1 ; ~.. I,, y# mp ivl't X!ì< ■" vtt m^^'-^' -'» ^ \ ' ••->:,x^. . K- .:/r':^sT CVr- . V*^ A BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI SERIE I. — VOL. IV. ANNO IV. 1890 IsT A. IF» OIj I Stabilimento Tipografico Vico Tiratoio, l'5 1890 BOLLETTIISTO SOCIETÀ DI NATURALISTI Ricerche anatomiche sull'apparato digerente delle Aplysiae del Golfo di Napoli — Nota di Raffaele ZuccARDi, (Tav. I-II). (Tornata del 14 luglio 1887) Neir apparato digerente delle AiJlysiae del Golfo di Napoli ho studiato principalmente le seguenti parti : le mascelle ; la radula ; la doccia faringea; l'esofago e le tre cavità gastriche; la camera biliare e il grande condotto biliare, e l'intestino. Mascelle — Le mascelle, nell' A. limacina, L., son disposte in modo da non toccarsi, né dalla parte superiore , né dalla parte in- feriore, contrariamente a quanto crede Yayssiére (fig. 2), essendovi tra loro uno spazio interposto, maggiore però nella parte superiore. Ogni mascella presenta in questa specie il suo lato interno più corto (fig. 2), l'anteriore («) e l'esterno {e) leggermente convessi, il posteriore (ò) concavo. Neil' A. depilans, L. (fig. 1) invece essa ha il suo lato anteriore concavo , l' interno e 1' esterno piano e il posteriore convesso. Lo spazio che separa superiormente le mascelle è qui maggiore , che nella specie precedente. Le mascelle sono poi qui sempre grande- mente sviluppate in lunghezza, contrariamente a quello che pensa Vayssière , e ciò anche negli individui piccoli. Nell'^. punctaia Cuv., poi, le mascelle sono assai simili a quelle dell' ^. limacina, e solo ognuna di esse ha un poco meno concavo il suo lato posteriore (fig. 3). Nelle tre specie ora menzionate ciascuna mascella risulta di un gran numero di bastoncelli chitinosi, come notarono Bergh e poi Vayssière, e ciascun bastoncello è piantato su di una cellula epiteliale della mucosa sottostante. Questi bastoncelli, nell' A. limacina, sono — 6 — allungati ed hanno la loro estremità libera più grossa ed incurvata (fig. 8). Neil' J.. depilans, invece, essi sono poco allungati, ed hanno la estremità libera molto rigonfiata , ed inoltre leggermente curva e scanalata (fig. 10). Neil' ^. punctata, poi i bastoncelli hanno la loro estremità libera assottigliata e curva (fig. 9), ma qualche volta si presentano di eguale diametro in tutta la loro lunghezza. Sono dunque poco esatte le figure che dà Vayssière di questi bastoncelli nelle tre specie, mentre R. Bergh dà di essi nell' A. punctata una figura abbastanza esatta. Come si può vedere chiaramente, 1 bastoncelli dell' A. punctata si avvicinano molto per la loro forma a quelli dcir.4. limacina, non a quelli dell'^. depilans, come pensa Vayssière. Radula — La radula dell' J.. limacina (fìg. 5) presenta molte se- rie di denti, di cui non è possibile indicare esattamente il numero, contrariamente a quello che ha creduto Blochmann , poiché questo varia, come bene ha osservato Vayssière, secondo l'età dell' animale. In individui grandi ne ho potuto notare da 76 a 80 — Vayssière ne ha osservati solo sino a 72 — in quelli di mezzana grandezza, da 55 a 60, ed un numero mano mano inferiore, in individui gradatamente più piccoli. Questa variazione nel numero delle serie dei denti l'ho riscontrata anche nella radula dell' A. depilans , dove ne ho potuto osservare sino a 76 , mentre Vayssière ne ha osservati ordinaria- mente una sessantina. La radula di questa specie si distingue per la sua forma da quella dell'.!, limacina, come si vede nella figura (fig. 4). Neil' A. punctata il numero delle serie dei denti 1' ho tro- vato ordinariamente costante, cioè da 34 a 36. La radula di quest'ul- tima specie è assai differente per la sua forma da quella delle altre due specie, come scorgesi dalla figura 6, e ciò principalmente, per- chè quelle delle altre due hanno la loro estremità anteriore acuta, mentre quest' estremità nell' yl. punctata è ottusa. Sars, Blochmann e Vayssière figurarono la radula dell' A. punctata ; ma tutti assai poco esattamente. Ciascuna serie di denti, neir.4. limacina, è costituita da un dente mediano, e da 40 a 45 denti per lato, negli individui grandi, e da 30 a 40 nei piccoli. Il numero dei denti di ciascuna serie è , dunque , anche variabile, secondo l'età dell'animale, come osservò Vayssière. Quanto alla forma dei denti della radula di questa specie, Vayssièrt! ne ha fatto recentemente uno studio abbastanza preciso — sebbene le sue figure lascino alquanto a desiderare. Nondimeno alle sue ossei'vazioni io ho da aggiungere pochi particolari che 1' Autore trascura, riguardanti specialmente i denti laterali. Questi intatti, (lig. 17) hanno le cuspidi dentellate, ma non (ino alla loro estremità, come quelle dei denti mediani, e inoltre, alla base di ciascuna cuspide, in qualche dento laterale, oltre al dentino osser- vato da Vayssière se ne trovano altri due piccolissimi (Tig. 21). Tanto poi l'uno che gli altri di questi dentini basali si presentano qual- che volta biforcati (lìg. 20). Infine, dall'altro lato della cuspide dei denti laterali — opposto a quello dove trovansi i dentini basali — si trova una laminetta (a) molto trasparente, con margine sottile, quasi tagliente (fig. 17). Ncir.4. depilans ciascuna serie di denti presenta un dente me- diano, e da 30 a 33 denti laterali negli individui più grandi da me esaminati, solo 25 nei più piccoli. Può quindi in generale ritenersi come media la formola dentaria proposta da Vayssière per questa specie ciiè: 30-1-30. Anche i denti della radula di questa specie furono oggetto delle osservazioni di Vajssière , alle quali ho però da aggiungere i se- guenti particolari. La cuspide del dente mediano non è dentellata sino al suo estremo anteriore, e inoltre la lamina di questo dente presenta una piccola prominenza in senso opposto alla direzione presa dalla cuspide (fìg. 15)., Debbo inoltre notare che il dentino biforcato, che nei denti laterali più vicini al mediano occupa il medesimo posto della cuspide degli altri denti laterali, è da considerarsi come cuspide incipiente, di cui la punta interna {a) rappresenta la lunga e robu- sta cuspide degli altri denti seguenti, mentre la punta esterna in questi (&) si riduce e si confonde con le dentellature basali della cuspide sviluppata (fig. 25, 26, 27, 28 e 29). Nell'^. pmictata ho ordinariamente osservato un dente mediano e 15 denti laterali. Bergh, in un individuo preso sulle coste della Groenlandia ne ha trovati da 14 a 16 laterali. Blochmann calcola a 20 il numero dei denti di una serie. Vayssière ritiene variabile que- sto numero secondo l'età dell'animale, cosa molto probabile , come accade anche nelle altre due specie. Dei denti della radula di questa specie Vayssière ha fatto uno studio molto incompleto. Molto più completo e preciso è invece quello fattone precedentemente da Rudolf Bergh, di cui Vayssière non tiene però conto. Alle osservazioni di Bergh , nonché a quelle di Vayssière, ho però da aggiungere i seguenti particolari. Dall' altro lato della cuspide dei denti laterali — opposto a quello dove trovansi i dentini basali — si trova, come nell'^. limaeina, una sottile lami- netta {€■) saldata intimamente alla cuspide , ben visibile soltanto quando il dente sia bene isolato {i\^. 30). La cuspide poi di que- — 8 — sti denti laterali non è dentellata sino alla sua estremità. Infine la lamina del dente mediano ha la base profondamente incavata (fig 16). Bergh annovera a sei i dentini marginali (Randzacken) che co- stituiscono le dentellature della cuspide del dente mediano, ma que- sto numero — non facile sempre a stabilirsi — non è neppur sempre costante. La radula neìY A. 2Junctafn non termina in punta come neH\4. depilans e nellM. limaci no, perchè, mentre in queste due ultime specie le ultime serie di denti, che trovansi all'estremo anteriore della radula, sono ridotte in modo da presentare un dente mediano con uno o due denti per lato, nell'^. punciafa le serie omologhe presentano un dente mediano con cinque o sci denti per lato. , Boccia faringea — Aprendo il bulbo faringeo dell'^. liitiacina dalla parte inferiore, senza però toccare la rotella su cui trovasi la radula, si osserva che, un poco indietro alle mascelle, la mucosa boc- cale si solleva formando due creste longitudinali {a, a) (fig. 7). Queste creste, lunghe più d'un centimetro, più alte nel mezzo, e che poste- riormente vanno a confondersi con le ripiegature della mucosa eso- fagea, limitano un solco (/>) — che Bohadsch, Cuvier e Delle Chiaje (1) non osservarono — al quale ho dato il nome di doccia faringea. Questa doccia si continua anteriormente con lo spazio esistente tra r estremità superiore delle mascelle {a) (fig. 7) e posteriormente con r esofago. Le creste sopra menzionate hanno una struttura analoga a quella delle mascelle, poiché anche esse sono in parte formate da bastoncelli chitinosi. Questi però sono più lunghi e più sottili di quelli delle mascelle , e terminano con puuta molto acuta ; inoltre essi sono arcuati e presentano i loro contorni profondamente intac- cati (fig. Ili. Neil' A. depilans, le creste sono molto più alte e più lunghe (circa due centim.) ed i bastoncelli hanno forma variabile (fig. 18). Xeir.4. inincfafa le creste sono piccole, ed i bastoncelli sono an- che di fonila variabile (fig. 12). In tutte e tre le specie le glandole salivari sboccano proprio nelle ripiegature di (queste creste. Esofago <> carità gasi rìciic — Alla doccia faringea segue l'eso- fago, più largo nella regione anteriore, che nella posteriore, la quale poi si dilata formando la ])rima cavità gastrica, che è molto grande, ha pareti sottilissime e si avvolge su sé stessa ad elica. Tanto l'e- sofago, che (juest.i i)rima cavità, sono internamente tapezzate da epi- (1) Questi tre Autori sono gli unici che , dalle mascelle e dalla i-adula in fuori, abbiano finoi-a studiato l'apparato digerente delle Aplysiae. telio vibratile, il quale epitelio è anche i)i^queiitato, in modo da dare a tutta la su[)orlicie interna di questa prima porzione del tubo di- gerente, un colore violetto seuro. La superficie interna dell' esofa}j;-o è inoltre sollevata da pliche lontritudinali, mentre ([uella della pri- ma cavità è ordiuju'iamente affatto liscia , salvo in (lualche punto, dove trovasi qualche sottile plica lonoritudiuale. A questa prima cavità gastrica la seguito la seconda, nota col nome di stomaco muscolare , la quale è di color roseo carnicino e, com* è noto , presenta alla sua supeiMìcie interna tlegli alveoli , nei quali sono impiantati assai debolmente i cosi detti denti. Di questi, dodici sono grandi (fig. 34), gli altri piccoli. I primi occupano quasi tutta la cavità e sono disposti su tre file trasversali. Gli altri sono neir imboccatura anteriore su due linee , perù in modo che quelli della prima fila si trovano negli interspazi! lasciati da quelli della seconda, occupando così uno spazio ristrettissimo. — I dodici più grandi hanno la base romboidale (a) e la punta variamente modificata {b, 0) (fig. 35). Ye n'è uno nella terza fila dellM. limachia che è a punta acu- minata e ricurva airindictro, e in qualche individuo proprio unci- nata (e) similmente ;!, uuanto fu osservato da Dobson (1) nell'ai. dactylomela , Raug, e da ?»Iazzarelli e da me (2) nella nostra A. cliierchiaiia e nellM. Lessonl, Rang. Tra dente e dente la mucosa si solleva e presenta delle pliche longitudinali: essa è però sprov- vista di ciglia vibratili. La terza cavità gastrica, che ha pareti più sottili della seconda, ma meno sottili della prima, presenta internamente dei numerosi dentini chitinosi conici, con punta sottile ed acuminata, dei quali i più grossi si trovano verso l'estremo posteriore della qavità in pa- rola, ove ve ne è qualcuno a punta curva. Questi dentini si distac- cano assai facilmente. Tutta la superfìcie interna di questa cavità presenta delle pliche longitudinali , ed è generalmente rivestita di epitelio vibratile. Tutto ciò si riscontra nelle ti'c specie da me studiate senza dif- ferenze notevoli. Le osservazioni di Lohadsch, Cuvier e Delle Chiaje , che sono ordinariamente riportate nei trattati, sono dunque in generale poco precise ed incomplete. (1) G. E. Dobson. Notes on Aplysia dactylomela in: /ourn, Linn. SoG. London, Zool. Voi. XV, ISSI. a) Boll. Soc. Nat. in Napoli. Voi. IH, ^iSS9. — 10 — Camera e grande condotto Mliare — Nel puuto dove termina il terzo stomaco, presso al piloro, le pareti dell'intestino presentano due eminenze {p h) (fig. 36) le quali funzionano da valvole , poiché chiudono un'apertura di figura quasi circolare (e), che dà in uno spa- zio ampio, ove sboccano i condotti epatici (e), ed a cui dò il nome di camera biliare. Questa camera presenta internamente delle pliche limitanti altrettanti solchi, che si dirigono verso un canale a fondo cieco nel quale, man mano riduccndosi, vanno a terminare. Questo canale è nascosto per un buon tratto nella massa del lobo interno del fegato e con la sua punta libera termina in vicinanza della glandola ermafrodisiaca : io lo chiamo grande condotto biliare ed è quello stesso che Delle Chiajc chiamò lungo condotto epatico — in opposizione ad un corto condotto epatico che egli descrisse — e che Cuvier denominò cieco intestinale, e, unitamente alla ca- mera, ritenne come quarto stomaco. Questo grande condotto biliare nell'ai, limacina (e) è dritto, con la punta un pò rigonfiata ed ha nell'interno una lamina (f) — osser- vata anche da Cuvier e da Delle Chiaje — la quale, originandosi sot- tilissima nella parete interna dell'intestino tenue , si fa più spessa e rilevata entrando nel condotto , e si continua sin verso il fondo del medesimo dove è più rilevata ancora verso la sua punta. La lamina, giunta a una certa distanza dal fondo cicco del con- dotto, si arresta lasciando cosi, tra essa e la parete, uno stretto spazio libero (fig. 37). In questo modo il grande condotto biliare viene ad esser diviso in due cavità o doccio, di cui l'una è in comunicazione con la camera biliare, e l'altra si apre nell'intestino : le quali doccio sono poi in comunicazione tra di loro mediante lo stretto spazio in- terposto tra l'estremità della lamina e il fondo cieco del condotto. La superficie interna della camera biliare, come quella delle doccie, è rivestita da un epitelio le cui cellule son fornite di lunghe e ro- buste ciglia vibratili. Quando la bile si versa nella camera biliare essa non può subito versarsi nell'intestino, perchè le valvole sopra menzionate glielo im- pediscono. Allora essa, seguendo la direzione dei solchi limitati dalle pliche della superficie interna della camera biliare , si versa nella doccia del grande condotto biliare, che con questa immediatamente comunica ; indi , per lo stretto spazio interposto tra la lamina e il fondo cieco di esso condotto passa nell'altra doccia per poi versarsi neir intestino nel punto dove questo trae origine dalla terza cavità gastrica. E questo cammino della bile è agevolato dalle ciglia vibra- tili dell'epitelio, le quali si muovono appunto — come ripetutamente — 11 — ho potuto constatare — sccoudo la (lirczionc che, c-omc ho descritto, prende la bile per versarsi nelF intestino. Neir A depilans, il grande condotto biliare non è mai dritto co- me nell'yl. limacina, ma termina avvolgendosi su sé stesso, or di un giro intero, or di un mezzo giro, e la lamina che lo divide in due non termina nell'intestino con punta assottigliata che si perde tra le altre pliche intestinali, ma si ripiega simulando per un certo tratto una doccia nell' intestino, e si presenta colorata in violetto scuro. Le due valvole poi sopra menzionate , che chiudono 1' orifizio della camera biliare , sono più accorciate ed a forma di vescichette ar- rotondate nella parte libera. Il grande condotto biliare dell'.-l. jiiuiclafa non presenta niente di particolare, somigliando del tutto a quello dell' A. limacina. Come s' è detto , Cuvier riteneva la camera biliare e il grande condotto biliare, come un quarto stomaco ; ma questa ipotesi cade da sé, dal momento che in questo presunto quarto stomaco non si trova mai cibo. Delle Chiaje, poi, credette di aver osservato che diversi condotti epatici provenienti dalla massa interna del fegato, sboccassero nel grande condotto biliare, che egli chiama lungo condotto epatico, il quale alla sua volta sboccava nell' intestino. Egli infatti rappre- senta questo condotto con le pareti forate dagli sbocchi dei presunti condotti che vi si aprivano. Inoltre egli descrive un altro condotto che egli, in opposizione al primo, chiama corto condotto epatico, condotto che si aprirebbe anch' esso nell' intestino , versandovi la bile proveniente da altri condotti epatici secondari, che sboccavano in questo condotto. Questo corto condotto epatico non 1' ho però mai potuto rinvenire. Tanto l' orifizio del grande , come quello del pic- colo condotto epatico sarebbero stati , secondo Delle Chiaje, chiusi dalle due valvole sopra menzionate. Tutto ciò, come si è visto, non ha però riscontro nei fatti. Intestino. — L' intestino gira intorno ai lobi del fegato e 1' ul- tima sua porzione (retto) passa sulla glandola ermafrodisiaca, e poi si apre nella parete destra interna del sifone. Tutta la superficie in- terna dell' intestino è tapezzata da un epitelio le cui cellule hanno lunghissime ciglia vibratili, più lunghe di quelle delle cellule epite- liali, che rivestono la superficie interna dell' esofago e della prima e della terza cavità gastrica. L" ultima porzione del retto presenta sulle pareti interne delle pliche simili a quelle della mucosa esofa- gea, ed inoltre queste sono similmente colorate in violetto scuro. L' ano poi presenta una piccola papilla. — 12 — L'intestino non presenta delle differenze notevoli nelle tre spe- cie studiate. Gli autori sopra menzionati non forniscono dati abbastanza pre- cisi sull'intestino delle Aplysiae. CONCLUSIONI Dalle osservazioni sopra esposte credo di poter venire alle se- guenti conclusioni : i." — Il numero delle serie dei denti della radula, nonché il nu- mero dei denti di ciascuna serie, varia generalmente nelle Aplysiae secondo V età dell' animale, aumentando gradatamente quando l' ani- male va invecchiandosi , appunto secondo ciò che crede Vayssière. Esso però può essere superiore a quello riportato da quest' ultimo. 2." — Esiste -nella Aplysiae una doccia faringea — limitata da due creste che si presentano anche fornite di bastoncelli chitinosi, come le mascelle — la quale mette in comunicazione l'orifìzio boccale con r esofago. 5." — La j)rima e la terza cavità gastrica sono rivestite di epi- telio vibratile, mentre 1' epitelio che riveste la seconda cavità è sprov- veduto di cellule ciliate. La terza cavità presenta nella sua superfi- cie interna dei dentini chitinosi. 4." — La bile non vien versata direttamente dai condotti epatici nell'intestino , ma da questi in una camera biliare, da cui poi passa in un grande condotto biliare, che la versa nell" inte- stino. Tanto la camera biliare che il grande condotto biliare sono rivestiti da un epitelio vibratile, le cui lunghe e robuste ciglia agevo- lano il cammino della bile, movendosi secondo la medesima direzione che prende la bile nel suo cammino. 5." — Le due valvole che si credeva (Delle Chiaje) chiudessero lo sbocco dei condotti epatici nell'intestino, chiudono invece l'ori- fizio della camera biliare, impedendo cosi alla bile di versarsi per quella via. GaMìieito di Anatomia comparata della R. Università di Na- poli, Luglio 1889. BIBLIOGRAFIA 1761, J. B. BoHADSCii. — De quibusdam animalibus marinibus eorumque proprietatibus, Dresdae. 1803, Gr. CuviER. — Me moire sur le genre Laplysia, vulgaire- ment nommé Lièvre marin , in : Ann. Mus. II. N. Paris, Tome II. — r.i — 1828, 1 S. Delli: Chiaje. — Descrizione e anatomia delle Apli- sie, in: Atti R. Istituto d^ Incoragg., Napoli, Tom.o II. 1841, 2 S. Dkllk Chiaje. — Storia e notomia degli animali senza vertebre della Sicilia citeriore, Napoli, 1872, E,. Bergh. — Ueber einer Gronlandisohe Aplysie, in: Verh. d. Z. Boi. Ges- Wien, Bd. XXII. 1878, 0. Sars. — Mollusca regionis articae Norvegiae. 1884, F. Blochmann. — Die im Grolfe von Neapel vorkommen- den Aplysien, in: Mitth. Z. Stai. Neapel Bd. V. 1885, A. Vayssière. — Recherches zoologiques et anatomi- ques3urlesMollusquesOpistobranch.es du Golf e de Marseille, in : Ann. Mus. II. N. Marseilla, Zoolo- gie, Tome II. Spiegazione delle Tav. I e II. Tutte le fiofure da 8 a 33 sono state disegnate con la camera lu- cida di Zeiss a 13 cent, sopra il piano del tavolino del microscopio. Tavola I. Fig. 1. Mascelle dell' 'A. depilans. » 2. » » A. limacina. » 3. » )) A. punctata. » 4. Radula dell' A. depilans. \ » 5. » » .1. limacina. '> disegnate in sito. » 0. » » .4. 'puticiaia. ) » 7. Doccia faringea dell' ^. limacina: a, a creste; b mascelle; e doccia ; d principio dell' esofago (gr. nat). -> 8. Bastoncelli chitinosi delle mascelle dell' A. limacina, (JL. zciss). » 9. Idem deir.4. punctata, (--^Zeiss). » 10. Idem dell' A. depilans, (-^Zeiss). » li. Bastoncello chitinoso delle creste della docci^ faringea nel- 3 r A. limacina, (——Zeiss). » 12. Bastoncelli chitinosi delle creste faringee deir^l. punctata, (^Zeiss). 3 » 13. Idem dell'^. depilans, (——Zeiss). — 14 — Fiff 14. Dente mediano della radula dell' J.. limaclna: a cuspide; e l . < lamina; h dentini basali, (— -Zeiss). » 15. Idem dell' A, depilans d prominenza della lamina opposta alla cuspide, (——Zeiss). » 16. Idem à-dlY A. x>unctata: d incavo della lamina opposta alla 1 • ^ cuspide, (—Zeiss). » 30-33. Denti laterali isolati di A. puncta/a , veduti in vari modi , (—Zeiss). Tavola II. » 17. e 18. Denti laterali isolati deir.4. limacina: a cuspide; & dentini basali, (frprZeiss). » 19. Dente laterale della medesima visto di fianco. (——Zeiss). » 20-23. — 29," 30," 35," 36," dente laterale della medesima, (-i^Zeiss). » 24. Dente laterale speciale, probabilmente anomalo, trovato una sola volta in un individuo di A. limacina e ripetuto sotto 2 la stessa forma lungo tutta la serie longitudinale, (-^ Zeiss). » 25-29. — 9,° 16,'' 18,° 26,° e 28," dente laterale della radula dell' A. depilans (— Zeiss). >) 34. Seconda cavità gastrica dell' A. limacina (gr. nat.). » 35. Denti isolati della medesima cavità nella medesima specie. » 36. Orifìzio della camera biliare e valvole che lo chiudono nel- r A. limacina: a parte della terza cavità gastrica mostrante i dentini chitinosi inseriti sulle sue pareti; e orifizio della camera biliare ; l) , h valvole che lo chiudono ; i intestino (aperto longitudinalmente); f fegato (gr. nat.). » 37. Camera biliare e grande condotto biliare nell'. 4. limacina'. e orifìzi dei condotti epatici ; 1) camera biliare che presenta delle pliche limitanti altrettanti solchi rivolti verso il grande condotto biliare e, diviso dalla lamina / in due doccio co- municanti per lo spazio z ; / intestino: /" fegato; a porzione della terza (;avitH «jrastrica. JioU. dd/ùi Socdi .^Vèit.i7i Ja^oli U/tH' Fasci 7r,n r lì rr ■"1^"; ■ i I 3(9 3/ 3t 33 / / ■ / ^^^ % Si. Ili. Ji- Se^?-iru> J^>o/c f/c//a .'>W.(/<' . lai'./// . tà/j,)// . '/n /r //M / Taf, // /7 V ~ . J8 L9 2t il --\ tó / 27 25 M r 34^ éM^ ■-^^ ^ £^ r k:>^' ,.:^p^ 36 / -5^^. tij. ^. Se-rùn<; — 15 — Sopra gli eteri ossimmidosuccinlci. — Memoria I. di A. PlUTTI. (Tornata del 15 decembre 1889) La teoria prevede l'esistenza di tre eteri ossimidosuccinici mo- noalcoolici: IL III. C00C*H5 1 C00C«H5 1 C00C*H5 1 C=NOH j CH2 1 C=NOH 1 1 GII 1 >N0H CH 1 CO OH COOH COOH ^. Il 1.° di questi (etere «, fus. 110.") venne preparato dall' K- hcrt (1) decomponendo con acqua l'etere dinitrososuccinilosuccinico, il 2." è ancora sconosciuto, il 3." (etere y fus. 54°, 6 — 54°,8) fu otte- nuto da me , trattando F ossirna dell' etere ossalacetico con etilato sodico (1 moL), evaporando la soluzione alcoolica nel vuoto e scom- ])onendola colla quantità calcolata di acido solforico. (2) Venni condotto ad ammettere per esclusione che l'etere prepa- i-ato in tal modo abbia la indicata costituzione , non potendo esso avere la forma I perchè diverso dall' etere di Ebert, né la II poiché avrebbe dovuto dare , nella riduzione e successiA^a amidazionc , le (isparagine rotato rie e non wvì a^iaragìna inattiva identica per ogni riguardo a quella che fornisce l'etere dell'Ebert. L' ammissione però che in questo etere y, 1" atomo di azoto sia concatenato a due atomi di carbonio , invece che ad un solo , con- duce alle due conseguenze: I. O che r ossirna dell'etere ossalacetico, da cui esso etere pro- (1) Liebig's Ann. 229, pag. 65. (2) Gazz. Chini. Ital. XVIIf, pag. 457. — 16 — viene, abbia l'azoto pure in tal modo concatenato e che perciò al- l'ossima invece della costituzione ammessa: C00C»H5 I C=NOH I OH* COOC^H» «petti quella simmetrica: COOC»H» I CH I >NOH CH I C00C*H3 II. Oppure, che nel trattamento con etilato sodico avvenga, oltre che la eliminazione dell' etile , anche una trasposizione dell' azoto e dell'idrogeno , per cui dalla forma: I C=NOH I CH2 5i passi alla l'orma: CH I >NOH CH Prima di procedere oltre nello studio dei derivati dcU'etero da me rinvenuto, ho creduto necessario di risolvere questa questione, per più riguardi importante, e mi sembrò che il modo più semplice di farlo fosse quello di confrontare il derivato etilico delVeterc di Ehert , la di cui costituzione è solidamente stabilita, colV ossinia delVetere ossalacetico. Questo derivato etilico venne già preparato dall'Ebert trattando il sale di argento dell' etere monoalcoolico con .ioduro di etile (1), ma il poco che egli ne disse non mi parve suf- ficiente a stabilire se il suo etere e l'ossima proveniente dall'etere ossalacetico sieno identici o diversi fra ili loro. (1) A/m. 229, pag. SO. — 17 — Mi sono perciò accinto alla limila e non Tacile preparazione di tale etere , avuta riiruardo specialmente ai pochi mezzi di cni po- tevo disporre, e sui risultati ottenuti mi pregio di riferire ora alla Società. Pfcparazione dolV etere fiiiccinilosiicclnico. — G)\ 500 di etere succinico boli, dai 215" ai 218° vennero trasformati in etere succi- nilosuccinico per porzioni di circa 70 gr. per volta mediante la quan- tità calcolata di etilato sodico polverato e privo di alcool. Il massimo rendimento (70 per **/,) si ottenne lasciando in digestione coll'etilato. per diverse ore, l'etere succinico sciolto nel doppio del suo peso di etere anidro, scaldando a bagno maria in apparecchio a riflusso per 3 0 4 giorni , distillando V etere e versando il prodotto secco nella quantità calcolata di acido solforico diluito e freddo. L'etere succi- nilosuccinico grezzo, lavato con acqua , venne cristallizzato dall' al- cool. Si ottennero così 210 gr. di etere puro fus. dai 120" ai 127°, cioè il 65,4 % della quantità teorica. Il metodo coll'etilato sodico è rac- comandabile poiché si evita con esso il pericolo della granulazione del sodio ed in un tempo assai più breve si ottiene una quantità di etere succinilosuccinico superiore a quella che si ricava col me- todo di Herrmann. (1) Trasformazione del r etere succinilosucetmco in etere cUnitro- sosueclnilosucciyiico. — Questa trasformazione venne efìettuata in più volte facendo passare il gas nitroso secco tanto nella soluzione dell'etere succinilosuccinico nell'etere anidro , quanto nella sua so- spensione in una quantità di etere anidro minore di quella occor- rente a discioglicrlo. 11 rendimento però fu in tutti i casi minore di quello indicato dall' Ebert ed inoltre venne osservato che non è conveniente adoperare più di un paio di volte la soluzione eterea satura di gas nitroso che servi nelle precedenti operazioni , poiché si diminuisce la rendita del prodotto dinitroso, aumentando notevol- mente la durata dell'azione del gaz nitroso stesso , con formazione di prodotti secondarli che rimangono nella soluzione eterea. Trasformazione delUetere di nit rososi'ceinìlomeeinico in o.-ofi- simmidosuccinato monoetilieo. — Tenne effettuata impiegando 5 gr. di composto dinitroso per volta e circa 2 ce. di ac({ua , triturando la massa in mortaio di vetro e lasciandola a sé fino a che si rap- prende in cristalli, che raccolti alla tromba e lavati con poca acqua, si fanno seccare nel vuoto. Il prodotto di molte operazioni venne cristallizzato dal cloroformio bollente . seccato . disciolto nell' etere (Ij Liebig's Ann. 2U, pag. 306. — 18 — anidro , scolorato con carbone aaiimalc e precipitato con etere di petrolio anidro, bollente sotto ai 70". La scissione dell'etere dinitroso, clic si effettua per l'azione di due molecole di acqua, può rappresentarsi col seguente schema: C*HH)OC 1 i CNO 1 II 1 no co 1 1 1 1 ir-c 1 1 CO OH 1 H 1 ONC 1 1 COOC'-H^ L' etere a-ossimmidosuccinico così ottenuto fonde dai 105" ai 106" con scomposizione ; cristallizza dalla soluzione eterea in lami- nette flessibili, incolori, splendenti, monocline (E. Scacchi) che fon- dono pure alla stessa temperatura di lOS^-lOO" (Ebert dà 110°). Esso fornisce con ammoniaca e cloruro baritico il sale di bario caratte- ristico; scaldato fra due vetri da orologio, a bagno maria, dà un su- blimato di etere a-nitrosopropionico fus. dai 94° ai 95.° Per determinare la purezza senza distruggere il materiale , ef- fettuai la determinazione acidimetrica. Gr. 2,1852 di sostanza richiesero per la saturazione ce. 0,65 di una soluzione di ammohiaca contenente gr. 0,21147 di NfP, ossia in cento parti: Trovato NH3 0,()7 Calcolato per C«H»i\G2 -p- ^E^ 9,71 Sale di argento. — Alla soluzione abbastanza concentrata del sale ammoniaco si aggiunge la quantità calcolata di nitrato d' ar- gento (1 mol.). Dopo qualche momento si depone il sale sotto forma di piccoli cristallini bianchi , pesanti , che si lasciano per qualche tempo in riposo all'oscuro, si raccolgono alla tromba e dopo averli ripetutamente lavati con acqua e com|)rcssi fra carta , si seccano nel vuoto. Gr. 0,190 di sale fornirono nella calcinazione gr. 0,07:3 di Ag, ossia in conto parti: As. Ti'ovato :{8,12 Calcolalo per C'H* Ag NO- 38,30 — 19 — Azioìie del jorlwo di eiila sopra Va-eiilossimmidosuccinato ar- uentico. — Il sale di argento ben polverato e secco si addiziona con 5 volte il suo peso di etere anidro contenente poco più della quan- tità calcolata (1 mol.ì di joduro di etile. Si fa bollire per un pajo di ore a moderato caloi'e, indi si filtra la soluzione dal joduro d'ar- gento , si lava con etere anidro e si svapora nel vuoto secco. Le quantità ottenute di «-ossimmidosuccinato dietilico e joduro di ar- gento corrisposero esattamente alla equazione: C«H« Ag ISO^ -f C»H5I = C»H'3N05 -\- Ag 1. L'etere dietilico dell'Ebert è un olio giallo , molto solubile nel- Tetere e nell'alcool, mediocremente nell'acqua. Nella seguente tabella dò le reazioni di confronto fra la sua soluzione acquosa e quella dell'ossima ottenuto dalTetcre ossalacetico : Ossima (leirEbert Ossima daU'eteie ossalacetico Reazione. Nitrato mercuì'oso. rioruro mercurico. Nitrato d'argento. Acetato di rame. Acetato di piombo neutro. » , » haaico. Cloruro di Calcio. ) Cloruro di Bario. \ Cloruro d'oro. Cloruro ferrico. Acida id. Precipitato grigio che di- venta presto oscuro. id. Dopo qualche ora si forma- no piccoli mammelloni bianchi cristallini. id. I^rccipitato oleoso che im- brunisce, id. Colorazione verde e preci- pitato oleoso verdastro. id. Nessun precipitato. id. Precipitato fioccoso giallo. id. Non precipitano. Aggiun- gendo NH^ si ottiene do- po qualche tempo un de- posito bianco solubile con effervescenza nell'acido a- cetico. id. Induzione istantanea. id. Colorazione violetta sporca che passa presto al bruno. id. — 20 — Dal confronto fatto risulta quindi chiaramente l'identità delle due ossime e la conclusione legittima che: alUossima dell'etere ossala- cetico fipettl come a quella delVEÌjert la costituzione: COOC^H* I C=NOIT I I COOC^RS Aziorm dell'etilato sodico sopra Vossima dell' Ebert. — Per pro- vare ora che la trasposizione dell'azoto av^'iene realmente nell'azione dell'etilato sodico sopra la ossima , rimaneva ancora a stabilire se l'ossima dell'Ebert, trattata nello stesso modo, fornisce l'etere 7-os- simmidosuccinico mono-alcoolico fus. 55." Perciò, gr. 3,17 di ossima, sciolti in poco alcool a 85°, vennero addizionati con una soluzione alcoolica di gr. 0,358 di Na (1 at.). Evaporato l'alcool nel vuoto rimane una massa di aspetto vetroso, deliquescente, che fu disciolta in poca acqua ghiacciata e addizio- nata colla quantità calcolata di acido solforico diluito (gr. 0,763 di H^SO' ) pure raffreddato. Da principio si depone una sostanza oleosa in cui si formano dopo poco tempo cristalli, che si separano filtran- do alla tromba e che compressi fra carta si seccano nel vuoto. Pesano circa mezzo grammo e fondono verso 55*^ offrendo tutte le proprietà ed i caratteri del y-ossimmidosucclnato monoetilico , già da me ottenuto dall'ossima dell'etere ossalacetico. (Perdita di acqua nel vuoto, colorazione violetta intensa con Fe^ CI*, addizione di bro- mo, riduzione energica dei sali mercurosi ecc.). Purificati dall'etere presentano lo stesso punto di fusione e danno all'analisi i seguenti risultati: Gr. 0,1925 perdono nel vuoto secco gr. 0,0202 di acqua e richie- dono per la saturazione ce. 5,7 di ammoniaca corrispondenti a grammi 0,018126 di NH2. Gr. 0,263 di sale d'argento seccato all'aria fornirono gr. 0,13:i di Ag CI corrispondenti a gr. 0,100117 di Ag. Ossia in cento parti: Trovato Calcolato H»0 10,40 10,28 NH» 9,41 9,71 Ag 38,06 38,30 Finalmente dal sale di argento decomposto con acido cloridrico si ricavò nuovamente il y-ossimmidosuccinato monoetilico originale lusibilc a 55" con tutti i suoi caratteri e proprietà. In questo modo resta dimostrato che nell'azione dell'etilato so- dico sopra l'ossima dell'etere ossalacetico a^^'iene ima trasposizione neir azoto e che la costituzione più probabile dell' etere fusibile a 55", astrazione fatta da isomerie del gruppo ossimmidico , è quella per ora adottata. Anche i numerosi derivati di tale etere che sin qui ho prepa- rato, e che formeranno argomento ad una prossima comunicazione parlano in favore di tale costituzione, mostrando inoltre che a spiegar- la non è necessario ricorrere a quelle isomerie nello spazio con cui V. Meyer, Auwers e Riecke così ingegnosamente interpretano la costituzione delle tre dibenzilossime. (1) Aggiungo che col presente lavoro resta sperimentalmente effet- tuata la trasformazione del a-ossimmiclosuccinato monoetilico nel suo isomero y. Napoli, li. Università. Contributo alla conoscenza di alcune forme nu- cleari — di F. Sanfelice, (Tav. III). (Tornata del 15 Decembre 1889). Varia importanza è stata data dagli autori al nucleolo. Mentre il Kóllikcr lo ritiene fattore principale della divisione cellulare, r Hàckel crede che sia una formazione di carattere secondario e per nulla importante nel processo di divisione. Altri osservatori come il La Valette e 1' Eimer hanno osservato mutazioni di forma nei nucleoli di uova, il primo in quelle di Li- bellula, il secondo in quelle di Silurus glanis, mutazioni di forma, che, secondo gli autori , debbono spiegarsi coi fenomeni della divi- sione delle uova stesse. Anche il Flemming nel 1874 ha veduto che la macchia germi- nativa delle uova di Unto è fatta di due sfere , 1' una più piccola, <'hc rifrange più fortemente la luce e si colora più fortemente, V altra (1) Ber, XXI, XXII. — 22 — più grande , che rifrange meno la luce ed è meno colorata. Nulla però scrive il Flemming intorno al significato da dare a queste parti costituenti il nucleolo. L'Hertwig attribuisce grande importanza al nucleolo nella divi- sione delle uova di Pìeris brassicae. Nucleoli di diversa grandezza e non omogeneamente colorati ha osservato Ogata nei nuclei delle cellule pancreatiche nello stato di riposo , ed il Trinchese nella vescicola germinativa di Amphorina coerulea ha veduto una macchia germinativa principale ed una mac- chia germinativa laterale o accessoria, sette o otto volte più piccola della principale. Il Platner nelle macchie germinative di uova di Arlon distingue una parte colorata più chiaramente ed una parte più oscura; la parte chiara è completamente incolore (Hyalosoma.) nelle uova sviluppate. Nucleoli, che hanno speciale elezione per alcuni colori, (ematos- silina, nigrosina, cosina e saffranina) ha osservato il Lukiauow nei nuclei delle fibre lisce della Salatnanclra maculosa ed anche nei nuclei epiteliali della mucosa gastrica dello stesso animale. Nessuna delle forme nucleolari, descritte dagli autori sopra men- zionati, somiglia a quelle, che io ho vedute nei nucleoli delle cellule di Sertoli del testicolo dei vertebrati e che ho potuto seguire nelle diverse fasi di divisione delle cellule stesse. Nel nucleolo delle cel- lule di Sertoli si distinguono due granuli; che prendono intensamente il colore ed una sostanza, che li riunisce , meno intensamente co- lorata. Recentemente l' Hermann in un lavoro sulla istologia del testi- colo ha osservato la stessa forma di struttura nucleolarc della cel- lula di Sertoli da me prima descritta e la disegna esattamente. Non è di accordo con me nello ammettere che questa struttura del nucleolo sia legata intimamente con la divisione delle cellule di Ser- toli , perchè non ha osservato tutte le altre forme di struttura nu- cleolarc da me descritte. Se egli non ha veduto tutte le forme di struttura è forse perchè non ha esaminato un sufficiente numero di preparati a dissociazione. Volendole vedere tutte, bisogna asportare un pezzo di testicolo ad una cavia e dopo una ventina di giorni esa- minare i canalini spermatici in vicinanza del punto operato. Allora le cellule di Sertoli sono molto proliferate e fanno vedere tutte le torme di struttura nucleolare da me descritte e disegnate. In ([uesti ultimi tempi ho osservato la medesima struttura nu- cleolare in cellule di tessuti adulti ed embrionali e però credo utile farne brevemente cenno. Quanto a metodo di ricerca ho usato i comuni liquidi fissatori (sublimato ed acido acetico, liquido di Flemming, alcool assoluto) e tra le sostanze coloranti i colori di anilina più adoperati in istologia e la soluzione di ematossilina iodata. Comincio dalle forme nucleari osservate in tessuti embrionali. Nucleoli della medesima struttura di quelli delle cellule di Sertoli presentano le cellule nervose già differenziate del midollo spinale degli embrioni di pollo di nove e dodici giorni. 11 corpo nucleare di queste cellule apparisce meno colorato del corpo cellulare e prov- visto di scarsi granuli. Più o meno nel mezzo del nucleo vi è il nu- cleolo, le cui forme di struttura osservate sono quelle da me dise- gnate. Il nucleolo è composto di due sostanze; una più abbondante, meno intensamente colorata, per lo più in forma di fuso, l'altra, più intensamente colorata, in forma di granuli situati per lo più ai poli opposti del fuso. Qualche volta uno dei granuli è distaccato dal fuso, qualche altra sono distaccati amendue. Alcuni nucleoli presentano una metà del fuso con un granulo cromatico unito. Un fatto strano e di cui non so dare nessuna spiegazione, è che spesso i granuli cromatici invece di due sono tre e spesso quattro (fig. 4). Ho notato costantemente che i nucleoli con più granuli cro- matici erano sempre più abbondanti nelle cellule nervose dell' em- brione di pollo di dodici giorni anzi che in quello di nove giorni. Anche nei nuclei delle fibre cardiache di embrioni di PHstiuruH lìtelanostomus , lunghi 1 cm. e mezzo ho veduto simili forme di struttura nucleolare, che tralascio dal descrivere; basterà uno sguai- do alla figura, perchè il lettore ne abbia conoscenza. Tra i nuclei, che presentano questa struttura ve ne sono degli altri, che mostrano tutte le fasi cariocinetiche descritte dal Flem- ming e di queste io ho disegnato la fase di riposo e la fase di mo- uastro. E però da notare che le cellule con fasi cariocinetiche sono in nu- mero molto scarso relativamente a quelle i cui i nucleoli presentano la struttura innanzi menzionata. Né è a dire che i nuclei, i quali presentano quella forma di struttura nucleolare rappresentino la fase di riposo per la ragione che sono in maggior numero e che presentano diversità di struttura nucleolare a seconda dello stadio di divisione del nucleo stesso. Ciò. forse farebbe venire in mente il sospetto, che questi nuclei, prima essendo poveri di sostanza cromatica, si dividano per un modo spe- ciale di divisione, a cui prende parte attiva il nucleolo e che poi aumentando i granuli cromatici, possano presentare la fase tipica di riposo descritta dal Flemming e moltiplicarsi per cariocinesi. Tra i nuclei dei tessuti adulti ho osservato le medesime foruie di struttura nucleare nelle cellule della sostanza interstiziale del te- sticolo della cavia e del topo bianco. Come si rileva dalle figure, si osserva nel corpo nucleare una parte del nucleolo meno colorata e granuli intensamente colorati, uniti alla sostanza meno colorata o liberi. Non ho notato in questi nuclei forme di struttura nucleolare. che potessero far pensare ad una partecipazione dei nucleoli ai fe- nomeni di divisione. Spesso ho veduto che sottilissimi filamenti cromatici riunivano tra di loro i granuli cromatici sparsi nel corpo nucleare. Napoli, Stazione Zoologica, 1889. LETTERATURA 1863, K()LLiKER. — Gewebelehre, 2>(^g- 27. 1866, La Valette St. George. — Ueber den Keimfleck und die Deutung der Eitheile, in: Archiv Mikr. Anat. Bel. II. pag. 56. 1874,1 Flemming. — Ueber die ersten Entwickelungserschei- nungen am Ei dei' Teichmu schei, in: Archiv Mikr. Anat. Bd. X. 1875, EiMEU. — Ueber amoeboide Bewegungendes Kernkor- perchens, in: Archiv f. Mikr. Anat. Bd. XI. pag. 325. 1876, Hertwig. — Beitrage zu einer einheitlichen Auffans- sung der verschiedenen Kernformen, in: Morph. Jahrh. Bd. II. pag. 63. 1877, Haeckel. — Anthropogenie. pag. 104. 1880, Trinchese. — I primi momenti dell' evoluzione nei molluschi, in: Atti R. Accad. Lincei^ Voi. VII.. 1882, 2 Flemming. — Zellsubstanz. Lipsia, pag. 147. 1883, Ogata. — Die Veranderungen der Pankreaszellen bei der Secretion, in: Archiv Anat. Physiol.: Physiolog. Ahtheil. pag. 405. 1886 f Platner. — Zur Bildung der geschlechtsproducte bei den Pulmonaten, in: Archiv Mikr. Anat. Bd. XX VI. pag. 599. 1887, KosiNSKY. — Zur Lehre von verschiedenen Typen der Hi'// (/.W.r/i .If/t i/I ■ \ó/>o/( ■ ^ ri. IT': /'asci '/,r. U- :iy /o // /t J3 j^ 13 16 17 J8 j9 W ■/y n Ivi y/^ 26 • ^ ■^S '-IC) .V) Kerukòrperchen beim Mensclien, in: Jeschenedj elnaja Klin. Gazeta, N. 24. 1S87, 1 LuKJANOw.— Bei trilge zur Morphologie der Zelle, in: Archiv Mikr. Anat. Bd. XXX^ pag. 545. 1887j 2 LuKjANOw. — Beitrilge zur Morphologie der Zelle, I. Abth: Ueber die epithelialen Gebilde der Ma- gensohleimbaut bei Salamandra maculosa, in Archiv von JDu Bois-Reymond, pag. 66. 1889, Hermann. — Beitrilge Zur Histologie des Hodens, in: Archiv. Mikr. Anat. Bd. XXXIV, pag. 58. Spiegazione della Tav. IH. Tutte le figure sono state disegnate con Oc. lì, Ob. — Zeiss, Camera lucida Abbc. Fig. 1. 2. 3. 4. Cellule nervose del midollo spinale di un embrione di pollo di 9 giorni. « 5 a 11. Cellule nervose del midollo spinale di un embrione di pollo di 12 giorni. '.s; diiroriscc dal L. Rey- ■jiaudli, per la (brina del pezzo mediano della natatoia caudale ttel- sou), per la lung-liezza più considerevole delle lamine laterali (sesto pleopode Sp. li.) e per l'assenza apparento d' una separazione tra il cefalotorace ed il proluui^amento oculilcro. La' prima di queste considerazioni è stata dicliiarata erronea dal Dolirn, il quale ha dimostrato che la dill'erenza del telson costitui- sce una caratteristica del sesso. La seconda In giustamente tra- scurata dag'li autori successivi: egli è facile , infatti , l' osservare come la medesima si trovi in rapporto m)u solo col sesso ma anche col periodo di sviluppo; e nel Luci/er (cfad.) per la relativa lun- ghezza del telson, questa differenza si ossci'va più sensibile che non nei giovani e nelle temine. Per quanto riguarda p;ii 1" assenza apparente d'una separazione tra il cefalotorace ed il prolungamento oculifero, egli è da osservare che il Dana (1. e.) per i L. iypus ed acestra , il Claus (1. e), il Faxon (1) accennano nelle loro figure a questo fatto, però come ìia ben dimostrato lo Spence Late (2) questa separazione esiste ben di- stinta anche nelle forme tipiche del L. ^ypus adulto. Faxon descrisse e figurò un esemplare di Lucifev il quale nel complesso dei suoi caratteri eoncordava completamente con un L. typus, però nella lunghezza dei peduncoli oculari s'avvicinava piut- tosto ad un L. ReyuaudU. Recentemente lo Spence fiate dopo, aver dato una minuziosa de- scrizione di queste due specie, esprime la convinzione che nelle l'e- mine e nei giovani maschi del Lucìfer è impossibile constatare dei caratteri specifici differenziali, e che l'unica differenza che si possa •osservare nei maschi adulti del L. iyjjns e del Reynaudii è la lun- ghezza differente dei peduncoli oculari e la forma delle spine mar- ginali nella penultima somitc del pleon. Nell'ultimo lavoro del Brooks sullo sviluppo del Lucifeì' si trova dimostrato come la lunghezza dei peduncoli oculari stia in rapporto collo sviluppo , ed in generale questi sono assai più lunghi uell' a- dulto che nei giovani, tuttavia le misure dato da Spence Bate si rap- portano ad individui adulti. Gli esemplari che io ho potuto esaminare nella Stazione Zooh»- (1) Description oT L ucif er typus , in: John Hoplcia's UaivcnUu Studies froin the Biological Lahovalovy, Voi. I, pag. 113-18. PI. 7 , 1879. (2) Report on the Crustacea Macrura, in: Voy. II. M. S. Chal- lenger, pag. 443-469, PI. LXXXIII-IV, 'J888. — 36 — gica
  • » del rostro » r> Colorito giallastro. III. Virbius leptocenus Heller. IV. Chiorotocus gracilipes A. M. Edward s. Il genere Cìilorolocus proposto recentemente da A. M. Edwards (Rccueil des Crusfcacés nouvcaux ou peu connus, 1883), è molto affine al genere Pandalus dal quale si differenzia sovratutto per la forma del rostro, clcA-antcsi sulla metà circa del hoi'do superiore del cefa- lotorace in Ibruui di carena saliente la quale procode in avanti sino a o-uada^-uare l'apice della siiuania (esopodite) delle antenne esterne; ed inoltre per la presenza di due soli articoli al carpo del secondo paio di zampe. Dim. e/ ad.: Lung'h. totale mm. 5 » del cefalotorace » 16 » dell'addome » 20 Questa specie fu incontrata nel Golfo di Guascogna ad una pro- fondità di 352-370 m. I pochi esemplari esistenti nella collezione della Stazione Zoologica di Napoli provengono da diverse località del Golfo ad una profondità di 350-4GO m. (Pesca colle Paranze, 14 luglio 1889). y. Brachycarpus Sp. Batc. 11 genere Bi'aclnjcai'pus fu proposto recentemente dallo Spcnce- Bate (1) per un Crostaceo molto affine nell' insieme dei suoi carat- teri al genere PalaPiìion Fabr. diffcrenziantesi però da quest'ultimo per l'assenza d'una spina braucliiostega sostituita invece da quella epatica, come nei generi Pfilaetìionella e Bithyms, per la presenza di un'unghia terminale al secondo paio dei piedi mascellari (1." gna- topode Sp. B.ì; ed infine pel diffcrcnto sviluppo del primo paio delle zampe ambulatrici. Secondo quest'autore il genere Bì-acliycrn-jms si troverebbe dif- fuso al Nord dell'Atlantico ed al Sud del Pacilico. Le specie però indicate da Audouin (2) col nome di P. beaupressi e P. Petifflioua)'- sii appartengono evidentemente a questo genere, che si troverebbe quindi anche nelle acque del Mar Rosso. Una nuova specie appar- tenente a questo genere mi venne gentilmente olfcrta dal Signor Lo Bianco, ed io ho creduto indicarla col nome di Bracìiycarpus nea- X)Olitanus. (1) Report Grustacea Macrura, in: Voy. IL M. S. Challenger, pag. 7 95, US8. (2) Explication des planches de l'Égypte; Crustacés; par Savìgny, pi. io, ftg. 3-4, 1889. — 38 — Brachycarpus neapolitanus n. sp. (fig. 1). Il cefalotorace è liscio, lateralmente compresso, al di sopra ro- tondato. 11 rostro s' eleva snlla metà circa del bordo superiore del cefalotorace, ed ha '■ 7" denti . il suo apice leggermente incurva- to in alto oltrepassa di poco la squama dello antenne esterne. An- tennule coll'articolo basilare lamelloso, armato internamente di due spine, il secondo articolo è cilindrico , il terzo più corto dei prece- denti sostiene tre flagelli dei quali uno interno ed uno esterno nudi e lunghissimi; uno mediano corto, fuso col primo e piloso. Antenne colla squama (esopodite) ovalarc all'apice troncata e munita ester- namente d'una spina terminale, col flagello (endopodite) assai lungo e nudo. Il primo paio di zampe oltrepassa il rostro per oltre tutta la lunghezza della propodite, il carpo raggiunge quasi la lunghezza dei femore, però non oltrepassa la lunghezza dei due articoli successivi presi insieme. Il secondo paio offre un differente sviluppo nel maschio e nella femina, nel primo presenta presso a poco lo stesso modo di confor- mazione del B. Audoidnii Sp. B. (1. e). Le tre paia successive sono armate inferiormente di cinque a sei spinule nell'articolo tibiale, il dattilo presenta inferiormente due spine di cui una terminale più forte. Addouie liscio, rotondato, colla prima , seconda e terza somite nei lai;bri laterali rotondati , nei due successivi triangolari. Telson con due paia di spine nel dorso e con quattro aculei terminali. Dim. (/ ad. Lungh. totale mm. 70 » del cefalotorace » 1(5,5 » del rostro » 21 » del plcon » 40 Colorito giallastro uniforme. VI. Arctus ursus Dana. xVbbastanza rara si trova nello grandi profondità del Golfo di Napoli una varietà distinta dal comune Aì'cins iwsus (Sci/nancs arctus Fabr.), la quale si differenzia sopratutto perchè non raggiunge mai le dimensioni di ((uest'ultimo ed inoltre per la maggiore viva- MI (M/a S'acdiJai. in. AuipoU ^€n /l' Fase./. TvLV. IV "^J? tic. St Sì^wz^'-.^'a^j i/li- — 30 — cita e chiarezza dei colori. Nei diversi autori clic si sono occupati della fauna del Mar Mediterraneo non si la menzione della medesi- ma, però essa venne descritta e li;i-a del (atto che lo spore del Caibon- c\\io hanno verso la luce una resistenza minore dei bacilli, emise la opinione che la luce colpisce non le spore , ma i bacilli nascenti, ossia i bacilli nell'atto che o:ermo^ III. Azione della luce solare sulla vegetabilità e sulla vitalità dei microrganismi 1. Chi voiilia nel modo più IhcìIc conviiicersi come la luce del sole ha uii"iiU]ueiiza nociva sullo sviluppo dei microrganismi , non deve che i-ipetei-e ([uesto esperimento molto dimostrativo: da culture pure non vei^chie di D. cuitln-acis o di B. prodi(jiosus o anche di qualche altro dei già citati microrganismi si l'accia, colle note pre- cauzioni di debita sterilizzazione, con l'ago di platino un innesto li- neare in due tubi di agar nutritiva glicerinata o in due tubi con pa- tate: gli innesti in agar e m patate si pongono metà in tubi A e metà in tubi 1>: gli uni e gli altii si tengono nella stanza. Se dopo 2-1-48 ore si osservano le culture o in patate o in agar, si vedrà che la cultura di lì. proilìf/'OKns o di B. anfliraris cresciuta alToscuro è più abbondante di quella cresciuta alla luce ; ossia che la nuova cultura nei tubi B si è sviluppata sulla superficie dell' agar o della patata , oltre il limite del piccolo solco segnatovi colla punta del- l'ago di platino , più largamente che sulla superficie della patata e dell'agar nei tubi A. Questa ditferenza dura uno o due giorni, dopo dei quali scomparisce, perchè le culture nei tubi A raggiungono in abbojidanza di sviluppo ({uellc nei tubi B. Lo stesso fiitto, salvo pic- cole diifercnzc quantitative, si verifica per gli altri microrganismi. Egli è chiaro dunque, che la luce diffusa ha un'influenza ritardante sullo sviluppo dei microrganismi. 2. 'R da ciò si prevede che più notevoli effetti si debbono otte- nere dalla luce diretta: per provare 1' eflicacia della quale mi sono avvalso di tre metodi: 1 ) esponendo alla luce diretta del sole innesti recentemente fatti dei varii microrganismi su patate o agar: 2) esponendo le culture belle e sviluppate: ?>) esponendo in preparati a gocce pendenti gocce di culture in brodo, o gocce di culture in gelatina di quei micror- ganismi che fondono la gelatina. I. B. pyodigiosus. Espongo a proposito del B. ih-odir/iosus tutte le particolarità di esperimento, di cui mi risparmierò di riferire a proposito degli aìtt'ì, pei quali la tecnica seguita è stata scmpi-e la medesima. Da una colonia su piastra di gelatina di B. prodigiosus o da giovane cultura pui*a del medesimo si fanno p. es. dieci innesti lineari su patate in tubi o in tubi di agar: una metà di ciuesti tubi si mette in tubi A, l'altra metà in tubi 1]; i tubi A e B si tappano — :a — con ovatta, e si espongono al sole in posizione verticale, avendo cura che la superficie a becco di flauto dell'agar o delle patate (le patate sono state prima pulite con spazzola, poi sono tenute per '/, ora in bagno di sublimato corrosivo all'I 0[00; indi tagliate in pezzi, senza comprendervi la parte più esterna , di forma approssimativamente triangolare in modo da avere una superficie a becco di flauto ; poi sterilizzate alla stufa a vapore) la superficie, dico, sulla quale era stato praticato l' innesto fosse rivolta al sole: questi innesti li riti- ravo a coppie (uno da un tubo A, l'altro da un tubo B) in un espe- rimento di 2 in '2 ore, in un altro di 1 in 1 ora, in un altro di y^ in '/, ora , in un altro di '/^ in '/^ di ora. Gli innesti ritirati dai tubi esterni A e P> erano portati in laboratorio, e qui lasciati svi- luppare a luce diffusa. Sul B. procUr/iosus ho sperimentato non meno di trenta volte, e nelle varie stagioni, in està con massimo di tem- peratura di 45", in inverno con minimum di 14': la maggiore durata di esposizione è stata di 10 ore (in està dalle 9 a. m. alle 7 p. m.), la minor durata è stata di y^ di ora. Tutte 'le volte si è verificato che le culture degli innesti 1> al giorno successivo erano rigogliose, e senza notevole differenza tra loi'o, mentre quelle degli innesti A, a seconda della durata di esposizione alla luce, o non si erano an- cora sviluppate od appena; generalmente gli innesti esposti alla luce lungamente (4-10 ore), al giorno ;lopo non sono ancora sviluppati, mentre quelli esposti per un minor tempo ('/^ fino a 3 ore) mostra- no un leggiero sviluppo al giorno seguente, e molte volte è possi- bile vedere ditferenza di sviluppo tra il tubo esposto V4 di ora e quello esposto 1 '/j' ~ '^^'^'- ^tui una esposizione minore di un '/^ di ora non si osserva alcuna apprezzabile diflerenza della cultura A in confronto della cultura compagna B, ossia tenuta esposta al sole, ma all'oscuro, per la stessa quantità di tempo. La dilferenza di sviluppo tra culture A e culture E è alquanto meglio visibile sugli innesti in patate che su quelli in agar: ed essa si mantiene per le culture A tenute esposte più di :i ore n(ni sola- mente oltre il giorno seguente , ma persino al sesto giorno i:i in- verno, e lino al ([uarto giorno in està: latto di cui si intende la ra- gione , giacché si conosce che 1' accrescimento dei microrganismi, coefeì'is pavibuf^, è più rapido di està che di inverno. Dopo il quarto o sesto giorno le culture A raggiungono in abbondanza di sviluppo le culture B. Tenendo in posizione verticale un recente innesto di B. prodl- f/iOf!US su agar o patate esposto al sole anche per la maggior durata di 10 ore, a me non è accaduto, malgrado ripetuti esperimenti, di ottenere che il tubo di agar o di patata fosse rimasto sterile. Non ò cosi so i tubi con gli innesti inuncdiatamcntc fatti sono esposti alla luce del sole in posiziono ([uasi orizzontile , o per inc- jrlio (lire con una leggiera inclinazione, tenendo con un piccolo scan- nett;) al([uanto elevato l'cstrenio superiore ossia la bocca dei tubi, por modo che la suporlìcie su cui tu tatto Tinnosto, sia oi'izzontale, ed avendo cura di spostare i tubi ogni due ore, sicché i raggi del sole cadano per quanto è possibile in direzione poi-pendicolaro allo supoilicie di innesto: in ([uosto modo dopo un certo numero di oro si ha la completa sterilizzazione degli innesti. (.'ito a ragion di esouipio tahnii esperimenti. a) 0 Settembre 89 : alle ore 10 a. m. esposti due innesti A da giovane cultura di B. prodif/ioiin ed uno B su patate; due A e uno B su Agar: cielo in liualche momento annuvolato: ritirati .gl'innesti alU 5 l-[2 p. m.; t:ìmp: 3lJO--2ó\ 10 Settembre Innesti A su patate Innesto B su patata svihippato. e Agar 0 Innesto B sa Agar sviluppato. 11 Idem s » •;) 0 Innesti B sempre pia svihippatl. 12 Idem n » a (J ;> a » 13, Idem i) i) » 0 i) d d 14 Idem n n « 0 ;) » n (irinnosti del Jj. prodi {/ioRus su patate e su agar erano morti dopo 7 '/, **i'^' '^i esposiziono alla luco solare. h) 12 Settembre S9: alle ore 11 a. m. esposti due innesti A e uno B sa patate, due iimesti A e uno B su Agar: innesti ritirati alle 5 p. m., cielo sereno; temp: 35'^-28*. 13 Sattemljre Innesti A su patate Innesto B su patata. e sa Agar 0 Innesto B su Agar sviluppati. Innesti A » U Innesti B meglio sviluppati. « « i) 0 1) )). )) •)i « )) 0 » « a n ',) . 1) 0 » a « , Grinncsti di B. pr()(Ji(jlosiis su patate e agar erano morti dopo sei oro di esposizione. 14 Idem 15 Idem 16 Idem 17 Idem — 56 — e) 13 Settembre 89: alle 9 1^2 a. m. esposti tre innesti A e uno B su patate di D. prodigiosus; tre innesti A e uno B su Agar : tolti gli innesti A tre ore, quattro ore, cin- que ore dopo esposti; gli innesti B tolti dopo 5 ore. 14 Settembre 89 : Innesto su patata A tenuto 3 ore 0 Innesti B su patata e agar sviluppati. « agar « « n 0 » patata « 4 « 0 « agar )) )) « 0 » patata « 5 » 0 n agar )) n » 0 15 Settembre 89 : Innesto su patata A tenuto 3 ore poco sviluppato Innesti B sviluppa- » agar « n » poco sviluppato tissimi. )) patata » « 4 0 )) agar » « « 0 « patata « « 5 0 )) agar » « » 0 ' 16 Settembre 89 : idem. Innesto su patata A tenuto 3 ore più sviluppato « agar « d « « più sviluppato » patata « « 4 n 0 )) agar » h « « 0 n patata « » 5 n 0 )) agar « )j )) « 0 17 e 18 Settembre 89: Innesti A su Agar e patate tenuti 4 e 5 ore 0 Gli innesti in agar o patate non sono morti dopo 3 ore di c- sposizionc alla luco del sole; sono morti dopo 4 ore di esposizione. Gli esperimenti anzidetti, ed altri analoghi clie per brevità tra- lascio di notai'e, dimostrano che il B. ìrrodigiosus innestato su agar 0 patate nniore , esposto alla luce del sole, ad una temperatura tra 25° 35° muore tra quattro e cinque oi-e. Riassumo per gli altri batterli i risultati degli esperimenti. lì. injuvìiaiwns. K molto più l'esistente airaziono della luce del sole che non il precedente. Su innesti esposti in està (luglio , tcinp. 30° 15",) in posizione verticale il miniiniun di durata, per avere didercnza tra innesti A e innesti ]> è di un'ora. (rPinnesti tenuti in posizione oi'izzontale in ^^cttenlbre 1;enip. 35" 25" in aji-ar diventano stei'ili dopo 10 ore di esposizione alla luce. B. riolaceus. ]•] ancora più sensibile del IJ. ijrodifiìosìts all'azione della luce: su di esso ho esperinientato in iuA-crno (marzo, tcmp. 15" ■JO"): con innesti esposti in posizione verticale era pos?',ibile avere differenza di sviluppo tra innesti A e innesti M dopo 10 minuti di es[)osizi(nie ; e se gli innesti erano tenuti fino ad un' ora al sole, era possibile vedere la dilfercnza ti'a lo sviluppo in innesti A e in innesti B ancora otto giorni dopo. Quando A'olevo esperinientarc collo stesso microrganismo per provare l'azione della luce del sole a raggi cadenti quasi perpen- dicolarmente alla superfìcie d'innesto, la cultura della collezione non era pii'i attiva. La grande sensibilità dello stesso microrgani- smo verso la luce è dimostrata con un altro metodo, come vedre- mo appresso. B. anilh-acis. E tra i più sensibili dei bacilli patogeni: con in- nesti esposti verticalmente tanto in inverno (marzo, temp. 15° 20"), ([uanto in està (luglio, temp. '.MT 40") si osserva ritardo di sviluppo relativamente agli innesti B dopo '/g d' ora di esposizione. Su tubi esposti oltre due ore, la differenza di sviluppo può essere ancora notevole fino a se(,te giorni dopo ia inverno, Ihio a quattro in està. La diflerenza è più notevole su patate che su agar. Gl'innesti esposti in posizione orizzontale ( sctt. 35" 28" ) se su patate sono sterilizzati tra 4 e 5 ore, se su agar dopo 6 a"*7 ore. B. murisepiicus. Su tubi esposti verticalmente ( luglio, temp. 30" 40") la differenza di sviluppo degl'innesti in paragone degli innesti B si incomincia a notare dopo '/j ora. La sterilizzazione degli in- nesti esposlii al sole orizzontalmente, così per quelli su agar, come per ([uelli su patate, accade (settembre, temp. 35" 28°) tra cinque o sei ore. B. cìiolerae. Sensibile quasi quanto il bacillo del Carbonchio : è sterilizzato (settembre, tcmp. 35° 28°), tanto su patate quanto su agar, tra 4 e 5 ore di esposizione. Stap/iylococcus albus. Gfli innesti posti in posizione verticale manifestano ritardo di sviluppo dopo un minimum di esposizione di % ora (luglio, temp. 30" 40°): in posizione orizzontale sono stcriliz- zati (settembre, tcmp. 35" 25°) su agar dopo 0 ore di esposizione, su patate tra 8 e 10 ore. Dei tubi di agar e di patate innestati e rimasti sterili per 1' a- zione della luce mi sono in seguito servito praticandovi sopra o in- nesti del microrganismo, di cui erano stati inutilmente innestati, o di altri microi'ganismi; e li ho portati o in stufa di incubazione o te- nuti in istanza, allo scopo di vedere, se mai i materiali di cultura fos- sero per r azione della luce divenuti inadatti allo sviluppo dei bat- teri. I nuovi innesti sono stati tutti fertili: segno che la luce agisce veramente sui microrganismi, non sul terreno di cultura. Prima di passar oltre possiamo ricavare tre importanti conchiu- sioni: V che sugli innesti di microrganismi posti nelle condizioni di- scorse la luce ha un'azione assai più efficace, se i suoi raggi cadono in direzione quasi perpendicolare alla superficie su cui furono fatti gli innesti, e che in questo caso, dopo un certo numero di ore essa uc- cide i microrganismi: se invece i suoi raggi cadono sotto un angolo molto ottuso, la sua azione non si manifesta che come ritardante lo sviluppo; 2- che l'efficacia dell'azione della luce varia secondo il terreno di cultura : gli innesti di B. anthracis esposti in posizione orizzontale sono sterilizzati più rapidamente se su patate che se so- pra agar; gì' innesti di B. 2)yocyaneuSj, di Siapliylococcus albus più rapidamente su agar. Del pari il ritardo di sviluppo è più notevole sugli innesti in patate per il B. procUgiosus, il B. riolaceus, il B. anthraci^'- •>" i materiali di cultura esposti alla luce non lianno però perduto il loro potare di nutrizione pei microrganismi. II. Altro modo di esperimeutare l'azione della luce sui micror- ganismi è quello di esporre al sole culture belle e sviluppate , ma non vecchie, di quahumo dei citati microrganismi in tubi A e tubi B , e dopo 1 , 2 , ;H , 4 etc : ore di esposizione togliere una piccola ([uautità tanto dalla cultura A quanto dalla cultura B con l'ansa di pla- tino sterilizzata, e lare dell' una e dell'altra innesto in tubi di gelatina fusa a 35" e questa ridurre in piastre, sulle quali si conta il numero e si osserva il tempo dello sviluppo delle colonie. Quanto al numero delle colonie se l'innesto con l'ansa di platino era preso dopo due , tre ore e più di esposizione alla luce, si aveva ordinariamente sulle piastre A (chiamo piastre A e piastre B quelle ottenute da innesti tolti alle culture A e alle culture B) un numero di colonie minore che sulle piastre B: non riporto alcun saggio di queste osservazioni perchè molte cifre sono contradittorie, per una ragione facile a in- tendersi: che cioè coll'ansa di platino (e lo stesso accadrel)be coll'ago 0 colla spatula di platino) si può togliere involontariamente dalla cultura su agar o patata esposta alla luce una gi-ossa masi^a, ed una — :>() — piccola massa della cultura all'oscuro ovvero il contrario: iuoltrc, per quanto io ho potuto constatare, l'azione steiùli/zante della luco sullo culture in agar o patate a supei'licic a becco di flauto è più pronta verso la punta del becco di (lauto, ove lo strato di cultura è più sottile e il sosti-ato nuti-itivo lìiù rapidaineuto si dissecca, che in basso, ove lo condizioni sono opposte: sicché per controllare esat- tamente tra le piastre A e quelle li bisoguerebbe aver preso non solamente masse approssimativamente ugnali di innesti, nui ancora alla stessa altezza nelle culture A e 1>: condizioni non facili ad ot- tenersi. E però vero che se si soddisfa approssimativamente alle condizioni in discorso, e l'esposizione al sole è durata uno, due gioi'ui, costantemente il numero delle colonie delle piastre A è minore che che sulle |iiastre B. Ma anche che l'esposizione fosse durata 1-2 ore e si tengono le piastre, se di està, in camera di ghiaccio ( con elicsi impedisce che lo sviluppo delle colonie sia più rapido) si avvera co- stantemente, (l'esperimento è stato fatto sul B. prodigìosus, sul B. pyocyaneus, snl B. cfjiUn-acis) che lo sviluppo delle colonie sulle pia- stre A è più tardo di 12-24 ore in paragone alle piastre B. E fuori dubbio adunque 1 ' a z i o n e r i t a r d a n t e d e 1 1 a lu e e s u 1 1 o sviluppo dei microrganismi. Di vero gli antecedenti esperi- menti con cui si dimostraA-a ritardo di sviluppo tra gli innesti espo- sti alla luce relativamente a quelli all'oscuro potevano pure inten- dersi come dipendenti dal fatto che una parte dei microrganismi dis- seminati fosse uccisa dall'azione della luce, e che essendone soprav- vissuta un' altra parte, questa era relativamente minore che per gli innesti B, doA'e i microrganismi erano incolumi. Sicché detto ritardo di sviluppo negli innesti esposti alla luce si deve spiegare dipendere e dall'azione ritardante e dell'azione sterilizzante della luce solare. Xon mi é mai riuscito di poter ottenere di alcuna cultura bella e sviluppata su agar o su patata di alcuno dei bacilli studiati la ste- rilizzazione nel termine di dodici ore (dalle 7 a. m. alle 7 p. m. in està); la ragione suppongo che sia, che, pure lùinanendo uccisi i mi- crorganismi posti alla superficie, gli altri degli strati inferiori re- stano protetti e difesi : bisogna perciò esporre per parecchi giorni di seguito per ottenere TcfMto. Culture di B. pvocligiosus su patate le ho trovato sterili in està dopo tre giorni, tenendole esposte dalle 8 a. m. alle 7 p. m. a temp. 10" 27". cioè dopo una durata totale di 33 ore (che la cultura fosse divenuta sterile si dimostrava col fatto che da essa facendo innesti p. es. su tubi di gelatina, questi restavano sterili): mentre nelle stesse condizioni la cultura su agar era ancora attiva dopo 8 giorni. In inverno (marzo, temp. 20" 12°) la cultura in patate diveniva inattiva dopo (> giorni, tenendola espo- — co- sta dalle 9 a. in. alle 4 p. ni. ossia dopo 42 ore. Delle culture belle e sviluppate di IJ. violaceus (marzo, temp. 20° 12°) esposte alle 9 a. m. e ritirate alle 5 p. m. divennero sterili, quelle su patate dopo 4 giorni (32 ore), quelle su a.!j,-ar dopo 8 giorni ((34 ore). Il B. j)ijocyaneas esposto in està (agosto) dalle 8 a. m. alle 7. o ni. non era ancora sterile su agar dopo 10 giorni di esposizione (dopo 110 ore) Non ho più lungamente insistita ad cspcrimentare su culture belle e sviluppate, perchè come si vede dai pochi esperimenti ese- guiti, è necessario molto tempo per ottenere la sterilizzazione ; ed ancora perchè è ben raro che accada in natura il presentarsi di cosi grandi masse di mici-organismi quali quelle che noi raccogliamo nei nostri tubi di cultura. III. Perciò son ricorso ad un altro modo di sperimentare : Da una cultura in brodo o da una cultura in gelatina di un microrga- nismo fondente si t 'glie con 1' ansa di platino già sterilizzata alla lampada un certo numero
  • 5'\ e di (|uesta si fa la piastra di g(datina sec-oudo le note regole. Sulle j)iastre cosi ottenute si calcola il numero didle colonie del — (U — 7iiicr()rganisino che si studia: ([ualclic colonia csti'anoa è Cacile a tro- varsi, per germi trasportativi colla faccia lil)cra del vetrino , o per Sjermc caduto dell'aria durante la manipolazione descritta: ma cono- scendo i caratteri diagnostici delle colonie si evita facilnicnte 1' er- rore di calcolare qualche colonia estranea. Questa serie di esperimenti sono stati eseguiti sul li. riolaceus, sul B. anihi-acìs, sul B. nmi-lsepUcu^. B. violaceus. a) i^ Marzo: esposto alle 11 a. m. sei pi'eparati A a gocce pendenti ot- tenuti da una piovane cultura pura in brodo di B. violaceus , e un preparato B : ritirati prepa- rati di 1][4 in 1^4 di ora: di tutti fatti innesti in gelatina , e ottenute piastre. — Tempo buono : temp: 250-23o. 6 Marzo : Piastra B . N. di colonie 8920 Piastra A 1^4 di ora 334 '.) )) ì\2 '.) 1) 95 1) « 3-[4 « » . . . . . 0 -,) )■> 1 » « 0 ',) ;) 1 l-[4ì) « <• » /) 1 l{2i) )) ..... 0 Bacilli morti. tra '/^ *^ % f^i ovu. b) 22 Marzo: alle H a. m. esposti sei preparati A, ed uno B: ritirati di 1^4 in li;4 di ora: cielo sereno, temp: 2ó''-20°: 29 Marzo: Piastra B piastra j) A 1^4 di ora » li2 1) » 3i4 1) » 1 » 3 :) )) 1 1^4 )) )) 1 1^2 » N. di colonie 530 U 15 0 0 0 0 Bacilli morti tra '/, ora e % di ora. cj 29 Marzo: esposto alle 11 a. m. sei preparati A e uno B: ritirati di ll4 in i\i di ora; cielo sereno: temp: 2ó°-23. 4 Aprile; Piastra B N. di colonie 72.> Piastra A 1^4 di ora 9 ,) )) li2 )) 0 ,) •-) 3-[4 ;) 0 ;) )) 1 )) (» ',) ;) ì i\i ,) 0 ■y ■>) 1 li2 )) 0 Bacilli morti tra \.\ e y, ora di esposizione. 02 l)a tutti e tre gli esperimenti si rileva che una goccia di cul- tura in brodo di B. violaceus a tenip. 25°-20° diventa sterile tra '/^ e y^ di ora. B. Anthracis. a) 14 Maggio: esposto alle 12 m. 12 preparati a gocce pendenti A e uno B di B. anlhracis ricavati da giovane cultura in gela- tina: ritirati i preparati di lo' in 10': temp. 40°-32.° 16 Maggio 89: Piastra B 17 Piastre A Piastra B Piastra A 10' )) )) 20' » )) 30' 1) « 40' )) )> 50' )) )) 60' )ì 1) ì" 10' )) » 1° 20' 1) )) r 30' 1) « r 40' )) )) r 50' « )) 2" N. di colonie 2520 0 fusa 36U 130 4 3 4 5 0 0 0 0 0 0 Bacilli del carljonchio morti tra 1 ora e 1 ora e 10 minuti: anche qui si nota che lo sviluppo delle colonie nella piastra 13 ha preceduto di 1 giorno quello ilella piastra A: fatto verificatosi anche negli altri esperimenti. b) 12 Maggio: alle 9 1x2 a. m. esposto otto preparati A ed uno B: riti- rati di 1^2 in 1^2 ora: tempo bellissimo: temp: 29"-25." 14 )) Piastra B N. di colonie 3500 Piastre A 0 16 » Piastra B , . fusa A 1^2 « 1 « 1 1^2 oi-a . 3 1 2 )) )) 2 1) o )) » 2 li2 .. 0 )) « 3 » 0 1) » 3 li2 0 > « 4 )) 0 li.ir- illi d(d r.'ifluìii •b in ;iini't,i tìM *> O '> 1/. nvo Piastra B Piastre A Piastra B » A ir: » » 1 1) )) 1 1x2 )) ). 2 ■ « « 2 1^2 » « 3 » » 3 li2 » )) 'i e) lo Maggio: alle il a. m. esposti otto preparati A e uno B ila cul- tura in brodo: ritirati di 1^2 in 1^2 ora: toinpo buono: temp. 34o-2G.'> 17 « Piastra B X. di coionio iOJ U fusa ora 45 « 2 I » 0 0 » 0 0 « 0 Bacilli del carbonchio morti tra 1 Va e 2 ore di esposizione. Dai tre esperimenti si rileva che il B. del carbonchio in gocce di brodo 0 di gelatina a temp: 40''-25" muore tra 1 e 2 V, ore di esposizione alla luce del sole. B. riiwisepiicus. — Le gocce di cultura iu brodo in agosto, (temp: 38°-30'') diventano sterili tra lei '/, ora. E degno di nota il fatto che una goccia pendente di Carbon- chio viene sterilizzata tra 1 e 2 V2 ore; mentre un innesto di Car- bonchio su patate è sterilizzato in 4-5 ore, su Agar in G-7 ore. Ora la quantità di bacilli che viene raccolta da un'ansa di platino è sem- pre maggiore di quella che può essere attaccata al filo platino: col primo modo di esposizione (goccia pendente) viene sterilizzata una maggiore quantità di microrganismi, che non col secondo (facendo innesti coll'ago di platino su patate 0 su agar). ^ III. Azione della luce sulla sporificazione dei bacilli Provato che i bacilli del Carbonchio in preparati a gocce pen- denti muoiono tra 1 e 2 '/, ore di esposizione alla luce del sole, ho tenuto esposto al sole per \\, Y^, •%, 2 ore dei prejìarati A e dei preparati E, a gocce pendenti in brodo, di Carbonchio tolto da una cultura in gelatina in cui mi sono assicurato clie non fosse ancora incominciato il processo di sporificazione: e dopo ho portato i pre- parati A e E in stufa di incubazione. Mentre nei prepai-ati E dopo 48 ore di dimora in stufa a 37" si riscontravano quasi esclusivamente spore, nei preparati A la sporilicazione è appena incominciata dopo — GÌ — 48 ore e ancora lino al quarto giorno si mantiene scarsa ed incom- pleta. Ninna d inerenza mi è riuscito di osservare in queste spore sia per dimensioni, sia per ril'rangibilità, sia per colorabilità verso il li(inido di Ziehl. S IV. Azione della luce solare sulle spore Le spore sono state esposte in gocce pendenti, su vetrini coprog- getti a secco, su fili di seta. Per ottenere spore esclusive di Carbonchio si tiene una cultura in brodo di Carbonchio in avanzata sporificazione alla temperatura di 80'" per la durata di 20 minuti: dalla cultura così trattata ho fatto i preparati a gocce pendenti, ovvero con gocce della stessa ho spal- mato la superficie di vetrini coproggetti, od in essa immersi e iwi asciugati i fili di seta. 1." Spore di Carbonchio in gocce di brodo. a) 22 Marzo: esposti alle ore 11 a. m. 6 preparati A a gocce pendenti di spoi'e esclusive, ed un preparato B: ritirati di \\1 ora in 1^2 ora; tempo buono: terap. 220-25.*' Dei pre- parati ho fatto piastre in gelatina. Piastra B •)) A li2 ora « i) 1 ;) « » 1 li2 » i) 2 J) » )) 2 1^2 N. di colon le 405 43 0 0 0 0 0 Spore morto tra '/j ^^i"^ ^ 1 ora. h) 25 Giugno: esposti alle 11 a. m. come sopra, 6 pi'eparati A e uno B: ritirati di li2 in 1^2 ora: tempo buono: temperatura 350-37.0 29 Piastra B N. di colonie 65 )) A li2 ora 2 n )) 1 » 0 » « 1 li2 « 2 :) 0 0 » « 2 1^2 -,) 3 a 0 0 Spore nu)rte tra '/, e 1 ora. (K) cj 14 Agosto: alle ore 12 m, esposto, come sopra, sei preparati A e uno B: ritirati di lf2 ora in 1^2 ora: tempo buono: tempe- ratura SSC-SG.f» 17 Piastra R fusa dal IC Agosto )) A 1t2 ora . . 70 « .1 « . 95 » » 1 1t2 . 23 )) )) 2 S) 0 » » 2 li2 . 0 « )) 3 )) 0 Spore morte tra 1 '/g ^ ^ ^^^'*^- 2." Spore disseccate su vetrini coprotrgetti. a) 16 Agosto: alle 9 p. m. esposto 16 vetrini A, e uno B: ritirati di 19 lì2 in 11 9 ora: tempo buono Piasti a B » A •1 [2 ora . « 1 » 1) 1 2 ll2 n 2 3 1t2 1) 3 4 1x2 « 1) 4 5 ll2 « )) 5 ll2 « 6 » )) 6 ll2 » 7 « » 7 8 ll2 )) temp. 40.0-34.0 fusa 350 70 180 15 40 Spore a secco morte tra 6 e 0 % ore. bj 17 Agosto: alle 9 a. m. esposto come sopra diciotto vetrini A e uno B: ritirati di 1^2 in 1^2 ora. 20 » Piastra B fusa nel giorno 19. )) A 1t2 ora . 195 )) 1 « 225 » 1 112 180 « .1 ^ )■) . 30 )) 2 li2 75 » 3 I) . 20 1) 3 1t2 5 )) 4 n 4 » 4 li2 6 » 5 ■,) 5 « 5 1t2 6 > 6 )) 0 » 6 li2 2 1) 7 « 0 » 7 li2 0 j) 8 ') 0 » 8 li2 0 1) 9 ■t) , , 0 — m — Spoi'c a secco morte tra (5 '/, e 7 ore. e) 21 Agosto : esposto alle ore 8 1|2 a. m. 18 vetrini A e 1 B come sopra; ritirati di 1^2 in 1]2 ora: temp: 4()''-32''. 28 « Piastra B )) A 1|2 ora )) r 1 li2 )) 2 i; ;) 2 li2 3 3 1|2 i) 4 ì) « 4 1^2 )) 5 1) 5 li2 6 1) )) G ii2 » 7 V, 1) 7 li2 8 li 8 1^2 9 ■,) N. di colonie 1015 . 396 208 210 48 36 30 50 34 3 8 8 3 2 3 1 0 0 0 Spore a secco morte tra 7 '/g ^ '"^ "i"*-'- 3" I lili di seta impregnati di spore erano ancora attivi dopo 12 giorni di esposizione, tenendoli al sole dalle i) a. m. alle 0 p. m. Quest'ultimo fatto non è in contraddizione con gli altri, anzi ne è piuttosto conferma: sul filo di seta potranno essere sterilizzate le spore, che si trovano alla superfìcie, non quelle penetrate neirinterno. Il che dimostra che la luce per esercitare la sua influenza deve agire sopra di nn mezzo trasparente. Come si è veduto, spore in brodo muoiono alla luce del sole Ira V, e 2 ore: mentre i bacilli muoiono nelle stesse condizioni tra 1 e 2 '/z oi'G- Io non ho trovato grande differenza di resistenza all'azione della luce solare tra bacilli e spore. — Grande differenza esiste tra la re- sistenza delle spore in brodo e quelle a secco, le quali ultime muo- iono tra sei ed otto ore di esposizione: con che si compruova il fatto notato da Strauss , che le spore prive di materiale nutritivo ( in acqua distillata ) resistono all' azione della luce più lungamente di quelle immerse in materiale nutritivo. Col nostro modo di sperimentare si elimina il duiil)io posto da — 07 ~ Roux, che la poca resistenza delle spore l'osse un latto apparente, dipendente dacché esse non germogliavano per essere il materiale nutritivo in cui si trovano (brodo) divenuto inadatto sotto V azione della luce al germogliamento delle spore. Le; spore nel nostro caso erano portate a germogliare dopo 1' esposizione, dal brodo , se mai ancor vive, nella gelatina: ma con tutto ciò non diedero sulle piastre alcuna colonia di carbonchio se esposte al sole oltre % — 2 ore. Ho già detto avanti che Nocard pensava che l'azione della luce sulla spora si esercitasse non sulla spora propriamente, ma sul ba- cillo nell'atto che spunta dalla spora, e che con ([uesto modo di ve- dere cercò il Ducleaux di spiegare il latto, che le spore in brodo resistevano all'azione della luce meno lungamente che nell'acqua di- stillata, dove per mancanza di materiale nutritivo è impossibile la trasformazione di spore in bacilli: e che Arloing invece ottenne la morte delle spore del carbonchio , illuminandole con un fascio di luce elettrica, mentre esse poggiavano su cristalli di ghiaccio, ossia si trovavano sotto un tale grado di temperatura, che non permette trasformazione della spora in bacillo: con che venne indirettamente a dimostrare che la spora viene uccisa dalla luce come spora, non come bacillo nascente. Ho voluto assicurarmi della verità di questo fatto in un altro modo: si faccia su patate un innesto di Carbonchio, e si tenga per sei o sette giorni in stufa a 37": i bacilli sono quasi tutti sporificati, sicché se ne incontrano scarsi in mezzo a gran nu- mero di spore libere: i bacilli residui si fanno morire, tenendo per 20 minuti la patata a 80", e questa si riporta in stufa, e vi si lascia ancora per 48_ore: i bacilli morti si disfanno, e si hanno solamente spore. Da queste si fanno preparati a gocce pendenti in brodo sterile, che si espongono per due ore alla luce. Osservati questi preparati diligentemente con lente ad immersione, le spore si conservano nelL't loro forma, senza accenno di formazione di bacilli. L'azione adunque della luce tanto sulle spore contenute in un adatto materiale nutritivo, ({uanto su spore a secco é sempre sulla spora come tale, non sul bacillo nascente. Pure, se alla spora rispetto al bacillo dobbiamo dare uguale significazione che ai semi rispetto alle piante, e se le spore, tranne nel momento del germoglio, sono, come i semi, in istato di vita latente, noi non concepiamo alcun mo- vimento nutritivo in esse, se non diretto verso la produzione dei bacilli. Bisogna supporre adunque che la spora prima che si accenni la prima produzione del bacillo, subisca nel suo interno un muta- mento fisico-chimico, che è di preparazione al prossimo germoglio del bacillo, e che in quésta fase di preparazione essa venga colpita — 68 — dall' azione della luce. Questa preparazione interna può aver luogo senza 1' assoluto bisogno di materiale esterno nutritivo , ma essa si svolge più rapidamente nel caso che esiste materiale di nutrizione; meno rapidamente, se questo manca. § V. Azione della luce del sole sul pigmento dei batteri cromogeni In generale la luce è avversa alla produzione dei pigmenti , o meglio ne altera la produzione. Quando si espone alla luce del sole per tre o quattro ore più innesti di B. prodigiosus su patate o su Agar, le culture che si sviluppano non solamente sono culture meno abbondanti rispetto alle culture sviluppate da innesti esposti all'oscuro, ma sono anche più pallide. Se invece si espone al sole a luce diretta in tubi A e B culture belle e sviluppate in agar di B. pì'odigiosus:, dopo 8-10 ore di esposizione la cultura in tubo A è divenuta molto più scolorita; dopo l()-20 ore diventa quasi bianca o resta tale. Se invece si espone culture su patate di B. pi'Odigiosics , dopo 8-10 ore di esposizione il pigmento diventa più losco; dopo 20 ore diventa nerastro, quasi fecale. Se si espone culture in gelatina, dopo 10 ore diventa perfetta- mente bianca: portate in camera, dopo altrettante ore riprendono il jjigmento. Il pigmento del B. violaceus su Agar si attenua al([uanto di in- tensità: non si attenua su patate. Il pigmento B. pyocyaneus su patate e su gelatina non si modi- fica alla luce: su Agar dopo 20-30 ore diventa fosco. § VI. Azione della luce sui potere patogeno dei bacilli patogeni Mi son limitato ad esperimentare solamente sul B. antliracis. Stabilito che il B. anUn-acis su gocce pendenti in ])ro(lo, espo- sto alla luce diretta solare, muore tra 1 e 2 '/a ore di esposizione, a) il 0 Agosto alle 10 '/j a. m. ho esposto tre preparati a gocce pendenti in brodo di B. anlliracU, che ho ritirati di Vz hi V2 ora: tcmp: 85°-38% tempo sereno. Dopo avere spogliato il bordo del vetrino coproggetti Niella va- sellina, ho inoculato tre cavie portando tutto il vetrino coproggctt-^ — m — colla goccia di cultura ili Carbonchio in uua prolonda tasca fatta nel tessuto sofctjcutanco. Il 12 Agosto le tre cavie morirono la prima alle 10 a. m., le altre duo tra le 4 e 5 p. m. quasi conteniporancanicnte , di Car- bonchio. Fino ad 1 V^ ore di esposizione la luce non aveva prodotto nessun mutamento nel potere patogeno. b) Il VA Agosto alle 11 a. ni. espongo quattro gocce pendenti tutte da cultura in brodo di B. antìn'acia, che ritiro di y^ in '/, ora: temp. 30"-35." Da ogni preparato a goccia pendente ottengo prima col filo di platino innesti in tubi di gelatina ; indi metto i vetrini , come nel precedente esperimento, in tasche profonde fatte nel tessuto sotto- cutaneo di cavie. Il 15 nei primi tre tubi si trova sviluppato Carbonchio, il ([uarto restò sterile anche nei giorni consecutivi: segno che i bacilli del Carbonchio nel 4." preparato erano morti dopo 2 ore di esposizione ai raggi del sole. La cavia inoculata col vetrino esposto per Vj ora mori di Car- bonchio dopo 52 ore dalla inoculazione. La cavia inoculata col 2." (1 ora di esposizione ) vetrino mori di Carbonchio il 20 Agosto — dopo sette giorni. La cavia inoculata col 3." vetrino (1 '/j ora di esposizione) il 24 era sanissima, e la ferita fatta sulla cute per l' introduzione del vetrino era coperta da una grossa crosta. Così pure la 4.^ cavia, della quale si prevedeva che non si sa- rebbe allatto ammalata, essendosi mantenuto sterile il tubo di gela- tina innestato dal 4." preparato. 20 Agosto. La 2.'' cavia morta dopo 7 giorni, aveva avuto dun- que un carbonchio mortale, ma attenuato, perchè le cavie inoculate di Carbonchio ordinario muoiono tra due o tre giorni dall' inocula- zione. 11 giorno 20 inoculo una cavia sotto la cute con una goccia del 2.° tubo di gelatina; questa morì la notte tra 2." e 3." giorno. Dal sangue del cuore della cavia morta il giorno 20 inoculo un'altra cavia: questa morì al terzo giorno di Carbonchio. L' attenuazione manifestatasi con un ritardo nella morte dell'a- nimale inoculato col 2." vetrino (1 ora di esposizione), era già scom- parsa nelle successive culture sia in quella della cavia inoculata, sia in quella del tubo di gelatina. Il 24 Agosto riinoculo con cai'bonchio la 3.' cavia del giorno 13, — Te- che era rimasta immune di un carbonchio ancora vivo (perchè l'in- nesto fatto nel 3." tubo di gelatina dalla stessa goccia pendente fu attivo) e inoculo un'altra cavia con una goccia tolta dal tubo cor- rispondente. Il mattino del 27 trovo morta di carbonchio la cavia riinoculata, e nelle ore pomeridiane muore del pari la cavia inoculata con car- bonchio del 3.° tubo. La terza cavia del giorno 13 era rimasta immune dal Carbonchio alla prima inoculazione (goccia di cultura in brodo diB. anthracis te- nuta esposta al sole 1 1[2): ma non restò vaccinata, tanto che morì per la inoculazione del carbonchio ordinario. La cultura in gelatina ottenuta dal 3." preparato a goccia pendente (carbonchio attenuato) aveva ripreso la virulenza ordinaria. cj 1<) Agosto: esposto alle 11 % a. m. 1 preparati a gocce pen- denti da cultura recente in bro<ìo di Carbonchio: ritirati di '/j ora in Va ora temp: 38''-3G° — tempo buono — fatti innesti e inoculate quattro cavie come sopra. 19 Agosto trovate morte 1." e 3.* cavia; alle 3 p. m. morta la 2.* 20 Agosto trovata morta la quarta. Tutti i quattro innesti in gelatina riusciti. dj 18 Agosto: esposto alle 12 m. quattro preparati come sopra^ ritirati di '/a in '/, ora temp. 38'' 36"; tempo buono. Da ciascuna goccia fatto innesto in tubo di gelatina : inoculate le cavie con tutti vetrini. 21 agosto. In tutti i quattro innesti sviluppatosi carbonchio. Trovata morta di carbonchio la V e la 3^" cavia. 22 agosto — trovata morta di carbonchio la 2.* 1 Settembre : La quarta cavia mostrava una grossa crosta san- guigna sul luogo della ferita : fu riinoculata di Carbonchio ordinario e contemporaneamente inoculata una cavia colla cultura del 4" innesto. 4 Settembre: Entrambe morte di Carbonchio la sera del 4 set- tembre. La 4.* goccia pendente del 18 agosto fu dunque di Carbonchi^ attenuato, che inoculato non uccise l'animale, né lo costituì immu- ne al Carbonchio ordinario. Il Carbonchio della 4" goccia, innestato in tubo di gelatina , l'i- prese nella nuova cultura l'ordinaria virulenza. Riassumendo questi ultimi esperimenti abbiamo che: — 71 — Le quattro cavie inoculate con «rocce tenute esposte '/j oi-a mo- rirono tutte. Delle quattro (;avie inoculate con gocce pendenti esposte 1 ora, tre (2* del 9 aj^osto, 2"" del 16 agosto , 2* del 18 agosto morirono presso a poco nei termini di mortalità del Carbonchio per le cavie (due a quattro giorni); T altra, la 2' del giorno 13, è morta dopo 7 giorni, ossia di Carbonchio letale, ma pure attenuato. 11 sangue del cuore di questo animale ridiede Carbonchio dell'onlinaria virulenza; la cultura del 2" innesto del giorno l.S aveva Carbonc^hio dell' ordi- naria virulenza. Delle quattro cavie inoculate con gocce tenute esposte 1 % *^^*''- morirono la S^ del giorno 9, la H" del giorno 16 e la 3* del giorno 18. La 3^ del giorno 13 e la 4" del giorno 18 erano state inoculate di Carbonchio, 1 cui bacilli erano ancora vivi, perchè negli innesti ottenuti in tubi di gelatina dalle stesse gocce si ebbe Carbonchio : furono dunque inoculate di Carbonchio attenuato. Riinoculate , ma di Carbonchio ordinario, morirono tra 2 e 3 giorni: il Carbonchio attenuato dalla l'' inoculazione non costituì vaccino. Dalle culture del 3** tubo di gelatina del giorno 13 e del 4.° del 18 si riebbe Carbonchio non attenuato , ma dell'ordinaria virulenza. 11 Carbonchio aveva dunque sotto l'azione della luce perduto nelle gocce pendenti il potere mortale, ma lo riacquistò nelle culture immedia- tamente successive. Delle tre cavie inoculate con gocce tenute esposte due ore alla luce morì la 4" del giorno 16; della 4.''' del giorno 18 abbiamo già parlato; non poteva avere, e non ebbe alcuno effetto dalla inocula- zione la 4^" del 13, perchè nella goccia pendente i bacilli del Carbon- chio erano morti, onde l'innesto in gelatina rimase sterile. CONCHIUSIONI 1° La luce anclic diffusa ha azione ritardante lo sviluppo dei microrganismi. 2" La luce diretta del sole ha veramente un'azione sterilizzante sui microrganismi; oltre che un'azione ritardante del loro sviluppo. 3° L' azione sterilizzante propriamente si ha quando i raggi del sole cadono in direzione perpendicolare o quasi alla superficie di cultura. 4" L' azione sterilizzante e ritardante della luce si spiega in li- miti di tempo differenti secondo i varii microrganismi. 5° L' efficacia dell' azione della luce varia secondo il terreno di cultura. 6° I materiali di cultura esposti alla luce sono ancora adatti alla crescenza di microrganismi. T** Le spore in brodo del Carbonchio resistono all' azione della luce quasi quanto i bacilli o forse un po' meno. 8" Le spore a secco resistono più lungamente di quelle in brodo. 9° Le spore vengono uccise dalla luce come spore , non come bacilli nascenti. 10° La luce ritarda, non impedisce il processo di sporificazione. 11" La luce modifica la produzione del pigmento, ordinariamente diminuendone l'intensità, altra volta alterandone la qualità. 12° La luce, certo tempo prima di uccidere i bacilli del Carbon- chio , ne attenua la virulenza; questo carbonchio attenuato , nelle mie esperienze, non costituì vaccino : esso riprese la sua Aàrulenza nelle successive culture. Contributo alla fisiopatologia del midollo delle ossa. — Ricerche istologiche di Fr. Sanfelice, (Tav. V-VI.) (Tornata del 2 febbraio 1890) Per compiere la parte bibliografica intorno alla genesi dei cor- puscoli rossi svolta nella prima parte del lavoro (1), devo far men- zione dapprima di un lavoro dello Ziegler, il quale ha principalmente studiato la origine del sangue dei vertebrati ed è venuto alle mede- sime conclusioni del Lbwit. Siccome questi sostiene che filogenetica- mente i corpuscoli rossi non abbiano origine dai bianchi, ma da spe- ciali clementi denominati eritroblasti, così lo Ziegler ammette che ontogeneticamente i corpuscoli rossi non abbiano origine dai corpu- scoli bianchi, ma direttamente da elementi mesodermali. A me sembra che tutto si riduca ad una quistione di parole; perchè quelli , che sostengono i corpuscoli rossi non originarsi dai bianchi , restringono il significato di leucociti solamente a quegli elementi che circolano, mentre tutti gli osservatori con a capo Neu- mann , che seguono la teoria della trasformazione dei corpuscoli bianchi in rossi, ritengono per leucociti non solamente quelli circo- lanti, ma anche quelli, che si trovano nelle glandole linfatiche e nel (1) Intorno alla genesi dei corpuscoli rossi nel midollo delle ossa dei vertebrati. V. questo BqII. Anno III, 1889, pag. 143. — 73 — midollo (Ielle ossa. Ora (Questi clementi nou circolanti e che sono simili ai leucociti circolanti rassomigliano molto agli elementi mc- sodermali (IcH'cmbrione. Sono già del resto a tutti noto le osservazioni dello Stricker, il quale ha osservato la traslbrmazione dei leucociti in corpuscoli conuettivali somigliantissimi agli elementi mesodermali dell' em- brione. Il significato di leucocito non deve quindi essere ristretto a rap- presentare nn elemento mobile, ma anche un elemento fìsso, capace di subire molteplici trasformazioni e dotato di tutte le caratteristi- che degli elementi mesodermali deirembrioue. Anzi, gli elementi, che neir adulto meglio conservano il carattere embrionale sono appunto i leucociti. Anche il Dem's nel suo ultimo lavoro intorno alla struttura del midollo delle ossa e la genesi del sangue negli uccelli si dichiara favorevole alla teoria sostenuta dal Lowit che cioè i globuli rossi non abbiano origine dai bianchi, ma da speciali elementi distinti col nome di eritroblasti e- che i leucociti dieno solamente origine a leu- cociti. Già nel mio primo lavoro ho esposto le ragioni per cui non credo che i leucoblasti non dieno origine agli eritroblasti. Inoltre per le osservazioni fatte sul midollo delle ossa degli animali, a cui ho asportato la milza e che esporrò in seguito, mi sono vieppiù con- vinto che gli eritroblasti hanno origine dai leucoblasti. Il Denys nel suo lavoro non fa parola dei follicoli linfatici da me osservati per la prima volta nel midollo delle ossa non funzio- nante del pollo. Il Dcmarbaix, un allievo de* Denys, critica le vedute dell'Arnold e ritiene che i nuclei ricchi in cromatina delle cellule giganti . de- scritti come in fase di divisione per frammentazione indiretta, sieno dovuti ad una alterazione cadaverica e, lungi dal costituire un pro- cesso di divisione, sono il risultato di una degenerazione. Egli am- mette che le cellule giganti del midollo delle ossa si dividono per divisione cinetica multipla e non binaria. Già nel precedente lavoro ho scritto di non aver mai veduto nei nuclei delle cellule giganti del midollo delle ossa figure cariocineti- che. Solamente qualche volta ho osservato una disposizione della so- stanza cromatica dei nuclei , che un occhio poco esperto avrebbe preso per gomitolo o per astri multipli. Per le osservazioni conti- nuate in questi ultimi tempi mi sono meglio potuto convincere che le cellule giganti sono prodotti d'involuzione. In questa seconda parte del lavoro ho voluto studiare gli effetti — 74 — prodotti nel midollo delle ossa: I. da microrganismi produccnti in- fezioni acute (carbonchio, setticemia dei topi) ed infezioni croniche (tubercolosi); II. gli effetti prodotti dalla essenza di trementina: III. gli effetti prodotti dalla estirpazione della milza. I. 1." Carììonchio. — Per quanto bene sicno state studiate le alte- razioni del midollo delle ossa nell' anemia perniciosa progressiva e nella leucemia dal Neumann, dall'Oslcr, dal Riess, altrettanto ne è stato trascurato lo studio nelle malattie infettive. Solamente il Golgi ha ricercato il midollo delle ossa d'individui morti di vainolo ed ha osservato l'aumento del colorito rosso e dei corpuscoli rossi nucleati, diminuzione di cellule midollari e di cellule contenenti corpuscoli rossi, aumento di cellule giganti. Anche il Grohé ha studiato il midollo delle ossa in alcuni stati patologici e si è convinto che le cellule giganti, le quali contengono corpuscoli rossi (cellule a nucleo intensamente colorato, aventi ori- gine dai corpuscoli rossi giovani nucleati) hanno origine per fusione e devono essere considerate come un mezzo pei' cui vengono rias- sorbiti gli elementi divenuti inservibili. Lo Stocker nel midollo delle ossa di cavalli morti con malattie febbrili acute infettive ha veduto iperemia, trasformazione del colo- rito giallo in rosso o linfoide ed iperplasia. Non so spiegarmi come Tautorc confonda il midollo di colorito rosso col midollo linfoide. Ho studiato il midollo delle ossa di conigli, cavie e ricci moi'ti di carbonchio. Il midollo delle ossa lunghe tolto all'animale appena morto nel modo già descritto nel precedente lavoro , è stato fissato con soluzione di sublimato satura a freddo con l'aggiunta di alcune gocce d'acido acetico , che favorisce la penetrazione del sublimato nello interno del tessuto. Come liquido colorante ho prescelto la soluzione di ematossilina iodata, che ha anche il vantaggio di colorire i bacilli. Qualche volta le sezioni dei pezzi di midollo già colorate in toto con litio-carminio le ho attaccate sul vetrimo porta-oggetti con albumina e poi ho fatto la colorazione dei bacilli secondo il metodo di Gramm. 11 primo fatto, che si nota, nelle sezioni di midollo delle ossa di animali morti per carbonchio, è l'aumento degli elementi, che pre- sentano nucleo di forma irregolare (fig. 2). S' intende da sé che se il midollo è molto ricco di elementi e però funzionante, sono più nu- merosi gli elementi che presentano frammentazione nucleare, mentre se il midollo è ricco di adipe e povero di elementi , le forme nu- (•Icari con rramiiicntazioiic sono scarse. K questa rrainincntazioiic nucleare non si osserva solamente nei nuclei dei leucociti, ma anche in quelli degli eritroblasti ed in quelli dei corpuscoli rossi triovani. Alcuni leucociti presentano il nucleo in l'orma di (\ altri in forma di ciambella con accenno di strozzature , altri nello stesso corpo cellulare mostrano due (rammenti nucleai-i, altri ne presentano tre, (ligg. :i, 4, 5, 0, 7, 8) e lìnalmente in alcuni punti , dove più abbondano i bacilli, si vedono frammenti molto piccoli di nuclei, quasi un detritus, in cui più non si distinguono i nuclei ed i corpi cellulari. Spesso ho osservato che in mezzo a grappi di leucociti, die mostrano una frammentazione nucleare non molto avanzata , si ve- dono delle masse protoplasmatiche, nettamente limitate, che conten- gono nel loro interno dei residui nucleari (fìg. 9). Sono niasse ne- crobiotichc provenienti dal disfacimento dei leucociti per frammen- tazione. E qui cade opportuno di ricordare che la frammentazione più che un processo di divisione nucleare fisiologica , è un processo di moltiplicazione eminentemente patologico, che termina con la distru- zione deirelemento stesso. Anzi si può dire che dal grado di fram- mentazione nucleare, che si osserva in qualunque tessuto sottoposto all'azione di uno stimolo patologico, si può giudicare della maggiore o minore intensità dello stimolo stesso. Anche i nuclei degli eritroblasti presentano la frammentazione e fanno vedere le medesime forme, che ho innanzi descritte pei nu- clei dei leucociti. Alquanto diverse dalle forme di frammentazione, che presentano i leucociti e gli eritroblasti , sono quelle dei nuclei dei corpuscoli rossi giovani. Spesso accanto ad un nucleo di corpuscolo rosso gio" vane, che si distingue facilmente dagli altri, perche apparisce omo- geneo ed intensamente colorato, se ne vede un altro molto piccolo, come una piccola gemma. Spesso si vedono due o tre nuclei d" ine- guale grandezza, gli uni accanto agli altri. Evidentemente si tratta di una frammentazione di questi nuclei, frammentazione che ho anche in grado minimo osservato fisiologicamente , ma che si esagera in modo straordinario nel midollo delle ossa di animali morti di car- bonchio {figg. 10, 11, 12, 13, 14, 15). Il midollo delle ossa, in modo particolare quello funzionante, è fra i tessuti quello , che mostra maggior numero di bacilli di car- bonchio. Per quanto più ricco di elementi è il midollo , per tanto più numerosi sono gli spazii venosi ed i bacilli in questi contenuti. Quello, che tengo a far notare è che non solamente nelle arterie, nelle vene e negli spazi venosi di comunicazione fra ((ueste e quelle — 70 — si osservano molti bacilli , ma anche ugualmente distribuiti fra le maglie del connettivo tra gli elementi propri del midollo , ciò che spiega la riunione dei vasi linfatici con gli spazi esistenti tra le maglie del connettivo , che serve di sostegno agli elementi proprii del midollo. Mai mi è riuscito di vedere un bacillo del carbonchio compreso nel corpo cellulare di un leucocito e si noti che non ho esaminato solamente il midollo delle ossa di animali molto suscettibili alla in- fezione carbonchiosa, come il coniglio e la cavia , ma anche quello del riccio, che resiste di più e che non muore , se non dopo tre o quattro giorni. Solamente rarissime volte ho osservato che alcuni bacilli, ugualmente bene colorati degli altri, erano compresi nel corpo cellulare di qualche cellula gigante a nucleo chiaro e avente origine dalla fusione di più leucociti (fìg. 1). Si tratta in questo caso vera- mente di una attività propria della cellula gigante d' incorporare i bacilli ovvero l'attività è da attribuirsi ai bacilli, che sono penetrati nel corpo cellulare delle cellule giganti? Volendo ammettere la opi- nione del Lówit, che è la maggiore autorità intorno alla istologia del midollo delle ossa, secondo la quale le cellule giganti non sono formazioni attive, ma di regressione, non si può con il Mctschnikoft' sostenere che le cellule giganti nel midollo delle ossa rappresentino tanti macrofagi. Ed anche prescindendo dalle osservazioni molto ri- gorose del Lowit, confermate anche da me nel precedente lavoro, il solo fatto che il vedere alcuni bacilli nel corpo cellulare di una cel- lula gigante è una cosa rarissima, depone poco a favore del fago- citismo. Un latto, che costantemente si osserva nelle sezioni del midollo delle ossa degli animali morti di carbonchio è l'aumento dei leuco- citi nei vasi, specialmente nelle vene, e la maggior parte di questi leucociti mostrano nuclei frammentati. Per essere maggiormente si- curo che il numero dei leucociti circolanti è realmente aumentato negli animali morti di carbonchio, ne ho fatto la numerazione ed i risultati hanno confermato ciò, che mi avevano dimostrato le sezioni. Ho fatto la numerazione prima su 10 cavie e 10 conigli normali, e poi Ilo ripetuto tali numerazioni sopra altrettante cavie e conigli ino- culati di carbonchio. Darò qui il risultato avuto prendendo la media. Negli individui carbonchiosi la numerazione è stata fatta dopo 30 ore dalla inoculazione. Mentre nei 10 conigli sani la media dei cor- puscoli bianchi è di 11200 , nei conigli carbonchiosi è di 21000 , e mentre nelle cavie normali è di 7600 , nelle cavie carbonchiose è di 22000. 2.* Setticemia doi /api. — (Maussepticoemic Koch). — Al- terazioni identiche a quelle innanzi descritte ho osservato nel mi- dollo (lolle ossa dei topi morti di setticemia. Sono molto aumentati i leucociti con nuclei in l'rammentazioue. A din'crcnza di i[uello, che ho notato precedentemente, parecchi leucociti mostrano il corpo celhilare ripieno di bacilli ed il nucleo verso la periferia. In una medesima sezione se ne possono vedere parecchi. Riescono molto dimostrativi i preparati colorati prima con litio-carminio e poi con violetto di genziana secondo il metodo di Grani m. Nei corpi cellulari delle cellule «^'iganti non mi ò riuscito di ve- dere bacilli. :i.° Tubercolosi. — Ho studiato le lesioni pro(k)tte dal l)acillo della tubercolosi nel midollo delle ossa delle cavie. Appena morti gli animali prendeva il midollo del lemore o del- l' omero e, dopo averlo lìssato nel modo detto innanzi, alcuni pezzi coloravo ùi iato con ematossilina , altri includevo in paraffina per poi attaccare le sezioni sui vetrini porta-oggetti con albumina e fare la colorazione dei bacilli con la fucsina carbolica di Ziehl e la co- lorazione del tessuto con azzurro di metilene. Per avere la colora- zione in rosso dei bacilli fa d' uopo tenere le sezioni immerse nella soluzione colorante alla temperatura di 37°. Operando in questo mo- do si è sicuri che dopo 24 ore i bacilli sono colorati. Si fa nel modo solito la decolorazione nella soluzione nitrica e dopo ripetuti passaggi in alcool per togliere ogni traccia di colora- zione rossa, si tengono per pochi minuti nella soluzione acquoso-al- coolica di azzurro di metilene. Si lavano ripetutamente in alcool as-» soluto, poi in creosoto e in benzina per togliere via il creosoto e si chiudono in balsamo. Ciò, che prima si osserva nelle sezioni del midollo delle ossa di animali morti di tubercolosi è l'aumento straordinario di leucociti e la scomparsa dell' adipe. Tra le varie forme di leucociti predominano quelli, che hanno il nucleo di forma irregolare. Vi sono alcuni punti, dove si vedono anche forme nucleari in frammentazione, ma, al paragone di quelle osservate nel midollo delle ossa di animali morti di carbonchio, sono scarsissime. Scarsi appariscono gli eritroblasti ed i corpuscoli rossi giovani nucleati. Tra i leucociti non pochi mostrano figure cariocinetiche. L' osservare da una parte il grande aumento di leucociti , e dall' altra una straordinaria scarsezza di eritroblasti e di corpuscoli rossi giovani nucleati dimostra chiaramente che la funzione emato- poetica è di molto diminuita, se non del tutto arrestata. — 78 — In secondo luogo si nota una grande diminuzione degli spazi venosi. Quanto alle cellule giganti proprie del midollo delle ossa, devo notare che sono scarse quelle formate dai leucociti e che invece più abbondanti sono quelle formate dai corpuscoli rossi giovani nucleati. U aspetto dei nuclei di quese ultime cellule non è quello retiforme, sibbene quello di masse più o meno grandi distaccate o riunite da filamenti. Questo fatto della disposizione a masse piuttosto che a rete dei nuclei delle cellule giganti formate dai corpuscoli rossi giovani nu- cleati sta forse in rapporto con la età giovane della cellula stessa. Quantunque nella letteratura vi sicno moltissimi lavori intorno alla genesi del tubercolo in vari organi, come quelli di Rindfleisch, Arnold, Orthmann, Baumgarten, Langhans, Weigcrt, etc. pure nulla V stato scritto intorno alla genesi della cellula gigante del tubercolo nel midollo delle ossa degli animali da esperimento. Non starò qui a ridire tutte le teorie messe avanti per spiegare la genesi della cellula gigante tubercolare, ma solamente mi piace
  • — tia elciiicuti opitclioidi, lui hioj:,^o una ;i-eiiiinazioiie cariocinctica (?j, in altri frammentazione. Una formazione »li cellule j^iganti per fu- sione di più cellule epitelioidi , 1' autore non 1' ha mai osservata- ('rcde inoltre, sempre in appoggio della sua teoria fagocitarla, che la cellula gigante tubercolare sia vivente e capace di movimenti ameboidi. Lo Stschastny , che ha studiato la formazione delle cellule gi- ganti nella tubercolosi delle amigdale e della epiglottide è venuto alla conclusione che i leucociti prendono una parte importante alla formazione del tubercolo e che le cellule endoteliali dei capillari e le cellule fisse vi prendono una parte secondaria , aumentando il numero delle cellule epitelioidi del tubercolo. Non divide la opinione del INIetschnikoff nel ritenere che la cellula gigante tubercolare si l'ormi per gemmazione cariocinctica. Ammette la origine della cel- lula gigante per unione di due o più cellule epitelioidi senza can- giamento dei nuclei. Da quanto ho esposto intorno alla genesi della cellula gigante del tubercolo apparisce chiaro come alcuni osservatori, e sono in maggior numero, ritengono che si origina per la fusione di più ele- menti, mentre altri, in minor numero, la fanno originare per molti- l^Iicazione nucleare. 11 midollo delle ossa è il tessuto, che più si presta per potere seguire tutte le diverse fasi della formazione del tubercolo. Il primo inizio della lesione è fatto dal mutamento di aspetto dei nuclei dei leucociti e dalla fusione dei loro corpi cellulari. I nuclei colpiti dalla lesione appariscono più pallidi e mostrano un contorno appena colorato e scarsi granuli cromatici nel loro interno. A mano a mano che altri leucociti prendono 1' aspetto di quelli già descritti, si uniscono con quelli già fusi insieme e così danno oi'i- gine alla cellula gigante tubercolare. Gli elementi situati allo intorno della cellula gigante a misura che i bacilli aumentano di numero, presentano anche essi l' aspetto che dapprima presentano quelli costituenti la cellula gigante, dando origine alla zona cpitelioide, che circonda la cellula gigante. Nella zona epitelioide i bacilli sono più numerosi, mentre raramente ne iui veduti nel corpo cellulare della cellula gigante (fig. 17). Gli elementi epitelioidi sono circondati da numerosi leucociti, di cui moltissimi con nuclei in frammentazione. Nel più gran numero delle cellule giganti tubercolari i nuclei sono situati alla periferia della massa protoplasmatica. Alle volte sono distribuiti ([ua e là senza ordine. — 80 — Il corpo ccllularo (lolla cellula gigante non niosti'a prolunga- menti (lìgg. 18-19). Nella zona formata dagli elementi epitelioidi vi sono molti gra- nuli di sostanza cromatica., più o meno grandi, provenienti dal di- sfacimento nucleare dei corpuscoli rossi giovani nucleati. degli eri- troblasti e dei leucociti. Spesso al centro del tubercolo vi sono tre o quattro cellule gi- ganti, le une accanto alle altre, circondate da elementi epitelioidi, i ([uali alla loro volta sono circondati dai leucociti proliferati. K que- sto il modo con cui a^"viene l' ingrandimento del tubercolo (tìg. 10). Diverso alquanto da questo è l'aspetto, che presentano i tuber- coli più antichi. Questi lasciano vedere al centro la sostanza caseosa, cii'condata da una grande zona epitelioide, ricca di bacilli e di cel- lule giganti tubercolari giovani, la quale a sua volta è circondata ila una zona linfoido molto estesa i^fig. "20). Nella zona epitelioide di questi grandi tuberi'oli spesso ho ve- duto la sezione trasversale o longitudinale di una arteriola, piena di elementi propri del midollo delle ossa — ciò, che si spiega facil- mente con ra-\-venuta distruzione della parete vasale. li. Le ricerche fatte dall' UskolT, dall' Orthuumn , dal Comilinann, dal Grawitz e dal De lìary hanno dimostrato che le inoculazioni sottocutanee l'atte con essenza di trementina priva di microrganismi in diverse classi di aniuiali possono produrre suppurazione. Anche il De Christmas recentemente è ritornato sulla medesima quistione ed è venuto alla conclusione che la suppurazione è dovuta a sostanze chimiche prodotte dai microrganismi. Quindi secondo 1' au- tore, la suppurazione deve essere consiilerata come 1* etì'etto di una reazione del tessuto contro certe sostanze chimiche prodotte da es- seri viventi o di natura puramente chimica. Partendo da questo concetto ho voluto vedere quale alterazione presentava il midollo delle ossa delle cavie e dei conigli, morti per forti dosi di essenza di trementina inoculata sottocutaneamente. Tanto alle cavie che ai conigli ho inoculato sottocutaneamente da 4 a 0 ccm. di essenza di trementina e gli animali sono morti nello spazio di 24 a 48 ore. 11 midollo delle ossa è stato preso dagli animali appena morti e dopo essere stato fissato come al solito, l'ho colorato m tato con ematossilina. I.a lesione, che si nota nel midollo delle ossadeLrli animali morti — 81 — pei' awclcnaiin'uto con rsxiiza «li trcMiciitiiia consiste nella presenza ili jrrupi)i «li clcnicnti ]ii-<»])ji de] nii'lullo. i cui nuclei f>resentan(» ile;^enei'azione cronialolil ica. Né questi elementi si \eiloiio solamente jiimiti in ^^niiipi. nia anche spai-si qua e là in mezzo ad alti'i normali ancoi-a (fitJ'. 21). Questa de^rcneraziono colpisce i nuclei di tutti ;_'li elementi pro- |)i'i del midollo cioè leucociti, o'itroblasti e coj'puscoli j'ossi ^'iovani nucleati, ma in modo diverso. .Mentre i nuclei dei leucociti e dcfrli eritroblasti subiscono la l'usione della sostanza cj-omatica in Corina o di filamenti o di masse disposte per lo più alla periferia del nucleo o di granuli, i nuclei dei corpuscoli rossi friovani nucleati mostrano la de^renei'azione sempre in forma di j^ranuli. Anche nei nuclei dei leucociti con forme irregolari ho notato ([uesta de^^enerazione, come pure in alcuni nuclei di cellule ;riiiì tempo ((50 e più o;io]'ni) si nota costantemente la scompai'sa didradipe, Taumento considere- vole deo:li spazi venosi e de.udi (dementi [)i'oi)ri del midollo , i)iiì di eritroblasti e corpuscoli r(>ssi iziovani inudeati anzi (die di leucociti- Fra IT) e 60 j^iorni il midollo (hdic ossa da linlbide diventa ipere- mico. Nella (ì^rui'a ;;'.>, che i'ai)presenta ,u-li elementi propri d<'l mi- dollo e veduti nel campo del microscopio in una sezione d(d midollo d(d lemoi'e di un coni.ulio operato di splenectomia e tenuto in espe- rimento 2;> .udorni. i leucociti e ,u-li ei'itroblasti sono scarsi . mentre l)iù abbondanti sono i corpuscoli rossi li'iovani nucleati. Xellc ^dandole linfatiche deoli animali tenuti in espeidmento molti udorni. ho ossei'vato aumcmto di leucociti e di eidtroblasti, ma non di cori)uscoli l'ossi ^dovani nucleati. Questa ossei-vazione confer- ma le vedute del Flemmino;, secondo il ([uale le f?lamlole linfatiche sono luoodii di formazione dei leucociti, mentre il niii](dl() delle ossa è luog'O di formazione dei corpuscoli rossi. Da tutto ci(") che ho esposto, risulta clie md midollo delle ossa degdi animali opci-ati di splenectomia ha luoo-o un aumento dcdla fun- zione emopoietica. Che sieno i leucociti (|U(dli . che danno ori^rdne ajrli eritroblasti è dimostrato dal fatto (die nel midollo delle ossa degli animali tenuti po(dii jxioi'ni in esperimento sono in aumento solamente i leucociti. Se fosse vei-a la teoria del Lihvit, rhe cio('^ .trli eritroblosti non hanno origine dai leucociti, non vi sarebbe nessuna ragione per spiegare pidma raumento ihd leuco(dti e })oi (|uell(» de- gli eritroblasti. Napoli, Slnzioiip Zciolof/ìcn. Olloìin' iss'j LETTERATURA 1868, LanCtH.vxs. — Ueber RiesenzeUenmit w and stand i^^en K e r n e n in T u b e r k e 1 a u u d die f i b r o s e F o rm «l e s Tuberkels, in: Virchoir\n". — Ein Fall von Leukamie mit Erki'ankung des Knochenmarkes, ibid. X. 18, pug. 118. 1873, NErMANN. — Ein neuer Fall von Leukamie mit Erkx'anknug des Knochenmarkes. ibid. iV. 19, pag. 298. 1874, Golgi. — Sulle alterazioni del midollo delle ossa nel vainolo, ibid. 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Aumento degli elementi [)ropi'i del midollo <'on Iram- 1 meutazione nucleare. Oc. 2, ob. — . 12 ^« :{. 1, <), 8. Leucociti con incipiente iram meutazione dei nuclei: midollo del femore di coniglio morto di carbonchio. Oc. ?ì, Ob. — . 12 » 5, 7. Leucociti con nuclei frammentati. Idem. » 0. Midollo del femore di coniglio morto di carbonchio : iriassa proto|)lasmatica con residui nucleari. Oc. .3. Ob- — . ^ 12 Vac.f/f..Ja/.(// Aa/joù . ../nJl' FascJ Tun. V (fo © 1^/f^ • // z:^ e 4$# %^ /.3 « Oc ■<^ /4^ 77 /(6 /^ i5,0, •© .45> % (jpm ^ii-' Ji^à^olC' o ruv.ri. .V.-- '" ©A •.. '^' m . A' • .... « .•..I 'r V- •• « i • : . ■ ••■ X ?ó 6^ 27 2S • • • f/y 3^-^ • ;• :òt 35 •• f •% 36 37 5S ;••>':; vJV «.'«J.-^ Ser-irvc- yVèt-poii. • — ST — h'b^. 10-15. Corpuscoli rossi g-iovani nucleari del midollo del re- more di un couiulio luorto di earl)Ouchio. Oc. 3, Ob. — . ' 12 » 1(>. Midollo del femore di una cavia morta di tubercolosi. Oc. li, Ob. C, Zciss. » 17. Idem: Cellula gigante circondata da elementi epitelioidi. Ob. :i, Ob. C. » 18. Idem: Cellula gigante tubercolare, Oc. 3, Ob. 4r- " 10. Idem. Tavola VI. " 20. Idem: . Midollo del femore di coniglio operato di splenectomia e te- nuto in esperimento 23 giorni. Sono stati disegnati gli elementi propri del midollo veduti nel campo del micro- scopio. Oc. 3, Ob. I>I). " 40.. [dem: Coniglio tenuto in esperimento 15 giorni. Oc. 3, Ob. 1)I>. ERRATA CORRIGE & pag. 5 linea 4, (Tornata del 14 luglio 1887) (Tornata dell 4 luglio 1889; » )) 'Ib :) 33, monohrafia monografia i )) U .' 1-, deliminati fra loro delimitati fra loro t » 59 .) 13, che che sulle che sulle « i) r>9 » 20, dell'azione dall'azione Sopra alcuni problemi di massimo e minim o , re- lativi alla Elettrotecnica — Nota di G. Vax.m. (Tornata del 11 maggio 1890) importanti quistioni relative ai massimi e miuimi di lìmzioiii «li variabili reali hanno la loro applicazione in alcuni problemi che si presentano spesso in elettricità pratica. Crediamo di fare cosa uti- le ajjli studiosi risolvendo alcuni di questi problemi , scelti fra quelli più notevoli; e tratteremo la quistione con gli ordinari! pro- cedimenti Jilgebrici, sia per non uscire dai limiti dell'insegnamento elementare, sia per evitare alcune difficoltà le quali sorgono volendo applicare i metodi generali del Calcolo Infinitesimale ; difficoltà do- vute al fatto che le variabili ( o la variabile ) della funzione di cui si cercano i valori massimo o minimo variano, per la natura stessa del problema, in modo discontinuo e per soli valori interi e posi- tivi. Comincerò dal richiamare alcuni principii generali relativi alla potenza ed all'effetto utile degli elettromotori. E noto che quando un dato elettromotore di forza elettromotrice E e resistenza interna R viene chiuso attraverso un circuito esterno ( il quale può pure contenere delle forze elettromotrici contrarie ) la potenza totale (lavoro in un secondo) fornita dall'elettromotore ed espressa da \\ =El si divide in due pai-ti : una parte Pi =PR viene perduta nel riscal- dare r interno dell" elettromotore , ed un'altra parte espressa da Pe = Pt — Pi = ( E — IR ) può venir raccolta ed utilizzata nel cir- cuito esterno. Si chiama rendimento] elettrico del sistema — efficiency, de- gli Inglesi (ì) — il rapporto Ira il lavoro utile Pe raccolto nel circuita (1) Vedi AvKTON. Practical Electricity, pag. 451. — 90 — esterno ed il lavoro totale speso ; rappresentando con k tale coef- ficiente si ha Pe E — IR IR Pt E E la quale relazione mostra che lo stesso coefficiente è sempre minore dell'unità e che vi si accosta tanto più quanto più piccole sono la corrente I e la resistenza interna R e più grande è la forza elettro, motrice E. Si noti bene che le relazioni precedenti sono affatto generali e valgono anche nel caso che il circuito esterno contenga delle forze elettromotrici contrarie alla forza elettromotrice principale E. Ciò posto, si possono proporre varie quistioni che occorre però ben precisare, giacché è facile cadere in errore applicando ad alcuni problemi dei principii dimostrati come veri solamente quando si ve- rificano certe condizioni che occorre tener presenti nelle diverse circostanze. Avendo un circuito voltaico , si può domandare di determinare la corrente alla quale corrisponde la massima potenza utile esterna; e la quistione si presenta in due modi diversi. 1." Caso. Può aversi un dato elettromotore di forza elettromo- trice determinata E e resistenza interna R ( è il caso di una batteria di pile 0 di accumulatori o di una maccliina magneto-elettrica a co- stante velocità ) e si può domandare quale sia la intensità di cor- rente necessaria per avere la massima potenza utile ; si cerca cioè il valore di I che rende massima la espressione Pe = I ( E — IR ). Questa può scriversi RP — EI -f Pe = 0 da cui E± v/e2 — 4RPe I — •ìr e si vede che affinchè I sia reale bisogna che W ^ A RPe ossia <- E* Pe ^ — .11 massimo valore della potenza utile P© è dunque = 4R _ E^ ^' - 4R il quale si ottiene con la corrente I - ^ ^"-2R — 01 — con la muta, cioè, di quella che si otterrebbe chiudendo l'elettro- motore sopra sé stesso, senza resistenza esterna. E* Il lavoro totale speso essendo Pt =:: Elm = .— » -^i ha questo im- portante risultato: che quando con un elettromotore dato, si ottiene nel circuito esterno la massima potenza (o il massimo lavoro in un secondo ), si utilizza ajìpcna il 50 y„ del lavoi'o totale speso; l'altra metà viene perduta nel riscaldare 1" interno dell' elet- tromotore. La disposizione" adunque per la quale, con un dato elet- tromotore, si ottiene la massima intensità di corrente o il massimo lavoro utile non è, in ixenerale la più economica, biacche non sola- mente la spesa del materiale, se si tratta di pile o di accumulatori, è la massima possibile, ma, della energia totale, corrispondente a questa spesa, si utilizza la sola metà. Conviene allora mettersi in con- dizioni diverse da quella del massimo lavoro utile, in modo da avere una potenza utile esterna ed una corrente , minore della massima che si potrebbe avere, ma utilizzando una fraziono maggiore di 0,50 della energia spesa. Nel solo caso di elettromotori nei quali sia gra- tuita 0 poco costosa la energia motrice, può essere vantaggioso di porsi nelle condizioni di massima potenza utile. Le condizioni di massima potenza esterna possono enunciarsi in un modo molto semplice nel caso che il circuito esterno non con- tenga forze elettromotrici. In questo caso , la corrente massima I,n E essendo sempre Im = -t^< si ha, per la legge di Ohm im — ^ — 2R R-j-r vale a dire che per ottenere la massima intensità di corrente con un dato elettromotore, bisogna fare la resistenza del circuito esterno eguale a quella del circuito interno dell' elettromotore. E da quanto è stato detto sin qui , risulta evidente che 1' affermazione fatta da molti scrittori che questa disposizione sia la più vantaggiosa, deve essere sottomessa alle restrizioni sopra indicate. 2.° Caso. Si può presentare invece il caso di avere un circuito esterno di resistenza fissa /- (non contenente forza elettromotrice) e, potendo disporre di un numero dato e costante N di elementi identici aventi ciascuno una forza elettromotrice e ed una resistenza interna p, si cerca il modo ^condo cui bisogna disporre questi cle- menti per ottenere nel circuito esterno la massima intensità di corrente o, ciò che vale lo stesso, la massima potenza. — 92 In tal caso, chiamando i la intensità della corrente quando si N sono disposti ,s clementi in sene, e quindi — in derivazione , sarà s . es e pS* Y rtS 11 s n Y PS il prodotto — X J— essendo costante,, per valori dati di ir p ed s, ^ n la somma i- I~L è minima quando — m J_. ossia (luando s n « n r =: L_; la i assumerà allora il suo valore massimo espresso da lì e la massima potenza utile risulta e*s2 Pe = Pr = 4 V Quando adunque, in un circuito esterno di resistenza r si vuole con un dato numero ìi di elementi ottenere la massima potenza utile, bisogna disporre la batteria in modo che la sua resistenza esterna sia eguale alla resistenza r- vale a dire disporre s = 1 / - — ele- V p menti in serie q = — - in derivazione. Risolvendo numericamente il problema, può accadere che la espressione — risulti frazionaria; P in tal caso si ottiene una soluzione approssimata della quistione sce-. gliendo per s non il numero intero più prossimo , ma quello fra i due numeri comprendenti i/ — , che , sostituito nella espressio- ^ P ne (1) dà per i il maggiore valore. 11 rendimento del sistema è, nel caso della corrente massima, IR es , r= 1 — ed essendo I = R r= r K = es, risulta E 2r y.= ì— 0.50 = 0,r)0 9;; Yale a diro che , auchc in questo caso , appena il 50 "/, della •encrg'ia totale sposa nella pila si utilizza nel circuito esterno: il ri- manente viene perduto nel riscaldare la batteria. Ma il problema può prescutai'si anche sotto altro aspetto. Nelle quistioui finora risolute abbiamo supposto dato l'elettromotore o il numero di elementi di pila da associare, ed abbiamo determinato il massimo effetto utile esterno e le condizioni necessarie per ottenerlo, le quali possono, come si è veduto, non corrispondere alle condizioni più vantao-u-iose dal punto di vista economico. :\Ia spesso succede il caso che, volendo ottenere un dato effetto (elettrolitico o termico 0 meccanico) in un dato tempo, la corrente risulti determinata e che, potendo disporre di un certo elettromotore, si cerchino le con- dizioni per poter alimentare il massimo numero di apparecchi ri- cettori, oppure, per ottenere la corrente richiesta, si cerchi il mi- nimo numero di elementi necessarii e come sia necessario disporli. Noi risolveremo la quistione in entrambi i casi, scegliendo per fis- sare le idee, due esempii particolari e facendone poi un'applica- zione numerica. I.) Un elettromotore M (fìg. 1.) avente una forza elet- tromotrice E = 151, volt» 25 ed una resistenza interna p z=z 2oii (compresa quella dei fili ai due nodi A e B da cui si staccano i gruppi di lampade) alimenta un certo numero q di circuiti deri- vati comprendenti ciascuno 6' fig. 1 lampade in serie ognuna delle quali ha una resistenza >•=: \0 ^^ e deve essere percorsa da una corrente i = 2, a™P 5. In ogni circuito derivato la resistenza del filo di comunicazione delle lampade è 1 = 0,oh50. Si domanda: i.° Il massimo numero di lampade che si possono alimentare. 2.° Il rendimento elettrico del sistema. Chiamando I la intensità di corrente necessaria per alimentare il numero q di circuiti derivati, assumendo s per incognita, sarà E , ... E — i ( 1 4- rx ) P + 1 -t- rx q n = q X da cui si ricava q = ( E — il ) X — irx' (1) — 94 — La qiiistionc è ridotta a trovare il massimo valore di cui è capace n quando varia x e per quali valori di x ha luogo questo massimo. Ora si ha dalla (1) ( E— il ) ± l/( E — il )" — 4i2 prn irx^ — (E— ili) .r -4- \pn = 0 da cui x = ir Perchè x sia reale bisogna che ( E — il )2 ^ 4 i2^rn , ossia bi- sogna che il numero n delle lampade sia "^ ; il valore " = él^pT massimo N sarà dunque (E — il)2 (2) N = 4 ì^pT e tale espressione ( supposto che corrisponda ad un numero intero) rappresenterà il massimo numero di lampade che l'elettromotore dato è capace di alimentare; di questo, il numero _ _ N _ E — il (3) ' q 2 ir E — il dovrà essere disposto in serie in ognuna delle q =: ■ dcriva- 2 ip zioni. Una volta calcolato il massimo numero N di lampade mercè la (2), si può enunciare la disposizione con la quale esse devono es- sere collocate osservando che se nella (3} si sostituisce ad N il va- lore dato dalla (2) si ricava ■e E — il = 2 ipq ovvero I =: iq = 2^ + — q E . ,^ rs e poiché deve sempre essere I = z risulta p = ^ 1 rs ' q /)-4 H q q Adunque : « Il massimo numero di lampade che il dato elettromotore può alimentare essendo N == , esse dovranno essere disposte 4 i^^r in modo che la resistenza combinata delle sole lampade sia eguale alla resistenza interna dell'elettromotore, aumentata della resistenza dei fili di comunicazione fino al gruppo di lampade. — 1)5 — 11 rendimento elettrico è poi N ri^- ^ (i x"ri* _ , x ri __ 1^: - -il '^~ EI ~~ E ui ~ E •> 1^: 2 E ed è sempre minore di 0,50 : ma vi si accosta tanto più, per valori dati di E e di i, quanto più piccola è la resistenza / dei fili di co- municazione. Coi dati numerici, essendo E = 151, "*^o^^^ 25 / = 2, »'"P 50 >' = 10 oJ^ (a caldo) / - 0. "^^ 50 si ha: E - il 151,25 - 2,5 X 0.5 _^ .^ ^^^^^^^^^^ .^^ ^^^.^ 2 ir 2 X 2,5 X 10 e si ha pure . _ J2L da cui q = — - = -^^^4^ = ^-^ ^derivazioni ^ q q 11 numero totale massimo delle lampade è quindi N = q X = 45 11 rendimento elettrico del sistema è infine il . ^„ 2.5X0,50 ■»? — 0 50 — — 0 50 — r:ii:^:_±l±_ — 0,495 "" ' 2 E — "^'-^ 2X1,151.25 Il caso in cui sia trascurabile la resistenza / del filo di comu- nicazione in ogni gruppo di lampade si deduce facilmente dal pre- cedente: il numero totale massimo è allora N = 4 1^ or ed esse dovranno essere disposte in modo che la resistenza combi- nata delle lampade ( che corrisponde a quella complessiva del cir- cuito esterno ) sia eguale alla resistenza interna dell' elettromotore e di quella dei fili di comunicazione fino alle lampade. Il rendimento elettrico in tal caso risulta eguale a 0,50. II.) In un voltametro ( o in un gruppo di voltametri ) la cui forza elettromotrice di polarizzazione è £ e la resistenza /•, si vuol produrre in un dato tempo un effetto elettrolitico determinato, — 110 — pel quale si richiede una corrente I. Potendo disporre di una bat- teria di un certo numero di elementi ciascuno dei quali ha una forza elettromotrice e ed una resistenza interna p e congiunta al volta- metro da nn filo conduttore di resistenza nota /, si domanda 1.° Il minimo numero di elementi necessarii per ottenere il domandato effetto elettrolitico, ossia la corrente I , e come bisogna disporli : 2." Il rendimento elettrico del sistema; 5.° Il consumo orario di Zinco nell'interno della batteria. Chiamando n il numero degli elementi di eui s = x siano di- sposti in serie e q in. quantità, dovrà essere e X V + 1 n = 1 Questa equazione , per valori dati di I, e, e, >\ p e di /, ammette per X e per n un numero infinito di soluzioni intere e positive; ma la condizione richiesta ;che n sia un minimo, rende determinato il problema giacché si ricava, infatti, i-isolvendo V equazione prece- dente rispetto ad x ne ± V^n'-e2 — 4Ipn [^ -f- l (r -f- 1 )] 2 I Affinchè X sia reale bisogna che n-e- ^ 4 I /^n [s-rl U' -\- 1)] ossia -^ 4 Ip [f-l-Kr + l)] n -^ i- — — Il valore (^minimo) del numero totale di elementi coi quali è possibile ottenere la corrente I sarà dunque _ 4 I/) [f + Kr-hlì] (1) e- e di questi il numero ne 2 [f I I (r f- 1] ^Y) dovrà essere di- •>\p e sposto in serie ed il numero q = -7- =: — ^^^ derivazione. — or — La relazione d) si può sci'ivei'O £—1(1 -pi) — osservando clic e -| ■ Ir - - Il rappresenta il potenziale ai serratili della batteria ed ^'.S' la t'orza elettromotrice totale della batteria stessa. La resistenza interna della batteria è espressa da K = -^— ; e poiché 11 si è trovato ■2[s-'r l (r-y\)] 1 I^> [f-:-l(r-T-l)J s = > n — —^ — '■ ■ e e- la resistenza medesima risnlta e^rnale R _ -— ^ — -, 1 -T- 1 ed e (|iuudi sempre mag-g-iore di r-pl cioè della resistenza esterna. La potenza totale sviluppata dalla batteria è Ptz=esl = 2 I [f-r I U"-f 1)] D'altra parte la energia assorbita dal voltametro il cui poten- ziale è e=lì\ è espressa da Te = I (f + lrj; sarà dun(|ue il rendi- mento elettrico Pe 1 Pt T- II'/ vale a dire sempre minore di 0,50 , corrispondente alla massima potenza utile esterna, ma ne diti'erisce tanto meno quanto più pic- cola è la resistenza / dei fili di comunicazione tra la batteria ed il voltametro. Il consumo orario totale di zinco iieir interno della pila è p =: 0,'i^&r3375 X 3600 X Is = l,sr 215 Is e si vede che, per valori dati di I, quando , cioè , si vuol ottenere un certo efl'etto elettrolitico in un dato tempo, il consumo di zinco dipende dal numero degli elementi in serie. La disposizione, adun- que , per la quale si ottiene la corrente L espressa dalle equa- zioni (3) e (4) è quella, è vero, per la quale il numero totale degli elementi riesce minimo ma non è, come si potrebbe credere , la — 08 — più vantaggiosa dal lato economico, ove, come spesso accade, non sia imposto l'intervallo di tempo nel quale si vuol ottenere l'effetto elettrolitico. In tal caso, converrà dare ad s il minimo valore pos- sibile cioè fare 5=1, e scegliere per numero degli elementi un valore n \a\e che la intensità di corrente che ne risulta abbia un valore sufficientemente elevato per produrre 1' effetto elettrolitico richiesto in un tempo non eccessivamente lungo. A questa disposizione cor- risponderà il più piccolo consumo orario di materiali nell' interno della batteria. Le equazioni (3) e (4) si possono tradurre in parole nel modo seguente : Quando con elementi
  • ed il rendimento = 0,48 Infine il consumo totale di zinco P =: 1,S':215 X 1 = 14,si- 580 . — . Se invece si volesse ottenere il peso di ir2,»"K32 di idrogeno- senza che venisse imposto l' intervallo di tempo, e se si disponessero i 12 elementi in derivazione, si otterrebbe la corrente 1.8 — 1.5 '= . , 0..I8 =''"^'' Con questa corrente il peso cercato di idrogeno si avrebbe in un intervallo di tempo eguale a 112,32 t z± ■ =z 0478" = L'I 48' circa ; 0,0104X1,067 ma col minimo consumo orario di zinco P'zr: L215 X 1.667 — 2,g'-025 e degli altri materiali della pila Il consumo di zinco per ogni grammo di idrogeno ottenuto è , nel primo caso 14,580 P= 0,11232 ='^''''" e nel secondo 6478X0,3375X1.667 3,645 ^ ^^, ^ 0,1297 P' = 7rTT-;:;7, = i^r^. = o,^'-o3245 ==: 0,11232 0,1123 4 — 100 — Si vede adunque che i pesi di ziuco consumati, per ogni unità di peso H raccolto nel circuito esterno, stanno fra di loro, a parità di altre circostanze , come il numero degli elementi in serie cioè, nel caso nostro, come 4:1; ciò che doveva essere per la legge di Faraday e di Matteucci. Roma, 26 Aprilo 1890 Sopra una deduzione elementare del concetto del potenziale — Nota di G. Vanni, ( Tornata del 25 maggio 1890 ) Il concetto del potenziale, cosi fecondo di applicazioni nello stu- dio dei fenomeni elettrici ed in quello di equilibrio e di moto delle masse materiali, può dedursi elementarmente nel modo seguente dal concetto di lavoro. A Consideriamo la massa materiale ^.^ fìssa M (fìg. 1) supposta concentrata in ,,-'' un punto, ed agente secondo la legge newtoniana sulla massa materiale ,ik pure concentrata in un punto, e collo- cata in A, alla distanza r, dalla prima. E noto che l'azione attrattiva f, della massa M su ìu (eguale e contraria al- fig. 1 l'azione di 'jh su M ) è espressa Mm f = iv— V- (i: ri- essendo k la costante di attrazione, vale a dire la forza con cui la unità di massa attira una massa eguale, collocata alla unità di di- stanza. Supponiamo ora che la massa ni passi dalla posizione A, alla posizione Aj situata sul prolungamento della M A,, alla distanza ^*2 y ^'i* Questo potrà supporsi che accada sotto l'azione di una forza esterna eguale e contraria , in ogni istante , alla azione attrattiva della massa fissa M. Tale forza esterna dovrà compiere quindi un lavoro motore eguale e contrario al lavoro resistente compiuto dalla aziope attrattiva della massa M lungo tutto il tragitto A» Aj. E ap- — 101 — punto il valore assoluto di ([iicsto lavoro che noi ci proponiamo di valutare. Se nella relaziono (1) si fa variare arbiti'aria- iiiente la distanza /' da o a -j- X , la azione atti-attiva f va- rierà in eori'ispondenza (la -|- 00 a 0. Portando questi diversi valori del- la f sopra una retta OR (li^. 2) contandoli a par- tire dairorig-ine O, ed elevando dagli esterni d(ù segmenti cosi otte- nuti, delle pei'pendico- lari le cui lungliezzc sia- no proporzionali ai cor- \ A-, e sii'- \^l .i.\K.. i\J A^ 1 .1 ,..'.., . fig. 2 » B i'i^P e poichò , in una somma di quantità clic convergono verso zero si possono sostituire ad esse altre quantità pure convergenti a zero e tali che il loro rapporto con le pi-ime tenda verso T unità, avremo, sostituendo a ciascuna delle aree I;., L, .... ed 1, 1, .... — le corrispondenti aree niistilinee limitate dall'arco di curva A, Aj e clic contrassegneremo con un apice, lim ( L/ + L,' 4- ... ) = 2 lim ( 1/ -f- 1,' + ..,, ì ossia arca A, P>, A, E, = 2 area A^ P, A, P, Si ha ora dalla fìgui'a e facendo X = A^ P, \^ 1% X — (rg-rj f2 = 2X — \\ (f,-!,) da cui ricaveremo la cercata espres- sione del lavoro Mm , Mm X = L = r, ( 1,, — 1', ) — 1; ( ]•., — r, ) = r, 1" — r., i; — k k li . - - I . Il _ - y y Consideriamo il caso più generale che il passaggio dalla posi- zione iniziale A^ alla posizione finale A.^ si effettui secondo una tra- iettoria qualunque, e che A^ non essendo più sul prolungamento di MA, come nella Fig. 1, si trovi tuttavia alla stessa distanza ì\ di prima. In tal caso, per ottenere il lavoro cercato, bisognerà, secondo principi noti, dividere la traiettoria curvilinea A, Aj in un grandissimo numero di parti, tanto da potere far considerare come costante la forza attrattiva /" durante l' intervallo e proiettare ciascuno degli spo- stamenti sulle direzioni della forza stessa nei diversi punti della tra- iettoria; poi portare sulla retta OR ( fig. 2 ) le proiezioni h, hj ... hn cosi ottenute ed elevare dagli estremi i valori della forza attrattiva corrispondente. La quistione è ridotta quindi a trovare l'area A, A, P, Pj identica a quella già trovata e si lia quindi , anche in questo caso, ' ~ ^ l'i ^~ Si Ila dunque questo importante risultato : — 1(11 — « Quando una massa mobile ut passa dalla distanza r, a cui si trova dalla massa lissa M,, ad una distanza i, maggiore di r^ il la- voro resistente della forza attrattiva di qnesta massa è dato in va- lore assoluto dalla espressione precedente qualunque sia la traiet- toria descritta »; ed è chiaro che tale sarà pure, a meno del segno, il valore del lavoro motore necessario per produrre tale spostamento. Avendo quindi due masse matariali M ed ut alla distanza r, se si l'orma la espressione , Mm ^ V = — k (2) r vediamo che la ditrerenza fra il valore che essa assume nella posi- zione iniziale e quello relativo alla posizione finale, esprime sempre il lavoro della forza attrattiva, sia questo lavoro motore o resistente. Alla espressione (2) si è dato il nome di potenziale della massa M su m (1). Il potenziale di due date masse è suscettibile di una notevole interpetrazione fìsica, la quale sorge spontanea dopo quanto è stato detto finora. Se la posizione finale A, si trovasse ali" infinito, sarebbe \\ = oo ed allora la espressione precedente rappresenta , in valore assoluto , la somma di lavoro necessaria per portare la massa mo- bile 'III dalla distanza /• a cui si trova da M, ad una distanza infi- nita. E tale lavoro può essere fornito o da una forza esterna eguale e contraria, in ogni istante, alla azione attrattiva, oppure può es- sere effettuato a spesa della forza viva che deve possedere il mobile quando si trova in A,. In tal caso, il potenziale rappresenta preci- unente la forza viva che bisogna imprimere alla massa ììì perchè possa arrivare a distanza infinita, sottraendosi completamente dalla M. Se si suppone eguale all'unità la massa m, la espressione (2) diviene ]' ed cspi'ime allora ciò che si chiama il potenziale della massa M alla distanza/-; essa rappresenta evidentemente il lavoro eseguito o con- sumato sulla unità della massa mobile, (1) Abbiamo adottata la delinizione precedente del potenziale, anziché quella seguita in molti trattati di Meccanica , per uniformarci ai procedi- menti che si tengono in Elettrostatica e nel Magnetismo e seguendo le idee esposte dal Ch.o Prof. Roiti nei suoi « Elementi di Fisica ;) Voi. I, jxig. 131 ir cdiz. — 105 — Una importante osservazione rimane da lare a proposito della costante di attrazione A'. Trattandosi di masse materiali e facendo liso del sistema assoluto di misure ( centimetro, «rrammo-massa, se- condo ) la unità di misura delle masse è determinata ( la massa di un grammo) insieme con la unità di forza (ladina): Allora la co- stante /{ risulta eguale a 0, UOO 000 005 (1) ed esprime, in dine, la azione attrattiva che la massa di un grammo esercita sopra una massa eguale, collocata alla distanza di un cen- timetro. In tal caso, il valore del potenziale di una massa .M di looOO tonnellate, per es. alla distanza di un metro, sarebbe V = - R -^i = - «, 000 000 005 10051052^ = _ or, r 100 ed il suo valore numerico esprimerebbe, in unità assolute la som- ma totale di lavoro che occorrerebbe per sottrarre completamente la massa di un grammo dall'azione attrattiva della massa M di 10000 tonnellate. Ma se invece la unità di massa non è prestabilita e si vuole in- vece sceglierla in modo che la costante di attrazione li risulti eguale ad uno quando r = 1 , f = 1 ( come accade appunto in Elettrostatica) allora il potenziale di una massa M, valutata in questa particolare unità, risulta espresso da v = -^ r ed esprime sempre il lavoro necessario per sottrarre completamente la massa unitaria dall'azione della M . — . Roma, Mauijlo 1890. (1) Vedi: RoiTi. Elementi ili Fisica, Voi. /, pag. l'iì. — 106 — Sopra alcuni Cisticerchi di una foca (Monachus aU biventer Gray ) — Nota di G. Crety. (Tornata del 27 aprile 1890) Nella collezione chnintologica del Museo Brittannico si conser- vano parecchi esemplari di cisti rinvenute fra i muscoli di una foca, Monachus aìMventer, catturata lungo le coste del Senegal. Valen- domi di studii e ricerche precedentemente da me instituite sulle for- me larA'ali dei Cestodi (1) ho potuto agevolmente interpretare gli schizzi presi dall' egregio amico Prof. Fr. Sav. Monticelli nel Museo summenzionato e cortesemente posti a mia disposizione in uno con gli appunti relativi. Queste cisti sono formate di una capsula esterna connettivale, dentro la quale si contiene un corpo rotondeggiante opaco, che in un punto mostra una opacità maggiore; osservate queste cisti, dopo rese trasparenti con glicerina ed acido acetico, mostrano nell' interno un bellissimo cisticerco che presenta i seguenti caratteri. Lo scolice invaginato descrive nell' interno della cisti un giro e mezzo; fatto svaginare con la compressione, mostra un collo alquanto lungo ter- minato da una testa con quattro ventose e la corona di uncini. Le ventose sono laterali, sporgenti, con una musculatura molto robusta. Non si osserva proboscide , ma una semplice eminenza o rostello molto sviluppato, che presenta una duplice corona di uncini, alcuni più grandi, altri più piccoli, disposti alternativamente, però le loro estremità libere sono tutte al medesimo livello. La porzione basale o manico è lunga quanto la metà circa dell' uncino intero; la guar- dia si stacca ad angolo retto; la parte libera o lama, termina ap- puntata come una falce. Il numero preciso degli uncini non è a mia cognizione , però dall' ampiezza del rostello suppongo che debba oscillare fra 26-32. Allo scolice segue il collo discretamente svilup- pato, che presenta molte rughe trasversali delle quali alcuno assai profonde. Questa forma larvale di tenia per i caratteri innanzi citati si avvicina molto al CysHcercus celliUosa.e. Infatti, in questo, le ven- (U) C. Crety. Intorno ad alcuni cisticerchi dei Rettili , in : Boll. Soc, Nalur. Napoli. Anno I, 1887, pag. 89. C. Crkty. Ricerche sopra alcuni cisticerchi dei Rettili , in: Aili R. Acc. Medica, Roma, Anno XIII, 1886-87 {2), Voi. III. — 107 — tose sono molto sporgenti e lo scolicc presenta una forma globosa; il rostello è munito d'una duplice corona d'uncini, alcuni jùù lun- ghi , altri più corti , inseriti in modo che le loro estremità libere trovansi al medesimo livello. Alla testa fa seguito il collo, che nel- r adulto può arrivare fino a mm. 20 di lunghezza. Il cisticerco della cellulosa può essere della grandezza di un pisello, d'un fagiuolo o d'un seme d'arancio, il cisticerco della foca si presenterebbe più grande, perchè la capsula esterna avrebbe una lunghezza di centimetri due ; ma si sa del pari , che le dimensioni possono variare secondo i differenti ospiti. Oltre le infezioni prodotte nell' uomo e nel majale da questa larva, il cisticerco della cellulosa è stato anche rinvenuto nell'Orso, nel Cane, nel Gatto e nel Cervus capreohcs. In qualche scimmia (Inuus cynomolgus e Cynocephalus mor- mon) nei Buoi, nelle Capre, nelle Pecore, e nelle Antilopi trovasi la larva della Taenia marginata {Cysticercus tenuicollis) , la quale presenta qualche carattere comune col cisticerco della foca , però osservansi anche differenze notevoli che non permettono riferirlo a questo, come la vescicola caudale assai minore e la forma del collo. Il Debell-Bennett (2) in un articolo sulla Storia naturale del Physeter macrocepJìalus facendo menzione de' suoi parassiti dice di aver trovati nel lardo molte cisti di un Cysticercus , ma senza darne però una descrizione dettagliata. Questo articolo è un riassunto di un' altro lavoro del Debell- Bennett inserito nei Proc. Zool. Soc. London, 18.S7; ma anche in in quest'ultimo, non ne dà alcuna descrizione. Kroj^er (1) parlando dei parassiti del Pìiyseley macrocephalus riporta le osservazioni del Debell-Bennett con le medesime parole del riassunto. xVppare dunque manifesto che i due cisticerchi del Bennett e del Kroyer sono la medesima cosa ( ^Cystìc. Balaenac rnysticcti Dies. Syst. Helm. I,pag. 403): la. mancanza di una esatta descrizione rende disgraziatamente impossibile qualunque comparazione con il cisti- cerco della foca. Moniez (3) recentemente ha descritto col nome di Taenia Gri- maldi (larva) i cisticerchi trovati molto numerosi nella regione caudale di molti Delfìni catturati in pieno Atlantico dall' Hirondelle. (1) Isis, 1841, pag. 918 {=Cyslicercus sp. della Balaeaa mt/slireliis — V. vqn Linstow. Nachtrag. Comp. Ilelm. pag. 26). (2) in: his, 1845, pcig. 916. (3) Sur la larve du Tamia Griniildii n. sp. in: R;v. fìtolog. Noìd, France, 2. Aanée, N" 6, pag. 243. — 108 — 11 cisticerco della foca, non si può identificare con questa larva perchè, oltre gli altri caratteri, lo scolice è sprovvisto di uncini. Credo dover segnalare ali" attenzione degli Elmintologi questo fatto abbastanza rilevante del rinvenimento del C. cellulosae in una foca, poiché, per quanto è a mia cognizione, è la prima volta che- si rinviene un cestode tenioidc nelle foche. Roitìo, Laboratorio di Anatomia Comparata, Aprile 1890. Di un nuovo riordinamento delle famiglie Mono- cotyledoneae criticament<^ espoeto — Nota di Giuna Tagliani. (Tornata del 13 aprile 1890) Quantunque la botanica fosse stata da Aristotele elevata al grado di scienza, sicché era sperabile che l' indagine speculativa si fosse anche rivolta su di quel nuovo campo, pure per parecchi secoli niun progresso notevole potè verificarsi, e le cognizioni fin' allora acqui- site si esaurivan tutte, per cosi dire, nelle opere variamente com- mentate e modificate di Tcofrasto e di Galeno , di Dioscoride e di Plinio. Fu appena nel 1583 che la botanica ebbe finalmente a risorgere' dal suo lungo torpore per Andrea Cesalpino , considerato merita- mente quale fondatore della tassinomia vegetale. Scolastica o scien- tilica, comunque la si voglia considerare , è certo che la dottrina esposta dal Cesalpino nella sua opera « De plantis libri XVI " die impulso al moviuicnto , che dal principio del XYII secolo si estese lino air epoca, in cui Carlo di Linneo segnò per la sistematica una. nuova e più feconda era. lohn Ray (1) fu il primo che pose in certo modo in chiaro la distinzione fra Dicotiledoni e Monocotiledoni. Ma il merito di aver • lato a queste due classi di piante il loro giusto valore spetta ad Anton-Lorenzo di lussieu (2), quantunque questi avesse con falso critei-io coordinate le Mottocotyledones alle Acotyledones, e vi avesse •la un lato annoverati generi dicotiledonei (Houituynia, Cabomba, i\clnnd/ii(,,i, Trnpa, ,; e d'altro canto esclusi generi mani/esta- (^) Metliodus plantarum emonclata et aucta. ilTG.'^). (2j Genera pian tara in, (178^)). — 100 — uicnte monocotilcdonoi (Najas,, Potamorjeton, Tiupina, Lemma, ). In simi^^lianti inesattezze sono incorsi in prosieguo anche valentis- simi tìtogralì. Così Roberto Brown (1) riunì alle sue Monocohjledo- ;?(?. se non impossibile, è il ricondurre il fiore, costante- mente nudo, delle CenU'olepidaceae al tipo normale. L' Eichler (2), contrariamente all' opinione espressa dal Hieronymus, (3) avea si- gnificato doversi ogni carpello ritenere come fiore ^ monogino , e ogni stame per fiore ^ monandro. Tale veduta se va pel genere Brizula non può parimenti trovare applicazione a' rimanenti generi. Di questi le ApJielia "^ hanno fiori con un solo stame situato obliqua- mente indietro, cui è opposto un unico carpello; le Centrolezns, in massima parte "5" , e gli Alepyrum posseggono invece uno stame solo e due 0 parecchi carpelli. Le Gaimardia Y gettano un po' di luce sui rapporti fiorali di questa famiglia. Abbiamo qui due carpelli al- terni a due stami; visibilmente si tratta d'un fiore dimero con sop- pressione del ciclo staminale esterno. Se tale veduta si volesse esten- dere anche agli altri generi monandri, si potrebbe supporre in essi anche una parziale soppressione del ciclo interno, l'el gineceo fo notare che talora manca un carpello (Bì-izula, Aplielia) talora ve ne ha due (Cenirolepis, Alepyrum) di rado un numero maggiore (Cenb'olepidis spec, AlepyH spec), e questo certamente per pleio- meria. Codeste sono ipotesi e nulla più; e quantunque recentemente il Hieronymus (4) sia ritornato sull* argomento, non son rimasti tut- tavia ben chiariti ivcri rapporti de' fiori delle Ccniì-oleìndaccae colle rimanenti famiglie del tipo gigliaceo. In quanto poi alla loro collo- cazione nel sistema io credo col Carnei (5) che per la notevole ri- fi) Pensieri sulla tassinomia botanica, (1881). (2) Bliithendiagramme, Voi. I, (1875'. (3) Beitràge zur Kenntniss der Centrolepidacefin, ( 1873 '. (1) Ueber Biute und Bliitenstand der C en trolepi d aceen, (1886). (1) Sulla struttura fiorale e le affinità di varie faniiirlie Monocotiledoni. — 118 — (luzione del fiore principalmente, e per la natura delle inflorescenze, stanno meglio vicino alle Cyperaceae e Agrostidaceae anziché tra le Liliiflorae, ove, come ho esposto, fiori affatto nudi si hanno ra- rissimamente e in via eccezionale. Nelle Cyperaceae , quando esistono tutti e sei , i fìlli perigo- niali si dispongono distintamente in due verticilli trimeri; spesso abortisce o l'uno o l'altro, più di rado entrambi fCariceaeJ; talvolta invece vi ha aumento nel numero de' membri {Eriospoi^a, Rhyncho- fiporae spec., Eriophori spec). Il numero tipico di stami (3+3) è raro, per lo più è soppresso il verticillo interno, o in taluni casi anche qualche membro dell' esterno. L' ovario ha tre carpelli epise- pali, e dove sono in due hanno in genere disposizione trasversale. Non discuterò le disparate opinioni che si sono avute intorno alla costituzione morfologica del fiore delle Agrostidaceae, tale di- •scussione uscendo dai limiti del mio lavoro. Dichiaro solo che, ri_ gettando la teoria dell' Eichler, (1) di considerare cioè le lodiculae quali rappresentanti di un ciclo perigoniale interno, mi attengo a quella meno ipotetica e fondato sullo sviluppo embriogenetico delle diverse parti esposta dall' Hackel (2), in cui \e lodiculae rispondono alla seconda brattea per lo più bifida quasi fino alla base. Cosi ve- -duto il fiore delle Agrostidaceae è nudo. Gli stami, quasi sempre al numero di 3 o 2, appartengono al verticillo esterno, giacché l'im- pari mediano é anche anteriore. Ne' fiori monandri {Nardus, Lygeum) abortiscono comunemente i due laterali. Due cicli trimeri completi si hanno di rado (Ovyza, Strepi ochaet a, Bamhusa); fiori poliandri son pure rarissimi (Luziola, Ochlandra, Pariana) : si ha qui senza dub- bio sdoppiamento. L'unico carpello dell'ovario é l'impari mediano. Le modificazioni al tipo normale che nelle Liliiflorae han luogo solo per fandrocco, si avverano invece in queste tre famiglie anche per gli altri verticilli. Nella maggior parte delle Cuperaceae, come ho lasciato notare, esiste ancora un perigonio, sia incompleto, sia ridotto, ma nelle Centrolepidaceae e nelle Agrostidaceae manca assolutamenr,e. ('osi pure il gineceo, per lo più completo nelle Cy- peraceae, è ridotto a un sol carpello in molte Centrolepidaceae e in tutte le Agrostidaceae. Riunisco le tre famiglie nell" ordine delle Ag)-ostMina, unico della coorte delle Glumiflorae, già proposta dal Carnei, (3) coorte che si distacca da quella delle Liliiflora" pe' ca- (1) loc. cit. • (2) Untersuchungen iiber die Lodiculae der Griiser, (1881). (ò) Ponsiori sulla tassinomia botanica, ( 1881 ). — 119 — ratteri dianzi acceuiiafci e i)cr la peculiare inflorcsccnza. Le ti-e fa- miglie infine possono ripartirsi in tre sott' ordini, delle Cenlrolejyi- fioideae, delle Cypeì'oideae e delle Graniiaoideae, con caratteri ti- rati dalla struttura del fiore, dalla direzione della gemmula e dalla posizione dell' embrione per rispetto alla mandorla. Colle PJioetiicaceae rientriamo nelle famiglie a tipo gigliacco normale. Quantunque esse, ne' rapporti fiorali, presentino delle affi- nità colle luncaceae, alle quali spesso sono state ravvicinate, tut- tavolta altri caratteri, e di non poca importanza, ne le allontanano, E invero le Phoenicaceae formano una famiglia che, mentre da una parte mostra affinità con questa o con quella di altri gruppi, nel- r assieme de' caratteri costituisce uno de' gruppi delle Monocofyle- doneae più naturali e meglio circoscritti. Molti autori, fondandosi sul carattere dell' infiorescenza e su preconcette affinità, lian ravvi- cinato questa famiglia alle Araceae e affini. Un simile criterio pecca d'inesattezza, poiché, sebbene in genere si dia il nome complessivo di spadici alle infiorescenze, spesso voluminosissime, di queste piante, esse non corrispondono pertanto allo spadice delle vere A)'aceae. Qui di regola 1' asse è alquanto carnoso e succulento, ma sempre abbastanza tenace e fibroso, né si prolunga giammai superiormente in una porzione libera e priva di fiori. Le Lepidocaryeae, in cui i fiori si dispongono disticamente su 1' asse, rammentano le Grami- noideae, ma da queste si allontanano per l' integrità del loro tipo fiorale, per la normale diclinia e per la speciale conformazione delle loro foglie, le quali trovan riscontro solo in qualche genere delle €ardulomcaceae. Gli ultimi due caratteri le separano ancora dalle Liliiflorae. Epperò le Phoenicaceae posson considerarsi, come an- teriormente han fatto e V Endlicher (1) e il Lindley (2) e il Bron- gniart (3), e di recente ritenuto 1' p]ngler (4), quali rappresentanti di un ordine e di una coorte distinta che denominerò rispettivamente delle Phoemcina e delle PJioeniciftorae. Le Araceae nel loro più ampio significato costituiscono i rap- presentanti di un ultimo gruppo di Monocodjledoneae dal tipo gi- gliaceo. I fiori sono o trimeri o dimeri. Raramente esistono fiori ermafroditi (Pathos, Acorus , Dracontmm , SpalhipìnjlìMm) ripe- petenti integralmente per numero e posizione di verticilli il tipico (1) Genera piautarura, (1836). (2) lo e. cit. (3) lo e. cit. (4) Fùhrer u. s . w. — 120 — diagramma. lu molti generi esiste un perigonio biseriato ( Pathos, Acorus, AnUiurimn, Orontium, Lasia, Urospatha, Ophìone, Spa- thiphìjllum , Dracontium ) ; ma generalmente esistono fiori nudi e in tal caso di regola unisessuali. Talora anche in fiori ermafroditi si ha soppressione del perigonio (Calla, Amyclrium ). In certi casi il diagramma è apparentemente alterato per la mancanza ora d' un carpello (Lasia) ora contemporaneamente d'un carpello e d'uno stame ( Cyriosperma ) . Maggiori riduzioni possono ancora avverarsi tanto per l'androceo (Aglaonema, Rìchardia, Arisarum , Pistia, Lemma) quanto per il gineceo (Ar/laonema, Arisarum, Lemma.) Aumento nel numero de' cicli staminali ( Typhonodorwm ) o carpel- lari ( Ophione, Anepsias) si hanno eccezionalmente. Non ritengo le Araceae ne' limiti assegnati loro dal Meisner (1) e dall' Engler (2). Riferendomi alla separazione de' sessi, cui in certi limiti si associa anche la mancanza o presenza d'un perigonio, e prendendo in alta considerazione l' esistenza o mancanza d' una mandorla e la costitu- zione dell' embrione , nonché qualche altro carattere , credo giusto di ripartir le Araceae, nel loro più ampio significato , in sei fami- glie distinte, delle Orontiaceae, delle Callaceae, delle Aglaonema- Qeae delle Araceae, delle Pistiaceae e delle Lemnaceae. A questo gruppo di famiglie si approssimano le Cardulovicaceae , riducibili ancora al noto tipo gigliaceo, con fiori costantemente uni- sessuali e raggruppati su d'uno spadice carnoso, ma con altra di- sposizione che nelle Araceae. Vi si connettono ancora le Pandanaceae , le Sparganioceae e le Typhaceae, di cui la prima e l' ultima famiglia, per riduzioni pro- fonde, non si lasciano in alcun modo ricondurre al tipo normale. Lo sole Sparganiaceae potrebbero ancora riferirsi, senza molte difficoltà, al normale diagramma , per il loro perigonio spesso biseriato , per gli stami in taluni casi isomeri e alterni al numero de' tepali , e pe '1 numero de' carpelli. Le profonde divergenze fra le Typha e gli Sparganiitiii sono state poste in chiaro dalle ultime e belle ricerche dell' Engler (3) e del Dietz (4), sicché non v'ha più dubbio che questi due generi debbano costituirsi in due famiglie distinte. Al gruppo (1) loc. cit. (2) Araceae, in Alph. et Gas. de Cand. Monographiae pbaae- TO;,'amarum, Voi. II, (1879). (3) Ueber d-ie Familip d«r Typhaceen, (1885), (4) Die Blùten und Frucbtentwicklun g bei den Gattungen Typliti und Sparganium, (1885). — 121 — (Ielle AìYcceae e a/lini e di queste ultime famiglie dò il valore di or- dine, delle Aroidina, unico della coorte delle Spadiciflorac, Tutte e quattro le coorti sebbene si allontanino per riduzioni diverse che nel fiore lian luogo , convergono pertanto in un punto capitale , nel potersi cioè ricondurre tutte a un tipo unico fiorale, che ho fin da principio denominato gigliaceo o trimcro-pentaciclico. In poche famiglie i rapporti fiorali sono tuttavia incerti o allatto oscuri , sicché parrebbe a prima vista che queste dovessero venir allontanate da tutte le altre. Ciò invero non è. Al carattere di un tipo fiorale unico vengono in sussidio altri i quali non sono di minor importanza: la fusione de' carpelli in un so! ovario, rarissimamente non verificata ( Corypìiinae ); la presenza di una mandorla di varia consistenza, mancante solo in tre famiglie ( OrehUlaceae , Orouiia- ceae, Aglaonemaceae ) ; l'embrione per lo più microblasteo, di rado proto blasteo ( Orchidaceae , Orchioìdes ) o eccezionalmente macro- blasteo ( Orontiaceae , Aglaonemaceae). Con tale complesso di ca- ratteri naturalissimi resta ben delineata 1' estesa serie delle Lirian- tÌMp, ne' limiti medesimi assegnatile dal Carnei (1). Mentre tutte le famiglie di questa serie si raggruppano intorno a una sola forma tipica, esiste un altro gruppo importante di Mo- nocoiuledoneaf' , costituente la serie delle Heteranthae , coli' unica coorte delle BiverHiflorae , molto meno estesa della prima e in cui i tipi fiorali in una medesima famiglia sono molteplici , sia perchè vi ha aumento o diminuzione del numero de' verticilli , i quali an- che allora si seguono con regolare alternanza , sia che a questo fatto si associi anche il frequentissimo sdoppiarsi de' membri di ta- luno de' verticilli , in genere gli esteriori. Questi due caratteri in via eccezionale si riscontrano nelle Liriantlìae. L'apocarpia, raris- sima nella prima serie , è qui un carattere quasi costante , poiché trova eccezione nelle sole Hydrocliarttaceae , ove è spiegabile per la presenza di un gemmulario infero. L'embrione è sempre macro- blasteo e privo di mandorla ; nelle sole Triuridaceae (2) è proto- blasteo e , a quanto pare , provvisto d' una mandorla ; questa esiste forse anche nel genere Tetroncluni (3). La più semplice espressione del tipo fiorale esiste nelle Najadaceae, in cui il fiore c^ possiede oltre al perigonio un solo stame centrale, e il fiore 0 alla sua volta (1) Pe.nsieri sulla tassinomia botanica^ (1881). (2) V. A. PoTLSEx. Bidrag til Tri ur idaceernes N aturhistorie, (1886). (3j HooKER. Flora antarctica, Voi. Il, MSiT'. 3 122 un perigonio e un carpello centrale con una sola gemmula centrale eretta. È questa davvero una singolare conformazione fiorale che non ha riscontro in ninno de' generi monandri e monocarpidiati, ovvii nelle Potamogetonaceae e nelle Lilaeaceae. Pertanto non di- vido l'opinione del Carnei (1), che per questo solamente ne ha co- stituito un gruppo a parte col nome di Centranthae, coordinato alle Lirlanfhae e alle sue Hydranthae. Non discuterò i diversi tipi fio- rali, tale esposizione essendo fuor di luogo. Fondandomi sulla particolare struttura fiorale elevo le Najada- ceae a ordine delle Najadina. Ripartisco le altre famiglie ne' tre or- dini delle Fluviina, delle Alismina, delle Hydrocharitina. L'ordine delle Fluviina è principalmente rappresentato dalle Potamogetonaceae , famiglia caratterizzata da' suoi tipi fiorali note- volmente ridotti e dalla mancanza d' un perigonio. Ho pure collocato in questo medesimo ordine il genere Lilaea, già proposto dal Hie- ronymus (2) come rappresentante della famiglia delle Lilaeaceae, prossima tanto alle Zostereae, quanto alle TrtglocUinaceae, alle quali ultime comunemente è ascritta. Le Alismina presentano forme fiorali normalmente perigoniate bene sviluppate , dove meglio spiccano i caratteri dell' intera serie. Comprendono quattro famiglie, delle Tviglocliinaceae , delle Triuri- daceae, delle Aponogefonaceae e delle Alismaceae. Le Aponogeto- naceae , cui il Planchon (3) avea negato un perigonio , per molto tempo sono state ravvicinate alle Potamogetonaceae o riunite a que- ste, ma oggi, dopo la memoria pubblicata, non è molto, dall' Engler (4), è assodata la presenza d" un perigonio, e sono state meglio poste in chiaro le intime affinità colle Alismaceae. Le Triuridaceae trovan posto in quest' ordine accanto alle Alismaceae per la notevole pleio- meria del loro gineceo. Chiudo il sistema coli' ordine delle HydrochariUna, che, pe' rap- porti fiorali, si connettono intimamemente colle Alismina, ma ne sono ben distinte dall' ovario infero e da' carpelli sincarpi. Appar- tiene a quest' ordine la sola famiglia delle Hiidvocharitaceae. Infine lascio notare che le Liì-lardhae e le Heieranthae son due serie parallele, che da tipi fiorali bene evoluti vanno a grado a grado (1) loc. cit. (2) Ueber Lilaea subulata, ( 1878. ) (3) Observations sur le genre Aponogetoii t^t sur ses affi- nités naturelles, ( 1844). (4) Rei tra gè /, ur Kenntnis der A pò u o go tonac eae, ( 1887 ). — ì-s.i — verso forme ridotte: cosi le Orchitlaceae son parallele alle Hijdro- charitaceae , cui si accostano per talune note , le Lemnaneae alle Najadaceae, colle quali pare debbano confondersi. Cosi costituito, il sistema proposto comprende due serie, cinque coorti, undici ordini e quarantasei famiglie. Espongo il Prospetto: Monocotyledoneae ( Class is Metaspermarum altera) Fascicula fibro-vascularia clausa. Flores typice trimeri. Embrj^o saepissime monopliyllus. Serics prior. Liriaxthae. Lirianthae: Carnei. Mfcroblastae: Drude. —Flores typice trimero — •( rarius bimero — aut rarissime tetramero — v. pentamero — ) pentacyclici . Gynoecii carpidia saepius in gemmularium superara v. inferum coalita, ra- rius abortii solitaria, v. rarissime libera. Araygdala cornea v. carnosa aut fa- rinosa, rare nulla. Embryo microblasteus , saepe protoblasteus , rarissime macroblasteus. Cohors prima. Liliiflorae. Inflorescentia nec spadix nec spicula. Flores typice bermaphroditi. Pe- rigonium biseriatum , completum , rarissime incompletum aut etiam defi- ciens. Androecium biseriatum, saepe, ob verticillum exterius interiusve de- ficiens, uniseriatum^ haud raro prò parte abortivum v. petaloideo-bypertro- pbicum , rarissime duplicatione auctum. Gynoecii carpidia saepissime com- pleta. Embryo microblasteus, saepe protoblasteus. Ordo [irimus Orchidina, Gynandrae : Endlicher. — Flores stricte zygomorphi. Perigoniura tri- merum, biverticillatum, coroUino-homochlamydeum. Tepalum mediano-po- sticum ( labellum ) valde evolutum varieque eft'ormatum. Stamen fertile saepissime unum, mediano-anticum, cum gynoecio in gynostemium conna- tura ; reiiqua oranino abortiva, v. partim abortiva et partira staminodialia. "Staraina fartilia rarissime 2, 3, 5. Gemmularium inferum. Stigmata lateralia modo fertilia , mediano-anticum abortivum v. in rostellum mutatura, ra- rissime omnia fertilia. Semina examygdalosa. Embryo protoblasteus. 1. Orchidaceae: Pfitzer. 124 — Ordo secimdus. Philydrina. Flores stricte zygomorphi. Perigonium corollino-homochlamydeum, bi- Yerticillatum, trimorum, tamen tepali mediano-postici abortii atque tepalo- rum postero-lateralium concrescentia specie bimerum. Androecium ad sta- meli unum, mediano-anticum, reductum. Gemmularium superum. Embryo homotropus in amygdala carnosa axilis. 2. Philijdraceae Lindley. Ordo tertiiis. Scitarrina. SciTAMiNA : Linneus. Scitamineae: Linneus. — Flores stricte zygo morphi V. asymmetrici. Perigonium trimero-biverticillatum, heterochlamy- deum. Androecium typice trimero-biseriatura. Stamen fertile saepissime unum, mediano-posticum, caetera omnino v. partim in staminodia petaloi- deo-hypertrophica polymorplia mutata. Stamina fertilia rarissime 5 v. 6 aequalia , Gemmalarium inferum. Embryo homotropus in canali centrali amygdalae copiosae durae v. interdum plus minus farinosae locatus. Folio- rum laminae saepius amplae , venis numerosis crebris parallelis a costa mediana plus minus oblique divergentibus. 3. Cannacene: Agardh. 4. Zingiberaceae: Lindley. 5. Mitsaceae : M a s s e y , Ordo qiiartiis. Liriidina. Flores typice actinomorphi _, rarissime plus minus zygomorphi v. pa- rum irregulares. Perigonium biseriatum , completum , rarissime incomple- tum V. omnino deficiens. Androecium biseriatum v. ob verticilli interioris exteriorisve abortum uniseriatum v. rarius prò parte abortivum. Amygdala cornea v. carnosa, interdum farinosa. Embryo monophyllus microblasteus,. rarissime protoblasteus. I Suborda prinuis. Orohioides. Gcinmula anatropa. Amygdala ad cellulas pancas reducta. Embryo pro- toblasteus. 0. TJn&iitf'aceae. 7. Burmanniaceae : Blu in e. 125 Subordo sccimdus. Coronariae. LtLiH'LORAK ( SoLiDo-ALHUMiMATAE ): Engler. — Gemmala saepissime anatropa. Amygdala cornea v. carnosa. Embryo intrarius homotropus. 8. Iridaceae: Liiidlcy. 9. Bioscoreaceae : Lindlcy. 10. Taccaceae : Dumorticr. 11. Amaryllidaceae. 12. Ilaemodoraceae : Pax. 13. Slemonaceae: Carnei. 11. SinUacaeeae: Carnei. 15. Liliaceae. 16. luncaceae: Buchcnau. Subordo tcrtius. Bromelioideae. 'Gemmala anatropa. Amygdala farinosa. Embryo extrarius homotropas. 17. Flagellariaceae: Caruel. 18. Rapateaceae: Schomburg. 19. Bromeliaceae: Lindley. 20. Pontedeciaceae: Meisner. Subordo quartus. Enantioblastae. Gemmala orthotropa. Amygdala farinosa. Embryo extrarius antitropus. 21. Commelinaceae : H. Richard. 22. Mayacaceae: Walpers non Kunth. 23. Xyridaceae: Liudlcy. 24. Reslionaceae. Cohors secunda. Glnmìflorae. Glumiflorae : Caruel. — Inflorescentia spicula. Flores typice herma- phroditi. Perigonium saepius deficiens, rarias incompletum, rarissime com- pletum V. auctam. Androecium saepissime incompletum, rarissime comple- tam V. auctum. Gynoecium saepius incompletum, rarius completam v. pleio- merura. Embryo luicrobasteus. Ordo quintus. Agrostidina. Cohortis characteres. Subordo primus. Centrolepidoideae. Flores nadi. Gemmala orthotropa. Embryo extrarias antitropas. 25. Centrolepidaceae: Hicroiiymus. — 126 — Siibordo secimdus. Cyperoideae. Perigonium nullum \. atrophicam. Gynoecii carpidia 3 v, 2 in gemmu- larium uniloculare coalita. Gemmala anatropa. Fructus siccus indehiscens. Semen a pericarpio liberam. Embryo excentricus in amygdala farinosa v. carnosa inclusus. 26. Cyyeraceae: De Lamarck et De Candolle. > Snbordo tcrtins. Graminoideae. Perigonium nullum. Gynoecii carpidium solitarium, antico-medianum- Gemmula fere campylotropa. Caryopsis. Embryo extrarius. 27. Agrostidaceae. Cohors tertia. Phoenicìflorae. Principes: Endlicher. — Influrescentia vulgo spadix dieta. Flores typice diclini. Perigonium saepissime completum utriusque seriei trimerum. Sta- mina plerumque 6 biseriata, rarissime oo. Gynoecii carpidia 3 in gemmu- larium superum coalita, saepe omnino libera, aut prò parte atrophica. Em- bryo parvus , in foveola propria juxta amygdalae solidae peripheriam im- mersus. Arbores v. frutices habitu peculiari, foliis pinnatisectis v. flabella- tim plicatis. Orda sextiis. Phoenicina. Cohortis characteres. 28. Pìioenicaceae : Le ma ir e. Cohors quarta. Spadiciflorae. Spadiciflorae : Endlicher. — Inflorescentia spadix. Flores typice diclini. Perigonium e verticillis 2 completis v. saepius incompletis aut etiam defi- cientibus. Androecium saepius incompletum, rarius completum v. rarissime auctum. Embryo microblasteus , saepe ob amygdalam deficientem macro- blasteus. Ordo scptimns. Aroidina. Cohortis characteres. 29. Caì-dulovlcaceae. 30. Orontiaceae. .'il. Callaceae. 32. Afjlaoneitiaceae.. 33. Avaceae. 31. Pisl/acoae: A. Richard. 36. Lc'iìinnccne: Duby. — 127 — 36. Panrlanaceae : Liiidlcy. 37. Spayganiaceae: Eiiglcr et Dictz 38. Tijpìiaceae: Eng-ler et Dietz. Scrics altera. ITeterantiiae. Macroblastae : Drude. — Florum verticilla 1 - x. alternantia , varie inter perigonium, androecium atque gynoecium distributa, rare incompleta, V. perigonialia delìcientia, aut staminalia exteriora saepe duplicatione aucta. Gynoecii carpidia saepius libera. Amygdala saepissime nulla. Embryo sae- pissime macroblasteus. Cohors quinta. Diversiflorae. Helobiae: Meisner. Seriei characteres. Ordo octavus. Najadina. Centraxthae et Centriflorae : Carnei. — Flores perigoniati : cf ex anthera sessili axili, 2- ^ carpidio supero centrali uniovulato efformatus. 39. Najadaceae: MagnuSo Ordo noiiiis. Fluviina. Flores saepissime nudi. Stamina 1 , 2 , .3 uniseriata , v. 4 et biseriata. Gymnoecii carpidia supera 1-4, rai'issime plura^ libera, uniseriata. 40. Potarne (jotonaceae : Carnei. 41. Lìlaeaceae : H i e r o n y m u s. Ordo dccimiis, Alismima. Flores perigoniati. Verticilla staminalia saepius plura, completa, jarius incompleta, saepe duplicata. Gynoecii carpidia supera 1 - :o , libera. 42. TriglocMnaceae . 43. Triuridaceae : L i n d 1 e }^ 44. Aponogetonaceae : Carnei. 45. Alismaceae: Bentham et Hooker. Ordo decirao-primns. Hydrocharitina. Hydrales : Boulger. — Flores perigoniati. Gynoecii carpidia 3 - co , uni- seriata, in gemmularium inferum coalita. 46. Hydrochai -ilaccae : A eh e r s o u. Napoli, dal E. Orto Botanico, li 12 Aprile 1890. — 128 — Di una forma teratologica di Bothriocephalus micro- ceplialus Rud. — Comunicazione di Fpw Say. Monticelli. (Tornata del 13 aprile 1890) Esaminando i molteplici esemplari di BothriocephaÌMS microce- phalus Rud. da me raccolti a più riprese nell'intestino dell' Or//;a- goriscus mola e sul quale spero presto poter pubblicare un lavoro esteso, (1) ne ho trovato uno die presenta una deformazione tera- toloaiica assai caratteristica. 'g:io di circumnavigazione della R. Corvetta Vettor Pisani nel 1884-85 — Nota di F. BALSA3I0. ( Tornata del 8 giugno 1890 ) L' anno passato il socio Mazzarelli gentilmente mi offriva del ma- teriale ricavato dalla cavità digerente di alcune specie di Aplysiae e Dolabellae raccolte nei mari tropicali, e m'incaricava di esaminarlo in ordine alle specie di diatomee che vi si potessero rinvenire, au- torizzandomi ad estendere un elenco delle specie di alghe che ne formavano il contenuto. Avendo trattato quel materiale con oppor- portuni mezzi, per distruggere le materie organiche, ho ottenuto un residuo , consistente tutto in gusci di diatomee , dal quale ho fatto diverse preparazioni, servendomi come mezzo di montatura, dello sto- race nella benzina, il quale possedendo un' indice di refrazione supe- riore a quello del balsamo del Canada, è raccomandato dai diatomo- logi, a preferenza del primo, per la montatura delle diatomee. Trat- tandosi di specie abbastanza grandi ed a striatura non difficile, non ho creduto di ricorrere ai medium di elevato indice di refrazione, e recentemente adoperati; come ad esempio: alla soluzione di arsenico nel realgar fuso; al bromuro d' antimonio ed arsenico etc; anche per- chè questi mezzi, se servono momentaneamente per la risoluzione di forme difficili , non si prestano affatto per la conservazione stabile del preparato microscopico. Ho cercato di esaminare come meglio ho potuto i preparati; ma non credo di averne rilevato tutte le forme e le specie contenutevi. Infatti la maggioranza delle specie qui appresso enumerate, e molte altre per le quali sono ancora dubbioso della determinazione, l'ho ot- tenuta dal materiale della cavità digerente di una sola specie {Aplysia Lcssonri); mentre le Dol abella non mi hanno fornito neanche un fru- stulo di diatomca. Del contenuto ne ho fatto quattro preparazioni; ed altre cinque con i residui di lavaggi delle alghe che ho trovato nello stomaco delle Aplisie. Per l'osservazione e la determinazione delle 3 specie ho adoperato, in generale, la combinazione — - di Zeiss ; il n." 9 a quattro lenti, a secco, di Prazmowski ed il sistema n. VII ad immersione di Seibert, che è uno dei migliori sistemi ad acqua e non inferiore al n.° 10 dell' Hartnack. ^-^-TTr^- — 132 — Le specie clic ho rinvenuto nel canale digerente delle ApUsia, appartengono quasi tutte alla flora diremo littorale; cioè sono specie che 0 vivono libere presso il lido, ovvero parassite sopra alghe di- verse, ma a poca profondità. Mancano infatti le specie che ordina- riamente si raccolgono nella pesca pelagica, come i Chaeioceros, le Rhizosoleniae, i Bacteriastrum, che sogliono vivere libere alla super- fìcie del mare. Nondimeno tenuto conto della latitudine, della mag- giore salsedine delle acque presso il lido etc, la raccolta non può dirsi scarsa, se si consideri che, forse, molte altre forme vi si potrebbero rinvenire, oltre quelle che qui non figurano, aspettando di essere de- terminate. Tra tutti gli animali marini, che forniscono larga messe di diatomee , sono a segnalarsi, in primo luogo, le Salpe e le Olo- turie. Infatti il chiarissimo diatoniologo Conte Castracane in uno scarsissimo materiale ricavato dallo stomaco di una Salpa plnnata pescata a Messina, potette distinguere e determinare circa 100 specie; ed io stesso esaminando una sola preparazione fatta col materiale ri- cavato dallo stomaco di un' Oloturia {Holoiuria Poli Delle Gh.) vi ri- conobbi, in una prima analisi, più di 40 specie; e certo se avessi potuto esaminare al micoscropio tutto il contenuto del canale digerente, vi avrei potuto distinguere altre numerosissime forme. Questa ricchezza di specie che ci forniscono, in punto a diatomee, gli animali marini specialmente gli Echini, le Oluturie e gli altri che vivono e si cibano del fango sottomarino, o che si trovano a grandi profondità, ha im- pegnato i naturalisti nella ricerca dei mezzi più opportuni di scan- daglio, pei quali è possibile portare alla superficie gli esseri, che vi- vono nelle grandi profondità marine e quindi conoscere quali siano le condizioni favorevoli per 1' esistenza delle piante e degli animali che popolano il fondo dei mari. I Raphidbae Amphora Ehr. 1 Aviphoia laevis Grev. Diat. of the Clyde p. 42. — Rabh. Eur. I 87. var. A. Schmidt Atl. t. 26 fig. 9. 2 Amphora marina Sm, Ann. and Mag. Nat. Hist. 185T, XIX, t. I, fig. 2 — Rubli. Kur. I, 'J5. 3 Amphora crassa Greg. Diat of the Clyde p. 52, t. VI, fig. 94.— Rabh. Eur- I, 90 — A. Schmidt Atl. t. 37, fig. 3()-31; ~ le. nostra tab. VII, fig. 1. Dall' Apiysia Lcasonii. 4 Amphora angusta var. glaberrima Grun. — Rabh. Eur. I, 96 (nomenl ) — A. Schin. Atl. tab. 26, fig. 62. — le. n. 2. Oss. La nostra specie si accorda perfettamente colla figura dello Schmidt colla quale ho potuto faro la diagnosi. — r.r.i — Navicula Bory 5 Navicula clliplica Ktz. Itacill. p. 98, tab. 30, fig. 55 — Kabh. Eur. I, 179 — Van Heurck Syn. Diat. Bolg., pag. 'di tab. X, fig. 10. 6 Navicula didynia Ehr. in Ktz. Bacili, tab. 4, fig. 7 — Jan. und Rabli. Hon- duras p. iO, tab. IV, fig. 14. Rari esemplari dalla Aplijsia Lessonii. 7 Navicula sp. ? Frammento indeterminabile. S-ìiNaviculae sp. Dalla Aplisia Lessonii. Oss. Mi è riuscito impossibile di determinare alcune specie di Navicula che si rinvengono tutte in un ricchissimo materiale ricavato dallo sto- maco di Aplisia Lessonii. L'iteriori ricerche e confronti con raccolte locali potranno solo permetterne la identificazione. Alcune di queste saranno affatto nuove; tornerò quindi a rivederle in seguito^ insieme alle altre forme non ancora determinate. Mastogloia Thw . 15 Maslogloia apiculala Sm, - Jan. et Rabh. Ilond. p. 9_, tab. II _, fig. 17 — Rabh. Eur. I, 272 — Fortmorel Ceylan. 35. 16 Maslo(jloia Smilhii Thw. in Sm. Diat. tab. 41. fig. 341 — Rabh. Eup. I, 261 — Castiac. Fiorala mediter. pag. 33. Nello stomaco di Aplysia Lessonii. Oss. Questa specie^ che ordinariamente s'incontra nelle acque dolci e submarine, si rinviene ancora nello stomaco degli animali marini. Il Castracane la rinvenne nello stomaco di una Salpa pianala (1. c.)^ io l'ho trovata nel materiale della pi-eparazione suddetta però in rari individui. Staaroneis E h r. 17 Stauroneis pulchclla W. Sm. Brit. Diat. I, p. 61, tab. 19 fig. 194 — Jan. und Rabh. Ilond. 12, tab. IV, fig. 5. Frequente nelle diverse preparazioni. Pleurosigma W. Sm, 16 Pleurosigma slrigosum Sm. —Rabh. Eur. I 232 —Van Heurck Syn. pag. 115 tab. 19 fig. 2. 19 Pleurosigma delicatuliun Sm. Brit. Diat. T, tab. 21, fig. 202— lan. et Rabh. Hond. p. 11, tab. III, fi,'. 4 - Rabh. Eur. I, 234 Non infrequento nelle preparazioni di Apbjsla Lessonii. — i;m — 20 Plcitrosigma Ballkum (Ehr.) — Sm. Diat. I, 66. tab. 22, fig. 107— Jan. et Rabh. 1. e. t. III. fig. 3 — Rabh. Eur. I, 235. Rari frustali in una preparazione della Aplysia Lessonii. 21 Pleurosigma sp. ? Dalla Aplysia Lessonii. 22 Pleurosigma sp. ( PI. Stuxbergii var. minor Grun.) — le. n. 4. Questo Pleurosigma, a strie quasi nulle, conviene perfettamente colla fi- gura del PI. Stuxbergii data dal Grunow nelle: Diatomeen d. Franz-Jo- seph Land. tav. I, fig. 57 — Però è necessario di esaminarlo ulteriormente. Achnanthes Bory. 23 Achnanlhes longipes. Ag. Syst, p. 2 — Rabh. Eur. I, ili — Van Hfiurck. Syn. p. 129, tab. 26 fig. 13-16. Valva superiore in una preparazione. 24 Achmanihes Clevei? Grun. — le. n. 3. Un solo frammento rinvenuto in una preparazione non mi permette di notare 1' esistenza di questa specie che con riserva. Cocconeis E h r. 25 Cocconeis sculellum. Ehr. Infus. 95, t. XIV fig. 8 — Van Heurck Syn. 132. tab. 29. fig. 1-3. Comune nelle preparazioni. 26 Cocconeis Pediculus Ehr. — Ktz. Bacili, t. 5, fig. IX 1. — Van Heurck Syn. 133. tab. 30. fig. 28-30. Abbondante sulle alghe rinvenute negli stomachi di Aplisie ed in altra preparazione . 27 Cocconeis pseudomarginata Greg. Piat. Clyde 20, tab. I, p. 27 — Jan. et Rabh. llond. 8, tab. I, fig. 16. Non rara nelle preparazioni. 28 Cocconeis diaphana Sm. Diat. I p. 22— tav. 30, fig, 251, Rabh. Eur. I, 100. Colla precedente. II PSEUDO-RAPHIDEAE Epithemia Brób. 29 Epithemia musculus Ktz. Bacili. — Rabh. Eur. I, 66 — Sm. Diat. fig. 10. Rara nella preparazione di Aplysia Lessonii. Glyphodesmis Grev. 30 Clijthodesmis sp. ? Frammento rinvenuto in una preparazione e che non permette una dia- gnosi della specie. — 135 — Plagiogramma Grev. 31 Plagiogramma Grcgorianum var? Greville. Micr. Journ. VII, p. 202 tav. 10, fig. 1 e 2— le. n. ì'. Un solo frustulo in una preparazione. Oss. Questa forma merita un più attento esame, potendo essere una va- rietà nuova della specie. Rhaphoneis Ehr. 32 lihaphoneis Rhombus Ehr. Abh. 1884 g. Q7— Grun. Wien. Verh. 1862, p. 381, tab. VII, lig. 36.— le. n. 6. Un solo frustulo in una prepai'azione. Synedra Ehr. 33 Synedra fulgens Grev. Sm. — Rabh. Eur. I, 140 — Van Heurck. Syn. pag. 154, tab. 43, fig. 1-2. Non rara nelle preparazioni. 34 Synedra Ileanediana Greg. Diat. of the Clyde p. 60 tab. Vi fig. 108 — Rabh. Eur. I, 130.— le. n. 7. Colla precedente. {Toxariurn. Bail.) 35 Synedra undulala (Bail.) Greg. Sm. Diat. II, 97 — Rabh. Eur. 130. — Van Heurck Syn. pag. 154, tab. 42. Individui non rari in alcune preparazioni. Fragilaria Lyngb. 36 Fragilaria Schwarlzii Grun. Wien. Verh. 1863, t. XIV, fig. 7. — Van Heurck Syn. tab. 44, fig. 24.— le. n 8. Qualche frustulo in un preparato di Aplisia. 37 Fragilaria pacifica Grun. Abh. 1862 p. 373 tab. VII fig. 19 — Fortraorel Geylan. p. 50' — Van Heurck. Atlas du Synopsi» tab. 44, fig. 20-23. — le. n. 9. Colla precèdente. Licmophora Ag. 38 Licmophora conslricla Grun. var./ — Licmophora Jurgensii Eh., var. Con- stricta — Van Heurck Syn. tab. 48, fig. 6. La nostra specie si avvicina alla fig. 6 tav, 48 dello Atlante del Van Heurck ; però la striatura è più spiccata, trovandosi 25 strie in una — 13G — divisione del micrometro oculare (0/nml) e le strie non sono granu- nulato (fig. 11, a). Per ora noto con riserva questa forma,, riserban- domi di riesaminarla. 39 Licmophora Oedipus (Ktz.) Grun. — Van Ileurck. 1. e. tav. 48, fig. 1-2. Si trova colla precedente in qualche abbondanza nel preparato di /ljo///sta— Honolulu sui banchi di corallo. 40 Licmophora Lyngbyei (Ktz.) Grun.— Van Ileurck Syn. pag. 158, tab. 47. fig. 16. — Podosphenia Lyngbyei Ktz. Bacili, tab. 10 fig. I-II Coila precedente ed in altre preparazioni. Climacosphenìa Ehr. 41 Climacosphenìa monillgera Ehr. — Verb. tab. II-VI. fig. 1. — Jan. et Rabh. lloud. tab. Il, fig. 1 — Rabh. Eur. I, 299. B-diV Aplisia Lessonii. Questa specie , propria dei mari tropicali , trovasi pure rappresentata tra le diatomee del mediterraneo. ( Gastrac. Florula diat. del Medi- terraneo pag. 13 ) e non è raro trovarla nella cavità digerente di animali pelagici. Grammatophora Ehr. 42 Grammalophora marina (Lygb. ) Ktz. — var. tropica Grun. — Van Ileurck. Syn. tab. 53, fig. 9. 43 Grammatliophora marina var. minor. Grun. — Van Ileurck 1. e. tab. 53, fig. 13. -le. n. 12. 44 Grammalophora angulosa (Ehr.) Ktz. Bacili, t. 29, fig. 79. — Van Ileurck Syn. p. 154 — Rabh. Eur. I, 304. 45 Grammatophora macilenta W. Sm. Diat. tab. 61. fig. 282— Gram, marina var. macilenta, Van Heurck Syn. p. 164, tab. 52 bis, fig. 16. 46 G r ammalo pi io r a nodulosa Grun. — (Gr. macilenta W. Sm. var. — Gr. ocea- nico Ehr. ex p.) — Van Heurck. Syn. tab. 53. fig. 14. Sulle alghe trovate nel canale digerente delle Aplisie e sparse in di. verse preparazioni. Strìatella Ag. 47 Slrialcll'L unipunclala Ag., Ktz. Bacili, tab. 18, fig. 5 — Van Heurck Sy. pag. 165, tab. 56, pag. 9-10. Comune nelle preparazioni, llomalulu dalla Aplysia Lessonii. Rhabdonema Kutz. 48 Rhabdonema adrialicum Ktz, Bacili, tab. 18, fig. VII — Rabh. Eur. I, Van Heurck Syn. p, 150, tab. 44, fig. 11-13. Sparso nelle preparazioni. l:!1 Nitzschia ( Hass. ) Grun. cmend. 1880. ■J9 Nitzschia paiuluriformis G-riin. Diat. Clyde tab. VI flg. 10'2. — Van Heurck. Syn. p. 172, tab. 58, fig. 1-4. Rari esemplari in una preparazione. 50 Nitzschia sigma W. Sm. Diat. 1 tab. 108 — Van Heurck 1. e. p. 179, tab. 65, flg. 7-8. 51 Nitzschia longissima var. Closterium. Grun. in Van Heurck Syn. p. 185, tab. 70 figg, 5, 7, 8 — iV. Closterium W. Sm.— le. n. 13. Non rara nelle preparazioni. 52 Nitzschia macilenta. Greg. Micr.Journ. VII, p. 83, tab. VI, fig- 8 et 9 — Rabh. Eur. I, 155 — Castrac. Contr. pag. 33. Colla precedente in diverse preparazioni. CampylodiscHS Ehr. 53 CampylodisGus parvulm W. Sm. Diat. I tab. VI, fig. 56 — Van Heurck Syn. p. 191, tab. 77, flg. 2. Raro; in una preparazione di ApUjsia Lcssonii. 54 Campylocliscm sp. Non ho potuto determinare questa forma, sulla quale ritornerò per al- tri raffronti. Ili CRYPTO-raPHIDE.\E Melosira Ag. 55 Melosira Dorreri Grev. Brit. fi. p. 104— Van Heurck Syn. pag. 198, tab. 85, fìg. 5-8. 5G Melosira f Paratia J sulcata (Heib. ) Ktz. Bacili. 55, tab. 2 fig. 7 — Van. Heurck. 1. e. pag. 201, tab. 91, tìg. 16— le. n. 14. Un frammento nel preparato di Aplysia Lessonii. Ananlus 57 Anaulus birostraliis Grun.— Van Heurck Syn. tab. 103, tìg. 1. — le. n. 14. Un solo frustulo rinvenuto in una preparazione. Biddulphia Gray. 58 Biddulphia pulchella Gray. Arr. of brith. pi. pag. 294 — Rabh, Eur. 1, pag. 310 Van Heurck Syn., p. 204, tab. 97, fig. 1-3. Comune sulle alghe e nelle preparazioni. 4 — i;i8 — 59 Biddulphia anlediluvianu ( Ehr. ) —V. Ileurck 1. e pag. 207, tab. 109; fig. 4-5 — Amphitetras antediluviana Ehr. et Auct. Rari Irustuli in più di un preparato. Coscinodiscus lUir. 60 Coscinodiscus subliUs (Ehr.?) Grun. — Vau Ileurck Syn. 218 — Grun. Diat. Franz-Joseph Land. tab. C. tig. 2G. B-dlV A ply sia Lessami. Altre due specie di Coscinodiscus non ancora ho potuto deter- minare e però non le ho qui notato. Avendo tra le mani più am- pio materiale per i confronti, spero poter definire quelle altre forme che ora non ho potuto determinare. Nftpoli, J Giuijno 1890 Spiegazione della Tav. VII. Tutte le ligure che non hanno altra imlicazionc sono disegnato colla combinazione —7- Zeiss, con l'apparato Abbe, a luce moderatamente obbliqua. Fig. 1. Ahìphoi-a crassa Greg. » 2. Ampìiora angusta rar. (jiaherritKa » 6*. AchnantJies Clevei Grun. 4. Pleui'osigma sp. ( an PI. Sluxbergii Grun. ) » 5. Plagiogramrna GregoìHanuiìi Grcv. Aar.? » 0. Rhaphoneìs Rhoìnbus Ehr. » 7. Synedra Hennediana Greg. » 8. Fragilaria Sirarfzn Grun. CA Prazm.). >' 9. Fragilaria yacifica Grun. » 10. Licmophora Oedipus ( Ktz. ) Grun. » 11. Licriiopìiora constricta Grun. var. ?— « (VVII Seib.). » 12. Graramatopliora marina var. 'minor. » 13. Nitzschia longissirna var. Closterium Grun. >' 14. Melosira {Paratia) silicata (ITeib.) Ktz. -frammento. » 15. Anaulus Mrost)-atus Grun. r.o//. U. S'oc.d.ò.iiit.in- .Napoli. ^^./Krccyc//. rcco.v// 1 u 13 FBixZsO'iTLV olis- S'i. Hi. Ji- S'eri^iv — 13U — Un' altra sintesi delle Asparagine — Nota di A. Piunr. ( Tornata del 22 giugno 1890 ). Nella mia Nota sopra una nuova specie di Asparagina d) ho an- nunziato che sciogliendo nell'acqua uguali molecole delle due /i-aspa- ragine rotatorie non pervenni all'asparagina inattiva corrispondente poiché, concentrando la soluzione, si depongono col ralFreddamcnto e col riposo cristalli isolati destrorsi e sinistrorsi oppure geminali (li complemento delle due specie. Essendo V esistenza di un' asparagina inattiva scindibile di un certo interesse per 1' attuale dottrina delle isomerie nello spazio, non ho voluto abbandonare la questione e continuai a ricercare , con isvariate condizioni di solventi e di temperatura, se avveniva lo ac- coppiamento delle due specie. Solo in qualche caso ottenni cristalli apparentemente mancanti delle facce emiedriche, ma insipidi o dolci, sinistrogiri o destrogiri, a seconda che appartenevano all' una o al- l'altra asparagina. Riusciti vani questi tentativi, ho voluto provare se con un me- todo diverso da quello con cui sin qui ottenni le asparagine ( ami- dazione dell' aspartato monoetilico inattivo, naturale o sintetico) si potesse giungere all' asparagina inattiva cercata. Le prove fatte mi condussero invece al risultato inatteso di ot- tenere da un unico composto originale inattivo contemporaneamente Ire nspafagine, cioè, le due rotatorie identiche colle naturali e V a- asi>aragina inattiva chimicamente con esse isomerica. Ho l'onore di comunicare ora brevemente alla Società il me- todo seguito riservandomi in un lavoro più dettagliato di fornire i documenti analitici e le determinazioni crioscopiche eseguite. In un lavoro precedente (2) ho descritto l' etere 7-ossimmidosuc- cinico di cui ho indicato le proprietà, la preparazione e la probabile costituzione. Ora se il sale di Argento di questo etere : COOC^Il-' 1 CH I ~"-NOU I eoo Ag (1) Gazz. Chim. Hai. XVI, pag. 379. {2J Gazz. Chim. Hai., XVIII, pag. 407. — 1 10 — si riscalda a bagno-maria con una soluzione eterea di Joduro etilico e se, separato colla filtrazione il Joduro d' argento formatosi, si sva- pora il solvente e 1' eccesso di joduro di etile dai 60° ai 70°, si ot- tiene un olio neutro, leggermente colorato in giallo, distillabile nel vuoto con imrziale scomposizione e che corrisponde all'ossimmidosuc- cinato dietilico meno una molecola d' acqua, cioè al nUrilosuccinato (UiHilico : I COOC^H^ Quésto etere, dibattuto con ammoniaca acquosa concentrata, for- nisce il nitrii osuccinammaio etilico, per cui è probabile una delle formole seguenti : I. II. CONH* CONH* I 1 I /N j 3N [ I COOC^HS C00C*H5 Questa sostanza cristallizza di etile e anilina ■i> di etile e fenìlidrazina nromonitrilosuccinato monoetilico 1) argentico Nitrilosuccinato metiletilico « dietilico Bromonitrilosuccinato metiletilico •' dietilico f. 54^6 -540,8 f. verso 100'' scomp. f. 86'» f. 75"-7G° holl. ISr a 40mm f. 450,5 14 { — stesso tempo spiega la lorjuazioiic contemporanea delle b'c anpara- gine per la possibilità in cui si trova 1' azoto legato con due atomi (li carbonio prossimi di ruotare neir idrogenazione verso 1' uno o l'altro di essi dando origine alle due asparagine: I, ('0.\H* 1 II. ("OMC- 1 1 1 1 1 CH.Ml 1 ('0011 ("OOH a. ^'. • li cui la li, cliimicameute identica alle naturali, si scinde, durante la reazione stessa, nelle due rotatorie. Colla produzione sintetica delle asparagine otticamente attive mediante l'idrogenazione di un composto amidato inattivo resta an- che dimostrato che la formazione delle asparagine rotatorie è indi- pendente dal processo di sintesi seguito per ottenerle e che proba- bilmente la instabilità dell' asparagina inattiva dipende da ragioni di ordine fisico. La scissione dell' a-asparagiua inattiva nelle due asparagine ro- tatorie corrispondenti acquista perciò ora maggior interesse e nutro fiducia di aver in seguito i mezzi per poterla tentare. Napoli, R. Università, Fehhrajo 1890. Acido nitrilosuccinainraico Nitrilosuccinammato aramonico sco.np. 190^-191* ,) argentico — « metilico f. leg^-nir n etilico f. 166''-16T' Bromonitrilosuccinammato metilico f. 157''-158" scomp. )) etilico f. 140'^ l/)!" scomp. — ! 14 — Metilguanicile e Trimetllguanicile — Nola di Tom- maso Curatolo ( Tornata del 6 luglio 1890) Fin dal 188G, avendo, letto che l' ili. Prof. Schifi' per 1' azione dell" aldeide sopra la guauidina (Beri eh te II, pag. 834) aveva ot- tenuto dei prodotti resinosi, mi era prefisso di farvi agire [1' etere acetacetico, che à un'azione alquanto più moderata di quella delle aldeidi. Avevo già fatto agire nel Dicembre 1886 1" etere acetacetico sulla guanidina, allorché mi venne di leggere nel « Berichte» di quell'an- no a pag. 219, la memoria di R. Beherend « Sulle conclensazioni dei corpi del gruppo delVurea con etere acetacetico ». In fondo ad essa memoria il Beherend dice soltanto « che mettendo a ricadere per alcune ore soluzioni alcooliche di carbonato di guauidina ed etere acetacetico si ottiene un composto C^H^NsO analogo al mctiluracile. Ciò bastò per farmi arrestare nello studio intrapreso. Ora però, dopò 4 anni, siccome più nulla ò letto sul proposito e siccome nella suddetta nota il Beherend non descrive che qualche proprietà del connato composto, né parla di alcun suo derivato, mi fò ardito pubblicare quanto io ò fatto su tale soggetto. I. Azione dell'etere acetacetico sopra il carbonato di guanidina Riscaldando in apparecchio a ricadere alla temperatura di IIO^-ISO" per più ore, del carbonato di guanidina con un leggero eccesso di etere acetacetico, si à svolgimento di CO, e nel pallon- cino resta una massa solida bianca, amorfa, con al disopra suorno- tante l'eccesso di etere acetacetico alquanto colorato. La reazione avviene del pari, sciogliendo l'etere acetacetico nel- l'alcool e sospendendovi il carbonato di guanidina finamente pol- vcrato e riscaldando a b. m. Anche in questo caso il liquido si co- lora alquanto in rossiccio e si ottiene nelle pareti del pallone una crosta amorfa bianca, insolubile quasi completamente nell'alcool. Tanto nell'uno che nell'altro caso, la massa amorfa viene la- vata con alcool per asportare l'etere acetacetico che la bagna, quindi asciugata fra carte e analmente la si fa cristallizzare dall' acqua bollente. Col ralfrcddamento della sua soluzione acquosa ci-istallizza in bei cristallini aciculari, bianchi, splendenti, che si rapprendono in irruppi arborescenti. — 1 lo — Asciugato o poi seccato nel vuoto, sopra acido sollbrioo, da di- verse sue analisi ò ottenuto i seguenti risultati: 1°) Gr. 0,4610 di sostanza, bruciati con ossido di rame Anno dato: gr. 0,22U0 II2O o gr. 0,8165 COg e quindi H % = 5,52 C % = 48,28 2") Gr. 0,4372 di sostanza, anno dato: gr. 0,2285 llgO e gr. 0,7778 CO.j e ([uiudi H % = :),Sl C %=: 48,51 3** ) Gr. 0,318 di sostanza, furono trattati col metodo di Will e Warrentrapp: V1\E^ svoltasi fu fatta assorbire da 10 cmc: sol: N H2SO4.: occorsero quindi cmc: 2,5 soluz. N. KOH por neutralizzare perfettamente l'acido: si à quindi XHj formatasi = gr. 0, 1275 corrispondenti a gr. 0, 1050 N. quindi N %=: 33,02 4" ) Gr. 0,4252 di sostanza, trattati come sopra anno dato : Gr. 0,1666 NH3 corrispondenti a gr. 0,1372 N. quindi N Vo = -:52,26. Cosicché abbiamo C % H % N % Trovato ^ ^^ ^^'-^ •^•^- '^'^'0- ^'^'''^^ i 2^ 48,51 5,81 32,26 Calcolato per C^H^NsO ^48,00 5,60 33,60 La reazione dunque è a^-^-enuta secondo la seguente equazione: e guardando alla costituzione della guanidina ed al modo di rea- gire dell'etere acetacetico edalle proprietà, che in appresso descri- verò, del derivato, mi pare evidente che gli spetti la formola di co- stituzione seguente : ^CIP ^rw ìYjj p-^ vu e /^ "^ ed essendo dessa analoga a /' ^ ^ CNH |CII quella del metiluracile C=0 \ ^^^ \ NH— CO \ M4— CO mi sembra naturale proporre per esso composto il nome di nwHl- ijuanicile, nome analogo a (|uclio di metiluracile. — 140 — Il motilgiiuuLcilc è pochissimo solubile nelF alcool bollente, quasi allatto nel freddo; cosi pure in etere e benzina, cloroformio; molto solubile nell'acqua bollente, poco nella fredda, con reazione legger- mente alcalina. Riscaldato a tiepido calore su lamina di platino si sublima completamente senza fondere, dando fumi bianchi come il sale am- monico: innalzando rapidamente la temperatura fonde in liquido bruniccio e poi brucia. Riscaldato in tubicino s' imbrunisce verso i 260" e poi fonde nettamente in un liquido bruniccio a 29P-293° con completa decomposizione. 11 metilguanicile si scioglie benissimo a caldo in una soluzione ammoniacale e col raffreddamento ricristallizza in bei cristalli pri- smatici, costantemente più grandi e più belli di quelli che si otten- gono dalla soluzione acquosa. Questa costante differenza nella cristallizzazione mi fé credere in sul principio che si trattasse di sale ammoniacale; ma mi dovetti disingannare, per come mi anno mostrato le analisi eseguite su di esso : 1" ) (rv. 0,;n28 di sostanza , bruciati con ossido di rame mi- diedero, (rr. 0,19Ò5 11,0 e gr. 0,6585 CO, e quindi H Vo = 5,82 C %r= 48,17, 2^) (Ir. 0,4403 di sostanza, trattati col metodo Kjcldnhl mi diedero : Gr. 0,1734 NH^ corrispondenti a gr. 0,1428 N. e quindi N % = 32,43 3" ) (ir. 0,5522 di sostanza, sempre secca nel vuoto, col metodo Will e Warrantrapp, mi diedero (}v. 0.222 NII3 corrispondente a gr. 0,182 N e quindi N Vo = 32,96. (,Juesti dati mostrano che la sostanza analizzata è sempre il metil- guanicile e non il suo sale animonico Cgll^NjO.NHj, il quale vorrebbe C% = 42,25 , 1I% = 7,01 N% = 39.43. Il metilguanicile è però solubile in soluzioni alcooliclie di po- tassa e di soda è dà i rispettivi sali potassico e sodico. — 1 IT — 11 sale sodico si pi'csful-a in inasta lìiniica sfogliacea. Gr. 0,2188 di sale sodico, calcinati e ([uindi trattato il residuo con HNO3 + HjSO^ anno dato «xi". 0,1005 NajSO^ corrispondente a Na^SOt % = -i^^'^'-^ f.a teoria per (JgHgN/NXa dà Xa.^SO^ "/„ = 1S,20 Il inetil.ffuanicile si scio,u,-lic )3onissinio ne^^li acidi, e da queste soluzioni si possono ottenere cristallizzati i rispettivi sali. Il suo cloridrato cristallizza con la evaporazione nel vuoto in belli aghi bianchi, lunghi e che prendono un' aspetto arborescente. Ottenuto il cloridrato mi è venuto voglia di vedere se si otte- neva un cloroplatinato : alla soluzione aquosa del cloridrato (che è quasi insolubile nciralcool ) ò aggiunto una soluzione alcoolica di cloruro di platino; il liquido è restato limpido: evaporo a b: m: e quando si è raggiunto una discreta concentrazione lascio raffred- dare lentamente: così si ottengono dei bellissimi romboedri di co- lore rosa pallido; qualcuno di questi cristalli à delle dimensioni da :i a 4 millimetri: Continuando a concentrare a b: m: fino quasi a secchezza, una parte del cloroplatinato si riduce, ottenendo cosi sulla capsula uno stratercllo bruno, questo cloroplatinato è quasi inso- lubile in una miscela di alcool ed etere: 1) gr, 0,0052 di metilguanicilo, addizionati di HCl-j-PtCli e trat- tati come sopra e raccolto il cloroplatinato su filtro tarato, e lavato con alcool ed etere , finché questi filtrano incolori , mi anno dato gr. 1,254:3 di cloroplatinato, corrispondente al 207,25 "/, mentre la teoria prevede che CsH^NsO- '^C'VP '^ai'f i' 201,80 %
  • o\: N. NaOH. Dopo aggiunsi allo stesso liquido del PtCl^ con le do- vute cautele ne ottenni il PtCl,,^ 2 NH^Cl, che, raccolto e seccato ò calcinato, ottenni cosi gr. 0,4874 Pt, che rapportati alla quantità di sostanza impiegata danno N Vo = 24, 72 ) Si à quindi: C % Il Vo is- Vo Trovato 12.2(> 5,94 24,84 ( media ) Calcolato per CsH^NaO.CIIoO, 42.10 5.20 24.50 O disciolto gr. 0, 1888 di tale formiato nell'acqua, vi ò aggiunto N della l'cuoirtnlcina ed ò visto che occorsero cmc: 11 di sol; — NaOH 10 per renderò api)eu:i ;ilcalin;>. la soluzione: il che corrisponde a r ][,<), % — 20.80 la teoria per CsÌItNjO. CIlJ),. vuole CIUO, % — 2i^3.9U — 1 10 — Riscaldando il ibrmiato alla sluia. i suoi cristalli si appaimauo e vi à perdita: infatti 1) gr. 0, 1862 di Ibrmiato secco nel vuoto , riscaldati a 125*' in corrente di aria calda, dopo un' ora circa avevano perduto gr: 0,0234, pari al 12,50 Vo '^opo 2 a 3 ore, avevano perduto gr: 0,0162, pari al 21,82 %. 2) gr: 0,7528 di Ibrmiato secco nel vuoto, riscaldati alla stufa a ]25<', dopo 3 a 4 ore avevano perduto gr. 0, 2046 pari al 27, 18 "/,. Pare quindi che a 125*^ il formiate si dissodi in ("HjO, e CsHjNaO., ([ucsta ipotesi viene confermata dal latto che il punto di fusione del formiato riscaldato a 125" è quello del metilguanicile, cioè 292=294. Non ne ò potuto fare alcuna determinazione perchè mi è termi- nata la sostanza: ritornerò su questo punto. L' acetato di metilguanicile è una sostanza bianca, che si rag- gruppa sempre in mammellonetti apparentemente amorfi, sia che si faccia evaporare nel vuoto, o a bagno maria la sua soluzione. Gr. 1, 1422 di acetato secco nel vuoto, riscaldato a 140" per 3 o 4 ore, non anno perduto più di gr. 0, 0458, Perdita %iz:4.01. A 240" comincia ad ingiallire, a 270° è bruno e quasi comple- tamente decomposto; a 280*'-285" è fuso completamente, e si vede svolgere del gas nel tubicino ove si fa V esperienza. In questa ope- razione una parte della sostanza sublima. II. Trimetilguanicile Ò messo a riscaldare per 2 a 3 ore , in tubi chiusi, alla tem- peratura di 1.30''-140", parti equimolecolari di metilguanicile e CH3] sciolto in alcool metilico. Col rafireddamento si ottiene nel tubo una massa bianca bitorzoluta e 1' alcool metilico è alquanto colorato in i"ossiccio per presenza di piccole quantità di iodo libero. Separo per iiecantazione e sciolgo in acqua bollente l' iodidraio di metllgim- nicile, il quale, pel rafireddamento della soluzione cristallizza in aghi setacei. Gr. 0. 1942 dell' iodidrato, trattati in tubi chiusi con IIXO3 fu- mante e AgNOj crist: alla stufa di Carius mi anno dato gr. 0,1625 Ag 1 e quindi I Vo=:45, 46 La teoria per C-Hj; (CH,)^ N3O. HI vuole I Vo=^5. lf> Fonde a 210'*-220'' in liquido bruno Questo iodidrato disciolto in acqua calda e trattato con soluzione tliluita di potassa, lascia col raffreddamento cristallizzare in bellis- simi aghi il Tnmetilguanicile. — ì:>u — Raccolto e lavato ben bene con acqua lino ad asportazione com- pleta dell'alcali, vien fatto ricristallizzare dall'alcool bollente, dove si discioglic in molta maggior quantità che il metilguanicile. Il trimctilguanicilc l'onde a 320° in liquido bruno e comincia ad ingiallirsi per incipiente .leeoni posizione appena ai 300". Però la mag- gior parte sublima. L'analisi mi à dato i seguenti risultati: 1) gr. 0, 1604 di sostanza bruciata: anno dato: gr. 0, 1132 e gr. 0, 3198 CO, e quindi Il %=7, 85 C Vo=34,37. 2) gr. 0, 1904 di sostanza, anno dato gr. 0, ISOSHoO e gr. 0, 378800, e quindi H %=7,63, C %=54, 24. .3) gr.0, 0840 di sostanza, trattati col metodo Kieldahl anno svolto g.0, 0285 NHj corrispondeti a ^ir. 0, 0231 d'azoto e quindi N %=27,50 Si à quindi : H % C Vo N »/, Trovato ^ ^ ~^^^ '^^'^^ -^''^^ 1 rodato ^ .y ^ J.3 g^24 — Calcolato per CgH^Ni) iCMV), 7,28 54,90 27,45 La costituzione del triractilguanicile sarà certamente rappresen- tata dalla formola: N (CTI..1 — C (CH.Ì - ^ ^r "' C=NH , *// 'n (CH3) — co Col lento raffreddamento delle sue soluzioni acquose i suoi cri- stalli si raggruppano a foggia di tanti piumini. Ò fatto agire sul metilguanicile il CH3I in presenza di C2H3.OH e sporo avere ottenuto un derivato etilmetilico. O anche fatto agire l'acqua di bromo sul metilguanicile otte- nendo un bromoderivato che fonde a 2330-234°. Ma di tutto ciò mi occuperò in una susseguente memoria. 0 fatte anche le seguenti determinazioni del peso molecolare del mctire trimetilguanicile col metodo Raoult. 1. Cr. 0,4355 di metilguanicile furono disciolti in gr. 21.273 di acido acetico cristallizzato: nell'apparecchio Raoult la soluzione con- ^'olò .-i ic,<'23, mentre che l'C^H^O, cristallizzava a IG^QO abbiamo quindi: — ir.L — Concoiitrazionc 2.0.") Cocff: abbassainonto molecolare ;]2.(')8. Peso molecolare 111), 3. Teoria per C5lI,N.jU. i):m:=125. 2. j^r. 0, 1514 (li triiiietilguauicile, sciolti iu gr. lU, 1755 CjHiO, crist: anno fatta congelare la soluzione a 10" (JS. si à ([uindi: Concentrazione 0, 70.27 Coeff: abbassamento molecolare 27.71. Peso molecolare 141. Tcoriapcr C,H,,NjO. p:m:=:15;{. Le suddette determinazioni sono state eseguite con termometro G-eyssler diviso in 50"^! di grado. I risultati ottenuti sono alquanto lontani dai teorici, avrei ([uindi dovuto riiiCtere le esperienze, ciò che non ò potuto lare per circostanze speciali. Catania, Maytiio ISOo. La parentela dei Coccidi colle Gregariue. — Nota di P. MlNGAZZI.VI. (Tornata del 20 luglio 180(1; Le idee espresse dallo Schneider sopra questo soggetto non si sono mostrate conformi ai fatti da me riscontrati sopra un gran numero di gregarine ed alcune specie di coccidi, che io ho studiato tanto negli animali marini quanto nei terrestri. Il punto fondamen- tale della sua dimostrazione consiste nel mostrare che 1' evoluzione di uaa policistidea comprende la fase di vita di due coccidi, invece dalle mie ricerche risulta che, salvo differenze di carattere secon- dario, r evoluzione di un coccidio é simile a quella di una gregarina, sia mono, sia policistidea. In questa nota io considero le fasi evolutive, non di alcuna spe- cie in particolare, ma dell' insieme delle specie da me studiate. Se si parte nel coccidio dal corpuscolo falciforme, noi vediamo che il suo destino è quello di insinuarsi tra le cellule dell' epitelio. Noi infatti spesso lo troviamo disposto fra nna cellula e 1" altra e non come Schneider ammette, sempre dentro il corpo cellulare ed in ge- nerale tra il nucleo della cellula e la sua parte libera. Che questo possa essere il caso in molti coccidi, può esser giusto, m'a spesso avviene pure che lo sviluppo del corpuscolo non sia en- docellulare, ma intracellulare. Lo Schneider asserisce che tutta la fase di vita non incistata del coccidio abbia luogo soltanto — 152 — entro il corpo della cellula e colla morte di questa s' incisti e cada nella cavità del tubo intestinale, o nella cavità del corpo, per poi sporificare. Nel coccidio della Sepia noi vediamo invece che dopo il primo stadio il coccidio non s' incista affatto, ma se- guita a nutrirsi e ad accrescersi, sia nell'interno del con- nettivo , sia libero nella cavità intestinale , e tra le cellule stesse dell' epitelio; questo accrescimento si fa talvolta enorme, tantoché il parassita della Sepia può raggiungere nel connettivo intestinale persino un millimetro di diametro. Tra le particolarità del coccidio adulto su cui io voglio insiste- re ve ne è nna, per la quale Schneider si crede autorizzato a tro- vare ima delle differenze fondamentali tra i protozoi ed i metazoi. Egli a proposito della Klossia octopiana dice che il nucleo è costi- tuito da una vescicola contenente il liquido nucleare ed il nncleo solido, ma che manca affatto di reticolo con punti nodali come esi- ste nei metazoi. Precisamente nella stessa specie, con trattamento al- l' alcool assoluto, o con liquido di Kleìncnberg, o con liquido di Da- vidoff, composto di acido acetico glaciale, alcool assoluto e sublimato, io ho potuto vedere un distintissimo reticolo con finissimi granuli cromatici lungo il suo decorso e granuli più grossi nei punti nodali che si colorano assai bene coli' ematossilina. Se si riunisce questo risultato con quelli ottenuti dal Biitschli per il nucleo della Clep- ^ìdrina ovaia e dal Frenzel per quello della Gregariìia Salpae fra le policistidee, e dall' Henneguy per quello della Monocystis affilis fra le monocistidce, nei quali questi autori hanno visto il reticolo, si dedurrà che il nucleo degli Sporozoi non è affatto dif- ferente da ([nello dei metazoi e che consta di membra- na, liquido nucleare, reticolo e nucleolo. Se noi consideriamo il protoplasma del coccidio noi troveremo che esso è composto come il protoplasma di un ovo di un metazoo, cioè •di elemento formativo e di elemento nutritivo, il primo a forma di re- ticolo plasuiatico nelle cui maglie sono compresi i globuli rifrangenti del secondo. Ma la maturità del coccidio non è determinata da una data quantità del suo protoplasma, sibbene dalle condizioni ambienti: esso può sporificare sia quandcì ha raggiunto una grandezza vera- mente enorme, sia quando ha dimensioni molto piccole. Nella Klossia ocloplana io ho veduto che la maturità del coccidio si fa tanto più ccleromente quanto più esso è, o vicino all'epitelio (se trovasi nel connettivo sotto epiteliale), o quando è libero nel lume intestinale, e confrontando i coccidi che sono nello pareti dello stomaco e in quelle dcirintestino, si ha che nel primo caso il coccidio diventa ma- turo (|uaii(lo ha dimensioni minoi-i. È duncfue una co udizione di — 153 — ambiente quella che favorisce lo stato di maturità del coccidio, modificando il suo protoplasma. Per quanto si riferisce al modo con cui s' inizia lo stadio di sporulazione, lo Schneider afferma recisamente che il nucleo del coc- cidio si divide in due aventi ciascuno un nucleolo principale, rinun- ciando all'ipotesi da lui primitivamente emessa Y^cr la Klossia octo- piana. Invece, tanto dalle sezioni fatte, quanto dall' osservazione di- retta della Klossia vivente sotto il microscopio, io posso asserire con certezza che il nucleo di questo coccidio non si divide in due e nera, meno il suo nucleolo , invece il nucleo si decompone r o m ]) e n_ dosi ed il liquido nucleare si scinde in varie parti por_ tanti gli avanzi del nucleolo e va a distribuirsi alla pe_ riferia del coccidio per formare i nuclei degli sporobla- sti. La mia interpretazione differisce anche da quella primitiva dello Schneider, il quale ammetteva clie i molti nucleoli piccolissimi, ori- ginati dalla decomposizione del nucleolo primitivo , andassero essi a formare i nuclei degli sporoblasti. Se avesse posto mente alla enor- me differenza di grandezza e numero tra i nuclei primitivi degli spo- roblasti e quei piccoli granuli cromatici che egli chiamò nucleoliti non avrebbe certamente pensato a tale ipotesi. Inve ce il significato della decomposizione del nucleolo è, secondo la mia opinione, quello di distribure egualmente nel liquido nucleare la sostanza cromatica, di cui esso può considerarsi come un serbatoio e la sua sostanza può essere sparsa sia per mezzo di elementi figurati, come i nucleoliti, sia diffondendola come sostanz a liquida, la quale fa colo- rare molto intensamente il liquido nucleare. Io sono d' accordo collo Schneider, pure senza vedervi il significato morfologico che egli vi attribuisce, nel constatare il fatto della migrazione del nucleo alla periferia prima di rompersi. Il seguito della divisione dei nuclei , il farsi cioè sempre più numerosi e piccoli, come ammette lo Schneider, è conforme con quanto io ho potuto osservare nelle specie da me esaminate. Ma credo qui di ricliiamare l'attenzione su un fatto importante da me os- servato in un coccidio differente dalla Klossia, ma che vive unita- mente a questa (sebbene alquanto più raro) nel tubo digestivo della Sepia. Questo coccidio fu visto per la prima volta dallo Eberth il quale non interpretando bene i corpuscoli falciformi disse che era coperto di ciglia; fu anche osservato dallo Schneider, il quale an- ch' esso non interpretò i corpuscoli falciformi e disse che era un' al- terazione della Klossia sporificante dovuta ai reattivi. Invece esso è proprio un coccidio, che io ho osservato sia allo stato fresco, sia fissato e colorato e che è simile all' Eimeria. Questo coccidio può 5 — 154 — uello sporificare lare come 1' Eimeria ima spora sola cioè dividersi in im gran numero di corpuscoli ralciformi con un nucleo di reli- ([uat nel centro, può formare due spore, quattro, sei, otto, ciascuna con un grosso nucleo di rcliquat. Questo coccidio quindi mostra che i caratteri dati dallo Schneider e riportati dal BUtsclili per la classificazione dei coccidi non possono essere accettati e die vanno molto modificati. Esso forma un anello di congiunzione tra i monosporei e gli oligospore i. In questo coccidio attorno al nucleo di reliquat i nuclei che origineranno i corpuscoli falciformi non sono in. una sola serie ma in più serie variabili. Nel caso dei coccidi polisporei noi abbiamo che il meccanismo della formazione delle spore è volto ad usufruire di tutto il proto- plasma del coccidio per la loro costituzione, e quando questo è molto grande il protoplasma non potrebbe essere tutto utilizzato se le spore si formassero solo alla superficie del coccidio, come lo Schneider am- mette. Per la proliferazione dei nuclei alla superficie si formano quindi nell' interno del coccidio tante segmentazioni del suo proto- plasma, variabilissime di figura, le quali accrescono la superficie spo- roblastica utilizzando cosi il protoplasma interno. E perciò che nei grossi individui della Klossìa noi troviamo che il protoplasma del coccidio incistato si divide in una specie di gomitolo i cui fili sono tutti ricoperti dai nuclei degli sporoblasti, mentre nei piccoli indi- vidui questa divisione complicata non si avvera. Abbiamo perciò che l'aumento della superficie di sporificazione è deter- minato dal penetrare dei nuclei nella massa interna del protoplasma del coccidio dando così luogo a forme mol- to variate. In seguito attorno ai nuclei il protoplasma si indivi- dualizza in una piccola sferetta, che poi si circonda di una mem- brana e che dà luogo alla spora: nell'interno di questa per divisione ulteriore del nucleo il protoplasma forma da due a quattro o più corpuscoli falciformi. In questo modo si è chiuso il ciclo evolutivo di un coccidio il quale comprende: 1" lo sporozoite o corpuscolo falciforme, 2" coccidio endo od intracellulare, 3° coccidio adulto, 4° coccidio incistato, 5° spora; e noi vediamo che ai termini posti dallo Schneider qui si è aggiunta una fase di vita molto importante, quella dello stato adulto fuori della cellula o delle cellule epiteliali fino alla fase di cisti. Vediamo ora la fase evolutiva di una gregarina. Anche per le gregarinc io sono in disaccordo collo Schneider , giacché egli, come per i coccidi, ammette che il corpuscolo falciforme entri nel corpo di una cellula epiteliale, io invece ho delle sezioni d' insetti e di salpe che mostrano le grcgarine non dentro le cellule — 155 — ma tra esse, e per conse<,nienza la leg-ge di Schneider non è affatto generale, giacché tanto nelle grcgarine come nei coccidi il corpuscolo in molti casi si insinua fra le cellule e non nel loro corpo. La maggiore divergenza viene ora giacché egli considera la fase seguente della grcgarina come un incistamcnto e per condurre l'analogia tra i due gruppi più strettamente bisogna che sottilizzi le sue argomentazioni, dicendo che infine, come il coc- cidio, sentendo languire il suo nutrimento si riveste di una parete e s' incista. Invece la gregarina possiede la parete anche quando sta fra le cellule, finché, giunta ad uno stadio di vita più o meno avan- zata a seconda delle specie , emigra per passare a vita libera nel- r interno del canale intestinale ed in alcuni casi si insinua come i coccidi fra i tessuti (1). Infatti io ho visto che nella gregarina della Salpa afì'icana la gregarina diventa adulta, cioè si formano i due segmenti, quando ancora è fra le cellule epiteliali dell'intestino, mentre che in alcune specie d' insetti (es. larve di Lamellicorni) non acquista la forma definitiva se non quando cade libera nel tubo in- testinale. Noi chiameremo questo secondo stato di vita della grega- rina col nome di vita libera. Per mostrare poi come il doppio ciclo avvenga nelle policisti- dec, lo Schneider deve citare in suo appoggio fatti che sono lungi dal verificarsi in modo generale e che sono inoltre male interpre- tati. Io cito testualmente le sue parole. « Au lieu de sortir de la cellule il sporule sur place cu donnant. non plusieurs mamelons, mais un seul. Oui, pendant qu' elle est en- core en place, notre coccidie pousse, vers la surface libre de cette cellule qui est le coté par lequel afflue la nourriture, un prolonge- ment qui s' allonge, perce le plateau de la cellule et vient faire her- nie dans le tube digestif. Quel différence entro cela et une Coccidie (jui ne bourgeonnerait qu' un corpuscule? » La differenza o meglio le differenze sono molte : in primo luogo omologare il semplice accrescimento della gregarina alla formazione dei corpi falciformi, senza che tra l' un processo e 1' altro vi sia al- cuna somiglianza sia dei produttori sia dei prodotti, è cosa priva di senso scientifico; infatti non vi ha nessuna ragione per vedere somi- glianze tra il segmento posteriore delle policistidee ed un corpo fal- ciforme, non nel modo di produzione, non nella forma e nemmeno negli ulteriori processi evolutivi di entrambi. In secondo luogo que- (1) La gregarina della Salpa africana può anche diventare adulta nei tessuti circostanti all'intestino — 150 — sto processo, come ho già detto dapprima, è lungi dal verificarsi ge- neralmente , e per conseguenza noi non abbiamo nessuna ragione di ritenere l'asserzione di Sclincider, ma diremo che il periodo di gregarina adulta corrisponde perfettamente alla fase di accrescimento del coccidio. Le fasi di evoluzione seguenti vale a dire il formarsi dell' epi- merite, V ispessirsi della parete del corpo, possono farsi o entro le cellule dell' epitelio, come dice lo Schneider, o quando la gregarina è libera ed in quest' ultimo caso si fissa quindi secondariamente al- l' epitelio. Non appena la gregarina ha compito il suo accrescimento essa si incista, si riduce cioè ad una cellula globulare o semiglobulare, nel qual caso essa può paragonarsi al coccidio quando è pronto a formare le spore. Schneider si compiace a dimostrare molto enfati- camente la superiorità della concorrenza vitale delle gregarine verso i coccidi, perchè a lui sembra che la gregarina in questo che egli chiama incistamento, produca molte più spore che non i coccidi. Ma se si pensa appunto alla specie di comparazione che egli ha scelto cioè alla Klossia noi vediamo che tale superiorità non esiste affat- to (1). Una Klossia forma una cisti enorme , molto più grande di quanto la può fare una gregarina che pur può raggiungere una lun- ghezza di 14-10 mm. Perciò si deve concludere che la sporifica- zione nei due gruppi è semplicemente uguale. Quando si osservano le cisti e le forme di sporulazione sia d' una gregarina sia di un coccidio si resta maravigliati innanzi alla identità del pro- cesso. Il confronto può farsi utilmente paragonando la cisti della Klossia con quella della Monocystis af/ilis, della Porospora (ligan- tea e della Diclymopliyes gigant.ea e noi vedremo che , salvo dif- ferenze di carattere secondario, il processo di sporulazione è affatto simile e questa constatazione è stata fatta anche dallo Schneider. Sopra il significato della formazione delle cisti dopo la coniuga- zione di due individui, lo Schneider ha mostrato, come già Lieber- klihn, che il fenomeno non può avere il significato di copulazione. Sebbene questo mi sembri giusto tanto nelle monocistidee, quanto nelle policistidee, pure debbo dire che nelle didymophyidee, esso ha un significato più alto. Quando noi vediamo che 1" individuo adulto (1) Una sola eccezione apparente può farla la Gregarina dal Sipuncultis, ma perchè la cisti è formata spesso dalla riunione di moltissimi individui. Quando la cisti, come può darsi il caso, è di un solo individuo la legge è perfettamente seguita. — 157 — (li una Didìjiuophyes non può essere tale, e quindi non può incistarsi, se prima non si è coniugato con un altro e quando si constata che quest'ultimo perde totalmente la sua individualità, noi dobbiamo am- mettere che per questo caso la coniugazione abbia raggiunto il suo più alto grado ed abbia il signilìcato di copulazione. Noi diremo adunque che nelle gregarinc inferiori la copulazione non esiste , jiia che essa è necessaria nelle superiori e tra l'uno e l'altro modo di formare le spore vi sono gradi di passaggio che si possono indicare col nome di pseudocopulazionc. I successivi fenomeni di produzione delle spore giù sono stati indicati dallo Schneider come identici a quelli dei coccidi. Io voglio far rilevare soltanto che identicamente a questi si può ti'ovare che le cisti formano in alcuni casi spore, in altri invece originano corpuscoli falciformi direttamente. Io ho trovato nell'intestino del Portunus nrcuatus le cisti di una gregarina nelle quali vi erano grossi cor- puscoli falciformi disposti attorno a nuclei di reliquat, come nel nuovo coccidio che. io trovato nell'intestino ài Sepia {\). Quindi noi concluderemo che le cisti tanto nei coccidi come nelle gre- garine possono dar luogo sia direttamente a corpuscoli falciformi, sia a spore nel cui interno hanno origine i corpuscoli falciformi. In questo modo è chiuso pure il ciclo di una gregarina e noi come nel coccidio vi troviamo le seguenti fasi: a) Corpuscolo falciforme 1)) Gregarina intra od endo-cellulare e) Gregarina adulta (l) Cisti e) Spora Per conseguenza abbiamo che il ciclo vitale sia delle gre- garine come dei coccidi è identico e non che quello di una policistidea è doppio di quello di un coccidio , come lo Schneider voleva dimostrare. Innanzi di lasciare il presente argomento voglio richiamare l'at- tenzione sopra quella serie di forme per le quali passano le grega- rine prima di raggiungere lo stato adulto. Il solo Van Beneden nel descrivere lo sviluppo della Porospora gigante a ha osservato il fatto che questa policistidea passa per una quantità determinata di stadi di (1) Per le monocistidee un caso simile, sebbene molte più semplice, 1' ha trovato Claparède nella gregarina del Pachydrilus. Quando la cisti forma di- rettamente corpuscoli falciformi essa ha il valore di una spora. k — 158 — sviluppo , i quali egli chiamò fase inoneriana , fase di citode gene- ratore, di pscudofilaria. Dopo di lui il Ray Laukester nello sviluppo della gregarina del Sipunculus vide un'altra fase che chiamò pseudo- cercaria, lo ho notato che tutte le forme di sviluppo delle gregarine possono riportarsi a poche forme ben determinate le quali rappre- sentano in molte specie inferiori gli stadi adulti. Le principali sono le seguenti: I. Una forma sferica o poco da essa differente la quale è lo stadio adulto di tutti i coccidi finora conosciuti e di qualche grega- rina fes. G. holoturiae) , (v. fig. I). IL Una forma da questa direttamente derivata la quale consta di una parte sferica centrale e di due prolungamenti filiformi sia opposti sia più 0 meno ravvicinati. Questa forma è molto comune negli stadi di sviluppo delle gregarine dei vermi, come nello sviluppo della Monocystis agilis, in quello del ConorJìijnchus gibbosus, secondo GrecfT, nella gregarina del Pontodrilus di Perrier, nelle gregarine del Phyllodoce di Claparède, nello sviluppo della Gregarina sagit- tata, secondo Oersted; rappresenta poi 1' animale adulto della gre- garina parassita del Perìchaeta Novae-Zelandiae, secondo Beddard, la forma adulta della Gregarina ascidiac, secondo Ray Lankester, la fase di citode generatore della Porospora gigantea, secondo Yan Beneden etc, (v. fig. 11). III. Una forma losangica che rappresenta lo stadio di sviluppo della gregarina del Lumbriconereis, (nuova), quella dello Staurvce- X)1ialus Rudolphi (nuova), quella della gregarina del Pontodnlitf<. secondo Perrier, lo stato adulto della gregarina del Phyllodoce, se- condo Claparède quello della gregarina della Plmllima mamiUarifi (nuova) quello della Gregarina pellucida, secondo Kolliker etc, (v. fig. 111). IV. Una forma cilindrica, la quale è la forma embrionale di mol- tissime policisfcidee, la fase di pseudofilaria della Porospora gigan- tea del Van Beneden, e la forma adulta di moltissime monocistidec. come quella che vive nell' intestino della Neph/ys scolopendroldes (nuova) , quella della Discocelis ligrina , quelle della Terebella, quelle del Cirrafulus, quella del Jjwnbriconereis quella dello Staic- rocerihalus Rudolphi, quella della Bonellia viridi.s di Frenzel etc, (V. fig. IV). V. Tra le policistidce una forma cilindrica derivata dalla forma IV delle monocistidec e che rappresenta anche lo stato giovanile delle didymophyidee, (v. fig. V). VI. Una forma più o meno losangica od ovoidale pure delle policistidce, derivata dalla forma III delle monocistidec. (v. fig. VI). — 150 — A'II. L' individuo adulto delle didymophyidce che rappresenta la più alta evoluzione delle -ine dal plasma centrale della spora in seguito alla rottura della membrana di questa. Ma il Biitsclili, nel riferire le opinioni dei su accennati autori, rileva che uno sviluppo così semplice gli sembra improbabile, giacché egli tenendo per lungo tempo in acqua spore di Myxosporidi, mai ha ot- tenuto le forme ameboidi ed inoltre non gli sembra chiara la funzione dei corpi polari. Ora è sopratutto sui corpi polari che io voglio richiamare Tat- tcnzione. Molti osservatori hanno notato che trattando con vari reagenti le spore dei Myxosporidi, dai corpi polari esce un filamento lunghis- simo, il quale nel corpo polare normale sta avvolto a spirale. Sul significato di questo filamento sono state emesse varie ipotesi. Il Bal- biani pensa che esso possa servire da organo di diffusione della spora, svolgendosi alla maturità di questa nella maniera degli elateri delle spore degli Equisetum; il Blitschli invece opina che essi possano avere il significato di filamenti urticanti. Ma il Balbiani ha osservato al- tresì che nelle spore mature questi filamenti sono svolti e stanno at- torno alla membrana sia della spora propria, sia di quella di una spora vicina e suppone che in quest'ultimo caso i filamenti abbiano il si- gnificato di organi copulatori. Lo stesso Blitschli per altro, non in- tieramente soddisfatto della sua interpretazione primitiva, ha pensato che la funzione di capsule urticanti, per una spora che ha una mem- brana resistente ad acidi ed alcali era una specie di lusso e quindi che i filamenti potevano servire, o ad attaccare la spora ad altri pesci, 0 a nutrirla. Dall' analisi delle opinioni si vede che nessuna è interamente soddisfacente, mentre a mio credere, da quanto ho visto dalle forme gregarinoidi, si può ritenere che i corpi polari non siano altro che gli embrioni dei Myxosporidi, omologhi ai corpi falciformi delle spore delle gregarine e dei coccidi perchè il filamento del corpo polare non sarebbe altro che la coda della forma gregarinoide che sta rinchiusa nel corpo polare, quindi la massa di protoplasma interno non rap- presenterebbe che il nucleo di reliquat della spora. L' omologia è tanto più dimostrata inquantochè, come nelle spore delle gregarine e dei coccidi il numero dei corpi falciformi è costante a seconda delle spe- cie, anche nei Myxosporidi il numero dei corpi polari è costante nelle varie specie ed il nucleo di reliquat servirebbe a nutrirli entro la spora — 164 — e forse a determinare la loro uscita alla maturità. Con ciò rimar- rebbe spiegato quanto ha visto il Balbiani cioè la fuoruscita dei corpi polari allo stato di maturità, senza ricorrere alla forzata interpreta- zione della fecondazione, la quale non sarebbe costante, o anche alle non soddisfacenti interpretazioni di Biitschli. Noi possiamo così ve- dere nella spora dei Myxosporidi tutte le parti che si riscontrano in quella degli sporozoi tipici cioè gregarine e coccidi ed in tal modo si può meglio scorgere il legame zoologico che collega questi gruppi ai Myxosporidi. Napoli, Stazione Zoologica, 19 Luglio 1890 Ricerche sull' apparato rix3roduttore delle Aply- siae — Nota riassuntiva di G. F. Mazzarelli. e Tornata del 3 agosto 1890 ) Riassumo in questa nota, in attesa della pubblicazione del lavoro completo, i principali risultati a cui son giunto nelle mie ricerche suir anatomia e fisiologia dell' apparato riproduttore delle Xplysiae del Golfo di Napoli. 1. La glandola ermafrodisiaca è costituita da acini di diversa grandezza, di cui le pareti sono formate da un' assai tenue membrana connettivale, senza essere rivestita internamente da epitelio. Gli acini contengono nello stesso tempo uova, e spcrmatoblasti e spermatozoi in vari stadi di sviluppo. Quanto agli spcrmatoblasti ho osservato, le seguenti forme: I ) elementi grandi con contenuto granuloso e nucleo con scar- sissima sostanza cromatica e quindi debolissimo potere elettivo per le sostanze coloranti ( cito fori di Meckel ). Intorno a questi ele- menti si trovano spesso i giovani spermatozoi, raggruppati in fascetti, con le loro teste rivolte appunto verso questi elementi; II) clementi più piccoli ( spermatogonie di La Vallette St. George) il cui nucleo può presentare il filamento cromatico: a ) sotto forma di un reticolo ben netto ; b) a frammenti piccoli e numerosi, disposti senz' ordine verso il centro dell' elemento , e) a frammenti piccoli e numerosi, disposti con ordine alla perifei^ia dell' elemento ; d) a frammenti più grandi e meno numerosi, disposti anch'essi in ordine alla periferia dell' elemento ; e) nello stadio di piastra equa- lorialc; /) sotto forma di una sorta di gomitolo, o di anse cromati- che assai riunite tra loro, collocato in un punto della periferia del- — IO.-) — l'elemento (Case precedente immediatamente la corona equatoriale, secondo Prenaut (1) ); III ) elementi ancora più piccoli ( spermatidi di Waldeycr ) che possono presentarsi : a) con la sostanza cromatica del nucleo disposta alla periferia di questo, in modo da costituire un anellino ben netto, b) col nucleo di forma sferica, e) col protoplasma allungato e fili- forme, e il nucleo non ancora allungato. La genesi degli spermatozoi dagli spermatidi, mediante 1' allun- gamento primitivo del protoplasma, e il consecutivo allungarsi del nucleo — cosa di cui sospettava Robert (2) — si osserva quindi in modo evidente (o). Gli spermatozoi da poco formati sono brevi, hanno la coda, re- lativamente, lunga, e la testa breve. Inoltre essi presentano un ri- gonfimento ovoidale, protoplasmatico — per lo più verdognolo — tra la testa e la coda. Talora questi rigonfiamenti si possono trovare in numero di due o tre lungo la coda. Si trovano inoltre delle forme provvedute anche di un grosso rigonfiamento protoplasmatico all'e- stremità della coda. In progresso di sviluppo gli spermatozoi con il graduale allungarsi della coda ( protoplasma dello spermatide ) per- dono questi rigonfiamenti , e la loro testa si allunga grandemente, sempre di più, mentre la coda sembra che, dopo il suo allungamento precoce , resti stazionaria. Dimodoché negli spermatozoi maturi la testa raggiunge i due terzi di tutto il lungo spermatozoo. La matu- razione completa degli spermatozoi non avviene però nella glandola ermafrodisiaca , sebbene vi sia iniziata , ma lungo la via che gli spermatozoi percorrono, e nella vescicola di Swammcrdam. Quanto alle uova non è possibile studiare la loro genesi primi- tiva diretta dall'epitelio dell'acino, perchè negli individui sia gio- vani che adulti non si trova traccia di tale epitelio. Si trovano però uova assai piccole, prive ancora di lecitina. Quando le uova hanno raggiunto una certa grandezza cominciano ad apparire in esse poche sferule di lecitina giallognole o verdognole, le quali ben presto, col progressivo sviluppo dell'uovo, aumentano in modo tale da nascon- (1) Prenant. Observations cytologiques sur les élémont s è- minaux des Gastéropodes pulmonés, in: La Cellule, Tome IV, Fase. I, Louvain, 1888 . (2) E. Robert. Sur la spermatogénèse des Aplysies, in: Compi. Read. J888. (3) Le mie osservazioni non mi mettono punto in grado di ammettere la doppia origine degli spermatozoi delle Aplysiae, posta già avanti da Robert ( op. cit. ). — 100 — (lere quasi la vescicola e la macula germinativa. Insieme alla leci- tina appaiono nell' uovo anche dei corpuscoli di grasso — già notati da Manfredi nelle uova deposte di A. punctata, — che diventano poi assai numerosi. Le uova si trovano per lo più nella periferia dell'acino. Gli spermatozoi e gli spermatoblasti si trovano indiffe- rentemente al centro o alla periferia dell' acino medesimo. 2. Il piccolo condotto ermafrodisiaco, che trae origine dalla riu- nione dei varii canalini provenienti da ciascun acino della glandola ermafrodisiaca, ha le pareti costituite da fibre muscolari con abbon- dante connettivo interstiziale , rivestite internamente di epitelio ci- lindrico costituito da piccole cellule con lunghe ciglia vibratili. Quando questo condotto con la sua ultima porzione aderisce strettamente alle sottostanti glandole dell' albume e del nidamento, esso perde le sue fibre muscolari, e non gli resta che una tenue parete connettivale, ricca di cellule ganglionari , rivestita internamente dall' epitelio , le cui cellule cilindriche posseggono delle lunghissime e robuste ciglia vibratili. Quest' ultima porzione del piccolo condotto ermafrodisiaco si allarga poi improvvisamente, e viene a costituire la camera triangolare o di fecondazione. Questa, analoga alla camera di fecondazione descritta da Trinchese nell' Ercolania (1), risulta anch' essa di una parete connettivale, rivestita internamente da un epitelio cilindrico, costituito da cellule con lunghe e robuste ciglia, vibratili , meno lunghe però di quelle dell' ultimo tratto del piccolo condotto ermafrodisiaco. Da questa camera parte , da un lato , una piccola doccia — che trovasi nel grande condotto ermafrodisiaco e che io chiamerò doccia di Cuvier (2) — la quale termina nella ta- sca copulatrice , dall' altro lato poi trae origine l' ovidutto — defe- rente ( Robert ), il quale non è che una doccia, che nella sua prima porzione risulta da una membrana variamente piegata e ripiegata su sé stessa, in modo da simulare un canalino assai aggomitolato (epi- didimo di Cuvier, glandola contornata di Robert). Nel punto dove r ovidutto-deferente trae origine dalla camera di fecondazione, sbocca largamente la glandola dell' albume, intorno a cui si avvolge a spira la glandola del nidamento. 3. La glandola dell' albume è costituita fondamentalmente da una sottile lamina connettivale, rivestita internamente di epitelio glando- (1) S. Trinchese, Aeolididae e Famiglie affini del Porto di Ge- nova. Farle I. (2; Cuvier infatti vide pel primo questa doccia ( v. A>m. du Mus. Ilist. Nili, de Paris, ISO.'J, Tom, II. ] — 1()7 — lare. Qucsf epitelio risulta da ti'i'andi cellule ciliiKlriclK^, molto corte, con corte ciglia vibratili e grosso nucleo. 11 loro contenuto — albu- me — è granuloso e i diversi granuli, incolori, sono per lo più ton- deggianti, 0 rettangolari con gli angoli arrotondati. Con V ematos- silina , 0 col carminio allumico Grieb , essi si colorano in azzurro, come osservò Trincliese nella Spurilla neapolUana (1) La glandola del nidamento, che è, un grosso cordone che si avvolge a spira at- torno alla glandola dell'albume, da cui è separato da una membrana counettivale, risulta di una lamina connettivale di sostegno, su cui vengono ad appoggiarsi serie parallele di cellule glandolari cilindri- che, vibratili, divise da spazi canalicolati interposti, in cui esse cel- lule versano il prodotto della loro secrezione. Questi canalicoli poi sboccano negli interspazi liberi, che si trovano tra una spira e l'altra che fa la glandola nell' avvolgersi intorno alla glandola dell' albume. Il contenuto di queste cellule — nidamento — è più finamente granuloso ( i granuli di nidamento sono inlatti molto p^/'i piccoli di quelli di albume ), e con 1' emafcossilina o col carminio allauiico Grieb si colorano in rosso cupo. Le cellule della glandola in parola sono in generale più piccole di quelle della glandola dell'albume, ma sono, relativamente più allungate di queste. Negli interspazi liberi che la- sciano tra loro le spire della glandola del nidamento viene a disten- dersi la membrana, che, coi suoi ravvolgimenti forma il principio della doccia ovidutto-deferentc. Questa membrana è costituita da uno strato counettivale, rivestito da grandi cellule epiteliali cilindriche, assai allungate, con ciglia vibratili, e con nucleo ovoidale o tondeg- giante, collocato verso il fondo della cellula. A mano a mano che questa membrana segue le spire della glandola del nidamento le sue cellule si fanno gradatamente più grandi, e il nucleo viene a collo- carsi verso il centro della cellula. Il contenuto di queste cellule ap- pare quasi omogeneo,, e si colora intensamente in rosso con V ema- tossilina e col carminio allumico-alcoolico, come quello delle cellule mucose. La medesima membrana costituisce così la porzione spirale dell' ovidutto-deferente , lungo il quale viene a versarsi il secreto della glandola del nidamento, perchè al di sotto di questa membrana si aprono gli spazi canaliculati , posti tra le diverse serie parallele delle cellule della glandola del nidamento, di cui si è sopra parlato. 4. Il grande condotto ermafrodisiaco è costituito da due docce ben distinte tra loro. L' una — doccia copulatrice — trae origine dalla (1; S. Trin'chese. Intorno all' anatomia e fisiologia della Spu- rilla neapolilana, in: Mcm. Accad. Bologna, i88S. — 1G8 — tasca copulatrice, riceve lo sbocco della vescicola di Swammerdam, indi si allarga, si ripiega ad angolo — vagina — e sbocca al di fuori. L'altra — porzione anteriore dell' ovidutto-deferente — è, natural- mente, la continuazione della porzione media o spirale dell* ovidutto- deferente medesimo , e , mentre da principio è assai ampia , si re- stringe gradatamente in modo da diventare strettissima e poco pro- fonda a livello dello sbocco della vescicola di Swammerdam (1). Indi si allarga alquanto, e si continua con la doccia genitale dorsale che giunge sino al pene. La tasca copulatrice è costituita da una parete assai spessa, for- mata di robuste fibre muscolari, che la contraggono energicamente, con numerose cellule gangiionari, sparse fra le fibre, ed è rivestita internamente da un epitelio cilindrico vibratile. Lo sperma è, d'or- dinario, assai abbondante in questa tasca, ed è ordinariamente as- solutamente puro. Gli spermatozoi sono tutti maturi o, almeno, per la massima parte. Nella tasca copulatrice sbocca la piccola doccia — doccia di Cuvier — proveniente dalla camera di fecondazione. La doc- cia di Cuvier è tapezzata, come la camera di fecondazione o trian- golare, da piccole cellule epiteliali cilindriche, fornite di lunghe ci- glia vibratili. La vescicola di Swammerdam è costituita da una parete sottile, essenzialmente connettivale, con pochi elementi muscolari, tapezzata internamente da un epitelio glandolare, costituito da grandi cellule claviformi, con nucleo relativamente piccolo, collocato verso la parte più stretta della cellula. Il condotto della vescicola di Swammerdam presenta internamente delle pliche longitudinali, che al punto di ori- gine di questo condotto dalla vescicola vengono a limitare un'aper- tura stelliforme, che, con la contrazione delle sue pareti, può impe- dire r uscita del contenuto della vescicola, o almeno della parte più grossolana di questo contenuto. Le pareti di questo condotto infatti sono fornite di fibre muscolari e sono tapezzate da un epitelio che, almeno presso lo sbocco del condotto medesimo , non differisce da quello della vagina. Nella vescicola di Swammerdam si trovano (2) : 1.°) un liquido alquanto acido segregato dalle cellule epiteliali delle pareti di essa vescicola; 2.") spermatozoi; 3.") uova; -i.") sferule (1) Per maggiori particolari sulla struttura del grande condotto erma- frodisiaco si riscontri il mio lavoro: Sul valore fisiologico della ve- scicola di Swammerdam delle Aplysiae, iu; Zool. Anzeig. N. 340, 1890. (2j Per maggiori particolari sul contenuto e sui rapporti della vescicola di Swammerdam si riscontri la mia nota sopra citata. — 10'.) — libere (li lecitina; 5.") corpuscoli o ammassi
  • \c aspet- tano il passaggio delle uova per la camera di fecondazione. Quando le uova passano per questa camera la tasca copulatrice si contrae, e, mediante la doccia di Cuvier, versa gli spermatozoi nella camera di fecondazione, che, venuti cosi a contatto con le uova, le fecondano. Quanto alle uova, esse discendono tutte insieme dalla glandola ermafrodisiaca e dal piccolo condotto ermafrodisiaco, spingeudo avanti lo sperma con le prime uova cadute , che trovansi mischiato allo sperma, e giunte nella camera di fecondazione, vengono fecoiid-..te (2). Indi, nel passare nell' ovidutto-deferente, ricevono Talbume ui cui si involgono, poi nel primo tratto o porzione posterioi'e o a (joiuifolo, {[) La iiUHiitit;! di queste sostanze che si aggiungono allo spei'uia è tale che spesso questo ('■ riunito in modo da presentarsi sotto forma di Umglii e sottili cordoncini compatti, simili a quelli delle uova, (w mia nota inuan^. cit.; (2) Il passaggio delle nova, come quello dello sperma attraverso il pic- colo condotto ermafrodisiaco si compie mediante l'azione simultanea did mo' vimeuto delle ciglia vibratili delle cellule epiteliali, che rivestono le pareti interne di questo condotto , e della contrazione delle fibre muscof i delle pareti med^■siml^ Dove le fibre muscolari mancano, correlati vameiii,.; le ci- glia vibratili aumentano in robustezza e lunghezza ( ad es. ultimo tratto ute sono talvolta irrcconoscibili per lo spez- zarsi e l'incurvarsi delle loro facce. Nella stessa epoca Scharf pub- blica nel Ni'u/'s .hiìiì-liitrìi fuesto ipo parallelismo, come lo chiama Sadebek, si ritiene da Mal- lard come causa di poliedria non solo, ma pure come causa delle anomalie ottiche che i cristalli presentano. E propriamente Mal- lai'd ritiene che particole con simmetria di grado inferi- re p;- 57'; e la faccia (110)3 ^'^ <^o^l^ stessa faccia (010) angolo di 45" 25'; che di- verrebbe 45" 27' quando fosse corretto l'angolo (010) (HO),. Ciò posto la faccia (HO), ha per simbolo (27.28.0) e la faccia (110)3 ^^^ persimbolo (01. 60. 0). Con tali simboli è dillicile dire se le facce (110),, (110)3 siano facce genuine con simbolo alquanto elevato, 0 facce vicinali, ovvero facce poliedriche ; perchè, quantunque si ri- tenga da tutti i cristallografi che le caretteristiche delle facce ge- neralmente non siano espresse da numeri molto elevati-, non si è' però d'acconlo nello stabilire i limiti. Così nelle forme della calcite rijiortatc dal Dcs Cloizeaux troviamo registrato senza osservazione di sorLa lo scalenoedro E col simbolo (01.54.114), mentre corregge il simbolo (125.71.91) dello scalenoedro Q dato da v. Rath nel sim- bolo (7.4.5): e rigetta lo scalenoedro B notato da Zippe col simbolo (171.157.319) come inammissibile, sostituendovi quello col simbolo ( — , 1, 2 j. l^a ragione che il Des Cloizeaux ne assegna è che gli scalenocdri scartati si trovano fuori di tutte le zone conosciute nella calcite. Questa ragiono non potreblìo valere per le facce (110).,, (110)3 , e per altre omologhe, nell'idoci-asia ; dacché esse si trovano nelle zone prmcipali [100,110J, [OilLlloj, [0;)1,110]. E malgrado le loro caratteristiche assai elevate, potrebbero ritenersi come facce genui- ne, visto che se ne ammettono con caratteristiche ancora maggiori. Se non che tra queste facce genuine con caratfcerisfìche elevate e quelle con caratteristiche cornimi, spesso vi occorrono altre che mentre hanno caratteristiche (deviitissime, hanno poi rapporti para- nu'trici che gradatamente passano da quelli delle prime a ({uelli delle seconde. Queste facce intermeilii' potrebbero essere fiicce vici- nali proprie della specie; e p:>'^i'(>l)l)(M"() rappresentare spostamenti delle facce genuine con simlìoli cìianni. di cui alcune, come p. e. — 18;; — (a (IIO),, (110)3 montiscono la presenza di facce gcnuiue con simboli elevati. In quanto alle Iacee vicinali, Kokscharow ne ammette nel!' Ido- crasia di Poliakow coi simboli (;J03.1U0.100), ( 307.100.100). Quando le caratteristiche delle facce vicinali si possono elevare fino a que- sti limiti, le faccette nelle quali si risolvono le facce | 100 ;, ; 110 { neiridocrasia del M. Somma possono ridursi quasi tutte a facce vicinali. Due fatti però non permettono di rio:uardare queste facce come vicinali, primo clic il loro numero e la loro disposizione non segue simmetria di sorta, secondo che esse, aumentando sempre più dj numero, stabiliscono nello stesso cristallo il passaggio dalle facce genuino con simboli comuni alle facce curve. D'altronde le facce vicinali di ; 100 ; sono in gran parte illu- sorie; daccliè la differenza di un sol minuto primo, differenza infe- riore all'errore di osservazione, cambierebbe le caratteristiche di tali facce. Cosi nel cristallo n." 1, ritenendo genuina la faccia (100),,, la faccia (100)., che s' inclina colla precedente di 0" 'A')' 30", avrebbe il simbolo (88.1.0) se l'inclinazione fosse di 0''3'J'; e il simbolo (80.1.0), se l'inclinazione fosse di 0" 40'. Il Websky nota che quando i simboli di tali facce sono assai intricati o poco precisi, cambiando di assi 0 di parametri foiida- meutali, i simboli diventano meno intricati e più precisi ; ma nel caso presente la difficoltà non sparisce , solo si trasporta nelle fac- ce Ilio,'. Escluso quindi che la massima parte delle faccette prossime ■dUe facce genuine con simboli comuni siano facce vicinali o facce genuine con siml)oli elevati, perchè il loro numero e la loro dispo- sizione non segue simmetria di sorta, resta che esse siano effetto di spostamento o d'imperfeLto parallelismo nei subindividui che for- mano il cristallo. A quest'ultima ipotesi si attengono Zepharowich, Sidelielv e Sfcriivcr; e in fatti in quei cristalli nei quali i subindi- vidui sono riconoscibili l' ipoparallelismo è quasi cos(;ante, e talvolta abbastanza notevole. Ma non è solo l' ipoparallelismo la cagione del presentarsi multiple le facce dei cristalli: li tensione superficiale dei subindividni e quindi la mutua compressione loro ne è una causa por lo meno altrcfcLanto eliìcace. Questo riesce eviden*;e nei cristalli del terzo gruppo; ma prima mi conviene dire un cenno della yolic- dria SUL crisjalli del terzo ti|)0. — 1S4 — Poliedria nei cristalli del ili tipo In questi le facce della zona [100,110] abitualmente o si presen- tano uniche o danno poche immagini distanti fra loro di pochi mi- nuti primi. Le facce del quadratottaedro fondamentale invece , che sono più estese, spesso danno immagini doppie e triple, però la loro distanza angolare è relativamente piccola: la base è ora più, ora meno poliedrica. I cristalli di questo tipo con facce assai nitide sono relativamente rari, ordinariamente le facce sono un pò" scabrette : non di meno riflettono bene le immagini, e nella più parte delle misure prese l'errore probabile non supera due minuti primi. Anche in questi cristalli le faccette in cui si risolvono la base e altre facce genuine con simboli comuni non seguono alcuna legge sia pel nu- mero, sia per la disposizione. Cristalli polisintetici Tre cristalli nei quali i subindividui sono assai bene riconoscibili pare che mettano fuor di dubbio 1" influenza della tensione superfl- ciale nella poliedria delle facce. Il Cr.° nuni." 18 presenta due subindividui, 1' uno ^ incluso nel- l'altro a. Nella zona [100, HO] le facce di/? sporgono nella parte superiore e rimangono un po' in dentro delle facce di a in corri- spondenza di ( HO ) , ( 100 ) ( 010 ) ( 110 ) : in corrispondanza poi di ( no ) , ( 010 ), ( 110 ) , ( 100 ) le facce prismatiche di /? restano incluse nel cristallo a e le facce ottaedriche di p si mettono a li- vello delle ottaedriche di a — la base di a si mostra in corrispondenza di ( 100 ) e anche un poco in corrispondenza di ( 010 ). La prima cosa da notare è che le facce | 100 \, \ 110 : ili a non sono perfettamente in zona colle facce omologhe di /?, e di più che le ime e le altre danno immagini multiple; conseguenza del precedente ipoparallelismo è che le facce i 111 i di l'i non sono in zona colle omologhe di a. In secondo luogo nel cristallo /? abbiamo ( 001 ) ( IH )2 3V 0' (001 ) (HI ) 36" 59' (001 ) (HI ) 36° 57' ( 001 ) ( 911 ) 36° 56' e nel cristallo a abbiamo — 185 — ( UUl ) ( 111 ) 37" 1' (001 ) ( 111 ) 37'^ l'J' ( 001 ) ( 111 ) 36° 21' ( 001 ) ( 111 ) 36" 38' Cioè nel cristallo ^ abbiamo che le inclinazioni delle facce del quadratottaedro fondamentale sulla base sono sensibilmente uguali, le loro differenze si scostano poco dagli errori di osservazione, e in quella che più se ne scosta ( 111 )2 la faccia dà immagine doppia. Mentre nel cristallo a la differenza tra queste inclinazioni è notevole e assai superiore agli orrori di osservazione. La posizione reciproca dei due subindividui è stata determinata calcolando la posizione della base di ^ rispetto alla base di a : il polo della prima è spostato rispetto al polo della seconda di 1" 30' verso ( 110 ) e di 0'' 51' verso ( HO ) — Le inclinazioni della base /? sulle facce j 111 ; di a mostrano che le disuguaglianze in esse non dipen- . donodal solo ipoparallelismo dei due subindividui ; ma da un reale spostamento nelle facce \ 111 | di a, come lo dimostrano le inclina- zioni della base di « sulle facce { 111 i precedentemente riportate. In un altro cristallo n." 18 nel quale le facce della zona [ 100, 110] sono nitidissime, le facce { 100 | , i HO ì e parecchie facce I 210 I danno due sole immagini e assai nitide. Considerando specialmente le facce ! 100 5, ! 110 ! si ha ( 100 ), ( 100 )j 0^ 45' 30" ( HO ), ( HO )j 0° 47' 30" ( 010 ), ( 010 )2 0" 27' 30" ( 110 )^ ( 110 )2 0" 25' 0" ( 100 ), ( 100 )2 0'^ 55' 0" ( 110 ), ( 110 )j 0" 44' 30" dove chiaramente si scorge che , anche tenendo conto dell' errore d' osservazione, la distanza angolare delle due immagini che ciascuna faccia presenta può ritenersi uguale nelle facce ( 100 ), ( HO ), ( HO ); ma è assai differente nelle facce ( 010 ), ( 110 ), ( 100 ), ( 010 ): là faccia poi ( HO ) dà immagine unica e nitidissima. Le facce \ 111 [ danno immagini uniche e nitide, tranne la ( 111 ) che ne dà due di- stanti fra loro di 0" 7' 0"; la base dà molte immagini di cui una cen- trale più nitida, che rivelano una piramide quadrangolare ottusissima. Considerando V immagine centrale delle basi si ha ( 001) ( HO ) 00*^ 8' 30" ( 001 ) ( HO ) 80° 53' 0" ( 001 ) ( HO ) 89" 49' 30" ( 001 ) (HO ) 90" 8' 30" 7 - 180 — ( 001 ) ( 100 ) 00" r 0" ( 001 ) ( lOO ; 89» 58' 30" ( 001 ) ( 100 ) 90" 0' 30" ( 001 ) ( 100 ) 90" 0' 30" Siccome le due immagini delle facce | 100 | j 110 | nelle zone della base non sono perfettamente in zona, ho cercato quale differenza si avrebbe nelle misure puntando ora 1' una, ora l'altra: questa diffe- renza si eleva al massimo a 2'. Dalle misure precedenti appare che nel cristallo sono parallele le basi, le facce opposte | 100 | e le facce opposte | 110 !, salvo lie- vissime diff'erenze inferiori agli errori di osservazione: però mentre le facce \ 100 ! sono ortogonali alle basi, non lo sono. le facce j 110 j. La poliedria della base fa riconoscere due subindividui princi- pali a e /? il secondo parzialmente compreso dal primo, a parte altri subindividui assai più piccoli : le facce ( 010 ), ( 010 ) sono in cor- rispondenza di a, le facce ( 100 ), ( 100 ) sono in corrispondenza di ^. In corrispondenza poi di ( 110 ), ( 110 ), ( 110 ) s'incontrano i due subindividui a e /?. L' ipoparallclismo dei due subindividui principali non potrebbe spiegare la differenza angolare nelle due immagini che presentano le facce | 100 i, 1 110 |, né la obliquità delle | 110 | sulla base, coesistente colla ortogonalità delle J 100 ! ; mentre lo sposta- mento per la tensione superficiale di «■ e ^ diversamente situati ri- spetto alle facce della zona [100, 110] potrebbe spiegare le suddette anomalie. Finalmente il cristallo n.° 11 risulta principalmente da tre sub- individui «, l^^ y\ ad a, che è il più sviluppato si attacca § col piano di unione ( 100 ) , lasciando ( 100 ) di a in gran parte scoverta : y vi si attacca apparentemente col piano d' unione ( 010 ) e le facce ettaedriche di 7 si mettono quasi a livello delle facce ottaedrichc di a , formando un angolo rientrante alquanto imperfetto nella di- rezione /ooiLy Viio/ La poliedria cui dà luogo questo aggruppamento presenta le se- guenti cose da notare : 1." delle facce prismatiche di a la ( 100 ) è prol'ondamonte po- liedrica secondo l' asse ([uateruario : la poliedria sulle altre facce prismatiche è meno spiccata. Mentre le immagini di ( 110 ) si mo- strano divise in tre gruppi, non perfettamente in zona ( corrispon- denti ad a, l^, y ) 0 le immagini estreme distano di 5" circa, e la faccia ( 110) dà immagini di cui le estreme distano 1" appena: la faccia [ 100 ) (là una serie d'immagini di cui le estreme distano 13* circa, essa tende a divenire curva. — 187 — 2.° La faccia ( 113 ) di a che si trova in contatto con y, si pre- senta poliedrica colle immagini estreme distanti di un grado circa, così pure la faccia ( 112 ) di a; l'una e l'altra in alcuni punti sono scabre, la prima presso l'angolo rientrante , la seconda presso lo spigolo ( TTT- ); dove la ( 112 ) appartiene ad a e ( 111 ) appartiene a y. La base è scabra. Nelle altre facce di a la poliedria o manca» o è poco sensibile, avendosi in alcune di esse immagini doppie di- stanti fra loro di pochi minuti primi. Anche in questo gruppo il massimo spostamento avvenuto nella ( 100 ) di a pare si sia in relazione colla tensione di a e /? esplica- tasi maggiormente secondo il loro piano d' unione. Proprietà ottiche Prima d' intraprendere lo studio delle proprietà ottiche nei cri- stalli del Somma , ho voluto come termine di confronto rivedere quelle dei cristalli di Val d' Ala. Dalla cortesia del Prof. G. Uzielli di Torino ho avuto un cristallo cilindroide proveniente da Val d'Ala, « ne ho tagliate due lamine sensibilmente parallele alla base , una abbastanza spessa da poter essere studiata a luce polarizzata conver- gente, l'altra abbastanza sottile da poterne studiare la struttura mi- -croscopica. Nella prima non ho potuto osservare altro che una croce nera, le branche della quale si dislocano assai leggermente cambiando di azimuth, senza però risolversi in due rami iperbolici. Questo feno- meno non va unito a tracce sensibili di birifrangenza secondo l' asse quaternario , conservando i quattro settori dello stauroscopio la stessa tinta in qualunque azimuth si disponga il cristallo. La se- conda lamina mostra solo delle fenditure rettilinee parallele a | 110 ì ed a 1 100 S, che sono probabilmente di clivaggio ; ma nessuna parti- colarità nella struttura, né alcun indizio di birifrangenza. Dell' Ido- crasia del M.te Somma ho esaminata una lamina del cristallo n.° 5 ( nel quale la poliedria nelle facce | 100 \ \ 110 j è molto notevole) tagliata sensibilmente parallela alla base, questa lamina lascia ve- dere una croce nera colle branche poco dislocabili , e che non si risolvono nettamente in due rami iperbolici cambiando di azimuth : secondo l'asse quaternario le tracce di birifrangenza sono assai dub- bie — Dacché nell" idocrasia certe volte la birifrangenza è appena 0,0009 ( Osann — Roseubusch. Mikr. Phys. 2.^ Ed. I, 320), ho so- spettato che nei cristalli presi in considerazione la birifrangenza . _ 188 — fosse tanto debole, da non poterla riconoscere coi mezzi ili cui di- spongo — Quindi in un altro cristallo molto simile al precedente e della stessa provenienza ho tagliata una lamina inclinata alla base di circa 20°: in questa nei punti più traslucidi si ha collo stauro- scopio birifrangenza assai distinta. Un bellissimo cristallo, quasi trasparente, avuto insieme con al- tri in esame dalla cortesia del Prof. A. Scacchi e del Prof. E. Scac- chi, osservato a luce polarizzata convergente e nell'aria, fa vedere una croce nera, che cambiando di azimuth si risolve in due rami iper- bolici assai distinti, non si osservano però zone isocromatiche: collo stauroscopio si nota birifrangenza secondo l'asse; ma il colore in ciascun settore non è omogeneo , indizio di cristallo deformato : i colori sono assai sbiadati. In questo cristallo solo alcune facce della zona [ 100, 110 ] sono poliedriche le altre danno due sole immagini: la base per contro presenta una poliedria notevolissima che fa ar- gomentare una compressione vicendevole dei subindividui. 1 fatti sopranotati dimostrano che nel Monte Somma occorrono- cristalli d'Idocrasia nettamente biassiali e cristalli che sembrano mo- noassiali. Intanto considerando il cristallo n." 5 e il cristallo cilin- droide di Val d'Ala, noi troviamo che essi, malgrado la poliedria molto spiccata, non si presentano distintamente biassiali , mentre r ultimo cristallo esaminato è nettamente biassiale e la poledria nella zona [100, IIOJ non è molto notevole. Questo contraddice alla teoria di Mallard: invece la poliedria secondo la base nell'ultimo cristallo, e la ineguale birifrangenza nei diversi punti della base, indizio di de- formazione nel cristallo dovuta a compressione , appoggiano l' idea che la biassialità nell' idocrasia sia un effetto della compressione, dovuta alla tensione di subindividui in cristalli polisintetici, E quando si considera il cristallo esaminato da Mallard, pare che la biassialità in esso dipenda da mutua compressione dei quattro subindividui , dacché la lamina parallela all' asse mostra struttura zonata, ed è noto che questa proviene da compressione. CONCLlTSIOxM Dalle cose dette innanzi risulta: 1.^ che r Idocrasia del Monte Somma non couferma nò per le proprietà geometriche né per lo proprietà ottiche 1" idea che possa appartenere ad un sistema ti'imctrico limite al (luadratico. 2.* che le diverse faccette in cui si risolvono le sue facce prin- cipali non possono essere considerate né come lacco genuine con caratteristiche elevate, nò come facce vicinali. — 189 — 5." che osse sono effetto di ipoparallelismo di subindividui non solo , ma ancora di spostamenti cagionati dalla tensione dei subin- dividui nei cristalli polisintetici, 4.° che la poliedria non ò speciale di alcune facce; ma è più spiccata nei cristalli prismatici sulle facce i 100 j, ! 110 ì, | 210 \ e nei cristalli ottaedrici sulle facce 1 IH | : cioè in generale occorre sulle facce più estese e in direzione delle zone a cui le facce ap- partengono. 5." che l'essere i cristalli birinfrangenti secondo 1' asse quater- nario e il presentarsi biassiali non è in relazione colla poliedria delle facce jlOOì, IllOi; e che tali fenomeni sembrano piuttosto effetti di compressione prodotta dalla tensione dei subindividui nei cristalli polisintetici. Napoli, 20 Giugno 1890. Note elmintologiclie — dì Fr. Sav. Monticelli, (Tav. Vili). (Tornata del 17 agosto 1890) Nel 1887, sotto il medesimo titolo, mi sono occupato brevemente di alcuni parassiti della Sardina del Golfo di Napoli insieme al nutri- mento di questa (1). Questa seconda serie contiene varie osservazioni sopra diverse specie di Trematodi e Cestodi, alcune delle quali sono come delle brevi notizie preliminari, altre, invece, delle note defi- nitive. Alcune di queste note riguardano forme dubbie o mal cono- sciute che ho osservate ed esaminate nei varii Musei da me visitati, altre forme nuove che ho trovate qui, nei Pesci del nostro golfo, od indeterminate nei suddetti Musei. Trematoda I. Nota preliminara sul genere Acaalhocolyle Montic. II. Breve descrizione del Pseadocolylo minor n. sp. III. Alcune considerazioni sul Tetraoiic/ius lorpedinis Chatin. IV. Appunti critici su di una specie del genere Exacolylc Blainv. €estoda I. Di due forme di Dibothridae del Cenlrolophus jwmpUius. II. Intorno ad un Cestode del Polypterus Inchir. III. Sul Pyvamicocephalm antlioccpiialus Rud. IV. Di una nuova specie del genere Diplocolyle Krabbe. (1) V. c[uesto Bollcllino Ann. I, Voi. l, pag. 85-88. — 190 TREMATODA I. Nota preliminare sul genere Acanniocolyle Montic. Riassumo qui le caratteristiche generiche di questo n. g. da me fondato nel 1888 (1) e descrivo le due specie del genere, l'una già indicata nel ci(;,ito lavoro, 1' altra che ho ritrovata quest' inverno sul dorso delle Raja clavata. Il genere AcantJwcoiyle (flg. 1) è così caratterizzato: Corpo allungato, ventose anteriori ellittiche, ventosa posteriore sessile, grande, discoidale, terminale, senza raggi muscolari, con nu- merosi uncini chitinosi disposti a 20 raggi convergenti nel mezzo: questa ventosa porta una piccola appendice posteriore fornita di uncini allungati a forma di spilli «ou capocchia a crescente. — Bocca ventrale, intestino bifido non ramoso. — Aperture genitali maschili e fem- minili sulla faccia ventrale del corpo : 1' apertura ma- schile nella linea mediana, dietro l'arco dell'intestino, la femminile sul lato destro , marginalmente. Vagina aprentesi nella linea mediana del corpo accanto (a de- stra) all' apertura maschile. Testicoli numerosi che oc- cupano circa i due terzi posteriori del corpo. Vitello- geni disposti lungo i due lati del corpo, non ramosi. — Uova allungate con lungo prolungamento da un sol polo. Habitat — Parassiti della pelle del dorso e del ventre della Rnj(f. clavaia. Fig. I A. Lobianchi (lato ventrale) Acanthocotyle Lobianclii Montic. (2) Fig II A. Lobianchi— raggio di uncini. Questa specie è caratterizzata dall' avere gli uncini della ventosa posteriore forti e tozzi (fig. II) ed il merletto (3) della medesima stret- to ed a margine integro. Lunghez- za 3-6 mill. Habitat: sidla pelle del ventre della Raja clavaia. (1) Saggio di una Morfologia dei Trematodi, pag. 97. (21 loc. cit. pag. 7 . (3) Chiamo merletto il margine sottile e trasparente, spesso pieghet- tato fTnstoiìiiimJ della ventosa posteriore dei Tristomidae. 101 AcantJiocoiyle elcgron n Questa specie differisce dalla precedente per le sue dimensioni costantemente minori ( 2-4 mill. ), per la sua maggiore eleganza di forma e specialmente per la diversa forma degli uncini ( fig. Ili ) della ventosa posteriore e per il merletto che l' orla, che è largo ed a margine laciniato. Infine differisce pure per il suo habitat, perchè quella vive sempre sulla pelle del ventre, questa sy quella del dorso della Raja clavala. Le prin- cipali caratteristiche differenziali di questa specie sono principalmente in rapporto con la natura della pelle del dorso delle Raje, differente da quella del ventre Fig III A. elegans—r&ggio di unciui. II. Breve descrizione del Pseudocotijle ininor n. sp, Descrivo brevemente questa nuova forma che ho solamente in- dicata a pag. 16 del mio Saggio di una Morfologia dei Trematodi e che ho poi ricordata a proposito del P. Squatinae in altro mio lavoro. (1) Questa n. sp. vive sulla pelle del dorso dello Scyllimn canicula del nostro golfo, ed è molto dif- fìcile a riconoscersi in sito, perchè poco appariscente e di un colore bianchiccio molto trasparente che si confonde con quello della pelle degli ScyUnim. Io non scenderò in minuti particolari anatomici, mi limito solo a dare quei caratteri che bastano a farla rico- noscere e la distinguono dal P. Squatinae. Il P. minor misura in lungh. mill. 1-2 Vz, è perciò di dimensio- ni molto minori del P. Squafiiiae: ha il corpo ovale allungato un poco più ristretto posteriormente che anteriormente e differisce perciò dal P. Squatinae che ha il corpo posteriormente ed anteriormente sub- troncato. La ventosa posteriore è simile a quella del P. Squatinae solo alquano più piccola. La bocca si apre come nel P. Squatinae ed è identico nelle due specie il modo come essa comunica con la faringe; la forma di questa è differente nel P. minor, perchè invece di es- sere a palla, come nel P. Squatinae, è trapezoidale. Il tubo digerente è bifido, ma non ramoso, come nel P. Squatinae. Le aperture geni- tali maschili e femminili sono ravvicinate, il pene sbocca poco in- Fig. IV Pttudocotyle minor. (1) Elenco degli Elminti studiati a Wimereux, in: Bull. Scicnt. Frane. Belg. Tome XXII, pag. 419. — 192 — nanzi l'utero. Esiste un unico testicolo grande, tondeggiante, mediano, invece dei molteplici testicoli del P. Squatìnae : il deferente sbocca in una complicata tasca del pene: questa è armata di un'appendi- ce chitinosa, come nel P. Sqiiatinae, che a differenza dell'appen- dice di questa specie, è dritta. L' ovario è situato innanzi il testi- colo e trovasi anch' esso nella regione mediana del corpo, mentre nel P. Squatìnae trovasi nel terzo anteriore del corpo: dall'ovario parte un ovidotto che si allarga a formare un utero caliciforme, che poi si restringe per sboccare all'esterno: alla base dell'utero si osservano le glandolo del guscio: né a fresco , né su ben riusciti preparati in toto, né su serie di sezioni, mi é riuscito vedere la duplice vagina descritta e disegnata dal Taschenbcrg (1) nel P. Squatìnae, ma non intendo asserire con ciò che essa manchi del tutto , che con ogni probabilità essa esiste anche in questa specie e per 1' esiguità sua potrebbe essere sfuggita all' osservazione. Mentre nel Pseudocotylc Squatìnae i vitellogeni sono piccoli e numerosi, nel P. minor essi sono invece grandi e relativamente poco numerosi; i vitellodutti lon- gitudinali sono molto robusti, essi fondonsi posteriormente, dietro il testicolo, ad arco , i vitellodutti trasversi nel punto di fusione for- mano, come del resto ho osservato anche nel P. Squatìnae, un pic- colo ricettacolo vitellino ( Taschenberg non ne fa cenno in questa specie (2)). Le uova di color giallo paglierino sono allungate, irrego- larmente piriformi con un prolungamento polare assai lungo e spesso ravvolto a spirale: nell' utero , come nel P. Squatìnae, se ne trova sempre un solo. Le uova di questa ultima specie, contrariamente a quanto asseriscono 1' Hesse e Van Beneden (3), mostrano anch'esse un prolungamento polare, ma più breve e più esile (4): esse diffe- riscono da quelle del P. minor, perchè sono ovalari e di color giallo- bruno-ocraceo. Quanto al sistema nervoso , escretore e muscolare la n. sp. si rapporta completamente al P. Squatìnae; farò solo osservare che (l)Weitere Beitràge zur Kenntniss Ectoparasitischer mariner Trematoden, in: Festschr. Nalurf. Geselleschf. Halle, pag. 31, Taf. IV, fig. .2. (2) loc cit.: secondo questo A. ( pag. 31 ) i due vitellodutti trasversali si aprirebbero ciascuno direttamente nell'ovidotto senza fondersi insieme. (3) Recherches sur les Bdelloides ou Ilirudinées et les Tre- mato des, in: Mém. Acc. Bruxelles, Appendice IV, 1863, Taschenberg. ( o p. cit. pag. 31 j conferma l'asserzione dell'Hesse e van Beneden. CO Finora ho osservato con evidenza questo prolungamento solo nell» uova contonute nell* utero. - 193 — anche nel P. iìiinor si osserva nella estremità posteriore del corpo, in prossimità della piccola ventosa posteriore, quel particolare svi- luppo della muscolatura circolare del corpo da me osservata nel P. Squatinae. ( v. mio Saggio ctc. a pag. 20 ). III. Alcune osservazioni sul Te/raonchus Torpedinis Chatin (1) In una appendice alla mia nota preliminare sul genere Tetraon- cliiis letta nella tornata del 15 giugno 1889 della nostra Società (2) ho riassunto in breve le conclusioni alle quali mi aveva condotto l'esame dei preparati (\q\V AmpMMella Torppffmis, posti gentilmente a mia disposizione dallo Chatin medesimo, riserbandomi parlarne più largamente nel lavoro esteso sul genere Tetraonchus. In questa mia appendice io scrivevo: « I preparati esaminati, per essere fatti in glicerina e conservati da lungo tempo, non permet- tono di dare un giudizio certo siiWAìniikibdella, purtuttavia da quanto ho potuto osservare, panni poter concludere che V AmpMMella per la forma generale del corpo , per la presenza di un piccolo disco for- nito di uncini chitinosi e privo di ventose e per le aperture geni- tali, deve rientrare nella sotto-famiglia dei Gyrodactylidac e, forse, per i quattro grandi uncini chitinosi del disco, disposti due dorsalmente e due ventralmente ed accompagnati da piccoli unciuuli, dovrebbe riferirsi al genere Tetraonchus». In questo anno il Parona e Perugia avendo ritrovato sulle bran- chie delle Toì'pedo narce QmarmorataVAmphilidella Tot'pediìiis del- lo Chatin (3), dai loro studii sistematici ed anatomici concludono, che, come io avevo già prima osservato, V AmphìMella appartiene certa- mente ai Gyrodattili ed è strettamente legata al genere Calceosto- mae Tefroanchus. «Per noi, soggiungono, il genere Amphibdella se- gnerebbe il passaggio fra i due generi preaccennati presentandoci caratteri dell'uno e dell'altro.... Il nessun rapporto che questa forma ha col gruppo delle Irudinee ci indurrebbe a sostituire alla denomi- nazione AmpMMella un'altra, ma non lo facciamo per non accre- (1) in: Ann. Sc.-Nat. Zool. f6j, Tornei, JS54, pag. Il, PI. IX, fig. 3-14. (2) V. questo Bollettino Anno III, Voi. Ili, I8S9, pag. 116. (3) Di alcuni Trematodi ectoparassiti dei Pesci Adriatici, in; Ann. Mas. Civ. Genova (2), Voi. IX, pag. 16-32, Tav. I-II . Dei Trematodi delle Branchie di Pesci Italiani, in: Atti Soc. Lig. Se. Nat. e Geogr. Voi. I, n.° I, 1890. — 191 — scere la sinonimia: soltanto caratterizzeremo più esattamente questo importantissimo Trematode (1) » (segue la diagnosi). Dalle quali parole appar chiaro che essi considerano VAmpM- bdella come genere distinto. In questo scorso inverno, ricercando sulle branchie e nel cavo branchiale della Torpedo narce ho ritrovato anche io V Aìnphibdella. Lo studio del materiale fresco, mentre mi ha permesso di comple- tare quello da me fatto sui preparati tipici dello Chatin, ha anche confermata la mia primitiva opinione, che VAmpMMella deve, cioè rientrare nel genere Tetraonchus, del quale ha tutte le carat- teristiche generiche così esterne, che anatomiche, come: I. la forma generale del corpo, anteriormente triangolare (2); IL la presenza di un piccolo disco armato di quattro grandi uncini, due sulla faccia ventrale e due sulla dorsale, i due primi con le punte rivolte in fuori e i secondi con le punte rivolte in deatro, accompagnati da due pezzi chitinosi trasversali e di 10 uncini marginali e 4 centrali disposti come nelle altre specie di Tetraonchus', III. la disposizione del tubo digerente con bocca ventrale; IV. la disposizione ed il modo di sbocco del sistema escretore; V. le aperture genitali maschili e femminili nella linea mediana della faccia ventrale ravvicinate fra loro e della vagina aprentesi sul margine sinistro della faccia ventrale ; VI. la disposizione ed i rapporti reciproci degli organi genitali ; VII. le uova fornite di un prolungamento da un sol polo. Il Tefi-aonclms Torpedinis deve però considerarsi specie diversa dalle altre dalle quali si distingue: I. per la forma del corpo molto allungato, poco ristretto poste- riormente; IL per la forma del disco che è piccolo e triangolare; III. per la forma dei grandi uncini del disco e dei pezzi chiti- nosi trasversali; IV. per il tubo digerente bifido con braccia intestinali lunghe e separate per tutta la loro lunghezza e per l'apertura boccale circon- data da appendici digitiformi come quelle osservate dal Wagener nel Gyrodactylus eler/ans; (1) Nuove osservazioni &\x\V Amphibdella torpedinis Chatin, in: Ann. Mw. Civ. Genova, (2), Voi. IX, pag. 366-367. . (2) In questa parte si osservano numerose glandole disposte nella ma- niera tipica degli altri Tetraonchus. — 105 — V. per la forma del pcuc e del pezzo chitinoso che Taccompa- gna (1); VI. per la disposizione generale dei vitellogeni; VII. per il suo habilat; questa infatti è la prima specie del ge- nere osservata nei pesci marini. Non entro qui a parlare dei rapporti che il genere Tvlraon- chus ha con gli altri affini, cosa che farò nel lavoro esteso, osser- verò solo che io non so scorgere nel T. TorpedUm quei caratteri di affinità col Calceosfoma che, secondo il Parona e Perugia, lo fareb- bero riguardare come una forma di passaggio tra Tefì-aonclms e Calceostoma. IV. Appunti critici su di una specie del gen. E.racofyìe Bl. [Ejcacotyìe Thynni De la Roche ci). ] De la Roche, Rudolphi (3) Nordmann (4) Dujardin (5) Blainville assegnano sei ventose al disco di questa specie, Dicsing (G), invece, ve ne ha riconosciute 8, delle quali le due centrali più piccole, e tante e cosi disposte ne ha disegnate nella figura che egli dà di questa specie (7). Taschenberg (8) nega che vi siano otto ventose nel disco: egli infatti scrive che le ventose stanno disposte in un solo ordine « doch in zwei durch einem kleinen Zwischeuraum getronnte Gruppen von je drei geordenet » ed osserva in nota a pie di pagina « Diesing gibt irriger Weise 8 Haftorgane an. » Io ho potuto esaminare 1' esemplare di Vienna descritto e figu- rato dal Diesing ed ho trovato che le ventose del disco sono ap- (1) Il Parona e Perugia han considerato come armatura dell'apertura femminile, il pene col suo pezzo chitinoso. V. Trematodidei Pesci Adria- tici , pag. 29, Tccv. 1, fi'j. 12 ar, fig. 13, Tav. Il, fig. 18 ar, e Nuove osservazioni snlV Amp''ihdella, pag. 365. (2) in: Nom. Boll. Soc. Pliil 18 il, pag. 27 1, PI. Il, fig. 3. (3) Entoz. Synopsis, pag. 438, Tab. Il, fig. 6 friprocluzione di quella di De la Roche). (4) in: Lamarck. Auimaux sans Vertèbres, 2 edizione. Voi, III, pag. 600, (5) Ilist. Nat. des Ilelm. pag. 319. (6) Syst. Helm. Voi. I, pag. 416, Revis. d. Myzbelm. pag. 369. (7) Deiik. k. Akad. Wien, Bd. XIV, Tab. I, fig. 1-3. (8) Zur Systematik der Monogenetischen Trematoden, in: l. Gesam. Nalurwiss. Bd. 58, 1879, pag. 250. — 196 — punto otto e come le ha ben disegnate il Diesing stesso , sei più grandi e le due mediane più piccole. Avendo, per cortesia del Prof. 0. Taschenberg, potuto esaminare i tipi da lui raccolti e studiati a Napoli, esistenti nel Museo zoologico di Halle, ho potuto confermare la mia osservazione fatta a Vienna, perchè ho visto che anche que- sti hanno 8 ventose delle quali 2 più piccole e disposte nel mezzo e non nella stessa linea delle altre, ma alquanto più indietro. Anzi r esame di questi esemplari mi ha condotto a vedere che fra queste due piccole ventose, anch'esse, come le altre, fornite di armatura chi- tinosa, si scorgono 4 uncini; due più grandi allungati e due molto piccoli disposti dietro i precedenti , e che i margini posteriori del disco si mostrano nel modo da me disegnato, cioè con delle leggiere escavazioni (fìg. 16). Questa caratteristica specie , come risulta dalle mie ricerche, mostra molte importanti particolarità anatomiche, che, non potendo accompagnare con le relative figure illustrative , sono costretto a tralasciare per ora: spero occuparmene in altro tempo. Noterò qui solamente che 1' ovidotto esterno è molto lungo e decorre nella linea mediana del corpo : esso d' ordinario è pieno di uova della forma da me disegnata nella figura 17, le quali posseg- gono due prolungamenti polari. CESTODA 1. Di due forme di Dibothridae del Centrolophus pompilius. Diesing descrisse col nome di Diboihrium heteropleurum nel suo Syst. Helm. Voi. I a pag. 594 un Bothynocephalus del Centrolofo (= al suo Bollir. CentrolopM , in: Coli. Zoog. Ferd. I. Imperat.) ed osservò in nota che dei due individui comunicatigli dal Koch da Trie- ste uno fosse mìnus corpore piane , alterum majus corpore uno ledere convexo altero concavo. Più tardi il Wagencr riconobbe nel Centrolofo due forme di Ce- stodi, una che riferì al D. heteropleurum e fece notare che aveva una ventosa accessoria a ciascun botridio , 1' altra che indicò sola- mente col nome di « Dlbotìiriuni aus Centrolophi ». Le teste di que- ste due forme ha figurate nella sua Tav. VII, fìg. 78-79, Quantunque mancasse una descrizione minuta di queste due forme, il Diesing lo accetta nella sua Revisione: egli colloca col nome di D. Centrolophi pompiliì Wag. il D. senza nome di Wagener fra i Dil)othria, ed identifica il suo I). hetei'opleuruni del Syst. Helm. — 1(»7 — col D. hcfo'oplcarum di Wagcuor e, traendo partito dalla presenza della ventosa accessoria dei botridii descritta dal Wagener, crea per questo Cestode un nuovo genere che chiama Ainpliicolyle, cambiando il nome specifico di A. heferopleurnm in quello di A. fypica. Dalle mie ricerche risulta che realmente esistono e convivono due forme differenti di Cestodi Dibothridac nel Centrolofo: 1' una è molto lunga e ristretta ed ha lo strobila concavo-convesso , Y altra breve, larga ed appiattita. Quella lunga e ristretta ha i botridii for- niti posteriormente di una ventosa accessoria , quella breve manca di questa ventosa: né questi sono i soli caratteri differenziali , che va aggiunto, che la prima ha le aperture genitali semplici, laterali, mentre la seconda presenta duplicità di organi genitali in ciascuna proglottide e questi sboccano anche lateralmente , ma verso i due margini laterali di ciascuna proglottide. Io riferisco la prima forma qXV Amphicotìjle typica Diesing che, come si vede, è una specie assai ben caratterizzata e la seconda al D. Centrolophl pompilii del Wagener, secondo il Diesing. Come si scorge ponendo mente alla nota apposta dal Diesing, nel Syst. Helmiuthum, al B. heteropleuvum egli ha confuse le due forme insieme, cosicché il suo D. Jieteropleurum è in parte = al D. heto- pleurum di Wagener { = Amphicotyle typica Dìes. ) in parte = al D. Ceìitrolophi pompilii Wagener. A questo Dibotlirlum io propongo cambiare il nome specifico di CentrolopM pompilu in quello di Bothrlocephalus Wageneri per evitare equivoci, perchè questo nome era stato già imposto dal Diesing precedentemente al Dib. heteropleurum (Coli. Zoog. Ford. 1. Im- perat.) col quale egli l'aveva confuso. Secondo le cose innanzi dette la sinonimia e le caratteristiche delle due forme di Cestodi del Centrolofo possono essere stabilite nel modo seguente. Amphicotyle Diesing, Rev. Cephal. pag. 249 (1863) Capo piramidale: botridii due, opposti, laterali, ciascuno provvisto po- steriormente di una ventosa accessoria. Collo mancante. Aperture ge- nitali laterali. Amphicotyle tipica Diesing, loc. cit. synon. Bothrlocephalus Centrolophi Diesing, in: Coli. Zoog. Ferd. 1. Imperat. Dibothriuin Iteteropleuvum » Syst. Helm. Voi. I.p. 294 (partim). » » Wagener, Entwicld. d. Cest. p. 49 Tab. VII, fig. 79. — 198 — Capo subovale, triangolare, allungato, anteriormente subtroncato: cu- pola terminale bene sviluppata. Botridii allun^'ati , sacciformi, laterali, portanti ciascuno sul margine posteriore una ventosa accessoria, (fig. 4) Collo mancante. Proglottidi embricate con margini posteriori sporgenti: le prime nettamente campanulate, le altre meno; esse sono tutte brevissime, più larghe che lunglie, solo le ultime sono così lunghe che larghe e spesso lunghe più eh».' larghe. Tutto lo strobila, eccezion fatta della parte anteriore, è di ordinario ripiegato longitudinalmente a doccia. Aperture genitali laterali sul lato convesso delle proglottidi: esse non sono sulla linea mediana delle proglottidi, ma spinte verso il margine (destro, guardando le proglot- tidi dal lato convesso) ed irregolarmente alterne. Pene coperto di aculei radi, forti, lunghi, alcuni dritti, altri a punta ricurva, che richiama alla mente una proboscide di Tetrarynchm. Utero sboccante nella linea mediana della faccia concava delle proglottidi. Bolhriocephalus Wageiierl Montic. synon. Uibolhrium heleropleurum Diesing, Syst. Helm. loco citato (partim). aus Centrolophiis Wagener, loc. cit. p. 49, Tab. VII. fig. 78. Ceìilrolophi poìnpilii Wagener, in: Diesing, Eevis. pag. 244. Capo a forma di piramide tronca anteriorninte: Botridii piccoli, la- terali, scavati nella parte posteriore delle superhcie laterali del capo, que- ste nel loro mezzo presentansi leggermente incavate, (fig. 6). Collo man- cante. Proglottidi embricate, le anteriori ristrette: esse vanno sempre allargandosi fino a raggiungere una larghezza 6 volte maggiore di quella della prima proglotfcide , larghezza che conservano fino allo estremo dello strobila. Le ultime proglottidi sono alquanto più strette. Le proglottidi sono in •generale per tutta la lunghezza dello strobila assai brevi , le posteriori e le ultime solamente hanno una lunghezza un poco maggiore. Le proglot- tidi presentano tutte il margine posteriore ispessito: da un lato dello stro- bila questi margini sono iritegri, dall'altro, poco dopo il capo, i margini pò steriori mostransi alquanto crespati sulla linea mediana e questa crespatura cresce mano mano in estensione nelle proglottidi posteriori cosicché presto tutto il margine posteriore è fortemente crespato. Questa cosi fatta e svi- luppata crespatura dà al lato dello strobila un aspetto assai caratteristico, che non si riscontra nel lato opposto. Aperture genitali (ed in corri- spondenza gli organi genitali) duplici in ciascuna proglottide e laterali spinte verso i margini, aprentesi sul lato non crespo. Gli sbocchi degli uteri tro- vansi dal lato opjjosto, crespato, dello strobila. Lo strobila alle volte nella sua parte anteriore si ripiega longitudinalmente a doccia molto larga, rara- 'incntc nella sua parte posteriore. — io:» — Nello collezioni elmintologiche del Museo Zoologico di Lipsia, che il Prof. Leuckart gentilmente ha voluto permettermi di studiare, ho trovato sotto i numeri 546-547 dei Bmofhrium della Coriphaena hyppuris che ho riconosciuto per dei Bot/ir/occp//alus (1) per tutti i loro caratteri, molto affini al B. War/eneri dal quale differiscono spe- cialmente por la forma del capo o dei botridii. Dall'esame fattone io credo ]>otor dire che trattasi di una nuova e distinta forma che indi- cherò col nome di B. l07ichiiioì)Oth}iuin, dalla forma a lancia dei bo- tridii. Poi' permetterne il riconoscimento ho data una immagine del capo nella fig. 5 ricavata da uno schizzo proso a Lipsia. Anche in questo B. è caratteristica la crespatura del margine posteriore delle proglottidi dol lato sul quale si apre l'utero. IL Intorno ad un Cestode del Polypterus Mchir Nel 1853 il Leydig (2) descrisse col nome di TetroJjothrium Polypteri un Cestode da lui trovato nell' intostino di un Polypterus Mchìr. Le caratteristiche principali di questo nuovo Cestode sono : « der Kopì" vierlappig (vedi la figura del Leydig che ho qui ripro- dotta) und Jeder Lappen (a) mit sechs einfachen Haken versehcn. Am Plalse springen vier Làngsleisten vor , wovon Jede am Kopfende sich zu don erwàhnten Lappen verbreitert. Dadurch bilden sich am Halse zwei Làngsgruben (hb). Die unmittelbar auf den Hals fol- genden Glieder sind sehr schmal (a) » (fìg. V ). Il Leydig non avendo potuto osservare gli organi genitali anche nelle proglottidi ultime e più grandi degli strobila da lui esaminati suppone che « viclleicht dio mit Gcschlechtstheilen vorsehonen Glie- manca in questo cestode e le proglottidi comii; capo sotto forma di rughe trasverse : esse fanno apparenti ed aumentano gradatamente in lunghe die sono rettangolari, le posteriori subquadratc mente quadrate. Le aperture genitali sono later. e la vagina si aprono in una piccola insenatura (a tuata lateralmente nella parte anteriore di ciasci tero si apre immediatamente dietro lo sbocco es nitale. La disposizione ed i rapporti degli orga stessi che nei Bothriocephalus ad aperture genit del pene è molto grande e presenta dietro di colo seminale che si continua nel deferentc : i t( rosi e mediani piuttosto grandi, situati regolarmo. parallelo alle superfìcie laterali delle proglotti nella porzione inferiore delle proglottidi e non è tteri anatomici (di- 11 ente, al posto della linenza, tutta ere- icchè questa ora si ra allargata assai e allo strobila , vale do ai lati del Ce- ridii in numero di ■[eristica: i margini il disotto ed ai lati osteriormente non nezzo una profonda _^ dell' asse del capo. lesti sono tanto mo- . aspetti (fìg. 14) (1). ■Ha prominenza an- po e peculiare di- trove illustrerò' ed ! centrale. Il collo ino subito dopo il 1 poco a poco più : le proglottidi me- le ultime decisa- La tasca del pene r 0 genitale) si- proglottide. L' u- 10 dell'antro ge- • ■•enitali sono gli iterali. La tasca !i g]'an ricetta- 'i sono nume- ii un sol piano ■ ovario giace U uTande: Fu- ll) Il Diesing è stato certamente indotto in errori^ d i alcuno di questi aspetti , che simulano quattro botridii ( v. la mia lig. i 'i e la fig. 102 del Krabbe ), nel considerare questo Cestode come un Tetrah dlirium. — 205 — tero è disposto nel modo come lo ha bene dise 17 Un uovo dell' ILcacolyle Ihyani molto ingi-andito, (p. 100). Hi>// d ■'•he :/i Va/ M A''a/)0lc. Ari, /K fhiAc.//. /<>////// /2 1*1, *"'--'«"%^^4 »i ^^ 'l- Ut.AS'e'-ino--Va ■ Boll d.Soc r^^ jVali^/v^¥apol^A7^JVIh / - . 2 Svp^ /^ ^^-v ^5-i. ,#> . /O iS m i7 .1' -à».^ — 209 — Della natura dei corpuscoli di Hassal — Contri- buzioni alle conoscenze morfologiche del Ti- mo— Nota riiissiiiiliva di Fr. Gai'Oijiaxco. (Tornata del 17 agosto 1890) I risultati delle osservazioni, che qui riassumo brevemente si riferiscono ai seguenti dati; I) Natura e genesi dei corpuscoli concentrici; loro distribu- zione in rapporto all' età ed alla topografìa dell' organo ; II) Processo di trasformazione grassa di questo; III) Esistenza del canale centrale e delle cisti ciliate. § I. Natura e genesi dei corpuscoli concentrici; loro distribuzione in rapporto all'età ed alla topografìa dell'organo. I corpuscoli di Hassal, intcrpetrati in vario modo in quanto alla genesi, furono, quasi generalmente, ritenuti dagli autori come espres- sione di fase regressiva del timo. Stieda (I) ed His (2) opinarono che potessero rappresentare resti embrionali , ma sospinti , più da propria convinzione in accordo alla genesi dell'organo, che da os- servazioni direttamente compiute, come, per la sua ipotesi, lo Stieda medesimo confessa. Di guisa che, ò tuttora dubbio il valore istologico da assegnare alle formazioni in parola e lo Schcnk ha recentemente affermato che « le osservazioni sul significato e sulla genesi di tali corpuscoli non s.ono ancora concludenti (3) ». Mosso dalla divergenza delle opinioni e dal veder propugnato, già da parecchi anni, dal mio Illustre 3tIaestro Prof. Paladino, nelle sue lezioni , il concetto che la costituzione di siffatti corpuscoli dovesse trovarsi nel connubio delle due sorta di elementi, cioè 1' epiteliale ed il conncttivale, di cui risulta l'organo, con questo int?ndimcnto mi sono messo alla ricerca. Ho seguito accuratamente le fasi CI) Stieda. U n t e i- s u c h . ù b e r die E n t w i e k e I u n g d e r gianduia Thymus etc. 1881. (2) W. His. Anatomie MenschIicher Embryonen, //. /// , pag. 103, 1885. (3) ScHENK. El. Norm. Hist. — 210 ~ d'evoluzione e d'involuzione del timo, alle quali, come parti inte- granti di esso, partecipano indubbiamente le dette formazioni, fer- mandomi a preferenza sul gatto, senza per altro trascurare gli altri mammiferi a cominciare dall" uomo. Dei risultati ottenuti su questi ultimi mi son giovato ad avvalorare e completare quelli già avuti sul primo. Esaminando il timo di un feto, in un certo periodo del suo svi- luppo , molto prima della nascita , si resta colpiti dalla frequenza straordinaria di questi corpuscoli, dalla grandezza loro, dalla com- plessa costituzione. Nel ristretto campo, rappresentato dalla piccola sezione dell'or- gano, ancora in uno stadio iniziale di sviluppo, si notano parecchie di queste formazioni speciali. La loro disposizione non è arbitraria, ma essi s'aggruppano verso la parte centrale, quasi a rappresentare un nucleo o cordone, che occupi la porzione assiale dell' organo ed intorno alla quale si disponga poi 1" elemento linfoide o parablastico. Il Ciìutenuto di essi presenta tutte le fasi di trasformazione re- gressiva: ora è una massa informe quasi colloidea, ora leggermente granulare, talora ricca in globuli di grasso. In molti casi si può ri- conoscere una vera degenerazione jalina. In uno stadio anteriore , quando 1' organo è appena individua- lizzato distintamente, non si trovano corpuscoli di sorta; il tessuto pare perfettamente integro con gli elementi proprii della ghiandola Con un attento esame però può rilevarsi che in mezzo alla uniforme struttura ghiandolare havvi gruppi di elementi, il cui aspetto li dif- ferenzia dagli altri. Questi cumuli sono sparsi qua e là , frammez- zati al tessuto della ghiandola , ma sempre limitati alla parte cen- trale dei lobuli. Gli elementi, di cui constano, sono chiaramente epi- teliali: la loro disposizione contigua, l'aspetto, "le note strutturali, che li caratterizzano, non lasciano dubbio sulla loro natura. Sono questi elementi, che concorrono alla formazione dei corpuscoli con- centrici; essi geneticamente ne sono i precursori. In mezzo a questi gruppi di elementi epiteliali penetrano, per migrazione, corpuscoli linfoidi del timo, ne provocano 1' allontana- mento e talora, con l'avanzare del processo, anche la distruzione. Per questo movimento migratorio, i corpuscoli timici o penetrano e si raccolgono verso il centro e gli clementi invasi si asseriano alla periferia, ovvero possono non arrivare alla parte in- terna, ma accumularsi di lato, di guisa che sotto la stessa capsula si possono notare cellule epiteliali in una metà e ucll' altra corpuscoli linfoidi, talora anche in incipiente disgregazione. In mezzo agli eie- — 211 — monti liafoiiU possono trovarsi globuli rossi. Sicché, per questa os- servazione, i corpuscoli concentrici l)cn si possono dire il risultato della trasformazione dei resti epiteliali del timo e di quella dei corpuscoli linfoidi, posteriormente immigrativi. Questo modo d' interpetrare potrebbe dare, entro certi limiti, una spiegazione sufficiente alle iuterpetrazioni , che si sono emesse al riguardo. La presenza delle emasie e dei cristalli di cmatoidina nello interno dei corpi di Hassal, la proliferazione endoteliale dei vasi e la simiglianza con questi ultimi, intraviste dai differenti autori po- trebbero, a me pare, trovare la loro ragione nei fatti surriferiti. La frequenza e la costituzione complessa di tali formazioni, ri- levata negli stadi primordiali , si riduce con 1' avanzare dell' età. I corpuscoli diminuiscono in numero, sicché, mentre dapprima in mezzo alla scarsa sostanza ghiandolare si notano grossi ed abbondanti cor- puscoli , più tardi si scorge un raddensamento sempre più no- tevole di elementi linfoidi , con una contemporanea riduzione dei corpuscoli concentrici. In questi stadi essi misurano appena 8-10 ,«., mentre ve ne ha di quelli , che giungono a 25-30 ^i , (|uando si os- servano organi primordiali. E questa osservazione conralida la genesi da me accettata, poi- ché se i corpuscoli fossero espressione di fase regressiva dell' organo, dovrebbero appunto trovarsi nel massimo rigoglio nel tempo, in cui li troviamo ridotti ia numero ed in costituzione. In quanto alla distribuzione di essi corpuscoli in rapporto alla topografia del timo, devo notare che essi non si trovano con pari uniformità in tutto 1' organo. In questo io distinguo tre segmenti : l'estremo cervicale, che rappresenta quella parte dell'organo, la quale é superiore nell' uomo , anteriore negli animali e che ha rapporto con la regione omonima; l'estremo cardiaco, ossia quello che, a timo completo, é in diretta relazione col cuore e che in certi periodi della vita , si conforma a mo' di larga doccia , per adattarsi alla convessità dell' organo sottostante. Tra questi due seg- menti sta il corpo. In queste tre porzioni la disseminazione dei cor- puscoli non è arbitraria, ma collegasi alle leggi di sviluppo dell'or- gano. Questo cresce, secondo Stieda, in basso ed in avanti, ed è pro- prio nel limite d'origine, nello estremo cervicale, che si tro- vano , sullo stesso organo, maggior numero e più complessa costi- tuzione dei corpuscoli. Nel corpo, tuttoché abbondanti, si tengono ad una proporzione più lieve ; nell'estremo cardiaco sono ma- nifestamente più scarsi. — 212 — § II. Processo di trasformazione grassa del timo. La divisione in acini nel timo procede con progressivo aumento a norma dell' età e secondo che ci allontaniamo dall'estremo cer- vicale dell'organo. Essa è fatta da propagini connettivali, che ad- dentrandosi nei grossi follicoli iniziali, ne provocano le suddivisioni successivo. Questo connettivo, che partisce in lobuli il timo, ne de- termina la involuzione, poiché in esso comincia la trasformazione grassa che raggiunge proporzioni notevoli. Taluni aut(.ri hanno ammesso una trasformazione adiposa, su- bita direttamente dagli elementi della glandola, o in tutto o parzial- mente ( Simou, Friedleben ed altri ). Secondo le mie osservazioni, sede della metamorfosi grassa non è solo il connettivo, che circonda l'organo od i vasi di neoformazione ( Watney ) , ma anclie quello, che involge i vasi preesistenti, i vasi, cioè, che già si trovano nel tessuto della ghiandola. 11 lume vasale diviene il centro di un campo di tessuto adiposo, che si estende centrifugamente, in modo progressivo, raddensando e comprimendo le cellule timiche alla periferia. Tra^.tasi di un vero processo di trasformazione grassa, giacché il nuovo tessuto è per- fettamente riconoscibile ai caratteri dei suoi elementi. § III. Esistenza del canale centrale e delle cisti ciliate. La presenza di una cavità centrale, variamente atteggiata e con decorso spirale, in comunicazione con spazi cavi di ciascun acino, ovvero con vasi provenienti da questi, é stata da molti sostenuta e negata. Sulla ))ase delle mie ricerche, estese a tutti gli organi di diversa età e di svariati animali , su cui mi sono trattenuto per lo esame relativo ai corpuscoli concentrici, mi è impossibile ammettere questa cavità, chiaramente visibile, almeno dal tempo in cui la glandola è divenuta organo indipendente. Numerosi vasi, a pareti esili, sinuose, a decorso speciale, potrebbero, a primo esame, trarre in inganno, ma la loro natura é innegabile , oltreché per le note proprie della pa- rete, sebbene più assottigliata, per la natura del contenuto, fatto da globuli sanguigni o liberi od impigliati in un fine l'oticolo di fibrina. — 213 — Accenno qnl di volo alla pi'csonza «lolle cisti ciliatc in ({uesta ghiandola, notate per la prima volta dal Reinak, nel g-atto. Il Watney ha affermato di non averle potnto rinvenire in siflatti animali e U ha invece confermati nel cane. Egli le ritiene orig-inatc o, da cor- puscoli concentrici o direttamente da masse di ccllnle cpitelioidi. In opposizione al M'atney, io posso conlcrmare pienamente l'os- servazione del Reinak , poiché nei gatti ho trovato cisti caratteri- stiche, con uno spiccato orlo fornito di ciglia — Sulla genesi e sul significato di esse, mi riserbo pronunziarmi altra volta. Riepilogando , adunfjuc , dai dati di latto surriferiti, traggo le seguenti: CONCLUSIONI i.° — I corpuscoli concentrici o di Hassal sono il risultato sia di metamorfosi rcgi-essiva degli elementi epiteliali, onde risulta origi- nariamente r organo, sia di quella cui soggiacciono i corpuscoli lin- foidi, posteriormente immigrativi. 2.° — Per questa migrazione, gli elementi linfoidi o si raccol- gono verso la parte interna e quelli epiteliali si dispongono alla pe- riferia, ovvero senza penetrar dentro, essi si accumulano di lato. 3." — Le dette formazioni concentriche si modificano in ragione inversa dell' età. Sono al massimo rigoglio negli stadi primordiali ; diminuiscono in numero, in grandezza, diventano più semplici a mi- sura che r organo cresce. 4." — La loro distribuzione non è arbitraria ; in accordo alla ge- nesi dell'organo, essi abbondano nell'estremo cervicale di que- sto, sono scarsi invece nell'estremo cardiaco, mentre nel corpo serbano un rapporto intermedio. 5.° — 11 canale centrale non esiste; vasi centrali, a pareti esili, con speciale decorso, potrebbero mentirne la presenza. 6." — La trasformazione grassa ha sede non solo nel connettivo, che involge l'organo e ne unisce i lol)uli, ma in quello che circonda i vasi preesistenti. 7." — Le e. -ti ciliate del Remak sono manifestamenic visiìnli nei gatti, in opposizione al Watney, che afferma non averle ritrovati in siffatti animali. Napoli, Is/ifuf.o (V Isiologia e Fmolorjla (jonerale, Agosto 1800. P'i^oGESSi ^e:e^s_a.li DELLE TORNATE dal 1 Decembre 1889 al 3 Agosto 1890 Tornata del 1 Decembre 1889 Presidenza del Sig. F, Raffaele Segretario: 0. Foete Socii presenti: Raffaele F., Gabella A. G., Lo Bianco S., Cano G., Mazzarelli G. F., Rioja J., Tagliani G., Milone U., De Rosa F., Mottareale G., Forte 0. La seduta è aperta alle ore 1.15 p. m. Per la legalità della tornata 1' Assemblea prende atto del con- gedo dei socii Praus-Franceschini C, Fazio F., Bucci P., Pansini S., Damasceni D,, Nicotera L., JattaM., Jatta G., Zuccardi R., Il socio Raffaele legge un lavoro del socio Pansini dal titolo " Dell'azione della luce solare sui Tuicrorganismi „ ed a nome del- l'A. ne chiede la pubblicazione. Il Presidente presenta le dimissioni da consigliere date dal socio Savastano e riferisce come le pratiche fatte perchè venissero ritirate sieno state vane. Messe ai voti le dimissioni, queste sono accettate. Sono ammessi a socii ordinarli residenti i signori Prof. Piutti — 21G — A., Prof. Scacchi E., Denozza M., De Talco Gr., Russo A., La Gfuar- dia P., Venditti F., Cutolo A. Il Presidente comunica che il socio Gabella assume le funzioni di Cassiere fino alla fine dell' anno, in sostituzione del socio Sanfelice che ha lasciato Napoli. La seduta è levata alle ore 2.30 p. m. Tornata del 15 Decembre 1889 Presidenza del Sig. F. Raffaele Segretario: 0. Forte Socii presenti: Raffaele F., Gabella A. G-., Lo Bianco S., Franco P. ^ Scacchi E., Tagliani G., Mazzarelli G. F., Savastano L., Gauo- nico A., La Guardia P., Miccoli G., Cufcolo A., Russo A., Mon- ticelli Fr. Sav., Venditti F., Rioja J., Milone U. La seduta è aperta alle ore 1 p. m. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il socio Raffaele legge un lavoro del socio Sanfelice " Contri- buto alla conoscenza di alcune forme nucleari „ ed a nome dell' A. ne chiede la pubblicazione. Il socio Piutti riferisce alcune ricerche sugli " Eteri Ossimmi- dosuccinici „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio Franco legge una nota dal titolo " Fonolite trasportata dal Vesuvio „ e ne chiede la pubblicazione. Sono eletti: a revisori dei conti per l'anno 1839 i socii Amato C. e Canonico A, per le caiùche uscenti; a vice presidente Jatta G., a segretario Monticelli Fr. Sav., a consigliere De Rosa; a consiglieri per un anno, in sostituzione dei consiglieri dimissionarii Savastano L. e Sanfelice F., i socii Geremicca M. e Tagliani G. La seduta è levata alle ore 2.20 p. m. Tornata del 19 Gennaio 1890 Presidenza del Big. F. Raffaele Segretario: Fr. Sav. MoxticelIìI Socii presenti; Geiemicca M., Forte 0., Russo A., Mazzarelli G. F., Jatta M., Jatta G., Gabella A. G., Raffaele F., Amato C, Mi- lone U., Rioja J., Monticelli Fr. Sav. La sedata è aperta alle óre 1 p. m. Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- provato per mancanza di numero legale. Il socio Mazzarelli legge una nota riassuntiva " Ricerche sulla glandola di Bohadsch { glandola opalina del Vagssière) nelle Aplysii- dae ., e ne chiede la pubblicazione. Il presidente annunzia la nomina a cassiere del socio Gabella per 1' anno 1890 e quella a bibliotecario del socio Mazzarelli e co- munica che il consiglio Direttivo, per ragioni economiche, ha stabi- lito che ogni socio, per questo solo anno, può usufruire per la pub- blicazione dei suoi lavori di un solo foglio di stampa del Bollettino; quei socii che volessero disporre di uno spazio maggiore devono in- tendersi col Consiglio Direttivo. La seduta è levata alle ore 2.20 p. m. Tornata del 2 Febbraio 1890 Presidenza del Sig. G. Jatta Segretario: G. Tagliani Socii predenti: Gabella A. G., Tagliani G., Forte 0., Canonico A., Jatta M., Jatta G., Mazzarelli G. F., Russo A., Damascelli D., Milone U., Pansini S., Rioja J., Savastano L., Geremicca M. La seduta è aperta alle ore 1.25 p. m. Sono approvati i processi verbali delle tornate precedenti 15 De- cembre 1889 e 19 Gennaio 1890. Il socio Cano legge un lavoro dal titolo " Specie nitove o poco conosciute di Crostacei Decapodi del Golfo di Napoli „ e ne chiede la pubblicazione. 9 — -218 — Il socio Pansini legge a nome del socio Sanfelice un lavoro dal titolo " Contributo alla fisiopatologia del midollo delle ossa „ ed a nome dell' A. ne chiede la pubblicazione. Il socio Canonico, a nome anche del socio Amato, presenta la re- lazione sulla revisione dei conti del 1889 che viene approvata insie- me al bilancio consuntivo del 1889. Viene approvato il bilancio presuntivo per 1' anno 1890 presen- tato dal Consiglio Direttivo. Sono ammessi a socii ordinarii non residenti i signori Nappi G. e Chigi L. La seduta è levata alle ore 2.30 p. m. Tornata del 16 Febbraio 1890 Presidenza del s'uj. F. Raffaele Segretario: Fé. Sav. Monticelli Socii presenti: Cabella A. G., Venditti F., Jatta G., Jatta M., Raf- faele F., Monticelli Fr. Sav., Milone U., Mazzarelli G. F., Ge- remicca M. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- provato per mancanza di numero legale. Il socio Monticelli legge un lavoro del socio Nappi dal titolo " Contributo alV anatomia ed alla istologia del sistema digerente dei polmonati terrestri o Styìommatophora „. Il socio Monticelli legge una nota del socio Crety " Contribu- zione aW anatomia del sistema muscolare e nervoso del Dibothriorhyn' chus Benedenii „ e ne chiede a nome dell" A. la pubblicazione. La seduta è tolta alle ore 2.45 p. m. — 210 — Tornata del 2 Marzo 1890 Presidenza del Sig. F. IIaffakle Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: Paiisini S,, Eiqja J., Vendi ttl F., Mazzarelli Gr. E., Russo A,, Jatta M., Jatta G., Tagliani Gr., Germano E., Raf- faele F,, Mingazzini P,, Cano G., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Sono approvati i i^rocessi verbali delle tormte precedenti 2 e IG Febbraio. Sono ammessi a socii ordinarli residenti i signori Persio G. e Galdieri A. M. Si discute la possibile riammissione dei socii radiati per mora: approvata in massima la possibilità della riammissione, su proposta del socio Germano, viene deliberato " che un socio ra- diato per sola mora, può essere riammesso una sola volta ed almeno dopo un anno dalla radiazione dopo aver pagato quanto deve sino alla data di essa radiazione: egli sarà considerato socio dall' epoca della riammissione „. Si astengono dalla votazione i socii Milone, Raffaele, Monticelli, Jatta G. Il segretario comunica all'Assemblea che nella Biblioteca sociale mancano i seguenti libri: 1.° Arcangeli — Compendio della Flora Italica. 2.° Swarts — Manuale di Chimica generale. 3.° Canterano — Anatomia degli insetti. 4.° Koch — Flora Germaniae et Helvetiae. 5.° Geremicca — Elementi di Organografia e Fisiologia. Q.° Cantoni — Fisica. 7." Annali del Museo Civico di Storia Naturale di Genova Anno 1885. Il Presidente annunzia che con la seconda tornata di Marzo sarà chiusa la ricezione dei lavori per il primo fascicolo del Bollettino dell'anno 1890. La seduta è tolta alle ore 2.45 p. m. — 220 — Tornata del 16 Marzo 1890 Presidenza del Sig. F. Raffaele Segretario: ¥r. Sav. Monticelli Socii presenti: Forte O., Mazzarelli G. F., Tagliani CI., Canonico A., Galdieri A. M., Miccoli Gr., Jatta Gr., Jatta M. , Geremicca M., Raffaele F., Germano E., Monticelli Fr. Sav., Gabella A. G. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Non essendo intervenuto il socio Flutti, che doveva leggere un lavoi'o, 1' ordintì del giorno non può essere espletato. Il Presidente comunica che la Società Oiticola Napoletana ha messo a disposizione dei socii un certo numero di biglietti d'ingresso per la Esposizione orticola ed invita i socii a ritirarli. La seduta è levata alle ore 2.15 p. m. Tornata del 13 Aprile 1890 Presidenza del Sig. F. Raffaele Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: Russo A., Mazzarelli G. F., Savastano L., Gere- micca M., Raffaele F., Germano E., Jatta G., Tagliani G., Da- masceni D., Milone U., Rioja J,, Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.15 p. m. II processo verbale della tornata precedente non può essere ap- provato per mancanza di numero legale. Il socio Tagliani legge un lavoro dal titolo " Di icn nuovo rior- dinamento delle famiglie Moìiocotijledoneae criticamente esposto „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio Monticelli fa una breve comunicazione dal titolo " Di una forma teratologica del Bothriocephalus microcejìlialus Rud. „ e ne chiede la pubblicazione. L' assemblea piglia atto delle dimissioni presentate dal socio or- dinario residente Palanza A. e dal socio ordinario non residente Goa- tarino. La seduta è levata alle ore 2,50 p. m. — 221 — Tornata del 27 Aprile 1890 Presidenza dal Signor F. Rvffaelk Segretario: Fii. S.vv. Monticelli Socii presenti: Mazzarelli G. F., Russo A., CTeremicca M., Gabella A. Gr., Jatta Gr., Tagliarli G-, Veuditti F., Raffaele F., Milone U., Monticelli Fr. Sav. La sedata è aperta alle ore 1.30 p. m. Si approva il processo verbale del 16 Marzo; quello della tornata precedente non può essere approvato per mancanza di numero legale. Il socio Monticelli logge un lavoro del socio Crety " Sopra al- cuni cisticerchi di iena foca ( Monachus albioenter) „ e ne chiede a nome dell' A. la pubblicazione. La seduta è levata alle ore 2.50 p. m. Tornata dell' 11 Maggio 1890 Presidenza del Signor F. Raffaele Segretario: Fu. Sav. Monticelli Socii presenti: Pausini S., Russo A., Jatta Gr., Raffaele F., Forte 0., Mazzarelli G. F., Milone U., Cano G., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.45 p. m. Si approva il processo verbale del 13 Aprile : quello della tor- nata precedente non può essere approvato per mancanza di numero legale. Il socio Monticelli legge un lavoro del socio Vanni " Sopra al- cuni problemi di massimo e ìninimo relativi alla elettrotecnica „ e ne chiede a nome dell' A. la pubblicazione. Il Presidente annunzia che il socio Sanfelice, dietro sua domanda, è passato a socio non residente. Comunica essere pervenuto invito alla Società , dal comitato promotore, per concorrere alla sottoscri- zione per offrire una medaglia d'oro al prof. A. Scacchi commemo- rativa del suo giubileo professionale. La seduta è levata alle ore 2.50 p. m. 222 Tornata del 25 Maggio 1890 Presidenza del Signor P. Raffaele Segretario: Fu. Sav. Monticelli Socii presenti : Damasceni D., Tagliarli 0 , Mazzarelli Gr. F., Lo Bianco S., Forte 0., Milone U., Jatta Gr., Savastano L., Raf- faele F., Geremicca M., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Si approva il processo verbale del 27 Aprile: quello della tornata precedente non può essere approvato per mancanza di numero legale. Il socio Monticelli legge un lavoro del socio Vanni " Sopra una deduzione elementare del concetto del potenziale „ e ne chiede a no- me dell' A. la pubblicazione. E ammesso a socio ordinario residente il sig. Teresio Viglino. L' Assemblea piglia atto delle dimissioni del socio ordinario non residente D. Carazzi. Il Presidente annunzia che il socio Centonze, dietro sua dimanda, e passato a socio non residente. La seduta è levata alle ore 3 p. m. Tornata dell' 8 Giugno 1890 Presidenza del Signor F. Raffaele Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: Balsamo F., Savastano L., Mazzarelli Gr. F., Russo A., Cutolo A., Viglino T., Geremicca M., Jatta M., Pansini S., Jatta G., Raffaele F., Milone U., Fonseca A., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.45 p. m. Si approvano i processi verbali del 11 e 25 Maggio. 11 socio Balsamo legge un lavoro dal titolo " Diatomee contenute nel canale digerente di alcune Aplysiae etc.„ e ne chiede la pubbli- cazione. È ammesso a socio ordinario residente il sig. Fanales. F. M. L' Assemblea delibera di concorrere alla sottoscrizione per la medaglia commemorativa al Prof, A Scacchi per il suo giubileo pro- fessionale con la somma di L. 100. La seduta è levata alle ore 3.20. p. m. Tornata del 22 Giugno 1890 Presidenza del Sig. Ct. Jatta Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: CTermano E., Salvati V., Balsamo F., Mottareale G., Mazzarelli Gr. F., Savastauo L., Viglino T., Catolo A., Piatti A., Gabella A. G., Jatta M., Jatta G., Forte 0., Tagliani G., Gere- micca M., Milone U., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il socio Piutti legge una nota dal titolo " Un' altra sintesi delle Asparagine „ e ne chiede la pabblicazioae. La seduta è levata alle ore 1.50 p. ni. Tornata del 6 Luglio 1898 Presidenza del Sig. G. Jatta Segretario: Fk. Sav. Monticelli Socii presenti: Franco P., Denozza M., Gabella A. G., Fanales F. M., Forte 0., Mazzarelli G. F., Milone U., Savastano L., Viglino T., Cutolo A., Geremicca M., Jatta G., Tagliani G., Amato C, Pan- sini S., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.15 p. m. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il socio Fanales legge un lavoro dil titolo « U Asphodelus ra- mosus nelV alimentazione animale e nella disgregazione delle rocce „. Il socio Franco legge una nota preliminare " Studii sulla Ido- crasia del Monte Somma „ e ne chiede la pubblicazione ; presenta pure i cristalli che han servito ai suoi studii, i disegni e le misure goniometriche che verranno pubblicate nel lavoro esteso. Il socio Gabella legge una nota del socio Curatolo dal titolo " Metilguanicile e Trimetilguanicile „ ed a nome dell' A. ne chiede la pubblicazione. — 224 — L' Assemblea delibera che il periodo delle vacanze cominci dopo la seconda tornata di Agosto. Il Presidente annunzia che il socio Canonico, dietro sua doman- da, è passato a socio non residente. La seduta è levata alle ore 3.15 p. m. Tornata del 20 Luglio 1890 Presidenza del Sig. F. Raffaele Segretario: Fu. Sav. Monticelli Socii presenti: Russo A., Jatta G., Mingazziui P., Milone U., Ge- remiccaM., Tagliani G., Raffaele F., Rioja J., Mazzarelli G. F., Monticelli Fr. Sav. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- provato per mancanza di numero legale. Il socio Mingazzini legge due note " I La parentela dei Coceidi colle Gregarine, II Sullo sviluppo dei Myxosporidi „ e ne chiede la pubblicazione. La seduta è levata alle ore 2.10 p. m. Tornata del 3 Agosto 1890 Presidenza del Sig. G. Jatta Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: Jatta G., Cutolo A., Mazzarelli G. F., Tgigliani G., Milone U., Geremicca M., Monticelli Fr. Sav. La seduta e aperta alle ore 1.45 p. m. Si approva il processo verbale del 6 Luglio: quello della tornata precedente non può essere approvato per mancanza di numero legale. Il socio Mazzarelli legge una nota riassuntiva dal titolo " Ri- cerche suW apparato riproduttore delle Aphjsiae „ e ne chiede lu pubblicazione. La seduta è tolta, alle ore 2.15 p. m. Tornata del 17 Agosto 1890 Presidenza del sig. F. Raffaele Segretario: Fr. Sav. Monticelli Socii presenti: Balsamo M , Mazzarelli G. F., Russo A., Mingazzini P., Germano E., Capobianco F., Milone U., Viglino T., Cutolo A., Jatta G., Tagliani G., Raffaele F., Monticelli Fr. Sav., Rioja J., Geremicoa M., Fonseca A. La seduta è aperta alle ore 1.30 p. m. Si approvano i processi verbali del 26 Luglio e .3 Agosto. Il socio Monticelli legge alcune " Note Elmiatologiche „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio Capobianco legge un lavoro dal titolo " Della natura dei corpuscoli di Hassal: contribuzioni alle conoscenze morfologiche del Timo „ e chiede di pubblicarne una nota riassuntiva. Il socio Mingazzini domanda che vengano pubblicati i bilanci ia- sieme al Bollettino. Il presente processo verbale è approvato seduta stante. Il presidente annunzia che con questa tornata è chiusa la rice- zione dei lavori per il secondo fascicolo del Bollettino del 1890. La seduta è levata alle 2.45 p. m. ERRATA a pag. 181 linea 4, (311) )) » 181 ì) 6, (111) CORRIGE (IH) (331) 226 ELENCO DEI CAMBI Europa Italia Acireale Bologna Brescia Catania Firenze Genova Lodi Lucca Messina Milano Modena Napoli Società italiana dei Mici'oscopisti (Bollettino). ■ R. Accademia delle Scienze dell' Istituto (Rendiconti). Commentari dell' Ateneo. - L' Agricoltore calabro-siculo. R. Accademia Gioenia (Bollettino e Memorie). R. Accademia dei Georgofili (Atti). - Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia. Bollettino di Agricoltura, Nuovo Giornale Botanico Italiano. Società botanica italiana (Bollettino). L' Orosi. R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino) Società entomologica italiana (Bollettino) . - L' Ateneo ligure R. Accademia medica f Bollettino e Memorie) . Museo civico di Storia Naturale (Annali). La Rivista, giornale medico-chirurgico degli Ospedali civili. Rivista di Filosofia Scientifica. Società ligustica di Scienze naturali e geografiche (Atti). - R. Stazione di Caseificio (Annuario). - R. Accademia lucchese (Atti). -L'Agricoltore messinese. - Gazzetta degli Ospitali. Società italiana di -Scienze naturali (Atti). - Rassegna di Scienze mediche. Società dei Naturalisti (Atti). - Associazione napoletana dei Medici e Naturalisti 'Gior- nale). R. Accademia delle Salienze fisiche e matematiche (Ren- diconti e Annuario). GÌ' Incurabili. R. Istituto d'Incoraggiamento [Atti). Pavia Pisa Roma Il Medico pratico. Il Progresso medico. Società africana d' Italia (Bollettino). Padova — Bollettino mensile di Bachicoltura. La Nuova Notarisia. Il Raccoglitore padovano. Società veneto-trentiaa di Scienze naturali (Bollettino ed Atti). R. Stazione di Bachicoltura [Pubblicazioni). Palermo — Gazzetta chimica italiana. Il Naturalista siciliano. La Sicilia agricola. Società di Acclimatazione e di Agricoltura io Sicilia {Giornale ed Atti). Società d' Igiene [Bollettino). Bollettino Scientifico. Giornale di Anat. Fisiol. e Patol. degli Animili. Società toscana di Scienze naturali [Aiti e Memorie). R. Accademia dei Lincei [Rendiconti). R. Accademia medica [Bollettino ed Atti). Bollettino farmaceutico. Club alpino italiano [Annuario). R. Comitato geologico italiano. Ministero di Agricoltura [Bollettino di notizie agrarie e Annali di Agricoltura). Ministero dell' Istruzione Pubblica [Bollettino ufficiale delV Istruzione e Stato del personale). Lo Spallanzani. Museo civico (Pubblicazioni). Il Pieentiuo. R. Accademia dei Pisiocritici (Atti). Bollettino del Naturalista. Monitore zoologico italiano. R. Accademia delle Scienze [Atti). R. Accademia medica [Giornale). Club alpiao italiano [Rioistcì e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della r. Università [Bollettino). Trento — L' Agricoltore. Trieste — Società adriatica di Scienze naturali ID illettlno) Rovereto Salerno Siena Torino — 228 — Venezia — L'Ateneo veneto, Notai'isia, commentariuin phycologicnm. Rivista veneta di Soienze mediche. Vicenza — Club alpino {Bollettino). Austria Wien — K. k. Naturhistorisclies Hof-Museum {Annalen). Belgio Bruxelles — Sooiété Royale Malacologique de Belgique (Annales). Louvain — La Cellule. Francia Lille — E,evue biologique du nord de la Fraace. Paris — Bulletin Scientifique de la France et de la Belgique. Feuille des jeunes Naturalistes. Journal de l'Anatomie et de la Phisiologie de l'homme et des animaux. Société zooiogique de Trance {Bulletin et Ménioireò). Germania Berlin — Naturae novitates. Leipzig — Zoologischer Anzeiger. Inghilterra London — Royal Society (Proceedings) Plymouth— Marine Biological Association of the United Kingdom (Journal). Russia Kìew — Société des Naturalistes {Ménioires). Svizzera Zurich — Societas entomologica. — ^-^o — A M ERICA Chili Santiago — Deutsch. wissenschaft. Vereia (Verhandlungen). Costa Rica San José — Museo Nacional (Anales). Stati Uniti Philadelphia — Academy of Naturai Sciences {Proceeding'i). Washington — United States Geological Survey (Annual Report). Asia India Madras — Governement centrai Museum [Pubblicazioni) . Siria Beyrouth — Revue internaiionale de Bibliographie. ELENCO DELLE OPERE PERVENUTE IN DONO Bonomi A. — Nuove contribuzioni all' Avifauna tridentina, Rovere- to, 1889. Crety C. — Ricerche anatomiche ed istologiche sul genere Soleno- phorus Creplin, Roma, 1890. De Cobelli G. — Contribuzione alla Flora dei contorni di Rovereto, Rovereto, 1890. Freda P. — Sul modo di preparare il solfo ramato concentrato ecc., Roma, 1890. Giard A. — Le laboratoire du Portel, les grandes et les petites sta- tions maritimes — Sur le Peroderma cijlindricum Heller, eopé- pode»parasite de la sardine, Paris, 1889. Grassi B. e Rovelli G. — Il sistema dei Tisanuri fondato soprat- tutto sullo studio dei Tisanuri italiani, Palermo, 1890. Halbherr B. — Elenco sistematico dei Coleotteri finora raccolti nella Valle Lagarina — Fase. IV, Rovereto, 1890. — 280 — Jatta A. — Monographia lichenum Italiae mericlionalis, Trani, 1890. Lettere inedite di Carlo Linneo a G-. A. Scopoli, Rovereto, 1889. Lo Bianco S. — Metodi usati nella Staziono Zoologica per la con- servazione degli animali marini, Leipzig, 1890. Mazzarelli G F. — Ricerche sulla IMorfologia e Fisiologia della glandola del Bohadsch nelle Aplysiidae ( glandola opalina di Vayssière ) e diagnosi di una nuova specie di Aplysia ( A. Lo' hiancoi ), Napoli, 1890. Mazzarelli G. F. e Zuccardi R. — Sulle Aplysiidae raccolte dal tenente di vascello G. Uhiercliia nel viaggio della Vettor Pisani, Napoli, 1890. Monticelli Fr. Sav. — Il Parassitismo animale, Milano, 1890. Monticelli Fr. Sav. — Elenco degli Elminti studiati a Wimereax nella primavera del 1889, Paris, 1890. Ninni A. P. — Sopra un pesce forestiero ( Gadus aeglefinus ) com- parso sul mercato di Venezia, Trieste, 1890. Palagi F. — Elementi climatologici della città di Teramo , Tera- mo, 1890. Pansini S. — Dell'azione della luce solare sui microrganismi, Na- poli, 1890. Bho F. — Le isole della Società e gl'indigeni della Polinesia, Ro- ma, 1889. Rho F. — A traverso l'Arcipelago malese, Firenze, 1890. Romiti G. — La fossetta faringea dell' osso occipitale dell' uomo, Pisa, 1890. Rouvier J. — Identité de la Dengue et de la Grippe-Influenza, Pa- ris, 1890. Selvatico S. — L' aorta nel corsaletto e nel capo della farfalla del Bombice del Gelso, Padova, 18ò'7. Thnrston E. — Notes on the pearl and chank fisheries and marine fauna of the Gulf of Manaar, Madras, 1890. Thurston E. — Catalogne of the Batrachia salieutia und apoda ( Frogs, Toads and CoeciliansJ of Southern India, Madras, 1888. Verson E. — Il meccanismo di chiusura negli stimmati del Bomb3'x mori, Padova, 1889. Verson E. — La formazione delle ali nella larva del Bombyx mori, Padova, 1890. Verson E. — Di ima nuova serie di organi escretori scoperti nel Filugello, Padova, 1890. Verson E. — La spermatogenesi nel Bonibyx mori, Padova, 1890. Zucchinetti — Souvenirs de mon sójour chez Emin Pacha el Soudani, Le Caire, 1890. xnsriDi CE Fascicolo I. (pubblicato in Maggio 1890) Zuccardì R. — Ricerche anatomiche sull'apparato digerente delle Aplysiae del Grolfo di Napoli ( Tav. I-Il ) . pag. 5 Piutti A. — Sopra gli eteri ossimmidosuccinici, Memoria I „ 15 Sanfelice F. — Contributo alla conoscenza di alcune for- me nucleari ( Tav. Ili ) . . . . . . „ 21 Franco P. — Fonolite trasportata dalla Lava del Vesu- vio neir eruzione del 1872 ..... „ 25 Mazzarelli G. F. — Ricerche sulla glandola del Bohadsch nelle Aplysiidae (glandola opalina A'ayssière), nota riassuntiva ......... 29 Cano G. — Specie nuove 0 poco conosciute di Crostacei Decapodi del Golfo di Napoli ( Tav. IV ) . . „ 33 Crety C. — Contribuzione all' anatomia del sistema mu- scolare e nervoso del Dibothriorhynchus Benedenii „ 39 Pansini S. — Dell'azione della luce solare sui microrga- nismi .......... 44 Sanfelice F. — Contributo alla fisiopatologia del midollo delle ossa, ricerche istologiche ( Tav. V-VI).. . „ 72 Fascicolo li. (pubblicato in Settembre 1890) Vanni G. — Sopra alcuni problemi di massimo e minimo, relativi alla Elettrotecnica, con una incisione, . pag. 89 Vanni G. — Sopra una deduzione elementare del concetto del potenziale, con due incisioni . . . . „ ICX) Crety C. — Sopra alcuni cisticerchi di una foca ( Mona- chus albiveìiter Grray ) . . . . . . „ 106 Tagliani G. — Di un nuovo riordinamento delle famiglie Monocotyledoneae criticamente esposto . . . „ 108 Monticelli Fr. Sav. — Di una forma teratologica di Bo- thriocephalus microeephalus Rud., con tre incisioni pag. 12^' Balsamo Fr. — Diatomee contenute nel canale digerente di alcune Aplysiae raccolte dal Capitano G. Chier- chia nel viaggio di circumnavigazione della E.. Cor- vetta " Vettor Pisani „ nel 1884-85 (Tav. VII) . „ 131 Piutti A. — Un' altra sintesi delle Asparagine, con due in- cisioni .......... 139 Curatolo T. — Metilguanicile e trimetilguanicile . . „ 144 Mingazzìni P. — La parentela dei Coccidi colle Grega- rine, con sette incisioni ....... 151 Mingazzìni P. — Sullo sviluppo dei Myxosporidi . . „ 160 Mazzarelli G. F. — Ricerche suU' apparato riprodattore delle Aptysiae, nota riassuntiva . . . . „ 164 Franco P. — Studii sull' Idocrasia del Vesuvio ( Monte Somma), nota preliminare ,....„ 173 Monticelli Fr. Sav. — Note elmintologiche (Tav. Vili), con cinque incisioni ........ 189 Capobianco F. — Della nabnra dei corpuscoli di Hassal contribuzioni alle conoscenze morfologiche del Timo, nota riassuntiva ........ 209 Processi verbili delle tornate » 215 Elenco dei cambi. ........ 226 Elenco dei libri pervenuti in dono . . . . „ 229 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI IIsT ZsTj^FOLI SERIE I. - VOL. IV. ANNO IV. 1890 JT^^SGICOLO I (con 6 tavole ) St^ibilimento Tipografico Vico Tiratoio, 25 ^890 SOI^I^^A.R,IO Zuccardì R. — Ricerche sull'apparato digerente delle Aplisiae del Grolfo di Napoli ( Tav. I-Il ) . . pag. 5 Piutti A. — Sopra gli eteri ossimmidosuccinici, Memoria I „ 15 Sanfelice A. — Contributo alla conoscenza di alcune for- me nucleari ( Tav. Ili ) . . . . . . „ 21 Franco P. — Fonolite trasportata dalla Lava del Vesu- vio nell' eruzione del 1872 . . . . . „ 25 Mazzarelli G. F. — Ricerche sulla glandola del Bohadsch nelle Aplysiidae ( Grlandola opalina Vayssière) . . „ 29 Cano G. — Specie nuove o poco conosciute di Crostacei Decapodi del Golfo di Napoli ( Tav. IV ) . . „ 3.3 Crety C. — Contribuzione all' anatomia del sistema mu- scolare e nervoso del Dihothrlorhynchas Benedenti . „ 39 Pansini S. — Azione delia luce solare sui microrganismi . „ 44 Sanfelice F- — Contributo alla fisiopatologia del midollo delle ossa ( Tav. IV-V) „ 72 NB. I Processi Verbali delle tornate verranno pubblicati in fine del volume. Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al Segretario della So- cietà : Fr. Sav. MONTICELLI Sfj-atfff Povie eli CrUaia ,V. 21 — NAPOLI Sono vivamente pregati i signori socii ordinarii non residenti di spedire la loro contribuzione annuale al socio Cassiere A. G. GABELLA , Laboratorio di Chimica gene- rale della R. Università di Napoli. iDj^Xi TI :e: Gr CD Xj Ji^ 1^ :eii. La contribuzione dei socii aderenti è di lire 6 annue. Tornate Art. 4. Le tornate ordinarie si terranno due volte al mese con l'intervallo di quindici giorni, salvo nei mesi di vacanza i quali verranno determinati dall'Assemblea. Art. 5. La parte scientifica delle tornate ordinarie consta: a) di lettura di lavori originali; b) di comunicnzioni verbali; e) di letture; d) di conferenze. I primi vengono inseriti nel Bollettino ; le altre semplicemente indicate nei processi verbali. Art. 6. I socii che leggono lavori originali devono dichiarare se intendono pubblicarli nel Bollettino , affinchè il segretaiùo possa in- dicarlo nel processo verbale della tornata , e in tal caso consegnare il manoscritto al segretai'io. I socii poi che fanno delle semplici comu«icazioni verbali devono dichiarare se intendono che vengano inserite nei processi verbali, nel qual caso devono darne un brevissimo sunto per iscritto al segretario. Art, 7. I socii ordinarli non residenti possono incaricare sia il segretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del pro- prio lavoro. Bollettino Art. 13. La società imprende la pubblicazione di un bollettino contenente i x>)-ocessi verbali delle, tornate e lavori originali dei socii ordinarii. Art. 14. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino "dovranno leggersi nelle tornate; su di essi potrà essere fatta discussione. I lavori pubblicati da un tempo maggiore di due mesi in un altro periodico non si potranno pubblicare nel Bollettino. Art. 15. I lavori debbono versare su argomenti di scienze natu- rali e loro applicazioni. Art. 16. Il Consiglio Direttivo cura la. pubblicazione del Bol- lettino. Art. 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. II numero^ di essi sarà stabilito ogni anno dal Consiglio Direttivo. Art. 20. È permesso agli autori chiedere un numero maggiore di estratti a proprie spese, previo avviso al Segretario, salvo che gli estratti siano la copia conforme all'originale scritto. DALLO STATUTO Art. IV. La Società è costituita di socii ordinarli ed aderenti, I socii ordinarli sono residenti e non residenti. Art. V. Possono essere socii ordinarli tutti i cultori delle scienze naturali. Possono essere socii aderenti coloro che vogliono seguire i la- vori della Società Art. VI. L'ammissione dei socii è fatta dietro domanda presen- tata da un socio ordinario al Consiglio Direttivo. Nel caso dei socii ordinarli , il Consiglio Direttivo presenta le conclusioni all'Assemblea la quale delibera sulla ammissione; nel caso dei socii aderenti, li nomina. Art. VII. I socii ordinarli residenti hanno cura dell'amministra- zione e dell'andamento scientifico della Società, ed eleggono il Con- siglio Direttivo. Art. VIII. I socii ordinarli non residenti sempre che si trovano in Napoli , godono di tutti i dritti dei socii residenti , meno quello della eleggibilità. Art. IX. I socii ordinarli solamente hanno dritto a pubblicare e tener conferenze. Art, X. I socii non residenti che stabiliscono la loro dimora in Naj)oli, se vogliono continuare a far parte della Società, debbono en- trare nella categoria dei residenti. Art. XI, Tutti i socii indistintamente hanno dritto ad interve- nire alle tornate scientifiche ed a ricevere le pubblicazioni della So- cietà. Art, XII. I socii di tutte le categorie pagano una contribuzione annua, la quale, per i residenti è doppia di quella dei non residenti e per questi è doppia di quella degli aderenti. Per questo anno la Società dà agli Autori 50 copie di estratti. Gli Autori i quali ne vogliono un maggiore numero pagheranno le copie in più secondo la se- guente tariffa. '/^ foglio [4 pagine) . . */.2 foglio (8 pagine) . % foglio (12 pagine) . . 1 foglio (16 pagine) . Esemplari 25 50 75 L. 2 50 „ 4- „ 6 75 „ 8 - 100 L. 1 75 „ _, ^o „ 3 50 „ 4 00 L. 2 25 „ 3 50 „ 5 - „ 5 oO L. 4 — „ 5 50 „ 9 - „10 - N. B. — Per i sopra segnali prezzi va inclusa Icgalnra e coveriina senza sla>iipa. Le annate arretrate del Bollettino sono vendibili ai seguenti prezzi Anno I. Voi. I. 1887 L. 8 „■ II. „ II. 1888 „ 8 „ III. „ III. 1889 „ 10 Prezzo del presente fascicolo L. Cinque BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI IlSr IsTJ^P^OLI SERIE I. — VOL. IV. ANNO IV. 1890 JT^^SCICOLO II ( con 2 tavole e 20 incisioni ) [uj ( L I B R .ì R y (inibl)licato il 23 Se*- nsr .A- I Stabilimento Tipografico F.' SOl^l^^ft^K-IO Vanni G. — SojDra alcuni problemi di massimo e minimo, relativi alla Elettrotecnica, con una incisione. . pag. 89 Vanni G. — Sopra una deduzione elementare del concetto dei potenziale, con due incisioni . . . . „ 100 Crety C. — Sopra alcuni cisticerchi di una foca ( Mona- clius albiventer Grray )......„ 106 Taglìani G. — Di un nuovo riordinamento delle famiglie Monocotyledoneae criticamente esposto . . . „ 108 Monticelli Fr. Sav. — Di una forma teratologica di Bo- thriocephalus microcephalus E,ud., con tre incisioni „ 128 Balsamo Fr. — Diatomee contenute nel canale digerente di alcune Aplysiae raccolte dal Capitano Gr. Chier- chia nel viaggio di circumnavigazione della R. Cor- vetta " Vettor Pisani „ nel 1884-85 (Tav. VII) . „ 131 Piutti A. — Un' altra sintesi delle Asparagine, con due in- cisioni .......... 139 Curatolo T. — Metilguanicile e trimetilguanicile . . „ 144 Mingazzinl P. — La parentela dei Coccidi colle Grega- rine, con sette incisioni ....... 151 Mingazzini P. — Sullo sviluppo dei Myxosporidi . . „ 160 Mazzarelli G. F. — Hicerche suU' apparato riproduttore delle Aplysiae, nota riassuntiva . . . . „ 164 Franco P. — Studii sull' Idocrasia del Vesuvio ( Monte Somma), nota preliminare . . . . . „ 173 Monticelli Fr. Sav. — Note elmintologiche (Tav. VIII), con cinque incisioni ........ 189 Capobianco F. — Della natura dei corpuscoli di Hassal, contribuzioni alle conoscenze morfologiche del Timo, nota riassuntiva .......,, 209 rfìOCESSl VERBALI DELLE TOEXATE ' „ 215 Elenco dei cambi. . . . • . . • « 226 Elenco dei libri- pervenuti in dono . . . . „ 229 Pe ne la parte scientiflca ed ani' al Segretario della So- VTICELLI iV. 27 — NAPOLI giiorì socìi ordinarìì non buzione annuale al socio 'atorio di Chimica gene- i. JD J^Tj I?. ZEG-OXjJ^lVriEIsrTO Contribuzioni dei Socii Art. 1. La contribuzione annua pei socii ordinarli residenti è di lire 24, pagabili mensilmente. Art. 2. La contribuzione dei socii ordinarli non residenti è di lire 12 pagabili in una sola volta. Art. 3. La contribuzione dei socii aderenti è di lire 6 annue. Tornate •j Art. 4. Le tornate ordinarie si terranno due volte al mese con l'intervallo di quindici giorni, salvo nei mesi di vacanza i quali verranno determinati dall'Assemblea. Art. 5. La parte scientifica delle tornate ordinarie consta: a) di lettura di lavori originali; b) di comunicazioni verbali; e) di letture; d) di conferenze. I primi vengono inseriti nel Bollettino ; le altre semplicemente indicate nei processi verbali. Art. 6. I socii che leggono lavori originali devono dichiarare se intendono pubblicarli nel Bollettino , affinchè il segretario possa in- dicarlo nel i^rocesso verbale della tornata , e in tal caso consegnare il manoscritto al segretario. I socii poi che fanno delle semjjlici comunicazioni verbali devono dichiarare se intendono che vengano inserite nei processi verbali, nel qual caso devono darne un brevissimo sunto per iscritto al segretario. Art. 7. I socii ordinarli non residenti possono incaricare sia il segretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del pro- prio lavoro. Bollettino Art. 13. La società imprende la pubblicazione di uu bollettino contenente i processi verbali delle tornate e lavori originali dei socii ordinarii. Art. 14. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno leggersi nelle tornate; su di essi potrà essere fatta discussione. I lavori pubblicati da un tempo maggiore di due mesi in un altro periodico non si potranno pubblicare nel Bollettino. Art. 15. I lavori debbono versare su argomenti di scienze natu- rali e loro applicazioni. Art. 16. Il Consiglio Direttivo cura la pubblicazione del Bol- lettino. Art. 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. II numero^ di essi sarà stabilito ogni anno dal Consiglio Direttivo. Art. 20. E permesso agli autori chiedere un numero maggiore di estratti a proprie spese , previo avviso al Segretario , salvo che gli estratti siano la copia conforme all'originale scritto. DALLO STATUTO Art. IV. La Società è costituita di socii ordinarli ed aderenti^ I socii ordinarli sono residenti e non residenti. Art. V. Possono essere socii ordinarli tutti i cultori delle scienze naturali. Possono essere socii aderenti coloro che vogliono seguire i la- vori della Società Art. VI. L'ammissione dei socii è fatta dietro domanda presen- tata da un socio ordinario al Consiglio Direttivo. Nel caso dei socii ordinarli , il Consiglio Direttivo presenta le conclusioni all' Assemblea la quale delibera sulla ammissione ; nel caso dei socii aderenti, li nomina. Art. VII. I socii ordinarli residenti hanno cura dell'amministra- zione e 'dell' andamento scientifico della Società, ed eleggono il Con- siglio Direttivo. Art. Vili. I socii ordinarli non residenti sempre che si trovano in Napoli , godono di tutti i dritti dei socii residenti , meno quello, della eleggibilità. Art. IX. I socii ordinarli solamente hanno dritto a pubblicare e tener conferenze. Art. X. I socii non residenti che stabiliscono la loro dimora in Napoli, se vogliono continuare a far parte della Società, debbono en- trare nella categoria dei residenti. Art. XI. Tutti i socii indistintamente hanno dritto ad interve- nire alle tornate scientifiche ed a ricevere le pubblicazioni della So- cietà. Art. XII. I socii di tutte le categorie pagano una contribuzione annua, la quale, per i residenti è doppia di quella dei non residenti e per questi è doppia di quella degli aderenti. Per questo anno la Società dà agli Autori 50 copie di estratti. Gli Autori i quali ne vogliono un maggiore numero pagheranno le copie in più secondo la se- guente tariffa. V4 foglio (4 pagine) . . y, foglio (8 pagine) . . y^ foglio (12 pagine) . . 1 foglio (16 pagine) . . Esemplari 25 50 75 100 L. 1 75 „ 2 25 „ 3 50 „ 4 00 L. 2 25 „ 3 50 „ 5 - „ 5 oO L. 2 50 „ 4 - „ 6 75 „ 8 - L. 4 — „ 5 50 . 9 - „10 - N. B. — Per i sopra segnati prezzi va inclusa legatura e coverlina senza slampa. Le annate arretrate del Bollettino sono vendibili ai seguenti pi'ezzi Anno I. Voi. I. 1887 L. 8 II. „ II. 1888 ,8 ,. III. „ III. 1889 „ 10 Prezzo del presente fascicolo L. Cinque WB'j.WHOr I.IRKARY WH nRfi fl ^■^'cy "- :*^ - '^■f. ^r^^ Ti". • •' J' ' ' "i ! .'^**S i-i 1 J ^^