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BOLLElTTIlsrO
DELLA
SOCIETÀ DI NATURALISTI
SERIE I. — VOL. III.
' ANNO III. - FASC. I.
1889
Serie 1. Voi. IH.
1889
Anno III. Fase. 1.
BOLLETTIItTO
DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI IN NAPOLI
Tornata del di 18 novembre 1888.
Presidenza del Signor G. A. Gabella.
Socii presenti: A. G. Gabella, F. Sanfelice, L. Savastano, G. Maz-
zARELLi, Ped. Raffaele, S. Lo Bianco, U. Milone, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,30 pom.
Il socio Sanfelice legge i risultati di alcune ricerche istologiche
ed embriologiche Intorno alV appendice digitiforme (glandola sopra-
nale) dei Selaci, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
Il Presidente presenta all' Assemblea la domanda del Professor
Francesco Bassani per l'ammissione a socio ordinario residente, sulla
quale non si può votare per mancanza di numero legale.
La seduta è tolta alle ore 2,30 pom.
Il Segretario: Oreste Fortk
— IV —
Tornata del di 9 dicembre 1888
Presidenza del Signor G. A. Gabella
Soeii presenti: A. G. Gabella, C. Amato, A. Canonico, S. Lo Bianco,
P. MiNGAzziNi, Fed. Raffaele, S. Pansini, G. Tagliani, TJ. Milo-
NE, F. Sanfelice, P. Delli Ponti, S. Miele, F. De Rosa, G. Maz-
zarelli, L. Savastano, 0. Forte.
La seduta è aperta alle ore 12,15 poni.
Il Segretario legge il processo verbale precedente che viene ap-
provato. Presenta le pubblicazioni pervenute alla Società.
Il socio Mingazzini legge un lavoro dal titolo: Ricerche sul tubo
digerente dei Lamellicorni fitofagi [Insetti perfetti), e ne chiede la
pubblicazione nel Bollettino.
Il socio Raffaele legge una nota sulle Metamorfosi del Lepidopus
caudatus , e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
La Società proclama ad unanimità il Professor Francesco Bas-
sani socio ordinario residente.
Si passa quindi alla elezione di 4 membri del Consiglio direttivo
in sostituzione degli uscenti e dei Revisori dei Conti.
Risultano eletti:
Presidente: Fed. Raffaele;
Consiglieri: L. Savastano, U. Milone, F. Sanfelice;
Revisori dei conti: P. Da Rosa, P. Mingazzini.
La seduta è tolta alle ore 2 pom.
Il Segretario: Oreste Forte
Tornata del di 13 gennaio 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele
Socii presenti : F. Raffaele , F. Sanfelice , G. .Jatta , S. Lobianco,
S. Miele, S. Pansini, G. Mazzarelli, D. Damascelli, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,30 pom.
Il Segretario legge il pro3esso verbale della tornata precedente
ohe non può approvarsi per mancanza di numero legale.
Il socio Sanfelice legge i seguenti lavori: 1." Analisi batteriolo'
logica delV acqua del mare ecc.', 2." DeJV iko dell' lodo nello colora-
zione dei tessuti con V emaiossilina e ne chiede la pubblicazione nel
Bollettino.
Il socio Raffaele legge un lavoro del socio non residente P. De
Vescovi dal titolo: Il ricambio dell' acqua nelle fosse nasali dei Te-
leostei per mezzo del processo mediano dell' osso premascellare, ed
a nome dell' autore ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
L' Assemblea per mancanza di numero legale non può deliberare
sull'ammissione del signor R. Zuccardi a socio ordinario 'residente,
sulle dimissioni dei socii Boccardi , Jappelli e Magretti e sui Bi-
lancio presuntivo 1889
La seduta è tolta alle ore 2,45. pom.
Il Segretario: Oreste Forte
Tornata del di 3 febbraio 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele
Socii presenti: F. Raffaele , A. G. Gabella, G. Jatta, S. Lo Blìnco,
F. Sanfelice, F. Bassani, P. Mingazzini, G. Mazzarelli, G. Ta-
GLiANi , A. Canonico, U. Milone, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,30 pom.
Il Segretario legge i processi verbali delle due tornate prece-
denti che vengono approvati.
L'assemblea approva ad unanimità il Bilancio presuntivo 1889,
proclama socii ordinarli residenti i signori R. Zuccardi e M. Jatta,
accetta le dimissioni dei socii Boccardi, Jappelli e Magretti ed ap-
prova la radiazione del socio Zagari.
Il Presidente comunica alcune norme per la pubblicazione del
Bollettino.
La seduta è tolta alle ore 2,25 pom.
Il Segretario: Oreste Forte
Fa poi la seguente obMezione al lavoro del signor Luzi , che
cioè la diaj)edesi invocata r'a questo autore per spiegare V accresci-^
mento della decidua , non gli sembra provata dal lavoro stesso. Là
infatti, si parla del fenomeno diapedesico come sorpreso nelle diverse
fasi nelle preparazioni degli organi fissati. Sembra al M. che per
essere sicuri che un tal fenomeno esista, bisognerebbe vederlo men-
tre avviene oppure p^'ovare che gli elementi estravasali provengano
certamente dall' interno dei vasi. Sembra altresì al M. che ciò che
l'A. ha potuto credere come diapedesi possa anche dipendere da spo-
stamento di elementi avvenuto nelle manipolazioni di preparazione,
e che per poter rispondere a questa obbiezione sieno necessarie altre
prove più convincenti di quelle portate dal Luzi.
Il Presidente dichiara all' Assemblea che è chiusa la ricezione
di lavori da pubblicarsi nel primo fascicolo del Bollettino.
La seduta è levata alle ore 2,45 pom.
Il Segretario: Okeste Forte
Intorno all'appendi ce di^itif orme (glandola sopra-
nale) dei Selaci — Ricerche istologiche ed embriolo-
giche del socio F. Saxfelice.
(Tornat'i del 18 Novembre 1888)
I.
L'appendice digitiforme dei Selaci è stata poco studiata da parte
dei naturalisti, pochissimo poi da parte degli istologi ed embriologi.
Alcuni ne dicono appena poche parole in opere, che trattano dell'ana-
tomia ed embriologia generale dei Selaci, Solamente il Bianchard
l'ha presa a studiare di proposito e ne ha fatto oggetto di una me-
moria pubblicata nel 1887.
Trovo lo prime notizie intorno all'appendice digitiforme nella em-
briologia dei generi Scijllium e Raja di Rathke. Questi scrive « che
l'organo vescicolare, che negli Scyllùim si unisce col principio della
cloaca, giace sul lato destro dell'intestino anale, quasi al di sotto del
rene destro. Relativamente agli altri visceri della cavità addominale
ha una considerevole grandezza, perchè equivale quasi alla terza parte
della lunghezza della cavità addominale. Le sue pareti sono abba-
stanza spesse. Ha la forma tubulare con cavità stretta, »
Dopo di Rathke altri autori come Mayer, Hunter, Home, Blain-
ville hanno descritto e figurato questo organo, ma nulla hanno fatto
sapere più di quello, che ha scritto Rathke, intorno alla struttura e
fisiologia. Dalle loro ricerche risulta che il luogo di sbocco di questa
glandola nel canale intestinale non è sempre lo stesso, ma varia nei
diversi Selaci. Così neW Acaìithias vulgaris si unisce col principio
della cloaca, mentre, secondo le osservazioni di Mayer, nello Spinace
niger sbocca nell' ultima parte dell' intestino retto.
Tutti questi autori sono di accordo nello ammettere che lo sbocco
è sempre al di sotto d^l'intestino valvolare.
— 2 —
Wagner disegna nella Fig. II della Tavola XXI delle sue Icones
zootomicae il sistema digerente di uno ScDlliuni canicula ed al prin-
cipio della cloaca si vede fedelmente figurata 1' appendice , che egli
designa col nome di sacciforme (beutelfòrmigen Anhang).
Milne-Edwards nel suo manuale di anatomia comparata ritiene
questa glandola per una speciale vescica urinaria dei pesci cartilagi-
nei, senza punto dimostrare la ragione della sua asserzione.
A Leydig si deve una descrizione più esatta, sebbene anche som-
maria, dell'organo. Egli scrive «che sbocca nella parte posteriore del-
l'intestino anale e che vi si distingue nel taglio longitudinale una so-
stanza glandolare gialla , spessa fino a 2 millimetri , ed uno spazio
cavo interno.
«Questo ultimo è riempito da un secreto giallo sporco dello aspetto
del liquido dello stomaco e, veduto al niicroscopio, si compone di una
massa granulosa e di grosse cellule riempite dalla medesima sostanza
granulosa.
«Lo spazio centrale, che è separato dalla sostanza glandolare per
uno strato di connettivo, rappresenta il dotto escretore. La sostanza
glandolare, molto ricca di sangue, si compone di vescicbette glando-
lari, le une strettamente unite alle altre , che si prolungano in un
breve dotto escretore. Hanno il medesimo aspetto delle glandole di
Brunn dei mammiferi a cui corrispondono per il significato, quantun-
que separate dalle pareti intestinali. »
Pili di tutti gli autori finora citati ha studiato la glandola sopra-
nale il Blanchard, il quale in un primo lavoro ne descrive la strut-
tura e lo sviluppo. Dopo aver premesse alcune notizie intorno alla
forma ed alla lunghezza, che ha l'organo, nei diversi Selaci, viene a
parlare dello sbocco nell'intestino. Descrive anche una ripiegatura
della mucosa nello sbocco , la quale, secondo l'autore, avrebbe lo
scopo di permettere l'uscita del contenuto glandolare ed impedire al
contenuto intestinale di penetrare nella glandola, opinione malamente
fondata, perchè, come dirò in seguito, spesso nel dotto principale della
glandola si trovano elementi provenienti dal contenuto intestinale.
La forma degli acini glandolari , secondo 1' autore , è tubulare.
Questi tubi glandolari, verso il fondo cieco dell'organo, si ramificano.
Quanto allo sviluppo, egli afferma giustamente che avviene tardi, quan-
do la cavità del corpo è già chiusa.
A questo tempo si stacca in una breve sezione della superficie
intestinale a sinistra e posteriormente, all'altezza dell'intestino anale,
una formazione a canale , che contiene tutti gli strati dell' intestino.
Questa porzione ^laccata dall'iintestino sta in unicne col mesentere.
Continua sempre il distacco di questa parte , finché poi si separa
— 3 —
completamente dallo intestino stesso. Blanchard ha seguito anche l'ul-
teriore sviluppo dell'organo ed ha osservato clic i tubi glandolari da
principio lai'ghi, diventano a poco a poco più stretti e mandano gem-
mazioni laterali. Alla formazione della glandola, secondo l'autore,
prendono parte 1* entoderma ed il mesoderma. I tubi glandolari sono
rivestiti da epitelio cubico. Tutta la glandola è rivestita dal peritoneo.
In una seconda nota, pubblicata nel 1882, il Blanchard si propone
di portare un contributo alla conoscenza delle funzioni dell'appendice
digitiforme. La glandola estratta nel vivente ha una reazione alcalina
multo spiccata. Il succo, che se ne estrae, non ha azione sulle materie
albuminoidi, ma emulsiona fortemente i grassi (olio di olivo) e tra-
sforma energicamente l'amido cotto o crudo. Questa glandola produce
secondo l'autore, un fermento diastasico ed un fermento emulsivo.
Conclude quindi che è un vero pancreas. Alla fine della nota si fa la
domanda se la glandola prende oppur no parte ai fenomeni della di-
gestione.
Egli crede ciò poco probabile, perchè gli alimenti, quando arri-
vano ove sbocca la glandola , sono già materie fecali e però crede
che essa non concorra in alcuna maniera alle trasformazioni delle
materie alimentari.
IL
Quanto a metodo di ricerca, ho cominciato dallo esaminare l'or-
gano a fresco, senza aggiunta di nessuno liquido. L' organo tolto ad
un animale appena ucciso è stato messo in un vetrino da orologio e
diviso in due parti con un taglio longitudinale per mettere allo sco-
perto il dotto centrale. Poi un piccolo pezzo è stato dissociato con
gli aghi sul vetrino porta-oggetti in una goccia dello stesso liquido
uscito dall'organo. La dissociazione riesce molto difficile e poco van-
taggio si ricava dalla osservazione microscopica dei preparati così
ottenuti. È molto difficile vedere le cellule del parenchima glandolare
isolate; si vedono a gruppi e spesso lacerate. Neanche si riesce con
questo metodo a farsi una idea chiara della struttura glandolare del-
l' organo.
Migliori risultati ho avuto dal seguente metodo : si prende un
pezzo grande quanto un acino di canape e si pone per 10 a 12 ore
in acido cloridrico. In seguito si sciacqua in acqua distillata accura-
tamente e vi si lascia stare per 12 a 24 ore. Mentre nell'acido clo-
ridrico il pezzetto si era alquanto raggrinzato, nell'acqua si rigonfia.
Si stacca ora con gli aghi un piccolo pezzetto dal resto e si porta
sul vetrino porta-oggetti in una goccia di un miscuglio a parti uguali
— 4 —
di glicerina ed acqua. Con l'aiuto del microscopio a dissociazione si
riesce molto agevolmente a distaccare i lobi glandolari gli uni dagli
altri ed anche i tubuli tra di loro. Se si opera diligentemente accade
di potere isolare i tubi glandolari in tutta la loro estensione o almeno
per un tratto abbastanza esteso.
È appunto a questo metodo che devo 1' essermi fatta una idea
chiara della struttura glandolare dell' organo.
Se il pezzo è bene lavato in acqua in modo da averlo liberato
completamente da ogni traccia di acido, si possono colorare i tubi
isolati con litio-carminio o con altra soluzione colorante.
Per studiare bene la forma delle cellule tanto della sostanza
glandolare, quanto dell' epitelio di rivestimento dei dotti, consiglio di
mettere piccoli pezzetti dell' organo in una soluzione al 5 % di cro-
mato neutro di ammoniaca. Dopo 24 ore o dopo più lungo tempo, ciò
che è anche meglio, si lavano in acqua distillata due o tre volte e
si lasciano slare in questa per due o tre giorni , mutando spesso
r acqua.
Quando questa non mostra più tracce di colorazione si lavano an-
cora una volta e si portano in una soluzione di acetato di potassa e
vi si lasciano per 12 ore. Poi si dissociano in una goccia di un mi-
scuglio a parti uguali di acqua e glicerina. Riesce benissimo la dis-
sociazione e si possono osservare le cellule isolate con tutte le loro
proprietà. Se si vogliono osservare colorate , si coloriscono i pezzi
dopo averli lavati in acqua distillata, nella soluzione di carminio di
Beale. Questo metodo mi ha fatto vedere una particolarità nelle cel-
lule del parenchima glandolare, di cui terrò parola in seguito.
Non ho mancato di paragonare le cellule ottenute dissociate con
questo metodo con quelle ottenute con altri liquidi , di cui special-
mente mi sono servito per fissare tutte le appendici , che mi servi-
vano per lo studio delle sezioni.
I liquidi, che mi hanno dato migliori risultati per la fissazione
delle glandole destinate allo studio delle sezioni , sono stati il subli-
mato corrosivo, l'alcool assoluto , il liquido di Miiller , il liquido di
Flemraing.
Dalla fissazione con sublimato ed alcool assoluto ho avuto ottimi
risultati e per la topografia e per le figure nucleari. Il liquido di
Miiller è utile solamente per la topografia e per lo studio di alcune
particolarità, che si osservano nei corpi cellulari del parenchima
glandolare. Uso, come sempre, una soluzione concentrata di sublimata
diluita con ugual volume di acqua distillata. Vi tengo immerse le
glandole da 10 a 15 minuti e poi senza lavarle le passo in alcool a
— 5 —
90°. L' indomani aggiungo all' alcool alcune gocce di tintura di iodo
per togliere l'eccesso di sublimato.
Come liquidi coloranti ho usato la ematossilina resa acida con
alcune gocce di acido acetico ed il picrocarminio.
Delle diverse glandole ho fatto tagli trasversali e longitudinali.
Quanto agli embrioni, come liquido fissatore ho usato il sublimato,
che mi ha dato ottimi risultati, come liquido colorante, la ematossi-
lina acida. Anche dogli embrioni ho fatto tagli trasversali e tagli lon-
gitudinali.
Qui non fo parola delle specie, di cui mi sono servito nelle ri-
cerche, perchè ne metterò l'elenco alla fine del lavorò.
III.
All'intestino assorbente segue l'ultimo tratto intestinale, il quale
comincia dal descrivere una curva verso sinistra più o meno pronun-
ziata nelle diverse specie di Selaci e poi continua dritto fino all' ano.
Nella convessità della curva vi è lo sbocco della glandola costituito
dal dotto escretore , le cui pareti muscolari presentano la medesima
struttura di quelle dell'intestino e la cui mucosa fa continuazione da
una parte con la mucosa del dotto collettore della glandola e dall' al-
tra con la mucosa dell'intestino, con cui ha comune la struttura.
Una osservazione degna di nota è che nello ScylHum canicula
e nello stellare, in cui il dotto escretore è piuttosto breve, maggiore
è la lunghezza della glandola, mentre nella Raja punciata e nella
Laeviraja in cui la glandola è piuttosto breve, è maggiore la lun-
ghezza del dotto escretore. Tiene il posto di mezzo la Tor'pedo nar-
ce, in cui breve è la glandola e breve è il dotto escretore.
La direzione della glandola è parallela allo intestino assorbente,
con cui costantemente si trova in rapporto. Solo è da notare che non
sempre questo rapporto è della medesima estensione. Nella Raja
punctata, nella Torpedo narce, nella Torpedo marmorata in cui
l'appendice è breve, solamente una piccola porzione raggiunge l'ulti-
ma parte dell'intestino assorbente , mentre nello Sojllium canicula,
nello Scyllium stellare vi si pone in rapporto una buona parte della
glandola.
Questo rapporto ho osservato costantemente in tutti i Selaci , di
cui mi sono servito per le ricerche, non cosi i rapporti con gli altri
organi, che variano moltissimo per la grande mobilità di cui gode la
glandola in grazia alla estensione del suo mesentere. Questo si at-
tacca posteriormente non sempre lungo tutta la glandola. Negli Scyl'
lium canicula e stellare si attacca luncro tutta la glandola ; nella
Raja punctata e nella Torpedo narce si arresta un poco prima del
fondo. A livello dell'appendice il mesentere ha l'ampiezza di un cen-
timetro ad un centimetro e mezzo. Il mesentere della glandola si con-
tinua con quello, che fornisce i ligamenti a tutti gli altri organi.
Quanto alla forma della glandola il nome di appendice digitifor-
me è quello, che meglio le conviene, perchè se dovessi rassomigliarla
a qualche cosa la rassomiglierei ad un dito mignolo di feto umano.
Nello Scyllium canicula è dritta e quasi dello stesso calibro per tutta
la sua lunghezza, come pure nel Mustelus viilgaris. Invece nella
Raja 2^unctata e nella Torpedo narce è leggermente curva.^ Que-
sta differenza di forma, come vedremo in seguito, corrisponde a dif-
ferenze nella struttura istologica. Mentre negli Scijlliimi canicula e
stellare il dotto escretore è molto piìi stretto del calibro della glan-
dola, nella Raja punctata e nella Lacmraja si presenta dello stesso
calibro.
Il colorito varia dal rosso chiaro al rosso più o meno carico.
Per avere un criterio esatto della lunghezza e della grossezza
della glandola ho preso misuro sopra diversi individui ed il lettore
ne troverà la media nello specchietto seguente :
Scyllium
canicala
Scyllium
stellare
Raja
panciata
Torpedo
narce
Lunghezza dell'anima-
le in ctm.
41
45
51
39
Lunghezza della glan-
dola in mm.
H
11
12
7
Circonferenza in mm.
7
11
11
7
Lunghezza del dotto
in mm.
4.6
2
9
4
Numero degli indivi-
dui su cui è stata
fatta la media
5
4
5
4
Prima di venire a parlare della struttura minuta della glandola,
premetto alcune notizie intorno al contenuto. Ho fatto questo esame
nel modo seguente: tolta la glandola ad un individuo adulto l'ho di-
visa longitudinalmente in due metà e con le due superficie tagliate
ho toccato una goccia di soluzione di cloruro di sodio posta sul ve-
trino porta-oggetti. Si notano: 1° corpuscoli rossi molto numerosi, 2*
corpuscoli granulosi, meno numerosi dei corpuscoli rossi. Sono in
gran parte rotondi, col nucleo verso la periferia e con molti granuli,
che variano per grandezza nei diversi animali. Questi corpuscoli gra-
nulosi sono quelli descritti da Leydig col nome di «Kornchenzellen»
e che si trovano nel sangue ed in alcuni tessuti dei Selaci. 3° Ele-
menti cellulari non granulosi, un poco più piccoli dei precedenti e
meno abbondanti degli elementi innunzi descritti. Hanno nucleo ab-
bastanza grande e corpo cellulare molto piccolo. 4" Granuli di diversa
grandezza, alcuni più rifrangenti, altri meno. I più grandi spesso di
forma irregolare.
L'avere osservato in maggior numero i corpuscoli rossi ed i cor-
puscoli granulosi mi fece nascere il sospetto che, se non tutti, almeno
in grandissima parte, non facessero parte del contenuto della glan-
dola, ma fossero capitati nella goccia per l'apertura dei vasi sangui-
gni. Però giudicai questo metodo di esame poco esatto. Neanche si
ottengono buoni risultati facendo di meno del taglio e cercando di
premere la glandola per fare uscire il contenuto. Secondo me il me-
todo migliore per avere una esatta conoscenza del contenuto glan-
dolare è quello di fissare la glandola con uno dei liquidi fissatori ,
colorarla, farne tagli asseriati e vedere che cosa vi sia nei dotti.
Più spesso in questi, meno spesso nel dotto collettore si notano ara-
massi di granuli di diversa grandezza con predominio di granuli grandi
dello splendore dell'adipe ed in mezzo a questi alcuni nuclei in disfa-
cimento di forma irregolare. Alla periferia poi di qnesti ammassi
granulosi, proprio in contatto dell'epitelio dei dotti, si vedono alcuni
corpuscoli granulosi abbastanza bene conservati ed, in minor numero,
alcui>i corpuscoli rossi. Era quindi giusto il sospetto natomi che tutto
quel gran numero di corpuscoli rossi provenisse dai vasi aperti col
taglio. Spesso, tanto nei dotti secondari, che nel dotto collettore, si os-
serva anche una sostanza, che prende abbastanza bene la ematossi-
lina e che ha tutto l'aspetto del muco. Io la credo proveniente dallo
epitelio dei dotti.
Tutto il contenuto dei dotti innanzi descritto non ha nulla a che
fare con la glandola digitiforme. Tanto i corpuscoli rossi che quelli
granulosi e gli ammassi di granuli appartengono al contenuto inte-
stinale e forse, nel momento del passaggio delle masse fecali attra-
verso l'intestino, penetrano nei dotti della glandola. Infatti, facendo
una sezione dell'intestino nel punto ove sbocca la glandola , avendo
la cura di non lasciare uscire le masse fecali, si osservano tra l'epi-
telio e le feci corpuscoli rossi e corpuscoli granulosi. E qui mi sem-
bra opportuno di dichiarare falsa la opinione del Blanchard, il quale
crede che il secreto della glandola possa passare nell' intestino, nn
che nessuna parte delle feci possa penetrare nei dotti della glandola.
Egli spiega ciò per* la esistenza di una valvola speciale nello sbocco
glandolare, fatta dalla mucosa, valvola, che non ho mai osservata.
Non in tutte le glandolo tagliate ho osservato il contenuto de-
scritto. Molte non facevano vedere nulla, né nel dotto collettore, né
nei dotti secondari.
I vasi sanguigni della glandola sono stati bene descritti dal
Parker nel genere Mustelus. Riceve dall'aorta dorsale l'arteria me-
senterica posteriore, la quale lungo tutto il bordo dorsale della glan-
dola manda numerosi rami a destra ed a sinistra. Lungo poi il bordo
libero della glandola vi è la vena dorsale" intestinale.
L'appent^ice digitiforme è rivestita dal peritoneo, che si continua
con quello, che riveste il dotto escretore e l'intestino. Se la glandola
si tiene per qualche ora in una soluzione debole di acido acetico in
acqua si può facilmente distaccare il peritoneo e dopo averlo ben
lavato in modo da togliere ogni traccia di acido si può fare il trat-
tamento con nitrato di argento.
Meglio che non in questo modo, nei tagli trasversali di tutto l'or-
gano si vede benissimo allo esterno lo strato peritoneale (Fig. 9) ,
che si presenta come una filiera di nuclei più o meno rotondi , com-
presi nella sostanza protoplasmatica cellulare omogenea. Circa la
forma dei nuclei peritoneali alcuni, 'e sono i più, appariscono ovoidali,
altri, in minor numero, sono reniformi.
Al peritoneo segue uno strato di connettivo fibrillare con nuclei
scarsi. Questo strato di connettivo sottoperitoneale non è della stessa
ampiezza nei diversi Selaci; è un poco più ampio nelle Toy^pedo narce
e ììiarmoraia, un poco meno ampio negli Scyllium canicula e
Scyllium stellare.
Segue poi uno strato, più stretto nella Raja piinctata e nella
Torpedo narce, più ampio nello Scyllium canicula e nello Soyl-
lium stellare, in cui i nuclei sono molto più numerosi e di forma al-
quanto diversa da quelli dello strato sottoperitoneale con sostanza fi-
brillare scarsa.
Nei tagli trasversali queste fibrille sono disposte circolarmente
ed aumentano un poco in vicinanza dei tubi glandolare Spesso si può
osservare come tra un fondo di tubo glandolare e l'altro penetrano
alcune di queste fibre.
Tra questo strato più interno ed il connettivo sottoperitoneale
decorrono i vasi sanguigni.
Questa è la disposizione degli elementi della capsula nei tagli tra-
svei-sali. Nei tagli longitudinali muta solamente lo strato più interno,
perchè i nuclei appariscono più piccoli. Per quanto in alcuni casi sia
molto difficile distinguere le fibre lisce muscolari dalle comuni fibrille
— 9 —
connottivali, pure in questo caso, per la Ibrma caratteristica dei nu-
clei, per lo aspetto di questo strato più interno tagliato trasversalmente,
io inclino a credere che sieno fibre lisce muscolari, di cui alcune, le
più interne, penetrano tra i tubi glandolare
Non in tutti i Sciaci, di cui mi sono servito per le ricerche, la
capsula ha la medesima spessezza: è più spessa nella Raja punciata,
nella Torpcdo 7iarca, nella Torpedo marmorata, nella Laeviraja,
meno spessa nello ScylUum canicula, nello Scyllium stellare e nel
Pristiurus melano stomus.
Dovendo ora descrivere il parenchima glandolare, comincio da
quello della Rnja punctata. Nei tagli trasversali si osservano tubi ri-
vestiti da epitelio cilindrico basso, tagliati in tutte le direzioni e però
accanto ad una sezione di tubo trasversale se ne vede una molto obli-
qua e poi una longitudinale. Alcune volte i tubi sono tagliati nella
sj)essezza delle parete ed allora in mezzo a sezioni trasversali od
oblique si vedono gruppi di cellule abbastanza estesi.
Qualche volta anche nei tagli si può osservare il cammino irre-
golare dei tubi glandolar!.
Verso la periferia, in contatto con la capsula vi sono i fondi cie-
chi dei tubi e tra un fondo cieco e l'altro penetrano alcune delle fi-
bre dello strato più interno della capsula.
Il connettivo che si trova tra una sezione di tubo e 1' altra è
molto scarso. Molto abbondanti negli interstizi sono i capillari san-
guigni.
Tra 1 tubi glandolari di tratto in tratto vi è la sezione per lo
più trasversale di un tubo diverso da quelli glandolari, perchè rive-
stito da un epitelio pavimentoso stratificato spesso con cellule calici-
formi e circondato da connettivo. È la sezione di un dotto escretore,
che, come si può anche osservare nei tagli longitudinali, ma meglio
nei preparati a dissociazione, si continua direttamente con un tubo
glandolare. Più o meno al centro del taglio trasversale della glan-
dola vi è il dotto collettore di forma alquanto irregolare, spesso con
pareti sinuose , rivestito da epitelio pavimentoso stratificato con cel-
lule caliciformi verso il lume, circondato da connettivo piuttosto ab-
bondante.
Intorno al dotto collettore i dotti secondari sono più numerosi
di quelli, che si osservano compresi nel parenchima glandolare. In
alcune sezioni si vede il dotto collettore circondato da dotti secondari.
Diverso da questo, che ho descritto, è 1' aspetto, che presentano
le sezioni verso il fondo cieco della glandola. In queste al centro in-
vece del dotto collettore vi sono molti dotti secondari tagliati trasver-
~ 10 —
salmente, circondati dai tubi glandolari , che in massima parte sono
anche tagliati trasversalmente.
Le ultime sezioni poi verso il fondo non presentano che tubi
glandolari con nessun dotto secondario.
Qui devo notare che la differenza di colorazione tra la porzione
glandolare ed i dotti è molto manifesta. Tanto i dotti secondari che
il dotto collettore sono coloriti più intensamente che non la parte
glandolare.
Nelle sezioni longitudinali la parte glandolare si presenta come
nei tagli trasversali. Muta alquanto l'aspetto dei dotti, che in massi-
ma parte sono tagliati obliquamente, pochissimi trasversalmente. Da
questa osservazione risulta che la disposizione principale dei dotti se-
condari è secondo 1' asse longitudinale della glandola.
Alla struttura della glandola digitiforme di Raja punctata so-
miglia molto quella di Laeviraja. In questa 1' aspetto della parte
glandolare è perfettamente identica a quella descritta precedente-
mente. È alquanto diversa la disposizione dei dotti secondari, i quali
nei tagli trasversali si trovano ad una distanza maggiore dal dotto
collettore, che non nella Raja punctata. Spesso se ne vedono alcuni
proprio in vicinanza della capsula. L'epitelio pavimentoso stratificato
del dotto collettore è un poco più alto di quello dei dotti secondari.
Tanto in questi, che nel dotto collettore si vedono molte cellule ca-
liciformi distaccate. Quanto alla disposizione dei dotti secondari ho
osservato spesso due o tre di questi riunirsi e sboccare nel dotto col-
lettore. L'icpitelio dei tubi glandolari passa direttamente nell'epitelio
pavimentoso stratificato dei dotti.
Un secondo tipo di struttura è quello di Torpeclo narce. Per
una porzione di fibre connettivali, che dalla capsula s' intromettono
tra i tubi glandolari è possibile distinguere in lobi il parenchima glan-
dolare. Dal connettivo più abbondante, che circonda i lobi , partono
scarse fibre connettivali, che vanno tra un tubo glandolare e l'altro.
(Fig. 1). Un* altra differenza riguarda 1' epitelio di rivestimento dei
dotti secondari e del dotto collettore. Mentre nella Raja punctata
e nella Laeviraja l'epitelio, che riveste i dotti secondari e collettore
era pavimentoso stratificato, nella Torpeclo narce e nella Torpedo
marmorata l'epitelio di rivestimento dei dotti secondari e del dotto
collettore si presenta come quello, che riveste i tubi glandolari, cioè
cilindrico basso. I dotti escretori secondari si distinguono dai tubi
glandolari solamente per 1' ampiezza maggiore del lume. Infatti nei
tagli trasversali della glandola, in ogni lobo se ne vedono da tre a
quattro. Per ciò, che riguarda la direzione dei dotti secondari, è iden-
tica a quella notata per la Raja jnmctata.
— 11 —
Un altro tipo di struttura presenta la glandola di Scijllium , la
quale somiglia a quella di Raja per la disposizione e 1' aspetto del
parenchima glandolare , somiglia a quella di Torpedo per la strut-
tura dei dotti secondari. Infatti il connettivo fra i tubi glandolar! è
scarso, come nella Raja punctata ; i dotti secondari sono rivestiti
dello stesso epitelio cilindrico basso, che riveste i tubi glandolari e
si distinguono da questi solamente per la grandezza. A differenza della
Torpedine, il dotto collettore è rivestito da epitelio pavimentoso stra-
tificato molto basso senza cellule caliciformi verso lo interno. I tubi
glandolar! presentano un lume più grande che non nella Raja e nella
Torpedine e l'epitelio è un poco più basso che non in questi due Be-
laci. I dotti secondari sono in maggior numero intorno al dotto col-
lettore, in minor numero sparsi nel parenchima glandolare. Molto
simile all' appendice di Scìjllium è quella di Pristiurus.
Prima di parlare della forma, che presentano i tubi glandolari
nei preparati a dissociazione, devo far nota di alcune particolarità, che
presentano l'epitelio glandolare e l'epitelio di rivestimento dei dotti se-
condari e del dotto collettore nella Raja punctata e nella Laeviraja.
Nelle sezioni, le cellule, che rivestono i tubi glandolari, non fanno
■vedere bene i limiti cellulari ed è perciò necessario ricorrere ai me-
todi di (dissociazione per avere una giusta conoscenza della loro for-
ma. Inoltre, avendo osservato nelle suzioni che in alcuni Seiaci, come
Pristiurus, Scyllium, più chiaramente, in altri come Raja, Tor-
pedo, meno chiaramente, lo stesso epitelio glandolare appariva striato
sì da rassomigliare a quello descritto da Heidenhain nei tabuli con-
torti del rene, mi venne in mente di ricorrere al metodo , che più
comunemente si usa tanto per isolare le cellule che per mettere mag-
giormente in evidenza la striatura.
Piccoli pezzetti di glandola li ho tenuti per 24 ore in una solu-
zione di cromato neutro di ammoniaca e dopo averli ben lavati in
acqua, li ho dissociati in una goccia di soluzione di acetato di potassa.
Alcune cellule sono completamente isolate, altre ancora riunite.
In alcuni Seiaci sono ugualmente alte che larghe {Torpedo narce e
marmorata, Raja punctata), in altri sono un poco più larghe che
alte, {Scyllium canicula e stellare).
Tutte indistintamente mostrano in maniera molto evidente la di-
sposizione bastonciniforme del protoplasma cellulare. La direzione di
questa striatura è la stessa di quella, che si osserva nei tubuli con-
torti del rene e non si osserva come in questi solo nella parte esterna
o periferica del corpo cellulare, ma in tutta la estensione. Il nucleo è
situato più in vicinanza del bordo libero delle cellule. La striatura è
più chiara e più sottile nello Scyllium e nel Pristiurus, meno chiara
fel
— 12 —
e meno sottile nella Raja e nella Torpcdo. Nei Selaci, in cui i dotti
secondari ed il dotto collettore sono rivestiti dallo stesso epitelio, che
riveste i tubi glandolari, si osserva la stessa striatura.
Per ciò che riguarda le figure nucleari , devo dire che nella
maggior parte dei nuclei del parenchima glandolare ho osservato la
fase di riposo descritta da Flemming. Spesso ho veduto anche altre
figure nucleari.
Nelle cellule caliciformi becherzellen), che si osservano nell'epi-
telio di rivestimento dei dotti secondari e del dotto collettore ho no-
, tato tutte le particolarità descritte da List.
Spesso tra una cellula caliciforme e l'altra, più spesso nell' epi-
telio del dotto collettore, meno frequentemente in quello dei dotti se-
condari, si osserva uno di quei corpuscoli granulosi , di cui ho te-
nuto parola a proposito del contenuto della glandola. I nuclei di que-
sti corpuscoli sono diretti verso 1' epitelio e però se non si osserva
diligentemente e con ingrandimento abbastanza forte , si possono fa-
cilmente scambiare con le cellule caliciformi.
Se si vogliono riconoscere subito, bisogna ricorrere ad un me-
todo di doppia colorazione usato dapprima da Noris e Shakespeare
e che mi ha dato ottimi risultati anche in altre occasioni. Questo
metodo è stato usato anche da Bayerl per riconoscere i corpuscoli
rossi nella cartilagine degli embrioni. La soluzione colorante si com-
pone di carminio boracico ed indagocarminio mescolati insieme in
date proporzioni.
Io l'ho usata nel modo seguente: ho fatto le sezioni della glan-
dola, le ho attaccate sul vetrino porta-oggetti con albumina e poi
dopo averle liberate dalla paraffina con la benzina e da questa con
alcool assoluto, le ho messe nel miscuglio delle due soluzioni. Si
trattano in seguito con una soluzione di acido ossalico, poi con alcool
assoluto, creosoto, benzina e si chiudono in balsamo. Tutto si colora
in rosso tranne i granuli dei corpuscoli in parola, che prendono una
tinta bleu. Per quosta speciale colorazione anche con piccolo ingran-
dimento è facile riconoscerli. Ho pututo vedere con questo metodo
che non .;olo tra le cellule caliciformi, ma anche tra le cellule pa-
vimentose dell'epitelio stesso si trovano alb volte di questi corpuscoli.
Oltre a questo metodo speciale di colorazione riescono anche assai
bene le coloi-azioni in massa con picrocarminio. Tutti i nuclei si co-
loriscono in rosso; i granuli in giallo. Ho anche usato diversi colori
di anilina. Quelli, che meglio coloriscono i granuli sono l'oosina, il
verde di metile, l'azzurro di metile, il violetto di genziana.
Che significato bisogna dare a questi corpuscoli granulosi com-
presi fro le cellule dell'epitelio
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— 23 —
Fig. 26. Idem. Sezione trasversale di embrione più sviluppato, pressa
allo sbocco della glandola nell'intestino. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 27. Idem. Sezione trasversale presso al termine della parte glan-
dolare ed al principio del tratto, ove l'epitelio va diventando si-
mile a quello intestinale. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 28. Embrione di Torpedo narce. Sezione trasversale. L'epite-
lio della glandola forma insenature per la formazione del paren-
chima glandolare' Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 29. Embrione di Pristiurus. Sezione longitudinale , corrispon-
dente allo stadio della figura 23. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 30. Embrione di Torpedo marmorata. Sezione trasversale pressO'
allo sbocco della glandola nell'intestino. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 31. Idem. Sezione trasversale. Comunicazione del lume della glan-
dola con quello dell'intestino. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 32. Torpedo narce. Sezione trasversale^ della glandola di em-
brione più avanzato nello sviluppo. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Fig. 33. Embrione di Pristiurus. Sezione trasversale. Epitelio cen-
trale della glandola con insenature per la formazione del paren-
chima glandolare. Oc. 2. Ob. A. Zeiss.
Napoli, Novembre 1888 — Stazione Zoologica.
— 24
Ricerche sul tubo digerente dei Lainellicorni fi-
tofagi (insetti perfetti) — Nota preliminare del socio
P. MlNGAZZmi.
(Tornata del 9 Dicembre 1888)
Per completare le ricerche istituite sul tubo digerente degli in-
setti di questo gruppo , ho esteso le mie indagini anche agli insetti
perfetti. Ho esaminato il tubo digestivo dell'Or^c^^^ nasicornis, del
Phyllognathus silenus, dell'Anomala junii, delV Anoxia australis
ed altri. I fatti più notevoli che finora vi ho riscontrato sono i se-
guenti :
1) La lunghezza del tubo digestivo dei Lamellicorni coprofagi è
assai maggiore di quella dei Lamellicorni fitofagi.
La seguente tabella mostrerà subito queste differenze assai note-
voli (la lunghezza è data in centimetri).
'
I.
NOME DELLE SPECIE
IL
LUNGHEZZA
del corpo
IIL
LUNGHEZZA
dell'intestino
IV.
RAPPORTO
fra la lunghezza
del corpo
e quella
dell'intestino
V.
MEDIA 1
gene- |
rale i
della
colonna :
IV. 1
1
Lamellicorni coprofagi
( Media (l) )
(Media (i) )
Scarabaetis laticoìlis Lin.
1.80
24.00
1:13.33 ^
Gymnoplerus mopsus Er.
1.19
15.75
l:13.2C
Bubas Mson Lin.
1.78
17.90
1:10.05
Onitis Melibaeus Muls.
1.57
17.00
1:10.82
V 1: 10.19
Onitìs furcifer Rossi
1.70
15.00
1. 8.82
1
Geotrupes stercorarius Lin.
2.13
20.50
l: 9.62
1
Gtotrupes laevigatus Fab.
1.57
8 56
l: 5.55
Lamellicorni fitofagi
rhyllognathus silenus Fab.
2.25
3.80
l: 1.68
Oryctes nasicornis Lin.
3.15
8.80
1: 2.79
Anoxia australis Scliiin.
2.3G
11.15
l: 4.72
Anomala junii Duft.
1.29
4.40
1: 3.41
)> 1: 3.07
Cetonia cardui Gyll.
2.02
5.10
1: 2.52
Cetonia aurata Lin.
1.91
5.80
1: 3.03
Oxythijrea stictica Lin.
1.09
3.65
l: 3.34
fi) Le medie sono generalmente ottenute da 10 individui.
— 25 —
Da questa tabella apparisce assai evidente l'influenza del genere di
alimentazione sulla lunghezza del tubo digestivo. Fin qui si conosceva
che l'alimentazione di erbe in confronto di quella di carne, portava di
conseguenza un aumento in lunghezza df^l tubo digerente , perchè a
parità di volume le erbe hanno un valore nutritivo minore della carne.
Era lecito quindi supporre, dalle cifre qui ottenute, che lo sterco dei
vertebrati er])ivori fosse assai meno nutritivo delle erbe e dei fiori
di cui i Lamellicorni fìtofagi si nutrono. La cosa del resto è conva-
lidata dalle ricerche di Henneberg e Stohmann, i quali chimicamente
analizzando gli sterchi degli erbivori, hanno trovato che contengono
circa la metà delle sostanze nutritive ingerite da quegli animali. Ho
avuto cura di non prendere i casi estremi per ciascun gruppo , ma
di servirmi di quelle specie le quali potessero, con sufficiente approssi-
mazione, darmi il valore medio del gruppo. Ho trascurato perciò la
dimensione, veramente assai grande , dell' intestino di Scarcibaeus
sacer, il quale raggiunge i quaranta ed i quarantacinque centimetri
di lunghezza.
Supponilo altresì che questo aumento di lunghezza dell' organo,
non sia solo destinato ad accrescere la superficie secernente, ma al-
tresì quella assorbente; anzi a questo proposito ho osservato che le
dimensioni del proctodeum e dello stomodeum rispetto al mesenteron,
sono assai maggiori nei Lamellicorni fìtofagi che non nei coprofagi.
Le forti variazioni che notansi in ciascun gruppo dipendono da
cause speciali della vita di ciascuna specie ; cosi tra i coprofagi il
Geotrupes laevigatiis ha un intestino assai corto rispetto alla lun-
ghezza del suo corpo : ciò è in accordo colle sue abitudini, giacché
quest'insetto è anche un poco fitofago, ed è da supporre che anche
quelle specie del gruppo dei Geotrupiti che sono intieramente fitofaghe
abbiano l' intestino ancora piìi corto.
2) Un nuovo ufficio delle sostanze emesse dai vasi Malpighiani.
Esaminando il tubo digestivo di Phyllognathus silcnus si trova
che il suo proctodeum e specialmente la parte terminale, è riempita
da una materia fluida , di color giallo bruno , a reazione legger-
mente acida, la quale esala un intenso odore di orina. Al microsco-
pio si trova che questa materia è costituita da una immensa quan-
tità di piccolissime granulazioni sferiche, di color giallo bruno, na-
tanti in un liquido piuttosto incoloro. Colla reazione della ìiiuvexide
SI riconosce che questa materia contiene una grandissima quantità di
acido urico. Le reazioni microchimiche al microcsopio, con vari acidi
minerali ed organici, mostrano che sono quei minutissimi granuli che
contengono 1' acido urico in debole combinazione. La forma dei gra-
nuli è quella dell'arato di soda.
— 26 —
Confrontando questo prodotto con quello che si ottiene dai vasi
di Malpigli!, si vede che esso ne differisce alquanto. Il Sirodot aveva
constatato Turato neutro di soda nei vasi di Malpighi dei Lamellicorni,
fondandosi specialmente sul!' osservazione della grande solubilità di
quei granuli nell'acqua. Quelli però che si riscontrano nel proctodeum
del PhyUognathus sono invece pochissimo solubili nell'acqua, carat-
tere quest' ultimo dell' urato acido. Non ho ragione di dubitare di
quanto è stato trovato dal Sirodot, dal Plateau e dallo Schindler, e
quindi ammetto che dai vasi malpighiani esca una secrezione di urato
neutro di soda; però siccome nel Phxjllognathits questo prodotto non
viene emesso subito dal canale digestivo, ma è ritenuto a lungo nella
parte ultima del retto , in una sua dilatazione speciale, così è le-
cito supporre che Turato neutro venga modificato dall'acido carbonico
esalato nelT intestino delT animale e si trasformi in urato acido. La
presenza di acqua, di un acido piuttosto debole, ed anche una tempe-
ratura un poco elevata, danno poi la isolazione dell'acido urico, come
ho constatato colle ricerche microchimiche ed ho anche potuto tro-
vare in un caso patologico, vale a dire quando nel proctodeum di
questo insetto vi erano numerosissime uova in segmentazione di una
anguillula parassita, che avevano trasformato il materiale contenuto
nel retto in acido urico cristallizzato. Forse queste uova modificano
i tessuti rendendoli acidi, ed elevano la temperatura ambiente.
Ora quale poteva essere la ragione per cui questo materiale di
escrezione, invece di essere emesso man mano che veniva formato ,
era invece ritenuto nel proctodeum ? E perchè altresì ne era formato
in tal quantità da potersene trovare in un solo insetto fino a quattro
0 cinque millimetri cubici, quantità veramente enorme per un animale
di così piccola mole ?
Nel catturare gli animali, i quali escono verso il crepuscolo per
accoppiarsi, mi accorsi che essi esalavano un forte odore di quella
materia contenuta nel retto , ed inoltre notai che quando i maschi
erano già sulle femmine, emettevano dal retto una forte quantità di
quella materia che in esso si contiene. Ebbi a constatare altresì che
quando gli animali sono presi, espellono pure una certa quantità di
quella materia. Pensai quindi che il suo ufficio doveva forse essere
duplice: in primo luogo che servisse come produzione odorifera per
eccitamento durante la copula, in secondo luogo per difendersi da ne-
mici, i quali, forse disgustati dal disgradovole odore di quella secre-
zione, non fanno preda dei Phìjllognatims .
Ho potuto constatare direttamente che tale materia viene emessa
durante l'espulsione dei prodotti sessuali del maschio , perchè molte
volte, raccogliendo su un vetrino ciò che si vedeva uscire dalTaper-
— 27 —
tura cloacale dei maschi, insieme alle materie contenute nel retto, vi
erano numerosi spermatozoi che mostravano una eccessiva attività.
3) Ciclo di sviluppo di alcuni parassiti di questi Lamellicorni.
Nei tessuti e nei diversi organi di quasi tutti gli esemplari di
Phìjllognathus da me esaminati, ho rinvenuto delle uova di nematodi
in segmentazione. Supponendo che lo sviluppo ulteriore di questi pa-
rassiti dovesse avvenire nella terra umida, presi diversi PhuUogna*
thus, li ridussi in vari pezzi e li inclusi in terra che tenni costante-
mente un po' bagnata; dopo circa una settimana o dieci giorni, presi
i pezzi già decomposti , li esaminai al microscopio e trovai uova in
istato di maggiore sviluppo, e moltissimi piccoli nematodi viventi che
si agitavano con moti assai vivaci nell' acqua.
Esaminando gli organi infetti di questi Phìjllognathus, mi accorsi
che quelli che più generalmente mostravano i parassiti erano gli ovari
delle femmine. Io credo che quando le femmine fecondate depongono
nel terreno le uova, insieme ad esse vanno anche molte uova di ne-
matodi parassiti; si le une che le altre si sviluppano e cominciando
la piccola larva a mangiare il terreno ed i vegetali circostanti, intro-
duce altresì nel suo tubo digestivo i piccoli nematodi o le uova, che
vanno poi nel sacco dove divengono adulti. Infatti costantemente nel
sacco delle larve di Lamellicorni io ho rinvenuto delle anguillaie, già
conosciute fino dal 1838 dallo Hammerschmidt. Queste anguillule ri-
mangono ivi finché la larva non si trasforma in crisalide, nel qual
periodo divengono forse sessualmente mature, si fecondano e depon-
gono le loro uova nei tessuti in istiolisi della crisalide.
Una sola volta ho trovato nel tubo digerente del Phìjllognathus
delle uova di questi nematodi in segmentazione. Si deve quindi sup-
pore che sono deposte prima che si formi il nuovo tubo digerente
dell'insetto perfetto, e già Swammerdam ha dimostrato come nel pe-
riodo di crisalide dei Lamellicorni, il sacco si distrugge, e quindi i pa-
rassiti che vi si contengono sono posti in libertà in mezzo ai tessuti in
istiolisi della crisalide, e durante quel periodo le anguillule diven-
gono sessualmente mature. Io infatti in nessuna larva ho potuto con-
statare le anguillule, che essa portava nel sacco, in istato di matu-
rità sessuale.
Ma non solo colle uova della femmina di Phìjllognathus questi
nematodi si vanno a sviluppare nel terreno, ma io credo altresì che
essi possano subire le ulteriori trasformazioni negli individui dei due
sessi dell'insetto perfetto. Infatti è noto come questi animali passino
una gran parte della loro vita in apposite buche, che scavano a grande
profondità nel terreno, dove la maggior parte vi trova la morte , ed
anzi pochi sono quelli che muoiono alla superficie. A contatto della
— 28 —
terra umida l'animale morto presto si decompone ed i nematodi che
•sono nei suoi tessuti si sviluppano. Se per caso poi essi vengono in-
geriti da qualche larva o giovane od adulta di Lamellicorni, vanno
nel suo sacco dove subiscono le ulteriori trasformazioni.
Quasi costantemente ho rinvenuto noi proctodeum di Phyllogna-
thus e precisamente a circa un centimetro al disotto dello sbocco dei
vasi malpighiani, alcuni corpuscoli assai piccoli, tutti uguali in forma
e dimensione, 1 quali si trovano in alcune piccole borse dell'intestino di
grandezza varia e di numero e di posizione diversa. Questi corpu-
scoli hanno una forma a fuso e mostrano una specie di teca esterna,
un contenuto stratificato e nel centro o quasi alcuni granuli splen-
denti di vario numero e dimensione. Trattati con acidi e con alcali
resistevano assai bene; solo si disfacevano se venivano tenuti per
alcuni minuti in acido solforico o nitrico bollente. Con glicerina e
€on alcool mostravano un raggrinzamento del loro contenuto, sì che
bisognò considerarli non prodotti di secrezione, ma bensì come pa-
rassiti , e confrontati colle pseudonavicelle delle gregarine si mo-
strarono di forma simile a queste. Diveniva dopo ciò facile lo spie-
gare la loro resistenza agli agenti chimici , giacché è noto come le
pseudonavicelle di questi animali abbiano spesso un involucro di chitina.
Della loro presenza in quel punto del proctodeum non diveniva
difficile dare la spiegazione. Si conosce infatti , da antiche ricerche,
come nel tubo digerente delle larve dei Lamellicorni e più propria-
mente nel loro mesenteron vivano molte specie di gregarine: molte
fra esse trovandosi in quest'organo quando la larva diventa crisalide
produrranno le pseudonavicelle , le quali rimarranno nel tubo dige-
stivo dell' insetto perfetto. Che quei corpuscoli da me trovati non
siano che pseudonavicelle di gregarine , lo prova il fatto che essi
non possono esser prodotti in situ perchè ivi il tubo digestivo è ri-
coperto di chitina e non mostra traccia di pori canali, né si trovano
in alcun tratto superiore dell' intestino, né sono prodotti dai vasi di
Malpighi. Non potendo quindi peneti-are nell'insetto durante lo stato di
crisalide, perché esso non ingerisce alimento alcuno, è necessario in-
durre che siano state prodotte dalle gregarine esistenti nella larva,
quando questa si trasforma.
Un'altra analogia la si può trovare nelle materie solide tra cui
queste spore sono disseminate. In qualche caso infatti ho potuto ve-
dere delle cisti intatte in cui le spore sono contenute ; queste cisti
hanno un colorito giallo bruno e si disgregano ben presto nell' inte-
stino; inoltre fra le diverse spore si trovano accumulazioni di grossi
cristalli, solubili in acido acetico, e che per la loro forma si potevano
bene riportare a quelli così caratteristici del fosfato ammonico-ma-
— 29 - ■
gnesiaco. In un caso vi ho ti'ovato anche dei cristalli di varia gros-
sezza di ossalato di calcio. Questo carattere delle spore unite a cri-
stalli minerali nelle cisti, è infatti proprio di questi animali, ed a que-
sto proposito basterà ricordare quanto analogamente ha riscontrato il
Giard, in un psorosperma parassita deW Echinocardium cordatum.
Questi due casi di anguillaie e di gregarine che subiscono le
loro fasi di sviluppo, in armonia con quelle dell' insetto di cui sono
parassiti , ho voluto ricordarli perchè spesso si cercano vanamente
ospiti intermedi, mentre le varie condizioni biologiche per le loro tra-
sformazioni sono effettuate appunto nelle varie fasi di vita dell'ospite.
Non mi pare inoltre fuori di proposito di ricordare come io sup-
pongo che quelle borse del proctodeum nel Phyllognathus, sono forse
causate dalla presenza quasi costante in esso delle gregarine paras-
site; infatti sì nelle larve, che nell'insetto perfetto è assai difficile ri-
trovare individui che ne siano esenti.
Simili spore di gregarine ho anche riscontrate nel proctodeum
àQÌVOìvjctes nasicornis, nel quale però non erano situate in borse
speciali, ma sparse nel tratto anteriore del proctodeum. Colla morte
e decomposizione dell' animale queste spore sono messe in libertà e,
forse per l'azione del terreno umido, forse per quella assai più ener-
gica del succo intestinale delle larve dei Lamellicorni , dalle quali
possono eventualmente essere ingerite col terreno, si sviluppano dando
luogo a nuove gregarine (1).
4) Forme istiolitiche nei muscoli del proctodeum e nello sto-
modeum dell' insetto perfetto.
Sono state descritte da vari autori, che si sono occupati dello svi-
luppo e delle metamorfosi degli insetti, delle forme di degenerazione
del tessuto muscolare striato , le quali portano la distruzione del-
l' elemento contrattile, mediante fenomeni istiologici speciali. Finora
però si conoscevano tali forme degenerative solo nei mutamenti lar-
vali e più precisamente in quelli nei quali la larva passa allo stato
di crisalide. È perciò un fatto assai singolare quello che io ho osser-
vato nelle fibre muscolari del proctodeum e specialmente del retto
dell'insetto perfetto di Anoxia australis e di altre specie affini e
nelle fibre muscolari dello stomodeum di Orijctes nasicornis , in
cui le fibre muscolari striate mostravano fenomeni analoghi. Il fascio
(1) Da quanto ho qui detto apparisce chiaro che i composti chimici che
8i rinvengono nel proctodeum di questi insetti, non provengono tutti dall'at-
tività dei vasi di Malpighi, ma bensì anche dalle trasformazioni di speciali pa-
rassiti che vivono nel tubo digerente della larva.
- 30 —
contrattile si vedeva invaso nel centro da un numero assai grande di
nuclei, provvisti di sostanza cromatica, disposti a gruppi di cinque, sei
e spesso anche più, adiacenti fra loro, spesso allineati secondo la lun-
ghezza della fibra. Sembra che siano stati prodotti per frammenta-
zione dei pochi nuclei primitivi. Altre volte invece che in una linea
sono disposti in gruppi irregolari. Attorno al nucleo od al gruppo
dei nuclei la sostanza contrattile è distrutta e vi si vede un'areola
ripiena di un liquido chiaro, che non prende punto il colore. Questa
forma di istiolisi è analoga a quella descritta da Viallanes nella larva
di mosca, quando essa si trasforma in crisalide, e che questo autore
ha chiamato « istiolisi per evoluzione regressiva. »
La spiegazione di questo fenomeno si può ricercare nel fatto della
piccolissima funzione che ha il tubo digerente negli insetti perfetti di
questi ammali. A causa quindi del poco o punto lavoro eseguito dagli
elementi contrattili, essi degenerano, e d'altronde non è neppure im-
probabile che l'insetto perfetto, vivendo appena pochi giorni, subisca
una specie di istiolisi ante ììiortem, negli organi meno funzionanti.
Metamorfosi del Lepidopus caudatus — Nota del socio
Fed. Raffaele.
(Tornata del 9 Dicembre 1888)
Emery (1) nel 1885 descrisse e figurò, senza poterne determinare
il genere, una larva di acantotterigio lunga 8 mm, con un lungo fla-
gello e tre raggi dorsali ; al principio di questo anno io (2) ho fatto
conoscere le uova da cui quella larva si sviluppa, esprimendo l'opi-
nione che esse appartenessero al Lepidopus caudatus il quale viene
pescato allo stato di maturità sessuale, appunto nei mesi (ottobre a
gennaio) in cui più freqnenti s'incontrano quelle uova galleggianti o
sospese a una certa profondità.
Un carattere sembrava contraddire la mia supposizione; l'ano, che
nella larva e situato molto anteriormente; questa apparente contrad-
dizione sarebbe sparita ove si fosse potuto dimostrare che, nel pro-
gresso dello sviluppo, l'ano e corrispondentemente la cavità addomi-
nale indietreggiano. Recentemente ho avuto la fortuna di pescare due
l'I) Contribuzioni all'Ittiologia: XV. MUlheUimgen, a. d. zoolog.
Station zu Neapel. Voi. VI. Fase. 2. 1885. Pag. 162.
(2) Le uova galleggianti e le larve dei teleostei nel golfo
di Napoli, iui voi. Vili. Fase. 1.° Pag. 66.
— 31 — .
altri stadii larvali, uno più giovane, l'altro notevolmente più svilup-
pato (li quello illustrato da Emery, i quali mostrano che questo fatto
in realtà accade , e sono sufficienti a farci conoscere tutta la meta-
morfosi che subisce questo pesce per raggiungere la forma definitiva.
La larva più giovane è lunga 8 ' o nani., e ha un flagello lungo
2 V,, che si origina un poco innanzi alla base delle pettorali; dietro
ad esso vi è un solo raggio dorsale breve, e quindi la pinna ombi-io-
nale si continua non interrotta intorno a tutto il corpo. Non vi sono
ancora raggi branchiostegali , né ciglia branchiali; soltanto lungo i
margini posteriori del 2" e del 3" arco branchiale cominciano ad ap-
parire, sotto forma di piccoli lubercoletti, le appendici vascolari; nel
margine della mascella superiore appena si mostrano alcuni minuti
dentelli molto lontani tra loro. Le pettorali sono allo stato embrio-
nale, le ventrali mancano.
Il pigmento è distribuito in poche macchie nere sul corpo, sulla
pinna embrionale e all'apice del flagello. In tutto questa larva somi-
glia a quella figurata da Emery , di cui è uno stadio poco meno svi-
luppato. Sono caratteristiche le tre macchie sulla pinna embrionale le
quali si mostrano fin da che 1' embrione è ancora nelT uovo.
L'altra larva è lunga 12 mm.; ha una trentina di raggi dorsali
ben distinti, dietro ai quali altri se ne veggono in via di formazione;
il primo raggio , che non è altro se non il flagello ridotto , è lungo
più del doppio del secondo, e gli altri vanno man mano leggermente
decrescendo.
La coda è eterocerca, e sotto l'estremo della notocorda lievemente
incurvato in su, cominciano a mostrarsi , come semplici ispessimenti
del mesoderma, gli elementi ipurali; nella coda non vi è però traccia
di raggi definitivi , ma vi sono molto nettamente visibili i tricoraggi.
I raggi branchiostegali sono formati in numero di otto, quanti sono
neir adulto.
Sulla branca orizzontale del primo arco branchiale vi sono 11 ci-
glia bene sviluppate, cui ventralmente seguono alcune altre incomple-
tamente formate, nel margine opposto dello stesso arco cominciano a
mostrarsi, soltanto nella porzione ventrale, le appendici vascolari ; le
quali nei due archi seguenti sono molto sviluppate e arborescenti. I
dentelli nella mascella superiore sono alquanto più accentuati. Nelle
pettorali sono formati gli 11-12 raggi superiori; le ventrali hanno tre
raggi, di cui l'esterno molto più breve ; esse somigliano a quelle de-
gli stadi giovanili del Gempyhis.
Il pigmento è molto più sviluppato e si estende per un buon tratto
alla base della pinna dorsale; delle macchie sui lembi della pinna em-
brionale, persiste quella ventrale soltanto; dietro l'occhio e su parte
— 32 —
della regione opercolare in cui non ancora si è formata alcuna ossi-
ficazione, comincia ad apparire lo strato argenteo che poi rivestirà
tutto il corpo nell'adulto.
Paragonando ora la distanza dell'ano dall'estremo del muso alla
lunghezza totale , si ha per la prima larva il rapporto 2 Ya : 8 Vo :
ossia 5 : 17, per la seconda 5 : 12. Dunque l'ano ha retrocesso e cor-
rispondentemente la cavità addominale si è prolungata indietro.
Questo fatto non è isolato tra i teleostei; e le aterine, come al-
trove ho detto , ce ne porgono un esempio molto comune ; ma , per
quanto so non è stato finora menzionato da altri. È interessante no-
tare che l'ispessimento mesoblastico della pinna anale, destinato a dare
origine ai raggi definitivi, si arresta a una notevole distanza dall'ano,
e sta certamente ad indicare il punto fin dove esso giungerà.
Riepilogando le notizie raccolte sullo sviluppo del Lepiclopus, tro-
viamo che questo pesce ha in uno stadio n>olto giovanile un flagello
dorsale, che si comincia a sviluppare fin dal secondo giorno di vita
estra-ovarica , sembra avere il massimo sviluppo quando la larva
raggiunge 8-9 mm. di lunghezza e subisce poi una fase regressiva.
A questo stadio flagellifero, segue uno stadio che potrebbe chiamarsi
Gempiloide per la presenza di ventrali a tre raggi, mentre pel 1° rag-
gio dorsale molto più alto degli altri, esso ricorda d'altra parte una
specie affine: Y Euoxijmetopon Poyeri descritto dal Giinther.
I cambiamenti ulteriori si lasciano facilmente supporre: essi con-
sistono nella riduzione del 1"* raggio dorsale e delle ventrali , nella
spingersi della cavità addominale e dell' ano più indietro, nell' inar-
gentarsi del corpo, nello svilupparsi dei denti ecc.
Ricerche batteriologiche delle acque del mare in
vicinanza dello sbocco delle fognature ed in
lontananza da queste — Nota del socio Fr. Sanfelice.
(Tornata del 13 Gennaio 1889)
Mi sono limitato a fare 1' analisi batteriologica dell' acqua del
mare di alcuni punti della costa orientale ed occidentale del golfo di
Napoli. I punti da cui ho preso l'acqua nella costa occidentale sono stati
i seguenti: I. Tra Posilipo e Napoli e propriamente presso alla Do-
gana ove appunto esiste lo sbocco di una fogna. II. Dirimpetto al
Leone a Mergellina, ove anche esiste lo sbocco di una fogna. III.
Loggetta. Ho scelto questo punto, quantunque non vi sia nessuno sboc-
- 33 —
co di fognatura, perchè vi è molto traffico e perchè ai due lati della
Lof^getta stessa vi sono numerosi sbocchi di fogne. IV. In corrispon-
denza della Piazza Vittoria. V. Cloaca massima al Chiatamono. VI.
Punta del Castello dell'Ovo. Ho scelto questo punto come quello più
sporgente del lato occidentale della costa.
Dal lato orientale della città i punti da cui ho preso l'acqua sono
stati i seguenti: VII. Piccolo Porto S. Lucia. Vili. Albergo di Roma,
ove non vi è sbocco di fogne. IX. Porto militare. X. Porto mercan-
tile e propriamente in vicinanza della Immacolatella. XI. Al principio
della Villa del Popolo. XII. Carmine.
Non ho creduto estendermi oltre, perchè, a causa delle costru-
zioni del nuovo Porto , le ricerche batteriologiche non avrebbero
avuto grande valore.
Ho cominciato dal prendere 1' acqua direttamente dai punti sopra
menzionati ed alla distanza di quasi cento metri. In altri giorni ho preso
V acqua di nuovo presso agli stessi sbocchi e ad una distanza di due-
canto metri, di trecento metri, e di quattrocento metri. In questo modo,
raccogliendo cioè nello stesso giorno l' acqua presso agli sbocchi e a
diverse distanze da questi, ho potuto bene stabilire il paragone tra le
colonie , che nascevano sulle piastre di gelatina fatte con le acque
prese in vicinanza degli sbocchi, e quelle, che nascevano sulle piastre
di gelatina fatte con le acque prese a diversa distanza.
Ho raccolto l'acqua in piccoli recipienti precedentemente steri-
lizzati e di ciascun saggio ho fatto tre piastre.
La prima con 1 ccm., la seconda con 0,5 ccm., la terza con 0,01
ccm. Delle colonie nate sulle piastre di gelatina alcune fondevano la
gelatina, altre no.
Nessuna di queste colonie rassomigliava a quelle patogene già
conosciute. Tutte rassomigliavano a quelle, che ordinariamente si tro-
vano nelle acque impure.
Prima di esporre i risultati avuti dalla numerazione delle colonie,
devo premettere alcune notizie intorno alle fognature, affinchè il let-
tore sappia, almeno sommariamente, a quali fognature e però da quali
punti della città provengono nel mare le acque da cui ho preso i
saggi. Queste notizie le ho ricavate da una monografia dell'ingegnere
Florio. Lungo il tratto tra il Leone e Posilipo vi sono piccoli corsi
pluviali a cui appartiene anche quello da cui ho preso il primo sag-
gio di acqua. Sulla spiaggia di Chiaia sboccano 19 fogne, che hanno
uno sviluppo di 20690,00 metri, di cui 9744,00 di corsi luridi ed il re-
sto di corsi pluviali e servono allo espurgo di tutta la falda meridio-
nale del colle S. Eramo. A questi corsi appartengono i saggi di acjpfifgj^
presi al Leone, alla Loggetta ed alla Piazza Vittoria. /Cs^^oOR x.
— 34 —
Il quinto saggio di acqua è stato preso alla cloaca massima, la
quale s'interna nel monte Echio, riesce al largo Plebiscito, donde pi-
glia la direzione della via Toledo, che percorre interamente sino al
Museo. Le ramificazioni, che s'immettono in questa cloaca massima,
provengono dalla nuova banchina, dalla strada del Chiatamone, dalla
strada Pace e Mondella e dalle strade di Pizzofalcone, Ghiaia, Largo
Plebiscito, S. Brigida. Il sesto saggio è stato preso alla estremità del
Castello deirOvo, ove non esistono sbocchi. Nel piccolo porto S. Lucia
sboccano le fogne, che percorrono la strada S. Lucia fin presso alla
salita del Gigante e raccolgono le diramazioni di tutti i vicoli laterali
e del Pallonetto S. Lucia. Presso all' Albergo di Roma non vi sono
sbocchi di fogne.
Nel Porto militare sbocca una fogna, che ha pochissimo sviluppo,
perchè raccoglie solamente le acque dei corsi pluviaU esistenti sotto
le strade del Molo e del Castello. Presso alla Immacolatella sbocca
una fogna, che abbraccia buona parte delle sezioni Porto e S. Giu-
seppe. L'acqua presa presso alla Villa del Popolo appartiene ad una
delle dieci fogne, che servono allo espurgo di tutta la parte delle
sezioni Mercato e Pendino , che resta tra la Marina , la Piazza del
Mercato, la strada Forcella e Mezzocannone. L'ultima delle fogne, da
cui ho raccolto l'acqua abbraccia buona parte delle sezioni Mercato,
Pendino e S. Lorenzo e quasi tutta la Sezione Vicaria.
I risultati avuti dalla numerazione delle colonie sono i seguenti:
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— 36 —
Dalla tabella sopra esposta risulta chiaro che in yicinanza della
costa vi è un gran numero di microrganismi e che questo numero
diminuisce sensibilmente allontanandosi dalla costa stessa. In secondo
luogo appare chiaro che il numero di microrganismi è maggiore là
dove sboccano condotture di maggiore estensione.
A tutti coloro che hanno dato uno sguardo al mare lungo la ban-
china del Chiatamone dopo una pioggia abbondante è riuscito vedere la
grande estensione, che ha l'acqua proveniente dalle fogne mescolata
con l'acqua del mare e la grade lentezza con cui quest'acqua inqui-
nata si diffonde. Un giorno, dopo un'abbondante pioggia, ho raccolto tre
saggi di acqua, uno presso alla cloaca massima del Chiatamone, un
altro a 200 metri ed un altro a 300 metri. I risultati della numera-
zione delle colonie sono stati i seguenti :
I (Cloaca Chiatamone)
II (200 m.)
III (300 m.)
102600
18000
158400
cioè alla distanza di 300 metri il numero dei microrganismi era mag-
giore che non presso allo sbocco della cloaca massima. Ciò è facil-
m-ente spiegabile considerando che l'acqua piovana libera le fogne di
tutto il materiale, che vi si è accumulato e lo spinge al mare; e se
la pioggia dura molto, come fu appunto in quel giorno, in cui raccolsi
l'acqua, è chiaro che presso allo sbocco della conduttura il numero
dei microrganismi dovrà essere minore che non a distanza , ove si
trova la prima acqua uscita dalla fogna e che è più ricca di micror-
ganismi.
Per vedere fino a quale distanza dalla costa si trovano micror-
ganismi nel mare ho fatta un altra pruova ; ho raccolto cioè tre
saggi, il primo ad un chilometro dalla costa, il secondo a due, il terzo
a tre. I risultati della numerazione delle colonie sono i seguenti :
1 Chilometro
2 Chilometri
3 Chilometri
280
180
80
Il numero dei microrganismi diminuisce quindi molto sensibii
mente in alto mare.
Da queste ricerche risulta ì° che i canali portano moltissimi
mi-
— 37 —
d'Organismi nel mare 2° che questi microrganismi in massima parte
restano in vicinanza della costa.
Dal Laboratorio batteriologico della Stazione zoologica di Na-
poli — Settembre 1888.
Dell* uso dell' lodo nella colorazione del tessuti
con la einatossilina — Comunicazione del socio F.
Saafelice.
(Tornata del 13 Gennaio 1889)
La maggior parte delle soluzioni di eraatossilina , che si usano
nella tecnica istologica, come quelle di Bòhmer, di Renaut, di Klein,
di Cook, di Ranvier, di Grenacher, servono alla colorazione delle
sezioni. Solamente il Kleinenberg ha proposto una soluzione di ema-
tossilina destinata alla colorazione dei tessuti m loto. Questa soluzione
presenta degli inconvenienti, dapprima perchè , se il tessuto è acido,
esso deve essere completamente liberato da ogni traccia di acido e poi
perchè, se esso è per sé stesso alcalino, si colorisce troppo intensa-
mente in Lleu. Oltre a ciò, se il tessuto è molto compatto, difficilmente
la soluzione colorante penetra nello interno. Queste ragioni fanno sì
che la ematossilina del Kleinenberg non sempre dà buoni risultati.
Intanto in istologia è molto utile la colorazione in toto con la
ematossilina , sì perchè questa ha molti vantaggi sulle soluzioni di
carminio quanto a nettezza, sì perchè spesso è necessario avere le
sezioni in serie. Né è a dire che riesce facilmente la colorazione
delle sezioni attaccate sul vetrino porta-oggetti con albumina, metodo
troppo lungo e noioso.
Già da molto tempo avevo notato che i pezzi di tessuti fissati con
sublimato e trattati poi con poche gocce di tintura alcoolica di lodo,
per togliere 1' eccesso di sublimato, colorati in toto nella soluzione
di ematossilina di Bòhmer, non acquistavano il solito colorito bleu
della ematossilina, ma invece una tinta più o meno tendente al rosso.
Ciò che mi aveva sempre meravigliato era la uniformità con cui
erano colorite queste sezioni, qualunque fosse stata la natura del tes-
suto, cosa, che non avevo osservata con i pezzi trattati con altri li-
quidi fissatori e messi a colorare in toto nella soluzione di Bòhmer.
Così se trattasi di pezzi fissati con liquido di Miiller e con le
soluzioni di acido cromico riesce molto male la colorazione in toto ,
perchè la ematossilina viene troppo ridotta.
— 38 —
Lo stesso dicasi dei tessuti fissati con l'alcool assoluto, con il li-
quido di Flemming, con il liquido del Kleinenberg (acido picrico-sol-
forico). Succede sempre che la reazione del tessuto o diventa troppo
alcalina o troppo acida e viene impedita la buona riuscita della co-
lorazione.
Se i tessuti fissati con sublimato si coloriscono molto uniforme-
mente e sono bene compenetrati dalla soluzione colorante., questo è
da attribuirsi al successivo trattamento con tintura di iodo e però se
i pezzi fissati con qualunque altro liquido, dopo averli liberati coi me-
todi ordinari dello eccesso di questi liquidi, si passano in alcool a 90"
ed a questo si aggiungono poche gocce di una soluzione alcoolica di
iodo, e dopo due o tre giorni si passano nella soluzione di ematossi-
lina di Bòhmer , si è certi che la colorazione sarà uniforme e ros-
sastra come quella, che si ottiene usando le soluzioni di ematossilina
acida di Friedlànder ed Ehrlich, soluzioni non buone per la colora-
zione in toto. Già s'intende che questo colorito rosso sarà più o meno
intenso a seconda della quantità di tintura di iodo, che si sarà ag-
giunta all'alcool a 90°,
Incoraggiato da questi buoni risultati ho preparato una ematos-
silina iodata , la quale ha il vantaggio di dare la medesima colora-
zione di quella di Bòhmer nei tessuti precedentemente trattati con la
tintura alcoolica di iodo e di penetrare nello interno dei tessuti, qua-
lunque questi sieno, ugualmente bene. Inoltre questa ematossilina io-
data può conservarsi per lunghissimo tempo, senza punto alterarsi, per
l'azione antisettica dell' iodo, mentre le altre soluzioni che si usano
comunemente nella tecnica istologica, dopo pochi mesi che sono state
preparate, danno origine a precipitati ed a muffe.
Preparo la ematossilina iodata nel modo seguente : sciolgo 0,70
gr. di ematossilina in 20 g\\ di alcool assoluto e 0,2 gr. di allume
in 60 gr. di acqua distillata. Verso a poco a poco la prima soluzione
nella seconda. Senza filtrare lascio stare alla luce per tre o quattro
giorni e poi aggiungo da dieci a quindici gocce di tintura, alcoolica
di iodo. Si agita e si lascia stare in riposo per qualche giorno.
I tessuti vi si tengono da 12 a 24 ore e si passano poi in alcool
a 90'^ acidificato con acido acetico, dove si lasciano per altrettanto
tempo.
Napoli, Gennaio 1889 — Stazione zoologica.
— 39 —
Il ricambio dell' acqua nelle fosse nasali del Te-
leostei — Esperienze e ricerche del socio Pietro De Ve-
scovi.
( Tornata del 13 Gennaio 1889 )
L'organo olfattivo è situato in tutti i Vertebrati entro cavità più
o meno profonde. Vi è quindi bisogno che 1' aria o 1' acqua possano
agevolmente portarvi le particelle odorose. È perciò che la funzione
respiratoria trovasi generalmente in intimo e diretto rapporto col-
r olfattiva.
Gli autori, che occupandosi di anatomia e fisiologia ittiologica e
comparata, trattarono del mori.) di funzionare dell' organo olfattivo ,
sono concordi nell'attestare che in tutti i- Vertebrati superiori ai Pesci,
possono giungere nelle cavità olfattorie abbondanti le molecole odo-
rose mercè il meccanismo respiratorio. Ma pei Pesci — fatta ecce-
zione pei Dipnoi e pei Missinoidi (1) — da molti si tace, da alcuni si
osserva non potersi aver correnti di ricambio, mancando la comuni-
cazione delle narici colla cavità jjoccale (2); e da qualcuno si tenta
di stabilire, come si vedrà; un qualche fattore in proposito.
Ma succede o no un ricambio attivo dell'acqua nelle fosse nasali
dei Pesci teleostei? E, in caso aifermativo , in qua! modo questo ri-
cambio si effettua ? Ecco due quesiti interessanti per la fisiologia, per
l'anatomia comparata e la filogenesi, come in seguito dimostrerò collo
studio comparato dell' apparecchio a ciò devoluto.
Duméril (3) volle negare ai Pesci l'odorato solo perchè viventi
nell'acqua. Ma l'accorrere di essi, e pur da lungi, là dove gettansi so-
(1) Cito questi Vertebrati fra i Pesci solo perchè alcuni naturalisti li
mettono ancora in questa classe, dalla quale, come è ben noto, vennero se-
pai'ati dall' Haeckel ( Generelle Morph o lo gie der Organismen II
Bd.) che divide i Vertebrati in Vili classi; mentre da altri si dividono in VII
lasciando i Dipnoi fra i veri Pesci. È qui da notarsi che uno dei caratteri
più marcati e salienti che consigliano questa separazione si basa precisa-
mente suir apparato olfattivo, in quanto che i Ciclostomi sono monorini,
e i Dipnoi hanno le narici comunicanti colla cavità boccale.
(2) (( Les narines des poissons ne sont point disposées de
manière à ètre traversées par l'air ou par l'eaa, lors de la re-
spiration » [ Cuvier et Valenciennes, Ilistoire il e s Poissons, T- /,
pag. 471).
(3) Duméril C. Mémoire sur l'odorat des Poissons, Magxzlii en-
ci/clopédique, T. V, 1807.
— 40 —
stanze alimentari; il prediligere alcuni cibi, rifiutandone altri al solo
ascosta rvisi; la possibilità di trovare alimento nelle notti più oscure
ed a grandi profondità e il possedere l'organo olfattivo morfologica-
mente ben definito; sono fatti comprovanti all'evidenza che l'olfatto
dei Pesci non solo esiste, ma ancora ch'esso non occupa il grado in-
feriore. nell'organizzazione animale (1). Di più, riflettendo all'apparato
meccanico del quale i Teleostei più evoluti vanno provvisti, si può a
ragione ripetere per essi quanto il celebre Ledere disse parlando de-
gli animali in genere , che cioè : « ils sentent de beaucoup plus loia
qu' ils ne voient » (2).
Osservando nel Laboratorio d'Anatomia comparata di Roma l'ap-
parato olfattivo di una Trigla ohscura, nei suoi rapporti coll'esterno,
e mentre faceva protrudere — per quel poco che si può in questa spe-
cie — e ritornare in posizione ordinaria le ossa che limitano superior-
mente r apertura boccale, mi avvidi che un po' di muco, raccolto sulle
aperture nasali, s'internava nelle cavità olfattive col protrudersi della
bocca e ne usciva allorché le ossa limitanti la bocca venivano retratte.
Anzi , assieme al muco uscivano delle bollicine d' aria.
Studiato il fenomeno, mi accorsi che quanto avveniva era eff'etto
di un apparato meccanico strettamente connesso all'olfattivo e ad un
tempo col meccanismo della respirazione.
Per conoscere in quali termini stava la cosa, non avendo notizia
alcuna in proposito, mi diedi a ricercare nei migliori trattati di Zoo-
logia, di Anatomia e Fisiologia comparata; ma non ho potuto rintrac-
ciare dato alcuno che soddisfacesse al mio de>iderio. Mi rivolsi alloi'a
ad opere speciali d'Ittiologia, e indarno le presi in esame. Ripassai in
fine, per assicurarmi, riviste anatomiche e fisiologiche, per vedere se
vi fosse qualche memoria speciale in proposito, e nulla potei rinvenire.
Perciò mi detti a studiare codesto fatto in molte specie di Teleostei
sia in questo Laboratorio, sia alla Stazione zoologica di Napoli, facendo
appositi esperimenti per accertarmi che realmente l'apparato meccanico
osservato ha la sua ragione di essere nell'evoluzione progressiva del
senso olfattivo e nella correlazione anatomica degli organi.
Non voglio omettere che, oltre l'esame dei libri , ebbi occasione
di consultare sull'argomento diversi professori delle nostre Università,
e che alla Stazione zoologica di Napoli fui incoraggiato dall' illustre
prof. A. Dohrn a farne uuo studio ampio e comparativo.
(1) Non intendo con ciò d' esagerare la potenza dell' olfatto nei Pesci
come fece Lacépède, (llistoire nat urelle des Poi ssons. T.I,pag. 67).
(2) Bi-Fi-ON, Hidoire nalurelle. Uiscours sur la nature des ani-
ma u x. T. IV, pag. ÌJO.
— 41 —
Mi limiterò per ora ad enunciare in qual modo si effettui il ri-
cambio dell'acqua nelle fosse nasali dei Teleostei in genere e più par-
ticolarmente degli Acanthopteri, Anacanthini e Physostomi ahdo-
oninales.
Milne Edwards (1) ammette possibile questo ricambio dell'acqua
basandosi sull' azione delle ciglia vibratili della mucosa olfattiva.
Ora è proprio vero che questa sia la funzione dell'epitelio vibra-
tile neir organo olfattivo dei Pesci ? Vi sono dei fatti che ci costrin-
gono ad opinare diversamente. In vero, questo epitelio vibratilo lo sì
rinviene non solo nei Pesci, ma anche nei Vertebrati che vivono nel-
l'aria, noi quali poi vi ha comunicazione delle vie olfattive colla bocca
0 retrobocca, e il mezzo (l'aria) che deve trasportare le particelle
odorose è messo in movimento dagli atti respiratori.
Mi pare invece ovvio dedurre, riferendomi ad altre considerazioni,
che le cellule cigliate della mucosa olfattiva abbiano per ufficio: 1*
di eliminare di continuo il pulviscolo o detrito che il mezzo (aria od
acqua) introduce e deposita su quest'organo sensorio; 2" di asportare
ie particelle odorose stesse che hanno fatto la loro impressione (altri-
menti la sensazione di un dato odore dovrebbe durare molto più a
lungo di quello che in realtà avvenga). 3" compito di questo epitelio
potrebbe essere anche quello di distribuire, o di far venire in contatto
di più ampia superficie sensitiva le particelle odoroso o odorigene
che siano.
Qui si potrà obbiettare che ciò possa seguire in quegli animali
che hanno un apparato devoluto al rinnovamento del mezzo conte-
nente le particelle odorose e non nei Teleostei , nei quali 1' epitelio
vibratile della mucosa olfattiva avrebbe un altro ufficio secondo 1' opi-
nione surriferita del Milne Edwards. Ma a questo proposito si rilevi
che, in realtà, anche pei Teleostei, vi è un apparato speciale per l'in-
troduzione e il rinnovamento dell'acqua nelle fosse nasali, e che quindi
si può attribuire all' epitelio vibratile della mucosa nasale di questi
vertebrati una funzione analoga a quella suindicata pei vertebrati in
genere.
11 Dugès trattando dell'organo olfattivo e delle narici dei Teleo-
stei (2) dice: « l'antérieur est contractile, le postérieur toujours béant;
l'eau passe de 1' un à l'autre par les mouvements du premier ». Ma
la semplice contrattilità della narice può dare per effetto una suffi-
ciente spinta del liquido ? Per qualche caso se ne potrebbe convenire,
(1) Lecons sur la Physiologie et 1' Anatomie comparées de
rhomme et des animaux. T. XI, pag. 475 e 476.
(2) Dugès A. Traité de Physiologie comparée T. I, pag. 155.
— 42 —
appoggiandosi alla forma tubulare delle narici; però in moltissimi casi
no, poiché tale contrattilità non si avvera.
Sembra che il Dugès, sentito il bisogno di ammettere il rinnova-
mento dell" acqua nelle fosse nasali dei Teleostei , abbia cercato un
qualche fatto per dimostrarlo possibile. Questo concetto mi viene con-
fermato dall'alta mente dell'Owen. il quale, constatando la contratti-
lità della narice anteriore di alcuni Teleostei, pure comprese non po-
tersi dedurre che questa disposiziono debba causare una corrente
d'acqua nelle fosse nasali, ma attribuisce ad essa un semplice valore
valvolare (1).
Mentre l'Owen stesso (2), trattando delle disposizioni di questo ge-
nere particolari agli Elasmobranchi, non esita ad indicare iu qual modo
in questi Pesci si effettui una corrente d' acqua.
È noto che in parecchi Teleostei è molto protrattile 1' apertura
boccale {Labrus, Julis, Crenilabrus, Maena, Smaris, Zeus, etcì. 11
movimento di protrazione si effettua per virtù del muscolo Sterìio-hyoi-
deus ,3) e del muscolo Genio-hyoideus (A), mentre la retrazione
della bocca segue per mezzo del muscolo Adductor ìiiandibulae.
La protrattilità della bocca sta in relazione collo sviluppo dell'osso
premascellare {Os praemaxillare, Briihl) (5) e più particolarmente
in rapporto diretto colla lunghezza del processo mediano del prema-
scellare {Proce^.sus medialis praeynaxillaris, Briihl) (6).
Oltre ai muscoli anzidetti vi ha un ligamento che si attacca al
processo mediano (destro e sinistro) del premascellare e alla sommità
dell' osso pseudoetmoideo {Pseudetìimoidcum, Briihl) (7) detto liga-
(\) OwEN R. Lectures on the comparative Anatomy and Phy-
siology of the Vertebrate animals. Part. I Fishes, pag. 28 J.
(2) Op. cit. pag. 201-202
(3) Vetter B. Untersuchungen zar verglei eh e n ile n Ana-
tomie der Kiemen-Lind Kie f erm a s e alata r der Fìsche. Il Theil.
lenaische Zeilschrifl. Dd. XII, pag. 4.31-57.
(4) JouRDAiN S. Des mascles de l'appareil max i Ilo -m an di-
buia ire de quelques poissons osse a x. lUmu des Scieii. aal. T. Y/I,
pag. 36-41, Monlpellier 187 S.
(5) Sinonimia: PnmaxUlary, Owen; IiUcrma.viUare, Cavier e Agas-
siz; Os inlerma.villarc, Bakker, Stannias e Ilallmana ; Adaasal Geof-
froy; Zivischenkiaferbein, Meckel e Wagner.
(6) Sinonimia: Branche.^ montantes des inlennaxìllaires , Cavier e-
V ale n ci e un e s; Th.o nasal branch of the premaxillarg, Owen.
(7) Sinomia: Nasal, Owen, Agassiz, (leoffroy ; FJhmnUU , Ca-
vier; Fiscknasale, Stannias; EUimoideum , Hallmann; Ricclibainltorper
Meckel e Wagner; Siebbeiii, Koslin; C risia elhmoidei, Bojanus; Elinoid
G ù n t il 0 r; Os- nasale, B a k k e r.
— 43 —
menliim praeniaxillare pseudethmoideuni (I): ligam(3nto che eviden-
temente contribuisce colla sua elasticità a far ritornare il premascel-
lare nella posizione i-etratta quando esso sia stato molto protratto, poi-
ché il movimento ordinario dell'apparato non è molto ampio ; solo di
quando in quando il Teleosteo con sollecitudine protrae per quanto gli
è possibile il processo mediano del preraascellare e lo ritira: in questo
caso potrebbe dirsi eh' esso fiuti.
Il premascellare non ha muscoli proprii, ma seti^ue nei suoi movi-
menti il mascellare superiore (Supramaxillarc, Bfiihl) (2), col quale
sta in rapporto mediante cartilagini fibrose (cartilagini labiali). Nep-
pure il mascellare supcriore ha muscoli proprii, ed esso muovesi per
Fazione dell'osso mandibolare (formato ordinariamente dal dentale,
articulare, ed angulare) sulla porzione inferiore del mascellare; in
quanto che il mandibolare agisce qual leva nell'effettuare il movimento
del mascellare. Di fatti l'estremo dell'osso mascellare si applica al pro-
cesso coracoideo (processus coracoideus) del dentale, processo che
spinge all'innanzi il mascellare — e conseguentemente il preraascella-
re — quando la mandibola si abbassa, e lo piìrta indietro allorché la
bocca si chiude.
Non in tutti i Teleostei quest'apparato ha un eguale sviluppo;
anzi nei meno evoluti il meccanismo é rudimentale; poiché in essi il
premascellare é pochissimo o per nulla mobile e poco sviluppato (3).
Ma in correlazione a questo fatto sta l'altro che, in queste forme, l'or-
gano olfattivo è molto più superficiale , cioè a dire : le fosse nasali
sono poco profonde e perciò l'acqua circumambiente con maggior fa-
cilità si può trovare a contatto della mucosa olfattiva.
La circostanza ora accennata che lo sviluppo morfologico dell'ap-
parato meccanico olfattivo è debole nei Teleostei primitivi (ad es. nei
Clupeidi), mentre, per contrapposto, è grande nella generaUtà degli
Acanthopteri' {che sono Teleostei più evoluti) e il fatto ancora che
nei Plagiostomi manca del tutto questo apparecchio, dimostrano che
esso é proprio dei Teleostei, perché in essi primieramente si accenna
(1) Bkììhl C. B. Zootomie ali or T h i crklas s en. Wiea ISSI.
Lief. 23, Tafcl p. LXX.UX.
(2) Sinonimia: Mavillanj , Qwen; MavllMre suprrieur, Ouvier e
Agassiz; Addentai, G-eoffroy; Marilla superior, Hallmann; Oherkicfer-
bein, Meckel e Wagner; Os maxi II are, Bakker e Sta ani us.
(3) Nei Lophobranchi , nei Pleclofjnulìd e nei Phi/soslomi apoda vi sono
disposizioni speciali, che ora non posso rigorosamente enunciare.
— 44 —
il suo compito e progressivamente si sviluppa (1), — Le ricerche em-
briologiche poi preciseranno la sintesi filogenetica.
È facile persuadersi del valore e dello scopo di questo apparato,
e nello stesso tempo, vedere il suo modo di funzionare. Ma prima di
venire ai particolari, voglio riportare l'interpretazione che leggesi nel
Bonaparte a proposito della protrattilità della bocca nelle Maenae (2):
« Perla disposizione,» dice egli, «a protrarre istantaneamente la bocca
a foggia di tubo, diedesi ai Menidi nonché ad altri pesci similmente
conformati, il nome d'insidiatori, perchè con quell'ingegno s'impadro-
niscono del piccolo pesciolino, che mal si confida di passar lungi ab-
bastanza. Questa attitudine a prolungare il muso nasce dall' essere
lunghissimi i rami salienti degl'intermascellari, e dall'avere congiunto
ai mascellari il corpo dei loro ossi da una pelle rilassata ed elastica:
la quale ossatura essendo di libero giuoco, può 1' animale spingere il
muso all'innanzi, abbassando a suo piacere la mascella inferiore ; e
cosi la bocca si configura in una specie di tubo più o meno allungato,
cui servono di margine anteriore da' lati le labbra distese. »
Né difi'erentemente opina il Blanchard (3), poiché dove tratta
dello scheletro dei Pesci, così si esprime:
« Au-devant du museau, se voient les pièces maxillaires , douées
. Rumphii li aveva visti ad nncinetto fero chelsj op. cit.
— 51 —
incidente appaiono longitudinalmente striati, e a luce trasmessa si pre-
sentano come costituiti da piccoli coni l'uno nell'altro.
Il pene è piccolo e, inguainato, ha l'aspetto d'una piccola clava.
Presso l'orifizio genitale si trovano anche qui glandolette unicellulari.
Genere Aplysia.
I. Aplysia Lessoni, L. emend. Gm. (Il
Rang — Hist. Xut. iles Aplys. pi. XIV.
Questa specie è rappresentata da un unico individuo trovato af-
fatto solo sui banchi di corallo di Ilonululù nelle isole Hawai, corri-
spondente esattamente alla figura e alla descrizione, date da Rang.
I lobi natatori sono abbastanza sviluppati, come nella A. depilans.
L' opercolo anteriormente allungato, termina posteriormente in un
sifone molto allargato: carattere notato da Rang. I tentacoli anteriori
SODO corti, molto allargati, pochissimo arrotolati, e distanti 1' uno dal-
l' altro. I posteriori sono piìi lunghi e conici. La conchiglia è assai
poco concava ed è anteriormente ovata, il rostro è poco pronunziato
ed arrotondito, r incavatura è quasi nulla, come si vede nella figura
di Rang. I lembi dell'opercolo branchiale, che, come in tutte le Aphj-
siae, riunendosi superiormente, ricoprono la conchiglia, lasciano in
mezzo un'apertura piuttosto grande. La radula ha forma caratteristi-
ca , presentandosi anteriormente ovale , ed ha da 29 a 30 serie di
denti ; ciascuna serie è di 44 a 45 denti, di cui uno mediano, gli altri
laterali. Il dente mediano ha anteriormente la base profondamente in-
cavata, e posteriormente una cuspide bene sviluppata. La sua lamina,
concava nel mezzo , manda due braccia laterali. I denti laterali pre-
sentano anche essi una cuspide bene sviluppata, e inoltre una lamina
che s'incurva, espandendosi verso il lato periferico delia radula, con
la quale il dente si fissa.
Il corto stomaco muscolare (secondo stomaco) è fornito di 19
denti, di cui 0 grandi, 4 medi e 6 piccoli , disposti in quattro file, di
forma presso a poco piramidale. Due sono a becco di pappagallo. Il
terzo stomaco ha dei piccoli denti acuminati.
L'apparato genitale, almeno nello stato di conservazione in cui si
(1) A torto Dalle Chiaje credette che f jsse possibile riferire l'.l. Lessoni
di Rang all'.l. fasciala di Poiret , che è sinonima dell' .1. limacina L. essa
invece, come può vedersi dalla descrizione, ne è molto lontana, e si av vi
cina piuttosto all'. 4. depilans L.
- 52 —
trovava l'individuo , non sembra offrire nessun carattere importante.
La guaina del pene presenta anteriormente delle pliche cutanee lon-
gitudinali, le quali spariscono nella regione dove trovasi il pene quando
è retratto. L' orifizio genitale si trova sotto l' opercolo, anteriormente
alle branchie. La doccia genitale sbocca latero-inferiormente al tenta-
colo anteriore destro.
La glandola opalina ( Vayssière ) — che si trova internamente
presso l'orifizio genitale — è costituita da un certo numero di vesci-
cole ialine, aventi sbocchi separati all'esterno presso l'orifizio genitale.
QwQs'CAplDsia appartiene dunque al secondo gruppo costituito recen-
temente dal Blochmann, di quelle Aplysiae, cioè, che presso l'apertura
genitale hanno glandole unicellulari (1) ; gruppo a cui appartengono
VA. depilans qYA. jninotata del nostro Golfo.
II. Apiysia Chierchiana, nov. sp.
Questa nuova specie è fondata su due individui pescati con la
sciabica sulle coste dell'isola di San Lorenzo al Perù, sulla fine del
1883 , ed è dedicata al benemerito tenente di vascello sig. Gaetano
Chierchia. Il carattere principale di questa specie consiste nella pre-
senza di una papilla contrattile notevolmente sviluppata nel centro
dell'opercolo branchiale, nel punto dove trovasi 1' ordinaria apertura,
papilla che, rigonfiata alla base, si restringe presso la sua sommità,
formando un ciuffetto fortemente serrato. Questa papilla contrattile,
di cui è provveduta l'apertura dell'opercolo branchiale in questa spe-
cie , può certamente fornire un buon carattere sistematico, tanto più
che in nessuna Apiysia essa è stata notata. Il corpo è sparso di nu-
merose macchie nere, tondeggianti, piuttosto grandi, e di macchie bian-
che più piccole. I lobi natatori sono molto sviluppati.
L'opercolo è ovoidale, poco allungato e presenta lateralmente a
destra un'espansione abbastanza sviluppata, ed ha di notevole la pa-
pilla sopra notata. I tentacoli anteriori sono assai allargati ed in forma
di lamina; hanno margini sinuosi, lobati, e sono impiantati assai lon-
tano l'uno dall'altro. [ posteriori hanno forma di coni, e sono impian-
tati molto vicino. La conchiglia è concava, allungata, smussata nella
(l)«Hinterder Geschlechtsò f f n ungeine grappe voneinzell-
igen Drusen von denen jede einen besonderen Ausfiihrgang
liat. )). ¥. Blochmann. — Die im Golfe von Neapel vorkommenden
Aplysien Mitlh. Zool. Stai, zu Neapel. V. Dd. Leipzig, '1864.
— 53 —
estremità anteriore; il rostro è sporgente e arrotondito, l'incavatura
notevolmente arcuata.
La radula è quasi rettangolare , con punta angolosa, ed ha 40
serie di denti. Ciascuna serie ha un dente mediano e più denti late-
rali, i quali variano da 17 a 21 da ciascun lato , secondo che si va
dalla base all'apice, che termina con un solo dente mediano. Il dente
mediano presenta la cuspide poco sviluppata. I denti laterali invece
la hanno generalmente molto più sviluppata (1).
Il secondo stomaco, muscolare, assai robusto, presenta da 18 a 20
denti di cui 10 grandi e da 8 a 10 piccoli, di forma piramidale — uno
solo termina a punta ripiegata, come quei due della specie precedente.
Il terzo stomaco, porta piccoli denti acuminati.
L'orifizio genitale si trova sotto 1' opercolo , anteriormente alle
branchie. La doccia genitale sbocca antero-inferiormente all' ampio
tentacolo anteriore destro. Il pene è contenuto in una guaina che an-
teriormente si presenta striata longitudinalmente da numerose pliche
cutanee pigmentate di nero , le quali nella parte posteriore (2) dove
trovasi il pene retratto, spariscono.
Le glandolo che si trovano presso l' apertura genitale sono riu-
nite sotto forma di grappolo, ed hanno all' esterno un orifìzio comune.
Questa specie appartiene dunque al primo gruppo fatto dal Blochmann,
cioè di quelle Aplysiae che presso V orifìzio genitale hanno eine
traubenfórmige Druse, gruppo a cui appartiene la comunissima A.
limacina.
Nel lavoro completo, accompagnato da tavole, sarà largamente
trattata la bibliografia, saranno dati maggiori caratteri anatomici, e
(1) Facciamo notare che, tra tutte le specie di Aplysiae finora note, la
radula è stata studiata soltanto nella A Dactylomela, Rang ( Dobson, Journ.
of Limi. Soc. 1880), nell'i, limacina, L. nell'i, depilans, L. e nell'i, pwi-
ctala Cuv. ( Blochmann, op. cit. 1884 e poi Vayssière, 1885.)
(2) In questa regione, né nella presente specie né nella precedente abbia-
mo trovato (salvo alterazioni portate dall'alcool, poco probabili del resto in
questo caso ) quelle speciali papille osservate per la prima volta dal Delle
Chiaje nel 1822 nell'i, leporina, D. Cu. fA depilans, L.J, e ultimamente de-
scritte dal Vayssière — che crede generalizzarle anche all'i, limacina, L. (?) —
come «piccole nodosità carnose, dalla cui sommità partono prolungamenti co-
nici della medesima natura» (Cfr. S. Delle Chiaje — Descrizione ed Ana-
to|mia delle Aplysiae — Atti del R. Istiluio d'incoragg. T. IV. Napoli 182S
p.52 e k. Vayssière Recherches surles MollusquesOpisthobran-
ches du Golfe de Marseille — l.e partie: Tectibranches. Ann. du
s\fus. d' Hist, Nat. de Mar. 1885, p. 59.
— 54
inoltre sarà aggiunto un elenco delle Alghe e Diatomee trovate nel
tubo digerente delle specie descritte, determinate gentilmente dal no-
stro socio prof. Francesco Balsamo.
Gabinetto di Anatomia comparata della R. Università di Napoli,
Gennaio 1889.
Catalogo dei Coleotteri della Provincia di Roma
appartenenti alla famiglia dei Lamellicorni —
Nota del socio P. Mingazzini.
( Tornata del 17 Marzo 1889)
Fino dal 1884, quando pubblicai il primo Catalogo dei Coleotteri
della Campagna Romana (1), detti una lista piuttosta estesa della spe-
cie appartenenti alla famiglia dei Lamellicorni. Sono ora ia grado
di poterne pubblicare una molto più completa, comprendente un nu-
mero di specie assai maggiore di quelle allora nominate e con alcune
correzioni alle specie enumerate in quella lista.
Le numerose escursioni fatte in diverse località della provincia ,
mi permettono di citare tanto le specie viventi nei luoghi più elevati
e freddi, quanto quelle delle parti più basse e calde, in modo da poter
dare, con questo elenco, una nozione piuttosto esatta della fauna dei
Lamellicorni della provincia di Roma. Dall' esame delle singole spe-
cie risulta ancora meglio l'esattezza dell'idea espressa in un prece-
dente catalogo per un' altra famiglia (2) , vale a dire che la fauna
della, provincia di Roma mostra un insieme di specie, per molte delle
quali si riteneva fin qui che fossero proprie o della sola Italia set-
tentrionale od unicamente della meridionale.
COPRINI
Gen. Scarabaeus Linné
S. sacer Lin. — Trovasi molto comunemente in estate , in pri-
mavera ed in autunno nella regione marittima della provincia. Si
cattura con molta facilità ed in gran numero negli sterchi bovini ed
(Ij Saggio di un Catalogo sui Coleotteri della Campagna Romana —
Centuria prima — in: Spallanzani Anno Xllf. Fase. I e IL
(2) Catalogo dei coleotteri della Provincia di Roma appartenenti alla fa-
miglia dei Carabici in: Bull. Soc. Ent. II. Anno 20.
— 55 —
equini sulla riva del mare, nelle paludi Pontino in vicinanza del pro-
montorio Circeo, a Nettuno, a Porto d'Anzio, a Fiumicino, Palo, eie,
E anche comune nelle praterie in vicinanza del lago di Bracciano.
Nei dintorni di Roma sombra alquanto raro e trovasi solamente verso
la fine dell'estate. Nei colli Laziali, a Monte Cave e Monte Compa-
tri è comune. Gli individui appartenenti alle specie di questo genere
non scavano le buche nel terreno solamente , come si conosce , per
deporvi le palle di sterco, ma anche per dimorarvi essi stessi e per
essere protetti da eventuali nemici.
S. pius. IH. — Al monte Morra presso Tivoli in autunno. Tro-
vasi nello sterco di bue e di cavallo; non sembra raro.
S. semipunctatus Fabr. — Comune sulla spiaggia del mare e
sulle rive del lago di Bracciano specialmente in autunno. In prima-
vera è comunissimo alle paludi Pontine in vicinanza del promontorio
Circeo. A Fiumicino ed a Palo è pure assai comune. Qualche volta
trovasi anche nei dintorni di Roma. Trovasi nello sterco di bue e di
cavallo.
S. laticoUis. Fabr. — Comune nelle regioni di pianura e di mon-
tagna di tutta la provincia. Trovasi in estate ed m autunno nei din-
torni di Roma, a Bracciano , al monte Circeo , nei colli Laziali (M.
Cave, Tuscolo, Monte Compatri) a Filettino sembra piuttosto raro.
Gen. Gymnopleurus Illiger
G. Geoffroyi Sulz. — Comunissimo dal mare alla regione mon-
tuosa di tutta la provincia. Trovasi sul finire della primavera ed in
tutta l'estate. Nelle praterie dei dintorni di Roma sopra lo sterco di
bue 0 di cavallo si può trovare in società composte da due a trecento
individui.
G. Sturmi Mac Leay — È assai frequente nei dintorni di Roma
(Portonaccio) e sulla spiaggia del mare a Palo ed a Fiumicino du-
rante tutta l'estate. Trovasi negli stessi luoghi della specie precedente
e spasso nelle grosse società di G. Geoffroyi si trovano uniti molti in-
dividui di questa specie.
G. flagellatus. Fabr. — In estate negli sterchi degli equini sulla
spiaggia del mare. A Fiumicino sembra piuttosto raro. Trovasi anche
qualche volta nei dintorni di Roma.
Gen. Sisyphus Latreille.
S.Schaeflferi Lin. — Comunissimo nello sterco dei buoi sul Monte
Morra presse Tivoli in autunno.
56 —
Gen. Caccobius Thomson
C. Schreberi Lin. — Comune nello sterco dal mare alla regio-
ne montuosa dalla primavera a tutto l'autunno.
Gen. Coprìs Geoifroy
C. hispanus Lin. — Comune nello sterco di bue e di cavallo nei
dintorni di Roma in primavera ed in autunno. Trovasi anche sulla
spiaggia del mare, ed in riva al lago di Bracciano.
C. lunaris Lin. — Comune nello sterco in primavera ed in au-
tunno dal mare alla regione montuosa. Fiumicino, M. Circeo, Roma,
Portonaccio, Bracciano, Barbarano, Filettino.
Gen. Bubas Mulsant
B. bison Lin. — Comune in primavera ed in autunno nello sterco
di bue e di cavallo. Fiumicino , dintorni del M. Circeo , dintorni di
Roma, Bracciano. A questa specie va riferito il B. buhalus da me ci-
tato nel Catalogo generale (1).
Gen. Onitis Fabricìu»
O. hungaricus Herbst. — Comunissimo in estate sullo sterco dei
buoi e di cavalli nei dintorni di Roma e sulla spiaggia del mare (2).
Vive anch'esso in società non però così numerose come quelle di
Gymnopleurufi.
O. furcifer Rossi — Sembra raro. Trovasi nel luglio nello sterco
bovino ed equino nei dintorni di Roma (Portonaccio).
Gen. Onthophagus Latreille
O. Amyntas Oliv. — Dai dintorni di Roma alla parte montuosa
e marina della provincia. Non è molto comune.
O. taurus Schreb. — Si trovano tutte le varietà dei ^ e delle
$ distinte da Mulsant colle lettere A, B, C, D. Tanto la specie che
le varietà sono comuni tutto l'anno nello sterco di bue e di cavallo.
Questa specie è diffusa dal mare ai monti pii^i alti della provincia.
(1) V. Saggio di un Catalogo etc, p. 5.
(2) A questa specie va riferito il C. irrorahis Rossi, citato nello stesso
catalojjo p. 7.
- 57 -
O. nutans Fabr. — Comune nei dintorni di Filettino (M. Viglio
€ M. Cotento) in estate, e nei dintorni di Roma in primavera. Trovasi
nello sterco.
O. vacca Lin. — Comune in tutta la provincia in primavera ed
in autunno. Trovasi nello sterco.
O. coenobita Herbst — Nello sterco umano, di bue e di cavallo.
Trovasi nei dintorni di Roma e di Bracciano in primavera ed in estate.
0. fracticornis Preyssl. — Comune nello sterco in primavera
■ed in estate in tutta la provincia.
0. lemur Fabr. — Comune in estate nello sterco di bue e di ca-
vallo nei dintorni di Filettino.
O. furcatus Fabr. — È piuttosto raro. Trovasi in primavera nei
dintorni di Roma nello sterco.
O. ovatus Lin. — Comunissimo nello sterco in primavera ed in
estate in tutta la provincia.
Gen. Oniticellus Serville
O. fulvus Goeze — Comunissimo nello sterco dalla primavera
all'autunno in tutta la provincia.
APHODIINI
Gen. Aphodius lUiger
A. erraticus Lin. — Comune in primavera nello sterco. Nei din-
torni di Roma e sulla riva del mare.
A. serutator Herbst — Non è comune ; trovasi nello sterco in
estate sulle cime più elevate della provincia, superiori ai 2000 m, A
monte Viglio e monte Cotento nei dintorni di Filettino.
A. fossor Lin. — Comune in estate nello sterco sui monti nei
dintorni di Filettino, specialmente sulle cime più elevate.
A. scybalarius Fabr. — Non molto comune. Trovasi negli stor-
cili dei buoi e dei cavalli dalla primavera all'autunno nei dintorni di
Roma.
A. flmetarius Lin. — Comune quasi in tutto l'anno dal mare ai
monti più alti della provincia nello sterco.
A. granarius Lin. — Comunissimo nei dintorni di Roma in pri-
mavera ed in estate. Trovasi altresì in queste stagioni sulle rive del
mare e sui monti più alti della provincia negli sterchi dei buoi e dei
cavalli.
A. hydrochaeris Fabr. — Trovasi nello sterco bovino nei din-
torni di Roma, ma non è comune.
A. sordidus Fabr. — Nei dlatorni di Filettino in estate nello
sterco. Non molto comune.
A. rufus Moli. — Come il precedente e trovasi nelle stesse località.
A. lugens Creutz. — Si trova piuttosto raramente nello sterco nei
dintorni di Roma
A. immundus Creutz. — Si trova nello sterco in estate nei din-
torni di Roma (Portonaccio).
A. varians Duft. — Trovasi nello sterco in estate ed in primave-
ra, ma è raro. Dintorni di Roma e di Filettino.
A, tessulatus Payk. — Piuttosto raro; trovasi in primavera ed
in autunno nello sterco di cavallo nei dintorni di Roma.
A. lineolatus IH. — Trovasi nello sterco di bue e di cavallo in
primavera nei dintorni di Roma. Non sembra raro.
A. maculatus Sturm — Trovasi in estate nello sterco nei din-
torni di Filettino.
A. Zenkeri Germ. — Nella stessa località e nella stessa epoca
precedente.
A. obseurus FaLr. — In estate nei dintorni di Filettino nello sterco.
A. quadrimaculatus Lin. — Assai raro: trovasi nello sterco di
bue in primavera nei dintorni di Roma.
A. merdarius Fabr. — Non molto comune; trovasi nello sterco
bovino od umano in primavera ed in estate nei dintorni di Roma.
A. prodromus Brahm — Comune in primavera od in inverno
nello sterco di bue e di cavallo nei dintorni di Roma. A questa specie
va riferito VA. punctato-sulcatus Sturm, citato nel catologo del 1884 (1).
A. eonsputus Creutz. — Comune in inverno ed in primavera
nello sterco di bue e di cavallo nei dintorni di Roma.
A. obliteratus Panz, — Trovasi nelle stesso stazioni e località
del precedente.
A. rufipes Lin. — Assai raro; trovasi in primavera nello sterco
di cavallo nei dintorni di Roma.
A. luridus Payk. — Assai comune in primavera ed in estate nello
sterco di bue e di cavallo nei dintorni di Roma. Si trovano tutte le
varietà indicate dal Mulsant.
A. satellitius Herbst — Comune in primavera ed in estate
nello sterco di bue e di cavallo nei dintorni di Roma.
Gen. Oxyomus Laporte
O. alpinus Drap. — Comune in estate nello sterco sulle cime dei
monti nei dintorni di Filettino.
(1) V. op. cit. p. 7.
— 59 —
O. sylvestris Scop. — Nello sterco nei dintorni di Roma.
Gen. Rhyssemus Malsani
R. germanus Lin. — Sembra piuttosto comune in primavera ed
in autunno nei detriti vegetali , sui muri e nello sterco dei dintorni
di Roma.
Gen. Psammobius Heer
P. coesus Panz.— Trovasi in primavera ed in estate nello sterco
degli ovini e dei suini specialmente in vicinanza dei luoghi umidi nei
dintorni di Roma. Sembra comune.
P. sulcìcollis III. — Trovasi negli stessi luoghi del precedente
ma è più raro.
Gen. Geotrupes Latreille
G. Typhoeus Lin.— Al monte Soratte sembra piuttosto raro. |È
invece comune in primavera nei dintorni del monte Circeo nelle paludi
Pontine. Trovasi nello sterco sotto il quale scava buche assai profonde;
ho notato altresì come particolarità di questa specie che gli individui
dei due sessi scavano profonde buche là ove non vi è dello sterco
e preferibilmente ai lati dei sentieri arenosi nei boschi.
G. stercorarius Lin. — Comunissimo in autunno dal mare alla
regione montuosa di tutta la provincia. Trovasi anche nelle altre
stagioni, ma meno comunemente.
G. mutator Marsh. —Sembra piuttosto raro e trovasi nello sterco
in autunno nei dintorni di Roma e di Tivoli.
G. hypocritaServ.— Comunissimo in autunno in tutta la provincia.
G. vernalis Lin.— Trovasi in autunno nello sterco sui colli Al-
bani e nei dintorni di Filettino in estate.
G. pyrenaeus Charp. — Sembra piuttosto comune in estate nello
sterco nei dintorni di Filettino.
G. laevigatus Fabr. — Comune dal mare alla regione montuosa
in autunno ed in inverno. Trovasi nello sterco.
Gen. Trox Fabricius
T. hyspidus Pontopp. —Nei detriti animali dei dintorni di Filet-
tino in estate.
T. scaber Lin. — Come il precedente, negli stessi luoghi.
— 60 —
GLAPHYRINI
Gen. Anthypna Latreille
A. Carceli Lap.— Nei dintorni di Roma in primavera (M. Mario)
rarissima. Altri la dicono abbondante in primavera sui colli Albani.
MELOLONTHINI
Gen. Hoplia Illiger
H. farinosa Lin.— Sembra piuttosto rara nei dintorni di Filet-
tino in estate. Trovasi sui fiori.
H. minuta Panz.— Assai comune in giugno sulle rive del Tevere
e dell'Aniene e trovasi specialmente sulle infiorescenze delle graminacee.
Gen. Homaloplla Stephens
H. ruricola Fabr. — In estate nei dintorni di Filettino sulle in-
fiorescenze delle graminacee. Sembra rara.
Gen. Haplidia Hope
H. transversa Fabr.— Comunissima nei dintorni di Roma enei
giardini entro la città (Panisperna) in giugno. Svolazza sui cespugli
verso il crepuscolo, e di giorno sta nascosta sotto le pietre. Trovasi
altresì a Filettino in estate, ma vi sembra rara.
Gen. Rhizotrogus Latreille
R. solstitialis Lin.— Assai comune in estate nei dintorni di Fi-
lettino. Svolazza verso il crepuscolo sui cespugli.
R. assimilis Herbst— Nei dintorni di Roma dove sembra piut-
tosto raro. A questa specie va riferito il R. marginipes Muls. ci-
tato nel catalogo del 1884 (1).
Gen. Polyphylla Harris
P. fullo Lin.— Nei dintorni di Roma in estate. Sulle piante delle
ville suburbane. Sembra assai rara.
(1) V. op. cit. p. 6
— GÌ —
RUTELINI
Gen. Anisoplìa Laporte
A. cyathygera Scop.— Sulle infiorescenze delle graminacee in
giugno ; comune nei dintorni di Roma. L' A. austriaca del catalogo
del 1884 va riferita a questa specie (1).
A. tempestiva Er.— Comune sulle infiorescenze delle gramina-
cee sulle rive del Tevere e dell'Aniene in giugno. UÀ. villosa Goeze
del catalogo del 1884, va riferita a questa specie (2).
Gen. Anomala Samouelle
A. junii Duft. — Comune in estate sui salci e su diverse altre
piante nelle rive dei fiumi e dei ruscelli in tutta la provincia.
A. aenea Degeer— Comune nei dintorni di Roma in estate. Tro-
vasi sulle piante di salcio sulle rive del Tevere e dell'Aniene.
A. oblonga Er. — Trovasi sui salci alle rive del Tevere e del-
l'Anione. È meno comune delle precedenti e trovasi in luglio
DYNASTINI
Gen. Pentodon Hoppe
P. punctatus Villers— Trovasi in autunno ed in primavera sui
campi, ai lati delle strade nei dintorni di Roma e di Bracciano.
Gen. Phyllognathus Eschscholtz
P. Silenus Fabr. — Comune in estate nei dintorni di Roma. Svo-
lazza verso il crepuscolo nei viali alberati dei nuovi quartieri della
città in luglio.
Gen. Oryctès Illiger
O. nasicornis III. — Nei dintorni di Roma in estate è piuttosto
comune (Villa Borghese). Trovasi sotto gli alberi.
O. grypus IH.— Noi dintorni di Roma , di Bracciano e di Bar-
(1) V. op cit. p. 6.
(2) V. op, cit. p. 6.
— 62 —
barano, alle paludi Pontine in vicinanza del monte Circeo. Sembra
alquanto comune e trovasi negli stessi luoghi della specie precedente.
CETONIINI
Gen. Oxythyrea Mulsant
O. funesta Poda — Comune in primavera ed in estate sulle
piante pratensi in tutta la provincia.
Gen. Tropiaota Mulsant
T. squalida Lin.— Comune in primavera sulle piante pratensi
nei dintorni di Roma.
T. hirta Poda — Trovasi nelle stesse località e nella stessa sta-
gione della precedente.
Gen. Cetonia Fabricius
C. cardui Gyll. (1) — Comune in primavera ed in estate sui
fiori delle grosse carduacee nei dintorni di Roma. A questa specie
va riferita la C. luguhris Voet indicata nel catalogo del 1881 (2).
C. marmorata Fabr.— Nei dintorni di Roma in estate. Sembra
piuttosto rara.
C. floricola Herbst — Comune sui fiori di sambuco di rosa etc.
in primavera ed in estate dal mare alla regione montuosa di tutta la
provincia.
C. floricola Herbst var. fiorentina Herbst —Comune negli stessi
luoghi ed epoche nelle quali si trova la specie.
C. aurata Lin.— Comune sui fiori di rosa, sambuco ed altri in pri-
mavera ed in estate in tutta la provincia.
Gen. Osmoderma Serville
O. eremita Scop.— Trovasi in estate sui tronchi delle vecchie
querele a villa P)0rghese.
(1) V. Addenda, corrigenda et delenda ad Catalogus col. Eur et Cau-
casi p. 9.
(2) V. op. cit. p. 6.
63
Gen. Gnorimus Serville
G. variabilis Lin. — Sembra rarissimo. Trovasi nei dintorni
di Roma.
G. nobilis Lin. — Comune in estate sui fiori di ombrellifere nei
dintorni di Filettino; specialmente in vicinanza ai ruscelli.
Gen. Trichius Fabricius
T. fasciatus Lin.— Nei dintorni di Roma (M. Mario) sembra as-
sai raro. È invece molto comune nei dintorni di Filettino sui fiori
in estate.
T. abdomiaalis Mèn.— È comune insieme al precedente nei din-
torni di Filettino.
Gen. Valgus Scriba
V. hemipterus Lin. — Comune in estate sui fiori delle acacie
nei dintorni di Roma.
Elenco dei Cefalopodi della « Vettor Pisani )) Co-
municazione del socio Giuseppe Jatta.
(Tornata del 7 aprile)
1) Argonauta Aì^go Linneo, 1756 {Syst. Nat. Ed. X, p. 708).
A questa specie sono da riferirsi alcuni piccoli esemplari '^, di
cui uno raccolto sulla costa Taboga, un altro in alto mare tra Callao
e le isole Hawai, ed un terzo pescato pelagico fra Callao e Guayaquil.
Ho riferito a questa specie anche un di Argonauta pescato
a 100 metri di profondità fra Callao ed Honolulu.
Lo studio comparativo di questi esemplari della Vettor Pisani con
quelli del Mediterraneo mi ha condotto alla identificazione della
specie.
2) Tremoctopus Quoyanus D'Orbigny, 1838 {Ceph. Amer. mer.
p. 17, pi. II, fìg. 6-8)
Questo esemplare proveniente dalla pesca pelagica notturna ese-
guita fra Valparaiso e Callao, corrisponde all' Octopin; Kolliheri Ve-
rany, che in certe epoche si pesca in gran numero nel Mediterraneo.
— 64 —
Lo studio di un abbondante materiale raccolto nel Golfo di Napoli ed
a Messina mi ha posto in grado di identificare 1' Octopiis Kóllikeri
Verany al Tremoctopus Quoi/anus D'Orbigny, della quale specie
l'altra è un piccolo. Infatti ho trovato gli stadii di passaggio che gra-
datamente dall' Octopus Kólliheri Verany vanno al Tì^emoctopus.
Quoyaniis D'Orbign\'.
3) Octopus vulgaris Lamarck 1799 {Mem. soc. Hist. Nat. Pa-
ris, t. 1, p. 18.)
Un piccolo raccolto sopra la costa di Payta. L' ho identificato con
i piccoli della specie raccolti nel Golfo di Napoli.
4) Octopus sp.
Due esemplari di un giovane Octopus molto vicino al precedente.
5) Octopus (Schizoctopus) areolatus De Haan. {Ms. fide d'Orh.y
Hoyle, Ceph. Rep. Chat. p. 86 pi. Ili, fig. 6.)
Tre esemplari di questa specie , alla quale credo, che si debba
riportare l'O. brocki Ortmann, ( Zool. Jahrb. Ili Band, taf. XXI,
fig. 4, XXII fig. 1.
Q) Octopus {Schizoctopus) granulatus De Haan. ( Lìnck. Mem.
Soc. Hist. Nat. Paris t. I. p. 20)
Un esemplare di questa bella specie raccolto presso Fernambuco.
7) Octopus Chierchiae n. sp.
Un maschio ed una femmina raccolti alla costa di Panama.
Corpo bursiforme , liscio, ristretto dietro gli occhi a guisa di
collo.
Capo piccolo, sprovvisto di cirri. Occhi poco prominenti.
Piedi subulati, lunghi quasi il doppio della lunghezza del corpo
e del capo presi insieme, accompagnati per circa la metà della loro
lunghezza dalla membrana ombrellare molto estesa specialmente fra
i piedi ventrali. Per lunghezza i piedi sono disposti nell' ordine se-
guente 1", 2", 3°, 4° paio, quest'ultimo essendo il più lungo. Ventose
sessili, disposte in due serie alterne: le prime tre ventose solamente
sono in una serie. Nel primo terzo della lunghezza del piede le ven-
tose vanno ingrandendosi, quindi si impiccioliscono gradatamente fino
all'estremità, ove diventano minutissime. Sopra il quarto paio di pie-
di, ch'è il più lungo, si contano 40 ventose, sul primo, che è il più
corto, 32.
Imbuto lungo delicato, ristretto verso l'estremità. Alla base pre-
— 65 —
senta due rigonfiamenti mammellonari sui lati, e sul margine una smar-
ginatura mediana semicircolare.
Apertura del mantello semicircolare.
Il colore generale del corpo è nell'animale conservato in alcool
bianco livido sparso di piccoli cromatofori neri: la parte dorsale del
mantello, il capo ed i piedi sono attraversati in tutte le direzioni da
fasce brune di varia forma e grandezza.
Il maschio è più piccolo della femmina, dalla quale differisce per
avere il corpo più allungato, gli occhi più prominenti, i piedi più gra-
cili ed il terzo piede destro ectocotilizzato. Il piede ectocotilizzato è più
corto del corrispondente sinistro, porta sulla parte dorsale una mem-
brana, ripiegata sopra sé stessa, che l'accompagna sino all'estremità;
questa è foggiata a cucchiaio come nelle altre specie del gen. Octo-
pus. Insieme con la modificazione del terzo piede destro in ectocotile
si riscontra nel maschio di questa specie anche una modificazione ne-
gli altri piedi. Questi all' estremità, invece delle numerose e minute
ventose, che si trovano nella femmina, sono provvisti di alcuni corpu-
scoli cilindrici lunghi e delicati.
Lunghezza totale della ^. 4 cm. Corpo 1 cm. Piedi 2 Vj cm.
Primo paio di piedi 2 cm. Capo Vj cm.
Questa specie caratteristica e ben distinta di Octopus può essere
posta presso V Octopus pictus Brock [Zeit. /. wiss. Zool. Bd. XXXII,
pag. 603, pi. XXXVII, fìg. 3 ).
8) Sepiola atlantica D' Orbigny ( Céph. acét. p)CLg- 335 ; Se-
pioles t. IV, fig. 1-12 ).
Due esemplari, uno più piccolo e l'altro più grande.
9) Sepiola stenodactyla Grant. {Trans. Zool. soc. Lond. Voi.
I, pag. 84, pi. II, fig. 1-2).
Trovata sul mercato a Singapore.
10) Spiy^ula Peronii Lamarck , 1801. {Anim. s. vert., t. VII,
pag. 601).
La sola conchiglia, raccolta nella traversata fra Gibilterra e le
Canarie.
11) Loligo hrasiliensis Blainville ( Jour. de Phys. t. XCVI,
p. 123).
Sul mercato di Payta nel Perù un esemplare , due altri presi
presso le isole del golfo di Panama.
— 66 —
12) Ommasirephes sp.
Un piccolo dovuto alla pesca pelagica notturna eseguita fra Val-
paraiso e Callao,
13) Ommastì^ephes sp.
Un esemplare che per la non perfetta conservazione non può es-
sere definito specificamente, raccolto pelagico fra Montevideo e Capo
Vergini.
14) Illex illecehrosus Lesueur 1821 {Journ. Acad. Nat. se.
Philad., Voi. II, p. 95).
Pescato tra San "Vincenzo e Pernambuco.
15) Gonatus Fabricii Lichtenstein 1818 ( Sepien mit Krallen,
p. 13); Steenstrup {Notae teuthol. p. 143).
Questa specie, dopo essere stata per lungo tempo confusa con al-
tre e riferita ad altri generi, è stata finalmente dallo Steenstrup be-
ne identificata e descritta nei suoi caratteri specifici e generici. L'Hoyle
(Rep. Clial. Ceph. p. 174) riporta la complicata sinonimia ed i carat-
teri del genere e della specie.
16) Cranchia scabra Leach, 1817 (Zool. Mise. Voi. Ili, p. 140)
Un solo esemplare di questa specie è stato preso nella pesca not-
turna eseguita durante la traversata da Honolulu (Hawai) a S. Gia-
cinto (Filippine).
17) Taonius Suhmi Lankester, 1884. (Quart. Jour. Micr. scien.
Voi. XXIV p. 311.)
Pesca pelagica fra Callao e le Galapagos (100 metri di fondo).
Corrisponde perfettamente alla descrizione particolareggiata, che
ne dà l'Hoyle (Rep. Chall. Ceph. p. 1921 \ Trovo solamente da notare,
che il gladius si protrae alquanto oltre la pinna, ciò che non risulta
dalla descrizione, né si può ricavare con chiarezza dalla figura che
ne dà questo autore.
18) Decapodo incertae sedis.
Dalla «Donile» fu pescato nell'Oceano Pacifico un piccolo ce-
falopodo , che dal Souleyet fu descritto e figurato come un giovane
Octopus {Voyage de la Bonite, Paris 1852. Voi. II pag. 17. pi.
1, fig. 15-21). Due di questi giovani cefalopodi sono stati raccolti
dalla « Vettor Pisani, »
Descrivo di nuovo questo cefalopodo, perchè non trovo complbta
e molto esatta la descrizione del Souleyet.
— 67 —
Gli esemplari da me studiati hanno la stessa grandezza dell' e-
semplare raccolto dalla « Bonite », raggiungono cioè circa 5 millime-
tri di lunghezza.
Capo raccorciato, largo quasi quanto l'apertura del mantello.
Occhi alquanto sporgenti, come per altro si nota in tutti i piccoli
cefalopodi.
Intorno alla bocca si trovano sei piccoli piedi disposti a corona
ed un'appendice proboscidiforme, alla base della quale si no-
tano due tubercoli conici che rappresentano un altro paio di pie-
di. I sei piedi posti intorno alla bocca sono quasi uguali fra di loro,
conici e forniti di piccole ventose, disposte in due serie alternanti,
L' appendice proboscidiforme porta all'estremità un gruppo di ventose
non ancora perfettamente conformate. I due tubercoli conici posti
alla base dell'appendice proboscidiforme somigliano ad un paio di
piedi, che sono all'inizio del loro sviluppo.
L'imbuto è conico, allargato alla base, ristretto all'estremità.
Il mantello è completamente diviso dal capo , bursiforrae, al-
lungato.
Due pinne piccolissime possono vedersi chiaramente per mezzo
di un piccolo ingrandimento all'estremità del mantello.
Questa forma di cefalopodo non è un piccolo Octopus , ma un
piccolo Decapodo ; i sei piedi notati dal Souleyet sono il 1", 2° e 3"
paio; l'appendice proboscidiforme rappresenta i tentacoli in via di svi-
luppo, ed i tubercoli che si trovano alla base di quest'ultima, sono
il quarto paio di piedi o paio ventrale all'inizio dello sviluppo.
Napoli^ Stazione Zoologica, Agosto 1888.
Elenco degli Elminti raccolti dal Capitano G.
Cliiercliia durante il viaggio di circumnavi-
gazione della R. corvetta « Vettor Pisani )) del
socio Fr. SaV. MOi^TICELLI.
( Tornata del 7 aprile )
Gli elminti raccolti dal capitano G. Chierchia durante il viaggio
di circumnavigazione della R. corvetta « Vettor Pisani », comandante
Palumbo, durante gli anni 1882-85, assommano, in tutto, a undici ben
caratterizzate specie. In questa raccolta del Chierchia sono rappre-
sentate quattro specie di Cestodi, una di Trematodi, una di Acanto-
cefali e sei di Nematodi.
— G8 —
Tutti questi parassiti vennero ritrovati nel tubo digerente di Ver-
tebrati : la maggior parte nei Pesci, due soli negli Uccelli ed un solo
nei Mammiferi.
Circa alla distribuzione geografica di questi parassiti, va notato,
che la quasi totalità di essi fu raccolta lungo le coste americane del
Sud , dai canali Patagonici al golfo di Panama , un solo nelle isole
Filippine e due lungo la traversata dalle Filippine alle Mariane
(v. la rotta segnata'nella carta Zootalassografìca B, annessa alla me-
moria del Ghiercliia) (1).
Una parte delle forme raccolte ho potuto riferire a specie co-
nosciute, l'altra è del tutto nuova.
Per ora mi limito a dare l'elenco delle specie con l' indicazione
dell'ospite e della località e qualche breve noterella dichiarativa: darò
in appresso la descrizione e le figure delle nuove specie e illustrerò
le altre poco conosciute.
Platelminti
Gestodi
1. Bothrioccphalus palumbi n. sp.
nello stomaco di una Trigla sp.
Porto Huite (Ghiloè)
Questa nuova specie , che mi piace chiamare col nome del co-
mandante Palumbo , appartiene al gruppo dei Botriocefali con i bo-
tridii laterali e le aperture sessuali marginali. Essa è caratterizzata
specialmente dalla forma ad U dei suoi brotridii e dalla peculiare
forma delle sue proglottidi, le quali ricordano molto quelle di a leu ai
Tetrabothridae (p. es. Calliob. verticillatwn).
. 2. Bothriocephahis rugosus. Rudolphi Ent. Hist. Voi. IL
Pari. Il, pag. 42.
nello stomaco di una Maiella sp.
Valparaiso (Ghiloè)
Riferisco questo Botriocefalo della Motella al B. rugosus del Ru-
dolphi, perchè gli esemplari del Ghierchia concordano perfettamente
con la descrizione del Rudolphi e del Dujardin ( Hist. Nat. des
(1) Collezioni perstudiidiScienze naturali fa ttenel viag-
gio intorno al mondo della R. Corvetta «Vettor Pisani » co-
mandante Palumbo 1882-85 (con 12 tavole e due grandi carte Zootalas-
sograQche in: Rivista Mariltima— Settembre- Dicembre ISS5. Roma.)
— 69 —
Helm. p. 615-617 ) e con le figure del Goeze (Natiirg. d. Eing.
2oag. 41. Tab. XXIII, fig. 1-5) e perchè sono rassomigliantissimi agli
esemplari di B. rugosus, che si conservano nel museo zoologico di
Berlino, delle appendici piloriche del Gadus Iota (19G13 cat. della coli,
del già Museo di Anat. Gomp.) ed a quelli che esistono nelle colle-
zioni della Scuola Veterinaria di Berlino, sotto il iy)me di Dibothrium
rugosum, della Lota fluviatilis.
Le aperture genitali sono , come bene osserva il Dujardin, mar-
ginali e non laterali, come vuole il Diesing {Uev. des Cephaloc. in:
Silz: Ber. Akad. Wien. 48 Bd, pag. 239) , cosa che ho potuto con-
statare pure sugli esemplari di Berlino. Questo Botriocefalo, quindi,
rientra, come il precedente, nel gruppo dei Botriocefali con botridii
laterali e le aperture genitali marginali.'
Nel Museo di Berlino si conservano pure degli esemplari tipici
del Rudolphi (coli. Rudolphi) i quali portano un cartellino autografo
con la indicazione B. rugosus var. ex intestinis Gadi Lotae. Avendo
esaminati questi individui, per quanto lo permetteva il loro stato di
conservazione, mi son convinto che si tratta di giovani individui del
B. rugosus e non di varietà, come pensava pure il Dujardin (loc. ciò.) '
3. Tetrabotìwiorhijnchus tenuicollis Diesing Susi. Helm. V.
Il, pag. 576
nello stomaco di una grossa
Raja sp.
Porto Huite (Chiloè)
Riferisco senza alcun dubbio questo Tetrahothriorhynchus della
Raia alla specie di Diesing, perchè il mio esemplare è del tutto iden-
tico ai tipi della specie del Diesing che si conservano nelle collezioni
del Museo Zoologico di Vienna (N. 653).
4. Ligula y^eptans Diesing Syst. Helm. V. II, pag. 581.
neir intestino di un uccello terrestre
venuto a bordo con temporale durante la
traversata dalle Filippine alle Mariane
I miei esemplari concordano perfettamente con i numerosi esi-
stenti nel Museo Zoologico di Vienna e che sono tipi dello Sparga-
nwn rejìtans del Diesing (Denk. k. Akad. Wien. Bd. 9, pag. 174-
176. Tab. II, fig. 1-6).
- 70 —
Trematodi
5 Distomum veliporum Creplin in: Wigman. Archiv. f.
Naturg. J. 1842, pag. 330. Tab. IX, fìg. 1-2
nello stomaco di una grossa Raja sp.
Porto Huite (Gliiioè)
Questa caratteristica specie del Creplin è rappresentata nella col-
lezione Chierchia da un grosso unico individuo.
Acantocefali
6. Echinorhynchiis chierchiae n. sp.
'nello stomaco di un pesce Teleosteo
Taboga (golfo di Panama)
Questa nuova specie, che dedico all' amico , capitano G. Chier-
chia, differisce, per quanto ho potuto esaminare e confrontare a Vien-
na ed a Berlino, dalle altre specie dei pesci finora conosciuti: essa è
caratterizzata specialmente dalla proboscide slargata a pomo anterior-
mente e posteriormente alquanto ristretta, con 19-20 serie di uncini;
quelli delle prime serie grandi ed arcuati, quelli delle 3 ultimo serie
più piccoli, ma più lunghi dei precedenti e meno arcuati. Il collo è
breve, il corpo è subterete, alquanto ristretto anteriormente e poste-
riormente, ed è corrugato trasversalmente.
Nematodi
7. Ascaris simplex Rudolphi Entoz. Hist. Voi. II, pag. 170
nello stomaco di un Dslphinus sp.
Porto Lagunas (canali Patagonici)
Ho stabilito questa identificazione avendo potuto comparare i miei
esemplari con quelli esistenti nel Museo Zoologico di Vienna deter-
minati dal Diesing (N. 529, 829)
8. Ascaris neglecta Loidy in: Proc. Acad. Phil. V. 8, pag. 52
nello stomaco di una Dorada nella
traversata fra le Filippine e
le Mariane.
Riferisco gli esemplari del Chierchia a questa specie del Leidy,
perchè, fra tutte quelle enumerate dal Diesing , non vi hanno altre
alle quali possano avvicinarsi e, d'altra parte, essi non possono rife-
rirsi ad alcuna delle nuove specie descritte di poi dei Pesci,
- 71 —
9 Ascaris campar Schrank Bayer. Reise, pag. 90-94
fìg.2
nello stomaco di un pollo
S. Jacinto (Isole Luzon-Filippine)
10. Ascaris cai^sularia Rudolph! Wigm. Arch.f. Naturg. 1.
Il, pag. 21.
sotto la bocca di un Merluzzo
Porto Huite (Chiloò)
I pochi esemplari raccolti dal Chierchia erano somigliantissimi a
quelli della specie di Rudolphi con i quali ho potuto confrontarli :
questa rassomiglianza mi ha quindi autorizzato a riferirli alla specie
del Rudolphi.
11. Agamonetna.
nello stomaco di una Motella sp.
Valparaiso.
Non mi è riescito identificarla con alcuna delle forme finora de-
scritte di Agamonema.
12. Echinocephalus striaius n. sp.
nello stomaco di uno ScyUiwn sp,
Payta (Perù).
II Molin nel suo Prodromus Faunae ecc. ( Denk. Akad. Wieyi.
19 Bd. pag. 311. Tab. XIII, fìg. 5-8) ha descritto col nome gene-
rico di Echinocephalus { iincinatus ) un trematode da lui trovato
nello stomaco del Trygon bruche; ma questa descrizione del Molin è
molto incompleta e lascia molto a desiderare. Tra tutti i generi di
Nematodi, finora conosciuti, il solo al quale si ravvicinino gli esem-
plari raccolti dal Chierchia è appunto il genere Echinocephalus, on-
d' io li riferisco senz'altro a questo genere ritenendo che le poche
differenze debbono, forse, attribuirsi alla insufficienza della descri-
zione del Molin.
È per altro specie distinta àa\VE. uncinatus Molin, e per le strie
longitudinali che presentano gli esemplari della Pisani, ho chiamata
la n. sp. E. striaius.
Berlino, 23 Ottobre 1888.
- 72 —
Sulla provenienza degli elementi cellulari della
tlecidua — Nota preventiva del socio Francesco Luzi
(Tornata del 7 Aprile)
Seguendo i fratelli Hunter (1), io intendo per decidua quella parte
degli annessi fetali che si sviluppa alla superfìcie interna dell'utero,
e che poi con successive modificazioni formerà la caduca reflessa e
parte della placenta.
Sull'origine della decidua varie furono le opinioni degli scienzia-
ti. — Alcuni [Veber (2), Coste (3) e KoUiker (4)] la vollero in tutto
proveniente dalla vecchia mucosa. La ritennero altri, [gli Hunter (5)
e Carus (6)] un essudato della linfa. Velpeau (7) , Burdach , (8) e
Oken (9), dichiararono che la decidua era un'essudazione simile alle
false membrane che si formano nelle infiammazioni. Breschet (10)
avea pure 1' opinione di questi ultimi , ma riconobbe nella decidua
l'esistenza di vasi sanguigni. Nel 1828 Baer (11) opinò essere la deci-
dua un essudato che si unisce alla membrana uterina; questa sua opi-
nione fu divisa e sostenuta valentemente da Robin (12;. Per Ercola-
(1) W. e J. Hunter — Anatomia uteri gravidi. Birminghamiae 4774,
(2) Veber — Muller's Physiologie.
(3) Coste — Origine de la caduque Ac. des Se. Paris. Juillet 1842.
(4) KòLLiKER — Histologie. Paris 1856.
(5) Hunter — Op. sup. cit.
(6) Carus — Zur Lehre von Sch wang erschaft. Leipzig 1824.
(7) Velpeau — Embriologie, et ovolo gie humaines. Paris 1832.
(8) Burdach — Trai té de Physiologie T. III. Paris 1833.
(9) Oken — Isis. Voi. XX p. 371 (citato da Ercolani)
(10) Breschet — Études sur l'anatomie et la Physiologie de
l'oeuf humain. Mèm. de V Ac. de Méd. Voi. II. Paris 1833.
(11) Baer — Untersuchungen ùber die Gefassverb indungen
zwischen Mutter and Frucbt in den Saugethieren. Kónigsberg
18.28.
(1?) Robin — Mém. sur la muqueuse uterine. Mém de l'Aceui. de
Méd. Paris 1861. T. XXV.
— 73 —
ni (Ij, per Turner (2) per Romiti (3) , la decidua è completamente
una neoformazione. Il Romiti dapprima (4) fece provenire gli elementi
deciduali dal connettivo sottomucoso, ma successivamente, lasciando
in disparte questo suo modo di vedere, si unì all'Ercolani (5), al Wal-
deyer ed al Turner , per ritenere che la decidua traesse esclusiva-
mente origine dalle pareti dei vasi sanguigni le cui cellule in questo
caso speciale rigogìiosamonte pi-oli fera va no.
In mezzo ad opinioni così discrepanti, desiderando acquistare un
concetto giusto sulla genesi e sulla struttura di questo annesso fetale,
d'importanza somma nella generalità dei mammiferi, per lo sviluppo
dell'embrione e del feto, ho seguito attentamente la formazione della
decidua fin dai primi suoi stadu nella cagna, nella gatta, nella lepre,
nella coniglia, nella cavia e nel riccio; e mi sono convinto che l'ori-
gine delle cellule della decidua è doppia , poiché una parte di esse
proviene dal tessuto connettivo uterino ed un'altra proviene dai leu-
cociti. Le glandule poi che la decidua in alcuni casi contiene, pro-
vengono da quelle preesistenti nella mucosa uterina.
Riguardo alla provenienza delle cellule deciduali dal tessuto con-
nettivo, Romiti, dietro osservazioni fatte sulla decidua della coniglia (6)^
sostenne che la decidua era originata interamente dal tessuto connetti-
vo sottomucoso; egli però, come già rammentai precedentemente, abban-
donò questo modo di vedere per sottoscrivere quell'opinione che fa pro-
venire le cellule sopradette dalle pareti dei vasi. Ercolani nel 1877 af-
ferma di aver sospettato che gli elementi cellulari della decidua prò-
(1) Ercolani — Delle glandule otricolari. Bologna 1868 — Sul
processo formativo la porzione materna della placenta Mem.
dell' Acc. Bologna J 87 1. — Snlle gravidanze extra-uterina Mem. del-
l' Acc. di Bologna 1878 — Sull'unità del tipo anatomico della pla-
centa, Bologna ^(977 — Nuove ricerche sulla placenta. Mem. del-
l' Ago. Bologna 1879.
(2) Turner — On the placentation of Apes. (Phy. Tran. i8?8) e
on the cotyledonary and diffused placenta of Mexican deer.
Journal of Anal and Phy. T. XIII 1879.
(3) Romiti— Sulla struttura e sviluppo della placenta, Rivisla
Clinica di Bologna 1873.
(4) RoNUTi — Lezioni di E mbriogenia. 5i>/ta 1880.
(5) Ercolani — Sull'unità del tipo anatomico della placenta.
Bologna 4877.
(6) Romiti- Sulla struttura della placenta. Rivista Clinica. Bo-
logna 1873.
— 74 —
venissero dal tessuto connettivo (1), ma, aderendo al modo di vedere
del Waldeyer (2), fa originare tali elementi dalle pareti dei vasi. Il
Friedlaender a sua volta ritenne il tessuto connettivo non del tutto
estraneo alla formazione della decidua (3),
Quando sopra numerosi preparati si ricerchi la struttura della
decidua dei mammiferi summenzionati, si sarebbe quasi tratti a cre-
dere che il neoplasma provenga dai muscoli uterini stessi. Infatti lad-
dove finisce lo strato muscolare e comincia quello del neoplasma,
pare che dallo strato muscolare interno stacchinsi le neocellule , le
quali hanno una forma allungata somigliante a quella delle fibro-cel-
lule. Aiuterebbero a ritener per vera questa apparenza, sia la presen-
za di fibre muscolari nella mucosa uterina (4), sia il sospetto espresso
dal Friedlaender che anche gli elementi muscolari possano concor-
rere nella costituzione della decidua (5). Che i muscoli subiscono
delle grandi modificazioni durante la gestazione, è un fatto già notato
da KòUiker {6). Questi vide nella donna, che durante la gravidanza
le fibre muscolari dell'utero si vanno grandemcjnte allungando ed as-
sumono, quando si avvicina il parto, una forma quasi fibrillare. Io
vidi ripetersi ciò nell'utero gestante dei vari animali che venni esa-
minando, e singolarmente nella cagna , nella gatta , nell' utero delle
quali le fibro-cellule si distendono ed assottigliansi enormemente. Ho
anche ripetute volte potuto notare negli uteri degli animali da me
esaminati, che nuove cellule muscolari si generano durante la gravi-
danza, fatto che era stato già osservato dal Kolliker (7) nella 'donna.
Le opinioni ed i fatti che sopra ho enumerati , uniti alle appa-
renze che mostrano le prime fasi della decidua, mi hanno per lungo
tempo fatto stare dubbioso se la tonaca muscolare potesse generare
una parte del neoplasma, ma dopo un attento e prolungato esame, con
(1) Ercolani — Sulla unità del tipo anatomico della placen-
ta, pag. 9.
(2) Ercolani — Op. sup. cit.
(3) Friedlaender — Phy.-anat. Uniers u e h. iibei' den Uterus. Lei-
pzig 1870.
(4) Ercolani — Nuo ve ricerche sulla placenta. Bologna Meni, del-
l' Acc. 1889. — Suir unità del tipo anatomico ecc.
(5) Friedlaender — Citato da Kolliker Embriologie. Parii 1882.
(6) Kolliker. — llistologie. Paris 1856.
(7) Kolliker. — Op. sup. cit.
- 75 -
varie reazioni che mettono in evidenza il tessuto connettivo (l), mi
sono convinto che non nel muscolo, ma bensì nel tessuto connettivo
intermuscolare si debba ricercare l'origine di una parte degli elementi
deciduali. Queste neocellule, che come dicevo, sembrano staccarsi dai
muscoli, hanno forma alquanto allungata e contengono un nucleo fu-
siforme fornito talvolta di nucleoli disposti lungo il suo asse maggiore.
Tali cellule, quando sono man mano sospinte dalle sopravvenienti, si
vanno scostando dallo strato muscolare ed assumono ognor più il ca"
ratiere di elementi connettivali, giacché vanno perdendo il loro nucleo,
il quale si accorcia, s* impiccolisce, e alle volte sparisce del tutto. La
forma di queste cellule si allunga ognor più e in certi casi diviene
assolutamente fibrillare. Opino dunque che queste neocellule non pro-
vengono dal tessuto muscolare ma dal connettivo.
Tali elementi allungati e fibrosi , unendosi al connettivo preesi-
stente della mucosa uterina, costituiscono quasi lo scheletro del neo-
tessuto, ma in mezzo alle maglie da essi formate si scorgono cellule
tondeggianti con un nucleo ben distinto e protoplasma granuloso. Sono
questi gli elementi che l'Ercolani (2) ed il Waldeyer giudicarono pro-
veiiire dalle pareti dei vasi (3), e specialmente da quelli di più recente
formazione. A dir vero anch'io ho notato che i suddetti elementi ab-
bondano specialmente intorno alle pareti dei nuovi vasi, e su ciò non
ho che a confermare pienamente le osservazioni dell' Ercolani e del
Waldeyer, ma non posso dividere l'opinione di questi due illustri scien-
ziati e dei loro segnaci, sull'origine di queste cellule.
Ho veduto addossate alle pareti interne dei vasi, cellule più grandi
delle emazie, di forma tondeggiante con protoplasma granuloso e con
uno 0 due nuclei.
Queste cellule, che a mio credere non possono essere che i leu-
cociti, hanno una grandissima somiglianza con quelle poste all'esterno
delle pareti vasali, e che l'Ercolani ed il Waldeyer fecero provenire
dalle cellule delle pareti stesse. Tali cellule somigliano tra loro non
(1) Per riconoscere questo tessuto, oltre alle semplici colorazioni con le
varie soluzioni di carminio^ adoperai quella doppia che si ottiene con l'acido
picrico sciolto neir olio di trementina , e quelle con i colori di anilina e
safranina; mi sono pure servito della reazione nera, che dà il nitrato d' ar-
gento.
(2) Ercolani. — Op. sup. cit.
(3) Frey dice che Waldeyer ha scoperto intorno ai capillari del mesen-
tere del topo , celiale somiglianti ai leucociti e che da questo autore ven-
nero chiamate cellule perivascolari.
— re-
solo morfologicamente, ma anche nelle reazioni (1). Questi fatti fecero
nascere in me il sospetto che le cellule peri vascolari non fossero al-
tro che i leucociti usciti attraverso alle pareti dei vasi stessi.
Il mio sospetto presto divenne certezza , quando molte prepara-
zioni mi mostrarono i leucociti colti , dirò così , in flagrante mentre
stanno attraversando le pareti del vaso. Posso dispensarmi dal par-
lare sulla uscita dei leucociti dai vasi perchè, dopo i lavori di Stri-
cker (2), Da vaine (3), Rindfleisch (4), Hennig (5), Duval (6), Loret (7),
Chonheim (8), Waller (9), Vulpian (10), Rouget (11), Meriggia (12),
Paladino (13), e di Robin (14), la cUapedesi dei Leucociti è un fatto
ritenuto nella scienza come provato. Né credo possa essere valevole
obbiezione al mio asserto il fatto già descritto dall' Ercolani , che io
pienamente confermo , cioè della moltiplicazione per scissione delle
cellule perivascolari; poiché sappiamo come i leucociti si moltiplichino
(1) Le cellule perivascolari, e quelle che ho vedute nell'interno dei vasi,
si comportono egualmente , se si trattano , e con carminio boracico e con
picro-carininio, e con le doppie colorazioni, sia quella dell'acido picrico sciolto
nell'olio di trementina e carminio , sia con quelle che si ottengono con 1
colori di anilina, safranina, verde di metile ecc.
(2) Stricker — Sur la génése et la structuredes capillaires
Joiirii. d' anat. 1867. Stricker— Lezioni di Patologia— /^Trad. di Bassi).
(3) Davaine — Sur les leucocytes Paris 1850.
(4) EmoFLEiscH — Histologie pathologique Paris 1873.
(5! Hennig — Leben der Blutzellen— 1867 — Riassunto nel An-
nuario scientifico Milano 1869.
(6) DuvAL — Recherches sur 1' origine des globules du pus.
Arch. de Physiologie Voi IV. 1873.
(7) LoRET — Sur la pénétration des le ucocy tes dans l'intè-
rieur des membranes organiques — Oomp. Rend. T. 75.
(8) Chonheim — Uè ber Entzùndung und Eiterung — Arch. ^iir
Pai. Anat. 1867 — Chonheim— Neue Unters. iiber Entzùndung— /(•? 7.?.
(9) Waller — Citato da Striker — Lezioni di Patologia.
(lOJ Vulpian — Mémoire sur le mécanismede la suppuration —
Ac. de med. 1870.
(11) Rouget — Mi grati on et métamorphoses des globules
blancs — ^rc/i. de phy 1874.
(12) MoRiGGiA — Uscita dei leucociti attraverso le pareti dei
vasi sanguigni — Alti dell' Acc. dei Lincei T. XXVI. 1873.
(13) Paladino— Lezioni di Fisiologia ed ls,%o\o^\.du— Napoli 1871.
(14) RoiìiN — 5ur l'Anatomie et la Physiologie des leucocytes
Journ. de Phy. Paris 1859 — Anatomie et Phys. cellulaires. Pa-
ris 1873.
— 77 —
per scissione nella milza [Klein (1)J, nelle grandule linfatiche [Ar-
nold (2)1 ed anche secondo Robin (3), come si moltiplichino allo stesso
modo quelle cellule migranti che durante le infiammazioni si rinven-
gono fuori ma vicino alle pareti dei vasi.
Dopo aver attraversato i vasi deciduali le neocellule si allonta-
nano gradatamente da essi, che ben possono considerarsi come centri
per la diffusione delle neocellule. Esse, modificandosi gradatamente,
pur mantenendo spesso la forma tondeggiante, costituiscono evidente-
mente una parte importantissima nella formazione della decidua.
Il concetto che i leucociti concorrono alla formazione della de-
cidua, non si potrà per fermo attribuire ai fratelli Hunter ed ai loro
seguaci, quando si consideri che la linfa di cui essi fanno menzione
è ben lungi dall'avere il significato istologico che hanno i leucociti di
oggi. Ercolani nel 1873 (4), pare senza aver conoscenza del sospetto
esposto su tal fatto da Hennig (5) nell'anno precedente, sostenne che
i leucociti prendevano parte nella costituzione della decidua. Egli cre-
deva che i leucociti s'infiltrassero tra i muscoli, e che perciò il feno-
meno fosse più visibile nelle gravidanze extra-uterine che allora an-
dava esaminando. Vuoisi qui rilevare che se l' interpetrazione del-
l'Ercolani non era erronea , il modo con cui egli faceva pervenire i
leucociti nella decidua era lontano dal vero , facendoli uscire forse
dai vasi intermuscolari (6) e non da quelli della decidua. Oltre ciò ,
in quell'anno egli non era nemmeno giunto a riconoscere l'esistenza
delle neocellule intorno alle pareti dei vasi deciduali. Giova qui to-
sto avvertire che lo stesso autore nel 1877 (7) , e nel 1879 (8) ab-
bandonò e sconfessò questa opinione, per abbracciare completamente
quella che fa provenire le neocellule dalle cellule costituenti le pa-
(1) Klein — Citato dal Landois, Fis iole già dell'uomo — (Traci, del
tedesco di Bocci) Roma 1889.
(2) Arnold — Citato dal Landois — Op. sup. cit.
(3) Robin— Anatomie et Physiologie cellulaires.— /^an's 187:S.
(4) Ercolani — Sulle gravidanze extra-uterine. Mem. dell' Acc
delle Se. Bologna i873.
(5) Hennig. — Studien ùber denBau der Placenta: Leipzig 1872.
(6) Ercolani — Sulle d e ci d uè nelle gravidanze extra-uterine. Mem^
dell' Acc. di Bologna 1873 pag. 487 «... l'origine delle cellule della serotina
è dovuta ai globuli bianchi, che si veggono in tanta copia infiltrare i fasci
muscolari più interni dell' utero «.
(7) Ercolani — Sulla unità ecc. loc. cit.
(8) Ercolani — Nuove ricerche sulla placenta ecc.
— 78 —
reti dei vasi. KòUiker poi dice (1) : che non è raro trovare nella
caduca cellule linfatiche, le quali hanno forse una parte importante
neir accrescimento di questa membrana. Secondo Leopold (2) , nel-
l'utero gravido si rinvengono molti vasi linfatici intorno alle glan-
dule. Recentemente il Bonnet (3j sostenne che nel latte uterino vi
sono degli elementi derivati dai corpuscoli bianchi , ma questo fatto
fu recisamente smentito dal Tafani (4).
Le mie osservazioni non mi lasciano alcun dubbio sul concorso
dei leucociti alla formazione della decidua e sul passaggio dei mede-
simi per diapedesi attraverso le sottilissime pareti dei vasi deciduali,
e specialmente di quelli di più recente formazione. Avendo osservato
questi fatti in mammiferi appartenenti a diversi ordini, sono d'avviso
che essi si avverino nella generalità degli animali che figurano in
questa classe, Da quanto ho esposto si rileva, che non si possono, co-
me vollero l'Ercolani, il Waldeyer, il Romiti e parecchi altri illustri
embriologi, far provenire gli elementi cellulari della decidua dalle
cellule delle pareti dei vasi, ma che, come già dissi fin da principio,
la loro origine è doppia; una parte di essi proviene dal tessuto con-
nettivo ed un'altra, la piìi importante, dai leucociti.
È molto probabile pure che i leucociti concorrano tanto alla for-
mazione dei setti placentali quanto alla nutrizione del feto. Nelle mie
ulteriori ricerche sulla genesi e sulla struttura della decidua e della
placenta avrò cura d' insistere suU' osservazione di quei fatti che mi
portano ora a questo sospetto.
Cercherò pure di dimostrare erroneo lo ammettere che colla for-
mazione della decidua vada completamente perduta la mucosa uterina.
Ed invero la presenza nella decidua di glandule uterine complete
(in alcuni mammiferi), od almeno della loro parte profonda, in quasi
tutti, secondo me, è un indizio non dubbio che la mucosa uterina non
sia completamente scomparsa, ma che invece abbia subito una speciale
modificazione.
Dal Gabinetto di Anatomia Comparata delV Università di Roma^
Marzo 1889.
(i) KoLLiKER — Embriologie — Paris. 1882.
♦ (2) Leopold — Arch. f. Gyn. t. VII.
(3) Bonnet — Die Uterin milch una ihre Bedeutung fur die
Fra eh t. (Beilràge zur Biologie. Th. L. V. von Bischoff's 50 jdhrigen Doktor-
jubilàumj Sluilgarl. 1882.
(4) Tafani — Sulle condizioni utero- placentali della vita fe-
tale Ann. del R. Istituto supcriore di Firenze. 1886.
— 79 —
Crostacei Brachiuri ed Anomuri raccolti nel viag-
gio della « Vettor Pisani » intorno al globo —
Studio preliminare del socio Caxo Gavino.
(Tornata del 7 Aprile 1889)
La collezione dei Crostacei Brachiuri ed Anomuri raccolti du-
rante la spedizione della R.* corvetta « Vettor Pisani » attorno al globo
contiene un largo numero di specie, lo studio delle quali merita, fuor
di dubbio, un trattamento assai più esteso di quello che io abbia po-
tuto fare finora.
La conoscenza di questo ramo di crostacei è invero poco diffusa
in Italia; io non ho infatti riscontrato in tutta la letteratura, tranne la
monografia del Bianconi (1) e quella del prof. Michele Lessona e Tap-
parone Canefri (2), nessun' altra memoria su questo argomento che
fosse anteriore al lavoro del Prof. Targioni Tozzetti sui Crostacei
Brachiuri ed Anomuri della Magenta.
Il Prof. Targioni con buon intendimento, fece quindi opera com-
mendevole, allor che in una prefazione al suo catalogo, cercò di ge-
neralizzare le idee principali intorno allo sviluppo ed alla nomencla-
tura del dermascheletro in questo ramo d'animali articolati. L' omo-
logia tra i due sistemi di nomenclatura proposti dal Dana e dal
Desmarest, (3) quale fu quest'ultimo modificato nel 1852 da M. Ed-
wards (4), si trova quivi con molta opportunità messa in rilievo. Inoltre
diverse importanti revisioni e considerazioni pregevoli d'indole critica
intervengono qua e là nel corso dell' opera sulle affinità zoologiche
dei differenti gruppi.
In generale le specie di Brachiuri ed Anomuri che si osservano
descritti e figurati in appendice a questo Catalogo non oltrepassa il
numero di 69, mentre la collezione della « Vettor Pisani » conta ol-
tre 220 rappresentanti di tipi diversi, appartenenti a questi due sot-
tordini, cifra questa inferiore a quella della recente spedizione dello
(1) Specimina Zool ogica Moxambicana. Alti dell' Accademia di
Bologna). 1869.
(2) Sulla Macrocheira Kampheri. Alti delV Accademia di Torino IX).
(3) Considérations sur les Crustacés. Paris 1825.
(4)0bservationssur le squelettedes Crustacés Décapodes.
Annui, d. se. nat. Zool, (3) XVI 1852.
— 80 —
Challenger (1) , ma superante il numer© dei Brachiiiri ed Anotnuri
indicati o descritti da Heller (2) pel viaggio della « Novara. »
La maggior parte di queste specie, riportate durante la spedizione
dal tenente di vascello Chierchia proviene dalle coste americane, non
poche dai mari dell'Australia e della China, alcune sono comunissi-
mo nei nostri mari, quelle infine spettanti alla fauna del mar Rosso
sono raccolte esclusivamente dal tenente di vascello Orsini.
Per quanto riguarda il lato della distribuzione geografica, lo stu-
dio di questa collezione riesce non poco interessante. Mi piace far ri-
marcare a questo proposito, la presenza del Cronius Mullerii (A. M.
Edwards) e del Lmnbrus affinis del medesimo autore nelle acque del
Mar Rosso, del Lyhistes nitidus nelle isole Hawaii, dell' Heterograp-
sus barbimanus Heller nei canali della Patagonia, e di qualche altro
tipo il quale figura nel catalogo annesso al presente lavoro dove le
specie si osservano riunite a seconda della loro distribuzione geo-
grafica.
Pochissime tra queste risultano a dir vero nuove per la scienza;
qualcuna costituisce una forma generica distinta da tutte quelle fi-
nora conosciute, la maggior parte è data da tipi abbastanza noti, dei
quali ho stimato nel presente lavoro fare un semplice cenno.
La nomenclatura da me adoperata per la descrizione delle di-
verse parti del dermascheletro è quella del Desmarest, modificata da
M. Edwards, la quale ha senza dubbio il vantaggio su quella del Dana,
di sostituire ad un segno convenzionale l' espressione corrispondente
d'un fatto anatomico.
Nell'ordinamento generale poi delle diverse specie per ordini, fa-
miglie, sottofamiglie etc, ho tenuto conto dei lavori più recenti ed
importanti.
L'antica divisione fatta dei Crostacei Decapodi da M. Edwards (3)
fu nel presente lavoro conservata entro quei limiti che furono più
tardi stabiliti dal Dana (4).
Questo sistema di classificazione, fondato sopratutto sul criterio
naturale della forma e disposizione del postaddome, ha riscosso evi-
dentemente il plauso di quasi tutti i sistematici; e si osserva approvato
nei migliori e più recenti lavori di carcinologia.
(1) Voyag. ofil. M. S. Challenger. Brachyuraby E. Miers 1886, Ano-
mura by IIenderson 1887.
(2) Rcùe der Oeslerreichischcn Fregatte « Novara » um dia Erdc 1865,
(3) Hist. nat. des Crustacés. Pam, 1834-37-40,
(4) Uniled Stales Rxplor. Exped. Crust. 1852.
— 81 —
Il gruppo degli Aiiomuri, quale si trova infatti nel piano di clas-
sificazione proposto da M. Edward?, rappresenta un vero anello di pas-
saggio tra i Brachiuri ed i Macrnri , mentre per il De Haan, ({) la
divisione Anomala non rappresenta altro che un gruppo aberrante,
nel quale i pezzi epiraeriani non si trovano saldati all'epistoma e sono
distinti dai pezzi tergali mediante solco o sutura. Le forme affini alla
Bromia, Romola e Ranina vengono perciò escluse da questa divi-
sione, ed i rimanenti Anomuri collocati all'ultimo della serie dei De-
capodi.
A. M. Edwards (2) riconosce invece nei Decapodi due divisioni
soltanto , ciascuna delle quali comprende un gruppo normale ed un
altro anormale o satellite. Le forme indicate da M. Edwards col nome
di Anomourcs Apterurcs vengono riferite ai Brachiuri (Brachyiires
anormaux) ed i rimanenti anomuri {Pterigures) vengono inclusi tra
i macruri {Macroures anormaux).
Recentemente il Glaus f3), riviene in parte su questo concetto,
le forme affini alla Porcellana, Lithodes , Dromia ed Homola en-
trano a costituire la prima legione dei Brachiuri {NoCopocla); la fa-
miglia Raninidae entra fa parte della seconda legione (Oxìjsloma-
ia), ed i rimanenti Anomuri (Galatheidae, Ippidae e Paguridaé)
vengono inclusi tra i Macruri.
Studi però recenti , fondati anche sulla storia dello sviluppo di
queste forme, hanno messo fuori di dubbio l'affinità incontestabile tra
i Lithodes ed i Pagurus, la Porcellana e la Galathea.
Egli è perciò che il sistema del Claus, mancando d'una certa base
nel suo ordinamento, non fu da me adottato.
Nei Brachiuri, seguendo M. Edwards, ho riconosciuto le seguenti
divisioni: Oxyrhynca o Majoidea, djclometopa o Cancroidea, Ca-
tonietopa o Grapsoidea, Oxystomata o Leucosoidea.
Con questo sistema, la serie evolutiva delle gradazioni nelle dif-
ferenti forme mi sembra meglio addimostrata che non in quell'altro del
De Haan, adottato più tardi dal Krauss, (4) il quale si fonda per una
gran parte sulla struttura dei maxillipedi. I Brachiuri vengono per-
ciò suddivisi in Brachynata, colle famiglie: Cancroidea, Majacea,
(1) SiEBOLD. Fauna Japonica. Crustacea hy W. de Haan. Lngdunum
Balaviorum i850.
(2) Histoire des Crastacés Podoph. fossil. Aìinal. d. se. nal.
(4) XIV.
(3) Grundzùge der Zoologie. Zweite Auflage Bd. I. 1880.
(4) Sùdafrikanische Crustaceen. Stuttgart 1843.
6
— 82 —
Dromiacea, Trichidea ed Oxijstoniala colle famiglie: Dorippidea^
Calappidea, Matutoidea, Leucosoidea, Raninidea.
Il valore di questa grande divisione venne discusso largamente
dal Dana nell'introduzione sui Crostacei raccolti durante la spedizione
del capitano Wilkes.
La bizzarra divisione proposta nel 1849 da Mac Leay (1) , che
come elenivinto primo di classificazione riconosce la forma del cavo
boccale , non ha incontrato, per quanto risulta dalle ricerche da me
fatte, alcun favore presso i sistematici-
Neil' introduzione allo studio dei Crostacei podottalmi fossili, A.
M. Edwards distingue i Brachiuri propriamente detti {Brachiures nor-
maux) in microcefali (Leucosiadae) e macrocefali, quest'ultimi colle
suddivisioni: a) eustomes: {Cyclometopes, Catometopes et Oxyrhyn-
ques), h) oligorhynques [Oxystomes pt.).
Questa classificazione fu adottala dal Brocchi (2) e recentemente
dal Mocquard (3) , però come ha ben fatto notare il Miers (4) nel
suo elaborato rapporto sui Brachiuri dello Challenger, essa manca
d' un serio fondamento allorché separa il gruppo Leucosiadae dalle
forme affini nella divisione degli Oxystomi.
Il sistema proposto nel 1861 dallo Strahl (5), nel quale a seconda
delle modificazioni di struttura , e della disposizione delle antenne
esterne, segnatamente dell'articolo basilare, i brachiuri vengono divisi
in Orbata, Liberata, Incuneata ^ e Per fusa, pecca troppo d'artifizio
e presenta, come ha ben rilevato il Dr. W. Stimpson (6), dei gravi in-
convenienti per l'ordinamento dei gruppi precedentemente stabiliti.
Né meno artifiziosa riesce la classificazione del Nauck (7) , che
riposa sulla forma del dente mediano neir,apparecchio scheletrico dello
stomaco , il quale in alcuni non risulta costituito di lamelle trasver-
sali (eterodonti) , in altri di lamelle disposte ad arco di cerchio (ci-
clodonti) , caratteri questi, come ha osservato il Mocquard , che non
sono sempre riconoscibili nelle forme appartenenti alle divisioni se-
condarie. Il sistema del Nauck, non può quindi essere adottato.
Molto interessante riesce invece la recente classificazione del
(1) Annulosa of South Africa, in Smìth's Illusi. 18 49.
(2) Recherches sur les organes génitaux des Crust. Dèe. va.
Annoi, d. se. (6) II. 1875.
(3) Recherches sur 1' esto mac des Crust. Dèe. in Annal. d. S9.
nal. (6) IVI 1881.
(4) Report on Brachyura Voy. H. M. S. Challenger {1886).
(5) Monatsber. Akad. d. Wissen. zu Berlin 1865.
' (6) Amor. Journ. sr,. and arls XXXV. 1880.
(7) Zeilschr. fiir \V7;vi. Zool. XXXIV 1863.
— 83 —
Dr. Boas (1). Secondo questi la divisione Anoìnala comprende delle
forme che procedono derivate da un Talassinide, esse si collegano pò
ai Brachiuri per mezzo del gruppo Dromiacea. Quest' ultimo viene
quindi annoverato tra i Brachiuri come gruppo di dubbia posizione;
le forme affini alla Ranina sono però secondo il Dr. Boas dei Bra-
chiuri genuini, nei quali per la ristrettezza dello sterno, l'orifìzio vul-
vare s'apre nell'articolo coxale del terzo paio di zampe; e come tali,
seguendo il De Haan, egli le colloca tra gli Oxystomata. Gli Ano-
mala vengono quindi suddivisi in Galatheidae, Ippidac e Paguridae,
non essendo la Porcellana altro che una Galathea modificata, ed il
Lithodes un Paguro {Eupagurus) ugualmente modificato.
Questa divisione è stata adottata recentemente dal Bonnier (2).
Nel presente lavoro F ordinamento generale dei minori gruppi
s'accorda in generale con quello del Dana, il quale offre senza dub-
bio una gran facilità per determinare una larga collezione.
Nel primo gruppo od Oocyrlnjnca ho però introdotto le modifica-
zioni del Miers, (3) modificazioni che si vedono ormai apprezzate nei
migliori e più recenti lavori dì carcinologia, quali ad esempio in quello
del Kingsley (4) ed in quello ancor più recente del Garus (5).
Il secondo gruppo o Cyclometopa è stato modificato da A. M.
Edwards (6) in due pregevoli monografie , la seconda delle quali è
da deplorare sia rimasta incompleta.
Io ho accettato queste modificazioni per 1' ordinamento della se-
conda famiglia ( Portunidae) à\ (i\ìqs,ì?ì divisione; per la prima (^Can-
crldae) ho mantenuto l'ordinamento del Dana , la famiglia Eriphi-
dae non è però qui conservata.
In questa divisione, seguendo il Glaus, ho incluso quelle forme di
Grostacei dei quali il Dana forma una terza divisione o Corijstoidea
e che da M. Edwards e dall' Heller (7) vengono inclusi tra gli Oxy-
stomata.
(1) Damk. Vidensk. Lesk. Skrift. (6 ter. R.J Bel. 1 18SS.
(2) Crust. Malac.Rec. dans la baiedeConcarneau. Paris 1887
(3) Revision Majoid Crustacea etc. in Journal Linnean Soc.
London 1879.
(4) Crust. Virginia in Proc. Acad, ned. se. of Philad, 1879.
(5) Prodromus Faunae Medit. pars. IL Stuttgart 1883.
(6) Études sur les Crust. de la famille des Portuniens in
Archiv. du Muséum X 1861. — Études sur les Crust de la famil. des
Cancer. in No uv. Archiv. du Muséum I 1 1865.
(7) Crustaceen des Sùdlichen Europa 1863 — Novara Reise. Crust.
1865.
— 84 —
Consimili vedute ha pure espresso il Miers nel suo ultimo rap-
porto sui Brachiuri dello Challenger.
Modificazioni pure interessanti furono introdotte nell'ordinamento
della terza divisione o Catometopa, dallo stesso M. Edwards (1) nel
1852, dallo Stimpson (2) nel 1858 , dal Kingsley (3) nel 1879 ; e re-
centemente dal Miers (4); e di queste si è naturalmente tenuto il de-
bito conto.
L'ordinamento poi della quarta divisione od Oxystomata s'accor-
da per lo più con quello del Dana.
Negli Anomuri io ho adottato per una gran parte le idee del
Dana , quali furono più tardi svolte dallo Stimpson nell' interessante
prodromo sugli Invertebrati raccolti durante la spedizione al Nord
del Pacifico,
Lo Stimpson assegna agli Anomuri i limiti stabiliti dal Dana, egli
vi comprende infatti il gruppo Bellidea e Galatheidea, il quale ultimo
pur annoverato tra gli Anomala dal de Haan, veniva da M. Edwards
nel secondo volume della sua grande opera incluso tra i Macruri.
GU Anomuri vengono quindi suddivisi in Schizosomi e Teleo-
50mf, secondo che l'ultimo segmento toracico è unito ai precedenti op-
pure è libero.
Gli Schizosomi sono nella collezione della « Vettor Pisani » rap-
presentati da forme dei gruppi D^omìdea , e Raninidea , ed i Te-
leosomi vi sono compresi da forme dei gruppi Poroellanidea, Hip-
pidea, Liihodidea e Paguridea.
Seguendo però il Dr. Boas (5), le Porcellane sono state qui rico-
nosciute come forme appartenenti al gruppo Galatheidea , ed i Pa-
gurus furono riuniti ai Lithodes per costituire un unico gruppo Pa-
guroidea.
Questo sistema venne adottato recentemente dall' Henderson (6)
nell'ultimo lavoro sugli Anomuri dello Challenger.
Il piano generale di classificazione per ordini, famiglie etc. quale
è stato da me seguito si osserva in appresso nella lista delle specie
che figurano nella collezione.
Napoli^ 29 marzo 1889.
(1) Op. cit. Aanal. d. se. fZJ, XVIII. XX 1852-53.
(2) Proc. Acad. nal. se. of Philad. 1858.
(3) Proc. Acad. nal. se. of Philad. 1880.
(4) Report Bradi y ara. Voy. H. M. S. Challenger 1886.
(5) Op. cit.
(0) Report Ano mura. Voy. of H. M. S. Challenger 1887.
— 85 —
LISTA DELLE SPECIE RACCOLTE
Sectio I Br.vchyura
Div. I. Oxyrhynca o Majoidea Daaa
Fam. I. Inachidae Miera
Subfam. 1. Leptopodinae Miers
Leptopodia sagittaria Leaoh.
Subfam. 2. Inaehinae Miers
Inachus scorpio Fabr.
„ dorynchus Leach.
Tnachoides microrhyncus Edwards et Lucas.
Eurypodixis Latreillei Guérin, var. A. e B. Miers.
Subfam. 3. Aoanthonychinae Miers
Simocarcinus simplex (Dana)
„ pus ili US n. sp. (1)
Menaetius monoceros Latreille.
„ var. subserratus Adams and White.
Epialtus dentatus Edwards.
Acanthonyx lunulatus Latreille.
„ petiveri Edwards.
(1) Carapax subtiliter trigonus , in superficie fere planus , tuberculis
tribus obsoletis regione gastrica instructus, ad latera rectus, postice trun-
catus. Rostrum laminatura, elongatum, apici transversim emarginatum. Epi-
stema,regio antennarum et frontis pars postica aream concavam constituentes.
Antennarum externarum articuli primi cannati.
Chelipedes carapacis longitudine longiores, manus subrotundata, digiti
parum hiantes, instar cochlearis excavati; dactylo inermi, apici uncinato ,
digito immobili 6-7 dentibus armato.
Pedes gressorii, primi, secundis valde longiores, dactylis infra spinulosis.
(f Carapacis long. 8mm, lat. 6mm, rostrum long. 12, lat. 3.
Provenienza : Assab.
— 86 —
Subfam. 4. Stenociopìnae Miers.
Stenocenops cervicornis (Herbst).
Fam. II. Majidae Miers.
' Subfam. 1. Majinae Miers.
Hyastenus diacanthus (T>q Haan).
Pisa (Arciopsis) Gihsii Leach..
Eurynome aspera (Pennant).
Pisoides Edwarsii (Bell).
Subfam. 2. Schyzopbrynae Miers.
Schyzophrys aspera (Edwards).
Subfam. 3. Micippiaae Miers.
Micippa Thalia (Herbst).
Tarn. III. Periceridae Miers.
Subfam. 1. Pericerinae Miers,
Podohuenia erythraea n. g. n. sp. (1)
(1) Podohuenia n. g.
Oculi vix rectractiles .
Orbita ubique bene tabulata, supra ac infra fissura unica notata, dente
prae et postoculari nullo. Antennae externae sub rostro celatae , articulo
basali sat lato, spina parvula pone apicem armato.
Carapax elongatus gibbosus ad lafbra constrictus, rostrum praelongum
cornubus parellelis, vix contiguis, acuminatis , spina unica versus apicem
superne armatis.
Podohuenia erythraea n. sp.
Carapax turaidus in superficie gi-anulatus et rugulosus, tuberculis tri-
bus regione gastrica instructus. Altero maxime pone orbitam. Antennae
externae flagello pilosae, dimidiam rostri longitudinem attingentes.
Chelipedes carapacis longitudine, brachio cylindrico, carpo ovali, extus
subcristato, manu laevi lata subinflata, digitis hiantibus, acuminatis, dactylo
dente basali tubercoliforme , pollice dente consimili pone medium. Pedes
gressorii primi chelipedum longiores, secundi primis valde breviores, tertii
quartique postico directi.
Abdomen ^ 7. articulatum.
(^ Carapacis long. 12mm, lat. f), rostrum long. 5.
Provenienza : Massaua.
— 87 —
Subfam. 2. Othoniaae Miers.
Othonia aculeata (Gibbes).
„ mirabìlis (Herbst).
Subfam. 3. Mitracinae Miers.
Thoe edentata Lockington.
Mitrax sp.
Mitraculus areolatus Sbreets and Kingsley.
„ ruber Stimpson.
Mitraculus sp.
JFam. IV. Parthenopidae Miers.
Lambrus affinis A. M. Edwards.
Léambrus sp.
Solenolambrus typicus Stimpson.
Div. II. Cyclometopa o Cancroidea
Legio I. Cancrinea o Cancroidea typica Dana
Fam. I. Cancridae Miers.
Subfam. 1. Cancrinae Dana
Cancer plebeius Pòppig.
„ dentatus Bell,
„ Edwardsii Bell.
Subfam. 2. Xanthinae Dana
Carpilius macidatus (L.).
Atergatis roseus (Riippel).
Lophactaea granulosa (Riippel).
Actaea hirsutissima (Riippel).
„ Savignyi (Edwards).
Psaumis glabra Kosmann.
Atergatopsis granulaius A. M. Edwards.
„ germana A. M. Edwards.
Heteractaea lunata (Edwards et Lucas).
— 88 —
Xantho rivulosus (Risso).
„ j^arvulus (Fabricius).
„ Gaudichaudii Edwards.
„ crenatus Edwards.
Homalaspis planus (Edwards.)
Platyxanthus d' Orbignyi {Edwards et Lucas).
Euxanthus puncfatus A. M, Edwards.
Cycloxanthus 16-dentatus (Edwards et Lucas).
Paraxanthus hirtipes (Edwards et Lacas).
Gli/ptoxanthus labyrhynticus (Stimpson).
Panopaeus Herhstii Edwards.
Cliiliensis (Edwards et Lucas).
Exirypanopaeus crenatus (Edwards et Lucas).
Menippe Rumphii (Edwards.)
Lophozozymus superbus (Dana).
Subfam. 3 Chlorodinae Dana
Zozymus aeneus (L).
Euryetisus deplanatus n, g. n. sp. (1)
Actaeodes tomentosus (Edwards).
Carpilodes hellus (Dana).
Phymodms Tnonticulosus (Dana).
„ ungulatus (Edwards).
Leptodius exaratus (Edwards).
„ sanguineus (Edwards).
„ eudorus (Herbst).
(1) Eunjclisus n. g.
Carapax subellipticus, in superficie fere planus, lateribus rotundatis, su-
pra medium suhindistinctae lobatis, frons parce declivis , medio vix emar-
ginatus, deinde utrinque sinuatus.
Hiatus orbitae internus, processa basi antennae externae occupatus ,
articulum secundum occludens fan Etiso consimilis). Digiti apici instar co-
chlearis excavati. Abdomen ^^ 5 — articulatum.
Euryelisus deplanatus n. sp.
Carapax rugulosus, antica posticeijue laeviter areolatus, lobi epigastrici
et protogastrici subdivisi, areola mcsogastrica circumscripta. Margo lateralis
anterior subobscure 4 lobatus.
Chelipedes subaequi, crassi, sat longi, carpo et manu rugoso — reticu-
latis, digitis elongatis subcarenatis. — ^ Carap. long. 19ram, lat. 28.
Provenienza : Singapore.
— 89 —
Subfam. 4. Oziuae Dana
Ozius rugulosus Stimpson.
Epixanthus frontalis (Edwardsj.
Pseudozius inornatus Dana.
Euryozius buvieri var. inellissi Miera.
Heteropanope sp.
Pilumnus hirtellus Leach.
„ vespertilio (Fabrioius .
„ mus Dana.
Pilumnopneus ? sp.
Pilumnoides perlatus (Toppig).
Subfam. 5. Actumninae Dana
Actumnus glohulus Heller.
„ Targionii n. sp. (1)
Subfam. 6. Eriphinae Dana
Eurueppelia sp.
Eripliia spinifrons Saw.
„ gonagra (Fabricius).
„ laevimana. Latr. var. Smithii Mao Leay.
(1) Adunino globulo affinis.
Carapax convexus, angustus, antica posticeque bene areolatus, areolae
minutissime gi-anulatae , lobi epigastrici et protogastrici circumscripti ,
areola mesogastrica tripartita, regio cardiaca bilobata. Frons prominens,
medio emarginatus, deinde profunde sinuatus , distincte 4 lobatus , lobis
medianis rotundatis, subtilissime ad marginem crenulatis, extimis minoribus
acutis. Margo lateralis anterior 4-dentatus, dentibus triangulatis, spinulosis.
Chelipedes subaequi, carpo extus gi'anulato, manu superne spinulosa,
palma bene tuberculosa, tuberculis acuminatis, digitis apici , eburaeo un-
cinatis.
Pedes gressorii villosi et pilosi.
Carap. long. 13mm. lat. 16.
Provenienza: sui récifs di Fernambuco.
- 90 —
Trapezìa cymodoce (Herbst).
„ ferrugginea Latr.
„ rufopunctata (Herbst).
Fam. II. Portunidae Cls.
Sectio 1. Portuniaae (Portuniens normaux A. M. Edwards)
■Snbfam. 1. Lupinae (Lupéins A. M Edwards).
Neptunus dìacanthits (Latreille).
„ armatus? A. M. Edwards.
„ pelagicus (L).
„ sanguinolentus fHerbstJ.
„ cribrarius (Lamarck.)
Amphitrite gladiator var. argentata White.
Achelous spinimanus (Leach).
„ granulatus (Edwards).
Scylla serrata (Porskal).
Subfam. 2. Thalamitinae [Thalamitiens A. M. Edwards.^
Thalamita Savignyi A. M. Edwards.
„ integra Dana.
„ sima Edwards.
„ poissoni (Audouin\
„ captala (Audouia).
„ pietà Stimpson.
„ stimpsonii A. M. Edwards.
„ crenata Latreille,
Goniosoma cruciferum (Fabricius'.
„ sexdentatum (Fabricius).
„ anisodon (De Haan).
„ variegatum (Fabricius).
„ orientale (Dana^
Cronius Miìllerii (A. M. Edwards).
Subfam. 3. Carciniaae Miers.
Portunus corrugatus Leach.
„ strigilis Stimpson.
Liocarcinus holsatus (Fabricius).
Carcìnus moenas (L.).
Platyonycus latipes (Pennant).
— 91 —
Seotio II. Podophthialminae (Portuniens anormaux A. M. Edwards).
Podophthalmus vigli (Fabricius).
Legio II. Cy cline a Dana.
Acanthocyclus Gay Edwards et Luoas.
Legio III. Corystoidea Cls.
Tricocarcinus gibbosulus (De Haan)'.
Hypopeltarion spinulosum fWhite^.
Pseudocorystes sicariiis (Poppig)
Gomeza serrata Dana.
Legio IV. Thelphusinea Dana.
Lybistes nitidus A. M. Edwards.
Div. III. Catometopa o Grapsoidea
Fam. I. Geocarcinidae Miers.
Geocarcinus ruricola (L).
Vca una Latreille.
Pam. II. Ocypodidae Miers.
Subfam. I. Garcinoplacinae Miers.
Pilumnoplax sp.
Prionoplax ciliata Smith.
Ceratoplax ciliata StimiDSon. (?)
Subfam. 2. Ocypodinae Edwards.
Ocypoda aegyptiaca Gerst.
„ brevicornis Edwards.
„ Gaudicliaudii Edwards et Lncas.
Macrophthalmus podoplitalmus Eydoux et Soul.
„ transveTsus Latreille.
— 92 —
Gelasimus vocator Martens.
„ pugilato}- Bosc.
N mayacoani Latreille,
„ armatus Smith.
„ princeps Smith.
„ crassipes White.
„ annulipes Edwards.
„ lacteus De Haan.
„ chlorophthalmus Edwards.
■ „ ^^ana?/ie?i.si5 StimpsoQ.
„ stenodactylus Edwards et Lucas.
Eam. III. Grapsidae Dana.
Subfam. 1. Grapsinae Kingsley.
Goniopsis cruentatus (Latreille).
Metagrapsus messor Edwards.
Grapsus maculatus Edwards.
„ strigosus (Herbst).
Leptograpsus variegatus Edwards.
„ ptlanifrons (Dana).
Cyrtograpsus cirripes Smith.
Glyptograjysus spinipes n. sp. (1)
Pachygrap>sxis transversus 'Gibbes).
„ innotatiis (Dana^.
„ plicutus (Edwardsj.
„ minutus A. M. Edwards.
„ marmoratus (Eabrioiusj.
(1) Carapax convexus ad latera laeviter arcuatus, 4-emargiaatus. Frons
declivis, medio sinuatus, margine super antennulas reflexo. Maxillipedes
externi vix hiantes^ in superficie sulcati et puncturati , articulo secundo
tertium fere aequante.
Chelipedes subaequi , brachio triquetro extus ad mai ginem , minutis-
sime spinuloso, intus integro piloso^ infra acute denticulato, carpo et manu
in superficie minute granulosis, digitis instar cochlearis excavati, apici cor-
neis, pilosis. Pedes gressorii compressi, nudi vix rugati, meropodio inferno
crenulato , superne spinulis armato , versus apicem unidentato. Articulo
quinto infra spinuloso, spinulis serie triplici dispositis, dactylis tetragouis
ad marginem spinulis instructis.
Abdomen cT basin versus sterno contiguo angustius.
Carapacis c^ long. 12,4 mm, lat. 13.
Provenienza: Isola delle Perle.
— 93 —
Geogrnpsus lividus (Edwards).
Nautilograpsus minutus Edwards.
Brachynotus sexdenfatus Hilgend.
„ Edwardsii Hilgend.
Heterograpsus barhimamis Heller.
Platygrapsus depressus (De Haan) .
Cyclograpsus cìnereus Dana,
Sesarma crassipes n. sp. (1)
Sesarma barbimana n. sp. (2)
Subfam. 2. Plagusiinae Kingsley
Plagusia iìnmaculata Lamk.
Fani. IV. Pinnotherida© Dana. '
Sublam. Piunotherinae Edwards.
Pinnotheres globosus Hombron e Lucas.
Pinnaxodes chiliensis Smith.
Pinnixa transversalis Edwards et Lucas.
Pinnotherelia laevigata Edwards et Lucas.
(1) Carapax subquadratus^ vix latior quam longior, superficie rugulosa
et pubescente, arsola mesogastrica bene circumscripta, lobi epigastrici, et
protogastrici, aeque latis, regione laterali lineis obliquis instructa. Frons
profunde sinuosa. Margines laterales fere recti, I-emarginati.
Chelipedes aequi, brachio triquetro, in superficie ruguloso^ intus sub-
dentato, inferne dente unico armato, carpo granulo s:}uarao3o, manu elofi-
gata, vix rugata, superne crenellata, dactylo basin versus, spinuloso. Pedes
gressorii femoribus latis, compressis, superne apiceni versus unispinigeris,
superficie squamosis, tibia, tarso, et dactylo villosis, superne hirsutis.
(/ Carapacis long, 18 mm, lat., 5 22, frons 13.
Provenienza : Fernambuco .
(2) Carapax subquadratus, superficie rugulosa et pubescente, versus la-
tera lineis obliquis transversin notata. Lobi epigastrici subdivisi, areola me-
sogastrica circumscripta. Margines laterales recti, I-emarginati.
Chelipedes aequales. brachio triquetro, carpo minute rugato, parce piloso,
chela superne subrotundata, extus usque ad basin digitorum dense crasseque
pilosa. Pedum insequentium femora compressa, infra versus apicem dilatata
dente unico supra ac infra armata, tibia et tarso superne hirsutis, dactylis
infra spinulosis.
^ Carap. long. 6mm, lat. 7. frons 3^ 6.
Provenienza: Payta,
- 94 —
Subfam. Mycterinae Miers.
Dotilla suìcata (rorskalj.
Subfam. 3, Hymenosominae Edwards.
Halicarcinus planatus White.
Div. IV. Oxystomata o Leucosoidea
Fam. I- Calappidae Dana.
Subfam. 1. Calappinae.
Calappa flammea (Herbst).
„ hepatica (L.).
„ • granulata [L.).
Platymera Gaudichaudii Edwards.
Fam. II. Matutidae Dana.
Subfam. 1, Hepatinae Stimpson.
Sepatus angxistatus Fabricius.
„ chiliensis Edwards.
Subfam. 2. Matutinae Miers,
Matuta victrix (Fabr.).
„ lunaris Herbst.
Fam. III. Leucosidae Dana.
Subfam. 1 Ilinae Stimpson.
Ebalia cranchii Leaoh.
Mia nucleus (Herbst).
Myra colila Hilgend.
„ fugax (Fabr.).
Nursia plicata (Herbst).
Subfam. 2. Leucosiinae Miers.
Leucosia Neo-C aledonica A. M. Edwards.
Fam. IV. Dorippidae Dan».
Dorippe dorsipes (L).
Ethusa mascarone Roux.
/"
— 95 —
Sectio II. Anomuea
Dromidea
Fani. I. Dromidae Dana
Droìnidia unidentata (Riippel).
Cryptodromia lateralis (Gray).
Dromìa vulgaris Edwards.
Fam. II. Homolidae Hendersoa
Homola spinifrons Leach.
„ Cuvieri Roux.
Ranìnìdea
Fam. Raninidae Dana
Cosmonotus Gray Adams and Whrite.
Hippìdea
Fam. I. Hippidae Dana
Remipes pictus Heller.
Hippa emerita Fabr.
„ asiatica Edwards.
„ analoga Stimpson.
Fam. II. Albuneidae Stimpson
Albunea symnista (Fabricius).
Paguroìdea
Sectio A. Lithodidea Stimpson
Fam. Litbodidae Dana
Lithodes antarctica Hombron e Lucas.
Paralomis verrucosus (Dana).
— 96 —
Sectio B. Paguridea Dana
Paguristes maculatus (Risso).
Eupagìirus Prideauxii (Leach).
Pagurus varipes Heller.
Aniculus typicus Dana.
Galatheìdea
Sectio A. Porcellanidea De Haan
Tarn. I. Porcellanidae Henderson
Petrolisthes violaceus (Guérin).
„ validus (Dana).
„ Brasiliensis Smith.
„ speciosus (Dana).
„ tuòerculatus (Guérin).
„ acanthophorus Edwards et Lucas,
Polyonyx hiunguiculatus (Dana).
Porcellana sp.
„ spinifrons Edwards.
„ cristata Edwards.
„ platyclieles Lamk.
„ punctata Guérin.
„ angulosa Guérin.
„ mitra Dana.
Pachycheles monili ferus (Dana).
„ grossimanus (Guérin).
— 97 —
DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DELLE SPECIE RACCOLTE
Regione dell'Atlantico.
Stazione: Gibilterra (maggio 1882).
Inachics scorpio Fabriciiis.
„ dorynchus Leach.
Acanthonyx lunulatus (Risso).
Eurynome aspera (Peimant).
Pilumnus hirtellns Leach.
Eriphia spinifroìis Saw.
Liocarcinus holsatus (Fabr. ,
Nautilograpsus minutus Edwards.
Brachynotus sexdentatus Hilgendorf.
Ethusa mascarone Roux.
Dromia vulgaris Edwards.
Homola spinifrons Leach.
Porcellana platycheles Lamarck.
Pachygrapsus marmoratus (Fabr.).
Stazione: Fernambuco (luglio 1882).
Panopaeus Herhstii Edwards.
Menippe Rumphii (Edwards).
Actumnus Targionii n. sp.
Eriphia laevimana Latr. var. Smithii Mac. Leay.
Neptunus diacanthiis Latreille.
Achelous spinimanus Leach.
Pachygrapsus innotatus (Dana).
Gelasimus maracoani Latreille.
Sesarma crassipes n. sp.
Petrolisthes Brasiliensis Smith.
Pachycheles maniliferus (Dana).
Stazione: Monte video (Settembre 1882\
Cyrtograpsus cirripes Smith.
Pachygrapsus innotatus (Dana).
— 98 —
Regione circumpolare antartica.
Stazione: Stretto di Magellano (novembre 1882).
Eurypodius Latreillei Guérin.
Homalaspis planus Edwards.
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
Hypopeltarion spinulosum WMte.
Pseudocorystes armatus Edwards.
Ualicarcinus planatus Wliite.
Lithodes antarctica Hombron e Lucas.
Paralomis verrucosus (Dana).
Stazione: Porto Arenas (novembre 1882).
Eurypodius Latreillei Guérin.
Pinnotherelia laevigata Edwards.
Stazione: Porto Lagunas (novembre 1882).
Eurypodius Latreillei Guérin.
Pilumnopneus ? sp.
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
Pisoides Edwardsii (Bell.).
Ualicarcinus planatus Wbite.
Pinnotheres globosum Hombron e Lucas.
Paralomis verrucosus (Dana).
Stazione: Porto Bueno (dicembre 1882).
Eurypodius Latreillei Guérin.
Pinnixa transversalis Edwards et Lucas.
Stazioni: Chonos e Chiloe (dicembre 1882).
Inachoides microrhyncus Edwards e Lucas.
Epialtus dentatus Edwards.
Neptunus armatus'^ A. M. Edwards.
Manaetius monoceros Latr. var. subserrattis. Adama and
White
Pisoides E ì n'arsii Bell.
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
— 99 —
HypopeUarion spinulosum White.
Pseudoconjstes armatus Edwards.
Neptunus pelagicits (L.).
Heterograpsus harhimanus Heller.
Pinnaxodes chiliensis Smith.
Petrolisthes validus (Dana).
Regione Indo-Pacifica.
Stazione: Valparaiso (gennaio 1883)
Epialtus dentatus Edwards.
Acanthonyx Petiverii Edwards.
Cancer Ediuardsii Bell.
„ dentatus Bell.
Homalaspis planus (Edwards).
Pihcninoides perlatus (Póppig).
Neptunus diacanthus Latreille.
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
Ocypoda Gaudichaudii Edwards et Lucas.
Leptograpsus. planifrons (Dana).
Hippa analoga Stimpson.
Petrolisthes violaceus (Guérin).
„ validus (Dana).
„ tuberculatus (Guérin).
Porcellana punctata Guérin.
„ spinifrons Edwards.
„ cristata Edwards.
Pachycheles grossimanus (Guérin).
Stazione: Coquimbo (febbraio 1883).
Pisoides Edwarsii Bell .
Pilumnoides perlatus (Poppi g).
Porcellana spinifrons Edwards.
Stazione: Calder as (febbraio 1883).
Platymera Gaudichaudii Edwards.
Stazione: Mexillones (febbraio 1883).
Pilumnoides perlatus (Poppig).
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
— 100 —
Stazione: Callao (marzo 1883).
Epialtus dentatus Edwards.
Acanthonyx Petiverii Edwards.
Cancer plebeius Poppig.
„ Edroardsii Bell.
Xantho Gaudìchaudii Edwards.
Platyxanthus d'Orhigmji Edwards et Lucas,
Paraxanthus hirtipes Edwards et Lucas.
Neptunus diacanthus Latreille.
Acanthocyclus Gay Edwards et Luoas.
Gomeza serrata Dana.
Ocypoda Gaudìchaudii Edwards et Lucai.
Grapsus maculatus Edwards.
Geogrnpsus lividus (Edwards).
Leptograpsus variegatus (Fabrioius).
Ilepatus angustatus Fabricius.
y, chiliensis Edwards.
Cosmonotus Gray White.
Petrolisthes validus (Dana).
„ violaceus (Guérin).
„ acanthophorus Edwards et Luoas,
Hippa analoga Stimpson.
Blepharopoda spinosa (Edwards.)
Stazione: Ancon (marzo 1883).
Cancer plebeius Poppig.
„ Edwardsii Bell.
„ dentatus Beli.
Pilumnoides perlatus (Poppig).
Cycloxaniìms 16 — dentatus (Edwards et Lucas.)
Acanthocyclus Gay Edwards et Lucas.
Ocypoda Gaudìchaudii Ed.wards et Lucas.
Grapsus maculatus Edwards.
Cyclograpsus cinereus Dana.
Petrolisthes violaceus (Guérin).
Porcellana cri.stita Edwards.
Hippa analoga Stimpson.
— 101 —
Stazione: Payta (marzo 1883).
Othonìa aculeata (Gibbes).
Mitraculus sp,
Carpilius maculatus (L.).
Actaea hirsutissima (Riippel).
Xantho crenatus Edward.s.
Leptodius exaratus (Edwards).
„ var. sanguineus Edwards.
Cycloxanthus 16 — dentatus (Edwards et Lucas).
Thalamita integra (Dana).
Podophthalmus vigli (Fabricius).
Sesarma harhimana n. sp.
Dorippe dorsipes (L.).
Calappa hepatica (L,).
Stazione: S. Lorenzo (aprile 1883).
Porcellana angulosa Q-nérin.
„ mitra Dana.
» sp.
Stazione: Gruayaquil (giugno 1883).
Gecarcinus ruricola (L.)
Ceratoplax sp.
Prionoplax ciliata Smith.
Gelasimus princeps Smith.
Goniopsis cruentatus (Latreille).
Grapsus strigosus (Herbst).
Stazione Puna (giugno 1883).
Panopaeus chiliensis Edwards.
Eurypanopaeics crenatus (Edwards et Lucas).
TJca una Latreille.
Gelasimus stenodactijlus Edwards et Lucas.
Stazione: Golfo di Panama (gennaio-febbraio 1884).
Leptopodia sagittaria (Fabr.),
Acanthonyx Petiverii Edwards.
Thoe edentata Lockington.
— 102 —
Mitrax sp.
Mitraculus areolatus Streets and Kingsley.
Solenolambrus typicus Stimpson.
Lambrus (Parthenope) sp.
Glyptoxanthus erosus Stimpson.
Heteractaea lunata (Edwards et Lucas).
Eriphia laevimana Latr. var. Smithii.
Epixanthus frontalis Edwards.
Euryozius Buvieri var. mellissii Miers.
Neptunus diacanthus (Latreille).
„ crihrarius (Lamarck).
Gelasimus armatics Smith.
„ vocator Martens.
„ pugilator Bosc.
„ panamensis Smith.
Glyptograpsus spinipes n. sp.
Calappa flammea (Herbst).
„ granulata (L.).
Hippa «inerita Pabricius.
Stazione: Isole Galapagos (marzo 1884),
Othonia mirahilis Herbst.
Mitraculus ruber Stimpson.
•Stazione: Isole Hawaii (febbraio 1884).
Simocarcinus simplex (Dana).
Stenocenops cervicornis (Herbstj.
Eurueppelia sp.
Thalamita sima Edwards.
Lybistes niiidus A. M. Edwards.
Ocypoda Gaudichaudii Edwards et Lucas.
Trapezia cymodoce (Herbst).
„ ferrugginea Latreille.
„ rufopunctata (Herbst).
Neptunus diacanthus (Latreille).
, gladiator var. argentatus White.
Macrophthalmus podophthalmus Eydoux et Souleyet,
Metograpsus messor Edwards.
Pachygrapsus plicatus ( Edwards).
„ minutus A. M. Edwards.
Grapsus strigosus (Herbst). .
— 103 —
Stazione: Isole Filippine (dicembre 1884),
Chlorodopsis pilumnoides Adams and White,
Goniosoma orientale Dana.
Neptunus pelagicus (L.).
Ocypoda brevicornis Edwards.
Gelasimus crassipes White.
„ cultrimanus White.
Grapsus strigosus (Herbst).
Leucosia Neo-Caledonica A. M. Edwards.
Myra coalita Hilgend.
Cryptodromia lateralis (Gray).
Aniculus typicus Dana.
Stazione: Amoy (marzo I785J.
Thalamita pietà Stimpson.
Goniosoma japonicum A. M. Edwards.
Portuaus strigilis Stimpson,
Tricocarcinus gibbosulus (De Haan).
Plagusia immaculata Lamarck.
Gelasimus lacteus De Haau.
„ chlorophthalmus Edwards.
Platygrapsus depressus (De Haanj.
Nursia plicata (Herbst).
Stazione: Hong-Kong (marzo 1885).
Pseudozius inornatus Dana.
Stazione: Singapore (gennaio 1885J.
Hyastenus diacanthus (De Haan).
Atergatopsis granulatus A. M. Edwards.
„ Germana A. M. Edwards.
Euxanthus punctatus A. M. Edwards.
Lophozozymus superhus (Dana) .
Zozymus aeneus (L.).
Phymodius ungulatus (Edwards).
Pilumnus mus Dana.
Neptunus sanguinolentus (HerbstJ.
Scylla serrata (Forskal .
— 104 —
Thalamìta SUmpsoni A. M. Edwards.
Gonìosoma cruciferum (Fabricius).
Euryetisus deplanatus n. g. n. sp.
Gonìosoma anisodon (De HaanJ.
Leptodìus eudorus (Herbst).
Pilwmnus vespertilio (Fabr.).
Pilumnus Forskàlii Edwards.
Actaeodes tomentosus (Edwardsj.
Gelasimus annulipes Edwards.
Matuta victrix Fabr.
„ lunaris (HerbstJ.
Polyonyx hiunguiculatus (Daua).
Mar Rosso.
Stazione: Aden.
Eriphia gonagra (Fabricius).
Ocypoda aegyptiaca Gerst.
Dotilla sulcata (Forskal).
Grapsus strigosus (Herbst.).
Stazione: Perini.
Thalamita poìssoni (Atidouin).
Achelous granulatas (Edwards).
Stazione: Beilul.
JSchyzophys aspera (Edwards).
Myra fugax Leach.
Achelous granulaius Edwards.
Remipes pietas Heller.
Alhunea symnista (Fabr.).
Stazione: Mas san a (dicembre 188 i).
Micippa Thalia (Herbst).
Fodohuenia erythraea n. g. n. sp.
Thalamita crenata Latreille.
Macrophthalmus transversus Latreille.
— 105 —
Stazione: Assab (giugno 1882).
Simocarcinus simplex ('Dana).
Simocarcinus pusillus n. sp.
Lambrus ajfinis A. M. Edwards.
Atergatis roseus (RiippelJ.
Lophactaea granulosa (Riippel).
Psaumis glabra Kossmann.
Dromidia unidentata (Ruppel).
Carpilodes bellus (Dana).
Phymodius monticulosus (Dana).
Actumnus globulus Heller.
Thalamita Savignyi A. M. Edwards*
Goniosoma variegatum (Fabricius).
Cronius Miillerii (A. M. Edwards).
Grapsus strigosus (Herbst).
Pagurus varipes Heller.
Errata Corrige
pag. 47 linea 1 Aplysidae — Aplysiidae
„ 47 „ 6 Aplysidae — Aplysiidae
„ 51 „ 5 Genere Aplysia. — Genere Aplysia, L. emend.
Gm.
„ 51 „ I. Aplysia Lessoni, — I. Aplysia Lessoni, Rang.
L. emend. Gm.
„ 51 „ 34 (nota) Dalle CL.iaje — Delle Chiaje
Elenco dei periodici ricevuti in cambio
Agricoltore {L'), giornale degV interessi della classe rurale del Tren-
tino. Trento.
Agricoltore {H) Calabro -siculo. Catania.
Agricoltore (L') messinese. Messina.
Agricoltura (Z/') pratica. Firenze.
Anales del Museo Nacional de Costa-Rica. San-José.
Annales de la Société Rogale malacologiqiie de Belgique — Bruxelles.
Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova.
Annali di Agricoltura. Roma.
Annual Report of the Board of Regents of the Smithsonian Institu-
tion. Washington.
Annuario dell' Accademia delle Scienze. Napoli.
Anmtario cella R. Cantina sperimentale di Barletta.
Annuario della R. Stazione sperimentale di Caseificio in Lodi.
Api (Le) e i fiori. Jesi.
Archivio per V Antropologia e V Etnologia. Firenze.
Ateneo veneto (L'). Venezia.
Atti delV Accademia Gioenia di Scienze Naturali. Catania.
Atti della R. Accademia dei Georgofili. Firenze.
Atti della R. Accademia dei Lincei. Roma.
Atti della Società dei Naturalisti di Modena.
Atti della Società italiana di Scienze Naturali. Milano.
Atti della Società Toscana di Scienze naturali. Pisa.
Bericht iiber die Verlngsthdtigkeit. Berlin.
Bollettino dei Musei di Zoologia e di Anatomia Comparata della R.
Università di Torino.
Bollettino della R. Società Toscana di Orticoltura. Firenze.
Bollettino della Sezione dei Cultori di Scienze mediche in Siena.
Bollettino della Società Africana cZ' Italia. Napoli.
Bollettino della Società d'igiene. Palermo.
Bollettino della Società entomologica italiana. Firenze.
Bollettino della Società Venefo-l'rentina di Scienze Naturali. Padova.
Bollettino del Museo di Zoologia della R. Unioersità di Roma.
Bollettino del Naturalista. Siena.
Bollettino di notizie agrarie. Roma.
Bollettino Farmaceutico. Roma-Milano.
Bollettino mensile delV Accademia Gioenia. Catania.
— 108 —
Bollettino mensile di Bachicoltura. Padova.
Bollettino scientifico. Pavia,
Cellule (La). Louvain.
Comnieìitari dellAteneo di Brescia.
Feuille des jeunes naturalistes. Paris.
Gazzetta Chimica Italiana. Palermo.
Gazzetta degli Ospitali e Rivista Clinica delV Università di Napoli.
Milano.
Giornale della R. Accademia di Medicina. Torino.
Incurabili (GV). Napoli.
Journal de Micrographie. Paris.
Naturae Novitates. Berlin.
Naturalista (II) Siciliano. Palermo.
Notarisia, commentarium phycologicum. Venezia.
Nuovo Giornale Botanico Italiano. Firenze.
Orosi [L''). Firenze.
Picentino {IlJ. Salerno.
Progresso (II) medico. Napoli.
Raccoglitore (H). Giornale Agrario Padovano. Padova.
Rassegna di Scienze mediche. Modena.
Rendiconto dell' Accadem,ia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli.
Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Milano.
Rivista del Club Alpino italiano. Torino.
Rivista Veneta di Scienze mediche. Venezia.
Sicilia (La) agricola. Palermo.
Societas entomologica. Zurich Hottingen.
Spallanzani (Lo). Roma.
Viti americane (Le). Alba.
Opere ricevute in dono
Fr. Bassani — Annotazioni sui pesci fossili del Calcare eocene di
M. Bolca — Padova 1876.
Fr. Bassani — Ittiodontoliti nel Veneto — Padova 1877.
Fr. Bassani — Note paleontologiche — Padova 1880.
Fr. Bassani — Contribuzione alla fauna ittiologica del Carso presso
Comen in Istria — Padova 1880.
Fr. Bassani — Note sur les poissons fossiles du Laboratoire de
Paleontologie du Muséum de Paris.
Fr. Bassani — Descrizione dei pesci fossili di Lesina, accompagnata
— 109 —
da appunti sa alcune altre ittiofaune cretacee (con 16 tavole) —
Wien 1882.
Fr. Bassani — I Pesci attraverso le ere geologichs — Appunti su-
gi' ittioliti terziarii dell' Italia meridionale descritti da 0. G. Co-
sta — Padova 1883.
Fr. Bassani — Uber zwei Fische ans der Kreide des Monte S. Aga-
ta im Gorzischen — Wien 1884.
Fr. Bassani — Sopra una zanna di Elephas raeridionalis scoperta
nelle sabbie gialle di Salsamaggiore (provincia di Parma — Mi-
lano 1884.
Fr. Bassani — Sull' età degli strati a pesci di Castellavazzo nel
Bellunese — Roma 1885.
Fr. Bassani — Risultati ottenuti dallo studio delle principali ittio-
faune cretacee — Milano 1885,
Fr. Bassani — Sulla probabile esistenza del gen. Charcharodon nel
mare titonico — Milano 1885.
Fr. Bassani — Su alcuni pesci del deposito quaternario di Pianico
in Lombardia (con una tav.) — Milano 1886.
Fr. Bassani — Sopra una nuova specie di Ephippus scoperta nel-
l'eocene medio di Val Sordina presso Lonigo ('Veronese) (con
una tav.).
Fr. Bassani — Notes of some Researches on the Fossil Fishes of
Chiavòn, Vicentino (Stratum ofSotzka, Lower Miocene) — Lon-
don 1888.
Fr. Bassani — Ricerche sui pesci fossili di Chiavòn— Napoli 1888.
Fr. Bassani — Colonna vertebrata di Oxyrhina Mantelli, Agassiz —
Napoli 1888.
Fr. Bassani — Sopra un nuovo genere di Fisostomi — Napoli 1888,
Fr. Bassani — Alla venerata memoria di Giuseppe Meneghini —
Napoli 1839.
Fr. Bassani — Alla venerata memoria di Giuseppe Seguenza — Na-
poli 1889.
A. Carruccio ~ Delle principali collezioni pervenute e disposte nel
Museo di Zoologia — Roma 1888.
R. Cobelli — Note biologiche sugli Apidi — Rovereto 1888 (dono
del Museo Civico di Rovereto).
E. D. Cope (1) — On two new forms of Polyodont and Gonorhynchid
Fishes from the Rocky Mountains — Philadelphia 1885.
(1) Le opere del Cope sono dono della Smith so nian Insti tu ti on
di Washington.
- 110 —
E. D. Cope — A contribution to the History of the Vertebrata of
the Trias of North-America — Philadelphia 1887.
E. D. Cope — The Mesozoic and Caenozoic realms of the interior of
North-America — Philadelphia 1887.
E. D. Cope — American Triassic Rhynchocephalia — Philadelphia 1887.
E. D. Cope — Scott and Osborn " on white River Mammalia „ — Phi-
ladelphia 1887.
E, D. Cope — Zittel's Manual of Palaeontologie— Philadelphia 1887.
E. D. Cope — The Mechanical Origin of the sectorial Teeth of the
Carnivora — Salem 1888,
E. D. Cope — The Perissodactyla — Philadelphia 1888.
E. D. Cope — On the Mechanical Origin of the Dentition of the
Amblypoda 1888.
E. D. Cope — On the Dicotylinae of the John Day Miocene of North
America 1888,
C. Darvirìn — L' espressione dei sentimenti nell' uomo e negli ani-
mali — Trad. per cura di G, Canestrini e P, Bassani — Torino
1878 (dono del socio Fr, Bassani).
A, Fonseca — Influenza della densità ed acidità dei mosti swlla fer-
mentazione dei vini — Barletta 1889,
A, Fonseca — Sull' addizione d" acidi ai mosti — Bai'lei^ta 1889,
A. Fonseca — Influenza del terreno che aderisce ai grappoli sul-
1' acidità dei mosti — Barletta 1889.
A. Fonseca — Sulla fermentazione a vinacce sommerse — Barletta
A. Fonseca — Influenza delle diverse densità ed acidità dei mosti
d' uva sulla fermentazione e sui vini — Napoli 1888.
A. Fonseca — Azione dell' ossigeno sui vini — Napoli 1888.
A, Grìeb — Ricerche intorno ai nervi del tubo digerente dell'Helix
aspersa — Napoli 1887.
S. Lo Bianco — Notizie biologiche riguardanti specialmente il pe-
riodo di maturità sessuale degli animali del golfo di Napoli —
Leipzig 1888.
G. F. Mazzarellì — Gli organi del volo e le cause che li oiigina-
rouo neir evoluzione animale — Torino 1888,
P, Mingazzini — Catalogo dei Coleotteri della Provincia di Roma
appartenenti alla famiglia dei Carabici.
E. Nicolis — Sopra uno Scheletro di Teleosteo scoperto nell'eocene
medio di valle d'Avesa -- Verona 1888 (dono del socio Pr. Bas-
sani),
A. P, Ninni — La pesca e il commercio delle rane e delle tartaru-
ghe fluviatili della provincia di Venezia — Padova 1889,
A. Suchetet — La question du Léporide — Bruxelles 1887.
— Ili —
A. Suchetet — Note sur les bybrides des Anatidés — Rouen 1888.
A. Suchetet — L' hybridité dans la nature — Bruxelles 1888.
A. Thouin — Monografia degl' innesti — Napoli 1883 (dono del so-
cio G. Mazzarelli).
I 24 a qualunque costo — Napoli 1888.
La solenne commemorazione di Giovanni Antonio Scopoli — Trento
1888 (dono del Museo Civico di Rovereto).
BOX^LETTIIsrO
DELLA
SOCIETÀ DI NATURALISTI
SERIE I. - VOL. III.
ANNO IH. - FASC. II.
1889.
»• '«'■
Serie I. Voi. III.
1889
Anno III. Fase. 2.
BOLXjETTII^O
DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI IN NAPO
Tornata del di 28 aprile 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele.
Socii presenti: Fed. Raffaele, S. Lo Bianco, D. Damascelli, S. Pae-
sini, U. MiLONE, G-. Jatta, a. (t. Gabella, F. Bassani , G. Maz-
zarelli, e. GrERMANO, Gr. Tagliani, A, Ctaldieri, S. Miele, F. San-
FBLicE, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,20 pom.
Il segretaiio legge il processo verbale della tornata precedente,.
<;he viene approvato.
Il socio Mazzarelli legge una nota dal titolo : Intorno all' anato-
mia e fisiologia delV apparato riproduttore delle Aplysiae del G. di
Napoli, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
Il socio Jatta legge un lavoro intitolato: Innervazione delle brac-
cia dei Cefalopodi, e ne chiede la pubblicazione.
Si passa quindi a discutere affari riguardanti l'andamento interno
della Società.
La seduta è tolta alle ore 2,30,
Il Segretario: Oreste Forte
Tornata del di 26 maggio 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele.
Socii presenti: Fed. Raffaele, Y. Sanfelice, G. Jatta, S. Lo Blvnco,
M. GrEREMiccA, L. Savastano, Gt. Mazzarelli, Ct. Tagliani, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,30 pom.
Il segretaria legge il processo verbale della tornata precedente
che non può essere approvato per mancanza di numero legale.
Il presidente legge un lavoro del socio Monticelli dal titolo : Dì
un nuovo distoma 2)arassiia dell' Acanthias vulgaris, ed a nome del-
l' autore ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
Il presidente, a nome del Consiglio Direttivo , presenta la pro-
posta di aggiungere al Regolamento un articolo che dica : Coloro ì
quali pubblicano nel Bollettino , debbono compromettersi di restar
socii almeno per un anno. Non si può deliberare per mancanza di
numero legale di socii.
Si prende atto del passaggio del Signor Gavino Cano da socio
ordinario non residente a residente.
La seduta è tolta alle ore 2,30 pom.
Il Segretario: Oreste Eorte
Tornata del di 16 giugno 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele.
Socii presenti: Eed. Raffaele, G. Jatta, A. G. Gabella, L. Nicote-
KA, G. CANNO^'E, G. Mazzarelli, L. Savastano, A. Canonico, F. Dt;
Rosa, U. Miloxe, D. Damascelli, F. Sanfelice, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1 pom.
Il segretario legge i processi verbali delle due tornate prece-
denti che vengono approvati.
Il socio Nicotera legge un lavoro dal titolo : Sintesi delV acido
timol-cinnamico, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
Il socio Forte legge un lavoro dal titolo: Sìc l'acido naftila-
mìdoacetico e ne chiede la pubblicazione.
— XI
La proposta presentata nella passata tornata del Consiglio Di-
rettivo viene approvata in massima con voti 11 contro 2. Il socio G.
Jatta dichiara di votar contro.
L' articolo da aggiungersi al Regolamento viene formulato dal
socio Savastano cosi : Quei Socii che fauno parte della Società da
meno di un anno dovranno , per aver diritto alla pubblicazione dei
lavori, pagare tutta l'annualità in corso. Tale articolo è approvato
con voti 11 contro 2.
fja seduta è tolta alle ore 2,30 poni.
Il Se(/vef Cirio: Orksti: Forti-:
Tornata del di 14 Luglio 188 9.
Presidenza del Sii/noi- Fed. Raffaele.
Socii presenti: Fki>. Raffaele, U. Milone, F. Sanfelice, G. Jatta, A.
G. Gabella, G. Cano, D. Damascelli, S. Lo Bianco, R. ZuccAriDi,
G. Tagliaci, Fk, Sav. Monticelli, G. Ma^zarelli,
La seduta è aperta all' 1,20 poni.
Il vice-segretario legge il processo verbale della tornata prece-
dente che viene approvato.
Il s ocio Sanfelice riassume i risultati di un lavoro dal titolo :
Della genesi dei corpuscoli rossi nel tnidollo delle ossa dei vertebrali,
e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino.
Il socio Zuccardi legge una nota intitolata: Intorno alV Anatomia
dell' ajìparnto digerente dulie Aplysiae del G. di Napoli, chiedendone
la pubblicazione.
Il socio Cano legge un lavoro dal titolo : Crostacei brachiuri ed
anomuri raccolti nel riaggio della Vettor Pisani, e ne chiede la pub-
blicazione.
La seduta è tolta alle ore 2,50 poni.
Il Vice-Segretario: Giusei'I'e Mazzarklli
Tornata del di 21 Lug-lio 1889
Presidenza del Signor G. A. Cabella
Socii presenti: A. CI. Gabella, G. Jatta, L. Savastano, S. Lo Bianco,
U. MiLONE . Ct. Mazzarelli, G. Germano , A. Canoncco , Fr. Sav.
Monticelli, 0. Forte.
La seduta è aperta all' 1,30 poni.
Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap-
px'ovato per mancanza di numero legale di soci.
Per la medesima ragione non si può votare sopra alcune domande
di ammissione a socio.
La seduta è tolta all' 1.50 porn.
Il Segrefario: Oreste Forte
Tornata del dì 28 Luglio 1889.
Presidenza del Signor G. A. Gabella.
Socii presenti: A. G. Gabella, F. Gapobianco, E. Germano, S. Lo Bian-
co, G. Jatta. L^. Milone, Fr. Sav. Monticelli, F. Sanfelice, G,
Mazzarelli.
k
La seduta è aperta all' 1.30 p. m.
Il vice-segretario legge i processi verbali delle due tornate pre-
cedenti; il primo è approvato in 2.^ convocazione, l'approvazione del
secondo è rimandata per mancanza di numero legale di socii.
Il socio Germano legge un lavoro fatto in collaborazione col socio
Gapobianco dal titolo: Contribuzione a^V Istologia della fibra nervosa
rnidollata, e ne chiede la pubblicazione.
Sono eletti ad unanimità di voti a socii ordinarli residenti i si-
gnori Jose Rioja e Michele Gentonze, e i signori Antonio Della Valle
e Domenico Giordano a socii ordinarli non residenti.
La seduta è tolta alle ore 2,30 pom.
Il Vice-Segretario: Giuseppe MvZzarklij
— XIII — i
Tornata del di 11 Agosto 1889.
Presidenza del Signor Fed. Raffaele
Socii presenti: F. Raffaele , G-. Jatta, S. Lo Bianco, U. Milom:, L.
Savastano, G. Mazzarelli, J. Rioja, P. Mingazzini.
La seduta è apei'ta all' 1,30 pom.
Il segretario legge i processi verbali delle due tornate prece-
denti di cui il secondo non può essere approvato per mancanza di
numero legale di sodi.
Il presidente legge un lavoro del socio Della Valle intitolato:
Sa f/li organi di secrezione di ^
- 116 —
3. T. cruciatus (1) Wedl (Sitz. Ber. k. Akad. Bd.XXVI p.270) (2).
Corpo posteriormente poco ristretto. Disco piuttosto larghetto. Un-
cini del disco granrli, allungati, con base bifida e punta molto ristretta
e ricurva. Uncinuli 14: dieci marginali, cinque per lato, e quattro me-
diani in due coppie,una innanzi, l'altra dietro il pezzo chitinoso ventrale.
Tubo digerente bifido: le due braccia si fondono ad arco poste-
riormente.
Pene piccolo e gracile.
Lunghezza: - 4 di mill.
Habitat: sulle branchie del Cobitis fossilis (3)
Leipzig — Zoologisclies Institut, 18 Febbraio 1889
(1) Il nome specifico di crucialus, dato dal Wedl a questa specie,. è tolto
dalla disposizione degli uncini secondo egli ha creduto vederla, ma questa
disposizione, da lui anche disegnata, uon è naturale, ma dovuta alla com-
pressione fatta subire all' animale.
(2) Delle ti-e specie ho trovato frequenti il T. unguiculaliis ed il T. cvu
ciatics (di quest'ultima, specialmente, le branchie di un Cobilis fossilis esami-
nate in Febbraio ne erano cariche); il T. monenteron abbastanza raro.
(3) Il Prof. J. Chatin ha voluto gentilmente permettermi di esaminare
i preparati della sua Amphìbdella lorpedinis delle branchie della Torpedo
marmorala del Mediterraneo descritta nel 1874 (Ann. Se. Nat. S. Ser, Zool.
T. 1. Art. 6 p. 11. PI. 14, fig. 4-14 ), che il Carus enumera fra i digenetici,
come tipo di una nuova famiglia, quella degli Ampli ih de Hi dae ( Prod.
Faun. Medit. Voi. I, pag. 121-1'22) ed il Blanchard (Art. Hirudinées in Dict.
Encyclop. d. Se. Med. pag. 160) dice aver grandi analogie con i Tristomi e
stabilisce ancora la transizione tra gli Irudenei ed i Tristomi. I preparati
esaminati, per essere fatti in glicerina e conservati da lungo tempo, non per-
mettono di dare un giudizio corto suU' Amphìbdella^ purtuttavia da quanto
ho potuto osservare, parmi poter concludere che V Ampliibdella per la forma
generale del corpo, per la presenza di un piccolo disco, fornito di uncini
cintinosi e privo di ventose e per le aperture genitali, deve rientrare nella
sottofamiglia dei Gyrodactylidae e, jforse, per i quattro gx'andi uncini
chitinosi del disco, disposti due dorsalmente e due ventralmente ed accom-
pagnati da piccoli uncinuli , dovrebbe riferirsi al genei'e Tclraonchiis.
Parigi 1 Giugno 1889.
(Nota aggiunta letta nella tornata del 15 giugno 1880)
— 117 —
Tristoinimi uncinatuui n. sp. — òN'olii del socio Fu. Sav.
Monticelli.
(Tornata del 3 Mcuv.o 18S9)
Nelle collezioni elmintologiclie del Museo Zoologico di Lipsia, che
il prof. Leuckart mi ha gentilmente permesso di studiare, ho trovato,
sotto il nome di Epibdella hi^ppoglossi, var. Pleuronectes, un Tri-
stomidae che io ritengo per una nuova specie del genere Tristo-
'))iimi Cuv., quale io l'ho ristabilito nel mio saggio di una morfologia
dei Trematodi (pag. 87 e 97), contrariamente alla opinione del Ta-
schenberg (Zeit, f. Naturw. Halle, 54 Bd. pag. 565), che lo ha fuso in-
sieme agli altri generi di Tristomidae a formare l'unico genere
Tfistoìiium Tasch. (IJ. Chiamerò la nuova specie T. uncinatum.
Il T. ìincinalum misura appena 2 '/j-S V^ millimetri ; ha il corpo
allungato e rassomiglia, per forma e grandezza, al T. pelami) dis del
Tasclienberg (op. cit. pag. 569), (2j (fig. 1). Le due ventose anteriori
sono grandi ed a forma di orecchie (fig. 1 e 3): la ventosa posteriore
è di mediocre grandezza e presenta sette raggi muscolari (fig. 1 e 4)
ed ha, come gli altri Tristomum, un margine membranoso pieghet-
tato ( fig. 2 e 4): all'inizio dei due raggi posteriori si scorgono due
coppie di tre piccolissimi uncini (fig. 4 e 5) della forma che ho dise-
gnata nella fig. 6. L'estremità posteriore del corpo, là dove s'inserisce
la ventosa posteriore, presenta una sensibile insenatura (fig. 2).
Quanto al sistema muscolare della n. sp., esso non differisce da
quanto è stato descritto nelle altre specie del genere. La bocca si
apre in mezzo e dietro le due ventose anteriori ( fig. 7 Z^j ; la faringe
è globosa, alquanto schiacciata ( fig. 7 /'.) : l'esofago è breve (e) ed
il tubo intestinale è diviso in due braccia (i), che si fondono posterior-
mente ad arco, dalle quali partono numerosi e ramosi ciechi [ci).
Il sistema nervoso è simile del tutto a quello delle altre specie
del genere.
(1) In f^iuesto mio lavoro, nel prospetto dei generi, per un errore sfug-
gitomi, ho assegnato sette a nove raggi alla ventosa posteriore del genere
Tì'islomum, mentre essi sono costantemente sette (v. pag. 97).
(2) Ho potuto vedere nel Museo Zoologico di Berlino ed in quello di
Halle i tipi di questa specie e ne ho anche studiato alcuui esemplari che
il Taschenberg ha voluto gentilmente donarmi. Le ricerche fatte mi auto-
lizzano a mantenere l'opinione esposta nel citato mio lavoro (pag. 87) che
deve riguardarsi una specie del reintegrato genere Tristomum Cuv.
— 118 —
Le aperture genitali sono disposte sul lato sinistro della faccia
ventrale come negli altri Tristomum (fig. 7 am, af). I numerosi te-
sticoli giacciono nel mezzo del corpo (fig. 7 ^) ed i singoli loro dotti
escretori si riuniscono e fondono in un unico vaso deferente (fig. 7
vd), che decorre lungo il lato sinistro del corpo ed arrivato all'altezza
del ricettacolo vitellino, si piega verso destra, fa un'ansa, e va a sboc-
care nella tasca del pene, che è cilindrica allungata ed alquanto rigon-
fiata alla base (fig. 7 fp).
L'ovario è rotondeggiante e di mediocre grandezza e giace nel
terzo medio ed anteriore del corpo, innanzi ai testicoli (fig. 7 ov). Dal-
l'ovario parte un ovidutto interno (1) (fig. 7 odi) , il quale presto si
slarga a formare un utero fusiforme id) e poi si restringe di nuovo
a formare l'ovidutto esterno ( fig. 7 ode ). che si apre allo esterno
con una larga bocca (fig. 7 af). I vitellogeni assai numerosi e roton-
deggianti snno sparsi per tutto il corpo, ma specialmente aggruppati
lungo i lati. I vitellodutti dei due lati si fondono ad arco nella parte
posteriore del corpo, ed, anteriormente, all'altezza dell'ovario, sono
riuniti da un vitellodutto trasversale che nel suo mezzo presenta
un rigonfiamento assai pronunziato, che è il ricettacolo vitellino (fig.
7 Viti, vi, rv). Dal ricettacolo vitellino parte un dottolino che sbocca
nell'ovidutto interno. Le glandolo del guscio sboccano, come d'ordina-
rio, alla base dell'utero (fig. 7 glg)-
La vagina sbocca anch'essa sul lato destro della faccia ventrale
dietro lo sbocco dell' ovidutto ( fig. 7 v, sv ): essa presenta lungo il
suo decorso un leggiero slargamento , che può riguardarsi come un
ricettacolo seminale interno ( fig. 7 rsi), e parmi sbocchi non nel ri-
cettacolo vitellino, come ha osservato il Taschenberg nel T. papil-
losuìii (Abh. Naturf. Ges. Halle, Bd. 14, Taf. IL), ma direttamente
nell'ovidutto interno (v. fig. 7).
Caratteristica è la forma delle uova della n. sp. che ho rappre-
sentata nella fig. 8.
Leipzig, Zoologisches Institiit, 18 Febbraio 1889.
(1) Seguo così nelbi, enumerazione delle parti esterno, comj! delle parti
anatomiche la nomenclatura che ho proposta nel mio. aSaggio di una mor-
fologia dei Trematodi. Napoli, F.Ui Ferrante editori 1888)).
Bp/1. dJi-c. dij\'at. e 71 .Va/wU^An ///J-^uj-c. H.
Tuv./V.
7r. Saz/Moniicèiù, oUs
St iii~-'lSe.riru?-J\/aflo&-
— 119 —
SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA
b bocca
/ faringe
e esofago
i braccia intestinali
ci ciechi intestinali
am apertura genitale maschile
t testicoli
vd vaso deferente
tp tasca del pene
af apertura genitale femminile
ov ovario
odi ovidutto interno
tit utero
ode ovidutto esterno
glg glandolo del guscio
V vagina
vtl vitellogeni
vt, vitellodutti
rv ricettacolo vitellino
sv sbocco della vagina
rsi ricettacolo seminale interno
Fig. 1. — T ristomum uneinatum n. sp. alquanto ingrandito.
„ 2. — Parte posteriore del corpo, lato dorsale, molto ingrandita.
„ 3. — Una ventosa anteriore. Sist. Zeiss. -, camera chiara Abbe,
„ 4. — Ventosa posteriore vista di fronte molto ingrandita ( metà
posteriore ).
„ 5. — Disposizione degli uncini della ventosa. Sist. Zeiss. -j", >ca-
mera Abbe.
„ 6. — Un uncino molto ingrandito. Sist. Zeiss -
„ 7. — Parte anteriore del corpo per lasciar vedere l'apparato di-
gerente e la disposizione e gli sbocchi degli organi genitali.
— 120 —
Intorno all' Anatomia e Fisiologia dell' Apparato
riproduttore delle Aplysiae del Golfo di Na-
poli. — Nota preliminare del socio G. F. Mazzarelli.
(Tornata del 28 aprile 1880)
Espongo in questa nota le conclusioni a cui sono sinora giunto
nelle mie ricerche sull'apparato riproduttore delle Aplysiae del Golfo,
di Napoli, limitandomi por ora alla sola parte anatomica e fisiologica.
Queste conclusioni sono le seguenti :
1.) La glandola ermafrodisiaca è sempre notevolmente gran-
de e presenta, massime nella sua superficie inferiore, (1), i suoi lo-
buli, sebbene molto conglomerati, pure abbastanza evidenti, special-
mente nell'A. punctata, Cuv, dove questi sono molto meno riuniti.
Essa è più compatta quindi nell' A. limacina, L. e nell'A. depilans,
L, che neir A. punctata. Si distingue dal fegato, che vi penetra con
ramificazione dendritica — secondo l'esatta immagine di Delle Ghiaie —
solamente pel suo colore ordinariamente più chiaro. Questo colore
può avere tutte le gradazioni dell'arancio, del giallo, del verdognolo,
e ciò secondo gl'individui, non secondo le specie. Talora però questo
colore è il medesimo di quello del fegato, ed allora non è facile di-
stinguernela. Tra il fegato e la glandola ermafrodisiaca passa l'ul-
tima porzione dell' intestino retto. Dalla superficie inferiore della glan-
dola esce fuori da un ilo centrale il piccolo condotto ermafrodisiaco
definitivo, alla cui formazione concorrono due tronchi secondari, co-
stituiti dalla riunione dei tronchi primitivi, provenienti dai follicoli
della glandola medesima.
2) Il piccolo condotto ermafrodisiaco — ovidutto di Gu-
vier e di Delle Chiaje , epididimo di Meckel — corre sul principio
parallelo all' ultima porzione del retto e si presenta diversamente se-
condo le specie :
Neil' A. limacina corre da prima quasi senza alcuna sinuosità,
sinché giunge presso le glandolo dell' albume e del nidamento. Quivi
solamente, contornando la sommità anteriore delle medesime, segue
un corso assai tortuoso, aderendo da un lato alle glandolo sottostanti,
e dall'altro al grande condotto ermafrodisiaco. Indi passa tra questo
e la spermatocisti (o tasca seminale) aderendo all'uno e all'altra, e
passa poi sopra al collo di quest'ultima, al quale anche aderisce. Poi
gira dietro alla| spermatocisti, diventando sottilissimo, e subito, au-
mentando di poco il suo diametro, descrive una curva abbastanza
(1) L' animale è sempre considerato aperto dal lato ventrale.
— 121 —
ampia, passando sul lato anteriore destro delle glandole dell' albume
e del nidamento. Volge poi verso l'origine del grande condotto er-
mafrodisiaco, e s' interna nelle glandole sottostanti nel punto y della
figura {a, a ultimo tratto del percorso del piccolo condotto ermafro-
disiaco).
Neil' A. depilans il piccolo condotto ermafrodisiaco è assai lungo,
corre grandemente tortuoso sin dalla sua origine, e, quando raggiunge
le glandole dell' albume e del nidamento, vi è connesso molto forte-
mente. Nel resto si comporta come nell'A. Umacina; solo la curva
a, et del piccolo condotto ermafrodisiaco è notevolmente più piccola.
Neir^. piinctata il piccolo condotto ermafrodisiaco procede sul
principio quasi in linea retta, come nell'A. Ivmacina, poi è legger-
mente sinuoso, e, raggiunte le glandole dell'albume e del nidamento
segue un corso tortuoso si, ma anche meno che nell' A. Ihnacina. II
suo diametro è assai piccolo. Questo condotto non corre qui paral-
lelo all'ultima porzione del retto, ma la taglia obbliquamente. Nel
resto si comporta come nell' A. depilans.
3). La glandola dell'albume, di color giallo pallido e di po-
chissima consistenza, si presenta come una vasta sacca ripiegata più
volte — come si può agevolmente vedere facendo una sezione longitu-
dinale dello due glandole riunite— contenente una sostanza semifluida,
attaccaticcia: 1' albume. Intorno ad essa si avvolge in doppia spira la
glandola del nidaìnenfo, che è un grosso cordone trasversalmente
striato di colore giallo più intenso (oppuro arancio) e di maggiore
consistenza, che ha origine dalla glandola dell'albume medesima— co-
me può vedersi anche da una figura data da Meckel , il quale de-
scrisse il cammino di questo cordone (1). Le strie che questo presenta
risultano poi da serie parallele di cellule secernenti e da spazi cana-
liculati interposti, in cui esse cellule sboccano. La glandola del nida-
mento avvolge siffattamente la glandola dell'albume da lasciarne
scoperto solamente un piccolo spazio anteriormente, il quale spazio
(1) Meckel Ueber den Geschl&ch tsapparat einiger herma-
prhoditischer Thiere_, in: Mììller's Archiv , 1844 2>- 499 « das
Ganze (il complesso delle glandole dell' albume e del nidamento.) lasst
sich vielmehr in einen weiten spiralig aufwiirts und wleder abwiirts sich
um sich selbst windenden blinden Gang autlosen.. » Vedi poi fig. 7, tav.
XV e, f, glandola deU'albmTie, g, h, glandola del nidamento. Meckel inol-
tre, avendo studiato istologicamente il cordone sopramenzionato, dichiarò
pel primo che la sua struttura si avvicinava molto a quella della glandola
del nidamento dei Cefalopodi : a Der Bau der Druse stimmt sehr mit der
Nidamentaldrùse der Cephalopoden ùberein. » p. 499.
— 122 —
si presenta anche striato trasversalmente. Sul lato destro anteriore
di questo complesso di glandolo, e propriamente in corrispondenza
della porzione scoperta della glandola dell'albume, si trova un sot-
tilissimo canalicolo avvolto più volte su sé stesso, descritte già come
epididimo da Cuvier. Questo canalicolo g (vedi figura) da un lato nel
punto z emerge dalle glandolo sottoposte e dall' altro si continua con
un canalicolo /i' dapprima tortuoso, e che, aumentando di diametro,
cessa di esser tale, e gira spiralmente attorno alla glandola del ni-
damento sino all' estremo posteriore di questo complesso glandolare
{h-, A^ /i,*). Indi torna indietro sempre spiralmente (/i^ h^,) sino al
punto X in cui penetra nella glandola sottoposta. Dal punto y — che
e il punto medesimo in cui penetra internamente il piccolo condotto
ermafrodisìaco a — esce fuori un altro condotto ?', che, girato spi-
ralmente sino all' estremo posteriore del complesso glandolare {i^, i^)
torna indietro con una larga spirale (i\ i^), e si continua diretta-
mente col condotto k, k* del grande condotto ermafrodisìaco.
Ora, esposta cosi la topografia generale di questi condotti, pas-
siamo a vederne i rapporti. Il piccolo condotto ermafradisiaco a, che
— 123 -
nel punto ?/ penetra nelle piandole sottoposte, dopo poco, internandosi
più 0 meno secondo gT individui, volge a desti'a e si dilata, foi-mando
una camera triangi)laro [h) o camera di separazione, la quale manda
anteriormente un canalicolo d— piccolo deferente,— che, enct-ato nel
grande condotto ermafrodisiaco, piega a sinistra, e sbocca nella sper-
matocisti e, e posteriormente un altro canalicolo e— ovidutto— , che,
divenendo assai sottile, appare al di fuori nel punto z, continuandosi
direttamente col canalicolo^ — ovidutto— e quindi col condotto (/i', —
/i",). Quest' ultimo nel punto x penetra nello spessore della glandola
sottostante, e, conservando il proprio diametro, descrive uà arco più o
meno ampio, e appare al di fuori nel punto ;/, continuandosi col con-
dotto ^*-^^. Lungo tutto il condotto spirale /i'-i^ (2'' porzione dell' o vi -
dulto) si aprono gli interspazi sopramenzionati — concorrenti a for-
mare le strie della glandola del nidamento — i quali vi portano il ni-
damento destinato ad involgere le uova, dopocliè queste si sono già
avvolte d'albume (l .
Tutto ciò si osserva nell'A. limacina e nell'^. depHans. Sol-
tanto in quest'ultima specie la continuazione del canalicolo h^ è molto
più evidente, e questo canalicolo /i', prima di diventare spirale, segue
un corso assai più tortuoso. Inoltre il piccolo condotto ermafri)disiaco
a, forma a sinistra e non a destra la camera triangolare h. Infine
la glandola dell' albume è più ccoperta, e spesso presenta una tinta
grigiastra.
Neil' A. punctata invece il grosso cordone che costituisce la glan-
del del nidameato gira solo tre volte intorno alla glandola dell'albu-
me, di cui lascia scoperta tutta la superfìcie superiore, contornandone
solamente i margini col suo secondo giro , e ricoprendone tutta la
superficie inferiore col primo e col terzo giro. Il condotto li^-h^ che
fa seguito al condottino g, originatosi nel punto z, compie un solo
giro intorno alla glandola del nidamento, e s' interna nel punto x. Il
colore della glandola del nidamento è qui talora arancio o giallo —
ordinariamente negli individui piccoli— ma per lo più è verdognolo,
ovvero — massime negli individui bene sviluppati — , è azzurrognolo.
Quello della glandola dell'albume è il medesimo, ma più chiaro.
(1) La comunicazione tra il piccolo condotto ermafrodisiaco a, il con-
dottino (l e la spermatocisti e era stati veduta da Cuvier ( Sur le genre
Laplysia, etc, in: Ann. da Muscum, l. Il — 1803) che però non aveva no-
tato ne la camera triangolare b, né il condottino e. Egli considerava il
condotto a come ovidutto e li spermatocisti e come una tasca da uova.
Meckel (op. cit.) descrisse con poca esattezza quanto aveva visto Cuviek,
ma ne corresse le idee fisiologiche erronee.
— 124 —
La complessa struttura di guest' organo (le glandole dell' albume
e del nidamento riunite) h\ oggetto delle ricerche di Guvier (1).
Delle Chiaje (2) e Meckel (3); ma nessuno di essi potè seguire i con-
dotti spirali, e mostrarne esattamente i rapporti.
4). Il grande condotto erraafrodisiaco — vagina di Delle
Chiaje, attero di Meckel — si continua direttamente col condotto i^-i^
aumentando però di diametro, e varia secondo le specie come segue:
Neil' A. limacina è assai lungo, ha un diametro piuttosto pic-
colo, e segue un corso più o meno tortuoso secondo gli individui.
Dopo aver percorso i^della sua lunghezza esso presenta a destra un
5
lieve rigonfiamento n e subito, diminuendo di diametro, attraversa il
tegumento sottostante, e appare al di fuori, rivestendosi di un epitelio
fortemente pigmentato in nero, e correndo per un certo t ratto sotto
le branchie (4). Si apre poi sotto l' opercolo, anteriormente alle bran-
chie, continuandosi nella sua parte inferiore con la doccia sperma-
tica [p). Questo grande condotto ermafrodisiaco riceve a poca distanza
dalla sua origine la spermatocisti e, e, nel punto dove presenta il ri-
rigonfìaraento n sopra menzionato, riceve il condotto o della borsa
spermatica / — la cosi detta tasca copulatrice degli autori (Meckel e
poi Vayssière). Esso presenta la sua porzione li di color grigio scuro
quasi nero, la porzione mediana f — tra la spermatocisti e, e la borsa
spermatica l — di color bianco, e la porzione ìC- gialla o arancia.
Neir A. depilans il grande condotto ermafrodisiaco è corto, ha
un diametro considerevole, maggiore che nella specie precedente, ed
inoltre procede in linea retta sino al suo sbocco. Presenta anche un
rigonfiamento n, e poco dopo sbocca al di fuori nel medesimo punto
che neir A. limacina. Il percorso però tra il rigonfiamento n e lo
sbocco q è qui molto più corto. La spermatocisti viene ad inserirsi
assai prima che nell' A. limacina, quasi nel punto di origine del
grande condotto ermafrodisiaco.
Neil' A. 'punctata il grande condotto ermafrodisiaco è corto,- ha
un diametro relativamente piuttosto grande, e procede in linea retta
come neir A. depilans. Soltanto dopo il rigonfiamento n diminuisce
molto di diametro , volge a sinistra e penetra nel tegumento sotto-
(1) Op. cit.
(2) S. Delle Cuia.ik — Descrizione ed anatomia delle Aplisie, in: Alli del
lì. IslUulo cV Incoraggiamento— Napoli T. IV. JS.2S.
(3) Op. cit.
('i) Ciò era stato visto anche da Guvier (loc. cit. p. 307).
— 125 —
stante, attraversandolo assai obliquamente, e sljocca al di fuori, anche
sotto all'opercolo e avanti alle jjranchie (l), m\ più a destra. La
spermatocisti sbocca nel medesimo punto che noU'.l. depilane- La
borsa spermatica / ha un lungo e sottile condotto, che sbocca anche
nel rigonfiamento n. La porzione k del condotto è ordinariam3nt3
arancia o verdognola, non ner^.
Il grande condotto ermafrodislaco è distinlo in due condotti se-
condari aperti o doccie: l' uno, k, k^ {vagina), assai ampio, che offre
un gran numero di ripiegature trasversi li od oblique, molto grandi
dal lato k, il quale (cioè k, kJ) è la diretta continuazione del con-
dotto spirale i\ i^, e sbocca al di fuori nel punto q {vulva), l'altro /'
{grande de fercnf.e)— che presenta i suoi margini molto prominenti—
il quale trae origine dalla spermatocisti e (2) e sbocca al principio
del condotto o della borsa spermatica l. Questo condotto o pai dal-
l'altro lato, mediante il condotto m va al di fuori e si continua con
la doccia spermatica /;, che va ni pene (3). Questa borsa l — che
Cuvier considerava come vescica urinaria, e nella quale Delle Chlaje
pel primo trovò sperma, sperma che vi si trova sempre misto ad ab-
bondanti materia grasse e di varia colorazione — questa borsa adun-
que è affatto indipendente dalla vagina (k, k^) ed ò invece in co-
municazione da un lato con hi spermatocisti fej mediante il grande
deferente ffj, e dall'altro col pene, mediante il condotco (m) e la doc-
cia spermatica fp). Essa dunque non ha che fare con la tasca copu-
latrice di altri Gasteropodi, ma è semplicemente una seconda sper-
matocisti.
La vagina ha nel suo lato sinistro /.', (quello bruno) le pareti
molto più spesse che nel suo lato destro 7^', e, oltre alle phche tra-
sversali od oblique, presenta anche delle grandi pliche longitudinali,
(1) Questo sbocco occupa la medesima posizione auche nell'.l. Lesioni,
Rang e neir A. chierchiana, Mazzarelli e Zucc.vRui (Cfr. Mazzarelli e Zuc-
cARDi— Su di alcune Aplysiidae dell'Oceano Pacifico appar-
tenenti alla collezione Chierchia in- Bollell. Soc: Nat. in Napoli
JSS9, fase. /, e Aplysijidae dell'Oceano Pacifico raccolte dal
tenente di vascello G. Chierchia etc, in: Alti della fì. Accacl. dei
Lincei. Memorie. 18S9 ( in corso di stampa).
(2) Pare che Cuvier abbia veduta quest'origine (Cfr. op. cit. pi. 4 fig. 2).
(3) Meckel (op cit.) aveva visto il condotto m nell'-l. limacina, L. (.1.
camelus. Cu.). Egli lo dice « eine Farcho in der Scheide , welche zur
Leitung des Samens nach der Samentasche (la borsa spermatica /) bei der
Begattung dient. « (Vedi spiegaz. delle tav. fig. 7, n). Egli inoltre credeva
che questa borsa spei-matica si aprisse nel sonicanale femminile (p. iOO;.
— 126 —
che hanno l'aspetto di limitare altrettanti canali aperti. Ingannato
certamente da esse Delle Chiaje descrisse tre condotti secondari nel
grande condotto ermafrodisiaco. Due condotti aveva invece descritto
Cuvier, e due ne descrisse poi Meckel. Quelli visti da Cuvier cor-
rispondono forse — almeno a giudicarne dalla figura — ai due da
me descritti. Meckel invece considerò tutto il grande condotto erma-
frodisiaco come diviso in due semicanali (Halbkanalen), di cui l'uno,
il maschile, dalle pareti più spesse (dickhàutigen mànnlichen Halb-
kanal) corrisponde al lato k della vagina, e l'altro (il femminile)
dalle pareti più sottili (weiblichen drùmhàutigen Halbkanal) con-i-
sponde al lato ki della medesima. Egli non tenne conto del condotto
/', che ritenne come un semplice tramezzo, costituito da due promi-
nenti falde (2 vorspringende Faltenj — e ciò a motivo dei suoi mar-
gini prominenti (1). Tutto ciò ho osservato nell' A. limacina e nel-
r A. depilans.
5)- La doccia spermatica (p) nell' .1. limacina dopo aver
seguito un' ampia curva , sbocca quasi anteìHoy^mente al tentacolo
anteriore destro, penetrando nella guaina del pene. Neil' A. depilans
e neir A. punctata quasi subito dopo la sua origine procede obliqua-
mente in linea retta sino a sboccare lateralmente al tentacolo ante-
riore destro. Questo sbocco nellM. pìtnctata si trova più indietro che
neir A. depilans.
6). Il pene nell' A. limacina ha forma cilindrica, è relativa-
mente sottile, ed è assai allungato. E di color giallo o arancio, ed è
contenuto in una guaina che ha le pareti assai robuste e spesse an-
teriormente, e sottili e trasparenti posteriormente. In quest'ultima por-
zione della sua guaina (la posteriore) trovasi impiantata la base del
pene, il quale si estende poi sino alla porzione anteriore della sua guaina
medesima. La porzione anteriore, che è la più ampia e la più robusta,
presenta le sue pareti interne striate longitudinalmente da un certo
numero di robuste e prominenti pliche cutanee, in mezzo alle quali,
parallelamente, corre un solco profondo, che è la continuazione della
doccia spermatica. Le pliche cutanee sono rivestite da un epitelio for-
temente pigmentato in nero. La porzione posteriore non ha pliche
evidenti, non ha epitelio pigmentato (qualche volta solo notasi in esso
una scarsa pigmentazione) ed ha le pareti molto sottili. Ripeto qui
quanto ho già avuto occasione di notare altrove (2), che cioè in que-
(1) Meckel poi considera come vagina (Sclieide) solo il tratto interposto
tra lo sbocco della borsa spetmatica l e la vulva, tratto in cui veniva a
trovarsi il solco (Furche) sopra menzionato.
(2) Mazzarelm e Zuccardi op. cit.
- 127 —
sta porzicdie posteriore della guaina del pene — noli' .4. limacina
L, =A. fasciata, Poiret— non ho mai trovato quelle « nodosità car-
nose provvedute di punte della medesima natura » che Vayssière,
descrivendole e figurandole nell'.l. dejyilans, ha voluto generalizzare
anche all' A. limacina (1).
Alla porzione anteriore spossa e robusta non fa seguito bruscamente
la porzione posteriore sottile e trasparente, ma v'ò interposta una por-
zione mediana, che costituisce un graduale passaggio tra 1' una e
r altra.
Neir A. depilans il peno — anche eretto — è molto più corto
che neir yl. limacina; ma è molto più robusto, è assai compresso,
ed è di forma conica, con la punta leggermente curva. Esso è di
color nero, ed ha solo la punta bianca o gialliccia. La sua guaina
nell'insieme non differisce da quella dell'ai. ?m«cma che nella sua
porzione posteriore, la quale ha le pareti più spesse, e inoltre nella
sua faccia interna presenta un certo numero di nodosità — più grandi
e numerose presso la base del pene che altrove, giusta 1' osservazipne
di Vayssière (2) — ciascuna delle quali offre più punte acute di natura
chitinosa (3). Queste punte presentano una striatura trasversale, con-
centrica, la quale dipende evidentemente da strie di accrescimento.
Le nodosità in parola erano state viste sin dal 1822 da Delle Chiaje
neir A. depilans , L (A. leporina, D. Ch.), che le avevo conside-
rate come glandolo secernenti muco (4), mentre esse sono probabil-
mente degli organi di eccitamento. La doccia spermatica nel punto cui
raggiunge la base del pene forma una dilatazione ovoidale , dopo la
quale si restringe e continua sino alla punta. In questa specie non
v' è tra la porzione anteriore e la posteriore della guaina del pene
un graduale passaggio; ma l'una fa seguito bruscamente all'altra.
Neir A. 2)unctata il pene è anche corto, ed è giallo o arancio.
La sua guaina si presenta generalmente come nell'A. limacina. So-
lamente le pliche cutanee della regione anteriore, che ha le pareti
molto più sottili, hanno un pigmento spesso bruno-rossiccio. La por-
zione posteriore è sottile, e trasparente, e senz' alcuna nodosità.
(1) A. Vayssière — Reclierches anatoiniques sur les Mollu-
sques O pis th 0 brandi e s da Golf e deMarseille — 1. partie: Tecti-
branches, in: Ann. du Mu.ihim d'Ilhl. Nal. de Marseille ISS.") p. 59.
(2) Op. cit.
(3) Vayssière (luogo sopra citalo nel testo) le dice carnose ('charnues).
(4) Op. clt. La memoria fu presentata nel 1822.
♦ _ 128 —
Da queste conclusioni anatomiche credo di poterne dedurre che
lo sperma e le uova giunti nella camera triangolare h o camera di
separazione si dividono. L' uno prende il piccolo deferente d, va nelle
spermatocisti e, poi nel grande deferente /', indi nella borsa sper-
matica /. e poscia pel condottino m va nella doccia p, e quindi al
pene. Le altre prendono l'ovidutto g, h^n^, lungo il quale si avvol-
gono di albume e poi di nidamento, indi la vagina k, k\ e vengono
emesse dalla vulva q. Nell'accoppiamento il pene per la vulva q pe-
netra nella vagina k, k^, e lo sperma, parte per la forza con la quale
è eiaculato, parte per la grande attività degli spermatozoi penetra in
tutto l'ovidutto— che ho trovato spesso pieno di sperma in tutte le spe-
cie (1) — lungo il quale evidentemente deve avvenire la fecondazione,
prima che le uova si siano bene avvolte di nidamento o anche di
albume.
Non credo di tener conto nella presente nota delle recenti idee
di Saint-Loup (2), tendenti ad ammettere una divisione sessuale per
lo meno temporanea nelle Aplijsiac — per lo meno nell' A. lima-
cina — sembrandomi questa una conclusione troppo avventata, poi-
ché mentre da un lato contrasta singolarmente con le esperienze del
Fischer sulla fecondazione delle Aphjsiae (3) e ~ finora almeno —
anche con le mie proprie ricerche, dall' altro lato si poggia — per
ora almeno— sopra osservazioni scarse e di poco valore, che lasciano
quindi molto a desiderare (4).
Gabinetto di Anatomia comparata della R. Università di Napoli,
aprile 18S9.
(1) Ho trovato spesso sperma anche nella vagina (k, k').
(2) R. Saint-Loup — Observations anatomiques surles Aply-
siens in: Compi, rend. l. CVII. n. 2^p. 'IO IO. Paris Décenbre 1SSS e Sur
l'appareil reproducte ur de FAplysie. Compi, rdud. l. CVIII. n. 7.
p. 3()4. Paris Février 1SS9.
(3) P. Fischer — Observations surles Api y s ies— in: Ann. de Se
l. XI IL Paris 1870.
(4) Mi accordo completamente col Roiìert quanto alle ragioni da lui
esposte contro la strana idea del S.vint-Loup. E bene sapare pòi che que-
st'ultimo nella sua ultima nota ha già modificato il suo primitivo concetto,
poiché mentre prima ammetteva esclusivamente maschi o femmine (le fem-
mine però secondo lui stesso non sarebbero che degli ermafroditi) ora am -
mette Ire stadi, il primo di maschio , il secondo in cui vi sarebbero ele-
menti maschili e femminili in eguali proporzioni [ermafroditi) e il terzo in
cui gli elementi femminili sono in maggior ([uantità dei maschili (le fem-
mine di Saint-Loup) (!).
Quanto poi alle osservazioni del Rouert (Do l'hermapliroil itism e
— 129 —
La innervazione delle braccia dei Cefaloiiodi. —
Nota del socio Giuseppe Jatta.
(Tornata del 28 aprile 1889)
Una delle più importanti questioni che si è dibattuta e si dibatte
tuttora sopra la morfologia dei cefalopodi è quella di determinare il
valore morfologico delle braccia di questi animali. Non riporto la
letteratura relativa all'argomento, perchè sarebbe fuori luogo ed è
cosa da altri già fatta a bastanza bene; mi limito solamente a rife-
rire le due opinioni nelle quali si riassume tutta la quistione:
1." Le braccia sono di natura cefalica e secondo alcuni autori
rappresentano le appendici cefaliche degli altri molluschi, secondo
altri il velum.
2." Le braccia sono di natura pedale ed insieme con l' imbuto
rappresentano il podium.
La innervazione può da sola fornire una valida prova della na-
tura pedale o cefalica delle braccia. Infatti è noto, che gli organi
appartenenti alla regione cefalica sono sempre innervati dai gangli
cerebrali, mentre il podium e gli organi che sono in rapporto con
esso ricevono i loro nervi dai gangli pedali.
Molti autori si sono occupati della origine dei nervi brachiali e
varie sono le conchiusioni cui sono pervenuti. Delle Ghiaie (1), Van
Beneden (2) Chèron (3) Owsiannikow e Kowalevsky (4), Huxley (5)
de s Aplysies. Comp^. rcnd. l. CVIIL n 4 p. 198 Paris Janvicr 1889)
suir apparato riproduttore ^delle ApUjsla:, osservazioni a cui egli accenna
appena, aspetto che egli pubblichi il lavoro completo per poterle prendere
in esame. Quanto a quelle del Sunt-Loup aspetto che l'Autore le esponga
con una certa chiarezza. Intanto noto che le due opinioni emesse dal Ro-
bert e dal Saint-Loup riguardo alla così detta tasca copulatrice non sem-
brano avere riscontro nei fatti, e mantengo intanto la mia, che, se non al-
tro, si fonda sopra dei rapporti anatomici. Inoltre lo sperma si trova quasi
costantemente in questa borsa.
(1) Delle Ghiaie —Me m. sulla storia e sulla notomia degli
animali senza vertebre dei Regno di Napoli. Napoli i829, IV.
(2) Van Beneden — E xerc anatom. I. Bruxelles, i839.
(3) Cheron J.' — Rech. p. servir àl'hist. du syst. nerveux des
Cephalopodes dibranchiaux. Ann. ci. se. nal. V. ser. T. V. 187o.
(4) OwsjANNiKOW ET KowALEVsKV — U 6 b 0 T das C 0 n t r a 1 u 0 p v 0 u-
system und das Gehurorgan der Cephalopode n. il/J/n. yiccarf. mp-
d. se. d. St. Petershourg YII ser. T. XI, 1867.
(5) Huxley — On the Morphology of the Cephalous Mollusca.
Phil trans. J853.
— 130 —
e Spengel (1) notarono, che i nervi delle braccia si originano dal
primo ganglio sottoesofageo. Owsiannikow e Kowalevsky farono i
primi a richiamare l'attenzione sopra l'intima relazione, che esiste
fra la sostanza midollare del primo e del secondo ganglio sottoesofa-
geo. Von Jhering (2) ammise, che i nervi brachiali si originano dal
ganglio brachiale, ma opinò che l' intima connessione, che esiste fra
le diverse parti del sistema nervoso dei cefaiopodi non permette una
distinzione morfologica fra di esse. Egli conchiuse a favore della omo-
logia delle braccia con i tentacoli del capo degli altri molluschi, e
dell'imbuto con il piede. Dietl (3) riscontrò anche l'origine dei nervi
brachiali nel primo ganglio sottoesofageo, ma notò che una gran parte
delle fibre costituenti tali nervi fanno parte della commissura late-
rale anteriore e provengono dai gangli sopraesofagei. Di questa os-
servazione si valse il Grobben (4) per sostenere la omologia delle
braccia dei cefalopodi con le appendici cefaliche del Nautilus e con
i cirri degli Scafopodi.
Recentemente il Pelseneer (5) ha trattata largamente la quistione
ed ha cercato nell' anatomia comparata, nella embriologia e nella in-
nervazione i dati per definire la vera natura delle braccia. Per quanto
riguarda la innervazione anch" egli trova la origine dei nervi bra-
chiali nel primo ganglio sottoesofageo e dimostra, che la commissura
laterale anteriore è una formazione secondaria e posteriore a quella
del ganglio brachiale.
Lasciando da parte lo strano argomentare di Jhering — in con-
tradizione con le conoscenze finora acquisite sopra l' organizzazione
e lo sviluppo dei cefalopodi — risulta da quanto ho riferito, che so-
pra la origine dei nervi brachiali vi sono due opinioni ; cioè , che i
nervi brachiali prendano origine esclusivamente dal prim o ganglio
(1) Spengel J. W. — Die Gei uchso rgaii uncl das Nervensysteiu
der Moli US k e n. Zeit. f. wiss. Zool. 'ISSI.
(2) Von Jhering II. — Vergi eie bende Anat. d. Nervensystemes
und Phylogenie der Mollusken. Leipzig, 4877.
(3) Diete— Unters uchungen ueber die Organisation des Ge-
liirns wirbelloser Thiere (1. Ce phalopoden— Te thys) ^ilzungsber.
der Keiserl. Aliaci, des wiss. LXXVII, 4878.
(4) Gkobiìen — Z u r K e n n t n i s s der M o r p h o 1 o g i e und der V e r-
wandtschaftverhrdtnisse der Gephalo poden. Arb. Zool. Insl.
Wien. Bd, VII.
(ò) Pelseneeu P. — Sur la valeur nior p bolo giquc des bras et
la compo sition dusystéme n erve ux centrai des Céiihalopo-
des. Ardi, de Biologia T. Vili, 1888.
- 131 -
sottoesofageo, e che alla loro formazione concorrano fibre provenienti
da questo ganglio e fibre della coramissura laterale, vale a dire pro-
venienti dai gangli cerebrali.
La parte sottoesofagea del sistema nervoso centrale dei cefalo-
podi consta di tre j^angli, situati l'uno dopo l'altro, di cui l'anteriore
è il ganglio brachiale della maggior parte degli autori, il medio da
cui si originano i nervi dell'imbuto ha ricevuto il nome di ganglio
pedale ed il posteriore da cui partono i nervi viscerali è stato chiamato
ganglio viscerale. Tanto il primo che il secondo ganglio sottoesofageo
sono divisi in due lobi. La sostanza midollare dei due gangli è in
diretta continuazione, per la qual cosa non esiste fra di essi una sepa-
razione ben distinta.
Lo studio dello serio di sezioni longitudinali e sagittali mi ha
posto in grado di seguire le fibre dei norvi brachiali fino alla loro
origine e di assodare con precisione i rapporti, che esse hanno con i
gangli e le fibre commissurali.
Le fibre di ciascun nervo brachiale formano un fascio, che at-
traversa in tutta la sua lunghezza il ganglio brachiale quindi pene-
tra nel ganglio pedale. Negli Octopodi quattro nervi attraversano un
lobo del ganglio brachiale e quattro T altro, nei Decapodi cinque ne
attraversano uno e cinque l'altro.
Avviene che i quattro o cinque nervi di ciascun lato si raccol-
gono in un unico fascio, il quale penetra nel lobo corrispondente del
ganglio pedale. I due fasci in cui si sono raccolte le fibre dei nervi
brachiali penetrati nella sostanza midollare del ganglio pedale vi si
disperdono. Lungo il tragitto attraverso il ganglio brachiale i singoli
nervi brachiali sono rinforzati da fibre provenienti da questo ganglio.
Per quanto abbia cercato non mi è riuscito di constatare rap-
porto alcuno fra le fibre della commissura laterale anteriore e quelle
dei nervi brachiali. La commissura pervenuta nel ganglio brachiale
si disperde nella sostanza midollare e confonde con quelle del ganglio
le sue fibre, di cui non è possibile seguire ulteriormente il cammino.
Non ho visto mai fibre della commissura prender parte alla forma-
zione dei nervi brachiali, quindi non posso convalidare la osserva-
zione del Dietl.
Dunque seguendo i nervi brachiali fino alla loro origine si trova,
che le fibre da cui sono formati provengono la maggior parte dal
ganglio pedale ed altre dal brachiale. Infatti studiando comparativa-
mente le sezioni longitudinali e sagittali del sistema nervoso centrale
dei cefalopodi si può facilmente osservare, che dal ganglio pedale
partono due fasci di fibre, ciascuno dei quali penetrato nel ganglio
brachiale si divide in quattro o cinque fasci secondarli, i quali altra-
— 152 —
versano in tutta la sua lunghezza il ganglio brachiale e rinforzati
da fibre di questo ganglio vanno a formare i nervi brachiali.
L' osservazione di tale fatto mentre dimostra, che non sono da
accettarsi le due opinioni innanzi riportate sopra la innervazione delle
braccia, permette di sostituirvi quest'altra: i nervi brachiali
prendono origine dal ganglio pedale, di cui il ganglio
brachiale può considerarsi come accessorio. (1)
Il fatto che le braccia sono innervate dal medesimo ganglio, che
innerva l'imbuto, a ragione da tutti considerato come omologo al j;o-
dhim od a parte di esso, fornisce una nuova e valida prova a favore
della natura pedale delle bracci'a.
Resterebbe ora a vedere se le braccia dei cefalopodi siano da
rapportarsi ad una delle parti in cui è diviso il podiitm dei mollu-
schi, oppure rapprasentino una nuova formazione del medesimo.
Questo argomento sarà trattato in altro lavoro.
Napoli, Stazione Zoologica, Aprile 1889.
Di un Distoma delV Acanthìas milgavis — Nota prelimi-
nare del Socio F. Sav. Monticelli.
( Tornata del 16 Giugno 1880 )
X)q\V Acanthias vulgaris finora era noto un sol Distomum ivo-
vato dal Baird nello stomaco e descritto col nome di D. microce-
phalum (Gat. Ent. Brit. Mus. pag. 51, PI. 2, fig. 2) (2) Recentemente
(1) Questo modo di considerare il g. brachiale è avvalorato da ciò che
il Pelseneer ha dimostrato per mezzo dell' embriologia, vale a dire, che il
ganglio brachiale sia di formazione secondai ia. 3i spiega facilmente la for-
mazione e lo sviluppo di questo ganglio accessorio , se si tiene conto del"
l'enorme sviluppo preso dalle braccia: si riscontra fra queste e quello un
giusto rapporto.
(2) Ho avuto l'opportunità di esaminarle i tipi di questa specie dei
Baird nel British Museum : essi sono due individui', uno dei quali è molto
deformato, ma coincide perfettamente con le flgui-e del Baird. Dall'esame
fatto ho potuto stabilire che i due individui del Baird altro non sono che
due piccoli e molto contratti D. veliponim, Distoma comune a tutti i Plagio-
stomi, e ciò sia per la forma del loro corpo, sia per la grandezza della ven-
tosa posteriore maggiore di quella anteriore, caratteri del tutto identici a
quelli del D. veliponim, e sia, inrmL\ parche nell'interno della ventosa poste-
riore dell'individuo meglio conservato si scorgeva un lembo del velum ca-
ratteristico del D. veliponim. Nò è da ainvcaro meraviglia che si possano tro-
— 133 —
il Lopez ( Proc. Verb. Soc. Tose. Voi. 8, Luglio 1888. ) ha descritto
col nome di D. Richiardii un Distomum trovato dal Prof. Richiardi
nella cavità del corpo di un Acanlìiias vulgaris, che egli crede pro-
babilmente nuovo.
Infatti il D. Richiardii è una nuova specie del genere. Io ne
avevo trovato un unico esemplare in Napoli nella primavera del 1886
nella cavità del corpo di un Acanthias vulgaris ( e credetti, allora,
si trattasse del D. microcephahon, a giudicare dalla frase diagno-
stica del Diesing) e recentemente l'ottimo amico Lo Bianco me ne ha
inviati a Lipsia un gran numero di esemplari trovati anch'essi nella
cavità del corpo di un Jicanthias del Golfo di Napoli, i quali mi hanno
permesso di completarne lo studio,
L' anatomia di questo Distoma è molto caratteristica per la dispo-
sizione d^gli organi genitali, che si discosta dalla comune degli altri
Distomi. Infatti :
I. I testicoli , che in tutti i Distomi sono d' ordinario due (1) e
situati per lo più fra le braccia intestinaU, quando queste sono lunghe,
nel D. Richardii sono numerosi e disposti in due gruppi a mò di due
grappoli dai due lati del corpo, fuori le braccia intestinaU, che, assai
vare esemplari piccoli del I). celiporum, d'ordinario di grandi dimensioni, per-
chè appunto le dimensioni di questo Distoma sono variabilissime come ho
potuto scorgere io stesso a Napoli e nei Musei di Vienna, di Berlino e di
Greifswald. In quest' ultimo ho potuto esaminare i tipi del Creplin, autore
della specie, e ne ho trovati di tutte le dimensioni e financo dei piccolissimi.
A proposito della fusione del D. insigne Diesing//). Scymni Risso) proposta an-
che ultimamente dallo Stossich nel suo prospetto dei Distomi dei Pesci, devo
dire che è perfettamente giusta: l.** perchè la frase del Eisso ( Hist. nat.
de l'Europe merid. Voi. V. pag. 262) che per primo ha descritta questa
specie è molto incompleta^ 2.o perchè la differenza di una certa importanza
fra i due è 1' assenza del velum alla ventosa posteriore della specie del
Risso. Ma il velum descritto del Creplin non è sempre visibile in tutti gl'in-
dividui cosi in alcool che a fresco ed io ho potuto constatare che fra tutti
gli esemplari tipici del Creplin del Museo di Greifswald in uno solo il velo
era visibile chiaramente, negli altri era più o meno appariscente e nei più
invisibile, quindi è probabile che Risso non l'abbia visto nel suo individuo
àelV Echimorhynus spinosus. A tutto ciò va aggiunto che io stesso ho trovato
neir£. spinosus del Golfo di Napoli dei tipici D. veliporum.
(1) Recentemente lo Stossich (Appendice al mio lavoro « I distomi dei
pesci marini e di acqua dolce » in: Programma Ginnasio Comunale Trieste
Anno XXV, pag. 7) ha descritto un Distomum della Corvina nigra, che, ec-
cezionalmente, presenta 2i testicoli disposti in due serie longitudinali nel
mezzo del corpo : egli lo chiama Distomum polyorchis e fonda per questo
il subgenere Polyorchis.
— 134 -
lunghe e robuste, decorrono per tutta la lunghezza del corpo. I sin-
goli vasi deferenti dei due gruppi si fondono insieme, poco innanzi di
arrivare alla tasca del pene, in un deferente unico, il quale, prima
di sboccare nella tasca del pene, si rigontia a fermare un ricettacolo
seminale esterno. La tasca del pene è piccola e sbocca nell'antro ge-
nitale, molto piccolo, situato, come d'ordinario in tutti i Distomi,
innanzi la ventosa posteriore. I due grappoli testicolari sono stati
descritti dal Lopez come vitellogeni.
II. Il ricettacolo seminale interno (serbatoio vitellino del Lopez)
è enorme e giace innanzi e lateralmente all'ovario, che ha forma di
zampogna e si trova, come anche il ricettacolo vitellino, in mezzo ài
due gambi intestinali (come d'ordinario) quasi, all'altezza, della
ventosa posteriore.
III. Manca la vagina ( canale di Laurer ).
IV. I vitellogeni sono piccoli rispetto alla mole del Distoma, e si-
tuati anch' essi fuori i gambi intestinali innanzi ai grappoli testicolari.
I vi,tellodutti dei due lati nell' incontrarsi nel mezzo del corpo for-
mano un largo ricettacolo vitellino. Il Lopez ha creduti i vitellogeni
due germigeni e due germidutti i vitellodutti.
La particolarità piìi saliente di tutte è certamente 1' assenza della
vagina ( canale di Laurer ) fatto questo che finora non è stato de-
scritto in nessun Trematode. Se questa assenza si verifichi solo negli
adulti con utero pieno di uova o anche nei giovani questo non posso
dire, perchè tutti gli individui esaminati avevano l' utero pieno di uova.
Nello stato atttuale delle conoscenze l'assenza del canale di Lau-
rer e l'enorme ricettacolo seminale interno, parlano molto in favore
di coloro che ammettono e cercano di dimostrare che 1* accoppiamento
si compia per l'ovidutto , (I) ma ciò non distrugge la mia opinione,
espressa nel mio saggio di una Morfologia dei Trematodi a pag. 65,
che il canale di Laurer rappresenti morfologicamente la vagina dei
monogenetici e dei Cestodi e che ora, d' ordinario, non funzioni più
come organo di accoppiamento, anzi, a parer mio, essa ne viene con
fermata, perchè appunto in rapporto alla mancata funzione la vagina
potrebbe essersi atrofizzata, come io mi penso sia da ritenersi avve-
nuto nel D. Richiardii.
Londra il P Maggio 1889.
(1) Nel caso presente dovrebbe ammettersi che l' accoppiamento avvenga
prima che cominci la produzione delle uova e che lo sperma si accumuli
nel ricettacolo seminale interno per fecondare le uova a misura che esse
vengono prodotte e dall'ovario passano nell' ovidutto interno. Lo sbocco
del ricettacolo seminale alla base di quest' ultimo, sembra giustificare que-
sta supposizione.
- 135 —
Sintesi dell' acido timolciiiiiiiinico. — Nola del socio
Luigi Nicotera.
(Tornata del IG giugno 1889)
Ho preparato l'acido timolcinnamico scaldando a bagno d'olio,
in apparecchio a ricadere, tra 150" 160", per sei ore, grammi 92 di
timolglicolato (1) sodico disseccato alla stufa tra 110" 120", grammi
43 di aldeide benzoica e grammi 180 di anidride acetica, cioè pressa
a poco una molecola di timolglicolato per una di aldeide, ed un peso
di anidride acetica circa quattro volte maggiore di quello dell'aldeide
impiegata.
Per il riscaldamento il sale si sciolse ed il liquido acquistò una
leggiera tinta giallastra.
Il prodotto della reazione, liquido a caldo, col raffreddamento si
rapprese in una massa bruna in ì piccoli mammelloni formati da pic-
colissimi aghi setacei.
Diluendo con acqua (circa V, litro), facendo bollire, per decom-
porre r eccesso di anidride acetica impiegata, e lasciando in seguito
raffreddare , si ottenne una sostanza oleosa rimasta indisciolta , che
non tardò a trasformarsi in una massa molle e gialliccia. Questa so-
stanza, separata dal liquido venne scaldata con soluzione di carbonato
sodico al 20 % in eccesso e dopo raffreddamento agitata tre volte
con etere.
Dal liquido alcalino, liberato completamente dall'etere, per l'ag-
giunta di acido cloridrico diluito, precipitò una sostanza fioccosa bianca,
mischiata con un'altra oleosa gialla. Si cercò di purificare la prima
cristallizzandola dall'alcool acquoso, ma si ebbi sempre inquinata
dalla sostanza gialla.
Si trattò quindi con acqua bollente otto volte e si ottennero così
otto frazioni, i cui punti di fusione variavano tra 116°-146''; tutte parò
mischiate più o meno con la sostanza oleosa gialla saddetta.
Queste diverse frazioni unite assieme furono trattate con etere
di petrolio bollente. Si filtrò: sul filtrò rimase una massa bianca in
piccoli aghetti, che fu riconosciuto in seguito essere acido timolgli-
colico inalterato.
L'etere di petrolio filtrato, fortemente colorato in giallo, si di-
stillò: come residuo della distillazione si ebbe un olio bruno ed attac-
(1) L'acido timolglicolico fu preparato col metodo indicato da Spica
(Gazzetta chimica itahana 1880 pag. 340) e fondeva a 149.°
— 136 —
caticcio, che fatto bollire parecchie ore con acqua di barite, con addi-
zione di alcool, si sciolse quasi completamente.
La soluzione baritica, liberata dall'eccesso di base per mezzo
dell'anidride carbonica e filtrata a caldo, col raffreddamento lasciò
depositare degli aghetti giallastri, i quali furono sciolti a caldo nel-
r acqua e la soluzione fu precipitata con acido cloridrico. Si ottenne
così un acido in fiocchi bianchi, che raccolto, lavato e cristallizzato
dall'alcool si depositò sotto forma di un olio, che anche dopo sedici
ore non si solidificava: però agitando, l' olio si solidificò in una massa
cristallina bianca e contemporanearaento dall' alcool soprastante si se-
pararono dei piccoli aghi disposti a stella; p. f. 130".
Anche la sostanza ottenuta per la solidificazione dell' olio fon-
deva a 136.°
Quest'acido cristallizzato una seconda volta dall'alcool si pre-
senta in piccoli aghi incolori ed inodori. È pochissimo solubile nel-
r acqua fredda, meglio nella calda, solubilissimo nell' alcool e nel-
r etere. Scaldato sulla lamina di platino fonde in un liquido bruno di
odore aromatico e si volatilizza immediatamente in modo che non ha
il tempo di poter bruciare. Fonde benissimo a 136° e dopo solidificato
torna a fondere alla stessa temperatura.
All'analisi ha dato i seguenti risultati:
I. Gr. 0,163 di sostanza diedero gr. 0,099 di acqua e gr, 0,458
di anidride carbonica,
II. Gr. 0,146 di sostanza diedero gr. 0,089 di acqua e gr. 0,411
di anidride carbonica.
cioè per cento
I
II
Carbonio 76,63
76,77
Idrogeno 6,74
6,77
Per la formola dell' acido timolcinnamico
si calcola per cento
Carbonio 77,02
Idrogeno 6,75 (1)
(1) In diverse combustioni^ perciò andate male, nel tubo a cloruro di
calcio si ebbe un olio bruno, di odore aromatico, di reazione fortemente
acida, che posto sulla pelle produce un senso di bruciore: la piccola quan-
tità di sostanza di cui poteva dispoiTe non mi ha permesso di studiare
questo prodotto, di cui però mi riserbo di occuparmi in seguito.
— 137 —
Seguendo il metodo ordinario di spiegare la reazione di Perkyn
al nuovo acido spetterebbe la formola
CeH3-.-CH-.-G-
•CCOH
CcHj
C3K,
CH,
Sale d' argento. — Quasto sale fu preparato precipitando la so-
luzione di timolcinnamato ammonico con nitrato d' argento; è bianco
ed alterabile un poco all' aria massimamente quando è umido.
Disseccato nel vuoto in presenza di acido solforico è stato sotto-
posto all'analisi.
I. Gr. 0,216 di sale calcinati diedero un residuo di gr. 0,055 di
argento.
IT. Gr. 0,1775 fornirono gr. 0,082 di acqua e gr. 0,3745 di ani-
dride carbonica.
III. Gr, 0,1805 diedero gr. 0,085 di acqua e gr. 0,3785 di ani-
dride carbonica,
cioè per cento.
I II
Argento 25,46 »
Carbonio » 57,.54
Idrogeno » 5,13
III
»
57,18
5,23
Per la formola CiaHigOjAg si calcola per cento
Argento 26,73
Carbonio 56,82
Idrogeno 4,71
Sale bariiico. — Questo sale fu ottenuto trattando V acido con
acqua di barite, eliminando l' eccesso di base con l' anidride carbonica
e filtrando a caldo. Per raffreddamento della soluzione si depositarono
dei piccoli aghetti giallastri, che raccolti, lavati ed asciugati fra carte
si lasciarono all'aria fino a divenire friabili.
Questo sale contiene acqua di cristallizzazione. Infatti
Gr. 0,371 di sale scaldati in un crogiuolo alia stufa ad aria pri-
ma per tre ore a 110*^-120°, poscia per un ora a 120''-130'' e quindi
per due ore a 140° perdettero di peso gr. 0,0195, e poscia sottoposti
— 138 —
alla calcinazione con acido solforico diedero un residuo gr. di 0,111
di solfato baritico, donde si calcola per cento.
Acqua 5,25
Bario 18,56
Un sale della forinola
{Ci,E,A)z Ba+2 % H^O
perderebbe di
Acqua 5,82
ed il sale disidratato dovrebbe dare di
Bario 18,84
Rapportando il residuo di solfato baritico otteauto alla sostanza
idrata, si ha per cento
Bario 17,57
Pev il sale idrato con due molecole e mezzo di acqua si calcola
per cento
Bario J7,74
Istituto chimico della R. Università di Napoli — Aprile 1889.
Su r acido naftilamidoacetico. — Nota del socio 0.
Forte.
(Tornata del 16 t^iugno 1889)
Ho ottenuto questo nuovo ainido-ocido, che costituiva ancora una
lacuna nella serie delle glicocoUe, facendo agire 1' a naftilamina sul
l'acido monocloracetico.
Per la preparazione della naftilamina ho usato il metodo di Bal-
lo (1). In una capsula della capacità di circa 3 litri, scaldata a bagno
(1) Berichte, III, 674.
— 139 -
maria, si mescolano gr. 200 di nitronaftalina con egual peso di lima-
tura di ferro e si aggiungono a piccole porzioni gr. 300 di acido ace-
tico del commercio, avendo cura di aspettare che cessi l' effervescenza
provocata da una porzione prima di aggiungerne un' altra. Alla fine
dell' operazione si tratta la massa con latte di calce in piccolo eccesso,
e si distilla il lutto in una corrente di vapor d' acqua.
Il procosso seguito per la sintesi dell' acido naftilamidacetico è il
seguente :
Grammi 50 di naftilamina (2 mol.) si sciolgono in poco etere in
un pallone, e si aggiunge una soluzione del pari eterea di grammi
17 (1 mol.) di acido monocloracetico. Agitando un poco le due solu-
zioni si rapprendono tosto in una massa solida bianca; si aggiunge a
questa circa un litro e mezzo di acqua, si munisce il pallone di refri-
gerante a riflusso, e si porta all' ebollizione, lasciando passare acqua
nel refrigerante solo quando tutto l' etere sia stato scacciato. La massa
bianca si scioglie; il liquido, dapprima scolorato, piglia poi una tinta
violetta e si decolora, infine, di nuovo. Lo si fa bollire per 25 a 30 mi-
nuti e si svapora, quindi, a bagno maria. Durante l'evaporazione si
formano dei minuti cristalli rosei misti ad una sostanza resinosa bruna,
che si produce nello stesso tempo; ridotto il liquido a piccolo volume
si filtra a caldo: per raffreddamento cristallizza il cloridrato di nafti-
lamina. 11 residuo, cioè i cristallini rosei misti alla sostanza bruna,
si fa bollire a più riprese con acqua e carbonato baritico, si filtra
questa e, dopo raffreddamento, si precipita con acido cloridrico paro.
Questo trattamento con carbonato baritico è il più conveniente
per separare l'acido, mentre con altri tentativi ho avnto sempre for-
tissime perdite e prodotti molto sporchi. Il rendimento che si ha è
quasi il 50 % del teorico.
L' acido che cosi si ottiene è bianco, solubilissimo nell' alcool spe-
cialmente a caldo, solubile discretamente nell'acido acetico e nell'ace-
tone, poco nell'etere e nella benzina, pochissimo nell'acqua anche a
caldo. Si altera molto facilmente, come anche le sue soluzioni, all' aria
ed alla luce; ho tentato cristallizzarlo dall' alcool, ma si ha così una
grande perdita, giacché, come ho detto, vi è solubilissimo anche a fred-
do, e quando si cerca ottenerlo pei* concentrazione della soluzione, si
hanno dei prodotti resinosi molto sporchi. L'ho cristallizzato allora
da un miscuglio d' alcool e d' acqua (2 voi. d' alcool e 1 di acqua) dal
quale si ottiene in piccoli aghetti mai, però, bianchi, anche per ripe-
tute cristallizzazioni, ma sempre alquanto colorati in roseo.
Esso fonde a 192" senza decomposizione. La sua soluzione acquosa
ha debolissima reazione acida sul tornasole ; riduce a caldo le solu-
zioni di nitrato di argento e i sali di mìrcurio. Scioglie difficilissima-
— 140 —
mente gli ossidi d'argento e di piombo, non scioglie per niente quelli
di mercurio e di zinco.
All'analisi si ebbero i seguenti risultati:
I. Gr. 0, 1882 di acido diedero gr. 0, 5004 di CO, e gr. 0, 0986
di H,0;
il. Gr. 0, 1535 di sostanza diedero gr. 0, 4090 di CO3 e gr. 0, 0800
di H.O;
III. Gr. 0,2437 di sostanza diedero e. e. 14. 1 d'azoto a 13" e
751 mm25 ;
IV. Gr. 0,2495 di sostanza diedero ce. 13, 52 di azoto a 12" e
755 mm4 ;
E calcolando per cento si ha:
I
II
c =
72.51:
72.66
H =
5.82;
5.78
N =
—
—
III IV
6.74; 6.80
La teoria per 1' acido naftilamidacetico CH2-NHCjoH,.C00H ri-
chiede per cento :
C= 71.64
H = 5.47
N = 6.96
Se si nota una differenza di circa 1' 1 % nel carbonio deve attri-
buirsi alla grandissima difficoltà di ottenere l'acido perfettamente
puro ed alla facile sua decomponibilità, per cui si trova sempre un
poco inquinato di naftilamina.
Del detto acido ho studiato finora i seguenti derivati.
Naftilamidacetato di bario
(C^H,,,), oN04-2HBa,0
L'ho preparato trattando al solito 1' acido con soluzione d' idrato
baritico a caldo, decomponendo l' eccesso di questo con anidride car-
bonica, facendo bollire, filtrando e concentrando il liquido. Si otten-
gono per raff'reddamento dei piccoli prismi aggruppati a rosette, leg-
— 141 —
germente colorati in roseo, solubili anche nell' alcool. Seccati all' aria
ed analizzati diedero:
Ba%= 23.59
H,0 » = 6.24
La teoria richiede per (C.^HioNOa), Ba + 2H,0:
Ba % = 23.9
H^O » = 6.28
Nel sale anidro fu trovato:
Ba %= 25.18
mentre la teoria vuole:
Ba % = 25.51
Naftilamidacetato di rame
(C,,H,oN02)o Cu.
Si ottiene trattando la soluzione neutra del sale ammonico con
soluzione neutra di solfato di rame. Si ha così un precipitato di co-
lor rosso bruno, che, raccolto, lavato e seccato, dà all' analisi:
Cu % = 13.29
mentre per la suddetta formola si calcola:
Cu 7o = 13.6
Acido acetilnaftilamidacetico
CoHsOX
> N.CH,.COOH.
Gr. 15 di acido naftilamidacetico secco, gr. 38 di anidride acetica
e gr. 100 di benzina si scaldano a bagno di sabbia a ricadere per
14 ore. Poco dopo cominciata 1' ebollizione tutto l' acido si scioglie,
ed a freddo si ottiene un liquido di color bruno. Si distilla la benzina
ed il residuo trattasi con soluzione di carbonato sodico; si filtra; dal
liquido filtrato si scaccia il resto della benzina per ebollizione, e si
decompone quindi con acido cloridrico. Si precipita così una massa
molle che viene estratta ripetutamente con acqua .bollente, in cui è
— 142 —
solubile in parte, e resta una massa molle, che contiene una sostanza
pf. 220°, che non ho ancora studiata. Dalle diverse porzioni di acqua
bollente cristallizzò dopo molto tempo una sostanza bianca in prismi
pf. 154'\ che, calcinata sopra una lamina di platino, non lasciava re-
siduo.
All' analisi la detta sostanza fornì i seguenti risultati:
I. Gr. 0, 1730 di sostanza diedero.gr. 0, 4378 di CO^ e gr. 0, 0831
di H2O;
IL Gr. 0, 1751 di sostanza diedero gr. 0,4435 di CO. e gr. 0, 0849
di H2O;
III, Gr. 0, 2070 di sostanza fornirono e. e. 10,3 di azoto a 12" e
757mm;
e calcolando per cento si ha:
I
II
c =
69.02;
69,07
H =
5.33;
5.33
N =
—
—
Oria
per C,,H
3NO3
richiede
G
=: 69.13
H.
= 5.35
N =
= 5.76
III
5.82
Style hariiico: (C,,3ioN0J., Ba-fSH^O. — Fu preparato trattando
al solito una porzione dell' acido con idrato baritico. Esso è solubile
nell'acqua più a caldo che a freddo e da tale soluzione cristallizza
in belli aghi prismatici quasi bianchi aggruppati a stelle. Raccolti,
asciugati all' aria ed analizzati fornirono i seguenti risultati :
H,_0 % = 12.69
Ba )) = 19.18
mentre la suddetta formola richiede :
H,0 % = 12,63
Ba » = 19.26
Nel sale anidro ho trovato:
Ba y„ = 21.97
mentre la teoria vuole
Ba y, = 22.06
— 143 —
Mi riserbo ora di preparare una certa quantità di questo deri-
vato acetilico della naftilglicocolla, onde studiarne il modo di com-
portarsi con le aldeidi secondo il metodo di Perkyn.
Istituto Chimico della li. Università di Napoli, alaggio 1889.
Genesi dei corpuscoli rossi nel midollo delle ossa
dei Vertebrati. — Ricerche istologiche del socio F.
Sanfelice.
(Tornata del 14 luglio 1889)
. INTRODUZIONE
1. C enno storico
Nel 18G8 per le ricerche fatte quasi contemporaneamente dal
Bizzozero in Torino e dal Neumann in Konigsberg fu osservato che
il midollo delle ossa contiene numerosi corpuscoli rossi nucleati e che
però funziona da organo ematopoetico. In un primo lavoro il Bizzo-
zero dopo aver distinte le tre forme diverse secondo cui si presenta
il midollo del le ossa, la forma rossa, la gialla, la gelatinosa, distin-
gue gli elementi propri del midollo in cellule simili ai corpuscoli
bianchi, in cellule rosse nucleate, in cellule giganti con nucleo cen-
trale unico, gemmante, in cellule incolori con granuli di pigmento.
Intorno alla origine delle cellule rosse nucleate o globuli rossi nu-
cleati in altro lavoro l'autore si dichiara contrario alla teoria della
trasformazione dei globuli bianchi in corpuscoli rossi. Invece ha os-
servato forme di moltiplicazione per scissione nei globuli rossi nu-
cleati e quindi ammette la riproduzione di questi per scissione. Ha
studiato anche il midollo delle ossa degli uccelli, dove i globuli rossi
giovani sono rappresentali da cellule rotonde con protoplasma omo-
geneo, colorato e con nucleo rotondo contenente un reticolo delicato.
Tra questi l'autore ne ha osservati alcuni, che senza dubbio rap-
presentano diversi periodi successivi del processo di scissione. Il nu-
mero di queste forme cariocinetiche aumenta sensibilmente quando
gli animali sono stati salassati. Quantunque l'autore non ha potuto
constatare nei corpuscoli rossi nucleati tutte le forme cariocinetiche,
che sono state vedute negli elementi in scissione indiretta di altri tes-
— 144 —
suti, pure, secondo lui, quelle, che ha vedute, bastano a far conclu-
dere che i globuli rossi giovani del midollo si moltiplicano per divi-
sione indiretta. L'autore non accetta la teoria messa avanti da Ha-
yem ed accettata da Pouchet, secondo la quale i globuli rossi dei
mammiferi provengono da certi elementi , che circolano normal-
mente nel sangue ed ai quali Hayem dà il nome di ematoblasti.
In altro lavoro fatto in collaborazione del Dott. Torre , il Biz-
zozero si è occupato della genesi dei corpuscoli rossi nei Rettili,
negli Anfibi e nei Pesci. Dalle ricerche fatte nei Rettili risulta che
la fonte principale dei globuli rossi è nel midollo delle ossa e che
la loro scissione nel sangue circolante è scarsa o nulla. Quanto agli
anfibi hanno confermata la osservazione di Peremeschko che cioè
nel sangue vi sono dei globuli rossi in scissione. Gli autori sono però
di opinione che la moltiplicazione dei globuli rossi non si compia tutta
nel sangue circolante. Nelle rane tenute a digiuno si ha scomparsa
dell'adipe ed aumento dei leucociti e però conchiudono da queste os-
servazioni che il digiuno produce in questi animali un arresto nella
produzione dei globuli rossi.
Quanto ai pesci hanno rivolte le loro osservazioni sui ciprini. II
rene di questi pesci ha fra i canalicoli uno stroma ricchissimo di leu-
cociti, sicché si può dire che sono combinati fra loro il parenchima
di una glandola secernente e quello di un organo linfoide. Come nei ci-
prini, anche nei Leuciscus, il sangue è assai povero di forme giovani
di globuli rossi, ma i reni e la milza ne sono ricchissimi ed oltre a
ciò presentano un numero scarso di forme in scissione.
A questo lavoro segue una appendice del Bizzozero, nella quale
dopo avere scartate le ipotesi già discusse innanzi cioè della trasfor-
mazione dei corpuscoli bianchi in rossi e quella di Hayem della tra-
sformazione delle piastrine in corpuscoli rossi, mette da parte anche
quella di Foà e Salvioli, di cui terrò parola in seguito, ed ammette
che non vi sia altro modo di produzione dei globuli rossi oltre quello
per scissione indiretta.
Diverse alquanto dalle opinioni del Bizzozero sono quelle del
Neumann. In una prima nota preventiva 1' autore espone i risultati
avuti dalle osservazioni fatte sul midollo delle ossa dell' uomo e dei
vertebrati superiori. Una serie di forme di passaggio riunisce i cor-
puscoli rossi giovani nucleati coi corpuscoli linfatici da una parte e
coi corpuscoli rossi dall' altra. Il passaggio dei corpuscoli nucleati
nei corpuscoli rossi succede per mezzo di una serie di forme colo-
rate, che mostrano tutti gli stadii del disfacimento fino alla completa
scomparsa del nucleo. Mentre il Neumann ammette che la trasfor-
mazione del protoplasma del corpuscolo linfatico in sostanza omogenea
— 145 —
gialla abbia inizio dalla p3nferia e poi invada il nucleo, il Bizzozom
credo che tale trasformazione abbia origine dal nucleo.
Gli stessi elementi, che Bizzozero e Neumann hanno descritto
per l'uomo ed altri vertebrati ha osservato il Paladino nel midollo
delle ossa del cavallo.
Identiche sono le descrizioni dell' Hoycr e del Pv.ustizky.
Il Robin nega la identità delle cellule del midollo rosso con i
corpuscoli linfatici, perchè mentre questi in pochi minuti sono distrutti
dalla bile, le prime restano immutate. Anche diverso, secondo l'au-
tore, è il comportarsi di queste due specie di cellule con il carminio
e r acido acetico.
Una nuova teoria intorno alla genesi dei corpuscoli rossi dei
mammiferi fu messa avanti nel 1880 dal Rindfleisch. È di accordo
col Bizzozero nel non ammettere la trasformazione dei leucociti in
corpuscoli rossi nucleati. Crede che questi ultimi si aumentano per
scissione.
Quanto alla trasformazione dei corpuscoli rossi nucleati in cor-
puscoli rossi senza nucleo l'autore crede che il nucleo abbandoni
il corpo cellulare e che in seguito sia capace di generare un nuovo
corpo cellulare.
Un lavoro molto accurato intorno alla genesi dei corpuscoli rossi
del midollo delle ossa nei mammiferi è quello di Obrastzow. Dopo
aver descritto le diverse specie di elementi, che si osservano nel mi-
dollo delle ossa (descrizione, che si accorda con quella data dal Bizzo-
zero nel suo primo lavoro), passa a discutere la teoria del Rindfleisch
innanzi menzionata. L'autore è della opinione che la uscita del nucleo
dalla cellula sia dovuta alla morte dell'elemento stesso. Ed è indotto
a credere ciò dalla stessa affermazione del Rindfleisch, il quale con-
fessa nel suo lavoro di non aver potuto seguire in tutte le sue fasi
il processo di separazione del nucleo dal corpo cellulare. Insieme con
Neumann crede che i corpuscoli rossi abbiano origine dagli eraato-
blasti 0 corpuscoli rossi nucleati e che questi derivino dai leucociti.
Quasi alle medesime conclusioni è venuto il Korn.
Altra teoria intorno alle genesi dei corpuscoli rossi è quella del
Foàe Salvioli, i quali sostengono che i globuli rossi non provengono
dalla trasformazione diretta dei globuli bianchi, sibbene dalla proli-
ferazione di elementi speciali, che gli autori chiamano ematoblasti."
Gli autori danno questo nome alle grandi cellule a nucleo centrale
in gemmazione già descritte dal Bizzozero.
Alle stesse conclusioni è venuto il Vasiliu, il quale sostiene che
la produzione dei globuli rossi avvenga per gemmazione dello mede-
sime cellule giganti descritte dal Bizzozero.
— 146 —
Le osservazioni fatte dal Bizzozero e Torre non sono state con-
fermate nel 1883 dal Feuerstack , che non ha osservato figure di
scissione nei corpuscoli rossi nucleati e però ammette che i corpuscoli
rossi abbiano origine per trasformazione dei bianchi.
[1 Geelmuyden dopo aver descritto gli elementi costituenti il mi-
dollo ammalato nell'uomo ed allo stato sano in alcuni vertebrati su-
periori , non sa quale delle teorie abbracciare di quelle , che oggi si
agitano nel campo scientifico intorno alla genesi dei corpuscoli rossi.
Il Lowit ammette che i leucociti dieno origine solamente a leu-
cociti e che i corpuscoli rossi abbiano origine da altri elementi, chia-
mati da lui eritroblasti. Inoltre riconosce la identità perfetta, che
vi è tra i leucociti circolanti ad un nucleo e quelli, che si trovano nei
vari organi ematopoetici.
Riepilogando tutto ciò, che ho esposto intorno alla letteratura di
questo argomento dirò che i vari osservatori possono dividersi in
due schiere, 1' una capitanata dal Bizzozero, l'altra dal Neumann.
Il primo ammette la formazione dei corpuscoli rossi per mezzo della
scissione indiretta dei corpuscoli rossi giovani nucleati , il secondo
crede invece alla trasformazione dei corpuscoli bianchi in rossi.
2. Metodo dì ricerea
Il metodo di ricerca prescelto dalla maggior parte degli osser-
vatori è stato quello di dissociare direttamente il midollo delle ossa
in una soluzione di cloruro di sodio. Da questo metodo io ho tratto
poco vantaggio. Per le mie ricerche mi sono servito del midollo delle
ossa lunghe, che preparavo nei modo seguente: dopo averle ben bene
liberate dalle parti molli o le dividevo longitudinalmente con uno scal-
pello oppure con una piccola sega dividevo l'osso in più parti e que-
ste ponevo nel liquido fissatore.
Come liquidi fissatori ho usato il sublimato corrosivo in soluzione
satura a freddo diluita con ugual volume di acqua distillata nel mo-
mento della fissazione, 1' alcool assoluto, il liquido di Flemming. Mi-
gliori risultati ho avuto dal primo liquido, meno buoni dall'ultimo. Dopo
r azione dei liquidi fissatori e dopo il successivo indurimento prima in
alcool a 70" e poi in alcool a 90° si distacca molto facilmente il mi-
dollo dall'osso e con qualunque liquido sia stato fissato è buono aggiun-
gere all'alcool a 90' alcune gocce di tintura di lodo alcoolica per essere
certo della buona riuscita della colorazione con ematossilina. Come
liquidi coloranti ho fatto uso della ematossilina preparata secondo la
— 147 —
formola del Buhmer e di quella iodata secondo la formola da me
proposta.
Piccoli pezzi di midollo delle ossa sono stati tenuti per 20 a 24
ore nella soluzione colorante e quindi passati in alcool acidulato con
poche gocce di acido acetico. Se i pezzi sono stati precedentemente
trattati con tintura alcoolica di iodo la colorazione con eraatossilina
riesce molto bene ed il colorito delle sezioni è un poco tendente al
rosso, ma molto omogeneo, come quello, che si ottiene colorando le
sezioni con la ematossilina acida dell' Elirlich. Per le colorazioni in
loto danno anche buoni risultati il litiocarminio ed il picro-carminio.
Le sezioni dei pezzi colorati, attaccate sul vetrino porta-oggetti con
albumina, possono essere successivamente colorate con diversi colori
di anilina.
Siccome prima da Noris e Shakespeare e poi da Merbel è stato
osservato che un miscuglio di borace-carminio ed indago-carminio con
successivo trattamento di una soluzione di acido ossalico colorisce i
corpuscoli rossi dei mammiieri così allo stato fresco, che dopo indu-
rimento con alcool ed acido cromico, in verde tendente piìi o meno
all'azzurro, così dopo avere attaccate le sezioni di pezzi già coloriti
con litio-carminio sul porta-oggetti con albumina , le ho colorite con
la soluzione d' indago-carminio.
Dei colori di anilina ho usato l'eosina, il verde di metile, la fuc-
sina, il bleu di metile.
La dissociazione del midollo delle ossa è stata fatta nel modo se-
guente: un piccolo pezzo già colorito si passa dall' alcool assoluto in
creosoto, poi in benzina e poi in una goccia di balsamo posta sul ve-
trino porta-oggetti. Con gli aghi e con 1' aiuto del microscopio sem-
plice si esegue facilmente una compieta dissociazione. Con questo me-
todo si possono studiare distintamente gli elementi e vederne bene la
forma.
L Mammiferi,
Gli anatomici generalmente scrivono che il midollo delle ossa si
presenta sotto tre diverse forme , cioè come midollo rosso , giallo,
gelatinoso. Riconosciuta la funzione ematopoetica del midollo delle
ossa a me sembra meglio distinguerlo in funzionante e non fun-
zionante, tanto pili che questa distinzione è piìi giusta dal lato isto-
logico. Nelle sezioni del midollo di un femore di coniglio praticate
in diversi punti della lunghezza si osserva che in alcuni punti è ricco
di adipe e però non funzionante, in altri al contrario scarso di adipe
e ricco di elementi e però funzionante. Spesso anche nella stessa
— 148 —
sezione si vede accanto ad una parte funzionante un'altra non fun-
zionante. In generale per le ossa lunghe si può dire che il midollo
delle epifisi più facilmente si trova funzionante di quello della diafisi.
Solamente dopo ripetuti salassi o tenendo gli animali a digiuno si vede
tutto il midollo delle ossa lunghe diventare funzionante e però di co-
lorito rosso.
Avendo osservato verso la periferia delle sezioni di midollo di fe-
more di coniglio alcuni auclei appiattiti simili a quelli delle cellule
endoteliali, mi venne in mente di fare il trattamento con soluzione di
nitrato di argento. Preso un pezzo di midollo del femore 1' ho trat-
tato con soluzione di nitrato di argento all' 1 "[„ ed ho riconosciuto i
limiti tra le cellule endoteliali. Dopo questa osservazione mi nacque
il sospetto che anche la superficie interna dell' osso fosse rivestita da
endotelio ed infatti facendo lo stesso trattamento su di uu piccolo
pezzo di osso vi si scorge l' endotelio. Quantunque io non abbia ri-
cercato ulteriormente la disposizione di questo endotelio verso le
epifisi , perchè avrei deviato dallo scopo delle mie ricerche , pure
^ è da supporre che lo spazio esistente fra la superficie del midollo e
la superficie interna dell' osso corrisponde ad una cavità sierosa. In
questa cavità esiste infatti una certa quantità di liquido \isibile anche
nelle sezioni del midollo indurito, come una massa coagulata, che ri-
veste il midollo e che contiene spesso dei leucociti.
All'endotelio, che riveste il midollo, segue un sottile strato di
connettivo. Alle volte mi è riuscito distaccare dalla superficie del
midollo del femore una sottile membranella , che colorita ed esa-
minata al microscopio mi si è mostrata costituita dall' endotelio e
dallo strato di connettivo sottpendoteliale, al quale erano rimasti ade-
renti molti dei leucociti esistenti nello strato periferico del midollo.
A sostenere gli elementi propri del midollo vi è una rete con-
nettivale.
La distribuzione vasaio del midollo delle ossa lunghe è stata stu-
diata in modo speciale dal Rindfleisch, dall' Hoyer, dal Rustizky. Le
mie ricerche hanno confermato i risultati del secondo degli osser-
vatori citati. L' Hoyer infatti è riuscito ad iniettare le arterie del
midollo ed ha osservato che la massa d' iniezione passa dalle arterie
nei capillari numerosi e con pareti molto sottili , e da questi in un
sistema di spazi venosi, simili a quelli esistenti nella milza. L' autore
sostiene che questi spazi venosi non hanno pareti proprio. Quantun-
que a me non sia riuscito di avere l' impregnazione dell' endotelio
con soluzione di nitrato di argento, puro dalle numerose sezioai os-
servate mi sono potuto convincere che vi ó una parete endoteliale,
la quale limita questi spazi venosi.
— 149 —
Ed ora passo alla descrizione degli elementi propri del midollo.
E dapprima farò menzione di quogli elementi con nucleo abbastanza
grancle e con corpo cellulare ben limitato, piuttosto piccolo relativa-
mente alla grandezza del nucleo. Questo mostra uno o più granuli
cromatici più grandi e minutissimi granuli cromatici sparsi nel corpo
nucleare , spesso "^riuniti da sottilissimi filamenti cromatici. E questa
la fase di riposo simile a quella descritta dal Flemming. Sono le
stesse cellule descritte dal Bizzozero come simili ai corpuscoli bian-
chi del sangue e dal Neumann come quelle destinate a trasformarsi
in corpuscoli rossi e che esistono anche nella milza e nelle glandola
linfatiche. In questi ultimi tempi il Lòwit ha dato loro il nome di
leucoblasti, perchè le crede solamente destinate alla formazione dei
leucociti. Queste stesse cellule sono state vedute nel sangue circo-
lante. Secondo me sono questi gli elementi, che, moltiplicandosi per
divisione indiretta, danno origine ad altre cellule, di cui terrò parola
in seguito, le quali sono destinate a mutarsi in corpuscoli rossi. Per
questa ragione io preferisco il nome di leucociti di matrice dei cor-
puscoli rossi a. quello di leucoblasti usato dal Lòwit. Questi sostiene
che non si dividano per cariocinesi, sibbene per uno speciale modo
di divisione, che egli chiama divisione per granuli. Io non ho osser-
vato questo modo di divisione ed invece ho vedute tutte le fasi ca-
riocinetiche dei nuclei di questi elementi.
In verità non so come si possa giudicare che alcune fasi cario-
cinetiche appartengano ad alcuni elementi anzi che ad altri , osser-
vando dei preparati ottenuti con la dissociazione, come hanno fatto gli
autori, di cui innanzi hu parlato. Solamente dalla giusta-posizione degli
elementi nel tessuto si potrà giudicare se le figure cariocinetiche ap-
partengono agli uni 0 agli altri elementi. Ora studiando le sezioni del
midollo delle ossa dei mammiferi, in mezzo ai gruppi formati da leu-
cociti in fase di riposo, si vedono altri nuclei con tutte le fasi cario-
cinetiche.
Né queste fasi possono confondersi con quelle , che presentano
le altre cellule derivate dai leucociti, perchè molto più grandi.
Dalla divisione per cariocinesi dei leucociti hanno origine altri
elementi, che si differenziano dai precedenti per 1' aspetto, che pre-
senta il nucleo, il quale mostra una fase di riposo composta da gra-
nuli cromatici ugualmente grandi, riuniti da filamenti molto sottili. A
queste cellule, che io chiamerò di passaggio, perchè rappresentano
stadii di transizione tra i leucociti ed i corpuscoli rossi giovani nu-
cleati, il Lòwit ha dato il nome di eritroblasti, perchè destinati alla
formazione dei corpuscoli rossi.
Le principali ragioni messo innanzi dal Lòwit per sostenere che
— 150 —
gli eritroblasti sieno elementi del tutto diversi dai leucoblasti sono le
seguenti: 1° i leucoblasti sono capaci di movimenti ameboidi, mentre gli
eritroblasti non eseguono tali movimenti: 2° i leucoblasti sono capaci
d' impossessarsi di avanzi di emoglobina, mentre gli eritroblasti non
presentano nel loro interno mai nessun granulo.
A me non sembra che queste ragioni sieno tanto serie da fare
ammettere ciò, che il Lowit sostiene.
E dapprima la diversa forma del nucleo degli eritroblasti non è
una ragione sufficiente per negare che abbiano origine dai leucociti.
Fase di riposo presenta il nucleo del leucocito e fase di riposo più
ricca in cromatina mostrano i nuclei degli eritroblasti. Che meravi-
glia che i nuclei degli eritroblasti, che sono elementi più giovani, pre-
sentino una fase di riposo più ricca in cromatina che non la fase di .
riposo del nucleo del leucocito ?
Neanche mi sembra una buona ragione quella dei movimenti ame-
boidi. Gli spermatozoi, che sono dotati di movimenti cosi attivi, hanno
origine da elementi, che non si muovono e così viceversa i leucociti,
capaci di movimento, possono dare origine ad elementi non capaci più
di muoversi. Inoltre, siccome osserva lo stesso Lowit che il corpo
cellulare degli eritroblasti alle volte si mostra incoloro , ma alle
volte è già colorato dall' emoglobina, non è a meravigliarsi se, co-
minciate negli eritroblasti queste trasformazioni, perdano alcune pro-
prietà, che avevano gli elementi, da cui hanno avuto origine. Ma ol-
tre a queste le ragioni, che esporrò parlando degli ejEfetti del sa-
lasso e del digiuno nei mammiferi fanno completamente abbandonare
la tesi sostenuta dal Lowit.
I nuclei degli elementi di passaggio o eritroblasti si aumentano
per cariocinesi e le loro figure cariocinetiche si distinguono molto
bene dalle figure cariocinetiche dei leucociti, perchè alquanto più
piccole.
Tra i leucociti se ne vedono di quelli con nuclei iri'egolari. Al-
cuni nuclei sono poco allungati, altri ripiegati a C, altri in forma di
ciambella. Accanto a queste forme so ne vedono delle altre in cui
è avvenuta la fragmentazione del nucleo, sicché nello stesso corpo
cellulare appariscono due o più nuclei di diversa forma e grandezza.
Questi leucociti con nuclei di forma irregolare o fragmentati si ve-
dono anche nei vasi.
Il Lowit anche ha descritto queste forme e sostiene ti'attarsi di
una metamorfosi regressiva del nucleo, a cui tien dietro un disfaci-
mento di tutta la cellula. Di opinione contraria è 1' Arnold, il quale
credo che la iragmenta'/ione è un processo attivo di divisione nucleare
— 151 —
e che i leucociti più spesso che por divisione cariocinelica si aumen-
tano per fragmentazione.
Senza entrare nella discussione se la fragmentazione sia un pro-
cesso di divisione o solamente una metamorfosi regressiva, bisogna
ammettere, per ragioni che dirò in seguito, che i leucociti con nuclei
di forma irregolare sieno attivi, Quanto poi ai leucociti, che presen-
tano fragmentazione del nucleo bisogna ammettere che nel midollo
delle ossa sia un processo di regressione, che termina col disfacimento
di tutto r elemento. Infatti questa forma di distruzione degli elementi,
come esporrò in altro lavoro, si esagera a tal punto per la presenza
dì microrganismi, da risultarne una fragmentazione estrema dei nu-
clei, quasi un deiritus, in cui più non si distinguo né nucleo, ne corpo
cellulare.
Anche i nuclei degli eritroblasti od elementi di passaggio mo-
strano qualche, volte le forme irregolari già descritte pei leucociti.
Si distinguono perchè più piccoli ed alquanto più ricchi in cromatina.
Tanto nei nuclei dei leucociti che in quelli degli eritroblasti si
osservano alle volte delle forme speciali, che farebbero credere ad
una divisione diretta, quantunque non abbia mai potuto vedere la di-
visione del corpo cellulare.
Moltiplicandosi gli eritroblasti danno origine ad altri elementi
distinti col nome di corpuscoli rossi giovani nucleati o ematoblasti.
Sono alquanto più piccoli dei precedenti e mostrano un nucleo, che
si colorisce intensamente ed ha la proprietà di apparire sempre omo-
geneo. Il corpo cellulare relativamente alla grandezza del nucleo è
più piccolo che non negli elementi precedentemente descritti ed inol-
tre nei preparati a fresco si vede sempre colorato dall' emoglobina.
Sono questi gli elementi, che si trasformano direttamente in corpu-
scoli rossi. A mano a mano che la trasformazione in sostanza ema-
tica progredisce dal corpo cellulare verso il nucleo, questo va scom-
parendo e perde la proprietà di prendere le sostanze coloranti. Quanto
alla teoria del Rindfleisch della fuoriuscita del nucleo dal corpo cel-
lulare posso dire di non avere osservato mai, per quante sezioni di
modollo io abbia fatto, una delle figure da lui disegnate.
Nei corpuscoli rossi giovani nucleati non ho osservato mai figure
carloclnetlche. Figure speciaU ho osservato nei nuclei dei corpuscoli
rossi giovani nucleati, piuttosto scarse nel midollo di animali sani,
abbondantissime nel midollo di animali morti per infezione. Questi
nuclei presentano strozzature, che ora dividono il nucleo in due parti
uguali, ora in due parti disuguali. Il corpo cellulare non accompagna
la divisione nucleare.
Altri elementi, che si osservano nel midollo delle ossa, sono al-
— 152 —
cune cellule con nucleo spinto verso la periferia e che contengono
nel loro interno granuli più o meno rotondi di colorito giallo di cloro.
Sono leucociti, che si sono impossessati di avanzi di emoglobina pro-
veniente forse dalla distruzione di corpuscoli rossi. Che sieno leuco-
citi si giudica dalla struttura nucleare identica a quella dei leucociti.
Altre formazioni, che si osservano nel midollo delle ossa, sono
delle masse protoplasmatiche, per grandezza quasi identiche alle cel-
lule giganti, che contengono nel loro interno dei granuli, alcuni cro-
matici, altri acromatici, di diversa grandezza. Queste masse proto-
plasmatiche per lo più sono rotonde, si osservano solamente nel mi-
dollo funzionante e sono tanto più abbondanti per quanto più ricco
è il midollo di elementi. Queste stesse masse protoplasmatiche ho os-
servato in molti tessuti embrionali e le ho sempre ritenute come ri-
sultato della degenerazione cromatolitica di più nuclei. Nel midollo
delle ossa, che per la ricca produzione di elementi può ben parago-
narsi ad un tessuto embrionale, si ha la stessa forma di distruzione
di alcuni dei suoi elementi.
Quanto alle cellule giganti del midollo delle ossa oltre ai lavori
interessanti del Wegner, del Rindfleisch, dell' Obrastzow, del Mar-
chand, fa d'uopo menzionare specialmente quelli dell'Arnold. Questi
ritiene che le cellule giganti si devono considerare come accumuli
protoplasraatici, nei quali sono compresi numerosi nuclei, che occupa-
no il centro della cellula gigante e sono così vicini gli uni agli altri
che difficilmente si possono riconoscere i limiti. L'Arnold crede che
si tratti di una figura nucleare molto complicata, le cai parti stanno
in intimo rapporto fra loro.
Distingue due varietà di cellule giganti; la prima in culi nuclei
mostrano coloriti solamente i nucleoli ed alcuni filamenti, mentro la
seconda presenta i nnclei più intensamente ed omogeneamente colo-
rati. Crede che i nuclei di questa seconda varietà di cellule giganti
derivino dai nuclei della prima varietà. Ammette che le cellule gi-
ganti sieno cellule attive e che dai loro nuclei possano staccarsi dei
pezzi capaci di assumere figure cariocinetiche. L' Arnold descrive an-
che figure di divisione indiretta nei nuclei delle cellule giganti. Il
Werner è presso a poco della opinione dell'Arnold come pure il Denys,
che in questi ultimi anni ha descritto processi di divisione nei nuclei
delle cellule giganti.
Il Rindfleisch sostiene che le cellule giganti possano spiegarsi
come una deposizione di materiale di formazione superfluo.
Anche il Lòwit ritiene che le cellule giganti si originano per
confluenza di più nuclei.
Le due varietà di cellule giganti descritte dall' Arnold esistono
— 153 —
realmente, ma lo une non hanno origine dalle altre. Alla prima va-
rietà appartengono quelle cellule giganti i cui nuclei furono ben de-
scritti dal Bizzozero col nome di nuclei gemmanti. Sono pallidi e pre-
sentano forme molto varie. Alla seconda varietà appartengono quelle,
i cui nuclei anche presentano varie forme, ma che a differenza degli
altri nuclei si coloriscono molto intensamente. Amendue queste varietà
di cellule giganti hanno oi-igine per la fusione degli elementi del mi-
dollo delle ossa. Le cellule della prima varietà hanno origine dai
leucociti, (Ibucoblasti di Lowit), mentre le cellule giganti a nuclei in-
tensamente colorati hanno origine dai corpuscoli rossi giovani nucleati.
Dapprima si fondono insieme i corpi cellulari di due o più leucociti e
poi avviene la fusione dei nuclei. Nello stesso modo avviene la for-
mazione della seconda varietà di cellule giganti e siccome i nuclei dei
corpuscoli rossi giovani nucleati sono intensamente colorati, così i nuclei
di queste cellule giganti appariscono più colorati. Nei nuclei di queste
cellule giganti la sostanza cromatica prende forme molto strane. Ora
si presenta in forma di reticolo a maglie larghe, ora in forma di raassp»
più 0 meno rotonde, unite tra loro da filamenti sottili.
Nei nuclei di tutte le cellule giganti non ho osservato mai figu-
re cariocinetiche.
Quando già è avvenuta la fusione dei corpi cellulari e dei nu-
clei, altri elementi, che si trovano in vicinanza della cellula gigante,
possono concorrere ad aumentarne il nucleo ed il corpo cellulare. In-
fatti spesso nel corpo cellulare della prima varietà di cellule giganti
si vedono uno o due nuclei dei leucociti, il cui destino è quello di fon-
dersi col nucleo della cellula gigante. Così pure nel corpo cellulare
delle cellule giganti della seconda varietà si osservano uno, due o tre
corpuscoli rossi giovani nucleati, i cui nuclei vanno ad aumentare il
nucleo della cellula gigante. Che questi elementi provengono da
quelli, che circondano la cellula gigante e non si sono distaccati dal
nucleo di questa, si giudica dal vedere come il nucleo della cellula
gigante è in disfacimento e non prende il colore così bene come il
nucleo dell'elemento, che trovasi nel corpo cellulare. Si giudica an-
che da un altro fatto di cui terrò p'^t'ola parlando degli efìetti del
salasso.
In conclusione le cellule giganti sono formazioni regressive pro-
venienti dalla fusione degli elementi del midollo superflui pei bisogni
dell' organismo. E ciò è tanto vero che quando nel midollo abbondano
i leucociti e sono scarsi gli altri elementi, appariscono più numerose
le cellule giganti della prima varietà, mentre quando nel midollo sono
scarsi i leucociti, perchè in massima parte mutati in elementi di pas-
— 154 —
saggio e corpuscoli rossi giovani, abbondano le cellule giganti della
seconda varietà,
Tutti gli elementi, di cui innanzi ho tenuto parola, nelle sezioni
del midollo sono disposti in modo da fare chiaramente intendere la
loro genesi.
Se il midollo è funzionante sono scarsi i leucociti e più abbondanti
gli elementi di passaggio ed i corpuscoli rossi giovani. Se non è fun-
zionante si trovano abbondanti le cellule adipose e negli interstizi si
osservano i leucociti di matrice.
Tra questi due stadii descritti ve ne sono degli altri di transi-
zione, lo studio dei quali riesce molto utile per la genesi dei diversi
elementi. Si osservano cioè più o meno scarse le cellule adipose ed
alla periferia di queste i leucociti e più verso lo interno degli spazi
esistenti fra le cellule adipose si vedono elementi di passaggio e cor-
puscoli rossi giovani.
Leucociti abbondanti si osservano anche intorno alle arteriole.
Poche parole ancora mi restano a dire intorno ai mieloplassi.
Sono stati descritti per il primo dal Robin. Alcuni autori li confon-
dono con le cellule giganti, mentre sono formazioni molto diverse.
Nei mieloplassi i nuclei sono numerosi, regolari e sparsi in tutto il
corpo della cellula. Sono per lo più in vicinanza delle trabecole ossee
nelle epifisi. Non hanno nulla a che fare con gli elementi proprii del
midollo destinati alla produzione dei corpuscoli rossi ed è però che
quanto alla loro genesi rimando al lavoro del AVegner, che se ne è
occupato di proposito ed ha osservato che i mieloplassi hanno un uffi-
cio molto importante nel riassorbimento delle ossa.
Ho ricercato anche il midollo delle ossa di animali appena nati
ed ho veduto che gli elementi propri del midollo sono rappresentati
solamente dai leucociti. Questa è la pruova più certa che sono ap-
punto i leucociti quelli destinati a mutarsi in corpuscoli l'Ossi.
EFFETTI DEL SALASSO E DEL DIGIUxNO SUL MIDOLLO DELLE OSSA
DEI MAMMIFERI
Diversi autori si sono occupati di questo argomento, come il Lit-
ten, r Orth, il Neumann, il Cohnheim, il Bizzozero, il Korn, Le con-
clusioni a cui sono venuti questi diversi osservatori sono le seguenti
che cioè il midollo diventa di colorito rosso e vi si osserva un grande
sviluppo vasale. Nessuno tratta della parte più importante a sapersi
quale è cioè l' efletto sugli elementi propri del midollo.
A questo scopo sono state rivolte le mie ricerche. Gli effetti del
— 155 —
salasso li ho osservati nei conigli, quelli del digiuno nei ricci. Ogni
giorno ho tolto ai conigli da una vena 5o 6 grammi di sangue. Dopo un
certo numero di giorni ho ucciso l'animale. I ricci hanno resistito al
digiuno per 3 o 4 giorni.
I fatti osservati tanto nel midollo dei conigli che in quello dei
ricci sono i seguenti :
1." Scomparsa dell'adipe.
2." Aumento dei leucociti di matrice, molti dei quali con fasi ca-
riocinetiche. Queste si osservano in mezzo a leucociti, i cui nuclei
mostrano la fase di riposo già descritta innanzi. Questa esser v^pzione
è la pruova più evidente del fatto che i globuli rossi hanno origine
dai leucociti. Se fosse vera la teoria del Bizzozero si dovrebbero
trovare in aumento i corpuscoli rossi giovani, i quali al contrario
sono scarsi. Se fosse vera la teoria del L()wit si do/rebbero trovare
in aumento gli eritroblasti, ciò che neanche si osserva.
3." Aumento delle cellule giganti formate per la fusione dei leu-
cociti. Producendosi leucociti in numero maggiore di quello , che
faccia bisogno, aumentano le cellule giganti, che rappresentano il di-
sfacimento dei leucociti superflui.
4." Nel corpo cellulare di molte cellule giganti si vedono uno o
due leucociti circondati da un alone chiaro. Questi leucociti, perchè
circondati da alone chiaro, bisogna ammettere che sieno attivi, tanto
più che alcuni mostrano fase cariocinetica. Nel midollo delle ossa
normale i leucociti che vanno a fondersi con le cellule giganti non
mostrano mai alone chiaro. Questa osservazione dimostra da una parte
che'i leucociti attivi per la scomparsa dell'adipe vanno a nutrirsi nel
protoplasma della cellula gigante e dall'altra che le cellule giganti
non sono formazioni attive, perchè se fossero tali, non si lascereb-
bero invadere da altri elementi. Qualche volta nel protoplasma di
una cellula gigante ho veduto qualche leucocito con nucleo a C o a
ciambella, cirdondato anche da alone chiaro, ciò, che conferma la
mia supposizione che i leucociti con nuclei di forma irregolare sieno
attivi e che solo quando comincia la fragmentazione del nucleo sono
da considerare come in disfacimento.
5.° Si osservano molto bene tutti gli stadii di passaggio per la
formazione delle cellule giganti, dalla fusione dei corpi cellulari sino
alla fusione dei nuclei.
6." Diminuzione degli elementi di passaggio e dei corpuscoli rossi
giovani.
1° Aumento dei leucociti con nuclei di forma irregolare.
Questo fatto lo menziono in ultimo perchè può non stare in rap-
— 156 —
porto della sottrazione del sangue, sibbene in rapporto delle molte fe-
rite e maltrattamenti, che hanno sofferto gli animali.
In conclusione il fatto piìi importante che si osserva nel midollo
delle ossa degli animali salassati o morti di fame è 1' au mento dei
leucociti.
IL Uccelli.
Nelle mie ricerche mi sono limitato a studiare il midollo delle
ossa del pollo.
I leucociti present'^no un nucleo abbastanza grande con uno o
due granuli cromatici più grandi e minutissimi granuli anche croma-
tici sparsi nel corpo nucleare. Il corpo cellulare è ben limitato. Nei
nuclei di questi elementi si osservano tutte le fasi cariocinetiche ed
anche quelle forme irregolari, che ho descritto a proposito dei leu-
cociti dei mammiferi-. Gli elementi di passaggio, che hanno origine
dai precedenti, presentano il nucleo della medesima struttura di quello
dei mammiferi nella fase di riposo. In essi si osservano tutte le altre
fasi cariocinetiche.
Moltiplicandosi danno origine ai corpuscoli rossi giovani, il cui
nucleo, non omogeneo come quello dei mammiferi, si colorisce in-
tensamente con ematossilina ed il cui corpo cellulare non ancora è
ellittico come quello dei corpuscoli rossi adulti. Nei corpuscoli rossi
giovani non ho veduto figure cariocinetiche.
La ragione per cui nei corpuscoli rossi dei mammiferi scohipare
il nucleo, mentre che negli altri vertebrati si conserva è che nei
primi la trasformazione in sostanza ematica invade anche il nucleo,
mentre che nei secondi si arresta al corpo cellulare, risparmiando il
nncleo.
Come nei mammiferi, anche nel midollo delle ossa degli uccelli
vi sono leucociti con il nucleo verso'la periferia e con granuli di
colorito giallo nel corpo cellulare. I granuli sono alquanto più grandi
di quelli dei mammiferi.
In vicinanza delle trabecole ossee vi sono i mieloplassi nei cui
nuclei spesso vedesi la degenerazione cromatolitica.
L'aspetto delle sezioni del midollo funzionante è identico a quello
descritto parlando dei mammiferi. Interessante è la descrizione del
midollo non funzionante. Si vedono molte cellule adipose e molti vasi
sanguigni con scarsi leucociti. Sparse poi qua è là si vedono delle for-
mazioni che seguite nelle sezioni asseriate si giudica essere di forma
sferica od ovoidale. Osservate con forte ingrandimento presentano la
seguente struttura[: allo esterno sono limitate da connettivo con nu-
— 157 —
elei lunghi ed appiattiti. Nello interno vi sono: 1° elementi connetti-
vali molto scarsi , 2° leucociti corno quelli innanzi descritti, 3" ele-
menti di passaggio, che variano di numero nelle diverse formazioni.
Sono follicoli linfatici sparsi nel midollo delle ossa lunghe non
funzionante.
Quale è la genesi di questi follicoli linfatici? Più leucociti ri-
masti come elementi di riserva nel midollo si aumentano e danno
origine ad elementi di passaggio, isolandosi dal resto della rete con-
nettivale. Sempre che il midollo acquista funzione ematopoetica si
moltiplicano gli clementi del follicolo e si mutano in corpuscoli rossi.
A mano a mano che il follicolo ingrandisce, scompaiono i limiti.
Nel midollo delle ossa del pulcino questi follicoli linfatici non
esistono. Sono invece abbondanti i leucociti con molte figure cario-
cinetiche.
;
IH. Rettili.
Ho ricercato il midollo delle ossa lunghe del ramarro. I leuco-
citi hanno lo stesso aspetto di quelli descritti innanzi per gli altri
animali. Si moltiplicano per cariocinesi e danno origine agli elementi
di passaggio, che hanno il nucleo più piccolo di quello dei leucociti
e più intensamente colorato. A mano a mano che i leucociti si mol-
tiplicano, il corpo cellulare va ingrandendosi, mentre che il nucleo
si va facendo più piccolo e nello stesso tempo si colorisce più inten-
samente. Nei nuclei degli elementi di passaggio si osservano anche
tutte le fasi cariocineticlie. Osservati nei preparati a fresco questi
elementi non mostrano il corpo cellulare colorato da emoglobina.
Gli elementi di passaggio danno origine ai corpuscoli rossi gio-
vani, che si differenziano dai corpuscoli rossi adulti principalmente
per due caratteri; 1", perchè hanno un nucleo rotondo simile più a
quello degli elementi di passaggio anzi che a quello dei corpuscoli
rossi, 2°, perchè non hanno il corpo cellulare ellittico, ma più o meno
rotondo. Il corpo cellulare osservato nei preparati a fresco si mo-
stra colorato dall' emoglobina .
Nei nuclei dei corpuscoli rossi giovani non ho osservato mai fi-
gure cariocinetiche.
Le cellule pigmentate, che danno il colorito nero al midollo, sono
provviste di prolungamenti. I granuli del pigmento, molto numerosi,
sono ovoidali.
— 158 —
IV. Anfibi.
Ciò, che m' interessa far notare è che il Bizzozero e Torre nello
rane tenute a digiuno hanno osservato aumento nel numero dei leu-
cociti, fatto, di cui essi non danno nessuna spiegazione e che si trova
in accordo con quello, che io ho veduto nel midollo delle ossa dei
mammiferi tenuti a digiuno.
Quanto alla osservazione del Peremeschko, che ha veduto i nu-
clei dei corpuscoli rossi del sangue in cariocinesi, confermata dal
Bizzozero e dal Tòròk, non posso dir nulla, perchè non ho fatto ri-
cerche al proposito. Nel midollo delle ossa della rana e del rospo
non ho veduto nessun nucleo di corpuscolo rosso giovane con figure
cariocinetiche.
Gli anfibi, che sono serviti alle mie ricerche, sono stati la rana
ed il rospo.
I leucociti presentano un nucleo più grande di quello dei leuco-
citi delle altre tre classi precedenti di vertebrati ed hanno un corpo
cellulare relativamente più piccolo. Questi leucociti come nei rettili
sono più numerosi nello strato periferico del midollo, ove manca quello
strato di connettivo, che si osserva nel midollo delle ossa lunghe de-
gli altri vertebrati.
Si notano nei nuclei dei leucociti oltre le figure cariocinetiche,
anche le forme irregolari,
I nuclei degli elementi di passaggio presentano un granulo cro-
matico o più granuli cromatici riuniti insieme e minutissimi granuli
sparsi nel corpo nucleare. Il corpo cellulare di questi elementi è re-
lativamente più grande di quello dei leucociti. Questi nuclei si mol-
tiplicano per divisione indiretta.
I corpuscoli rossi giovani presentano tutti gli stadii di transizione
fra elementi di passaggio e corpuscoli rossi.
Vi sono anche nel midcllo delle ossa degli anfibi leucociti con
nucleo spinto verso la periferia e con granuli nel corpo cellulare.
Tra i corpuscoli rossi contenuti nei vasi si vedono spesso leuco-
citi con figure cariocinetiche.
Nelle rane molto giovani predominano nel midollo delle ossa i
leucociti con figure di divisione indiretta.
159 —
V. Selaci.
Ho limitato le mie ricerche ai Selaci. In questi, come nej^li altri
pesci, non esiste midollo delle ossa, ma vi è invece un tessuto lin-
foide,clie ne fa le veci. Nei selaci questo tessuto linfoide non si trova
tra i canalicoli renali, come nei teleostei, sibbene costituisce due masse,
varie per estensione nei diversi selaci, a destra ed a sinistra dell'eso-
fago, fra mucosa e muscolare. Questo slesso. tessuto l'ho trovato in-
vece che nel rene, nel testicolo e nell' ovaia dei Selaci.
A seconda dello sviluppo maggiore o minore della glandola geni-
tale, questo tessuto è in minore o maggiore quantità. Quindi è relati-
vamente più abbondante negli individui giovani, nei quali la glandola
genitale non ancora funziona, che negli adulti, in cui la glandola ge-
nitale funziona.
Ciò, che è importante a notare si è che questo tessuto similmente
a quello, che succede nel midollo delle ossa degli altri vertebrati,
muta di aspetto a seconda delle condizioni di nutrizione in cui si trova
r animale. In questo tessuto l'adipe è rappresentato da elementi spe-
ciali, esistenti anche nel sangue circolante, i quali presentano il nucleo
alla periferia e nello interno granuli di un colorito tendente al giallo
dì cloro. Sono questi elementi da paragonarsi alle cellule adipose de-
gli altri vertebrati, perchè scompaiono i granuli sempre che questi
animali sono tenuti al digiuno o vengono salassati.
Questi elementi granulosi descritti già dal Leydig col nome di Korn-
chenzellen non sono altro che leucociti, i quali nel loro interno hanno
prodotto dei granuli aventi valore di materiale nutritivo di riserva.
Nei Selaci quindi i leucociti hanno anche la funzione d'imposses-
sarsi dei materiali nutritivi, come fanno le cellule connettivali degli
altri vertebrati, che producono nel loro interno goccioline adipose, le
quali poi si fondono e riempiono tutta la cellula.
La differenza che esiste tra i vertebrati delle quattro classi supe-
riori ed i selaci sta in ciò, che mentre nei primi si giudica che il midollo
è 0 non è funzionante dalla minore o maggiore quantità di adipe, nei
selaci invece si giudica dal numero minore o maggiore dei corpuscoli
granulosi.
Il connettivo tra gli elementi costituenti il tessuto linfoide, è molto
scarso.
Gli elementi propri di questo tessuto sono i seguenti!
1." Leucociti. Mostrano un nucleo più grande di quello degli altri
elementi. Il corpo cellulare è ben limitato e piuttosto piccolo per
rispetto alla grandezza del nucleo. Si trovano alla volte sparsi tra
- 160 —
gli altri elementi, alle volte aggruppati insieme per tratti abbastanza
estesi. I nuclei contengono da due a tre granuli cromatici piìi grandi'
e piccolissimi granuli cromatici sparsi nel corpo nucleare, (fase di ri-
poso di Flemming). I nuclei dei leucociti presentano spesso forme ir-
regolari, come mostrano le figure.
2.'* Elementi di passaggio. Hanno origine dalla divisione carioci-
netica degli elementi precedenti. II nucleo è più piccolo di quello dei
leucociti e più ricco in cromatina. Alle volte se ne vedono due uniti
ancora, come se fosse avvenuta una divisione diretta. Non ho veduto
che il corpo cellulare accompagna questa divisione del nucleo.
3." Dalla divisione indiretta degli elementi di passaggio hanno ori-
gine i corpuscoli rossi giovani. Il nucleo di questi alle volte si pre-
senta omogeneo, alle volte con più granuli cromatici riuniti da fi-
lamenti,
4.° Corpuscoli granulosi. I granuli di questi corpuscoli variano per
grandezza nelle varie specie di solaci ed anche nella nella stessa spe-
cie. I più grandi li ho veduti nella Laeviraja.
Questi granuli col metodo della doppia colorazione di Noris pren-
dono la tinta azzurra.
Negli animali giovani abbondano nel tessuto linfoide i leucociti
di matrice. Questa osservazione è in accordo con quella fatta dal
Mosso nei selaci giovani, nel sangue dei quali mancano i leucociti.
Effetti del digiuno e del salasso sul tessuto linfoide dei selaci
Come ultimo tipo di vertebrati da me studiato ho voluto vedere
se tali effetti sono identici a quelli ocsservati nei mammiferi e però ho
tenuto a digiuno alcune Raie per più di un mese e poi ho esaminato
il tessuto linfoide del testicolo e dell'ovaia. Ad alcune torpedini ho
praticato ripetuti salassi.
I risultati ottenuti dallo esame microscopico delle sezioni sono i
seguenti:
1." Grande diminuzione di corpuscoli granulosi. Questo fatto trova
riscontro nella scomparsa di adipe nei mammiferi.
2.° Aumento dei leucociti, molti dei quali con figure cariocinetiche.
Tali figure si osservano anche nei nuclei dei pochi corpuscoli gra-
nulosi rimasti.
3." Diminuzione degli elementi di passaggio.
4." Diminuzione dei corpuscoli rossi giovani.
5." Formazione di molte masse protoplasmatiche, che contengono
nel loro interno granuli cromatici od acromatici di diversa grandezza .
— 161 —
Sono masse necrobiotiche degli elementi del tessuto linfoide, simili a
quelle osservate nei mammiferi.
In conclusione gli effetti del salasso e del digiuno sul tessuto lin-
foide dei selaci sono identici a quelli osservati nel midollo delle
ossa dei mammiferi e però anche per questa ragione, oltre quella della
struttura, bisogna ritenere il tessuto linfoide dei selaci identico al
midollo delle ossa dei vertebrati superiori.
Conclusioni.
1." Nel midollo delle ossa delle prime quattro classi di vertebrati
e nel tessuto linfoide dei selaci i corpuscoli rossi hanno origino dai
leucociti.
2." Nei mammiferi, per la trasformazione ematica, che invade an-
che il nucleo, ha luogo la scomparsa di questo.
3." Le cellule giganti, che si osservano nel midollo dei mammi-
feri, hanno origine le une dai leucociti di matrice, le altre dai cor-
puscoli rossi giovani nucleati. Amendue queste varietà sono da con-
siderare come formazioni regressive aventi origine per la fusione dei
corpi cellulari e dei nuclei.
4.° La sottrazione del sangue o dell'alimento produce aumento di
figure cariocinetiche nei nuclei dei leucociti.
5." Nel midollo non funzionante delle ossa lunghe del pollo vi
sono follicoli linfatici, i quali sono da considerare come accumuli di
elementi di riserva pronti a mutarsi in corpuscoli rossi.
6.° Nei selaci, che non hanno midollo delle ossa, questo è rap-
presentato da un tessuto linfoide esistente ai lati dell' esofago e nelle
glandole genitali. Gli elementi, che costituiscono questo tessuto, sono
identici a quelli costituenti il midollo delle ossa degli altri vertebrati.
162
LETTERATURA
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— 166 —
SPIEGAZIONE DELLE FIGURE
Le figure 1. 2. 3. 6. sono state disegnate con Oc. 3. Ob. 0,
Zeisa.
Le figure 4 e 7 sono state disegnate con Oc. 3 Ob. A. Zeiss.
Tutte le altre figure sono state disegnate con Oc. 3. Ob. — -
La
Zeiss.
Tavola I
Fig. 1. Sezione del midollo di femore di coniglio.
Fig. 2. Sezione trasversale della periferia del midollo di femore. Co-
niglio.
Fig. 3. Rete oonnettivale del midollo di femore. Coniglio.
Fig. 4. Sezione trasversale del midollo di femore. Follicolo linfatico.
Pollo.
Fig. 5. Sezione del midollo di femore del pollo. Verso la periferia
si vedono elementi di passaggio ed un leucocito con diastro,
Fig. 6. Sezione trasversale del midollo del femore di Ramarro. Pe-
riferia del midollo,
Fig. 7. Sezione tras-^ersale del midollo del femore di Rospo. Peri-
feria del midollo.
Fig. 8. Cellula gigante. Mus decnmanus.
Fig. 9. Cellula gigante formata da leucociti. Fiìsione incipiente dei
nuclei. Cavia.
Fig. 10, Cellula gigante, formata da leucociti. Coniglio.
Fig. 11, Cellula gigante, che mostra nel corpo cellulare un leucocito
circondato da alone chiari'. Riccio morto di fame.
Fig. 12. Idem.
Fig. 13. Cellula g'gante, che mostra nel co'-po cellulare un leucocito
circondato da alone chiaro, con figura cariocinetica. Riccio morto
di fame.
Fig. 14 Cellula gigante, che mostra nel corpo cellulare due leuco-
citi con nuclei di forma irregolare. Coniglio salassato.
Tavola II
Fig. 15. Cellula gigante in cui è avvenuta la fasione dei corpi
cellulari, ma non ancora quella dei nuclei. Coniglio salassato.
Fig. 16. Cellula giganto formata da corpuscoli rossi giovani nucleati.
Fusione incipiente dei nuclei. Cavia.
— 167 —
Fig. 17. Idem. Fusione più inoltrata dei nuclei. Cavia.
Fig. 18. Idem. Disposizione a rete. Cuniglio.
Fig. 19. Idem. Riccio.
Fig. 20. Idem. Nel corpo cellulare vi sono tre corpuscoli rossi gio-
vani. Coniglio.
Fig. 21. Massa protoplasmatica contenente granuli cromatici ed acro-
matici. Formazione necrobiotica. Mus deciomamifi .
Fig. 22. Leucociti. Idem.
Fig. 23. Idem.
Fig. 24. Diastro di un leucocito. Idem.
Fig. 25. Leucocito con nucleo di forma irregolare. Idem.
Fig. 2G. Cellula gigante formata da corpuscoli rossi giovani. Cavia.
Fig. 27. Leucocito con nucleo di forma irregolare. Mas decumanus.
Fig. 28. Elemento di passaggio. Idem.
Fig. 29. Diastro appartenente al nucleo dell'elemento di passaggio»
Idem.
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
F
g. 30. Elemento di passaggio con nucleo irregolare. Idem.
g. 31. Idem.
g. 32. 33. Leucociti con nuclei di forma irregolare. Idem.
g. 34. Elementi di passaggio. Idem.
g. 35. Corpuscoli rossi giovani nucleati. Idem.
g. 36. Corpuscolo rosso adulto. Idem.
g. 37. Leucocito di matrice. Cavia.
g. 38. Idem. Idem.
g. 39. Leucocito con nucleo di forma irregolare. Idem.
g. 40. Diastro appartenente ad un leucocito. Idem.
g. 41. Elementi di passaggio. Idem.
g. 42. Idem.
g. 43. Corpuscoli rossi giovani nucleati. Idem.
g. 44. 45. Corpuscolo rosso giovane nucleato, con nuclei gemmanti.
Riccio morto di fame.
Fig. 46. Leucocito di matrice. Coniglio.
Fig. 47. Leucocito con nucleo di fox-ma irregolare. Idem.
Fig. 48. Idem.
Fig. 49. Diastro appartenente ad un leucocito. Idem.
Fig. 50. Elemento di passaggio con nucleo di forma irregolare. Idem,
Fig. 51. Elementi di passaggio. Idem.
Fig. 52. Idem.
Fig. 53. Diastro appartenente ad elemento di passaggio. Idem.
Fig. 54. Corpuscolo rosso giovane nucleato. Idem.
Fig. 55. 56. Leucociti con granuli nel corpo cellulare. Idem.
Fig. 57. 5;!. Leucociti di matrice. Pollo.
— 168 —
Fig. 59. Elementi di passaggio. Idem.
Fig. 60. Elementi di passaggio con nucleo di foi-ma irregolare. Idem.
Fig. 61, Corpuscoli rossi giovani. Idem.
Fig. 62. Corpuscolo rosso adulto. Idem.
Fig. 63. Leucociti con granuli nel corpo cellulare. Idem.
Fig. 64. Mieloplasso. Idem.
Fig. 65. Mieloplasso, i cui nuclei mostrano la degenerazione croma-
tolitica. Idem.
Fig. 66. Leucociti di matrice. Ramarro
Fig. 67. Diastro appartenente ad un leucocito. Idem.
Fig. 68. 69. Leucociti con nuclei di forma irregolare. Idem.
Fig. 70. Elementi di passaggio.
Fig. 71. Corpuscoli rossi giovani. Idem.
Fig. 72. Coi'puscolo rosso adulto. Idem.
Fig.* 73. Leucociti di matrice. Rana.
Fig. 74. Monastro appartenente ad un leucocito. Idem.
Fig. 75. Leucociti con nuclei di forma irregolare. Idem.
Fig. 76. Elemento di passaggio. Idem.
Fig. 77. Idem.
Fig. 78 Corpuscolo rosso adulto. Idem.
Fig. 79. Leucocito con granuli nel corpo cellulare. Idem.
Fig. 80. Leucocito di matrice. Raja asterias.
Fig. 81. Leucocito con nucleo di forma irregolare. Idem.
Fig. 82. Elementi di passaggio. Idem.
Fig. 83. Elemento di passaggio con nucleo di forma irregolare. Idem.
Fig. 84. Leucocito con nucleo di forma irregolare. Torpedo ocellata.
Fig. 85. Diastro appartenente ad un leucocito in mezzo ad altri ele-
menti del tessuto linfoide. Raja asterias morta di fame.
Fig. 86. Corpuscolo rosso adulto. Seyllhim catulus.
Fig. 87. 88. 89. Corpuscoli granulosi. Raja asterias.
Fig. 90. Diastro appartenente ad un corpuscolo granuloso. Raja
asterias morta di fame.
Fig. 91. Massa protoplasmatica contenente granuli cromatici ed acro-
matici. Formazione necrobiotica. Raja asterias morta di fame.
Napoli. Stazione Zoologica. Luglio 18S9.
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;ì;[.'^ Eclwarcls et Lucas.
Panopaeus c^iiien.sis Edwards et Lucas. Crustacós de d' Orbigny Voy.
dans r Amér. Mórid. p. 1(5. \A. Vili. fig. 2 ( 1843 ).
( 1' ) Lungh. del cefalotorace iniu. 25.5, largh. mm. o-I, rapporto
Ghlorodinae Dana.
Genas Zozymus Edward s.
ZozYMUs AENETTs (Linueo).
Zozijmiis aeneus EdwaràSfìList. nat. des Crast. t. I. p. 385 { 1834);
A. M. Edwards, Nouv. Archiv du Mns. t. IX. p. 207 ( 1873 )
libi syn.
Provenienza: Singapore ( Gennaio 1885 ).
Genus Actaeodes Dana.
AcTAEODES TOMENTOsus ( Edward s ).
Zozymus tomentosus Edwards , Hist. nat. de» Crust. t. I. p. 385
(1834); Crust. in Gtiv. R. A. ablas pi. XII bis. fig. 2.
Actaeodes tomentosus ed affinis Dana, Crust. iu U. S. E.^plor. Exped.
t. I. p. 197. pi. XI. fig. 3 '( 1852 ).
Actaea tomentosa ed affinis A. M. Edwards, Isliav. Archiv. da Mu-
séum. I. 1. p. 2G2 ( 1855 ).
Dìù;. o^ • lungh. mm. 15, largh. mm. 25.
Provenienza: Dragando 1.50 miglia X. E. di Singapore (Gennaio 1885'.
Genus Carpilodes Dana.
Carpilodes r.ELLCS ( Dana \
Actaeodes belias Dana, Crust. in U. S. E.'Cplor. Exped. t. I. p. 19G
pi. XI. ^g. 2 ( 1852 ).
Actaea bella A. M. Edwards, Nouv. Archiv. da Mas. 1. I. p. 2G1
( 1865 ).
Carpilodes òellus Miers, Report. Brachyura Voy. Challenger p. 134
( 188G ).
Provenienza: Assab.
— 200 —
Genus Euryetisus n. g.
Cafcipax suhellipticus fere planus. lateribus rotundatis,supra
riiedium, subindistincte lohatis. Frons parce declìvis, medio vix
emarginatiis, deinde utrinque sinuatus, Hiatus orhitae internus,
processii hasi.s antennae exteymae occupatus, articulujii secun-
dinn occludens ( an Eliso consimilis ). Digiti apici instar co-
clìlcaris excavati. Ahdomen niaris 5-articulatum.
ErRYETlSUS DEPLANATUS n. Sp. ( fig. 9-10.).
Carapax rugidosits antice posticeque leviter areolatus. Lobi
epigastrici et jìrotogastrici subdivisi , areola mesogastrica cir-
ciiniscripta. Margo latcralis anterior subscure 4-lobatus Cheti-
pedes subaequi, crassi sai longi , corpo et manu rugoso-reticu-
latis, digitis elong atis, subcarenatis.
Il cefalotorace misura 11) mm. di lunghezza su 28 di larghezza.
La superficie dorsale è assai rugosa segnatamente verso il bordo la-
terale , con areole distinte da solchi superficiali. Il margine antero-
laterale spesso è diviso oscuramente in quattro lobi assai larghi. La
fronte alquanto declive è bilobata per una leggera emarginazione
mediana.
La disposizione della regione antenna ria è identica a quella del
genere Etisus, l'articolo basilare delle antenne esterae è assai grande
e riempie tutto l'hiatus orbitario, in guisa da escludere dall'orbita
la parte mobile di essa antenna, anzi in alcuni esemplari le antenne
esterne sono totalmente escluse dall'orbita per effetto dell'unione di
questa alla fronte.
I chelopodi sono ben sviluppati. Il braccio oltrepassa appena il
bordo laterale del cai-apazio, il carpo nella superficie è rugoso reti-
colato, disposizione questa che si constata anche nella superficie della
mano sino alla linea di mezzo della porzione palmare. Le dita sono
allungate subcarenate, col bordo preonsile armato di denticolazione
poco sviluppata, colorite in nero coli' apice sbiancato.
Le zampe ambulatrici sono corte, nude, coi dattili rivestiti d' un
tomento villoso. Addome con 5 articoli il 2do, 3zo, 4to sono fusi fra di
loro; la linea di fusione si è conservata ben distinta.
Provenienza : Singapore ( Gennaio 188.5 ).
— 201 —
Cfenus Phymodius A. M. Edwards.
PllYMODIUS MONTICULO.SUH (Dalia).
Xantho peuce Wliite. List. Crust. in British Museum p. 125 (184U).
Chlorodius areolatus Adams and Wliite , Crust. Voy. of Samai-ang.
pi. 11 fig. 3 i 1848 ).
Chlorodius monticulosus Dana, Proc. Acad. nat, se. of Philad. p. 79
( 1851 ). Crust. in U. S. Explor. Exped. t. I. p. 20G pi. 11. fig.
y ( 1852 ).
Chlorodius ohscurus Hombron e Lucas, Vo3^ de 1' Astrolabe III. p.
26 pi. III. fig. 4 ( 1863 ).
Phymodius obscurus A. M. Edwards, Nouv. Archiv. du Muséiim. t.
IX. p. 220 ( 1873 ).
L'esemplare esistente in collezione nella forma del cefalotorace,
colle areole sul tergo rugoso-impresse e minutamente granulose, nella
conformazione dell' addome e delle zampe ambulatrici spinulose al
di sopra e guernite di lunghi peli, ricorda completamente il tipo del
Chlorodius moniicuìosvs quale fu descritto e figurato dal Dana.
Il braccio oltrepassa della metà circa della sua lunghezza il bordo
laterale del carapazio , il carpo e la mano sono irti nella superficie
di grossi tubercoli rotondati e lisci. Le pinze nella loro conformazione
ricordano la varietà gracilis del Chlorodius ungulatus descritta e
figurata dal medesimo autore.
Il colorito del carapazio è bruno molto intenso.
Dim. e '• lungh. mm. 11, 4, largh. 16, 5.
Provenienza : Assab ( Dicembre 1881 ).
Phymodius ungulatus ( Edwards ).
Chlorodius ungidatus Edwards , Hist. nat. des Crust. t. I. p. 400
pi. XVI fig. ( 1872 ).
Phìjmodius ungulutus A. M. Edward, X. Archiv. du Muséum t. IX.
p. 218 ( 1873 ).
I limiti di questa specie o meglio varietà non mi sembrano an-
cora precisati con esattezza sufficiente. In generale le areole del tergo
sono meno rilevate di quello che si osservi nel Chlorodius monti-
cidosus, e sono ordinariamente impresse di erosioni puntiformi, però
non ofi'rono vere granulazioni.
Nel giovine esemplare della collezione, queste sono appariscenti
in qualche punto del dorso; il primo dente al bordo laterale è suba-
- 202 —
dito, i tre successivi spiniformi, carattere che sembra dovuto alla
piccola taglia dell'individuo. La fronte sporge con un ])ordo lamel-
lare liscio, divisa in due lobi per una scissura larga e profonda. Due
distinte fessure nel bordo sovraorbitario ed un'altra in quello infraor-
bitario. Il pterigostomio è pubescente e granuloso. Il braccio oltrepassa
di poco il bordo laterale del carapazio. nel suo margine interno è ap-
pena denticolato, nel suo margine esterno giiernito d'una serie dì
denti spiniformi. Numerosi tubercoli si osservano nella superfìcie
esterna del cai-po, il quale nel suo angolo interno offre una spina
molto aguzza , ed un' altra più piccola situata immediatamente al di
sotto. La mano è traversata nel suo bordo superiore da due ranghi
di tubercoli spiniformi, i quali nella superficie della palma sono di-
sposti in quadruplice serie parallela. Consimili tubercoli si constatano
pure nella metà superiore della superficie interna.
La conformazione delle pinze ricorda la varietà curlimanus Dana ,
L'aspetto delle zampe riesce ben diverso da quello della specie
precedente.
Le spinule sono qui decisamente distinte nel bordo superiore del-
l'articolo femorale, come nel Chlorodiiis ohscurus Jacq. e Lucas :
i rimanenti articoli sono guerniti di lunghissimi peli , i dattili sono
meno incurvati e più allungati.
Il colorito del carapazio riesce assai piìi chiaro che nel Ph]i-
iitodius monticulosus.
Provenienza: Dragando 150 miglia al N. E. di Singapore ( Grennaio
1885 ).
Genus Leptodius A. M. Edward s.
Leptodius Exaratus ( M. Edwards ).
Leptodius exaratus A. M. Edwards, N. Archiv. du Muséum t. IX.
p. 222 ( 1873 ^ ubi syn-
Dim. d'un ^^ ad.: liingh. mni. 20 , 5 , lavgb. mni. 31, rapporto
della lungh. alia largb. 1: 1, 58.
Var. In alcuni giovani esemplari , il cefalotorace apparisce più
depresso e più declive in avanti. Le areole sono appena distinto nella
linea di mezzo ; il bordo laterale olire due denti anteriori larghi ed
ottusi, e duo posteriori triangolari ed acuti ; le zampe mascelle esterne
offrono nel bordo superiore del terzo articolo ( merognatite ) un' in-
cisura triangolare profonda.
I chelopodi sono più corti, il braccio raggiunge il bordo laterale
del cefalotorace sen/.a oltrepassatdo, il carpo, la mano e la chela s'av-
— 2or> —
vicinano nel loro modo di confoi-mazione al tipo del Chloi'odius san-
guineus Edwai-ds.
Dilli . d'im ^■. lungh. mm. 0, 5, largh. 15, raijporto della lungli.
alla largh. 1:1, 51.
Leptodius exar.vtus var. sanguinrus (Edward s).
Lepfodius exaratas var. sangulneiis Miers, Crast. ili Proc. Zool. Soc.
of. London p. 134 (1877); ubi syn.
Questo tipo considerato come specie distinta dal Dana e dall'Heller,
.separata appena come specie a sé da IM. Edwards, viene riunita quale
sem.plicc varietà al tipo precedente dallo Stimpson e dal Miers. In
generale suole essere caratterizzato per la presenza d'un quinto dente
al bordo laterale del carapazio.
Dim. d'un r;"" ad.: lungh. min. '21.5, largh. 34.
Provenienza: Payta (Marzo 1883).
Leptodius euìjorus (Herbst;.
Cancer eudora Herbst, Naturgesch. Krabben und Krebse t. Ili, p. 51,
fig. 3.
Chlorodius eudorus Edwards , Hist. nat. des Crust. t. I, pag. 402
(1834).
Il cefalotorace in questa forma, riesce nell'aspetto generale più ri-
sti-etto, nei lati più rotondato che nella specie precedente. Le areoie
nelle diverse regioni del corpo sono assai prominenti e traversate
nella superficie da pliche crenulate. I lobi epifrontali sono salienti,
quelli epigastrici offrono verso l'esterno una profonda impressione in
forma di V come nel Chlorodius nodosus Randall.
I denti nel bordo antero-laterale sono triangolari, ben distinti dalla
lor base, subacuti ed arcuati; il primo dente o lobo sporge bipartito
al di sotto dell'angolo esterno dell'orbita. La fronte è composta di due
lobi, separati da larga incisione, i quali s'avanzano con un margine
anteriore assai concavo.
I chelopodi sono corti e grossi, il braccio guadagna appena il
bordo laterale del carapaz'o, il carpo e la mano appariscono profon-
damente erose con molteplici rughe parallele.
Le zampe sono guernite di lunghi peli marginali e rivestite d'un to-
mento villoso assai forte.
Colorito verdastro uniforme.
Diin. d'nn q^ : lungb. ram. 15,5, largh mm. 22,5.
— 204 —
Provenienza: Di-aganclo 120 miglia al X. E. di Singapore (Gen-
naio 1885).
Genus Chlorodopsis A. M. Edwards.
CiiLORODOPSis J'ILUMNOIDES (Adams and White).
Chlorodius jyilumìioides Adams and White, Crust. of Samarang p. 419,
pi. 9, fig. 3 (1348).
Filodius pil'umnoides Dana, Crust. in U. S. Explor. Exped. t. I, p. 221,
pi. XII, fìg. 10 (1852).
Chlorodopsis pilumnoides I. G. de Man, Crust. Mergui Are. pag. 35
(1887).
Le spinule sono assai sviluppate e numerose sui lobi frontali ed
epifrontali, sulle areole epatiche e branchiali anteriori, nei lobi epi-
gastrici e protogastrici sono però più corte e meno prominenti.
Il primo dente laterale risulta costituito da un gruppo di due
spine, il secondo da quattro, il terzo da tre, ed il quarto da una lunga
spina.
Cinque spine al bordo interno del bi-accio, ed un rango di quattro
a cinque spinule nel suo bordo esterno. Il carpo e la mano sono ar-
mati di tubercoli spiniformi che nell'esemplare adulto tendono a smus-
sarsi del lutto verso il bordo inferiore della palma, dove appariscono
compressi e rotondati.
Le zampe ambulatrici sono pilose e spinulose superiormente nei
diversi articoli, il femore presenta delle spinule anche inferiormente,
la tibia offre una lunga spina terminale nello stesso bordo.
Dini. d'un o'' a,d.: lungh. mni. 19,5, largii, inni. 24,5.
Proveninza: Manila (Dicembre 1884).
Subfam. Ozinae Dana
Genus Ozius Leacli.
Ozius EUGULOSus Stimpsou.
Ozius rugidosus Stimpson , Proo. Acad. nat. se. of Philad. sp. 83
(1858); Heller Novara Reise, Crust. p. 22, taf. Ili, fig. 1 (1865);
A. M. Edwards , N. Archiv. du Muséum t. IX, pi. XI, fig. 3
(1873); Miers, Crust. in Proc. Zool. Soc. of London p. 13G (1877).
Dim. d'un o"" : lungh. mm. 39, largh. 53.
Habit. Bonin (Stimpson), Nicobar (Heller', Nuova Caledonia (A.
M. Edwardsj, coste dell'Australia Isole Ma'irizio (Miers)»
Il nostro esemplare proviene da Assab.
— 205 —
C46nns Epixanthus Heller.
Epixaxthus krontalis (Edwarcls).
Oziits frontcdis Edwards , Hist. nat. des Crusfc, t. I, p. 40G (18:54):
Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad. sp. 82 (1858).
Epixanthun Kotscii Heller, Crustaceen-Fauna des rothea Meeres, in
Sitzungsber. ^A'iener Ahad. d. Wissen pag. 235, t. II, fig. 4 (18(51).
Epixanthus frontalis Heller, Crusfc. Novara Reise p. 20 (18G5).
Dim. d'un J* : lungh. mm. 54, largh. 75.
Provenienza: Assab. Panama.
GeniTs Pseudozius Dana.
PsEUDOZius iNORNATLTs Dana.
Pseudozius inornafus Dana, Crusfc. in U. S. Explor. Exped. t. I,
p. 234, pi. XIII, fig. 7 (1852).
Il cefalotorace in un maschio misura 17 mm. di lunghezza su 21,5
di larghezza ; le areole sul tergo sono oscuramente accennate nella
linea di mezzo. Il primo lobo nel bordo antero-laterale è meno largo
del secondo, il terzo lo è meno del precedente, il quarto più piccolo
è leggermente aguzzo.
Chelopodi col carpo minutamente eroso, e granuloso in avanti
verso il bordo articolare colla mano ; questa offre granulazioni più
sviluppate in tutta la superficie della palma; il dito mobile fortemente
incurvato oftVe nel bordo preensile otto a nove denticolazioni tuber-
coliformi, l'indice nella chela più grossa presenta un grosso tubercolo
basilare.
Il colorito è giallo-rossastro, con delle chiazze rosso porporine
più o meno diffuse sui tergo , le zampe off"ront) nei diversi articoli
delle macule puntiformi disposte in zone annuiate.
Provenienza: Hong-Kong ialla costa, Marzo 18S5).
Clenus Euryozius Miers.
EijRYOziu? BOuviERi var. MELLissn Miers.
Euryoziits bouvieri var. mellissii Miers, Reporfc Brachyura Voy. H. M.
S. Challenger, p. 142, pi. A'II. fig. 3 (1886).
Le creste all'endostoma in alcuni esemplari sono completamente
sviluppate, in altri lo sono soltanto parzialmente come nel P. inor-
natus Dana.
— 206 -
Il braccio è liscio, il carpo è impresso di molte erosioni punti-
formi con un tubercolo ottuso al suo angolo interno, ed un processo
subacuto inferi(>rmente a questo; queste erosioni si osservano pure nu-
merose sul bordo superiore della mano, le dita nella grossa chela del
maschio sono armate d'un grosso tubercolo ])asilare.
L'articolo tibiale e il tarsale delle zampe sono sup-ni 'rmonto ro-
tondati e non canaliculati (Miers).
Dim. d'nn q^ : Inngh. mni. 12, largii, inm. '20.
Pì-ovenicììza: Panama (Febbraio 1884).
Geniis Pilumnus Leacli.
PiLUJiNUS luitTELLUS Leacli.
/'ilummis hh-fellus Leach, Malac. Podoph. pi. 12 1815-17). Hist. nat,
des Crnst. t. I, p. 417 (1834). Bonnier Crnst. Coacai'nean p. 21
(1887) ubi s.yn.
Provenienza: Gibilterra (Maggio 1882).
Pilumnus vespertilio ( F a b r i c i u s ).
Pilumnus vespertillo Leacli, Transact. Linnean. Soc. of London t. XI,
Edwards . Hist. nat. des Crnst. t. I, p. 418 (1834) ; Crust. in
Cuv. E. A. atlas, p]. 14, fìg. 3.
Provenicìiza: Singapore (Gennaio 1885).
PiLU3iNUs MU.s Dana.
r Cancer incauniis Forskill, Descript, ar.im. quae in itiner etc. pag. SJ2
(1775.
l'ihtmmts Forskalii Edwards, Hist. nat. des Crust. t. I, p. 419 (1834).
Pilumnus ur sui US Adams and Wbite, Crust, Samaraug p. 4 (1848);
Hesse, Crust. Ost. Australia in Archiv. fiir Naturgesch p. 137,
taf. 6, fig. 2 ("1805).
ì'ilumnus ìHìts Dana, Crnst. in U . S. Explor. Exped. t, I, p. 240
(1852); Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad. p. 36 (1858).
l'ilamnus vespertilio IMiers, Crust. in Annal and Mag. nat. Hist. 5. V.
p. 234 asso).
I duo esciiijìlai'i esistenti in collezione nella forma del carapazio
rivestito d'un forte tomento villoso o lanoso, non che nella conforma-
zione dei denti al bordo antero-laterale, larghi, triangolari ed acuti
e non punto spiniformi ricordano completamente il tipo del Pilumnus
uiits descritte dal Dana.
— -iOT —
Nell'intervallo però tra i primi duo denti laterali non si constata
in un punto più basso la presenza d'un altro dente (Dana), i lobi fron-
tali non offrono un margino spinuloso, ma sollibnente crenulato.
Pyoven'u^nza: Singapore (Cxennaio 1885).
Geiìus Heteropanope Srlinpson.
Hetekoì'Anoi'e sp. (iig-. 11).
Lo stato al(]nniit(ì imperfetto d'un esenijìlare ^^iovaiiissimo ha reso
impossibile una esatta diagnosi del medesimo.
Nei suoi caratteri esteriori conviene in p?.rte cuW Heteropanope
indica De iMan (Crust. Mergui Arcipelago in .Journal Linnean Soc. of
London p. 53, pi. Ili, fìg, 1-2 1877).
Il cefalotorace è rivestito d'una scarsa villosità , le areole sono
meglio circoscritte in avanti da solchi profondi , nella superficie ap-
pena rugose e traversate da leggere pliche creuulate. La fronte è di-
visa in due lobi larghi e lamellari, leggermente sinuosi, con un mar-
gine sottilmente crenulato. Il cerchio orbitario è definito in tutta la
periferia da un solco bene impresso, il suo margine libero al di sopra
è integro al di sotto munito d'un hiatus esterno piut'oOsto stretto. Il
bordo antero-laterale offre quattro denti, il primo è separato dall'an-
golo esterno dell'orbita per una larga e profonda sinuosità, ii secondo
è troncato, il terzo ed il quarto triangolari ed acuti.
11 braccio è completamente liscio, il carpo è percorso nella super-
ficie esterna da tubercoli più o meno puntuti e prominenti, la mano
offre due creste denticolate al di sopi"a, e nella porzione palmare dei
minutissimi granuli disposti in una serie parallela appena distinta con
una lente d'ingrandimento.
Le zampe ambulatrici rivestite d'una leggiera villosità sul bordo
superiore dei diversi articoli offrono un orlo di granulazioni.
Dim. d'una ]_ : lungh. mm. G,.5, largb. niui. iK
Provenienza: Dragando 150 miglia al X.-E. di Singapore (Gen-
naio 1885).
Genus Pilumnopneus A. M. Edwards.
PlLUMXOPNEUS? LAEVIlfANfS n. Sp. (fig. 12).
Carnpuj- angustus , parce conve.cus , non areolatits. Margo
laterali^ (interior suhobscure qiiadriìobatus, lobo primo et secundo
latis^postrcrnis duobus denti /'or mibus. Frons declivis, medio lae-
viier sinuato, c.rfas rotundata. Orbita siipra ad marginem subin-
— 208 —
clistincte crenulata, infra ìiiatu externo interrupta , bene denti-
culata.
Chelipedes suhaequi, hrachio triquetro, dente peracuto extus
apicem versus; carpo laevi intus icnidentato, manu nitida glabra,
digitis acmninatis. Pedes gressorii elongati, tibia, tarso et dactijlo
breviter hirsutis.
Egli è con qualche esitazione che io ho riferito al genere Pilnm-
nopneus questa specie la quale possiede molte caratteristiche in co-
mune col Pilumnopneus maoulatns A. M. Edwarcls, (Nouv. Archiv.
du Muséum s. I, t. IV, p. 82, pi. 10, fìg. 17, 18, 19 — 1868), si diffe-
renzia però da quest'ultimo per la forma più stretta del carapazio,
per la conformazione delle zampe mascelle esterne occupanti stretta-
mente tutto il cavo boccale , per la lunghezza delle zampe e per
qualche altro carattere di minore importanza.
Dim. d'un o"* ^id.: lungh. mm. 17,5, largh. min. 16.
Provenienza: Canali Patagonici (Porto Lagunas).
Genus Pilumnoides Edwards et Lucas.
PlLUilNOinES PERLATUS (' P Ò p p i g ) .
Jlepatus perlatus Poppig, Crustacea chilensia nova aut minus nota
in Archiv. fiir Naturgesch. t. II, p. 135, pi. IV, fìg. 2 (1836).
Pilumnoides perlatus Edwards et Lucas, Crust. de d'Orbigny Voy etc.
p. 21, pi. 9, fìg. 1 (1843). Dana, Crust. in U. S. Explor t. I,
pag. 241 ( 1852 ) ; Cunningham, Trans. Lia. Soc. of London t.
XXVII, p. 491 (18711.
Provenienza: Isola Taboga, Maxillones, Coquiinbo, Calderas, An-
COD, Valparaiso, Callao.
Subfam. 4. Actumninae Dana
Genus Actumnus Dana.
AcTUMNUs GLOP.tjuTs Heller.
Actumnus glohidns Heller , Crnstaceen-Fauna des rothen Mecros in
Sitzung.sber. Wiener akad. d, wisson. p. 341 , pi. 2 , fìg. 23
(186]); A. M. Edwards, Nouv. Archiv. du Muséum s. 1 , t. I,
p. 286, pi. XVIII, fìg. 4 1865).
Dim. d'una '-i: lungh. mm. 15, largii, min. 20.
Provenienza: Assab Maggio 1884).
— 209 -
AcTUMNUs Targionii n. sp. (fig. 13).
Actumno globulo afflnis-
Carapace convexus, angustus, antice posticeque bene areola-
tics, sulcis sai profundis. Areolae minutissiììie granulatae , lobi
rpigasirici et protogastrici circumscripti , areola mesogastrica
tripartita, regio cardiaca bilobata. Frons prominens medio emar-
ginatus, deinde pro/unde sinuatus, distincte 4-lobatus, lobis me-
dianis rotundatis, subtilissime et marginem crenulatis, extiynis
uiinoribiis acuiis. Margo lateralis anterior 4-dentatus denltbus
Iriangulafis spinulosis. Chelipedes subaequi, carpo extus granu-
lato, antice oblique silicato, manu superne sjnnulosa, palma bene
tuberculosa , tuberculis acuminatis , digitis apice obtusis , ebur-
neo-uncinatis.
Pedes gressorii villosi et pilosi.
Il modo di lobulazione del carapazio ricorda la specie precedente,
la regione cardiaca qui perù è ben prominente, e divisa in due da un
solco longitudinale. La fronte è distinta in quattro e non in due lobi,
quelli mediani sporgenti e lammellari , quelli laterali acuti e sotto-
messi all'angolo sopracigliare. Il bordo latero-anteriore offre ([uattro
denti, il primo, l'orbitario esterno, è il più largo, i tre successivi trian-
golari, ben distinti dalla base hanno l'apice terminato da una spina.
La conformazione dei chelopodi non varia da quella della specie
precedente, i granuli perlacei che si rinvengono sul carpo e sulla
mano sono più puntuti e salienti. Le dita nella superficie sono sol-
cale e rivestite di tubercoli, il dito fisso presenta due denticolazioni
ben sviluppate verso la base, le quali appariscono meno distinte nel
dito mobile.
Dim. duna _: lungh. miu. 13, largii, mm. 16.
Provenienza: Sui récifs di Fernambuco (Luglio 1882).
Subfam. V. Eriphinae Dana.
Oenus Euriippelia Miers.
EURiiPPELIA sp.
11 giovine esemplare della collezione nei suoi caratteri generali
conviene assai direttamente col tipo della Riippelia amiulipes de-
scritto e figurato dal Dana (United. Staat. Explor. Exped. Grust. t. I,
P- 246, pi. XIV, fig. 4, 1&52), Ri\ppelia truncata Strahl. (Monatsber!
R. K. Preussische Akad. d. wissen. zur Berlin, p. 1004, 1861). La
7
— 210 —
superficie del tergo liscia e glajjra offre sotto la lente d' ingrandi-
mento delle minutissime punteggiature. Le areole sono appena defi-
nite in avanti. Il bordo antero-laterale presenta quattro denti non ri-
levati però da una lista orizzontale come nella Bùppelia amiidipes
Edwards, Hist. nat. des Crust. t. I, p. 4226, 1834) ; il primo dente è
ottuso, il secondo ed il terzo poco più sviluppati, il quarto rudimen-
tario è appena distinto per un leggero solco che s'avanza sul carapa-
zio. La fronte è costituita di due lobi troncati.
I chelopodi sono assai lunghi , il braccio oltrepassa di molto il
bordo laterale del carapazio; all'interno è armato d'un dente ottuso
submediano, all'esterno è alquanto rugoso. Il carpo è liscio e glabro,
con una piccola punta dentiforme interna, la mano è tumida, nel bordo
superiore ed inferiore rotondata, nella superficie della palma punteg-
giata. Le dita sono allungato, armate nel bordo preensile di qualche
denticolazione poco sviluppata, ed escavate profondamente a cucchiaio.
Le zampe ambulatrici sono villose e tomentose nei diversi arti-
coli, i dattili al di sopra ed al di sotto spinulosi.
II colorito è bruno rossastro, più marcato sul carpo e sulla mano,
le pinze sono nere e questa colorazione s'estende inferiormente nella
mano. Le zampe offrono numerosi anelli roseo violetti nei diversi ar-
ticoli.
Dim. cT : lungh. mm. 6, largii, mra. 9.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 1884).
Genus Eriphia Latreille.
Ekipiii.4. snxiFRONS S a vign}-.
Eriphia spinifrons Bonnier, Crust. Cone. p. 21 (1887) ubi syn.
Provenienza: Gibilterra (Maggio 1882).
Eriphia gonagra (Fabricius).
Cancer gonagra Fabr. Supp. Eat. Sjst. p. 337 (1798).
Eriphia gonagra Edwards, Hist. nat. des Crust. t. I, p. 420, pi. 16,
fìg. 16, 17 (1834).
Dim. cf 5xd.: lungh. mm. 41, largh. 52.
Provenienza: Aden.
Eriphia laevimaxa Latr. var. Smitiui Mac Leay
Eriphia laevimana Latr. var. Smithii Mac Leay ; Hilgendorf , Mo-
natsber. Preussische Akad. d. WisF.en. zar Berlin p. 797 (1878)
ubi syn.
— 211 —
Secondo alcune osservazioni, questa specie non rappresenterebbe
che una semplice varietà dell' Eriphia laevimana Latr. In effett i
pare che i tubercoli della superficie del carpo e della mano nella
grossa chela del maschio , tendono a scomparire come nell' Eripìiia
a mani liscie.
L'esame praticato sopra 32 esemplari a diverso periodo di svi-
luppo non mi ha condotto a questo risultato.
Dim. ^ : lungh. mm. 88, largh. mm. 5"2.
Provenienza. Golfo di Panama e sui récifs di Pernambuco.
Genus Trapezia Latreille.
Trapexia cymodoce (Herbst)
Trapezia cymodoce Miers , Anuals and Mag. nat. Hist. s. V, t. II,
p. 409 (1878); ubi syn.
Uuesta specie, come ha ben fatto rimarcare il Miers, oltreché per
lo sviluppo dei denti frontali e di quelli laterali delio scudo, si distin.-
i^ue per la pubescenza che riveste la palma della mano.
Nella serie degli esemplari esistenti in collezione i denti frontali
ofirono uno sviluppo differente , essendo in alcuni pochissimo svilup-
pati; in ultimo il braccio nel suo bordo interno presenta da sei ad otto
denti, il carpo un tubercolo ottuso al suo angolo interno.
Provenienza: Honolulu,
Trapezia rufopunctata (Herbst).
Trapezia rufopunctata A. M. Edwards , Nouv. Archiv. du M;iscaia
t. IX, p. 258 (1813) ubi syn.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 18S4}.
Pam. II. Portunidae Clg.
Sectio I. Portuninae Miers.
Subfan}. I, Lupinae Lupéens A. M. Edwards )
Genus Neptunus De Haan.
Xeptunus diacaxthus ; Latreille ).
Xeptunus diacanihus A. M. Edwards , Etudes Zool. sur les Crust.
de la famille des Portuniens in Archiv. du Muséum t. X. p. 316
' pi. XXX. fig. 1 ( 1871 ) ubi syn.
Dim. d'un o^ ad.: ìungh. mm. 54, largh. mm. 120.
l'rovenienza : Panama, Fernambuco, Gallao, Valparaiso, Honolulu.
Neptunus armatus ? A. M. Edwards.
Neptunufi armatus f A. M. Edwards, Op. cit. 1. e. p. 322 pi. XXX^
Hg. 2 ( 18G1 ).
Egli è con qualche esitazione che io riferisco a questa specie un
giovine esemplare proveniente da Ghonos.
La forma del carapazìo e dell'addome, lo sviluppo dei denti
sulla fronte e nel bordo antero-laterale convengono strettamente con
un N- diacanthus della medesima taglia. Il braccio nel suo bordo
anteriore è armato di tre spine e nel bordo posteriore di un altra
spina terminale. Due spine sul carpo, di cui una lunga ed acerosa al
suo angolo interno ed un altra meno sviluppata al suo bordo esterno^
tre spine sulla mano di cui due suU' articolazione col pollice ed una
in corrispondenza dell'articolazione coli' avambraccio.
Dim. ^ jun.: lungh. mra. 14, largh. mm. 30, rapporto della
lungh. alla largh. 1: 1,1.
Secondo A. M. Edwards, nel Neptunus armatus si ha un rap-
porto di 1: 3,8. Sotto il punto di vista delle dimensioni la nostra
specie s'allontana ancora da quest'ultimo col quale conviene per la
presenza di una lunga spina all'angolo interno del carpo, per la pre-
senza di tre spine sulla mano.
( Novembre 10, 1882 ).
Neptunus sanguinolentus (Herbst).
Neptunus sanguinolentus A. M- Edwards, Op. cit. 1. e. p. 319 (1861)
ubi syn.
È rappresentato in collezione da 2 ^ con uova, le quali conser-
vano ben distinte le macchie caratteristicha rosso- sanguigne sul tergo,
sui condili articolari e sulle spine.
Dim. ^ ad.: lungh. mm. 46, largh. mm. 14.
Provenienza : Singapore ( Gennaio 25, 1885 ).
Neptunus pelagicus (Linneo).
Coììcer pelagicus L. Mus. Reg. Ulr. p. 434 ( 1704).
Neptunus pelagicus ( pars ) A. M. Edwars, Op. cit. 1. e. p. 320 (1861).
Neptunus pelagicus Miers Annals and Mag. nat. Hist. serie IV. t.
XVII. p. 221 ( 1876 ).
— 213 —
Il N. pelagicus (h.) comprende secondo il Miers due specie di-
verse, una colla fronte armata di sei denti ( Neptunus joelagicus ),
l'altra di quattro f Nepiunus irituherculatus ).
Il Nepiimìis pelagiciis è rappresentato in collezione da cinque
esemplari in buonissimo stato ; dei quali tre ricordano la varietà b)
de Ilaan. « livido viridescens maculis deformihus vix concatena-
tis alhìdis pietà » ( Cancer cedoiiìilìi Ilerbst, Krabben und Krebse
pi. XXXIX ) duo ricordano la variefà e) del medesimo autore « 7na-
culis roiundis retem fonnantibus f Cancer reticitlatus Herbst in
Savigny Egypte Crust. pi. III. fìg. 1 ). In ciascuno di essi si constata
sulla mano in corrispondenza dell' articolazione col pollice quella mac-
chia rosso oscura stata descritta da Heller (Sitzungsber. Wiener Akad
d. M'issen. Rd. 43 p. 345, 1863 ).
La prima varietà comprende femine feconde, la seconda individui
maschi.
Dim. d'un o"" ad.: lungh. mm. 55, largii, mm. 180.
Provenienza : Porto Cavite, Clionos e Cliiloe.
Neptunus cpjbr.vrius ( Lamarck ).
Neptunus cHhrarius A. M. Edwardg, Op. cit. 1. e. p. 324 ( 18G1 )
ubi syn.
La fronte nel nostro esemplare non presenta propriamente sei
denti ma quattro, cioè due mediani sottili e ravvicinati, e due laterali
separati dai primi per una larga e profonda sinuosità. Le pliche ga-
striche e branchiali della superfìcie del tergo sono obsolete. I primi
quattro denti nel bordo antero-laterale sono larghi ed ottusi , e no
pili sviluppati dei successivi triangolari ed aguzzi. Il braccio offre tre
denti spiniformi al suo bordo interno , ed un altro meno sviluppato
ali estremità del suo bordo esterno, una spina all'angolo interno del
carpo e due o tre tubercoli ottusi alla superfìcie esterna , due spine
sulla mano la quale è percorsa da carene salienti liscie.
Una folta pubescenza riveste il pterigostoinio e s' interpone negli
spazi tra i denti marginali dello scudo.
Colorito del carapazio rosso-violaceo con numerosi ocelli d' un
colore biancastro.
Dim. d'un ^ : luugb. mm. 22. largh. mm. 68.
Provenienza: Golfo di Panama (Febbraio 1884).
— 214 —
Sabgen. Amphitrite De Haan.
Neptunus (Amphitrite) gladiatur var. argentatus W li ite.
Neptunus f Amphitrite J gladiator ( Fahr. ) var. argentatus Wbite^
Miers , Report. Brachyura Voy. H. M. S. Challenger, p, 177
( 1876 ) ubi syn.
Questa varietà si distingue dalle forme tipiche del Neptunus
gladiator ( Fabr, ) per la forma piìi stretta del carapazio e per it
debole sviluppo dei denti mediani della fronte.
Dim. d'un J* : lungh. mm. 13, largh. mm. 24.
Provenienza: Payta, Honolulu.
Genus Achelous De Haan.
Agiielous spinimanus (Latreille).
Achelous spinimanus A. M. Edwards, Op. cit. 1. e. p. 341. pi. XXXII.
iig. 1 ( 1861 ).
Dim. cT ad.: lungh. mm. 43, largh. mm. 76.
Provenienza: Fernambuco (Luglio 4, 1882)
Achelous granulatus ( M. EdAvards ).
Achelous granulatus A. M. Edwards, Op. cit. I. e. p. 344 ( 1861 ).
Neil' opera sovracitata A. M. Edwards , riunisce collo Stimpson
l' Amphitrite speciosa Dana ( Grust. in U. S. Explor. Exped. t. I.
p. 276 pi. XVII. fig. 1. 1852) all' Achelous (Lupa) granulatus Ed-
wards = Amphitrite gladiator De Haan, ( Fauna Japonica Grust.
p. 65. pi. XVIII fig. 1. 1835 ).
Però come ha pure rimarcato il Dana, queste due specie presen-
tano delle notevoli differenze.
Infatti, rmW Amphitrite speciosa, ìsl superficie dorsale del cara-
pazio apparisce liscia, e sprovvista dei granuli, che si osservano rac-
colti in gruppi nelle parti più salienti del tergo àoiV Achelous gra-
7iulatus ( Edwards ) ; la medesima offre inoltre delle larghe erosioni
ovalari che non si osservano punto in quest'ultima.
La forma della fronte è poi del tutto diversa. Neil' Amphitrite
speciosa Dana, questa offre un dente minutissimo, inserito nel mezzo
di un largo lobo rotondato, il quale sporge assai meno dei due late-
rali ottusi. NeW Achelous granulatus, la fronte presenta invece sei
— 215 —
(lonti , dei quali i mediani , ({iiantunqiie strettamente uniti , sono però
distinti tra di loro o dai submodiani di forma triangolare, all'apice
acuti. In quest' ultimo poi i chelopodi appariscono più granulosi, i dat-
tili nelle quattro paia di zampe sono percorsi da solchi rilevati da
spigoli acuti, mentre nell' Amphitrite speciosa questi sono comple-
tamente lisci. La forma dell' addome poi è totalmente differente,
la penultima somite del maschio nell' Am.phitrite speciosa è rego-
larmente trapezoidale (Dana flg. 16; wqW Achelous
pi. XVIII. fig. 7 ( 1852); Miers, Crust. ìq Proo. Zool. Soc. of
London p. 68 ( 1861 ).
Nei giovani esemplari della collezione, una densa villosità rive-
ste la superficie tergale del cefalotorace. L' areola mesogastrica ben
distinta dalle areole gastriche laterali è suddivisa; nel bordo laterale
posteriormente al quarto dente, se ne constata la presenza d'un quinto
— 225 —
meno sviluppato dei precedenti. I denti laterali del rostro, che nella
rigura del Dana raggiungono all' incirca l'altezza del lobo troncato
mediano, qui sporgono assai meno. Tna folta pubescenza guernisce i
margini dei diversi articoli nelle zampe ambulatrici.
Provenienza: Callao (Marzo 1883).
Legio IV Thelphnsinea Dana.
Genus Lybistes A. M. Edwards.
Il genere Ltjhistes fu proposto nel Ì8G8 da A. INI. EdNvards (Non-
velles Archives du Muséum s. I. t. IV. ) , per un piccolo crostaceo
proveniente dallo Zanzibar il quale presentava una grande affinità
col genere Carcinoplax, dal quale però si differenziava per la forma
delle zampe mascelle e dei piedi ambulatori. La difficoltà di aver po-
tuto esaminare un maschio di questa forma indusse l' insigne Carci-
nologo a collocare il genere Lijbisfes tra i Carcinoplacc e le Psei;-
dorombille. La collezione della Vettor Pisani annovera individui ma-
schi di questa specie ed io ho potuto constatare come le appendici
genitali prendano oi-igine dall'articolo coxale del quinto paio di zampe,
senza attraversare un canale dello sterno.
Il genere Lj-bistes rientra adunque nel gruppo Thel \)heusiens a
Thelphiisinae M. Edwards.
Lybistes nitidus A. M. Edwards.
Lyhistes nitidus A. M. Edwards , Noav. Arohiv. da Muséum s. I.
t. IV. p. «3. pi. XX. fìg. 5, G, ( ISGS ).
Il cefalotorace, largo, liscio e glabro con regioni appena distiiU.3
nella linea di mezzo, misura mm. 0 di lunghezza, su 11 di lar^-hezza.
La fronte all'esterno è più o meno rotondata. Le orbite piccole
ed ovalari hanno il margine integro, liscio. I bordi antero-laterali
spessi e rotondati sono guerniti d' una linea dì minutissimi granuli. Il
pterigostomio pubescente è escavato profondamente verso l'articola-
zione del 1.° paio di zampe. I chelopodi sono lunghi o subeguali. Lo
pinze del lato destro corte ed incurvate sono appena denticolate noi
bordo preensile, ed offrono uti grosso ciuffo di peli, il quale occupa
tutto l'hiatus della base; quelle del lato sinistro sono assai più al-
lungate, quasi completamente liscie, subcarenate, col dito fisso armata
di tre denti spiniformi subrnediani, dei quali quello di mezzo s'eleva
sino a guadagnare il bordo superiore del dito mobile.
— 226 —
Le zampe ambulatrici liscie e glabre nella superficie, sono guer-
nite d'una folta pubescenza lungo i margini dei diversi articoli.
L'addome nel J" è diviso in cinque articoli.
Provenienza: Honolulu ( Febbraio 1884).
Div. III. Catometopa o Grapsoidea
Fani. I. Geo e arci nid a e Miers
Subfam. I. L'cainae Dana.
Genus Uca Latreille.
UcA UNA Latreille
Uca ttna(^) Latr, Encyclop. t. X. pi. 269 fig. 4; Edwards; Hist.
nat. des Crust. t. IL. p. 22 fl837); Crust. in Cnv. R. A. Atlas.
pi. 19, fig. 4.
Uca laevis (e/) Edwards, Archiv. da Mnsémn. t. VII. p. 185. pi.
XVI, fig. 1.
Uca una (^) = Uca laevis {d" ) Gerstiicker in Troschel's Archiv p.
145 (1856) ubi syn.
Come ha ben rimarcato il Gerstiicker, ed ha pure confermato il
Martens ( Archiv. von Wiegmann p. 12 1872) le differenze ritenute
specifiche tra 1' Uca ima Latr. e 1" Uca laevis Edwards, sono invece
riferibili al sesso e possono anche essere delle semplici caratteristi-
che individuali. Il nostro esemplare ( o^ ) nella forma del carapazio e
delle zampe rivestite di peli nella superficie inferiore dei quattro ul-
timi articoli, ricorda completamente il tipo della Uca laevis descritto
e figurato da M. Edwards. La fronte è separata dal bordo superiore
dell'orbita per un' incisione poco profonda; carattere questo che manca
nell' Uca cordata Smith ( Transact. Connecticut. Acad. t. IL p. 15,
1860) nella quale l'angolo esterno dell'orbita è rotondato e non acuto
come neir Uca una Latr. (Martens).
Dim. d' uu o"'
Lungh. del cefalotorace mm. til
Largh. „
))
86
Luiigh. del braccio
)>
62
„ del carpo
»
32
,, della mano
lì
()8
r
rovenienza:
Guayas (Giugno 1883).
— 227 —
Subfam. II. Gecarcininae Daaa
Genus Gecarcinus Leach
GECAKrixus RURicoLA (Linneo)
h'ecarcinus ruricola Latr. R. A. 1. ed. t. III. p. 17; Edwards,
Hist. nat. des Crust. t. II. p. 20 (1837); Crust. in Cav. R. A.
Atlas pi. 21, Annal. d. se. nat. Zool. serie 3. t. XX. p. 202.
pi. 8 fig. 1 (1853).
Dina, d'un c'"^ ad.: lungh. nim.. 51, largii, mm. 69.
Provenienza: Gnayaquil (Giugno 1883).
Fam. II. Ocypodidae Miers
8ubfam. I. Carcinoplaciuae Miers
1. Euryplaciuae Stimpson
Genus Prionoplax Edwards
Prionoplax ciliatus Smith.
Prioìioplax ciliatus Smith Transact. Connecticut. Acad. t. II. p.
160 (1869).
Questa specie si differenzia dal Prionoplax spinicarpus Ed-
wards (Avcliives du Muséum t. VII. p. 167 pi. 11 fìg. 7), per la for-
ma dei denti al bordo laterale del carapazio, acuti nel spinicarpus,
ottusi nel ciliatus ed a bordo sottilmente crenulato; non che per la
folta pubescenza che riveste la superficie inferiore del corpo, ed i
margini dei diversi articoli nelle zampa ambulatrici.
I lobi frontali negli esemplari esistenti in collezione sono roton-
diti ed offrono un margine sottilmente crenulato, la forma delle areole
-nil tergo conviene con quella del tipo descritto e figurato da M.
Iviwards; il solco esistente tra i lobi epigastrici" ed epatici, non che
quello interposto tra le areole meso e meta-branchiali non sono però
manifesti. I due primi denti nel bordo antere-laterale sono ottusi, il
terzo acuto, il quarto spiniforme.
Dim. d'un (/ ad.: lungh. mm. K!, largh. mm. 10,5.
Provenienza: Guayaqiiil (Giugno 1883).
— 228 —
2. Carciuoplacinae Ed.varls.
Genius Pilumnoplax Stimpson.
PlLUMNOPLAX INCERTA n. Sp. (fig. 14)
Carapax nitidus, suhexagonns; laleribus supra medium tri-
dentalus. dente pìHmo subacuto, secnndo parvulo, tertio 'promi-
nente, dente altero infra medium obsoleto. Frons integer trun-
catus. Orbita supra uni fìssa infra simtosa.
Chelipedes aequales laeves ; midi ; brachio trigono , extus
apicem versus unid^eìitato, carpo subquadrato, intus uìiispinosOy
manus compressiuscula , supcì^ne subrotundata , digitis acumi-
natis, apici imcinatis, irregularilcr dentatis.
Pedes gressorii articulo quinto infra, pubescente , dactijlo
laminato elongato, dd rnarginem ciliato.
Il carapazio convesso dall'avanti all'indietro misura mm. 6, 5 di
lunghezza su 8 di largliezza, la superfìcie dorsale declive in avanti
offre un solco cervicale bene impresso; il bordo antero-laterale for-
ma col postero-laterale un angolo appena distinto; il medesimo è ar*
mato di tre denti, dei quali il primo è leggermente ottuso, il secondo
rudimentale , il terzo acuto più sviluppato dei precedenti. Un rudi-
mento d'un quarto dente al principio del bordo latero-posteriore.
La fronte è separata dall'orbita per una scissura triangolare
profonda; la medesima offre due lobi troncati, appena distinti per un
solco superficiale. Le orbite sono largamente aperte al di sopra ed al
di sotto.
I chelopodi sono lisci, nudi ed uguali; il braccio triquètro ofiVe
un dente terminale nel suo bordo esterno, il carpo subquadrato, nella
superficie esterna liscio e glabro è armato d' una forte spina al suo
angolo interno, lo pinze sono acuminate, e col bordo preensile ar-
mato di denti irregolari ed aguzzi.
Di tutte le specie del genere Pilumnoplax, la nostra s'avvicina
al Pilumnoplax (Pllumnus) heterocheir Studer. (Abhamll. d, K.
Wissen. zu Berlin Abt. II. p. il pi. I. fig. 3. 1882); se ne distingue
sopra tutto per 1' uguaglianza dei chelopodi colle mani liscie e non
granulose, non che per 1' assenza delle minute denticolazioni che si
osservano nel bordo superiore dell' articolo tibiale delle zampa.
PrOì:eniffn::a: ?
— 229 —
3 Rizophiiiae Miers.
Genua Ceratoplax Stimpson.
Ceratotlax cimata Stimpson.
Ceratoplax ciliata Stimpson, Proc Acad. nat. se. of Philad. p. 9G
(1858). Miers, Report Brachyara Vo}-. H. M. S. CLiallenger. p.
234. pi. XTX, fig. 63 (1886).
Provenienza: Republica dell'Equatore (alla costa— Luglio 1883).
Subiaiu. II. Oc^'podinae Miers.
1. Macrojilithalminae Miers.
Genus Macrophthalmus La tre ili e
Mackophthalmus Telescopicus (Owen).
{xelasimus telescopicus Owen in Gapt. Beechey's Voy. of the Bios-
som p. 78, pi. 24 fig. 1 (1870j.
Macrophthalmus podophthalmus Eydoux et Soulej-et, Voy. de la Bo-
llite pi. 3 fig. 6-7 (1841j Edwards, Ann. d. se. nat. zool. serie 3
t. XVIII. p. 155 (1852).
Dim. d'un cJ^ ''^^•'- lungh. mm. 25, largh. mm. 35.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 1884).
Macrophthalmus traxsversus (Latreille)
Macrophthalmufi transversus Edwards, Hist. nat. des Grust. t. II.
p. 64 (1839); Grust. in Cuv. R. A. atlas. pi. 16 fig. 2; Annal.
d. se. nat. Zool. 3. XVIII. 156 (1852).
Dim. d'un c^ : lungh. mm. 9, largh. mm. 13.
Provenienza: Massaua.
2. Ocypodinae Miers.
Genus Ocypoda Fabricius
OcvPODA aegyptiaca G e r s t li c k e r.
Ocypoda aegj/ptiaca Gerst. in Troschel' a Arehiv. t. XXIL p. 134
(1855); Heller, Crustaceen Fauna des rothen Meeres, in Sitzungs
Wiener Akad. Bd. 43 p. 361 ( 1861 j; HofFmann Grust. Mada-
— 230 —
gascar p. 14 (1874); Miers, Aunaìs and Mag. nat. Hi&t. v, t. 2
p. 409 (1878); J. G. de Man, Notes Leyden Museuni III. 248
(1881).
(o'') Il cefalotorace tra gli angoli orbitari esterni misura mm. 44,
tra quelli epibranchiali mm. 49, in lunghezza mm. 38.
La superficie del tergo è rivestita di granulazioni assai grosse
sulle regioni branchiali; la fronte è larga, troncata e granulosa, l'an-
golo orbitario esterno ora è acuto e prominente, ora ottuso e roton-
dato, sporgente all'esterno in una linea che non oltrepassa 1' angolo
branchiale anteriore.
Le linee secondarie nel solco musicale, come ha ben rimarcato
il Dr. J. G. de Man, sono uguali tra di loro nel mezzo, però dimi-
nuiscono sensibilmente verso 1' estremità, le medesime sono inoltre
più numerose nella metà inferiore che nella superiore, dove esistono
separati da intervalli più larghi.
Provenienza: Aden.
OcYPODA Gaudichaudii Edwards et Lucas
Ocypoda Gaudichaucìii Edwards et Lucas, Crust. de d'Orbigny, Voy,
dans l'Amér, Merid. p. 26 pi. ,11 flg. 4 (1843); Kingsley, Revi-
sion Ocypoda in Proc. Acad. nat. se. of Philad. p. 181 (1880 1
ubi syn.
Questa specie, caratterizzata dalla dilatazione apicale delle pinze,
è rappresentata in collezione, da una serie numerosa di esemplari; il
solco musicale nella grossa chela del maschio s'estende per quasi
tutta la superficie interna di quest'articolo ; il medesimo nella sua
metà superiore non off're vere linee, ma punti rotondati, la metà in-
feriore di questo solco offre invece delle linee corte, sottili ed uguali.
Provenienza: Ancon, Callao, Honolulu.
Ocypoda bpj;vicokxis E d \v a r d s
Ocypoda brevicomis ^Edwax-ds, Ann. d. se. nat. Zoo]. 3. XVIII.
142 (1852); Dana, Crust. in U. S. Exped. I. p. 320. pi. XX.
fig. 3 (1852).
Ocypoda ceratophthahna Kingsley. Op. cit. 1. e. p. 179(1880) ubi syn.
La lunghezza dei peduncoli oculari negli esemplari adulti ricorda
la varietà longicornuta Dana (Op. cit. l. e. p, 327. XX. fig. 4) men-
tre nelle forme giovanili questo peduncolo è rudimentale o man-
cante. Il bordo sovraorbitario procede avanzandosi in alcuni quasi
— -231 —
orizzontale coli' angolo orbitario esterno, in altri descrive in questo
punto una curva ben marcata (Oojpoda Urvillii Guérin). Il terzo
articolo (merognato) nelle zampe mascelle esterne è ordinariamente
granuloso verso i bordi, più lungo che largo; mentre in un giovine
esemplare questa disuguagliunza è poco manifesta , e la sua superfi-
cie apparisce liscia e glabra. {Oajpoda Urvillii Guérin).
La pubescenza che si constata nel penultimo articolo delle zam-
pe è disposta in una o due serie.
Dim. d'un r^ ad.: lungh. mm. -!9, largh. mm. 31.
Frovp.nienza Porto Cavite (Dicembre 1884j.
Genus Gelasimus Latreille.
Gelasimus makacoaxi Latreille.
Gelasimus maracoani Kingsley, Revision GelasimuiS, ia Proc. Acad.
nat. se. of Philad. p. 136 ( 1880 ) ubi syn.
Provenienza : Pernambuco ( Luglio 1882 ).
Gelaslml's armatus Smith.
Gelasimus armatas Smith, Transact. Connecticut. Acad. t. IL p. 12B
pi. IL fig. 5. e pi. HI. fìg. 4 — 4.d ( 1870 ).
Gelasimus maracoani Kingsley Op. cit. 1. e ( 1880 ).
((/) Lungh. del cefalotorace mm. 28, largh. tra le spine epibran-
chiali mm. 38, tra gli angoli postero-laterali mm. 25.
La spina epibranchiale è prominente ed aguzza ; il bordo late-
rale del cefalotorace ofì're due tubercoli puntuti, uno dietro la spina
epibranchiale, e l' altro verso l' estremità posteriore di questo bordo.
La forma del grosso chelopode è indentica a quella della forma pre-
cedente, soltanto le pinze sono più allungate di quello che si osservi
nelle forme tipiche del Gelasimus maracoani Latr. il dito mobile
nella superficie è liscio, superiormente subdentato, il dito fisso offre
invece all'esterno numerose erosioni alveolari.
Le zampe arabulatrici sono armate nel bordo inferiore dell'arti-
colo femorale di due a tre tubercoli, analoghi a quelli che si osser-
vano sul bordo laterale del carapazio.
Provenienza: Guayaquil (Giugno 1883).
'^R2
GF.L.vsnirs prixceps Smith.
Gehisirmis princeps Smith, Transact. Connec*^icut. Acad. t. II. p. 120
pi. II. fig. 10 e pi. 3 fig. 3-3C ( 1870 ).
Gelasimus heterochehis Ivingsle}', Op. cit. 1. e. p 137. pi. IX. fig. 2.
(■ 1880 ) ubi syn.
(,/) Il carapazio subtrapezoidale nella superfìcie liscio, guernito
lateralmente d'un rango di minutissimi granuli misura in lunghezza
mm. 24, in larghezza tra le spine epibranciiiali mm. 36, tra gli an-
goli postero-laterali mm. 21.
Il bordo sovraorbitarlo è crenulato , 1' miVaorbitario denticolato
lungo tutta la sua estensione, a partire dall'inserzione dei peduncoli
oculari sino all'hiatus esterno dell'orbita.
Il peduncolo oculare di destra è poco più lungo di quello di sinistra.
Il braccio nel grosso chelopode, si presenta all'esterno rotondato,
nel bordo inferiore guernito di grossi tuborcoli puntuti, superiormente
offre una cresta laminare, saliente, arginata, sottilmente dentellata : il
carpo nella superficie è rugoso e minutamente granuloso, armato nel
suo bordo interno di sei a sette tubercoli puntuti, il dattilo, più corto
del dito fisso, è armato nel bordo preensile d'un dente mediano as-
sai forte.
Zampe ambulatrici corte e nude, coli' articolo femorale minutis-
simamente dentellato nel suo bordo infei-iore estei-no.
Provenienza : Isola delle perle { Febbraio 1884 ).
Grlasimus ckassipes Whlte •
Gelasimus crassipes White , List. Crust. in British Musenm p. 36.
( 1847 ), Adams and White Crust. of Samarang p. 49 ( 1848) ;
Kingsley Op. cit. 1. e p. 146. pi. X. fig. 19 ( 1880 ).
(e/") Lungh. del cefalotorace mm. 18, larghezza tra le spine epi-
branciiiali mm. 28, tra gli angoli postero laterali mm. 18.
Il bordo laterale off're una serie di minutissimi granuli come nel
Gelasimus armatus Smith ; anche le regioni branchiali presentano
un' impressione arborescente analoga.
La fronte però spatuliforme è più larga , il solco cervicale più
impresso, la spina epibranchiale ora acuta, ora ottusa, le denticola-
zioni del bordo infraorbitario estese soltanto ai due terzi esterni.
II braccio nel grosso chelopode non è all'esterno rotondato ma
angoloso, il suo bordo inferiore è granuloso, il bordo superiore pre-
senta una espansione terminale dontiforme, armata di tre a quattro
— 2m —
denti più piccoli. Le pinze corte , armate nel bordo preensile d' un
dente terminale assai forte, offrono un dente subterminale assai forte.
Il dito mobile è orizzontale, il dito fisso fortemente incurvato, forma
col primo un largo hiatus.
Zampe ambulatrici nude, appena pilose nell' ultimo articolo , col
femore dilatato e dentellato nel suo margine infero-esterno.
Provenienza : Manila ( Dicembre 1884 ).
Gklasimus cultrimanus White.
Gelasimus cultrimanus Wbite , List. Crust. in British Mus. p. 35.
( 1847 ) ; Adams and Wbite Crust. of Samavang p. 49 ( 1848 ) ;
Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 240. pi. IX fig. 7 (1880) ubi syn.
La forma del grosso chelopode nell' esemplare esistente in col-
lezione s'avvicina al tipo del Gelasimus vocans descritto e figurato
da M. Edwards ( Ann. d. se. nat. Zool. 3. XVIIL p. 145. pi. IIL fig.
4. 1852 ). Il dito mobile incurvo presenta verso V apice del bordo
preensile un piccolo dente alquanto più sviluppato degli altri ; il dito
fisso è come escavato per due larghe e profonde sinuosità , le quali
danno luogo alla formazione di due espansioni triangolari dentiformi.
Dim. d' un e"* a^d.: lungh. min. 1"2, largh. mm. 18.
Provenienza : Manila ( Dicembre 1884 ).
Gklasimus vocator Martens.
Gelasimus vocator Martens, Archiv. far Xaturgesch. t. XXV. p. 1.
( 1869 ) ; Kingsley. Op. cit. 1. e. p. 147. pi. X. fig. 20 (1880 )
nbi syn.
Provenienza: Golfo di Panama. (Febbraio 1884).
Gelasdius proiTiATOR ( Bosc )
Ocypoda pug'dator Bosc. Hist. nat. de Crust. ed. I. p. 197 ( 1802).
Gelasimus pugilator Edwards, Ann. d. se. nat. Zool. s. 3. t. XVIII,
p. 149, pi. IV. fig. 14. ( 1852 ); Kingsley. Op. cit. 1. e. p. 150
( 1880 ) nbi syn.
Provenienza : Panama ('Febbraio 1884).
— 234 —
Gel.vsdius chlorophthalmus Edwarcls
Gelasimus chlorophthalmus Edwards , Ann. d. se. nat. Zool. o.
XVIII. 150. pi. IV. fig. 19 ( 1852). Eingsley. Op. cifc. 1. e. p.
151. pi. X. fig. 26. 27. ( 1880) ubi syn.
I giovani esemplari della collezione nella forma del grosso cho-
lopode s'avvicinano al tipo descritto e figurato da M. Edwards; un
esemplare adulto offre invece nella conformazione della chela più
grossa, quelle caratteristiche state descritte e figurate da Heller ( Reise
Fregatte Novara p. 38 taf. 5. fig. 27. 1865 ).
Pì'ovenienza: Amoy (Marzo 18S5).
Gelasimus stenodactylus Edwards et Lucas.
Gelasimus stenodactylus Edwards et Lucas, Crust. de d'Orbigny Voy.
dans l'Amér. Mér. p. 26, pi. 11, fig. 2 (1843); Kingsley , Op.
cit. 1. e. p. 154, pi. X, fig. 33, 35 (1880) ubi syn.
Provenienza: Gnayas (1883).
Gelasimus lacteus De Haan.
Ocypoda [Gelasimus) lacteus De Haan, Fauna Japonica Crust. p. 54,
pi. XV, fig. 5 (1850J.
Gelasimus lacteus Edwards, Ann. d. se. nat. Zool. 3, XVIII, 150,
pi. IV, fig. 16 (1852); Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 149, pi. X, tìg.
28 (1880) ubi syn.
II cefalotorace liscio, convesso dall'avanti all'indietro, misura 10
mra. di lunghezza su 14 di larghezza.
Il grosso chelopode nella conformazione delle dita apparisce assai
più allungato di quello che si constati nelle figure degli autori sovra-
citati; il braccio all'esterno è granuloso, guernito di tubercoli salienti
nel suo bordo superiore ed interiore ; il carpo liscio s'avanza all' in-
terno con un margine tagliente dentellato, la mano nella palma ò ri-
vestita di minutissimi granuli, internamente è percorsa da due creste
salienti crenellate; le denticolazioni tubercoliformi del bordo preensile
sono più sviluppate nel dito fisso.
Provenienza: Amoy (Marzo 1885).
— 235 —
Gelasimus panamknsis S t i m p s 0 n .
Gelasimus panamensis Stimpson, Ann. Lyceam Naturai llist. p. (J8
(1860); Smith. Trans. Connect. Acad. Il, p. 137, pi. IV, fig. 5
(1870), Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 150, pi. X, fìg. 24 (1880).
Il cefalotorace largo anteriormente, ristretto posteriormente, guer-
nito lungo i bordi laterali d'un rango di minutissimi granuli, liscio e
glabro nella superficie del tergo , misura in lunghezza mm. 11,5, in
larghezza tra gli angoli orbitari estorni mm. 15, tra gli angoli postoro
laterali mm. 10.
Il bordo infraorbitario è armato di denti forti ed aguzzi, i quali
s'estendono per l'intera lunghezza di esso bordo sino all'hiatus esterno
dell'orbita.
Il braccio nel grosso chelopode è assai rugoso, sprovvisto di gra-
nuli e tubercoli; il carpo rotondato con delle granulazioni appena p;».r-
cettibili con la lente, consimili granulazioni si constatano pure nella
superfìcie palmare della mano, la quale si presenta rotondata al ili
sopra ed al di sotto.
Le pinze sono liscie, col bordo preensile oscuramente dentellato,
e con un piccolo dente submediano, più sviluppato nel dito fisso; lo
pinze della corta chela sono terminate da un ciuffo di peli di color
fulvo.
Provenienza: Golfo di Panama.
Pam. ITI. Grapsidae Dana
1. Grapsini Kingsley
Genus Goniopsìs De Haan.
GoNiopsis cKUENTATus De Haan.
Goniopsìs cruentatus De Haan , Fauna Jap. Crust. p. 33 (1835);
Kingsley, Revision Grapsidae in Proc. Acad. nat. se. ofPhilad.
p. 190 (1880) ubi syn.
L'esemplare proveniente da Amoy ofiVe sul carapazio una tinta
rosso verdastra , con numerosi ocelli d' un colore giallastro , assai
più distinti sulle zampe.
L'esemplare proveniente da Guayaquil presenta sul carapazio e
sulle zampe un colorito completamente giallo verdastro, i denti nella
porzione interna del bordo infraorbitario sono più sviluppati, la scis-
sura esistente in questo bordo è più impressa , e lascia riconoscere
due labbri; il dente epibranchiale è mancante da un lato.
- 236 —
Genus Metograpsus EdAvards.
METOGR.vr.sus MESSOR Ed^vards.
Metograpsus messor Edwards, Ann. d. se nat. Zool. serie 3. t. XX.
p. 165 (1853); Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 100 (1880) ubi sjn.
In collezione è rappresentato da due esemplari, il primo ricorda
la varietà Eiido.vii Edwards ( Metograpsus Euclo.rii Edwards ,
Ann. d. se. nat, Zool. 3. XX. p. 165, 1883).
Il cefalotorace è lungo mm. 14, largo mm. 17, la larghezza della
fronte è di mm. 10.
Il braccio è armato internamente da sette ad otto denti, il fe-
niwre porta da tre a quattro denti sottoterminali assai forti. Il colo-
rito è biancastro con piccole e numerose macchie sul tergo rosso-
porporine disposte in serie annellate sngli articoli delie zampe.
Il secondo ricorda la varietà Thukuhar Owen (Gy^apsus Thu-
kiihar Owen in Gaptain Beechey's Voy. of the Blossom p. 86. pi. 34
fig. 3. 1839).
Il cefalotorace misura in lunghezza 27 mm. in larghezza 32, la
fronte è pili saliente, il colorito è giallo verdastro con numerose
macule puntiformi bruno violacee, che nelle zampe appariscono con-
fluenti e disposte in anelli.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 1884).
Genns Grapsus Lamarck.
Gkapsus 3IACULATUS Edwards.
■Grapsus maculatus Edwards, Ann. d. se. nat. Zool. 3. XX. p. 166.
pi. VI. fig. 1. ( 1883); Kingsley Op. cit. 1. e. p. 192 ( 1830)
ubi S3'n.
È rappresentato in collezione da numerosi esemplari colla va-
rietà ornatus delle coste del Chili ( Grapsus ornatus Edwards Op.
cit. l. e. p. 167 j.
Provenienza: Ancon, Gallapagos e Callao.
Grapsus strigosus (Herbst).
^'ancer strigosus Herbst, Ivrabben und Krebse , pi. XLV'II. fig. 7.
(1709).
■(h-apsus strigosus Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 104 (1880j ubi syn.
— -237 —
È rappresentato in collezione :
a) Da un esemplare (o^) adulto il quale ricorda completamente
il tipo del Cancer strigosus descritto e figurano da Hcrbet.
Provenienza: Assab.
b) Da (lue f^iovani esemplari i quali ricordano la varietà (jranii-
losiis Edwards ( Grapsus gy^anidosus Edwards, Annal d. se. nat.
Zool. 3. XX. 169 ).
Il cefalotorace è meno ristretto all' innanzi ed all' indietro, la
fronte è più larga e meno declive; i lobuli epigastrici sono però ri-
vestiti di tubercoli subcristiformi e non rotondati (Edwards), i denti
.sottoterminali del femore sono assai forti, l'ultima somite dell'addome
più larga alla base e meno allungata. Colorito rosso uniforme.
Provenienza: Aden.
c) Da un esemplare (o^) proveniente da Honolulu, il quale nel
complesso dei suoi caratteri si &\\\cwdi2L\ Grapsus Per onii Edwards,^
Op. cit. 1. ), i denti sottoterminali del femore sono però ora corti, ora
lunghi ed aguzzi.
d) Da un esemplare (c^) proveniente dalla costa della Piepubblica
dell'Equatore, il quale ricorda il Grapsus lungipes Stimpson (Prue.
Acad. nat. sc.of Phiiad p. 102. 1858). Le pliche obliquo-trasversali del
tergo sono bene impresse, i tubercoli subcristiformi nei lobi epigastrici
e protogastrici molto numerosi e ben sviluppati. Le zampe sono assai
gracili e molto allungate; l'articolo femorale è sprovvisto di denti sot-
toterminali, l'articolo tibiale è percorso all'esterno da una linea cigliata,
e) Da un esemplare (9) il quale nella forma del carapazio, sub-
quadrato, assai converso, lateralmente inerme, ricorda il Grapsus
suhquadratiis Stimpson ( Proc. Acad. nat. se of Phiiad, p. 103. 185S).
I lobi epigastrici e protogastrici sono salienti e fortemente tuberco-
lati, la fronte è pjoco declive, l'articolo femorale nelle zampe ò ar-
mato di denti sottoterminale assai forti.
Provenienza: Manila (Dicembre 1884).
Geras Geograpsus Stimpson
Geograpsus lividus Edwards
Grapsus lividus Edwai-ds, Ann. d. se nat. Zool. 3. XX. p. 1G9 (1858).
Geograpsus lividus Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Phiiad. p. 101
1885), Kingsiey Op. cit. 1. e. 105 (1880;i ubi syn.
Provenienza: Callao ("Marzo 1883).
— 238 —
Genus Leptograpsus Edwards.
Leptogeapsus variegatus (Fabricius).
C'ancer variegatus, Fabr. Supp. Ent. Syst. t. I, p. 450 (1793).
Leptograpsus variegatus Edwards, Ann. d. se. nat. Zool. 3, XX, 171
(1853], Kiugsley, Op. cit. 1. e. p. 196 (1880) ubi syn.
Provenienza: Callao (Marzo ]883).
Leptograpsus planifrons (Dana).
Gvapsus planifrons Dana, Proc. Acad. nat. se. of Philad. pag. 249
(1851); e Crust. in U. S. Esplor. Esped. t. I, p. 638, pi, XXXII,
fig. 3 (1852).
La forma del cefalotorace è più appiattita che nella specie pre-
cedente, la fronte è meno declive, il solco cardiaco anteriore appena
impresso, i denti marginali dello scudo più forti, il braccio armato di
un maggior numero di spine , il carpo nella superficie meno rugoso,
la mano colla carena subterminale della palma obsoleta , il femore
nelle quattro paia di zampe più robusto ed armato di più forti denti
sottoterminali.
Dim. d'un cT '•
Lunghezza del cetalotorace mm. 22,5
Larghezza tra gli angoli orbitari esterni „ 20,5
Larghezza massima „ 26
Larghezza della fronte . „ 10,5
Provenienza: Payta Valparaiso (Gennaio 1883).
Genus Cyrtograpsus Da'na.
Cyrtograpsus cirripes Smith.
Cgrtograpsus cirripes Smith, Transact. Connecticut. Acad. t. II,
p. 11 (18(;!)|; Ivingsley, Op. cit 1. e. p. 198 (1880).
Si differenzia dal Cyrlograpsiis angidatiis Dana, (Crust. in U.
S. Explor. Exped. t. I, p. 352, pi. XXII," fig. 6, 1852), per la forma
meno angolosa del carapazio, per la maggior larghezza di questo tra
gli angoli esterni dell'orbita, per la conformazione differente della
fronte meno sinuosa, nel mezzo appena emarginata, per la piibescenza
- 239 —
che riveste inferiormente il penultimo articolo del secondo e terzo
paio di zampe ed i margini dei due ultimi articoli del quinto paio.
In collezione questa specie è rappresentata da 27 esemplari; negli
esemplari adulti, la distanza tra gli angoli esterni dell'orbita rag-
giunge circa i 2|3 della larghezza massima dello scudo, ilei giovani
questo rapporto aumenta di molto, ed il carapazio tende ad assumere
una forma pressoché quadi-angolare.
Dimensioni d'un c^ ad. e d'un e"' j^'^^-'-
Lunghezza del cefalotorace mm. 24 mm. 1.3
Largh. tra gli angoli orbitari esterni „ 19 „ 11,5
Largh. massima ,, 29 „ 15
Rapporto della larghezza estraorbitaria alla larghezza massima
1:1,52; 1:1,30.
La pubescenza che si constata inferiormente nel penultimo arti-
colo del secondo e terzo paio di zampe in alcuni è ben sviluppata in
altri appena distinta o mancante. Il penultimo articolo nelle zampe del
quinto paio è compresso e dilatato, l'ultimo non ha una forma tetra-
gona allungata, ma trigono-dilatata, non percorso alcune volte da solchi
con spigoli rilevati.
Dietro queste considerazioni confrontando le misure date dal Dana
pel Cijrtograpsus angulatus , le caratteristiche riferite come speci-
fiche dallo Smith pel Cyrtograpsus cirripes possono benissimo es-
sere semplici attributi individuali; la serie della collezione è però in-
sufficiente a dimostrare questo fatto.
Provenienza: Montevideo (Settembre 1882).
C4enus Pachygrapsus Randall.
P.VCHYGRArSUS TRANSVEESUS GibboS.
r lohygrapsus transversus Gibbes, Proc. Amer. Assoc. for the Adv.
of. scienc. 182 (1850).
Lcptograpsns rugulosus Edwards , Anu. d. se. nat. Zool. o. XX,
172 (ls5;-3 .
Pacliggrapsas transversus Kingslej, Op. cit. 1. e. p. 199 ( ISSO )
ubi syn.
Provenienza: Payta. (Marzo 1883).
— 240
PACUYORArsus iNNOTATus (Dana).
Goniograpsus innotatus Dana Crust. in U. S. Explor, Exped. t, I,
p, 245', pi, XXI, fig. 9 (1852 .
Pachygrapsus intermedius Heller, Crust, Novara Reise p, 45 (1867).
Pachygrapsus transversus Kingsley Op, cit, 1, e, (18S0)
Si differenzia dal precedente per la forma più gibbosa del cara-
pazio, più ristretto posteinormente, coi denti laterali acuti, e con pli-
che sul tergo, meno numerose e meglio irapresse.il braccio è armato
di tre a quattro denti terminali, il carpo ora è liscio , ora rugoso
{Pachygrapsus inteì-rnedius Heller); la mano è liscia, percorsa nella
superficie della palma da una carena subterminale , i denti sottoter-
minali dell' articolo femorale nelle zampe sono assai corti.
Dim. d'un ^ : lungh. mm. 18, largh. 21.
Provenienza: VemviVCihao^ (Luglio 1882) Montevideo (Settembre 1882
Pachygrapsus rLK-VXL's (Edwards).
Grapsus plicatus Edwards, Hist. nat. des Crust. t. I, p. 89(1837);
Ann d. se. nat. Zool. 3, XX, p. 170 (1853).
Pachygrapsus plicatus Stimpson, Proc. Acaa. nat. se. of Philad. p.
102 (1858); A. M. Edwards Xouv. Archiv. du Musóum t. IX,
p. 292 (1873); Kingsley, op. cit. 1. e. p. 200 (1880).
Si distingue dalle specie precedenti per la presenza d'un sol dente,
(l'orbitario esterno) al bordo laterale dello scudo, e per le numerose
pliche pilifere che traversano il carapazio e l'articolo femorale delle
zampe.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 1884).
Pachygrapsus MmuTus A. M. Edwards.
Pachygrapsus minutus A. M. Edwards, Nouv. Archiv. du Muséuni
t. IX, pa. 292, pi. XIV, fig. 2 (1873); Kingsley, op. cit. 1. <;.
p. 201 (1880;.
Si rapporta per la forma al Pachi/grapsits (Goniograpsus) in-
notatus Dana. Lo scudo è perù armato lateralmente di un solo dente
(l'orbitario esterno), il tergo è pressoché liscio, il femore nelle zampe
porta da due a tre denti sottoterminali assai forti ed aguzzi.
Provenienza: Honolulu (Febbraio 1884).
— 241 —
Pacuygrapsus MARAroRATu.s (Fabricius).
Pachygrapsus marmoratìLn Stimpson, Proc. Acad. nat. so. of Philad.
p. 102 (1858); Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 201 (1880) ubi syn.
Provenienza: Gribilterra (Maggio dragando 40 m. 1882).
CTenus Kautilograpsus Edwards.
Nautilograpsus mixutus (Linneo).
Nautilo grapsiis minutus Edwards, Hist. nat. des Crust. t. I , p. 90
(1837 ; Kingsley, Op. cit. 1. e. p. 202 (1880) ubi syn.
Provenienza: Gibilterra (Maggio, dragando 40 m. 1832).
Geniis Glyptograpsus Smith.
Il genere Glypiograpsits fa proposto nel 1870 dallo Smith (Ti-aii-
sact. Connecticut Academy t. H, p. 153), per un crostaceo proveniente
dalle coste occidentali dell'America centrale (Acajutla), il quale pre-
sentava i caratteri seguenti:
Carapazio subquadrato, appena più largo che lungo, verso i lati
leggermente arcuato, emarginato. Antenne incluse nell'orbita. Zampo
mascelle coll'ischiognato e morognato larghissimi, pressoché uguali
in lunghezza, più larghi che lunghi. Zampe ambulatrici elongate, coi
dattili armati di spinule lungo i margini.
Glyptograpsus spinipes n. sp. fig. 15)
Carapax convexus' ad latera laeviter arcitaius, 4, emargina-
tus. Frons decUvis , medio sinuata , margine super antennulas
reflexo. Maccilhpedes ex terni rAx hiantes, latissimi, in siq'ìer fi-
de sulcati et puncturati, articulo secundo tertium fere aequante.
Chclipedes subaequi, bracino triquetro, extus ad marginent,
rainiitissime spinuloso, inlus integro piloso, infra acute denticu-
hito, carpo et manu, in superfìcie minute granulosis, digitis in-
star cochlearis excavati, apici corneis, pilosis.
Pedes gressorii compressi, nudi, vix rugati, meropodio in-
fcrne crenu'ato, superne spimdis armato, l'ersus apicem uniden-
242
tato; artieulo quinto infida spinuloso , spinulis serie triplici di-
spositis, dactylis, tetragonis, ad marginem spinulis instructis.
Abdomen maris basin versus sterno contiguo angustius.
La superficie dorsale del carapazio è rugosa e granulosa, il solco
cervicale è bene impresso , 1' areola mesogastrica è abbastanza di-
stinta, i lobi protogastrici non sono ben divisi da quelli epigastrici; le
regioni cardiaca ed intestinale sono circoscritte da solchi pii^i pro-
fondi. Il primo dente al bordo laterale dello scudo (orbitario esterno)
è acuto e prominente, il secondo largo ed ottuso s'avanza sul primo,
il terzo acuto è poco svduppato, il quarto è situato sul principio del
bordo postero laterale. La fronte declive s' incurva perpendicolare
nella linea di mezzo per saldarsi all'apofisi epistomiena , verso i lati
si ripiega in alto e s'avanza quasi orizzontale , sulle antenne e sulle
antennule, disposte obliquamente al di sotto della medesima, lateral-
mente si continua col bordo sovraorbitario. Epistema largo, pressoché
perpendicolare, percorso da un solco lineare trasverso, col margine
anteriore spesso, col bordo posteriore (peristomeale) sottile, laminare,
ripiegato in alto, scisso nel mezzo. Endostoma quadrilatero, diviso in
due da un setto prominente mediano saldato all'epistoma, munito verso
gli angoli laterali di due larghe scissure. Le zampe mascelle occu-
pano strettamente tutto il cavo boccale. Le orbite nel margine supe-
riore sottilmente crenulate , offrono una stretta fessura ; al di sotto
sono largamente aperte, e col margine acutamente denticolato; il lobo
orbitario interno acuto, dentiforme, è stretto contro l'articolo basilare
delle antenne esterne. Le regioni pterigostomiene sono pilose e minu-
tamente granulose.
Chelopodi ineguali; il braccio corto, non guadagna il bordo late-
rale del carapazio, nello spigolo esterno è armato di minutissime spi-
nale, nel margine inferiore acutamente denticolato, internamente offrn
un margine integro, peloso; il carpo e la mano sono rivestiti di minu-
tissimi granuli , le -dita sono liscie , escavate a cucchiaio , coli' apice
corneo, piloso. Nella piccola chela, la mano è meno tumida, e le dita
più allungate, col bordo preensile armato di minutissimi denti, pre-
sentano i medesimi caratteri.
L'articolo femorale delle zampe è armato nel bordo superiore di
spinule, è terminato verso l'apice di questo bordo da una spina assai
forte; il suo bordo infero-esterno è sottilmente crenulato , la tibia è
solcata e rilevata superiormente da uno spigolo subacuto, armata al
di sotto di spinule che nel tarso sono disposte in triplice serie.- Dat-
tili qnadrangolari, incurvi, e terminati da un' unghia aguzza, guernita
— 243 —
lungo gli spigoli da un rango di minutissime spinale , più sviluppate
negli spigoli inferiori.
Ultima somite dell' addome incassata nella escavazione rispettiva
dello sterno; carattere che manca nel tipo descritto dallo Smith.
Dim. d'un o^ lungh. inni. 12,4, largh. min. 13.
.Prorenienza: Isola dello Perle (Febbraio 1884).
Genus Brachynotus De Haan.
Bkacuynotus sexdentatus Hilgendorf.
Jirachynotus sexdentatus Ililgendorf, Sitzungsber, Cxesell. Freunde zu
Berlin p. Gò' (1888).
- Provenienza: Gibilterra (Maggio 1882 dragando 40 m ).
Brachynotus EinvARUsii H i 1 g e n d o r f.
Furich'jnotus EdwurdsU Hilg., Op. cit. 1. e. p. 70 (1882).
Come ha ben rimarcato il Dr. .T. G. de Man (Notes Leyden Mii-
seum I, 70, 1879), questa specie si distingue daW Beterograpsus
&-anguineus De Haan; per la conformazione del margine sovraorbi-
tario, granuloso nel primo, crenulato nel secondo, per la presenza in
quest'ultimo d'una spina all'angolo interno del carpo ed infine per la
forma differente dell' ultima somite dell' addome, rotondata nel san-
gi'ineus, triangolare nel sexdentalus.
Provenienza: Chonos (Novembre 1882).
Genns Heterograpsus Lucas.
Hetkkogkapsus barbi.manus Heller.
Jfeterograpsus barbimanua Keller, Reise Fregatte Novara Crust. p.
52, taf. IV, fig. 5 (1867).
Il cefalotorace largo , poco convesso , appena declive verso la
IVonte , col tergo tempestato da minutissimi granuli, misura 34 mm.
di lungh. su 37 di larghezza. I bordi antero-laterali , corti e spessi,
offrono negli adulti una curva regolare meno appariscente nei gio-
vani. Il primo dente di questo bordo è acuto, il secondo ottuso, il
terzo appena sviluppato. La villosità della superfìcie interna della
— 244 —
roano s'estende dal carpo sino all'apice delle dita, le quali sono ar-
cuate ed incrociate.
Provenienza : CJiiloe (Dicembre 1882).
Genas Platygrapsus Stimpson.
Platygbapsus depressus (De Haau).
Platì/notus depressus De Haan, Fauna lap. Crust. p. 23, pi. Vili,
fig. 2 (1835); Edwards Ann., d. se. nat. Zoo!. 3, XX, p. 199, pi.
VII, fig. 11 (1853); Heller, Novara Reise Crust. p. 60 (1867).
Plaiijgrapsus depressus Stimpson , Proc. A^aa. nat. se. of Pliilad..
p. 104 (1858); Kingsley Op. cit. 1. e, p. 211 (1880).
Dim. d'un ^ lungh. mm. 21, largii, mm. 23.
Provenienza : Amoy (Cina) Marzo 1885.
2. Sesarmini Kingsley.
Genus Sesarma Say.
Sesarma crassipes n. sp.
Carapax subquadraius, vix latior quam longior, superitele
rugulosa et pubescente, areola ìnesogastrica bene circumscripla,
lobis epif/astricis et protogastricis aeque laiis , regione laierali
lineis ohìiqids instvucta. Frons prof anele sinuatus. Margines la-
ierales, fere recti 1-em.ar giti ali.
Cheli pedes acqui ^ brachio triquetro, in superficie riigulosu,
inlus subdentalo , inferne dente unico armato ; carpo granulo-
squamoso, mnrm elongata vi.v rugita superne creneUata, dacti/lo
hasin versus spinuloso.
Pedes gressorii femoribus latis, conipressis, supra apicem
versus imispinigeris, in super fde sqìiamosis, tibia, tarso et dac-
tylo villosis, superno hirsulis.
Il cefalotorace ha una forma pressoché quadrata , coi margini
laterali quasi paralleli, ed armati di due denti, di cui l'anteriore (or-
:)itario esterno) assai acuto è rivolto in avanti, il posteriore più pic-
colo s'eleva al di sopra del primo; dietro di questi s'osserva il rudi-
mento d'un terzo dente.
La fronte è declive e sinuosa. I clielopodi sono uguali, il bracci(>
nella superfìcie esterna è rugoso, armato nel suo bordo intorno di
denticola/ioni poco sviluppate, terminato all'apice inferiore in un dente
— 245 —
■acuto. Il carpo è sqnamo-granuloso, la mano guoriiita al di sopra
d'una cresta crenellata è rivestila nella superficie di minutissime squa-
me; le pinze sono elongate col bordo preensile armato di denti ine-
guali ed aguzzi ; col pollice spinuloso alla base. Zampe ambulatrici
assai robuste, femore largo, nella superficie rugoso ed appena vil-
loso, verso l'apice superiore unispinoso, tibia e tarso nella superfìcie
villose, al di sopra irsuto; dattilo tetragono, allungato, inoucvato, ne-
gli spigoli irsuto.
Molto affine questa specie al Grap.sus {Pachi] soma) iniermedius
I)e Haan, (Fauna Japonica Crust. p. 01, pi. XVI, fig. 5, 1835); la
mano però in quest'ultima è liscia; la Sesarma aspera Heller (No-
vara Reise Crust. p. 63, taf. 5, fig. 1), ben conviene in molti carat-
teri, però il bordo laterale dello scudo presenta un sol dente (l'or-
bitario esterno), e la mano offre al di sopra due creste pettinate. La
Sesarma angusta Smith (Transact. Connecticut. Acad. t. II, p. 156,
1870), oltreché per la maggior lunghezza del carapazio si differenzia
per la presenza d'una cresta liscia nel bordo superiore della mano.
Dim. d'im ^ :
Lungh. del cefalotorace mm. 18,5
Largh. ., „ 22
Largii, della fronte „ lo
Provenienza : Pernambuco (Luglio 1882).
Sesarma kaei; diana n. sp.
■Carapace subquadralus, superficie rugulosa et pubescente, versus
laiera lineis transversis oblique notata. Lobi epigastrici et pro-
togastrici sidìdivisi, areola niesogastrica ci rcums cripta. Margi-
nes laterales recti 1 — emarginati.
Chelipedes aequales, brachio triquetro, carpo nmiute rugato,
parce piloso, chela superile subrotundata, extus usque ad basin
digitorum dense crasseque pilosa.
Pedum insequentium femora compressa, infra versus api-
cera dilatata, dente unico supra ac infra armata, tibia et tarso
superne hirsutis, dactylis infra spinulosis.
Il carapazio subquadrato è armato lateralmente di duo denti al
pari della specie precedente, e dietro di questi si osserva il rudimento
di un terzo dente. La fronte è meno declive. I chelopodi presentano
una densa pubescenza estesa per tutta la superficie palmare della
mano sino alla base delle dita, le quali hanno il bordo preensile ar-
mato di denti sottili ed aguzzi, e l'apice corneo scavato a cucchiaio.
. _ 246 —
Il femore nelle quattro paia di zampe si presenta assai compresso ed
offre al di sopra un dente terminale poco sviluppato , ed al di sotto
una larga dilatazione, la quale si termina in un dente assai forte; tibia
e tarso brevemente irsuti , dattili incurvi , armati inferiormente di
spinule.
Dim. d'una ^:
Lungh. del cefalotorace mm. 6
Largh. „ „ 7
Largh. della fronte „ 3,3
Provenienza : Payta (Marzo 1883).
Genus Cyclograpsus Edwards.
Cyclograpsus cinebeus Dana.
Cyclograpsus cinereus Dana, Proc. Acad. nat. so-, of. Philad (1851);
Crust. in U. S. Explor. Exped. t, I p, 360 pi, XXIII, fig. 3 (1852);
Kingsley Op, cit, 1, e, p, 221 (1880).
Il cefalotorace nitido e glabro presenta numerose erosioni pun-
tiformi nella metà anteriore del tergo ; il solco cervicale è legger-
mente impresso , quello cardiaco piìi marcato ; manca la pubescenza
terminale del penultimo articolo (Dana) nelle qnattro paia di zampe
arabulatrici.
Dim. di una ^: lungh. mra. 9, largh. 11,5,
Provenleaza: Ancon.
3. Plagusiinae Miers.
Genus Plagusia Lamarck.
Plagusia immaculata Lamk.
Plagusia immaculata Lamk, Hist, des Anim, s. vert, v, p, 257 (1818).
Plagusia depressa Latr, Encyclop, X, p, 145 (1825); Edwards, Ann.
d. se, nat. Zool, III, 20 p, 179 (1853).
Plagusia immaculata Miers, Ann. and Mag, nat, Hist, 5, I, 150(1878).
I tubercoli squamiformi del tergo sono alcune volte guerniti di
peli, il bordo interantennulare della fronte è spesso e liscio, quello
infraorbitario sottile ed integro. 11 carpo e la mano sono impressi nella
— 247 —
superficie di rughe sottilissime; il carpo è percorso da un solco as«ai
profondo il quale procede sinuoso e parallelo ad altro più superficiale
situato verso l'esterno, un solco consimile ma più profondo s'avanza
nella superficie palmare della mano, paralello al suo bordo superiore.
La porzione della palma limitata in basso da questo solco è minuta-
mente granulosa, all' interno pubescente.
Una linea cigliata guernisce il bordo superiore e la superficie
esterna dell' articolo tibiale e tarsiale delle zampe.
Dira. d'un. -^ : liTngh. mm. 8, largh. 8.5.
Provenienza: Amoy f^Iarzo 1883j.
Fam. IV Pinnotheridae Miers.
Sabfam. Pinriotherinae Dana.
Genns Pinnotheres Latreille.
riNXOTHERES GLOP.usu:^ Hombron et Lucas.
Pinnotheres globosum, Hombron et Lucas, Voyage de l'Astrolabe au
Fole Sud, Crust, pi, 5 fig, 21 (1843). Edwards, Ann. d. se. nat,
Zool, 3, XX, p, 219, pi, 11, fig. 6, (18.53); Hilgendorf Monats-
berichte Acad, d, Wissen zu Berlin p, 809, (1878).
Provenienza: Porto Laguuas.
Genus Pinnotherelia Edwards et Lucas.
PlNNOTHERELIA LAEVIGATA E d w a r d s et L u c a s .
Pinnotherelia laevigata Edwards et Lucas, Crust, de d' Orbiguy, Voy
dans l'Amér, Mérid, p, 25, pi, IX, fig, 1 (1843), Edwards, Ann.
d. se, nat, Zool, s, 3, t, XX, p, 221.
Il cefalotorace è lungo mm. 6, largo mm. 7, nella superficie è
nitido depresso e senza distinzione alcuna di regioni , la forte pube-
scenza che si rinviene nel bordo inferiore delle zampe, è limitata sol-
tanto nei maschi all'articolo femorale e tarsale, e manca totalmente
nelle femine. In quest'ultime l'addome si presenta assai largo, ovoidale,
coir ultimo articolo compreso totalmente in una sinuosità profonda di
quello precedente in guisa da avanzarsi colle parti esterne di questo
in un medesimo piano orizontale.
Provenienza: Canali Patagonici (Porto Arenas).
— 248 -
Clenus Pinnixa Wliite.
PiNNixA TEANSVERSALis (Edwards et Lucas).^
Pinnotheres tì^ansoersalis Edwards et Lucas, Crust de d'Orbigny, Yoy
etc. p, 23 pi, X, fig, 3 (1843).
Pinnixa transversalis Edwards Ann. d. se, nafc,Z)ol. 3, XX, p, 220
(1853); Miers, Proc. Zool. Soc, of Lon lon p. 70 (1881) ubi syn.
Dim. d'an o^ ; lungh. min. G, largh. itimi. 14.
Provenienza: Porto Bueno (Dicembre 1882).
Clenus Pinnaxodes Heller.
PlNNAXODES CHILIENSIS Smith.
Pinnotheres chiliensis Edwards, Hist nat des Crust. Il, 33, (1837) ;
Edwai'ds et Lncas, Crust, de d'Orbigny Voy. etj. p, 23 pi, 10
fig. 2 (1843).
Fabia chilensis Dana, Crust in U. S. Explor. Exped. I, 383 (1852).
Pinnaxodes hirtipes Heller, Novara Reise, Crust. p, G8 pi, VI, fig.
2 (1867).
Pinnaxodes chiliensis Smith in Verril , Naturalist. UE, 245 (1869);
Transact Connecticut Acad, II, 170 (1870).
Questa specie, come risulla dalle osservazioni del Prof. Verril,
vive parasita nel tubo digerente deìV EiD'ijechinus imhecillis Verril
in una distensione sacciforme dell'intestino presso dell' orifizio anale.
Secondo lo Smith il Pinnaxodes hirtipes Heller non è punto dif-
ferente dal Pinnotheres chiliensis Edwards, in effetti la forma del
palpo nelle zampe mascelle esterne, che apparisce differente nella fi-
gura di M. Edwards e Lucas ed in quella dell'Heller, sembra dovuta
alla posizione in cui questo palpo venne figurato.
I numerosi esemplari della collezione provenienti dall'Arcipelago
di Chonos e Ghiloe presentano tutte le caratteristiche del Pinnaxo-
des hirtipes descritto e figurato dall'Heller. La pubascenza marginale
negli articoli dei chelopodi e delle zampe è però più densa, i dattili
.sono meno allungati.
(Novembre 1882).
— 249 —
Subfam, M3'Ctiriuae Mievs,
Genus Dotìlla Stimpson.
DoTir.LA suLc.VTA (Foi-skiil).
Cancer sulcatus Forskiil, Descript anim etc. p, 92 (1775).
Mì/ctlris sulcatus Audouin Eg\^pte, Crust par Savigny pi, I fìg. 3 (1809).
Doto sulcatus De Haan, Fauna Jap Cruat p, 24 (1835); M. Edwards,
Hist des Crust, II, p, 38 (1837) e Crust, iu Cuv. R. A. atlas
pi, 18 fig. 3.
Provenienza: Aden.
Subfam. Hymenosoninae Miers.
Genus Halicarciniis White.
Halicarcinus planatus (Fa bri ci US'.
Ualicarcinus planatus A\'liite, Annals and Mag. nat Hist p, 178 (1846) .
Miers, Report Brachyura Voy H. M. S. Challenger p, 281 (188G)
ubi syn.
Provenienza: Canali patagonici, Stretto di Magellano.
Div. IV. Oxystomata o Leucosoidea
Fani. I Calappidae Dana
Subfam. Calappinae Dana.
Genus Calappa Fabricius.
Calappa flammea (Herbst).
Calappa flammea Miers, Report Brachyura V03', H. M. S. Challenger
p, 184 pi, XXIII, fig, 1 (188G) et literat. referenda.
Dim. d'un q^ ad: lungh. mm. 70, largh. mm. 100,
Provenienza: Panama (Febbraio 1884).
Calappa iiepatica (Linneo;.
Calappa hepatica Miers, Report, Brachyura Challenger Exped, etc.
p, 285 (1886) et lit. refer.
Dim. r"' ad: lungh. mm. 50, largh. mm, 95.
Provenienza: Pavfca Assab.
— 250 —
Calappa granulata (Linneo).
Calappa granulata Miers, Report, Brachyara Challenger Exped, etc,
p, 285 (1886) et lit. refer.
Dim. tì^ ^^'- lungh, mm. 80, largii, mm. 110.
Provenienza: Panama.
Genns Platymera Edwards.
Platymera gaudichaudii Edwards.
Plaf>/mera gaudichaudii Edwards, Hist, nat des Crnst. t, II, p, 108;
Edwards et Lucas, Crust de d'Orbigny Voy etc. p, 28 pi, XIII
fig. 1 (1843); Gay, Hist de Chile p, 172 (1049); Miers, Proc. Zool.
Soc. of London p, 79 (1881).
Dim. o^ ^^'- H^ngli. mm. 10, largh. mm. 20.
Provenienza: Calderas.
Fam. II. Matutidae Dana.
Subfam. Hepatinae Stimpson.
Genus Hepatus Latreille.
Hepatus chiliensis Edwards.
Hepatus chiliensis Edwards, Hist. des Crust t, II, p, 117 (1837);
Edwards et Lucas, Crust, de d'Orbigny Voy dans l'Amér. etc.
p, 28 pi, XIV fig. 1 (1843); Dana Crust, inU. S. Explor. Expod
t, I, p, 395 pi, XXV fig. 3 (1853) ; Miers, Crust etc. in Proc.
Zool. Soc. of London p, 656 (1881) et literat. referenda.
Dim. (f ad; lungh. mm. 48, largh. mm. 05.
Provenienza: Callao (Marzo 1883).
Hej'ATus angustatus (Fabricius).
Cancer angustatus Fabricius, Supp. Ent. Syst. p, 347 (1798).
Jlepatus fasciatus 'Edv/aràs Hist. nat des Crust. t, II p, 117 (1837);
Crust. in Cuv. R. A. altas pi, 13 fig, 2. Desmarest. Considér.
sur les Crust. p, 107 pi, 9 fig. 2 (1835).
JIepatusprinceps(ììerhst)Uariens, Archiv von Wiegmannp.112 (1878)
— 251 —
Questa specie abita ordinariamente le coste orientali dell' Ame-
rica centrale e meridionale e negli autori da me consultati non ri-
sulta che la medesima possa trovarsi anche nelle costo occidentali di
questa regione.
Il cefalotorace apparisce più depresso di quello deWIlepatus chi-
liensis, la fronte ò meno avanzata, il bordo antero-laterale offre no-
vi lobi a bordo crenellato , seguiti da due denti triangolari , ben di-
stinti dalla lor base ed a bordo parimenti crenellato. Il bordo postero -
laterale concavo rilevato da una sottile cresta crenulata si termina
verso l'angolo postero-laterale in un dente largo, ottuso e poco saliente.
Dim. d*Lm o'' '• lungh, mm. 40, largh. mm. 45.
Provenienza: Callao.
Subfam. Matutinae Miers.
Genns Matuta Fabricius.
Matuta VICTOR Fabr. var, crebrepuctata Miers.
Matuta victrìx var. crebrepunctata Miers, Revision Matuta in Trans,
Lin. Soc. of London serie II, t, I, Zool, p, 244 pi, XXXIX, fig. 4
(1887); I. G. de Man Revision Matuta in Le3'den Museum voi,
III, p, 110 (1881).
Provenienza: Singapore (Gennaio 1885).
Matuta luxaris (Herbst).
Matuta rubrolineata Miers, Revision Matuta in Trans. Lin. Soc^ of
London II, t, 1, Zool. p, 244 pi, XXXIX fig. 5-U (1877).
Matuta lunaris I. G. de Man, Notes Leyden Museum III, 112 (1881).
Nella Matuta timaris il Dr. I. G. de Man, comprende come due
semplici varietà, le specie indicate dal Miers, col nome di M- circu-
Ufera e leneifera (Op. cit. p, 245 pi, XXXIX fig. 7 ed Annals and
Mag. nat Hist. p, 27 pi, XIV fig. 5 1880).
L'esemplare in collezione riassume i caratteri tipici del Canee)'
lunaris Herbst , quali furono definiti da Hilgendorf ( Monatsber.
Preussische akad zu Berlin p, 810 1878).
Provenienza: Singapore (Gennaio 1885).
— 252 —
Fam. III. Lencosidae Dana.
Subfam. Leucosiinae Miers.
Genus Leucosia Fabricius.
Leucosia neo-caledonica a. M. Eclwards.
Leucosia Neo-C aledonica A. M. Edwarcls, Nouv. Arcliiv. du Muséum
t, IX p, 40 pi, 2 fig. 1, (1874).
Leucosia longifrons De Haan, Fauna Jap, Crust. p, 133 (1835),
Leucosia pulcherrima Miers, Trans, Lin. Soc. of London serie II, voi.
1, p, 336 pi, XXXVIII, fig. 4-6 (1877).
L'identità della L. Neo-C aledonica colla L. longifrons fu con-
statata da Mr. K. Martin (Die Tertiiirsch, auf Java in Leyden p, 128.
1880). In effetti i tubercoli perlacei che si rinvengono sai margine che
definisce il solco toracico inferiormente sono in ambo le specie ana-
loghi a quelli che si osservano sul braccio. Inoltre nelle forme tipi-
che della L. longifrons come ha osservato il naturalista Fremk in-
terviene la medesima disposizione di tinte che si osserva nella L. Neo-
Caledonica.
Secondo le osservazioni del Dr. I. G. de Man (Notes Leyden
Museum III. 123. 1881), la L. pulcherrima Miers, non è una specie dif-
erente da quest'ultima; infatti questo carcinologo ha potuto esaminare
degli esemplari provenienti dalla Nuova Caledonia nei quali le macchie
grigio-verdastre che si osservano nella metà anteriore del tergo non
erano punto convergenti nella linea di mezzo come nella L. pulcher-
rima Miers.
Gli esemplari della collezione (2o^,3$) provenienti dalla baia di
Porto Cavite ricordano completamente il tipo della L, Neo-Caledo-
nica descritto e figurato da A. M. Edwards.
Dicembre 1884.
Subfam. Iliinae Miers.
Genus Ebalia Leach.
Ehalia cRANciui Leach.
Ebalia Cranchii Bonnier, Crust, Conoarneau p, 35 (1887) ubi S3-n.
Provenienza: Majorca (Dicembre 1883).
— 253 -
Genns Ilia Leach.
Ili.v ntcleus (Herbst).
Ilia nucleus Heller, Crust. des Siid. Eur. p, r22 taf IV , fig. 1-2
(1863) ubi syn. /C^^^ ^
Provenienza: Majorca (Dicembre 1883). / v!>/ '
Ciemis Nursia Leach.
NuRSiA PLiCATA (Ilcrbst).
Cancer plicatus Herbsb, Ivrabben uad Ivrebse taf, LIX fìg. 2.
Nursia Ilarclwickil Loach. Zool. Mise, t, III, p, 20 (1817); Edward.?,
Hist. nat. des Crust. t, II, p, 187 (1837).
Nursia plicata Bell. Mem. Leucosiadae in Trans. Linuean S )C. of
London p, 307 tab, XXXIV fig. 4 ^1855).
Provenienza: Amoy (Marzo 1885).
Genus Myra Leach.
Myra fugax (Fabricius).
Leucosia fugax Fabr. Snpp. Ent. Sj'st. p, 351 (1798).
Mì/ra .fugax Leach, Zool. Mise, t, III, p, 24(1817): Edwards, Hist.
nat. des Crust. t, II, p, 12G (1837) ; Miers, Report. Brachyura
Vo\^ Challenger etc. p, 31G (1886) et literat. refer.
Proi'enienza: Beilul.
M Y RA COALIT A H il g 6 n d o r f .
3Iyra coalita Hilgendorf, Mouatsber. Prcussische akad d. \^'issen zu
Berlin, p, 812 taf, I fig. 6-7 (1878 .
Myra dulia Miers, Proc. Zool, Soc. of London (1879).
Mgra fugax Miers, Report. Brachyura Challenger etc. p, 316 (1886).
iNeirultimo lovoro del Miers sui Brachiuri del Challenger, que-
sta specie viene riferita ad una semplice varietà della precedente, In
generale la forma del cefalotorace elevato nella linea di mezzo la
rawicina alla Mgra carinata Bell, dalla quale si differenzia per la
— 254 —
presenza d'un tubercolo spiniforme sulla regione intestinale in corri-
spondenza della linea postero-mediana. Un consimile tubercolo ha pure
constatato 1' Hiigendorf nelle forme tipiche della Myra fiigax.
Il cefalotorace nel nostro esemplare misura in lunghezza mm. {),
m larghezza mm. 7,5. La superficie tergale è quasi liscia con qual-
che minuta granulazione appena visibile sotto 1' azione dell' ingradi-
mento. I solchi branchie-cardiaci sono bene impressi , e la regione
intestinale è ben circoscritta tanto in avanti che lateralmente. La spina
postero mediana conico-acuminata, è circa il doppio delle due laterali
trigono puntute, e con bordo crenulato.
La forma dell' addome è triangolare allungata coi margini la-
terali convergenti in avanti verso l'apice; esso non presenta verso la
base un tratto a bordi paralleli come è stato descritto e figurato dal-
l' Hiigendorf.
Provenienza: Manila (Dicembre 1884).
Fam. IV Dorippidae Dana.
Genus Dorippe Fabrieius.
DoRiiTE DORSiPES (Linneo).
Dorippe dorsipes (L) Miers, Crust. Zool. Coli. "Alert." p, 257 (1834)
ubi syn^
Il dente orbitario esterno lungo ed aguzzo non è punto dentellato
■al di sopra. Un rango di tubercoli s' estende dietro questo dente sul
bordo laterale del carapazio. Il braccio ed il carpo sono minutamente,
granulosi, la mano è pilosa superiormente, all'esterno traversata da
un solco profondo subraediano.
Dim. d'un cì^ ; lungb. mm. 12. larga, mm. 7.
Provenienza: Payta.
Genr.s Ethusa Roux.
EtHUSA M.A.SCARONE R 0 U X
Jblthusa mascarone Roux, Crust. de la Medit, p, 11, Edwards Hist.
nat des Crust II, 1G2 (1837). Heller, Crust des Siidl. Europa p,
142 (18G3) ubi syn.
Provenienza: (libilterra (Maggio dragando 40 m.)*
— 255 —
/ Sectio II. AxoMUKi.
Dromidea
Fam. I. Di'omidae Dana
Genus Dromidia Stimpson.
DiioMimv UNiDENT.VTA (Kiìppel).
Dvomidia unidentata Stimpson, Proc. Acad, nat. se. of Philad p. 225
(1858). Kossmann, Zool. Reise Ergeb. II, ()-l (18S0) ubi syn.
Provenienza: Assab (Maggio 1884).
Genus Cryptodromia Stimpson.
Cryptoduomia l.vtekalis Gray,
Cryptodromia lateralis Stimpson Proc. Acad. nat. so. of Pliilad p ,
229 (1858); Heller Novara Reise Crust: p. 71 (1867). Henderson,
Report Anomura A^oj-. H. M. S. Challenger p. 5 (1887), ubi syn.
Lungh. del carapazio in un cT mm. g. largh. mm. 8.
La superficie tergale è rivestita d'un finissimo tomento villoso,
il dente mediano triangolare è rivolto in basso, i due laterali incurvi
in alto, dietro di questi il bordo sopracigliare spesso è lamellare, si
avanza su ciascun lato in un dente preoculare ben sviluppato. Inferior-
mente r orbita presenta due tubercoli dentiformi, uno al suo angolo
interno ed un' altro al suo angolo esterno al disotto di questo bordo.
11 margine antero-laterale rotondato è armat-) di tre denti, il primo
prominente ed ottuso, i due successivi meno sviluppati, un rudimento
d' un quarto dente al principio del bordo postero-laterale.
Carpo e mano spinoso-tuberculati, la mano non presenta interior-
menta due coste trasversali (Heller); pinze a cucchiaio e debolmente
dentellate. Zampe ambulatrici del primo e secondo paio armate di tu-
])ercoli spiniformi nell'articolo tibiale e tarsale. Dattili fortemente in-
curvi e terminati da un unghia adunca. Terzo, quarto e quinto arti-
colo dell' addome con un tubercolo prominente laterale.
Provenienza: S. Iacinto (Dicembre 188IK
— 256 —
Genus Dromia Fabricius.
Dromia vulgaris Ed w arci s.
Dromia vulgaris Eclwards, Hist. nat. des Crust. t. Il, p, 173 (1837);
Crust, in Cuv. R. A. atlas pi. 40, fig, 1; Stimpson, Proc. Acad.
nat. se. of Philad. p. 226 (1858) ; Heller , Gruyt. des Sudlichen
Europa p. 145, taf. UE, tìg. 10, 11 (1863); Bonnier, Crust. Couc.
p. 39 (1887); ubi syn.
Provenienza: Maiorca (Dicembre 1883).
Fam. II. Homolidae Henderson.
Genus Homola Leach.
HoMOLA spiNiFROJìs Loach.
Homola spinifrons Leach, Zool. Mise. V. 2, 80 (1817); Edwards, Hist.
nat. des Crust. t. II, p. 184 (1837); Crust. in Cuv. R. A. atlas
pi. 39 , fig. 1 ; Heller , Crust. Sudlichen Eur. p. 149, taf. IV,
fig. 12, 15 (1863) ubi syn.
Provenienza: Gibilterra (Maggio 1882).
HOJIOLA CuviERi Roux.
Jloìnola Ouvieri Roux , Crust. de la Medit. pi. 7 (1828) ; Edwards,
Hist. nat. des Crust. II, 183 (1837] ; Heller , Crust. Sudlichen
Eur. p. 152 (1863) ubi syn.
P /'evenienza: Porto Palmas (1).
Raninidea
Fam. Raninidae Dana.
Genus Cosmonotus White.
CosMONOTUs Gray ^\'hite.
Cosmonotus Gray White, Proc. Zool. Soc. of London p. 2'21 (1847)
CQn figura nel testo; Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad.
p. 241 (1858). Henderson, Report Anomura Voy. H. M. S. Chal-
lenger p. 33 (1887).
Provenienza: Callao.
(!) Le specie provenienti da Porto Palmas sono state raccolto dal te-
nente di vasf'oUo Cercone a bordo del « Conte di Cavour •.).
J
Galatheidea.
Fam. Forcella nid a e Henderson.
Genns Petrolisthes Stinipson.
Petroli.stues violaceus (CTiiérin).
.Petrolisthes violaceus Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Philad. p.
227 (1858); Targioni Tozzetti, Cat. Crost. Magenta p. 219, tav.
XIII, fig. 2 (1887). Henderson, Report Anomura Voy H. M. S.
Challenger p. 105 (1897) ubi syn.
Provenienza: Chonos e Cbiloe, Callao, Ancoa, Valparaiso, S. Lo-
renzo.
Petrolisthes validus (Dana).
Petrolisthes validus Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Pliilad. p. 227
(1858).
Provenienza: Chonos e Chiloe, Callao.
Petrolisthes Bhaziliensis Smith..
? Porcellana Boscii Dana, Crust. in U. S. Esplor. Exped; t. I, p. 429,
pi. XVI, fìg. 11 (1852).
Petrolisthes Braziliensis Smith, Transact. Connecticut. Acad. t. II,
p. 38 (1869).
Si differenzia dalla Porcellana Boscii Savigny (Egypte Griist.
pi. VII, fig. 2, 1809) pel carattere delle numerose pliche c/'enulato-
cigliate del tergo, della superficie del carpo e della mano, le quali
sono interrotte in quest'ultima, continue nella prima, in secondo luogo
per la conformazione del carpo, meno dilatato dal lato interno, più
allungato e provvisto intarnamente di quattro denti triangolari ed a-
guzzi (Dana), di cinque nel nostro esemplare. Il bordo laterale della
fronte.meno incurvo, non si continua direttamente con quello superiore
dell'orbita, ma è interrotto da un solco alquanto profondo che limita un
piccolo dente sovraoculare. Le zampe appariscono meno robuste nel-
]*fesemplare esistente in collezione sono armate di spine lungo il bordo
superiore dell'articolo femorale.
La Porcellana rugosa Edwards (Hist. nat. des Crust. t. II . p,
252) secondo quest'autore si difierenzia dalla Porcellana Boscii Sav.,
perchè questa une présente pas d'épines sur le bord postérieur du carpe»
10
— 258 —
asserzione questa evidentemente erronea perchè la figura del Savigny
offre cinque spine nel bordo posteriore del carpo. La Porcellana ru-
gosa Edwards, la quale secondo il Dana si differenzia pel numero (5-6)
dei denti nel bordo anteriore del carpo, non può del resto essere as-
similata al Petrolisthes Braziliensis Smith, perchè le pliche della
superficie del tergo e delle zampe offrono secondo M. Edwards , le
medesime caratteristiche che nella P. Boscii.
Secondo Heller la Porcellana Boscii non è punto difìerente dalla
P. rugosa Edwards.
Due altri giovani esemplari provenienti dalla medesima località
nella forma della fronte , del carapazio e delle zampe , convengono
perfettamente col tipo sovradescritto , i solchi branchio-gastrici sono
però meno impressi, il dente sovraoculare è ottuso, lateralmente esi-
stono non una ma due spine epibrauchiali, le pliche del tergo e dei
chelopodi sono tinte in rosso-carminio, però conservano il medesimo
carattere del tipo precedente.
Provenienza: Peraambuco (Luglio 1882).
Petrolisthes speciosus (Dana).
Petrolisthes speciosus Stii'npson , Proc. Acad. nat. se. o£ Philad. p.
227 (1858) ubi syn.
Provenienza: ?
Petrolisthes tuberculatus (Gruérin).
Petrolisthes tuberculatus Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Pliilad.
p. 227 (1858); Targioni Tozzetti, Cat. Grost. Magenta p. 216, t.
13, fig. 3 (1877).
Provenienza: Yalparaiso (Gennaio 1883).
Petrollsthes acanthophorus (Edwards et Lucas).
Petrolisthes acanthophorus Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Pliilad.
p. 228 (1858) ubi syn.
Provenienza: Callao.
— 259 —
Genus Pachy chele s Stimpson.
PaCIIYCHELES MONILIFERUS (Dalia).
Pachycheles moniliferus Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Philad.
p. 228 (1858) ubi syn.
La superficie del carapazio è nuda ed appena villosa, percorsa
alcune volte da linee obliquo-trasversali appena impresse ; la fronte
è rivestita al di sopra d'una pubescenza ben marcata, e non sempre
sporge nella linea di mezzo in modo abbastanza distinto. Il carpo nel
suo bordo laminare interno ora è sottilmente crenellato ed offre trac-
cia di una suddivisione in due o tre denti, ora è liscio ed integro. La
superficie superiore di quest' articolo in alcuni giovani esemplari è
completamente nuda e liscia , in altri è pubescente ed irta di grossi
tubercoli , i quali non appariscono però disposti in serie come nella
figura del Dana. Lo stesso carattere si constata pure qualche volta
nella palma della mano, la quale apparisce nuda e liscia, od impressa
li molteplici erosioni alveolari.
Dim. d'un c^"* ad : lungh. mm. 11, largh. min. 11.
Provenienza: Pernambuco (Luglio 188.2).
Pachychelks grossimanus (Guérin).
Pachycheles grossimanus Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad.
p. 228 (1858) ubi syn.
Provenienza: Valparaiso.
Genus Porcellana Lamarck.
Poiii'ELLANA PLATYCHELES LamaX'ck.
Porcellana platycheles Boanier, Crust, Conc. p. 47 (1887) ubi syn.
Provenienza: Gibilterra i Maggio dragando 40 m.).
Porcellana angulosa Guérin.
Porcellana angulosa Guérin, Mag. de Zool. p. 6, tav. 25 (1838);
Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad. p. 229 (1858); Tai'gion ^
Tozzetti, Cat. Crost. Magenta pag. 212, tav. 12, fig. 0, tav. 13,
%. 1 (1877).
Provenienza: S. Lorenzo.
— 260
Porcellana mitra Dana.
Porcellana mitra Dana, Crust. in U. S. Explor. Especl. t. I, p. 419
pi. XXVI, fìg. 9 (1853); Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Phi-
lad- p. 229 (1858); Heller. Novara Reise Crust. p. 74 (1877).
Nei giovani esemplari della collezione la fronte nei lati minuta-
mente spinulosa, non si continua direttamente col margine sovraorbi-
tale, giusta quanto risulta nella figura del Dana, ma descrive in questo
punto un angolo ben marcato in guisa da offrire un dente mediano
assai avanzato e due laterali appena distinti.
Il colorito del carapazio non è violaceo mr. rosso giallastro con
una banda mediana biancastra , la quale dalla fronte s' estende non
sempre in modo distinto nell'addome.
Provenienza: S. Lorenzo.
Porcellana pulchellula n. sp.
Carapacis forma ut in Porcellana mitra.
Carapax glaher in inedia longitudinaliter albo-vittatus. Frons
laminatus trilobalus, lohis acute triangulatis ad marginem spi-
nulosis, lobo mediano valde prominente, extiìnis minoribus.
Clielipedcs scabro-granidosi , granulis magnitudine variabi-
libus, interdum majoribus sitbseriatis, mero apici valde promi-
nente, carpo oblongo quadrato, margine antico trispinoso, postico
apicem versus unispinoso.
Pedes gressorii nudi , dactylo arcuato brevi , infra pube-
scente.
Si differenzia dalla Porcellana mitra Dana, per la forma distin-
tamente trilobata della fronte, per la conformazione del carpo armato
all'interno di tre spine ed all'apice esterno di un'altra spina, non che
per i granuli che rivestono la superficie esterna di quest' articolo e
la palma della mano.
Colorito giallo arancio.
Dim. d'un o^ ^ lungh. mm. 11, largk. mm. 10.
Provenienza: S. Lorenzo.
Porcellana cristata Edwards.
Porcellana cristata Edwards , Hist. nat. des Crust. t. II, pag. 25t
(1837); Sàmpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad. p. 229 (1S38),
Provenienza: Ancon, Valparaiso.
261
Porcellana punctata Guérin.
Porcellana punctata Claérin, Icon. Crust. pi. XVIII, fig. 1; Stimp-
son, Proc. Acacl. nat. se. of Pliilad. p. 229 (1858) ubi syn.
Si differenzia dalla P. cristata Edwards, per la forma piii con-
vessa del cai-apazio, per la conformazione della fronte, nella quale
il lobo mediano sporge quasi quanto i laterali (carattere che negli
esemplari della collezione non si conserva costante), non che per la
conformazione delle zampe, nelle quali il solo femore si presenta ri-
levato da una cresta, mentre la tibia ed il tarso sono completamente
rotondate.
Dim. d'un r/" : lungh. mm. 38, largh. mm. 37.
Provenienza: Valparaiso (Gennaio 1883).
Porcellana spinifrons (Edwards).
Porcellana spinifrons Edwards , Hist. nat. des Crust. t. II, p. 256
(1837); Dana, Crust. in U. S. Explor. Exped. t. I, p. 424 (1852)
ubi syn.
Il carapazio ha un colore rosso aranciato uniforme, la superficie
dorsale non è propriamente granulosa, ma olire delle piccole squame
le quali posteriormente e verso i lati sono più impresse ed offrono un
orlo sottilmente crenulato. Il carpo assai largo, nll'esterno rotondato
e rilevato da uno spigolo superiore acuto, all'interno lamelloso, con
un largo dente che s'estende per la metà della lunghezza di questo
articolo.
Dim. d'un e'': Lungh. del cefalotorace mm. 16,5 Larh. mm. 16.
Provenienza: Coquimbo (Febbraio (1883).
Gemis Polyonyx Stimpson.
PoLYONYX BiUNGuicui.ATUs (Dana).
Polyonyx hiunguiculatus Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Philad.
p. 227 (1858), ubi syn.
Lungh. del cefalotorace mm. 5,5, largh, mm. 6.
La fronte s'avanza con un lobo mediano rotondato, che in alcuni
diventa alquanto prominente; il carpo subcilindrico e la mano tumida
sono nella superficie lisci e glabri al pari del carapazio, la mano però
— 262 —
offre lunpfo il suo margine inferiore un solco profondo rilevato infe-
riormente da uno spigolo acuto, talora minutamente crenulato e che
s'avanza sino all'apice del dito fìsso. Le dita incurve, all' apice ebur-
iieo-uncinate presentano nel bordo preensile un dente basilare assai
forte, che manca in quelle della piccola chela. Le zampe ambulatrici
sono nude col penultimo articolo terminato inferiormente da una spina.
I dattili sono triunguiculati come nel Pobjonyx sinensis Stimpson.
(Op. cit. L e. p. 241).
Provenienza: Dragando a 130 m. 200 miglia al N.-E. di Singa-
pore (Gennaio 1885).
Hippidea
Fara. I. Hippidae Dana.
Genus Remipes Latreille.
E.EMIPES picTus Heller,
Remipes pictus Heller, Crustaceeo, Fauna etc. in Sitzungsber. Wie-
nes Acad. d. Wissen p. 243 (1863).
Remipes iestudinariics Miers, Revision Hippidea in Journal Linnean
Soc. of London t. XIV , p. 316 , pi. V, iìg. 1 (1879) et literat.
referenda.
Questa varietà si distingue delle forme tipiche del Remipes te-
studinarius Latreille , per la forte scultura dello scudo con nume-
rose linee a zig-zag, non che per l'aspetto marmoreo della superficie
con numerosi punti rosso-pallidi.
In collezione è rappresentato da alcuni esemplari (^) con uova
provenienti da Beilul.
Genus Hìppa Fabrioius.
HiPPA EMERITA Fabriclus.
Hippa emerita Fabr. Sapp. Ent. Syst. p. 370 (1708); Miers, Op. cit.
1. e. p. 323, pi. V, fig. 9 (1879 et literat. referenda.
Dim. (^ ad.: lungh. mm. 26, largh. mm. 18.
Provenienza: Panama (Febbraio 1884).
— 263 —
HiPPA AsriTicA Edwards.
Hippa asiatica Edwards, Hist, nat. des Crnst. t. II, p. 209 (1837,;
Miers , Op. cit. 1. e. p. 235 , pi. V , fig. 11 (1870) et lit. refe-
renda.
Dim. d'un ^ : lungh. mra. 19, largh. mm. 9.
Provenienza: Beilul.
Hippa analoga Stimpson.
Hippa talpoida Dana, Crust. in U. S. Esplor. EspeJ. t. I, pi. XXV,
fig. 10 (1852).
Hippa analoga Stimpson, Proc. Boston. Soc. nat. Hist. t. VI, p. 85
(185G-59); Miers , Op. oit. 1. e. p. 324, pi. V, fig. 10 (1879) ubi
syn.
'Dim. cT ad.: lungh. mm. 26, largh. mm. 19.
Provenienza: Ancon, Valparaiso, Callao.
Fam. Albuneidae -Stimpson.
Genus Albunea Fabricius.
Albunea syjinista Fabricius.
Alhunea symnista Fabr., Supp. Ent. Syst. p. 317 (1798); Miers, Op.
cit. 1. e. p. 326 (1879) ubi syn.
Provenienza: Beilul.
Genus Blepharopoda Randa 11.
Blepharopoda spinosa (Edwards)
Blepharopoda spinosa Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Philad. p.
230 (1858); Miers, Op. e. 1. e. p. 335 (1879) ubi syn.
Dim. ^ ad.: lungh. mm. 25, largh. mm. 22.
Provenienza: Callao.
— 264 —
Paguroìdea
Fam. Litliodida e Dana.
Genus Lithodes Latreille.
LiTHODES ANTAECTiCA Homb l'Oli et Lucas.
Lithodes antarctica Hombron et Lucas, Vo}'. de l'Astrolabe t. II, p.
92, tav. 7 (1853); Dana, Crust. in U. S. Esplor. Exped. t. I, p.
427, pi. XXVII, fig. 75 (1852); Stimpsou, Proc. Acad. nat. so.
of Philad. p. 23] (1858).
La collezione della Vettor Pisani conta otto esemplari di taglia dif-
ferente, appartenenti a questa specie, lo sviluppo delle spine sul cefalo-
torace e sulle zampe come ebbe ad osservare il Dana, è più considere-
vole nei giovani esemplari che negli adulti, fatto però che non è co-
stante.
Dim. d'un ^ ad.: lungh. mm. 150, lorgh. min. 135.
Provenienza: Stretto di Magellano.
Genus Paralomis Stimpson.
Paralomis verrdcosus (Dana).
Paralomis verrucosus Stimpson , Proc. Acad. nat. se. of Philad. p.
231 (1858); Miers, Proc. Zool. Soc. of London t. 71 (1881). Hen-
derson, Report Anomura Voy. H. M. S. Challenger p. 45 (1887).
Anco in questa forma lo scudo si presenta più distintamente ver-
rucoso nei giovani che negli adulti, le spine laterali e quelle delle
zampe nei primi appariscono più sviluppati ; i peli che si osservano
raccolti in fasci sulla palma della mano e sulle dita, offrono una dif-
ferente area di distribuzione , fatto che non sta in rapporto alcuno
collo sviluppo individuale.
Dim. d'un J^ ad.: lungh. mm. 84, largh. mm. 82.
Provenienza: Canali Patagonici (Porto Lagunas), Stretto di Ma-
gellano.
— 265 —
Fam. Paguridae Dana
Genus Paguristes Dana
Paguristes maculatus (RissoJ.
Paguristes maculatus (Risso) Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Philad,
p. 237 (1858); Heller, Crust. dos Siidlichen Eur. p. 172, taf. V, fig.
15 (1863) ubi syn.
Provenienza: Gibilterra Maggio l?ì82).
Gfenus Fagurus Fabricius. ■*
Pagurus varipes Heller.
Pagitrus varipes Heller, Crustaceen l'auna des rotben Meeres in Sit-
zungsber. Wiener Akad. d. Wissen Bd. 44, p. 224, taf. I, fig. 2 e
taf. II, fig. 2-3 (1863); Kosmann Zool. Ergeb. II, p. 75 (1880).
Come ha ben rimarcato il Dr. J. G. de Marr (Notes Leyden Museum
t. II, p. 184 e t. Ili, p. 129, ISSI), cjaesta specie oltreché per i caratteri
menzionati dall'Heller si differenzia dal Pagurus deformis Edwards
(Hist. nat. des Crust. t. II, p. 222, 1837), per la grandezza della cornea,
la quale non si estende per la metà del peduncolo oculare, ma raggiun-
ge un terzo di questa lunghezza; in secondo luogo per la forma dei denti
nel bordo anteriore del carapazio, acuminati nel varipes, rotondati
nel deformis.
Provenienza: Assab (Maggio 1884).
Genus Eupagurus Brandt.
Eupagurus Prideauxii (Le a eh).
Eupagurus Prideauxii (Leach.) Stimpson, Proc. Acad. nat. se. of Phi-
lad. p. 237(1858); Heller, Crust. des Siidlichen Europa p. 161, taf.
5, fig. 1-8 (1863); Bonnier, Crust. Cono. p. 43 (1887).
Provenienza: Gibilterra (Maggio, dragando 40 m.).
Genus Anìculus Dana.
Aniculus typicus Dana.
Anìculus iypicus Dana, Crust. in IT. S. Explor. Exped. t. I, p. 401,
pi. XXIX, fig. 1 (1852).
Provenienza: Manila (Dicembre 1884).
— 2G6 —
ELENCO DELLE FIGURE
Fig. 1. Simocarcinus simplex grandezza naturale.
Fig. 2. „ „ var. b.
Eig. 3-4. „ pusillus n. sp.
rig. 5. Podohuenia erythraea n. g. n. sp.
JPig. 6. Othonia aculeata (Gribbes).
Fig. 7. Mitraculns tnmidus n. sp.
Fig. 8. Mitras trigonopus n. sp.
Pig. 9-10. Euryetisus deplanatus n. g. n. sp.
Fig. 11. Heteropanope sp.
Fig. 12. Pilumnopneus laevimanus n. sp.
Fig. 13. Actumnus Targionii n. sp.
Fig. 14. Pilumnoplax incerta n. sp.
Fig. 15. Glyptograpsus spinipes n. sp. Zampe-mascelle esterne.
OPERE CONSULTATE
Linneo. Systema nuturae ed. XII. 1766.
Pennanf. The British Zoology t. IV. 1777.
Fahricius. Entomologia systematica t. II. 1795, Supplementum. 1798.
Risso. Histoire naturelle des environs de Nice 1816. Hist. nat. de
l'Europe meridionale t. V. 1826.
Lamarck. Syst. des animaux sans vertèbres t. V. 1818.
Desmarest. Considérations générales sur les Crustaoés. Paris 1825.
Savigny. Description de l'Egypte. Crustacés atlas 1826.
Houx. Crustacés de la Medit. 1828.
Bosc. Hist. nat. des Crustacés. Paris 1830.
M. Edwards. Hist. nat. des Crust. t, I. II. 1834-37. Atlas du Eè-
gne Animai de Cuvier ed. III. Crustacés. Observations sur les
Pagures in Ann. d. so. nat. (3) X. 1848. Observations sur la
classification des Crustacés etc. ibid. t. XVIII. XX. (1852-53);
Crustacés nouveaux ou peu conuus in Arcbiv. du Muséum t, VII.
(1851).
Pòppig. Crustacea chiliensia nova aut minus nota in Archiv von
Wiegmann II. 1836.
Eydoux et Soule>/et. Voyage de la Bonite, Crustacés. 1841.
M. Edwards et Lucas. Voyage de d'Orbigny dans l'Amérique Mèrid.
(1843).
Krauss. Sildafinkanische Crustaceen Stuttgard 1843.
Dekcv). Zoologie of New York. Crustacea. 1844.
Costa. Fauna del Regno di Napoli. 1845.
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1836. History of the British Crustacea (1853); Mon. Leucosiadae
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Stimpson. Prodromus etc. Proc. Acad. nat. se. of Philad. 1858; Crust.
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t. X. 1860 — id. des Cancériens in Nouv. Archiv. du Miiséum t.
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nal L. ■Soo. XIV Revision Majoid Crust. etc. ibid. Revision Pla-
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Descriptions new or little known etc. Crust. Ann. N. H. (5)
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Matuta ibid. Carcinological Studies in Leyden Museum V. Crust.
Mergui Arch. Journal L. Soc. XXII. 1887. Crust. Ind. Are.
Wiegmann's Archiv. 1887.
. — Palladio:
ìihr. MI, cap. Vlf, pir. /.
(3) 1,1, — e oli) me 11 ci: Uh. V, cap. .V, par. 16: e poi il trattato De .\r.
lioribus cap. XXIlf, par. 2.
il
— 274 —
Punica si in arbore runrpaniur remedia sunt.... Alio modo citm
jum matura 'inala fuerint , antequam rumpantur, ramiulos qiii-
bus dependent intorqueto. Plinio (1) ripete lo stesso ed altrove ag-
giunge : Quidam punicis malis substrato lapide non runipi po-
mum in arboribus tradunt.
Africano nei Geoponici (2) ripete il precetto di Columella.
Ibn-Al-Awam (3), autore di un trattato di agricoltura araba,
riferisce: che quando i granati si spaccano, bisogna analRare le piante
con acqua nella quale siasi versata cenere di legna.
Passando ai moderni bisogna arrivare, da quanto consta alle mie
ricerche bibliografiche, al Pv.e (4); egli denomina questa affezione poli-
sarcia del frutto, e la dice comunissima alle uve ed ai frutti in ge-
nerale: i frutti per molta pioggia riempionsi soverchiamente d'umore,
ed allora la buccia, non potendo più resistere, si squarcia.
Hallier (5) studia a preferenza lo spacco nelle radici carnose.
Sorauer (6) addebita il male alle piogge repentine e forti dopo
l'asciuttore.
Boussingault (7): i frutti a buccia sottile, maturi o presso a ma-
turare ,, spaccano allorquando restano esposti ad una lunga pioggia:
tali frutti sono le ciriege, prugne, albicocche e certe varietà d'u-
va. La rottura dell' esocarpo è dovuta all' accumulo di acqua nel
sarcocarpo. L'A. avendo immerso in acqua ciriege, mirtilli, prugne,
pere, uve, constatò che dopo qualche tempo si spaccavano : trovò
nell'acqua una certa quantità di zucchero. L'A. ritenne che 1' acqua
di pioggia penetrasse direttamente per endosmosi nel fratto.
(1) 1. e. Uh. XVII, cap, 27: e poi Uh. id. (ap. 11.
(2) rEiinONlKA — Geoponicorum sìa' e de re rustica: libri XX,
("assiano Basso collectore. — Lipsiae 178 1. Uh A', cap. 30.
■3j Ibn-Al-A.\va_m. — Le livre de l'Agriculture (Ivi tab-A. 1-1' ola li-
ah). Traduit de l'arabe par. .1. ,1. Clùment-Mullet. — Voi. .J. l'arh JS6 ì-()7.
Voi. I. p. 7)81.
(4) Re Filippo. — Sagg io teorico pratico sulle malattie delle
piante. —Milano '1807 p. 189.
(5) IIalmer. — Phy topath olo gie — Leipzig 1868 paij. 87.
(6) Sorauer Paul. — Il a 11 db neh d(>l P flan /, oii kran k heit e n. — Urr-
Ii:i 1874 p. 84.
II). — Die Obstban nilv raiik h eiten. — lìfrlin 1879 p. 12.
(7) Boiissi\{!Ai'LT W. — Sur la r u pt ur e de la peli icule des fruits
exposés à une [iliiio continue. — Agronomie, e h i m i e agricole
et pli ysiologii!. — /^rtCis 1874, Tom. V. p. .303.
— 275 —
Lucas (1) : il male accade nei frutti a nocciolo , in talune va-
rietà e nelle annate umide: accade pure nelle pere e nelle mele dopo
«grandi asciuttori.
Frank {2) dice il male essere dovuto allo sviluppo eccessivo del
parenchima carnoso, che riempito di acqua produce lo spacco.
Prillieux (3) addebita il male nello pere al Fusicladium jvjri-
niim Fiikl.
III.
Auranziacee
Il male si osserva a preferenza nelle arance; raramente nei man-
• ierini, limette e limoni. Lo spacco in un frutto è sempre unico; parte
dal peduncolo ed arriva all'umbone, seguendo la via del meridiano.
Raramente lo spacco è doppio, ed allora essendo i due spacchi quasi
opposti, il frutto resta diviso in due metà presso a poco eguali.
La formazione dello spacco procede nel seguente modo. — Nel-
l'arancia grossa, ma ancoi*a verde, quando cioè essa incomincia ad ap-
prossimarsi alla maturazione, si accenna una piccola fenditura, prima
neir esocarpo, che poi penetra rapidamente anche nel mesocarpo: que-
sta fenditura, che spesso si mostra verso la zona equatoriale dell'a-
rancia, si allunga in linea retta e raggiunge il peduncolo e l' umbo-
no — i due poli. — Questa linea di rottura coincide quasi sempre tra
spicchio e spicchio o prossima alla loro divisione; raro è il caso
quando accade nel mezzo d' uno spicchio. Lo spacco si allarga ed i
due spicchi sottostanti , avendo perduta la buccia, che li ratteneva,
ippaiono turgidi. Le labbra della fenditura incominciano ad ingiallire,
e in breve tutto il frutto, buccia e polpa, ingiallisce, come se fosse
una maturazione accelerata.
Nella fenditura non tardano ad annidarsi i soliti microrganismi
dell'aria. Né manca qualche gocciolina gommosa, spicciante dalle lab-
lira dello spacco.
Tra le varietà di arance osservate , ho notato che 1' arancia
S'ingiiigna ne era più alletta, e più ancora V arancia variegata. In
il) Luca:- E».— Schutz des Ob s tbaum e gegen Kran k he i ten. —
Sliiilgaii. JS79 p. /O?.
Ci) Frank A. B.— Die Krankheiten der ? ii cinz e n. — Breslau /SSO.
l>. 20.
i3) PrJLLiKUx E. — Les tavelures et lescrevasses des pò ire s. —
Ann. hi. nat. agronom. Aa. I. N. 2. Paris IS77-7S.
— 27G —
una stessa varietà, la comune p. es., sono soltanto talune piante, le
affette. Né tutti i frutti della stessa pianta spaccano: taluni sì ed altri
no; ed alle volte dallo stesso ramo pendono due arance 1' una spac-
cata e quindi ingiallita, e l'altra sana, e perciò ancora verde.
Questo male non è notato dai trattatisti dello auranziacee.
IV.
Drupacee e Pomacee
Nelle pomacee e drupacee lo spacco è diverso da quello delle
auranziacee : esso è irregolare , ora longitudinale , ora trasversale ,
dritto o curvo , unico o multiplo. Nelle diverse specie ho osservato
i seguenti fenomeni.
Pesche spiccaf/nole: non presentano molto frequente questo
fenomeno; solamente la Pesca di S. Giovanni , precoce , presenta
normalmente lo spacco dell' endocarpo, senza però che ne risenta il
sarcocarpo, e quindi anche l' esocarpo. Le durone qualche volta pre-
sentano degli spacchi. Le peschenoci ne sono più affette. Coltivo
due piante di una bella varietà di pescanoce, la gialla grossa, ch(3
non portano frutto che non sia spaccato. Qualche volta poi le pesche
presentano una fenditura speciale : la rima, che solca una metà del
frutto dal peduncolo all'umbonesi allarga, quasi come se squarciata.
Albicocche: anch'esse spaccano; ma più di rado, e si compor-
tano come le pesche : in quest' anno 188-3 , piovoso in primavera ed
estate, molte piante e parecchie varietà di albicocche, che rimasero
illese negli anni scorsi, spaccarono.
Prugne: fra una decina di varietà di prugno, che coltivo tra
prima ticce, normali e tardive, soltanto le varietà dette Prugna d'India
e P. pappagona furono molto affette dal mule : esse hanno polpa
aderente e compatta, e perciò sono frutta duracine.
Piriege : nell' agro avellano, dove sono coltivate numerose e^
belle varietà di ciriege, spaccano le duracine a preferenza. Lo spacco
della ciriegia ha una forma speciale; accado verso 1' orlo della base
a pcca distanza dal peduncolo, è curvo, e circouknte il peduncolo:
gli altri spacchi nella di'upa sono come i soliti.
Lazzcruole, Nespole del Già i» pò ne: spaccano anch'esse,
ma raramente.
Pere: la sola varietà che ho visto spaccare costantemente, tra
le molto pere nostrane, è la Pera spina e qualche rara volta la P-
- 277 —
■spaclona. In alti'i [unosi lo poro, sono molto attaccate dallo spacco (1j.
Delle mele non ne ho osservato ancora nelle nostre regioni.
V.
Fico, granato, uva ed altri frutti. Ortaggi
Nel fico lo Sjìaeco è più frequente, ed una forma del male, che
ora sarà descritta, in lai une varietà è addirittura normale. Lo spacco
può accadere in due forme. Maturando il sicono la huccia si fende
per lungo, dal peduncolo a venire in su, senza però trapassare la
sottobuccia, che è per lo più bianchiccia. Il fico troiano, V aìhinero
il pentolello ed altre varietà presentano questa forma di spacco. Ciò
però non conferisce nessun danno al frutto, poiché è ugualmente
edule, anzi talvolta più pregiato. I fichi inoliati (volgarm. punii) pre-
sentano quasi sempi-e questo fenomeno. L'altra forma è quando la
boccuccia del fico si apre e si segmenta in due o tre parti. In questo
caso il frutto è immangiabile, poiché si corrompe prontamente: il fhco
lai'daio presenta spesso quosto fenomeno (2).
Granato: è affetto dal male sino dai tempi antichi: gli spacchi
sono grossi, irregolari, e guastano rapidamente il frutto. La varietà
grossa, che è la migliore, ne è più , o quasi esclusivamente , affetta.
Uliva: tra le numero.sissime varietà vesuviane non ho osservato
il male che nella sola sanginella^ varietà duracina.
Spaccano pure frequentemente i pomodori, più spesso la varietà
l^'rossa: i poponi piìi di rado.
VL
Osservazioni decadiche pel triennio 1886-88
Per rendersi ragione delle cause di questo male ho intrapreso
ima serie di osservazioni decadiche nel campo sperimentale di arbo-
ricoltura di questa Scuola. I dati meteorici sono tolti dalla stazione
metereologica della Scuola in Portici. La distanza tra questo paese e
(Il Filippi di Bamjissero Alberto. — Nuova malattia del pero
«letto Martino sccco. MeiUDria — Ann. Accad. Agricoli. Torino Voi. X.IT/
p. Ì7-52-I8S3.
(21 Gasparrini Guclielmo. — Ricerche sulla natura del capri-
fico e del fico, e sulla c;i prificazione. — Read. .ice. Se. Napoli 1S4.'f
p. 91. tav. V. /ig. I.
— 278 —
Boscoroale è di pochi chilometn; sono quasi allo stesso livello e poco
differiscono per esposizione: sicché le differenze meteoriche sono mi-
nime e per il nostro scopo trascorabili. Stralcio il periodo da giugno
a novembre, poiché é il periodo utile ad essere considerato.
1886
aixjGusro
Decade
I
II
III
Temp.
media
PioRtria
giorni inm.
21,7
18,0
19,5
6,9
26,4
4,8
Prugna ciriegia in piena maturazione.
Prug. id. continua. Prug. S. Giovanni
matura.
Pi'ug. ciriegia e S. Giovanni finiscono. Prug. di,
India matura: compare il mal dello spacco.
I_iXJC3-LiIO
II
III
22,9
—
gocce
22,6
—
25,1
—
—
Prug. d'India continua: il male è piutloslo li-
milalo. Prug. pappagona , nera , violetta e
d' asino maturano. Pesche maggenghe conti-
nuano maturare.
Continua maturaz. delle precedenti varietà:
incomincia e si di/fonde lo spacco nelle prugnfi
pappagone.
Finiscono le varietà precedenti.
-A.aOSTO
I I 23,
II I 22,3
m I 22,6
7,4 I Pescanoce gialla già accenna allo spacco.
41_,0 I Matura la pescanoce: aumenla lo spacco
I tura la durona gialla.
SEJTTH3I^BK,E
il
IH
23,9 I —
22,4
20,9
12,8
16,5
Continuano e finiscono le due precedenti.
comincia la Prug. di vendemmia.
Continua la precedente.
Finisce la precedente.
- 279 —
OTTOBK.E
I
II
III
20,3
o
11. -2
10,0
3
3>.S
18,1
.1
M,t)
Incomincia la maturazione del chinotto.
Pucliissì'ìne arance si spaccano. Incomincia la ma-
tura/.ione dell'arancia e del manderino.
KTO VEJlwIB K,H1
II
IH
15,5
15,5
8,5
46,7
10,8
gocce
La maturazione dei precedenti procede rego-
larmente.
id. id.
id. id.
— 280 —
1887
aixjo-iTo
Decade '''^'"'P-
wecatie ^^^^^^
Pioggia
giorni ram.
22,3
20,8
22 1
0,8
23,0
'
2,0
25,9
—
—
27,0
1
l
Continua niaturaz. Prupr. r-iriep;ia.
Continuala prec: incomincia Prug. S.Giov;inni.
Finiscono le prec. Incomincia Pnaj. d'India:
compare il mal dello spacco.
I_jXJC3-IjIO
Continua la maturaz. della Prug. d'India; non
resla frullo che non sia spaccalo. Incom. la
maturaz. delle Prugna nera , violetta e del-
l'asino.
Finisce la Prug. d'India: continuano le jirec:
matur. la Prug. pappagona.
Prug. pappagona altaccala violentemenlc dallo
spacco: non v' è frullo esenle. Pese violetta
durona matura e finisce.
25,7
25,8
23,1
24,6
22,7
18,9
10.2
'i
12,8
13 J
»
02/1
13,6
'i
'i9.2
AGOSTO
gocce Prug. pappagona continua: // male accelera la
mniuraz-ione e le rende inulili.
gocce Pescanoce gialla già accenna allo spacco.
8,2 Pescanoce matura; lidie guaste.
SH3TTH:ivfl:BK,E
Pese. prec. finisce. Matur. la prug. di ven-
demmia
1,0 Pesca durona gialla matura.
57,1 Maturano le lazzcruole: qualcuna rara spacca.
Finisce la durona.
OTTOBR,E!
Aì'ance e Mundcrini alfelli forlcmenlc d-illo spac-
co. Pesche di vendemmia maturano.
Arance e Manderini spaccali ingialliscono rapi-
(lam<;nle. Se ne spaccano degli altri. Conti-
nuano le pesche.
Arance e Manderini spaccati ingialliscono. Conti-
nuano e iiniscono le pesclie.
13,9
12,9
13,3
30,3
24,7
3SrOVEiM:SK,E
Continua normalmente la maturaz. dell'arance
e manderini.
id. id.
id. id.
— 281 —
1888
aixjaKTo
Pio
g-giu 1
Decade
Teinp.
media
giorni inm.
I
22,]
_
1
li
21,8
1
0,6
III
23.0
-)
G,(i 1
Priig. ciriegia matura.
id. continua. Prugna S. Giovanni matura.
Ambedue finiscono.
i-.xjaijio
22.7
1
7,8 ;
22,3
1
•1,2
21,7
—
— j
t'rug. d'India vialuru: <■ allaccala dallo spacco.
Matuiano Prug. nera, violetta, asino, e bian-
chetta.
Continua maturaz. precedente: Prugna d' India
magcjiovmenlf uUaecala dallo spacco.
Finiscono le precedenti. Prugna pappagona at-
taccala vìolenleinenle dallo spacco. Pescanoce
gialla già spacca.
J^O-OSTO
22,0
2
l'i, 4 1
]
23/1
1
1,2
21.7
3
30,4
Prug. pappagona continua a maturare ed a
spaccare. Pescanoce ìnatura: spacco aumenta.
Prugna pappagona finisce. Continua pescanoce.
Pera spina affetta dallo spacco. (Tra una de-
cina di varietà di pere che coltivo tra pri-
maticce , normali e tardive, solo questa è
spaccata in un campo a confine. )
Finisce la pescanoce, fico lardajo spacca ( in
campo vicino )
settem:bk,e:
23, G
23,3
3
41,0
20,4
3
'^l 6
1
Durona gialla incomincia a maturare.
Continua la durona : Prugna di vendemmia e
sorba maturano. Qualche arancia si spacca,
ma son pochissivie e sempre nelle stesse piante
degli anni precedenti.
Finiscono le durone e maturano le pesche di
vendemmia. Continuano le prugne: Continua
lo spacco nelle arance : ma inolio limitalo : può
calcolarsi a li II) dello scorso anno. Granato
spacca ■( in altro campo } Maturano le lazze-
i'uole.
— 282 —
OTTOBK-E
I
20,7
5
30,7
II
14,0
3
32,ò
III
13,0
—
—
Non si nota nessuna nuova arancia spaccala. Con-
tinua la maturaz. delle precedenti.
Le arance spaccale ingialliscono. Finiscono le
precedenti.
Incomincia la maturazione delle arance e man-
darini.
itoveim:bk,b
II
III
14,2
11,8
11
79,7 Continua normalmente la maturazione degli
agrumi senza incidenti.
12,0 id.
2,3 id.
— 283 —
1889
Quest'anno di pi<^gge abbondantissime e continue si sono verifi-
cati i seguenti fatti che riassumo , anziché l'ipetere le osservazioni
decadiche. La Pr-ìffjnn d' India e pappagona e la Pera spina spac-
carono 2 decadi prima degli altri anni. Ho visto per la prima volta
spaccare la pera spadona estiva e ^invernale, che nelle identiche
])iante non spaccarono negli anni passati. Le nespole del Giappone, clu^
orano rimaste quasi immuni, quest'anno presentarono delle frutta spac-
cate. Le albicocche in quattro o cinque varietà, le quali anch'esse negU
anni scorsi aveano accennato ad uno spacco leggiero lungo la rima,
spaccarono e molto. I limoni, malgrado l'acqua abbondante, sono ri-
masti illesi altrove però li ho visti spaccati.
Da queste osservazioni decadiche possiamo dedurle le seguenti
conseguenze.
1) In identiche condizioni colturali, topografiche, e di
terreno si hannovarietà dellas tessa specie che spaccano
edaltreno.
2) Vi ha talune varietà che spaccano norma 1 mente og ni
anno. (Prugyìa pappagona, Pr. d'India, Pescanoce gialla. Pera
spina).
3) Vi ha talune varietà, che spaccano soltanto quando
si trovano in condizioni speciali, {Arance, alhieocclie, nespole
del Giappone, lazzeruole ecc.)
VIL
Etiologia
a) Parasiii vegetali. — Il Prillieux (1. e. p. 36) attribuisce il
male dello spacco nel pero al Fusicladium pyrinurn Fiikl. Ho potuto
constatare nel pero che il parasita e lo spacco possono essere conco-
mitanti, come è il caso della P. spina e della P. spadona, ma spesso
occorre il caso di trovare il solo parasita senza spacco alcuno, com' è
il caso della P. cannellina, bianchetta ed altre.
b) Cause meteoriche. Pioggia. — La causa meteorica che ha
maggiore, e da quanto risulta sinora dalle mie osservazioni, esclusiva
importanza , nel determinare lo spacco è 1' acqua di pioggia abbon-
dante , la quale sia poi assorbita dalla pianta. Il Boussingault , at-
tenendosi all'esperimento fatto, — cioè quello di immergere delle ci-
riege, uva nell'acqua, e dopo qualche tempo l'esocarpo si spaccava — .
— 284 —
ritenne che l'acqua di pioggia cadendo sul frutto vi penetri diretta-
mente per fatto di endosmosi. Le condizioni nelle quali 1' A. faceva
l'esperimento non rispondono che in parte a quelle dello stato nor-
male del frutto sulla pianta. L' acqua di pioggia cadendo suU' eso-
carpo , che quasi sempre ha superficie liscia , cola giù o svapora ; e
perciò non ha il tempo di stabilire quella corrente endosmotica cosi
potente, come accade in frutti immersi nell' acqua. E poi se si piglino
delle albicocche, arance, nespole del Giappone e si lascino immerse
neir acqua , anche per due giorni, non si osserverà spacco alcuno. È
più rispondente alla moderna fisiologia ammettere che l'acqua, assor-
bita dalle radici, penetri regolarmente nel frutto per il peduncolo.
Esaminiamo come agisce l'acqua. — Dalle osservazioni decadiche
risulta per gli agrumi, che quando ad un periodo estivo secco (1887)
succedano improvvise piogge, il male si manifesta con intensità: quan-
do invece il periodo estivo sia moderatamente piovoso, allora il male
si manifesta poco (1888) o quasi punto (1880). Questa osservazione trova
una riprova nel fatto che gli agrumeti annaffiati, i quali godono per-
ciò di una certa umidità nel periodo estivo, non vanno soggetti al
male, ed invece quelli a secco ne sono affetti. Ma l'acqua non costi-
tuisce la causa determinante lo spacco , poiché v'ha talune varietà
di frutti (Pescanoce gialla, Pì^ugna cV India e Pappagona, Perz
spina), che costantemente spaccano e con annata secca e con umida.
Che anzi con un'annata umida come l'attuale 1889 lo spacco si è
mostrato anticipato. Vi sono dunque altre cause, che determinano lo
spacco nel frutto; l'acqua non è che un'aggravante, e qaeste causa
sono le seguenti.
e) Cause costituzionali. — Si è constatato dalle osservazioni de-
gli altri patologi e mie, che sono solamente talune varietà le affette dal
male. Ed esaminate tali varietà in tutta una regione, se ne trovano pian-
te che spaccano e piante che non spaccano, come ho potuto ripetute
volte constatare. Possono perciò ritenersi le spaccanti come delle sot-
tovarietà del tipo, le quali posseggano questo carattere patologico. —
Si noti che con 1" innesto la diflusione, derivante da un solo individuo
di una varietà o sottovarietà, riesce sempre facile. —
Lo spacco può essere attribuito alla pressione degli eie-
monti anatomici del sarcocarpo, o dell' endocarpo nel caso
degli agrumi, che forzato l'esocarpo, ovvero questo ed il mesocarpo
(agrumi), finalmente fendono la buccia. Questa forza di pressione può
essere dovuta sia a moltiplicazione di elementi sia ad accrescimento
del volume di ciascuno di essi.
Nel primo caso, cioè moltiplicazione di elementi, come riteneva
— 285 —
il Frank (1. e), od ancora di organi, ho tatto le ricerclie seguenti.
Ho numerato i carpelli in circa un centinaio di arance spaccate ed
in altrettante sane; ho trovato i seguenti rapporti percentuali.
Arance fendute
Arance sane
Carpelli
N.
7-■> 18 H
id.
12-13
5 «
» 5 «
lUU 100
Il numero maggiore dei carpelli non influisce nel determinare lo
spacco in un' arancia, come chiaramente si vede raflrontando il loro
numero nelle sane e nelle fendute. V'è poi da fare un'altra osser-
vazione di riconferma ; 1' arancia fetifera, che spesso contiene un
numero doppio di carpelli àeW arancia normale, non spacca.
Seguendo lo sviluppo della Pescanoce gialla, e della Prugna d' In-
dia, le quali presentavano nel mio campo un caso multo favorevole
a tale studio, poiché a maturazione su di una pianta non rimaneva
frutto integro, non ho potuto mai constatare microscopicamente una
proliferazione maggiore di elementi, m uno o più punti del sarcocar-
pò. Anzi, se qualche volta si è trovato qualche leggiera iperplasia del
sarcocarpo, essa era normalmente circondata dall' esocarpo unifor-
me ed integro. Come pure lo sviluppo dei follicoli nell'endocarpi)
degli agi'umi, sia come grandezza che come numero, non induceva
faito alcuno.
Sicché si può conchiudere che lo spacco non dipenda da
un fatto di proliferazione anormale di organi od elementi.
Tale conseguenza è comprovata dal fatto , che lo sviluppo di un or-
gano, o di un complesso di essi, ha per legge fondamentale il rapporto
tra i tessuti esterni e gli interni. In guisa che un'arancia a molti
carpelli od una pescanoce a molti elementi del sarcocarpo ingrossato
sarà coverta da un csocarpo, che si svilupperà in ragione degli uni o
degli altri.
Vi è perù un' eccezione a questa conclusione. — Il fico talune volto
spacca per moltiplicazione degli involucri fiorali (Gasparrini 1. e). Ma
la conformazione del sicono é tale da permettere lo spacco del ricet-
tacolo introflesso , causato da forze di espansione degli organi mol-
tiplicati.
Esclusa la proliferazione passiamo all'accrescimento in volume
— 286 —
degli elementi. Che il male si sviluppi approssimandosi la maturazione
del frutto è spiegato dal fatto, oramai ben constatato, che in quel pe-
riodo il protoplasma del sarcocarpo assorbe maggiore quantità di
acqua.
Nelle piante affette dal male le cellule del sarcocarpo, ovvero
dell' endocarpo agrumi) , approssimandosi la maturazione del frutto,
assorbono facilmente una maggiore quantità di acqua: quest' eccesso è
fornit(ì normalmente nelle varietà che spaccano costantemente. In quel-
le invece che spaccano saltuariamente l'eccesso di acqua deriva dai
casi speciali di piogge abbondanti dopo un periodo asciutto. Questo fatto
può essere facilmente intraveduto per le leggi di assorbimento della
fisiologia , ma constatato diretiamente no: poiché non si riesce a ve-
dere le cellule del sarcocarpio od i follicoli dell'endocarpio degli agru-
mi di molto ingranditi. Indirettamente però constatiamo il fatto immer-
gendo le prugne, ciriege nel!' acqua, e dopo qualche ora spaccano.
Ma se il protoplasma di un elemento del sarcocarpo può assor-
bire una quantità d'acqua relativamente forte, bisogna anche ammet-
tere una relativamente minore resistenza della parete cellulare, la
quale si lascia forzare dal protoplasma, che s'imbeve di acqua. Che
se essa fosse più resistente, opporrebbe un limite all'assorbimento di
acqua, come normalmente succede nelle varietà sane. Oltre a ciò bi-
!>ogna notare che nelle drupacee le varietà molli (spiccagnole) hanno
il sarcocarpo formato di elementi più tondeggianti e laschi ; invece
le varietà duracini hanno elementi più compatti e perciò poliedrici.
Ingrossando il protoplasma nelle prime gli elementi hanno spazio da
occupare nei numerosi ed ampi spazi intercellulari ; invece nelle se-
conde questi sono scarsi e ristretti, e perciò gli elementi risentono
maggiore pressione fra di loro. Questa condizione spiega il fatto che
le varietà duracini siano più affette delle spiccagnole o molli.
Che poi lo spacco si manifesti negli agrumi dopo una siccità, se-
guita da piogge abbondanti , è spiegato dal fatto che gli elementi di
un frutto hanno a causa della siccità un protoplasma molto denso,
che ricevendo acqua in abbondanza se ne imbeve; però la parete cel-
lulare che ha seguito lo sviluppo graduale del protoplasma mal resiste
a questo rapido rigonfiamento. Mentre invece, e questo è per gli agru-
mi, le piogge uniformi fanno ''ugualmente sviluppare e protoplasma
e parete. Nell'annate piovose (1889) la molta acqua assorbita deter-
minò nello frutta poco resistenti il male con maggiore ed anticipata
violenza.
— 287 —
Vili.
Conclusione
Da quanto si è esposto si può coiichiudere:
1. Che il mal dello spacco sia una malattia costituzio-
nale dovuta : all'assorbimento del protoplasma di acqua
eccessiva, alla poca resistenza della membrana cellu-
lare ed alla compattezza del tessuto del sarcocarpo.
2. Le piogge abbondanti aggravano ed anche anticipa-
no il male: sono cause occasionali.
3. Che sono soltanto talune varietà, o meglio sottova-
rietà, di una data specie, che sono affette dal male. In
queste si replica costantemente nelle più affette e saltua-
riamente nelle meno, con maggiore o minore intensità a
seconda delle annate.
IX.
Rimedii
L' unico razionale, che si poteva tentare era la sconcatura estiva
delle piante affette dal male. L'ho praticata e non ne ho aviUo alcun
risultato.
Per gli agrumi, i quali nella nostra regione vesuviana sono scon-
cati nel settembre, potrebbe ritardarsi questa pratica, affinchè le piante
l'icevano minore quantità di acqua. Ma bisogna non aver visto i grandi
giovamenti, che riceve una piantata di agrumi da un abbondante acquaz-
zone autunnale, e più ancora dalie acque che raccolte nel campo si
pos:-ouo arrecare alle piante, assiderate alle volte da diversi mesi.
Ho praticato pure una buona pota nelle piante affette , ed i ri-
sultati sono stati negativi.
Gli antichi ed anche i moderni usano torcere il ramo di granato
dal quale pende il frutto. È pratica razionale , poiché si ostacola in
buona parte la corsa dell' acqua dal fusto nel frutto. Tale pratica
non può essere adottata per gli altri frutti.
Data una pianta affetta dal male non ci resta che o rinnestarla,
se sia possibile, ovvero tagliarla. Quest'ultimo partito, se la pianta sia
di età avanzata, diventa addirittura necessario.
~ 288 —
Si badi bene alla scelta delle marze da innesto, e si eviti di
asportarle da piante affette dal male; altrimenti si otterranno nuove
piante malate.
Anche per (fuest" affezione non vi è miglior partito che una ra-
zionale igiene, tanto spesso trascurata.— Arboricoltore e patolog. Pio Mingazzini — Catalogo dei Coleotteri della pro-
vincia di Roma , appartenenti alla famiglia dei La-
mellicorni ,........„ 54
10. G. Jatta — Elenco dei Cefalopodi della " Vettor
Pisani ........... 63
11. Fr. Sav. Monticelli — Elenco degli elminti raccolti
dal capitano Gr. Chierchia ....... 67
12. Fr. Luzi — SnJla provenienza degli elementi cellu-
lari della decidua ........ 72
13. Cano Gavino — Crostacei brachiuri ed Anomuri rac-
colti nel viaggio della " Vettor Pisani „ intorno al
globo ........... 79
14. Errata-corrige ......... 106
20. Elenco dei cambi e dei doni ...... 107
/ sodi che non hanno ricevuto i precedenti fascicoli
del Bollettino sono pregati di farne richiesta alla Se-
siretcria.
Sono vivamente pregati i signori socii ordinarii non
residenti di spedire la loro contribuzione annuale al socio
Cassiere FRANCESCO SANFELICE, Stazione zoologica
Napoli.
Per quanto concerne la jjarte scientifica ed
amministrativa dirigersi al Segretario della So-
cietà : Signore Oreste Forte, Sede Sociale ex Mo-
nastero della Sapienza.
Contribuzioni dei Socii
Art. 1. La contribuzione annua peil socii ordinarli residenti è di
lire 24, pagabili mensilmente.
Art. 2. La contribuzione dei socii ordinarli non residenti è di
lire 12 pagabili in una sola volta.
Art. 3. La contribuzione dei socii aderenti è di lire G annue.
Tornate
Art. 4. Le tornate ordinarie si terranno due volte al mese con
ì' intervallo di quindici giorni , salvo nei mesi di vacanza i quali
verranno determinati dall'Assemblea.
Art. 5. La parte scientifica delle tornate ordinarie consta:
a) di lettura di lavori originali;
b) di comunicazioni verbali;
e) di letture;
d) di conferenze.
I primi vengono inseriti nel Bollettino ; le altre semplicemente
indicate nei processi verbali.
Art. 6. I socii che leggono lavori originali devono dichiarai'e se
intendono pubblicarli nel Bollettino , affinchè il Segretario possa in-
dicarlo nel processo verbale della tornata, e in tal caso consegnare
il manoscritto al segretario.
I socii poi che l'anno delle semplici comunicazioni verbali devono
•dichiarare se intendono che vengano inserite nei processi verbali, nel
qual caso devono darne un brevissimo sunto per iscritto al segretai'io.
Art. 7. I socii ordinarli non residenti possono incaricare sia il
segretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del pro-
prio lavoro.
Bollettino
Art. 13. La società imprende la pubblica/àone di un bollettino
contenente i processi verbali delle tornate e lavori originali dei socii
ordinarti.
Art. 14. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno leggersi
nelle tornate; su di essi potrà essere fatta discussione.
I lavori 23ubblicati da un tempo maggiore di due mei ia un altro
periodico non si j^otranno pubblicare nel Bollettino.
Art. 15. I lavori debbono versare su argomenti di scienze natu-
rali e loro applicazioni.
Art. 16. Il Consiglio Dii-ettivo cura la pubblicazione del Bol-
lettino.
Art. 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro
lavori.
II numero^ di essi sarà stabilito ogni anno dal Consiglio Direttivo.
Art. 20. È permesso agli autori chiedere un numero maggiore di
estratti a proprie spese, previo avviso al Segretario, salvo che gli
estratti siano la copia conforme all'originale scritto.
DALLO STATUTO
Art. IV. La società è costituita di socii ordinarii ed aderenti^
I socii ordinarii sono residenti e non residenti.
Art. V. Possono essere socii ordinarii tutti i cultori delle scienze
naturali.
Possono essere socii aderenti coloro che vogliono seguire i la-
vori della Società
Art. VI'. L'ammissione dei socii è fatta dietro domanda presen-
tata da un éocio ordinario al Consiglio Direttivo.
Nel caso dei socii ordinarii , il Consiglio Direttivo presenta le
conclusioni all'Assemblea la quale delibera sulla ammissione; nel
caso dei socii aderenti, li nomina.
Art. VII. I socii ordinarii residenti hanno cura dell'amministra-
zione e dell' andamento scientifico della Società, ed eleggono il Con-
siglio Direttivo.
Art. VIII. I socii ordinarii non residenti sempre che si trovano
in Napoli , godono di tutti i dritti dei socii residenti , meno quello
della eleggibilità.
Art. IX. I socii ordinarii solamente hanno dritto a pubblicare e
tener conferenze.
Art. X. I socii non residenti che stibiliscono la loro dimora in
Napoli, se vogliono continuare a far parte della Società, debbono en-
trare nella categoria dei residenti.
Art. XI. Tutti i socii indistintamente hanno dritti) ad interve-
nire alle tornate scientifiche ed a ricevere le pubblicazioni della So-
cietà.
Art. XII. I socii di tutte le categorie pagano una contribuzione
annua, la quale, per i residenti è doppia di quella' dei non residenti
e per questi è doppia di quella degli aderenti.
6. Per questo anno la Società, dà, agli Autori 50 copie
di estratti.
Gli Autori ì quali ne vogliano un maggiore numero, pa-
gheranno le copie in più secondo la seguente tariffa.
Vj^ foglio (4 pagine) .
V'., foglio (8 pagine) .
•\\ foglio (12 pagine) .
1 foglio (IG pagine) . .
Esemplari
25
L. 1 75
., 2 25
„ 3 50
„ 4 00
50
75 100
L. 2 50 L. 4 —
., 4 — „ 5 50
„ B 75 „ 9 —
„ 8 1 „10 -
L. 2 25
„ 3 50
« i^ —
„ 5 50
N. B. — Per i sopra fiegnatl prezzi va inclusa le(/alara e coper
Una sonza stampa.
Piezzo del I fase. Voi. II
del II „ Voi. II
del II Voi.
„ del 1° fase. V.^l. Ili
lire cinque
., cinque
„ otto
„ cinque
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