\s,ren' ^t^KT/- ITK:-^ i^^^:^ " -"^ ■— d^A^'^ TN - , I' ^^ -.^\ i S- BOLLETTIItTO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI IBT 1T.A.FOXjI BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI SERIE I. ~ VOL. VI. ANNO VL 1892 InT .A. IP OXj I Stabilimento Tipografico F.lli Ferrante, Via Solitaria 39. 1892 Sul nucleo vitellino delle uova dei Treiiiatodi. — Comunicazione preliminare di Fk. Sav. Monticelli. (Tornata del 21 febbraio 1892) Bòhming ha recentemente descritto un nucleo A'itellino nelle uova dei Rabdoceli; nei Cestodi, lo ha riconosciuto il Pintner nelle uova di Callioholhrium corollatum , ed il Linstow lo ha visto nelle uova di Taenia longicoUis; io ho potuto studiarlo nelle uova ilei DislomuM velipormn e D. Richìardi. Espongo qui le conclu- sioni alle quali questo studio mi ha condotto e mi riservo di pre- sentare quanto prima a questa Società un lavoro completo sull' ar- gomento del nucleo vitellino in generale. Le uova ovariche di D. velipofUiJi sono di mediocre grandezza ed hanno contorno molto ir- regolare: in esse il nucleo vitellino è meno facile a riconoscersi: d'ordinario tondeggiante a contorno ben definito, alle volte a cre- scente ad abbracciare, non aderendo a questa, la vescicola germina- tiva, altre frazionato in più pezzi assai meno colorabili, il nucleo vi- tellino ora trovasi nel mezzo del citoplasma, ora spinto verso la pe- riferia della cellula uovo. Le uova ovariche di D. Rìchiardi sono rela- tivamente assai grandi ed hanno una vescicola germinativa grande anch' essa, da occupare circa i due quarti della intera cellula, che presenta un distinto nucleolo fortemente colorabile, d' ordinario con uno spazio caiaro centrale vacuoliforme (come si osserva in uova di altri Trematodi e di Cestodi) ora impigliato nella rete nucleare, ora da questa isolato, per un vacuolo circolare, nel quale esso è più o meno eccentricamente disposto. In queste uova del 2). Richìardi il nucleo vitellino è, invece, facilissimo a riconoscere, perchè esso è for- temente colorabile con le sostanze coloranti e si distingue bene dal citoplasma cellulare. Esso piglia aspetti diversi o possono seguirsi — (j — tutte le sue fasi: ora è un unico granulo di piccole dimensioni, ora^ e più comunemente, son due corpiccioli e di dimensioni diverse, ma grandi entrambi: in questo caso spesso in uno di essi si osservano delle concrezioni scure ed in entrambi alcune volte, di rado, si nota un' apparente costituzione a strati concentrici come si osserva nel nucleo vitellino di altri animali. Oltre le due maniere di presentarsi testé descritte del nucleo vitellino , ve ne hanno altre molte nelle quali il nucleo vitellino è più o meno frazionato in parti minori, e trovansi delle uova nelle quali non si distingue più il nucleo vitel- lino, ma si nota un raddensamento fortemente colorato della massa del citoplasma, che si è raccolto tutto intorno alla vescicola germi- nativa. Tanto nel D. veliporum, quanto nel D. Richiardi è sempre nelle uova della zona centrale dell' ovario che si osserva il nucleo vi- tellino: nelle uova periferiche (parietali), di quelle più piccole, non si osserva traccia di nucleo vitellino : esso comincia ad apparire nelle uova più grandi delle cellule parietali e più piccole delle cellule della zona centrale sotto forma di un piccolo corpicciuolo unico granulifor- me che poi nelle uova della zoaa centrale aumenta, si fraziona prima nei due corpi già descritti e poi questi si frazionano anch' essi alla lor volta e finiscono per risolversi nel citoplasma ovnlare. Il nucleo vitel- lino sia nella sua forma ordinaria di due c®rpicciuoli, sia nell' ultima maniera di presentarsi innanzi descritta, io 1' ho osservato anche nelle uova uterine di D. Richiardi, nella quale specie lo sviluppo embrio- nale si compie nell' utero e dalle uova deposte vien fuori un assai caratteristico embrione. Le uova uterine di D. Rie/nardi hanno un guscio assai sottile e la cellula uovo, cosidetta cellula germinativa, è così grande da occupare più della metà del sottile guscio, l'altra metà essendo occupata da poche e grandi cellule vitelline che ab- bracciano in parte la cellula uovo che è spinta verso la metà oper- colare del guscio. Il persistere del nucleo vitellino nelle uova ute- rine fino al cominciamento della segmentazione trova riscontro nella osservazione del Pintner, del Linstow, ed in quelle dello Stuhlmann. E qui cade in acconcio far rilevare che nel D. Rie/nardi i vitello- geni sono molto piccoli e costituiti ciascuno da un tubo ravvolto su sé stesso e situati fuori le braccia intestinali, innanzi ai due gruppi di numerosi testicoli , e che , quindi , non sono proporzionali alla grande produzione di uova di questo Distoma. La presenza di poche cellule vitelline nel guscio delle uova di D. Richiardi trova, in gene- rale, pure riscontro nelle uova uterine dei Cestodi con cellula ovarica provvista di nucleo vitellino. Quantunque non possa io stabilire un esatto rapporto tra la gran- dezza delle uova e le fasi del nucleo vitellino, pure posso affermare. a complemento di quanto ho innanzi detto, che è sempre nelle uova più grandi che il nucleo vitellino è evidente e meglio individualiz- zato, e che le sue fasi sono in relazione con l'accrescersi delle uova: ed è sempre nelle uova ovariche centrali e più grandi delle altre che d' ordinario si risolve e si diffonde nel modo come è stato da altri osservato ed affermato avvenire per il nucleo vitellino di altri animali. Il nucleo vitellino del B. veliporuin e B. RichiarcU e quello an- che dei Cestodi dovrebbe secondo lo Stuhlmann considerarsi come un nucleo diffuso ( Diffuser dotterkern): egli ritiene che questo sia l'origine ontogenetica e filogenetica del nucleo vitellino concreto od unico (cigentlicher Dotterkern). Quanto ho detto innanzi sul nucleo vitellino dei Trematodi e le osservazioni di .latta, di DeGasparis e di altri autori ancora, mostrano, invoce, evidentemente che il nucleo vitellino dilfuso non è primitivo. A parer mio non credo si possa fare una distinzione sostanziale fra nucleo vitellino diffuso e concreto ed il primo non dovrebbe ritenersi altra cosa che il prodotto di diffusione e divisione del nucleo concreto per suo successivo accrescimento. Ciò che ho visto del nucleo vitellino dei Trematodi messo in rapporto con le osservazioni fatte su altri animali mi fa ripudiare le opinioni emesse in vario tempo dal Balbiani, e dal Sabatier e mi fa accettare le conclusioni dello Schiitz condivise dallo Stuhlmann e primitivamente intravvedute dall' Ihering, ed a concludere che il nucleo vitellino non pare entri in intimo rapporto con la vescicola germinativa, e che non è in alcuna relazione con la fecondazione, ma che non è altra cosa che una i^roduzione del citoplasma della cellula uovo; formazione che è da ritenersi omologa al nucleo ac- cessorio degli elementi seminali maschili « Nebenkern », al quale l'Henneguy l' assimilava [e che trova, forse, riscontro filogenetico nel cosidetto nucleo di risarcimento (Ersatzkern) dei Protisti], che si origina a spese del citoplasma ovulare per differenziazione di una parte di esso, che si aumenta e si risolve ad un dato momento, ed è de- stinata ad accumulare materiale nutritizio per le uova ed a favorire cosi il loro accrescimento. Che il nucleo vitellino possa essere con- siderato come elemento nutritivo dell' uovo per accumulare in esso tanto materiale nutritizio da valere al suo sviluppo mi ha indotto a pensarlo: la sua presenza nelle uova di D. RicMarOi che hanno nel guscio poche cellule vitelline , che, se servono alla nutrizione del- l'embrione, forniscono pure col loro disfacimento del materiale nu- trizio alla cellula uovo nel suo sviluppo, la sua assenza nella mas- sima parte degli altri Trematodi, che hanno sviHippati vitellogeni e nel guscio numerose cellule vitelline e piccola cellula uovo (in que- ~ 8 — sti infatti fiiivora non ho riconosciuto un nucleo vitellino), ed infine la sua presenza così sparsa nelle uova degli altri animali, la quale uUima appoggia la interpetrazione da me data e fa ritenere possi- bile l'ipotesi del v. Ihering e dello Schiitz che esso serva, alla for- mazione del vitello , e che valga, cioè, a trasformare il citoplasma della cellula uovo in vitello , formando , come alcune osservazioni inducono a crederlo, la lecitina delle uova; che possa essere, in bre- ve, un centro di formazione di questa. Napoli, 20 Fehhraio 1892. Ulteriori ricerche sulle alterazioni istologiche del midollo spinale, seguite alla tiroidectomia. — Comunicazione preliminare di Francesco Gapobianco. (Tornata del 21 febbraio 1892) § 1° La importanza della glandola tiroide s'è venuta ogni di più af- fermando, alla stregua delle osservazioni e dei fatti sperimentali, si che il problema relativo alla sua funzione va tra quelli, che più af- faticano i ricercatori. Di quest'organo, reputato, secondo le più antiche opinioni, di poca o ninna importanza, si è oramai dai più riconosciuta indispen- sabile la presenza all'integrità della vita, almeno in certi animali. Siamo tuttavia ancora ben lungi da un accordo completo sulla in- terpretazione di ciò che produce direttamente i tristi effetti della' tiroidectomia , dalla nozione incontrastata dell' organo prevalente- mente leso ed al proposito tengono il campo molte e contraddittorie opinioni. Di queste non io rifarò la storia, di già minutamente trat- tata da altri ; mi basterà soltanto il ricordare i principali lavori, intorno ai quali si aggruppano gli altri e quelli, di cui, perchè af- fatto recenti, non si trova cenno altrove. Secondo il Kocher (1) la glandola servirebbe alla ematopoiesi e a regolare la circolazione cerebrale e quella degli organi del collo, e nelle due prime conclusioni s'accorda con lui lo Zesas (2). (1) Ueber Kropfextirpa tiou und ihre Folgen. Arc/i. f. Klin. Chirurgie. 1883. (2) Beitrag zur Kenntnis s der Blutverànderungen bei ent - milzten Menschen und Thieren. Arch.f. Klin. Ckir. Bd. XXVIII, p. SI.). — 9 — Albertoni e Tizzoni {l), dallo esame del sangue inferiscono che la tiroide sia una glandola, nella quale le emasie acquista- no la capacità di fissare 1' ossigeno e fanno dall'alterata crasi sanguigna dipendere tutti quei fenomeni, che lo Schifi' (2) avea già spiegati, ammettendo che la tiroide prepari una sostanza neces- saria alla nutrizione de' centri nervosi. Dal complesso dei sintomi, che caratterizzano il periodo post- operatorio, e dai dati necroscopici, già il Prof. Paladino era stato guidato alla idea che si dovesse trattare di un intossicamento dei centri nervosi, per prodotti che la tiroide sarebbe destinata a neu- tralizzare 0 a distruggere. Lupo (3) e Rogowitsch (4) hanno , con accurate osservazioni, dato validità di fatto alla ipotesi, del resto più probabile, che la ti- roide distrugga una sostanza che avveleni i centri nervosi. De' loro lavori, perchè in maggior attinenza con le mie ricerche, parlerò con più diffusione, quan lo verrò esponendo i risultati, da me ottenuti. Oltreché dalle osservazioni microscopiche, siffatta opinione è avvalorata anche dalle esperienze recentissime del Dr. Vassale, mercè cui con l' iniezione di estratto di tiroide vengono a cessare i fenomeni della cachessia stumipriva (5). ?^ 2." Analogamente a quanto praticarono Lupo e Rogowitsch, ho anch'io fatto obbietto del mio esame i centri nervosi di cani, a cui avevo estirpata la glandola tiroide. Con tali indagini mi sono pro- posto di richiamare ancora una volta l'attenzione degli sperimsata- tori sulla importanza delle alterazioni , che è possibile constatare negli organi centrali nervosi dei suddetti animali, i quali più comune- mente sono messi a prova, dappoiché Tizzoni e Centanni in un ultimo lavoro, riportando i risultati di loro esperienze, hanno ad'crmato, che (1) Suixli effetti deir es tirpaz ione della tiroide. Ardi. p. le So. Medidie, 1886, V. X. (2) Resumé d' une serie d' expér iences sur les ettets de r ablation des corps thyroìdes. R. m. S. R. 1883. (3) Contribuzione all' istologia della tiroide.— Tir oid ecto- mia. Progresso Medico iS88. (4) Effets de 1' ablation du corps tliyroide. Anli. dr. Phi/sio- logie nomi, et palh. 1888. (5) Ulteriori esperienze intorno alla glandola tiroide. Ri- cerche microsi-opiche e sperimentali, Reggio Emilia, 1891, pag. 57. — 10 — l'esame portato ripetutamente su tutte le regioni del si- stema nervoso centrale dette sempre risultato negati- vo (1) Questa affermazione , guarentita dall'autorità dei nomi, era fatta per distornare da qualunque tentativo di indagini su tale indi- rizzo, se tuttavia, col maggior rispetto agli autori, non mi fosse parsa opportuna la seguente considerazione. Dei cani che servirono alle ricerche, dalle quali s'ebbe la conclusione suddetta, poterono ri- manere in vita uno per circa 4 anni , l'altro per circa 10 mesi ed un terzo infine fu sacrificato un mese e mezzo dopo l' operazione, la quale, del resto, non avea provocato altro disturbo che un lieve abbattimento. Sicché il lungo tratto di tempo, trascorso dall'operazione alla morte, non è certo tale da giustificare l'opinione che causa di que- st'ultima sia dovuta essere la eliminata funzione tiroidea. Se, in ef- fetti, le alterazioni rilevate ne' centri nervosi sono cosiffatte da non permettere la vita oltre un certo limite ed i fenomeni che caratte- rizzano il quadro tipico della cachessia sono fatalmente progressivi, è evidente che altri compensi organici doverono sottentrare all'abo- lita funzione della glandola per sostenere così lungamente in vita quegli animali , messi ad esperimento. Ond' è che a me pare che non si possa a rigore concludere, come han fatto gli autori, che « le lesioni anatomiche corrispondenti ai disturbi fun- zionali, che insorgono ne' cani dopo estirpate le tiroidi onon si rilevano ai nostri attuali mezzi di osservazione 0 devono ancora essere scoperte » (2), dapp:)ichè lo esame de- gli organi di animali sopravvissuti non potea servir di base a ne- gare le alterazioni , che si riscontrano in quelli che soggiacciono. Premessa questa considerazione, vengo alle mie ricerche. Ho operato di tiroidectomia nove cani, seguendo e 1' uno e l'al- tro dei metodi proposti, il taglio mediano cioè e quello bilaterale ed ho cercato in entrambi di produrre il meno che m' era possibile di lesioni sulle parti, che s'incontrano per giungere alla glandola. A tal uopo, quando non m' era indispensabile 1' uso del bistori, come per la cute e le apo nevrosi che tagliavo sulla guida, mi son valso sempre di quest' ultima delicatamente per scollare i tessuti ed isolar le tiroidi. Dopo averne allacciati i vasi ad una certa distanza dalla loro (1) Sugli effetti remoti della tiroidectomia nel cane. Ar- chiv. p. le Se. Mediche, Voi. XIV. fa^. .J." (2) 1. e. — 11 — entrata, ho con un doppio taglio portato via ciascuno dei lobi della glandola, procurando che non ne restasse in sito alcun residuo. Con un' osservanza rigorosa dell'antisepsi non ho avuto mai a deplorare il menomo indizio di suppurazione. Tutti i cani sono morti dal 1.° giorno al 21.° dalla praticata operazione e, durante questo periodo, ho in ciascuno di ossi notato il successivo apparire dei noti fenomeni, rilevando, quotidianamente, e per quanto m'era possibile, ad ore determinate, il grado della tem- peratura, il numero delle pulsazioni e delle respirazioni. Dallo esame delle curve termometriche si può concludere che c'è, ditatti, un graduale e costante abbassamento di temperatura ne- gli animali operati ; solo però durante gli accessi convulsivi que- st'ultima sale invece notevolmente. La temperatura più alta, che mi è stato possibile notare in simili accessi, raggiungeva 4l°5, nel retto, dove rho sempre raccolta ; il numero delle pulsazioni, aritmiche, fu di 87 e quello delle inspirazioni 10 a minuto primo. Prima della morte il calore del corpo é rilevantemente scemato. Nel cane, che sopravvisse 15 giorni, il termometro, 24 ore innanzi la morte, segnò appena ■io'^ 5, le pulsazioni furono 78 e le inspira- zioni 11 a minuto. Per ciò che riguarda la temperatura, adunque, i miei risultati s'accordano con quelli già ottenuti dall' Ughetti. Per lo esame degli organi nervosi centrali ho scelto cinque cani fra tutti gli operati, che mi parvero più opportuni per osservare Io svolgimento delle lesioni che in quelli s' eran potuti determinare. Difatti, uno di essi mori dopo il 4." giorno dell' operazione (N.° 1), il secondo dopo 11 giorni fN." 2), il terzo dopo 12 (N.° 3) e, finalmente, degli altri due l'uno sopravvisse 16 giorni (N." 4) e l'altro 21 (N." 5;. Delle osservazioni microscopiche, relative ai centri di questi animali, pubblico ora soltanto quelle che si riferiscono al midollo spinale, rimettendo ad altra comunicazione quelle che rimangono. Per lo indurimento di questi organi mi son valso del liquido di Miiller, che è il preferito per i centri nervosi e li ho consecuti- vamente colorati col carminio boracico, con soluzioni di ematossi- lina ed a preferenza col Joduro di palladio (Paladino). Le alterazioni che allo esame microscopico ho potuto rilevare con la maggiore evidenza, riguardano specialmente i disturbi cir- colatorii e certe particolari alterazioni delle cellule e fibre nervose. ì■^ — Disturbi circolatori! La circolazione saugiiigaa del midollo spinale nei cani, privati ^li tiroide, è profondamente alterata. Già alla semplice ispezione su- perficiale si rileva una iniezione delle meningi, la quale ne modifica notevolmente il colorito. Nel cane, segnato N.° 3, oltre alla reple- zione delle vene rachidiane ebbi a notare un colorito rosso abba- stanza caratteristico della pia spinale, il quale dava a tutto il mi- dollo un aspetto come corallino. 11 fatto dei disturbi cireolatori! è uno de" reperti più costanti ed esso s' incontra non soltanto allorché nel midollo occorrono altre forme di lesioni, ma si lascia notare altresì quando in questo non sono accennate o si trovano tuttavia in uno stadio iniziale le alte- razioni degli altri elementi. All'osservazione di pezzi induriti e ta- gliati al microtomo si rileva una notevole iniezione delle vene e dei capillari sanguigni, che contrasta con lo stato delle arterie che sono quasi vuote. Nelle sezioni trasversali o longitudinali dei vasi che s'incontrano, questi si presentano ripieni di globuli rossi in modo abbastanza rilevante. Le fine anse di capillari, che, circondano quasi immediatamente ciascuna cellula nervosa , sono nitidamente deli- neate. Ne' casi di morte più lenta, oltre a questo turgore si nota intorno ai vasi come uno strato che ne ispessisca la parete e che s'in- tinge vivamente al carminio. Essa o trovasi a circondare come una zona r intera sezione del vase o solo una parte della circonferenza di questa. Sulla natura della sostanza, che forma questo guscio pe- rivasale ed ha l'aspetto come di una massa colloide, io non ho fattq indagini speciali, né mi è stato possibile studiarne la reazione agli acidi ed agli alcali, trattandosi di tagli già inclusi in balsamo , ma a giudicarne dalla speciale apparenza e dal vivo colore che assu- me, mi pare che non sia gran faito fuor ài proposito il rassomi- gliarla a quei depositi fibrinosi, così frequenti negli stati flogistici e che sotto l'azione del liquido indurante si sieno in siffatto modo atteggiati. Che, difatti, una sostanza di tal natura si trovi intorno ai vasi è possibile convincersene con la osservazione di altri punti. Nei quali, più che il semplice strato perivasale, occorre notare come un reticolo a maglie larghissime ed a rami appena accennati, che, mi pare, ricordino con suflìciente analogia di possibili coaguli fibrinosi, sorpresi in tal modo d;il mestruo fissatore. Questi disturbi circolatorii vanno ancora più oltre. In effetti, assai spesso si trovano dei focolai emorragici abbastanza netti ed — 13 — evidenti. Anche a voler prescindere da quei punti, dove si rinviene un cumulo di corpuscoli rossi ed il vaso doud' essi provengono è poco o nulla dimostrabile, v' ha de' rincontri frequentissimi, in cui il vase centrale, in sezione longitudinale o trasversa, nitidamente distinto dalla sua parete, è ripieno e circondato di globuli. E questi o si trovano a riempire gli spazii perivascolari, come non di rado occorre notare ne' centri nervosi di animali strango- lati, sebbene in numero assai più rilevante, ovvero si diffondono an- che nel tessuto circostante e ne coartano gli elementi, che lo co- stituiscono. Sede frequente dello stravaso sanguigno è, come giustamente ha fatto notare il Lupo, la vena che scorre lateralmente al canale centrale; tuttavia esso può rinvenirsi specialmente in tutto l'ambito della sostanza grigia ed esempi notevoli se ne hanno nelle corna grigie anteriori. Se non che il sangue non si versa soltanto intorno ai vasi dentro il midollo, e non sono rari i rincontri in cui è possi- bile trovare un' effusione di globuli sanguigni in altri punti, come non ne mancano al disotto della pia meninge spinale e, specialmente, nei solchi anteriore e posteriore. Non ho, a questo proposito, trascurato di far la possibile ipo- tesi, che potea provocare siffatto reperto, ma e il modo di presen- tarsi e la frequenza grande e, finalmente, lo stato de' tessuti cir- costanti, mi han potuto convincere che esse tengono a la medesima causa, che determina le emorragie nello interno del midollo. Cellule nervose Sono note le forme molteplici di degenerazione, cui possono soggiacere le cellule nervose e come ve n'ha di talune, che caratte- rizzano più specialmente questa o quella lesione. Riguardo alle alterazioni degli elementi cellulari nervosi, in se- guito dell' asportazione della tiroide, si hanno le osservazioni del Lupo e del Rogowitsch. Il primo fa la descrizione di cellule con atrofìa spiccatissima, nelle quali, sparito il nucleo, il protoplasma si mostrava ridotto ad un cumulo informe, assai più piccolo della nicchia cellulare. Rogowitsch parla invece di un' euceftilo-mielitc parenchlmatosa subacuta e vi ha riscontrato due tipi di degenera- zione: un rigonfiamento torbido ed una disgregazione granulosa. Mediante le mie ricerclie ho avuto l'agio di convalidare i risul- tati del Lupo, ma mi è stato possibile il sorprendere altresì alcune altre forme, che permettono seguire lo svolgimento progressivo del processo, che mena alla completa distruzione della celiala nervosa. — 14 — residuandone ima lacuna, che ritrae di quella la forma e nella quale trovasi talora un nucleo, spostato verso uno de' punti della pe- riferia. Esiste, difatti, una forma di atrofìa semplice, per la quale la cellula nervosa raggrizzandosi prima secondo una direzione, poscia secondo tutte, si riduce notevolmente di volume non solo, ma perde quasi i suoi caratteri e reagisce pochissimo alla colorazione, si che col trattamento al carminio toracico, più che assumere la tinta vi- vace, come per l' ordinario , rimane pochissimo colorata. Il nucleo non rimane indifferente ed anch' esso s' impicciolisce, si deforma e può anche non mostrarsi affatto. In certi casi la sua presenza non è indicata da altro, che da una piccola chiazza, la quale si differenzia dal resto del protoplasma per una colorazione , appena un po' più accentuata. Nel cane N. 5 , il quale durante la sopravvivenza non ebbe fenomeni tumultuosi, ma un grave e progressivo abbattimento, seguito più tardi da paresi ed incoordinazione, io ho potuto rilevare forme assai spiccate di quest' atrofia. Nel cane N. 4, invece, ho os- servato delle speciali formazioni , il cui aspetto non depone punto sulla loro natura di avanzi di cellule nervose e solo è possibile rin- tracciar questa , tenendo conto della topografìa e del rapporto che esse hanno con altri elementi nervosi, ancora più o meno riconosci- bili. Sono queste formazioni rappresentate come da un gran vacuo, limitato in tutta la sua periferia o per una parte di questa soltanto da un contorno, più o meno spesso, che è circolare o semilunare, secondo che è intero o no, e il quale reagisce tingendosi vivamente al carminio boracico. Talora questo vacuo, così circoscritto è sud- diviso da trabecole, che l'attraversano, limitando come delle areole, le quali sostituiscono il corpo cellulare. Il modo di prodursi di siffatte immagini è possibile intendere solo mediante 1' esame successivo e comparato di parecchie serie di tagli di midollo spinale. L'inizio della loro formazione sta nella comparsa di un vacuolo verso un punto, 0 periferico o più o meno dentro i confini del corpo della cellula nervosa, la quale ha, del resto, ancora i suoi caratteri perfettamente normali. Questo vacuolo, dapprima ristretto, comincia ad estendersi man mano, guadagnando sempre più del corpo cellulare. Esso pro- cede fino a che di quest' ultimo non rimane se non quella limitata zona periferica , dotata del forte potere d' imbibizione e che è cir- colare 0 semilunare, secondo che il contorno della cellula é più o meno conservato, ciò che pare sia in relazione con la sede, centrale o periferica, del vacuolo iniziale. Che anzi certe forme intermedie sono abbastanza caratteristiche, sì che talora si posson rilevare cellule, variamente atteggiate ed, in qualche caso, anche configurate — 15 — a nappo. Talvolta , invece di un sol vacuolo iniziale , ve n' ha pa- recchi. Essi s' estendono progressivamente e parallelamente e quando si può riuscire a sorprenderli ia uno stadio, che non è ancora l'ul- timo, s'ha a notare quella specie di rete a larglie maglie e a rami esilissimi, che ho ricordata innanzi e nella quale questi ultimi s'im- bevono anch' essi, sebbene un po' men vivamente, ai mezzi di colo- razioae. 11 nucleo, attraverso questi cangiamenti, finisce per soggiacere anch'esso, ma, in generale, resiste molto più a lungo ed è solo in un periodo assai tardo, che se ne perde la traccia. Questa forma che, comesi vede, ha molti punti di contatto col vero processo di vacuolizzamento, non è la sola che si trovi a mo- strare lo stato di alterazione spinale. In alcuni casi, difatti, il pro- toplasma va incontro ad una disgregazione molecolare, per cui il suo aspetto granuloso, caratteristico, si modifica dapprima e poi si di- strugge, mentre il nucleo rimane ancora integro, anzi con il car- minio e r ematossilina si colora assai vivamente. E le fasi , per le quali passa questo protoplasma che cade in disfacimento, si possono seguire sui preparati, dove si rileva come la distruzione cominci dalla periferia e proceda man mano, assottigliando sempre la zona di pro- toplasma che circonda il nucleo, si che talora se ne trova soltanto una breve falda perinucleare, che presto anch' essa scompare. 11 nucleo si altera posteriormente , ma non è risparmiato dal processo degenerativo ed in ultimo di tutta la cellula non rimane che la sola nicchia, atteggiata in vario modo, secondo la forma del- l' elemento che vi si annidava. Tuttavia , il fatto della conservata integrità del nucleo nella fase di distruzione quasi completa del pro- toplasma non è costante. Nel midollo spinale dello stesso cane N.° 4, si piò , difatti , accompagnare il processo , che mena alla scomparsa del nucleo , mentre ancora il protoplasma è quasi inte- gro. Ivi pare come se il processo abbia per sede primitiva il nucleo e che di qui si diffonda ed attacchi il protoplasma. Il nucleo in questi casi si presenta notevolmente deformato, si raggrinza, si retrae in questo o quel punto del suo contorno e quando questi cangiamenti son progrediti, esso alla fine scompare, lasciando nella sua sede uno spazio vuoto. Queste osservazioni mi pare valgano ad escludere qualunque so- spetto sul destino finale del nucleo nella completa involuzione cel- lulare. Esso vi partecipa o secondariamente, com'è il caso più or- dinario, ovvero inizia il processo distruttivo della cellula. i ,j (librar Fibre nervose Contrariamente a quelle delle cellule nervose, assai limitate sono le alterazioni che dopo la tiroidectomia è possibile constatare nelle fibre nervose centrali, il che del resto s'accorda perfettamente con le cognizioni ancora incomplete, che noi possediamo sulle forme de- generative in questi elementi dei centri nervosi (Obersteiner). (1) Il Vassale (2) che, in un suo lavoro, pubblicato nello scorso set- tembre, s'accordò con Tizzoni e Centanni sulla completa iutegrità degli organi centrali nervosi ne' cani privati di tiroide, ha potuto anch' egli posteriormente ravvisare, nella cachessia stumipriva a de- corso cronico seguita alla tiroidectomia, alterazioni de' fasci pirami- dali crociati, e ciò egli ha manifestato al Prof. Paladino per lettera, dalla quale io ho riportato la osservazione. In quanto alla sede, avevo anch' io rilevato che sono i fasci pi- ramidali crociati quelli prevalentemente affetti. Tuttavia, non man- cano esempi di modificazioni patologiche nelle fibre degli altri cor- doni della sostanza bianca ed anche nella parte grigia del midollo è possibile rinvenire cilindrassi in preda a degenerazione. Per i cangiamenti, che quest' ultima vi induce, essisi deformano, si che si presentano rigonfiati e perfettamente distinguibili da quelli ancora integri. Questo rigonfiamento . detto anche ipertrofia della fibra nervosa, non è, secondo all'erma 1' Obersteiner, soltanto espres- sione di uno stato irritativo. I modi, secondo i quali il cilindrasse può rigonfiarsi son varii, sì che talora è un ingrossamento quasi fusiforme, pel quale quello, va, dagli estremi alla parte media, aumentando di diametro fino ad accrescerlo di tre o quattro volte , talora invece si ha una forma assai più limitata, per cui si rileva un rigonfiamento sferoidale in un punto della lunghezza del cilindrasse, dove che il resto è quasi normale. Talvolta invece di un solo ve n' ha due di questi rigonfia- menti, configurati a clava e più o meno lontani l'uno da l'altro. II contorno del cilindrasse , nel tratto che conserva il suo ca- libro normale, ora è regolare, ora lievemente dentato ed esso rea- gisce assai debolmente ai mezzi di colorazione. Le sezioni trasverse (1) Anleitung beim Studium des Baues der Nervòsen Cen- /ralorgane im gesunden und kranken Zustande. Wien 1892, 2- Auflage. (2) 1. e. — 17 — confermano per la loro parte queste immagini. Esse, in certi casi, han perduto il loro aspetto regolare e presentansi ingrossate note- volmente, deformate in vario senso e spiccano sempre con nitidezza sulle restanti sezioni di fibre nervose ancora intatte. Altra forma di alterazione è 1' atrofia e il rimpicciolimento dei cilindrassi e talora la scomparsa della guaina mielinica, mentre il cilindrasse è tuttora conservato. In certi casi, per effetto di simili alterazioni, il decorso delle radici posteriori nelle corna grigie cor- rispondenti è nitidamente delineato e quelle si seguono per un certo tratto anche con una lente debole. Queste alterazioni, rilevate nel midollo spinile e seguite alla ti- roidectomia ne' cani, sono diffuse qua e là nei vari segmenti della midolla, senza che vi si possano rilevare speciali localizzazioni, se si eccettui la loro prevalenza a livello dei due rigonfiamenti , ove, com'è nouo, esiste il maggior numero di elementi nervosi, cellule e fibre. Desse mi pare sieno così caratteristiche e decisive da rap- presentare indnbbianfente uno stato patologico del midollo. Quali che sieno le modificazioni, che possano indurre i liquidi induranti, sulle quali han fatto assegnamento, per la loro opinione, Tizzoni ed altri, non mi pare che esse possano spiegare siffatta influenza sugli elementi nervosi. Anche tenendo in considerazione quel che nota Trzebinski (1) circa 1' azione de' sali cromici sui centri nervosi , è manifesto che le alterazioni, rilevate nel nostro caso, si allontanano così spiccata- mente dalle altre, che non è lecito scorgervi alcun rapporto. Prolungamento nucleare e Croce latina Colgo la presente occasione per rilevare alcuni dati d'istologia normale sul sistema nervoso, la cui costituzione intima non è mai abbastanza conosciuta. E oramai definita, per le ricerche del Prof. Paladino, la que- stione sulla origine del prolungamento cillndrassile o no:- .-oso, così a lungo dibattuta dal Dciters in poi. Nell'accordo quasi generale, che il prolungamento di Deiters si originasse da un punto qualun- que del protoplasma cellulare o dalla base di un prolungamento pro- toplasmatico, le suddette indagini han potuto porre in sodo che il prolungamento nervoso, con note peculiari di aspetto, di costituzio- (l)Einiges ùber die Einwirkung der Hartu ngsme thoden auf die Beschaffenheit der Gan;/li en zellen im Riickenmark der Kaninchen und Hunde. Virchoiv's Archir. Bel. CVIf, pag. I. 2 — 18 — ne, pigliava più diretto rapporto col nucleo, quasi quale ima dipen- deuza di esso. Riporto la conclusione relativa : « Il prolungamento cilindras- sile 0 nervoso delle cellule multipolari del midollo spinale esce dalle cellule in questo o quel punto, ma si origina propriamente in vicinanza del nucleo, quasi quale una dipendenza dello stesso (1).» Traendo profitto della rilevante dissoluzione, che attacca il pro- toplasma delle cellule nervose durante il periodo di attossicamento de' centri, ho potuto largamente confermare la origine quasi diretta di tale prolungamento dal nucleo. E ciò che il Prof. Paladino potè constatare nelle cellule multipolari del midollo spinale, ho io avuto agio di ravvisare nelle cellule della corteccia cerebrale de' cani, pri- vati di tiroide. In molte di queste cellule il protoplasma è quasi disfatto ed a pena pochi cumuli informi ne rappresentano la traccia. Il nucleo è ancora normale ed in dipendenza di esso si nota un prolungamento, ancora abbastanza bene conservato a petto della profonda demolizione del protoplasma. Siffatto rapporto è nettamente rilevabile e quando saran pubblicate le figure relative si potrà apprezzare la evidenza del reperto, che vince in efficacia qualunque minuta descrizione. Né desso è un fatto isolato; che anzi è frequentissimo nelle cellule della corteccia cerebrale, date le condizioni dell'alterato protoplasma e del trattamento al joduro di palladio , proprio prezioso per siffatte osservazioni. L'altro dato si riferisco alla slruthira delle libre nervose peri- feriche, a tre attributi. In un lavoro (2) pubblicato due anni fa, e compiuto con la col- laborazione del mio collega Germano, fra le altre questioni, relative all' istologia della fibra nerv^osa midollata , ci occupammo della in- terpetrazione della croce latina. Potemmo, allora, stabilire che la guaina di Schwann non s'inteiTompeva a livello degli strozzamenti, come s'era ritenuto dal Ranvier e da molti altri dopo di lui, ma si continuava con leggiera inflessione ed inoltre che neppure inter- rotto era a questo livello lo s(3helotro neurocheratinico, secondo la (1) Paladixo. Di un nuovo pi'ocesso per le indagini micro- scopiche del sistema nervoso centrale. Rend. d. R. Accad. il. Se. Fisiche e Malemaiiche, fase. /, Gennaio 189 1. (2) Contribuzione all'istologia delle fibre nervose midol- late. Giornale dell' Associazione napoletana di Medici e NalurulisU. A mo I. Voi. I 1S9(). - 19 — comune opinione , ma che esso invece si semplillcava soltanto. La sostanza cementante del Ranvier, che abbrunandosi avrebbe dovuto dare la branca trasversale della croce latina , non esisteva affatto. Quest' ultima, invece, secondo le nostre osservazioni, era costituita per la sua parte longitudinale dal cilindrasse, secondo la interpetra- ^ione dell' Istologo francese, ma per la sua branca trasversale era fatta dall' abbrunamento dell' anello neurocheratinico, che noi dimo- strammo collegare gli stromi di segmenti interanulari contigui. Ripiglio ora la questione, perchè in possesso di nuovi dati che giustificano ed illustrano la nostra interpetrazione. Finora , trattamento esclusivo era quello al nitrato d' argento per veder apparire la caratteristica croce. Mediante, invece, la rea- zione del joduro di potassio sul cloruro di palladio io son riuscito ad ottenere immagini di croci latine, altrettanto nitide e regolari. Iter nulla iuleriori alle più felici preparazioni al nitrato d' argento. Ond'è che il presunto cemento, di cui base precipua era l'analogia di reazione con la sostanza che lega le cellule endoteliali, perde in tal modo tutto il suo valore. Non è più quello che abbrunandosi, per la nota riduzione, costituisce la stria trasversale della croce la- tina, ma è invece il joduro di palladio, che, tingendo assai nitida- mente r anulo neurocheratinico e il cilindrasse, riproduce l'imma- gine, la quale anche per l' impossibilità di altro trattamento efficace, era stata per tanto tempo fraintesa. Che r anulo di neurocheratina non debba esser poi refrattario all' azione del sale di palladio, è provato dal seguente fatto. Nelle se- zioni di fasci di radici spinali, nel loro tratto fuori la midolla, ot- tenute al microtomo per evitare anche il più lieve artifizio di dis- sociazione, si vedono, oltre della croce, lungo il decorso delle sin- gole fibre e ne' limiti di queste , delle formazioni , su cui richiamo l'attenzione. Sono dessi come de'granuli più o meno grossi e che si presentano quali centri, donde partono rami sottilissimi, meno an- neriti de'granuli, ma nettamente distinguibili. Dai diversi prepa- rati , si acquista la convinzione certa sulla natura e sul significato di queste formazioni. Esse non sono altra cosa che i punti nodali della rete, che costituisce lo stroma midollare e gli esili tratti, che ne emanano, sono i rami sottilissimi di questo stroma. Se, dunque, la reazione del joduro di palladio è attiva sovra i punti nodali dello stroma e sui rami di questo , che pur son garentiti da tutta la mielina , che l' imbeve e ne colma le maglie , quanto più non deve la influenza del sale prodotto manifestarsi a livello de' cin- goli del Ranvier, che per non pochi autori han sempre rappresen- tato il punto di più facile penetrazione della fibra nervosa? — 20 — Per questa osservazione, dunque, mi pare che a buon dritto si possa riconoscere la mancanza del cemento speciale non solo , ma la continuità e semplificazione dello stroma neurocheratinico, quale sostenemmo nel primo lavoro. E la interpetrazione della croce latina riceve nuova luce dal trattamento al joduro di palladio, il quale, in quel che appoggia la nostra prima interpetrazione, fornisce un altro criterio alla conoscenza intima della fibra nervosa. Ancora qualche avvertenza sul metodo per ottener tale risultato. Le fibre nervose, periferiche o delle radici, vengono indurite in un sale cromico e dopo le pratiche opportune immerse nella soluzione di cloruro di palladio, dove è mestieri che rimangano quanto più a lungo si possa. La dimora anche di qualche mese in tale soluzione è di un vantaggio notevole nella evidenza e nitidezza della imma- gine. Nel Joduro di potassio resteranno a norma della spessezza del fascio nervoso. Ball' IsWuto d' Istologia e Fisiolooia r/enerale della R. Uni- versità. Becenibre 1891. Sopra un cranio metopico di epoca preistorica. — Nota antropologica di Abele De Blasio. (Tornata del 6 marzo 1892) Già negli anni 1890 e 91 ebbi a desorivere alquanti crani umani di epoca preistorica esistenti nel Gabinetto di Antropologia di que- sta R.^ Università (1). Oggi mi occupo di un'altra reliquia umana appartenente anche a quell'epoca remotissima, e propriamente a quel periodo che in « Archeologia Preistorica » vien designato col nome di età deLa pietra levigata. L'avanzo scheletrico, che forma il materiale di questa mia nota antropologica, fu rinvenuto sotto una crosta di stalagmite che for- mava il pavimento di una grotta presso Cassino. Sotto quella incro- (1) c'"r: De Blasio A. Sopra un teschio del primo periodo del- l'età della pietra, Farmicii e Medicina Pratica, Maddaloni 1890. 111. Intorno ad un altro cranio archeolitico. Rivinta Italiana di Scieaze Naturali, Siena 189 L M. Il cranio neolitico dei Piani Palentini , nella memo- a. ce Persistenza della forma cranica nella provincia d'Aquila.» Ibid: 1891 . - 21 — stazione calcarea fu, alla profoudità di 17 centimetri, scoverto uno strato di cenere contenente pezzi di carbone. Sparse qua e là si ve- devano delle ossa di maiale di cane e di pecora, fesse alcune per lo lungo per cstrarne il midollo, altre portanti tracce di carboniz- zazione. In questo strato non si rinvennero di manufatti che due grossi ciottoli di calcare che, con molta probabilità, servirono per fendere le ossa a cavità midollari, ed alcuni frantumi di terracotta. Sotto la cenere vi era della terra battuta, e, questa rimossa, si aprì una fossa, limitata a destra da una delle pareti della grotta ed a sinistra da pezzi di arenaria : sul fondo di quella giaceva supino uno scheletro, e, prossimi ad esso, una freccia di fretra focaja ed un lisciatoio dì diorite. Le ossa che ho studiato compongono la calo'ita di un teschio Ai mezzana grandezza, di donna probabilmente su' 50 anni : età che abbiamo desunta dallo stato della superficie triturante di alquanti molari, che ancora si vedono inseriti sopra un residuo del mascel- lare inferiore. 11 colore di questo cranio, che non differisce da quello delle altre ossa preistoriche, è di una tinta bianco-sporca : non manca, allorqiumdo si tocca con la lingua, quel sapore che è proprio delle ossa fossili. L' esterna superlicie di questa reliquia umana, più che Tinterna, è intaccata da piccoli solchi quali superficiali, quali profondi, pro- dotti dalla lenta e distruttrice azione de' tarli. (1) Di questo cranio chiama la mia attenzione non la forma, che rassomigliasi in tutto a' moderni, ma la persistenza della sutura me- dio-frontale che vi si conserva : con che non intendo punto affer- mare trattarsi di cosa eccezionale ; perchè tale anomalia si riscontra di frequente anche nei crani antichi e moderni. Le divergenze fra' diversi autori intorno a questa sutura sor- gono allorquando si fanno essi ad indagare in quale tipo craniale, in quale razza e in quale epoca la s' incontri più frequente ; (2}, pe- rocché « varie, dice il Regalia, (3), sono le opinioni espresse da' di- versi autori sulle cause, sul valore fisiologico ed anatomico della sutura medio-frontale e sulle modificazioni che questo fatto può ar- recare alla morfolog-ia craniense ». (1) Le altre ossa, ridotte in minuti frammenti a causa della loro fragi- lità, non poterono esser raccolte. (2; Velli nota a pag. 25. (3) Regalia. Sa nove crani metopici di Razza Papuana. Arch. mo per i' AiUì'opologia ed Etnologia, Voi. S.°. Quanto alla razza sono d'accordo il Lederle, (1), il Welcker, il Pommerol, il Pruner-Bey, il Davis, (2), il Quatrefages e il Broca nel ritenere che la sutura medio-frontale persiste assai più di rado nei Negri che ne' Bianchi. Quanto al tipo il Calori (3) ha notato il metopismo essere nei crani brachicefali nella proporzione del 19.64 %. Il Morselli (4) e il Canestrini (5) concordano anche nel dire che il metopismo è più frequente nei crani larghi che nei lunghi. Que- st'ultimo autore afferma altresì che la sutura bi-frontale si trovi più frequente ne' teschi antichi che ne' moderni. Intorno al valore anatomo-fisio-morfologico è opinione del Calo- ri che il metopismo si deve ad un ralleritameuto del processo ossi- ficante in seguito ad idrocefalo o a rapido aumento della massa ce- rebrale (6). Maggiorani e Pommerol ne ricercano la causa nella scro- fola. Morselli ed altri opinano che il metopismo si appartiene agente d'infima intelli^^enza; ed il Canestrai (7) infine dice che « il frontale dell'uomo adulto è generalmente formato di un nnìco osso; ma tal- volta i frontali sono due , e tra di essi scorgesi una sutura più o meno distinta. Per comprendere, dice l'esimio autore della Teoria (leà''Evo(uzf.onr>, il significato di quest'anomalia, fa d'uopo riflettere. che nei pesci troviamo 5-6 frontali, cioè due anteriori, due mcdii, talora fusi assieme in un unico osso, e due posteriori (8), o, come direbbe rOwen, osserviamo oltre i duefiontali. due profrontali e due (1) Lederle Julius. Ei n Negerschadel mit Stirnnalit, besch- rieben und vergliechen mit 53 anderen Negerschàdeln. Ein Beitrag zur Kentniss des Einfl isses der Persistenz dieser Naht auf die Ra- cencharaktere dos S.diiivlels. Archiv. fiir AnUiropohgie, Achler Band 1S76. (2) Davis. Thesaurus cranioruin. (3) Calori. Del tipo brachicefalo ecc. Me in. dell' Acc di Se. d. hi. di Bologna. (4) Morselli. Nota dei crani con sutura frontale esistenti nel Museo Anatomico di Modena. Archioio per l' Antro pulogia ed Elnologia. Voi 2." (5) Canestrivi, Caratteri anormali e rudimentali iu ordine all'origine dell'uomo. Società de' Nalur alisti in Modena, anno II, 1S67. (6) HuNAU! d: « Allorquan.lo 1' incremento del ce vello succede con rapi dita, e lentimeute l'os-iific izione, il frontile rimane diviso in due». ilf(?ìn. di Accad. d. Scienze 1740 pag. 372. (7) La teoria d cU' E voi uz i nne es pò sta ne' suoi fondamenti come introduzione alla lettura delle opere del Darwin, e dei SUOI seguaci. Torino JS87. (8; Gegenbaur. Grundzùge der vergi. Anat. pag. i42. — 23 — postfrontali (1). Già ne' rettili vediamo scemare il numero di queste ossa , osservando che spesso i frontali medii si riuniscono in un unico osso, il frontale principale (nel coccodrillo e nei sauri) e che i posteriori talora mancano (in alcuni serpenti). Negli uccelli e nei mammiferi vediamo maggiormente ridursi il numero de' frontali il quali nei mammiferi sono rappresentati da due ossa e nell'uomo da un osso unico (2). Siccome Tosso frontale si sviluppa per due punti ossei, cosi dobbiamo scorgere nell'anomalia sopra citata iu indivi- dui adulti una persistenza de' caratteri giovanili; e, poiché lo svol- gimento dell'individuo è analogo a quello della specie, ne dobbiamo inferire che l'antico stipite umano possedesse normalmente due fron- tali come gli altri mammiferi (3). » Tutte le esposte teorie possono essere esatte in casi singoli; ma ni una di esse basta a spiegare il concetto generale della sutura in parola. Non oso discuterle: sarebbero impari le mie forze all'arduo lavoro; né intendo l'una piuttosto che l'altra accettare incondizio- natamente. Quella del Canestrini parrebbe, a primo aspetto, soddi- sfacente ; pure, se ben si consideri , non è da ritenersi qual vera; dappoiché tale sutura si dovrebbe riscontrare frequentissima nei crani preistorici, e frequente altresì ne' teschi appartenenti a razze umane inferiori: ed il fatto dimostra invece il contrario! Altri ha cercato spiegare il metopismo ricorrendo alla scrofola alla rachi- tide e a.\V idrocefalo. Ma perchè, diciam noi, gli esiti di questi pro- (1) OwEN. Anatomy of Vertebrates. J, pag. Il I-I lì. (2) Gli anato.Tiici dicono che questa sutura riceve la sua spiegazione dalla st)riii dello sviluppo dell'osso, il quale nasce per due punti di ossili, cazione che app.iriscono al quar mtesiuio o cinquantacinquesimo giorno^ nedn arcate orbitarie (Sappey) o in corrispondenza della bozze frontali iHyrtl). Questi punti s'irradiano da un.i parte verso l'apice dell'orbita, dall' altra verso la fronte. Al secoutio mese essi si toccano già verso la pìrte infjriore dell'osso. A quattro .iiesi si toccano ne' tre quarti inferi )ri; ma restano divisi in so- pra da uno spizio an^ )lare , che all'epica della nascita si vede ancora, ma t'-nde a sparire. Ad un anno le due metà dell' o-so si uniscono a li- vello delle bozze frontali. A due anni e mezzo esse sono in generale sal- date in tutta la loro estensione; solo in basso si vede una fessura verticale alta 10 l"2 mm , la quale non sparisce che al sesto o settimo anno (Sappey). (3) Vedi SII questo argomento una nota del dott. Morselli. Archivio per VAnlrop. ed Eia. Voi. il IS72, pag. 287 e seg. — 24 — cessi morbosi dovrebbero limitarsi alla sutura bi-frontale e lasciare inalterate le altre ossa craniche? (1). Dal Gaddi , dal Morselli e dal Mantegazza , dice il Regalia , fa osservato il metopismo in individui d'infima intelligenza; mentre a me consta che il teschio di un valoroso avvocato del nostro foro presentava appunto tale anomalia; ed in lui, che per molti anni oc- cupò cariche importanti, faceva tutt'altro che difetto l'ingegno ! Ed allora, sorge spontanea la domanda , come spiegare questo speciale perturbamento dell' ossificazione? Non v' ha chi dissimuli importanza e la difficoltà di siffatto quesito rimasto finora insolu- to. Ci basti per ora ritenere che la persistenza della sutura bi-fron- tale sia dovuta ad un perturbamento del ricambio materiale per un quid non ancora ben determinato (2) ; ma che benissimo potrebbe essere la mancanza di uno dei principali stimoli fisiologici , esclu- dendo assolutamente l'idea che essa implichi degradazione dirazza, attestante la discendenza dell' uomo da uno stipite animale ( Cane- strini); del pari che l'altra idea (fin tanto che nel cranio non si os- servano altre anomalie fuor della sutura in parola) della scrofola, della radiUide e dell' idrocefalo. Premesso ciò, come incidente, passiamo alla descrizione delle singole ossa componenti questo cranio. Frontale. — Sulla faccia anteriore di quest'osso notasi la sutura medio-frontale, la quale non decorre rettilinea ma devia un po' a sinistra ; il margine superiore, presso che semi-circolare, presenta dentellature più sviluppate verso i lati che nel centro. Sulla parte mediana della faccia cerebrale notasi 1' assenza della gronda desti- nata a ricevere 1' estremità anteriore del seno longitudinale supc- riore; manca pure la cresta coronale che serviva per dare attacco all'apice della falce del cervello e con essa il forame cieco. A causa del sofferto vandalismo quest'osso manca di tutta quella parte che concorreva alla costruzione della faccia orbito-etinoidale. Parietali. — I due parietali sono ben conservati; e, studiati dalla parte cerebrale, si osserva questa lieve differenza : quello del lato sinistro è più ricco d' impressioni digitali e di eminenze mammil- lari; la qual cosa attesta che le circonvoluzionie le anfrattuosita ce- rebrali erano più sviluppate da questo anziché dall'altro lato. (1) È importante leggere il pregevole lavoro del Regalia (1. e.) perchè, oltre le osservazioni da me riportate in questa breve nota , ve ne sono altre che riguardano la satura bi-frontale. (2) Dallo stato più o meno completo di ossificazione si può, entro certi limiti, argomentare dell'epoca in cui avvenne l'arresto del ricambio materiale. Osso occipitale. — Quest'osso è mancante dalle linee curve infe- riori in giù: notasi in esso molto sviluppata la protuberanza occi- pitale esterna, come anche molto appariscente mostrasi quel tratto della cresta occipitale che forma il punto di congiunzione tra le li- nee curve supei'iori ed inferiori. Dal lato interno quest'osso presenta le fosse occipitali superiori molto pi-ofonde e le gronde laterali molto sviluppate iu larghezza. Per la mancanza dello scheletro facciale, e per la distruzione di parte delle ossa componenti il cranio propriamente detto, non pos- siamo dare altre misure se non le seguenti : la circonferenza oriz- zontale misura 493 mm., il diametro antere-posteriore 185 mm., ed il bi-laterale 135 mm. Sicché il cranio metopico di Cassino è doli- cocefalo essendo il suo indice cefalico 730. NOTA (1) Il metopi^mo fu trovato nella proporzionp del nei crani de' Marsi (Nicolucci) (a; 11 E t a se hi (iD.) (b) )i Pompeian i (id.) (c) 1) Campani moderni (De Blasio) (d) n Tedeschi (Welcki:r e Simon) )i Popoli Africani ;I vax der Hoeven) » Africa Meridionale (Fritschj I Negri (Williamson) 0 11 Razza Papuana (Regalia i II Arabi d .-11' E -itto (Paxceri) (e) « Greci (f) V Nuova G uinea e Isole Misuri (Meyer) (g) 11 Egiziani esistenti nel Gabinetto di Antro- pologia (h quet^ta R/^ Università (De Ulasio) « Bolognesi (Calori) (li) Il Romano-britanni 11 Terramara di Gorzano (Canestrini) 75 11 1 Andamanesi (a) IVicoLUcci. I cran i dei Marsi Atli d. lì. Acc.d. Scienze Fis.cMat. 1882. (b) Id. Antropologia dell' Etruria. Ibid 1869. (e) Id. Crani a Pompejana. Ibid. 1882. (d De Blasio \. Crania Campana hodierna ( ined to ). (e) Panceri. Lettera al Mantegazza Archicio per V Antropologia ed FAnologia. Vul. ,^.° p. .'356. (1) La proporzione del metopismo fra i ermi Gr^^ci mi fu gentilmente comunica a dal Prof. Raffaele Zampa. (g) Millheil. aus don K. Zo"L Museiim eie. Dresden 1877. (h) Calori m. e. 12 5,26 '/ 11 V, 3,80 11 10 11 2,69 11 1,73 )) 4,3 a 1' 10 11 2,22 11 5 7 i: 37.F0 11 66,66 » 2() — Stuelli sni Trematodi endoparassiti — Sul genere Notocotyle Dicsing. — Nota di Fr. Sav. Monticelli, (Tav. I). (Tornata del 3 aprile 1892) Il genere Nofocotyle ( Notocofylus ) è stato creato nel 1839 dal Diesing(l) per il Monostomum verrucosumdeUo Zeder (1800, pag. 155- lW=Fa^ciola verrucosa di Froiich, 1789), perchè egli credette di ve- dere delle ventose nelle verruche, che sono disposte in triplice serie su di una dell'e facce del corpo di questo Monostomum. Froiich (pag. 112) osservò che queste papille, o verruche, erano ventrali; Zeder, per contro, le volle dorsali, e cosi le ritenne anche il Diesing, donde il nome di Notocotylus, e le disegnò. La frase diagnostica del nuovo genere data dal Diesing è la seguente: «Corpore oblongo-ovato depres- siusculo, antice parum attenuato , postice rotundato, ore terminali orbiculari : acetabulis suctoriis dorsalibus numerosis , serie triplici longitudinali; cirro longo spirali ventrali (1 , pag. 234, Taf. XV, fig. 23-25). Il Diesing credette pure di cambiare il primitivo nome spe- ciQco di verrucosuìn in quello di N. triseriale ricavandolo dalla di- sposizione delle verruche ( ventose ) in triplice serie longitudinali. Il Dujardin (pag. 356-358) contrariamente alle asserzioni ed ai dise- gni del Diesing scrive di essersi potuto « assurer de la manière la plus positive que les ventouses ou papilles rougeàtres ne se mon- trent qu'à un certain àge; qu'elles sont situées à la face ventrale et non à la face dorsale, comme l'a cru M. Diesing ». Egli non ac-. cetta il nuovo genere Notocotyle, perchè crede che la caratteristica delle papille ventrali, non essendo costante, — potendo esse mancare specialmente nei giovani individui (giacché non le ha viste che nei grossi individui ) — non può servire « mème à caractériser une espèce » (pag. 358). Il Blanchard (pag. 304) conferma l'osservazione del Dujardin scri- vendo che tutta la faccia ventrale di questo verme, che egli chiama Monostomum verrucosum, non accettando, come si vede dalla sino- nimia, il nuovo genere del Diesing, è « hérissée de petites papilles, disposées sur trois rangées». Nel Systema Helminthum il Diesing (2, pag. 411) non contraddice il Dujardin e continua a considerare le papille, o verruche, come ven- tose e disposte sul dorso; solo aggiunge che le ventose sono in « ju- véntute aut nulla aut parum evoluta». Il Wedl (pag. 249) ha, invece, opinione contraria a tutti gli os- scrvatori precedenti sulla natura e disposizione di queste verruche; egli scrive infatti: « Ich habe es mir angelegen sein lasseu, zu un- terscheiden, ob es N'àpfe oder Papillen sein. An jenen Exeraplaren, die ich mir von Blinddàrmcn von Fulica afra sammeltc und die vollkomrnen geschlechtlich entwickelt waren habe ich mich iiber- zeugt, dass der Wurm wederam Riicken noch am Banche mit Saug- nàpfen versehen sei und die vermeintlichen zuweilen fehlenden pa- pillósen Hervorragungen den Gruppen der Endblàscheu vom Dot- terstocke entsprechen, wie dies naher aus der Beschreibung her- vorgehen soli. Es ist hiemit die Unbesfandigkeit dcs Vorkommens erklàrlich , indem die Dot'.erstòcke der Trematodeu, selbst wenn sie geschlechts reif sind, bald mehr, bald \veniger geschwellt sind (pag. 249) ». Il Diesing nella «Revisio» (3. pag. 369), pur citando in nota que- sta osservazione del Wedl , scoza discuterla, continua sempre a considerare le verruche come ventose e disposte dorsalmente , e , naturalmente, mantiene il suo nuovo, genere Nofocolyle , contra- riamente al Wedl che lo considera come sinonimo del Monosfonacm verrucosum. Van Beneden (pag. 78), descrivendo questo verme, riporta le va- rie opinioni (meno quelle del Wedl che non cita) sulla disposizione delle verruche , che tali le ritiene e non ventose , e conferma che esse sono situate sul ventre e non sul dorso. Egli non accetta il nome generico del Diesing e continua a considerarlo come un Mo- nostomum che chiama ven-itcosum. Diesing, infine, (4, pag. 437) riporta nuovamente questo monosto- mide col nome generico di Nolocofy'e, e, pur citando, nella sinoni- mia, il van Beneden e le sue osservazioni , continua a ritenere le papille delle ventose e disposte dorsalmente. Nel mio « Saggio » (1), a pag. 93 e lOU (prospetto), valendomi, na- turalmente, della ultima opera del Diesing, ho creduto che questo Mo- nostomum, quantunque avesse grandissime rassomiglianze cogli altri, pure, per la presenza delle ventose dorsali, meritava di formare un genere distinto ed ho accettato il genere Nofocoiyle di Diesing. Le mie recenti osservazioni su questo Trematode, e l'esame dei tipi di Di«sing, che, grazie alla cortesia del Dr. Marenzeller, ho potuto esa- minare, mi mettono ora in grado di confermare le mie conclusioni, giacché se non vi sono ventose, come ho sulla fede del Diesing asseri- to, ma verruche, o papille, come le mie oilierue osservazioni mi di- mostrano, e queste non sono dorsali, ma, come ho potuto constatare ventrali, pure la loro presenza e la organizzazione tanto caratteristi- camente dissimile della comune dei Mono^tomum, assai più che le — 28 - grandi rassomiglianze esterne possano farlo supporre, autorizzano alla separazione di questa forma dagli altri Monostomi ed alla crea- zione per essa di un nuovo genere. Il quale, in vero, non dovrebbe chiamarsi Notocoiyle , perchè il nome è in contraddizione con le caratteristiche generiche che vuol mettere in evidenza; ma siccome io credo inutile creare un nuovo nome generico , essendovene già uno, cosi lo conservo; naturalmente, non tenendo conto della sua etimologia. Ciò che non posso accettare è il nome specifico impo- sto dal Diesiug, prima, perchè non aveva egli ragioae di cambiare il nome specifico più antico del Frolich (1789) e dello Zeder (1800), se- condo perchè il nome specifico verrucosum s'adatta a capello a ca- ratterizzare la specie. Dell'anatomia del Notocoiyle ven'ucosum il primo che ne abbia data notizia é stato il Dujardin; dalla descrizione e figura del quale (pag. 350-357, PI. 8 fìg. B - 1, 2, 3, giovane individuo) si ha un idea generale completa, ed abbastanza esatta, della organizzazione di que- sto verme. Nuovi dati e più precisi sulla sua organizzazione ha fornito di poi il Blanchard (pag. 304), ed altri il Wedl (op. cit. ). Se il Dujardin ed il Blanchard sono andati errati nella iuterpetrazione delle parti anatomiche dell'apparato genitale, le hanno bene riconosciute tutte, ed, in buona parte, anche indicati i loro rapporti reciproci; ma il Wedl ha, invece, errato in più punti si nella osservazione che nella iuterpetrazione delle parti. Il primo a dare una giusta iuterpetrazione di tutte le parti del- l'apparato genitale, e che perciò ha riordinate le conoscenze clie si avevano sull'organizzazione di questo verme, ma non le ha compie-: tate e non ha contraddette le osservazioni del Wedl, è stato il van Beueden (pag. 78 e seg.). 1. Descrizione Il corpo del Notocoiyle ha forma allungata , ovoidale ed è fortemente depresso ed appiattito : esso ricorda molto quella del Monostomum mutabile, ma è assai meno largo e molto più ristretto anteriormente e rotondato posteriormente. D'ordinario esso ^ pre- senta con la faccia ventrale più o meno fortemente concava e con le due estremità ripiegate verso la faccia ventrale, più, o meno, secondo che questa è più, o meno concava, ed, in rapporto a questa maggiore o minore concavità della faccia ventrale , è più o meno convessa la faccia dorsale. Questo aspetto, variabile negli individui adulti, spesso, quando sono in completa estensione, non osservabi- — 29 — le, è, invece, conservato ne.Lrli individui in alcool che sono natu- ralmente contratti per l'azione di questo. Il colorito del Xof. ver- lucosum, allo stato di vita, è bianco roseo, o rossastro, od alle volte giallo rossastro. La sua lunghe;r',i varia dai 2 niill. ( minima ) ai (5 mill.; raramente trovansi esemplari più lunghi: la sua larghezza è poco più di un quarto della lunghezza totale del corpo. Su tutta la faccia ventrale si osservano in alcuni più, in altri mono eviden- ti, in altri — secondo certi osservatori mancanti alfatto — delle papille, o verruche, come più propriamente le direi per distinguerle dalle vere papille dalle qu-ili sono molt) dilferenti per strettura, come un esame comparativo di ciò, che di:-') di qui a poco su que- sta, con quella delle vere papille dei Dis/onium dimostrerà. Que- ste verruche, che Fròlich vide disposte in duplice serie longitudi- nale , sono, invece, come bene osservano il Rudolphi, lo Zeder , il Diesing , il Dujardin , disposte in triplice serie: (queste verruche non sono sempre regolarmente disposte sulla medesimi linea della propria serie, cosicché la disposizione in tre serie alle volte non è perfettamente evidente: esse cominciano poco (iictro V orifì- zio genitale ( a 0.25mm da questo, secondo il Dujardin) e si conti- nuano lino alla estremità del corpo. Nell'esemplare tipico di Diesing che ho avuto fra mano, e che ho rappresentato nella flg. :i, queste ver- ruche erano evidentissime : in esso ho potuto constatare che le verru- che sono assai piccole anteriormente e crescono graduai mante in gran- dezza, raggiungendo il loro massimo sviluppo nella metà posteriore del corpo, e verso 1' estremo posteriore decresc(mo nuovamente lino a scomparire del tutto , e che quelle che costituiscono la serie mediana sono proporzionalmente più grandi delle altre. Le verruche hanno, sul vivente colorito giallo rossastro, o bruniccio: le prime mostransi assai meno coloi-ate (U quelle della regione mediana del corpo e sembra esservi un rapporto tra il crescere in grandezza di esse con l'aumento d' intensità del loro colorito ; ciò secondo il Dujardin che dice pure il contorno delle prime verruche essere, sul vivo, più netto delle seguenti. Circa la loro struttura queste verruche sono delle semplici, ma secondo i casi, ora forti, ora lievi sollevamenti dell' ectoderma e del sacco muscolare cutaneo accompagnati da un nucleo di tessuto me- senchimale che ne forma lo stroma. Questo verruche presentano una disposizione muscolare peculiare che permette loro di sollevarsi e diventare più proeminenti e di dilatarsi abbassandosi. Alla prima funzione è deputato un sistema di fibre muscolari che sono tese dia- gonalmente da un punto all'altro della circonferenza della base delle verruche e che, incrociantisi nel mezzo, pigliano aspetto raggiato (,fig. — .",0 — 13, 15). A riabbassare la papilla concorrono, invece, alcuni fascetti della muscolatura dorso-ventrale che vanno ad inserirsi alla periferia della base delle verruche, tramezzando i fascetti diagonali (tig. 13), ed al- cuni ancora che penetrano nelle verruche per inserirsi sul fondo di esse. ( fig. 15 ). L'assenza , osservata da alcuni autori, di verruche può, come penso, stante le cose innanzi dette, aturibuirsi a ciò che le papille erano abbassate per diversa comlizioue di contrazione del corpo, e perciò poco apprezzabili. Nello interno delle verruche si os- servano in maggior numero aggruppate le glandole cutanee ( fìg. 13) che si trovano sparse per tutto il corpo di sotto la muscolatura so- matica ed in maggior numero in prossimità dello sbocco del forame caudale del sistema escretore ( fig. 5, 14 ): tali glandole sono omo- loghe a quelle da me descritte recentemente nei Monosfomum del Box Salpa ( 2, pag. 6 ) CI). 2. Anatomia Apparato digerente. ~ La ventosa boccale, o faringea, è proe- minente e del tutto ventrale : alla faringe segue un cortissimo eso- fago il quale presto si divide in due braccia intestiniU esili e lun- ghe che decorrono lateralmente per tutta la lunghezza del corpo, spinte verso la parte dorsale ; nel terzo posteriore del corpo esse ten- dono a ravvicinarsi e si dirigono verso la linea mediana del corpo, passano internamente e dietro ai testicoli, rasentano l'ovario e vanno a terminarsi, all'altezza dello sbocco del sistema escretore, a fondo cieco ed alquanto rigonfiate a clava ( fig. 1, 2 ). Le braccia intestinali e l'e- sofago brevissimo, esternamente sono rivestiti da una tunica musco- lare molto esile; il rivestimento epiteliale interno è fatto di cellule di forma allungata, ma non molto alte che poggiano su di una esi- lissima membrana basale ( fig. 2 ). In prossimità dell' esofago e die- (1) Avevo già completato il manoscritto del presente studio ( che per ragioni indipendenti dalla mia volontà non ha potuto Vfder la luce prima d'ora) quando ho ricevuto un lavoro del Brandes (Zum fé i nere a Bau der Trematoden, Habilitationsschrilt eco. H lUe a. S. 1891. ) nel quale quest'A. descrive minutamente gli ammassi glandulari delle verruclui ed il loro modo di sbocco e dimostra anch' egli che non son ventose; ma sostiene che « mit Drùsenausmùndungstellen zu thun haben i: (pag. 23). Il Brandes os- serva queste verruche del Noi. vcrrucosum anche in una nuova specie di No- tocotyte (Monostomum) {proteus Brdnàe>), nella quale esse ( Warzen, Drùse- nausmiindungstelle) sono in più serie e; nicht ganz regelmassig angeoidnet.» - :ìI — tro la ventosa faringea ho visto delle cellule , delle quali non ho potuto bene apprezzare la forma, che ritengo per glandole salivari. Secondo il Wedl (pag. 249, Taf. II, fìg. II) le braccia intestinali sa- rebbero varicose, ma io non ho osservato questo aspetto. Sistema escretore. — Il sistema escretore si apre alFcsterno sulla faccia ventrale alquanto prima della estremità caudale con un orilìcio distinto ( lig. 1 ) che ha l'aspetto da me disegnato nella figura 14 : alcune fibre muscolari longitudinali del sacco muscolare somatico convergono a raggi tutto intorno al forame escretore, che è circondata da alcune poche fibre muscolari circolari che funzionano come uno sfintere per permettere la chiusura dell'orifizio : esse , a quanto mi pare, provengono dal sistema delle fibre circolari del sacco muscolare cutane >. Questo forame del sistema escretore era stato già bea veduto dal Wedl — che ne ha dato anche un disegno ingran- dito (pag. 250, Taf. II, fìg. 9^ , 14), — il quale ha pure osservato l' a- spetto di esso da me innanzi descritto e disegnato nella fìg. 14 ( « Gegen die Hinterende des Thieres bcfindet sich die Caudaloff'nung (fìg. 9b ) die in der Frontansicht rundlich erscheint und von ihrer Begrenzung strahlig ausgehende Falten zeigt ». Dove si vede che il Wedl ha interpetrate come ripiegature quelli che io ho innanzi de- scritti come muscoli longituilinali convergenti tutt' intorno al forame esterno del sistema escretore ). Questo forame mette capo per un breve collo ( fig. 5 ) in una cavità che rappresenta ed è la vescicola caudale, piramidale di for- ma, e disposta quasi perpendicolarmente all'asse longitudinale del corpo con la base verso il dorso e 1' apice sb )ccantc nel forame : dagli angoli opposti al vertice ed alquanto superiormente, partono due vasi che, dapprima lai'ghi, presto si restringono per continuarsi, dirigendosi verso la parte anteriore del corpo, in due tronchi longitu- dinali che passano esternamente alle braccia intestinali ed in mezzo ai testicoli e poi si dispongono innanzi, ventralmente, alle braccia in- testinali (fig. 1, 2) e poi di nuovo esternamente a queste. Dai tronchi longitudinali partono lateralmentedeitroncolini che terminano a fondo cieco e sono più, o meno lunghi e ramosi. Non ho potuto seguire oltre con chiarezza il decorso e la disposizione del sistema escretore di questa specie, ma da quanto ho visto, esso s'uniforma alla regola dei Monostomuiìì. 11 Wedl (pag. 250) scrive che esso é « sehr stark entwi- ckelt, man triflft nioht selten gabelige Theilungen, insbesondere gegen die blinden Endigungen » ( v. fig. 13, Taf II). Nel forame esterno del sistema escretore si continua per breve tratto l'ectoderma cuticoloide, che, a sua volta, si continua col rivestimenio epiteliale della vesci- cola caudale fatto di cellule grandi, chiare e con protoplasma fina- — 32 — mente granuloso , che hanno la caratteristica struttura delle cel- lule dell'epitelio di rivestimento del sistema escretore ( fìg. 5 ). Que- sto epitelio di rivestimento della vescicola caudale si continua nei tronchi dove ho potuto per un certo tratto seguirlo. Tutta la vesci- cola caudale e esternamente rivestita da mia esilissinia tunica mu- scolare fatta di libre circolari e longitudinali ; così pure i tronchi che ne partono (v. lig. 5). Sistema nervoso. — 11 sistema nervoso é disposto, nella ma- niera già descritto, nelle sue generalità, dal Blanchard (pag. 305) : immediatamente dietro la ventosa laringea e dorsalmente aii'esolago, si nota una breve e piuttosto grossa commessura, la quale unisce due rigonfiamenti ganglionari, che sono spinti alquanto verso avanti, cosicché la commessura descrive dorsalmente un breve arco ed ab- braccia a crescente 1' esile e corto esofago. I due gangli hanno l'or- ma triangolare e si spingono innanzi ed abbracciano la parto infe- riore della ventosa faringea; ciascun ganglio si continua anteriormen- te in un filetto nervose», che va a terminarsi ai lati ed innanzi la ven- tosa faringea, senza incontrarsi con quello deli' altro lato. Da ciascun ganglio parte posteriormente un altro nervino che decorre per tutta la lunghezza del corpo; questi due nervi laterali ventrali i-ciscatano le braccia intestinali, ma non ho potuto vedere come essi si compor- tano nella estremità del corpo. Poco dopo le origini dei nervi late- rali, che omologo ventrali laterali interni dei Distomi, ho visto ai- partirsi da ciascun ganglio un prolungamento nervoso; questi pro- lungamenti io non ho potuto seguire , ina ritengo per omologni ai laterali ventrali esterni dei Distomi. Di più sui sistema nervoso del Notocotyle non mi è riuscito vedere: da quanto ìio .ietto, per altro, può rilevarsi che esso non s'allontana dal tipo comune del sistema nervoso dei monostomi e da quello degli endoparassiti in genere. ( fig. 1 ). Sistema riproduttore. — Il sistema riproduttore è disposto in parte fra le braccia intestinali, in parte esternamente a queste : neir ambito compreso fra le braccia intestinali trovasi l'ovario, l'u- tero e l'apparecchio escretore degli organi femminili e di quelli ma- schili; esternamente si trovano i testicoli ed i vitellogeni. L'apertura maschile e quella femminile si trovano nella faccia ventrale : sono ravvicinate, ma indipendenti l'una dall'altra, e disposte nella parte an- teriore del corpo, immediatamente dietro l'arco dell' intestino Tuna (femminile), innanzi l'altra (maschile) (fig. 1 e 4). Apparato maschile.— I due testicoli, interpetrati da Dujardin e Blanchard come ovarii, sono, relativamente alla mole dell' animale, piccoli e situati nel terzo posteriore del corpo, esternamente ed al- — 33 — quanto innanzi alle braccia intestinali (fig. 1,2,5): essi hanno contorni abbastanza irregolari, ma io non li ho visti mai presentare l'aspetto che ha disegnato il Dujardin nelle sue figure, (PI. 8, fig., B 1, B 2), né quello figurato dal Blanchard (PI. 13, fig. 2 ) : i singoli efferenti dei testicoli si fondono in un unico deferente, come ha bene osservato van Benden (pag. 79), di esile calibro, che decorre nella linea mediana del corpo, ed arrivato all'altezza della metà della lunghezza totale del corpo, si allarga gradatamente e, ripiegandosi più e più volte su sé stesso, acquistando contemporaneamente calibro maggiore, ( ricet- tacolo seminale esterno ) sbocca, infine, lateralmente ed inferiormen- te, nella tasca del pene (fig. 1, 4). È questa un organo assai caratteristico, situato nella linea me- diana del corpo e parallelamente all' asse longitudinale di questo : esso occupa quasi tutta, in lunghezza, la metà anteriore del corpo, ha forma allungata, a guisa di fiasco posteriormente poco rigonfics e si prolunga in un collo lunghissimo ed esile assai. Il vaso de- ferente, penetrato nell' interno della tasca, si ravvolge nuovamente molteplici volte ancora su sé stesso e poi si apre in fondo al pene (dotto eiaculatore, fig. 1, 4), che era invaginato negli esemplari da me esaminati: esso è un tubo lungo, che decorre per i quattro quinti della lunghezza totale della tasca, ed é rivestito internamente di pic- cole papilline coniche ( fig. 9 ) , che costituiscono 1' armatura del pene osservata dal Diesing, dal Dujardin (pag. 356) e dal Wedl (pag. 210, Taf. II, fig. 10). Circa la struttura della tasca del pene é da osservare che le sue pareti sono molto spesse e compatte, di aspetto cuticoloide. Nelle se- zioni traverse ciò si vede evidentemente e si può rilevare pure come queste pareti mostrano una finissima striatura raggiata (fig. 12, 15). lo ritengo che questa struttura è dovuta ad una trasformazione sin- ciziale, dell' epitelio, che formava inizialmente le pareti interne della tasca del pene, nel quale sono scomparsi del tutto i nuclei. Esterna- mente alle spesse pareti di questa tasca si osservano, e non con molta evidenza, né sempre, delle fibre muscolari, circolari in ispecie, che appartengono alla tunica muscolare della tasca del pene , qui, in rapporto, forse, alla modificata natura di essa assai poco sviluppata (fig. 15j. Neil' interno delle tasca si nota la presenza di tessuto congiun- tivo che ne riempie i vuoti, cioè, lo spazio rimasto libero dal pene in- vaginato. Questo, come ho già detto, è lungo poco meno della tasca e giunge, invaginato, fino circa alla metà anteriore del rigonfiamento basale della tasca (fig. 1, 4). Questo spazio libero di essa è occupato — 34 — dal dotto eiaculatore, che, come ho detto, si ripiega più volte su sé stesso, prima di aprirsi nel pene (fig. 1, 12, 15). Tutto r interno della tasca del pene è riempito di piccole e nu- merose cellule, per cosi dire, immerse nel tessuto mesenchimale di riempimento di essa e spinte verso la periferia. Queste cellule, a for- ma di pera, sono di natura glandolare e rappresentano le glandolo prostatiche degli altri Trematodi : esse sono più abbondanti e nume- rose nella parte basilare della tasca del pene occupata dal dotto eia- culatore, ma si estendono ancora per lungo tratto nella tasca ai lati del pene (fig. 4, 12, 15). A]}pavato femminile. — L'ovario si trova anch'esso situato alla altezza del terzo posteriore del corpo e nella linea mediana, innanzi lo sbocco del sistema escretore, e compreso fra le estremità rigonfiate delle due braccia intestinali (fig. 1). Dall'ovario si origina l'ovidotto, il quale dapprima esile, si slarga ben presto assai e si ravvolge su sé stesso formando un corpo sporgente innanzi l'ovario quasi un grosso gomitolo ( fig. 1, 6); poi si continua a spirale larga, restringendosi di poco, decorrendo così per tutta la lunghezza della metà posteriore del corpo. All'altezza del ricettacolo seminale esterno, ed anche alquanto prima, la spirale si fa più larga ed il tubo uterino risale descrivendo delle semplici ondulazioni fino a metà lunghezza della tasca del pene. Qui esso si slarga a formare un organo fusiforme, il quale si prolunga anteriormente in un tubo che dapprima rasenta, a sinistra, (osservan- do l'animale dalla faccia ventrale) la parte ristretta della tasca del pene e poi gli passa innanzi, come si scorge nella fig. 9; cosicché i due con- dotti che prima si trovavano l'uno accanto all'altro (fig. 1, 4, 15) si tro- vano, invece, uno innanzi l'altro, ed é cosi che il tubo uterino sbocca ' in prossimità, anzi meglio dirò, dietro lo sbocco della tasca del pene (fig. 1, 4, 9); e, come l'orifizio di questa, anche quello dell'utero è cir- condato da un orlo formato da un ispessimento cerciniforme del- l' ectoderma (fig. 4). Quest' organo fusiforme, che ho innanzi descritto, e che rappresenta l' ultima porzione del tubo uterino , io non esito a ritenere ed indicare come un vero ovidutto esterno molto differenziato ed assai sviluppato. L'epitelio interno di rivestimento del tubo uterino, sul cominciare di questo organo, nella sua parte iniziale, comincia a perdere i nuclei, ad ispessirsi e diventare omogeneo, cosicché tutto l'interno dell' organo ha un rivestimento simile a quello interno della tasca del pene, innanzi descritto, della stessa natura sinciziale di quel- lo che pure presenta, ma meno apparente, la striatura raggiata di quel- lo. La superficie interna di questo sincizio di rivestimento, che é molto compatto ed intensamente colorabile, é ricoperta da un altro strato superficiale, dal sottostante ben distinto, e che rimane incolore , o — 35 — lievemente tinto in giallo dall'acido picrico: questo strato, abbastan- za spesso, mostra la superficie interna solcata radialmente; cosi la cavità dell'ovidutto presentasi, nelle sezioni, stellata (fig. 9). Alla base dell'ovidutto esterno, dove esso è ristretto, le solcature radiali scom- pariscono, ed, invece, le pareti mostransi come ricoperte da ciglia, all'apparenza rigide, come ho disegnato nella fig. 15, convergenti tutte verso il lume dell'organo, che rassomigliano a quelle che rivestono internamente lo sfintere ovarico di molti Platelminti. Alla base del- l'ovidotto esterno, od organo fusiforme, si scorge, come può ben ve- dersi nelle figure 4, 15, un ammasso di piccole cellule glandolar! che circondano l'ovidotto esterno e sboccano in questo: esse sono di forma allungata, piriforme e con esile dotto escretore ; nel punto in cui mettono capo i dotti escretori di queste glandole la superficie esterna del rivestimento interno dell'ovidotto mostrasi tutta intac- cata a raggi (fig. 15); le quali intaccature alle volte raggiungono la metà dello spessore del rivestimento. La tunica muscolare dell'ovi- dotto esterno, od organo fusiforme, è in generale molto esile. Questa modificazione innanzi descritta dell'ultima parte dell'utero, corrispondente a quella che negli altri endoparassiti costituisce l'o- vidotto esterno, non è stata finora osservata in nessun altra specie di questo gruppo di Trcmatodi. Non si può negare che grande è la mo- dificazione subita dall'ultima porzione dell' utero nel iVo^oco/^/e, oltreché di forma, essendosi essa, come si è visto, ristretta poi slar- gata e ristretta nuovamente a pigliar figura di un fuso , anche di struttura, mentre nella comune degli endoparassiti, meno lievi mo- dificazioni di forma, consistenti d'ordinario in allargamenti e restrin- gimenti in prossimità dello sbocco esterno, essa in generale, con- serva ha la medesima struttura di tutto il tratto uterino. Ora è ne- cessario vedere quale scopo funzionale possa avere una tale modifi- cazione e qual valore morfologico. Credo che sotto il secondo punto di vista questo organo speciale (fusiforme), che pur merita lo si addi- mandi di tal modo, possa bene omologarsi alla porzione slargata ter- minale (ovidotto esterno) degli altri endoparassiti e di alcuni mono- genetici, p. e. àelVOnc/ioco/ìjle, nella quale si raccolgono le uova pri- ma di venir deposte. Funzionalmente a me pare serva anche allo stesso scopo dell' ovidotto esterno degli altri Trematodi l'organo fu- siforme (ovidutto esterno) del Nofocofyle. Esaminandolo per poco si può ricavare che la sua parte ristretta iniziale è assai più stretta del- l'utero, e del suo sbocco esterno: questa per la caratteristica interna struttura, innanzi descritta, e per la tunica musculare, che ha più sviluppata, funziona come uno sfintere (fig. 4, 15) e serve a far pas- sare le uova una alla volta, e pare ancora affinchè queste vi passino — 36 — per il loro asse maggiore, come si trovano poi situate l' ima accanto all'altra nella parte media dell'organo fusiforme, e come, probabil- mente, vengono deposte , ed a permettere , infine , che si uniscano per i loro filamenti , come fanno p. e. le uova di Onchocofyle nel- r ovidotto esterno (Taschenberg, Taf. IV. fig. 18) di questa specie, per essere insieme deposte. A favorire l'unione fra loro delle uova sono certamente deputate, come penso, le glandolo innanzi descritte (glan- dole glutinipare ) , che si trovano appunto alla base dell' ovidotto esterno (fig. 4, 15). Conte si vede dalla descrizione fatta finora, come in altri mono- stomi, anche qui manca una vescicola seminale interna e conseguen- temente, come in quelli , anche una vagina (canale di Laurer). Co- me ricettacolo seminale interno funziona, invece, la porzione iniziale slargata dell' utero ravvolta su sé stessa a formare il gomitolo già descritto (fig. 6) che, è sempre carica di spermatozoi, nella massa dei quali si osservano impigliate (fig. 2, 7) le uova che, traversando questa prima parte dell'utero, vanno a raccogliersi più numerose nelle anse superiori di esso (v. fig. 1,2, 13). A dimostrazione del mio asserto basta la fig. 7 nella quale è rappresentata una sezione transversa passante per le prime anse uterine , che funzionano da ricettacolo seminale interno, ripiene di sperma, in mezzo al quale si scorgono numerose uova: lo stesso fatto può osservarsi anche nella figura 2. I vitellogeni occupano i lati del corpo e sono disposti, come ho già detto, esternamente alle braccia intestinali, e si estendono per tutta la metà posteriore del corpo dall'altezza della base della tasca del pene, a livello dei testicoli (fig. 1). Essi sono formati da grappoletti che mettono capo, per i singoli loro dotti escretori, in due vitellodutti longitudinali i quali all'altezza dell'ovario, mandano ciascuno un vi- tellodutto transverso. Questi vitellodutti transversi si trovano nella fac- cia ventrale dell'animale e decorrono prima esternamente ed innanzi le braccia intestinali (fig. 1, 2, 6), poi si addentrano nella parte centrale del corpo in prossimità dell'ovario, ed innanzi a questo si congiun- gono insieme formando un leggiero rigonfiamento, o ricettacolo vi- tellino ( flg. 1, 6 ): da questo parte un dottolino impari che sbocca nell'ovidutto poco dopo la sua uscita dall' ovario, prima che esso si rigonfia a formare il gomitolo che funziona da ricettacolo semi- nale interno. Immediatamente dopo lo sbocco del vitellodutto impari nell'ovidutto, e quasi allo stesso livello, sboccano numerose glandola del guscio (fig. 1,2, 6) le quali formano innanzi l'ovario nel loro in- sieme, una massa di piccola mole, quasi un nucleo sporgente innanzi a questo : non esito a ritenere per l'ammasso delle glandole del guscio, « la vésicule oviductale » descritta e figurata dal Blanchard (pag. — 37 — 307, PI. 13. ) « qui est très petite, mais en communication directe avec une vésicule plus considérable située entre les deux testicule »; la quale vescicola « plus considérable » è appunto l'ovario che 1' A. non ha riconosciuto, giacché, come ho innanzi detto, egli, come il Dujardin» riteneva per ovario i due testicoli e, come testicoli, invece, egli ha interpetrato i vitellogeni. Le uova sono assai caratteristiche, esse hanno due prolunga- menti polari molto lunghi, esili, filiformi ; il loro guscio è assai sot- tile e di forma ellissoidale ed in esso io non ho potuto scorgervi r embrione a termine, quantunque, dall' esame fatto, ho notato che in alcune uova dell' ultimo tratto uterino era già cominciato il pro- cesso di sviluppo. Ciò dico contrariamente alle osservazioni del Wedl che parla di embrioni « vollstàndig cntwickelt » trovantisi nelle uova uterine (pag. 250, Taf. II, fìg. 12^i ). I filamenti polari così ca- ratteristici e che danno l'aspetto peculiare alle uova sono stati visti prima che da ogni altro dal Sicbold (pag. 54) e poi descritti e figu- rati dal Dujardin (pag. 350, P1.8,fig. B,3) e da altri ancora menzionati, ma nessuno degli osservatori ha notato che (secondo Wedl) questi prolungamenti sono più brevi nelle uova con embrione non ancora sviluppato e si fanno gradualmente più lunghi col progredire dello sviluppo embrionale ; cosicché nelle uova nelle quali il Wedl ha osservato 1' embrione sviluppato , i filamenti polari erano più lun- ghi. Le osservazioni di Fischer snlVOpisfholremai'pa.g.SQ) convalidano l'osservazione di Wedl già confermata dal Van Beneden sullo svi luppo progressivo dei prolungamenti polari. Ciò che ho potuto ve- dere completa l'osservazione del Wedl e del van Beneden e mi mostra che, come nel Opisihotì-ema, anche nel Notocotyle le uova appena ri- vestite di guscio presentano appena due brevissimi prolungamenti polari quasi come due piccoli aculei : é nel risalire lungo l'utero che questi si allungano mano, mano e divengono filiformi. Secondo il Fischer questo allungamento dei prolungamenti polari deve attri- buirsi alla azione meccanica delle contrazioni dell'utero (Jedes dieser Knópfchen wird im Eileiter durch die Thàtigheit der das Vorwàrts- schiebcn der Eierbewirkenden Muskeln bald in àusserst lange Fàden ausgezogen.) e naturalmente in nessun rapporto con lo sviluppo embrionale Che si trovino uova non in sviluppo con prolungamenti brevi ciò é evidente; che possano trovarsi anche uova con sviluppo embrionale più o meno avanzato e relativo sviluppo maggiore, o mi- nore dei filamenti é possibile, ed é anche logico che le uova con gli embrioni a termine (che non ho visti, e con me non ha neppure visti il van Beneden ) abbiano i filamenti più lunghi, ma non parmi ciò possa convalidare la deduzione di Wedl del rapporto tra sviluppo — 38 — embrionale ed allungamento dei filamenti polari nelle uova di No- tocotyle. E tanto maggiormente escludo questa deduzione , perchè avendo osservate uova con lunghissimo prolungamento e prossime ad esser deposte non vi ho mai trovato embrione. Se nel Noiocotyle i prolungamenti polari si allungano per azione meccanica, come nelle uova di Opisthotrema , non posso dire : la spiegazione del Fischer innanzi citata, quantunque ingegnosa, non parmi spieghi del tutto il fatto e non esclude la possibilità che il prolungarsi delle appendici polari avvenga indipendentemente da qualunpue azione meccanica e rappresenti , invece , il complemento di formazione del guscio del- l' uovo. Le uova di Notocofyle differiscono da quelle di OpisthoireYna, perchè hanno la base dei prolungamenti larghi piramidali e questi sono lunghi ed esili , quelle dell' Opistìioty^ema , invece , hanno dei prolungamenti polari lunghissimi e filiformi. Van Beneden (pag. 81) descrive una Cercaria, con la relativa Sporocisti , di « Monostome que nous supposons appartenir» al iV. verrucosum , trovata nelle Planorbis e nelle Limnea. Dalla descri- zione che ne da il van Beneden parmi debba escludersi si tratti di una Cercaria di Monostomum. Io sarei tentato, invece, di credere che sia piuttosto quella un AìnjJhistomum nelle quali, come le mie pro- prie osservazioni mi insegnano , non sempre si vede facilmente la ventosa posteriore caratteristica del genere. 3. Considerazione sistematiche Al genere Noiocotyle devono riferirsi: il Monostomum ovatum Molin, pag. 828 Tav. I. il Monostomum aitenuafum Rudolphi, pag. 328 N." 5. il Monostomum a/veatumMeh\is, in: Diesing 2, pag. 331 , Espongo brevemente qui le ragioni che mi hanno indotto a que- sta conclusione e comincio dal M. alveatum. Questa specie è stata solamente indicata sotto tal nome dal Mehlis , che la dice parassi- ta, degli Anseridi in genere. In vista di ciò il Diesing tanto nel Syst. Helm. (2, pag. 331) quanto nella Revisio (3, pag. 328, n.» 22 ) la col- loca fa le specie «inquirendse»: né prima, né dopo il Diesing alcuno ha trovato o descritte forme che avesse creduto poter , per esclu- sione, riferire a M. alveatum Mehlis. Per cortesia del Prof. Ehlers di Gottinga ho potuto esaminare i tipi originali del Mehlis che si conservano , come gli altri dello stesso A., nelle collezioni del Museo Zoologico di Gottinga. Lo stato di conservazione degli esemplari non mi ha permesso uno studio molto minuto della loro organizzazione — 30 _ e quindi espongo le mie conclusioni con riserva. Tutti gli esemplari erano piccolissimi e misuravano appena mezzo millimetro , o poco meno di un millimetro, ed avevano, come mostra la fig. 8, tutti r utero pieno di uova e queste con la caratteristica propria delle uova di Nofocotyle, cioè, due prolungamenti filamentosi polari. Spe- cialmente per questa ragione confortata dalla facies generale dell'ani- male e dalla disposizione generale degli organi, ho creduto che que- sta specie del Mehlis dovesse riguardarsi come un Noiocoiyle. E poi questo specificamente distinto dal N. verrucosuni, o trattasi di for- ma giovanile di Notocotyle rerrucosutn ?: non volendo tener conto della assenza delle verruche ventrali , che potrebbero pure essermi sfuggite, m'induce a crederlo specie dal verrucosum differente il fatto delle dimensioni sue minime ( né ciò potrebbe invocarsi in favore di che questo fosse un giovane del N. verrucosum; abbiamo visto, infatti, che esso ha uova e bene sviluppate e numerose e, d'altro canto, gio- vani di A^. vemùcosum non si conoscono di tali dimensioni), la for- ma del corpo meno allungata ed alquanto da quella del .V. verru- cosum diflerente ed , infine, la dispos;izione caratteristicamente di- stinta da quella del N. verrucosum delle anse uterine (fig 8). Am- mettendo questo Nofocotyle come distinto dal veyrucomm ad esso spetta il nome di N. alveaium Mehlis e con tal nome propongo venga d'ora innanzi distinto, come io comincio col praticare: ma, come poco innanzi osservavo, ogni giudizio definitivo su questa specie è prema- turo e solo il ritrovamento di esemplari in migliori condizioni per- metterà decidere se mi sono bene apposto nel considerarla specie distinta (1). Quanto al M. atienuatum del Rudolphi (nec Molin) osservo che già il Creplin ed il Dujardin (pag. 350) pensavano che si trattasse di un Notocotyle: l'esame accurato della descrizione originale data dal Rudolphi di questa sua specie mi ha evidentemente mostrata giusta l'opinione del Creplin e del Dujardin e mi ha fatto concludere sulla identità dèi M. attenuatum col N. rei'rucosum. L'esemplare del Me- leagris gallopavo riferito dal Molin al M. attenuaturn Rud. è tutt' al- tra cosa come altrove dimostrerò (2). (1) Braun (pag. 98, n." 7 M. alveatuia Mehlis) ha trovato nell'intestino del- l' Harelda glacialis « zahlreiche kleine Monostomen , die man mit einigem Recht zu M. alvcatum Mehlis ziehn kann da in dieser Ente nur M. allenila- tutu und alveaium gefunden sind: erste Art aber hier nicht vorliegt. (2) Il Manosi, recentemente riferito dal Braun (pag. 98) al ^f. allenvalum, Rud. dall' esame, che per cortesia del Prof. Braun ho potuto farne, è niente altro che il NolocoUjle verrucosum. Credo finalmente il M. ovaium Molin appartenere al gen. Noio- cotyìe, ed aggiungo ancora che penso debba considerarsi identico al iV. vet^rucosum. Molin stesso, del resto, riconosceva la sua affiniM, col N. ven'wcoswwi dal quale, secondo lui (pag. 823), si distingueva la sua specie specialmente per la forma degli organi genitali interni. Ora questa differenza, Pesame comparativo delle figure e descrizione del Molin ( loc. cit. ) con le mie proprie osservazioni sul Notoc. verru- cosum non me l'ha troppo dimostrato. La n. sp. del Molin concorda, in fatti, con questo completamente, ne ha tutti i caratteri organici ed anche le sue uova per forma, dimensioni e prolungamenti polari sono identiche a quelle del A'', verrucosum. Il Monostomum del Molla differisce solo essenzialmente dal A^. verrucosum per l'assenza delle papille, 0 verruche ventrali ; ma questo solo carattere non basta ad individualizzare la specie del Molin , come distinta dal Notocotyle ver^rucosum, e, d'altro canto, è da tener in conto che ben facilmente le verruche ventrali possono essere sfuggite al Molin — come lo erano ad altri osservatori, i quali , come innanzi ho detto , ne hanno ne- gato la esistenza nel N. verrucosum — per le ragioni esposte par- lando della struttura di tali verruche. Secondo quanto ho detto innanzi sul genere Notocotyle esso com- prende due specie: una assai ben caratterizzata, Notocotyle verruco- sum, V altra meno e che merita di essere meglio studiata , perchè si possa esser certi che è veramente diversa dal A''. verrocosum\ la sinonimia delle quali specie, in base alle considerazioni premesse innanzi, deve essere così stabilita (1). I. Notocotyle verrucosum Frolich (1789) fBeschreibungen ecc. pag. JJ2, Taf IV, fi'j. 5-7) (Tav. I, fig. 1-7, 9-16) 1800 Monosloìniim verrucosum Zeder, pag. 155-159. 1853. Monostomum verrucosum Baird , pag. 45. 1857. Monostomum verrucosum Wedl pag. 248, Taf. II, fig. 9-14. 1859. Monostomum verrucosum Van Beneden P J. pag. 77-80. 1881. Monostomum ven^ucosum Levinsen, pag. 78. 1850. Notocotyle triseriale D iesing, 2, Voi. I pag 411; al quale rimando per la sinonimia precedente fino al 1850. (l) Alle quali due specie dovrà aggiungersi il Notocotyle proteus Brau- des {Monostomum proteus) che, per la presenza delle verruche ventrali^ se- condo io penso, rientra nel genere Notocotyle (v. la nota a pag. 30). — 41 — 1858. Notocolìjlc Iriseriale D ie s i n g, 3, pag. 328, al quale rimando per la sinonimia aggiunta fino al 1858. 1859. Notocolijle Iriseriale Diesing, 4, pag. 437. 1891. Notoculyle Iriseriale Stossi eh, pag. 2. 1809. Monostomum altenualum Rhodolphi, Voi. II, pag. 328. Per la sinonimia di questa specie del Rudolphi fino al 1859 rimando al Molin (pag. 824), facendo osservare che l'esemplare riferito dal Molin a questa specie è tutt'altx-a cosa (V. pag. 39). 1859. Monostomum altenualum Cobbold, pag. 40. 1891. Monostomum altenualum Braun, pag. 90. 1859. Monostomum ovatum Molin, pag. 823, Tav. II, fig. 3. Habitat— Finora il Nolocoh/le rerrucosum è stato ritrovato nelle seguenti specie di Gralle e Palmipedi: Gallus gallinaceìis,Ascolopus gallinago, Haemalopm oslralcgus, VancUus cri- status, Crex pratensis, Orlygoìnelra porzana, lìallus aqualicus , Galliniila chloro- pus, Fulica atra, Cygnus musicus, Anscr albifrons, cintreus. (/'. et dom.), segelum, leucopsis , Cairina moschala , Tadorna vulpanser , Anas Bewikii, boschas (f. et dovi.) penelope, querquedula, Wiijnchaspis chjpeala, Fuligula ferina, cristata, ma- rita, Oidemia fusca, Harelda glacialis, Somateria molìissima, Glaucio clangulu Mergus merganscr, serralor. II. Notocotyle alveatum Mehli.s (i84ò) fv. Crcpi in, pag. .'i.'H ) ( Tav. I, fig. 8 ). 1850. Monostomum alvealum Diesing, 2, \^ol. 1, pag. 331. 1858. )) » Diesing, 3, pag. 328. 1859. 1) » Cobbold, pag. 40. Osservazione. Gli esemplari che ho avuti in esame della collezione di Mehlis provenivano tutti d-dìV Anas Berniclae e portavano il N.''235, colla indicazione del Mehlis c.V. aìveotalum)) e non M. alveatum. Siccome il nome pubblicato dal Creplin per questa specie inedita del Mehlis è quello di M. alveatum, cos'i ho semplicemente indicato questa differenza di ortografia, ma non ho creduto utile corregger la ortografia del nome, secondo 1' indi- cazione manoscritta degli esemplari del Mehlis. Habitat. — Finora questa forma del Mehlis è stata trovata nei seguentj uccelli. Anas penelope, Fuligula marita, Oidemia fusca, Harelda glacialis, Somale ria molìissima. Napoli. 15 Agosto 1891. 42 — Elenco delle opere citate nel testo Baird W. Beneden P. J. van Braun M. Blanchard e. CoBBOLD Spencer T. Creplin F. C. DiESING K. M. DUJARDIN F, Fbolich . Fischer P. M. Levinsev G. M. Catalogue of the speoies of Entozoa or la- testinal Worm'^ contained in the collect. of the British Museum, London 1856. Memoire sur les vers intestinaux, Paris 1861. VerzeichnissvonEingeweidewurmern aus Me- cklenburg, in: Areh. Fr. Nat. Meckl. Jah. 1891, pag. 97-117. Recherches sur 1' organisation des vers, in : Ann. Se. Nat.{3) Tom.8, 1847, pag. 271-341. Pl.8-14. Synopsis of Distomidae, ìn:Journ. Lian. Soc. London, 1859, Zoology, pag. 1-56 "estratto^\ Nachtrag zar Gurtl-Verzeichniss dar Thiere bei welchem Entozoen gefnnden wordeniin: Arch. f. Natur, 1846, 12 Jahr.pag 127-160. 1. Neue Gattungen vonBinnenwiirmern nebst einem Nachtrag zur Monographie der Am- phistomen , in: Ann. k. k. Hof museum , Wien 1839, pag. 221-242, Taf. XIV-XX. 2. Systema Helminthum, Voi. 1, 1850. 3. Revision der Myzhelminthen, Abth. Tre- matoden , in : Sitz. Ber, k. Akad. Wien, Bri. 32, pag. 324-329, 1858. 4. Nachtrage iind Verbesserung zar Revision der Myzhelminthen: ibid, Bd. 35, pag. 421, 1859. Histoire naturelledes Helminthes, Paris i845. Beschreibungen einiger neuer Eingeweide- wiirmer, in: Naturf. Stck, XXIV, 1879, pag. 112, TaflVfig. 5-7. Ueber den Bau von Opisthotrema cochleare in: Zeit. Wiss. Zool. Bd. 11 , pag. 8-41, Taf. L Bidrag til kundskab om Gronlands Treraa- todfauna, in: Overs. Dansk. Vidensk. Selsk, Fórhandl. 1881, pag. 52 84 , Taf. LUI. — 43 MOLIN R. Monticelli Fr. Sav. RUDOLPHI C. A. SlEBOLD e. Th. Stossich M. Taschenberg 0. Wedl K. Zedeb J. G. B. Nuovi Myzhelmintha raccolti ed esaminati, in: Silz. Ber. k. Akad. Wien , Bd. 37 , 1859, pag. 818-854, 3 tav. 1. Saggio di una Morfologia dei Trematodi Napoli, 1888, Fili Ferrante. 2. Studii sui Trematodi endoparassiti — Dei Monostomum del Box Salpa, in : Atti Acc: Torino, Anno 1892, Voi. 27, con tavola. Entozoorum Historia, Berolini, Voi. II, 1809. Helminthologische Beitr;ige, in : Arch. f. Na- turg. I Jah. 1835, pag. 46-83, Taf. 1. Elminti veneti raccolti dal C.te Als. P. Ninni, in: Boll. Soc. Adr. Se. Nat. Trieste, Voi. XIII, 1891, ''estratto'\ Weitere Beitràge zur kennitniss ectoparas. mariner Trematoden, in: Fest. Naturf. Ge- sellsch. Halle, 14 Bd. 52, pag. 2 Taf. (e- stratto). AnatomischeBeobachtungen uberTrematoden , in : Sitz. Ber. k. Akad. Wien, Bd. 26 , pag. 242-279 con 4 Taf. 1857. Nachtrag zur Naturgeschichte d.Eingeweide- wiirmern, Leipzig. 1800. 44 Spiegazione della Tav. I. Quando non vi sono indicazioni speciali, tutti i disegni s'intendono ese- guiti con il sistema Zeiss e la camera chiara Dumaige; piano di disegno all'altezza del piano del microscopio, Lelierc comuni a tulle le figure e — cervello hi — braccia intestinali d — deferente de — dotto eiaculatore di — dotti testicolari e — esofago ce — ectoderma ep — epitelio di rivestimento del sistema escretore epi — epitelio intestinale fc — forame caudale cjlc — glandole cutanee gig — glandole del guscio glie — glandole glutinipare m — mesenchima ine — muscolatura circolare md — muscolatura diagonale mdv — muscolatura dorso-ventrale mi — musf.olatura longitudinale mv — muscolatura delle verruche cutanee nal — nervi anteriori laterali nlp — nervi posteriori laterali ov — ovario ovde — ovidotto esterno P — pene rse — ricettacolo seminale esterno sfu — sfintere uterino t — testicoli tp — tasca del pene tgse — grossi tronchi del sistema escretore ut — utero V — verruche ventrali ve — vescicola caudale del sistema escretore vf — ventosa faringea vtl — vitellogeni vtdt — vitellodutti trasversali vidi — vitellodutto impari — 4^) — Tutte le figure, ad eccezione della figura 8, riguardano il Nolocotyle ver- ''ucosum. Fig. 1. Figura d' insieme della organizzazione del Nolocolyìe vervucosum^ 2 da una preparazione in toto, — ( pag. 30, 31, 32, 33, 36 ). » 2. Sezione transversa all' altezza della parte anteriore dei testicoli, 3 della parte iniziale dell' utero e delle glandole del guscio, — • C 4-12 particolari -— ( pag. 30, 31, 32, 3G ). » 3. Nolocotyle verrucosum: da un esemplare tipico dell'Hof m useum di Vienna, Lente 1 diss. Zeiss. camera chiara Abbe ( pag. 29 ). » 4. Tasca del pene ed ovidutto esterno, da un preparato in toto com- 3 pletato da ricostruzione di sezioni in serie: figura d'insieme, -— ( pag. 32, 33, 34, 35 ). ;) 5. Sezione trasversa all' altezza del forame escretoi'e e della vesci- cola caudale, — ; particolari —— ( pag. 31. 32 ). )) 6. Figura d'insieme dell' apparato genitale femminile ricavato da più preparazioni in toto e da ricostruzioni di serie di sezioni (pag. 34, 36). 3 )) 7. Sezione trasversa all'altezza della porzione inferiore dell' utero, — C ( pag. 36 ). » 8. Figura d' insieme della organizzazione del Nolocotyle alveatum Mehlis; figura ricavata da un esemplare tipico del Mehlis della collezione del Museo di Gottinga, -— ( pug. 38-39 ). 1) 9. Seeione semischematica transversale del ;V. verrucosum poco innanzi 2 lo sbocco dei genitali, ~ ( pag. 32, 33, 34 ). 18 1 10. Uovo ovarico di N. verrucosum maturo , — ( pa:;. 34 ). 4.0 » 11. Porzione di sezione transversa della parte anteriore del corpo, — ; ^ 4.0 ' . , . 12 particolari -— ( pag. 30 ) » 12. Sezione transversa della tasca del pene all'altezza del dotto eja- 4 culatore, — ( pag. 33, 34 ). » 13. Sezione trans versa della stessa all'altezza dell' ut 3ro passante per 3 una verruca ventrale, -— ( pag. 29, 30, 36 ). C 4, « 14. Forame caudale; da un preparato in toto, — ( pag. 31 ). » 15. Sezione trans versa all' altezza della parte basale della tasca del pene, 3 dello sfintere uterino e delle glandole glutinipare -— - ( pag. 29, 0 33, 34, 35). 4 Fig. 19. Sezione transversa dell' ovario verso la sua metà, •-— ; particolari ~ ( pag. 34 ). Di un nuovo cestode del Gen. Dipylidium Lt. — Nota di Vincenzo Diamare. (Tornata del 15 maggio 1892] Sono conosciute oggi due Taeniae a duplice apertura genitale nei mammiferi carnivori, il Dipylidium {Taenià) caninum Linneo (1) del Cane e del Gatto , e il Dipylidium {Taenia) ecMnorhyncoides So n sino (2j del Fennec {Megalotis cerdo Skjoj. Ho rinvenuto nel Novembre di questo anno, in un Gatto do- mestico, alquanti esemplari di una piccola Tenia a duplice apertura genitale, la quale differisce molto dalle specie citate, pur essendo conformata sullo stesso tipo generico. Che anzi, dallo studio comparativo delle tre forme mi sono con- vinto che il gen. Dipylidium, che Leuckart (3) aveva fondato per distinguere i\D. caninum, sola specie nota in quel teiTTpo, dalle altre Tenie armate dei carnivori, si debba mantenere, poiché fondato su caratteri anatomici e morfologici importantissimi. Soltanto andrebbe meglio definito, poiché nella sistematica dei cestodi, malgrado la esatta e precisa nozione che Leuckart n' ha dato, tuttora persiste la confusione delle specie che questo genere comprende con le altre a duplice apertura genitale dei mammiferi erbivori e degli uccelli. In un lavoro di prossima pubblicazione intorno alle specie del gen. Dipylidium, esporrò più distesamente le mie idee in proposito, cercando di completare le osservazioni di Leuckart; in questo stesso (1) Linneo. Dissertati o de Taenia tab. 1-4 (1767) eSystema Na- tura e Edit. XII. pag. 1324 (1781). (2) SoNSiNO, in Process. verb. della Società Toscana di Scienze Naturali Adun. 19. Gen. 1889. (3) Leuckart. Die Parasiten des Menschen, Leipzig, 1 Aufl. pag. 400-407. 2 Aufl. p. 842 (1881). — 47 — darò lo studio anatomico e morfologico completo della nuova specie, la quale dedico, in segno di stima e riconoscenza, al mio maestro Prof. Trinchese. Raggruppo qui brevemente alcuni caratteri differenziali più im- portanti, i quali valgano sin da ora a far conoscere la nuova specie. Dipylidium Trinchesii nov. sp. Il capo è globoso con quatti-o ventose orbicolari, prominenti, con un rostello relativamente molto grosso imbutiforme, terminante air apice in una clava munita di circa 65 uncini disposti in quattro serie trasversali, alternate la cui grossezza varia secondo la serie. Gli uncini sono più grandi circa il triplo degli uncini del D. cani- num, e, mentre in questo olfrono un semplice disco basale, nella n. sp. la base si presenta distinta in guardia e manico e la lama è molto arcuata. Il collo è breve; i primi articoli sono rettangolari con i mar- gini arrotondati; quelli con organi genitali perfettamente sviluppati, hanno una forma speciale, riferibile in certa guisa a quella d' un vaso da fiori, e man mano si allungano, sino ad avere lunghezza quadrupla della larghezza, perfettamente maturi e prossimi a distac- carsi. Siccome i pori genitali sono situati molto al di sopra del punto medio di ciascun margine laterale, e raggiungendo l' articolo appunto sulla linea ideale che unisce i due pori la larghezza e spessezza massima, nasce la figura che grosso- lanamente può paragonarsi ad un vaso. Lo stesso succede nel B. caninuiii, ma, rattrovandosi il poro poco al di sotto del punto medio del margine laterale, si ha la figura ellittica della proglottide. Lo sviluppo degli organi genitali è molto rapido; i primi ac- cenni cominciano dal 2.° o 3." articolo e raggiungono già sviluppo completo nel 10,° fatto che non trova riscontro nelle due specie congeneri. Quantunque gli organi genitali sieuo conformati sul tipo del D. caninum, come descriverò a suo tempo, trovansi pertanto molto modificati nei particolari. La tasca del pene del D. Trinchesii è budelliforme, conica nel D. caninum, ed il vaso deferente che nel B. caninum si svolge in anse che seguono un cammino discen- dente nella proglottide, nella n. sp. si svolge in anse che lar- — 48 — gamente si intrecciano nella parte anteriore della pro- glottide. (1) E mentre nell'antro genitale del B. caninuni la tasca del pene sbocca superiormente, e la vagina inferiormente, nel D. Trinchesii la vagina sbocca al di sopra della tasca del pene. Inoltre le ovaje del 7). ranimmi sono aliformi, ramificate, lad- dove le ovaje del D. Trinchesii sono reniformi. Un fatto abbastanza caratteristico della nuova specie è la gros- sezza della riserva seminale femminile che è poco meno della metà delle ovaje dalle quali è abbracciata. Le capsule uterine contengono un solo uovo cia- scuna, laddove nel D. caninum il numero di uova contenute nelle capsule varia da 5-11 e più ancora. Il D. echlnorhyncoides presenta, come il D. Trinchesii, il poro genitale al di sopra della metà marginale, ma se ne distingue per la forma del rostello, molto somigliante alla proboscide di un echi- norinco, armato di 12-16 serie e più di piccolissimi uncini, la cui forma è analoga a quelli del D. caninum. Inoltre il D. caninum ed il D. echinorhi/ncoides raggiungono dimensioni maggiori (7-10 e. m.) del D. Trinchesii {2^^""- nei mas- simi esemplari). Gabinetto di Anatomia ed Emljriologla comparata della R. Università, Maggio 1892. (1) Queste anse del deferente del lato destro e sinistro, nell' animale vivente, appajono ad occhio nudo come due puntini neri^ per opacità dovuta forse air enorme quantità di spermatozoi in esse contenuta. ~ 40 - Crania Campana hodierna — Saggio Storico-antropo- logico di A. De Biasio. 1, La Campania e i suoi abitatori È già noto come la Campania (1) , quest'amena regione tanto decantata da' Poeti (2) , fosse stata tutta abitata ne' tempi preisto- rici (3), e come, al sopraggiungere degli Aryi nella occidentale Eu- ropa, fosse stata di poi a mano a mano popolata da quelle genti che si dissero Osche , le quali con diverse appellazioni (Aborigeni (4), Ausoni (5). (1) Gli Storici non sono d'accordo se « Campania o derivi da « Campo ;) pianura o dairetriisco retrogrado ^ VI A ^ canp. camp, o campa che si- gnifica hnicialo: onde da Livio si disse atii'o campeslre)) e da' Greci icampo flegrcoi). (2) Devenere locos laetos et amoona virefa Fortunatorum nemorum sedcsque beatas. Largior hic carapos aetlier et lamine vestit Purpureo, solemquo suum, sua sidera norunt. (V^iRLi. Aen. IV) v. GS-'i. e. s. (3) Gli avanzi umani di epoca arclieolitica rinvenuti nella Campania sono: a) il cranio trovato dal nostro maestro Nicolucci fra le sabbie qua- ternarie sottostanti al travertino presso Isola del Liri : Archivio per V Anlro- pologia ed Etnologia, fase. .'J.'^ IS7 1. b) i due teschi d' Arpino da me descritti ed illustrati : Farmacia e Medicina pratica Maddaloni IS90 e Hiovila Italiana di Scienze Naturali. Sie- na ]Sf)l. (4) .Aborigene^ abitatori di monti. Nel seaso oggi ricevuto è sinonimo d' indigeno. {h) Virgilio chiama gli Ausoni i più aiiticlii abitatori d' Italia. « 0 fortunatae gentes Saturnia regna « Antiqui Ausonii, quae vos fortuna quietos « SoUicitat, suadetque ignota lacessere bella ? » ( ViRu: Aen. XI. v 25 'J e sogj . Polibio fap. Strab 1'. pag. />/.2) dice che gli Ausoni abitavano la con trada che circonda il cratere , e Strabone ammette pure che gli Ausoni e gli Osci non erano lo stesso popolo; ma che questi successero a quelli. ^ntio co (Strab. V. :}), Vristotele, (Poi: VII, 101, Tucidide (Ibid. VI. IO], sono concordi nell'ammettere che gli Ausoni e gli Opici non sono della stessa stirpe , e Pesto dice che m tutti gli antichi Comnjentari si legge Opicus per Oscus. - 50 — Aurinci, Opici (1), Enotri, Coni, Morgeti ecc.) si allargarono per questa o quella parte d' Italia che dal Tevere si estende fino agli estremi della Penisola. Quegli Osci che tennero le terre fra il Liri ed il Silaro, oggi Sele, s' ebbero il nome di Campani, e questo no- me ritennero e ritengono ancora ai dì nostri. Erano essi dominanti della contrada , frammisti e confusi con quelle genti preistoriche che vi tenevano stanza fin da epoche anteriori ad ogni storico ri- cordo, quando strani popoli vennero a porvi loro dimora , e primi fra questi i Pelasgi. Le tradizioni non sono d'accordo nel dimostrare perchè avvenne questa grande immigrazione , e ci ricordano solo che questa gente fu cacciata da Deucalione dalla Thessalia (2). Pare però più probabile che questo popolo cresciuto in numero, non tro- vando nel proprio paese mezzi di sussistenza , andasse in cerca di altre terre dove la natura gli si mostrasse meno avara. La leggenda che non si arresta soggiunge che un impetuoso vento spinse i navigli, su' quali erano imbarcati, verso 1' Italia; ed approdarono in vicinanza di u^a delle foci del Po. Quivi non po- tettero stare a lungo perchè fu opposta loro resistenza dagl'indigeni di quel luogo; onde stabilirono di varcare gli Appennini e giunsero nel paese degli Umbri, dove conobbero il sito indicato loro dall'ora- colo per sacrificare a Giove , Plutone e Febo. In questa circostan- za (3) fecero invito agli Aborigeni, che si erano mossi per assalirli a stringere alleanza con essi, invito che accettarono per combattere i Siculi del Lazio , che furono ridotti prima in loro soggezione e poscia cacciati. Liberato il paese da' Siculi, ebbero i Pelasgi dagli Aborigeni la (1) Degli Opici si assegna una denominazione greca nel senso di ge(jhii od AiUoUoni, nativi e nudriti dalla stessa terra Ops che abitavano, alla quale venne perciò il nome di Opicia. Ops era la Dea de' culti italiani , confusa spesso con Cerere u Dea terra Ups, quocl liic »mne opus; el hoc o:,m ad viven- dum, et ideo dicilur Ops mater, quod terra maler. Varrò, de Li. IV. ('2) Il NicoLucci, apag. 47 della sua ' Antropologia d'Italia ecc. » dice « E' molto probabile che i Pelasgi fossero un popolo antichissimo della Grecia, che^ scacciato da molti punti di quel territorio dagli Elleni , parte emigrava in lontane contrade , parte ricoverava presso i suoi fratelli del- l' Epiro, dove dura tuttavia numeroso sotto il nome di Epiroti od Albanesi)) Altri dicono che i Pelasgi erano degli Aryi che vivevano sparsi per I' Asia minore. (3) Balbo : Storia d' Italia. — 51 — facoltà di occupare una parte del paese soggiogato , dove crebbero di possanza e di nome {l). A questi nuovi venuti non fu a lungo amico quest'incantevole luogo, perchè ben tosto si attirarono l'ira de' Numi; e ad un tratto caddero dal colmo della fortuna nella più grande miseria. L'aridità rese sterili i campi , bruciò le piante le messi e seccò le sorgenti d'acqua; le donne abortivano, i bambini appena nati venivano pri- vati dcJle madri, gli uomini sul fiore dell' età divenivano malaticci e spesso morivano di male improvviso (2). Consultato 1' oracolo , ebbero in responso che avevano trascurato di compiere i loro giu- ramenti e di offrire i prodotti delle loro campagne. E Mirsilo ag- giunge che i Pelasgi, non potendo resistere a sì continue sventure, in massa abbandonarono l'Italia, cercando con la lontananza dimen- ticare i mali sofferti, e non lasciando altro ricordo, in questa parte della nostra penisola, che quello di alcuni avanzi monumentali, te- stimoni delle durature loro costruzioni. Fig. la Cranio di Nola (uorma laterale) Altre genti, la cui cronologia è anche incerta, vennero dopo i Pelasgi a rifugiarsi nell'Italia meridionale: componevano esse le Co- lonie Ulissee. Da Tucidide e da Livio rilevasi che una colonia di (1) 1 Pelasgi non solo occuparono le terre Ira il Tevere ed il Lii'i fUiu- nigi I. 23) , ma presso di noi altre terre conquistarono cosi nell' interno come nelle costiere marine. (Virgilio Aen : Vili , 600 — Plinio III, S — Silio Italico VII. 442J. Più grandiose fra tutte le altre le mura di Cori Segni, Ferentino, Alalri, Arjdno fNicolucci, mem. cit) e quelle di Monlacero presso Telese (Benevento). [2] Dionigi I pag. 17: cfr. Nicoìucci m. e. — 52 — Calcidesi, venuta dall'isola Eubea, approdò da prima sulle isole Cam- pane Ischia , Procida e Capri , e poscia parte di essa passati nel Continente, scacciarono gli Osci, fondarono Cuma di poi, distenden- dosi largamente all'interno, diedero principio a Puteoli (1) e quindi a Partcnope o Palepoli come si disse poi. Quei che rimasero in Ischia vi prosperarono lino a tanto che furono costretti ad emigrare per le continue eruzioni dell' Epomeo ; e, ridottisi anch' essi nel conti- nente, vi fondarono Nola, Atella (2), Campsa ed Abella. Una nuova colonia di Calcidesi Ateniesi e Cumani fondò Napoli, o città nuova, la quale, congiuntasi più tardi con la vecchia città, oscurò il nome di questa e divenne il centro che racchiudeva nel suo seno il primo dell'abitato. A tutte queste colonie greche , che in tempi mal noti occuparono la più bella parte della Campania, seguirono, alcuni se- coli dopo, gli Etruschi. Le antiche tradizioni rammentano che que- sto popolo che stanziava nella gran pianura del Po, avendo condotto guerra secolare contro gli Umbri e conquistato le terre fra 1' Ap- pennino le Alpi e l'Adriatico, fondò una nuova Etruria dove eresse dodici colonie con a capo Felsina ora Bologna. Non pago di tanto imperio si diresse anche nella Campania dove s'impadronì di Cuma liorente in quell'epoca di felicità e ricchezza (3). Occupata Cuma fondò Capua (4) che fu la metropoli di altre undici città e la ca- pitale della regione. Quelle città furono probabilmente Sinopc, La- rissa , Volturno e Literno a breve distanza dalla metropoli , e più lungi sulla marina Falero , Ercolano e Pompeia , e dentro terra. (1; In origine in abitata da' Saiiiil, i quali le diedero il nome di IHco- orchia , che fu il suo nome antico. Quel nome cangiò poi nel!' altro di Puleoli, quando, al tempo delle guerre cartaginesi, i Romani vi mandarono una Colonia, e trasse quel nome probabilmente dal putcre delle esalazioni sulfuree de' dintorni f De Luca G. V llulia Meridionale o l'aulico Reame delle Due Sicilie, Napoli 1860.) (2) Le rovine di questa città si estendono dal Dasale di Pomigliano d' Atella fino al villaggio di S. Arpino. (3) Romanelli — Topografia del Regno di Napoli — Parte IH, S. XVllI. Napoli 1819. (4) Si vuole che Capua derivasse da Capi compagno di Enea e chi da Capi, duce della colonia Sannitica che venne ad occuparla in tempi meno remoti e chi dal campo o dalla pianura nella quale fu edificata. Ma l'opinione di quelli che vogliono Capua fondata da' Pelasgi pare sia più probabile {De Luca op. cit.) — 53 — Vìi;. 2» I><> stesso cranio visto dì jiiospetto Nola e Nuceria e più lontano Marciana e Salerno (1). In questa regione gli Etruschi non durarono a lungo, perchè continuamente molestati da' loro vicini i bellicosi Sanniti ; onde furono da questi obbligati a lasciar loro prima Nola, Nuceria, Ercolano e Pompeia, e poscia, sotto pretesto di far godere ad essi una festa in città Vol- turno, di notte tempo ne fecero grande strage, obbligando i super- stiti ad abbandonare (juclla conquista, non lasciando per questi luo- ghi altri ricordi se non la storia della loro splendida coltura, della quale le barbarie de' tempi posteriori non han potuto distruggere la memoria (2). Quando Roma ebbe vinta e soggiogata la Campania, com'era suo costume, vi spedi diverse colonie, confinandole a Na- poli, Pompei, Capua, Acerra, Pozzuoli, Salerno, Fregelle, Sora ecc: colonie che, essendo composte di elementi raccolti da diverse parti (1) De Luca op. cil. (2) Questa immigrazione etrusca avvenne, con molta probal)ilità, per- chè al di là del Po la popolazione era cresciuta a dismisura e non aveva più come alimentarsi; ed il Micali aggiimge che, abolito l'atroce costume delle vittime umane, fu sostituito il grazioso voto di destinare i fanciulli, che nel corso di una primavera nascevano, a cercarsi altrove un asilo sotto la protezione di un Nume, cui erano consacrati. Da un tale atto di religione che in simili circostanze troviamo spesse volte riprodotto dai popoli e- ^8 411 500 456 Maschile U 475 596 5.9 antica 52 410 475 445 Femminile 45 470 520 4«9 ;) 42 5)5 460 424 li. Curva naso-occipitale Questa curva, dal nasion lino al centro del bordo posteriore del forame occipitale, misura in media nei crani maschili odierni la lunghezza di 371 mra. e ne' femminili della stessa epoca 352 mm., mentre negli antichi segna 367 nei maschili, e 354 ne' muliebri; di modo che i moderui superano gli antichi per 4 e per 8 mm. Scomponendo poi detta curva in porzione frontale, in parietale ed ia occipitale , si ha che ne' crani moderni tanto maschili che femminili, la maggior lunghezza spetta alla porzione parietale (128 cr. f.— 130 cr. m.); a questa segue il segmento frontale (126 cr. f— 129 cr. m.) ed infine la parte occipitale ( 107 cr. f — HO cr. m. ). Ne' crani maschili antichi notasi che la parte parietale prevale sulle altre due; mentre ne'teschi di donne la superiorità spetta al frontale. Le medie de' tre segmenti della curva naso-occipitale apparte- nenti ai crani antichi e moderni vengono meglio espresse disponen- dole come segue : GRAN! epoca — sesso Crani moderni maschili » a femminili >) antichi maschili » t femminiU porzione frontale 129 ii6 porzione parietale 150 128 116 ro6 porzione occipitale 107 ri6 107 — m — Dal che si rileva che il sesso maschile moderno supera il fem- minile della stessa epoca per 2 per 3 e per 3 ; mentre gli antichi maschili sopravvanzavaao i muliebri per 5 per 9 e per 19. Nei diversi tipi craniali il massimo ed il minimo del totale di detta curva è così espresso : Tipo craniale Epoca Minimo Massimo Dolicocefali antichi 3)0 d" 340 ^ 380 rT 370 ^ » moderni 355 ^> 350 « 412 « 382 ). Mesaticefali antichi 315 » 340 « 412 » 385 " 1) moderni 347 ^' 350 i) 42 I )> 412 y> Brachicefali antichi 333 ^' 317 )> 382 >, 3 55 n ** moderni 35 3 « ! 340 » 383 » 358 >. III. Diametro trasversale, longitudinale, ed indice cefalico Preso il primo, mediante un compasso di spessezza, fra le gobbe parietali ed il secondo da un dito trasverso al disopra della parte mediana della fronte alla parte più sporgente della protuberanza occipitale, presentano queste differenze: Il diametro trasversale ne' crani muliebri ha la media di 134 mm. con un minimo di mm. 121 che è stato trovato in un cranio dolicocefalo (i. e. 087), e con un massimo di 145 che è stato rin- venuto in un teschio mesaticefalo ed in un altro brachicefalo (i. e. 797 e 833). Ne' crani virili della stessa epoca lo stesso diametro segna la media di 138 con un minimo di 125 e con un massimo di 154, trovati il primo in un cranio dolicocefalo (i. e. 718) ed il se- secondo in un brachicefalo (i. e. 832) La media il minimo ed il mas- simo del diametro antero- posteriore ne' teschi femminili moderni sono rappresentati rispettivamente da' numeri 175, 161 e 199 ; rin- venendosi il minimo in un cranio a tipo brachicefalo (i. e. 882) ed il massimo in un dolicocefalo (i. e. 694). Le stesse misure ne' crani virili sono rispettivamente indicate da' numeri 179, 160 e 190, cor- rispondenti il minimo ad un teschio brachicefalo (i. e. 837) ed il massimo ad un mesaticefalo (i. e. 763). Ne' crani antichi femminili la media del diametro bilaterale è 138 con un minimo di 130, rin- venuto sotto gì' indici 817 e 766 e un massimo di 145 sotto gì' in- dici 848 e 853 : mentre la stessa ne' crani maschili è eguale a 142 con un minimo di 130 ed un gì' indici 688, 703, 718 e 760 e — 07 — massimo di 154, trovati l'uno sotto r altro sotto gì' indici 833, 880 e 885. Fig. 8» Lo stesso Cranio norma laterale) Finalmente il diametro medio longitudinale è rappresentato, nei crani di donne, da 176 con un minimo di 161 (i. e. 867) e con un massimo di 190 (i. e. 742) ; ne' maschili la media è 182, il minimo 170 sotto gl'indici 818, 841 e 882, ed il massimo 193 che si rin- viene in un dolicocefalo (i. e. 094). Facendo poi il rapporto fra il diametro antero-posteriore e il bi-laterale si ottiene l' indice cefalico che, oscillando ne' crani an- tichi e ne' moderni d" ambo i sessi fra 772 e 777, addimostra me- saticefali in generale i crani campani. E che tali sieno appunto risulta dalle medie che presentano in ambo le epoche i due sessi separa- tamente ; perchè T indice cefalico de'crani maschili sta fra 773 e 777. ne' femminili fra 768 e 781. Con che non intendo punto ritenerli tutti mesaticefali i crani campani ; perchè di 160 crani antichi 14 sono dolicocefali (10 m — 4 f.), 43 brachicefali (22—21 f.) e 43 soli mesaticefali (23 ra. 20 f.) : e di 83 crani moderni 20 sono brachi- cefali (14 m. 6 f.). 22 dolicocefali (11 m. 11 f.) e 41 mesaticefali (20 m. 21 f.). — 68 — IV. Capacità cubica e probabile peso del cervello L' interna capacità craniale è stata da noi, mediante finissima arena introdotta pel forame occipitale, misurata in 73 crani moderni (30 f. 13 m.) ed abbiamo trovato che ne' crani virili segna 1541 ce. 0. ne' muliebri 1354. Sicché il sesso maschile supera il femminile per 187 e. e. Fra i crani virili ne abbiamo rinvenuto uno la cui capacità cu- bica ascende a 1800 e. e. e si appartiene ad un individuo di mez- zana età a teschio dolicocefalo ; mentre in un altro segna appena 1250 e. e. e spetta a un teschio brachicefalo d' individuo sulla cin- quantina. Ne' muliebri invece il volume craniale interno misura un massimo di 2280 e. e. ed un minimo di 12^50 e. e: quello in un te- schio idrocefalico a tipo mesaticefalo appartenente ad una donna di circa 20 anni, ed il minimo in due crani di vecchie l'uno a tipo mesaticefalo e 1' alrro dolicocefalo. Ne' crani Pompeiani le stesse misure innanzi descritte sono cosi distinte. 1 crani maschili hanno la media di 1500 e. e. con un massimo di 1685 e con un minimo di 1335 e. e. I muliebri presentano la media di 1323 e. e. con un massimo di 1490 ed un minimo di 1150. Dalle singole medie rilevasi che la capacità cubica de' crani moderni supera quella degli antichi per 41 e 31 e. e. Ora, convertendo le medie dei ce. in probabile peso del cer- vello, si ha che la massa encefalica de' crani maschili moderni è di 1362 grammi , quella de' muliebri della stessa epoca di 1197 gr; mentre negli antichi pesava gr: 1326 ne'maschili e 1170 ne' mulie- bri. Alle quali ultime misure siamo pervenuti ricordando che un volume pari a 1000 ce di cervello pesa 1040 gr. II peso richiesto adunque sarà eguale al volume ottenuto mol- tiplicato per 1040 e diviso per 1000. Ora , togliendo da questo ri- sultato il 15 per cento equivalente del peso delle meningi , del li- quido celalo rachidiano e de' vasi col loro contenuto, si otterrà il peso probabile del cervello. m Fig. 9« C'r;iiiio di Salerno (XVII Sfcolo) Sicché se Y è il volane ottenuto , il peso lordo P , sarà P = PXIOIO 1000 (la cui dedotto il 15 7o (P) il spiale è dato da p=:Pxir>. Si ha [00 I finalmente il peso netto ?r = P — p. Lo specchietto seguente cliiarisce ciò che iuuanzi abbiamo detto. Epoca moderna » antica Sesso maschile femmin. maschile femmin. CAPACITÀ CUDICA PESO DEL CERVELLO minima massima media -minimo iioS 1105 1180 lOII massimo medio 1250 1250 1355 II 50 1800 2280 i6Ss 1490 1541 I3S4 1500 1525 1591 2016 1490 15 17 1362 1197 1526 II 70 Altezza del cranio 11 diametro verticale,' misurato col compasso di spessezza dal- l'orlo anteriore del forarne occipitale al bregma, serve a far dividere i crani in pla/icefali , in oriocefaU ed in ipsicefaii , e prendono questo nome dalla elevatezza dell'indice verticale, il quale si ottie- — 70 — ne proporzionando la misura dell' altezza con quella del diametro antero-posteriore. De' crani da noi misurati, tranne poche eccezioni, i femminili hanno in media un indice verticale uguale a 733, ed i maschili Io stesso indice pari a 737; e siccome l'indice cefalico dei crani muliebri, in media, era 768 e quello de' maschili 777, così se ne deduce che i crani campani moderni come gli antichi sono or- tocefali , perchè il loro indice verticale è inferiore al cefalico. VI. Indice alveolare Importante fra tutti gl'indici è quello alveolare, il quale si ot- tiene proporzionando due linee, l'una che dall'orlo anteriore del fo- rame occipitale giunge fmo all'articolazione naso-frontale , 1' altra che dallo stesso punto del forame occipitale si porta fino a' denti incisivi. La proporzione adunque fra queste due linee ci ha dato tanti indici i quali a lor volta segnano ne' crani maschili moderni una media di 923 e ne' femminili della stessa epoca 942. Sicché i crani campani odierni sono orlognati perchè il loro indice alveolare non supera 980. E similmente ortognati sono i crani antichi ; perchè il loro indice alveolare più alto non è maggiore di 952. Pig. lOa Ciauio di Napoli (Cavcrno delle FoBtaiielle — 71 — VII. Mascellare inferiore. La mascella , fra gli 83 teschi odierni , è stata misurata iu 'Jl crani maschili e in 6 muliebri; e dalle singole misure rilevasi che essa conserva la stessa forma di quella de' crani pompeiani. Vili. 11 naso è stato misurata in 41 teschi maschili e in 34 femminili mediante due linee, una verticale che dalla sutura naso-frontale si estende alla parte superiore della sutura inter-raascellare, ed un'al- tra orizzontale che va ad unire i punti più larghi dell'apertura ol- fattiva. Paragonate queste linee fra di loro hanno dato ne' crani femminili un indice eguale a 457 , e ne' maschili a 488. Sicché i crani femminili, per l'indice nasale, vanno inclusi nella categoria de' leplorlni , perchè cosi diconsi que' crani il cui indice cefalico giunge fino a 480 ; mentre i maschili fauno parte de' mesoritii. I crani antichi invece sono tutti lepiorlni, perchè la media del loro indice nasale ne' teschi virili è 467, ne' muliebri 406. IX. Orbite In quanto alle orbite e da notare che esse, tanto iu altezza che in larghezza sono state misurate in 37 crani di donne e in 44 di uo- mini; e le due misure proporzionate fra loro hanno dato le medie 833 ne' crani virili e 871 in quelli muliebri. Da queste medie si deduce che i crani femminili, per l'indice orbitario, vanno inclusi ne' me- (/asemi e i maschili fra i ìnesosemi. Ciò che abbiamo notato nei crani modermi riscontrasi anche in quelli antichi; perchè i maschili hanno 850 come indice orbitario e i femminili 892. Sicché , anche in questo caso, nelle donne rilevasi un'ampiezza orbitaria maggiore di quella degli uomini. Conclusioni Dai ragguagli storici e da' caratteri surriferiti si può concludere. 1.°) Che il tipo craniale de' campani moderni , meno poche eccezioni, conserva tuttora le stesse forme di quelle degli antichi. 2.°) Che questo tipo anche oggi si presenta sotfco le diverso forme dolicocefale, mesaticefale e bracMcefaìe. 3.°) Che, come negli antichi tempi, la prevalenza spetta ai mesaticefali , a' quali seguono per numero i drachicefalì ed in ul- timo i dolicocefali ; se non che a diiferenza degli antichi , il lira- chicefalismo è più frequente ne' maschili che ne' muliebri; mentre in questi ultimi abbondano più i dolicocefali. 4.°) Che in media la capacità cubica de' crani moderni trovasi leggermente aumentata rispetto a quella degli antichi. 5.") Che per il loro indice nasale i crani femminili sono si- mili a quelli antichi di ambo i sessi, perchè come questi leptorini, mentre i maschili moderni sono mesorini. 6.°) Che, in quanto all' indice orbitario, è da notare che , e nell'epoca antica e nella moderna, nelle donne rilevasi un'ampiezza orbitaria maggiore di quella degli uomini; di guisa che questi sono mesosemi, laddove quelle sono megaseme. 7.°) Che tanto i crani antichi che gli odierni sono oriocefali, perchè il loro indice verticale è inferiore al cefalico. 8.°) Che tanto i crani moderni quanto gli antichi sono orto- (jnati, perchè presentano un indice alveolare inferiore a 980. 9.") Che nelle medie della circonferenza orizzontale , della verticale, della curva naso-occipitale ecc. i teschi campani moderni presentano un' eccedenza di alcuni millimetri sopra gli antichi. 10.") Che sia per la forma della fronte sia per quella della faccia e della mascella inferiore i crani moderni non si discostano da quelli antichi. Sicché possiamo col Nicolucci conchiudere che quel tipo che abbiamo trovato in Pompei lo vediamo perdurare tut- tavia negli abitanti odierni delle medesime contrade, presso i quali anch'oggi l'antropologo può riconoscere il vecchio stampo degli Osci antichi che fin da' tempi più remoti posero stanza nelle fertili pla- ghe della Campania. NOTA 1 La (juistioiie se gl'Italiani, al tempo della invasione di Carlomagno, formassero co' Longobardi un popol solo ha separato due generi di scrit- tori in Italia, Guelfi cioè e (thibcillini ; poiché ci sono stati di quelli clie hanno voluto aggravare le colpa del papato verso gì' Italiani e di quelli che lo hanno voluta difendere. Chiarissimi scrittori, quali il Villani, il Machia- velli, il Muratori, il Sismondi, il Giannone , hanno risoluto tale quistione dicendo che i Longobardi, al termine d Ha loro lunga dominazione s'erano fusi cogl' Italiani in un popol solo: altri invece hanno asserito il contrario. Noi risolveremo tale quistione ricorrendo all' autorità dell' illustre Man/.oni, il quale ebbe a provare nel suo discorso storico-critico circa la natura dei Longobardi una sua opinione molto sfavorevole ad essi, espressa nella sua tragedia (l'Adelchi), specialmente in ([uei versi sulla infelice Ermengarda. « Te dalla rea progenie '.' Degli oppressor discesa ecc. Il Manzoni ù di parere che rojdnione di quei grandi scrittori sopi'a nominati sia stata precipitatissima e n' adduce le prove. Egli volle accettare tutta la responsabilità della opinione contraria manifestata nella sua poesia, ma con senno di storico profondo: e perciò alla sua tragedia aggiunge un discorso storico-critico dove egli propone tal quistione, allega le sentenze di quegli altri scrittori, e discute gli argomenti da loro addotti, i quali a suo avviso, non sono che quattro: 1) La lunga durata della occupazione longobarda. 2) Il non avere i Longobardi conservato altri stabilimenti oltre 1' I- talia. òi La loro conversione al Gattolicismo. 4) I matrimoni. La prima prova pare evidentemente fondatLi su di una supposizione del tutto arbitraria, cioè che due nazioni non possano per uno spazio di tempo abitare lo stesso suolo, senza che rimanga 1' una dall' altra distinta e se- parata. Ma perchè è impossibile che un popolo, avendo soggiogato un altro, riuscito che sia di esso vincitore, occupi i luoghi conquistati e vi rimanga da padrone e vi si stabilisca con leggi e privilegi particolari, senza che altri glielo impedisca, se non quando venga spodestato od a tale potere osso stesso nnunzi ? Quale che siala durata di questo dominio, certamente non porterà alla fusione de' due popoli in uno : di fatto in un periodo ben più lungo della Signoria de' Longobardi in Italia, i Mori in Ispagna non di- vennero Spagnuoli, i Turchi non divennero Greci, e tant' altri esempi po- tremmo qui ricordare. Sicché ben a ragione possiamo dire col Manzoni che chi fonda la fusione degl'Italiani e de' Longobardi in un popol solo sulla lunga durata della occupazione ragiona press' a poco siccome quegli che — 74 — dice « quel carceriere abita da tanti aani nella prigione che ben a ragione può esser detto prigioniero «. Venivano ora ad esaminare d'altra prova ben più importante, rinun- ziando per amore di brevità allo esame delle altre, cioè a dire se i matri- moni contratti tra Longobardi ed Italiani abbiano conferito alla fusione di due popoli. Primo di tutti a recare in campo questo argomento fu l'eruditissimo Muratori ; ma fa maraviglia com' egli non abbia posto mente alla legge che tra que' popoli vigeva e che viene espressa in queste parole : Se un Romano avrà sposata una Longobarda , questa è fatta Romana ed ai figli che saran nati d' un tal matrimonio sieno Romani eseguano la legge del padre. Che si- gnifica ciò ? Vuol dire che i Longobardi volevano irapF'dire anche i possibili effetti di questi matrimoni misti , impedire cioè 1' accomunarci de' due popoli in una sola condizione. E badisi che questa legge su' matrimoni la troviamo nel codice di Liutprando: il che vuol dire che anche verso il termine della dominazione longobarda siamo ben lontani dalla pretesa fusione de' due popoli. E ciò si dimostra anche per altre ragioni. Quando i Longobardi ven- nero per la prima volta in Italia, avevano leggi, costumanze e ordini loro propri : il che ci prova come per allora i Longobardi non formarono cogli Italiani un popol solo. Perchè ciò fosse avvenuto di poi sarebbe occorso che i Longobardi avessero rinunziato a' loro ordini, o avessero accettato quello de' popoli vinti o almeno avessero indotto questi all'osservanza delle loro leggi. E, ad avvalorar meglio la nostra opinione in una importante quistione storica, resa tanto più oscura per quant) mancano documenti nei cronisti contemporanei, aggiungeremo qui un sommario rapidissimo esame storico- critico sugli avvenimenti di tutta quell' epoca che vien detta k Età dei Barbari » e che abbraccia quel periodo abbastanza lungo il quale va dalla caduta dell'Impero Romano d'occidente sino a Carlomagno. Esaminiamo anzitutto di qual natura sia stato il dominio di Odoacre, degli Ostrogoti e de' Greci, e paragoniamolo a quello de' Longobardi. Non ci tratterremo a lungo su quest' esame, che ci è dato subito riconoscere come gli Eruli, gli Ostrogoti ed i Greci intesero appunto a legittimarsi nella penisola, quasi investendo sé stessi del romano diritto, quantunque la loro Signoria fosse stata l'effetto di una materiale conquista. Per lo contrario i Longobardi non pure s'impossessarono della penisola per forza d'armi, ma fondarono ogni loro dritto nella sola materiale conquista e s'ingegna- rono di esercitarlo sempre con la prepotenza e la superbia di vincitori; ond' essi si addimostrarono sempre i più feroci e nemici della romana ci- viltà. E qui alcuno potrebbe dire se ciò segui da principio, non accadde cer- tamente dopo che essi si furono convertiti al Cattolicismo. Ma noi potremo, a tale obiezione, senz' altro rispondere : Quanti contrasti seguirono tra i due popoli, tra Italiani cioè e Longobardi, anche dopo la conversione di que- sti ultimi al Cattolicismo ? Per lungo periodo di tempo i Longobardi furono divisi tra Cattolici ed Ariani ; pure, dopo che questa lotta ebbe termine, il che avvenne allora che Liutprando ebbe nelle sue mani le redini del go- verno, vediamo appiccarsi un nuovo contrasto, suscitato ora dagl' Italiani che si opposero al loro disegno di allai'gare la conquista sottentrando cioè in tutto al dominio Greco. Nel tempo della rivoluzione degl' Iconoclasti, quando Roma ed altre città adoperavano ogni mezzo per sottrarsi alla op- pressione de' Greci, nessuna prova abbiamo per poter dire che tali città abbiano ciò fatto per cadere appunto in potere de' Longobardi ; anzi pos- siamo senza dubbio affermare che in queste città combattessero per desi- derio di lilierarsi e da' Greci e da' Longobardi e che perciò invocassero la valida protezione del Romano pontefice. Se i Papi abbiano esercitato questa loro protezione fedelmente, cioè a favore delle città che si liberavano da' Greci e non volevano cadere sotto i Longobardi, ovvero ebbero piuttosto di mira il loro temporale dominio, questo a noi non importa per ora di sapere. Ma da tutto ciò intendiamo di trarre argomento per conchiudere che allora i Longobardi e gi' Italiani non formavano, come si pretende, un popol solo, ma due nazioni all'atto divise e separate ; e per conseguenza, quando cadeva il dominio greco, in mag- giore contrasto politico fra di loro. I Papi aiutarono questa lotta, e, quale che fosse stato il loro ultimo intendimento, il fatto della niuna fusione tra Longobardi ed Italiani risulta da tutto ciò compro vatissimo; Quindi a ra- gione il coro delle pietose suore poteva rivolgere alla bella ed infelice Er- mengarda morente quelle sante parole. ( Te dalla rea progenie .e Degli opiiressor discesa « Cui fu prodezza il numero '( Cui fu ragion 1' offesa, « E dritto il sangue, e gloria « Il non aver pietà a NOTA 2 (1) Il metopismo fu trovato nella proporzione del 12 y,j nei crani de' Marsi (Nicolucci) (a) E ti- use hi (iD.) (b) ! Pompeiani (id.) (c) Campani moderni (De Bi.aìid) (d; Tedeschi (Welcker e Simon) ; Popoli Africani (I van uer IIoeven) <' Africa Meridionale (Fritsch) ì. Negri (WILLIAMSo^f) )- Razza Papuana (Regalia,/ Arabi dell' Egitto (Panceri) (e) Greci (f) : Nuova Guinea e Isole Misuri (Meyer) (g) Egiziani esistenti nel Gabinetto di Antro- pologia di questa R.'' Università (De Blasio) Bolognesi (Calori) (h) il Romano-britanni )) Terramara di Gorzano (Canestrini) i) A n d a m a n e s i (a) Nicolucci. I cran i dei Marsi Atli d.R.Acc.d. Scienze Fis.e Mal. 1882. (b) Id. Antropologia dell' Etruria. Ibid 1869. (e) Id. Crani a Pompejana. Ibid. 1882. (d! De Blasio A. Crania Campana hodierna. (e) Panceri. Lettera al Mantegazza Archioio per l'Antropjlofjia ed Etnologia. Voi. 3.° p. .356. (f) La proporzione del metopismo fra i crani Greci mi fu gentilmente comunicata dal Prof. Raffaele Zampa. (g) MillheU. aus dcm K. Zoul. Museum eie. Dresden 1877. (h) Calori in. e. 5,26 i. 11 Vi 3,80 10 )) 2,69 )i 1,73 )! 3 » 4,3 a IK» 10 li 5 ). 2,22 1 5 37,50 ; 66,66 )) 75 )) Manipolo di alghe napolitane. — Memoria di F. Balsamo. (Tornate del 29 maggio e del 12 giugno 1892) I. Una schiera d'insigni Naturalisti, che per più di un secolo si succedettero nel nostro paese, grandemente contribuì al progresso della scienza ed alla gloria della patria nostra, studiando ed illu- strando ove i prodotti naturali del suolo, ove la fauna e la flora che rigogliose si svolgono nelle nostre contrade. Nelle Provincie meridionali d'Italia il campo della botanica fì- tografìca, ove più ampia era la messe perchè vergine affatto il ter- reno, fu esplorato da strenui cultori delle naturali discipline. La storia della scienza ha registrato, ad onore del nostro paese, i nomi illustri dell'Imperato, del Oolonna, del Cirillo, del Petagna, del Te- nore, del Gussone, del Gasparrini, del Cesati; come del pari ricorda con orgoglio coloro, che, mentre coli' opera si resero benemeriti della nostra patria tuttora ne formano il vanto quali sacerdoti di Flora. Tutta una coorte di botanici, dal Colonna al Gussone, quasi esclusivamente lìtognosti, ebbe di mira la rtora fanerogamica delle nostre regioni, e questa ormai può dirsi, e per opera loro e di qual- cuno tra i viventi, assai bene conosciuta. Un altro campo e non il meno ricco, cioè la vegetazione crittogamica, rimase quasi alfatto inesplorato e deserto di cultori, sia perchè in principio furono scarsi ed imperfetti i mezzi di osservazione, sia perchè tardi si diflusero e si svilupparono tra noi quelle cognizioni e quelle dottrine, che, col perfezionamento del microscopio, condussero 1' osservatore tanto addentro nella cognizione dei vegetali inferiori. II. Avendo in animo di dare, quandochesia, un censimento delle alghe che rappresentano la vegetazione delle acque dolci e subma- rine delle nostre provincie meridionali , mi onoro di offrire agli Kgregi Socii un manipolo di queste minute pianticelle. E queste o sono state raccolte direttamente, o mi sono venute dalla genti- lezza di amici, che. conoscendo l'indole dei miei studii, graziosa- mente mi mettono a parte del bottino di che si arricchiscono nelle loro escursioni. <:ol mandare ad effetto questo mio divisamente, rendo omaggio — 77. Rep. in u Nuova Nolari- sia » /. ;). 323, 1891. (5) Flor;i Europaea Algmum. //. /. (I8(ir>i. — 80 — PHYCOCHROMOPIIYCEAE Rabli. I. HORMOaONEAE Tliur. I. Heterooysteae Ilansg. Calothrix Agardh. Cai. juliana Boni, et Flah. Revis. Nostoc. in; Ann. des Se. Nat, 7* Serie, voi. 3." 348 — Lyngbya julmia Menegh. — Phormùl. Juliamun Rabh. Eur. II. 118. Acque termali presso Napoli (Rabenhorst). Gloeotrichia J. Ag. gì. PIsum Thur. — Gloiotrichia Lens Endl. — Rabh. Eur. II. 203 — Rivu- laria Lens Menegh. Nostoch. 134, tab. 16, flg. 2. Sulle foglie sommerse. Lào;unc di Otranto ( Rabenhorst) Hapalosiphon Naeg. H. laminosus Hansg. — Boni, et Flah. Rev. Nostoc. 1. e. voi. 3° p. 55. — Masligocladus laminosus (Ktz.) Cohn. Verh, d. Schles. Gesellsch. fùr Vater- land Cult. 1864 — Rabh Eur. II, 284. — Merizomijria laminosa. Ktz. Sorgenti termali d' Ischia (Rabenhorst 1850) — Sorgenti del Gur- gitello sulle pareti delle vasche. Luglio 1882 I Ad hanc speciem perfcinent: aj Anabaena ihermalis Bory — Rabh. 1. e. 196, Stufe d'Ischia sulla Limgbya (Rabenhorst) bj Oscillatoria laminosa Ag. u Flora « 1827. Terme di Casamicciola. Luglio 1835 (Martens in herb. Guss. l) Scytonema Agardh. Se. fìguratam Agardh — Bornet. Rev. Nostoc. III. p. 101 — Scytonema ihermale Ktz. Alg. exicc. 140 — Rabh. 1. e. 250. Fossi disseccati e sorgenti calde? (Rabenhorst). Se. Myochroas Agdh. — Born. et Flah. 1. e. p. 104. — Scytonema tomtiX' tosum Ktz. — Rabenh. 1. e. 248. Luoghi umidi — Altamnra (Rabenhorst). 90 — Hassallia Berck. Hass. byssoidea Hass., forma lignicola Born. et FI. 1. e. 116 — Scyto- neìiia tnmcicola Rabh. Eur. II. 257 — Alg. Eur. 352. Capodiraonte 1870 (Cesati) — Ad cortices. Quisisana ! Nostoc Vauch. N. commane Vauch. Hist. p. 222., tab. 16, fig. 1 (mala !)— Bora, et FI. Rev. Nostoc. Ann. Se. Nat. 7* ser voi. VII, 203 — Nostoc papyraceum (Schl.) Ag. — Rabh. Eur. II. 170. Fosso di Rivo unito Abruzzo (Rabenhorst). —Viali ombreggiati dell' Orto Botanico ! N. sphaerìcnm (Poir.) Vauch. Hist. 223, tab. 16, fig. 2 — Rabh. 1. e. 167— Cooke Brit. Algae p. 231, tab. 21, fig. 8 — Born. et FI. 1. e. 208. Caserta sulle pareti delle vasche ! 1887. II. HoMOCYSTE.\E Hausg. Schizothrix Ktz. (emend.) Sch. italica (Ktz.) Rab. Eur. II, 267 — Inactis italica Ktz. Tab. Phyc. 1. tab. 77, fig. 5. Gargano. Capitanata al Monte « Le Moricane » (Rabenhorst). ? Sch. rufescens (Ktz.) — Hypheolhrix rufescens (Ktz.) a genuina Rabh. Eur. II ; 84. Ischia. Sch. iateritia Gomont Nostoc. Homocyst. in: Journ. de Botanique 1890 — « Nuova Notarisia ■» Ser. II. (1891) p. 324 — Hi/pheothriss laterilia Ktz. Rabh. Eur. II. 84. In ripis — Lago Fucino (Rabenhorst 1. e.) Microcoleas Desmaz. Mìcr. subtorulosas Gomont I. e. — Phormidium subtorulosum Brèb. in Ktz. Tab. Phyc. I, tab. 49, fig. V — Rabenh. Eur. II, 122. Presso Otranto (Rabenhorst). Hydrocoieum Ktz. (p. p) P. Brebissonii Ktz. b aerugineum Rabh. Eur. II. 150 — Pkonnidiuin fon- Uccia Awd. (non Ktz.). Ischia sorgenti (Rabenhorst). 01 Symploca Ktz. (p. p.) Sympl. eiegans (Menegh.) Ktz. Sp. Alg. 270 — Rabh. Eur. II. 156. Stufe di Cacciufco, Casamicciola presso le fumarole ! Luglio 1882! Eod. loc. lag. Cesati 1875. — (Martcns in Hcrb. Guss !) Lyngbya Agdh. L. thermalis Rabh. (non Ktz.) Eur. II, 136 — /; amphybia (L. amphybia Menegh.). Stufe d'Ischia (Rabenhorst.) L. crispa Ag. 1. e. 138. — Conferva stuposa Roth , Catal. hot. III. 100. Tempio di Serapide a Pozzuoli (Martens ia Herb. Guss. !) 1835. var. e. violacea Rabh. 1. e. 139. Amalfi (Rabenhorst). Phormidium Ktz. Ph. cataractarum Rabh. in Alg. Sachs, n. 294 — Eur. II, 116 — Hy- pheoirhix calaraclanun Naeg. — Rabh. 1. e. 81. Presso Casamicciola (Rabenhorst.) Ph. Corium (Ag.) Ktz. — Rabh. Eur. II, 126 — Hypheolhrix compacla (Ktz.) Rabh. 1. e. 79 — Leplothrix compacla Ktz. — Rabh, Alg. n. 59, Ischia, Stufe. Lago Fucino (Rabenhorst). Ph, Idcidam (Ag.) Ktz. Alg. ckìcc. 127 —Rabh. Eur. II, 122 — Oscil- larla lucida Ag. Terme di Casamicciola (Martens, 1835. in Herb. Guss.). Oscilaria Bory 0. animalis Ag. in « Flora » 1827 — Gomont 1. e. pag. 329 — 0. limosa (Roth) g. animalis Ktz. — Rabh. Eur. II. 106 — 0. eiegans Ag, Ktz, —Phormi- dium smaragdinum Ktz. Tab. Phyc. I, tab. 49 — Rabh. 1. e. 115. Sorgenti calde presso Napoli (Rabenhorst). 0. Okenì Ag. « Flora « 1827. 633 (non Ktz.) —Rabh. Eur. IL 99. Terme di Casamicciola (Martens 1835, in herb. Guss.!). 0. formosa Bory Dict. — Ose. tenuis Ag.. var. d formosa Rabh. Eur. II, 102 — Alg. Eur. 249 (ex. p.). Ischia (Rabenhorst) 0. terebriformis Ag. «Flora» 1827, 634 — Rabh. Eur. II, 98 — Gomont 1. e. 329. Ischia sulle mura umide (Rabenhorst). 0. major Vauch. Hist, 192, tab. 15, fig. 3— Rabh. Eur. II, Hi. Ad litora insulae Inarime (Rabenhorst). 0. muscorum Carmich. mss. in Cooke Brit. Algae 250, tab. 93, fig. 8 (non 0. muscorum Agdh.). Caserta sul Rhynchostegium fìuUans alla Cascata ! 1882. III. CHLOROPHYCEAE (Rabcnh.) Wittr. (1) COLEOCHAETACEAE Coleochaete Breb. C. orbicularis Pringsh. Jahrb. t. 1, fig. 5— Rabh. Eur. Ili, 390— Cooke Brit. Algae 197, tab. 80, fig. 1. Sulle foglie della Nymvhaea Zanzibar ìensis in una vasca ove si coltivava la Victoria regia. 1885. ! — Primum mihi occurit ae- state 1885, et semel iiiveni. Oedogoniaceae Oedogo nium Link. 0. crispum (Hass) Wittr. Monogr. Oedog. 10 — Nordst et Wittr. Alg. ital. etc. pag. 45. Amalfi (Minuri). 0. elongatum Wittr, mss. — 1. e. p. 45. Monastero di Cava dei Tirreni (Nordstedt et Wittr.). 0. Vaucheri (Le CI.) A. Br. — Wit'r. 1. e. p. 13. Cava, Capri. (Nordst. et Wittr.). 0. capìllacedm Ktz. Phyc. gen. 255 — Rabh. Eur. Ili 353 — Alg. Eur. n. 37 — Color obscur-vel saturale viridis, etiam in sicco. Napoli in una vasca di un giardino. Legi ipse 1885. Chaetophoraceae Chaetophora Ch. endivìaefolia (Roth) Ag. Syst. d. davcda—RvCbh. Eur. HI 385— Cooke Bsit. Algae 124, tab. 78, fig. 2. Brindisi fRabenhorst). (1) J. B. De Toni. Co nspectus genera m chlorophycearum hu cusque cognitorum in aNoiarisia)) I, 467. Ulothkicaoeae Chaetomorpha K t z. Ch. linum (Both) Ktz. Tab. Phyc IH, tab. 55, tfg. 3 — Rabh. Eur. Ili, 327 — Cooke Brlt. Algae 139, tab. 54, fig. 2-4. Mare morto pr. Baia, .abbondante — Maggio 1880! Cladophokaceal; Cladophora Ktz. CI. gossypina Ktz. Sj). Alg. 411 — Rabb. Alg. Eui'. 780! — Rourng. Alg. Fr. n. 678 (typìcsil) — Ciad, fracta Ìor ma. gossy pina, Ra.hh. Eur. Ili, 335. Formicola presso Capua ! Luogo detto : Rivo del mal tempo. Luglio 1882. CI. canallcalaris Roth. — Rabh. Eur. Ili, 342. Lago (T Ischia — (Herb. Guss. !). VOLVOCACEAE Haematococcus (Ag.). H. pluvialis Flotow. — Chlamydococcm plnviaìis Br. Rabh. Eur. III. 93 — Colin. N. Acta XXI, 749 — Cooke Brit. Algae 51, tab. 21 fig. 1. Caserta nelle cavità delle pietre presso la Cascata. — Febbraio 1887. Palmellaceae Hydrodictyon Roth. H. utrlculatum Roth. —Rabh. Eur. Ili 66 —Cooke Brit. Algae 38, tab. 14, fig. 1 — //. pentagonum Vauch. Conf. tab. 1, fig. 4; tab. 9, fig. 10. Formicola, Rivo del mal tempo. Luglio 1882 ! Chiorochytrium Cohn. Chi. Lemnae Cohn. Beitr. I, 87 — Archer. Quart. Journ. Micr. Se, X (1875) 204 — Cooke Brit. Algae 202, tab. 81 fig. 9. In Lemna tì-isulca ai Pasconi presso Napoli (Cesati 1875). — 94 — Pleurococcus Menegh. PI. bituminosus (Bory) Rabh. Eur. 111-23 — Protococcus bituminosus Ktz, sp. 224— Cooke Brit. Algae. 295, tab. 129, fitr. 1, strato nigro, mucoso-ad- glutinante, dessiccatione intescente, ad charathustricte amerecs. Caserta sulle pareti della grotta alla cascata. Febbraio 1879 ! Protococcas Ag. Pr. valcanicus Ces. ined. (sine descriptione nec icone). Solfatara di Pozzuoli. — Marzo 1869 (Cesati). Desmidiaceak Closteriam Nitzsch. CI. Pritchardlanam Arcb. Quart. Jour. of Micr. Se. n. se/., II. 250, tab. 12 fig. 25-27 — Nordst. et Wittr. Oedog. ital. pag. — Rabh. Eur. Ili, 129. Valle dei Mulini pr. Gragnano — Amalfi — Lago di Agnano (Nordst. et Wittr.) CI. monìliferum (Bory) Ehr. — Rabh. Eur. Ili, 131 — WoIIe Desmids of the U. S. p. 45, tab, VII 6g. 6. Lago di Salpi (Rabenhorst). Cosmarium (Corda) Ralfs C. crenatum Ralfs Ann. of Nat. Hist. XIV, 394 — Nordst. et Wittr. 1. e. p. 45 _ WoIle 1. e. 67, tab. 49 fig. 31-32 — Rabenh. Eur. III. La Cava (Nordst. et Wittr.) C. margaritiferum (Turp.) Menegh. Syn. 219— Rabh. 1. e. 157 — Wolle. L e. 75, tab. 13, fig. 3. Brindisi (Rabenhorst). C. notabile De By. — Rabh. Eur. Ili, 173 — Wolle I. e. 56, tab. 16, fig. 11. Capri (Nordst. et Wittr.). C. Sportella Brèb. Liste 130, t. I, fig. 12— Rabh. Eur. Ili, 179— Nordst. et Wittr. 1. e. — Wolle 1. e. p. 83, tab. 49, fig. 28-30. Capri— Citara tra Vietri ed Amalfi (Nordst. et Wittr.). Mlcrasterias (Ag.) Menegh. M. troncata (Corda) Brèb. Liste 121 — Rab. Eur. Ili 191 — Wolle 1. e. 114, tab. 38 fig. 6. Otranto (Rabenhorst;. — 95 — ZyCtNEMACEAE Zygnema (Ag.) Hansg. Z. cruciatum (Vauch.) Ag.— Ktz. Tab. Phyc V, tab. 17 fig. 4 — Cooke Brit. Algae, 79, tab. 30, fìg 1 — Rabh. Eur. Ili, 251. Pascono S. Martino pr. Napoli 1887! — Vasche a Piazza Cavour! — Monte (lei liori tRabenhorst). IV. RHODOPIIYCEAE (Rabh.; Bangiaceae Bangia Lyngb. B. atropurpurea (Dillw.) Ag. — Rabh. Eur. Ili, 397 — Cooke Brit. Algae pag. 282, tab. 117, fig. 1. Ruscelli al Pizzo ili Sivo (Rabenhorst)— Cava dei Tirreni sopra una Cladophora (Cesati in hcrb.) — Caserta sulle pietre dei riga- gnoli (legi ipse 1875!)— Formicola Rivo dei mal tempo. Luglio 1882 forma ferruginea Rabh. Eur. Ili 399 — Bangia ferruginea Kern in Rabh. Alg. n. 1797 ! Castellammare al Monte Coppola presso una fonte 1878! Species dubiae, inquirendae, aut a me non visae, a CI. Raben horstio in nostris locis anno 1850 detectae: Hyphaeothrix aeruginea Rabh. — Napoli. Oscillatoria gracillima Ktz. — Napoli. Siphoderma lyngbyaceum Ktz. — Portici. Protococeus coeruleas Ktz. — Abruzzo. roseus Menegh. — M. S. Angelo Castellammare. Orsini Ktz. — Sorrento. Palmella bullosa — Acqua santa. — Brebissonii Ktz. — Canale di Rrindisi Mougeotia gracllis Ktz. — S. Egidio Gargano. Spirogyra Heeriana Naeg. — Brindisi. Vaucheria bursata B. marina Rabh. — Otranto. Batrachospermum moniliforme Roth. — Abruzzi. var. M. Corno. — Pizzo di Sivo. Lemanea fluviatilis. Ag. — Abruzzo — M. Acuto. Napoli Maggio-Giugno 1892. — <)6 — NOTE BIBLIOGRAFICHE (1) Imperato (F.) Dell' Historia Naturale libri XXXVIII. Napoli fol. con fig. 1589. (2) Tenore M. Flora medica universale e Flora particolare della prov. di Napoli. Napoli. 2." voi. 8." 1823. (3) BivoNA. " Scinaja „ Algar. marin. genus. In : Iride * Giornale di Se. Leti, ed Arti per la Sicilia n. 5, 1822. (4) Delle Ghiaie (St.) ^Hjdrophytologiae Regni Neapolitani Icones. folio con 100 tav. Napoli 1829. ip) Martens (Griorgio). in " Flora „ 1826, pag. 487-21, con tav. (6) Costa (0.) Fauna del Regno di Napoli — Monografie — Polipai fles- sibili. Napoli 1838 con tav. color. (7) NicOLUcci (Giust.) Analisi delle pretese mucillagini ohe si formano sulle acque termali del Tamburo, di Senogalla e della Rete nel- l' isola d'Ischia. Rendic. Acc. Se. Fis. e Mat. di Nap. I, pag. 252-256. Napoli 4" 1842. — De quibusdam algis aquae dulcis. Neapolì 8'\ 22 pag., 1842. (3) Meneghini (Gì-.) Alghe italiane e dalmatiche. Padova fascicoli V con 5 tavole color. 8^ (incompleto) 1842. (9) KuETZiNG (Fr. Traugn.) Species algarum. Nordhatisen 1849, 8." (10) Rabenhorst (L.) tjystematische Uebersicht der auf meiner italia- nisohen Reise beobachteten Kryptogamen. in " Flora „ pag. 613- 524, 1850. — Die Siisswasser Diatomaceen (Bacillarien) fiir Freunde der Mi- kroskopie. Leipzig 4' con 10 tav. litogr. 1853. — Flora Europaea Algarum aquae dulcis et submarinae. Lipsia 3 voi. 8% con fig. 1864-68. (11^ Pedicino (N.) Pochi studii sulle Diatomee viventi presso alcune terme dell'isola d'Ischia. Atti Acc. Se. e Mat. di Napoli IIP n° 20, con 2 tav. Napoli 1867, — Note algologiche. Bullett. dei Nat. e Medici per la mutua istru- zione. Anno I, pag. 8, S.** Napoli, 1870. — Poche osservazioni sulla vegetazione presso le terme. Rendic. Acc. Se. Fis. e Mat. di Napoli, 1873. ('12) Pasquale [G. A.) Flora Vesuviana. Atti Acc. S^'.. Fis. e Mat. di Napoli, voi. IV, 1869. (13) LicopoLi (Gr.) Storia naturale delle Crittogame che nascono sulle lave Vesuviane etc. Atti Acc. Se. Fis. e Mat. di Napoli voi. V° con 3 tav. Napoli 1871. — 97 — (14) NoRDSTEDT (0.) ET WiTTROCK (V.) Desmidìaceae et Oedogoniae in Italia et Tyrolia collectae. Opversigf af K. Vetensk. Akad. Fó- rhaadl. 1876 n. 6. Stockolm 8^ cum tab. (pag 31) 1876. (15) Reinke (I.)Eatwickelungsgest3bechtliche Uutersuchungen iìber die Cuttleriaceen des Golfes von Neapel. ( N. Ada Akad. Leop. Car. der Naturforsch., voi. XL, 1878. — Entwickelungsgesch. CJntersucli. iiber die Dictyotaceen des Golfes von Neapel. /. e. voi. XL n 1. ) 1878. (16) Falkenberg (P.) Ueber Discosporangium eine neues Phaeosporeen- genus. Mitth. der Zool. Stai. Neap. voi. I, p. 54. 1879. — Die Meeresalgen des Golfes von Neapel. /. e. voi. I p. 217. 1879. — Die Hefruchtung und der Generationswechsel von Cuttleria. l. cit. p. 337. (17) ScHMiTz ( Fr.) " Halosphaera „ eine neae Gattang griiner Algen aus dem Mittelmeer. Mittheil. voi. 1 pag. 67. 187^. (18) Berthold ,G.) Zur Kenntniss der Siphoneen und Bangiaceen, Mittheil. Ed. II, 1881 p. 72. — Die Gescblechtliche FortpflanzuQg der eigentlichen Pbaeosporeen, /. e. p. 401. — ^Ueber die Vertheilung der Algen in Golf von Neapel, nebst eiuam Verzeichuiss der bisher dasselbst beobacbteten Arfcen. MittheìL Band. Ili p. 290. 1882. (19) SoLMS-LArBACH (Conte di). Die (Jorallinea Algen des Golfes von Neapel. in Fauna ud Flora aus Zool. Stai. v. Neapel. Leipz. 4* con tav. 1881. (20) Valiante (R.) Le Cystoseiree del Golfo di Napoli, in " Fauna und Flora des Golfes v. Neapel n. VII 4\ con lo tav. 1883. — Sopra una Ectocarpea parassita della Cystoseira opuntioides ( Stre- hlonemopsis). Nota in: Mittheil. Band IV, 189. 1883. (21) Balsamo (F.) Le Diatomee della Cascata di Caserta. Nota. Na- poli 1884. — Snlla storia Naturale delle Alghe d'acqua dolce del Comaae di Na- poli. Memoria Atti Acc. Se. Fis. e Mat. Ser. 2*, voi. P, 188.5. — " Reliquie Cesatiane „ Algne raccolte nell' Orto Botanico da V» Cesati. Rend. Acc. Se Fis. e Mat. di Napoli. 1885. — 98 — Ricerche anatomiche sul Lobiger Seìradifalci Cal- cara.— Nota preliminare di G. Mazzarelli. (Tornata del 12 giugno 1892) Il Krohn nel 1847 descrisse due nuovi generi di Gasteropodi a cui dette il nome di Lobiger e di Lophocercus, ciascuno con una specie : LoMger PhUippi e Lophocercus Sieboìdi. Il Pagenstechcr e poi P. Fischer hanno in seguito identificata la prima di queste due specie con la Bulla Serradifalci del Calcara, conservando il genere Lobiger , e la seconda con 1' Oxynoe olivacea del Rafinesque. Il Krohn dette pochissime notizie anatomiche sui due generi in parola trattenendosi di preferenza sull' Oxynoe, Egli non vide un vero deferente partire dal pene e dirigersi verso ciò che egli chiama « utero » (vagina), ma ne suppose 1' esistenza. Egli propose di for- mare per i due generi un gruppo speciale nell' ordine dei Tecti- branchi (1). Più tardi il Souleyet ( 1850 ) studiò di nuovo i generi Oxynoe (Lophocerchus) e Lobiger , trattenendosi specialmente sul primo. Egli sostenne 1' assoluta mancanza di deferente e ritenne il pene come provveduto di un' appendice cecale prostatica, simile a quella che riscontrasi nelle Bullidee. Tenendo conto inoltre anche di caratteri esterni il Souleyet ritenne di poter collocare i due ge- neri da lui studiati accanto alle Aplysiidae (2). Infine il Pagenste- cher nel 1874 studiò in parte l' anatomia dell' Oxynoe, disgraziata- mente senza dar figure. Egli si fermò soprattutto sulle parti boccali e trovò che la radula per la sua disposizione e per la forma dei, suoi denti si rassomiglia del tutto non alla radula dei Tectibranchi ma a quella dei Saccoglossi e principalmente delle Elisie. Inoltre egli potette dimostrare l' esistenza di un sacco radulare simile a quello dei Saccoglossi (ascon) dove vanno a cadere i denti consu- mati staccatisi dalla radula. In tal modo il Pagenstechcr sostenne che le Oxynoeidae non hanno nulla che fare con le Bullidee e con le Aplysiidae e che, non ostante la presenza di una conchiglia e di una branchia, esse dovevano esser riunite in un sol gruppo insieme con Elysia e Limapontia e propose per questo gruppo il nome di 1) Krohn. Observations sur deux nouveaux geures de Gasté- ropodes. h\ Ann. Se. Nal. Zoologie sér. Ili, l. VII. 1847, p. 52. (2) Souleyet: Observations sur les genr e s Lophocercus et Lobiger, in .lourn. de Conchyl. i. I. 1850 p. 224. — 99 — Monosticho gì ossala (1). Dopo del Pagenstecher nessuno si è più oc- cupato di Oxyìioeidae in modo speciale. Alcuni come il Bergh e il v. Ihering accettando in parte le conclusioni dal Pagenstecher hanno riunito le Oxynoeiclae ai Saccoglossi. Altri come il Fischer e il Vays- sière hanno continuato ad annoverare questa famiglia tra quelle dei Tectibranchi, ponendola, giusta il concetto del Souleyet presso le Aplysiidae. Recentemente poi il Vayssière (1888) ha collocato le Oxynoeidae tra i Saccoglossi mentre il v. Jhering li ha compresi di nuovo tra i Tectibranchi. La causa delle incertezze in cui trovasi ancora la posizione sistematica delle Oxijnoeidae devesi in gran parte alle molte lacune che notansi nelle ricerche del Pagenstecher, e principalmente al non aver egli assodato un punto importantissimo, quello cioè dei rapporti tra il pene e il resto dell* apparecchio ge- nitale, lasciando in dubbio se questi etfettuansi per mezzo di una doccia genitale dorsale, come nelle AplysHdae e nelle BuUidae, ov- vero per mezzo di un vero deferente, come nei Pleurobranchi e in tutti i Nudibranchi. Nel LoMgeì" Serradìfalci Calcara, che io ho potuto studiare valendomi di materiale raccolto parte nel Golfo di Napoli parte in quello di Palermo, l'apparato digerente è costituito dal bulbo faringeo a cui, a livello dell' estremità inferiore della radula è an- nesso un sacco radulare per i denti caduti, da un enorme « gozzo » simile per forma e posizione a quello della Caliphylla mediterra- nea, dall' esofago, da uno stomaco provveduto di un breve diverti- colo a fondo cieco e dall' intestino. Nel bulbo faringeo come nelle Elysiae, non trovansi mascelle, e come in questi Opistobranchi la radula è uniscriata. 11 « gozzo » è enormemente sviluppato ed ha le pareti fortemente muscolari. L' esofago è corto e termina in uno stomaco le cui pareti presentano un gran numero di pliche longitu- dinali. L'intestino è corto ed è in parte nascosto nel fegato. L'ano, dorsale, trovasi verso il fondo della cavità palleale un po' a destra, come ben fu ben rappresentato dal Souleyet nell' Oxynoe. Esiste un solo paio di glandole salivali, le quali sono costituite da piccoli cul- disacchi piriformi sboccanti in un condotto unico. I due condotti salivali sboccano poi nella cavità del bulbo faringeo poco prima del principio dcir esofago. Queste glandole corrispondono soltanto alle glandole salivali anteriori dei Saccoglossi. Il fegato non è ramifi- (1) Pagenstecher. Zoologische Miscellen. L Zur Kenntinss von Lophocerchs Sieboldi, in: Verhandl. Naturhist. Medicin. Verein. N. Serie I. Heidelberg 1S74. — 100 — cato come quello dei Saccoglossi ma conserva nell' insieme V aspetto massiccio proprio a quello dei Tectibranclii. Esso sbocca per più condotti epatici vibratili nello stomaco. Il retie trovasi al di sotto del mantello nella regione posteriore- dei medesimo e si allunga da sinistra verso destra presentando un gran numero di lobi abbastanza ben distinti 1' uno dall' altro. La sua cavità da un lato comunica col pericardio mediante un condotto vibratile e dall' altro si apre all' esterno mediante un semplice poro situato nella volta della cavità palleale incontro all' orifizio anale. Tutti i lobi renali sono circondati da un gran numero di lacune- palleali in comunicazione diretta con un grande seno venoso addomi- nale. In corrispondenza di queste lacune perirenali il mantello pre- senta un certo numero di estroflessioni verso la cavità palleale, le quali da un lato traggono origine dalle lacune medesime e dall'al- tro, anteriormente, vanno a sboccare nell' orecchietta del cuore. Queste estroflessioni, che hanno 1' aspetto di tante sottili pliche ta- pezzanti la volta della cavità palleale, costituiscono la branchia. Il cuore è situato nella regione anteriore del dorso ed è collocato in un sacco pericardico piuttosto stretto, attraverso le cui pareti la si vede battere. Dal ventricolo del cuore parte 1' aorta la quale non presenta alla sua origine alcuna dilatazione. L'apparato riproduttore è costituito da una glandola erma- frodisiaca, un ovidutto, una vagina con glandolo dell' albume e del' nidamento, una vescicola di Swammerdam, un deferente, una pro- stata e un pene. La glandola ermafrodisiaca risulta di due regioni ben distinte e semplicemente in contatto tra di loro 1' una soltanto maschile con follicoli spermatici (testicolo), l'altra soltanto femmi-' nile con follicoli ovarici (ovario). Dalla prima parte direttamente il deferente, il quale, dopo aver attraversato la prostata, seguendo un lungo cammino, penetra nel pene e va a terminare presso 1' apice del medesimo (I). Dall'altra, anche direttamente, parte l'ovidutto,, che dopo un lungo corso sbocca nella vagina , dopo aver ricevuto lo sbocco della vescicola di Swammerdam. La vagina si continua po- steriormente oltre l'ovidutto, e presenta un gran numero di insac- cature le cui pareti si ripiegano variamente più volte. Queste in- saccature rappresentano le glandole dell'albume, mentre il fondo (1) li V. Jhering sostiene recentemente (Bull. Scimt. de la France ci de Belgiquc t. XXIII 1891) di aver visto una « doccia ciliata » [latero-dorsale simile a quella delle Bullldae e Aplysiidae , nel Lohigcr Krohnl. Io non ho- peró il menomo dubbio sulle mie osservazioni controllate da tagli in serie. — 101 - proprio della vagina rappresenta la glandola del nidamento. L' ori- fìzio della vagina trovasi a destra dell' animale a livello quasi della posizione occupata dal cuore, quello del pene trovasi notevolmente più avanti presso il tentacolo destro. Il sistema nervoso centrale è costituito da sei gangli: due cerebrali, due viscerali e due pedali. Esistono inoltre due gangli boccali. La commessura pedale è brevissima e i due gangli pedali sono a contatto tra loro. Meno breve sono la commessura cerebrale € la commessura viscerale. Brevissimi sono i connettivi cerebro- pedali e i cerebro-viscerali. 1 connettivi viscero-pedali non sono di- stinti ma fusi con i cerebro-pedali. Non vi sono ne' gangli ottici né gangli tentacolari. Esiste un ganglio branchiale con un organo di Spengel ben distinto , situato sul margine destro del mantello immediatamente avanti ai foglietti branciiiali. Il ganglio branchiale trovasi quasi in immediato contatto con l' organo di Spengel: di- sposizione simile a quella che trovasi nelle Bullidae e nelle Aply- siidae. Il piede presenta una glandola pedale anteriore diffusa. Tutto ciò che ho sommariamente esposto suU' anatomia del Lo- Irìger mostra chiaramente che 1' organizzazione generale delle Oxy- noeidae non è quella dei Tectibranchi, ma quella dei Saccoglossi, avuto riguardo principalmente alla struttura del sistema nervoso, dell' apparato digerente e dell' apparato riproduttore (il quale nel LoMger sembra aver raggiunto un grado di specializzazione mag- giore che negli altri Saccoglossi). Nondimeno la presenza di una conchiglia persistente, di una branchia (^ebbene molto differente per forma da quella dei Tectibranchi) di un organo di Spengel ben di- stinto e di un fegato compatto mostra che in questi Saccoglossi si sono conservati dei caratteri propri a' Tectibranchi. Napoli, S/azione Zoologica, Giugno 1892. — 102 — L'Indice cefalico sul vivente e sullo scheletro. — Ricerche di M. Gentonze. (Tornata del 26 giugno 1892) Per un certo periodo di tempo si è creduto dagli scienziati di definire con precisione l' indice cefalico di un dato popolo o di una data razza, desumendolo dai cranii. Le osservazioni fatte sui viventi conducevano però a risultati differenti, onde l'idea clie una diffe- renza dovesse esistere fra l'indice cefalico del capo, che.il Livi (1) propone addirittura chiamarsi soltanto cefalico, e quello preso sul cranio, dal Livi designato col nome di indice cranico. Questo argomento non era sfuggito al Calori, che dice: «Ne- gli individui di mezza carne, come suol dirsi ed isnelli, la grossezza delle parti molli nei due diametri riesce presso che simile. Ma ne- gli individui di una muscolatura un po' forte e di una nutrizione alquanto rigogliosa , l' ultimo diametro menzionato (il bilaterale) avvantaggia di un qualche millimetro, e questo vantaggio può essere di uno, di due e perfino di tre millimetri. Questi avvertimenti da- tine dai cadaveri hanno fatto sì clie in certi casi siamo stati lar- ghi verso il diametro longitudinale, compensandolo di qualche mil- limetro » (2). 11 Broca pare sia stato il primo a studiare direttamente que- sto argomento (3). Le prime sue ricerche furono fatte su 19 cada- veri a Bicètre. Dalle sue osservazioni risultarono differenze oscil- lanti fra 4^- 5,09 e — 0,65 per l' indice cefalico sul cadavere; la dif- ferenza media era di -[- l.OS, ond' egli propose di diffalcare 2 unità dall'indice cefalico, quando lo si voglia rapportare al cranico, te- nuto conto della diminuzione di volume delle parti molli che avviene •post mm'tem. Da altre osservazioni, pubblicate dopo la sua morte dal Topinard (4), ebbe altro risultato; in queste 20 nuove osser- vazioni la differenza a favore dell'indice cefalico fu di -f 0,31: le misure furono prese nella sala anatomica di Bicètre su teste moz- zate e tenute a scolare per 24 ore. (1) L'indice cefalico degli Italiani. Archivio per l' Antropologia ecc. voi. ìG." 1886, fase. 2.'' (2) Calori. Del tipo brachicefalo negli Italiani odierni. Mem. dell' Accad. delle Scienze di Bologna. Serie IL Tom. Vili, 1868. (3) Mémoires d' Anthropologie. Voi. II. p. 85 Paris, 1874. (4) Revue d' Anthropologie, 1882, f. 1." — 103 — L'Houzé s'è occupato anche di tale argomento (1). Egli non si servì di cadaveri, ma di 20 ammalati dell Ospedale di Saint Jean il cui pronostico era sfavorevole; così trovò una differenza di -f 2,21 a favore dell' indice cefalico. Le ricerche posteriori del Riccardi (2) su otto cadaveri det- tero una differenza in più per l'indice cefalico di 1,19. Da altre 20 osservazioni dello Stieda, fatte probabilmente anche su ammalati di un ospedale, risulta una differenza media di 4- 2,10 in favore dell' indice cefalico (3). Dalle osservazioni precedenti si ha il seguente quadro, ripor- tato dal Livi. Osservatori N.o delle oss Broca (1.=^ Serie) 19 » (2:* Serie) 20 Stieda 20 Houzé 20 Riccardi 8 T( )f;ale 87 ^^ ,. / 133.84 \ Me( ha ( — J » Differenza in -,- Prodotti 1.68 31.92 0.31 6.20 2.10 42.00 2.21 44.20 1.19 9.52 133.84 1.54 Ebbi anch' io l' idea parecchi anni or sono di intraprendere tali ricerche quando mi accorsi che osservazioni fatte da altri suU' in- dice cefalico di Italiani viventi non corrispondevano alle mie, fatte su cranii. Non le ho pubblicate fino ad ora, perchè sperava aumen- tarne il numero che, se è superiore a quello degli altri, non lo credo sufficiente a poterne tirare dei buoni cor®llarii scientifici. Prima di esporre le mie osservazioni però credo opportuno dire quali, secondo le mie ricerche e le altrui, sono le cause principali che determinano le variazione fra i due indici. 1." Lo spessore delle parti molli sul cranio, differente a seconda dei diversi punti, maggiore ai lati per il muscolo temporale che vi s' inserisce, anziché lungo la linea mediana, dove non v' è che un (1) HoLZÈ Em. Ethnogenie de la Belgique. Les indices cefa- ques des Flammands ed des Wallons, av. 1, carte. Bruxelles; 188 2. (2) Riccardi. Cefalometria dei modenesi. Modena 1883. (3) Livi. L'indice cefalico ecc. — 104 — muscolo sottilissimo, membranoso o apone vrotico, l'occipite frontale. 2/ Il variabile spessore del muscolo temporale, alle volte, pren- dendo il massimo diametro trasverso, uMcumque mveniaiur, capi- tano sotto le punte del compasso di spessezza o la parte più spessa del muscolo, o la più sottile, o nessuna parte: ed è in questo terzo caso che l' indice cranico la vince sul cefalico. 3." Lo spessore, talora grande del muscolo frontale e dei pira- midali del naso, il maggior spessore del cuoio capelluto alla regione occipitale. In tali circostanze , se la larghezza massima della testa è data fra punti che non cadano sul muscolo temporale, come fa notare anche il Broca, l' indice cefalico può essere più piccolo di quello del cranio. Le mie osservazioni sono state fatte tutte su ammalati con un pronostico infausto ed in condizioni fisiche normali, in ammalati cioè di malattie chirurgiche limitate o su individui che dovessero certamente morire per lesioni violente. Ho cercato di evitare il più che ho potuto, col dolce adattamento del compasso di spessezza, una causa, per quanto lieve, di errore, vale a dire il grado di densità della pelle e del cuoio capelluto, che talora attenua le differenze fra i due indici. 105 e» i w ^ INDICE INDICE ! S •a INDICE INDICE ^ DifTerenza t- o Differenza T3 z cefalico cranico '■a Z cefalico cranico 1 70.07 70.00 -r 0.07 40 78.80 76.00 + 2.80 2 70.20 70.25 -r0.05 41 78.82 77.15 + 1,67 3 70.35 70.00 - 0.35 42 78.85 78.95 — 0.10 4 • 70.78 70.50 — 0.28 43 79.95 77.15 + 1.80 5 70.80 09.70 ■4- 1.10 44 79.35 77.55 -r- 1.80 0 70.82 70.70 -r 0.12 45 79.42 76.90 + 2.52 7 7J.10 09.95 + 1.15 46 79.78 76.44 -r 3.34 8 71.82 71.10 ~r 0.72 47 79.85 77.15 + 2.70 9 72.30 73.00 — 0.70 4S 79.92 79.80 -+-0.12 10 73.45 72.90 -r 0.55 49 79.95 77.00 -r2.95 11 73.45 72.40 -r 1.05 Media dei 12 7;!. 80 72.92 - 0.88 mesatice^ili 77.84 76.11 + 1.73 13 14 73.85 73.97 72.25 72.37 + 1.00 n- 1.60 50 80.05 78.00 + 2.05 15 74.70 72.85 -r 1.85 51 80.05 77.90 + 2.15 10 74.80 73.15 -t- 1.05 52 80.80 79.00 + 1.80 17 74.80 73.75 n 1.05 53 80.95 78.90 -i- 2.05 18 74.80 74.95 — 0.15 54 80.95 70.20 -r 4.65 19 74.92 74.30 ~ 0.62 55 81.30 76.50 r 4.80 20 74.95 7;}.00 -i^ 1.35 56 81.45 79,00 -r 2.45 21 74.95 73.35 -i 1.60 57 81.50 78.10 + 3.40 Media dei 58 81.55 78.00 + 3.55 dolicocefali 72.80 72.09 -; 0.77 59 81.75 78.50 + 3.25 60 61 82,00 82.20 82.50 78.15 — 0.50 + 4.05 •)•) 75.12 . 73.90 -; 1-22 23 7.5.20 73.90 -r 1.30 62 82.50 81.90 -+-0.60 24 75.55 75.40 - 0.15 63 82.75 80.20 — 2.55 25 7 5.. 55 73.95 r 1-00 64 82.80 79.12 -r3.68 20 75.00 75.00 + 0.00 65 82.80 80.50 + 2.30 27 75.70 75.00 + 0.70 m 82.90 78.90 + 4.00 28 75.97 74.85 + 1.12 67 83.20 80.00 + 3.20 29 70.24 74.80 -, 1.44 68 83.50 81.50 + 2.00 30 70.55 74,30 -r 2.25 69 83.05 79.10 -1-4.55 31 70.(;7 74.72 - 1.95 70 83.70 80.00 + 3.70 •>o 77.60 75.50 + 2.10 71 84.27 81.90 + 2.37 33 77.80 70.31 -p 1.49 72 84.50 80.00 + 4.50 34 78.37 75.22 -^3.15 73 84.90 81.50 + 3.40 35 78.40 78.07 -j 0.33 74 85.00 81.50 + 3.50 3(i 78.42 70.00 -p 2.42 Media dei 37 78.. 55 75.90 + 2.65 brachicefali 82.44 79.47 + 2.97 38 78.72 77.00 + 1.72 —m 39 78.80 77.20 -r 1-GO Media Gener. 77.71 75.89 -rl.82 — 106 — Dalle precedenti osservazioni non ardisco trarre conclusioni quanto alla media differenza fra i due indici; però risultano evidenti due fatti: 1.° che 1' indice cefalico è quasi sempre maggiore del cranico. 2." la differenza fra i due indici, è minima o non esiste nei dolicocefali e va gradatamente aumentando fino ad aversi un massimo nei brachicefali. Sono queste circostanze di un certo va- lore da ricordare ogni qual volta si studiano cranii di una data razza o di una data popolazione. L' Infezione della Madre. — M. Gentonze. (Tornata del 26 giugno) « La trasmissione dei caratteri di un maschio che ha fecondato una femmina ai prodotti che questa può avere in seguito da un altro maschio » (1) s'indica col nome d'infezione della madre. Questo fenomeno, che, secondo mie osservazioni, può aversi anche senza 1' accoppiamento precedente, è stato indicato altresì col nome di parentela iniziale o atavismo indiretto, influenza del primo accoppiamento, eredità per influenza (A. de Marbain) (2). Ciò è stato osservato e studiato principalmente negli animali domestici e tutti ricordano il fatto di Lord Morton, riportato nei PMlosopMcal Transaciion e gli altri riferiti dal Darwin (3). Né le osservazioni sono state scarse, sicché e scienziati e allevatori sona convinti del fatto, e questi ultimi specialmente ritengono che nes- suna femmina accoppiata con maschi favorevoli possa dare buoni frutti corrispondenti, se i primi accoppiamenti ebbero luogo con cattivi maschi. Non manca però chi nega e i fatti e le possibilità loro, e così, per nominarne qualcuno, il Darwin ne accetta la teoria ed il Valdonio (4) che consiglia non avvalersi più nella riprodu- zione di quelle femmine che furono coverte da stalloni non miglio- (1) Canestrini. La Teoria di Darsvin criticamente esposta. Mi- lano, Dumolard i880 pag. 140. (2) Rivista Internazionale cV Igiene. Anno II. N.° I Gennaio 1891. (3) Darwin. Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico. iTrad. ital. del Canestrini) pag. 365 66. (4Ì Loclemia. Parma 1875, pag. 75. - 107 — rati. Il Lemoigne (1) né V accetta né la respinge, dice che ove fosse vera sarebbe spiegabile con la sua ipotesi della neuralizznzione. 11 Settegast (2) allerma che questa teoria « contraddice apertamente alle esperienze raccolte nell" allevare gli animali, e le manca per ve- rità ogni ombra di fondamento », ed altrove che essa « svanisce come fantasmagoria all' occhio del critico, tanto maggiormente se questi osservi senza prevenzione il ricco campo della pratica, e veda come fra migliaia e migliaia di casi, nei quali avrebbe dovuto necessa- riamente manifestarsi infezione, non riscontrossi il più breve indi- zio di essa ». Il Fiirstenberg (3) dice che la teoria dell'infezione materna é un insulto alla fisiologia. Queste idee sono divise anche dal van Nathusius, dal Sansou e da altri. Il Miles, professore alla scuola d" agricoltura di Michigan, ammette la teoria e cita molti fatti osservati (4). 11 Marbaix , oltre le proprie osservazioni riferi- sce di altri e non solo nella classe dei mammiferi, ma anche in quella degli uccelli (5) e, secondo l' Agassiz, perfino dei rettili. Taluni autori come il Bernard, pure non avendo osservazioni pro- prie , credono la teoria ammissibile , e vera la credono altresì la gran maggioranza degli allevatori. Né essa é venuta fuori in tempi troppo recenti; dalle citate opere del Darwin, del Marbaix e di altri riportate in nota, risulta che le osservazioni in proposito da- tano da lunga pezza, specialmente per opera degli allevatori. Sembra che il fenomeno si avveri a preferenza nella cavalla, e poi nella cagna, nella troia, nella pecora, forse perchè questi animali sono caduti a preferenza sotto l'osservazione diretta degli allevatori che intendevano migliorarne le razze e che hanno stu- diato i mezzi migliori d' incrociamento. Osservazioni sulla donna sono state scarsissime. Mei Lancet ne fu riportato un caso. La moglie di un marito ipospadiaco, per ereditarietà, sposò in seconde nozze un marito che non aveva tale (1) Delle cause e delle circostanze che influiscono sulla tra- smissione ereditaria negli animali. Rendiconti del R. hlilido Lom- bardo, serie II. Voi. XI. 1878. (2) L'allevamento del bestiame. (Trad. ital.)paf/. 151-52-56. (3) SETTECtAST. ibid. (4) Stoch breeding. Gap. XII. pag. 255. (51 The country Gfntlemen, i879, pcj. 475. — 108 - anomalia ed ebbe con lui quattro li«^li ipospadiaci, due dei quali trasmisero 1' anomalia ai loro figli. Un allievo del Prof. Marbaix era epilettico, figlio di padre sanissimo, la madre aveva però sposato in prime nozze un marito epilettico, che cosi trasmetteva indirettamento la sua malattia. Di tutte le teorie delle quali ho potuto, ne ho raccolti più o meno dati di fatto; e fra queste anche intorno all' infezione della madre, poiché sono convinto che talora il gran numero delle os- servazioni apre la via direttamente a spiegazioni di fenomeni rite- nuti inesplicabili per molti. Le mie osservazioni sugli animali sono scarse, per lo più riguardanti la cavalle, ma esse mi hanno con- vinto che questa teoria negli equidi è più frequente di quel che si sia creduto fino ad ora, il che può dipendere da circostanze di tempo, di luogo e di razza, e mi hanno persuaso della incompleta efficacia dell' opera degli stalloni governativi che durante i loro giri periodici nelle provincie sono accoppiati con cavalle, che sono state già co- verte antecedentemente da cattivi stalloni. Mi sono dato da parecchi anni a studiare il fatto nella donna. Non saprei dire quanti figli di vedove rimaritate ho osservato, cer- tamente moltissimi, e sempre che ho potuto ho preso conto dei ca- ratteri del primo marito della loro madre, o della persona che con essa aveva avuto un primo accoppiamento. Posso dire però che nella donna V infezione materna si avvera per circa il 10 o 12 per cento. Talune osservazioni raccolte riconosco che sono abbastanza leggiere e di poco valore, tali altre però sono cosi sicure ed evidenti che non dubito possano venire contestate o prestarsi ad altra interpre- tazione. Molte di esse mi danno diritto ad una spiegazione nuova forse della teoria in parola. Le osservazioni da me raccolte si possono aggruppare in quat- tro ordini tipici, soggetti a maggiori o minori variazioni. 1." Una giovane signora aveva sposato in prime nozze un ma- rito con capelli neri fra i quali però contrastava una ciocca grigia alla regione parietale dritta, prodotta, dicevasi, da voglia materna ed aveva avuto da questo primo matrimonio un figlio molto somi- gliato al marito, senza però la ciocca grigia. In seconde nozze ha avuto fin© ad ora tre figli, i due primi maschi e la terza femmina che ha al parietale dritto la ciocca di capelli grigi simile a quella che aveva il primo marito di sua madre, morto sette anni prima della sua nascita. La bambina somiglia molto alla nonna paterna. 2." Si tratta di un caso di ipospadia, simile a quello riportato nel Lancet, ma con una certa attenuazione. Una giovane operaia sposò in prime nozze un marito che aveva il meato urinario, molto — 100 — lungo, al posto del frenulo e nessun accenno di apertura al prepu- zio, e non ebbe con lui alcun figlio. In seconde nozze sposò un altro marito che ha un neo sulla spalla dritta, capelli e barba bionda, col quale fino ad ora ha avuto un solo figlio che ha il meato uri- nario al posto del frenulo, il neo sulla spalla destra ed i capelli biondi. Non ardisco somigliarlo al padre quanto alla fìsonomia, avendo il bambino tenera età, appena un anno, e quindi una con- formazione sarei per dire non bene definita. 3." Un' altra giovane operaia ebbe da suo marito tre figli ora adulti e di buona salute. Dopo parecchi anni di matrimonio il ma- rito, non so se cleptomaniaco, ma certo ladro per mestiere, fu con- dannato al carcere per molti anni in seguito ad un grave furto com- messo. Durante la prigionia del marito e due anni circa dopo il sua arresto, la donna si unì con altro uomo col quale ha avuto parec- chi figli, il primo dei quali, che ora ha V età di un quattordici anni, rassomiglia nei tratti del viso, nella statura al marito di sua ma- dre ed è evidentissimamente cleptomaniaco. 4." Una giovane signora, bellissima, amava pazzamente un gio- vane che non ha più visto da dieci anni per essere andato costui a risiedere nella lontana America. Ella ha sposato dopo tre anni dalla partenza del suo giovane innamorato un suo cugino col quale ha avuto fino ad ora tre figli che, più o meno, rassomigliano ai loro genitori, il secondo però, un bel maschietto, è biondo, entrambi i genitori sono bruni, come il primo innamorato di sua madre, al quale rassomiglia altresì per la mancanza del lobulo dell' orecchio e pei tratti generali del volto e della persona. Si hanno tutte le ragioni per essere convinti che il primo amore di sua madre non andò al di là delle forme platoniche. Questi quattro esempii non sono i soli fatti da me osservati, invece essi rappresentano quattro ordini di fatti nel loro carattere • tipico; fra i molti altri che potrei riportare ve ne sono quasi simili ai precedenti, altri che se ne allontanano e che non sarebbero esenti da qualche dubbio, altri che pare innestino i diversi ordini d' idee fra di loro, una gran maggioranza poi in cui è il primo fra i figli di un secondo accoppiamento che porta i segni dell' ereditarietà per infezione materna. Da tutti risulta evidentemente la verità della teoria, ma dalla loro moltiplicità e varietà, per quanto ci si pensi su, è tanto diftìcile poterne argomentare le ragioni. Ho detto già che fra i diversi autori c'è chi l'ammette e chi la prescrive per- fino come un insulto alla Fisiologia, lasciamo questi, che forse non hanno voluto vedere gli argomenti in favore della teoria in parola, e vediamo quale spiegazione gli altri vi apportano. 110 E prima dirò che moltissimi si arrestano innanzi ad una spie- gazione qualsiasi o la lasciano supporre molto dubbia, contentan- dosi di constatarne il fatto. L' Agassiz. constatando che le testug- gini cominciano ad accoppiarsi ai sette anni e depongono le uova agli undici, crede « che la prima fecondazione non fa che deter- minare la crescenza ulteriore di un certo numero di uova, le quali hanno bisogno di una serie di fecondazioni successive per giungere al loro sviluppo definitivo ». In un suo discorso egli mostra 1' ana- logia fra la fecondazione ripetuta di uova di testuggine ed i feno- meni dell' eredità per influenza , asserendo che le sue esperienze sui cani dimostrano che la fecondazione di un ovulo può avvenire molto prima del suo sviluppo, che è solo lo stimolo di nuovi sper- matozoi che lo determina; è d' opinione che la fecondazione agisce su tutti i sistemi, specialmente sull' ovaia che viene modificata in tal guisa da un primo accoppiamento da lasciarne tracce negli im- pregnamenti ulteriori. E ciò d' altronde, per la prima parte, non può mettersi in dubbio, essendo risaputo che nella femmina dei mammiferi la fecondazione determina diflerenze notevoli nello svi- luppo e nella durata del corpo luteo. Claudio Bernard dice: « Negli animali gli elementi riproduttori « non si uniscono uno ad uno, abbisogna un certo numero di sper- « matozoi per un ovario unico. Esiste un minimum al disotto del « quale la fecondazione resta senza efllcacia. » « Le esperienze di fecondazione sui vegetali hanno condotto a. « risultati della stessa natura; l'abbassamento della quantità di pol- « line, al di sotto di un certo minimum, non dà luogo a nessuno « sviluppo, oppure solo allo sviluppo di un essere imperfetto. Di- « cesi allora che la fecondazione è incompleta ». « Coteste fecondazioni incomplete non pare abbiano richiamato « abbastanza 1' attenzione dei naturalisti. Forse potrebbero fornire « la spiegazione di numerose particolarità interessanti, e fino ad « oggi inesplicate. Esse renderebbero conto, per esempio, del fatto « spesso constatato, che un accoppiamento anteriore faccia sentire « la sua influenza sui risultati di un concepimento ulteriore ». « Se ci fosse permesso di ragionare per analogia, ci afl'rette- « remmo ad accettare la realtà dell' eredità per influenza, anziché « rigettarla ». Il Marbaix poi ne dà questa spiegazione. Egli dice: « Si sa « che nello sviluppo di tutti gli animali le cellule si differenziano - Ili - « in guisa da formare due gruppi: il gruppo sessuale ed il gruppo « somatico ». « Cotesto cellule hanno un differente avvenire; le une si ag- « gruppano per formare i tessuti, gli organi; le altre resteranno « isolate ». « L' organismo racchiude così i due tipi dell" animalità : il tipo « protozoario rappresentato dalle cellule sessuali: il tipo meta- « zoario rappresentato dalle cellule somatiche. Ora T osservazione « dimostra, che esistono intimi rapporti fra questi due tipi. È cosi « che diventano ereditarli i caratteri nuovi acquisiti dalle cellule « somatiche sotto l' influenza dell' ambiente; e nello stesso modo fu « dimostrato da Darwin che le cellule sessuali esercitano un' azione « sulle cellule somatiche, e si può benissimo concepire che le mo- « dificazioni così subite delle cellule somatiche si ripercuotano sulle « cellule sessuali in modo da cambiarne l'orientamento ». Ed il Prof. Baron di Alfort ha queste opinioni. 1." E certo che in virtù del principio di continuità non si com- prenderebbe facilmente che la fecondazione dell'uovo fosse una tra- sformazione brusca. Lo spermatozoo non ha il monopolio dell' im- pulsione fecondatrice ; entrando nell' ovulo trova già 1' opera inco- minciata dalla vescicola embriogena di Ralbiani, un vero agente prefecondatore. 2." Abituati a considerare V inizio del processo evolutivo come risultato di ripetute azioni, la fecondazione definitiva o volgare po- trebbe definirsi l' integrale di tutte le fecondazioni differenziali, pro- vocate ciascuna da un fattore infinitesimale. 3." Restando sempre nell' a priori, Claude Bernard disse : « un' altra sola supposizione mi sembra possibile, quella della conservazione prolungata di qualche spermatozoo in un punto delle vie vaginali della femmina. Una riserva di questo genere è stata constatata in un gran numero di animali, per esempio nelle api, e in altri insetti nei quali lo sperma del maschio è conservato dalla femmina ed adoperato successivamente ». 1.° Si sa che la gallina, separata dal gallo continua a deporre parecchie uova feconde e suscettive di schiudere. 11 numero di que- ste uova, deposte successivamente, è di sette. Bisogna dunque am- mettere, che una sola unione sessuale fecondi circa sette uova, le sette uova più mature , quelle che sono nella migliore condizione per ricevere l' impressione fecondatrice. Ma siccome l' ovaia della gallina contiene uova in tutti i gradi di evoluzione, ne segue che, verosimilmente, il fenomeno non ha una limitazione brusca, e che. — 112 — accanto ai germi del tutto prosperati se ne trovino altri pei quali la fecondazione non ha potuto essere che frammentaria. 5." Un altro caso potrebbe presentarsi: le uova fecondate po- trebbero arrestarsi temporaneamente nella loro evoluzione senza il benefizio della impulsione fecondatrice. In altri termini una gallina coperta e realmente fecondata, sarebbe capace di deporre un uovo fertile, molto tempo dopo il periodo normale. Coste ha infatti di- mostrato che il granchio comune {Cancer moenas) si accoppia su- bito dopo la muta, cioè quando 1' ovaia è ridotta di volume, q^uasi atrofica. Un mese e mezzo dopo F unione sessuale , le uova non sembrano aver subito la menoma modificazione, e pertanto lo sper- ma vi è penetrato. Solamente dopo altre sei settimane lo sviluppo •incomincia. Ed il Darwin: «L'analogia coli' azione del polline straniero suir ovario , sugli involucri seminali e su altre parti della pianta madre, sostiene fortemente l'idea, che negli animali l'elemento maschile agisce direttamente sulla madre, e non per mezzo dell'em- briene incrociato ». Pensa che la dottrina dell'infezione materna possa spiegarsi con quella della Pangenesi che alla sua volta è una ipotesi per quanto splendidissima e confortata da molti dati di fatto. Il Lemoigne dice che la teoria dell'infezione materna si po- trebbe'spiegare con la sua dottrina della neuralizzazione. Come si vede v' è chi accetta i fatti e chi no, chi vi trova una spiegazione e chi un'altra, e chi si lascia trasportare dalla- fantasia al punto di dare ad osservazioni fisiologiche una latitudine ed un valore che non possono trovare se non nel campo delle supposi- zioni. Per conto mio sono convinto che la fecondazione determina nei mammiferi e più specialmente nel!' nomo , modificazioni su tutti i sistemi della femmina , è ovvio sulle ovaie, come sulle mammelle, ma anche suU' intero organismo, ed è agevole infatti quasi sempre conoscere se una donna abbia avuto dei figli con una semplice ispe- zione, senza che se ne senta il bisogno di un esame minuto. Il difficile ora sta non tanto nel voler spiegare come queste modificazioni avvengano, ma come e perché esse possano dar luogo, in molti casi, all' eredità per influenza. E poi resta a domandarsi la ragione perchè questa ereditarietà per influenza si avveri nel se- condo 0 successivi figli, e non nel primo di un secondo accoppia- — 113 — mento, o perchè si avveri, anche quando un primo accoppiamento 0(1 una prima fecondazione non abbia avuto luogo. Che il primo figlio, ed i successivi anche, di un secondo letto rassomiglino al primo marito della madre è spiegabile con qualcuna delle ipotesi emesse dagli autori succitati , e particolarmente con quella del Darwin che ammette non solo le modificazioni sull'or- ganismo materno , ma 1' azione della Pangenesi , e dico fino ad un dato punto, perchè vi debbono concorrere altri elementi. Che 1' uovo sia fecondato e che abbia bisogno di altri spermatozoi per svilup- parsi , nelle attuali condii^ioni della scienza non è ammissibile , e cadrebbe cosi l'ipotesi dell" Agassiz e di CI. Bernard; mentre, alla loro volta , sono sotto parecchi riguardi accettabili le spiega- zioni date dal Lemoigne, dal Marbaix e dal Baron. Ma quale spiegazione dobbiamo trovare agli altri fatti, nei quali 1' ereditarietà per infiuenza va, sarei per dire, a salti, non avverandosi nel prima figlio di un secondo accoppiamento ? In tutte le questioni scientifiche credo che non bisogna essere esclusivisti ed avvalersi di un solo elemento nella spiegazione di qualche fenomeno, che, invece, bisogna avvalersi di tutto ciò che si presenta, poiché talora ciò che a prima vista pare che sia di nes- suna importanza può assumere un valore non trascurabile. Tra le spiegazioni addotte alla teoria dell' infezione materna^ quella di Agassiz e l'altra di CI. Bernard, sebbene fondate su dati zoologici e fisiologici, sono da proscrivere , perchè questi dati non sono esatti e non possono produrre quindi gli effetti supposti. La spiegazione data dal Marbaix, o io ra' inganno o deve essere as- solutamente così , può essere esatta, trattandosi di ereditarietà di- retta , non di ereditarietà per influenza ; è vero che egli dice che diventano ereditarli i caratteri nuovi acquisiti dalie cellule soma- tiche sotto l'influenza dell'ambiente, ma nel caso nostro ciò determina il fatto , non lo spiega , poiché viene spontanea la do- manda : perchè e come 1' ambiente determina caratteri nuovi ? e bisogna restringere il concetto di ambiente da limitarlo ad un pri- mo accoppiamento ? — Che dire poi dell' idea del Bernard intorno alla conservazione prolungata di qualche spermatozoo nelle vie va- ginali della femmina.^ Ciò, se pure è constatato nelle api ed in altri insetti, non lo è nei mammiferi certamente e subordinatamente poi lino al punto da durare molti mesi. Se ciò fosse vedremmo le ca- valle partorire una seconda volta senza accoppiamento , e , mi si conceda, anche la donna. E ciò non si è mai avverato. Altrettanto devo dire delle spiegazioni del Baron e di tutte le altre che hanno il torto di essere fondate su osservazioni fatte sopra animali infe- 8 — 114 — riori, nei quali non sappiamo, tranne che per le galline, se esista 0 no la ereditarietà per influenza. Il Darwin è più conciso, ma dice più degli altri, ond' è ch'io credo che invece di ricercare nuova spiegazione bisognava svilup- pare meglio nei suoi dettagli quella del Darwin e correggerla , al caso , nei suoi difetti. Per lui è una idea che 1' elemento maschile agisca direttamente sulla madre e non per mezzo dell' embrione in- crociato , idea che espone sotto una forma tanto modesta da pa- rere di poca importanza. Ma se ciò sta nel campo delle ipotesi per ciò che riguarda gli altri animali , bisogna convenire che non è ipotetico per 1' uomo , nel quale tutti i giorni vediamo quanto in seguito alla vita comune del matrimonio, si modifichino i carat- teri dell' uomo e della donna. E possiamo noi supporre oggi, che la psicologia è fisiologia ed è sperimentale , una modificazione di ca- rattere non preceduta da quella dell' intero organismo ? Queste mo- dificazioni dell' intero organismo devono certo procedere dalle me- desime cause e dai medesimi elementi che ci danno la pangenesi. Nel fenomeno in parola noi non possiamo scompagnare il fatto ma- teriale dal fatto psichico per tante ragioni, principalissima quella che è impossibile , a voler seguire le moderne dottrine di filosofìa scientifica , non credere che 1" intelligenza sia un risultato dell' or- ganizzazione. Su due fatti, che in apparenza sembrano estranei al soggetto, mi permetto rivolgere l'attenzione, vale a dire, sulle voglie ma- terne 0 sui colori simpatici degli animali. La questione delle voglie materne è molto studiata e molto discussa, ha dei sostenitori e, naturalmente, ne ha che la combat- tono. Tra gli altri non ci crede il Darwin , poiché riferisce aver detto a suo padre un medico che dietro una inchiesta su gran nu- mero di donne, fatta in sale di maternità, il risultato era stato ne- gativo. E difatti così è stato per altri e cosi deve essere quando s'interroga una donna, dopo partorito, che cosa le abbia fatto più impressione durante la gravidanza. Io credo bene che gran parte , la maggior parte forse di quelle che si dicono voglie materne, siano 0 caratteri patologici dei tegumenti esterni o caratteri atavici, ma non posso disconvenire, per esperienza propria, chele voglie ma- terne realmente esistano, che un intenso desiderio in una donna incinta possa produrre l'aborto, che i desiderii ed i gusti spesso sono pervertiti duraate la gravidanza, che ove non si avveri l'abor- — 115 — to, si hanno in tali casi nella donna fenomeni nervosi che danno da pensare al medico più provetto. Assodato il fatto che in una donna incinta si trovi l'organismo meglio disposto a ricevere più intensamente le impressioni , il si- stema da tenersi nel fare una inchiesta non dovrebbe essere quello riferito dal Darwin, ma un altro da me usato e che, posso dire fin d'ora, mi ha dato risultati soddisfacenti, ed è stato quello d'inter- rogare le donne incinte prima di partorire se abbiano o no rice- vuto forti impressioni, tali da cagionar loro un malessere non tra- scurabile, e poi domandare quali siano state queste impressioni; in tal caso il risultato dell'inchiesta sarebbe tutt'altro che negativo. È certo dunque che i desiderii intensi e prolungati possono produrre o minacciare 1' aborto; sono certi molti tatti di voglie materne ai quali non può darsi spiegazione da prendersi dall' atavismo ; se pure non voglia darsi importanza al fatto volgare che s' incontra presso molti popoli che evitano di far vedere individui storpii a donne incinte e che mettono nelle camere di giovani spose le più belle pitture di bambini, perchè esse col continuo vederli concepi- scano tigli che li somiglino. Ma di ciò mi occuperò altra volta quando avrò raggiunto un numero maggiore di osservazioni. In base a. quelle che ho fatto però ed a quelle riportate da autori degni di fede ed ai loro pareri, si può asserire che le impressioni prodotte sulla psiche determinano durante il concepimento, a preferenza, od i primi mesi della gravidanza, nuovi caratteri nel feto; idea questa importante a dar ragione delle teorie della neogenesi. La questione dei colori simpatici negli animali è accettata da lutti: fra gli altri, oltre del Darwin, ne hanno trattato il Wei- smann (1), il Lubbock Bart (2), il Girard (3), il Pavesi (4) , il Canestrini (5), il Seidlitz (6) e tanti altri molti; essa consi- ste nella facoltà che hanno taluni animali di prendere tali colori da confondersi con le piante verdi, con le foglie secche, ecc. Que- sti colori talora « attirano gì' insetti pronubi , talaltra attirano gli « uccelli, perchè dilìbndano i semi, o destano timore o avversione , (1) Studien zur Descendez— Theorie. Liepzig 1876. (2) Dulleliìi de la Sociélc cV cludes scienlifiques do Lyon. Tom. Ili 1S7S. (3Ì La Nature. 1878. (4) Atti della Società Italiana di Scienze Naturali. Voi. XVIII. (5) La Teoria dell'Evoluzione. 7(977 — La Teoria di Darwia <:riticainente esposta. 3/i7a/io J880. Nella Traduzione dell'Origine delle Specie del Darwin. Nota XXVI a pag 467 . (6) Beitriige zur Descendenz -Theorie. Leipzig, 1876. — 11(5 — « oppure proteggono l'animale coli' uniformarsi all' ambiente in cui « esso vive (1) ». Ora, domando io, come, e perchè l'animale ac- quista queste qualità per avere nuove attitudini ? — E il caso o al- cun che d'intellettivo che esiste nell' animale e che lo mette in condizione di desiderare, e di aver desiderato ciò per milioni e mi- lioni di generazioni , che determina queste attitudini nuove ? Cer- tamente la materia si adatta all' ambiente ed in ciò noi vediamo alcun che d' intellettivo che emana dalla materia istessa, alcunché d'intellettivo destato dal bisogno di protezione (Sergi, Morselli), sia che questi esseri abbiano forme e colori che li facciano rassomi- gliare a minerali e piante fra cui vivono, sia che queste forme non siano loro caratteristiche, ma le assumono nel momento del peri- colo. Che qui entri in campo la volontà dell'animale o alcun che di astratto che noi non sappiamo definire se non con la frase di lotta per 1' esistenza, facoltà acquisita dalla materia dopo chi sa quanti secoli, è certo. Prendono gli animali il colore dell' ambiente, e sia; ma in qual modo in tante generazioni, come spiegare l'attitudine nel cambiar forma e colore se non col fatto di una facoltà psichica in istretto- rapporto con lo stato fisico ? Solleverei un'altra questione se a quest'ora fosse stata ben discussa ed appianata, quella della suggestione e dell' autosuggestione, vale- volissimo argomento per spiegare i fatti di ereditarietà per influen- za, e quindi anche la teoria delle voglie materne; ma mi limito ai fatti succitati, donde risulta evidentemente che le impressioni avute o ricordate durante la gravidanza possono riprodursi nel feto, e che vi sia tale rapporto fra la psiche e 1' organismo animale da essere possibile la determinazione di modificazioni in esso organismo od in una sua parte, quale sarebbe da considerarsi il feto, per qualunque vincolo fisico, sia solo di sangue, sia esso legato alla madre. É solo in questo modo che possono spiegarsi i fatti dell' eredi- tarietà per influenza, sia per mezzo della splendida dottrina della Pangenesi, sia, in molti casi, con l'impressione psichica. Posso dire di più ed è un fatto da me assodato, che si avvera cioè questo ge- nere di ereditarietà quando le donne si ricordino bene e con affetto (1) Canestrini. La Teoria di Darwin criticamente esposta. pag. 24iì. — 117 — del loro primo marito o di una persona che abbia intensamente amata, o (li qualche carattere, tale da lasciare profonda impressione, da esso posseduto. Che possa dire altrettanto degli altri animali è diflicile a prima vista, eppure se si considera il primo accoppiamento per essi deve essere un fatto che debba lasciare grande impressione e duratura, se si considera di quanta intelligenza sono forniti quelli degli scalini più bassi della scala zoologica al punto da desiderare di cambiar forma o colore, e riuscirvi, per proteggersi contro le insidie di tutto ciò che loro possa essere nocivo , è agevole il persuadersi che in essi avvenga lo stesso che nella specie umana. Quanta dottrina in- consciente nei contadini del mezzogiorno d'Italia che scelgono i mi- gliori stalloni per accoppiamento delle cavalle e dicono che esso è che determina la forma del figlio del primo parto e dei successivi. La teoria dell'infezione materna ha bisogno di essere ancora studiata e discussa; essa però é innegabile; una spiegazione adeguata, neir attuale stato delle cose, bisogna cercarla oltre che nella teoria della Paugenesi, nelle facoltà psichiche degli animali, nelle loro in- tensità e potenza. Sulla interpretazione di alcuni fatti riguardanti rassimilazlone del carbonio. — Nota di M. Geremicca. (Tornata del 26 giugno 1892) Fra i diversi processi di assimilazione che si svolgono nelle piante, quello intorno a cui si crede di possedere maggior copia di cognizioni esatte è il processo dell'assimilazione del carbonio. Ma in realtà, facendoci dappresso a considerar bene le cose, è da convincersi che si rimane sempre nel campo delle ipotesi; ed anche per l'assimilazione del carbonio avviene, che se da una parte si conosce con tutta certezza qual' è il materiale primo adoperato dalla pianta e quali sono i numerosi composti che ne derivano, d' altra parte tutto quanto riguarda i processi biochimici che generano sif- fatti composti e tutto quel che si riferisce ai termini intermedii o di passaggio, onde si arriva ai composti finora noti, poggia tuttora sopra ipotesi. Scopo della presente Nota è duplice: 1." Rispondere ad alcune obbiezioni mosse alla teoria della formazione dell' aldeide formica nella cellula vivente. 2° Dimostrare l'insussistenza di una pruova — 118 — invocata dal Gautier per avvalorare la sua teoria della idroge- nazione e disidroffenazione della clorofilla. Sulla formazione dell' aldeide formica e del glucosio. Credo conveniente premettere un cenno sullo stato attuale della quistione. Come si sa, il materiale da cui il protoplasma vegetale ricava il carbonio necessario alla formazione dei diversi composti è l'ani- dride carbonica dell' atmosfera; l' istrumento, a dir così, per cui l'anidride carbonica vien decomposta è il pigmento clorofillico; la forza per cui questo agisce è rappresentata dalle radiazioni, e pro- priamente da quelle corrispondenti alla metà meno refrangibile dello spettro. Numerose teorie furono emesse per ispiegare il processo bio- chimico in virtù del quale, coli' intervento della clorofilla e delle radiazioni, a partire dall' anidride carbonica e dall' acqua si arriva ad un primo idrato di carbonio di costituzione ben definita. Secondo vedute più antiche, 1' anidride carbonica si decompor- rebbe in carbonio ed ossigeno, l' ossigeno verrebbe emesso ed il carbonio si combinerebbe direttamente all'acqua, generando un primo idrato di carbonio dalla formola C^H'^O^, il quale sarebbe di tutto punto l'amido. Ma, se questa teoria ci dà modo di spiegare il fatto costante, che il volume cioè di ossigeno emesso dal parenchima clorofillato sotto r azione della luce è uguale a quello dell' anidride carbonica assorbita, ijon ci dà spiegazione di un altro fatto, non meno inte- ressante: che cioè non sempre comparisce 1' amido nella cellula a clorofilla, ma spesse volte è il glucosio quello che si mostra come prodotto della funzione clorofìllica. Ecco perchè oggi s' inclina a credere che sia piuttosto il glucosio quello che si formi da principio. E d' altra parte, essendo stata dimostrata nelle cellule di un grandissimo numero di piante clorofillate 1' esistenza di alcune so- stanze riduttrici, riferibili all' aldeide formica, si ha ragion di cre- dere che il primo composto dovuto all' assimilazione del carbonio non sia veramente il glucosio, ma piuttosto 1' aldeide formica (CH*0). Non credo necessario dover qui ricordare come dall' aldeide formica per polimerizzazione si passa all' oxìmetilene (C^H^O'), e da questa, come ha dimostrato il Renard, ad un composto (C*H'*0*j, che ha la stessa formola dei glucosii, ed è appunto come questi una — 119 — sostanza zuccherina e sciropposa, che riduce il liquore di Fchling ed il nitrato d' argento; né in qual modo il Loew, partendo dal- l' aldeide formica, abbia ottenuto per condensazione la mefilenitana (C^^H'^O'), che ben a ragione egli ha considerato quale uno zucchero, quantunque non sia fermentescibile col lievito di birra; né final- mente, per tacermi d' altri fatti, come il Reinke ed il Mori hanno dimostrato che la prima sintesi del carbonio sia appunto un' aldeide e probabilmente la formica. Ho voluto, per altro, accennare qualche fatto per ricordare co- me r ipotesi della formazione dell' aldeide formica non sia gratuita, come qualcuno ha supposto, ma poggiata invece sopra fatti incon- trastabili, messi in luce dagli studii di osservatori coscienziosi. L'aldeide formica dunque, essendo isomera dei glucosi, può dare origine benissimo, per semplice polimerizzazione, dapprima agli zuccheri e poi a tutti gli altri idrati di carbonio, fino all'amido ed alla cellulosa. È da notare però che 1' aldeide formica è un prodotto molto instabile non solo, ma, come tutte le altre aldeidi, funesto alla vita delle piante, anche in piccole quantità; e perciò esso viene utilizzato, dalla pianta a misura che si produce, trasformandosi nei diversi termini di quella serie d' idrati di carbonio, i quali menano al glucosio, ma che sfuggono, e forse per sempre, alla nostra osser- vazione. Ma, 0 che nasca dapprima 1' aldeide formica e poi da questa il glucosio , 0 direttamente il glucosio, è ammesso quasi da tutti che il primo prodotto dell'assimilazione del carbonio, piuttosto che l'a- mido, sia un composto della formola CH*0, a molecola più o meno condensata. E vediamo in che modo se ne spiega la formazione. Oggi la completa decomposizione dell' anidride carbonica non si può più ammettere; si ha ragione invece di credere che si tratti piuttosto di un processo di riduzione, per cui 1' anidride carbonica perdendo un atomo di ossigeno si riduca ad ossido di carbonio. D'aL tra parte l'esperienza ha dimostrato che l'ossido di carbonio sotto l'azione della luce e della clorofilla non é decomponibile: esso é im gas inerte per la vegetazione, come 1' azoto e 1' idrogeno. Ritenendo però l'ossido di carbonio quale punto di partenza per la formazione dell' idrato di carbonio, si dovrebbe sviluppare nella funzione clorofillica metà dell' ossigeno che in fatti si svolge. E non volendo rigettare l' ipotesi della riduzione dell' anidride car- bonica in ossido di carbonio, come quella che é più vicina al vero, per trovare spiegazione al fatto della emissione di un volume di — 120 — ossigeno uguale a quello dell'anidride carbonica assorbita, si può ammettere l'esistenza nella pianta di un'altra sorgente di ossigeno, mercè la decomposizione di qualche altro corpo: e quest' altro corpo non può essere altrimenti che 1' acqua. E propriamente, secondo il Boussingault, l'acqua sarebbe decomposta, per opera della clorofilla, dalle stesse radiazioni che decompongono 1' anidride carbonica. Procedendo, secondo questa teoria, di pari passo la riduzione dell* anidride carbonica e la decomposizione dell' acqua, può formarsi tanto r aldeide formica, quanto il glucosio. Nel primo caso, 1' ossido di carbonio derivante da una molecola di anidride carbonica si com- binerebbe all' idrogeno derivante da una molecola di acqua e si avrebbe così la m^olecola CH^O. Nel secondo caso, 1' ossido di car- bonio derivante da 6 molecole di anidride carbonica si combinerebbe all' idrogeno di 6 molecole d' acqua e si avrebbe in tal modo la mo- lecola C^'H'^O''. I quali due processi sono indicati dalle seguenti equazioni : 1." Formazione dell'aldeide formica: C02 — 0 = 00 H^O — 0 =2H CO + 2H = CH'^O 2. Formazione del glucosio: 6C02 — 60 = 6C0 6H^0 — OO = 12II 6C0 -f 12H = C«H"-0« Ma due gravi obbiezioni si fanno a questa teoria. In primo luogo sorge spontanea la domanda : Se 1' acqua è de- composta dalle radiazioni per mezzo della clorofilla, perchè non lo è anche quando manca l'anidride carbonica? Ed in secondo luogo, perchè la decomposizione dell' anidride carbonica va di pari passo con quella dell' acqua, impiegandosi ugual numero di molecole dell'uno e dell'altro corpo? A queste due obbiezioni ho cercato di dare una risposta plausi- bile; accettando la quale, mi sembra eliminato il bisogno di scar- tare una teoria, che sopra tutte le altre ha il vantaggio di mettere in armonia diverse cose, quali il fatto della riduzione dell' anidride carbonica in ossido di carbonio, la decomposizione dell' acqua, la emissione di un volume di ossigeno uguale a quello dell' anidride carbonica assorbita, la formazione del glucosio o dell'aldeide formica. — 121 — 1.° Perchè la decomposizione dell' acqua non avviene anche quando, essendovi sempre la clorofilla e le radiazioni, manca l'ani- dride carbonica? A me sembra potersi ammettere che la decomposizione dell'ac- qua non sia dovuta alla clorofilla, ma invece alla ben nota pro- prietà riducente dell'ossido di carbonio; e quindi, allorché la for- mazione di questo si arresta per mancanza di anidride carbonica, si sospende anche la decomposizione dell' acqua. Ammesso questo principio, le cose si passerebbero nel modo seguente : Una molecola di anidride carbonica assorbita dall' ambiente vien decomposta dalla clorofilla^ sotto 1' azione della luce, in ossigeno ed ossido di carbonio: l'atomo di ossigeno si mette in libertà e la mo- lecola di ossido di carbonio aggredisce una molecola d'acqua, ne riduce l' idrogeno ed impossessandosi dell" atomo di ossigeno ritorna ad anidride carbonica. Questa è parimenti decomposta dalla cloro- filla in ossigeno ed ossido di carbonio; 1' atomo di ossigeno è messo in libertà, e la molecola di ossido di carbonio si combina ai due atomi d' idrogeno derivanti dalla molecola d'acqua precedentemente decomposta e si genera cosi il composto CH^O. In quanto poi al composto C*H'^0®, esso potrebbe formarsi in due modi: o per condensazione di CH*0, o pure direttamente, am- mettendo che non una, ma 6 molecole di anidride carbonica agi- scano su tì molecole di acqua. Come vedcsi, il processo indicato consta di due fasi, che si pos- sono riassumere cosi : 1.* Fase: CO- è decomposto dalla clorofilla in COH-0: 0 é eliminato. CO agisce su H^O e si ha CO l-H20=C02-j-2H 2.* Fase: CO- è decomposto dalla clorofilla in C0--0; 0 vien eliminato. CO si combina a 2H e si ha COn-2H = CH20 Notisi che per ogni molecola di CH^O s' impiegano una mole- cola di acqua e due molecole di anidride carbonica; ma di queste ultime, una sola vien ricavata dall' ambiente, 1' altra invece nasce — 122 — nella cellula stessa per ossidazione della molecola di ossido di car- bonio derivante dalla riduzione della prima molecola di anidride carbonica. Ed inoltre fo rilevare che per ogni molecola di anidride carbonica assorbita vi è emissione di 2 atomi di ossigeno, uno dei quelli deriva dalla decomposizione dell' acqua. Ammettendo tutto ciò, cade anche la seconda obbiezione. Ed a me sembra che quanto ho detto non sia meno ammissibile di quel che ipoteticamente si dice per ispiegare la formazione di un qua- lunque idrato di carbonio, mediante la completa decomposizione dell'anidride carbonica e la successiva combinazione del carbonio agli elementi dell' acqua. 2." Perchè la decomposizione dell' aequa va di pari passo con quella dell'anidride carbonica? Se si ammette che la decomposizione dell' acqua sia dovuta al pigmento clorofillico per opera della luce, non si saprebbe che ri- spondere a tale giusta obbiezione. Ritenendo invece che la decompo- sizione dell' acqua sia operata dall' ossido di carbonio, come innanzi si è esposto, ne viene come conseguenza legittima che per ogni mo- lecola di anidride carbonica che si decompone si debba decomporre una molecola d' acqua, e quindi la decomposizione dell' un corpo non può non procedere di pari passo con quella dell' altro. II. A proposito della teoria del Gautier sul modo di funzionare della clorofilla. L' azione del pigmento clorofillico nel lavorio di assimilazione ■ del carbonio può essere anche considerata come un processo di ri- duzione mediante 1' idrogeno. Ed eccoci alla teoria di Gautier. Quest' osservatore ammette che il pigmento clorofillico, alter- nativamente, guadagnando idrogeno diventa clorofilla bianca, e disidrogenandosi diventa clorofilla verde. L'assorbimento della luce da parte della pianta mette a sua disposizione una certa quan- tità di forza viva, la quale si trasforma parzialmente in calorico di vaporizzazione, nello stesso tempo che permette alla clorofilla di decomporre 1' acqua che impregna il cloroleucito e far sì, che l'idro- geno nascente spieghi la sua azione riduttrice. Quest' idrogeno agi- rebbe suir acido carbonico idrato e deossidandolo in parte lo ridur- rebbe fin dal bel principio in acido formico, dando fuori una mo- lecola d' acqua: H*CO^+2H=H^C02- H»0 — 123 — E seguitando il processo di riduzione, per opera sempre della clorofilla idrogenata, l'acido formico passa ad aldeide formica: H2C0- -f 2H = H*CO-f H^O: mentre la clorofilla seguita ad idrogenarsi per menare innanzi il processo assimilatorio; nel quale, per arrivare dall' anidride carbo- nica al glucosio, si percorrono i seguenti termini: anidride carbo- nica, acido carbonico, acido formico, aldeide formica, glucosio. Il Gautier ammette altresì che la clorofilla idrogenata non solo riduca 1' acido carbonico idrato normale, ma ancora qualunque as- sociazione di acqua e di acido carbonico, che possa formarsi nel laboratorio del protoplasma. Questa teoria ingegnosissima crede di avere un appoggio non ispregevole nel fatto seguente: che la traspirazione delle piante procede proporzionalmente alla decomposizione dell'acido carbonico, e che la luce gialla, la quale determina il maggiore svolgimento di ossigeno, è causa ancora, sotto uguale temperatura, della maggiore esalazione di vapore acqueo. Ma in verità 1' aumento di traspirazione coincidente con la mag- gior quantità di luce assorbita ha tutt' altra origine, che nell' au- mentata produzione di acqua per opera delle reazioni chimiche in- nanzi indicate. Come viene ammesso comunemente, la clorofilla as- sorbendo le radiazioni luminose le trasforma in lavorio termico, pel quale ultimo la tensione dei vapori nell' interno della pianta si ele- va in modo, da vincere più facilmente la pressione esterna e pro- durre quindi un' abbondante traspirazione. Né credo si possa dare altra spiegazione: o se pure si vuol ricorrere a qualche interpre- tazione diversa da quella comunemente ammessa, a me sembra che in verun modo si possa far derivare l' aumentata produzione del- l' acqua dal combinarsi dell' idrogeno emesso dalla clorofilla idro- genata coir ossigeno dell'acido carbonico. E ciò perchè, se da una parte si ha produzione di acqua proporzionale all' intensità della fun- zione clorofillica e quindi all' intensità luminosa, dall' altra parte vi è decomposizione di acqua per opera del pigmento clorofillico; il quale, come sopra si è detto, funziona appunto idrogenandosi e di- venendo clorofilla bianca. E basta dare uno sguardo alle equazioni già riportate per ac- corgersi che la produzione dell' acqua e la sua decomposizione si fanno equilibrio, In fatti, per ogni molecola di aldeide formica che si forma sono impiegate tre molecole di acqua, e propriamente una prima mole- — 124 — cola per trasformare CO^ in H2C0^ una seconda molecola per for- nire r idrogeno necessario per togliere un atomo di ossigeno da H'CO^ e trasformarlo in H^CO^ , ed una terza molecola per dare l'idrogeno necessario a togliere un altro atomo di ossigeno da H^CC e ridurlo in CH^O. E contemporaneamente si producono due mole- cole d'acqua: una quando H^CO^ passa ad H^CO- e l'altra quando quest' ultimo diventa CH^O. Ma tre molecole di acqua sono impiegate, due sono messe in libertà, si perde dunque per ogni molecola di aldeide formica una molecola d' acqua. Il risultato ultimo si è, che non solo non si pro- duce acqua, ma ne vien consumata una molecola per ogni mole- cola di aldeide formica che nasce. Ed è perciò che 1' aumentata emissione di vapore acqueo, cor- rispondente alla maggiore intensità della funzione clorofillica, sem- bra più conveniente seguitare ad ascriverla alla maggior quantità di radiazioni luminose assorbite ed alla loro trasformazione in ca- lorico di vaporizzazione. Contribuzione all'embriologia degli Echinodermi e sviluppo dell' Asterias glacialis 0. F. Miiller, dal- l'uovo alla Bipinnaria di A. Russo, (Tav. II). (Tornata del 26 giugno 1892) Le difficoltà che s' incontrano nello studio dello sviluppo di qucr sti animali, abbastanza note , imperocché connesse alle abitudini delle larve che mal si allevano nei bacini dell' acquario, han fatto si che le ricerche finora esistenti siano principalmente incomplete. Le conoscenze che si hanno sullo sviluppo delle larve degli Echinodermi, massime per opera di Metschnikof f (9) e di J. Miiller (11) riguar- dano le larve sia da poco sia bene sviluppate, le quali però in gran parte non furono ancora identificate. A. Agassiz (1) ciò non ostante fece uno studio completo sullo sviluppo AelV Asieracanihion pallidus Ag. con un materiale avuto direttamente dal mare. Egli ha però identificato tutti gli stadii per esclusione, in quanto che , vivendo in quelle acque due sole specie: 1' Asteracanthion pallidus Ag. ed il òerylinus Ag., non essendo il secondo nel periodo di maturità e non avendo quindi deposto le uova, le larve rinvenute dovevano pro- babilmente essere del primo che era nelle volute condizioni. — 125 — I problemi però, che da poco tempo destano il più grande inte- resse, riguardanti, cioè, i primi momenti dello sviluppo, hanno avuto soltanto in questi ultimi anni il maggiore svolgimento e su ciò non mancarono molti ricercatori per gli Echinodermi come che essi per tali studi più che altro gruppo di animali si prestassero. Scopo precipuo delle mie ricerche è stato lo sviluppo dell'^s^e- rias glaciali^ 0. F. MùUer, però, nel corso di questi studii mi è stato necessario estendere le indagini in altri tipi di Echinodermi e ciò per avere prova maggiore di quei fatti che sarò per esporre. Per procurarmi il materiale da studiare mi son giovato sia della fecondazione artificiale, che facevo in grandi bicchieri dai quali gior- nalmente a più riprese veniva mutata l'acqua di mare, sia dell'aM/- ti-ieb nel quale per più mesi ho fatto delle ricerche. Entrambi i me- todi, però, non forniscono tutte quante le fasi necessarie, essendo che dalla fecondazione artificiale si hanno solamente quegli stadii fino a che la forma larvale non si è da poco accennata, mentre nel- V aufli'ieb, che vien raccolto nel Golfo di Napoli, le larve degli Aste- ridei sono rarissime. Segmentazione, origine e funzione del mesenchima, forma- zione del mesoderma e delle vescicole vaso-peritoneali. Sul modo come si compie la segmentazione negli Echinodermi il Selenka (ij fece nei diversi tipi uno studio comparativo e da questo risulta che nella Synapta e nelle altre Oloturie si ha una segmentazione regolare, nelle Ophiure (.\sterie ) pseudorego- lare, negli Echinidi una segmentazione eguale con differenzia- zione polare, cioè che mentre il polo animale o aborale si seg- menta in modo da formare quattro cellule apicali (Scheitelzellen) il polo vegetativo od orale segue un ritmo tutto affatto diverso. Il Fleischmann [2), col suo studio sullo sviluppo deWEchinocar- dium coì'da/uM, ci presenta un altro tipo di segmentazione, che non si discosta però molto da quello degli Echinidi. La segmentazione da me studiata nell'yii/erms glacialis si svolge in modo alquanto diverso dai tipi già descritti, avvicinandosi però, a quello delle Opìiiure i Ophioglypha lacertosa Lira. ). Dopo un tempo non mai minore di 4 ore, da che le uova furono unite con (1) Studien ùber die Entwicklugsgeschichte der Thiere. 2. Ileft. Die Keimblatter der Echinodermen. Wiesbaden 1883. (2) Die Entwicklung des Eies von Echinocardium cordatuin. Zeitsch. f. iviss Zool. Bd. 47, 1888. — 126 - gli spermatozoi, già in quelle apparisce il primo nucleo di seg- mentazione. I tre primi piani sono fra loro normali ed inclinati di 90° : il primo passa per 1' asse (fig. l.*), il secondo per l'equatore (fig. 2.^ e 3.^), il terzo per un meridiano (fig. 4.*). Da questo momento in cui si hanno otto sfere di segmentazione uguali fra loro, il ritmo si muta e diviene diverso nei due emisferi: orale ed abo- rale: i quattro blastomeri posti nel primo si segmentano più rapi- damente, così che, come fu nella fig. 5.'' e 6.* rappresentato, mentre essi sono in numero di 8-16, quelli posti nel polo aborale sono successivamente 4-8. La segmentazione nelle sfere poste nel polo vegetativo avviene per piani equatoriali, mentre in quelle poste nel polo animale per piani equatoriali e meridionali. Una tale segmentazione io posso numericamente rappresentare col seguente quadro in cui i numeri rappresentano le sfere di seg- mentazione e la loro posizione in rapporto ai due poli ed all' e- quatore. 4 8 16 32 polo animale 2-4 equatore ( 4 8 .16 32 ( 4 8 10 ;32 polo vegetativo Una morula nel senso di Haeckel , blastomeri, cioè, aggrup- pati intorno ad un punto centrale, non esiste ; imperocché subito le cellule si dispongono sulla membrana blastodermica per for- mare la vescicola dello stesso nome. Questa, prima che avvenga la invaginazione gastrulare, attraversa diversi stadii che tutti furono riprodotti dalla fig. T.'" alla 12.* Nei primi stadii della bla- stosfera, però, l'emisfero orale presenta elementi più piccoli, che in seguito in entrambi i poli han quasi la stessa grandezza, conser- vandosi sempre nel primo in maggior quantità. Nel polo orale, per il modo con cui si effettua la segmenta- zione, non esistono le cellule originarie del mesenchima, come ordinariamente avviene negli Echinodermi, soltanto in questo emi- sfero i blastomeri, aumentati considerevolmente di numero, for- mano uno strato molto spesso di cellule accumulate, mentre l'opposto emisfero è fatto da una sola serie. In questo tempo la blastosfera diventa ciliata, rompe la membrana blastodermica e nuota li- beramente, portandosi alla superficie dell' acqua. Allora, le cellule del polo vegetativo incominciano a scindersi, dando origine ad — 127 — altre cellule tondeggianti e di grandezza varia, le quali si spargono nella cavità blastocelica. Questi elementi rappresentano il co- sidetto mesenchima. Circa alla formazione ed alla destinazione di queste cellule le osservazioni molte che si hanno sono fra loro discordi, essendo che ad esse si è voluto dare un valore embrionale, che per la sua importanza va connesso alla formazione dei foglietti germinativi. Il Selenka, che su tale argomento fece il maggior numero di osservazioni sia sulle Oloturie {Holoihuria iubulosa, Cu- cumaria doliolum) sia su gli Kchinoidi {Styongylocenirotus lividus, j-:chinus milians, Arhacia pustulosa), stabilisce che il mesenchi- ma è destinato a formare la muscolatura circolare dell'' in- testino e della cute. Queste osservazioni io ho creduto tanto importanti a sottomettere ad una ulteriore ricerca, in quanto che esse furono dagli Hertwig [\) prese a modello nella formazione della loro classificazione. Il Ludwig (2) ultimamente però, in una pubblicazione preli- minare, nega la presenza di un mesenchima nel senso attribuito- gli dal Selenka, e ciò per studii fatti sulla stessa specie di Olo- turia {Cucumaria plancia. Il Ludwig con questa pubblicazione non dà ulteriori schiarimenti in tal proposito. Dalle ricerche del Metschnikoff risulta che 'o.qW Asiropec- teyi penlliacantjius il mesenchima vien formato dalle cellule poste nel fondo dell' archenteron. Queste cellule, cioè, emettendo l»scudopodi e scindendosi, migrerebbero nel blastoceloma. Dalle mie osservazioni invece, riguardanti lo sviluppo AoWAste- j-las glaclalis, come in serie fu rappresentato nelle fig. 11, 12, 13, li, 15, mi si rende chiaro che le cellule del mesenchima, pur originandosi dal polo vegetativo della blastula, prima che av- venga r invaginazione, compiono una funzione ben diversa da quella che i precedenti osservatori gli avevano attribuito. Queste cellule, infatti, dopo che abbondantemente si sono formate (fig. 11.^) a poco a poco, a misura che si va avanti nello sviluppo, si vedono diminuire di numero fino a che in un' ultima fase non scompariscono comple- tamente. Tutto ciò io ho seguito sia a fresco, sia facendo delle se- zioni, col quale ultimo metodo ho potuto chiaramente vedere che la distruzione di questi elementi avviene per disfacimento degli ele- l'I) Die Coelomtheorie. Versuch einer Erkliirung des mit- llto importante. Dallo Studio dell' ^(7as6r/2 ?,\ì\V Asif era- cani hi o a fialldus si rileva, però, che entrambe le vescicole sboccano all' esterno e che entrambe servirebbero a formare i sistemi acquo- vasco] ne, mentre le mie osservazioni si conformano a quelle del Metschn ikoff, che nel 09 avea sostenuto che l'idrocele si forma esclusiva:;iente dalla porzione superiore della vescicola sinistra molto ingrandita. Sviluppo e forma della larva. Ben presto wéiVAstei-ias gìacialìs , avvenuta che è 1' invagina- zione ùfdla gastrula, l'embrione comincia ad allungarsi (Fig. !&", 17*), me-tre in seguito, ripiegandosi, il fondo dell'intestino primi- tivo si avvicina alla parete ventrale (fig. 18*, 19*.). Il blastoporo allora si .olge anche da questo lato ed il tratto intestinale, prima di un egual calibro , forma due rigonfiamenti : uno inferiore o sto- maco, 1 altro superiore: esofago. La bocca primitiva a poco a poco SI restringe e da essa si va allo stomaco per un breve canale di diaiiH' ro molto stretto: intestino (fig. 18* int). In questo frat- tempo la parete ventrale , in corrispondenza dell' esofago , forma, un' invaginazione (fig. 19* inv), il fondo della quale con quf^lla si mette in intimi rapporti fino a fondersi (vedi fig. 29) per assottiglia- mento ('.1 quelle cellule che formavano il fondo dell'archenteron. L'apertura cosi formata costituirà la bocca della larva , che subito diviene n.olto larga e ciliata (fig. 21) , mentre questo primo tratto intestinale, (esofago; prima egualmente largo si rigonfia poscia in cor- risponde n^a dello stomaco. Primi, però, che avvenga la descritta invaginazione, superior- mente aìla bocca primitiva e traversai mente ad essa le cellule della parete v;;fitrale della larva si ispessiscono, diventando ciliare, e for- mando .o-ì un cordone: cordone preanale (fig. 19 ca). Formata che si è poi !a bocca, superiormente ad essa si costituisce un altro cor- done ciliìto parallelo al primo: cordone preorale (fig. 20), men- tre lateralmente e nel senso perpendicolare della larva ne compa- riscono aM i due. Questi, prolungamlosi inferiormente vanno ad unirsi al cordone preanale mentre superiormente si estendono per in- contrarsi sul termine del dorso. 11 cordone preorale si volge allora aache superiormente e le sue due branche si uniscono, cir- /joscrivendo un'area: area preorale (fig. 21.*apo). L'ordine con cui si sviluppano questi cordoni ciliati , che dal- — 132 — TAgassiz (1) nel suo studio suW A^fey^acanfhion l)eryìinus non è stato seguito, pare sia in rapporto alla formazione delle aperture della larva, dovendo i due cordoni orale ed anale regolare le cor- renti dell'intestino. I due cordoni laterali però a queste funzioni non contribui- scono, onde essi ben presto si sollevano formando due alette late- rali adatte per il nuoto. Arrivato a questo stadio le larve ottenute con fecondazione ar- tificiale, dopo aver vissuto immutate per alquanto tempo, acquistano una forma che a nessuna di quelle finora descritte si può paragonare. Esse certamente sono forme di degenerazione , intervenute per le inadatte condizioni di ambiente le quali modificano la forma della larva nel momento in cui essa sta per sviluppare le appendici che la caratterizzano. Le modificazioni subite dalle larve di Asterias glacialis per la costanza con cui si avverano meritano di essere riferite. Prima che ogni altro si atrofizza il cordone preorale, scomparisce l'area preorale ed immediatamente dopo la bocca si chiude. Allora l'inte- stino si allunga e l'ano da laterale si rende con l'intestino perpen- dicolare allo stomaco. In seguito i due cordoni laterali si atrofizza- no, mentre il preorale si distende, circondando il corpo della larva. Larva degenerata di Asteria.^ glafialis. cosi degenerata ed avente in tal modo la forma di una fiala o di - ■. a capovolta. Le due vescicole vaso-peritoneali simil- — 133 — inente si modificano diventando entrambe di eguale grandezza, mentre nella sinistra il canale petroso si atrofizza. Volendo continuare lo sviluppo bisogna ricercare nell* auftriel)^ però, non ostante le assidue ricerche, ben poche larve mi fu dato rin- venire e solo tra i mesi di Aprile e Maggio epoca in cui 1' Asteria è probabilmente nel periodo di maturità. Alcune di esse, riprodotte nella tavola, furono da me riferite bXV Asterias glacialis sia per la loro forma che facilmente si mette in rapporto con quelle ultime fasi ottenute per fecondazione artificiale, sia perchè con esse veni- vano spesso trovate fasi poco avanzate di sviluppo simili a quelle ot- tenute con la stessa fecondazione. Negli stadii successivi a quelli descritti ed avuti con 1' alleva- mento, incominciano a delinearsi le appendici che caratterizzano la BiiHìinaria. Mentre il cordone orale ed anale sporgono molto in avanti, nei due cordoni laterali si accennano tre prominenze (Gg. 32 a', a*, a') Seguendo la nomenclatura adottata dall'Agassiz chia- merò: a' braccio mediano anale, a' braccio dorsale anale, a^ braccio dorsale orale. Queste tre prominenze, da prima sullo stesso piano, in seguito (fìg. 33, 34, 35) acquistano quella direzione che le caratterizza. Lateralmente al cordone anale si formano, però, altre piccole appendici: a* il braccio ventrale anale, mentre nel cordone preorale se ne formano altre due: a^ brac- cio ventrale orale. Superiormente alla larva nel punto dove i due cordoni ciliati primitivi si sono uniti si formano altre due ap- l>eudici 0 braccia impari: il terminale dorsale ed il terminalo ventrale. Così costituita la Bipinnarla sia per il numero e disposizione delle appendici sia per la presenza di un'area preorale indipen- dente non può ad alcune delle forme larvali degli Echinodermi es- sere paragonata. Onde a me pare che le omologie volute riscontrare da J. Miiller (1) fra tutte le forme larvali di questa classe di ani- mali siano poco fondate, e principalmente per la presenza nel Plu- leus di uno scheletro embrionale che nella Bipinnaria manca co- me nel)' Auricularia. (1) Uber den allgemeinen Pian in der Entwichelung der Ecaiaodiirmen — Konigl Akad. der Wissenschaften an 19 Febr. n. 28 Od, 1852. — 134 CONCLUSIONI I risultati delle presenti ricerche si possono cosi riassumere: 'NeWAsterìas glaciali^ si ha un tipo di segmentazione che dif- ferisce solo da quello deWOpMogfyp/ia lacertosa per il modo rapido con cui le quattro prime sfere di segmentazione posto nel polo vegetativo si scindono, seguendo piani equatoriali. Nell'emisfero vegetativo della blastula, per il modo come si compie la segmentazione, si ha una zona di blastoderma fatta da uno strato molto spesso di cellule accumulate dalle quali per scis- sione avrà origine il cosidetto mesenchima. Queste cellule, contrariamente a quel che aveano pensato i pre- cedenti osservatori , hanno principalmente un valore nutritivo per l'embrione, essendo che esse si distruggono prima che avvenga l'in- raginazione gastrulare , per formare una sostanza gelatinosa ( Gal- lertkern). Mentre ciò avviene neWAslerias gìacialis e nella Cucu- maria planci, neir Ecìiinus mìcrotuberculatus una porzione del mesenchima si disfa, mentre un'altra è destinata a formare le spi- cole calcaree caratteristiche della larva. II mesoderma viene invece formato da quelle cellule poste nel fondo dell'intestino primitivo le quali, da prima tondeggianti, in se- guito si allungano e si scindono. La musculatura dell' intestino e della cute è appuato formata da questi elementi quando la, larva è abbastanza avanzata. Le due vescicole vaso-peritoneali xiqW Asteria^ e nell' Ecìii- nus da me studiati si originano dal fondo dell' archenteron in forma di due digitazioni, che in seguito , come due vescicole indi- pendenti, si staccano per collocarsi ai lati dell'intestino. La sinistra di esse vescicole si mette in comunicazione con l'esterno per mezzo di un canale e dalla porzione superiore di essa si origina l'idrocele. La formazione dei cordoni ciliati nello sviluppo della larva segue quella dell'ano e della bocca, mentre dai due cordoni laterali si sviluppano le appendici che caratterizzano la Bipinnaria. Le larve, ottenute per mezzo della fecondazione artificiale, ar- rivate a quel punto dello sviluppo in cui si sta delineando la forma tipica di Bipinnaria, pur continuando a vivere, perle inadatte con- dizioni di ambiente, subiscono gradatamente delle modificazioni. In conseguenza di esse la bocca si chiude, il canale petroso si atro- fizza e la larva acquista la forma di una boccia con un solo cordone ciliato che la circonda a metà. Napoli, Stazione Zoologica, Giugno 1892. — 135 — Elenco dei lavori che riguardano lo sviluppo degli Asteridei. (1) AtìASSiz A. Embryology of the S*^^arfish. Mem. of the Mas. of Comp. Zool at Havard Collp.ge Voi. 5 1877. (2) BuRY H. Studies in theEinbryolog^y of Echiaoderms. Quat. Journ. of micr. Se. Voi. 29 1889. (3) GrOETTE A. Bemerkungen zui* Entwickelungsgeschichte der Echi- noderinen. Zool. Anzeiger 3 Bd. 1889. (4) Grefp R. Ueber die E-itwickelang des Astheracanthloa ruhestn von Ei bis zur Bipitmana uq Bratcho'aria. Sit- zungsherichte der Marburger Naturf. Gen'ilschaft. 1876. (5) Hensen V. Ueber eine BrachioJaria des Kieler Hafens. Arch. f. N'aturgeschichte 1863. (6) „ Nachtrag zu den Aufsatze iiber die 'Brachi otaria des Kieder Hafens. idem pag. 363. (7) KoREN et Danielssen. Observations sur la. Bipinnaria asfe.rigera. Annales de sciences nat. Sèrie III. T. 7 1847. (8) LuddeiCt H. Entwivjkelungsgescihchte der Asterina gibbosa. Zeitsch. f. miss. Zool. 37 Bd. 1882. (9) Metschnikoff E. Stndien uber die Enr,wickeIuQgsgeschichte der Echinodermen und Nemertinen Mem. de VAcad. de St. Peter sbourg T. 14 1869. (10) „ Vergleichend embryologische Stndien Gfr. Ueber die Bildung der Wanderzellen bei Asteriden und Echiniden, Zeitschr. f. wiss. Zool. Bd 42, 1885. (11) MiiLLER J. Abhandlungea iiber die Larven und Metamorphose der Eohinodermen Abhand. der kgl. Akad. der Wiss. zu Berlin 1849, 1852. (^12) Sars M. Ueber die Kntwicklung der Seesterne. Arch. f. Xa- turgesch. 1844. — 136 — Spiegazione delle figure LETTERE COMUNI A TUTTE LE FIGURE pa — polo animale lìV — polo vegetativo U — blastocele viec — inesenchima ect — ectoderma . . ent — entodorma m-fs — mesoderma rm — resti del mesenchima vvp — vesicole vaso-peritoneali cp — canale petroso stom - - stomaco a — ano b — bocca ca — cordone anale co — cordone oiale es — esofago apo — • area preorale a^ — braccio mediano anale «2 — „ dorsale „ a' — „ orale «* — „ ventrale anale «■* — „ „ orale a« — „ terminale dorsale a'' — „ „ ventrali Le sezioni furono fatte dopo fissazione al liquido picro-solfo- rico di Kleinemberg con l'aggiunta di qualche goccia di acido osmico 1 °/o, colorazione al Paracarmin ed inclusione in paraffina. Fig. 1.^ 2.'^ 3.' 4.' — prime fasi di segmentazione. „ 5.^6.^ —le quattro sfere dell'emisfero vegetati vo pri- ma di quelle dell' emisfero animale si seg- menta secondo un primo piano equatoriale. , 7.''8.^9.='10.*ll.n2.'^ — diverse fasi di sviluppo della blastosfera. Nella fig. 11.^ si vede formato il mesen- chima che poi a poco a poco si distrugge. — 137 — Fig. 13.' — gastrnla: le cellule del fondo dell'invaginazione sono ancora intatte, del mesenchima restano pochi granuli. „ 14.^ — Stadio poco piìi avanzato del precedente per mostrare 1' apparire del mesoderma. „ 15. "^ — Sezione di una gastrula molto avanzata. 11 blastocele è occupato da sostanza gelatinosa che per la coagulazione ha forma di una rete. ^ 16.' — Stadio gastrulai e molto avanzato visto di lato: il blastoporo si piega, le cellule del fondo dell'invaginazione si scindono. „ 17. ' 18.' — Stadii in cui l'embrione si piega e l'intestino primitivo forma due loculamenti, mentre il blastoporo si restringe. „ 19.' — Comparisce il cordone preanale e l'inva- ginazione , che dovrà formare la bocca. „ 20.'' 21.' — Stadii più avanzati in cui la bocca si è aperta I cordoni ciliati sono quasi completamente formati. „ 22.-^ 2.3/^ 24.'' — Diverse fasi di sviluppo per mostrare il mo- do di formazione delle appendici della Bi~ pianar ia. y, 25.^ —la fig. 24.'^ vista di lato. „ 2().'^ — Blastusfera di Cucumaria Piatici in una delle sue ultime fasi. Il blastocele è occupato da sostanza granulosa mentre vi sono ancora elementi del mesenchima sia floridi sia in diverso stato di disfacimento. ^ 27.' — Sezione trasvepsa in corrispondenza del fondo dell'infestino in un embrione come quello fi- gurato in 19.': una delle vescicole vaso-peri- toneali ancora non si è distaccata, „ 28.' — Diverse fasi di sviluppo delle vescicole vaso- peritoneali. „ 29.'^ — Sezione di una larva in corrispondenza dell'in- vaginazione, che formerà la bocca. „ 30.' — Sezione' di una larva simile a quella della . fig 21.* in corrispondenza delle due vesci- cole vaso-peritoneali. ,. 1.' — Blastosfera di Echinus microtub'irculatus ed origine del mesenchima in sezione. — 138 — Fig. 2.^ — Inizio dell'invaginazione gastrulare : il me- senchima si raccoglie intorno a questa. „ 3.* 4.-' — Stadii ulteriori dell'invaginazione ed origine del mesoderma. „ 5.* 6.* — Stadii successivi: si formano le due vescicole vaso-peritoneali mentre si designano le appendici della larva. Contributo alla Morfologia dell' adattamento fun- zionale degli organi. — Particolarità di struttura delle arterie della cute. — di R. Minervini. (Tav. III.) (Tornata del 10 luglio 1892) Lo studio i cui risultati ho qui brevemente raggruppati è un modesto contributo alla dimostrazione del principio dell'adattamento degli organi alla funzione. L'uso rinforza, ingrandisce e perfeziona gli organi: il non uso li indebolisce e li riduce. Ecco il grande principio di Lamark. Ma come avvengano precisamente qu-^ste variazioni; quali siano vera- mente le modificazioni immediate, che il variare della funzione in- duce nella costituzione intima degli organi, nei tessuti e nelle cel- lule che li costituiscono; quali e quanti siano i momenti in cui nella profondità dei tessuti si scinde il fenomeno dell'adattamento; ecco un nuovo ordine di studii, un nuovo e vasto campo all' attività de- gli osservatori. È appena un decennio che questi studii sono cominciati ed a Roux (1) spetta il merito di averli iniziati. KoUiker, Wiedersheim, Stahel, Thoma, Barfurth ed altri vi hanno apportato notevole con- tributo. Uno studio di molta importanza da questo punto di vista è quello del Paladino sull' ovaia. Anche i vasi sono stati un terreno favorevole per simili studii. Ed io ho rivolta la mia attenzione alla struttura dei vasi, e pro- priamente delle arterie della cute, volendo studiare i cangiamenti intimi di questi organi in dipendenza dello adattamento funzionale. (1) WiLH. Roux. Beitrage zur Morphologie der fun ctionellen Anpassung. Archiv. fiir Anal. und Phisiol. Anno 1883-85. — 139 — Ho prescelto la cute della mano dell' uomo, perchè mi è parso che non avrei potuto in altro sito trovare il concorso di maggior numero di condizioni modificanti e variabili a seconda dell' età, dei sesso, dei mestieri, etc. I vasi a preferenza di altri organi sottostanno alla legge del- l'adattamento e le arterie, come organi più attivi, si adattano e variano meglio che le vene. II prof. Paladino a proposito dei vasi dell' Ovaia così chiara- mente si esprime: « In ordine ai dati intimi della struttura bisogna dire innanzi tutto che questa risente in generale diversi momenti, sì che varia a seconda del sito ed indipendentemente dalla età, come pure a seconda della età ed a prescindere dal sito. Lo schema ordinario resta sempre utile come una norma per poter intendere i cangia- menti che subiscono, ma in massima i vasi sono organi che più soffrono modificazioni » (1). Già da tempo gli istologi non considerano più i vasi e special- mente le arterie come un tipo anatomico uno ed invariabile. Non in tutte le arterie sono distinguibili né ammissibili le sei tuniche conceotriche con tanta chiarezza descritte dallo Henle (2). GÌ' isto- logi, pur ritenendo ancora F antica definizione anatomica e divisione del tubo arterioso in tre tuniche, non danno a questa un' interpe- trazionc letterale esatta, ma la pigliano in senso assai più largo, e fanno delle distinzioni, delle categorie. Cosi il Kòlliker (3) divide tutte le arterie in tre classi: piccole, medie e grandi arterie. Il Ran- vier (4) le divide in due categorie: arterie a tipo elastico ed aor- tico ed arterie a tipo muscolare. Queste classifiche sono fondate principalmente sulle differenze di struttura della tunica media. Pare inoltre assodato che tutti i vasi vadano soggetti ad una lenta e graduale variazione fisiologica con 1' età, ed il Ranvier as- sicura che le tuniche media ed intima sono tanto più ricche di ele- menti connettivali ed elastici, a parità di ogni altra condizione, quanto più il soggetto è avanzato in età. (1) Paladino. Nuovp contribuzioni alla Morfologia e fisiolo - già dell' ovaia. Napoli i887, pag. i8S. (2) Henle. Anatomia generale. Voi. IL pag. 18. (3) Kòlliker. Istologia. (2.* edizione francese), pag. 762, (4) Ranvier. Traité technique d' histologie. Paris Ì875-8S, pag. 571. — 140 — Per la differenza fra i due sessi lo Schiele-Wiegandt (1) ed il Beaeke (2), dopo numerosissimi esperimenti e misure sui cadaveri, hanno concliinso che il calibro e la spessezza di tutbe le arterie vanno aumentando eoa 1' età, e che nella donna queste due cifre sono inferiori a quelle che ordinariamente si trovano nell'uomo. Il Tlioma (3), studiando minutamente le arterie dell'uomo nella vita fetale e nel primo periodo della vita extrauterina, ha constatato un considerevole e rapido ingrossamento ed ispessimento delle pa- reti arteriose, che coincide con 1' aumento di pressione sanguigna, dovuto al catnbiameuto delle condizioni anatomiche della circola- zione (chiusura del forame ovale e del dotto di Botallo), ed ha stu- diate tutte le modificazioni della struttura delle arterie, dovute alle variazioni della pressione sanguigna, sia fisiologiche, che patologiche. Lo Stahel (4) ha confermata la esistenza del rapporto tra la spessezza delle pareti arteriose e la pressione del sangue. Oltre a queste classifiche ed a qneste differenze di struttura, sono state osservate e studiate nell'uomo ed in molti mammiferi alcune arterie in siti ed organi determinati, che presentano parti- colarità di struttura. Cosi r arteria ascellare, la poplitea e la mascellare interna nel- r uomo presentano dei chiarissimi fasci di fibrocellule muscolari nella spes8':'zza deli' intima (Remak). Le arterie ciliari assai spesso contengono delle formazioni car- tilaginee annidate nella spessezza delle pareti (Miiller), Le arterie elicoidi dell'ovaia preseatano delle ineguaglianze nello spessore delle pareti. Quelle dei corpi lutei dell' ovaia una straordinaria spessezza ed una speciale tessitura (Paladino) (5). E cosi le arterie della placenta (Colucci) (I3), quelle dei tendini (1) ScHiELE Wjegandt. Ueber Wanddicke und Umfang der Ar- te rie n des Meuschlichen Korpes. Archiv fiir Pai. Anat. und Phys, Voi. 82. pag. 27. (2) Benkke. Bemerkungen za der Abhandlung. Ibidcn. Voi. 85, pag. 716. (3) Thoma. Ueber die Abhangigkeit der Bandege walesneii- beidung in der arterie n intima wan denmechanischen B^din- gungen des Blutum lanfs. la VII. MiUheiluag. Wirchow' s Arc'do., Voi. 93, 95, 104, 105, 106. (4) Hans Stahel. Ueber die Beziehung der Wanddicke der Ar- terien zum Blutdruch. Archiv. far A,ial. und Pliys, Vul. III. (5) Paladino 1. e. (6) Colucci. Di alcuni nuovi dati di struttura della placenta umana. Napoli 1886. — 141 — composti (Paladino) (1), ctc. Insomma la struttura delle arterie, la spessezza delle tuniche, la relazione in cui stanno i varii elementi che le costituiscono: epiteliale, connettivale, elastico e muscolare sono tutt' altro che invariabili. Variano a seconda del calibro del rase, a seconda della struttura e disposizione anatomica dei tessuti circostanti, a seconda dell' età, del sesso, della pressione sanguigna e di un'altro infinito numero di condizioni. Di tal che non si ras- somigliano mai perfettamente le arterie di un sito e quelle di un altro, e si può dire che in ogni organo presentano una diversità, una impronta speciale nella struttura. Così appunto dice lo Gimbert: « L' épaisseur relative des tuni- ques des artères, et la disposition reciproque de leurs élémeiits con- stitutifs ne sont pas uniformes dans toutes les artères d' un mème calibro. Le mode d'arrangement des parties co isliitueabes est en effect subordounó aux fonctions de 1* organo dans lequel 1' artère se termine » (2). Ora mentre la disposizione anatomica ed i modi di termina- zione dei vasi nella cute sono stati studiati e descritti da molti r intima struttura loro non è stata finora, per quanto io sappia,, oggetto di speciali studii. L' Unna, la cui competenza ia fatto d'isto- logia della cute è indiscutibile, descrive (3) la disposizione anato- mica dei vasi nei comuni tegumenti, la loro termina'/ione nelle pa- pille del derma. Nota che la grandezza e la forma dei campi vasali^ ossia delle espansioni di ciascun tronco verticale che sale a ter- minarsi nella cute , vanno soggette a grandi oscillazioni secondo le regi'^ni: che il numero ed il volume di questi tronchi varia pure secondo le regioni. Ma uno studio speciale sulla struttura dei vasi cutanei non credo che sia stato mai fatto. Io mi son proposto appunto questo argomento ed ho raccolto cute di uomini, di donne, di vecchi, di adulti, di giovani, di bam- bini, ed anche di feti umani. Da ogni soggetto ho preso cute della palma della mano, dei pol- pastrelli, del dorso della mano, e spesso anche di altre parti del corpo, come della fronte, delle braccia, della pianta del piede. (1) Paladino. Struttura dei tendini composti dei mammiferi,. 0 partirolarità di struttura dei vasi di questi tend ini , iìTa- poli IS7S. (2) V. Debierre. Anathoraie de l'homme. Paris /SS9. Voi. L pag. 519. ('3) Unn-a. Storia evolutiva ed anatomia della cute. pag. 98. V. Zeimssen. Pat. spec. medica. — 142 — Ho cercato sempre di scegliere soggetti che non presentavano segni di arteriosclerosi, e che avevano cute completamente sana. I metodi di preparazione che ho usati sono i seguenti: Indurimento in soluzione di bicromato di potassa al 4 •/„, od anche in un miscuglio cromo-acetico. Lavaggio prolungato nell'ac- qua corrente e poi nell' alcool. Colorazione dei pezzi interi II co- lore che più ordinariamente ho adoperato è stato il carminio bo- racico; ma mi son anche servito spesso della ematossilina Bòhmer ed anche di quel comodissimo e bellissimo metodo; che consiste nella reazione del ioduro di potassio sul cloruro di palladio. Poi la- vaggi , disidratazione ed indurimento nei diversi alcool e nella es- senza di trementina. Inclusione in paraffina e tagli al microtomo. Qualche volta ho anche incluso in paraffina e tagliati pezzi in- colori, e ne ho poi colorati i tagli con la zaffi-anina, o con il bleu di metile. Ecco le osservazioni e 1' ordine con cui le ho fatte : I. Individui di età media, ossia nel periodo della giovinezza e della maturità (da 20 a 50 anni), uomini. Cale del dorso della mano. — Si osservano molte arteriole minime nella spessezza del derma, e parecchie più grosse nel con- nettivo sottocutaneo. Le vene sono più numerose delle arterie, e si distinguono facilmente. Ad esse non presto attenzione. Le arterie, specialmente le più grandi, presentano pareti evi- dentemente ispessite , ossia di una grossezza maggiore di quella che ordinariamente si riscontra nelle arterie (di calibro simile) di oghi altro organo (V. lìg. 1.*) La tunica intima {i) non presenta niente di speciale. La mem- brana elastica interna, specialmente nelle arterie assai piccole, è ben visibile ed ondulata. La media (m) è di uno spessore considerevole, ed è ad essa principalmente dovuta la grossezza del tubo arterioso. L' avventizia (a) è regolare. Io ho misurato in micromillimetri lo spessore delle pareti di molte di queste arterie. Ne ho osservato di tutte le dimensioni: dal diameiro (misurato nel lume vasale) di 20 a quello di 400 ja. Le pareti presentano uno spessore variante, naturalmente a seconda del calibro, da 80 a 120 (x. Pigliando una media si ha che arterie di circa 210 ix di diametro presentano pareti di circa 75 [x di spes- sore. Di cui si debbono addebitare circa: 65 alla tunica media , 6 air intima e 4 all' avventizia. — 143 — Le arterie della cute del braccio e della fronte presentano ca- ratteri perfettamente simili a questi. Cute della palma delia mano. — Assai numerose sono le piccole arterie del derma; ma le più grosse sono piuttosto rare. Queste arterie hanno pareti molto spesse, e salta agli occhi una sproporzione tra la grossezza delle pareti e la piccolezza del lume (V. fig. 2.''). Lo spessore di queste pareti è dovuto in massima parte alla tunica media ed in miuima parte all' avventizia ed all'intima. Ecco i risultati delle misure praticate su molte arteriole della palma della mano. Diametri del calibro: minimo = 40, massimo = 480 [x. La me- dia è= 133 [7.. Spessezza delle pareti : minima = 48, massima ^ 200. La me- dia = 86,5 \].. Di cui spettano in media circa 78 alla tunica media, 5 alla intima, e 3 o 4 all'avventizia. Oltre al numero grande di librocellule nella tunica media di queste arterie, è degna di nota la loro disposizione, che è assai meno regolare che nelle arterie del dorso della mano. Si osservano infatti nella fig. 2"", oltre a quelle trasversali ossia circolari, un gran numero di fibrocellule in direzione longitudinale ed obliqua, ohe sono rappresentate in sezione. Perfettamente simili a queste arterie sono quelle della cute dei polpastrelli e della pianta del piede. Una comparazione esatta fra questo arterie e quelle della cute del dorso della mano precedentemente descritte, non è agevole a farsi. Anzitutto, come è naturale, la spessezza delle pareti è diret- tamente relativa al calibro del vase. K difficile trovare due arterie dello stesso calibro, ed è difficilissimo giudicare prescindendo dalla differenza dovuta al calibro. E poi, per formarsi un giusto criterio della grandezza della luce e della spessezza delle pareti, si deve studiare un vase in sezione proprio trasversale; mentre il maggior numero di essi ca- pitano in sezione più o meno obliqua. Però insistendo nella osservazione, e servendosi dei dati delle misure e delle medie, si rende evidente la differenza. Ricavando la media delle misure sulle arterie del dorso della mano si ha un diametro del calibro = 210 \k. ed uno spessore di pa- rete ~ 75 [/.. Mentre che nelle arterie della palma la media dei diametri dà 133 e quello dello spessore delle pareti 86,5 \u In queste ultime dunque il calibro è minore e la spessezza è maggiore. Facendo la proporzione, ossia riducendo il calibro delle — 144 — arterie palmari uguale a quello delle dorsali, ne risulta per lo spes- sore delle pareti una cifra quasi doppia di quella trovata per le arterie del dorso della mano. Inoltre osservando i tagli di queste diverse arterie a forte in- grandimento si può contare il numero delle librocellule che formano la spessezza della tunica media. Ossia ho contato le fibrocellule che si trovano sopra una linea, che partendo dal centro del lame vasale vada all'avventizia (un raggio). Ebbene questo numero nelle arterie della palma è circa il doppio di quello che si rileva nelle arterie dorsali. II. Donne di età media (20-50 anni). Cute del do>-so della mano. — Le arterie presentano gli stessi caratteri che nei soggetti precedentemente descritti. Cute della, palma. — I vasi sono simili a quelli della palma dei soggetti precedenti. Solo mi pare che in generale le pareti arteriose non arrivino a quello spessore che ho trovato nelle arterie palmari degli uomini. Infatti la media delle misure mi ha dato per il diametro del calibro 140, e per la spessezza delle pareti 79,5 |j.. III. Uomini di età media (20-50 anni), contadini, o gente impie- gata a posanti lavori manuali, e con mani molto incallite. Le arterie della cute del dorso della mano presentano un certo grado d' inspessimento come in quelle dei soggetti descritti al n. I. Quello della cute della palma, specialmente le più grosse, hanno pareti assai spesse, più che in quelle dei so^'getti precedentemente descritti. Nelle arterie di uu calibro medio, per esempio di circa 180 [}. di diametro le pareti misurano uno spessore di circa 190 i;.. Da dividersi così: circa 100 ^. alla tunica media, 60 alla intima e 80 circa all'avventizia. Dunque questo straordinario spessore è dovuto in gran parte alla media, in seconda linea alla intima, ed anche un poco all'av- ventizia. In parecchie di queste arterie nella spessezza dell' intima, in mezzo ai fasci di connettivo, ho osservato chiaramente fibrocel- lule muscolari. Queste fìbbrocellule sono riunite in fascetti piccoli e decorrono in senso longitudinale ossia parallelamente all' asse del vase. Ho osservato anche all' esterno della tunica media dei fasci di fibrocellule isolate, lontane da tutta la massa delle fibre muscolari, - U5 — e credo di non andare errato considerandole come appartenenti air avventizia. IV. Soggetti di età avanzata, uomini di 50-70 anni. Cute del dorso della mano ( o del diaccio, o della f'-onfe). — Le arterie hanno pareti straordinariamente spesse, e sproporzionate al loro lume. Quest' ultimo il più delle volte non è circolare, ma assai ristretto ed irregolare ; alle volte come una stella, più spesso come una fenditura (V. Fig. '^i."). La spessezza di queste pareti è dovuta principalmente non più alla tunica media, ma all' intima. Questa si presenta ingrossata e rigonfiata irregolarmente. La membrana elastica interna spesso è chiara, altra volta appena visibile. L' endotelio non è accollato al- l'anello muscolare, né alla membrana elastica; ma ne è diviso da connettivo, nel quale spesso si osservano fascetti di fibrocellule in direzione longitudinale. Questo grande sviliipio dell' intima è assai irregolare. In alcuni punti è leggerissimo, in altri enorme, onde nella se- zione trasversale dei vase si vede l' intima sporgente neir interno del lume come tante eminenze papillari, tante vegetazioni, fatte di connettivo, e rivestite sull'orlo da endotelio. La tuniq^ media è evidentemente ingrossata, però le fibrocel- lule non sono stivate e formanti una massa compatta, come nei soggetti precedenti, ma sono raccolte in fascetti, i (|uali hanno for- ma di falce (nella sezione trasversale del vase), e sono divisi l'uno dall' altro da tessuto connettivo i vedi fig. 3."). Questo fatto è assai più chiaramente visibile nelle sezioni longitudinali di queste arterie e specialmente con la reazione del ioduro di palladio. Con questo metodo il connettivo si colora in nero, e nella spessezza della tu- nica media compare come una fitta rete nera (connettivo) nelle cui maglie si osservano le fibrocellule muscolari in sezione. L" avventizia è mediocremente inspessita. Ecco le medie delle misure praticate su queste arterie. Per il diametro dei lumi vasali 70 ;j.. Per la spessezza delle pareti 105,5 y.. da^ dividersi così : 40 all' intima , 56,5 alla tunica media, 10,5 all' avventizia. Cule palma)-e, dei polpaslreUi a della inaiata del piede. — Qui le arterie hanno gli stessi caratteri che nella cute del dorso della mano. Solamente mi pare che vi sia maggiore sproporzione tra lo spessore delle pareti ed il lume vasale. L' intima è più spessa e pos- siede maggior numero di fibrocellule muscolari. La media è eviden- 10 — 146 — temente più voluminosa. L' avventizia anclie mi paro un poco più considerevole (vedi fìg. 4/'). Dnlle misure ho ricavato che per il diametro del lume la me- dia è = 07,5 ;j.. Per la spessezza delle pareti = 98,5. Di cui bisogna calcolare 45 [i. alla intima, 39 alla media e circa 14,5 all'avventizia. Questo arterie (fìg. S."" e fìg. 4.*) cosi a prima vista potrebbero far sorgere il dubbio che fossero anormali, ossia alterate da pro- cessi patologici. Infatti parecchi morbi delle arterie producono un quadro un poco rassomigliante al presente. Cosi l'endoarterite sifi- litica, la degenerazione ialina. Ma con 1' attenta osservazione il dubbio cade. In questi vasi non vi è traccia alcuna di essudazione, né di vasellini capillari neoformati, né di degenerazione, né alcun carattere di processo infiammatorio. Invece si tratta di un aumento di spessore fisiologico, direi quasi una iperplasia fisiologica, e ne fa fede la presenza delle fibrocellule nella intima. E poi é un fatto assai generale: io l'ho riscontrato in moltissime arterie, in tutti gì' individui di età avanzata', che per altro non presentavano nes- sun sintomo di alterazioni del sistema arterioso. Y. Donne di età avanzata (50-70 a.). Arterie della palma e del dorso della mano compjetamente si- mili a quelle descritte dei soggetti precedenti. Solo dalle misure risulta che la media delle cifre rappresentanti lo spessore delle pa- reti é un poco inferiore a quella trovata per i soggetti del J\. IV. Infatti per le arterie del dorso della mano le medie sono: 76 [j.. per il diametro del calibro e 99 per la spessezza delle pareti; e per le palmari 73 ;j.. per il diametro e 98 di spessoi'c. VI. Soggetti giovani. Uomini di 10-20 anni. Cute del dorso della mano e del braccio. — Le ar ter io le mini- me presentano pareti complessivamente poco o niente inspessite. Le più grosse hanno pareti più considerevoli (vedi fig. 5.''). La tunica intima é pochissimo svilup})ata e ridotta all' endotelio ed alla membrana elastica interna. La media è regolare o un poco ingrossata ed a fasci compatti. L' avventizia é bene sviluppata ed in qualcuna si presenta con- siderevolmente ingrossata. Le misure danno le seguenti medie: per il diametro del cali- bro 182 ;jL., per lo spessore delle pareti 131 y.. Per le singole tuniche : intima =: 10, media = 82, avventi- zia = 32 V.. - 117 - Cute della i> alma della mano ( o palpasi rellL o pianta del pie- de),— Le arterie presentano pareti senza dubbio più spesse di quelle del dorso della mano, xiuche in esse la tunica intima è ridotta a minimi termini. La media è fortemente inspessita e l'avventizia molto bene sviluppata (vedi tig. 6.'';. Dalle misure praticate risulta una media per i diametri del ca- libro =: S(j ;;.., per lo spessore delle pareti ^ 70. E per le singole tuniclic: intima =^ G, media = 34, avventizia ^ 30 ;;.. VIL Donne giovani (10 a 20 anniì. Le arterie del dorso e della palma della mano sono perfettamente simili a quelle degli uomini. VIIL Bambini maschi di 1 a 10 anni. Cule del dorso della mano {braccia, fronte). — Le arterie pre- sentano pareti che in generale debbo dire piuttosto spesse. Lo spes- sore però è dovuto interamente all' avventizia. L' intima è ridotta al solo endotelio ed alla elastica interna. La media è sottile ed a fasci compatti. L'avventizia invece è molto sviluppata, e ricchissima di corpuscoli di connettivo (cellule fìsse) (vedi fìg. 7.''). Ecco la media delle misure : Diametro del calibro — 8.1 [i. Spessore delle pareti = 70. Intima appena = 1 ;;.., media = 10, av- ventizia = circa 50. Cute della palma della mano {o polpastrelli, o pian/a del pie- de. — Le arterie, come le precedenti, presentano pareti in complesso piuttosto spesse. Si nota l'intima sottile, fatta solo dall'endotelio e dalla elastica interna. Quest' ultima membrana spesso è assai bene sviluppata e chiarissima. Si presenta come una linea nera ondu- lata 0 pieghettata regolarmente (festonnée) bellissima. La tunica media è un poco più sviluppata che nelle arterie del dorso della mano. L'avventizia è anche molto sviluppata (vedi fig. 8.^). Le medie delle misure praticate sono: Per il calibro 84 pi. Per lo spessore delle pareti 72. E per le singole tuniche : intima = 2, media = 31, avventizia = 39 ;j.. IX. Bambini di 1 a 10 anni, femmine. Le arterie della cute del dorso e della mano sono in tutto si- mili a quelle dei maschi, e la media delle misure non ne difìerisce quasi niente. - 148 — X. Feti umani maschi e femmine di G a 9 mesi. Le arterie della cute del dorso e della palma della mano non presentano fra di loro alcuna sensibile differenza. Sono tutte ripiene e distese da globuli rossi. Hanno pareti sottili fatte dall' endotelio, da pochi fascetti muscolari, che rappresentano la media, e da fasci e cellule connettivali rappresentanti 1" avventizia. I dati delle misure non li trascrivo perchè li credo privi di qualunque importanza, anzi, dirò francamente, inesatti. Ed invero, queste arterie in tale periodo della vita non sono nettamente limi- tabili dal tessuto circostante. L'avventizia ed il connettivo circostante sono tanto simili che non si può (lire ove finisca 1' una e cominci l'altro. Appena un mag- giore addensamento diminuisce sfumando a gradi verso V esterni». Spesso, specialmente nelle arterie assai piccole, si notano, oltre agli innumerevoli globuli rossi accumulati nel lume vasale. anche gran numero di essi, allo esterno delle pareti, nel tessuto circo- stante. Pare si tratti di diffusioni di sangue nel territorio periva- sale, di vere emorragie. E la delicatezza delle pareti vasali, e dei tessuti circostanti in quest'epoca della vita, ed i traumi inevitabili nel disseccare la pelle, tagliarla a pezzi, indurirla etc, credo che bastiuo a spiegare il fenomeno. XI. Ho studiato e misurato arteriole di molti altri organi, co- me dei centri nervosi, del fegato, della milza, reni etc. ed anche nelle diverse età. Mi pare che mai, o quasi mai, le tuniche rag- giungano quella spessezza che è ordinaria nelle arterie della cute. La fig. 9.^ rappresenta un'arteriola del parenchima renale. La fìg. 10* un' arteriola della pia meninge, appartenenti ad uomini di età mcr dia. Le presento perchè più facilmente possa farsi il paragone, e rilevare la differenza. Ho fatto parecchie altre osservazioni; cosi ho studiato la cute di una donna vecchissima (92 anni), come pure cute di soggetti magrissimi, e di altri ben forniti di adipe; ma non ho osservato niente di più rilevante delle particolarità (|ui innanzi descritte. Da tutte le precedenti osservazioni io conchiudo che: 1." Le pareti delle arterie cutanee nell'uomo sono in generale più spesse di quelle degli altri organi. Si confrontino le fìg. 9"" e IO"" con qualsivoglia delle precedenti. 2." Questa maggiore spessezza delle pareti ordinariamente, ossia nel maggior periodo della vita dell' uomo, è dovuta in preva- lenza alla tunica media; ma nell'infanzia è più sviluppata l'avven- tizia e neir età avanzata 1" intima. — U'.) — 3." Le pareti delle arterie della palma della mano, polpastrelli, e pianta del piede, sono, a parità di ogni altra condizione, più spesse (li quelle delle arterie della cute del dorso della mano, della fronte, del braccio, etc. E la maggiore spessezza delle arterie palmari è dovuta principalmente allo sviluppo maggiore della tunica media. Questa differenza di spessezza l'ho osservata in tutte le età. Nei vecchi, negli adulti, nei giovani e nei bambini. Essa è più accen- tuata nella età adulta e nella vecchiezza, meno nella giovinezza e e nella infanzia. 4.° Le arterie della palma della mano dei contadini, artigiani, degli individui insomma impiegati a pesanti lavori manuali e che presentano le mani molto incallite, hanno pareti evidentemente più spesse di quelle delle stesse regioni di individui che non hanno fatti lavori manuali, e che hanno mani delicate. Questa maggiore spessezza è dovuta all' ingrandimento di tutte tre le tuniche arte- riose, ma specialmente allo straordinario sviluppo della media. 4." Tutte le arterie cutanee, della palma come del dorso della mano, nelle donne presentano in generale le pareti un tantino meno spesse di quelle degli uomini. Questa differenza è lieve; ma esiste in tutte le età, meno che nella infanzia e nella vita fetale. 6.° In tutte le arterie cutanee la tunica media è fatta di fi- brocellule muscolari compatte e stivate nei fanciulli e nei giovani; mentre che nei vecchi è fatta da fibroccllule non solo, ma da con- nettivo che s' insinua tra le fibre muscolari, e le allontana, le di- vide in piccoli fascetti. 7." Nelle arterie ])almari di uomini di media età e con mani molto incallite ho visto fìbrocellule muscolari a decorso lungitudi- nale nella spessezza della intima, ed anche fasci di Obrocellule nel- r avventizia. Come pure ne ho visto neila intima delle artcì'ic della palma e del dorso della mano dei vecchi. Quest'ultima osservazione dello sviluppo di fìbrocellule musco- lari nella tunica intima e nell'avventizia è un fatto non nuovo nella storia delle arterie. jNIa credo che nessuno finora l'abbia osservato nelle arterie della cute. L'altra osservazione del diAei^so rapporto in cui stanno le tu- niche arteriose nei diversi periodi della vita, ossia dello sviluppo prevalente dell'avventizia nell'infanzia, della media nell'età media, e dell' intima nella vecchiaia, credo che sia una legge generale, alla quale ubbidiscono non solo le arterie della cute, ma quelle di tutti gli organi e di tutto il corpo. E questa e tutte le altre conclusioni a cui son giunto bisogna ~ ]5U — intenderle come variazioni prodotte dall' adattamento organico. 1 vasi, come si è detto, sono organi sommamente variabili, e le ar- terie si adattano e variano più facilmente che gli altri vasi. La cute è un organo soggetto a tutti i cambiamenti di forma del corpo , a tutte le eventualità ed i mutamenti dell' ambiente , a tutti i traumi del mondo esterno. È il sistema organico il più espo- sto, il più resistente del corpo. La palma è più esposta del dorso della mano, ed è iu continuo lavoro, qualunque cosa faccia l'uomo. La pianta del piede sopporta la forte pressione del corpo durante quasi tutta la vita. E dunque naturale e necessario che i vasi annidati nella cute di queste regioni debbano avere una maggiore resistenza, e quindi una maggiore spessezza delle pareti. Ecco in dettaglio quali credo che siano i momenti di questo adattamento, ed in quali fenomeni esso precisamente consista in questo caso. I vasi contenuti nella spessezza della cute devono necessaria- mente risentire dalle continue pressioni fatte sulla cute. Queste si traducono in difficoltà alla libera circolazione del sangue. In con- trasto di queste la pressione endovasale deve salire, e quindi la resistenza delle pareti, e per conseguenza la loro spessezza, deve aumentare. Oltre a ciò, per agevolare la progressione del sangue ostacolata dalla pressione fatta sulla cute, la elasticità e la contrat- tilità vasali debbono stare sempre in gioco e spiegare tutta la loro potenza. Quindi debbono ipertrofìzzarsi le pareti e fornirsi di mag- gior numero di fibre muscolari ed elastiche. La legge adunque dell'adattamento si esplica non solo in grande, producendo variazioni nelle specie, nelle razze, negli individui; ma è anche la causa intima che induce cangiamenti negli organi, nei tessuti e negli elementi staminali di essi. Ed ora sento il dovere di esternare i miei più vivi ringrazia- menti al prof. Paladino, che ra' è stato largo di consigli, e m' ha fornito di tutti i mezzi, senza dei quali mi sarebbe stato impossi- bile procedere a queste modeste investigazioni. Lahoraiorio d" Istologia e Fisiologia generale della R. Universilà di Napoli, Agosto 91. 151 Spiegazione della Tavola Fig. 1/ — Arteria della cute del dorso della mano di un uomo a 30 anni. Ingrandimento di 190. ?') intima — 7ìi) media — a) avventizia. Quest' arteria misura nell' interno del lume un dia- metro minimo di 83 y. — ed uno massimo di 3S0 ;;.. me- dia=234 •;.. La parete misura in s])essore medio circa 93 ;;.. di cui 83 appartengono alla tunica media, circa 6 ali' in- tima, e 4 all' avventizia. Fig. 2.'' — Arteria della cute della palma della mano dello stesso soggetto. Ingrandimento idem. Diametro =45 — 470. La media = 275,5 ;;.. Spessezza della parete = 120— 200. La media = IGO. Tanica intima = 20. Media = 130. Avventizia = 10. Fig. 3.^ — Arteria della cute del dorso della mano di un uomo di 60 anni. Ingrandimento idem. Diametro = 52— 200. La media = 102 ;x. Spessezza = 100— 200. La media =150. Intima = 20— 00. Media = 40-05. Avvent. = 35— 70. Fig. 4.'* — Arteria della cute della palma dello stesso soggetto. In- grandimento = Diametro = 72 — 16ò'. La media = 120 [j.. Spessezza = 108 — 176, La media = 142. Intima =36-80. Media = 28-4S. Avventizia 24-40. Fig. 5.^ — Arteria della cute del dorso della man) di un giovanetto a 16 anni. Ingrandimento = 190. Diametro = 40— 00. La media =54 ;/. Spessezza della parete = circa 48 ;j.. Intima = 1 [J.. Media = Avventizia = 23. Fig. 6.^ — Arteria della palma della mano dello stesso soggetto. In- grandimento idem. Diametro = 72—120. La media — 96 ;j.. Spessezza = 64 circa. Intima = 4—8. Media = 28. Avventizia = 32. Fig. 7.'"* — Arterie della cute del dorso della mano di un bambino di poco più che 2 anni. Ingrandimento Idem. Diametro = 92—120. La media = 106 [i. Spessezza = 88 — 110. La media = 94. Intima = 1. Media = 20. Avventi:iia = 80—91. - 152 - rig. S." — Arteria della palma dello stesso soqrgetto. Ingrand. idem. Diametro := 20—220. La media = 120 jj.. Spessezza = 48-108. La media = 78. latima = 4. Media = 32. Avventizia := 20—72. rig- 9.''' — Arteria del parenchima renale appartenente ad un uomo di circa 40 anni. Ingrandimento idem. Diametro = 44 — 69. La media = 56,5 •;.. Spessezza =18 — 28. La media=32. Intima = L Media = 10— 15. Avventizia 2—12. rig. 10.^ — Arteriola delia pia meninge di uomo di circa .30 anni. Ingrandimento idem. Diametro ;= 128 ;j.. Spessezza delia parete = 38. Intima = 8. Media = 12. Avventizia = 16 a. Contribuzione allo studio dell' età della pietra in Ijrovincia di Benevento. — Nota di A. De Biasio. ( Tornata del 31 luglio 1892 ) Non cade dubbio alcuno che fra le diverse province meridio- nali, che hanno dato de' materiali litici degni di far parte di colle- zioni, il beneventano porta, per la squisita finezza di lavoro, il pri- mato fra le altre regioni d' Italia. É ivi, come in altri luoghi della Penisola, che si son trovate tracce della vita e dell'industria umana e che aiutano a comporre la storia di un popolo scomparso ed obliato.' Questa prerogativa de' preistorici beneventani di lavorare con più suuisitezza un pezzo di selce dipendeva non solo dalla qualità del materiale primo, che a dovizia si trovava per quei luoghi; ma anche dalla quiete nella quale dovevano vivere che dava ad essi più agio di perfezionare le loro armi. La ricca collezione infatti di stru- menti in selce, fatta dal professore Corazzini (1), i coltelli e le punte di freccia raccolti dal Bonucci (2) e che ora si ammirano nelle sale del Duca di Luyncs, sono tutte cose che ci provano la finezza di gusto (1) NicoLucci. L'Età delia pietra nelle province meridionali. René. R. Acc. Se. Fis e Mai. di Napoli 1872. Ibidem. Nuove scoperte preistorirlie nelle province meridio- nali. Ihid. 1876. (2) BoNrcci. Monumenti antestorici scoverti dal 1863 al 1866 n elle Provincie napoletane, lettera al duca di Luynes, Napoli 1866'. — 153 — di quei nostri antenati nel lavorare le pietre dando ad esse, mediante il distacco di frammenti con pietre più dure, la forma di coltelli, di raschiatoi, di frecce, di punteruoli ecc., e il lavoro di quei manufatti è tanto perfetto che il Nicolucci disse, nel parlare delle armi di Te- lese, che « sono gli oggetti più singolari che si conoscono in tutta la Penisola ». E qui mi pare acconcio di ricordare che ad eccezione del mio amico Luigi M. Piccirilli di Guardia Sanframondi, che conserva fra gli altri oggetti che sanno di vetustà, qualche punta di freccia, nes- sun altro si è occupato in quella contrada di far raccolta di tali arnesi. Ed oggi , benché il campo delle ricerche fosse quasi esaurito, pure nella spazio di tre anni ho potuto mettere insieme nove oggetti litici rinvenuti in quella provincia , numero limitato se si vuole ; però per la squisitezza come sono mandati a compimento serviranno a rafforzare sempre più V idea come gli antichi abitanti di quella regione anziché restare nello stato selvaggio, procedettero gradata- mente nella nuova civiltà e ai rozzi strumenti di selce primitiva so- stituirono quelli foggiati con nuova maestria perché più adatti ai loro usi diversi. Da alcune scoverte apparisce anche che in alcuni luoghi del be- neventano vi furono fabbriche di armi ; lo dimostrano gli avanzi trovati presso Morcone, in un villino di Tommaso Boccaccino, dove dice il Corazzini (1) si rinvennero più di 200 coltelli in selce; e dal- l' aver trovato a Guardia, a Cerreto ed a Solopaca de' manufatti in pietra levigata, fabbricati con materiale estraneo alla provincia, si può anche far congettura che di tali masserizie della vita usuale col- r andar del tempo si fece commercio e che l'uomo del beneventano vivesse di scambio. Questi licordi di archeologia pi-eistorica provengono dai comuni di Sassinoro, di Civilella, di Amorosi, di Solopaca e di Guardia San- framondi, e siccome presentano diversa forma così sono indotto a classificarli in quattro gruppi. Coltelli. Proì'enietiza Solopaca. L' esemplare che descrivo (fìg. l."") é di selce lattea con la punta tagliata a sbieco e benché incompleto , perché manca del còdolo; pure la parte che ne resta misura 117 mm. in lunghezza e 25 in larghezza ( parte media i. Ha la forma di una costola e presenta (1) Corazzini F. I tempi preistorici ecc. Verona 1874. — 151 Fig. l.a Ciltello di Solopaca come questa duo l'acce una còncava, ed e quella che corrisponde al bulbo di percussione, e un'altra convessa; quest' ultima è fatta da due piani inclinati, che partendo dai bordi taglienti vanno ad unirsi nella parte mediana dove formano uno spigolo. A 12 millimetri in- nanzi dell'estremo sottile l' artefice con un colpo maestro ne fé sal- tare una scheggia , che dette luogo ad una terza faccia, la quale, stretta dapprima verso la punta, va allargandosi man mano che si accosta alla base. In questo modo la parte convessa si trova costi- tuita da tre faccette divise da costole, che decorrono nel senso del- l' asse maggiore di quest' arma. Lisciatoi. Provenienza Guaì-dla Saìifraraondi. Ne conservo un bellissimo esemplare di forma semilunare, do- natomi dal meccanico Alfonso Sellaroli di Guardia Sanframondi. É lungo 80 millimetri ed è perfettamente levigato. E di cUorlle. Accette. Provenienza Guardia Sanfrorrìondi. É un piccoli modello (fig. S."") proveniente da contrada Casiel- Jone in quel di Guardia Sanfromondi, il suo aspetto e la sua strut- tura mi fauno credere sia di diorite. Ha la forma ovale-schiacciata: Fig. Accetta di Guai — 155 — il suo bordo tagliente è bene atlilato e la parte opposta è resa ad arte un pò scabrosa per meglio iramanicarla. Punte di freccia. Provenienza Amorosi. Annovero fra i nove oggetti litici quattro cuspidi di freccia (fìg. 3.* 4.^ 5.* 6.'' ), le quali benché conservassero la stessa forma; pure si distinguono pel colorito, perchè due sono di color rosso-mattone, un' altra è cenerognola e la quarta è di tinta giallo-sporca. Fig. u.a Punta ili tVcciia di Amorosi l-'igr. i « Altra punta di freccia deUa stessa, lirovonienza. Una delle due prime ( fig. S.'') che è la più grande è di forma triangolare con alette orizzontali ; manca della punta e misura 41 millimetro in lunghezza de" quali 13 spettano al gambino. Porta al- l' estremo inferiore e da ambedue i lati due piccole insenature, che servono a distinguerla dal còdolo ed a fermarla al manico. Alla base misura 21 millimetri in larghezza. La seconda freccia (fig. 4.^) è della stessa forma della prima; però le dimensioni sono più ridotte essendo lunga 27 e larga 19 mill. Manca di una parte del còdolo e di una delle punte delle alette. Le alette della freccia bigia ( fig. 5.^ ) si portano in basso ed in fuori e il suo picciuolo è tanto breve che sorpassa di due mil- limetri appena le due sporgenze laterali. Fig. 5.» Frecci Tìs. li ^> Freccia di selce giallastra. — 156 — Quest'arma è limga 24 mm. dei quali 4 spettano al gambino. Lo spazio che resta fra le alette segna 17 mm. L'ultima delle quat- tro trecce ( fig. 6.^) è tratta da una selce giallastra 22 mm. ed è alla base larga 17. Il còdolo , che è acuminato come la punta , è lungo 8 mm. Queste quattro punte di freccia hanno di comune che sono fi- namente scheggiate da ambo le facce e più accuratamente ne' loro contorni. Cuspidi di lancia. Provenienza CicUeìla e Sassinoro. Altre due armi di quella provincia , nelle quali si ammira 1' e- leganza e il buon gusto dell' artefic-r, sono due punte di lancia, una ■è di color rosso-oscuro (fig. 7."- ) e l'altra è di una tinta bianco- sporca , macchiettata in alcuni punti in nero ( fig. 8.^ ). Questa fu rinvenuta presso Civitella , quella presso Sassinoro. Fra l' una e Fig. 7.a Punta di lancia di Sassinoro. Fig. 8.» Punta di lancia di Civitella. r altra vi sono appena 3 mm. di differenza essendo quella di Sas- sinoro lunga 81 e l' altra 78 mm. compreso il còdolo. Alla base — 157 — ambedue misurano in largliezza 20 mm. e si attenuano gradata- mente in punta acuta. Le due facce di questi manufatti sono convesse e solo in una di esse si riscontra lo spigolo mediano. I còdoli sono robusti e molto ruvidi lasciati in questo stato dall' artista per far fare più presa coir asta nella (jiiale queste armi venivano infìsse. La presenza di questi tipi neolitici, sparsi per quasi tutta quella- provincia, ci fa ritenere che il beneventano fosse stato abitato da gente preistorica; però la mancanza di capanne e lo scarso numero- di grotte mi dà adito a questa domanda: L'uomo preistorico ebbe nel beneventano una stabile dimora ovvero vi si andava ad attcn- dare per qualche tempo dell' anno ? Qualunque opinione io emettessi intorno a fatti avvenuti in un periodo cosi remoto non potrebbe essere che temeraria o per lo meno avventata. Raccoglierò per ora i fatti, accrescerò le mie osservazioni e se dopo aver esplorata tutta quella contrada io avrò la fortuna di aggiungere nuovi fatti a quelli già noti, allora non mancherò di ri- tornare su questo stesso tema che riguarda la storia di un tempo che si perde nel bujo più profondo de' secoli. N. B. Nei due quadri craniometrici inseriti nel mio lavoro Craiiia Cainpaiui hoiicrtia dove dice indice nasale deve dire alveoLir:, e viceversa dove dice alveolare si deve leggere nasale. Sulla perdita della elasticità nelle arterie del vecchi. — Nota di 31. .Jatta, (Tav. IV). (Tornata del i51 luglio 1892j Che nei vecchi diminuisca la elasticità delle arterie è un fatto- riconosciuto da tutti, che non merita ulteriori dimostrazioni. Ciò che ha bisogno di essere rintracciata è la causa vera di questa per- dita di elasticità delle arterie nella età avanzata. La maggior parte- degli autori parla di una perdita di elasticità nelle arterie dei vec- chi, ma poco si cura di darne la ragione. I pochi scrittori, che di questo argomento più diffusamente si sono occupati, si mostrano- in aperto dissidio tra di loro. — 158 — Il Cohnheini (1) opiaa, che le arterie dei vecchi perdano sem- plicemente la funzione della elasticità, senza alterazione alcuna nella struttura delle libre elastiche. Tale perdita della l'unzione nelle fi- bre sarebbe causata dalla distensione incessante delle pareti arte- riose protrattasi per molti anni. Molti autori invece, come lo Ziegler [2), Uhle e Wagner (3), Weichselbaum (4) ed altri, ritengono la perdita di elasticità nella vecchiaia come una conseguenza di processi atcromasici e sclerotici. Anzi lo Ziegler afferma, che un certo ispessimento dell" intima sia da considerarsi come un fenomeno fisiologico nelle arterie dei vecchi. Secondo il Thoma (5) a cominciare dall'età di 30 anni, si av- vera nelle arterie un' atrofia semplice senile , che consiste , se- condo r A., in una pura e semplice riduzione della parete arteriosa, per assottigliamento degli elementi che la compongono, senza alcuna .alterazione nella struttura di essi. Come conseguenza di questa .atrofia senile, a compensare lo squilibrio che avviene nella circo- lazione in seguito alia dilatazione del lume arterioso, si sviluppe- rebbe un ispessimento dell' intima, che 1' A. chiama endoarterite compensativa. E in un altro lavoro (6), fatto in collaborazione di Kaefer, il Thoma dopo aver lungamente dimostrato come la elasticità delle pareti arteriose diminu.sce coli' età, ritorna sullo stesso concetto di una pura e semplice riduzione delle pareti e di una endoarterite compensativa. Ma tanto nell'uno, quanto nell'altro lavoro si parla più volte di una perdita di elasticità, di un indebolimento delle pa- reti arteriose, giammai di alterazioni nelle fibre elastiche. 11 Langhans (7) riconosce che 1' intima dei vecchi è quasi' sempre più spessa di quella dei giovani ; ma . avendo trovato in una donna di anni 79 l'aorta della spessezza di 0,05 m.m. crede, (1) CoHNHEn:. Lezioni di Patologia irenerale (trad. ital. di Na- politani). (2) Ziegler. Trattato di Anatomia patolo gica (trad. ital. del prof. Armanni 2^ ed. it.,). (3) UiiLE e Wagner. Patologia generale (trad. ital. di Punzi). (4) Weichseldaum. Griindriss dar istolog. Pathologie. (5) Thoma. Ueber einige senile Ver iinderun gen des menschli- chen Kòrpers etc. etc. Leipzig. (6) Thoma R. e Kaefer N. Ueber die ElasticitJit gesunder und kranker Arterien fVirchow 's Arch. Bd. ilG). (7) Langhans. Beitriige zurnormalen und pa th ologis e he n Anatomie der Arterien (IVrr. Arch. .M .76' /. — 159 — che V intima nei vecchi il più delle volte è patologicamente ispes- sita. In quanto alla media il Langhans ritiene che la relazione tra gli strati muscolari ed elastici può essere alterata non solo nel senso che i muscoli scompaiono e le fibre elastiche restano inva- riate, ma anche nel senso che le fibre elastiche crescono per conto loro e operano alla lora \olta un' atrofia delle fibre muscolari di cui prendono il posto. Le fibre elastiche , secondo V A., si allargano e prendono una struttura fibrosa. Egli assicura d' aver trovato un notevole accrescimento di sostanza elastica nell' iliaca comune de- stra di una donna di 59 anni. Né il Langhans esclude la trasfor- mazione delle fibre clastiche in tessuto connettivo. Stando così la questione ho voluto vedere: 1" se una perdita di elasticità nella vecchiaia è sempre legata nelle arterie a una più o meno notevole perdita di sostanza elastica : 2" quale relazione \iè tra la perdita di sostanza elastica e l'ispessimento dell'intima: e se è giusto, anche ammesso un certo ispessimento dell' intima come un lenomeno costante della vecchiaia, ritenere l'atrofia delle fibre elastiche come prodotta dalla compressione dell' intima ispes- sita sugli elementi della media. Per le mie ricerche mi sono servito dell' aorta discendente di uomini di diversa età: e ho preso in esame solamente quelle aorte che non solo ad occhio nudo, ma anche all' esame microscopico non si mostravano in nessun modo patologicamente alterate. Per mettere in evidenza le fibre elastiche mi sono servito con ottimi risultati del metodo del Martinetti (1) con quelle modifiche che il Griesbach (2) prima e il Ferria (3) dopo vi hanno appor- tato e che, secondo ho potuto vedere, contribuiscono a rendere più chiari i preparati. Questo metodo è fondato suH'alIinità dell'acido cromico e la safiranina: e in quanto al modo come adoperarlo si riscontrino le opere citate. Voglio qui far notare solamente, che la colorazione dipende, come il Martinotti aveva preveduto, dalla qua- lità della salìVanina e che, contrariamente a quanto asserisce il Griesbach, essere la colorazione in nero delle fibre elastiche tanto più chiara, quanto più pura è la qualità della salTranina, ha ragione il Ferria nel ritenere che le qualità di sadVanina meno pure danno (1) Martinotti, Un metodo semplice per la colorazione delle fibre elastiche. {Zeischrif. f. iviss. Mikroskopie* Bd» IV, pag» 3 i), ['l) Griesbach. Das Metanigelb etc. etc. {ivi, pag. 439). (3) Ferria. La colorazione delle fibre elastiche coll'acido cromico. (/ì. Accad. di Mcd. Anno JSSS, N." 6-7). — 100 — una colorazione più evidente. Non ho, come questo autore, speri- mentato su 18 qualità di saffranina; ma di 6-7 che ne ho usato mi lianno dato colorazioni migliori quelle che venivano da fabbriche meno accreditate e che mostravano un aspetto meno puro. Con questo metodo del Martinetti le fibre elastiche assumono' im bel colorito nero, che spicca sugli altri tessuti colorati diffusa- mente in rosso. Messe cosi in evidenza le fibre elastiche, mi è riuscito lacilc vedere il rapporto in cui nelle diverse età esse si trovano nella media della aorta. Ecco il risultato delle mie osservazioni: Aorle di neonati. Ho esaminato parecchie aorte di neonati e iu tutte ho trovato che le fibre elastiche, come riconosce lo stesso Tal ma (1), sono abbondantissime e sembra che da sole costitui- scano la parete arteriosa. Sono sottili, flessuose, addossate e incro- ciantisi tra di loro nelle più diverse direzioni (vedi fìg. 1). Aorte di bambini di 1-10 anni. Ho esaminato un' aorta di un bambino di 2 anni e un' aorta di una ragazza di 7 anni. Le fibre ela- stiche sono abbondantissime, flessuose e conservano ancora il loro predominio sugli altri clementi che compongono la media. Aorte di giovani sutla ventina. Le fibre elastiche nelle di- verse aorte di giovani di 17, 20, 21, 23 anni che ho avuto occa- sione di osservare, si mostrano abbondanti, ma non cosi addossate le une alle altre, come nelle aorte di bambini. Esse decorrono a una distanza quasi costante tra di loro in tutta la spessezza della media: sono abbastanza spesse e mostrano 1' aspetto caratteristico a zig-zag (vedi fig. 2). Aorte d" individui tra i 30-40 anni. Nelle aorte di individui , tra i 30-40 anni la sostanza elastica è ancora ben conservata, ma se si paragona con quella di aorte più giovani, non riesce diflìcilc- notarvi una certa differenza. Le fibre elastiche si mostrano meno flessuose, più allontanate le une dalle altre, più sottili: e qua e là,, specialmente in vicinanza dell' intima, mostrano dello interruzioni lungo il loro tragitto (vedi fig. 3). Aorte d" indwidui tra ì 40-50 anni. La rarefazione della so- stanza elastica, che si annunzia fin dall' età di 30-40 anni, si mostra nel modo più evidente nella media delle aorte di individui tra i 40-50 anni, e specialmente in quelli che s' avvicinano alla cinquan- tina. Non solo le fibre elastiche si mostrano più sottili, per niente flessuose e più allontana-te tra di loro; ma mostrano grosse inter- (1) Talma. l'eber K ndarteriitis chronica. {Virchow': Ardi. Dd. 77). — 101 — nizioni lungo il loro tragitto: e in un' aorta di un uomo di 50 anni (vedi fig. 4) esse, specialmente in vicinanza dell' intima, che non era per nulla ispessita, si mostravano spezzettate in filamenti più o meno sottili. Aorte cr individui tra i 50-60 anni. Per la dillicoltà di tro- vare aorte di questa età perfettamente sane in cadaveri venuti dal- l'ospedale degl'Incurabili, mi sor dovuto contentare di due sole os- servazioni: l'aorta di un uomo di 56 anni e l'aorta di una donna di 60 anni. Nell'una e nell'altra ho trovato una perdita di sostanza clastica ancora maggiore. Le fibre si mostrano ridotte a piccoli e sottili filamenti sparsi nella spessezza della media: e in alcuni punti si vedono tanti granuli fortemente colorati in nero, che rappre- sentano certamente gli ultimi residui di una fibra elastica (vedi fig. 5). Aorte d'individui fra i 00-70 anni. Ho esaminato tre arterie di vecchi di 71 anno perfettamente sane , se ne togli un leggeris- simo ispessimento dell'intima in una di esse. Com'era da preve- ilcrsi, la perdita di sostanza clastica qui è addirittura grandissima. Delle fibre elastiche non restano, se non i)iccoli e sottili filamenti sparsi qua e là nella spessezza della media e granuli fortemente colorati in nero (vedi fig. 0). Da queste osservazioni risulta in modo evidente, che, a comin- ciare dall'età media della vita, nell'aorta si manifesta una perdita delle fibre elastiche, che aumenta sempre col passare degli anni e raggiunge il suo maximum nelle età avanzate. Le fibre elastiche, che nei giovani sono abbondanti, flessuose e continue nel loro tra- gitto, a poco a poco si assottigliano, perdono il loro aspetto carat- teristico a zig-zag, e si spezzettano in sottili filamenti, fino a ri- dursi in tanti granuli. K da rigettarsi quindi assolutamente 1' opinione del Cohnheim di una pura e semplice perdita della funzione nelle libre elastiche coir età, senza alterazione di esse. Tsè si tratta, come opina il Tho- ma , di una semplice riduzione della parete arteriosa , senza al- cuna alterazione negli elementi che la costituiscono. In quanto poi all'opinione del Langhans, che nei vecchi le fibre elastiche si allargano e assumono una struttura fibrosa, essa è con- traria a quanto io ho osservato. Nelle non poche aorte di vecchi che ho esaminato ho trovato come fenomeno costante una rarefa- zione notevole della sostanza elastica. Quindi ho tutta la buona ra- gione di credere che il Langhans sia caduto in errore: e, sicco- me egli si è servito solamente di colorazioni al carminio , che come è saputo non colora le fibre elastiche, dubito fortemente che egli non abbia preso per lamelle elastiche allargate e con aspetto — 162 — fibroso, il tessuto connettivo clic io ho trovato costantemente nella media dei vecchi ad occupare il posto degli elementi elastici e mu- scolari scomparsi. Ed a questo proposito mi piace far notare, come la media dei vecchi è ricca di- tessuto connettivo e di vasi neoformati. Non es- sendomi occupato particolarmente del modo come questo connettivo si origina nella media, non discuto, se le fibre elastiche possano trasformarsi in tessuto connettivo, quantunque a me non sia mai riuscito di osservare tale trosformazione; né so fino a qual punto si possa ammettere, che i nuclei residuali delle fibro-cellulc mu- scolari scomparse proliferando formino tessuto unitivo (ved. Lan- ghans 1. e): ma l' idea del Langhans che il tessuto connettivo esi- stente nella media dei vecchi si origini esclusivamente a spese de- gli elementi della media stessa, deve essere rigettata assolutamente. In aorte di vecchi, colorate col carminio o coli' ematossilina, ho potuto notare, come l'avventizia mandi nella media delle gittate di tessuto connettivo ricco di elementi cellulari e di vasi di nuova formazione. In modo che è probabile, che il tessuto connettivo nella media dei vecchi si formi se non esclusivamente almeno in gran parte dall' avventizia. Assodato cosi il fatto, che nei vecchi vi è nell' aorta una note- vole perdita di sostanza elastica, resta a vedere se tale perdita sia oppur no effetto di un ispessimento dell' intima. Non entrerò qui a discutere se un certo ispessimento dell' intima sia da considerarsi un fenomeno quasi fisiologico della vecchiaia, né se sia ammissibile la teoria del Thoma di una endoarterite compensativa. Come dato di fatto dirò, che io ho trovato due aorte di vecchi di 71 anno, in cui non solo non v' era il più piccolo processo ateromasico, ma man- cava assolutamente ogni ispessimento dell' intima. Uniti questi casi alla osservazione del Langhans, clie trovò nell'aorta di una donna di 79 anni l' intima normale , é giusto ritenere con questo autore che nei vecchi l'intima sia per lo più patologicamenlc ispessita. Ma ammesso pure collo Ziegler ed altri, che un certo ispessi- mento dell' intima sia un fenomeno costante della vecchiaia, io non so con quanta giustezza di criterio si possa ammettere che un leg- giero ispessimento dell' intima possa produrre una così notevole di- struzione di sostanza elastica, e che tale ispessimento sia la causa di un fatto, che comincia in un' epoca quando esso manca assolu- tamente. Infatti ho trovato in aorte di 40-50 anni una notevole ed evidente distruzione di sostanza elastica, senza che il più accu- rato esame vi facesse notare alcun ispessimento dell' intima. Mi sembra dunque di potere affermare che la distruzione delle fibre — 108 — clastiche nelle arterie dei vecchi sia indipendente da ogni ispessi- mento dell'intima e sia legata alla legge generale, per cui gli ele- menti del nostro organismo, a partire da una certa età, entrano in una fase d' involuzione senile. CONCLrSIOM Dalle mie osservazioni tiro le seguenti conchiusioni: 1°) La perdita di elasticità nelle arterie dei vecchi è costante- niente legata a una perdita di sostanza elastica. 2") Le fibre clastiche prima di scomparire si spezzettano e si riducono in piccoli granuli. •T) La perdita di sostanza elastica è indipendente da ogni ispes- simento dell' intima e comincia nell* età media della vita. 4") La media dei vecchi contiene tessuto connettivo ricco di elementi cellulari e di vasi neoformati. E ([ui sento il dovere di rendere pubbliche grazie al prof. Ar- manni per l'aiuto da lui ricevuto nelle mie ricerche. Najioli, r Luglio 1802. Mlluln anatomo-palologico deW ospe- dale degl' Invai-abUi diretto dal prof. L. Aì-mamii. ANI CAMPANI MASCHILI Quadro I. deSli'S Orbite Naso ■— '^ -^ „ o t l i 1 % fc i fp ì < -- •- ^ ~ '2 Ila il 3 Ì3 37 mI'""' H ,„, s.i l'iS " 1 4il «.| «1 (tì IIM UH 1(14 (ì- nu H5 lill US yi; U2| 7H W 111 113]; 31| 28 j 1U0[ '■■a\ 30 sa 5 758 :« 11;' ■il : 878 TUO •il li 775 2t ì: 764 'y; 30 1 so ;i!; •J9 ;l sn> XH7 SU2| l„l ■M ;)| S-'l 7 70 311 • 7011 939 '1 11)5 «9,i 704 705 922 •M 3S 799 732 91 f «8 72 '■ 41 30 37 31 I 718 693 783 708 744 '1 1 .. 793 098 921 :,l, :;i/i l.T. i : V 1 -' 1 1 08U 745 11107 34902 30940 36000 :,; '"-■ ■' o- ,:.:, „5 30 32 88 777 737 923 OSSERVAZIONI riori .a'y,o s"è calco! per (jufclle superiori a' ■ M S^^' 5{)( MI 51 W 875 521 :/i^ 092 17( 9Ul 104 825 423 907 : 8^9 488 775 444 805 9525 38673 488 833 ntura. i nella I della lambdoidea sini-^ Due wonnìant irregolari si- tuati a destra e a sinistra della stessa sutura. GITANI CAMPANI MULIEBPxI Quadro II. ^- = =^ 2 = — Cu? a naso-oooipitale 1 1 = S""''" Orbite Naso ■ ! 1 J:lZuÌ IMasoella 1 ,1., [ 1 1 ^ 1 1 ì 1 1 i 1 1 2 .1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 » 3 1 i 1 1 H 1 j 1 t 1 1 s 1 2 1 j 1 1 ■a ] J If i i| r ili fi; 1 1 à .2 s '1 .1 1 .2 g ■■3 1 i - OSSER\'AZIONI 8 1 dicati. 1 1 5 5 "^ "^ i 3 a a •1 ^ - '- - ^ J3 3 3 3 3 3 S 3 a 3 a e S a a 30 1395 5-'2 500 ,29 ~ J 307 ~ ~ I20I UT , , , ,,j , ,„ Il 32 25 53 125 105 103 „ ~\ 694 093 943 480 727 Tre wormiani due a destra' 5;j3 45» \:r. Klii :<:,:! lo-il 11.', 9j 9U ,;ì 11.-' 3„ -'1 182 ('12 33 731 917 500 755 Cd uno a sinistra della! Tf 30 15ÙU 50U 1 ■■1 :i . ir r'.' :>-'" 1 l'I in.; 78» 730 908 480 940 lambdoidea. 50 1335 485 741 735 905 521 878 Wormiano nella sagittale. 5 75 1390 510 7 75 741 475 722 23 1470 757 958 509 885 7 70 1250 525 638 918 437 894 'tO 1303 400 : 1 2113 09 979 437 ,, 45 1280 4s" 1^ 1 j i ... .''.:'][. Ili :'i ' 'iji il -.11 11 -1 :. ;■' 1"- 01 24 2.J 77/ 748 9jS 842 Metopieo. lÓ 1285 482 703 776 S70 944 11 513 722 126 SSS 434 12 lii •J6 1315 ÓOU 470 1:;: ''':.''] ^"J ;■' '':' 1 ■ ^i 1^ III: »! .',: u7 lUji ;i» 20' 185 59 25 34 755 770 750 993 900 189 437 830 900 coli a destra e a sinistra della sutura lambdoidea. U ir, •10 60 iiòb 483 510 470 |É 129 102| .:-'. !■. . !;-. !.'l l'I j; 1: l'I." V 95 f 01 'M f 757 779 709 969 547 894 10 80 1250 489 47- 1 .^ • 701 776 456 805 17 1305 520 1:10 i lU!) '.: ' :- . !■ °, 1 • 738 700 533 947 18 70 1350 1403 503 i;> i'i 'i'< ' ' • ' -!" Ii7 ili", M-l |iÌ;' IVI 1 39 ; 7HS 70J 959 950 362 418 944 Metopieo; e wormiani nella lambdoidea sinisti-.i. 21 35 70 1397 1540 531 li !'" li' !''' i'' l:. ' i' 1^ Ir II. il7i 'Il i,'^ " i, 40 " Il '■^•' 32 ; 07 7 75» 1188 072 936 500 479 921 872 05 25 UO 1327 1395 530 532 485 [ '■'': iv. :.: :; .: ,: ' ] - - ::; :: ':i : ' ''" .'1 . 32 • 742 777 815 072 720 642 938 930 918 479 407 480 894 944 lambdoidea ''.lestra. 25 75 1338 499 " ■'* 833 713 979 500 873 2B 50 127U 481 • ! 3^ , ■ 739 945 490 903 27 478 I . 1 . 829 705 990 897 28 55 1367 " 1 " „ 1 . 087 767 489 894 29 45 1406 500 l'I li 1 /i ' 1 : ;' 1 ^; 1 -, !■ 1 ; ,; 1.1 i'I 1: In >JS 9j 102 05 ■ ai 29 757 980 447 894 :tO 30 1200 495 74 . li 34 704 71» 469 800 31 70 500 . :| 34 31 704 798 850 8U 1385 523 Ój 35 730 900 500 84- 31 05 1430 490 1; |-' ";' '-". '■' " "i " ■-;■; i" ['^ \'0 09 • 07 5S 65 28 78- 759 909 — 431 503 8351 894 89 -A[ --MO0 —a», -/,"! i.: 1 ;: lì.; . : ^ " li'.' li I . 1 ' i; In I" 03 ol 107 3' ""' " ' ...»_ 7tf 703 999 rio" 75 501 1- 779 . 94 2i80 493 90 100 63 '. '1 3 2 754 715 978 43" Idrocefalii-d. 38 5U l.iOó 478 1- !-■ jl'l Ili ■"■'l| '• !.. IJ l'I , J- 9- 10- 1. 1| 3, . . 782 . 978 ÌM Totale 162^ llìji I9337 17.JH «4 S 4027 3730 l3,0Ì0-37 508 L»9- 353^ 4lr7 .)tj;i i~ii7 12-7 77;'i77. .7. r :l7 x; jtJu 70u!ll.L 8l7 177 ~ì7o'77! 7i7 17l8 1 23056 I9ÌÌ3 lóof -3^4 Media 40 1334 600 431 12 6 128 1'" 30 1" i, 13 1- 10 12 94 lo ^ ■' ir 1 10 11- 1 " l'.i.or ; " '- 30, sol 7(i8| 733 942 45- 1 ..^' ^ /a Jì £,„„„. jrapeìt .Boll dSac- a'zJ/kl m J^ap^ L .Jial \ Yi II,/;'/,. //, //AVu:/ ''^%^]-, i) !' ''^-.. AV.-//../. nvìl (M/a Soc ed- \(}/i/i. \a/)oh'- (ri M /asci Tuv. Il m m W'm ^mm Mi oli ÌLI J) ;K ^>;è^! ^ r' u . / / K 1 ' lif, ; , ' I I ^^ i ■ 0 i ì r — 165 — Le varietà umane, dell' Egitto antico — memoria di A. De Biasio. (Tornata del 4 decembre 1892) Il nuovo indirizzo che il Sergi dà all'antropologia consiste, per chi non abbia letto gli ultimi lavori del summentovato professore, nel trasportare nel campo dell'antropologia il mecodo della botanica e della zoologia sistematiche ; e siccome in queste col metodo tas- sonomico si distinguono l'una dall'altra le specie e i generi del regno animale e vegetale; così collo stesso indirizzo avremo, dice il Sergi, la cognizione di tutte le varietà più comuni e più numerose nelle isole e nel continente, mercè la loro distribuzione e la quantità dei tipi prevalenti, potremo sapere il carattere antropologico dominante nelle diverse regioni. Se poi avremo la fortuna di conoscere i tipi antichi e primi- tivi . . . potremo seguire anche le migrazioni e la diffusione delle varietà , che hanno popolato 1' Italia continentale ed insulare e ri- solvere molti problemi antropologici ed etnologici finora insoluti o oscuri (1). Ora, ciò che il Sergi ha detto per l'Italia e le sue isole traspor- tato in altre regioni si vedrà non solo quali sono i tipi predomi- nanti in quelle contrade ; ma , datosi il caso che il tipo rinvenuto in un luogo, campeggiasse anche in un altro darebbe questo incon- tro a dividere l'idea delle relazioni esistenti o che dovevano esistere tra questa e quell'altra gente e dimostrare cosi l'intima connessione delle diverse parti dell'umanità che, è il compito dell'etnologia. Descrivo in questo lavoro le diverse varietà umane trovate dal Sergi nella collezione dei crani egiziani antichi, che si conser- vano nel gabinetto antropologico di questa R. Università, riserbando- mi, con altro scritto, ritornare sullo stesso tema; però l'indirizzo sarà diff'erente perchè, dopo aver distinti i crani per epoche , cer- cherò dimostrare se le diverse fasi politiche e religiose, alle quali andò incontro la terra de' Faraoni, ebbero potenza ad alterare il tipo più antico che si andò ad installare in quella contrada. Questo nuovo saggio di craniologia egiziana formerà la seconda parte dell' anti'opologia dell' Egitto, poiché la parte etnologica fu espletata dal nostro Maestro Nicolucci nella monogratia. (1) Sergi G. Di alcune varietà umane della Sardegna — /?<>- ma 1S9^, 1(J(3 — Sguardo sull'etnologia dell'Egitto (1) Tatta la collezione de' crani egiziani, donata a questo museo an- tropologico dalla vedova e dal fratello del dottore Bruno Battaglia, è formata di 127 crani ; però dal Sergi non sono stati tutti classi- ficati , perchè alcuni conservano i caratteri giovanili , e quindi la forma del cranio non è ancora fissata; ed altri sono ancora ravvolti dalle bendelle di panno-lino che dall' imbalsamatore furono poste attorno a quelle teste in occasione delle pompe funebri. Le varietà che sono state trovate in questa collezione ascendono a tredici: quattro delle quali, come rilevasi dal seguente elenco, pre- sentano anche delle sottovarietà. Varietà , I Sphenoides. (a) Sphenoides stenometopus. {b) Sphenoides stenometopus oblongatus. (e) Sphenoides cuneatus, II Cuboides parvus. III Romboides. (a) Romboides australensis. ih) Brachyromboides aegyptiacus. IV Corythocephalus sublimis. Y Byrsoides macroprosopus. VI Isobathyplatycephalus siculus. VII Anisobathypiatyoephalus aegyptiacus. Vili Acmonoides siculus. IX Ellipsoides depressus. X Proophryocephalus solenoidometopus. XI Pentagonoides. {a) Pentagonoides obtusus. {ij) Pentagonoides acutus XII Pyrgoides rotundatus. XIII Stenocephalus. ia) Stenocephalus sphenoidopisthocranius. ip) >> stenancylocephalus. G. NicOLccci — Sguardo sull'Etnologia dell'Egitto. Mem. R. Ac Se. Fis. e Mal. di Napoli 1891. — 1G7 Varietà Sphenoides La varietà sphenoides è la più ricca di questa collezione; per- chè abbraccia 22 crani de' quali 10 spettano al sesso virile e 12 al muliebre, Appartengono tutti al vecchio Egitto e provengono da Tebe Sakkara ed Abydos. Vista questa serie dalla norma verticale i suoi componenti rassomigliansi a tanti cunei colla base in dietro, fatta a spese delle bozze parietali, e coU'apice innanzi fatto dal frontale; ed ecco perchè dal Sergi furono chiamati sphenoides ossia a.cuneo. Le sottovariefcà stenometopus, stenometopus-oUongatus e cu- ìieatus; dipendono non solo dalla forma più o meno allungata del cuneo ; ma anche dalla forma cuneiforme che assume l'osso occi- pitale; sicché, per meglio determiuare queste sotto-varietà, è neces- sario studiarle separatamente. Sottovarietà Sphenoides stenometopus Fig. 1 . Sphenoides stenometopus ( norma laterale ) Questa sottovarietà è rappresentata in questa collezione da 18 crani; 9 maschili e 9 muliebri, i quali presentano la norma verti- cale a mo' di cuneo, poiché la fronte , che rappresenta 1' apice , è stretta e la base, che è fatta a spese della parte posteriore del cranio, è larga ; alla quale ampiezza concorrono le bozze parietali che in questa serie di teschi sono molto sviluppate. Questi crani differiscono dalla varietà ooides solamente dalla — 168 — strettezza delle fosse temporali; il che importa che le linee, che uni- scono la parte frontale alle protuberanze parietali, non formano un .irco di cerchio, come nella varietà ovoidale, ma due rette, le quali partendo dalle bozze parietali decorrono dall' indietro in avanti e dal di fuori in dentro, le quali prolungate abbastanza andrebbero ad in- crociarsi molto innanzi della regione frontale e si otterrebbe cosi un triangolo, la cui base sarebbe fatta dalla linea di unione delle due tuberosità parietali e il vertice dell'incrocio delle due linee. Guardati di prospetto si vede che la fronte è alta, stretta ed appianata superiormente: le arcate sopraccigliari ed i seni frontali sono punto sporgenti; le ossa nasali sono sottili e sporte in fuori; le cavità orbitali in alcuni sono rotondeggianti, ed allora posano sopra un piano orizzontale, in altri sono quadrangolari, ed in questo caso sono inclinate alquanto allo esterno. Le cavità olfattive sono di mezzana grandezza. Fig. 2. Sphenoides stenometopus ( norma verticale Diversa è poi la forma de' mascellari superiori, poiché i crani che compongono questa sottovarietà, alcuni li hanno stretti, altri di forma parabolica e non vi mancano degli esempi nei quali la parte anteriore e proiettata innanzi notandosi in pari tempo che negli alveoli di questi ultimi si trovano impiantati i denti sempre verticalmente. La mandibola, in quei teschi che ne sono provvisti, ha l'arcata dentaria conformata come quella del mascellare superiore, però il corpo è spesso, alto, con l'eminenza mentoniera sempre bene accentuata. 109 — Di fianco appaiono questi crani compressi e questa proprietà si estende non solo alle ossa parietali e temporali; ma anche alle ossa e ponte zigomatico. Guardati di dietro appare questa regione , che forma la base del cuneo, non piana; ma rotondeggiante ed in alcuni è financo aguzza dovuta questa prerogativa alla conformazione speciale della squama occipitale. La norma verticale ci lascia vedere che questa regione è pia- •neggiante. I crani maschili di questa prima sottovarietà sono mesocefali, mesaticefali, oriocefali, leptorrìni, megasemi e oriognati. I femmi- nili sono microcefali, mesaticefali, ortocefali, mesorrini, ortognati e mesoserni, e ciò perchè la capacità cubica dei primi (media) segna 1356 e, e. e le medie degl' indici sono 762, 739, 456, 946, 903; mentre la capacità media de' secondi è 1255 e. e e gì' indici sono 776, 706, 500, 961, 851 (1). (1) Per la capacità cubica diconsi i crani microcefali allorquando l'interna capacità giunge fino I3ó0 ce; mesocefali da l.'iol a 1450 e megalocefali da 145/ in poi. li Sergi ch'mmsiìnicrocefali quelli che l'interna capacità giunge a 1/50 ce, daltocefali de 1/50 a UGO. oligocefali da 1J00 a 1400 metriocefali da 1400 a 1500 megalocefali da, 1500 a più. Per l'indice cefalico. Dolicocefali fino a 750 mesaticefali Aa. 75/ a, 800 e brachicefali da SO / in poi. Per l'indice orbitale. Microsemi fino a S40; mesoserni da 84/ a. 890 e megasemi da 89/ in poi. Per l'indice nasale. Leplerrini fino a 480. masorrini da 48/ a 530 e platirrini da 530 in poi. Per l'indice alveolare. Orlognali fino a 980] mcsognali da 981 a 1030 e prognati da 103/ in poi. 11 Sergi dice profatninci i crani che hanno il prognatismo limitato alla parte alveolare. Per r indice facciale. Cameprosopi fino a 900: mesoprosopi da, 90/ a, 902; leptoprosopi da ,902 in poi. Se manca la mascella inferiore allora si diranno Cameprosopi superiori quelli il cui indice arriva fine a 500 e leptoprosopi da 50/ in poi. 11 Sergi ha modificato questa classificazione e chiama Cameprosopi i crani che hanno un indice che arriva fino a 480, mesoprosopi da 480 a 520 e leptoprosopi da 5 90 in poi. Per l'indice verticale. Platicefali fino a 700; oriocefali da 701; a 750; ipsicefali da 75/ in poi — 170 — Sotfcovarietà Sphenoides stenometopus oblongatu; \ ^ig. 3. Sphenoides stenometopus oblongatus Questa seconda sottovarietà è formata di tre crani muliebri, i quali conservano in generale quasi tutti i caratteri della sottova- rietà sphenoides stenometopus però, come vedesi dalla figura, se ne distingue perchè la norma verticale è più alta e la base del cuneo è sempre arrotondata. La e. e. di questi crani, in media, segna 1270 e gì' indici sono indicati dai numeri 736, 728, 486, 968 e 825. Sicché possono essere diagnosticati come mesocefali, dolicocefali, ortoce- fali, mesoy^rini, ortognati e microsemi La capacità cubica e le denominazioni dei diversi indici sono state in alcuni luoghi del lavoro, per abbreviatura, cosi scritti e. e. =: Capacità cubica i. e. =: Indice cefalico i. V. = Indice verticale i. n. = Indice nasale i. 0.= Indice orbitario i. a. = Indice alveolare — 171 — Sottavarietà Sphenoides cuneatus Fig. 4. Sphenoides cuneatus Quest'ultima sotto varietà della varietà 5/)/ienoec?es ha per tipo il u. 500 della collezione. È un cranio virile a grande capacità cubica, fu chiamato cosi per la forma speciale che assume la base del cuneo, che inferiormente è sporgente dovuta questa proprietà ad una mar- cata protuberanza che presenta la parte squamosa dell' occipitale, anche a forma di cuneo. A differenza degli altri crani che compongono le altre sottova- rictà la mascella di questa reliquia umana è poco robusta. Proviene da Sakkara. Dalle misure rilevasi che è megalocefalo ; mesatice- falo, ortocefalo, leptorino, ortognato e mesosemo, perchè la capa- cità cubica segna 1640 e gì' indici sono espressi dai numeri 755, 729 407, 951, e 861. 172 o .5 J .5 |=^'i Varietà i 1 a S S 1-.! morfologie» ^ r> s S Capacità cubica 9 ^ ino 1360 1255 1305 I (a) 6 cT 1270 1450 1356 I (a) 3 .P 1190 1370 1270 1 (b) 1 ^ 1640 Indice cefalico 1640 1640 1 (e) 9 vP 71G 800 776 ' 769 1 (a) 9 ^ 706 792 762 ) I (a) 3 cT 709 758 736 1 (b) 1 ^D 755 Indice verticale 755 755 I (c) 9 ^ 657 766 706 700 7.. I (a) 9 ó 698 792 739 1 (ai 3 ^ 714 759 728 1 (b) 1 ^ 729 Indice nasale 729 729 1 (e) 9 ^ 415 595 500 477 I (a) 9 cT 380 511 455 1 (a) 3 ^ 458 522 486 I (b) 1 ^ 407 Indice alveolare 407 407 1 (e) 8 vP 905 1032 961 1 953 I (a) 9 ^ 896 1056 946 I (a) 3 ^ 947 989 968 I (b) 1 ^ 951 Indice orbitario 951 951 1 I(c) 9 ^ 775 923 851 877 1 (a) 9 cT 388 971 903 1 (a) 3 ^ 714 917 825 1 1 (b) 1 ^ 861 Circonf.orizzontale 861 861 1 I (e) 9 vP 481 525 494 j 484 I (a) 9 ^ 460 509 474 I (a) 3 ^ 470 501 484 1 I (b) 1 ^ 529 Circonf. verticale 529 529 1 I (e) 9 vP 450 494 461 454 I (a) 9 ^ 425 457 447 I (a) 3 >p 440 462 448 I (b) 1 ^ 490 Diametro antero- 490 490 I (e) 9 ^ 170 posteriore 179 175 ; 174 I (a) 9 cT 165 179 173 I (a) 3 ^ 165 182 174 I I (b) 1 ^ 192 Diametro bi-late- 192 192 l I (e) 9 >p 125 rale 138 135 1 132 1 (a) 9 d" 125 140 132 I (a) 3 >p 125 130 128 r t I (b) 1 ^ 145 145 145 1 I (e) — 173 — Curva naso occipitale s a s 55 o i P. Frontale P. parietale P. occipitale Totale .2"Ì I: e: ih min. mas. media min. mas. media min. mas. media min. mas. media 9 rT 115 139 122 120 140 126 98 116 98 350 372 Sì 351 I (a) 9 ^ 105 122 115 99 120 118 100 121 110 330 360 I (a) 3 ^ 120 132 125 110 124 117 110 120 114 340 373 357 I (b) 1 ^ 125 125 125 130 130 130 131 131 134 386 386 386 I (e) Varietà Cuboides parvus Fig. 5. Cuboides parvus E rappresentata questa varietà da due crani muliebri prove- nienti da Saivkara: distinti, secondo il Sergi, dal perchè ciascun cranio presentasi e corto, relativamente largo, alto, piccolo, oligocefalo. La sua struttura cosi è che gli dà l'apparenza cuboide; fronte verticale, piana, e larga rispetto alla piccolezza del cranio; occipitale e parte parietale annessa perpendicolari; norme laterali a tendenza paral- lela : così dalla norma verticale il cranio apparisce quadrilatero; simile apparenza, e meglio spiccata, si ha dalla norma posteriore. Da qui l'appellativo di cuboides (1). Osservati questi teschi di prospetto hanno la fronte piuttosto (1)Serigi G. Di alcune varietà umane della Sardegna Roma 1892. 174 angusta nella parte inferiore; però tosto si dilata verso le tempia- ed assnme la forma che può chiamarsi elegante ; mancano le spor- genze delle arcate sopra-orbitali come anche ci è assenza delle bozze frontali onde la fronte è spianata ed uguale. Tondeggiano alquanto le orbite, e l'apertura loro è mezzana & leggermente inclinata all'esterno. Il naso è stretto ed alto. Le ar- cate zigomatiche sono moderatamente estese verso l'esterno; le fosse canine profonde; assenza completa di prognatismo dentario e mascel- lare. La mascella inferiore, rispetto alla piccolezza del cranio, è moderatamente alta, di forma parabolica con poca o ninna spor- genza mentoniera e proporzionata larghezza angolare. Di profilo la curva che li contorna s' inarca dolcemente dalla, radice del naso fino al ì)regma dove giunta diviene piana per poi calare a piano quasi verticale dalla parte posteriore de' parietali fino alla parte squamosa dell'occipitale dove diviene nuovamente ar- cuata e va a terminare in corrispondenza de' processi mastoidei. Noto anche da questo lato che le ossa parietali formano una marcata convessità all'esterno donde la larghezza di questi crani allorquando si guardano di sopra. Le misure ottenute da questi teschi ci dicono che sono, in media microcefali^{cc. 1305); mesaticefali (1. e. 756); leptorrini (i.n. 449); ortognati (i. a. 978); e mesosemi (i. o. 869). £ (3 Media Varietà S o 6 •5 .2 fra a i .s S 5 i sessi morfologica ;2; OJ S S S 2 c^ 1260 Capacità cubica 1350 1305 « II 2 cT 784 Indice cefalico 828 756 » » 2 ^ 751 Indice verticale 778 765 » » 2 cT 429 Indice nasale 469 449 » » 2 cT 956 Indice alveolare 1000 978 » » 2 e/* 846 Indice orbitario 892 869 » „ 2 d^ 472 Circonferenza orizz. 507 489 » » 2 c^ 448 Circonffirenza vertic. 467 457 » » 2 - La varietà byrsoides è rappresentata nella nostra collezione da 9 crani ; 7 maschili e 2 muliebri provenienti da Sakkara. « Questa varietà, dice il Sergi, prende carattere dalla norma verticale del cranio principalmente, e poi anche dalla faccia : Da que- sta norma il cranio apparisce lungo, come è realmente, un ovoide, che si allontana dalla forma ordinaria, perchè ha la parte espansa molto all' indietro è arrotondata, mentre in avanti va assottiglian- dosi ,• così la parte più stretta è la più estesa: quindi, più che ovoide questa norma ha una forma di borsa, di cui la parte posteriore è il fondo, la parte frontale è l'apertura, e le arcate zigomatiche, -poco visibili e sporgenti, sono i fiocchi della borsa. Da questo il nome di byrsoides i^rpaa) ». Noto intanto che nel tipo egiziano non solo l' espansione del cranio è minore, ma anche in qualcuno di essi la parte che rappre- senta il fondo della borsa invece di essere arrotondata fa ernia nel mezzo e ciò si deve alla protuberanza occipitale che è molto svi- luppata. Guardati di faccia la fronte si presenta stretta e sfuggente: le arcate sopraccigliari e i seni frontali sono poco o punto sviluppati ; le cavità orbitali sono piccole e rotondeggianti nei maschi, grandi e quadrangolari nei muliebri. Le aperture nasali sono, in amenduc i sessi, strette ed alte; sot- tili e lunghi sono gli ossicini nasali che le sormontano, Varia è poi la forma del mascellare superiore perchè in alcuni quest'osso è stretto; in altri è ampio e descrive una perfetta para- bola, e non vi mancano de' casi nei quali la parte anteriore e pro- iettata innanzi tanto da mentire il prognatismo. Divisi per sessi i maschili sono dolicocefali , ortocefali , le- ptorini, ortognati, microsemi e rneoalocefali, ; perchè hanno come indici 722, 724, 426, 929, 818 e 1480 per e. e, I muliebri sono dolicocefali, ortococefali, leptorini, ortognati^ ■megasemi e mesocefali perchè gì' indici sono 697 , 697 , 474, 922> 939 e la e. e. è uguale a 1360. — 182 — ■ g s =» il Varietà s s s s s- morfologica es t3 4 co ■g s s ■i: Capacità cubica ! 6 0^ 1430 1570 1480( , ,.^r^ i3eo( ^^-^ V 1 2 .^ 1270 1450 idem Indice cefalico ; 7 a 67G 749 722 ^ ^^^ V 2 p 670 718 697( ""'' idem Indice verticale i 7 c^ 090 753 724 ( 710 V 2 ^ 070 7i8 697 ( idem Indice nasale I 6 7( O 412 442 420( 450 V 2 >P 438 510 474( idem Indice alveolare l 0 cT 893 990 929( 925 V 2 ^ 910 929 922( idem Indice orbitario 1 V li 6 cT 082 905 818( 878 idem 2 vP 905 974 939( Circonferenza 1 V 7 3< o 508 verticale 334 520( 512 idem 2 ^ 496 513 504( Circonferenza 1 V 7 7< O 467 orirz. 490 477 ( 470 idem 2 ^ 459 467 463( Diametro antere- 1 V 7 cT 181 posteriore 188 185( 182 idem 2 ^ 177 183 180( Diametro bi-late- 1 V. 7 o^ 125 terale 140 134( 130 idem j 2 ^ 127 127 127 ( Curva naso-occipitale fl o P. frontale P. parietale P. occipitale Totale .sì 6'^ 4 1 a 09 ■a min. mass. media min. mass. media min. m&ss. media min. mass. media 7 cT 122 132 120 118 140 124 lOó 128 115 359 378 368f o-.^ ideml o ^ 124 125 124 124 132 128 105 122 113 362 370 366 183 — VI. Varietà Isobathyplatycephalus siculus. Fig. Il Isobathyplatycephalus siculus I caratteri che danno la denominazione alla varietà in parola sono dice il Sergi, i seguenti: Al piano inferiore del cranio posto Ira i margini anteriore e po- steriore del foro occipitale e continuato verso la volta palatina sta parallelo il piano superiore della volta cranica ; e questo si distende dal frontale, anteriormente al bregma, sulla linea mediana de' pa- rietali per un lungo tratto, cosi che la volta cranica è appianata per tutto questo spazio antero-posteriore ed anche transversalmente e costituisce un piano parallelo a quello inferiore descritto. Questa struttura si rende evidente per mezzo della norma laterale del cra- nio, il quale, quindi è appianato superiormente o platicefalo e pre- senta eguale altezza (profondità del corpo solido), anteriormente dalla volta palatina in su e posteriormente dai margini del foro occipi- tale al vertice, da ciò la sua denominazione isobathy-platy-cha- mae-cephalus » (1) Guardati i crani di questa varietà di prospetto appaiono con fronte piuttosto alta, stretta in basso e reclinante in dietro con bozze punto apparenti : le orbite sono grandi e tondeggianti ; la radice del (1) Sergi G. Di alcune varietà umane della Sicilia. R. Accademia dei Lincei voi. 1.° 1* Sem. serie 5.^ Rendiconto 1892. — 184 — naso poco depressa ; le ossa nasali strette ed alte ; le fosse canine poco appariscenti ; le ossa malari piccole e verticali ; 1' arcata al- veolare del mascellare stretta e parabolica con impianto verticale de' denti. La mandibola ha i rami piuttosto slargati e la branca ascendente è retta e breve. Visti di dietro appare la regione occipitale pianeggiante in al- cuni, larga e convessa in altri. Questa varietà è formata di quattro crani muliebri e potrebbe essere chiamata var^ietà tneiopica, perchè tre de' teschi presentano la sutura bi-frontale. In media questi crani sono mesatìcefali (762) ; ortocefali (729): ^eptorinì, (412) : ortognali (930) e megasemi (892) ; mentre per l'interna e. e. sono megalocefali (1460). z g Media Varietà a o p a 1 fra i sessi Morfologica 'A w s ■^ s 4 vP 1380 Capacità cubica 1500 1460 » VI 4 ^ 741 Indice cefalico 778 762 » VI 4 vP 717 Indice verticale 743 729 » VI 4 ^ 382 Indice nasale 435 412 » VI 4 vP 859 Indioe alveolare 970 930 » VI 4 >p 806 Indice orbitario 974 892 » VI 4 vP 487 Circonferenza orizz. 518 507 » VI 4 vP 460 Circonferenza vertic. 480 470 » VI 4 vP 170 Diam. antere-poster. 185 177 » VI 4 ^ 134 Diametro bi-laterale 137 135 " VI Curva naso-occipitale. P. frontale minima 115; massima 130; media 121; P. pa- rietale minima 121 ; massima 130; media 126. P. occipitale minima 108; massima 118, media 114. Totale minima 344, massima 368 media 361. Dagli specchietti inseriti alla fine di ciascuna di queste prime sei varietà rilevasi che la massima capacità cubica spetta alla va- rietà corythocephalus sublimis, perchè quivi la media dell' interna capacità craniale raggiunge 1690 e. e. ; in modo che questa varietà sorpassa i crani maschili della sottovarictà sphenoides stenometopui — 185 — di 334 e i muliebri di 435 ; mentre le altre due sottovariatà sphe- noides sfenomeiopus oblongatus, sphenoides cuneatus e le varietà cuboìdes j^cd'Vus, romboides australensis , brachyromboides aegyjì- iiacus, isobathyplathycepìialus siculus ed ambo i sessi della byrsoi- des macì'oprosopus sono superiori alla varietà corythocephalus su- Uimis di 420, 50, 385, 290, 280, 230, 210 e 390 e. e. L' indice cefalico nella sottovarietà bracJnj romboides aegypHa- €us è uguale a 827 e nella romboides australensis a 816; sicché i crani spettanti a queste due sottovarietà sono bracMcefalì ; mentre sono dolicocefali quelli della prima varietà (a, b,), della corytho- cephalus sublimis ed ambo i sessi della byrsoides macroprosopus . Quelli poi delle altre varietà sono mesaticefali. L' indice verticale ci mostra che i soli teschi muliebri della byr- soides macroprosojJus sono platicefali, perchè la media de'loro in- dici è 697 ; sono invece ipsicefali i crani delle varietà cuboìdes par- vus, corythocephalus sublimis e quelli della sottovarietà brachyrom- boides aegyptiacus, perchè le medie dei loro indici stanno fra 763 e 785. Gli altri sono orlocefaH. Poco è a ridire per l'indice nasale poiché, ad eccezione dei crani virili della prima varietà (a), quelli della sottovarietà sphenoides stenometopus oblongatus e il cranio spettante alla romboides austra- lensis che sono mesorini : gli altri sono leptorini. Per l'indice alveolare fo notare che é mesognato il solo cranio della sottovariefcà brachyromboides aegyptiacus\ mentre gli altri non superando i 980 mm : fanno parte degli ortognati. Può dirsi, per l' indice orbitario. Ime i crani della isobathypla- ttìycephalus siculus, quelli della romboides e i femminili della byr- soides e quelli parimente muliebri della sottovarietà splienoides ste- nometopus sono megasemi : sono invece microsemi i crani spettanti alla sottovarietà stenometopus oblongatus e alle varietà corythoce- phalus sublimis e ai muliebri della byrsoides macroprosopus. Gli altri sono mesosemi. Venendo poi a parlare della circonferenza orizzontale e verti- cale fo notare che la massima circonferenza orizzontale segna 537 mm. e trovasi nella sottovarietà brachyroìnboides aegyptiacus e la minima 474 appartiene ai muliebri della sottovarietà splienoides ste- nometopus. Il massimo della verticale 508 si rinviene nella varietà corytho- cephalus sublimis e il minimo 447 spetta ai muliebri della sottova- rietà sphenoides stenometopus. Il massimo della curva naso-occipitale, 386, spetta alla sottova- — 18G — rietà spJienoides cunealus e il minimo, 345 alla sottovarictà bracJiy- romboides aegyptiacus. Le medie del totale delle altre varietà si trovano fra gli estrerai 386 e 345. Tralascio far notare le differenze fra il diametro antero-poste- riore e il bi-Iaterale, perchè sono chiaramente espresse negli spec- chietti diametro antero-posteriore e M-laterale. VII. Varietà Anisobathypiatycephalus aegyptiacus. Fig' li, Anlsobathyplatyc3 fthalus aegyptiacus E formata questa varietà di nove crani quattro maschili e cinque muliebri. Ad eccezione dei crani segnati coi numeri 523, 524 e 525, che sono forniti di mandibola , gli altri ne sono sprovvisti. Anche i crani maschili di questa varietà tengono qualche cosa del mulie- bre ; poiché , oltre ad essere di mezzana grandezza , le superficie delle loro ossa sono prive di ruvidità, poco rilevate sono le apofisi, poco appariscenti sono le linee e le creste. Fra questi nove crani ve ne sono due metopici e quattro con ossa wormiane, queste ultime si vedono incastrate sempre nella lamMoìdea. Guardati di fronte {norma facialis) la faccia è di mezzana gran- dezza ; ma sempre di forma ovale ristretta più in basso che in so- pra. La fronte è bassa, stretta ed appianata: solo in qualche cranio al terzo superiore si rende sfuggente. Poco sviluppate sono le bozze frontali come anche poco accen- — 187 — tuati sono i seni frontali e le arcate sopraccigliari. Le ossa nasali sono bene sviluppate e formano colla fronte un angolo che è aperto più nei crani muliebri che nei virili. Le orbite sono di mezzana grandezza più volgenti alla forma rotonda che alla quadrangolare; sempre però situate sopra un piano orizzontale. Gli ossicini nasali, in quelli che ne sono provvisti, sono lunghi e sottili e l'apertura olfattiva è quasi sempre alta. Il bordo alveolare del mascellare superiore è di forma circolare con impianto verticale de' denti. Fa eccezione a questa regola il cra- nio segnato col numero 528, il quale ha il bordo alveolare appianato e sporto innanzi e dalla direzione degli alveoli si deduce che i denti incisivi e canini vi dovevano essere inseriti obliquamente. Ha richiamato la mia attenzione anche il teschio 525, che pre- senta le fosse canine molto profonde, profondità che vien resa più manifesta dal perchè il bordo inferiore delle orbite è sporto alquanto innanzi. Solo nel cranio 525 il margine inferiore del mascellare inferiore è rugoso ed è rivolto all'esterno e la porzione mentoniera è depres- sa ; mentre negli altri due il bordo inferiore è orizzontale , liscio, levigato , rettilineo dall' avanti in dietro ; rotondato da fuori in dentro. Il mento è sporgente. Guardati di lato {norma laleralis) il profilo della calvaria rap- presenta una curva, che decorre prima verticale lungo la fronte; poi diviene orizzontale pel sommo della testa ed arrivata in corrispon- denza delle tuberosità parietali forma una piacente curva che dà alla regione posteriore del cranio la forma rotondeggiante. Dalla quale conformazione risulta manifesta la prevalenza delle parti posteriori sulle anteriori del cranio. Spesse fiate, lungo la li- nea mediana, si osserva un leggiero innalzamento che comincia in alcuni dalla regione frontale ed in altri dal bregma in poi donde l'an-isob non-isob. Studiato questo gruppo, sempre da questo lato , si vede che le apofisi mastoidee sono mezzane , poco visibili sono le linee semicircolari de' parietali e poco profonde sono le fosse temporali , come poco o punto appariscenti sono le tuberosità pa- rietali. Studiati di dietro ( norma occipiialis ), appare questa regione rotondeggiante. Le linee semicircolari e la spina occipitale sono poco visibili; come anche le altre impronte per gli attacchi muscolari sono quasi sempre scomparse. La norma verticale ( norma verticalis ) ci lascia notare che questi crani rassomigliano a degli ovoidi colla parte ristretta post-* — 188 — anteriormente ; però fra la parte anteriore e posteriore non si nota una marcata differenza a causa che essendo la fronte compressa si trova il diametro antero-posteriore più accorciato e quindi questo ovoide slargandosi gradatamente, va dalla fronte in poi man mano rigonfiando fino a raggiungere il massimo del suo sviluppo in cor- rispondenza delle gobbe parietali, le quali, benché poco appariscenti, sembrano trovarsi più in dietro. Provengono da Sakkara, Tebe e Menfi ( X e XII dinastia ). In quanto alla diagnosi sono in generale questi crani mesocefali mesalicefali, ortocefali, ortognaii, leptorini, mesosemi e leptopro- sopì superiori. Distinti per sessi i maschili sono megalocefalì , mesaticefaìi, ortocefali, leptorini, ortognati, microsemi e lepioproposi superiori, mentre i muliebri sono microcefali, dolicocefali, ortocefali, lepto- rini, ortognati, mesosemi e leptoprosopi superiori: perchè la media fra i due sessi segna 1422, 763, 736, 954. 456, 858, 549. Quella de' maschili 1465, 779, 740, 952, 468, 828, 540. Quella dei muliebri 1384, 748. 733, 952, 444, 888, 550. 189 2 0) A Media Varietà s ^ fra i sessi morfolo- ^ OQ s S S gica Capacità cubica 4 J 14O0 1550 1465 1422 VII b ^ i3bo 1400 1384 idem Indice cefalico 1 4 d^ 756 791 779 763 VII 5 ^ 717 775 748( idem Indice verticale ] 4 C^' TUO 757 740( 736 VII 5 tp 694 763 733( idem Indice nasale ] 4 d" 483 536 468( 456 VII a r 417 Indice alveolare 500 444( ] idem 4 c^ 920 1000 952( 954 VII b ^ 928 Indice orbitario 981 952( 1 idem 4 756 929 828( 858 VII b 816 921 888( idem Circonf. orizzon. 1 4 c^' 497 522 508{ 50-> VII b ,^^ 487 Circonf. verticale 508 497( 1 idem 4 c^ 458 490 476( 471 VII 5 ^ 456 Diametro-antero 470 ift 466( 1 idem 4 e/ 171 posteriore 175( 175 VII o .^ 174 Diametro bi-late- 180 176( 1 idem 4 d^ 135 naie 140 i36r 134 VII b ^ 129 138 136( 1 idem Curva naso-occipitale ■j — — ■5 :?^ Varietà a 1 !» P. frontale P. parietale P. occipitale Totale H morfolo- gica min. mass. med. min. mass. med. min. mass. med. min. mass. med. 4 yP 120 125 122 120 130 126 115 150 125 355 375 366( o«o VII 5 ^ 118 125 120 122 138 126 102 116 109 356 363 359( idem LIURAR-Yjsai 190 viir. Varietà Acmonoides siculus. Fig. 12. Acmonoides siculus È formata questa varietà di quattro crani maschili provenienti (la Abydos e Tebe. Essi si presentano con fronte retta, la quale solo al terzo superiore , diviene ^fuggente e forma col resto del profilo della calvaria una curva larga ed uniforme. Le arcate sopraccigliari sono sporte alquanto innanzi e sopra di queste trovasi un solco oriz- zontale, il quale percorre tutta la larghezza della fronte. Superior- mente tale solco è limitato dalle bozze frontali, che sono molto ap- pariscenti. Le orbite sono di forma quadrilatera ed inclinate alquanto allo esterno. Le cavità nasali sono alte e strette , le fosse canine sono ben delineate e il bordo del mascellare superiore tiene impiantati verticalmente i denti. La mascella inferiore è piuttosto alta e forte, le branche ascendenti sono robuste e larghe con 1' angolo esterno ottuso ; il mento è quasi retto e il margine inferiore è rotondo. La norma verticale, oltre la curva innanzi descritta, ci fa no- tare che le parti laterali sono distintamente e regolarmente com- presse tanto che le fosse temporali hanno perduto la loro profon- dità ; le ossa mascellari sono piccole e gli archi zigomatici non pre- sentano convessità all' esterno. Visti di dietro appare la regione occipitale molto convessa, alla — 191 quale forma prende parte non solo quella parte dell'occipitale che trovasi in sopra delle lince semicircolari superiori ; ma anche la parte posteriore, superiore e laterali dei due parietali. 11 resto dell' osso occipitale trovasi in due casi sullo stesso piano del forame occipitale ; mentre negli altri due è inclinato leggermente dall' indietro in avanti e da sopra in sotto. Noto anche, che le impronte degli attacchi muscolari, che tro- vansi sull'osso occipitale, sono molto marcate e in uno dei crani la spina occipitale esterna è tanto sviluppata, che il teschio, privato della mascella inferiore, si può mantenere in bilico, sull' estremità libera di questa sporgenza e i due incisivi che ne restano. La media della capacità cubica, e gì' indici diversi ricavati dalle misure di questa varietà sono espressi qui sotto. Capacità cubica 1415 ; i. e. 727; i. v. 756; i. a. 922; i. n. 438; i. 0. 863. Sicché questi crani sono mesocefali, dolicocefali, ipsice- fali, ortocefali, leptorini e mesosemi. o o é 6 •S Q ai m 5 SSS) §i CO <- 1 S % c3 >a 4 cT 1410 Capacità cubica 1410 1415 „ Vili 4 cT ()72 Indice cefalico 772 727 » vili 3 d^ 747 Indice verticale 800 756 » vili 3 cT 38-? Indice nasale 480 438 » vili 3 cT 916 Indice alveolare 931 922 » vili 1 4 • & 744 Indice orbitario 889 863 » vili 4 cT 505 Circonferenza orizzontale 522 515 y> vili 3 . XII e/ 471 Indice nasale 471 471 „ XII e/ 900 Indice alveolare 960 960 » XII d^ 872 Indice orbitario 872 872 » XII c^ 493 Circonferenza orizzontale 493 493 „ XII e/ 4!)t) Circonferenza verticale 490 490 » XII e/* 175 Diametro antero-posteriore 175 175 „ XII 7» 132 Diametro bilaterale 132 132 » XII 11 totale della curva uas o - occipital e segna in questa XII varietà 373. XIII Varietà Stenocephalus È rappresentata questa varietà nella collezione egiziana da 12 crani; 3 maschili e 9 muliebri. Ha questo gruppo per carattere dominante, come dice il Sergi, la strettezza nei diametri trasversali del cranio, tendenza perciò al parallelismo longitudinale del cranio stesso, benché qualche volta si trovi un rigonfiamento ai parietali. Di regola il cranio è piccolo, lungo 0 dolicocefalo; arcuato nella sua sezione trasversale e con varia forma occipitale. Nella collezione, da noi presa ad esamina, ci sono soltanto, per la forma occipitale, due sottovarietà, cioè la SpfienoìdopUihocranius e la stenancyloceplialus. La prima si distingue perchè 1' occipite stesso è a forma di cuneo e la seconda perchè lo stesso osso è stretto, curvo, donde Steno — stretto ancylo- curvo. 202 — Sottovarietà Stenocephalus sphenoidopisthocranius Fig. 18. Stenocephalus splieuoidopisthocranius La prima sottovarietà abbraccia 9 teschi, 7 muliebri e 2 virili. Un primo sguardo dato a questi crani è sufficiente per farci ac- corti che essi differiscono considerevolmente dalle altre varietà egiziane. Colpisce infatti, allorquando si guardano di prospetto, la strettezza delle regioni fronto-sfenoidali ; la fronte oltre ad essere stretta è bassa e sfuggente ; poco sviluppate sono le arcate soprac- cigliari e con esse i seni frontali. Lunghi e sottili sono gli ossicini nasali e di mezzana altezza sono le cavità olfattive. Le orbite, quasi sempre di forma quadrangolare, sono in alcuni inclinate alquanto allo esterno ed in altri riposano sopra un piano orizzontale. Eccetto in un cranio virile, in nessun altro vi è accenno di prognatismo sia mascellare che dentario. Le mandibole hanno 1' eminenza mentoniera marcatissima ; il corpo proporzionato: 1' arcata alveolare di forma parabolica e le branche ascendenti formano col corpo della mascella un angola quasi retto. Guardati di fianco il profilo della calvaria è rappresentato da una curva che può essere suddivisa in 4 archi di cerchio; il primo che occupa tutta la regione frontale, il secondo che da questo punta arriva fino alla parte posteriore de' parietali; il terzo che serve di accordo fra il precedente e l'ultimo, che occupa tutta la parte spar- gente dell'occipitale. Studiati di dietro si nota, che l'occipite si protende considere- volmente all' indietro in forma di cuneo; però a tale sporgenza. concorre solo quella parte di quest' osso che trovasi in sopra delle linee semi-circolari superiori; mentre la parte che resta in sotto in alcuni trovasi sullo stesso piano del foro occipitale ed in alcuni altri e leggermente inclinata da dietro in avanti e da sopra in sotto. Sottovarietà. Stenocephalus stenancylocephalus Fig. 19, Stenocephalus .Stenhncylocephalu.s (nonuu laterale) Nell'altra sottovarietà le bozze parietali sono più appariscenti, i crani sono più corti, l'occipite non fa molta sporgenza |raa col resto della calvaria forma una piacevole uniformità. Le parti late- Fig. 20, Stenocephalus Steuancylocephalus (norma frontale) rali non sono tanto compresse; ma formano piuttosto convessità, specie nella porzione latero-posteriore. — 204 - Le orbite posano sempre sopra un piano orizzontale e nel cranio 360 notasi una leggiera proiezione del mascellare superiore. La media de' crani maschili della prima sottovarietà ha per indici 709, 715, 551, 897, e 943; la media dei muliebri è 716, 716, 451, 869, e 950. Sicché i maschili sono dolicocefali orlocefali pla- tirrini, megasemi ed ortognati i muliebri sono dolicocefali, orto- cefali, leptorini , mesosemi ed ortognati ; e siccome la media de- gl'indici fra i due sessi segna 726, 715, 506, 946 e 883; così i 9 crani appartenenti alla prima sottovarietà della varietà Steno cephalus sono dolicocefali, ortocefali, mesorrini, ortognati e mesosemi. La capacità cubica dei maschili, segna 1390, quella dei muliebri 1268 e la media fra i due sessi misura 1329 e. e. Sicché i maschili sono mesocefali, i muliebri microcefaU e l'intero gruppo anche mi- crocefalo. Nell'altra sottovarietà la media degl' indici de' crani femminili è 744, 741, 474, 871, e 948; mentre quella de' virili è 714, 747, 455, 875 e 923 in modo che i crani femminili sono dolicocefali^ ortocefali, lejjtorini 'mesosemi ed ortognati e parimente dolicoce- fali, ortocefali, leptorrini, mesosemi ed ortognati sono i virili, I due sessi di questa seconda varietà uniti insieme hanno per indici 729. 744, 464, 937 ed 873. I componenti adunque di questa seconda sottovarietà sono dolicocefali, ortocefali, leptorrini, orto- gnati e mesosemi. Per l'interna capacità cubica è microcefalo il femminile, mentre non possiamo determinare quella del maschile, perchè il cranio non si prestò a tale misurazione. 205 2 cT 1330 7 o 1210 •) ^ 1200 7 ^ 682 o o^ 685 2 ^ 735 1 e/ 714 2 d' 690 7 ^ 672 2 >>^ 718 1 ^ 747 6 ^ 423 1 d" 551 2 ^p 370 T o^ 455 0 ^ 012 1 d" 043 2 ^ 048 1 .p 026 7 >p 756 2 d" 872 •> .p 820 1 o' 875 7 .p 486 2 o 495 2 .° 475 1 O 507 7 P 440 2 cf 460 2 ^ 444 1 d^ 483 7 >P 169 2 o 173 2 ^ 170 1 d^ 182 7 p 122 2 e 126 2 ^ 125 T d^ 130 Capacità cubica Indice cefalico Indice verticale Indice nasale Indice alveolare Indice orbitario Circonf. orizzon. Circonf. verticale Diametro antero posteriore Diametro bi-late rale 1450 1410 1260 757 734 753 714 740 758 765 747 471 551 578 455 1000 943 948 026 923 923 875 500 501 482 507 463 470 459 483 188 184 170 182 132 127 128 130 1390^ 1268( 1230 1329 726 15 716( 709( 714( '-"^ 1 715( 716( ili; 744 451 ( rQg 551 ( ^^^ j-r J 464 1 950( Q4g y43( ^^^ 948( 026( 1 869( 897r 871( 875( 1 498( ^-^^ 4'8( 4C)4 507( ^^^ 1 IPJ 458 483( ^^' 1 178( ^73 178( -^'^ 170( ^^g 182( '^"^ 1 !-'( 126 126( -^-'^ 126( 128 130( ^"^ 937 883 873 Varietà morfologi XIII (a) idem xin rb) XIII (a) idem XIII (b) idem XIII (a) I idem j XIII (b) idem XllI (a) idem XIII (b) idem XIll (a) idem XIII (b) idem XIII (a) idem Xlll (b) idem XIII (a) idem XIll (bj idem XIII (a) idem XIll (b) idem XIll (a) idem XIll ib) idem XIII (a) idem XIII (b) idem — 206 — Curva naso-occipitale g osi Varieti ^ so P. frontale P. parietale P. occipitale Totale morfologi- ca min, mass. media min. mass. media min. mass. media min, mass- media 7 ^ 105 130 IIG 116 130 121 100 122 115 343 370 353f „_, 356 3^4 343 ^., XIII (a) 2 r^ 113 121 117 120 130 125 112 117 114 350 366 idem 2 vP 115 120 117 120 125 122 111 107 103 335 352 XIII (b) 1 irtTu piatto , appiattito cranio ad eguale altezza e appiattito. Anlsobathyplatycephalus av-lao... inegua- le ecc. Aomonoides aKuov — incudine a forma d' incudine. Ellipsoides : À-Àstìl'ostSt^ a forme di el- lissi. Proophryocephalus ^po-ò(ppvg, sopracci- glio prominente — solenoiclometopus (TaÀìivosidì^Q simile a canale ; cioè fronte con solco simile a canale. — 210 — Pentagonoides da jisvrayovog simile a pentagono. Pyrgoides da -^rpyoQ — tor^re simile a torre. Stenocephalus sphenoidopisthocranius — arevóg stretto xsifìj^Ào — testa otil- adoxpaviov parte posteriore del cra- nio, occipite. Stenancylocephalus da a-cEvòg-ayKvXo stretto e curvo, convesso. Gabinetto di Antropologìa della R. Università di Napoli.^ Settembre 1892. Sopra alcuni nuovi derivati degli acidi cresolgli- colici. — di 0. Forte. (Tornata del 18 decembre 1892) Avendo eseguito insieme al Prof. Oglialoro la sintesi degli acidi orto meta e paracresolcinnamico (1), e volendo continuare lo studio, di questi acidi , mi è occorso di preparare una certa quantità dei rispettivi acidi cresolglicolici, da cui essi si formano per condensa- zione con l'aldeide benzoica in presenza di anidride acetica; epperò, potendo disporre di sufficiente materiale, non ho creduto inutile' completare la serie dei derivati dei detti acidi cresolglicolici, dei quali non erano conosciuti che soltanto pochi sali metallici. Infatti del- l'acido ortocresolglicolico, ottenuto da Oglialoro e Cannone (2), fu- rono studiati il sale di bario e quello di piombo ; dell' acido meta- cresolglicolico, ottenuto da Oglialoro e da me (3) , soltanto il sale di bario, e del paracresolglicolico, ottenuto da Gabriel (4), furono preparati e studiati da questi il sale di argento e da Napolitano (1) quelli di sodio, di bario e di piombo. (1) Rend. della R. Acc. delle Scienze Fis. e Mal. di Napoli. Ser. ^% Voi. V, pag. 124 e Gazz. Chini. Hai. voi. XX., pag. 605. (2) Gazz. Chini. Hai. voi. XVIII, pag. 511. (3) loc. cit. (4) Gazz. Chini, hai. voi. IX, pag. 474. — 211 — Descriverò in questa nota gli altri diversi sali metallici ed al- cuni nuovi derivati da me studiati finora. Sali di potassio Furono preparati neutralizzando esattamente le soluzioni dei rispettivi acidi con carbonato potassico e concentrando i liquidi a pellicola. Ortocresolglicolaio potassico. C9H9 O3 K.— È solubilissimo nel- l'acqua e nell'alcool anche a freddo; cristallizza per rafìreddamento dalla sua soluzione acquosa in aghi bianchi splendenti che non con- tengono acqua di cristallizzazione ; infatti scaldati per due ore a 130", dopo essere stati asciugati all'aria, non subiscono apprezzabile diminuzione di peso. Gr. 0,5246 di sale, scaldati con acido solforico, fornirono gr. 0,2203 di KjSO^ ; da cui si ha per cento: trovato calcolato per C9H9O3K Potassio 18,84 19,11. Meiaci-esolglicolato potassico. CgHaOJv. — È anch'esso solubi- lissimo neir acqua anche a freddo e cristallizza difficilmente dalla soluzione per raffreddamento, mentre per evaporazione non dàfche una crosta cristallina di brutto aspetto. Si ottiene in belle pagliette bianche splendenti precipitando con alcool , dov' è meno solubile, la sua soluzione acquosa concentrata. Sia il sale ottenuto nel primo modo che quello ottenuto nel secondo, scaldati, non subiscono sen- sibile perdita di acqua. Gr. 0,5530 di sale diedero gr. 0,2320 di K^SO^ ; donde si ha per cento: Potassio 18.80 Paracresolglìcolato potassico. C9H9O3K. — Cristallizza dalla so- luzione acquosa in lamine bianche micacee solubili molto più a caldo che a freddo. Anch' esso è anidro. Gr. 0,8032 di sale diedero gr. 0,3409 di KjSOt, e per cento: Potassio 19,02 (1) Gazz. Chim. hai. voi. XIII, pag. 73. 212 Sali sodici Furono preparati in maniera analoga ai sali potassici. Ortocresolglicolato sodico. CgHgOaNa.HjO. — È solubilissima neir acqua anche a freddo e ne cristallizza molto difficilmente; è di- scretamente solubile nell'alcool ordinario, da cui cristallizza per raf- freddamento in lamine bianche lucenti simili a quelle che si ot- tengono dalla soluzione acquosa. Contiene una molecola d'acqua che perde a 120-125*. Gr. 0,8090 di sale, ottenuto dall' alcool , scaldati alla suddetta temperatura per 3 ore , perdettero gr. 0,0725 di EgO ed il residuo, scaldato con acido solforico, forni gr. 0,2800 di Naj SO^,; da cui si calcola per cento: trovato teoria per CgHgOsNa. HjO HoO di cristallizzazione 8,96 8,73 Sodio nel sale idrato 11,21 11,16 id. id. anidro 12,31 12,23 MetacresoUjlicolato sodico C9H9O3 Na. 2H2O. — Si ottiene per raflfredd amento della sua soluzione acquosa in laminette bianche mi- cacee solubili molto più a caldo che a freddo, le quali , asciugate all' aria , contengono due molecole d' acqua che perdono completa- mente poco al di sopra di 100". I. Gr. 4,660 di sale, scaldati in corrente d'aria, perdettero gr. 0,764 di H2O ; II. Gr. 0,9955 di sale idrato , scaldati in una stufa ad aria a 100-110", perdettero gr. 0,1595 di acqua, lasciando gr. 0,8360 di sale secco che fornirono gr. 0,3180 di NaaSO^, ; donde si ha per cento : trovato calcolato per I II CaHjOjNa. 2HiO HjO di cristallizzazione 16,18; 16,02 16,07 Sodio nel sale idrato — 10,34 10,27 id. id. anidro — 12,32 12,23 Paracresolglicolato sodico. (V. Napolitano^ I0&. citj. — 213 Sali di ammonio Furono ottenuti soprasaturando le soluzioni acquose dei corri- spondenti acidi con ammoniaca e scacciando l'eccesso di questa a bagno-maria, avendo cura, però, verso la fine di aggiungere qual- che goccia di ammoniaca , perché durante lo scaldamento la solu- zione diviene debolmente acida. Ortocresolglicolato ammonico. C9H9O3 (NH^), '/aHjO. — É facil- mente solubile nell'acqua anche a freddo e nell'alcool. Dalla solu- zione acquosa bollente cristallizza per raffreddamento in aghetti pri- smatici lucenti che contengono mezza molecola di acqua di cristal- lizzazione, la quale va via verso 100-110". Scaldando ancora per qual- che tempo il sale ad una temperatura più elevata si elimina un'altra molecola d'acqua e si ottiene l'amide, che sarà descritta più innanzi. I. Gr. 0,5145 di sostanza, scaldati a 100-110" per 3 ore, perdet- tero gr. 0,0240 di peso ; II. Gr. 1,0350 di sostanza, trasformati in cloroplatinato ammo- nico e questo calcinato, fornirono gr. 0,5090 di platino; e quindi per cento si ha:- trovato calcolato per I H C0H9O3 (NHJ. y.H^o HjO di cristallizzazione 4,66 — 4,68 Ammonio — 9,10 9,36 Metacresolglìcolato ammonico. CgHjOj (NH^). — È anch' esso solubilissimo noli' acqua da cui cristallizza difficilmente in aghetti sottili 0 pagliette facilmente solubili anche nell' alcool. E anidro, infatti: gr. 0,531 di sale scaldati per 2 ore a 110° non perdettero di peso che gr. 0,001. Mantenuto per qualche tempo a più elevata temperatura perde acqua e si trasforma in amide. Gr. 0,545 di sale , trattati come sopra , fornirono gr. 0,300 di platino; donde si ha per cento: trovato calcolato per CgHgOj (NHJ Ammonio 10,18 9,83 Paracresolglicolato ammonico. C9H9O3 (NH^Ì. — Si presenta in larghe tavole incolori trasparenti solubili nell'acqua più facilmente a caldo che a freddo. E anch' esso anidro e scaldato fornisce l'amide. Gr. 1,3510 di sale diedero gr. 0,7100 di platino; e per cento si ha: Ammonio 9,72 — 214 — Sali di litio Furono preparati neutralizzando le soluzioni acquose degli acidi con carbonato di litio. Ortocresolglicolato di lìtio. C9H9O3 Li. 2y, HjO. — Cristallizza in mammelloni bianchi a struttura raggiata solubilissimi nell'acqua e neir alcool anche a freddo ; perde 1' acqua di cristallizzazione a 130-135^ I. Gr. 0,9110 di sale , scaldati in corrente d' aria , perdettero gr. 0,1880 di H,0; II. Gr. 0,7390 di sale idrato fornirono gr. 0,6000 di sale secco e gr. 0,1880 di LiSO^; da cui si ha per cento: trovato calcolato per 1 II C.HjO^Li. 2'/, HjO H,0 di cristallizzazione 20,G3 — 20,73 Litio nel sale idrato — 3,23 3,22 id. id. anidro — 3,98 4,07 Metacresolglicolato di litio. CgHgOsLi. HgO. — Cristallizza in mammelloni raggiati simili al sale precedente, anch'essi facilmente solubili nell'acqua e nell'alcool anche a freddo; contengono una sola melecola d'acqua che perdono a 130". I. Gr. 0,5610 di sostanza, scaldati in corrente d' aria alla sud- detta temperatura, perdettero gr. 0,0520 di HjO; IL Gr. 0,3390 di sale idrato diedero gr. 0,3030 di sale secco e gr, 0,0915 di LiSO, ; trovato calcolato per 1 II C.H^Os Li. HjO H,0 di cristallizzazione 9,26 — 9,47 Litio nel sale idrato — 3,43 3,68 id. id. anidro — 3,84 4,07 Paracresolglicolato di litio. C9H9O3LÌ. HjO. — Pagliette bian- che a splendore madreperlaceo solubili nell'acqua più facilmente a caldo che a freddo. Gr. 0,8050 di sale , scaldati per 3 ore a 130" , perdettero gr. 0,0760 di H,0 ed il residuo, scaldato con acido solforico, forni gr. 0,2360 di Liso,; - 215 - donde si ha per cento: HjO di cristallizzazione 9,37 Litio nel sale idrato 3,72 id. id. anidro 4,11 Per la teoria v. il sale precedente. Sali di bario Ortocresolglicolafo eli bario. (CgHgOj"), Ba. 4H,0. (V. Oglialoro e Cannone, loc. cit.J. Metacresol {/licolafo di bario. (CgHgOji, Ba. GHjO. (V, Oglialoro e Forte, loc. cit.). Paracresolglicolato di bario. (0911903)2 Ba. 2H2O. (V. Napolitano, loc. cit.). Sali di stnontio Furono preparati o facendo bollire le soluzioni acquose degli acidi con carbonato di strontio, ovvero trattandole con acqua di stron- tiana , decomponendo 1' eccesso di questa con anidride carbonica, filtrando e concentrando le soluzioni. Oriocresolglicolato di strontio. (CjH90,)2 Sr. 4H2O. — Cristal- lizza in laminette bianche micacee poco solubili nell'acqua fredda, solubilissime in quella bollente. Perde l'acqua di cristallizzazione a 130°. Gr. 0,5530 di sale subirono alla detta temperatura una perdita di peso di gr. 0,0810, ed il residuo, trasformato in solfato, pesava gr. 0,2060; e calcolando per cento si ha: trovato calcolato per (CgHjOsJj Sr. 4HjO H,0 di cristallizzazione 14,68 14,70 Strontio nel sale idraco 17,72 17,87 id. id. anidro 20,76 20,95 Metacresolglicolato di strontio. (C9H9O3) ^ Sr. Jì^O. — Si ot- tiene in pagliette bianche brillanti discretamente solubili nelF acqua e molto più a caldo che a freddo. Contiene anch' esso 4 molecole d' acqua che perde completamente a 130-140°. Gr. 0,5050 di sale perdettero gr. 0,0740 di acqua e fornirono gr. 0,1860 di SrSO^ ; — 216 — donde si ha per cento : H,0 di cristallizzazione 14.65 Strontio nel sale idrato 17.56 id. id. anidro 20.57 per la teoria v. il salo precedente. Paracresolglicolalo di strontio, (C,jHg03)2 Sr. — È in piccoli aghi bianchi aggruppati a stelle solubili discretamente nell' acqua anche a freddo. È anidro, infatti scaldato per 2 ore a 135° non su- bisce alcuna diminuzione di peso. Gr. 0.2365 di sale scaldati con acido solforico, fornirono gr, 0.1035 di S^SO^ ; da cui si ha per cento : Strontio 20,86 mentre la teoria richiede per il sale anidro : Strontio 20,95. Sali di calcio Furono preparati facendo bollire le soluzioni dei corrispondenti acidi con eccesso di carbonato calcico precipitato, filtrando a caldo e concentrando i liquidi a pellicola. Ortocresolglicolafo di calcio. (0911903)2 Ca. 3H2O. —Cristallizza per raffreddamento della sua soluzione acquosa in lunghi aghi bianchi setacei aggruppati a fiocchi. Contiene 3 molecole di acqua di cristal- lizzazione nella quale fonde quando è scaldato, e che perde comple- tamente a 120-125°. Or. 1,0470 di sostanza perdettero alla suddetta temperatura gr, 0,1300 di HgO e fornirono, scaldati con acido solforico, gr. 0,3375- di Ca SO4. da cui si ha per cento : trovato calcolato per (C9H9O3) Ca. 3H2O H,0 di cristallizzazione 12.42 12.73 Calcio nel sale idrato 9.47 9.43 id. id. anidro 10.81 10.81 Metacresolglicolato di calcio. (0911903)2 Ca. 3H,0. — Pagliette lunghe quasi aghiformi aggruppate a fiocchi solubili nell' acqua molta — 217 — più a caldo che a freddo. Scaldato fonde nell' acqua di cristallizza- zione e la perde a 135°. Gr. 0.5524 di sale perdettero gr. 0,0(392 di 11,0 e diedero gr. 0,1756 di Caso, ; da cui si ha per cento : HjO di cristallizzazione 12.52 Calcio nel sale idrato 9.34 Calcio nel sale anidro 10.68 Per la teoria v. il sale precedente. Paracresolglicolato di calcio. (CgHaOj), Ca. H,0. — Si presenta in aghi setacei bianchi aggruppati a fiocchi poco solubili nell'acqua a freddo, alquanto più a caldo. Contiene una sola molecola d'acqua in cui, scaldato, fonde, e che perde a 145-150°. Gr. 0,6166 di sale perdettero di peso gr. 0,0276 e fornirono gr. 0,2159 di CaSO^ ; e per cento : trovato calcalato per (091^903)2 Ca. II^O H,0 di cristallizzazione 4.47 4.63 Calcio nel sale idrato 10.29 10.31 id. ic1. anidro 10.78 10.81 Sali di magnesio. Furono preparati in maniera analoga ai sali di calcio. Ortocresolglicolato di magnesio. {C^W^O^)^ Mg. 6HjO. — Cri- stallizza dall'acqua bollente in pagliette lucenti piccolissime aggrup- pate a mammelloni, solubilissime anche a freddo. Perde tutta 1' ac- qua a 150^ Gr. 0,4260 di sale, scaldati alla suddetta temperatura, subirono una perdita di gr. 0,099, ed il residuo trasformato in solfato pesava gr. 0,1130. donde si ha per cento: trovato calcolato per (C,Hj03)j Mg. 6HjO HjO di cristallizzazione 23.23 23.37 Magnesio nel sale idrato 5.15 5.19 id. id. anidro 6.71 6.77 — 218 — MetacresolglicolatQ di magnesio. fCjHgOjìj Mg. 41I2O. — Si ot- tiene dalla sua soluzione acquosa bollente in mammelloni bianchi a struttura raggiata facilmente solubili anche a freddo. Scaldato fonde nella sua acqua di cristallizzazione che perde a 130^ I. Gr. 2,095 di sale, scaldati in corrente d'aria, perdettero gr. 0,355 di HjO ; IL Gr. 0,572 di sale idrato fornirono gr. 0,477 di sale anidro e gr. 0,109 di MgSO^ ; e per cento si ha : trovato calcolato per I II (C,H903)2 Mg. 4HjO HgO di cristallizzazione 16,94 — 16,90 Magnesio nel sale idrato — 5.38 5,63 id. id. anidro — 6.46 6,77 Pavacresolglicolato di magnesio. iG^^gO^ìi Mg. 4H2O. — Pri- smetti incolori aggruppati a stelle alquanto solubili nell'acqua fredda, più agevolmente nella calda. Lasciati all' aria perdono l'acqua facil- mente anche a temperatura ordinaria, a 140° la perdono totalmente. Gr. 0,738 di sale perdettero gr. 0,121 di HjO e diedero gr. 0,201 di MgSO^ ; da cui si ha per cento : HtO di cristallizzazione 16.39 Magnesio nel sale idrato 5,44 id. id. anidro 6,51 Per la teoria v. il sale precedente. Sali di zinco Furono preparati saturando le soluzioni bollenti degli acidi con leggero eccesso di carbonato di zinco. Ortocresolglicolato di zinco. (G^'^^0^\ Zn. 3HjO. — Si presenta in aghi finissimi con splendore setaceo solubilissimi nell'acqua anche a freddo, che effloriscono facilmente lasciati all' aria. Gr. 0,3575 di sale perdettero a 130., gr. 0,0410 di H,.0 e forni- rono gr. 0,1275 di ZnSO^; — 219 -^ e per cento si deduce : trovato calcolato per (C9H9O3Ì, Zn. SHjO HjO di cristallizzazione 11. 4G 12.02 Zinco nel sale idrato 14.39 14.49 id. id. anidro 16.26 16.45 Metacresolglicolato di zinco. (CgHgOs)^ Zn. 2H2O. — Aghi bian- chi aggruppati a fiocchi facilmente solubili nelF acqua. Perde l' ac- qua di cristallizzazione a 140". Gr. 0,3720 di sale perdettero gr. 0,0320 di 11,0 e diedero gr. 0,069 di ZnO ; e per cento : trovato calcolato per (C,jHgO,ìj Zn. 2H2O 11,0 di cristallizzazione 8.60 8.35 Zinco nel sale idrato 14.99 15.08 id, id. anidro 16.3S 16.45 Paracresolglicoìato di zinco. (C9H9O3), Zn. — Aghi finissimi bianchi molto leggieri, discretamente solubili nell' acqua fredda, so- lubilissimi nella bollente. È anidro; infatti gr. 0,3285 di sale mante- nuti per diverse ore intorno a 130° non perdettero che 1 milligramma di peso. Gr. 0,1560 di sale fornirono gr. 0311 di ZnO ; da cui si ha per cento ; Zinco 15,99 mentre la teoria per il sale anidro richiede: Zinco 16,45 Sali di cadmio Si ottengono facendo bollire con carbonato di cadmio le soluzioni acquose degli acidi, 0 meglio ancora mescolando soluzioni acquose concentrate dei rispettivi sali sodici con soluzione neutra concentrata di cloruro di cadmio. In quest'ultimo modo si depongono dopo pochi minuti i sali molto più puri, mentre nel primo modo, per la pro- lungata ebollizione, subiscono una lieve decomposizione. — 220 — Ortocresolglìcolato di cadmio (0911903)2 Od. 'BHjO. — Cristal- lizza dall'acqua bollente in larghe lamine splendenti incolori conte- nenti 2 molecole di acqua che perdono a 120 — 125°. I. Gr. 0,8400 di sale perdettero alla suddetta temperatura gr. 0,0650 di H2O ; II. Gr. 0,7255 di sostanza idrata fornirono gr. 0,3125 di OdSO^; III. Gr. 0,6132 di sale anidro diedero gr. 0,2850 di CdSO^ , e per cento : trovato calcolato per I II III (09H9O3)2 Od. 2H2O li^O di cristallizzaazione 7,73 — — 7,53 Cadmio nel sale idrato — 23,19 23,45 id. id. anidro — — 25,03 25,34 Melacresolglicolalo di cadmio. (G9H9O3), Cd. 2H2O.— Cristallizza in prismi incolori brillanti bene sviluppati solubili nell'acqua più a caldo che a freddo. Gr. 0,8625 di sale perdettero a 140" gr. 0,0690 di H,0 e forni- rono gr. 0,3715 di CdBC^; si deduce per cento : HjO di cristallizzazione 8,00 Cadmio nel sale idrato 23,19 id. id. anidro 25,20 Per la teoria v. il sale precedente. Paracresolglicolato di cadmio (C9N9U3), Cd. 2'/,H20.— Cristal- lizza per raffreddamento della sua soluzione acquosa calda in larghe lamine incolori splendenti. I. Gr. 0,5080 di sale, scaldati a 130-140°, perdettero gr. 0,0490 di H,0 ; II. Gr. 0,3075 di sostanza idrata fornirono gr. 0,2805 di sale secco e gr. 0,1300 di CdSO^ ; da cui si ha per cento : trovato calcolato per I II (CjHaOj)^ Cd. 2V2H2O HjO di cristallizzazione 9,64 — 9,44 Cadmio nel sale idrato — 22,76 22,99 id. id. anidro — 24,92 25,34 J21 — Sali di piombo Ortocresolglicolato di piomlio. (CgHgOgìj Pb. H,0. (v. Oglialoro e Cannone loc. cil.). Metacresolglicolaio di piombo. (C9H9O.3), Pb. — Fu ottenuto trat- tando la soluzione del sale sodico con acetato di piombo. E un pre- cipitato bianco amorfo poco solubile nell'alcool, quasi insolubile nel- l'acqua. Scaldato, anche in soluzione, si decompone facilmente. È anidro. Gr. 0,702 di sale calcinato con acido solforico e nitrico forni- rono gr. 0,401 di PbSOi ; e calcolando per cento si ha ; Piombo 38,88 mentre la teoria richiede: Piombo 38.49 Paracresolr/licolafo di piumho. (C9Hj03)j Pb. HjO.— V. Napo- litano ( loc. cit.) Sali di rame Furono preparati precipitando con soluzione di solfato di rame le soluzioni dei rispettivi sali sodici e cristallizzando il prodotto dall'acqua bollente. Ortocresolglicolato di rame. (Cgllaùj), Cu. SH^O. — Cristallizza in laminette sottilissime azzurre vivamente splendenti, discretamente solubili nell'acqua a caldo, quasi insolubili a freddo. Contiene 5 mo- lecole d'acqua di cristallizzazione che perde completamente a 150" diventando bianco. Gr. 0,5140 di sale perdettero gr, 0,0950 di H^O e fornirono gr. 0,845 di CuO; e per cento : trovato calcolato per (CgHgOj)^ Cu. 5H2O HjO di cristallizzazione 18,48 18,63 Rame nel sale idrato 13,09 13,04 id. id. anidro 16,00 16,03 Metacresolglicolaio di rame. (C9H9O3), Cu. 2H2O. — Si presenta in aghetti sottili aggruppati a stelle di color azzurro chiaro, poco solubili nell'acqua fredda molto più caldo. Perde l'acqua di cristal- lizzazione a 130" — 135". Anidro è bianco. Gr. 0.695 di sale perdettero gr. 0,058 di H,0 e diedero gr. 0,1301 di CuO ; donde si ha per cento: trovato calcolato per (CgHgOsìj Cu. "2HjO HjO di cristallizzazione 8,34 8,39 Rame nel sale idrato 14,92 14,68 id. id. anidro 16,27 16,03 Paracresolglicolato di rame. — (CoHgOjjj Cu. 2H2O. — Si pre- senta in prismetti sottili aghiformi aggruppati a stelle di colore azzurro chiaro, poco solubili nell'acqua fredda, poco più a caldo. Perde l'acqua di cristallizzazione a 120° divenendo bianco. Gr. 0,5350 di sale perdettero gr. 0,046 di HjO e diedero gr. 0,098 di CuO ; e calcolando per cento : H,0 di cristallizzazione . 8,59 Rame nel sale idrato 14,60 id. id. anidro 15,98 per la teoria v. il sale precedente. Sali di argento Furono ottenuti l'orto e il meta precipitando la soluzione neutra del sale ammonico corrispondente con nitrato di argento. Ortocresolglicolaio di argento. CgHgOjAg. — Polvere bianca cristallina quasi insolubile nell'acqua, alquanto alterabile alla luce. Gr. 0,2828 di sale seccato sull'acido solforico, calcinati, lascia- rono un residuo di gr. 0,1125 di argento ; donde si ha per cento ; Argento 39.78 la formola suddetta richiede : Argento 39.56 Melacresolglicolato di argento. C9H9O3 Ag. — Anch'esso è una polvere bianca cristallina insolubile nell' acqua, poco alterabile alla luce. j — 223 — Gr. 0,3910 di sale fornirono gr. 0,1540 di argento; e per cento: Argento 39,39 per la teoria v. il sale precedente. Paracresolglicolato di argento. C9H9O3 Ag. — (V. Gabriel,- loc. cit.) Sali di manganese Si ottennero trattando le soluzioni bollenti degli acidi con pic- colo eccesso di carbonato di manganese, filtrando a caldo e concen- trando i liquidi a pellicola. Ortocresolglicolato di manganese. (CgHgOg), Mn. 2H2O. — Cri- stallizza per raffreddamento in pagliette bianche brillanti facilmente solubili nell'acqua e -meglio a caldo che a freddo. Contengono 2 molecole d' acqua in cui fondono quando vengono scaldate, e che perdono a 130". Gr. 0,6650 di sostanza perdettero alla suddetta temperatura gr. 0,0575 ^di HjO, e calcinato il residuo fornì gr. 0,1230 di MUjO^; e quindi per cento si ha: trovato calcolato per (0911903)2 Mn. 2HjO HjO di cristallizzazione 8,06 8,79 Manganese nel sale idrato 13,23 13,02 id. id. anidro 14,48 14,24 Metacresol (flicolato di manganese. (CgHgOj), Mn. 2H2O. — Pa- gliette bianche micacee solubili nell' acqua meglio a caldo che a freddo. Contiene anch' esso 2 molecole di acqua di cristallizzazione che perde a 130". 1. Gr. 0,508 di sale, scaldati alla suddetta temperatura, perdet- tero gr. 0,045 di HjO ; li. Gr. 0,455 di sale idrato fornirono gr. 0,416 di sale secco e gr. 0,086 di Mn304 ; donde si ha per cento : I li HjO di cristallizzazione 8.85 — Manganese nei sale idrato — 13,60 id. id. anidro — 14,88 per la teoria v. il sale precedente. — 224 — Paracresolglicolaio di manganese. {G^'^^0^)^ Mn. 2H2O. — Cri- stallizza per raffreddamento in pagliette bianchissime brillanti so- lubili discretamente nell'acqua e meglio a caldo che a freddo. Scal- dato diventa opaco e roseo e perde l'acqua di cristallizzazione a 130-135°. Gr. 0.5447 di sale perdettero gr. 0,0489 di HgO e fornirono gr. 0,0489 di MnjO^. Donde si ha per cento: HjO di cristallizzazione 8,97 Manganese nel sale idrato 13,08 id. id. anidro 14,37 per la teoria v. il sale precedente. Sali di cobalto Furono ottenuti in maniera analoga ai sali di manganese. Ortocresolglicolato di cobalto. (0911303)2 Co. 2H2O. Cristallizza dalla soluzione acquosa per raffreddamento in pagliuzze di un bel- lissimo colorito roseo aggruppate a rosette. Scaldato a 115-120'* perde l'acqua di cristallizzazione ed acquista un colorito violetto in- tenso che conserva anche a freddo se mantenuto in ambiente secco. Gr. 0,7284 di sale perdettero alla suddetta temperatura gr. 0,664 di H2O, ed il residuo scaldato con acido solforico fornì gr. 0,2614 di C0SO4 ; donde si ha per cento : trovato calcolato per (0911903)2 Co,2H2 0 H2O di cristallizzazione 9,11 8,48 Cobalto nel sale idrato 13.60 13,80 id. id. anidro 14,96 15,08 Metacresolglicolato di cobalto. (0911903)2 Co. 4H2O. E discreta- mente solubile nell'acqua fredda, molto più a caldo. Cristallizza da questa soluzione per raffreddamento in bellissimi aghi leggeri di color roseo che scaldati fondono nell'acqua di cristallizzazione che perdono a 115-120", e diventano di color azzurro intenso. I. Gr. 0,4845 di sale, scaldati alla cennata temperatura, perdet- tero gr. 0,0759 di HgO ; II. Gr. 0,4822 di sale idrato perdettero gr. 0,0755 di 11,0 e for- nirono gr. 0,1607 di Co 80^ ; — Z-^o — da cui calcolando per cento si ha : trovato calcolato per I II iC9H903)2Co. 4H2O HjO di cristallizzazione 15,66 15.65 15.63 Cobalto nel sale idrato — 12,63 12,72 id. id. anidro — 14,97 15,08 Paracresolglicolalo di cobalto. (CgH^Oj), Co. 4 y, H,0.— Cristal- izza per raffreddamento della soluzione acquosa calda in magnifiche rosette bianche leggermente rosee. Scaldato si comporta come l'iso- mero precedente e perde l'acqua di cristallizzazione a 130-135°. ** Gr. 0,711 di sale perdettero gr. 0,123 di 11,0 e fornirono gr. 0,232 di CoSO^; e per cento: trovato calcolato per (C9H9O3Ì2 Co 4V2H2O 11,0 di cristallizzazione 17,29 17,24 Cobalto nel sale idrato 12,36 12,47 id. id. anidro 14,95 15, OS Sali di nichelio Si ottennero facendo bollire le soluzioni acquose degli acidi con ossido di nichelio idrato, precipitato di recente e ben lavato, fino a reazione neutra. Orfocresolglicolalo di nichelio. (C9H9O3), Ni. 411,0. — Cristal- lizza in scagliette verdi brillanti solubili nell' acqua più a caldo che a freddo. Perdono tutta 1' acqua di cristallizzazione a 160°. Gr. 0,5655 di sale perdettero gr. 0,0895 di H,0 e diedero gr. 0,1900 di NiSO, ; e calcolando per cento si ha ; trovato cale solato per (C9H9O3), Ni. 4HjO jO di cristallizzazione 15.82 15.63 [ichelio nel sale idrato 12.57 12.72 id. id. anidro 15.01 15.08 Metacresolglicolato di nichelio. (C9H9O3), Ni. 411,0. — Mammel' Ioni raggiati di un color verde erba bellissimi, solubili nell' acqua poco a freddo, meglio a caldo. Perde 1' acqua di cristallizzazione a 140-150". — 226 — II. Gr. 0,3290 di sale perdettero gr. 0,0520 di H2O ; IL Gr. 1,2235 di sale idrato fornirono gr. 0,4075 di NiSO, ; li. Gr. 1,0075 di sale anidro fornirono gr. 0,4075 di NiSO^ ; ■e per cento : 1. IL HI. H2O di cristallizzazione 15.80 — — Nichelio nel sale idrato — 12.62 — id. id. anidro — — 15,33 per la teoria v. il sale precedente. Paracresolglicolato di nichelio. (CgH^Osìj Ni. 4H2O. — Cristal- lizza in mammelloni raggiati verde-chiari solubili nell' acqua meglio a caldo che a freddo. Perde l' acqua a 140". Gr. 0,3525 di sale perdettero gr. 0,0535 di H,0 e fornirono gr. 0,1160 di NiSO^ ; da cui calcolando per cento si ha: HgO di cristallizzazione 15,74 Nichelio nel sale idrato 12,47 id. id. anidro 14,70 per la teoria v. il sale precedente. Eteri metilici Furono preparati facendo passare dell'acido cloridrico secco at- traverso le soluzioni dei rispettivi acidi nell' alcool metilico, man- tenute all' ebollizione a bagno-maria, fino a rifiuto. Svaporato l'ec- cesso di alcool metilico, il residuo lavato bene con carbonato sodico diluito e poi con acqua distillata, seccato sull' acido solforico nel vuoto e purificato per distillazione. Oytocresolglicolato metilico. G ^Q^ ^^.^^ y — Nelle condizioni or- dinarie è un liquido incolore, di odore piuttosto nauseante, bollente a 248" alla pressione ordinaria. Lasciato anche per molti giorni nel vuoto secco non si solidifica. È facilmente solubile nell'alcool, etere, cloroformio, benzina, insolubile nell' acqua. Scaldato con gli alcali e gli acidi diluiti si saponifica facilmente. Eseguita una determinazione di ossimetìle col metodo di Zeisel, forni i seguenti risultati : 227 Gr. 0,2080 di sostanza diedero gr. 0.3450 di Agi corrispondenti a gr. 0,0456 di OCH3 ; da cui si ha per cento : OCH3 17.00 mentre la teoria per CioH^aOj richiede : OCH3 17.22 Metacresolglicolaio metilico. C^oHijOj.— Possiede proprietà ana- loghe all' isomero precedente e bolle a 258". Analizzato fornì i se- guenti risultati : Gr. 0,2760 di sostanza diedero gr. 0.3570 di Ag I corrispondenti a gr. 0,0471 di OCH3 ; e per cento : 0 CH3 17,08 ParacresolriUcolato metilico. CioHjjOj Simile pei caratteri agi' isomeri precedenti. Bolle a 257". Gr. 0,2480 di sostanza fornirono gr. 0,3300 di Agi corrispon- denti a gr. 0,0430 di OCH*^ ; e per cenlo : 0 CH3 17.34 Amidi Gli eteri sopradescritti fatti bollire per una mezz* ora con am- moniaca acquosa concentrata forniscono facilmente le corrispondenti amidi. Si ottengono anche facilmente scaldando verso 200° i rispet- tivi sali ammonici degli acidi cresolglicolici, ovvero sottoponendo questi sali alla distillazione secca , e puriiicando i prodotti per suc- cessive cristallizzazioni dall'acqua bollente 0 dalla benzina. Amide ortocresolglicolica. Ggìì,fi.^. — Cristallizza in grosse tavole splendenti fusibili a 128° , solubili facilmente nell' alcool e benzina, e nell' acqua più a caldo che a freddo. All'analisi fornì i seguenti risultati: Gr. 0,2200 di sostanza, scaldati con calce sodata, fornirono gr. 0,0229 di NH3 allo stato di cloroplatinato ammonico ; donde : N V'o 8.59 la teoria per la formola suddetta richiede : N % 8.48 Amide metacresolglicolica CgH^Oj N.— Si ottiene in aghetti fi- nissimi bianchi dalla benzina, fusibili a 111-112°, solubilissimi nel- r alcool, poco solubili nell'acqua fredda, meglio nell'acqua bollente. — 228 — Risultati dell' analisi : Gr. 0,2240 di sostanza scaldati come sopra diedero gr. 0,0232 di NH3 allo stato di cloroplatinato ammonico, da cui si ha : N Vo 8.52 AmideparacresolfflicolicaC^U^fi^ N. — Cristallizzata dalla ben- zina si ottiene in lamine sottili bianchissime fondenti a 126-127°, che si comportano coi solventi egualmente agi' isomeri suddescritti. Gr. 0,3330 di sostanza, analizzati col metodo suddetto, fornirono gr. 0,0337 di NH3 ; donde : N % 8.34 Anilidi Scaldando insieme per 2 ore a bagno d' olio a 150-160" pesi equi- molecolari degli acidi cresolglicolici e di anilina, si ottengono le rispettive anilidi, che si purificano per successive cristallizzazioni dall' alcool bollente. Anilide ortocresolglicolica. C^-H^sO, N. — Si presenta in scaglie lucenti bianche fusibili a 110°. Analizzata fornì i seguenti risultati : Gr. 0,287 di sostanza diedero 14 c-c di N a 22° e TSS^m, 5, pari a 13C-C-, 13; a 0° e 760"»"^ corrispondenti a gr. 0,0165; donde N % 5.74 il valore richiesto per la suddetta formola è : N % 5.81 Anilide metacresolglicolica. CigH^^O, N.— Cristalli bianchi aghi- formi che fondono a 95°. All' analisi forni i seguenti risultati : Gr. 0,342 di sostanza diedero 17c-c., 2 di N a 22° e 757 "i^^ pari a 15C-C- , 44 a 0° e 760«im-, che pesano gr. 0,0194 ; da cui si ha : N Vo 5.67 Anilide paracresolglicolica. G^^Yi^^O^ N. — Cristallizza in aghetti prismatici incolori, talvolta in laminette bianche microscopiche fu- sibili a 109». Gr. 0,347 di sostanza fornirono lOc-c, 8 di N a 20° e 759"^™. pari a 15c-c- , 27 di N a 0° e 760"^"^-, che pesano gr. 0,01918 ; donde si ha : N V„ 5,53 — 229 — Cosicché, riassumendo, tutti i suddetti risultati si possono rag- gruppare nel quadro seguente : Orto Meta Para Acidi e resolglicolici p.f. 151-152" p. f. 102° p. f. 135-136" Sali di potassio KA K A KA » sodio NaA. H,0 Na A. HjO Na A. HoO 0 1 % H2O » ammonio NH, A. '/. 11,0 NH, A NH, A » litio Li A. 2 'A HjO Li A. H2O Li A. H2O » bario BaA,. 4 H,0 Ba Aj. 4 HgO Ba A,. 2 HoO » strontio Sr A,. 4 H,0 Sr Ao. 4 H2O Sr Ao. ■ » calcio Ca A,. 3 H,0 Ca Ao. 3 H,0 Ca Ao. H,0 » magnesio Mg A,. 6 HjO Mg a",. 4 H> Mg a"o. 4" HoO » zinco Zn A,. 3 H,0 Zn A,. 2 HoO Zn Ao » cadmio Cd A,". 2 H^'O Cd Ag. 2 HoO CdAo. 2n2H20 » piombo Pb Aa. 11,0 Pb A., " Pb Aj. H2O » rame Cu A,. 5 H2O Cu Ao. 2 HoO Cu Ao.. 2 H2O » argento Ag A Ag A " Ag A » manganese MnA,. 2 11,0 Mn A2. 2 HoO Mn A2. 2 HoO » cobalto Co A,. 2 H,0 Co Ao. 2 h",0 Co A2 4 V, H2O » nichelio Ni A,. 4 H2O Ni a,. 4 H.,0 Ni Ao. 4 iloO Eteri metilici p. eb. 248" p. eb. 258^ p. eb. 257"" Amidi p. r. 12S° p. f. 111-112" p. f. 125-127" Anilidi p. f. 110° p. f. 95" p. f. 109" Oltre lo studio dei suddetti derivati ho intrapreso quello del- l'azione dell'acido nitrico, in diverse condizioni, sopra gli acidi cresolglicolici, e posso fin d' ora affermare che si possono ottenere così direttamente degli acidi nitrocresolglicolici corrispondenti. Si formano, infatti, dei miscugli di diversi isomeri, la cui separazione, però , presenta una certa diflicoltà , e finora non sono riuscito ad isolarne che solo qualcuno. Pertanto mi dispongo a preparare altro materiale onde proseguirne lo studio, i cui risultati mi riserbo ri- ferire in una prossima nota. Napoli. Istitulo Chimico della R. Università, Agosto 1892. — 230 — Sulla direzione del prolungamento cilindrassile e sulla connessione diretta dei prolungamenti protoplasmatici delle cellule nervose. — Ri- cerche di Arnaldo Gantam jun. (Tornata del 18 dicembre) In questa mia breve nota mi propongo di esporre i risultati delle ricerche da me istituite sui centri nervosi dei plagiostorai, animali che interessano vivamente i naturalisti per V opportunità che pre- sentano a risolvere numerosi problemi morfologici ed istologici. Avendo Napoli la fortuna di possedere uno splendido acquario, fornito a dovizie di qualunque materiale possa servire agli studiosi delle scienze naturali, ho potuto scegliere io stesso gli animali che mi son serviti per le mie esperienze e ricavarne il materiale voluto nelle condizioni richieste dal genere degli studii. (1) Mi sono avvalso di torpedini specialmente, ed anche di squali, raje e di qualche pesce osseo come del Lophius piscatorius. Prima di far parola dei risultati delle mie ricerche, esporrò bre- vemente i metodi da me seguiti. Per indurire e fissare i pezzi, alcune volte ho usato il bicromato di potassa al 4 0[0 tenendoveli da otto o dieci giorni, altre volte il liquido di Miiller, ed altre ancora il miscuglio cromoacetico per 24 ore ed il bicromato di potassa susseguentemente per alcuni giorni, onde completarne l'indurimento. Riguardo poi alla colorazione ho usato quasi esclusivamente la rea- , zione al joduro di palladio, che, applicata su larga scala in questo laboratorio, ha dato così splendidi risultati. Ho tenuti i pezzi per circa una settimana nel cloruro di palladio all'I 0[00, cambiando tre 0 quattro volte il liquido, sino a che i pezzi non acquistarono quel co- lore caratteristico, segno di avvenuta impregnazione, e la soluzione non si decolorava più. Di là ho fatti rimanere i pezzi per circa 48 ore nel joduro di potassio 4 0[0 e dopo averli ben disidratati con ri- petuti bagni in alcool, ne ho fatto l'inclusione in paraffina. Ho preferito sempre la reazione in loto senza mai riscontrare inconvenienti di sorta alcuna per la nettezza e la precisione della (1) All'illustre Prof. Dohrn, direttore della Stazione Zoologica di Napoli, ftù al Cav. Lobianco preparatore della stessa,, debbo le più sentite grazie per avermi gentilmente fornito tutto il materiale necessario pei miei studii. — 231 -^ colorazione. Ho tentato pure la reazione sui singoli tagli, siccome da tempo si pratica in questo laboratorio, ma l'ho dovuta abbandonare, e perchè l' immagine non ne guadagnava in nettezza e perchè un si- mile procedimento è del tutto disadatto per le ricerche poggiate sui tagli seriali. Non starò io qui ad enumerare gV immensi vantaggi che si ot- tengono da questa reazione riguardo a precisione e finezza di detta- gli e ad inalterabilità dei preparati. Sono certo che questo preziosis- simo mezio d'indagine di cui s'è arricchita la scienza, applicato su vasta scala, renderà servigi tanto nelle ricerche istologiche normali quanto nelle anatomo-patologiche. Non per questo ho trascurato gli altri metodi di colorazione co- munemente usati pei centri nervosi; li ho adoperati però solo sul principio dei miei studii, perchè, riconosciuta in seguito la grande superiorità della reazione del joduro di palladio su tutti gli altri mezzi sinora in voga, non ho usato più in là che esclusivamente questa. La reazione al cromato d'argento dell'illustre Golgi non mi ha dato buoni risultati, perchè se mostra con chiarezza il decorso di prolungamenti cellulari, ha lo svantaggio di oscurare talmente il campo protoplasmatico delie cellule, da impedire quasi totalmente lo studio del modo di comportarsi del nucleo rispetto ai prolunga- menti. Se all' instabilità dei preparati si aggiunge la grande difficoltà della riuscita a causa di condizioni non determinabili, di leggieri si comprende essere di gran lunga preferibile il metodo precedente- mente esposto. Mi sono servito pure per le mie indagini dell' ematossilina, del- l'ematossilina eosinica, del carminio boracico , del picrocarminato di soda (Ranvier) ecc. Un'ematossilina ottima, e superiore sotto tutti i punti di vista, è senza dubbio quella preparata in questo laboratorio secondo una Ibrmola speciale del preparatore Sig. De Pietro. Le cellule nervose, come a tutti è noto, sono fornite di un nu- mero variabile di prolungamenti, dei quali, allo stato presente delle nostre cognizioni, non si sa con determinatezza l'ufficio, il modo di comportarsi fuori della cellula, l'origine di. qualcuno di essi nell'in- terno della stessa. E difatti sono proFwngamenti nervosi tutti, o i €08Ì detti prolungamenti protoplasmatici hanno uffizio nutritivo ? 11 prolungamento cilindrassile nasce da un punto qualunque del corpo protoplasmatico cellulare, o è in dipendenza del nucleo e propria- mente di quella sottile zona di protoplasma che immediatamente lo circonda? Infine il prolungamento cilindrassile si divide o resta in- diviso, ed i prolungamenti protoplasmatici pigliano rapporto diretto — 232 — fra loro, o nel dividersi non s'incontrano affatto e quindi l'innesto fra loro bisogna escluderlo assolutamente? Riflettendo sul contenuto delle anzidette domande, il lettore deve accorgersi che sono in discussione quesiti che riflettono la costitu- zione istessa ed il valore funzionale delle cellule nervose. Mentre Golgi dà significazione nutritiva ai prolungamenti pro- toplasmatici e ritiene per nervoso soltanto il prolungamento cilin- drassile (1), Nanse n (2) toglie addirittura alle cellule nervose ogni funzione specifica e non riconosce loro che un uffìzio nutritivo. Sicco- me non devono essere indifferenti per la soluzione di queste ed altre questioni, il modo di comportarsi dei prolungamenti cellulari ed i loro vicendevoli rapporti, nonché il loro modo di origine, cosi mi propongo in questa mia breve nota di riassumere i risultati delle mie osservazioni in proposito sul midollo spinale dei plagiostomi. Sinora si avevano per dati di riconoscimento tra il prolunga- mento COSI detto nervoso e gli altri, la maggiore omogeneità del pri- mo, r aspetto ialino e la nettezza e regolarità dei margini. Questa prolungamento inoltre, che, secondo molti istologi avrebbe un alto significato nell' origine delle fibre nervose a discapito degli altri, si presenterebbe al suo nascere a forma di cono. Riguardo poi ai punti del corpo cellulare da cui emana, si sono divisi ditterenti pareri e si era finito per accordarsi nel ritenerla emanazione di un punto qualunque del corpo cellulare o della base di uno dei più grossi prolungamenti protoplasmatici (Deiters;. Il Prof. Paladino, adoperando la delicata reazione al joduro di palladio pei centri nervosi, ha potuto recentemente dimostrare che « il prolungamento cilindrassile delle cellule multipolari del midollo « spinale esce dalle cellule da questo o da quel punto, ma si origina « propriamente in vicinanza del nucleo quale una dipendenza della « stesso ». Un dato questo di molto momento perchè si collega di- rettamente con entrambe le questioni sempre aperte, quali sono il grado morfologico della cellula nervosa nella famiglia degli elementi anatomici, ed il valore funzionale dei prolungamenti cellulari nervosi. Nelle cellule del midollo spinale dei plagiostomi, grazie alla reazione del joduro di palladio, ho potuto in numerosi preparati stu- diare con precisione il modo di comportarsi del nucleo rispetto al (1) Golgi C. Sulla tine anatomia degli organi centrali ner- vosi. Milano, 1886. (2) Nansen. Nervenelemente, ihre Structur und Verbindung im Centralnervensystem [ Anal. Anzeiger Nr. 6, 1888 ). — 233 — prolungamento cilindrassile ; ed anche io ho visto che esso non è affatto indifferente alla formazione di questo importante prolunga- mento: sembra doversi considerare come una diretta emanazione del nucleo che si allunga in quella direzione restringendosi, man mano a guisa di cono ed intromettendosi quasi nel prolungamento (Fig. 1*). La figura che io qui presento fedelmente copiata dal vero, dimostra chiaramente questo atteggiamento del nucleo. Non perù in tutte le cellule multipolari del midollo si inale ho potuto riscontrare quanto asserivo poco fa; molti altri nuclei erano invece di forma puramente rotondeggiante con contorno ben marca- to; altri ancora, e alcune volte nello stesso taglio, si presentavano di forma irregolarissima. È allora 1' emanazione nucleare soltanto uno stadio della cellula giovine? 0 invece un alto differenziamento funzionale fra le diverse cellule nervose? In tutti i casi la conferma di questo fatto, dopo l'osservazione del Prof. Paladino, è importantissima. Esso dà sempre più ragione all'opinione che la cellula nervosa è un elemento che si differenzia altamente da tutti gli altri elementi istologici, sia per la sua interna organizzazione, sia per la sua funzionalità. Riguardo poi al modo di comportarsi del prolungamento cilin- drassile fuori della cellula, molti osservatori sono concordi nell'as- serire che questo prolungamento non spicca ramificazioni. Golgi in- vece, adoperando la reazione nera al cromato di argento, asserisce il contrario; anzi si serve delle diverse ramificazioni da lui osser- vate nel prolungamento nervoso per distinguere due ordini di cellule. Volendo esser fedele ai risultati delle mie osservazioni, debbo pur confessare che di ramificazioni a me non è stato mai dato ve- derne nelle cellule multipolari del midollo spinale ed in quelle del cervello degli animali già tante volte menzionati. In lunghi tratti dell'asse cilindrico, intagli di midollo spinale di gatto non mi fu mai dato osservare «Icuna ramificazione e li po- tevasi molto più facilmente asserire, per l'assieme dei caratteri, trattarsi veramente di un cilindrasse. Seguitando i miei studii sui lobi elettrici, mi è stato dato ve- dere qualcosa di bea più importante, che, una volta chiaramente assodata, potrebbe cambiare assolutamente il modo di vedere rispetto alla funzionalità dei prolungamenti delle cellule nervose. Concordemente da tutti gli osservatori si è sinora ammesso es- sere il cosi detto prolungamento di Deiters unico ed indiviso. L'il- lustre Golgi gli ha dato appunto il nome di prolungamento nervoso, perchè ha ritenuto tutti gli altri prolungamenti, cioè i protoplasma- — 234 — tici come nutritivi od inservienti a provvedere di materiali nutri- tivi le cellule nervose, dirigendosi essi con predilezione verso i vasi. Dai miei preparati risulta invece chiara la possibilità che, almeno nei lobi elettrici della torpedine, una cellula possa emanare più di un prolungamento cilindrassile, o pure che alcuni dei prolungamenti protoplasmatici potessero avere anch' essi uffizio nervoso. Avevo già notati alcuni punti in cui vi erano queste probabilità, quando un esempio chiarissimo, che mi fu dato di vedere e di cui presento la fedele riproduzione, mi tolse ogni dubbio in proposito. E qui debbo insistere sui grandi vantaggi che offrono i lobi elet- trici della torpedine per lo studio del sistema nervoso. In essi di- fatti si possono con grande facilità distinguere i prolungamenti cilindrassili, cosa difficile nel midollo spinale a causa dei numero- sissimi fasci di fibre che si aggruppano attorno alle cellule e della nevroglia. Nei lobi elettrici invece, eseguendo i tagli al microtomo secondo la direzione dei nervi che nascono dalle cellule ganglionari di questi lobi e vanno agli organi elettrici, ho potuto sorprendere numerosissime grosse cellule ganglionari cùe emanavano il detto pro- lungamento, ed ho potuto vedere, alcune volte nello stesso campo microscopico, il prolungamento nervoso mutarsi in fibra nervosa ed aggregandosi ad altre, formare un fascetto di tubuli nervosi ed un nervo. Questo era per V appunto il caso di non poter dubitare as- solutamente non si trattasse di un vero e genuino prolungamento- cilindrassile. La cellula di cui presento il disegno (fig. 3) si trova quasi anni- data in mezzo ad un fascetto di fibre nervose e cilindrassi ; i due prolungamenti non hanno alcuna ramificazione e seguono la direzio- ne delle altre fibre nervose, in mezzo a cui ben presto si confondono dopo aver preso il carattere del vero cilindrasse. Con un tale dato di fatto viene la domanda: la divisione stabi- lita dal Deiters dei prolungamenti delle cellule nervose va modifi- cata nel senso che possono esservi due o più prolungamenti cilin- drassili, ( P. Schiefferdecker), o pure va abbandonata del tutto, imperocché tutti hanno il valore di prolungamenti nervosi? In quanto al modo poi di comportarsi dei così detti prolunga- menti protoplasmatici, essi si ramificano, com'è noto, già in prossi- mità della loro origine quasi dicot imicamente e si assottigliano man mano. L'opinione, che per lo passato ebbe maggior credito, è che alcuni di questi prolungamenti, dopo un decorso più o meno breve si anast)mizzassero con i prolungamenti di una cellula vicina, e cosi si cercò di spiegare i rapporti funzionali che indubbiamente esistono fra le fibre e le cellule, e sopratutto i fenomeni riflessi. — 235 — Fra gli anatomici che verificarono su larga scala questa anasto- mosi vanno ricordati Schroeder van der Kolk, Lenhossek , Mautner, Jacubowitz, Funke, Stilling, Goll ecc. Molti fu- rono anche gli oppositori e fra quelli che vi si schierarono contro, Deiters dice che, ad onta delle molte centinaja di osservazioni da lui fatte su preparati per sezione e per dilacerazione, non gli riuscì di verificarne nemmeno un sol caso ; Schultze chiama poi addirittu- ra illusioni le numerose anastomosi delle grandi cellule del midollo spinale e midollo allungato descritte e disegnate da Van der Kolk e Lenhossek. Il Kolliker è pure della stessa opinione e coniai Kraus e, Gerlach e Boll negano le dirette connessioni delle cellule fra di loro. Il nostro illustre Golgi, che si occupò nel suo classico la- voro anche di questo argomento sì interessante specialmente per la fisiologia, asserisce che, se specialmente dagli antichi istologi si erano trovate molte anastomosi, da molti dei moderni si era ciò negato, perchè questi ultimi « non accontentandosi delle apparenze, si mi- re sero all' impresa (li verificare con mezzi più fini, e sopratutto col « metodo delle pazienti dilacerazioni, le asserite anastomosi » 11 metodo però consigliato , non mi sembra in vero il più fa- vorevole por riscontrare sifiUtte anastomosi. Per quanto accurata- mente infatti possa essere fatta la dilacerazione, non potrà mai ne- garsi che le cellule non subiscano un certo maltrattamento che non solo vale a distruggere interamente qualsiasi possibile anastomosi, ma spezza sin dalla base anche molti prolungamenti insieme al connettivo nevroglico in cui sono trattenuti. Il metodo da prefe- rirsi quindi è sempre quello delle sezioni. Ma anche qui gli ostacoli non sono pochi ad impedire di osservare dette anastomosi, non tro- vandosi quasi mai nella stessa sezione cellule che si suppongono potrebbero essere anastomizzate, né tutti i loro prolungamenti. Né in una sezione, mancando i dati certi, cioè le cellule da cui ema- nano prolungamenti, si può con certezza chiamare anastomosi l' in- contro di due supposti prolungamenti diversi. Se adunque, oltre che alle tante diflìcoltà che vi sono, si pensa solo alle sopracitate, si vedrà come debba attribuirsi a mera fortuna l'avere alcuni osservatori trovate queste anastomosi ed altri no, malgrado che abbiano esaminato centinaja di preparati. Io ho potuto molto bene osservare alcune anastomosi nelle cel- lule ganglionari delle corna anteriori del midollo spinale di torpedine, ma un esempio davvero classico e nello stesso tempo non mai an- cora osservato da altri, io ho avuto la fortuna di osservarlo nella sostanza reticolare del midollo allungato di torpedine. Qui non si tratta di due cellule della stessa regione anastomiz- — 230 — zate fra di loro, ma di quattro allineate in fila nel senso perpendi- colare del pezzo e probabilmente di diverse regioni nervose, essendo relativamente molto distante l'una dall' altra (Fig. 2). Ed anche qui la reazione al joduro di palladio non ha lasciato alcun dubbio in proposito né a me né a quanti 1' hanno osservata. E , ammesso questo fatto, che le anastomosi fra le cellule nervose esistono real- mente, basta vedere la figura da me presentata per convincersi che difllcilmente si può asserire essere ciò dipendente da arresto di svi- luppo; prima perchè le cellule in questione hanno tutti i caratteri di cellule ben sviluppate, e poi perchè sono abbastanza distanti l'una dall'altra. Sembra quindi sia assolutamente da rigettarsi l'opinione che le anastomosi siano soltanto delle rare eccezioni, e la quistione che da anni si dibatte in proposito potrebbe rapidamente avere la sua soluzione se si abbandonassero tutti i preconcetti , che non hanno ad altro giovato che a complicare ed ingarbugliare semplici que- stioni, una delle quali è precisamente quella, se le cellule nervose si debbano considerare riunite ed associate tra loro nella disposi- zione e neir uffizio , od isolate ed indipendenti e soltanto indiret- tamente in comunicazione. I più recenti ricercatori appoggerebbero questo ultimo modo di vedere , ma il fatto che le anastomosi non sono rare contrasta direttamente 1' esclusivismo di quest' opinione. Esposti cosi sommariamente i risultati delle mie osservazioni sui centri nervosi dei plagiostomi, parmi di potere trarne le seguenti conclusioni : 1.° Il prolungamento diDeiters o cilindrassile, anche nei pla- giostomi è un' emanazione nucleare. 2." Esso non è mai ramificato. 3.° Nei lobi elettrici della torpedine si possono trovare cel- lule fornite di due prolungamenti cilindrassili. 4.° I prolungamenti protoplasmatici si possono connettere di- rettamente fra di loro mediante anastomosi, senza che questo fatto debba ritenersi, né come un'eccezione, né attribuire ad imperfetto sviluppo delle cellule; queste anastomosi possono aver luogo fra più di due cellule. Non saprei finire meglio questa mia breve nota istologica che protestando al Prof. G. Paladino tutta la mia gratitudine per il ri- goroso indirizzo scientifico ed i savii consigli di cui mi é stato sempre larghissimo. Laboratorio di Istologia e Fisiologia generale della R. Uni- versila di Napoli diretto dal Prof. Giovanili Paladino. — 237 — Intorno a tre crani di Nubiani antichi. — Appunti storici-antropologici di A. De Biasio. (Tornata del 18 Dicembre 1892) Credo fare opera non vana occuparmi di alcuni resti umani rinvenuti in una delle regioni dell' Africa, che come tante altre di quello stesso Paese, ha anch' essa una storia abbastanza remota per cui fu oggetto di studi scrii e profondi da parte di grandi scien- ziati. Parlo della Nubia (1) che al pari dell" Egitto ci ha presentato preziose reliquie nascoste, per tanti secoli, sotto la polvere del tempo, perdute nelle sabbie e dimenticate nella solitudine, È in quel luogo, ora seminato di meschini casali, che un tempo sorge- vano grandiosi monumeuti, i cui avanzi di tanto in tanto discoperti, hanno offerto al Cherubini (2), al Eureka rdt (3), al Belzoni(4), al Light (5), ai Dumichen (6), allo Slabi n (7), al G a u (8), al Champollion (9), al Roseli ini (10) e a tanti altri il materiale per ricostruire la storia di un tempo che ci ricorda la civiltà e la grandezza di un popolo a torto dai moderni dimenticato. Il paese e i suoi abitatori La Nubia è situata nel bacino del Nilo avendo come limite r Egitto al N. , il golfo arabico all'È., l'Abissinia a S. E., il Sudan a S. 0., e il Saara e il Sudan all'O. Cosi limitata dava, fin da (1) Negli antichi geografi non incontrasi mai il nome corograBco Nubia; ma bensì l'etnograUco Nubii, Nubei fNubae, Nubei Sot'^ai ed anche ^sov^àdeg Plin. VI 30 s. 34; St ab XXVII, p. 786, 819; Ptol. IV. 7 s. 30; Steh. B s.v). (2) Cherubini. La Nubie neli' Univers pittoresque. (3) BuRCKARDT, Travels in Nubia Londra 1819. (4) Belzoni. Voyage en Egypteet en Nubie (Parigi JS.? JJ tv&- dotto dall' inglese): (5) Light. Travels in Egypt, Nubia etc. Londra 1814. (p) Dumichen. Das Katara kteng ebiet an der Grenze von Aegypten und Nubien Die Nalur «. 24 1877. (7) Slabin. Bagara und Nubaner n. 24 4877, (8) Gau. Antiquitès de la Nubie. / voi. in foglio. Champollion. (le Jeune). Lettres ècrites d' Egypte et de Nu- bie e n 1829. (10) RosELLiNi Ippolito. Monumenti dell' Egitto e della Nubia Pisa 1832. — 2; '.8 — epoche remotissime, asilo ad un popolo nomade, che, secondo gli antichi scrittori, apparteneva aduna razza nera. C'è controversia Tra Plinio, Strabone e Tolomeo nell' assegnare ai Nubiani una vera posizione. Tolomeo (1) li colloca all' 0., dei monti abissinici presso il fiume Gir a contatto immediato coi Garamanti. Strabone (2) li si- tua tra la latitudine di Meroe e le zone del Nilo ossia in Dongola e Plinio (3) li pone ad otto giornate all'O, dell'isola Semberriti. Fig. 1. Tipo di nubiano odierno (da una fotografia) In mezzo a tante discrepanze d'idee ecco quello che dice l'Hart- mann intorno al paese de' Nubii « Les Berabras nubiens, voisin et proches parents des Ègyptiens, s' étendent à 6 degrés de latitude, jusque vers la sixiéme cataracte du Nil, entre les montagnes nues et rocailleuses de la vallèe du Nil, où ils cultivent péniblement les (1) Tolomeo IV. 6. s 16 (2) Strabone XVII p. 8i9. (3) Plinio VI 30 s. 34. — 239 — rares terres labourables que n' èpargnent pas, chaque année, les inondations du fleuve. La Nubie, plus pauvre, souffre plus cber r Ègypte de la diminution graduelle du limon fertile, sous l'action de ]' élévation des eaux, car V Egypte, plus étendue, ressentirait moins la perte de quelques pnuccs de limon... Ces Berabras s'éten- daient, d' ailleurs, plus vers le sud qu' aujourd' bui. Peut — ètre mème ont-ils occupò pendant des siècles , non seulement la vallèe du Nil au delà de Khartoum , mais eiicore les districts de Cordou- fan, Taka et Sennar. Dans ces régions beaucoup de localités portent des noms qui appartiennent évidemment à la langue des Berbers. Plus tard, ces peuples furent refoulés par les conquètes des Furés, des Bedjas et des Funjés qui se sont confcndus avec les Berabra. Vers la fin du raoyen àge , à l' epoque où florissait dans le Sennar 1' empire d' Aloa dont les cbeis étaient des Bedjas, il s'était forme, au confluent des deux Nils (en arabe Mogren), une peuplade mélangée dont le principal élément était Berabra. Plus tard, les Funjés nigritiens s' y mèlérent aussi. Il y avait aussi, entre les Be- rabra purs, des comniunes disséminées , ètablles par des Bedjas arabes auxquels se joignirent des groupes de pélerins du centre de r Afrique, etc. Mème parmi ces famillcs étrangéres il s' en trouve beaucoup ayant conserve leur type primitif. La souche la plus pure (les Berabras est dans ler districts actuels de Wady-Kenu, Dar- Sukkot, Dar-Mahas et Dongolo septentrional. Les mélanges se recontrent dans la Haute-Ègypte, prés de Syène, dans le Dongola meridional et la Barbarie » (1). Allorquando i Nubiani compariscono la prima volta nella storia erano già ordinati in tanti clan frammisti e confusi con gente egizia che da' Faraoni fu mandata in quel luogo (2). Nel terzo secolo dopo G. C. i Romaui, avidi di conquiste, non risparmiarono neppure questo paese perchè, dopo aver occupato r Egitto, per tenere a freno i Blemmiti (285-305 d. G. C), installa- rono lungo le rive del Nilo alcune colonie di Nobati tolte fra i neri del deserto occidentale. Questi nuovi venuti, sia perchè protetti dai romani, sia perchè più inciviliti, si unirono ai nativi del luogo, e da girovaghi che erano li tramutarono in ottimi agricoltori tanto che (1) Hartmann. Les peuples de 1* Afrique. Paris i880. (2) Nell'antico Impero Papi I, secondo re della VI dinastia, assoggettò la Nubia, poi, nel medio Impero Ousortense III la conquistò in modo defi- nitivo e inscrisse sugli scogli della seconda cateratta un editto che vietava ai negri di discendere il fiume al di là di questo limite estremo dell'Im- pero egiziano; e nel nuovo Impero Ramsete II l'arricchì di monumenti. — 240 — nel VI secolo dopo G. C. erano fermi e stabili lin quasi la seconda cataratta (1). Nel secolo XIII vennero i Nubii soverchiati dagli arabi e la <3rescente loro civiltà, dovuta in parte al cristianesimo, venne incep- Fig. 2. Altro tipo di nubiano moderuo (Gau) pata ; ma, come ciò non bastasse, alla fine del secolo passato, solo perchè avevano dato rifugio ai Mammalucchi, che erano scampati dalla strage egiziana, si videro, con sommo rammarico,, invadere il loro paese dalle truppe di Mehemed-Alì ; ma i Nubiani e i Mamma- lucchi si difesero tanto bene che l'esercito egiziano fu decimato ed Ismail-Pascià vi perdette la vita. Però poco dopo Mehemed-Ali per vendicare la morte del figliuolo Ismail ordinò nel territorio de' Nubii (1) Procapio Bell Persie /. e. i5. - 241 — una seconda spedizione; però questa volta gli abitanti della vallata del Nilo furono sconfitti e sottomessi (1822). Ricordate le varie vicende alle quali andò incontro questa re- gione ecco quello che ci lasciano scritto gli storici intorno all'ori- gine di questo popolo. È opinione di alcuni che i Niibii fossero indigeni del luogo e che appartenessero ad una razza nera, la quale si modificò in se- guito air introduzione di nuovi elementi etnici. Altri scrittori opinano invece che siano di origine asiatica di- scendenti cioè da una razza bianca, la quale, passata per 1' istmo di Suez, abbia colonizzato prima l'Egitto e poscia parte di essa siasi portata nella Nubia, e parrebbe, dice il Nicolucci, (1) che quel po- polo bianco che si tramutò dall' Asia sulle rive del Nilo apparte- nesse ad una di quelle razze protosemiche, le quali in tempi antesto- rici, dal continente asiatico si sparsero tanto per l'Egitto, guanto per l'Africa orientale e settentrionale. Il Ratzel (2) poi dice: Fra le diverse popolazioni dalla tinta oscura, che abitavano nel- r Africa abbiamo un gran numero di schiatte , di cui la faccia si avvicina alle forme più gentili de' bianchi a motivo delle labbra più sottili, del naso meno appiattito di un rapporto migliore fra la fronte e la mascella; mentre la loro tinta è altrettanto scura quanto quella de' neri tipici, e sovente è ancora più oscura. Da ciò si riconosce che non sussiste una relazione necessaria fra la tinta della pelle, a cui si attribuisce tanta importanza, e gli altri caratteri corporei.... A questi uomini che Herder chiama « di Della conformazione » spet- tino in primo luogo le schiatte, che abitano sul lato orientale dell'Africa in faccia all'Arabia e le schiatte, che abitano sul lato settentrionale- occidentale e sul lato occidentale fino a Beuue. I Nubiani, gli Abis- sinesi, i Galla, i Somali, i Fellata o Fulbe, i Mandingo e gli Aussa entrano in questa categoria. « La presenza di questi tratti di fiso- nomia ci fa pensare all' introduzione in Africa di elementi stranieri. Ed infatti » considerata l'Africa dal punto antropo-geografico ci ap- pare come una penisola dell'Asia,.. Ora siccome le notizie storiche ci mostrano che più di una volta si sono versate delle ondate di genti dall' Asia in Africa, e tra queste invasioni alcune avevano una potenza enorme come ad esempio 1' invasione araba, mentre, per quanto si può credere, non è avvenuto mai il fatto opposto, vale a dire una immigrazione di genti dall' Africa in Asia, così sembra (1) NicoLUoci. G. Sguardo sull'etnologia dell'Egitto. AHI H. Aceademia Scienze fìs. e mal. di Napoli Voi. IV Serie 2. N. 65. (2) Le razze umane traduzione di M. Lessona Torino. 1891. — 242 — anche che l'analogia parli pur essa in favore della idea fli una im- migrazione orientale di neri. Se ora poniamo il caso che una simile ''ig 3. Nubiano antico da un bassorilievo (Gau) immigrazione abbia trovato degli abitatori, consegue che il destino della popolazione indigena di quel continente peninsulare deve essere Fig. 4. Cranio di Nubiano antico norma facciale) stato essenzialmente il seguente : le genti che vi immigravano dal grande continente contiguo, 1' Asia, si recarono sulle coste della — 243 — terra invasa, e a motivo del loro numero limitato si videro costrette a fondersi cogli abitanti primitivi, anche nel caso che li dominas- sero, e cosi si originarono delle razze miste, le quali vennero a superare di qualche poco le razze indigene , e questo processo si ripetè più volte e una ondata di popolo tenendo dietro all' altra, movendo sempre da oriente, finì per invadere 1' interno del conti- nente sino a che V interna popolazione ne venne unificata. Se taluno fosse per trovare inverosimili queste migrazioni ripe- tute gli rammentiamo che la storia ci dà notizia di quattro invasioni operate da genti semitiche soltanto, vale a dire in Egitto (^Hycsos). in Abissinia ed in ampio tratto dell'Africa settentrionale ed oricn- Fig. 5. Lo stesso cranio visto di lato tale (Arabi). Se ora ammettiamo queste ipotesi, i Nubiani e i Galla ci appariranno come 1' uno degli estremi di una serie graduata di mescolanze di cui i I3oschimani formano 1' altra estremità. Questi ultimi rappresenterebbero uno stadio più profondo di mescolanza, nel quale si trovano ancora degli elementi più forti degli abitatori primitivi, sebbene poi fortemente modificati; mentre gli altri ci si presentano come il tipo più asiatico, più libero di elementi africani antichi « Intanto benché le opinioni intorno all'origine de' Nubiani si basassero ancora sopra congetture e benché gli abitanti di quella parte dell' Africa avessero subito delle diverse invasioni le conse- guenze, pure i campioni , che si trovano effigiati nei bassi-rilievi de' tanti monumenti sparsi per quei luoghi , non sono del tutto scomparsi e l'Hartmann nel parlare del paese de' Barabra dice: Dans — 244 — beaucoiip de districts, les types nubiens se sont conserve dans leur purité primitive ; ce sont encore aujourd'hui , les hommes bruns , à chevelure abondante qui , fìgurent dans les peiutures des Pha- raons » (1). Fig. G. Lo stesso cranio visto di sopì- a crani Nel mettere in assettamento i 127 crani egiziani donati dalla vedova e dal fratello del dottore Bruno Battaglia al gabinetto an- tropologico dì questa R. Università rinvenni tre crani di Nubiani antichi provenienti da Ebsambol (2) uno dei paesi dei Barabra. (1) Hartmann R. o. c. p. 17. (2) Presso questo meschino casale trovansii più magnifici scavi di tutta la Nubia. Il tempio à'Aihor dedicato alla moglie di Sesostri il Grande è il più piccolo, esso è ornato esteriormente d'una facciata rimpetto alla quale si elevano sei colossi di circa 35 piedi ciascuno scavati nel sasso e di eccellente scultura. Questo tempio è coverto di bassi-rilievi, di cui parecchi sono assai belli. II Gran tempio, un' altra costruzione del grande Sesostri, immenso scavo, che pel lavoro che dovette costare, è tale da fare somma- Due dei crani, che prendo ad esamina, sono di sesso femminile e se non fossero privi del mascellare inferiore si potrebbero con- Fig. 7. Altro cranio di Nubiano antico ( nonna facciale siderare come integri, mentre il teschio maschile è privo non solo di alcune ossa componenti lo scheletro facciale, ma anche di quella parte dello sfenoide che concorreva alla costruzione della fossa tem- porale sinistra. Visti di prospetto si presentano con fronte non am- pia e un po' sfuggente allo indietro, poco appariscenti sono le bozze nasali come poco sviluppate sono le arcate sopraccigliari. Nel punto di unione che le ossa nasali fanno coll'incisura nasale del frontale non formano una marcata depressione masolouna leggiera insenatura. mente maravigliare. La sabbia del deserto, continuamente portata dai venti, si accumula all'entrata di questo magnifico monumento e rende nocessarii nuovi spazzamenti ogni qual volta vi si vuole entrare. La faccia è ornata di quattro colossi seduti alti 61 piedi e rappresentano Ramsete il Grande e il Gran Sesostri. La prima sala dell' interno è sostenuta da 8 pilastri ai quali sono ap- poggiati altrettanti colossi di 30 piedi ciascuno rappresentanti Sesostri. Lungo le pareti di questa sala una serie di grandi bassi-rilievi-storici ragguardanti alle conquiste di Faraone in Africa; quello che rappresenta il suo carro di trionfo, cinto di gruppi di prigionieri nubi, negri etc. di grandezza natu- rale, offre un lavoro veramente bello. (Balbi compendio di Geografia. Voi. 3° p. 52). — 240 — Le cavità orbitarie hanno la forma di uua piramide irregolar- mente quadrilatera, la cui base, posta sopra un piano orizzontale, guarda in avanti e un poco in fuori tanto che il bordo superiore d i questa cavità che è fatto, come è risaputo, dall'arcata orbitaria del frontale, quanto l'inferiore costituito dal margine concavo del malare e dal margine anteriore della piramide del mascellare si mostrano piuttosto sporgenti. Le ossa nasali sono poco sviluppate e punto sporte in fuori. Ampie sono le cavità nasali come anche bene sviluppate sono le fosse canine ed in generale c'è grandezza ed espansione de' malari. Il margine alveolare del mascellare superiore è bene sviluppato in ampiezza e guarda da sopra in sotto e dall' indietro in avanti tanto che i tre teschi sembrano prognati ma dalle misure risultano mesognati. Guardati di lato si scorge a primo aspetto il poco sviluppo delle bozze parietali e il profilo della calvaria è rappresentato da una curva che può essere divisa in 4 archi di cerchio; il primo occupa Fig. 8. Lo stesso cranio TÌ»to di lato tutta la regione frontale, il secondo che da questo punto arriva fino alla parte posteriore de' parietali , il terzo che serve di raccordo tra il precedente e l'ultimo che occupa tutta la parte sporgente del- l'occipitale. Notasi anche da questo lato chele fosse temporali sono ampie; ma poco profonde e le linee curve che le delimitano sono molto estese. Graardati di sopra appaiono corno tre ovoidi allungati colla grande — 247 — estremità rivolta in dietro ed in basso; ma schiacciati fortemente ai lati. Di dietro si presentano superiormente appianati; però nel punto di unione che i due parietali fanno coll'occipitale questa regione di- venta convessa. Studiati di sotto si vede che i processi raostoidei sono poco svi- luppati. Di forma ovale è il forame occipitale e i suoi bordi sono sottili e salienti. Dalle misure prese sopra questi crani rilevasi essere tutti do- licocefali, perchè gì' indici cefalici sono 635, 667 e 676. Quanto alla loro altezza si possono dividere in ortocefali ed in ipsicefali: ortocefalo è uno de' crani muliebri , ipsicefalo è il virile e 1' altro femminile. Per la grandezza delle orbite; mesosemo e un cranio muliebre; misocremi sono gli altri due (i. o. 829, 833, 850). Per l'altezza del naso sono tutti jjlaUrini (i. n. 571, 577, 587). Per la larghezza della faccia sono mesoprosopi superiori; per- che nei due crani nei quali è stata misurata gl'indici segnano 56 e 52. Per r indice alveolare i due crani muliebri sono mesognati (i, a. 954, 1000). Nel maschile questo indice non è stato ricavato perchè il cranio, come innanzi abbiamo detto, è privo di alquante, ossa facciali, e per la stessa ragione in questo stesso cranio non ab- biamo potuto misurare la capacità cubica; però nei due teschi fem- minili non sorpassando 1350 ce. i due crani in parola vanno inclusi, per detta misura, nella categoria dei mio-ocefali. (1). Descritti sommariamente questi tre resti umani credo non fuori luogo comparare le misure di questi teschi antichi con quelle dei crani moderni della stessa regione- Da parecchio in qua molti si sono occupati di far raccolta di resti umani spettanti agli Egiziani, pochi invece si sono interessati di quelli appartenenti ai loro vicini i Nubii. (1) Secondo il nuovo indirizzo del Sergi i nostri crani appartengono alla varietà slenocephalus {arsvog-streito ;ocÀo-testa) che ha per carattere dominante la strettezza dei diametri trasversali del cranio, tendenza perciò al parallelismo longitudinale del cranio stesso; benché qualche volta si trovi un ringonfiamento ai parietali. Di regola il cranio è piccolo, lungo o dolicocefalo; arcuato nella sua se- zione trasversale e con varia forma occipitale, e siccome nei nostri crani l'occipite stesso è a forma di cuneo così i crani da noi presi ad esame fanno parto della sottovarietà sphenoidopisllwcranius — ( vedi il mio lavoro. Le varietà umane dell'Egitto antico). — 248 — Ed infatti tolti i crani dell'isola Elefantina , che ora si ammi- rano nel museo di Broca; i due teschi della collezione Vossion della Fig. 9. Lo stesso cranio visto di sopra stessa provenienza come anche il cranio di un Barabra della colle- zione Rajer (1) e quelli studiati da E. Schimidt (2) nessun altro, per quel che mi sappia, si è occupato di studiare i resti umani spettanti a quel popolo. E benché mi mancassero come termine di paragone i caratteri morfologici dc'crani moderni, pure dalle sole misure, che sono a nostra conoscenza, si può, con molto fondamento di vero, opinare che parte de' Nubiani si conservarono scevri di straniera mischianza e serbarono sempre il loro carattere etnico nazionale. Infatti le medie degl' indici dei crani antichi e moderni ci hanno dimostrato che i primi sono dolicocefali, ortocefali, platirini, mi- (1) Hamy e QuATREFAGES — Ora ni a ethnica. (2) Schimidt E. Craniologie des Egyptiens ancien et nou- veaux ( Ueber alt-und neu .Egyptische Scadel — Leipzig IS85 in 8.V N. B. Siccome il lavoro inviatomi dallo Schimidt mi pervenne, mentre questa mia nota era in fine di pubblicazione ; così non ho potuto tener conto delle misurazioni che si trovano in quella memoria e che spettano tipo nubiano puro. — 249 — erosemi e leptoprosopi supeì-iori, e parimente dolicocefali, orf ace- fali, platirini, microseìni e leptoprosopi sono i secondi. Per r interna capacità craniale avendo gli antichi una capacità eubi.^a pari a 1315 e i moderni uguale a 1292 si può concludere che tanto gli uni che gli altri sono microseìni. Le medie dei diversi indici e le diagnosi si trovano espresse nel seguente specchietto : Crani antichi Crani moderni Indici e diagnosi Indice cefalico 659 Dolicocefali » verticale 747 Orlocefali » nasale 578 Plalirini » orbitario 837 Microsemi » facciale s. 54 Leptoprosopi Capacità cubica 1315 Microcefali Indici e diagnosi Indice cefalico )) verticale » nasale » orbitario 1 facciale 742 Dolicocefali 743 Orlocefali 564 Plalirini 840 Microsemi 71 Leptoprosopi Capacità cubica 1292 Microcefali Per maggior chiarezza riporto ne' due seguenti quadri le misure e le diagnosi spettanti a ciascuno de' crani (antichi e moderni). (1). (1) Tanto per i crani antichi che per i moderni , gì' indici sono stati ricavati, delle tabelle inserite nel Catalogue of the specimens illu- strating the Osteology and dentition etc. By William Henry Flower P. /.» London 1879 — 250 — Crani antichi Curva naso- occipitale Misure millimetriche Capacità cubica Circonferenza orizzontale » verticale » P. frontale ' P. parietale I P. occipitale ' Totale Diametro antero-posteriore » bi-laterale » bi-auricolare » bi-mastoideo Altezza verticale F. superiore F. inferiore ^ ^ .^ \ Larghezza ^^•^^^•^ ■( Altezza i Larghezza ^^'' i Altezza Linea bi-zigoraatica » basi-nasale » basi-alveolare » basi-occipitale » fronte-alveolare ^ Lunghezza ) Larghezza cefalico verticale nasale orbitario alveolare facciale s. Larghezza della fronte Foro occipi- tale Indici SE I cT II ^ III ^ „ 1350 1280 504 520 503 475 457 440 » 132 130 „ 128 130 » 128 HO :-!88 360 370 189 180 185 120 120 125 104 93 95 115 110 HO 102 142 130 100 106 100 94 94 95 41 36 40 34 30 34 28 30 27 49 52 46 » 125 125 » 108 99 » 103 99 » 87 100 » 71 66 ), 31 35 » 29 24 635 667 676 751 789 703 571 577 587 829 833 850 .. 954 1000 1 » 56 52 CARATTERI DIAGNOSTICI I >P Dolicocefalo Microsemo Platirino Ipsicefalo II ^ Microcefalo Dolicocefalo Piaiiyino Microsemo Mesoprosopo Mesognaio Ipsicefalo III /> Microcefalo Dolicocefalo Plalì)-ino Mesosemo Mesoprosopo Mesognato Ortocefalo - 251 Crani moderni Misure milmmetrichk Capacità cubica Circonferenza orizzontale Diametro antero-posteriore bi-laterale verticale „ , \ F. inferiore ^^""^•^ I f, superiore Linea bi-zigomatica Altezza della faccia Naso S Lunghezza ì Larghezza Altezza Larghezza Cefalico Verticale Nasale Orbitario Facciale s. c= , Museo Broca — .2 — 03 ^ > SS i 1330 1300 1245 n 505 488 490 526 181 175 174 189 133 129 128 144 134 133 127 95 92 89 103 107 108 108 120 130 125 125 129 90 82 93 95 47 44 47 34 2(5 25 29 28 32 32 32 33 40 40 35 39 735 737 736 762 740 760 730 » 353 568 617 518 800 800 914 846 69 65 74 77 Diagnosi I Crani cf Coli. Broca Microcefali Dolicocefali Otiocefali Platirini Micro semi Leptoprosopi s. li Crani ^ Coli. Broca Microcefali Dolicocefali Ortocefali Platirini Microsemi Leptoprosopi s. Ili Crani Coli. Vossion Microcefali Dolicocefali Ortocefali Platirini Megasemi Leptoprosopi s. IV Coli. Rajer. Mesat ice falò Mesorino Me so se mo Leptoprosopo s. Per ciò che riguarda lo studio delle fìsonomie è chiaro, come rilevasi dalle figure 1, 2, 3. che il tipo odierno di quella contrada serba tuttora delle rassomiglianze con quello antico ; e chi avesse vaghezza di rendersi familiari quelle antiche sembianze non avrà che riscontrare, le opere illustrate dal Gau e del Rosellini. L' Hartmann poi cosi descrive i moderni abitatori della valle del Nilo. Les Berabras nubiens sont d' une tailìe moyenne , quelquesuns atteigneut 168-170 centimètres. lls sont généraleraent plus sveltes que le Fellahs, et leur thorax n' est pas aussi dóveloppó que celui des habitants du Nil égyptien. Leur tète est allongée comme celle des Egyptiens , leur front est parfois ólevé , bombe dans sa partie infórieure et rótróci dans sa partie supérieure, leuryeux sont fendus, leurs sourcis un peu arqués, leur nez tantòt droit, tantòt courbé, mais aplati au bout et large des ailes ; leur bouche est assez grande, leurs lèvres sont charuues et grosses, la ligne du nez est fortement accusée, le menton est petit, fuyant, les joues sont proéminentes, les oreilles sont ócartées et plantées très haut comme chez' les Egyptiens. Les membres sont bien proportionnés , les mains et les pieds sont petits et bien faits. Tonte la stature donne l' irapression d'une maigreur et d'une gracilité extrème. Les enfants nous frap- pent souvent désagréablement par leur front bombe, leurs membres grèles comme ceux des oiseaux et leur gros ventre. Les femmes sont sveltes et minces,Elles se développent plus tard que les Egyptien- nes, et souvent on rencontre des jeunes filles de quatorze ans, dont le sein n' est pas forme. Leurs plus belles années sont celles de quinze à dix-neuf ans. Comme la plupart des femmes du sud elles se fanent prématurément. Les vieilles femmes nubiennes sont par- ticuliérement laides, Les cheveux des Berabras sont noirs et crépus, la couleur de leur peau est celle du bronze, tlrant sur le chocolat et la cannelle, quelquefois plus foncée et mème d' un brun noiràtre; la paume de la main et la piante des pieds sont, comme chez les Africains foncés d' une teinte plus claire, analogue à la couleur ternie de la chair. Les ongles ou la couleur de l'agate. 253 CONCLUSIONI Le osservazioni che esposi ci menano alle seguenti conclusioni. !.• Che i Nubii sono discendenti da una razza bianca la quale, dopo aver colonizzato 1' Egitto, parte di essa andò ad occupare la Nubia dove s' imbastardi coli' elemento indigeno. 2.* Che gli antichi abitanti di quel paese avevano come i moderni crani dolicocefali, con naso platirino, con orbite microseme, con faccia leptoprosopa e con piccola capacità cubica. :3." Che una volta fissato il tipo, le diverse immigrazioni che, coU'an- dar del tempo, si successero in quello contrada non ebbero più potenza ad alterarlo. i.* Che oggi i veri rappresentanti degli antichi Nubiani, che si tro- vano effigiati nei bassi-rilievi, sono gli onesti e poveri Barabra che vivono lungo la vallata del Nilo IPI^OCESSI VEI^/B^LI DELLE TORNATE dal 7 Febbraio 1892 al i3 Decembre 1892 Assemblea generale del 1 Febbraio 1892 Presidenza: del Sig. Luigi Savastano Sepyefario : Giulio Taoliani Socii presenti: Jatta G,, Gereniicca M., Monticelli F. S., Savastano L., Forte 0., Scarpitti N., Scarpitti U., Flores E., Di Biasio A., Capobianco F., Germano E., Di Milia E.., Jatta M., Patroni C, Mazzarelli G., Amato C, Raffaele F., De Rosa F., Gabella G. A.^ Diamare V., Piccolo R., Milone U., Tagliani G. La seduta è aperta alle ore 1,30 p, m. È approvato il processo verbale dell' Assemblea generale del 31 decembre 1891, — Il Segretario uscente signor Fr. Sav. Monticelli dà lettura della relazione annuale sull'andamento scientifico ed econo- mico della Società durante l'anno 1891 e presenta a nome del Con- siglio direttivo il bilancio consuntivo dell'anno 1891. Udita la relazione di revisori dei conti, resta approvato il Bilancio consuntivo dell'anno 1891 ad unanimità. Il Segretario presenta il bilancio presuntivo per l'esercizio 1892 che viene approvato. — 256 — E ammesso a unanimità a socio ordinario non residente il sig. Raffaele Minervini. L' Assemblea prende atto delle dimissioni del socio A. Piatti, e vota la radiazione per mora dei socii non residenti Crety, de Ve- scovi, Luzii. Il Presidente comunica la concessione fatta da parte del Rettore della R. Università della sala N." 17. Assemblea generale straordinaria del 21 Febbraio 1892 Presidenza del Sig. L. Sayastano Segretario: G. Tagliani Soci presenti : L. Savastano, Gr. Tagliani, S. Pansini, P. Da Rosa, A. di Biasio, G. Mazzarelli, F. S. Monticelli, P. Raffaele, G. latta, M. Jatta, 0. Porte, E. Flores, P. Capobianco, N. Scar- pitti, R. Di Milia, C. Patroni, V. Diamare. La seduta è aperta alle ore 1,30 pom. Viene approvato il processo verbale dell' Assemblea generale del 7 Febbraio. Il socio F. Capobianco legge un lavoro dal titolo: " Ul- teriori ricerche sulle alterazioni istologiche del Midollo Spinale se- guite alla tiroidectomia „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio Pr. Sav. Monticelli legge un lavoro dal titolo: " Sul nucleo vitellino nelle uova dei Trematodi „ e ne chiede la pubbli- cazione. L approvata la seguente proposta del Consiglio Direttivo circa la somma stanziata per la pubblicazione del Bollettino : " Restano distribuite le somme nel modo già prima stabilito, e cioè lire 1000 per le spese di stampa e spedizione, lire 50 per sussidio alle inci- sioni nel testo, non piìi di lire 10 per ciascun autore, e lire 208 per sussidio alle tavole, cioè lire 20 per una sola tavola a ciascun autore. Le eventuali economie su questi tre articoli saranno cosi divise: Nel caso che l' introito previsto nel Bilancio dovesse presentare una di- minuzione questa verrà coverta con le dette economie ; il residuo poi sarà diviso per metà, l'una a beneficio della cassa sociale, l'altra da ripartirsi ugualmente fra le tavole pubblicate. L' Assemblea prende atto delle dimissioni del socio La Guardia. La seduta è levata alle ore 3 pom. — -zot — Tornata del 6 Marzo 1892 Presidenza del Sig. L. Savastano Segveiaì-io : G. Tagliani Soci presenti : F. S. Mouticelli, A. di Biasio, E,. Piccoli, G. A. Ca- sella, F. De Rosa, S. Pansini. G. Jatta, M. Jatta, R. di Milla, G. Mazzarelli, M. Geremicca, L, Savastano, G. Tagliani. La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. Il processo verbale dell' Asseinblea generale straordinaria non può essere approvato per mancanza di numero legale di socii. Il socio A. di Biasio legge un suo lavoro dal titolo : Sopra un cranio meto- pico di epoca preistorica „ ne chiede la pubblicazione. L' Assemblea prende atto delle dimissioni del socio Castellaneta. La seduta è levata alle ore 2,15 p. m. Tornata del 3 Aprile 1892 Pì-esìdenza del Sig. L. Savastano Scprelario : G. Tagi.iaxi Soci presenti : F. S. Monticelli, F. Raffaele, M. Geremicca, G. Jatta, C. Patroni, V. Diamare, L. Savastano, G. Tagliani, A. Olitolo. La seduta è aperta alle ore 1,45 p. m. E approvato in 2.* convocazione il processo verbale dell'Assem- blea generale straordinaria del 21 Febbraio. Per mancanza del nu- mero legale di soci non può approvarsi il processo verbale della tor- nata precedente. Il socio Fr. Sav. Monticelli legge un lavoro dal ti- tolo : — Studii sui Trematodi endoparassitici — sul genere Notocotyle e ne chiede la pubblicazione. Le seduta è levata alle ore 3 pom. — 258 — Tornata del 15 IViaggio 1892 Presidenza, del Sig. L- Savastano Segretario : G. Tagliaci Soci presenti : L. Savastano, Gr. Tagliani, V. Diamare, L. A. Ga- bella, C, Prans, M. Geremieoa, E. Elores, G. Jatta; M. Jatta, U. Milone. La seduta è aperta alle ore ] ,45 p. m. E approvato in seconda convocazione il proceeso verbale della tornata del 6 Marzo. Per mancanza del numero legale di socii non può esser approvato il processo verbale della tornata precedente. Il socio V. Diamare legge un suo lavoro del titolo : " Notizia di un nuovo Cestode del genere Dipylidium e ne chiede la pubblicazione. La seduta è tolta alle ore 2,45 p. m. Tornata del 29 Maggio 1892 Presidenza del Sig. L. Saa^\stamo Segretario : G. Tagliani Soci presenti : L. Savastano, G. Tagliani, A. di Biasio, F. Sav. Monticelli, A. Geremicca, G. Mazzarella, P. Balsamo, R. Di Milla, G. Jatta, M. Jatta, G. A. Gabella, S. Pansini, 0. Forte. A. Cutolo, N. Scarpitti. La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. Son approvati i processi verbali della tornata del 3 aprile, e del 15 Maggio. Il socio P. Balsamo legge un suo lavoro dal titolo : Ma- nipolo di Alghe napolitano e ne chiede la pubblicazione. Il socio A, di Biasio legge un suo lavoro dal titolo : " Grania campana hodierna „ e ne chiede la pubblicazione. Seno ammessi a socii ordiaarii residenti i signori Arnaldo Can- tani jun., Eugenio Alvino, Raffaele Vittorio Matteucci. La seduta è levata alle ore 3 p. m. — 250 — Tornata del 12 Giugno 1892 Presidenza del Sig. L. Savastano Segretario : V. Diamare Soci presenti ; Gr. Jatta, M. Jatta, F. Balsamo, A, di Biasio, A. Cu- tolo, G- Mazzarelli, F. Capobianco, A. Cantani, F. S. Monticelli, F. Raffaele, V. Milone, 0. Forte, L. Savastano, V. Diamare, G. A. Gabella. La seduta é aperta alle ore 1,15 p. m. Per mancanza del numero legale di soci non può essere appro- vato il processo verbale della precedente tornata. Il socio F. Bal- samo legge la 2.* parte del suo lavoro " Manipolo di Alghe napoli- tane „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio G. Mazzarelli legge una sua nota preliminare dal titolo : " Ricerche anatomiche sul Lobiger Serradifaloi „, e ne chiede la pubblicazione. L' Assemblea prende atto delle dimissioni del socio. G. Mazza- relli dalla carica di Bibliotecario. La seduta è levata alle ore 2,15 p. m. Tornata del 26 Giugno 1892 Presidenza da./. Sig. L. Savastano Segretario : G. Tagliani Soci presenti : A. Russo, A. di Biasio, G. Mazzarelli, R. di Milia, M. Geremicca. C. Patroni, G. Jatta, M. Jatta, S. Pansini, F. S. Monticelli, L. Savastano, G. Tagliani, G, Persio, F. Raffaele , U. Milone. La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. E approvato in 2.* convocazione il processo verbale della tornata del 29 Maggio. Per mancanza del numero legale di socii non può ap- provarsi il processo verbale della tornata precedente. Il socio M. Ge- remicca legge un suo lavoro dal titolo: " Sull'interpretazione di alcuni fatti riguardanti l'assimilazione del carbonio „, e ne chiede la pubbli- cazione. Il socio A. Russo legge un lavoro dal titolo ; " Contribu- — 260 — zione air embriologia degli Echinodermi, e sviluppo dell'Asteria gla- cialis dall'uovo alla bipinnaria „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio G. Persio legge a nome del socio M. Centonze un lavoro dal titolo - " Sulla infezione materna o ereditaria per influenza „ e un altro dal titolo : " L' indice cefalico sul vivente e sullo scheletro „ e ne chiede la pubblicazione. La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. Tornata del IO Luglio 1892 Presidenza del Sig. U. Milone Segretario : V. Diamare Soci presenti: M. Gennaro, F. S. Monticelli, R. di Milia, IT. Mi- lone, E,, V. Matteucci, 0. Forte, N. Scarpitti , E. Flores, V. Dia- mare, A. Cntolo, A. Russo, C. Patroni. G. Mazzarelli, G. Jatta. La seduta è aperta alle ere 1,4.5 p. m. È approvato in 2.* lettura il processo verbale della tornata del 12 Giugno. Il socio R. di Milia, a nome del socio R. Minervini, legge un lavoro dal titolo : " Particolarità di struttura delle arterie della cute „, e ne chiede la pubblicazione. È nominata socio ordinario residente il Sig. Enrico Cannaviello. Il socio A. Jatta di Ruvo è delegato a rappresentare la Società al Congresso Botanico internazionale di Genova. La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. — 261 — Tornata del 31 Luglio 1892 Presidenza del Sig. L. Savastanq Segretario : E. Flores Soci presenti : S. Pansini, G. Jatta. M. Jatta. A. Gabella, L. Sava- stano, S. lo Bianco, A, di Biasio, F. S. Monticelli, A. Cutolo G. Mazzarelli. F. de Rosa, F. Raffaele, A. Russo, E. Flores. La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. Dichiarata la tornata in numero sono approvati i processi verbali della tornata del 26 Giugno e del 10 Luglio. Il socio A. di Biasio legge un suo lavoro dal titolo : " Contribuzione allo studio dell' età della pietra nella provincia di Benevento „ e ne chiede la pubblica- zione. Il socio M. Jatta legge un lavoro dal titolo : " Sulla perdita di elasticità nelle arterie cle^ vecchi „, e ne chiede la pubblicazione. Ya nominato a unanimità a socio ordinario non residente il Sig^ Giovanni Tagliani. La seduta è tolta alle ore 2,30 p. m. Tornata del 4 Decembre 1892 Presidenza del Sig. L. Savastano Segretario : G. Tagliani 8ocì presenti : L. Savastano, G. Tagliani, U. Milane, A. di Biasio R. di Milia, E. Flores, N. Scarpitti, La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. Per mancanza del numero legale di soci non può esser appi'ovato il processo verbale della tornata precedente. 11 socio A. di Biasio- legge un lavoro dal titolo : " Le varietà umane dell' Egitto antico „, e ne chiede la pubblicazione. La seduta è levata alle ore 1,40 p. m. — 202 — Tornata del 18 Decembre 1892 Presidenza del Sig. U. Milone Segretario: G. Tagliani Soci presenti: 0. Forte, N. Scarpifcti, R. Piccoli, A. di Biasio, E,, di Milia, F. De Rosa, S. Pansini, F. Raffaele. U. Milone, G-. Ta- gliani L. Savastano, A. Cantani. La tornata e aperta alle ore 1,30 p. m. E approvato in 2/ lettura il processo verbale del 31 Luglio. Per mancanza del numero legale di soci non può passarsi all'approvazione del processo verbale della tornata procedente. Il socio 0. Forte legge un suo lavoro dal titolo : " Sopra alcuni nuovi derivati degli acidi cresolglicolici „ e ne chiede la pubblicazione. Il socio A. di Biasio legge un suo lavoro dal titolo : " Intorno a tre crani di Nubiani an- tichi „ e ne chiede la pubblicazione. Il Socio A. Cantani legge un lavoro dal titolo : " Sulla direzione del prolungamento oilindrassile e sulla connessione diretta dei prolungamenti protoplasmatici delle cel- lule nervose,,, e ne chiede la pubblicazione. La seduta è levata alle ore 3 p. m. — 263 — Assemblea generale del 31 Decembre 1892 Presidenza del Sic/. L. Sayastano Sepretario: G. Tagliani Soci presenti : 0. Forte, A. Gntolo, E. Flores, S. Lo Bianco, F. de Rosa, L. Savastano, U. Milone, M. Geremicca, N. Scarpitti, R. Piccoli, G. Mazzarelli, A. G. Gabella, C. Amato, E. Germano, S. Pansini, V. Diamare, G. Tagliani, R. di Milla. F. Raffaele. La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. Constatato il numero legale de' socii intervenuti vengono appro- vati i processi verbali della tornata del 4 e 18 decembre. Si procede indi alla elezione delle cariche, e il Presidente nomina a Presidente del seggio il socio. A. G. Gabella e a Scrutatori i soci G, Mazza- relli e N. Scarpitti. Risultano eletti: a Presidente il socio M. Gere- micca; a Consiglieri i socii F. de Rosa, S. Lo Bianco, A. Cutolo; a Revisori i socii C. Amato. A. di Biasio. La Seduta è tolta alle ore 3. p. m. 265 ELENCO DEI SOCI Socii ordinari residenti Alvino Eugenio Amato Carlo Balsamo Francesco Bassano Francesco Gabella Antonio Giuseppe Cannaviello Enrico Cannone Galileo Cano Gavino Cantani Arnaldo jun. Capobianco Francesco Coppa Filippo Cutolo Alessandro Damasceni Domenico De Falco Giulio De Juliis Alesssandro Denozza Michele De Rosa Francesco Diamare Vincenzo Di Biasio Abele Di Milla Raffiiele Fazio Francesco Flores Edoardo Forte Oreste Franco Pasquale Galdieri M. Agostino Geremicca Michele Germano Edoardo Jatta Giuseppe Jatta Mauro Lo Bianco Salvatore Matteucci Raffaele Vittorio Mazzarelli Giuseppe Miccoli Giuseppe Miele Sebastiano Milone Ugo Monticelli Francesco Saverio Mottareale Giovanni Oglialoro Agostino Pansini Sergio Patroni Carlo Persio Gennaro Piccoli Raffaele Praus-Franceschini Carlo Raffaele Federico Russo Achille Savastano Luigi Salvati Vincenzo Scacchi Eugenio Scarpitti Nino Scarpitti Ugo Tagliaui Giulio Venditti Federico Vetere Vincenzo Viglino Teresio Vigliarolo Giovanni Vito Giuseppe Zuccardi Raffaele 26-; Socii ordinarii non residenti Bucci Pietro Canonico Angelo — S. Marco Argentano Casoria Eugenio — Portici Centonze Michele Chigi Ludovico — Roma Curatolo Tommaso Della Valle Antonio — Modena Emery Carlo — Bologna Ettorre Francesco — Taranto Falzacappa Ernesto — Roma Fonseca Antonio — Barletta Giordano Domenico — Gaeta Grimaldi Clemente — Modica Jatta Antonio — Ruvo di Puglia Minervini Raffaele Mingazzini Pio — Roma Nappi Gioacchino — Rieti Pasquale Alessandro Rho Filippo — Livorno Rioja José — Madrid Rocco Giovanni — Baronisi Rovelli Giuseppe — Como Sanfelice Francesco — Roma Tagliani Giovanni — Milano Vanni Giuseppe Socii aderenti Amodio Antonio Dommelli Gustavo Forte Carlo 269 — ELENCO DEI CAMBI Europa Italia Acireale — Società italiana dei Microscopisti (Boll etti no). Bologna — E,. Accademia delle Scienze dell' Istituto (Rendiconti). Brescia — Commentari dell' Ateneo. Catania — L'Agricoltore calabro-sioulo. R. Accademia Gioenia (Bollettino e Memorie). Firenze — R. Accademia dei Georgofili [Atti). Archivio per l' Antropologia e 1' Etnologia. Giornale d' Agricoltura e Commercio. Monitore zoologico italiano. Società botanica italiana [Bollettino). Nuovo Giornale Botanico Italiano. R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino). Società entomologica italiana (Bollettino). Genova — L' Ateneo ligure. E,. Accademia medica (Bollettino e Memorie). Museo civico di Storia Naturale (Annali). La Rivista, giornale medico-chirurgico degli Ospedali civili. Società ligustica di scienze naturali e geografiche (Atti). Lucca — R. Accademia lucchese (Atti). Messina — L'Agricoltore messinese. Milano — Società italiana di Scienze Naturali (Atti). Modena — Rassegna di iìcienze Mediche. Società dei Naturalisti [Atti). Napoli — Associazione napoletana dei Medici e Naturalisti (Gior- nale). Accademia Pontaniana (Memorie). R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (Ren- diconti, Annuario e Memorie). GÌ' Incurabili. R. Istituto d'Incoraggiamento [Atti e Rendiconti), Il Medico pratico contemporaneo. 270 Padova — Palermo — Pavia Perugia Roma Rovereto Salerno Siena Torino Trento — Trieste — Venezia — Il Progresso medico. Società africana d' Italia (Bollettino). Bollettino mensile di Bachicoltura. La Nuova Notarisia. Il Raccoglitore padovano. Società veneto-trentina di Scienze Naturali (Bollettino ed Atti). Il Naturalista siciliano. Società d' Acclimazione e di Agricoltura in Sicilia (Giornale ed Atti). Bollettino Scientifico. Accademia medico-ehirurgica, Società toscana di Scienze Naturali (Atti e Memorie). R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). E,. Accademia medica (Bollettino ed Atti). Club alpino italiano (Annuario). R. Comitato geologico italiano. Ministero di Agricoltura (Bollettino di notizie agrarie e Annali di Agricoltura). Laboratorio di Anatomia normale dell' Università (Ri- cerche). Rassegna delle Scienze Geologiche in Italia. Lo Spallanzani. Museo civico (Pubblicazioni). Il Picentiuo. R. Accademia dei Fisiocritici (Atti). Bollettino del Naturalista. R. Accademia delle Scienze (Atti). R. Accademia medica (Giornale). Club alpino italiano (Rivista e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della r. Università (Bollettino). L' Agricoltore. Società adriatica di Scienze Naturali (Bollettino). Museo civico di Storia Naturale (Atti). L'Ateneo veneto. Neptunia . Rivista veneta di Scienze mediche. — 271 Austria Wien — K. k. Naturhistorisches Hof-Museum (Annalen). Zoolog. botan. Gesellschaft (Verhandlungen). Belgio Bruxelles — Sooiété Royale Malacologique de Belgique (Annales). Louvain — La Cellule. Francia Lille — Revue biologique du nord de la Franoe. Paris — BuUetin Scientifique' de la Trance et de la Belgique. Feuille des jennes Naturalistes. Journal de l'Anatomie et de la Physiologie de l'homm» et des animaux. Sooiété zoologique de Franco (BuUetin et Mémoires). Germania Berlin — Naturae novitates. Leipzig — Zoologischer Aczeiger. Inghilterra London — Eoyal Society (Proceedings) Plymouth — Marine Biological Association of the United Kingdom (JournalJ . Cambridge — Philosophical Society' (Proceedings and Transactions.} Russia Kiev^ — Sooiété des Naturalistes (Mémoires). Finlandia Helsingfors— Societas prò fauna et flora fennica. Spagna Madrid — Sociedad espaiìola de Historia Naturai (Anales). Svizzera Zurich — Societas entomologica. — 272 — America Chili Santiago — Deutscli. wissenschaft. Verein [VerJiandlunyen). Costa Rica San José — Museo l^acional (Anales) Messico Messico — Sociedad Cientifioa Autonio Alzate (Memorias y Re- vista). Stati Uniti Philadelphia — Academy of Naturai Sciences {Proceedings'. Washington — United States Geological Survey {Annual Report). Smithsonian Insbitution. (Pubblicazioni). Raleigh — Elisha Mitchell Scientific Society (Journal). Canada Halifax — Nova Scotian Insti tute of Naturai Science (Proceedings and Transaciions). Asia india Madras — Governement of the centrai Museum (Pubblicazioni). Siria Beyrouth — Revue Internationale de Bibliographie. IlsriDTCE P'ascicolo I. (pubblicato il 5 settembre 1892) Monticelli Fr. Sav. -- Sul nucleo vitellino delle uova dei Trematodi ........ Capobianco F. — Ulteriori ricerche sulle alterazioni isto logiche del midollo spinale, seguite alla tiroidectomia De Biasio A. — Sopra un cranio metopico di epoca prei storica ........ Monticelli Fr. Sav. — Studii sui Trematodi endoparassiti— Sul genere Notocotr/le, ( Tav. I ) . Diamare V. — Di un nuovo cestode del Gen. Dipjilidium De Biasio A. — Crania campana hodierna, (con dieci in cisioni e due quadri) ..... Balsamo F. — Manipolo di alghe napolitano Mazzarelli G. — Ricerche acatomiche sul Lohiger Se nidi falci ........ Centonze M. — L' indice cefalico sul vivente e sullo scheletro ........ Centonze M. — L'infezione della madre . Geremicca M. — Sulla interpretazione di alcuni fatti ri guardami 1' assimilazione del carbonio Russo A. — Contribuzione all'embriologia degli Echinoder mi e sviluppo delV Asterias glacialis, dall'uovo alla Bipinnaria, ( Tav. II ed una incisione ) . Minervini R.— Contributo alla morfologia dell'adattamento funzionale degli organi. — Particolarità di struttura delle arterie della cute, ( Tav. Ili ) . De Biasio A. — Contribuzione allo studio dell' età della pietra in provincia di Benevento^, (^con otto incisioni). Jatta M. — Sulla perdita della elasticità nelle arterie dei vecchi, ( Tav. IV ) pag. 8 1^0 26 47 49 77 98 102 106 117 124 138 152 157 — 274 — Fascicolo II. (pubblicato il 25 Marzo 1893) De Biasio A. — Le varietà umane, dell'Egitto antico (con 22 incisioni e 2 quadri) pag. 195 Porte 0. — Sopra alcuni nuovi derivati degli acidi cre- solglicolici ......... 210 Cantanì A. — Sulla direzione del prolungamento cilin- drassile e sulla connessione diretta dei prolunga- menti protoplasmatici delle cellule nervose (Tav. V.) „ 238 De Biasio A. — Intorno a tre crani di Nubiani antichi (con 10 incisioni) „ 237 Processi verbali delle tornate ...... 255 Elenco dei Soeii „ 267 Elenco dei camhii . „ 269 ^ • ÌUADRO I. LE VAPxIETÀ UiV\ANE DELL'EGITTO ANTICO -B9 1 J 1 i § 1 "■"■"■• -"Il " ■! Fronte .,... jl Niso Mas cel a oo^^tVell Linee j Indici 21 I 3 S 3 a é 1 i 1 f 1 1 s. i 1 2 1 1 ì i 1 1 ì. 1 s s 1 1 3 1 " i: - = g - : 5 1 à l 1 1 1 3" h! 1 £ 2 ! 1 VARIETÀ morfoloaiohe Osservazioni 1 f"< «o|J ' , 1 ' ' ' 1 ' f -;{! iJ 180| 00 1' 180 07 14 1 II 52 1 1 .1 49 20 31 24 2, 31 32 31 7i -0 40 s4 12. 31 P3 il 111 111 05 98 01 120 90 IOt 70 107 776 736 Ilo 1 1 Is 643| ,. ,l!. ■ 1 1 "1 Il' i" . < sii 1 IJJ Ul M 11, ,„ H " Ì3| 18> si) 61 27 28 31 37 76 3o li- si 124 P 88 Ì 7U noides sto iraetopus .oaschih ) P.-ognato rZ 8140 é »150 44- 4é^ 7S6 3221 1577 9i 3i-i! 175 23i 879 935 106 166 813 883 346 90 noi 38 --- 4281252 47 178 398 51, 4b 193 27 23 22d 31 ^^3 276 34 246' ini 30 US 80 J 313 788 08 680 ]ihf •s 55OS80I- •s Il 1 1 1 60 26 34 ir lo 41>0^ 17 491^ 18 49V 1 ]J u,u 1360 129U 11 5o'o 446 4o, 450 447 20 110| 99 109 121 3 6 1^ IJj 67 3j1 179 lìi 100 3J0l 1-0 HO 9o lOU 110 i| 01 iii 103 97, 18 107 1: 328 36 30 36 "33 33 35 33 Ì9 195 i2 50, 240 471 46 1 5 lOo 123) 188 17 I60 51 54 50 380 64 62 65 27 28 20 215 181 io 31 31 32 70 430 71 71 34 2^8 iili 20 US io Ho Hi 97 90 91 97 91 ->o JO 9Ò Oo 827 91 80 V li - ^0^ 4o8 9SJ 909 ^1 1 SP 8,1 841 -14 917 s] h Qoi les ste Worraiani nella lainbdoRlca destra Profilato 2l| 401)^ 1 1 1 1 1 S 108 <5S -H Sphen steoom oblonjatu, Totale 3810 U7U 1640 1260 1350 462 529 472 134o 400 407 100 30 fo 37 U. l'j 120 Vii 117 125 121 '3I' Ì74 334 128 14o 131 140 281 110 80 95 303 101 112 103 105 380 271 128 00 ;:: 127 91 111 36 37 39 101 33 63 2' 2' 21 23 140 : 49 342 171 18:, 171 117 68 61 57 5-, 27 30 29 67 33 3o 31 136 08 83 01 00 37 32 79 26 3ll 28 233 116 127 120 121 288 102 90 270 86 278 92 120 04 69 71 70 209 104 112 102 2210 730 75o 784 828 2186 -28 720 -78 751 1468 488 407 469 '906 908 9ol 956 24-7 SjI •a 'M f 380 351 107 169 Sphenoides cu ■U 50i / Cuboides parvus Picinterpaiictali e wormiano nella larab- Xoblls Media «810 1305 1400 1410 D7» 489 507 816 475 492 S-IS 120 130 134 1 1 ■; 128 S30 115 129 119 140 135 20) 116 111 104 70S 382 380 345 338 16S 179 173 182 isó 187 S71 135 143 137 137 271 135 140 91 103 HO 208 104 105 120 115 123 238 ?IJ 'Il 120 89 132 09 222 IH 113 119 115 230 115 115 HI un S 06 33 31 36 35 70 38 32 32 22 24 24 f 98 49 47 52 171 171 212 57 57 67 32 31 61 61 71 82 153 75 70 32 81 41 30 39 41 34 30 33 28' 28 241 120 HO 183 91 103 105 10! 113 105 105 103 100 100 100 179 89 95 101 153 76 90 81 40 6 73 102 10 118 'fa SIO 1529 66 704 763 449 511 400 1958 J 8 081 1738 869 91 878 ilnldea sinistra. 25 504 rf' 505 rf- 506 ^ 507? Toll.lr RO bo^_^es 27 28 B. 1 b e OR pt ac n 1 b a 1670 538 lUiO 50j 4SI 121 390 37; 378 143 100 4i 42 30 33 60 120 60 57 54 19S 70 132 68 07 02 33 64 3- 20 36 67 33 33 35 34 34 i i i 131 134 124 127 118 127 127 105 95 99 203 102 90 98 100 108 75 100 ' 113 67 41 3 0 Ol" Ib 9o C r hoccphalus sub m s d " a" :ì4 515 '^ 35 lólfl 5 1450 523 ùi li: 140 10 l'!'!' •« op 0 opus Totale Molila 30 1509 i 37 Ib12 i 148( 145 127 364 52 51 40 ^^7^ ' 7lil 12 12 12. 124 11 258L 3JS 37f ; 038 12 10 HI Ì77 04 101 iir 38 3« 31 37 '23 19 51 51 177 184 01 64 60 21 29 30 34 34 35 72 266 37 30 216 ^1 757 118 126 730 10- 100 587 97 93 87 671 95 104 43 7 7 113 076 a| 438 J 5 'ÌT"' \ 0 ano u e p I l'i ^r " vi 1 r'' ' '"i ''^i '^''h '^ 1,; "' ri 12: 13Ò 9 1 0 1 0 10 221 HO 111 11- 11 ì 3 08 3 38 3 2C 55 27 2- 21 102 51 51 65 40 60 361 181 180 178 Ói 00 óo 59 29 26 33 3- 151 70 78 69 34 35 35 35 01 24. 30 122 195 m 98 95 180 90 98 94 9U 9U 95 7; 1 la ambdo a ì 1-24 Ili Mot p co 0 an Metop 0 e vorm a Tota Medi : f. "" 1 188 7 47 u '3 1" P. P 1" 51 13 z IO 618 126 ^9 46 .1, 13 3. 87 2 '53 ?8a 120 60 58 60 148 145 38 ■! 504 126 308 370 0: 339 csra grAUKo II. LE VAPxIETÀ UiV\ANE DELL'EGITTO ANTICO il g g ■2 1 il i g i 1 1 1 1 Curva naso occjpi- P 0 ametri '■ Peonie Or ita ! Na 1 so 1 1 Ma II 5l si II il li II u j1 Fo ocoip ! °ale Li ee " In dio i f 1 1,1 1 1 i i ■3 i s 1 i 1 s S 1 1 1 1 J 1 1 i 1 i 1^ 8 1 1 £ 1 1 1 ''*'"^TÀ Osservazioni morfologiche j 1' :ii m 14jJ 510 477' 50 125, 130 150 i ni' i^ii li/. 105 12J, ÙÌ„ loJ, 117 111 134 92 111 i 33 33 23 22 30 24 62 49 56 63 l "i 34 20 120 120 OS 100 100 lUO 92 96 93 80 100 92 67 69 71 67 756 701 757 53e 939 950 1000 1 Anisobathjplaly- cephalusaiculus (maschili) 1 Piccolo Nvormiaiio nella lambiloidea destra' ^^' l4Hi "508 1904 1751 439 605 502 47fil 43 ISil 129 125 I486 703 rn 402 ^é^^ 160 132 09 210 52 52 48 60 49 • • "1 116 ■'0 503 398 90 106 95 06 97 379 357 80 95 94 274 68 65 69 ,70 . 3107 779 717 743 2980 740 763 i 1878 468 442 500 417 4.-9 3809 352 981 881i 950 854 875 921 r' '". '",! lus ui '1' Imi 40 41 33 38 33 35 23 84 1 191 182 183 62 55 63 26 31 31 30 72 35 83 86 39 127 12U 131 104 93 90 00 H5 114 Anisobathyplaty- cephalus sicnlna (fcni minili) Mclopico 1 Mctopico e piccoli w„]'miani nella lamb- doiilea di ilestra e si-I 1 sr 1384 2485 497 2313 432 210, OJJl 049 540in95 6ii2 ^ 489 97 107 830|i 174 130 94 ??? 197 39 174 34 23 263 52 559 186 180 60 87 29 92 30 211 70 177 35 154 493 123 304 08 377 94 376 275 229 3742 114 748 3677 2222 3836 952 888 Distra. Wi 1-121 UlO 617 522 50-, 510 470 480 487 ^|;:ì;;slfS [;< 105 125 130;| 05 09 43 39 36 40 lì 32 f 53 189 176 65 30 33 34 20 60 34 38 130 133 183 124 107 lòo 122 98 84 74 69 H5 115 672 734 733 772 447 800 772 463 408 382 920 5'b Acmoiioldos ',";:';■' 8830 1415 1395 1Ì300 2154 1437 21-, :■:■• :■:-■ .ì'ìj ims : :; li 11 S,'i 'i- ''1r u,' '™ i- 34 2^ 168 52 63 43 63 369 188 183 134 63 31 33 66 31 31 'ii 68 f, 610 127 136 125 309 103 98 103 9' 9: lUO 179 89 100 93 SU 212 6S :^?ll-?,',i 2280 756 697 689 1316 438 436 542 436 2767 982 093 990 3455 807 895 618 429 501 471 461 473 60! 60 'f 125 IH 107 119 332 350 355 i 138 129 139 100 100 103 123 111 lOi ! = 5 100 103 107 Ul 107 31 1 68 36 33 29 81 87 110 il? ij ! 4075 1358 1425 1550 1490 1700 1400 1309 1514 504 501 518 500 5iO 5ie 605 500 1403 489 487 491 41S7 50i 4478 492 435 175 88 35 30' 40, l: 250 125 131 135 12J 121 120 236 133 -130 120 223 113 lOS 125 125 HO 1037 355 375 33; 1137 379 35S 177 178 187 175 : 183 180 175 132 140 142 135 147 484 141 135 135 303 101 97 100 9! 97 100 105 343 H4 113 12( 355 118 113 100 297 00 325 108 115 121 40 103 74 24 23 26 23 24 à 158 62 52 51 52 49 5Ó 53 50 :: 190 190 190 68 5» 60 56 50 58 67 33 33 23 35 33 27 71 71 36 33 36 71 71 75 •Si 35 4C 77 85 31 34 20 389 129 128 123 12t 306 102 97 97 lOf 290 05 105 98 273 91 100 85 217 71 75 70 HO UU 114 2237 747 787 768 771 2160 787 1414 '^ff^ 442 948 7S0 IToophryuce. | so! lOoli 36 510 979 44211600 400J 925 860 805 Pcntagonoides SLitoecipitale e moi-- 91 92 05 105 37 40 40 36 380 127 120 306 102 100 IOj 293 99 95 9- 185 90 212 . 7oO 2289 703 760 743 1442I2904 4S01 901 400 OoO 390 070 1576 808 ■^ doidea dcstia. 11 ponta.onoides Piccolo wormiano obtusus l| nelK lambdoiiic i do- 1 1799 1395 1740 10D-. 502 510 910 470 500 70 45 124 122 „ 120 12U 116 718 330 392 37-' 177 192 270 135 145 205 102 105 125 112 121 235 187 Ì03 116 40 39 70 35 37 34 31 34 32 31 31 30 32 22 24 24 21 21 21 114 57 64 51 55 51 63 i 203 195 187 193 100 67 67 70 60 27 27 87 rio 38 33 84 30 33 31 21 75 79 74 75 31 29 258 123 184 133 121 121 119 127 121 117 200 100 105 108 102 103 90 0( 193 06 100 95 10-. 93 03 92 9( 00 90 05 105 85 86 100 SU 78 120 120 116 1521 760 1403 740 793 -0 -00 1920 305 1 930 42 i 052 1750 87d 133 103 13! S7 Pentagonoidc^ icutus iris' 120 P,r<50.rtc.rotuil 1^':: ::; -: '': Z Z ■' Z ì: .;;. m' rJ 0,' ^;^ 38 7U» s 7)1 1 Monocephalus 1 henoidopitho TèmmmiU) doUea dcsMa doidea : j ':/;.•: 1450 1330 50 47( O'J 113 00; 121 115 "353 Ì76 117 350 173 112 38311 18- ìli 116 120 187 93 HO 30 84 103 39 221 31 34 30 27 311 61 49 667 189 189 ■ 9. 31 120 76 121 120 007 101 lòo 670 95 03 350 89 00 420 lU 8' 'irV'' ili 9« 8-2 Stenocephalus sph=Qoilop,atho 1211 120 90 19S 48 47 0)0 485 450 M u; iv-, Hi 'r,: 1'; '-■ ir,' l>-i' rr!' 1^;' :i„' 78 ir, l'M ,-. 'il II! n9 70 33 30 32 2- 27 26 20 49 49 55 ' 12C 124 105 97 97 99 99 02 93 03 09 69 04 68 1U2 70i"l ' 7 0 73o 1 u,n, 1 77 pi 120 47 60 90 45 30 123 123 loói 343 171 n-ìì 300 182 Ì26 130 lill 221 03 111 95 102 13Ì '02 wt\ 39 136 06 107 40 08 31 2; 99 54 65 185 55 55 70 2f 30 35 76 . . 244 122 126 194 97 108 184 92 100 95 Uo 87 al 74 119 714 1483 114» isua 747 455 926 1,43 871 875 "'J=„„„,o,l,) 1 Bf/Z-dSocdi. min. \ìipo/i . òr V//àsr. // 7hv. Y. / ' i .<^- / - -^ n . , -C: -^;:^? /// '/ • irù^l.C-^'^a^ BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI SEKIE I. ~ VOL. VI. ANNO VL 1892 IFASOIGOXjO I ( con 4 tavole e 19 incisioni ) (piibliHeato il :, settembre lS9i;) Llift InT J^IP OLI StibiliraPiito Tipogi'afico F.lli Fr.RRwrr:, Via Solitaria 3. 1802 pag. 5 SO 1^ M: A.K,IO Monticelli Fr. Sav. -- Sul nucleo vitellino delle uova dei Trematodi ......... Capobianco F. — Ulteriori ricerche sulle alterazioni isto- logiche del midollo spinale, seguite alla tiroidectomia. „ 8 De Biasio A. — Sopra un cranio metopico di epoca prei- storica ........... 20 Monticelli Fr. Sav. — Studii sui Trematodi endoparassiti — Sul genere Notocotyle, ( Tav. I ) • . • • „ '-^6 Dìamare V.— Difun nuovo cestode del Gen. Dipi/lidium. „ 47 De Biasio A. — Crania campana hodierna, (con dieci in- cisioni e due quadri) ....... 49 Balsamo F. — Manipolo di alghe napolitane . . . ,, 77 Mazzarelli G. — Ricerche anatomiclie sul Lohiger Sei-- radifalci ........... 9S Centonze M. — L' indice cefalico sul vivente e sullo scheletro . ,, 102 Centonze M. — L' infezione della madre ...-,, lOG Geremicca M. — Sulla interpretazione di alcuni fatti ri- guardanti l'assimilazione del carbonio . . . „ 117 Russo A. — Contribuzione all'embriologia degli Echino'ler- mi e sviluppo àeìV Asterias glacialis, dall'uovo alla Bipinnaria, { Tav, II ed una incisione ) . . . ,,1-4 Minervìni R. — Contributo alla morfologia dell'adattamento funzionale degli organi. — Particolarità di struttura delle arterie della cute, ( Tav. Ili ) . . . . „ 138 .De Biasio A. — Contribuzione allo studio dell'età della pietra in provincia di Benevento, (con otto incisioni) ., 152 Jatta M. — Sulla perdita della elasticità nelle arterie dei vecchi, ( Tav. IV ) . . . . . . . „ 157 NB. I Processi verbali delle tornate saranno pubblicati in fine del volume. Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al Segretario della So- cietà : G TAGLI ANI ce Monastero della Sapienza — NAPOLI Sono vivamente pregati i signori socii ordinarli non residenti dì spedire la loro contribuzione annuale al socio Cassiere A. G. GABELLA , Laboratorio di Chimica gene- rale della R. Università di Napoli. MBL WHOI LIBRAKy UH nR'^l "^ V^^ 4 ^" ■ M.- k-t' r- '.< A- v'-' :r^"lJ, ^fr-r^ X"'^ là'5 .A^^^ j^ -i. i'M. ^ '^-... ■ ^^*^^