Ù SM o ì DET jpitani pe Reati d4 RASCAL Litio lane } Ù A (4 sh sui to ge do et (rd \ È u is RAIGOT CICOINI ti ci pUD i dh - ., to ri Desa Pag I) tpesià.}1 6744 t i mio i HU i. na Met hi MEN Ni ttt (til {ito 1 |? Ri Ipse hi Nibd Ù zii tot dt Ni, Da DE i rai Rogi iL ilo IGT n Li ui i Mi "i sj fl Rial Mi i SUS dl h n INFOR .. i i HIATI HI Ù Ù Fi il di Qin I) Rit I PR ui Î Î Mu " HER, Rigritoa du Hi i Hi ui i . .. \ i. dii pi i Nol Î Hit ha RAMI IE HO ilpinntiito SMR TORt | ii Bid: th MLT i fi RInUni Hal i , FORTELLIRA 418 | ZI dina ni ip Ni » tetti bl ira) [db di. 1A Mapratata sli _ Hani CI "oggidine pit etti DI: f t trof “ii sa Miiterti na dl) alpi PA HITIAI ita i di RE "MR tiAttt uo (id MA ta 1300 N04 RETE pi i FIERI a TA LAI î Da IGCO RR EOREDERE REISER FORTEDMCATRION FOR SCIENCE LIBRARY OF THE AMERICAN MUSEUM OF NATURAL HISTORY PRIANO i UT ì. - Carruccio prof. comm. Antonio. - pra condizioni scientifiche, morali DE sd economiche della Società Zoolo- 34 2 gica Italiana con sede in Roma. - Ele- re conferme LINE i 47) PAR: a > Mazza prof. Felice. - Risultati di - Ficerche anatomo-istologiche sugli or- , gani genitali delle Anguille d’acqua .° dolce e d'acqua salmastra - Biblio- %, “grafia (con 2 tavole e 16 fig.). RL i be Carruccio prof. Antonio. - Di tin - Macropus rufus* e di un KE Arctocephalus ursinus - ora intro- | dotti nella collezione generale dei Mammiferi del R. Museo Universita- | _piò di Roma . tria i IR 7 L) x Y pet | di è 1 AMERICANO Stai | N) TUIAL TIRI: t — Serie Ill - Vol. Il . Anno 1913 DOG Su fondazione) SG 06, #9) , “BOLLETTINO — i DELLA 1. - COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI 1-26 62-67 SOMMARIO. 4. - Carrucciò prof. Antonio. - Brevi | rot» di craniologia suì « Parado- Ù | vurus - e sulle « Viverre». . Pag. 68-76 || 5. - Carruccio prof. Antonio. - « Tau- ‘rotragus oryx » Pall. e sua arma- tura scheletrica . . , . ». 77-83 6. - Idem .dem. - Sui . Nicticebi e ‘bo muridi» del Museo Zoologico della. | R. Università di Roma ... . vr 84-9? Rassegne bibliografiche. - Novità: en- tomologiche italiane - Avvelenamento Ù e morte per puntura dello Scorpione - Nuove specie di Lepidotteri italiani 93-100 | Il. + ANNUNCI SULLA COPERTINA | 1. Sede della Società - 2, Per l'acquisto dei Bol. lettini - 3. Membri componenti il Consiglio | Direttivo della Società - 4. Articoli estratti Il dallo Statuto. | N. B- La 1° serie dei volumi del Botlettino è formata dal 10 al 90 volume; la 2° serie dal 100 al 200 volume. La 3a serie comincia col 1912 (Anno XXI). SR ARE: = Ùa, To Li È età XY D SE 1 : p 1 03 Sulle condizioni scientifiche, morali ed econem'che, ecc. 5 ratamente descritte una ventina di specie di Scorpioni, di pro- prietà del Mus:o Zoologico Universitario di Roma, delle quali 15 esotiche, con parecchi esemplari che, come scrive l’Autore, hanno particolare interesse, e con una varietà nuova del Buthus trilineatus (Ptrs), ed anche una nuova e ben distinta sotito- specie del Pandinus imperator (C. L. Kcch) di Mogadiscio. L’intiero materiale della collezione di Scorpioni che misi. a disposizione del Masi comprende più di cento esemplari, che prima di ogni altro ricevetti in dono dall'ammiraglio de Ame- zaga, cotanto benemerito — non mi stancherò mai dal ripeterlo — del nostro Museo; poscia altri esemplari furono donati dal compianto mio allievo prof. Pio Mingazzini, dall’egregio dottor Carlo Mucciarelli, pure mio antico allievo, dai distinti colon- nelli medici della R. Marina, dottori Moscatelli e Petella, e dal capitano Casale. Tutti i cinque ora ricordati fecero altri impor- tanti doni al Museo, come a suo tempo annunciai. Sapendo come dopo il Fanzago, il Borelli, il Pavesi e quache altro, sia stato trascurato in Italia lo studio di questa così notevole categoria di Aracnoidi, mi premeva che la collezione in discorso fosse determinata con diligenza. Il lettore potrà notare come il Masi abbia fatto anche osservazioni sovra alcuni caratteri propri del Buthus bico'or, B. australis, B. trilineatus, Parabuthus liozoma, Babycurus johnstoni e Isometrus maculatus, tutte specie attualmente possedute dall’istesso Museo. Nei primi quattro fascicoli del Bollettino del 1912 leggonsi pure (pag. 109-112) due riviste bibliografiche, una scritta dal consocio princ. Chigi sull’interessante volume del dott. Giuseppe Cioli, che ha per titolo « Caccie utili e caccie dannose ». Il Chigi chiude la sua rivista osservando giustamente che l’opera del Cioli è utile ed oltremodo lodevole, e « nobile ne è lo scopo, ottimi i mezzi coi quali esso vuole essere raggiunto : vada 6 Antonio Carruccio dunque all'Autore l’augurio che il suo manuale abbia in Italia il successo che merita ». La seconda rivista fu da me scritta e riguarda una pub- blicazione del distinto malacologo francese, il comand. E. Caziot, la quale ha per titolo « Etudes sur quelques éspèces italiennes de la section Eulota, Hartmann, et du groupe de l’Helix Or- sinii, Porro ». i Dirò ora non meno succintamente di altri lavori comunicati alla nostra Società, e comparsi nei successivi fascicoli V, VI, VII e VIII In questi altri fascicoli abbiamo 10 memorie su argomenti diversi, oltre una particolareggiata rassegna bibliografica.. Vien prima la memoria del consocio prof. march. Giuseppe Lepri, nella quale si occupa di tre Felini, di recente avuti dal Mu- seo, lo stu iio dei quali affidai allo stesso Lepri. Da questo studio risultò che il primo Felis, proveniente dall’Abissinia, appar- tiene al S. gen. Catolynx, Severtz, ed alla specie C. chaus, Guld. Il secondo esemplare è un Oncoides mitis, F. Cuv., ucciso nello Stato di Missiones (Republ. Argentina) dal sig. Silvio Bondimai, dal quale lo acquistai. È un graziosissimo Felino, & adulto, ben distinto dalle altre due specie note col nome di O. tigrina e O. macrura. Il terzo esemplare che acquistai dall’istesso sig. Bondimai, appartiene alla specie nota col nome di Zibethailurus pardalis, Severtz. Ed anche su questa specie il Lepri fece alcune oppor- tune considerazioni. Segue una seconda memoria complementare del dott. Masi L. sugli Scorpioni, nella quale comincia col dirci che dubbioso sulla diagnosi dei Pandinus imperator, ne mandò un esemplare in esame al prof. Kraepelin; il quale riconobbe appartenere in- vece ad una specie vicina da lui stesso istituita, e che chiamò Pondinus pallidus. sin! Linn E, ì ; a Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. T4 Il Masi ebbe opportunità di studiare una specie notevole, appartenente al Gabinetto di Storia naturale del R. Liceo Ennio Quirino Visconti, gentilmente comunicatagli dal consocio profes- sore A. Neviani, riconoscendo ch’essa ha i caratteri dell’Uro- dacus novaehollandiae del Peters. Si occupò pure il Masi degli Heterometrus e di altri generi, esaminando minutamente i caratteri delle singole specie. Finisce lo studio colle 2 sotto fam. Scorpioninae ed Ischnurinae, dando la descrizione dell’Hormurus Australasiae, pur questo posseduto dal nostro Museo. Passando alla Fam. Chactidae ed alla S. Fam. Euscorpioninae il Masi ci dà notizia delle località romane, nelle quali nei pas- sati anni feci ripetute escursioni (Viterbo, Ronciglione, Isola ° Bisentina nel Lago di Bolsena, Arsoli, Soriano nel Cimino ecc.) raccogliendo quanti esemplari mi fu possibile, ed appartenenti alle specie Euscorpius italicus (Herbst.), Euscorpius flavi- caudis (Geer), ed E. carpathicus. | Ma oltre gli esemplari appartenenti alla Fauna laziale, ne raccol i altri in Toscana (Siena, Montepulciano ecc.), nel Mo- denese, nell’Umbria, in Sardegna, oltre taluno inviatomi in dono dal Canton Ticino ecc. Dalla Sicilia, e per la specie Euscorpius carpathicus, il Masi ebbe un buon numero di esemplari in comunicazione, per cortesia dell’egregio consocio prof. Mario Condorelli, dell’Uni- versità di Catania. L’accurato lavoro del Masi si chiude colla descrizione dei caratteri del Brachiosternus ehrenbergi (Gerv.), della Fam. Bothriuridae, proveniente dall’Isola Taboga (Golfo di Panama) e raccolto dai dottori Moscatelli e Petella, quando in viaggio di circumnavigazione si trovavaro capitani medici a bordo della Vettor Pisani (?) Proseguendo il rapido esame dei fascicoli V all'VIII, tro- 3 Antonio Carruccio viamo nuove aggiunte al vasto ed importante lavoro cui da molti anni si è dedicato il consigliere Fortunato Rostagno, lavoro che, come ben sapete, ha per titolo « Lepidoptera Faunae Romance >». La verità delle parole scritte nella relazione che presentai il 18 febbraio 1911, ognuno che abbia la cortesia di rileggerle, troverà che oggi debbono avere una nuova e piena conferma. Invero il Rostagno colle ulteriori ricerche da lui fatte potè annunciare l’Erebia neoridas trovata nell’alta valle Fioio sopra Camerata Nuova, a 1400 metri; oltre la var. flavata, da lui stesso descritta, del Satyrus hermione, che trovò nella predetta località; la var. Blanchieri Mill. della Lycaena cyllarus, che raccolse sui Monti aurunci; la bellissima var. Oricolensis della Cyaniris argiolus, che catturò a 800 metri nelle valli oricolensi, al confine orientale fra la provincia di Roma e l’Abruzzo. Altre interessanti aggiunte fece il Rostagno alle famiglie Sesiidae, Zygenidae e Thyrididae, segnalando come specie rara la Sesia aerifrons, pure trovata a Camerata Nuova. AI lavoro del Rostagno segue una comunicazione fatta dal consigliere princ. D. Francesco Chigi, col titolo « Alcune osser- vazioni sulle fasi del piumaggio nel Falco Feldeggi, Schlegel ». Mi limito a far rilevare che l'Autore confermò ampiamente le osservazioni del prof. G. Martorelli; e lo potè perchè l’istesso Chigi riuscì in Roma a studiare non meno di 15 esemplari di Falco Feldeggi, due dei quali nidiacei, che conservava vivi per poter seguire i mutamenti del piumaggio. Degli altri 13 esem- plari, 8 appartengono alla collezione privata dell’Autore, e 5 al nostro Museo Universitario, i quali ben volentieri misi a disposizione del Chigi. Egli, fra gli 8 di sua proprietà, ricorda un nidiaceo che ebbe « per la speciale bontà di S. M. la Re- gina Elena » che volle fargliene dono (pag. 150). Il Chigi chiude il suo lavoro aggiungendo alle osservazioni del Martorelli quelle da lui fatte, disponendole in forma di quattro conclusioni. Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 0) Ora, se non dovessi stare entro limiti assai ristretti, vorrei riassumere un po’ largamente la interessante comunicazione del dott. Luigi Facciolà sulla « Cattura di un Grampus griseus » fatta nello stretto di Messina, un miglio lontano dalla spiaggia della borgata Contessa. L’egregio consocio potè non solo attentamente osservare questa ch'è sempre un’importante specie di cetaceo, ma potè disegnarlo e descriverlo con grande accuratezza. Oltre le molte misure date dal Facciolà, nella sua memoria, l’ha voluta accom- pagnare con una buona tavola e con alcune precise indicazioni bibliografiche, fra le quali quelle che ricordano il lavoro da me pubblicato nel 1906-1907 sul Grampus griseus di S. Vincenzo, che io acquistai pel Museo di Roma, e l’altro dal dott. Razzanti “nel 1910, sovra un individuo giovane preso a Nizza, ed un altro adulto della Spezia: entrambi gli scheletri di questi indi- vidui si trovano al Museo di Firenze. Nel Mar siculo il Grampus griseus era stato già catturato presso Palermo e Catania; ora il dott. Facciolà ci ha fatto conoscere quest’altro preso a breve distanza da Messina. Dal signor Ceresoli Adriano, laureando nel nostro Ateneo, abbiamo avuto una comunicazione su di una anomalia nell’ap- parato genitale femminile di Ascaris lumbricoides, L. L’autore espose con chiarezza i fatti da lui verificati (1), dando una figura della rara anomalia, e dico rara perchè egli potè sezio- nare oltre cinquecento femmine di questa stessa specie, senza rinvenire in nessun individuo, fuorchè in uno solo, un tripiice tubo genitale. Negli stessi fascicoli fu inserita un’altra comunicazione del socio dott. Luigi Facciolà, la quale ha per titolo « Scoperta di un individuo maschio del Conger vulgaris, Linn. » n_—__—_ (1) Le ricerche del Ceresoli vennero fatte nella sezione di parassitologia dell'Istituto d'Igiene sperimentale diretto dal chiar. prof. A. Celli. 10 Antonio Carruccio Quanti apprezzano da non breve tempo il merito di un osservatore retto, sanno come il Facciolà non affermi se non dopo di avere ripetutamente constatato i fatti. Egli in Messina potè disporre di copiosissimi Conger di ogni età e dimensione, constatando che tutti appartenevano al sesso femminile. Non essendo dubbio che il tessuto da lui esa- minato al microscopio appartenesse all’ovario, gli rimaneva « a trovare individui coi testicoli e il possibile rapporto fra sesso e colorazione.D’allora in poi, scrive il Facciolà, non lasciai inos- servati i grossi e medî soggetti che vedevo al mercato, acqui- stando ogni volta » pezzi dell’organo che potevano rappresen- tare !a ghiandola testicolare. Aggiunge che queste ricerche le continuò « con insistenza per più anni, vale a dire su parecchie centinaia di esemplari neri, bianchi, o di tinte intermedie, e il risultato fu sempre po- sitivo per l’ovario, in nessun caso pel testicolo » (pag. 167). . Naturalmente dovette conchiudere, dopo tante ricerche, che ancora non si riusciva a conoscere il maschio del Conger vul- garis. Ometto di riferire le supposizioni che anche il Facciolà fece per spiegare l’assenza dei maschi; e tacerò anche sui ca- ratteri morfologici dei sessi del Conger vulgaris, caratteri che l’autore espone con grande precisione. Passo quindi imme- diatamente a dire che la perseveranza del dott. Facciolà ebbe il meritato premio, perchè recatosi, come al solito, al mer- cato dei pesci gli venne riferito che trovavasi in vendita « un pesce mai visto ». Rassomigliava sì al comune Congro, ma col capo più grosso, gli occhi più grandi ed il corpo relativamente smilzo. Il Facciolà seppe che l’esemplare era stato pescato nelle vicinanze di Capo Orlando in Sicilia, ed inviato a Messina per ferrovia. Egli praticò dapprima un taglio longitudinale dell’addome SNA ie i ta } IPER ARA eo Leni È VOI Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. ll e asportò i visceri contenutivi, trattandoli col liquido di Miiller con lo scopo di studiarne la struttura, e censervando i pezzi del corpo in formalina. Così potè descrivere esattamente tutte le parti ben conservate. L’autore constatò la presenza di veri testicoli, bianco-rosei, nastriformi, posti ai lati della colonna vertebrale, colla faccia inferiore liscia, e la superiore con numerose pieghe trasversali, e con ramificazioni laticinose (tubi seminiferi) che confluiscono in tronchi laticinosi. Osservò inoltre due tubi longitudinali, veri condotti deferenti, non isolati dall’organo. Altri particolari for- nisce il Facciolà; ma per rilevare la importanza del suo lavoro, parmi possa bastare il cenno che ne ho dato. Forse ricorderete la presentazione di « Uno strano Zivolo nero, colto nell’Agro Romano », presentazione che dobbiamo al vice-presidente senat. D. Guido di Carpegna Falconieri. A ragione egli chiamò strana la Emberiza cirlus colta a Testa di Lepre, fuori porta Cavalleggeri, in tenuta del principe Doria. L’esemplare che offre la più variata e curiosa anomalia di co- lorito fu deposto nella collezione regionale di questo Museo, e del dono nuovamente ringrazio il proprietario Mons. Alessandro Lupi, come ringrazio il principe di Carpegna che fu il cortese intermediario e presentatore dell’esemplare. A compimento delle pubblicazioni fatte nei 4 fascicoli, devo ancora menzionare due note dei soci dott. Knottherus-Meyer di- rettore del Giardino Zoologico di Roma e del prof. Ugo Vram. In entrambe si tratta di « Nomenclatura Zoolcgica ». Su questa molto si è scritto, e molto ancora si scriverà. Ho spesso ricordato anche nelle mie lezioni, le beneme- renze di coloro, che da Linneo in poi, concorsero a darci un codice tassinomico per la Zoologia; e dissi che nei recenti tempi molto dobbiamo anche al nostro socio onorario, l’illustre prof. R. Blanchard di Parigi e ad altri chiari Zoologi di varie 12 Antonio Carruccio nazioni. Le proposte e discussioni che sonosi fatte, principalmente in diversi Congressi internazionali di Zoologia, le relazioni pre- sentate da dotte e competenti Commissioni, ci fanno sperare che le norme, tanto necessarie e utili, della classificazione siano finalmente accolte e rispettate da guanti seriamente amano la scienza. Se vi sarà chi di proposito intenda in qualche adu- nanza della Società esporre le condizioni attuali in cui si trova questo grave problema della nomenclatura zoologica; ricordando con precisione le proposte, quali furono in questi ultimi tempi discusse ed accettate, noi ne saremo lietissimi. Rispettando que- sta o q ell’opinione, come è dovere di quanti serenamente col- tivano gli studi, diremo ancora una volta che il socio 0 i soci che tratteranno l’accennato problem», faranno cosa molto van- taggiosa e gradita, perchè istruttiva principalmente pei giovani. A proposito dei predetti fascicoli debbo ancora ricordare che in essi trovansi le note bibliografiche pazientemente com- pilate dal dott. Luigi Masi, riguardanti le descrizioni di nuovi Imenotteri Calcididi pubblicate dopo il 1909. Non pochi sono i nuovi generi e le nuove specie che il Masi enumera, appar- tenenti a molte regioni, e dà pure il titolo delle relative pub- blicazioni, coi nomi degli auto:i. Entro l’ottobre del passato anno potei far pubblicare altri due fascicoli, il IX e il X, del nostro Bollettino (1). In questi si contengono i lavori comunicati dai consoci Chigi e Lepri, e tre mie memorie. Il lavoro del principe Chigi ha per titolo: « Catalogo della Collezione Ornitologica regio- nale Romana » appartenente allo stesso autore, che da molti anni, come ben sapete, va raccogliendo uno scelto materiale. (1) Come fu annunciato con apposito avviso, annesso a questi fascicoli, per inavvertenza della Tipografia fu sbagliata la numerazione dele pagine, . che doveva cominciare col numero 201 e finire col 272. ug) PA Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 15) Egli giustamente osserva che anche il raccoglitore privato, se vuole rendere efficace ed utile l’opera propria, deve lasciare a disposizione della collettività degli studiosi quello che in una raccolta rappresenta il patrimonio scientifico. E sarebbe, aggiunge « un insensato egoismo » se il possessore non ne facesse cono- scere il contenuto. Aggiunge ancora che il principale scopo che si prefisse col formare la sua raccolta ornitologica fu «di stabilire i limiti delle variazioni subite da ogni singola specie nell'area geogra- fica comprendente la regione nostra ». Il Chigi dichiara di aver seguito in gran parte, per gli or- dini e sott’ordini, per le famiglie e sotto-famiglie, la recente classificazion» dello Sharpe; e dopo qualche considerazione fa note al lettore diverse precise indicazioni. Fra le quali quelle riguardanti i sessi, le variazioni d’abito in relazione con le sta- gioni, la data di cattura, le anomalie di colorito, la presenza in collezione dello scheletro di determinate specie ecc. A tutto luglio del 1912 la collezione esistente nel Palazzo Chigi comprendeva 1449 esemplari e 127 scheletri. Queste cifre dimostrano lo sviluppo che in breve volger d’anni lo studioso proprietario seppe e volle dare all'importante raccolta. Nella sola collezione ornitologica provinciale pur da me fonda‘a in questo Museo Universitario, si annoverano a tutt'oggi 303 specie, mentre in quella del Chigi Ie specie sono 252, ma con un numero maggicre di scheletri; ed anche gli esemplari della stessa collezione Chigi sono in numero alquanto più grande perchè il proprietario potè, e può, di una stessa specie ecqui- stare moltissimi individui # e , giovani e adulti. In quanto a specie rare o rarissime, qualcuna ha già potuto procurarsi il Chigi, come ad es. il Larus affinisj ma il Museo indubitatamente possiede non pocne di tali specie. E la rarità di queste è ri- conosciuta non solo per il Lazio, ma per tutte le regioni d’Italia. 14 Antonio Carruccio Lo studio dell’ornitologia, ch’ebbe in Roma un sommo cultore nel principe Luciano Bonaparte, non mancò dopo di lui di altri valenti cultori. Il Lepri ci ha dato in questi fascicoli una bella relazione sull’inaugurazione che ebbe luogo in Genova nel trascorso otto- bre del nuovo Museo Civico di storia naturale, alla presenza del Ministro della P. I., delle autorità cittadine e di una elet- tissima folla di cittadini. Egli rappresentò la nostra Società e l’Istituto Zoologico Universitario, e alla Società si fece un premuroso dovere di ri- ferire in modo largo e attraente su quella ch’egli chiamò « una vera festa della scienza » sulla quale purtroppo gittò un velo di mestizia l’assenza del benemerito direttore del Museo, mar- chese senat. Giacomo Doria, impedito d’intervenire per causa d’infermità. L’antico Museo nella Villetta di Negro, non potea più con- tenere e conservare debitamente tanta straordinaria ricchezza di collezioni, con molti esemplari rari. La tenacia del Doria, che superò non poche difficoltà, e la munificenza del Municipio di Genova, valsero finalmente a dotare la metropoli ligure di un edificio grandioso, di cui il Lepri ci fa conoscere la ubicazione, citando alcune delle collezioni già ordinate. All’ordinamento di altre (Poriferi, Celenterati, Echinodermi, ecc.) sappiamo che ora attende il consocio dott. Masi (1). Devo pure accennare che dei fascicoli IX e X fanno parte tre mie comunicazioni: nella prima ho riassunto diverse notizie sui P/ectognathi che potei introdurre nelle collezioni ittiologiche del Museo, tanto nella generale, quanto nella Romana, e spe- (1) Come annunciai in altra adunanza il Masi vinse il concorso ch'era stato aperto per un posto di Assis‘ente nel nuovo Museo Civico di storia na- turale in Genova. t + x i: ni i i price i tI vete lena citi cita Sari i vati Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 15 cialmenie su due Orthagoriscus, uno di Civitavecchia e l’altro di Viesti. Nella seconda trattai dei Leptocebus aterrimus che pure di recente ho introdotto nella collezione dei primati del Museo. Nella terza mi sono occupato di diversi Prionodon aggiunti al gruppo degli Squali dell’istesso Museo. Altri lavori da me comunicati in parecchie adunanze della Società spero che possano trovar posto nel volume di questo nuovo anno. È infatti tuttora da pubblicarsi la memoria in cui espongo i risultati del mio studio sugli scheletri di Casuarius, Struthio e Rhea; e forse potrò pubblicare la particoleggiata mem. sulla Balenoptera acuto-rostrata catturata, come sapete, così insolitamente, e per la prima volta nelle acque laziali. Devo pure pubblicare la nota riguardante la Selache maxima, pure di recente, e per la prima volta catturata nelle acque laziali, come ho già riferito in altra recente adunanza. Sono parimenti da pubblicare le mie note sovra una Tha- lassochelys caretta del Golfo di Teulada, di dimensioni inso- lite e non ancora registrate, studiata in confronto a molti altri esemplari dell’istessa specie, pescati in altri mari, fra i quali quello di Tripoli, di cui, per ge tile pensiero del 40° Reggi- mento Fanteria, ricevemmo, a mezzo del Ministero della guerra, un grosso scudo di esemplare pescato da soldati dell’istesso reggimento. È anche da pubblicare lo studio che feci sovra un bellis- simo scheletro di Oreotragus oryx, pur questo già presentato alla Società, appena finito di preparare. I fascicoli IX e X hanno fine con una rassegna bibliogra- fica di una pregevole nota pubblicata dalla signorina Cecilia Picchi, egregia cultrice degli studi ornitologici. Questa nota ri- guarda l’Erithacus rnbecula melophilus, Hartet, colto in Italia, e precisamente a Castiglion del Lago. 16 Antonio Carruccio Con altri due fascicoli, XI e XII, si chiude il vol. XXI, ed in essi troviamo cinque diverse memorie, dovute ai consoci Lepri, Rostagno, Vram, Masi e Damiani. La prima contiene il risultato degli studi fatti su Ofidi della Fam. Boidae, Colubridae, Amblicephalidae e Viperidae non ha guari introdotti nella collezione erpetologica del Museo. Il Lepri, dopo un utile riassunto dei caratteri delle famiglie e sottofa- miglie coi rispettivi generi, descrive la Morellia argus e il Boa occidentalis, avuti in dono dal Giardino Zoologico di Roma, lo Spilotes mega!/olepis acquistato dal sig. Bondimai, e portato dalla Repubblica Argentina, il Leptognathus alternans, il Lachesis lanceolatus, L. alternatus e L. Neuvieudii, tutte specie, come ho detto, aggiunte poco fa ‘alla predetta collezione. Di esse il Lepri indica, coi precisi caratteri distintivi, le località in cui vivono. Il consigliere Rostagno ci ha dato uu altro capitolo del suo bel lavoro Lepidoptera Fauna? Romanae nel quale riunisce tutti i “generi dell’interessante e non facile Sezione Bombyces, comin- ciando dal gen. Dicranura e dalla non comune specie Dicranura vinula, ch’egli prese alla Caffarella e a Pietralata. In altri ge- neri annovera specie rare o rarissime, fra le quali: la Pygcaera, curtula, che prese a Poli, la P. pigra a Valle Fioio, la Da- sychirà pudibunda a Poli, la Earias clorana a Pietralata, l’Arctia testudinaria a Montevirginio, ed altre specie e varietà notevoli appartenenti a più generi. E quando cita lepidotteri di questo gruppo dei Bombicidi, trovati e annoverati dal Calberla, ma da lui finora non presi nella campagna romana, francamente lo dichiara. La memoria presentata e pubblicata dal socio Vram in questi fascicoli è dedicata alla illustrazione di un bell’esem- plare 3 di Cercopithecus d'ana, che il nostro Museo ricevette in dono dal Giardino Zoologico di Villa Umberto. Oltre la de- Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 17 scrizione del rivestimento pilifero, e di altri caratteri, l’autore si occupa della dentizione e dà una serie di dati somatometrici sul cranio, sugli arti, ecc., quali nessun altro scrittore avea rac- colto su questa specie. La penultima memoria che leggesi nei fasc. XI e XII è dovuta al dott. Masi. In essa abbiamo le risultanze di uno studio sovra un non comune cestcde, il Dinobothrium septaria V. Ben., che trovò in mezzo alla lamina della valvola spirale dell'intestino in una Selache maxima, la prima catturata, come gia dissi, nelle acque laziali, e che acquistai pel Museo nella estate scorsa. Il Masi ci ha dato una diligente descrizione del parassita, acccmpagnandola con una bzila tavola in cui sono, da lui de- signate, le principali parti del parassita medesimo (scclice, stro- bila, €cc.). Appartiene finalmente al socio prof. Giacomo Damiani l’ul- tima memoria, nella quale si è fatto premura di far conoscere alla Società l’importante cattura di un Regalecus gladius pe- scato nell’Isola d’Elba presso il promontorio dell’Enfola il 20 di- cembre 1912. Del rarissimo pesce il Damiani dà, colle esatte misure, i caratteri distintivi, e riassume quanto ne hanno detto Cuvier, Moreau, ecc., e in Italia, Risso, Doderlein, Giglioli, Carus, ecc, facendo pur conoscere i pochissimi esemplari, le località (Nizza, Messina, Cagliari, Nebi, Genova, ed ora l’Isola d’Elba) e i Musei in cui si conservano (di Milano, Palermo, Catania, Firenze, Cagliari, Genova e Portoferraio. Quelli del Museo di Messina andarono perduti nel terribile terremoto del dicembre 1908). Riferisco le ultime parole della bella memoria del Damiani che si chiude con un cenno sulla posizione sistematica del gen. Regalecus (Briinnich, 1788): « Secondo Facciolà, l’eminente istiologo messinese, nel suo 18 Antonio Carruccio studio Sui Vertebrati itticidi del Mare di Messina (1) è da ascri- versi (questo genere) alla Categoria 3. Pesci batofili (di con- siderevole profondità, fino agli abissi) e non batipelagici, com- prendente i seguenti gen. di Acantotteri: Trachypterus, Lopho- tes, Regalecus... ». | Quanti sanno e vollero giudicare imparzialmente il buon la- voro fatto da più soci, lo apprezzarono già leggendo le memorie pubblicate nel volume XXI del Bollettino; e non meno favore- volmente dev’essere apprezzato il lavoro compiuto colle dimo- strazioni non in un’unica volta all'anno, ma in più adunanze scientifiche tenute più volte ogni anno. E forse non mai come nel 1913, furono così numerosi i preparati presentati ed illu- strati sia da qualcuno dei consoci estranei al personale del Mu- seo, i quali si assunsero con gentile premura lo incarico di un determinato studio, sia direttamente da me o dagli aiuti. Non mi occuperò dell'importante adunanza generale tenuta il 18 febbraio 1912, ma passerò addirittura ad accennare, al- meno in parte, alle dimostrazioni eseguite nell'adunanza del 28 aprile dell’istesso anno. In essa il prof. Giovanni Angelini pre- sentò ed illustrò bellissimi esemplari di Epimachus Mayeri < e £,di Dendrcygna autumnalis ?, di Branta canadensis, oltre una bella varietà albina di Rhea americana, avuta in dono dal Giardino Zoologico. I Il prof. Vram alla sua volta si occupò nella. stessa adu- nanza dello sviluppo dell’Urang-Outang. Il consigliere Rostagno presentò diversi Lepidotteri da lui presi nella campagna romana, interessanti o per notevoli ano- malie o per altro, quali ad es. la Zygena transalpina, il Sa- tyrus actaea, ii S. hermione, il Cyaniris argiolus, ecc. (1) Ved. Bollett. della Soc. Zool. Italiana con sede in Roma fasc. IX, X, XI e XII, serie II, vol. XII, anno 1911 {XX della fondazione) pag. 268-287. lo dimostrai i nuovi preparati rappresentanti individui ap- partenenti alla specie Erythrocebus vyrrhonotus, Nycticebus tar- digradus, Halmaturus dorsalis ®, Myrmecophaga tamandua 3 juv., uno scheletro di Ze/phinus delphis e crani di Felis pardus e Coccodrillo. | Il predetto prof. Vram presentò due ottimi preparati, pure eseguiti in Museo dal tecnico sig. Coli, di Simia satyrus, uno È HW in pelle, e l’altro, lo scheletro completo, facendo rilevare alcuni caratteri nettamente offerti dalle preparazioni. Fu in questa adunanza che lodata la ristampa fatta per cura del consocio prof. Enrico Balducci, presentai il volume contenente la raccolta degli studi talassografici fatti e pubbli- cati dal compianto socio onorario prof. Enrico H. Giglioli (1). Ed ho pure presentato l’opuscolo che « alla venerata memoria del loro babbo » consacrarono le egregie figlie di quel modesto e dottissimo scienziato che fu Giuseppe Vincenzo Ciaccio, per lun- | ghissimi anni professore d’anatomia e fisiologia comparate, e preside della Facoltà di scienze nella R. Università di Bologna. E la presentazione accompagnai con sincere parole di affettuoso ricordo e rimpianto (2). Nell’adunanza scientifica tenuta il 25 giugno 1912 rammen- terete che si fecero dimostrazioni e commenti illustrativi dal consigliere Lepri sovra gli esemplari di Pennatulidi posseduti dal nostro Museo, e sovra un caso di polielmintiasi. per. Te- trarhynchus gigas, osservato nel fegato di un Orthagoriscus mola pescato a Civitavecchia, Il Masi poi presentò ed illustrò un raro Chernelide (Ga- rypus littoralis) da lui trovato presso il Porto d’Anzio. — (1) Ministero di Agric. Ind. e Comm. — Roma, Tip. Naz, di G. Bertero, 1912. (2) In memoria di G. V. Ciaccio nel X anniversario della sua morte. — | Torino. Vincenzo Bona, Tip. della R. Casa, 1912 (con ritratto). Antonio Carruccio NS) Il prof. Vram presentò uno scheletro di Cynocephalus ha- madryas e di Papio cynocephalus, posseduti dal Museo, insi- stendo specialmente sulle misure e proporzioni del bacino, ecc., e sui caratteri che ne possono derivare. Nell’istessa adunanza del 25 giugno furcno presentati da me crani di Arctomys marmotta e Dide'phis aurita e prepa- rati anatomici diversi, cioè [o scheletro di un importante psit- taco, il Ca'yptorhynchus banksti (Lata.) dell'Australia, il. cuore, le branchie, l'encefalo di Priono ‘on glaucus, la trachea di un Sar- cogeranus leucogeranus (Pall.); e fu pure osservato dai presenti un bell’esemplare in pelle di questa specie poco prima acquistato pel Museo; un Lophoétus occipitalis, (Dazd.) specie unica in que- sto genere, che mancava nella ricca collezione della S. fam. Aqui linae posseduta dal nostro Musco; una Goura victoria, (Fraser), della N. Guinea, usa Ciconia nigra, un Rhynchotus rufescens collo sterno, questi ulttvi avuti in dono dal Giardino Zoolo- gico, ed un’Alauda arvengis col becco mostruoso donata dall principe D. Fr. Chigi. Nè devo dimenticare che in questa adunanza furono pro- clamati i nuovi soci ordinari signori: Panichi Filippo e Gra- ziani Francesco laureando nella nostra Università. Ed interessanti furono pure tutte le dimostrazioni fatte nell’adunanza scientifica del 27 ottobre, oltre le comunicazioni presentate e lette da parecchi soci. Fra i nuovi preparati, che furono introdotti nelle rispettive collezioni citerò un completo scheletro di Cygnus musicus, ese- guito sovra un individuo che avevamo avuto in dono dal Mu- nicipio; un Fe/is catus var. ferus dono di S. M. il Re; un bell’esemplare di Cervus axis juv., donato dall’Amministrazione del Giardino Zoologico; parecchie preparazioni ultimate in quei giorni ed appartenenti alla Balenoptera acuto-rostrata presa a Castelfusano (Ostia); un pulcino di Chrysolophus pictus, dono Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche, ecc. 21 del sig. Catini. Furono pure presentati diversi Rettili Cheloniani (acquisto) ed Ofidi, fra i quali un Boa constrictor, dono del Giardino Zoologico, e diverse preparazioni anatomiche eseguite dal dott. Masi sui visceri della Se/ache maxima di Nettuno (encefalo, cuore, fegato, pancreas, milza, intestino, ghiandole te- sticolari, occhi, ecc.). Presentai inoltre un esemplare di Sphyraena vulgaris, no- tevole per le sue dimensioni, acquistato nel mercato dì Roma. E finalmente nell’ultima adunanza scientifica dell’anno, te- nuta il 29 dicembre, insieme a diverse comunicazioni vennero fatte altre dimostrazioni di recentissimi preparati. Fra i primi ricorderò quello intorno a un bellissimo e as- sai grosso Marsupiale acquistato dal Giardino Zoologico, e precisamente di un ? adulto del Macropus rufus Desm., dell’Au- stralia orient. e meriod., specie mancante nella collezione gene- rale dei mammiferi. Non avendo potuto trovarmi presente, la nota che scrissi su questa specie fu letta dal Segretario pro- fessor Lepri. Egli lesse pure altra mia nota sovra un Arfocephalus ur- sinus acquistato nel Giardino Zoologico pel Museo, che man- cava di questo pinnipede. E nella nota ebbi opportunità di ri- cordare i bellissimi esemplari di pinnipedi uccisi nello Spitzberg dall’in allora principi ereditari Vittorio Emanuele ed Elena, al- lorquando, da poco sposati, fecero in quelle lontane regioni un ardito viaggio; e citai in particolar modo l’Erignathus barbatus, grossissima foca uccisa dalla principessa Elena: l’attuale e diletta regina d’Italia. Lesse il Lepri parimenti a mio nome una breve relazione che scrissi, dietro notizie favoritemi dal sccio prof. Damiani, sovra la recentissima cattura di una Sula bassana avvenuta presso Porto Ferraio, E siccome ricordai quan'o alla Società aveva riferito nel 1905 il socio prof. Angelini sulla cattura di DO Antonio Carruccio un giovane & di Sula bassana, così il soclo Chigi alla sua volta ne ricordò un’altra che fu fatta in acque romane, e pre- cisamenie a Porto d’Anzio; quest’altra Su/a era adulta, ed è conservata nella collezione Garavaglia. Le tre mie note spero che possano trovar posto nel nuovo volume del Bollettino. Il prof. Angelini presentò ed illustrò nell’istessa adunanza diversi uccelli ora aggiunti alla ricca collezione ornitologica ge- nerale del Museo, fra i quali l’E/anoides furcatus del S. Amer., il Falco albigularis pure del S. Amer., il Tinnunculus cinna- momina, il Chrysotis vinacea (Kuhl) del Paraguay, la Cyano- spiza versicolor (Bp.) de! Perù 3 ecc. Fu pure presentato dal Lepri un bell’ esemplare di Felis catus ferus, dal pelame nero, mandato dalla Sardegna dal socio sig. Bonomi. i Questi, ed altri Vertebrati, che non cito per non andar per le lunghe, dimostrano che copiose furono le aggiunte di specie studiate in Museo e per il Museo. Ed oltre i Verterbrati dovrei ricordare le notevoli aggiunte fatte alla collezione degli Artro- podi, e particolarmente nella classe degli Esapodi. Richiamo alla vostra memoria che in diverse adunanze scientifiche del passato anno partecipai che speravo completar presto l’acquisto della ricca collezione coleotterologica del cav. Vallon di Udine. Or bene l’ultima parte di essa collezione mi pervenne nel1912, e comprende Carabidi, Cicindelidi, Elateridi, Longicorni, Lamel- licorni, Curculionidi e Stafilinidi di non poche regicni, e tutti determinati. È superfluo farvi notare quale sia l’incremento, e quindi il valore materiale e scientifico di più migliaia d’indi- vidui formanti quest'altra collezione entomologica che ora pos- sediamo in Roma. | Avete inoltre appreso che all’ordine dei Ditteri venne fatta uuova aggiunta pel gradito dono del consccio prof. Tuccimei, A Por SIRO i > Puiiita \ Do A ALIA ET MITE 120 RESP si A il quale si occupa dello studio dei Ditteri romani già da più ‘anni con grande interesse. E nuovamente ringraziandolo a nome del Museo, mi piace far noto che fra gli esemplari ultimamente 139 donati si nota qualche specie rara o rarissima. N: Nell’anno 1912 la Società che ebbi finora l’onore e la re- sponsabilità di guidare, ha percorso la sua strada in modo non meno degno delle annate precedenti, cioè con quella indipen- denza e sicurezza, delle quali altre volte mi sono compiaciuto. N La buona sementa da voi sparsa fin dall’inizio ha prodotto ot- x timi risultati. | ) La Società per la cordiale ospitalità a lei concessa in que- sto Museo e Istituto Universitario, ha potuto seguire il suo bo sviluppo e i continui progressi delle collezioni; e di essi, pos- siam dire, fu l’eco fedele il Bollettino sociale. Entrata già nel XXII anno della sua esistenza la Società Zoologica Italiana può essere fiera della sua operosità, e della quantità del lavoro prodotto, diretto principalmente ad illustrare la Fauna regionale. In questo non breve periodo di temp» non fu davvero inferiore a verun’altra in Italia fra le Società con- “i simili. Per l’avvenire sinceramente mi auguro che faciant me- liora potentes. E possano gli studi di zoologia descrittiva, oggi { da taluni misconosciuti o male apprezzati, ma da molti di voi b: © e da me prediletti, trovare un maggior numero di fervidi cul- È; tori! Nè sono solo a ripetere che gioverebbe una maggiore mi- sura negli slanci d’immaginazione cui vanno soggette alcune giovani scuole, la cui principale occupazione pare sia quella di sostenere orgogliosamente teorie vane, anzi più d’una utopia. dl vi Per la serietà della scienza e dei veri zoologi sarebbe bene tener presenti alcune verità affermate anche dall’illustre profes- sor N. G. de Zograf, il quale nel suo discorso d’apertura della è 1° gi OO" .l ball Pe: i Metà ® PEA PEAS # 24 Antonio Carruccio Sezione Zcologica del XII Congresso dei Naturalisti in Mosca (1) disse che « nous voyons dans ce domaine de la science, urne mul- titude de recherches et d’essais tendant a donner ute interpré- tation théorique des fai's, mais en vain ». E dovrebbe rimanere scolpito nella mente dei facili teoriz- zanti il so!enne e prezioso precetto dato dall’istesso de Zograf: « B'en plus d’importance doit ét‘e attachée aux observat’ons directes des organismes ». Conchiudendo debbo notare che l’anno 1912 fu pel nostro paese, impegnato in una formidabile e lontana guerra, un anno di gravi preoccupazioni. Nel cuore di tutti i cittadini italiani erano vive le ansie pel nostro Esercito e per la nostra Marina. Ma forte, eroica, gloriosa fu l’opera dell’uno e cell’altra. Ed anche in questi ultimi giorni, colla \ittoriosa avanzata sul con- trastato altipiano di Assaba fino a Jeffrem, avvennero commo- venti episodi di coraggio e di supremo eroi:mo compiuti dai nostri combattenti. Potrei ricordare le parole con cui diedi fine alla mia re- lazione del precedente anno, colle quali affermai che noi, uomini di studio, sentivamo il bisogno, al pari se non più di altre classi, di fare augurî e voti caldissimi pei valorosi ufficiali e soldati che si battevano in Tripolitania e in Cirenaica. Ed oggi proclamando il loro trionfo ci è sommamente gra- dito di ripetere che fu trionfo d’Italia; e se questo apportò grande conforto all’animo contristato di migliaia e migliaia di famiglie, fu in pari tempo il più meritato compenso all’intiera Nazione che sostenne e dovrà ancora sostenere immensi sacrifici. Sicuro di essere vostro fido interprete, mando un reverente saluto all’amato e saggio Sovrano, nostro Presidente Onorario. (1) V. «Les nouveaux courants d’idees en Zoologie au début du XXe siè- cle. » — (Moscon, 29 décembre 1909). eo fece dl LA E i ELEZIONI Adunanza ginerale amministrativa del 31 marzo 1913. Nell’adunanza generale amministrativa tenuta nel R. Isti- tuto Zoologico dalla Società Zoologica Italiana il giorno 31 marzo 1913, presieduta dal prof. comm. Antonio Carruccio, ver- nero dal medesimo presentati parecchi cmaggi di pubblicazioni e molti cambi ultimamente ricevuti. Quindi, col compiacimento di tutti i presenti, proclamò a nuovo socio il distinto natura- lista prof. Antonio Valle, Vice-direttcre del Museo Civico di Storia naturale in Trieste, e Segretario della Sccietà Adriatica di Scienze naturali di Trieste: proponenti il presidente, il prof. U. Vram e il prof. march. G. Lepri. Il presidente, presentando ccpie dei Bilanci consuntivo pel 1912 e preventivo pel 1913, compilati dall’Econcmo-Tescriere, socio cav. V. Zambra, già trasmessi a tutti i soci in Roma e fuori Roma, fece rilevare le cttime condizioni finanziarie, es- sendesi chiuso l’esercizio 1912 con un avanzo di cassa di Lire 532,46, oltre L. 200 di « fondo soci a vita ». I bilanci sono approvati a voti unanimi, oltre un voto di encomio proposto, e del pari approvato ad unanimità, ell'Eco- nomo-Tesoriere ed all’Esattore sig. Casimiro Coli. L’istesso presidente legge poi una particolareggiata 1ela- zione sul lavoro scientifico compiuto dalla Società durante il 1912, XXI della sua operosa esistenza. La relazione viene ac- colta con unanime applauso. Secondo l’ordine del giorno si dovette dopo procedere alle elezioni dei membri del Consiglio Direttivo che scadevano di ufficio. Il presidente pregò il vice-presidente, prcf. cav. Rc molo Meli, di voler assumere la presidenza, e ncminati gli scrutatcri 26 Elezioni fra i soci più giovani, signori Lovece e Coli, col. concorso del Consigliere-Segretario, e fatto l’appello dei presenti e lo spoglio delle schede arrivate, risultò che il numero dei votanti era di 41 (1). Fatta la votazione risultarono confermati ed eletti alla quasi unanimità (da 40 a 39 voti), a presidente: il pro- fessor comm. A. Carruccio; a vice-presidente: il princ. Senatore di Carpegna; a consiglieri: Angelini prof. Giovanni, Mazza prof. Felice, Rostagno gr. uffic. Fortunato, Tuccimei professor comm. Giuseppe. Il presidente, ripreso il suo posto, annunciò il risultato della fatta votazione, e si congratulò vivamente col vice-presi- dente e coi consiglieri ringraziandoli per la buona e costante loro coop:razione, e pregandoli a proseguire in essa, ora che ne ha maggior bisogno, per l’età e pel lavoro che crede aver sostenuto con fermezza e buon volere. Spera: a che altri fosse ora meritamente chiamato all’arduo ufficio. Ma un’altra. prova di fiducia gli si è voluta dare, dopo moltissime altre, accre- scendo così il debito di gratitudine del suo animo verso i con- soci; e per la loro benevolenza costringendolo, finchè potrà, a consacrare alla benemerita Società col suo immutato affetto le tenui forze di cui dispone. I soci presenti dimostrano al presidente il loro vivo com- piacimento. Il Consigliere-Segretario. GIUSEPPE (EEPRI: (1) Dopo lo spoglio giunse qualche altra scheda che naturalmente, non fu aperta. Prof. FELICE MAZZA Risultati di ricerche anatomo-istologiche ri sugli organi genitali delle anguille d’acqua dolce e d’acqua salmastra. . Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma (E \ ""ENORI Espongo succintamente in questa nota ciò che da me venne osservato, in un lungo periodo di tempo, intorno agli organi ses- 3 suali delle anguille viventi nelle acque dolci ed in quelle sal- ; mastre, premettendo alcuni cenni sui risultati degli studi fatti pe: a finora, specialmente dagli Italiani, e sulle opinioni emesse in pro- uu. posito al medesimo argomento. Gli organi sessuali femminili delle anguille vennero rico- Sua | mosciuti dal Vallisneri e da Carlo Mondini, il quale, ncn averdo AS | — trovato altro che femmine, pensò che i maschi rimanessero co- ivi: stantemente nel mare, e che per un tal fatto, le femmine, atte che fossero alla generazione, calassero al mare per essere fe- ‘99 condate. E quindi resterebbero sterili quelle anguille cui venisse impedito, nei tempi degli amori, l’adito al mare. Il non avere mai trovato, nelle molteplici sue osservazioni, b-. delle anguille « fornite di liquore spermatico o aventi qualche PA altro indizio di matura mascolina » lo confermò sempre più de) nell’idea che i maschi stessero realmente in mare. Il Vallisneri, scrisse fra l’altro in una sua nota, che per lungo tempo non era riuscito a scoprire un’anguilla femmina, 28 Felice Mazza e che avendo raccomandato al dott. Sancassani di Comacchio di mandargliene qualcuna, questi, dopo otto anni di ricerche, glie ne inviò una, che, al dire del Vallisneri, era « piena zeppa delle semenze sue e tale quale egli ardentemente bramava >». Il Vallisneri dopo averne descritte le ovaia che presenta- vano delle ova di diverse grandezze, e visibili ad occhio nudo, ci narra che si vedeva con evidenza la comunicazione dell’ovaia con un breve ovidotto che metteva foce alla cloaca. - A conferma celle sue asserzioni il Vallisneri presenta una tavola in cui sono rappresentate in foto e sezionate l’anguilla avuta da Comacchic, e la figura separata delle ovaia. Dalla fig. 2 del'a tav. del Vallisneri anparisce come le ovaia siano diverse da quelle che realmente si vedono nelle anguille di calata, quan- tunque l'anguilla avuta dal Vallisneri sia stata, a quanto è dato arguire, un’anguilla argentina, e come dice il Vallisneri, di quelle che migrano al mare in principio di quaresima. Inoltre il Vallisneri descrivendo i pregiudizi intorno alla generazione delle anguille, in voga a’ suoi tempi, ci parla anche di altri autori che si occuparono della generazione delle an- guille, quali il Malpighi, il Morgagni ed il Redi. Il naturalista Spallanzani esaminò per due anni e quattro mesi ben 497 anguille, istituendo le ricerche, parte al lago di Orbetello, parte a Comacchio, parte a Pavia, e parte in alcuni tratti dell’Appennino, dove era possibile procurarsi di questi pesci; e nemmeno lo Spallanzani trovò mai alcun maschio, ep- perciò fa la seguente domanda: « Direm noi, dunque, che il Mondini ed io ci siamo sempre abbattuti in anguille femmine ? Tanta moltitudine di individui esaminati rende la cosa affatto incredibile!» La cosa non è in realtà così incredibile, csserva il Bellini, come apparve allo Spallanzani, sempre però che si parta dalla doverosa supposizione che egli, astraendo dalla pre- venzione, istituisse le sue ricerche con puro rigore scientifico. Risultati di ricercne anatomo-istolcgiche, ecc. In effetto, per non giustificare la congettura dello Spallanzani, bas:a notare che il prof. Miinther ebbe ad esaminare, circa cue decenni cr sono, più di 3000 anguitle senza scoprirvi un solo maschio e che il doti. iacoty ne trevò soltanto 240 circa su 1200 individui provenienti cal!e Lagune Comacchiesi. Ad ogni modo il risultato negativo avuto dallo Spallanzani nella ricerca dei maschi, fece per un momento balenare nella mente dell'Autore l’idea che le anguille potessero essere vere ermafrodite come i serrani. « Con tale ermafroditismo prolificando ogni individuo, dice lo Spellanzani, si renderebbe ovvia la ra- gione dell’infinita moltiplicità di questo pesce ». Tu'tavia, csserva giustamente il Bellini, lo Spallanzani si è poco soffermato sul concetto che le anguille siano ermafrcdite, come lo dimestrano le seguenti sue parcle: « Ma tanto è lungi che l’ermafroditismo abbia lucgo nelle anguille, che fincra non è assicurata l’esistenza della loro ovaia, e non si manifesta all'occhio quella dei latti ». anguille femmine fossero così rare come lo sono i maschi in al're specie di pesci. Aprendo le anguille che egli andava pe- scando, durante il mese di giugno, in uno stagno d’acqua dolce trovò, come egli afferma, che le lacinie delle medesime erano cosparse di un umore grigio-scuro, avente l’aspetto dello sperma, ma ciò probabilmente non era che sostanza agdiposa. le ricerche del Rathke Nè dev’essere dimenticato che l’Ekstròn credeva che le Hohnbaum-Hornschuch riconfermò relative agli organi femminili di riproduzione delle anguille, ma tentò altresi di approfondirle dandone poi riferimento nella sua dissertazione del 1842. Egli dice, infatti, di aver giudicato molte anguille per individui maschi, giacchè gli organi fimbriati di questi pesci, in luogo di contenere delle uova, si distinguevano per certe strutture nucleolari, essendo cosparsi di granuli com- posti di altri granuli minori, diversi, nella loro costituzione, 30 Felice Mazza dalle vere uova. Epperò egli ritenne di natura testicolare l’or- gano contenente questi granuli, appoggiandosi all’autorità del Rathke, il quale, nel suo lavoro sulla struttura interna degli organi genitali dei pesci, disse che nelle anguille e nei petro- myzon la sostanza del testicolo è granuloso-lamellare. L’Hohnbaum giudiziosamente soggiunge che se in questo organo si fossero trovati gli animaletti spermatici, la questione sarebbe senz’altro risolta. Si dichiara ad ogni modo persuaso che le anguille abbiano un sesso distinto, che esistano cioè maschi e femmine, poichè alcune hanno delle uova, altre un organo certamente sessuale, ben diverso da quello che inchiude quelle uova. Lo Schliiser congetturò che i maschi delle anguille doves- sero essere o straordinariamente rari o che dovessero avere una conformazione tutta diversa dalle femmine (appoggiandosi per tal modo all’osservazione di Brougniart che su mille individui di Limnadia gigas non trovò un solo maschio), così il Von Siebold fu indotto a domandarsi se la riproduzione delle an- guille non succedesse forse per parfenogenesi. La stessa cosa ripetè più tardi il prof. Miinster, direttore del Museo Zoologico di Greisfswald. Errano, dunque, dice il Bellini, quei zoologi, fra cui il Canestrini ed il Targioni Tozzetti, i quali asseriscono che Von Siebold abbia senz’altro ammesso la partenogenesi nelle anguille. Il Von Siebold solo ne espresse il dubbio. Il Bellini osserva ancora che il Von Siebold asserisce non essere possibile pro- cedere di un passo in questa questione, fintantochè non sarà stato provato, con piena sicurezza, la effettiva mancanza degl apparati maschili di riproduzione nelle anguille. Bisogna ancora. credere, osserva egli inoltre, che gli organi maschili delle an- guille siano sfuggiti all’osservazione degli investigatori, giacchè, fino a’ suoi tempi, non furono esaminati che organi sessuali in istato immaturo. RAT Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 31 È difficile, afferma, distinguere i testicoli dagli ovarii, allor- quando e gli uni e gli altri si trovano in uno stadio non avan- zato di sviluppo, giacchè non vi si riscontrano che semplici elementi cellulari. Le diversità fra testicolo ed ovario furono vagamente. se- gnalate per la prima volta in Italia dal prof. Oronzio Gabriele Costa, così asserisce il prof. Bellini di Comacchio. Il prefato Autore afferma che nelle anguille esistano indi- vidui maschi ed individui femmine, e che i primi si distin- guono dai secondi per avere l’interna struttura dei latti, che però non descrive, assolutamente diversa da quelle delle ovaie. Soggiunge il Costa che per accertarsi di questa diversità è bisogno di sorprendere le anguille prima della fecondazione. Il Costa escluse l’ermafroditismo delle anguille, dicendo di non aver riscontrato il menomo vestigio che valesse a confermarlo in questa supposizione. Dopo il Costa, e fino al 1870, non risulta che qualche altro scienziato italiano o straniero si sia occupato della que- stione relativa al rinvenimento degli organi della riproduzione dell'anguilla maschio. Ma alla fine del 1871 si ingaggiò e si combattè da noi un’aspra battaglia scientifica. Nella seduta del 28 dicembre 1871, tenutasi all'Accademia delle Scienze di Bologna, il prof. G. Ercolani diede leitura di una sua dissertazione, intitolata « Del perfetto ermafroditismo delle anguille ». L’11 gennaio 1872, vale a dire 15 giorni dopo, i prof. Balsamo-Crivelli e L. Maggi di Pavia, davanti al corpo: accademico del reale Istituto Lombardo di scienze e lettere, les- sero del pari una loro memoria « intorno agli organi essenziali della riproduzione delle anguille ». L’Ercolani considerava come testicoli delle anguille, una vescica, che dice sfuggita all'osservazione di tutti, di forma pi- riforme allungata, colla base in basso contro l’intestino retto e 32 Felice Mazza l’apice o la punta terminante in quello .spazio che trovasi fra la piegatura che fa, sotto il fegato, l’intestino. Ed appoggia quest’idea sul fatto che, esaminando le pareti di detta vescica, riscontrò miriadi di corpuscoli che si movevano in diversa ma- niera sotto il campo del microscopio, avevano la forma come di un fungo e riflettevano un lieve colore ranciato. Se ques i corpuscoli erano spermatozoi, la vescica doveva essere un testicolo; e l’anguilla possedendo insieme con questa vescica i corpi frangiati od ovarii, per conseguenza era erma- froditica. La vescica p.edetta trovasi collocata nel lato sinistro del- l’animale, ed avrebbe, secondo l’Ercolani, uno sbocco al berdo superiore dell’apertura anc-genitale. Lo studio anatomico, dice l’Ercolani, delle parti generative delle anguille porta a concludere che, nel tempo della frega, le uova cadono nell’addome, ove cadono pure gli spermatozoidi, e sono emesse già fecondate; che se alcuno sfuggisse all’atto della fecondazione, neltempo dell’emissione, s’incontrerebbe col seme, che separato nell’interno del testicolo, deve sgorgare per un piccolo ed esile canale pesto in vicinanza del bordo ante- riore dell’apertura. anale. Mentre la grande vescica addominale ci rappresenta il testicolo funzionale, posto nel lato sinistro dell’animale, esiste- rebbe nel lato destro un testicolo atrofico, rappresentato da una frangia collocata all’indentro dell’ovario destro, la quale colla sua estremità inferiore aderisce sulla parete laterale destra del- l’intestino. I prof. Balsamo-Crivelli e Maggi non parlano della cosi- detta grande vescica addominale dell’Ercolani, e considerano come vero testicolo funzionante, la preaccennata frangia che dall’anatomico bolognese è considerata come un testicolo atro- fico e trovasi nel lato destro dell’anguilla. TA dial ae Risultati di ricerche anatomo-istclogiche, ecc. . 33 I medesimi professori hanno trovato un secondo testicolo, quantunque poco sviluppato. « In certi casi, essi dicono, potemmo notare un principio di un secondo testicolo al lato sinistro del- l’intestino, quasi pari, in posizione, all’estremità inferiore del primo, per modo che potrebbe far ammettere l’esistenza di due testicoli, di cui uno rimarrebbe atrofico. Singolare a notarsi, si è anche che il testicolo sviluppato sta sempre alla destra, l’atrofico alla sinistra, e che il primo si trova costantemente non solo negli individui adulti, ma ancora nei giovani, mentre l’atrofico non si mostra con certezza che negli adulti ». Nella frangia, considerata come testicolo funzionante, i prof. Balsamo-Crivelli e Maggi hanno osservato degli sper- matozoi i quali sarebbero piccolissimi e dotati di movimento piuttosto rapido e duraturo, quando si trovino in un liquido indifferente (acqua salata). Questi spermatozoi presenterebbero una parte ingrossata, il corpo, ed un’appendice filiforme, a guisa di coda. Il corpo misura, coll’ingrandimento 1050 d. del microscopio di Hartnack, circa 12 decimillesimi di millim. per il diametro trasverso, essendo il longitudinale superiore al primo di 3-4 volte. Quanto alla via, per la quale le uova fecondate potrebbero giungere all’esterno, i professori accennati, spaccando l’uretra per il lungo, dall’esterno all’interno, tagliando la parete inferiore di essa, hanno scorto sulla parete superiore, ed a circa 4-5 mill. sotto il meato urinario, un foro, il quale metteva in un canale tra- sversalmente posto tra la vescica ed il retto, e che mediante due fori laterali, destro e sinistro, formati dalla parete esterna della vescica e del retto, metteva nella cavità addominale. Da ciò che si disse risulta che le due accennate opinioni non concordano tra loro che superficialmente, solo nel risultato finale, cioè nell’ammettere l’ermafroditismo. Le differenze tra le due opinioni esposte risultano princi» palmente dalle seguenti conside-azic ni : 34 Felice Mazza 1° Il testicolo, secondo l’Ercolani, è una grande vescica posta al lato sinistro dell'animale ; secondo Balsamo-Crivelli e Maggi, il 3° corpo frangiato collocato nel lato, destro. 2° Il primo considera il 3° corpo frangiato come un te- sticolo atrofico ; gli altri non lo conoscono, oppure hanno cre- duta affatto estranea all’apparato sessuale, la grande vescica addominale. 3° Il contrasto riesce manifesto, quando si pensi che il 3° corpo frangiato non ha nel lato sinistro la grande vescica per organo omotipo, ma un altro corpo meno sviluppato sì, ma che gli corrisponde e per struttura e per posizione. 4° L’Ercolani ha visto gli spermatozoi in forma di fungo, i prof. Balsamo e Maggi nelia più comune forma, muniti cioè di corpo e di coda. 5° L’Ercolani dice di aver osservato uno sbocco della grande vescica al bordo superiore dell’apertura anogenitale, apertura che non conoscono il Balsamo-Crivelli ed il Maggi. Il primo ammette quindi come possibile una fecondazione esterna, che gli altri negano assolutamente. Se le idee dell’Ercolani sono esatte, bisogna confessare, dice il Canestrini, che le anguille presentano alcuni fatti piut- tosto singolari, e sarebbero questi: 1° Il testicolo è unico e asimmetrico. È vero che ci viene indicato un testicolo atrofico nel lato destro, ma tra il terzo corpo frangiato, e la vescica addominale non v’è omologia. 2° Il testicolo è un’ampia vescica, in cui le sole pareti portano delle cellule spermatiche. Di più, le cellule secernenti lo sperma si trovano anche all’esterno delle pareti del testicolo. 3° Gli spermatozoi sono fungiformi. Questo termine è alquanto vago, perchè le forme dei funghi sono svariatissime ; sarebbe stato utile che l’Ercolani illustrasse con figure gli sper- matozoi da esso veduti. Evidentemente l’autore ha osservato ‘ Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. i 35 forme simili a quelle che sono rappresentate dal Balsamo- Crivelli e dal Maggi colle fig. 6 e 7 della loro memoria. Co- munque sia, gli spermatozoi dei pesci presentano in generale un’altra forma ; sono cioè filiformi con una eventuale estremità ingrossata a guisa di capocchia. Anche il colore ranciato dei corpuscoli non è proprio dei testicoli dei murenoidi. II Cane- strini seguita a questo proposito, dicendo che egli ebbe ad esa- minare moltissime anguille, in parte acquistate a Padova, in parte avute da Venezia a mezzo del conte Ninni, ed in parte provenienti da Genova e favoritegli dal marchese Giacomo Doria, e ne vide di quelle che avevano le ovaie perfettamente mature; ma non fu tanto fortunato da trovare nella grande ve- scica i corpi fungiformi succitati, nè mai potè scorgere traccia alcuna dell’apertura di sbocco all’esterno della grande vescica addominale. L’anatomico prof. Vlacovich pure si è occupato della que- stione, e trovò la seconda vescica, lunga e stretta, nel lato destro dell’anguilla; ma detta vescica, secondo il Vlacovich, non è che un sacco linfatico; e tale significato ha forse anche la grande vescica addominale dell’Ercolani. Negli esemplari osser- vati dal Canestrini, il 3° corpo frangiato gli è sempre apparso come una massa adiposa, e nulla più; ma questo risultato ne- gativo, al dire del Canestrini, non può distruggere l’altro posi- tivo ottenuto dai naturalisti Balsamo e Maggi; tutt'al più esso potrebbe giustificare il sospetto, già manifestato dal Nardo, che l’ermafroditismo delle anguille sia uh fatto eccezionale, anzichè normale. Non si può nutrire tale sospetto senza implicitamente ammettere che il terzo corpo frangiato e l’altro non frangiato, che gli corrisponde nel lato sinistro, appartengano al sistema riproduttore e sieno, di regola, da considerarsi a seconda del sesso, come ovari o come testicoli secondari o degenerati. In conclusione, osserva il Canestrini, non è dimostrato l’er- 36 Filice Mazza mafroditismo delle anguille; e dice di nutrire la speranza che si scopra il maschio, perchè — procedendo per analogie — anche il maschio della Cobitis taenia Lin. era sfuggito per lungo tempo alle indagini dei naturalisti; solo fu scoperto dal Canestrini nel 1871, dopochè il celebre prof. De Filippi, nella Riunione straordinaria dei naturalisti italiani alla Spezia (1865) aveva asserito, che fra le molte migliaia di individui che pas- sarono fra le sue mani, non aveva trovato mai alcun maschio. Il Canestrini aggiunge, in proposito, che trovò pure nel Cobitis taenia un carattere sessuale secondario nel secondo rag- gio delle pinne pettorali che è straordinariamente ingrossato e portante alla base un processo osseo a forma di squamma. L’eco della pretesa bisessualità delle anguille si ripercosse nelle aule della Società Linneana di Normandia, ove A. Fauvel, nella seduta del 7 luglio 1873, lesse una nota che terminava così: « Allo stato attuale della scienza si può dire che la que- stione dell’anguilla ha fatto un gran passo. L’ermafroditismo è diventato una probabilità molto forte che formerà oggetto di investigazioni sempre più dilligenti, dalle quali uscirà senza dubbio la vera soluzione del problema ». (Bellini, I. c.). Tali erano le opinioni dei naturalisti quando il 21 noverr- bre 1873 il dott. Syrski, allora Direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, iniziò delle accurate indagini sugli organi sessuali dell’anguilla, ed i risultati che egli ottenne fu- rono sorprendenti. Syrski considerando, in base alle teorie di Darwin, ed alle osservazioni fatte dall’ittiologo Giinther sopra i pesci, che in parecchie specie di animali i maschi hanno una mole più piccola delle femmine, pensò che ciò potesse. verifi- carsi anche nelle anguille, epperò scelse per le sue ricerche delle anguille possibilmente piccole. Questo scienziato, esami- nando attentamente l’interna cavità addominale degli individui sezionati, senza preoccuparsi di ciò che altri ebbe a riscontrare, Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 37 trovò già nella seconda anguilla di 400 millim. da lui sezionata, e precisamente al posto degli ovarii, due organi speciali costi- tuiti da piccoli lobi del tutto differenti degli ovarii. Syrski esaminò 176 anguille. In 86 individui i quali ave- vano una lunghezza variante fra 213 ed i 430 millim. trovò gli indicati organi, che da lui presero il nome; le altre 90 an- guille, la cui lunghezza oscillava fra 275 ed i 1000 millim., contenevano l’ovario senza la minima traccia dell’organo lobato. Questi due distinti organi si escludevano reciprocamente; e poichè l’uno era in modo inoppugnabile riconosciuto come l’o- vario, era presumibile che l’altro dovesse essere il testicolo. Negli individui che hanno assunto il colore bronzo-argen- tino, cioè quel colore che è ritenuto per l’inizio dell’abito nu- ziale, l'organo lobato, o del Syrski, appare come una fettuccia nastriforme sottile, stretta, semitrasparente, biancniccia o d’un grigio rosato, sospesa da una ripiegatura del peritoneo nella cavità addominale, quasi all’angolo formato dalle pareti del corpo e dalla vescica natatoria. Il bordo libero dell’organo pre- senta una serie di lobi piatti, arrotondati in quarto di circolo. L’organo di destra conta in media 43 lobi e 50 quello di sini- stra. La loro grandezza diminuisce gradualmente dall’avanti al- l’indietro; quelli più sviluppati misurano ordinariamente da 3 a 5 millim. di lunghezza su 2-3 mm. di larghezza e su 3{4 di mm. ad 1 mm. di spessore, e si coprono spesso parzialmente a vicenda con gli orli che sono a contatto. Dice il Bellini che detti lobi non sono sempre nettamente separati fra di loro, come pretendeva il Syrski e come lo stesso Syrski raffigurò nella Tav. II della sua Memoria, ma si trovano invece per lo più uniti alla loro base, da un tenuissimo lobulo di sostanza glandolare. L'organo di destra, che si estende più all’avanti del sinistro, comincia presso a poco a livello dell’estremità libera della pinna pettorale e termina al di là dell’orificio anale, un 38 Felice Mazza po’ meno lungi dal sinistro. A seconda del loro più o meno grande sviluppo, penetrano entrambi, ad una variabile distanza dall’ano, nelle cavità caudo-addominale prolungando la cavità addominale propriamente detta. Quivi, ciascun d’essi, è accom- pagnato da una parte accessoria, la quale non consiste, come il Syrski riteneva, in una semplice ripiegatura, dal di fuori al di dentro e dal di dietro all’avanti, dell’estremità posteriore del- l'organo, ma in una benda veramente indipendente dalla benda principale. Quella di destra pare manchi qualche volta, ma chi bene osservi, dovrà constatare che tale apparente mancanza di- pende dalla irregolarità o dal poco sviluppo dei lobi non solo, ma anche dal fatto che l’organo lobulare destro, non arriva così in giù come il sinistro. Del resto, anche l’ovario ha una parte accessoria. Nella porzione codale della cavità addominale, ad ogni ventaglio ovariale può trovarsene aggiunto un altro inter- namente. Si può vedere la parte accessoria dell’ovario, ma più dif- ficilmente di quella dell’organo del Syrski, perchè i ventagli ovarici, sono insieme congiunti nelle loro facce vaste. In casi rari — osserva il Bellini — si può riscontrare il fenomeno della duplicità dei ventagli dell’ovario anche nella cavità addo- minale. Per tutta la lunghezza dell’inserzione dell’organo lcbato, corre un canale, vaso deferente che è cieco dove comincia l’or- gano e termina all’indietro, fra il retto e la vescica urinaria, con una parte libera ed allargata che si unisce a quella del lato opposto per formare un canale unico, il cui orifizio si vede sulla papilla genito-urinaria. Fra lo sviluppo dei lobi e quello del lume del detto canale longitudinale, esiste una relazione evidente. È inoltre innegabile che fra la struttura interna del- l'organo del Syrski e quella dei testicoli immaturi dei pesci più prossimi all’anguilla esiste la più grande analogia. Se poi si Risultati di ricerche anatomo-istologich?, ecc. 39 tiene presente che nelle anguille che posseggono l’organo lobu- lare non si trova nessun altro organo avente anche semplice somiglianza con una glandola di riproduzione, si comprenderà il perchè Syrski abbia concluso che l’organo da lui scoperto era un testicolo. Egli non pervenne però a scoprire la prova capitale: la presenza di spermatozoi. La dimostrazione era, dunque, incompleta e provocò, per conseguenza, delle nuove ricerche. Dareste, esaminando delle anguille’ conservate ‘nell’alcool, constatò l’esattezza di buona parte dei fatti descritti dal Syrski. Ma uno dei più interessanti contributi allo studio delle questioni lo si deve a Sigmund Freud, che dal marzo al set- tembre del 1876, per consiglio del suo illustre maestro: profes- sor Claus, esaminò nell’Istituto di Zoologia comparata di Trieste, gli organi sessuali di circa 400 anguille lunghe da 200 a 650 mm. Secondo il Freud la scoperta del Syrski non era inattaccabile, essendo facile, leggendo le comunicazioni di quest’ultimo, for- marsi l’opinione che gli organi lobulari non fossero che ovaie modificate. Ed infatti il Lepori sostenne che gli organi del Syrski non sono che ovaie in via di sviluppo. Il Freud esaminò perciò i detti organi, secondo le loro proprietà anatomo-istologiche, paragonandoli in pari tempo con gli ovari. Le sue ricerche lo condussero a riaffermare i dati di Syrski, ma la ricerca istologica dell’organo lobato non gli permise nè di contraddire, nè di sostenere l’identità fra l’organo lobato ed un testicolo. Qui, dice il Bellini, giova ricordare che l’organo lobulare non sviluppato è una specie di fettuccia stretta, difficile a ve- dersi. I singoli lobuli non sono bianchicci ma grigio-ialini 0 grigio-rosati a cagione dei vasi sanguigni che li intersecano; sono anche più sottili e più stretti dei lobuli sviluppati, quali si riscontrano in individui migranti dalle acque continentali al mare 40 Felice Mazza Quanto più piccolo è l’organo lobulare, tanto meno si di- stinguono i singoli lobuli chiarissimi dall’orlo libero, e tanto meno profonde diventano le intaccature fra loro. In piccole an- guille di 200 mm., il Bellini ha constatato che i lobuli sono irriconoscibili; l’orlo libero della esile fettuccia, poichè sola- mente così appare in quegli individui l’organo lobulare, mostra una limitazione debolmente ondulata, spesso interamente retti- linea. In questo ultimo caso, l’organo di Syrski, non merita più il suo nome, non avendo il suo caratteristico aspetto, e poco differisce da un ovario jalino, stretto, insignificantemente incre- spato, quale si trova in anguille di circa 200 mm. di lunghezza. Quantunque in tali individui le ovaie sieno almeno 2-3 volte più grandi delle forme non lobulari più minuscole dell’organo trovato da Syrski in individui della stessa mole, pure bisogna ammettere col Freud che l’aspetto di un organo lobulare non sviluppato si avvicina assai a quello di un ovario non maturo. Epperò, data la identità di tutte le condizioni topografiche di ambo gli organi, il Freud giustamente inferisce che non c’è che la ricerca istologica la quale possa decidere se l’organo lobulare sia una formazione sui generis, o una modificazione dell’ovario. sviluppatasi in un assai anteriore stato del mede- simo. L’organo lobulare presenta una faccia rivolta contro la ca- vità addominale, l’altra in contatto con le pareti laterali della cavità medes.ma. Dalla faccia interna, numerosi vasi sanguigni penetrano nell’organo e poi si risolvono in una specie di cc- rona capillare lungo il margine libero. Anche il peritoneo si avanza verso l’orlo dell’organo, più nel lato interno che in quello esterno, dove gli elementi cellulari sono liberi. Perciò tanto nell’organo lobato quanto nell’ovario — che possiede pure, nel lato interno, vasi sanguigni deputati a nutrirlo ed ha, al- l’esterno, delle numerose ripiegature dove le ova sono principal- Risultati di ricerchè anìtomo-istologiche, ecc. 41 mente più sviluppate — si potrebbero, secondo il Bellini, distin- guere due facce, una interna o vascolare, l’altra esterna o ger- minativa. Esaminando al microscopio anche le facce dell’organo lo- bulare di anguille migratorie, osserva il Bellini (I. c.), si vede che sono tappezzate da un epitelio pavimentoso, ma differente per ciascuno di esse. Quello della faccia vascolare somiglia al- l’ordinario epitelio peritoneale e si compone di cellule poligo- nali abbastanza regolari, presentanti un piccolo nuclèo allungato, quello della faccia germinale è, invece, formato da cellule ‘irre- golari a nucleo cubico che passano insensibilmente alla forma di cellule fusiformi e si riuniscono in gruppi che prendono una figura stellata caratteristica. L’epitelio è interrotto da cellule sessuali che affondano al livello della parete dell’organo lobato senza mai sporgere alla superficie di esso. Ma il più gran nu- mero di queste cellule è collocato nelle maglie di una rete for- mata da fasci di fibre connettive, frammezzate da cellule fusi- formi e stellate. Le cellule sessuali, numerose, isolate da prima le une dalle altre, diminuendo gradatamente di numero dalla faccia esterna verso la faccia interna dell'organo lobato, sono comple- tamente trasparenti al principio, e, secondo il Bellini, somigliano allora moltissimo alle giovani uova, pur essendo più piccole di queste; il loro nucleo, relativamente voluminoso, possiede un grosso nucleolo che è qualche volta rimpiazzato da una corona di sferule, simile a quella del nucleo delle uova; poi esse si modificano invecchiando. | L’organo lobato perde la sua trasparenza ed il suo colore rosato; s’ispessisce e diviene biancastro. Negli organi che pre- sentano questo aspetto, lo stroma è ancora più spesso ; le cel- lule sessuali, molto più numerose e più piccole, non sono più isolate; ma esse sono riunite in cordoni pieni, ramificati e spesso anastomosati coi loro vicini. 49, Felice Mazza Cattie, Robin, Jacoby, Chevrel, che si sono occupati della questione di cui è parola, appoggiano le conclusioni del Syrski. Il Jacoby si interesò parecchio tempo allo studio della Spsirons nella stazione Zoologica di Trieste. Nel settembre del 1877 constatò in una anguilla un pro- gredito stadio di sviluppo dell’interna struttura dei lobi, e cioè cordoni otriformi pieni di cellule le quali mostravano, secondo il detto autore, la più stretta analogia colle cellule spermatiche di altri pesci. Quest’anguilla venne inviata, per espresso desi- derio del prof. Claus, al prof. Siebold di Monaco perchè la presentasse ad un’assemblea di naturalisti (Bellini I. c.). Pochi anni appresso comparvero le interessanti ricerche del Brock e quelle del Ryder le quali troncarono definitivamente la questione nel senso indicato dal Syrski. Ma il testicolo dell’anguilla non fu dai detti autori potuto seguire fino alla completa sua evoluzione, non essendo essi riusciti a procurarsi individui pervenuti alla perfetta maturità sessuale, quali si tro- vano in mare (1). Il prof. Ettore Giacomini studiò l’evoluzione delle cellule germinali nelle anguille in generale, e principalmente l’epoca del differenziamento sessuale di detti murenoidi. Il Giacomini trovò che su 193 individui di anguille rac- colte presso Malalbergo lungo lo scolo denominato Lorgana nel basso Bolognese, ed a Comacchio, compresi tra i limiti di mm. 176 e 299 di lunghezza, 31 erano già nettamente differen- ziati in femmine, e sopra 130 individui compresi tra i limiti di (1) Il prof. Grassi scoprì dei fasci di spermi negli organi del Syrski di anguille argentine o macroftalme dello stretto di Messina, il che prova la bi- sessualità delle anguille. Finora io non riuscii a trov.re fasci di spermi negli organi del Syrski, quantunque molti dei lobi di detto organo presentassero uno sviluppo in altezza di 4-5 mm., e ciò mi accadde anche per anguille ar- gentine catturate verso la foce del Tevere. Risultati di ricerche anitomo-istologiche, ecc. 43 300 e 395 mm. di lunghezza trovò 28 femmine. Non dice però come erano differenziate le altre anguille che non erano fem- mine, ma è probabile che fossero maschi secondo l’Autore. Le femmine trovate dal Giacomini vanno per lenti gradi da 230 a 395 mm. La serie dei maschi va gradatamente da esemplari di 176 mm. ad esemplari di mm. 388. Con queste due serie di maschi e di femmine gli fu dato d’instituire esatti ed utilissimi confronti fra gli organi genitali di individui della stessa lunghezza appartenenti all’uno e all’al- tro sesso. Prosegue affermando il prof. Giacomini: « Poichè si è affermato non trovarsi esemplari giovani inferiori ai 380 mm. di lunghezza che posseggano ovari e che si appalesino quindi per femmine, io desidero intrattenermi qui più specialmente sopra ai giovani esemplari di sesso femminile ». Ed infatti (1) il Giacomini trovò delle femmine aventi 230 mm. di lunghezza con distintissimi nastri ovarici, sotto forma di due fettucce della larghezza di circa 2 mm., col margine libero che corre ondulato per lievi increspature. Sulla faccia laterale o ger- minale dei medesimi si notano, anche col semplice sussidio di una lente di ingrandimento, numerose e fini pieghe trasversali, piuttosto regolari, le quali sono caratteristiche dell’ovario. I detti ovari oltre a presentare i nidi di oogoni, lasciavano scor- gere nidi di giovanissimi oociti, il cui nucleo si presentava nel (1) Per trovare delle anguille femmine della lunghezza di quelle indicate dal prof. Giacomini, bisogna ricorrere alle anguille gialle, ossia a quelle che ancora non hanno la livrea argentina e che hanno quindi ancora piccola l’aper- tura dell'occhio. Nella prima memoria da me pubblicata, io intesi parlare di femmine di anguille argentine o macroftalme o « Filatrot:s dei Cagliaritani », quindi è naturale, che io abbia scritto non trovarsi mai femmine di anguille argentine che abbiano una lunghezza inferiore ai 400 mm. Si trovano molte anguille gialle della lunghezza di 55-65 cm., che hanno il nastro ovarico della larghezza di mill. 8 cppure di 15 mill. ma con uova ancora poco sviluppate, e che hanno l'apertura oculare più piccola di altre anguille argentine di pari junghezza. 44 Felice Mazza periodo di sinapsi, ed oociti già in via di accrescimento che misuravano sino a 40 p. di diametro con la vescica germina- tiva assai v.luminosa (24-28 pn.) e i cromosomi o cordoni cro- matici che avevano assunta la caratteristica figura piumata che è loro propria durante lo stadio di vescicola germinativa. Inoltre, in una femmina di 252 mm. ed in un’altra di mm. 255 trovò più distinte ancora le pieghe trasversali, mentre il nastro ovarico non misurava in altezza che 2 mm. La lar- ghezza del nastro ovarico, nelle femmine al disopra di 252 mm., varia, potendo essere diversa in femmine delle stesse dimen- sioni; ma già in qualcuna che sia attorno ai 350 mm. di lun- ghezza può raggiungere i 40 mm., mentre l’organo del Syrski, ossia il testicolo, il quale non presenta mai pieghe trasversali, bensi ha le sue due facce liscie, non supera i 2-2-5 mm. di larghezza, anche in individui lunghi 385-388 mm. L’ovario di mano in mano che diviene più largo presenta sul suo margine libero ondulato delle lievi insenature, cosicchè questo margine, quando il nastro si dispieghi nell’acqua o nel liquido fissatore, mostrasi festonato. I nastri ovarici nelle femmine della lunghezza di 350-395 mm. ed in quelle di 400-450 mm. posseggono pieghe trasversali più numerose e più alte, ma ciò che rileva d’importante il Giaco- mini è il fatto che esse non mostrano più nidi di oogonî e la- sciano scorgere soltanto pochi oociti all’inizio del loro accresci- mento, perchè quasi tutti gli oociti hanno attraversato il pe- riodo di sinapsi e si trovano già discretamente avanzati nel loro aumento di volume, potendo raggiungere adesso anche 80-112 ». di diametro. Il qual fatto è assai notevole, dice il Giacomini, giacchè se l’organo lobulare del Syrski non rappre- sentasse che la gonade indifferenziata destinata, almeno in una parte delle anguille, a trasformarsi in ovario al momento in cui esse stanno per raggiungere la lunghezza di 400 mm., noi, pro- Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 45 segue il Giacomini, nelle femmine comprese tra i 400 e i 459 mm. di lunghezza dovremmo trovare un ovario giovanissimo con. tutti i caratteri che attestino la recente sua provenienza dalla gonade indilterenziata, come sarebbero appunto i nidi di oogonî?, i nidi di giovanissimi oociti e gli oociti inizianti il loro accre- scimento, le quali particolarità mancano negli ovari di anguille femmine di tale lunghezza, e si riscontrano invece nelle gio- vani femmine di 230 sino a 270 mm. di ‘lunghezza. Quanto al- l'evoluzione degli organi maschili della generazione, essi sono già riconoscibili in esemplari molto giovani di 176 e di 194 mm. di lunghezza e meglio ancora in quelli di 200 mm. In tali esemplari i testicoli si manifestano sotto fcrma di due nastrini assai stretti misurando ciascuno appena mm. 0.5 di larghezza, col margine libero quasi rettilineo e parallelo al margine d’inseizione, essendo sul medesimo pochissimo pro- munziati i tratti convessi che sono il primo accenno dei lobi. Tuttavia sui nastrini, osservati a fresco o dopo fissazione, si scorgono porzioni più spesse e di una certa opacità che si alternano con brevi tratti sottili e trasparenti. In esemplari della lunghezza di 230 a 250 mm. il nastrino testicolare non giunge a superare il 1]2 mm. di larghezza, quan- tunque mostri più distinto l’accenno dei lobi. Questi vanno poi accrescendosi e acquistando la loro forma caratteristica, quale si osserva nei maschi di calata, ma non si fondono nemmeno nei detti maschi in un nastro, bensì rimangono con la distinta forma di lobi, quantunque congiunti tra loro (1) per mezzo di tratti sottili, costituiti ugualmente di sostanza testicolare. I lobi (1) Io ho già dimostrato che i lobi dell'organo del Syrski possono spesso fondersi completamente formando un nastro pieghettato in alcuni casi, in altri un tutto continuo, pur non presentando pieghe trasversali. In simili casi la larghezza del nastro testicolare è di mm. 2 1]2. 46 Felice Mazza mantengono sempre liscie le loro due faccie. Sono molto meno ° larghi dei nastri ovarici e anche nei maschi di calata da me tolti in esame (1) non superavano 2-2.5 mm. di larghezza. Variano assai per la loro lunghezza; di solito quelli della porzione craniale, che possono in questa dimensione toccare per- fino mm. 5-6 sono più lunghi degli altri appartenenti alla porzione caudale del testicolo. Lo studio istologico dell’organo a vario grado di sviluppo ci dimostra che dapprima, ossia nei maschi giovanissimi, il te- sticolo od organo del Syrski contiene numerose spermocellule primordiali, simili ad ovuli primordiali, le quali danno origine a spermatogonî. Le cellule germinative, ossia spermocellule pri- mordiali o spermatogonî, sono circondate da piccole cellule ve- getative (cellule follicolari) corrispondenti, secondo il Giacomini, alle cellule del Sertoli. Gli spermatogonî, continuando a molti- plicarsi, aumentano notevolmente di numero e si raccolgono in cordoni tortuosi, ramificati e anastomizzati tra loro. I cordoni, limitati da una parete connettivale (teca follicolare), fornita dal connettivo fibrillare che costituisce lo stroma del testicolo, sono circondati, all’interno di detta parete, da cellule vegetative che inviano prolungamenti del loro citoplasma tra gli spermatogonî, e cellule vegetative con prolungamenti citoplasmatici si rinven- gono anche dentro i cordoni medesimi tra gli spermatogonî. La moltiplicazione degli spermatogoni si fa attivissima nei maschi della lunghezza di 340-380 mm. e che abbiano la divisa argen- tina, siano maschi di calata emigranti al mare. Tuttavia anche nel testicolo di tali maschi non si è ancora iniziata la spermio- genesi, di guisa che, come si arguisce dalla mancanza di quel movimento cromatico (periodo di sinapsi) caratteristico della prima fase del periodo gonocitario nella grande maggioranza (1) Vedi la nota alla pagina precedente. Risultati di ricerche anatoms-istologiche, ecc. 47 delle forme studiate, non sembra che si possa ancora parlare di spermatociti, tutt'al più si tratterà di giovanissimi sperma- tociti appena usciti dall’ultima divisione spermato-goniale. I cordoni, che possono riguardarsi come cisti chiuse, Si metteranno in comunicazione col canale deferente al momento della completa maturità sessuale. L’A. conclude coll’asserire che da quanto disse risulta che « il differenziamento sessuale nelle anguille è già avvenuto allo stadio di 230 mm. di lunghezza, ma se si pensa che, per es- sersi iniziato l’accrescimento degli oociti già in femmine di 230 mm., deve il differenziamento avere avuto luogo in un tempo anteriore, se si considera che il Freud trovò femmine di 200 mm. e che, come il Giacomini osservò, si rinvengono maschi al disotto di mm. 200, poichè i due esemplari di 176 e di 194 mm. (i più piccoli che egli abbia potuto esaminare) si rilevano maschi all'esame microscopico dei loro organi ge- nitali, fa duopo ammettere che il differenziamento sessuale nelle anguille non è così tardivo come erasi creduto da qualche au- tore e recentemente dal Mazza » (1). Afferma poi, con tutta certezza che effettivamente l’organo lobulare del Syrski è un testicolo ed è caratteristico del maschio delle anguille, che il differenziamento sessuale nelle anguille av- viene ad un’epoca abbastanza precoce, sicuramente negli indi- vidui della lunghezza di 200 mm, ed infine dice che i maschi, (1) Se io ho dubitato che il differenziamento sessuale delle anguille fosse tardivo è perchè fondai i miei dubbi sopra esperimenti fisiologici da me fatti a Cagliari, e ripetuti a Roma. Negli esperimenti fatti a Roma, per essere più sicuro, io esportai ad anguille argentine e ad anguille gialle vive porzioni di lobi dell'organo del Syrski, che conservai lasciando vivere per parecchio tempo le anguille operate. Sezionatene alcune quest'anno, le trovai provviste dei nastri ovarici con oociti ancora poco sviluppati, ma distintissimi. In altre anguille operate, tenute vive per due anni, trovai ancora gli organi del Syrski poco svi- luppati. Mi riservo a pubblicare in seguito, su questo argomento, il risultato che avrò ottenuto sopra altre anguille operate e che tengo ancora vive. 48 Felice Mazza quantunque col testicolo immaturo, si trovano numerosi anche nelle acque continentali, lontano dal mare, che anzi le femmine si rinvengono piuttosto raramente tra gli individui compresi nei limiti di mm. 395 e 300, più raramente tra quelli compresi nei limiti di mm. 299-176 di lunghezza. Ho premesso ciò che fu scritto dagli Autori, affinchè appa- rissero quei fatti caratteristici che vennero da me rilevati nello studio degli organi sessuali delle anguille d’acqua dolce e d’acqua salmastra, siano anguille gialle o microftalme, siano anguille argentine o macroftalme, considerate dagli Autori quali anguille in abito di nozze. Punto di partenza de’ miei studi sulle anguille d’acqua dolce e salmastra furono le conclusioni espresse in una nota del dottor Cesare Lepori. Ho voluto, cioè, provare quanto vi fosse di vero in ciò che dal citato Autore venne asserito, vale a dire che tutte le anguille fossero maschi nel senso voluto dal Syrski. Se i ca- ratteri descritti dal Syrski come distintivi dei due sessi fossero ‘costanti nelle anguille colla livrea di nozze e di lunghezza non molto differente, per es. fra 390-460 mm. Se tutte le anguille argentine ‘inferiori a 400 mm. fossero tutte fornite dell’organo del Syrski, se l’organo lobulare diventasse sempre nostriforme, come il Lepori cercò di dimostrare solo con figure schematiche. Se l’organo del Syrski non fosse altro che un ovario in via di sviluppo. Inoltre, volli ancora verificare se le anguille argentine o di calata, avessero raggiunta la completa maturità deile cellule ger- minali, come venne asserito da qualche Autore. Il materiale da me avuto dal 1894 al 1905 fu sempre della Sardegna e studiai in prevalenza le anguille argentine o Fila- trotas, quali anguille indicate come sessualmente mature. Erano anguille argentine provenienti dal Riu Mannu e da’ suoi af- Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 49 fluenti anche lontani dal mare per es. dal torrente denominato Terrasopu, dagli stagni di S. Gilla ecc. e di Oristano. Allora esaminai pure anguille gialle ma in assai minore quantità essendo rivolta, come dissi, specialmente la mia atten- zione alle anguille argentine o macroftalme. Le conclusioni a cui venni, dal materiale studiato allora, sono quelle che riporto qui sotto: a) Le anguille « Filatrotas » ossia quelle colla divisa ar- gentina della lunghezza di 250-390-400 mm. vivono anche lon- tano dal mare come fu asserito dal Lepori. b) Vi sono delle « Filatrotas » di 240-250 mm. di lun- ghezza le quali hanno già l’apertura oculare assai più ampia, a parità di lunghezza, delle altre anguille gialle. Inoltre vestono la divisa argentina pur essendo lontane dalla maturanza (1). L’organo lobulare non è distintivo del solo maschio, perchè fino ad una determinata lunghezza (240-400 mm.) tutte le Fi- latrotas posseggono l’organo del Syrski (2). | Tanto l'ovario quanto il testicolo seguono, per un certo tempo, un parallelismo di sviluppo, fino a che l’organo lobulare diventa nastriforme (3). Il canale deferente non è, fino ad una determinata lun- ghezza dell’animale proprio del so!o organo del Syrski. (1) I lobi dell'organo del Syrski di queste anguille sono distinti e pos- sono presentare talvolta 1 mm. di altezza e più. (2) La spiegazione del fatto di trovare le anguille argentine, non sorpas: santi la lunghezza di 400 mm., tutte quante provviste dell'organo del Syrski, è dal prof. Grassi attribuita a ciò che le anguille femmine acquistano la di- visa argentina più tardivamente dei maschi, cioè quando esse hanno oltrepas- sata la lunghezza di 400 mm., mentre i maschi spesso assumono la livrea ar- gentina accompagnata da una grande apertura orbitale già di 250-270 mm, (3) Già dissi perchè venni ad una tale conclusione. 50 Felice Mazza Le anguille Filatrotas sono ancora molto lontane dalla ma- turanza sessuale. Non si può con certezza asserire che nelle A. Filatrotas, viventi nei fiumi, nei torrenti e negli stagni della Sardegna, vi sia proterandria, perchè resta a dimostrare che le cellule del- l'organo lobulare o del Syrski, aventi in tutto apparenza di spermatogoni o di spermatociti, siano realmente tali o non siano piuttosto cellule germinali ancora indifferenziate (1). Nello stagno di S. Gilla vivono anguille dal muso rinca- gnato e cogli occhi relativamente piccoli in proporzione della lunghezza del corpo (600-750 mm.). che i pescatori cagliaritani chiamano « Gronghi » (A. latirostris Blanch.) e che hanno spesso uova di grandezza eguale e di pari sviluppo di quelle chiamate Filatrotas. In ultimo, espressi il dubbio che il maschio a completa maturanza non si troverebbe che in mare. Ciò in seguito alle ricerche del prof. Grassi ed al dubbio espresso dal Mondini (2). {1) Modificai a questo proposito la mia opinione dopo che vidi i pre- parati del Prof. Grassi. (2) Il Prof. Grassi dice : « Di regola non è difficile trovare maschi di mure- noidi più o meno maturi, ma fa eccezione quello dell’anguilla. I testicoli dell’an- guilla sono però sempre molto arretrati nello sviluppo, ancora senza spermidi e spermi. Io ebbi la fortuna di trovare verso il 1895, nello stretto di Messina, alcuni maschi un po' più sviluppati: i testicoli erano ancora sottili, ma pre- sentavano già qua e là gruppi di spermidi e gruppi di spermi quasi perfet- tamente maturi. Nessuno stadio ulteriore venne poi trovato nè da me nè da altri nel Mediterraneo o altrove, eccetto un maschio interamente maturo preso sulla costa danese il 1 settembre 1903. « Eccezionalmente possono trovarsi fasci di spermi (in degenerazione ?) anche in maschi del lago di Orbetello e della foce del Tevere. Crediamo che siano individui casualmente impediti di migrare ». Le anguille gialle e quelle argentine io ebbi da Orbetello, dai laghi di Bolsena e di Bracciano, dalle paludi Pontine, moltissime dal mercato di Roma, alcune altre da Comacchio mercè la ben nota cortesia del professor Arturo Bellini, altre dal prof. Vinciguerra ai quali esprimo la mia riconoscenza. Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 51 Dal 1906 ad ora continuando le mie ricerche intraprese, adoperai come materiale di studio anguille argentine ed anguille gialle, provenienti da acque dolci e da acque salmastre di altre località non sarde. Frattanto, confrontando fra loro anguille argentine (lunghe 400-430 mm.) provviste dell’organo carratteristico del Syrski, oppure di un nastro simile al nastro ovarico visto in toto, ma senze pieghe trasversali, e quelle provviste del nastro ovarico, aventi una lunghezza di 460-480 mm., trovai che le differenze sessuali secondarie sono minime, perchè il colore è spessissimo identico tanto nei maschi che nelle femmine. Vidi anche non di rado individui maschi e individui femmine aventi poca diversità di lunghezza, che non solo avevano il pigmento nero con ri- flessi bronzini sul dorso, ma anche esteso alle regioni laterali e ventrali, tanto da apparire quasi completamente nerastri. I tubi nasali erano posti ad uguale distanza ed avevano uguale lunghezza tanto nei maschi quanto nelle femmine. La distribuzione del sistema dei canali laterali colle loro aperture, specialmente quelli della regione cefalica, avevano un eguale disposizione ed erano eguali in numero. Le pinne pet- torali erano di eguale colore e di egual forma e sviluppo. L’apertura oculare e la lente cristallina presentavano dia- metri quasi del tutto eguali nei due sessi, così dicasi del pro- filo del capo e del muso. Inoltre, tanto nelle une che negli altri la pinna impari, quasi a livello delle ultime vertebre codali, presentava raggi più lunghi, tanto da dare lontanamente l’aspetto di un ferro di lancia alla pinna codale. Le anguille argentine sia maschi che femmine della accen- nata lunghezza e le altre più lunghe, messe in recipienti di porcellana per alcuni giorni, diventavano biancastre, comprese le solite nerissime pinne pettorali, le quali acquistavano un 52 Felice Mazza colore più chiaro ancora di quello delle pinne pettorali di an- guille gialle. Ciò mi fece concludere che il colore non sempre è carattere costante, mentre che l’ampiezza dell’apertura oculare lo è assai di più (1). Posso inoltre confermare ciò che già scrissi, vale a dire che le anguille argentine delle località indicate, non superanti i 400 mm. di lunghezza, hanno tutte dalla prima all’ultima, l’organo del Syrski. i Fra le anguille gialle, osservate a lunghezza variabile dai 250 ai 380 mm., trovai predominante il numero di quelle che presentavano un organo lobulare a lobi non così ben distinti e bene sviluppati come quello delle anguille argentine (tav. 1° fig. 1° e tav. 1° fig. 6 9-10). In alcune di esse trovai già presente un canale, che se fosse stato rivestito di basso epitelio, avrebbe potuto rappresentare un canale deferente. Le cellule germinali di queste anguille sono diverse per forma da quelle che osservansi in anguille argentine di pari lunghezza (2). Fra anguille gialle della lunghezza di 220-280 mm., ne trovai di quelle che presentavano un nastrino ovarico dell’al- tezza di mm. 1 1j2 ed altre che ne mostravano di 2 mm. già {1) Le anguille argentine in confronto delle anguille gialle presentano maggior spessore anche nella cute, specialmente nella parte dermatica, perciò, anche fatta astrazione dal colore, si possano conoscere sebbene sezionate. (2) In angulle argentine di 380 mm. trovai dei lobi dell'organo del Syrski della lunghezza di mm. 5 e della larghezza di mm. 1-2. In altre della medesima lunghezza rinvenni lobi lunghi mm., 4-6 e larghi 1-5. In anguille argentine di 390 mm. trovai dei lobi farghi mm. 1-3 e della lunghezza di mm. 4-5. In molte di 340 i lobi erano larghi mm. 5 e lunghi mm. 2-5. In parecchie di mm. 400 i lobi erano larghi 3 mm. e lunghi 4 mm. In anguille gialle lunghe 350 mm. i lobi presentavano una lunghezza di 3 mm. e 3/4 mm. di spessore. In altre di 430 mm. rinvenni dei lobi lunghissimi dovuti alla com- pleta fusione di molti lobi colle pareti contigue. Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 53 colle ripiegature trasversali e cogli oociti in istadio di sviluppo pari a quello indicato dal prof. Giacomini. Per converso, trovai anguille gialle di 430-440 mm. di lunghezza con nastrini ovari.i dell’altezza di 4-5 mm. e con oociti della grandezza di w. 105. In alcune anguille argentine, poi, lunghe 460 mm. trovai delle femmine che presentavano un nastro ovarico diverso dalle altre (tav. 2 fig. 1-2-3); perchè, quantunque avesse una lar- ghezza di 3 mm. e più, tuttavia non lasciava per nulla scorgere quelle ripiegature trasversali che si trovano ordinariamente nelle anguille gialle, agando il nastro ovarico ha ancora la larghezza . di 2 mm. oppure di 1 173. Le pareti laterali dei detti organi racchiudono gli oociti in uno stadio ancora arretrato di sviluppo. Gli oociti misurano circa 90-95 mentre in altre anguille argentine di una lun- ghezza di poco superiore l’altezza dell’ovario può toccare i 6-10 mm. e l'altezza delle pieghe trasversali 200 . Inoltre, come scorgesi dalle microfotografie (tav. 2 fig. 1-2) lo spessore di quest’ovario, che in sezione presenta l’aspetto di un organo lobulare, raggiunge il maggior diametro trasverso circa verso la metà per poi diminuire sempre più fino a termi- nare in punta come l’organo del Syrski (tav. 2 fig. 6). Gli oociti, come apparisce dalla microfotografia (tav. 2 fig. 2), formano nella parte più larga dell’organo, come delle pile fra di loro quasi parallele. Inoltre il mesoario non presen- tasi come di solito in altre anguille argentine di lunghezza poco differente da quelle di cui è parola, ma mostra una specie Qi sdoppiamento costituente come un canale di lume variabile (tav. 2 fig. 3-a) che se fosse provvisto di epitelio potrebbe pa- ragonarsi ad un condotto deferente pari a quello che trovasi in un organo del Syrski (tav. 2 fig. 6-a). Negli organi del Syrski, delle moltissime anguille argentine da me esaminate, e special- 54 Felice Mazza mente in quelle di 420-430 mm. di lunghezza, trovai talora i lobi completamente fusi. I lobi non erano molto lunghi, misu- rando appena 4-5 mm. di larghezza al massimo, non presen- tavano vere pieghe trasversali, come quelle dei nastrini ovarici di anguille gialle di 230-350 mm., ma tuttavia vedevansi rilievi formati da cordoni anastomizzati fra di loro, contenenti sperma- togoni come quelli della fig. 6 tav. 2 e come quelli della mi- crofotografia fig. 5 tav. 1. i In altri esemplari rinvenni dei nastrini evidentemente for- mati dalla fusione di moltissimi lobi, ma questi o erano privi di ogni tratto di separazione fra lobo e lobo (microfotografia fig. 5) o ne presentavano solo un lieve accenno, e cio vidi tanto in organi lobulari di anguille gialle (tav. 1 fig. 6-9-10) quanto in quelle di anguille argentine. Giova per altro notare che questo modo d’unione di un lobo coll’altro accade più frequentemente in anguille gialle. I lobi dell'organo del Syrski delle anguille argentine si possono spesso presentare dapprima separatamente (tav. 1 fig. 1) e sono anche più alti di quelle delle anguille gialle di lunghezza non molto differente, indi crescendo specialmente in lunghezza, comincia a svilupparsi un tratto d’unione fra lobo e lobo, formato da sostanza propria di un testicolo, che li congiunge dapprima in alto, ma che poi si estende sempre maggiormente, diventa sempre più spesso gradatamente, fino a fare scomparire le con- vessità dei lobi nella parte inferiore dell'organo del Syrski, e che ottiene così l’apparenza di un nastro, ripiegato più volte su se stesso (tav. 1 microfot. 3 e microfot. 4). In altri esemplari di anguille argentine lunghe 370-380 mm. trovai, alcune volte dei lobi piccoli alternantisi regolarmente con lobi più grandi. La struttura interna dei lobi era presso- chè eguale, tanto nei lobi piccoli che nei grandi, cioè quella di un organo del Syrski. Risultati di ricerche anatomo-istologiche, ecc. 55 In un solo caso rinvenni organi femminili con lobi gran- dissimi e separati completamente fra loro (1). Finora nell’organo del Syrski di anguille argentine delle nominate località non trovai fasci di spermi come venne dato di osservare al prof. Grassi (vedi bibliografia) e che io stesso ho potuto vedere. E per ora posso venire alle seguenti conclusioni. a) L’organo del Syrski, può non raramente avere la forma di un nastro, quantunque la interna struttura sia quella di un testicolo. In simili casi per la forma generale si asso- miglia grossolanamente ad un testicolo di Conger vulgaris, op- pure anche a quello di Congromurena balearica (2). b) L’organo femminile delle anguille può assumere ec- cezionalmente la forma di un organo lobulare sviluppati simo, con lobi separati completamente, senza la minima traccia di so- stanza testicolare interstiziale fra un lobo e l’altro, come venne da me dimostrato (vedi bibliografia). c) L’ovario può assumere, anche la forma di un organo del Syrski con lobi poco sviluppati, ma evidentissimi. d) Quantunque l’organo lobulare rappresenti, general- mente, secondo gli autori, un testicolo, tuttavia non basta la sola sua forma a distinguere il sesso delle anguille, ed occorre sempre la ricerca istologica (2). (1) Se io mi fossi limitato alla sola osservazione superficiale dell'organo del Syrski, avrei giudicata per un maschio maturo, un’'anguilla argentina fem- mina vissuta per 4 anni in una vasca dov: trovò abbondante nutrimento, e che alla sezione, presentava lobi di un grandissimo sviluppo, come venne già da me fatto conoscere in una mia nota. (2) Quest'anno nel mercato di Roma verso i primi di gennaio rinvenni un maschio di grongo (C. vulgaris) della lunghezza di 480 mm. L'organo maschile ha forma di nastro, è largo 10 mm. ha uno spessore di mm. 2 1{2-3 e presenta le superficie interna e quella esterna lisce. Trovai pure due ma- schi di Congromurena balearica lunghi 390 mm. I testicoli misurano in arghezza mm. 6 in ispessore mm. 112. Tanto gli spermatogoni di Conger 56 Felice Mazza e) Le anguille argentine migranti al mare sono ancora lontane dalla maturanza, come venne anche recentemente affer- mato dal prof. Grassi (1). che quelli di Congromurena sono ancora in arretrato di sviluppo. Il canale deferente non è così ben distinto come quello di anguille argentine aventi 380-400 mm. (1) Il prof. Grassi (1. c.) dice: È nota da molto tempo la femminà del- l'anguilla, ma nessuno ha trovato in essa uova di un diametro superiore ai 31 centim. di mm. e perciò devono trovarsi ad un grado di maturanza arretrato, e le nostre conoscenze intorno alla maturazione degli organi genitali delle an- guille sono scarsissime. Inoltre il Prof. Grassi trovò in un'anguilla argentina, vissuta in una vasca di acqua dolce, l'organo di Syrski non più grande del solito, ma già contenente quà e là fasci di spermi e sparso piuttosto abbon- dantemente di oociti del diametro fino a 62 |. Il qual fatto dimostrerebbe che l'anguilla in certi casi è ermafrodita. Rari pier sl ine Pag ni PN ‘I ‘AVI ‘99jop enboe p olmSuy afjop ienuod muedio j3ns 34 LT0]0]S-OMO}eUE FYPIIILI IP_MEMMSRI — VZZVW ‘dl WVNOA - ISHUNVA 6 ‘34 9 3y | RESA "Il ‘A©L ‘20jop enboe jp ajimduy ajpop Heyuos muesio ]Sns 31PIT0[0)S-OWO}EUE 9YIIIILI IP_RUMNSRI — VZZVW ‘Al DANESI - ROMA ara pria ntpatnna BIBLIOGRAFIA BELLINI Arturo. — L’Anguilla Maschio. Contributo alla storia genetica dell’ Anguilla vulgaris. Comacchio, Tip. Fantini,1905. BULLETIN of the United States Fish Commission. — Vol. 1° form. 1881; pag. 92 e seguenti. In questo Bollettino (1881) viene riportato un grande numero di lavori sulle anguille, fra i quali quelli del Goode, del Brown, del Beneke, e di altri diligenti osservatori. BROCK I. — Unters. iiber die Geschlechtsorgane einiger Mu- renoiden. Biol. Centralblatt, B. I, 1881-82. BRONGNIART. — Meémoire sur le Limnadia, 1820. CANESTRINI. — Fauna d’Italia. Pesci. Edit. F. Vallardi. Mi- lano, 1878. CATTIÈ S. — Th. 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In questa voluminosa monografia sono esposti e citati i lavori di molti autori sulle Anguille, ma l’A. non ha in- terpretato bene ciò che da me venne scritto a proposito delle Anguille argentine. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE LE CrAV@ IS 1° — Microfotografia di un preparato in toto di una por- zione dell’organo lobuiare di un’anguilla macroftalma della lunghezza di 300 mill. I lobi sono anccra completamente separati. Generalmente i lobi aventi lo sviluppo indicato nella microfotografia trovansi in anguille di 300-350 mill. di lunghezza. 2° — Microfotografia di un preparato in toto di un’an- guilla argentina o macroftalma della lunghezza di 400 mill. I lobi sono fusi mediante un tratto di tessuto testicolare in alto, fino circa la metà superiore dell’organo lobulare. 3° — Organo lobulare avente la perfetta forma di un nastro in un’anguilla argentina o macroftalma di 300 mill. di lunghezza. I cordoni spermatici hanno delle sporgenze imitanti lontanamente le pieghe trasversali. Vedonsi molti vasi sanguigni. 4° — Sezione fatta secondo l’asse maggiore di un organo lobulare. Fra un lato e l’altro si vede il tratto d’unione costituito da sostanza testicolare che ha quasi raggiunto lo spessore dei lobi e che si estende fino all’orlo libero del- l’organo del Syrski. Anguilla 400 mill. di lunghezza. 5° — Sezione condotta secondo l’asse maggiore di un or- gano del Syrski (di un’anguilla lunga 410 mill.) di forma non lobulare, ma nastriforme in tutta la sua lunghezza, tranne che nella porzione anale e postanale e che non pre- senta, fra un lobo e l’altro, il tratto di unione come quello della microfotografia precedente, 410 mill. In a si vede una piccola depressione che, secondo me, rappresenta una porzione di lobo ancora un po’ libero, in d si vede una di quelle sporgenze che simulano delle pieghe trasversali come quelle di un ovario. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. FIG. Risultati di ricerche anatomo-istol-giche, ecc. 61 6° — Lobi di un organo sessuale di un’anguilla microf- talma o gialla della lunghezza di 320 mill., in parte fusi. 7° — Lobi di un’anguilla argentina della lunghezza di 420 mill. fusi oltre la metà della larghezza dei lobi. In a si vede il tratto d’unione. 8° — Organo del Syrski di un’anguilla di 390 mill. In a si vede il canale deferente. : 9° — Organo sessuale di un’anguilla microftalma lunga 380 mill. con lobi in moltissime parti fusi. 10° — Organo sessuale di un’anguilla microftalma della lunghezza di 340 mill. In @ si vedono moltissimi vasi san- guigni. TAVOLA. 2° 1° — Sezione di un’anguilla argentina della lunghezza di 460 mill., comprendente i reni, la vescica natatoria, ecc. nonche gli ovari sviluppati. 2% — Sezione dell’ovario dell’anguilla precedente. La forma generale imita la figura di un organo del Syrski (Micro- fotografia). 3° — Disegno di una sezione dell’ovario dell’anguilla pre- cedente. In a si vede un largo spazio imitante un ovidotto; non si vede l’epitelio di rivestimento. 4° — Oociti dell’ovario precedente, a forte ingrandimento. 5° — Sezione di un’anguilla argentina o macroftalma lunga 370 mill., che lascia vedere la posizione occupata dagli or- gani del Syrski. In a ed in a’ si vede il canale deferente. 6* — Sezione secondo l’asse trasversale o dorso-ventrale di un organo del Syrski di un’ anguilla macroftalma della lunghezza di 390 mill. Si vedono distintamente i cordoni spermatici formati forse dalla confluenza e fusione di am- polle spermatiche. Il canale deferente è assai evidente; inoltre vi si vede un grosso vaso sanguigno ripieno di sangue. Di un *Macropus'ruluso, eldruniee ctocephalus ursinus,, ora introdotti nella collezione generale dei Mammiferi del R. Museo Universitario di Roma Notizie comunicate dal Prof. A. CARRUCGIO (1). I. — Alla collezione dei Mammiferi, Sub-classis Marsupialia viene ora aggiunto, per acquisto, un bellissimo esemplare di d adulto di marsupiale, fra i più grossi che possano osser- varsi, appartenente al genere Macropus Shaw, ed alla specie Macropus rufus Desmarest. Non tornerà sgradito che io ricordi come la Fam. Macro- podidae, marsupiali tipici dai grandi piedi e dagli arti disuguali assai per dimensioni, fosse in altre epoche geologiche rappre- sentata nell’Australia da più generi e specie, di cui si trova- rono e studiarono gli avanzi fossili. Le specie estinte sono non meno di trenta, ed appartenenti ai generi Palorchestes, Ste- nurus, Synaptodon, Brachalletes, Halmaturus, ecc. Nel genere Macropus propriamente detto si comprendono poco più di una ventina di specie, delle quali sedici fossili e 6 viventi; e queste sono il Macropus giganteus Zimmermann, il M. antilopinus Gould, il M. robustus Gould, il M. bedfordi Thomas, il M. rufus Desmarest e il M. magnus Owen. L’esemplare, preparato con la solita accuratezza, come po- tete rilevare, lo si ebbe dal Giardino Zoologico di Villa Um- berto nell’ora trascorso mese di novembre. (1) Adunanza scientifica della Società Zoologica Italiana, tenuta nell'Isti- tuto Zoologico della R. Università di Roma il 29 dicembre 1912, Di un « Macr_pus.rufus » e di un « Arctocephalus ursinus » 63 Questo Macropus rufus ha la statura di 1 m. e 26 ct., misurando dal vertice della testa all'origine della robusta ap- pendice caudale. Questa poi dalla sua origine alla punta è lunga 85 ct. È inoltre notevole la grossezza dell’ istessa appendice caudale, che alla base ha una circonferenza di 31 ct., ed al- l’apice di 6 ct. La lunghezza totale dell’apice del muso all’apice della coda è di 2 m. e 11 ct. La testa è lunga ‘24 ct., colla massima larghezza di 10 ct. Gli arti anteriori sono lunghi 40 ct., mentre gli arti po- steriori hanno una lunghezza di 92 ct., colla massima gros- sezza di 50 ct. L’arto anteriore (braccio p. d.) è grosso 25 centimetri. I piedi anteriori sono lunghi 11 ct., ed il dito maggiore (il medio) ha la lunghezza di 34 mm. (non compresa l’unghia); il dito pollice è il più corto, misurando 13 mm. I piedi posteriori hanno la massima lunghezza di 29 ct.; il dito medio, che è il più lungo, misura 75 mm. L’unghia più grossa misura 35 mm. ed è quella appartenente all’istesso dito medio. Il dito interno, ch’è il più corto, misura 23 mm. al pari di quello del piede anteriore. Il pelame che cuopre il corpo è quasi dappertutto abbon- dante, di un colorito rosso bruno uniforme nelle parti supe- riori; nelle inferiori invece diventa bianco, fino alla regione toracica. Di poi si fa fulvo bianchiccio, e gradatamente nero. Il dito medio ed esterno dei piedi sono quasi affatto neri. L’un- ghia del dito interno è doppia. Le orecchie esterne sono molto sviluppate; il padiglione ha una lunghezza di 13 ct., ed una larghezza di 6 ct. È bene dare uno sguardo alla dentizione di questo indi- viduo, e così constateremo che dei 6 incisivi della mascella su- periore i due centrali sono lunghi 10 mm., e larghi 8 mm., e i 2 centrali inferiori hanno la lunghezza di 24 mm. e la lar- 64 AG CIIEO ghezza di 9 mm. Nelle arcate mascellari si hanno inoltre 4 molari a destra e a sinistra. Largo è relativamente il torace di questo Macropus perchè misurato fresco, sotto l’ascella, diede un perimetro di 65 ct. Anche il perimetro dell'addome essendo stata misurato risultò essere di 1 m. 2 ct. L’habitat di questa specie è |’ Australia orientale e meri- dionale, ma pare che possa trovarsi anche nella regione occi- dentale. Le misure che ho dato provano la grande robustezza e po- tenza locomotrice delle estremità pelviche e della coda di questi mammiferi, che, come è noto, procedono a salti, percorrendo non di rado distanze ragguardevoli. Io ebbi | opportunità di vedere vivi esemplari di questa specie e non pochi delle specie affini dei maggiori Canguri negli ameni e immensi prati di Tring, presso Londra, di proprietà dell’ on. barone Leonello Rotschild, quando cogli altri colleghi invitati con squisita gen- tilezza ci ospitò, quasi per un intiero giorno nel palazzo dove ammirasi il Museo ricco di preziose e rare collezioni. I Can- guri e moltissimi altri animali vivi sparsi nei prati presso il Museo, davano spettacolo col loro incessante saltellare, ed i salti erano arditissimi, rapidi, agili, come nessun altro mammi- fero può compiere. 5 II. — Nell’ordine dei Pinnipedi abbiamo avuto per acquisto fatto testè dal Giardino Zoologico in Villa Umberto, un bel- l'esemplare di Arctocephalus ursinus L. 9, genere e specie che nella collezione generale dei Mammiferi del nostro Museo man- cavano affatto. Ricordo che il genere Otaria, instituito da Peron nel 1816, fu successivamente ripartito in parecchi generi e sottogeneri, fra i quali Eumetopias, Zalophus, Phocarctos, Arctocephalus, ecc. Questo ultimo genere fu proposto da Federico Cuvier nel 1824, -_ ve Db Di un « Macropus rutus » e di un « Arctocephalus ursinus » 65 e la specie Ofaria ursina è quindi sinonima di Arctocephalus ursinus, denominazione adottata anche dal prof. Trouessart nel suo recente Catalogus Mammalium. Nella famiglia Otaridae oggi si annoverano non più di 3 generi (Otaria, Eumetopias e Arctocephalus) con alcuni sotto- generi e una dozzina di specie viventi. L’Arctocephalus ursinus, ora preparato in Museo, appartiene al sesso 3, è giovane, ed è lungo 1 m. e cent. 21. La testa ha la lunghezza di 23 ct., colla largiezza di 15 ct. L’orecchio esterno è lungo 5 ct., e largo 13 mm. L’occhio ha un diametro trasversale di 25 ct., ed uno lon- gitudinale di 20 ct., ed è, per quanto scuro, vivace ed espressivo. Dista dal naso cent. 7, e dall’orecchio cent. 16 e 12. Le vibrisse raggiungono la lunghezza anche di 10 ct., ma in individui più adulti possono essere lunghe anche 16 ct., e raggiungere il numero di una ventina sul labbro superiore. La circonferenza del collo è di 60 ct.; quella del torace di 80 ct.; e quella dell’addome, misurata, nell’individuo ancora fresco, presso la base delle pinne pettorali, è di 42 ct. La lunghezza di ciascuna pinna toracica è di 21 ct., colla larghezza massima nel centro di 14 ct. e 3 mm., e lo spessore di circa 2 ct. e 172. Le natatoie pelviche hanno una lunghezza di 34 ct. e 1]2 ognuna, ed una massima larghezza di 12 ct. La circonferenza, immediatamente davanti a queste natatoie, è di cent. 20. Il colorito del pelame, setoloso sul dorso, è grigio, e tende a diventar rossiccio sui lati; appare grigio-rossastro nella faccia ventrale, e di nuovo grigio nel collo e nella testa. Se si isolano i peli alquanto più lunghi si vede che la prima metà di ciascuno di essi è bianca, e la seconda basi- lare è nera: la punta libera poi è grigio-chiara. 66 AGILI Le natatoie hanno i peli d’un colore bruno-rossiccio alla loro base, e nero nel rimanente della loro lunghezza. Le unghie delle 5 dita di ciascuna pinna posteriore o pel- vica sono abbastanza sviluppate; la 1° o interna è lunga 5 mm., e così pure la 5°; la 2° ha una lunghezza di 24 mm., la 2° di 25 mm., la 4° di 20 mm. Tralascio altri particolari morfologici che potrò esporre nella comunicazione che ho in parte preparato su tutti i Pinni- pedi, di recente introdotti nella collezione mammologica. Non posso però oggi non ricordare ai consoci il ricco ed importantissimo dono avuto nel maggio del 1900 degli animali uccisi dagli intrepidi cacciatori, il principe e la princi- pessa di Napoli presso Sassen nello Spitzbergen, cioè dagli at- tuali nostri amati Sovrani, allorquando nel loro viaggio di nozze si recarono nel giugno del 1898 in quelle lontane regioni, a bordo della loro nave 1’ Yela. Tutti voi avete presente il nuovo e grandioso scaffale dove ho collocato la bella raccolta nordica fatta dai giovani prin- cipi in quell’anno, e sapete come in essa figurino stupendi esem- plari di Focidi, e specialmente una grossa Foca barbata (Eri- gnathus barbatus) uccisa il 29 giugno del precitato anno dalla principessa Elena, oltre esemplari di Phoca vitulina ecc. uccisi in altri giorni dell’istesso mese ed anno dall’in allora principe di Napoli. Come ci mancava affatto l’Erignathus barbatus, così anche, prima del generoso dono, mancava nel nostro Museo il bello esemplare di Halichoerus grypus, pure ucciso dai nostri principi sulle coste dello Spitzberghen. Anche altri pinnipedi catturati in diverse località potei ag- giungere alla collezione di questo Museo, taluno avuto nelle acque laziali, talun altro nel mare della Sardegna, a Capo Teu- lada, e precisamente l’esemplare di g adulta di Pelagius mo- nachus in istato di gravidanza; per cui nel Museo medesimo Di un « Macropus rufus » e di un « Arctocephalus ursinus » 67 possono osservarsi ben preparati e conservati i due belli esem- plari, della genitrice cioè e del suo feto (1). Sono state descritte, con grande precisione, come è facile rilevare in parecchie opere classiche, le abitudini delle Ofarie orsine, le quali formano innumerevoli schiere cui si fa annual- mente una caccia accanita. i Lo Scammon narra di aver osservato dai punti più elevati di alcune isolette come le Otarie orsine ritornino nei loro ri- trovi prediletti soltanto nell’ epoca della riproduzione. Allora viaggiano in schiere numerosissime, e si dividono in branchi minori quando sono arrivate sulle coste, scegliendo con pazienza e prudenza le località in cui intendono di stabilirsi, avendo già per esperienza imparato che l’acerrimo nemico cui, potendo, debbono sottrarsi, è l’uomo. Quelle isole sono molto flagellate dal mare, e sulle loro coste s’infrangono le onde violenti e fra- gorose, e quindi sono poco accessibili ai cacciatori. Si ritengono le Otarie orsine per abilissime e forti nuota- trici, anzi i nuotatori-modelli fra i Pinnipedi. Ma anche questa qualità non le salva dalle accanite e continue caccie, essendo animali preziosi per lo splendido pelame e per la bontà delle carni. Questa specie vive nell'Oceano Pacifico Settentrionale, avan- zandosi fino all’Alaska, nel mare di Behring, alla California Meridionale, ai mari del Giappone e di Kamtschatka, sulle coste della Patagonia, dell’Africa Meridionale, ecc. Hanno quindi ra- gione gli scrittori che affermano come pochi pinnipedi abbiano al pari di questo un’area così larga di diffusione. (1) Vedi la comunicazione che pubblicai nei fasc. VII e VIII del vol. II del Bollettino sociale nel 1893, pag. 201-211. Brevi note di craniologia sui “ Paradoxurus,, e sulle ‘ Viverre,, Comunicazione del prof. ANTONIO CARRUCCIO. Non tutti i più competenti scrittori di Mammologia anno- verano nell’ordine pei Carnivori p. d. l’istesso numero di fa- miglie, nè l’istesso numero di generi e specie, viventi e fossili. Una però delle famiglie che nell’istesso ordine sia assai ben caratterizzata e da tutti ammessa, è la Fam. Viverridae: nella quale soglionsi comprendere le tre sotto famiglie: /ctitherinae, Viverrinae ed Herpestinae. In virtù di caratteri che mi sembra abbiano non minor valore di quelli per cui vennero ammesse la 2° e la 3° sotto- famiglia, credo che debbasi aggiungere una 4° sotto-famiglia che dal genere più notevole, e che comprende maggior numero di specie, dovrebbe prendere il nome di sottc-famiglia Para- doxurinae. Le specie di questa sotto-famiglia sono pentadattili, semi- plantigrade, non digitigrade come le vere Viverre e Genette. La prima volta che introdussi nella collezione dei Mam- miferi del Museo il gen. Paradoxurus lo dovetti ai doni del compianto Re Umberto e dell'ammiraglio de Amezaga. Questo genere fu instituito da Federico Cuvier nel 1821, e mantenuto successivamente da’ migliori cultori della Mammo- logia, quantunque non siano mancati coloro che per troppa fretta, o per vanità, proposero nuove denominazioni generiche più o meno felici, ma certamente non necessarie. Nota di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » 69 Il vocabolo composio Paradoxurus, ormai da gran tempo ammesso, non è in verità neppur esso molto ben scelto. Le pa- role greche che lo formano equivalgono alle due italiane: coda- volubile, cioè pieghevole: ma non in tutte le specie di questo genere si ha una coda pieghevole e d’eguale sviluppo. Le specie che possiamo ricordare non sono poche; valgano ad esempio le seguenti: Paradoxurus philippensis |ourdan ; P. macrodus Gray, di Malacca; P. Jerdoni Blanford, dell’India meridionale; P. aureus Desm., dell’Isola Ceylan; P. Grayi Beanet, dei Monti Himalaya e di altre regioni dell’India: P. lar- vatus Temm., della China meridionale e dell’Isola Formosa; P. leucomystax Gray, di Malacca, Sumatra e Borneo: P. Mu- scenbroecki Hodgson, delle Isole Coelebs ecc.:P. /aniger Hodgson del Thibet; P. hermaphrodytus Schreber, della quale specie mi occuperò più di proposito. Ho citato le specie date dal Trouessart. Il Paradoxurus hermaphrodytus si trova nelle grandi Isole di Borneo. di Giava ed altrove, e quello che il Museo ébbe in dono dal Re Umberto proviene appunto da Sarawak, e quindi da Borneo; e quello avuto dal de Amezaga fu preso a Giara. Gl’individui della specie, non solo per l’età, per il sesso ed altre condizioni (specialmente di clima ecc.) si sa che sono soggetti a notevoli variazioni, tanto che si vollero formare, in base alle medesime, non solo varietà distinte, ma sotto-specie e perfino specie a sè. Di queste ultime citerò i seguenti esempi: Paradoxurus prehensilis Desm.; P. Pallasii Gray; P. quinquelineatus Gray; P. felinus Wagner; P. nigrifrons Gray ; P. fasciatus Gray ; P. strictus Horsf.; P. niger Desm., ed altre specie ancora. Ma molto ragionevolmente può dirsi che i caratteri mor- fologici notati negli individui che si pretese appartenessero a specie distinte, hanno un valore affatto secondario; e quindi 70 L ATGaAnnucclo tali individui possono rientrare nella specie tipica dello Schre- ber, cioè nel Paradoxurus hermaphrodytus, considerandoli quali varietà del medesimo, o tutt'al più taluno può formare una sotto-specie. Esaminerò dapprima la testa ossea, che feci preparare se- paratamente, la quale per fortuna ha le arcate mascellari ior- nite di tutti i denti. i Questa testa di Paradoxurus ermaphrodytus ha relativa- mente, cioè rispetto alle esigue dimensioni del corpo di esso carnivoro, una notevole lunghezza: infatti il diametro antero-po- steriore della medesima è di 92 mm.: ed il diametro trasversale massimo (bizigomatico) è di 43 mm. L’esame della testa dimostra che appartiene ad un indivi- duo adulto, non scorgendosi più fra le ossa craniali alcuna traccia di sutura: solo nelle facciali e precisamente fra le ma- scellari superiori ed il frontale vi ha leggerissimo indizio delle pregresse suture. La sinfisi mentoniera è completa ed è lunga 15 mm. Le due metà della mandibola nel saldarsi hanno lasciato un solco evidentissimo, lungo 10 mm. nella faccia esterna ed inferiore dell’istesso mento: questo solco non è così pronunciato in altre specie, e meno lo è nei veri Viverrini. Le branche orizzontali della mandibola sono robuste, tanto presso la regione mentoniera, quanto, e più, nella mediana, in cui trovo che lo spessore raggiunge i 7 mm. La branca ascendente destra e sinistra, colla rispettiva apofisi coronoide, sono alte 26 mm. Il condilo articolare ha un diametro trasversale di 8 mm. e 1]2, ed un.diametro antero- posteriore di 4 mm. La fossetta articolare glenoidea del temporale è ben sca- vata, e quindi profonda. Avverto che confrontando il condilo articolare del mascel- Note di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » i lare inferiore del Paradossuro con quello della Viverra, trovai alquanto più sviluppato quest’ultimo, avendo un diametro bi- trasverso di 10 mm. L’apofisi coronoide dell’istessa mandibola nella Viverra ha invece una grandezza minore dell’apofisi coronoidea del Para- do suro, nel quale l’indicata apofisi ha alla base una larghezza di 18 mm., ed all’apice di 11 mm. La base della stessa apofisi coronoidea nella Viverra è larga 12 mm., ed all’apice soli 5 mm. La faccia esterna poi della branca ascendente della ma- scella inferiore, sotto alle due apofisi condiloidea e coronoidea, si presenta assai più scavata nella Viverra che nel Parados- suro, con un margine inferiore saliente e tondeggiante più in quella che in questo. Sono differenze anatomiche non notate da altri, ma che in osteologia comparata non devono trascurarsi nè tacersi. (E vero che presso taluni, che pretendono chiamarsi anatomisti, l’osteologia non gode simpatia, e o non s’insegna più, o la s’insegna sulla lavagna... È forse una novità che qualche laureando non sappia dire qual sia l’apofisi coronoidea, e prenda l'omero pel femore! Par grossa, ma è così, cioè è storia vera. Però a ricordare fatti storici, riguardanti cognizioni indispensabili che si sarebbero dovute possedere sia sulle ossa, sia sul cuore, sia sull’encefalo, sull’occhio, ecc., potrebbe dirsi ch'è tempo perduto, o che non è questo il luogo opportuno)... Armatura dentaria, Nel Paradossuro troviamo 6 incisivi superiori quasi eguali per forma ed altezza: solo i due esterni sono più larghi degli altri. Nella mascella inferiore i 6 incisivi sono più piccoli di quelli infissi nella superiore. Tanto in questa, quanto nella inferiore gl’incisivi sono fra loro ravvicinatissimi. Gli incisivi superiori sono lunghi 5 mm., e larghi 2 mm., gli incisivi inferiori sono lunghi 3 mm. Dei 4 denti canini i 2 superiori sono più grossi dei 2 in- 72 S A. Carruccio feriori, ma non più lunghi. Il diastema della mascella inferiore incui da ciascun lato è ricevuto, a bocca chiusa, il canino su- periore, è più largo del diastema del: mascellare superiore. La lunghezza dei predetti canini è dl 8 mm. | Negli 8 premolari, 4 superiori e 4 inferiori, non si nota differenza di forma e grandezza. Sono pure in numero di 8 i veri molari, 4 superiormente e 4 inferiormente. La loro massima altezza è di 5 mm. Il totale adunque dei denti nell’adulto è di 32, ela formula dentaria deve così rappresentarsi: LS) ue Sidia So 0 oe N La formula dentaria delle Viverre è invece questa: i 2 su pm. dal m. 3 5 IF 3-4 2 Ma può subire qualche modificazione. Nella testa di Genetta, che pure vi presento, si hanno 18 denti nelle due arcate mascellari superiori, destra cioè e sini- stra, mentre nelle arcate inferiori sono 20, e qualcuno di questi è rotto. I denti incisivi della vera Viverra appaiono alquanto più deboli di quelli del Paradossuro. I canini di questo sono sì più corti di quelli della Viverra, ma non meno robusti. Una differenza manifesta si osserva nel primo premolare destro e sinistro della mascella superiore, essendo entrambi assai più deboli nella Viverra che nel Paradossuro. Quasi identici per dimensione e forma sono in queste due forme di Carnivori i secondi premolari, con un lato mediano sporgente, triangolare, aguzzo nell’apice, e due piccolissimi lobi laterali, uno per parte. Note di crani logia sui «Paradoxurus » e sulle « Viverre » (3 Non manca il caso di qualche Viverra in cui si trovino 3 molari per lato nella mascella superiore, e due per lato nella in‘eriore. E questo caso si verifica nel cranio che presento. Anche nel Paradossuro si può dare il caso che sia diverso il numero dei denti molari nelle due mascelle, possono cioè tro- varsi 2 molari a destra e a sinistra nel mascellare superiore, ed 1 solo per lato nella mandibola. Solo chi abbia una ricca raccolta di crani di età diversa, e di sesso pure diverso, e meglio chi potesse avere buon nu- mero di Viverre e Paradossuri viventi in un Giardino Zoolo- gico, e seguirne le fasi di sviluppo e le modificazioni proprie alle "medesime anche per la dentizione, si troverebbe in grado di precisare dei fatti, che ora o rimangono più o meno dubbi, o di essi non si occuparcno affatto gli scrittori. Per le osservazioni che ho potuto fare, parmi poter affer- mare che non solo si abbiano nei denti di questi carnivori dif- ferenze numeriche, ma anche di conformazione. Esaminando infatti i mo'ari di destra e sinistra nella mandibola del Paradossuro, ci si presentano non solo più vo- luminosi di quelli della Viverra, ma con 7 cuspidi distinte, alternate da escavazioni. Tali cuspidi o tubercoli puntuti sono disposti a gruppi, uno di tre in sul davanti del molare, alquanto più salienti dell’altro gruppo di 4, posti all’indietro. Può chiedersi se tali cuspidi appartenessero in origine a due distinti molari, dei quali uno ne possedeva 3, e l’altro 4. Ma non si vede traccia di questa fusione, nè io ho verun altro dato per affermare che tale fusione sia avvenuta. Dei due molari superiori a destra e a sinistra nell’istesso Paradosstuiro, il primo od anteriore è più piccolo. Entrambi hanno tre tubercoli, meno puntati e meno salienti di quelli già menzionati nei molari inferiori, e sono collocati a maggior di- stanza l’uno dall’altro. T4 Yz (GAarrnecio I denti molari della Genetta, due per lato nella mascella infericre, offrono una grande diversità di volume: il primo è lungo quasi 8 mm., ed ha 3 cuspidi, delle quali una anteriore, una interna, ch’è la più piccola, la 3° esterna ed è la più alta e più puntuta. Il socondo molare ha un diametro antero-poste- riore di 4 mm., e presenta tre piccole cuspidi quasi smusse in cima. Dei 6 molari supericri dell’istessa Genetta, 3 a destra e 3 a sinistra, il primo è il più grosso ed ha un diametro antero- posteriore di 8. mm., e 4 c.spidi: 2 di queste sono anteriori e parallele; le altre due, disuguali fra loro, sono collocate una dietro all’altra; la prima, che è la più saliente, occupa quasi, il centro del dente. Il 2° molare ha il suo maggior diametro diretto trasver- salmente, e misura 7 mm. Sulla sua corona sporgono 3 cuspidi, una interna, l’altra marginale esterna, ed è la più alta, e la terza, piccolissima, è collocata all’indietro. Il 3° molare superiore dell’istessa Genetta è piccolissimo, e rimane collocato più all’interno degli altri precedenti, cioè rientrante in guisa da raggiungere, coll’apice della sua cuspide interna, l’apice della cuspide maggiore del 2° molare. Questo 3° molare ha una direzione trasversale: il suo diametro è di 5 mm. Volta palatina. — Quantunque la testa del Paradossuro sia alquanto più allungata di quella della Viverra, pure presenta più larga, e naturalmente più lunga la volta palatina, che mi- sura 40 mm., e in larghezza 25 mm,, cogli angoli posteriori rientranti: all’indietro adunque è curvilinea. La stessa volta pa- latina nel Paradossuro offre nel mezzo una larga depressione, divisa da un lievissimo rialzo, questo cioè forma una crestic- ciuola centrale. Note di craniologia sui « Paradoxurus » e sulle « Viverre » 15 x La volta palatina della Viverra è più piana e regolare, la sua lunghezza totale è di 35 mm., la sua massima larghezza all'indietro è di mm. 15. Faccia superiore (volta craniale) e Faccia inferiore o ba- silare della testa. — Esaminando la faccia superiore della testa del Paradossuro e della Viverra si notano alcune differenze me- ritevoli di essere rilevate. La volta craniale del Paradossuro è più larga, principal- mente nella regione occipitale, più liscia, e quantunque le ossa siano alquanto più spesse che nella testa della Viverra, pure è evidente la maggior capacità endo-cranica: quindi lo sviluppo della massa encefalica può credersi maggiore nei Paradossuri adulti. La volta craniale della Viverra presenta una cresta sagit- tale ben manifesta, che manca nel Paradossuro; ed anche la cresta occipito-parietale è più sviluppata in quella che in questo. Differenza notevole presenta la parte antero-superiore, o regione frontale p. d. della testa del Paradossuro, regione che è affatto depressa nel mezzo: infatti i margini suturali delie ossa frontali si vedono abbassarsi e riunirsi in guisa da for- mare un’escavazione bene avvertibile. Per l’opposto la regione frontale della Viverra anzichè deprimersi, offresi in parte con- vessa, e in parte piana. Anche queste particolarità e differenze non trovo che da altri siansi fatto rilevare. Arcate zigomatiche. — Sono più alte, più prominenti e curve nella Viverra che nel Paradossuro. Il margine superiore di queste arcate è un po’ ripiegato all’interno nella Viverra. Base craniale. — La faccia inferiore o base craniale, oltre le differenze notate per la volta palatina, me ne ha presentate altre nelle seguenti parti: la bolla timpanica nelle Viverre p. d. è in proporzione più allungata, e rimane divisa in due porzioni da un solco obliquo; una di queste porzioni è più grande e ri- 76 AC Garnniecio mane all’indietro, l’altra anteriore è più piccola: a questa cor- risponde il foro uditivo esterno. Nei Paradossuri è meno pronunciata la preindicata divi- sione: inoltre la bolla timpanica è più allungata e più stretta che nelle Viverre. I due condili occipitali sono più larghi e corti nei Para- dossuri, ed ognuno è diretto quasi verticalmente. i Gli stessi condili si presentano nelle Viverre più allungati e stretti, terminano in alto ed indietro appuntati, ed hanno una direzione obliqua dall’interno all’esterno. Orbite. — Sia nella Viverra che nel Paradossuro le cavità or- bitarie sono largamente aperte, e quasi di eguale grandezza. Il loro diametro verticale è di 15 mm., e il diametro bitrasverso di 12 mm. Nel Paradossuro vedete che abbiamo lasciato a sito il lega- mento che va ad inserirsi all’apofisi orbitaria esterno del fron- tale e all’ angolo superiore dell’ apofisi malare del mascellare superiore. Questo legamento (intatto nel contorno orbitario de- stro) è lungo 14 mm. e largo 4 mm. al - dd tal è * he" NA Lagoa DUS. ofyXo Pall. e sua armatura scheletrica Indicazione di scheletri completi e di crani importanti introdotti nella classe dei Mammiferi nel Museo della R. Università di Roma. Cenno del prof. A. CARRUCCIO (1). Posso dare agli egregi consoci brevi notizie sovra un’im- portante e grossa armatura scheletrica preparata nel nostro Museo e di recente introdotta nella collezione generale dei Vertebrati Class. Mammalia. Il genere e la specie di questo mammifero mancavano af- fatto nella predetta collezione. L’opportunità di averlo procu- rato ce l’ha data |’ amministrazione del Giardino Zoologico di Villa Umberto, dal quale, come sapete, già tante e scelte specie di animali abbiamo o ricevuto in dono od acquistato. Il gen. Taurotragus Wagner, appartiene alla sottofamiglia Tragelaphinae, una delle sottofamiglie annoverate nella fam. Bovidae. Alla stessa sottofamiglia appartengono i generi: Bosela- phus, Tragelaphus, Boocerus, Limnotragus, Strepsiceros, e qual- che altro che comprende specie fossili. Anche nel gen. Taurotragus sono comprese due specie fos- sili: il 7. latidens e il T. brevicornis; e due specie viventi: il 7, oryx Pallas e il 7. derbyanus Gray. Nella prima specie sono annoverate da Sclater, da Thomas, ecc. due varietà: 7. oryx (1) Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma, il giorno 31 ottobre 1911, non ancora pubblicata prima per mancanza di spazio. 78 A. CGarruccio var. Liwingstoni, e T. oryx var. gigas. La Liwingstoni è più propria dell’Africa orientale e si avanza fin presso il Lago Vit- toria Nianza, e la gigas si trova presso il Nilo bianco e nelle regioni vicine. Sinonimia. Il gen. Oreas Desmarest (1822) è sinonimo di. Taurotragus; e la specie Oreas canna Dem. è sinonimo di T. oryx Pall., pur chiamato Antilope oreas, ecc. (Canna o Im- pooko (Cuv.), Impoof dei Cafri, ed altri nomi volgari secondo le varie regioni africane. (V. anche Gray, Catal. Ung. p. 134 e Catal. of. Rumin. Mamm. etc. p. 47). Dimensioni: Diversi scrittori riferiscono che il Canna può raggiungere una lunghezza totale di quasi 4 metri, di cui 70 cent. spettano alla coda. L’altezza misurata del garrese varia irene 5 ese ae) Il peso medio di questo mammifero come può essere di, soli 500 chilogrammi, oppure 750 chil., così può talvolta rag- giungere, secondo Harris ed altri, i 1000 chilogr. Fin dal 1781 il Gordon e l’ Allamand lasciarono scritto come il Canna, così denominato dagli Ottentati, potesse avere la lunghezza di 8 piedi e due pollici, misurando dall’apice del muso all'origine della coda; ed un’altezza massima di 5 piedi, con una circonferenza, presa dietro gli arti anteriori, di 6 piedi e 7 pollici. I precitati autori descrissero la prominenza che sorge sul dorso, il colore fulvo, volgente al rosso, dei peli, i quali però diventano bianchi nella faccia ventrale, e grigio nerastri sulia testa e nel collo. Il colore varia coll’età. Descrissero pure il ciuffo, ch'è quasi una criniera, posta in sul davanti della testa. Corna. — Vien notata da tutti la forma caratteristica e la grandezza delle corna: e queste potete bene osservare nello esemplare ora avuto dal nostro Museo. Quando sono perfettamente sviluppate. Secondo il Selous, ecc., raggiungono la lunghezza di 76 ct. nel ?, e di 86 nella p. « Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica 79 Le corna nei ® vecchi si presentano più o meno logorate a causa delle diverse lotte che essi hanno sostenuto ; e si os- servano individui in cui le corna sono ridotte a una lunghezza non superiore. ai 30-40 ct. Non solo adunque, nella lotta pel possesso delle ©, questi ® hanno ricevuto parecchie ferite, ma hanno spezzate le loro corna. Nel bellissimo esemplare di Taurotragus oryx d morto nel Giardino Zoologico di Roma, le corna sono lunghe 71 ct., colla grossezza massima alla base di 20 ct., grossezza che, come vedete, va gradatamente riducendosi fin quasi ai 4 ct. presso l’apice. Ecco ora le dimensioni totali e parziali che ho ottenuto misurando l'armatura scheletrica dell’istesso esemplare (1): 1. Lunghezza dall’apice del muso all’ origine BORE COrt o e ee 2 MIO, Gecuoghezza ‘della sola: coda’... +... 0% x 068 » Totale della lunghezza 3 m. 04 » mniczza val Garreseb ore tz, Leavin 44 » 4. Lunghezza della testa, seguendo la curva della faccia superiore della testa medesima 0 » 55 » 5. Lungh. idem secuendo in linea retta la faccia inferiore o basilare . » 43 » » 1912 > » 15.01 » ® SII» . Distanza da un’arcata zigomatica all’altra . Altezza massima del cranio. 8. Altezza massima della scapola \ fleldier o fheheMet'o>mo) x x 9. Larghezza id. id. 16 1]2 » 10. Lunghezza dell’omero . » 27 » 11. Lunghezza del femore. At » 35 » 12. Lunghezza di ciascun arto anteriore. 96 » 13. Idem idem di ciascun arto posteriore » 10 » (1) La cavità glenoidea di quest' osso è profonda e può mantenere bene a posto la grossa testa dell'omero. 89 AVREGAREICGIO L’omoplata merita di essere esaminata in modo speciale pel suo insolito sviluppo: come ho detto ha quasi una lun- ghezza di 49 ct., cioè è assai più lunga dell’omero, ed offre al margine superiore o vertebrale una fibro-cartilagine flessibile, che ha un diametro trasverso di 24 cm., ed uno verticale di 8 ct. Questa fibro-cartilagine è assai ben conservata nella nostra preparazione. La spina ucromion divide la faccia esterna in due fosse assai disuguali, avendo la retrospinosa un’ ampiezza più che doppia dell’antispinosa; cioè la prima è larga 13 ct. e 172; e la seconda 5 ct. e 1]2. i Il diametro maggiore (altezza) della spina scapolare è di 61 mm.; il minore di 10 mm. Robusta è l’apofisi coracoide e sensibilmente ricurva. % » Dirò ora del numero totale delle ossa componenti la ro- busta colonna vertebrale : esse sono 49, cioè 7 formano la re- gione cervicale, 13 la dorsale, 6 la lombare, 5 la sacrale e 18 la caudale. Non manca qualche autore che indica 4 vertebre per la regione sacrale e 16 per la. coccigea; ma non è raro il caso in cui trovisi diversità numerica nelle indicate regioni del ra- chide di più mammiferi, di specie o razze distinte. II. Mi pare che quanti hanno potuto osservare, nelle molte adunanze tenute dalla nostra Società, i diversi scheletri prepa- rati nel nostro Laboratorio in questi ultimi anni, debbano com- piacersi per queste aggiunte di un prezioso materiale di studio. Di preparazioni osteologiche trovai del tutto mancante il Mu- seo Zoologico, ma oggi vi si osservano e scheletri intieri, e crani ed altre parti dell’armatura scheletrica di mammiferi, uc- celli, rettili, ecc. Esse sono quindi a disposizione di chi vorrà Its ti « Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica sl fare qualche studio speciale; anzi servirono già a parecchi lau- reati e laureandi. Credo adunque possa tornar gradito il ricordo di talune preparazioni, tutte eseguite nel nostro laboratorio; e mi limi- terò all’indicazione di armature scheletriche complete di diversi importanti mammiferi, quali sono : il Trog/odytes niger, Simia satyrus (ad. e giov.), Cynocephalus hamadryas, Semnopithecus obscurus, Cercopithecus niger, Macacus rhesus, Leptocebus ater- rimus, Cebus fatuellus, Japale jacchus, Lemur catta, ecc. Oltre questi scheletri intieri di Primati e di Prosimiae ora introdotti nel nostro Museo, abbiamo separatamente anche crani di Simia satyrus, Cynocephalus hamadryas, Semnopithecus obscurus, Hy- lobates Miilleri, Cynocephalus papio (più di 20 crani dei due sessi e di diversa età di questa sola specie), Erytrocebus pyr- ronotus, Mycetes (specie diverse), Cebus flavus, Cebus niger, Nyctipithecus azarae, Nyctipithecus lemurinus, Lemur rufus, ecc. E fra i carnivori abbiamo introdotti scheletri pure com- pleti di Nasua rufa, di Felis leo, di Felis tigris, di F. par- dalis, Putorius communis, Lutra vulgaris. Nell’ordine medesimo potemmo aggiungere crani separati di Felis leo (2), Felis catus ferus (5), Lutra vulgaris, Ursus arctos, Thalassarctos maritimus. E nell'ordine dei Pinnipedi lo scheletro completo di Pela- gius monachus, oltre un cranio separato dell’istessa specie, e altro di Cistophora cristata, di Erygnathus barbathus, di Arcto- cephalus ursinus. Nell’ordine dei Cetacei poi sono nuove aggiunte lo sche- letro intiero di Balenoptera acuto-rostrata, il cranio separato e le pinne d’altro individuo di questa medesima specie ; lo sche- letro pure completo di Grampus griseus, due scheletri di Del- phinus delphis (ad. e giov.). 82 INS (CENRRUICCIO Nei Perissodattili lo scheletro completo di Tapirus indicus, oltre il cranio di Tapirus americanus. Nei Ruminanti gli scheletri intieri di Oreotragus oryx, gia descritto, di Capra ibex d e £, di Capra domestica, di Tragulus memnina, di Okapia Jonstoni, dono di S. M. il Re Vittorio Emanuele III; oltre i crani di Kobus Verduni, di Strep- siceros Kudu, Tragelaphus decula, Cervus capreolus (2), ecc. Negli Artiodattili (Paridigitati) un cranio completo d’Hip- popotamus amphibius. E nell’istesso ordine parecchi crani di Phacochoerus ae- thiopicus. Nell’ordine dei Roditori scheletri completi di Sciurus, Ar- vicola, Dasyprocta, Hystrix, ecc., e crani pure completi d° Hy- drochcerus cap'bura (di cui uno delie massime dimensioni). Nell’ordine Hyraci (Lamnungi) un cranio d’Hyrax capen- sis, donato al Museo insieme a diverse pelli. Nell’ordine dei Proboscidati un cranio e tre difese, di cui una di grandi dimensioni. i Neil’ordine dei Maldentati ricorderò lo scheletro completo di un Manis javanica, di un Dasypus novemcinctus, e i crani di Dasypus villosus e Orycteropus capensis. Nell’ordine dei Marsupiali lo scheletro di Macropus cer- vinus e il cranio di Didelphis aurita. E finalmente nell’ ordine dei Monotremi gli scheletri com- pleti di Echidna acaleata e di Ornithorhnychus paradoxus, pre- parati che trovansi tutti in ottime condizioni. Quale sia il pregio dei medesimi e 1’ utilità che gli stu- diosi ne possono trarre quando si presenti l’occasione di esa- minarli, non è mestieri che io qui faccia rilevare. E per non allungare la serie delle preparazioni osteolo- giche (scheletri o crani) tralascio di citare tutte quelle introdotte a fianco degli Uccelli, Rettili, Anfibi e Pesci preparati in pelle, « Taurotragus oryx » Pall. e sua armatura scheletrica 83 ed esistenti nelle tre collezioni, romana, generale e didattica. E sarò lieto se altri vorrà continuare l’utile aggiunta di scelte preparazioni riguardanti il sistema osseo, principalmente di queste ultime quattro classi, senza delle quali preparazioni non può farsi uno studio che intieramente appaghi dei Vertebrati. E per finire, tornerò al Taurotragus oryx da cui avevo preso le mosse in questa comunicazione. Ed avendo accennato alle regioni in cui vive, aggiungerò come sia noto che la bella specie è quasi affatto scomparsa dall’Orange, dal Griqualand occidentale e dal. Transwaal. Pochi anni or sono era ancora frequente tra il Chobé e lo Zambesi, e al Nord di questo fiume. Attualmente non è rara nelle regioni montuose del Busoteland, del Griqualand orientale, del Natal, di Nyassa e del Kieima-Ndjaro. All’ovest la si trova fino ad Angola, m7 dapertutto si constata che essa va dispa- rendo a causa dell’accanita caccia che le si fa per utilizzarne la carne e la pelle (Menegaux). Mentre prima si vedevano nelle località favorite comparire perfino cento individui per volta, ora se ne vedono non più di 10 a 15, preceduti da uno a due maschi adulti, con parecchi giovani, e se insidiati cercano rapidamente di rifugiarsi nei siti più elevati e folti delle foreste montuose. La femmina partorisce un solo figlio all’anno in giugno, ma più di frequente in luglio od in agosto. Sui Nicticebi e Lemuridi,, del Museo Zoologico della R. Università di Roma. Comunicazione fatta dal prof. A. CARRUCCIO (1). PARTE I. Fino a poco tempo fa non era rappresentato nel Museo Universitario l’ord. della Prosimiae, sia con buone preparazioni tassidermiche, sia con altre osteologiche, le quali ultime ho sempre asserito essere non solo utili, ma necessarie per lo studio dei Vertebrati. Ora posso presentare tanto della Fam. Lemuridae, quanto della Fam. Nycticebidae, parecchi individui in ottimo stato. E comincio da un bellissimo Nycticebus tardigradus L., 9 ad., specie vivente in Borneo (Sarawach) e in Sumatra. La fam. Nycticebidae si distingue da altre annoverate nel predetto ordine sia per la situazione e direzione degli occhi, sia pel muso corto e conico, per le piccole orecchie, per l’indice della mano corto e quasi tronco, per il contorno oculare che negli adulti è formato da peli neri, e nei giovani da peli rossi, per il pelame abbondante e lanoso, per la dentizione (4 incisivi nella mandibola, e 4 nella mascella superiore, e pei 6 molari per lato in ciascuna mascella, ecc.). Tralascio quindi qualche altro carattere morfologico, di cui però verbalmente, mostrando i preparati, farò cennc. Il gen. Nycticebus fu instituito da E. Geoffroy S. Hilaire nel 1795. (1) Sunto di particolareggiata relazione presentata alla Società Zcologica Italiana con sede in Roma (e specialmente nelle adunanze scientifiche del 29 dicembre 1910 e 28 aprile 1912), dimostrai ed illustrai parecchi pregevolj esemplari, appartenenti a specie diverse. Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 85 V’ha chi fa appartenere al gen. Nycticebus una sola specie con più varietà. Una seconda specie, il Nycticebus menagensis Nachtrieb, delle isole Filippine, è dubbia (1). Il prof. Jenting ed altri scrittori annoverano da 5 a 6 specie ed è lo stesso Jenting che divide in 2 gruppi le seguenti specie : nel primo comprende quelle con indice della mano quasi del- l’istessa lunghezza del pollice, e fornito d’unghia. Queste specie, che sono 4, presentano una striscia bianca di peli, la quale oc- cupa lo spazio interoculare, e si allarga sulla fronte. La coda è nulla o cortissima, Le quattro specie debbono chiamarsi: Nycticebus gracilis Fischer, N. tardigradus Fischer, N. cinereus A. M. Edw., N. javanicus E. Geoffr. Nel secondo gruppo lo Jenting annovera altre due specie, e gl’individui che vi appartengono offrono l’indice della mano ridotto a un semplice tubercolo senza unghie, mancano della striscia bianca fra gli occhi ed hanno la coda o cortissima o della lunghezza delle coscie: queste due specie chiamansi N. ca- lababariensis Smith, e N. potto Bosman. Devo avvertire che questo nuovo esemplare è il secondo della specie di cui il nostro Museo è venuto in possesso. Il primo è una £ giov., donata nel 1897 dal compianto Re Um- berto con molti altri interessantissimi animali, taluni apparte- nenti a specie rare assai, e tutti provenienti da Sarawack (isola di Borneo). L’esemplare avuto recentissimamente è invece un 4 adulto, donato dal Giardino Zoologico di Villa Umberto. Il N. tardigrudus è stato pure chiamato da E. Geoffroy S. Hilaire col nome di juvunicus, bengalensis, di maluianus da Anderson, di cinereus da M. Edwards, e di Lemur tardigradus da L. (1) Ved. TrovEssART, Quienquennale supplementum, fasc. I, pag. 37. 86 A. Carruccio Ma la patria e la colorazione diversa non danno diritto a farne specie distinte, ma tutt'al più varietà. L’Jenting, che è appunto uno di quelli che considera come specie a sè taluna che altri ritiene essere semplici varietà, non ci pare si ap- ponga al vero. | L’individuo che presento offre nettissimi i caratteri della specie: ben rilevate come sulla testa, sotto la nuca, nella parte più alta del dorso, il pelame sia d’un bel rosso fulvo oscuro, e nel mezzo del dorso medesimo vediamo una fascia longitudinale larga un centimetro e mezzo, e larga circa 5 cent. : essa finisce a punta. Il rimanente del pelame sul dorso e sul principio delle braccia ha un colorito in parte rosso leggiero e in parte grigio-rossastro. In mezzo alla fronte e nel mezzo delle regione nasale fino all'apice del muso, spicca una macchia formata da peli bianchis- simi. Altre due macchie, pure bianche, stanno agli angoli e sopra agli occhi, e queste vieppiù spiccano perciocchè il contorno oculare è formato da peli affatto neri : tali però diventano quando il N. tardigradus è già adulto, mentre nei giovani il contorno predetto è formato da peli rosso-fulvi. Il N. tardigradus presenta sì nella mascella superiore come nella inferiore 4 piccoli incisivi a margine assai aguzzo, e 6 sono i denti molari a destra e sinistra in entrambe le mascelle. Questa specie avrebbe fra i Nicticebi il minor numero di vertebre lombari cioè 6 ; mentre in altri se ne trovarono da 7 ad 8. Le vertebre coccigee raggiungono il numero di 11. In qualche altra specie trovaronsi in num. di 8, cioè nel N. gracilis ; ed il massimo di vertebrine caudali si trovò nel N. potto, cioè di 20. Le coste del N. fardigradus sono in numero di 16; in altre specie sembra non oltrepassino quello di 15. Alla Fam. Nycticebidae (o Tribu Galegonina di Gray) ap- partiene pure il gen. Galago S. Geoffr., del qual genere il nostro Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 87 Museo ha due rappresentanti appartenenti alla nota specie Ga- lago senegalensis E. Geoftr. (Lemur galago Schreber, Galago acaciarum Less. ecc.). Non fo che accennarli, non meritando una descrizione accu- rata stante lo stato di men buona conservazione in cui si trovano. Hanno diversa età e grandezza, raggiungendo uno dei due esemplari la grossezza di uno scoiattolo. I peli, un po’ più abbondanti in un solo individuo, sono corti, morbidi, fitti, d'un colore grigio giallastri, e nel ventre e negli arti sono in parte bianchicci. Adanson scoperse questa specie nelle foreste che si esten- dono lungo i fiumi della Senegambia. Gray scrive: Habit. West Africa; Senegal; Gambia (pag. 84 del « Catatogue of Monkeys, Lemur etc. »). Gl’indigeni lo chiamano Tend/. L’istesso Gray annovera nel gen. Galago p. d. 5 specie, cioè : G. Allenii, Waterhouse : G. maholi, A. Smith ; il predetto G. senagelensis Geofîr.j G. sennariensis, Ripp; e G. Demidoftii Fischer. Al*re specie indica il Trouessart. Fam. Lemuridae. Questa è più largamente rappresentata nella nuova collezione generale dei mammiferi del Museo univer- sitario, e posso sulla medesima fornire qualche cenno illustrativo. Premetto che i Lemuridi hanno pur dato il nome all’ordine ; ma questo da non pochi scrittori è invece denominato delle Prosimiae, vocabolo proposto da Illiger nel 1811, Stefano Geof- froy Saint-Hilaire nel 1812 proponeva quello di Stresirrhini, che però non fu adottato, e che quasi nessuno ricorda. I zoologi moderni considerano il gruppo dei Lemuridi o delle Prosimiae come costituente non un semplice sott’ordine dei Primates, ma quale un ordine a sè. Come ebbero ad osservare Gratiolet, Mivart, A. Milne- Edwards, ecc., sono notevoli alcune differenze morfologiche 88 A. Carruccio proprie ai veri Lemuri. Non tutti però le hanno apprezzate, nè tutti hanno dato alle medesime l’istesso valore. Ecco la ragione per cui leggendo opere pubblicate in epoche diverse troviamo i Lemuri ora compresi nell’ordine degli Insettivori, ora dei Ro- ditori, ora in quello dei Primati. Non mi fermo a ricordare di proposito quanto scrisse il dott. Marsh in uno dei pregiati suoi lavori (Successione dei Vertebrati d’ America) intorno a forme di primati estinti del- l’eocene inferiore e medio, le quali apparterrebbero a generi (ad es. il gen. Hyopsodus), il cui scheletro « rassomiglia molto a quello dei Lemuridi >». Ma qualunque giudizio si voglia dare sulle opinioni del Marsh, non puossi oggi approvare ch'egli mantenga i Lemuridi nell’ord. Primates. Fin dal 1871 Alfonso Milne-Edwards aveva affermato che i mammiferi Lemuridi non si possono « faire rentrer parmi les Quadrumanes ». Anche dallo studio dello sviluppo dell'embrione dei Lemuridi risulta evidente che questi appar‘engono a un gruppo ben distinto da quello delle scimie. I caratteri embrio- logici differenziali si traggono non soltanto dal feto per se stesso, ma dalla forma della placenta e da altri fatti di struttura. Fra . questi potremmoricordare le rare circonvoluzioni del cervello degli stessi Lemuri, con lobi frontali stretti ed appuntati, con cer- velletto assai poco sviluppato e che rimane per gran tratto sco- perto dai lobi cerebrali sovrastanti. Notevole è invece lo svi- luppo dei lobi olfatori. La forma della testa, del muso « à museau de Renard » (come alcuni antichi zoologi ebbero a chiamarlo), l’orbita largamente comunicante colla fossa temporale, alcune differenze di forma e sviluppo dei denti, massime della mandi- bola, sono altrettanti fatti di struttura, che permettono di sta- bilire differenze notevoli fra i veri Primati e le Prosimiae. I zoologi tengono sempre molto conto, nello studio che fanno dei Mammiferi ecc., anche della conformazione delle zampe; e Sui « Nicticebi e Lemuridi », ecc. 89 quindi nei Primati veri, nei Lemuridi ecc. trovano caratteri ap- prezzabili nelle mani pentadattili, con dita aventi diverso svi- luppo, e pollice più o meno opponibile. Esempio di catarrini a pollice rudimentale abbiamo nei Colobus, e nei Platirrini lo ab- biamo negli Afelcs. Le mani dei Lemuridi ci presentano un pollice ben svilup- pato e largo verso l’apice. Queste mani sono attissime ad affer- rare i rami degli alberi e sostenervisi: invece sono meno atte a portare il cibo in bocca. Infatti questi mammiferi si val- gono molto delle labbra per afferrare l’alimento che mandano nel cavo orale. Negli stessi Lemuri osserviamo molto soventi più lunghi e più robusti gli arti posteriori in confronto agli anteriori. L’indice delle mani posteriori nei Lemuri è fornito di un’un- ghia a forma di artiglio, e le unghie delle altre dita non cuo- prono, come avviene nelle Scimie, l’apice ch’è proporzionata- mente sottile, mentre è largo, come abbiamo detto, nei Lemuridi. Ed in questi tutte le dita delle mani posteriori sono libere fino alla rispettiva base. I Lemuridi mancano di borse guanciali e di callosità alle natiche, che, com’è noto, si trovano nelle scimie catarrine. Il corpo dei Lemuridi è coperto da peli per lo più assai sottili e copiosi, sì da formare soventi un morbido vello; ma non mancano casi in cui si osservano peli duri e ispidi. Le code dei Lemuridi e delle Prosimie in generale sono lunghe e anche folte, ma non sono prensili. Ho detto in gene- rale lunghe, anzi talvolta più lunghe del corpo; ma vi sono Lemuridi che hanno una coda rudimentale. Il cieco in questi mammiferi è per lo più lungo ed ampio, e rassomiglia a quello dei Leporidi: manca di appendice ver- miforme. Assai lungo e circonvoluto è l’intestino crasso. Le £ hanno un utero con due lunghe corna. 90 JN (CARFUECII Le glandole mammarie non sono situate esclusivamente nella regione toracica, come nelle Scimie, ma per lo più nella ventrale. Il piccolo si attacca appena nato ai capezzali materni, e si vede spesso, fin dal primo giorno, abbastanza ardito e indipen- dente. Viene al mondo cogli occhi aperti. Gli scrittori registrano pei Lemuri formule dentarie diverse. Citerò, in prova, quelle date da due autorevoli anatomici: Alf. Milne-Edwards e T. Huxley. Il primo nota che gl’Indrisini sono, fra tutti i Lemuridi, i più elevati per organizzazione, e si di- stinguono anche per la disposizione dei denti, avendo 4 incisi- formi nella mascella inferiore, la quale manca del tutto di ca- nini; o se esistono nei giovanissimi, presto cadono senza essere rimpiazzati. I molari degli adulti sono in numero di cinque o 6 per ciaschedun lato di entrambe le mascelle. Durante la prima dentizione si osserva un premolare infe- riore in più, ed anche un canino che cade prestissimo. Negli adulti la formula è, secondo il Milne-Edwards, la seguente: l (Co ON pm. asi: m. L’Huxley dà pei veri Lemuri la seguente formula dentaria : .2—- 2 1 5 ° D 7 Î Cor em. 5 7? oppure © — È LO n Reno Pei Chiromyx la formula è quest’altra : 1 0 DN mene cal (ary Mi pare opportuno, prima di dire dei Lemuridi attualmente posseduti dal Museo Romano, di riassumere alcune notizie sul modo come le Prosimiae vennero divise in famiglie. parce « Sui Nicticebi e Lemuridi », ecc. ol Vi sono scrittori che ne annoverano due sole: 1° Cheiromydae (vel Chiromidae) ; 2° Lemuridae. Altri aggiunsero una 3° famiglia : la Tarsidae ; altri una 4° : la Pachilomuridae. In questa comprendonsi forme fossili dell’epoca terziaria. È ben noto che i più recenti zoologi hanno tolto dall’ord. Prosimiae la fam. Ga'eopithecidae. Il prof. Milne-Edwards ebbe a far notare come la fam. Le- muridae possa dividersi in un modo affatto naturale, cioè in due sezioni o sotto-famiglie: 1% quella dei Brachifarsi; 2* quella dei Macrotarsi. Nei primi trovansi le ossa del collo del piede d’una lunghezza normale, ad es. nel Propithecus Bennet, nel Lemur L., nell’Hapalemur S. Geoffr., nel Nycticebus, nel Loris S. Geoffr. Nei secondi l’osso calcaneo e l’osso scafoide sono molto sviluppati, ad es. nel Ga/ago S. Geoffr., Chirogale S. Geoffr. e Microcebus S. Geoffr. Il Trouessart annovera nell’ord. Prosimiae 8 Fam., ma osserva subito come 4 comprendano forme estinte, rappresen- tate o da avanzi fossili nell’Eocene in America (Fam. Mega/ada- pidae e Anaptomorphidae), o da avanzi fossili in Europa (Fam. Adapidae), oppure da avanzi fossili finora rinvenuti nella Pa- tagonia (Fam. Notopithecidae). È certo che i generi e le specie fossili di quest'ordine, ap- partenenti alle 4 famiglie che ho indicato, superano i generi e le specie che vengono attualmente annoverati nelle 4 famiglie viventi: e queste sono la Fam. Nycticebidae, di cui mi sono gia occupato ricordando gli esemplari che ho potuto, non ha guari, introdurre nel Museo, la Fam. Lemuridae, la C'hiromidae e la Tarsidae. E prima cne in una II* parte di questo lavoro passi in rapida rassegna i Lemuridi del nostro Museo, mi piace rammen- 92 IN (CAPAICCIO tare che in Parigi, gentilmente accompagnato dal compianto prof. Filhol e in Londra dal caro amico dott. Forsith Mayor, potei esaminare le ricche raccolte di Lemuridi, provenienti dal Madagascar, e che fanno parte delle collezioni (Grandidier ecc.) nel Museo di storia naturale au /ardin des plantes, e delle col- lezioni del British Museum (Kensigton). Osservando il viso di una serie di Lemuridi si constata che nelle due ampie orbite, molto ravvicinate fra loro, trovansi globi oculari voluminosi e alquanto sporgenti, atti alla più netta visione nelle ore crepuscolari e notturne; nelle quali — si dice — splendono come due sferette infuocate, distinguendosi a di- stanza nell’oscurità della notte, se per caso cacciatori o viag- giatori penetrano nelle foreste, abituale ricovero di queste prosimie. I loro padiglioni uditivi sono quasi sempre ben sviluppati, ma non sempre la cute che li ricuopre è fornita di numerosi peli: non mancano quelli ehe hanno l’orecchio esterno nascosto in mezzo a pelame lanoso. Ritiensi che le Prosimiae siano tutte dotate di udito assai squisito, e possano svegliarsi al solo ronzio di ditteri o al volo d’altri insetti. Il nome di MaXi che da gran tempo venne dato a questi animali, pare che corrisponda al grido speciale ch’essi mandano, nascosti nei rami degli alberi. Le grida diventano acute, lamen- tose quando sono emesse dai numerosi componenti di un branco e allora infastidiscono gl’indigeni che le odono; ma sono guida ai cacciatori che si valgono dei cani per venir in possesso dei mai. La loro carne vien mangiata assai volentieri. (Continua). Rassegne bibliografiche Giuseppe LEPRI. — Novità entomologiche italiane. Nell’ ultimo fascicolo delle Entomologische Mitteilungen (1 maggio 1913) l'illustre coleotterologo E. Reitter in una sua nota dal titolo: Verschiedene Mitteilungen iiber Pselaphiden descrive varie nuove specie di questa interessante famiglia di coleotteri, tra le quali due Bythinus appartenenti alla fauna italiana : credo quindi non privo di interesse per gli entomo- logi lettori di questo Bollettino, riferirne qui le diagnosi date dal suddetto entomologo. Avverto subito che, d’accordo con molti zoologi, considero la Dalmazia, come facente parte, dal punto di vista corologico, della regione italiana: sarebbe cra troppo lungo l’addurne le ragioni, che del resto sono state più volte esaurientemente esposte da più competenti di me. I. - Bythinus valombrosus Reitt. (1) « Nell’aspetto e nelle dimensioni assomiglia al B. Cu'tisi, però è affine al B. latebrosus, dal quale come dalle altre spe- cie più o meno vicine, si distingue per la forma della clava antennale, la quale è robusta e bipartita. Il 10° segmento delle antenne è grosso e largo quanto il segmento apicale, nel punto della sua maggiore larghezza. Gli ultimi segmenti non special- mente grossi, sono oviformi: il 9° segmento è un poco più grande dell’s*, II colorito è di un bel bruno rossastro lucente, (1) Trascrivo qui il noma specifico com? è stato scritto dal Reitter nella suddetta memoria ; ma non è corretto: Vallombrosa è il nome della pittoresca località dell'Appennino toscano, ove questa specie fu catturata, e non Valom- brosa, come scrive il Reitter. E poi mi sembrerebbe più esatto dire: Val lombrosanus anzichè Valombrosus. 94 Rassezne bilbiografiche sparsamente peloso, quasi glabro, solo le elitre presentano una sottile e scarsa punteggiatura. La testa, la quale presenta i due occhi abbastanza grandi, è soltanto un poco più stretta del pronoto. Il segmento apicale dei palpi è mcderatamente dilatato ed un poco più corto della testa. Il pronoto è un poco più largo che lungo, cordiforme, lucido, normalmente scolpito dinnanzi alla base, però la fos- setta mediana nel solco trasversale è poco manifesta, sono in- vece ben marcate le fossette laterali. Le elitre sono finamente e radamente punteggiate e la loro lunghezza è di parecchio maggiore della loro complessiva lar- ghezza. L’addome è liscio. Maschio. — Il 1° segmento delle antenne è moderatamente dilatato, un poco più lungo che largo, un poco più rigonfio in- ternamente all’apice, ma senza angolo, nè protuberanza ; la fac- cia superiore presenta una fossetta. Il 2° segmento è più stretto del 1° e più largo dei seguenti, ed arrotondato. Il 3° è così lungo che largo, il 4° ed i seguenti sono leggermente obliqui. Le zampe non sono dilatate. Le tibie anteriori presentano interiormente una dentellatura, ed anteriormente un piccolo dente aguzzo. Le tibie posteriori sono curve. - Femmina. — Il 1° segmento delle antenne ha una lun- ghezza equivalente una volta e mezza alla sua larghezza, il 2° è rotondeggiante tanto lungo quanto largo, ma un poco più stretto del 1°. I segmenti seguenti sono eguali a quelli del maschio. Un maschio e due femmine di questa specie furono rac- colte a Vallombrosa (Appennino Toscano) dai sigg. Staudinger e Bang Haas. II. - Bythinus ragusensis Reitt. Molto vicino al B. dalmatinus Reitt, ma un poco più grosso : la testa è sensibilmente più stretta del pronoto e diffe- risce inoltre per i caratteri sessuali del maschio. Novità Entomologiche Italian» 95 Le zampe anteriori e posteriori sono molto dilatate. Le tibie anteriori sono fortemente smarginate internamente prima dell’apice, in modo da presentare un dentino spiniforme rivolto nella direzione longitudinale della tibia stessa; all’apice sono larghe la metà di quello che lo sono prima delle smarginatura. Le tibie mediane sono semplici, le posteriori fortemente dila- tate e presentano, poco oltre la loro metà, una marcata smargi- natura il cui angolo esterno sporge a mo’ di piccolo aculeo : posteriormente alla smarginatura si assottigliano e presso al- l’apice presentano uno sperone un poco obliquo verso l’interno, largo quanto la tibia stessa. La lunghezza totale di questa specie è di mm. 1.60. Venne raccolta in buon numero presso Ragusa (Dalmazia) nella pri- mavera del 1912. Questa specie concorda interamente con la descrizione del B. Woerzi Hold. di Corfù e Cefalonia. Questo però è un poco più piccolo e le zampe sono molto dilatate : le altre caratteristiche sono eguali. Holdhaus compara la sua specie con il B. pe/oponnesinus Reitt: la quale infatti è molto simile al B. ragusensis. Ma si distingue per i segmenti centrali delle antenne più sottili e dei quali i segmenti 3°-5° sono quadrati. Nel B. dalmatinus e nel B. ragusensis invece sono brevi ed obliqui. Probabilmente il 4° e 5° segmento delle an- tenne non sono obliqui nemmeno nel B. Woerzi, onde questa specie verrebbe a presentare maggiore affinità con il B. pelo- ponnesinus che non con il B. dalmatinus, mentre sembrano tutti presentare un’identica affinità. E questo è provato anche dal fatto che le zampe sono dilatate nei maschi, in cui le zampe mediane non partecipano alle edemeria. Il B. dalmatinus ha zampe semplici: le tibie anteriori non sono dentella‘e all'apice ma presentano una semplice intaccatura. Sul dalmatinus con tibie anteriori non dentellate (/laud vel vix denticulatis) il collega Apfelbeck ha stabilito la sua varietà aplopus che in questo caso non è affatto giustificata ... » 9 Rassegne bibliografiche Riferisco ancora la diagnosi di un nuovo Cynipide (Hy- menoptera) italiano data dal Dr H. Hed:cke nella sua memoria: Beitrige sur Kentnisse der Cynipidon (Hym.) = IV°: Uber einige Cynipiden des Deutschen Entomologischen Museums a pag. 46 del succitato fascicolo delle Ertomo/ogische Mitteilungen. n « Subfam. EUCOILINAE. Chrestosema laeviusculum H. Hedicke. Maschio : Nero; testa rotondeggiante, glabra, lucente. Occhi bruno-aurei nel loro margine interno : tra gli occhi e le antenne un solco ecrto e ben marcate. Antenne nere, il 3° segmento è il più lungo, lungo quattro volte la sua larghezza. Torace liscio quasi privo di sculture; i solchi laterali del mescnoto sono larghi e profondi, i solchi longitudinali mediani debolmente in- dicati. Lo scutello è diviso dal mesonoto da due profonde fos- sette. Segmento mediano quasi verticale con due creste longi- tudinali arcuate, metapleure liscie con una cavità a mo’ di coppa, appiattita al disopra delle coscie. Ali ialine, pelose e ciliate con nervature bruno-gialle, seconda sezione della radiale più lunga della prima, questa incurvata all’interno. I femori ai due apici, tibie e tarsi rosso-bruni. Coscie, trocanteri e parte me- diana dei femori, neri. L’addome è lungo quanto il torace, di color nero lucido. Lunghezza mm. 2.5. Un maschio fu raccolto dal Krausse ad Asemini in Sardegna. » GIUSEPPE LEPRI. Avvelenamento e morte per puntura dello Scorpione 97 Pror. M. CoxporeLLI FraxcavieLIA, — Avvele- namento e morte per puntura dello Scorpione. Col nome dell’ottimo consocio e amico, ben noto ai lettori del nostro Bollettino, pei diversi e pregiati favori inseriti in parecchi volumi del medesimo, è stata or ora pubblicata (1) una interessante memoria che ci fa desiderare si ponga in Italia maggior attenzione agli effetti delle punture di animali vele- nosi ; effetti che di rado si fanno conoscere al pubblico da com- petenti scrittori con opportune note e considerazioni. Il prof. Condorelli ricorda dapprima le specie comuni e varie di Scorpioni che si rinvengono in Italia (2), e cita di- versi buoni lavori di zoologia medica, dovuti a scrittori stra- nieri, sulla struttura delle ghiandole velenignene, sulla natura e sulla quantità dell’umore tossico (le ghiandole del Buthus euro- paeus ne contengono fino a 8-10 centigrammi), sui fenomeni morbosi osservati dopo l’inoculazione ecc. È una neurotossina (Valentin, P. Bert, Joyeux-Laffuie) od una lecitina (Kies), od altro principio che opera sul sistema nervoso e sul sangue del- l’individuo ferito ? Noi troviamo che ha ragione il Condorelli quando afferma che « l’importante questione ha bisogno ancora di essere meglio studiata >». Rammenta dopo casi gravissimi di puntura ed anche di morte, fra i quali quelli narrati dai dott. Guyon, Bartels e Ca- varoz. Ma se questa gravità è nota per l’Algeria e per altre re- gioni tropicali, non è altrettanto, anzi taluni non l’ammettono per l’Italia, che non ha specie così potenti, come quelle del- l’Africa, America, ecc. Il Condorelli non segue il « soverchio ottimismo » di al- cuni, e richiama alla memoria il fatto accaduto al conte Ninni, (1) Vol. Atti della Accad, Gioenia di Scienze natur. in Catania. — Anno LXXXIX, 1912, Vol. V (Memoria V). (2) Di queste si è occupato recentissimamente anche il dott. Masi nella memoria pubblicata nel volume del 1912 del Bollettino della Società Zoolo- gica Italiana con sede in Roma. 98 Rassegne bibliografiche il quale, « punto al mignolo della mano sinistra dall’Euscor- pius italicus, provò subito bruciore e dolore intenso, e vide formarsi sul sito della puntura una larga papula di color rosso livido, che tosto si trasformò in una flittena a contenuto siero- sanguinolento, da cui prese origine una linfagioite, che si estese sino al collo. Vi fu pure leggero movimento febbrile. Tali di- sturbi, dopo 24 ore, cominciarono ad attenuarsi, e SCOMPaniie del tutto alla terza giornata ». Poscia il Condorelli espone quattro osservazioni rigt ardanti individui punti da scorpioni in Sicilia. La prima in persona di certo Puglisi Sebastiano d’anni 32, da Priolo (Siracusa). La puntura, che ebbe luogo sul dorso della mano sinistra, fu se- guìta da disturbi (linfagioite ecc.), dei quali si ebbe la guari- gione solo dopo circa 30 giorni. La seconda osservazione riguarda una giovane di 21 anni, Marianna Moretto, morta per puntura di uno scorpione alla faccia. Anche nel terzo caso si ebbe la morte in una giovinetta di 15 anni, Santa Pirezza, alla quale sopravvenne rapidamente edema emorragico su tutta la regione vulvare, soccombendo al 3° giorno con sintomi di asfissia. Il quarto caso che, il prof. Condorelli descrive minuta- mente perchè da lui stesso osservato pit anni or sono, riguarda certo Giuseppe Fiorito d’anni 42, da Misterbianco (Catania). Quest'uomo fu punto da un grosso scorpione al sopracciglio destro, e subito provò dolore intenso alla faccia ed al capo, con gonfiore, ecc. Ma l’infermo non chiamò il prof. Condorelli che al 3° giorno dall’avvenuta puntura, quando già i fenomeni morbosi si erano aggravati. Senza qui ripetere tutti questi fenomeni, noteremo solo che la infiltrazione edematosa si era estesa al collo ed alla parte superiore del torace, che le palpebre di destra erano fortemente chemotiche e comprimevano il globo oculare. Il Fiorito aveva tendenza al sonno ed estenuazione grave di forze, respirazione e polso frequente e debole. Lasciamo pure di ripetere quanto il medico energicamente operò per tentare di vincere i gravi effetti dell’avvelenamento. Nuove specie di Lepidotteri italiani 99 Ma ogni tentativo terapeutico fu vano, ed il paziente soccom- bette al 5° giorno dall’avvenuta puntura. Il Condorelli ha raccolto numerosi individui di Euscorpius carpaticus, ma non crede sia questo capace di produrre effetti pericolosi e mortali, bensì l’altra specie più grossa e più rara, il Buthus occitanus. Crediamo giusto il desiderio espresso dal Condorelli. « Se si facesse, egli scrive, un’accurata inchiesta, interrogando sopra tutto i medici esercenti nei comuni rurali delle provincie orien- tali e meridionali della Sicilia, ritengo che gli. accidenti gravi, consecutivi a punture di scorpioni, risulterebbero meno rari di quel che si pensa generalmente >». DIRSASE. Nuove specie di Lepidotteri italiani. È noto agli entomologi italiani che fra essi, specialmente in Lombardia, occupa un posto ben distinto il conte comm. E- milio Turati di Milano, che da molti anni si occupa con zelo indefesso, con mente illuminata, e colla larghezza di mezzi dei quali può fortunatamente disporre, dello studio dei Lepidotteri; de’ quali ha formato una ricchissima e preziosa collezione, come in Roma è riuscito a formarla il nostro valentissimo Rostagno. Ora il Turati ha fatto una nuova pubblicazione (1), che abbiamo letta con vero interesse, e della quale siamo lieti di poter dare un breve cenno bibliografico. Alla memoria sono unite due tavole in cromofototipia, benissimo eseguite, e 36 diligenti figure in fototipia nel testo. Il Turati assai opportunaimente fa questa domanda : a qual punto sono « oggi gli studi della Lepidotterologia in Italia ? » E prosegue: « Pur troppo, se mi si domandasse quanti siamo, che in questo interessantissimo ramo dell’Entomologia ci (1) Ved. Un Record Entomologico. — Materiali per una Faunula dei Lepidotteri della Sardegna. — Atti della Società Italiana di Scienze naturali e del Museo Civico di St. nat. in Milano. Vol. LI, fasc. 3. e 4, 1913, pagine 265-305. 100 Rassegne bibliografiche siamo specializzati nel nostro paese, dovrei rispondere, pochini davvero! Ci contiamo quasi sulle dita! » Ma altrettanto, egregio Turati, dobbiamo ai di nostri ri- petere per gli altri rami dell’Entomologia. Il numero dei col- lettori intelligenti e perseveranti, degli studiosi coscienziosi dei diversi ordini della vastissima classe degli Esapodi è in Italia ridotto a minimi termini, e pochi sono quelli che veramente emergono. Negli stessi Musei Universitari, i più ricchi di col- lezioni entomologiche, queste sono in gran parte dimenticate, e pochissime sono quelle che vengono accresciute, migliorate e stu- diate o ristudiate pazientemente. I giovani zoologi attuali, od al- meno una gran parte, dedicano il loro ingegno e il loro tempo ad altri studi, che in realtà non sono di zoologia descrittiva, nè di questi hanno eguale importanza, nè come questi lasciano dure-. vole traccia. « Siamo dunque, soggiunge il Turati, ben indietro dalla Francia e dall’Inghilterra, ma sopratutto dalla Germania e dal- l’Austria. » Verità dolorose, ch’è bene siano ripetute. Non seguiremo il conte Turati nei ricordi storici che espone, nè nelle meritate lodi che fa al sig. Giorgio C. Kriiger, conser- vatore della « Collezione lepidottorologica Turati. » Vorremmo ‘avere spazio sufficiente in questi fascicoli per dire di tutte le forme nuove e notevoli raccolte in Sardegna dal Kriiger, ma solo ci è permesso indicarne qualcuna. Ad es. la Euchlòe insularis ; la Pararge aegeria var. Sardoa, Verity; la Epinephele jurtina. var. nurag, Ghiliani, che anzi può consi- derarsi quale specie esclusivamente sarda; la Ep. titonus ful- gens: la Lymantra Kruegeri, Turati; la Malacosoma cinna- momea, Turati e Verity; la Cilix glaucata aeruginata, Turati; ed altre belle e interessanti forme, che ci riserviamo far co- noscere con alcuni utili particolari, anche per le località in cui tali forme si possono catturare, località che nella massima parte ci sono ben note. DI RIASSG Comm. prof. Antonio CARRUCCIO - Direttore e Redattore. Rise POMATA Fasc. IV Serie II - Vol. II Anno XXI - 1913 (Cont. le puntate 4,5e 6) (XXII dalla fondazione) BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA . Presidente Onorario S. M,. il Re Una nuova specie di grosso ‘Gonger, scoperta nel mare di Messina Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma nella seduta del 6 luglio 1913, dal socio Dott. Lurei FaccioLA. Il titolo di questa memoria può recare meraviglia in quanto appare difficile che un Conger di considerevoli dimen- sioni, vivente nel Mediterraneo, dopo le ricerche praticate in molti anni sulla fauna ittiologica di questo mare, sia rimasto finora sconosciuto. Se non che nello studio de’ pesci, come di altre classi di animali, è successo non di rado che due specie ben diverse di uno stesso genere per la grande somi- glianza nei caratteri esteriori siano andate confuse per vario tempo in unica specie. Lo stesso caso accade ora per il pesce che mi propo.igo di far conoscere, somigliantissimo nell'aspetto al Conger vulgaris Linn.. Nel tempo che io cercava, sempre indarno, il maschio di questo congro, conversando coi pescatori del mio luogo io diceva loro che nel corpo di esso si trovano le ovaie che sono quelle due voluminose frangie grassose e bianche che scorrono lungo il ventre ma non si vedono mai individui coi latti. Eglino per ignoranza sostenevano che questa specie non porta nè uova nè latti. Soltanto uno di loro, assai esperto dei pesci locali. mi assicurò con tutta sincerità di aver visto una sola volta 102 Luigi Facciolà in molti anni del suo mestiere un congro di questa specie che portava uova grosse come teste di spilloni e precisamente quanto quelle della Murena, che aveva il peso di circa 2 Kil., colore tutto nero e che era stato preso in uno dei due laghi salsi del Faro. Egli non aveva interesse di mentire e si sfor- zava di significarmi la meraviglia allora provata per la stra- nezza del caso. Di tutto ciò io presi nota. Dopo qualche tempo, nel giorno 13 aprile 1906, vidi al mercato in una cesta parecchi individui perfettamente simili al comune congro, di colore nero uniforme, del peso di 1 a 2 chilogr., provenienti da Lipari. Dalla superficie di taglio tra- sversale del corpo in corrispondenza dell’ addome in uno di essi pendeva l’ovario, di cui osservato un pezzetto da vicino vidi con mia grande sorpresa che conteneva uova di una grossezza insolita per la specie. Ho detto con mia grande sorpresa perchè io sapeva da lunga esperienza che le uova del C. vulgaris si trovano sempre molto immature e ad occhio nudo s'incontra una certa difficoltà a percepirle tra le due sottili membrane trasparenti di un pezzetto di piega nei sog- getti delle maggiori dimensioni. Ne acquistai un esemplare, presi nota di alcuni caratteri esterni ed interni e lo conser- vai per uno studio ulteriore aspettando nel frattempo di vederne altri esemplari. Ma esso e le uova che aveva conservate a parte in alcool dopo averle convenientemente fissate si per- dettero nello scempio del 28 dicembre 1908 insieme a tutta la mia collezione ittiologica del mare di Messina. Ai 3 di luglio 1912 vidi sul mercato locale un altro esemplare pescato nel canale, del quale però era stata tagliata e venduta la por- zione media della coda. Esso era più grosso di quelli visti innanzi poichè prima di essere tagliato era stato pesato 63,5 Kil. I principali caratteri di questo pesce sono i seguenti: La forma generale del corpo non differisce da quella del C. vulgaris. Sull’ estremità del muso si osservano quelle tre Una nuova specie di grosso “ Conger ,, 103 pieghe cutanee, verticali, parallele, di cui una è mediana, che pure si trovano nel C. vulgaris, in cui però sono più svilup- pate. Dietro la piega laterale vi sono due forami, di cui uno superiore e uno inferiore, dietro questo vi.è la narice ante- riore, munita di brevixsimo tubo troncato sull’estremità e die- tro la stessa narice un altro forame, sicchè essa si trova tra due forami, in direzione verticale della detta narice e in pros- simità del profilo superiore del capo si apre un altro forame più grosso, al di sotto e in vicinanza di questo esiste un altro forame più piccolo; in continuazione del forame sito dietro la narice anteriore vi sono altri tre forami lunghesso il lab- bro superiore, dei quali l’ultimo è quasi in direzione verticale del contorno anteriore dell’occhio ed è collocato precisamente sul margine del labbro. La narice posteriore è semplice, ampia, situata in prossimità del contorno antero-superiore del- l'orbita. La regione preorbitale è protuberante. L’occhio è subo- vale, collocato sotto il profilo da cui dista 1/4 del suo lungo diametro, l’iride è giallo-dorato foschiccia. Sul davanti del- l'apice della mandibola veggonsi due forami, uno per lato, al di sotto altri due forami più distanti l’uno dall’altro, altri tre lungo ciascun lato della mandibola inferiormente, l’ultimo dei quali è a metà della lunghezza di essa mandibola. Quelli delle due prime paia di questi forami mandibolari sono circolari, quelli delle altre tre paia sono allungati. Più indietro dell’an- golo della bocca, sul profilo inferiore del capo e in corrispon- denza della membrana branchiostega comincia un’altra serie di tre forami per ogni lato, subcircolari, il primo dei quali è sull'angolo posteriore della mandibola e gli altri due sono sulla regione opercolare. Il taglio della bocca è quasi orizzon- tale, un po’ flessuoso e per poco non raggiunge il contorno posteriore dell'occhio. I /abbri sono rovesciati, il superiore in alto, l’inferiore in basso. I denti su tutto il bordo del mascel- lare superiore formano una serie in cui sono bassi, fissi, piut- tosto smussi, con la lieve punta volgente alquanto in dietro 104 Luigi Facciola per lo più riuniti a paia, alcuni a gruppi di tre. Sul lato interno di questa serie di denti ne esiste un’altra di molto più piccoli, conici, i quali pero sono limitati alla metà anteriore della lunghezza dell'osso. Sull’ estremità del vomero :sono un poco più puntuti di quelli della serie esterna dei mascellari superiori e un poco rivolti in dietro e formano una figura ovale allungata terminata a punta in dietro. Nella mandibola ve n’ha pure due serie, in cui hanno la stessa forma e gran- dezza dei superiori e come in questi gli esterni vanno fino agli angoli della bocca e sono riuniti a 2, 3, 4, ma i singoli gruppi sono poco distintamente intervallati, e gli interni occu- pano la metà anteriore della lunghezza dell’ osso. Le fessure branchiali sono larghe, poco inarcate, coi due angoli sopra una linea verticale e di cui il superiore corrisponde in linea oriz- zontale al contorno inferiore dell’occhio e l’inferiore discende fino al profilo del capo. Le pettorali sono un poco più lunghe del taglio della bocca, il loro scheletro è formato di 17 raggi, di cui i primi tre a contare dal superiore sono articolati e ramificati, esse somigliano a quelle del C. vu/garis in cui con- tengono 17-18 raggi. La dorsale nasce in direzione verticale dell’apice delle pettorali, dapprima più bassa va elevandosi e si riabassa verso l'estremità della coda ove si congiunge con l’anale. Queste due pinne insieme alla codale, da cui non si possono distinguere esternamente, formano sull’estremità poste- riore del corpo una pinna molto ottusa. La linea laterale comin- cia sul capo con circa 6 boccuccie biancognole innanzi alla fessura branchiale; le quali ripetendosi a regolari distanze sui lati del corpo terminano sopra un lato sulla radice della codale e sull’altro lato un dito innanzi a questo punto. Il colore sul disopra del corpo, compreso il capo, è assai fosco, nerastro, il disotto del capo e del ventre foschiccio per la presenza di punticini neri, volgenti al bleuastro. I grossi pori del capo e le narici internamente sono bianchi. La cavità della bocca e la lingua sono bianche con punti grigi. Le pettorali sono fosche, Una nuova specie di grosso “Conger ,, 105 bleuastre. La dorsale e l’ anale sono fosche, nero-bleuastre verso il margine. Il cuore è retroposto più che non sia comu- nemente nei teleostei trovandosi in direzione delle aperture branchiali. Il fegato è collocato a destra, unilobo, compatto, lungo 10 cm., largo 41/2 cm., ristretto a punta posterior- mente. La cistifellea è piriforme, contiene bile verde-scura. Numerosi condotti epato-cistici si gettano direttamente in que- sta vescicola in fasci separati, in alcuni dei quali confluiscono in tronchi prima dello sbocco, in altri fasci i singoli condotti si aprono nella sua cavità, ognuno per conto suo. È notevole che il condotto cistico non è in continuazione con l’estremità ristretta della vescicola biliare, invece scorre su di essa, attac- cato alla sua parete e comunica immediatamente col duodeno senza staccarsi in una porzione libera. Lo stomaco è conico tuboloso, ‘a sinistra, dove si congiunge con l’esofago si stacca un breve fratfo pilorico. L’intestino è a destra, non ripiegato ed ha la stessa lunghezza dello stomaco. Tutti e due sono congiunti alla vescica natatoria da una duplicatura. La milza si trova al disopra dello stomaco e dell’intestino, aderente a questi organi per briglie di tessuto, da un poco dietro l’ori- gine del duodeno si allunga per 48 millim. con una larghezza massima di 13 millim., è di colore oscuro. Gli ovarii sono gros- sissimi, bianchi, il sinistro in avanti si prolunga fino al dia- framma, il destro si arresta un poco più indietro. In corri- spondenza della vescica natatoria si attaccano a quest’organo col loro margine interno. Posteriormente si continuano in un prolungamento del cavo addominale al di là dell’orificio geni- tale. La loro faccia inferiore presenta pieghettature trasver- sali che scompariscono allorchè si distende e allora diviene liscia. La faccia opposta è frangiata cioè sollevata in nume- rose pieghe trasversali, parallele, intiere, non intagliate al margine, alte 3 1/2 cm. Gli spazii laminari esistenti tra le due opposte membrane che formano una piega e gli spazii anche chiusi da due opposte membrane i quali intercedono tra la 106 Luigi Facciolà base di una piega e quella di un’altra sono pieni zeppi di uova sferiche semitrasparenti (semimature), di varia grandezza e di cui le maggiori e più comuni hanno 1 millim. di diame- tro. Mancano gli ovidutti e le due glandole sboccano diretta- mente nella vescica urinaria in cui passano le uova per venire fuori dell’orificio uro-genitale situato dietro l’ano. Un pezzetto dell’ ovario stropicciato tra le dita non lascia untuosità. La vescica natatoria è collocata sopra la metà anteriore del cavo addominale, è corta e di forma ovale, la sua estremità ante- riore si trova a tre dita trasverse dietro l'origine del piloro. Quest’organo ha le pareti spesse, formate di due tuniche, di cui l'esterna argentina. |] suoi corpi rossi si trovano sulla parete inferiore e sono discoidali e compatti. Da essi emanano fasci di capillari a guisa di braccia. Tra i due corpi detti o gan- gli vascolari si vede l’orificio del condotto pneumatico, il quale condotto si trova compreso tra le due tuniche della vescica natatoria. Esso si dirige obliquamente a sinistra, indi lasciata la vescica scorre lungo il lato sinistro della doccia formata dalle apofisi emali ‘e va a sboccare nell’ esofago. È intestini- forme, ha le pareti lasse, distendibili onde pare che si presti ad essere riempito e dilatato dai gas, ha 1 cm. di larghezza e in avanti anche di più. I reni cominciano dietro il diaframma alquanto cilindrici, in direzione dell’ estremità della vescica natatoria sono già assottigliati a guisa di nastrino e molto sparuti, posteriormente vanno sempre più ingrossando e die. tro l’ano formano insieme un corpo voluminoso, affusato, rive- stito da capsula fibrosa. Il pesce di cui ho esibito i caratteri che potei rilevare è, come dissi in principio, somigliantissimo sì nell’abito esteriore che nella forma e disposizione della maggior parte dei visceri, al Conger vulgaris. Tuttavia poste in confronto le due specie si osservano differenze di cui alcune di minor conto, altre di maggiore rilievo, ma che importa notare tutte. Nel pesce che ho descritto la narice anteriore è più corta e rotondata e però gs Una nuova specie di grosso “ Conger,, 107 più a forma di ampolla che tubulosa, l’occhio è più rotondato e il suo diametro cape 2 volte e 2/3 nello spazio interorbi- tario, 2 volte e 1/2 nella Junghezza dello spazio preorbitale cioe del muso, il quale è più ristretto sull’estremità e le due mascelle hanno uguale lunghezza. Nel C. vu/garis l occhio è più allungato, più vicino al profilo, entra 1 volta e un poco più nello spazio interorbitario, 2 volte nella lunghezza del muso, il quale è più ottuso e la mascella inferiore è un poco più corta della superiore. I labbri nel mio pesce sono più stretti e il superiore di essi nel suo terzo anteriore forma una medio- cre convessità in alto, nel C. vulgaris sono più sviluppati e alla detta convessità corrisponde sul contorno inferiore una convessità simile che manca completamente nell’altro. Il numero e la disposizione dei grossi pori del capo che potrebbero sem- brare soggetti a variare, non differiscono nei due pesci per sito e per numero. È anche notevole la comune presenza delle tre piegoline cutanee parallele sulla punta del muso, le quali non si riscontrano in nessuna delle altre specie dei nostri Murenoidi. I denti nel mio pesce sono meno sviluppati di quelli del C. vu/garis, nel quale inoltre gli esterni delle due mascelle sono fitti come i denti stretti di un pettine e for- mano una specie di lamina lungo i lati. Nel mio pesce la por- zione cefalica della linea laterale è moderatamente curva, nel C. vulgaris è in continuazione orizzontale col rimanente di essa e però più in basso del profilo. Gli ovarii che nel C. vulgaris non vanno più innanzi dell’ origine dell’ intestino propriamente detto ed hanno le pieghe più o meno profonda- mente intagliate, nell’altro abbiamo visto che si prolungano fino all'estremità anteriore del cavo ventrale e le loro pieghe trasversali o frangie sono intiere. Nel mio pesce è inoltre caratteristica la presenza di più che 30 condotti epato-cistici che sboccano direttamente nella vescicola biliare e l'intestino propriamente detto è più largo, specialmente nel suo tratto duodenale. Ma una differenza importantissima tra i due pesci, 108 Luigi Facciolà la quale basterebbe da sè sola a far distinguere il pesce che ho annunziato dal comune congro, risiede nella vescica nata- toria che è corta e carnosa mentre in quest'ultimo è affusata. sottile e trasparente. Anche la disposizione dei suoi corpi rossi è diversa poichè nel comune congro sono costantemente sul lato sinistro dell'organo e perciò asimmetrici rispetto al corpo dell’animale e nel mio pesce si trovano sulla parete inferiore oltrechè hanno maggiore compatezza. Infine il con- dotto pneumatico che nel mio pesce. somiglia a un intestino per essere sviluppatissimo, nel congro comune non è facile trovarlo e prepararlo. Volendo allon:anare dal mio animo ogni sospetto di una possibile identità di specie fra i due pesci mi volli assicurare se mai le diîferenze morfologiche offerte dalla vescica natatoria nei due animali fosse in relazione con l'età, vale a dire se mai da sottile e afiusata che sia negli esemplari poco adulti del C. vulgaris prendesse in seguito l'aspetto e la forma che presentava. nell’altro, Il risultato di questa ricerca fu che anche nei più cresciuti del C. vulgaris la vescica natatoria conserva i caratteri che ha nei giovani. Non è il caso di pensare a una differenza sessuale seconda- ria, che è possibile trattandosi di quest’organo, poichè il mio pesce era una femmina, del quale sesso sono pure tutti i sog- getti del C. vulgaris che comunemente si ritirano dalle acque. Mi rimane a dire delle uova. Nei soggetti del congro comurie che hanno presso a poco la statura del mio pesce, le uova sono così piccole che riesce malagevole distinguerle con l’oc- chio inerme ed anche nei soggetti che hanno raggiunto le maggiori dimensioni e il peso di 30-34 Kil. il diametro delle più grosse è di 0,mm 190, invece nell'altro pesce sono quanto quelle della Murena. Ho detto che l’ovario non lascia untuo- sità alle dita, quale si ha da quello dei grossi soggetti del C. vulgaris, onde il volgo erroneamente crede che questa glan- dola è un grasso bianco. Tale effetto deriva da metamorfosi oleosa che subisce il contenuto di alcune cellule omologhe a eee ie LI SE AS pei < i ese, = Una nuova specie di grosso “ Conger » 109 quelle che poi divengono uova, le quali perciò quando sono formate si vedono separate da interstizii. Nell’altro pesce non avendo luogo questa metariorfosi le uova si trovano stipate. Considerando il numero sterminato delle uova che si pro- ducono nei due voluminosissimi ovarii di questo pesce dovremmo aspettarci che esso debba essere almeno mediocremente comune e mondimeno è così raro che in molti anni di ricerche è stato da me avvertito due sole volte. Ma di questo caso abbiamo altri esempii in ittiologia. I suoi stati embrionali liberi si devono trovare tra gli esemplari di Leptocephalus stenops Kaup e L. Morrisii Gen., ma è impossibile poter distinguere quali tra questi esemplari spettano ad esso e quali al ’. vu/garis, almeno che non vi sia un notevole divario nel numero delle vertebre, ciò che mi pare improbabile perchè in molti indi- vidui dei due sunnominati leptocefali, che una volta presi a studiare, il numero dei miomeri, i quali corrispondono ad altrettante vertebre non ancora formate nel L. stenops e quello degli abbozzi di questi corpi nel L. Morrisii, variava sempre da 154 a 156, tante essendo le vertebre nel C. vu/garis. Del genere Conger propriamente detto (Leptocephalus Gronow) si cono- scono altre tre specie, esotiche. All’unica specie nostrana va ora aggiunta, secondo ne penso, la specie Senradeschiffas, alla quale do il nome di C. simulatus. N. B. — Di quest’ultima ho rilevata la figura del capo, di grandezza naturale, e mi riservo di pubblicarla nella mia Ittiologia del mare di Messina insieme a quella che prenderò dell’intiero corpo quando, come spero, mi si presenterà qualche individuo completo. Su tre mascellari umani aventi l’antro del Highmoro diviso Nota del socio Prof. Dott. Uco G. Vram. 25 Maggio 1913. Fra gli avanzi scheletri delle tombe dell’epoca repub- blicana scoperte a Ostia m’accadde di trovare tre mascellari nei quali l’antro del Highmoro era in differente maniera diviso in seni secondari. Dato l' esiguo numero di mascellari aventi questa parti- colarità decisi di presentargli a questa adunanza. Il primo è un mascellare sinistro; la sua larghezza mi- surata sull’ orlo dell’apofisi palatine è di 42.4 mm.; la lun- ghezza (proiezione dell’arcato alveolare) è di 49.5 mm. e l’al- tezza dal punto alveolare aila sommità dell’ apofisi ascendente è di 61.5 mm. — La lungbezza dell’antro è di 36.0 mm. e l’al- tezza di 25.0 mm. — Nell’angolo anteriore superiore in corri- spondenza del canale lagrimale niotasi un piccolo seno il quale è diviso dal rimanente dell’antro da una parete di 9.0 mm. (fig. 1 a), che va dalla faccia interna della parete superiore a quella della parete messiale e si congiunge a questa al- l'altezza dello sbocco inferiore del canale lagrimale; questo seno sboccava probabilmente nell’apertura dell’antro. Al lato esterno trovasi fra le laminette della parete superiore un altro piccolo seno della grandezza di un grano di miglio. Null’altro di speciale presenta questo mascellare, che ha Ja faccia anteriore piana. Pror, UGO G. VRAM. -—- Su tre mascellari umani aventi l’antro dell’Highmoro diviso. Su tre mascellari umani 11l Il secondo press’a poco della grandezza del primo è pure un mascellare sinistro, nel quale l’antro del Highmoro è diviso in due porzioni, una anteriore (fig. 2 d), ed una posteriore (fig. 2 c), da una lamina ossea (fig. 2 b), chè discende dalla faccia interna della parete superiore fino all'ultimo quarto della parete anteriore; questa parete possiede nella parte più alta un piccolissimo seno dovuto a distacco delle lamine. Il terzo è il mascellare destro corrispondente al prece- dente. L'antro è diviso in due cavità, una posteriore (fig. 3 f), una anteriore (fig. 3 h), da una parete ossea (tig. 3 e), curva con convessità posteriore; questa convessità fa sì che la suddetta porzione dell’antro è larga inferiormente e supe- riormente e ristretta alla metà della sua altezza. La porzione anteriore dell’antro (fig. 3 h) è parzialmente divisa in due seni secondari, uno piccolo superiore (fig. 3 1), e uno piu grande inferiore (fig. 3 g), la parete che gli divide e che parte dall'angolo superiore esterno dell’ antro e formata da un rigonfiamento dovuto al distacco di due lamine ossee, e termina arrotondata a metà larghezza dell’antro stesso, si con- giunge posteriormente con la già descritta parete: e s’allarga a mo’ d’imbuto verso la parete anteriore dell’antro alla quale si attacca. Questa parete rigonfia e attraversata da un canale che sbocca sul pavimento dell’orbita nell’apertura del seno in- fraorbitale (fig. 3 i), e sulla faccia esterna del mascellare dal foro canino, senza dubbio questo canale conteneva l’arteria infraorbitale. La parete esterna è concava. Come dissi, la letteratura su casi di divisione di antri del Highmoro non è ricca: il primo a descrivere un caso è stato il Haller, Soemmerig ne fa cenno come pure si trovano accennati in vari trattati di anatomia Hyrtl, Chiaruggi. Ro- miti, Valenti ed altri. 112 Ugo G. Vram W. Gruber trovò fra duecento crani cinque che avevano antro del Highmoro diviso, in un solo cranio si trovavano divisi tutti i due antri, E. Zukerhandl descrive tre casi di antri del Highmoro divisi. In quelli descritti dal Gruber ambo le parti dell’antro comunicavano con la cloana media mentre in quelli del Zu- kerhandl i seni comunicavano separatamente or con una or con l’altra delle cloane. Il Zukerhandl spiega la formazione di parete divisorie del- l’antro del Highmoro come ossificazione di sepimenti della capsula nasale. Nei casi da me descritti non è possibile, dato lo stato dei mascellari, di determinare esattamente quale fosse il sito di sbocco e se fosse comune alle cavità risultanti dalla di- visione dell’antro. Quanto all’origine delle pareti divisorie, pur accettando l’ ipotesi dello Zukerhandl per certi casi, bisogna ammettere anche altre maniere di formarsi. Nel terzo caso da noi descritto, l'origine della parete ri- gonfia che divide la parte anteriore dell’antro è certamente dovuta ad un mutato percorso dell'arteria infraorbitaria e degli elementi che accompagnano. Dato l’esiguo numero di casi non azzardo a porre in re- lazione l’ interna conformazione del seno mascellare con la più o meno accentuata concavità della parete esterna, certo è una relazione degna d'’ indagini. I '‘ROSbbERERI nel plankton del lago di Bolsena Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma dal socio Dott. NicoLa DE LEONE. Per consiglio del mio illustre amico e maestro prof. Decio Vinciguerra, mi accinsi a studiare il plankton del lago di Bol- sena e più specialmente a determinare le specie di rotiferi che ivi si riscontrano. Il plankton si cominciò a raccogliere nel luglio 1905 e la raccolta fu pro.eguita regolarmente di mese in mese fino al- l'ottobre del 1906. Non ho pubblicato prima d’ora il lavoro nella speranza di completarlo con altre faune dei laghi laziali, speranza che, per avverse circostanze, andò delusa. Lo studio dei rotiferi mi riusciva singolarmente interes- sante specie per il loro alto valore filogenetico poichè, come è noto, essi somigliano nella loro struttura a molte forme embrionali di tipi superiori, così, ad esempio, alla larva di Lowen, ad alcune larve di echinodermi, al Veliger. Inoltre lo studio della limnologia, il cui programma fu lucidamente esposto dal Forel nella conferenza di Fiedrichshafen, incitava a soddisfacenti ricerche. Il perimetro del lago di Bolsena è, secondo il Perrone, di kmq. 42.94 e la superficie totale, comprese le isole, di kmq. 114.600, con profondità rilevanti. Le specie da me riscontrate sono in tutto tredici, apparte- nenti a nove famiglie ed a due ordini, ma è necessario tener presente che ho tenuto conto di sole specie schiettamente planktoniche. Esse sono ripartite come appresso: 114 Nicola de Leone Ordine: PLOIMA. Sott.: ILLORICATA. Fam.: Asplanchnadae. Questa famiglia è caratteristica perchè possiede una struttura piuttosto regredita, come chiaramente appare dal fatto di avere lo stomaco cieco onde le materie di rifiuto ven- gono eliminate dalla bocca, mancando tanto |’ intestino che la cloaca. | Gen. Asplanchna, Gosse. In questo genere la corona si presenta con due eminenze; l'apparato boccale non presenta il mastax; lo stomaco non è soverchiamente grosso, ma di figura arrotondata. Tutte le specie che vi appartengono sono vivipare. A. Priodonta, Gosse. Questa specie non può dirsi comunissima ma è facile a rinvenirsi nel lago di Bolsena. Il suo corpo ha una forma ad otre, piuttosto arrotondato alla estremità posteriore. La parte anteriore con le due eminenze della corona, le quali non sono ottuse ma neanche molto aguzze, conferiscono un aspetto ogivale dolcemente smussato. L’apparato boccale risulta di rami che si allargano a tanaglia, avendo le estremità perfet- tamente libere. Fam.: Synchaetadae. I rotiferi di questa famiglia hanno forma piuttosto co- nica, ed hanno un piccolo piede a tanaglia. La corona può essere fornita di rilievi portanti setole. Il mastax è notevol- mente sviluppato e l’ apparato boccale è del tipo forcipato. Gen. Sinchaeta, Ehrenberg. Corrisponde. ai caratteri della famiglia, ma è princi- palmente caratterizzato dalla presenza di due eminenze ante- riori fornite di ciglia. I rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 115 S. Pectinata, Ehrenberg. Il corpo di questo rotifero ha l’aspetto di un cono di cui la base è la parte anteriore e l’apice la parte posteriore rap- presentato dal piccolo piede a tanaglia. La base del cono, la corona, si presenta convessa e quasi emisferica: questa parte porta due prominenze fungiformi, che sono fornite alla loro superficie esterna di ciglia numerose. Un po’ più allo esterno di queste prominenze si scorgono delle punte in numero di un paio per ogni lato. Al punto in cui termina la corona e comincia il cono, vi sono due larghe auricole laterali con ci- glia, ed anzi queste danno al corpo una speciale fisonomia per cui è impossibile confondere questo rotifero con qua- lunque altro. Fam.: Triarthradae. I rotiferi spettanti a questa famiglia sono essenzialmente caratterizzati dal fatto di possedere degli arti adatti al salto e dalla mancanza di un vero piede nel senso in cui si adopra tale espressione pei rotiferi. Gen. Polyarthra, Ehrenberg. La forma del corpo è generalmente rettangolare; è pre- sente sempre un certo numero di spine riunite in fascetti; apparato boccale del tipo forcipato, un solo occhio. P. platyptera, Ehrenberg. Questa specie è ben caratteristica e difficilmente può venir confusa con altre. Al microscopio il corpo appare di figura grossolanamente rettangolare, leggermente arrotondato alla parte anteriore verso l'apparato boccale e tronco bru- scamente alla parte posteriore. Le appendici, che sembrano avere uno stelo centrale, sono poi appiattite agli orli che si allargano a lama, presentando un largo margine con orlo dentato a sega. L'apparato boccale è visibilmente del tipo pi dea PARTI SII TLT: RAT, + VETANE, dt i 2° 116 = Nicola de Leone - forcipato. Le spine sono sempre in numero di dodici. È uno dei rotiferi più comuni ed abbondanti nel plankton del Lago . di Bolsena. i i 6h Gen. Tryarthra, Ehrenberg. - Là forma è alquanto diversa e tacilmente riconoscibile poichè, a differenza della polyarthra si presenta un po’ gonfia alla parte posteriore. Le spine non sono più riunite in fa- scetti ma inserite singolarmente. Gli ‘occhi sono due. L’ap- Fado boccale è del tipo malleo-ramato. T. longiseta, Fhrenberg. Questa è certamente la specie più rara e meno da dante nel nostro plankton poichè in materiale preso per oltre un anno, regolarmente, non è stata trovata che una sola volta ed un solo individuo, in una pescata a dieci metri di pro- fondità ed a quattro km. dalla costa, nel mese di ottobre. È assai caratteristica e la si ricono ce a prima vista. Il suo corpo ha forma di calice irregolare, non molto allungato. Porta tre spine caratteristiche, di cui una lunga quasi quattro volte il corpo e le altre due più brevi. La spina più lunga mi è sembrata leggermente seghettata ad uno degli orli, ma per questa specie io non ho preparati di confronto nè mi è stato possibile procurarmene degli altri esemplari freschi. L’apparato boccale è del tipo malleo-ramato.. Fam.: Hydatinadae. Le specie che si ascrivono a questa famiglia hanno forma assai diversa tra loro ed il loro corpo è ora conico, ora ar- rotondato ad otre. Il piede è forcuto, ora breve, ora lungo. Gli occhi possone mancare. Sono forniti di una doppia corona di ciglia. Gen. Hydatina, Ehrenberg. Corpo a foggia di cono al cui apice sta il piede, il quale è breve. Mancano gli occhi. Dott. NICOLA pe LEONE. —- I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena. <& Is \ 4 È i "= 49 \ rr \ Mondo” grana DE > ut - / Le Asplanchna priodonta, le Pterodina patina. o Synchacta pectinata 9, — Pompholix complanata 4 Polyarthra platyptera in Brachionus urceolaris, 4. Thriarthra longiscta Ii, — Anuraca cochlearis: a) tipo bra 5. HyAdatina senta. chimarao: hi tino dalleamarana I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 117 H. senta, Ehrenberg. È una delle specie meno comuni e meno abbondanti nel plankton di Bolsena.Il suo corpo è ovale, piuttosto allungato e leggermente conico alla parte posteriore. Il piede è in con- tinuazione dell'asse longitudinale del corpo, non molto ro- busto e terminato a tanaglia. La parte anteriore è tronca, ma non bruscamente. L’apparato boccale è del tipo malleato. Gen. Notops, Hudson. Corpo arrotondato e gonfio a forma di otre. Il piede è retrattile sulla parte ventrale. Presentano un occhio. N. hiptopus, Ehrenberg. Questa specie è abbastanza comune. Ha la figura di un ogivale poco allungato e troncato nella parte anteriore, ove si vede emergere la corona delle ciglia, semplice. Il piede, con articolazione a cannocchiale, esce dal lato ventrale in posizione assai posteriore ed è retrattile completamente nel corpo; è terminato da una tanaglia fatta di due branche ro- buste. L'apparato boccale è del tipo forcipato. S ott ORI CASTA: Fam.: Rattulidae. Presentano corpo allungato, con una corazza liscia ed arrotondata aperta solo alle due estremità, apparato boccale molto sporgente e disuguale. Un occhio solo è presente. Gen. Mastigocerca, Ehrenberg. Il corpo si presenta molto allungato e con qualche lieve sinuosità. Nella parte posteriore hanno uno stilo alla cui base stanno degli altri piccoli stiletti accessori. La corazza pre- senta dorsalmente una cresta poco sensibile. 118 Nicola de Leone M. carinata, Ehrenberg. La figura generale del corpo è molto allungata a fuso, ma presenta alla vista un margine quasi del tutto diritto ed uno opposto curvo fortemente a carena con un angolo di curvatura maggiore verso la parte posteriore in prossimità dello stilo, il quale è uguale in lunghezza a circa una volta ed un quarto del corpo. Secondo gli autori alla base di questo stilo ve ne dovrebbero essere degli altri più minuti, ma io devo confessare che non mi è riuscito di vedere questi stili secondari anche a notevolissimi ingrandimenti. Non molto abbondante. Fam.: Pterodinadae. La corazza è intera; se hanno un piede questo è retrat- tile, con pieghe trasversali e presenta alla sua estremità li- bera una specie di ventosa, i cui orli sono muniti di ciglia. L'apparato boccale è del tipo malleo-ramato. Gen. Pterodina, Ehrenberg. Il genere è caratterizzato dalla presenza di un piede. Si tratta di rotiferi di aspetto schiacciato, tondeggiante e leg- germente allungato. P. patina, Ehrenberg. Questo rotifero è facilmente determinabile perchè la sua corazza è di figura quasi circolare. Inoltre al microscopio ap- paiono benissimo le sue ghiandole gastrali molto cospicue. Quasi tutti gli individui restano tuttavia nella preparazione col piede interamente retratto, tanto che non mi è stato pos- sibile vederlo che in minima parte. Nel plankton di Bolsena è piuttosto scarso e non facil- mente trovabile, però si presentò più comune in plankton di superficie. I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 119 Gen. Pompholyx, Gosse. La corazza assume l’aspetto di un otre; il piede è as- sente; questi ro.iferi conservano le loro uova attaccate dopo che lejhanno emesse. P. complanata, Gosse. È questa una tra le specie abbastanza difficili da rico- noscersi, somigliando assai ad altre specie. Praticamente si può determinarla nelle preparazioni microscopiche perchè ap- parisce con corpo di figura rotonda come un otre o meglio come un ogivale con asse maggiore accorciato, troncato alla estremità anteriore da cui fuori esce la corazza. L’orlo pre- senta inoltre delle eminenze ottuse. È abbastanza abbondante nel plankton di Bolsena ed è una delle specie che mi dettero più da fare per la sua de- terminazione. Fam.: Brachionidae. Il corpo ha forma di orciuolo e la corazza è aperta ai due estremi ove si notano delle eminenze. Il piede è cospicuo, terminato da una tanaglia a due branehe e si presenta con pieghe trasversali. Gen. Brachionus, Ehrenberg. Il corpo si presenta rigonfiato da due parti; il piede è terminato da tanaglia con piccole branche. B. urceolaris, Ehrenberg. Questa specie, oltre che dalla sua forma a calice rigonfio, anzi, come esprime felicemente il suo nome, ad orciuolo, è caratterizzata dalla robustezza del piede, terminato a tanaglia e rigato trasversalmente in tutta la sua lunghezza da rughe profonde, ad anello. La parte cefalica è bruscameute tronca e la corazza forma sei punte che lasciano tra loro avvalla- j Ao o; mei - Pi Gi fl % 120 Nicola de Leone menti poco profondi meno quello centrale che è più ristretto ma molto profondo. Non è molto frequente nè abbondante. Fam.: Anuraeadae. Hanno forma di calici e portano sempre eminenze sulla parte anteriore e posteriore della corazza. Non sono forniti di piedi. Gen. Anuraea, Gosse nec Ehrenberg. La corazza ha forma di un calice snello con eminenze spiniformi nella parte anteriore. Anche essi portano le loro uova attaccate. A. Cochlearis, Gosse. Questa comunissima ed elegantissima specie non può es- sere confusa con alcun’altra per la forma ben caratteristica che essa possiede. Può paragonarsi al calice di un fiore cam- panulato o addirittura ad una campanella di quelle che si so- spendono al collo degli animali. La campanella porta al suo orlo aperto delle spine corte ed ineguali tra loro in numero per lo più di sei. La parte posteriore è terminata da una spina lunga e sottile che eguaglia presso a poco in lunghezza il corpo. Questa specie si presenta con varii aspetti che senza troppo sottilizzare si possono ridurre a due tipi: brachimorfo e dolicomorfo. Gen. Notholca, Gosse. Corona a forma di calice conico talvolta con asse molto allungato e sempre portante eminenze spiniformi. N. Longispina, Kellicott. Anche questa bella specie non può venir confusa con alcun’altra. Essa presenta corpo caliciforme ; la corazza è al- lungata verso la parte posteriore a formare una spina tal- volta assai più lunga del corpo, di solito dritta o leggermente incurvata. La parte cefalica del calice è bruscamente tronca Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena SM), e porta delle spine in numero di sei, di cui una è sempre la più lunga ed eguaglia o sorpassa la lunghezza del corpo, altre due sono pure molto allungate ma non raggiungono la prima e le altre tre sono corte e spesso anche abortite. Le tre spine anteriori lunghe sono quasi sempre leggermente falciformi specie alla base. Contrariamente a quanto si ritiene ho potuto constatare che questa specie spessissimo porta le uova dopo averle espulse, ciò che ho principalmente riscontrato negli individui del plankton pescato nell’ottobre. E comunissima e spesso abbondante. Ordine: SCIRTOPODA. Hanno membra articolate adatte pel salto e la loro co- rona ciliare serve loro pel nuoto. Fam.: Pedalionidae. Le appendici articolate sono in numero di sei; la corona presenta nella parte anteriore due lobi. L'apparato boccale è del tipo malleo-ramato. Gen. Pedalion, Hudson. Si distinguono facilmente perchè hanno posteriormente sulla parte dorsale due stiletti con ciglia. Le appendici sono appaiate. P. mirum, Hudson. Il corpo ha la forma di un cono ad asse accorciato di cui l'apice è rappresentato dalla parte posteriore del rotifero. La parte anteriore ossia la base del cono, non è tronca ma presenta due lobi guarniti di fitte e numerose piccole ciglia, I sei membri che si presentano disuguali tra loro sono inse- riti quasi alla stessa altezza sul corpo e terminati alla estre- mità distale da un lungo ventaglio di lunghe setole che talvolta appaiono binate. : - l 122 Nicola de Leone È tra i rotiferi più comuni ed abbondanti nel plankton di Bolsena. Esposto così quali sono gli ordini, le famiglie e le specie riscontrate, ecco ora un riassunto dei risultati delle varie pescate: — 24Luglio 1905. A metri 500 dal limnografo (verso l’isola Bisentina); pesca di superficie: Anuraea coclearis, Polyarthra platyptera, numerosi Brachionus urceolaris, Asplanchna priodonta, Peda- lion mirum, Notholca longispina. In questo plankton abbon- dano i Nauplius. A metri 150 dal limnografo (verso l’isola Bisentina), su- perficie; piankton abbondantissimo di rotiferi, forse il più abbondante: Pedalion mirum, Anuraea coclearis, Pterodina pa- fina, Synchaeta pectinata, Polyarthra platypthera, Pompholix complanata. Profondità M. 5. Anche qui straordinaria abbondanza di rotiferi: Polyarthra platypthera, Notops hiptopus, Pedalion mirum, Asplanchna priodonta, Anuraea coclearis. Abbondano anche in questo plankton le alghe diatomeae ed ispecie la Fragilaria crotonensis Edw. e la Synedra acus, Grun. — 27 Agosto ore 1. Pesca di superficie in prossimità del canneto all’ ingiro. Plankton scarso: alghe, aracnidi, qualche rotifero tra cui la Polyarthra platypthera. A metri 300 dal limnografo verso Martana; pesca di su- perficie: non molti rotiferi: è più abbondante di ogni altra la forma Pedalion mirum. Pesca di profondità a metri 12. Il materiale portato da questa pescata appare alla osservazione più accurata senza alcuna traccia di fauna planktonica. — 24 Settembre ore 4 ‘/,. Lungo i canneti. Plankton portato vivo in acqua con uranina. Scarso numero di rotiferi: qualche Synchaeta tremula ed Anuraea coclearis. I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 123 — 25 Settembre ore 11. A metri 1200 dal limnografo verso Isola Martana. Pesca a metri 10 di profondità. Temperatura superficie 22,5 cent. a metri 3= 22,5. Questo plankton sembra scarsissimo di roti- feri: Notholca longispina. Oltre i rotiferi vi è il Ceratium hi- rudinella. A metri 1200 dal limnografo e ad un metro di profon- dità. Pochi rotiferi tra cui la Notholca longispina. Da metri 1000 alla spiaggia; pesca di superficie. Plankton mancante di microfauna. — 28 Ottobre ore 12. Plankton pescato nella croce formata dalla linea che unisce l'isola Bisentina con Bolsena e quella che unisce Montefia- scone con Grotta di Castro. Superficie: Notholca longispina, Anurea coclearis, Syn- chaeta tremula, Pedalion mirum. Inoltre vi è il Ceratium hi- rudinella. A 15 metri di profondità. Plankton assai ricco di rotiferi con qualche crostaceo. Sono in preponderanza le Anuraea ed abbandano anche le Notrolca longispina. Oltre i rotiferi vi è qualche Ceratium hirudinella che nella fauna pelagica dei laghi sembra accompagnare quasi costantemente i piccoli crostacei, — 29 Ottobre ore 12. Plankton pescato sulla linea Bolsena — isola Bisentina ad un quarto della distanza verso Bolsena. — Superficie. Anuraea coclearis. Profondità M. 15. Plankton notevolmente somigliante a quello del 28 ottobre. Anuraea coclearis, Pedalion mirum No- tholca longispina, Synchaeta pectinata. — 27 novembre, ore 11. Sulla linea Bisentina — Punta Cirritella a due km. dalla spiaggia verso il limnografo fino alla distanza di un km. Con metri 10 di corda. Abbondano i rotiferi tra i quali in gran nu- dA hd ile: STU dh, ta ER ET SAI RTLA «N jp 2 dgr IS; EI PUN TE Taio. 124 Nicola de Leone mero la Polyarthra plathyptera, l’Anuraea coclearis e la Ma- stigocerca carinata. Ore 15. Sulla linea Bolsena-S. Magno a km. 4 dalla spiag- gia, pesca di superficie. Plankton con scarsi rotiferi. Si ri- scontrano soltanto alcune Polyarthra plathypteru e varie Anu- raea coclearis. Pesca con 30 m. di corda Plankton abbondante di ro- tiferi:in preponderanza Polyarthra plathyptera alcuni crostacei, aracnidi etc. — 29 dec. ore 14-15 1/2 temp. 9,9. Lago agitato, pioggia e vento di sud-est. Pesca a 5 metri di profondità e di superficie sulla linea Bisentina-Limnografo a Km. 4 dalla sponda. Scarsi rotiferi: Polyarthra platyptera. — 30 dec. Temp. sup. 9, 4; a i/2 m. 9, 4j a 3m. 9, 4. Nebbia fitta, Iago calmo. Sulla linea Bolsena-Valentano, a Km. 7 da Bolsena. Superficie lungo il canneto. Plankton quasi esclusivamente costituito da alghe bacillariaceae coi generi Cimbella e Pleurosigma. Vi è inoltre Synedra acus, qual- che crostaceo e niente o quasi rotiferi. A metri 3 di profondità : rotiferi assenti. A 50 metri di corda: Entomostraci, Staurastrum, Fragila- ria; sono assenti i rotiferi. — Gennaio 29. Lago calmo. Temperatura alla sup. 7, 9; a m. 50= 38; ore 10. Sulla linea Bisentina Bolsena a Km. 2 dall'Isola Bisentina. Pesca di superficie. Entomostraci, ma sono assenti i rotiferi forse a causa della troppa luce. A 10 m. di profondità. Staurastrum, entomostraci, pochi rotiferi del genere: Peda- lion mirum. A 50 m. di profondità. Staurastrum, pochi rotiferi. — Gennaio 28; ore 14; cielo sereno, lago calmo. n = Tae PE I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 125 A 5 Km. da Bolsena in direzione dell’ isola Martana, a m. 50 di profondità. Plankton ricchissimo di entomostraci e di rotiferi soliti. Alla superficie. Sono assenti i rotiferi e gli entomostraci. In prossimità del canneto: scarsa. microfauna ma vi è qualche rotifero: Polyarthra plathyptera. — 26 febbraio ore 12 1/2; lago tranquillo. Sulla linea Bolsena-Bisentina a circa 6 Km, Superficie ; Temp. 7,15. Entomostraci, rotiferi assenti. Profondità m. 25 temp. 7. Mancano i rotiferi; staura- strum. Ore 13. Linea Bolsena-Bisentina da Km. 1/2 ad 1 172; su: perficie. Temp. 7,15 Crostacei, Fragilaria; Staurastrum; i roti- feri sono assenti. Profondità m. 10. Plankton ricco di crostacei e di alghe specie dello Staurastrum gracile; rotiferi assenti. — 31 marzo lago agitatissimo ; la pesca non fu possi- bile che lungo la costa in prossimità di Bolsena. Lungo il canneto a m. 15-50 dalla spiaggia, a sinistra del limnografo: Staurastrum, Entòmostraci, Fragilaria; tra gli scarsi rotiferi il Pedalion. Idem a destra del limnografo: Pedalion mirum ; idem a 150 m. dalla spiaggia : Crostacei, alghe (Synedra, Staurastrum, Asterionella gracillima): tra i rotiferi Pedalion mirum. — 28 aprile. Lago increspato da scirocco ; ore 7 1/2 sulla linea Bolsena-Martana a chilometri 3. Superfîcie. Temperatura 11,8: Fragilaria, Staurastrum, pochi rotiferi tracui il Pedalion. Idem linea Bolsena-Martana a Km 4: 2 m. di corda; ore 8. Staurastrum, Fragilaria, pochi rotiferi. Id. ore 11: a sinistra del limnografo, lungo la spiaggia, da m. 200 a 400 dalla costa. dopo la foce del Melone: tem- peratura 12,4: Pedalion mirum. — 26 maggio: pescata di superficie intorno all’ Isola Bisentina, ore 11,15 temperatura 18°: abbondano le alghe Chlo- è) ti) È LI £ é VA TI ERO, LL RREI P: sel irta v na ill de ta e Ae SEAN: si dini gi = LR A De ira SI a 126 Nicola de Leone roficeae con la forma Staurastrum gracile. Pochi rotiferi: Pedalion mirum, Notholca longispina, Asplanchna, Id. Superficie, sulla linea Bolsena-Bisentina, da Km. 2 a Km. 4 dall’isola, ore 13 temperatura 18°: Staurastrum, Fragi- laria, nè crostacei, nè rotiferi. Id. ore 13 1/2: Tem. 18°. 30 m. di corda, sulla linea Bol- sena-Bisentina da Km. 4 a Km. 5 dall'isola. Straordinario numero di rotiferi e crostacei. Vi abbonda l’Anuraea cochlearis. — 27 maggio; ore 10 Temp. 16,5; 20 m. di corda a 1 Km. da Bolsena verso l’Isola Bisentina: scarsi i rotiferi. Id. ore 91/2 Superficie: a 1 Km. da Bolsena verso Marta: microfauna assente. — 29 giugno ore 15. Temp. 23 Direzione Martana-Bol- sena a 2 Km. dall'isola Polyarthra platyptera, Pedalion mirum, Anurea cochlearis. Id. ore 15 1/2. Medesima direzione a 4 Km. dall’ Isola, con venti metri di corda. Pedalion mirum, Polyarthra platyptera. — 26 luglio. Direzione limnografo- Montefiascone a due miglia dal limnografo; Temp. superficiale 25,4; ore 8; dieci metri di corda: moltissime Fragilaria, qualche Ceratium; scarsi rotiferi tra cui la Polyarthra platyptera. Id. 30 metri di corda: Fragilaria crotonensis, Synedra acus; assenti i rotiferi. Id. in senso inverso tornando al limnografo. Pescata di superficie; ore 9,30: Scarsi rotiferi tra cui qualche Pompholix complanata. —27 luglio 1905. Direzione limnografo Isola Martana a due miglia dalla costa; temp. sup. 25,6; ore 9; dieci m. di corda: Fragilaria crotonensis; Polyarthra platyptera. Id. ore 9,30; medesima direzione; pescata superficiale : pochi rotiferi tra cni Nofops hiptopus, Pèdalion mirum. Id. Direzione Isola Martana verso la costa puntando sul campanile di Santa Cristina; pescata con dieci metri di corda; I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 127 ore 10,15; Fragilaria, Cimbella, Staurastrum; tra i rotiferi Notops hiptopus, Pompholix complanata, Pedalion mirum. — 25 agosto ore 12 1/2; Tem. sup. 23,9; fango lungo la spiaggia a tre Km. a destra del limnografo : rotiferi assenti : Id. sup. nei dintorni dell’Isola Bisentina : pochi rotiferi. Id. linea Isola Bisentina-Capodimonte; ore 11,30: micro- fauna scarsa, gruppi di uova. Id. linea Capodimonte-Bisentina; pesca a 5 m. di profon. dità; ore 14: Synedra acus e tra i rotiferi Polyarthra pla- typtera. Id. centro del lago; ore 6; pesca di sup. crostacei ed alghe ma scarsi i rotiferi. — 2 ott. 1906. Temp. in sup. 18°. Pesca di superficie a destra del limnografo a Km. 1 dalla spiaggia: alghe e tra i rotiferi Pedalion mirum Pompholix complanata. Id. a m. 10 di profondità sulla linea Bolsena-Capodimonte a 4 Km. dalla spiaggia: abbondantissimi rotiferi: Pedalion mirum, Anuraea coclearis con uova, Notholca longispina, Thryarthra longiseta, Polyarthra platyptera, Hidatina senta. [d. pesca di sup. verso l’isola Bisentina: Brachionus urceo- laris, Asplanchna priodonta, Anuraea cochlearis, Polyarthra platyptera. Id. lungo la spiaggia a destra del limnografo da Km. 3 a Km. 4 dal medesimo : molte alghe ma sono assenti i rotiferi. * * * Come si vede alcune specie sono frequentissime mentre altre non compariscono che pochissime volte. Reca inoltre una certa meraviglia la constatazione che i rotiferi appariscono talvolta in un plankton per poi scomparire quasi del tutto in breve tempo senza che se ne sappia indovinare la causa. Del resto tali fenomeni avvengono in tutti i laghi come si può riconoscere da quanto ne riferiscono molti autori. \ 128 Nicola de Leone Nelle pagine che seguono ho cercato di stabilire con- fronti con faune rotiferologiche di altri laghi, anche lontanis- simi da quello di Bolsena, allo scopo di dimostrare la grande uniformità di esse. Quanto alla facilità del trasporto di questi animali da parte di uccelli e di altri agenti, sarebbe da studiarsi EGO il decantato fenomeno della rivivescenza. Nell’ istituire confronti con le faune di altri laghi, non terrò conto che delle sole specie proprie del plankton, poichè molti autori e, specialmente quelli che rivolsero i loro studii ai così detti /ughi piatti, studiarono anche rotiferi presi presso le sponde o sul fondo e che quindi a rigor di termini non appartengono alla fauna planktonica. Fatta questa considera- zione appare subito chiaramente che il numero delle specie da me rinvenute nel plankton del lago di Bolsena, non solo non è esiguo al paragone degli altri laghi, ma invece è assai notevole. Disgraziatamente, come anche per altri studii faunistici, sono gli stranieri quelli che hanno fatto più e meglio degli italiani anche in questo campo. Queste ricerche, iniziate in Italia da non moiti anni, prin- cipalmente per opera del Prof. P. Pavesi, si rivolsero più spe- ciamente ai crostacei e furono anche studiati da taluno gli infusori, ma i rotiferi o non sono citati affatto o soltanto casualmente. Ed invece è nota la loro importanza nella fauna planktonica. Lago di Bracciano. Carmela Losito scrive un lavoro sugli entomostraci pelagici del lago di Bracciano e nelle osserva- zioni fenologiche accenna spesso a rotiferi, senza però nomi- nare le specie rinvenute, meno qualche genere di cui fa men- zione: Chromogaster trovato di abbondante in superficie il 12 aprile 1900 ed il 29 dello stesso mese ed anno, mentre era sparito nel maggio; Notholca e Mastigocerca trovata in su- perficie il 15 maggio con lago agitato da vento di tramon- 1 Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 129 tana. Simili notizie tuttavia non servono a dare alcuna idea della fauna dei rotiferi del lago di Bracciano. Il Prof. P. Pavesi ha esplorato i laghi di Avigliana, Ritom, il lago Suriore di Mantova, di Ledro, di Loppio, di Caldo- nazzo, di Levico, di Revine-Lago, di Santa Croce, di Alleghe, Lugano, il Lago Maggiore, di Como, di Garda e molti altri, ma non accenna affatto alla presenza dei rotiferi, nè è cre- dibile che non ve ne siano. Lo stesso Prof. P. Pavesi in un suo più recente lavoro « Esquisse d’une faune Valdotane » cita per il lago dell’ Ospizio del Gran S. Bernardo le specie P.ilodina citrina Ehr., Philodina erythrocephala Ehr., Euchlanis dilatata Ehr., Callidina elegans. D. Apstein ha scritto con grande die i resultati delle sue ricerche eseguite in varii laghi della Germania ma egli si occupa principalmente dell’ analisi quantitativa degli individui e quindi neanche i suoi lavori sono utili ai nostri paragoni. Ad ogni modo le specie di cui egli fa menzione sono ad un dipresso le stesse della microfauna del nostro lago di Bol- sena e le specie più comuni da lui rinvenute nei laghi di Dobersdorf, di Molf, ecc., sono anche le più comuni nel no- stro; esse sono Anuracea cochlearis, Polyarthra plathyptera, Thriartra longiseta. Una fauna con la quale è possibile stabilire degli inte- ressanti paragoni è quella del lago di Balaton, studiata con ogni cura dal Dr. Eugen von Daday. Le specie che egli enu- mera sono 29 pel gran Balaton e 12 pel piccolo Balaton, ma non è da credere che tutte queste specie appartengono al plankton. Ad ogni modo anche questa fauna presenti strette analogie con quella del lago di Bolsena dal punto di vista dei rotiferi poichè ha in comune con essa i generi: Asplanchna con la specie A. priodonta Notops » ” N. brachionus Mastigocerca con specie differenti 130 Nicola de Leone Pompholix con la specie P. complanata Anuraea » » cochlearis Notholca » » longispina Brachionus » » urceolaris Polyarthra » » plathyptera Tra i generi planktonici il lago di Balaton sembra man- care adunque dei seguenti che invece si trovano a Bolsena: Synchaeta Pedalion Pterodina Thriartra i Il Sig. Bilfinger L. nel 1892 e 1894 pubblicò delle « con- tribuzioni alla fauna dei rotiferi del Wurtemberg » da cui si rileva che la somiglianza di quella fauna pelagica con quella che noi consideriamo è anche molto accentuata, essendovi in comune i generi: Asplanchna con la specie A. priodonta Polyarthra » » platyptera Triarthra » » longiseta Pedalion » » mirum Anuraea con specie diverse dalle nostre Mastigocerca >» » » » » Per la Russia, una memoria del Zykoff sul Lago di Ku- binskoje a S-W del governo di Wologda, ci insegna che anche in quel plankton la specie più frequente è la Notholca lon- gispina. Per quanto sia immensamente vasta la bibliografia fau- nistica dei rotiferi non mi è stato possibile di rintracciare nulla sulle specie planktoniche della Spagna, mentre. la loro conoscenza sarebbe stata a noi utile per la posizione occi- dentale di quelle regioni. Il Sig. A. Forti pubblica « alcuni appunti sulla composi- zione del piankton estivo dell’Estanque grande nel parco del Buen Retiro in Madrid » elencando cinque specie planktoniche I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 131 Circa la Scandinavia, in un ottimo lavoro del Sig. H. Huit- feld Kaas sono esposte delle ricerche eseguite nei laghi di Padderundvandet, Sandungene Sognsvandet dei dintorni di Cristiania ed in altri cinquantadue piccoli laghi meridionali, per un intero anno. Le nostre specie più comuni sono anche quivi: Notholca longi-pina Polyarthra platyptera Anuraea cochlearis. Nei riguardi dell'America, le ricerche del Sig. Jennings, H.S., nei laghi della parte occidentale degli stati del Michigan, met- tono in evidenza una inaspettata somiglianza della fauna dei rotiferi di quelle acque con quelle delle nostre di Europa. Col lago di Bolsena sono comuni i generi seguenti trovati dal detto autore nei laghi Muskegon, Newajgo, Oceana, Mecosta: Polyarthra con la specie P. ptatyptera Anuraea » » A. Coclearis Asplanchna » » A. priodonta Notholca » >» N. longispina Synchaeta con specie differenti Notops » » » Mastigocerca » » » Pei laghi gemelli del Colorado, ho potuto consultare uno studio dello Chancey Judai nel quale sono citati cinque ge - neri di rotiferi e tutti sono rappresentati nel nostro lago ed in maggioranza con le medesine specie: Anuraea cochlearis — Notholca longispina — Tryarthra longiseta — Polyarthra — Asplanchna. Inoltre la Notho/ca longispina è tra i componenti princi- pali della fauna del lago Tahée (California O., Newada W.), che è largo 195 miglia quadrate e profondo fino a 501 metri, come si rileva da un lavoro su tale lago del Judai. Per l’Asia ho trovato: — Thorpe, v. Gunson. The Rotiphera of China. Journal Roj. Micro. Soc. 1893. pp. 145-152. 132 Nicola de Leone The following European species have been RIDI Anuraea hypelasma Brachionos ! MUMariS rubens Pedalion mirum Polyarthra platyptera Pterodina patina Tryarthra longiseta. -- Some Rotifera of the Sikkin Himalaya. By James Murray. Egli raccolse da sei località di elevazione da 2000 ad 8000 feet il Brachionus urceolaris. L’ Africa è stata un poco più studiata. Ed ecco ciò gie ho potuto riscontrare : — By Thomas Kirkman: Second List of rotifera of Natal : Ploima illoricata Thryartra longiseta Loricata Brachionus angularis Anuraea aculeata var. curvicornis » » » valga Anuraea coclearis. — South Africa : By Charles F. Rousselet il quale trovò: la Synchaeta pectinatàa a Cape Colony, ad Orange River Colony, al Transvaal ed al Natal; la Synchaeta tremula ad Orange ‘River Colony ed al Transvaal: l’Hydatina senta a Cape Colony, ad Orange River Colony, al Natal; la Polyarthra platyptera a Cape Colony ad Orange River Colony ed al Natal; la Taryartra longiseta all’ Orange River Colony ed al Natal; nn I Rotiferi nel plankton del lago di Bolsena 133 il Notops Brachionus (var. spinosus) al Natal; la Pterodina patina a Cape Colony; il Pompholix complanata alla Rhodesia; il Brachionus urceolaris a Cape Colony; Anuraea aculeata (var. valga) ad Orange River Colony; Anuraea aculeata (var. curvicornis) al Natal; Anuraea cochlearis ad Orange River Colony ed al Natal; Pedalion Mirum alla Rhodesia. Dopo quanto ho esposto, la conclusione a cui si giunge è che le faune dei rotiferi di punti lontanissimi del globo sono straordinariamente somiglianti, ciò che non reca del resto eccessiva meraviglia quando si pensi che questi animali pos- sono essere disseminati dalla membrana palmare degli uccelli d’acqua che li trasportano facilmente specie allo stato di uova e di larve, successivamente di specchio d’acqua in specchio d’ acqua. PRINCIPALI OPERE CONSULTATE Hupson e Gosse: The Weel Animals (Rotifera). F. BrancHI: Ricerche su un laghetto alpino. Riv. Geog. ital. XIII. P. 15. T. Kirkman: Second List of Rotifera of Natal. Journ. R. Micr. Soc. Lond. P. 263. 1896. J. Murray: Rotifera of the Scottish Lochs. (Trans. R. Soc. Edinburg, vol. XLV, p. 151. 1906. — Some Rotifera of the Sikkim Himalaya. (Journ. R. Micr. Soc. p. 637). — South American Rotifers. (Amer. Natural, XLI, p. 97). Cu. F. RousseLET: Contribution to our Knowledge of the Rotifera of south Africa.(Journ. Micr. Soc. London, p. 393. 1906. A. Forti: Affi della Soc. dei Nat. e Matem. di Modena. VIII, p. 9. 1906. LaureRBOoRN RoBERT: Der Formen Kreis von A. cochlearis = Vech d. Naturhist-Medizin — Vereins zu heidelberg, vi. Heft 5 (1900), pp. 412- 48. (1 pl.). THORPE, v. Gunson: The Rotifera of China. Journal Roy. Micro. Soc. 189, pp. 145-152. (2 pIs). Barro!:s et E. von Dapay: Contribution a l’ étude des Rotifères de Syrie. Rèvue Biol. du Nord de la France. Vi (1893-4), pp. 391-410. (1 pl.). Dapay, E. von SiisswasseR: Microfauna Paraguay, Rotatoria-Zoo- logica-Heft 44, pp. 87-130 (2 pl... MUSEO E LABORATORIO DI ZOOLOGIA DELLA R. UNIVERSITA DI ROMA Sopra i fenomeni di ratichismo degli animali nati in ischiavitù Per i! Dottor Quirino SERGI, assistente Nel mese di aprile venne regalato della signora Rau di Francoforte al Museo Zoologico della R. Univ. di Roma un esem- plare di Yacchus vulgaris. Esso, da quanto io ho saputo, era stato a lei donato dalla baronessa di Rothschild ed era nato in ischiavitù insieme con parecchie altre scimmie della stessa spe- cie. Mi fu detto anche che era un esemplare adulto e che aveva due anni di età; ma dall’esame che io feci dello scheletro rilevai che le ossa non erano ancora ben consolidate e che quindi era un individuo giovanissimo. Dall'esame dallo scheletro, inoltre, emerse subito l’osser- vazione che la scimmietta era rachitica. Trascurando il fatto della sua piccolezza, non misurando che cm. 9 di lunghezza senza la coda e cm. 19 compresa questa, 0s- servando il femore destro (il sinistro non può microscopicamente dirci nulla perchè rotto già durante la vita in seguito ad una ca- duta e nuovamente nella preparazione dello scheletro) si vede che esso è rigonfio nell’epifisi; piegato nella diafisi e storto in fuori nel modo caratteristico in cui si presentano all’aspetto esterno Ie ossa prese da tale malattia. : Nel mese di giugno vennero regalati al Museo zoologico due leoncini morti al Giardino Zoologico ; già all’osservazione orta so “i r nl i La vath: anioni er (i 1" 136 Quirino Sergi grossolana le loro ossa mostravano caratteri evidenti della stessa malattia. Mi sono affrettato allora di fare subito di queste alcuni preparati microscopici, e qui io presento la riproduzione di uno dei più caratteristici. Mi si permetta ora di brevemente accennare quale siano e in che consistano le alterazioni ossee del rachitismo. L’anatomia patologica delle ossa rachitiche istologicamente è caratterizzata dal disturbo dell’ossificazione fisiologica con de- calcificazione, per cui rammollimento dei pezzi ossei in via di sviluppo che si incurvano nella diafisi e si rigonfiano nella epifisi. Volendo, possiamo considerare tre gradi della malattia: 1. Le ossa colpite sono rammollite ma non deformate; 2. Le ossa colpite si deformano cedendo alla forza mu- scolare e alla pressione; 3. Riparazione infine e consolidazione delle ossa malate che rimangono deformate. Nella CARTILAGINE EPIFISARIA lo STRATO CON- DROIDE appare ingrossato, irregolare, mal delimitato da due linee sinuose e prolungamenti assottigliati che si separano tal- volta in isolotti e solcato da canali midollari e da vasi dilatati, Lo STRATO OSSIFORME non solo aumentato ma tra- sformato in un tessuto che è stato detto spongioide. Infatti è un tessuto rosso molto vascolarizzato ad alveoli irregolari e di consistenza come di epifisi rammollite in un acido. Le capsule cartilaginee primitive e secondarie non si dissolvono come nor- malmente, ma persistono attorno alle cellule, il cui protoplasma si raggrinza. L’infiltrazione calcarea si estende fino ad esse e il tessuto cartilagineo è invaso in tutta la sua massa da gra- nulazioni calcaree che restano distinte perchè separate dalla so- stanza cartilaginosa che conserva la sua pieghevolezza. Na Pa x RA ET SL TT ENI tere Re DIANNE e o ge Sopra i fenomeni di ratichismo degli animali 137 Altra differenza dalle ossa normali le cavità limitate dai tralci ossei con contenuto di connettivo vascolare continuano ad ingrandire mentre normalmente si regolarizzano e si tra- sformano in canali di Havers per apposizione successiva di osso sulle impalcature. Nella OSSIFICAZIONE PERIOSTALE lo strato di Ollier si trasforma in tessuto connettivo di uno spessore talora con- siderevole, nel cui centro compaiono tralci incurvati che si ana- stomizzano a maglia analoghi alle fibre dello Scarpey, costi- tuito in fascetti connettivi che provengono dal periostio, e sono carichi di osseina e di sali calcarei. Talvolta sotto questo tes- suto esistono lamine ossiformi che circondano l’osso come tanti cilindri separati da tessuto molle e vascolare. Questa, in brevi parole, l’anatomia patologica delle ossa rachitiche che io ora ho ricordato non perchè sia un fatto non conosciuto, ma per dimostrare che il preparato suesposto è affetto da tale malattia. E infatti tutto questo risulta dalle due figure che qui pre sento prese da Forgue e dalla riproduzione del mio preparato microscopico. Ma il mio obiettivo in questo momento non è già quello di parlare dell’anatomia patologica, bensì di un fatto ben più importante ancora sconosciuto ed attualmente molto discusso, cioè dell’etiologia. Varie sono state le ipotesi etiologiche. Tanto per accennare le principali : La teoria ALIMENTARE ammette che la malattia sia do- vuta ad una insufficiente introduzione di sali calcarei. La teoria INTESTINALE ammette che per sovraccarico ali- mentare, l'abbondanza dei residui di una digestione imperfetta conduca a ristagno gastro-intestinale, quindi a fermentazione acida, e ne deriverebbe un’auto-intossicazione di acido lattico tale da rammollire le ossa e da decalcificarle. 138 Quirino Sergi La teoria DISTROFICA ammette che vi sia un alterato trofi-. smo congenito od acquisito nel periodo di sviluppo dello schele- tro, e perciò mancanza di infiltrazione calcarea della zona di pro duzione ossea ed eccessivo riassorbimento dell’osso già formato. Finalmente abbiamo la teoria INFIAMMATORIA la quale ammette che sia un processo infettivo che esordisce nelle linee di ossificazione, e poi invade tutto l’osso per eccessiva vasco- larizzazione dei tessuti osteogeni, dovuta a speciale vulnera- bilità dei relativi vasi a causa delle tossine circolanti nel sangue. Recentemente, secondo studi modernissimi, si sarebbe trovato l’agente nel DIPLOCOCCO DI ARCANGELI-FIOCCA. Ma ora io mi domando: come mai noi troviamo così spesso i sintomi di rachitismo negli animali che sono nati in ischia- vitù, o che tali sono divenuti quando sono stati presi e trat- tenuti appena lattanti? Questi animali, sia ad esempio la scimmietta di cui sopra abbiamo parlato, sia i piccoli leoni del Giardino Zoologico, non difettavano di cure nè di cibo e quindi non si può ammettere che essi fossero malati per mancanza di nutrimento sufficiente .0 adatto e quindi mancante di sali calcarei. Così non si può ammettere per essi neanche la teoria intestinale perchè, a dire di chi li teneva, essi non hanno avuto disturbi speciali a carico del tubo gastro-enterico. La teoria distrofica non può neanche qui applicarsi perchè altrimenti come spiegare la man- canza di note rachitiche in generale negli animali liberi e che vivono negli ambienti dove sono nati e che sono loro propri, con la enorme quantità di individui ammalati, quando questi 0 da lattanti vengono rinchiusi o addirittura vengono partoriti nelle gabbie? Infine la teoria infiammatoria, la più accreditata ora, anzi in parte dimostrata sperimentalmente, non può Sus- sistere nel nostro caso, perchè non possiamo ammettere che sempre esista nelle gabbie il diplococco di Arcangeli-Fiocca. È vero che queste teorie sono state e vengono tuttora appoggiate Sopra ì fenomeni di ratichismo degli animali 139 da vari esperimenti, i quali in gran parte sono riusciti, ma noi crediamo di dover generalizzare il concetto etiologico, in quanto non già l’una o l’altra causa crediamo di potere incriminare come produttrice del rachitismo, ma bensì crediamo di poter ammettere che qualunque agente, il quale sia capace di deter- minare un’alterazione nell’equilibrio del corpo vivente e in via di sviluppo, è probabilmente la causa di tale malattia. Infatti, se noi sottraiamo o almeno diminuiamo la quantità di sali necessari al lattante perchè le sue ossa si sviluppino e si consolidino, avremo che queste presenteranno i caratteri suesposti. 4 Così, allorchè noi produciamo in un modo qualsiasi delle continue turbe intestinali, oppure sperimentalmente faremo in- gerire un’enorme quantità di acido lattico, avremo lo stesso effetto. Infine, se noi infettiamo l’organismo con dei batteri le cui tossine penetrate in circolo disturbino le funzioni generali, cer- tamente questo individuo presenterà i noti caratteri della ma- lattia. E io credo (ma avverto che non ho fatto esperimenti speciali in proposito e che parlo semplicemente in via di ra- gionamento) credo, dico, che non solo il diplococco di Fiocca, ma che molti altri microrganismi, i quali producono una irrita- zione sul sistema vasale e specialmente nella zona iustaepifisaria, dove normalmente la vascolarizzazione è abbondante, e la ve- locità sanguigua minore, più facilmente siano capaci di produrre quelle stesse alterazioni che si sono addebitate al diplococco. Adunque io credo di poter concludere che il rachitismo va inteso come una malattia di origine varia e che a produrla con- corrano una serie di circostanze non sempre identiche e che in fondo non facciano altro che disturbare la fisiologica funzione, sia per irritazione data da germi, sia per una diminuzione della assimilazione normale da parte del protoplasma animale delle sostanze necessarie allo sviluppo regolare e completo. 140 Quirino Sergi Soltanto ammettendo questo concetto viene spiegato perchè un animale nato in ischiavitù, il quale venga tolto dal suo am- biente e quindi ad esso vengano sottratti tanti fattori necessari al suo sviluppo regolare e completo, quale il movimento che è molto ridotto, quale l’alimento che è solito procacciarsi, quale infine tutto quello insieme di vita che, a lui abituato per tanti secoli dalla sua progenie a vivere selvaggio. con tutte le cure possibl- li, noi non riusciremo mai a dare, anche senza bisogno di am- mettere alcuna infezione, questo animale non è più capace di svilupparsi fisiologicamente e mostra tale incapacità col pre- sentare fenomeni di rachitismo. Recensioni Bibliografiche Altre volte ho avuto occasione di presentare in queste sedute dei riassunti di opere che trattavano dell’Uomo e oggi vi presento due trattati di V. Giuffrida Ruggeri l’uno dei due è scritto in tedesco, l’altro in italiano: Homo sapiens è il titolo del primo, l'Uomo attuale del secondo. Alcuni ca- pitoli sono comuni alle due opere, mentre nella prima delle citate opere vi sono dei capitoli che riguardano la preistoria che mancano nella seconda, e qualche capitolo della seconda manca nella prima. Nel primo capitolo l'A. esamina le leggi della eredita- rietà dei caratteri delle quali spesso abbiamo parlato nelle nostre adunanze e fa la seguente recapitolazione. 1. L’ereditarietà non concerne un organismo come un tutto indivisibile, un individuo (secondo il significato lette- rale di questa parola) ma concerne certe caratteristiche di un organismo, le quali sono le stesse nei progenitori e nei di- scendenti; 2. Le caratteristiche paterne v materne non sono ere- ditate in massa, ma ciascun carattere indipendentemente dal- l’altro (onde si dicono caratteri uniti), come si vede chiara- mente quando si avverano le disgregazioni e combinazioni mendeliane ; 3. Non sono i caratteri dell'organismo adulto che ven- gono ereditati, ma i determinanti di essi, contenuti nel pla- sma germinativo già prima che il progenitore diventasse adulto (1). (1) Vedi il Boll. n. 2idello “ Eugenies Record Office ,, The Study of human heredty. Cold Spring Harbor, May, 1911. 142 Ugo G. Vram Nei seguenti capitoli spiega molto chiaramente le teorie sulle mutazîoni e fluttuazioni, sulle convergenze, sui caratteri! coromorfici e ciò che riguarda il ripetersi delle forme, e l’in- fluenza dell’ambiente. Applica le teorie biologiche all’uomo, en- trando a parlar dei camiti e semiti e della presenza dei me- desimi tipi in differenti contrade. Non accetta Ia teoria dei Virchow e dei suoi seguaci che il mutamento di forma cra- nica non possa avvenire in nessun caso. Nel V Capitolo tratta dell'importanza dell'isolamento e delle formazioni etniche marginali arrivando a le seguenti conclusioni : 1. Queste aree marginali di difficile accesso, inospitali e poco rimunerative, sono per ciò appunto ambienti pro tettori per coloro che vi sono penetrati, non offrendo tali attrattive da invogliare nuovi concorrenti, i quali non avreb- bero neanche il vantaggio di trovare lo spazio vuoto. 2. Verosimilmente perciò ogni area marginale — di quelle, beninteso; che sono anche aree di isolamento, non ha avuto che una sola colonia umana penetratavi dalle regioni vicine, ciò che spiega la relativa purezza endemica. Goccie di sangue estraneo non possono distruggere i biotipi, quando si tratti di incroci in atto; e quando si tratti di incroci an- tichissimi (come quelli che il De Quatrefages e il Morselli ammettono ai primordi dell’umanità) sono ancora meno da prendere in considerazione, o che sia già avvenuta la sepa- razione mendeliana — per la quale oramai non si ammette più la regola generale che gli incroci sommergano le muta- zioni (1) — o che si siano formate nuove combinazioni, le quali praticamente si comportano come razze pure, o specie elementari, come vuole il Bean (2). (1) Curnor (L.), Op. cit. p. 489. (2) Bran (R. Bennet), Op. cit. p. 150. Questo risulta anche da esperi- menti fatti ultimamente dal Ghigi sui gallinacei. Recensioni bibliografiche 143 3. Questa colonizzazione, avendo avuto altrettante pro- venienze distinte quante sono le aree marginali occupate, spiega come vi sia la più grande diversità morfologica fra una colonia e l’altra, ciascuna delle quali portava e mante- neva (sebbene forse con qualche modificazione) i propri de- terminanti, ovvero caratteri raziali. Si deduce da ciò che anche quando avvenne la coloniz- zazione delle aree marginali la specie umana era già forte mente suddivisa in sottospecie o specie elementari e varietà. Il che doveva essere necessariamente, dal momento che aveva percorso tutte le terre emerse, e ciò non POExa avvenire senza divergenze cospicue (1). 4. La diversità non meno notevole che passa attual- mente fra queste stirpi marginali e le loro vicine immediate, quale si vede ad es. fra i Lapponi e gli Scandinavi, fra gli Eschimesi e i Pelli-rosse, gli Ainu e i Giapponesi, e così di seguito, dimostra che la colonizzazione marginale avvenne in un'epoca in cui la distribuzione spaziale delle razze umane era tutt'altra. E’ infatti evidente che se la distribuzione fosse stata quale adesso, l'estremità nord della Scandinavia sarebbe occupata dagli Scandinavi e non dai Lapponi; nè le regioni vicine fornirebbero più alle zone marginali i Fuegini, gli Eschimesi, i Pigmei, gli Ainu, ecc. 5. Questa deduzione cronologica ci spiega che nelle for- mazioni marginali anzidette si abbiano a preferenza i carat- teri così detti protomorfi dell'umanità, fra i quali, dallo spo glio fatto, il più comune sembra essere la piccolezza della (1) Una delle principali cause, dice giustamente lo Hoernes (op. cit. p. 137; per la quale le variazioni del corpo umano si fissarono in tempi remoti fino a costituire razze, consiste in ciò che l’uomo si è diffuso otto tutti i climi della terra. pad 144 Ugo G. Vram statura (1). Risultérebbe quindi giustificata anche per il lato morfologico la denominazione di formazioni arcaiche o paleo- morfe, che il Biasutti dà alla maggior parte di esse; ma ciò egli fa in base ad altri criteri (caratteri spaziali e storicii: onde io per non suscitare confusione trovo preferibile la de- nominazione di « formazioni marginali » (che non ci obbliga a priori in nessun senso, e puo indicare così l'Europa dell’epoca glaciale come l'Australia di pochi secoli fa) senza altro con- cetto che quello dell’ isolamento più o meno efficace. Risalendo ai primordi dell'Umanità in epoche nelle quali tutto il mondo era da occupare appare molto più grande ciò che si è detto per le formazioni marginali verificandosi la legge spaziale del Cuenot. Bastava che in ogni area si fosse prodotta una mutazione e se questa si riproduceva nella se- conda generazione, in egual percentuale e così di seguito, vedremo il numero degli individui mutati aumentare rispetto a quello degli immutati, sicchè il tipo primitivo finisce per sparire, così si ha la variazione di sede che frammenta la specie. In quel periodo, cioè ai primordi dell'Umanità, dovette avvenire ciò per la specie umana, onde è giustificato che l’uomo abbia molte sottospecie e appare troppo semplicista il paragone di certi antropologi fra l’uomo e le scimmie antro- poidi viventi per dividere gli Hominidae analogamente ai Simiidae. Per l’uomo esistono poi circostanze speciali che gli rendono più facile l’estendersi e il sopraffare i propri simili e distruggerli, e ove non gli distrugge, quegli avanzi di popo- lazioni di paesi invasi son costreti a ritirarsi su isole o su montagne, ove spesso periscono per mancanza degli antichi (1) Giustamente quindi il Martin considera la piccolezza come un vecchio carattere dell'umanità e lo Haacke pure ritiene che le razze pigmee più che la maggior parte delle altre razze umane stanno vicine ai nostri progenitori (HaAKE W., Die Schòpfun des Menschen, Jena 1895). Recensioni bibliografiche 145 mezzi di sussistenza. Guerra fra uomini, caccia dell’uomo al- l'animale devonsi considerare come cause di estinzione delle razze (Steinmann). La razze di Neanderthal ed altre razze delle quali non abbiamo resti devono essere periti in lotta contro popolazioni più civilizzate (Giuffrida). Le lacune che esistono fra le differenti razze non vanno spiegate a modo poligenistico come già esistenti ab initio, ma si son formate per estinzioni di alcuni gruppi dei quali non abbiam più traccie. Grande d'evessere stata la prolificità del- l’uomo in confronto a quelli degli Antropoidi e in grazia a questa sua prolificità esso si è propagato per tutto il mondo. Nei grandi continenti dunque per le ragioni suesposte le popolazioni cambiarono più volte. Le prime grandi formazioni umane si devono intendere come molto più limitate origina- riamente : queste formazioni estendendosi soppressero i pic- coli gruppi intermedii (geograficamente e forse anche antro- pologicamente) e vennero a contatto fra loro. Quel fenomeno che si va effettuando fra bianchi e neri in America si verifica ovunque al contatto di grandi colletti- vità: esso è il vicinismo del De Vries e il metamorfismo del Fritsch. A proposito degli incroci porta l'A. alcuni esempi per dimostrare che essi non sommergono i biotipi, ma bisogna esser cauti: benanche qualche volta potrebbero dar luogo a qualche varietà metamorfa. Riguardo alle diverse questioni dei pigmei lA. inclina a credere che la formazione sia stata unica in origine e poi sud- divisa. Le diverse formazioni formano una gerarchia la quale però non è che un'intuizione; tuttavia si possono utilizzare quei caratteri che chiamansi infantilismi e che sono in minor numero nella razza bianca, più numerosi nella gialla e ancor più nella razza nera. Infatti per la distinzione gerarchica di questi tre grandi tipi, essendo essi tipi finali differentiatis- simi, si deve ricorrere ai caratteri d'arresto o al più o meno 146 Ugo G. Vram avanzato dimorfismo sessuale, il quale è realmente tanto maggiore quanto più il tipo è evoluto, ossia lontano dall’uni- formità primordiale. Applicando i medesimi criteri agli indigeni americani si vede che esso non è un tipo finale. Alla stregua della quan- tità di arcaismi è certo che il posto più basso compete agli Australiani. Ma generalmente per la posizione gerarchica delle formazioni marginali è difficile venire ad un accordo sulla valutazione dei caratteri gerarchici, alcuni facendo valere di più gli infantilismi, altri gli arcaismi. Rileva le contradizioni nelle quali è caduto il Kohlbrugge rispetto alla gerarchia, e trattando di questa dal punto di vista dinamico l'A. viene a parlare della valutazione qualitativa delle singole variazioni: ad es. una variabilità che interessi prin- cipalmente il sistema pilifero o la pigmentazione non ha cer- tamente lo stesso valore di quella che interessi | encefalo.. Questo é importantissimo potendo dare degli uomini di genio invece le variazioni della lunghezza degli arti sono indifferenti: Tanto maggiore è l’ indice di variabilità nel carattere della complicazione delle circonvoluzioni in tanto miglior condizione si trovo il gruppo umano per poter progredire. Il tipo primitivo difficile a stabilirsi è quello dal quale teoreticamente devon esser partite le variazioni distinguendosi schematicamente : 1. Facies di origine, indifferenziata e indefinibile, ma più o meno di tipo inferiore : 2. Facies di mutazione, vale a dire polimorfa per la muta- zione (1) intervenuta e le grandi oscillazioni del tipo primitivo ; 3. Facies di differenziamento, in cui si ha la concen- trazione dei diversi tipi. (1) Questo vocabolo qui è nel senso più esteso (De Vries). — È anche possibile che più volte e in varie regioni si sia verificato tale processo e il consecutivo differenziamento. Vedi l’Epilogo, alla fine del libro. Recensioni bibliografiche 147 Le razze umane estinte (Neanderthal) presentano carat- teri d’inferiorità, l’autore è d’accordo col Boule che insieme a quelle razze estinte abbia esistito l’ uomo attuale, anzi egli ritiene che quest'ultimo sia stata la causa della sparizione del primo. Da questi tipi primitivi per mutazione si sarebbe svilup- pato il tipo attuale. Nello sviluppo dei differenti tipi si avrebbe avuto anche l’influenza dell’ ambiente esterno, non esclusa la nutrizione. Segue una lunga dimostrazione dello sviluppo orto: genetico, esteso anche alla mentalità umana, con un quadro sintetico dall’epoca eolitica ai giorni nostri, tolto dal Verworn, del quale ebbi ad intrattenermi in una delle nostre adunanze dell’anno scorso. Infine l'A. considera I’ uomo come specie collettiva nel senso del De Vries e, analogamente a qnello che fanno i bota- nici e i zoologi, lo divide in specie elementari che alla loro volta son divise in varietà e sottavarieta. Il carattere principale per la specie collettiva è di essere delimitata dalla amixia, che per l’uomo convienevaccettare in generale, gli csperimenti cui attende Bernelot Moens con gli antropoidi del Carnerum non han fin ora dato risultati po- sitivi. Ecco la proposta fatta dal Giuffrida per la divisione della specie. OMINIDI ATTUALI. Fam. HOMINIDAE. Homo, gen. Homo sapiens, spec. collect. (vel system.) H. s. australis, spec. elem. » ” australianus, var. » ” » hypsisthenocep abus, subv. ’ a ” pseudoneander, subv. > veddaicus, var. 148 Ugo G. Vram H. s. australis veddaicus ceylonensis, subv. » » senoicus, subv. » toala, subv. tasmanianus, var. melaneniensis, var. (da suddividere) H. s. pigmaeus, spec. elem. » » » » » S. S. » melaneniensis, var. asiaticus, var. andamanicus, subv. semangicus, subv. philippinensis, subv. africanus, var. i» glaber, subv. » pilosus, subv. sfeatopygus, var. . indo-africanus, spec. elem. dravidicus, var. aethiopicus, var. niger, spec. elem. (da suddividere). americanus, spec. elem. nordicus, var. neotropicus, var. andinus, var. patagonicus, var. fuegimus, * var. asiaticus, spec. elem. paleoarcticus, var. neoarcticus, var. mongolicus, var. (da suddividere). meridionalis. var. oceanicus, spec. elem. » ainu, var/. (*) Sive “ australis , (nella carta .geografica e altrove). Recensioni bibliografiche 149 H. s. oceanicus polinesiacus, var. » » » protomorphus, subv. (resi dui nell’Indonesia). » » » centro-orientalis, subv. » » » pseudo-mediterraneus, subv. H. s. indo-europeus, spec. elem. » » brachimorp?us, var. » » » alpinus, subv. » » » armenicus subv. » » » pamiriensis, subv. » « dolichomorphus. var. » » » nordicus, subv. > » » mediterraneys’ subv. » » » indo-afghanus subv. L’A. ritiene che il P. erectus Dubois sia buon fratello minore dell'Uomo e non accetta l'ipotesi del Branca che esso possa essere un bastardo. Parlando delle scoperte dell’Ameghino egli non accetta le teorie fondate su di esse, dal momento che le scoperte stesse sono state oramai squalificate. Concludendo il Giuffrida dimostra l’assurdità dell’ipotesi poligenista e dimostra l'origine dell'Uomo attuale da una sola specie: l’ipotesi monogenistica è anche confermata dalla lin- guistica, ma questa è dell’A. utilizzata soltanto in via colla- terale, parlando delle affinità dei grandi gruppi umani. Questo in succinto il contenuto del libro, l’ importanza del quale è aumentata da 13 belle tavole, riproducenti i di- versi tipi umani: una carta geografica a colori dà anche la distribuzione sul globo secondo la classificazione esposta. Nel momento attuale nel quale si è fatto strazio dell’an- tropologia, da parte di alcuni improvvisati naturalisti evocando nuove specie viventi da estinte, il libro del Giuffrida acqui- sta maggior importanza. Ugo G. VRAM. 150 sie. « Intorno ad un trascurato e pur grave nemico dell’Olivo ». Con questo titolo, nella Redia, Giornale di Entomologia, il pro-. fessor Giacomo del Guercio ben richiama l’attenzione sopra un lepidottero, chiamato Zeuzera pirina, L., il quale è causa di molti danni per diversi alberi fruttiferi, fra i quali va citato specialmente l’olivo. Il Del Guercio cita più altre piante, e sem- pre tra le fruttifere ricorda il Pero, il Melo, il Cotogno, I’A- rancio, il Limone e il Noce. Ma la Zeuzera pirina è in Puglia abbondantissima sull’olivo, e colpisce le varietà importanti, così dette ogliarole, di questo prezioso albero. Ma, oltre gli olivi delle Puglie, sono attaccati dalla Zeu- zera quelli della Calabria e della Sicilia; e nell’ Italia. centrale quelli delle prov. di Livorno, di Lucca, ecc. Ma sono gli oli- veti pugliesi quelli che da molti anni soffrono i maggiori danni a causa delle invasioni del funesto lepidottero; ed è per opera sua che, quando è più forte il caldo. disseccano numerosi rami, ed una enorme quantità di fiori e di olive vanno per terra, di- minuendo la massa del raccolto. i L’autore fa conoscere come non soltanto nella provincia di Taranto, ma in altre pugliesi, vi sieno operai capacissimi per la ricerca delle larve della Zeuzera, e dice il modo come le scovano nelle loro gallerie e le raccolgono in: barattoli. rac- colta che vien pagata dai padroni degli oliveti. Il lavoro, osserva giustamente Del Guercio, non si direbbe economico; ma non è così quando si pensa che 8 persone possono asportare da 50 a 60 mila larve in una ventina di giorni, vi- sitando non meno di 12 mila a 14 mila grossissime piante di olivo. E cita, a prova del suo dire, anche i notevoli: risultati della raccolta delle larve dell’istesso insetto nelle annate 1911 e 1042: Recensioni bibliografiche 151 Bisognerebbe, adunque, disciplinar meglio questa raccolta secondo il consiglio di competenti entomologi; ed il Del Guer- cio afferma che la raccolta diretta delle larve « non dovrebbe mai cominciar prima del mese di agosto, e protrarla fino a to- gliere le ultime crisalidi, per fare che la infezione, ripetendosi, avvenga nei limiti più stretti possibili. Novità, Rarità e Varietà Ornitologiche in Italia. 1. In questi ultimi tempi ne furono annunciate parecchie anche nel nostro Bollettino sociale, ma più specialmente nella Rivista Italiana di Ornitologia. Ci piace sceglierne alcune. Cominciamo da una vera novità, quella descrittaci dal conte prof. Tommaso Salvadori. Il quale ebbe in Torino dal sig. Carlo Bainotti un Tarabusino ucciso presso Bra. La nota è intitolata: « Singolare cattura di una specie orientale del ge- nere Ardetta nuova per l’Italia e per l’ Europa » (1). Il Salvadori ebbe l'esemplare fresco, in carne, per intelli- gente premura del Bainotti, cui riusciva nuova quella forma; e tale era anche per l'illustre ornitologo. Ma presto ricordò ch’essa trovavasi rappresentata nell’opera dello Schrenck. Però il nome datogli da quest’autore non era esatto. La specie deve chiamarsi Ardetta eurythyma, Swinoe; ed è figurata nel « The Ibis » del 1873, e nell’opera di David e Oustalet, Ois. de la Chine. Il Salvadori dà una sinonimia e bibllografia ricca ed esatta, e passa subito alla descrizione dei caratteri distintivi del ma- schio adulto, della femmina e del giovane. Però l'esemplare di Bra ora conservato nel R. Museo Zoo- logico di Torino, è una femmina. Scrive il Salvadori che è singolare davvero la comparsa di questa specie in Italia, che abita la Siberia orientale, esten- (1) Riv. Ital. prec. n. 2 1912. 152 AC. dendosi alla Cina, alle isole del Giappone, ecc. Il Salvadori aggiunge che il Museo Britannico ne possiede 14 esemplari, ed il Museo di Milano 3; ma non dice come quest’ultimo li abbia avuti. Supponiamo che siano stati acquistati dal conte Turati e facciano parte di quella grandiosa collezione. Mi è caro ricordare che il compianto naturalista, prof. dott. Fauslino Manzone, nativo di Bra, il 16 gennaio del I883 uccise in quella regione un altro uccello raro l’Uria troîle, Lath., e precisamente presso il confluente del Tanaro e della Stura. Il Manzone diede accuratamente i particolari della cat- tura e la descrizione del bel esemplare, che si conserva nel Museo Zoologico dell’ Università di Roma, ed io ne pubblicai la memoria prima nella « Spallanzani » allora da me diretta, Anno XV, fasc. VII VIII, 1886, c poscia nel volume che com- prende i lavori compiuti nell’Istituto Zoologico della R. Univ. di Roma dall’anno 1885 al 1886,. Chi finse d’ignorare quella memoria del Manzone, commise una piccineria: ma questa va . perdonata dopo la morte dell’illustre scrittore. 2. A proposito della Ghiandaia in Sardegna ricorda l’istesso Salvadori (1) che alcuni Ornitologi si sono di recente occupati degli uccelli di questa nostra isola, specialmente stazionarii, mossi, pare, dal concetto che le forme, sotto l'influenza del- l’isolamento, siansi modificate. Fra questi uccelli modificati sarebbe, secondo il. Klein Schmidt e lo Tschusi, la Ghiandaia, che il primo vorrebbe chiamare Garrulus ichnusae, ed il secondo Garrulis glandarius sardus, anzichè Garrulus glandarius. Il Salvadori ricorda pure che anche l’Hartert ammette la forma sarda come distinta; ma per caratteri che anche a noi sembramo di scarso valore; e accettiamo il parere dei nostri ornitologi Salvadori, Arrigoni, Martorelli, ecc. (1) Estr. dalla Riv. Ital. di Orn. An. 2. N. 2. Recensioni bibliografiche 153 Il Salvadori, riportate molte misure comparative fra esem- plari sardi e continentali, fra cui taluno anche del Lazio, mi- . sure riguardanti specialmente la lunghezza dell’ala e del becco, giustamente conclude che sembragli « che neppure le differenze nelle dimensioni abbiano valore per definire una sottospecie ». Ed oggi la smania per le sottospecie e per le specie nuove comincia a diventare pazzesca in taluni e molto esagerata in più altri. 3. « Intorno alla pretesa nuova forma del Corvus sardus di Kleinschmidt » del prof. Enrico Balducci. — L’egregio con- socio (1) ci fa noto come il capitano Gustavo Pasi uccidesse presso Ozieri (prov. di Sassari) due corvi, che donò alla Col- lezione centrale dei vertebrati italiani in Firenze. Sono due Corvus corax. Linn., adulti, di età un po’ diversa. Il Balducci confrontò gli esemplari del Pasi con altri esistenti nella Collezione, ma non rimase sicuro della diagnosi. Erano veri Corvus corax, oppure Corvus sardus? Ricorda quanto il Giglioli scriveva sulla prima cattura in Italia del Corvus co- rax tingitaonus, e come poi si ricredesse considerandolo quale Corvus corax sardus. Il Balducci, non ancora persuaso, pensò bene di prendere esatta conoscenza di quanto il Kleinschmidt aveva pubblicato nel 1903 sulla forma da lui creduta nuova di Corvus sardus. Ma mancandogli un ricco materiale di confronto, lo ebbe cor- tesemente dal conte prof. E. Arrigoni degli Oddi; ed altri esem- plari ebbe pure l’aut. dalla signorina Picchi, dal prof. Marto- relli, dal conte F. Cavazza, ecc. Potè così il Balducci procedere all'esame minuto dei ca- ratteri che potrebbero essere distintivi delle tre citate forme, desumendoli dalla lunghezza del corpo, dell’ala, della coda, del becco e del tarso. Ed infatti dà un ben nutrito riassunto di misure, riguardanti esemplari di Sardegna, dell’isola di Ca- (1) Estr. dalla Riv. Ital. di Orn. An. I, N. 4. 154 A. C. prera, dell'Elba, del Pisano, Velletrano, Ferrarese, Veronese, di Cuneo ecc. in Italia, ma anche di regioni esotiche (Tunisia, Marocco ecc.). L’aut. dichiara che non è riuscito, colle misure prese, « a decifrare questa nuova sottospecie del Kleinschmidt. ». Ma volle ancora esaminare minutamente la forma e le dimensioni del becco, e fornisce due belle tavole coi profili di molti becchi. Se la forma dei vari becchi è ben diversa, pur si mantiene « uno stesso tipo di becco in tutti ». E aggiunge ancora il Balducci : « Da tutto quanto abbiamo premesso risulta dunque che dalla forma e dalle dimensioni del becco non è possibile trovare ca- ratteri che ci autorizzino alla separazione delle due sottospecie C. corax e C. c. sardus ». Ma già recisamente aveva affermato il Martorelli che nè il colore, nè il becco offrivano validi caratteri differenziali. «Insomma non scorgo alcun serio carattere che possa accennare a differenza specifica e nemmeno sotfospecifica all'infuori delle dimensioni assai minori nel fingitanus di Whitaker. ». E fece bene il Balducci a riferire questo giudizio. Lo ripetiamo ancora una volta: se un buon numero di così dette nuove specie e sottospecie di uccelli, di rettili, di insetti ecc. che nei nostri tempi hanno creduto di scoprire giovani na- turalisti che hanno fatto dei viaggi in Sardegna ed altrove, fossero coscienziosamente ristudiate, quante volte si constate- rebbe che non hanno trovato nulla di nuovo? (Continua). ANNUNCIO NECROLOGICO Quasi al momento di mettere in macchina per ia tiratura di queste pagine, apprendiamo con vivo dolore la morte del- l'illustre naturalista March. dott. GIACOMO DORIA Senatore del Regno Direttore del celebre Museo di Storia Naturale in Genova. Sono tali e tante le benemerenze del Doria da non potersi ricordare in poche parole: procureremo che di Lui sia fatta una conveniente commemorazione. Abbiamo subito provveduto che il R. Museo Zoologico Universitario di Roma e la Società Zoologica Italiana fossero rappresentati ai funerali del com- pianto march. Doria, incaricando l’egregio comm. Gestro, vice direttore del predetto Museo: e la rappresentanza egli assai gen- tilmente accettò. RATA ITTOSI Fasc. V-VI Serie III - Vol. II Anno 1913 (Cont. le puntate 7-12) (XXII dalla fondazione) BOLLETTINO MEER A SOCIET: S7Z00LO GIA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente Onorario S. NM. il Re Sulla Balxenoptera acuto-rostrata catturata per la prima volta nel Mate laziale (Castel Fusano). E notizie su altri giganteschi cetacei arenati e catturati lungo le eoste dello stesso mare dai tempi più remoti agli attuali. Sunto di due comunicazioni fatte dal prof. A. CarRUCcIO. PARTE I. Una straordinaria cattura fu fatta in una località delle coste laziali, la quale da secoli e secoli non era stata più men- zionata quale sede di arenamento di qualcuno fra i giganteschi mammiferi, abitatori degli Oceani. Questa località, come mi affrettai a farla conoscere in due diverse adunanze scientifi- che (1), sta presso l’antica e celebre città fondata da Anco Marzio, ma più vicino alla nuova Ostia sorta nell’anno 830 per volere di papa Gregorio IV. Per essere più preciso dirò che la cattura del raro ce- taceo avvenne nella spiaggia di Castel Fusano, in vicinanza della splendida pineta e del palazzo dei principi Chigi. La distanza da Roma, accedendo per la via Ostiense, è di oltre 24 chilometri, che si possono percorrere o in vettura comune o in automobile. Giunti però a Castel Fusano devonsi ancora (1) Adunanze scientifiche della Società Zoologica Italiana tenute nella R. Università di Roma, il 28 dicembre 1911 e 27 ottobre 1912; e fu in quest'ultima adunanza che si poterono presentare ben preparati e quasi affatto secchi i pezzi della Ba/aezoptera (testa, pinne pettorali, pinna caudale, ecc). È Cita Peo A Mesi. pis, SI aa Ra) rr 158 A. Carruccio percorrere non meno di 1 !° a 2 chilometri di strada malage- vole per raggiungere il sito in cui si arenò il cetaceo. Oggi devo limitarmi a un primo annuncio essendosi do- vuti trasportare i grossi pezzi puzzolenti, appena giunti in Roma, nel nuovo laboratorio tassidermico, situato presso il Policlinico, e quindi lontano dal palazzo universitario, labo- ratorio da me ottenuto di recente dal Ministero. Attigua al labo- ratorio proposi che fosse costruita una grande vasca da macera zione, con acqua abbondante e rinnovabile secondo il bisogno. Appena la macerazione della testa e delle altre parti che poteronsi salvare, sarà compiuta, mi farò un dovere di pre- sentarvi i preparati anatomici: nè mancherò di fare quei com- menti illustrativi che mi parranno opportuni. Intanto sarà bene che ricordi brevemente le catture di Cetacei che, con sufficiente sicurezza s‘orica, risultano fatte nel mare che bagna le coste della provincia romana. E perchè non solo pochissime, ma sempre assai interessanti sono tali catture, perciò tornerà gradito avere di esse quella conoscenza ch'è possibile, e che non è sempre facile ottenere. La prima domanda che mi sono rivolta è questa: Qual'è l’arenamento più antico che trovisi registrato come avvenuto nelle spiagge marine laziali, di cetaceo o pinnipede per lo più provenienti da lontanissimo mare ? Per quanto mi risulta, credo che tale arenamento sia quello descritto da Plinio nella celebre sua Storia naturale, avvenuto precisamente presso Ostia, dove fu ucciso un grande cetaceo, o mostruoso pesce, come allora lo si credeva. La cattura ed uccisione furono operate dagli uomini a bordo delle galere romane, al tempo in cui viveva Plinio. Iacopo Orlandi (1) scrisse che il cetaceo di grandi dimen- sioni del quale si occupò Plinio, era un’Orca non un Physeter(2)... (1) È autore d’una pubblicazione fatta nel 1791, col titolo : Dei corpi marini, ecc. ROTTO R LI ASORAI MEIDIVI gn TT Mer Sulla Balanoptera acuto-rostraia 159 Ma se è vero che l’Orca gladiator appartiene all’ordine dei Cetacei, essa però va annoverata fra gli Odontoceti e nella famiglia De/phinidae, non già fra i Misticeti. L’Orca, conosciuta anche nella più remota antichità, pare che corrisponda all’Aries marinus di Plinio. Debbo però ag- giungere che v’ha qualche scrittore il quale crede che l’Orca dei latini corrisponda al genere Phlysefer vel Catodon; e si è pure da altri creduto che al vero capodoglio si possa riferire l’animale indicato da Plinio. Volendo, si possono citare esempi di arenamento di Orche. Scelgo, fra gli scrittori, il Van Beneden che nel lavoro inti- tolato « Les Cétacés des Mers d'Europe » c'informa non solo delle Orche arenatesi presso Ostenda, ma anche dello scheletro posseduto dal Museo di Leyda, e delle apparizioni di questa temuta specie nei mari del Nord. Il prof. Jenting, poi nel suo catalogo osteologico del Museo di Storia naturale dei Paesi Bassi (Mammiferi, pag. 175) ci fa noto che trattasi di un’Orca adulta arenatasi nelle coste dell'Olanda. Altri individui in pelle ed altri scheletri di Orca trovo indicati in opere diverse, e taluna anche per l’Italia. Il pro- fessor V. Carus nomina una sola località italiana ove sarebbe apparsa l’Orca gladiator, cioè Palermo (1). Questo stesso cetaceo venne pur segnalato da Doderlein nella sua « Rivista della Fauna Sicula dei Vertebrati » (2) nella quale ricorda come si lascino predare nelle numerose tonnare dell’ Isola diverse specie di Cetacei appartenenti al genere Delphinus, Phocaena, Globicephalus, ecc.; ed aggiunge che « sospinti dalle invernali procelle veggonsi a quando a quando incagliare nelle arenose spiagge dell'Isola l’Orca combattente (Orca gladiator, Bonnat.), lo Ziffio.a rostro cavo (Zyphius cavirostris, Cuv.), l’Iperodonte (Hiperodon Desmarestii, Ris.) ecc. (1) V. Prodromus Faunae Mediterranae, vol, II, pag. 713. (2) Palermo, 1881, Tip, di P. Montaina, pag. 12. PE 3 INTE A OLFANTREETZA OLA I TA 7 n e ga {CIMA RAII 160 A. Carruccio A proposito del Zyphius cavirostris posso e devo ricor- dare che fui primo ad annunciare nel gennaio 1868 la cattura di esso nei mari d’Italia, faticando non pochi giorni nella preparazione della testa che potei avere a disposizione nel Gabinetto Anatomico dell’ Università di Cagliari, dove allora mi trovavo quale settore. Di questa insolita cattura scrissi nel giornale « La Sardegna Medica », Rivista teorico-pratica di Medicina, Chirurgia e Scienze Naturali, che avevo fondato in Cagliari nel 1863. Il cetaceo ‘arenò nella sponda sinistra del golfo di Cagliari, presso Pula, in sulla fine del dicembre 1867. Ma quando si ebbe l’avviso, per quanto fossimo solleciti a re- carci sul posto dell’arenamento, si trovò che i pescatori avevano ridotto in pezzi l'interessante e raro animale, e si potè solo avere ancora intatta la testa: questa fu trasportata, come dissi, nell’ Università. L’illustre direttore del Museo di Zoologia e Anatomia comparata di quel tempo (1) credette che il cranio, a me. affidato per la preparazione, appartenesse al genere Hyperodon, Lacépede. Dopo la preparazione, la testa medesima fu collocata in una delle sale di quel Museo, dove sempre si trova, e dove l’osseivò il Giglioli quando ebbe occasione di fermarsi in Cagliari. Nell’ interessante Elenco dell’ istesso Giglioli pubblicato nel 1880 (2) è detto che il primo esemplare avuto in Italia fu quello di Villafranca (Nizza), catturato nel settembre 1868, del (1) Egli era il cav. prof. Giovanni Meloni Baîle, uomo di molta dottrina e facile parlatore. Fu sindaco della città di Cagliari, e a lui si deve in massima parte la grande opera dell’acquedotto che per molti anni sod- disfece a bisogni urgentissimi della popolazione della città e di altri comuni del circondario. Il prof. Meloni Baile fu anche deputato al par- lamento nazionale per l’istesso Collegio politico di Cagliari. Perchè forse più nou si ricordano le benemerenze di quell’antico e autorevote professore dell’Università cagliaritana ho voluto profittare dell’opportu- nità per scriverne una parola di affettuoso ricordo. (2) V. Elenco dei Mammiferi, degli Uccelli e dei Rettili ittiofagi ap- partenenti alla Fauna italica. — Firenze, 1880, pag. 8-9. siii Sa - “ È Lea S Sh £ o, Lo ì, . Sulla Balanoptera acuto-rosirata 161 quale lo scheletro intiero è conservato nel Museo di Firenze. No, il primo esemplare di Xyplius cavirostris fu realmente quello arenatosi in vicinanza di Cagliari, e precisamente nella spiaggia di Pula nel dicembre del 1867. come dissi. Nella predetta pubblicazione il Giglioli aggiunge : « Di questa singolarissima specie conosco altri tre individui cat- turati nei nostri mari: di due, gli scheletri interi sono a Pisa ed a Jena, il primo fu preso a Livorno, il secondo a Villa- franca, a Cagliari nel Museo esiste il terzo ». Tornando al grosso animale di cui ebbe a scrivere Plinio, dissi che se fosse stato un’ Orca g/adiator, sarebbe forse l’unica indicata come comparsa nelle acque marine della provincia romana. È meglio però precisare il fatto colle parole stesse di Plinio. Nella sua ben nota opera, al Capit. VI, intitolato “ De Balaenis etc ,, leggo quanto segue: « Balaenae in nostra maria penetrant...» E prosegue col dire che al principio dell'inverno cercano le località più fa- vorevoli per partorire i loro piccoli. Ma queste località cono- scono pure le Orche. « Hoc scire Orcas, infestam his belluam, et cujus imago nulla repraesentatione exprimi possit alia» quam carnis immensae dentibus truculentae ». Continua il grande naturalista romano col fare un con- fronto fra le feroci Orche combattenti e le timide Balene, che non hanno altra risorsa che di guadagnare l’alto mare e prendere il largo... « in altum profugare et se toto defendere Oceano ». Lasciando quant'altro narra Plinio, passo alla parte che più ne interessa. « Orca in portu ostiensi visa est, oppugnata a Claudio principi ». Infatti quest’ Orca (?) giunse in Ostia quando l’impe- ratore Claudio faceva costrurre ‘quel porto. Il gigantesco animale si era scavato una specie di pro- fondo canale dove stavasene protetto contro le ondate e contro 162 A. Carruccio chi tentasse avvicinarlo. Ma essendosi allontanato dal suo rifugio per andare in cerca di preda, fu spinto dai potenti flutti del mare sulla spiaggia in modo da rimanere rovesciato; e siccome il suo dorso sovrastava alla superficie delle acque; perciò rassomigliava a una nave capovolta. Allora l’imperatore ordinò di tendere una quantità di reti davanti all'ingresso del porto, e si avanzò egli stesso a bordo di una nave, colle coorti pretoriane. Così diede alla folla presente un grande spettacolo, perchè fece attaccare il Cetaceo (?)a colpi di lancia dai soldati che stavano sulle ga- lere romane. Una di queste andò sommersa, per opera dell’in- ferocito animale, sotto gli occhi dell’istessu Plinio, che trova- vasi in Ostia. Trascorsero secoli, prima che qualche altro importante arenamento fosse registrato; e parmi che il più remoto, dopo cioè quello di Plinio, sia stato accennato dall’illustre P. M. Al- berto Guglielmotti, distintissimo scrittore della Storia della marina pontificia nel medioevo (1). Egli adunque fa noto che un Cetaceo si arenò presso Civitavecchia nel febbraio del- l’anno 1282. Un secondo Cetaceo, lungo 8 canne e grosso come il corpo di una tartana, venne a secco fra Santa Marinella e Capo Linaro il 28 gennaio del 1624. Un terzo, ch'era una balena lunga 91 palmi e grossa 50, con una bocca lunga 10 palmi e larga 10. Questo Cetaceo si arenò nel febbraio dell’istesso anno nella spiaggia di Santa Severa, a 30 miglia da Roma. Un quarto fu rinvenuto in questa medesima spiaggia nel 1828. Altra notizia traggo dalla memoria pubblicata nel 1866, intitolata: « // Cetaceo di S. Marinella » memoria letta nel- l'Accademia Pontificia dal prof. Vincenzo Diorio che narra (1) Edit. Le Monnier, Firenze, 1871. Sulla Balenoptera acuto-rostrata 163 come il giorno 4 del mese di marzo di quell’anno, due pesca- tori “ dalla spiaggia civitavecchiese, e precisamente dal posto denominato la Sa/ciutella, fra le stazioni ferroviarie di Rio - Fiume e di S. Marinella videro sommerso in mare e non molto discosto dal lido un corpo immenso, il quale apparve agli occhi loro, simile alla chiglia di un vascello rovesciato... ,, « Quel naviglio capovolto, aggiunge il Diorio, cangiossi però ben presto nel corpo di un Cetaceo, che spinto dall’ u- ragano verso terra, trovossi incuneato fra i scogli che ivi ri- frangono estesamente il flutto ». Continua l’autore a dire che l’animale di sesso femminile, giaceva sul ventre ed aveva lacerate le carni. Per l’inoltrarsi della putrefazione dovette il Diorio, procedere alla sollecita distruzione dei tessuti molli, limitandosi a salvare lo scheletro. Tutte le ossa del cetaceo diedero il peso approssimativo di 7000 libre romane. Prima però della distruzione delle parti molli il Diorio ebbe cura di prendere alcune principali misure, e riferisce che la lunghezza totàle del corpo, dalla sinfisi mascellare inferiore all'apice della coda, era di m. 18 e 80. La larghezza del capo in corrispondenza delle articolazioni mascellari, era di m. 2.22; la mascella inferiore eccedeva di 13 cm. la lunghezza della mascella superiore. Le pinne pettorali avevano ognuna la massima iunghezza di m. 1,80 e la larghezza di 70 cm.; la notatoia caudale mi- surava 3 m. e 30 cm. La colonna vertebrale risultò composta di 56 pezzi. L'atlante era libero, ma le 6 seguenti vertebre saldate. Scrive inoltre il Diorio che il cetaceo di S. Marinella era una Palaenoptera e presentava una piccolissima natatoia dor- sale. Accenna ai fannoni « sfrangiati e setolosi nel lembo li- bero » aventi l'altezza media di un piede parigino (1). (1) Riguardo al colore di questi fannoni il Diorio scrive: “ Questi organi avevano il colore carneo slavato della muccosa boccale che in 164 A. Carruccio Non è il caso che insista in qualche altra indicazione anatomica fornita diligentemente dal Diorio nel suo lavoro. Aggiungo soltanto che da tutto quanto espone pare che si trattasse di un individuo appartenente alla specie Ba/aenoptera musculus. Il Diorio, volendo persuadere l’ illustre zoologo francese, prof. Paolo Gervais, che sulla sponda del nostro Mediterraneo era stato catturato qualche altro esemplare di cetaceo (Phy- seter), non citato dali’ istesso Gervais, così scrive: « Noi potremmo rassicurarlo, offrendogliene un altro si- curo nello scheletro che pende dalla volta della Università nostra, il quale appartiene al Cascialotte gittato sulla spiaggia civitavecchiese (a Palo) nell’anno 1833, ed al cui studio prese parte attivissima il chiarissimo nostro collega ed amico caro prof. G. Ponzi ». La prima volta che io potei visitare Roma fu appunto in sulla fine del 1866, proveniente da Palermo-Napoli, e bene rammento che recatomi in questo Palazzo Universitario vi osservai appeso lo scheletro di cui fa cenno il Diorio, sche- letro che poi fu tolto; nè so per quale ragione. Non è possibile stabilire con precisione a quale sott’or- dine, genere e specie di cetacei appartenessero tutti gli in- dividui che in varie epoche furono spinti nel nostro Medi- terraneo, e specialmente sulle spiaggie laziali, cioè quali fossero odontoceti, e quali misticeti. Assai interessanti sono le notizie che vennero pubblicate nel 1868 sul Physeter macrocephalus, cioè capodoglio e cac- cialotto come è denominato in Italia, riguardanti un individuo apparso in sulla fine del maggio di quell’ istesso anno sulla massima parte li costituiva ; apparendo solo bluastri sulle rughe trasversali che trovaronsi pure rigide quasi setole impastate in mezzo alla membrana muccosa ,. Continua esprimendo opinioni e giudizii in gran parte discutibili o inaccettabili. TION Q10pRIUdAO1]) 'OUNSnNJ[o]st) Bd tIRdnIgeo 242)040120)DgY B|]op BISO] ‘'OINOLNYV Ord 0IDDAHUVO Sulla Balaenoptera acuto-rostrata 165 spiaggia di Fogliano, comune di Cisterna, circondario di Vel- letri. E sul medesimo ha riferito già anche il prof. Parona. Questo capodoglio era molto sofferente e quasi in fin di vita a causa di una ferita profonda che aveva ricevuto sotto le pinna pettorale sinistra. All’arenamento in quella spiaggia si trovò presente l’o- norevole prineipe di Teano, don Leone Caetani, che esegui belle fotografie, e diresse la .difficile impresa di trarlo dal mare sulla spiaggia, impiegando 12 bufali e catene per po- terlo trascinare. La lunghezza di questo cetaceo era di 10 m. e 70, con una circonferenza della testa di 4 m., con apertura boccale di circa 2 metri. Il corpo pesava quasi 5 tonnellate. Parte delle carni vennero mangiate dai falciatori di quella regione e furono trovate buonissime. Non si potè utilizzare il copioso grasso per mancanza di mezzi adatti. Si ebbe però lavvedutezza di far conservare e preparare lo scheletro in- tiero, che tuttavia trovasi nel palazzo Caetani a Fogliano. Avrei dovuto prima tener parola, per ragioni di anterio- rità, del capodoglio osservato nel 1665 dal principe Cesi sulla spiaggia del Golfo di Nettuno, presso il castello di Astura. E nel palazzo Cesi in Roma fu trasportato qualche avanzo del predetto Physeter macrocephalus, che per lungo tempo destò la curiosità dei visitatori dell’istesso palazzo. Devonsi tener presenti i lavori del prof. Parona, e spe- cialmente il suo diligente « Indice bibliografico degli scrittori relativi alle catture dei grandi cetacei nei mari italici ». Molti altri lavori ho letto di distinti cetologi stranieri. Tolta qualche rara eccezione, come pel Cuvier, Van Beneden, ecc., in nes- suno trovansi notizie riguardanti l’arenamento di cetacei nelle spiaggie romane. Per le specie, pel numero di catture e per le località del Lazio, fino a nuove altre indagini, se sarà pos- sibile farle, bisogna dunque stare alle indicazioni del Gugliel- motti, del Diorio, del Parona ed a quelle da me pure riferite 166 A. Garruccio compresa questa odierna — che credo la più interessante — sulla Ba/aenoptera di Castel Fusano. Ho detto « a quelle da me riferite » perchè, come pa- recchi consoci ricorderanno, nell'adunanza scientifica del 21 aprile 1904, ho potuto comunicare alla Società anche il rarissimo e fortunato acquisto di una testa di G/obicephalus melas, la quale il nostro Museo ottenne per la lodevole intro- missione del socio signor D'Antoni Domenico, presso i pesca- tori d’Anzio. L'animale, lungo 8 metri, si era arenato, in una notte assai burrascosa, sulla spiaggia di S. Anastasio, presso Anzio, dove fu ucciso e tagliato malamente — more solito — a pezzi. Nella relazione che pubblicai nei fascicoli IV, V e VI del- . panno 1904, vol. XIII, del nostro Bollettino (pag. 113-128) ho dato tutte le notizie che potei procurarmi su questo eccezio- nale arenamento, il primo constatato nel mare laziale, ed ho descritto la testa, che conserviamo nella collezione faunistica locale. Le precise misure date e la tavola con due figure, e le altre notizie sulla distribuzione geografica delle specie, sulle diverse catture e via dicendo, completavano quella comuni- cazione. Ed ora che ho avuto la fortuna di far noto un altro are- namento nelle spiagge romane, anche più importante e raro degli altri indicati, ’arenamento cioè della Ba/aenoptera acuto- rostrata, avvenuto a circa 4-5 chilometri da Castelfusano, ora, dico, mi è duopo darvi alcuni altri particolari. E’ noto in Roma, come scarsissime siano le barche ap” partenenti a pescatori romani. Per lo più quelle che peccano ne! mare laziale provengono dal Dipartimento di Napoli, e approdano a Montalto di Castro e ad altre località dei cir- condarî di Civitavecchia e di Roma, e spesso ad Ostia, ecc. Una di queste barche napoletane con 4 uomini suol re- carsi a pescare presso Castelfusano. Avvenne, che essi il giorno 15 dic.1911 videro avvicinarsi un animale assai grosso, Me. sulla Balaenoptera acuto-rostrata 10607 che era spinto dal mare molto agitato verso la riva, e che non avea più vigoria per nuotare :teneva però aperti gli occhi. Una fortissima mareggiata spinse sempre più verso la spiaggia il balenottero : il quale sentendosi mancare l’acqua, tentò una giravolta, che invece di portarlo dove era più profonda, lo gettò quasi a secco, tenendo la bocca aperta rivolta verso il mare, © la natatoia caudale verso la spiaggia. Queste notizie diedero i pescatori al Coli, quando giunse sul posto. Essi, da nessuno distolti, si erano affrettati colle scuri a tagliare il cetaceo in quattro pezzi, lasciando la voluminosa testa presso la spiaggia, e infossandola quanto più poterono nella sabbia, onde non fosse portata via dalle forti ondate. Il prin- cipe D. Fr. Chigi trovandosi nei suoi possessi ebbe occasione di vedere la testa, e la fece legare convenientemente, onde tornato in Roma, e data notizia del fatto, la si potesse tro- vare dal personale del Museo Zoologico. Le altre tre parti del creduto pescecane furono dai pe- scatori mandate a Roma, onde fossero vendute, ridotte in pezzi minori, nel mercato di San Teodoro (1) sperando di far pas- sare le carni come appartenenti al pesce palombo... Ma l’ispe- zione sanitaria proibi la vendita, ed ordinò che fossero portate via e distrutte. Rimase però nel mercato intatta la natatoia caudale ade- rente ad una porzione posteriore del corpo, abbastanza lunga perché misura 97 cent. ma non si trovò la pinna dorsale caratte- ristica delle balenottere perchè recisa dai pescatori. Appena informato del predetto arenamento e dell’esistenza della testa del cetaceo, feci partire per Ostia il tecnico signor Coli, per fissare il prezzo d'acquisto e provvedere al trasporto in Roma della testa medesima. Ma non poche furono le dif- ficoltà perchè da Roma si era pure recato in Ostia chi voleva (1) Dove da un pesciaiolo più abile. . furono spellate completamen te 168 A. Carrùccio speculare e far pagare al Museo in modo esagerato la pre - detta testa. Le difficoltà furono rimosse grazie all'opera del principe Chigi, il quale — tornato essendo il Coli — propose gentil- mente che questi si recasse nuovamente in Ostia l'indomani mattina, in sua compagnia, coll’automobile. Il Coli potè senza indugio mettersi all'opera, liberando, coll’aiuto d'altri uomini, la testa pesantissima dal cumulo di sabbia, dalla quale per gran parte era coperta. Vide allora che insieme alla testa trovavasi una parte del torace colle pinne pettorali a sito; ma una di queste era recisa parzial- mente da un colpo di scure. Lo stato di putrefazione, già manifestatosi, ed il fetore che disturbava i presenti, fecero accelerare il grave lavoro di rimozione di cospicue masse muscolari. Compiuta dal Coli la dissezione relativamente in poche ore, e quindi alleg- gerito notevolmente il peso del pezzo, questo potè essere trasportato in Roma, non già nel palazzo Universitario, dove non sarebbe stata possibile la macerazione, ma nel nuovo e vasto laboratorio tassidermico presso il Policlinico, di recente da me chiesto ed ottenuto, come ho già detto. Anche la parte posteriore del corpo del cetaceo, che dissi essere rimasta nel mercato di San Teodoro, fu acquistata dal Museo, e posta a macerare colla testa. Naturalmente occorse non breve tempo per una macera- zione completa di pezzi così grossi. I preparati riuscirono assai bene, nonostante la fragilità delle ossa, per insufficiente calcificazione; ed appena asciutti potei prendere le opportune misure, e far confronti collo scheletro intiero della balenot- tera rostrata di Porto S. Stefano, pur da me introdotta nel Museo nell’anno 1900. Do ora le principali misure prese delle parti ossee, che poteronsi preparare per la collezione faunistica romana. reso e pa Id an de "7 see E di 7 - be A è Sulla Bala@noptera acuto-rostrata 169 E dapprima, per quanto riguarda la lunghezza totale della balenottera, dirò che da qualcuno dei presenti a Castelfusano si calcolò che tale lunghezza fosse da 5 metri e '/, a 6 metri. La lunghezza totale della testa, presa seguendo la curva della faccia superiore, è di 1 m. e 38 ct. La stessa lunghezza, ma seguendo la faccia inferiore, e misurando in linea retta, è di 1 m. e 34 ct. La larghezza massima della testa, in corrispondenza del- l'articolazione delle mascelle, è di 72 ct. La lunghezza della mascella inferiore, seguendo la curva che forma la sua faccia esterna, è di 1 m. e 22 ct.; e misu- rando in linea retta la lunghezza è di 1 m. e 19 ct. L’altezza massima della stessa mascella inferiore è di L’altezza minima è di ct. 5 e !/,. La distanza da un'orbita all’altra è di 54 ct. La distanza di ognuna delle orbite dall’apice della ma- scella è di 85 ct. La lunghezza massima delle ossa nasali è cent. 86. Il diametro verticale dell’orbita è di cent.8 ed il diametro orizzontale di cent. ll. La lunghezza della pinna pettorale è di 85 ct. La lunghezza della pinna caudale, misurando dalla punta di un lobo all’altro, è di 1 m. e 30 ct. L'altezza della stessa pinna, misurando lungo la linea centrale della medesima, è di 98 ct. La lunghezza dei fanoni è di 85 ct.; ed ogni lamina è lunga 8 ct., colla massima larghezza di 32 mm. 170 A. Carruccio * ok Dell’ importanza delle catture di Balenoptera rostrata hanno scritto diversi ed autorevoli cetologi, fra i quali mi limito a citare il prof. P. J. Van Beneden, che così si esprime: « Cette capture est intéressante à plus d’un point de vue ». E deplora che essendosi fin allora (1884) presi soltanto nel Mediterraneo cinque esemplari, di questi nel lungo periodo di un secolo, ben quattro di essi andassero perduti (1). La prima cattura, ricorda l’istesso Van Beneden, fu fatta nel nostro Adriatico nel 1770, e si conserva la sola testa nel Museo di Bologna (2); la seconda cattura di questa specie di balenottera fu fatta a St. Tropez nel maggio del 1840; la terza nei dintorni di Palavas alla fine del settembre 1870, ed era una femmina gravida; la quarta a Villafranca il 18 feb- braio 1878; e la quinta (per la quale il Van Beneden scrisse la nota sovracitata) fu presa nel 1884, nel Golfo di Cavalaire, Dipartimento del Var; ed afferma che dai vecchi marinai del luogo non si aveva alcuna conoscenza di siffatto. animale. La lunghezza del medesimo era di 5 metri e 25 centimetri. Aggiunge il Van Beneden che questo cetaceo avendo « une troisième nageoire pres de la queue... ne peut appar- tenir qu'au genre balénoptère ». Ed inoltre : « La couleur pale de la brosse, c'est-à-dire de ses fanons, indique seule, du feste; que ciest laNpetiteNespece. Ho voluto riferire queste parole dell’insigne cetologo perchè da esse rilevasi qual grande valore debbasi dare alla (1) Ved. Une nouvelle Balenoptera rostrata, dans la Mediterranee. Bruxelles. F. Hayer, Imprimeur de l’Acad. R. de Belgique, 1884, pag. 3-4. (2) Altro esemplare di questa specie che è sfuggito a parecchi scrit- tori, si trova citato a pag. 341 e 345 del “ Boletin de la Real Sociedad Espanola de Historia Natural ,, tom. VI-1906, in un articolo di Mosè Rioia y Martino. Sulla Balaenoptera acuto-rostrata 171 piccola mole di questa balenottera ed ai suoi fanoni, sia pel loro colorito, per la forma, la grandezza, ecc. Questi caratteristici fanoni io vi mostro intatti e ben preparati, ma anche aderenti al palato ch'è intiero, mentre quelli della Ba/enoptera di Porto Santo Stefano non si pote- rono avere che separati dal rispettivo palato. Ciascun fanone della balenottera di Castel Fusano è lungo 85 ct., ed annovera oltre 300 lamine, ed ogni lamina ha la larghez. magg. di 3 ct. o poco più, e l’altez. magg. di 8 ct. I fanoni della balenottera di porto S. Stefano sono invece più corti, misurando 47 ct. Tanto il gruppo delle lamine del fanone destro, quanto quello di sinistra non annovera meno di 300 di esse lamine falciformi. Ogni lamina nel suo margine inferiore e libero presenta numerosi filamenti setoliformi, quasi formanti una spazzola. Maggiori particolari ho dato sui fanoni della Ba/aenoptera di S. Stefano nella mia comunicazione del 27 dicembre 1899 (1). Fra le diverse misure prese su balenottere rostrate cat- turate in più spiaggie, misure accuratamente registrate nelle pubblicazioni che potei di nuovo consultare in buon numero citerò quelie dei due esemplari ben descritti da Turner (2). Una di queste balenottere arenatasi presso Dunbar (Li- torale della Scozia), era lunga 9 m.; il suo cranio, misurato in linea retta, era lungo 1 m. 80; il rostro 1 m. 20; la lar- ghezza massima dell’istesso cranio era di 99 ct. : la larghezza del rostro alla base 61 ct.; la larghezza della mandibola, in British Museum. La memoria col titolo: « On the Anatomy of (1) Ved. Bollettino della Soc. Zool. Ital., fasc. I e II, serie II, vol. I, Anno IX, 1500: “ Sovra una Ba/aenoptera rostrata presa recentemente a porto S. Stefano (prov. di Grosseto) ,, (Due comunicazioni del professor A. Carruccio, con tavole dell'animale in pelle e dello scheletro intiero) (2) Turner, “ The lesser Rorqual (Ba/aenoptera rostrata) in the Scot- tish Seas, with observations on its Anatomy ,. Proc. roy. Soc. Edinb., vo- lume XXX, 1891-1892. 172 A. Carruccio direzione rettilinea, 1 m. 82; e la larghezza dell’istessa man- dibola, misurata all’esterno in senso curvilineo, 1 m. 96. Per l’altra balenottera rostrata, di cui si occupò il Turner, arenatasi nel 1888 a Granton, abbiamo queste misure: Lunghezza totale del corpo 8 m. 51; lunghezza del cranio, in direzione rettilinea 1 m. 77; lunghezza del rostro 1 m. 20; larghezza massima 98 ct., larghezza del rostro alla base 58 ct.; larghezza della mandibola (in linea retta) 1 m. 80; larghezza dell’istessa mandibola (in senso curvilineo, e misurando all’e- sterno) 1 m. 94. Ma un lavoro sulla Ba/aenoptera rostrata, ch'è forse quello che contiene indagini e notizie anatomiche più che in qua- lunque altro, è quello che lessi quando mi fu gentilmente inviato dall’ illustre prof. W. H. Flower, già direttore del British Museum. Questo :avoro fu però scritto dai dottori Alexandre Carte e Al. Macalister dell’ Università di Dublino nel 1867. Essi ebbero l'opportunità di fare un largo studio anatomico di un esemplare di « Ba/aena rostrata, of U. Fabricius, or that described by Lacépède and Cuvier as £. acuto-rostrata or Baleine museau pointu », catturata nel maggio 1863 « about 30 miles north of Dublien ». Gli autori, dopo di aver descritto le forme esteriori, e date molte precise misure che per brevità non ripeto, danno minuti particolari sullo scheletro, sulla muscolatura, sui visceri, con particolari interessanti intorno alla faringe, laringe e trachea, ed ai polmoni, al cuore, al canale gastro-enterico, ecc.; come pure intorno agli organi dei sensi. In breve, non co- nosco fra le memorie in buon numero che ho potuto esami- nare, nessuna che contenga, come dissi, notizie così abbon- danti dal lato anatomico, accompagnate da ottime tavole. Non volendo moltiplicare le citazioni, ricorderò che una delle recenti catture fatta diligentemente conoscere dal pro- fessore Fernando Lahille, è quella avvenuta nel canale d’ingresso del porto di Buenos Aires. Pur troppo la £. acuto- Me Sulla Balanoptera acuto-rostrata 173 rostrata, oltre che già in putrefazione era stata mutilata. Ma lo scheletro potè prepararsi e fu pesato: il peso ottenuto, trat- tandosi d'un giovane esemplare, fu di 5278 chilogrammi; — ma in realtà tutte le ossa pesavano 5000 chili perchè le vertebre essendo assai spugnose e fragili, ebbero dal prepa- ratore del museo di Buenos Aires un bagno di stearina fusa, e quindi ne assorbirono una buona quantità. Delle molte misure prese dal Lahille scegliamo le seguenti : lunghezza del cranio (media centesimale) 100 ct.; — del ro- stro 55: — del mascellare superiore 67; — del premascellare 65; — della mascella inferiore, in linea retta, 92,6; — della medesima, seguendo la faccia esterna, 97,2; — altezza dell’i- stessa mandibola, fino al condilo, 8,8; — id. id. fino all’apofisi coronoidea, 14,4; lunghezza della sinfisi mentoniera, 4,9; — lunghezza delle ossa nasali, 12,8; — id. dell’osso timpanico, 13,2; — diametro orizzontale massimo della cavità orbitaria, 14,6; — diametro verticale, 10,6; — lunghezza massima delle ossa palatine, 24; — lunghezza dei parietali, 34,1; — Idem del basi-occipitale, 11,6. Le vertebre di questa balenottera di Buenos Aires erano in totale 48, cioè 7 cerv., 11 dors., 12 lomb., 18 cand. Dalla balenottera di Castel Fusano il nostro Museo non potè avere che sole 11 vertebre dell quali 5 cervicali, ma l’istesso Museo ha la fortuna di aver completo lo scheletro della Ba- lenottera di S. Stefano, da me descritto e raffigurato esatta- mente nella tavola annessa alla precitata memoria (v. Bollett. della Soc. Zool. Ital., fasc. I e II 1900). (Continua). no Prof. ANTONIO CARRUCCIO Cenni sull’ 0s penialis dell'’Ursus americanus e dell’ Histrix cristata Nel mio insegnamento di Anatomia comparata nell’ Uni- versità di Modena, come rilevo da vecchi appunti manoscritti, da molti anni conservati, ebbi talvolta a mostrare ossa pe- niali, raccolte e preparate nella dissezione fatta nel laboratorio anatomico-zoologico del Museo, di parecchi mammiferi di or- dini diversi. In Roma, occupato da troppi altri lavori e argomenti di studio, nè io nè i miei assistenti mettemmo da parte ossa peniali in buon numero, quali certamente si ebbero. Ma qualche esemplare men facile a osservarsi, o notevole per qualche par- ticolarità, fu conservato. Fra i primi cito e presento l’os pe- nialis dell’Ursus americanus, e fra i secondi quello dell’ Hystrix cristuta. Com’ è noto nei maschi dei Carnivori, dei Roditori ecc: è frequente la presenza di questo osso speciale, di varia forma e dimensione. In Italia poche ricerche vennero fatte sul medesimo, e scarse sono le pubblicazioni particolareggiate che possediamo. Non così in lavori (Trattati, ecc.) di anatomia comparata, principalmente d’autori stranieri più o meno recenti, Oltre il Carus, Otto, Pallas, Cuvier, Flower, Lydekher ecc., debbo ricordare, ma fra i recentissimi scrittori, il De Mont- (1) Comunicazione fatta nell'adunanza scientifica della Società Zoo- logica Italiana tenuta il 25 maggio 1913. e dell’Histrix cristaia 175 lezun (1) il quale ha pubblicato una nota intitolata « Ma tériaux pour servir à l’étude des os péniens des Mammiféres de France ». Egli giustamente osserva che gli scheletri dei Mammiferi, i quali vengono preparati per le collezioni scien- tifiche, sono generalmente incompleti. Invero le piccole ossa, appena trattenute in sito da legamenti, nel lavoro di disseca- zione vanno perdute insieme agli avanzi muscolari, o spari- scono durante il corso della macerazione scheletrica. E cita quali esempi le clavicole rudimentali, le ossa ioidee, le ossa peniali. Il Montlezun ha voluto raccogliere queste ossa peniali di più specie di maschi appartenenti alla Fam. Mustelidae, delle quali dà in una Nota le precise figure e la descrizione. Descrivo ora per primo l’osso peniale dell’ Ursus ameri- canus. Che gli orsi offrano quest’ osso non v’ ha dubbio al- cuno, e per la specie Ursus arctos e per altre ancora tro- viamo indicazioni sufficienti in opere di parecchi reputati ana. tomici. Non ne ho trovato finora veruna per l’ osso peniale dell’Ursus americanus. L’orso avuto testè dal Museo Zoologico dell’ Università Romana fu donato dall’ Amministrazione del Giardino Zoolo- gico di Villa Umberto. L’esemplare, non del tutto adulto, mi- surava dall’apice del muso all’apice della coda, m. 1,029. La pelle essendo in più parti del corpo guasta non si potè farne una buona preparazione tassidermica, e ordinai che si preparasse l’intiera armatura scheletrica. La macerazione non essendo compiuta, mi riservo di mostrarvi lo scheletro, la cui osser- vazione potrà riuscire interessante (2). (1) V. Soc. d’Hist. nat. et des Sc. biol. de Toulouse. T. 43, 1910, N. 3, pag. 96-101. (2) Essendosi in questi giorni terminata la preparazione dello sche- letro in discorso, che riusci sott'ogni aspetto benissimo, l’ho potuto stu- diare e presentare nell'adunanza scientifica tenuta il giorno 11 Nov. 1913, e se possibile ne darò la illustrazione con una tavola. 176 Cenni sull’Os penialis dell’Ursus americanus L’osso peniale che fu conservato, e che vi presento su questa tavoletta a fondo nero, vedete che è abbastanza svi- luppato sia per lunghezza, sia per grossezza. La lunghezza è di 160 mm.; la circonferenza, nel punto in cui si ha l'altezza massima, è di 20 mm.; e l’altezza è di 12 mm. verso l’ estremità posteriore. Fino alla prima metà la forma dell’ osso è quasi cilindroide, ma dopo si fa triangolare, con una faccia superiore piana, e due laterali pure piane, che in- contrandosi inferiormente formano uno spigolo abbastanza saliente. La punta od estremità anteriore è come tagliata di. sbieco, è lievemente curva: essa è lunga 12 mm. Alla base della medesima si ha un restringimento, quasi un colletto, ed è il punto più basso dell'osso, con un’altezza di circa 6 mm. Dividendo l’ osso in 4 porzioni eguali, 3 di queste sono rettilinee e l’ultima leggermente curva, colla convessità in alto. Nel mezzo delle faccie laterali si osserva in ciascuna un solco della lunghezza di 7 cent. La estremità posteriore è in parte subrotonda, ed in parte piana ed alquanto inclinata; è alta 7 mm. Le dimensioni che ho dato mi provano che in quest’osso peniale esse superano quelle che si conoscono per altri car- nivori, ad es. del Me/es taxus (70 ad 81 mm.), della Mustela martes (42 a 50 mm.), ecc. Dò pure la descrizione dell’ osso peniale dell’ Hisfrix cri- stata, avvertendo che il Cuvier ed altri che trattano di que- st'osso esaminato in altri roditori, non descrivono quello del- lfstrice: La forma dell’ osso medesimo è veramente singolare: la si può infatti rassomigliare a quella di un piccolo cucchiarino, avente la lunghezza di 16 mm., dei quali 10 appartengono alla porzione che rappresenta quasi il manico, avente una lar- ghezza da 3 a 4 mm. La estremità stretta resta allo stato cartilagineo, e misura 4 mm. in lunghezza; la estremità larga è scavata come in un cucchiarino, ha la lunghezza di 10 mm,, e dell’Histrix cristata i 177 e la larghezza di 8 mm. Il manico appiattito ha una faccia appena concava, e l'altra convessa. Negli scrittori recenti non è facile trovare abbondanza di notizie precise su quest’osso. Il prof. Roule nella sua Anatomia comparata degli animali, basata sull’embriologia (1), si limita a scrivere che assai so- venti « la zone d’adossement de deux corps caverneux » si ossifica per una lunghezza e per uno spessore assai grandi, dando così luogo a un osso peniule, ch'è frequente nei Car- nivori, nei Cetacei, nei Roditori e in molti altri gruppi. .nche il Gegenbaur nel suo « Manuale di Anatomia com- parata » lascia molto a desiderare su quest’ osso; anzi mentre parrebbe che scrivendo dei corpi cavernosi dei mammiferi do- vesse farne qualche cenno, ne tace affatto (pag. 717-718). Il Wiedersheim nel suo « Compendio di Anatomia com- parata » (1) a pag. 349-352 in cui avrebbe potuto accennare all’ osso peniale dei Mammiferi, non ne tien punto parola. E così d’altri anatomici stranieri. In parecchi italiani invece ad es. nel volume contenente le « Note di Anatomia comparata » (2) del prof. Paolo Panceri si trovano sufficienti notizie su que- st'osso. A pag. 293 troviamo ricordato come nel coati e nello scoiattolo volante l'estremità del glande sia formata quasi in- tieramente dell'osso del pene « così oltre prolungato ». A pag. 294-295 il Panceri ricorda i Quadrumani, i Chi- rotteri, quasi tutti i Carnivori, le Foche, i Rosicanti, ecc., nei quali |’ organo copulatore è afforzato da un osso, le cui di- mensioni in generale sono maggiori in quei mammiferi, nei quali il corpo cavernoso è molto piccolo, sicchè talvolta si estende per tutta la lunghezza di cesso e ne costituisce la mag- gior parte, come si vede nel cane, nel tasso e nell’orso.... (1) V. Tom. II. Paris, Masson e C. Edit. 1901, pag. 1898. (2) Napoli, Stamp. e Cartiere del Fibreno, 1865, pag. 391 e seguenti. 178 Cenni sull’Os. penialis dell’Ursus americanus Anche altri scrittori italiani. ad es. i prof. Leone De Sanctis e Francesco Lucarelli, nel loro « Compendio di Anatomia com- parata » (jJ) dànno un buon numero di notizie sui maschi di mammiferi che sono forniti di osso peniale, accennando alla sua forma, all: dimensioni, ecc. Nei mammiferi roditori, nei quali ordinariamente esiste l'osso peniale, la forma del ghiande è data da quest’osso; il quale può presentare l’estremità semplice o biforcata, e talvolta anche saliente al davanti del pene. Anche nei Carnivori la forma del ghiande suol essere in rapporto, cioè consimile al volume e al modo di terminazione dell’osso peniale. Ma le dimensioni e la forma del medesimo variano in questi mammiferi come in altri di diverso ordine. Ad esempio pei Cetacei (Balene, ecc.), pei Pinnipedi (Fo- che, ecc.), abbiamo descrizioni particolareggiate, e in diversi Musei si osservano preparati accuratissimi. i Ed è giusta l'osservazione generale che fa l’istesso Cuvier: «Dans les animaux dont los pénial forme une bonne partie de la verge, le corps caverneux est beaucoup moins étendu que dans ceux où cet os n’existe pas...». E conclude notando che questa conformazione si osserva négli Orsi, nell: Martore, nelle Lontre, nelle Foche ecc .(1). Oltre quanto è riferito neile classiche lezioni d’Anatomia comparata del Cuvier, devo ricordare ch'è più facile trovare notizie particolareggiate e buone figure dell’ osso peniale in autori antichi che in moderni, come ho detto in sul p:inci pio di questi rapidi c_nni. | (1) Ved. Lecons d’Anat. comp. de Georges Cuvier, recuillies et pub- bliées par M. Dumeril. 3me edit. T. IIl pag. 434. carie ZLI Dimensioni insolite e non ancora registrate di una Thalassochelis caretta del Golfo di Teulada, e confronto con più individui pesati in altri mari. Nota del prof. A. CarRUCCIO (1) Dal Porto di S. Giorgio (Marche) che è noto per impor- tanti catture di squali, cetacei, ecc., mi si mandarono dal ma- rinaio-pescatore Federigo Pignatelli due esemplari assai grossi di Thalassochelys caretta; uno nel mese di settembre del 1912, e l’altro nel settembre del 1913. L’arrivo di nuovi cheloniani mi fece ricordare che avevo già fatta una comunicazione sopra un individuo della stessa specie di dimensioni veramente straordinarie. E questa comu- nicazione ho fatta dopo che ricevetti una lettera dell’on. Mi- nistro della Guerra che mi annunziava il gentilissimo dono di una grossa testuggine, proveniente dalla Libia. La lettera in data 13-VII-1912, è la seguente: « Alla Direzione del R. Museo Zoologico presso l’Università di Roma. « | soldati del 40° fanteria in Libia hanno recentemente pescata una testuggine marina del peso di circa 60 Kg., che il Comando dell’istesso Reggimento desidera di offrire al Museo Zoologico di Roma, a titolo di ricordo della posizione del Marabutto di Sidi-Abdul-Gelil. (1) Notizie comunicate alla Società Zoologica Italiana, nelle adu- nanze scientifiche del 27 ottobre 1912 e 11 novembre 1913. 180 A. Garruccio « Questo Ministero ha autorizzato il Comando della Bri- gata « Giardina », dal quale il predetto Reggimento dipende, a fare spedire direttamente la stessa testuggine a cotesto Museo; e ne dà intanto l’annunzio a codesta Direzione, rite- nendo che tale offerta possa riuscire gradita. «II Ministro: SPINGARDI >». Devo dire che il Museo possedeva un sufficiente materiale non solo di individui completi di Tha/assochelys caretta, ma di scudi dorsali separati, e anche di teste isolate; per cui col bellissimo esemplare del Golfo di Teulada e con l’altro mandato in dono, con sì nobile intendimento, dal 4° Reggi- mento di fanteria al Museo della Capitale, e coi due individui acquistati dal Pignatelli di Porto S. Giorgio, mi fu facile l’e- same di qualche carattere proprio a questa specie, e parti- colarmente delle dimensioni massime e medie che essa può raggiungere. Gli esemplari completi di varia grandezza sono 8, e 7 gli incompleti; rappresentati o da soli scudi dorsali o da piastroni coi clipei annessi, appartenenti tanto alla Collezione erpetologica generale, quanto alla provinciale e alla didattica. Possiede inoltre il Museo parecchie teste ossee separate, ramfoteche, bacini, e ossa degli arti. Comincerò dal far cenno di due Thalassochelys caretta complete pescate a Civitavecchia. Una ha la lunghezza di 103 cent. (misurando dal muso all’apice della coda), e una larghezza massima di 73 cent. (seguendo la curva dorsale), e di 56 cent. in linea retta (seguendo la faccia ventrale). L’altro esemplare di Civitavecchia è lungo 101 cent. (in curva), e 93 cent. in linea retta, con la larghezza di 63 centi- metri (in curva) e di 56 (in piano). Da Porto S. Giorgio ricevetti nel settembre del 1912 un solo clipeo, che misurato seguendo la faccia convessa del Thalassochelys caretta 181 clipeo ha la lunghezza di 85 cent., e misurando lungo la faccia piana del piastrone è lungo 82 cent. La massima larghezza è di 79 cent. misurando seguendo la curva del clipeo, e in linea retta, misurando lungo il piastrone, la larghezza è di 66 cen- timetri. Non è adunque, come credettero il Pignatelli ed altri di Porto S. Giorgio, una testuggine marina di dimensioni insolite, perchè il Museo dell’Università di Romana ed altri Musei posseggono esemplari più grossi. Uno scudo della stessa specie che ricevetti in dono dal- l’Ammiraglio De Amezaga per il Museo, misura 88 cent. (in curva) e 83 cent. in linea retta. L’esemplare ricevuto da Porto S. Giorgio nel settembr: 1913 è più grosso di quello avuto un anno prima, perchè misurato dall’apice del muso alla punta della coda, dal lato ventrale si ha la lunghezza di m. 1.18. La sua circonferenza è di m. 1.60. In uno specchio chè ho compilato per le Tha/assochelys complete e incomplete, possedute dal Museo, e che fa parte di questa Nota, il lettore troverà tutte le singole dimensioni. Intanto vo’, senz’ altro, richiamare l’attenzione sulle misure della Tha/assochelys pescata nel Golfo di Teulada (prov. di Cagliari) che, per quante ricerche io abbia finora fatto, ri- sulta essere la più grossa di tutte. Infatti, misurata dall’apice del muso alla punta della coda è lunga un metro e 73 cent., con la larghezza massima in curva di 90 cent., e di 62 cent. in piano. Riassumo ora quanto intorno alle dimensioni di questa specie, scrissero alcuni dei più competenti erpetologi italiani e stranieri. Il De Betta nota come il guscio di questa specie « non suole eccedere da noi la lunghezza di 80 o 90 cent., più or- dinariamente anzi, gli individui nostrali non lo hanno che della lunghezza di 50 o 60 e della larghezza di 40 o 50 » (1). (1) Vedi Fauna d'Italia, p. 4": Rettili ed anfibi. Milano, D. F. Val- lardi, terza ediz., 1874, pag. 161. 182 A. Carruccio Il Giglioli, nel. 1880, asseriva che “questa specie è abbastanza comune nei nostri mari, particolarmente nel Mez- zogiorno » (1). E come località in cui fu presa, cita Porto Ferraio, Piombino, Cagliari, Napoli, Siracusa, Ancona. Il Doderlein nel 1881 così ebbe a riferire: « Fra le tar- tarughe marine o talassiti riesce abbastanza comune la te- stuggine di mare (Chelonia caretta L., o Ch. caouana Swerg. e Daud.), tartuca di mare in Sicil., unica rappresentante medi- terraneo delle pregevoli tartarughe che vivono nel vasto oceano. Molti individui della quale concorrono in tempo di primavera nei séni marini delle sue Isole minori a deporre i preziosi germi di loro successione, ma che i pescatori del luogo sogliono più comunemente cogliere, allorchè addormen- tati galleggiano supini sulla superficie dei vicini mari ». Nel Brehm (2) leggesi una nota in cui sono riportate pa- role del Camerano, le quali mi pare siano le più giuste che possano oggi scriversi su questa specie di cheloniano ma- rino: « Sebbene meno frequentemente che per lo passato si trova la ?halassochelys caretta, quà e là sulle coste ita- liane. Ed il Camerano aggiunge che la lunghezza dello scudo dorsale può anche superare il metro; in generale essa varia, allo stato adulto, fra 70 e 90 cent. ». Nell'opera dell’istesso prof. Camerano « Colubridi e mo- nografia dei Cheloni italiani » citando egli gli esemplari pos- seduti dal Museo Zoologico di Torino scrisse che la lunghezza dello scudo dorsale del più grosso esemplare è di 95 centi- metri, con la larghezza massima di 80 ‘3). (1) Vedi E/enco dei mammiferi, uccelli, rettili, ittiofagi, ecc. - Fi- renze, Stamp. Reale, pag. 15. (2) Vedi La Vita degli Animali. Traduzione del prof. M. Lessona, vol VII. Torino, 1902, p. 600-601. (3) Carlo Clausen, libraio della R. Accademia delle Scienze. - Torino, 1891, pag. 79. ia Thalassochelys caretta 183 Devo rammentare che io fin dal 1869 in un mio lavoro pubblicato in Milano negli Atti della Società Italiana, riferivo che della testuggine di mare, denominata nel dialetto della prov. di Cagliari, Tostoini de mari, e in quella della prov. di Sassari, Tartiiga de mari, si facevano abbondanti pescagioni in più punti del mare sardo. Lontano dall’ isola da moltis- simi anni, non potrei ora fare con sicurezza la stessa affer- mazione. i | Il Carus indica la lunghezza e il peso della Thalasso: chelys caretta con queste parole: « Longit. ad 1.25 m. (ad Ins. Linosam), pond. 112 kg. ». (2) Nella reputata opera dei professori Dumeril e Bibron, a proposito delle dimensioni di questa specie leggiamo, che la lunghezza totale (certo la massima da essi riscontrata) è di un metro e 26 !/, cent. La lunghezza della testa è di cen- timetri 21e 05 mill.; la larghezza in avanti di ct. 4 e 3 mill.; la larghezza indietro di 7 ct. e 2 mill.» l’altezza di 18 ct.; lun- ghezza del collo 16 cent.; lunghezza delle zampe ant. ct. 51; delle post. ct. 31. Il clipeo misurato superiormente è lungo 94 ci., con la larghezza, presa alla sua metà, di 87 ct. La lunghezza della coda è di 17 ct. Altre misure, più o meno diver.e troviamo in autori stranieri; ad esempio nel « Cata- logue of the Chelonians, Rhynchocephalians and Crocodiles in the British Museum », il dott. G. A. Boulenger, a pag. 185, scrisse: « Longth os shell 1 m. 5 centim. ». E nell’opera re- cente « The Cambridge Natural History », vol. VIII, il pro- fessore Hans Gadow, trattando degli Anfibi e Rettili(2) fornisce buon numero di notizie intorno all’ « astonishing variability ». come lo chiama, dél numero delle piastre cornee del cara- pazio; ma è assai parco nel ricordare la grandezza che rag- (1) Vedi Prodromus Faunae Mediterranae, ecc., vol. II, pars. II. Ver. tebrata, pag. 712. 2) Pubblicata in Londra, 1901, presso Massimilan and Co., pagine 387-388. 0 e 184 A. Carruccio giunge la Thalassoc telys caretta, notando solo che i grossi individui hanno uno scudo di circa 3 piedi e !/, di lunghezza. Misure prese sulle 7/a/assochelys caretta intiere, posse- dute dal R: Museo Zoologico Universitario di Roma, su gli scudi dorsali e sui crani isolati. Intiere. Lunghezza Larghezza metri centimetri DER ; in curva in piano 1. Individuo pescato nel golfo di Teulada (por- tato e tenuto vivo per più giorni a Roma) 1,073 90 62 2. Individuo pescato nel golfo di Civitavecchia 1.003 73 56 3 id. id. id. id. 1.001 63 56 4. asi Ital id. id. 0.058 39 33 5ì id. id. id. di Cagliari ... 0.052 36 32 6 id. id. nel mare di Sinigaglia. . 0.037 27 22 7 id id. id. id. sue 0.027 18 16 8 id. id. nel porto di S. Giorgio . 1.018 Scudi. 1. Scudo di Tha/assochelys caretta pescato nel- l'Oceano Atlantico (Panamà) ......... 0.088 79 65 2. Scudo di 7hal/assochelys caretta pescato nel porto di S. Giorgio, settembre 1912 .... 0.85 79 66 3. Scudo di individuo pescato presso Panamà 0.79 72 61 4. id. id. id. Panamagi o 0.66 61 54 Seoalas (0 id. forse pescato a Civitavecchia 0.58 54 47‘ ssd. id. pescato nell’Oceano Atlantico 0.49 44 41% (PS idi id. id. id. id. 0.43 39 37 Testa. 1. Thalassochelys del Golfo di Teulada: i alt. cent. 15'»#—lungh. cent. 32 — largh. cent. 21 (dal liveilo del naso). — Nessun scrittore dà per la testa dei maggiori esemplari di questo chelo- niano,la lunghezza che è propria dell’individuo pescato nel Golfo dl Teulada. Altre 6 teste offrono le seguenti lunghezze : 1. - lung. cent. 23/: — 3: - cent. 13 — 5. - cent. 9// 2.-., cent. 20 — 4.- cent. 13 — 6. - cent. 7 (più piccola). Un altro crano con la ramfoteca ha la lunghezza di cent. 30. Thalassochelys caretta 185 Lo studio delle serie di piastre che osservansi nel clipeo, è stato fatto con molta diligenza da diversi erpetologi che poterono disporre di numerosi esemplari di questa specie, constatando che esse presentano differenze numeriche e mor- fologiche secondo l’età più o meno avanzata, il sesso, ecc. Anch'io, disponendo di un buon materiale, ho notato tali differenze numeriche, ed altre sulla maggiore o minore embricatura delle piastre, sui margini più o meno dentellati, sullo sviluppo diverso delle carene nel carapazio dei gio- vani individui, sulle unghie del 1° e 2° dito nei giovani, sul mutamento di colorito, come da individui molto giovani si passa agli adulti, ecc. Tutte queste apprezzabili differenze, che con paziente esame possono stabilirsi e confermarsi, non formando argo- mento della mia Nota, come non lo formano le anormalità che sonosi osservate nelle piastre cornee del clipeo, ecc., lascio che altri le studî. Ma, come ho detto, non mancano quelli che gia largamente presero ad esaminare tutte queste differenze e variazioni cui vanno soggetti gl’ individui della Tha/assochelys caretta. Un rotifero poco comune in Italia (ANURAEA ACULEATA, Hudson & Gosse) Comunicazione del socio Dott. NicoLa pe LEoNE alla Società Zoologica Italiana con sede in Roma E non lungi da Penne un piccolo specchio di acqua ar- tificiale che serve ad alimentare le vasche di una fabbrica di cuoiami. Avendomi il proprietario pregato di studiarne le condizioni per co- noscere se non fosse il caso di sfruttarlo dal punto di vista della. piscicoltura, mi recai sul posto nel mese di luglio e potetti notare che il plankton vi era abbonda ntissimo, avendone raccolto dei saggi a mezzo di uno dei soliti retini. Vi trovai ab- bondante il Cyc/ops strenuus, le Daph- nia, alcune Bosmi- na, Cypris e le solite bacillariacee ; ma quello che mi colpi fu la presenza dell’ A- nuraea aculeata, in vari esemplari perfettamente tipici. Sappiamo che, dati i mezzi di diffusione dei rotiferi, le loro varie faune si mostrano piuttosto omogenee, e non do- ANURAEA ACULEATA (Hudson & Gosse) lngr. circa 800 diametri. Un rotifero poco comune in Italia 187 vrebbe quindi recar maraviglia la presenza di questa specie in quello specchio d’acqua se però non fosse strano il fatto che tale specie non fu rinvenuta nè da me, nè, ch’io mi sappia, da altri in moltissime località. Infatti io non la trovai nelle mie lunghe e diligenti ri- cerche sul p/ankfon di Bolsena, nè la rinvenni in saggi di alcune pescate nei laghi di Nemi, di Monate, di Varano e del Trasimeno in estate ed in inverno, che ebbi occasione di esaminare nella R. Stazione di Piscicoltura di Roma. D'altra parte non fu citata dalla Losito pel lago di Brac- ciano, nè dal prof. Pavesi per alcuno dei molti laghi dell’Italia settentrionale da esso esplora!i. Sembra inoltre che anche all’estero questa specie sia poco comune e poco diffusa. Si direbbe anzi che sia più facile a rinvenirsi nell’Africa poichè fu trovata dal Kirkman (Second List of rotifera of Natal) nel Natal con le sue due varietà curvicornis e valga, e dal Rousselet che trovò la varietà valga ad Orange River Colony e curvicornis al Natal. La bellissima specie può determinarsi facilmente per la sua forma a tazza, per essere dotata di vari processi spini- formi nella parte anteriore e di due soli processi nella parte posteriore della corazza. Questa corazza si mostra poi zegri- nata come una fittissima rete. Anche gli individui di questa specie si vedono talvolta con le uova attaccate. Dalla R. Scuola Tecnica di Penne, ottobre 1913. SA me Cattura di Eutolmaétus fasciatus (Viell.) Aquila del Bonelli, in prov. di Roma Comunicazione del socio Princ. D. Fr. CHÙici Ho recentemente acquistato presso il preparatore sig. De Dominicis un esemplare femmina di Eutolmaétus fasciatus (Vieill.) colto a Palidoro il 12 settembre u. s. Nelle varie opere che ho consultato non trovo registrate precedenti catture di questa piccola Aquila nella nostra re- gione, ed è cosa strana, poichè essa è stata ripetutamente osservata in parecchie località italiane a Nord ed a Sud di Roma, e vive e si riproduce normalmente nelle nostre grandi isole, come nelle penisole Iberica e Balcanica ed in generale nelle regioni e nelle isole mediterranee, oltre che nell’Asia meridionale fino alla pen. Indiana. Nell’Africa tropicale orien- tale è rappresentata da una forma poco diversa (£. fasciatus minor Erl.). Il Martorelli, nel libro Gli Uccelli d’Italia, fece notare la rassomiglianza delle forme di questa piccola aquila con quelle dell’Astore, e nel mio esemplare tale somiglianza è resa anche maggiore dalla casuale brevità delle ali, dovuta all’incompleto sviluppo delle remiganti. Non è anzi improbabile che la cat- tura di questo soggetto sia dovuta appunto alla difficoltà che esso aveva di volare. Ritengo impossibile che esso sia giunto fra noi attraversando il mare o grandi distanze; se ne deve perciò concludere che si aggirasse nella nostra zona littoranea da qualche tempo e che ivi avesse iniziato la muta. Anche le timoniere sono in parte ancora incompletamente cresciute. Eutolmaètus fasciatus 189 LI Il piumaggio dell'esemplare di Palidoro è quello degli individui immaturi, caratterizzato dalle parti inferiori fulvo- mattone, percorse da strie longitudinali scure; le cosce, i calzoni e il sottocoda sono brunicci con lievi ondulazioni e fasce incomplete bianchicce, più visibili sul sottocoda. Le più lunghe piume dei calzoni, estremamente consunte, sono bianche con fasce trasverse d’un bruno slavato. Le timoniere superiormente sono grigio-brunicce percorse da sottili fasce trasverse brune incomplete; inferiormente sono d'un bianco grigiastro con sottili fasce scure più o meno com- plete; una larga e ben netta fascia subapicale bruna termina le timoniere su ambedue le facce. Confrontando l'esemplare di Palidoro con un soggetto proveniente dall’isola di Stampalia, che trovasi al Giardino Zoologico ed ivi ha compiuto una muta, trovo che quest’ul- timo, salvo una maggiore vivacità delle tinte, dipendente dal trovarsi in cattività fuori dell’azione degli agenti atmosferici, non differisce dal primo che per una maggiore riduzione delle fasce scure sulla faccia superiore delle timoniere, cosicchè la coda appare superiormente di tinta uniforme bruno-grigiastra, con lievi ondulazioni scure sui vessilli interni delle penne. La larga fascia subapicale è però sempre ben marcata. Roma, novembre 1913. Adunanza dei naturalisti tedeschi Alla 85* Adunanza dei naturalisti tedeschi, tenutasi dal 21. al 28 Settembre 1913 a Vienna, furouo svolte le seguenti co- municazioni nelle sezioni di Zoologia e di Antropologia, comu- nicazioni che credo possano interessare i nostri consoci. SEZIONE DI ZOOLOGIA E PALEOZOOLOGIA (Sedute generali) E. FiscHeR. — Freiburg i. B.: Das Problem der Rassenkreuzung beim Menschen. OrHENIO ABEL. — Wien: Neure Wege phylogenetischer For- schung. K. RittER v. Hess. — Miinchen: Ueber Entwicklung von Lichtsinn und Farbensinn im Tierreich. A. SteveR. — Innsbruck: Ziele und Wege Biologischer Mittel meerforschung. SEDUTE DEL GRUPPO ZOOLOGIA E PALEOZOOLOGIA. K. v. FriscH. — Miinchen: Zur Frage nach dem Farbensinn deriWbiere: H. KupeLwiESsER. — Miinchen: Reaktione niederer Krebse gegen farbiges Licht. E. NirEnsTEIN. — Wien: Das Wesen der Vitalfàrbung. E. UHLENHUTH. — Wien: Die Transplantation des Amphibien- augen. E. Fraas. — Stuttgart: Ueber die neuesten Dinosaurierfunde in der schwabischen Trias. A. HanpLirscH. — Wien: Fortschritte der Forschungen iiber fossile Insekten. Adunanza dei naturalisti tedeschi 191 K. ZeLINKA. — Czernowitz: Zwei Ektoparasiten der Echino dermen aus der Klasse der Ciliaten. C. G. ScÙitrinos. — Giirzenich: Die Ausrottung vieler Tier- arten und iilber Gesetzgebungen zum Schutze derselben. G. Fucus. — Karisruhe: Ueber Parasiten und andere biologisch an die Borkenkafer gebundene Nematoden. H. MicoLetzgy — Lunz, Niederòsterreich: Oekologie alpiner Siisswassernematoden mit besonderer Beriicksichtigung des Lunzer Seengebietes. K. Totpr. — Wien: Ueber die Hautzeichnung bei dichtbe- haarten Saugetieren, insbesondere bei Primaten. L. Freunp. — Prag: Neues iiber die Skelettentwicklung der Sirenia. H. Joseru — Wien: Ueber Epithelmuskulatur bei Amphioxus. H. Karny. — Wien: Ueber sekundar-makroptere Orthopteren - formen. O. SrorcH. — Wien: Zur vergleichenden Anatomie der Po- lychaten. O. Pesta. — Wien: Die Crustazeenfauna der Adria. O. Haempet. — Wien: Ueber Altersbestimmung und Wachstum beim Aal. (Anguilla vulgaris). G. Stiasny. — Wien:1. Zwei neue Scyphomedusen aus der Adria. 2. Zur Entwicklung des Genus Zeus. J. Langer. — Graz: Was ist der Futtersaft der Biene? L. v. Grarr. — Graz: Ueber die Bibliotheken unserer natur- wissenschaftlichen Institute. V. Brenm. Eger: Ein Vergleich der Fauna der Lunzer Seen mit der anderen Alpenseen. E. Neresneimer. — Wien: Ichtyophonus Hoferi Plehn und Mulson, der Erreger der Taumelkrankheit der Salmoniden Tu. Pintner. — Wien: Zur Anatomie und Systematik der Tetrarhynchen. BOTEZAT. Czernowitz: Ueber die Phylogenie der Szugetiere. Trojan. — Prag: Die Leuchtorgane von Sergester oculatus. 192 Adunanza dei naturalisti tedeschi V. PierscHMann. — Wien: Ueber die Fischfauna des Kaspi- schen Meeres. R. Lonr. — Wien: Das Gebiss der rhizophagen Beuteltiere. F. Mecusar. — Wien: Voraussetzungen fir eine annàhrnde Exaktheit des Experiments in Anpassungs-und Vererbungs- fragen. F. Megusar. — Wien: a) Die Héhlentiere und ihre Lebensbe-. dingungen. (Mit Demonstrationen und Lichtbildern). b) Ueber den Einfluss éusserer Fakto- ren und Vererbung bei Krustazeen, Insekten, Mollusken und amphibien. (Mit Demonstrationen undLichtbil- dern). J. Wimmer. — Wien: Die Gestaltung der tierischen Lebewesen und deren organische Bedeutung. C. J. Cori. — Triest: Zur Fauna adriatica. H. JoseprH. — Wien: Ueber einen eigentiimlichen Tumor bei der Ringbrasse. SEDUTE DEL GRUPPO ANTROPOLOGIA, ETNOLOGIA E PREISTORIA. H. v. ScHROTTER. — Wien: Demonstration deformierter Inka- schàdel. K. Gorjanovic-KramBERGER. — Agram: Ueber das Kiefergelenk des diluvialen Menschen von Krapina in Kroatien. . Neuaauss. - Berlin-Lichterfelde: Das blonde Haar der Papua.(Mit mikrophotographischen Autochrom-aufnahmen). H. BoeRscHMann. — Bartensteinn Ostpreussen: Versuch einer graphischen Analyse der Entwicklungsformen. . LAanpau. — Bern: Ueber anthropologische Kolonien (Frei- lichtmuseen). L. Worcmar. — Heidelberg: Der Vorgang der Sprachent- stehung. Vr °) TT] Adunanza dei naturalisti tedeschi 193 H. Swosopa. — Wien: Die Bedeutung der siebenjahrigen Periode fiir das Vererbungsproblem. R. SricLER. — Wien: Untersuchungen iiber den Unterschied der weissen und schwarzen Rasse. (Lichtbilder, gemeinsam mit Abteilung 18 Physiologie). R. Hertincer. — Wien: Zur Begriffsbestimmung der Anthro- pogeographie. H. Csittac. — Wien: Ueber den Zusammenhang des Sprach- problems mit dem Rassenproblem vom tonkiinstlerischen Standpunkte (die menschliche Stimme entwicklungsge- schichtlich im Lichte eines viergestimmten Instrument: Bass, Tenor, Alt und Sopran, gesehern). M. Hoernes. — Wien: Ueber die Unfruchtbarkeit hochspeziali- sierter Fomen in der prahistorischen Kunst. (Lichtbilder). A. Koun. — Wien: Das Verhaltnis von alterer und jiingerer Steinzeit im vorderen Orient und in Europa. O. MencHIN. —Wien: Zur jiingeren Steinzeit Niederòsterreichs. (Lichtbilder). (Gemeinsam mit Abteilung 10, Geographie). F. Hegcer. — Wien: Neue Mitteilungen iiber die ostasiatischen Metalltrommei!n.. R. Poeca. — Wien: Naturalismus und Stil in der darstellenden Kunst der Primitiven. (Autochrombilder). A. HagerLanpr. — Wien: Prahistorische Formen in der Volks- kunst Osteuropas. (Lichtbilder). F. NeroLiTtzKky. — Czernowtz: Das Hirseproblem. J. Bayer. — Wieni Der Mensch in der Eiszeit. (Gemeinsam mit Abteilung 11. Geologie). E. v. Becker. — Baden b. Wien: Beitrige z. Bedjaproblem. V. CHRISTIAN. Wien: Mitteilungen iiber ein afrikanische Speerschleuder im Besitze der ethnographischen Abteilung des k. k. Naturhistorischen Hofmuseums. (Mit Demons- tration). 194 Adunanza dei naturalisti tedeschi H. ALcyvooyvi. — Wien: Ueber die Herkunft des Volkes der Philister.! G. KyrLe. -- Wien: Versuch einer Berechnung der ausge- brachten Metallmengen aus den pràahistorischen Kupfer- gruben in den Salzburger Alpen. G. KyRrte. — Wien:Die urgeschichtliche Besiedlung des inn landes Salzburg. i W. RezLen. — Niirnberg: Ueber den Fund von Piltdown (Eoanthropus Dawsoni) (Lichtbilder). Comunicato alla seduta dell’11 Novembre 1913. Prof. D". Ugo G. VRAM. Le ricostruzioni dell'Eoantropos Dawsoni, Wooward Comunicazione del prof. U. G. Vram alla Societa Zoologica Italiana con sede in Roma E’ ormai cosa nota che nel 1911 a Piltdowns alcuni operai scoprirono durante i lavori di sterramento parecchi oggetti di pietra pleistocenici, ed eoliti, insieme ad ossa animali (un dente di Mastodon arvenensis, due M. di Sfegodon due P. di Hyp. amphibius, corna di Cervelaphus 2 M. di Equus 1 M. di Castor fiber) e alcuni frammenti di cranio umano. Vooward e Dawsoni, informati delle scoperte, e dopo aver raccolti gli avanzi ritrovati, si portarono sul sito ed interro- garono gli operai sulla giacitura e posizione degli oggetti rinvenuti e credettero di poter stabilire che si trattasse di un giacimento pleistocenico. Con i numerosi frammenti del cranio umano, il profes- sor Wooward ricostrui gran parte del parietale sinistro, unito ad una piccolissima parte del frontale, cioè la porzione sini. stra del frontale coll’apofisi orbitaria esterna; il temporale si- nistro, il quale, benchè non possegga tutta la squama, può ancora porsi in regolare articolazione col suddetto parietale; un frammento di parietale destro che non si può unire al si- nistro per mancanza di gran parte dell’orlo sagittale ed infine una parte della regione cerebellare e supercerebellare dello occipitale. Dello scheletro facciale vi è soltanto un frammento della mandibola di destra, consistente nella branca, priva però del condilo articolare, e in una parte del corpo sulla quale vi sono ancora i M., ed M., La parte centrale di esso corpo, Coen POR È LS LIZ SEC 196 U. G. Vram cioè lo spazio che si trova innanzi all’M., è guasta e di essa non rimane che il margine anteriore, il quale non rag- giunge la sinfisi mentoniera. Con questi pezzi così riuniti, ilsig. Wooward, aiutato da un anatomico di Manchester, vuole ricostruire il cranio e formando completamente ex novo tutte la faccia e gran parte della scatola cerebrale arrivò a fabbricare un cranio umano di singolare aspetto. Ne riuscì un cranio umano con arcate sopracciliari e glabella pochissimo sporgenti, faccia quasi pitecoide, con scheletro nasale schiacciato, mandibola più pi- tecoide ancora con canini così grandi da non sembrare umani. A questo mostro, opera, come vengo a dire, tutt'altro che di natura, ma piuttosto dell’intuito di un uomo, anzi di due uomini, il Wooward, ritenendolo per il più antico fra gli uomini finora conosciuti, diede il nome di Eoantropos e lo dedicò al suo collaboratare e scopritore materiale degli avanzi, il Dawsoni. SI Nello scorso giugno di quest'anno (1913) il prof. Keith, ben noto anatomico, rlprese il cranio in esame, e ne fece un’altra ricostruzione, ben differente dalla prima. Questo cranio ha un profilo più accorciato, apofisi mastoidee più svilup- pate, il frontale più rigonfio, con arcate sopraciliari molto sporgenti, nasion rientrante, faccia meno prognata e con sche- letro nasale più sporgente e denti umani. La mandibola è meno pitecoide, ma è ancora sprovvista di mento. Il cranio risultato dalla seconda ricostruzione rassomglia a quello scoperto a La Chapelle aux’Saints di tipo Neanderthal, e il Keit crede che si tratti di un cranio femminile. Questa seconda ricostruzione è stata presentata dal noto Paletnologo di No- rimberga, sig. Rehlen, in una seduta della Sezione Antropo: logica del Congresso dei Naturalisti tedeschi, tenutosi a Vienna nel settembre di quest'anno. Nella medesima adunanza il prof. Zombathy di Vienna faceva una assennatissima 0S- servazione sulla scoperta di questi avanzi cranici: « succede Le ricostruzioni dell’ Eoantropos Dawsoni, Wooward 197 per questo, egli disse, quello che successe per il cranio di Neanderthal, cioèi geologi sono andati ad esaminare il posto di rinvenimento parecchio tempo dopo, quando il terreno era già stato mosso, ed essi dovevano fondare le loro supposi- zioni sulle informazioni degli operai, l'attendibilità dei quali è sempre dubbia ». Riguardo al giudizio sui luoghi, io aggiungerò che al- trettanto dubbia è la giacitura dei famosi crani di Cannstatt Scoperti nel 1700, rimasero nel Gabinetto di Storia Naturale di Stuttgart, fino al 1818; in quell'epoca sono stati per la prima volta descritti da G. T. Jager; che, avendo trovato nel medesimo armadio ossa di Mammuth ed altri oggetti, at- tribui alle prime i caratteri di compagni di sepoltura dei teschi umani. trascurando il più evidente valore storico degli altri oggetti, che avrebbero portato, se considerati a ben di- versa conclusione, ciò che avvenne più tardi (v. Héòlder). Ri- guardo la giacitura, occorre tener sempre presente che, a dif; ferenza degli altri animali, l’uomo seppellisce il suo simile perciò muove egli stessoartificialmente il terreno, e pone il cadavere alle volte in uno strato geologico che non è quello sul quale ha vissuto (Branca). Quanto alle ricostruzioni, esse sono molto istruttive, non già perchè ci dieno un'idea della fisonomia del preteso pre’ cursore umano, ma perchè dimostrano il concetto delloro au- tore nell'opera di completamento, così probabilmente sarà della terza ricostruzione che vedremo forse tra breve. Queste non sono scoperte, sono tentativi, che possono andare colla esagerazione, sino a dimostrare la mancanza della mentalità naturalis ica in chi insiste su queste ricostruzioni. Sia ancora qui aggiunto che il voler fondare nuove specie semplicemente sul cranio 0 su una parte di cranto è in per- fetto con rasto con ciò che si usa fare in zoologia, dove Si cerca sempre di evitare la fondazione di una specie nuova bali 0 la 198 U. G. Vram su di un individuo solo e tanto più sopra una troppo poco significante porzione di un individuo. Dal cranio umano si è preteso troppo dai simbolisti. dai psicologi, e psichiatri, dai criminalisti ai tassonimisti: tutti han chiesto qualcosa al cranio umano, rappresentato delle volte anche da pochi frammenti, quasi che egli dovesse por- tare, non coltanto le impronte del presente e del passato, ma anche dell’avvenire di chi lo possedeva. dimenticando sempre che anche la sostanza ossea è sostanza viva, a qualunque parte dello scheletro essa appartenga, che subisce le variazioni prodotte da diverse influenze e che il cranio si presenta allo stato in cui si trovava al momento della morte dell'individuo — salve le deformazioni post mortem — e che esso cranio spesso non è in condizioni di farci sapere il suo sesso e la sua età (*). Roma 11 Nombre 1913. (*) All’atto della correzione delle bozze della presente nota venni informato della pubblicazione allora avvenuta della traduzione italiana (da E. di Sambuy) dei libro di E. Sharp Grew dal titolo: Lo sviluppo di un pianeta (Fr. Bocca: Torino, 1914). In questo libro si fa menzione delle due ricostruzioni del cranio di Piltdown da me riferito nella pre- sente comunicazione. On the Discovery of a Paleolithic Human Skull and Mandible ina Flint-Bearing Gravel overlying the Wealden (Hastings Beds) at Piltdown, Fletchins (Sussen) Bey Charles Dawson F. S. A., T. G. S. and Arthur Smith Wooward LL. D., T. R. S. Sc. G. S. — With an Appendix by prof. Grafton Elliot Smith M. A., M. D,, F. R. S. (Read Decembre 18 Tf. 1912) in the Quarterly Journai of the Geological Society Vol. LXIX P.I. N. 273 March. 1913 London pag. 117 e seguenti; a pag. 124: Description cf the Human Shull and Mandib!e and the Associated Mammalcan Renains (A_S. W.). Branca W.:Der Stand uneser Kenntniss von fossiles Menschen, Leipzig, Veite C. 1910 (vedi recensione in Boll. Soc. Zoologica lialiana S. II V. XI f. XII pag. 360, 1910; RR. Schmidt: Die Diluviale Vorzeit Deutschlands Schweigerbartsche Ver- lagbuchandlung Stuttgart 1912-13. Fiinfundachzigste Versammlung deutscher Aerzte und Naturforscher in Wien 21-28 Septembre 1913. Tageblatt n. 5, S. 69. Corrispondenza pri- vata 5 novembre 1913. v. Hòlder H.: Uuber die Rasse von Cannstatt Kor. BI. d. Anth. Ges. 1873. Id.: Die Schadel v. Cannstatt id. id. id. 1892. Prof. GIUSEPPE TUCCIMEI SAGGIO D! UN CATALOGO DEI DITTERI della Provincia di Roma Comunicazione fatta alla Società Zoologica Italiana — 1913 (Ved. vol. XII Serie II Anno 1911 del bollettino) PARTE QUARTA Fam. Anthomyidae. S. fam. Muscinae. Gen. Grappomyia Rob. Dev. 451. G. maculata Scop. Specie assai comune. Ne ho di villa Corsini, forte Bravetta, Farnesina, e altre località presso Roma. Villa Lancellotti a Frascati' Lariano presso Velletri, falde del m. Artemi- sio, Marino, Manziana, Quadroni. Si posa sulle ombrellifere, sull'erba alta e fio- rita, sull’edera in fiore. Da aprile a settembre. I maschi sono più ab bondanti delle femmine. Gen. MoreLLIA Rob. Dev. 452. M. hortorum Fill. Villa Pariola e Farnesina presso Roma; villa Lancellotli pr. Frascati, strada degli Arci e 200 G. TUCCIMEI villa d'Este presso Tivoli; S. Angelo pr. Pog. gio Mirteto, Bracciano, Ostia. Sull’erba, sull’edera in fiore, sui fiori selvatici di ombrellifere e composite, fra i castagni. Da ‘aprile a settembre. Frequente; le fem- mine più dei mdschi. | Gen. Musca L. 453. M. corvina Fab. Specie comunissima, ma non mai trovata en- tro le abitazioni, come fu osservato dal Ron- dani. Ricordo tra le località più importanti la Serpentara pr. Olevano, il bosco dei cap- puccini pr. Palestrina, vetta di m. Pizzuto (1254 m.), falde del m. Peschio e del m. Ar- temisio, ponte Lucano, prati della Pallanzana pr. Viterbo, Roccantica ecc. Da maggio a settembre. Sull’edera in fiore, sulle querce, sui salici, sulle pietre. Più frequenti i maschi. 454. M. domestica L. Comunissima da pertutto, specialmente entro le case di campagna. Fra le localita impor- tanti, ricordo Fonte Regna sul versante del m. Pizzuto in Sabina a m. 870. Olevano a m. 650. Si posa sui salici, sull'erba, e dentro le case come in campagna preferisce le immondizie. Da marzo a decembre. CATALOGO DEI DITTERI 201 455. M. tempestiva Fall, Roma, Ostia, monte Calvario presso Oriolo. Da giugno a settembre, sulle labiate e. sulle ombrellifere. Scarsa nella mia collezione. Gen. PLaxeMyIa Rob. Dev. 456. P. vitripennis Meig. Villa Carpegna, Ostia, Porto presso Fiumicino, Roccantica, Monte Pizzuto, Fonte Regna. Sull’erba fiorita, sulle ombrellifere, sugli abiti. Aprile, maggio, agosto settembre. Le femmine più rare dei maschi. Gen. DasyPHora Meig. 457. D. pralorum Meig. Specie comunissima da aprile a settembre. Tro- vata oltre alle solite località presso Roma, a Tivoli, Olevano, S. Valentino, la Pallanzana, villa Lancellotti, Capranica prenestina. Sulla vitalba, sul salice, sull’edera in fiore, sul- l’erba e sulle rocce. 458. D. saltuum Rond. Meno frequente della specie precedente. Din- torni della Pallanzana, Frascati, Ponte Lu- cano, falde del m. Artemisio, la Serpentara presso Olevano. Da agosto a ottobre. Ama le vicinanze dell’acqua, l'erba umida, i prati, l'edera fiorita, i salici. SLAVI LARIO De 202 G. TUCCIMET Gen. PyreLLIA Rob. Dev. 459. P. cadaverina L. Dintorni di Roma, la Caffarella, forte Bravetta, villa Carpegna, villa Taverna presso Frascati, dint. di Olevano, Canale Monterano monte Calvario presso Manziana. Sull’erba alta e fiorita, sulle ombrellifere, sul salice, sull’edera in fiore, ma specialmente sulle materie animali in decomposizione. Da aprile a settembre. Comunissima. I ma- schi alquanto più frequenti. 460. Pyrellia cyanella Meig. | Una sola femmina trovata a villa Borghese di aprile. 461. P. serena Meig. Una sola femmina proveniente dall’Acqua ace - tosa, in maggio. @ Gen. PsEUDOPYRELLIA Girsch. 469. P. cornicina Fabr. Rive del Tevere, Acqua acetosa pr. Roma, strada di Poggio Mirteto, Ostia, prati della Pallanzana, dint. di Olevano, falde del m. Artemisio, Bracciano. Sui salici, sull’erba, sulla mentuccia, sulla vi- talba, presso all’acqua. Da aprile a settembre. Frequenti tanto i maschi quanto le femmine. CATALOGO DEI DITTERI 203 Gen. MESEMBRINA Meig. 463. M. meridiana L. | Vetta di monte Scalambra (1419 m.): prati della Pallanzana presso Viterbo; Lariano pr. Vel- letri: rive del lago di Bracciano. Sull’erba, sui salici, sull'’edera in fiore, sulle felci, presso all'acqua. Aprile, agosto a ottobre. Non frequenti sia i maschi che le femmine. In una escursione alpina ne trovai un esem- plare fra Courmayeur e i ghiacciai che scen- deno dal m. Bianco. Gen. Stomoxys Geoffr. 464. S. calcitrans L. Dintorni di Roma: Acqua acetosa, Farnesina. dintorni di Palestrina e villa Macchi; strada di Cave; Capranica prenestina (915 m.) falde del m. Artemisio: Bracciano; Anguillara; Net- tuno. Molto comune, ma non dapertutto. Sull’erba, nei giardini, sulla spiaggia; sulla mentuccia, sulle roccie. Punge violentemente e doloro- samente sulle parti scoperte del corpo, insi: nuando la tromba anche attraverso le calze- ma le sue punture non arrecano alcuna con- seguenza. 204 G. TUCCIMEI Si trova nei mesi da aprile a settembre, ma predomina in estate. Le femmine sembrano più numerose. Gen. HaemaTtoBIA Rob. Dev. 465. H. atripalpis Bezzi. Un solo maschio trovato a Fiuggi tra i castagni in settembre. Si riconosce bene alla descrizione data della specie dal prof. M. Bezzi (1), specialmente pei palpi neri, le ciglia laterali delle tibie poste- riori e la colorazione dell'addome. Presenta qualche differenza nelle articolazioni delle gambe, che non sono tutte giallastre; e nelle linee nere del torace che sono alquanto accen- tuate e oltrepassano la sutura. Gen. Muscina Rob. Dev. 466. M. pascuorum Mg. Strada della Pallanzana, dintorni di Palestrina. Sull’ortica, sull’edera in fiore. Agosto e settem- bre. Rara. 467. M. stabulans FII. Comunissima da pertutto, i maschi assai più delle femmine. (M. Bezzi, Contrib. alla funa ditterologica ital. Ditteri della Calabria, « Boll. d. soc. entom. ital. », Firenze, 1895. pr Sole E nilo PORRE LI rl Aero i AE a a A tao Pie agri EU de da Pe Ri dea 4 x ve £ A * del È 4 5 È Ù ume e pi x ? di de : A c Paga cale A 3 = - x N = ti » n © x ad nd n le N CATALOGO DEI DITTERI 205 Si coglie a volo, sull’ erba, sull’ edera in fiore, sugli allori, sui muri, sulle roccie nude, sul Rhamnus alaternus. 4 | Da marzo a maggio, e da agosto a ottobre. (Gen. PoLieTtEes Rond. . 468. P. lardaria Fabr. Villa Corsini sul Gianicolo ; villa Pariola; giar- dino vaticano; Farnesina; S. Agnese; dint. di Olevano ; strada della Pallanzana ; Quadroni «e monte Calvario presso Manziana. Sull'erba, sull’edera in fiore. Aprile, maggio, settembre, ottobre. Specie assai frequente, ma scarse le femmine. Gen. Pnaoxmia Rob. Dev. 469. P. Angelicae Rond. Un solo maschio trovato a villa Borghese in giugno. 470. P. errans Meig. Una sola femmina trovata all’isola sacra presso la foce del Tevere, sull'erba, in maggio. 471. P. erratica Fall. Macchia d'Acqua traversa ; strada e prati della Pallanzana; la Farnesina; la Serpentara presso Olevano, macchie sopra Quadroni. Sull’edera in fiore; sulle staccionate ; sui muri; sulla marruca. 206 G. TUCCIMEI Maggio, agosto, settembre. Abboudante, ma i ma- schi più rari. {TDPfuscata PI 473. S. Valentino in Sabina; villa d'Este presso Tivoli. Sul prato, sull'erba. Agosto, settembre. Due soli esemplari. P. laeta Fall. S. Angelo presso Poggio Mirteto, Farnesina presso Roma. Aprile, maggio, agosto. A volo. Tre soli esemplari, fra i quali una femmina. 47/4. P. pallida Fabr. = Roccantica; prato della Pallanzana presso Vi- terbo: monte Calvario. Sui rovi, sull’edera in fiore, sul giaggiolo, sul- l'erba, sulle siepi; si posa sugli abiti e dentro le abitazioni campestri. Agosto e settembre. Specie abbondante, ma rari i maschi. . P. trimaculata Boucheé. Falde del m. Artemisio, sull'erba, agosto. Un solo maschio. . P. rufipalpis Macq. Un solo maschio trovato alla Farnesina, di maggio. Gen. ACANTHIPTERA Fall. . A. inanis Fall. Una sola femmina da Roccantica sul prato, in settembre. ° CATALOGO DEI DITTERI 207 Gen. HeBECNEMA Schnab. 478. HA. fumosa Meig. Giardino vaticano : Bracciano. Maggio e giugno. Due soli maschi. 479. H. vespertina FI. Due soli maschi trovati sulla via Nomentana, in maggio. Gen. Mypaea Rob. Dev. 480. M. anceps Zett. Forte Bravetta, Canale Monterano, La Serpen- tara presso Olevano, strada da Rojate a Bel- legra. A volo, sulle ombrellifere, sull'erba fiorita. Aprile, agosto. Rara ; le femmine più frequenti. 481. M. calceata Rond. Villa Carpegna presso Roma, Bracciano, monte Calvario presso Manziana, macchia sopra Qua- droni, monte Cavo, Volpignano, Anguillara. A volo, sulle siepi, sull'erba, sulle margaritine, sulle ombellifere. Aprile, giugno, agosto, settembre. Specie fre- quente. Non trovati i maschi. 482. M. clara Meig. Villa d'Este, Roccantica. Sull’edera in fiore, sul- l'erba, sui muri. Agosto e settembre. Rara. 208 G. TUCCIMEI 483. 484. 489. 486. 488. M. duplicata Meig. Un solo maschio proveniente da Acqua acetosa, in maggio. M. lucorum FIl. La Giustiniana sulla via Cassia; la Travicella presso la via Appia antica; Quadroni presso Manziana. Sull’erba, a volo, sulla marruca. Aprile, maggio, agosto. Tre soli maschi. M. meditabunda Fabr. Due soli maschi catturati a Valle dell’ Inferno, sulle siepi, in agosto. M. quadrinotata Meig. Villa d'Este; sull'erba; settembre. Una sola fem- mina. . M. quadrum Fabr. Monti Parioli, presso Roma; falde del m. Ar- temisio; Monte Porzio. Sull’erba e a volo. Maggio, agosto, settembre. Rara. M. urbana Meig. Bracciano, dintorni di Palestrina, prati della Pallanzana. Sul salice, sull’erba, sull’alloro. Giugno, agosto, settembre. Rara; nella mia col- lezione sono soltanto femmine, 489. 491. 492. 405. CATALOGO DEI DITTERI 209 Gen. Hyprotara Rob. Dev. H. armipes Fall. Due sole femmine, dall’interno di Roma e dai prati della Pallanzana. Sui vetri nell'interno delle finestre, sul salice. Decembre, agosto. H. dentipes F. Forte Bravetta, la Farnesina, presso Roma; Villa Lancellotti, Bracciano. Sull’erba alta e fiorita, sull’edera in fiore. Aprile, maggio, settembre. Specie non frequente, le femmine sono più rare. H. irritans Fall. Una sola femmina, alla Farnesina, in maggio. lele) Gen. OpHyRa Rob. Dev. O. anthrax Meig. Un solo maschio catturato a Monte Calvario presso Oriolo, sull'erba, in settembre. 0). leucostoma Wied. Villa Carpegna, ia Farnesina; Quadroni, presso Manziana; S. Agnese sulla via Nomentana; strada della Pallanzana. A volo, al sole nei boschi di castagni, sull'edera fiorita. Maggio, giugno, agosto, ottobre. Abbondante, ma nella mia collezione bo soli maschi. 210 i G. TUCCIMEI Gen. FAnnIA Rob. Dev. 494. F. armata Meig. Un solo maschio, preso a volo nel prato della Pallanzana, in settembre. 495. F. canicularis Rond. Interno di Roma, dintorni di Palestrina. Penetra nelle case, e vola .sulle terrazze, sul Rhamnus alaternus. Ma:zo, aprile, agosto, decembre. Abbondante : le femmine rare. 496. F. incisurata Zett. Nell’interno di Roma, Monti Parioli, Grottafer- rata, bosco dei Cappuccini presso Palestrina, Roccantica, rive del Tevere, Monte Pizzuto (1270 ”) in Sabina. Sulle terrazze, sui vetri delle finestre, sul noc- ciolo, sulle roccie, a volo, e particolarmente abbondante sul Rhamnus alaternus. Da marzo ad agosto. Specie abbondantissima, specialmente in marzo. Molto rare le femmine. do E° mutica Zett Un solo maschio ben riconoscibile dagli occhi che sono a contatto; trovato alla Farnesina, : presso Roma, in maggio. 7 Gen. AzeLIA Rob. Dev. 498. A. Zetterstedtii Rd. Un solo maschio trovato alla Farnesina, in maggio. CATALOGO DEI DITTERI 211 Gen. LimnopHora Rob. Dev. 499. L. Osten-Sackenii Jaenn. Fiumicino, dintorni di Tivoli, la Serpentara presso Olevano. Sull’'erba umida. Giugno, agosto, settembre. Rara. 500. L. surda Zett. Grottaferrata, Villa Borghese. Giugno. Rara. Gen. ATtHERIGONA Rond. 501. A. varia Meig. Valle dell’Inferno e Villa Borghese, presso Roma; Roccantica, Frascati, Rive del Tevere. Aprile, maggio e agosto ; sull’erba folta e a volo. Specie rara, ma i maschi sembrano più rari. Gen. CaLLIoPHRYs Kow. 502. C. riparia Fall. Una sola femmina dai Monti Parioli, in maggio. Gen. Lispa Latr. 503. £. nana Macq. Nettuno. Sulla spiaggia in maggio. Specie rara. 504. /,. tentaculata Macq. Rive del Tevere; villa Borghese, via Nomentana; Grottaferrata; sulla spiaggia di Ladispoli. Maggio e giugno. Abbondante. Ugualmente frequenti i maschi e le femmine. CIANO 212 G. TUCCIMEI S. Fam. Coenosiinae. Gen. HypRropHoria Rob. Dev. 505. H. ambigua Fall, 506. 507. 508. 509. 510. Una sola femmina trovata in agosto a villa Car- pegna, sull’ortica. Gen. HyLEMvIA Rob. Dev. H. antiqua Meig. Strada della Pallanzana, sull’edera, settembre. Una sola femmina. H. cardui Meig. Una sola femmina, nei dintorni di Olevano, sul- l'erba, in settembre. H. Garbiglietti Rond. Due sole femmine trovate ad Acqua Acetosa e Ladispoli, in giugno e luglio. H. pullula Zett. Forte Bravetta; la Serpentara presso Olevano, vetta di monte Cavo. Sull’erba alta e fiorita, sulla mentuccia, sulle margaritine. Aprile, agosto. Rara. H. strigosa F. Monti Parioli, villa Borghese, Ladispoli, prati della Pallanzana, falde del m. Peschio, Rojate, monte Calvario pr. Manziana, int. di Roma, Bracciano. | CATALOGO DEI DITTERI 213 512. 913, D14. D19, A volo, sull’erba, sui pali delle staccionate, sulle siepi, sul castagno, sulle ombrellifere, presso ai ruscelli. Aprile, maggio, agosto, settembre. Specie comunissima tanto pei maschi che per le femmine. H. variata Fall. Villa Borghese, la Giustiniana sulla via Cassia, forte Bravetta. Sull’erba alta e fiorita. Aprile e maggio. Specie rara; più scarse le fem- mine. Gen. EustALOMYIA Kow. E. hilaris Fall. Un maschio trovato a villa Borghese di aprile. E. vittipes Zett. Una sola femmina proveniente dal giardino Va- ticano. Aprile. Gen. Hammomyia Rond. H. albiseta v. Ros. Una sola femmina dalle rive del Tevere; in maggio. (Gen. PeGomyia Rob. Dev. P. bicolor Wied. Falde del m. Artemisio, Bracciano, Aprile, settembre. G. TUCCIMEI 214 Sull’edera in fiore, sulle staccionate. Due soli individui di sesso diverso. 516. P. sulcans Rond. Nettuno. In riva al mare, in maggio, tra le alghe. Abbondantissima; ma nella collezione non ho che femmine. 517. P. terebrans Rond. Terme di Caracalla, Acqua Acetosa, Giardino vaticano. Sull’erba. Aprile, maggio. Raro : nella collezione non ho che femmine. Gen. CHorropHiLa Macq. 518. C. brassicae Bouch. .. Una sola femmina da Anguillara, in giugno. 519. C. ciliecrura Rond. Monti Parioli, rive del Tevere, Valle dell’Inferno, la Giustiniana sulla via Cassia, villa Antonelli presso Velletri, bosco di castagni sul monte Calvario presso Manziana. Ama i luoghi umidi; sull'erba folta, sui prati, a volo. Maggio, luglio, agosto. Specie abbondante. Più frequenti i maschi. 520. C. cinerella Fall. Villa Corsini, Forte Bravetta, villa Carpegna. Sull’erba fiorita, a volo. CATALOGO DEI DITTERI 215 524. “Ar JZ0, 026. Aprile. maggio, agosto. Alquanto rara. I maschi più frequenti delle femmine. C. fugax Meig. Una sola femmina trovata sulla via Nomentana, in maggio. C. pilosella Rond. Fiumicino, riva del mare, sul ginepro, maggio. Un solo maschio. C. platura Rond. Valle dell’Inferno presso Roma, sull'erba folta, in agosto. Una sola femmina. Gen. AntHomyIA Meig. A. bicolor Wied. Un solo esemplare trovato sulla via Nomentana, in maggio. A. diaphana Fab. Giardino vaticano, aprile. Un solo maschio. A. pluvtalis Lin. La Caffarella presso Roma, villa Antonelli, Ca- pranica Prenestina, Sant'Angelo presso Poggio Mirteto, via Nomentana, Roccantica. Sull’'edera in fiore, sull'erba, sui muri, sulle rocce. Aprile, maggio, luglio, settembre. Abbondante. Sono nella mia collezione sole femmine. 216 G. TUCCIMEI 527. A. procellaris Rond. Acqua Acetosa, via Appia Antica, villa Borghese, villa Carpegna, Frascati, Roccantica, villa An- tonelli, prati della Pallanzana, villa d’ Este, bosco dei Cappuccini presso Palestrina, monte Calvario presso Manziana, Nettuno. | A volo in sciami all'ombra; sull'erba, sui prati, sull’ortica, sul corniolo, sul castagno, ecc. Da aprile a settembre. Assai abbondante. Pre- dominano i maschi. Gen. Cnirosia Rond. 528. C. nigripes Bezzi. Un solo maschio trovato a Roccantica di estate. Corrisponde esattamente alla diagnosi datane dall’autore prof. Bezzi (1). Gen. Cornosia Meig. 529. C. agromyzella Rnd. Una sola femmina trovata a villa d'Este presso Tivoli, sull'erba, in settembre. 530. C. nigripes Macq. Una sola femmina trovata a villa Borghese in giugno. (1) M. Bezzi, Contrib. alla fauna ditterologica italiana. - Ditteri della Calabria. « Boll. d. Soc. ento. ital. », 1895, pag. 25 dell’estr. CATALOGO DEI DITTERI 2197 V. CICLORRAHPHA SCHIZOPHORA HOLOMETOPA Fam. Scatomyzidae S. fam. Cordylurinae. Gen. CxEMoPogon Rond. 531. C. apicalis Wied. Un solo maschio catturato a San Paolo in maggio. S. fam. Scatophaginae Gen. ScatoPHAGA Meig. 532. $. lutaria Fab. Villa Borghese, S. Agnese, via Nomentana, mac- chia d'Acqua traversa, villa d'Este, Strada della Pallanzana, Bracciano. Sull’erba dei prati, sull’edera in fiore. Maggio, agosto, ottobre. Specie comune. 599. S. stercoraria L. Forte Bravetta, la Caffarella, giardino Vaticano, monte Mario, Magliana, la Giustiniana, San Valentino in Sabina, fonte Regna sul ver- sante del m. Pizzuto (870 m.) monte Scalambra (1419 m.), monte Cimino. Sulle ombrellifere, sull’erba alta a fiorita, sullo sterco di bue, a volo. Frequente dal marzo all'ottobre, con predo- minio in aprile e maggio. 218 i G. TUCCIMEI Fam. Dryomyzidae Gen. Drvyomvyza Fall. 5534. D. anilis Fall. Un solo maschio trovato ai monti Parioli presso Roma, in maggio. 535. D. flaveola Fab. Un solo maschio trovato nella selva di Marino in luglio. Fam. Helomyzidae. Gen. HeLoMyYzA Fall. 536. H. affinis Meig. Due soli maschi trovati nella selva di Marino, e a Roccantica, in luglio e agosto. 537. H. agnata Rond. Monti Parioli, Roccantica, Monte Cavo, Villa Borghese. Maggio, settembre. Poco rara, predominano le femmine. 938. H. flava Mg. Terme di Caracalla, Bracciano. Aprile. Specie rara. Sole femmine rinvenute. 599 cina Fall Un solo maschio trovato a villa Pariola, sul- l'erba, in marzo. i A RIE ae CATALOGO DEI DITTER]Ì 219 540. A. similis. Meig. Un solo maschio trovato a monte Cavo dal si- gnor P. Luigioni, in giugno. 541. H. variegata Lw. S. Agnese, villa d'Este presso Tivoli, interno di . Roma. Sulla parietaria. Maggio, settembre. Specie rara; più rari i maschi. Gen. BLePHAROPTERA Macq. 542. B. serrata L. Una sola femmina dei dintorni di Roma in giugno. Fam. Sciomyzidae, S. fam. Sciomyzinae. Gen. Scromyza Fall. 043. S. albicarpa Rond. Un solo maschio trovato alla villa Pariola, sui muri, in maggio. 544. S. albocostata Fall. Un solo esemplare da villa Carpegna presso Roma, sull’ortica; di agosto. 545. S. dorsata Zett. Un sola femmina trovata ad Anguillara in giugno. 220 G. TUCCIMET 546. S. dubia Fall. Interno di Roma, sui vetri delle finestre, nelle latrine, marzo, aprile. Due soli esemplari. 547. S. obtusa Fall. Un solo esemplare da Fiumicino, in aprile. 548. S. pallidiventris Fall, Un solo maschio trovato a Roccantica di estate. Gen. DrrAENIA Heudel. 549. D. cinerclla Fall. Villa d’ Este presso Tivoli: villa Corsini a Roma. Sull’erba, maggio, agosto. Rara. S. Fam. Tetanocerinae. Gen. TeTtANOcERA Dum. 550. T. ferruginea Fall. Farnesina presso Roma, ponte Nomentano, La- dispoli. Sull’erba umida, in aprile. Specie non rara, ma le femmine sono BIO rare ‘dei maschi. Gen. LunigeRA Handel. 5b1. L. chaerophylli F. Una sola femmina trovata nella macchia di Acqua Traversa, in epoca non precisata. CATALOGO DEI DITTERI 221 Gen. ELGIiva Megerle. 552. E. albiseta Scop. Un solo maschio dei dintorni di Roma, ma di epoca non precisata. Gen. Limxia Rob. Dev. 553. L. fumigata Scop. Dintorni di Roma, Roccantica, Acqua Acetosa. Nei luoghi umidi e presso all'acqua. Specie non rara, per ambedue i sessi. Gen. CoreMmacERA Rond. 554. C. marginata Fabr. Dintorni di Roma, via Salaria, Roccantica, Pa- lestrina. A volo, sull'erba umida. Maggio e agosto. Non rara, tanto pei maschi che per le femmine. Gen. DicHeropHora Rond. 555. D. obliterata Fabr. Due soli individui trovati a Roccantica, sull'erba e sui rovi, in agosto. Gen. SarLriceLLaA Rob. Dev. 556. S. maculipes Rond. Maccarese, in marzo. Alcuni maschi e una fem- mina. Lr 222 G. TUCCIMEI Fam. Sapromyzidae. Gen. SapROMYZA Fall. 557. S. bipunctata Mg. D058. 999: 560. 561. 063. Villa Carpegna, villa d'Este, falde del m. Arte- misio. Sull’erba, sull’alloro, sull’edera in fiore, sulla parietaria. Non frequente, in settembre. I maschi più rari. S. flavipalpis Lw. Una sola femmina catturata ad Olevano, a volo, in agosto. S. intonsa Lw. Via Nomentana; villa d’Este. Maggio, settembre. Sulla parietaria. Specie rara. S. lupulina F. Un solo maschio trovato in agosto presso Ole- vano, sull’ortica. S. plumicheta Rond. Via Nomentana presso Roma, Rara in maggio e giugno. . S. plumicornis F. Una sola femmina, trovata ad Acqua Acetosa in maggio. S. subvittata Lw. Interno di Roma, Gianicolo, villa Carpegna, villa - Corsini. D6A. 565. 566. 567. CATALOGO DEI DITTERI 223 Sull’erba; maggio, agosto. Frequente. Gen. LauxanIa Latr. L. aenea Fall. Due individui probabilmente di sesso diverso, trovati ambedue in agosto, uno a Roccantica sul sambuco, l'altro a Montecalvario presso Manziana, sull’erba. Fam. Lonchaeidae. Gen. LoncHara Fall. L. lasiophthalma Macq. Rive del Tevere, monti Parioli, la Farnesina, via Nomentana, valle Casale presso Montorso. Maggio: settembre. a valle Casale. Specie piuttosto frequente. I maschi più rari, Fam. Ortalidae. S. fam. Ortalinae. Gen. OrtaLIS Fall. 0). ruficeps Fabr. Un solo esemplare trovato a Ladispoli in maggio, Gen. Herina Rob. Dev. H. afflicta Meig. 224 G. TUCCIMEI 569. SIA La Serpentara presso Olevano; Fiumicino, San- t'Angelo pr. Poggio Mirteto. Sull’erba, sulla mentuccia, sull’edera fiorita, a volo. Giugno, agosto, settembre. Non rara; si trovano ugualmente i maschi e le femmine. Gen. TepPHRONOTA Lw. T. bifasciata Lw. Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza epoca né località precisata. T. trislis Meig. Una sola femmina da Anguillara, in giugno. Gen. MeckeLIA Rob. Dev. M. hortulana Rossi. Un solo maschio trovato dal sig. Luigioni nei dintorni di Roma, in epoca non precisata. Gen. PLaTtystoMma Meig, P. umbrarum Fabr. Via Nomentana, la Caffarella, villa Pariola, giar dino Vaticano, altre località nei dintorni di Roma; Monte Porzio. Sull’erba, sull’ortica, a volo. Aprile, maggio, autunno. Specie abbondante, per ambedue i sessi. Qual- che variazione si osserva nella punteggiatura delle ali, che in alcuni esemplari è molto regolare. CATALOGO DEI DITTERI 225 Gen. ULIDIA Meig. 572. U. apicalis Meig. Una sola femmina trovata in maggio nei boschi sopra Roccantica in Sabina. Gen. CarysoMmyza Fall. 573. C. demandata Fabr. Interno di Roma, rive dell'Aniene, Montopoli in Sabina. Sull’erba. Giugno, settembre. Rara. Fam. Trypetidae. S. fam. Trypetidae. Gen. Aciura Rob. Dev. 574. A. femoralis Rob. Dev. Un solo maschio dei dintorni di Roma, senza epoca né condizioni locali ben precisate. Gen. Uropnora Rob. Dev. 5/5. U. Jaculata Rond. Una sola femmina trovata ai monti Parioli, in giugno. quadrifasciata Meig. Due soli esemplari di sesso diverso, trovati nei dintorni di Roma, e a Volpignano, a volo, in settembre. 970. U. 226 G. TUCCIMRI Gen. OxYPHORA. 577. O. flava Geoftr. Dintorni di Roma, monti Parioli, la Farnesina, villa Borghese, Acqua acetosa. Maggio e giugno. Specie abbondante, ma le. femmine assal rare. Gen. TepaRITIS Latr. 98. Te arnucacri Monti Parioli, Anguillara. Giugno. Due soli individui di sesso diverso. Gen. UreLLIA Rob. Dev. 579. U. eluta Meig. Una sola femmina dei dintorni di Roma. 580.U. stellata Fuesly. Un solo esemplare da Roma, senza indicazione precisa di epoca né di località. S. fam. Dacinae. Gen. Dacus Meig. 981. D. oleae Rossi. S. Valentino, Olevano, e in genere ovunque sono olivi. Comune nell’estate inoltrata sugli olivi, di cui danneggia il frutto. Sono poche le località immuni. CATALOGO DEI DITTERI 227 Gen. SEPSIS. 582. S. cynipsea Lin. Villa Corsini, via Nomentana, dint. di Pale- strina. Sull’erba. Maggio, settembre. Raro 583. S. punctum F. Acqua acetosa, e Valle dell’Inferno presso Roma; Capo d’acqua presso Montorso, Isola Sacra presso alla foce del Tevere. Maggio, settembre. Vive vicino all'acqua, e sul- l'erba umida. Non frequente. Gen. Nemopopa Rob. Dev. 584. N. cylindrica Fab. Villa Borghese, Villa d'Este a Tivoli, via No- mentana. Maggio, settembre, sull’erba bassa. Specie abbondante. I maschi più rari. 985. N. nigrilatera Macq. {In solo maschio trovato a Roccantica, sull'erba in agosto. 586. Aemopoda stercoraria Rob. Dev. Un solo maschio proveniente da Villa Borghese, in maggio. Gen. Propmra Fall. 587. P. casei L. Abbondante sul formaggio nel quale vivono le larve. 228 i G. TUCCIMEI Fam. Micropezidae. Gen. Micropeza Meig. 988. M. corrigiolata L. Due individui trovati dall’'entomologo sig. Lui- gioni a villa Glori sui Parioli in maggio. 589. M. grallatrix Lw. Una sola femmina trovata a Roccantica, sul fagiuolo, in luglio. 590. M. lateralis Meig. Due femmine trovate a Villa Carpegna sull'erba, e sull’edera in fiore. Settembre e ottobre. Fam. Psilidae. Gen. CuyLIZA Fall. 591. C. permixta Rond. Roccantica. Abbondante sui muri, sull’erba, sul rovo, sul nocciolo Luglio e agosto. I numerosi individui che sembrano tutti ma- schi sì distinguono dalla Ch. scutellata uni- camente per la presenza delle macchie ome- rali e pleurali. Le macchie della faccia e della fronte sono uguali, come le ali che mancano delle zone sfumate attorno ad alcune ner= vature, ua CATALOGO DEI DITTERI 229 Si | n 592. C. scutellata Fabr. Due soli maschi trovati dal Barbiellini all’Acqua acetosa In maggio. Gen. MeGacHETUM Rond. RR - 593. M. atriseta Meig. 2 S. Agnese sulla via Nomentana. Varie femmine; di vw in giugno. Gen. CAPNOPTERA Lw. 594. C. scutata Rossi. Ostia, rive dell'Aniene, Fiumicino. Abbondante in giugno. Ama le rive dei fiumi, e le vicinanze della foce. Predominano le femmine. Fam. Ephydridae. S. fam. Ephidrinae. Gen. OcaTHERA Latr. 595. O. mantis Deg. Una femmina trovata a Ostia in giugno. (Gen. Parypra Stenh. 596. P. coarctata Fall. Riva del Tevere, falde del monte Artemisio, dintorni di Olevano. Sull’erba, sulla mentuccia. Maggio, agosto, settembre, Specie non rara. 230 G. TUCCIMEI Gen. CaeNIA Rob. Dev. 597. C. Beekeri Kuntze. Abbondantissima alle Acque albule presso T}- voli, sola località dove la specie sia stata rinvenuta. Il Barbiellini ve la raccolse in luglio. S. fam. Drosophilinae. Gen. DRrosopPHiLa Fall. 598. D. funebris Fabr. Abbondante attorno al vino di recente fermen- tazione, S. fam. Geomyzinae. Gen. Opomyza Fall. 599, O. germinationis L. Villa Corsini, villa Borghese. Sull’erba: maggio. Due individui di sesso diverso. Gen. BaLIoPTERA Rond. 600. B. pictipennis }ond. Una sola femmina trovata ad Anguillara in giugno. 601. B. tripunctata Fall. Una femmina dalla Farnesina, maggio CATALOGO DEI DITTERI 231 Gen. AnTHoMyza Fall. 602. A. albimana Meig. Una sola femmina trovata alla villa Pariola, sulla pianta del giaggiolo in gennaio. Gen. RuicnoEssa Lw. 603. R. cinerella Halid. Tre individui tra cui un maschio, trovati alla villa Pariola sulla pianta di giaggiolo, in gennaio. Fam. Conopidae. S. fam. Conopinae. Gen. Conops L. 604. C. vesicularis L. Una sola femmina trovata alla villa Pariola sul tronco di un elce. Aprile. 605. C. vitellina Lw. Specie rara. Un maschio, proveniente da loca- lità e in epoca non precisata dei dintorni di di Roma. Due femmine, una da Acqua tra- versa, l’altra da monte Calvario, di agosto. Sulla mentuccia. Le femmine hanno le linee trasverse nere del l'addome più sottili che i maschi. 232 G. TUCCIMRI 606. 608. 609. 610. Gen. PHIisocepHaLa Schin. P. pusilla Mg. Falde del monte Artemisio e Roccantica; sul- l'erba, dopo la pioggia. Agosto. Specie rarissima. Portata” Babe Due esemplari; un maschio trovato dal signor Luigioni alla Caffarella in giugno, una fem- mina all’Acqua acetosa in ottobre. Il primo é tre millimetri più lungo della seconda, e proporzionatamente più grosso. P. meridionalis Macq. Un solo maschio trovato a M. Calvario presso Manziana, sulla mentuccia. S. fam. Myopinae. Gen. Myopa F. M. testacea Lin. Due sole femmine trovate dal signor Luigioni alle Tre fontane, e monte Cavo; giugno. Gen. OcceMmya Rob. Dev. O. catra Re Monti Parioli, Ladispoli, Roccantica, strada di Poggio Mirteto. Sui prati, sui margini delle strade, sui fiori del Senecio vulgaris. Da luglio a settembre. Non rara. CATALOGO DEI DITTERI 233 611. O. distincta Wied. Dintorni di Palestrina, sui fiori di cicoria, Agosto. Un solo esemplare. 612. 0. melanopa Rond. Un solo maschio trovato sull'erba a villa An- tonelli presso Velletri, in luglio, 613. O. pusilla Meig. Due soli maschi trovati sull'erba al Portonaccio e a Ladispoli. Aprile e giugno. Gen. Zopion Latr. 614. Z. cinereum F. Rive del Tevere, sull’erba. Giugno. Raro. Gen. Sicus Scop. 615. S. ferrugineus Lin. Due soli esemplari trovati, uno dal sig. Lui- gioni a monte Cavo (954 m.), nel mese di giugno, l’altro dal Barbiellini alla fine di aprile a Ladispoli, sugli asfodeli in riva al mare. Gen. DaLmannia Rob. Dev. 616. D. flavescens Mg. Due sole femmine, una proveniente da Monte Mario, l’altra dai dintorni di Roma, senza lo- calità precisata. 234 G. TUCCIMEI ADDENDA Durante il lunghissimo intervallo di tempo che è durata la pubblicazione di questo catalogo (inter- vallo per il quale domando l’'indulgente scusa del lettore) sono state rinvenute da me e dai miei amici altre specie di ditteri, appartenenti ai gruppi già pub- blicati. Le inserisco qui appresso per ordine e con l'indicazione del posto in cui ciascuna va inserita. Con queste il numero totale di specie da me cata- logate nella provincia di Roma sale a 639, numero che certamente è inferiore al vero, specialmente perché non potei ancora esplorare alcune parti più montuose della provincia, quelle che confinano con l'Abruzzo. Spero che non mi mancherà occasione di tornare con appendici al catalogo, onde renderlo meno incompleto. Alla famiglia Psychodidae, s. fam. Psychodinae, gen. Psychoda Latr., dopo il num. 18 del catalogo: 617. Psychoda phalaenoides L. {1). Un solo esemplare forse maschio, da villa Bor- ghese, in giugno. Nella stessa famiglia, s. fam. delle Phlebotomi- nae, gen. Phlebotomus Rond., la specie: 6138. Phlebolomus Papatasit Scop., piccolissimo dittero, pungente, trovato dal prof. B. Grassi nelle (1) E. Linné, Syst. nat., I, 977, n.47; MACQUART, Saint à Buffon, I. IEP INS IE CATALOGO DEI DITTERI 235 cantine dell'interno di Roma, e pubblicato da lui in una importante memoria illustrata con tavole (1). Alla famiglia Cecidomypidae, s. fam. Cecidomyinae, gen. Cecidomyia Meig., dopo il num. 19: 619. Cecidomyia salicina Meig. (2). Una sola femmina raccolta insieme a un grup- po di galle dal march. G. Lepri, in maggio, al piano del Cavaliere, confine est della pro- vincia di Roma, sul salice. Al gen. Stratiomyia Geoffr. dopo il n. 44: 620. Stratiomyia potamida Meig. Una sola femmina trovata del sig. Luigioni a Pantano in luglio. Alla s. fam. Sarginae, gen. Microchrysa Lw., dopo il n. 47: 621. Microchysa flavicornis Meig. Un solo maschio trovato a S. Agnese sull'erba umida, in giugno. Alla fam. Xylophagidae, gen. Xylomyia Rond., dopo il n. 50: 622. Xyloinia varia Meig. E' citata dal Bezzi come rinvenuta presso Roma, sotto il nome di Subula varia (3) Ser. III, T (1) B. Grassi, Ricerche sui flebotomi. Mam. della Soc. it. delle scienze, . XVI. Roma 1907, pag. 353. (2) M. Macquart, Suites à Buffon: Diptères, vol. I, pag. 159, n. 3 9 3) M. Bezzi, Contribuzione alla fauna ditterologica italiana: Ditter, delle Marche e degli Abruzzi, « Bull. d. Son. entomol. it, » Firenze 1888, pag. 23. 236 G. TUCCIMEI 623. 624. 625. 626. 627. Alla fam. Coenomyidae, gen. Coenomyia Latr. dopo il n. 50: Coenomyia ferruginea Scop. Una sola femmina trovata dal Sig. Luigioni a «5monte Viglio (2000 m.), a volo, in luglio. Alla fam. Leptidae, s. fam. Rhagioninae, gen. Rhagio F., dopo il n. 78: Rhagio vermileo Deg. Sotto il nome generico Psammorycter, il prof. M. Bezzi la cita come trovata nei dintorni di Roma dal conte Barbiellini, senza preci- sare la lccalità né l’epoca (1). Alla fam. suddetta, s. fam. Chrysopilinae ‘gen: Chrysopilus Macq., dopo il n. 86: Crysopilus intermedius Bezzi. Trovato a Marino in aprile, dal sig. P. Lui gioni. Specie rara. Alla s. fam. Dasypogoninae, gen. Pycnopogon Lw., dopo il n. 101: Pycnopogon fasciculatum Lw. Una sola femmina. Roccantica. Sull’erba, in luglio. Alla s. fam. Laphriinae, gen. Pogonosoma Rond., dopo il n. 106: Pogonosoma maroccanum Fabr. Un solo esemplare trovato da me in giugno, sulla strada che conduce da Poggio Mirteto alla stazione ferroviaria, nelle ore vespertine. (1) Bazzi, op. e loc. cit., pag. 28. 628. 629. 630. 631. 6532. 633. CATALOGO DEI DITTERI | 237 Al gen. Argyromoeba Schin., dopo il n. 127. Argyromoeba Aethiops Fab. Roccantica, a volo; settembre. Rara. Al gen. Phthiria Meig., dopo il n. 160: Phthiria scutellaris Meig. Un solo esemplare trovato a Roccantica, a volo sull'erba, in settembre. Al gen. Scenopinus Latr., dopo il n. 167: Scenopinus albicinctus Rossi. E' ricordato dal prof. Bezzi come trovato presso Roma dall’ ing. Gribodo, senza precisare loca- lità, né epoca (1). AI gen. Empis L., dopo il n. 167: Empis nigritarsis Mag Montopoli in Liu sulla bella di notte, set tembre. — Rara. Al gen. Chilosia Meig., dopo il n. 205: Chilosia illustrata Harr. Una sola femmina da monte Calvario presso Manziana, in agosto, sulle ombrellifere. Al gen. Melanostoma Schin., dopo il n. 218: Melanostoma scalare Fab. Frequente quanto il M, mellinum e trovato nelle stesse località. (1) M, Bezzi, Op. e loc, rit., pag. 36. 238 634. 635. 636. 637. 638. G. TUCCIMERI Al gen. Merodon Meig., dopo il n. 261: Merodon pudicus Rond. Un solo maschio trovato in agosto al monte Ci- mino (m. 1053) dal march. G. Lepri. Importante specie che finora per l’Italia era citata soltanto nel Piemonte dal Rondani (1). Alla s. fam. Milestinae, gen. Criorrhina Meig., dopo il n. 265: Criorrhina oxyacanthae Meig. Un maschio catturato dal march. .G. Lepri a Maccarese, in aprile. AI gen. Ceria Fab.. dopo il n. 290. Ceria conopsoides L. Un solo maschio trovato a monte Calvario pres- so Manziana, sulle foglie di quercia, in agosto. Alla s. fam. Tachininae, gen. Phorinia Rob. Dev., dopo il n. 335: Phorinia aurifrons Rob. Dev. Una sola femmina da Olevano, sulla mentuccia, in settembre. Al gen. Phorocera Rob. Dev., dopo il n. 338: Phorocera concinnata Meig. Una sola femmina trovata ad Acqua acetesa in maggio. (1) C. RONDANI, Diptorologiae italicae prodromus, vol. II, pog. 56. Alla s. fam. Phasiinae, gen. Evibrissa Rond., a dopo il n. 437: | 639. Evibrissa obscuripennis Meig. Un solo maschio. Tor di quinto, sui fiori di finocchio; ottobre. G. TUCCIMEI Indice Generale delle materie contenute nel Vol. II, serie II[ del Bollettino della Società Zoologica Italiana con sede in Roma. Anno 1913 (XXII dalla fondazione) I. Parte ufficiale. Carruccio prof. Antonio. — Sulle condizioni scientifiche, morali ed economiche della Società Zoologica Italiana con sede in Roma . RO Elezioni e infeume pu nell Adunanza denc.ale ammini- strativa del 31 marzo 1913 . II. Comunicazioni scientifiche. Carruccio comm. prof. Antonio. — Di un Macropus rufus e di un Arctocephalus ursinus ora introdotti nella Collezione ge- nerale dei mammiferi del R. Museo Universitario di Roma. Idem idem. — Brevi note di craniologia sui Paradoxurus e sulle Viverrae . . Idem idem. — Ialioliasns Oryx, Piliose e sua amati sd trica . IR e O ee Idem idem. — Sui Nycticebi e Lemuridi del Museo Zoologico della R, Università di Roma goto ; Idem idem. — Sulla Ba/aenoptera acuto- rostiala, per la prima volta catturata nel Mare laziale (Castelfusano). E notizie su altri giganteschi cetacei arenati e catturati lungo le coste dell’istesso mare (con. tavola) . Idem idem. — Cenni sull’os penialis dell’Ursus americanus e dell’Histrix cristata ; . : ; Idem idem. — Dimensioni ico È e non ancora seni di una Thalassochelys caretta del Golfo di Teulada, e confronto con più individui pescati in altri mari Chigi principe D. Franc. — Cattura di Bona \faskiatas (Vieill.). - Aquila del Bonelli in prov. di Roma Pag. 1-24 25-26 62-67 68-76 71-83 84-92 157-173 . 174-173 . 179-185 . 188-189 INDICE GENERALE De Leone prof. Nicola. — I Rotiferi nel Plancton del Lago di Bolsena (con tav.). SENS Ideim idem. — Un rotifero poco comune in Italia dalbirca aculeata Hudson e Gosse). Con fig. See : Facciolà dott. Luigi. — Una nuova specie di grosso Conser scoperta nel Mare di Messina . 5 Mazza prof. Felice. — Risultati di ricerche SASA itglagioha sugli organi genitali delle anguille chaegqa dolce e d’acqua salmastra - Sergi dott. Quirino. — Soia i i eliorteni di Mciitimo degli animali nati in schiavitù. î Tuccimei prof. Giuseppe. — Saggio di un MEO dei Ditteri della provincia di Roma - Parte IV. SOR Vram prof. G. Ugo. — Su tre Lascio umani aventi Aa del Higmoro diviso (dagli avanzi scheletrici delle tombe del- l'epoca repubblicana scoperte ad Ostia) (con tav.). Idem idem. — Sull’adunanza dei Naturalisti tedeschi tenuta in Vienna nello scorso settembre 1913. (Argomenti trattati nelle diverse sezioni) ; Idem idem. — Le ricostruzioni dell Eoguiigna: Dausoni, Woo- ward . III. Rassegne bibliografiche 241 Pag. . 113-134 . 186-187 101-109 47-61 135-140 199-239 . 110-112 . 190-195 196-198 compilate dal prof. Antonio Carruccio e prof. Ugo G. Vram. . Novità entomologiche italiane. . Avvyelenamento e morte per puntura dello Scorpione. . Nuove specie di Lepidotteri italiani. da . Su due opere del prof. Giuffrida Ruggeri: Homo sapiens e Uomo attuale ara 108, 5. Intorno ad un trascurato e pur grave nemico dell’olivo (Zeu- zera pirina L.), del prof. G. Del Guercio A o 6. Singolare cattura di una specie orientale del gen. amdeita, del conte prof. Tommaso Salvadori. 7. A proposito della ghiandaia in Sardegna dell’ istesso profes- sor Salvadori. 8. Intorno alla pretesa nuova forma di Corvus sardus di Klein- schinid, del prof. Enrico Balducci . a We Pag. 93-100 . 141-149 150-151 . 151-154 242 INDICE GENERALE Pag. IV. Annuncio necrologico. M'arch.= Sen Giacomo Doria ft seen na 155 V. Indice generale del volume del Bollettino dell’anno 1913 SA EZOUZIR a 240-242 VI. Notizie sulla copertina. 1. Sede della Società. — 2. Per l’acquisto del Bollettino. — 3. Membri componenti il Consiglio direttivo della Società. — 4. Articoli estratti dallo Statuto. Direttore-Redattore respons. ‘prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO 1. — Sede della Società: ISTITUTO e MUSEO ZOOLOGICO, | | Palazzo della R. Università degli Studi - Via della Sapienza, ROMA. AE 2: , le Librerie, le Società che intendono acquistare. - uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano Ga direttamente all’ Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo © modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. — Membri campani il CONSID, Direttivo ANNO XX i Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed drei com- parata, specialmente Vertebrati). Senat.. principe D. GUIDO OR. \ZIO di CarPEGNA FaLconiERI — Vice-Presi- dente ‘Ornitologia). Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Puleozoologia e Malacologia). Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orxitologia). GHIGI principe D. FRANCESCO - Consigliere (Ornitologia).. | Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Idem (Zoologia generale, specialmente Briozai) = Prof. FELICE MAZZA — idem (/ttiologia, ecc) Prof GIOVANNI ANGELINI —- (Zoologia generale, specialmente Cai Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, specialmente Lepidotteri). March. prof GIUSEPPE LEPRI -— Idem (Entomologia- -Ornitologia) Segretario Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem. (Istologia generale), sì Prof. comm. GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia generale, specialmente Ditteri). CARO - 4. — ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO. ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della bio- logia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bol'eftino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole. biologica, ana- tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e quelle altre notizie che possono ‘interessare gli studiosi. 3 ART. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : 1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- | ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 tia una sola volta ; a 2° Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3° Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra ‘i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo- gici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione 0 memoria pubblicata nei Bollettini sociali è natural: mente, unico responsabile delle ‘(dee ed opinioni esposte nel rispettivo lavoro. N. B. — a gli Estratti delle Ma g'i Autori dé ‘ono ri- volgersi direttamente alla Tipografia. Roma 1513 - Tipografia Moderna, Via Pottico d’Ottavia 53, BOLLETTINO ded E È i DELLA | SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA SOMMARIO. commmicazioNI SCIENTIFICHE DEI SOCI 2, — Intorno ad un trascurato e pur - Facciolà dottor Luigl. - Una grave memico dell’ Olivo (Zeu- | nuova specie di grosso “Conger , zera pirina, RO 108 MPA G. del Mt: | “scoperta nel mare di Messina Guerclo . . Lai Tag 1003101 “CO UR as Bags :+101-109 3. — Novita, Rarità e Varietà orni» +0 A ; CERA Ugo - Su tre mascel- tologiche in Italia. - Singolare Ni, n . dari imani aventi l’antro del- cattura di una specie orientale Cu: l'Highmoro diviso (dagli avanzi 1 del gen. Ardetta, del prof. conte Moto scheletrici delletombe dell’epoca Tommaso Salvadori. — A proposito della Ghiandaia in Sardegna, del- l’istesso prof. Salvadori. — In- torno alla pretesa nuova forma | repubblicana scoperte ad Ostia) (con tavola) . . td ge GIO=I2 de; — De Leone dott. Misia - | Roti- feri nel plancton del Lago di di Corvus Sardus di Klelnsch- È .. Bolsena (con tavola) . a CM43-134 midt, del prof, Enrico Balducci » 151-154 i di È 29 Sergi dott. Quirino. - Sopra i feno- pi | meni dirachitismo degli animali di. | matiinischiavità . . . _., 135-140 è i Annuncio Necrologico . . , È; 155 ca Ill, —NOTIZIE SULLA COPERTINA È; I — RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE I. — Sede della Società - 2. Per l’ac- | (dei prof. U. VRAM e A. CARRUCCIO). quisto dei Bollettini - 3. Membri oa : a Su due opere del prof. V. Giuf- componenti il Consiglio Direttivo Midi : #} rida Ruggeri: Homo doo e della Società - Articoli estratti pf a vomo attuale , s 141-149 dallo Statuto. de”, I N. kn: 7a 1 serie dei volumi del BoZlettino è formata dal 1° al 9" volume; la Cp serie dal 10° al 20° volume. La 3* serie comincia col 1912 (ANNO XXI) IMRE PRADA I. — Sede della Società: Istituto e Museo ZooLoaico, Palazzo della R. Università degli Studi - Via della Sapienza, Roma. 2. — I signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare _uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio che si rivolgano , “direttamente all’Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. 3. — Membri componenti il Consiglio Direttivo. ANNO XX Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia com- parata, specialmente Vertebrati). Senat. principe D. GUIDO ORAZIO di Carpeena FaLconieri — Vice-Presi- dente (Ornitologia). Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orritologia). CHIGI principe D. FRANCESCO — Consigliere (Orritologia). Prof. cav. ANTONIO NEVIANI — Idem (Zoologia generale, specialmente. Briozot). Prof. FELICE MAZZA — Idem (/ttiologia, ecc.) Prof. GIOVANNI ANGELINI — (Zoologia generale specialmente di Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, specialmente ) Lepidotteri). ‘March. prof. GIUSEPPE LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia) SERA Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). OO: GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia generale, specialmente itteri 4. ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO. Art. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori della bio- logia animale anche nelle sue varie applicazioni; di pubblicare nei . modi stabiliti dal regolamento un Bo//e:tino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, ana- tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica ; e'quelle altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci: 1° Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 2% Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; . 32 Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo- gici, od altrimenti benemeriti della Società. Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini sociali è, natural: mente, umico responsabile delle idee ed opinioni esposte nel rispettivo lavoro. N. B. — Per gli Estratti delle Memorie, gli Autori devono ri- | volgersi direttamente alla ‘Tipografia. KOMA. — SI Uromo- Duo O Armani & Stein di sirae dra a ART Su; SE CORERISENS, OS. Fasc. V-VI Serie IIl - Vol. Il Anno 1913 (Cont, le puntate 7-12) (XXIT dalla fondazione) BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ ZOOLOGICA ITALIANA CON SEDE IN ROMA Presidente onorario: S. M. il Re VITTORIO EMANUELE HI SOMMARIO. I. — COMUNICAZIONI SCIENTIFICHE DEI SOCI 6. — Vram prof. G. Ugo. — Comu. 1. — Carfuccio prof. Antonio. — Sulla “Ba- nicazioni fatte nell’85. adunanza laenoptera acuto-rostrata , catturaca per dei Naturalisti tedeschi (Vienna la prima volta nel Mare Laziale (Castel 21-28 settembre 1913) . . ‘Pag. 190-194 Fusano). E notizie su altri giganteschi | 7. — Idem — Le ricostruzioni del. cetacei arenati e catturati lungo le coste V“Eoantropos Dawsoni , Woo- dello stesso mare dai tempi più remoti ward . . n 195-198 agli attuali (con tavola) Pag. 157-173 | 8 — Tuccimei prof. Giuseppe. _ 2, — Idem — Cenni sull’ “ Os penia- Saggio di un catalogo dei Dit- lis, dell’ “Ursusamericanus, teri della provincia di Roma e dell'“Histrix cristata, . , 174-178 (parte IV). Fam. Anthomidae, 3. — Idem - Dimensioni insolite di Scatomyzidae, Dryomizydae, una “ Thalassochelys caretta , Helomizydae, Sciomyzidae, Sa- del Golfo di Teulada, e con- promyzidae, ecc., ecc. . . , 199-236 fronto con più individui pe- scati in altri mari . . . 179-185 | INDICE GENERALE delle materie 4. — De Leone prof. Nicola. — ‘Un contenute nel Bollettino 1913, - rotifero poco comune in Italia AnNOBa Ki. +... 0. n° 240-248 (Anuraea aculeata, Mudson e Gosse) (con figura). . . . , 186-137 | NOTIZIE SULLA COPERTINA. — 1. Sede 5. — Chigi princ. D. Francesco. — della Società; - 2. Per l’acquisto dei Bol- C ttura di “ Eutolmaétus fa- lettini; - 3. Membri componenti il Con- sciatus, (Vieili.), Aquila del Bo- siglio Direttivo della Società; - 4, Articoli nelli, in provincia di Roma , 188-189 estratti dallo Statuto, N. PB. - La 1* serie dei volumi del Bollettino è formata dal 1° al 9" volume; la 2° serie dal 10° al 20° volume. La 3* serie comincia col 1912 (ANNO XXI). Conto corrente con la posta OZ: sli E cli Pi RO SE SL n SEPE TRENES CA R- CADI RA 0) Fabia — Sede della Società: Istituto e Museo ZooLoGico; A mucio della R. Università degli Studi - Via della Sapienza» Roma. 2. — I signori, le Librerie, le Società che intendono acquistare uno o più volumi del Bollettino sociale, è meglio .che si rivolgano direttamente all'Ufficio di Segreteria, perchè potranno in questo modo ottenere una sensibile riduzione nel prezzo. — Membri componenti il Consiglio Direttivo. ANNO XX Prof. comm. ANTONIO CARRUCCIO — Presidente (Zoologia ed Anatomia com- parata, specialmente Verfebrati). Senat. principe D. GUIDO ORAZIO di Carpecna FaLconieri — Vice-Presi- dente (Ornitalogia). Prof. cav. ROMOLO MELI — Vice-Presidente (Paleozoologia e Malacologia). Rag. sig. cav. VITTORIO ZAMBRA — Cassiere (Orritologia). CHIGI principe D. FRANCESCO -— Consigliere (Orrito/ogia). Prof. cav. ANTONIO NEVI \NI — Idem (Zoologia generale, specialmente Ben Prof. FELICE MAZZA — Idem (/ttiologia, ecc.) Prof. GIOVANNI ANGELINI — (Zoologia generale specialmente Ornitologia). Gr. Uff. comm. FORTUNATO ROSTAGNO — Idem (Entomologia, SA Lepidotteri). March. prof. GIUSEPPE LEPRI — Idem (Entomologia-Ornitologia) Segretario. Prof. cav. RINALDO MARCHESINI — Idem (Istologia generale). ; Prof. comm. GIUSEPPE TUCCIMEI — Idem (Zoologia enon, specialmente - Ditteri). — - ARTICOLI ESTRATTI DALLO STATUTO. ART. 2. — La Società ha lo scopo di dare istruzioni, consigli, appoggi morali, e possibilmente aiuti materiali ai cultori ‘della bio- logia animale anche nelle sue varie applicazioni ; di pubblicare nei modi stabiliti dal regolamento un Bollettino contenente i resoconti delle adunanze, le comunicazioni scientifiche d’indole biologica, ana- tomo-fisiologica, embriologica, paleontologica e sistematica; e dio altre notizie che possono interessare gli studiosi. Art. 3. — La Società è composta di tre categorie di soci : 1: Soci ordinari, distinti in soci a tempo, i quali paghe- ranno lire dieci all'anno, e soci a vita se pagheranno lire 200 in una sola volta; 22 Soci straordinari, i quali pagheranno lire sette annue; 3? Soci onorari italiani e stranieri, proposti dal Consiglio direttivo, scelti fra i più noti ed eminenti cultori degli studi zoolo- gici, od ‘altrimenti benemeriti della Società. } Tutti i soci hanno diritto alle pubblicazioni sociali. Ogni autore di comunicazione o memoria pubblicata nei Bollettini sociali è > iàtural- mente, unico responsabile delle idee ed oplaioni esposte nel rispettivo lavoro. N. B. — Per (o Estratti delle Memorie, gli Autori devono ri- volgersi direttamente alla Tipografia. li&tM\. — Stab. Cromo-Lito-l'ipografco armani & Stem i ua nerd) Ù SE Pa ASTA TRANUDIA 00121013 DOTI