BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI i oxr 3xr a. jp ojl, x SERIE I. - VOLUME X. ANNO 3C 1896 Fascicolo Unico (Pubblicato il 10 maggio 1897) NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Via Cisterna dell'Olio, casa propria 1897 Tossine e fenomeni nervosi. — Autointossicazi bacterium coli con sintomi epilettiformi. — Ricerc sperimentali di Michele Angelillo. (Tornata del 22 dicembre 1895). Nelle condizioni fisiologiche, come nelle condizioni patologiche, 1' organismo è un ricettacolo ed un laboratorio di veleni. Di questi, alcuni sono di origine intestinale, prodotti della di- gestione, per fermentazione e putrefazione gastro-intestinale, sotto F influenza di microrganismi , abituali abitatori del tubo intesti- nale *), oltre le sostanze tossiche introdotte con gli alimenti; altri sono prodotti della disassimilazione dei tessuti, nell'ambiente in- traorganico. Questi ultimi convergono nei succhi estracellulari , donde si originano le vie linfatiche e sanguigne. Altri veleni si formano in condizioni esclusivamente patologi- che, per azione di microrganismi, estranei, patogeni (malattie infettive), o per anormale e pervertito metabolismo cellulare (malattie del ricambio materiale). Così 1' organismo umano è costantemente sotto continui tenta- tivi di intossicazione. Dall' altra parte, nelle condizioni normali dalla vita, questi av- velenamenti non si avverano ; perchè 1' organismo stesso possiede molteplici risorse per sfuggire alle autointossicazioni, ognora mi- naccianti ; ed esercita un continuo lavoro di autodifesa contro le autointossicazioni. T) I microrganismi , che più costantemente si trovano nell' intestino sono : a) Bacilli di Bienstock , per grandezza e per aspetto , simili al Baclllus subtilis , dal quale si diversificano soltanto per la forma della coltura pura, per il modo di origine delle spore e per la mancanza di movimento proprio. La cultura cresce a foggia di grappolo o mesenterio. b) Baclllus coprogenus parvus (3/4 delle feci ricercate). e) Baclllus putrificus; a cui si deve la putrefazione dell'albumina. Questo microrganismo ha diverse forme, nei diversi stadii di sviluppo. a) Bacterium coli commune. e) Nei bambini lattanti si trova anche il Bacterium lactis aerogenes , che produce la fermentazione lattica con sviluppo di CO'2. — 2 — Le vie di eliminazione di questi veleni sono molte : oltre i reni, che rappresentano 1' emuntore principale, come hanno dimostrato chiaramente parecchi lavori sperimentali , bisogna aggiungere la cute, l'apparato intestinale, i polmoni (per l' escrezione di corpi allo stato gassoso) ed il fegato. Dippiù l'organismo possiede varii mezzi interni (ossidazione, adattamento, antagonismo , antidotismo) per neutralizzare o rendere meno attivi i veleni. L' equilibrio della vita è riposto nell' adeguato rapporto tra la produzione e 1' eliminazione. Per poco che viene a disturbarsi questo rapporto tra la pro- duzione e 1' eliminazione , ed in una unità di tempo trovasi nel sangue una quantità di veleno, superiore a quella che si suol tro- vare nelle condizioni fisiologiche , 1' organismo si ammala , con manifestazioni patologiche svariate, secondo peculiari predisposi- zioni organiche. Ogni via di produzione dei veleni organici può alterarsi, dando prodotti anormali per quantità, per qualità ; come dall' altra parte ogni via di eliminazione può venir meno al mandato suo fisio- logico. Neil' uno e nell' altro caso si hanno fenomeni patologici di autointossicazione. Così, per esempio, se all'aumento dei veleni della putrefazione intestinale non corrispondesse la proporzionata eliminazione per mezzo delle feci, si avvererebbe un' intossicazione da veleni pu- tridi (Febbre putrida di Gaspard). Questo avvelenamento po- trebbe dare luogo a sintomi speciali di questo o quell'organo, se- condo peculiari disposizioni dei tessuti (vertigine, cefalalgia, accessi di lipotimia, convulsioni ed altre manifestazioni patologiche spe- ciali). All' ostacolo della fuoriuscita di urina , per speciali condizioni anatomopatologiche delle vie urinarie, risponde l'uremia, che è 1' avvelenamento in toto dei principii tossici, contenuti nell'escre- zione urinaria. La narcosi carbonica è l'avvelenamento clas- sico per acido carbonico, non eliminato dal sangue. A tutti son noti gli effetti venefici della soppressione negli ani- mali della perspirazione cutanea, mediante lo inverniciamento. Così ancora, per rallentamento del ricambio materiale, un eccesso di acido urico nel sangue dà 1' uricemia, ora sotto forma di fe- nomeni generali febbrili (accesso gottoso) ; ora sotto forma di di- sturbi funzionali di cuore , ora sotto forma di fenomeni speciali (podagra, chiragra, ecc.). La fermentazione dell'urina nella cistite cronica, e lo sviluppo di grande quantità di carbonato di amino- iliaca, sotto l'azione del Micrococous ureae, daranno fenomeni di auto- intossicazione, a m m o n i e m i a ; l'eccesso di acido ossalico nel san- gue Y os salaria; di zucchero le manifestazioni diabe- tiche. Così via via sono da riferirsi ad autointossicazione di origine intestinale od iutraorganica parecchi altri fenomeni pato- logici, che sopraggiungono a ciel sereno ad organismi, in cui manca una vera base di lesione anatomica rilevabile. Non è mio compito indagare le progressive trasformazioni chi- miche ed il significato biologico della materia in ogni fase, a tra- versò cui passa la sostanza alimentare , nello ambiente estra ed intraorganico, per metterla in relazione con gli svariati fenomeni, che vi si sprigionano. Sarebbe troppo lungo e difficile il mio cammino ; giacché dovrei intromettermi in un laberinto , in cui non troverei il filo di Arianna di uscita. Noi ignoriamo completamente le molteplici e complicate meta- morfosi, a traverso cui passa la sostanza alimentare , prima di trasformarsi negli ultimi prodotti della riduzione organica , e le cause del disturbo del chimismo animale : di questo lungo e sva- riato processo biochimico, da cui scaturiscono le diverse manife- zioni funzionali degli organi , allo stato fisiologico ed allo stato patologico, conosciamo solo 1' alfa e 1' omega ; i coefficieuti inter- medii della materia , nella vita e nell' ambiente intraorganico ; nello scambio di forza e materia , sfuggono alle nostre indagini obbiettive. Studierò, nella via più accessibile ( intestino ), i veleni organi- ci, capaci di produrre fenomeni di intossicazione, fermandomi a studiare singolarmente e sperimentalmente il Bacterium coli , il quale, in certe condizioni speciali, può avere tale una moltiplica- zione nello intestino ed un aumento di intensità delle sue tossine, da dare fenomeni di autointossicazione. In generale i principii velenosi , contenuti nell' intestino , pos- sono avere diverse origini. a) Sostanze tossiche, introdotte scientemente per tentativi di avvelenamento od incoscientemente con gli alimenti: h) Sostanze tossiche , insite alle secrezioni dell' apparato di- gerente. e) Sostanze tossiche , prodotte dalla vita di batterli , abita- tori del tubo digerente, nel contenuto intestinale. In condizioni esclusivamente patologiche possono trovarsi mi- crorganismi estranei, di potente azione patògena, i quali, nel tubo intestinale, possono produrre, con la loro presenza e con le tos- sine specifiche, che generano, manifestazioni patologiche acutissi- me di grave entità (cholera, tifo). E ovvio il fatto che con gli alimenti si possono introdurre nel- T organismo principii velenosi. Questi provengono o dai mezzi, a traverso cui passa la sostanza alimentare, prima di essere introdotta nel corpo (sali di piombo, di rame, sostanze organiche ed inorganiche, che inquinano le ac- que di uso alimentare) ; o sono insiti agli alimenti vegetali od animali. Molte sostanze proteidi, massime quando hanno subito un prin- cipio di alterazione, possono riuscire assai dannose alla salute per le tossine, che in esse si generano 1). ') Il Selmi descrisse la presenza di alcaloidi anche in materie animali fre- sche, dimostrando la loro importanza dal punto di vista tossicologico e me- dico. — (Ptomaine e loro importanza. Atti della R. Accad. dei Lincei 1878). Paterno e Spica hanno dimostrato che anche il sangue fresco normale e 1' albumina d'uova forniscono diversi estratti, cloroformico, petrolico, amilico, benzoinico, ecc. dai quali si hanno prodotti con reazione delle ptomaine. Gli alcaloidi velenosi, che si formano nelle sostanze alimentari animali, fuori dell' apparato digerente, finora conosciute, sono le seguenti : Butilamina Isoamilamina Diidrolutidina Morruina Acido Morruico Asellina Essilamina Isoamilamina Feniletilamina Base piridica Base piridica Coridina Ptomaina innominata Etilidendiamina Gadinina Muscarina Putrescina Cadaverina Neurina Colina (C4H1'N) dall'olio di fegato di merluzzo (Goutier e Mourgues). (C5Hl3N) dalla putrefazione del lievito di birra (C'H':N) (C19H27N3) (C9H13N03) (CJ25H32N-1) (C°H'&N) (C5H13N) (C8HHN) (C10HHN) (COT^N) (C'OHisN) (C2H8N2) (C7Hi'N02) (C5H15N03) (C4H8N2) (C5HI4N2) (C^H^NO) (C^H'SNO2) dall' olio di fegato di merluzzo (Goutier e Mourgues). dall' olio di fegato di merluzzo (Goutier e Mourgues). dall' olio di fegato di merluzzo (Goutier e Mourgues). dall' olio di fegato di merluzzo (Goutier e Mourgues). dalla putrefaz. del lievito (Hesse). (id). dalla gelatina con pancreas (Nencki). dai molluschi putrefatti (CE. de Coninck). (id). dalla fibrina putrefatta(Guareschi eMosso) fibrina putrefatta (Guareschi). dai pesci putrefatti (Brieger). dai pesci putrefatti (id). dai pesci putrefatti (id). dalle carni putrefatte (Brieger). delle carni putrefatte (id.). delle carni putrefatte (id.). dal Mytilus cdidis (Briegei-). Certi pesci ed alcuni molluschi mangerecci , anche in istato normale, contengono sostanze venefiche 1). Parecchie sostanze vegetali, di uso alimentare, contengono al- caloidi velenosi 2). Altri principi tossici sono insiti alle secrezioni intestinali. La saliva contiene una leucomaina tossica ( Goutier ). Secondo parecchi fisiologi, la tossicità della saliva è devoluta al solfocia- nuro di potassio, che, in piccola quantità, entra nella costituzione della saliva. La secrezione gastrica contiene l'acido idroclorico , che dà la reazione acida al succo gastrico. Innominata (C5HllN204) dalle carni putrefatte (Pouchet). Innominata (C7H18N2Or>) » » » (id.). Mutilguanidina (C2H7N3) carne di cavallo putrefatta (Brieger). Innominata (C7H17N02) » » » » (id.). Innominata (C|3H20N4) fermentazione alcoolica (Oser). Midatoxina (C6H,3N02) carne di cavallo putrefatta (Brieger). Mitilotoxina (C6H15N02) Mgtilus edulis (Brieger). Idrocollidina (C8Hl3N) scombro putrefatto (Goutier). Parvolina (C9H^N) » » (id.). Scombrina (CI7H38N4) » » (id.). Una ptomaina , non analizzata , che si trova nei formaggi guasti , detta Tirotoxicon. Questo principio velenoso fu scoverto nel 1884 da Victor Gau- ghan, in seguito ad un avvelenamento di circa 300 persone per ingestione di formaggio guasto. ') Schlagdenhauffen ha estratto dalle ostriche (Ostrea edulis) e da foladi (Pholas dactylus) ptomaine di effetti stupefacenti. 2) Lupanina Lupinidina Pietrina Solanina Sinapina (Ci5H24N20) (C8Hi«N) (CHH19N03) (C48H7lNO'6j (0'6H23N03) dal Lupinus albus. dal Lupinus albus. dal Piper nigrum. dai germogli del Solarium tuberosum. dalla Sinapis alba. La Segale cornuta contiene parecchi alcaloidi, tra i quali la colina (Brieger), l'ergotina cristalizzata ed amorfa (Tanret), la conina (Winckler), la cornutina (Kobert). Altri alcaloidi velenosi, non ben determinati, si trovano nella cipolla, nel- 1' aglio ed in molte altre sostanze di uso alimentare. Alcuni autori verrebbero ammettere principii velenosi nelF alimentazione maidica, massime quando il mais è in via di alterazione ; ma gli ultimi stu- elli del professore de G-iaxa tendono a dimostrare che le ptomaine , che si assorbono nell'alimentazione maidica, sono prodotti del ricambio di batterli, contenuti normalmente nell' intestino e che agiscono sul mais, introdotto co- me alimento predominante, dando luogo alla formazione di una specifica so- stanza tossica. La bile contiene principii velenosi, di cui i più notevoli sono i pigmenti biliari: biliverclina e bilirubina (Bouchard). La sorgente principale dei veleni, elaborati e contenuti nel tubo intestinale , ia condizioni fisiologiche , massime neh" ultima sua porzione, è data dai processi della putrefazione, devoluta ad azione dei microrganismi, e singolarmente all' azione del Bacterium coli, il quale, in certe condizioni speciali, e su adatti mezzi nutritivi, è capace di elaborare, a spese del contenuto alimentare, tale una quantità ed una qualità di tossine, da generare serie manifesta- zioni patologiche con fenomeni generali e speciali di questo o quell'organo , secondo determinate condizioni predisponenti dei singoli tessuti. La putrefazione e fermentazione intestinale sono fenomeni bio- logici e chimici dei più complessi , i cui prodotti numerosissimi possono variare col variare di molte circostanze, quale ad esem- pio, la natura della sostanza putrescibile, la presenza di maggiore o minore quantità di acqua , la presenza di sostanze diverse in- sieme alla materia putrescibile, le condizioni organiche dello ap- parato digerente, il modo di comportarsi degli apparati glando- lar^ la reazione del contenuto intestinale, l' influenza del sistema nervoso ecc. Sono già assai numerosi e complessi i prodotti, che si ottengono dalla putrefazione in vitro di una sola materia al- bumonoidea pura, quale ad esempio 1' albumina, la fibrina, ecc. ; ed è facile quindi immaginare quanti prodotti si formino, lascian- do putrefare sostanze complesse ( alimenti vegetali , ed animali in reciproca mescolanza) sotto 1' influenza di parecchi e svariati microrganismi, che si trovano neh" intestino, e sotto 1' azione di molteplici secrezioni intestinali. Non è qui il caso di fare una disamina dei prodotti della pu- trefazione nello intestino, dal punto di vista chimico; e metterli in relazione con i microrganismi intestinali; poiché sarebbe troppo arduo il cammino e fuor di luogo. La nota, che vi presento , ha il solo obbiettivo di dimostrare specialmente e sperimentalmente come i prodotti del Bacterium coli possano , in certe circostanze , produrre fenomeni di autoin- tossicazione con manifestazioni nervose. Per procedere con un certo ordine, descriverò il modo come ha avuto origine il presente lavoro, ed i risultati ottenuti. Il giorno 21 maggio 1895, s' ammalava improvvisamente il pa- dre di un mio collega *) , medico del Manicomio di Aversa, con fenomeni convalsivi , associati a febbre : erano delle vere agita- zioni epilettiche, con contrazioni clonico-toniche dell'intero appa- rato muscolare, e seguite da profondo stupore. Queste scariche si succedevano a brevi intervalli, rimanendo 1' ammalato in preda a grave prostrazione, quasi in uno stato comatoso. Ogni convul- sione era preceduta da grave ipereccitabilità nervosa. Questi sin- tomi preoccupavano, e giustamente, i parenti ed in poco tempo, a richiesta della famiglia, e per dovere di cortesia verso l'egregio collega, si portarono in casa dell' infermo parecchi medici, quasi tutti quelli del Manicomio di Aversa, non escluso lo stesso diret- tore Virgilio. Tutti eravamo spettatori di quelle forti scariche con- vulsive, le quali in nulla differivano dalle vere convulsioni epilet- tiche. Questo stato era accompagnato da notevole elevamento di tem- peratura (39,0 — 39,5 — 40,0). In quel momento, colpiti ed impressionati dalla forma convul- siva febbrile, dalla forte iperemia della faccia, dal polso pieno e da tutti i fenomeni cerebrali , credemmo opportuno di comune accordo , praticare un salasso ; anzi il figlio medico insisteva di non frapporre tempo e praticare subito la sottrazione di sangue. Dopo il salasso, le convulsioni si ripeterono parecchie altre volte, nel giorno 22, e solamente si potè avere tregua, quando si dis- infettò e votò l'alvo, mediante calomelano e enteroclisi. Durante il periodo acuto della malattia si invocò dalla famiglia un consulto, in cui intervennero parecchi medici, tra gli altri il Prof. Virgilio ed il Prof. Guarino da Napoli. Dopo diligenti osservazioni fisiche e scrupolose indagini patogenetiche, dirette a stabilire la forma clinica del male , tutti dovemmo confessare che lo stato epilettico era sintomatico, secondario; e che la causa delle convul- sioni e della febbre era riposta nello intestino ; giacché sin dal giorno innanzi l'ammalato era stato sofferente di seri disturbi in- testinali. La osservazione obbiettiva faceva escludere ogni altra sede di malattia. Fu allora eh' io mi decisi a studiare le feci, dal punto di vista batteriologico, per istabilire la natura del processo patologico in- testinale. ') L'individuo, colpito dalle convulsioni epilettiformi, era poco più di set- tantanni, di valida costituzione, padre di parecchi figli, godenti tutti buona salute, ha inoltre lievi abitudini alcooliebe. Le feci erano un po' mucose, piuttosto liquide, con principii ema- tici, ricche di cellule epiteliali, puzzolenti. 11 giorno 23 maggio praticai la semina dei microrganismi delle feci in gelatina liquefatta , da cui feci tre passaggi in gelatina, disponendola a placca nelle capsule del Petri, e nello stesso tempo seminai le stesse feci in brodo peptonizzato, contenuto in tubi di vetro, che deposi nell' incubatrice a 37.° Celsius per 48 ore; affin di studiare la virulenza in toto dei microrganismi, contenuti nello intestino, comparativamente alla coltura pura in brodo del Bacte- rium coli, isolato dalle stesse feci. Le colonie si svolsero numerosissime sulle placche di gelatina, con grande rapidità e rigoglio, quasi tutte del Bacterium coli. In 60 ore le colonie erano già quasi tutte appariscenti e svi- luppate e ne potei contare circa 200 sulla placca di gelatina del secondo passaggio, e 15 sul terzo passaggio. Dopo 4 giorni erano quanto grosse lenticchie, di colorito ten- dente al grigiastro. Quasi tutte erano circondate da una bollicina di gas. Al microscopio, a piccolo ingrandimento, comparivano ir- regolarmente lobate, tondeggianti, di colorito tendente al grigia- stro, di aspetto granuloso, più addensate nella parte mediana, cir- condate, nella maggior parte, da piccolo strato di gas. Praticai diversi innesti su tubi di gelatina per studiare i carat- teri delle colonie , che macroscopicamente e microscopicamente potevano, anche lontanamente, sembrare differenti, facendo di ogni colonia preparati a secco ed a goccia pendente per stabilire la forma, la dimensione ed i movimenti dei microrganismi. Di più feci varie semine, su diversi mezzi nutritivi, per differen- ziare il coli commune dagli altri affini. Gl'innesti e le semine riu- scirono tutti positivi. Il B. coli commune, tanto diffuso nell'orga- nismo, anche in condizione normale, è facile a confondersi, tanto nei preparati a secco che nelle colture, col microrganismo di Eberth. Se ne distingue con i seguenti reattivi. l.°) Latte sterelizzato. Il B. coli commune coagula il latte, quello del tifo, no. 2°) Brodo con lattosio. Il B. coli dà svolgimento di bol- licine di gas per la fermentazione, che fa subire al lattosio, quello del tifo, no. 3.°) Brodo con acido fenico. I microrganismi del tifo re- sistono all' azione dell' acido fenico ; quelli del Coli, meno. Dopo essermi assicurato trovarsi in quelle feci, quasi esclusiva- mente, il B. coli commune, ho cercato di ripetere gli esperimenti con altre feci dello stesso individuo, ed egualmente si svolsero co- — 9 — Ionie del B. coli; ma in minor numero ed associate a poche colonie di saprofìti intestinali differenti essendo, in questo secondo espe- rimento, trascorso il periodo acuto della malattia. I risultati ottenuti sono i seguenti : l.a Serie di esperimenti — Studio della virulenza dei batterii INTESTINALI, COMPLESSIVAMENTE PRESI Tecnica — S'è seminato, con ansa di platino, un po' di pro- dotto fecale nel brodo peptonizzato, e, previa incubazione di 48 ore nel termostato, alla temperatura 37° C, s'è inoculata la col- tura nel cavo peritoneale delle cavie. il O — 1 Peso in grammi degli animali in esperimento Quantità di virus ino- culato ( coltura in brodo), in centimetri cubici Proporzione centesimale dell' ino- culazione Tempera- tura degli animali 360 3,50 0,97 o/0 37,8 2 600 3,30 0,55 o/0 38.1 3 648 3,56 0,54 o/0 37,8 4 305 2 — 0,50 % 37,4 5 275 1,50 0,50 o/0 37,7 6 541 2,40 0,44 o/0 38,2 7 650 2,60 0,40 % 38,0 8 340 1,19 0,35 o;0 37,2 9 300 0,90 0,30 o/0 37,4 10 225 0,56 0,25 o/o 37,5 Fenomeni osservati in seguito all'inoculazione. 1. Le alte dosi determinarono rapido abbassamento di tem- peratura, coma, collasso, morte. Le dosi medie, progressivo abba- samento di temperatura. Le piccole dosi, elevamento di temperatura in primo tempo, ritorno rapido alle condizioni fisiologiche. 2. Grande ipereccitabilità, massime nella sensibilità cutanea; perchè gli animali emanano un grido di lamento ai più piccoli toccamenti. 3. Notevole ansia respiratoria ; spesso si notava il respiro rantoloso. 4. Deambulazione stentata ed oscillante : massime quando 1' animale si accinge al movimento, si nota un tal quale barcol- lamento. 5. Grande meteorismo intestinale. 6. Defecazione diarroica. 7. Neil' infezione iperacuta si notava spasma glottideo. 8. Morte, preceduta da stato comatoso. — 10 — Da questi primi esperimenti si può dedurre che la virulenza dei prodotti fecali dell' individuo , sofferente di convulsioni epi- lettiformi, è eguale 0,35 °/0. Non soddisfatto di queste prime prove, ho ripetuti gli esperi- menti ed approssimativamente sono arrivato agli stessi risultati; anzi la seconda volta ho trovato la virulenza delle feci eguale a 0,30 °/0. Studio della virulenza del bacterium coli commune, isolato dalle feci sopraddette. Sulle placche di gelatina si sono svolte quasi tutte colonie di Bacterium coli. — Sulla placca di 2° passaggio si sono svolte circa 200 colonie. (Temp. 25.° C). « Temperai '-3 u o Peso in grammi Quantità di liquido inoculato nel cavo peritoneale delle Proporzione centesimale dell'ino - dilazione degli animali prima cavie, in cent.cubici dell' esperi- jg mento 1 500 5,— 1 - °/o 37,8 2 305 2,50 0,81 % 37,4 3 475 4 — 0,84 o/Q 38,0 4 325 2,11 0,65 o/0 38,2 5 410 2,50 0,60 o/0 38,3 6 400 2,20 0,55 o/0 37,9 7 550 2,75 0,50 o/0 38,1 8 600 3 — 0,50 o/0 38,0 9 541 2,43 0,44 o/0 37,9 10 400 1,60 0,40 o/0 37,1 11 340 1,19 0,35 o/0 37,4 12 340 1,02 0,30 o/0 37,2 1 13 525 1,31 0,25 o/0 37,7 14 205 0,41 0,20 o/0 37,2 Fenomeni osservati in seguito alle inoculazioni. 1. Ipotermia progressiva nelle prime 8 cavie ; lieve oscilla- zione termica nella 9a, 10a, ed lla cavia ; elevamento di tempe- ratura nelle altre tre. 2. Forte meteorismo. 3. Grande iperestesia. Tutte le cavie inoculate emettono un grido doloroso, al più lieve toccamento. 4. Ansia respiratoria. 5. Intercorrenti sussulti nervosi. — 11 — 6. Deambulazione stentata ed oscillante. 7. Morte , avvenuta dopo otto ore , nelle prime tre cavie ; nel giorno seguente dalla quarta alla decima. Visse due giorni la ll.a; sopravvissero le altre tre. Da questi esperimenti si può dedurre che la virulenza della coltura pura del B. coli, nel caso presente, è quasi eguale a quella del virus fecale in genere ; ed i fenomeni; generatisi all' inocula- zione del B. coli , sono quasi identici a quelli dell' inoculazione del virus fecale. Ora ci occuperemo, con lo stesso metodo, della virulenza dei mi- crorganismi fecali e del B. coli dello stesso individuo , in condi- zioni fisiologiche della vita; cioè dopo circa cinque mesi dalla scom- parsa completa de' fenomeni patologici , innanzi descritti. 2.a Serie di esperimenti — Virus fecale dello stesso individuo, IN CONDIZIONI FISIOLOGICHE. . 381, 1893. 2) Petruschky.— U e b e r die Konservierung virulenter s t r e p t o - k okken-K alt urea (CentraJJblatt f. Bakt. und Farm. Bd. XV II p. 551. 1895. 3) Mosny.— Sociéte de Biologìe de Paris, 1895. — 26 — pratica di tenerli per 24 ore a 37° C. I tubi di vetro del diame- tro di circa 5 mill. e lunghi un 20 centim. venivano tirati a punta ad una estremità, mentre verso l'altra parte, tra il terzo medio e il terzo esterno, erano leggermente strozzati e al di sopra dello strozzamento veniva introdotto un po' di ovatta. Posti in molti entro grosse provette, erano sterilizzati a secco. Appena morto il coniglio infetto, apriva colle note regole aset- tiche la cavità toracica; conficcava nel cuore il tubo per la punta ed, aspirando, lo riempiva di sangue fino al punto strozzato. Indi chiudeva alla fiamma sia la estremità conficcata nel cuore, sia l'altra in corrispondenza dello strozzamento, in modo da avere il tubo completamente pieno di sangue infetto. Senza porlo alla stufa, io conservavo il tubo in fondo al mio cassetto, punto curandomi se vi arrivasse, oppur no, la luce. Di tali tubi, così preparati, ad esperienze finite, ne erano ri- masti parecchi, e li lasciai là nel cassetto, all'Istituto d'Igiene. Vi sono rimasti tutto 1' inverno scorso , tutta 1' està, senza cura di sorta, presso un fìnestrone, dove la temperatura di inverno può scendere fino -j- 5° C. e di està può quasi raggiungere financo i 30° C. Giorni sono, volendo ripetere delle esperienze, pensava a procu- rarmi il pneumobacillo virulento, non facendo più assegnamento sui tubi del cassetto, nella ferma convinzione che il microrgani- smo fosse ivi già morto da molto. Se non che , a titolo di cu- riosità, volli fare una cultura da uno di quei tubi. Fu grande la mia sorpresa nel trovare , il giorno dopo , 1' innesto positivo; grandissima la meraviglia nel riscontrare nello pneumobacillo, presso a poco il grado di virulenza che aveva al momento in cui fu chiuso nei tubi. Ho esaminato gli altri tubi, che erano rimasti, e da tutti ho avuto lo stesso risultato. Ecco, dunque , un mezzo semplice, economico, sicuro per conservare vitale e virulento lun- gamente lo pneumobacillo di Frànkel. È circa un anno che stava là nei tubi, e non sappiamo per quanto altro tempo ancora si sarebbe conservato. Mi riserbo fare delle esperienze al riguardo. Io non so se il Prof. Foà e tutti gli altri ricercatori, dopo di lui, abbiano stabilito il limite massimo di 60 giorni in seguito a ricerche dirette a questo scopo, oppure per deduzioni ipotetiche. Nel primo caso, la mia osservazione potrebbe trovare la sua ragione nella piccolezza del tubo, nella sua completa pienezza e forse pure nella mancanza di permanenza a 37° C, per 24 ore. — 27 — Ho già in corso esperimenti comparativi per determinare quali di queste cause, e in che grado, contribuiscano al risultato favore- vole della lunga conservazione. Come pure mi riserbo studiare il metodo di comportarsi al ri- guardo delle altre varietà del diplobacillo lanceolato. Questa, che io aveva conservata, era, indubbiamente, la varietà edematogena o tossica di Foà : l'avevo isolata dallo sputo di un pneumonitico. Non è qui fuori d'opera ricercare, un pò più addentro, le cause probabili che permetterebbero allo pneumobacillo, conservato, nel modo suddetto, di mantenersi virulento per sì lungo tempo. E la prima delle condizioni potrebbe essere l'ambiente giusta- mente alcalino che il sangue mantiene attorno al microrganismo. Un altro fattore, del quale conviene pure tener gran conto, è l'impedita azione della luce, che, come si sa, ha tanta parte nel- 1' attenuazione e nella morte del batterio. Infatti , trovandosi lo pneumobacillo circondato tutto dal sangue, questo deve impedire che la luce agisca, con tutti i suoi raggi, su di esso. Conservando il diplobacillo lanceolato, come io ho fatto, entro piccoli tubi, completamente ripieni, l'ossigeno dell'aria non viene per nulla a contatto col microrganismo; laddove, col metodo Foà, l'ossigeno resta al di sopra della massa sanguigna, nel tubo non pieno, e vi sta a contatto. E ciò può non riuscire indifferente per la durata della vita e della virulenza. Infine;, col tenere la provetta a 37° C, il diplobacillo si molti- plica rapidamente, copiosamente e questa moltiplicazione potrebbe agire sfavorevolmente, alterando il substrato nutritivo, "^scompo- nendolo; ma v'ha dippiù, i prodotti segregati da tanti germi si mescolerebbero ad esso in copia , senza dire che la temperatura istessa, per sé, può alterare il substrato, che, nel caso nostro, è rap- presentato dal sangue. Come aveva conservato lo pneumobacillo, per le stesse ragioni mi occorse conservare lo streptococco dell'eresipela. Tenni lo stesso metodo, cioè , lo chiudeva entro piccoli tubi colla stessa tecnica sopra riferita. Faceva queste esperienze nel febbraio 1895. La tecnica del Pe- truschky non era allora di pubblica ragione : nulladimeno, anche conoscendola, non l'avrei seguita, preferendo la mia come la più comoda, la più semplice. Dei tubi ripieni di sangue contenente lo streptococco del Fehl- eisen, me ne erano rimasti pur molti, e dopo il risultato avuto collo pneumobacillo , era naturale che io pensassi a fare anche su di — 28 - essi la prova. Ebbene; le culture fatte dai tubi, che erano rimasti pieni da 10 mesi, e che, come quelli dello pneumobacillo, erano stati al freddo e al caldo, riuscirono tutte positive. Lo streptococco del Fehleisen, per giunta, aveva conservato, se non completamente, in buona parte, il suo grado di virulenza. Parrebbe, adunque, che lo streptococco si conservi con una facilità, che vale la pena di aver riferito. Istituto d'Igiene della R. Università di Napoli, diretto dal prof. V. de Griaxa Nuovo contributo all' Embriologia degli Echinodermi. - Nota di Achille Russo. (Tornata del 12 aprile 1896) Dopo aver studiato lo sviluppo delle formazioni lacunari e genitali in Asterina gibbosa, Ophiothfix echinata r) e negli Echi- nidi regolari, 2) visto i nuovi problemi che nel corso di questi studii si sono presentati, mi ero proposto di estendere le indagini alle Oloturie. Il materiale per tali ricerche però è difficile a pro- curarsi e, non ostante la mia lunga dimora nella Stazione Zoo- logica, dove si dispone dei migliori mezzi per questi studii, pure ben poco ho potuto finora raccogliere nel materiale proveniente dalla draga. In attesa di completare queste ricerche , comunico adesso una piccola parte di esse intorno all'origine degli elementi genitali ed ai loro rapporti con la lacuna dorsale o genitale. Intorno a questo argomento poco o nulla si conosce, perchè i precedenti ricercatori osservarono stadii molto avanzati dello sviluppo. Tutti supposero però , che le prime cellule germinali siano di origine mesodermica, quantunque nessuno avesse osser- vato gli stadii iniziali. Selenka 3) per il primo suppose che le cellule genitali siano originate da una parte di cellule del mesenchima. 1) Russo A.— C ontribuzione alla genesi degli organi negli Stelle ridi. Accademia Se. fis. e mai. di Napoli. Voi. VI serie ,'?a 1894. 2) Russo A. — Sul siste ma genitale e madre pori co degli Echi ni- di regolari. Bollettino della Soc. di Naturalisti in Napoli Voi. Vili, 1894. 3) Selenka.— Zar Entwickelung der Holo thurie n. Zeitschr. f. tv. Zoologie, Bd. 27, 1876. — 30 — Semon *) nella Synapta descrisse negli stadii più giovani da lui osservati gli organi genitali come diverticoli della parete celomica nell'interno dei quali si accumulano le cellule mesoder- miche, che più tardi saranno le cellule genitali. Anche per Hamann 2) negli stadii più giovani gli organi genitali sono dei ciechi tappezzati da un solo strato di cellule ( TJrkeimzellerC). Hérouard 3) osservò che da principio gli organi genitali sono rappresentati da un cumulo di cellule sferiche poste nel connettivo del mesentere. Queste cellule in seguito , spingendo in avanti le pareti mesenteriali, danno origine ai ciechi genitali. Anche il Cuénot 4) osservò stadii molto avanzati di Holo- thuria impatiens. Questo osservatore quantunque non abbia osser- vato l'origine delle cellule seminali, pure crede che esse debbano svilupparsi nell'interno della lacuna genitale. Il Mortensen 5) infine anche conferma quanto aveva osser- vato Hérouard, cioè che le cellule seminali si originano nell' in- terno della lacuna dorsale. Le mie osservazioni furono fatte su piccoli individui di Holo- thuria Poli D. Ch. da 4 a 7 mm. di lunghezza. Questi , dopo essere stati narcotizzati con la cocaina , venivano fissati in una soluzione di acido osmico (1 %) e decalcificati in liquido di Miiller. Per meglio osservare gli elementi genitali le sezioni al microtomo furono fatte trasversalmente all'asse maggiore. Nell'interradio CD (nomenclatura di H. Carpenter) fin dagli stadii più giovani esaminati (4 mm.) si trova già formata una la- mina verticale che dalla parete celomica del tegumento va al ca- nale madreporico. Questa lamina è costituita da due sottilissime pareti di cellule peritoneali, le quali limitano uno spazio pieno di !) Semon.— Die Entwickelung der Synapta digitata und ihre Bedeutung ftir die Phylogenie der Echinodermen. Jen. Zeit- schr. Naturw. Bd. 22, 1888. 2) Hamann.— D ie w an der nden Urkeimzellen und ihre Rei- fu ngs st a tten bei den Echinodermen. Zeitschr. f. w. Zoologie. Bd. 46 1888. 3) Hérouard.— Recherches sur les Holoth ur i e s desCótesde France. Archives de Zoologie expér. (2) Tome 7, 1889. 4) Cuénot. — Etudesmorphologiques sur les Echinoder- m e s. Archives de Biologie. Tome XI, 1891. 5) Mortensen.— Z u r Anatomie und Entwickelung der Cu- cumaria glacialis (Lijungman) Zeitschr. f. w. Zoologie Bd. 57, 1894. — 31 — un coagulo entro cui si trova qualche cellula ameboide. Esso è la lacuna dorsale o genitale. Tutte le figure, con la camera lucida di Nachet e con il microscopio di Zeiss —r-, — tt-, furono riprodotte da sezioni praticate trasversalmente all' asse obb. G maggiore di piccoli individui di Holothuria Polì. Esse rappresentano la lacuna dorsale o genitale con l'inizio e l'ulteriore sviluppo delle cellule seminali. ld — lacuna dorsale , eg = elementi genitali , cm = canale madreporico, ca = cerchio acquifero, cp = cellule peritoneali. Come chiaramente apparisce dalle figure, le cellule peritoneali, che costituiscono la parete della lacuna, verso i 2/3 inferiori dal lato destro, in un primo momento s'ingrandiscono molto e si ac- cumulano in un punto (Fig. 1.). In uno stadio successivo (Fig. 2.) tali cellule , aumentando sempre di numero , si spingono dentro la lacuna , la quale avvolge in parte questi elementi. In ultimo (Fig. 3.) essi si trovano inclusi nella lacuna medesima, perchè le due estremità dei tratti lacunari avvolgenti si fondono. Negli stadii successivi queste cellule genitali aumentano sem- pre di numero e si dirigono verso la regione aborale , formando un cordone cellulare, il quale infine caccia dei piccoli diverticoli, che sono i ciechi della glandola genitale. — 32 — Ritornando ora sulle conoscenze , che intorno a tale argo- mento si hanno per le forme affini, è facile rilevare che l'origine delle cellule germinali è identica in tutti i gruppi di Echinoder- mi, eccezione fatta dei Crinoidi sui quali finora non è stata pro- nunziata 1' ultima parola. L' opinione del Perrier x) , infatti , se- guita dal Cuénot 2), cioè che l'organo assiale mandi dei rami fin nelle pinnule per formare gli organi genitali è in disaccordo con tutti i nuovi risultati. Nelle Asterie ed Ofiure e negli Echinidi fu molto chiaramente provato da me 3), da Prouho 4) e da Hamann 5) che i primi elementi genitali, in rapporto alla formazione di un celoma, hanno un'origine peritonale. Negli Asteroidea però, troviamo una formazione caratteristica, che è il cordone genitale, il quale persiste negli adulti circondato dalle lacune dorso-ventrali, e che connette fra loro le cinque glan- dule genitali. Tale formazione, la quale, come io dimostrai, 6) è transitoria negli Echinidi, non apparisce nelle Oloturie , onde con maggior fondamento di verità posso ora confermare un' idea già da me espressa nelle precitate ricerche , cioè , che il cordone genitale e le lacune dorso ventrali o aborali sono formazioni primitive di un gruppo di Echinodermi (Asteroidea). ') Perrier.— M é ncio ir e sur l'organi s a tion et le dévelop- pem ent de la Comatule de la Mediterranée. Nonv. Ardi, dit Musée (V Hist. Nat. de Paris, 1886-89^90. 2) CuÈNOT. — Op. Cit. 3) Russo. — Op. cit. 4) Prouho.— Re che re hes sur le Dorocidaris papillata et quel- ques autres Echinides de la Mediterranée. Ardi, de Zoologi e expér. etc. 1888. 5) Hamann.— B e i t r a g e z u r H i s t o 1 o g i e d e r E e li i ri o d e r m e n Die Asteriden, 1885. 6) Russo. — Op. cit. Per un recente lavoro di E. W. Mac Bride sullo svi- luppo dell' Asterina gibbosa — Nota di Achille Russo. (Tornata del 12 aprile 1896) Nelle mie ricerche sulla genesi degli organi negli Stelleridi *) descrissi in Asterina gibbosa lo sviluppo del seno assiale ed abo- rale e discussi quale valore debba darsi alla cosidetta ampolla ed al sistema periemale di Ludwig. Nello stesso tempo descrissi lo sviluppo della glandola ovoide e delle lacune aborale, periorale e radiale. In quanto poi all'origine degli elementi genitali, fin da allora riconobbi clie in Asterina essi provengono da un diverticolo della parete celomica del seno assiale, il quale si approfonda nella lacuna aborale. Il sig. E. W. Mac. Bride 2) in una recente pubblicazione ri- torna sugli stessi argomenti da me trattati senza conoscere le ri- cerche da me fatte fin dal 1894. Mentre da una parte egli con- ferma i risultati da me allora ottenuti, dall'altra se ne allontana in alcuni punti. Neil' affermare con la presente comunicazione la precedenza delle mie ricerche su quelle del Bride , colgo 1' occa- sione per ritornare su qualche punto controverso. Bicordo anzitutto che il Bride ripete esattamente quanto io avevo già detto sullo sviluppo della lacuna periorale e radiale ; anzi , riscontrando i nostri lavori , si troverà che egli nella fig. 110 della Tav. 25 riproduce in tutti i particolari la mia fig. 16 e che nelle fig. 108 e 109 riproduce le mie figure 14 e 15. Circa lo sviluppo degli elementi seminali il Bride, mentre in una nota preliminare 3) aveva detto che essi, conformemente J) Rosso A.— Contr ib u zion e alla genesi degli organi ne- gli Stelleridi. Atti della R. Accademia delle scienze fis. e mat. di Napoli. Voi. VI. serie 2*, 1894. 2) Mac Bride E. W.— The development of Asterina gibbosa. Quart. Janni, of mie. se. Voi. 38, 1896. 3) Mac Bride E. W. — The development of the dorsal organ, genital rachis , and genital organs in Asterina gibbosa. Zoologischer Anzeiger. N. 419, 1893. 3 — 34 — a ciò che , secondo lo stesso osservatore , avviene in Amphiura squamata, sono originati dalla glandola ovoide, ora invece afferma che derivano da un diverticolo enterocelico della cavità generale. Questo diverticolo sarebbe omologo al seno b od assiale dell' Am- phiura. In Asterna invece funziona da seno assiale il seno e o ampolla di Amphiura. Secondo il Bride il seno assiale si met- terebbe in rapporto col seno aborale e la glandola ovoide si con- tinuerebbe con la lacuna aborale. Nel mio precitato lavoro io già feci una lunga discussione su questi argomenti intricatissimi della morfologia degli Echino- dermi e dimostrai che il seno assiale è il rudimento dell' ente- rocele connesso all' idrocele , che il seno aborale è una parte di uno dei sacchi enterocelici e che l'ampolla non deve essere conside- rata come seno indipendente. Dimostrai inoltre che la lacuna aborale si forma nel corrispondente seno per differenziamento delle cellule parietali e che quindi non vi è alcuna connessione tra il seno assiale e l'aborale e che la glandola ovoide non si connette in alcun modo alle lacune aborali. Questi risultati furono confermati da altre mie posteriori ri- cerche fatte sullo sviluppo degli Echinidi regolari *) e sugli Opliio- thrix adulti 2). Napoli, Stazione Zoologica, marzo 189G. 1) Russo A. — Op. cit. 2) Russo A.— Studii anatomici sulla famiglia Ophiothrichidae del Golfo di Napoli. Ricerche Laboratorio Anat. normale R. Università di Roma ed altri Làboratorii biologici. Voi. IV. 1894. Contribuzioni allo studio degli Anellidi di Porto- Torres (Sardegna) — Note di Fu. Sav. Monticelli (Tav. I). (Tornata del 12 aprile 1896). I. — Osservazioni sui Polyophthalmus. ') A Porto-Torres sono comuni e frequenti i Polyophthalmus. Essi si trovano numerosi sotto le pietre e fra le alghe che ri- vestono la faccia interna della gettata nel nuovo porto. E, difatti, fra i cespugli di alghe che vivono i Polyopjhthalmus , come pel primo ha osservato il Quatrefages 2j, e come hanno constatato il Claparède 3) a Port-Vendre , il Lo Bianco 4) a Napoli , il Lan- gerhans 5) a Madera ed il Lessona tì) a Messina. Il Langerhans ne ha anche rinvenuto un esemplare pelagico. L'osservazione a fresco e sul vivente, che ho fatta di questi vermi, mi ha messo in grado di correggere alcune inesattezze nella descrizione della porzione cardiaca dell'apparecchio circolatorio di questi Ofeliacei, nelle quali sono incorsi il Claparède 7), il Meyer sj e più recentemente il Lessona 9) , nei rispettivi loro studii sui ') Vedi mia comunicazione riassuntiva: Sulla Fauna di Porto- Torres, in : Bull. Sue. Nat. Napoli, Volume IN, Anno IN, 1895, p. 84-92. 2) Quatrefages. — Études sur les types inl'érieursdel'em- br anche ment des annelé s— M émoire sur la f a m i 1 1 e d e s Polyophthalmiens, in: Ann. Se. Nahir. (3) Voi. 13, 1. Art, PI. 2. 3) Claparède. - Glanures z o-o t o.m i q u e s panni les A n n é- 1 i d e s de Port-Vendre (P y r e n é e s orientale s) 1864, pag. 1—22. 4) Lo Bianco.— Gli anellidi tubi coli del Golfo d i N a p o 1 i, in: Atti B. Ace. Se. Napoli (2) Voi. V, N. Il, 1893, pag. 8. 5) Langerhans.— Die W u r m f a u n a v o n Madeira. Ili, in: Zeitschr. Wiss.Zool. Bd. 34, 1880, p. 100. '») Lesson,i. -Sull'anatomia dei P o 1 i o f t a 1 m i, in: Man. li. Ae- rini. Se. Torino (2) Tomo 35, p. 309-324, con tavola. 7) Op. cit., p. 20, nota 1. 8) Meyer. — Zur Anatomie un d Histologie von P o 1 y o p h- thalmus pictus Clap., in: Arch. f. Mikros. Anat, Bd. 21, 1882, p. 769-823, Taf. 32-33 (p. 814-815, Taf. 32, ftp. 16, Taf. 33, fig. 20). 9) Op. cit., p. 323-324. — 36 — Polyophthalmus (pictus, Ehrenbergii) *) , nonché il Cuénot 2) (P. pictus); la descrizione del quale è del tutto erronea nella interpe- trazione delle parti. Intendo di dare ora una succinta descrizione del cuore dei Polyophthalmus e del suo modo di funzionare, quale io T ho visto, ed interpetrato; descrizione, che, completando e ret- tificando le due di Meyer e di Lessona, rimette in miglior luce la prima ed antica, data dal Quatrefages 3), del cuore del P. Ehr- enbergii. La quale è erronea solo, in quanto, egli vuol ammettere una terza cavità impari nel cuore dei Polgophthalmus, che non esiste; o meglio, non fa parte del cuore propriamente detto, ma è la porzione terminale comune dei due seni anteriori del sistema vascolare intestinale. Ma, prima di entrare in argomento, è necessario determinare la specie sulla quale ho fatto le mie osservazioni. Il Carus 4) riporta quattro specie di Polyophthalmus del Me- diterraneo : P. Ehrenbergii Quatrefages , P. pictus Dujardin , P. pallidus Claparède 5) , P. dubius Quatrefages , sulla distinzione specifica delle quali quattro forme e loro identità, non pochi dubbi si hanno: non essendo le caratteristiche loro attribuite sufficienti, a mio parere, a ben differenziarle, l'una dall'altra. Ne il P. du- bius, ne il P. pallidus sono stati più ritrovati; del P. Ehrenbergii nessuno si è più occupato, meno il Lessona , come vedremo ap- presso, e tutti gli A., dal Claparède in poi, hanno studiato il P. yictus Dujard., correggendosi 1' un l'altro e cercando di comple- tare la descrizione così zoologica , che anatomica di questa spe- cie. Che io mi sappia , alcuno ha tentato un esame critico di queste quattro forme mediterranee , meno il Lessona 6), che lo ha esteso anche al P. agilis Quatrefages della baia di Bisca- glia (op. cit.). Ma il Lessona in questo suo tentativo, appena ac- ') Per una inversione di lettere , sfuggitami nella correzione , nella mia nota riassuntiva, innanzi citata, è scritto malamente Herenbergii. 2) Cuénot. — E tud e s sur lesanget les glandes lymphati- quesdans la sèrie animale: 2.™° P ti r t i e. I n v e r t e b r é S , in : Arch. 'Anni. exp. (2) Voi. 9, 1891, p. Ì42-443, /'. lì. fig. s. 3) Op. cit., p. 17-18, IV. '.', fig. 5. La stessa figura è riprodotta nell'Atlante della H i s t. Nat. des Annelés, ecc. del Quatrefages PI. 'J , fig. 4: vedi pure testo, p. 52, 60, 61. 4) Carus. — Prodromus faunae mediterr. Voi. I, j>. 250-251. 5) Claparède. — Les annélides chétopodes d u gol fé de Naples» p. JUi--j»:,. 6) Lessona. — Op. cit., p. 313. — 37 — cenna al P. pallidus^ dubita del P. dubius e cerca solo di dimo- strare la identità del P. agilis con il P. Ehrenbergii. Quanto al P. inctus, egli dice che effettivamente presenta delle differenze dalle altre specie da lui prima esaminate « principalmente in ciò che il dorso ha una duplice macchiettatura , cioè una macchia larga di color bruno, o nericcio, grossolanamente trapezoidale che occupa la regione mediana del dorso e due fasce trasversali po- steriori, dietro a queste, castagno scuro (flg. b) , o rossigno che si estendono lungo i margini. Queste fasce sono meno regolari e delimitate della dorsale e meno marcate e con contorni più sfumati » . L' A. dà due figure schematiche comparative per dimostrare la suddetta disposizione delle macchie del P. pictus e « dell' altra specie » che, quantunque non è detto, è senza dubbio il P. Ehren- bergii, col quale, secondo lui, avrebbe Claparède confuso il P.pictus; perchè avrebbe « confuso i punti bruni (gli occhi) laterali con la macchiettatura cutanea dorsale , come si rileva dalle sue parole (del Claparède) » . Secondo il Lessona « la forma descritta dal Du- jardin si trova accanto all' altra (P. Ehrenbergii) nelle acque di Messina, nelle stesse località, e però, se una differenza di colora- zione non accompagnata da altre differenze può valere come ca- rattere distintivo (difatti egli trova che la differenza di numero delle lenti agli occhi cerebrali non coincide per nulla con quella della colorazione), si avrebbero qui (Messina) due specie diverse ». Cosicché, secondo le deduzioni del Lessona, nel Mediterraneo, le specie di Polyophthalmus resterebbero quattro, come pel Quatre- fages: è solo il P. agilis della baia di Biscaglia che scomparisce dal numero delle specie del genere. Per rendermi ben conto della specie che ho trovata a Porto- torres ho voluto ritentare anch'io una revisione delle specie me- diterranee di Polyophthalmus ', ciò che ho potuto fare avendo a mia disposizione anche numerosi esemplari del genere avuti dalla sta- zione zoologica di Napoli. E poiché ho potuto constatare quanto i Poly oblili alimi s variano per grandezza e per colorito e trovare le serie di queste variazioni ; ed ho potuto ancora convincermi della elasticità delle caratteristiche differenziali assegnate a cia- scana specie, sono pervenuto a conclusioni molto restrittive sul nu- mero di queste. Cosicché, a mio modo di vedere, esse si ridurrebbero tutte (quattro) ad una sola; cioè al P. pictus, (Nais pietà) di Dujardin 1); a) Dujardin.— Observations sur quelques Annélides marines in : Ann. Se. Nat. (2) Tome XI, 1839, p. 293-294, PI. 7, fig. 9-12. — 38 - specie che deve attribuirsi per legge di priorità a quest' autore , che pel primo l'ha riconosciuta, e non al Quatrefages, uè tampoco al Claparède, come alcuni a torto praticano ; perchè questi Aut. non hanno fatto che solo riconoscere la specie del Dujardin comple- tandone la descrizione. Gli esemplari di Porto-Torres, come quelli di Napoli (P. pictus), devono, quindi, ritenersi come appartenenti al P. pictus Dujard. (1839), del quale devono considerarsi ancora sinonimi il P. pallìdus, il P. Ehrenbergiì, nonché il P. dubius 1). Spiego ora questa mia conclusione. Poiché il Claparède ha potuto identificare la forma da lui trovata a Port-Vendre con la Nais pietà di Dujardin, accertando e confermando le conclusioni del Quatrefages che la comprendeva nel gen. Polyophfhalmus, e poiché tutti hanno riconosciuta e ricon- fermata una tale identificazione , io ritengo per P. pietas quella forma studiata come tale per il primo dal Claparède, e più recentemente illustrata dal Meyer, che ne ha completata la descrizione. Io non ho ragione di ripetere una descrizione minuta del P. pictus, mi limito solamente ad alcune osservazioni sulle caratteri- stiche della colorazione, a complemento di quanto hanno detto in proposito i miei predecessori: ciò che vale a far meglio intendere la mia conclusione sistematica. E poiché non ho trovata una figura che desse esatta immagine della colorazione suddetta ne offro una che, secondo le mie osservazioni , rappresenta quella tipica della specie (P. pictus) (fig. 1). Dujardin ben descrisse le macchie « bru- nàtres oblongues » che si trovano sul dorso situate « soit plus près du dos, soit sur les cotés » Ira la doppia serie di punti neri laterali che egli pel primo ritenne potersi considerare come occhi laterali: « (elle pourrait [la Nais pietà] étre nommée Argus, si l'on voulait prendre x) Il Lessona, come ho detto, ha cercato identificare il P. agilis Quatref. con il P. Ehrenbergiì, e, da altro canto, Grube, prima (Annulata semperiana p. 197-1)8), e poi Langerhans (op. cit. innanzi, p. 101) riferiscono il P. agilis al P. pictus. Tutti e tre hanno ragione, tanto il Lessona, quanto il Grube ed il Langerhans ; perchè essendo il P. Ehrenbergiì non distinto dal P. pictus, ma, come ho detto e dimostro, sinonimo di questo, se il P agilis può ritenersi, per le giuste considerazioni del Lessona — che io non riporto, ma che ho control- late e verificate — sinonimo del P. Ehrcnhergii, lo è, difatti, anche del P pictus. L'avere il Lessona, il Grube ed il Langerhans riferita la stessa specie (P. a- gilis) a due altre ritenute 1' una dall' altra distinta (P. Ehrenbergiì, P. pictus) conferma le mie conclusioni sulla identità di queste due, provando come poco definite ed elastiche sono le caratteristiche differenziali date per queste (P. Ehrenbergiì, P. pietas). — 39 - pour des yeux les points noirs dont elle est ornée » 1). Ciò mostra, evidentemente, che il Dujardin ha ben distinto il dorso dal ventre nella specie che esaminava, e non si può dire assolutamente che egli ha preso il dorso pel ventre e viceversa , di che l'accusa il Claparède (Glanures p. 12) : solo, nella descrizione e spiegazione della figura delle digitazioni, egli ha equivocato invertendo le parti, ed attribuendo le più lunghe al dorso e le più brevi alla faccia ventrale (p. 294, fig. 11). Claparède ha rivedute queste macchie dorsali , ed anche altre secondarie , e così descrive le une e le altre 2). « Chaque segment sétigère porte en general trois taches, une dorsale mediane et les deux autres dans la partie postérieure du segment , immédiatement auprès des carènes latérales. Dans la plus grande partie du corps, ces dernières ont une forme exacte- ment sémilunaire (fig. 1 p e 1 ). Dans la partie antérieure du corps, elles s'étendent vers le dos, de manière à former des ban- delettes brunes (fig. 1% 1(3 15) tantót complètes, tantòt incomplè- tes sur la carène dorsale, elles font généralement défaut aux trois derniers segments sétigères. La tache mediane dorsale forme une bande transversale de plus en plus large et de plus en plus longue jusqu'au vingt-cinquième segment. Sur les trois derniers segments sétigères elle prend une forme étoilée assez elegante (fig. IX). Enfin le lobe céphalique présente une tache brune à droite et à gauche » . Evidentemente da questo brano si rileva che il Claparède ha riconosciuti i punti laterali visti e descritti da Dujardin , e riveduti da Quatrefages e li ha ben distinti dalle macchie dorsali trasversali ; solo non ha creduto poterli ritenere come occhi, per- chè, come scrive in una nota, non ha potuto accertarsi che essi fossero provvisti di cristallino come negli altri Polyophth. stu- diati dal Quatrefages che li considera come occhi. Cade, perciò, la critica mossagli prima dal Grube 3) e poi dal Lessona d'aver confuso questi punti con la macchiettatura laterale , descritta pel primo esattamente dal Grube , riconosciuta e ridescritta dal Langerhans 4) e poi, senza che alcuno dei due sapesse di tali de- scrizioni, ridescritta ancora dal Meyer e dal Lessona. Dal Grube al Lessona tutti hanno diversamente descritto queste macchie dor- i) Op. cit., p. 293-294. 2) Glanures ecc., p. 10, PI. 1. 3) Grube. — Annulata semperiana. in: Mem. Acc. Se. St. Pétersbourg. Tome 25, N. 103, p. 197. 4) Langerhans.— Die Wurmfauna von Madeira III, in: Zeit. Wiss. Zool, Bd. 34, 1890, p. 100. — 40 - sali secondarie, che variano moltissimo ; queste descrizioni corri- spondono a modi diversi di essere di tali macchie. Io ho potuto seguirne tutta la serie, da esemplari che ne sono privi del tutto, o che ne hanno solo anteriormente (come dovevano essere quelli del Claparède, P. pallidus) (fig. IO d), a quelli che ne hanno molte e di- sposte in maniera caratteristica, e che io penso, come ho già detto, doversi ritenere come la forma tipica di colorazione del corpo del P. pictus (fig. 1,10 a). In questo caso, oltre le macchie fondamentali che, come sempre, hanno aspetto su per giù irregolarmente tra- pezoidale (fig. 1, 2,8, 10), e che si trovano nel terzo medio di ciascun segmento (nell'ultimo terzo sono impiantate le setole), si osservano nei segmenti setigeri, altre macchie, secondarie, a forma di striature trasverse, più, o meno regolari ed accentuate disposte lungo i due lati del corpo e mai convergenti sulla linea dorsale di questo. Ed inoltre, delle altre macchie puntiformi, più, o meno grandi, dispo- ste in doppia serie e ravvicinate alla linea mediana dorsale, situate immediatamente dietro ciascuna macchia fondamentale mediana (v. fig. 1. e lo schema fig. 10). Le macchie suddette, a forma di strie, o di fasce, possono essere brevi, ma, in altri casi, estendersi anche lungo i lati del corpo fino alla rima, solco, o linea laterale, che, alle volte, sorpassano pure, spingendosi verso la pianta ven- trale dell' animale (fig. 3). La disposizione di queste macchie se- condarie dorsali varia moltissimo nei segmenti anteriori, dove pi- gliano la disposizione caratteristica da me disegnata nella fig. 1: si fanno, invece, meno appariscenti e scompariscono del tutto negli ultimi segmenti del corpo, nei quali, per contro, pigliano maggiore sviluppo le macchie fondamentali mediane (fig. 1, 3). Queste mac- chie secondarie a fasce , come ho già accennato , variano assai : possono diminuire di numero, possono diventare irregolari, diffuse (fig. 2) e possono risolversi in punteggiatura fìtta irregolare (v. fig. 10, schema b). La quale può diventare rada, radissima (fig. 10, schema e) ed anche scomparire del tutto e delle dette macchie a fasce, secondarie, non restano che tracce più, o meno indistinte nei segmenti anteriori. Come ho detto, ho potuto seguire tutta la serie di queste variazioni ed ho dato uno schema delle principali di esse nella fig. 10 , dalla forma tipica (a) a quella priva del tutto di macchie secondarie (d). Il colorito delle macchie fondamentali impari è tanto più intenso, quanto più sono numerose le macchie secondarie: esso diventa meno forte ed intenso, quando queste si riducono a punti radi; quando rimangono sole si sbiadiscono tanto che sembrano, in certi casi, mancare del tutto lungo il dorso. — 41 — Osservando al microscopio la macchiettatura dorsale si vede come le macchie fondamentali sono diverse dalle secondarie. L'a- spetto delle prime ho rappresentato nella figura 8 : quello delle secondarie , in rapporto alle fondamentali , nella fìg. 9. In que- ste ultime chiaro si vede come il pigmento che le forma è più scuro e di colorito più intenso, ed è a grani grossi a contorni più o meno definiti, od a flocculetti tondeggianti, od, infine, ad anel- letti. Secondo che il colore di queste macchie fondamentali è più» o meno intenso, il pigmento è più, o meno fitto e numeroso di granuli: sono, per contrario, questi granuli di molto meno nu- merosi e radi, quando le macchie sono sbiadite; sono poi ancora radissimi fra loro e quasi mancano del tutto quando le macchie sono indistinte, o non si vedono del tutto : ma, in questi casi, è da osservare che queste però d'ordinario persistono — più o meno evidenti — nei primi segmenti del corpo. Le macchie secondarie sono, per contro, formate da un pigmento assai più chiaro dell'altro e fatto di granuletti finissimi e tondeggianti, puntiformi e non molto fitti fra loro, alle volte, anzi, molto radi. Essi si dispongono in serie transversa per formare le fasce laterali pigmentali secondarie suddescritte (fìg. 9) ; mentre i granuli grossi delle macchie fonda- mentali sono aggruppati in una massa che ha figura più, o meno irregolarmente trapezoidale, o sub-trapezoidale. Ciò premesso ed identificato il P. pictus fissandone e com- pletandone le caratteristiche dirò: 1) Che io ritengo il P pallidus del Ciaparède identico e sino- nimo del P. pietas, perchè le caratteristiche sulle quali lo ha fon- dato il Ciaparède, non resistono alla critica. Infatti, la caratteristica principale che, secondo il suo autore, farebbe immediatamente di- stinguere il P. pallidus dal P. pietas, sarebbe l'assenza delle mac- chie pigmentarie fondamentali e di ogni altra macchia di pigmento secondaria; assenza, peraltro, non del tutto completa, perchè lo stesso Ciaparède x) scrive così: « Dans la région antérieure, les seg- ments sont etc. . . . leur couleur est en mème temps brunàtre par suite de l'existence de deux ou trois bandes trans verses do pigment » . Ora da quanto ho detto innanzi, risulta evidente che questa non è caratteristica differenziale valevole: il Ciaparède ha avuto, pro- babilmente, fra mano, dei P pictus privi di macchie pigmentali. Nei quali ha creduto poi di distinguere un'altra caratteristica dif- !) Claparède. — Les Annélides Chétopodes, p. 295, — 42 — ferenziale nella presenza di un tubercolo arrotondato fra le due serie x) di setole ; che egli, nel suo precedente lavoro 2), non aveva riconosciute nel P. pictus che solo negli ultimi segmenti , rite- nendo gli altri forniti di una sola serie di setole per lato. Ma il tubercolo in quistione « surmonté d'une petite papille qu'on doit, peut-étre, considérer comme un rudiment de pied, avec son cirre dorsal », non è altra cosa, secondo io penso, che l'organo la- terale descritto pel primo dal Meyer 3) e ridescritto dal Les- sona 4) che si trova sporgente appunto come un mammelloncino tuberculiforme fra i due gruppi di setole di ciascun lato. E tanto la suddetta piccola papilla, quanto quella « seconde petite papille à peine appréciable « che » représenterait le cirre ventral » sarebbero evidentemente, come si ricava dall'esame della figura del Clapa- rède, delle produzioni artificiali dovute, molto probabilmente, a compressione dell' animale. Eliminate queste principali caratteri- stiche differenziali del P. pàllidus dal P. pictus, non discuto le altre perchè tutte di assai poco valore. Difatti: a) le papille, o digitazioni anali sono così variabili per forma e per numero , come già per primo notò Dujardin e poi ancora meglio Lessona (p. 312), che esse non possono essere invocate co- me caratteristiche specifiche differenziali; li) gli occhi laterali (che per la prima volta considera come tali il Claparède i punti laterali nel P. pàllidus) che cominciano al 6.° segmento ed in numero di dieci soli, non costituiscono, di certo, una caratteristica differenziale; perchè , quantunque il Meyer ne abbia fissato il numero a 12, a cominciare dal 7.° segmento seti- gero , pure io posso confermare 1' osservazione di Langerhans 5. che se ne possono trovare di meno ed anche di più nel P. pictus) E vero, per altro, che gli ultimi sono in tal caso così piccoli che possono anche facilmente sfuggire all'osservatore ; ma, data questa elasticità di numero, è possibile possano trovarsene di piccoli anche prima del 7.° segmento , ciò che sarebbe appunto il caso del P. pàllidus Claparède (i) ; ') Op. cit., p. 294, PI. T, fig 7. 2) Glanures ecc., p. 9, PI. I, fig. 13. d. v. 3) Meyer. - Op cit., p. 791-793, tav. 33, fig. 34. 4) Lessona. — Op. cit,, p. 320-321, fig. 14. 5) Langerhans. — Op. cit,, p. 190. G) Kukental. — (Die Opheliaceen d. E xpedition d. Vettor Pisani, in: Jen. Zeit. f. Naturw. Bd. XXT, p. 370) crede il numero degli occhi laterali essere costante dalle osservazioni fatte da lui sui P. Ceyloniensis Kiik. e P. striatus Kiik. e che quindi essi possano servire come caratteristica costante — 43 — e) infine, il numero minore di segmenti, osservato dal Clapa- rècle nel P. pallidus, non ha maggior valore ; in quanto esso è variabile, secondo l'età dell'individuo, ciò che pure ha osservato il Meyer 1), e sono minori di numero negli individui giovani. E che il P. pallidus possa essere una forma giovane, è molto facile rite- nersi considerando le dimensioni assegnategli dal Claparède. Il Lo Bianco 2), ha segnato nel suo citato lavoro il P. pallidus Clap. come distinto dal P. pictus, ma ha dubitato della sua diffe- renza specifica da questo, tanto che gli esemplari che ha creduto; poter riferire al P. pallidus — che si trovano nella collezione del Museo Zoologico della R. Università di Napoli (che contiene i tipi da lui rinvenuti nel golfo e registrati nel suo lavoro) — sono con- trassegnati da un punto interrogativo. E, d'altra parte, egli mi ha verbalmente comunicato di addivenire alla mia opinione su que- sta identità da me ora discussa. 2) Che ritengo il P. Ehrenbergii sinonimo del P. pictus; per- chè tutte le caratteristiche differenziali assegnategli dal Qua tre - fages 3), (il solo che abbia visto questa specie, lungo le coste di Sicilia — che da altri non mi consta sia stata più ritrovata e de- scritta)—sono assai poco valevoli ed alcune, anzi, del tutto insus- sistenti ; come, p. e., quella del numero degli occhi cefalici, avendo Claparède 4) riconosciuto che il numero di tre, non era specifico del P. Ehrenbergii, perchè il P. pictus non ha due occhi cefalici, come il Dujardin aveva asserito, ma tre. Le altre seguenti carat- teristiche sono certamente ancora meno valevoli : a) la maggiore, o minore distinzione dei lobi cefalici; in quanto si può facilmente constatare come questa dipenda dal modo di essere dell'animale ; ed è poi ancora da osservare, a conferma di ciò, che molto esagerata è la figura che di questi ne dà il Quatre- fages 5) (op. cit. fìg. 12). La quale egli, certo per errore, nella spie- gazione della tavola riferisce al P agilis, al quale, invece, egli as- segna la caratteristica contraria dei lobi cefalici poco distinti (er- rore che è anche provato dal fatto che la stessa figura— ed anche per la determinazione delle specie. Ma ciò evidentemente non vale per le forme che ci occupano. 1) Meyer. — Op. cit,, p. 770, vota S. 2) Lo Bianco. — Op., cit, p. 8. 3) Qoatrefages. — Études ecc. ecc., p. 9-10. 4) Claparède. — Glanures ecc., p. 10. h) Qitatrefages. — Histoire n a tu r e 11 e d e s A nn e 1 é s m a rines e t d'eau douce, Atlas. — 44 — quella della testa — è riportata col nome di P. JShrmb&rgii nel- l'atlante dei suoi Annelés l) ; lì) il numero delle papille, o digitazioni anali e la loro lun- ghezza ; cliè ho già detto essere di molto variabile, dipendendo, inoltre, la loro maggiore, o minore lunghezza dalla loro maggiore, o minore estensione; nel qual secondo caso possono anche mostrarsi rigonfiate alla base come le ha viste Claparède nel suo P. palli- dus e ne ha fatto conto come caratteristica differenziale, per quan- to secondaria. Non può quindi tenersi calcolo di questo carat- tere, nemmeno in questo caso. Ho qui, in proposito, da osservare che io non credo costante il rapporto stabilito tra il numero delle suddette digitazioni e l'età dell'animale, dal Lessona, il quale dice averle trovate appena accennate in un individuo giovanissimo come « si poteva arguire dalla sua lunghezza che non saliva a 5 mill. » e, per contro, più numerose e robuste negli individui più grossi, perchè ciò io non ho potuto constatare ; e) il numero dei segmenti (24); perchè essi, messi in rapporto colle dimensioni da Quatrefages assegnate alla sua specie (mill. 12-14), mostrano chiaro che si tratta di individui giovani , per quel che innanzi ho detto a proposito del P. pallidus Clap. ; d) il colorito del sangue, infine, per quello che in proposito giustamente osserva il Lessona, al quale rimando il lettore 2). Dal brano innanzi riportato del Lessona 3) chiaro appare che egli, a Messina, patria, per così dire, del P. Ehrenbergii non ha saputo riconoscere una differenza d'importanza fra il P. Ehr- enbergii ed il P. pictus ed ha creduto di appigliarsi alla presenza, od assenza delle macchie pigmentali secondarie per distinguere l'ima dall'altra specie , esponendo la cosa con molta riserva (v. cit. innanzi). Da quanto, per altro, ho detto poc'anzi, circa que- ste macchie, risulta evidente che non è questa, una caratteristica specifica da far valere. 3) Che ritengo infine il P. dubius Quatref. sinonimo del P. pictus, perchè esso è così poco caratterizzato e , tranne il carat- tere della duplice serie di occhi laterali — non rinvenuto finora in alcun altro Polyophthalmus, carattere del quale lo stesso Quatre- dubitava, e che può ritenersi un errore dello schizzo preso i) PI. 22, fig. 1. ■) LKSSONA. — Op. Cit.. j). •'.'/?. a) Lkssona. — Op. cit.. p. 313, — 45 — dal Milne Edwards l) — tutti gli altri sono riferibili chi ad una, chi ad altra delle specie di P. riportate dal Quatrefages; le quali come ho innanzi dimostrato, sono sinonime del P. pictus. Prima di por termine a questa revisione crìtica delle specie mediterranee di Polyophthalmus, voglio ricordare che, senza dubbio; deve riferirsi al P. pictus il P. indeterminato trovato dal Kefer- stein a Messina 2) e ricordato anche dal Claparède 3). Avendo io nella nota a pag. 38 fatto rilevare l'identità del P. agilis col P. Ehrenbergii = P. pictus, ne risulta incidentalmente che son venuto a concludere che quello è sinonimo del P. pictus e che quindi le specie (cinque) europee del genere, primitiva- mente create e distinte dal Quatrefages, si riducono tutte ad una sola; al P. pietas Dujard. Identificata così la specie, descrivo ora il cuore del P. pictus Dujard. Esso è bilobo, ed i due lobi corrispondono alle due cavità laterali del Quatrefages (fig. 4, 5, 6, 7 o). Fra questi due lobi (orecchiette Lessona, 1." 2.e ventri e ules Quatrefages) spor- genti lateralmente e dorsalmente all'esofago, poco innanzi al suo punto d'origine dall' intestino, vi è un tratto comune che, ristretto anteriormente, si continua poi nel vaso dorsale impari (vena Qua- trefages), anteriore (aorta cefalica od anteriore, Quatrefages e Lessona). Questo vaso presenta, alla sua origine dal cuore, una sorta di sfintere anulare (Meyer), che; quando, per la contrazione delle fibre circolari che lo costituiscono, restringe il vaso dorsale alla sua origine, fa pigliare al cuore l'aspetto caratteristico, visto e disegnato dal Quatrefages (fig. 4, 5, 6, 7 vd, sfa). Il tratto comune del cuore, ora detto a forma di vaso di fiori, o di anfora breve, si prolunga posteriormente, di poco oltre i due lobi laterali (orec- chiette), in una sorta di cavità, breve, coniforme, con l'apice in- dietro, che presenta, dove si restringe posteriormente, un altro sfin- tere (Meyer) (fig. 5 sfp). Questa parte centrale del cuore corri- sponde al Holraum di Meyer — che, egli, secondo il suo modo d' interpetrare il cuore, considera come « eigentlichen Herzkam- mer » — e rappresenta , direi, la parte infero-anteriore (ventrale) del cuore; essendo essa obliquata di tratto da dietro in avanti fra ') Quatrefages. — Etudés ecc., p. 12. -) Kefehstein. — Un ters uchungen ùber niederen Seetbiere, in: Zeitschr. Wiss. Zool., Ed. 12, p. 114, nota 1. 3) Claparède. — Glauuru s, p. 10. — 46 - le due orecchiette. Io la considero come ventricolo per rap- porto a queste (fig. 4, 5, 6, 7 v). L' estremità posteriore del ven- tricolo (di quel tratto d'apparecchio circolatorio che si considera come cuore nei Polyophfhalmus), si continua in un seno (fig. 4, 5 sip) , il quale risulta dalla fusione , dorsalmente all' esofago — dov' esso si continua nell' intestino — di due seni laterali obliqui da avanti in dietro. Questi seni rappresentano la parte terminale di due vasi nascenti latero-ventralmente alla origine dell' intestino , ciascuno da un altro seno formato dalla riunione, in due gruppi laterali, dei vasi del reticolo dell'intestino fig. 4, si). Questo seno ipocardiaco [noto qui che lo sfintere, che lo separa dal cuore, è stato certamente intravveduto dal Quatrefages, poiché questi dise- gna chiaramente una costrizione alla sua origine dal cuore] è quello che Quatrefages considera come terza cavità impari mediana del cuore (oreillette unique), ed è anche quello che Meyer, in rap- porto al ventricolo, chiama ed indica come Vorkammer. Questo seno ipocardiacoèla loggia mediana del cuore che Claparède l) sosteneva non essere altro che « la partie du vaisseau dorsal située en arrière de l'anse contractile du huitième segment » del quale « l' artère (veine) [l'aorta cefalica Quatref.] que M. de Quatrefages fait naìtre entre les deux loges latérales, n' est que la continua- tion en avant de cette mème anse ». Dai due lobi laterali del cuore (orecchiette), partono inferior- mente e lateralmente, formando una piccola ansa ad m , due tron- chi vascolari che, abbracciando lateralmente 1' esofago , vanno a fondersi , ventralmente , per costituire un vaso unico , ventrale (Meyer); la cosiddetta aorta posteriore (Quatrefages) l'aorta addo- minale (Lessona) (fig. 4, 5, 6, td, vv). Meyer, che non ha distinte le orecchiette — i due lobi del cuore — disegna e descrive questi due vasi suddetti come rigonfiati alla loro origine dal cuore (e questi rigonfiamenti sono, appunto, le due orecchiette) e li indica col nome di «impulsirenden Ringgefàsse». Più che questa descrizione varranno a dare una idea chiara delle cose dette i due schemi rappresentati nelle fig. 4 e 5 della tavola annessa a questo scritto. Nel ventricolo del cuore, lungo il suo asse, si trova il cor p o, od organo cardiaco (H e r z k ò r p e r), che è omologo a quello che si osserva nel vaso dorsale di molti Policheti (Ofeliacea Cirratnlidae, Chloraemidae, Terebellidae, Amphictaenidae, Hermel- lidàe) e di alcuni Oligocheti (Mesenchytraeus, Stercutus) e nei Cte- ') Grlanures, ecc., p. 20, nota 1. — 47 - nodrilidi (fig. 6, 7, epe). E questo il « E ò h r e n f ò r m i g 0 r- g a u » osservato e descritto , per la prima volta dal Meyer, ri- visto dal Lessona (organo tubiforme) e che Cuènot ha recente- mente ridescritto x). Le due descrizioni del Meyer e del Cuènot non si accordano del tutto: la funzione di questo organo , dubbia per il primo , è reputata decisamente come di glandola linfatica dal secondo. Completerò la descrizione sommaria di questo organo, elimi- nando le discrepanze fra i due succitati osservatori, ma non in- tendo ora entrare in apprezzamenti circa la sua funzione, perchè dovrò più largamente discuterne e parlarne in un esteso lavoro comparativo sul corpo cardiaco (Herzkòrper) degli Anellidi in generale, al quale attendo da tempo e pel quale ho raccolto larga bibliografìa ed osservazioni. Questo corpo cardiaco del Polyophthaìmus è rigonfio nel mezzo ed occupa, in lunghezza, tutto il ventricolo, estendendosi di poco lateralmente nei due lobi laterali (orecchiette), cioè nella parte ini- ziale di queste che ha la stessa ampiezza di cavità del ventricolo. Anteriormente esso si restringe bruscamente spingendosi nella por- zione iniziale del vaso dorsale , dove si termina in fibrille che vanno ad inserirsi lateralmente e ventralmente , alle pareti di questo (fig. 6, 7, /). Posteriormente si allunga a cono e si estende di un tratto nella porzione iniziale del seno posteardiaco, dove ter- minasi sfioccandosi in fibrille, che si attaccano tutt' intorno alle pareti nel seno suddetto (Cuènot dice posteriormente), e non all'e- pitelio intestinale, come descrive il Meyer (fig. G, /".). Quest'organo isolato e Ubero, per la sua massa, nella cavità del cuore, è solo tenuto in sito per gli estremi, anteriore e posteriore, dalle fibrille descritte. Esso oscilla, col muoversi ed oscillare del cuore, ora a sinistra ora a destra verso i due lobi del cuore; e, senza spostarsi dalla sua po- sizione, si allunga e si contrae ripiegandosi ad S nella sua lun- ghezza con l'allungarsi ed il contrarsi del cuore, le pareti del quale sembrano, nella sistole, aderire al corpo cardiaco. Meyer sostiene che questo corpo, od organo cardiaco, è scavato di un canale longi- tudinale centrale, Cuènot asserisce il contrario, che, cioè, esso è una glandola piena. Dall'esame a fresco io non ho riconosciuto questo canale centrale, né tampoco sui preparati in toto e sulle sezioni; devo perciò confermare l'osservazione di Cuènot. A fresco il corpo cardiaco offre, a piccolo ingrandimento, l'aspetto caratteristico da me disegnato nella fig. G. Esso è costituito di uno stroma con- ') Op. cit.pag. 452-443, FI. XVII, fig. 8. - 48 - nettivale che forma la massa dell'organo e lo involge al tempo stesso, e che, si sfìocca in filamenti esili, numerosi che costitui- scono agli estremi i fascetti di fibre che fissano al cuore il corpo cardiaco. Questi sono paragonabili ai filamenti che in altri Ofeliacei partono tutt' intorno da questo stroma del corpo cardiaco per fis- sarlo alle pareti del cuore; come, p. e, recentemente ha osservato Schaeppi jiqIY Ophelia radiata *) (fig. 6, 7 f). Dal che si vede che io e- scludo che queste sieno fibre muscolari, come le riteneva il Meyer e ripete il Cuénot. In questo stroma suddetto si osservano numerose cellule fittamente addossate fra loro; esse sono tondeggianti, a pro- toplasma granuloso, spesso poco distinte, anche sulle sezioni: i grani del protoplasma sono relativamente grossi (v. fig. 7 che rappre- senta una sezione del corpo cardiaco e del cuore di P. pictus al-, l'altezza della sua parte più larga). E per non entrare in più mi- nuti particolari di struttura, dirò che questa del corpo cardiaco del Polyophihalmus, è fondamentalmente identica a quella dell'or- gano omologo degli altri Anellidi che ho studiati. Nel cuore si osservano pure dei corpuscoli sanguigni (Meyer e Cuénot); ma que- sti io non ho visto staccarsi dalla massa del corpo cardiaco (non solo nei PolyophthalmuSy ma anche in altri Policheti), come sostiene il Cuénot. Il cuore ha pareti assai spesse, più di quelle del vaso dorsale, all'origine del quale esse cominciano ad assottigliarsi ; circa la sua struttura nulla ho da aggiungere alla esatta descrizione del Meyer (fig. 7 epe): solo, a me pare, che le fibre muscolari, che formano la tunica esterna a quella epiteliale propria del cuore a nuclei appiattiti e numerosi (fig. 7 m), non decorrano irregolarmente in diversi sensi, ma sieno principalmente disposte longitudinalmente e circolarmente, essendovene anche di quelle oblique incrociantisi reciprocamente (fig. 7). In quanto ai movimenti del sangue ho da dire che le osser- vazioni del Lessona, pur modificando quelle del Quatrefages , non sono complete. Il sangue, spinto lungo i vasi del reticolo intestinale dai seni terminali (Meyer), arriva, dilatando i due seni anteriori laterali, visibilissimi nella diastole, nel tratto comune di questi (nel seno posteardiaco) che si dilata. Lo sfintere posteriore cardiaco si slarga per la pressione del sangue che penetra nel tratto comune del cuore ') Schaeppi. — Das (Jhloragogen von Ophelia radiata Eine morphologisch- pliysiologische studie, in: Jm. Zeit. /'. NatUnoiss. Bd. 28, p. 266-273, Taf. 19, fig. 34, 35, 36. — 49 — ( nel ventricolo ), ed un' onda sanguigna invade , allora, tutto il cuore : le orecchiette, quindi , si contraggono e, contemporanea- mente, si dilata lo sfintere anteriore del cuore ed il sangue è, in parte, spinto nel vaso dorsale, ed, in parte (maggiore), per i due tronchi obliqui discendenti, nel vaso ventrale. Non appena ciò è avvenuto, le orecchiette si dilatano di nuovo, lo sfintere anteriore del cuore si restringe e ritmicamente si dilata lo sfintere opposto per dare accesso nel cuore alla nuova massa sanguigna accumu- latasi nel frattempo nel seno postoardiaco. Sassari, Giugno del 1895. P. S. Avevo già scritto la presente nota quando nello scorso settembre il Dott. S. Lo Bianco richiamò la mia attenzione sopra di un Polyophthalmus da lui rinvenuto a Napoli non, come d' or- dinario, fra le alghe, ma nella sabbia dove vivono gli Ampliioxus. Una tale differenza di habitat lasciava adito al dubbio che po- tesse trattarsi di una forma diversa dal P. pictus Dujard; ond'io pregai l'amico Lo Bianco di procurarmene sufficienti esemplari per un minuto esame comparativo. Ma ne ho potuti avere una sola volta pochi esemplari, che non è stato finora più possibile di ri- trovarne. Dall'esame di questi pertanto non mi è riuscito poter riconoscere in essi una specie diversa dal P. pictus : dal che si potrebbe, quindi, ricavare che la detta specie, può rinvenirsi an- che nella sabbia. Napoli, Dicembre 1895. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. Lettere comuni a tutte le figure epe — corpo cardiaco sfa — sfintere cardiaco anteriore e — esofago sfp — sfintere cardiaco posteriore epe — epitelio del cuore sip — seno ipocardiaco cpi — epitelio intestinale si — seni laterali gvm — glandole dell' intestino medio td — tronchi discendenti (Meyer) v — ventricolo ( cavità centrale del f — fibrille del corpo cardiaco cuore) % — intestino vcl — vaso dorsale (aorta cefalica, od m — fibre muscolari delle pareti car- anteriore) eliache vv — vaso ventrale (aorta discenden- oo — orecchiette te, aorta posteriore, aorta addo- rm — rima, o solco laterale minale). rti — reticolo vasale perintestinale 50 Tutte le figure riguardano il Polyophtltalmtis picttis Dujardin Fig. 1. Figura d'insieme di un individuo a macchie disposte nella ma- niera tipica (dal dorso) X 6. (pag. 38, 40). » 2. Parte anteriore di un individuo a macchie laterali irregolari (dal dorso) X 8. (p. 40). » 3. Individuo come nella fig. 1. con macchie trasversali laterali pro- lungantisi fra gli occhi laterali , lungo il fianco , oltre la rima laterale, verso la pianta ventrale (di fianco) X 7 (p. 40). » 4. Rappresentazione semi-schematica del cuore e dei , dal fianco » 5. ì vasi che vi arrivano e ne partono (p. 45-46). ; dal dorso 2 » G. Corpo cardiaco osservato a fresco ed in sito: Sist. Zeiss -z^— ,X145 visto di profilo (tutto il cuore è schiacciato dalla compressione fatta subire all'animale) (p. 46-47). » 7. Sezione del cuore all'altezza delle due orecchiette (un poco obli- qua), ricavata da due sezioni consecutive, per mostrare l' ubica - 3 zione e l'aspetto del corpo cardiaco : Sist. Zeiss — ,X 200, ca- 2 mera chiara Dumaige; particolari - =- X 390 (p. 45-47). » 8. Una delle macchie trapezoidali dorsali: Sist. Zeiss-"— ,X 50, ca- 2 mera chiara Dumaige ; particolari — =- ,X 390 (p. 41). » 9. Metà di una macchia dorsale, e macchie laterali della metà cor- rispondente del corpo per mostrare la differente disposizione del pigmento ; ingrandimenti come nella figura precedente (p. 41). » 10. Schema rappresentante la serie di variazioni delle macchie tra- sversali laterali dalla forma tipica, a quella nella quale esse man- cano del tutto (p. 40). Intorno ad una sostanza colorante della Salpichroma rliomboidea Miers — Nota di F. Balsamo (Tornata del 14 giugno 1896.) La Salpichroma rliomboidea *) è una solanacea originaria del- l'America meridionale e che, importata tra noi, si è straordinaria- mente moltiplicata e diffusa dapertutto nel nostro Giardino bo- tanico. È un suffrutice a fusti prostrati , con piccoli fiori bianchi, quasi senza odora; i suoi frutti sono delle bacche ovali, bianche che hanno un piacevole odore, che ricorda quello delle fragole o meglio, forse, l'odore dei semi della Nigella damascena. Essendomi occupato a studiare questa specie, allo scopo di seguire lo sviluppo del frutto, mi è occorso di notare nel disco nettarifero del fiore la presenza di una sostanza colorante gialla la quale, per le sue proprietà, potrebbe essere capace di utili ap- plicazioni. Il disco nettarifero del fiore, a completo sviluppo, si mostra di un bel colore rosso cocciniglia ; colore che acquista a poco a poco, poiché apparisce eli color giallo quando il fiore è ancora in bottone. Fatta una sezione trasversale nel detto nettario si vede questo , al microscopio, costituito esternamente da uno strato di cellule ellittiche o subclavate, al di sotto del quale vi è il tessuto glandolare fatto di cellule rotondeggianti, quindi quasi poliedri- che, contenenti una sostanza colorante rosso-rubino. Questa so- stanza, solubile nell'acqua, cui comunica un bel colore giallo, ha un intenso potere colorante; basta un solo nettario , che ha ap- pena pochi millimetri di superficie, per colorare in giallo alcuni centimetri cubici di acqua. ') Atropa rliomboidea Gill. et Hook, in Hook. Bot. Misceli. I, tab. S7;—S:d- pichroa Miers in Hook, Journ. Lond. TV, 321. — Salpichroma Miers inde — Bu- beckea Mart. Cat. H. Monac. 1829. — Salpichroma Rhomboideum Dura, in DC- Frodr. XI IT, 1. 474. — 52 — Non avendo trovato nessuna nota su questa sostanza colo- rante negli autori che hanno descritta la specie, mi sono occupati a studiarne i caratteri, sperando di trarne qualche utile appli- cazione. La sostanza gialla in questione, coll'acqua dà una soluzione gialla intensa non appena ne viene a contatto: è quasi senza o- dore e di reazione neutra. È solubile ancora nell'alcool assoluto ed allungato ancora più facilmente, con colorazione giallo d'oro, pochissimo solubile nell'etere; insolubile nella benzina e nel clo- roformio. La soluzione alcoolica è leggermente fluorescente in giallo arancio. La soluzione acquosa presenta una grande resistenza agli a- genti chimici. Trattata con l'acido solforico, cloridrico , cromico, tartarico, dopo 24 ore non ha presentata nessuna alterazione nel colore. Solo l'acido azotico, dopo qualche istante, la scolora com- pletamente. Gli alcali (ammoniaca, potassa, soda etc.) non producono nel colore cambiamento di sorta. Una reazione caratteristica presenta la sostanza colorante colla tintura di cianina; questa dà una colorazione rosso porpora colla soluzione alcoolica e rosso vinoso sporco colla soluzione acquosa; in straterello sottile la soluzione è verde. Tracce di cianina ba- stano a produrre la colorazione verde nella soluzione della so- stanza colorante. Il potere colorante di detta sostanza è mostrato dal fatto che diversi tessuti si colorano direttamente in giallo più o meno intenso, specialmente il cotone, senza nessun mordente od appa- recchio. Il colore rimane inalterato per esposizione all'aria ed alla luce e quindi è molto più stabile delle altre tinte gialle vegetali. Stante la resistenza della sostanza colorante ai mezzi chimici, son d'avviso che tale sostanza potrebbe essere applicata, con buon risultato, alla tintura delle stoffe, in luogo dello zafferano e della curcuma; sostanze che risentono 1' azione degli acidi e degli al- cali. Ognun sa che 1' elevato prezzo dello zafferano deriva dalla difficoltà della raccolta , dallo scarso rendimento delle culture e dalle cure che vi si debbono spendere.. Ora la Salpichroma è una pianta assai rustica, che si propaga da sé senza bisogno di cul- tura sol che si trovi in buon terreno. La sua fioritura abbondante e l'intenso potere colorante dei suoi nettarli compensano la pic- ciolezza dei suoi fiori i quali, per altro , spiccano benissimo, es- s nido bianchi, sul fondo verde cupo delle foglie. Io credo che la raccolta di questi fiori, fatta por mezzo di lunghe pinzette di le- — 53 — gno e di metallo, non sia più difficile di quella degli stimmi dello zafferano, e quindi potrebbe formare oggetto d'industria/ La rac- colta a mano riesce più difficile , poiché le piccole corolle orcio- late della Salpichroma facilmente si staccano dal peduncolo cui è saldato il nettario. 'Condizione adunque essenziale per la raccolta è di staccare i fiori con i loro peduncoli, e vi si riesce appunto per mezzo delle pinzette. L'estrazione della sostanza colorante do- vrà farsi per espressione, trattando i fiori con l'acqua, onde non venga inquinato il colore dalla presenza della clorofilla, clie tro- vasi nei peduncoli e nei piccoli calici del fiore. A compimento di questa breve nota cercherò di studiare, sul materiale che potrà fornirmi l'Orto Botanico, le migliori condizioni di preparazione della sostanza colorante onde vedere se convenga agli scopi in- dustriali. Napoli 15 giugno 18(J(J. Le cause predisponenti alle localizzazioni batteriche nel cervello — Ricerche di Gr. Bernabeo 1). (Tornata del 14 Giugno 1896). Scopo del lavoro E noto che il cervello è un terreno adatto per l'attecchimento dei microrganismi. Studi sperimentali, osservazioni cliniche, reperti anatomo-patologici e ricerche batterioscopiche lo provano ad evi- denza. Le prime inoculazioni sperimentali di materiale infettivo nel cervello furono praticate da Deutschmann *) e riguardano la tu- bercolosi. Le sue ricerche, fatte con gocce di pus, tolte da un gi- nocchio affetto di artrite tubercolosa, avevano lo scopo di studiare le alterazioni consecutive nel globo oculare. Tutti gli animali ino- culati presentarono (oltre alle lesioni dell'apparato visivo, di cui l'autore quasi esclusivamente si occupò) una tubercolosi delle me- ningi e del cervello. Nel 1887, il Daremberg 2) pubblicò due lavori sullo stesso argomento. Egli riferisce esperimenti fatti specialmente su coni- gli, cavie, polli e piccioni, inoculando , sempre nel cervello, ora prodotti tubercolari , ora culture pure. Sia per il risultato degli esperimenti, sia per le conclusioni generali che l'autore ne trae, le due note di Daremberg sono abbastanza tra loro discrepanti, quantunque pubblicate nello stesso anno. Così, nel primo lavoro egli scrive: « Il est donc bien avere que les cultures pures desba- cilles tuberculeux déterminent une tuberculose generalisée chez le !) Questo lavoro forma parte della mia tesi di pareggiamento in Patologia speciale Chirurgica nella R. Università di Napoli : « Le cause predisponenti alle localizzazioni batteriche nel cervello e cura dell'ascesso cerebrale » (Stab. Tip. stereotip. A. Morano, Napoli, 1896). — 55 — cóbaye camme cìiez le lapin, mème par la voie crànienne, qui est loin (Vètre la plus favor alle » Nella seconda nota, invece, viene a dire: « ces faits démontrent que la voie crànienne est une voie sur e d'infection generale tuberculeuse! » Ma, co- munque sia, sta il fatto che colle inoculazioni nel cervello, egli ha ottenuto spesso meningiti tubercolari, ora seguite, ed ora non, da tubercolosi miliare generalizzata. Il de Renzi s), allo scopo specialmente di studiare la tuber- colosi delle meningi, ha fatto delle esperienze, dalle quali risulta che sia l'emulsione di glandole linfatiche tubercolari, sia l'emul- sione di bacilli ottenuti in coltura pura, inoculate nelle meningi, danno una meningite tubercolare, ora con tubercolosi generaliz- zata, ora senza. Vassale 4), inoculando la tubercolosi nel cervello di due cavie, ottenne la morte in 10-13 giorni, senza tubercolosi generale. Ma ciò che qui pur preme di notare è che quest' autore si convinse in tale modo dell'efficacia dei centri nervosi, come terreno di at- tecchimento microbico, da adoperare il midollo spinale di un bue quale terreno di cultura per i varii microrganismi e, fra questi, anche per il bacillo tubercolare. A. Tedeschi 5), dalle sue ricerche sperimentali sulla inocula- zione della tubercolosi nei centri nervosi, viene, tra le altre, alle seguenti conclusioni : 1.° che gli animali predisposti (cavie, conigli, gatti) alla tu- bercolosi, inoculati con virus tubercolare nei centri nervosi, muoiono in un tempo minore di quello necessario ad ucciderli con la ino- culazione per le vie usate ordinariamente (cute, peritoneo) ; 2.° che gli animali molto resistenti al virus tubercolare (cani, Mas decumanus, varietà albina) soccombono alla inoculazione del virus tuberculare nei centri nervosi. Schrader e Kummel °) riferiscono le loro esperienze di ino- culazioni dirette, nel cervello di cani, con culture tubercolari. Lo scopo fondamentale del lavoro è quello di determinare la natura ed il decorso dei disturbi funzionali successivi alla produzione di un focolaio infiammatorio in una data area corticale. Ma, oltre a questo scopo che si era prefisso, il lavoro di Schrader e Kummel raggiunse implicitamente l'altro di provare, ancora una volta, che il cervello è un terreno propizio all'attecchimento del bacillo tu- bercolare. Ma non soltanto al bacillo della tubercolosi 1' encefalo può dare ricetto : le ricerche sperimentali si estesero ad altri micror- ganismi ed una serie di lavori provano oggi che le inoculazioni — 56 — dirette nel cervello di quasi tutti gli altri batterli patogeni rie- scono di rado negative. Così, Friedmann 7), da esperimenti su conigli e colombi, tra le altre conclusioni, trae questa : « che in seguito all' introduzione di materiale settico nel cervello, si svilupa un processo suppura- tivo, che dà luogo ad un ascesso ». Nel 1891, Molinowsky 8) pubblicò il lavoro « Sugli ascessi cerebrali rjrodotti artificialmente » . La formazione dell' ascesso, che fu osservato nel minor numero dei casi, veniva favorito pra- ticando, alcuni giorni prima dell' iniezione e nello stesso sito dove questa dovevasi fare, una puntura con ago sterilizzato ; la pun- tura di per se sola, se non seguita da iniezione, non dava ascesso. Martinotti e Tedeschi 9), allo scopo di studiare 1' effetto del- l' inoculazione diretta del carbonchio nei centri nervosi, intrapre- sero delle esperienze, delle quali i risultati principali si possono riassumere nel modo che segue : 1.° gli animali molto sensibili al carbonchio (coniglio, ca- via) soccombono all' inoculazione nei centri nervosi più rapida- mente di quelli inoculati per altre vie ; 2.° gli animali che sono, se non immuni assolutamente, molto resistenti all' infezione carbonchiosa (cane, Mus decumanus, o topo bianco) periscono rapidamente allorché vengono inoculati nel modo suddetto ; 3.° gli animali, che , come i piccioni , godono di una im- munità assai relativa verso il carbonchio, soggiacciono costante- mente all' inoculazione nei centri nervosi di un virus, che non uc- cide gli animali di confronto, inoculati sotto la cute. Nel 1893, il Tedeschi l0) studiò gli effetti della inoculazione del virus della morva nei centri nervosi, adoperando , presso a poco, lo stesso metodo sperimentale usato col Martinotti , nelle esperienze sul carbonchio. Le principali conclusioni , nelle quali possono essere riassunti i fatti osservati, sono tutte favorevoli al- l' attecchimento. La trasmissione della lebbra agli animali, che come dichiara Wolters a pag. 181 del suo pregevole lavoro "), era riuscita sem- pre negativa per tutte le altre vie d' inoculazione, pare sia riu- scita positiva al Tedeschi 12), che inoculò il materiale leproso nei centri nervosi. Le innumerevoli esperienze, susseguitesi dopo il 1881 nel la- boratorio Pasteur e confermate poi da tutti coloro che han stu- diato la quistione, dimostrano che i centri nervosi (cervello, mi- delio spinale, specialmente il bulbo) sono sode di predilezione del _ 57 — virus rabbico e che il modo più adatto per la trasmissione speri- mentale di questo morbo è quello appunto dei centri nervosi. La virulenza dei centri nervosi nella rabbia è stabilita su esperienze talmente numerose, che non ammette discussioni ; è chiaramente dimostrato che 1' inoculazione di una particella di bulbo di un cane arrabbiato sotto la dura madre di un cane sano, provo- ca in questo lo sviluppo della malattia ; il risultato, tranne rare eccezioni, è costante. Adunque, dai risultati delle ricerche suesposte emergerebbe che per molti microrganismi patogeni il cervello costituirebbe il sito più favorevole, da cui, dopo avvenuta la introduzione della sostanza infettiva, si otterrebbe la infezione generale. Se dal campo sperimenlale passiamo in quello anatomo-cli- nico, troviamo un ricco corredo di osservazioni comprovanti le lo- calizzazioni batteriche nel cervello. E nelle meningi che la clinica vede localizzati di preferenza i diversi batterli patogeni : ma si comprende di leggeri che, nel tempo stesso, una certa invasione avviene anche sulla corteccia (meningo-encefaliti), senza dire dei casi, bene studiati, di encefa- liti acute, genuine, primarie o secondarie, che pure di frequente s' incontrano nel campo clinico. Tali encefaliti acute, per lo più, sono circoscritte, e la loro trasformazione in ascesso è di regola. Perciò la storia dell' ence- falite acuta si confonde con quella dell' ascesso del cervello. I due casi di encefalite acuta primitiva, descritti da Strùmpell 13) , nei quali avvenne la morte senza che si fosse formato 1' ascesso, sono eccezionali (Brissaud). I primi tentativi di ricerche batteriche sulle meningiti sono dovuti a Klebs 14). I suoi lavori aprirono la via alle conquiste po- steriori, e d'allora una serie copiosa di lavori è venuta ad arric- chire la letteratura di questo argomento. Eberth 13), subito dopo Klebs, trovò, in un caso di meningite con pneumonite, mono-e ci i p 1 o-c o e e h i sia nell'essudato menin- geo, che nel pillinone. Egli fu il primo ad indicare nettamente la relazione , tanto discussa , tra la meningite e la pulmonite. Anche Leyden 16) nel 1883, e Leichtenstern 17) nel 1885, tro- varono cocchi in casi di meningite cerebro-spinale. Senger Is), in cinque casi di meningite purulenta, secondaria a pulmonite, osservò numerosi cocchi, muniti di capsula. Nel 1885, in un caso di meningite cerebro spinale epide- mica , consecutiva ad una polmonite, Frànkel 19) constatò la pre- senza di un diplococco capsulato, identico al d i p 1 o- — 58 — coccus pneumoniae. Weichselbaum ") aveva nel 1881, di già fatto la stessa osservazione , e Foà e Borcloni-Uffreduzzi a) confermavano subito la scoperta. Era così dimostrato che la meningite poteva essere data dallo pneumococco eli Frànkel , da quello stesso microrganismo, cioè, che dà la pulmonite franca. Dippiù, sia che la meningite accompagni o segua la pneu- monite, si è trovato sempre lo pneumococco di Frànkel così nelle meningi come nell' essudato pulmonare. Senger, Frànkel, Foà e Bordoni-Uffreduzzi, Netter, Hauser 22) concordano nelle loro ricerche sul riguardo. Siron e Josuè 23) hanno riferito, l'anno scorso, un caso di ascesso cerebrale multiplo da pneumococco. In primo tempo si era trattato di una pulmonite acuta ordinaria ; di là i germi, penetrati in cir- colazione, si erano localizzati nel cervello. Il Leyden prima, ma, in maniera più completa il Netter 24) e, subito dopo di lui, il Weichselbaum, segnalarono un fatto nuo- vo, cioè, che le meningiti da pneumococco di Frànkel, oltre che seguire secondariamente ad una pneumonite acuta, possono an- cora sorgere primitivamente, senza localizzazione precedente del microrganismo nel pulmone. Senger, Foà, e Bordoni-Uffreduzzi 25) Renvers 26), Monti 27), Bozzolo 28), Bonome 20), hanno osservato casi di questa natura. V ha pure una osservazione, la quale sta a dimostrare che lo pneumococco può prima fissarsi sulle meningi e poi consecuti- vamente, attaccare i pulmoni (Tizzoni e Mircoli) 3"). Ma vi è un numero piuttosto considerevole di casi, in cui è stata descritta la presenza di microrganismi differenti dallo pneu- mococco di Frànkel. Tale sarebbe ilmeningococco o strep- tococco lanceolato eli Foà e Bordoni-Uffre- duzzi. È un microrganismo che differirebbe leggermente dallo pneumococco di Frànkel, sia per i caratteri delle culture, sia per le proprietà patogene : gli autori riguardano questo microrgani- smo come una varietà, che chiamano fibrinogena o set- ti e a ; lo pneumococco di Frànkel sarebbe la varietà edema- togena o tossica. Così pure, probabilmente, deve conside- rarsi come una varietà del diplococco lanceolato o di Fràn- kel, il Diplococcus i n t r a e e 1 1 u 1 a r i s meningitis di Weichselbaum 31) che ha la proprietà di trovarsi entro le cel- lule, specialmente negli essudati purulenti , e che si differenzia dallo pneumococco per la forma delle colonie , perchè perde il colore col metodo di Urani , e si dimostra meno patogeno. — 59 — È stato trovato parecchie volte : in (5 casi dall'autore, in 2 da Goldsmith 32), in 2 da Netter 33) senza coltivarlo, in 1 da De Blasi e Russo Travali 34). Un'altra forma, pure molto simile allo pneu- mococco, sarebbe il d i p 1 o s t r e p t o e o e e o della menin- gite, descritto dal Bonome 3s) in una piccola epidemia nei din- torni di Padova , e se ne distingue solo perchè non cresce nel siero di sangue e perchè nell'agar dà colonie con centro granu- loso e con numerose strie concentriche ondeggianti alla periferia. Il Micrococcus pneumoniae di Friedlander si è tro- vato, anch'esso, nei reperti batterioscopici delle meningiti, come attestano le osservazioni di Babes 3(5) e di Netter. Dippiù, Foà, Rattow e Zaufal hanno sperimentalmente, col microcooco pneumonico di Friedlander, riprodotto la meningite. Un altro reperto nelle meningiti è rappresentato dai comuni cocchi della suppurazione; i quali, però, malgrado la loro gran- de diffusione, raramente vi si trovano. E quante volte si è con- statata la loro presenza, quasi sempre sono accompagnati ad al- tre specie di microrganismi. Lo streptococco piogeno da solo è stato trovato in 1 caso da Krause 37), in 1 da Frànkel 38), in un altro de Neumann Schàffer 39) in 1 da Netter 40), pure in 1 , infine , da Hanot e Luzet 41): e tutte queste meningiti erano consecutive a pulmonite. Eskridge e Parkill 42) coltivarono lo streptococco piogeno da solo nel pus di due ascessi cerebrali, determinati da emboli settici. Gli stafilococchi piogeni, da soli, si trovano ancor più rara- mente. Una osservazione, rimasta unica e che, tuttavia, è molto discutibile, si deve a Galippe 43). Oltre alle suesposte, altre numerose specie di batterli trovano nel cervello e nelle meningi un luogo adatto di attecchimento. Ricordo appena le meningo-encefaliti determinate dal bacillo tubercolare : esse sono così classiche e così poco rare, che oggi sono conosciute in tutta la loro essenza. Su un fatto mi piace richiamare l'attenzione : finora si era ritenuto che il bacillo tu- bercolare non fosse capace di determinare una suppurazione fran- camemte flemmonosa e che, se ciò avveniva in un focoloio tuber- colare, la ragione bisognava trovarla nell'intervento di altri bat- terli. Ora, l'osservazione di Frànkel e quella di Rendu e Boulloche starebbero a provare la non esattezza di tal modo di vedere. Oggi è dimostrato « che senza intervento di nessun altro microbo, il bacillo della tubercolosi è capace di determinare una suppura- zione francamente flemmonosa, invece dell'essudato caseoso, che s'incontra nella maggior parte dei casi di tubercolosi cerebrale » 44). — 60 — Ma, prescindendo dal bacillo tubercolare, io voglio qui dire specialmente delle meningiti ed encefaliti determinate da bacilli diversi da quello della tubercolosi. Neumann e Schaffer 4"J) isolarono un bacillo rassomigliante molto a quello di Eberth. Nel 1888, Eoux 4,;>, di Lione, ha pub- blicato due osservazioni analoghe ; le culture fatte dalla milza diedero luogo a colonie assai simili a quelle del bacillo di Eberth. Dello stesso genere sono i reparti di Chantemesse e Widal, Balp 47 1, Mensi e Carbone 4s), Netter, Adenot 49>, Vaillard e Vincent, ecc. Questi autori hanno, inoltre, constatato un fatto importante, cioè, che il bacillo di Eberth può primitivamente localizzarsi alle me- ningi e diffondersi quindi al resto dell'organismo. Si potrebbe, in altri termini, avere una meningite tifosa primaria. In base a tali fatti, il Roussel 50) vorrebbe stabilire una sindrome fenomenica spe- ciale col nome di tifo cerebrale, già rilevato dagli antichi, il quale non differirebbe dall'ileo-tifo ordinario che per l'assenza dei sintomi addominali. Il Bacterium coli commune si comporta come quello di Eberth: lo si trova a dare gli stessi fatti , lo si riscontra con pari fre- quenza. D'altra parte, non sappiamo quanto si debba al bacillo del tifo e quanto al B. coli in tutte le osservazioni riferite. Solo in pochi casi (es. quello di Mensi e Carbone) abbiamo uno studio differenziale, fatto sulla guida delle recenti scoperte di batte- riologia. Si può , ad ogni modo , ritenere che i bacilli di Eberth e il gruppo di bacilli compresi sotto il nome generico di B. coli, ab- biano la possibilità di localizzarsi nel cervello e nelle meningi e determinare dei disordini variabili. In due casi di meningite cerebro-spinale primitiva, genuina, non accompagnata da altro microrganismo, il Centanni 51) ha tro- vato un bacillo patogeno che egli chiama Bacillus a'érogenes me- ningitidis. Si è trovato pure nel cervello il bacillo d e 11' i n f 1 uè nz a. Fu Leichtenstein il primo a segnalare , clinicamente , i disturbi cerebrali da localizzazione nell'infezione da influenza. Pfuhl portò alle ricerche cliniche il conforto batteriologico. Ma, date le con- dizioni difettose in cui furono compiuti tali studii, essi non erano attendibili. Dobbiamo a Nauverk 52) una ricerca scrupolosa su di questo argomento, poiché ha assodato la certezza di focolai del bacillo di Pfeiffer nel cervello. Bristowe rj3) cita due casi di ascesso cerebrale , dovuti ad influenza , e parla di altri tre casi in cui l'influenza ebbe esito letale, con sintomi di lesioni cerebrali, pro- babilmente dovuti a suppurazione. — GÌ — Al Congresso eli ginecologia, tenuto a Bordeaux nell'agosto ultimo, Ferré e Faguet 54) hanno riferito il risultato di un esame da essi fatto sul pus di un ascesso del cervello, che s'era svilup- pato nel centro ovale di sinistra ed aveva determinato paralisi dell'arto superiore ed inferiore destro. Il pus conteneva un pa- rassita che presentava vere ramificazioni e terminazioni a forma di bottone. Questo aspetto avrebbe autorizzato gli autori ad an- noverarlo fra le Strept otr icee , che sono state studiate ulti- mamente da Eedois e Sauvageot. Coltivato in gelosio, il paras- sita ha dato culture sotto forma di colonie a chiodo. Martha :J0) trova che le suppurazioni cerebrali possono pure essere dovute al bacillo piocianico, e Kanthak cita l'influenza di bacilli saprogeni. Il microrganismo della sifilide tiene, anch'esso, la sua larga parte nelle localizzazioni del cervello. Lo stato attuale delle nostre cognizioni non ci permette asserire se il microrganismo della sifìlide sia propriamente quello descritto da Lustgarten 50) od altro , ma si può affermare con certezza che la sifìlide è di natura parassitaria e che il microparassita ha- la proprietà di lo- calizzarsi nel cervello. La prima descrizione di una localizzazione sifilitica nel cervello riguarda i corpi mammellari e proviene, se- condo Heubner 57), dal Ballonius (Baillon), verso il principio del 17.° secolo. In quest' epoca troviamo il Guarinoni, che parla di gomme e e r e b r a 1 i, e le lettere del Morgagni indicano il rapporto tra la sifilide e certe affezioni nervose. Ma le ricerche intorno a quest'argomento trovarono in Hunter un ostacolo al loro sviluppo. Quest'autore mise in dubbio la suscettività del r avello per la si- filide, e, data l'autorità di lui, i ricercatori del tempo non si oc- cuparono più di questo studio. Dobbiamo alle ricerche di Lalle- mand, Schutzenberger 58), Zambaco 59), Virchow, Baumgarten c'°), Leon Grose Lancereaux 01), Jackson 62), Fournier °3), Birch-Hirseh- feld ,;4), Strumpell 65) ecc., ecc., se la dottrina della sifilide cere- brale ha preso solidamente il suo posto nel patrimonio stabile della scienza. Nel 1885 Lustgarten Gtì), in un deposito gommoso della dura madre, trovò dei bacilli ben caratterizzati, i quali sa- rebbero conformi a quelli da lui trovati in altre neoformazioni celtiche e nel segreto delle ulcere sifilitiche. Questa scoperta se- gnerebbe l'inizio del periodo parassitario delle localizzazioni ce- rebrali sifilitiche. Fin qui delle meningiti ed encefaliti dovute ad una sola specie di microrganismi. Ma vi sono pure quelle, nel cui reperto batterioscopico si trovano due o più specie di batterli. Sarebbero — 62 — le cosiddette meningiti ed encefaliti miste. Sembra che il micror- ganismo che entra in seconda linea sia , d' ordinario , uno della suppurazione (streptococco, stafilococco). In tutti i casi, come ho accennato, è più frequente trovare i batterli della suppurazione associati ad altre specie, anziché da soli. Il Monti 6?), in seguito ad osservazioni cliniche e ad esperimenti, conchiude che le infe- zioni meningee miste debbono essere attribuite ad una infezione secondaria da parte dei cocchi piogeni, e questa infezione secon- daria si produrrebbe in epoca , in cui il processo meningeo è di già in atto per altro batterio. Tale conclusione sembrerebbe corroborata dalle osservazioni di Renvers, di Netter , di Roux, di Vaillard e Vincent. Lo stafi- lococco piogeno aureo era presente , in un caso del Banti °8) in- sieme all'albo e allo streptococco piogeno; in 2 casi del Monti 69) era misto allo pneumococco; in un caso del Netter 70) (meningite consecutiva a ferita d' arma da fuoco) lo stafilococco si trovava commisto , come nei due casi del Monti , allo pneumococco. Il Babes 71), in un caso, descrive lo stafilococco piogeno aureo asso- ciato al citreo, che però non liquefaceva la gelatina, ne era pato- geno; in altri casi , lo stesso autore ha trovato lo pneumococco misto allo stafilococco. Il Mircoli 72) trovò in un caso di meningite i comuni stafilococchi uniti al bacillo piogeno fetido. Vaillard e Vincent hanno trovato lo streptococco insieme ad un bacillo, molto simile a quello di Eberth, nella meningite di un individuo, che morì con tutti i sintomi di una febbre tifoidea senza che , all' autopsia, si siano potute riscontrare lesioni intestinali. Ortmann 73), in un caso di meningite, comparsa in seguito ad un polipo nasale cangrenato, ottenne, oltre allo pneumococco, il bacillo pseudodifterico. Le vie per le quali tutte le dette specie di microrganismi possono arrivare alle meningi e al cervello sono dal Netter 74) di- vise in due grandi categorie, ciascuna delle quali risponde ad una classe di meningite : 1.° meningite da infezione diretta ; 2.° me- ningite metastatica o da infezione generale. Meningite da infezione diretta. — La teoria dell'infe- zione diretta ha preso un grande sviluppo dopo le ricerche so- pra i microbi delle cavità naturali. Per l'infezione diretta, oltre alle lesioni di continuo, trauma- tiche o di altra natura, del cuoio capelluto, oltre alle lesioni, in generale, delle ossa craniche, si può ritenere che vi sieno quattro — 63 — vie principali: J. la via auditiva; 2. la via nasale; 3. la via fa- ringea; 4. la via oculare. Vie auditive. — I batterli possono giungere all'orecchio me- dio per più strade (la tromba di Eustachio , il condotto uditivo esterno, le lesioni ossee esterne), e, a seconda della maggior fre- quenza dell'una o dell'altra specie di batterli nel pus, Netter clas- sifica le otiti in quattro gruppi: 1.° otiti dovute a streptococco piogeno ^Netter 75) Zaufal 76), Moos 77) Holst 78) Dunin) 79). 2.° otiti dovute a pneumococco di Frankel (Netter, Zau- fal, Leyden, Senger, Weichselbaum). 3.° otiti causate dallo pneumobacillo di Friedlànder, (Zaufal). 4.° otiti da stafilococchi piogeni (Fraenkel e Simmonds, Dunin, Rolirer 80). Netter). A queste quattro categorie di otiti possiamo aggiungere le otiti, dovute al bacillo di Eberth (Macé), quelle causate dal ba- cillo dell'influenza, infine, le otiti sifilitiche e le tuber- colari. Dall'orecchio 1' accesso alle meningi può aver luogo in più maniere : per la mucosa del condotto , quando essa è in modo qualsiasi alterata , per la via del seno venoso , per contiguità a mezzo di un tumore, per la via del nervo facciale. In casi di culesteatoma della rocca, che metteva in comunicazione la cavità uditiva e la cavità cranica, Klebs 81) e Netter 82) videro prodursi una meningite suppurata, i germi della quale si erano fatto stra- da attraverso il tumore. Il Gradenigo 83) ha notato, lungo il nervo acustico, un essudato emorragico e purulento che penetrava entro le fibrille nervose , ed ha constatato la propagazione dei germi infettivi lungo la guaina del nervo e , per esso, 1' essudato fino al ganglio genicolato. Netter ha pubblicato una osservazione di meningite suppurata in seguito ad otite da streptococco, e pare che sia questa forma di otite la più temibile per le complicanze meningee. Immediatamente dopo, sotto il punto di vista di que- ste complicanze , verrebbero le otiti da pneumococco ( Leyden, Netter, Senger). 1 processi infettivi dell'organo dell'udito sarebbero la causa più importante delle encefaliti suppurative. Ad essi si dovrebbe, secondo Lebert, un quarto degli ascessi cerebrali; secondo Rey- nold, Ball e Krishaber un terzo; la metà secondo Thomas Barr s4> ■più delia metà, secondo Luciano Picquè e C. Février 8f}). Va, in- fine, notato il fatto che in clinica, molto spesso, esiste 1' origine — 64 — auditiva di un ascesso cerebrale e non si sospetta; l'autopsia sol- tanto ne farebbe accorto. 2.a Vie nasali. — Sono, anch'esse, un luogo di transito per i batterli, che possono dar luogo a meningiti. Le specie di bat- terli, che si sono riscontrate nelle fosse nasali sono varie : mol- teplici sono i lavori che si sono occupati di queste ricerche. Uno dei primi, e tra i più importanti, è quello di Besser 8C), il quale ha studiato i microbi, contenuti nelle fosse nasali ed ha trovato, tra gli altri, lo pneumococco di Frànkel. Lo stesso autore, in un caso di suppurazione dell'antro d'Higmoro, terminata con menin- gite suppurata , ha constatato la presenza dello pneumococco e dello streptococco piogeno. Vignai , Netter, Thost 87) hanno con- statato fatti analoghi. E permesso, dunque, l'ammettere la possibilità da parte dei microbi di passare qualche volta dalle fosse nasali e dai seni del cranio alle meningi. Orlandi 88) ha trovato in una autopsia , un ascesso del cervello in seguito a rinite tubercolare. Ma la quistione un pò ardua è quella relativa al cammino, che i batterli tengono in questa propagazione. Netter ed Iscove- vesco 89), in un caso molto dimostrativo, hanno citato una menin- gite da pneumococco per propagazione: l'infezione era avvenuta per un tumore cranico inserito sull'etmoide e sporgente nelle fosse nasali. Altra volta si è visto una meningite suppurata coincidere con un tumore del corpo pituitario , che inviava un prolunga- mento alle fossi nasali (Chiari) 90). Nei casi di tumori, dunque, la semplice contiguità può essere sufficiente a spiegare la propaga- zione dei germi. In altri casi sarà qualche altro tessuto a favo- rire il passaggio. Così , i germi possono trovar una via favore- vole per i nervi, a quella stessa guisa che la trova il virus rab- bico; e in tali circostanze è invocata così la guaina dei nervi, come il tessuto congiuntivo peri vascolare ; nonché la guaina lin- fatica pericapillare di Robin. Netter, infatti, ha trovato lo pneu- mococco nelle guaine linfatiche dei nervi in un caso di menin- gite suppurata. In un caso di pneumonite. Thue 91) ha visto una via linfatica piena di pneumococchi. Dalle cavità dei seni cranici i germi penetrerebbero nella so- sostanza cerebrale, seguendo gli spazii linfatici di His (Senger). Secondo Senger istesso, non parrebbe che i vasi sanguigni sieno una via prediletta di propagazione per i germi, ma sarebbe tale il tessuto connettivo lasso perivasale. Due volte l'autore ha tro- vato un piccolo vaso sanguigno obliterato da batterli; ne ha in- contrato un gran numero nelle anfrattuosita dei plessi coroidei e — 65 - nell'ependima dei ventricoli. In altri casi, infine, l'infezione si fa- rebbe attraverso un trombo od una flebite , da punti diversi di partenza, L'eresipela del cuoio capelluto si propagherebbe a que- sta guisa. 3.a Vie faringee. — S'incontra su di esse un numero considerevole di batterli, e, dati i rapporti che la cavità bucco- faringea ha colla cavità del timpano, si comprende di leggeri come essi possano penetrare nell' apparecchio uditivo per la tromba di Eustachio e dare gli accidenti dei quali abbiamo parlato. 4.a Vie oculari. — Sono le vene orbitarie, specialmente le oftalmiche , quelle che trasportano i germi alle meningi nei casi di infezioni dell' orbita. Il nervo ottico e le sue guaine sono un' altra via di propagazione , che va tenuta in gran conto. Il nervo motore oculare esterno è stato indicato , pure esso , come mezzo di propagazione dell' agente patogeno (Leber). Ma oggi , grazie all' antisepsi, le meningiti da infezioni oculari ed orbitarie sono di molto più rare. Meningite da infezione generale. — E il sangue che nelle menengiti metastatiche porta il microrganismo alle meningi e al cervello. In alcuni casi il sangue può portare il microrga- nismo patogeno al cervello senza che, propriamento parlando, vi sia una infezione generale. Così, una bronchiettasia, una cangrena pulmonare, un enfisema, un focolaio tubercolare nel polmone, una endocardite vegetante, una bronchiettasia fetida (Biermer, Meyer, Noether, Hanot e Boix), una osteomielite, un flemmone diffuso . una pulmonite suppurativa , una pleurite purulenta , un' adenite cronica, un ascesso delle vertebre, una metrite, una appendicite, ecc., possono determinare una encefalite, una meningite per mezzo di un embolo settico. Ma, sopra tutto, le meningiti e le encefaliti metastatiche si riproducono nel corso delle infezioni generali. Può avverarsi uno dei due fatti : o una localizzazione sem- plice del microrganismo della malattia principale o la localizza- zione di un germe diverso da quello, che tiene la infezione ge- nerale in atto. In ogni infezione 1' organismo può trovarsi e, di- rei quasi, si trova sempre, in condizioni o da presentare, nel sito di localizzazione, un favorevole terreno all' attecchimento di altro germe patogeno, oppure da offrire la facilità a questo di pene- trare nel circolo. Da ciò può derivare che la localizzazione infet- tiva nel cervello sia dovuta non già al germe specifico della ma- lattia primitiva, ma a quello che penetra in circolo direttamente dal sito infetto, oppure soltanto dopo attecchimento nello stesso, sito. — 66 — Se il cervello si trova nelle condizioni normali di nutrizione, di resistenza organica, di integrità anatomo-fìsiologica può essere, in speciale modo , un terreno favorevole per 1' attecchimento di un germe infettivo, che circola nel sangue ? Due ordini di fatti autorizzerebbero a conchiudere negativa- mente. Dapprima, la frequente osservazione, nelle autopsie di in- dividui morti per morbi infettivi, di trovare il cervello nelle con- dizioni degli altri organi, cioè, con localizzazioni o senza , a se- conda che negli altri visceri vi sono oppur no focolai batterici. In secondo luogo sta il fatto che , sperimentalmente e clinica- mente, si hanno localizzazioni in seguito a disturbi locali chiara- mente assodati in vita. Ciò posto, se una localizzazione si avvera, bisognerà cercarne la ragione in cause predisponenti. Ora le condizioni capaci di favorire lo sviluppo di una me- ningite o di una encefelite possono essere varie : iperemia, ane- mia , malattie cerebrali progresse , alcoolismo cronico , avvelena- menti cronici, lesioni traumatiche varie, e così via. Tutto questo insieme di predisposizioni dominerebbe il capitolo delle infezioni cerebrali, lo studio delle quali è di tanta importanza oggi, dopo le scoverte delle localizzazioni e i progressi meravigliosi della chirurgia. Uno studio, che determini i limiti, entro i quali le dette predisposizioni si effettuano, e ricerchi l' estensione delle loro con- seguenze, interessa la patologia, la clinica e la pratica. « Quale la ragione di questa speciale predisposizione del cer- vello?» Si domanda Brissaud 92) : « Non la si conosce » ; è la risposta che si dà egli stesso. Finora non abbiamo sul riguardo che qualche osservazione clinica e delle opinioni puramente ipotetiche. Così Ortmann 93) ri- ferisce un caso di meningite primaria da pneumococco in un dia- betico e dà, giustamente, al diabete tutta la parte che gli spetta di predisposizione. Netter 94) parla di cause predisponenti da con- dizioni fisiologiche del malato e da lesioni cerebrali di ordine mi- croscopico ; Adenot 95) di disturbi di ordine dinamico. « Gli ascessi del cervello, detti «spontanei» si presente- rebbero (aggiunge Brissaud) con una frequenza relativa nei soggetti aventi un vizio cardiaco congenito, con o senza cianosi.... Il Ballet, che ha rilevato questo fatto, si è prudentemente astenuto da qualun- que teoria patogenica. Noi saremmo tentati di imitarlo, se qualche osservazione non ci sembrasse tale da autorizzarci ad emettere una ipotesi. La tubercolosi acuta, miliare, presenta, in via eccezionale, come ultima complicazione, 1' encefalite suppurata. Ora, la tuber- colosi miliare è un esito , abbastanza comune , della cianosi per - 67 - vizio congenito del cuore. Nuove osservazioni, accuratamente rac- colte, permetteranno solo di conchiudere se lo ascesso cerebrale coincide, negli ammalati affetti da cianosi cronica, con una tuber- colosi miliare acuta, malattia infettiva, che, ben sovente , anche all' autopsia , può passare inosservata , ad un esame superficiale (Brissaud, loc. cit.) ». Come, dunque, chiaramente si vede, non abbiamo finora che delle ipotesi, ma ricerche dirette, che avessero lo scopo di stabi- lire, in una maniera concreta, quali condizioni locali e generali, e in che grado, predispongono il cervello e le meningi alle loca- lizzazioni batteriche, non sono state finora intraprese. Io ho rivolto a questo scopo il mio lavoro. Mi sono propo- sto di riprodurre condizioni predisponenti varie , e in un senso ampio, generale, completo. Ho studiato, cioè : Se, dopo avere in molte e svariate maniere alte- rato 1' intima nutrizione e struttura della sostanza cerebrale, una inoculazione intravenosa batterica, a dose non rapidamente mortale o non mortale addi- rittura, desse luogo, e in che proporzione, a loca- lizzazione cerebrale. Le lesioni sperimentali, da me prodotte, nello studio di cia- scun microrganismo, furono : l.a legatura di 1 carotide; „ , ,, _ ,.,. contemporaneamente: 2.a » delle 2 carotidi ,„ . / i- «/ coli intervento di 24 ore ; 3.a legatura delle due vene giugulari esterne ; 4.a » di tutte le vene della regione anteriore del collo ; 5.a punture asettiche nella massa cerebrale ; 6.a asportazione di poca sortanza corticale cerebrale ; 7.a iniezione nello spazio subdurale di poche gocce di una soluzione diluita di ammoniaca liquida ; 8.a commozione cerebrale e frattura sottocutanea delle ossa craniche ; 9.a compressione cerebrale ottenuta colla laminaria digitata. Tutti questi esperimenti li ho eseguiti esclusivamente sopra conigli. — 68 - II. Metodi e Tecnica I microrganismi, coi quali ho fatto le esperienze, furono : 1.° il Bacterium coli commune , ricavato dalle feci eli un bambino con diarrea ; 2.° il Bacillo eli Eberth, isolato dalle deiezioni di un tifoso; 3.° lo pneumo cocco di Frànkel, isolato dallo sputo di un pneumonitico, ricoverato nella 3.a Sala dell' Ospedale Gesù e Maria; 4.° lo streptococco del Fehleisen, avuto dal siero di bolle eresipelatose di un individuo ricoverato nell' Ospedale Co- tugno. 5.° lo stafilococco piogeno aureo, avuto da un ascesso acuto v). I metodi per isolare questi microrganismi furono i soliti che si usano in batteriologia. Perchè non mi fosse capitato il caso di sperimentare, invece che col bacillo del tifo , col Bacterium coli commune, o, viceversa, col Bacterium coli commune anzi che col bacillo di Eberth, stabilii i caratteri differenziali dei due batterli colle prove: l.a della reazione dell'indolo, 2.a della fermentazione zuccherina ;' 3. a della coagulazione del latte; 4.a del metodo di Elsner. Ciascuno dei due microrganismi ha risposto coi caratteri che gli son proprii. Di ognuno dei cinque batterli ho determinato la virulenza con i soliti metodi. Per il Bacterium coli , per il bacillo del tifo e per lo stafilococco piogeno aureo mi son servito delle cavie ; per lo streptococco dell'eresipela e per lo pneumococco di Frànkel son ricorso ai conigli. Le culture , adoperate nelle esperienze furono sempre di 48 ore, in 10 centim. cubici di brodo, alla temperatura di 37° C. Per conservare la virulenza di ciascun batterio, facevo, ogni tre giorni, il passaggio in animali; nelle cavie (inoculazione intra- peritoneale) per il Bacterium coli, per il B. di Ebert e per lo sta- filococco piogeno aureo; nei conigli (inoculazione intrapleurale) per l) Ho in corso esperienze , fatte col bacillo tubercolare , in base sempre ngli stessi disturbi sperimentali sopra riferiti. Di queste esperienze darò i risultati non appena lo studio loro sarà completo. — 69 — lo streptococco dell' eresipela e per lo pneumococco di Frànkel. Di ogni cultura era saggiata la virulenza prima di' essere ino- culata. Ho determinato dapprima la dose, che, riferita al peso del- l' animale, portava la morte tra le '24-48 ore dall'inoculazione; in secondo luogo ho stabilito il limite massimo della dose che pro- cluceva la morte solo dopo un certo tempo o che non la produ- ceva affatto. Di questa seconda dose mi sono servito per le ino- culazioni. L'inoculazione era sempre fatta nella vena marginale dell'orec- chio con tutte le regole volute. Ho prescelto questa via come la più adatta. Quante volte è occorso fare la trapanazione , ho curato la più assoluta asepsi per evitare complicazioni, provenienti da infe- zioni miste. Fu pure curata, nelle diverse operazioni, l'emostasia, perchè l'emorragia non provocasse negli animali uno stato di debolezza, che certamente non è a trascurarsi nel saggio della virulenza di una cultura e nello studio degli effetti locali e generali della sua inoculazione. Per ciascun animale fu tenuto conto degli effetti immediati all' atto operativo e di quelli del decorso della infezione in modo da stabilire quali alterazioni erano piuttosto da attribuirsi alla lesione sperimentale e quali, invece, dovevano con sicurezza essere attribuiti alle lesioni progressive delle infezioni. Dippiù, ogni lesione sperimentale veniva fatta contempora- neamente in due conigli; in uno si praticava l'inoculazione della cultura nella vena marginale, l'altro si lasciava a testimonio degli effetti che la sola lesione sperimentale poteva dare. Le commozioni e le fratture furono procurate con colpi di martello sul cranio. Ho ottenuto la compressione colla Laminaria digitata. Pezzettini di laminaria, staccati da quei cilindretti, che si usano per le dilatazioni, e posti entro provette chiuse coll'ovatta, erano sterilizzati a secco. Neil' atto dell' operazione con pinza sterilizzata da entro la provetta, venivano posti tra la dura madre e 1' osso. Ho ottenuti diversi gradi di compressione , a seconda della grossezza del pezzo di laminaria introdotto. Con questa esposizione di metodi e di tecnica a me sembra potermi dispensare dal riportare tutte le esperienze fatte, ripetute, controllate. Io mi limiterò a riferire, per ciascuna categoria — 70 — di cause predisponenti, gli esperimenti che sono stati di maggiore interesse. Alla morte di ciascun animale, praticavo 1' autopsia. Aprivo la cavità cranica, colla massima scrupolosità asettica ; mercè una seghetta , che mi son fatto costruire appositamente , staccavo le meningi, ne studiavo i caratteri anatomo-patologici e facevo, quando n' era il caso, le culture dal contenuto tra loro esistente. Messo fuori il cervello , lo lavavo ben bene con acqua distillata. Indi, con un coltello , ripassato più volte alla fiamma , praticavo un primo taglio sul cervello in senso trasversale ; con un secondo coltello , pur esso sterilizzato, ne praticavo un secondo, perpen- dicolare al primo, per ciascun emisfero. Alla superficie di questo secondo taglio, coli' ago di platino sterilizzato, prendevo un po' di succo cerebrale, che diluivo in brodo, col quale facevo delle culture a placche, nelle capsule del Petri, colle regole conosciute. Ciò che facevo per il cervello, eseguivo altresì sul rene, sulla milza, sul fegato e sul pillinone, in ciascun coniglio morto. Facendo le culture dal cervello , o dagli altri organi e dal sangue di conigli morti per inoculazione di bacillo del tifo, e riu- scendo dette culture positive, io mi assicuravo, colle note prove differenziali, se avevo a fare propriamente col bacillo di Eberth. Del cervello, come di tutti gli altri organi, parte fissavo col bicromato di potassa o colla soluzione cromo-nitrica, e parte coli' alcool assoluto. Ho tenuto questa duplice maniera di fissazione allo scopo di studiare, partitamente, le lesioni anatomo- patologiche (pezzi fìssati col bicromato e colla soluzione cromo- nitrica) e il contegno dei batterli nei tessuti (pezzi trattati solo coli' alcool assoluto). Le inclusioni, a secondo del caso , furono fatte in paraffina od in celloidina. Per le ricerche batteriche, i tagli dei cervelli e degli altri organi di animali inoculati venivano trattati col me- todo di Kùhne. — 71- HI. Esperimenti e risultati 1 — Bacte r i-u.i». coli e © m rrì -u. n. e ^ Legatura, di 1 carotide. Esperimento I. — 2 Gennaio 1893. Lago la carotide destra ad un coniglio del peso di chilogram. 2. Sabito dopo inoculo una cultura di Bacterium coli alla dose di 0,10 °/0. Questa stessa cultura era letale, in 21 ore, per il coniglio fino- culazione intravenosa) alla dose di 0,50 °/o e per la cavia (inocu- lazione peritoneale) alla dose di 0,20 o/0. Nella stessa ora, senza precedente legatura, inoculo nella vena marginale dell' orecchio di un coniglio, dello stesso peso del pre- cedente, la stessa cultura, alla medesima dose. 3 Gennaio. Il coniglio con la legatura della carotide si mo- stra alquanto abbattuto ; ha leggera elevazione febbrile : il con- trollo non presenta alcun disturbo. 4 Gennaio. Il coniglio con legatura comincia a dimagrare, ed il dimagrimento , man mano , si va sempre più accentuando fino alla morte che avviene il giorno 10 Febbraio. Il coniglio aveva perduto 500 gram. del suo peso. Autopsia. — Cervello e meningi un po' anemici, specie nella metà destra. Dal cervello ho fatto culture a placche in agar ed ho avuto numerose colonie pure di Bacterium coli. Culture ugual- mente pure ho avuto dalle placche fatte col sangue. Il cervello fu indurito in alcool. Dopo l'inclusione in paraffina ho fatto tagli, separatamente, dall'emisfero destro e dall'emisfero sinistro. Neil' emisfero sinistro ho trovato il batterio entro i vasi , in quantità non rilevante. Nessuna alterazione anatomo-patologica rilevabile (fig. 2.a tavola l.a). Nell'emisfero destro le cose invece si presentano ben altrimen- ti. Tutti i vasi erano come iniettati da una cultura di B. coli (fig. l.a tav. l.a). I batterli si veggono liberi nel lume dei vasi, per la maggior parte ; ma qualche volta, si scorgono anche negli spazii linfatici perivascolari. — 72 — Negli altri organi (piumoni, rene, milza) vi erano pure batteri i nella proporzione dell' emisfero sinistro. 10 Febbraio. Allorché moriva il coniglio con la legatura, quello di controllo viveva , era dimagrato di 100 grammi e presentava un grande accesso nella regione mammaria destra. Muore il 20 febbraio, dopo aver perduto 300 grammi di peso e con un grande ascesso, occupante tutta la regione mammaria destra, e la cavità ascellare corrispondente. All' autopsia , aperto 1' ascesso , si sente un forte e penetrante puzzo fecale. Dalle culture, fatte col pus , si sono avute colonie purissime di B. coli communc. Sono state del tutto negative quelle fatte dal cervello e dal sangue. 11 cervello, indurito ed incluso, come al solito, in paraffina, fu sottoposto ad osservazioni microscopiche. Nessun fatto, degno di nota, si è riscontrato nei tagli. Esperimento II. — 10 Gennaio. Lego la carotide destra ad un coniglio del peso di grammi 1800. Subito dopo inoculo una coltura dello stesso B. coli alla dose di 0,10 o/o. Nello stesso giorno e nella stessa ora , ad un coniglio di con- trollo, del peso di grammi 1850, inoculo la stessa cultura , nella medesima proporzione. 11 Gennaio. I conigli stanno perfettamente bene. Il coniglio con la legatura muore il 6 febbraio, cioè 27 giorni dall' inoculazione, dopo aver perduto 300 grammi in peso. Autopsia. — Le meningi ed il cervello sono un po' anemici' specie a destra. Le culture fatte dal cervello diedero molte colonie pure di B. coli ; quelle fatte dal sangue ne diedero pochissime. All' osservazione microscopica , i tagli hanno dato un reperto, su per giù, identico a quello notato nel cervello del coniglio con legatura dell' esperimento precedente. Il coniglio di controllo morì il 20 febbraio, dopo aver perduto •400 grammi di peso. Le colture dal cervello, dal sangue, dal pe- ritoneo furono del tutto negative. Esperimento III. — 20 Ganuaio. Alle ore 2 p. m. lego la carotide destra ad un coniglio del peso di 1500 grammi. Due giorni dopo, alla stessa ora, inoculo a questo coniglio una cultura di B. coli della stessa virulenza e nella stessa dose delle altre esperienze. - 73 — Contemporaneamente inoculo un coniglio di controllo, del peso di grammi 1400 , colla stessa cultura e nelle medesime propor- zioni. 23 Gennaio. Tanto il coniglio con la legatura, come quello di controllo, sono in condizioni normali. Niente abbattimento, niente reazione febbrile. 28 Febbraio. Muore il coniglio con la legatura, dopo aver per- duto 300 grammi in peso. Nelle culture fatte dal cervello si è avuta qualche rara colonia di B. coli. Rarissime sono state le colonie avute dalle culture del sangue. Anche qui i reperti microscopici dei tagli, tanto dell' emisfero destro che dell' emisfero sinistro , hanno dato risultati identici a quelli degli esperimenti che precedono. 10 Marzo. Muore il coniglio di controllo avendo perduto 150 grammi di peso. Niente B. coli nel cervello e nel sangue. Esperimento IV. — 24 Gennaio. Lego la carotide sinistra ad un coniglio del peso di grammi 2000. Sei giorni dopo (alla stessa ora della legatura) inoculo una cultura di B. coli della virulenza di quelle precedenti e nella stessa proporzione. Nel medesimo tempo inoculo, colla stessa cultura, nella me- desima proporzione, un coniglio di grammi 1900. 25 Gennaio. Nessuna reazione in entrambi i conigli. 30 Febbraio. Muore il coniglio con la legatura dopo essere dimagrato di 100 grammi. Nelle culture dal cervello e dal sangue niente colonie di B. coli. 15 Marzo. Muore il coniglio di controllo con 200 grammi di dimagrimento. Niente colonie di B. coli nelle culture fatte dal cervello e dal sangue. B) Legatura contemporanea delle due carotidi. Esperimento V. — 28 Gennaio. Alle ore 9 a. m., lego le due carotidi a due conigli del peso, ciascuno, di 1700 grammi circa. Ad uno solo di essi inoculo subito una coltura di B. coli. La dose impiegata fu, come al solito, del 0,10 °/o- La cultura a- veva la stessa virulenza delle precedenti. L' altro coniglio serve da controllo. 29 Gennaio. Il coniglio non inoculato , che subito dopo la legatura il giorno precedente . si mostrava un po' abbattuto ed incerto nel camminare, ora sta bene. — 74 — Il coniglio inoculato, invece, presenta una sintomatologia as- sai grave. E sonnolento, abbattuto ; spinto a muoversi, fa a stento qualche passo e cerca nascondersi. Vi è un grado e mezzo di febbre. La motilità e sensibilità generale sono depresse. Studian- done la motilità, si scorge molto inceppata ; vi è leggero attuti- mento della sensibilità. L'animale risponde incompletamente ad uno stimolo : mangia poco ed a stento. 30 Gennaio. Il coniglio si presenta nelle quasi identiche con- dizioni; soltanto la febbre è minore. I Febbraio. Le condizioni si mantengono stazionarie, soltanto è notevole il dimagrimento. Così, sempre abbattuto, depresso, con attutimento della sensibilità e motilità, dimagrando di 200 grani, muore il 4 febbraio. Autopsia. — Le meningi e il cervello sono anemici. Nelle culture del cervello moltissime colonie di B. coli. In quelle fatte dal sangue e dal contenuto peritoneale si sono avute ugualmente colonie, ma in numero minore. Qui i tagli ci hanno mostrato le stesse alterazioni, così nell'emisfero destro che nel sinistro. Trom- bi, formati dal batterio, nei vasi, i quali sembrano come addirit- tura iniettati di culture del batterio. II controllo visse lungamente senza disturbi di sorta. BB) Legatura delle 2 carotidi coll'intervallo di 24 ore Esperimento VI. — 31 Gennaio. Alle ore 10 a. m., lego la ca- rotide destra ad un coniglio del peso di chilogrammi due. Alla stessa ora, il giorno dopo, lego 1' altra carotide, ed ino- culo subito una cultura di B. coli, che ha la stessa virulenza di quelle delle precedenti esperienze. La dose fu, come al solito di 0,10 %• 1 Febbraio. Il coniglio presenta su per giù, ma in grado as- sai minore, la sintomatologia del coniglio del precedente esperi- mento. Abbattuto, incerto nel cammino, emaciandosi gradatamente, muore 1' 8 febbraio. Nelle colture fatte dal cervello e dal sangue molte colonie di B. coli. Le osservazioni anatomo-microscopiche , come nel caso pre- cedente. C) Legatura contemporanea delle due vene giugulari esterne Esperimento VII. — 1 Febbraio. Ad un coniglio del peso di 1750 grammi lego, molto in basso, le due giugulari esterne. La stessa operazione eseguo su di un altro coniglio del peso di grammi 1700. Al primo coniglio inoculo la solita cultura di B. coli , alla stessa dose del 0,10 °/0. Lascio 1' altro coniglio per controllo. 2 Febbraio. Il controllo sta completamente bene. Il coniglio inoculato, invece, è abbattuto notevolmente, non si muove ; risente poco gli stimoli ; mangia pochissimo. La tem- peratura è di 39° C. La motilità e la sensibilità attutite. Aggravandosi man mano sempre più, muore il -1 febbraio. È sceso di 100 grammi in peso. Autopsia. — Meningi e cervello abbastanza iperemici. Nelle culture fatte dal cervello molte colonie di B. coli: così pure in quelle fatte dal sangue. Il controllo è vissuto molto tempo. CC) legatura di tutte le vene della regione anteriore DEL COLLO 1). Esperimento Vili. — 4 Febbraio. A due conigli del peso, cia- scuno , di un chilogramma e mezzo lego le vene della regione anteriore del collo. Ad uno di essi inoculo la solita cultura di B. coli, alla me- desima dose di 0,10 °/o- 5 Febbraio. Il coniglio inoculato è fortemente abbattuto , febbricitante , non mangia, non si muove, è rincantucciato. Ha gli occhi prominenti; forte secrezione dalle congiuntive e del naso. In questo stato muore la notte tra il 5 e il 6 Febbraio. Autopsia. — Cervello e meningi fortemente iperemici, Nelle culture dal cervello molte colonie di B. coli: colonie pure nume- rose si sono trovate nelle culture fatte dal sangue. Il controllo dopo leggiere sofferenze , stette bene e visse a lungo. !) Eseguivo una specie di preparazione anatomica, legando tutte le vene, grosse e piccole, che mi capitavano nel campo d' operazione. — 76 — Esperimento IX. — 6 Febbraio. Ad un coniglio, che pesava un chilogramma e mezzo, lego le vene come sopra. Immediatamente inoculo una cultura di B. coli della virulenza identica a. quella degli altri esperimenti, ma alla dose di 0,01 °/o- 7 Febbraio. Il coniglio è leggermente abbattuto ; si muove, ma a stento; mangia poco. Il giorno dopo, il coniglio inoculato è più sollevato; si muove meglio ; mangia dippiù. Muore 11 Febbraio , dopo aver perduto 100 grammi. Autopsia. — Meningi e cervello fortemente iperemici. Le culture fatte col succo cerebrale hanno dato molte colonie di B. coli. Ugualmente molte colonie si sono avute dal sangue. D) CONTUSIONI E COMMOZIONI CEREBRALI. Esperimento X. — 8 Febbraio. Con un martello eli ferro pro- duco ad un grosso coniglio, del peso di 2 chilogram., una frat- tura cranica con infossamento, senza punto determinare soluzioni di continuo della pelle. Subito dopo inoculo il B. coli commune alla dose di 0.10 °/0. Il coniglio rimase coi sintomi di una commozione cerebrale per tutto quel giorno. Indi, man mano, si andò riavendo, si rimise quindi comple- tamente e, tranne un po' di dimagramento, visse sano e vegeto fin dopo un mese circa, allorquando l'ho sacrificato per studiarne il cervello. Nelle culture, fatte dal cervello , non ho trovato colonie di B, coli, come non si sono avute da quelle fatte col sangue. Nel punto della corteccia cerebrale, corrispondente alla frat- tura, vi era una leggera depressione. Esperimento XI. — 10 Febbraio. Inoculo a due conigli del peso ciascuno, di grammi 1600 circa, una cultura di B. coli, alla dose di 0,20 o/0. 11. Febbraio. I conigli stanno un po' abbattuti e mangiano poco. Verso le 10 a. m. dell' 11 Febbraio ad uno dei conigli pro- duco una frattura, come sopra. Si ha la commozione che dura parecchie ore. Riavutosi, è abbattuto, non si muove, non mangia. Muore la mattina del 13. Autopsia. — Meningi e cervello fortemente iporemici. Al taglio, molti punti emorragici nella sostanza cerebrale. In corri- - 77 — sponclenza del sito di frattura, si trova sulla meningi e sul cer- vello uno stravaso sanguigno, leggero, coagulato. Le culture fatte dal cervello e dal sangue hanno dato molte colonie di B. coli. L'altro coniglio è vissuto 20 giorni; morì macilento; aveva perduto 400 gram. di peso. Niente B. coli nel cervello e nel sangue. Esperimento. XII. — 11 Febbraio. Con un colpo di martello di ferro sul cranio di un coniglio del peso di 2 chilogrammi , produco una frattura abbastanza estesa, comminutiva, con infos- simento, ma sottocutanea. Il coniglio cadde come morto ; la risoluzione muscolare fu completa ; gli arti, sollevati, ricadevano per proprio peso. Le pu- pille erano dilatate ed insensibili alla luce. La respirazione era debole ; il cuore batteva lento. Inoculo subito la cultura di B. coli, nella solita dose e della solita virulenza. Il coniglio rimase per tutto quel giorno in quello stato comatoso ; in sulla sera dette qualche segno di vita, ma la notte mori. Autopsia. — Ho trovato, in corrispondenza della frattura, una ferita cerebrale, dell' estensione di un lf2 cm. sulla zona cor- tico-motrice. Tagliato il cervello alla Pitres , ho trovato focolai emorragici qua e là nel cervello ed un discreto versamento san- guigno sottomeningeo nelle vicinanze della frattura. Nelle culture fatte dal cervello e dal sangue si sono trovate molte colonie di B. coli commune. E) Traumatismi asettici sul cervello Esperimento XIII. — Ho fatto sul cervello punture asettiche, multiple , ed ho inoculato la solita cultura di B. coli. I conigli non ne risentirono gran fatto, e sacrificati, chi dopo 15, chi dopo 20, chi dopo 30 giorni, non lasciarono vedere che sclerosi loca- lizzata al sito del trauma , in maggior parte interstiziale , senza altro di notevole. Le culture fatte colla sostanza cerebrale riuscirono sempre negative. Esperimento XIV. — Si tratta di asportazione di un po' di corteccia cerebrale. Le operazioni sono eseguite con tutte le re- gole dell' asepsi. — 78 — Inoculato il B. coli, niente localizzazioni. Sacrificati i coni- gli, ora dopo un mese, ed ora dopo un mese e mezzo, presenta- rono il cervello con cicatrici, ma senza localizzazioni batteriche. E qui noto il fatto che , anche asportando ai conigli una buona porzione della zona cortico-motrice, il disturbo di moto, al lato opposto, era appena sensibile. È, infatti, risaputo che questi animali non risentono gran fatto 1' asportazione corticale della zona motrice. I forti disturbi motori avvengono allorché si le- dono le vie di conducibiltà al moto, cioè, la sostanza bianca, sot- tostante alla zona cortico-motrice. F) Iniezione di sostanza irritante nelle meningi Esperimento XV. — 12 Febbraio. Colle più scrupolose regole asettiche, asporto con un trapano una piccola calotta ossea sul cranio di un grosso coniglio. Indi con una siringa Tursini , pre- viamente sterelizzata, inoculo nello spazio subdurale poche gocce di una soluzione all' 1 o/0 di ammoniaca liquida. Immediatamente dopo tale inoculazione, 1' animale cominciò a torcere gli occhi spasmodicamente ; il battito cardiaco si fece debole , irregolare, intermittente ; la respirazione divenne sterto- rosa, convulsa ; i muscoli del capo entrarono in convulsione ; la testa si tirò indietro ; la colonna vertebrale si piegò in avanti, ad arco, e gli arti si distesero in rigide contrazioni tetaniche. Si ebbe 1' aspetto di una vera convulsione tetanica. A poco a poco il coniglio si riebbe ; i muscoli si rilasciarono, il battito cardiaco si fece più regolare, la respirazione più facile. Ma il coniglio era disteso a terra e non aveva la forza di muo- versi. Rimetto subito in sito la calotta ossea , mantenuta asettica durante 1' operazione ; cucio il periostio e le parti molli sopra- stanti e medico secondo regola. Dopo ciò, pratico una inoculazione di B. coli nella vena mar- ginale dell' orecchio , nella proporzione degli altri esperimenti e della stessa virulenza. 13 Febbraio. Al mattino l'animale è in piedi, ma si muove a stento ; non mangia ; è apatico ; non si spaventa più in alcun modo. Vi è un grado di febbre. Verso la sera si trova meglio ; mangia qualche po', ma a stento ; non si muove volontariamente, e, spinto a camminare, si rincantuccia. — 79 — Il giorno dopo, 14 Febbraio, il coniglio è ancora più solle- vato ; dà qualche passo, mangia un po' dippiù ; stimolato, si spa- venta. Ma il lo Febbraio la scena si cambia. L' animale ritorna a- patico , non si muove affatto ; vi sono contrazioni fibrillari dei muscoli del muso ; v'è, di tanto in tanto, tremolio generale. Non può più compiere alcun atto volontario. Muore la mattina del 16 Febbraio. Autopsia. — Le parti molli in via di cicatrizzazione ; la calotta ossea affatto aderente. Aperta la scatola cranica, trovo una meningite generale. L'essudato non è abbondante, ma chiaramente dimostrabile. Il cervello fortemente iperemico. Nelle culture fatte, dall'essudato e dal succo cerebrale, ho avuto numerose colonie di B. coli e egualmente molte colonie dalle culture fatte dal sangue. Le sezioni del cervello hanno mostrato i vasi ripieni di bat- terli. Alla periferia della corteccia i vasi sembrano come se fos- sero addirittura iniettati di B. coli. Rari batterli lungo le vie lin- fatiche periva scolari nella sostanza grigia. 0) Compressione cerebrale Esperimento XVI. — 14 Febbraio. Con un piccolissimo trapano asporto ad un grosso coniglio , del peso di 2 chilogrammi , una calotta ossea. Attraverso il foro introduco un pezzettino (quasi una scheggia ) di Laminaria digitata, previamente sterilizzata a secco, e lo colloco tra la dura madre e 1' osso, in corrispondenza della zona cortico-niotrice. Rimetto a posto la piccola calotta ossea e suturo al disopra il periostio e le altri parti molli. Va senza dire che durante tutte queste manovre s' è tenuta la più scrupolosa asepsi. Inoculo subito, nella vena marginale dell' orecchio, una cul- tura di B. coli, nella dose e della virulenza solita. 15 Febbraio. Il coniglio sta bene: nessun disturbo ha alterato menomamente la sua motilità e la sua sensibilità. Si muove, salta, mangia. Nei giorni consecutivi, pure stando bene in tutto il re- sto, comincia a dimagrare, e tale dimagrimento va avanti fino a raggiungere la perdita di 400 gram. di peso, un mese dopo dal- l' inoculazione, allorquando, indebolito ed emaciato, morì. Autopsia. — Notasi chiaramente la depressione prodotta sull' emisfero dalla compressione della laminaria, cresciuta di vo- lume. — 80 — Dalle culture, fatte col succo cerebrale , non si è avuto af- fatto sviluppo e neppure da quelle fatte dal sangue. Il cervello fu fatto indurire in alcool, fu studiato microsco- picamente dal punto di vista anatomo-istologico , specie in quel punto ove la laminaria aveva esercitato la compressione. E su questo punto, tranne una dilatazione dei vasi della so- stanza grigia, la sostanza degli emisferi non ha subito alcun altro cambiamento. Tanto nella sostanza grigia quanto nella bianca si osservano gli stessi strati come nello stato normale, solo sono mutate l'am- piezza degli strati e la forma dei loro limiti : gli strati sono di- venuti più sottili. Esperimento XVII. — 15 Febbraio. Col trapano , come sopra, pratico un foro sul cranio di un coniglio , che pesava un chilo- gramma e mezzo. Introduco tra la dura madre e 1' osso un pezzo di laminaria di un volume triplo di quello introdotto nel- 1' esperimento precedente. Rimetto a posto la calotta ossea, e su- turo al disopra il periostio e le rimanenti parti molli. Il sito ove la laminaria fu j>osta è stata la zona cortico-mo- trice. Immediatamente dopo, inoculo, nella vena marginale dell'o- recchio, la solita cultura di B. coli , alla medesima dose e della stessa virulenza. Questo coniglio è stato oggetto di vigilanza continua ; 1' ho guardato a vista per raccogliere tutti i fatti che potevano sor- gere, tutti i fenomeni che potevano essere dati dalla compressione. Dopo circa una mezz' ora dall' operazione , si videro compa- rire contrazioni nella metà della faccia, opposta all' emisfero com- presso. A brevi intervalli e rapidamente la bocca vien tirata verso P orecchio, mentre, nel tempo istesso, e sincronicamente, si chiude l'occhio opposto con contrazioni blefarospastiche. Questi fenomeni venivano ad accessi, ciascuno dei quali du- rava solo pochi secondi. Dalle ore 12, in cui ho eseguito 1' ope- razione, alle ore 19 si verificarono cinque di questi accessi, ad in- tervalli irregolari e con intensità sempre crescente. La mattina seguente , ben per tempo, ho ripreso 1' osserva- zione del coniglio. L' animale era abbattuto, timoroso, se ne stava in mi cantuccio e, spinto a muoversi, dava a stento qualche passo per cercare subito un sito appartato. Gli accessi convulsivi si ri- petevano a più brevi intervalli ed erano di una intensità note- volmente maggiore. La testa girava verso il lato opposto della lesione cerebrale, intorno all' asse longitudinale con scosse, a brevi — 81 — intervalli , e sincrone con le contrazioni della faccia. I muscoli del dorso, anch' essi in convulsione, giravano il tronco intorno al suo asse , così , che il coniglio giacendo non di rado toccava il suolo coli' occipite e stendeva il muso in aria. Verso la sera agli accessi di convulsione prendevano parte anche gli arti, che si di- stendevano a scosse. Le convulsioni si avveravano sempre nei muscoli della metà del corpo, opposta all' emisfero compresso. Du- rante la giornata si ebbero quindici accessi. La mattina del giorno 16 Febbraio, cioè, due giorni dopo 1' operazione, il coniglio, guardato a vista per 2 ore, non presentò più accessi convulsivi. Spinto a camminare , fuggiva volentieri, ma notai che strisciava sul suolo il piede dell' arto posteriore. Il coniglio era emiplegico. D' allora, a poco a poco, andò sempre de- perendo e divenne paraplegico ; morì il 10 Marzo. Autopsia. — La calotta ossea non era punto aderente ; stava lì come un pezzo necrotico, asettico. La laminaria era conficcata nella sostanza cerebrale. Tutt' attorno, una evidente iperemia era 1' unico fatto anatomo-patologico macroscopico. Niente essudazione nelle meningi. Un processo infiammatorio organizzante aveva come incastonato la laminaria nel cervello compresso. Le culture fatte dal cervello e dal sangue riuscirono del tutto negative. Lo studio istologico del cervello, nel punto di compressione, fece rilevare che le parti di sostanza grigia e di sostanza bianca, circondanti la laminaria, erano, insieme alle porzioni di meningi corrispondenti, in preda ad un processo infiammatorio iperplastico semplice. Nessuna localizzazione batterica. 2. — Bacillo a.i Etertli. A) Legatura di 1 carotide. Esperimento XVIII — 12 Febbraio. Lego la carotide destra ad un coniglio del peso di chilogr. 2. Subito dopo inoculo, nella vena marginale dell' orecchio, una cultura di bacillo del tifo (che datava da 24 ore in 10 centim. cub. di brodo, alla temperatura di 37° C.) alla dose di 0,05 o/0? Questa cultura era letale, in 2-4 ore, per il coniglio (inoculazione intra venosa) alla dose di 0,20 °/o e per la cavia (inoculazione peritoneale) alla dose di 0,10 o/0. — 82 — Nella stessa ora, senza precedente legatura, inoculo nella vena marginale dell' orecchio di un coniglio, dello stesso peso del pre- cedente, la stessa cultura, nella medesima dose. 13 Febbraio. Entrambi i conigli stanno benissimo. Il coniglio con legatura, dal 3-4° giorno dall' inoculazione, co- minciò a mostrarsi abbattuto ; cercava i siti appartati, spinto a muoversi, lo faceva di mala voglia. Comparve una discreta feb- bre ; non mangiava. Sfinito, morì il 20 Febbraio, perdendo 203 gram. di peso. Autopsia. — Discreta anemia delle meningi e del cervello, specialmente a destra. Le culture fatte col succo cerebrale hanno dato colonie no- tevolmente numerose di bacillo del tifo ; ugualmente numerose sono state le colonie avute dalle culture fatte col sangue ricavato dal cuore. Il cervello fu indurito in alcool, incluso in celloidina e sot- toposto al microtomo. Le sezioni dell' emisfero destro , relativa- mente a quelle dell' emisfero sinistro, presentavano un numero di bacilli di gran lunga superiore. Si verificò per le inoculazioni del b. del tifo ciò che si era verificato per quelle del B. coli. Il controllo è stato sempre benissimo ed è vissuto a lungo. L' ho sacrificato dopo due mesi ; non era affatto dimagrato e dalle culture fatte col cervello e col sangue non si sono avute colonie. Esperimento XIX. — 15 Febbraio. Lego la carotide destra ad un coniglio del peso di grammi 1600. Due giorni dopo inoculo a questo coniglio una cultura di bacillo del tifo alla proporzione e della virulenza dell' esperimento precedente. Il coniglio è stato benissimo per i primi 4-5 giorni, poi, man mano, andò deperendo e visse un mese dall' inoculazione, dima- grando di 250 grammi. Autopsia. —Nulla di notevole alle meningi ed al cervello. Le culture fatte col succo cerebrals e quelle col sangue hanno mo- strato colonie di bacillo del tifo. Il coniglio che , per controllo, ho inoculato contemporanea- mente, senza legatura, è vissuto benissimo, non mostrando alcun disturbo, per molto tempo. Esperimento XX. — 16 Febbraio. Lego la carotide destra ad un coniglio di 2 chilogrammi e quattro giorni dopo inoculo nella vena marginale dell' orecchio una cultura di bacillo del tifo, che — 83 — aveva la stessa virulenza di quella del caso precedente e fu im- piegata nelle stesse proporzioni. Il coniglio al 4.° giorno dall' inoculazione cominciò a depe- rire senza presentare altri fatti : morì il 15 Marzo, dopo aver per- duto 200 grani, di peso. Qui le culture fatte dal cervello e dal sangue sono state ne- gative. Il controllo è vissuto lungamente. B) Legatura contemporanea delle 2 carotidi Esperimento XXI. — 18 Febbraio. Alle ore 10 lego le due ca- rotidi a due conigli del peso; ciascuno, di chilograni. 1 1j-2 ed inoculo, soltanto ad uno di essi, una cultura di bacillo del tifo della virulenza di quella degli esperimenti precedenti e alla dose pure di 0,05 o/0. Durante la sera il coniglio inoculato, come l'altro, stette bene, tranne un po' di stordimento ; in tutto il resto non presentava fenomeni di sorta ; si muoveva, mangiava, rispondeva agli stimoli. 19 Febbraio. Il coniglio inoculato si mostra abbattuto, son- nolento. La motilità e la sensibilità generale abbastanza depresse : si muove a stento ; risponde poco agli stimoli ; ha due gradi di febbre. Muore la sera verso le 7 p. m. Autopsia. — Cervello anemico : dalle culture fatte col succo cerebrale , col sangue e col contenuto peritoneale si sono avute molte colonie di bacillo del tifo. Le sezioni dei due emisferi lasciarono osservare un gran nu- mero di b. del tifo, e in una proporzione presso a poco uguale nei due emisferi. Il controllo stava benissimo. La rapidità della morte mi con- sigliò a ripetere V esperimento, inoculando una dose minore. Esperimento XXII. — 20 Febbraio. Ad un coniglio, cui aveva legato le due carotidi, inoculai la solita cultura di bacillo del tifo, ma alla dose di 0,02 °/0. Si sono avuti gli stessi fenomeni , ma di intensità minore. Il coniglio è vissuto 5 giorni. All' autopsia si sono avute ugualmente molte colonie di ba- cillo del tifo sia dal cervello che dal sangue. Ad un altro, ugualmente trattato, l'inoculazione di 0,005 o/0 non ha dato che leggeri fenomeni, i quali presto svanirono ; visse a lungo, e all'autopsia non si sono avute colonie nelle culture. — 84 — BB) Legature delle 2 carotidi coll' intervallo DI 24 ORE Esperimento XXIII. — 21 Febbraio. Alle ore 9 a. m. lego una carotide ad un coniglio del peso di 2 chilogrammi. Alla stessa ora, il 22 Febbraio,' lego 1' altra carotide" ed ino- culo la solita cultura di bacillo del tifo alla dose di 0,05 °/o- TI coniglio' ha presentato la stessa sintomatologia di quello dello esperimento XXI, "ma in minor grado. È vissuto 9 giorni. Nelle culture dal cervello e dal sangue si sono trovate molte colonie di bacillo del tifo. C) Legatura contemporanea delle due vene GIUGULARI ESTERNE Esperimento XXIV. — 22 Febbraio. Lego le vene giugulari e- sterne, molto in basso , ad un coniglio del peso di 1 1/2 chilogr. Inoculo immediatamente la solita cultura di bacillo del tifo, alla stessa virulenza e alla stessa dose degli esperimenti precedenti. Il coniglio muore la notte appresso. Autopsia. — Cervello iperemico a destra. Molte colonie di bacillo del tifo nelle culture fatte dal cervello e dal sangue. CO) Legatura di tutte le vene della regione ANTERIORE DEL COLLO. Esperimento XXV. — 23 Febbraio. Ad un coniglio del peso di grammi 1800 pratico l'operazione e, nel tempo stesso, inoculo la solita cultura di bacillo del tifo, ma alla dose di 0,005 °/0- 24 Febbraio. Il coniglio è abbattuto, con febbre, non risente che stentatamente gli stimoli: presenta delle contrazioni musco- lari nei muscoli della faccia, che si rivelano per il drizzarsi dei peli del muso. Di tanto in tanto presenta delle forti convulsioni generali. Muore verso le ore 18 di questo stesso giorno. Autopsia. — Meningi e cervello fortemente iperemici. Tra le meningi uno scarso e tenue liquido, dal quale fatte le culture, si sono avute molte colonie di bacillo del tifo. La massa cere- brale era iperemica anch' essa; nei ventricoli trovai un po'di li- quido siero-ematico. Le culture fatte dal cervello e dal sangue tutte positive. - 85 — Esperimento XXVI. — 25 Febbraio. Ad un coniglio del peso di chilogr. 2 e trattato come il precedente inoculo la solita cultura di tifo, ma alla dose di 0,002 °/0. 26 Febbraio. Il coniglio è abbattuto, mangia poco, si muove a stento. 27 Febbraio. Il coniglio è sempre più abbattuto; ha gli occhi sporgenti; un secreto siero-mucoso gli scola dalle narici; le con- giuntive sono iniettate; vi è secrezione mucosa, abbondante. Non si muove, non mangia, non risponde agli stimoli; è come inton- tito. Presenta delle contrazioni muscolari alla faccia ; le pupille sono dilatate; le scosse muscolari, a volta, si estendono anche per tutto il corpo avendosi così un vero accesso tetaniforme. 28 Febbraio. Il coniglio è sdraiato per terra; non si regge in piedi; la respirazione è diffìcile, stertorosa; il battito cardiaco lento. In tale stato muore la notte tra il 28 e 29 Febbraio. Autopsia. — Le meningi e il cervello fortemente ipere- mici: le vene delle meningi sono turgide e serpeggianti. Vi è essudato siero-ematico negli spazii intermeningei e nei ventricoli. La superficie del taglio della sostanza cerebrale è disseminata di molti punti sanguigni. Dalle culture dell' essudato, del succo ce- rebrale e del sangue si sono avute molte colonie di bacillo del tifo. Le sezioni del cervello presentavano i vasi come iniettati di una cultura di b. del tifo. D) Commozione e contusione cerebrale. Esperimento XXVII. — 2 Marzo. Con un colpo di martello pro- duco una frattura cranica sottocutanea, con infossamento di fram- menti, in un coniglio del peso di chilogrammi 2. Subito dopo inoculo il bacillo del tifo alla dose di 0,05 o/0. Dopo il colpo, il coniglio rimase per terra circa tre ore col respiro stertoroso, col battito cardiaco indebolito, col rilasciamento completo di tutti i muscoli. Punzecchiato fortemente , non dava segni di risentimento. Si cominciò a riavere a poco a poco, e, al mattino seguente, era in piedi, dava qualche passo, mangiava un po', ma si mostrava indifferente a tutto ciò che lo circondava. Nel frattempo apparvero delle contrazioni muscolari sulla faccia e sui muscoli del dorso, veri accessi tetaniformi ma a rari intervalli. Durò in tale stato altri 4 giorni: venne poi una para- lisi generale, si fece comatoso e morì il 7 Marzo. — 86 — Autopsia. — Le meningi fortemente iniettate, specialmente in corrispondenza della frattura. V era un essudato tenue e scarso meningeo, generale. Il cer- vello pallido, molle, edematoso. Molte colonie dalle culture dell'essudato meningeo, da quelle del succo cerebrale e del sangue. E) Traumatismi asettici sul cervello Esperimento XXVIII. — Rado i peli sul cranio di un coniglio, disinfetto con sublimato all' 1 o/00) lavo quindi con alcool e con etere e pratico un taglio a croce sulle parti molli, che scollo per un poco. Con un punteruolo, portato al color rosso, attraverso le ossa, pungo il cervello superficialmente verso le zone cortico-motrici e sui lobi prefrontali , due volte per lato. Riapplico al disopra le parti molli, suturo e medico asetticamente. Inoculo subito dopo, sempre nelle vena marginale dell'orec- chio, una cultura di bacillo del tifo, nella dose e della virulenza come nell' esperimento precedente. Il coniglio non ne risente affatto, vive bene ed a lungo. Sacrificato dopo 35 giorni, non presenta che le sole cicatrici lineari nel cervello. Esperimento XXIX. — Colle note regole asettiche, asporto delle porzioni di sostanza corticale cerebrale. Inoculo subito la solita cultura di bacillo del tifo. Tranne i disturbi primitivi del trauma e dell'ablazione i oo- nigli sono stati benissimo. Sacrificati, chi dopo un mese, e chi dopo due, non hanno mo- strato che cicatrici corticali. Niente colonie nelle culture dal cervello e dal sangue. F) Iniezioni di sostanza irritante nelle meningi Esperimento XXX. — 10 Marzo. Eseguo qui l'operazione come nel caso del B. coli (vedi esperimento XV). All'inoculazione sub- durale della soluzione di ammoniaca si sono avuti gli stessi feno- meni descritti nell' esperimento suddetto. Inoculai subito la cultura di bacillo del tifo alla dose di — 87 — Il coniglio rimase sotto l'azione della sostanza irritante tutta la giornata. Il giorno appresso, era un po' più sollevato, ma già apparivano i segni dell' infezione meningea. Compare la febbre , vi sono contrazioni fibrillari dei muscoli del muso. Non può più compiere alcun atto volontario. Il corpo è continuamente bagnato per evidente paralisi della vescica. 11 corpo dà, di tempo in tempo, delle forti scosse di tremito. Vive in questo stato, ora con fasi di maggior gravezza, ora con periodi di relativa quiescenza, per quattro giorni. Autopsia. — Trovo una meningite generale delle più evi- denti. Le culture fatte coli' essudato meningeo riescono positive, come pure positive riescono le culture fatte dal cervsllo e dal sangue. G) Compressione cerebrale. Esperimento XXXI. — Colla stessa tecnica tenuta nell' esperi- mento XVI, trapano il cranio di un grosso coniglio (peso chil. 2) e introduco una piccola scheggia di laminaria tra la dura madre e 1' osso. Suturo le parti molli e medico asetticamente. Inoculo subito la solita cultura di b. del tifo, alla stessa dose degli esperimenti precedenti. Il coniglio non ha risentito affatto uè la compressione , ne l'inoculazione intravenosa del b. del tifo. È vissuto bene, e quando dopo un mese, lo sacrificai per studiare 1' effetto della compres- sione, trovai i fatti notati nel detto esperimento XVI, senz'altro di notevole. Le culture dal sangue e dal cervello, del tutto negative. Esperimento XXXII. — 12 Marzo. Trapano, come al solito, un coniglio, del peso di 2 chilogrammi. Introduco un pezzo di lami- naria sterilizzata, come sempre, a secco, di una grossezza quasi tripla di quella introdotta nell' esperimento precedente. Medico asetticamente ed inoculo nella vena dell'orecchio la solita cultura di bacillo del tifo. Sottopongo il coniglio a continua osservazione e rilevo qui lo stesso treno fenomenico di compressione notato nell' esperi- mento XVII. Ma questa volta ai fatti di compressione si sono aggiunti quelli d' infezione. Il coniglio ebbe febbre, già al 3° giorno dal- 1' inoculazione era abbattuto, sonnolento. Se ne stava sdraiato a terra, impossibilitato ad ogni movimento, ad ogni atto volonta- rio. 11 sito ove poggiava il muso era sempre umido, il suo corpo sempre bagnato di urine. Morì al sesto giorno dall' inoculazione. Autopsia. — Una meningo-encefalite si offrì chiara , evi- dente; aveva il suo punto di maggiore intensità in corrispondenza della compressione, ma evidentemente la meningite era generale. Le culture fatte dall' essudato furono tutte positive , come furono positive le culture fatte dal sangue. XIX. Pneumoeocco d.i rra.2a.3sel. Le culture di pneumococco di Frànkel, che inoculava , pro- ducevano la morte, in 24 ore, ad un coniglio (inoculazione intra- venosa) alla dose di 0,005 °/0. Occorrendo che 1' inoculazione non producesse la morte, op- pure la producesse molto tardi/ io mi serviva della dose 0,001 o/0. Le culture datavano da 24 ore in 10 e. e. di brodo, alla tempe- ratura di 37°. I risultati avuti col pneumococco di Frànkel essendo, su per giù identici a quelli avuti col bacillo del tifo, mi è permesso poter essere breve nell' esposizione degli esperimenti. A) Legatura di 1 carotide, Esperimento XXXIII. — 15 Marzo. Dopo aver legato la caro- tide ed aver inoculato , colle note regole, una cultura di pneu- mococco di Frànkel alla dose di 0,001 °/o, osservo che il coniglio del peso di 1 1/2 chilogr. il primo giorno sta benissimo. Comincia al 2.° giorno un malessere generale ; v' ha inappetenza, si muove a stento ; v' è febbre. 11 coniglio muore il 20 Marzo. Autopsia. — Cervello e meningi relativamente anemiche al lato della legatura. Le colture fatte dal cervello e dal sangue hanno dato molte colonie purissime di pneumococco di Frànkel. Niente di notevole negli altri organi. Lo sezioni hanno mostrato , nell' emisfero corrispondente al lato della legatura , una localizzazione cospicua del batterio ; i vasi erano come addirittura iniettati da una cultura pura. Nell'e- — 89 — misfero opposto, invece, il numero dei pneumococchi era relati- mente scarso (vedi tavola 2.a figure l.a e 2.a). Un coniglio dello stesso peso, inoculato colla stessa dose della medesima cultura, senza precedente legatura, non ha risentito af- fatto l' inoculazione ed è vissuto a lungo. Esperimento XXXIV. — Come per il B. coli e per il bacillo del tifo, ho voluto anche per il pneumococco di Frànkel studiare l'ef- fetto dell' inoculazione dopo un certo tempo dalla legatura. 21 Marzo, lego la carotide ad un coniglio del peso di grammi 1750, e due giorni dopo, fo l'inoculazione di una cultura di pneu- mococco di Frànkel della virulenza e nella dose dell'esperimento precedente. Anziché al 2.°, qui i segni evidenti dell' infezione sono co- minciati al 3.° giorno, ma sono stati presso a poco identici nella intensità a quelli dell' esperimento XXXII. Morì il 27 Marzo con tutti i fenomeni di una setticemia acuta. Autopsia. — Le meningi e il cervello come nell'esperimento precedente. Le culture dal sangue e dal cervello sono state po- sitive. Esperimento XXXV. — L' inoculazione fatta ad un coniglio, dopo 4 giorni della legatura, non ha dato nessuna reazione, non ha prodotto nessun disturbo. Le culture fatte dal cervello e dal sangue del coniglio , sa- crificato dopo 18 giorni, sono state del tutto negative. Il coniglio non era affatto di ni aerato. B) Legatura contemporanea delle 2 carotidi. Esperimento XXXVI. — 29 Marzo. Ad un grosso coniglio del peso di grammi 2300 lego le due carotidi ed inoculo subito la cultura di pneumococco di Frànkel, alla stessa dose e della stessa virulenza, che avevano le culture degli altri esperimenti. Il giorno appresso il coniglio era molto abbattuto : febbre, inappetenza, sonnolenza, nessuna reazione agli stimoli erano i fe- nomeni che presentava. Mori il 31 marzo, cioè, due giorni dopo dell'inoculazione, con tutti i segni di una setticemia grave. Autopsia. — Le meningi e il cervello erano pallide, legger- mente edematosi. Nessun essudato negli spazii intermeningei. — 90 — Colonie copiose e pure di pneumococco di Frankel si ebbero dalle colture del cervello e da quelle del sangue. Nelle sezioni dì entrambi gli emisferi il contegno dei batterli è come in quelle dell' emisfero corrispondente al lato della legatura dell' esperi- mento XXXII. BB) Legatura delle 2 carotidi, coll' intervallo di 24 ore Esperimento XXXVII. — 2 Aprile. Dopo aver legato una caro- tide, con 24 ore d' intervallo dall'altra, inoculo la solita cultura : la dose, come sempre, e di 0,001 °/0. 1 fatti qui sono presso a poco uguali a quelli dell'esperimento precedente, tranne che il coniglio morì 4 giorni dopo dell'inoculazione. Il reperto anatomo-patologico e batteriologico , identico al caso precedente. Esperimento XXXVIII. — Vista la rapidità del decorso della infezione, ho voluto diminuire la dose fi.no a 0,0001 o/0) conser- vando sempre identica la virulenza. 8 Aprile. Ad un coniglio, subito dopo la legatura di una ca- rotide, coll'intervallo di 24 ore dall' altra, inoculo la dose sopra- detta. Ebbene, il risultato non differì molto da quello dell' espe- rimento XXXVI ; si ebbero gli stessi sintomi e il decorso fu presso che lo stesso. Nessuna differenza pure nel reperto anatomo-patologico e batterioscopico. C) Legatura delle due vene giugulari esterne Esperimento XXXIX. — 12 Aprile. Lego le due vene giugulari esterne ed inoculo subito lo pneumococco di Frankel alla dose di 0,001 °/o e della solita virulenza. La mattina appresso il coniglio era già abbattuto, con febbre, inappetenza e poca forza di muoversi. Morì il 14 aprile. Autopsia. — Le meningi ed il cervello erano iperemici , e specialmente dal lato della legatura. Le culture dal cervello e dal sangue hanno dato colonie pure di pneumococco di Frankel. — 91 — CC) Legatura di tutte le vene della regione anteriore del collo Esperimento XL. — 14 Aprile. Lego molto in basso tutte le vene ad un grosso coniglio, ed inoculo subito la solita cultura di pneumococco alla dose di 0,001 %• 16 Aprile. Il coniglio è come intontito, colla testa bassa ; gli occhi sono sporgenti; un secreto muco-sieroso scola della bocca. Muore la notte del 1(5 aprile , dopo aver presentato tutti i segni di una setticemia. Autopsia. — Il cervello e le miningi sono fortemente ipere- mici ; un po' di liquido tenue, siero-ematico, appare nelle cavità meningee e nei ventricoli. Le culture fatte dal cervello e dal sangue sono state tutte positive. Esperimento XLI. — Ho voluto in questo esperimento sce- mare la dose da iniettarsi. Dopo aver legato, come sopra, tutte le vene molto in giù , inoculo il pneumococco di Frànkel alla dose di 0,0001 %. La mattina seguente alla inoculazione, il 19 aprile, il coni- glio aveva gli occhi sporgenti , le congiuntive iniettate e segre- ganti un prodotto siero-mucoso; era febbricitante. Rincantucciato in un sito, malgrado le spinte , non se ne distaccava. Mangiava poco ed a stento. 20 Aprile. Continua la stessa sintomatologia, aggravata an- cor maggiormente. Di tanto in tanto il coniglio ha delle scosse convulsive nei muscoli della faccia, che si rivelano col dirizzarsi pei peli. La febbre è più rilevante. 21 Aprile. Il coniglio è sempre più abbattuto : verso la sera non si regge più in piedi ; ha il treno posteriore paralizzato , il muso, poggiato a terra, bagna il sito che tocca. La mattina appresso lo ritrovo morto. Autopsia. — Le meningi ed il cervello sono fortemente iperemici. Un leggero essudato crupale occupa lo spazio inter- meningeo. Le culture fatte coli' essudato, col cervello e col sangue fu- rono tutte positive. — 92 — D) Commozione e contusione cerebrale Esperimento XLII. — 24 Aprile. Produco , come negli altri e- sperimenti, una frattura sul cranio di un coniglio che pesava 2 chilogrammi. Il trauma produsse una commozione, giacché il co- niglio cadde a terra con rilasciamento dei muscoli, e non reagiva a stimoli di sorta. Si cominciò a riavere dopo un paio di ore. Ma mentre era sotto l'effetto della commozione, subito dopo il trauma, io inoculai la cultura solita di pneumocco di Frànkel alla dose di 0.001 o/0. Il coniglio non l'ha risentito affatto. L'ho sacrificato all' 8.° giorno e le culture fatte col succo cerebrale e col sangue sono state del tutto negative. Il cervello, tranne la leggerissima depressione prodotta dal- l'infossamento dei frammenti, non presentava altro di notevole. Esperimento XLIII. — Ho ripetuto 1' esperimento precedente. Colla solita tecnica, il 28 Aprile , determino una frattura più e- stesa della precedente, sul cranio di un coniglio. Il traumatismo essendo stato più grave, l'animale rimase sotto l'azione della com- mozione per più lungo tempo. Prodotta la frattura alle ore 10 a. m., si riebbe verso le ore 3 p. m., ma rimase per tutto il giorno sdraiato per terra senza potersi muovere. Subito dopo la lesione, inoculai la cultura di pneumococco alla dose di 0,001 °/o- e sempre della solita virulenza. 29 Aprile. Il coniglio si muove ma trascina l'arto posteriore opposto al lato della frattura ; mangia poco. Verso la sera era abbattuto, se ne stava rincantucciato, aveva febbre. Il giorno dopo, non si muove affatto, non mangia, è sonno- lento; risente poco gli stimoli. Muore la mattina del 30 Aprile. Ne ho fatto immediatamente dopo l'autopsia. Ho trovato at- torno alla compressione determinata dai frammenti un versamento sanguigno sottomeningeo, coagulato. Sulle superficie dei tagli della sostanza cerebrale delle piccole emorragie puntiformi. Le culture fatte dal cervello e dal sangue del cuore sono state tutte positive. E) Traumatismi asettici sul cervello Esperimento XLIV. — Le punture asettiche superficiali sui lobi prefrontali e sulla zona cortico-motrice , seguite da inoculazioni - 93 - endovenose di pneumococco di Frankel , alla dose e della viru- lenza solita, sono riuscite perfettamente innocue. I conigli sono vissuti bene e a lungo. Non così andarono le cose quando asportai un pezzetto di corteccia cerebrale. Esperimento XLV. — Asporto una piccola zona di sostanza grigia cerebrale, colle solite regole, e inoculo lo pneumococco. Il coniglio morì di setticemia al 4.° giorno, e le culture dal cervello e dal sangue hanno dato numerose colonie di pneumococco di Frankel. F) Compressione cerebrale Esperimento XLVI. — 6 Maggio. Dopo aver fatto la trapa- nazione colla tecnica tenuta negli esperimenti XVI e XXXI, e aver introdotto un piccolissimo frammento di laminaria in modo, da avere una compressione di 1.° grado ; io inoculo , nella vena marginale dell' orecchio , la cultura di pneumococco , nella dose solita. Il coniglio non ha presentato alcun fenomeno di compres- sione dopo l'operazione, ma verso la sera del secondo giorno del- l'inoculazione, 1' animale lo si vede depresso ; sta in un angolo; non fugge in seguito ad urti ed a stimoli. 8 Maggio. Il coniglio è ancora vieppiù abbattuto ; ha feb- bre; ha di tanto in tanto delle contrazioni muscolari sul muso ; non è capace di compiere alcun atto volontario; è bagnato di u- rine e di feci. Muore il 10 Maggio. Autopsia. Trovo una meningite evidente: l'essudato è scarso e crupale; le meningi sono fortemente iperemiche in tutta quanta la loro estensione. Sul punto compresso , macroscopicamente, la sostanza cerebrale non è presa da processo distruttivo. Le cellule dall'essudato, dal cervello e dal sangue sono state tutte positive. Esperimento XLVII. — Ad un coniglio , operato come sopra, introduco un pezzo di laminaria di grossezza tripla relativamente a quello posto nell'esperimento precedente. I fenomeni di compressione apparirono ben presto e si espli- carono nell' ordine e nella gravezza degli esperimenti XVII e XXXII. — 94 — Innoculo la cultura di pneumococco subito dopo l'operazione alla dose di 0,001 o/0. La mattina seguente il coniglio era moribondo; aveva la feb- bre e tutti i sintomi di una setticemia. Mori verso la sera. Autopsia — 'Forte iperemia delle meningi; il cervello era pur' esso iperemico, ma nel sito e attorno al punto di compres- sione. Negli spazii intermeningei non vi era essudato. Le culture dal cervello e dal sangue furono positive. G) Iniezione di sostanza irritante nelle meningi Esperimento XLVIII. — 12 Maggio. La soluzione di ammoniaca liquida, adoperata negli altri esperimenti del genere, fu quella qui impiegata. La tecnica sempre la stessa (vedi esperimento XV). La cultura di pneumococco fu inoculata alla dose di 0,001 °/o e subito dopo l'operazione. Si ebbe la solita sintomatologia dell'irritazione meningea, e questa sintomatologia si confuse talmente con quella della loca- lizzazione batterica, che non si potè stabilire quanto fosse dovuto più all'una che all'altra. Il coniglio morì due giorni dopo dell'i- noculazione. Autopsia. — Meningi fortemente e in tutta la loro esten- sione iperemiche. Un leggero essudato occupa i loro spazii. Si vedono placche giallo-verdastre, che spiccano specialmente lungo il tragitto dei vasi. Le culture dall' essudato , dal sangue e dal cervello furono positive tutte. I"V. Streptioocco ielVeresipela A) Legatura di 1 carotide Esperimento XLIX. — La dose per le esperienze con lo Strep- tococco è stata di 0,01 o/0. La cultura in 10 cent, cubici , a 37° C, per 24 ore, era mortale per il coniglio (inoculazione intrave- nosa) nelle 48 ore alla dose di 0,15 % ; alla dose di 0,01 % la- sciava il coniglio lungamente la vita. 11 Maggio. Lego la carotide destra ad un coniglio di 2 chi- logrammi. Contemporaneamente a questo e ad un altro coniglio, senza legatura, inoculo a ciascuno la dose di 0,01 o/0 di cultura di streptococco dell'eresipela. — 95 — I due conigli sono stati ugualmente bene per 10-11 giorni. Il 21 Maggio morì il coniglio con la legatura, ma l'autopsia non ha fatto vedere alcun che di anormale, e le culture dal cervello e B) Legatura contemporanea delle 2 carotidi. Esperimento L. — 4 Giugno. Lego le due carotidi contempo- raneamente ad un coniglio che pesava 1480 grani. Inoculo subito ad esso e ad un altro coniglio senza prece- dente legatura, la dose di 0,01 di coltura di streptococco dell'e- resipela. I conigli non ne hanno risentito gran fatto. 11 coniglio con legatura dopo 5-6 giorni cominciò a mostrarsi prostrato, andò dimagrando pian piano, e morì il 14 Giugno. Autopsia. — Ho trovato una piemia delle più classiche: a- scessi multipli al pulmone e al fegato. Nel cervello, nella milza e nei reni non vi erano ascessi, nel vero senso della parola, ma le sezioni hanno mostrato in questi organi la presenza del bat- terio (tav. l.a fig. 4.). Le culture fatte dal pus degli ascessi hanno dato tutte cul- ture pure di streptococco, il quale, coltivato poi in brodo ed ino- culato alla base dell'orecchio di un coniglio, dette luogo ad una eresipela delle più evidenti. Il controllo è vissuto luno-amente. Esperimenti LI, LII, LEI, LIV.— Ho ripetuto altre quattro volte 1' esperimento precedente e sempre col relativo controllo. Dei quattro conigli con la doppia legatura ed inoculazione di 0,01 °/0 di streptococco dell' eresipela, uno morì la sera dell'o- perazione, e certamente non per ragioni che ci riguardano. Degli altri tre, uno al nono giorno morì di piemia, come sopra ; gli al- tri due, come tutti i controlli, vissero lungamente senza disturbi di sorta. BBj Legatura delle 2 carotidi coll'intervallo di 24 ore Esperimento LV. — I risultati in questo esperimento sono stati, su per giù, analoghi a quelli degli esperimenti precedenti. 96 — C) Legatura delle due vene giugulari esterne Esperimento LVI. — Eseguo 1' operazione come negli altri e- sperimenti eli simil genere. Immediatamente dopo, inoculo la cul- tura di streptococco dell' eresipela alla dose come sopra, di 0,01 °/o. Il coniglio stette bene, visse lungamente ; non ne risentì af- fatto. Di altri tre conigli, trattati, come sopra, uno morì dopo 24 giorni di piemia. CO) Legatura di tutte le vene della regione ANTERIORE DEL COLLO Esperimento LVII. — 15 Giugno. Dopo aver legato molto in basso le dette vene, inoculo la cultura di streptococco dell' ere- sipela alla dose di 0,01 o/0. 16 Giugno. Il coniglio è fortemente abbattuto ; si muove a stento, mangia poco. 17 Giugno. Ancora più depresso , il coniglio presenta delle contrazioni fibrillari sul muso, ed , a volta a volta , delle scosse convulsive che pigliano tutte il corpo. Non compie nessun atto volontario. Muore il 18 Giuguo. Autopsia. — Le meningi e il cervello fortemente ipere- mia ; un tenue essudato siero-ematico occupa gli spazii interme- ningei. Le superfìcie dei tagli della sostanza cerebrale mostravano dei punti emorragici. Le culture fatte dall' essudato meningeo , dalla sostanza cerebrale, dal sangue del cuore sono riuscite tutte positive. Le sezioni del cervello mi hanno dato dei preparati bellissimi con streptococchi, dei quali in alcuni casi trovai mol- tissimi (vedi tavola l.a fìg. 3.a) e in altri meno , a seconda del tempo più o meno lungo, nel quale 1' animale rimase in vita. D) Commozione e contusione cerebrale Esperimento LVIII. — 20 Giugno. Produco, colla tecnica già al- tra volta riferita, una frattura sul cranio e, una ad essa, la com- mozione. Subito dopo il trauma, inoculo lo streptococco dell' ere- sipela alla dose di 0,01 o/0. Il coniglio , riavutosi dalla commo- zione, ha goduto perfetta salute ed è stato bene lungamente. - 97 — Esperimento LIX. — 24 Giugno. Ho ripetuto l' esperimento precedente. Il coniglio è stato più lungamente sotto l'effetto della commozione (circa 3 ore). Inoculo lo streptococco dell' eresipela alla dose di 0,01 o/0. Il coniglio la sera del 24 stava bene, ed ugualmente bene stava la mattina del 25 , ma verso la sera era abbattuto , si moveva poco, non mangiava. Tutto il giorno appresso stette avvilito, rin- cantucciato ; ma presto si rimise ; soltanto cominciò a dimagrare, e tale dimagramento andò man mano accentuandosi fino alla mor- te, che avvenne il 16 luglio. Autopsia. — Il cervello è depresso nel punto della frattu- ra. Niente iperemia nelle meningi. La superficie del taglio della sostanza cerebrale non mostrava alterazione di sorta. Aperta la cavità addominale, ho trovato ascessi multipli sul fegato, sulla milza e sul rene. Dalle culture del pus si sono avute colonie di streptococco. E) Traumatismi asettici sul cervello. Esperimenti XLX, LXI, LXII. — Ho eseguito per lo streptococco dell' eresipela tutti i traumatismi asettici che per gli altri micror- ganismi, ma il risultato è stato sempre negativo. Due conigli, ai quali asportai pezzetti di corteccia cerebrale, inoculando quindi lo streptococco dell' eresipela , vissero lunga- mente. F) Iniezione di sostanza irritante nelle menlngi Esperimento LXIII. — 28 Giugno. L'inoculazione di streptococco dell' eresipela ad un grosso coniglio, cui avevo prodotto, come al solito, irritazione delle meningi, mercè la soluzione di ammonia- ca, ha dato luogo ad una meningite delle più evidenti. Nei cinque giorni di vita il coniglio fu in preda alla sindro- me fenomenica completa della meningite generale , già innanzi descritta. L' autopsia confermò la forma clinica e le culture dall'essu- dato meningeo, dal cervello e dal sangue del cuore dettero colo- nie numerose di streptococco del Fehleisen. 98 O) Compressione cerebrale. Esperimento LXIV. — 1° Luglio. Determino su d' un coniglio una compressione di primo grado come quella degli esperimenti innanzi riferiti, ed inoculo subito la cultura di streptococco del- l'eresipela nella dose e della virulenza solita. Il coniglio visse lun- gamente senza disturbi di sorta alcuna. Quando, dopo 35 giorni, io 1' ho sacrificato , trovai la lami- naria come incapsulata da un processo infiammatorio organizzan- te, ma niente infezione. Le culture dal cervello e dal sangue furono negative. Esperimento LXV. — La compressione di 2.° grado , come negli esperimenti XVII e XXXIi, seguita da inoculazione dalla cultura di streptococco dell' eresipela alla dose solita , tranne i sintomi dipendenti dalla compressione, non ha dato niente altro. Il coniglio morì paraplegico al 15° giorno dall'operazione, ma le culture dal cervello e dal sangue furono del tutto negative. "V. Stafilococco pìogreiiLO aureo I risultati avuti dalle esperienze coli' inoculazione di questo microrganismo, furono quasi gli stessi che quelli dati dallo stre- ptococco dell' eresipela. Perciò, mi risparmio dal riferirli minuta- mente. Lo stafilococco piogeno aureo, pel quale mi sono servito era mortale in 24 ore , per il coniglio, alla dose di 0,30 °/o : per la cavia (inoculazione peritoneale) era mortale nelle 24 ore alla dose di 0,40 °/o. Alla dose di 0,05 °/o questo stafilococco lasciava il co- niglio in vita , senza dare disturbi di sorta. Anche qui la sola legatura delle due carotidi e di tutte le vene del collo ha dato la localizzazione nel cervello (tav. 2.a; tìg. 3.a leg. di tutte le vene, fìg. 4.a leg. delle due carotidi.). IV. Considerazioni e conclusioni. Merita di prendere in considerazione i risultati avuti dai sopra esposti esperimenti , posti in rapporto alle diverse lesioni - 99 — ed ai diversi microrganismi, per vedere l' importanza di ognuna di quelle e il modo di localizzazione e di comportarsi di questi. Dalle osservazioni cliniche e dagli esperimenti finora esisten- ti risulterebbe che alla legatura delle carotidi seguono accidenti tanto maggiori, quanto più è posto in alto, nella scala zoologica, l'animale su cui si esperimenta. Così, laddove neh" uomo le statistiche delle legature delle ca- rotidi primitive danno il 22,4 o/0 (Le Fort) 9G), il 22,50 o/0 (Albertin ed Ehrmann) 97) di mortalità per lesioni esclusivamente cere- brali , nei conigli , invece , tranne leggerissimi disturbi in primo tempo , io non ho visto seguire accidenti d' importanza , anche quando ho legato contemporaneamente le due carotidi primitive. Per spiegare i fenomeni che si osservano in seguito a tali legature, sono state escogitate varie teorie. Richet 9S) attribuisce il quadro degli accidenti cerebrali , in seguito a legature delle carotidi , alla variazione di contrattilità delle arterie e alla paralisi dei nervi vaso-motori, che seguirebbe a lesioni di filetti nervosi nel campo operativo. Bevard ed Ehr- mann ") fondano la loro teoria sul diametro variabile delle arterie, che compongono l'eptagono di Willis. Le Fort 10°) si spiega le le- sioni cerebrali per un coagulo della carotide interna, prolungan- tesi all' oftalmica e da questa alle cerebrali medie ed anteriori. L' obliterazione di tutti questi vasi impedirebbe al sangue della carotide del lato opposto di irrorare il campo della arteria lega- ta , donde i gravi accidenti. Duplay e Reclus 101) trovano molto logico questo modo di vedere. Ma la teoria che più ha guada- gnato terreno è quella dell' anemia, che segue all'occlusione della carotide. All' anemia terrebbe dietro la stasi venosa, quindi i di- sturbi di nutrizione sotto forma di focolai di rammollirne nto Kònig lo2ì. Non è mio compito discutere quale delle suddette teorie sia la vera; a me preme soltanto constatare il fatto che, in seguito alla legatura delle carotidi, avviene un disturbo cerebrale che ha la sua base anatomica, e che tale disturbo è sempre maggiore a misura che si sale nella scala zoologica. Per ciò che riguarda i conigli , nei quali ho soltanto speri- mentato, tali alterazioni consistono, per la legatura delle carotidi primitive, in leggere alterazioni vasali , che la localizzazione batterica rende, in seguito, ora più, ora meno grave ed estesa, a seconda del microrganismo inoculato. Dalle ricerche sperimentali di Litten 103) e di Spronck 104) l'anemia arteriosa locale ( ischemia di Virchow ) determina delle lesioni , la gravità delle — 100 - quali dipende non solamente dalla durata dell' anemia, ma anche dalla natura dell' organo e del tessuto. Gli elementi specifici del- l' organo presentano subito i segni di una lesione semplicemente funzionale , che scompariscono allorché la circolazione si è rista- bilita. Se l'arresto della circolazione dura un po' dippiù, sono que- sti elementi che si mortificano i primi. Le alterazioni riscontrate da Spronck nel midollo spinale sono essenzialmente di natura necro- tica, consistenti in gravi disfacimenti del protoplasma, mortifica- zione del nucleo, ecc. Ma nei miei esperimenti io non produceva , come Spronck ha fatto per il midollo spinale , ischemia assoluta del cervello , epperciò le alterazioni, da me ottenute , non potevano avere la gravezza della necrosi e del disfacimento cellulare. Piuttosto, nel caso mio, si potrebbe parlare di disturbi funzionali delle cellule nervose, come quelli che Litten e Spronck ottenevano col- l'anemia di breve durata. « Ma noi (dice Spronck) non conosciamo ancora le alterazioni chimiche, che, sotto l'influenza dell' anemia si producono nel protoplasma cellulare » E perciò non sap- piamo quanta parte abbiano queste alterazioni chimiche , che i preparati non ci possono mostrare, nei risultati ottenuti colle mie esperienze. Queste alterazioni che , nei casi nei quali 1' animale non si sottopone ad altro trattamento, a poco a poco si dileguavano, in primo tempo sarebbero state sufficienti a rappresentare il sostrato capace di favorire 1' attecchimento batterico. Ciò starebbero, appunto, a dimostrare i miei esperimenti. Infatti, dagli esperimenti I, II, III, IV risulterebbe: 1.° che, data uguale dose della stessa cultura , un coniglio colla legatura di una carotide primitiva ha per il Bacterium coli commune una recettività di gran lunga superiore a quella che tiene il coniglio senza legatura; '2.° che il coniglio con la legatura ha un periodo di vita più breve di quello del coniglio senza legatura e dimagra dippiù; 3.° che il cervello e 1' organismo tutto del coniglio operato contiene Bacterium coli , mentre il coniglio di controllo , dopo morto , non ne presenta affatto, essendone causata la morte da cachessia tossica; 4.° che, quando l'inoculazione si esegue dopo 48 ore dalla le- gatura, gli effetti sono in grado alquanto minore; il coniglio vive dippiù e dimagra di meno; 5.° che, quando l'inoculazione si fa dopo 6 giorni dalla lega- tura, il coniglio si comporta come se la legatura non fosse stata eseguita. «-* — 101 — Di questi fatti va , specialmente , rilevato il 3°. Il disturbo circolatorio di una metà del cervello favorirebbe l'attecchimento del Bacterium coli tanto più, quanto più breve è il periodo che intercede tra la legatura e 1' inoculazione. Gli esperimenti V e VI , riguardanti le due legature , con- fermano, una volta dippiù, i fatti sopra notati. I sintomi sono più gravi; perchè maggiore è il disturbo cir- colatorio recato al cervello. 1 tagli hanno rilevato nei due emi- sferi quello che nelle prime esperienze si era visto nell'emisfero leso. Ma, sopra tutto, conviene richiamare l'attenzione sopra i di- sturbi della motilità: essi non possono essere che 1' esponente di notevoli alterazioni della zona psico-motrice , e tali alterazioni sono date appunto da localizzazioni puntiformi , molteplici , del Bacterium coli. Gli effetti della sola anemia cerebrale non hanno dato nei confronti la sindrome di paresi di senso e di moto. Come, d'altro canto, non l'hanno dato mai i conigli che, inoculati colla stessa dose di B. coli, non erano stati precedentemente operati di legatura. Avverrebbe per il cervello ciò che avviene nel rene , in se- guito alla legatura della emulgente. Rattone e Foà , inoculando direttamente nel rene del coniglio una cultura di pneumococco non riuscirono a destarvi un processo di nefrite specifica. Boc- cardi, invece, inoculando ad un coniglio, cui aveva già allacciata 1' arteria renale, una cultura virulenta di carbonchio lo rinvenne chiaramente nei tagli. Secondo l'esperienza del Jacontini 105) il B. coli circolante nel sangue a rene integro , non è eliminato dal- l' organismo per tale via, invece, a rene leso, il detto batterio , passando attraverso quel filtro, si riscontra facilmente nelle urine. Oltre all'anemia cerebrale, un altro fattore potrebbe es- sese invocato a spiegare, specialmente, l'infezione generale. Questo altro fattore sarebbe 1' influenza che il cervello, come il sistema nervoso in generale, esercita sulla capacità di resistenza organica. E una conquista definitiva della scienza la parte esercitata dal potere nervoso nelle infezioni. Le ricerche di Charrin e Ruffer 106) di Roger 10T), di Bouchard, di Gamaleia e Charrin 108), di Gley e Charrin 109) di De Paolis i10), di Platania m), di Ceni 112), di Wa- gner 113), di Babinski e Cornil n4) di Hermann u5), di Ochotine 116) di Frànkel 117), di Pollaci 118), e di altri, hanno messo in evidenza 1* importanza del potere nervoso nei morbi infettivi. Ora nel caso nostro, la legatura delle carotidi , disturbando 1' influenza che il cervello esercita sul potere di resistenza orga- — 102 — nica, permetterebbe l'attecchimento del batterio in quella dose e in quella virulenza , che su di un coniglio non operato , riesce niente lesivo. Con tutto ciò la causa determinante dell'attecchi- mento del batterio in loco sarebbe sempre 1' anemia istantanea , seguita dalle alterazioni anatomiche riscontrate. Come per la occlusione del circolo arterioso, così per quella del circolo venoso abbiamo nel cervello lesioni anatomiche. Tali lesioni consistono in una leggera dilatazione dei vasi sanguigni, per la quale riempiono la guaina linfatica perivasale completa- mente e non si scorgono più le sottili trabecole, che attraversano lo spazio linfatico e che vanno dal vaso linfatico a quello san- guigno. Le cellule nervose sono, in generale, ben conservate. Però, con una certa frequenza, si osserva che il protoplasma cellulare presenta dei vacuoli, grandi quanto il nucleo o poco meno (fig. 5 a, b, e, tavola la). Di questi vacuoli se ne osserva, a volta, uno solo per cellula, a volta più d'uno. Bisogna considerarli come vacuoli e non come zolle di una sostanza speciale , inclusa nel protoplasma, perchè con nessuna sostanza colorante si riesce ad imbeverli ed appaiono sempre come spazii chiari nella massa protoplasmatica. Il reperto di tali vacuoli non è, senza dubbio nuovo nella isto- tologia normale e patologica del sistema nervoso, Però, non si può ritenere questo reperto come accidentale nel caso nostro per la frequenza, abbastanza cospicua, nella quale si riscontra. Eviden- temente , la presenza di questi vacuoli indica un leggero stato patologico nelle cellule. Non posso credere che si tratti di una necrosi incipiente, visto lo stato di perfetta integrità del nucleo. E più probabile che la presenza di questi vacuoli indichi un'al- terazione nutritiva cellulare, cui seguirebbe una reazione infiam- matoria 1). In base alla legatura di tutte le vene della regione anteriore del collo, sono stati fatti gli esperimenti VII, Vili, IX. La dif- ferenza di proporzione tra gli effetti avuti in questi esperimenti e quelli ottenuti dai primi, appare a prima giunta. Qui la dose di 0,10 °/0 di cultura in brodo di Bacterium coli ha dato la morte in 2 giorni : inoculata poi la dose 0,01 o/0, questa, su per giù, ha dato gli stessi effetti che la dose 0,10 °/0 nella legatura delle due carotidi. Cosi , la predisposizione del cervello all' attecchimento del Bacterium coli troverebbe nella stasi un coefficiente ben no- ì) In queste ricerche istologiche mi sono stati preziosi i consigli del Pro- fessor Boccardi, al quale rendo grazie di cuore. — 103 — tevole. Questo fatto potrebbe .avere il suo riscontro, nella clinica, in quei processi, ove la coesistenza di stasi cerebrale e di attec- chimento microbico nelle meningi e nel cervello è di una evidenza palmare. Nelle pulmoniti, p. e., specie quelle da influenza, la stasi non sarebbe da escludersi tra i fattori predisponenti di localizza- zioni. Il meccanismo d' azione della stasi troverebbe la sua ra- gione in cause varie. Da una parte, sta il fatto che per la stasi si accumula nel cervello un numero maggiore di batterli ; dal- l' altra parte la dilatazione delle vene potrebbe permettere più facilmente, attraverso le loro pareti, il passaggio dei batterli e del transudato di sostanze tossiche, sia quale prodotto della loro at- tività biologica, sia quale esito del disfacimento dei loro cadaveri. In base a questi fatti si potrebbe spiegare l' osservazione cli- nica di Ballet , cioè, delle facili tubercolosi miliari nelle cianosi generali per vizio congenito del cuore, e della frequenza di ascesso cerebrale, in tali evenienze, per l' iperemia da stasi nel cervello. Così, i fatti clinici e gli esperimenti si spiegherebbero a vi- cenda e si completerebbero. Ciò che avviene per i disturbi circolatorii, per le alterazioni, cioè, diffuse, generali del cervello, non pare accada per un trau- matismo circoscritto, limitato in una zona. Starebbe a dimostrare ciò 1' esperimento X e varii altri aaa- loghi, che, per brevità non ho riportati. Una frattura sottocuta- nea, che dia frammenti, i quali contundano la sostanza cerebrale in una zona limitata , non stabilirebbe un focolaio di attecchi- mento al Bacterium coli commune, che vi arrivi per il circolo san- guigno. Il risultato negativo mi fece, a più riprese, ripetere la prova. L' esperimento XII non infirma tale asserzione. Il coniglio morì per le gravi lesioni traumatiche cerebrali. Questo esperimento, in- vece , può valere a dimostrare che, in questa categoria di espe- rienze, è difficile poter limitare, circoscrivere, graduare la lesione. Non sempre riesce di produrre tale una frattura che, nel mentre sia cospicua, non sia poi mortale per sé. L' esperimento X, cogli altri analoghi, ci potrebbe far sospet- tare che, nei casi clinici di contusione cerebrale, sottocutanea, ai (piali segue un focolaio suppurativo, bisogna pensare ad altre porte d' entrata, che non al circolo sanguigno generale, dato che non vi sieno altri fattori. L' orecchio, il naso, la faringe, 1' occhio po- trebbero essere le porte favorevoli d' invasione diretta, ed i lin- fatici le vie di transito. E la clinica, infetti, sa che la patogenesi — 104 — degli ascessi per contusione sottocutanea ha da ricercarsi in tali porte di entrata, anche quando esse sembrano esenti da processi suppurativi. Non son rari , nella letteratura, casi di tal genere ; uno evidente , di chiarezza meridiana , ne riporta il Murri nella sua conferenza, tenuta in seno all' Associazione medica lombarda, il 30 novembre 1894 119). Se mentre l' infezione è in atto e quindi il batterio è nel circolo, si produce una contusione, le cose cambiano aspetto : al- lora si ha localizzazione (esperimento XI). Questo esperimento, come di solito, è il rappresentante di varii altri analoghi, i quali, certamente, non hanno avuto tutti un risultato ugualmente chiaro e dimostrativo, ma, in maggioranza, hanno dimostrato che una contusione sottocutanea cerebrale, ad infezione in atto, può essere favorevole luogo di attecchimento batterico. Le punture asettiche nella corteccia, 1' asportazione asettica di un po' di sostanza cerebrale , hanno dato risultati negativi (esperimenti XIII e XIV). Ma non così andarono le cose allorché inoculai nello spazio subdurale poche gocce di una soluzione all'I °/o di ammoniaca liquida (esperimento XV). Si produsse una menin- gite da Bacterium coli. Parrebbe, adunque, che all' attecchimento nel cervello e nelle meningi del Bacterium coli occorra un' azione disturbatrice generale, diffusa, di una certa intensità, legata a di- sturbi circolatorii, ad alterazioni nutritizie delle cellule, ad un pro- cesso infiammatorio diffuso. Questa conclusione troverebbe altresì appoggio negli esperimenti XVI e XVII. Una compressione, per quanto forte, una compressione di 3.° grado dei patologi, non ha dato attecchimento al Bacterium coli. E le nuove teorie sugli effetti della compressione cerebrale stanno infatti , a dimostrare che 1' azione della compressione è locale e non si estende che poco al di là della sfera d' azione dell'agente compressivo. La infezione sperimentale eia bacillo di Eberth negli animali è una conquista che la scienza ha fatto da pochi anni. Prima della scoperta del bacillo e della sua cultura pura, i tentativi fatti per riprodurre negli animali l' infezione tifosa, non approdarono che a mediocri risultati. Murchison, fin dal 1867, aveva fatto mangiare ad un porco delle feci di tifosi ; 1' animale conservò sempre una salute per- fetta. — 105 — Klein l2u) oltre che su numerose specie di animali domestici, sperimentò sulle scimmie, che sottopose a diarree artificiali me- diante olio di Crotone ed alimenti con deiezioni di tifosi, Il risal- tato fu sempre negativo. Le esperienze analoghe fatte sui conigli) se furono positive per Birch-Hirschfeld, nelle mani di Bahrdt 121, non diedero che risultati negativi. Ne più felici furono le esperienze, riguardanti l' inoculazione in uomini ed animali di sangue tolto da tifosi, praticate da Mot- schutkowsky 122). I risultati furono dubbiosi nelle esperienze di Klebs e Chom- jakoff, i quali oltre, alle feci dei tifosi, utilizzarono dellj jalture di un bacillo che consideravano come spacifico. Tutti questi insuccessi vennero a dare ragione alla supposi- zione, che si può fare a priori, che cioè, 1' infezione tifosa deve essere difficile negli animali. Non si conosce, infatti, neppure una specie sola di animali che prenda spontaneamente l' ileo-tifo. I veterinari non hanno mai constatato nei mammiferi le lesioni caratteristiche del tifo ad- dominale. Quella che fu appellata febbre tifoidea dei cavalli non somiglia in nessun modo all' iieotifo umano. Solo le culture pure, le culture virulenti introdotte in suffi- ciente dose, vincendo la resistenza organica dovevano far cadere la credenza, che si faceva strada, dell' impossibilità di una infe- zione tifosa sperimentale negli animali. Fu GafFky, il primo, ad intraprendere delle esperienze colla cultura pura del bacillo tifoso, ma non ottenne alcun risultato positivo. Tutto 1' opposto constatarono E. Frànkel e Simmonds , 123), A. Frànkel 124) ed Iwan Michael 125), Fodor 126), Seitz 127). I lavori di questi autori vennero ad assodare che i sorci , le cavie ed i conigli erano suscettibili di contrarre l'ileotifo. Chantemesse e Widal 128) ripresero su larga scala questo stu- dio, e confermarono definitivamente la suscettibilità degli animali all'infezione tifosa. Infine, Cygnoeus 129), Gasser l30), Gilbert e Girode dimostra- rono, una volta dippiù, che si può provocare sperimentalmente il tifo addominale. Ora , le esperienze mie concordano pienamente nell' ammet- tere l'infezione tifosa sperimentale nei conigli. Alle autopsie ho trovato bacilli di Eberth in tutti gli organi, or più or meno. Ma a me preme rilevare quello che interessa allo scopo, cioè, che le inoculazioni endovenose, da me praticate con cultura pu- — 106 — ra, hanno dimostrato che il cervello e le meningi rappresentano un luogo prediletto di attecchimento per il B. di Eberth. Come il Bacterium coli commime, il bacillo del tifo trova, per leggere alterazioni cerebrali , la cagione di localizzarsi e di moltiplicarsi nell'organismo. I risultati avuti dalle esperienze col bacillo di Eberth sono, presso a poco, gli stessi che quelli otte- nuti col Bacterium coli, e perciò non li trascrivo. Ma, per il bacillo di Eberth v'ha dippiù : esso per cause pre- disponenti analoghe e di pari intensità , ha dato una sindrome fenomica più grave ed intensa, e si è localizzato per predisposi- zioni che il B. coli non aveva risentito. Così, laddove colla contusione e commozione (esp. X) della sostanza cerebrale il B. coli non si era localizzato il bacillo del tifo, ha dato spesso delle infezioni (XXVI). Si potrebbe obbiettare che nel caso di una contusione e com- mozione cerebrale è difficile, in tutti i casi , misurare , graduare sperimentalmente gli effetti del traumatismo. Ora, si sarebbe po- tuto dare il caso che. a proposito delle esperienze sul B. del tifo, sia stata prodotta un'alterazione anatomica cerebrale più intensa che in quelle del B. coli. Ed allora più che la sua tendenza mag- giore ad attecchire nel cervello, la ragione della localizzazione si troverebbe nei guasti anatomici di maggiore intensità. Ma tale obbiezione non reggerebbe a proposito degli esperimenti sulla compressione. Qui abbiamo dati uguali ; lo stesso peso degli ani- mali, la stessa grossezza del pezzo di laminaria : ebbene il B. tifo si è localizzato (esper. XXXI ; mentre il Bacterium coli mai (esper. XVII). Come clinicamente, si può dunque, anche per esperimenti , ritenere che il bacillo di Eberth e il Bacterium coli commune ab- biano la possibilità di localizzarsi nel cervello e nelle meningi, e tale localizzazione può farsi primitivamente. Le condizioni che permettono tale localizzazione sono quelle che noi appunto abbiamo studiato. E fatti di tal genere interessano al più alto grado l'avvenire dello studio e della terapeutica del tifo addominale. Lo pneumococco di Frànkel risente le cause predisponenti , che sperimentalmente ho determinate sul cervello, ancor meglio che il Bacterium coli communi e il bacillo di Ebert. — 107 — Tutte le alterazioni più o meno gravi ed intense, procurate alla massa del cervello, fanno di quest'organo un terreno di at- tecchimento favorevole per lo pneumococco di Frankel. Così, la frequenza di meningiti ed encefaliti, che la clinica ci offre come complicanza di pneumoniti crupali, troverebbe nel mio lavoro la conferma sperimentale. Un disturbo circolatorio più o meno intenso del cervello (ane- mia o iperemia passiva), un trauma qualsiasi su di esso, una ir- ritazione, una compressione sarebbero le cause fisico-chimiche che indubbiamente nei casi di pulmoniti varrebbero a determinare la localizzazione. La polmonite degli alcoolisti si accompagna molto spesso alla meningite suppurata (Netter). L'artero-sclerosi dei beoni, sotto il punto di vista circolato- rio, non deve essere estranea ai gravi fenomeni cerebrali di tali individui, allorché sono affetti da pulmonite. È a rilevare, innanzi tutto, il fatto che per lo streptococco e lo stafilococco la causa predisponente alla localizzazione cere- brale deve essere molto intensa. Soltanto una forte iperemia ce- rebrale da stasi, una grave irritazione delle meningi, sono capaci di determinarne la localizzazione. Dunque, tra la possibilità d'at- tecchimento del B. coli, del B. del tifo e dello pneumoccco di Frankel nel cervello e quello dello streptococco dell' e- resipela e dello stafilococco piogeno aureo v'ha un di- stacco notevole. Dippiù : conigli ai quali avevo determinato lesioni predispo- nenti, venuti a morte dopo un certo tempo dall'inoculazione dello streptococco e dello stafilococco , presentarono una piemia ; ma mentre gli ascessi erano nel fegato, nei reni, nella milza, non si trovavano nel cervello, benché leso. Si potrebbe, perciò, dedurre che le suppurazioni cerebrali da streptococchi e stafilococchi (al- meno quelle per via circolatoria) debbano essere rare. La clinica non contradice l'esperimento; nei reperti batterio- scopici di meningiti ed encefaliti la presenza dei cocchi piogeni non è frequente, e quante volte essi s'incontrano, sono quasi sem- pre uniti ad altri microrganismi, (bacillo del tifo, B. coli, pneu- mococco di Frankel) , i quali ne determinerebbero le condizioni predisponenti all' attecchimento. È questa la conclusione alla quale menerebbero le osservazioni di Monti, di Renvers, di Netter, di Roux, di Vaillard e Vincent. Le mie osservazioni ne darebbero la conferma sperimentale. — 108 — I miei esperimenti, dunque, mi autorizzerebbero a ritenere : 1.° che, almeno nei conigli, la legatura di una o di entrambe le carotidi è causa predisponente alla localizzazione nel cervello per il Bacterium coli communc, per il bacillo di Ebertli e per lo pneumococco di Frànkel ; 2.° che la legatura di entrambe le giugulari esterne e delle altre piccole vene della regione anteriore del collo , predispone ancora di più il cervello all'attecchimento dei suddetti microrga- nismi ; 3.° che la commozione, la contusione e la compressione grave del cervello rendono quest'organo adatto alla lolicazzazione del ba- cillo del tifo e dello pneumococco di Frànkel ; 4.° che il disturbo delle meningi, con sostanza chimica irri- tante, è causa predisponente per tutti e tre i microrganismi in parola ; 5.° che, quanto allo streptococco dell'eresipela e allo stafilo- cocco piogeno aureo, il cervello non ha per essi grande recettività; 6.° che le legature delle 2 carotidi, di quelle di tutte le vene della regione anteriore del collo, almeno per le lesioni da me pro- dotte, e le forti irritazioni meningee, sono stati i soli disturbi ai quali è seguita la localizzazione di questi due ultimi microrga- nismi. Al Prof, de Giaxa, mio maestro, i ringraziamenti del cuore per i consigli preziosi che mi ha dato. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Tavola 2.a Fig. l.a ' Zeis. Sezione dell' emisfero destro di un coniglio , al quale obb. /i2 avevo legato la carotide destra poco prima dell'ino- culazione intravenosa del b. coli. oc 3 Fig. 2.a ' Zeis. Sezione dell'emisfero sinistro del coniglio precedente. obb. 1/12 oc 3 Fig. 3.a ' Zeis. Streptococco dell'eresipela nel cervello di un coniglio , obb. /io al quale aveva, prima dell'iniezione intravenosa, le- gato tutte le vene della regione anteriore del collo- oc 3 Fig. 4.a ' Zeis. Cervello di un altro coniglio , al quale avevo legato , poco prima dell'inoculazione, entrambe le carotidi. Fig. 5.a Sezione di un cervello di un coniglio sacrificato tre giorni dopo la le- gatura di tutte le vene della regione anteriore del collo (a , b , e , vacuoli). Tavola 3.a oc. 3 Fig. l.a ' Zeis. Pneumococco di Frankel nell'emisfero cerebrale destro obb. V12 di un coniglio, al quale era stata legata la carotide destra poco prima dell'iniezione. Fig. 2.a Emisfero sinistro del coniglio precedente. 'Fig- 3,a ~t,t. ' -, , Zeis. Cervello di un coniglio con legatura di tutte le vene obb. V12 della regione anteriore del collo. Inoculazione del sta- filococco piogeno aureo. Morì dopo S giorni dall'ino- culazione. Fig. 4.a Stafilococco piogeno aureo nel cervello di un coniglio, al quale avevo legato le due carotidi. BIBLIOGRAFIA !) Deutschmann. — Ueber Miliar Tuberkulose des Gehirn und seiner Haute und ihren Z iisamm enh ang mit Augen affectio- neu. Eine experimentelle Studie. (Graefe' 's Archiv. 1881, Bd. 27, pag. 224. 2) Daremberg. — No te s sur la tuberculose expé rimentale. (Etudes experim. et din. sur la Tubercolose, lf, fase, 1887 , p. 53). — Lo stesso. — Note sur la meningite tuberculeuse ex- périmeutale et ladurée variable de revolution de la tu- berculose, ivi 530. 3) De Renzi. — La tisichezza polmonare. 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Arch. de Me'd. exp. 1892. ns) Giuffrè e Pollaci. — Contributo allo studio dell'immunità. Influenza del sistema nervoso sulla infezione. Arch. ital. di din. medica, 1895. 119) Murri. — La craniotomia esplorativa e la diagnosi dell'a- scesso cerebrale cronico. Il Policlinico, 1895. 120) Klein. — Reports of the medicai Offìeer of thepriv. Council and locai Go- vernment board, 1875. 121) Bahrdt. — Arch. der Heilkunde, 1876. lU) Motschutkowsky.— Ccntralhlatt fiir medicinischen Wiss., 1*76. m) E. Frankel e Simmonds.— D i e aetiologische Bedeutung des Ty- phus bacillus. Hamburg und Leipzig, 1886. 124J A. Frankel.— Zur Lehre von den pathogen en Eigenschaften des Thypus bacillus. (Central, fur Klin. Mei., 1886, n. 10). ,25) Iwan Michael. — Fortschritte der Medichi. 1886, n. 11. 126) Fodor. — N e u e r e V e r s u e . h e m i t I n j e e t i o n vonBacterien in die Venen. Deutsohe Mei. Wochen., 1886, n. 36. 127) Seitz.— Bacteriologische Studien zur T y pbus -Aetiologiei Miinrhen: Finsterlin, 1886. 12S) Chantemesse e Wid al.— Arch. de physiol., 1887. 129) Walter Cygnoeds. — Bei triige zur patii. Anat. und. Allg. Patii., Bl. Vili, 3 Heft, 1890. 130J G-asser. — Thèse de Paris. 1890, n. 336, p. 87. Sulla degenerazione e rigenerazione delle fibre ner- vose midollari periferiche. Ricerche sperimentali e mi- croscopiche di Domenico Pace. — (Tav. IV). (Tornata del 14 giugno 1896) T. Storia e Bibliografia Antichissimo è 1' esperimento di apportare una lesione nella continuità di un nervo periferico di questo o quello animale per studiare i disturbi funzionali nei muscoli dipendenti dal nervo leso. Fin dal 1775 il Fontana 1), inaugurando il periodo, per così dire, fisiologico di queste ricerche sperimentali, aveva constatato che , dopo la sezione dello sciatico di rana , a capo di un certo tempo, eccitando il nervo, non si vedevano più movimenti nella zampa corrispondente, mentre i muscoli di essa rispondevano an- cora allo eccitamento diretto. Giovanni Muller 2) e Sticker, e più tardi Longet 3) ripetettero gli esperimenti del Fontana, accertando il modo e il tempo , in cui si ha la abolita funzione in seguito alla sezione fatta nel nervo periferico. Ma il primo che studiò al microscopio le alterazioni, che avvengono nel segmento peri- ferico di un nervo sezionato , fu Nasse 4) nel 1839. Con lui s' i- nizia il periodo istologico di queste ricerche. Nasse osservò nelle fibre nervose periferiche la divisione della mielina e il disfaci- mento di questa in granulazioni e gocce di grasso ; ne concluse, *) Fontana.— Rie er che filosofiche sopra la fisica animale. Firenze, 1775, pag. 90. 2) J. Mììller. — Manuel de Physiologie, Traduci, frane. T. I, pag. 351. 3) Longet. — Recherches expérimentales sur les conditions nécessaires à l'entretien et à la manifestation de l'irri- ta 1) i 1 i t é m u ■ s e u 1 a i r e. Paris, 1841. 4) Nasse. — Ueber die Veràn deru ngen der Nervenfas er n nacli ihrer D u r eh s e h n e i d u n g. Mi'dler' s Archiv f. Anat. 1S39 Heft. V. S. 405. — 115 — quindi, che ogni nervo, staccato dal suo centro, cade in degene- razione. Questo fatto fu confermato ed elevato a legge da Au- gusto Waller r) nel 1852 , quando egli vide che , in seguito alla sezione delle radici spinali , nella radice motrice degenerava il moncone periferico e nella radice sensitiva il moncone centrale. Waller intanto ammetteva che le fibre periferiche di un nervo sezionato scomparissero completamente. Ma vennero subito ad opporsi a questa legge le osservazioni di Burdach 2) , Schiff 3) e Bruch 4i, cui si aggiunsero quelle di Philipeaux e Vulpian 5). Essi si domandarono : un nervo sezionato deve sempre e in ogni caso cadere in degenerazione o in cambio si può avere una guarigione per primam intentionem del nervo leso ? Sin dal 1854 Schifi0 aveva sostenuto quest' ultima opinione. Egli trovò che il cilindrasse è conservato nell'interno delle fibre del moncone periferico— trattato col bicloruro di mercurio —e che la mielina sola vi è scomparsa. Negli anni successivi comparvero, in appoggio di questa tesi, nei Comptes rendile i lavori di Phi- lipeaux e Vulpian. Però subito dopo, verso il 1864, Eulenburg e Landois °), ripetendo le antiche esperienze e facendo la sutura dei 1) Waller. — Sur la reproduction ci e s nerfs et sur la structure et 1 e s fonctions des ganglions spinaux. Mailer s. Archiv. 1852, S. 392. 2) Burdach. — B eitr ag zar mikrosk. Anatomie der Nerven Kimigsberg 1837. 3) Schiff. — N eurologische Notizen. Archiv d. Vereins f. gemelliseli. Arbeit.. Gottingen, 1854. Bd. I, S. 615 e 700. — Ueber die Regeneration der Nerven von C. Bruch. Dieselbe Zeitsck. 1855. Bd. IL S. 44. -Ueber die Degeneration und Regeneration der Nerven mit besonde- rer Beziehung auf die Mi ttheilungen von B. Lent. Zeitschrift f. iriss. Zoologie, 1856, Bd. Vili, S. 338.— Re mar qu e s sur les ex péri en- ces de M.rs Philipeaux et Vulpian. Gazette he'bdomad. 1860, n. 49. 4) Bruch. — Ueber die Regeneration der Nerven. Archiv f. gemeinsch. Arbeiten Gottingen. 1855. Bd. II. S. 409-448. 5) Philipeaux et Vulpian. — Note sur des expériences démon- trant que des nerfs séparés des centres nerveux peuvent, a- près s'ètre altérés complétement, se régénérer tout en de- meurant isolés de ces centres, et recouvrer leurs propriétés pliysiologiques. Ibid. 1859. T. 48, p. 507.— Recherches expérimen- tales sur la régénération des nerfs séparés des centres ner- veux. Comptes rendus 1861. T. 52, p. 575. — Note sur la régénération des nerfs tr ansplantés , ibid. T. 52, pag. 849. — Recherches sur la ré union bout-à-bout des fibres nerveuses sensitives avec les fibres nerveuses motrices, ibid. 1863, T. 56, p. 54. G) Eulenburg und Landois. — Die N e r v e n n a h t. Berlin. Min. Wochen- sehr. 1864, n. 46-47. — 116 — nervi sezionati, osservarono sempre la degenerazione del moncone periferico e mai la riunione per prima dei segmenti separati. NA la quistione restò lì. Le esperienze sulla sutura dei nervi si ripe- tettero di nuovo, e la dottrina della integrità del moncone peri- ferico e della riunione dei monconi bout-à-bout senza degenera- zione trovò nuovi sostenitori in Remak '), Erb 2), Hertz 3); Gluck 4) Sirena 5) Wolberg °) e Stefani A. e Cavazzani E. "'). Anche recentemente Gluck 8) presentò alla Associazione dei Medici della Charité di Berlino ( Seduta del 7 marzo 1895 ) dei preparati di sciatico di cane, rigenerato dopo 12 settimane dalla resezione e dalla sutura del pezzo resecato, il quale fu ripiantato in modo clie il suo estremo periferico venisse a combaciare col moncone centrale dello sciatico e viceversa. L'A. riscontrò, all'esa- me istologico del nervo, accanto alle fibre degenerate e alle parti fi- brose, fasci di fibre completamente intatti; sostenne, quindi, che, quando si fa l'innesto di un nervo fresco vivente, il processo !) Remak. — Ueber Wiedererzeugung von N e r v e n f a s e r n. Virchow's Archiv 1862. Bd. XXIII, S. 441. 2) Erb. — Z u r Pathologie und pathol. Anatomie p e r i p h e- rer Paralysen. Deutsches Ardi, f. Min. Meditili, 1868, Bd. V, S. 43. 3) Hertz. — U eber Degeneration und Regeneration du re li- se hnit tener Nerven. Virchow's Archiv 1869. Bd. XLV1 S. 257. 4) Gluck. — Experimentelles zur Frage der Nervennaht und der N e r v e n d e g e n e r a t i o n. Virchow's Archiv. 1878, Bd. LXXII, S. 624. — N euro piasti k auf dem Wege der Tr ansplanta tion. — Ardi, f. Min. Chirurgie. 1880. Bd. XXV. S. 606. r>) Sirena — Ricerche sperimentali sulla riproduzione dei nervi. — Giornale delle Scienze Natur. ed Econom. di Palermo, 1880, Voi. XI. — Analogie e differenze fra i risultati ottenuti dai prof. Ranvier, Colasanti, Tizzoni e Sire ma nella recisione dei nervi. — Lettera al Dott. Angelo Filippi — Giornale internaz. delle Scienze Mediche 1882, pag. 113. 6) Wolberg. — Kr itisene und experimentelle Untersu- c . h u n g e n li L e r die Nervennaht u n d N e r v e n r e g e n e r a t i o n. Deutsche Zeitschr. f. Chirurgie. 1883. Bd. XV III e XIX. ") Stefani A. e Cavazzani E. — Si le moignon centrai d' un neri' peut s'unir au moignon p ér iphériqu e d'un nerf plus long, et si, lorsque cette union a e u lieu, celui-ci conserve ses propriétós py siologiques dans toute sa longueur. — Archives italiennes de Biologie, 1895, T. XXIV, p. 378. 8) Gluck. — D e m o n s t r a ti o n eines P r li p a r a t e s von Nerven regeneration n a e li R e s e e t i o n und R e i m p 1 a n t a t i o n. — Berline)- Klin. Wochensch., 1895. n. 28. — 117 — rigenerativo si svolge in modo che non tutto il moncone perife- rico degenera in totalità, ne dal moncone centrale, per germoglio dei cilindrassi , cresce un nuovo nervo fino alle ultime vie del tratto periferico degenerato, ma, in modo che solo una parte dege- nera, un'altra resta intatta e non solo s'innesta organicamente colle fibre del moncone centrale, ma, in un tempo relativamente breve, forma col centro una cicatrice nervosa ed entra con esso in rapporto di conduzione. Poco dopo Gluck i) riferì all'Associa- zione medica di Berlino ( seduta del 24 giugno 1895 ) il primo caso di guarigione per primam dei nervi lesi nell'uomo. Egli aveva operato un fanciullo di 1 72 anno con tubercolosi del radio de- stro e aveva reciso il nervo radiale. Dopo accurata disinfezione fu eseguita la sutura del nervo e quella dei comuni integumenti. Si ebbe una guarigione per primam intentionem. Dopo circa quat- tro settimane, secondo FA., le funzioni dei muscoli innervati dal radiale eran perfettamente normali. E più tardi, morto il bambino per meningite tubercolare , 1' esame del nervo leso dimostrò che esisteva ancora un gran numero di fibre degenerate, ma che in generale si poteva constatare 1' esistenza di nuove fibre nervose coi loro cilindrassi. Sicché oggi, malgrado qualche solitaria opposizione, quello su cui non cade contrasto è il vecchio reperto di Nasse, cioè che il mon- cone periferico di un nervo, su cui si sia operata una lesione qua- lunque—dalla compressione alla discissione parziale, dalla semplice sezione alla resezione — va sempre soggetto alla degenerazione. Ma il contrasto e la confusione è grande fra gli osservatori , quando si viene a studiare più da vicino in che propriamente consista questa degenerazione dei nervi periferici lesi. Entriamo così nel periodo febbrile della ricerca scientifica degli ultimi tren- t' anni , quando vergine ancora era il campo della fina istologia dei nervi periferici, e sentivasi forte il bisogno di arricchirsi di nuovi e più sicuri mezzi d'osservazione, e, colla tecnica migliora- ta, affrontare i problemi intricati della degenerazione e rigenera- zione dei nervi periferici lesi. A capo di questo movimento tro- viamo Ranvier 2), i cui lavori dal 1872 al 1878 servirono, come ') Gluck — Ueber e in e n Fall von Prima intentio nervo rum Vereins-Beilage n. IT der Deutsc. med. Wochenschrift, 4 luglio 1895 e La Semaine medicale, 1895. n. 32. 2) Ranvier.— D e la dégénéréscenc.e des n e r f s ap r è s 1 e u r s e e t i o n. Compi, rend. 1872, T. 93, p. 1831. — 118 — ben dice Hanken, da guida direttrice nel labirinto della degene- razione e rigenerazione dei nervi. Però non bisogna dimenticare i lavori precedenti di Oehl *) di Pavia , di Einsiedel 2) , Hertz e specialmente di Neumann 3). Dopo di essi si moltiplicarono d'anno in anno gli osservatori e crebbero sempre più i diversi pareri nello studiare quale fosse la sorte della guaina mielinica e del cilindrasse , quali cangiamenti subissero i nuclei della guaina di Schwann, quale fosse il destino della guaina di Schwann e da ul- timo come si presentassero queste alterazioni, oltre che nel seg- mento periferico , nel luogo della lesione e nel moncone cen- trale. Cercando di riassumere con un certo ordine lo stato delle nostre cognizioni su ciascuna delle quistioni su enunciate, vedia- mo anzi tutto quale concetto si son formato gli osservatori sulle alterazioni della guaina mielinica. A Neumann si appartiene la così detta teoria della t r a- sformazione chimica della midolla delle fibre periferiche (U m wandlungstheorie sec. v. Bùngner— Ve rmi schungs- theorie sec. Stroebe). In un primo lavoro del 1868 e poi in un secondo del 1880, fatto insieme con Dobbert, Neumann 4) am- mise che nel moncone periferico degenerato si nota spezzetta- mento e scomparsa graduale della guaina mielinica e del cilin- drasse; mielina e cilindrasse si fondono insieme per dar luogo ad una massa omogenea, nuova , indifferenziata , eli colore legger- mente giallo nei preparati all' osmio. Eichhorst 5) , Tizzoni 6) *) Oehl. — Sulle alterazioni e sul processo di rigenera- zione ecc. Archivio per la Zoologia, 1864, Voi. I. fase. I. pay. 242.— D e 1 1 e alterazioni dei due monconi ecc. Archivio per la Zooloyia , 1865. Voi. II, fase. Il, pay. 395. Voi. III. fase. I, pay. 113. -) Einsiedkl. — U e b e r die N er v enr e gè n e r a ti on uacli A u s- schneidung e i n es Nervenstùckes. Giessen, 1864. 3) Neumann. — De generation u n d R e g e n e r a t i o n n a eh N e r- vendurchschneidung. Archivi f. Hellkunde, 1868. Bd. IX, Ufi. ■">. 4) Neumann. — Ueber Degeneration und Regeneration zerquetschter Nerven. (nacli in Gemeinschaft niit D.r Dobbert an- gestellten Untersuchuugen) Archi v f. mikrosk. Aitai, isso. Bi. XVn[, S. 302. 5) Eichhorst. — Ueber Nervendegeneration und Nerven- regeneration. Virchow 's Archio 1874 Bel. LIX, S. 1. 6) Tizzoni. — S u 1 1 a patologia del tessuto nervoso. Os- servazioni ed esperienze sulla istologia normale e patologica della fibra nervosa ecc. Archivio delle Se. med. 1878 Voi. Ili, p. 1-61. — 119 — e Sigmund Mayer *) si schierarono . ciascuno con qualche va- riante, per Neumann. Difatti Eichhorst supponeva che anche il cilindrasse subisse una trasformazione chimica , in seguito alla quale avveniva un completo miscuglio (Vermischun g) fra esso e la midolla. Mayer poi andò oltre, ammettendo che questo processo chimico consistesse nella divisione in una sostanza grassa ed una albuminoidea, di cui la prima veniva ben presto riassor- bita, e la seconda si fondeva in una colla sostanza del cilindrasse. Ranvier 2; esaminò acutamente questa « théorie bizarre », come ei la chiama, e ne caldeggiò un'altra, che da v. Biingner e Stroebe è stata detta teoria della sostituzione (V e r d r a n g u n g s t li e o- r i e\ Ranvier dimostrò che quella nuova massa, che compariva nelle fibre periferiche degenerate, non era altro che il protopla- sma dei nuclei della guaina di Schwann entrati in proliferazione, e richiamò tutta 1' attenzione degli osservatori su questo movi- mento protoplasmatico e nucleare, il quale , secondo lui , era la causa dello spezzettamento della guaina mielinica e del cilindrasse. Posteriormente lo studio della migrazione dei leucociti o la dot- trina delle cellule semoventi affascinò molto gli osservatori , e non mancarono di quelli che l'utilizzarono all' interpretazione di diversi fenomeni biologici, e, tra questi, all'alterazione dei nervi susseguente alla loro recisione. Così Tizzoni e Korybutt-Daskie- wicz 3) invocarono l'attività delle cellule migranti anche nell' in- tendere il fatto della distruzione o trasformazione della guaina mielinica. Queste cellule penetravano nei tubi nervosi o per la superficie dei tagli o per i cingoli di Ranvier, pigliavano la mie- lina e parte si ordinavano nell'interno delle fibre e parte, cariche di essa, ne uscivano. Uno studio più completo su queste altera- razioni della guaina mielinica si deve negli ultimi tempi a v. Biingner 4). Questi osservò e raffigurò con una diligenza . che, r) Mayer Sigmund. — Ueber V o r g a n g e dei- Degeneration ini u n v e r 1 e t z e il peripheren Nerven system. Zeitschrift f. Heilk . 1*81. Bd. TT. 2) Ranvier. — L e 9 o ns sur l' li i s t o 1 o g i e du système n e r v e u x Paris 1878. T. IL p. 71. 3) Korybutt-Daskjewicz. — U eber Degen eratio n undRe genera- tion der markhaltigen Nerven. Inaug. Diss. 1878. Strassburg. 4j v. Bungner.— U e b e r die D e g e n e r a t i o n s-u n d Regenera- tionsvorgànge an Nerven nacli Verletzungen. Ziegler's Bei- trage zur patholog. Anat. und zur allgem. Pa filologie. 1891. Bd. X. S. 321. — 120 — prima di lui, forse non aveva usata che il solo Hanken rj, tutti gli stadi del processo degenerativo nel moncone distale, venendo alla conchiusione, che la guaina mielinica, seguendo passivamente il raggrinzarsi del cilindrasse , si disgrega prima in grossi seg- menti cilindrici e poi in frammenti più piccoli, mediante un au- mento dei nuclei della guaina di Schwann ' ed una proliferazione del protoplasma, che riveste la superficie interna di essa. Anche lo scheletro mielinico (stroma n euro che ra- ti n i e o o reticolo corneo) è stato oggetto d' osservazione in questo studio; ma, oltre le prime notizie date da Tizzoni, poco o nulla si sa su questo argomento 2>. Oltre alle alterazioni della guaina mielinica si è studiato pure il destino del cilindrasse nelle fibre cadute in degenerazione. I sostenitori della guarigione per prim%m dslb lesioni d9Ì nervi ammettevano , come si disse , la persistenza del cilindrasse nel moncone periferico di un nervo sezionato. Anche recentemente (1894) Schiff di Ginevra pubblicò la immagine fotografica della sezione trasversale di un nervo sciatico di cane, a cui si era fatta da 11 mesi la resezione di un tratto del nervo insieme con la sezione di tre gangli spinali. La figura mostra persistenza del ci- lindrasse, e 1' A. aggiunge di aver riscontrato assenza completa di doppia rifrazione nel campo nero della luce polarizzata. La stessa opinione fu ultimamente emessa da Gluck (loc. cit.); ma la mag- gior parte degli Autori, pur dissentendo nelle particolarità, am- mettono che il cilindrasse eziandio prende parte alla degenera- zione. Fin dalla prima comunicazione del 1872 Ranvier 3) parlò della interruzione e dello spezzettamento del cilindrasse : ma una esposizione migliore di questo processo si trova nelle sue « Lecons sur l'histologie du système nerveux » dianzi citate. ') Hankkn. — Uè b e r die Folgen von Quetschung peripherer Nerven. Interri. Monatsch. f. Anat. md. Histol. isso. Bd. Ili, S. 265. -) Nel correggere le bozze di stampa son venuto a conoscenza di un lavoro di Tirelli V., il quale ha voluto studiare: Come si comporta lo stroma neurocheratinico delle fibre nervose nel moncone periferico di nervo un reciso e nel cadavere. {Archivio delle Sc.med. 1896, Voi. XX, /'. 2, p. 195). Egli afferma che le parti della fibra più resistenti al pi'ocesso degenerativo sono le spirali cornee o gì' imbuti di Golgi, Eezzo- nico ecc. B) Ranvier. — Op. cit. Cfr. Lecons sur l'histologie du système ner- veux. T. I, p. 323 e seg. — 121 — Usando il bicromato di ammoniaca al 2 °/o ° l'acido cromico al 2 o/00 Ranvier venne in chiaro che il cilindrasse è racchiuso dalle sfere o Lolle mieliniche, vi serpeggia o vi è ravvolto den- tro, finché poi scompare del tutto. Secondo Neumann e i suoi' scolari , il cilindrasse seguiva fatalmente e indissolubilmente il destino della guaina mielinica, per subire insieme una trasforma- zione chimica, come si disse, che li riconduceva al loro stato em- brionale. Hanken, riconoscendo la insufficienza della tecnica e la povertà delle cognizioni intorno al cilindrasse normale, si limitò solo a ravvisare, fra una bolla mielinica e l'altra, come una stri- scia pallida , che egli riteneva 1' ultimo vestigio del cilindrasse degenerato. A questa povertà di notizie sulle alterazioni del ci- lindrasse credette riparare poco appresso Fr. Tangl l), il quale stadio gli effetti della compressione nello sciatico di coniglio, e vide il cilindrasse spezzato in due nel luogo legato e gli estremi ravvolti a spira, a gomitolo o a cavaturacciolo conservarsi come striscia ben differenziata. Va pure ricordato il lavoro di v. Bùn- guer, dove si possono ammirare delle belle immagini, rappresen- tanti il modo caratteristico di atteggiarsi del cilindrasse degene- rato allo interno delle zolle mieliniche. v. Biingner non poteva scompagnare le alterazioni del cilindrasse da quelle della guaina mielinica, senza però ammettere una trasformazione chimica nel senso di Neumann. Recentemente Stroebe 2) descrisse accurata- mente la terminazione nodosa e claviforme del cilindrasse, sia pe- riferico che centrale, ne fece rilevare l'aspetto fortemente tume- fatto dei primi giorni dopo la lesione e parlò della degenerazione vacuolare del cilindrasse, del resto anche prima accennata da Tiz- zoni e v. Biingner. Secondo Stroebe la scomparsa del cilindrasse nel segmento periferico precede di molto quella della midolla. Infine Kolster 3), usando il metodo all' oro secondo Babes, vide anch' egli il disfacimento della midolla e del cilindrasse nel se- gmento periferico, ma ritenne che quest'ultimo, mentre mostrava 1) Tani.-jl.— Zur Histologie d e r gequetscben pe r ipheris e ben Nervenfasern. Archiv f. mikr. Anatomie, 1887. Bel. XXIX, S. 464. -) Stroebe— E x p e r i m e n t e 1 1 e Untersuclningeii li b e r Dege- neration und Regeneration peripherer Nerven n a e li V e r- letzungen. Ziegler's Beitrage zur pathol. Anat. und zur allgem. Putin)]. 1893. Bd. XIII, Hft. I. 3) Kolster. — Zur Kenntniss der Regeneration durchsch- nittener Nerven. Archiv f. mikr. Anatomie. 1893. Bd. XII, S. 689. — 122 — per alquanti giorni ancora persistente la sua guaina propria , avesse dato il suo contenuto alla guaina mielinica, giacché questa presentava la facoltà d' impregnarsi d'oro, laddove quello aveala perduta. Kolster, insomma, dopo 25 anni di distanza, ripresentava in parte il vecchio concetto di Neumann della trasformazione chi- mica del contenuto della guaina di Schwann. Veniamo ora al destino dei nuclei della guaina di Schwann. Ed anzi tutto non era sfuggito ai primi osservatori il fatto, che nel segmento periferico, pochi giorni dopo la lesione, si determina un aumento nucleare notevole. Ma donde tanti nuclei ? quale il processo loro di moltiplicazione ? Quale il loro significato ? Eccd tanti punti aspramente discussi e altamente importanti. Certo in un tempo, in cui l' istologia dei tubi a mielina era poco esatta- mente conosciuta , 1' aumento nucleare non fu ascritto nemmeno agli elementi di Schwann. Così SchifF, seguito poi da Wolberg x!, ritenne meramente illusorio questo aumento nucleare, giacché, se- condo lui , la stessa quantità di nuclei si trova anche allo stato normale nelle fibre nervose, però , coperta dalla midolla , si na- sconde all'osservazione, e, solo, riassorbitasi per degenerazione la midolla , diventa di nuovo visibile. Ma gli studi di Neumann e specialmente di Ranvier tolsero ogni dubbio sulla pertinenza di questa ricchezza nucleare ai nuclei della guaina di Schwann. Su ciò tutti gli autori fnron d' accordo. Rimaneva però a spiegare la provenienza di quei nuclei , il modo della loro riproduzione. Neil' epoca anteriore ai celebri lavori di Flemming tre opi- nioni si dividevano il campo : chi ammetteva la scissione diretta dei nuclei di Schwann col vecchio schema di Remak, chi la for- mazione autoctona o libera dei nuclei e chi infine la immigra- zione leucocitica. Fra i sostenitori della prima opinione troviamo Ranvier 2). Egli descrisse cinque stadi della scissione di questi nuclei, anzi preconizzò un modo come osservarli direttamente nel pulmone di rana in seguito alla sezione del pneumagastrico. Per contro Sigmund Mayer e Neumann si dichiararono per la libera formazion nucleare , e Tizzoni e Korybutt-Daskiewicz ricorsero alla immigrazione dei leucociti nell' interno delle fibre in dege- *) Wolberg. — Op. cit. -) Ranvier. - Leyons sur l'h istologie dusysti 1878. T. II, p. 6-7. — 123 •— nerazione. Frattanto la scoperta della cariocinesi aveva destato meritamente tutta 1' attenzione degli osservatori , e già per essa s' iniziava una serie di ricerche, che dura tuttora, siili' attività nu- cleare nei più svariati fenomeni della vita. Parecchi si ascrissero il merito di aver descritto la prima volta la cariocinesi nei nuclei della guaina di Schwann, come Hanken 1), v. Bùngner 2) ed Hu- ber 3); però giustamente esso è stato rivendicato 4) al Dr. Torre °), che la descrisse nel 188i. Non minor contrasto v' è sul signifi- cato da dare a questo aumento nucleare, e quindi alla cariocinesi. Neumann ed Eichhorst descrissero 1' aumento nucleare come un puro e semplice epifenomeno della degenerazione periferica. R Mivier notò nel protoplasma di questi nuclei interanulari proliferati gra- nuli di grasso e di mielina, pensò, quindi, che questa infiltrazione granulo-grassosa fosse probabilmente il risultato d' una digestione della mielina e d' un assorbimento del grasso di questa sostanza allo stato di sapone solubile : egli inoltre ritenne questi nuclei come la causa della distruzione della midolla e del cilindrasse. Torre attribuì ai nuclei proliferati 1' incarico di inglobare la mie- lina e distruggerla ; Hanken credette di trovare in essi la causa di una degenerazione mielinica speciale, eh' ei chiama « a spuma » « schaumige Degeneration » e ad essi attribuì un' azione delete- ria emulsionante sulla midolla, ed Huber sorvolò a dirittura sulla quistione. Fu Bùngner nel 1891 , che sollevò un gran dibattito sulla cariocinesi dei nuclei intaranulari. Egli volle affidare ad essa 1' alto compito del processo rigenerativo, ritenendo quindi i nu- ') Hanken. — Op. cit. — Cfr. pure Stroebe, op. cit. 2) v. Bììngner. — Op. cit. — Benierkung zu der Arbeit von Prof. G. C. Huber « Ueber das Verhalten der K erri e, der Schwann' schen Scheide bei Nervendegenerationen » Arckiv f. mikr. Ana- tomie. 1S9S, Bd. XLI, Hft. I, S. 146. 3) Huber. — Ueber das Verhalten der Kerne der Schwann'sclien Scheide bei Nervendegenerationen. Archiv f. mikr. Anatomie. 1892 Bd. XL. S. 409. 4) Bizzozero. — Beriehtigung in S a e b e n der Kerntheilung in den Nervenfasern nach Durcbschneidung. Archiv f. mikr. Anatomie 1893. Bd. XLI, Hft. II, S. 338. -Ueber die Regeneratiou der Eie mente der Gewebe un ter patbologischen Bedingun- gen Centralblatt f. d. med. Wissenschaften 1886, ». 5. 5) Torre.— Cariocinesi nelle fibre nervose in seguito a nevrectomia. — Giornale della B. Accad. di med. di l'orino. Xov.-Dicem. 1884. — C o n tr ibuzione allo studio dello sviluppo del tessuto nervoso periferico. Comunicazione preventiva. Atti della B. Accad. delie Scienze di Turimi 18X4-SÒ. Voi. XX. pay. 637 — 124 — elei di Schwann indubbiamente come neuroblasti. A questa teoria nervosa dell' aumento nucleare poco dopo Stroebe ne oppose un' altra, che si può dire fagocitaria , imperocché, secondo lui, i nuclei interanulari proliferati diventano fagociti, destinati ad in- globare la mielina disfatta e i residui del cilindrasse, e portarli via dai tubi nervosi. Infine Kolster, dichiarandosi contro 1' una e 1' altra teoria, avanzò recentemente l' ipotesi, che 1' aumento nu- cleare forse è in rapporto cella costituzione e rigenerazione della midolla nervosa. Quanto all'altro quesito del destino della guaina di Schwann, discordi furono i reperti dei diversi Autori. Neumann disse che le vecchie guaine di Schwann del segmento periferico sembra- vano scomparire nell' endoneuro. Ranvier ammise la persistenza di essa e più tardi Hanken confermò questo molto recisamente Fra gli ultimi osservatori noto v. Bungner e Stroebe, i quali af- fermano la distruzione e scomparsa lenta e graduale della guaina di Schwann. Se poi i fenomeni osservati nel segmento periferico siano i medesimi di quelli osservati nel segmento centrale e nel luogo intermedio della lesione , anche questo è un punto su cui regna grande discordia fra i ricercatori. Però quasi generalmente si con- viene su di un fatto notato pel primo dal Colasanti 1), il quale sostenne che, subito dopo la lesione, si determina nel nervo una alterazione che egli chiamò traumatica, per distinguerla da quella, che consecutivamente invade tutto il segmento periferico. E que- sta degenerazione traumatica soltanto, che si osserva nel moncone centrale secondo Engelmarm ~), Benecke 3), Hertz, Vanlair 4), Neu- J) Colasanti.— S ulla degenerazione dei nervi recisi. Nota presentata dal socio Tommasi-Crudeli nella seduta del 4 febbraio 1877. Atti della E. Accademia dei Lincei, 1877-78, pag. 156. 2) Engelmann. — Ueber Degeneration von Nervenfasem, Ardi. f. die gesammte Physiol. 1H76. Bd. XIII, S. 480. :!) Benecke.— U e ber die bistologischeVorgànge in durch- schnittenen Nerven. Virchow 's Archiv, 1872, Bd. LV, S. 496. 4 ) Vanlair. — D e la régénération d e s nerfs periph.eriqu.es par le procède de la suture t u b u 1 a i r e: Archives de Biologie,l) Gluge et Thiernesse.— S ur la réunion des fibres nerveuses sensibles, etc. Bull, de l'Ac. de Belgique, 1859. 2) Forster. — U e b e r das Neuroma veruni. Wurzburg. med. Zeitsch. 1861. Bd. IL S. 103. 3) Luys. — Eecherches sur le sistème nerveux. Paris 1865. 4) Magnien. — Recherches exp é r ira e n t e 1 1 e s sur les effects consécutifs à la section des nerfs mixtes. Thèse, Paris, ls66. 5) Virchow. — Die krankhaften G-eschwùlste. 1867, Bd. III. S. 247. G) Laveran.— Recherches expér intente lles sur la régénéra- tion des nerfs. Extr. par. Oli. Robin Journal de V Anat. et de la Physiol. 1868. T. V. p. 305. — 131 — tracce della rigenerazione; Eichhorst nelle rane al 30° giorno dopo la recisione e nella 2 * settimana dopo la compressione, Neumann nelle rane al 12° giorno dopo la compressione; v. Biingner nelle cavie alla fine della 2a settimana dopo la compressione o la di- scissione parziale; e infine Stroebe trovò le prime fibre nello scia- tico di coniglio dopo 6 giorni dalla recisione e nel nervo auricolare dopo 7 giorni dalla compressione percutanea. Per cpaanto concerne il modo come le nuove fibre si mettono in connessione colle fibre centrali rimaste immutate, Neumann fra i primi ne diede la descrizione particolareggiata e le figure re- lative. Il passaggio della vecchia alla nuova fibra, secondo lui, è abbastanza irregolare; per lo più quivi si trova uno strozzamento ed è netto il limite fra vecchio e nuovo elemento, v. Biingner ha recentemente confermato e meglio raffigurato il reperto di Neu- mann. Entrambi convengono , come oggi nessuno più mette in dubbio , che nell' interno della vecchia fibra si sviluppa una e talora più giovani fibre. Molto caratteristico è, fra gli altri, un modo di tali connessioni descritto da Stroebe. Questi, assogget- tando le fibre ad un nuovo trattamento (indurimento in liq. Mul- tar — colorazione doppia al bleu di anilina e safranina), riscontrò che talora il vecchio cilindrasse termina verso il luogo della le- sione con un grosso rigonfiamento , però al di sopra di questo spicca uno, due sino a cinque cilindrassi , che s' intrecciano via facendo nell' interno della vecchia guaina di Schwann. Kolster , a cui il metodo di Stroebe non diede buoni risultati , non dice alcun che di nuovo su questo argomento , sebbene egli dia una certa importanza ai nuovi metodi da lui adoperati, come quello di Babes al cloruro d' oro e il rischiaramento della mielina con bagni di trementina. Anche sul decorso delle nuove fibre alla periferia vi sono o- pinioni varie. Remak , Leegaard, Benecke, Neumann e Dobbert , Eichhorst e v. Bùngner sostennero che le giovani fibre decorrono solo all' interno dei vecchi tubi nervosi del moncone periferico. Invece Ranvier, Vanlair e Stroebe le riscontrarono cosi all'interno come in mezzo ai vecchi tabi nervosi. Quanto allo sviluppo della nuova guaina mielinica, Bruch , Hjelt e Benecke osservarono 1' origine discontinua o segmentale della midolla, la quale si presenta, secondo loro, da prima nei nu- clei di Schwann , mentre Neumann ed Erb parlano di uno svi- luppo continuo di essa. Ranvier dice che le nuove fibre in un primo tempo sono pallide, amieliniche e poi comparisce in modo continuo l'orlo grigio caratteristico della guaina midollare. Tizzoni — 132 — descrive lo sviluppo discontinuo dello scheletro mielinico delle nuove fibre, v. Bùngner ammette attorno alle giovani fibre assili lo sviluppo di due guaine mieliniche: una guaina mielinica prima- ria continua, che sta immediatamente attorno al cilindrasse ed è sottile, eduna guaina secondaria discontinua, che è più spessa e più tardi si unisce alla prima per fondersi con essa. Egli fa derivare questa seconda guaina midollare dai residui della vec- chia mielina degenerata, che accompagnano le nuove fibre. Stroebe invece nega questa « formazione secondaria della guaina mielini- ca » e sostiene la comparsa contemporanea della mielina e del cilindrasse, considerando quella come un prodotto di questo. Della origine della nuova guaina di Schwann non tutti si sono occupati. Hanken riteneva che le nuove guaine non fossero che le vecchie rimaste inalterate, v. Bùngner le faceva derivare dal connettivo endoneurale, dove, secondo lui, la ricca neoprodu- zione di tessuto connettivo fibrillare accenna al rivestimento delle nuove fibre. La stessa origine egli dava alla guaina di Henle. Questo medesimo concetto si trova in Stroebe. Però questi due osservatori dissentono fortemente nell' assegnare la provenienza dei nuovi nuclei di Schwann ; infatti v. Btingner, ritenendoli neu- roblasti, li fa discendere dai vecchi nuclei, mentre Stroebe acco- muna la loro origine a quella della guaina, cioè li fa provenire dai nuclei del connettivo endoneurale. Le giovani fibre , secondo la maggioranza degli Autori , ad un'epoca avanzata dello sviluppo presentano le incisure di Schmidt- Lantermann e , ciò che Ranvier fece notare pel primo , fanno vedere molto ravvicinati fra loro gli strozzamenti anulari. Ran- vier, Leegaard hanno inoltre misurata la distanza fra i cingoli; e Ranvier r) scrive che una fibra rigenerata di 60-70 giorni pre- senta gli strozzamenti ad una distanza di 150 u-, poi da 100 a 160 giorni gli strozzamenti sono distanti 300-400 \a, mentre è noto che normalmente questa distanza è di circa 1000 \i. Secondo Stroebe , talora le giovani fibre terminano con un rigonfiamento simile a sonda bottonuta : ciò che ricorda, egli dice, i bottoncini terminali osservati da Ramon y Cajal nel primo ger- moglio embrionale delle fibre dai neuroblasti. Debbo infine accennare ad un' ultima quistione, la quale, sol- levata da Ranvier , Rénaut , ecc., si trova discussa fino agli ul- timi lavori del '91-'93. E la celebre quistione dei segmenti inter- l) Ranvier. — Lecons sur l'h istologie du sy stèrne nerveux. T. II, p. 49-50. — 133 — calari. Ranvier :) nel 1878 descrisse e raffigurò una di queste ca- ratteristiche formazioni, cioè un « tube mince qui s' intercale sur le trajet d' un tube plus gros » nel moncone centrale dello scia- tico reciso di coniglio, e lo mise evidentemente in rapporto colla rigenerazione. Rénaut 2) trovò questi segmenti nei solipedi gio- vani e vecchi e li ritenne formazioni embrionali. Similmente Vi- gnai 3) li riscontrò nei feti degli animali da macello. Gombault 4) descrisse pure questi segmenti, che considerò quale espressione di rigenerazione, consecutiva ad una forma mite e circoscritta di in- fiammazione dei nervi periferici, in seguito ad avvelenamento sa- turnino cronico determinato sperimentalmente nelle cavie. Sigm. Mayer riscontrò tali segmenti anche nei nervi normali ed emise l'ipotesi della degenerazione e rigenerazione fisiologica, per cui le fibre nervose avrebbero « una durata vitale non perenne, ma ciclica » (keine perennirende, sondern nur eine cyklische Lebens- dauer haben). Neumann si fermò anch' egli a descrivere e raffigurare i segmenti intercalari e da questa osservazione risalì alla possibi- lità, che una massa protoplasmatica amorfa , risultante dalla de- generazione del segmento intercalare, si mostri capace di mante- nere la connessione trofica col centro. A questo concetto si op- pose recisamente Stroebe, imperocché distruzione del cilindrasse implica, secondo lui, degenerazione dei segmenti distali, laonde sospettò, che forse lo stadio prerigenerativo dei segmenti intera- nulari fosse rappresentato dalla degenerazione della sola guaina mielinica, pur ammettendo 1' estrema difficoltà di decidere su que- sto punto. Kolster, rilevando la stranezza che questi segmenti si trovino, a suo dire, solo nelle fibre in rigenerazione, accennò solo alla possibilità eh' essi rientrino nei processi fisiologici descritti da Sigm. Mayer. Teuscher 5) ed Hammer 6), che recentemente si i) Ranvier. — Op. cit. T. II, p. 62. 2) Rknaut. — Archives de Fhysiólogie normale et pathologique. 1881. 3) Vignal. — Accroissement d e s t u b e s n e r v e u x e n 1 o n- g u e u r par la f o r mat ion de segments in t er e alair e s. Ardi, de Phys. norm. et pathol. 1883. 4) Gombault. — Contribution à 1' é t u d e anatomique de la n é v ri t e p ar e ne hy m a t e u s e subaigiie et chronique. Nevrite segmentai re périaxile. Archives de Névrologie, 1880, n. 1-2. 5) Teuscher. — U e b er Degeneration a ni n orni a 1 e n p e r i p b e- ren Nerven. Ardi. f. nulo: Anat. 1890. Bd. XXXVI, S. 579. 6) Hammer. — Ueber Degeneration ini normalen p e r i p h e- ren Nerven. Ardi. /'. mikr. Anat. 1895. Bd. XLY. S. 145. — 134 — occuparono della degenerazione nelle fibre periferiche normali, il primo in individui morti di morbi esaurienti, per cachessia, ecc., il secondo in diversi mammiferi e batraci, non toccarono affatto la quistione dei segmenti intercalari. II. Metodica sperimentale e tecnica microscopica Per studiare i fenomeni degenerativi e rigenerativi, che se- guono alla lesione dei nervi periferici, scelsi come oggetto di ri- cerca i tritoni e le rane , fra gli animali eterotermi , e i conigli fra i mammiferi. In essi il nervo leso fu costantemente uno de- gli sciatici, talfiata entrambi gli sciatici ad un tempo, e la lesione apportata variò sempre dalla semplice recisione alla resezione , dalla discissione o resezione parziale alla compressione semplice o doppia. Per le rane e i tritoni procedevo nel modo seguente. Messo allo scoperto lo sciatico ed isolatolo dai vasi senza produrre e- morragie, o praticavo colle forbici la recisione semplice oppure e- scidevo un piccolo tratto del moncone periferico (resezione) o infine recidevo con molta cautela per 4-5 min. un fascetto late- rale di fibre lasciando in quel punto solo un filo di congiun- zione fra il moncone centrale e il periferico (discissione o re- sezione parziale). Altre volte con un filo comune allacciavo il nervo nel mezzo del suo decorso in un punto o in due (allac- ciatura semplice o doppia): il filo veniva tolto con molta delicatezza pochi minuti dopo o dopo 24 ore. Le ferite fatte, dap- prima eran lasciate aperte, ma nelle ricerche successive curai sem- pre di chiuderle con due suture , 1' una profonda muscolare e F altra superficiale e cutanea. Un altro processo adoperai nelle rane, oltre ai descritti, ed è quello usato già da Neumann. Con un ago munito di robusto filo attraversavo da una parte al- l' altra la coscia della rana, ove, sentendo coll'ago la scabrezza e resistenza dell' osso femorale, ero certo di passar dietro il fascio nerveo-vascolare ; allora riunivo in un nodo i due capi del filo e stringevo fortemente in guisa da avvertire lo spezzarsi dei ven- tri muscolari. Dopo pochi minuti scioglievo il nodo , lasciando Un solco profondo in corrispondenza della parte compressa (com- pressione percutanea o sottocutanea). Nei tritoni final- mente asportai tutto un arto, sapendo quanta è la potenza rige- neratrice dei tessuti di questi piccoli animali. Maggiori cure richiedeva 1' operazione sui conigli, principal- mente per ciò che riguardava 1' asepsi e l' antisepsi. Il nervo — 135 — scelto fu anche qui lo sciatico. Preferii alle altre spaeie di lesioni la discissione o resezione parziale, affinchè nei tagli mi fosse riu- scito agevole un confronto fra la parte sana e la degenerata del nervo. Tre volte soltanto feci la resezione e questa sopra il me- desimo nervo. Questa resezione ripetuta e successiva dello scia- tico non fu praticata prima d' ora che dal solo Azam M. Ho ri- petuto anche il vecchio esperimento di Philipeaux e Vulpian 2); ho trapiantato cioè un segmento del moncone periferico, non an- cora degenerato, dello sciatico, cui s' era fatta la discissione par- ziale da 24 ore, sotto 1' aponevrosi dorso-lombare dello stesso co- niglio, assicurandolo in sito con un punto di sutura fatto col cat- gut sterilizzato. Tentai altresì la sutura dei nervi resecati, come ha fatto Vanlair , e in due casi : una volta adoperai un piccolo drenaggio di caoutchouc bene sterilizzato e fornito di occhielli laterali, e lo fissai con tre punti di sutura ai tessuti circostanti, in modo che il moncone centrale e il periferico pescavano per un buon tratto dentro il tubo, e un' altra volta riunii con un fil di seta sterilizzato i due monconi di uno sciatico resecato, passando T ago perpendicolarmente alla lunghezza delle fibre e nella spes- sezza di queste. Dopo ognuna di queste piccole operazioni, la fe- rita veniva irrigata con una soluzione antisettica, talora spolve- rata con acido borico, e infine, frenate completamente le piccole emorragie, veniva suturata con fil di seta o catgut a due piani, muscolare e cutaneo. Sulla linea di sutura cutanea, lavata ed a- sciugata, versavo un sottile strato di collodion. A questo modo ottenni di regola la guarigione per primam, salvo in 3 casi : in uno, 12 giorni dopo la discissione parziale, trovai un piccolo fo- colaio purulento nel luogo della lesione, che involgeva gli estremi del nervo reciso, gli altri due casi riguardano le suture fatte col tubo di caoutchouc e col filo , le quali determinarono eziandio suppurazione. Gli animali operati furono tenuti in osservazione per un tempo diverso , di cui il minimo fu di 24 ore e il massimo di 119 giorni: ciò che naturalmente era indispensabile per uno stu- dio sistematico degli stadi del processo degenerativo e rigenera- tivo. Debbo dire però che ho trovato un diverso grado di resi- stenza desìi animali alle lesioni dei nervi. Così, mentre i tritoni ') Azam. — Résections successives des nerf's sciatiques. Gazette des Hapitaux, 1864, n. 72-77. -) Philipeaux et Vulpian. — N ote sur la régénération des nerfs transplantés. Compi, rend. 1861: T. 52. p. 849. — 136 — adoperati sopravvissero tutti all'operazione e i conigli sopporta- rono benissimo lesioni bilaterali e ripetute, invece le rane, sia gli esemplari grandi che i piccoli, mostrarono pochissima resistenza alle diverse lesioni fatte sullo sciatico. Perciò io non posso con- fermare le lodi che Eichhorst e Neumann già da tempo tributa- rono alle rane, come oggetto prezioso di ricerca in questo studio sperimentale. Il quadro I mostra, infatti, come di numerose rane operate solo poche vennero in esame, e di queste quella, che più e me- glio sopravvisse alla lesione, morì dopo 53 giorni. Fra i conigli poi merita menzione quello, che, operato di resezione successiva dello sciatico, fu osservato 119 g. dopo la prima lesione— discis- sione parziale — 17 g. dopo la prima resezione e 68 g. dopo la seconda resezione, e infine morì solo 54 g. dopo la terza ed ul- tima resezione. Quanto al modo di allestire il preparato seguii diverso me- todo, però in ogni caso l'asportavo dall'animale vivo. Nei tritoni asportavo tutta la coscia privata del femore, oppure il solo mon- cherino riprodottosi dopo 1' amputazione. Nelle rane asportavo o il solo sciatico o questo fornito di una striscia muscolare, che gli servisse di appoggio e agevolasse l'ulteriore trattamento. Infine nei conigli avevo cura di isolare il nervo dalle forti aderenze, che talora trovavo nel luogo della lesione, coi tessuti circostanti, però, per non maltrattare il nervo, di solito asportavo con esso alcun poco di questi tessuti aderenti. I nervi così preparati ve- nivano distesi sopra uno stecchino di legno ed , assicurati agli estremi con due nodi di filo, venivano immediatamente immersi nei liquidi fissatori. In ogni caso avevo cura di segnarmi il mon- cone centrale e il periferico: quest'ultimo comprendeva due tron- chicini nervosi ben distinti, che nel loro insieme davano al mon- cone periferico una spessezza maggiore eli quella del moncone centrale. Per fissare i preparati di tritoni vagai dapprima fra il su- blimato al 2 % e il liquido di Flemming, ma nelle ricerche sulle rane e sui conigli ricorsi esclusivamente al metodo dell' acido osmico. Nelle rane tenevo i preparati da principio solo per Y2-I ora, poi per 1-2 giorni nel liquido osmico: nei conigli invece ve li facevo rimanere un tempo più lungo, 2-4 giorni. Fra le solu- zioni osmiche da me adoperate detti la preferenza al liquido di Flemming della forinola originaria ; e non sentii il bisogno di adoperarlo in soluzione più forte, secondo la forinola data da v. Bùngner. Similmente adoperai il liquido di Fol ed il miscuglio — 137 — osmio-bicromico. Non mi si rimproveri di questi dettagli, quando si ricordi che lo Stroebe ha dichiarato che egli considerava « un nuovo rimaneggio del tema in parola come un vero problema di tecnica istologica. » Parecchi osservatori, come Neumann, Hanken, Stroebe, Kolster, ecc., fecero parecchie obbiezioni all'uso dell'acido osmico , il cui grande svantaggio sarebbe quello di non permet • tere un facile riconoscimento del cilindrasse. Tuttavia gli stessi AA. non poterono fare a meno di ricorrere nelle loro ricerche al metodo dell' osmio , di cui son due i pregi grandissimi : 1' uno è quello di far risaltare la degenerazione mielinica in un modo così bello ed elegante , carne nessun altro liquido permette, e l'altro, più interessante, è quello di fissare le varie fasi dell' attività nu- cleare dentro e fuori le fibre in degenerazione e rigenerazione D'altra parte, è pure indubitato che con buoni liquidi coloranti è sempre possibile di seguire-, anche con il metodo osmico, tutti i più diversi atteggiamenti dei cilindrassi. I nervi , fissati e induriti dalle soluzioni osmiche , venivano poscia sottoposti ad un lavaggio d' acqua corrente, che per le rane durò 3-4 ore e per i conigli 1-2 giorni : dopo di ciò passavano in alcool ordinario a diverso grado di concentrazione. La disidra- tazione e il completamento dell' indurimento avvenivano nelle rane già dopo 24 ore e nei conigli dopo 2-3 giorni. Allora gli oggetti eran pronti per la colorazione. Nelle rane ho osservato dei fasci di fibre anche incolori, ma il più delle volte ho usato come mezzo di tinzione il picrocarminato d'ammoniaca e l'ematossilina, dei quali il primo m' ha dato bellissime immagini. I nervi di rana si colo- ravano benissimo nel picrocarminio dopo 1-2 giorni,, mentre quelli di coniglio avean bisogno di un tempo maggiore, 5-6 giorni. Nei tritoni ho usato il carminio boracico , 1' ematossilina e il joduro di palladio '). Nei conigli, inoltre, come colorazioni in toto, ho usato pure il carminio boracico e il nuovo miscuglio di ematos- silina-scarlatto, che si sta sperimentando nel nostro Istituto con brillanti risultati 2). A questo punto i pezzi subivano un tratta- mento diverso, secondo che dovevano essere esaminati per disso- ') Paladino.— Di un nuovo processo per le indagini micro- scopiche del sistema nervoso centrale. Re>id. Accad. Se. fis. e mal. Napoli 1890. Voi. IV, pag. U. 2) Paladino. — D ella nessuna partecipazione d eli' epitelio della mucosa uterina e delle relative glandolo alla f o r- m a z i o n e della decidua vera e riflessa nella donna. RgxuL .^^ della R. Accad. di Se fis. e mat di Napoli. Adunanza del 13 luglio l^i^A^. — /SS — 138 — ciazione o per tagli. Anche su ciò hanno discusso i nuovi osser- vatori v. Bùngner, Stroebe, Kolster, se cioè bisognasse preferire i tagli alla dissociazione. In generale sono i tagli, che ci danno 1' idea di tutto ciò che avviene nell' intero tronco nervoso e per- mettono di orizzontarci nei rapporti topografici dei diversi pro- cessi che si svolgono nei nervi lesi ; ho preferito quindi i tagli, specialmente nelle ricerche sui conigli e sui tritoni. Nelle rane poi ho unito i due metodi di preparazione, i tagli e la dissociazione. Debbo aggiungere poi che anche nei conigli talora ho distaccato da uno dei monconi un sottilissimo fascetto di fibre , per sotto- porlo alla dissociazione. Sorvolo sui dettagli di questa e della pra- tica dei tagli seriali , notando che ho curato di dividere prece- dentemente tutto il preparato, lungo dai 18 ai 32 mm., in 4 pic- coli pezzi, i quali eran poi situati e inclusi 1' un sotto 1' altro nello stesso pezzo di paraffina, con quest' ordine : moncone centrale, seg- mento cicatriziale prossimale o centrale , segmento cicatriziale distale o periferico e moncone periferico. I tagli eran fatti nel senso parallelo all'asse longitudinale delle fibre e nel senso trasver- sale, ciò che è grandemente utile in questo genere di ricerca, per integrare le osservazioni. Ho trovato anche utile la colorazione dei preparati sui tagli. All' uopo le sezioni, impregnate di paraffina, venivano appiccicate sui porta oggetti (sec. Gaule e Altmann) r) parte coli' alcool ordinario e parte coli' acqua distillata , la quale si lasciava evaporare per 24 ore al termostato a 38.°-40.°; poscia, trattate successivamente con xilol, alcool assoluto, alcool ordinario, le sezioni venivano colorate separatamente all' ematossilina e scar- latto, alla safranina, all' eosina e al bleu di LofTler. L' eosina mi ha risposto assai meglio che non la safranina, ed anche col bleu di metilene secondo Lòffler ho avuto belle colorazioni. I tagli così colorati passavano in bagni rapidi e ripetuti di alcool assoluto , poi in xilol e finalmente eran chiusi in balsamo xilolieo. III. — Ricerche sui tritoni I tagli trasversali dei preparati del 10°, 13° e 21° giorno dopo la resezione dello sciatico, fissati al sublimato, mostransi poco adatti per la descrizione dei processi, che vi si svolgono. Nel mon- cone periferico del nervo resecato qua e là appare visibile il ci- ') Bòhm e Oi'i'EL.— Tecnica istologica. Edit. Yallardi Fr. pag. 54. — 139 — lindrasse e spiccano abbondanti nuclei grossi, granulosi, polimorfi, situati per lo più in mezzo alle fibre, e colorati in rosso col car- minio e in nero col joduro di palladio. Nel 26° giorno dopo l'amputazione il moncherino cre- sciuto è lungo 6 mm. Nei punti periferici si vede un tessuto con- nettivo embrionale, ricco di cellule multiformi, circondato all' in- torno dalla cute e dal suo apparato glandolare bene sviluppato: appresso compaiono i primi abbozzi di fibre muscolari e subito dopo alcuni fascetti nervosi. Seguendo verso il centro i tagli se- riali trasversali si trova un grosso fascio nervoso , clie probabil- mente è lo sciatico rigenerato. Contemporaneamente a cjuesto e agli altri tronchicini, tagliati di traverso , vi sono pure fascetti sottocutanei di fibre longitudinali abbrunite dall' osmio. Nei punti periferici le sezioni dei piccoli fasci nervosi mostransi quasi im- merse in uno spazio linfatico, limitato da una membrana endote- liale con grossi nuclei appiattiti. Ciò che è notevole in questi tronchi rigenerati è il gran numero di nuclei addensati e inter- calati alle fibre: nuclei ricchi di cromatina, turgidi, ovoidali, piri- formi, semilunari e fusiformi. Nei fascetti longitudinali special- mente si vedono talora delle file eli grossi nuclei addossati alle fibre. Nella sezione del nervo più grande ho notato una cellula (Fig. I) irregolarmente piriforme con un gran nucleo granuloso ovalare e nucleolo rotondo ben distinto, con dimensioni di gran lunga superiori a quelle delle vicine. Questa cellula colossale, che ha tutto T aspetto di una cellula nervosa, si vede pure nel taglio seguente allo stesso posto della precedente. Figure cariocinetiche (Fig. II) presentano tutti i fasci rigenerati : esse abbondano nel connettivo embrionale del moncone. Intanto, a misura che ci av- viciniamo al centro, il movimento nucleare osservato in mezzo alle fibre nervose, è meno pronunziato e i nuclei diventano fusiformi, piccoli e rari. Il moncone rigenerato del 32° giorno, lungo 8 mm. , non fa veder altro di nuovo. IV. — Ricerche sulle Rane. Dopo la sezione e resezione dello sciatico. Dopo 24 ore dalla resezione e dopo 2 e 4 g. dalla recisione dello sciatico, tanto le fibre del moncone centrale , quanto quelle del moncone periferico presentano lo stesso aspetto delle fibre normali intensa- mente annerrite dall' osmio. Solo gli estremi delle fibre recise, sia — 140 — del moncone centrale, che del moncone periferico, sono arrotonditi' colla mielina quasi rappresa, gialletta. — Nel 13° giorno dopo la resezione notevoli alterazioni della guaina mielinica, la quale si presenta a grosse gocce intensamente abbrunite dall' osmio, o a zolle nere con striatura concentrica o a bolle nere alla periferia e chiare all'interno. Queste forme degenerative occupano solo un brevissimo tratto degli estremi delle fibre così centrali, che peri- feriche, là dove esse confinano col luogo della lesione; pel resto del loro decorso le fibre sono normali. Le stesse cose al 27°, 29° e 39° giorno dalla resezione. Solo la degenerazione è un poco più e- stesa nel moncone periferico, dove la mielina è ridotta a gocce più piccole e numerose, sicché i tratti iniziali delle fibre degenerate hanno 1' aspetto di tanti sacchetti ripieni di palline grige e nere. Del resto, come sopra, da questi punti degenerati verso la peri- feria le fibre del moncone periferico sono del tutto normali. Dopo la discissione o resezione parziale dello sciatico. Nel 3 6 giorno l'esame del luogo della lesione è im- pedito da un forte infiltramento di elementi cellulari, appartenenti sia al tessuto di granulazione che al sangue. Certo si è che ne in questi tagli né in quelli del moncone periferico si vedono forme della degenerazione mielinica; anzi nel moncone periferico si ve- dono molti cilindrassi ben colorati dall'ematossilina. — Nella rana di 53 g. è bene esaminare separatamente lo sciatico destro e il sinistro, e in ciascuno il moncone centrale, il luogo della lesione e il moncone periferico. Sciatico destro. Il moncone centrale presenta note- voli alterazioni della guaina mielinica. Si vedono le fibre divise in tanti segmenti ellissoidali cogli estremi arrotonditi, che possono raggiungere la lunghezza di 3-4 segmenti cilindro-conici, e talora sono sfiancati assumendo l'aspetto di grossi otri ; in altri punti i segmenti sono rettangolari con orlo irregolare, ovvero la guaina mielinica è ridotta a dischi o grandi sfere o infine a corpicciuoli rotondi stivati insieme e a granuli finissimi. L' osmio dà a queste forme mieliniche tutte le gradazioni di colore, dal giallo al verde i al verde-bruno, al nero intenso. I grossi dischi mielinici presen- tano all' interno come tante linee concentriche intensamente an- nerite: le lunghe ellissi invece contengono residui del vecchio ci- lindrasse, colorato in rosso dal picrocarminio, or sotto forma di reticolo, ora di granuli o eli blocchi regolarmente rotondi. Altrove il cilindrasse si tumefà presentando un nodo terminale o si e- spande come una massa fluida a margini frastagliati. Ma ciò che più interessa è il grande movimento nucleare. Già in alto tra le — 141 — fibre normali del moncone si osservano molti nuclei nell'endoneuro, che aumentano ancora di più in mezzo alle fibre degenerate. All' interno di queste poi si osserva anzi tutto cresciuto il protoplasma delle cellule di Schwann, il quale occupa tutta la spes- sezza del tubo e lo spazio rimasto vuoto di mielina e talora ha incluso granuli di mielina. I nuclei di Schwann poi sono turgidi, con ricca rete cromatica , per piccola parte attaccati alla parete del tubo mielinico, ma per lo più, divenuti liberi all'interno delle fibre, ora s'insinuano negli interstizi tra le zolle mieliniche , ora si sovrappongono quasi ad esse, assumendo le forme più irrego- lari, cioè rotondi, fusiformi, rettangolari, triangolari, a mo' di cap- pello o di farfalla ( Fig. 3 ). Talora il protoplasma è così ricco di mielina , che la cellula di Schwann appare come una forma- zione ovoidale a contorni netti, con piccolo nucleo che spicca sul resto annerito dall'osmio: fagocito mielinico (Fig. 4). Inoltre si notano parecchie figure cariocinetiche nei nuclei di Schwann, talora con irregolare disposizione nei fili cromatici; ma in maggior numero esse si veggono nei nuclei dell' endoneuro. Nel luogo della lesione troviamo le stesse cose. Notevoli mitosi nei nu- clei di Schwann, fra cui una figura con tanti fili ramificati che partono da un centro ( Fig. 6 ) , un' altra coi fili addossati nel senso longitudinale e un diastro con i centrosomi un po' discosti fra loro e separati come da una linea bianca ( Fig. 7 ). Infine il tessuto , che occupa il luogo proprio della lesione , è fatto da grosse cellule embrionali, disposte alcune irregolarmente, altre a lunghe strisce parallele al decorso delle fibre : molte in carioci- nesi. — Quanto al moncone periferico la degenerazione è estesa a tutte le fibre, ma con diversa intensità, giacche nei punti più vicini alla lesione vedonsi grosse vesciche mieliniche alternate con bolle e gocce nere, mentre alla periferia semplici ellissi mi- dollari, che si alternano con nuclei di Schwann per lo più fusi- formi a due nucleoli. Però il movimento nucleare è qui meno pro- nunziato che nel luogo della lesione, e si possono vedere dei lunghi tratti di fibre cadute in degenerazione, in cui non c'è nucleo di sorta. Tuttavia non mancano anche qui figure cariocinetiche dei nuclei di Schwann e dei nuclei dell'endoneuro ; in quelli s1 ha a notare qualche aggruppamento atipico di cromatina (Fig. 8). Infine ho visto dentro alcune ellissi mieliniche delle formazioni, costituite da due gocce rosse unite da una massa gialletta, che pro- babilmente rappresentano cellule di Schwann, che racchiudono re- sidui di cilindrassi. — 142 — Gli stessi fatti in generale osserviamo nello sciatico sini- stro, ma qui la degenerazione è meno avanzata. Le sezioni tra- sverse portate pel luogo della lesione fan vedere il nuovo aspetto clie hanno le fibre degenerate. La mielina alterata occupa tutta la sezione della fibra come una grossa goccia nera o grigio - verdastra, formata di tanti giri concentrici : altrove si mostra fra- stagliata o raggrumiti, di color giallo oppure come un denso orlo nero , che circonda uno spazio privo di cilindrasse o solamente gialletto. Qua e là nuclei di Schwann, taluno come semiluna ancora adeso alla propria guaina , talaltro occupa il centro di un orlo mielinico nero. Qualche residuo di cilindrasse degenerato come re- ticolo rosso ; ma nella maggior parte delle fibre del tronco ner- voso persiste il cilindrasse. Nell'endoneuro abbondanti nuclei, che assumono le più diverse forme per adattarsi negli interstizi tra fibra e fibra. Qualche rara figura cariocinetica nell' endoneuro e dentro le fibre. Dopo la compressione sottocutanea dello sciatico. Al 3° giorno nel luogo compresso vedonsi i muscoli pesti, lividi, ecchimosati e il nervo ridotto ad un filo sottile; invece le parti limitrofe del moncone centrale e periferico sono un poco rigon- fiate. I tagli longitudinali del moncone centrale mostrano le fibre normali : normali sono pure le fibre del moncone perife- rico. Nel luogo della lesione, osservando i segmenti rigon- fiati del moncone centrale e periferico, questi mostrano lo stesso aspetto, cioè guaina mielinica finamente granulosa, gialletta, ma continua, e cilindrassi notevolmente alterati. Essi terminano a di- versa altezza dal luogo compresso, alcuni appena passato il primo cingolo di Ranvier, portando agli estremi dei grossi nodi o clave, su cui s' ha a vedere talora un nodulo più colorato o un filo in mezzo anche più colorato, ed altra volta uno o più vacuoli; qual- che altro cilindrasse presenta prima un rigonfiamento e poi ter- mina assottigliato. Rari nuclei nell'endoneuro. Nel segmento pe- riferico , sotto il punto compresso , ho visto una volta sola due figure nucleari atipiche sul mezzo di due fibre. Osservando infine il luogo proprio della lesione si vede un piccolo fascio di fibre addensate, senza contorni ben definiti, colle guaine mielini- che di aspetto omogeneo o finamente granuloso, e qualche capillare dilatato e iperemico. Ne in questo né in altri punti del tronco nervoso si vedono forme della degenerazione mielinica. Lo stesso reperto si ha nelle rane di 9, 14 e 19 giorni. V. — Ricerche sui conigli Dopo 24 ore dalla resezione parziale. Il luogo del lesione è ancora vuoto o solo coperto di sangue coagulato. — Al microscopio i tagli del moncone centrale mostrano le fibre del tutto normali e un tessuto riccamente vascolarizzato che separa 1' estremo inferiore del moncone centrale dal vicino segmento non leso. Qui pare aumentato il numero dei nuclei nell' endoneuro. Tanto il segmento cicatriziale centrale, quanto quello pe- riferico presentano le stesse note. Le fibre sono tagliate longi- tudinalmente, ma alcune divergendo dall' asse mediano son tagliate di trasverso. Le guaine di Scliwann si mostrano dilatate e riem- pite dai cilindrassi enormemente tumefatti : questi cilindrassi ter- minano a grosse clave verso il luogo della lesione. Questo è riem- pito da un tessuto connettivo fibrillare con abbondanti leucociti a nucleo polimorfo e globuli rossi del sangue. Questi leucociti po- linucleati s'infiltrano tra le fibre agli estremi dei due segmenti re- cisi. Anche meglio si studiano le suddette alterazioni nel mon- cone periferico, specialmente là dove esso confina col luogo leso. Qui le fibre sono dilatate, mostrano dilatazioni e restringi- menti successivi, per lo più pallide, come vuote di mielina (Fig. 9), e poche soltanto presentano la guaina mielinica divisa in segmenti ellissoidali o rotondi anneriti dall' acido osmico : altre fibre poi hanno un aspetto reticolato gialletto, oppure un aspetto briciolato fatto dai granuli neri della mielina degenerata. I cilindrassi sono in generale assai tumefatti, alcuni uniformemente, altri invece con dilatazioni e restringimenti successivi ; altri s' inspessiscono, poi s' assottigliano per un tratto, indi riprendono la spessezza di prima; altrove infine danno 1' idea di una massa fluida, colorata in rosso dall' eosina, che riempie quasi tutta la fibra dilatata. Essi hanno ora 1' aspetto omogeneo ora fibrillare, ma per lo più granuloso e vacuolare. Notevoli anche qui le terminazioni davate, di cui al- cune presentano eziandio dei vacuoli. Neil' endoneuro si nota l'in- filtramento dei leucociti a nucleo polimorfo ; del resto nessun mo- vimento nucleare ne dentro ne fuori le fibre degenerate. E inte- ressante in ultimo notare che il rimanente del moncone verso la periferia non mostra alcun fatto degenerativo uè della guaina mie- linica ne del cilindrasse. Do p o 3 giorni si nota un difetto di sostanza nella conti- nuità dello sciatico e un giovane tessuto che copre ed arrotonda gli estremi del taglio e il luogo della lesione. — 144 — Moncone centrale. Solo in quella piccola parte, che guar- da il luogo della lesione, vedonsi fibre grandemente dilatate colla guaina mielinica degenerata in grosse ellissi e zolle nere. Cilindrassi tumefatti, granulosi terminano talora a livello di un cingolo di Ran- vier, in grandi masse rotonde come capocchie di spille, o irregolari, granulose o vacuolari. Nell'endoneuro si osservano nuclei fusiformi alquanto aumentati di numero e ancora alcuni leucociti. Il tessuto cicatriziale dal luogo leso si estende ad abbracciare come un mani- cotto il moncone centrale e si presenta formato da una quntità di sangue stravasato, di cui si riconoscono i globuli rossi ammassati, da molti vasi, da fibrille talora decorrenti ondulatamente e parallele al decorso del nervo, infine da moltissime cellule ovali o rotonde con protoplasma chiaro e nucleo rotondo, talora in mitosi, e da belle cellule adipose a vario grado di sviluppo. Segmento cicatriziale centrale. — Molte fibre di- vergenti a ciuffo son tagliate trasversalmente , formando come un bottone, che si continua poi in alto e in basso con fibre lon- gitudinali. Nel bottone si osservano le sezioni delle fibre dilatate colla guaina mielinica per lo più frastagliata, gialletta, ma spic- cano pure dei dischi neri proprii della degenerazione mielinica. Cilindrassi tumefatti, granulosi o vacuolari (Fig. 10) occupano quasi tutto lo spazio della guaina di Schwann dilatata ; molti nuclei di Schwann , grandi , nucleolati nel mezzo di queste se- zioni. Le fibre longitudinali poi presentano nel modo più chiaro la degenerazione propria della guaina mielinica e 1' aumento dei nuclei di Schwann, i quali si situano fra una zolla e l'altra di mielina e mostrano parecchie figure cariocinetiche. Cilindrassi de- generati come sopra. Endoneuro ispessito con abbondanti mitosi. Tessuto cicatriziale come sopra. Segmento cicatriziale periferico. — In generale si ha qui la stessa disposizione ed alterazione delle fibre del segmento precedente. Nel bottone predominano i campi neri delle fibre degenerate e le sezioni delle clave terminali dei cilindrassi. Le fibre longitudinali poi si trovano in grado diverso di degene- razione mielinica, così che si vedono lunghe e panciute ellissi e dischi neri accanto alle gocce e ai granuli neri di mielina. Cilin- drassi degenerati come sopra. Nuclei di Schwann, spesso in mitosi, aumentati di numero, ma meno di quelli dell'endoneuro : taluno di essi ha invaso i cilindrassi granulosi. Notevole una capocchia terminale di cilindrasse , nella - quale è penetrato un nucleo di Schwann (Fig. 11). Tessuto cicatriziale come sopra: mitosi nell'en- dotelio di qualche vaso. — 145 — Moncone periferico. — Tra le fibre degenerate sono notevoli lunghissimi segmenti mielinici neri, il cui orlo presenta nettamente incisure di Schmidt-Lanterman : segmenti neri si al- ternano con segmenti gialli: segmenti ellissoidali congiunti ancora fra loro con un sottile picciuolo nero di mielina: segmenti talora separati da un piccolo tratto di guaina di Schwann vuota e collabita. In un punto un fascio di fibre degenerate si continua verso la periferia con fibre normali. Cilindrassi granulosi contenuti dentro le ellissi mieliniche, alcuni tinti in rosa ed altri in nero: qualcuno invaso dai nuclei di Schwann. Ancora qualche terminazione cla- vata di cilindrasse. Scarsi nuclei di Schwann : come pure quelli dell' endoneuro. Tessuto cicatriziale come sopra. Le poche fibre osservate per dissociazione mostrano gli stessi caratteri della dege- nerazione mielinica, qualche nucleo di Schwann nel mezzo della fibra e alcune gocce e granuli di mielina nel protoplasma cresciuto delle dette cellule di Schwann, che diventano fagociti mie- linici. Dopo 5 giorni, 1' aspetto macroscopico è come quello di sopra. Moncone centrale. — Verso il luogo leso vedesi un piccolo tratto di fibre degenerate con molti nuclei nell' endo- neuro. Segmento cicatriziale centrale. — E interes- sante notare che la degenerazione qui è assai progredita verso il centro, rispetto agli stadi precedenti; però non esiste un limite netto, uguale per tutte le fibre, tra la parte sana e quella dege- nerata. Predominano le grandi dilatazioni delle guaine di Schwann, fatte da otri mielinici mostruosi , dentro ciascuno dei quali si riconosce un frammento di cilindrasse tumefatto , per lo più granuloso , spesso vacuolare, a decorso serpeggiante , di aspetto raggrinzato, parecchi invasi dai nuclei di Schwann. Dove le fibre sono state tagliate trasversalmente, i cilindrassi si mostrano ora come blocchi irregolari , ora come dischi perfettamente rotondi , talora con un piccolo orlo nero e talaltra con granuli neri nella loro massa o infine come una grande massa granulosa con molti vacuoli e a contorno come dentellato. Più accentuata che negli stadi precedenti è l'attività proliferativa dei nuclei di Schwann per via cariocinetica. Notevoli certi movimenti ed aggruppamenti cromatici, che solo di lontano ricordano le figure tipiche della mitosi. Sono fili cromatici spezzettati , ridotti a granuli che si addensano in forme irregolari sia attorno ad una fibra, sia dentro di essa, sia attorno alle gocce mieliniche. Nel bottone, ove le fibre 10 — 146 — son tagliate di traverso i nuclei di Schwarm turgidi occupano il niezzo delle fibre dilatate; alcuni in mitosi, altri circondati da un ricco orlo protoplasmatico: spesso dentro una sola guaina si ve- dono 2-4-8 grossi nuclei. Maggiore interesse offrono quei nuclei di Schwann , che , mediante il loro protoplasma, spiegano attività fagocitarla inglo- bando gocce di mielina. Alcuni di questi fagociti mostrano il protoplasma ancora colorato, ma per lo più sono zeppi di granuli grigi e neri , che stringono d' ogni parte il nucleo impicciolito, irregolare. Talora ad uno stesso livello, in una sezione trasversa di una stessa fibra, si vedono due fagociti mielinici ; similmente si trovano 2-3 di simili cellule asseriate dentro una fibra dege- nerata. Ma, quello che è più, possono trovarsi fagociti mielinici anche in movimento cariocinetico sia dentro le fibre, che fra le cellule della cicatrice. Neil' endoneuro niente di nuovo: in quello del bottone è più pronunziato l'aumento nucleare. E notevole un certo sviluppo di capillari nel segmento di fibre illese, come pure nel tessuto cicatriziale, il quale non differisce gran che da quello di 3 giorni. Segmento cicatriziale periferico. — In alcuni punti pare che predominino fibre degenerate di piccolo calibro ; in cui la guaina mielinica è ridotta a goccioline e fini granuli grigi e neri. Alcuni cilindrassi invasi da fagociti mielinici. Le mitosi dei nuclei di Schwann sembrano in maggior numero qui, che nel segmento centrale; invece scarse sono nell' endoneuro. Granuli di mielina liberi si vedono agli estremi delle fibre recise. Fagociti mielinici abbondano dentro e fuori le fibre degenerate: qualcuno in cariocinesi. Moncone p e r if e r i e o. — Oltre alle note su dette, fra cui abbondanti mitosi dei nuclei di Schwann , alcune atipiche , parecchi fagociti mielinici ben distinti allo interno delle fibre, di cui alcuno anche qui in mitosi ; non bisogna tacere che nel segmento illeso dello sciatico si vedono due figure cariocinetiche dei nuclei di Schwann appartenenti a fibre chiaramente normali (Fig. 12). Grossi vasi attraversano talora il segmento degenerato; in qualche punto leucociti nell'avventizia. Abbondano i vasi nelle sezioni più superficiali , dove il tessuto cicatriziale copre il seg- mento degenerato: alcuni capillari contengono bellissime cellule a mielina , anzi pare come se le cellule endoteliali dell' intima fossero divenute fagociti mielinici. Niente di nuovo mostrano le fibre dissociate. - 147 - Dopo 12 giorni, gli estremi dei segmenti recisi sono rigonfiati ed arrotonditi; un giovane tessuto vi si stende sopra per riempire in parte il luogo della lesione. Moncone centrale. — Alcune poche fibre degenerate , che si avanzano molto verso il centro, distinguonsi da quelle finora studiate per ciò che presentano alternativamente segmenti dilatati dai residui e dai fagociti mielinici e segmenti ristretti colle guaine collabite. Distalmente poi s'hanno a vedere le guaine di Schwann, rinforzate da robusti setti endoneurali, ricolme per un tratto più o meno lungo di fagociti a mielina messi in fila. La mielina in queste cellule ha assunto un color grigio-cenere vellutato. I cilindrassi sono lunghi , rigidi , spessi e attraversano per un buon tratto il mezzo delle vecchie fibre cadute in degenerazione , come se fos- sero dei prolungamenti nuovi dei vecchi cilindrassi. In effetti si vede talora il cilindrasse terminare come un bottone, dal quale si parte un nuovo cilindrasse lunghissimo, che, biforcandosi più volte, infine termina unico in mezzo alla mielina degenerata. Segmento cicatriziale centrale. — Gli estremi delle fibre del moncone centrale si sono trasformati in cordoni di fago- citi mielinici , poligonali , a piccoli nuclei , assonati 1' un dietro T altro e separati da tante linee nere o rosse. Setti endoneurali ispessiti con molti nuclei fusiformi. In qualche fibra qualche lun- go cilindrasse. Segmento cicatriziale periferico. — Là dove confina col luogo leso, si nota lo stesso aspetto su descritto. Distalmente poi le fibre somigliano a file di lunghi fusi, cioè presentano parti rigonfiate e parti ristrette. Nelle parti dilatate si trovano grosse e piccole gocce mieliniche libere o incluse nei fagociti ; le parti strette poi, che evidentemente son quelle, ove la mielina è stata portata via dai fagociti e la guaina di Schwann è collabita, hanno un aspetto filamentoso e presentano nuclei fusiformi. Cilindrassi disfatti si vedono dentro le bolle midollari ; rare però quelle for- me degenerative degli stadi precedenti. I nuclei di Schwann spie- gano il massimo della loro attività fagocitarla ; dentro le fibre si possono numerare 4-9 e più fagociti mielinici asseriate Notevole un fagocito dentro una fibra con due centrosomi che simulano un diastro. Rari i nuclei di Schwann grandi, turgidi degli stadi su descritti ; qui invece i nuclei in parola , dove non trovano più mielina da inglobare, cioè nelle parti collabite, assumono la forma di fusi allungati con dei fini prolungamenti ai poli e si trovano o nel mezzo o alla parete della fibra. L' endoneuro è in generale, come sopra ispessito ; i suoi nuclei fusiformi sono strettamente — 148 — addossati alla guaina di Scliwann e parecchi sono in mitosi. Ab- bondante tessuto cicatriziale con intreccio di sottili fibrille , cel- lule fusiformi a fini prolungamenti , cellule adipose e moltissimi capillari. Moncone periferico. — Predominano anche qui le fibre colle guaine collabite per tratti lunghissimi ( Fig. 13 ). Abbon- danti figure cariocinetiche dei nuclei di Schwann, specie là dove la guaina sta per collabire: in qualche punto disposizione irrego- lare della cromatina. E notevole una celiala di Schwann con mie- lina in metacinesi (Fig. 14) : un altro fagocito in mitosi si vede libero in mezzo a due fibre. Niente di nuovo nelle fibre dis- sociate. Dopo 17 giorni dalla resezione totale di quello stesso sciatico, cui fu fatta la resezione parziale e che fu esami- nato dopo 119 giorni (v. appresso), si trova la ferita suppurata e 1' arto corrispondente atrofico, paralitico con necrosi delle dita della zampa, le cui ossa son già denudate. Il moncone centrale, libero da liquido purulento, termina alquanto rigonfiato 2 cm. in sotto del forame sciatico e ha a destra un piccolo nervo che si continua in basso. Verso la periferia dello sciatico resecato, per evitare il luogo della suppurazione, asporto il piccolo n. sciatico popliteo esterno, il quale, rappresentando uno stadio di 136 gioni dopo la prima lesione, verrà in ultimo descritto. Limitandoci ora ad esaminare il moncone centrale, troviamo molte fibre de- generate e per una lunghezza assai variabile : verso il luogo della lesione in cambio di fibre esistono file di fagociti e globi mieli- nici. Accanto a questi non mancano i segni della rigenerazione. Infatti verso il centro le fibre mostrano dilatazioni, mai viste fi- nora, con un aspetto reticolare o fibroso della guaina mielinica, e nel mezzo di quelle vedonsi avanzare cilindrassi lunghi, spessi, rigidi. Oltre a ciò, molte fibre normali colla guaina mielinica o- mogenea o frastagliata o dilatata si continuano, ad un livello di- verso, in tanti fascetti di fibrille di una trasparenza speciale, or colorate in rosso ora in gialletto, le quali son provviste di mol- tissimi nuclei ovali e fusiformi, fra cui rare mitosi, situati disor- dinatamente in mezzo alle giovani fibre. Queste sembrano avere un decorso parallelo, ma talora evidentemente obliquo, specie là dove, incontrando residui mielinici nella vecchia guaina di Schwann, son costretti ad adattarsi loro. Questi residui mielinici a gocce , a dischi . ad ovoidi o fusi quasi incistati, circondati da un alone chiaro, spesso rinchiusi nei fagociti, attestano la pregressa degenerazione della fibra nervosa, — 149 — dentro la quale ora son penetrati fasci di nuovi cilindrassi , fra cui si possono riscontrare alcuni più sviluppati forniti già di un sottile strato di guaina mielinica. I fasci di fibre rigenerate in alcuni punti s' intrecciano : essi si possono seguire sino all'estremo del taglio, dove incontrano numerosi capillari iperemici , abbon- danti fagociti a mielina e numerosi elementi parvicellulari emi- grati per la vicina suppurazione. Ad un piano diverso invece, all' estremo del moncone s' ha a vedere 1' endoneuro molto ispessito , il quale per mezzo di setti robusti separa gli estremi delle fibre degenerate e ricco di nuclei allungati fusiformi e rotondi, di vasi e di residui mielinici si con- fonde cogli altri involucri connettivali del nervo. L'epi- e peri- neuro sono ispessiti : sub" epineuro molti capillari. Nel fascetto esaminato per dissociazione notansi due fibre vecchie, che si continuano l' una in una piccola fibra grigia, tra- sparente, fornita già di mielina, 1' altra in un fascetto di fibrille tenuissime pallide con alcuni nuclei. Dopo 33 giorni nel luogo della resezione parziale esiste un manicotto connettivale assai resistente , che avvolge lo sciatico e lo fìssa ai tessuti circostanti. Il coniglio non presenta alcun disturbo trofico uè alterazioni della motilità nelT arto cor- rispondente. Moncone centrale. — Le vecchie fibre assumono un a- spetto caratteristico. Molte di esse presentano delle dilatazioni ampollari della guaina mielinica, quasi percorse da un cilindrasse nudo , prolungamento del veccnio cilindrasse (Fig. 15) , oppure da un cilindrasse circondato da un orlo mielinico. Queste ampolle mieliniche stanno dentro la vecchia guaina di Schwann, e talora, nelle parti anguste, dove esiste il solo cilindrasse che lo unisce; lo spazio che è fra questo e la guaina di Schwann è ripieno di giovani fibre nervose. D' ordinario l' ultima di queste ampolle mieliniche si continua alla periferia con un fascio robusto di gio- vani fibre. Altrove si vedono dilatazioni solo irregolari e succes- sive delle fibre e in mezzo a quelle un lungo cilindrasse, spesso e rigido , che si mostra come il prolungamento del vecchio ci- lindrasse. La fibra vecchia inoltre può terminare a gocce grandi di mielina e continuarsi bruscamente con un fascio di fibre rige- nerate. In altri punti, dopo aver seguito il cilindrasse rigido per diverse dilatazioni ampollari della guaina mielinica, nell' ultima di queste lo si vede confondere in un reticolo intricato . da cui parte un fascio di fibre giovani, sicché molto complessa ed oscura qui appare la connessione fra la vecshia e le nuove fibre (Fig. — 150 — 15). Ma questi rapporti sono più semplici là dove dalla vecchia fibra si vede partire una sola giovane fibra. In effetti la vecchia fibra è più spessa del doppio della nuova , è colorata in verde scuro dall'osmio, ha la guaina mielinica normale o d'aspetto re- ticolare, e termina arrotondita con una specie di cingolo di Ran- vier ; di qui poi si estende una giovane fibra come una fettuccia pallida, quasi jalina, con orlo nero talora ondulato e con nuclei ora nel mezzo ora ai lati, dove è circondato da un tenue strato fibrillare di connettivo. È interessante vedere come talora il ci- lindrasse vecchio o si arresta al cingolo nel limite fra i due ele- menti , oppure si affaccia appena ed entra nella giovane fibra (Fig. 16). Là dove le giovani fibre sono riunite in fasci, sono o pallide o giallette , addensate , talora intrecciate fra loro , al- cuna più adulta è grigia ; esse poi son fornite di numerosi nu- clei ovali disposti senz'ordine in mezzo alle fibre. Lungo questi fasci, residui di mielina come al 17° giorno. Negli stati superficiali essi perdono la direzione e formano un intreccio meraviglioso in mezzo al tessuto cicatriziale : qui i nuclei ovali floridi si adattano sempre alla direzione delle fibre e dei fasci. Una vera guaina che involga i singoli fasci si può più supporre che dimostrare. In alcuni punti residui della vecchia guaina mielinica si vedono in mezzo ai fasci rigenerati. Questi presentano ancora qualche rara mitosi nei nuclei ovali e fusiformi. Segmento cicatriziale centrale. — Tutte le fibre ri- generate, sia isolate che a fasci, qui prendono una doppia dire- zione : una parte segue un decorso parallelo alle fibre illese e sono le più interne, un'altra parte, e sono le superficiali e le più nu- merose, producono un vero plesso nervoso. Invero si vedono fasci intrecciarsi, descrivere anse, alcuni sembrano tornare in alto, altri biforcarsi in fasci minori ed altri infine son tagliati eli traverso. Segmento cicatriziale periferico. — Nei tagli su- perficiali della parte prossimale, alcuni fascetti di fibre tagliate di trasverso ; ma distalmente si osserva prima una zona di fagociti a mielina, di cui taluno a nuclei numerosi e poi subito tutto il segmento periferico. Questo mostrasi pallido, ridotto quasi ad un fascio di fibre connettivali, addensate, con nuclei numerosi fusi- formi sottili ; oppure, là dove l'osmio ha annerito la mielina, pre- senta le note forme degenerative con una maggior lunghezza delle guaine collabite di aspetto fibrillare , confuse colle fibrille dell'endoneuro inspessito. - 151 — Moncone periferico. — Lo stesso aspetto delle libre de- generate, dentro cui qualche figura cariocinetica e alcuni nuclei fusiformi. Dopo 65 g i o r ni il luogo della resezione parziale presenta ancora aderenze. Moncone centrale. —Poche fibre degenerate: tra le fibre normali un bell'esempio di segmento intercalare : aumento di nu- clei nell'endoneuro in alcuni punti distali. Tessuto cicatriziale co- me precedentemente. Segmento cicatriziale centrale. — Una quantità di fibre rigenerate, sia isolate che a fasci, sia paralleli sia intreccian- tisi nel modo su descritto. In questo intreccio però spicca un nuovo sviluppo di capillari ramificati, circondati da residui mielinici. Le giovani fibre , fornite di mielina colorata in giallo o grigio , di una spessezza variabile, mostrano un orlo intensamente annerito con insenature e per lo più colle vere incisure di Schmidt-Lan- termann : taluna ha già un cingolo di Ranvier ; in qualche punto si vedono circondate da un tessuto connettivo fibrillare con nuclei abbondanti fusiformi. Talora si osserva una giovane fibra velata da un cumulo ellissoidale di mielina della vecchia fibra, dentro cui quella si è sviluppata ; altrove queste forme mieliniche sono così spinte allo esterno dalla giovane fibra, che ancor poco manca loro per divenir libere. I fasci nervosi poi arrivano fin nel tessuto cicatriziale, e dove hanno un decorso verticale, quindi si presen- tano tagliate di trasverso ; lasciano contare da 3 a 27 giovani fibre, come tanti cerchietti gialli , di cui uno o due più grandi, chiusi con qualche nucleo in una guaina comune. Ma più di tutto è interessante il modo come i giovani elementi si originano dalle vecchie fibre. Oltre a ciò che si è notato nello stadio precedente, qui si vede talora che la vecchia fibra presenta un incavo me- diano o un intacco laterale, in cui è innestata la giovane fibra ; altre volte il passaggio è graduale, senza un vero strozzamento; infine la vecchia fibra può terminare con una dilatazione a reti- colo mielinico intricatissimo e di lato a questa si vede uscire una fibra giovane bene sviluppata ; oppure può terminare con una bolla contenente granuli rossi, probabilmente residui di cilindras- se , e da quella si vede uscire un fascio di giovani fibre senza che si possa determinare altro rapporto fra i due elementi. In questi casi il cilindrasse centrale o si arresta in mezzo alla guaina dilatata e reticolata o si sperde nella nuova fibra. Nuclei ovali stanno in questi punti di passaggio e attorno alle giovani fibre, di rado nel mezzo di esse. Delle antiche fibre degenerate resi- — 152 — duano cumuli e fagociti mielinici S3questrati , come lunghi fusi, dai fasci di fibre rigenerate : la mielina è disfatta in granuli sem- pre più piccoli, grigi e neri; la guaina di Scliwann in gran parte distrutta, si vede solo in pochi punti come un segmento di mem- brana che involge i residui della guaina mielinica; dei nuclei di Schwann poi ci son quelli piccoli triangolari o quadrangolari dei fagociti mielinici e quelli ovali e fusiformi addossati alle gocce libere di mielina. Certamente , oltre a queste fibre già distrutte , si vedono quelle degenerate, ma ancora continue, separate solo da grossi setti endoneurali. Qualche rara mitosi nell' endoneuro e su qualche giovane fibra. Segmento cicatriziale periferie o. — I tagli dei di- versi piani di questo segmento danno un aspetto diverso e abba- stanza complicato. Fasci rigenerati arrivano fino allo estremo del segmento ed ora invadono il segmento normale delle fibre illese ed ora invece sono da queste sopraffatte: come pure in un piano si può vedere che i fasci si arrestano ad un punto continuandosi quasi colle fibre normali, mentre in un altro piano, profondo od interno, non si vedono che sole fibre normali. I fasci neoformati hanno gli stessi caratteri di sopra, isolando anche qui i residui delle fibre degenerate e distrutte. Qualche fibra però in uno stadio meno avanzato di degene- razione è dilatata e contiene delle cellule grandi, che hanno in- globato mielina e cilindrasse, di cui si riconoscono i vacuoli. Ad un certo punto compare distalmente un segmento di nervo, con- tenente fibre degenerate colle guaine collabite e in gran parte vuote di mielina, che si annuncia come un tratto di moncone pe- riferico. Moncone periferico. — Le fibre rigenerate si possono seguire fino allo estremo distale del segmento nervoso , ma non in tutti i piani. Invero in molte sezioni, mentre nella parte pros- simale notansi fibre rigenerate, nella parte distale invece si vede il moncone degenerato, che si presenta come tanti fusi di mielina gialla e nera endocellulare, quasi isolati dall'endoneuro ispessito. I fusi sono nettamente limitati da una guaina connettivale, ma le parti collabite delle fibre degenerate si sono confuse colle fibre dell'endoneuro. Spesso in queste parti collabite si vedono dei nu- clei fusiformi. Talora invece, anche distalmente in quell'endoneuro si possono vedere giovani fibre; come pure, in altri tagli, all'estremo perife- rico veggonsi tracce di fibre normali. In alcuni piani le fibre rige- nerate hanno un calibro minore , in altri uno maggiore. Ad un — 153 — certo punto viene al taglio solo tessuto cicatriziale, e poi di nuovo il segmento periferico quasi tutto invaso da fibre rigenerate negli strati superficiali. Dopo 68 giorni dalla resezione totale di quello stesso sciatico, che servi per l'osservazione dello stadio di 17 gior- ni, il nervo, appena uscito dal foro sciatico, termina a clava, ha di lato due piccoli tronchi nervosi ed è legato ai muscoli sottostanti mediante briglie cicatriziali. La gamba è in una posizione fissa sulla coscia formando un angolo ottuso: tutta la zampa è perduta. Se osserviamo ora questo moncone centrale per la estensione di 10 mm., troviamo numerosi fasci di fibre neoformate in mezzo a mol- tissime fibre normali e — ciò che è interessante — alcune anche degenerate. In basso i robusti fasci di fibre neoformate, incontran- dosi in tutti i sensi, finiscono per produrre un intreccio nervoso all'estremo del bottone centrale. Qui s'ha a vedere uno sviluppo talora enorme di giovani fibre, come a grandi matasse attorcigliate nel senso orizzontale. Nei tagli trasversali del moncone i fasci, limitati da una guaina, isolati fra loro, si presentano come l'insie- me di tanti cerchietti , di diversa grandezza, da 4 a 20 e più (Fig. 17): talora mostrano 4-5 cerchi abbruniti dall'acido osmico con i cilindrassi ben visibili, altre volte contengono una grossa fibra molto abbrunita spinta da un lato, ed all'altro tanti cerchietti colorati in rosa dall'eosina. — Nei preparati per dissociazione è notevole una fibra, la quale presenta prima un segmento interca- lare, poi termina all'estremo con un fascetto di fibrille, di cui una è più sviluppata. Dopo 119 giorni dalla resezione parziale il mon- cone centrale termina con un nodulo, che riempie tutto il luogo della lesione, il quale poi è avvolto da un tessuto cicatriziale, che fissa lo sciatico ai tessuti circostanti. Nessun disturbo trofico o paralitico ìiell' arto corrispondente. Moncone centrale. — Nei tagli longitudinali si vedono fibre normali. Nei tagli trasversali di una piccola porzione del moncone , che confina col segmento cicatriziale ; si osserva una quantità di piccoli cerchietti con orlo annerito dall' acido osmico e che sono o liberi o riuniti in fasci, come nello stadio precedente. Fuori del tronco maggiore dello sciatico, nel connettivo che lo se- para da un altro tronco nervoso normale , si vedono moltissimi fasci di fibre rigenerate circondate da una guaina comune. Per la doppia colorazione qui usata (ematoss. -scarlatto), il connettivo è di color rosso-violaceo e su di esso spiccano bei nuclei ovali e fu- — 154 — siformi di color bleu, e i fascetti rigenerati di color nero o bleu intenso. Segmento cicatriziale centrale. — I fascetti rige- nerati anche qui invadono il tessuto cicatriziale in tutti i sensi in- sieme con molti capillari. Segmento cicatriziale periferico. — Come negli stadi precedenti, le fibre rigenerate seguono due vie : la maggior parte forma un vero segmento nuovo parallelo al segmento illeso, un'altra parte si sperde nel tessuto cicatriziale. Osservando questo nuovo segmento, troviamo le fibre parallele fra loro, oramai svilup- patesi dai fasci, i quali sono qui rari e marginali, abbrunite dal- l'osmio con orlo nero continuo, con nuclei abbondanti ovali o baston- ciniformi, mediani e laterali, colorati in un bel rosso vivo dal pi- crocarminio, con cingoli di Ranvier assai vicini fra loro. — Esse inoltre non hanno raggiunto la medesima spessezza, perchè vicino alle fibre grandi come le normali, vi sono quelle finissime, eguali ad un terzo del calibro di quelle. Alcune si accavallano più volte; qualche altra si attorciglia in un modo singolare. Esse sono dis- giunte da un connettivo abbondante finamente fibrillare e con nu- clei addensati ovali, fusati o bastonciniformi. Di tratto in tratto residui delle vecchie fibre distrutte, che. meglio degli stadi prece- denti, lascian vedere quella disposizione ad ellissi e fusi mielinici. Qua e là capillari attraversano questo segmento e, addensati sul loro decorso, si vedono parecchi fagociti mielinici. — Esaminando ora il tessuto cicatriziale, ricco di nuclei ovali e fusiformi, vi si nota una quantità di fasci rigenerati, i quali o hanno un decorso longitudinale o verticale o serpeggiano in mezzo alle fibre mu- scolari comprese nella cicatrice o si mettono di lato ai vasi ac- compagnandoli per un lungo tratto o s'intrecciano fra loro (Mg. 18). Le fibre , che li compongono, molte volte sono intrecciate e si vedono formare dei bellissimi gomitoli dentro un fascio co- mune ( Fig. 19 ). Notansi alcune fibre giovani isolate in mezzo alla cicatrice con grossi nuclei mediani e laterali, con orlo bruno ed avvolte come da una guaina di fibrille connettivali a nuclei piccoli fusiformi. Moncone periferico. — Il tessuto cicatriziale , ricco dei su detti fasci nervosi, si prolunga in basso fin qui coi lun- ghi e grandi vasi. Quanto al moncone periferico degenerato , esso è come diviso in due segmenti, l'uno superficiale e l'altro profondo. Quello profondo è simile ad un tessuto connettivo fi- broso a nuclei fusiformi con pochi fagociti mielinici e residui li- beri di mielina. Quello superficiale poi è riccamente fornito di nu- — 155 — elei e contiene residui della degenerazione mielinica, ma, ciò che importa, mostra di più fascetti rigenerati e fibrille libere tenuis- sime, di calibro assai inferiore a quello delle fibre del segmento precedente, tuttavia già grige e più evidenti quelle vicine al cen- tro, che quelle alla periferia. In mezzo ad esse ho trovato un nu- cleo sproporzionatamente lungo. I prodotti della degenerazione abbondano alla periferia. Man mano che i tagli si fanno super- ficiali, il segmento in rigenerazione predomina e copre quello in degenerazione : ciò d'accordo coi reperti precedenti. Di 136 giorni è lo sciatico popliteo esterno, a cui accennammo più sopra. Esso è diviso in parecchi fasci di fibre per uno strato abbondante di connettivo. Le fibre sono in uno stadio avanzato di degenerazione, costituite cioè da grandi e pic- cole gocce nere, per lo più granuli finissimi gialli e grigi come detritus. Abbondanti i fagociti mielinici addensati, quasi asseriati dentro le vecchie fibre. Inoltre segmenti di fibre così degenerate si alternano con segmenti privi di mielina , ridotti a fascetti di connettivo con nuclei fusiformi strettissimi. In certi punti anzi s' ha a vedere un insieme di fascetti connettivali, su cui spiccano residui fusoidi di mielina. L' endo-epi-perineuro è notevolmente inspessito. Ci resta ora a descrivere lo sciatico trapiantato. Dopo 21 giorni dal trapianta mento si trovano la cute e il connettivo sottocutaneo della regione dorso-lombare del coniglio completamente cicatrizzati. Dello sciatico residua un tumoretto rotondo, un po' più grande di un pisello, scorrevole sotto le dita, perfettamente enucleabile dall'atmosfera di celluioso che l' involge. Pungendo da tutti i lati questo piccolo nervo incistato, 1' animale non grida ne si muove. Attraverso la capsula che in- volge il nervo, si riconosce lo splendore perlaceo di un fascio lon- gitudinale di fibre. — Al microscopio si osserva la sezione di una cisti, nel cui mezzo esiste un ammasso di globuli di sangue: al- l' esterno una capsula connettivo-vasale che involge il sottostante fascio nervoso. Questo è tutto degenerato. In un punto si vedono le guaine di Schwann molto dilatate , la mielina granulosa solo in parte annerita dall'acido osmico, i cilindrassi spezzati, tume- fatti più di quelli precedentemente osservati , che assumono le forme più bizzarre (Fig. 20), a fettucce spesse , a grosse capoc- chie, a pere , a staffile, a spire , a blocchi informi ; infine nuclei di Schwann quasi assenti ; qualche raro leucocito. la altri punti invece fasci di fibre degenerate intensamente annerite dall'osmio, ma nei primi stadi, colla differenza però che qui i nuclei di Schwann — 156 — sono assenti. Setti endoneurali tra le fibre alquanto cresciuti. No- tevole è un tessuto, sul prolungamento delle dette fibre, formato da grandi cellule con nucleo ovale o rotondo e protoplasma gra- nuloso, il quale per lo più è incolore, ma in alcuni elementi mo- stra la reazione propria della mielina all' acido osmico. Esse so- migliano a quei cordoni di fagociti mielinici descritti nei segmenti cicatriziali del 12° giorno. VI. — Riassunto e considerazioni generali. I fenomeni, che abbiamo visti svolgersi nello sciatico leso, sono fenomeni degenerativi o regressivi e fenomeni progressivi, dei quali alcuni preparano , altri compiono la rigenerazione propria del nervo. I primi riguardano il cilindrasse, la guaina mielinica e la guaina di Scliwann; degli altri poi i fenomeni preparatori! della rigenerazione o prerigenerativi si svolgono negli elementi cellulari del nervo, nei nuclei di Scliwann, dell'endo-epi e perineuro e nel connettivo cicatriziale, mentre i fenomeni rigenerativi si iniziano esclusivamente dai cilindrassi del moncone centrale. I processi ri- paratori nel nervo leso s' iniziano subito dopo la manifestazione del processo degenerativo, e questo persiste molto a lungo, anche quando assai inoltrata è la rigenerazione propria delle fibre ner- vose, in modo che procedono insieme su una stessa fibra i due fenomeni. Esaminerò successivamente le diverse quistioni a quelli inerenti, con quelP ordine che ho seguito nella letteratura e alla stregua dei fatti sopra descritti. Esiste , dunque, una guarigione per primam intentionem dei nervi lesi nel senso dei vecchi Autori ? Avendo riscontrato altera- zioni del cilindrasse nei nervi di rana compressi , ed essendo un nervo compresso qualcosa di più perfetto che un nervo reciso e suturato, dobbiamo rispondere negativamente alla detta quistione. Il reperto di Schifi0 sulla persistenza dei cilindrassi dopo 11 mesi dalla lesione mi fa pensare, sapendo ora la grande attività rige- nerativa dei nervi perinei, che l'A. ha avuto forse a che fare con fibre rigenerate non solo, ma ridivenute adulte e vecchie a quella epoca. Se paragoniamo ora il modo come s' è svolto il processo dege- nerativo nei nervi di rana e di coniglio, n' è abbastanza notevole la differenza. La degenerazione completa del moncone periferico nella rana s'è vista solo al 53° giorno, laddove nel coniglio già al 3° giorno dopo la discissione parziale. Questa lentezza del processo — 157 — degenerativo nella rana, come la sua poca resistenza alle lesioni dei nervi, fa dire a Neumann, che « la stagione dell' anno » è di una influenza decisiva su tutta la vita vegetativa delle rane. In- fatti — egli continua — durante 1' inverno fino a primavera, la rea. zione, che segue al trauma, è estremamente tarda o ben anche nulla, si vede allora arrestarsi non solo la neoformazione delle libre nervose, ma anche le alterazioni degenerative del moncone peri- ferico. Tutto ciò però bisogna subordinarlo ai climi , in quanto che dove per mitezza l' inverno è tale, che le rane continuano la loro vita libera, ciò che dice Neumann non sarebbe in corrispon- denza stretta de' fatti. Differenze spiccate fra le rane e i conigli abbiamo trovate al- tresì nel modo come essi reagiscono al trauma dopo 24 ore. In- tendo parlare di quella, che chiamano degenerazione trau- matica. Ebbene nelle rane di questa non s' ha a far parola, es- sendosi trovate normali le fibre a quel!' epoca. Invece solenni al- terazioni abbiamo viste nei conigli per una eguale estensione nei due monconi del nervo leso. La enorme dilatazione delle fibre, lo atteggiamento varicoso sia della fibra in toto che del cilindrasse, infine la nessuna o scarsa reazione della soluzione osmica adope- rata mi fecero a bella prima sospettare un' alterazione artificiale o post-mortale delle fibre; ma, poiché questi fatti si riscontrano solo nei punti limitrofi al luogo leso e si spiegano benissimo per il ritirarsi delle fibre fisiologicamente estese e per una certa im- bibizione sierosa diffusa nei due monconi, io li ritenni effetti di- retti del trauma e però come segni di degenerazione traumatica li considerai. Non si può quindi convenire con Stroebe, il quale dice che nella recisione non si osserva dilatazione delle fibre. In- vece recentemente Noetzel x) ha descritto le alterazioni, che avven- gono nell'atrofia della coda dei girini, e nella descrizione, che dà di esse, si trova qualcosa di simile a quelle da me descritte. Però solo in parte, giacche la mancanza di aumento nucleare e la scomparsa del cilindrasse dopo quella della guaina mielinica, riscontrate da Noetzel, sono due fatti , i quali sono collegati al processo speciale, di cui s' è occupato l'A, e che non è intiera- mente da paragonarsi con quello che si desta in un tronco ordi- nario nervoso, comunque traumatizzato, in cui al' processo di de- generazione si associa quello di rigenerazione. ') Noetzel. — Die Riickbildung der Gewebe im Scliwanze der Froschlarve. Archiv. /'. mila: Anat. 1S95. Bd. XLV, S. 475. - 158 — I rigonfiamenti nodosi o claviformi dei cilindrassi prossimali e distali vanno messi in conto anche di questa degenerazione traumatica. Certo è insostenibile 1' opinione di Ranvier', il quale li riteneva espressione di una ipertrofìa del cilindrasse. L'aspetto reticolare, che abbiamo descritto nelle fibre, ha dato occasione a v. Biingner e Stroebe, di fare a questo proposito delle disquisizioni sullo scheletro mielinico, oggetto ancora di vive di- scussioni presso gl'istologi, ma con poco frutto. Gli è perchè è que- sta una quistione ardua, che va trattata più largamente e alla quale si devono in una. certa misura far concorrere le nozioni, che oggi abbiamo su essa acquistate, per ciò che riguarda la natura e di- sposizione dello scheletro mielinico delle fibre nervose centrali [Pa- ladino !)] ; laonde è da considerarsi come azzardato il parere emesso dai suddetti Autori nel paragonare il reticolo visibile in queste fibre col vero scheletro mielinico e nel ritenere questo come un attributo artificiale della midolla dei nervi. Sul significato e sulla estensione di questa degenerazione traumatica io non sono d'accordo con Engelmann, Benecke, Co- lasanti, Hertz, Vanlair, Neumann, Eichhorst, Leegaard, v. Bùngner, v. NotthafFt e Stroebe, i quali chiamano tale quella che invade il moncone centrale. Le mie ricerche mi portano alla conchiusione, che oltre agli effetti immediati del trauma nel moncone centrale, degenerazione traumatica propriamente detta , ci è una vera de- generazione secondaria del tutto simile a quella che s'osserva nel moncone periferico. Infatti cilindri , ellissi e bolle mieliniche si osservano per una estensione variabile per qualche centimetro e più nel moncone centrale al 3-5° giorno, e per un'uguale altezza si trovano fibre degenerate anche nel 68° giorno nei conigli, ad una epoca, quindi, in cui non è lecito pensare all'effetto immediato del trauma. Similmente io non ho trovato quel passaggio reciso della parte degenerata nella sana a livello del 1° o 2° cingolo di Ranvier, come Engelmann , Korybutt-Daskiewicz , Hanken e v. Bùngner; invece ho visto che il passaggio è graduale, e poi non è facile ravvisare i cingoli di Ranvier nelle fibre degenerate. Nelle rane, ove il processo degenerativo è assai lento, questo che ho detto è dimostrabile ad evidenza. Invero, sino a 4 giorni dopo la lesione nessuna alterazione s'ha a vedere nelle fibre; ') Paladino. — Della continuazione del nevroglio nello scheletro mielinico delle fibre nervose e della costituzio- ne pluricellulare del cilindrasse. Retici, della R. Accai. di Se. fis. e mai. di Napoli Serie 2* Voi. VI, p. 153. 1893. — Dei limiti precisi tra il nevroglio e gli elementi ne rvosi del midollo spi- nale ecc. Bollettini) della E. Accad. medica Roma, 1893. A. XIX f. II. — 159 -~ al 15° giorno degenerazione egualmente estesa solo per breve tratto nel moncone centrale e periferico ; al 53° giorno la dege- nerazione è ancora molto estesa nel moncone centrale e su tutto il moncone periferico. Esiste, quindi, una vera degenerazione ascendente nel moncone centrale dello sciatico, tanto nelle rane, quanto nei conigli. Come spiegare questo fatto , che è in aperta contradizione colla legge di Walter? Si tratta di fibre sensiti- ve, che abbiano il loro centro trofico alla periferia nel senso di Friedlànder e Krause o di fibre « ricorrenti » nel senso di Ar- loing e Tripier o di fibre degenerate fisiologicamente secondo Sigm. Mayer ? Scartando le due prime ipotesi come non ancora giustificate dai fatti, quanto alla terza, debbo dire, contro Stroebe, che le fibre di Mayer sogliono mostrarsi in un modo diverso e in un numero scarso rimpetto alla degenerazione di quasi tutto il segmento del moncone centrale. Bisogna quindi convenire che anche nei nervi periferici, come Paladino *) ha dimostrato per lo studio delle degenerazioni nel midollo spinale, la legge di Wal- ler si mostra insufficiente per la interpretazione dei fatti os- servati. Un altro fatto importante dev' essere mentovato ed è che dopo 24 ore nel coniglio , mentre si ha degenerazione nei due monconi limitrofi al luogo della lesione, tutto il segmento peri- ferico si presenta normale. Lo stesso ho osservato nelle rane. Ora anche ciò è in opposizione a quello che tutti gli osservatori hanno sostenuto. Stroebe trova naturale che le fibre periferiche, sottratte col trauma all'influenza trofica delle ganglio -cellule centrali, deb- bano cadere tutte già dopo 24 ore contemporaneamente ed egual- mente in degenerazione. Ma anche qui la teoria non è d'accordo coi fatti, i quali invece ci dicono che passa un certo tempo per- chè si determini, dopo il trauma, la degenerazione secondaria nel moncone periferico. Da ciò segue una conferma del reperto di Erb, Tizzoni, v. Bùngner , Neumann, i quali parlano della dire- zione centrifuga del processo degenerativo nel moncone perife- rico. Ho trovato sempre che le fibre più vicine al luogo della le- sione mostrano segni di degenerazione più avanzata di quelle po- ste distalmente : ma con ciò non debbo celare che in quest' ul- time fibre la degenerazione raggiunge gradi diversi nello stesso l) Paladino. — Gli effetti della recisione del le radici sensitive del midollo spinale e la loro interpretazio- ne. Rendiconto della R. Accad. della Se. fis. e mal di Napoli 1894 Serie 2*, Voi. Vili, p. 208. Annali di Nevrologia, 1895. A XIII, f. I e IL — 160 — segmento e nella stessa fibra , cosi come lian notato Neumann , Eichhorst, Benecke, Cossy e Dejerine i) e Stroebe. Sorvolo sulle varie forme della degenerazione mielinica, es- sendo oramai abbastanza note dopo tanti lavori pubblicati sullo argomento. Accenno solo al rapporto che Oolasanti, Ranvier, v. Bùngner e Stroebe istituirono fra i cilindri o le ellissi mietimene e i segmenti cilindro-conici. Certo in molti casi si ha quest' im- pressione che quelli dipendano da questi, ma bisogna obbiettare, d'accordo con Hanken, che si vedono talora lunghe ellissi mielini che con molte incisure di Schmidt-Lantermann. D' altra parte mi sembra esagerata l'opinione di v. Bùngner, il quale considera un prodotto artificiale le dette incisure e un processo passivo la de- generazione mielinica, la quale seguirebbe a quella del cilindras- se. Secondo lui, il cilindrasse prima s' impicciolisce — ciò che non si vede nei miei preparati — si raggrinza , poi si trascina dietro la guaina mielinica e si formano le incisure di Schmidt-Lanter- mann , da queste poi i cilindri che racchiudono i cilindrassi de- generati. In cambio ho potuto confermare che la degenerazione mielinica è un processo attivo , primario , come quella del cilin- drasse. Nelle rane, è vero, ho potuto osservare solo alterazioni del cilindrasse disgiunte da quelle della guaina mielinica in seguito a compressione, ma nei conigli i due fatti si presentano contem- poraneamente. Similmente non si può confermare 1' opinione di Ranvier , che fa dipendere la degenerazione mielinica dall' au- mento dei nuclei di Schwann, quando si vedono delle lunghe fi- bre degenerate senza un sol nucleo frapposto tra una ellissi e l'al- tra e si osserva la degenerazione avanzata nel moncone perife- rico al 3° giorno nel coniglio, mentre scarsa è l'attività nucleare. A ciò si potrebbe aggiungere che nelle fibre del midollo spinale, elove non esistono nuclei di Schwann, si riscontrano, come ha tro- vato Stroebe *), le stesse forme mieliniche dovute alla degenera- zione sperimentale in seguito a lesioni. La degenerazione mielinica fu altre volte (Ranvier) confusa colla degenerazione grassa, vista la egual reazione che il grasso e la mielina degenerata presentano sotto 1' azione dell' acido o- !) Cossy et Dejerine. — Recherches sur la dégénérescence des nerfs séparés de leurs ceutres trophiques. — Archives de Physìoloyìe normale et patliologique, 1875 T. VII, p. 567. 2) Stroebe.— Experim entelle Un t e r s u chu ng en iiber die d e- generativen und reparatorischen. Vorgange bei der Hei- lung von Verletzungen des Riickeumarks, ecc. Ziet/ler's Eeitrage, 1894. Ed, XV. S. 383. — 161 — smico. Per ora non si sa quali cangiamenti intimi subisca la mie- lina nel degenerare. L'ulteriore destino della guaina mieli nica dege- nerata è intimamente connesso coll'attività dei nuclei di Schwann, di cui parlerò appresso. Fra le alterazioni del cilindrasse, oltre alle terminazioni no- dose caratteristiche su mentovate, bisogna ricordare la degenera- zione granulosa, la fibrosa e la vacuolare. Quest'ultima fu riscon- trata anche da Capobianco r) nei cilindrassi delle fibre nervose dei centri dei cani stiroidati e da Noetzel nella coda atrofica dei girini. Notevole è altresì la degenerazione tumultuosa , proteiforme dei cilindrassi nel nervo trapiantato , come pure Tizzoni ebbe a notare. Nelle rane , come la guaina mielinica , così pure il cilin- drasse resiste a lungo alla degenerazione, ma non perciò si deve parlare di una persistenza del cilindrasse nel senso di Schiff, Phi- lipeaux e Vulpian, Wolberg, ecc. Il cilindrasse tumefatto, granu- loso viene spezzato dalle bolle mieliniche e, da queste incluso, vi si atteggia dentro a corso serpentino : non ho visto però quello aspetto di ciuffi di fibrille, descritto da v. Btingner e confermato da Stroebe. Man mano che progredisce la degenerazione , den- tro queste bolle mieliniche alcuni granuli ammassati o qualche blocco di sostanza omogenea, colorata fortemente in rosso nei preparati al picrocarminio o all'eosina, denotano le ultime vesti- gia dei cilindrassi. Si tratterebbe quindi di una scomparsa lenta, graduale di questo interessante elemento della fibra nervosa. Però 1' aver visto in alcuni punti , debolmente colorati , i granuli del cilindrasse tinti quasi in nero come la mielina e in altri punti sia il cilindro sia la capocchia terminale del cilindrasse invasi da fa- gociti, mi fa pensare che esso finisce o per fondersi colla midolla, di cui subirà le sorti , o per esser divorato dagli elementi fago- citali, di cui si terrà parola. Ad ogni modo, avendo seguito fino all' ultimo il destino del cilindrasse, fino alla sua scomparsa dal tronco degenerato, io non ho alcuna ragione per accettare la vec- chia teoria di Neumann, né la nuova ipotesi di Kolster (v. Biblio- grafia) , entrambe poggiate forse su gli effetti insicuri dei vari procedimenti tecnici. Similmente non è da accettare 1' asserto di l) Capobianco. — Ricerche microscopiche e sperimentali, sugli effetti dell a tir o i de e t o m i a. Journal internai. d'An. et de Phy. 1894. T. XI, 11, 12. 11 — 162 — Petron e *), quando dice che nella compressione di una fibra la parte, che più resiste, è il cilindrasse. Questo invece, come ho ac- cennato sopra , nella rana pare precedere nella degenerazione la guaina mielinica ; ma il certo è eh' esso scompare relativamente presto, mentre residui mielinici si vedono fino a 119 giorni , in cui è completa la rigenerazione del moncone periferico. La guaina di Schwann presenta delle alterazioni un po' com- plesse, donde le diverse opinioni : gli è che in diversi punti e in diversi stadi si hanno aspetti assai differenti. La guaina di Schwann segue i cangiamenti di volume e di forma del cilindrasse e della guaina mielinica, quindi grandemente dilatata attorno alle clave dei cilindrassi e alle grandi bolle mieliniche e, più tardi, scomparendo per lunghi tratti mielina e cilindrasse dalle fibre, assai accasciata e collabita. Queste parti collabite si confondono coll'endoneuro ; ma le altre, involgenti i cumuli mielinici, perdono i loro limiti e fini" scono per scomparire in mezzo ai nuovi fasci di fibre rigenerate. Ciò nei segmenti cicatriziali e nel moncone periferico; ma nel moncone centrale per un certo tratto la vecchia guaina di Schwann si dilata fortemente per involgere le nuove fibre e i residui di mielina. Però anche questa parte è destinata a scomparire nell'endoneuro vicino, quando le fibre si isolano dai fasci e si individualizzano come fibre più o meno parallele fra loro, come al 119° giorno. Quindi si deve con- venire con v. Bùngner e Stroebe nell' ammettere, contro Ranvier e Hanken, la distruzione della vecchia guaina di Schwann in tutti i segmenti di fibre degenerate. Ma il fenomeno, che più d' ogni altro ci interessa, è l'aumento numerico dei nuclei di Schwann e di quelli degl' involucri con- nettivali del nervo. La cariocinesi è il modo di moltiplicazione di queste cellule, non solo nei conigli, come si è largamente confer- mato negli ultimi anni, ma anche nelle rane, come risulta da que- ste mie ricerche. Restano così escluse e la libera formazion nucleare ammessa da Neumann ed Eichhorst e la s e i s s i o ne diretta ammessa da Ranvier ed altri per spiegare 1' aumento nucleare. Nei conigli al 3.° giorno predominano le figure cario- cinetiche nell' endoneuro e nel perineuro e talora nell' endotelio vasale, mentre scarse sono quelle dei nuclei di Schwann. Però ben presto al 5.°-12.° giorno 1' attività proliferativa dei nuclei di Schwann ') Petrone. — Contribuzione alla rigenerazione dei ner- vi in un caso raro di spondilite deformante assoido- atlantoidea con lenta compressione spinale. Morgagni, Feb- braio 1878 pag. 97. — 163 — piglia il sopravvento e le mitosi nel connettivo del nervo vanno man mano cessando. Lo stesso si ha nelle rane, ma solo al 53.° giorno. Degno di nota è il fatto, che. mentre le mitosi del con- nettivo interfascicolare sono sempre tipiche, quelle dei nuclei di Schwann invece assumono talora atteggiamenti irregolari, aggrup- pamenti nuovi di cromatina, che più o meno si allontanano dal tipo classico della figura cariocinetica. Se si abbia a fare qui con una cariocinesi atipica dipendente o da eccessivo rigoglio ripro- duttivo o dal nuovo ambiente, entro cui quello è costretto a svol- gersi, io non so dire : essa però si distingue dalla così detta « ca- riocinesi asimmetrica » illustrata da Stroebe 1), Ho visto inoltre, come Stroebe, le mitosi più abbondanti nel campo della degene- razione traumatica dei due monconi , ma non ho potuto consta- tare , secondo dicono v. Bùngner ed Hanken , una progressione centrifuga della moltiplicazione cariocinetica. Questa cessa col co- minciare del processo rigenerativo delle fibre, e vare mitosi si osser- vano nei giovani nuclei di Schwann al 33.°-65.° giorno. Intanto tutto questo movimento nucleare si risolve ben presto in uno inspes- simento dell' endoneuro, il quale, come al 12.° giorno, separa lar- gamente gli estremi delle fibre dei segmenti cicatriziali, in uno ispes- simento dell' epi-perineuro e in una formazione connettivo- vasale, che riempie il luogo della lesione ed abbraccia i segmenti cicatri- ziali prossimali e distali. In questo tessuto cicatriziale gli elementi cellulari, appartenenti al connettivo dei due monconi nervosi e al connettivo dei tessuti vicini, specie dei muscoli, si fondono cogli elementi giovani cresciuti proprio in sito dalla trasformazione forse dei leucociti appartenenti al sangue stravasato o immigrativi, sia per le emorragie, che si producono inevitabilmente nelle sezioni dei nervi, sia per la irritazione che il trauma per sé stesso pro- duce in quel luogo all' infuori di ogni influenza infettiva pioge- nica. Senza ripetere le varie forme di cellule notate in questa ci- catrice, a noi basti sapere che quivi non possono esistere che cel- lule o nuclei puramente connetti vali. Vediamo ora come si com- portano i nuclei proliferati della guaina di Schwann. Noi possiamo studiarli, specie nei primi stadi, in 3 fasi diverse (Fig. 13): 1) nuclei, grandi , turgidi ricchi di cromatina , che abbando- nano la guaina ed emigrano negli spazii della fibra liberi di mie- >) Stroebe— Ueb e r Yorkommen und B eden t.un g asymmetri- s e li e n K a r y o k i n e s e, n e b s t B e m e r k u n g e n ii b e r d i e «S e h 1 u m- merzellen » in der verletzen Cornea. Ziegler's Beitrage, 1893. Bil. XIV, S. 154. — 164 — lina: abbondanti figure cariocinetiche : contemporaneo aumento del protoplasma , che si situa nel mezzo della fibra ( Figure 3, 17, n. s.) ; 2) nuclei piccoli multiformi di grossi elementi cellulari, liberi nel lume della fibra , od anche attaccati alla parete , col proto- plasma carico di mielina ; anche qui — ciò che è importante —rare cariocinesi (Fig. 13, fm — 14, fm). 3) nuclei ovali e fusiformi con o senza prolungamenti : cario- cinesi ancora più rare (Fig. 13, ns). Son questi ultimi elementi, che han dato tanto da pensare agli osservatori, son queste le « lang- spindelige Zelle » degli Autori tedeschi , i « ganglienartigen Spindeln » di Gluck, i « Neuroblasten » di v. Bùngner. Su ciò ritorneremo qui appresso. Quanto alle cellule della 2a fase, vi furon di quelli che le considerarono come blocchi mielinici e nulla più. Hanken riteneva quei nuclei come leucociti sovrapposti alle masse di mielina in « degenerazione a spuma ». Tizzoni li considerava come leucociti immigrati, il cui protoplasma si fosse empito di mielina. Stroebe infine , li ritenne nuclei di Schwann divenuti « fagociti mielinici ». E questa a me sembra l'opinione più proba- bile. — Infatti, abbiamo notato in certi punti il solo protoplasma dei nuclei di Schwann, che include delle gocce di mielina (Fig. 5, ns) ; in altri il protoplasma è letteralmente zeppo di mielina e il nucleo, raramente due, è ricalcato e impicciolito d'ogni lato, in modo da aversi un individuo cellulare ben distinto (Fig. 13, fm), il quale può presentare persino figure cariocinetiche, come risulta da queste mie ricerche (Fig. 14). Non sono leucociti im- migrati, giacché bisognerebbe ammettere che i nuclei della la fase fossero leucociti, ciò che non è affatto dimostrato. Questi fagociti mielinici occupano lunghi tratti delle vecchie fibre, come s'è visto al 12° giorno, e, divenute libere dopo la distruzione delle guaine di Schwann, hanno la tendenza a disporsi all'avventizia dei vasi, e per questa via linfatica probabilmente portali fuori del nervo i residui della degenerazione. Fagociti mielinici in mezzo alle fibre degenerate s'incontrano ancora al 119° giorno. Se poi una parte di questi fagociti, restando in sito, assimilata la mielina, si pos- sano trasformare in cellule del 3o tipo o fusiformi, come Stroebe crede probabile, è sempre da determinarsi. Con certezza si possono riscontrare, e l'abbiamo sopra descritto al 12° giorno, lungo una stessa fibra , corrispondentemente ai 3 tipi o fasi di cellule di Schwann, che io ho descritti, 3 stadi del processo degenerativo, come ha indicato Stroebe, cioè : 1) tratti di fibra colle guaine collabite, — 165 — 2) tratti di fibra contenenti nuclei ovali e fusiformi (Fig. 13, gs), 3) parti di fibra rigonfiate e dilatate da mielina libera , fa- gociti mielinici e cellule fusiformi (Fig. 13, em, fm). Al 33°-65° giorno queste ultime finiscono per predominare e trasformare il moncone periferico degenerato in serie parallele di cellule fusiformi, in un tessuto cioè disposto, preparato ad esser rigenerato. Ciò posto, d' accordo con Stroebe e Kolster, non posso seguire v. Bùngner, quando crede di vedere i primi abbozzi delle fibre rigenerate in quei nuclei a sottili prolungamenti, che si tro- vano nelle parti collabite delle fibre degenerate (Fig. 13, ns). Resta a ricordare la mancanza di aumento nucleare nel nervo trapiantato al 21° giorno. Come spiegare questo fatto ? Esso anzi tutto conferma che la degenerazione mielinica è primitiva e non provocata dall'aumento dei nuclei di Schwann: poi ci fa ricor- dare clie anche Noetzel (loc. cit.) non ha trovato aumento di nu- clei nelle fibre degenerate della coda atrofica dei girmi, e d'altra parte esso ci pare in corrispondenza delle condizioni speciali, in cui si trova un nervo isolato da tutti i suoi rapporti, prima che abbia il tempo di stabilirne dei nuovi. Devo ancora notare la presenza di elementi cellulari a mielina aggruppati accanto al nervo incistato e trascurati dagli altri osservatori. Non li credo cellule di Schwann divenute fagociti mielinici in un'epoca ante- riore ed emigrate , giacche anche al 6° giorno Stroebe non ha potuto scorgere nuclei di Schwann. Saranno allora elementi mi- grati, che hanno inglobato la mielina uscita dai tubi. È degno di nota che dentro le fibre degenerate non si vedono leucociti. Veniamo ora al processo veramente rigenerativo del nervo. Comparando fra loro il moncone centrale e il periferico dei diversi stadi, dal 12° al 119° giorno, si ha subito la convinzione che le giovani fibre si originano esclusivamente dal moncone cen- trale e di là a poco a poco si estendono nel moncone periferico. Invero, al 12° giorno abbiamo notato dei prolungamenti nuovi dei vecchi cilindrassi avanzarsi per poco nel segmento cicatriziale prossimale tutto degenerato ; al 17° giorno grande sviluppo di fasci di giovani fibre dell'estremo del moncone centrale, mentre lo sciatico popliteo esterno è tutto degenerato ; al 33° giorno le nuove fibre percorrono il segmento cicatriziale prossimale fino al principio del segmento distale, rimanendo questo e tutto il mon- cone periferico ancora degenerati; al 65° giorno attraversano il seg- mento cicatriziale distale e s' insinuano nel moncone periferico arrestandosi a diversa altezza nei diversi piani; infine al 110° giorno — 166 — esse nevrotizzano tutto il moncone periferico esaminato, salvo una piccola porzione ancora degenerata. Il punto di origine delle nuove libre si trova ad un livello diverso, ma in generale molto al di sopra del luogo, ove si fece la recisione, sia parziale che totale ; avviene, cioè, nei monconi normali delle vecchie fibre centrali. Il modo non è da per ogni dove lo stesso. Abbiamo notato come da una fibra si origini una fino a 30 giovani fibre riunite in un fascio ; in generale si può asseverare che deve esistere un rapporto immediato, intimo fra il vecchio cilindrasse e le nuove fibre. Degni di nota sono quegli atteggiamenti speciali della vecchia fibra a forma di am- polle mieliniche messe in fila da un giovane cilindrasse (Fig. 15, Cj); come pure quelle immagini di fibre, in cui il cilindrasse vecchio si prolunga direttamente in una giovane fibra (Fig. 16). E in- dubitato che nulla di simile si osserva nel segmento cicatriziale distale o nel moncone periferico. Va pure ricordato che spesso trovasi un cingolo come punto di unione tra la vecchia e la gio- vane fibra (Fig. 16). Là dove da una vecchia fibra usciva un fascio di giovani fibre , io non ho potuto veder nulla di ciò che ha descritto e raffigurato Stroebe, cioè, origine diretta di queste ultime dal vecchio tronco del cilindrasse oppure al di sopra delle note terminazioni claviformi. Parimenti non sempre m'è riuscito agevole constatare la continuità diretta delle nuove fibre col vec- chio cilindrasse, perchè vedevasi questo arrestarsi in un punto, mentre un fascio di nuove fibre od una fibra sola usciva dall' e- stremo della vecchia. Ad ogni modo dall' insieme dei fatti osser- vati si deve ammettere un decorso centrifugo della rigenerazione ed uno sviluppo continuo e non segmentale, come i più hanno sostenuto, delle nuove fibre. Queste, sia isolate che a fasci, uscite dagli estremi normali delle vecchie fibre centrali, si vedono de- correre nello interno della vecchia guaina di Schwann, girando i residui e i fagociti mielinici e serpeggiando tra i nuclei ovali e fusiformi. Giunte nel segmento cicatriziale, molte si liberano dalle guaine e decorrono in mezzo ai residui delle vecchie fibre distrutte, poi invadono il tessuto cicatriziale ricco di cellule e di vasi, e qui molte altre perdono la direzione longitudinale parallela e decor- rono in tutti i sensi, attorno ai vasi e in mezzo alle fibre musco- lari vicine, finché raggiungono il moncone periferico. Qui le giovani fibre non possono penetrare dentro le vecchie, o distrutte o col- labite e ridotte ad un tessuto fibrillare a nuclei fusiformi ; quindi si insinuano in mezzo alle vecchie fibre circondate d' ogni parte dai detti nuclei. — Le fibre poste alla periferia sono sempre meno — 167 — sviluppate di quelle vicine al centro. Però non son riuscito a ve- dere quelle terminazioni a bottoni delle giovani fibre, come le ha descritte Stroebe. Al 65° giorno abbiamo viste le giovani fibre provviste di incisure di Schmidt-Lantermann ; al 119° giorno for- nite di cingoli di Ranvier a brevi intervalli. La rigenerazione osservata in uno stesso moncone centrale, dopo 3 lesioni successive, cioè dopo 119 giorni dalla resezione parziale, dopo 17 giorni dalla la resezione totale e dopo 63 giorni dalla 2a resezione, è una pruova indiscutibile della potenza ripa- ratrice del tessuto nervoso periferico. Debbo inoltre confermare il reperto di Ranvier, Vanlair e Stroebe sulla frequenza dei fasci di fibre giovani ai margini del tronco nervoso, e convengo con Stroebe nel ritenere un fatto reale e non un artifìcio, come sosteneva Eichhorst, l'intreccio delle gio- vani fibre che costituiscono il fascio. Abbiamo ancora notato che nel luogo della lesione si produce come un plesso o intreccio me- raviglioso di fibre isolate e di fasci di fibre (Fig. 18). In un fa- scio stesso si può vedere talora una fibra che avvolge come un gomitolo (Fig. 19) tutte le altre, oppure formare delle convolute. Questi atteggiamenti delle fibre rigenerate possono considerarsi o come conseguenza di accrescimento esagerato del cilindrasse per impedito svolgimento dello stesso (Ranvier) o come disposizione particolare indicante un aumento di massa del cilindro stesso e ricordante i gomitoli descritti da Paladino x) nelle radici spi- nali e nelle fibre lungo i cordoni del midollo spinale. Siccome non v' ha modo di far calcolo di un qualunque impedimento all' ac- crescimento delle fibre, cosi io ritengo molto più probabile che i detti atteggiamenti vadano interpretati nel senso, che Paladino ammise per i punti su ricordati. Queste sono le conclusioni principali che ho potuto ricavare dai miei preparati. Or vogliamo toccare 1' importante quistione, se i nuclei di Schwann o, in generale, i noti nuclei fusiformi abbiano rapporti genetici o solo secondarli colle nuove fibre. — Questi nuclei si vedono avviluppare e coprire in modo così intimo e in così gran numero sia le fibre isolate, che quelle a fasci, ch'era naturale negli osser- vatori l'idea che tali cellule asseriate o a catena dovessero rico- •) Paladino.— Con tribuz ion e alla migliore conoscenza dei componenti i centri nervosi mercè il processo al j od uro di palladio. Rendìc. della B. Accademia delle Se. fis. e mat. di Napoli, 1891, Scri<> ~'S Voi. V, p. 227. — 168 - sfcruire, a segmenti separati, nei diversi punti del nervo degenerato, le nuove fibre nervose. Maggior autorità veniva alla detta ipotesi dalla scoperta della cariocinesi dei nuclei di Schwann e dalle nuove ricerche di illustri embriologi, come Apàthy *) e Dohrn 2). Se non che , ad un esame spassionato e minuto dei risultati della ricer- ca sperimentale e microscopica, molte difficoltà ci si presentano per accettarla. —Anzi tutto non ci sapremmo spiegare, perchè la rigenerazione debba avere un decorso centrifugo : eppure questo viene ammesso anche dai sostenitori dello sviluppo discontinuo delle nuove fibre (Neumami, Tizzoni, v. Btinguer, ecc.). Inoltre in quei punti del moncone centrale, dove si osserva il cilindrasse vecchio prolungarsi diritto e spesso, con tutte le apparenze di una giovane fibra , là non si vedono nuclei asseriati. Questi poi son tutti discendenti dei nuclei di Schwann? Non tutti , perchè , se quei nuclei, che accompagnano le giovani fibre rinchiuse nella vecchia guaina di Schwann del moncone centrale sono indiscu- tibilmente i discendenti dei nuclei di Schwann, non si può dir lo stesso — e ciò è importante — dei nuclei che si vedono nei fasci che riempiono il luogo della lesione, da altri detto callo nervoso (Nervencallus), dove, come s'è detto, i nuclei hanno diversa pro- venienza e s'accomodano alla direzione svariata delle giovani fibre. Quanto ai nuclei del moncone periferico, essi sono in gran parte discendenti dei nuclei di Schwann , la cui guaina non è più ri- conoscibile, ma essi si confondono coi nuclei anche fusiformi del- l' endoneuro proliferato. Oltre a ciò, 1' aumento straordinario dei nuclei di Schwann per via di cariocinesi sarebbe eccezionale per elementi considerati come neuroblasti (v. Bùngner) o cellule gan- glionari (Grluck), senza dire poi che questa cariocinesi si osserva contemporaneamente nell' endoneuro e negli altri involucri connet- tivali del nervo e persino nei nuclei di Schwann delle fibre normali, contrariamente a quello che generalmente si ritiene (Perenieschko 3). D'altra parte non è conciliabile questa teoria nervosa dei nuclei !) Apathy. — Nacli welcher Richtung hin soli die Nerven- lehre reformirt werden? Biol. Ceiitraìbl. 1889. Bd. IX. -) Dohrn.— Die Se h waim's eh en Kerne der Sei achierembr vo- li e n. Anat. Anzeiger, 1892 Bd. VII, S. 348. 3) Peremeschko — (Ueber die Theiluug t h i e r i s e li e r Z e 1 1 e n. Archiv. f. mikroskop Anatomìe Bd. XVII S. 1 79.) dice di aver visto una sola figura carocinetica in una fibra nervosa pallida della larva di tritone, ma mai nelle fibre nervose midollari normali adulte. — 169 — di Schwann col fatto ch'essi diventano fagociti mielinici. In- fine gli esperimenti di trapiantamelo di nervo, seguiti da risultati negativi, tolgono sempre più verosimiglianza alla detta teoria. Tra- lascio gli argomenti, che potrei togliere a prestito dall' istologia normale e dall'embriologia delle fibre nervose periferiche , argo- menti, per vero, molto intricati, che abbisognano ancora di studi accurati e molteplici , e su cui però mi propongo di ritornare con un altro mio lavoro. Tuttavia a me sembra che i nuclei di Schwann. come quelli dell'endoneuro e quelli della cicatrice, siano della stessa famiglia del connettivo e, come elementi connettivali, servano a proteggere e possibilmente contribuiscano alla nutrizione di quelle formazioni altamente differenziate, che sono i cilindrassi, le giovani fibre. — Lo stesso significato a me sembra si debba dare all'aumento nucleare e alle cariocinesi, che ho descritto nei nervi del moncone rigenerato dei tritoni. Barfurth invece, che ha stu- diato nella coda rigenerata dei girini lo sviluppo delle nuove fibre nervose periferiche, vorrebbe far contribuire alla rigenerazione del nervo tanto le cariocinesi nucleari , quanto i germogli dei cilin- drassi rimasti. Di quella grossa cellula nervosa aberrante (Fig. 1), trovata in un tronco nervoso del moncone rigenerato di tritone, non è qui il caso di occuparsi in modo speciale 1). Tuttavia 1' osservazione mi è sembrata così interessante e strana nel tempo istesso , che non ho voluto lasciarla passare sotto silenzio. Per lo sviluppo della nuova guaina mieli nica ho ragione di accostarmi all'idea di Stroebe, più che a quella di v. Bùngner e Kolster. Invero ho visto comparire nello stesso tempo cilindrasse e guaina mielinica, ma non ho visto quella formazione discontinua della guaina mielinica, né le due guaine mieliniche primaria e se- condaria, ne alcuna partecipazione dei vecchi residui mielinici alla formazione della nuova guaina mielinica, di cui parla v. Bùngner. La nuova guaina di Schwann , secondo me, deriverebbe da tutto quell'aumento di nuclei connettivali, di diversa provenienza, di cui s'è detto sopra : e i nuovi nuclei di Schwann, quindi, sa- rebbero in parte i discendenti dei vecchi nuclei di Schwann e in *) Valenza — I cambiamenti microscopici delle cellule ner- vose nella loro attività funzionale e sotto l'azione di a- genti stimolanti e dis tru 1 1 o r i — Atti delia R. Accad. delle Se. fis. e mai. di Napoli 1896. Voi. Vili , Serie 2, n. 3) ha decritto cellule analoghe nel midollo spinale caudale rigenerato di tritone (cellule giganti dorsali), e- lementi non meno caratteristici per lo aspetto ne meno enigmatici per la loro origine e il loro significato — 170 — parte anche nuclei dell'endoneuro e nuclei connettivali del tessuto di cicatrice. Conclusioni 1. Il nervo periferico, distaccato dal centro per mezzo di una lesione qualsiasi , cade sempre in degenerazione : non esiste mai una reintegrazione delle parti distaccate per prima/m intentionem, nel senso di Schiff, Remak, ecc. 2. Il processo degenerativo colpisce prima i segmenti di fibre dei due monconi più vicini al luogo della lesione ed è in rapporto col trauma — degenerazione traumatica — ; di là poi si esten- de alquanto in alto verso il centro e infine su tutto il moncone periferico — d e gene razione secondaria. —Questa degenerazio- ne secondaria è sempre più intensa nei pressi del luogo leso. Essa si svolge con una lentezza straordinaria nelle rane, mentre rapi- damente decorre negli animali superiori, nei conigli. 3. Il processo degenerativo invade quasi tutti gli attributi morfologici della libra nervosa midollare periferica. 4. Nelle rane, dopo la compressione, è il cilindrasse che prima cade in degenerazione, mentre la guaina mielinica è ancora nor- male. Nei conigli, dopo la resezione parziale, è contemporanea la degenerazione del cilindrasse e della guaina midollare. Ciò per quanto concerne la degenerazione primaria o traumatica. Nella degenerazione secondaria pare che le modificazioni subite dalla guaina mielinica siano quelle che non debbano restare senza influenza sulla degenerazione del cilindrasse. Il cilindro dell'asse anzi tutto si tumefà e termina con grosse clave verso il luogo della lesione: queste clave, prima omogenee , presentano poi gra- nuli , vacuoli e talora sono invase dai nuclei di Schwann dive- nuti fagociti. Secondariamente il cilindrasse, sia centrale che pe- riferico, si spezzetta e ciascun pezzo come bastone granuloso, fibroso o vacuolare si vede circondato da una bolla mielinica. Que- sti granuli o blocchi residuali dei cilindrassi sempre più si fanno rari, finché scompariscono fondendosi, pare, colla midolla, di cui seguiranno la sorte. Certo negli ultimi stadi tracce della midolla degenerata si osservano ancora, quando invece già da un pezzo sono scomparsi i residui del cilindrasse. 5. La guaina mielinica si divide in segmenti prima cilindrici, poi ellissoidali e sferici, e prima in bolle enormi e poi in gocce e granuli finissimi: nell'interno delle grosse bolle mieliniche si rico- noscono per un certo tempo i residui del cilindrasse degenerato. — 171 — La guaina mielinica così degenerata è inglobata dalle cellule di Schwann proliferate , che divengon perciò fagociti mielinici. La degenerazione mielinica è un processo attivo, primario; essa, cioè, non è determinata dai leucociti immigrati (Tizzoni, ecc.), ne dal- l'aumento dei nuclei di Schwann (Ranvier , v. Biingner, ecc.), il quale anzi sussegue a quella. Né si può ammettere ch'essa con- sista in una degenerazione granulo-grassosa, nel senso dei vecchi Autori, né si può dire precisamente sino a qual punto essa possa consistere in una trasformazione chimica nel senso di Neumann o in quello di Kolster. 6. La guaina di Schwann segue i cangiamenti di volume e di forma del cilindrasse e della guaina mielinica , e in tutti i segmenti del nervo leso, sia che involga le grandi bolle mieliniche o circondi i fasci delle giovani fibre, essa finisce per distruggersi e confondersi coll'endoneuro proliferato. 7. I nuclei della guaina di Schwann aumentano grandemente di volume e di numero moltiplicandosi per cariocinesi, spesso atipica. Al 3°-5° giorno nei conigli, al 5-1° giorno nelle rane la cariocinesi raggiunge il suo massimo: qualche rara mitosi si os- serva isolatamente anche al 65° giorno. Questi nuclei assediando d'ogni parte col loro protoplasma la midolla degenerata, finiscono per inglobarla e distruggerla, spiegando così una grande attività fagocitarla. Anche questi fagociti mielinici si possono osservare in mitosi nei primi stadi. Cessata la cariocinesi, sbarazzato in gran parte il campo dai prodotti della degenerazione, i nuclei di Schwann, nelle parti vuote e collabite delle fibre, assumono la forma ovoi- dale e fusiforme. Questi elementi fusiformi, cresciuti allo interno delle vecchie guaine di Schwann, non sono neuroblasti nel senso di v. Biingner, non hanno cioè nulla a che fare colla ripro- duzione delle giovani fibre nervose; essi invece sono formazioni puramente connettivali destinate a rivestire le giovani fibre nervose. 8. Nei primi stadi si ha cariocinesi intensa anche nell'endo- neuro, poi cessa più presto di quella dei nuclei di Schwann ; risulta da quella un grande aumento di nuclei fusiformi, per cui è inspessito 1' endoneuro. Questo aumento nucleare si ha pure nell'endoneuro del segmento di fibre illese del tronco dello scia- tico, vicino al luogo della lesione. 9. Esiste infine cariocinesi — rara però — nei nuclei di Schwann di fibre nervose normali, non lese, cioè, né degenerate. 10. Il processo di riparazione o la produzione di nuove fibre avviene esclusivamente, a quanto pace, da parte del segmento non — 172 - degenerato del moncone centrale. Al 12°-17° giorno dopo la resezione parziale o totale dello sciatico si riconoscono sicuramente fibre rige- nerate nel moncone centrale di esso. Queste nuove fibre si vedono uscire dai monconi delle fibre sane e stanno in rapporto più o meno chiaramente diretto col cilindrasse normale persistente e decorrono sempre allo interno della vecchia guaina di Schwann, girando i residui mielinici che incontrano per via. È notevole lo sviluppo di 2-10-30 e più elementi giovani all'interno di una sola fibra vecchia. Man mano che le fibre neoformate progrediscono distalmente, in- contrano i nuclei fusiformi proliferati della guaina di Schwann : questi si addossano alle fibrille, disordinatamente in prima, poi vedonsi occupare il mezzo di ciascuna fibra e infine a poco a poco, col crescere di quella, sono spinti alla parete, ridiventando nuclei di Schwann. Le prime fibre sono già fornite di mielina, sebbene in piccola copia. Appena uscite dal segmento cicatriziale centrale, esse arrivano nel luogo della lesione, e qui, una parte segue il de- corso longitudinale, parallelo a quello delle fibre illese, e una parte perde la propria direzione, e si produce così un intreccio sorpren- dente di robusti fasci di fibre rigenerate. I numerosi nuclei che seguono questi fasci aberranti, sono i discendenti dei nuclei con- netti vali del luogo della lesione o della cicatrice, i quali, come quelli di Schwann, si adattano alla forma e alla direzione delle giovani fibre. Queste finalmente raggiungono il segmento cicatri- ziale distale e il moncone periferico e in parte si sovrappongono ad esso e in parte s' insinuano tra le fibrille connettivali. Le nuove fibre non entrano nelle vecchie guaine di Sehwann, le quali sono oramai collabite e danno al moncone periferico 1' aspetto di un tessuto connettivale con nuclei fusiformi numerosi e con residui mielinici più o meno abbondanti. Una vera rigenerazione, quindi, del moncone periferico non esiste : quest'ultimo non si rigenera co- me il moncone centrale, ma è da questo rigenerato. Le giovani fibre al 65° giorno presentano incisure di Schmidt - Lantermann e al 119" giorno cingoli di Ranvier a brevi intervalli e numerosi nuclei già spinti alla parete. Le nuove fibre dell' estremo del moncone distale sono assai più piccole di quelle prossimali. 11. 1 vecchi resti mielinici non hanno alcuna importanza per la formazione delle nuove guaine mieliniche, nel senso di v.Biingner, ne v' ha qualcosa che parli per una origine discontinua delle nuove guaine mieliniche o delle fibre. 12. L' aumento dei nuclei di Schwann , dei nuclei del con- nettivo cicatriziale e dei nuclei dell'endoneuro, che accompagnano sempre le giovani fibre dal luogo di origine centrale sino alla — 173 — periferia, serve forse a proteggere e a nutrire le fibre in rigenera" zione fornendo loro, più tardi, nei diversi segmenti, e i nuovi nu- clei di Schwann e la nuova guaina di Schwann. 13. Questo significato è da dare eziandio alla cariocinesi ed all' aumento nucleare nei tronchicini nervosi del moncone rigene- rato di tritone. 14. Il moncone centrale di un nervo, resecato più volte, non perde, anzi pare guadagni nella virtù rigeneratrice. 15. Infine un segmento nervoso, separato dal centro e dalla periferia e trapiantato in un altro punto del corpo dell' animale, fatalmente degenera, presentando di caratteristico la degenerazione tumultuosa e proteiforme dei cilindrassi e la mancanza dell' au- mento dei nuclei di Schwann, e per converso non mostrando al- cuna tendenza a processi progressivi o riparatori del nervo me- desimo. Mi si permetta di esprimere qui tutta la mia riconoscenza al Direttore di cpiesto Istituto, Prof. G. Paladino, per il benevolo interesse, che mi dimostrò, e per i consigli, di cui mi fu sempre largo, nel presente lavoro. Istituti) d' Istologia e Fisiologia generale della E. Università di Napoli, Xoveinbre 1S9-1. ~r o 60 o._, ._, -pH -— . 'oa 'S « U2 2 a S » £ 3 « a *J 2 ■ fcJ3-2 -i 3';J) N N a Si a s « s o s : * e Q^ 3 0QH3HJEH o *_ "* -^-^- s c8 Ph cS a 2 a s * bD^ •'■ ■ d ò o O i i i lag i ii 1 1 1 S5S r. -l 1115 - 8 «| . .| Il 1 II 1 1 as z*z<^ p< Ph a ^\ { { 1 a a a i a s a -^ p^fe^ P=h fc rHrH EH ■E <2 .*. « tì "2 !SÌ ■ rata osser- ione 1 1 1 ! .2 t\ | tnjot •- •2 ì iorni '3 .2 « | 1 1 ! 9 giorni C-5 > 6B (M ?1 CO CO uO M ^ TH T~l Data dell'asportazione del nervo 7. III. 94 14. IV. 94 20. IV. 94 17. IV. 94 21. IV. 94 21. IV. 94 29. IV. 94 14. I. 95 16. I. 95 23. I. 95 26. I. 95 9. li. 95 12. Ili 95 23. HI. 95 18. IV. 95 Data della ricerca 19. II. 94 20. II. 94 22. II. 94 28. II. 94 io. ni. 94 12. IV. 94 16. IV. 94 10. IV. 94 20. IV. 9 4 20. IV. 94 26. IV. 94 20. IV. 94 1. V. 94 18 XII. 94 9. III. 95 9 ÌV, 95 1 ■BojeoTj ■enaP OI9TOTIX *H«»^>e»>-ssK»asssaasiisss:ssssssd8s&S8 ■a 1 2 E s | c " ' ' ce H o o a o i i CO CB 02 Durata eli' osser- vazione 1 'Se - « « « co - r"1 1-1 di CO <» a ce co *$£ s o a > > > > > " m~* ^ C5 • ò Eosina Bleu di (carmi Emat. Lofflei Eosina Picroc rmann Carm. Safran Eosina rocarm na Loffler Picroc Picroc Loffler Eosina Loffler Emat . 'icroc.i « .2 K^ g| ó' a Ph . - .W "3 • i a *° a a '. è * s «8 o o ® d ,2 ,2 O o ,2 o °3 Pq h fc g Ph pqPq Ph fc fc -3 H OS « tS o 0 1 « e 0 5 p- _l 0 ,* 50 2 a k% s a -p ® fl -ti ■43 c p ■= e 13 0 II , -tì e OC '3 .5 0 0 Cfl « g K § N N 01 5 ™s m .2 ~ a 0) 03 •3 il 9 a "0 0 cg 1 a tìH fi Pi fi H £ >' t> fcp > - > J d CJ Ol IO ai 10 rt Htl IN co »r ira ig 05 o 3 Aspetto reticolare della guaina mielinica. (Kor.-— tubo alz.) 8. Fig. XI. Dallo stesso Coniglio : fibra degenerata del segmento cicatriziale periferico — e, Caratteristica terminazione a clava del cilindrasse, che presenta eziandio intacchi e vacuoli. — ns, Due nuclei di Schwann, di cui V uno ha abbandonato la guaina di S. e s' è situata nel mezzo della fibra e l'altro ha invaso la clava ter- g minale del cilindrasse degenerato. (Kor.-— -tubo alz.ì 8, Fig. XII. Coniglio di 5 giorni : segmento illeso del moncone periferico— ns, g Nucleo di Schwann in mitosi (diastro). (Kor.— —tubo alz.) Fig. XIII. Coniglio di 12 giorni : fibra degenerata del moncone periferico — gs, Guaina di Schwann collabita di aspetto filamentoso— em, Ellissi mielinico— e, Residui di cilindrasse granuloso racchiuso dalla bolla midollare — ns, Nuclei di Schwann allungati, fusiformi con fini prolungamenti clie si confondono coi limiti della guaina di Schwann — ns, Nucleo di Schwann triangolare — fm, Nucleo di Schwann divenuto facogito mielinico — e, Nucleo fusiforme dell'endoneuro. (Kor.-— tubo alz ) o, Fig. XIY. Dallo stesso preparato : fibra degenerata del moncone periferico — fm, Fagocito mielinico in metacinesi, cioè nucleo di Schwann, il quale, pur avendo inglobato nel suo protoplasma gocce mie- liniehe, conserva il movimento cariocinetico. (Kor.-— -tub alz.) 8, Fig. XY. Coniglio di 33 giorni : rigenerazione delle fibre del moncone cen- trale—m, Guaina mielinica che si atteggia ad ampolle o cilin- dri messi in fila — e, Residui del vecchio cilindrasse— e, Il vec- cliio cilindrasse, che si prolunga centrifugamente attraversando le ampolle mieliniche e pare arrestarsi in d. — fr, Fascetto di giovani fibrille emananti dal moncone della vecchia fibra in d. — ns, Nuclei fusiformi, discendenti dai vecchi nuclei di Schwann che accompagnano le giovani fibre. — gs, Guaina di Schwann della vecchia fibra, entro cui camminano le giovani fibre. — rm, Residuo della vecchia guaina mielinica degenerata — d, Anche ad un ingrandimento più forte riesce difficile scorgere come da cmell' unico cilindrasse — e. nascono tante giovani fi- g bre fr. (Kor.-— -tubo alz.) b, Fig. XVI. Dallo stesso preparato—/»-, vecchia fibra del moncone centrale — fr, fibra rigenerata, più piccola, più pallida della prima, ad orli ondulati e già anneriti — s, Cingolo esistente fra la vecchia e la 12 — 178 — nuova fibra— e, Cilindrassile vecchio che si prolunga appena un poco nella giovane fibra. — rm, Residui della guaina mielinica della vecchia fibra, entro cui è cresciuta la giovane fibra. I re- sidui della vecchia guaina di Schwann, come i nuclei discen- denti dai vecchi nuclei di Schwann proliferati, sono coufusi coli' endoneuro e coi nuclei e dell' endoneuro, che ravvolge e protegge la giovane fibi*a. — ns, I nuovi nuclei di Schwann, di- 3 scendenti dai vecchi nuclei di Schwann proliferati. (Kor.— — t. a.) 8, Fig. XVII. Coniglio di 68 giorni: taglio traversale del moncone centrale.— f, Fibre normali— gs, Vecchia guaina di Schwann di un antico tubo nervoso, entro cui si sono sviluppate molte giovani fibre fr.—c, Cilindrassile— a, Fibre adulte, più sviluppate delle altre . del fascio.— ns, I discendenti dei vecchi nuclei di Schwann, che 3 accompagnano le giovani fibre nervose. (Kor. — — tubo alz.) 8, Fig. XVIII. Coniglio di 119 giorni : segmento cicatriziale periferico. Fasci di fibre rigenerate, le quali venute dal moncone centrale perdono ogni direzione in mezzo al connettivo della cicatrice e presen- tano un intreccio assai caratteristico.— fr, Fibre rigenerate— n, Nuclei del connettivo cicatriziale che accompagnano le nuove fibre e s' adattano alla loro direzione. — e, Capillari della cica- trice. (Kor.-—) b, Fig. XIX. Dallo stesso preparato: Fascetto di fibre rigenerate nel tessuto della cicatrice —g, Giovane fibra, che descrive un gomitolo at- torno alle altre dello stesso fascio nervoso. — ns, Nuovi nuclei di Schwann — s, Nuovo cingolo di Rauvier — e, Nuclei del tes- suto cicatriziale , che avvolgono il fascio e le singole fibre 3 (Kor.— ^— tubo alz.) b, Fig. XX. Coniglio di 21 giorno: Nervo trapiantato, —e, Attegiamenti biz- zarri dei cilindrassi delle fibre degenerate. — m, Residuo mie- linico — Non v'ha aumento dei nuclei di Schwann. Sull'apparecchio genito-urinario del Oongylus ocellatus Forsk r). — Nota di Nicolino Federici (tav. V.). (Tornata del 13 settembre 1896) Ho studiato l'apparecchio uro-genitale del Oongylus ocellatus, comparativamente con quello degli altri Scincoidi nostrani 2). Non potendo per ora proseguire le ricerche istologiche ed embriologi- che iniziate sul detto apparecchio, mi limito ad esporre in questa nota i soli fatti anatomici da me osservati ; ciò che vale a cor- reggere la erronea descrizione datane dal De Natale , la sola che di esso finora si avesse 3). Prima di entrare in argomento premetto alcune osservazioni da me fatte sulle caratteristiche differenziali dei due sessi, a com- plemento di quelle già ricordate dal professore Camerano 4). E ciò allo scopo di rendere più facile e sollecito il riconoscimento di essi. l) Chalcides ocellatus; Boulenger. Catal. of the Rept. a. Batrach. o f B a r b a r y ecc. Trans. Zool. Soc. Lond. voi. XIII. P. 3, p. 98. London 1891. -) 11 Gongilo ocellato è comunissimo in Sardegna e qui , a Sassari è co- nosciuto col nome di Tiligugu. Questa specie si autotomizza assai facilmente della coda : ho osservato frequentemente individui con coda rifatta ; ma que- sta è, d'ordinario, molto più breve della normale, più grossa, più tozza e anche più puntuta. Le macchie ocellate che si osservano sul dorso delle code ri- fatte, sono poco numerose e meno distinte ; esse non conservano la regolare disposizione che hanno ordinariamente, ma sono sparse senz'ordine lungo il dorso. Ho pure osservato, fra gli esemplari esaminati, alcuni (rari), a coda bi- fida ; uno di questi aveva le due braccia della coda perfettamente uguali, nello stesso piano ed egualmente divergenti, come le due braccia di una Y. 3) De Natale G. — R icer che anatomiche sullo Scinco v arie- tato in rapporto ai principali tipi di organizzazione dei Ret- tili: Mem. E. Acc. Se. Torino (2) voi. XIII, 1853, pari. 370-436, con 2 tavole. V. p. in proposito: Hoffmann C. H. — Reptil ien II. Eidechesen, u. Wass er echsen , Bronn's Klassen u. Ordnung. ecc., VI. Bd. III. Abth. Leipzig 1890. 4) Camerano L. — Monografia dei Saarii Italiani: in Mem. E. Acc. Se. Torino (2), Tom. XXXVII, pag. 96-97. — 180 — Lo scudetto frontale del capo ha un aspetto diverso nel maschio da quello della femmina : nel maschio esso è alquanto più grosso , più largo e più tozzo di quello della femmina. Ciò si può rilevare facilmente dalle figure 1, 2 , rappresentanti ap- punto gli scudetti frontali (pf) del maschio e della femmina, ri- tratti colla camera chiara (Abbe). Un altro carattere differenziale è fornito dall' apertura cloacale più larga nel maschio che nella femmina. Nel maschio, il lembo anteriore, o superiore,, della fen- ditura cloacale si estende trasversalmente più che nella femmina, ed il margine posteriore descrive una curva più accentuata che non nella femmina. In questa i margini laterali , nell' approssi- marsi alla regione crurale , convergono assai meno che nou nel maschio. Il margine posteriore della fenditura anale, nel maschio, descrive una curva a concavità anteriore assai meno accentuata che nella femmina (fig. 3-4). La riprova di queste differenze, ora notate, si ha facilmente. Negli individui con scudetto frontale largo, grosso e tozzo , con apertura cloacale larga, e lembo anteriore cloacale molto arcuato, e con margine posteriore cloacale poco concavo, se si preme alla base della coda , dal basso in alto, verso 1' apertura cloacale , si fanno assai facilmente estroflettere i due caratteristici organi di accoppiamento (peni). Sicché, riassumendo le caratteristiche ora notate, e quelle già ricordate dal Prof. Camerano , possono così determinarsi le differenze sessuali nel Gongylus ocellatus. Cap o più grande e più largo: nella Capo più piccolo: alquanto più regione masseterica più bruscamente stretto, gradualmente appuntito, appuntito in avanti. Piastra rostrale stretta, poco più Piastra rostrale la metà circa più larga che alta.— Piastra frontale più lirgache alta.— Piastra frontale più piccola, più stretta, più esile, propor- grande, più larga, più tozza, propor- zonalmente più lunga, (fig. 2). zonalmente, più breve, (fig. 1) Ape rt ura cloacale più breve mar- Apertura cloacale più larga: mar- ghie posteriore del lembo superiore gine posteriore del lembo superiore cloacale a curva meno accentuata: mar- cloacale a curva molto pronunciata e gine posteriore cloacale più convesso, margine posteriore cloacale molto con- (fig. 3.) vesso, (fig. 4). Apparecchio urinario — Nel Gongylus, i reni sono meno svi- luppati che nel Seps, e meno ancora che neWAnguis: in questo essi, invece, raggiungono un notevole sviluppo e si estendono fino al- l'altezza dell'estremo anteriore del retto (fig. 8, 10, 16). — 181 - A differenza di quanto si osserva in queste due specie — nelle quali i reni non si fondono mai tra loro, ma sono giusta- posti (Seps), od anche allontanati l'uno dall'altro (.4 nguis) — nel Gongyliis, i reni si fondono nel loro terzo posteriore per sepa- rarsi nuovamente in prossimità della loro estremità posteriore dove, invece, sono giustaposti, aderendo solamente l'uno all'altro (fig. 8, 16). I reni hanno colorito giallo roseo-carnicino. Anteriormente sono slargati, con margini esterni arrotondati e con gli interni quasi rettilinei e ravvicinati ; posteriormente sono, invece, assai ri- stretti e terminano a punta acuta o subacuta : nel loro insieme hanno 1' aspetto cuoriforme (fig. 8, 16). Essi sono addossati alla parete dorsale del cavo addominale e sono collocati decisamente nella parte terminale ristretta di questo, nascosti nel cinto pelvico, sotto e dietro la cloaca. Essi si esten- dono dalla penultima vertebra dorsale, all' altezza della quale co- minciano, fino alla seconda vertebra caudale, dove si terminano con le loro punte estreme che si insinuano fra le masse musco- lari della coda (fig. 16). Per la loro posizione hanno la faccia dorsale leggermente convessa e la ventrale alquanto concava. I loro margini esterni sono lobati ed a lobi disuguali ; il lobulo anteriore è il più grosso di tutti (fig. 8. 10. 16). Queste lobature sono nel Qongylus più numerose che nel Seps e nell' Anguis; ma più grandi che nel primo (nel quale esse sono poco accentuate) e più piccole che nel secondo, nel quale sono, invece, grandissime. Ogni lobulo del rene ha un proprio canale collettore dei canicoli renali ; questi hanno decorso rettilineo : ciascun canale collettore con decorso quasi orizzontale , va a mettere capo nell' uretere del proprio rene (fig. 7). L' uretere decorre lungo la faccia ventrale del corrispettivo rene, spingendosi verso il margine esterno di questo, parellelamente ed internamente al canale escretore genitale dello stesso lato. Esso sbocca, disponendosi orizzontalmente , nella faccia dorsale della cloaca, dietro la plica che separa questa dal retto, in prossimità e dietro lo sbocco dei genitali; e, tanto nell'uno, quanto nell'altro sesso, indipendentemente da questo (fig. 5. 6. 7. 8. 9. 10). La vescica, della quale il De Natale ha negata 1' esistenza , è di forma ovoidale, di colorito bianco, leggermente azzurrognolo: Quando è vuota, essa resta nascosta nel bacino ; quando è dila- tata dall' urina si estende lungo la faccia ventrale del retto, fino a raggiungere il cieco, e presenta allora, anteriormente, come una — 182 — piccola appendice ristretta sulla porzione larga dell'ovoide. Que- st' appendice è determinata dal cappuccio che forma, intorno al suo fondo, il peritoneo viscerale, che, risalendo lungo il dorso della vescica (ripiegatura vescico-rettale), l'abbraccia nella sua metà su- periore , o dorsale, per ripiegarsi poi lateralmente per rivestire le pareti addominali laterali (fig. 9). La vescica si continua in un breve e stretto collo, (nel Seps ed Anguis questo è più lungo), che sbocca nella parete ventrale della cloaca di contro, ed alla stessa altezza dei forellini di sbocco degli ureteri (fig. 6. 9). Questo rapporto di posizione tra 1' orifizio di sbocco degli u- reteri e quello della vescica, spiega il passaggio dell' urina in ve- scica per il ravvicinamento dei detti orirlzii nelle contrazioni della cloaca. Apparecchio genitale. — Maschile. — I testicoli sono allungati, bacillari, leggermente più ristretti anteriormente, e fissati ai lati della colonna vertebrale da un largo mesorchio. Al loro lato interno, a metà circa della loro lunghezza, si osserva un distinto e ben eviden- te epirene (paradidimo Leydig, Nebenniere, Brami), ed anterior- mente si nota la presenza di un rudimento del canale di Mùller (fig. 16). I canali deferenti esili, cilindracei, uscenti da un relativamente breve epididimo, non si fondono, come affermava il De Natale, pri- ma di sboccare nella cloaca. Ciascun deferente, originandosi dal lato interno del proprio testicolo, discende verso la cloaca ravvolto e trattenuto dalla propria lamina peritoneale di sostegno. Esso ha decorso ondulato, ripiegandosi su se stesso a numerose, fitte e pic- cole anse , e discende lungo la superfìcie ventrale del rene dello stesso lato, parallelamente ed esternamente all' uretere del rispet- tivo lato. Nell'ultimo suo tratto le anse si risolvono, ed esso si apre nella cloaca, innanzi ed esternamente all' uretere, nella papilla genitale maschile (fig. 5, 16. pgm.). Anche nel Seps e neW Anguis ho osservato che il. vaso deferente e 1' uretere hanno sbocco distinto nella eloca ; i due orifìzii sono, per altro, in essi più ravvicinati fra loro nell' Anguis che non nel Seps e nel Gongylus: nel quale sono, invece, relativamente assai più allontanati 1' uno dall' altro. Negli Scincoidi , dunque , ( per lo meno nei nostrani ) , a differenza di quanto avviene nei Lacertidi, ureteri e deferenti hanno sbocco di- stinto nella cloaca. Femminile. — Le ovaia si presentano come sacchi allungati, molto evidenti, a forma di losanga, involti e sostenuti da un ampio me- sovario. Lungo la loro faccia interna si osserva un corpo allungato, più corto ed esile dell'ovario, di caratteristico aspetto e colorito — 183 — (giallo): esso è il parovario di Leydig, l'epirene di Brami. Non ho potuto riconoscere nel Gongylus l'ovario accessorio (epoforo) osser- vato nelle lucertole (fìg. 12). Gli ovidotti discendono lungo la parete dorsale del cavo addominale; ciascuno esternamente all'ovaia cor- rispondente; essi si spingono anteriormente molto innanzi fino a raggiungere l'estremo limite anteriore del peritoneo pigmentato (nero) e sono sostenuti e legati alla parete dorsale da_un largo mesometrio, come lo indica Giacomini nel Seps x). Questo li involge (fìg. 12) e si sdoppia all'altezza del tratto anteriore, o cefalico, degli ovidutti in due lamine che si aprono in corrispondenza dell'imbuto. Gli ovidotti sono appiattiti nastri- formi per quasi tutto il loro decorso e vanno facendosi gradata- mente cilindracei nell'ultimo loro tratto: prima di sboccare si slar- gano a fuso (fìg. 10). Nella loro porzione anteriore, o cefalica di poco più larga, sono fittamente e finamente pieghettati: le pieghettature si fanno poi gradatamente meno fìtte e si risolvono in pieghe larghe, ampie, di- stanti — 1' ovidotto piglia così 1' aspetto festonato nel suo tratto medio — , pieghe che spariscono quando questo si fa cilindrico. Le pieghettature anteriori, non fanno subito seguito all' imbuto, ma da questo sono separate da un brevissimo tratto. L'ostio del- l' imbuto è ben distinto e lo si scorge facilmente divaricando le due lamine del mesometrio che lo circondano e lo chiudono (fig. isg. I due ovidotti non si uniscono in un unico condotto vagi- nale, come scriveva il De Natale. Essi decorrono sempre distinti l'uno dall'altro e solamente si avvicinano di molto nell'ultimo loro tratto, quando, cioè, passano innanzi e di sotto il rene, esterna- mente ai rispettivi ureteri. Ciascun ovidotto sbocca indipenden- temente dall'altro nella faccia dorsale della cloaca, al disopra de- gli ureteri. Poiché il Gongylus ocellatus, come anche gli altri Gon- gili, è ovoviviparo 2), l'ultimo tratto cilindraceo dell'ovidotto funzio- na da utero: in esso, nel periodo riproduttivo (Giugno-Luglio), ho trovato le uova di numero vario (da un minimo di tre), ma uguale nei due ovidotti, allogate in camere simili a quelle che Giacomini ha 1) Giacomini E. — Materiali per lo sviluppo del Seps chalcides (Cuv.) Ibnap.: Monit. Zool. Italiano. Voi. II, anno II,. 1891, pag. 182-185.. 2) Ov o-v i v i p a r i t é d u Gongyle o e e 1 1 é (Omjyluì (Cilici hi) ocel- latus) Wagì. Journal de Zoologie — (Gervais) Tomo 6. 1877, p. 281. Cito da Ta- sehenberg. Biblioth. Zool. Voi. 4.° pag. 3620. BoscÀ Ed. — La ovovivip arida d observada en el Gongylus Bedriagai : Ann. Soc. Esp. Hist. Nat. T. 13, Quad. 3, Actas p. 92-95. - 184 — descritte nel Seps con le medesime particolarità. Anche nel Gon- gylus le pareti interne dell'ovidotto sono longitudinalmente pieghet- tate: queste ripiegature della mucosa sono molto sporgenti ed esage- rate nell'ultimo suo tratto, fusiforme, prima di sboccare. Ho os- servato uova ovariche mature in Maggio, ma prima di Giugno non ho trovato uova nell'ovidotto. Quanto ha descritto Giaco- mini nelle ova ovariche del Seps, in genere, si riscontra anche in quelle del Gongylus. Ho notato che prima ancora che le ova ma- ture,, cadano nell'ovidotto, questo si mostra di già ingrossato ed arrossato (come congestionato). Avendo sempre trovato le uova nel- l'ovidotto, non ho potuto constatare se nel Gongylus si determini quella fossetta peritoneale che si forma nel Sejis da ambo i lati, fra l'ovario e l'ovidotto, descritta dal prof. Todaro in un recente lavoro 1) e nella quale accade la fecondazione. Date le affinità del Gongylus con il Seps, tutto lascia supporre che questa possa determinarsi anche nel Gongylus. Caratteristico è l'aspetto che assumono i Gongylus contenenti uova nell'ovidotto, direi ad inoltrata gravidanza. Il loro addome si allarga in modo considerevole, acquistando un diametro quasi doppio della regione toracica; ed in tale stato camminano assai lentamente, trascinandosi. Dagli arti anteriori ai posteriori, visti dal dorso, essi ricordano grossolanamente la figura di un fiasco a collo largo ed allungato. Non so se questo fatto sia stato osservato dal Fischer perchè non ho potuto procurarmi la sua nota 2). Cloaca. — L'intestino retto, nel Gongylus, è di larghezza re- lativamente notevole, con distinto, grosso e rigonfio cieco, clavifor- me. Esso si continua nella cloaca (fìg. 9-16), dalla quale è sepa- rato, come ho accennato, da una duplicatura circolare della mu- cosa, fortemente muscolare , che costituisce una sorta di sfintere anale. Tale duplicatura è ugualmente sviluppata nei due sessi, sporge molto più dalla parete dorsale che dalla ventrale del ret- to, e va diminuendo gradatamente dai lati al ventre (fìg. 5,6, 9, 10). La parete dorsale della cloaca non mostra alcuna piega tra- sversale longitudinale mediana che la divida in due logge: invece, vi si osserva una sorta di infossatura longitudinale che comincia ') Todaro Frano. — Sopra lo sviluppo del Seps chalcides. Ricerche fatte nel Laboratorio di Anat. Umana della R. Università di Roma ed in altri làboratorii biologici. Voi. Ili, Fase. l.°, 1893, pag. 93. 2) Fischer Th. — Fortpflanzung der Walzeneidechse (Gongy- lus ocellatus Wag.;. Zool. Gart. 26 Jahr. N. 8, p. 241-243. — 185 — dietro la ripiegatura suddetta e scomparisce gradatamente verso l'apertura cloacale (fìg. 5. 6. 7. 9). Dietro, o sotto la descritta duplicatura circolare (sfintere anale) sporgono, dalla faccia dorsale della cloaca, due papille di forma conica , molto più sviluppate nella femmina che non nel maschio (fìg. 5. 6. 9. 10) : condizio- ne, come ho potuto constatare, comune a tutti i nostri Scincoidi (nella femmina del Seps non erano finora state osservate), mentre nelle Lucertole queste papille esistono solo nei maschi, e portano insieme gli sbocchi degli ureteri e dei deferenti (papille uro-geni- tali). Queste papille, nel Gongylus, sono rivolte, nella cloaca, da avanti indietro, dall'alto al basso e dall'esterno all'interno, co- sicché tendono a convergere con le loro estremità verso il mezzo della cloaca, e presentano all'apice , alquanto subterminilmsnte , un forametto circolare. Sono questi gli sbocchi degli organi genitali : le papille ge- nitali maschili e femminili (fìg. 5. 6. 9. 10). Nelle femmine que- ste papille sono delle vere estroflessioni a dito di guanto della mucosa della cloaca ; sono tubolari allungate, appena più larghe alla base, a forma di cono, o digitiformi : all' apice si terminano a punta arrotondata e sono rivestite internamente dalla mucosa dell'ovidotto che si continua in esse, colle sue sviluppate pliche longitudinali, innanzi descritte (fìg. cit.). Nel maschio,, invece, le papille sono più brevi, meno spor- genti e meno appariscenti che nella femmina. Sono formate da un rilievo della mucosa cloacale a modo di una valvola, a forma di mezzo cilindro , o di gronda capovolta ; cosicché esse non sono del tutto libere ed isolabili da ogni parte, come nella femmina, ma aderiscono lateralmente , meno che per l'ultimo tratto, alle pareti dorsali della cloaca. Lo schema rappresentato nella fig 11, varrà a dare un'idea più esatta del differente modo di presentarsi di queste papille genitali nel maschio (a) e nella femmina (b), a complemento della descrizione data , e di quanto ricavasi dalle altre figure già ri- cordate. Tanto nel maschio, quanto nella femmina , dietro ciascuna papilla genitale, all'altezza delle loro estremità , ed alquanto in- ternamente ad esse , si osservano gli sbocchi degli ureteri sotto forma di due piccoli forellini circolari (fìg. 5. 6. 9. 10. 11). Nel maschio del Gongylus, come ho detto, questi sono allontanati dal- l' orifizio genitale maschile ; ma, nell' Anguis, questi forametti sono così ravvicinati che Leydig credette sboccassero nel fondo della papilla medesima. — 186 — Gli organi di accoppiamento, descritti néìYAnguis dal Ley- dig 1), non mancano nel Oongylus come nel Seps. Essi sono al- logati in due tasche (fìg. 4, 13, 14, 15 tp.) laterali della cloaca, che si aprono verso gli angoli laterali di questa, sono addossati al margine posteriore ed inferiore della fenditura cloacale e trovansi allogati verso i margini latero-inferiori di questa. Come ho già detto , premendo sulla base della coda , dal basso in alto, si possono facilmente fare estroflettore i peni dalle loro guaine. Alle volte, se forte è la pressione che si esercita, si determina un abbondante afflusso di sangue nei loro corpi caver- nosi, e fuorescono arrossati. Queste tasche laterali si trovano accennate anche nelle fem- mine del Oongylus. L'aspetto generale degli organi d' accoppiamento si può fa- cilmente rilevare dalla figura 4 che li rappresenta estroflessi. Non mi dilungo in una minuta descrizione di essi , non potendo en- trare ora in particolari istologici : essi non differiscono essenzial- mente, per grandezza, per forma e per struttura da quelli dell' An- guis fragilis, descritti dal Leydig, ma mancano di quelle papille glandolare disposte in serie traversali descritte e figurate da que- sto autore sul dorso del ghiande. La fenditura traversale di apertura esterna della cloaca è limitata : a) Posteriormente da un margine inferiore, o posterio- re, incurvato ; ora più (femmina) , ora meno (maschio) convesso verso la coda : questo margine è determinato dall'arrestarsi delle scaglie del rivestimento cutaneo che sono ivi più piccole che al- trove. Esso è molto caratteristico per il colorito giallo citrino che assumo più esteso nella parte centrale dove si diffonde, per poco, come una macchia irregolarmente triangolare , verso la coda (fìg. 3, 4) : b) Anteriormente da un lembo sporgente, oltre il detto margine posteriore , che batte contro questo, applicandosi sulla base della coda, e lo nasconde, chiudendo così ermeticamente la apertura cloacale, come un battente (fìg. 3, 4, 14). Questo lembo a margine arcuato , è provvisto di scaglie alquanto più grosso delle altre del ventre e sporgenti , oltre il margine del lembo suddetto, con il loro margine posteriore libero. Sollevando questo lembo anteriore — divaricando così i mar- gini della fenditura cloacale — si scorge come la cloaca, larga ed appiattita verso 1' apertura esterna, va restringendosi ad imbuto per diventare cilindracea nella regione degli sbocchi dei genitali. ') Die in Deutschland lebenden Arten der Saurier. 1872. — 187 — Essa è tappezzata esternamente da una tunica muscolare molto sviluppata, le cui fibre muscolari longitudinali, che traspariscono di sotto la mucosa cloacale, per la forma medesima della cloaca, assumono una disposizione raggiata e dirò imbutiforme, dall' in- terno all' esterno (fìg. 3, 4, 14, 15). Lo strato delle fibre circolari, è più accentuato verso la regione dove la cloaca si fa cilindracea; dove, con il loro contrarsi determinano la costrizione di questa parte della cloaca, che si manifesta bene, quando si solleva il lembo superiore di chiusura della cloaca (v. fìg. 3, 4). Complicato è il sistema di muscoli che permette la chiusura della cloaca per il ravvicinamento dei due margini di essa. Quello inferiore è tirato in sopra ed in dentro , per essere meglio co- perto dal margine superiore (il lembo sporgente), il quale, invece, è tirato in basso e lateralmente per battere contro il margine in- feriore e chiudere ermeticamente la cloaca. A tirare in dentro, cioè verso la cloaca, il margine inferiore ; o posteriore di essa , è deputato un muscoletto triangolare , ad apice in basso e a base in alto. Con la sua base larga esso s'in- serisca sotto il margine posteriore della cloaca , nella sua parte centrale convessa; e, gradatamente restringendosi, si spinge con l'apice, molto ristretto, verso la coda e va ad inserirsi contro la pelle del ventre della base della coda. Questo muscoletto, che in- dicherò come abbassatore del margine posteriore della fenditura cloacale, è messo in evidenza dalla fìg. 15 (wiap), nella quale si scorge come esso si alloghi nello spazio vuoto che intercede fra i due coni muscolari del primo paio ventrale della coda. A. tirare in su, ed anche lateralmente, il detto margine in- feriore cloacale, servono due muscoletti che decorrono dall'alto in basso e vanno ad inserirsi agli estremi della fenditura cloacale. Quivi si rivolgono ventralmente per orlare, dai due lati, il mar- gine inferiore cloacale arrestandosi nel mezzo di questo; dove si inserisce la base triangolare del muscolo abbassatore innanzi descritto (fig. 13, mrp. 15). Essi, nel ripiegarsi verso il margine posteriore cloacale, a livello delle tasche che accolgono i peni nei maschi , mandano un ramuscolo che ne circonda il margine ri- volto alla cloaca (Fig. 13 13*). Questi due muscoletti, che hanno la forma e l'aspetto che ho disegnato nelle fìg. 13, 15, sono costi- tuiti da fibre che si originano e si dipartono , nel punto e nel modo che ho indicato nelle dette figure, dal muscolo ileo-petti- neo-pubeo-ischio-tibiale (gracile di Mivart ) del Furbrin- — 188 — ger l) (fìg. 13, 14, 15 mipt). Li indicherò, per distinguerli, col no- me di m il s e o 1 i retrattori del m a rgine poste ri o r e della cloaca {mrp). Il margine superiore, il lembo sporgente della fenditura cloa- cale, è tirato contro il margine posteriore supero-lateralmente da due fascetti muscolari, che indico col nome di retrattori su- periori del lembo superiore della cloaca (fìg. 13 mrsl). Questi muscoletti sono costituiti da fasci di fibre che si ori- ginano dai muscoli retrattori del margine posteriore della cloaca {mrp), nel punto che vanno restringendosi per raggiungere gli an- goli della fenditura cloacale per orlare il margine posteriore di questa come ho descritto innanzi (fìg. 13), Essi vanno ad inse- rirsi, sfioccantisi a ventaglio, contro la parete interna del margine superiore della fenditura cloacale. Poiché questi muscoletti sono una diramazione dei due muscoletti retrattori del margine posteriore {mrp), s'intende facilmente come la contrazione di questi quattro muscoletti è contemporanea: così, mentre i due retrattori del margine posteriore tirano in su il margine poste- riore della cloaca, per la loro disposizione , i retrattori superiori del lembo superiore tirano questo sincronamente in dentro e lateralmente, contro il margine posteriore della cloaca (cf. fìg. 13). Altri due muscoletti sono deputati ancora a tirare lateralmente ed inferiormente il margine superiore della cloaca. Essi sono co- stituiti da fasci di fibre che si originano dagli angoli laterali della fenditura cloacale — dalla parete interna della pelle laterale della base della coda — e vanno ad inserirsi, sfioccandosi a venta- glio, dai due lati, contro la parete interna del margine superiore (del lembo superiore) e di sotto i retrattori superiori di questo {mrsl) come si rileva dalla fìg. 13. Ho distinto questi muscoletti col nome di muscoli retrattori laterali del lembo supe- riore della cloaca {mrìl). Oltre questi sistemi muscolari, ora descritti, che tendono a ravvicinare, sovrapponendoli l'un l'altro i margini della fenditura cloacale , si trova un muscolo proprio, intrinseco , superficiale che permette la chiusura ermetica della cloaca. E questo il muscolo già descritto nei suoi rapporti dal Furbringer 2) negli scincoidi col nome di sfintere cloacale {sphincter cloacae) (fìg. 13, 14, sfc). 1) Fììrbringer M.— D i e Knochcn u. M u s k e 1 n der Extremita- t e n d e n S e h 1 a n g e n il h n 1 i e h e n Sauriern. — Vergi. Anat. Abhandl. Leipzig. — W. Engelmann 1870. 2) Op. cit. ._ 189 — Questo muscolo implicitamente tira indietro e lateralmente, contro il margine posteriore della cloaca , il lembo superiore di essa, che aderisce alla sua pagina superiore cutanea (fig. 13, 14). Lo sfintere cloacale è tirato in giù, verso la coda — e conseguen- temente anche il lembo superiore di chiusura della apertura cloa- cale, per la ragione suddetta — da due muscoletti robusti. I quali, passando lungo gli angoli estremi dell'ellissi della fenditura cloa- cale (fig. 13, 15 mie), di sotto la parte ristretta dello sfintere della cloaca e del retrattore del margine posteriore della cloaca (fig. 13, 15 mrp) , discendono parallelamente verso la coda , sovrappo- nendosi ai coni muscolari del 1° paio ventrale della medesima, alla loro origine. A livello della parte ristretta di questi coni: essi si approfondano lateralmente a ciascun cono, passando dietro e sotto di essi — tra questi ultimi ed i coni del 2° paio ventrale (profondo) della coda — per andare ad inserirsi alla emoapofisi della 4a vertebra caudale (fig. 15). Questi muscoletti sono i prolungamenti del mu- scolo i 1 e o-coc cigeo che vanno ad inserirsi posteriormente alla co- da. Questo muscolo nel Gongylus, come nel Sej)S e nelì'Anguis, se- condo quanto ha descritto il Fùrbringer ( pag. 4.0, Tav. XVI ) nel Seps tridaetylus Ger v. ,non è separabile dal muscolo della cloaca (sfin- tere cloacale) e si inserisce lateralmente con qualche fascetto al margine posteriore dell' osso iliaco (op. cit.). È questo il muscolo che determina, nelle pareti cloacali, quel cercine, dietro e sotto il lembo superiore della cloaca, che si manifesta quando, come ho detto innanzi, si solleva il margine, o lembo superiore della fen- ditura cloacale (v. fig. 3, 4, 14). Questo cercine mette meglio in evidenza, esagerandola, la disposizione radiata delle fibre longi- tudinali della cloaca per la distensione della parete ventrale della medesima. E ciò perchè la detta parete, prolungandosi fino al mar- gine interno del lembo superiore della cloaca, urta contro il mar- gine posteriore del eletto muscolo ileococcigeo (fig. 3, 4, 14) 1). I corpi grassi sono nel Gongylus molto grossi e sviluppati ; essi raggiungono anteriormente quasi tutta la lunghezza del retto : vengono fuori dal bacino, allargandosi in avanti. Sono di forma r) Io non so dire a quali di questi muscoli, che ora ho descritto, si rife- riscano i due muscoletti, dei quali parla il De Natale a pag. 417, che abbrac- ciano l'orifizio anale, e che a pag. 428 così descrive :«.... mi sono accorto di due muscoletti che si spiccavano dalle apofisi trasversali del sagro riu- nirsi attorno l'apertura dell'ano in un fascio che lo contorna : saranno essi dunque gli analoghi degli elevatori, o dei costrittori dell' ano ». — 190 — clavata e concavo — convessi dall'interno all' esterno con margine esterno diversamente lobato: hanno colorito giallo roseo. Il peri- toneo li avvolge dorsalmente e lateralmente in un ampia ripie- gatura. Sassari.— Istituto di Zoologia, Anatomia e Fisiologia comparate (R. Uni- versità). — Novembre 1895. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA V. Lettere comuni a tutte le figure e — cloaca cg — corpi grassi. ci — cieco intestinale. cm — canale di Miiller (residuo) eme — coni muscolari della coda (1° paio ventrale). ds — duplicatura divisoria del retto dalla cloaca. d — vaso deferente. i — intestino. I — lembo superiore dell'apertura cloacale. map — muscolo abbassatore del margine posteriore della cloaca, mie — muscolo ileo-coccigeo. mipt — muscolo ileo-pettineo-pubeo-ischio-tibiale, o gracile. mpc — margine posteriore della cloaca. virll — muscoli reti-attori laterali del lembo superiore della cloaca. mrp — muscoli retrattori del margine posteriore della cloaca. mrsl — muscoli retrattori superiori del lembo superiore della cloaca. ms — mesometrio. viso — mesoario. ovd — ovidotto. nv — ovario. p — peritoneo. pf — piastra frontale. pi — paradidimo (epirene). pgf — papilla genitale femminile. pgm — papilla genitale maschile. )io — parovario. pr — piastra rostrale. }irc — parete cloacale. pnl — pareti del retto (dorsale). r — rene. rt — retto. 191 sfc — sfintere della cloaca (sphincter cioncete). sv — sbocco della vescica. sbu — sbocco degli ureteri t — testicolo. tp — tasca del pene. u — uretere. V — vescica. Fig. 1. Capo di un G. occllatus maschio, visto di sopra; ingr. (camera chiara Abbe). Fig. 2. Capo di un G. occllatus femmina (id). Fig. 3. Apertura cloacale di una femmina (ingrandita 1 V-2 v.). Fig. 4. » » di un maschio con peni estrotiessi (ingrandita quanto la precedente). Fig. 5. Cloaca di un maschio aperta ventralmente, per mettere in mostra le apertile genitali (papille) e le urinarie (ingrandita 2 v.h Fig. G. Cloaca di una femmina aperta ventralmente per lasciar vedere lo sbocco della vescica e degli ovidotti (papille) e degli ureteri (in- grandite 3 v.). Fig. 7. Sezione transversa (schematizzata) all' altezza dello sbocco degli ure- teri nella cloaca di un giovane individuo (ricavata da due sezioni consecutive (Sist. Zeiss I/a. camera Abbe). Fig. 8. Aspetto generale dei reni e degli ureteri e loro sbocco nella cloaca (ingrandita 2 v. circa). Fig. 9. Figura d'insieme del retto, della vescica, della cloaca, dei corpi grassi di una femmina nei loro rapporti reciproci (ingrandita 1 1/2 v.) (ca- mera chiara Abbe). Fig. 10. Sbecco degli ovidotti nella cloaca, nei loro rapporti di posizione con gli ureteri (ingrandita 4 v\ circa). Fig. 11-. Scbemi comparativi degli sbocchi dei genitali e degli ureteri nella cloaca, nel maschio (a),e nella femmina (6). Fig. 12. Figura d'insieme, in sito, dei genitali femminili e dei loro dotti escre- tori, visti dal ventre: gli ovidotti restano tagliati prima che rag- giungano la cloaca (F intestino è stato asportato con la cloaca poco oltre 1' arrestarsi del peiitoneo) (ingrandita 1 r4 v.). Fig. 13. Figura ricavata da più preparati per mettere in evidenza una parte dei muscoli del sistema di chiusura dell'apertura cloacale (ingran- dita 1 v.). Il lembo superiore dell'apertura cloacale, come tutta la pelle ventrale fra le zampe, è stata asportata e ripiegata a sinistra dell' osservatore. A destra è stato tagliato il muscolo sfintere della cloaca (sfc) per mettere in evidenza il retrattore del margine poste- riore della cloaca (mr}>), ed il suo decorso, nonché il muscolo che va al lembo superiore di chiusura della cloaca (mrsl). Questo è stato tagliato nel tagliare la pelle per ripiegarla a sinistra del- l' osservatore. Fig. 14. Individuo aperto ventralmente all'altezza della cloaca per lasciar ve- dere i rapporti di questa con l'esterno (ingrandita 1 v.ì. — ]92 — Fig. 15. Figura che completa la fig. 13, per quello che riguarda il meccani- smo di chiusura ed apertura della cloaca (ingrandita 3 v. circa). La pelle, fra le zampe, col lembo superiore della fenditura cloacale, è stata asportata : la pelle della base della coda , tagliata lungo il margine posteriore della fenditura anale, è stata in parte asportata, in parte ripiegata per mostrare l' inserzione dell' abbassatore del margine posteriore dell' apertura cloacale (map). E stato asportato il muscolo sfintere della cloaca (sf) e sono stati tagliati i muscoletti retrattori del margine posteriore cloacale , prima della loro inser- zione (mrjp) ed all'altezza che danno origine al muscolo retrattore superiore del lembo superiore dell' apertura cloacale (mrsl). Fig. 1G. Figura d' insieme dei genitali maschili, visti dal dorso, nei loro rap- porti reciproci e col rene (ingrandita 1 l/2 v). Disinfezione delle stalle infette da carbonchio , con contributo sperimentale alla disinfezione delle ma- terie fecali e del sangue carbonchioso. — Memoria di Angelo Giangrieco. (Tornata del 13 Settembre 1896) L'argomento, che forma l'oggetto del mio lavoro, riguarda la disinfezione delle stalle infette di carbonchio ottenuta mercè prove sperimentali. La questione della disinfezione nelle malattie infettive costi- trisce indiscutibilmente uno de' punti più importanti della loro profilassi; quando essa poggia sulla conoscenza esatta di tutte le svariate modalità, per cui il germe infettante può essere diffuso e trasmesso, allora, procedendo da un metodo scientifico e razio- nale, non mancherà di essere opportuna ed efficace: e se per poco consideriamo i grandi vantaggi, che si possono ritrarre dalle ap- plicazioni pratiche, si vedrà il bisogno di approfondire le nostre cognizioni sul modo più facile e più sicuro ad ottenerla. E indu- bitato che finora tutte le questioni attinenti alla disinfezione hanno avuto il loro punto di partenza ed il loro svolgimento nei laboratori scientifici, ed i diversi risultati, quivi ottenuti, sono stati poi trasportati nel campo della pratica , in cui, è pur ne- cessario convenire, non realizzandosi quelle stesse condizioni, non sempre quei risultamenti hanno risposto alla generale aspettativa. Così, partendo da quanto s'è ottenuto nei tubi da saggio, si è preteso che tutti quei mezzi già riconosciuti efficaci a di- struggere il virus carbonchioso, dovessero corrispondere eziandio sopra tutti gli oggetti naturalmente infetti, e la lista de' disinfet- tanti si é accresciuta oltre misura. Oggidì però è invalso, e con molto miglior fondamento, un indirizzo assai più opportuno e razionale , quello, cioè , di speri- mentare mettendosi nelle condizioni più naturali, e quindi nella questione della disinfezione del carbonchio tutte le ricerche deb- bono espletarsi essenzialmente sopra i terreni naturali e ritener e efficaci solo quei mezzi, che renderanno innocui tutti i possibili e naturali veicoli della 'malattia. La disinfezione adunque delle 13 — 194 — stalle infette non può considerarsi o risolversi a norma di quanto sappiamo sulle disinfezioni artificialmente ottenute; essa deve avere una base scientifica e sperimentale insieme, e gli esperimenti devono praticarsi sopra gli oggetti infetti che comunemente si trovano nelle stalle, i quali sono tali a causa del sangue carbon- chioso, che vi si sia depositato ed essiccato: questi veri veicoli poi si riducono in realtà al sangue depositato sopra gli oggetti nel modo più naturale ed alle feci. Una disinfezione cosi ottenuta potrà dirsi completa e dare garenzie sulla sua efficacia; e siccome mancano ricerche ed espe- rienze eseguite in questo senso, mentre abbondano quelle di la- boratorio, non dovranno essere prive d' interesse quelle che farò seguendo un indirizzo esclusivamente pratico. Nello svolgimento dell'argomento farò rilevare dapprima come la migliore terapeutica del carbonchio sia una buona profilassi , come la disinfezione, nel modo come la si pratica , non sia effi- cace e come nella pletora de'mezzi disinfettanti studiati finora , non si abbiano norme precise che ne regolino la scelta e 1' appli- cazione; poscia, stabiliti i requisiti d'una buona disinfezione , la studierò sperimentalmente applicata ai due veicoli essenziali della malattia, sangue e materie fecali, adoperando quelle sostanze che si reputano le migliori, e da ultimo, in base ai risultati ottenuti, passerò in disamina le norme, che si devono seguire in una buona pratica disinfettante e per le stalle infette di carbonchio indicherò quelle sostanze che si saranno mostrate più efficaci ed il modo di usarne. PARTE I. § 1. Profilassi del carbonchio. Nello stato attuale delle nostre conoscenze intorno alle ma- lattie infettive, il carbonchio va ritenuto come una di quelle me- glio conosciute, non solo scientificamente, ma nel campo della pratica, ed occupa tra tutte il primo posto, sia per la sua impor- tanza storica, e sia perchè il suo microrganismo, mercè nume- rose ed accurate ricerche, è stato più esattamente studiato nelle sue condizioni biologiche, costituendo esso il campo prediletto dei batteriologi. La frequenza della malattia, la sua gravità , il suo carattere cosmopolita la rendono temibile per l'Agricoltura, la pa- storizia, l'allevamento ed in genere per l'economia nazionale; men- tre per un altro verso la triste prerogativa di trasmettersi facil- — 195 — niente anche all'uomo, riuscendo per lui letale nella maggioranza dei casi, richiama sopra di essa l'attenzione del medico, dell'igie- nista, dell'amministratore. 1 numerosi documenti lasciati da poeti, storici, medici, agri- coltori; le descrizioni non meno caratteristiche degli scrittori dei diversi stati dell' antico impero romano (Mosè , Omero , Ovidio, Plutarco , Tito Livio , Lucrezio , Virgilio , Plinio , Columella ecc.) ; le diverse epizoozie del Medio Evo e quelle massima- mente che infierirono negli anni 1700, 1711, 1712 in Italia, in Germania, in Francia (Ramazzini) ; quelle del 1856 , 1857, 1853 . descritte per la Francia dal Wagner ; par la Russia , la Svezia e la Finlandia dall' Hartman ; quelle del 1762, 1763 (Nicolau, Barberet, Bourgelatecc); quella del 177-1 nella Guadalupa comuni- catasi anche ai Negri (Bertin) ; quelle del 1793 al 1805 diffuse in Germania (Adamowicz , Bojanus , Kausch , Laubender , Nebel, Rohlwes, Schwab, Waldinger, Wolstein ecc.) ; in Francia (Huzard Petit, Chabert, Gilbert, Tessier, Hénon ecc.) ; in Italia (Buniva, Malacarne, Toggia, Brugnone, ecc.) ; quelle degli anni 1810, 1811, 1822, 1846, 1853, che erano diffuse da un capo all' altro di Eu- ropa (Kreutzer, Renault, Delafond , Rey ecc.) : le enzoozie, e le epizoozie verificatesi nel diciannovesimo secolo ed osservate in Francia (Bouley , Sanson , Gellè, Hurtrel d' Arboval , Grognier , Charlier, Garreau ecc.), nella Svizzera (Rychner, Ancker, Bollin- ger ecc.), in Germania (Hofacker, Veith, Schrader , Muller, Ger- lach ecc.), in Russia (Haupt, Jessen , Renelt , Unterberger , Ra- witsch ecc.) ; nonché tutta la lunga serie di ricerche importan- tissime sperimentali e pratiche eseguite in questa seconda metà di secolo in Francia (Davàine, Pasteur, Chauveau, Arloing, Roux, Gamale'ia , Jersin, Duclaux , Chamberland , Toussaint ecc.); in Germania (Straus, Leisering, Koch, Feser, Gaffky, Loeffler, Brie- ger, Hoffa, Kitt ecc.) in Italia (Rivolta, Perroncito, Piana, Brusa- sco, Bassi, Lanzillotti-Buonsanti ecc.) ; in Russia (Helman, Kal- ning, Wissokovicz ecc.) ; in Inghilterra (Christmas, Sydney-Mar- tin, Fleming, Fadgean, Steele, William Williams, Greenfield ecc.) non lasciano alcun dubbio a dimostrare che il carbonchio è una malattia assai nota , ha dominato ognora tra gli animali facendo stragi , ed è stato oggetto di studio per una schiera di uomini insigni in ogni epoca e in ogni paese. Un tal morbo non conosce limiti alla sua diffusione, domina con maggiore o minore intensità in ogni singola regione del globo con poche e rare ec- cezioni, cagiona in tutti gii anni danni considerevoli nelle contrade, e nelle località ove infierisce attaccando un gran numero di ani- — 196 — inali. Nel 1830 il Delafond asserisce che le perdite annuali si facevano ascendere a 10 milioni di lire colla morte di oltre 5000 bovini e 300 mila montoni ; le statistiche ulteriori facevano ascen- dere tali perdite ed in pochi anni ad oltre 30 milioni, e nel 1887 il Tisserand, Direttore dell'agricoltura in Francia, scrisse che tra le malattie, alle quali l'agricoltura francese pagava un maggior tributo, era il carbonchio e le perdite dovute a tale malattia si valutavano a parecchi milioni! In Siberia nel 1785 morirono di carbonchio 100,000 cavalli e nel 1800 ben 27000 capi; la Russia del Sud nel 1879 perdette oltre a 125 mila ovini ! ed il Rawitsch ricorda che nel 1864 in sole 5 province russe morirono più di 10 mila cavalli e ben 1000 persone, e nel 1860 ne morirono in tutto l'impero 13,000 sopra un totale di 18,000 malati. Nel 1884 nella sola provincia di Pskow , morirono 4000 cavalli , 2000 bovini e 1000 ovini (W. Koch) ; ed in quella di Nowogorod nel 1867-68 circa 40000 cavalli , 800 vacche , 6000 montoni , e 500 uomini (Grimm). La Cumberland disease, che non è altro che carbonchio (Loir, Germond e Hinds) cagiona ogni anno in Australia la morte a più di 300 mila montoni ! In Prussia dal 1879 al 1883 son morti più di 6000 bovini e 3000 lanuti e nel 1874 nella sola provincia di Potsdam si perdettero ben 2000 ruminanti. Sono stati denun- ziati in Germania 2437 casi di carbonchio, nel 1888; 2864 casi nel 1889; 3271 casi nel 1890; 3257 casi nel 1891 ; nel 1889 si ebbero in Austria 2469 casi, ed in Francia 4215 casi, mentre nella sola Ungheria si costatarono 8284 casi di carbonchio negli ovini, 2974 casi nei bovini , e 387 casi negli equini e ben 53584 casi nella sola Russia nell' anno 1890. Nel piccolo regno di Baviera si sono avuti nel 1892 , 468 casi di carbonchio ematico con 309 morti e 446 casi di carbon- chio sintomatico con 305 morti; nel 1893, 414 casi di carbonchio ematico con 255 morti e 634 casi di carbonchio sintomatico con 457 morti. Nella nostra Italia fino a pochi anni fa mancavano statisti- che esatte sulla mortalità degli animali per carbonchio e non si può quindi stabilire con sicurezza quali erano le perdite che an- nualmente si facevano dal nostro paese; ma se si tien conto dei nu- merosi casi che risultano ufficialmente e del fatto che alcune pro- vinole da sole perdono in ogni anno parecchie centinaia di mila lire , fa d' uopo convenire che i danni prodotti da questa ma- lattia in tutte le provincie del Regno sommano a parecchi mi- lioni ! — 197 — In fatti da notizie statistiche raccolte negli anni 1887 e 1888, prima, cioè , che venisse promulgata la nuova legge sulla tutela della sanità pubblica, 22 dicembre 1888, e negli anni 1893, 1894, 1895 , dopo la suddetta promulgazione , e propriamente quando incominciarono ad aver vita i Bollettini Ufficiali settimanili delle malattie contagiose , epizootiche, compilati dalla Direzione della Sanità Pubblica (Ministero dell'Interno), si hanno i seguenti dati : 1887 1888 1893 1894 1895 REGIONI Carbo ichio C'nibo uchio Carbc nchio Carbo nchio Carbonchio Emat. Sint. Emat. Sint. Emat. Sint. Emat. Sint. Emat. Sint. Piemonte .... 251 3 382 10 309 15 215 16 177 13 Lombardia .... 300 3 200 6 167 22 169 17 196 28 Veneto . • . . . 186 2 293 5 210 29 167 46 199 24 Emilia 215 36 370 26 256 90 260 46 192 66 Marche- Umbria . . 184 20 92 21 54 66 268 88 275 12 Toscana 73 2 91 6 44 2 34 3 49 6 Lazio 53 » 94 » 76 11 47 166 14 2 1 Meridionale adriatica 159 » 170 12 262 21 376 » 213 6 Merid. mediterranea. 287 34 826 26 340 56 776 47 387 36 j Liguria 4 2 4 22 2 Sicilia 5 186 56 35 2 2 Sardegna .... Casi 14 106 10 25 4 1729 100 2810 112 1789 337 2355 429 1726 196 i E se si pon mente che tali statistiche , quantunque quella dell'anno 1895 si estenda solo ai primi otto mesi, non possono essere l'esatta espressione della diffusione della malattia , perchè bisognerebbe annoverare anche i numerosi casi che non figurano nei rapporti ufficiali , sia perchè in molte campagne , mancando persone tecniche , la malattia non la si riconosce neppure come tale, sia perchè moltissime volte ad arte non vengono i casi de- nunziati per non aggiungere al danno patito anche quelli prov- vedenti dalla fatta denunzia, si comprenderà facilmente che an- che presso di noi il carbonchio è malattia frequentissima domi- — 198 — nando su vasta scala in ogni singola regione. E che sia oltre a ciò grave eziandio lo si desume facilmente prendendo in consi- derazione l'alta percentuale di mortalità, che nei casi ordinari è del 70 all'80 o/0 ; di 3 sopra 4 (Roche , Lubin , Garreau, Bol- linger) e nelle forme apoplettiche va fino al 100 °/o (Friedberger et Fròhner) ! Da quanto son venuto esponendo risulta chiaro che questa infezione occupa un primo posto per importanza nel quadro della patologia veterinaria , nonché dal punto di vista della pubblica economia per le grandi perdite di bestiame e per i molteplici modi coi quali gli animali possono contrarla. Infatti è noto che anche prima della morte dell' animale già buona parte dei prodotti di secrezione ed escrezione è virulenta; che una quantità di sangue vien fuori dalle aperture naturali; che possono tali materiali per- venire sul suolo e su una quantità di oggetti rendendoli ugual- mente virulenti; che un animale infine morto per carbonchio, sia che lo s'interri, che lo si riduca in pezzi, o che se ne utilizzino le diverse parti, può farsi causa di diffusione della malattia. E questa può a sua volta essere disseminata coli' emigrazione delle mandrie infette, col trasporto, o trasloco degli ammalati, de' ca- daveri, degli avvanzi cadaverici; per mezzo delle feci, de' foraggi, o di animali, che avendo ingerito sostanza carbonchiosa, possono emettere i germi con gli escrementi imbrattandone erbe, acqua ecc.; o con lane, pelli già imbrattate, o con le acque di lavaggio, o con gl'ingrassi artificiali; o con un interramento mal fatto, poco profondo, in luoghi non interdetti agli animali, o con le inala- zioni di polveri, che possono essere in tanti modi smosse ecc. ecc.; non mancano quindi , come ben si vede , ragioni a spiegarci la frequenza e la persistenza della malattia, e come tutti i suddetti medii costituiscano un pericolo permanente per altre infezioni. Ma il danno non si arresta qui. L' uomo contrae il carbon- chio per i numerosissimi rapporti che esso ha con gli animali; e gli trasmettono la malattia non solamente quelli , tra gli ani- mali, che gli sono più a contatto, o quelli che più facilmente u- tilizza , ma anche qualunque altro che ne sia affetto (Chaussier, Thomassin) ; od anche un altro uomo (Raimbert, Weydig, Orth. Frànkel, Tacobi ecc.). Ma la pustola maligna si riscontra con frequenza non solo tra conciapelli , tannizzatori (e qui si noti come neanche il tan- naggio basti a distruggere il virus carbonchioso), sellai, calzolai, pellicciai, cardatori di lana, lavoratori di crini, di carta ecc. ma tra i commercianti di simili generi e perfino tra quelli che ne — 199 — indossano le pelli (Fournier, Trousseau, Wirchow, Holb, Borstier- ber, Broca, Bollinger ecc.) e quindi mercè una inoculazione di- retta ; la malattia si riscontra anche tra i consumatori di carni carbonchiose, se non sono ben cotte, fatto comprovato non solo par via sperimentale, ma anche clinicamente, mercè osservazioni antiche (Paulet, Barberet, Bertin , Worlock , Chrisholm , Euaux, Chaussier, Fauvet , Heusinger , Spinola, Roell , Adam, Lsssona, Hering ecc.) e per quelle ancora più recenti (Falck, Rivolta, Per- roncito, Schmidt-Muhlheim, Hamburger, Bull, Waldeyer, Mundi, Albrecht ecc. ecc.); e possiamo infine costatarla, sebbene più ra- ramente-, sotto forma di infezione o localizzazione pulmonale o da inalazione, la cosiddetta Handerhkrarikeit, o la woolsorters' di- sease (Schlemmes, Klob, Helsch, Frisch, Eulemberg, Poincaré, Du- chesne et Miquel, Le Eoi des Barres, Bell, Spear, Greenfield etc.) . In favore della possibile diffusione del carbonchio all'uomo e della sua frequenza,parlano, e con maggiore eloquenza, le statistiche- Infatti dalla Direzione di Sanità si san venuti raccogliendo in questi ultimi anni tutti i casi di pustola maligna verificatisi nel Regno , per i quali è obbligatoria la denuncia. Si sono avuti negli anni 1890 1891 1892 1893 1894 1895 (sei mesi) 2027 2241 2077 2461 2400 727 casi di pu- stola maligna. Questi come si vede, non sono certamente scarsi, e che non siano l'espressione dello stato vero, reale, ma inferiori al vero, lo si deduce dal fatto che sopra 8258 comuni ve ne sono stati 2000 circa, che non si sono punto curati di spedire rego- larmente il loro Bollettino sanitario, e quindi tutto induce a du- bitare, e con ragione, che ben altri casi si siano verificati e non denunciati per semplice indolenza delle autorità amministrative. Tutti gli accennati casi di pustola maligna vengono così ri- partiti durante l'anno. 200 ^srisr I 1893 1894 MESI 1890 1991 1892 Gennaio 81 *) 115 133 124 Febbraio 57 110 101 86 Marzo . 63 85 58 87 Aprile . 51 72 96 77 Maggio . 79 109 88 78 Giugno . 133 123 143 110 Luglio . 284 263 287 228 Agosto . 346 339 389 456 Settembre 375 404 406 497 Ottobre . 249 196 361 320 Novembre 153 133 261 198 Dicembre , 156 128 138 139 2027 2241 2077 2461 2400 La maggiore frequenza in determinate epoche è in ragion diretta di alcuni fattori esterni, che sono in perfetta corrispon- denza di quanto sappiamo intorno alla biologia dell'elemento pa- togeno. Non meno utili insegnamenti possiamo trarre dal modo come si presenta la malattia nelle varie località; i diversi casi sono così distribuiti geograficamente. ') Mancano le relative notizie. — 201 — 1890 ÌLN1TI REGIONI 1891 1892 1993 1994 Piemonte .... 19 41 42 28 18 Liguria . 8 10 11 6 13 Lombardia . 24 16 28 17 14 Veneto . . 4 7 14 16 14 Emilia . . 11 8 9 7 5 Toscana . 17 28 17 24 13 Marche . 19 16 16 30 27 Umbria . . 47 143 200 208 211 Lazio . . . 169 212 232 311 263 Abruzzi e Mo ise 246 219 100 91 89 Campania . 199 215 215 313 294 Puglie . . 267 389 268 277 231 Basilicata . 150 194 194 252 262 Calabrie . . 593 517 448 288 472 Sicilia 198 170 182 322 228 Sardegna . 56 46 103 271 246 2027 2241 2077 2461 2400 Esiste come si vede un rapporto inverso tra le provinole più o meno ricche di bestiame e la percentuale della diffusione della malattia; tra le provinole, che hanno un servizio sanitario meglio organizzato e quelle che ne sono sfornite o quasi e non sarebbe priva d' interesse una statistica che possa dimostrare in quale rap- porto stanno i casi denunciati nelle diverse località colle misure di disinfezione ivi adoperate e la pratica seguita. Riguardo alle malattie infettive dell' uomo , per le quali pur qualche cosa si è fatto, per quel che concerne la disinfezione, non manca un così buon elemento di prova a dimostrare l' importanza di un tal fat- tore; risulta infatti che la febbre tifoidea da 59651 casi è scesa nel 1894 a 37260 casi ; così per la difterite da 41912 casi si è arrivati a 23896 casi , e per la febbre puerperale da 9046 casi a 3094. — 202 — Pel carbonchio, invece e conseguentemente per la pustola ma- ligna, il numero dei casi denunciati si mantiene quasi stazionario e non v' è chi non veda quale ne sia la cagione ; ma su di ciò ritornerò fra non molto. Il carbonchio adunque è d' una gravità eccezionale a causa della mortalità che produce nell' uomo e negli animali, delle nu- merose vie di diffusione, della sua persistenza e per la impossi- bilità di poterne utilizzare i cadaveri per uso alimentare od in- dustriale, e ben giustamente fu detto dallo Chauveau , che qua- lunque animale affetto da tale malattia, dalla sua morte naturale fino ai momento della trasformazione ultima de' suoi avanzi per l' industria, costituisce un permanente pericolo ! Tuttavia sebbene le conoscenze che si posseggono intorno a tale malattia siano così vaste che potrebbesi credere cha nulla più resti a fare a completarla, pure non mancano nuovi fatti, nuove esperienze, ed anche delle opportunità che ci fanno rilevare sampre delle lacune, che, nell' interesse dell' igiene, dell' agricoltura e della polizia sanitaria, è bene colmare. In fatti, come ho fatto innanzi rilevare, il carbonchio, a differenza delle altre malattie infettive } non accenna in nessun modo a diminuire ; ciò in realtà è poco lusinghiero e dimostra che, se dalla scoperta di Davaine la pato- logia ha ricavati moltissimi vantaggi, non saprei dire quanti ne ha tratti finora 1' igiene ! e se lo scopo precipuo di questa branca di studio è appunto quello di aver esatta conoscenza delle cause di una data malattia e di prevenirle, ed una volta che la teoria parassitaria ha risoluto il gran problema dell' etiologia del carbon- chio, è chiaro che ora più che all' etiologia, è necessario rivolgere lo studio al modo migliore di far cessare una causa di danni così rilevanti e di opporvisi con tutti i mezzi. In questo caso, anziché all' arte del guarire è molto meglio volgere gli occhi più lontano e prevenire. Invero la terapeutica è spessissimo, anzi quasi sem- pre, impotente nelle malattie infettive e parlare oggidì di cura medica delle affezioni carbonchiose è un fuor d' opera. Infatti la virulenza delle manifestazioni della malattia, la ra- pidità del corso, le alterazioni profonde che suscita nell' organi- smo, 1' esito quasi sempre letale, spiegano pur troppo gl'insuccessi ottenuti, e tutti gli autori sono d' accordo in ciò « che la terapia e è di ben poca, se non di nessuna utilità contro il carbonchio » (Brusasco — conferenza del maggio 1890); « che la cura può valer « poco contro il carbonchio » (Levi — Lezioni di patologia), « che « il trattamento terapeutico del carbonchio non ha importanza, e « T arte nostra il più delle volte è impotente a combattere questa - 203 - « malattia » ; (Oreste — Morbi infettivi 1893); « che il tratta - « mento terapeutico del carbonchio non ha alcun valore; ancora « oggi siamo impotenti contro questa affezione » (Maragliano — Trat- tato italiano di Patologia e Terapia Medica 1895); « che la profi- lassi medica non ha nessuna efficacia, e che il trattamento profi- lattico è il più importante » (Friedberger et Fròhner — Lehrbuch der pathologie etc. 1892). Per lo contrario la medicina preventiva ha largamente par- tecipato al movimento generale progressivo che caratterizza il se- colo nostro, ed, abbandonando il campo delle ipotesi, s'è appog- giata sopra un terreno più duro e più solido qual' è quello delle deduzioni sperimentali , le quali han dato i mezzi a combattere molte malattie od a prevenirne 1' azione. Oggidì in tutte le malattie infettive la vittoria sta nel pre- venire ed il mezzo migliore è quello di distruggere , ovunque si trovano, gli elementi patogeni; ed è fuori dubbio che in fatto di carbonchio una buona profilassi vale più che la migliore tera- peutica !... § 2. Misure profilattiche. La profilassi delle malattie contagiose in genere è una delle quistioni più interessanti della medicina contemporanea ; ora il fatto essenziale, e che costituisce il punto di partenza d'una buona profilassi, è la conoscenza intima delle cause, ed è appunto da ciò ehe noi abbiamo potuto ottenere da alcuni anni in qua notevoli rjrogressi nel campo dell' igiene profilattica. Vent' anni or sono l'igiene poggiava tutta sopra le conoscenze che si avevano di fisica, di chimica, di storia naturale; più tardi si sono aggiunti i dati forniti dalla fisiologia; oggi quelli della batteriologia hanno rischiarato tutto di nuova luce: il concetto della natura parassi- taria adunque ha ristretto in conseguenza il quadro della loro etio- logia, 1' ha dirò cosi specializzata, ed anche la loro profilassi ha dovuto tener dietro alle nuove conoscenze, ed essere perciò circo- scritta in un terreno ben limitato — La generalità dei medici è stata costretta a seguire la nuova via indicata, ha imparato a co- noscere i nuovi nemici, i veri agenti nocivi prima, e poscia si è data a tutt' uomo a combatterli ; uno de' risultati infatti dovuti alle recenti scoperte batteriologiche è stata la caccia ai microbii, e la ricerca di mezzi efficaci a combatterli per impedire la diffu- sione delle malattie contagiose. In questa febbre di ricerche , che ha invaso tutto il mondo scientifico , non tutti si son messi — 204 — per la stessa via a conseguire uno stesso scopo , ed oggidì duo metodi generali abbiamo in nostro potere per agire contro simili malattie, o modificare il mezzo organico, agendo sopra l'organismo, ovvero distruggere gli stessi microorganismi: e la profilassi del carboncino si compendia tutta in questi due metodi di lotta, ora rendiamo gli organismi capaci di affrontarla ed uscirne immuni, mercè vaccinazioni anticarbonchiose, ora, più previggenti, distrug- giamo in massa i futuri nemici. Dei due metodi qual' è da preferirsi? « Ogni anno » esclama il Celli (Celli. — Per la difesa delle ma- lattie infettive 1890), « migliaia, e migliaia di animali muoiono, « ed altri si ammalano producendo un gran danno alla ricchezza « nazionale, del quale difficilmente si può calcolare 1' entità ; ma « a questo non si pensa e pel carbonchio invece si vuole imporre « la vaccinazione anticarbonchiosa, sulla quale esiste una grande « disparità di vedute , è costosa e talvolta pericolosa ; il mezzo « più efficace per debellarlo (ed in ciò è perfettamente d'accordo con tante commissioni scientifiche) e è da ricercarsi fra 1' altro, « nel fare eseguire specialmente la pratica della disinfezione dei « luoghi di ricovero di branchi infetti, e la pronta distruzione « de' cadaveri ». Il Galtier parlando degli inconvenienti consecutivi alla vac- cinazione carbonchiosa scrive: « Tuttavia non bisogna dissimularsi « che la vaccinazione fa correre certi pericoli agli animali che « la ricevono, e che non si arriverà giammai a scongiurarli com- t pletamente, poiché essi son dovuti non solamente alla qualità « de' vaccini, ma ancora alla suscettibilità degli individui, delle « razze, delle specie ecc. Gli accidenti constatati, e che sono sempre a temersi, devono « essere conosciuti da tutti i veterinari perchè non promettano « sempre risultati felici a chi li invita ad eseguire le vacci- « nazioni » Chauveau scrive « Ora dalle inoculazioni preventive carbon- « chiose è risultato che questo virus non ha un' attività uniforme, « una benignità assoluta: infatti negli stessi individui meglio pre- « parati e più sicuri siamo sempre esposti ad andare incontro ad « alcuni insuccessi mortali talora sparsi in modo bizzarro » e più oltre « Insomma sappiamo bene oggidi che le inoculazioni anti- « carbonchiose non possono rendersi assolutamente inoffensive, se « non a condizione di spingere 1' attenuazione del virus ad un « tal punto da rendere incertissimo e molto precario l'effetto pre- « servativo » — 205 — Il Boschetti scrive < In ogni caso vuoisi pertanto lealmente « riconoscere che possiamo avere insuccessi ; il negarli equivar- « rebbe a danneggiare il principio stesso delle vaccinazioni. > Il prof. Kitt, nel capitolo Milzbrand, scrive: « visto che que- « st' immunità è insufficiente e di breve durata, che le vaccina- « zioni vanno ripetute ogni anno negli stessi animali e che l' im- « munita costa grandi sacrifizi e dà luogo a pericoli per gii stessi < animali, la vaccinazione Pasteuriana non può essere riconosciuta « come utilizzabile praticamente anche se in casi speciali ed ee- « cezionali essa debba essere proposta come ultimo rimedio » ; e più oltre ancora : < Io sono anche persuaso che in quei paesi, « nei quali si levano a cielo le vaccinazioni, avrà luogo una re- « sipiscenza quando sarà palese che le altre misure di polizia sa- « nitaria agiscono molto più sicuramente; ciò che non può dirsi « delle vaccinazioni » Queste opinioni che in sostanza non sono che le idee pro- fessate a tal riguardo dal Koch, dal Loeffler, hanno avuto per se- guaci moltissimi altri (Ellemberger, Saake , Bassi , Cari Muller, Franck, ecc. E se a queste dichiarazioni così esplicite e così re- centi, si aggiungono tutti i documenti e le conclusioni di tante discussioni accademiche , cui ha dato luogo questo metodo spe- ciale di profilassi pel carbonchio (Pasteur . Chamberland , Koch, Loeffler, Chauveau, Lydting, Metschnikoff, Arazy, Spilmann ecc.) se ne avrà tanto da poter dettare un volume critico sulle vaccina- zioni, e da ritenere che attualmente non si può formolare un' opi- nione definitiva sul valore pratico di esse e che sono necessarie nuove esperienze comparative. Le vaccinazioni, così come si pra- ticano, non sono la espressione di una vera profilassi, perchè non distruggono la infezione carbonchiosa. Molto più ci dobbiamo aspettare dall'altro metodo di lotta, quello, cioè, di agire direttamente contro la vera causa della ma- lattia. Ed a riuscire efficacemente in quest' intento due metodi abbiamo a nostra disposizione; 1' isolamento preso nel senso più largo e la disinfezione. Ma le sorgenti del contagio, e le sue vie di diffusione sono numerose, e non si riducono al solo individuo, né ci è sempre possibile poterle riconoscere, e così ci spieghiamo perchè l' isolamento non possa essere a ragione l'arma preferita da' medici e dagli amministratori e la lotta contro le malattie infettive con questo metodo non ha trovato ancora in pratica la sua forinola definitiva; egli è perciò che non resta che ricorrere all' altro mezzo della disinfezione. — 206 — Senza disinfezione l' isolamento non basta; si faccia questo per settimane, ma una volta terminato si finirà coll'ammettere di non aver nulla prevenuto : la disinfezione sola per contro può ren dere perfino inutile l' isolamento e dare maggiore garentia, mas- sime quando la vien fatta rigorosamente da persone tecniche ed in base a dati scientifici sicuri. E indubitato che nello stato attuale della scienza le disinfe- zioni meritano la confidenza maggiore tra le misure profilattiche come quelle che combattono la cagione prima dei morbi da in- infezione e colpiscono direttamente i germi patogeni nell' am- biente esterno — La disinfezione, come un mezzo più diretto, si mostra oggidì maggiormente efficace e rappresenta nella lotta contro le malattie contagiose un progresso che non si arresterà; il problema della disinfezione quindi è di così alta e vitale im- portanza che merita di essere studiato attentamente e diligente- mente controllato . e ciò principalmente per quello che concerne la tecnica, la pratica della disinfezione, la quale è ben lungi dal- l' esser perfetta. Ed è degno di nota il fatto che nei paesi ove la libertà individuale è particolarmente rispettata e circondata da garenzie, non si è esitato a promulgare misure rigorose, rese ob- bligatorie con sanzioni penali, allo scopo di distruggere i focolai infettivi. Gli stati Uniti, l'Inghilterra, la Scozia, l'Olanda , sono sotto questo rapporto molto innanzi a noi: del resto se non si vuol raccogliere carbonchio non bisogna seminarlo e non si semina quando si disinfetta bene e presto. § 3. Inefficacia della disinfezione attuale. e I mille e più morti che ogni anno da noi abbiamo per pu- « stola maligna significano non solo che havvi carbonchio da « combattere, ma che esso nel bestiame fa delle grandi stragi per « mancanza della necessaria sorveglianza » così scrive il Ruata (Ruata — Osservazioni sul significato delle malattie infettive), e ciò deve intendersi per mancanza di efficace disinfezione. E che sia proprio così lo si può provare molto facilmente gettando uno sguardo al modo come attualmente si crede ovviare ad una pos- sibile diffusione del carbonchio, o, meglio, come si procede alla distruzione ed alla disinfezione in genere, sia si tratti di cadaveri o di avvanzi cadaverici, sia dei luoghi di ricovero. Gli animali affetti da carbonchio molte volte passano inos- servati e nelle campagne, nei piccoli comuni rurali e forse anche nei grandi centri vengono preparati per la macellazione, malgra- — 207 — do le disposizioni vigenti di polizia sanitaria (Legge sulla tutela dell' Igiene e della Sanità , articolo 55, Legge; Cap. IX, e XIII Regolamento). Altre volte dinanzi ad un danno ingente pel proprietario sono venduti o macellati appena si sono manifestati i primi sinto- mi certi della malattia ; in questi casi tutto si risolve con profitto degli interessati, poiché di rado succedono fatti di trasmissione; le carni son vendute a prezzi ordinari e le pelli conciate per gli usi industriali (Perroncito). Non abbiamo statistiche sulla diffusione della malattia quando animali carbonchiosi o sospetti tali ven- gono macellati ed utilizzati prima della loro morte naturale; ma ciò non toglie che anche in questi casi non si possono avere condizioni favorevoli alla propagazione della malattia. Se invece gli animali ammalati muoiono naturalmente allora, le cose vanno ben diversamente. E prima di ogni altro è noto che pochi mo- menti prima della morte dell'animale o immediatamente dopo si è usi di preparare le carni ammettendo una macellazione di necessità, e, prima che il sanitario intervenga, essi sono dissanguati, scuoiati; le pelli imbrattate di sangue o di altro materiale infetto , come se nulla fosse, vengono attaccate al muro della casa o tra le piante e distese pel completo disseccamento, e quindi sono nelle condizioni più favorevoli a renderle più lungamente infette; il sangue viene sparso ed imbratta gli oggetti circostanti e quivi si dissecca ; le feci sono disseminate in sul prato o sul letamaio ; e poiché gli allevatori o i proprietari intelligenti, che sanno i possibili pericoli di simili operazioni e le vietano a costo di perdere un malinteso guadagno, sono sventuratamente ben pochi , si comprende facil- mente che nella pratica giornaliera quasi mai il veterinario si troverà innanzi ad un animale morto che non abbia subito in antecedenza la suddetta preparazione e che sempre, sia che si vendano , sia che se ne proibisca 1' uso , si riscontrano tutte le condizioni per lo sviluppo della malattia. Ora prescindendo dal fatto che alcune volte nei piccoli paeselli rurali gli animali morti si abbandonano addirittura all' aperta campagna, in tutti gli altri casi la distruzione del materiale infettivo può, a seconda delle di- verse località, aversi in vari modi. Un mezzo più antico, più comune è 1' infossamento che, co- munque lo si consideri, non offre nessuna garenzia dal punto di vista sanitario, perchè tale pratica non è sempre, come dovrebbe essere, sorvegliata; spesso non si ha terreno adatto disponibile e qualche volta mancano perfino i mezzi materiali o pecuniari i ad eseguirla ; i cadaveri infossati possono facilmente essere trafugati — 208 — 0 per ignoranza, o per miseria, e da ultimo perchè il luogo a ciò destinato, è sempre pericoloso pel bestiame che si tiene nel podere e costituisce un danno permanente per l'agricoltura, un fomite continuo d' infezione , le cui conseguenze non sempre si possono valutare. (Lanzillotti-Buonsanti. — La distrazione delle carni in- fette ecc. Clinica Veterinaria 1893). È stato specialmente a pro- posito del carbonchio che si è raccolto un ricco materiale scien- tifico e di osservazioni cliniche , con cui si sono dimostrati i pericoli continui dell' infezione delle fosse (Bollinger , Fambach. Haubner, Gerlach, Heusinger, Renault et Reynal, Oemler e Leon- hardt, Nicolai, Koch, Pasteur, Roux , Chamberland, Feltz , Ròll, Schrakamp, Feser, Colin , Esmarch , Kitasato , Jura, Chelchow- sky ecc.) Un altro mezzo di distruzione del materiale carbonchioso è la cosiddetta sardigna, il clos d' equarrissage , che oggidì , come essa funziona in quei pochi centri che l'hanno, deve ritenersi co- me uno stabilimento insalubre, perchè manca di requisiti ne- cessari nella costruzione e nel funzionamento ; per 1' inevita- bile accumulo e deposito di carne e cadaveri a causa della lentezza delle operazioni di trattamento : e pericoloso poi perchè buona parte del materiale trasportato può essere clandestinamente ven- duto, perchè manca ogni pratica di disinfezione , che tornerebbe perfettamente inutile, anche quando la si volesse fare per la na- tura stessa dei locali , per la quantità d' insetti che richiamano, per il grave inconveniente della lavorazione dei concimi e per la mancanza infine dell' immediata e continua sorveglianza dell'au- torità sanitaria. In altri tempi ed in mancanza di meglio, la sar- digna fu considerata come necessaria a tutela della pubblica sa- lute ed a vantaggio della polizia sanitaria ; oggi non risponde più all'esigenza dell'igiene moderna e quindi dovrebbe essere modifi- cata (Schmidt-Muhlheim, Nocard, Lanzillotti Buonsanti ecc.). Un terzo mezzo di distruzione è la cremazione ; sulla sua efficacia non si discute, ma è discutibile la sua applicazione pra- tica e la sua convenienza sotto il rapporto economico, perchè è indispensabile un forno crematorio speciale con costruzione adatta ad ottenere un sufficiente incenerimento. In servizio della polizia sanitaria si è da poco tempo cercato di utilizzare la già nota azione degli acidi minerali sulle sostanze animali. È fuori dubbio che gli acidi e quello solforico in parti- colare, distruggono qualsiasi elemento infettivo e si ha sotto questo rapporto una perfetta garenzia sanitaria; ma un tal metodo nella sua esecuzione pratica riesce nocivo e costituisce un fomite d' in- — 209 — salubrità non solo par tutti quelli che vi sono addetti, ma anche per i vicini ; così ci spieghiamo perchè esso non è messo in pra- tica nei pubblici macelli ed è cessato anche in Francia 1' entu- siasmo di una volta : ne presenta una convenienza dal lato eco- nomico, perchè oggi possiamo ottenere molto più e meglio con altri processi, come con l'apparecchio sterilizzatore (Boucherie, Darreau, Girard, Bouley, De la Croix ecc.). Anche il metodo pro- posto dal Bouley della distruzione de' cadaveri carbonchiosi mercè iniezioni intravenose di acido solforico diluito non ha avuto se- guito, perchè il manuale operatorio richiedeva perizia e destrezza, cose che difficilmente si possono trovare nelle condizioni ordi- narie. E come se tutto non bastasse, al pericolo continuo di diffu- sione, malgrado i diversi mezzi di distruzione passati in rassegna, bisogna aggiungere quelli provvedenti ed inerenti al trasporto degli animali , o dei cadaveri , quando alcuni tra essi ammalati hanno vagato in un pascolo spargendo ovunque urina , sangue, feci, quando un cadavere è trascinato dalla stalla per la sezione o vien trasportato sul luogo d' interramento. E che dovrò dire poi dei luoghi di ricovero, di sosta degli animali dichiarati o sospetti carbonchiosi ? Non si può mettere più in dubbio che la persistenza della malattia in tante località è il risultato del pochissimo interesse che si ha nel disinfettare; e la pratica veterinaria pur troppo offre un ricco materiale di os- servazioni. Nella maggioranza de' casi è un po' di lavaggio con acqua fresca o bollente , sufficiente tutto al più ad una polizia grossolana, un po' di luce e di ventilazione, quando lo si può, e tutto il resto si affida alla provvida natura. Altre volte, massime quando vi ha forma epizootica della malattia, si va più oltre ; si fanno delle lavande con liscivia di cenere bollente ; in pochissi- mi casi si mettono in opera mezzi più idonei o si ricorre a qual- che soluzione chimica, poca importa quale essa sia, a qual titolo e come la si adoperi. E quando ad un povero colono manca perfino il mezzo di sbarazzarsi dell' animale morto e lo abbandona nel- T aperta campagna come si fa a pretendere anche la necessaria disinfezione ? Una disinfezione rigorosa della paglia, della lettie- ra, delle feci, dei foraggi, degli attrezzi, del posto occupato dal- l' animale, di tutto insomma che ha potuto essere imbrattato di materiali virulenti, non la si comprende così facilmente, ed oggidì in moltissime località rappresenta un pio desiderio. Ciò che as- serisco è T espressione di quanto si verifica nella pratica giorna- liera nelle grandi e nelle piccole aziende agricole. Mi son rivolto 14 — 210 — infatti agli Uffici d' Igiene delle principali Provincie del Regno per sapere quali erano le norme che si seguivano nella disinfe- zione dei luoghi infetti da carbonchio, e quali erano i mezzi di- sinfettanti usati. Mi è risultato che in quasi tutti i nostri grandi centri, pochi eccettuati (Torino, Firenze. Napoli) non ancora esiste un buon servizio di disinfezione in generale e tanto meno pel car- bonchio in ispecie, e quindi, mancando questa di un indirizzo e di norme precise, non ha dato, ne poteva dare quei risultati che si vole- vano conseguire. E se queste sono le condizioni che si riscontrano nelle grandi città in fatto d'igiene profilattica, non si può pretendere che nel resto d' Italia vi sia qualche cosa di diverso. Le iniziative fortunate di pochi proprietarii intelligenti sono fatti isolati che dimostrano la necessità di un impulso, di una forza motrice che dovrebbe venire dall'alto: nessuno infatti quanto lo Stato, le pub- bliche amministrazioni avrebbero interesse a veder diminuite le cause di mortalità nel bestiame e migliorate le risorse dell'agri- coltura. Pur troppo la legge sanitaria ed i suoi regolamenti in rap- porto alla Veterinaria sono ancora lettera morta, ed, a rilevarne i danni che ne vengono, basta osservare che l' Inghilterra fin dal 1879 chiuse i suoi mercati al nostro bestiame, perchè non potevamo darle sufficienti garenzie sanitarie; che la Francia ha da qualche tempo sbarrate le sue frontiere, e che il nostro commercio di espor- tazione è scemato di molto, da un' esportazione di 109 mila capi nel 1883 si è arrivati a soli 15 mila nel 1891. È inutile illudersi; finche nel nostro paese non sarà applicata una legge sulle epi- zoozie, non sarà mai possibile pretendere una vera profilassi contro le malattie infettive e norme precise, a base rigorosamente spe- rimentali , nelle disinfezioni , che sono parte così integrante di quella. § 4. Requisiti di una buona disinfezione. Fin dall' epoca in cui le cause delle diverse infezioni erano sconosciute si tentarono le disinfezioni; essendo però esse guidate non da concetti scientifici, ma dal puro empirismo riuscivano inef- ficaci e molte volte anche dannose, ed i processi di disinfezione adottati, a loro volta, han variato sempre a seconda quelle idee dominanti. Così nel Medio Evo si reputavano cause gli avveleua- menti delle acque potabili, e sappiamo bene quale giustizia som- maria T esasperazione popolare faceva de' presunti autori; più tardi si volle incolpare 1' atmosfera e furono in voga i grandi fuochi — 211 — per la purificazione di essa ; poscia si giudicò dalle impressioni dell' odorato e le inalazioni di gas fetidi si credettero la infezione, e quindi la disinfezione significava la deodorazione, e deodoranti si dissero gli oggetti messi in atto ad ottenerla; inutile è far la storia delle disinfezioni di tali epoche; non resta quindi che discutere quello che negli ultimi anni si è venuto facendo con un progresso continuo e sempre parallelo a quello fatto dall' etiologia. Oggidì il concetto dell'infezione è intimamente collegato ai germi organizzati, e la disinfezione è il mezzo diretto a combat- terli; la distinzione quindi tra disodoramento e disinfezione ebbe principio fin da quando si cominciò a combatterli isolatamente e direttamente, e quel momento segna l'epoca veramente scientifica per le disinfezioni. La dimostrazione necessaria dell'avvenuta di- sinfezione è data oggidì solamente dalla morte effettiva di quei tali germi, e per applicarla con vantaggio bisogna non solo co- noscerli intimamente, ma richiedere che essa sia diretta e si adatti solamente contro di essi; una diminuzione nella virulenza, e nella rapidità degli effetti non è sufficiente e non è il disinfettare; ed ecco che la prima condizione che bisogna cercare in una vera disinfezione del virus carbonchioso è la sua distruzione completa. Oltre a ciò nelle ricerche sulle disinfezioni la migliore via è di mettersi nelle condizioni naturali o di avvicinar visi il più che sia possibile. Tutte le ricerche di disinfezioni dirette in questo senso sono da preferirsi a quelle fatte sopra culture pure o al cosiddetto metodo de' fili di seta, poiché i risultati sperimentali possono va- riare moltissimo ed essere quindi alterati, ed una prova l'abbiamo nel fatto che le differenze circa il valore disinfettante dì una data sostanza sono molte e tutt' altro che trascurabili a seconda dei diversi osservatori ! lo ho sempre ritenuto, dice il Wernich, che il vero scopo della profilassi è la disinfezione specifica, cioè una disinfezione che deve variare secondo le speciali proprietà biolo- giche dei singoli microbii patogeni. La conoscenza di queste pro- prietà è della massima importanza nella disinfezione. Nella disinfezione adunque applicata al carbonchio bisogna indicare i mezzi più positivi ed energici per distruggere in modo sicuro questo singolo virus patogeno nel suo stato duraturo più temibile; in questo senso appunto sono state istituite le numerose esperienze di Koch e dei suoi seguaci. Ammesso che la disinfe- zione debb' essere efficace nel vero senso della parola, si compren- derà che nella pratica non è cosa facile poter adempiere a tale indicazione, poiché gli animali con malattie contagiose non met- tono fuori isolatamente i loro germi in modo da poterli colpire — 212 — direttamente, ma questi si trovano incorporati nelle diverse sostan- ze, secrezioni, escrezioni, disseminati nel pulviscolo, nelle acque, so- pra gli oggetti solidi, sulle mura, nella terra ecc.: sicché nelle condi- zioni naturali la disinfezione dev' essere diretta non contro i mi- croorganismi isolati e puri, ma contro le sostanze virulenti, i co- sidetti veicoli, e per i quali potremo ammettere come assioma che la loro disinfezione importa anche la distruzione dello elemento specifico in essi contenuto. Per conseguenza la disinfezione nei casi di carbonchio ri- chiede la conoscenza di tutti quei medii che possono trasmettere la malattia da una parte e dall' altra la necessità di agire sopra tutti; enumerarli qui è un fuor d' opera, che possono essere molti e svariati; dirò solamente che in ogni singola malattia infettiva la disinfezione potrà essere generale o limitata a seconda del nu- mero di codesti veicoli. E così la disinfezione sarà diversa a se- conda che si tratti di animali ammalati, sospetti, morti, avvanzi, luoghi abitati con tutto ciò che vi si contiene, siano essi ingom- bri, da sgombrarsi o già sgombrati, di tutto ciò che fino a quel momento ha circondato 1' ammalato, delle sue escrezioni ecc. L' aver accennato ai più importanti requisiti per aversi la disinfezione, come oggidì la s'intende, non significa aver risoluto il problema, perchè la buona riuscita il più delle volte non sta nel sapere bene ciò che si ha a fare, ma piuttosto nel saperlo far bene e la pratica di una disinfezione qualunque ha, se non una maggiore; una eguale importanza della conoscenza pura e sem- plice di essa. Mi rimane perciò ad accennare i punti di vista pu- ramente pratici , sui quali si possa fondare un procedimento di disinfezione e di precisarlo nettamente. La difficoltà speciale di questo compito risiede in parte nelle diverse esigenze della disinfezione, ma per un altro verso dipende dal fatto che il pericolo della trasmissibilità della malattia è molto svariato, e, solamente dopo di aver esaminate queste diverse con- dizioni, potrò farlo; ma ciò non è tutto perchè nella pratica è di molta importanza la scelta del più iDOsitivo disinfettante , la fa- ciltà e rapidità dell' esecuzione, nonché la convenienza economica e l' innocuità nell' applicazione. A complemento j)OÌ di tutte queste modalità che si richiedono per una buona e vera disinfezione, è utile ricordare che molte volte non si possono utilizzare le virtù energiche di alcuni mezzi di disinfezione, senza avere a propria disposizione apparecchi speciali bastanti alle esigenze effettive della teoria ed a quelle assodate con gli esperimenti. — 213 — Fintanto che nella grande maggioranza dei siti si è mancato di queste condizioni così indispensabili della moderna profilassi dei morbi infettivi, bisogna ritenere che, più che alla disinfezione reale, si è ricorsi ai soli mezzi ausiliarii e si è avuto come risul- tato la semplice pulizia o nettezza degli oggetti, ma non una di- sinfezione reale. § 5. Natura e caratteri dei materiali virulenti. La conoscenza intima della natura del virus di una determi- nata malattia infettiva costituisce il segreto di una buona disin- fezione; è della massima importanza sapere prima di qualsiasi tentativo di disinfezione, se, esso è più o meno generalizzato, se lo si può riscontrare in uno o più parenchimi, in prodotti di secre- zioni anormali o fisiologiche; in qual modo, per quale via e sotto qual forma può essere rigettato nel mondo esterno, e se in questo caso può penetrare ed infettare direttamente nuovi organismi; se perde il suo potere infettante, se. e per quanto tempo, può con- servare inalterate le sue proprietà e sotto quali condizioni dell'am- biente può servire ulteriormente a nuove trasmissioni. Le diverse sostanze virulenti, tutti i diversi virus hanno una composizione complessa , contengono oltre al vero e solo agente patogeno, contro di cui dovrebbe agire la disinfezione, altri ele- menti di natura e composizione diversa, che possono influire fa- vorevolmente o non sull' esito della disinfezione stessa, in quanto che possono modificare la composizione chimica e Y azione del mezzo disinfettante adoperato. I risultati, più o meno diversi ot^ tenuti dagli sperimentatori, dipendono in gran parte dalle diverse condizioni di tutti questi veicoli. Le esperienze di Geppert dimostrano come vi sia una diffe- renza tra il fare agire direttamente un disinfettante sui fattori dell' infezione isolati ed il trattarli coi loro sostegni , o coinvolti in un mezzo mucoso , albuminoso capace di formare uno strato protettore; che altra cosa è la sospensione dello sviluppo de' bat- teri e la dis infezione vera, donde la necessità della riprova negli animali. Un oggetto non è disinfettato che quando non infetta più; è sempre facile colpire un batterio, una spora; ma è invece ben diverso colpirli passando a traverso quello strato sotto il quale si trovano. Nella quistione adunque della disinfezione applicata al car- bonchio non bisogna perdere di mira questo concetto generale, e le considerazioni fatte devono servire di guida per le applicazioni - 214 - pratiche ; egli è necessario stabilire i punti più culminanti che caratterizzano l' intima natura del germe e le condizioni della sua vitalità e virulenza nei diversi veicoli nei quali si può natural- mente trovare; il farne qui un rapido cenno non è un fuor d'opera. E risaputo che un tale studio ha suscitato un gran numero di ricerche batteriologiche, tanto che alla sua storia è unita quella della batteriologia, ed alla conoscenza della biologia del virus car- bonchioso è connessa la soluzione di molte quistioni di patologia generale. Alla dottrina abbozzata dal Davaine del bacillo dell'antrace ed alla dimostrazione di Koch della sua sporificazione , alla co- noscenza di queste due forme, la vegetativa e la duratura è in- timamente legata tutta la pratica sperimentale per la disinfezione dei casi di carbonchio seguita fino ad oggi. Fino all'importantissima scoperta di Koch, la disinfezione del virus carbonchioso era diretta e limitata alla forma bacillare come la si trova nel sangue ; in questo caso i bacilli erano facilmente attaccabili da un gran nu- mero di rimedi e venivano uccisi con una rapidità notevole, mentre le spore carbonchiose oppongono una resistenza appena credibile a tutti i mezzi parassiticidi. Molti lavori ed importanti si sono pubblicati sopra questo argomento di vitale interesse per lo studio della disinfezione. Ed in fatti mentre il virus sotto forma bacil- lare si distrugge col calore limitato a 50° (Koch, Gaffky, Loeffler) o a 48° in una mezz' ora di contatto (Perroncito); o a 55°, a 58° in un' ora, o a 33° ed in aria umida in 45-50 giorni e nel vuoto in 60 giorni (Momont); o a 55° in 5 minuti e a 51° in 1/i d'ora (Davaine); quello sporificato invece è uno dei più resistenti, cle'più discussi. Infatti il calore a 100°, che è sufficiente per Bollinger a distruggerlo, non lo è per Davaine; 1' azione del calore umido lo distrugge in due minuti a 93° 95° 99° (Pasteur), in 15 minuti a 90° (Perroncito, Rivolta); quella del calore secco invece vi riesce in 3 ore a 140° (Koch, Gaffliy, Loeffler Wolffhùgel) ; in 10 minuti a 110°-112° (Pasteur, Perroncito); e dopo mezz'ora a 114°-115° (Lubimoff) mentre secondo il Massol sarebbero sufficienti 100° in 5 a 10 minuti. E viceversa un freddo a 0° (Colin); a-15°, a-20° (Perron- cito-Carità); a-lll° (Frisch) e a-130° e per 10 ore (Pictet e Yung) non è stato sufficiente a distruggerlo ed ha perciò conservato per- fettamente la sua virulenza. Altra differenza degna di nota, la riscontriamo nella diversa resistenza che presentano nell' acqua le suddette due forme di virus. Quello bacillare vi resiste poco; nell'acqua di pozzo, o di fontana, nelle condizioni naturali, perisce in 2 giorni (Kraus), in — 215 — 3 giorni (Hochstetter, Di Mattei e Stagnitta); non persiste al di là di alcuni giorni (Karlinski, Perroncito, Meade Bolton) ; muore dopo 15 giorni (Wolffhiigel e Riedel); ed alla temperatura di 16° a 35° vive da 16 a 131 giorni (Straus e Dubarry); nell'acqua di mare al contrario, a tre Km. dalla riva, scompare dopo 4-5 giorni (De Giaxa) ; dopo 30 a 33 giorni (Pinna) : quello sporificato poi può vivere lungo tempo; 131 giorni e più (Straus e Dubarry, Ca- deac e Malet), 2 anni e 5 mesi nell' acqua sterilizzata, in quella potabile fino a 17 mesi, nel materiale da fogna 15 mesi (Sirena), un anno (Naegeli, Koch) ecc. I caratteri forniti dall' essiccamento non sono meno impor- tanti per la pratica della disinfezione, e mentre i bacilli non sporigeni perdono la proprietà della virulenza in un tempo rela- tivamente breve; 30 ore (Koch).; 7 giorni, 10 mesi, e perfino 18 mesi (Perroncito) ; più di 60 giorni tra 16° a 20° secondo le re- centi ricerche di Momont; le spore carbonchiose disseccate hanno una tenacità di vita incomparabilmente superiore dei corrispon- denti bacilli. In fatti a parte le asserzioni molto induttive , per- chè non accompagnate da nessuna ricerca (Baumgartem Frànkel, Gùnther) e le espressioni sempre vaghe colle quali si esprimono, cultori e trattatisti (Fliigge, Loeffier, Macé, Straus, Rattone ecc.), la più importante notizia, unica del genere, fu data solo dal Koch, il quale asseriva che spore disseccate su fili dopo 4 anni, e con sua meraviglia, erano ancora vive e fortemente virulenti; poscia si sono avute altre osservazioni, quelle riferite da Ebert, di spore cioè, secche da ben otto anni, che non avevano perduto nulla della loro efficacia, quantunque fossero state esposte per mezz'ora all' azione di una temperatura di 120° a 128°; quelle di Pasteur che vanno fino a 20 anni e le ultime recenti del Di Mattei, del Kitt, le quali mentre dimostrano da una parte quali notevoli dif- ferenze corrono nel grado di vitalità de'bacilli e delle spore, met- tono in chiaro dall'altra che la disinfezione, quando non è diretta contro quelle forme resistenti, non può essere efficace. Anche la luce solare diffusa ha la sua azione, ed, a propo- sito di questa influenza, due punti sono oggidì bene stabiliti; la luce può ritardare o arrestare addirittura la vegetazione de' batteri o può anche distruggerli, e, senza tener conto di qualunque azione calorifica , sono i raggi bleu e violetti ai quali essa è dovuta ^Gaillard, Momont, Pansini, Santori). Così è stato osservato che i bacilli carbonchiosi , esposti al sole per un certo tempo, non erano più capaci di sviluppo (Do- wers e Blound) ; che i bacilli non sporificati vengono, esposti al — 216 — sole, distrutti più prestamente (Duclaux, Marshallward, Arnould); che essi possono perdere gran parte della loro virulenza, poiché gli animali inoculati non muoiono (Arloing); che le spore invece sospese nell'acqua pura, resistono per lungo tempo all'azione della luce solare (Straus); cosicché nella luce diretta e diffusa vi è anche un grande e facile mezzo di disinfezione, e giustamente l'igiene domanda ch'essa inoudi ampiamente e lungamente quei locali che han bisogno di essere purificati. E non solo la luce , ma anche l'aria ha la sua azione nociva sopra i bacilli carbonchiosi; e seb- bene il Pasteur ed il Perdrix fossero di opinione che il virus car- bonchioso, chiuso in tubi senz' aria, dovesse perire, pure si è os- servato che le spore son distrutte, sottoposte all'azione dell'aria è della tempertura a 70n, in tre giorni, mentre nelle identiche con- dizioni, ma nel vuoto, erano virulenti dopo 7 giorni (Straus e Du- barrj) e che il sangue carbonchioso, disseccato all'aria a 33°, resiste per 45 giorni, mentre nel vuoto vive per 50 giorni (Momont). Ma queste modificazioni sulla virulenza e nella tenacità cui vanno incontro le due forme del virus carbonchioso non sono le sole: dalle numerose e recenti osservazioni sperimentali risulta che il detto virus perde molte delle sue proprietà in presenza di altri microrganismi, quando si trovano a vivere nello stesso me- dio; il suo sviluppo può essere ritardato od anche impedito e le inoculazioni praticate in tali condizioni danno risultati negativi. L'antagonismo non è sempre così marcato , ma resta sempre il fatto ch'esso non è adatto per la lotta e forse così possiamo spie- garci perchè alcune volte con un abbondante materiale virulento, abbandonato a se stesso e nelle migliori condizioni di potersi sviluppare, si hanno limitati casi di contagione. E noto infatti, che il virus del colera (Kitasato). della pulmonite (Babes, Zagari), del mal rosso (Zagari), dell'erisipela (Pawlowski), alcuni piogeni, dei saprofiti, quelli della putrefazione ecc. ostacolano lo sviluppo del virus carbonchioso e lo modificano così da non produrre più la morte degli animali inoculati (Pasteur , Emmerich, Di Mattei, Garré, Paone, Sirotinin, Freudenreich, Bergonzini, Maxinowitsch e Gregoriew, Hueppe e Wood ecc.). La conoscenza dell'intervento di questi altri fattori nella lotta contro il carbonchio non deve disconoscersi, perchè nella pratica della disinfezione può influire sul modo di preparare il mezzo disinfettante, che può essere più o meno attivo a seconda della sua diminuita virulenza dipendente dalla quantità degli altri mi- crorganismi che si trovauo a fargli la concorrenza vitale. - 217 — Ma oltre a tutti questi caratteri biologici interessa conoscere ancora le diverse modalità e la forma colle quali il virus carbon- chioso è trasmesso e diffuso. Il principal mezzo di diffusione è notoriamente costituito dal sangue, e perciò la disinfezione deve essere diretta più particolarmente contro quella sostanza: ora nelle condizioni naturali e più per i suoi caratteri fisici, non si ha mai a disinfettare solo sangue, ma bensì gli oggetti che ne sono im- brattati, i quali, come ben si comprende , possono essere vari : mura, pavimenti, terra, oggetti di legno, paglia, foraggi, ecc. ecc. Questi veicoli sono i più comuni, e, di fronte alla disinfezione possono, per i loro caratteri chimici, reagire diversamente, mo- dificarne perfino i risultamenti. Tra tutti questi veicoli meritano speciali considerazioni: 1° la terra, che è considerata oggidì il ricettacolo dei germi del car- bonchio (Pasteur, Pettenkofer, Ivoch, Miquel, Maggiora, Frànkel) e più particolarmente quella dei primi strati ; si ritiene che è facile la formazione di spore massime nei suoli umidi (Soyka, Schrakamp); che possono facilitarne la diffusione i lombrici (Pa- steur), le lumache (Karlinski) o altri insetti (Davaine, Raimbert, Bollinger, Gerlach) ecc.; 2° le feci. E relativamente a queste, senza tener conto della possibile diffusione di molte malattie parassita- rie, non è chi non vede la temibilità e il pericolo del loro contatto in quei casi d'infezione che le rendono virulente , come avverasi pel carbonchio, e molto più quando si sa che nelle materie fecali, tanto ricche di materiali nutritivi, i bacilli possono conservare la loro vitalità e la loro virulenza. Ora nella pratica della disinfezione l'essenziale è che si ha a che fare non con germi puri isolati, ma con oggetti infetti; egli è perciò che tutte le esperienze di questa natura debbonsi prati- care in quelle stesse condizioni, in cui dovranno poi veramente e- seguirsi le operazioni pratiche. § 6. Pratica disinfettante e principali mezzi finora speri- mentati. Ho già detto che il materiale carbonchioso gode di una straor- dinaria tenacità vitale e virulenza, e quali sono i requisiti, cui deve rispondere una buona disinfezione; rimane un'altra considerazione e non meno importante, la conoscenza, cioè, del modo di azione e delle proprietà degli agenti che si adoperano a distruggerlo, dei disinfettanti. Lo studio degli agenti disinfettanti è oggidì pieno di diffi- coltà, e se ci facciamo a mettere in confronto gì' insegname^ttT^ 1^7 -••■^ v» o UJ LIBRARVI? — 218 — che si danno nei libri, si resta meravigliati delle non poche con- tradizioni, che esistono tra gli sperimentatori da una parte, e da quanto si verifica nella pratica; la ragione di ciò sta nella differenza dei punti di vista in cui si son posti la maggior parte di quelli, che hanno studiato l'azione dei disinfettanti: gli uni hanno sperimen- tato un gran numero di sostanze senza tener conto sufficiente delle differenze nei casi osservati, e dei caratteri dell' agènte in- fettivo; gli altri hanno agito con più rigore, e più metodicamente fissando le condizioni delle loro esperienze; ma queste condizioni sono state diversissime a seconda degli osservatori. Un gran progresso si è avuto ciò non di meno, poiché venti anni, or sono non si facevano che semplici tentativi per impedire la putrefazione; ora invece le osservazioni son dirette a studiare l'a- zione di ogni singolo disinfettante sopra una sola specie di agente infettivo: ed, anzicchè alla ricerca di altri nuovi mezzi di disinfe- zione, gli sforzi dovrebbero essere diretti verso l'uso appropriato di quelli che già si posseggono. A dir vero riguardo a quest'ul- timo punto noi non siamo disarmati ; la lista , già troppo lunga, s' accresce ogni giorno , ma in questa ricchezza apparente non sappiamo quanto vero grano ci sia, giacche vi sono de'disinfettanti, che godono di una fama acquistata da molto, ai quali oggi non si accorda che un mediocre valore. Una prima condizione, quanto ai mezzi di disinfezione, è che essi siano limitati ed appropriati al caso specifico. Intanto i risultati ottenuti per una sola specie di micror- ganismi sono stati generalizzati dai pratici, e naturalmente i nuovi risultati non hanno corrisposto alle speranze, e così doveva essere, perchè si applicavano ad un'altra specie conclusioni , che erano vere solamente per quella; e come non tutte le malattie infettive sono eguali innanzi alla disinfezione , non è necessario che ogni disinfettante debb'essere comune a tutte. Un disinfettante che non distrugge tutti i microbi possibili, ma che uccide certamente quelli dell' infezione speciale contro di cui si lotta , non lascia nulla a desiderare (Arnould. — La drs inferì ion publique). Oltre a ciò, non si è tenuto conto delle possibili variazioni nella resistenza dello stesso elemento virulento, rispetto ad uno stesso disinfettante secondo la composizione chimica del mezzo in cui si trova; per cui mentre, ad es., de'germi carbonchiosi sono stati distrutti in una cultura pura con una data sostanza , si è pre- teso che questa fosse un disinfettante efficace, e se n' è tratta la illazione che doveva esserlo anche per la terra, per le feci, le mura infette. Così cause di errore sono state, il non aver tenuto — 219 — in debito conto altri fattori , quali la temperatura ambiente, la quantità di virus, la durata dell'esperienza, la possibile residuale presenza del disinfettante usato , la mancanza di controllo negli animali suscettivi ecc. In fatti è facile uccidere col sublimato alla dose di 1 gr. in 500,000, in pochi minuti i bacilli sospesi nel- 1' acqua ; nel brodo è necessario avere una proporzione di 1 su 40,000 e nel siero di sangue per lo meno quella di 1 su 2000. Così pure 1 gr. di sublimato uccide in due ore i bacilli del car- boncino in 60,000 c.m. e. di brodo ; per i bacilli tifici è insuffi- ciente una quantità doppia, e lo Stafdococcus aureus ne esige una 10 volte maggiore (Behring). Così pure l'acido fenico previene lo sviluppo de' microbii nel brodo all'Y-ioo; nel sangue all'eoo; nella carne all'Yieo; ed il sublimato nel brodo all'Yi33oo, nel sangue al- l' Y'250; e nella carne all'Ysoo (Sattler). Così pure il sublimato Ysoo,ooo impedisce lo sviluppo del virus carbonchioso , mentre per quello della setticemia è insufficiente alla dose di 1/6670o (Ratimoff). Consegue perciò che non possono essere ritenuti buoni dis- infettanti nel carbonchio se non quelle sostanze, che hanno dato prova di attività riconosciuta colle inoculazioni, contro qualsiasi materiale carbonchioso, che si trovi allo stato sporigeno. Le due condizioni dette innanzi rispondono ai requisiti ri- chiesti dalla natura e qualità del virus carbonchioso ; però essi nel campo della pratica non possono essere sufficienti ; è neces- sario che quei disinfettanti siano usuali, si possano, cioè, procurare in gran quantità ed a buon mercato, ed adoperarsi subito per adempiere ai compiti più primitivi della disinfezione ; che essi siano efficaci in un tempo assai limitato, anzi cortissimo; quando, a dir vero , si considerano le peculiari condizioni di località , di tempo, di economia, non si può fare a meno di ritenere assoluta- mente indispensabile la faciltà di acquisto , e troppo lunga (24 ore) la durata di contatto tra le sostanze infette e quelle disin- fettanti , assegnata dal Koch come regola generale ; poiché nel fatto pratico un locale disinfettato nel giorno può e deve poter servire la sera ; e nei casi di carbonchio son queste appunto lo condizioni che comunemente si trovano ! Moltissimi hanno lavorato intorno alle disinfezioni in genere, ma ben pochi son quelli che lo fanno non in senso assoluto, ma comparativo e per ciascuna malattia: due cose sembrano ben di- mostrate ; 1° essere limitata l'efficacia di certi disinfettanti, gran- dissima invece quella di altri ; 2.° in una data malattia doversi preferire un disinfettante ad un altro, che, per un' altra malattia, sia stato più attivo. — 220 — Non credo inutile, nell'interesse del lavoro, far rilevare som- mariamente quanto finora si è fatto su tale argomento, passando in rassegna i diversi mezzi di disinfezione finora sperimentati per vedere quali sono quelli clie meritano di essere presi in conside- razione. Noi sappiamo clie i mezzi disinfettanti possono essere o semplicemente fisici o chimici; i cosiddetti mezzi meccanici non possono ritenersi degni di un tale appellativo, perchè veramente cogli atti meccanici non si fa che scostare il materiale virulento dall' oggetto infetto : invero essi si riducono al raschiamento co- munque lo si faccia, allo strofinamento, alla spazzatura, alla la- vatura e basta nominarli per comprendere che non disinfettano, ma permettono di trasportare in un liquido disinfettante o sot- toporre al calore, il materiale così raccolto. Tra i mezzi fisici, 1' aria calda , il vapore caldo , 1' inceneri- mento potrebbero compendiarsi in un sol nome, il calore ; ora una disinfezione che si debba conseguire con questo mezzo, per ragioni facili ad intendersi, non può, almeuo per ora, entrare nel dominio della pratica quantunque numerose esperienze e non po- chi apparecchi provino l'alta sua importanza ; lo stesso non si può dire riguardo poi agli altri mezzi, quali la ventilazione , il freddo, la luce, poiché, pur riconoscendo i loro vantaggi igienici, ognuno vede come scarsi ed incerti siano i loro effetti a scopo disinfet- tante propriamente detto. Rimangono per conseguenza i soli disinfettanti chimici, quelli comunemente in uso e de' quali mi occuperò ; sono numerosi , svariati e per la loro natura e per il loro modo di azione, l'uso dei quali , fino all' epoca della scoperta de' batterli , non fu che empirico. Prima di enumerare tutte queste principali sostanze è anche ben ricordare che, dopo quanto aveva fatto rilevare il Koch a proposito dei materiali virulenti ricchi in albumina , ad alcuni disinfettanti semplici se ne sono sostituiti altri composti capaci di prevenire la precipitazione dell' albumina e la formazione di albuminato superficiale; che simili miscugli oltre all'avere il com- pito di una disinfezione più profonda, hanno anche l'altro della maggiore efficacia risultante dalla somma delle proprietà di cia- scun componente, e che 1' effetto di un disinfettante è tanto più energico quanto più alta è la temperatura alla quale lo si fa agire. Ed ora ecco quanto sappiamo circa ai principali disinfettanti studiati in rapporto all'infezione carbonchiosa. Acido benzoico. —2 °0 distrugge il virus carbonchioso fresco (Arloing, Cornevin, Thomas); non distrugge le spore dopo qualunque tempo (Koch). — 221 — Acido cloridrico. — 1:3400 arresta lo sviluppo de'bacilli ; 1:1600 distrugge dopo 2 ore le culture fresche; 1:1100 le culture di 4 ore (Boer); distrugge i bacilli 1:600 (Warrikoff) 1:1700 (Koch), 1 °/o in 5 minuti (dal Fliigge); 1 a 3000 sterilizza il sangue car- bonchioso (Davaine) ; 10 o/Q disinfetta il sangue carbonchioso in 24 ore e al 25 °/0 le spore in 1j2 ora (Worouzoff, Wiuogradoff e Kolesnikoff) ; 2 o/0 uccide le spore dopo 10 giorni (Koch) ; non vi hanno spore che gli resistono (Drossbach). Acido nitrico. — 12 y2 % uccide le spore in 30'; al 5 o/0 è senza effetto dopo 10 giorni (Worouzoff ecc.) e al 20 o/0 le uccide in ore 21 (Perroncito). Acido solforico. — 2 °/o sterilizza il sangue carbonchioso (Thouvenel), 1 a 1000, 1 a 5000 sterilizza il sangue carbonchioso (Davaine); 1 a 200 uccide i bacilli in 20' ; 1 a 600 eia 500 non li uccide in un' ora (Perroncito) ; 5 o/0 uccide le spore dopo 11 giorni, e 15 o/0 dopo otto giorni (id.); 12 lj% °/o uccide le spore in 5' ; al 5 °/0 le uccide in 5' a 5 giorni (?) (Worouzoff ecc.); 1 % uc- cide i bacilli in 5' e al 2 o/0 le spore dopo 10 giorni (Fliiggeì; non produce la morte delle spore dopo qualunque tempo (Koch). Acido acetico. — 1 a 150 di aceto di vino sterilizza il san- gue carbonchioso (Davaine); i bacilli muoiono in 7' anche nel- l'aceto comune; le spore resistono dopo 37 giorni (Perroncito); non produce la morte delle spore dopo qualunque tempo (Koch). Acido salicilico. — 4 °/0 sterilizza in 2' il sangue carbon- chioso su fili di seta (Worouzoff, Wiuogradoff, Kolesnikoff); 1 °/o distrugge dopo 48 ore il virus carbonchioso (Arloing , Cornevin, Thomas) ; in soluzione satura acquosa i bacilli muoiono in 15' ; le spore sono attive dopo 200 giorni (Perroncito) ; non uccide le spore in qualunque tempo, se è sciolto in alcool (Koch). Acido borico. — 1 a 800 sterilizza i bacilli (Koch); non uc- cide le spore in qualunque tempo (id.). Acido fenico puro. — 1 o/0 e 2 o/0 uccide i bacilli in 1' (Evans); 1 a 500 eia 800 sterilizza i bacilli (Warrikoff); e al 3 u/0 il sangue a parti uguali, (Worouzoff ecc.); 1 a 400 sterilizza i bacilli, al 10 °/0 uccide le spere in 24 ore (Koch); 0.5 °/0 uccide i bacilli in al- cune ore, 1 a 1,5 n/o li uccide in 1' (Behring); 1 a 300 uccide i bacilli in 24 ore, 5 °/0 le spore in 4 o 5 giorni (Fliigge); 1 % distrugge i bacilli in 7', e le spore in 200 giorni al ljs %, all'I °/0 in 66 giorni, e al 5 % oltre i 26 giorni (Perroncito); 1 °/0 sterilizza il sangue car- bonchioso dopo x/o ora (Davaine), dopo 2 a 10' (Worouzoff ecc.), 1' a 5' (Gaertner et Kuemel); 5 °/0 uccide le spore dopo 37 giorni (Guttmann — 222 — et Merke); 5 °/0 non distrugge le spore fino a 40 giorni (Riedel Frankel); 5 °/o a 37°, 5 , uccide le spore in 3 ore ; 4 o/0 in 4 ore; 3 °/0 in 24 ore (Beliring); 5 °/0 a 40° le uccide in 4 a 6 ore; alla temperatura della stanza non le uccide in due mesi (Nocht); 2 °/0 è inattivo per lavaggio alle pareti de' carri da trasporto (Redard); al 7 o/Q le spore sono attive dopo 37 giorni (Geppert) ; al 5 o/Q a 10n e 15° le spore sono uccise in 10 giorni, a 37° in 5 giorni (Pane) ; 5 °/0 uccide le spore dopo 20 giorni (Esmarck); 5 °/0 a 55° le uccide in 1 a 2 ore (Heider); 2 °/0 distrugge in 48 ore il virus disseccato (Arloing, Cornevin, Thomas) ; 5 °/0 uccide tutti i germi in 30' (Jersin). Acido fenico commerciale. — 6 °/0 e 10 °/0 dà una disin- fezione inefficace (Turina) ; uccide le spore dopo 2 giorni (Fran- kel) : 4 °/0 e acido cloridrico 2 °/0 uccide le spore dopo 1' (Jaeger). Acido fenico ed acido solforico. — (miscela La- place) 3«/0 sterilizza le spore dopo 24 ore ; se la miscela si fa a caldo dopo 9 giorni (Frankel) ; 4 °/0 uccide le spore in 48 ore; 2 % in 72 ore (Laplace) ; 2 °/0 e 5 o/0) a freddo o a caldo, non ebbe nessuna influenza sulle spore (Iaéger); 5 o/0 ed a 55' uccide le spore in 1J2 ora (Heider). Acqua di cloro. — 2 °/0 uccide le spore in 24 ore (Eisem- berg) ; 2 o/0 uccide le spore in meno di un' ora (Perroncito); 1 a 700 le sterilizza in meno di un' ora (Geppert); 1 °/0 uccide i germi più resistenti (Behring) ; 0.4 °/0 distrugge la virulenza delle spore in 15" (Geppert); uccide le spore in 24 ore fKoch). Acqua di mare distrugge i bacilli tra 28 a 33 giorni (Pin- na) ; dopo 4 giorni (De Giaxa). Acqua ossigenata. — 1 a 500 distrugge i bacilli da 2 a 24 ore , e 1 a 200 le spore (Fliigge) ; al 1f2 °/0 le spore muoiono in 18 ore ; 2 o/0 in un' ora ; 8 % in 30'; 14 °/0 in 3' (Schilon P. F.); di- strugge istantaneamente il virus senza spore : quello con spore sicuramente dopo poco tempo (Bert, Reynard, Perroncito). Acqua di calce. — distrugge solo i bacilli al semplice con- tatto (Jaeger); non uccide le spore in qualunque tempo (Koch). Alcool. — I bacilli muoiono subito (Perroncito) ; non steri- lizza le spore (Koch, Perroncito); uccide tutti i germi in 5' (Jersin); a 90° e dopo 48 ore non sterilizza il virus carbonchioso (Arloing, Cornevin. Thomas); distrugge il virus carbonchioso diluito in ac- qua (Davaine). Ammoniaca— 1 a 300 uccide i bacilli tra 2 a 24 ore (Fliigge); in 24 ore (Boer); 1 a 150 sterilizza il sangue carbonchioso (Davaine); è insufficiente contro bacilli e spore (Koch). — 223 — Asettolo. — 3 a 5 o/° uccide i bacilli in 5'; 10 0/° le spore in 3' (Flùgge); in 30' (Hueppe). Bromo. — 1 a 1500 sterilizza i bacilli e 2 °/0 le spore in 24 ore (Koch). Caffè. — -Infuso al 10 0/° uccide i bacilli dopo 3 ore; e le spore tra 2 a 4 settimane (Liideritz). Calce. — (Latte di) 1 a 20 uccide i bacilli dopo 24 ore (Jae- ger); 20 °/0 sterilizza le pareti tra 6 a 24 ore (Cronberg); 40 °/o sterilizza le mura come il sublimato 5 °/0o (Lapasset); 20 a 50 °/0 non dà vera disinfezione (De Giaxa); 20 °/0 sopra bacilli sporificati dà risultato quasi nullo (Jaeger). Cloruro di calcio. — 5 °/0 sterilizza in 1' bacilli e spore fre- sche; in 10' il sangue carbonchioso a parti uguali ; in 24 ore la virulenza di pelli carbonchiose; non ha azione sulle spore dissec- cate (Worouzoff, WinogradofF, Kolesnikoff); non ha nessuna azione sulle spore (Koch). Cloruro di calce.— 1 o/0 uccide i bacilli in 5'; 5 °/0 le spore in 24 ore (Fliigge ) ; 5 °/0 uccide le spore dopo 5 giorni (Koch) ; 0' 1 o/0 uccide i bacilli in 1' (Nissen); 1 °/0 uccide le spore in 1' a 2' (Sternbergì; 10 °/0 le uccide in 5' in vitro (Chamberland e Fern- bach); nella soluzione comune le spore muoiono in 15'; con l'ag- giunta di acido cloridrico in 2' (Nissen); 5 °/0 uccide bacilli e spore in 1', e sterilizza il sangue carbonchioso fresco in 10', se in eguali volumi (Worouzoff ecc.). Calce caustica. — la 100 distrugge i bacilli tra 2 a 24 ore Fliigge). Carbonato di soda. — 2 a 5 °/0 distrugge i bacilli; in solu- zione satura 16 o/0 non attacca le spore (Jaeger). Cloroformio. — La sua azione sopra i bacilli è poco marcata (Galtier); 7 °/0 uccide i bacilli in 24 ore (Fliigge) ; non uccide in qualunque tempo le spore (Koch). Cloruro di sodio. — Soluzione satura uccide i bacilli tra 20 a 30 giorni; le spore resistono oltre i 7 mesi (Perroncito); 1 a 24 sterilizza i bacilli; concentrato non ha azione sulle spore (Koch) ; in soluzione non molto concentrata i bacilli sono distrutti in due ore; in una concentrata, e per 6 mesi, le spore sono ancora attive (de Freytag). Cloruro di zinco. — In soluzione satura i bacilli muoiono in 5'; le spore vivono dopo 6 giorni (Perroncito); è inattivo contro le spore (Koch). Cloruro di rame. — 5 °/0 uccide i bacilli in 5'; le spore dopo 27 giorni (Green). - 224 - Creo lina. — 1 a 10000 sospende lo sviluppo dei bacilli nel brodo; 2 a 200 nel siero (Arnould); 1 °/0 distrugge i bacilli in 5 (Flugge); in 15' (Kiinerman); 1 a 300 li distrugge in 30" (Evans); 5 °/0 li distrugge in pochi secondi (Ermenghen), e le spore in 14 ore (Nocard); 5 °/0 sterilizza i bacilli rapidamente, e le spore in 2-4 ore secondo alcuni, 20 giorni secondo altri (Esmarch,Lignières); 2 »/0 uceide i bacilli in 15'; 3 °/0 in 1'; 4 °/0 m 20"; 5 °/0 in 10"; e le spore al 3 o/0 dopo un giorno, al 2 a 8 °/0 in due giorni (Eisemberg); al 5 o/0 la vitalità delle spore diminuisce al 20 ' giorno (Remouchamps et Sugg.) mentre 1' acido fenico le uccide al 10° oli0 giorno; 5 °/0 ha azione più potente dell'acido fenico 5 °/0 (Washbourn); 1 °/0 nelle cul- ture di brodo distrugge le spore in 5' (Schottelius); 10 °/0 uccide le spore in 24 ore (Kaupe); e sterilizza dopo 10' il sangue carbon- chioso ( Sirena e Alessi ); 5 °/0 uccide le spore in 2 a 16 giorni (Hammer); 2 °/0 non fa sviluppare le spore dopo 2 giorni (Remou- champs et Sugg); non è attiva coi materiali infetti a spore (Ar- nold ); è inferiore all' azione dell' acido fenico contro le spore (Esmarch). Creso lo. — Alcune specie al 10 °/0 distruggono le spore in 25 giorni, le altre furono insufficienti dopo una settimana (Buttersack); è di poco superiore all' acido fenico riguardo alle spore (Vahle) ; 2 °/00 distrugge i bacilli in 10' (Larvs). Una soluzione di metacre- solo al 5 °/0 non arresta lo sviluppo delle spore dopo 72 ore; ma in liscivia sodica le uccise in 48 ore (Kaupe W.); un miscuglio di metacresolo ed acido solforico in parti uguali in soluzione al 4 °/0 distrusse le spore in 8 ore (Frànkel) ; il saponcresolo (preparato con cresoli al 60 °/0) non uccise le spore dopo 27 giorni; a 55° , le uccise in due ore ( Heyder , Kurt Wolf). Dermatolo. — Non ha influenza sulle spore (Rohrer). Formalina. — 1 a 50000 sterilizza il brodo con bacilli (Aron- son H.); 40 °/0 arresta dopo 3/^ d' ora lo sviluppo delle spore ; le distrugge dopo un' ora (Lehmam); non può adoperarsi per la quan- tità e pel costo (Bordoni Uffreduzzi). Essenze. — Olio di trementina 1 a 75000 abolisce lo svi- luppo dei bacilli (Koch); non sterilizza le spore (Fol) ; sterilizza batterli e spore (Pasteur); sterilizza le spore dopo 5 giorni (Koch, Flùgge); le soluzioni di essenza di origano, di cannella , di arte- misia hanno un potere disinfettante come il solfato di rame ; i vapori di cannella di Ceylan agiscono sulle spore (Chamberland, Cadeac et Meunier); 1! essenza di garofani non agisce dopo 20 giorni sulle spore (Perroncito). — 225 — Iodoformi o. — Polverizzato nell'acqua non uccide i bacilli in un'ora e 40'; in una soluzione alcoolica satura uccide le spore in un'ora (Perroncito); non ha azione sopra i bacilli (Behring). Liscivia esapon i. — Di potassa 1 a 300 uccide i bacilli in 24 ore (FI ùgge); al titolo di 60 c.m.c. di acido per litro uccide i bacilli in 2 ore (Behring); di soda bollente uccide le spore su fili in pochi minuti (Behring) ; di soda 30 °/0 è attiva in 10'; quella normale al 4 °/0 in 45' (Behring); quella che contiene 1,4 °/0 di car- bonato di soda in provette a bagno maria a 85°, uccide tutte le spore in 8' a 10'; a 80", in 10'; a 75°, in 20 ; a 70", in 36' a 60' (Behring); a 50° in 5 ore uccide le spore (Montefusco e Caro); calda uccide le spore in pochi minuti (Schimmelbusch); la soluzione di carbonato di soda al 2 o 5 °/0 uccide i bacilli; le spore resistono ad una soluzione saturata al 16 °/0 (Jaeger); la liscivia di potassa al 5 °/0 uccide le spore in 2 ore a 55°; in 10' a 75°, mentre alla temperatura ordinaria non le uccide in 9 ore: quella di soda, poco attiva a freddo , le sterilizza in 5' a 75° (Hammer) ; una solu- zione 2 °/0 di carbonato di sodio a 75°, e per due ore, uccide le spore (Heider). Potassa caustica. — 1 a 375 sterilizza il sangue carbon- chioso (Davaine); 5 °/0 uccide i bacilli in 11'; al 20 °/0 non uccide le spore dopo 90 giorni (Perroncito). Li sol o.—0,12 °/o di risolo aggiunto al brodo di cultura, uccide i bacilli in 20', aggiungendovi 1 °/o di liscio si ha la morte delle spore in 1' (Schottelius); è attivo solo per i bacilli nelle culture (Behring); 5 °/0 non ha azione per 20 giorni sopra bacilli e spore (Remouchamps et Sugg); 5 °/0 fa morire le spore tra 8 a 20 giorni (Hammer); ma se la soluzione è a 55° esse muoiono in 5 ore (Hei- der); una soluzione di lisolo non le distrugge neppure dopo una settimana (Buttersack); 5 °/0 non le distrugge dopo 4 settimane (Vulpius); 1 °/00 distrugge i bacilli nello spazio di due ore (Boer); 10 °/0 non distrusse le spore dopo 19 giorni; mentre erano morte dopo 48 ore nel solutolo al 7 °/0 (Lignières) ; è da preferirsi al solutolo (Maisel). Nitrato d'argento. — 1 °/0 distrugge le spore dopo 20' (Frànkel); 1 °/00 distrugge le spore dopo 2' a 3' (Ierosh); 1 a 20000 e 30000 distrugge le culture di bacilli (Boer); 1 a 4000 uccide i bacilli tra 2 a 24 ore (Flùgge). P er manganai o di potassio. — 5 °/0 uccide le spore in un giorno (Koch); 5 °/0 uccide i bacilli; è senz'azione sulle spore (Jae- ger); 6 °/0 è poco attivo (Worouzoff età); 5 o/0 non uccise le spore dopo 53 ore circa (Perroncito). 15 — 226 — Sa prò lo.— In sostanza, e non in soluzione, uccide le spore (Pfuhl, Scheurlen). Solfato di ram e. — 5 °/0 uccide i bacilli in un'ora; non ha valore sulle spore (Green) ; 5 °/0 a 55° uccide le spore in 6 ore (Heider); non le uccide in nessun tempo (Koch) ; le uccide dopo 5 giorni (Flùgge); 25 °/0 non le uccide dopo 17 giorni (Perroncito). Solfato di zinco— 2"/0 non sterilizza il virus carbon- chioso deposto sulle pareti (Rédard); 4 °/0 i bacilli muoiono in 10'; le spore eran vive dopo 52 giorni (Perroncito); non le uccide in nessun tempo (Koch). Solfuro di carboni o. — Non uccide le spore in nessun tempo (Koch): le uccide dopo 105 giorni (Perroncito). S o 1 u t o 1 o. — 10 °/0 uccide le spore in 4 giorni; 20 °/0 in due giorni (Hammer); 1 a 15, o, 7 °/0 circa, uccide le spore in 48 ore iXignieres); una soluzione di solutolo in modo da contenere 5 °/0 di cresolo a 55° uccide le spore in un'ora (Heider). S o 1 v e o 1 o. — Le soluzioni di solveolo hanno un'azione infe- riore alle stesse soluzioni di acido fenico sopra i bacilli (Heider); col 5 °/o di cresolo a 55° uccise le spore in due ore; coll'aggiunta di acido solforico 10 °/0 a 55° in un'ora, coll'aggiunta di liscivia po- tassica al 5 °/0, in due ore; a 75° in 2' a 10' (Heider); una soluzione dal 18, 5 °/0 è più debole dell'acido fenico 5 °/0 contro le spore (Vhale). Anidride solfo ros a. — È un buon disinfettaute per i bacilli (Davaine, Yallin, Sternberg, Cornevin, Lafosse, Dujardin, Beaumetz, Pettenkofer); è inefficace sopra bacilli e spore (Schòtte, Gàrtner, Koch , WolfFhiigel , Richard , Dubief , Brulli , Gaillard- Thoinot, Cassedebat, Gaffhy, Fischer, Vigerie); è il migliore dis- infettante (Auber, Wavrinsky); è inefficace (Redard); uccide i bacilli in 20'; non uccide le spore in 15 ore (Perroncito). Vapori ammoniacal i. — Disinfettano bacilli con o senza spore in tre ore (G. von Riegler); sono inefficaci contro le polveri at- mosferiche dopo 15 giorni (Miquel). lodo, bromo, cloro. — Sono inattivi contro il virus carbon- chioso (Renault); sono inefficaci (Fischer, Proshauer, Gaffhy); i va- pori di cloro uccidono le spore in due o più ore (Perroncito). Sublimato corrosivo. — 1 a 150,000 sterilizza il san- gue carbonchioso (Davaine); 1 a 300,000 sterilizza i bacilli; 1 % 1Q spore in un giorno (Koch); 1 a 8000 uccide le spore (Ratimoff); 1 a 2000 i bacilli in 5' (Flugge); 1 a 500 e 1 °/00 uccide le spore rapidamente (Johne); 2 °/oo uccide spore e bacilli in 1' (Worouzoff età); 1 °/o0 uccide le spore in 10' (Eisemberg, Lignières); 1 °/oo uc- cide i bacilli in 10'; 1 °/o e 1 2/00 uccide le spore in 20' ; 1 4/00 in 35'; — 227 — 1 °/00 in due ore; 1 a 3/03u non le uccide in 50 giorni; giorni (Perroncito); 1 °/00 uccide tutti i germi in 10' (Jersin); 1% non uccide completamente le spore dopo 12' (Greppert) ; nella soluzione 0,5 °/oo restano le spore vive per 40'; in quella 1 °/oo per 20' (Frànkel); 1 °/00 uccide le spore in 15' (Evans); 1 °/00 ed acido cloridrico 5 °/00 uccide le spore in 20' (Laplace, Beliring); 1 °/00 e cloruro sodico 5 °/0o le uccide dopo 26 ore (Spirigi; 1 °/00 e acido cloridrico , o acido tartarico le uccide dopo 3 ore; 1 °/0 dopo 20'; 1 °/00 a 37°, dopo tre ore; l°/0o e joduro di potassio dopo un'ora (Nocht). Tricresol o. — 0,5 % uccide i bacilli in 3', e 5 °/0 le spore dopo 5 giorni (Hammer). Dopo quanto precede, e si noti che la lista non è certamente al completo, appare chiaro che in fatto di disinfezione del car- bonchio non mancano né ricerche , né osservatori ; che i mezzi disinfettanti abbondono oltremodo e che parecchie sono le contra- dizioni tra i diversi sperimentatori; però non si può disconoscere che, malgrado tanta ricchezza di materiale scientifico, dal lato pra- tico poco o nulla si è guadagnato. E la ragione sta nel fatto che quasi tutti gli osservatori hanno lottato con gli agenti patogeni e non contro di essi nei comuni mezzi naturali, e nelle condizioni in cui abitualmente si trovano; e quando si è tentato di mettere in pratica i risultamenti scientifici, essi non han corrisposto all'aspet- tativa. Si sono avuti terreni nutritivi e temperature artificiali, ele- menti diversamente virulenti da una parte, e dall'altra disinfettanti i quali o per la difficoltà dell'acquisto, o per il loro caro prezzo, o pel tempo necessario all'effetto relativamente lungo, mancano di requi- siti indispensabili. Cosicché, pur facendo voti che la disinfezione col mezzo del calore diventi pratica ed attuabile facilmente, e pur ammettendo che i cosiddetti mezzi meccanici o fisici non meritano il nome di disinfettanti nello stretto significato della parola, bisogna ri- tenere che quelli chimici , che diano nel carbonchio una disinfe- zione sicura, facilissima, in brevissimo tempo e che siano alla portata di tutti, non tanto nei grandi centri , ma più partico- larmente nei piccoli comuni, e nelle campagne, sono a dirittura scarsi. Si presume inoltre dalle predette esperienze la grande resi- stenza del materiale carbonchioso di fronte all'azione di tutti gli agenti enumerati; e giustamente quindi si deve pensare a ricorrere non a mezzi chimici di poca azione, ma ai più sicuri, e più energici che conosciamo. — 228 — PARTE IL § 1. Preparazione del materiale da esperimento. — Tecnica seguita. Lo svolgimento della seconda parte del tema riguarda la di- sinfezione, ottenuta con prove sperimentali, dei due veicoli più essenziali per la propagazione della malattia carbonchiosa, quali sono il sangue e le materie fecali. E risaputo che, avvenuta la morte di un animale ammalato di carbonchio, tutte le sue parti sono virulente a causa del san- gue che contengono, e virulenti possono essere tutti gli oggetti circostanti, perchè molte sono le condizioni che ne determinano l' inquinamento. E nelle condizioni naturali difficilmente ci tro- viamo di fronte al sangue liquido così come fuoriesce dai vasi ; esso si trova sparso e diffuso sopra gli oggetti, più o meno essic- cato, e quindi saranno materiali carbonchiosi quasi sempre in una stalla infetta la greppia, la mangiatoia, le mura , la paglia i fo- raggi ed altre sostanze alimentari, i possibili oggetti di legno, la terra del pavimento ecc.; tutte queste sostanze sporifere per ec- cellenza sono i possibili futuri elementi di nuove contagioni e contro di loro clev' essere diretta la disinfezione. Una prova sperimentale di disinfezione del sangue carbon- chioso dev' essere fatta preferibilmente in queste condizioni ed a mezzo de' suddetti veicoli, e quel disinfettante, che avrà così dato prova della sua efficacia , avrà solo il diritto alla nostra fiducia; a che giova, scrive il Canalis, 1' aver dimostrato con esperienze da laboratorio che una data sostanza uccide in un dato tempo anche i germi più resistenti, quando la stessa adoperata pratica- mente là elove bisogna davvero non dà identico risultato ? Avuto riguardo al numero svariato di questi mezzi di diffu- sione del carbonchio determinato col sangue solamente , questo modo d' infezione è essenzialissimo e la disinfezione di esso co- stituisce perciò un dato importante nella polizia sanitaria del carbonchio. Oltre al sangue, in una stalla infetta havvi un altro mezzo di diffusione della malattia, rappresentato dagli escrementi, i qua- li, massime in alcune forme di carbonchio , assumono un posto importante rispetto alle altre molto limitate secrezioni ; questo materiale virulento può, a differenza del sangue, costituire da sé solo un buon veicolo di propagazione e le prove sperimentali sulla __ 229 disinfezione eli esso possono farsi isolatamente: e poiché sangue e feci rappresentano il maximum o la somma di materiali, che ren- dono infetta una località qualsiasi , la pratica della disinfezione diretta contro di essi può dirsi completa. Tutte quelle sostanze, che avranno i requisiti voluti e disinfetteranno i diversi veicoli formati dal sangue e dalle feci carbonchiose, saranno efficaci nella disinfezione delle stalle infette, perchè avranno una base scientifica e sperimentale. E mentre abbondano le osservazioni eseguite nei laboratorii, ho cercato invano delle esperienze , che provino il valore delle sostanze chimiche sul virus carbonchioso depositato nel modo più naturale. Sono simili esperienze, che ho cercato di praticare se- condo il metodo inaugurato da Ranault, Davaine, Dongall, Grer- lach, Meckelenburg, Huffman, Sternberg, ecc. e che consiste nel prendere una certa quantità di sostanza virulenta, metterla in contatto con una sostanza disinfettante e studiarne in seguito gli effetti mercè culture ed inoculazioni. Ho creduto necessario pren- dere del sangue di animale morto per carbonchio nelle condizio- ni, in cui si trova ordinariamente tale sostanza sparsa sulle mura, sai legno, sulle sostanze alimentari, sulla paglia, sulla terra ecc., prendere delle dejezioni ed esaminare se gli agenti disinfettanti, nelle loro varie dosi, messi a contatto con esse siano e come e quando sufficienti od illusori ; se possono od arrivano a penetrare tutta la massa della sostanza virulenta, ad incorporarsi con essa e disinfettarla. E molto probabile che in un gran numero di casi una disinfezione raccomandata sia inefficace. Ad ottenere simile intento ho creduto opportuno studiare la disinfezione del sangue separatamente da quella delle feci, adope- rando per l'uno e per le altre tutte quelle sostanze chimiche, che oggidì vengono ritenute più energiche con quel grado di concen- trazione e con quelle modificazioni credute migliori ; e presento sotto forma schematica le condizioni necessarie per ottenere uno svolgimento ordinato ed uniforme tanto nella disinfezione del sangue che in quella delle feci. E necessario perciò : 1. Provvedere alla raccolta di virus carbonchioso sotto la forma più duratura, e col massimo grado di virulenza possibile, allo scopo di provocare , ad ogni occorrenza , casi gravi di car- bonchio. 2. Avere a disposizione un abbondante materiale carbonchioso da esperimento costituito dal sangue e dalle feci, così come si ve- rifica nelle abituali condizioni. — 230 — 3. Controllare prima e durante gli esperimenti il grado di infezione di detto materiale. 4. Provvedere ai mezzi di disinfezione da sperimentare, in modo che si abbia uniformità nel modo di preparazione, nella du- rata e nella composizione chimica durante gli usi ripetuti. 5. Curare 1' eliminazione completa delle minime tracce dei diversi disinfettanti nei controlli culturali e di inoculazioni. 6. Rilevare il diverso modo di agire dei disinfettanti scelti con i diversi materiali mercè culture ed inoculazioni. 7. Stabilire per gli esperimenti un termine fisso sulla durata di contatto tra materiale e disinfettante, allo scopo di avere una scala in ordine alla diversa energia delle sostanze adoperate, e delle loro dosi. Tanto la provvista di virus carbonchioso, quanto quella dei diversi materiali da disinfettare, de' diversi mezzi di disinfezione da saggiare, costituiscono un lavoro preliminare, preparatorio, che serve tanto nelle prove di disinfezione del sangue, come in quella delle feci, e di esso mi occuperò in precedenza. In tre tubi di agar nutritivo, di reazione leggermente alca- lina e consolidato a becco di clarinetto, praticai degli innesti, di cui uno con cultura di carbonchio , uno con spore carbonchiose raccolte già da qualche anno e 1' altro con spore aderenti su filo di seta di recente preparazione, e li mantenni poi nel termostato alla temperatura di 35° C. , fino a che non ebbi a constatare, mercè ripetute osservazioni microscopiche , 1' avvenuta sporifica- zione delle culture. Con ciascun materiale di detta cultura inocu- lai una cavia ; la morte delle tre cavie inoculate avvenne in tempo diverso, essendo trascorsi quasi cinque giorni per quella con ma- teriale provvedente dalla cultura, quattro per la seconda con sole spore e tre per l'altra dalle spore su filo di seta. Col sangue di quest' ultima innestai un altro tubo di agar e col materiale di risulta, anche sporificato , inoculai altre due ca- vie, di peso pressoché uguale, le quali morirono tra 48 a 60 ore. E come per le precedenti , feci in seguito ripetute inoculazioni e culture, fino a quando la morte delle cavie avvenne costantemente tra 36 a 40 ore, mantenendomi nelle stesse condizioni riguardo alla quantità del materiale inoculato. Innestai allora diversi tubi e li mantenni nel termostato fino alla loro completa sporificazione, — 231 — e con un' altra inoculazione mi assicurai che la loro virulenza non era per nulla diminuita. A tale punto allo scopo di avere a mia disposizione abbon- dante virus carbonchioso nella sua forma più duratura, e di non dubbia virulenza ed un materiale uniforme in tutto il tempo de- gli esperimenti, innestai gran numero di tubi e li sottoposi alla solita temperatura ; assicuratomi in seguito , dopo sette ad otto giorni, che le culture dovevano essere, come quelle osservate, com- pletamente sporificate, procedetti alla raccolta delle spore. A mezzo di una spatola di platino, asportai dalla superfìcie dell' agar di ciascun tubo il prodotto di vegetazione, avendo cura di lasciare, per quanto era possibile, intatto Y agar : raccolsi il materiale in un vetro da orologio e lo essiccai a bagno maria alla temperatura di non oltre i 60° C, e poscia lo mantenni in essiccatore ad acido solforico per toglier via gli ultimi residui di umidità. Triturai il materiale risultante in un mortaio, previa sterilizzazione, ed ot- tenni una polvere, che conservai in bottiglino oscuro e smerigliato. Credo inutile dover ricordare qui una volta per tutte che durante le ulteriori osservazioni mi son servito sempre della stessa ansa di platino, dello stesso metodo di inoculazione e di liquidi nutritivi preparati in modo identico, mirande» a mantenermi sempre nelle stesse condizioni. Volendo saggiare in modo più pratico l'azione delle spore raccolte, credetti utile il farlo mescolandole ai mestrui più comuni, sangue, terra, ecc., per vedere se quelle conservavano i loro caratteri biologici e se questi ultimi potevano avervi una qualche influenza, a seconda che si adoperavano sterilizzati o co- me nelle condizioni naturali, alla temperatura ambiente, o a quella indicata per avere un maggior rigoglio. A tale scopo presi del sangue fresco bovino defibrinato e preparai alcuni tubi, in ciascuno de' quali versai tal quantità di spore, quante ne può sopportare una comune ansa di platino ; di essi alcuni tenni alla temperatura della stanza, 12° a 15° C. ed altri mantenni nel termostato ; dopo qualche giorno feci delle culture in agar e delle inoculazioni di controllo che ebbero risul- tati positivi. Con lo stesso sangue defibrinato preparai dei tubi in cui versai la solita quantità di spore, li sottoposi per tre giorni con- secutivi a sterilizzazione discontinua a 65°, mantenendoli, negli intervalli tra una sterilizzazione e l'altra, nel termostato ed uguali risultati mi ebbi dalle prove culturali. Volli anche estendere le mie osservazioni al sangue di altri animali recettivi del carbon- chio e preparai , come ho detto innanzi , de' tubi con sangue di 232 equino, di ovino, di suino raccolto fresco e defìbrinato e vi ag- giunsi le spore ; questi diversi terreni furono tutti favorevoli allo sviluppo e molto più il sangue ovino, il quale dette luogo a delle culture ricchissime. Allo stesso modo presi della terra di giardino e ne versai in alcuni tubi; mescolai in alcuni di questi la solita quantità di spore, che versai pure in altri, previa però sterilizza- zione del terreno , ed in tutti feci poi pervenire gocciolando del sangue defìbrinato e li mantenni nel termostato. E come pel san- gue, così per la terra praticai delle culture e delle inoculazioni di controllo, e, come fatto essenziale, rilevo che le culture provve- nienti da terreni non sterilizzati si presentavano inquinate di altri molti microorganismi e che le cavie, inoculate con materiali molto inquinati, morivano tra 20 a 24 ore dopo delle altre. Ebbi così a convincermi di avere a mia disposiziona dello spore carbonchiose, le quali si erano manifestate ugualmente at- tive, tanto se trattate isolatamente, quanto se mescolate a quelle sostanze che costituiscono i soliti veicoli del carbonchio. Dopo la raccolta e la provvista di spore carbonchiose, era necessario provvedermi di abbondante materiale infettivo e pos- sibilmente di tutto quello che può trovarsi tale in una stalla nelle condizioni comuni, tanto perciò che riguarda gli oggetti, che so- gliono essere imbrattati di sangue, quanto per le materie fecali. Due vie si presentavano nella scelta, o procurarmi il materiale volta a volta che occorreva per ogni singola disinfezione , rica- vandolo da piccoli animali , conigli, cavie, fatti morire mercè le spore innanzi preparate , ovvero avere in una sola volta a mia disposizione tutto il materiale occorrente nei diversi esperimenti; nel 1° caso si potevano avere delle condizioni diverse dipendenti dal fatto che non sempre il materiale adoperato era ugualmente virulento, per ragioni facili ad intendersi, inerenti ai singoli ani- mali, alla quantità di materiale inoculato ecc.; nel 2° caso, mentre si ovviava a ciò , si aveva il vantaggio di trovarsi in migliori condizioni sperimentando in modo uniforme e perciò mi appigliai a questo partito. Avendo avuto a mia disposizione una stalla ed un asinelio, inoculai in saccoccia sottocutanea quest' animale con una quantità di spore tre o quattro volte maggiore di quella, di cui io mi servivo comunemente; nello stesso tempo, ad ottenere un effetto più ra- pido, iniettai nella trachea 10 cmc. di una cultura in brodo: av- — 233 — venuta la morte dell'animale ed assicuratomi, mercè osservazioni microscopiche, dell'esistenza del carbonchio, feci in modo che dalle aperture naturali e da tagli praticati venisse fuori gran quantità di sangue, che, lentamente gocciolando, imbrattasse tutto quanto io aveva antecedentemente preparato. Ebbi così agio di avere biada, crusca, paglia, fieno, legno ridotto in pezzi da misurare su per giù un 5 cmq. di superficie, pezzi di intonaco misuranti a un di presso eguale superficie tolti ad una stalla, terra raccolta lì per lì; sostanze infettate di carbonchio nelle condizioni più naturali, e rap- presentanti tutti i possibili mezzi d'infezione, che si possono riscon- trare nelle stalle ; raccolsi pure una quantità sufficiente di mate- rie fecali , così come si trovavano fuoriuscite , e più particolar- mente quelle sulle quali vi era accidentalmente pervenuto del sangue ed altre ancora sulle quali feci gocciolare dell'urina pri- ma e poscia del sangue: tutte queste diverse sostanze mantenni per circa un mese nel termostato a 35° C, allo scopo di provo- care un lento e graduale essiccamento, ed una facile e sicura spo- rificazione del sangue depositatovi. Tutti gli oggetti così raccolti erano infetti di carbonchio nel modo più naturale e nella forma più resistente, e costituivano perciò il miglior materiale sul quale io potessi sperimentare. Una condizione essenzialissiuia da realizzare in qualunque lavoro sperimentale, massime se si tratti di disinfezione, è quella riguardante il grado di virulenza del materiale in esame; è indu- bitato che quel che bisogna richiedere in simili casi è la persi- stenza di quella per tutto il tempo che dura l'esperimento, e che il detto materiale si mostri prima, durante e dopo le osservazioni egualmente virulento. Guidato da tale criterio ho curato di non tralasciare simili prove di controllo. Così praticai colle spore, sag- giandone la virulenza appena raccolte , quando ebbi bisogno di provvedermi delle diverse sostanze infette ed anche durante gli esperimenti ; allo stesso modo ho proceduto colle diverse sostanze raccolte. Sul momento di dar principio ai vari esperimenti di di- sinfezione inoculai tante cavie , quante erano le sostanze diverse prese in esame, facendo delle saccocce sottocutanee, in cui adattai delle particelle, dei pezzettini di quelle sostanze, e chiusi al collo - dion. Tutte le cavie inoculate morirono tra 40 e 48 ore e l'esame microscopico mi assicurò che si trattava di carbonchio; lo stesso — 234 — praticai dopo di aver ultimato il saggio de'diversi disinfettanti ed i risultati furono ugualmente letali, cosicene, sotto questo punto di vista, il virus carbonchioso durante gli esperimenti non aveva perduto nulla della sua virulenza. Nella provvista dei diversi disinfettanti non doveva tralasciare di adempiere a quanto si consiglia dai migliori cultori della ma- teria; si ammette essere indispensabile che il disinfettante conservi in tutto il tempo degli esperimenti sopra di esso i suoi caratteri in modo si abbia uniformità nel metodo di preparazione , nella sua composizione chimica, un rapporto sempre costante tra la so- stanza che agisce e quella sulla quale si vuole agire, tra la durata dell' azione e la temperatura alla quale si esercita ; è necessario inoltre che si fissino in antecedenza il grado di concentrazione e le modalità inerenti all' uso pratico e che da ultimo il disinfet- tante compendii in se i requisiti voluti per essere sicuro ed efficace. Libero nella scelta quanto a numero e a qualità di essi, mi proposi di passare in esame quei disinfettanti, che sono stati ri- tenuti e si ritengono tuttora comunemente i migliori tra le diverse specie o tipi chimici, principalmente poi quelli che sono prescritti con disposizioni legislative e quindi obbligatorii. Convinto della necessità di simili condizioni e tenendo pre- senti i risultati sinora ottenuti dalla numerosa falange degli os- servatori e la relativa energia ed azione de' tanti disinfettanti , ho preso ad esaminare, tra le molte sostanze, le seguenti, scelte secondo la classifica di Behring. 1.° S al i m e talli e i. Sublimato corrosivo (1 n/00, 2 °/00, e 10 o/00). Sublimato corrosivo ed acido cloridrico (2 °/oo e 5 o/00; 10 °/oo e l°/oo). Solfato di rame (20 o/Q). 2.° Alcali. Cloruro di calce (10 % e 30 %). Latte di calce (20 % e 50 %). Liscivia di cenere a determinata alcalinità ( acidità in acido solforico=3,33). Liscivia di carbonato di sodio (20 °/0). Sapone potassico (sapone verde) (3 °/0 e 10 °/o). — 235 — 3.° Acidi. Acido cloridrico (10°/0). 4.° Composti della serie aromatica. Acido fenico (5 o/0 e 10 °/0). Acido fenico e sapone potassico (5 °/0 e 2 °/0). Acido fenico commerciale (10 %)• Miscela Laplace (acido solfo-fenico) (10 °/0). Tricresolo (5 % e 10 %). Creolina (5 % e 10 %). Solutolo (10 o/o e lo y/0). 5.° Essenze. Olio essenziale di trementina (25 °/0). I gradi di concentrazione sono stati fissati in base di quanto comunemente si fa in pratica, ovvero sopra dati forniti da ricer- che sperimentali, pur non disconoscendo, che per alcune sostanze sono stati a bello studio aumentati coli' intento di far diminuire la durata di contatto e rendere possibilmente più pratica la voluta disinfezione. Ed a proposito di durata devo far rilevare , che moltissime sostanze han bisogno d' un contatto prolungato per moltissimi giorni, prima di aversi la certezza della distruzione de'germi pa- togeni e che sarei andato per le lunghe se avessi voluto seguire per ogni singolo disinfettante il naturale corso fino alla disinfe- zione completa; questo metodo, del resto, non avrebbe avuto nes- suna pratica utilità, perchè la lunga durata sarebbe stata una con- dizione sfavorevole nell' impiego del disinfettante, avendo già in antecedenza ammesso che tra materiale infetto e disinfettante il contatto dev' essere brevissimo in una buona pratica di disin- fezione. Intanto nei miei esperimenti una norma vi doveva essere , ed, allo scopo di avere una scala graduatoria in ordine alla di- versa energia disinfettante delle sostanze adoperate, ho stabilito un limite nel loro contatto e non sono andato oltre i dieci gior- ni ; cosicché mi sarà facile il determinare da ultimo quale dei mezzi di disinfezione, da me sperimentati, agisce in poche ore, quale in pochi giorni e quale sarà invece ancora inefficace dopo i dieci giorni di contatto. — 236 — § 2. DISINFEZIONE DEL SANGUE CARBONCHIOSO. Sali metallici. 1. Sublimato corrosivo. Chaussier fu il primo che fece conoscere l'azione antiputrida del bicloruro di mercurio che da moltissimo tempo è utilizzato nella conservazione de' cadaveri ; come parassiticida le ricerche di Bil- lroth, di Buchholtz, di Kuhn ecc., han fatto vedere che dosi minime bastano a far perire la maggior parte de' microbii. Eitenuto da lungo tempo come uno de' disinfettanti più sicuri, è stato adope- rato con riserva fino al 1881, in cui apparvero le comunicazioni di Koch sulla disinfezione : fin d' allora prese posto in antisepsi chirurgica e nella disinfezione, in cui vanta il primato mercè le favorevoli testimonianze di Merke, Vinay, Gàrtner e Piagge, Krii- pin etc. La sua azione disinfettante è stata verificata sopra diversi microrganismi e particolarmente sopra i bacilli del carbonchio con o senza spore. Nuove ricerche e nuovi studi hanno modificato le nostre co- noscenze sul valore della sua azione. Fu dimostrato la sua influenza nei liquidi di culture e si ritiene oggidì indispensabile il lavaggio per togliere ogni traccia del disinfettante e trasformare il subli- mato in un sale inerte (Geppert, Behring, Heider); lo stesso Koch aveva notato il fatto che in presenza di sostanze organiche, ricche in albumina, il sublimato non può dare una disinfezione degli strati profondi, e di qui il bisogno di ovviare a tale inconveniente con sali , acidi ( Liibbert e Schneider , Fuerbringer , Ziegenspeck , Stuetz, Laplace ecc.);' oltre a ciò le disinfezioni col sublimato in forma di spray, non sempre si ottengono sicure ed in brevissimo tempo (Guttman e Merke, Gaffhy, Fischer, Esmarch); né da ultimo il sublimato sotto forma di vapori, disinfezione tentata dal Prof. Koenig da Gottingen nel 1885, è entrato nel dominio della pratica dopo i lavori di Heraeus e di Kreibohm , che li dichiararono inefficaci. Oltre a ciò l'attività del sublimato è subordinata a parecchie circostanze inerenti alla temperatura , al terreno nutritivo, alla quantità relativa del virus e del disinfettante, al grado di dissecca- mento ecc. e così ci possiamo spiegare in parte le diverse conclu- sioni di alcuni sperimentatori (Turina, Pane, Bordoni Uffreduzzi , Panfili); né è da trascurarsi l'altra circostanza, quella, cioè, che - 237 — nel caso in cui un processo di putrefazione dà luogo a sviluppo di composti solforati , l'uso del sublimato può essere controindi- cato, potendosi avere un sale di mercurio inerte e quindi un esito incerto quanto a disinfezione. Infatti il Gerloczy, a proposito della disinfezione delle feci fresche, ammette « che il sublimato non merita quella fiducia che si è inclinati a dimostrargli ». Ora, malgrado tutti gl'inconvenienti del sublimato; malgrado si sappia che talvolta può riuscire meno opportuno di quello che in principio si credeva, esso tiene ancora il 1 .° posto fra i sali metallici e la soluzione all'I °/00 è quella che più generalmente si adopera nella disinfezione pubblica ed in quella de' locali infetti, qualunque sia la natura della malattia , che abbia dato luogo a tale operazione. Si noti intanto che mentre quasi dapertutto è una tale so- luzione quella che si prescrive , invocando gli studi di Koch e della sua scuola, a Berlino l'Amministrazione non l'ha accettato per nessuna forma di disinfezione e neanche per quella di locali infetti ! Per lo studio dell'azione di questo disinfettante io ho adope- rato i diversi materiali carbonchiosi già preparati essiccati e viru- lenti e propriamente, biada, crusca, paglia, fieno, legno, terra ed intonaco e mi son servito di soluzioni del disinfettante a diverso grado di concentrazione, vai dire, sublimato corrosivo all' 1:1000, al 2:1000 e al 10:1000. Mi son servito sempre anche nei succes- sivi esperimenti di capsule a capacità determinata per le seguenti sostanze: biada, crusca, paglia, fieno, terra; e per il legno e per l'intonaco, di larghi vetrini da orologio; le prime sono state ado- perate in quantità pressoché sempre eguale ed immerse, per tutto il tempo della durata del contatto, in quantità anche determinate di disinfettante, eguale alla capacità delle capsule; i pezzi di legno e d'intonaco, colle superficie imbrattate di sangue essiccato rivolte in basso, erano posti in modo da pescare completamente nel li- quido: tutto era mantenuto coverto ed alla temperatura ambiente come si verifica nella pratica. La durata di contatto, tra materiale e disinfettante, è stata varia a norma dei risultati che si avevano; per il sublimato poi in esame è stata rispettivamente per i primi due tipi di soluzione di 5, di 15, di 24, di 36 e di 48 ore; e -pel 3.° tipo di 1, 2 e 3 ore: le prove di controllo sono state fatte con culture in agar e con inoculazioni alle cavie di particelle di materiale sottoposto ad esperimento. — 238 — A togliere poi ogni sospetto che nell' esito vi potesse aver parte qualche residuo del disinfettante adoperato, ho avuto cura, prima di servirmi del materiale da innesto, di filtrarlo e nettarlo mercè opportuni reagenti, che indicherò volta a volta. Ora, tornando alla prova sperimentale, di cui mi occupo, ho dapprima versato nelle capsule una certa quantità di quelle so- stanze e nei vetri ho adattato i pezzi di legno e d'intonaco e vi ho versato su della soluzione di sublimato all'I °/00. Dopo un con- tatto di 5 ore , ho tolto alcun poco de' diversi materiali deposi- tandoli in tanti filtri e li ho sottoposti ad un lavaggio abbon- dante con acqua sterilizzata fino a che, a mezzo di idrogeno sol- forato, ho potuto convincermi di aver loro tolto le tracce di mer- curio e poscia ho fatto degli innesti in agar e delle inoculazioni sottocutanee. Allo stesso modo ho proceduto per valutare l'azione del disinfettante dopo un contatto di 15 ore, di 24 ore, di 36 ore e di 48 ore; lo stesso metodo ho seguito con una soluzione di sublimato corrosivo al 2 °/00 e con quella al 10 °/00, avvertendo che per quest'ultima il contatto è stato limitata da una a tre ore. Compendio i risultati ottenuti nella seguente tabella, ove mi servo di segni convenzionali, che mi varranno anche in seguito, ed indico con (+) i risultati ottenuti positivi dagli innesti in agar; con ( — ) i risultati negativi; con (+) quelli in gran parte o quasi positivi; con (X) quelli quasi del tutto negativi: si comprende fa- cilmente che (+) significa pochissima od incipiente disinfezione e ( + ) la disinfezione quasi completa. Sublimato corrosivo 1:1000 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO re Osservazioni Le coltu gli animali inoculati SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dop d un contatto di ore 5 15 | 24 | 36 48 biada .... + -+- -+- Cinque cavie ino- culate con materiale Ho inoculato una cavia con intonaco, crusca + -4- q= — di 24 ore sono morte di carbonchio dopo una con terra ed u- na con legno, un'al- paglia. + ± H11 — 24 a 60 ore tra con miscuglio di biada e crusca e l'ul- fieno . + -4- ~ — tima con miscuglio legno . + ± — di paglia e fieno. Ciò valga anche in terra . + ±: ± qr — seguito. intonaco + ± ±z ^F ~ 239 — Sublimato corrosivo 2:1000 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE «^- DI CARBONCHIO Le colture dopo gli animali inoculati Osservazioni SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO un contatto di ore 5 | 15 | 24 | 36 biada .... + + __ Non ho inoculate Le colture quasi positive e quasi negative sono state crusca + ^P — indicate in base alla sola ispezione delle colture e paglia + -+- — ■ de'punti più o meno sterili. fieno . + ^F — legno . + + — terra . + ±z ^F — intonaco + -t- ■+■ Sublimato corrosivo 10:1000 SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO RISULTATI OTTENUTI SOPRA Le colture dopo un contatto di ore 1 I 2 | 3 | 4 gli animali inoculati Osservazioni biada . crusca paglia fieno . legno . terra . intonaco + terra e dell'i le cavie boi dopo 4 a 5 j Mi son servito per le nodulazioni della terra dell'intonaco a preferenz pereliè si mostravano più r< Oltre alla detta soluzione di sublimato corrosivo volli speri- mentare , a norma di quanto ho detto innanzi , anche del subli- mato acidificato con l'aggiunta di acido cloridrico; ed a tale uopo ho adoperato una miscela di sublimato 2 °/0o ed acido cloridrico 5 °/00 e poi una seconda di sublimato IO °/o0 ed acido cloridrico 1 °/oo5 i risultati ottenuti sono i seguenti : - 240 Sublimato corrosivo 2:1000 ed acido cloridrico 5:1000 SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO RISULTATI OTTENUTI SOPRA Le colture dopo un cont. di ore 5 | 15 | 24 gK animali inoculati Osservazioni biada . + H= crusca + + paglia. + H= fieno . + legno . + + terra . + Hh intonaco + =+= Delle cinque cavie incn late con materiale di 15 e due solamente, quelle e terra ed intonaco, sono m> te di carbonchio dopo In tutte le inoculazioni praticate ho fatto in modo che capitassero sotto la cu- te quelle particelle di so- stanze che anche ad occhio fette di sangue. Sublimato corrosivo 10:1000 ed acido cloridrico 1:1000 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE -«__ .___—■ — DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Le colture dopo un cont. di ore gli animali inoculati Osservazioni AD ESPERIMENTO 1 | 2 | 3 Ho inoculato due cavie con terra ed intonaco dopo crusca ^F due ore di contatto ed una sola, quella con terra, e paglia. -t- — morta di carbonchio dopo 3 fieno . ^F — legno . + — terra . H^ + — intonaco ;+; T1 Emerge da tali esperimenti che: 1.° Una soluzione di sublimato corrosivo 1 °/oo disinfetta completamente i diversi materiali carbonchiosi dopo 36 a 48 ore di contatto; quella al 2 °/00 tra 24 a 36 ore e quella al 10 °/00 tra 3 a 4 ore. 2.° Delle soluzioni acidificate la l.a, sublimato corrosivo 2 °/00 ed acido cloridrico 5 o/00j non dà risultati speciali nelle pri- me 15 ore ed agisce perciò come se fosse semplice, mentre essi sono più apprezzabili dopo perchè la sterilizzazione completa si ha infra 15 a 24 ore e non tra 24 a 36 ore; e la 2.a, sublimato corrosivo - 241 - 10 o/00 ed acido cloridrico 1 o/00, agisce già fin dal principio del contatto e la sua azione è completa in 2 a 3 ore. 3.° L'azione del sublimato di fronte alle diverse sostanze non è uguale per tutte; sopra biada, crusca, paglia, fieno, legno agisce più rapidamente, mentre la disinfezione della terra e dell'intonaco ri- chiede tempo maggiore. Credo intanto opportuno far rilevare che le inoculazioni di controllo sono state praticate quando le culture si mostravano in gran parte sterili per avere l'opportunità di valu- tare, oltre alla virulenza, anche il rapporto esistente tra il grado di attenuazione e la vera disinfezione, e che ho tenuto in osserva- zione per parecchi giorni le culture negative per avere la certezza dell'avvenuta sterilizzazione. Da ultimo devo aggiungere che ho tralasciato di saggiare l'azione di una soluzione con grado di concentrazione intermedia tra il 2 °/00 e il 10 °/o0, perchè già altri osservatori (Bordoni Uf- freduzzi) hanno trovato insufficiente una soluzione di sublimato 5, 6, 7 °/00 nella disinfezione degli ambienti. 2. Solfato di rame. Quando la disinfezione si riduceva ad una questione di semplice deodorazione, il solfato di rame fu molto in voga e l'uso che se ne faceva venne in gran parte giustificato dall'appoggio valevole di Pasteur, Bouley, Vallin, Miquel. In questi ultimi tempi è stato assoggettato al controllo speri- mentale e studiato secondo i nuovi metodi d' indagini ; la sua fama nella disinfezione delle materie fecali, ha perduto molto dell'antico prestigio e la sua azione è stata ristretta in limiti più angusti, a compito più modesto (Behring, Green, Gerloczy, Heider). Per quel che riguarda poi la sua azione disinfettante sul virus carbonchioso, si sa da quanto è detto innanzi che questa è molto limitata. Il Green asserisce che tra i sali di rame è il cloruro che agisce meglio, ma costa più messo in rapporto al solfato; mentre il Behring lo dichiara « un buonissimo disinfettante. » Pur tuttavia nelle istruzioni del Prefetto di polizia a Parigi il solfato di rame ha preso il posto del cloruro di zinco nella disinfe- zione delle fogne; e viceversa, pare, che esso non sia a dirittura adoperato in Germania. E tra tante opinioni così disparate ho vo- luto assoggettarlo a prove sperimentali, tanto più perchè, pel suo prezzo assai basso, potrebbe riuscire utilissimo nella disinfezione in grande, come è quella che si richiede nella pratica veterinaria. 16 — 242 — Come titolo nei miei esperimenti ho prescelto una soluzione al 20 °/0, assai superiore a quella comunemente adottata, spintovi, oltre che dal fatto del prezzo, anche dalla grande sua solubilità. Preparati i diversi materiali nelle capsule e nei vetri, come ho detto innanzi, dopo un contatto di 24 ore colla soluzione, ho eseguito delle culture in agar, che ho ripetute giorno per giorno associandovi anche le inoculazioni di controllo : ho sottoposto a ripetuti lavaggi con acqua sterilizzata i diversi campioni prelevati, fino a che mi sono assicurato, facendo uso di ammoniaca, che non vi erano più tracce di disinfettante e riassumo nel seguente quadro il risultato ottenuto. Solfato di rame 20:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE - ^ Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1|2[3 i 5[6 7| 8 9 1 10 biada . . . + + h + 4- ± àz ±: ±_ H= Le cavie ino- culate con mate- Le colture si so- no mostrate sem- crusca . . paglia . . . + 1 + !- !- f 4- h + -±_ ±_ ± riali del 6. e del 0. giorno sono morte di carbon- pre ricche di mi- crorganismi. fieno .... !- + h + f ±2 ±: ± ±z H3 chio dopo :> giorni legno .... ; + + + ^ -H-+- ± -±_ H= terra .... r + + + + ±\±: ±i ± '-"•" intonaco . . + + + + ± -+- 1 ± ±: H= Il solfato di rame alla ragione del 20 o/0 e dopo ben dieci giorni di contatto non ha dato un'efficace disinfezione; ed ancorché questa si verificasse oltre quel periodo, non potrebbe perciò meri- tare la nostra fiducia quale disinfettante nel carbonchio. Sostanze alcaline. Fra gli alcali, la calce e le liscivie sono i principali rappresen- tanti, che abbiano avuto delle pratiche applicazioni; gli studi mo- derni non han fatto che mettere in luce e spiegare la loro azione disinfettante qual'era ritenuta dall'uso di altri tempi. Havvi una serie di composti solubili di calce che non hanno nessun diritto al titolo di disinfettante (fosfati acidi o neutri, ni- — 243 — trati); lo stesso si deve dire delle preparazioni insolubili (carbo- nati, solfati ec): fanno però eccezione il cloruro di calce ed il latte di calce. Lo studio della calce, come agente battericida, risale già fino al 1874, quando il Pettenkofer fu incaricato dello studio della dis- infezione de' locali infetti; e già fin d'allora le conclusioni furono assai favorevoli ; le ricerche posteriori poi , fino a questi ultimi tempi, han messo in sodo che la calce riesce un disinfettante delle materie fecali e delle pareti de'muri: hanno lavorato intorno al pri- mo argomento Liborius , Pfuhl , Kitasato , Behring, Richard e Chantemesse ecc.; e per la disinfezione delle pareti, Jaeger, De Giaxa; Lapasset ecc. Del resto l'imbianchimento colla calce è pratica assai antica e non è privo d'interesse qualunque studio diretto a conservarla o modificarla;, ed ecco perchè ho sottoposto a prove sperimentali le sostanze suddette. * 3. Latte di calce. Adoperato già da lungo tempo (Suevern, Virchow, Hausmann) solo da poco è stato introdotto nella pratica su base scientifica. Li- borius contrariamente a Koch ed altri dimostrò l'efficacia del latte di calce; Jaeger ha rifatto tali esperimenti confermandola; il Ki- tasato l'ha studiato a proposito de' bacilli del tifo e del colera; Richard et Chantemesse hanno ottenuto che la disinfezione si ve- rifica in mezz'ora, mentre non si ha lo stesso risultato né col cloruro di calce, ne col sublimato semplice o col metodo di Laplace De Giaxa per la disinfezione delle pareti de'muri ha istituito uno studio sperimentale dal punto di vista pratico , senza seguire le prime esperienze dello Jaeger ; dalle sue conclusioni risulta che per la disinfezione nei casi di tifo occorre una imbiancatura al 50 °/0, mentre pel colera una al 20 °/o e Per lo stafilococco pio- geno aureo una doppia imbiancatura anche al 50 °/o; Pfuhl ha studiato la forma migliore sotto la quale può essere adoperata la calce e si è arrestato al latte di calce; secondo lui la calce viva a- gisce non bene e lentamente, la calce spenta polverulenta non conviene perchè si ammassa e non si fa mai intimamente un mi- scuglio e perciò potrebbe servire piuttosto a preparare il latte di calce; il Lapasset a proposito della disinfezione delle pareti e del- l' imbianchimento colla calce viene alle seguenti conclusioni che: - 244 - « Gli strati vecchi di calce non contengono che ima quantità insignificante di germi ». « I germi virulenti contenuti nelle polveri aderenti alla su- perficie sono distrutti da un altro strato di calce ». Dagli esperimenti dello stesso Jaeger risulta pure che varia l'azione del latte di calce a norma del modo di applicazione, sia che lo si spalmi in uno o più strati ; a norma della densità di esso ed anche del tempo di preparazione, richiedendosi che sia preparato di recente, perchè l'idrato di calce, per l'CO2 dell'atmo- sfera, non si muti in un inerte carbonato di calce. Il suo potere disinfettante è stato sperimentato non solo col bacillo del colera, del tifo, della tubercolosi, del tetano, della morva, ma eziandio sopra il virus carbonchioso. Per i miei esperimenti ho adoperato del latte di calce pre- parato di recente, e poiché tali preparazioni possono essere di forza variabile (5 °/o, 20 %, 50 % e perfino 100 o/0) ho preferito, in vista del materiale su cui dovevo agire , delle soluzioni al 25 o/0 ed al 50 o/0, di gran lunga superiori a quelle di cai si usa comunemente. Ho preparato le diverse sostanze nelle capsule e non ho tralasciato di assicurarmi che il mezzo disinfettante si mantenesse con reazione sempre alcalina; ho fatto gli innesti in agar di giorno in giorno dopo i soliti ripetuti lavaggi e dopo di essermi assicurato a mezzo di ossalato ammonico della scomparsa di ogni traccia di disinfettante. Latte di calce 25:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE ^__^^^ ^ Osservazioni Le colture gli animali inoculati AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1|2 3|4 5|6|7 8| 9|10 biada. . . . r + -i + + £F 3^ -f- -+■ T Le inoculazio- ni praticate con crusca + -i + + + :+: ±_ •+: + '^ materiale del g. 9 sono state po- sitive e la morte paglia ! + + + + ;+: ± ± H- ~T~ fieno . + + + + + ±: +: ±2 + ~ e avvenuta dopo •1 giorni. legno . ! + ~r + + -±_ +: ±_ ^ r~ terra . 1 + + + + ± +_ _b H= T intonaco 1- + + + + ± ± ±_ H= =F 245 Latte di calce 50:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1 1 2 | 3 | 4 1 5 ( 6 | 7 | 8 9|10 biada. . . . + + ±- + Zf ^f Le inoculazio- ni praticate con Le tre cavie mor- te erano quelle i- crusca paglia + + + + -t- ±2 ^F z sostanze del 6 g. sono siate in par- te positive : di 5 noculate con terra intonaco e legno. fieno . 4- + -±_ ± H1 ^F — cavie tre sole so- no morte di car- legno . ■f + ±2 ± H1 — — bonchio dopo 4 giorni. terra . + + -±_ -+- T T ^f — intonaco + + 3^ ±2 ^F ± H3 — Risulta da questi esperimenti che il latte di calce alla con- centrazione del 25 °/0 non dà sicura disinfezione ; mentre nella proporzione alta del 50 °/0 riesce a disinfettare le diverse sostanze solamente dopo 8 giorni di contatto e di persistente alcalinità del mezzo; cosicché anche il ripetuto imbianchimento colla calce non costituisce una norma sicura nella pratica della disinfezione car- bonchiosa. •±. Cloruro di calce. Dobbiamo al Semmelweis la conoscenza di questo disinfet- tante ; però se esso sterilizza un gran numero di microrgani- smi, il suo potere battericida è oggidì ancora discusso. Infatti si ritiene inefficace contro il virus della schiavina (Galtier, Peuch), contro quello della moriva al 3 e al 5 °/o (Zaeger); mentre all'I °/0 lo si è sperimentato energico contro il colera de' polli , il mal rosso, e al 3 e al 5 °/o contro il virus della tubercolosi e al 10 °/0 contro le spore del tetano. Secondo Niessen le soluzioni deboli, che uccidono i microbii asporogeni, sono impotenti contro quelli sporificati e le recenti ricerche di Chantemesse e Fernbach sem- brano dimostrare, che il cloruro di calce all'uno per dieci sia at- tivo così come il sublimato 1 °/oo> a condizione che la soluzione sia portata alla temperatura di 50°C. Le ricerche eseguite sopra — 246 — il virus carbonchioso non sono tutte concordi come risulta da quanto è detto. Con risultati così disparati non si può avere un giusto cri- terio sul potere disinfettante del cloruro di calce; però si tratta di una sostanza che potrebbe facilmente entrare nel dominio della pratica e vale la pena di rifare la prova sperimentale. Anche per questo disinfettante ho preparato due tipi : una diluzione al 10 per cento e l'altra al 30 per cento, ritenendo esatta l'asserzione che le soluzioni deboli sono impotenti contro de'germi sporificati. I risultati ottenuti sono: Cloruro di calce 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali inoculati AD ESPERIMENTO dopo un contatto eli giorni 1 | 2 | 3 | 4 5|6|7|8|9 LO biada .... + + + + :+: ± ± -H H- H= Le cavie ino- culate con mate- La conti-adizione tra i risultati delle crusca J + + + ±_ + -^ ±: -+■ ^F riale del 10 gior- culture e le inocu- paglia. . fieno .... + + + + + + -+- ■±_ H= H3 carbonchio dopo 3 giorni. non tutte le parti- celle delle sostan- ze erano infette di legno .... -r + + + ± dz ±: ± T H3 carbonchio ugual- terra .... 4 + + + ■±_ ± ± ±: T T intonaco . . . + + + + _-+- ±: ±z :+_ ~ T Cloruro di calce 30:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE — ^^- — — DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Le colture dopo un contatto di giorni gli animali Osservazioni AD ESPERIMENTO inoculati 1 2 3 4|5|6|7 j8 | 9 110 biada. . . . + + + ± -t -+- -+- ~ _ Col materiale crusca . . . + -r + -+: ±_ ±_ =F =F — fatto le inocula- paglia . . . + + + ±: ±: -±-_ q= ~ — fieno .... + + + ■Jz ± ±_ H- H1 — legno .... + + + +; ± ±. ^F ^P — terra .... H i- + ± -t ± =F T F= — intonaco . . . -T + + ±_ -+■ ±_ -~ -F F= — — 247 — Tali risultati permettono di ritenere il cloruro di calce come un mezzo capace di dare una vera disinfezione solo quando lo si adopera ad un alto grado di concentrazione , 30 %, e quando si può conseguirla comodamente, dappoiché non è certo indifferente T aver bisogno di un contatto prolungato dai 9 ai 10 giorni pri- ma di avere un risultato efficace. 5. Liscivie. Le liscivie sono ancora oggidì quelle stesse preparazioni, delle soluzioni alcaline, colle quali i nostri antichi disinfettavano senza saperlo, pur riconoscendo che l'entusiasmo dei nostri tempi per i nuovi mezzi di disinfezione aveva influito a farne dimen- ticare 1' efficacia : è fuori dubbio però che non havvi differenza d' energia in tali liquidi, sia che vi abbondi la potassa o la soda e che il loro effetto si ottiene solamente quando si realizzi e si produca un grado determinato di alcalinità. Ora questo grado di alcalinità del mezzo, in cui deve avve- nire la disinfezione , suole comunemente aver luogo mercè le cosiddette basi alcaline, potassa, soda , ammoniaca ; e, malgrado non si abbiano numerose ed accurate ricerche su tale argomento, pure è oggidì riconosciuto, dopo gli studii fatti nell'istituto d'I- giene di Berlino, che quando l'alcalinità è determinata dall'am- moniaca è necessario che il grado sia di tre a cinque volte più alto di quello che richiede la potassa o la soda : che la ricchezza in albumina del mezzo è indifferente , e che infine il genere di microrganismi da distruggere ha una grande influenza sulla riu- scita. È noto eziandio che la quantità di alcali non essendo sem- pre la stessa, per ragioni facili ad intendersi, è necessario misu- rarne il grado in modo determinato, titolarlo, cioè, allo scopo di procedere rigorosamente negli esperimenti e che il potere disin- fettante della liscivia è notevolmente rinforzato col riscalda- mento. Non sono numerose le osservazioni che si hanno sul potere disinfettante di tali soluzioni; e, senza tener conto di quelle del Gerloczy di Budapest , il quale ammette che « la liscivia disin- fetta gli escrementi freschi, anche quando è fredda, ed ha un'a- zione più rapida quando è bollente » mi limiterò a far tenere pre- sente quanto sappiamo intorno alla sua efficacia sul virus car- bonchioso. — 24:8 — Ho fatto uso nei miei esperimenti di una liscivia di cenere a determinata alcalinità, e propriamente di una calcolata in acido solforico = a grammi 3,33, pari a grammi 4,67 di carbonato po- tassico, pari a litro uno circa eli cenere sopra 5 di acqua; come pure di un' altra liscivia, carbonato di sodio al 20 °/o : e siccome 1' azione dell' alta temperatura non è di lieve importanza trat- tandosi di un simile disinfettante, ho creduto necessario non tra- scurare questo fattore e perciò ho adoperato l' una e 1' altra soluzione alla temperatura ordinaria e a quella dell' ebollizione ; in questo secondo caso il liquido bollente era versato nelle cap- sule e perciò non si raggiungeva mai quel grado di temperatura nella sostanza da disinfettare : per l' eliminazione in fine di ogni piccola traccia di sostanza alcalina mi son servito del lavaggio fino alla reazione neutra colla carta rossa di tornasole. » Ecco intanto i risultati ottenuti: Liscivia di cenere, acidità in acido solforico=3,33 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Le colture gli animali Osservazioni AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1[2 >ó\4 5| 6[ 7|8| !»|10 biada .... r + + ±_ + z+r- — Le cavie ino- crusca r + + ± =L H= =F — riale del 5 fior- paglia. ;- + + -±_ ±_ + hF — di carbonchio tra fieno . 1- + + ±_ zh H= H= — legno . r + + _+: ± H= + F~ — terra . f + r -\_ ± F1 =F ^ — intonaco h + + + ±2 T- + ^F - 249 Liscivia di cenere come sopra, bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE ; colture Osservazioni L( gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1 | 2 | 3 4|5[6|7|8 '.1 lo biada .... h + -+- H- Delle 5 cavie crusca paglia. !- + + + j^ _^ z mente (lepncter- ra, intonaco) so- fieno . r + -h +: — bonchio dopo il legno . f + ± ±2 — 4 giorno. terra . . h + — + — intonaco . : + ± +: Liscivia di soda 20:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE wm DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Le colture gli animali inoculati Osservazioni AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1(2 3]4|5 6|7 |8|9 110 biada .... + + + ±: ■+: -h ^ "^ Con materiale crusca + + ±: ± -H + zr — inoculato le ca- vie, di cui quel- 1 • r..n legno, ter- paglia f + ± -+- Hh -f ~7- — fieno . r + ±_ -+- -h ^F + — legno . ! + r ±: ± ±: 3:7 ~ — giornn; delle al- terra . + + -+- ± ± ^F ^f H= — (biada) {■ morta intonaco - + + ±: Hh -±_ + " 250 Liscivia di soda 20:100 bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO Le colture SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1|2|3|4|5|6|7 8 | 9 1 10 biada .... ;- + -H ±: T- ~ _ crusca. . . . -4- + -±: ±: n7 H1 — paglia . . . 1 + -h +: H7- H= — fieno .... r + ± ±_ qr T — legno . . . , 4 _j_ -\- ± =F H1 ^F — terra .... + ± ± =F ~ T — intonaco . . . + ±2 ± — T- H= " gli animali inoculati Osservazioni Due cavie con materiale preso a caso, nel terzo te dopo 2 giorni; delle tre con ma- gativo, solo quel- ta dopo il quar- to giorno. Ho fatto le ino- culazioni al terzo giorno per vedere si' modificata e dal- l' esito si rileva non esservi stata attenuazione. Ora riguardo alle liscivie possiamo ritenere che : 1. le liscivie a caldo, bollenti, sono molto più attive ed agi- scono molto più rapidamente di quelle a freddo ; 2. le liscivie alla soda sono sempre più deboli di quelle co- muni alla cenere. 3. la liscivia di cenere in ragione di 1 p. di cenere sopra 5 di acqua e bollente disinfetta completamente i diversi materiali carbonchiosi dopo quattro giorni , mentre una di soda 20 °/o ri- chiede un tempo di contatto quasi doppio e perciò nella pratica della disinfezione quella potrebbe riuscire più efficace. 6. Sapone potassico. I saponi, al pari delle liscivie, si distinguono in modo spic- cato per le loro proprietà particolari, e più ancora perchè han rappresentato da secoli la preparazione naturale e migliore al lavaggio; e per loro noi possiam dire che se disinfezione e net- tezza non si confondono sono certo strettamente legate insieme. II loro valore disinfettante dipende solo dalla quantità di alcali, la quale può essere tanto elevata che ad es. una parte di sapone solido sciolto in 70 p. di brodo uccide in due ore i ba- cilli del carbonchio , e nel caso dell' ordinario sapone molle 1' a- zione è maggiore perchè fortemente alcalino. Importante e di un — 251 grande valore pratico per le clismfezioni è il fatto, accertato ne- gli esperimenti di Koch , che il sapone di potassa nella propor- zione di 1 a 5000 impedisce lo sviluppo de' bacilli dell'antrace e nel grado di concentrazione di 1 a 1000 lo sopprime completa- mente : e poiché può ben soddisfare alle diverse esigenze d' uà buon disinfettante , credo ben giustificato lo sperimentarne 1' a- zione specifica , tanto più che sub" importanza de' saponi nella disinfezione si ha oggidì un concetto più alto; e una pruova si è che nell' istituto igienico di Berlino, secondo riferisce il Behring, sono stati già esaminati nella loro energia disinfettante ben 40 saponi diversi. Dagli stessi esperimenti di Koch risulta pure che il sapone potassico non ha nessun' azione sulle spore carbonchiose ; pur tuttavia lo si raccomanda come efficace e nella Germania in al- cuni casi è prescritta la soluzione di sapone nero o verde (tre di sapone sopra 100 di acqua ed a caldo) per la disinfezione della biancheria, mentre da un altro lato, a dire di Galtier, gli effetti della potassa e della soda, sono poco incoraggianti, e, secondo il Perroncito, le spore carbonchiose resistono oltre 90 giorni perfino nella potassa caustica al 20 °/0, quando i bacilli invece muoiono in 11 minuti in una soluzione al 5 °/0. Ho prescelto anch' io nei miei esperimenti questa sostanza allo scopo di vedere se possiamo avere a nostra disposizione un buon disinfettante o piuttosto un buon mezzo di lavaggio pre- paratorio alla disinfezione propriamente detta. Una soluzione attiva , che è stata raccomandata da molti autori, può essere preparata sciogliendo 15 gr. di sapone verde in 10 litri di acqua tiepida (1,5 °/o) , ovvero si può adoperare quella con 3 di sapone su 100, o quella proposta dal Behring 10 °/0, che gli ha dato risultati presso a poco come quelli con liscivia. Ho voluto perciò preparare nei miei esperimenti una soluzione al 3 o/0 ed una al 10 o/0 di sapone potassico adoperandole a freddo ed a caldo, ed ecco quanto risulta da tali esperimenti , in cui le di- verse sostanze sono state adoperate soltanto quando le acque di lavaggio agitate con cloruro di bario non hanno dato luogo ad intorbidamento. - 252 - Sapone potassico 3:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO a Osservazioni Le colture opo un contatto di giorni gli animali inoculati 1| 2 3 1 4 | 5 [ 6 | 7 | 8 9|10 biada .... + + + ± - ~ Tre cavie ino- Dopo 4 giorni di contatto non vi crusca . + + ± ±_ T ~ — terìale del 4. g-, era ancora nessu- no accenno di at- paglia . . + + ±: -h — H= — no morte tra 50 tenuazione. fieno . . * . + + ±_ ■+- + zp — cavie inoculate legno .... + + + + ^F q= — con i materiali terra .... : + ;+! H- ± ^P T- - sola e morta. intonaco . . . ! -r +: ± ±z T =F — Sapone potassico 3:100 bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE Di CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazìcni Le colture gli animali inoculati AH ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 9 II biada .... i + ±: T T" Ho inoculato solamente 2 ca- crusca . . . i + ±: " T- — vie con materia- paglia . . . r + ± H1 H1 — vo del 6. giorno fieno ... . f + ± ~ + — pò 4 giorni. legno .... 7 + ±: + H3 — terra .... i + Zf_ ±2 H= ^P — intonaco . r + ± ±_ F7- + — 253 — Sapone potassico 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE ire Osservazioni Le colti gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 | 2 1 3 | 4 | 5 | G | 7 | 8 | 9 1 1 0 inoculati biada .... + + -+. -+- _ Non ho prati- crusca . . . + + + — — coni di controllo paglia. . . . -H + ± H= — fieno .... + + ±_ H3 — legno .... + + ± ~ — terra .... + + + q= ~ — intonaco . . r + ± ~- H3 Sapone potassico 10:100 bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO Le colture Osservazioni gli animali inoculati SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 2|3|4|5|6|7|8 9|10 biada .... + ^h -F Ho inoculato solo 2 cavie con L' esito non le- tale di una cavia crusca . . . paglia . . . fieno .... + + -f =F - i materiali quasi negativi del 4. giorno; di esse solo una, quella con terra è mor- può spiegarsi col- la scarsezza dei forte attenuazione. legno .... + ± — ta di carbonchio al 4. giorno. terra .... 1- ±: -f- ^F — intonaco . . . i- ± H1 ~r- Dall' esame degli esiti ottenuti appare sicuro che le soluzioni saponacee, nelle proporzioni e nel modo da me adoperate, sono da considerarsi come disinfettanti poco efficaci in genere ; tuttavia il grado di concentrazione e, molto più, l'alta temperatura au- mentano sensibilmente la loro azione da ottenere con una solu- zione 10 °/0 bollente la disinfezione completa della maggior parte de' materiali carbonchiosi dopo tre o quattro giorni di contatto. Comechessia però le soluzioni di saponi hanno il vantaggio di decomporre le sostanze grasse, ed in ciò hanno un' azione pa - rallela alle liscivio , e sarebbero perciò indicati come mezzi più atti alla lavatura ; prevarrebbero in questo caso le opinioni e la pratica degli antichi. — 254 — Acidi. 7. Acido cloridrico. L' azione distruttiva degli acidi da ima parte e la loro fa- cile scomponibilità dall' altra ne limitano V uso nella pratica della disinfezione e fanno si che quando essi vengono adoperati , le dosi indicate non sempre corrispondono allo scopo ; evidentemente V azione degli acidi viene così indebolita dalle combinazioni che essi formano, sicché sul modo di agire di essi buona parte spetta alla composizione chimica del sostrato. Gli effetti disinfettanti degli acidi si misurano in modo ana- logo a quello degli alcali ; il minimo necessario per uccidere i bacilli del carbonchio in poche ore richiede un' acidità equiva- lente a 30 cmc. di acido normale per litro, mentre pel tifo e per la morva bisogna andare a 40, a 60 cmc; ed è naturale che l'a- cidità preesistente del mezzo diminuisce la quantità necessaria dell' acido adoperato come disinfettante ; d' altronde la natura dell' acido che determina 1' acidità è (Behring) indifferente , e perciò degli acidi, compresivi gli organici, si dovrà adoperare una quantità tanto maggiore quanto più elevato è il loro peso mole- colare. Il Koch stabilì prima d' ogni altro che le spore di car- bonchio sono distrutte dopo 10 giorni di contatto da una solu- zione di acido cloridrico 2 o/0> mentre una di acido solforico non le distrugge in qualunque tempo ; il primo sarebbe adunque ri- spetto al virus carbonchioso più energico e le ricerche sperimen- tali sulla sua azione non sono prive d' interesse. L' acido cloridrico è stato eziandio proposto e sperimentato per la disinfezione degli escrementi adoperando delle soluzioni all' 1 o/0, sempre però quando si ha la certezza di avere a fare con microorganismi asporogeni. Comechessia gli acidi minerali sono poco o niente usati nella pratica; il John Dougall pretende adoperare l'acido cloridrico al 5 o/0 negli usi comuni, e, malgrado che nella pratica veterinaria non si può invocare il fatto eh' esso alteri gli oggetti (Yallin), pure non lo si prescrive come disinfettante. Pur tuttavia ho voluto sottoporlo a prova sperimentale pre- ferendolo agli altri per la faciltà nell'acquisto, e nell'adoperarlo ; ho prescelto quel grado di concentrazione che poteva renderlo possibilmente più pratico, una soluzione, cioè al 10 °/0, ed ho trat- tato con nitrato d'argento le acque di lavaggio. Ho ottenuto il seguente risultato. — 255 Acido cloridrico 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO ^^^ Osservazioni Le colture gli animali SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1 2 3|4 5 | 6 | 7 | 8 | 9 1 10 biada .... + + + ± =F — _ Ho inoculato crusca . . . + + I- +: H= H1 — i materiali quasi negativi dell' 8. paglia . . . + f + ± zp H1 — giorno; due sole, quella con terra ed intonaco, sono fieno .... + H + 42 H1 =F — legno .... + ' + ± H^ + + ■+- — morte dopo 4 giorno. terra .... + r + +: -+^ + ^P q= — intonaco . . . + + + -±_ ±: T + + Cosicché una soluzione di acido cloridrico al 10 °/o può an- noverarsi nella lista de' disinfettanti del carbonchio , alla condi- zione però che si abbia una durata di contatto di 8 a 9 giorni, ciò che in pratica non è così facile conseguire. Sostanze della serie aromatica. 8. Acido fenico puro. La grande diffusione che ha acquistato 1' acido fenico deve attribuirsi alla generale credenza che sia un eccellente mezzo di- struttore di germi patogeni, ed, abbenchè molto meno attivo del sublimato, è stato il disinfettante per eccellenza. A differenza degli altri disinfettanti l'acido fenico non ri- sente le diverse influenze sfavorevoli , restando la sua azione quasi sempre la stessa ; tuttavia è noto che questa si aumenta col calore, coli' aggiunta degli acidi e quando è in soluzione ac- quosa a preferenza (Iaeger , Laplace, Teuscher , Koch , Knorre, Lenti ecc.). Numerosi lavori hanno messo a prova il suo potere batteri- cida e le conclusioni non sempre sono state uniformi non solo a riguardo delle diverse specie batteriche, ma anche per una stessa specie. Infatti in tutta la serie numerosa di ricerche eseguite sul suo potere disinfettante contro il virus carbonchioso non mancano le contradizioni. — 25(3 — Dall' insieme però delle osservazioni può dirsi in modo ge- nerale che i lavori di Kocli, del Gaertner, dello Sellili , del Fi- scher e del Kummel hanno messo in sodo che l'acido fenico ha il vantaggio sul sublimato di non scomporsi che in minima parte a contatto delle albumine, che moltissime spore non vengono af- fatto distrutte e che perciò una disinfezione, nel vero senso della parola, non sempre è certa coli' usuale soluzione al 5 per cento. A parte le osservazioni di Davaine che riguardano sangue car- bonchioso e quelle del Redard , tutte le altre riguardano spore isolate e non possono perciò riuscire inopportune quelle che io ho praticate sopra i diversi materiali carbonchiosi, allo scopo di ve- dere se, e fino a qual punto, l'opinione diffusa sul potere disin- fettante dell' acido fenico è o non ben fondata , tanto più che esso è prescritto per la disinfezione de' locali nel Regolamento di polizia di Berlino 8 febbraio 1887, preparato 1 p. 18, equiva- lente presso a poco ad una soluzione al 5 °/o- Dovendo scegliere nei miei esperimenti un grado di concen- trazione, che potesse mostrarsi efficace in breve tempo , mi son fermato alla soluzione comunemente adoperata 5 °/o, non presen- tando le altre più deboli condizioni molto favorevoli ad una pronta disinfezione ; oltre a ciò diversi autori , trattandosi di materiali sporiferi di grande tenacia, consigliano di andare ancora più in là e propongono soluzioni di acido fenico al 10 °/0; malgrado che l'indice della sua solubilità si ritenga un poco più basso. Come- chessia ho voluto sottoporre a prova e l'una e l'altra soluzione, trattandosi di una sostanza che gode buonissima fama tra i di- sinfettanti, malgrado opinioni così disparate. Le inoculazioni e le culture sono state praticate dopo ab- bondante lavaggio e quando non si aveva nessuna reazione con acqua di bromo. I risultati sono i seguenti : - 257 - Acido fenico puro 5:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1 2 :i 4|5|6|7 8 | 0 |10 biada. . . . + + + r ± -r- -t- ±^ 4- "(7 Le cavie ino- culate con mate- crusca . ■ + + + 1- ± 4; 42 -±_ — H- riale del 9 gior- paglia . . . + + + + a_ ±: ±^ ±. qr =F carboncliio dopo fieno .... + + + + + _h ±2 4: q= ~T legno .... + + + + 4- 4- + 4^ qr ~~ terra .... + , + -1 ± ±_ 4: zb qr r+: intonaco . . . + + + + ±z ±z 4: ±2 H= + Acido fenico puro 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1 | 2 | 3 i 5 6|7|8 9 1< biada. . . . + + + ±2 _^ ^i" 41 . Ho inoculato le cavie con ma- Le dette inocu- lazioni sono state crusca . + + -f ± ±_ -t- +T- — teriale del gior- praticate ad arte per s t ab i lire un confronto tra materiale disinfet- tato e quello quasi paglia fieno .... + + + + 4; 4; 4: ~ T 41 =F z sola, quella con terra, e morta di carbonchio dopo legno .... + + + 4: Jz hF ZF — 4 giorni. terra .... + + + 4^ ± ~ q= H7 — intonaco . . . + + + — ± ^F 4= ~ — S' è detto pure che 1' alta temperatura influisce sudi- azione delle soluzioni fenicate; ho messo a prova solo quella 10 % por- tandola prima all' ebollizione e poscia versandola sulle sostanze da sperimentare, ed ecco i risultati de' primi quattro giorni di contatto. 17 — 258 Acido fenico puro 10:100 bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO )lture atto di gion Osservazioni Le c< dopo un cont lì gli animali inoculati 1|2 3 | 4 | 5 | G | 7 | 8 | 9 1 10 biada. . . . + + + +: Non ho prati- cato inoculazioni crusca . + + + in di controllo. paglia + + + ± fieno. . . + + + -±_ legno .... r + + ± terra .... + + + ±2 intonaco . + + + -+1 Non ho prolungato il contatto fino a 10 giorni, non avendo avuto risultati diversi da quelli precedenti: ammesso pure del resto che dopo i quattro giorni si fosse ottenuta una disinfezione com- pleta, si sarebbe già impiegato un tempo troppo lungo , ciò che non si può ritenere favorevole alla sua efficacia. Pare adunque che dai detti esperimenti, si debba cavare come conseguenza che 1' acido fenico puro al 5 °/0 non dà vera disinfe- zione durante 10 giorni di contatto, mentre una soluzione al 10 °/0 può darla solamente tra 1' 8° e 9° giorno e che 1' alta tempera- tura non ha nessuna influenza nei primi quattro giorni di contatto. Ma, oltre al grado di concentrazione , all' alta temperatura, s' è asserito che anche 1' aggiunta di altre sostanze, di saponi, di acidi ecc., potesse influire favorevolmente; a tale uopo ad una solu- zione di acido fenico 5 °/0 ho aggiunto di sapone verde il 2 °/0, ed ho sottoposto tale miscuglio alla prova sperimentale. Una tale soluzione , secondo il Nocht , costituisce il sapone fenicato; in essa i batteri privi di spore sono uccisi sicuramente alla temperatura della stanza in mezz'ora e le spore del carbon- — 259 Acido fenico 5:100 e sapone potassico 2:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE e colture Osservazioni L gli animali inoculati AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1[2 3| 4| 5 6 f 7 1 8 1 9 1 10 biada. . . + + + ^F =F Le inoculazioni sono state prati- crusca + + ±_ ~ =F — cate al 4 giorno paglia + + ± + T- — sono morte tra il fieno . + r ±2 -+- ~ — 3. e 4. giorno. legno . + + ± T H= — terra . + f ±i H1 ±2 zp — intonaco + + ± H11 ±2 -F Ho adoperato eziandio questo composto antisettico a caldo sottoponendolo ad ebollizione prima che si verificasse il contatto e la differenza notata riguarda la durata, giacché la disinfezione s' è verificata verso il 5 giorno. Emerge quindi che una disinfezione coli' acido fenico al 5 o al 10 °/0 nei casi di carbonchio non la si ottiene così rapidamente come comunemente si crede, e che l'aggiunta di sapone potassico ha la sua influenza, poiché le diverse colture, già fin dal 4° giorno* si mostrano quasi negative. * * * 9. Acido fenico commerciale. Dopo 1' estrazione dell' acido fenico rimane il cosiddetto acido fenico grezzo o commerciale , che da lungo tempo è stato ado- perato nella disinfezione grossolana, quantunque nelle condizioni ordinarie sia di molto inferiore al primo, e per la poca quantità di acido fenico che contiene , e per la quasi insolubilità de' suoi componenti; sicché è da ritenersi agisse più con un' azione ma- scherante, dirò così, che deodorante nel vero senso della parola. In seguito alle ricerche sulla sua composizione chimica e della diversa energia disinfettante de' suoi costituenti si ritenne che , tra gli altri derivati del catrame, solo i fenoli superiori o cresoli posseggono un reale potere disinfettante, che non si appalesa nelle soluzioni di acido fenico impuro, perchè sono pochissimo solubili - 2(50 — iiell' acqua : a tale difficoltà fu ovviato in ulteriori osservazioni (Laplace, Frànkel). Intanto i risultati ottenuti coli' acido fenico commerciale hanno variato finora moltissimo a seconda degli autori. Jersin con una soluzione di acido fenico commerciale al 5 % distrusse in 30 se- condi la virulenza degli sputi tubercolari, mentre Sellili e Fischer, nel laboratorio di Koch ottennero lo stesso risultato dopo due giorni di contatto e Jaeger dopo un minuto solamente. Ciò si può solo spiegare colla composizione variabile di questi prodotti. Riguardo poi alla sterilizzazione del virus carbonchioso, sappiamo dai pochi esperimenti, eh' esso uccide dopo due giorni le spore (Frànkel); che in una soluzione al 6 o al 10 o/0 non si ha una vera e sicura disinfezione, occorrendo a tale uopo un titolo molto alto, un contatto intimo, lunghissimo e che perciò viene in campo il costo della disinfezione (Turina); che una soluzione al 5 °/0 è in- capace di uccidere le spore carbonchiose in 2 mesi di contatto, mentre portata a 40° C. vi arriva in 4 a 6 ore (Nocht). Ora, malgrado ciò, persiste ancora l'idea che esso nella pratica agisca molto bene e si raccomanda in quella veterinaria ; ecco perchè non ho creduto tralasciare nei miei esperimenti una so- stanza, che, pur essendo già in uso, mal risponderebbe ai fini d'una buona disinfezione, se, per avventura, i diversi esperimenti dimo- strassero la sua inefficacia. Ho prescelto tra le diverse soluzioni quella al 10 °/0, perchè, non essendo di composizione costante, è bene adoperare una quan- tità percentuale maggiore di acido fenico; non ho creduto neces- sario filtrarla e decantarla prima per allontanare i residui di ca- trame, che si vedono sulla superficie del liquido in forma di gocce, trattandosi di materiali, ai quali un' alterazione nel colorito jxdco o nulla aggiunge. In questo caso, come per T acido fenico puro, lo stesso cloruro di bario, mi ha servito per escludere la presenza del disinfettante nelle acque di lavaggio. 261 Acido fenico commerciale 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO alture Osservazioni Le e gli animali SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1|2|3|4|5 6|7|l 0 1 10 biada. . + + ± =F Dello cavie i- crusca . + + ± + — teriale del gior- paglia . . . fieno .... 4- + + + ±2 — nel 4.fl0pi'1'.'nH',"t,',. tonneo) sopra legno .... + + ;+: H= — cinque. terra .... + + ±: Hh H= — intonaco . ■f + Hh H7 H7 I risultati ottenuti coli' acido fenico commerciale mi son sem- brati, rispetto a quelli di altre sostanze del gruppo della serie aromatica, più efficaci e, credendo si trattasse d'un fatto acciden- tale o a dirittura fossi incorso in qualche sbaglio, ho voluto ripe- tere 1' esperimento nelle identiche condizioni. I diversi materiali sono stati realmente disinfettati nel 5 e 6 giorno di contatto; co- sicché deve ritenersi che 1' acido fenico commerciale merita di essere preso in consiclerazione;massime in circostanze speciali quando il tempo, il luogo potrebbero richiederlo. Intanto ho detto innanzi che il potere disinfettante dell'acido fenico commerciale non si appalesa , perchè i suoi componenti principali sono poco solubili nell' acqua ; pur tuttavia vi hanno alcune condizioni , di cui poche solamente son determinate , le quali aumentano la forza microbicida di alcuni disinfettanti chi- mici. Infatti il calore è un eccellente ausiliario degli antisettici; 1' acidità , 1' alcalinità e la natura de' medii modificano l'azione de' microbii ; le sostanze organiche , che fanno da veicoli ci' un virus, agiscono ugualmente sull' energia de'disinfettanti ecc.; così pure mescolando a parti uguali 1' acido fenico puro o meglio quello commerciale coli' acido solforico concentrato il Laplace ha otte- nuto un antisettico ben più potente. Numerosi autori (Hammer, Rotter, Frànkel, Behring) son venuti alle stesse conclusioni, che, cioè, il miscuglio di alcune sostanze disinfettanti dà luogo ad un altro composto, che compendia in sé l'azione microbicida de'suoi componenti. Questo miscuglio Laplace , detto anche acido solfo- — 262 — fenico, asettolo , vien consigliato e raccomandato per la disinfe- zione in grande, è solubile in acqua e può così mettere in atto' tutta 1' azione dei suoi fenoli. Era importante quindi dal punto di vista pratico della disin- fezione delle stalle studiare l' utilità e la convenienza di tale miscela. Ho preparato perciò un miscuglio di acido fenico commer- ciale (Frànkel , Sciavo , Petri) ed acido solforico concentrato , a volumi eguali, facendo in modo che la miscela avvenisse a freddo e versando 1' acido lentamente ed a getto molto sottile , giusta quanto si suole consigliare, ed ecco i risultati ottenuti : Miscela Laplace (acido solfofenico) 10:100 SOSTANZE INFETTE Di CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO RISULTATI OTTENUTI SOPRA Le colture dopo un contatto di giorni 1 |2 3 4J5|67|8|9|10 gli animali inoculati Osscrvazicn biada . crusca paglia fieno . legno . terra . intonaco Le cavie sono st a t e inoculate con materiale del giorno due e La terra e l'in- tonaco non hanno dato differenze ri- spetto allo altre Evidentemente una soluzione fenolsolforica mostra un' azione più energica rispetto a quelle di acido fenico commerciale o puro, e può essere per questo presa in considerazione nella disinfezione delle stalle. L' aumento di attività del fenolo associato all' acido solforico non può spiegarsi colla presenza dell' acido, che, da solo, è pressoché attivo quanto il primo ; pare probabile eh' essa va dovuta a qualche altra combinazione con gli omologhi del fenolo. Tale miscela non è stata adoperata a caldo, perchè, secondo le esperienze del Frànkel, quella a freddo è molto più attiva. 263 — 10. Creolina. Se 1' aggiunta di acidi ai erosoli mette in libertà il loro potere disinfettante , rendendoli solubili da una parte , rende dall' altra molte volte impraticabile la disinfezione; bisogna, come asserisce il Nocht, sostituire a dei miscugli acidi preparazioni neutre od al- caline di questi cresoli; e questo bisogno fece inventare nel 1881 la creolina, la quale deve il suo potere disinfettante a quattro gruppi di corpi, che agiscono simultaneamente, mentre presi da soli sono poco o nulla battericidi, quali il sapone resinoso, l'olio di creolina, la piridina, ovvero agiscono, secondo Henle, più ener- gicamente dell' acido fenico, come i cresoli. Questi ultimi costituenti sono nella creolina l'elemento capitale; non si trovano disciolti ma allo stato di emulsione e l'emulgente è il sapone resinoso; oltre a ciò essi presentano delle oscillazioni ri- guardo alla loro composizione , che , rendendo la creolina inco- stante , ci spiegano quelle differenze di giudizi che si son dati su di essa. Comunque sia però essa messa in confronto all'acido fenico ed ai cresoli si è mostrata più attiva (Behring), e superiore eziandio alla stessa miscela Laplace; presenta, come il sublimato, la parti- colarità di risentire gli effetti ci' un mezzo ricco di albumina , mentre per lo contrario, a differenza degli altri disinfettanti, ha un' attività più o meno manifesta a norma del tempo di sua pre- parazione. L' energico potere disinfettante della creolina è stato confer- mato da una serie di autori (Nocard. E. v. Esmarck, Eisemberger, Henle, Th. Weyl, Remouchamps e Sugg ) e malgrado la diversità de' risultati, la creolina è ritenuta un antisettico di prim' ordine, manifestamente superiore all' acido fenico e da paragonarsi solo al sublimato (Van Ermenghen); essa ha raggiunto una così stabile costituzione, malgrado la sua natura di miscela e non di composto chimico ben definito, da non venir meno al suo compito (Santo- vecchi) e fin dal 1888 se n'è fatta un' applicazione in grande per la disinfezione de' locali del gran macello La Villette a Parigi (Bulletin municipal ofificiel de la Ville de Paris 4 novembre 1888). Numerose sono le ricerche della sua azione sul virus carbon- chioso, ne poteva essere altrimenti , vista la natura del disinfet- tante e la sua importanza ; ciò non toglie per altro che si re- gistrino notevoli differenze nei risultati ottenuti. Ed è appunto — 264 — una tale sostanza eli' io ho scelto nei miei esperimenti, convinto che essa, che può entrare così largamente nella pratica veteri- naria, merita di essere studiata e controllata, massime quando di opinioni tanto diverse si mostrano autori, per i quali non è lecito levare il benché minimo dubbio. Di questo disinfettante ho preparato due soluzioni, una al 5 o/0 e 1' altra al 10 °/o j come quelle che hanno dato risultati possi- bilmente soddisfacenti e riassumo nei due quadri seguenti quelli da me ottenuti, servendomi per le acque di lavaggio dello stesso metodo tenuto per 1' acido fenico. Creolina 5:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazion i Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1[2 314 5 6 7 8 | 9 1 10 biada .... + + H- + 4- _h ± ± -+■ H= Non ho inocu- Clilato animali Non ho fatto i- noculazioni p e r- crusca . . . + + i + r _+_ ± -±_ ^ H= perche l'I o cic- <* h e un contatto paglia + + f + f 4- +: -±_ ~ ~ che rendere mino- re il potere disin- fettante della creo- fieno .... + + + + r ± ±: ±_ =F =F legno. . . . + + + h + ± j— ± ^P ^P terra .... - + -f + f -t ±z ^_ T ^ intonaco . . + + + + + ± — ±: -T- ^F Creolina 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE . Osservazioni Le colture gli animali inoculati AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1|2 3| 4 |5J 6|7|8p9|10 biada. . . . i + !- ± -F -1- Ho praticato le crusca i + + j^ ±!+ -+- — materiale del f. paglia fieno .... i i + + + + ~ — te s' e veritìejita dal 3. al i. gior. legno .... r + T _t 4- H11 H1 h= — terra .... i + + ± ±=F -T '-+ — intonaco. . . t + 4 — 4- -+- =F •+■ — 265 — Non ho voluto tralasciare di sperimentare quest' ultima so- luzione col valido sussidio dell' alta temperatura; 1' ho sottoposta perciò ad ebollizione e poscia in contatto con le solite sostanze infette: una differenza importante presenta questo modo di u- sarla, quella, cioè, che fin dal 4.° giorno le culture si presentano quasi negative, mentre la disinfezione completa si avvera al 6.° giorno. Infatti: Creolina 10:100 bollente RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETT DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE E _ . __. colture Osservazioni Le gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 |2|3|4|5|6|7|819[10 inoculati biada . . + + — ^F H7 _ Non ho inocu- lato animali di crusca . . + + -+: T H1 — controllo. paglia + 4- _-tz ~ T — fieno . + + ±^ H1 T — legno . + + ±: H= + — terra . + 4- ±_ " " — intonaco . -j- + j4- H1 + Da quanto precede appare chiaramente: 1.° Una soluzione di creolina al 5 °/0 e dopo 10 giorni di contatto non dà luogo alla disinfezione; 2.° Una soluzione al 10 °/(l, adoperata bollente, è assai più efficace perchè la disinfezione si avvera al 6.° giorno. 11. Tricresolo. Dalle recentissime conoscenze, che si hanno sull' azione dis- infettante decomposti della serie aromatica, appare che i cresoli o fenoli superiori hanno realmente gran valore disinfettante, mas- sime quando son resi solubili. Tuttavia il Frankel ha dimostrato che la soluzione degli isomeri orto - para - e metacresolo al 5 °/o uc- cide le spore carbonchiose più resistenti in 6 ad 8 giorni e che tra essi il metacresolo si mostra più attivo; mentre una soluzione al 4 °/n d'un miscuglio a pesi uguali di acido solforico e di uno — 266 — de'detti cresoli dà lo stesso risultato in 8 a 20 ore e la soluzione al 2 o/0 in due giorni; oltre a ciò, tenendo presente il fatto del- l'azione cumulativa di parecchi disinfettanti, che agiscono nello stesso senso, messo innanzi la l.a volta dal Rotter, si è cercato di metterlo a profitto, utilizzando il miscuglio di detti cresoli: di qui ha avuto origine il tricresolo che trovasi in commercio. Oltre a ciò tenendo presente che il tricresolo , il quale se- condo le ricerche di Hammer, in soluzione al 0;5 °/0 distrugge i bacilli asporogeni del carbonchio in tre minuti ed in soluzione al 5 °/o uccide le spore solo dopo 5 giorni e volendo prendere in esame qualcuna delle sostanze appartenenti alla serie aroma- tica, destinate ad avere nella disinfezione dell'avvenire una reale importanza pratica, ho prescelto il tricresolo. Ho preparato , quantunque si ritenga questa sostanza poco solubile, due tipi di soluzioni, una al 5 °/0 e l'altra al 10 °/0; con esse ho riempite le capsule ed ho fatto di giorno in giorno le relative culture ed inoculazioni, eliminando prima la sostanza dis- infettante come ho fatto per la creolina ed ecco i risultati ot- tenuti : Tricresolo 5:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo u Osservazioni Le colture 1 contatto di giorni gli animali inoculati 1|2 3|4|5|6 |7 |8 | e» 110 biada. . . . 4- + 4- ± i H1 H^ -+- Mi eon servito per inoculazione crusca . 4- 4- + _^_ +; + H= — — del materiale dell1 8. piorno e paglia 4- r ;- ±. ± + + ^ — di 5 cavie , una fieno . 4- f + ±. ± T + hF — (miscuglio di pa- glia e fino) e ri- legno. 4~ + + ± ± ^ ~ + — masta in vita. terra . . 4- 4- + ^2 ± T" H= T- — intonaco . 4- 4- + ± ± ^~ + 267 — Tricresolo 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO — Osservazioni Le colture gli animali inoculati SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | G | 7 | 8 | 9 1 10 biada. : + +: H1 H- _ Ho inoculato due cavie con i Le culture quasi crusca . . - + ±2 + =F — materiali quasi negativi del 6. perduto molto del- la loro virulenza. paglia h + -+- =F ^F — giorno; una sola (terra) e morta di e arbonchio fieno .... !- + ± FF H7 — legno. . . . + + H2 =F — nel i. giorno. terra .... -r + ± H= H1 T — intonaco . . . ;- + ±_ + H11 + In seguito di tali esperienze resta dimostrato il fatto che una disinfezione col tricresolo non si avvera se non dopo alquanti giorni di contatto ugualmente a quanto succede per altre sostanze con- simili. 12. Solutolo. Ad Hueppe spetta il merito di aver ottenuto la solubilità de' cresoli nell'acqua senza l'aggiunta di acidi o di alcali, facendo uso di sali organici; si hanno così dei miscugli che possono essere diluiti a piacere nell'acqua senza perdere nulla de'cresoli; a queste soluzioni neutre acquose di cresoli, le quali sono state oggetto di due impor- tanti memorie di Hammer di Praga, egli dette il nome di solveolo. Oltre al solveolo Hueppe ha fatto preparare un altro composto ado- perando un eccesso di cresolo in acqua insieme a soda caustica; dal miscuglio di cresolo libero e cresolato di soda già formato si ha il cosiddetto solutolo, che a differenza del ì.° è fortemente alcalino e contiene il 60 °/0 di cresoli. Due qualità di solutolo ci vengono dalla casa Heyder, il puro e quello bruto; la differenza però non sta nella quantità de' principi attivi, i quali sono sempre nel rapporto suddetto, ma nella prepa- razione più o meno accurata. Il suo grado di solubilità, la sua com- posizione sempre costante, l'alto grado di alcalinità fanno ritenere che debba avere un'azione superiore a quella di molte sostanze fino ad oggi adoperate, all'acido fenico grezzo, alla creolina, ecc. ed es- — 268 — sere anche più pratico perchè molto meno costoso. Secondo le espe- rienze fatte nell'istituto igienico di Praga, il solutolo è superiore agli altri mezzi per la disinfezione in grande, ed il Prof. Hueppe, parlando in un suo recente lavoro del colera in Amburgo, conferma il suo modo di vedere intorno al solutolo al punto ch'egli non sa spiegarsi perchè colà si sia preferito ancora l'acido fenico molto meno utile e si sia tralasciato il mezzo più efficace per la disinfezione grossolana, il solutolo e specialmente quello grezzo (Gruber): in Ha- gen già da tempo lo si adopera con risultato soddisfacente per la disinfezione del pubblico macello e del mercato. Secondo Heyder però 1' azione del solutolo grezzo è notevol- mente inferiore alle aspettazioni fondate sul parere di Hammer, Hueppe; e, secondo l'Arnould, l'attività maggiore rispetto alla crco- lina, al lisolo è più apparente che reale e dipende dal fatto che si hanno gli stassi risultati adoperando minore quantità de' primi, mentre se queste diverse preparazioni si riducono alle vere e reali quantità di cresoli, che rappresentano, si riconoscerebbe facilmente coll'esperienza che il loro potere disinfettante è lo stesso da una parte e dall'altra. Gomechessia però è certo che il solutolo grezzo può presen- tare dal punto di vista della disinfezione veterinaria de' vantaggi e de' requisiti, che giustificano qualunque tentativo per renderlo atto in ogni grossolana disinfezione; ed incoraggiamenti non man- cano, giacché secondo Hammer una soluzione di solutolo al 10 °/0 di- strugge le spore carbonchiose in 4 giorni ed una al 20 °/o in due giorni; una soluzione 1 su 15 (7 °/0 circa) le distrugge in 48 ore secondo Lignières, ed una fatta in modo da contenere 5 °/0 di cresolo a 55° le uccide in un'ora secondo Heider; mentre, stando ai risultati ottenuti nell'istituto igienico di Berlino le soluzioni di solutolo grezzo al 10 °/0 , hanno ucciso le spore in un giorno e quelle invece preparate con solutolo puro, anche al 10 o/fli dopo soli quattro giorni. Il Buttersack annovera il solutolo grezzo tra quei mezzi con cui è possibile eseguire nei casi più difficili una di- sinfezione non solo completa, ma anche rapida. Per simili ragioni ho creduto bene prescegliere questa sostanza all'altra, e sottoporla a prova sperimentale allo scopo di vedere se, e fino a qual punto, meritano plauso gli sforzi che si fanno per farlo entrare nel do- minio della pratica della disinfezione. Ho adoperato dapprima una soluzione al 10 °/0, e, poiché il suo grado di solubilità da una parte e i risultati soddisfacenti ottenuti dall'altra mi incoraggiavano ad averne anche de' migliori, mi son — 269 — servito di un' altra soluzione al 15 °/0 ed ho rifatti gli esperi- menti. I risultati ottenuti sono i seguenti: Solutolo 10:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Le colture Osservazioni AD ESPERIMENTO dopo un con tutto di giorni 1|2|3|4|5|6|7_|8|9|1C inoculati biada. . . + + h -t- =F -h Ho inoculato le cavie con ma- crusca + + -f +; ^F — — teriale del 5.gior- paglia + + + ■±_ =F Ir — avvemita tra il fieno . + + + ± H- T — legno . + + + ± H= — terra . + + + :ìz + ^H — intonaco + + !- ± + ^F " Solutolo 15.100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni 1 |2|3|4|5|6|7|8|9|10 inoculati biada. . . . + + -jr -+- _ Non ho inocu- crusca . . . + + zr — — controllo. paglia . . . + + ± =F — fieno .... + + +: Hh — legno. . . . + + ± T — terra .... + + -±_ ~ — intonaco . . . + + ± =F ~ Una soluzione di solatolo al 15 o/0 produce la disinfezione nel 5° giorno di contatto ; corrisponde , a quanto pare , presso a poco come parecchie altre sostanze , sulle quali ha il vantaggio della forte reazione alcalina ; il che permette di adoperarlo a pre- ferenza, massime per le mura, il suolo ec. ed anche perchè, scio- gliendo i corpi grassi, agisce più sicuramente. - 270 Essenze. 13. Olio essenziale di trementina. Gli olii eterei , le cosiddette essenze , godevano gran fama nella disinfezione empirica di altri tempi, nei quali si aveva ri- corso ora alle piante aromatiche, ora alle resine, ora agli olii em- pireumatici allo scopo di praticare le tante note fumigazioni ; ab- bandonate per qualche tempo, ora vi si ritorna su e volendo stare alle testimonianze di alcuni autori devono ritenersi in effetti quali veri disinfettanti, e solo così possiamo spiegarci l'uso che se n'è fatto in passato nella disinfezione delle persone e dei bastimenti e nei lazzaretti. Varie ricerche sono state fatte al riguardo allo scopo di determinare 1' azione battericida delle essenze per via di comparazione con altre sostanze e vari microrganismi sono stati sperimentati ; non mancano perciò osservazioni fatte sul virus carbonchioso. L' olio di trementina è, tra le essenze, pressoché la sola u- sata nella pratica della disinfezione veterinaria ; anzi dirò ancora di più che essa diluita nella proporzione di 250 gr. per litro de- v' essere adoperata per lavaggio nei casi di carbonchio, giusta lo art. 3 del Capo II del decreto 12 maggio 1883 della Legge sa- nitaria veterinaria francese. Una simile prescrizione m' ha indotto a prescieglierla tra le altre sostanze del gruppo , e perchè i ri- sultati fossero possibilmente conformi a quelli, che dovrebbero es- sere, per giustificarne l' impiego, ho seguito in tutto 1' ordinanza francese, preparando un liquido disinfettante in ragione del 25 ojQ di trementina. Olio essenziale di trementina 25:100 RISULTATI OTTENUTI SOPRA SOSTANZE INFETTE DI CARBONCHIO SOTTOPOSTE Osservazioni Le colture gli animali AD ESPERIMENTO dopo un contatto di giorni inoculati 1|2|3|4 ."> 6 7 8 | 9 1 10 biada. . . . -f + + + + ± ±_ ;+; -±_ :T- Neil' 8. giorno h o inoculato 5 crusca . . . ■f + f + + ±i ± ± ± T~- cavie , le quali paglia . . . -+- + + + + ±2 ±z ± ±: Hh carbonchio dopo lieno .... r + + + + ;+; ± Th ^h T; tre giorni. legno. . . . r + + + + ±_ -±_ ±i +: terra .... : -1- + + + i ± ±: ±: ~T- intonaco . . . u + + + r ±: -±. i +: T- — 271 — L' olio essenziale di trementina non ha dato risultati soddi- sfacenti ne ragione ad insistere con altri esperimenti modificando eziandio il grado di concentrazione ; dovrebbe perciò ritenersi di- sadatto per la disinfezione del carbonchio. Volendo ora riassumere in conclusioni generali i risultati ot- tenuti, che ho del resto volta a volta notati, mi limiterò per ora a fare un confronto sintetico tra l' energia disinfettante delle di- verse sostanze dal solo punto di vista della durata di contatto necessaria ad aversi la disinfezione, riserbandomi, dopo gli espe- rimenti sulla disinfezione delle feci, di esaminarli anche riguardo a tutti gli altri requisiti. Si desume intanto che: 1.° Non si ha mai disinfezione con un contatto di breve durata tra disinfettante e sostanze infette ; 2.° il contatto dev' essere intimo e continuo fino ad un tempo determinato per ogni singola sostanza ; 3.° la disinfezione non si avvera tutta d' un momento, ma lentamente ed a gradi ; 4.° le diverse sostanze infette con sangue carbonchioso rea- giscono in modo diverso; richiedono, a parità di condizioni, mag- gior tempo la terra e l' intonaco, mentre la biada, la crusca, la paglia, il fieno, il legno si disinfettano tutte in egual tempo ma più rapidamente. A parte ora queste considerazioni generali presento nel se- guente quadro sinottico i diversi risultati : DISINFEZIONE delle Seguenti sostanze infette con sangue carbonchioso essiccate biada - crusca -paglia - fieno - legno - terra - intonaco ) e sporificato COL DISINFETTANTE ottenuta dopo un contatto 1 DI ORE DI GIORNI 2-3 3-4 15-24 24-36 36-48 3 4 5 6 7 8 9 10| Sublimato coir. IO °/0l) Acido cloridrico 1 °'00 i 1 II ! ! 1 I Sublimato corrosivo IO ° 00 Sublimato corrosivo 2 °/00 Acido cloridrico 5 °/00 Sublimato corrosivo 2 °/00 Sublimato corrosivo 1 °/00 Miscela Laplace IO °/0 Sapone potassico IO °/0 bollente Liscivia di cenere (1 a 5) bollente Solutolo 15 o/0 Sapone potassico 10% Acido fenico 5 °/0 e Sapone potassico 2 °/0 Acido fenico commerciale 10 % 273 Dis SINTKl TANTE 1 Liscivia di soda 20 °/ 3 4 5 G 7 9 10 Creolina 10 °/0 bollente Sapone potassico 3 °/0 bollente Tricresolo 10 °/ Solutolo 10% Liscivia di soda 20 °/0 bollente Latte di calce 50 °/ Sapone potassico 3 °/0 Liscivia di cenere (1 a 5) Acido fenico puro 10 % Acido cloridrico 10 °/ Creolina 10 % Tricresolo 5 °/ Cloruro di calce 30 % ls — 274 — Le seguenti sostanze: Solfato di rame 20 °/0, Latte di calce 25 o/o, Cloruro di calce 10 o/0) Acido fenico puro 5 «/„, Creolina 5 °/0» Olio essenziale di trementina 25 °/0 non danno , dopo un contatto di bea dieci giorni, nessuna disinfezione de' diversi ma- teriali carbonchiosi. § 3. DISINFEZIONE SPERIMENTALE DELLE MATERIE FECALI. È noto come molte malattie parassitarie dovute alla presenza di uova di cestodi , di nematodi ecc., si trasmettono per mezzo delle materie fecali, che molte malattie infettive han sede nello intestino, ove si riscontrano un complesso di condizioni , succhi diversi, gas, microrganismi e terreni nutritivi, che possono influire sulla vita di quei germi che vi pervengono ; esse rappresentano quindi un buon mezzo di diffusione. E noto eziandio che il pericolo d' infezione per le feci è mi- nore quando esse vengono allontanate con norme speciali, men- tre quando vengono abbandonate all' aria libera e nelle campa- gne , allora i microrganismi si trovano come in un apparecchio incubatore coperti da uno strato esterno protettore , in cui pos- sono benissimo svilupparsi favoriti dal grado di temperatura quivi esistente, e che molti ritengono pure che nelle sostanze fecali la lotta per l' esistenza si risolve a favore de' numerosi saprofiti, che sono più resistenti, e che perciò i batterli patogeni, capitando in esse, muoiono in breve tempo: a ciò si può obbiettare che negli escrementi la lotta s' impegna in condizioni diverse , 1.° perchè molti microbii si trovano divisi da masse solide e possono, dirò così, far vita indipendente ; 2.° perchè negli escrementi si com- piono per lo più decomposizioni di natura ammoniacale e l'alca- linità reca loro pochissimo nocumento ; 3.° perchè vi hanno os- servazioni che depongono a favore della lunga vitalità degli a- genti patogeni, come si è dimostrato per i bacilli del tifo, della tubercolosi, del colera ecc. (Dunbar, Gaertner, Uffelman , Schot- telius, Grruber, ecc.). Volendo intanto limitarmi a considerare solo l'infezione car- bonchiosa , dirò innanzi tutto che non mancano dati importanti riguardo alla possibilità della diffusione della malattia per mezzo delle feci. Si sa infatti, fin da quando sono incominciati i primi studi sulle patogenesi del carbonchio, che alcune mosche, nutrendosi di — 275 — carne e di sangue di animali affetti da carbonchio sono capaci di trasportare lontano il virus non solo colle trombe, le ali, i piedi, ma anche colle dejezioni (Da vaine , Raimbert) ; che il materiale gastrico ed intestinale di parecchi tafani raccolti sul cadavere fre- sco d'un bue carbonchioso contenevano bacilli dell'antrace, i quali s' erano mostrati virulenti mercè inoculazioni ai conigli ( Bollin- ger) ; che le dejezioni di mosche comuni fatte posare sopra cul- ture di carbonchio su patate contenevano spore di carbonchio e bacilli sporigeni virulenti, perchè parecchie cavie inoculate mori- rono di carbonchio ( Alessi ) ; che spore carbonchiose si son rin- venute nelle feci di alcune larve di Lermestes, le quali si nutrono di carni bovine (Perroncito) e nell' intestino delle lumache e dei lumaconi undici giorni dopo che avevano fatto un pasto carbon- chioso (Karlinski) ; che alcuni issodi, della classe degli aracnidi possono trasmettere la malattia colle dejezioni (Rigabert) ; che a tutti è nota la controversia sorta tra Pasteur e Koch a propo- sito de'vermi e del loro contenuto intestinale, quale causa della diffusione del carbonchio e che il controllo sperimentale di Bol- linger sopra i terreni bavaresi confermi tal fatto ; che « nell' in- testino non solo non si avvera alcuna attenuazione nella virulenza del bacillo del carbonchio, ma che questa si aumenta, come nel sangue, colla consecutiva inoculazione delle feci da un animale ad un altro » (Serafini) ; che i carnivori in genere, pur essendo quasi refrattari alla malattia, mangiando di carni carbonchiose, possono benissimo trasmetterla mercè i loro escrementi (Gerlach, Thoma- sin); che il succo gastrico non ha la virtù di attaccare le sporo carbonchiose , pur ammesso che 1' abbia per i bacilli ( Rivolta , Falck, Perroncito, Hamburger, Kourkoff, Kurloff, Franck, Cadeac et Bournay ecc.ì ; e che infine , secondo le ultime ricerche del Piazza, i germi del carbonchio ematico, perv enuti nell' intestino di animali immuni, passano nelle feci di questi animali, le quali non subiscono alcuna attenuazione nella loro virulenza ; cosicché è un fatto accreditato e generalmente ammesso, perchè ha avuto il controllo dello esperimento, quello della diffusione del carbon- chio per mezzo delle dejezioni, le quali possono essere virulente sia per la forma bacillare, sia per l' avvenuta sporulazione, e per- ciò stesso allo stato fresco ed a quello secco , malgrado la pre- senza di tanti altri microrganismi. E le feci possono essere virulente non solo quando i germi vi pervengono direttamente per ingestione, ma anche quando, i- noculati in altro modo, vi pervengono per via di eliminazione da - 276 - organi secretori ed escretori (Cornil e Berlioz . Maffucci e Tram- busti, Boccardi, Bernabei, Pernice e Scagliosi ecc.). Da tutte queste osservazioni, emerge chiaro il concetto che le feci degli animali morti per carbonchio rappresentano un vei- colo d' infezione assai temibile, e la disinfezione di esse costitui- sce uno de' capisaldi importanti della profilassi, tanto più perchè la localizzazione intestinale della malattia è frequentissima nei nostri animali, e le materie fecali per la loro natura, per la loro quantità, e pel modo come si utilizzano, la rendono molto diffi- cile e talvolta perfino impossibile. Dopo quanto son venuto esponendo circa la virulenza delle feci potrei, senza por tempo in mezzo, procedere innanzi alle prove sperimentali , poiché appare già dimostrato che la presenza di bacilli o di spore carbonchiose è perfettamente compatibile collo stato e natura de' materiali intestinali; che la loro virulenza non viene attenuata , che anzi si esagera e perdura e che infine la sporificazione può senza ostacoli verificarsi : pur tuttavia deside- rando mantenermi , il più che è possibile, nelle identiche condi- zioni dal principio alla fine del mio lavoro , e seguire in tutto lo stesso metodo, ho fatto colle feci un lavoro preparatorio come ho fatto pel sangue, allo scopo di vedere: 1.° se le spore da me raccolte, messe a contatto con feci allo stato normale, subissero per avventura modificazioni di sorta; 2.° se le feci raccolte in animali morti di carbonchio fos- sero virulente ; 3.° se le dette feci sole o miste a sangue, lasciate essiccare, conservano dopo qualche tempo la loro virulenza per 1' avvenuta sporificazione. * * * Ho raccolto delle feci bovine fresche e ne ho messo quan- tità eguali in quattro tubi da saggio, in ciascuno de' quali ho ver- sato una quantità determinata di spore, e poscia ho fatto in modo da mescolare le une e le altre con 1' aggiunta di un po' d'acqua distillata. De' suddetti tubi due misi nel termostato a 34°-35° C, lasciandoveli per parecchi giorni fino ad avere un discreto dis- seccamento e con gli altri due tubi feci delle culture in agar, che misi pure nel termostato. Dopo due giorni i materiali di risulta di dette colture eran ricchi di microrganismi , tra i quali sparsi nel campo del preparato, spiccavano e facevano bella mostra di sé i filamenti carbonchiosi ; con essi inoculai delle cavie per via — 277 — sottocutanea, le quali morirono di carboncino in due a tre giorni; col materiale de' tubi rimasti nel termostato feci delle culture e delle inoculazioni ; quelle mi dettero eguali risultati delle culture precedenti, una quantità di germi diversi e bacilli sparsi; di queste poi una sola risultò positiva e spiegai il caso negativo ritenendo che la particella di feci messa in saccoccia sottocutanea non fosse convenevolmente infetta da produrre la morte della cavia. Lo stesso procedimento seguii, con feci fresche di altri animali, ovini, suini, equini, limitandomi però alle sole prove culturali, le quali si presentarono nello stesso modo delle altre precedenti, cosicché ebbi a ritenere che le spore erano state ugualmente attive nelle feci, come lo erano state col sangue, colla terra ecc. Con la solita quantità di spore inoculai alcune cavie ed, aperta dopo la loro morte, la cavità addominale , misi fuori, previa le- gatura , gran tratto di ansa intestinale ; poscia raccolsi in vetro da orologio il materiale ivi contenuto, avendo cura di non farvi pervenire o mescolare del sangue; da diversi preparati microsco- pici e da culture praticate ebbi a rilevare che molte volte man- cavano affatto i bacilli, mentre poi in alcune zone se ne trovavano in abbondanza; sono certamente codeste particelle di feci infette, quelle, che, inoculate, danno risultati positivi. Oltre a" ciò nella gran quantità di cavie morte per carbonchio durante i miei espe- rimenti, non ho tralasciato di esaminare talvolta le materie fecali mercè preparati microscopici, e mi sono indotto a ritenere che esse non si presentano mai uniformemente infette ed i risultati perciò delle inoculazioni possono essere diversi. Oltre al fatto di mettere in sodo la virulenza in sé delle feci, era importante far rilevare la possibilità e la faciltà insieme della sporificazione del sangue quando è commisto a quelle. A tale uopo in alcune cavie morte ho aperta la cavità addominale e recisa un' ansa intestinale, facendo in modo, che il materiale, che fuo- riusciva, pervenisse nella cavità stessa, ove già del sangue e della sierosità eranvi raccolte, come suole accadere; una parte di quelle feci, così imbibite di liquidi, raccolsi in una capsula che sottoposi per molti giorni alla temperatura del termostato (35° C). Trascorso tutto questo tempo praticai con detto materiale delle inoculazioni e gli animali inoculati perirono di carbonchio. Volli ripetere le osservazioni, trattando allo stesso modo le feci di altri animali, ed 1 risultati pratici non presentarono differenze notevoli ; volli pure sottoporre a prova anche delle feci bovine fresche, sulle quali aveva fatto pervenire urina e poscia del sangue carbonchioso ; dopo di averle mantenute per parecchi giorni a 35° feci ripetuti innesti — 278 — in agar con qualche inoculazione di controllo , ed i risultati otte- nuti furono positivi. Cosicché non solo le feci con spore sono at- tive , ma anche quelle con sangue essiccato e perciò sporificato ; ed è da ritenersi che i bacilli , trovando nelle feci le condizioni necessarie al loro sviluppo, passano allo stato di spore senza ri- sentire menomamente 1' azione di quel veicolo. E siccome le materie fecali da me preparate ed essicate (feci sole, feci miste a sangue, e feci miste a sangue ed urina) e per quello che ho detto innanzi, e, più ancora, per i risultati ottenuti colle inoculazioni già praticate, si trovavano nelle migliori condizioni, ho proceduto per via sperimentale alla loro disinfezione , sotto- ponendole all' azione degli stessi mezzi disinfettanti, de' quali mi son servito per la disinfezione del sangue. Devo far rilevare che non mi sono occupato di feci carbon- chiose fresche, perchè, trovandosi in simile caso il virus più fa- cilmente allo stato bacillare, la disinfezione si può conseguire in modo assai semplice; del resto questa ipotesi non è che la ecce- zione e la regola generale è appunto quella di avere contro virus più resistente. Il metodo d' esame seguito è quello stesso tenuto negli espe- rimenti precedenti; ho sottoposto quantità determinata di feci in capsule in contatto col disinfettante da sperimentare; ad intervalli determinati ho prelevato da ciascun campione una piccola parte, che ho con lavaggi ripetuti, purificata dal disinfettante, seguendo sempre lo stesso metodo come innanzi si è detto; indi ho proce- duto alle prove culturali e da ultimo, quando n' era il caso, anche a quelle d'inoculazione, tanto per valutarne la virulenza, quanto il grado di attenuazione. Raccolgo in un quadro sinottico i diversi risultati ottenuti, contrassegnati allo stesso modo come gli altri antecedenti, avver- tendo che per qualche disinfettante, edotto dalle prove precedenti, ho tralasciato le soluzioni meno concentrate o poco energiche. DISINFEZIONE delle materie fecali carbonchiose FECI SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO DISINFETTANTE Risultati ottenuti sopra le colture dopo un contatto di ore 2 3 15-24 ;li animali inoculati Osservazioni essiccate . . . . con sangue . con urina e sangue essiccate . . . . con sangue . . . con urina e sangue essiccate . . con sangue . . . con urina e sangue essiccate . . . . con sangue . . . con urina e sangue essiccate . . . . con sangue . . . con urina e sangue Sublimato corrosivo 1:1000 Sublimato corrosivo 2:1000 Sublimato corrosivo 10:1000 Sublimato corrosivo 10:1000 acidif. Sublimato corrosivo 2:1000 acidif. + + ichio dopo tre Con un disinfettante , varia concentrazione on ho insistito nelle FECI SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO essiccate . . . . con sangue . . . con urina e sangue DISINFETTANTE Solfato di rame 20:100 Risultati ottenuti sopra le culture dopo un contatto di giorni 1 2 3 4 sle 7 8 9 10 H + + + + -f ± ± ± ■ ! + + -f + + -+- ±L -rz_ ± ■f + + + + + Hh _±_ ±2 ±1 gli animali inoculati Osservazioni 280 Risultati ottenuti FECI SOTTOPOSTE AD DISINFETTANTE sopra le colture dopo un contatto di giorni gii animali Osservazioni ESPERIMENTO 1 |2 3 4 5 1 6 1 7 1 8 9 L( inoculati essiccate .... con sangue . con urina e sangue Latte di Calce 25:100 + + 4- r ! 4 4 + + -r + + L + +: 2ZZ 222 ±2 "h7 H7 =F Tre cavie inoculate con materiale dell' 8. giorno son morte dopo tre giorni. essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue Latte di calce 50:100 + -T + 4- + + + + ± ±2 -j- ±2 -+- ±2 +- H1 ^F T — Una cavia inoculata con materiale del 7, giorno non e morta. essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue Cloruro di calce 30:100 + 4- + + ± ±2 ±2 ±2 ±2 - Due cavie inoculati» con materiale del 4. giorno son morte tra 2 a 3 giorni. essiccate .... con sangue . . con trina e sangue Lise, di cen. 20:100 (1 a 5) bollente + + ! ■+- % — Non ho inoculato a- Ho fatto a meno del- la soluzione a freddo e di quella di soda per- che poco attive. essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue Sap. potassico 3:100 bollente 7 + 4- -r ±2 _2z ±2 H7 ~ Ho inoculato due cavie con materiali del 5 giorno; una sola e morta dopo quattro essiccate .... con sangue . . . Sap. potassico 10:100 : r ±2 - Non ho inoculato a- nimali. con urina e sangue bollente : — ^ essiccate .... Acido ; + _L + ±1 +- " Una cavia inoculata con materiale del 4 con sangue . . . con urina e sangue cloridrico 10:100 ! ; 4- + + + t ih +: H7 =F giorno e morta al 3 giorno. essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue Acido fenico puro 10:100 : + + + -! + ± T7 - Ho inoculato tre ca- vie con materiali del 0 giorno ; di esse quella con feci essiccate non e morta. Ho fatto a meno del- la soluzione più leggie- ra 5 0x0. essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue Acido fenico 10:100 bollente : + + 4 ±2 H1 - Non ho inoculati ani- 281 FECI SOTTOPOSTE AD ESPERIMENTO DISINFETTANTE Risultati ottenuti sopra le culture dopo un contatto di giori 9 10 gli animali inoculati Osservazioni essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue essiccate . . con sangue . . . con urina e sangue essiccate .... con sangue . . con urina e sangue essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue essiccate .... con san gue . con urina e sangue essiccate . . . . con sangue . con urina e sangue essiccate . . . . con sangue . . con urina e sangue essiccate .... con sangue . . . con urina e sangue essiccate .... con sangue . . con urina e sangue A e. fen. 5:100 e sap. potas. 2:100 Acido fenico commerciale 10:100 Miscela Laplace 10:100 Creolina 10:100 Tricresolo 5:100 Tricresolo 10:100 Solutolo 10:100 Solutolo 15:100 Olio essenziale di trementina 25:100 + r Non ho inoculato : [o inoculato una ca- con materiale del ;ioiuo e non è morta. Ho inoculato due ca- vie con materiale del 4 giorno; una sola e morta dopo il 4 giorno. Ho fatto a meno del- la soluzione più leg- giera 5 0[0. Ho inoculato due. vie con materiale ( morta nel 4. giorno. Tralasciando per ora qualunque considerazione generale raccolgo nel seguente quadro sinottico i risultati ottenuti : DI8 INFEZIONE DELLE MATERIE FECALI CARBONCHIOSE DISINFETTANTE ottenuta dopo un contatto 5 15 24 DI GIORNI 2 3 4 5 6 8 9 10 Subì, corrosivo 10:1000 Sub.corr.l0:1000 addirle Sublimato corros. 2:1000 Sublimato corros. 2:1000 acidific. Sublimato corrosivo 1:1000 Sapone potas. 10 % bollente Liscivia di cenere bollente Acido fenico 10 % bollente Acido fenico commerciale 10 °/0 Miscela Laplace 10 % Solutolo 15 o/0 Sapone potassico 3 % bollente Tricresolo 10 % Acido fenico 10 % L2KÒ DISINFETTANTI o 3 4 5 6 7 8 9 10 Acido fenico 5 % e sap. potas. 2 ° 0 Solutolo 10 o/0 Latte di calce 50 % Creolina 10 °/0 Cloruro di calce 30 % Acido cloridrico 10 % — 284 — Il solfato di rame al 20 °/0, il latte di calce 25 °/0, l'olio es- senziale eli trementina 25 °/0 dopo un contatto di dieci giorni si sono addimostrati inefficaci. Dall'esame di quanto precede si può ritenere che valgano per la disinfezione degli escrementi le stesse considerazioni generali fatte a proposito delle altre sostanze. Vi sono delle differenze poco apprezzabili, come p. es., quelle che riguardano lo spostamento lieve nella scala di qualche disinfet- tante; come la diversità di durata tra le fesi semplicemente essicate e quelle commiste a sangue ed urina; ciò per altro non può costi- tuire un fatto tale da influire sulle linee generali della pratica della disinfezione, sia che si tratti di materiali infetti per sangue car- bonchioso, sia degli escrementi; tutto questo non può che andare a vantaggio della stessa disinfezione , la quale diventerebbe più difficoltosa se i disinfettanti, per avventura, variassero di molto § 4. DISINFETTANTI EFFICACI. Ora in base alle esperienze fin qui riferite sul sangue e sulle feci debbo ritenere che nella disinfezione del carbonchio possiamo avere a nostra disposizione diverse sostanze ; ma perchè essa poi possa dirsi efficace è necessario che ciascun disinfettante abbia tutti i requisiti voluti; il loro esame da questo punto di vista è importante e senza di esso non saprei trarre una conclusione, che possa giovare all' argomento. E queste condizioni essenziali sono che : 1. un disinfettante deve agire nel più breve tempo possibile; 2. non deve alterare profondamente gli oggetti ; 3. dev' essere di facile acquisto e di facile applicazione ; 4. deve costare poco. Quei mezzi di disinfezione che risponderanno a questi desi- derati faranno al caso mio. E riguardo alla la condizione mi limiterò a richiamare alla mente quanto si trova segnato nei due quadri sinottici in ordine alla diversa energia disinfettante de' mezzi da me prescelti; questi rispetto alla durata di contatto, possono classificarsi e raggrupparsi néll' ordine seguente : 1. Sublimato corrosivo (1 n/on, 2 °/00 10 °/oo). 2. Sapone potassico (10 °/o) bollente; Miscela Laplace (10 °/0) Liscivia di cenere (1 a 5) bollente; Solutolo (15 °/0); Acido fenico commerciale (10 °/0). — 285 — 3. Acido fenico e sapone potassico (5 °/0 e 2 o/0); sapone po- tassico (3 o/0 bollente); Trioresolo (10 °/0); Solntolo (10 o/0); 4. Creolina (10 ,J/0); Acido fenico (10 °/0); Latte di calce (50 °/0). 5. Cloruro di calce (30 °/0); Lascivie (fredde); Tricresolo (5 °/0); Acido cloridrico (10 °/0). E rispetto a questa classifica si noti che esiste un distacco tra il primo gruppo e gli altri, intercedendo un periodo che va da due ore a quattro giorni, mentre la differenza di durata negli altri gruppi non oltrepassa quella di un giorno e gli effetti nella pratica sono rilevanti anche perchè nel lo gruppo il sublimato non può essere sostituito, mentre negli altri lo stesso effetto può ottenersi con sostanze diverse. Il 2° requisito, che serve a salvaguardare l'integrità degli og- getti, non ha nella pratica veterinaria quell' importanza che giu- stamente gli si annette nella polizia delle malattie infettive del- l' uomo, perchè diffìcilmente si avrà a correre l'alea di provocare de' danni, mancando nelle stalle oggetti e condizioni necessarie a dare i temuti effetti ; in questo caso tutti i suddetti disinfet- tanti trovansi su per giù nelle identiche condizioni. Non cosi si avvera per la 3a condizione, che riguarda la fa- ciltà dell' acquisto e dell' applicazione. Questo requisito nella pra- tica veterinaria è assai importante. Invero se si pone mente alle condizioni delle stalle de' nostri animali lontane dall'abitato e dis- seminate in aperta campagna e per la massima parte mancanti di vie di comunicazioni ecc., alla difficoltà insomma per l'acquisto di sostanze, che possono anche mancare nel villaggio, o nel vicino paese e massime in qualche tempo, si comprenderà che la faciltà di poter trovare ed acquistare il disinfettante è condizione indi- spensabile. Oltre a ciò nella disinfezione in grande i mezzi disin- fettanti devono prepararsi sul posto , non essendo possibile tra- sportarli cosi belli e preparati , e se si ha a fare con sostanze, colle quali non sono facili le manipolazioni , non faremo le me- raviglie se si domanda che un disinfettante efficace debba essere alla portata di tutti, potersi preparare facilmente e farne l'appli- cazione; quindi sono da preferirsi le semplici soluzioni, fredde o bollenti, le applicazioni sotto forma di lavaggio. Considerati sotto questo punto di vista possiamo avere: 1. i saponi, le liscivio, la calce, il sublimato; 2. i composti della serie aromatica , acido fenico , creolina , solutolo, ecc. Rimane 1' ultima condizione, che è poi d' interesse capitale , quella che riguarda il costo del disinfettante o meglio, della di- — 286 — sinfezione. Messa così la quistione si comprende che il modo mi- gliore di risolverla sta nel fare un computo approssimativo della spesa occorrente a seconda del disinfettante, che si vuol usare. E qui vale il ricordare che nella maggioranza de'casi la disinfezione si avvera dopo Un contatto intimo e continuo e questo nella pratica non si può realizzare, se non ammettendo la necessità di ripetere 1' applicazione del disinfettante tutte le volte che si ha la certezza della sua deficienza o mancanza ; ciò che si verifica quando gli oggetti infetti han perduto il loro grado di umidità: ora questo stato può variare a seconda della temperatura , della luce , della ventilazione ecc. e non si può avere un dato che possa costituire la base di un calcolo qualsiasi; pur tuttavia ammettendo, a parità di condizioni, che per ogni giorno di contatto sia resa necessaria una nuova applicazione di disinfettante e che per la disinfezione di ogni posta di grande animale siano necessarii al maximum 20 a 30 litri di disinfettante, potremo metterli in confronto dal punto di vista della spesa e dire quanto potrà approssimativamente co- stare la disinfezione conseguita con tale o tal' altro disinfettante. Si ha infatti per le principali sostanze: DISINFETTANTE QUANTITÀ DI UNA SOLA VOLTA o "a H o a ss 03 ,o3 > .13 'co -u co 4 a o'P ? a sa o o o o Lire Lire Sublimato 10 °;oo 10x30 lit.=kil. 0,300 xi= kil. 0,300 6,25 1,85 » Qo; - .00 2X30 = » 0,060 X2= » 0,120 » 0,75 Acido cloridrico 10 °/0 10X10X30= » 3,00 X9= » 27,00 0,40 10,80 Acido fenico puro 10 ('/0 10x10x30= » 3,00 X5= » 15,00 3,75 56,25 Acido fenico comm. 10 °/0 10x10x30= » 3,00 X6= » 18,00 1,25 22,50 Creolina 10 % 10x10x30= » 3..00 X6= » 18,00 4,00 72,00 Solutolo 15 % 15X10X30= » 4,50 X5= » 22,50 3,25 73,10 Sapone potassico 10% 10X10^30= » 3,00 X5= » 15,00 0,40 6,00 Carbonato di soda 20 °0 20x10X30= » 6,00 X.8= » 48,00 0,20 9,60 Calce 50 % 50x10x30= » 15,00 X8= » 120,00 0,04 4,80 — 287 — Ora da un esame cosiffatto è facile poter concludere che: 1. il disinfettante del carbonchio efficace per la faciltà dell'ac- quisto e della applicazione, per la rapidità e certezza dell'effetto e per 1' esiguità della spesa è il sublimato corrosivo, il quale, alla ragione di 1:100, acidificato o non, disinfetta completamente in poche ore, due a quattro, qualunque virus carbonchioso comunque e dove lo si trova, e alla ragione di 2 a 1000 acidificato dopo un giorno dalla sua applicazione ; 2. stanno in seconda linea altri disinfettanti più o meno ef- ficaci per alcuni requisiti (saponi, liscivie, miscela Laplace, acido fenico commerciale, solutolo), i quali, sol perchè han bisogno di estrinsecare la loro azione dopo alcuni giorni di contatto, rendono qualunque disinfezione poco pratica, richiedendosi una sorveglianza non sempre facile a mantenere , poco sicura per gli effetti e di non facile applicazione. Solo quando si avrà la certezza di poter evitare questi ul- timi inconvenienti , si potrà ricorrere all' impiego delle suddette sostanze; in qualunque altro caso è al sublimato corrosivo che bisogna rivolgersi, confermando anche ora 1' opinione già emessa, che nella pratica della disinfezione veterinaria una località disin- fettata nel giorno debba potersi utilizzare nel giorno seguente. § 5. PRATICA DISINFETTANTE DA SEGUIRE. Fin qui son venuto esponendo le diverse condizioni della disinfezione in genere e di quella carbonchiosa in ispecie da una parte, e dall'altra ho passato in rassegna i numerosi mezzi di cui noi disponiamo , a scopo di disinfezione , studiando a preferenza di quelli più importanti il modo di azione ; resta ora a vedere quale uso praticamente deve farsi di questi mezzi , come , cioè, bisogna disinfettare i singoli oggetti; e poiché lo scopo precipuo del mio lavoro riguarda la disinfezione delle stalle, mi corre l'ob- bligo di trattare questo argomento da un punto di vista pura- mente pratico. Benché sia questa l'ultima parte del lavoro, debbo ritenerla come la più importante rispetto alle altre, e le conclu- sioni , cui verrò , serviranno allo svolgimento effettivo del tema propostomi. Ora prima di fissare le norme secondo le quali bi- sogna eseguire la disinfezione delle stalle infette di carbonchio, esaminerò brevemente le condizioni a realizzarsi, perchè la pratica di essa possa offrire garenzie sicure. E prima d'ogni altro biso- gna por mente a quello che si ha a disinfettare. — 288 — Nelle antiche leggi sanitarie la prescrizione di rigore era la disinfezione de' locali , mentre oggidì quest' obbligo deve esten- dersi a tutti gli oggetti contaminati ; in questo caso è della massima importanza vedere se il locale è incessantemente occu- pato o se vi siano altre località, che possano permettere di eva- cuare quella infetta ; rivolgere la cura alle pareti, al pavimento, a quanto vi ha di oggetti immobili o mobili di legno, di ferro, a tutto ciò che s' apparteneva all' animale ammalato o al morto, agli avvanzi alimentari, ai depositi di essi, quando esistono, allo strame , alla paglia , alle feci , non che a qualunque mezzo , che abbia servito al trasporto od allontanamento del cadavere o parti di esso o eli altri oggetti egualmente infetti. Nelle condizioni attuali si disinfettano le pareti verticali e più particolarmente il pavimento ; il soffitto o la volta nella maggioranza de' casi non va soggetta a nessuna operazione. Si comprende ora come una energica disinfezione praticamente è solo facile quando l'ambiente sia disabitato e sgombro e non contenga oggetti che o restrin- gono, o sono di ostacolo nella pratica antisettica, ed in qualunque caso poi tutti gli oggetti da disinfettarsi , devono essere raccolti nel mezzo o in un punto determinato, affinchè nessuno vi possa sfuggire : solamente quelli tra essi, che richiederanno per la loro disinfezione più di quel che non valgano, potranno essere distrutti a mezzo del fuoco. Havvi di quelli che credono doversi limitare la disinfezione alla posta degli animali ; però bisogna tener pre- sente la possibilità che la infezione non sia così circoscritta come si potrebbe credere, perchè si possono verificare diverse condi- zioni, che danno luogo a trasporto o diffusione di germi in punti non compresi nella voluta zona infetta ; egli è perciò da preferire sempre la disinfezione di tutta la stalla, ad una disinfezione par- ziale. Riconosciuto il bisogno della disinfezione , è necessario che questa abbia luogo al più presto possibile, ed a norma delle di- verse condizioni, potrà considerarsi di urgenza quando, restando la stalla abitata, occorrerà provvedere per impedire qualche nuovo contagio. Allo stesso modo della prontezza nell' esecuzione biso- gna por mente alla brevità della durata ; su questo riguardo non vi ha nulla di ben determinato, meno il caso in cui, in base a prove sperimentali eseguite nel modo più naturale, non si possa stabilire in precedenza in quanto tempo potrà aver luogo e com- pletarsi la disinfezione ; così nel caso di cui mi occupo , si può preventivamente fissarne la durata, una volta che si possono avere mezzi disinfettanti tali da poterla conseguire in poche ore, in un — 289 - giorno, dopo alcuni giorni; cosicché a seconda del bisogno, si po- trà preferire l'uno all' altro mezzo. Un' altra considerazione a riguardo della pratica è il modo come la disinfezione deve eseguirsi. Attualmente il metodo che si segue comprende Y allontanamento de' germi infetti e la distru- zione di essi ; nel 1° tempo ad ottenere 1' intento mettiamo in atto il cosiddetto raschiamento, o strofinamento, o grattamento, o spazzolatura, o pulitura meccanica degli oggetti, a mezzo di spa- tole, di raschiatori, di spugne, di stracci, di mollica di pane ecc.; tutti questi atti meccanici, basta denominarli, perchè ognuno ne comprenda il significato e vegga che non vi ha vera disinfezione che in tal guisa non si fa che isolare meglio e rendere più attac- cabili i germi e che da soli essi non possono costituire se non atti preparatomi alla vera disinfezione. È indubitato che l'inno- cuità completa di detti mezzi per le persone che vi sono addette ci spiegano perchè siano accetti ed applicati in polizia sanitaria delle malattie infettive dell' uomo. Non si può negare che in tali operazioni occorre un perso- nale abile, esatto, paziente ; che non sfugga a tale lavorio un solo cm. q. di superficie; che la durata sia breve: ora nella pratica veterinaria se si prende in considerazione il fatto che la superficie delle pareti d'una stalla grezza, diseguale, si presenta ben diver- samente da quella di una stanza di abitazione, o di una sala da ospedale, e che per fare tale operazione in una sala del professore Ziemssen si impiegarono ben 15 giorni, si ha una ragione per ri- tenerli poco pratici. All' allontanamento de' germi infettivi con mezzi puramente meccanici segue l'atto più importante, la loro distruzione, la quale si ottiene in modo differente adoperando la sostanza chimica prescelta, sia sotto forma di lavaggio, sia sotto forma di polveriz- zazioni : in generale queste da alcuni si preferiscono ai lavaggi, perchè si ritiene che il liquido parassiticida penetra molto più e meglio in tutti i cavi e le fessure delle pareti. Comecchessia per la disinfezione delle stalle non si può disconoscere il vantaggio che si avrebbe dall' uso di pompe irroratrici, le quali alla faciltà accoppierebbero anche il vantaggio di utilizzare e distribuire con norma il liquido disinfettante, e mantenere così per più lungo tempo il contatto tra esso e gli oggetti infetti. Ma se nella pratica ciò non è sempre possibile per le abita- zioni dell' uomo, tanto meno lo sarà per le stalle. Oltre a ciò è bene tener presente eziandio che molte volte , anzi spessissimo, una stalla infetta si presenta anche in condizione di aver biso- — c>90 — gno, e massime il pavimento, di un gran lavaggio innanzi tutto, che , per lo scopo cui mira, può praticarsi con acqua bollente, con liscivia o con soluzioni saponacee calde ; ne havvi chi possa disconoscere 1' utilità pratica, che possono avere non solo per la nettezza, ma anche sulla stessa disinfezione, simili lavande ; anz i a tal riguardo dirò che nella legge sanitaria sulle epizoozie in Francia, codesti lavaggi , precedenti alla disinfezione , sono pre- scritti e perciò obbligatorii (Arrété du 12 mai 1883 relatif à la désinfection dans les cas de maladies contagieuses des animaux). A complemento di una buona pratica disinfettante rimane ancora ad esaminare i principali mezzi , di cui comunemente si usa. Un mezzo di cui non v'ha bisogno di dimostrare l'efficacia è l' incenerimento, che si applica sempre quando vi sono oggetti di poco o nessun valore , e nella dismfezione delle stalle non mancano le condizioni per poterlo utilizzare : paglia, strame, feci, residui alimentari, oggetti od arnesi già vecchi, potranno benis- simo darsi in preda alle fiamme. Gli americani bruciano le ba- racche, che han servito di ospedale per le malattie epidemiche; gì' Inglesi si servono di forni speciali , de' cosiddetti « Destru- ctors » ; non farà meraviglia , a scopo di semplificare la disinfe- zione, il dare alle fiamme un po' di paglia, le feci, qualche secchio od altro. Un modo di disinfettare gli ambienti è quello delle atmo- sfere antisettiche, che rappresentano il mezzo più antico, essendo noto che gli igienisti eseguivano questa disinfezione con alcuni gas, come 1' anidride solforosa , il cloro nascente ecc. Si credeva che i gas purificatori penetrassero nella spessezza degli oggetti, della mura : ma oggidì sol perchè son ritenuti degli agenti con- testati e contestabili non meritano di restare a far parte della lista de' disinfettanti pubblici (Arnould). Il Vallin , il Dujardin- Beaumetz , 1' Auber , il Wavrinsky e molti altri han cercato di sostenere una tal pratica, mentre Schòtte e Gràrtner, Koch, Wolff- hugel , Heusner , Richard, Dubief, Bruhl , Gaillard , Thoinot, Cassedebat. accumulano le prove a dimostrare la loro poca effi- cacia, e gl'insuccessi di questi agenti non si limitano alle sostanze infettive sporigene, ma anche a bacilli poco resistenti come quelli della difterite; del tifo, i quali han resistito a fumigazioni solforose di 60 grammi di zolfo a metro cubo, sol perchè essi non si tro- vavano alla superficie , ma erano alquanto penetrati nella trama de' tessuti. Il Turina ha controllato con esperienze le prescrizioni regolamentari per 1' esercito e siccome sono molto convincenti mi permetto trascriverne le conclusioni : « 1' anidride solforosa svol- — 291 — ta, pur essendo rispettate le modalità di esperimento riconosciute necessarie (saturazione dell' ambiente di vapore acqueo , l'ade- quata distribuzione di sorgenti del gas ecc.), non riesce a dare che una debole diminuzione del numero di germi degli strati più superficiali de' pavimenti e delle pareti : la loro disinfezione è incompleta ed è nulla quella di oggetti di minimo volume co- me una paglia, una spiga ecc. ». Alle stesse conclusioni viene pure il Vigerie. L'uso suddetto è certamente sconsigliabile pel mio scopo , poiché presenta pra- ticamente tutta 1' insufficienza della disinfezione con i mezzi gassiformi, cioè, ineguale distribuzione , insufficienza di penetra- zione ecc. Del pari non è da parlare del bromo e neppure de' vapori di sublimato corrosivo proposti dal Kònig per le ragioni dette innanzi. Dimostrati così insufficienti i disinfettanti chimici gassosi non resta che vedere quei pochi disinfettanti solidi generalment3 in uso sotto forma di soluzioni, i quali si riducono all' acido fe- nico, al sublimato, al latte di calce. L' uso dell' acido fenico nella disinfezione degli ambienti è comunissimo e non havvi regolamento di polizia veterinaria che non lo classifichi in prima linea tra i suoi disinfettanti ; del pari è generale la credenza che esso dia una disinfezione efficace : lo si adopera sotto forma di lavaggio, di polverizzazione e le solu- zioni che si trovano prescritte sono quelle del 2 % e 3 % nei casi di infezioni non molto gravi, mentre per le altre si usa quella al 5 °/o- In Germania si dà grande importanza alla disin- fezione con acido fenico ed in tutte quelle località ove si fa uso di tale sostanza, si suole generalmente adoperare allo stesso modo e nelle stesse proporzioni. Ora ho già fatto rilevare le contradi- zioni riguardo alla sua efficacia e, dopo gli esperimenti praticati, come esso non meriti di essere annoverato tra le sostanze disin- fettanti nei casi di carbonchio. Un altro mezzo disinfettante in uso è il sublimato; la solu- zione usuale è quella all' 1 °/00 ed il modo di adoperarlo è il la- vaggio o la polverizzazione. Se però secondo il Guttman ed il Merke il mezzo migliore è il sublimato, non si può dire altret- tanto della maniera in cui è stato finora applicato nella pratica. Difatti seguendo i precetti de' migliori osservatori , tutti hanno adoperato la soluzione 1 °/00 tanto per le pareti che per i pavi- menti. Ora non deve dimenticarsi che le condizioni delle espe- rienze fatte sopra i microorganismi son ben diverse di quelle che si verificano in un ambiente con germi. Il Bordoni-Ufìreduzzi ha — 292 — creduto importante ripetere le prove direttamente sulle pareti e sopra i pavimenti, e vedere se il diverso grado di sudiciume ri- chiegga, per la completa disinfezione, un grado più alto di con- centrazione della sostanza disinfettante ; dall' insieme dei suoi esperimenti è stato indotto a concludere che nessun' altro dei processi proposti o messi in atto finora per la disinfezione degli ambienti, può competere per tutte le condizioni, cui deve soddi- sfare, con quello da lui proposto, in cui il sublimato dev' essere portato in alcuni casi fino al titolo di 7 a 8 °/00. E negli esperimenti da me praticati ho cercato di realizzare le medesime condizioni, ed i risultati ottenuti confermano quanto è stato ammesso sul valore del sublimato rispetto alle altre sostanze e sulla necessità di un' alta dose ad ottenere l' intento. Un altro mezzo comunemente adoperato e che, nella pratica veterinaria raccoglie ancora moltissime simpatie, è il latte di calce, che, dopo le conclusioni del Jaeger , del de Giaxa , ed i risultati ottenuti, non può essere considerato come mezzo sicuro di disinfezione degli ambienti e tanto meno delle stalle infette da carbonchio ; ad una tal pratica spetta invece un posto impor- tante come mezzo di pulitura delle pareti e perciò il latte di calce non perderà per ora il posto, che, nella pratica di tutti i tempi, s' è venuto conquistando. Consegue quindi che tra i disinfettanti chimici solidi repu- tati i più energici , solo il sublimato corrosivo può meritare il nome di disinfettante del carbonchio, e la disinfezione delle stalle deve poggiare sull'uso assoluto di esso, adoperandolo in modo da essere sicuri che si possa ottenere l'intento, qualunque sia la forma sotto di cui si potrà trovare il virus e qualunque sia l'og- getto infetto. Ed ora non rimane che fare un' ultima considerazione ed è quella che riguarda la sorveglianza necessaria nell'esecuzione della disinfezione e le persone che devono eseguirla. E indubitato che la disiniezione come misura costrittiva, re- pressiva non può venire imposta da chicchessia, ed è allo Stato, cui incombe l'obbligo di invigilare sul benessere sociale; era fino a quando 1' esercizio della polizia sanitaria non sarà completamente alla dipendenza delle autorità sanitarie, non si potrà mai concor- rere efficacemente nella lotta contro le malattie infettive ; ed in questa lotta è indispensabile un' organizzazione sanitaria effettiva, un' unità di vedute , una rapidità e simultaneità di azione , una direzione e nello stesso tempo una legge speciale che consacri il principio dell' intervento sanitario ; solo a questo modo si potrà — 293 — avere uniformità e metodo, che sono i primi requisiti nella pro- filassi delle infezioni. A parte dunque quest' ingerenza e sorveglianza, in ogni disin- fezione vi dovrebb' essere un personale, cai bisogna affidarla. A Parigi, come a Berlino funzionano già da alcuni anni « les désinfecteurs municipaux » persone, che, ad una certa istruzione, associano un'esercizio pratico, essendo forniti di diploma ottenuto dopo di aver frequentati corsi speciali. Ora con un servizio di disinfezione bene organizzato si po- trà essere sicuri di operare vantaggiosamente alla distruzione de' focolai infettivi. Intanto, pur facendo voto che questo ideale della polizia sa- nitaria possa attuarsi generalmente, è necessario ritenere per ora indispensabile, che qualunque sanitario sappia non solo ordinare, ma invigilare che la disinfezione si esegua con quella precisione ed esattezza che una malattia infettiva deve richiedere. La disinfezione delle stalle adunque dev' essere generale e completa per tutti gli oggetti, pronta e rapida nell' esecuzione e sotto l' immediata sorveglianza del personale sanitario. Fatto un rapido cenno sulle norme che si hanno a seguire per una buona pratica disinfettante, è necessario accennare a quelle che ufficialmente presso di noi regolano la Profilassi del carbon- chio ; non v' ha di meglio che trascrivere quella parte della cir- colare ministeriale che riguarda la disinfezione. Ordinanza di polizia veterinaria contro il carbonchio — 21 ago- sto 1895. « Art. 3.° I sindaci, appena venuti a conoscenza di tali casi (di Carbonchio) o per denunzie o per indagini che essi stessi fa- ranno eseguire, debbono immediatamente avvertirne la locale Pre- fettura e curare intanto ; siano messi in assoluto isolamento in locali speciali gli animali ammalati e siano tenuti in osservazione per giorni 10 almeno , gii altri animali che furono coi primi a contatto. « Debbono altresì in tali contingenze provvedere a che sia fatta accurata e completa disinfezione nelle stalle, in cui furono tenuti gli animali ammalati, della lettiera, del pavimento, delle pareti e delle mangiatoie e di qualunque altro oggetto che possa essere stato a contatto cogli animali stessi o imbrattato colle loro escre- zioni. « La disinfezione sarà eseguita con latte di calce 20 °/„. — 294 — « (Per preparare latte di calce 20 °/o molto attivo si deve pren- dere calce viva di buona qualità, aggiungervi poco a poco la metà del suo peso di acqua, con che si ottiene una polvere bianca, che per ogni kg. di calce viva acquista il volume di due litri ; stem- perare questa polvere nel doppio del suo volume di acqua. Per un kg. di calce viva s' impiegherà prima un mezzo litro di acqua per spegnerla a poco a poco e poi altri quattro litri per ridurla in latte. La polvere di calce spenta si può conservare in recipienti ben chiusi ed in luogo molto secco. Il latte di calce dev' essere preparato o direttamente colla calce viva o con questa polvere volta per volta). « Il latte di calce dovrà essere applicato con una ruvida spaz- zola, in modo da strofinare fortemente i muri, il pavimento e gli oggetti che si debbono disinfettare , staccandovi ogni materiale, che vi sia stato aderente. » Ora è risaputo qual' è 1' efficacia del latte di calce nella di- sinfezione per alcune determinate malattie, tifo, colera, (Liborius, Richard, Chantemesse); morva (Cadeac et Malet); e quale incerta garentia havvi in quelle determinate da microrganismi sporogeni (Jaeger, De Giaxa, Bombicci). Ora prendendo questo in considera- zione e molto più i risultati ottenuti nella disinfezione pratica, deve ritenersi assolutamente inefficace il mezzo proposto e pre- scritto nella anzidetta ordinanza. Intanto mentre per la disinfezione delle stalle si prescrive il latte di calce, per quella de'carri ferroviari si ordina l'uso del sub- blimato corrosivo all'I, 5 "/oo acidificato con acido cloridrico 5 °/oo (Or- dinanza 28 maggio 1891). Del pari mentre il latte di calce è il disinfettante pel carbonchio, pel mal rosso, per 1' afta epizootica, si trova anche prescritto per la semplice pulizia di carri che hanno servito al trasporto del bestiame sano ; e , quel che più monta, quando serve per la disinfezione come nel 1.° caso, si deve ado- perare alla ragione del 20 °/0 ; quando invece è indicato per la semplice pulizia, come nel 2.° caso, dev'essere preparato in ragio ne di 50 p. di calce e 50 p. eli acqua ! Prima della suddetta Ordinanza lo scopo si poteva conseguire meglio. Infatti a norma dell' art. 55 della Legge Sanitaria 22 De- cembre 1888, la disinfezione per le malattie infettive del bestiame, doveva praticarsi come per quelle dell'uomo e perciò bisognava seguire le norme prescritte in quei casi, in cui si consigliava il sublimato fino alla dose del 2 %o, la quale risponde certamente allo scopo più di quello che non faccia il latte di calce. 205 § 6. Come si debba disinfettare una stalla. In questa rapida rassegna sulle principali quistioni attinenti alla disinfezione si è visto che molti principii che si ritenevano indiscutibili dovettero essere modificati ; si son potuto conoscere le condizioni che modificano il potere antisettico di alcune sostanze e come sia necessario tener conto della temperatura, in cui si fa l'esperimento, della qualità del terreno di cultura e del tempo ne- cessario pel contatto del mezzo disinfettante coll'agente morboso. Tutte queste condizioni trasportate nel campo della pratica della disinfezione hanno una reale importanza e poterono già sve- lare come sia diverso il contegno de' varii antisettici di fronte ai virus specifici. Ora in base a quanto ho esposto ed in conformità delle espe- rienze fin qui riferite, una stalla infetta da carbonchio da disin- fettarsi dovrebbe sottoporsi al seguente trattamento : 1. Eaccolta dello strame, della paglia, delle feci e de' re- sidui alimentari contenuti nella greppia e nella mangiatoia; 2. Raocolta in un medesimo posto di tutti gli oggetti mo- bili che siano stati contaminati, o si sospettano tali, da animali inalati o morti ; 3. Distruzione col fuoco di quelli , tra i sopradetti og- getti di poco valore ovvero disinfezione di tutti ; Per la disinfezione si preparerà in antecedenza una soluzione di sublimato corrosivo alla ragione di 10:1000; 4. Lavatura del pavimento e delle pareti fatta con una so- luzione bollente di sapone verde al 3 °/0 ; 5. Lavatura disinfettante delle pareti fatta colla stessa so- luzione di sublimato, come sopra è detto, a mezzo di grosso e ru- vido pennello da imbianchino , ponendo mente ai cavi, alle fes- sure esistenti. La stessa lavatura si eseguirà sopra tutti gli og- getti di legno, di ferro, in fabbrica, sulle finestre, sulle porte, fino a che tutte le possibili sostanze aderenti siano completamente distaccate e tutte le superficie appaiono ben pulite ; 6. Lavatura del pavimento colla stessa soluzione di subli- mato e più particolarmente del sito sul quale sarà giaciuto un animale morto di carbonchio, ovvero si sarà praticata un'autopsia e poscia scopatura energica. In questa operazione bisogna fare spe- ciale avvertenza alle linee di connessioni, quando esistono, stante le difficoltà maggiori di pulirle ; — 296 — 7. Lavatura colla stessa soluzione, fino a completa nettezza, di qualunque oggetto che abbia servito al trasporto di animali, di parti di esso, o di oggetti infetti ; 8. Lavatura dopo tre o quattro ore e preferibilmente quando tutto si sarà prosciugato, con acqua calda per sciogliere e portare via il possibile residuo di sale, di tutto quello che è stato assog- gettato alla disinfezione con sublimato corrosivo ; 9. Lavatura de' vestiti e delle calzature di chi ha proce- duto alla disinfezione ; 10. Quando poi per circostanze speciali si possa fare a meno di una disinfezione di urgenza o di necessità, alla soluzione di su- blimato 10:1000 si sostituirà quella 2:1000 acidificata con acido clo- ridrico 5:1000; ma in questo caso ad una prima lavatura disinfet- tante terrà dietro una seconda fatta colla stessa soluzione e dopo un periodo di tempo tra 10 a 15 ore dalla prima lavatura. Questo processo di disinfezione risponde completamente ai de- siderati di una disinfezione pratica. Difatti : 1. è di facile esecuzione e non richiede molto tempo ; 2. costa poco ; 3. non può alterare l' integrità delle pareti della stalla ; 4. è innocuo a chi 1' esegue ed agli animali che vi abi- teranno. Istituto d'Igiene della R. Università di Napoli. BIBLIOGRAFIA DELLA PRIMA PARTE 1. Statistica. Zundel. — Dlctionnaire de Med. et d'Hggiène Vet. Tomo I, p. 335, 1S74. Jahresber der Wiirtenberg. Oberamtsthieràrzte. Reper. 1870-88. Sewhenber. der K. preuss. techn. Deputation fur das Yeterinarwesen; Berlin. Archiv, 1878-88. Ròll's. — Jahresber. f. Oesterreich, Wien 1886-88. Jalwesb. d. Kaiserl. Gesundheitsamtcs ilber die Yerbreitung der Viehseuchen ini dcutscJien Reìch prò 1886-87. Animai Report of the agricultural Departcment of the Privy Council Office, for the year 1887 London. Ròll. — Veterinarber. iiber Oesterreich. Wien 1889. Jahresber. ilber die Yerbreitung der Thierseuchen 1889. Buttettino sanitario della Direzione di sanità pubblica. Roma 1887-94. 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Aristotile, Erodoto, Plinio, Plutarco, Strabone ed altri, nelle loro classiche opere, segnalarono questi fatti. In Islanda, alle Isole Feroe, financo le vacche ed i cavalli si nutriscono con la carne di pesce in luogo del fieno che nell' in- verno manca. Se antico è l' alimento . non meno antica è la questione di sapere, se la carne di pesce sia un alimento igienico e riparatore. Il mutamento delle epoche e dei criteri scientifici e non ul- time le superstizioni dei vari popoli dettero luogo ad opinioni di- verse. Galeno credeva che la carne di pesce fosse adatta alle per- sone che fanno vita sedentanea , deboli o convalescenti , ed ai vecchi. Agli Ebrei era proibito di mangiare anguille, lamprede, mo- rene, siluri, squali, perchè conosciuti come pesci velenosi. Gli Egiziani non ne consumavano affatto, dacché credevano che Venere, oggetto del loro culto di predilezione , si fosse me- tamorfosata in pesce. Fin dal principio del secolo decimottavo, 1' Accademia reale delle scienze di Parigi emise il parere che la carne di pesce fosse poco nutritiva e la consigliò ai vecchi, ai valetudinari ed ai de- boli. - 312 — Si è osservato pure che la carne di alcuni pesci, sia per in- sufficienza di masticazione , sia per un eccesso o per la qualità dei corpi grassi, sia per una predominanza di tessuti gelatinosi, sia per sostanze speciali che si sviluppano in certe epoche , rie- sce di difficile digestione. Si è ammesso che gli individui, i quali sopportano male gli alimenti liquidi, digeriscono difficilmente la carne di pesce. Ai gottosi ed alle persone con manifestazioni morbose cuta- nee si è consigliato di usarne con sobrietà. All' alimentazione con carne di pesce si è attribuito fin da tempo remotissimo, per comune consenso ma non con prova precisa, un effetto afrodisiaco ; e si è perfino voluto trovare un legame tra 1' abuso, che i Greci ed i Romani della decadenza facevano della carne di pesce, ed i piaceri di amore. John Davy dette all'alimentazione con carne di pesce la pre- ziosa proprietà di difendere dalla tubercolosi, perchè a Plymouth i pescatori danno scarsissimo tributo alla tisi. Ma forse la vera ragione, più che nel cibo , è da ricercarsi nel clima e nelle abi- tudini di vita. D' altra parte molte malattie sono state attribuite all'uso con- tinuo della carne di pesce, e sopratutto alcune malattie endemi- che, come una specie di lebbra esistente alle isole Feroe ed alle Orcadi, e le numerose eruzioni psoriache ed erpetiche che si os- servano frequentemente sulle coste della bassa Bretagna in Fran- cia, su quelle della Biscaglia, in Spagna, del Baltico, in Botnia, in Finlandia, in Livonia, nella Scozia. Ma questi fatti si possono spiegare facilmente con 1' uso di pesci guasti da parte di popoli ignari di tutte le leggi dell'igiene, poiché è noto che i pesci diventano spesso tossici, quando, sotto 1' influenza di un principio di fermentazione putrida, essi svolgono prodotti ammoniacali. Vi sono inoltre dei pesci addirittura velenosi. Difatti nella zona torrida ne esistono, e di essi scrissero Berkowsky, Solofsky, Fonssagrives e Leroy de Méricourt x). Nel trattato d' igiene del Bouchardat 2) si trova l'elenco dei principali pesci velenosi, dei quali l'autore, seguendo l'esempio di Aliarci, fa una classe a parte detta appunto dei pesci velenosi. ') Rbich. — V o 1 k s Gresundheites P f 1 e g e. Coburg. 1862, pag. 130 e Fonssagkivks et Le Boy de Mékicourt.— D e s poissons toxicophores d e s p a y s e h a u ci s. Ann. d'Uggirne, 1861. 2) A. Bouchardat.— T r a ite d'Hygiène. Paris, 1887, pag. 207. — 313 — E così, fin da epoca remotissima , sempre fondandosi sopra osservazioni empiriche, le opinioni sulla digeribilità ed il valore nutritivo della carne dei pesci sono state spesso contraddittorie. Malgrado ciò, contemporaneamente, la carne di svariatissimi pesci , pescati nel mare e nelle acque dolci , ha concorso , come tuttavia concorre , a fornirci abbondanti risorse alimentari , an- che ammettendo che la loro carne ed i loro tessuti adiposi non possano essere assimilati, dal punto di vista delle qualità nutritive, ai prodotti analoghi, che si ottengono dagli animali di beccheria, caccia ed uccelli di bassa corte. I pesci dunque contano moltissimo nei mezzi , di cui dispo- niamo per completare la nostra alimentazione in sostanze azotate, e per introdurre nel nostro regime la varietà, tanto utile in que- sta classe di alimenti. Oltre la carne muscolare di pesce, fresca, salata ed affumi- cata, sono altresì adoperati come alimenti gli interiori di pesci e le uova sopratutto. Si sa infatti che la maggior parte delle uova di pesci hanno proprietà alimentari perfettamente stabilite , quantunque i loro principi immediati albuminosi differiscano dall'albumina dell'uovo di pollo, secondo le ricerche di Valenciennes e di Fremy. Anche fra le uova di pesce sono di quelle che hanno un' a- zione purgativa e fino ad un certo punto deleteria, come le uova di Cyprinus barbus. Le uova di molti storioni, preparate particolarmente in Rus- sia, costituiscono una sostanza molto nutritiva , conosciuta sotto il nome di caviale, caviar, che in lingua russa si dice ikra. Si mangia fresco e salato. Il vero caviale degli storioni dell' Oural è grosso come un pisello, trasparente, con una piccola macchia grigiastra. Il nostro caviale è fornito da un altro pesce più piccolo; è verde oscuro , un po' rancido e non rassomiglia per nulla al- l' altro. Allorché comparvero le prime analisi sulla carne dei pesci, le opinioni che, come ho detto avanti, erano basate sull'empirismo, entrarono in una nuova fase , la quale aveva un indirizzo vera- mente scientifico. Vale la pena di farne una sommaria rassegna, onde si possa poi meglio riconoscere lo stato presente della questione. — 314 — Limpricht l) pubblicò un' analisi immediata della carne di ghiozzo, pesce, zoologicamente, molto vicino alla carpa. Trovò 77,89 o/o di acqua e 22.11 o/0 di sostanza secca. L'analisi della carne di ghiozzo manca dell'indicazione della sostanza grassa che doveva certamente trovarsi fra i principi im- mediati della sostanza organica commestibile. Un'altra analisi di ghiozzo, comprato alla pescheria di Parigi, fu fatta da Payen : 2) Acqua 67,030 Materie azotate (deciotte dall'azoto 2.329) 15,145 Materie grasse 13,250 Materie minerali 2,720 Materie non azotate e perdite .... 1,855 100,000 La materia grassa offriva i caratteri generali degli olii di pesce, eli colore aranciato leggermente bruno, fluida alla tempe- peratura di 20°-25°, lasciava depositare una porzione meno fluida, granulosa e biancastra. A. Payen 3) analizzò inoltre la carne di moltissimi altri pe- sci, tra cui principalmente l'anguilla, la raia, la sogliola, il sal- mone, il merluzzo, l'aringa salata, l'aringa affumicata e, tra i pesci di acqua dolce, il carpio, il ghiozzo e l'anguilla. Dalle sue ana- lisi egli dedusse che nella carne muscolare dei pesci le sostanze albuminoidi si trovano quasi nelle medesime proporzioni che nella carne di manzo. A queste prime analisi succedettero numerosissime altre, cioè quelle di Bukland F.4), di Kònig J. e Farwick B. 5), di Almen A. 6), di Konig, Farwick e Krauch 7), di Krauch C. 8), di Atwater W. O. *) Limpricht. — Annalen cler Chemie tind Pharmacie, aug. 1863. 2) Payen.— Comptes rendus, T. XXXIX, pag. 318, e Prècis théorique et prati q vi e des substances alimentaires. Paris, 1865, pag. 488. 3) Loc. cit. 4) Bukland F.—Archiv. f. Pharm., 1874, Bel. 203, S. 178. 5) Kònig J. e Fakwick B. — Zeitschrift Biologie , 1874, S. 497 e Originai Mittheilung. 6) Almen A. — Analyse des Fleiches einiger Fische. Upsala. 1877. '•') Kònig, Fakwick u. Krauch. — Chem. u. techn. Untersuch. d. Ver- suchsstation. Milnster. 1878, S. 106. 8) Krauch —Originai Mittheilung. — 315 — e Woods C. D. x), di Atwater W. 0. 2) contribuendo complessiva- mente alla conoscenza della composizione chimica della carne mu- scolare dei pesci con analisi di circa sessanta specie. Schmitz e Miilder 3) determinarono la composizione elementare della carne muscolare di alcuni pesci. Payen e Bibra 4) determinarono le ceneri della carne musco- lare di alcuni pesci, già priva di materia grassa e seccata a 100°. Payen 5) fece Y analisi elementare della carne muscolare di alcuni pesci, dopo averne estratta la materia grassa. Payen e Moleschott G) determinarono l'albumina solubile, la musculina e le materie estrattive. Almen A., Kònig J. e Krauch, Farwick eseguirono analisi di parecchi pesci conservati 7). Kònig J. e Meinert C. A. 8) analizzarono alcuni pesci affumi- cati e marinati. Payen 9), Kònig e Brinner 10), Lidon A. n), Stutzer A. l2) fe- cero successivamente l'analisi del caviale fresco, di quello detto Pajousnaja e di quello russo. Atwater W. 0. 13) fece l'analisi di uova di pesci. Kletzinski l4) fece l'analisi del Fischrogenkase, che si prepara mediante pressione e successivo essiccamento all' aria delle uova di alcuni pesci dei Dardanelli. Bibra 15) analizzò il fegato di luccio, di trota e di carpione. ]) Atwater W. O. u. Woods C. D. — Berichte d. deutschen chem Gesell- schaft, in Berlin. 1883. Bd. 16, S. 1839 e Americcui Chem. Journ. 1887, IX. — Con tributions to the knowledge of the chem. composition and nutritive values, ecc. Wash ing to>i 1885. 5) Atwater W. O.—Zeitschr. f. Biologie, 1887, Bd. VI. S. 16. 3) Schmitz e Mììlder.— i?» ciclopedia di chimica del Selmi, N. 8 p. 772. *) hoc. cit. 5) Loc. cit. 6) Payen e Moleschott— Loc. cit. "') Kònig.— Nahrungs und Genusrnittel, I. Bd. S. 212. Berlin, 1889. 8) Kònig J. e Meinert C. A. — Originai Mittheilung. Armeeu. ATolksernhàrung. 1890. I. Bd., S. 186. 9) Payen.— Comptes rendus. XXXIX. pag. 318. 10) Kònig u. Brinner.— 0 h e rn. und. t e e h n. U n t e r s u e h. d. V e r s u e h s. stat., 1878, 8.106. u) Lindon A. — Repertorium f. analgt. Chem. 1882, S. 161. 12) Stutzer A. — Chem. Zeitung. 1880, S. 818. 13) Atwater W. O. — Berichte der deutehen Chem. Gesellschaft in Berlin, 1883, S. 1839. u) Kletzinski. — Mittheilungen ciuf den Gebiet der rein und neiv. Ckemie. Wicn, 1865, S. 33. 1B) Bibra. Vedi: Moleschott.— Phisio logie der N a h r u ngsmi ttel, 1859, S. 80. — 316 — Lo stesso. Bibra 1) analizzò la cenere della perca e del car- pione. Sempolowski 2) fece l'analisi di alcuni pesci eli mare allo scopo di trovare il valore delle parti non mangiabili, ma utili per l'a- gricoltura. Per altro le cifre della sua analisi hanno pure una importanza per l'alimentazione degli uomini. Delattrè 3) e Bighel 4) analizzarono il grasso di pesce e l'olio di fegato di merluzzo. Scliarling 5) fece l'analisi elementare di questo ultimo. La maggior parte delle analisi da me citate innanzi, si tro- vano riportate nel trattato del Kònig 6). Ma di esse quelle che hanno grande importanza, sia per il numero come per la qualità delle determinazioni eseguite , sono le analisi di Atwater su 61 specie di pesci americani, di cui 48 allo stato fresco, il resto sotto forma di conserva. Egli ha fatto uno studio completo, perchè ha determinato le parti inutili e le parti mangiabili, e di queste poi l'acqua, il grasso l'azoto, il cloro, l'acido fosforico, le sostanze azotate insolubili, le ceneri, ecc. Anche le analisi di Almen sono pregevolissime. Egli analizzò 9 pesci freschi, 5 pesci salati e 3 pesci secchi, in tutto 17. Le deter- minazioni furono: albumina solubile, sostanze proteiche insolubili, sostanze estrattive, grasso, sali, acqua, azoto, cloruro di sodio. Da tutte queste numerosissime analisi si rileva facilmente che la carne muscolare dei pesci abbia una composizione imme- diata molto simile a quella della carne di manzo, soprattutto per le sostanze albuminoidi. Per tal modo il valore nutritivo, dapprima attribuito empi- ricamente, aveva la solenne conferma dell'analisi chimica. Ma' un alimento, quantunque contenga molte sostanze albu- minoidi, non è perciò soltanto da potersi dire di facile digestione e molto assimilabile. Bisogna tener conto del rapporto fra i vari componenti, per- chè questo è capace di modificare moltissimo l'assimilabilità. E nel caso della carne dei pesci, come è già noto da prece- denti lavori, tra i quali quello dell'Almein si sa: che la quantità *) Selmi— E nciclopedia di chimica, n. 8 pag. 772. 2) Sempolowski.— Land w. -V ers -stat., 1889, Bd. 36, S. 61. 3) Delattrè. — D ictionnaire des altèra ti ons et falsifica- tions, ecc. Paris 1878, pag. 564-565. 4) Bighel.— Archiv. f. Pharm. LXX, S. 18. 5) Scharling.— .Town. f. proci. Chemie, Bd. 43, S. 257. tì) Loc. cit. - 317 — di acqua nei muscoli soggiace a sensibili oscillazioni; che il con- tenuto in grasso esercita una certa influenza speciale , cioè , la carne in generale é tanto più povera di acqua, quanto più è ricca di grasso; che il contenuto di acqua non dipende solamente da quello in grasso, ma anche da altre circostanze, fra le quali bi- sogna contare l'età degli animali, giacché, se questi sono giovani, i muscoli sono più poveri in sostanze solide e più ricchi in acqua; e che in generale i muscoli di alcuni pesci sono ricchissimi di grasso, potendo elevarsi il contenuto di esso, secondo Almen, da 100, cifra minima, a 300 e più grammi per chilogrammo. Per convincersi che il quantitativo di acqua varia indipen- dentemente dal grasso, basta paragonare il contenuto di grasso ed acqua dei muscoli dei buoi magri e di quelli di luccio. Bue Luccio Grasso °/oo \& 1-^ Acqua o/oQ 767 839 In quanto alla sostanza azotata si sa che la carne muscolare dei pesci contiene un' albumina coagulabile a temperatura meno elevata che non è quella delle uova e del sangue dei mammiferi, poiché si rappiglia a 44". Fremy x) trovò nei muscoli di certi pesci una sostanza rossa, cui diede il nome di acido salmonico, il quale si riscontra pure nelle uova di salmone. Forse deriva da una sottrazione dell'acido salmonico che la carne di quel pesce si scolora e diventa insipida nell' atto in cui l'animale entra in frega. Valenciennes e Fremy 2) osservarono che il Saluto auratus contiene in minore proporzione gli acidi salmonico ed oleofosfo- rico che il salmone comune. Nei muscoli dei pesci, oltre 1' acido oleofosforico in quantità ragguardevoli, sono state trovate altresì la creatina e la creatinina. Del valore nutritivo della carne dei pesci si occuparono parecchi. Schlossberger 3) analizzò la carne di bue , di vitello , di ca- priolo, di pollo in paragone a quella di trota. In questi ultimi anni sono stati fatti alcuni lavori sperimen- tali di grandissima importanza sulla digeribilità e l'assimilabilità della carne dei pesci con criteri e metodi affatto moderni. *) Selmi. — Enciclopedia di chimica w. 8, pag. 773. 2) Loc. cit. 3) Schlossberger. Vedi : Mantegazza P. — E 1 e m e n t i d' i g i e n e, 1878, pag. 97. — 318 — A. H. Chittenden e W. Cummins ') ricercarono la relativa digeribilità di diverse specie di carni , specialmente di quella di pesce, servendosi del succo gastrico artificialmente da essi prepa- rato, ed eseguendo le ricerche sulla digeribilità, sia con la carne cotta come con quella cruda. Essi dimostrarono che la carne di pesce è meno digeribile di quella bovina, avendo trovato per la carne di vitello 94,89 °/0 di digeribilità, e per quella di salmone 92,29, cifra affatto identica a quella del castrato, per il quale eb- bero la cifra di 92,15. Dimostrarono inoltre che la carne di animali giovani è meno facilmente digeribile che quella di animali vecchi della stessa specie. M. Popoff 2) studiò pure la digestione artificiale della carne di pesce e di manzo in rapporto al modo di preparazione. Herter e Gigglbauer 3) fecero studi identici. Questi tre speri- mentatori trovarono che la carne di pesce cotta o cruda non è poi tanto meno digeribile di quella di manzo. AV. 0. Atwater 4) invece trovò , mediante ricerche su di un uomo ed alcuni cani, che la carne di pesce ha lo stesso grado di digeribilità di quella di manzo. D. Martelli °j in un recente lavoro, in cui si propone di stu- diare la composizione chimica ed il valore alimentare del tonno conservato sott'olio, trovò che la composizione chimica non ne è costante e che, ciò malgrado, costituisce un alimento assai nu- triente di un valore non trascurabile. A. Insinna G) recentissimamente ha fatto uno studio accurato sul valore nutritivo del baccalà e la sua importanza nell'alimen- tazione popolare. J) A. H. Chittenden e W. Cummins.— U e b e r d. r e 1 a t i v. V e r d a u 1 i- c h k e i t v. verschied. Fleischsorten, b e sonder s d e n e n v. F i s e h e n a u f k ii n s 1 1. W e g e. American Chem Journal, Bd. VI, pag. 318. 2) M. Popoff. — U e b e r Verdauung v. R i n d u. Fischfìeisch bei verschied. Art d. Imbereitung Zeitschr. f physiologische Che- mie Bd. XIV. 3) Herter e Gigglbauer. — Vedi Kònig. pag. 88. 4) W. 0. Atwater.— U e b e r V e r d a u li e h k e i t v. F i s e li. in ver- g 1 e i e h zuEindrieisdi. Zeitschrif. f. Biologie, Bd. VI b) D. Martelli. —Composizione chimica e v a 1 o re alimen- tare del tonno conservato sott'olio. Stazioni sperimeli tali agrarie italiane, voi. XXVIII, fase. IX, pag. 225, 1895. tì) A. Insinna.— Valore nutritivo del baccalà e s uà importanza per l'alimentazione popolare. Annali rZ' Igiene sperimentale , voi. V. fase. IV, 1895, pag. 539. - 319 — Egli ha. mediante il bilancio dell' azoto , analizzando gli a- limenti introdotti e le feci con le urine di due uomini e di se medesimo, sottoposti alla ricerca, dimostrato che il baccalà, oltre ad essere il più ricco in albumina fra tutti gli alimenti animali, è tuttavia di un valore nutritivo pari a quello della carne di manzo. Adunque lo stato attuale dell' alimentazione con carne mu- scolare di pesce, si può riassumere così : 1.° analisi chimiche piuttosto scarse riguardante i pesci dei mari, fiumi e laghi europei ; 2.° analisi chimiche più numerose riguardanti pesci ame- ricani ; 3." molte notizie disparate intorno al valore nutritivo della carne muscolare dei pesci ; 4.° pochissimi lavori intorno all' assimilabilità, eseguiti ora su la tale, or su la tal' altra qualità di pesce, di guisa che non sappiamo ancora, fra le diverse specie, zoologicamente parlando, quali siano davvero quelle che offrono una carne muscolare di maggiore assimilabilità. Pertanto, poiché gli studi sulla composizione degli alimenti e la loro assimilabilità si legano intimamente alle esigenze della fisiologia non solo, ma anche a quelle dell'economia e dell'ordine sociale, mi è parso che uno studio sulla composizione dei piin- cipali pesci del mercato di Napoli, seguito da quello sull' assimi- labilità della carne muscolare delle principali specie , possa rie- scire, in certa guisa, a fornire, tuttoché con modesto contributo, nuovi dati , specialmente su alcuni pesci marini delle coste del Mediterraneo. Gli studi classici di Pettenkofer e Voit che inaugurarono le ricerche sul ricambio materiale in rapporto ai bisogni nutritivi dell' organismo , il problema igienico del giorno , che occupa le menti di igienisti e di economisti, cioè quello di sapere quale sia il tipo di alimentazione conveniente ai bisogni della vita di un individuo medio (Voit), mi pare che giustifichino abbastanza lo scopo di questo mio lavoro. Pubblico ora il risultato delle mie ricerche sulla composizione chimica di settantadue specie di pesci e sul loro valore nutri- tivo, riserbandomi di pubblicare quanto prima lo studio sull' as- similabilità. 320 2. ACQUISTO DELLE VARIE SPECIE DI PESCI SUL MERCATO DI NAPOLI. Fin da principio fui preso da una grande incertezza sulla scelta delle qualità di pesci da analizzare , perchè io credeva di trovare al massimo una trentina di specie in uso sul mercato , confortato altresì in tale opinione da quello che aveva letto in due pregevoli lavori sull' alimentazione del popolo minuto in Na- poli , il primo di A. Spatuzzi e L. Somma l) , il secondo di L. Manfredi 2). Difatti i due primi autori citano meno che venti spe- cie come quelle che sono abitualmente consumate dal popolo na_ poletano, le quali per l' aggiunta di una diecina di specie di pe- sce di lusso, non supererebbero la trentina. Ed il Manfredi anzi, in una breve rassegna che fa su gli alimenti usati dal popolo minuto di Napoli, dice che sebbene si tratti di una città marittima, pure il popolo minuto non mangia che raramente pesce fresco e che questo ad esso arriva, d'ordinario, o già guasto o sotto forma di piccoli pesciolini. Così egli spiega il grande uso del pesce salato, rappresentato quasi esclusivamente dallo stoccofisso ( Gadus mor- rhua) e dal baccalà (Gadus merlucius). Invece con mia grande sorpresa , quando incominciai a re- carmi quasi giornalmente sul mercato centrale del pesce, ebbi a convincermi del contrario, che cioè le qualità di pesce, che vi si trovano durante Fanno,, superano il centinaio, e che la maggior parte, certamente più della ventina , vi si trova quasi giornal- mente, eccettuati quei giorni nei quali per cagione di intemperie non si sia fatta la pesca. Un' altra difficoltà mi si presentò e di grande importanza, perchè riguardava il modo, onde io avessi potuto identificare la qualità del pesce che compravo, ovvero in altra guisa esserne as- sicurato , esclusa naturalmente la dichiarazione del venditore , il quale per ragioni o d'ignoranza o d'interesse avrebbe potuto trar- rai in errore. Debbo alla cortesia dei miei amici signori dottori Salvatore Lo Bianco e Federico Raffaele, conservatore il primo, assistente il secondo nella Stazione zoologica di Napoli , se tale difficoltà scomparve del tutto, rendendo il punto di partenza del mio lavoro un fatto indiscutibile. Ma la loro amichevole e cortese !) Spatuzzi A. e Somma E.— S u 1 1' alimentazione del popolo mi- nuto i n N a p o 1 i. Lavori due, approvati dall'Accademia Pontaniana. Napoli, 1863, pag. 40. 2) Manfredi L. — S u 11 ' alimentazione delle e 1 a s s s i povere in Napoli. Annali dell'Istituto d'igiene sperimentale, Roma, 1893, voi. Ili, pag 48. - 821 — cooperazione mi fu anche validissima nell' indicazione dei nomi dialettali napoletani , italiani ed esteri in corrispondenza del nome specifico latino. III. Preparazione del campione per l'analisi e metodi analitici adoperati. Prima di ogni altra cosa, il pesce veniva privato, con ogni cura, della cute, della testa, della coda e della lisca, mediante un coltello che permetteva il distacco completo della carne, la quale veniva raccolta in piatto di vetro asciutto e pesato. Poiché si era pesato il pesce intero, per differenza si conosceva il peso delle parti inutili. Ho creduto di adoperare questo metodo per la preparazione del campione e non quello indicato dal Kònig , cioè di far cuo- cere il pesce in una capsula e poi con cura togliere la pelle, la testa e la lisca, perchè questo mi è parso più suscettibile di errori. Così ho potuto conoscere esattamente il peso della parte man- giabile e della parte inutile, notizie indispensabili per poter sta- bilire il valore nutritivo. Preparato così il campione, ecco quali sono state le determi- nazioni da me eseguite: 1. Umidità. — Dieci o più grammi di sostanza venivano es- siccati nella stufa a 110° C. fino a costanza del peso. 2. Azoto.— Ho seguito il metodo di Kjeldhal con la modifi- cazione di Gunning. *) Per la decolorazione completa occorrevano non più che due ore. Mi piace soltanto di ricordare che, per as- sicurarmi della purezza dei reattivi impiegati, tra i quali anche la polvere di zinco molto più comoda della granaglia, ho eseguito parecchie determinazioni in bianco. 3. Grasso. — Cinque a dieci gr. di sostanza secca erano sot- toposti ad estrazione con etere anidro nell'apparecchio di Tollens modificato 2) per circa 4 ore. Quindi, evaporato l'etere, il residuo, dopo essiccamento nella stufa a 100° C. per circa due ore, e dopo consecutivo raffreddamento nell'essiccatore, veniva pesato. *) Gunning I. W.— U eb e r e i n e Modification d. K j e 1 ci h a 1 s e h. Zeitschr. f. miai. Chem. Bel. XXVIII, 1889. 2) Milone U. — Modificazione all'apparecchio estrattore del grasso di T ollen s. — Boll. d. Soc. d. Nattur. in Napoli. Serie I. Voi. Vili 1894, pag. 48. 21 — 322 — 4. Cloro — Carbonizzavo 3-4 grammi di sostanza secca, ne lisciviavo il prodotto con acqua distillata fino ad avere un volume determinato. In una parte aliquota del quale dosavo il cloro con soluzione unitaria di nitrato di argento , secondo il metodo di Mohr. 5. Acido fosforico — L'acido fosforico è stato determinato volumetricamente, seguendo il metodo di J. Bongartz *). Secondo l'autore del metodo il dosamento del fosfato di calcio, di magnesio, di ferro, di alluminio è più rapido che il dosamento col molibdeno o 1' uranio, anche in presenza di più di 1 °/0 di acido fosforico combinato al ferro ed all'alluminio. Il metodo inoltre offre il van- taggio, che merita di essere tenuto in gran conto, che cioè la so- luzione normale si conserva perfettamente , ed inoltre non si è obbligati a tenersi in limiti rigorosi per il volume della soluzione da titolare. Se si discioglie nell'acido cloridrico del monofosfato di calcio CaHP04, fosfato bicalcico (fosfato di calcio officinale), si forma del bifosfato di calcio: 2CaHP04 + 2HC1 = CaH4 (P04)2 + CaCl2. Del pari, se si scioglie nell'acido cloridrico il fosfato trical- cico, si ha : Ca3 (P04)2 -f 4HC1= CaH4 (P04)2 + 2CaCl2. Si mescola la soluzione con poche goccie di orange di metile ed una quantità sufficiente di cloruro di calcio, poi si neutralizza l'acido cloridrico libero con liscivia di potassa fino a che il color rosso passa al giallo. Se poi alla soluzione, addizionata di fenol- ftaleina, si aggiunge della liscivia di potassa normale fino a debole colorazione rossa della fenolftaleina si è formato oltre all' orto- fosfato neutro di calcio Ca3 ( P04 )2 , anche del monofosfato di calcio (CaHP04) o del monofosfato di potassio (K2HP04): 2CaH4(P04)2 + 6KOH + 2CaCl2 = Ca3 (P04)2 + 6H20 + CaHP04 + K2HP04 + 4KC1. Il contenuto in acido fosforico si deduce dalla quantità di liscivia di potassa normale impiegata : 3KOH (= 167,97) corrispondono a P205 (=141,72). Se si vuol ripetere il titolo, basta aggiungere goccia a goccia dell'acido cloridrico fino all' apparizione del colore rosso dovuto all'orante di metile ed il precipitato si ridiscioglie. J) I. Bongartz. — Archiv <1 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) g. 44,270 di carne muscolare det- tero gr. 33,120 di H2O e gr. 11,150 di sostanza secca; b) gr. 32,345 di e. m. d. gr. 24,085 di HaO e gr. 8,260 di sost. s.; e) gr. 32,039 di e. m. d. gr. 24,622 di H2G e g. 7,417 di sost. s. Grasso: a) gr. 6,3750 di sostanza secca dettero gr. 0,1590 di grasso; b) gr. 5,9350 di sost. s. d. g. 0,2220 di g. ; e) gr. 6,7350 di sost. s. d. g. 0,2500 di g. Azoto : a) gr. 0,5930 di sostanza secca dettero gr. 0,076328 di Az; b) gr. 0,4930 di sost. s. d. gr. 0,064395 di Az; e) gr. 9,5000 di sost. s. d. gr. 0,063624 di Az. Cloro : a) gr. 3,7120 di sostanza secca dettero gr. 0,0135 di CI; 6) gr. 3,0370 di sost. s. d. gr, 0,0165 di CI; e) gr. 4,7780 di sost. s. d. g. 0,0222 di CI. - 344 — Acido fosforico (P2O5) : a) gr. 2,7100 di sostanza secca dettero gr. 0,137846 di P205 ; b) gr. 2,7151 di sost. s. d. gr. 0,137846 di P2O5 ; e) gr. 2,3745 di sost. s. d. gr. 0,130192 di P205. Ceneri: a) gr. 2,7100 di sostanza secca dettero gr. 0,1600 di cenere : b) gr. 2,7151 di sost. s. d. gr. 0,1488 di e. ; e) gr. 2,3745 di sost. s. d. gr. 0,1301 di e. 34. Lophius budegassa, Spin. — Rana pescatrice (Pescatrice, nap.), Baudroie, Seetenfel, Àngler. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 550 di rana pescatrice dettero gr. 180 di carne muscolare ; b) gr. 680 di r. p. d. gr. 135 di e. m. ; e) gr. 295 di r. p. d. gr. 60 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 64,225 di carne muscolare det- tero gr. 51,794 di H2O e gr. 12,430 di sostanza secca ; b) gr. 42,347 di e. m. d. gr. 35,540 di H20 e gr. 6,807 di sost. s.; e) gr. 66,225 di e. m. d. gr. 52,828 di H20 e gr. 13,397 di sost. s. Grasso : a) gr. 7,2160 di sostanza secca dettero gr. 0,1570 di grasso ; b) gr. 4,8470 di sost. s. d. gr. 0,0780 di g. ; e) gr. 3,7540 di sost. s. d. gr. 0,0510 di g. Azoto : a) gr. 0,4880 di sostanza secca dettero gr. 0,062852 di Az; b) gr. 0,4060 di sost. s. d. gr. 0,05310 di Az; e) gr. 0,4260 di sost. s. d. gr. 0,056297 di Az. Cloro : a) gr. 4,5890 di sostanza dettero gr. 0,0603 di CI; b) gr. 2,3200 di sost. s. d. gr. 0,0460 di CI; e) gr. 3,5600 di sost. s. d. gr. 0,0795 di CI. Acido fosforico (P205) : a) gr 2:5350 di sostanza secca dettero gr. 0,19146 di P,05 ; b) gr. 2,6629 di sost. s. d. gr. 0,17359 di P205; e) gr. 2,1303 di sost. s. d. gr 0,168484 di P205. Ceneri: a) gr. 2,5350 di sostanza secca dettero gr. 0,1290 di cenere ; b) gr. 2,6629 di sost.. s. d. gr. 0,1301 di e. ; e) gr. 2,1303 di sost. s. d. gr. 0,1042 di e. 35. Maena zebra, Briinn. — Menola (Mennella, nap.) Mendole, Picarel gore. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 390 di menola dettero gr. 160 di carne muscolare ; b) gr. 400 di m. ci. gr. 140 di e. m.; e) gr. 420 di m. d. gr. 170 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 46,477 di carne muscolare det- tero gr. 35,255 di H20 e gr. 11,222 di sostanza secca ; b) gr. 26,140 di e. m. d. gr. 19,180 di H20 e gr. 6,960 di sost. s.; e) gr. 46,775 di e. m. d. gr. 35,022 di H20 e gr. 10,853 di sost. s. — 345 — Grasso : a) gr. 6,5350 di sostanza secca dettero gr. 0,2360 di grasso ; b) gr. 7,6750 di sost. s. d. gr. 1,0700 di g. ; e) gr. 6,5680 di sost. s. d. gr. 0,1590 di gr Azoto: a) gr. 0,3370 di sostanza secca dettero gr. 0,045500 di Az ; 6) gr. 0,3700 di sost. s. d. gr. 0,043572 di Az; e) gr. 0,5090 di sost. s. d. gr. 0,068636 di Az. Cloro : a) gr. 3,6180 di sostanza secca dettero gr. 0,0156 di CI ; b) gr. 5,7270 di sost. s. d. gr. 0,0234 di CI; e) gr. 2,9410 di sost. s. d. gr. 0,0216 di CI. Acido fosforico iP2Oó) : a) gr. 2,6999 di sostanza secca dettero gr. 0,145509 di P2 05 ; b) gr. 2,4009 di sost. s. d. gr. 0.137846 di P2 05 ; e) gr. 2,3231 di sost. s. d. gr. 0,137846 di P2 05. Ceneri : a) gr. 2,6999 di sostanza secca dettero gr. 0,1550 di cenere; b) gr. 2,4009 di sost. s. d. gr. 0,1361 di e. ; e) gr. 2,3231 di sost s. dettero gr. 0,1306 di e. 36. Merluccius vulgaris , Flem. — Merluzzo o Nasello , (Mer- luzzo, nap.), Merluche, Rothange o Merlan, Hake. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 510 di merluzzo dettero gr. 201 di carne muscolare; b) gr. 360 di m. d. gr. 205 di e. m.; e) gr. 720 di m. ci. gr. 275 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 42,597 di carne muscolare det- tero gr. 34,132 di H20 e gr. 8,465 di sostanza secca ; b) gr. 40.193 di e. m. d. gr. 31.638 di H20 e gr. 8,555 di sost. s.; e) gr. 46,502 di e. m. ci. gr. 36,905 di H20 e gr. 9,597 di sost. s. Grasso : a) gr. 10.819 di sostanza secca dettero gr. 0,2490 di grasso ; b) gr. 6,2730 di sost. s. ci. gr. 0,870 di g. ; e) gr. 7,2220 di sost. s. d. gr. 0,1170 di g. Azoto : a) gr. 0,5064 di sostanza secca dettero gr. 0,6198 di Az ; b) gr. 0,6060 di sost. s. d. gr. 0,090616 di Az ; e) gr. 0,4780 di sost. s. d. gr. 0,064395 di Az. Cloro : a) gr. 3,4140 di sostanza secca dettero gr. 0,0189 di CI; b) gr. 3,5100 di sost. s. d. gr. 0,0195 di Ci; e) gr. 4,6220 di sost. s. d. gr. 0,0453 di CI. Acido fosforico (P2 05) : a) gr. 2,7885 di sostanza secca dettero gr. 0,099559 di P2 05 ; b) gr. 3,1364 di sost. s. d. gr. 0,114876 di P2 05 ; e) gr. 2,7921 di sost. s. d. gr. 0,099559 di P2 05. Ceneri : a) gr. 3,1364 di sostanza secca dettero gr. 0,1600 di cenere; b) gr. 2,7885 di sost. s. ci. gr. 0,1288 di e; e) gr. 2,7921 di sost. s. d. gr. 0,1295 di e. — 346 — 37. Mugli cephalus , Ouv. — Cefalo muggine (Cefalo , nap.), Muge, Meeràsche, Grey Mullet. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 350 di cefalo dettero gr. 160 di carne muscolare; b) gr. 750 di e. d. gr. 300 di e. m.; e) gr. 265 di e. d. gr. 100 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 33,522 di carne muscolare det- tero gr. 26,246 di H2O e gr. 7,276 di sostanza secca ; b) gr. 27,825 di e. m. d. gr. 21,107 di H20 e gr. 6.718 di sost. s.; e) gr. 30,580 di e. m. d. gr. 23,105 di H20 e gr. 7,475 di sost. s. Grasso : a) gr. 9,9286 di sostanza secca dettero gr. 0,4596 di grasso ; b) gr. 5,9630 di sost. s. d. gr. 0,6970 di g. ; e) gr. 6,8120 di sost. s. d. gr. 1,0790 di g. Azoto : a) gr. 0,5276 di sostanza secca dettero gr. 0,0700 di Az; b) gr. 0,5340 di sost. s. d. gr. 0,058215 di Az; e) gr. 0,3670 di sost. s. d. gr. 0,042645 di Az. Cloro : a) gr. 2,9060 di sostanza secca dettero gr. 0,0140 di CI; b) gr. 6,2100 di sost. s. d. gr. 0,0351 di CI., e) gr. 6,2680 di sost. s. ci. gr. 0,0384 di CI. Acido fosforico (P2 O5) : ci) gr. 2,8520 di sostanza secca det- tero gr. 0,122534 di P2 05 ; b) gr. 3,0959 di sost. s. d. gr. 0,130192 di P2 05 ; e) gr. 2,8657 di sost. s. d. gr. 0,122534 di P, 05. Ceneri : a) gr. 2,8520 di sostanza secca dettero gr. 0,1499 di cenere ; b) gr. 3,0959 di sosfc. s. d. gr. 0,1521 di e. ; e) gr. 2,8657 di sost. s. d. gr. 0,1320 di e. 38. Mulhis barbatus, L. — Triglia di fango (Treglia de fango, nap.), E-ouget, Meerbarbe, Red Mullet. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 280 di triglia di fango dettero gr. 115 di carne muscolare ; b) gr. 215 di t. di f. d. gr. 86 di e. m. ; e) gr. 250 di t. di f. d. gr. 100 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 121,241 di carne muscolare dettero gr. 93,567 di H20 e gr. 27,674 di sostanza secca ; b) gr. 85,635 di e. m. d. gr. 64,725 di H20 e gr. 20,910 di sost. s. ; e) gr. 42,755 di e. m. d. gr. 33,020 di H20 e gr. 9,735 di sost. s Grasso : a) gr. 1,5290 di sostanza secca dettero gr. 0,3050 di grasso ; b) gr. 4,3050 di sost. s. d. gr. 0,6040 di g. ; e) gr. 4,3400 di sost. s. d. gr. 0,3200 di g. Azoto : a) gr. 0,4596 di sostanza secca dettero gr. 0,070565 di Az; b) gr. 0,4400 di sost. s. d. gr. 0,052441 di Az; e) gr. 0,4510 di sost, s. d. gr. 0,056297 di Az. - 347 — Cloro : a) gr. 2,4900 di sostanza secca dettero gr. 0,0210 di CI ; b) gr. 3,7350 di sost. s. d. gr. 0,0210 di CI; e) gr. 3,6990 di sost. s. d. gr. 0,0198 di CI. Acido fosforico (P2 O5) : a) gr. 3,1710 di sostanza secca det- tero gr. 0,107217 di P205 ; h) gr. 3,3418 di sost. s. d. gr. 0,107217 di P2 05 ; e) gr. 3,0221 di sost s. d. gr. 0,099559 di P2 05. Ceneri : a) gr. 3,1710 di sostanza secca dettero gr. 0,1849 di cenere ; 6) gr. 3,3418 di sost. s. d. gr. 0,1860 di e. ; e) gr. 3,0221 di sost. s. d. gr. 0,1758 di e. 39. Mullus surmuletus, L. — Triglia (Treglia de scoglio o de morza, nap.), Rouget, Meerbarbe, Red Mullet. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 285 di triglia dettero gr. 105 di carne muscolare ; b) gr. 350 di t. ci. gr. 105 di e. m.; e) gr. 465 di t. d. gr. 175 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 53,113 di carne muscolare dettero gr. 41,645 di H20 e gr. 11,468 di sostanza secca; b) gr. 35,220 di e. m. d. gr. 27,005 di H20 e gr. 8,215 di sost. s.; e) gr. 39,250 di e. m. ci. gr. 30,510 di H20 e gr. 8,740 di sost. s. Grasso : a) gr. 5,450 di sostanza secca dettero gr. 0,3620 di grasso; b) gr. 4,693 di sost. s. ci. gr. 0,2050 di g.; e) gr. 7,118 di sost. s. d. gr. 0,208 di g. Azoto : a) gr. 0,5870 di sostanza secca dettero gr. 0,073264 di Az; b) gr. 0,5710 di sost. s. d. gr. 0,071721 di Az; e) gr. 0,5150 di sost. s. d. gr. 0,066323 di Az. Cloro: a) gr. 4,4700 di sostanza secca dettero gr. 0,0372 di CI; b) gr. 4,1860 di sost. secca d. gr. 0,0366 di CI; e) gr. 4,740 di sost. s. d. gr. 0,0165 di CI. Acido fosforico (P2 0.-J : a) gr. 3,2442 di sostanza secca det- tero gr. 0,114876 di P2 05 ; b) gr. 3,1101 di sost. s. d. gr. 0,107217 di P2 O5 ; e) gr. 3,2088 di sost. s. d. gr. 0,114876 di P2 05. Ceneri : a) gr. 3,2442 di sostanza secca dettero gr. 0,1899 di cenere; b) gr. 3,1101 di sost. s. d. gr. 0,1783 di e. ; e) gr. 3,2088 di sost. s. d. gr. 0,1814 di e. 40. Piccoli Mullus, — (Fravaglia de treglia, nap.) Parte utile ( data la grande piccolezza dell' individuo , si è adoperato intero) : a) gr. 265; b) gr. 220; e) gr. 460. Acqua e sostanza secca : a) gr. 30,518 di piccole triglie det- tero gr. 22,578 di H2O e gr. 7,940 disostanza secca; b) gr. 42,050 di p. t. ci. gr. 31,943 di H20 e gr. 10,167 di sost. sost. s. ; e) gr. 45,620 di p. t. d. gr. 34,677 di H>0 e gr. 10,943 di sost. s. — 348 — Grasso : a) gr. 4,1 grasso ; b) gr. 4,4634 di sost. s. d. gr. 0,5620 di g. ; e) gr. 4,8570 di sost. s. d. gr. 0,5810 di g. Azoto : a) gr. 0,6190 di sostanza secca dettero gr. 0,06510 di Az; 6) gr. 0,6600 di sost. s. d. gr. 0,07350 di Az; e) gr. 0,5730 di sost. s. d. gr. 0,06170 di Az. Cloro : a) gr. 5,1140 di sostanza secca dettero gr. 0,0336 di CI; b) gr. 5,0000 di sost. s. d. gr. 0,0465 di 01; e) gr. 5,6780 di sost. s. d. gr. 0,0495 di 01. Acido fosforico (P2 O5): a) gr. 2,1144 di sostanza secca det- tero gr. 0,214435 di P2 O5 ; b) gr. 1,9627 di sost. s. d. gr. 0,199118 di P2 05; e) gr. 2,0111 di sost. s. d gr. 0,206776 di P, 05. Ceneri : a) gr. 2,1144 di sostanza secca dettero gr. 0,2860 di cenere ; b) gr. 1,9627 di sost. s. d. gr. 0,2680 di e. ; e) gr. 2,0111 di sost. s. d. gr. 0.2726 di e. 41. Muraena helena, L. — Morena (Murena, nap.), Murène, Mu- rena, Muraena. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 272 di morena dettero gr. 145 di carne muscolare; b) gr. 730 di m. d. gr. 420 di e. m.; e) gr. 330 di m. d. gr. 150 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 78,835 di carne muscolare dettero gr. 57,918 di acqua e gr. 20,917 di sost. s. ; b) gr. 34,155 eli e. m. d. gr. 26,127 di acqua e gr. 8,028 di sost. s. ; gr. 26,285 di e. m. d. gr. 19,555 di a. e gr. 6,730 di sost. s. Grasso : a) gr. 3,8530 di sostanza secca dettero gr. 0,3880 di grasso ; b) gr. 6,4230 di sost. s. d. gr. 0,4870 dig. ; e) gr. 11,5690 di sost. s. d. gr. 0,5890 di g. Azoto : a) gr. 0,4800 di sostanza secca dettero gr. 0,057068 di Az ; b) gr. 0,6160 di sost. s. d. gr. 0,075963 di Az; e) gr. 0,4160 di sost. s. d. gr. 0,050513 di Az. Cloro : a) gr. 5,0820 di sostanza secca dettero gr. 0,0252 di CI; b) gr. 7,3720 di sost. s. d. gr. 0,0390 di 01; e) gr. 3,0010 di sost. s. d. gr. 0,0390 di 01. Acido fosforico (P2 05) : a) gr. 2,3631 di sostanza secca det- tero gr. 0,114876 di P2 05 ; 6) gr. 3,0089 di sost. s. d. gr. 0,145509 di P205 ; e) gr. 3,5801 di sost. s. d. gr. 0,176143 di P2 05. Ceneri : a) gr. 2,3631 di sostanza secca dettero gr. 0,1810 di cenere ; 6) gr. 3,0089 di sost. s. d. gr. 0,2099 di e. ; e) gr. 3,5801 di sost. s. d. gr. 0,2654 di e. — 349 - 42. Mustélus vulgaris, M. e H. — Pesce palombo (Pesce palum- mo, nap.) , Requin lisse, Glatthai, Smooth-round o Ray-toothed, Shark. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 385 di pesce palombo dettero gr. 208 di carne muscolare ; b) gr. 700 di p. p. gr. 360 di e. m. ; e) gr. 620 eli p. p. d. gr. 165 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 47,602 di carne muscolare dettero gr. 37,910 di HoO e gr. 9,692 di sostanza secca ; b) gr. 54,700 di e. m. d. gr. 41,280 di acqua e gr. 13,420 di sost. s.; e) gr. 37,393 di e. m. d. gr. 28,033 di a. e gr. 9,360, di sost. s. Grasso : a) gr. 6,6370 di sostanza secca dettero gr. 0,2000 di grasso; V) gr. 3,7580 di sost. s. d. gr. 0,1070 di g.; e) gr. 5,2550 di sost. s. d. gr. 0,0770 di g. Azoto : a) gr. 0,4280 di sostanza secca dettero gr. 0,057840 di Az ; b) gr. 0,3800 di sost. s. d. gr. 0,069022 di Az ; e) gr. 0,4600 di sost. s. d. gr. 0,075230 di Az. Cloro: a) gr. 5,8050 di sostanza secca dettero gr. 0,0288 di CI; b) gr. 3,7040 di sost. s. d. gr. 0,0411 di CI;. e) gr. 7,1420 di sost. s. d gr. 0,0300 di CI. Acido fosforico (P2 05) : a) gr. 3,0029 di sostanza secca det- tero gr 0,091834 di P2 05; b) gr. 3,1231 di.sost. s. d. gr. 0,099559 di P205; e) gr. 3,2198 di sost. s. d. gr. 0,091834 di P205. Ceneri : a) gr. 3,0029 di sostanza secca dettero gr. 0,1489 di cenere; b) gr. 3,1231 di sost. s. d. gr. 0,1499 di e; e) gr. 3,2198 di sost. s. d. gr. 0,1545 di e. 43. Obietta melanura , L. — Obbiada codanera (Aiata , nap.), Oblade commune, Brand-brasse, Blacktail. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 305 di obbiada codanera dettero gr. 128 di carne muscolare; b) gr. 405 dio. e. d. gr. 165 di e. m.; e) gr. 325 di o. e. d. gr. 85 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 125,963 di carne muscolare dettero gr. 96,745 di H20 e gr. 29,218 di sostanza secca ; b) gr. 43,060 di e. m. d. gr. 32,497 di H20 e gr. 10,573 di sost. s. ; e) gr. 44,020 di e. m. d. gr. 33,993 di H20 e gr. 10,027 di s. s. Grasso : a) gr. 9,8980 di sostanza secca dettero gr. 0,5050 di grasso; b) gr. 7,5000 di sost. s. d. gr. 0,6010 di g.; e) gr. 6,0600 di sost. s. d. gr. 0,2120 di g. Azoto : a) gr. 0,5360 di sostanza secca dettero gr. 0,75762 di Az; b) gr. 0,7750 di sost. s. ci. gr. 0,10870 di Az; e) gr. 0,6500 di sost. s. d. m\ 0.093220 di Az. - 350 — Cloro : a) gr. 2,2200 di sostanza secca dettero gr. 0,0156 di CI ; b) gr. 2,6450 di sost. s d. gr. 0,0210 di CI; e) gr. 3,960 di sost s. d. gr. 0,0135 di CI. Acido fosforico (P2 05) : a) gr. 3,4772 di sostanza secca det- tero gr. 0,168484 di P2O0; b) gr. 3,0679 di sost. s. d. gr. 0,153152 di P205; c) gr. 3,6011 di sost. s. d. gr. 0,176143 di P205. Ceneri : a) gr. 3,4772 di sostanza secca dettero gr. 0,2000 di cenere ; b) gr. 3,0679 di sost. s. d. gr. 0,1601 die. ; e) gr. 3,6011 di sost. s. d. gr. 0,2054 di e. 44. Ophidium barbatimi, L. — Ofìdio barbato (Cicella, nap.), Ophidie barbue, Schlaugenfisch, The bearded Ophidium. Parte utile (carne muscolare): a) gr. 190 di ofidio barbato det- tero gr. 85 di carne muscolare ; b) gr. 260 di o. b. d. gr. 80 di e. m.; e) gr. 140 di o. b. d. gr. 35 di e. m. Acqua e sostanza secca: a) gr. 84,280 di carne muscolare dettero gr. 65,800 di H20 e gr. 18,480 di sostanza secca ; b) gr. 32,982 di e. m. d. gr. 26,455 di H20 e gr. 6,527 di sost. s. ; e) gr. 36,360 di e. m. d. gr. 27,415 di H20 e gr. 8,945 di sost. s. . Grasso : a) gr. 5,744 di sostanza secca dettero gr. 0,0230 di grasso ; b) gr. 5,660 di sost. s. d. gr. 0,2160 di g. ; e) gr. 5,193 di sost. s. d. gr. 0,0500 di g. Azoto : a) gr. 0,5270 di sostanza secca dettero gr. 0,075762 di Az ; b) gr. 0,6600 di sost. s. d. gr. 0,090585 di Az ; e) gr. 0,4320 di sost. s. d. gr. 0,063233 di Az. Cloro : a) gr. 5,9950 di sostanza secca dettero gr. 0,0243 di CI ; b) gr. 5,3770 di sost. s. d. gr. 0,0264 di GÌ ; e) gr. 3,2730 di sost. s. d. gr. 0,0210 di CI. Acido fosforico (P2 0->): a) gr. 2,2351 di sostanza secca dettero gr. 0,130189 di P203 ; b) gr. 3,3849 di sost. s. d. gr. 0,191460 di P2 05 ; e) gr. 2,6951 di sost. s. d. gr. 0,153168 di P2 05. Ceneri : a) gr. 2,2351 di sostanza secca dettero gr. 0,1876 di cenere ; b) gr 3,3819 di sost. s. ci. gr. 0,2761 di e; e) gr. 2,6951 di sost. s. d. gr. 0,1899 di e. 45. Pcgellus mormijnis, Cuv. — Pagello marmorato (Marmoro nap.), Pagelle marbré, Marmorbrasse, Marmorbrasse. Parte utile (carne muscolare) : a) gr. 330 di pagello marmorato dettero gr. 100 di carne muscolare ; b) gr. 450 di p. m. d. gr. 175 di e. m. ; e) gr. 370 di p. m. d. gr. 155 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr.' 53,455 di carne muscolare dettero gr. 40,270 di ILO e gr. 13,185 di sostanza secca ; b) gr. — 351 — 43,390 di e. m. d. gr. 32,241 di H20 e gr. 11,149 di sost. s.; e) gr. 40,195 di e. m. d. gr. 30,475 di H20 e gr. 9,720 di sost. s. Grasso : a) gr. 4,8394 di sostanza secca dettero gr. 0,2830 di grasso; b) gr. 5,0199 di sost. s. d. gr. 0,2845 di g.; e) gr. 4,5650 di sost. s. d. gr. 0,1750 di g. Azoto : a) gr. 0,7757 di sostanza secca dettero gr. 0,10150 di Az ; 6) gr. 0,5800 di sost. s. d. gr. 0,07525 di Az ; e) gr. 0,4819 di sost. s. d. gr. 0,05800 di Az. Cloro: a) gr. 5,0100 di sostanza secca dettero gr. 0,0316 di CI; 6) gr. 4,8450 di sost. s. d. gr. 0,0186 di CI; e) gr. 4,6000 di sost. s. d. gr. 0,0102 di CI. Acido fosforico (P2 05) : a) gr. 2,9340 di sostanza secca det- tero gr. 0,091834 di P2 05 ; 6) gr. 2,8779 di sost. s. d. gr. 0,084181 di P2 Oó ; e) gr. 2,7441 di sost. s. d. gr. 0,076528 di P2 05. Ceneri : a) gr. 2,9340 di sostanza secca dettero gr. 0,1720 di cenere ; b) gr. 2,8779 di sost. s. d. gr. 0,1601 di e. ; e) gr. 2,7441 di sost. s. d. g. 0,1542 di e. 46. Pagellus erythrinus^ Cuv. — Pagello rosso (Lnvaro, nap.), Pagelle, Rothbrasse oder Blei, Snapper. Parte utile (carne muscolare): a) gr. 350 di pagello rosso det- tero gr. 115 di carne muscolare; b) gr. 470 di p. r. d. gr. 155 di e. m.; e) gr. 335 di p. r. d. gr. 110 di e. m. Acqua e sostanza secca : a) gr. 106,577 di carne muscolare dettero gr. 80,632 di H20 e gr. 25,945 di sostanza secca; 6) gr. 56,494 di e. m. d. gr. 42,469 di H20 e gr. 14,025 di sost. s.; e) gr. 45,318 di e. m. d. gr. 34,673 di H20 e gr. 10,645 di sost. s. Grasso: a) gr. 5,2660 di sostanza secca dettero gr. 0,1360 di g. ; b) gr. 6,8730 di sost. s. d. gr. 0,1000 di g. ; e) gr. 9,3070 di sost. s. d. gr. 0,5980 di g. Azoto: a) gr. 0,5400 di sostanza secca dettero gr. 0,079714 di Az; b) gr. 0,7330 di sost. s. d. gr. 0,110349 di Az; e) gr. 0,6030 di sost. s. d. gr. 0,083997 di Az. Cloro: a) gr. 4 4450 di sostanza secca dettero gr. 0,0249 di CI; 6) gr. 5,8370 di sost. s. d. gr. 0,0090 di CI; e) gr. 1,7770 di sost. s. d. gr. 0,0108 di CI. Acido fosforico (P205) : a) gr. 2,8399 di sostanza secca det- tero gr. 0,176143 di P2 05; 6) gr. 3,1661 di sost. s. d. gr. 0,191460 di P205; e) gr. 3,2201 di sost. s. d. gr. 0,183801 di Pa05. - 352 - Ceneri: a) gr. 2,8399 di sostanza secca dettero gr. 0,1685 di cenere; b) gr. 3,1661 di sost. s. ci. gr. 0,1799 di e; e) gr. 3,2201 di sost. s. d. gr. 0,1804 di e. 47. Pagellus acarne, Ouv. — Pagello (Matrone nap.), Pagelle, Blei, Breana. Parte utile (carne muscolare): a) gr. 155 di pagello dettero gr. 65 di carne muscolare ; b) gr. 380 di p. d. gr. 140 di e. m. ; e) gr. 250 di p. d. gr. 103 di e. m. Acqua e sostanza secca: a) gr. 23,550 di carne muscolare det- tero gr. 16,881 di H20 e gr. 6,669 di sostanza secca: b) gr. 66,493 di e. m. d. gr. 49,870 di H20 e gr. 16,623 di sost. s.; e) gr. 69,140 di e. m. d. gr. 51,310 di H20 e gr. 17,830 di sost. s. Grasso: a) gr. 3,8250 di sostanza secca dettero gr. 0,5220 di grasso; b) gr. 4,4100 di sost. s. d. gr. 0,5520 di g.; e) gr. 4,9532 di sost. s. d. gr. 0,5672 di g. Azoto: a) gr. 0,5911 di sostanza secca dettero gr. 0,0714 di Az ; 6) gr. 0,6348 di sost. s. d. gr. 0,07665 di Az ; e) gr. 0,5101 di sost. s. d. gr. 0,05950 di Az. Cloro: gr. 3,0900 di sostanza secca dettero gr. 0,0210 di CI ; b) gr. 4,0952 di sost. s. d. gr. 0,0261 di CI; e) gr. 3,5820 di sost. d. gr. 0,0240 di CI. Acido fosforico (P2 O5): a) gr. 2,1100 di sostanza secca dettero gr. 0,107234 di P2 05; b) gr. 2,10750 di sostanza s. d. gr. 0,099559 di P2 05; e) gr. 2,1075 di sost. s. d. gr. 0,107234 di P2 O5. Ceneri: a) gr. 2,1100 di sostanza secca dettero gr. 0,1090 di cenere; b) gr. 2,1075 di sost. s. d. gr. 0,1071 di e; e) gr. 2,1075 di sost. s. d. gr. 0,1068 di e. 48. Pelamys sarda, Bl. — Palamide (Palammeto, nap.), Pela- myde, Nnecht-Bonite, The Pelamid. Parte utile ( carne muscolare ) : a) gr. 465 di palamide det- tero gr. 235 di carne muscolare; b) gr. 400 di p. d. gr. 210 di e. m ; e) gr. 390 di p. d. gr. 200 di e. m. Acqua e sostanza sejca : a\ gr. 67,758 di carne muscolare dettero gr. 43,850 di H20 e gr. 23,908 di sostanza secca; b) gr. 50,450 di e. m. d. gr. 32,475 di H20 e gr 17,975 di sost. s.; e) gr. 48,290 di e. m. gr. 30,910 di H20 e gr. 17,380 di sost. s. Grasso: a) gr. 7,4950 di sostanza secca dettero gr. 1,8910 di grasso; 6) gr. 4,8020 di sost. s. d. gr. 1,302 di g.; e) gr. 4,5700 di sost. s. d. gr. 1,1040 di o li' "lo "lo 10.40 18.54 19.17 80.60 81.46 80.83 2.74 2.61 2.73 17.22 16.3I I7.06 O.75 O.6I O.44 0.15 0.12 O.I4 I 13 1.00 [.IO o-gS 0.84 0.63 1 |. (8 1403 14.24 00.40 87.68 89.00 3.9I 3-33 2-33 O.80 0.63 073 5.82 5.63 5 78 5-38 4-54 3-3° 19.03 19.40 18.54 19.17 80.96 80.60 8 1.46 80.83 2.67 3-78 3-34 3.26 16.86 23.52 20.87 20.37 0.56 0.47 0.43 0.43 0.13 0.13 0.12 0.12 1.07 o.8g 0.74 0.78 083 1.41 i.ig 1.24 14.25 ■342 13.02 12.79 88.69 83.87 81.37 79-93 3.19 1.68 1.70 1.71 0.72 0.46 0.47 0.48 5.74 2.93 3-07 4.40 4.66 4.88 19.03 66.33 23.23 48. 3b 80.96 33.67 76.77 51.64 3.46 9-55 3-55 7.01 21.58 58.68 22.18 43.81 0.44 3-99 13. iq 38.18 0.12 0.12 0 04 O.OQ 0.80 1.94 0.62 0.89 1.28 3.41 1.03 2.31 13.07 14.36 15.28 14 47 81.75 90-35 94.89 90.43 1.67 6 01 56.78 78.91 0.47 0.18 0.18 o.lg 3.06 5-75 5-QQ 3.86 4.85 1 2.13 1 2.24 2.19 45.97 < 20.60 ! 23.84 43.00 54.02 79-3' 76.16 57.06 6.70 1.29 2.21 4.19 41.55 8.06 13.82 26.23 18.45 11.37 2.16 4.60 0.08 0 02 0.03 0.07 1.15 0.21 0.48 0.87 2.25 050 0.59 1.02 14.70 6.24 O.28 9.76 91.89 39.00 58 OO 61.00 47.23 55.09 O.08 10.70 0.18 0 11 0.14. 0.16 5.20 1 02 2.04 2.03 2.18 2.40 2-48 29.16 21.45 20.31 2I-53 70 82 78.55 70.69 78.47 2 83 2.74 2.52 2.67 16.03 17. 12 16 75 16.68 6 04 0.29 0.27 0.27 0.04 0.26 0.23 0.24 0.52 0.82 0 70 o.§4 0.70 1.31 0.87 1.43 8.42 12.66 1239 11. 71 52.66 82.29 77-4J 73.18 24.94 1 37 1.26 0.13 1.22 1 16 1.13 1.69 3.82 3-93 3-93 2.24 6.14 4-?I 6.65 2109 35-94 3033 30.48 78.90 64.06 69.67 69.52 2 64 401) 4.04 3.78 16 85 25.56 25.25 23.62 0.27 2.62 2.60 2.63 0.24 0.26 0.28 0 32 0.81 1.10 0.88 o-97 1.20 1.46 1-35 ••39 12.25 11.33 13.24 12.38 77.63 70.79 82.75 77-37 1.31 8.65 8.76 860 1.17 0.07 0.09 0. 11 3.89 309 293 3-«5 5.70 4-n 4 !'' 4.12 32.25 21.00 27.10 27.40 67.75 79.00 72.90 72.00 3.97 2.67 3.52 3 72 24.81 16.68 22.00 23.25 2.61 o.gs 098 0.58 0.28 0.15 0.12 0.16 0.98 0.74 o.8§ 0.89 1 43 1.11 .65 1.44 12.31 12.74 12.92 13-56 7697 79.62 80.75 84.75 8.67 tu 2.13 0.09 0.73 0.44 0 61 3.05 3-53 328 3.27 4.23 5.29 5-23 527 25.20 24.18 23-97 ; 22 12 74.83 75.82 760^ 77.88 3.30 3.20 3-3o 2.04 20.64 20.00 2062 18.50 0.83 1.09 0.46 0.79 0.14 0.76 0.52 0.54 0.83 1.20 1.22 1.59 1 40 1.28 1.15 13 07 13.25 13-86 13.49 81.37 82 Si 86. 62 8431 3.42 4.50 1.93 3.56 0.59 0.32 0.22 0.22 3.36 IO'"' 5-i 1 7.21 5.26 5.3I 1:33 23.42 25-45 26.94 23.62 76.57 74-75 73-04 76.38 3.12 Ili 19.70 20.68 23 43 1987 0.78 2-55 0.69 0.58 0 60 0.14 0.14 0.12 1.33 1.07 0.97 1.23 1.50 1.42 '•35 13 53 13.00 13.47 '3-47 84 58 86.87 84.16 84.18 3 38 9.24 2-5' 2. 11 0.25 0.57 0.51 0.39 5.77 4.21 1 21 4. 11 5.30 5 02 5.27 5-71 25.33 31.90 21.66 25.22 74.72 68.01 78.34 74 78 3.41 4.02 2.72 3. 11 21.32 25.12 17.00 19.43 1.27 2.67 i-37 1.51 0.13 0.13 0 15 0.07 1.05 0.S5 0 b4 0.63 1.42 1 13 1 os 1.05 13.61 .2.57 12.50 12.40 85.07 78.66 78.50 77-87 4.73 8 36 6.35 5-97 0.50 041 0 26 0.28 4.17 2.85 564 ,6S 4.71 1 75 26.29 73.71 3.28 20.51 1 85 .„ 070 1.07 12 53 78.31 0 89 0.31 1 2.82 3.71 372 NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili della carne musco- lare Prezzo Unità nutritive' per kg L. C. per 1000 unità di valore nutrì t. L. C. per 1 1 ira conte- i nu te- in 1 Kg. n. Charcharias glaucus. Verdesca 12. Cerna gigas Cernia 13. Charax puntazzo . . . Sargo muso acuto 14. Citharus linguatula . . Suacia comune 15. Clupea aiosa. . Aiosa 16. Clupea aurita .... Sardone dorato 17. Clupea pilchardus . . Sardella 18. Conger vulgaris . . . Grongo 19. Coris Gioffredi .... Pinta di re 20. Corvina nigra .... Pesce corvo 30 maggio 1891 . . . 1 giugno »... 9 agosto »... Media 27 giugno 1894 . . . 11 luglio » ... 9 agosto » . . Media 6 luglio 1894 . . . 25» » ... 28 » » ... Media 21 giugno 1894 . . . 5 luglio »... 31 » »... Media io luglio 1894 . . . 26 » » ... I agosto » ... Media 29 maggio 1894 . 15 giugno » . . 6 luglio »... Media 9 marzo 180 [ . . . 4 maggio »... 28 giugno »... Media 17 maggio 1894- • ■ 1 giugno »... 20 » »... Media 2 luglio 1804 . . . 14 » »... 16 » » . . . Media , luglio 1804 • • & : : : . : Media 90.80 76.93 19.83 9.20 2307 80.17 0.610 1.400 0.960 62.50 73.78 81.25 81.25 34.14 26.22 '|75 18.75 0.75 0.73 1364 1023 = 78.76 58.34 64.48 45.00 21.24 41.66 35-52 55.00 1.60 1.68 592 948 Z 55.94 5> '9 60.72 48.00 44.06 46.81 39.28 52.00 1.40 1.87 726 1016 0 150 0.098 0.200 53.97 50 00 54.24 50.00 46.03 50.00 45 76 50.00 0.50 0.47 2091 1045 0.10S 0.095 0.120 51.42 5481 59-19 54 80 48.58 45-19 40.81 15-20 0.50 0.55 1808 904 0.050 0 065 0048 56.60 |i.6( 3731 48 92 43.40 58.36 62.69 51.08 0 80 047 2125 1700 i 0 160 ù 225 O.I75 42.62 68.60 50.00 46.04 57.37 31.40 50.00 53.06 0.70 0 70 1427 999 54 88 4S.08 4705 37-50 44 82 51.92 5295 62.50 0.90 0.92 1086 978 0 170 0.580 0 410 43.21 g:3 56. IO 56.79 31.91 26.72 4390 0 30 0.03 3220 976 65.82 34 17 1 25 1.50 663 829 — 373 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA Sostanze Anidr. fosfo- rica P2O5 Sostanze Anidr. fosfo- rica Pa05 So- stanza secca Acqua Azoto << " cu ° Cloro Ceneri Azoto °X t! £ 0 Cloro Ceneri °/o °/o «'0 °/o o/o 0/0 o/o °'o o/o o/o °/o "/o °'o 17 12 22 bo 22 27 82.88 77.40 77-73 2.75 3-57 3-39 17..8 22.31 21.18 0.45 0.56 0.43 0.14 0.18 0. 10 0.55 0.71 0.72 0.82 I.OI I.OI 15 95 15.S1 15.51 99.68 98.81 9M3 2.65 2.48 1.92 0.82 0.80 0.47 2.24 315 325 4.81 4.46 4-54 20.66 79.33 3.23 20.22 0.38 0.14 0.66 0.94 15.75 98.47 2.68 0.69 2.88 4.60 21.93 23.78 2178 78.02 76.22 78.22 2.81 3.24 2.86 17-56 20.24 17-57 1.32 0.31 0.33 0.05 0.13 O.IO 0.94 0.76 0.90 1.32 1.41 1.27 13.49 13.89 12.85 84.31 86.81 80.3. 6.01 1.23 1.51 0.26 0.40 0.49 4.36 3-47 3-15 0.00 5.87 22.49 77.48 2.97 18.55 0.65 0.09 0.86 1.33 13.41 83.81 2.91 0.38 3.96 5.94 24-57. 25.20 29.52 75-43 70.48 2.80 332 2.96 17^44 20.75 18.50 3-32 o.q8 2.86 1.45 1.67 1.17 1.02 •■47 0.80 0.77 1.02 13 13 u. 38 9-97 82.06 71.12 62.21 14.38 3-54 9.70 0.49 057 0.54 4.78 4-79 4.64 3.28 3.08 3.26 26.45 73.55 3.02 18.89 2.38 1.44 1.22 0.86 11 82 71.79 9.20 0.53 4.73 3.20 2542 26.37 27-54 74.58 73.63 72.46 2.97 3.41 3- '9 18.56 21.31 19.93 1.81 1.13 1.89 0.21 0.17 0.33 0^9 I.OI 1.90 1.86 2.02 .,47 12.91 11.56 71.62 80.68 72.25 7.13 4-30 689 o!86 1.23 3-49 341 3.67 7 48 7-41 7 35 26.44 73.55 3.19 19.93 1.61 0.23 0.92 1.92 11.97 74 85 6.10 1.14 3.52 7.41 21.12 21.57 21.1t) 78.88 78.43 78.§4 2 74 2.78 2.77 17.12 17.37 17.31 1.25 1.37 1.42 0.13 1.13 0.10 0.77 0.74 0.71 1.12 °-93 1.03 12.96 12.90 13 00 81.00 78.62 81.25 5-95 6.32 6.75 0.63 0 64 077 3.66 3-45 3-39 5-33 4S9 21.28 78.71 2.76 17.26 1.34 014 0.74 1.02 12.95 80.29 6 34 0.68 3.50 4.84 30.06 39-55 20.79 69.94 60.45 73.21 4.91 6.41 435 30.68 40.06 27.18 1 75 4-97 0.05 2:12 0.1 1 0.62 0.80 0.87 1.84 2.37 1.52 16.10 16.11 1622 100.62 100.68 101.37 5.83 0.46 0.46 0 41 2.79 ìli 6.09 5-99 5.69 32.13 67.86 5.22 32.64 2 25 0.14 0.76 1.91 16.14 100.89 676 0.44 328 5.92 23.27 28.43 32.11 76.73 1-74 2.56 2.76 10.87 15-99 17.25 1.13 4.41 729 1.14 0.82 0.85 0.93 1.02 1.33 1.62 2.17 2.23 7.90 11.00 9.72 49 37 68.75 60.75 5.12 1894 25.64 0.77 0.35 0.22 4.02 3.62 4.16 7.04 7.15 0.95 27.93 72.06 2.35 14 70 4 27 0.93 1.09 2 00 9.54 59.62 1656 0.44 3 93 7.04 24.71 24.80 21.44 75-29 75.20 78.56 2-97 3.00 2.84 18.56 18.75 '7-75 2.00 3 34 0.63 0.19 0.05 0.07 0.83 0.82 0.69 1.29 1.27 I.IO 12.00 12.09 13.23 75.00 75-50 82.68 Sii 13.48 2.92 0.74 0.23 0.34 3-39 3.07 3-24 5 22 5.12 5>3 23.65 76.35 293 18.35 1.99 0.10 078 1.22 12.77 77.74 8.17 0.43 3.26 5.15 25-17 23 56 23.13 74.83 76.44 76.8? 3.32 3-23 2-49 20.75 20.30 15.56 1.25 1.19 1 14 ,8, 2.47 2.62 2.14 2.94 2.55 2.59 12.64 13.66 10.76 78.00 §5-37 67.37 5-3' 5.16 5-37 0.6q 0.63 9-73 11. 15 9.29 11.73 10.84 11.21 23.95 76.04 3.01 18.87 1.39 1.44 2.41 2.69 12.35 76.91 5.28 0.60 10 06 11.26 21.23 18.52 78.43 78.77 81.48 21,57 2.75 2.23 2.87 17.18 13.93 17.93 0.38 022 0.58 049 in 0.65 i.n o.qfi I.04 1.25 1.02 1,8 12.95 12.03 1328 80.93 75.18 76.75 1.81 1.20 2.68 0 23 0.59 0.30 5.27 5.89 5-53 5.41 39.39 60 60 2.61 16.34 0 39 0.75 1.03 1.15 12.75 77 92 1 89 0 37 509 5.61 374 — NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili della carne musco- lare •Prezzo Unità nutritive per kg. L. C. per 1000 unità di valore nutrit. L. e. per 1 lira conte- nute in 1 Kg. 21 Crenilabrus pavo . . Tordo pavone 32. Chrysophrys aurata . . Dorata 23. Dentese vulgaris . . . Dentice 24 Engraulis encrasicholus Acciuga 25. Exocaetus volitans . . Pesce volante 26. Gadus minutus .... Cado minuto 27 Gobius jozo (tKìozzo 28. Heliases chromis . . . Castagnola 29 Labrax lupus Spinola 30 Labrus turdus .... Tordo 5 luglio .804 • • • 20 » » . . 31 » »... 0.270 0 325 0.290 70.28 7220 69 25 27.00 30.05 Media 5 luglio 1S94 . . 25 » »... 31 » » ... 0.430 0. 360 0.690 7081 65.00 63 q6 65.90 29.19 35 °° 36.04 34.90 1.10 090 1040 1145 Media 59 giugno 1894 . . . 22 » »... 26 » »... 0 |.I0 0.280 0.600 64.69 65.86 58.cn 5s-34 35.31 34-14 2 00 1.85 538 1077 Media 24 febbraio 1804 15 giugno » . . 19 » » . . = 6105 2 4.. 00 26.16 35-72 38.95 76 00 73-84 64.18 2.15 2.15 465 1000 Media 15 giugno 1804 . . . 27 » »... 2S luglio » . . . Media 21 giugno 1894 . . . 1 luglio »... 2 agosto » ... Media 17 maggio 1894 . . . 15 giugno » ... 22 » »... Media 3 luglio 1804 . . . 24 » »... Media 22 giugno 1894 . g luglio . . . 20 » »... Media 17 maggio 1X1,1 . . . 3 luglio » ... 16 » »... Media 0.590 0.720 0.350 28 62 52 55 62.50 5429 71.38 47-45 37.50 45-7' 1 00 096 1036 1036 = 56 45 64.75 66.00 64.00 43.55 35-25 34.00 36.00 0.70 0.60 1652 1157 - 6492 70.32 68.63 70.00 35.08 2968 31.37 30.00 0 60 0.55 1790 1074 - 69.65 76.85 77-59 73.18 30.35 23.15 22. 41 26.81 0.50 0.49 2018 1009 0 335 O. [OO 0. 1X0 15.89 59-7> 5979 5834 3412 4029 40. 21 41.66 0.20 0.19 5243 1048 0.250 O.530 11 390 59 31 60.00 58.75 62.27 40.72 40.00 41.25 37-73 2 50 2 62 380 951 60 34 39.66 0.60 0.62 1600 960 375 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca Acqua Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica P2O5 Ceneri Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica ^205 Ceneri 5 u ° v -0 ^ °X ug tt o/o »/o o/o "lo o/o °/o o/o o/o °/n o/o o/o o/o O/o 21.75 22.40 23.62 78.25 77-54 76.38 3-54 3-77 3.56 22.12 23.56 22.25 0.41 042 0.43 0.09 0. IO 087 0.04 0.88 1.32 1.32 1.26 1627 '5-73 15.84 101.68 98.21 99.00 1.46 0.45 0.45 0.49 4.00 4 06 3-95 6.16 5.61 5-63 22.61 17.19 3.62 22.64 0.42 0.10 0.89 1.30 15.94 99 63 1.72 0.46 4.00 5.80 26.55 22 01 26.20 73-45 77-99 73.80 3-35 2.. 56 17- 93 20.93 2.49 2.18 2 29 0.63 045 0.63 1.66 1.21 1,42 1.42 i.n 1.24 13.03 13.01 12.77 81.43 81.31 79.81 9.36 9. 80 8-75 0.24 0 20 0.24 6.34 5-54 5.4O 5-43 5.07 4-76 24.92 75.08 3.22 20.14 2.32 0.57 1.43 1.29 12.93 80.85 9.33 0.22 5.78 5.08 23.10 23.89 23.29 7690 76.11 76.71 3. 11 3. 11 3.09 19.43 19.43 19.31 0.48 1.28 1.21 0.67 0.61 0.57 0.90 o-95 097 1 42 1.42 i-37 1 3. m .2.98 •3-25 84.00 81.12 82.81 2.07 5-39 5 20 0.29 0.20 0.25 3.89 3-99 420 6. 19 5.96 5.92 23.42 76.57 3 10 19.39 0 99 0 61 094 1 40 13.22 82.64 4.22 026 4.02 6.01 21.76 27.27 2Ò.54 78.24 72.73 73. 40 2.77 3.42 3 23 17.31 21.37 20.30 3.46 1.21 1.16 0 05 0.03 0.02 1.51 2.12 2.06 2.14 2.57 2.50 12.71 12.54 12-35 7863 78.37 77.18 15-93 4-43 4.36 0.21 1.06 0.08 6.96 8.80 7-79 984 9.42 9-43 25.19 74.81 314 19.66 1.74 0.03 2.56 2.40 12.53 78 06 357 0.45 751 9.56 24.68 68.04 72.20 75-32 4.25 3-58 3.12 26.56 22.31 19 50 o-59 0 42 0.64 0.18 0.07 0.04 1 .62 1.43 1.18 1.68 1.38 1.23 12'. 85 12.64 So. 50 80.31 79 00 1.S4 1.52 2.61 °Ó7 0.27 0.17 5.08 504 4.69 5.22 4-99 5.04 28.14 71.85 3.65 22.79 0.55 0 09 1 41 1.43 1279 79.93 1.99 0.33 4.93 5.08 22.24 27.26 25 06 77.76 72.74 74-94 2.69 3.29 421 16.81 20.56 26.31 0.37 0,42 0.43 0.36 0.43 0.41 0.86 1.07 0 95 1.71 2.01 1.91 12. 11 12.07 12. 19 75.68 76.18 1.68 ..67 1.73 1 64 1.60 1.65 3.86 3.90 3-79 7.68 7.41 7.65 24.85 75.14 3.73 21.22 0.40 0.40 0.96 1.54 12 12 75.76 1.69 1.63 3.87 7.58 22.60 23.23 22.58 77.40 76.77 77.42 1$ 275 24.62 17.96 17.18 0.56 0.22 0.46 O.I 1 0.25 0.40 1.26 1.28 1.28 «■47 1.49 1 45 11 55 12.45 12. 12 72 18 77.8. 75-75 2.49 095 203 0.51 1.20 1.79 5-57 5-51 6.52 6.42 6.43 22.80 77.19 3.19 1992 0.41 0.25 1 27 1.43 12.04 75.24 1.82 1.16 5.59 6.45 26.75 23.30 25.08 73.25 76.70 74.92 3.02 3.46 3.08 18.87 21. S2 19.25 2.42 i-33 1.64 0 22 0.13 0 07 184 I.S2 1.66 2 19 '•75 1.95 11.26 14.82 12.18 70.37 92 62 76.12 9.04 5-73 6.60 0.84 0.59 6Nt, 6.53 6.65 8.19 8.00 7-79 25.04 74.95 3.18 19.88 1 79 0.14 1.67 1.96 12.75 79.70 7.12 0.57 6 69 7.99 24.32 23.46 20.84 75.68 70-54 79.16 3.07 2.99 2.70 19.18 18.68 16.87 1.81 1.02 1.00 o.oó 0.05 o.o6 1.31 1.34 1.27 1.28 1.20 1.07 12.58 12.70 12 gì 78.62 79-37 80.68 7-1 1 4.36 4.82 0.2). O.23 027 5.38 5-7» 6. 11 527 5-'5 5- 17 22.87 77 12 2.92 18.24 1.27 0.05 1.30 1.18 12.73 79 55 5 54 024 5.73 5.53 2,89 23.09 21.41 77.11 70.91 78.59 3.05 3.00 2.82 10.06 18.75 17.62 0.92 1 09 i-59 O.IO O. IO 0.05 1.42 1.40 1.36 1.31 1.22 12.30 12.92 13.14 83.12 US l.OI 4.72 7-45 045 0. 14 0.25 <).2'i 6.14 'ì-54 5-ff 5.68 5.68 2216 77.53 2.95 1 .47 1.20 0.08 141 1.29 13.12 83.03 5.39 0 38 6 30 5.74 276 — NOME della specie analizzata PESO VALORE ECONOMICO DATA dello acquisto del pesce intero Kg. delle parti inutili "lo della carne musco- lare Prezzo Unità nutritive per kg. !.. C. per 1000 unità di valore nutrit. I-. e. per 1 lira conte- nute in 1 Kg. 31. Lamna cornubica . . Smeriglio 32. Latrunculus pellucidus Cicenielh 33. Lepidopus caudatus . Pesce bandiera 34. Lichia glauca .... Pesce stella 35 Lophius budegassa . . Rana pesca trice 36. Maena zebra ... Menola 37 Merluccius vulgaris . . Nasello 38 Mugil cephalus. . . . Celalo muggine 39 Mullus barbatus Triglia di fango 40. Mullus surmuletus Triglia 4 maggio 1894 . . . I giugno »... 4 luglio »... 53-59 50.00 55 70 46.41 5000 4430 Media 24 luglio 1884 . . . 31 » »... 4 agosto » ... Media 19 giugno 1S94 . . . 6 luglio »... 9 » »... 5310 46.90 100 100 100 0 80 0.66 1534 1227 1.560 1 . 200 1 350 53-34 49.04 54 90 100 46.66 50.96 45.10 0 80 0 91 1096 876 Media 6 luglio 1894 . . . 7 » »... 24 » »... Media 1 giugno 1S94 . . . 21 » »... 5 luglio »... Media 15 giugno 1S94 . . . 26 » »... 3 luglio »... Media 24 febbraio 1S94 . . 20 giugno » 12 luglio . . Media 24 febbraio 1894 . . 15 giugno » . . 13 luglio » . . Media 9 marzo 1804 . . . 31 maggio »... 15 yiut;no »... Media 15 giugno 1894 . . . 20 » »... 25 » »... Media 52 43 56-53 57-'5 57 «5 47.57 43-47 42.85 4285 0.90 0.80 1239 1115 0050 0 i'180 0.295 56.94 67.93 80 15 79.67 43.05 32.07 1985 20.33 1.15 1,13 884 1017 75.91 5898 O5.00 59-53 24.08 41.02 35.00 40.47 0 70 0 88 1136 795 0510 0.360 0.720 61.17 60 59 43.06 61.81 38.83 3041 56.94 38.19 0.50 0 48 2065 1032 0350 07S0 0.265 55 15 60 90 60 00 62 31 44.84 39.10 40.00 37 69 1.20 1.41 706 847 0.70 0.108 0.02=, 61 07 589? 60 00 6047 38.93 41.07 40 00 39 53 1.25 1.33 752 935 ; 02S5 0.175 0 115 59.80 63,16 40.00 62.37 40.20 36.84 30.00 37.63 0.80 0.78 1279 1023 65,51 34.49 2 00 2.17 459 918 — 377 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca Acqua Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica Ceneri Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica p2o5 Ceneri 2o cu ^ li ^3 s^à || «Jo °/o «lo "lo «lo «lo «io o/o «lo «lo «lo «la «lo 21 03 22.49 23.43 78.97 77-5' 76.57 336 3-5.6 3 08 21 OO 22.25 23.OO IR 3.70 0.18 0.17 0 11 0.46 O.52 051 0.69 079 0.80 15.89 15.83 15.78 99.31 2.51 257 2.43 0.85 0.77 0.15 2.22 2.31 2.19 3.30 3.78 3-43 22.31 77.68 3.53 22 08 4 08 0 15 0.49 0.76 15.83 99.07 2.50 0.69 2.24 3 50 18.30 : i8-39 81.70 8161 S1.61 3.60 2.41 2.06 22 50 15.06 1287 [.24 1.17 1 13 0 09 0.08 0.09 .38 1.69 1.60 0.85 1.09 I.IO 14.51 13.12 lì. 19 9068 82 OO 69 93 6.20 0.50 0.38 0 42 7.09 6.86 6.76 -1 34 4 43 4-6.3 ì 18.36 81.64 2.69 16.81 1.18 008 1 55 1.01 12.94 80.87 6.55 0.43 6.90 4.46 25.59 30.33 25.60 69.67 74.40 3-3° 3-54 20.52 19. 8 ii ti O. IO 0 12 0 09 1 24 . 48 1.16 '•35 ••57 1.34 12.89 11.66 10.34 80.56 72.87 6462 7 OO 15.22 927 0.42 0.40 0.35 ili 456 5.30 5'7 5.24 27.17 72.82 3.33 20.81 2.46 0.10 1.29 1.42 11.63 7235 10.49 0 39 4.77 5.23 ( 25.19 25 54 23.15 74 8, 74.46 76.85 325 3.30 290 20 31 20.71 18 50 0.63 0.95 0 85 0 09 0 13 0 11 1.28 1.29 1.29 1.48 '•39 1.29 12.87 13.06 12.73 8043 81.62 79.50 249 3-74 3.71 0.36 0.54 0.46 5.09 5.08 5.60 5.90 5.48 5 60 24 62 75.37 3.17 19.84 0.81 0.11 1.28 1.38 12.88 80.51 3.31 0.45 5.25 5.66 iq.40 16.08 20 23 So. 60 83.92 79-77 2.50 2. 11 2-77 15.62 13.18 17.31 042 025 0.27 0.25 031 0. l5 1.46 1.05 1.61 2$ 0.99 12 80 13 08 13.21 80.37 81.75 82.56 2.17 1 00 ••35 1.31 198 2.23 7-55 6.52 7.91 5.09 4.89 489 18.57 81.43 2.46 15.70 0.31 0 37 1.37 0.92 13 03 81.56 1.70 184 7.32 4 95 24.15 26.33 23.21 75§5 73.67 76.70 3.27 3.11 3.13 20.43 19.43 19. 54 0.87 3.76 0.56 O. IO O. IO 0.17 1.30 1.51 '■37 1 37 1 49 1.30 13. SO 11.77 13.48 84 37 73. 50 84 25 3.6. 1492 2.42 047 0.40 0.73 5 32 5-74 5-93 5-74 5.67 5.O2 24.89 75 43 3.50 19 80 1.39 0.12 1.39 1.38 12.91 80 72 6.65 0.53 5.66 5.67 1988 21.29 2009 80.12 787. 79-3' 2.18 it7 13 62 18 62 17.03 0.45 0 29 °33 0.09 0.11 0.02 0 65 0.71 0.75 0.91 0.91 0.99 12.23 14-95 13 46 76.43 93 43 84.12 2.30 1.38 1.62 0.45 0.44 0.25 3.66 3-57 357 5.10 4 i1 1 4.64 20 62 79 38 2.64 16.72 0 35 007 0.70 0.93 13.54 84.69 1.76 0.38 3.60 4.78 21.41 2493 24.45 78.59 75.07 75 55 2,84 3 '7-75 «593 17-75 0.99 2.9. 3-37 0.12 0.15 Oli 0.94 1 04 I.04 1.12 1 22 1.12 n 26 958 11 61 8287 59-87 72.56 4 62 11.68 16.10 0.56 0.61 0.48 430 4.21 4.28 5.26 l 91 i-.Si 23 59 76.73 2 69 17.14 2.59 012 1.00 1.15 11.48 71.77 10.80 0 55 4 26 4.92 22.83 24.42 22.76 77-17 75-58 7724 35i 2 91 2.§4 21 gì 18.18 '7 75 081 342 1.67 0 19 0. 13 0 12 077 0.78 0.74 1.33 •35 1.31 15 25 11. 91 1248 95-3' 74-43 78.00 3-57 14.03 7 37 0.84 0 56 0 53 3.38 3.21 3.29 5>8d 5.82 23.33 76.66 3 08 19.28 1 96 0.14 0.76 1.33 13.21 82 58 8.32 0.64 3.29 5.73 ! 21.60 ' 23 33 22.27 78.40 76.67 77 73 2 70 2 03 2.87 16.87 1830 17.93 1.62 °'°.2 0.68 0.17 0.20 0.07 0.76 0.80 079 •■33 1.34 1.27 12.48 12.56 12.87 78.00 78.50 80.43 6.64 4.36 2.92 0.83 087 0.36 3-54 IT* 5.85 575 5 05 22.40 77 60 2.83 17 70 1 07 0 14 0 78 1.31 12.63 7897 4.64 0 68 3 52 5.75 378 NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili "lo della carne musco- lare "lo Prezzo Unità nutritive per kg. !.. e. per 1000 unità di valore nutrit. L. C. per 1 lira conte- nute in 1 Kg. 41. Mullns (piccoli) . . . 42. Muraena helena Morena 43. Mustehis vulgaris. . Pesce palombo 44. Oblata melanura Obbiada codanera 45. Ophidium barbatimi (Jfidio barbato 46. Pagellus mormyrus. . Pagello marmorato 47. Pagellus erythrinus . . Pagello rosso 48. Pagellus acarne . . Pagello 49. Pelamys sarda .... Palannde 50. Polyprion cernium . . Cernia di fondo 7 luglio 1894 10 agosto » ... Media 1 giugno 18Q4 . . . 20 » »... 4 luglio »... Media 8 maggio [S94. . . 3 luglio » . . 13 » »... Media 17 marzo 1 S94. . . 21 giugno »... 28 » » Media 21 giugno 1894 . . 11 luglio »... 13 » »... Media 19 giugno 1S94 . . . 20 luglio »... Media 31 maggio 1894. . . 15 giugno »... 27 » »... Media 15 giugno 1894 . . . 14 luglio »... 19 » »... Media 1 uiugno 1894 . . . 24 luglio »... 1 agosto »... Media 4 luglio 1894 . . . II » »... 20 » »... Media - 0 272 0.730 0.330 46.70 42.47 54-54 53.30 57-53 45-45 1.50 1.40 711 1066 3 41.91 48.58 73-39 52.09 62. oS 61.42 26.61 0.70 0.68 1461 1023 0.100 0. 150 0.090 53.30 5804 59.26 73-75 46 70 41.96 40.74 26.15 0.60 0.50 1972 1183 0.190 0.200 0.140 63.72 55-27 69.24 73 00 36.28 44-73 30 76 25.00 0 80 0.73 1362 1090 0 1 IO 0 150 0 123 66.51 6970 61 12 58 17 33.49 30.40 38.88 4183 0 30 0.29 3400 1020 0.3S0 0470 0.335 63.00 67.15 67.03 07 17 37 00 32-s5 32.97 32.83 1.00 0.99 1009 1009 0 15 0.40 0 35 67.15 63.64 63 16 6275 32.86 36.36 36.§4 37.25 0.80 0.73 1364 1091 0930 0.800 0.780 63.19 49 47 50.30 4S-35 36 81 50-53 49 70 51.65 0 40 0.37 2647 1058 0.310 1.850 0 750 49.38 61.30 58.92 59-75 50.62 38.70 41.08 40.25 1.00 0.63 1587 1587 li 59 99 40.01 1 25 1 20 824 1030 1 379 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca Acqua Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica p20.-, Ceneri Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rici P2O0 Ceneri II T3 v— ' «io oX va ojo 0 ;'o »/o °/o "lo o/o »/o o/o o/o o/o °/o o/o o/o o/o 25.9C, 24.O4 24 OO 74.01 75.96 70 00 2.73 2.68 3.98 17.06 16.75 24.87 2.92 3.02 Ì87 0.17 0.22 0.20 2 63 2.43 2.49 3 48 3.18 3 25 10.77 10.51 II. 13 67.31 65.08 69.56 12 04 12 59 II.96 0.66 003 0.87 IO.I4 IO.15 1028 13.52 1305 1355 24. 67 75.32 313 19.56 293 0.19 2.51 3.33 1080 67.51 1219 0.82 10.19 13.57 26.60 23.51 25.O1 73.40 7049 74.39 3- 17 2 97 3.12 19.81 .8.56 19.50 2.68 1.78 1.30 0 13 0. 12 0 03 1.29 1.13 1.26 2.03 1.64 1.89 11.05 12.33 12.12 69.06 7706 75-75 10.07 7 58 5.09 0.49 0.52 0.32 4.86 4.83 4.92 7.66 6.97 7-41 25 84 74.76 3.08 19.29 1.92 0 09 1.22 1.85 11.83 73 95 7 58 0.44 4.87 7.34 20.37 1 24-5l 26. 1 1 79.63 75.46 73.89 3 \ 11 16.18 28.00 2568 0.74 038 0.10 027 0.10 0.62 0.78 0.74 I.OI 1.17 125 13 51 18.16 16.35 84.43 1 1 3 ■ 50 102.18 ■?.oi 2.8.4 i-39 0.50 1. 10 0 ' 1 2 3.06 3 }à 2.86 496 23.67 76.32 3.78 23.28 0.61 0.15 0.71 1.14 16.00 100.03 2.41 0.67 3.03 4.52 23.52 24.5O 22.78 7C.4S 75-44 77.22 3-34 3.22 3-53 20.87 20.12 22.06 1.20 1.81 0.88 0. 16 0 iS 0.0S 1.13 ••35 1.19 1.40 15 06 14.02 14.34 94.12 8762 89.62 0 51 881 3-49 070 0-79 0.3 |. 4-84 5-75 5.22 5.70 23 62 76.38 3 36 21.01 1.29 0.14 1.16 1.31 14.44 90.45 4.27 0.61 4.90 5.55 21.93 19-57 24.63 78.07 80 43 75-37 2.81 3 30 3-47 1756 21.18 2168 0.08 0.93 0.22 0.07 0.35 1.27 I.IO 1 40 1.83 1.59 ■ 73 •4-37 13.72 1463 89.81 85 75 91.43 0. 40 3^ 0.96 0.40 0.49 0 64 5.82 s.6s 5.68 8-39 8.16 7.05 22 04 77.95 3 22 20.14 0.41 0 11 1.25 1.71 14.24 88.99 1.72 051 5.71 7.86 24.63 25.70 24. 19 7537 74.30 75.81 3.23 3-34 2.91 20.18 19.87 18.18 1.44 1 46 0.92 0.15 0.09 0.05 0."76 0-75 0.67 1.42 ••43 1.39 13.08 12.97 12.03 S,75 81.06 75.18 586 5.66 3-83 0.63 0 38 3 oS 2.92 9 79 5-77 5 57 5-77 24 84 75 16 3.16 19.41 1.27 0 09 0.72 1.41 12.69 79.33 5 11 0.41 2.33 5.70 24.-10 24.93 23. 4Ò 75.60 75-°7 76.51 3.22 3-7S 3.28 20 12 23 43 20. J.O 0.63 0.36 1.51 0. 12 003 0 14 1.51 1.50 1.33 1.44 1 M 1.30 14.76 15. OS 13 93 92.25 94.06 87.00 2.58 l- 15 642 0.55 O IS 0.61 6.20 6 04 5 71 m 5 60 24 27 75.72 3.41 21.31 0 83 0 09 1.44 1.38 14.58 91.12 3.48 0.43 5 98 5.73 \ 28.32 25.00 25.79 71.68 75.00 74.21 3 43 2.93 3.02 21.43 ni; 3.86 3.13 2.95 0.19 0.15 0.17 1.51 1.50 1-33 1-44 1.41 1 30 12.07 12 07 11.66 75-43 75-43 7287 13.64 14.45 0.68 0 63 0.87 5.08 5 09 (75 1 73 26 37 73.63 3 12 19 17 3.31 0 13 1 44 1.38 11.93 74.57 12.53 0 66 4 96 4 88 3530 35"9 36.00 64.70 64 91 64. oo 4.12 4.23 4.22 25.-75 20.43 26.37 8.90 10.16 8.69 0.12 0 09 0.09 0.87 0 95 0.88 1.32 1.23 1.28 11.63 11. 71 1 i.og 72.68 73 n 73°5 25.23 27 11 0 26 0 27 2.47 2.73 2.45 3-76 35.46 61 53 4 19 26.18 9.25 0.10 0 90 1.27 11.67 73 05 25.49 029 2 55 3.61 21.76 23.06 25.06 78.24 76.94 74-94 2.94 3.20 3.23 18.37 20. 00 19.58 1.20 0.62 0.06 0.15 0.07 0.71 0.78 0.76 1.06 1 06 1.16 '3-19 .389 12.85 28:3 79.06 5-5° 2 70 0.30 068 1 0.27 3 05 I..65 23.29 76 70 3 12 19 31 1 31 0 09 0.75 1 09 13 41 8406 5 54 0.41 3 24 471 - 380 — ; NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili •lo della carne musco- lare •lo Prezzo Unità nutritive per kg. !.. C. per 1000 unità di valore nutrit. L. e. per l lira 1 conte- nute s in 1 Kg. • Si. Raia asterias . . Razza 52 Rhombus laevis • . . Rombo 53. Sargus annularis . Sparagliene 54. Sargus Rondeletii. . . Sargo 55 Saurus Lacerta . . . Lucertola 56. Sciaena aquila . . Boccadoro 57. Seriola Dumerilii. . Seriola 58. Scomber scombrus Sgomino 59. Scorpaena porcus. . . Scortano nero 1 60 Scorpaena scropha . Scorfano rosso 17 maggio 1894. . . 15 giugno » . . . 21 » »... Media 21 giugno 1894. . . 13 luglio »... 20 luglio » ... Media 25 giugno 1 894 . . . 11 luglio » ... 25 luglio » ... Media 9 marzo 1894 . . . 19 giugno »... 28 » »... Media 5 luglio 1894 . . . 9 » »... 30 » »... Media 17 maggio 1894 . . . 20 giugno » ... ;o luglio » ... Media 9 luglio 1894. . . . 15 » » ... 1 .agosto » ... Media 4 aprile 1894 . . . 11 maggio 1891 . 29 » » ... Media 4 luglio 1894 . . 9 » » ... 14 » » ... Media 15 giugno 1S64 . . 9 luglio » ... 14 luglio » ... Media 0.310 0.350 o.-?6o 53.23 76-39 78.58 46.77 23.61 21.42 0.365 0.310 0.400 69.40 74.40 75-35 70.97 30.60 25.60 24.65 29.03 0.30 0.23 4224 1267 = 73.58 79.42 6q 00 72 62 26.42 20.58 31.00 27.38 1.00 1 04 955 915 - 73 68 67.38 71.50 72.10 26.32 32.62 28.50 27.90 0.40 0.37 2647 1058 - 70.30 60.42 46.67 47.30 29.70 3958 53-33 52.70 1.25 1.22 815 1019 0.645 0.390 0.400 51.47 66.69 W-44 49 25 48.53 33-3 1. 52.50 5° 75 060 0.56 1775 1065 0.980 0.750 0.895 54 73 30.62 31.90 32 60 45.27 60.18 68.10 67.40 2 00 223 448 896 0.122 0.3-13 0.326 31.71 50.00 56.16 49-24 68.29 50 00 .43.84 50.76 1.00 0.71 1407 1407 1; 51.80 76.97 78.50 66.04 48.20 23.33 21.50 33.96 1 00 0.79 1255 1255 0.510 0 790 0.590 73.74 30.60 75 95 05 25 26 26 6940 2405 34.48 1.00 1.03 969 969 57.36 42 64 1.25 1.18 844 1056 1 381 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca "lo Acqua "lo Azoto •lo Sostanze Cloro "lo Anidr. fosfo- rica P2O5 "lo Ceneri Azoto "lo Sostanze Cloro "lo Anidr. fosfo- rica P2Og Ceneri U è? |X •lo H S'o' •lo .£ 2.03 1.60 1.25 0.70 0.78 2.91 2.78 288 4.8(1 4.72 4-59 23 91 76.09 4.00 25.01 0 53 0.21 0.68 1.13 15.67 9170 2.24 0.91 2.85 4.73 20.05 22 36 21.33 79-95 77.04 78.67 2.70 3-i5 3-i3 .687 1967 1956 0.68 0 2q 0 96 0 44 0.17 0.18 0.68 0 77 0 63 I-SS 1.58 1.49 13 45 13. w 14.68 84.06 84.31 91-75 3.41 1.2! 4.28 2.20 074 083 3.32 2.99 7.01 2124 78.75 2 99 18 70 0 64 0.26 0.69 1 54 1387 86 70 2 97 1.25 3.24 7.18 22.23 22.00 23.38 77-77 77.10 76.62 3.06 3-25 3.27 19 12 20.43 2.^8 1.27 0.90 0. 1 1 0 06 0.10 0 qg I.OI 1 00 1.24 1.14 1.19 n.76 14.16 '4-35 8600 88.50 89.68 io 6g 5-58 3.85 0.50 0.29 0.46 4.49 441 4.31 5.61 5.00 5.10 22.83 77.16 3 19 20.25 1.51 0.09 1 00 1.19 12.09 88.06 6 70 0.41 4.40 5.28 21.94 21 46 2348 78.06 78.54 76.52 308 3. 08 3 43 1925 1525 095 I.OI 0 26 0 17 0.14 1 so 1 36 1 49 1.06 1.78 1 .91) I |.02 14.42 «4-59 87.62 90.12 91.18 136 33 1.20 082 0.62 6 20 6.36 6.37 8.95 8.50 22 29 77 64 3.19 19.91 076' 0.19 140 1.91 14.34 89.67 4 73 0 88 6.31 8.60 26. 30 2390 23-59 7370 76.10 76 4i 3.66 3.30 3.19 22.87 20.62 19.93 O 2() 0 2S 0 17 0.15 1 06 0.96 1 05 1.48 13.90 '3-75 13.51 86.87 8S.93 84 H 0.61 1.24 1 21 0. 13 0.73 0.65 4.04 4 00 4-41 6.02 6.5-? 6.26 24 59 75.40 3.38 21.14 0.24 0.11 1 02 1.58 1272 85.74 102 0 50 4.16 6.27 23.87 23.48 23.95 76 13 76.52 76.05 2.82 17 63 17.00 17.50 0.94 0.83 0 93 0 08 0.15 0.18 088 o8s 086 1.38 1.30 1 35 n. Si 11. 61 11. 71 73.81 72-56 73.18 3-95 3-09 0.37 0.64 0. 13 3.63 3.62 5-78 5-57 5.68 23.76 76.23 2.78 17.37 0.90 0.11 0.86 1 34 11.71 73 18 378 0.48 386 5 67 23 06 25.06 31.99 76.94 74-94 68.01 2.63 2.24 2-53 16.43 14. 00 1581 20.55 20.50 22.55 0.02 0.03 0.03 0.64 0.50 0.60 O.QO I.OI I.07 7-39 6.42 7.19 46.18 40.12 43-93 57.71 58.52 58.60 0.61 0.76 0.75 ••94 2.o? 1.88 3-94 4.05 3-35 26 70 73.29 2.46 1541 21.20 0.02 0.51 0 99 7.00 43 74 58.27 0.70 1.94 3.78 28.05 2582 29.43 71.95 74i8 7057 4.12 3-34 4.09 m 25.50 0.82 2 02 2.29 0.16 0 14 0.03 1 09 o.y2 I.13 1.42 1.22 1-47 1462 1292 13.91 9137 80.75 80.93 2.Q4 7.64 7-77 0.59 0.57 o-39 404 3 56 3% 5.08 4-74 5. 00 27 76 72.23 3 85 2406 1.71 0.11 1.04 1.37 13 81 86 35 611 0.51 3 81 4.94 21.69 21 06 ?8.3> 78.66 78.94 3.10 3.28 2.98 '9-37 20.50 18.62 0 30 0.38 0.69 0 11 0.05 009 078 0.75 0.74 i.iq 1.13 i.ig 1121 15 44 14.02 8881 1 39 1.76 3 30 0.53 0.27 0.43 3.64 3-57 3.50 5-50 21.36 7863 3.12 19.49 0.45 0.08 0.75 1.13 14.55 90 97 2.16 0.41 3.52 5.48 21.04 21 18 19.15 se 80.85 3.32 376 2 82 2075 2340 17 62 0.27 2.13 0.15 0.07 0.08 0.06 0.88 0 72 0.66 1 11 0.95 1 03 13.80 17 95 14.71 86.25 112.18 9' -93 1.31 1.00 0.82 043 0.38 0.33 3 69 3-43 3.4S 4.Ó3 450 S.38 20 45 79.54 3 30 20 59 0.85 0.07 0.75 1.03 15.48 96 78 1.04 0.34 3 53 4 83 382 — NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili °/o della carne musco- lare Prezzo Unità nutritive per kg. L. C. per 1000 unità di valore nutrit. L.. C. per 1 lira onte- nute in 1 Kg. 61. Smaris vulgaris . . . Menola 62. Smaris (piccoli) . . . Piccoli di menola 63. Solea vulgaris .... Sogliola 64. Sphyraena vulgaris . . Aluzzo imperiale 65. Tinca vulgaris . . . Tinca 66. Thynnus thunnina . . Tonno tonnina 67. Thynnus vulgaris. . . Tonno 68. Torpedo ocellata . Torpedine 69. Trachinus Draco . . . Traci na 70. Trachurus trachurus . Tracuro 21 giugno 1894 . . . 3 luglio » ... 0 » » ... Media 20 maggio 1894 . . . 15 giugno »... 22 » »... Media 27 giugno 1894 . . . 4 luglio » . iS » »... Media 4 luglio 1894 . 12 » » ... 14 » » ... Media 30 maggio 1894 . . . 15 giugno » ... 21 » » ... Media 4 luglio 1894 • • ■ 2S » » ... ;i » » ... Media 8 maggio 1N94 . . . 28 » » ... 1 agosto » ... Media 1 giugno 1884 . . . 5 luglio »... Media 25 giugno 1894 . . . 27 » »... 9 luglio » ... Media 4 aprile [894 . . . 3' maggio » ... ìq giugno » ... Media _ 65.48 57.69 53-58 34 52 4231 46.42 _ 58 92 61.54 62.50 62.00 41 08 38.46 37-50 38.00 0.50 0.37 2690 1345 0.225 0.300 0.425 62.02 64.45 64.00 63- «5 37 98 35-55 36.00 36.8S 0.30 0.18 5531 1659 0.390 0.220 0.200 63 87 71. So 61.37 58-75 36.13 28 20 38.63 41.25 2.00 1.75 571 1142 0.105 0.115 0.150 63.98 66 67 65.22 61.80 36 02 33-33 34.78 38 20 0.50 0.46 2139 1069 — 64.57 K 60 24.60 25 80 35.43 55 40 75.40 74.20 0.75 0.92 1078 808 - 31.67 12 28 21.22 34.00 68.33 87.72 IÌ78 66.00 2.00 167 598 1197 0.570 0. 560 O. (IO 22.50 70.30 78.95 7822 77 50 20.70 2105 21.78 1.50 1.08 926 1390 0.32O 1.000 0.400 78.83 65.00 37.50 21.17 57-67 35oo 02.50 0.30 0.28 3456 1036 0.225 0.330 0*70 48.28 53.08 1.8.2,, 84.87 51.72 46.92 31.71 35-13 0.30 0.30 3304 991 65.42 34.58 0.75 079 1260 945 - 383 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca Acqua Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica P2O5 Ceneri Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica P2O5 Ceneri il £2 5 e »|o "lo "lo •|. «lo «Io •lo "lo •lo "lo "lo "lo •lo •lo 25.42 32.47 29.69 74.58 67 -53 70.31 3.41 4.23 4.00 2S.-U 26.43 25.OO 6\66 0.72 0.33 1.28 1.16 1.90 2 35 2.02 13.42 12.96 1348 83.87 63 OO 84 25 9.76 20.53 2.42 1.32 0.51 0.59 3-95 V70 5-9' 7.40 6.q8 6.80 29.19 10.80 3.88 24.91 3 26 0.22 1.21 2.09 13.28 83.70 10.90 080 3.85 7.09 24.28 29.10 52 79 75.72 70.90 47.24 4.28 7-54 iQ.68 26.75 47- 11 2.44 2 69 4.80 0.55 0 21 059 1.30 1.07 3-13 1.39 12.94 14.68 14.20 80.87 9° 55 88.75 10.04 9.24 9 3' 2.25 0.72 1.12 5-39 5-79 5-13 5.60 558 35.58 64 62 4.99 31.18 3.31 0.45 2 03 1 99 13.90 86.72 9.53 1.36 5.43 5.66 21.72 19.17 22.77 77 23 3.65 3.36 3.80 22.81 21.00 23-75 0.80 0.56 0.13 0.14 0.07 0 04 0.68 0.77 0.96 1.24 I.Ol 1.19 16.82 17.50 16.64 104.12 109.37 103. 99 3.70 2.96 0.52 0.65 0.37 0.18 3-15 4-94 4.25 5'7« 5.20 528 21.22 78.78 360 22.52 0.53 008 0.80 1.15 16.98 105.82 2.30 0.40 3.81 6.39 30 70 1 22.05 2,7, 69.21 77-95 77.29 4.51 2.90 3.07 2S.68 18 12 19.18 o.SQ o.76 0 79 0.36 0.19 0.15 1 .28 0 06 0.92 I.83 1:3 I3-32 13.10 '3-55 8325 82.25 84.68 1.27 3.66 3-49 1.17 0.83 0.64 4.17 4-37 4.07 5 95 5.24 5-63 25.18 74.81 3.36 20.99 0.64 0.23 1 05 1 42 13.34 83.39 2-80 0.88 4.20 5.60 20.08 21. qs 21.82 70.92 78.67 78.18 2.49 2.70 2.09 I5-56 16.87 13 06 067 1.86 2 43 0.08 0 o<) 0 06 o-5Q 0.62 0.63 1.12 1.17 1.14 12.39 12.18 9.49 7'-43 7612 59-31 3-34 8-47 II. IO 0.-12 0.42 0.27 2.82 2.82 5-59 5-3' 5.24 21.27 78.92 2 42 15.16 1.65 0.07 0.61 1.37 11.35 7095 7 64 0.37 2.87 5.38 ^6.2S 30.63 30.09 63.75 69.37 69.91 4.25 285 2. So 26. s6 17.81 17.50 0 88 8.03 7.63 0.40 0.02 0.02 0.86 0 67 073 1 47 1 20 1.24 11.68 y-29 9.32 7S.00 5806 58.23 2.31 26.24 25-3§ 0.1 1 o.og o.ob 3.39 2.19 2-43 t.07 3.91 4.12 32.32 67.67 3.30 20 62 5.51 0.14 0.75 1.30 10.09 63.09 24.97 0.98 2.33 4.03 2989 42.51 3'-25 70.11 57 49 6875 3.17 5. 11 4-54 19.81 31-94 28.37 ••57 2.78 log 0.06 0.07 0.08 1.33 1.70 1.54 1 so 1.80 1.60 13.24 H-95 14.49 S2.7S 74.68 90.58 S 21) 6.54 2.96 0.21 0. 1 9 0.22 4-43 4 OO 4.20 4.36 4.24 4-35 34.55 65.45 4.27 26 70 1 81 0.07 1 52 1.56 13.22 82 67 4.92 0.20 4.21 4 31 22 so 21.00 28.98 77.60 78.10 71.02 315 3-5' 19.87 19.68 21-93 0.45 0.25 0.45 0.16 0.16 0.19 i-45 1.38 1.83 1 34 14.17 14 38 12. 11 88.36 89.87 75-68 2.07 1.18 ••55 0.71 0.74 067 6.48 620 0 33 4.70 4SI 4.B2 24.42 75 57 3.28 20.49 0.38 0.17 1.54 1 12 13.55 84.70 1.60 0.70 6.33 4 61 22. so 24.37 25 14 77 44 7S 63 74.86 3.10 3 07 3-'5 19.37 19.18 19.68 0.64 0.44 0.91 0.03 0.00 0.07 0 .95 0 96 1.00 •44 [.42 1.3S 13.24 U.95 I4'49 82. 7S 74 68 9056 2.64 I.QO 3.48 0.1 1 0.23 3*93 3-78 3.08 5.90 5-57 5-5' 24.02 75.97 3.10 19.41 0 66 0 05 0.97 1.41 13 22 82.66 2.70 0 21 3.89 5.66 24.02 21 80 26.55 75.98 78.20 73-45 2.94 ■2. ss 2-77 18.37 [7.31 1.84 I.32 I.80 0. 10 0.01 0 18 0.48 0.5S 0.02 i-39 0 94 1.14 1317 10.42 76.43 82. si 65,12 7.66 11. od 6.79 0.66 0 17 0.70 2.01 2.68 2 34 5.80 I 29 24.12 75.87 2 86 17.89 1.65 0.12 0 56 1.15 11.94 74.62 6.83 0 51 2.35 4.85 384 NOME della specie analizzata DATA dello acquisto PESO VALORE ECONOMICO del pesce intero Kg. delle parti inutili della carne musco- lare °/o Prezzo Unità nutritive per kg. L. C. per 1000 unità di valore nutrit. L. C. per 1 lira conte- nute in 1 Kg. 71 Trigla carax Pesce cappone 72.Uranoscopus scaber . . Pesce Lucerna 73. Xiphias gladius . . . Pesce spada 74. Zeus faber Pesce s. Pietro 75. Miscellanea Mescug'.i 0 11 maggio » ... lo giugno » ... 20 » » ... Media 21 giugno 1824 . . . 25 » » . .' . Media \ aprile 1S94 . , . 1 agosto »... 6 » »... Media 20 maggio i8v4 • • • 30 giugno »... 20 luglio »... Media 9 agosto 1894 . . ' 12 » » ... 15 » » ... Media 0.420 0.235 0405 63 81 63. 8-} 43 21 36.19 36.17 56.79 0.260 0.230 o-345 66.95 66.16 7J-74 76.82 43.05 33-84 28.26 23.18 1.00 1 14 875 875 = 71.24 28 7S 21.67 22.60 28.76 71.13 78 33 77 40 090 1,02 975 877 0.640 0.570 0.690 24.38 57.04 56.95 56-53 75.62 42.96 43.05 43-47 2.00 1.98 501 1007 0.480 0.-J70 0.6S0 56.88 54 io 55.90 5^-75 43 12 45.90 44.10 41.25 0.75 0.96 1032 774 56.25 43.75 0.50 0.39 2545 1272 385 SOSTANZA FRESCA SOSTANZA SECCA So- stanza secca Acqua Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica P2O5 Ceneri Azoto Sostanze Cloro Anidr. fosfo- rica P2O.5 Ceneri 11 " "li* »3o £~ So L oi° "lo "lo •lo °|o °|o °|o °|o "lo "lo "lo °|o °|o °|o 20.06 23.23 18.47 79-94 76.77 81.53 2-55 2.15 2.49 15-9? iq.O.S 15 .56 0.97 0.19 1.02 0.35 0 11 0.67 0.74 0.64 1.07 0.84 12.73 13-57 13-34 79-56 8581 83.37 4.70 0.83 5.50 0 67 I.5Ì O.70 3-37 3.18 3-47 5-34 5.03 4.58 20.58 79.41 2.73 17.05 0.72 0.19 0.68 1.02 13.21 82.91 3.66 0.96 3.34 4.98 22.18 22 30 19.37 77.82 3.05 2 42 2.85 19.06 C-5M O.HJ 0.35 0 26 0 26 0.90 0.89 0.69 1.24 1 16 1.00 13.54 10.86 1490 81 62 67.87 91.87 2.69 0.80 1.78 1.19 1.23 0.40 4.06 3 99 3.00 5.60 5.21 5 20 21.28 78.71 2.77 17.33 0.34 020 0 82 1.13 13.10 80.45 1.75 0.98 3.68 5.33 23.68 23.12 24.98 76.32 76.88 75.02 2.78 2.78 308 17-37 17.36 19.25 5-3S 2.52 2.91 0 25 0.07 0.04 1.61 1.62 1.91 1.61 1.46 ..58 11.73 12.04 12.31 73-3 1 75-25 76-33 22.78 10.93 11.67 1 04 0.32 0. 17 6.7S 7.00 7.65 6.80 6.31 6.34 23.92 76.07 2 88 17 99 3.58 0 13 1.71 1.55 12.02 74.99 15.12 0.51 7.14 6.48 20.54 17.96 20.72 79.2S 2.76 2.24 2.48 17.25 14.00 '5-50 0 51 045 0.4S o.oX 0 07 0.06 o-53 0.47 0.61 I.IO 090 1.02 13-44 12.44 11.96 84.00 77-75 74-75 2.52 2.50 2.31 0 39 0. y\ O Ì2 2.60 2.65 2.96 5-36 5.00 4,92 19.74 80.29 2.49 15 58 0.48 1.07 0.53 1.00 12.94 78.83 2.45 0 34 2.73 5.09 33-73 31.24 27.64 66.27 68.76 72.36 4.32 3-7' 3.36 27.00 23.18 21 00 2 go 3 01 2.64 0. 13 0 <7 0 23 1.65 2.18 1.86 2.36 2.91 2.45 12.79 11. 18 i2.ii 79.83 74.25 75.68 8.60 9.66 g 26 °"57 0.83 '"'■94 a. 97 6.83 9M 8.87 39.86 69 13 3 79 23 72 2 85 024 1.89 2.57 12.26 76.58 9 17 0.87 6.91 9.49 Tal. II ELENCO DELLE VARIE SPECIE ANALIZZATE IN RAPPORTO AL RENDIMENTO carne muscolare 1. Torpedo Ocellata .... 2. Cerna gigas 3. Lophius budegassa 4 Scorpaena porcus .... 5. Sargus annularis .... 6. Rhombus laevis 7. Uranoscopus scaber . . . 8 Sargus Rondeletii .... 9. Crenilabrus pavo .... 10. Raia asterias ..... 11. Box salpa 12. Pagellus erytrinus .... 13. Ophidium barbatum . . . 14. Heliases Chromis .... 15. Charcarias glaucus. . 16. Corvina nigra 17. Mullus surrnuletus . 18. Trachurus Trachums . . . 19. Arnoglossus Roscii. . . . w20. Gadus Minutux 21. Tinca vulgaris 22. Sphyraena vulgaris . 23. Crysophys aurata . . . . 24. Solea vulgaris 25. Oblata melanura . . . . 26. Anguilla vulgaris (capitone) 27. Pagellus acarne 28. Pagellus inonnyrus . . . 29. Smaris (piccoli) 30. Maena zebra 31. Mugil Cephalus 32. Dentex vulgaris . 33. Box boops 34. Labbrus turdus 35. Polyprion cernium .... 36. Mullus barbatus . . . . 37. Belone acus 38. Labrax lupus 39. Smaris vulgaris 40. Scorpaena scropha. . . . 41. Zeus faber 42. Trigla carax 43. Lichia glauca 44. Clupea aurita . . . . . 45. Exocaetus volitans. . . . 46. Miscellanea 47. Auxis bisus 48. Charax puntazzo . . . . 49. Conger vulgaris . .')<). Merluccius vulgaris . . . •~)l . Sciaena aquila . . . 52. Citharus linguatula . 53. Lamna cornubica . . . . 54. Anguilla vulgaris . . . . 21,17 21,24 24,08 26,26 26.32 26,42 28,76 29,70 29,72 30,60 32,44 32,85 33,49 34,12 34,14 34,17 34,49 34,58 34,81 35,35 35,43 36,02 36.04 36,13 36,28 36,40 36,81 37,00 37,98 38,83 38,93 38,95 39,61 39,66 40,01 40,20 40,41 40,72 41,08 42,64 42,96 43,05 43,05 43,40 43,55 43,75 44,04 44,06 44,82 44,84 45.27 46,03 16,4] 46,61 Anguilla vulgaris . Corvina nigra Pelamys sarda . . . Smaris (piccoli) . Thynnus vulgaris . Thynnus thunnina . Auxis bissus .... Clupea aurita .... Miscellanea Smaris vulgaris . . . Anguilla vulgaris (capiti Exocoetus volitans . Clupea pilchardus . Scomber scombrus . . Lepidopus casdatus . Seriola Duinerilii. . Charax puntazzo. Citharus linguatula . Pagellus acarne . . . Brama Raji .... Box Boops Muraena helena . Engraulis encrasichohis Belone acus .... Heliases chrois . Chrysophrys aurata . . Gadus minutus . Pagellus mormyrus . Mullus (piccoli; . . . Lichia glauca .... Saurus lacerta. . . . Maena Zebra .... Torpedo ocellata . Pagellus erythrinus . Trachurus trachurus . Trachinus draco . Coris Gioffredi . . . Xiphias gladius . . . Raia asterias .... Sciaena aquila . . . Conger viugaris . . . Mustelus vulgaris . . Oblata melanura . Dentex vulgaris . . Box salpa ... Mullus barbatus . . . Polyprion cernium Mugil cephalus . Labrax lupus .... Sargus annularis . . Crenilabrus pavo. . Gobius jozo .... Cerna gigas .... Labrus turdus. . . . !ARNE MUSCOLARE, ACQUA, AZOTO, SOSTANZE AZOTATE Azoto Clupea pilchardus Tinca vulgaris . Seriola Dumerilii. Lophius budegassa Merluccius vulgaris- Zeus faber . . . Corvina nigra. Arnoglossus Roscii Acipenser sturio . Latrunculus pellucidu Mugil cephalus . , Trigla carax . . . Clupea aiosa . , Uranoscopus scaber Sciaena acraila. Mullus surmuletus Trachurus trachurus Xiphias gladius . Labrax lupus . . Conger vulgaris . Labrus turdus . Cerna gigas . . Rhombus laevis . Coris Gioffredi . Charax puntazzo. Mullus barbatus . Muraena helena . Trachinus draco . Dentex vulgaris Scorpaena porcus. Box salpa . . Pagellus acarne . Polyprion cernium Mullus (piccoli) . Eugraulis encrasicholu Pagellus inormyrus Lichia glauca . Heliases chromis. Citharus liuguatula Gobius jozo . Sargus annularis. Sargus Rondeletii Chrysophrys aurata Cbarcharias glaucus Brama Raji . . Torpedo ocellata. Belone acus . . Scorpaena scropha Thynnus tlmnnina Lepidopus caudatus Oblata melanura . 8phyraena vulgaris Saurus lacerta . Box Boops, 2.35 2.42 2.46 2.46 2.46 2,49 2,61 2,64 2,67 2,69 2.69 2,73 2,76 2,77 2,78 2,83 2.86 2,88 2,92 2,93 2,95 2,97 2,99 3,01 3,02 3,08 3,08 3,10 3,10 3,12 3,12 3.12 3,12 3.13 3,14 3,16 3.17 3,18 3,19 3,19 3,19 a. 19 3,22 3,23 3,28 3,28 3,30 3,30 3,30 3,33 3.36 3,36 3,38 3.41 Clupea pilchardus . . Tinca vulgaris . Seriola Dumerilii. Zeus faber Lophius budegassa . Corvina nigra. Merluccius vulgaris Latrunculus pellucidus . Arnoglossus Roscii . Acipenser sturio . Trigla carax .... Mugil cephalus . . Clupea aiosa .... Uranoscopus scober. . Sciaena aquila . Mullus surmuletus . Trachurus trachurus . Xiphias gladius . Labrax lupus .... Conger vulgaris . Labrus turdus. . Cerna gigas .... Rhombus laevis . Coris Gioffredi . . . Charax puntazzo. . . Pagellus acarne . Mullus barbatus . . Muraena helena . . . Polyprion cernium . . Dentex vulgaris . . Pagellus mormyrus . Trachinus draco . . . Scorpaena porcus . . Mullus (piccoli) . . . Eugraulis encrasicholus Box salpa Maena zebra .... Lichia glauca. . . . Heliases chromis. . . Sargus Rondeletii . Gobius jozo .... Citharus liuguatula . Chrysophrys aurata. . Ophidium barbatimi. Charcharias glaucus . Sargus annularis. . . Torpedo ocellata. . . Brama Raji . . ." . Scorpaena scropha . Thynnus thunnina . . Belone acus .... Lepidopus caudatus. Sphyraena vulgaris . . Oblata melanura . . . carne muscolare 0/ /o Acqua °/ 55. Mustelus vulgaris 56. Scomber scombru? 57. Saurus lacerta . 58. Clupea aiosa. 59. Brama Raji . 60. Pelamys sarda . 61. Lepidopus caudatus 62. Trachinus draco . 63. Muraena helena. 64. Clupea pilchardus . 65. Seriola Dumerilii . 66. Thynnus thunnina . 67. Engraulis eri crasi cimi 68. Acipenser sturio . 69. Xiphias gladius. . 70. Thynnus vulgaris . 71. Alopias vulpes . 72. Latrunculus pellucidi! 46,70 48,20 48,53 48,58 49, 4!) 50,62 50,96 51,72 52,09 57,37 68,29 68,33 71,04 73,96 75;62 77,50 85,31 100,00 Mullus surmuletus 77,60 Sargus Rondeletii 77,64 Lamna cornubica 77,68 Ophidium barbatimi 77,95 Scorpaena porcus 78,63 Clupea aiosa 78,71 TJranoscopus scaber 78,71 Rhombus laevis 78.75 Solea vulgaris 78,78 Arnoglossus Roscii 78,90 Tinca vulgaris 78,92 Charcharias glaucus 79,33 Merluccius vulgaris 79,38 Trigla carax 79,41 Scorpaena scroplia 79,54 Zeus faber. ._ 80,29 Acipenser sturio 80,96 Alopias vulpes 80,96 Lophius budegassa 81,43 Latrunculus pellucidus 81,64 Sphyraena vulgaris 84,81 389 Azoto Pagellus erythrinus. Alopias vulpes . . Maena zebra . . . Lamna cornubica . Solea vulgaris. . Crenilabrus pavo. - Exocoetus volitans . Gadus minutus . . Mustelus vulgaris . Miscellanea. . . . Scomber scombrus . Sruaris vulgaris . . Auxis bissus . . . Raia asterias . . . Pelainys sarda . . Thinnus vulgaris. . Smaris (piccoli) . . Clupea aurita . . . Ophidiuui barbatimi. Anguilla vulgaris . 3,41 3,46 3,50 3,53 3,60 - 3,62 3,65 3,73 3,78 3,79 3,85 3,88 3,97 4,00 4,19 4,27 4,99 5,22 6,22 6,70 Saurus la certa . Gadus minutus . Pagellus erythrinus Box boops . . . Alopias vulpes . Lamna cornubica Solea vulgaris. . Crenilabrus pavo. Exocoetus volitans Mustellus vulgaris Miscellanea . . Scomber scombrus Auxis bissus . Smaris vulgaris . Raia asterias . Pelainys sarda . Tliynnus vulgaris Smaris (piccoli) . Clupea aurita. Anguilla vulgaris Sostanze azotate 21,14 21.22 21,31 21,32 21,58 22,08 22,52 22,64 22,79 23,28 23,72 24,06 24,81 24,91 25,01 26,18 26,70 31,18 32,64 41,55 Tab. III. ELENCO DELLE VAUIE SPECIE ANALIZZATE IN RAPPORTO AL GRASSO 1. Saurus lacerta . 2. Arnoglossus Roscii. 3. Lophius budegassa. 4. Uranoscopus scober 5. Merluccius vulgaris 6. Charcharias glaucus 7. Torpedo ocellata 8. Corvina nigra . . 1 9. Gadus minutus . . 10. Ophidium barbatimi 11. Gobius jozo . . . 12. Crenilabrus pavo . 13. Alopias vulpes . 14. Scorpaena porcus . 15. Zeus faber . . • 16. Solea vulgaris . 17. Raia asterias. 18. Exocoetus volitans. 19. Acipenser sturio 20. Mustelus vulgaris . 21. Shpyraena vulgaris 22. Rombus laevis . . 23. Cerna gigas . . . 24. Trachinus draco . 25. Trigla carax . 26. Sargus Rondeletii . 27. Box salpa. . . . 28. Lichia glauca . . 29. Pagellus erythrinus 30. Belone acus . 31. Scorpaena scropha. 32. Sciaena aquila . . 33. Dentex vulgaris . 34. Mullus surmuletus . 35. Latrunculus pellucidus 36. Labrus turdus . 37. Labrax lupus . . 38. Box boops . . . 39. Pagellus mormyrus. 40. Oblata melanura . 41. Polyprion remi uni. 42. Clupea aiosa . . 43. Maena zebra. 44. Sargus annularis . 45. Citharus linguatula 46 Engraulis encrasicliolus 47. Tinca vulgaris . 48. Trachurus trachurus 49 Scomber scombrus. 50. Heliases chromis . 51 . Thinnus vulgaris . 52. Brama Raji . . . 53. Muraena helena. 54. Mullus barbatus ■ 0,24 0,27 0,31 0,34 0,35 0,38 0,38 0,39 0,40 0,41 0,41 0,42 0,44 0,45 0,48 0,53 0,33 0,55 0,56 0,61 0,64 0,64 0,65 0,66 0,72 0,76 0,78 0,81 0,83 0,83 0.85 0,90 0,99 1,07 1.18 1.20 1,27 1,27 1,27 1,29 1,31 1,34 1,39 1,51 1,61 1,64 1,65 1,65 1,71 1,79 1,81 1,85 1,92 1,96 Seriola Dumerilii. . . Engraulis encrasicliolus Trachinus draco . . . Labrax lupus .... Scorpaena scropha . . Tinca vulgaris . . . Merluccius vulgaris. . Zeus faber Thinnus vulgaris Latrunculus pellucidus Scorpaena porcus . Labrus turdus . . • Anguilla vulgaris . . Solea vulgaris. . Sargus annularis. . . Polyprion cernium . Muraena helena . . . Pagellus erythrinus . Pagellus mormyrus . Exocoetus volitans . Cerna gigas '. . Conger vulgaris . Lepidopus caudatus. Crenilabrus pavo. . . Pelamys sarda . . . Scomber scombrus . Sciaena aquila. . . Saurus lacerta. . Ophidium barbatimi. Lichia glauca. . . Brama Raji ... Trachurus trachurus Maena zebra . . . . Mugli cephalus . . Alopias vulpes . . . Acipenser sturio . . Box boops Xiphias gladius . . . Belone acus .... Charcharias glaucus. Clupea aiosa . Clupea aurita .... Heliases chromis. . . Mullus barbatus . Mullus surmuletus . . Oblata melanura . Thynnus thunnina . Lamna cornubica . Mustelus vulgaris . . Pagellus acarne . Torpedo ocellata. . . Trigla carax .... Sargus TJondeletii . Mullus ('piccoli; . . . AL CLORO, ALLE CENERI ED ALL ACIDO FOSFORICO Lamna cornubica . . Acipenser sturio . . . Charax puntazzo . . . Lophius budegassa . Merluccius vulgaris. . Charcharias glaucus. . Scorpaena scropha . . Zeus faber Latrunculus pellucidus. Clupea aiosa . . Trigla carax . . . . Brama Raji . . . . Polyprion cernium . Torpedo ocellata . . . Uranoscopus scaber. Raia asterias . . Scorpaena porcus. Mustelus vulgaris . . Trachurus trachurus . Corvina nigra. . . . Mugil cepbalus . . . Solea vulgaris. Labras lupus . . Sargus annularis . Arnoglossus Roscii . Conger vulgaris . Box salpa Pelamys sarda . . . Alopias vulpes . . . Chrysophrys aurata . Labrus turdus. Crenilabrus pavo. . . Thynnus thunnina . Oblata melanura . . Mullus surmuletus . Cerna gigas . . Mullus barbatus . Sciaena aquila . Scomber scornbrus . Tinca vulgaris . Pageilus erythrinus . Pagellus acarne . Maena zebra . . . Lichia glauca . Belone acus . . . Dentex vulgaris . . . Trachinus draco . . Pagellus mormyrus . Box boops .... Lepidopus caudatus. Sphyraena vulgaris . Auxis bisus . . Gobius jozo . Exocoetus volitans . 0,76 0,83 0,8(» 0,92 0,93 0,94 1,00 1.00 1,01 1,02 1,02 1,07 1,09 1,12 1,13 1,13 1,13 1,14 1,15 1,15 1.15 1,15 1,18 1,19 1.20 1,22 1 ,23 1,27 1.28 1,29 1,29 1,30 1,30 1,31 1,31 1,33 1,33 1,34 1,37 1,37 1,38 1,38 1,38 1,38 1,40 1,40 1,41 1,41 1.42 1,42 1,42 1,43 1,43 1,43 Lamna cornubica . Zeus faber .... Trachurus trachurus Tinca vulgaris . . Charcharias glaucus. Trigla carax . . . Raia asterias . . Rhombus laevis . Merluccius vulgaris . Brama Raji . . Mustelus vulgaris . Pagellus mormyrus . Clupea aiosa . . . Thynnus thunnina . Scorpaena scropha . Scorpaena porcus . Polyprion cernium . Mullus barbatus . . Mullus surmuletus . Conger vulgaris . Alopias vulpes . . Solea vulgaris. Arnoglossus Roscii . Uranoscopus scober. Belone acus . . . Cerna gigas . . . Sciaena aquila . Crenilabrus pavo. . Pelamys sarda . . Citharus linguatula . Dentex vulgaris . , Gadus minutus . . Trachinus draco . Auxis bisus Sargus annularis. Mugil cephalus . , Saurus lacerta. . . Corvina nigra. Scomber scornbrus . Sphyraena vulgaris . Box boops . . . . Acipenser sturio . . Clupea pilchardus . Anguilla vulgasis . Oblata melanura . Smaris vulgaris . . Charax puntazzo . Muraena helena . Ophidium barbatimi Gobius jozo . . Lichia glauca . . Lepidopus caudatus. Labrax lupus . . Boox salpa. . . 392 Grasso Cloro 55. Conger vulgaris. 56. Clupea aurita . 57. Chrysophrys aurata 58. Charax puntazzo . Lepidopus caudatus Mugil cephalus. . Auxis bisus . . . Miscellanea . 60. 61. 62. 63. Mullus ('piccoli;. 64. Smaris vulgaris. 65. Smaris (piccoli) 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. Pagellus acarne. Xiphias gladius. Lamna carnubica Clupea pilchardus Thynnus thunnina Pelamys sarda . Anguilla vulgaris Seriola Dumerilii 1,99 2,25 2,32 2,38 2,46 2,59 2,61 2,85 2,93 3,26 3,31 3,38 3,58 4,0o 4.27 5,58 9,25 18,55 21,20 Uranoscopus sarber. Raia asterias . . Smaris vulgaris . Citharus linguatula . Sphyraena vulgaris . Miscellanea . . . Arnogiossus Roscii . Gobius jozo . . . Rliombus laevis . . Auxis bisus . . . Lophius budegassa . Gadus minutus . Smaris piccoli. Chrysophrys aurata. Box salpa . . . . Dentex vulgaris . Corvina nigra. Clupea pilchardus . Charax puntazzo. . Coris Gioffredi . : Tal. IV. Composizione della carne di pesce PARAGONATA Carne di manzo grassa. » » magra » di vitello grassa. » » » magra » di castrato grassa » » » magra Cacio grasso ..... » magro ..... Latte ...... Carne di pesce (cifra miuima) » » ( » massima) >- » ( » media) . 393 - Gadus minutus • • Rhombus laevis . . . Xiphias gladius . • • Thyimus vulgaris . . Saurus lacerta . Ophidiuni barbatula. . Muraena helena . ■ • Sargus Rondeletii . . Citliarus linguatula . . Heliases chromis. - ■ Smaris (piccoli ) . . . Clapea pilchardus . . Smaris vulgaris . . Anguilla vulgaris. . . Engraulis encrasicholus Miscellanea Coris Gioffredi . . ■ Mullus (piccoli) . • • Generi 1,54 1,54 1,55 1,56 1,58 1,71 1,85 1,91 1,92 1,96 1,99 2,00 2,09 2,25 2,40 2,57 2,69 3.33 Lophius budegassa . . Maena zebra .... Sargus Rondeletii . . Labrus turdus . . . Exocoetus volitans . . Chrysophrys aurata. . Pagellus erythrinus . . Pagellus acarne . . . Thynnus vulgaris . . Torpedo ocellata . . . Latrunculus pellucidus. Heliases chromis. . . Xiphias gladius . . . Miscellanea Smaris (piccoli) . • • Coris Gioffredi . . . Mullus (piccoli) . • • Engraulis encrasicholus P.A 1,37 ] ,39 1,40 1,41 1,41 1,43 1,44 1,44 1,52 1 ,5 1 1,55 1,67 1,71 1,89 2,03 2.41 2,51 2,56 UUKI ,LA DEI PRINCIPALI ALIMENTI DEL REGNO ANIMALE Sostanze azotate Grasso IT.ii 29,5 20.5 1,5 19,0 7,5 20,0 1,5 16,5 29,5 17,0 6,0 26,0 30,5 34,0 11,5 12,0 10,5 14,70 0,24 41,55 21,20 28,12 10,74 Carboi- drati Acqua - 53,0 - 76,5 - 72,5 - 79,0 - 53,0 - 76,0 1,5 38,0 3,5 46,0 50,0 25,5 - 54,02 - 84,81 - 69,41 Ceneri Unità nutri- tive PER 1 LIRA 1 1 1 2 1 1 5,0 5,0 2,0 0,76 2,04 817 497 584 492 892 491 921 1589 622 774 2062 1619 - 394 — Poicliè il valore reale di un alimento è rappresentato dal con- tenuto di albume, grasso ed idrato di carbonio, così dalle tabelle precedenti risulta evidentissimo il valore nutritivo della carne mu- scolare dei pesci , valore che come risulta dalla IV. Tabella sta alla pari, specialmente per certe specie, con quella della carne di manzo. Le specie analizzate, zoologicamente parlando, appartengono ai seguenti ordini secondo la classificazione di Gunder i) : Con- dropterigi, Acantopterigi, Anacantini e Fisostomi. A giudicare dal contenuto di albume e grasso, si vede che il il valore nutritivo attribuito alle varie specie, empiricamente cor- risponde con quello desunto dalle analisi. Vi sono dei pesci, che per la loro grande quantità di parti inutili e grande contenuto di acqua sono di basso valore nutri- tivo e riescono perciò economicamente cari. In generale può dirsi che i pesci, più generalmente usati sono nutritivi e, fra questi, possono citarsi in prima linea il tonno, il palamide, lo sgombro, la sarda, l'alice, il pesce spada. Ma oggi il valore nutritivo degli alimenti si desume con mag- giore rigore dagli esperimenti di digeribilità ed assimilabilità di essi, giacche, se pure l'analisi avrà dato ad un alimento il più alto posto come valore nutritivo, questo può abbassarsi, se il detto ali- mento è poco digeribile e però poco assimilabile. Pertanto io mi propongo di fare lo studio della assimilabilità dei tipi principali delle specie analizzate; e questo formerà lo scopo della seconda parte del mio lavoro. JJ Introduction to the study of Fishes. Istituto d'Igiene della R. Università di Napoli. (Questo lavoro fu letto nella tornata del lo Settembre 1896). Le diatomee delle acque di Teano — Nota di Aurelio de Gasp abis ed Antonio Mastrostefano (con figure nel testo). (Tornata del 10 maggio 1896) 11 suolo della città di Teano e dei suoi dintorni è essenzial- mente vulcanico e della natura- delle rocce il Moderni ha fatto pa- rola alla larga ed incidentalmente, riferendosi esse alle fasi eruttive del vulcano estinto M. Santacroce presso Roccamonfìna , intorno al quale principalmente il Moderni rivolse il suo studio. Queste terre, irrorate da copiose acque, offrono al botanico escursionista un esteso materiale di studio sia per la flora fane- rogamica che crittogamica. La ricchezza delle specie e delle forme delle diatomee ha specialmente richiamata la nostra attenzione; onde abbiamo cre- duto far cosa utile imprenderne un primo studio in questo la- voretto. Le località da noi studiate sono state il Fonte di Santa Re- parata, che alimenta un piccolo corso di acqua sito a Nord-Ovest di Teano, l'Acqua del fosso di Via dei Platani anche a Nord-Ovest di Teano, il Savone e l'Acqua delle Caldarelle. Il corso di acqua di Santa Reparata presenta acque limpide verso la sorgente, le quali in alcuni punti prendono una sensibile tinta biancastra dovuta alla presenza di sali calcarei sciolti lungo i cammino e mescolati per la infiltrazione del terreno soprastante. Le acque del fosso della via dei Platani sono melmose e piene di materie organiche in putrefazione. Il Savone è formato da diverse sorgenti che scaturiscono nei pressi di Roccamonfìna, delle quali la principale è quella fra Pra- toluongo e Fontanafredda; le sue acque sono torbide e scorrono lentamente (^2 metro al secondo); il fondo è per lo più ristretto e vi si trovano ammassi di lave, ciottoli, ghiaia ed altri materiali di erosione e trasporto. L' acqua delle Caldarelle (sorgente acidula ferruginosa) sca- turisce alla base del vulcano spento M. Lucro ed a pochi metri dal Savone, nelle cui acque si versa. — 396 — La temperatura media delle acque è di 19 gradi centigradi e l'esame chimico di dett'acqua è stato fatto l'anno 1819 da G. M. La Pira, che dimostrò grande abbondanza di ossido di ferro, ac. carbonico e cloruro di calce. Quest'acqua ha specialmente attirato la nostra attenzione, poiché le specie di Diatomee, le quali vivono in essa o si trovano nel punto dove essa si mescola al Savone presentano molto spesso grande variazione di forme, le quali dimostrano assai bene l'in- fluenza del mezzo sullo sviluppo delle stesse. Bacillarieae Nitzsch ACHNANTHACEAE Achnanthes Bory Ach. lanceolata Breb. — Brun Diat. Tav. ITI. fig. 20 (S. Reparata; Ach. delicatula Ktz. — Diat. Tav. III. fig. 24. (S. Reparata). Ach. exilis Ktz. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 29 (Sorg. ferr.) Cocconeis Ehr. Coc. pediculus Ehr. Kzt. — Bacil. pag. 71 fig. IX, 1. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 22. (S. Reparata) nelle acque inquinate di ferro esistono forme modificate a guisa di tavolozza da pittore. Fij.1 Cocconeis pediculus a. tipo normale b. forma modificata nelle acque carbonico ferruginose. Coc. Placentula Ehr. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 23 (S. Reparatai. Coc. salina Rab. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 28 (S. Reparata;. Coc. helvetica Br. — Brun Diat. Tav. III. fig. 27 (S. Reparata). GOMPHONEMACEAE Gomphonema Ag. G. constrictum Ehr. — Ktz. Bacili. Tav. 13 fig. 1 — Bruii Diat. Tav. VI. fig. 1 (S. Reparata » — 397 — G. capitatimi Ehr. — Bruii Diat. Tav. VI fig. 19 (S. Reparata). Sorg. ferr. O. dichotomum Ktz.— Bacili. Tav. 8 fig. 14— Brun. Diat. Tav. VI fig. 2 e 3. (Sorg. ferr.) tìomph. dichotomwn. a. tipo normale b. forma modificata nelle acque carbonico ferruginote Rhoicosphenia Griinow Bh. curvata Griin. — Ktz. Bacili. Tav. Vili. fig. 1.— Brun Diat. Tav. VI fig. 21 (S. Reparata). ETJNOTTACEAE Ephithemia Breb. Eph. gibba Ehr. — Brun Diat Tav. IT. fig. 14. var. vent licosa. (S. Reparata). Eph. Argus Ehr. — Brun Diat. Tav. II. fig. 10 (S. Reparata). Eph. turgida Ehr. — Brun Diat. Tav. II fig. 17 (S. Reparata). Eph. ocellata Ehr. — Brun Diat. Tav. II fig. 12 (Savone, Sorg. ferr.) Eph. Musculus Kunze. — Ktz. Bacili. Tav. 30 fig. 6 (Savone). Himanthidium Ehr. H. pedinale Ktz. — Brun Diat. Tav. II fig. 22 (S. Reparatai. CYMBELLACEAE Cymbella Ag. Cym. prostratimi Ralfs. — Brun Diat. Tav. III. fig. 15 (S. Re- parata). Oym. affini* Ktz. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 14. (Savone). — 398 — Cym. variabilis "Wartm. — Brim Dia t. Tav. Ili fig. 8. (S. Repa- rata). Cym. caespitosum Ktz. — Brun Diat. Tav. III. fig. 16 (S. Repa- rata, Savoneì Cym. cuspidata. Ktz. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 6 (Fossi della via dei Platani) Cym. lanceolatum Ehr. — Brun Diat. Tav. Ili fig. 19 (Sorg. ferr). Amphora Ktz. Am. ovalis Ktz. — Bacili. Tav. V. fig. 35 — Brun Diat. Tav. I fig. 6 (S. Reparata, Savone) Am. minutissima Sm. — Rabenh. Eur. 1. 87 — Brun Diat. Tav. Ili fig. 9. (S. Reparata') NAVICULACEAE Navicula Bory N. elliptica Ktz. — Bacili, pag. 98 t. 30 fig. 55 — Brun Diat. Tav. III. fig. 13. (S. Reparata, Sorgente ferruginosa) N. radiosa Ktz. — Bacili. Tav. IV. fig. 23. Brun Diat. Tav. VIII. fig. 2. (S. Reparata, Sorg. ferr.j N. afjìnis Ehr. — Brun Diat. pag. 22. Tav. Vili. fig. 21. Ktz. Bac. Tav. 28. fig. 65. (S. Reparata). N. dicephala Ehr. — Brun Diat. Tav. VII. fig. 34 (S. Reparata). N. cuspidata Ktz. — Brun Diat. Tav. VII. fig. 6. (S. Reparata). N. cryptocephala Ktz. - Bacili. Tav. 3 fig. 20. Brun Diat. Tav. VII. fig. 24. (S. Reparata). N. lanceolata Sm. — Brun Diat. Tav. VII. fig. 4 (S. Reparata). A7, appendiculata Ktz. — Brun Diat. Tav. VII. fig. 27. (Savone, Sorgente ferr.) A. vulgaris Heib — Brun Diat. Tav. VII. fig. 25. (Savone). N. neglecta Breb. — Brun Diat. Tav. Vili. fig. 21. (Savone). A7, pattila Sm. — Brun Diat. Tav. VII. fig. 37. (Sorg. ferr.ì Pleurosigma W. Sm. PI. attenuatimi Sm. — Brun Diat. Tav. V. fig. 13. (S. Reparata). PI. Spencerii — Bals. Stor. Nat. delle Alghe d' acqua dolce etc. Tav. fig. 8 Brun Diat, Tav. V. fig. 14. (S. Reparata). 300 Pinnularia Ehr. Pin. Brebissonii Ktz.— Brun Diat. Tav. Vili. fìg. 15. (S. Reparata Sorg. ferr.) Pin. nobilis Ehr. — Brun Diat. Tav. Vili. fìg. 6. (S. Reparata) Pin mesolepta Ehr. — Brun Diat. Tav. Vili. fig. 22. Tav. VII. fìg. 30. (S. Reparata). Stauroneis Ehr. Si. Phoenicentcron Ehr. — Brun Diat. Tav. IX. fìg. 7. (S. Re- parata) St. gracilis W. Sm. — Brun Diat. Tav. IX. fìg. 6. (Savone). St. legumm Ehr. — Bruii Diat Tav. VIII. fìg. 26 (Sorg. ferr.) SURIRELLACEAE Surirella Turpin Sur. ovalis Bréb. — Ktz. Bacili. Tav. 30. fig. 64. Brun Diat, Tav. II fig. 6. (S. Reparata, Savone). Sur. splendida Ehr. — Brun Diat. Tav. II. fìg. 8. (S. Reparata , Savone) Sur. insertata Breb.— Brun Diat Tav. II. fig. 3 e Tav. IX fìg 17. (S. Reparata). Sur. orata Ktz. —Bacili. Tav. 7. fig. 1-4. Brun Diat. Tav. II. fìg. 2 (S. Reparata). Sur. ovata var. minata. Brun Diat. Tav. II. fìg. 1 (Savone). Nitzschia Hass Nt. lineane Ag. e W. Sm. — Brun Diat Tav. V. fìg. 26 (S. Re- parata). Nt. Amphioxys Ehr. — Bruii Diat. Tav. V. fìg. 28. (S. Reparata. Savone. Nt. parviila Sin. — Brun Diat. Tav. V. fìg. 19. (Savone. sorg. ferr. i Nt pecten Br. — Brun Diat. Tav. V. fig. 30 e Tav. IX. fig. 27 (Savone) Nt. Palea Ktz. — Bruii Diat. Tav. V. fig. 21 e 22. (Savone). Nt. thermalis Aversw. — Brun Diat. Tav. V. fig. 17 sorg. ferrug.) — 400 FRAGILARIEAE Denticula Ktz. D. Elegans Ktz. vone). D. ohtusa Sin. — D. infletta Sm. — — Brun Diat. Tav. Ili fig. 37 (S. Reparata, Sa- Brun Diat. Tav. Ili, fig. 34 (sorg. ferrug.) Brun Diat. Tav. IV fig. 5 (Savone). Odontidium Ktz. 0. Anceps Ehr. — Bruii Diat. Tav. IV. fig. 2 e 7 (Savone). 0. hyemale. Lyngh. e Ktz. — Brun Diat. Tav. IV fig. 2 e 7 (Sa- vone) Diatoma D. C. D. tenue Ag. — Brun Diat. Tav. IV. fig 14 e 15. Tav. ITI fig. 35. Ktz. Bacili. Tav. 17 fig. X (S. Reparata, Savone) D. vulgare Bory. — Ktz. Bacili. Tav. 17. fig. XV Brun Diat. Tav. IV fig. 13. Si osservano nei preparati forme forte- mente incurvate (Savone, sorg. ferrug.) Diat. Ehreribergii Modificazioni nel tipo osservate nelle acque carbonico ferruginose D. Ehrenbergii Ktz.— Brun Diat. Tav. IV. fig. 18. (Sorg. ferrug.) Le modificazioni riscontrate in questa specie , vivente nelle acque delle Calderelle , sono oltremodo interessanti , tanto che riesce assai difficile trovare nei preparati qualche individuo che abbia conservato la forma tipica ; alcuni individui sembrano quasi sdoppiati, in altri si riscontra una forma elevata ed in quasi tutti gl'individui una rilevante irregolarità prodotta dall'influenza del mezzo. D. elongatum Ag. — Bruii Diat. Tav. IV fig. 16. (S. Reparata). 401 Fragilaria Ag. e Gran. Fr. capucina Desm. — Bruii Diat. Tav. IV. tig. 1. (S. Reparata, Savonei Fr. construens var. binodis Grùn. — Bruii Diat. Tav. IV. fig. 10. (S. Reparata) Fr. mutabilis Griin. — Brun Diat. Tav. IV. fig. 8 (S. Reparata;. Synedra Ehr. Syn. ulna Ehr. — Rabh. ISiissw. Diat. Tav. IV. lig. -1 Brun Diat. Tav. VI fig. 20. Esistono nelle acque inquinate dei sali di ferro forme fortemente incurvate (S. Reparata , Sa- vone, Sorg. ferrug.j Syn. Ulna a. tipo normale b. forma modificata nelle acque carbonico ferruginose Syn, acuta Ehi-. — Ktz. Bacili. Tav. 14 , lig. Vili Brun Diat. Tav. IV. lig. 24 (S. Reparata) Syn. acuta var. oxyrhynchus. Brun Diat. Tav. IV. fig. 26 (S. Re- parata). Grunovia G sinuata Rabh. — Brun Diat. Tav. III. fig. 32 numerosi indi- vidui modificati si osservano sulle acque delle Caldarelle. Grunovia sinuata b. tipo normale a. forma modificata nelle acque carbonico ferruginose 25 402 — TABELLARIEAE Tabellaria Ralfs T. flocculosa Roth — Bruii Diat. Tav. JX fig. 14 | Savone). MELOS1REAE Cyclotella Ktz. Cy. Kutzingniana Thw. — Brun Diat. Tav. I. fig. 13 (Sorg. ferr.) Cy. operculata Ag. — Brun Diat. Tav. I. fig. 14 (S. Reparata). Melosira Ay. M. varians Ag. — Ktz. Bacili. Tav. 2 fig. X— Brun Diat. Tav I. fig. 1 (S. Reparata. Savone, Sorg. ferr. i M. distans Ehr. — Bruii Diat. Tav. I. fig. 3. (S. Reparata, Savone) M. arenaria Moor. — Brun Diat. Tav. I. fig. 2 (S. Reparata). M. granulata Ehr. — Bruii Diat. Tav. IX. fig. 25. (Savone, Sorg. ferrug.) M. spinosa Grév. — Brun Diat. Tav. I, fig. 5. < Savone) Di un acidimetro per determinazioni approssimative. Nota di Raffaele Cimmino. (Tornata del 2 Agosto 18%) L'acidimetria, una delle più semplici determinazioni di cui si occupa il chimico, per le sue vaste applicazioni pratiche, special- mente igieniche, spesso dev'essere praticata anche da persone, ad esempio i medici, che, per la diversa indole dei loro studii, sono poco pratici di certe operazioni di chimica , per quanto semplici esse sieno. E tra le difficoltà che sogliono elevarsi dinanzi alla mente di costoro, quelle che maggiormente inceppano sono, oltre l'incertezza nella esecuzione del metodo, l' impossibilità di avere a disposizione una esatta soluzione titolata alcalina, e la difficoltà di risolvere certe semplici operazioni di aritmetica, che loro sem- brano dei veri e noiosi calcoli. Allo scopo adunque di semplificare, quanto più fosse possi- bile, questa operazione, furono ideati diversi apparecchi, coi quali si cercò appunto di eliminare l' inconveniente di dover procurarsi una esatta soluzione titolata, ed inoltre di accoppiare alla facilità di esecuzione la rapida lettura dell' acidità cercata. Il più conosciuto di questi apparecchi è la buretta del Pavesi per la determinazione dell' acidità del vino in acido tartarico me- diante l'acqua di calce. Vi ha poi l'acetometro Pavesi-Rotondi per la determinazione dell' acidità dell'aceto in acido acetico an- che a mezzo dell' acqua di calce. In questi due acidimetri i ri- sultati si leggono direttamente sull'apparecchio. Un altro apparecchio, anche più utile dei due precedenti, è l' acidimetro del Pavesi, poiché con esso si può determinare sia il grado acidimetrico del vino che dell'aceto ; peraltro questo appa- recchio è poco pratico, occorrendo per la determinazione, oltre una speciale buretta con una graduazione limitata a soli pochi cmc, — 404 — anche un malraccetto che deve contenere il vino o l'aceto in esame, e dove si fa cadere a gocce l'acqua di calce non altrimenti che nelle ordinarie determinazioni : la percentuale dell'acidità cercata si ottiene mediante un semplice calcolo. Abbiamo un altro apparecchio nell' a e i d i m e t r i e o portatile a buretta automatica, secondo il metodo di M. Jungfleisch, che serve per la determinazione dell'acidità del vino, e che potrebbe anche usarsi per altre sostanze ; ina esso è poco pratico, giacché da una parte occorre una esatta soluzione titolata di soda, e d'altra parte l'apparecchio è così complesso da prestarsi molto poco ad una rapida determinazione, e se si aggiunge che il costo di esso è abbastanza elevato, si vede come questo acidimetro è poco pre- feribile ad altri simili. Abbiamo poi il latte -a ci dimetro ideato dallo Schaffer: si presta poco però nella pratica ordinaria , perchè occorre avere a disposizione una esatta soluzione titolata di soda. Altri apparecchi improntati ad una semplicità che li renda vantaggiosi nella pratica non vi sono, ed anche di quelli che ho citati , solamente alcuni riescono agevoli , relativamente al fatto di dare direttamente il grado di acidità cercata; ma, poiché que- sti non possono essere utili che per una sola sostanza , così allorquando si è costretti nella pratica a dover determinare l'aci- dità di più sostanze bisogna avvalersi di diversi apparecchi. Ma, d'altra parte, bisogna far rilevare che per altre sostanze non esiste alcun apparecchio costruito sull'istesso tipo, ragione per cui mol- ti, anche rilevando dalla reazione che una sostanza è acida, non si curano di determinarne il grado perchè loro manca l'opportu- nità di farlo. Da ciò l'idea che non sarebbe stata opera del tutto vana di far costruire un acidimetro che alla semplicità avesse accop- piato il vantaggio della poca spesa, della facile esecuzione e, so- pratutto, che avesse avuto applicazione non per una sola ma per diverse sostanze. E però ho ideato e fatto costruire l'apparecchio rappresentato dall'annessa figura. Esso pur non essendo un appa- recchio dotato della massima esattezza, relativamente ai suoi ri- sultati, potrà per altro riuscire di notevole vantaggio in parecchi casi , come quando si sia costretti a fare la determinazione in altro luogo che non sia il laboratorio , od anche quando si in- tenda di ottenere dei risultati non assolutamente esatti, come quelli che occorrono agli ufficiali sanitarii, per i loro svariati bi- sogni. In quanto al reattivo alcalino da usarsi, ho pensato di ado- perare l'acqua di calce che Pasteur, Pavesi e Rotondi proposero, — 405 — per la sua facile preparazione e conservazione , nelle determina- zioni acidimetriche del vino, e che dalla media di esperimenti da essi eseguiti risultò corrispondente alla temperatura di 15°, a gr. 0.0034 di acido tartarico per ogni cmc. 1). Relativamente alla calce che occorre per la soluzione, invece che adoperare, come si suole, calce pura preparata con marmo di Carrara , ho fatto uso della calce che ordinariamente trovasi in commercio, servendomi della parte centrale e quindi più pulita di grossi pezzi di calce. Mi sono determinato ad adoperare questa, innanzi tutto, perchè cosi riesce anche più agevole il potersi pre- parare in ogni occasione ed in ogni luogo la relativa soluzione, e poi perchè il differente grado di alcalinità tra questa e quella preparata con calce ottenuta da carbonato di calcio puro è poco sensibile, che anzi, anche per quest'ultima, il Carpenè 2), in buon numero di determinazioni acidimetriche eseguite, ha rilevato che il titolo varia non solo con la temperatura, ma anche col variare della provenienza della calce stessa. Questa ultima circostanza spiega perchè i risultati esposti nella tabella I, e che si sono ot- tenuti adoperando sempre la stessa acqua di calce, hanno un va- lore costantemente inferiore a quello ottenuto con la determina- zione a mezzo della soluzione di soda caustica N/i0, e perchè non si possa stabilire il tenue e costante errore dell'apparecchio, che è dovuto unicamente alla soluzione alcalina. Circa alla soluzione, essa è stata preparata nel modo seguente. In una bottiglia a tappo smerigliato ho messo della calce e del- l'acqua ed ho agitato ripetutamente, e quindi ho lasciato il tutto in riposo per circa un'ora ; ho decantato poi questa prima acqua di lavaggio , ed ho proceduto nello stesso modo per più volte consecutive, fino ad ottenere che 1' ultima acqua aggiunta, dopo averla lasciata in riposo alquanto tempo, si presentava ben limpida al disopra del sedimento di calce, e tale quindi da poter servire benissimo per le determinazioni acidimetriche. L' acqua di calce cosi preparata si conserva nella stessa bottiglia ben chiusa, e quan- do sia consumata non bisogna fare altro che aggiungere novella acqua, e ciò fino a che il sedimento di calce non sia esaurito. a) A. Pavesi e E. Rotondi.— R elazione dei lavori eseguiti nel laboratorio chimico della Stazione di prova presso la R. Scuola di agricoltura in Milano. Milano 1874. -) A. Carpené. — Sunto teorico-pratico di enologia. Torino 1800. 406 L'apparecchio l) adunque consta di un tubo graduato (A), la cui estremità inferiore, della capacità di 10 cmc, divisi a mezzo di tratto circolare di 5 cmc. in 5 cmc. , si riempie con acqua di calce. La parte superiore, portante delle divisioni in quinti di cmc, denota la quantità di li- quido acido che si versa in detto tubo. Il rigonfia- mento sferico che fa seguito al tubo graduato serve per poter bene mescolare i due liquidi. Da ciò risulta chiaro il principio su cui è basato l'acidimetro. L'al- calinità dei 10 cmc. di acqua di calce , previa ag- giunta di poche gocce di un indicatore, viene ad es- sere neutralizzata dall' aggiunta del liquido acido in Ijlji esame, e poiché l'acidità corrispondente ai 10 cmc. di acqua di calce è conosciuta, ed è sempre la stessa in tutte le diverse determinazioni , e d' altra parte , la quantità di liquido che occorre alla neutralizzazione si legge direttamente sul tubo graduato, cosi, senz'al- tro calcolo , noi conosciamo 1' acidità del liquido in esame. Ad esempio, per neutralizzare 10 cmc. di acqua di calce — pari ad un' acidità espressa in acido tar- tarico di gr. 0.034 — sono occorsi 5 cmc. di vino , vuol dire che in 5 cmc. di vino si contengono gr. 0 034 ffj di acido tartarico. Volendo riportare l'acidità trovata li al percento basta servirsi della forinola semplicissima fxioo x = e in cui x rappresenta l'acidità percentuale ; f il fattore dell'acidità corrispondente all'acqua di calce, e e l'ag- giunta del liquido acido occorrente alla neutralizza- zione, e che si legge sull'apparecchio. Nel caso che vi sia stato bisogno di diluire il liquido in esame perchè troppo acido, si deve moltiplicare il risultato ottenuto per il coefficiente di diluizione. Allo scopo di poter agevolmente praticare que- sta diluizione, a seconda che il grado acidimetrico del liquido da esaminarsi richiede . all' apparecchio è annessa una bottiglia !) L'apparecchio è stato costruito per cura della ditta Zambeili e C. di Torino. — 407 — (B) con diversi intacchi circolari, corrispondenti ciascuno alla ca- pacità di 5, 10, 20, 50, 100 cmc. Il collo di detta bottiglia è co- struito in maniera da poterla adoperare anche come contagocce, il che riesce di notevole vantag- gio verso la fine della reazione, allorquando se ne vuole esattamente determinare il punto limite. Qualora poi il liquido in esame sia per se stesso poco acido, invece che 10 cmc. di acqua di calce sene adoperano 5 cmc, che si portano poi a 10 cmc. a mezzo di acqua distillata, ed il ri- sultato ottenuto si raddoppia. Inoltre, ogni apparecchio porta, annessa alle relative istruzioni, una tabella come appresso, dove sono indicati i diversi fattori di acidità— corrispon- denti ai 10 cmc. di acqua di calce — espressi in acido tartarico, acetico, lattico, ecc., per poter riportare i risultati ottenuti a questi diversi acidi, a seconda che si praticano deter- minazioni ora di questa, ora di quell'altra sostanza. Circa l'indicatore a preferirsi, tranne che per i vini rossi, per i quali non ve ne ha bisogno , è consigliabile di adoperare la fenolftaleina, la quale si comporta bene con le diverse sostanze con le quali è stato provato l'apparecchio, laddove molti altri in- dicatori, se per taluni liquidi rispondono allo scopo, per altri in- vece bisogna assolutamente eliminarli. E però , in ogni determi- nazione, ai 10 cmc. di acqua di calce si aggiunge qualche goccia di soluzione alcolica di fenolftaleina al 2 °/0. Ora riassumerò brevemente il modo secondo il quale ho pra- ticato la determinazione dell'acidità in diverse sostanze a mezzo dell'apparecchio. Vino. — Il vino si adopera diluito a metà o assoluto, a seconda che è più o meno acido. Per i vini rossi però non bisogna usare alcun indicatore perchè 1' enocianina risponde per se stessa allo scopo, anzi è spiccatamente evidente il limite della reazione , il quale è contrassegnato da una leggiera tinta rosso- viola che segue immediatamente al verde , e che è sensibile e graduale anche se il vino è diluito. Questa colorazione di passaggio è accompagnata dalla scomparsa dell'intorbidamento fioccoso del vino, dovuto a malato, tartrato ed acetato di calcio formatisi , e naturalmente, dalla immediata e quasi completa chiarificazione del liquido. Il modo abbastanza manifesto, dal quale è contrassegnato il limite della reazione, dà una importanza al nostro apparecchio di fronte ad altri nei quali quello non è facile a colpirsi. — 408 — Aceto. — Per determinare l'acidità dell'aceto occorre diluire questo almeno in ragione del 10 % con acqua distillata, od an- che meglio del 5 °/0, perchè si scorga, senza alcuna difficoltà, il limite della reazione che è dato da un colorito appena roseo. Birra. — Anche la birra si può adoperare, come il vino, assoluta o diluita al 50 % , secondo la sua acidità. Anche con una diluizione maggiore, nel caso ch'essa sia molto acida, la rea- zione-limite è evidentissima , ed è data dalla solita colorazione rosea. Peraltro, se non si è sicuri del punto limite della reazione, si potrà istituire un semplice confronto con la birra diluita, ed alla quale non si sia aggiunto nulla, od anche si potrà far cadere nel liquido un'altra goccia di fenolftaleina, nel quale caso, se il liquido è ancora alcalino, vi si noterà un accenno di roseo nel momento che cade la goccia, oppure nessun cambiamento di co- lore, se il limite è stato sorpassato. L atte. — Per il latte la reazione-limite è anche più evidente che per le altre sostanze, giacché si passa gradatamente dal rosso intenso al roseo appena visibile. Ad ogni modo anche per il latte, sebbene non si possa assolutamente andare errati, è opportuno, relativamente al punto limite della reazione, per chi non ha ac- quistato una certa pratica nel maneggiare 1' apparecchio, d' isti- tuire un adeguato confronto , ed operare come nel caso della birra. Soluzioni normali. — Ho praticate anche diverse altre de- terminazioni con soluzione normale decima e centesima di acido ossalico. Per la prima ho adoperati 10 cmc. di acqua di calce, ed ho impiegati sempre 4.4 cmc. di acido ossalico 1). Per le de- terminazioni con soluzione normale centesima ho adoperati solo 5 cmc. di acqua di calce, impiegando in tal modo 22.6 cmc. della soluzione normale centesima. Nelle determinazioni eseguite con questa si è avuto talvolta la differenza di qualche quinto di cmc, differenza, come si vede, trascurabile, data la debole acidità della soluzione normale centesima. Il controllo delle diverse determinazioni eseguite con l'acidi- metro è stato praticato con 1' ordinaria titolazione a mezzo di soluzione normale decima di soda caustica, e si è potuto consta- tare che 1' errore al quale si va incontro è assolutamente tra- scurabile , dato lo scopo puramente pratico a cui è destinato 1! apparecchio. 1 ) 10 cmc. di acqua di calce coi'rispondono a 4,5 cmc. di soluzione N, di acido ossalico. — 409 — I risultati ottenuti sono esposti nella tabella I. e rappresen- tano, per quanto concerne le determinazioni eseguite con l'acidi- metro, la media di almeno dieci. Tabella I. — Grammi per litro Vino Acidimetro Soluz. N/10 di soda caustica Differenza 6.57 di acido tartarico 6.48 idem — 0.09 Aceto 71 27 di acido aceti co 71.21 idem — 0.06 Latte 2.15 di acido lattico 2.04 idem — 0.11 | Birra 1.80 di acido lattice 1.81 idem — 0.08 ' Nella tabella II sono esposti i diversi fattori di acidità cor- rispondenti ai 10 cmc. di acqua di calce , ed espressi secondo i diversi acidi ai quali si riferiscono. Tabella IL — 10 centim. cuh. di acqua di calce corrispondono a: GRAMMI ACIDO 0.0341 0.0273 0.0408 0.0223 0.0286 1 tartarico acetico lattico solforico ossalico. Sulla struttura lame ilare della Leucite— Nota di Pasquale Fjranco (Con la tav. VI). (Tornata del 29 novembre 1896). La leucite dell' ultima lava del Vesuvio (luglio 1895j mostra la struttura lamellare quale fu descritta da Zirkel l) e in seguito spiegata egregiamente da Klein 2j; che cioè i cristalli siano rombici, ora semplici, ora trigemini; e in questi siano interposte lamine geminate secondo i piani 110 dello pseudoicositetraedro: vi si trovano però alcune particolarità che saranno descritte in seguito. Le lamine sono ritenute rettangolari da Klein, monocline da Mallard, tricline da Fouqué e Lévy. Quelli che non ammettono le lamelle rettangolari ne adducono a ragione il non estinguersi esse esattamente secondo le bisettrici degli angoli che formano le lamelle ortogonali nelle sezioni secondo 100. Chi invece ri- tiene le lamelle rettangolari spiega queste differenze come effetto di tensioni sviluppatesi nel formarsi le lamelle durante il raffred- damento del cristallo, che suppongono cubico a 500 gradi, e che a temperatura inferiore vada incontro ad una alterazione mole- colare (polimeria fisica). Questa ipotesi si crede giustificata dal fatto che, riscaldando un cristallo di leucite a 500 gradi , esso si mostra monorifran- gente, e poi raffreddandosi diviene birifrangente. Le ricerche spe- rimentali dei signori Fouqué e Lévy hanno dimostrato che la leucite nel suo primo formarsi si mostra in gruppi di 6 cristalli geminati ortogonalmente fra loro e che ciascuno di essi mostra lamelle geminate. Io non ho potuto osservare queste forme ini- ziali nell' ultima lava, sì bene quelle dell'anortite , malgrado in- grandimenti di 1000 diametri :; . M Zeìtsch. der deutsch. geol. Geselì, 1868 p. 97 — Mìkr. Besch. Leipzig 1873 p. Iò2. 2) Neues Jahr. 1885. Ili Beilag Bd. p. ò22. 3) Brauns ha riassunto assai bene le principali opinioni intorno ai cri- stalli di leucite e mostra come dalle misure risulta che questi, pur essendo prossimi all'icositetraedro, presentano differenze tali, che, prese a rigore, fa- rebbero riferirli al sistema monoclino: ciò nondimeno dai più son ritenuti rettangolari.— Brauns -Die optischen Anomalien der Krystalle Leipzig 1891 p. 106 e seg. — 411 — Considerando le lamelle come appartenenti al sistema rettan- golare, estinguendosi a 45° della loro lunghezza, dovrebbero essere prismi rombici di 90° circa (fig. 2), di cui due facce opposte fossero estesissime e le altre due estremamente piccole. Siffatto sviluppo di facce sarebbe davvero eccezionale, e senz'altro basterebbe questo ineguale sviluppo di facce per ammettere che le lamelle appar- tengono ad altro sistema. È vero che le lamelle potrebbero considerarsi come allinea- menti di elementi cristallini; ma le particolarità dei loro caratteri ottici, da gran tempo conosciute, quantunque non perfettamente interpetrate, escluderebbero pure che siano rettangolari. Osservando con lamina di mica o di gesso le lamelle con- tigue, i loro colori differiscono poco dai complementari, quando esse non abbiano estensione molto differente : girando di 90° il preparato, si vede che le lamelle contigue non hanno gli assi di elasticità omologa paralleli, ma ortogonali. A causa della debole birifrangenza loro il secondo fenomeno è più appariscente del primo. Hirschwald, che ha studiata la quistione molto minutamente, scrisse che le lamelle di geminazione, i colori delle quali variano assai, sono intercalate in una massa fondamentale uniformemente colorata che è quella del cristallo fondamentale !). Questo a prima giunta sembrerebbe contraddire quello che io ho osservato; ma lo stesso Autore dà come fenomeno ordinario che le lamelle lungo gli spigoli dello pseudoicositetraedro alternano colle porzioni in- tercalate del cristallo fondamentale. La fig. la rappresenta ideal- mente questa condizione, che è rappresentata quale è in natura dall a fig. 3, che accompagna la memoria del citato Autore. Questi non fa alcuna menzione del come son disposti gli assi di elasti- cità ottica nelle lamelle e nelle supposte porzioni intercalate del cristallo fondamentale ; le quali , per quello che io ho osservato nei numerosi, freschi e nitidi cristalli dell' ultima lava vesuviana e di altre, hanno gli assi di elasticità omologa ortogonali con quelli delle lamelle. In quanto poi ai colori differenti che queste presentano, non senza ragione ho fatto rilevare che essi sono poco differenti d ai complementari nello stesso quadrante quando le la melle e le zone intercalate hanno quasi la stessa estensione ; è chiaro che lamelle di dimensione diversa mostrino in sezioni obli- M Hirschwald. — U e b e r misere derzeitige Kenntnis des Leu- citsystems Tschermak Min. Mith. 1878 p. 85. — 412 — que colori differenti a causa della diversa spessezza; come accade abitualmente nei feldspati triclini poligemini. Nelle sezioni dei cristalli osservati da Hirschwald , si è già detto, è comune il fenomeno che le lamelle non traversino tutta la sezione, ma si arrestino sulle tracce degli spigoli dello pseudo- icositetraedro, in altri termini nei piani 110 di questo : anche le lamelle che sporgono sulle facce dei cristalli si comportano alla medesima maniera. Non si comprende perchè ciò debba avvenire, ammettendo lamelle incluse in un cristallo fondamentale : anche nei cristalli trigemini osservati da Klein tale fatto non dovrebbe aver luogo che nei limiti dei cristalli trigemini, ma non nel campo di uno stesso cristallo. Ora Hirschwald scrive J): « Le ricerche ot- tiche mostrano che di regola n o n avviene 1' estendersi di una lamella su di una faccia vicina »; non mancano però delle ecce- zioni. Così stando le cose, ripeto, non si comprende perchè in uno stesso individuo , rappresentato dalle quattro facce di uno degli angoli tetraedri regolari, le lamelle generalmente non passino da una faccia all' altra, come dovrebbe accadere se fossero interposte in un individuo fondamentale ; e invece si arrestano in corrispon- denza degli spigoli. Avendo io pure osservato il fenomeno descritto da Hirsch- wald , credo di poterlo spiegare ammettendo che lo pseudoicosi tetraedro sia un complesso di lamelle tricline limiti con geminazione di ordine superiore ; e si accorderebbe la struttura dei cristalli completi con quella delle forme iniziali innanzi citate. Ho già detto che le lamelle non si estinguono secondo la loro lunghezza, ma a 45° di questa, quindi non potrebbero essere prismi rettangolari , ma rombici , e dovrebbero avere due facce estesissime e due facce pochissimo estese. Questo costante ineguale sviluppo di facce sarebbe eccezionale in prismi ortorombici; e la probabilità che non lo siano diviene certezza considerando che sarebbero geminati secondo facce di pinacoidi fìg. 2a. A spiegare i fenomeni ottici basterebbe ammetterle monocline con 100 : 001 di 45o circa , e con una faccia 0 k l che s' in- clini di circa 45° con 001, come la 021 dell' ortosa. Di più, l'asse di massima elasticità ottica coincidendo coli' asse di sim- metria, degli altri due , che sono nel piano di simmetria, 1' asse medio sia prossimo all'asse a, come nell' oligoclasia. Ciò posto, le amelle 1 e 2 (fìg. 3.a) sarebbero geminate secondo 100, 2 e 3 i) L. e. p. 98. — 413 - secondo 001 , 3 e 4 secondo 100 e così di seguito per le prime otto lamelle. La lamella 9 sarebbe geminata colla 1 secondo 0 k ì e intorno alla 9 si costituirebbe un gruppo di otto lamelle ge- minate alternativamente secondo 100 e 001 ; quindi formereb- bero un grappo omologo al primo e ortogonale con questo. La lamella 10 sarebbe geminata colla lamella 2 secondo 0 k l, e in- torno a 10 si costituirebbe un terzo gruppo di 8 lamelle, analogo ai precedenti e perpendicolare ad essi. Queste geminazioni hanno molta analogia a quelle di Karls- bad, Manebach e Baveno nell' ortosa. Avendo un tale complesso le lamelle di ciascun gruppo dispo- ste intorno a un asse quaternario con quattro piani di simme- tria passanti per Tasse, ed essendo i tre gruppi normali fra loro, ne segue che il complesso ha tre assi di simmetria di quarto or- dine con un piano di simmetria normale a ciascuno di essi , e quindi quattro assi di simmetria di terzo ordine e della seconda specie e sei assi di simmetria di secondo ordine con un piano di simmetria normale a ciascuno di essi. Si avrebbe così la simmetria della classe cubica oloedrica , cui appartiene T icositetraedro : la lig. 4 mostra la disposizione delle lamelle rispetto alle facce del- l'icositetraedro. Nelle sezioni cubiche le lamelle parallele contigue hanno orto- gonali gli assi di elasticità omologa e danno colla lamina di mica colori complementari, le lamelle corrispondenti di due quadranti contigui hanno gli assi di elasticità omologa paralleli solo nelle sezioni ortogonali all'asse quaternario, ma nelle sezioni oblique gli assi non sono paralleli e danno colla lamina di mica colori diversi che è il fenomeno su cui tanto insiste l'Hirschwald Se non che le lamelle monocline non spiegherebbero la co- stante striatura delle facce dei cristalli di leucite secondo la loro diagonale simmetrica , che gli spigoli delle lamelle non riescono paralleli alle facce dell' icositetraedro; e il secondo dei fenomeni ottici non do vrebb' essere appariscente nelle sezioni poco oblique. A volere spiegare questa striatura , le lamelle dovrebbero essere tricline e propriamente (fig 5) con queste inclinazioni , Vili p. 47. 6) Fraxco. Contribuzione allo studip microscopico delle rocce Eendic, Accad. Se. Napoli ISSO p. 100. - 419 - preferibile agli altri. Raramente occorre mettere a profitto le curve di estinzione del pirossene studiate da Lévy r) ; perchè è raro che la sezione capiti in una delle zone principali. Il Prof. Becke nel 1886 2) si è riproposto lo stesso problema che io mi proposi nel 1880 , cioè « dagli angoli della sezione , sup- ponendo conosciute le facce che investe , riconoscere la posizione del taglio, determinare poi le estinzioni rispetto ai lati e vedere se i valori calcolati corrispondono con quelli osservati ». Questo problema, quando si scelgono sezioni convenienti , è di assai facile soluzione; e pel caso discusso dal Prof. Becke , che è molto si- mile a quello discusso da me nel 1880 , non mi pare necessario ricorrere al problema di Pothenot, che egli risolve solo per co- struzioni grafiche approssimative. Di più il Prof. Becke non dice se gli angoli di estinzione calcolati sono rispetto all'asse di mas- sima o di minima nella sezione, e questo è necessario : vedremo in fine di questa nota come senza tale determinazione si può ca- dere in errori assai gravi. Nella prima nota per le determinazioni ottiche mi riferii agli assi principali di elasticità , citai però la soluzione di Lèvy mediante la regola di Fresnel. In questa nota, seguendo la detta regola, il processo è molto più semplice. Lo studio di una sezione di pirossene che avrebbe fatto cre- dere appartenesse ad un geminato di Vrba secondo 101 servirà a ricordare il metodo che altra volta ho proposto e a dar uè un esempio di applicazione. Innanzi tutto occorre determinare le costanti ottiche del pi- rossene in esame, sapendosi che in questa specie variano alquanto; e servono bene le sezioni nella zona [001]. Si determina prima l'angolo che la seziono fa colla faccia 010; e poi, facendo va- riare le costanti, si trova l'angolo di estinzione calcolato che cor- risponde con quello osservato: si adotteranno quelle che rispon- dono al caso, badando che siano tra le riconosciute direttamente, e le une non contraddicano le altre. E noto che impiegando la forinola di Lèvy 3) le costanti ottiche che occorrono sono l'angolo degli assi ottici 2V e l'angolo tra gli assi di elasticità e gli assi cristallografici nel piano di simmetria. Ha servito a questa deter- minazione una sezione esagona con due lati opposti più lunghi, con una sola direzione di clivaggio distinto, di colore verde sbia- ') Fouqué et Lévy. Min. micr. Paris 1879 p. 251-252. 2) F. Becke. Tschermark's. Min. petr. Miti. 1886 Voi. VII p. 100, *) Lévy et Lm'Roix. Les minéraux des roches, Paris 1888 ji. II. — 420 — dato, senza dicroismo sensibile. Per trovare 1' angolo tra la fac- cia 010 e la sezione si può impiegare il seguente processo. Nel triangolo sferico Fig. l.a n.mrz abbiamo „ , „ sen m n z sen nml n 1 1 ) Sen m n r = Tl - - sen n z = r. sen ne = Fsen nz senll%nr sen^j^nr nel triangolo sferico n.rp z abbiamo senpnz sennpq ~ 2 sen r n p = ^ sen n z = r— — sen nz -= Q sen n z sen 1/2 n r sen 72 n r Finalmente dal triangolo n.mrp abbiamo (3) cos mnp = cos mnr cos rnp + sen mnr sen rnp cos nr = = ^(1 — P2sen2nz)(l--Q2serì2nz) + PQ cos nr sen2 nz La (3) risoluta rispetto a sen n z , dà quattro valori due a due uguali e di segno contrario: due di essi, che rispondono a sen nz e a sen (360° — nz), risolvono la questione: gli altri due sono in- trodotti dall' elevazione a potenza. Questi si riconoscono perchè o superiori ad 1, o immaginarli, o incompatibili cogli altri dati del problema. Conosciuto il valore di n z si può dalle curve studiate da Lévy vedere se 1' angolo di estinzione rispetto all' asse di zona corrisponde per le costanti adottate da questo Autore. Se non corrisponde , bisogna variare gradatamente le costanti finché si ottenga una corrispondenza compatibile cogli errori d'osservazione. Nel caso presente essendo nmì—HWAO' , npq = 121°50' , uno dei valori di sen nz risultanti dalla (3) è superiore ad 1, e quindi si scarta, l'altro è dato da log sen n^=1.9903543, donde nz=77°òS'. L'angolo di estinzione osservato rispetto ai lati mi , nq è 22° 'asse di min.) Impiegando la nota forinola di Lévy e adottando le costanti 2 7=62o, a=45° (a è l'angolo tra nu e l'asse di zona [001] nel piano 010, si ha l'angolo di estinzione nel piano di sezione uguale a 21°30. GÌ' indici di rifrazione determinati da Lévy e La- croix in un'augite d'Alvernia ng= 1,728, nm = 1,712, np = 1,706 danno 2 V= 63°28' prossimo a quello adottato. Possiamo ora discutere la sezione che potrebbe far supporre un geminato di Vrba. Essa risulta di due figure pentagono (fig. 2) ; un lato della prima è sensibilmente parallelo a un lato della seconda, sembrano — 421 — inclinati di circa 3°, e potrebbero rappresentare le tracce di 100 nella geminazione secondo 101. Nella prima figura a' V e' etc. l'ipotesi più probabile è che a'b' sia la traccia di 100, li c\ a' e' . parallele a cui sono tracce di clivaggio , corrispondano a 110, e c'd\ d'é corrispondano a 111. Quindi che il taglio abbia inve- stito il cristallo come mostra la fig. 3. Gli angoli della sezione, media di più misure, sono a'b'é -= 128°, b'a'e' = 112°, b'c'd'= 86°30', c'd'e'=116°30', e?W=97°10'. La estinzione A rispetto a d'é è 51°. Il preparato a 45° del piano di polarizzazione dell'istrumento ha un colore tra il grigio e il giallo paglia: interposta una lamina di mica al grigio chiaro, si ha nel minerale colore grigio scuro quando A è parallela al piano degli assi ottici della mica, e giallo paglia quando A è nor- male; quindi A è asse di massima nella sezione. Per determinare la posizione del taglio si ha (fig. 3) nel trian- golo b', a e V. , sen V V D sen /; e — 7r7-r sen x = Jr sen x sen ab e chiamando x l'angolo ahi'. Nel triangolo a', 1/ é h' , , sen a li sena e = Tl — ; — rsensc=Qsena; sen b a a Si prolunghino Ve' , a e fino ad incontrarsi in f, per questo punto si tiri f g parallela a b' V : dal triangolo /', o e, essendo a' e ottuso: sia questa intersezione rappresentata da e ni. Riferendosi ad ci e come asse di zona e adottando le costanti ottiche trovate innanzi, si ha per la forinola di Lèvy (i == v = 83° 50' 50" , y = 31" 12' ; x =è uguale a 86° 12' 30" ; quindi y = ti e m = 1° 16' e // a m = = b' a e — y -— 7° 23'. Sicché una direzione d' estinzione (B) fa con a b' angolo di 7o 23' dalla parte di b' ; e l'altra (A) fa angolo di 82° 37' dalla parte di a' ; e quindi angolo di 53" 8' con e d' : 1' angolo osser- vato è di 51°. La differenza di 2<» 8 è compatibile cogli errori di osservazione. — 423 — Resta a vedere se A sia asse di massima o di minima nella sezione; e il metodo ordinario è quello di calcolare gli angoli che esso fa cogli assi di elasticità ottica a, (3, y ; e quindi calcolare il valore di p mercè la forinola cos2 U ( COS2 1 ; , cos- w ì a2 ' B2 -+ — — = 7 r- p- Il valore di B (più facile a calcolare) è nel caso presente Wb = 1 ., 7147 che, essendo maggiore di n„, = 1,712 , rende B asse di minima nella sezione, e quindi A asse di massima. La corrispondenza tra i risultamenti del calcolo e i dati del- l'osservazione essendo completa , resta determinata la posizione elei taglio a ' b' e' ecc. Calcolo della sezione ab e d ecc: Questa presenta una sola direzione di clivaggio ben distinta che taglia l'angolo a b e : una sola direzione di clivaggio farebbe supporre che sia parellela a 100, ovvero a 010, notate da Mohs e da Miller. Anche io ho potuto osservare in un cristallo della presente lava una direzione di clivaggio interrotto secondo 100. Altri ha parlato di clivaggio secondo 010 nei preparati micro- pici della lava vesuviana del 1891 ; ma souo le solite affermazioni senza alcun cenno di prova. Volendo ammettere che la direzione di clivaggio nitido nel taglio a b e d corrisponda a 100, ovvero a 010 , gli angoli della sezione non sono possibili colla disposi- zione e la inclinazione delle facce del cristallo di pirossene , co- munque questo si supponga tagliato. Resta che il clivaggio sia parallelo ad una delle facce 110 ? e quello parallelo all'altra sia poco riconoscibile. Anche in buone sezioni che hanno investita la zona [001] , non è raro osservare che dei due clivaggi l'uno è più distinto dell'altro. Ritenendo che ab sia la traccia di 100 e parallela a b' : ed esaminando tutti i modi in cui potè essere tagliato il cristallo sup- ponendolo geminato al primo per 101 , ovvero per 122 , i ri- sultamenti nel calcolo discordano assai dai dati dell'osservazione- Per vedere in che posizione si trovi il primo cristallo rispetto al secondo, si determini prima la posizione del taglio a b e d etc. — 424 - Ritenendo a b la traccia
  • 4 Pace D. — Sulla degenerazione e rigenerazione delle fibre ner- vose midollari periferiche ...... » 114 Federici N. — Sull' apparecchio genito - urinario del Gongylus ocellatus Forsk » 171» Giangrieco A. — Disiniezione delle stalle infette da carbonchio, con contributo sperimentale alla disinfezione delle ma- terie fecali e del sangue carbonchioso . . . . 193 Milone U. — Composizione, valore nutritivo ed assimilabilità della carne muscolare dei pesci. Parte prima . . 311 De G-asparis A. e Mastrostefano A.— Le diatomee delle acque di Teano ... » 395 Cimmino R. — Di un acidimetro per determinazioni approssi- mative » 103 Franco P. — Sulla struttura lamellare dalia Leucite. . . » I " ' Franco P. — Determinazione di minerali in sezioni microscopiche 41S Processi verbali delle tornate '-•' Elenco- dei Socii • 437 Elenco del Cam!) il 441 Pubblicazioni pervenute in dono . . ■ 111 ìolLSc.Nat.inNapoli. Voi. X. 1896. Tav.I. 5. ,,Mi««v..,.v, epe >»'^--t*-- ra n $?n -^J^<*1 1^1 ^^^L.1:3^ SS 4Mt #** &:*.#! **-" A- Pi IP 'T-'V Fr. Sav. Monticelli di; V K ^< r Vai.in Napoli Vòl.X. 1896 I '^•Sk- ti r !- ^ ■o t V 't'*¥t » m?, \ ' i ^ A wé 15 §t v « Bollò Soc di -Vai in Jfàpok Vol.X 1896 Tav V. >\ I * ì " -J .-il . > ìli fi ^i Hhr v f'y -v i- J- ■. :- - . ■;.-■-. . Boll d. Soc. Ji . Val. in JTapoli Voi X 1896 1 Tclv.VI Boll, d Wk di . Val. in ■ VoljjoU lo/. X 1896 ^ìiSL^H01 LIBRARY