondo
della specie di cui il nostro Museo è venuto in possesso. Il
primo è una £ giov., donata nel 1897 dal compianto Re Um-
berto con molti altri interessantissimi animali, taluni apparte-
nenti a specie rare assai, e tutti provenienti da Sarawack (isola
di Borneo). L’esemplare avuto recentissimamente è invece un
4 adulto, donato dal Giardino Zoologico di Villa Umberto.
Il N. tardigrudus è stato pure chiamato da E. Geoffroy S.
Hilaire col nome di juvunicus, bengalensis, di maluianus da
Anderson, di cinereus da M. Edwards, e di Lemur tardigradus
da L.
(1) Ved. TrovEssART, Quienquennale supplementum, fasc. I, pag. 37.
86 A. Carruccio
Ma la patria e la colorazione diversa non danno diritto a
farne specie distinte, ma tutt'al più varietà. L’Jenting, che è
appunto uno di quelli che considera come specie a sè taluna
che altri ritiene essere semplici varietà, non ci pare si ap-
ponga al vero. |
L’individuo che presento offre nettissimi i caratteri della
specie: ben rilevate come sulla testa, sotto la nuca, nella parte
più alta del dorso, il pelame sia d’un bel rosso fulvo oscuro, e
nel mezzo del dorso medesimo vediamo una fascia longitudinale
larga un centimetro e mezzo, e larga circa 5 cent. : essa finisce
a punta.
Il rimanente del pelame sul dorso e sul principio delle braccia
ha un colorito in parte rosso leggiero e in parte grigio-rossastro.
In mezzo alla fronte e nel mezzo delle regione nasale fino
all'apice del muso, spicca una macchia formata da peli bianchis-
simi. Altre due macchie, pure bianche, stanno agli angoli e sopra
agli occhi, e queste vieppiù spiccano perciocchè il contorno
oculare è formato da peli affatto neri : tali però diventano quando
il N. tardigradus è già adulto, mentre nei giovani il contorno
predetto è formato da peli rosso-fulvi.
Il N. tardigradus presenta sì nella mascella superiore come
nella inferiore 4 piccoli incisivi a margine assai aguzzo, e 6 sono
i denti molari a destra e sinistra in entrambe le mascelle.
Questa specie avrebbe fra i Nicticebi il minor numero di
vertebre lombari cioè 6 ; mentre in altri se ne trovarono da 7 ad 8.
Le vertebre coccigee raggiungono il numero di 11. In qualche
altra specie trovaronsi in num. di 8, cioè nel N. gracilis ; ed il
massimo di vertebrine caudali si trovò nel N. potto, cioè di 20.
Le coste del N. fardigradus sono in numero di 16; in altre
specie sembra non oltrepassino quello di 15.
Alla Fam. Nycticebidae (o Tribu Galegonina di Gray) ap-
partiene pure il gen. Galago S. Geoffr., del qual genere il nostro
Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 87
Museo ha due rappresentanti appartenenti alla nota specie Ga-
lago senegalensis E. Geoftr. (Lemur galago Schreber, Galago
acaciarum Less. ecc.).
Non fo che accennarli, non meritando una descrizione accu-
rata stante lo stato di men buona conservazione in cui si trovano.
Hanno diversa età e grandezza, raggiungendo uno dei due
esemplari la grossezza di uno scoiattolo.
I peli, un po’ più abbondanti in un solo individuo, sono
corti, morbidi, fitti, d'un colore grigio giallastri, e nel ventre e
negli arti sono in parte bianchicci.
Adanson scoperse questa specie nelle foreste che si esten-
dono lungo i fiumi della Senegambia. Gray scrive: Habit. West
Africa; Senegal; Gambia (pag. 84 del « Catatogue of Monkeys,
Lemur etc. »).
Gl’indigeni lo chiamano Tend/.
L’istesso Gray annovera nel gen. Galago p. d. 5 specie,
cioè : G. Allenii, Waterhouse : G. maholi, A. Smith ; il predetto
G. senagelensis Geofîr.j G. sennariensis, Ripp; e G. Demidoftii
Fischer. Al*re specie indica il Trouessart.
Fam. Lemuridae. Questa è più largamente rappresentata
nella nuova collezione generale dei mammiferi del Museo univer-
sitario, e posso sulla medesima fornire qualche cenno illustrativo.
Premetto che i Lemuridi hanno pur dato il nome all’ordine ;
ma questo da non pochi scrittori è invece denominato delle
Prosimiae, vocabolo proposto da Illiger nel 1811, Stefano Geof-
froy Saint-Hilaire nel 1812 proponeva quello di Stresirrhini,
che però non fu adottato, e che quasi nessuno ricorda.
I zoologi moderni considerano il gruppo dei Lemuridi o
delle Prosimiae come costituente non un semplice sott’ordine dei
Primates, ma quale un ordine a sè.
Come ebbero ad osservare Gratiolet, Mivart, A. Milne-
Edwards, ecc., sono notevoli alcune differenze morfologiche
88 A. Carruccio
proprie ai veri Lemuri. Non tutti però le hanno apprezzate, nè
tutti hanno dato alle medesime l’istesso valore. Ecco la ragione
per cui leggendo opere pubblicate in epoche diverse troviamo
i Lemuri ora compresi nell’ordine degli Insettivori, ora dei Ro-
ditori, ora in quello dei Primati.
Non mi fermo a ricordare di proposito quanto scrisse il
dott. Marsh in uno dei pregiati suoi lavori (Successione dei
Vertebrati d’ America) intorno a forme di primati estinti del-
l’eocene inferiore e medio, le quali apparterrebbero a generi
(ad es. il gen. Hyopsodus), il cui scheletro « rassomiglia molto
a quello dei Lemuridi >». Ma qualunque giudizio si voglia dare
sulle opinioni del Marsh, non puossi oggi approvare ch'egli
mantenga i Lemuridi nell’ord. Primates.
Fin dal 1871 Alfonso Milne-Edwards aveva affermato che
i mammiferi Lemuridi non si possono « faire rentrer parmi les
Quadrumanes ». Anche dallo studio dello sviluppo dell'embrione
dei Lemuridi risulta evidente che questi appar‘engono a un
gruppo ben distinto da quello delle scimie. I caratteri embrio-
logici differenziali si traggono non soltanto dal feto per se stesso,
ma dalla forma della placenta e da altri fatti di struttura. Fra .
questi potremmoricordare le rare circonvoluzioni del cervello degli
stessi Lemuri, con lobi frontali stretti ed appuntati, con cer-
velletto assai poco sviluppato e che rimane per gran tratto sco-
perto dai lobi cerebrali sovrastanti. Notevole è invece lo svi-
luppo dei lobi olfatori. La forma della testa, del muso « à museau
de Renard » (come alcuni antichi zoologi ebbero a chiamarlo),
l’orbita largamente comunicante colla fossa temporale, alcune
differenze di forma e sviluppo dei denti, massime della mandi-
bola, sono altrettanti fatti di struttura, che permettono di sta-
bilire differenze notevoli fra i veri Primati e le Prosimiae.
I zoologi tengono sempre molto conto, nello studio che fanno
dei Mammiferi ecc., anche della conformazione delle zampe; e
Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 89
quindi nei Primati veri, nei Lemuridi ecc. trovano caratteri ap-
prezzabili nelle mani pentadattili, con dita aventi diverso svi-
luppo, e pollice più o meno opponibile. Esempio di catarrini a
pollice rudimentale abbiamo nei Colobus, e nei Platirrini lo ab-
biamo negli Afelcs.
Le mani dei Lemuridi ci presentano un pollice ben svilup-
pato e largo verso l’apice. Queste mani sono attissime ad affer-
rare i rami degli alberi e sostenervisi: invece sono meno atte
a portare il cibo in bocca. Infatti questi mammiferi si val-
gono molto delle labbra per afferrare l’alimento che mandano
nel cavo orale.
Negli stessi Lemuri osserviamo molto soventi più lunghi
e più robusti gli arti posteriori in confronto agli anteriori.
L’indice delle mani posteriori nei Lemuri è fornito di un’un-
ghia a forma di artiglio, e le unghie delle altre dita non cuo-
prono, come avviene nelle Scimie, l’apice ch’è proporzionata-
mente sottile, mentre è largo, come abbiamo detto, nei Lemuridi.
Ed in questi tutte le dita delle mani posteriori sono libere fino
alla rispettiva base.
I Lemuridi mancano di borse guanciali e di callosità alle
natiche, che, com’è noto, si trovano nelle scimie catarrine.
Il corpo dei Lemuridi è coperto da peli per lo più assai
sottili e copiosi, sì da formare soventi un morbido vello; ma
non mancano casi in cui si osservano peli duri e ispidi.
Le code dei Lemuridi e delle Prosimie in generale sono
lunghe e anche folte, ma non sono prensili. Ho detto in gene-
rale lunghe, anzi talvolta più lunghe del corpo; ma vi sono
Lemuridi che hanno una coda rudimentale.
Il cieco in questi mammiferi è per lo più lungo ed ampio,
e rassomiglia a quello dei Leporidi: manca di appendice ver-
miforme. Assai lungo e circonvoluto è l’intestino crasso.
Le £ hanno un utero con due lunghe corna.
90 JN (CARFUECII
Le glandole mammarie non sono situate esclusivamente nella
regione toracica, come nelle Scimie, ma per lo più nella ventrale.
Il piccolo si attacca appena nato ai capezzali materni, e si
vede spesso, fin dal primo giorno, abbastanza ardito e indipen-
dente. Viene al mondo cogli occhi aperti.
Gli scrittori registrano pei Lemuri formule dentarie diverse.
Citerò, in prova, quelle date da due autorevoli anatomici: Alf.
Milne-Edwards e T. Huxley. Il primo nota che gl’Indrisini sono,
fra tutti i Lemuridi, i più elevati per organizzazione, e si di-
stinguono anche per la disposizione dei denti, avendo 4 incisi-
formi nella mascella inferiore, la quale manca del tutto di ca-
nini; o se esistono nei giovanissimi, presto cadono senza essere
rimpiazzati.
I molari degli adulti sono in numero di cinque o 6 per
ciaschedun lato di entrambe le mascelle.
Durante la prima dentizione si osserva un premolare infe-
riore in più, ed anche un canino che cade prestissimo.
Negli adulti la formula è, secondo il Milne-Edwards, la
seguente:
l
(Co ON pm. asi: m.
L’Huxley dà pei veri Lemuri la seguente formula dentaria :
.2—- 2 1 5
° D 7
Î Cor em. 5 7? oppure © — È
LO n Reno
Pei Chiromyx la formula è quest’altra :
1
0
DN
mene
cal
(ary
Mi pare opportuno, prima di dire dei Lemuridi attualmente
posseduti dal Museo Romano, di riassumere alcune notizie sul
modo come le Prosimiae vennero divise in famiglie.
parce
« Sui Nicticebi e Lemuridi », ecc. ol
Vi sono scrittori che ne annoverano due sole: 1° Cheiromydae
(vel Chiromidae) ; 2° Lemuridae.
Altri aggiunsero una 3° famiglia : la Tarsidae ; altri una
4° : la Pachilomuridae. In questa comprendonsi forme fossili
dell’epoca terziaria.
È ben noto che i più recenti zoologi hanno tolto dall’ord.
Prosimiae la fam. Ga'eopithecidae.
Il prof. Milne-Edwards ebbe a far notare come la fam. Le-
muridae possa dividersi in un modo affatto naturale, cioè in due
sezioni o sotto-famiglie: 1% quella dei Brachifarsi; 2* quella
dei Macrotarsi. Nei primi trovansi le ossa del collo del piede
d’una lunghezza normale, ad es. nel Propithecus Bennet, nel
Lemur L., nell’Hapalemur S. Geoffr., nel Nycticebus, nel Loris
S. Geoffr.
Nei secondi l’osso calcaneo e l’osso scafoide sono molto
sviluppati, ad es. nel Ga/ago S. Geoffr., Chirogale S. Geoffr.
e Microcebus S. Geoffr.
Il Trouessart annovera nell’ord. Prosimiae 8 Fam., ma
osserva subito come 4 comprendano forme estinte, rappresen-
tate o da avanzi fossili nell’Eocene in America (Fam. Mega/ada-
pidae e Anaptomorphidae), o da avanzi fossili in Europa (Fam.
Adapidae), oppure da avanzi fossili finora rinvenuti nella Pa-
tagonia (Fam. Notopithecidae).
È certo che i generi e le specie fossili di quest'ordine, ap-
partenenti alle 4 famiglie che ho indicato, superano i generi e
le specie che vengono attualmente annoverati nelle 4 famiglie
viventi: e queste sono la Fam. Nycticebidae, di cui mi sono
gia occupato ricordando gli esemplari che ho potuto, non ha guari,
introdurre nel Museo, la Fam. Lemuridae, la C'hiromidae e la
Tarsidae.
E prima cne in una II* parte di questo lavoro passi in
rapida rassegna i Lemuridi del nostro Museo, mi piace rammen-
92 IN (CAPAICCIO
tare che in Parigi, gentilmente accompagnato dal compianto
prof. Filhol e in Londra dal caro amico dott. Forsith Mayor,
potei esaminare le ricche raccolte di Lemuridi, provenienti dal
Madagascar, e che fanno parte delle collezioni (Grandidier ecc.)
nel Museo di storia naturale au /ardin des plantes, e delle col-
lezioni del British Museum (Kensigton).
Osservando il viso di una serie di Lemuridi si constata
che nelle due ampie orbite, molto ravvicinate fra loro, trovansi
globi oculari voluminosi e alquanto sporgenti, atti alla più netta
visione nelle ore crepuscolari e notturne; nelle quali — si dice
— splendono come due sferette infuocate, distinguendosi a di-
stanza nell’oscurità della notte, se per caso cacciatori o viag-
giatori penetrano nelle foreste, abituale ricovero di queste prosimie.
I loro padiglioni uditivi sono quasi sempre ben sviluppati,
ma non sempre la cute che li ricuopre è fornita di numerosi
peli: non mancano quelli ehe hanno l’orecchio esterno nascosto
in mezzo a pelame lanoso.
Ritiensi che le Prosimiae siano tutte dotate di udito assai
squisito, e possano svegliarsi al solo ronzio di ditteri o al volo
d’altri insetti.
Il nome di MaXi che da gran tempo venne dato a questi
animali, pare che corrisponda al grido speciale ch’essi mandano,
nascosti nei rami degli alberi. Le grida diventano acute, lamen-
tose quando sono emesse dai numerosi componenti di un branco
e allora infastidiscono gl’indigeni che le odono; ma sono guida
ai cacciatori che si valgono dei cani per venir in possesso dei
mai. La loro carne vien mangiata assai volentieri.
(Continua).
Rassegne bibliografiche
Giuseppe LEPRI. — Novità entomologiche italiane.
Nell’ ultimo fascicolo delle Entomologische Mitteilungen
(1 maggio 1913) l'illustre coleotterologo E. Reitter in una sua
nota dal titolo: Verschiedene Mitteilungen iiber Pselaphiden
descrive varie nuove specie di questa interessante famiglia di
coleotteri, tra le quali due Bythinus appartenenti alla fauna
italiana : credo quindi non privo di interesse per gli entomo-
logi lettori di questo Bollettino, riferirne qui le diagnosi date
dal suddetto entomologo. Avverto subito che, d’accordo con
molti zoologi, considero la Dalmazia, come facente parte, dal
punto di vista corologico, della regione italiana: sarebbe cra
troppo lungo l’addurne le ragioni, che del resto sono state più
volte esaurientemente esposte da più competenti di me.
I. - Bythinus valombrosus Reitt. (1)
« Nell’aspetto e nelle dimensioni assomiglia al B. Cu'tisi,
però è affine al B. latebrosus, dal quale come dalle altre spe-
cie più o meno vicine, si distingue per la forma della clava
antennale, la quale è robusta e bipartita. Il 10° segmento delle
antenne è grosso e largo quanto il segmento apicale, nel punto
della sua maggiore larghezza. Gli ultimi segmenti non special-
mente grossi, sono oviformi: il 9° segmento è un poco più
grande dell’s*, II colorito è di un bel bruno rossastro lucente,
(1) Trascrivo qui il noma specifico com? è stato scritto dal Reitter nella
suddetta memoria ; ma non è corretto: Vallombrosa è il nome della pittoresca
località dell'Appennino toscano, ove questa specie fu catturata, e non Valom-
brosa, come scrive il Reitter. E poi mi sembrerebbe più esatto dire: Val
lombrosanus anzichè Valombrosus.
94 Rassezne bilbiografiche
sparsamente peloso, quasi glabro, solo le elitre presentano una
sottile e scarsa punteggiatura.
La testa, la quale presenta i due occhi abbastanza grandi,
è soltanto un poco più stretta del pronoto. Il segmento apicale
dei palpi è mcderatamente dilatato ed un poco più corto della
testa. Il pronoto è un poco più largo che lungo, cordiforme,
lucido, normalmente scolpito dinnanzi alla base, però la fos-
setta mediana nel solco trasversale è poco manifesta, sono in-
vece ben marcate le fossette laterali.
Le elitre sono finamente e radamente punteggiate e la loro
lunghezza è di parecchio maggiore della loro complessiva lar-
ghezza. L’addome è liscio.
Maschio. — Il 1° segmento delle antenne è moderatamente
dilatato, un poco più lungo che largo, un poco più rigonfio in-
ternamente all’apice, ma senza angolo, nè protuberanza ; la fac-
cia superiore presenta una fossetta. Il 2° segmento è più stretto
del 1° e più largo dei seguenti, ed arrotondato. Il 3° è così
lungo che largo, il 4° ed i seguenti sono leggermente obliqui.
Le zampe non sono dilatate. Le tibie anteriori presentano
interiormente una dentellatura, ed anteriormente un piccolo dente
aguzzo. Le tibie posteriori sono curve. -
Femmina. — Il 1° segmento delle antenne ha una lun-
ghezza equivalente una volta e mezza alla sua larghezza, il 2° è
rotondeggiante tanto lungo quanto largo, ma un poco più stretto
del 1°. I segmenti seguenti sono eguali a quelli del maschio.
Un maschio e due femmine di questa specie furono rac-
colte a Vallombrosa (Appennino Toscano) dai sigg. Staudinger
e Bang Haas.
II. - Bythinus ragusensis Reitt.
Molto vicino al B. dalmatinus Reitt, ma un poco più
grosso : la testa è sensibilmente più stretta del pronoto e diffe-
risce inoltre per i caratteri sessuali del maschio.
Novità Entomologiche Italian» 95
Le zampe anteriori e posteriori sono molto dilatate. Le
tibie anteriori sono fortemente smarginate internamente prima
dell’apice, in modo da presentare un dentino spiniforme rivolto
nella direzione longitudinale della tibia stessa; all’apice sono
larghe la metà di quello che lo sono prima delle smarginatura.
Le tibie mediane sono semplici, le posteriori fortemente dila-
tate e presentano, poco oltre la loro metà, una marcata smargi-
natura il cui angolo esterno sporge a mo’ di piccolo aculeo :
posteriormente alla smarginatura si assottigliano e presso al-
l’apice presentano uno sperone un poco obliquo verso l’interno,
largo quanto la tibia stessa.
La lunghezza totale di questa specie è di mm. 1.60. Venne
raccolta in buon numero presso Ragusa (Dalmazia) nella pri-
mavera del 1912.
Questa specie concorda interamente con la descrizione del
B. Woerzi Hold. di Corfù e Cefalonia.
Questo però è un poco più piccolo e le zampe sono molto
dilatate : le altre caratteristiche sono eguali. Holdhaus compara
la sua specie con il B. pe/oponnesinus Reitt: la quale infatti
è molto simile al B. ragusensis. Ma si distingue per i segmenti
centrali delle antenne più sottili e dei quali i segmenti 3°-5° sono
quadrati. Nel B. dalmatinus e nel B. ragusensis invece sono
brevi ed obliqui. Probabilmente il 4° e 5° segmento delle an-
tenne non sono obliqui nemmeno nel B. Woerzi, onde questa
specie verrebbe a presentare maggiore affinità con il B. pelo-
ponnesinus che non con il B. dalmatinus, mentre sembrano
tutti presentare un’identica affinità. E questo è provato anche
dal fatto che le zampe sono dilatate nei maschi, in cui le zampe
mediane non partecipano alle edemeria.
Il B. dalmatinus ha zampe semplici: le tibie anteriori non
sono dentella‘e all'apice ma presentano una semplice intaccatura.
Sul dalmatinus con tibie anteriori non dentellate (/laud
vel vix denticulatis) il collega Apfelbeck ha stabilito la sua
varietà aplopus che in questo caso non è affatto giustificata ... »
9 Rassegne bibliografiche
Riferisco ancora la diagnosi di un nuovo Cynipide (Hy-
menoptera) italiano data dal Dr H. Hed:cke nella sua memoria:
Beitrige sur Kentnisse der Cynipidon (Hym.) = IV°: Uber
einige Cynipiden des Deutschen Entomologischen Museums a
pag. 46 del succitato fascicolo delle Ertomo/ogische Mitteilungen.
n
« Subfam. EUCOILINAE.
Chrestosema laeviusculum H. Hedicke.
Maschio : Nero; testa rotondeggiante, glabra, lucente. Occhi
bruno-aurei nel loro margine interno : tra gli occhi e le antenne
un solco ecrto e ben marcate. Antenne nere, il 3° segmento è
il più lungo, lungo quattro volte la sua larghezza. Torace liscio
quasi privo di sculture; i solchi laterali del mescnoto sono
larghi e profondi, i solchi longitudinali mediani debolmente in-
dicati. Lo scutello è diviso dal mesonoto da due profonde fos-
sette. Segmento mediano quasi verticale con due creste longi-
tudinali arcuate, metapleure liscie con una cavità a mo’ di coppa,
appiattita al disopra delle coscie. Ali ialine, pelose e ciliate
con nervature bruno-gialle, seconda sezione della radiale più
lunga della prima, questa incurvata all’interno. I femori ai due
apici, tibie e tarsi rosso-bruni. Coscie, trocanteri e parte me-
diana dei femori, neri.
L’addome è lungo quanto il torace, di color nero lucido.
Lunghezza mm. 2.5.
Un maschio fu raccolto dal Krausse ad Asemini in Sardegna. »
GIUSEPPE LEPRI.
Avvelenamento e morte per puntura dello Scorpione 97
Pror. M. CoxporeLLI FraxcavieLIA, — Avvele-
namento e morte per puntura dello Scorpione.
Col nome dell’ottimo consocio e amico, ben noto ai lettori
del nostro Bollettino, pei diversi e pregiati favori inseriti in
parecchi volumi del medesimo, è stata or ora pubblicata (1)
una interessante memoria che ci fa desiderare si ponga in Italia
maggior attenzione agli effetti delle punture di animali vele-
nosi ; effetti che di rado si fanno conoscere al pubblico da com-
petenti scrittori con opportune note e considerazioni.
Il prof. Condorelli ricorda dapprima le specie comuni e
varie di Scorpioni che si rinvengono in Italia (2), e cita di-
versi buoni lavori di zoologia medica, dovuti a scrittori stra-
nieri, sulla struttura delle ghiandole velenignene, sulla natura e
sulla quantità dell’umore tossico (le ghiandole del Buthus euro-
paeus ne contengono fino a 8-10 centigrammi), sui fenomeni
morbosi osservati dopo l’inoculazione ecc. È una neurotossina
(Valentin, P. Bert, Joyeux-Laffuie) od una lecitina (Kies), od
altro principio che opera sul sistema nervoso e sul sangue del-
l’individuo ferito ? Noi troviamo che ha ragione il Condorelli
quando afferma che « l’importante questione ha bisogno ancora
di essere meglio studiata >».
Rammenta dopo casi gravissimi di puntura ed anche di
morte, fra i quali quelli narrati dai dott. Guyon, Bartels e Ca-
varoz.
Ma se questa gravità è nota per l’Algeria e per altre re-
gioni tropicali, non è altrettanto, anzi taluni non l’ammettono
per l’Italia, che non ha specie così potenti, come quelle del-
l’Africa, America, ecc.
Il Condorelli non segue il « soverchio ottimismo » di al-
cuni, e richiama alla memoria il fatto accaduto al conte Ninni,
(1) Vol. Atti della Accad, Gioenia di Scienze natur. in Catania. — Anno
LXXXIX, 1912, Vol. V (Memoria V).
(2) Di queste si è occupato recentissimamente anche il dott. Masi nella
memoria pubblicata nel volume del 1912 del Bollettino della Società Zoolo-
gica Italiana con sede in Roma.
98 Rassegne bibliografiche
il quale, « punto al mignolo della mano sinistra dall’Euscor-
pius italicus, provò subito bruciore e dolore intenso, e vide
formarsi sul sito della puntura una larga papula di color rosso
livido, che tosto si trasformò in una flittena a contenuto siero-
sanguinolento, da cui prese origine una linfagioite, che si estese
sino al collo. Vi fu pure leggero movimento febbrile. Tali di-
sturbi, dopo 24 ore, cominciarono ad attenuarsi, e SCOMPaniie
del tutto alla terza giornata ».
Poscia il Condorelli espone quattro osservazioni rigt ardanti
individui punti da scorpioni in Sicilia. La prima in persona di
certo Puglisi Sebastiano d’anni 32, da Priolo (Siracusa). La
puntura, che ebbe luogo sul dorso della mano sinistra, fu se-
guìta da disturbi (linfagioite ecc.), dei quali si ebbe la guari-
gione solo dopo circa 30 giorni.
La seconda osservazione riguarda una giovane di 21 anni,
Marianna Moretto, morta per puntura di uno scorpione alla
faccia.
Anche nel terzo caso si ebbe la morte in una giovinetta
di 15 anni, Santa Pirezza, alla quale sopravvenne rapidamente
edema emorragico su tutta la regione vulvare, soccombendo al
3° giorno con sintomi di asfissia.
Il quarto caso che, il prof. Condorelli descrive minuta-
mente perchè da lui stesso osservato pit anni or sono, riguarda
certo Giuseppe Fiorito d’anni 42, da Misterbianco (Catania).
Quest'uomo fu punto da un grosso scorpione al sopracciglio
destro, e subito provò dolore intenso alla faccia ed al capo,
con gonfiore, ecc. Ma l’infermo non chiamò il prof. Condorelli
che al 3° giorno dall’avvenuta puntura, quando già i fenomeni
morbosi si erano aggravati.
Senza qui ripetere tutti questi fenomeni, noteremo solo che
la infiltrazione edematosa si era estesa al collo ed alla parte
superiore del torace, che le palpebre di destra erano fortemente
chemotiche e comprimevano il globo oculare. Il Fiorito aveva
tendenza al sonno ed estenuazione grave di forze, respirazione
e polso frequente e debole.
Lasciamo pure di ripetere quanto il medico energicamente
operò per tentare di vincere i gravi effetti dell’avvelenamento.
Nuove specie di Lepidotteri italiani 99
Ma ogni tentativo terapeutico fu vano, ed il paziente soccom-
bette al 5° giorno dall’avvenuta puntura.
Il Condorelli ha raccolto numerosi individui di Euscorpius
carpaticus, ma non crede sia questo capace di produrre effetti
pericolosi e mortali, bensì l’altra specie più grossa e più rara,
il Buthus occitanus.
Crediamo giusto il desiderio espresso dal Condorelli. « Se
si facesse, egli scrive, un’accurata inchiesta, interrogando sopra
tutto i medici esercenti nei comuni rurali delle provincie orien-
tali e meridionali della Sicilia, ritengo che gli. accidenti gravi,
consecutivi a punture di scorpioni, risulterebbero meno rari di
quel che si pensa generalmente >».
DIRSASE.
Nuove specie di Lepidotteri italiani.
È noto agli entomologi italiani che fra essi, specialmente
in Lombardia, occupa un posto ben distinto il conte comm. E-
milio Turati di Milano, che da molti anni si occupa con zelo
indefesso, con mente illuminata, e colla larghezza di mezzi dei
quali può fortunatamente disporre, dello studio dei Lepidotteri;
de’ quali ha formato una ricchissima e preziosa collezione, come
in Roma è riuscito a formarla il nostro valentissimo Rostagno.
Ora il Turati ha fatto una nuova pubblicazione (1), che
abbiamo letta con vero interesse, e della quale siamo lieti di
poter dare un breve cenno bibliografico. Alla memoria sono unite
due tavole in cromofototipia, benissimo eseguite, e 36 diligenti
figure in fototipia nel testo.
Il Turati assai opportunaimente fa questa domanda : a qual
punto sono « oggi gli studi della Lepidotterologia in Italia ? »
E prosegue: « Pur troppo, se mi si domandasse quanti
siamo, che in questo interessantissimo ramo dell’Entomologia ci
(1) Ved. Un Record Entomologico. — Materiali per una Faunula dei
Lepidotteri della Sardegna. — Atti della Società Italiana di Scienze naturali e
del Museo Civico di St. nat. in Milano. Vol. LI, fasc. 3. e 4, 1913, pagine
265-305.
100 Rassegne bibliografiche
siamo specializzati nel nostro paese, dovrei rispondere, pochini
davvero! Ci contiamo quasi sulle dita! »
Ma altrettanto, egregio Turati, dobbiamo ai di nostri ri-
petere per gli altri rami dell’Entomologia. Il numero dei col-
lettori intelligenti e perseveranti, degli studiosi coscienziosi dei
diversi ordini della vastissima classe degli Esapodi è in Italia
ridotto a minimi termini, e pochi sono quelli che veramente
emergono. Negli stessi Musei Universitari, i più ricchi di col-
lezioni entomologiche, queste sono in gran parte dimenticate, e
pochissime sono quelle che vengono accresciute, migliorate e stu-
diate o ristudiate pazientemente. I giovani zoologi attuali, od al-
meno una gran parte, dedicano il loro ingegno e il loro tempo ad
altri studi, che in realtà non sono di zoologia descrittiva, nè di
questi hanno eguale importanza, nè come questi lasciano dure-.
vole traccia.
« Siamo dunque, soggiunge il Turati, ben indietro dalla
Francia e dall’Inghilterra, ma sopratutto dalla Germania e dal-
l’Austria. »
Verità dolorose, ch’è bene siano ripetute.
Non seguiremo il conte Turati nei ricordi storici che espone,
nè nelle meritate lodi che fa al sig. Giorgio C. Kriiger, conser-
vatore della « Collezione lepidottorologica Turati. »
Vorremmo ‘avere spazio sufficiente in questi fascicoli per
dire di tutte le forme nuove e notevoli raccolte in Sardegna
dal Kriiger, ma solo ci è permesso indicarne qualcuna. Ad es.
la Euchlòe insularis ; la Pararge aegeria var. Sardoa, Verity; la
Epinephele jurtina. var. nurag, Ghiliani, che anzi può consi-
derarsi quale specie esclusivamente sarda; la Ep. titonus ful-
gens: la Lymantra Kruegeri, Turati; la Malacosoma cinna-
momea, Turati e Verity; la Cilix glaucata aeruginata, Turati;
ed altre belle e interessanti forme, che ci riserviamo far co-
noscere con alcuni utili particolari, anche per le località in
cui tali forme si possono catturare, località che nella massima
parte ci sono ben note.
DI RIASSG
Comm. prof. Antonio CARRUCCIO - Direttore e Redattore.
Rise POMATA
Fasc. IV Serie II - Vol. II Anno XXI - 1913
(Cont. le puntate 4,5e 6) (XXII dalla fondazione)
BOLLETTINO
DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA .
Presidente Onorario S. M,. il Re
Una nuova specie di grosso ‘Gonger,
scoperta nel mare di Messina
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
nella seduta del 6 luglio 1913, dal socio Dott. Lurei FaccioLA.
Il titolo di questa memoria può recare meraviglia in
quanto appare difficile che un Conger di considerevoli dimen-
sioni, vivente nel Mediterraneo, dopo le ricerche praticate in
molti anni sulla fauna ittiologica di questo mare, sia rimasto
finora sconosciuto. Se non che nello studio de’ pesci, come
di altre classi di animali, è successo non di rado che due
specie ben diverse di uno stesso genere per la grande somi-
glianza nei caratteri esteriori siano andate confuse per vario
tempo in unica specie. Lo stesso caso accade ora per il pesce
che mi propo.igo di far conoscere, somigliantissimo nell'aspetto
al Conger vulgaris Linn..
Nel tempo che io cercava, sempre indarno, il maschio di
questo congro, conversando coi pescatori del mio luogo io diceva
loro che nel corpo di esso si trovano le ovaie che sono quelle
due voluminose frangie grassose e bianche che scorrono lungo
il ventre ma non si vedono mai individui coi latti. Eglino per
ignoranza sostenevano che questa specie non porta nè uova
nè latti. Soltanto uno di loro, assai esperto dei pesci locali.
mi assicurò con tutta sincerità di aver visto una sola volta
102 Luigi Facciolà
in molti anni del suo mestiere un congro di questa specie che
portava uova grosse come teste di spilloni e precisamente
quanto quelle della Murena, che aveva il peso di circa 2 Kil.,
colore tutto nero e che era stato preso in uno dei due laghi
salsi del Faro. Egli non aveva interesse di mentire e si sfor-
zava di significarmi la meraviglia allora provata per la stra-
nezza del caso. Di tutto ciò io presi nota.
Dopo qualche tempo, nel giorno 13 aprile 1906, vidi al
mercato in una cesta parecchi individui perfettamente simili
al comune congro, di colore nero uniforme, del peso di 1 a
2 chilogr., provenienti da Lipari. Dalla superficie di taglio tra-
sversale del corpo in corrispondenza dell’ addome in uno di
essi pendeva l’ovario, di cui osservato un pezzetto da vicino
vidi con mia grande sorpresa che conteneva uova di una
grossezza insolita per la specie. Ho detto con mia grande
sorpresa perchè io sapeva da lunga esperienza che le uova
del C. vulgaris si trovano sempre molto immature e ad occhio
nudo s'incontra una certa difficoltà a percepirle tra le due
sottili membrane trasparenti di un pezzetto di piega nei sog-
getti delle maggiori dimensioni. Ne acquistai un esemplare,
presi nota di alcuni caratteri esterni ed interni e lo conser-
vai per uno studio ulteriore aspettando nel frattempo di vederne
altri esemplari. Ma esso e le uova che aveva conservate a
parte in alcool dopo averle convenientemente fissate si per-
dettero nello scempio del 28 dicembre 1908 insieme a tutta
la mia collezione ittiologica del mare di Messina. Ai 3 di
luglio 1912 vidi sul mercato locale un altro esemplare pescato
nel canale, del quale però era stata tagliata e venduta la por-
zione media della coda. Esso era più grosso di quelli visti
innanzi poichè prima di essere tagliato era stato pesato
63,5 Kil.
I principali caratteri di questo pesce sono i seguenti:
La forma generale del corpo non differisce da quella del
C. vulgaris. Sull’ estremità del muso si osservano quelle tre
Una nuova specie di grosso “ Conger ,, 103
pieghe cutanee, verticali, parallele, di cui una è mediana, che
pure si trovano nel C. vulgaris, in cui però sono più svilup-
pate. Dietro la piega laterale vi sono due forami, di cui uno
superiore e uno inferiore, dietro questo vi.è la narice ante-
riore, munita di brevixsimo tubo troncato sull’estremità e die-
tro la stessa narice un altro forame, sicchè essa si trova tra
due forami, in direzione verticale della detta narice e in pros-
simità del profilo superiore del capo si apre un altro forame
più grosso, al di sotto e in vicinanza di questo esiste un altro
forame più piccolo; in continuazione del forame sito dietro
la narice anteriore vi sono altri tre forami lunghesso il lab-
bro superiore, dei quali l’ultimo è quasi in direzione verticale
del contorno anteriore dell’occhio ed è collocato precisamente
sul margine del labbro. La narice posteriore è semplice,
ampia, situata in prossimità del contorno antero-superiore del-
l'orbita. La regione preorbitale è protuberante. L’occhio è subo-
vale, collocato sotto il profilo da cui dista 1/4 del suo lungo
diametro, l’iride è giallo-dorato foschiccia. Sul davanti del-
l'apice della mandibola veggonsi due forami, uno per lato, al
di sotto altri due forami più distanti l’uno dall’altro, altri tre
lungo ciascun lato della mandibola inferiormente, l’ultimo dei
quali è a metà della lunghezza di essa mandibola. Quelli delle
due prime paia di questi forami mandibolari sono circolari,
quelli delle altre tre paia sono allungati. Più indietro dell’an-
golo della bocca, sul profilo inferiore del capo e in corrispon-
denza della membrana branchiostega comincia un’altra serie
di tre forami per ogni lato, subcircolari, il primo dei quali è
sull'angolo posteriore della mandibola e gli altri due sono
sulla regione opercolare. Il taglio della bocca è quasi orizzon-
tale, un po’ flessuoso e per poco non raggiunge il contorno
posteriore dell'occhio. I /abbri sono rovesciati, il superiore in
alto, l’inferiore in basso. I denti su tutto il bordo del mascel-
lare superiore formano una serie in cui sono bassi, fissi, piut-
tosto smussi, con la lieve punta volgente alquanto in dietro
104 Luigi Facciola
per lo più riuniti a paia, alcuni a gruppi di tre. Sul lato
interno di questa serie di denti ne esiste un’altra di molto più
piccoli, conici, i quali pero sono limitati alla metà anteriore
della lunghezza dell'osso. Sull’ estremità del vomero :sono un
poco più puntuti di quelli della serie esterna dei mascellari
superiori e un poco rivolti in dietro e formano una figura
ovale allungata terminata a punta in dietro. Nella mandibola
ve n’ha pure due serie, in cui hanno la stessa forma e gran-
dezza dei superiori e come in questi gli esterni vanno fino
agli angoli della bocca e sono riuniti a 2, 3, 4, ma i singoli
gruppi sono poco distintamente intervallati, e gli interni occu-
pano la metà anteriore della lunghezza dell’ osso. Le fessure
branchiali sono larghe, poco inarcate, coi due angoli sopra una
linea verticale e di cui il superiore corrisponde in linea oriz-
zontale al contorno inferiore dell’occhio e l’inferiore discende
fino al profilo del capo. Le pettorali sono un poco più lunghe
del taglio della bocca, il loro scheletro è formato di 17 raggi,
di cui i primi tre a contare dal superiore sono articolati e
ramificati, esse somigliano a quelle del C. vu/garis in cui con-
tengono 17-18 raggi. La dorsale nasce in direzione verticale
dell’apice delle pettorali, dapprima più bassa va elevandosi e
si riabassa verso l'estremità della coda ove si congiunge con
l’anale. Queste due pinne insieme alla codale, da cui non si
possono distinguere esternamente, formano sull’estremità poste-
riore del corpo una pinna molto ottusa. La linea laterale comin-
cia sul capo con circa 6 boccuccie biancognole innanzi alla
fessura branchiale; le quali ripetendosi a regolari distanze sui
lati del corpo terminano sopra un lato sulla radice della codale
e sull’altro lato un dito innanzi a questo punto. Il colore sul
disopra del corpo, compreso il capo, è assai fosco, nerastro,
il disotto del capo e del ventre foschiccio per la presenza di
punticini neri, volgenti al bleuastro. I grossi pori del capo e
le narici internamente sono bianchi. La cavità della bocca e
la lingua sono bianche con punti grigi. Le pettorali sono fosche,
Una nuova specie di grosso “Conger ,, 105
bleuastre. La dorsale e l’ anale sono fosche, nero-bleuastre
verso il margine. Il cuore è retroposto più che non sia comu-
nemente nei teleostei trovandosi in direzione delle aperture
branchiali. Il fegato è collocato a destra, unilobo, compatto,
lungo 10 cm., largo 41/2 cm., ristretto a punta posterior-
mente. La cistifellea è piriforme, contiene bile verde-scura.
Numerosi condotti epato-cistici si gettano direttamente in que-
sta vescicola in fasci separati, in alcuni dei quali confluiscono
in tronchi prima dello sbocco, in altri fasci i singoli condotti
si aprono nella sua cavità, ognuno per conto suo. È notevole
che il condotto cistico non è in continuazione con l’estremità
ristretta della vescicola biliare, invece scorre su di essa, attac-
cato alla sua parete e comunica immediatamente col duodeno
senza staccarsi in una porzione libera. Lo stomaco è conico
tuboloso, ‘a sinistra, dove si congiunge con l’esofago si stacca
un breve fratfo pilorico. L’intestino è a destra, non ripiegato
ed ha la stessa lunghezza dello stomaco. Tutti e due sono
congiunti alla vescica natatoria da una duplicatura. La milza
si trova al disopra dello stomaco e dell’intestino, aderente a
questi organi per briglie di tessuto, da un poco dietro l’ori-
gine del duodeno si allunga per 48 millim. con una larghezza
massima di 13 millim., è di colore oscuro. Gli ovarii sono gros-
sissimi, bianchi, il sinistro in avanti si prolunga fino al dia-
framma, il destro si arresta un poco più indietro. In corri-
spondenza della vescica natatoria si attaccano a quest’organo
col loro margine interno. Posteriormente si continuano in un
prolungamento del cavo addominale al di là dell’orificio geni-
tale. La loro faccia inferiore presenta pieghettature trasver-
sali che scompariscono allorchè si distende e allora diviene
liscia. La faccia opposta è frangiata cioè sollevata in nume-
rose pieghe trasversali, parallele, intiere, non intagliate al
margine, alte 3 1/2 cm. Gli spazii laminari esistenti tra le due
opposte membrane che formano una piega e gli spazii anche
chiusi da due opposte membrane i quali intercedono tra la
106 Luigi Facciolà
base di una piega e quella di un’altra sono pieni zeppi di
uova sferiche semitrasparenti (semimature), di varia grandezza
e di cui le maggiori e più comuni hanno 1 millim. di diame-
tro. Mancano gli ovidutti e le due glandole sboccano diretta-
mente nella vescica urinaria in cui passano le uova per venire
fuori dell’orificio uro-genitale situato dietro l’ano. Un pezzetto
dell’ ovario stropicciato tra le dita non lascia untuosità. La
vescica natatoria è collocata sopra la metà anteriore del cavo
addominale, è corta e di forma ovale, la sua estremità ante-
riore si trova a tre dita trasverse dietro l'origine del piloro.
Quest’organo ha le pareti spesse, formate di due tuniche, di
cui l'esterna argentina. |] suoi corpi rossi si trovano sulla parete
inferiore e sono discoidali e compatti. Da essi emanano fasci
di capillari a guisa di braccia. Tra i due corpi detti o gan-
gli vascolari si vede l’orificio del condotto pneumatico, il quale
condotto si trova compreso tra le due tuniche della vescica
natatoria. Esso si dirige obliquamente a sinistra, indi lasciata
la vescica scorre lungo il lato sinistro della doccia formata
dalle apofisi emali ‘e va a sboccare nell’ esofago. È intestini-
forme, ha le pareti lasse, distendibili onde pare che si presti
ad essere riempito e dilatato dai gas, ha 1 cm. di larghezza
e in avanti anche di più. I reni cominciano dietro il diaframma
alquanto cilindrici, in direzione dell’ estremità della vescica
natatoria sono già assottigliati a guisa di nastrino e molto
sparuti, posteriormente vanno sempre più ingrossando e die.
tro l’ano formano insieme un corpo voluminoso, affusato, rive-
stito da capsula fibrosa.
Il pesce di cui ho esibito i caratteri che potei rilevare è,
come dissi in principio, somigliantissimo sì nell’abito esteriore
che nella forma e disposizione della maggior parte dei visceri,
al Conger vulgaris. Tuttavia poste in confronto le due specie
si osservano differenze di cui alcune di minor conto, altre di
maggiore rilievo, ma che importa notare tutte. Nel pesce che
ho descritto la narice anteriore è più corta e rotondata e però
gs
Una nuova specie di grosso “ Conger,, 107
più a forma di ampolla che tubulosa, l’occhio è più rotondato
e il suo diametro cape 2 volte e 2/3 nello spazio interorbi-
tario, 2 volte e 1/2 nella Junghezza dello spazio preorbitale
cioe del muso, il quale è più ristretto sull’estremità e le due
mascelle hanno uguale lunghezza. Nel C. vu/garis l occhio è
più allungato, più vicino al profilo, entra 1 volta e un poco
più nello spazio interorbitario, 2 volte nella lunghezza del
muso, il quale è più ottuso e la mascella inferiore è un poco
più corta della superiore. I labbri nel mio pesce sono più stretti
e il superiore di essi nel suo terzo anteriore forma una medio-
cre convessità in alto, nel C. vulgaris sono più sviluppati e
alla detta convessità corrisponde sul contorno inferiore una
convessità simile che manca completamente nell’altro. Il numero
e la disposizione dei grossi pori del capo che potrebbero sem-
brare soggetti a variare, non differiscono nei due pesci per
sito e per numero. È anche notevole la comune presenza delle
tre piegoline cutanee parallele sulla punta del muso, le quali
non si riscontrano in nessuna delle altre specie dei nostri
Murenoidi. I denti nel mio pesce sono meno sviluppati di
quelli del C. vu/garis, nel quale inoltre gli esterni delle due
mascelle sono fitti come i denti stretti di un pettine e for-
mano una specie di lamina lungo i lati. Nel mio pesce la por-
zione cefalica della linea laterale è moderatamente curva, nel
C. vulgaris è in continuazione orizzontale col rimanente di
essa e però più in basso del profilo. Gli ovarii che nel
C. vulgaris non vanno più innanzi dell’ origine dell’ intestino
propriamente detto ed hanno le pieghe più o meno profonda-
mente intagliate, nell’altro abbiamo visto che si prolungano
fino all'estremità anteriore del cavo ventrale e le loro pieghe
trasversali o frangie sono intiere. Nel mio pesce è inoltre
caratteristica la presenza di più che 30 condotti epato-cistici
che sboccano direttamente nella vescicola biliare e l'intestino
propriamente detto è più largo, specialmente nel suo tratto
duodenale. Ma una differenza importantissima tra i due pesci,
108 Luigi Facciolà
la quale basterebbe da sè sola a far distinguere il pesce che
ho annunziato dal comune congro, risiede nella vescica nata-
toria che è corta e carnosa mentre in quest'ultimo è affusata.
sottile e trasparente. Anche la disposizione dei suoi corpi
rossi è diversa poichè nel comune congro sono costantemente
sul lato sinistro dell'organo e perciò asimmetrici rispetto al
corpo dell’animale e nel mio pesce si trovano sulla parete
inferiore oltrechè hanno maggiore compatezza. Infine il con-
dotto pneumatico che nel mio pesce. somiglia a un intestino
per essere sviluppatissimo, nel congro comune non è facile
trovarlo e prepararlo. Volendo allon:anare dal mio animo ogni
sospetto di una possibile identità di specie fra i due pesci
mi volli assicurare se mai le diîferenze morfologiche offerte
dalla vescica natatoria nei due animali fosse in relazione con
l'età, vale a dire se mai da sottile e afiusata che sia negli
esemplari poco adulti del C. vulgaris prendesse in seguito
l'aspetto e la forma che presentava. nell’altro, Il risultato di
questa ricerca fu che anche nei più cresciuti del C. vulgaris
la vescica natatoria conserva i caratteri che ha nei giovani.
Non è il caso di pensare a una differenza sessuale seconda-
ria, che è possibile trattandosi di quest’organo, poichè il mio
pesce era una femmina, del quale sesso sono pure tutti i sog-
getti del C. vulgaris che comunemente si ritirano dalle acque.
Mi rimane a dire delle uova. Nei soggetti del congro comurie
che hanno presso a poco la statura del mio pesce, le uova
sono così piccole che riesce malagevole distinguerle con l’oc-
chio inerme ed anche nei soggetti che hanno raggiunto le
maggiori dimensioni e il peso di 30-34 Kil. il diametro delle
più grosse è di 0,mm 190, invece nell'altro pesce sono quanto
quelle della Murena. Ho detto che l’ovario non lascia untuo-
sità alle dita, quale si ha da quello dei grossi soggetti del
C. vulgaris, onde il volgo erroneamente crede che questa glan-
dola è un grasso bianco. Tale effetto deriva da metamorfosi
oleosa che subisce il contenuto di alcune cellule omologhe a
eee ie LI
SE AS pei < i ese, =
Una nuova specie di grosso “ Conger » 109
quelle che poi divengono uova, le quali perciò quando sono
formate si vedono separate da interstizii. Nell’altro pesce non
avendo luogo questa metariorfosi le uova si trovano stipate.
Considerando il numero sterminato delle uova che si pro-
ducono nei due voluminosissimi ovarii di questo pesce dovremmo
aspettarci che esso debba essere almeno mediocremente comune
e mondimeno è così raro che in molti anni di ricerche è stato
da me avvertito due sole volte. Ma di questo caso abbiamo
altri esempii in ittiologia. I suoi stati embrionali liberi si devono
trovare tra gli esemplari di Leptocephalus stenops Kaup e
L. Morrisii Gen., ma è impossibile poter distinguere quali
tra questi esemplari spettano ad esso e quali al ’. vu/garis,
almeno che non vi sia un notevole divario nel numero delle
vertebre, ciò che mi pare improbabile perchè in molti indi-
vidui dei due sunnominati leptocefali, che una volta presi a
studiare, il numero dei miomeri, i quali corrispondono ad
altrettante vertebre non ancora formate nel L. stenops e quello
degli abbozzi di questi corpi nel L. Morrisii, variava sempre
da 154 a 156, tante essendo le vertebre nel C. vu/garis. Del genere
Conger propriamente detto (Leptocephalus Gronow) si cono-
scono altre tre specie, esotiche. All’unica specie nostrana va
ora aggiunta, secondo ne penso, la specie Senradeschiffas, alla
quale do il nome di C. simulatus.
N. B. — Di quest’ultima ho rilevata la figura del capo,
di grandezza naturale, e mi riservo di pubblicarla nella mia
Ittiologia del mare di Messina insieme a quella che prenderò
dell’intiero corpo quando, come spero, mi si presenterà
qualche individuo completo.
Su tre mascellari umani
aventi l’antro del Highmoro diviso
Nota del socio Prof. Dott. Uco G. Vram.
25 Maggio 1913.
Fra gli avanzi scheletri delle tombe dell’epoca repub-
blicana scoperte a Ostia m’accadde di trovare tre mascellari
nei quali l’antro del Highmoro era in differente maniera diviso
in seni secondari.
Dato l' esiguo numero di mascellari aventi questa parti-
colarità decisi di presentargli a questa adunanza.
Il primo è un mascellare sinistro; la sua larghezza mi-
surata sull’ orlo dell’apofisi palatine è di 42.4 mm.; la lun-
ghezza (proiezione dell’arcato alveolare) è di 49.5 mm. e l’al-
tezza dal punto alveolare aila sommità dell’ apofisi ascendente
è di 61.5 mm. — La lungbezza dell’antro è di 36.0 mm. e l’al-
tezza di 25.0 mm. — Nell’angolo anteriore superiore in corri-
spondenza del canale lagrimale niotasi un piccolo seno il quale
è diviso dal rimanente dell’antro da una parete di 9.0 mm.
(fig. 1 a), che va dalla faccia interna della parete superiore
a quella della parete messiale e si congiunge a questa al-
l'altezza dello sbocco inferiore del canale lagrimale; questo
seno sboccava probabilmente nell’apertura dell’antro. Al lato
esterno trovasi fra le laminette della parete superiore un altro
piccolo seno della grandezza di un grano di miglio.
Null’altro di speciale presenta questo mascellare, che ha
Ja faccia anteriore piana.
Pror, UGO G. VRAM. -—- Su tre mascellari umani aventi l’antro dell’Highmoro diviso.
Su tre mascellari umani 11l
Il secondo press’a poco della grandezza del primo è pure
un mascellare sinistro, nel quale l’antro del Highmoro è diviso
in due porzioni, una anteriore (fig. 2 d), ed una posteriore
(fig. 2 c), da una lamina ossea (fig. 2 b), chè discende dalla
faccia interna della parete superiore fino all'ultimo quarto
della parete anteriore; questa parete possiede nella parte più
alta un piccolissimo seno dovuto a distacco delle lamine.
Il terzo è il mascellare destro corrispondente al prece-
dente. L'antro è diviso in due cavità, una posteriore (fig. 3 f),
una anteriore (fig. 3 h), da una parete ossea (tig. 3 e),
curva con convessità posteriore; questa convessità fa sì che
la suddetta porzione dell’antro è larga inferiormente e supe-
riormente e ristretta alla metà della sua altezza. La porzione
anteriore dell’antro (fig. 3 h) è parzialmente divisa in due
seni secondari, uno piccolo superiore (fig. 3 1), e uno piu
grande inferiore (fig. 3 g), la parete che gli divide e che
parte dall'angolo superiore esterno dell’ antro e formata da
un rigonfiamento dovuto al distacco di due lamine ossee, e
termina arrotondata a metà larghezza dell’antro stesso, si con-
giunge posteriormente con la già descritta parete: e s’allarga
a mo’ d’imbuto verso la parete anteriore dell’antro alla quale
si attacca.
Questa parete rigonfia e attraversata da un canale che
sbocca sul pavimento dell’orbita nell’apertura del seno in-
fraorbitale (fig. 3 i), e sulla faccia esterna del mascellare dal
foro canino, senza dubbio questo canale conteneva l’arteria
infraorbitale. La parete esterna è concava.
Come dissi, la letteratura su casi di divisione di antri
del Highmoro non è ricca: il primo a descrivere un caso è
stato il Haller, Soemmerig ne fa cenno come pure si trovano
accennati in vari trattati di anatomia Hyrtl, Chiaruggi. Ro-
miti, Valenti ed altri.
112 Ugo G. Vram
W. Gruber trovò fra duecento crani cinque che avevano
antro del Highmoro diviso, in un solo cranio si trovavano
divisi tutti i due antri, E. Zukerhandl descrive tre casi di
antri del Highmoro divisi.
In quelli descritti dal Gruber ambo le parti dell’antro
comunicavano con la cloana media mentre in quelli del Zu-
kerhandl i seni comunicavano separatamente or con una or
con l’altra delle cloane.
Il Zukerhandl spiega la formazione di parete divisorie del-
l’antro del Highmoro come ossificazione di sepimenti della
capsula nasale.
Nei casi da me descritti non è possibile, dato lo stato
dei mascellari, di determinare esattamente quale fosse il sito
di sbocco e se fosse comune alle cavità risultanti dalla di-
visione dell’antro. Quanto all’origine delle pareti divisorie, pur
accettando l’ ipotesi dello Zukerhandl per certi casi, bisogna
ammettere anche altre maniere di formarsi.
Nel terzo caso da noi descritto, l'origine della parete ri-
gonfia che divide la parte anteriore dell’antro è certamente
dovuta ad un mutato percorso dell'arteria infraorbitaria e
degli elementi che accompagnano.
Dato l’esiguo numero di casi non azzardo a porre in re-
lazione l’ interna conformazione del seno mascellare con la
più o meno accentuata concavità della parete esterna, certo
è una relazione degna d'’ indagini.
I '‘ROSbbERERI
nel plankton del lago di Bolsena
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
dal socio Dott. NicoLa DE LEONE.
Per consiglio del mio illustre amico e maestro prof. Decio
Vinciguerra, mi accinsi a studiare il plankton del lago di Bol-
sena e più specialmente a determinare le specie di rotiferi
che ivi si riscontrano.
Il plankton si cominciò a raccogliere nel luglio 1905 e la
raccolta fu pro.eguita regolarmente di mese in mese fino al-
l'ottobre del 1906.
Non ho pubblicato prima d’ora il lavoro nella speranza
di completarlo con altre faune dei laghi laziali, speranza che,
per avverse circostanze, andò delusa.
Lo studio dei rotiferi mi riusciva singolarmente interes-
sante specie per il loro alto valore filogenetico poichè, come
è noto, essi somigliano nella loro struttura a molte forme
embrionali di tipi superiori, così, ad esempio, alla larva di
Lowen, ad alcune larve di echinodermi, al Veliger. Inoltre lo
studio della limnologia, il cui programma fu lucidamente
esposto dal Forel nella conferenza di Fiedrichshafen, incitava
a soddisfacenti ricerche.
Il perimetro del lago di Bolsena è, secondo il Perrone,
di kmq. 42.94 e la superficie totale, comprese le isole, di
kmq. 114.600, con profondità rilevanti.
Le specie da me riscontrate sono in tutto tredici, apparte-
nenti a nove famiglie ed a due ordini, ma è necessario tener
presente che ho tenuto conto di sole specie schiettamente
planktoniche. Esse sono ripartite come appresso:
114 Nicola de Leone
Ordine: PLOIMA.
Sott.: ILLORICATA.
Fam.: Asplanchnadae.
Questa famiglia è caratteristica perchè possiede una
struttura piuttosto regredita, come chiaramente appare dal
fatto di avere lo stomaco cieco onde le materie di rifiuto ven-
gono eliminate dalla bocca, mancando tanto |’ intestino che
la cloaca. |
Gen. Asplanchna, Gosse.
In questo genere la corona si presenta con due eminenze;
l'apparato boccale non presenta il mastax; lo stomaco non
è soverchiamente grosso, ma di figura arrotondata. Tutte le
specie che vi appartengono sono vivipare.
A. Priodonta, Gosse.
Questa specie non può dirsi comunissima ma è facile a
rinvenirsi nel lago di Bolsena. Il suo corpo ha una forma ad
otre, piuttosto arrotondato alla estremità posteriore. La parte
anteriore con le due eminenze della corona, le quali non sono
ottuse ma neanche molto aguzze, conferiscono un aspetto
ogivale dolcemente smussato. L’apparato boccale risulta di
rami che si allargano a tanaglia, avendo le estremità perfet-
tamente libere.
Fam.: Synchaetadae.
I rotiferi di questa famiglia hanno forma piuttosto co-
nica, ed hanno un piccolo piede a tanaglia. La corona può
essere fornita di rilievi portanti setole. Il mastax è notevol-
mente sviluppato e l’ apparato boccale è del tipo forcipato.
Gen. Sinchaeta, Ehrenberg.
Corrisponde. ai caratteri della famiglia, ma è princi-
palmente caratterizzato dalla presenza di due eminenze ante-
riori fornite di ciglia.
I rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 115
S. Pectinata, Ehrenberg.
Il corpo di questo rotifero ha l’aspetto di un cono di cui
la base è la parte anteriore e l’apice la parte posteriore rap-
presentato dal piccolo piede a tanaglia. La base del cono, la
corona, si presenta convessa e quasi emisferica: questa parte
porta due prominenze fungiformi, che sono fornite alla loro
superficie esterna di ciglia numerose. Un po’ più allo esterno
di queste prominenze si scorgono delle punte in numero di
un paio per ogni lato. Al punto in cui termina la corona e
comincia il cono, vi sono due larghe auricole laterali con ci-
glia, ed anzi queste danno al corpo una speciale fisonomia
per cui è impossibile confondere questo rotifero con qua-
lunque altro.
Fam.: Triarthradae.
I rotiferi spettanti a questa famiglia sono essenzialmente
caratterizzati dal fatto di possedere degli arti adatti al salto
e dalla mancanza di un vero piede nel senso in cui si adopra
tale espressione pei rotiferi.
Gen. Polyarthra, Ehrenberg.
La forma del corpo è generalmente rettangolare; è pre-
sente sempre un certo numero di spine riunite in fascetti;
apparato boccale del tipo forcipato, un solo occhio.
P. platyptera, Ehrenberg.
Questa specie è ben caratteristica e difficilmente può
venir confusa con altre. Al microscopio il corpo appare di
figura grossolanamente rettangolare, leggermente arrotondato
alla parte anteriore verso l'apparato boccale e tronco bru-
scamente alla parte posteriore. Le appendici, che sembrano
avere uno stelo centrale, sono poi appiattite agli orli che si
allargano a lama, presentando un largo margine con orlo
dentato a sega. L'apparato boccale è visibilmente del tipo
pi dea PARTI SII
TLT: RAT, + VETANE,
dt
i
2°
116 = Nicola de Leone -
forcipato. Le spine sono sempre in numero di dodici. È uno
dei rotiferi più comuni ed abbondanti nel plankton del Lago
. di Bolsena. i i 6h
Gen. Tryarthra, Ehrenberg.
- Là forma è alquanto diversa e tacilmente riconoscibile
poichè, a differenza della polyarthra si presenta un po’ gonfia
alla parte posteriore. Le spine non sono più riunite in fa-
scetti ma inserite singolarmente. Gli ‘occhi sono due. L’ap-
Fado boccale è del tipo malleo-ramato.
T. longiseta, Fhrenberg.
Questa è certamente la specie più rara e meno da
dante nel nostro plankton poichè in materiale preso per oltre
un anno, regolarmente, non è stata trovata che una sola volta
ed un solo individuo, in una pescata a dieci metri di pro-
fondità ed a quattro km. dalla costa, nel mese di ottobre. È
assai caratteristica e la si ricono ce a prima vista. Il suo
corpo ha forma di calice irregolare, non molto allungato.
Porta tre spine caratteristiche, di cui una lunga quasi quattro
volte il corpo e le altre due più brevi. La spina più lunga
mi è sembrata leggermente seghettata ad uno degli orli, ma
per questa specie io non ho preparati di confronto nè mi è
stato possibile procurarmene degli altri esemplari freschi.
L’apparato boccale è del tipo malleo-ramato..
Fam.: Hydatinadae.
Le specie che si ascrivono a questa famiglia hanno forma
assai diversa tra loro ed il loro corpo è ora conico, ora ar-
rotondato ad otre. Il piede è forcuto, ora breve, ora lungo.
Gli occhi possone mancare. Sono forniti di una doppia corona
di ciglia.
Gen. Hydatina, Ehrenberg.
Corpo a foggia di cono al cui apice sta il piede, il quale
è breve. Mancano gli occhi.
Dott. NICOLA pe LEONE. —- I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena.
<& Is \
4 È i
"= 49 \
rr \ Mondo”
grana DE
> ut -
/
Le Asplanchna priodonta, le Pterodina patina.
o Synchacta pectinata 9, — Pompholix complanata
4 Polyarthra platyptera in Brachionus urceolaris,
4. Thriarthra longiscta Ii, — Anuraca cochlearis: a) tipo bra
5. HyAdatina senta. chimarao: hi tino dalleamarana
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 117
H. senta, Ehrenberg.
È una delle specie meno comuni e meno abbondanti nel
plankton di Bolsena.Il suo corpo è ovale, piuttosto allungato
e leggermente conico alla parte posteriore. Il piede è in con-
tinuazione dell'asse longitudinale del corpo, non molto ro-
busto e terminato a tanaglia. La parte anteriore è tronca,
ma non bruscamente. L’apparato boccale è del tipo malleato.
Gen. Notops, Hudson.
Corpo arrotondato e gonfio a forma di otre. Il piede è
retrattile sulla parte ventrale. Presentano un occhio.
N. hiptopus, Ehrenberg.
Questa specie è abbastanza comune. Ha la figura di un
ogivale poco allungato e troncato nella parte anteriore, ove
si vede emergere la corona delle ciglia, semplice. Il piede,
con articolazione a cannocchiale, esce dal lato ventrale in
posizione assai posteriore ed è retrattile completamente nel
corpo; è terminato da una tanaglia fatta di due branche ro-
buste. L'apparato boccale è del tipo forcipato.
S ott ORI CASTA:
Fam.: Rattulidae.
Presentano corpo allungato, con una corazza liscia ed
arrotondata aperta solo alle due estremità, apparato boccale
molto sporgente e disuguale. Un occhio solo è presente.
Gen. Mastigocerca, Ehrenberg.
Il corpo si presenta molto allungato e con qualche lieve
sinuosità.
Nella parte posteriore hanno uno stilo alla cui base
stanno degli altri piccoli stiletti accessori. La corazza pre-
senta dorsalmente una cresta poco sensibile.
118 Nicola de Leone
M. carinata, Ehrenberg.
La figura generale del corpo è molto allungata a fuso,
ma presenta alla vista un margine quasi del tutto diritto ed
uno opposto curvo fortemente a carena con un angolo di
curvatura maggiore verso la parte posteriore in prossimità
dello stilo, il quale è uguale in lunghezza a circa una volta
ed un quarto del corpo. Secondo gli autori alla base di questo
stilo ve ne dovrebbero essere degli altri più minuti, ma io
devo confessare che non mi è riuscito di vedere questi stili
secondari anche a notevolissimi ingrandimenti. Non molto
abbondante.
Fam.: Pterodinadae.
La corazza è intera; se hanno un piede questo è retrat-
tile, con pieghe trasversali e presenta alla sua estremità li-
bera una specie di ventosa, i cui orli sono muniti di ciglia.
L'apparato boccale è del tipo malleo-ramato.
Gen. Pterodina, Ehrenberg.
Il genere è caratterizzato dalla presenza di un piede. Si
tratta di rotiferi di aspetto schiacciato, tondeggiante e leg-
germente allungato.
P. patina, Ehrenberg.
Questo rotifero è facilmente determinabile perchè la sua
corazza è di figura quasi circolare. Inoltre al microscopio ap-
paiono benissimo le sue ghiandole gastrali molto cospicue.
Quasi tutti gli individui restano tuttavia nella preparazione
col piede interamente retratto, tanto che non mi è stato pos-
sibile vederlo che in minima parte.
Nel plankton di Bolsena è piuttosto scarso e non facil-
mente trovabile, però si presentò più comune in plankton di
superficie.
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 119
Gen. Pompholyx, Gosse.
La corazza assume l’aspetto di un otre; il piede è as-
sente; questi ro.iferi conservano le loro uova attaccate dopo
che lejhanno emesse.
P. complanata, Gosse.
È questa una tra le specie abbastanza difficili da rico-
noscersi, somigliando assai ad altre specie. Praticamente si
può determinarla nelle preparazioni microscopiche perchè ap-
parisce con corpo di figura rotonda come un otre o meglio
come un ogivale con asse maggiore accorciato, troncato alla
estremità anteriore da cui fuori esce la corazza. L’orlo pre-
senta inoltre delle eminenze ottuse.
È abbastanza abbondante nel plankton di Bolsena ed è
una delle specie che mi dettero più da fare per la sua de-
terminazione.
Fam.: Brachionidae.
Il corpo ha forma di orciuolo e la corazza è aperta ai
due estremi ove si notano delle eminenze. Il piede è cospicuo,
terminato da una tanaglia a due branehe e si presenta con
pieghe trasversali.
Gen. Brachionus, Ehrenberg.
Il corpo si presenta rigonfiato da due parti; il piede è
terminato da tanaglia con piccole branche.
B. urceolaris, Ehrenberg.
Questa specie, oltre che dalla sua forma a calice rigonfio,
anzi, come esprime felicemente il suo nome, ad orciuolo, è
caratterizzata dalla robustezza del piede, terminato a tanaglia
e rigato trasversalmente in tutta la sua lunghezza da rughe
profonde, ad anello. La parte cefalica è bruscameute tronca
e la corazza forma sei punte che lasciano tra loro avvalla-
j
Ao
o;
mei
-
Pi
Gi
fl
%
120 Nicola de Leone
menti poco profondi meno quello centrale che è più ristretto
ma molto profondo. Non è molto frequente nè abbondante.
Fam.: Anuraeadae.
Hanno forma di calici e portano sempre eminenze sulla
parte anteriore e posteriore della corazza. Non sono forniti
di piedi.
Gen. Anuraea, Gosse nec Ehrenberg.
La corazza ha forma di un calice snello con eminenze
spiniformi nella parte anteriore. Anche essi portano le loro
uova attaccate.
A. Cochlearis, Gosse.
Questa comunissima ed elegantissima specie non può es-
sere confusa con alcun’altra per la forma ben caratteristica
che essa possiede. Può paragonarsi al calice di un fiore cam-
panulato o addirittura ad una campanella di quelle che si so-
spendono al collo degli animali. La campanella porta al suo
orlo aperto delle spine corte ed ineguali tra loro in numero
per lo più di sei. La parte posteriore è terminata da una
spina lunga e sottile che eguaglia presso a poco in lunghezza
il corpo.
Questa specie si presenta con varii aspetti che senza
troppo sottilizzare si possono ridurre a due tipi: brachimorfo
e dolicomorfo.
Gen. Notholca, Gosse.
Corona a forma di calice conico talvolta con asse molto
allungato e sempre portante eminenze spiniformi.
N. Longispina, Kellicott.
Anche questa bella specie non può venir confusa con
alcun’altra. Essa presenta corpo caliciforme ; la corazza è al-
lungata verso la parte posteriore a formare una spina tal-
volta assai più lunga del corpo, di solito dritta o leggermente
incurvata. La parte cefalica del calice è bruscamente tronca
Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena SM),
e porta delle spine in numero di sei, di cui una è sempre la
più lunga ed eguaglia o sorpassa la lunghezza del corpo,
altre due sono pure molto allungate ma non raggiungono la
prima e le altre tre sono corte e spesso anche abortite. Le
tre spine anteriori lunghe sono quasi sempre leggermente
falciformi specie alla base.
Contrariamente a quanto si ritiene ho potuto constatare
che questa specie spessissimo porta le uova dopo averle
espulse, ciò che ho principalmente riscontrato negli individui
del plankton pescato nell’ottobre.
E comunissima e spesso abbondante.
Ordine: SCIRTOPODA.
Hanno membra articolate adatte pel salto e la loro co-
rona ciliare serve loro pel nuoto.
Fam.: Pedalionidae.
Le appendici articolate sono in numero di sei; la corona
presenta nella parte anteriore due lobi. L'apparato boccale è
del tipo malleo-ramato.
Gen. Pedalion, Hudson.
Si distinguono facilmente perchè hanno posteriormente
sulla parte dorsale due stiletti con ciglia. Le appendici sono
appaiate.
P. mirum, Hudson.
Il corpo ha la forma di un cono ad asse accorciato di
cui l'apice è rappresentato dalla parte posteriore del rotifero.
La parte anteriore ossia la base del cono, non è tronca ma
presenta due lobi guarniti di fitte e numerose piccole ciglia,
I sei membri che si presentano disuguali tra loro sono inse-
riti quasi alla stessa altezza sul corpo e terminati alla estre-
mità distale da un lungo ventaglio di lunghe setole che talvolta
appaiono binate.
:
-
l
122 Nicola de Leone
È tra i rotiferi più comuni ed abbondanti nel plankton
di Bolsena.
Esposto così quali sono gli ordini, le famiglie e le specie
riscontrate, ecco ora un riassunto dei risultati delle varie
pescate:
— 24Luglio 1905.
A metri 500 dal limnografo (verso l’isola Bisentina);
pesca di superficie: Anuraea coclearis, Polyarthra platyptera,
numerosi Brachionus urceolaris, Asplanchna priodonta, Peda-
lion mirum, Notholca longispina. In questo plankton abbon-
dano i Nauplius.
A metri 150 dal limnografo (verso l’isola Bisentina), su-
perficie; piankton abbondantissimo di rotiferi, forse il più
abbondante: Pedalion mirum, Anuraea coclearis, Pterodina pa-
fina, Synchaeta pectinata, Polyarthra platypthera, Pompholix
complanata.
Profondità M. 5. Anche qui straordinaria abbondanza di
rotiferi: Polyarthra platypthera, Notops hiptopus, Pedalion
mirum, Asplanchna priodonta, Anuraea coclearis. Abbondano
anche in questo plankton le alghe diatomeae ed ispecie la
Fragilaria crotonensis Edw. e la Synedra acus, Grun.
— 27 Agosto ore 1.
Pesca di superficie in prossimità del canneto all’ ingiro.
Plankton scarso: alghe, aracnidi, qualche rotifero tra cui la
Polyarthra platypthera.
A metri 300 dal limnografo verso Martana; pesca di su-
perficie: non molti rotiferi: è più abbondante di ogni altra
la forma Pedalion mirum. Pesca di profondità a metri 12. Il
materiale portato da questa pescata appare alla osservazione
più accurata senza alcuna traccia di fauna planktonica.
— 24 Settembre ore 4 ‘/,.
Lungo i canneti. Plankton portato vivo in acqua con
uranina. Scarso numero di rotiferi: qualche Synchaeta tremula
ed Anuraea coclearis.
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 123
— 25 Settembre ore 11.
A metri 1200 dal limnografo verso Isola Martana. Pesca
a metri 10 di profondità. Temperatura superficie 22,5 cent. a
metri 3= 22,5. Questo plankton sembra scarsissimo di roti-
feri: Notholca longispina. Oltre i rotiferi vi è il Ceratium hi-
rudinella.
A metri 1200 dal limnografo e ad un metro di profon-
dità. Pochi rotiferi tra cui la Notholca longispina.
Da metri 1000 alla spiaggia; pesca di superficie.
Plankton mancante di microfauna.
— 28 Ottobre ore 12.
Plankton pescato nella croce formata dalla linea che unisce
l'isola Bisentina con Bolsena e quella che unisce Montefia-
scone con Grotta di Castro.
Superficie: Notholca longispina, Anurea coclearis, Syn-
chaeta tremula, Pedalion mirum. Inoltre vi è il Ceratium hi-
rudinella.
A 15 metri di profondità. Plankton assai ricco di rotiferi
con qualche crostaceo. Sono in preponderanza le Anuraea ed
abbandano anche le Notrolca longispina. Oltre i rotiferi vi è
qualche Ceratium hirudinella che nella fauna pelagica dei
laghi sembra accompagnare quasi costantemente i piccoli
crostacei,
— 29 Ottobre ore 12.
Plankton pescato sulla linea Bolsena — isola Bisentina
ad un quarto della distanza verso Bolsena. — Superficie.
Anuraea coclearis.
Profondità M. 15. Plankton notevolmente somigliante a
quello del 28 ottobre. Anuraea coclearis, Pedalion mirum No-
tholca longispina, Synchaeta pectinata.
— 27 novembre, ore 11.
Sulla linea Bisentina — Punta Cirritella a due km. dalla
spiaggia verso il limnografo fino alla distanza di un km. Con
metri 10 di corda. Abbondano i rotiferi tra i quali in gran nu-
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124 Nicola de Leone
mero la Polyarthra plathyptera, l’Anuraea coclearis e la Ma-
stigocerca carinata.
Ore 15. Sulla linea Bolsena-S. Magno a km. 4 dalla spiag-
gia, pesca di superficie. Plankton con scarsi rotiferi. Si ri-
scontrano soltanto alcune Polyarthra plathypteru e varie Anu-
raea coclearis.
Pesca con 30 m. di corda Plankton abbondante di ro-
tiferi:in preponderanza Polyarthra plathyptera alcuni crostacei,
aracnidi etc.
— 29 dec. ore 14-15 1/2 temp. 9,9.
Lago agitato, pioggia e vento di sud-est. Pesca a 5 metri
di profondità e di superficie sulla linea Bisentina-Limnografo
a Km. 4 dalla sponda.
Scarsi rotiferi: Polyarthra platyptera.
— 30 dec. Temp. sup. 9, 4; a i/2 m. 9, 4j a 3m. 9, 4.
Nebbia fitta, Iago calmo. Sulla linea Bolsena-Valentano,
a Km. 7 da Bolsena. Superficie lungo il canneto. Plankton
quasi esclusivamente costituito da alghe bacillariaceae coi
generi Cimbella e Pleurosigma. Vi è inoltre Synedra acus, qual-
che crostaceo e niente o quasi rotiferi.
A metri 3 di profondità : rotiferi assenti.
A 50 metri di corda: Entomostraci, Staurastrum, Fragila-
ria; sono assenti i rotiferi.
— Gennaio 29. Lago calmo. Temperatura alla sup. 7, 9;
a m. 50= 38; ore 10. Sulla linea Bisentina Bolsena a Km. 2
dall'Isola Bisentina. Pesca di superficie. Entomostraci, ma sono
assenti i rotiferi forse a causa della troppa luce.
A 10 m. di profondità.
Staurastrum, entomostraci, pochi rotiferi del genere: Peda-
lion mirum.
A 50 m. di profondità.
Staurastrum, pochi rotiferi.
— Gennaio 28; ore 14; cielo sereno, lago calmo.
n = Tae PE
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 125
A 5 Km. da Bolsena in direzione dell’ isola Martana, a
m. 50 di profondità. Plankton ricchissimo di entomostraci e
di rotiferi soliti.
Alla superficie. Sono assenti i rotiferi e gli entomostraci.
In prossimità del canneto: scarsa. microfauna ma vi è
qualche rotifero: Polyarthra plathyptera.
— 26 febbraio ore 12 1/2; lago tranquillo.
Sulla linea Bolsena-Bisentina a circa 6 Km, Superficie ;
Temp. 7,15. Entomostraci, rotiferi assenti.
Profondità m. 25 temp. 7. Mancano i rotiferi; staura-
strum.
Ore 13. Linea Bolsena-Bisentina da Km. 1/2 ad 1 172; su:
perficie. Temp. 7,15 Crostacei, Fragilaria; Staurastrum; i roti-
feri sono assenti.
Profondità m. 10. Plankton ricco di crostacei e di alghe
specie dello Staurastrum gracile; rotiferi assenti.
— 31 marzo lago agitatissimo ; la pesca non fu possi-
bile che lungo la costa in prossimità di Bolsena. Lungo il
canneto a m. 15-50 dalla spiaggia, a sinistra del limnografo:
Staurastrum, Entòmostraci, Fragilaria; tra gli scarsi rotiferi
il Pedalion.
Idem a destra del limnografo: Pedalion mirum ; idem a
150 m. dalla spiaggia : Crostacei, alghe (Synedra, Staurastrum,
Asterionella gracillima): tra i rotiferi Pedalion mirum.
— 28 aprile. Lago increspato da scirocco ; ore 7 1/2 sulla
linea Bolsena-Martana a chilometri 3. Superfîcie. Temperatura
11,8: Fragilaria, Staurastrum, pochi rotiferi tracui il Pedalion.
Idem linea Bolsena-Martana a Km 4: 2 m. di corda;
ore 8. Staurastrum, Fragilaria, pochi rotiferi.
Id. ore 11: a sinistra del limnografo, lungo la spiaggia,
da m. 200 a 400 dalla costa. dopo la foce del Melone: tem-
peratura 12,4: Pedalion mirum.
— 26 maggio: pescata di superficie intorno all’ Isola
Bisentina, ore 11,15 temperatura 18°: abbondano le alghe Chlo-
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126 Nicola de Leone
roficeae con la forma Staurastrum gracile. Pochi rotiferi:
Pedalion mirum, Notholca longispina, Asplanchna,
Id. Superficie, sulla linea Bolsena-Bisentina, da Km. 2 a
Km. 4 dall’isola, ore 13 temperatura 18°: Staurastrum, Fragi-
laria, nè crostacei, nè rotiferi.
Id. ore 13 1/2: Tem. 18°. 30 m. di corda, sulla linea Bol-
sena-Bisentina da Km. 4 a Km. 5 dall'isola. Straordinario
numero di rotiferi e crostacei. Vi abbonda l’Anuraea cochlearis.
— 27 maggio; ore 10 Temp. 16,5; 20 m. di corda a
1 Km. da Bolsena verso l’Isola Bisentina: scarsi i rotiferi.
Id. ore 91/2 Superficie: a 1 Km. da Bolsena verso Marta:
microfauna assente.
— 29 giugno ore 15. Temp. 23 Direzione Martana-Bol-
sena a 2 Km. dall'isola Polyarthra platyptera, Pedalion mirum,
Anurea cochlearis.
Id. ore 15 1/2. Medesima direzione a 4 Km. dall’ Isola,
con venti metri di corda. Pedalion mirum, Polyarthra platyptera.
— 26 luglio. Direzione limnografo- Montefiascone a due
miglia dal limnografo; Temp. superficiale 25,4; ore 8; dieci
metri di corda: moltissime Fragilaria, qualche Ceratium; scarsi
rotiferi tra cui la Polyarthra platyptera.
Id. 30 metri di corda: Fragilaria crotonensis, Synedra
acus; assenti i rotiferi.
Id. in senso inverso tornando al limnografo. Pescata di
superficie; ore 9,30:
Scarsi rotiferi tra cui qualche Pompholix complanata.
—27 luglio 1905. Direzione limnografo Isola Martana a
due miglia dalla costa; temp. sup. 25,6; ore 9; dieci m. di
corda: Fragilaria crotonensis; Polyarthra platyptera.
Id. ore 9,30; medesima direzione; pescata superficiale :
pochi rotiferi tra cni Nofops hiptopus, Pèdalion mirum.
Id. Direzione Isola Martana verso la costa puntando sul
campanile di Santa Cristina; pescata con dieci metri di corda;
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 127
ore 10,15; Fragilaria, Cimbella, Staurastrum; tra i rotiferi
Notops hiptopus, Pompholix complanata, Pedalion mirum.
— 25 agosto ore 12 1/2; Tem. sup. 23,9; fango lungo la
spiaggia a tre Km. a destra del limnografo : rotiferi assenti :
Id. sup. nei dintorni dell’Isola Bisentina : pochi rotiferi.
Id. linea Isola Bisentina-Capodimonte; ore 11,30: micro-
fauna scarsa, gruppi di uova.
Id. linea Capodimonte-Bisentina; pesca a 5 m. di profon.
dità; ore 14: Synedra acus e tra i rotiferi Polyarthra pla-
typtera.
Id. centro del lago; ore 6; pesca di sup. crostacei ed
alghe ma scarsi i rotiferi.
— 2 ott. 1906. Temp. in sup. 18°. Pesca di superficie a
destra del limnografo a Km. 1 dalla spiaggia: alghe e tra i
rotiferi Pedalion mirum Pompholix complanata.
Id. a m. 10 di profondità sulla linea Bolsena-Capodimonte
a 4 Km. dalla spiaggia: abbondantissimi rotiferi: Pedalion
mirum, Anuraea coclearis con uova, Notholca longispina,
Thryarthra longiseta, Polyarthra platyptera, Hidatina senta.
[d. pesca di sup. verso l’isola Bisentina: Brachionus urceo-
laris, Asplanchna priodonta, Anuraea cochlearis, Polyarthra
platyptera.
Id. lungo la spiaggia a destra del limnografo da Km. 3
a Km. 4 dal medesimo : molte alghe ma sono assenti i rotiferi.
*
* *
Come si vede alcune specie sono frequentissime mentre
altre non compariscono che pochissime volte. Reca inoltre una
certa meraviglia la constatazione che i rotiferi appariscono
talvolta in un plankton per poi scomparire quasi del tutto in
breve tempo senza che se ne sappia indovinare la causa. Del
resto tali fenomeni avvengono in tutti i laghi come si può
riconoscere da quanto ne riferiscono molti autori.
\
128 Nicola de Leone
Nelle pagine che seguono ho cercato di stabilire con-
fronti con faune rotiferologiche di altri laghi, anche lontanis-
simi da quello di Bolsena, allo scopo di dimostrare la grande
uniformità di esse.
Quanto alla facilità del trasporto di questi animali da
parte di uccelli e di altri agenti, sarebbe da studiarsi EGO
il decantato fenomeno della rivivescenza.
Nell’ istituire confronti con le faune di altri laghi, non
terrò conto che delle sole specie proprie del plankton, poichè
molti autori e, specialmente quelli che rivolsero i loro studii
ai così detti /ughi piatti, studiarono anche rotiferi presi presso
le sponde o sul fondo e che quindi a rigor di termini non
appartengono alla fauna planktonica. Fatta questa considera-
zione appare subito chiaramente che il numero delle specie
da me rinvenute nel plankton del lago di Bolsena, non solo
non è esiguo al paragone degli altri laghi, ma invece è assai
notevole.
Disgraziatamente, come anche per altri studii faunistici,
sono gli stranieri quelli che hanno fatto più e meglio degli
italiani anche in questo campo.
Queste ricerche, iniziate in Italia da non moiti anni, prin-
cipalmente per opera del Prof. P. Pavesi, si rivolsero più spe-
ciamente ai crostacei e furono anche studiati da taluno gli
infusori, ma i rotiferi o non sono citati affatto o soltanto
casualmente. Ed invece è nota la loro importanza nella fauna
planktonica.
Lago di Bracciano. Carmela Losito scrive un lavoro sugli
entomostraci pelagici del lago di Bracciano e nelle osserva-
zioni fenologiche accenna spesso a rotiferi, senza però nomi-
nare le specie rinvenute, meno qualche genere di cui fa men-
zione: Chromogaster trovato di abbondante in superficie il
12 aprile 1900 ed il 29 dello stesso mese ed anno, mentre era
sparito nel maggio; Notholca e Mastigocerca trovata in su-
perficie il 15 maggio con lago agitato da vento di tramon-
1 Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 129
tana. Simili notizie tuttavia non servono a dare alcuna idea
della fauna dei rotiferi del lago di Bracciano.
Il Prof. P. Pavesi ha esplorato i laghi di Avigliana, Ritom,
il lago Suriore di Mantova, di Ledro, di Loppio, di Caldo-
nazzo, di Levico, di Revine-Lago, di Santa Croce, di Alleghe,
Lugano, il Lago Maggiore, di Como, di Garda e molti altri,
ma non accenna affatto alla presenza dei rotiferi, nè è cre-
dibile che non ve ne siano. Lo stesso Prof. P. Pavesi in un
suo più recente lavoro « Esquisse d’une faune Valdotane »
cita per il lago dell’ Ospizio del Gran S. Bernardo le specie
P.ilodina citrina Ehr., Philodina erythrocephala Ehr., Euchlanis
dilatata Ehr., Callidina elegans.
D. Apstein ha scritto con grande die i resultati
delle sue ricerche eseguite in varii laghi della Germania ma
egli si occupa principalmente dell’ analisi quantitativa degli
individui e quindi neanche i suoi lavori sono utili ai nostri
paragoni.
Ad ogni modo le specie di cui egli fa menzione sono ad
un dipresso le stesse della microfauna del nostro lago di Bol-
sena e le specie più comuni da lui rinvenute nei laghi di
Dobersdorf, di Molf, ecc., sono anche le più comuni nel no-
stro; esse sono Anuracea cochlearis, Polyarthra plathyptera,
Thriartra longiseta.
Una fauna con la quale è possibile stabilire degli inte-
ressanti paragoni è quella del lago di Balaton, studiata con
ogni cura dal Dr. Eugen von Daday. Le specie che egli enu-
mera sono 29 pel gran Balaton e 12 pel piccolo Balaton, ma
non è da credere che tutte queste specie appartengono al
plankton. Ad ogni modo anche questa fauna presenti strette
analogie con quella del lago di Bolsena dal punto di vista
dei rotiferi poichè ha in comune con essa i generi:
Asplanchna con la specie A. priodonta
Notops » ” N. brachionus
Mastigocerca con specie differenti
130 Nicola de Leone
Pompholix con la specie P. complanata
Anuraea » » cochlearis
Notholca » » longispina
Brachionus » » urceolaris
Polyarthra » » plathyptera
Tra i generi planktonici il lago di Balaton sembra man-
care adunque dei seguenti che invece si trovano a Bolsena:
Synchaeta
Pedalion
Pterodina
Thriartra i
Il Sig. Bilfinger L. nel 1892 e 1894 pubblicò delle « con-
tribuzioni alla fauna dei rotiferi del Wurtemberg » da cui si
rileva che la somiglianza di quella fauna pelagica con quella
che noi consideriamo è anche molto accentuata, essendovi in
comune i generi:
Asplanchna con la specie A. priodonta
Polyarthra » » platyptera
Triarthra » » longiseta
Pedalion » » mirum
Anuraea con specie diverse dalle nostre
Mastigocerca >» » » » »
Per la Russia, una memoria del Zykoff sul Lago di Ku-
binskoje a S-W del governo di Wologda, ci insegna che anche
in quel plankton la specie più frequente è la Notholca lon-
gispina.
Per quanto sia immensamente vasta la bibliografia fau-
nistica dei rotiferi non mi è stato possibile di rintracciare
nulla sulle specie planktoniche della Spagna, mentre. la loro
conoscenza sarebbe stata a noi utile per la posizione occi-
dentale di quelle regioni.
Il Sig. A. Forti pubblica « alcuni appunti sulla composi-
zione del piankton estivo dell’Estanque grande nel parco del
Buen Retiro in Madrid » elencando cinque specie planktoniche
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 131
Circa la Scandinavia, in un ottimo lavoro del Sig. H. Huit-
feld Kaas sono esposte delle ricerche eseguite nei laghi di
Padderundvandet, Sandungene Sognsvandet dei dintorni di
Cristiania ed in altri cinquantadue piccoli laghi meridionali, per
un intero anno. Le nostre specie più comuni sono anche quivi:
Notholca longi-pina
Polyarthra platyptera
Anuraea cochlearis.
Nei riguardi dell'America, le ricerche del Sig. Jennings, H.S.,
nei laghi della parte occidentale degli stati del Michigan, met-
tono in evidenza una inaspettata somiglianza della fauna dei
rotiferi di quelle acque con quelle delle nostre di Europa. Col
lago di Bolsena sono comuni i generi seguenti trovati dal
detto autore nei laghi Muskegon, Newajgo, Oceana, Mecosta:
Polyarthra con la specie P. ptatyptera
Anuraea » » A. Coclearis
Asplanchna » » A. priodonta
Notholca » >» N. longispina
Synchaeta con specie differenti
Notops » » »
Mastigocerca » » »
Pei laghi gemelli del Colorado, ho potuto consultare uno
studio dello Chancey Judai nel quale sono citati cinque ge -
neri di rotiferi e tutti sono rappresentati nel nostro lago ed
in maggioranza con le medesine specie:
Anuraea cochlearis — Notholca longispina — Tryarthra
longiseta — Polyarthra — Asplanchna.
Inoltre la Notho/ca longispina è tra i componenti princi-
pali della fauna del lago Tahée (California O., Newada W.),
che è largo 195 miglia quadrate e profondo fino a 501 metri,
come si rileva da un lavoro su tale lago del Judai.
Per l’Asia ho trovato:
— Thorpe, v. Gunson. The Rotiphera of China. Journal
Roj. Micro. Soc. 1893. pp. 145-152.
132 Nicola de Leone
The following European species have been RIDI
Anuraea hypelasma
Brachionos ! MUMariS
rubens
Pedalion mirum
Polyarthra platyptera
Pterodina patina
Tryarthra longiseta.
-- Some Rotifera of the Sikkin Himalaya. By James
Murray. Egli raccolse da sei località di elevazione da 2000
ad 8000 feet il Brachionus urceolaris.
L’ Africa è stata un poco più studiata. Ed ecco ciò gie
ho potuto riscontrare :
— By Thomas Kirkman: Second List of rotifera of
Natal :
Ploima illoricata
Thryartra longiseta
Loricata
Brachionus angularis
Anuraea aculeata var. curvicornis
» » » valga
Anuraea coclearis.
— South Africa :
By Charles F. Rousselet il quale trovò:
la Synchaeta pectinatàa a Cape Colony, ad Orange River
Colony, al Transvaal ed al Natal;
la Synchaeta tremula ad Orange ‘River Colony ed al
Transvaal:
l’Hydatina senta a Cape Colony, ad Orange River Colony,
al Natal;
la Polyarthra platyptera a Cape Colony ad Orange River
Colony ed al Natal;
la Taryartra longiseta all’ Orange River Colony ed al
Natal;
nn
I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 133
il Notops Brachionus (var. spinosus) al Natal;
la Pterodina patina a Cape Colony;
il Pompholix complanata alla Rhodesia;
il Brachionus urceolaris a Cape Colony;
Anuraea aculeata (var. valga) ad Orange River Colony;
Anuraea aculeata (var. curvicornis) al Natal;
Anuraea cochlearis ad Orange River Colony ed al Natal;
Pedalion Mirum alla Rhodesia.
Dopo quanto ho esposto, la conclusione a cui si giunge
è che le faune dei rotiferi di punti lontanissimi del globo
sono straordinariamente somiglianti, ciò che non reca del resto
eccessiva meraviglia quando si pensi che questi animali pos-
sono essere disseminati dalla membrana palmare degli uccelli
d’acqua che li trasportano facilmente specie allo stato di uova
e di larve, successivamente di specchio d’acqua in specchio
d’ acqua.
PRINCIPALI OPERE CONSULTATE
Hupson e Gosse: The Weel Animals (Rotifera).
F. BrancHI: Ricerche su un laghetto alpino. Riv. Geog. ital. XIII. P. 15.
T. Kirkman: Second List of Rotifera of Natal. Journ. R. Micr. Soc.
Lond. P. 263. 1896.
J. Murray: Rotifera of the Scottish Lochs. (Trans. R. Soc. Edinburg,
vol. XLV, p. 151. 1906.
— Some Rotifera of the Sikkim Himalaya. (Journ. R. Micr. Soc.
p. 637).
— South American Rotifers. (Amer. Natural, XLI, p. 97).
Cu. F. RousseLET: Contribution to our Knowledge of the Rotifera
of south Africa.(Journ. Micr. Soc. London, p. 393. 1906.
A. Forti: Affi della Soc. dei Nat. e Matem. di Modena. VIII, p. 9.
1906.
LaureRBOoRN RoBERT: Der Formen Kreis von A. cochlearis = Vech
d. Naturhist-Medizin — Vereins zu heidelberg, vi. Heft 5 (1900), pp. 412-
48. (1 pl.).
THORPE, v. Gunson: The Rotifera of China. Journal Roy. Micro.
Soc. 189, pp. 145-152. (2 pIs).
Barro!:s et E. von Dapay: Contribution a l’ étude des Rotifères de Syrie.
Rèvue Biol. du Nord de la France. Vi (1893-4), pp. 391-410. (1 pl.).
Dapay, E. von SiisswasseR: Microfauna Paraguay, Rotatoria-Zoo-
logica-Heft 44, pp. 87-130 (2 pl...
MUSEO E LABORATORIO DI ZOOLOGIA
DELLA R. UNIVERSITA DI ROMA
Sopra i fenomeni di ratichismo degli animali
nati in ischiavitù
Per i! Dottor Quirino SERGI, assistente
Nel mese di aprile venne regalato della signora Rau di
Francoforte al Museo Zoologico della R. Univ. di Roma un esem-
plare di Yacchus vulgaris. Esso, da quanto io ho saputo, era
stato a lei donato dalla baronessa di Rothschild ed era nato in
ischiavitù insieme con parecchie altre scimmie della stessa spe-
cie. Mi fu detto anche che era un esemplare adulto e che aveva
due anni di età; ma dall’esame che io feci dello scheletro rilevai
che le ossa non erano ancora ben consolidate e che quindi era
un individuo giovanissimo.
Dall'esame dallo scheletro, inoltre, emerse subito l’osser-
vazione che la scimmietta era rachitica.
Trascurando il fatto della sua piccolezza, non misurando che
cm. 9 di lunghezza senza la coda e cm. 19 compresa questa, 0s-
servando il femore destro (il sinistro non può microscopicamente
dirci nulla perchè rotto già durante la vita in seguito ad una ca-
duta e nuovamente nella preparazione dello scheletro) si vede
che esso è rigonfio nell’epifisi; piegato nella diafisi e storto in
fuori nel modo caratteristico in cui si presentano all’aspetto
esterno Ie ossa prese da tale malattia.
:
Nel mese di giugno vennero regalati al Museo zoologico
due leoncini morti al Giardino Zoologico ; già all’osservazione
orta so
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vath: anioni er
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1"
136 Quirino Sergi
grossolana le loro ossa mostravano caratteri evidenti della stessa
malattia.
Mi sono affrettato allora di fare subito di queste alcuni
preparati microscopici, e qui io presento la riproduzione di uno
dei più caratteristici.
Mi si permetta ora di brevemente accennare quale siano e
in che consistano le alterazioni ossee del rachitismo.
L’anatomia patologica delle ossa rachitiche istologicamente
è caratterizzata dal disturbo dell’ossificazione fisiologica con de-
calcificazione, per cui rammollimento dei pezzi ossei in via di
sviluppo che si incurvano nella diafisi e si rigonfiano nella
epifisi.
Volendo, possiamo considerare tre gradi della malattia:
1. Le ossa colpite sono rammollite ma non deformate;
2. Le ossa colpite si deformano cedendo alla forza mu-
scolare e alla pressione;
3. Riparazione infine e consolidazione delle ossa malate
che rimangono deformate.
Nella CARTILAGINE EPIFISARIA lo STRATO CON-
DROIDE appare ingrossato, irregolare, mal delimitato da due
linee sinuose e prolungamenti assottigliati che si separano tal-
volta in isolotti e solcato da canali midollari e da vasi dilatati,
Lo STRATO OSSIFORME non solo aumentato ma tra-
sformato in un tessuto che è stato detto spongioide. Infatti è
un tessuto rosso molto vascolarizzato ad alveoli irregolari e di
consistenza come di epifisi rammollite in un acido. Le capsule
cartilaginee primitive e secondarie non si dissolvono come nor-
malmente, ma persistono attorno alle cellule, il cui protoplasma
si raggrinza. L’infiltrazione calcarea si estende fino ad esse e
il tessuto cartilagineo è invaso in tutta la sua massa da gra-
nulazioni calcaree che restano distinte perchè separate dalla so-
stanza cartilaginosa che conserva la sua pieghevolezza.
Na Pa x RA ET SL TT ENI tere
Re DIANNE e o ge
Sopra i fenomeni di ratichismo degli animali 137
Altra differenza dalle ossa normali le cavità limitate dai
tralci ossei con contenuto di connettivo vascolare continuano
ad ingrandire mentre normalmente si regolarizzano e si tra-
sformano in canali di Havers per apposizione successiva di osso
sulle impalcature.
Nella OSSIFICAZIONE PERIOSTALE lo strato di Ollier
si trasforma in tessuto connettivo di uno spessore talora con-
siderevole, nel cui centro compaiono tralci incurvati che si ana-
stomizzano a maglia analoghi alle fibre dello Scarpey, costi-
tuito in fascetti connettivi che provengono dal periostio, e sono
carichi di osseina e di sali calcarei. Talvolta sotto questo tes-
suto esistono lamine ossiformi che circondano l’osso come tanti
cilindri separati da tessuto molle e vascolare.
Questa, in brevi parole, l’anatomia patologica delle ossa
rachitiche che io ora ho ricordato non perchè sia un fatto non
conosciuto, ma per dimostrare che il preparato suesposto è affetto
da tale malattia.
E infatti tutto questo risulta dalle due figure che qui pre
sento prese da Forgue e dalla riproduzione del mio preparato
microscopico.
Ma il mio obiettivo in questo momento non è già quello di
parlare dell’anatomia patologica, bensì di un fatto ben più
importante ancora sconosciuto ed attualmente molto discusso,
cioè dell’etiologia.
Varie sono state le ipotesi etiologiche.
Tanto per accennare le principali :
La teoria ALIMENTARE ammette che la malattia sia do-
vuta ad una insufficiente introduzione di sali calcarei.
La teoria INTESTINALE ammette che per sovraccarico ali-
mentare, l'abbondanza dei residui di una digestione imperfetta
conduca a ristagno gastro-intestinale, quindi a fermentazione
acida, e ne deriverebbe un’auto-intossicazione di acido lattico
tale da rammollire le ossa e da decalcificarle.
138 Quirino Sergi
La teoria DISTROFICA ammette che vi sia un alterato trofi-.
smo congenito od acquisito nel periodo di sviluppo dello schele-
tro, e perciò mancanza di infiltrazione calcarea della zona di pro
duzione ossea ed eccessivo riassorbimento dell’osso già formato.
Finalmente abbiamo la teoria INFIAMMATORIA la quale
ammette che sia un processo infettivo che esordisce nelle linee
di ossificazione, e poi invade tutto l’osso per eccessiva vasco-
larizzazione dei tessuti osteogeni, dovuta a speciale vulnera-
bilità dei relativi vasi a causa delle tossine circolanti nel sangue.
Recentemente, secondo studi modernissimi, si sarebbe trovato
l’agente nel DIPLOCOCCO DI ARCANGELI-FIOCCA.
Ma ora io mi domando: come mai noi troviamo così spesso
i sintomi di rachitismo negli animali che sono nati in ischia-
vitù, o che tali sono divenuti quando sono stati presi e trat-
tenuti appena lattanti?
Questi animali, sia ad esempio la scimmietta di cui sopra
abbiamo parlato, sia i piccoli leoni del Giardino Zoologico, non
difettavano di cure nè di cibo e quindi non si può ammettere
che essi fossero malati per mancanza di nutrimento sufficiente
.0 adatto e quindi mancante di sali calcarei. Così non si può
ammettere per essi neanche la teoria intestinale perchè, a
dire di chi li teneva, essi non hanno avuto disturbi speciali a
carico del tubo gastro-enterico. La teoria distrofica non può
neanche qui applicarsi perchè altrimenti come spiegare la man-
canza di note rachitiche in generale negli animali liberi e che
vivono negli ambienti dove sono nati e che sono loro propri,
con la enorme quantità di individui ammalati, quando questi 0
da lattanti vengono rinchiusi o addirittura vengono partoriti
nelle gabbie? Infine la teoria infiammatoria, la più accreditata
ora, anzi in parte dimostrata sperimentalmente, non può Sus-
sistere nel nostro caso, perchè non possiamo ammettere che
sempre esista nelle gabbie il diplococco di Arcangeli-Fiocca. È
vero che queste teorie sono state e vengono tuttora appoggiate
Sopra ì fenomeni di ratichismo degli animali 139
da vari esperimenti, i quali in gran parte sono riusciti, ma noi
crediamo di dover generalizzare il concetto etiologico, in quanto
non già l’una o l’altra causa crediamo di potere incriminare
come produttrice del rachitismo, ma bensì crediamo di poter
ammettere che qualunque agente, il quale sia capace di deter-
minare un’alterazione nell’equilibrio del corpo vivente e in via
di sviluppo, è probabilmente la causa di tale malattia.
Infatti, se noi sottraiamo o almeno diminuiamo la quantità
di sali necessari al lattante perchè le sue ossa si sviluppino e
si consolidino, avremo che queste presenteranno i caratteri
suesposti. 4
Così, allorchè noi produciamo in un modo qualsiasi delle
continue turbe intestinali, oppure sperimentalmente faremo in-
gerire un’enorme quantità di acido lattico, avremo lo stesso
effetto.
Infine, se noi infettiamo l’organismo con dei batteri le cui
tossine penetrate in circolo disturbino le funzioni generali, cer-
tamente questo individuo presenterà i noti caratteri della ma-
lattia. E io credo (ma avverto che non ho fatto esperimenti
speciali in proposito e che parlo semplicemente in via di ra-
gionamento) credo, dico, che non solo il diplococco di Fiocca,
ma che molti altri microrganismi, i quali producono una irrita-
zione sul sistema vasale e specialmente nella zona iustaepifisaria,
dove normalmente la vascolarizzazione è abbondante, e la ve-
locità sanguigua minore, più facilmente siano capaci di produrre
quelle stesse alterazioni che si sono addebitate al diplococco.
Adunque io credo di poter concludere che il rachitismo va
inteso come una malattia di origine varia e che a produrla con-
corrano una serie di circostanze non sempre identiche e che in
fondo non facciano altro che disturbare la fisiologica funzione,
sia per irritazione data da germi, sia per una diminuzione della
assimilazione normale da parte del protoplasma animale delle
sostanze necessarie allo sviluppo regolare e completo.
140 Quirino Sergi
Soltanto ammettendo questo concetto viene spiegato perchè
un animale nato in ischiavitù, il quale venga tolto dal suo am-
biente e quindi ad esso vengano sottratti tanti fattori necessari
al suo sviluppo regolare e completo, quale il movimento che è
molto ridotto, quale l’alimento che è solito procacciarsi, quale infine
tutto quello insieme di vita che, a lui abituato per tanti secoli
dalla sua progenie a vivere selvaggio. con tutte le cure possibl-
li, noi non riusciremo mai a dare, anche senza bisogno di am-
mettere alcuna infezione, questo animale non è più capace di
svilupparsi fisiologicamente e mostra tale incapacità col pre-
sentare fenomeni di rachitismo.
Recensioni Bibliografiche
Altre volte ho avuto occasione di presentare in queste
sedute dei riassunti di opere che trattavano dell’Uomo e
oggi vi presento due trattati di V. Giuffrida Ruggeri l’uno
dei due è scritto in tedesco, l’altro in italiano: Homo sapiens
è il titolo del primo, l'Uomo attuale del secondo. Alcuni ca-
pitoli sono comuni alle due opere, mentre nella prima delle
citate opere vi sono dei capitoli che riguardano la preistoria
che mancano nella seconda, e qualche capitolo della seconda
manca nella prima.
Nel primo capitolo l'A. esamina le leggi della eredita-
rietà dei caratteri delle quali spesso abbiamo parlato nelle
nostre adunanze e fa la seguente recapitolazione.
1. L’ereditarietà non concerne un organismo come un
tutto indivisibile, un individuo (secondo il significato lette-
rale di questa parola) ma concerne certe caratteristiche di un
organismo, le quali sono le stesse nei progenitori e nei di-
scendenti;
2. Le caratteristiche paterne v materne non sono ere-
ditate in massa, ma ciascun carattere indipendentemente dal-
l’altro (onde si dicono caratteri uniti), come si vede chiara-
mente quando si avverano le disgregazioni e combinazioni
mendeliane ;
3. Non sono i caratteri dell'organismo adulto che ven-
gono ereditati, ma i determinanti di essi, contenuti nel pla-
sma germinativo già prima che il progenitore diventasse
adulto (1).
(1) Vedi il Boll. n. 2idello “ Eugenies Record Office ,, The Study of
human heredty. Cold Spring Harbor, May, 1911.
142 Ugo G. Vram
Nei seguenti capitoli spiega molto chiaramente le teorie
sulle mutazîoni e fluttuazioni, sulle convergenze, sui caratteri!
coromorfici e ciò che riguarda il ripetersi delle forme, e l’in-
fluenza dell’ambiente. Applica le teorie biologiche all’uomo, en-
trando a parlar dei camiti e semiti e della presenza dei me-
desimi tipi in differenti contrade. Non accetta Ia teoria dei
Virchow e dei suoi seguaci che il mutamento di forma cra-
nica non possa avvenire in nessun caso.
Nel V Capitolo tratta dell'importanza dell'isolamento e
delle formazioni etniche marginali arrivando a le seguenti
conclusioni :
1. Queste aree marginali di difficile accesso, inospitali
e poco rimunerative, sono per ciò appunto ambienti pro
tettori per coloro che vi sono penetrati, non offrendo tali
attrattive da invogliare nuovi concorrenti, i quali non avreb-
bero neanche il vantaggio di trovare lo spazio vuoto.
2. Verosimilmente perciò ogni area marginale — di
quelle, beninteso; che sono anche aree di isolamento, non ha
avuto che una sola colonia umana penetratavi dalle regioni
vicine, ciò che spiega la relativa purezza endemica. Goccie
di sangue estraneo non possono distruggere i biotipi, quando
si tratti di incroci in atto; e quando si tratti di incroci an-
tichissimi (come quelli che il De Quatrefages e il Morselli
ammettono ai primordi dell’umanità) sono ancora meno da
prendere in considerazione, o che sia già avvenuta la sepa-
razione mendeliana — per la quale oramai non si ammette
più la regola generale che gli incroci sommergano le muta-
zioni (1) — o che si siano formate nuove combinazioni, le
quali praticamente si comportano come razze pure, o specie
elementari, come vuole il Bean (2).
(1) Curnor (L.), Op. cit. p. 489.
(2) Bran (R. Bennet), Op. cit. p. 150. Questo risulta anche da esperi-
menti fatti ultimamente dal Ghigi sui gallinacei.
Recensioni bibliografiche 143
3. Questa colonizzazione, avendo avuto altrettante pro-
venienze distinte quante sono le aree marginali occupate,
spiega come vi sia la più grande diversità morfologica fra
una colonia e l’altra, ciascuna delle quali portava e mante-
neva (sebbene forse con qualche modificazione) i propri de-
terminanti, ovvero caratteri raziali.
Si deduce da ciò che anche quando avvenne la coloniz-
zazione delle aree marginali la specie umana era già forte
mente suddivisa in sottospecie o specie elementari e varietà.
Il che doveva essere necessariamente, dal momento che aveva
percorso tutte le terre emerse, e ciò non POExa avvenire
senza divergenze cospicue (1).
4. La diversità non meno notevole che passa attual-
mente fra queste stirpi marginali e le loro vicine immediate,
quale si vede ad es. fra i Lapponi e gli Scandinavi, fra gli
Eschimesi e i Pelli-rosse, gli Ainu e i Giapponesi, e così di
seguito, dimostra che la colonizzazione marginale avvenne
in un'epoca in cui la distribuzione spaziale delle razze umane
era tutt'altra. E’ infatti evidente che se la distribuzione fosse
stata quale adesso, l'estremità nord della Scandinavia sarebbe
occupata dagli Scandinavi e non dai Lapponi; nè le regioni
vicine fornirebbero più alle zone marginali i Fuegini, gli
Eschimesi, i Pigmei, gli Ainu, ecc.
5. Questa deduzione cronologica ci spiega che nelle for-
mazioni marginali anzidette si abbiano a preferenza i carat-
teri così detti protomorfi dell'umanità, fra i quali, dallo spo
glio fatto, il più comune sembra essere la piccolezza della
(1) Una delle principali cause, dice giustamente lo Hoernes (op. cit.
p. 137; per la quale le variazioni del corpo umano si fissarono in tempi
remoti fino a costituire razze, consiste in ciò che l’uomo si è diffuso
otto tutti i climi della terra.
pad
144 Ugo G. Vram
statura (1). Risultérebbe quindi giustificata anche per il lato
morfologico la denominazione di formazioni arcaiche o paleo-
morfe, che il Biasutti dà alla maggior parte di esse; ma ciò
egli fa in base ad altri criteri (caratteri spaziali e storicii:
onde io per non suscitare confusione trovo preferibile la de-
nominazione di « formazioni marginali » (che non ci obbliga a
priori in nessun senso, e puo indicare così l'Europa dell’epoca
glaciale come l'Australia di pochi secoli fa) senza altro con-
cetto che quello dell’ isolamento più o meno efficace.
Risalendo ai primordi dell'Umanità in epoche nelle quali
tutto il mondo era da occupare appare molto più grande ciò
che si è detto per le formazioni marginali verificandosi la
legge spaziale del Cuenot. Bastava che in ogni area si fosse
prodotta una mutazione e se questa si riproduceva nella se-
conda generazione, in egual percentuale e così di seguito,
vedremo il numero degli individui mutati aumentare rispetto
a quello degli immutati, sicchè il tipo primitivo finisce per
sparire, così si ha la variazione di sede che frammenta la
specie. In quel periodo, cioè ai primordi dell'Umanità, dovette
avvenire ciò per la specie umana, onde è giustificato che
l’uomo abbia molte sottospecie e appare troppo semplicista il
paragone di certi antropologi fra l’uomo e le scimmie antro-
poidi viventi per dividere gli Hominidae analogamente ai
Simiidae. Per l’uomo esistono poi circostanze speciali che gli
rendono più facile l’estendersi e il sopraffare i propri simili
e distruggerli, e ove non gli distrugge, quegli avanzi di popo-
lazioni di paesi invasi son costreti a ritirarsi su isole o su
montagne, ove spesso periscono per mancanza degli antichi
(1) Giustamente quindi il Martin considera la piccolezza come un
vecchio carattere dell'umanità e lo Haacke pure ritiene che le razze
pigmee più che la maggior parte delle altre razze umane stanno vicine
ai nostri progenitori (HaAKE W., Die Schòpfun des Menschen, Jena 1895).
Recensioni bibliografiche 145
mezzi di sussistenza. Guerra fra uomini, caccia dell’uomo al-
l'animale devonsi considerare come cause di estinzione delle
razze (Steinmann). La razze di Neanderthal ed altre razze
delle quali non abbiamo resti devono essere periti in lotta
contro popolazioni più civilizzate (Giuffrida).
Le lacune che esistono fra le differenti razze non vanno
spiegate a modo poligenistico come già esistenti ab initio, ma
si son formate per estinzioni di alcuni gruppi dei quali non
abbiam più traccie. Grande d'evessere stata la prolificità del-
l’uomo in confronto a quelli degli Antropoidi e in grazia a
questa sua prolificità esso si è propagato per tutto il mondo.
Nei grandi continenti dunque per le ragioni suesposte le
popolazioni cambiarono più volte. Le prime grandi formazioni
umane si devono intendere come molto più limitate origina-
riamente : queste formazioni estendendosi soppressero i pic-
coli gruppi intermedii (geograficamente e forse anche antro-
pologicamente) e vennero a contatto fra loro.
Quel fenomeno che si va effettuando fra bianchi e neri
in America si verifica ovunque al contatto di grandi colletti-
vità: esso è il vicinismo del De Vries e il metamorfismo del
Fritsch.
A proposito degli incroci porta l'A. alcuni esempi per
dimostrare che essi non sommergono i biotipi, ma bisogna
esser cauti: benanche qualche volta potrebbero dar luogo a
qualche varietà metamorfa.
Riguardo alle diverse questioni dei pigmei lA. inclina a
credere che la formazione sia stata unica in origine e poi sud-
divisa. Le diverse formazioni formano una gerarchia la quale
però non è che un'intuizione; tuttavia si possono utilizzare
quei caratteri che chiamansi infantilismi e che sono in minor
numero nella razza bianca, più numerosi nella gialla e ancor
più nella razza nera. Infatti per la distinzione gerarchica di
questi tre grandi tipi, essendo essi tipi finali differentiatis-
simi, si deve ricorrere ai caratteri d'arresto o al più o meno
146 Ugo G. Vram
avanzato dimorfismo sessuale, il quale è realmente tanto
maggiore quanto più il tipo è evoluto, ossia lontano dall’uni-
formità primordiale.
Applicando i medesimi criteri agli indigeni americani si
vede che esso non è un tipo finale. Alla stregua della quan-
tità di arcaismi è certo che il posto più basso compete agli
Australiani. Ma generalmente per la posizione gerarchica delle
formazioni marginali è difficile venire ad un accordo sulla
valutazione dei caratteri gerarchici, alcuni facendo valere di
più gli infantilismi, altri gli arcaismi.
Rileva le contradizioni nelle quali è caduto il Kohlbrugge
rispetto alla gerarchia, e trattando di questa dal punto di vista
dinamico l'A. viene a parlare della valutazione qualitativa delle
singole variazioni: ad es. una variabilità che interessi prin-
cipalmente il sistema pilifero o la pigmentazione non ha cer-
tamente lo stesso valore di quella che interessi | encefalo..
Questo é importantissimo potendo dare degli uomini di genio
invece le variazioni della lunghezza degli arti sono indifferenti:
Tanto maggiore è l’ indice di variabilità nel carattere della
complicazione delle circonvoluzioni in tanto miglior condizione
si trovo il gruppo umano per poter progredire.
Il tipo primitivo difficile a stabilirsi è quello dal quale
teoreticamente devon esser partite le variazioni distinguendosi
schematicamente :
1. Facies di origine, indifferenziata e indefinibile, ma più
o meno di tipo inferiore :
2. Facies di mutazione, vale a dire polimorfa per la muta-
zione (1) intervenuta e le grandi oscillazioni del tipo primitivo ;
3. Facies di differenziamento, in cui si ha la concen-
trazione dei diversi tipi.
(1) Questo vocabolo qui è nel senso più esteso (De Vries). — È anche
possibile che più volte e in varie regioni si sia verificato tale processo
e il consecutivo differenziamento. Vedi l’Epilogo, alla fine del libro.
Recensioni bibliografiche 147
Le razze umane estinte (Neanderthal) presentano carat-
teri d’inferiorità, l’autore è d’accordo col Boule che insieme a
quelle razze estinte abbia esistito l’ uomo attuale, anzi egli
ritiene che quest'ultimo sia stata la causa della sparizione
del primo.
Da questi tipi primitivi per mutazione si sarebbe svilup-
pato il tipo attuale. Nello sviluppo dei differenti tipi si avrebbe
avuto anche l’influenza dell’ ambiente esterno, non esclusa la
nutrizione. Segue una lunga dimostrazione dello sviluppo orto:
genetico, esteso anche alla mentalità umana, con un quadro
sintetico dall’epoca eolitica ai giorni nostri, tolto dal Verworn,
del quale ebbi ad intrattenermi in una delle nostre adunanze
dell’anno scorso.
Infine l'A. considera I’ uomo come specie collettiva nel
senso del De Vries e, analogamente a qnello che fanno i bota-
nici e i zoologi, lo divide in specie elementari che alla loro
volta son divise in varietà e sottavarieta.
Il carattere principale per la specie collettiva è di essere
delimitata dalla amixia, che per l’uomo convienevaccettare in
generale, gli csperimenti cui attende Bernelot Moens con gli
antropoidi del Carnerum non han fin ora dato risultati po-
sitivi.
Ecco la proposta fatta dal Giuffrida per la divisione
della specie.
OMINIDI ATTUALI.
Fam. HOMINIDAE.
Homo, gen.
Homo sapiens, spec. collect. (vel system.)
H. s. australis, spec. elem.
» ” australianus, var.
» ” » hypsisthenocep abus, subv.
’ a ” pseudoneander, subv.
> veddaicus, var.
148
Ugo G. Vram
H. s. australis veddaicus ceylonensis, subv.
»
» senoicus, subv.
» toala, subv.
tasmanianus, var.
melaneniensis, var. (da suddividere)
H. s. pigmaeus, spec. elem.
»
»
»
»
»
S.
S.
»
melaneniensis, var.
asiaticus, var.
andamanicus, subv.
semangicus, subv.
philippinensis, subv.
africanus, var.
i» glaber, subv.
» pilosus, subv.
sfeatopygus, var.
. indo-africanus, spec. elem.
dravidicus, var.
aethiopicus, var.
niger, spec. elem. (da suddividere).
americanus, spec. elem.
nordicus, var.
neotropicus, var.
andinus, var.
patagonicus, var.
fuegimus, * var.
asiaticus, spec. elem.
paleoarcticus, var.
neoarcticus, var.
mongolicus, var. (da suddividere).
meridionalis. var.
oceanicus, spec. elem.
»
ainu, var/.
(*) Sive “ australis , (nella carta .geografica e altrove).
Recensioni bibliografiche 149
H. s. oceanicus polinesiacus, var.
» » » protomorphus, subv. (resi
dui nell’Indonesia).
» » » centro-orientalis, subv.
» » » pseudo-mediterraneus, subv.
H. s. indo-europeus, spec. elem.
» » brachimorp?us, var.
» » » alpinus, subv.
» » » armenicus subv.
» » » pamiriensis, subv.
» « dolichomorphus. var.
» » » nordicus, subv.
> » » mediterraneys’ subv.
» » » indo-afghanus subv.
L’A. ritiene che il P. erectus Dubois sia buon fratello
minore dell'Uomo e non accetta l'ipotesi del Branca che esso
possa essere un bastardo.
Parlando delle scoperte dell’Ameghino egli non accetta
le teorie fondate su di esse, dal momento che le scoperte
stesse sono state oramai squalificate.
Concludendo il Giuffrida dimostra l’assurdità dell’ipotesi
poligenista e dimostra l'origine dell'Uomo attuale da una sola
specie: l’ipotesi monogenistica è anche confermata dalla lin-
guistica, ma questa è dell’A. utilizzata soltanto in via colla-
terale, parlando delle affinità dei grandi gruppi umani.
Questo in succinto il contenuto del libro, l’ importanza
del quale è aumentata da 13 belle tavole, riproducenti i di-
versi tipi umani: una carta geografica a colori dà anche la
distribuzione sul globo secondo la classificazione esposta.
Nel momento attuale nel quale si è fatto strazio dell’an-
tropologia, da parte di alcuni improvvisati naturalisti evocando
nuove specie viventi da estinte, il libro del Giuffrida acqui-
sta maggior importanza.
Ugo G. VRAM.
150 sie.
« Intorno ad un trascurato e pur grave nemico dell’Olivo ».
Con questo titolo, nella Redia, Giornale di Entomologia, il pro-.
fessor Giacomo del Guercio ben richiama l’attenzione sopra
un lepidottero, chiamato Zeuzera pirina, L., il quale è causa
di molti danni per diversi alberi fruttiferi, fra i quali va citato
specialmente l’olivo. Il Del Guercio cita più altre piante, e sem-
pre tra le fruttifere ricorda il Pero, il Melo, il Cotogno, I’A-
rancio, il Limone e il Noce. Ma la Zeuzera pirina è in Puglia
abbondantissima sull’olivo, e colpisce le varietà importanti, così
dette ogliarole, di questo prezioso albero.
Ma, oltre gli olivi delle Puglie, sono attaccati dalla Zeu-
zera quelli della Calabria e della Sicilia; e nell’ Italia. centrale
quelli delle prov. di Livorno, di Lucca, ecc. Ma sono gli oli-
veti pugliesi quelli che da molti anni soffrono i maggiori danni
a causa delle invasioni del funesto lepidottero; ed è per opera
sua che, quando è più forte il caldo. disseccano numerosi rami,
ed una enorme quantità di fiori e di olive vanno per terra, di-
minuendo la massa del raccolto. i
L’autore fa conoscere come non soltanto nella provincia
di Taranto, ma in altre pugliesi, vi sieno operai capacissimi
per la ricerca delle larve della Zeuzera, e dice il modo come
le scovano nelle loro gallerie e le raccolgono in: barattoli. rac-
colta che vien pagata dai padroni degli oliveti.
Il lavoro, osserva giustamente Del Guercio, non si direbbe
economico; ma non è così quando si pensa che 8 persone possono
asportare da 50 a 60 mila larve in una ventina di giorni, vi-
sitando non meno di 12 mila a 14 mila grossissime piante di
olivo. E cita, a prova del suo dire, anche i notevoli: risultati
della raccolta delle larve dell’istesso insetto nelle annate 1911
e 1042:
Recensioni bibliografiche 151
Bisognerebbe, adunque, disciplinar meglio questa raccolta
secondo il consiglio di competenti entomologi; ed il Del Guer-
cio afferma che la raccolta diretta delle larve « non dovrebbe
mai cominciar prima del mese di agosto, e protrarla fino a to-
gliere le ultime crisalidi, per fare che la infezione, ripetendosi,
avvenga nei limiti più stretti possibili.
Novità, Rarità e Varietà Ornitologiche in Italia.
1. In questi ultimi tempi ne furono annunciate parecchie
anche nel nostro Bollettino sociale, ma più specialmente nella
Rivista Italiana di Ornitologia. Ci piace sceglierne alcune.
Cominciamo da una vera novità, quella descrittaci dal
conte prof. Tommaso Salvadori. Il quale ebbe in Torino dal
sig. Carlo Bainotti un Tarabusino ucciso presso Bra. La nota
è intitolata: « Singolare cattura di una specie orientale del ge-
nere Ardetta nuova per l’Italia e per l’ Europa » (1).
Il Salvadori ebbe l'esemplare fresco, in carne, per intelli-
gente premura del Bainotti, cui riusciva nuova quella forma; e
tale era anche per l'illustre ornitologo. Ma presto ricordò
ch’essa trovavasi rappresentata nell’opera dello Schrenck. Però
il nome datogli da quest’autore non era esatto. La specie deve
chiamarsi Ardetta eurythyma, Swinoe; ed è figurata nel « The
Ibis » del 1873, e nell’opera di David e Oustalet, Ois. de la
Chine.
Il Salvadori dà una sinonimia e bibllografia ricca ed esatta,
e passa subito alla descrizione dei caratteri distintivi del ma-
schio adulto, della femmina e del giovane.
Però l'esemplare di Bra ora conservato nel R. Museo Zoo-
logico di Torino, è una femmina.
Scrive il Salvadori che è singolare davvero la comparsa
di questa specie in Italia, che abita la Siberia orientale, esten-
(1) Riv. Ital. prec. n. 2 1912.
152 AC.
dendosi alla Cina, alle isole del Giappone, ecc. Il Salvadori
aggiunge che il Museo Britannico ne possiede 14 esemplari, ed
il Museo di Milano 3; ma non dice come quest’ultimo li abbia
avuti. Supponiamo che siano stati acquistati dal conte Turati
e facciano parte di quella grandiosa collezione.
Mi è caro ricordare che il compianto naturalista, prof.
dott. Fauslino Manzone, nativo di Bra, il 16 gennaio del I883
uccise in quella regione un altro uccello raro l’Uria troîle,
Lath., e precisamente presso il confluente del Tanaro e della
Stura. Il Manzone diede accuratamente i particolari della cat-
tura e la descrizione del bel esemplare, che si conserva nel
Museo Zoologico dell’ Università di Roma, ed io ne pubblicai
la memoria prima nella « Spallanzani » allora da me diretta,
Anno XV, fasc. VII VIII, 1886, c poscia nel volume che com-
prende i lavori compiuti nell’Istituto Zoologico della R. Univ.
di Roma dall’anno 1885 al 1886,. Chi finse d’ignorare quella
memoria del Manzone, commise una piccineria: ma questa va
. perdonata dopo la morte dell’illustre scrittore.
2. A proposito della Ghiandaia in Sardegna ricorda l’istesso
Salvadori (1) che alcuni Ornitologi si sono di recente occupati
degli uccelli di questa nostra isola, specialmente stazionarii,
mossi, pare, dal concetto che le forme, sotto l'influenza del-
l’isolamento, siansi modificate.
Fra questi uccelli modificati sarebbe, secondo il. Klein
Schmidt e lo Tschusi, la Ghiandaia, che il primo vorrebbe
chiamare Garrulus ichnusae, ed il secondo Garrulis glandarius
sardus, anzichè Garrulus glandarius.
Il Salvadori ricorda pure che anche l’Hartert ammette la
forma sarda come distinta; ma per caratteri che anche a noi
sembramo di scarso valore; e accettiamo il parere dei nostri
ornitologi Salvadori, Arrigoni, Martorelli, ecc.
(1) Estr. dalla Riv. Ital. di Orn. An. 2. N. 2.
Recensioni bibliografiche 153
Il Salvadori, riportate molte misure comparative fra esem-
plari sardi e continentali, fra cui taluno anche del Lazio, mi- .
sure riguardanti specialmente la lunghezza dell’ala e del becco,
giustamente conclude che sembragli « che neppure le differenze
nelle dimensioni abbiano valore per definire una sottospecie ».
Ed oggi la smania per le sottospecie e per le specie nuove
comincia a diventare pazzesca in taluni e molto esagerata in
più altri.
3. « Intorno alla pretesa nuova forma del Corvus sardus
di Kleinschmidt » del prof. Enrico Balducci. — L’egregio con-
socio (1) ci fa noto come il capitano Gustavo Pasi uccidesse
presso Ozieri (prov. di Sassari) due corvi, che donò alla Col-
lezione centrale dei vertebrati italiani in Firenze. Sono due
Corvus corax. Linn., adulti, di età un po’ diversa.
Il Balducci confrontò gli esemplari del Pasi con altri esistenti
nella Collezione, ma non rimase sicuro della diagnosi. Erano
veri Corvus corax, oppure Corvus sardus? Ricorda quanto il
Giglioli scriveva sulla prima cattura in Italia del Corvus co-
rax tingitaonus, e come poi si ricredesse considerandolo quale
Corvus corax sardus.
Il Balducci, non ancora persuaso, pensò bene di prendere
esatta conoscenza di quanto il Kleinschmidt aveva pubblicato
nel 1903 sulla forma da lui creduta nuova di Corvus sardus.
Ma mancandogli un ricco materiale di confronto, lo ebbe cor-
tesemente dal conte prof. E. Arrigoni degli Oddi; ed altri esem-
plari ebbe pure l’aut. dalla signorina Picchi, dal prof. Marto-
relli, dal conte F. Cavazza, ecc.
Potè così il Balducci procedere all'esame minuto dei ca-
ratteri che potrebbero essere distintivi delle tre citate forme,
desumendoli dalla lunghezza del corpo, dell’ala, della coda, del
becco e del tarso. Ed infatti dà un ben nutrito riassunto di
misure, riguardanti esemplari di Sardegna, dell’isola di Ca-
(1) Estr. dalla Riv. Ital. di Orn. An. I, N. 4.
154 A. C.
prera, dell'Elba, del Pisano, Velletrano, Ferrarese, Veronese,
di Cuneo ecc. in Italia, ma anche di regioni esotiche (Tunisia,
Marocco ecc.).
L’aut. dichiara che non è riuscito, colle misure prese, « a
decifrare questa nuova sottospecie del Kleinschmidt. ». Ma volle
ancora esaminare minutamente la forma e le dimensioni del becco,
e fornisce due belle tavole coi profili di molti becchi. Se la
forma dei vari becchi è ben diversa, pur si mantiene « uno
stesso tipo di becco in tutti ». E aggiunge ancora il Balducci :
« Da tutto quanto abbiamo premesso risulta dunque che dalla
forma e dalle dimensioni del becco non è possibile trovare ca-
ratteri che ci autorizzino alla separazione delle due sottospecie
C. corax e C. c. sardus ».
Ma già recisamente aveva affermato il Martorelli che nè
il colore, nè il becco offrivano validi caratteri differenziali.
«Insomma non scorgo alcun serio carattere che possa accennare
a differenza specifica e nemmeno sotfospecifica all'infuori delle
dimensioni assai minori nel fingitanus di Whitaker. ». E fece
bene il Balducci a riferire questo giudizio.
Lo ripetiamo ancora una volta: se un buon numero di così
dette nuove specie e sottospecie di uccelli, di rettili, di insetti ecc.
che nei nostri tempi hanno creduto di scoprire giovani na-
turalisti che hanno fatto dei viaggi in Sardegna ed altrove,
fossero coscienziosamente ristudiate, quante volte si constate-
rebbe che non hanno trovato nulla di nuovo?
(Continua).
ANNUNCIO NECROLOGICO
Quasi al momento di mettere in macchina per ia tiratura
di queste pagine, apprendiamo con vivo dolore la morte del-
l'illustre naturalista
March. dott. GIACOMO DORIA
Senatore del Regno
Direttore del celebre Museo di Storia Naturale in Genova.
Sono tali e tante le benemerenze del Doria da non potersi
ricordare in poche parole: procureremo che di Lui sia fatta
una conveniente commemorazione. Abbiamo subito provveduto
che il R. Museo Zoologico Universitario di Roma e la Società
Zoologica Italiana fossero rappresentati ai funerali del com-
pianto march. Doria, incaricando l’egregio comm. Gestro, vice
direttore del predetto Museo: e la rappresentanza egli assai gen-
tilmente accettò.
RATA ITTOSI
Fasc. V-VI Serie III - Vol. II Anno 1913
(Cont. le puntate 7-12) (XXII dalla fondazione)
BOLLETTINO
MEER A SOCIET: S7Z00LO GIA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente Onorario S. NM. il Re
Sulla Balxenoptera acuto-rostrata catturata
per la prima volta nel Mate laziale (Castel Fusano).
E notizie su altri giganteschi cetacei arenati e catturati lungo
le eoste dello stesso mare dai tempi più remoti agli attuali.
Sunto di due comunicazioni fatte dal prof. A. CarRUCcIO.
PARTE I.
Una straordinaria cattura fu fatta in una località delle
coste laziali, la quale da secoli e secoli non era stata più men-
zionata quale sede di arenamento di qualcuno fra i giganteschi
mammiferi, abitatori degli Oceani. Questa località, come mi
affrettai a farla conoscere in due diverse adunanze scientifi-
che (1), sta presso l’antica e celebre città fondata da Anco
Marzio, ma più vicino alla nuova Ostia sorta nell’anno 830 per
volere di papa Gregorio IV.
Per essere più preciso dirò che la cattura del raro ce-
taceo avvenne nella spiaggia di Castel Fusano, in vicinanza
della splendida pineta e del palazzo dei principi Chigi. La
distanza da Roma, accedendo per la via Ostiense, è di oltre
24 chilometri, che si possono percorrere o in vettura comune
o in automobile. Giunti però a Castel Fusano devonsi ancora
(1) Adunanze scientifiche della Società Zoologica Italiana tenute nella
R. Università di Roma, il 28 dicembre 1911 e 27 ottobre 1912; e fu in
quest'ultima adunanza che si poterono presentare ben preparati e quasi
affatto secchi i pezzi della Ba/aezoptera (testa, pinne pettorali, pinna
caudale, ecc).
È Cita Peo A Mesi. pis,
SI aa Ra) rr
158 A. Carruccio
percorrere non meno di 1 !° a 2 chilometri di strada malage-
vole per raggiungere il sito in cui si arenò il cetaceo.
Oggi devo limitarmi a un primo annuncio essendosi do-
vuti trasportare i grossi pezzi puzzolenti, appena giunti in
Roma, nel nuovo laboratorio tassidermico, situato presso il
Policlinico, e quindi lontano dal palazzo universitario, labo-
ratorio da me ottenuto di recente dal Ministero. Attigua al labo-
ratorio proposi che fosse costruita una grande vasca da macera
zione, con acqua abbondante e rinnovabile secondo il bisogno.
Appena la macerazione della testa e delle altre parti che
poteronsi salvare, sarà compiuta, mi farò un dovere di pre-
sentarvi i preparati anatomici: nè mancherò di fare quei com-
menti illustrativi che mi parranno opportuni.
Intanto sarà bene che ricordi brevemente le catture di
Cetacei che, con sufficiente sicurezza s‘orica, risultano fatte
nel mare che bagna le coste della provincia romana. E perchè
non solo pochissime, ma sempre assai interessanti sono tali
catture, perciò tornerà gradito avere di esse quella conoscenza
ch'è possibile, e che non è sempre facile ottenere.
La prima domanda che mi sono rivolta è questa: Qual'è
l’arenamento più antico che trovisi registrato come avvenuto
nelle spiagge marine laziali, di cetaceo o pinnipede per lo più
provenienti da lontanissimo mare ?
Per quanto mi risulta, credo che tale arenamento sia quello
descritto da Plinio nella celebre sua Storia naturale, avvenuto
precisamente presso Ostia, dove fu ucciso un grande cetaceo,
o mostruoso pesce, come allora lo si credeva. La cattura ed
uccisione furono operate dagli uomini a bordo delle galere
romane, al tempo in cui viveva Plinio.
Iacopo Orlandi (1) scrisse che il cetaceo di grandi dimen-
sioni del quale si occupò Plinio, era un’Orca non un Physeter(2)...
(1) È autore d’una pubblicazione fatta nel 1791, col titolo : Dei corpi
marini, ecc.
ROTTO R LI ASORAI MEIDIVI gn TT Mer
Sulla Balanoptera acuto-rostraia 159
Ma se è vero che l’Orca gladiator appartiene all’ordine dei
Cetacei, essa però va annoverata fra gli Odontoceti e nella
famiglia De/phinidae, non già fra i Misticeti.
L’Orca, conosciuta anche nella più remota antichità, pare
che corrisponda all’Aries marinus di Plinio. Debbo però ag-
giungere che v’ha qualche scrittore il quale crede che l’Orca
dei latini corrisponda al genere Phlysefer vel Catodon; e si è
pure da altri creduto che al vero capodoglio si possa riferire
l’animale indicato da Plinio.
Volendo, si possono citare esempi di arenamento di Orche.
Scelgo, fra gli scrittori, il Van Beneden che nel lavoro inti-
tolato « Les Cétacés des Mers d'Europe » c'informa non solo
delle Orche arenatesi presso Ostenda, ma anche dello scheletro
posseduto dal Museo di Leyda, e delle apparizioni di questa
temuta specie nei mari del Nord.
Il prof. Jenting, poi nel suo catalogo osteologico del
Museo di Storia naturale dei Paesi Bassi (Mammiferi, pag. 175)
ci fa noto che trattasi di un’Orca adulta arenatasi nelle coste
dell'Olanda.
Altri individui in pelle ed altri scheletri di Orca trovo
indicati in opere diverse, e taluna anche per l’Italia. Il pro-
fessor V. Carus nomina una sola località italiana ove sarebbe
apparsa l’Orca gladiator, cioè Palermo (1).
Questo stesso cetaceo venne pur segnalato da Doderlein
nella sua « Rivista della Fauna Sicula dei Vertebrati » (2) nella
quale ricorda come si lascino predare nelle numerose tonnare
dell’ Isola diverse specie di Cetacei appartenenti al genere
Delphinus, Phocaena, Globicephalus, ecc.; ed aggiunge che
« sospinti dalle invernali procelle veggonsi a quando a quando
incagliare nelle arenose spiagge dell'Isola l’Orca combattente
(Orca gladiator, Bonnat.), lo Ziffio.a rostro cavo (Zyphius
cavirostris, Cuv.), l’Iperodonte (Hiperodon Desmarestii, Ris.) ecc.
(1) V. Prodromus Faunae Mediterranae, vol, II, pag. 713.
(2) Palermo, 1881, Tip, di P. Montaina, pag. 12.
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{CIMA RAII
160 A. Carruccio
A proposito del Zyphius cavirostris posso e devo ricor-
dare che fui primo ad annunciare nel gennaio 1868 la cattura
di esso nei mari d’Italia, faticando non pochi giorni nella
preparazione della testa che potei avere a disposizione nel
Gabinetto Anatomico dell’ Università di Cagliari, dove allora
mi trovavo quale settore. Di questa insolita cattura scrissi
nel giornale « La Sardegna Medica », Rivista teorico-pratica
di Medicina, Chirurgia e Scienze Naturali, che avevo fondato
in Cagliari nel 1863. Il cetaceo ‘arenò nella sponda sinistra
del golfo di Cagliari, presso Pula, in sulla fine del dicembre 1867.
Ma quando si ebbe l’avviso, per quanto fossimo solleciti a re-
carci sul posto dell’arenamento, si trovò che i pescatori avevano
ridotto in pezzi l'interessante e raro animale, e si potè solo
avere ancora intatta la testa: questa fu trasportata, come dissi,
nell’ Università. L’illustre direttore del Museo di Zoologia e
Anatomia comparata di quel tempo (1) credette che il cranio,
a me. affidato per la preparazione, appartenesse al genere
Hyperodon, Lacépede. Dopo la preparazione, la testa medesima
fu collocata in una delle sale di quel Museo, dove sempre si
trova, e dove l’osseivò il Giglioli quando ebbe occasione di
fermarsi in Cagliari.
Nell’ interessante Elenco dell’ istesso Giglioli pubblicato
nel 1880 (2) è detto che il primo esemplare avuto in Italia fu
quello di Villafranca (Nizza), catturato nel settembre 1868, del
(1) Egli era il cav. prof. Giovanni Meloni Baîle, uomo di molta dottrina
e facile parlatore. Fu sindaco della città di Cagliari, e a lui si deve in
massima parte la grande opera dell’acquedotto che per molti anni sod-
disfece a bisogni urgentissimi della popolazione della città e di altri
comuni del circondario. Il prof. Meloni Baile fu anche deputato al par-
lamento nazionale per l’istesso Collegio politico di Cagliari. Perchè
forse più nou si ricordano le benemerenze di quell’antico e autorevote
professore dell’Università cagliaritana ho voluto profittare dell’opportu-
nità per scriverne una parola di affettuoso ricordo.
(2) V. Elenco dei Mammiferi, degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi ap-
partenenti alla Fauna italica. — Firenze, 1880, pag. 8-9.
siii
Sa - “ È Lea S Sh £ o, Lo ì, .
Sulla Balanoptera acuto-rosirata 161
quale lo scheletro intiero è conservato nel Museo di Firenze.
No, il primo esemplare di Xyplius cavirostris fu realmente
quello arenatosi in vicinanza di Cagliari, e precisamente nella
spiaggia di Pula nel dicembre del 1867. come dissi.
Nella predetta pubblicazione il Giglioli aggiunge : « Di
questa singolarissima specie conosco altri tre individui cat-
turati nei nostri mari: di due, gli scheletri interi sono a Pisa
ed a Jena, il primo fu preso a Livorno, il secondo a Villa-
franca, a Cagliari nel Museo esiste il terzo ».
Tornando al grosso animale di cui ebbe a scrivere
Plinio, dissi che se fosse stato un’ Orca g/adiator, sarebbe
forse l’unica indicata come comparsa nelle acque marine
della provincia romana.
È meglio però precisare il fatto colle parole stesse di
Plinio. Nella sua ben nota opera, al Capit. VI, intitolato “ De
Balaenis etc ,, leggo quanto segue:
« Balaenae in nostra maria penetrant...» E prosegue col
dire che al principio dell'inverno cercano le località più fa-
vorevoli per partorire i loro piccoli. Ma queste località cono-
scono pure le Orche. « Hoc scire Orcas, infestam his belluam,
et cujus imago nulla repraesentatione exprimi possit alia»
quam carnis immensae dentibus truculentae ».
Continua il grande naturalista romano col fare un con-
fronto fra le feroci Orche combattenti e le timide Balene,
che non hanno altra risorsa che di guadagnare l’alto mare e
prendere il largo... « in altum profugare et se toto defendere
Oceano ».
Lasciando quant'altro narra Plinio, passo alla parte che
più ne interessa.
« Orca in portu ostiensi visa est, oppugnata a Claudio
principi ». Infatti quest’ Orca (?) giunse in Ostia quando l’impe-
ratore Claudio faceva costrurre ‘quel porto.
Il gigantesco animale si era scavato una specie di pro-
fondo canale dove stavasene protetto contro le ondate e contro
162 A. Carruccio
chi tentasse avvicinarlo. Ma essendosi allontanato dal suo
rifugio per andare in cerca di preda, fu spinto dai potenti
flutti del mare sulla spiaggia in modo da rimanere rovesciato;
e siccome il suo dorso sovrastava alla superficie delle acque;
perciò rassomigliava a una nave capovolta.
Allora l’imperatore ordinò di tendere una quantità di
reti davanti all'ingresso del porto, e si avanzò egli stesso a
bordo di una nave, colle coorti pretoriane. Così diede alla
folla presente un grande spettacolo, perchè fece attaccare il
Cetaceo (?)a colpi di lancia dai soldati che stavano sulle ga-
lere romane. Una di queste andò sommersa, per opera dell’in-
ferocito animale, sotto gli occhi dell’istessu Plinio, che trova-
vasi in Ostia.
Trascorsero secoli, prima che qualche altro importante
arenamento fosse registrato; e parmi che il più remoto, dopo
cioè quello di Plinio, sia stato accennato dall’illustre P. M. Al-
berto Guglielmotti, distintissimo scrittore della Storia della
marina pontificia nel medioevo (1). Egli adunque fa noto che
un Cetaceo si arenò presso Civitavecchia nel febbraio del-
l’anno 1282.
Un secondo Cetaceo, lungo 8 canne e grosso come il
corpo di una tartana, venne a secco fra Santa Marinella e
Capo Linaro il 28 gennaio del 1624.
Un terzo, ch'era una balena lunga 91 palmi e grossa 50,
con una bocca lunga 10 palmi e larga 10. Questo Cetaceo si
arenò nel febbraio dell’istesso anno nella spiaggia di Santa
Severa, a 30 miglia da Roma.
Un quarto fu rinvenuto in questa medesima spiaggia
nel 1828.
Altra notizia traggo dalla memoria pubblicata nel 1866,
intitolata: « // Cetaceo di S. Marinella » memoria letta nel-
l'Accademia Pontificia dal prof. Vincenzo Diorio che narra
(1) Edit. Le Monnier, Firenze, 1871.
Sulla Balenoptera acuto-rostrata 163
come il giorno 4 del mese di marzo di quell’anno, due pesca-
tori “ dalla spiaggia civitavecchiese, e precisamente dal posto
denominato la Sa/ciutella, fra le stazioni ferroviarie di Rio -
Fiume e di S. Marinella videro sommerso in mare e non molto
discosto dal lido un corpo immenso, il quale apparve agli occhi
loro, simile alla chiglia di un vascello rovesciato... ,,
« Quel naviglio capovolto, aggiunge il Diorio, cangiossi
però ben presto nel corpo di un Cetaceo, che spinto dall’ u-
ragano verso terra, trovossi incuneato fra i scogli che ivi ri-
frangono estesamente il flutto ».
Continua l’autore a dire che l’animale di sesso femminile,
giaceva sul ventre ed aveva lacerate le carni. Per l’inoltrarsi
della putrefazione dovette il Diorio, procedere alla sollecita
distruzione dei tessuti molli, limitandosi a salvare lo scheletro.
Tutte le ossa del cetaceo diedero il peso approssimativo
di 7000 libre romane.
Prima però della distruzione delle parti molli il Diorio
ebbe cura di prendere alcune principali misure, e riferisce che
la lunghezza totàle del corpo, dalla sinfisi mascellare inferiore
all'apice della coda, era di m. 18 e 80. La larghezza del capo
in corrispondenza delle articolazioni mascellari, era di m. 2.22;
la mascella inferiore eccedeva di 13 cm. la lunghezza della
mascella superiore.
Le pinne pettorali avevano ognuna la massima iunghezza
di m. 1,80 e la larghezza di 70 cm.; la notatoia caudale mi-
surava 3 m. e 30 cm.
La colonna vertebrale risultò composta di 56 pezzi.
L'atlante era libero, ma le 6 seguenti vertebre saldate.
Scrive inoltre il Diorio che il cetaceo di S. Marinella era
una Palaenoptera e presentava una piccolissima natatoia dor-
sale. Accenna ai fannoni « sfrangiati e setolosi nel lembo li-
bero » aventi l'altezza media di un piede parigino (1).
(1) Riguardo al colore di questi fannoni il Diorio scrive: “ Questi
organi avevano il colore carneo slavato della muccosa boccale che in
164 A. Carruccio
Non è il caso che insista in qualche altra indicazione
anatomica fornita diligentemente dal Diorio nel suo lavoro.
Aggiungo soltanto che da tutto quanto espone pare che si
trattasse di un individuo appartenente alla specie Ba/aenoptera
musculus.
Il Diorio, volendo persuadere l’ illustre zoologo francese,
prof. Paolo Gervais, che sulla sponda del nostro Mediterraneo
era stato catturato qualche altro esemplare di cetaceo (Phy-
seter), non citato dali’ istesso Gervais, così scrive:
« Noi potremmo rassicurarlo, offrendogliene un altro si-
curo nello scheletro che pende dalla volta della Università
nostra, il quale appartiene al Cascialotte gittato sulla spiaggia
civitavecchiese (a Palo) nell’anno 1833, ed al cui studio prese
parte attivissima il chiarissimo nostro collega ed amico caro
prof. G. Ponzi ».
La prima volta che io potei visitare Roma fu appunto in
sulla fine del 1866, proveniente da Palermo-Napoli, e bene
rammento che recatomi in questo Palazzo Universitario vi
osservai appeso lo scheletro di cui fa cenno il Diorio, sche-
letro che poi fu tolto; nè so per quale ragione.
Non è possibile stabilire con precisione a quale sott’or-
dine, genere e specie di cetacei appartenessero tutti gli in-
dividui che in varie epoche furono spinti nel nostro Medi-
terraneo, e specialmente sulle spiaggie laziali, cioè quali fossero
odontoceti, e quali misticeti.
Assai interessanti sono le notizie che vennero pubblicate
nel 1868 sul Physeter macrocephalus, cioè capodoglio e cac-
cialotto come è denominato in Italia, riguardanti un individuo
apparso in sulla fine del maggio di quell’ istesso anno sulla
massima parte li costituiva ; apparendo solo bluastri sulle rughe trasversali
che trovaronsi pure rigide quasi setole impastate in mezzo alla membrana
muccosa ,. Continua esprimendo opinioni e giudizii in gran parte discutibili
o inaccettabili.
TION Q10pRIUdAO1]) 'OUNSnNJ[o]st) Bd tIRdnIgeo 242)040120)DgY B|]op BISO]
‘'OINOLNYV Ord 0IDDAHUVO
Sulla Balaenoptera acuto-rostrata 165
spiaggia di Fogliano, comune di Cisterna, circondario di Vel-
letri. E sul medesimo ha riferito già anche il prof. Parona.
Questo capodoglio era molto sofferente e quasi in fin
di vita a causa di una ferita profonda che aveva ricevuto
sotto le pinna pettorale sinistra.
All’arenamento in quella spiaggia si trovò presente l’o-
norevole prineipe di Teano, don Leone Caetani, che esegui
belle fotografie, e diresse la .difficile impresa di trarlo dal
mare sulla spiaggia, impiegando 12 bufali e catene per po-
terlo trascinare.
La lunghezza di questo cetaceo era di 10 m. e 70, con
una circonferenza della testa di 4 m., con apertura boccale
di circa 2 metri. Il corpo pesava quasi 5 tonnellate.
Parte delle carni vennero mangiate dai falciatori di quella
regione e furono trovate buonissime. Non si potè utilizzare
il copioso grasso per mancanza di mezzi adatti. Si ebbe però
lavvedutezza di far conservare e preparare lo scheletro in-
tiero, che tuttavia trovasi nel palazzo Caetani a Fogliano.
Avrei dovuto prima tener parola, per ragioni di anterio-
rità, del capodoglio osservato nel 1665 dal principe Cesi sulla
spiaggia del Golfo di Nettuno, presso il castello di Astura.
E nel palazzo Cesi in Roma fu trasportato qualche avanzo
del predetto Physeter macrocephalus, che per lungo tempo
destò la curiosità dei visitatori dell’istesso palazzo.
Devonsi tener presenti i lavori del prof. Parona, e spe-
cialmente il suo diligente « Indice bibliografico degli scrittori
relativi alle catture dei grandi cetacei nei mari italici ». Molti
altri lavori ho letto di distinti cetologi stranieri. Tolta qualche
rara eccezione, come pel Cuvier, Van Beneden, ecc., in nes-
suno trovansi notizie riguardanti l’arenamento di cetacei nelle
spiaggie romane. Per le specie, pel numero di catture e per
le località del Lazio, fino a nuove altre indagini, se sarà pos-
sibile farle, bisogna dunque stare alle indicazioni del Gugliel-
motti, del Diorio, del Parona ed a quelle da me pure riferite
166 A. Garruccio
compresa questa odierna — che credo la più interessante —
sulla Ba/aenoptera di Castel Fusano.
Ho detto « a quelle da me riferite » perchè, come pa-
recchi consoci ricorderanno, nell'adunanza scientifica del
21 aprile 1904, ho potuto comunicare alla Società anche il
rarissimo e fortunato acquisto di una testa di G/obicephalus
melas, la quale il nostro Museo ottenne per la lodevole intro-
missione del socio signor D'Antoni Domenico, presso i pesca-
tori d’Anzio. L'animale, lungo 8 metri, si era arenato, in una
notte assai burrascosa, sulla spiaggia di S. Anastasio, presso
Anzio, dove fu ucciso e tagliato malamente — more solito —
a pezzi.
Nella relazione che pubblicai nei fascicoli IV, V e VI del- .
panno 1904, vol. XIII, del nostro Bollettino (pag. 113-128) ho
dato tutte le notizie che potei procurarmi su questo eccezio-
nale arenamento, il primo constatato nel mare laziale, ed ho
descritto la testa, che conserviamo nella collezione faunistica
locale. Le precise misure date e la tavola con due figure, e
le altre notizie sulla distribuzione geografica delle specie, sulle
diverse catture e via dicendo, completavano quella comuni-
cazione.
Ed ora che ho avuto la fortuna di far noto un altro are-
namento nelle spiagge romane, anche più importante e raro
degli altri indicati, ’arenamento cioè della Ba/aenoptera acuto-
rostrata, avvenuto a circa 4-5 chilometri da Castelfusano, ora,
dico, mi è duopo darvi alcuni altri particolari.
E’ noto in Roma, come scarsissime siano le barche ap”
partenenti a pescatori romani. Per lo più quelle che peccano
ne! mare laziale provengono dal Dipartimento di Napoli, e
approdano a Montalto di Castro e ad altre località dei cir-
condarî di Civitavecchia e di Roma, e spesso ad Ostia, ecc.
Una di queste barche napoletane con 4 uomini suol re-
carsi a pescare presso Castelfusano. Avvenne, che essi il
giorno 15 dic.1911 videro avvicinarsi un animale assai grosso,
Me.
sulla Balaenoptera acuto-rostrata 10607
che era spinto dal mare molto agitato verso la riva, e che
non avea più vigoria per nuotare :teneva però aperti gli occhi.
Una fortissima mareggiata spinse sempre più verso la spiaggia
il balenottero : il quale sentendosi mancare l’acqua, tentò una
giravolta, che invece di portarlo dove era più profonda, lo
gettò quasi a secco, tenendo la bocca aperta rivolta verso il
mare, © la natatoia caudale verso la spiaggia. Queste notizie
diedero i pescatori al Coli, quando giunse sul posto.
Essi, da nessuno distolti, si erano affrettati colle scuri a
tagliare il cetaceo in quattro pezzi, lasciando la voluminosa testa
presso la spiaggia, e infossandola quanto più poterono nella
sabbia, onde non fosse portata via dalle forti ondate. Il prin-
cipe D. Fr. Chigi trovandosi nei suoi possessi ebbe occasione
di vedere la testa, e la fece legare convenientemente, onde
tornato in Roma, e data notizia del fatto, la si potesse tro-
vare dal personale del Museo Zoologico.
Le altre tre parti del creduto pescecane furono dai pe-
scatori mandate a Roma, onde fossero vendute, ridotte in pezzi
minori, nel mercato di San Teodoro (1) sperando di far pas-
sare le carni come appartenenti al pesce palombo... Ma l’ispe-
zione sanitaria proibi la vendita, ed ordinò che fossero portate
via e distrutte.
Rimase però nel mercato intatta la natatoia caudale ade-
rente ad una porzione posteriore del corpo, abbastanza lunga
perché misura 97 cent. ma non si trovò la pinna dorsale caratte-
ristica delle balenottere perchè recisa dai pescatori.
Appena informato del predetto arenamento e dell’esistenza
della testa del cetaceo, feci partire per Ostia il tecnico signor
Coli, per fissare il prezzo d'acquisto e provvedere al trasporto
in Roma della testa medesima. Ma non poche furono le dif-
ficoltà perchè da Roma si era pure recato in Ostia chi voleva
(1) Dove da un pesciaiolo più abile. . furono spellate completamen te
168 A. Carrùccio
speculare e far pagare al Museo in modo esagerato la pre -
detta testa.
Le difficoltà furono rimosse grazie all'opera del principe
Chigi, il quale — tornato essendo il Coli — propose gentil-
mente che questi si recasse nuovamente in Ostia l'indomani
mattina, in sua compagnia, coll’automobile.
Il Coli potè senza indugio mettersi all'opera, liberando,
coll’aiuto d'altri uomini, la testa pesantissima dal cumulo di
sabbia, dalla quale per gran parte era coperta. Vide allora
che insieme alla testa trovavasi una parte del torace colle
pinne pettorali a sito; ma una di queste era recisa parzial-
mente da un colpo di scure.
Lo stato di putrefazione, già manifestatosi, ed il fetore
che disturbava i presenti, fecero accelerare il grave lavoro
di rimozione di cospicue masse muscolari. Compiuta dal
Coli la dissezione relativamente in poche ore, e quindi alleg-
gerito notevolmente il peso del pezzo, questo potè essere
trasportato in Roma, non già nel palazzo Universitario, dove
non sarebbe stata possibile la macerazione, ma nel nuovo e
vasto laboratorio tassidermico presso il Policlinico, di recente
da me chiesto ed ottenuto, come ho già detto.
Anche la parte posteriore del corpo del cetaceo, che dissi
essere rimasta nel mercato di San Teodoro, fu acquistata dal
Museo, e posta a macerare colla testa.
Naturalmente occorse non breve tempo per una macera-
zione completa di pezzi così grossi. I preparati riuscirono
assai bene, nonostante la fragilità delle ossa, per insufficiente
calcificazione; ed appena asciutti potei prendere le opportune
misure, e far confronti collo scheletro intiero della balenot-
tera rostrata di Porto S. Stefano, pur da me introdotta nel
Museo nell’anno 1900.
Do ora le principali misure prese delle parti ossee, che
poteronsi preparare per la collezione faunistica romana.
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Sulla Bala@noptera acuto-rostrata 169
E dapprima, per quanto riguarda la lunghezza totale della
balenottera, dirò che da qualcuno dei presenti a Castelfusano
si calcolò che tale lunghezza fosse da 5 metri e '/, a 6 metri.
La lunghezza totale della testa, presa seguendo la curva
della faccia superiore, è di 1 m. e 38 ct.
La stessa lunghezza, ma seguendo la faccia inferiore, e
misurando in linea retta, è di 1 m. e 34 ct.
La larghezza massima della testa, in corrispondenza del-
l'articolazione delle mascelle, è di 72 ct.
La lunghezza della mascella inferiore, seguendo la curva
che forma la sua faccia esterna, è di 1 m. e 22 ct.; e misu-
rando in linea retta la lunghezza è di 1 m. e 19 ct.
L’altezza massima della stessa mascella inferiore è di
L’altezza minima è di ct. 5 e !/,.
La distanza da un'orbita all’altra è di 54 ct.
La distanza di ognuna delle orbite dall’apice della ma-
scella è di 85 ct.
La lunghezza massima delle ossa nasali è cent. 86.
Il diametro verticale dell’orbita è di cent.8 ed il diametro
orizzontale di cent. ll.
La lunghezza della pinna pettorale è di 85 ct.
La lunghezza della pinna caudale, misurando dalla punta
di un lobo all’altro, è di 1 m. e 30 ct.
L'altezza della stessa pinna, misurando lungo la linea
centrale della medesima, è di 98 ct.
La lunghezza dei fanoni è di 85 ct.; ed ogni lamina è
lunga 8 ct., colla massima larghezza di 32 mm.
170 A. Carruccio
*
ok
Dell’ importanza delle catture di Balenoptera rostrata
hanno scritto diversi ed autorevoli cetologi, fra i quali mi
limito a citare il prof. P. J. Van Beneden, che così si esprime:
« Cette capture est intéressante à plus d’un point de vue ».
E deplora che essendosi fin allora (1884) presi soltanto nel
Mediterraneo cinque esemplari, di questi nel lungo periodo di
un secolo, ben quattro di essi andassero perduti (1).
La prima cattura, ricorda l’istesso Van Beneden, fu fatta
nel nostro Adriatico nel 1770, e si conserva la sola testa
nel Museo di Bologna (2); la seconda cattura di questa specie
di balenottera fu fatta a St. Tropez nel maggio del 1840; la
terza nei dintorni di Palavas alla fine del settembre 1870,
ed era una femmina gravida; la quarta a Villafranca il 18 feb-
braio 1878; e la quinta (per la quale il Van Beneden scrisse
la nota sovracitata) fu presa nel 1884, nel Golfo di Cavalaire,
Dipartimento del Var; ed afferma che dai vecchi marinai del
luogo non si aveva alcuna conoscenza di siffatto. animale.
La lunghezza del medesimo era di 5 metri e 25 centimetri.
Aggiunge il Van Beneden che questo cetaceo avendo
« une troisième nageoire pres de la queue... ne peut appar-
tenir qu'au genre balénoptère ». Ed inoltre : « La couleur pale
de la brosse, c'est-à-dire de ses fanons, indique seule, du
feste; que ciest laNpetiteNespece.
Ho voluto riferire queste parole dell’insigne cetologo
perchè da esse rilevasi qual grande valore debbasi dare alla
(1) Ved. Une nouvelle Balenoptera rostrata, dans la Mediterranee.
Bruxelles. F. Hayer, Imprimeur de l’Acad. R. de Belgique, 1884, pag. 3-4.
(2) Altro esemplare di questa specie che è sfuggito a parecchi scrit-
tori, si trova citato a pag. 341 e 345 del “ Boletin de la Real Sociedad
Espanola de Historia Natural ,, tom. VI-1906, in un articolo di Mosè Rioia
y Martino.
Sulla Balaenoptera acuto-rostrata 171
piccola mole di questa balenottera ed ai suoi fanoni, sia pel
loro colorito, per la forma, la grandezza, ecc.
Questi caratteristici fanoni io vi mostro intatti e ben
preparati, ma anche aderenti al palato ch'è intiero, mentre
quelli della Ba/enoptera di Porto Santo Stefano non si pote-
rono avere che separati dal rispettivo palato.
Ciascun fanone della balenottera di Castel Fusano è
lungo 85 ct., ed annovera oltre 300 lamine, ed ogni lamina
ha la larghez. magg. di 3 ct. o poco più, e l’altez. magg. di 8 ct.
I fanoni della balenottera di porto S. Stefano sono invece
più corti, misurando 47 ct. Tanto il gruppo delle lamine del
fanone destro, quanto quello di sinistra non annovera meno
di 300 di esse lamine falciformi.
Ogni lamina nel suo margine inferiore e libero presenta
numerosi filamenti setoliformi, quasi formanti una spazzola.
Maggiori particolari ho dato sui fanoni della Ba/aenoptera di
S. Stefano nella mia comunicazione del 27 dicembre 1899 (1).
Fra le diverse misure prese su balenottere rostrate cat-
turate in più spiaggie, misure accuratamente registrate nelle
pubblicazioni che potei di nuovo consultare in buon numero
citerò quelie dei due esemplari ben descritti da Turner (2).
Una di queste balenottere arenatasi presso Dunbar (Li-
torale della Scozia), era lunga 9 m.; il suo cranio, misurato
in linea retta, era lungo 1 m. 80; il rostro 1 m. 20; la lar-
ghezza massima dell’istesso cranio era di 99 ct. : la larghezza
del rostro alla base 61 ct.; la larghezza della mandibola, in
British Museum. La memoria col titolo: « On the Anatomy of
(1) Ved. Bollettino della Soc. Zool. Ital., fasc. I e II, serie II, vol. I,
Anno IX, 1500: “ Sovra una Ba/aenoptera rostrata presa recentemente a
porto S. Stefano (prov. di Grosseto) ,, (Due comunicazioni del professor
A. Carruccio, con tavole dell'animale in pelle e dello scheletro intiero)
(2) Turner, “ The lesser Rorqual (Ba/aenoptera rostrata) in the Scot-
tish Seas, with observations on its Anatomy ,. Proc. roy. Soc. Edinb., vo-
lume XXX, 1891-1892.
172 A. Carruccio
direzione rettilinea, 1 m. 82; e la larghezza dell’istessa man-
dibola, misurata all’esterno in senso curvilineo, 1 m. 96.
Per l’altra balenottera rostrata, di cui si occupò il Turner,
arenatasi nel 1888 a Granton, abbiamo queste misure:
Lunghezza totale del corpo 8 m. 51; lunghezza del cranio,
in direzione rettilinea 1 m. 77; lunghezza del rostro 1 m. 20;
larghezza massima 98 ct., larghezza del rostro alla base 58 ct.;
larghezza della mandibola (in linea retta) 1 m. 80; larghezza
dell’istessa mandibola (in senso curvilineo, e misurando all’e-
sterno) 1 m. 94.
Ma un lavoro sulla Ba/aenoptera rostrata, ch'è forse quello
che contiene indagini e notizie anatomiche più che in qua-
lunque altro, è quello che lessi quando mi fu gentilmente
inviato dall’ illustre prof. W. H. Flower, già direttore del British
Museum. Questo :avoro fu però scritto dai dottori Alexandre
Carte e Al. Macalister dell’ Università di Dublino nel 1867.
Essi ebbero l'opportunità di fare un largo studio anatomico
di un esemplare di « Ba/aena rostrata, of U. Fabricius, or
that described by Lacépède and Cuvier as £. acuto-rostrata
or Baleine museau pointu », catturata nel maggio 1863
« about 30 miles north of Dublien ».
Gli autori, dopo di aver descritto le forme esteriori, e
date molte precise misure che per brevità non ripeto, danno
minuti particolari sullo scheletro, sulla muscolatura, sui visceri,
con particolari interessanti intorno alla faringe, laringe e
trachea, ed ai polmoni, al cuore, al canale gastro-enterico, ecc.;
come pure intorno agli organi dei sensi. In breve, non co-
nosco fra le memorie in buon numero che ho potuto esami-
nare, nessuna che contenga, come dissi, notizie così abbon-
danti dal lato anatomico, accompagnate da ottime tavole.
Non volendo moltiplicare le citazioni, ricorderò che una
delle recenti catture fatta diligentemente conoscere dal pro-
fessore Fernando Lahille, è quella avvenuta nel canale
d’ingresso del porto di Buenos Aires. Pur troppo la £. acuto-
Me
Sulla Balanoptera acuto-rostrata 173
rostrata, oltre che già in putrefazione era stata mutilata. Ma lo
scheletro potè prepararsi e fu pesato: il peso ottenuto, trat-
tandosi d'un giovane esemplare, fu di 5278 chilogrammi; —
ma in realtà tutte le ossa pesavano 5000 chili perchè le
vertebre essendo assai spugnose e fragili, ebbero dal prepa-
ratore del museo di Buenos Aires un bagno di stearina fusa,
e quindi ne assorbirono una buona quantità.
Delle molte misure prese dal Lahille scegliamo le seguenti :
lunghezza del cranio (media centesimale) 100 ct.; — del ro-
stro 55: — del mascellare superiore 67; — del premascellare
65; — della mascella inferiore, in linea retta, 92,6; — della
medesima, seguendo la faccia esterna, 97,2; — altezza dell’i-
stessa mandibola, fino al condilo, 8,8; — id. id. fino all’apofisi
coronoidea, 14,4; lunghezza della sinfisi mentoniera, 4,9; —
lunghezza delle ossa nasali, 12,8; — id. dell’osso timpanico,
13,2; — diametro orizzontale massimo della cavità orbitaria,
14,6; — diametro verticale, 10,6; — lunghezza massima delle
ossa palatine, 24; — lunghezza dei parietali, 34,1; — Idem
del basi-occipitale, 11,6.
Le vertebre di questa balenottera di Buenos Aires erano
in totale 48, cioè 7 cerv., 11 dors., 12 lomb., 18 cand.
Dalla balenottera di Castel Fusano il nostro Museo non
potè avere che sole 11 vertebre dell quali 5 cervicali, ma l’istesso
Museo ha la fortuna di aver completo lo scheletro della Ba-
lenottera di S. Stefano, da me descritto e raffigurato esatta-
mente nella tavola annessa alla precitata memoria (v. Bollett.
della Soc. Zool. Ital., fasc. I e II 1900).
(Continua).
no
Prof. ANTONIO CARRUCCIO
Cenni sull’ 0s penialis dell'’Ursus americanus
e dell’ Histrix cristata
Nel mio insegnamento di Anatomia comparata nell’ Uni-
versità di Modena, come rilevo da vecchi appunti manoscritti,
da molti anni conservati, ebbi talvolta a mostrare ossa pe-
niali, raccolte e preparate nella dissezione fatta nel laboratorio
anatomico-zoologico del Museo, di parecchi mammiferi di or-
dini diversi.
In Roma, occupato da troppi altri lavori e argomenti di
studio, nè io nè i miei assistenti mettemmo da parte ossa
peniali in buon numero, quali certamente si ebbero. Ma qualche
esemplare men facile a osservarsi, o notevole per qualche par-
ticolarità, fu conservato. Fra i primi cito e presento l’os pe-
nialis dell’Ursus americanus, e fra i secondi quello dell’ Hystrix
cristuta.
Com’ è noto nei maschi dei Carnivori, dei Roditori ecc:
è frequente la presenza di questo osso speciale, di varia forma
e dimensione.
In Italia poche ricerche vennero fatte sul medesimo, e
scarse sono le pubblicazioni particolareggiate che possediamo.
Non così in lavori (Trattati, ecc.) di anatomia comparata,
principalmente d’autori stranieri più o meno recenti,
Oltre il Carus, Otto, Pallas, Cuvier, Flower, Lydekher ecc.,
debbo ricordare, ma fra i recentissimi scrittori, il De Mont-
(1) Comunicazione fatta nell'adunanza scientifica della Società Zoo-
logica Italiana tenuta il 25 maggio 1913.
e dell’Histrix cristaia 175
lezun (1) il quale ha pubblicato una nota intitolata « Ma
tériaux pour servir à l’étude des os péniens des Mammiféres
de France ». Egli giustamente osserva che gli scheletri dei
Mammiferi, i quali vengono preparati per le collezioni scien-
tifiche, sono generalmente incompleti. Invero le piccole ossa,
appena trattenute in sito da legamenti, nel lavoro di disseca-
zione vanno perdute insieme agli avanzi muscolari, o spari-
scono durante il corso della macerazione scheletrica. E cita
quali esempi le clavicole rudimentali, le ossa ioidee, le ossa
peniali.
Il Montlezun ha voluto raccogliere queste ossa peniali di
più specie di maschi appartenenti alla Fam. Mustelidae, delle
quali dà in una Nota le precise figure e la descrizione.
Descrivo ora per primo l’osso peniale dell’ Ursus ameri-
canus. Che gli orsi offrano quest’ osso non v’ ha dubbio al-
cuno, e per la specie Ursus arctos e per altre ancora tro-
viamo indicazioni sufficienti in opere di parecchi reputati ana.
tomici. Non ne ho trovato finora veruna per l’ osso peniale
dell’Ursus americanus.
L’orso avuto testè dal Museo Zoologico dell’ Università
Romana fu donato dall’ Amministrazione del Giardino Zoolo-
gico di Villa Umberto. L’esemplare, non del tutto adulto, mi-
surava dall’apice del muso all’apice della coda, m. 1,029. La pelle
essendo in più parti del corpo guasta non si potè farne una
buona preparazione tassidermica, e ordinai che si preparasse
l’intiera armatura scheletrica. La macerazione non essendo
compiuta, mi riservo di mostrarvi lo scheletro, la cui osser-
vazione potrà riuscire interessante (2).
(1) V. Soc. d’Hist. nat. et des Sc. biol. de Toulouse. T. 43, 1910,
N. 3, pag. 96-101.
(2) Essendosi in questi giorni terminata la preparazione dello sche-
letro in discorso, che riusci sott'ogni aspetto benissimo, l’ho potuto stu-
diare e presentare nell'adunanza scientifica tenuta il giorno 11 Nov. 1913,
e se possibile ne darò la illustrazione con una tavola.
176 Cenni sull’Os penialis dell’Ursus americanus
L’osso peniale che fu conservato, e che vi presento su
questa tavoletta a fondo nero, vedete che è abbastanza svi-
luppato sia per lunghezza, sia per grossezza.
La lunghezza è di 160 mm.; la circonferenza, nel punto in
cui si ha l'altezza massima, è di 20 mm.; e l’altezza è di 12 mm.
verso l’ estremità posteriore. Fino alla prima metà la forma
dell’ osso è quasi cilindroide, ma dopo si fa triangolare, con
una faccia superiore piana, e due laterali pure piane, che in-
contrandosi inferiormente formano uno spigolo abbastanza
saliente. La punta od estremità anteriore è come tagliata di.
sbieco, è lievemente curva: essa è lunga 12 mm. Alla base
della medesima si ha un restringimento, quasi un colletto, ed
è il punto più basso dell'osso, con un’altezza di circa 6 mm.
Dividendo l’ osso in 4 porzioni eguali, 3 di queste sono
rettilinee e l’ultima leggermente curva, colla convessità in alto.
Nel mezzo delle faccie laterali si osserva in ciascuna un
solco della lunghezza di 7 cent.
La estremità posteriore è in parte subrotonda, ed in parte
piana ed alquanto inclinata; è alta 7 mm.
Le dimensioni che ho dato mi provano che in quest’osso
peniale esse superano quelle che si conoscono per altri car-
nivori, ad es. del Me/es taxus (70 ad 81 mm.), della Mustela
martes (42 a 50 mm.), ecc.
Dò pure la descrizione dell’ osso peniale dell’ Hisfrix cri-
stata, avvertendo che il Cuvier ed altri che trattano di que-
st'osso esaminato in altri roditori, non descrivono quello del-
lfstrice:
La forma dell’ osso medesimo è veramente singolare: la
si può infatti rassomigliare a quella di un piccolo cucchiarino,
avente la lunghezza di 16 mm., dei quali 10 appartengono
alla porzione che rappresenta quasi il manico, avente una lar-
ghezza da 3 a 4 mm. La estremità stretta resta allo stato
cartilagineo, e misura 4 mm. in lunghezza; la estremità larga
è scavata come in un cucchiarino, ha la lunghezza di 10 mm,,
e dell’Histrix cristata i 177
e la larghezza di 8 mm. Il manico appiattito ha una faccia
appena concava, e l'altra convessa.
Negli scrittori recenti non è facile trovare abbondanza di
notizie precise su quest’osso.
Il prof. Roule nella sua Anatomia comparata degli animali,
basata sull’embriologia (1), si limita a scrivere che assai so-
venti « la zone d’adossement de deux corps caverneux » si
ossifica per una lunghezza e per uno spessore assai grandi,
dando così luogo a un osso peniule, ch'è frequente nei Car-
nivori, nei Cetacei, nei Roditori e in molti altri gruppi.
.nche il Gegenbaur nel suo « Manuale di Anatomia com-
parata » lascia molto a desiderare su quest’ osso; anzi mentre
parrebbe che scrivendo dei corpi cavernosi dei mammiferi do-
vesse farne qualche cenno, ne tace affatto (pag. 717-718).
Il Wiedersheim nel suo « Compendio di Anatomia com-
parata » (1) a pag. 349-352 in cui avrebbe potuto accennare
all’ osso peniale dei Mammiferi, non ne tien punto parola. E
così d’altri anatomici stranieri. In parecchi italiani invece ad
es. nel volume contenente le « Note di Anatomia comparata » (2)
del prof. Paolo Panceri si trovano sufficienti notizie su que-
st'osso. A pag. 293 troviamo ricordato come nel coati e nello
scoiattolo volante l'estremità del glande sia formata quasi in-
tieramente dell'osso del pene « così oltre prolungato ».
A pag. 294-295 il Panceri ricorda i Quadrumani, i Chi-
rotteri, quasi tutti i Carnivori, le Foche, i Rosicanti, ecc., nei
quali |’ organo copulatore è afforzato da un osso, le cui di-
mensioni in generale sono maggiori in quei mammiferi, nei
quali il corpo cavernoso è molto piccolo, sicchè talvolta si
estende per tutta la lunghezza di cesso e ne costituisce la mag-
gior parte, come si vede nel cane, nel tasso e nell’orso....
(1) V. Tom. II. Paris, Masson e C. Edit. 1901, pag. 1898.
(2) Napoli, Stamp. e Cartiere del Fibreno, 1865, pag. 391 e seguenti.
178 Cenni sull’Os. penialis dell’Ursus americanus
Anche altri scrittori italiani. ad es. i prof. Leone De Sanctis
e Francesco Lucarelli, nel loro « Compendio di Anatomia com-
parata » (jJ) dànno un buon numero di notizie sui maschi di
mammiferi che sono forniti di osso peniale, accennando alla
sua forma, all: dimensioni, ecc.
Nei mammiferi roditori, nei quali ordinariamente esiste
l'osso peniale, la forma del ghiande è data da quest’osso; il quale
può presentare l’estremità semplice o biforcata, e talvolta anche
saliente al davanti del pene.
Anche nei Carnivori la forma del ghiande suol essere in
rapporto, cioè consimile al volume e al modo di terminazione
dell’osso peniale. Ma le dimensioni e la forma del medesimo
variano in questi mammiferi come in altri di diverso ordine.
Ad esempio pei Cetacei (Balene, ecc.), pei Pinnipedi (Fo-
che, ecc.), abbiamo descrizioni particolareggiate, e in diversi
Musei si osservano preparati accuratissimi. i
Ed è giusta l'osservazione generale che fa l’istesso Cuvier:
«Dans les animaux dont los pénial forme une bonne partie
de la verge, le corps caverneux est beaucoup moins étendu
que dans ceux où cet os n’existe pas...». E conclude notando
che questa conformazione si osserva négli Orsi, nell: Martore,
nelle Lontre, nelle Foche ecc .(1).
Oltre quanto è riferito neile classiche lezioni d’Anatomia
comparata del Cuvier, devo ricordare ch'è più facile trovare
notizie particolareggiate e buone figure dell’ osso peniale in
autori antichi che in moderni, come ho detto in sul p:inci
pio di questi rapidi c_nni. |
(1) Ved. Lecons d’Anat. comp. de Georges Cuvier, recuillies et pub-
bliées par M. Dumeril. 3me edit. T. IIl pag. 434.
carie ZLI
Dimensioni insolite e non ancora registrate di una
Thalassochelis caretta del Golfo di Teulada, e
confronto con più individui pesati in altri mari.
Nota del prof. A. CarRUCCIO (1)
Dal Porto di S. Giorgio (Marche) che è noto per impor-
tanti catture di squali, cetacei, ecc., mi si mandarono dal ma-
rinaio-pescatore Federigo Pignatelli due esemplari assai grossi
di Thalassochelys caretta; uno nel mese di settembre del 1912,
e l’altro nel settembre del 1913.
L’arrivo di nuovi cheloniani mi fece ricordare che avevo
già fatta una comunicazione sopra un individuo della stessa
specie di dimensioni veramente straordinarie. E questa comu-
nicazione ho fatta dopo che ricevetti una lettera dell’on. Mi-
nistro della Guerra che mi annunziava il gentilissimo dono
di una grossa testuggine, proveniente dalla Libia. La lettera
in data 13-VII-1912, è la seguente:
« Alla Direzione del R. Museo Zoologico
presso l’Università di Roma.
« | soldati del 40° fanteria in Libia hanno recentemente
pescata una testuggine marina del peso di circa 60 Kg., che
il Comando dell’istesso Reggimento desidera di offrire al
Museo Zoologico di Roma, a titolo di ricordo della posizione
del Marabutto di Sidi-Abdul-Gelil.
(1) Notizie comunicate alla Società Zoologica Italiana, nelle adu-
nanze scientifiche del 27 ottobre 1912 e 11 novembre 1913.
180 A. Garruccio
« Questo Ministero ha autorizzato il Comando della Bri-
gata « Giardina », dal quale il predetto Reggimento dipende,
a fare spedire direttamente la stessa testuggine a cotesto
Museo; e ne dà intanto l’annunzio a codesta Direzione, rite-
nendo che tale offerta possa riuscire gradita.
«II Ministro:
SPINGARDI >».
Devo dire che il Museo possedeva un sufficiente materiale
non solo di individui completi di Tha/assochelys caretta, ma
di scudi dorsali separati, e anche di teste isolate; per cui
col bellissimo esemplare del Golfo di Teulada e con l’altro
mandato in dono, con sì nobile intendimento, dal 4° Reggi-
mento di fanteria al Museo della Capitale, e coi due individui
acquistati dal Pignatelli di Porto S. Giorgio, mi fu facile l’e-
same di qualche carattere proprio a questa specie, e parti-
colarmente delle dimensioni massime e medie che essa può
raggiungere.
Gli esemplari completi di varia grandezza sono 8, e 7
gli incompleti; rappresentati o da soli scudi dorsali o da
piastroni coi clipei annessi, appartenenti tanto alla Collezione
erpetologica generale, quanto alla provinciale e alla didattica.
Possiede inoltre il Museo parecchie teste ossee separate,
ramfoteche, bacini, e ossa degli arti.
Comincerò dal far cenno di due Thalassochelys caretta
complete pescate a Civitavecchia. Una ha la lunghezza di
103 cent. (misurando dal muso all’apice della coda), e una
larghezza massima di 73 cent. (seguendo la curva dorsale), e
di 56 cent. in linea retta (seguendo la faccia ventrale).
L’altro esemplare di Civitavecchia è lungo 101 cent. (in
curva), e 93 cent. in linea retta, con la larghezza di 63 centi-
metri (in curva) e di 56 (in piano).
Da Porto S. Giorgio ricevetti nel settembre del 1912 un
solo clipeo, che misurato seguendo la faccia convessa del
Thalassochelys caretta 181
clipeo ha la lunghezza di 85 cent., e misurando lungo la faccia
piana del piastrone è lungo 82 cent. La massima larghezza è
di 79 cent. misurando seguendo la curva del clipeo, e in linea
retta, misurando lungo il piastrone, la larghezza è di 66 cen-
timetri. Non è adunque, come credettero il Pignatelli ed altri
di Porto S. Giorgio, una testuggine marina di dimensioni
insolite, perchè il Museo dell’Università di Romana ed altri
Musei posseggono esemplari più grossi.
Uno scudo della stessa specie che ricevetti in dono dal-
l’Ammiraglio De Amezaga per il Museo, misura 88 cent. (in
curva) e 83 cent. in linea retta.
L’esemplare ricevuto da Porto S. Giorgio nel settembr:
1913 è più grosso di quello avuto un anno prima, perchè misurato
dall’apice del muso alla punta della coda, dal lato ventrale si
ha la lunghezza di m. 1.18. La sua circonferenza è di m. 1.60.
In uno specchio chè ho compilato per le Tha/assochelys
complete e incomplete, possedute dal Museo, e che fa parte
di questa Nota, il lettore troverà tutte le singole dimensioni.
Intanto vo’, senz’ altro, richiamare l’attenzione sulle misure
della Tha/assochelys pescata nel Golfo di Teulada (prov. di
Cagliari) che, per quante ricerche io abbia finora fatto, ri-
sulta essere la più grossa di tutte.
Infatti, misurata dall’apice del muso alla punta della coda
è lunga un metro e 73 cent., con la larghezza massima in
curva di 90 cent., e di 62 cent. in piano. Riassumo ora quanto
intorno alle dimensioni di questa specie, scrissero alcuni dei
più competenti erpetologi italiani e stranieri.
Il De Betta nota come il guscio di questa specie « non
suole eccedere da noi la lunghezza di 80 o 90 cent., più or-
dinariamente anzi, gli individui nostrali non lo hanno che della
lunghezza di 50 o 60 e della larghezza di 40 o 50 » (1).
(1) Vedi Fauna d'Italia, p. 4": Rettili ed anfibi. Milano, D. F. Val-
lardi, terza ediz., 1874, pag. 161.
182 A. Carruccio
Il Giglioli, nel. 1880, asseriva che “questa specie è
abbastanza comune nei nostri mari, particolarmente nel Mez-
zogiorno » (1). E come località in cui fu presa, cita Porto
Ferraio, Piombino, Cagliari, Napoli, Siracusa, Ancona.
Il Doderlein nel 1881 così ebbe a riferire: « Fra le tar-
tarughe marine o talassiti riesce abbastanza comune la te-
stuggine di mare (Chelonia caretta L., o Ch. caouana Swerg. e
Daud.), tartuca di mare in Sicil., unica rappresentante medi-
terraneo delle pregevoli tartarughe che vivono nel vasto
oceano. Molti individui della quale concorrono in tempo di
primavera nei séni marini delle sue Isole minori a deporre i
preziosi germi di loro successione, ma che i pescatori del
luogo sogliono più comunemente cogliere, allorchè addormen-
tati galleggiano supini sulla superficie dei vicini mari ».
Nel Brehm (2) leggesi una nota in cui sono riportate pa-
role del Camerano, le quali mi pare siano le più giuste che
possano oggi scriversi su questa specie di cheloniano ma-
rino: « Sebbene meno frequentemente che per lo passato si
trova la ?halassochelys caretta, quà e là sulle coste ita-
liane. Ed il Camerano aggiunge che la lunghezza dello scudo
dorsale può anche superare il metro; in generale essa varia,
allo stato adulto, fra 70 e 90 cent. ».
Nell'opera dell’istesso prof. Camerano « Colubridi e mo-
nografia dei Cheloni italiani » citando egli gli esemplari pos-
seduti dal Museo Zoologico di Torino scrisse che la lunghezza
dello scudo dorsale del più grosso esemplare è di 95 centi-
metri, con la larghezza massima di 80 ‘3).
(1) Vedi E/enco dei mammiferi, uccelli, rettili, ittiofagi, ecc. - Fi-
renze, Stamp. Reale, pag. 15.
(2) Vedi La Vita degli Animali. Traduzione del prof. M. Lessona,
vol VII. Torino, 1902, p. 600-601.
(3) Carlo Clausen, libraio della R. Accademia delle Scienze. - Torino,
1891, pag. 79.
ia
Thalassochelys caretta 183
Devo rammentare che io fin dal 1869 in un mio lavoro
pubblicato in Milano negli Atti della Società Italiana, riferivo
che della testuggine di mare, denominata nel dialetto della
prov. di Cagliari, Tostoini de mari, e in quella della prov. di
Sassari, Tartiiga de mari, si facevano abbondanti pescagioni
in più punti del mare sardo. Lontano dall’ isola da moltis-
simi anni, non potrei ora fare con sicurezza la stessa affer-
mazione. i |
Il Carus indica la lunghezza e il peso della Thalasso:
chelys caretta con queste parole: « Longit. ad 1.25 m. (ad
Ins. Linosam), pond. 112 kg. ». (2)
Nella reputata opera dei professori Dumeril e Bibron,
a proposito delle dimensioni di questa specie leggiamo, che
la lunghezza totale (certo la massima da essi riscontrata) è
di un metro e 26 !/, cent. La lunghezza della testa è di cen-
timetri 21e 05 mill.; la larghezza in avanti di ct. 4 e 3 mill.; la
larghezza indietro di 7 ct. e 2 mill.» l’altezza di 18 ct.; lun-
ghezza del collo 16 cent.; lunghezza delle zampe ant. ct. 51;
delle post. ct. 31. Il clipeo misurato superiormente è lungo
94 ci., con la larghezza, presa alla sua metà, di 87 ct. La
lunghezza della coda è di 17 ct. Altre misure, più o meno
diver.e troviamo in autori stranieri; ad esempio nel « Cata-
logue of the Chelonians, Rhynchocephalians and Crocodiles
in the British Museum », il dott. G. A. Boulenger, a pag. 185,
scrisse: « Longth os shell 1 m. 5 centim. ». E nell’opera re-
cente « The Cambridge Natural History », vol. VIII, il pro-
fessore Hans Gadow, trattando degli Anfibi e Rettili(2) fornisce
buon numero di notizie intorno all’ « astonishing variability ».
come lo chiama, dél numero delle piastre cornee del cara-
pazio; ma è assai parco nel ricordare la grandezza che rag-
(1) Vedi Prodromus Faunae Mediterranae, ecc., vol. II, pars. II. Ver.
tebrata, pag. 712.
2) Pubblicata in Londra, 1901, presso Massimilan and Co., pagine
387-388.
0 e
184 A. Carruccio
giunge la Thalassoc telys caretta, notando solo che i grossi
individui hanno uno scudo di circa 3 piedi e !/, di lunghezza.
Misure prese sulle 7/a/assochelys caretta intiere, posse-
dute dal R: Museo Zoologico Universitario di Roma, su gli
scudi dorsali e sui crani isolati.
Intiere.
Lunghezza Larghezza
metri centimetri
DER ; in curva in piano
1. Individuo pescato nel golfo di Teulada (por-
tato e tenuto vivo per più giorni a Roma) 1,073 90 62
2. Individuo pescato nel golfo di Civitavecchia 1.003 73 56
3 id. id. id. id. 1.001 63 56
4. asi Ital id. id. 0.058 39 33
5ì id. id. id. di Cagliari ... 0.052 36 32
6 id. id. nel mare di Sinigaglia. . 0.037 27 22
7 id id. id. id. sue 0.027 18 16
8 id. id. nel porto di S. Giorgio . 1.018
Scudi.
1. Scudo di Tha/assochelys caretta pescato nel-
l'Oceano Atlantico (Panamà) ......... 0.088 79 65
2. Scudo di 7hal/assochelys caretta pescato nel
porto di S. Giorgio, settembre 1912 .... 0.85 79 66
3. Scudo di individuo pescato presso Panamà 0.79 72 61
4. id. id. id. Panamagi o 0.66 61 54
Seoalas (0 id. forse pescato a Civitavecchia 0.58 54 47‘
ssd. id. pescato nell’Oceano Atlantico 0.49 44 41%
(PS idi id. id. id. id. 0.43 39 37
Testa.
1. Thalassochelys del Golfo di Teulada: i
alt. cent. 15'»#—lungh. cent. 32 — largh. cent. 21 (dal liveilo del naso). —
Nessun scrittore dà per la testa dei maggiori esemplari di questo chelo-
niano,la lunghezza che è propria dell’individuo pescato nel Golfo dl Teulada.
Altre 6 teste offrono le seguenti lunghezze :
1. - lung. cent. 23/: — 3: - cent. 13 — 5. - cent. 9//
2.-., cent. 20 — 4.- cent. 13 — 6. - cent. 7 (più piccola).
Un altro crano con la ramfoteca ha la lunghezza di cent. 30.
Thalassochelys caretta 185
Lo studio delle serie di piastre che osservansi nel clipeo,
è stato fatto con molta diligenza da diversi erpetologi che
poterono disporre di numerosi esemplari di questa specie,
constatando che esse presentano differenze numeriche e mor-
fologiche secondo l’età più o meno avanzata, il sesso, ecc.
Anch'io, disponendo di un buon materiale, ho notato
tali differenze numeriche, ed altre sulla maggiore o minore
embricatura delle piastre, sui margini più o meno dentellati,
sullo sviluppo diverso delle carene nel carapazio dei gio-
vani individui, sulle unghie del 1° e 2° dito nei giovani, sul
mutamento di colorito, come da individui molto giovani si
passa agli adulti, ecc.
Tutte queste apprezzabili differenze, che con paziente
esame possono stabilirsi e confermarsi, non formando argo-
mento della mia Nota, come non lo formano le anormalità che
sonosi osservate nelle piastre cornee del clipeo, ecc., lascio
che altri le studî. Ma, come ho detto, non mancano quelli che
gia largamente presero ad esaminare tutte queste differenze e
variazioni cui vanno soggetti gl’ individui della Tha/assochelys
caretta.
Un rotifero poco comune in Italia
(ANURAEA ACULEATA, Hudson & Gosse)
Comunicazione del socio Dott. NicoLa pe LEoNE
alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma
E non lungi da Penne un piccolo specchio di acqua ar-
tificiale che serve ad alimentare le vasche di una fabbrica
di cuoiami. Avendomi il proprietario pregato di studiarne le
condizioni per co-
noscere se non fosse
il caso di sfruttarlo
dal punto di vista
della. piscicoltura,
mi recai sul posto
nel mese di luglio
e potetti notare che
il plankton vi era
abbonda ntissimo,
avendone raccolto
dei saggi a mezzo
di uno dei soliti
retini. Vi trovai ab-
bondante il Cyc/ops
strenuus, le Daph-
nia, alcune Bosmi-
na, Cypris e le solite
bacillariacee ; ma quello che mi colpi fu la presenza dell’ A-
nuraea aculeata, in vari esemplari perfettamente tipici.
Sappiamo che, dati i mezzi di diffusione dei rotiferi, le
loro varie faune si mostrano piuttosto omogenee, e non do-
ANURAEA ACULEATA (Hudson & Gosse)
lngr. circa 800 diametri.
Un rotifero poco comune in Italia 187
vrebbe quindi recar maraviglia la presenza di questa specie
in quello specchio d’acqua se però non fosse strano il fatto
che tale specie non fu rinvenuta nè da me, nè, ch’io mi
sappia, da altri in moltissime località.
Infatti io non la trovai nelle mie lunghe e diligenti ri-
cerche sul p/ankfon di Bolsena, nè la rinvenni in saggi di
alcune pescate nei laghi di Nemi, di Monate, di Varano e
del Trasimeno in estate ed in inverno, che ebbi occasione
di esaminare nella R. Stazione di Piscicoltura di Roma.
D'altra parte non fu citata dalla Losito pel lago di Brac-
ciano, nè dal prof. Pavesi per alcuno dei molti laghi dell’Italia
settentrionale da esso esplora!i.
Sembra inoltre che anche all’estero questa specie sia poco
comune e poco diffusa.
Si direbbe anzi che sia più facile a rinvenirsi nell’Africa
poichè fu trovata dal Kirkman (Second List of rotifera of
Natal) nel Natal con le sue due varietà curvicornis e valga,
e dal Rousselet che trovò la varietà valga ad Orange River
Colony e curvicornis al Natal.
La bellissima specie può determinarsi facilmente per la
sua forma a tazza, per essere dotata di vari processi spini-
formi nella parte anteriore e di due soli processi nella parte
posteriore della corazza. Questa corazza si mostra poi zegri-
nata come una fittissima rete. Anche gli individui di questa
specie si vedono talvolta con le uova attaccate.
Dalla R. Scuola Tecnica di Penne, ottobre 1913.
SA
me
Cattura di Eutolmaétus fasciatus (Viell.)
Aquila del Bonelli, in prov. di Roma
Comunicazione del socio Princ. D. Fr. CHÙici
Ho recentemente acquistato presso il preparatore sig. De
Dominicis un esemplare femmina di Eutolmaétus fasciatus
(Vieill.) colto a Palidoro il 12 settembre u. s.
Nelle varie opere che ho consultato non trovo registrate
precedenti catture di questa piccola Aquila nella nostra re-
gione, ed è cosa strana, poichè essa è stata ripetutamente
osservata in parecchie località italiane a Nord ed a Sud di
Roma, e vive e si riproduce normalmente nelle nostre grandi
isole, come nelle penisole Iberica e Balcanica ed in generale
nelle regioni e nelle isole mediterranee, oltre che nell’Asia
meridionale fino alla pen. Indiana. Nell’Africa tropicale orien-
tale è rappresentata da una forma poco diversa (£. fasciatus
minor Erl.).
Il Martorelli, nel libro Gli Uccelli d’Italia, fece notare la
rassomiglianza delle forme di questa piccola aquila con quelle
dell’Astore, e nel mio esemplare tale somiglianza è resa anche
maggiore dalla casuale brevità delle ali, dovuta all’incompleto
sviluppo delle remiganti. Non è anzi improbabile che la cat-
tura di questo soggetto sia dovuta appunto alla difficoltà
che esso aveva di volare. Ritengo impossibile che esso sia
giunto fra noi attraversando il mare o grandi distanze; se
ne deve perciò concludere che si aggirasse nella nostra zona
littoranea da qualche tempo e che ivi avesse iniziato la muta.
Anche le timoniere sono in parte ancora incompletamente
cresciute.
Eutolmaètus fasciatus 189
LI
Il piumaggio dell'esemplare di Palidoro è quello degli
individui immaturi, caratterizzato dalle parti inferiori fulvo-
mattone, percorse da strie longitudinali scure; le cosce, i
calzoni e il sottocoda sono brunicci con lievi ondulazioni e
fasce incomplete bianchicce, più visibili sul sottocoda. Le
più lunghe piume dei calzoni, estremamente consunte, sono
bianche con fasce trasverse d’un bruno slavato.
Le timoniere superiormente sono grigio-brunicce percorse
da sottili fasce trasverse brune incomplete; inferiormente sono
d'un bianco grigiastro con sottili fasce scure più o meno com-
plete; una larga e ben netta fascia subapicale bruna termina
le timoniere su ambedue le facce.
Confrontando l'esemplare di Palidoro con un soggetto
proveniente dall’isola di Stampalia, che trovasi al Giardino
Zoologico ed ivi ha compiuto una muta, trovo che quest’ul-
timo, salvo una maggiore vivacità delle tinte, dipendente dal
trovarsi in cattività fuori dell’azione degli agenti atmosferici,
non differisce dal primo che per una maggiore riduzione delle
fasce scure sulla faccia superiore delle timoniere, cosicchè la
coda appare superiormente di tinta uniforme bruno-grigiastra,
con lievi ondulazioni scure sui vessilli interni delle penne. La
larga fascia subapicale è però sempre ben marcata.
Roma, novembre 1913.
Adunanza dei naturalisti tedeschi
Alla 85* Adunanza dei naturalisti tedeschi, tenutasi dal 21.
al 28 Settembre 1913 a Vienna, furouo svolte le seguenti co-
municazioni nelle sezioni di Zoologia e di Antropologia, comu-
nicazioni che credo possano interessare i nostri consoci.
SEZIONE DI ZOOLOGIA E PALEOZOOLOGIA
(Sedute generali)
E. FiscHeR. — Freiburg i. B.: Das Problem der Rassenkreuzung
beim Menschen.
OrHENIO ABEL. — Wien: Neure Wege phylogenetischer For-
schung.
K. RittER v. Hess. — Miinchen: Ueber Entwicklung von
Lichtsinn und Farbensinn im Tierreich.
A. SteveR. — Innsbruck: Ziele und Wege Biologischer Mittel
meerforschung.
SEDUTE DEL GRUPPO ZOOLOGIA E PALEOZOOLOGIA.
K. v. FriscH. — Miinchen: Zur Frage nach dem Farbensinn
deriWbiere:
H. KupeLwiESsER. — Miinchen: Reaktione niederer Krebse gegen
farbiges Licht.
E. NirEnsTEIN. — Wien: Das Wesen der Vitalfàrbung.
E. UHLENHUTH. — Wien: Die Transplantation des Amphibien-
augen.
E. Fraas. — Stuttgart: Ueber die neuesten Dinosaurierfunde
in der schwabischen Trias.
A. HanpLirscH. — Wien: Fortschritte der Forschungen iiber
fossile Insekten.
Adunanza dei naturalisti tedeschi 191
K. ZeLINKA. — Czernowitz: Zwei Ektoparasiten der Echino
dermen aus der Klasse der Ciliaten.
C. G. ScÙitrinos. — Giirzenich: Die Ausrottung vieler Tier-
arten und iilber Gesetzgebungen zum Schutze derselben.
G. Fucus. — Karisruhe: Ueber Parasiten und andere biologisch
an die Borkenkafer gebundene Nematoden.
H. MicoLetzgy — Lunz, Niederòsterreich: Oekologie alpiner
Siisswassernematoden mit besonderer Beriicksichtigung
des Lunzer Seengebietes.
K. Totpr. — Wien: Ueber die Hautzeichnung bei dichtbe-
haarten Saugetieren, insbesondere bei Primaten.
L. Freunp. — Prag: Neues iiber die Skelettentwicklung der
Sirenia.
H. Joseru — Wien: Ueber Epithelmuskulatur bei Amphioxus.
H. Karny. — Wien: Ueber sekundar-makroptere Orthopteren -
formen.
O. SrorcH. — Wien: Zur vergleichenden Anatomie der Po-
lychaten.
O. Pesta. — Wien: Die Crustazeenfauna der Adria.
O. Haempet. — Wien: Ueber Altersbestimmung und Wachstum
beim Aal. (Anguilla vulgaris).
G. Stiasny. — Wien:1. Zwei neue Scyphomedusen aus der Adria.
2. Zur Entwicklung des Genus Zeus.
J. Langer. — Graz: Was ist der Futtersaft der Biene?
L. v. Grarr. — Graz: Ueber die Bibliotheken unserer natur-
wissenschaftlichen Institute.
V. Brenm. Eger: Ein Vergleich der Fauna der Lunzer Seen
mit der anderen Alpenseen.
E. Neresneimer. — Wien: Ichtyophonus Hoferi Plehn und
Mulson, der Erreger der Taumelkrankheit der Salmoniden
Tu. Pintner. — Wien: Zur Anatomie und Systematik der
Tetrarhynchen.
BOTEZAT. Czernowitz: Ueber die Phylogenie der Szugetiere.
Trojan. — Prag: Die Leuchtorgane von Sergester oculatus.
192 Adunanza dei naturalisti tedeschi
V. PierscHMann. — Wien: Ueber die Fischfauna des Kaspi-
schen Meeres.
R. Lonr. — Wien: Das Gebiss der rhizophagen Beuteltiere.
F. Mecusar. — Wien: Voraussetzungen fir eine annàhrnde
Exaktheit des Experiments in Anpassungs-und Vererbungs-
fragen.
F. Megusar. — Wien: a) Die Héhlentiere und ihre Lebensbe-.
dingungen. (Mit Demonstrationen
und Lichtbildern).
b) Ueber den Einfluss éusserer Fakto-
ren und Vererbung bei Krustazeen,
Insekten, Mollusken und amphibien.
(Mit Demonstrationen undLichtbil-
dern).
J. Wimmer. — Wien: Die Gestaltung der tierischen Lebewesen
und deren organische Bedeutung.
C. J. Cori. — Triest: Zur Fauna adriatica.
H. JoseprH. — Wien: Ueber einen eigentiimlichen Tumor bei
der Ringbrasse.
SEDUTE DEL GRUPPO ANTROPOLOGIA, ETNOLOGIA
E PREISTORIA.
H. v. ScHROTTER. — Wien: Demonstration deformierter Inka-
schàdel.
K. Gorjanovic-KramBERGER. — Agram: Ueber das Kiefergelenk
des diluvialen Menschen von Krapina in Kroatien.
. Neuaauss. - Berlin-Lichterfelde: Das blonde Haar der
Papua.(Mit mikrophotographischen Autochrom-aufnahmen).
H. BoeRscHMann. — Bartensteinn Ostpreussen: Versuch einer
graphischen Analyse der Entwicklungsformen.
. LAanpau. — Bern: Ueber anthropologische Kolonien (Frei-
lichtmuseen).
L. Worcmar. — Heidelberg: Der Vorgang der Sprachent-
stehung.
Vr °)
TT]
Adunanza dei naturalisti tedeschi 193
H. Swosopa. — Wien: Die Bedeutung der siebenjahrigen
Periode fiir das Vererbungsproblem.
R. SricLER. — Wien: Untersuchungen iiber den Unterschied
der weissen und schwarzen Rasse. (Lichtbilder, gemeinsam
mit Abteilung 18 Physiologie).
R. Hertincer. — Wien: Zur Begriffsbestimmung der Anthro-
pogeographie.
H. Csittac. — Wien: Ueber den Zusammenhang des Sprach-
problems mit dem Rassenproblem vom tonkiinstlerischen
Standpunkte (die menschliche Stimme entwicklungsge-
schichtlich im Lichte eines viergestimmten Instrument:
Bass, Tenor, Alt und Sopran, gesehern).
M. Hoernes. — Wien: Ueber die Unfruchtbarkeit hochspeziali-
sierter Fomen in der prahistorischen Kunst. (Lichtbilder).
A. Koun. — Wien: Das Verhaltnis von alterer und jiingerer
Steinzeit im vorderen Orient und in Europa.
O. MencHIN. —Wien: Zur jiingeren Steinzeit Niederòsterreichs.
(Lichtbilder). (Gemeinsam mit Abteilung 10, Geographie).
F. Hegcer. — Wien: Neue Mitteilungen iiber die ostasiatischen
Metalltrommei!n..
R. Poeca. — Wien: Naturalismus und Stil in der darstellenden
Kunst der Primitiven. (Autochrombilder).
A. HagerLanpr. — Wien: Prahistorische Formen in der Volks-
kunst Osteuropas. (Lichtbilder).
F. NeroLiTtzKky. — Czernowtz: Das Hirseproblem.
J. Bayer. — Wieni Der Mensch in der Eiszeit. (Gemeinsam
mit Abteilung 11. Geologie).
E. v. Becker. — Baden b. Wien: Beitrige z. Bedjaproblem.
V. CHRISTIAN. Wien: Mitteilungen iiber ein afrikanische
Speerschleuder im Besitze der ethnographischen Abteilung
des k. k. Naturhistorischen Hofmuseums. (Mit Demons-
tration).
194 Adunanza dei naturalisti tedeschi
H. ALcyvooyvi. — Wien: Ueber die Herkunft des Volkes der
Philister.!
G. KyrLe. -- Wien: Versuch einer Berechnung der ausge-
brachten Metallmengen aus den pràahistorischen Kupfer-
gruben in den Salzburger Alpen.
G. KyRrte. — Wien:Die urgeschichtliche Besiedlung des inn
landes Salzburg. i
W. RezLen. — Niirnberg: Ueber den Fund von Piltdown
(Eoanthropus Dawsoni) (Lichtbilder).
Comunicato alla seduta dell’11 Novembre 1913.
Prof. D". Ugo G. VRAM.
Le ricostruzioni dell'Eoantropos Dawsoni, Wooward
Comunicazione del prof. U. G. Vram alla Societa Zoologica Italiana
con sede in Roma
E’ ormai cosa nota che nel 1911 a Piltdowns alcuni operai
scoprirono durante i lavori di sterramento parecchi oggetti
di pietra pleistocenici, ed eoliti, insieme ad ossa animali (un
dente di Mastodon arvenensis, due M. di Sfegodon due P. di
Hyp. amphibius, corna di Cervelaphus 2 M. di Equus 1 M. di
Castor fiber) e alcuni frammenti di cranio umano.
Vooward e Dawsoni, informati delle scoperte, e dopo aver
raccolti gli avanzi ritrovati, si portarono sul sito ed interro-
garono gli operai sulla giacitura e posizione degli oggetti
rinvenuti e credettero di poter stabilire che si trattasse di un
giacimento pleistocenico.
Con i numerosi frammenti del cranio umano, il profes-
sor Wooward ricostrui gran parte del parietale sinistro, unito
ad una piccolissima parte del frontale, cioè la porzione sini.
stra del frontale coll’apofisi orbitaria esterna; il temporale si-
nistro, il quale, benchè non possegga tutta la squama, può
ancora porsi in regolare articolazione col suddetto parietale;
un frammento di parietale destro che non si può unire al si-
nistro per mancanza di gran parte dell’orlo sagittale ed infine
una parte della regione cerebellare e supercerebellare dello
occipitale.
Dello scheletro facciale vi è soltanto un frammento della
mandibola di destra, consistente nella branca, priva però del
condilo articolare, e in una parte del corpo sulla quale vi
sono ancora i M., ed M., La parte centrale di esso corpo,
Coen POR È
LS LIZ SEC
196 U. G. Vram
cioè lo spazio che si trova innanzi all’M., è guasta e di
essa non rimane che il margine anteriore, il quale non rag-
giunge la sinfisi mentoniera.
Con questi pezzi così riuniti, ilsig. Wooward, aiutato da
un anatomico di Manchester, vuole ricostruire il cranio e
formando completamente ex novo tutte la faccia e gran parte
della scatola cerebrale arrivò a fabbricare un cranio umano
di singolare aspetto. Ne riuscì un cranio umano con arcate
sopracciliari e glabella pochissimo sporgenti, faccia quasi
pitecoide, con scheletro nasale schiacciato, mandibola più pi-
tecoide ancora con canini così grandi da non sembrare umani.
A questo mostro, opera, come vengo a dire, tutt'altro
che di natura, ma piuttosto dell’intuito di un uomo, anzi di
due uomini, il Wooward, ritenendolo per il più antico fra gli
uomini finora conosciuti, diede il nome di Eoantropos e lo
dedicò al suo collaboratare e scopritore materiale degli avanzi,
il Dawsoni. SI
Nello scorso giugno di quest'anno (1913) il prof. Keith,
ben noto anatomico, rlprese il cranio in esame, e ne fece
un’altra ricostruzione, ben differente dalla prima. Questo cranio
ha un profilo più accorciato, apofisi mastoidee più svilup-
pate, il frontale più rigonfio, con arcate sopraciliari molto
sporgenti, nasion rientrante, faccia meno prognata e con sche-
letro nasale più sporgente e denti umani. La mandibola è
meno pitecoide, ma è ancora sprovvista di mento.
Il cranio risultato dalla seconda ricostruzione rassomglia a
quello scoperto a La Chapelle aux’Saints di tipo Neanderthal, e il
Keit crede che si tratti di un cranio femminile. Questa seconda
ricostruzione è stata presentata dal noto Paletnologo di No-
rimberga, sig. Rehlen, in una seduta della Sezione Antropo:
logica del Congresso dei Naturalisti tedeschi, tenutosi a
Vienna nel settembre di quest'anno. Nella medesima adunanza
il prof. Zombathy di Vienna faceva una assennatissima 0S-
servazione sulla scoperta di questi avanzi cranici: « succede
Le ricostruzioni dell’ Eoantropos Dawsoni, Wooward 197
per questo, egli disse, quello che successe per il cranio di
Neanderthal, cioèi geologi sono andati ad esaminare il posto
di rinvenimento parecchio tempo dopo, quando il terreno era
già stato mosso, ed essi dovevano fondare le loro supposi-
zioni sulle informazioni degli operai, l'attendibilità dei quali
è sempre dubbia ».
Riguardo al giudizio sui luoghi, io aggiungerò che al-
trettanto dubbia è la giacitura dei famosi crani di Cannstatt
Scoperti nel 1700, rimasero nel Gabinetto di Storia Naturale
di Stuttgart, fino al 1818; in quell'epoca sono stati per la
prima volta descritti da G. T. Jager; che, avendo trovato
nel medesimo armadio ossa di Mammuth ed altri oggetti, at-
tribui alle prime i caratteri di compagni di sepoltura dei
teschi umani. trascurando il più evidente valore storico degli
altri oggetti, che avrebbero portato, se considerati a ben di-
versa conclusione, ciò che avvenne più tardi (v. Héòlder). Ri-
guardo la giacitura, occorre tener sempre presente che, a dif;
ferenza degli altri animali, l’uomo seppellisce il suo simile
perciò muove egli stessoartificialmente il terreno, e pone il
cadavere alle volte in uno strato geologico che non è quello
sul quale ha vissuto (Branca).
Quanto alle ricostruzioni, esse sono molto istruttive, non
già perchè ci dieno un'idea della fisonomia del preteso pre’
cursore umano, ma perchè dimostrano il concetto delloro au-
tore nell'opera di completamento, così probabilmente sarà
della terza ricostruzione che vedremo forse tra breve. Queste
non sono scoperte, sono tentativi, che possono andare colla
esagerazione, sino a dimostrare la mancanza della mentalità
naturalis ica in chi insiste su queste ricostruzioni.
Sia ancora qui aggiunto che il voler fondare nuove specie
semplicemente sul cranio 0 su una parte di cranto è in per-
fetto con rasto con ciò che si usa fare in zoologia, dove Si
cerca sempre di evitare la fondazione di una specie nuova
bali 0 la
198 U. G. Vram
su di un individuo solo e tanto più sopra una troppo poco
significante porzione di un individuo.
Dal cranio umano si è preteso troppo dai simbolisti. dai
psicologi, e psichiatri, dai criminalisti ai tassonimisti: tutti
han chiesto qualcosa al cranio umano, rappresentato delle
volte anche da pochi frammenti, quasi che egli dovesse por-
tare, non coltanto le impronte del presente e del passato, ma
anche dell’avvenire di chi lo possedeva. dimenticando sempre
che anche la sostanza ossea è sostanza viva, a qualunque
parte dello scheletro essa appartenga, che subisce le variazioni
prodotte da diverse influenze e che il cranio si presenta allo
stato in cui si trovava al momento della morte dell'individuo
— salve le deformazioni post mortem — e che esso cranio
spesso non è in condizioni di farci sapere il suo sesso e la
sua età (*).
Roma 11 Nombre 1913.
(*) All’atto della correzione delle bozze della presente nota venni
informato della pubblicazione allora avvenuta della traduzione italiana
(da E. di Sambuy) dei libro di E. Sharp Grew dal titolo: Lo sviluppo
di un pianeta (Fr. Bocca: Torino, 1914). In questo libro si fa menzione
delle due ricostruzioni del cranio di Piltdown da me riferito nella pre-
sente comunicazione.
On the Discovery of a Paleolithic Human Skull and Mandible ina
Flint-Bearing Gravel overlying the Wealden (Hastings Beds) at Piltdown,
Fletchins (Sussen) Bey Charles Dawson F. S. A., T. G. S. and Arthur
Smith Wooward LL. D., T. R. S. Sc. G. S. — With an Appendix by
prof. Grafton Elliot Smith M. A., M. D,, F. R. S. (Read Decembre 18 Tf.
1912) in the Quarterly Journai of the Geological Society Vol. LXIX P.I.
N. 273 March. 1913 London pag. 117 e seguenti;
a pag. 124: Description cf the Human Shull and Mandib!e and the
Associated Mammalcan Renains (A_S. W.).
Branca W.:Der Stand uneser Kenntniss von fossiles Menschen, Leipzig,
Veite C. 1910 (vedi recensione in Boll. Soc. Zoologica lialiana S. II
V. XI f. XII pag. 360, 1910;
RR. Schmidt: Die Diluviale Vorzeit Deutschlands Schweigerbartsche Ver-
lagbuchandlung Stuttgart 1912-13.
Fiinfundachzigste Versammlung deutscher Aerzte und Naturforscher
in Wien 21-28 Septembre 1913. Tageblatt n. 5, S. 69. Corrispondenza pri-
vata 5 novembre 1913.
v. Hòlder H.: Uuber die Rasse von Cannstatt Kor. BI. d. Anth. Ges. 1873.
Id.: Die Schadel v. Cannstatt id. id. id. 1892.
Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI
SAGGIO D! UN CATALOGO DEI DITTERI
della Provincia di Roma
Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana — 1913
(Ved. vol. XII Serie II Anno 1911 del bollettino)
PARTE QUARTA
Fam. Anthomyidae.
S. fam. Muscinae.
Gen. Grappomyia Rob. Dev.
451. G. maculata Scop.
Specie assai comune. Ne ho di villa Corsini,
forte Bravetta, Farnesina, e altre località
presso Roma. Villa Lancellotti a Frascati'
Lariano presso Velletri, falde del m. Artemi-
sio, Marino, Manziana, Quadroni.
Si posa sulle ombrellifere, sull'erba alta e fio-
rita, sull’edera in fiore.
Da aprile a settembre. I maschi sono più ab
bondanti delle femmine.
Gen. MoreLLIA Rob. Dev.
452. M. hortorum Fill.
Villa Pariola e Farnesina presso Roma; villa
Lancellotli pr. Frascati, strada degli Arci e
200 G. TUCCIMEI
villa d'Este presso Tivoli; S. Angelo pr. Pog.
gio Mirteto, Bracciano, Ostia.
Sull’erba, sull’edera in fiore, sui fiori selvatici
di ombrellifere e composite, fra i castagni.
Da ‘aprile a settembre. Frequente; le fem-
mine più dei mdschi. |
Gen. Musca L.
453. M. corvina Fab.
Specie comunissima, ma non mai trovata en-
tro le abitazioni, come fu osservato dal Ron-
dani. Ricordo tra le località più importanti
la Serpentara pr. Olevano, il bosco dei cap-
puccini pr. Palestrina, vetta di m. Pizzuto
(1254 m.), falde del m. Peschio e del m. Ar-
temisio, ponte Lucano, prati della Pallanzana
pr. Viterbo, Roccantica ecc.
Da maggio a settembre.
Sull’edera in fiore, sulle querce, sui salici, sulle
pietre. Più frequenti i maschi.
454. M. domestica L.
Comunissima da pertutto, specialmente entro
le case di campagna. Fra le localita impor-
tanti, ricordo Fonte Regna sul versante del
m. Pizzuto in Sabina a m. 870. Olevano a
m. 650.
Si posa sui salici, sull'erba, e dentro le case
come in campagna preferisce le immondizie.
Da marzo a decembre.
CATALOGO DEI DITTERI 201
455. M. tempestiva Fall,
Roma, Ostia, monte Calvario presso Oriolo.
Da giugno a settembre, sulle labiate e. sulle
ombrellifere.
Scarsa nella mia collezione.
Gen. PLaxeMyIa Rob. Dev.
456. P. vitripennis Meig.
Villa Carpegna, Ostia, Porto presso Fiumicino,
Roccantica, Monte Pizzuto, Fonte Regna.
Sull’erba fiorita, sulle ombrellifere, sugli abiti.
Aprile, maggio, agosto settembre.
Le femmine più rare dei maschi.
Gen. DasyPHora Meig.
457. D. pralorum Meig.
Specie comunissima da aprile a settembre. Tro-
vata oltre alle solite località presso Roma, a
Tivoli, Olevano, S. Valentino, la Pallanzana,
villa Lancellotti, Capranica prenestina.
Sulla vitalba, sul salice, sull’edera in fiore, sul-
l’erba e sulle rocce.
458. D. saltuum Rond.
Meno frequente della specie precedente. Din-
torni della Pallanzana, Frascati, Ponte Lu-
cano, falde del m. Artemisio, la Serpentara
presso Olevano.
Da agosto a ottobre. Ama le vicinanze dell’acqua,
l'erba umida, i prati, l'edera fiorita, i salici.
SLAVI
LARIO
De
202 G. TUCCIMET
Gen. PyreLLIA Rob. Dev.
459. P. cadaverina L.
Dintorni di Roma, la Caffarella, forte Bravetta,
villa Carpegna, villa Taverna presso Frascati,
dint. di Olevano, Canale Monterano monte
Calvario presso Manziana.
Sull’erba alta e fiorita, sulle ombrellifere, sul
salice, sull’edera in fiore, ma specialmente
sulle materie animali in decomposizione.
Da aprile a settembre. Comunissima. I ma-
schi alquanto più frequenti.
460. Pyrellia cyanella Meig. |
Una sola femmina trovata a villa Borghese di
aprile.
461. P. serena Meig.
Una sola femmina proveniente dall’Acqua ace -
tosa, in maggio.
@
Gen. PsEUDOPYRELLIA Girsch.
469. P. cornicina Fabr.
Rive del Tevere, Acqua acetosa pr. Roma,
strada di Poggio Mirteto, Ostia, prati della
Pallanzana, dint. di Olevano, falde del m.
Artemisio, Bracciano.
Sui salici, sull’erba, sulla mentuccia, sulla vi-
talba, presso all’acqua.
Da aprile a settembre. Frequenti tanto i maschi
quanto le femmine.
CATALOGO DEI DITTERI 203
Gen. MESEMBRINA Meig.
463. M. meridiana L. |
Vetta di monte Scalambra (1419 m.): prati della
Pallanzana presso Viterbo; Lariano pr. Vel-
letri: rive del lago di Bracciano.
Sull’erba, sui salici, sull'’edera in fiore, sulle
felci, presso all'acqua.
Aprile, agosto a ottobre. Non frequenti sia i
maschi che le femmine.
In una escursione alpina ne trovai un esem-
plare fra Courmayeur e i ghiacciai che scen-
deno dal m. Bianco.
Gen. Stomoxys Geoffr.
464. S. calcitrans L.
Dintorni di Roma: Acqua acetosa, Farnesina.
dintorni di Palestrina e villa Macchi; strada
di Cave; Capranica prenestina (915 m.) falde
del m. Artemisio: Bracciano; Anguillara; Net-
tuno.
Molto comune, ma non dapertutto. Sull’erba,
nei giardini, sulla spiaggia; sulla mentuccia,
sulle roccie. Punge violentemente e doloro-
samente sulle parti scoperte del corpo, insi:
nuando la tromba anche attraverso le calze-
ma le sue punture non arrecano alcuna con-
seguenza.
204 G. TUCCIMEI
Si trova nei mesi da aprile a settembre, ma
predomina in estate.
Le femmine sembrano più numerose.
Gen. HaemaTtoBIA Rob. Dev.
465. H. atripalpis Bezzi.
Un solo maschio trovato a Fiuggi tra i castagni
in settembre.
Si riconosce bene alla descrizione data della
specie dal prof. M. Bezzi (1), specialmente pei
palpi neri, le ciglia laterali delle tibie poste-
riori e la colorazione dell'addome. Presenta
qualche differenza nelle articolazioni delle
gambe, che non sono tutte giallastre; e nelle
linee nere del torace che sono alquanto accen-
tuate e oltrepassano la sutura.
Gen. Muscina Rob. Dev.
466. M. pascuorum Mg.
Strada della Pallanzana, dintorni di Palestrina.
Sull’ortica, sull’edera in fiore. Agosto e settem-
bre. Rara.
467. M. stabulans FII.
Comunissima da pertutto, i maschi assai più
delle femmine.
(M. Bezzi, Contrib. alla funa ditterologica ital. Ditteri della Calabria,
« Boll. d. soc. entom. ital. », Firenze, 1895.
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CATALOGO DEI DITTERI 205
Si coglie a volo, sull’ erba, sull’ edera in fiore,
sugli allori, sui muri, sulle roccie nude, sul
Rhamnus alaternus. 4 |
Da marzo a maggio, e da agosto a ottobre.
(Gen. PoLieTtEes Rond.
. 468. P. lardaria Fabr.
Villa Corsini sul Gianicolo ; villa Pariola; giar-
dino vaticano; Farnesina; S. Agnese; dint. di
Olevano ; strada della Pallanzana ; Quadroni
«e monte Calvario presso Manziana.
Sull'erba, sull’edera in fiore.
Aprile, maggio, settembre, ottobre. Specie assai
frequente, ma scarse le femmine.
Gen. Pnaoxmia Rob. Dev.
469. P. Angelicae Rond.
Un solo maschio trovato a villa Borghese in
giugno.
470. P. errans Meig.
Una sola femmina trovata all’isola sacra presso
la foce del Tevere, sull'erba, in maggio.
471. P. erratica Fall.
Macchia d'Acqua traversa ; strada e prati della
Pallanzana; la Farnesina; la Serpentara presso
Olevano, macchie sopra Quadroni.
Sull’edera in fiore; sulle staccionate ; sui muri;
sulla marruca.
206
G. TUCCIMEI
Maggio, agosto, settembre. Abboudante, ma i ma-
schi più rari.
{TDPfuscata PI
473.
S. Valentino in Sabina; villa d'Este presso Tivoli.
Sul prato, sull'erba.
Agosto, settembre. Due soli esemplari.
P. laeta Fall.
S. Angelo presso Poggio Mirteto, Farnesina presso
Roma.
Aprile, maggio, agosto. A volo.
Tre soli esemplari, fra i quali una femmina.
47/4. P. pallida Fabr.
=
Roccantica; prato della Pallanzana presso Vi-
terbo: monte Calvario.
Sui rovi, sull’edera in fiore, sul giaggiolo, sul-
l'erba, sulle siepi; si posa sugli abiti e dentro
le abitazioni campestri.
Agosto e settembre. Specie abbondante, ma rari
i maschi.
. P. trimaculata Boucheé.
Falde del m. Artemisio, sull'erba, agosto.
Un solo maschio.
. P. rufipalpis Macq.
Un solo maschio trovato alla Farnesina, di
maggio.
Gen. ACANTHIPTERA Fall.
. A. inanis Fall.
Una sola femmina da Roccantica sul prato, in
settembre.
° CATALOGO DEI DITTERI 207
Gen. HeBECNEMA Schnab.
478. HA. fumosa Meig.
Giardino vaticano : Bracciano.
Maggio e giugno. Due soli maschi.
479. H. vespertina FI.
Due soli maschi trovati sulla via Nomentana,
in maggio.
Gen. Mypaea Rob. Dev.
480. M. anceps Zett.
Forte Bravetta, Canale Monterano, La Serpen-
tara presso Olevano, strada da Rojate a Bel-
legra.
A volo, sulle ombrellifere, sull'erba fiorita.
Aprile, agosto. Rara ; le femmine più frequenti.
481. M. calceata Rond.
Villa Carpegna presso Roma, Bracciano, monte
Calvario presso Manziana, macchia sopra Qua-
droni, monte Cavo, Volpignano, Anguillara.
A volo, sulle siepi, sull'erba, sulle margaritine,
sulle ombellifere.
Aprile, giugno, agosto, settembre. Specie fre-
quente. Non trovati i maschi.
482. M. clara Meig.
Villa d'Este, Roccantica. Sull’edera in fiore, sul-
l'erba, sui muri.
Agosto e settembre. Rara.
208
G. TUCCIMEI
483.
484.
489.
486.
488.
M. duplicata Meig.
Un solo maschio proveniente da Acqua acetosa,
in maggio.
M. lucorum FIl.
La Giustiniana sulla via Cassia; la Travicella
presso la via Appia antica; Quadroni presso
Manziana.
Sull’erba, a volo, sulla marruca.
Aprile, maggio, agosto. Tre soli maschi.
M. meditabunda Fabr.
Due soli maschi catturati a Valle dell’ Inferno,
sulle siepi, in agosto.
M. quadrinotata Meig.
Villa d'Este; sull'erba; settembre. Una sola fem-
mina.
. M. quadrum Fabr.
Monti Parioli, presso Roma; falde del m. Ar-
temisio; Monte Porzio.
Sull’erba e a volo.
Maggio, agosto, settembre. Rara.
M. urbana Meig.
Bracciano, dintorni di Palestrina, prati della
Pallanzana.
Sul salice, sull’erba, sull’alloro.
Giugno, agosto, settembre. Rara; nella mia col-
lezione sono soltanto femmine,
489.
491.
492.
405.
CATALOGO DEI DITTERI 209
Gen. Hyprotara Rob. Dev.
H. armipes Fall.
Due sole femmine, dall’interno di Roma e dai
prati della Pallanzana.
Sui vetri nell'interno delle finestre, sul salice.
Decembre, agosto.
H. dentipes F.
Forte Bravetta, la Farnesina, presso Roma; Villa
Lancellotti, Bracciano.
Sull’erba alta e fiorita, sull’edera in fiore.
Aprile, maggio, settembre.
Specie non frequente, le femmine sono più rare.
H. irritans Fall.
Una sola femmina, alla Farnesina, in maggio.
lele)
Gen. OpHyRa Rob. Dev.
O. anthrax Meig.
Un solo maschio catturato a Monte Calvario
presso Oriolo, sull'erba, in settembre.
0). leucostoma Wied.
Villa Carpegna, ia Farnesina; Quadroni, presso
Manziana; S. Agnese sulla via Nomentana;
strada della Pallanzana.
A volo, al sole nei boschi di castagni, sull'edera
fiorita.
Maggio, giugno, agosto, ottobre.
Abbondante, ma nella mia collezione bo soli
maschi.
210 i G. TUCCIMEI
Gen. FAnnIA Rob. Dev.
494. F. armata Meig.
Un solo maschio, preso a volo nel prato della
Pallanzana, in settembre.
495. F. canicularis Rond.
Interno di Roma, dintorni di Palestrina.
Penetra nelle case, e vola .sulle terrazze, sul
Rhamnus alaternus.
Ma:zo, aprile, agosto, decembre.
Abbondante : le femmine rare.
496. F. incisurata Zett.
Nell’interno di Roma, Monti Parioli, Grottafer-
rata, bosco dei Cappuccini presso Palestrina,
Roccantica, rive del Tevere, Monte Pizzuto
(1270 ”) in Sabina.
Sulle terrazze, sui vetri delle finestre, sul noc-
ciolo, sulle roccie, a volo, e particolarmente
abbondante sul Rhamnus alaternus.
Da marzo ad agosto. Specie abbondantissima,
specialmente in marzo. Molto rare le femmine.
do E° mutica Zett
Un solo maschio ben riconoscibile dagli occhi
che sono a contatto; trovato alla Farnesina, :
presso Roma, in maggio. 7
Gen. AzeLIA Rob. Dev.
498. A. Zetterstedtii Rd.
Un solo maschio trovato alla Farnesina, in
maggio.
CATALOGO DEI DITTERI 211
Gen. LimnopHora Rob. Dev.
499. L. Osten-Sackenii Jaenn.
Fiumicino, dintorni di Tivoli, la Serpentara
presso Olevano.
Sull’'erba umida.
Giugno, agosto, settembre. Rara.
500. L. surda Zett.
Grottaferrata, Villa Borghese.
Giugno. Rara.
Gen. ATtHERIGONA Rond.
501. A. varia Meig.
Valle dell’Inferno e Villa Borghese, presso Roma;
Roccantica, Frascati, Rive del Tevere.
Aprile, maggio e agosto ; sull’erba folta e a volo.
Specie rara, ma i maschi sembrano più rari.
Gen. CaLLIoPHRYs Kow.
502. C. riparia Fall.
Una sola femmina dai Monti Parioli, in maggio.
Gen. Lispa Latr.
503. £. nana Macq.
Nettuno. Sulla spiaggia in maggio. Specie rara.
504. /,. tentaculata Macq.
Rive del Tevere; villa Borghese, via Nomentana;
Grottaferrata; sulla spiaggia di Ladispoli.
Maggio e giugno. Abbondante.
Ugualmente frequenti i maschi e le femmine.
CIANO
212 G. TUCCIMEI
S. Fam. Coenosiinae.
Gen. HypRropHoria Rob. Dev.
505. H. ambigua Fall,
506.
507.
508.
509.
510.
Una sola femmina trovata in agosto a villa Car-
pegna, sull’ortica.
Gen. HyLEMvIA Rob. Dev.
H. antiqua Meig.
Strada della Pallanzana, sull’edera, settembre.
Una sola femmina.
H. cardui Meig.
Una sola femmina, nei dintorni di Olevano, sul-
l'erba, in settembre.
H. Garbiglietti Rond.
Due sole femmine trovate ad Acqua Acetosa e
Ladispoli, in giugno e luglio.
H. pullula Zett.
Forte Bravetta; la Serpentara presso Olevano,
vetta di monte Cavo.
Sull’erba alta e fiorita, sulla mentuccia, sulle
margaritine.
Aprile, agosto. Rara.
H. strigosa F.
Monti Parioli, villa Borghese, Ladispoli, prati
della Pallanzana, falde del m. Peschio, Rojate,
monte Calvario pr. Manziana, int. di Roma,
Bracciano. |
CATALOGO DEI DITTERI 213
512.
913,
D14.
D19,
A volo, sull’erba, sui pali delle staccionate, sulle
siepi, sul castagno, sulle ombrellifere, presso
ai ruscelli.
Aprile, maggio, agosto, settembre.
Specie comunissima tanto pei maschi che per
le femmine.
H. variata Fall.
Villa Borghese, la Giustiniana sulla via Cassia,
forte Bravetta.
Sull’erba alta e fiorita.
Aprile e maggio. Specie rara; più scarse le fem-
mine.
Gen. EustALOMYIA Kow.
E. hilaris Fall.
Un maschio trovato a villa Borghese di aprile.
E. vittipes Zett.
Una sola femmina proveniente dal giardino Va-
ticano. Aprile.
Gen. Hammomyia Rond.
H. albiseta v. Ros.
Una sola femmina dalle rive del Tevere; in
maggio.
(Gen. PeGomyia Rob. Dev.
P. bicolor Wied.
Falde del m. Artemisio, Bracciano,
Aprile, settembre.
G. TUCCIMEI
214
Sull’edera in fiore, sulle staccionate. Due soli
individui di sesso diverso.
516. P. sulcans Rond.
Nettuno. In riva al mare, in maggio, tra le
alghe.
Abbondantissima; ma nella collezione non ho
che femmine.
517. P. terebrans Rond.
Terme di Caracalla, Acqua Acetosa, Giardino
vaticano.
Sull’erba. Aprile, maggio.
Raro : nella collezione non ho che femmine.
Gen. CHorropHiLa Macq.
518. C. brassicae Bouch.
.. Una sola femmina da Anguillara, in giugno.
519. C. ciliecrura Rond.
Monti Parioli, rive del Tevere, Valle dell’Inferno,
la Giustiniana sulla via Cassia, villa Antonelli
presso Velletri, bosco di castagni sul monte
Calvario presso Manziana.
Ama i luoghi umidi; sull'erba folta, sui prati,
a volo.
Maggio, luglio, agosto. Specie abbondante. Più
frequenti i maschi.
520. C. cinerella Fall.
Villa Corsini, Forte Bravetta, villa Carpegna.
Sull’erba fiorita, a volo.
CATALOGO DEI DITTERI 215
524.
“Ar
JZ0,
026.
Aprile. maggio, agosto. Alquanto rara. I maschi
più frequenti delle femmine.
C. fugax Meig.
Una sola femmina trovata sulla via Nomentana,
in maggio.
C. pilosella Rond.
Fiumicino, riva del mare, sul ginepro, maggio.
Un solo maschio.
C. platura Rond.
Valle dell’Inferno presso Roma, sull'erba folta,
in agosto.
Una sola femmina.
Gen. AntHomyIA Meig.
A. bicolor Wied.
Un solo esemplare trovato sulla via Nomentana,
in maggio.
A. diaphana Fab.
Giardino vaticano, aprile.
Un solo maschio.
A. pluvtalis Lin.
La Caffarella presso Roma, villa Antonelli, Ca-
pranica Prenestina, Sant'Angelo presso Poggio
Mirteto, via Nomentana, Roccantica.
Sull’'edera in fiore, sull'erba, sui muri, sulle
rocce.
Aprile, maggio, luglio, settembre.
Abbondante. Sono nella mia collezione sole
femmine.
216 G. TUCCIMEI
527. A. procellaris Rond.
Acqua Acetosa, via Appia Antica, villa Borghese,
villa Carpegna, Frascati, Roccantica, villa An-
tonelli, prati della Pallanzana, villa d’ Este,
bosco dei Cappuccini presso Palestrina, monte
Calvario presso Manziana, Nettuno. |
A volo in sciami all'ombra; sull'erba, sui prati,
sull’ortica, sul corniolo, sul castagno, ecc.
Da aprile a settembre. Assai abbondante. Pre-
dominano i maschi.
Gen. Cnirosia Rond.
528. C. nigripes Bezzi.
Un solo maschio trovato a Roccantica di estate.
Corrisponde esattamente alla diagnosi datane
dall’autore prof. Bezzi (1).
Gen. Cornosia Meig.
529. C. agromyzella Rnd.
Una sola femmina trovata a villa d'Este presso
Tivoli, sull'erba, in settembre.
530. C. nigripes Macq.
Una sola femmina trovata a villa Borghese in
giugno.
(1) M. Bezzi, Contrib. alla fauna ditterologica italiana. - Ditteri della
Calabria. « Boll. d. Soc. ento. ital. », 1895, pag. 25 dell’estr.
CATALOGO DEI DITTERI 2197
V.
CICLORRAHPHA SCHIZOPHORA HOLOMETOPA
Fam. Scatomyzidae
S. fam. Cordylurinae.
Gen. CxEMoPogon Rond.
531. C. apicalis Wied.
Un solo maschio catturato a San Paolo in
maggio.
S. fam. Scatophaginae
Gen. ScatoPHAGA Meig.
532. $. lutaria Fab.
Villa Borghese, S. Agnese, via Nomentana, mac-
chia d'Acqua traversa, villa d'Este, Strada
della Pallanzana, Bracciano.
Sull’erba dei prati, sull’edera in fiore.
Maggio, agosto, ottobre. Specie comune.
599. S. stercoraria L.
Forte Bravetta, la Caffarella, giardino Vaticano,
monte Mario, Magliana, la Giustiniana, San
Valentino in Sabina, fonte Regna sul ver-
sante del m. Pizzuto (870 m.) monte Scalambra
(1419 m.), monte Cimino.
Sulle ombrellifere, sull’erba alta a fiorita, sullo
sterco di bue, a volo.
Frequente dal marzo all'ottobre, con predo-
minio in aprile e maggio.
218 i G. TUCCIMEI
Fam. Dryomyzidae
Gen. Drvyomvyza Fall.
5534. D. anilis Fall.
Un solo maschio trovato ai monti Parioli
presso Roma, in maggio.
535. D. flaveola Fab.
Un solo maschio trovato nella selva di Marino
in luglio.
Fam. Helomyzidae.
Gen. HeLoMyYzA Fall.
536. H. affinis Meig.
Due soli maschi trovati nella selva di Marino,
e a Roccantica, in luglio e agosto.
537. H. agnata Rond.
Monti Parioli, Roccantica, Monte Cavo, Villa
Borghese.
Maggio, settembre. Poco rara, predominano le
femmine.
938. H. flava Mg.
Terme di Caracalla, Bracciano.
Aprile. Specie rara. Sole femmine rinvenute.
599 cina Fall
Un solo maschio trovato a villa Pariola, sul-
l'erba, in marzo.
i A RIE ae
CATALOGO DEI DITTER]Ì 219
540. A. similis. Meig.
Un solo maschio trovato a monte Cavo dal si-
gnor P. Luigioni, in giugno.
541. H. variegata Lw.
S. Agnese, villa d'Este presso Tivoli, interno di
. Roma.
Sulla parietaria.
Maggio, settembre. Specie rara; più rari i
maschi.
Gen. BLePHAROPTERA Macq.
542. B. serrata L.
Una sola femmina dei dintorni di Roma in
giugno.
Fam. Sciomyzidae,
S. fam. Sciomyzinae.
Gen. Scromyza Fall.
043. S. albicarpa Rond.
Un solo maschio trovato alla villa Pariola, sui
muri, in maggio.
544. S. albocostata Fall.
Un solo esemplare da villa Carpegna presso
Roma, sull’ortica; di agosto.
545. S. dorsata Zett.
Un sola femmina trovata ad Anguillara in
giugno.
220 G. TUCCIMET
546. S. dubia Fall.
Interno di Roma, sui vetri delle finestre, nelle
latrine, marzo, aprile.
Due soli esemplari.
547. S. obtusa Fall.
Un solo esemplare da Fiumicino, in aprile.
548. S. pallidiventris Fall,
Un solo maschio trovato a Roccantica di estate.
Gen. DrrAENIA Heudel.
549. D. cinerclla Fall.
Villa d’ Este presso Tivoli: villa Corsini a Roma.
Sull’erba, maggio, agosto.
Rara.
S. Fam. Tetanocerinae.
Gen. TeTtANOcERA Dum.
550. T. ferruginea Fall.
Farnesina presso Roma, ponte Nomentano, La-
dispoli. Sull’erba umida, in aprile.
Specie non rara, ma le femmine sono BIO rare
‘dei maschi.
Gen. LunigeRA Handel.
5b1. L. chaerophylli F.
Una sola femmina trovata nella macchia di
Acqua Traversa, in epoca non precisata.
CATALOGO DEI DITTERI 221
Gen. ELGIiva Megerle.
552. E. albiseta Scop.
Un solo maschio dei dintorni di Roma, ma di
epoca non precisata.
Gen. Limxia Rob. Dev.
553. L. fumigata Scop.
Dintorni di Roma, Roccantica, Acqua Acetosa.
Nei luoghi umidi e presso all'acqua.
Specie non rara, per ambedue i sessi.
Gen. CoreMmacERA Rond.
554. C. marginata Fabr.
Dintorni di Roma, via Salaria, Roccantica, Pa-
lestrina.
A volo, sull'erba umida. Maggio e agosto.
Non rara, tanto pei maschi che per le femmine.
Gen. DicHeropHora Rond.
555. D. obliterata Fabr.
Due soli individui trovati a Roccantica, sull'erba
e sui rovi, in agosto.
Gen. SarLriceLLaA Rob. Dev.
556. S. maculipes Rond.
Maccarese, in marzo. Alcuni maschi e una fem-
mina.
Lr
222 G. TUCCIMEI
Fam. Sapromyzidae.
Gen. SapROMYZA Fall.
557. S. bipunctata Mg.
D058.
999:
560.
561.
063.
Villa Carpegna, villa d'Este, falde del m. Arte-
misio.
Sull’erba, sull’alloro, sull’edera in fiore, sulla
parietaria.
Non frequente, in settembre. I maschi più rari.
S. flavipalpis Lw.
Una sola femmina catturata ad Olevano, a volo,
in agosto.
S. intonsa Lw.
Via Nomentana; villa d’Este.
Maggio, settembre. Sulla parietaria.
Specie rara.
S. lupulina F.
Un solo maschio trovato in agosto presso Ole-
vano, sull’ortica.
S. plumicheta Rond.
Via Nomentana presso Roma,
Rara in maggio e giugno.
. S. plumicornis F.
Una sola femmina, trovata ad Acqua Acetosa in
maggio.
S. subvittata Lw.
Interno di Roma, Gianicolo, villa Carpegna, villa
- Corsini.
D6A.
565.
566.
567.
CATALOGO DEI DITTERI 223
Sull’erba; maggio, agosto.
Frequente.
Gen. LauxanIa Latr.
L. aenea Fall.
Due individui probabilmente di sesso diverso,
trovati ambedue in agosto, uno a Roccantica
sul sambuco, l'altro a Montecalvario presso
Manziana, sull’erba.
Fam. Lonchaeidae.
Gen. LoncHara Fall.
L. lasiophthalma Macq.
Rive del Tevere, monti Parioli, la Farnesina,
via Nomentana, valle Casale presso Montorso.
Maggio: settembre.
a valle Casale.
Specie piuttosto frequente. I maschi più rari,
Fam. Ortalidae.
S. fam. Ortalinae.
Gen. OrtaLIS Fall.
0). ruficeps Fabr.
Un solo esemplare trovato a Ladispoli in maggio,
Gen. Herina Rob. Dev.
H. afflicta Meig.
224
G. TUCCIMEI
569.
SIA
La Serpentara presso Olevano; Fiumicino, San-
t'Angelo pr. Poggio Mirteto.
Sull’erba, sulla mentuccia, sull’edera fiorita, a
volo.
Giugno, agosto, settembre. Non rara; si trovano
ugualmente i maschi e le femmine.
Gen. TepPHRONOTA Lw.
T. bifasciata Lw.
Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza
epoca né località precisata.
T. trislis Meig.
Una sola femmina da Anguillara, in giugno.
Gen. MeckeLIA Rob. Dev.
M. hortulana Rossi.
Un solo maschio trovato dal sig. Luigioni nei
dintorni di Roma, in epoca non precisata.
Gen. PLaTtystoMma Meig,
P. umbrarum Fabr.
Via Nomentana, la Caffarella, villa Pariola, giar
dino Vaticano, altre località nei dintorni di
Roma; Monte Porzio.
Sull’erba, sull’ortica, a volo.
Aprile, maggio, autunno.
Specie abbondante, per ambedue i sessi. Qual-
che variazione si osserva nella punteggiatura
delle ali, che in alcuni esemplari è molto
regolare.
CATALOGO DEI DITTERI 225
Gen. ULIDIA Meig.
572. U. apicalis Meig.
Una sola femmina trovata in maggio nei boschi
sopra Roccantica in Sabina.
Gen. CarysoMmyza Fall.
573. C. demandata Fabr.
Interno di Roma, rive dell'Aniene, Montopoli
in Sabina.
Sull’erba. Giugno, settembre.
Rara.
Fam. Trypetidae.
S. fam. Trypetidae.
Gen. Aciura Rob. Dev.
574. A. femoralis Rob. Dev.
Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza
epoca né condizioni locali ben precisate.
Gen. Uropnora Rob. Dev.
5/5. U. Jaculata Rond.
Una sola femmina trovata ai monti Parioli, in
giugno.
quadrifasciata Meig.
Due soli esemplari di sesso diverso, trovati nei
dintorni di Roma, e a Volpignano, a volo,
in settembre.
970. U.
226 G. TUCCIMRI
Gen. OxYPHORA.
577. O. flava Geoftr.
Dintorni di Roma, monti Parioli, la Farnesina,
villa Borghese, Acqua acetosa.
Maggio e giugno. Specie abbondante, ma le.
femmine assal rare.
Gen. TepaRITIS Latr.
98. Te arnucacri
Monti Parioli, Anguillara.
Giugno. Due soli individui di sesso diverso.
Gen. UreLLIA Rob. Dev.
579. U. eluta Meig.
Una sola femmina dei dintorni di Roma.
580.U. stellata Fuesly.
Un solo esemplare da Roma, senza indicazione
precisa di epoca né di località.
S. fam. Dacinae.
Gen. Dacus Meig.
981. D. oleae Rossi.
S. Valentino, Olevano, e in genere ovunque
sono olivi.
Comune nell’estate inoltrata sugli olivi, di cui
danneggia il frutto. Sono poche le località
immuni.
CATALOGO DEI DITTERI 227
Gen. SEPSIS.
582. S. cynipsea Lin.
Villa Corsini, via Nomentana, dint. di Pale-
strina.
Sull’erba. Maggio, settembre. Raro
583. S. punctum F.
Acqua acetosa, e Valle dell’Inferno presso Roma;
Capo d’acqua presso Montorso, Isola Sacra
presso alla foce del Tevere.
Maggio, settembre. Vive vicino all'acqua, e sul-
l'erba umida.
Non frequente.
Gen. Nemopopa Rob. Dev.
584. N. cylindrica Fab.
Villa Borghese, Villa d'Este a Tivoli, via No-
mentana.
Maggio, settembre, sull’erba bassa.
Specie abbondante. I maschi più rari.
985. N. nigrilatera Macq.
{In solo maschio trovato a Roccantica, sull'erba
in agosto.
586. Aemopoda stercoraria Rob. Dev.
Un solo maschio proveniente da Villa Borghese,
in maggio.
Gen. Propmra Fall.
587. P. casei L.
Abbondante sul formaggio nel quale vivono le
larve.
228 i G. TUCCIMEI
Fam. Micropezidae.
Gen. Micropeza Meig.
988. M. corrigiolata L.
Due individui trovati dall’'entomologo sig. Lui-
gioni a villa Glori sui Parioli in maggio.
589. M. grallatrix Lw.
Una sola femmina trovata a Roccantica, sul
fagiuolo, in luglio.
590. M. lateralis Meig.
Due femmine trovate a Villa Carpegna sull'erba,
e sull’edera in fiore.
Settembre e ottobre.
Fam. Psilidae.
Gen. CuyLIZA Fall.
591. C. permixta Rond.
Roccantica.
Abbondante sui muri, sull’erba, sul rovo, sul
nocciolo
Luglio e agosto.
I numerosi individui che sembrano tutti ma-
schi sì distinguono dalla Ch. scutellata uni-
camente per la presenza delle macchie ome-
rali e pleurali. Le macchie della faccia e della
fronte sono uguali, come le ali che mancano
delle zone sfumate attorno ad alcune ner=
vature,
ua
CATALOGO DEI DITTERI 229 Si
| n
592. C. scutellata Fabr.
Due soli maschi trovati dal Barbiellini all’Acqua
acetosa In maggio.
Gen. MeGacHETUM Rond. RR -
593. M. atriseta Meig. 2
S. Agnese sulla via Nomentana. Varie femmine; di
vw
in giugno.
Gen. CAPNOPTERA Lw.
594. C. scutata Rossi.
Ostia, rive dell'Aniene, Fiumicino.
Abbondante in giugno. Ama le rive dei fiumi,
e le vicinanze della foce.
Predominano le femmine.
Fam. Ephydridae.
S. fam. Ephidrinae.
Gen. OcaTHERA Latr.
595. O. mantis Deg.
Una femmina trovata a Ostia in giugno.
(Gen. Parypra Stenh.
596. P. coarctata Fall.
Riva del Tevere, falde del monte Artemisio,
dintorni di Olevano.
Sull’erba, sulla mentuccia.
Maggio, agosto, settembre, Specie non rara.
230 G. TUCCIMEI
Gen. CaeNIA Rob. Dev.
597. C. Beekeri Kuntze.
Abbondantissima alle Acque albule presso T}-
voli, sola località dove la specie sia stata
rinvenuta. Il Barbiellini ve la raccolse in
luglio.
S. fam. Drosophilinae.
Gen. DRrosopPHiLa Fall.
598. D. funebris Fabr.
Abbondante attorno al vino di recente fermen-
tazione,
S. fam. Geomyzinae.
Gen. Opomyza Fall.
599, O. germinationis L.
Villa Corsini, villa Borghese.
Sull’erba: maggio.
Due individui di sesso diverso.
Gen. BaLIoPTERA Rond.
600. B. pictipennis }ond.
Una sola femmina trovata ad Anguillara in
giugno.
601. B. tripunctata Fall.
Una femmina dalla Farnesina, maggio
CATALOGO DEI DITTERI 231
Gen. AnTHoMyza Fall.
602. A. albimana Meig.
Una sola femmina trovata alla villa Pariola,
sulla pianta del giaggiolo in gennaio.
Gen. RuicnoEssa Lw.
603. R. cinerella Halid.
Tre individui tra cui un maschio, trovati alla
villa Pariola sulla pianta di giaggiolo, in
gennaio.
Fam. Conopidae.
S. fam. Conopinae.
Gen. Conops L.
604. C. vesicularis L.
Una sola femmina trovata alla villa Pariola
sul tronco di un elce.
Aprile.
605. C. vitellina Lw.
Specie rara. Un maschio, proveniente da loca-
lità e in epoca non precisata dei dintorni di
di Roma. Due femmine, una da Acqua tra-
versa, l’altra da monte Calvario, di agosto.
Sulla mentuccia.
Le femmine hanno le linee trasverse nere del
l'addome più sottili che i maschi.
232
G. TUCCIMRI
606.
608.
609.
610.
Gen. PHIisocepHaLa Schin.
P. pusilla Mg.
Falde del monte Artemisio e Roccantica; sul-
l'erba, dopo la pioggia. Agosto.
Specie rarissima.
Portata” Babe
Due esemplari; un maschio trovato dal signor
Luigioni alla Caffarella in giugno, una fem-
mina all’Acqua acetosa in ottobre. Il primo
é tre millimetri più lungo della seconda, e
proporzionatamente più grosso.
P. meridionalis Macq.
Un solo maschio trovato a M. Calvario presso
Manziana, sulla mentuccia.
S. fam. Myopinae.
Gen. Myopa F.
M. testacea Lin.
Due sole femmine trovate dal signor Luigioni
alle Tre fontane, e monte Cavo; giugno.
Gen. OcceMmya Rob. Dev.
O. catra Re
Monti Parioli, Ladispoli, Roccantica, strada di
Poggio Mirteto.
Sui prati, sui margini delle strade, sui fiori del
Senecio vulgaris.
Da luglio a settembre. Non rara.
CATALOGO DEI DITTERI 233
611. O. distincta Wied.
Dintorni di Palestrina, sui fiori di cicoria,
Agosto.
Un solo esemplare.
612. 0. melanopa Rond.
Un solo maschio trovato sull'erba a villa An-
tonelli presso Velletri, in luglio,
613. O. pusilla Meig.
Due soli maschi trovati sull'erba al Portonaccio
e a Ladispoli.
Aprile e giugno.
Gen. Zopion Latr.
614. Z. cinereum F.
Rive del Tevere, sull’erba.
Giugno. Raro.
Gen. Sicus Scop.
615. S. ferrugineus Lin.
Due soli esemplari trovati, uno dal sig. Lui-
gioni a monte Cavo (954 m.), nel mese di
giugno, l’altro dal Barbiellini alla fine di
aprile a Ladispoli, sugli asfodeli in riva al
mare.
Gen. DaLmannia Rob. Dev.
616. D. flavescens Mg.
Due sole femmine, una proveniente da Monte
Mario, l’altra dai dintorni di Roma, senza lo-
calità precisata.
234 G. TUCCIMEI
ADDENDA
Durante il lunghissimo intervallo di tempo che
è durata la pubblicazione di questo catalogo (inter-
vallo per il quale domando l’'indulgente scusa del
lettore) sono state rinvenute da me e dai miei amici
altre specie di ditteri, appartenenti ai gruppi già pub-
blicati. Le inserisco qui appresso per ordine e con
l'indicazione del posto in cui ciascuna va inserita.
Con queste il numero totale di specie da me cata-
logate nella provincia di Roma sale a 639, numero
che certamente è inferiore al vero, specialmente
perché non potei ancora esplorare alcune parti più
montuose della provincia, quelle che confinano con
l'Abruzzo. Spero che non mi mancherà occasione
di tornare con appendici al catalogo, onde renderlo
meno incompleto.
Alla famiglia Psychodidae, s. fam. Psychodinae,
gen. Psychoda Latr., dopo il num. 18 del catalogo:
617. Psychoda phalaenoides L. {1).
Un solo esemplare forse maschio, da villa Bor-
ghese, in giugno.
Nella stessa famiglia, s. fam. delle Phlebotomi-
nae, gen. Phlebotomus Rond., la specie:
6138. Phlebolomus Papatasit Scop., piccolissimo
dittero, pungente, trovato dal prof. B. Grassi nelle
(1) E. Linné, Syst. nat., I, 977, n.47; MACQUART, Saint à Buffon, I.
IEP INS IE
CATALOGO DEI DITTERI
235
cantine dell'interno di Roma, e pubblicato da lui in
una importante memoria illustrata con tavole (1).
Alla famiglia Cecidomypidae, s. fam. Cecidomyinae,
gen. Cecidomyia Meig., dopo il num. 19:
619. Cecidomyia salicina Meig. (2).
Una sola femmina raccolta insieme a un grup-
po di galle dal march. G. Lepri, in maggio,
al piano del Cavaliere, confine est della pro-
vincia di Roma, sul salice.
Al gen. Stratiomyia Geoffr. dopo il n. 44:
620. Stratiomyia potamida Meig.
Una sola femmina trovata del sig. Luigioni a
Pantano in luglio.
Alla s. fam. Sarginae, gen. Microchrysa Lw., dopo
il n. 47:
621. Microchysa flavicornis Meig.
Un solo maschio trovato a S. Agnese sull'erba
umida, in giugno.
Alla fam. Xylophagidae, gen. Xylomyia Rond.,
dopo il n. 50:
622. Xyloinia varia Meig.
E' citata dal Bezzi come rinvenuta presso Roma,
sotto il nome di Subula varia (3)
Ser. III, T
(1) B. Grassi, Ricerche sui flebotomi. Mam. della Soc. it. delle scienze,
. XVI. Roma 1907, pag. 353.
(2) M. Macquart, Suites à Buffon: Diptères, vol. I, pag. 159, n. 3
9
3) M. Bezzi, Contribuzione alla fauna ditterologica italiana: Ditter, delle
Marche e degli Abruzzi, « Bull. d. Son. entomol.
it, » Firenze 1888, pag. 23.
236
G. TUCCIMEI
623.
624.
625.
626.
627.
Alla fam. Coenomyidae, gen. Coenomyia Latr.
dopo il n. 50:
Coenomyia ferruginea Scop.
Una sola femmina trovata dal Sig. Luigioni a
«5monte Viglio (2000 m.), a volo, in luglio.
Alla fam. Leptidae, s. fam. Rhagioninae, gen.
Rhagio F., dopo il n. 78:
Rhagio vermileo Deg.
Sotto il nome generico Psammorycter, il prof.
M. Bezzi la cita come trovata nei dintorni
di Roma dal conte Barbiellini, senza preci-
sare la lccalità né l’epoca (1).
Alla fam. suddetta, s. fam. Chrysopilinae ‘gen:
Chrysopilus Macq., dopo il n. 86:
Crysopilus intermedius Bezzi.
Trovato a Marino in aprile, dal sig. P. Lui
gioni.
Specie rara.
Alla s. fam. Dasypogoninae, gen. Pycnopogon
Lw., dopo il n. 101:
Pycnopogon fasciculatum Lw.
Una sola femmina. Roccantica. Sull’erba, in
luglio.
Alla s. fam. Laphriinae, gen. Pogonosoma Rond.,
dopo il n. 106:
Pogonosoma maroccanum Fabr.
Un solo esemplare trovato da me in giugno,
sulla strada che conduce da Poggio Mirteto
alla stazione ferroviaria, nelle ore vespertine.
(1) Bazzi, op. e loc. cit., pag. 28.
628.
629.
630.
631.
6532.
633.
CATALOGO DEI DITTERI | 237
Al gen. Argyromoeba Schin., dopo il n. 127.
Argyromoeba Aethiops Fab.
Roccantica, a volo; settembre.
Rara.
Al gen. Phthiria Meig., dopo il n. 160:
Phthiria scutellaris Meig.
Un solo esemplare trovato a Roccantica, a volo
sull'erba, in settembre.
Al gen. Scenopinus Latr., dopo il n. 167:
Scenopinus albicinctus Rossi.
E' ricordato dal prof. Bezzi come trovato presso
Roma dall’ ing. Gribodo, senza precisare loca-
lità, né epoca (1).
AI gen. Empis L., dopo il n. 167:
Empis nigritarsis Mag
Montopoli in Liu sulla bella di notte, set
tembre. — Rara.
Al gen. Chilosia Meig., dopo il n. 205:
Chilosia illustrata Harr.
Una sola femmina da monte Calvario presso
Manziana, in agosto, sulle ombrellifere.
Al gen. Melanostoma Schin., dopo il n. 218:
Melanostoma scalare Fab.
Frequente quanto il M, mellinum e trovato nelle
stesse località.
(1) M, Bezzi, Op. e loc, rit., pag. 36.
238
634.
635.
636.
637.
638.
G. TUCCIMERI
Al gen. Merodon Meig., dopo il n. 261:
Merodon pudicus Rond.
Un solo maschio trovato in agosto al monte Ci-
mino (m. 1053) dal march. G. Lepri.
Importante specie che finora per l’Italia era
citata soltanto nel Piemonte dal Rondani (1).
Alla s. fam. Milestinae, gen. Criorrhina Meig.,
dopo il n. 265:
Criorrhina oxyacanthae Meig.
Un maschio catturato dal march. .G. Lepri a
Maccarese, in aprile.
AI gen. Ceria Fab.. dopo il n. 290.
Ceria conopsoides L.
Un solo maschio trovato a monte Calvario pres-
so Manziana, sulle foglie di quercia, in agosto.
Alla s. fam. Tachininae, gen. Phorinia Rob. Dev.,
dopo il n. 335:
Phorinia aurifrons Rob. Dev.
Una sola femmina da Olevano, sulla mentuccia,
in settembre.
Al gen. Phorocera Rob. Dev., dopo il n. 338:
Phorocera concinnata Meig.
Una sola femmina trovata ad Acqua acetesa
in maggio.
(1) C. RONDANI, Diptorologiae italicae prodromus, vol. II, pog. 56.
Alla s. fam. Phasiinae, gen. Evibrissa Rond.,
a dopo il n. 437: |
639. Evibrissa obscuripennis Meig.
Un solo maschio. Tor di quinto, sui fiori di
finocchio; ottobre.
G. TUCCIMEI
Indice Generale
delle materie contenute nel Vol. II, serie II[ del Bollettino
della Società Zoologica Italiana con sede in Roma.
Anno 1913 (XXII dalla fondazione)
I. Parte ufficiale.
Carruccio prof. Antonio. — Sulle condizioni scientifiche, morali
ed economiche della Società Zoologica Italiana con sede in
Roma . RO
Elezioni e infeume pu nell Adunanza denc.ale ammini-
strativa del 31 marzo 1913 .
II. Comunicazioni scientifiche.
Carruccio comm. prof. Antonio. — Di un Macropus rufus e di
un Arctocephalus ursinus ora introdotti nella Collezione ge-
nerale dei mammiferi del R. Museo Universitario di Roma.
Idem idem. — Brevi note di craniologia sui Paradoxurus e sulle
Viverrae . .
Idem idem. — Ialioliasns Oryx, Piliose e sua amati sd
trica . IR e O ee
Idem idem. — Sui Nycticebi e Lemuridi del Museo Zoologico
della R, Università di Roma goto ;
Idem idem. — Sulla Ba/aenoptera acuto- rostiala, per la prima
volta catturata nel Mare laziale (Castelfusano). E notizie su
altri giganteschi cetacei arenati e catturati lungo le coste
dell’istesso mare (con. tavola) .
Idem idem. — Cenni sull’os penialis dell’Ursus americanus e
dell’Histrix cristata ; . : ;
Idem idem. — Dimensioni ico È e non ancora seni di una
Thalassochelys caretta del Golfo di Teulada, e confronto
con più individui pescati in altri mari
Chigi principe D. Franc. — Cattura di Bona \faskiatas
(Vieill.). - Aquila del Bonelli in prov. di Roma
Pag.
1-24
25-26
62-67
68-76
71-83
84-92
157-173
. 174-173
. 179-185
. 188-189
INDICE GENERALE
De Leone prof. Nicola. — I Rotiferi nel Plancton del Lago di
Bolsena (con tav.). SENS
Ideim idem. — Un rotifero poco comune in Italia dalbirca aculeata
Hudson e Gosse). Con fig. See :
Facciolà dott. Luigi. — Una nuova specie di grosso Conser
scoperta nel Mare di Messina . 5
Mazza prof. Felice. — Risultati di ricerche SASA itglagioha
sugli organi genitali delle anguille chaegqa dolce e d’acqua
salmastra -
Sergi dott. Quirino. — Soia i i eliorteni di Mciitimo degli
animali nati in schiavitù. î
Tuccimei prof. Giuseppe. — Saggio di un MEO dei Ditteri
della provincia di Roma - Parte IV. SOR
Vram prof. G. Ugo. — Su tre Lascio umani aventi Aa
del Higmoro diviso (dagli avanzi scheletrici delle tombe del-
l'epoca repubblicana scoperte ad Ostia) (con tav.).
Idem idem. — Sull’adunanza dei Naturalisti tedeschi tenuta in
Vienna nello scorso settembre 1913. (Argomenti trattati nelle
diverse sezioni) ;
Idem idem. — Le ricostruzioni dell Eoguiigna: Dausoni, Woo-
ward .
III. Rassegne bibliografiche
241
Pag.
. 113-134
. 186-187
101-109
47-61
135-140
199-239
. 110-112
. 190-195
196-198
compilate dal prof. Antonio Carruccio e prof. Ugo G. Vram.
. Novità entomologiche italiane.
. Avvyelenamento e morte per puntura dello Scorpione.
. Nuove specie di Lepidotteri italiani. da
. Su due opere del prof. Giuffrida Ruggeri: Homo sapiens e
Uomo attuale ara 108,
5. Intorno ad un trascurato e pur grave nemico dell’olivo (Zeu-
zera pirina L.), del prof. G. Del Guercio A o
6. Singolare cattura di una specie orientale del gen. amdeita, del
conte prof. Tommaso Salvadori.
7. A proposito della ghiandaia in Sardegna dell’ istesso profes-
sor Salvadori.
8. Intorno alla pretesa nuova forma di Corvus sardus di Klein-
schinid, del prof. Enrico Balducci .
a We
Pag.
93-100
. 141-149
150-151
. 151-154
242 INDICE GENERALE
Pag.
IV. Annuncio necrologico.
M'arch.= Sen Giacomo Doria ft seen na 155
V. Indice generale
del volume del Bollettino dell’anno 1913 SA EZOUZIR a 240-242
VI. Notizie sulla copertina.
1. Sede della Società. — 2. Per l’acquisto del Bollettino. — 3. Membri
componenti il Consiglio direttivo della Società. — 4. Articoli estratti
dallo Statuto.
Direttore-Redattore respons. ‘prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO
1. — Sede della Società: ISTITUTO e MUSEO ZOOLOGICO, | |
Palazzo della R. Università degli Studi - Via della Sapienza, ROMA. AE
2:
, le Librerie, le Società che intendono acquistare. -
uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano Ga
direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo ©
modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo.
— Membri campani il CONSID, Direttivo
ANNO XX i
Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed drei com-
parata, specialmente Vertebrati).
Senat.. principe D. GUIDO OR. \ZIO di CarPEGNA FaLconiERI — Vice-Presi-
dente ‘Ornitologia).
Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Puleozoologia e Malacologia).
Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orxitologia).
GHIGI principe D. FRANCESCO - Consigliere (Ornitologia).. |
Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Idem (Zoologia generale, specialmente Briozai) =
Prof. FELICE MAZZA — idem (/ttiologia, ecc)
Prof GIOVANNI ANGELINI —- (Zoologia generale, specialmente Cai
Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, specialmente
Lepidotteri).
March. prof GIUSEPPE LEPRI -— Idem (Entomologia- -Ornitologia) Segretario
Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem. (Istologia generale), sì
Prof. comm. GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia generale, specialmente
Ditteri). CARO
-
4. — ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO.
ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli,
appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della bio-
logia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei
modi stabiliti dal regolamento un Bol'eftino contenente i resoconti
delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole. biologica, ana-
tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle
altre notizie che possono ‘interessare gli studiosi. 3
ART. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci :
1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- |
ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 tia
una sola volta ; a
2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue;
3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio
direttivo, scelti fra ‘i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo-
gici, od altrimenti benemeriti della Società.
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali.
Ogni autore di comunicazione 0 memoria pubblicata nei Bollettini sociali è natural:
mente, unico responsabile delle ‘(dee ed opinioni esposte nel rispettivo lavoro.
N. B. — a gli Estratti delle Ma g'i Autori dé ‘ono ri-
volgersi direttamente alla Tipografia.
Roma 1513 - Tipografia Moderna, Via Pottico d’Ottavia 53,
BOLLETTINO
ded
E È i DELLA
| SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
SOMMARIO.
commmicazioNI SCIENTIFICHE DEI SOCI 2, — Intorno ad un trascurato e pur
- Facciolà dottor Luigl. - Una grave memico dell’ Olivo (Zeu-
| nuova specie di grosso “Conger , zera pirina, RO 108 MPA G. del
Mt:
| “scoperta nel mare di Messina Guerclo . . Lai Tag 1003101 “CO UR
as Bags :+101-109 3. — Novita, Rarità e Varietà orni» +0 A
; CERA Ugo - Su tre mascel- tologiche in Italia. - Singolare Ni,
n . dari imani aventi l’antro del- cattura di una specie orientale Cu:
l'Highmoro diviso (dagli avanzi 1 del gen. Ardetta, del prof. conte Moto
scheletrici delletombe dell’epoca
Tommaso Salvadori. — A proposito
della Ghiandaia in Sardegna, del-
l’istesso prof. Salvadori. — In-
torno alla pretesa nuova forma
| repubblicana scoperte ad Ostia)
(con tavola) . . td ge GIO=I2
de; — De Leone dott. Misia - | Roti-
feri nel plancton del Lago di di Corvus Sardus di Klelnsch- È
.. Bolsena (con tavola) . a CM43-134 midt, del prof, Enrico Balducci » 151-154 i di
È 29 Sergi dott. Quirino. - Sopra i feno-
pi | meni dirachitismo degli animali
di.
| matiinischiavità . . . _., 135-140
è i
Annuncio Necrologico . . , È; 155 ca
Ill, —NOTIZIE SULLA COPERTINA
È; I — RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE I. — Sede della Società - 2. Per l’ac-
| (dei prof. U. VRAM e A. CARRUCCIO). quisto dei Bollettini - 3. Membri oa
: a Su due opere del prof. V. Giuf- componenti il Consiglio Direttivo Midi
: #} rida Ruggeri: Homo doo e della Società - Articoli estratti pf
a vomo attuale ,
s 141-149 dallo Statuto. de”,
I N. kn: 7a 1 serie dei volumi del BoZlettino è formata dal 1° al 9" volume; la
Cp serie dal 10° al 20° volume. La 3* serie comincia col 1912 (ANNO XXI)
IMRE
PRADA
I. — Sede della Società: Istituto e Museo ZooLoaico,
Palazzo della R. Università degli Studi - Via della Sapienza, Roma.
2. — I signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare
_uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano ,
“direttamente all’Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo
modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo.
3. — Membri componenti il Consiglio Direttivo.
ANNO XX
Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia com-
parata, specialmente Vertebrati).
Senat. principe D. GUIDO ORAZIO di Carpeena FaLconieri — Vice-Presi-
dente (Ornitologia).
Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia).
Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orritologia).
CHIGI principe D. FRANCESCO — Consigliere (Orritologia).
Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Idem (Zoologia generale, specialmente. Briozot).
Prof. FELICE MAZZA — Idem (/ttiologia, ecc.)
Prof. GIOVANNI ANGELINI — (Zoologia generale specialmente di
Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, specialmente
) Lepidotteri).
‘March. prof. GIUSEPPE LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia) SERA
Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale).
OO: GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia generale, specialmente
itteri
4. ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO.
Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli,
appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della bio-
logia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei
. modi stabiliti dal regolamento un Bo//e:tino contenente i resoconti
delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, ana-
tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica ; e'quelle
altre notizie che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci:
1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe-
ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in
una sola volta;
2% Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue;
. 32 Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio
direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo-
gici, od altrimenti benemeriti della Società.
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali.
Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini sociali è, natural:
mente, umico responsabile delle idee ed opinioni esposte nel rispettivo lavoro.
N. B. — Per gli Estratti delle Memorie, gli Autori devono ri-
| volgersi direttamente alla ‘Tipografia.
KOMA. — SI Uromo- Duo O Armani & Stein
di sirae dra a ART Su; SE CORERISENS, OS.
Fasc. V-VI Serie IIl - Vol. Il Anno 1913
(Cont, le puntate 7-12) (XXIT dalla fondazione)
BOLLETTINO
DELLA
SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA
CON SEDE IN ROMA
Presidente onorario: S. M. il Re VITTORIO EMANUELE HI
SOMMARIO.
I. — COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI 6. — Vram prof. G. Ugo. — Comu.
1. — Carfuccio prof. Antonio. — Sulla “Ba- nicazioni fatte nell’85. adunanza
laenoptera acuto-rostrata , catturaca per dei Naturalisti tedeschi (Vienna
la prima volta nel Mare Laziale (Castel 21-28 settembre 1913) . . ‘Pag. 190-194
Fusano). E notizie su altri giganteschi | 7. — Idem — Le ricostruzioni del.
cetacei arenati e catturati lungo le coste V“Eoantropos Dawsoni , Woo-
dello stesso mare dai tempi più remoti ward . . n 195-198
agli attuali (con tavola) Pag. 157-173 | 8 — Tuccimei prof. Giuseppe. _
2, — Idem — Cenni sull’ “ Os penia- Saggio di un catalogo dei Dit-
lis, dell’ “Ursusamericanus, teri della provincia di Roma
e dell'“Histrix cristata, . , 174-178 (parte IV). Fam. Anthomidae,
3. — Idem - Dimensioni insolite di Scatomyzidae, Dryomizydae,
una “ Thalassochelys caretta , Helomizydae, Sciomyzidae, Sa-
del Golfo di Teulada, e con- promyzidae, ecc., ecc. . . , 199-236
fronto con più individui pe-
scati in altri mari . . . 179-185 | INDICE GENERALE delle materie
4. — De Leone prof. Nicola. — ‘Un contenute nel Bollettino 1913, -
rotifero poco comune in Italia AnNOBa Ki. +... 0. n° 240-248
(Anuraea aculeata, Mudson e
Gosse) (con figura). . . . , 186-137 | NOTIZIE SULLA COPERTINA. — 1. Sede
5. — Chigi princ. D. Francesco. — della Società; - 2. Per l’acquisto dei Bol-
C ttura di “ Eutolmaétus fa- lettini; - 3. Membri componenti il Con-
sciatus, (Vieili.), Aquila del Bo- siglio Direttivo della Società; - 4, Articoli
nelli, in provincia di Roma , 188-189 estratti dallo Statuto,
N. PB. - La 1* serie dei volumi del Bollettino è formata dal 1° al 9" volume; la
2° serie dal 10° al 20° volume. La 3* serie comincia col 1912 (ANNO XXI).
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— Sede della Società: Istituto e Museo ZooLoGico; A
mucio della R. Università degli Studi - Via della Sapienza» Roma.
2. — I signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare
uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio .che si rivolgano
direttamente all'Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo
modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo.
— Membri componenti il Consiglio Direttivo.
ANNO XX
Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia com-
parata, specialmente Verfebrati).
Senat. principe D. GUIDO ORAZIO di Carpecna FaLconieri — Vice-Presi-
dente (Ornitalogia).
Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia).
Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orritologia).
CHIGI principe D. FRANCESCO -— Consigliere (Orrito/ogia).
Prof. cav. ANTONIO NEVI \NI — Idem (Zoologia generale, specialmente Ben
Prof. FELICE MAZZA — Idem (/ttiologia, ecc.)
Prof. GIOVANNI ANGELINI — (Zoologia generale specialmente Ornitologia).
Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, SA
Lepidotteri).
March. prof. GIUSEPPE LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia) Segretario.
Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). ;
Prof. comm. GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia enon, specialmente
- Ditteri).
— - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO.
ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli,
appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori ‘della bio-
logia animale anche nelle sue varie applicazioni ; di pubblicare nei
modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti
delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, ana-
tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e dio
altre notizie che possono interessare gli studiosi.
Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci :
1: Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe-
ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in
una sola volta;
22 Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue;
3? Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio
direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo-
gici, od ‘altrimenti benemeriti della Società. }
Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali.
Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini sociali è > iàtural-
mente, unico responsabile delle idee ed oplaioni esposte nel rispettivo lavoro.
N. B. — Per (o Estratti delle Memorie, gli Autori devono ri-
volgersi direttamente alla Tipografia.
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