t BODDETTINO SOCIETÀ DI NATURALISTI BODDETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI lasr isr j^:r oT^x SERIE I. —VOLUME XII -A. 3sr isr o 31; I I 1898 ^^stscicolo TTn.ico (Pubblicato il gennaio 1899) NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Via Cisterna dell' Olio 1899 struttura della sostanza fondamentale ossea. —IMemoria di Li'Povico Petraroja di Vincenzo i^con 10 figui'e nel testo). (Tornata del 30 gennaio 1898) Fin da quando Purkinje e Deutsch iniziarono con la scoperta delle la mi nette elementari il secondo ed attuale periodo della storia del tessuto osseo ^), gl'istologi hanno creduto che la sostanza fondamentale ossea fosse costituita dalla soprapposizione di tante lamelle alternamente omogenee e striate disposte in si- stemi. Anzi in questi ultimi tempi essi hanno avanzate ricerche sulle loro proprietà, sulla loro struttura e sul loro sviluppo. Ran- vier, l'opinione del quale è giustamente la più accreditata, ritiene che le strie chiare {Fig. 1 — se) delle lamelle striate {fs) fossero formate di una sostanza diversa da quella delle strie oscure {so), ma identica a quella delle lamelle omogenee (/b), e che, non se- parandole da queste alcun limite, servissero a rilegarle fra loro come tanti ponticelli. Fig. 1. — Trabecola della diploe di un frontale d'uomo adulto — mfp . margine del preparato, fuori punto." — ofp. osteoplasta fuori punto ;—/b, lamelle omogenee degl'istologi rilegate fra loro dalle strie chiare se delle lamelle striate fs; — so, strie oscure di queste lamelle (ingr. 790 diam.). 1) Il primo periodo fu iniziato da Malpighi e da D. Gagliardi (Anatomes ossium novis inventis illustratae. Eomae 1680); il quale dimostrò che le ossa erano costituite di tante lamine {squamae. bracteae, laminae) fortemente con- giunte le une alle altre da un gran numero di clavicole (perpendico- 1 - 2 — Renaut conferma 1' opinione precedente ed aggiunge che , esaminate alla luce polarizzata sotto un forte ingrandimento, le lamelle omogenee gli son parse anisotrope , le striate isotrope. Sharpey ed Ebner, dopo una lunga serie di osservazioni, fatte sopra ossa decalcificate, descrivono una speciale struttura nelle lamelle. Secondo questi autori esse sarebbero costituite da fascetti di fi- brille trasparenti, birefrangenti , dritte ordinariamente, qua e là curve , le quali si decusserebbero ad angolo retto in talune la- melle, ad angoli acuti in altre (Ebner), in modo da formare una rete intricata, che a sua volta sarebbe in taluni punti attraver- sata da certe fibrille oblique. Tutte queste fibrille, non calcificate secondo l'Ebner stesso, sarebbero circondate da una sostanza in- termedia, in cui si depositerebbero i sali calcarei. Da mie numerose osservazioni, fatte sopra ossa d'individui adulti non decalcificate e sopra ossa in via di sviluppo, risulta però che: 1) il tessuto os- seo è costituito da una sostanza fondamentale omogenea scavata dalle cosi dette cavità ossee (canalini vascolari di Havers, osteo piasti e canalicoli primitivi), in I -^^ ' Fig. 2. — Sezione trasversale del frontale di un nomo adulto — Sht^ , Sht2, si- stemi di cavità ossee haversiani tipici in sezione trasversa ; — Sjm, siste- ma periareolare trasversale ; — A, areola ; — Si, sistemi intermediari ; — Ch. canalino di Havers tagliato trasversalmente e circondato dalle serie osteoplasta-canalicolari Soc, Soc^ (ingr. 70 diam.). lari, oblique diritte curve). Fin verso la metà di questo secolo le lamine del Gagliardi, che erano tanto grandi da poter essere prese, arrotolate, svolte e pesate, trovarono autorevoli sostenitori in Havers, Morgagni, Curtial, Petit e Lemery, Delasóne, Fougeioux, Reicliel, Albino, Pereuotti, Ti-oja, Medici, Bé- clard etc... e validi oppositori in Scarpa, Bichat, Howship ed altri ; i quali ultimi sostennero che le lamine erano prodotti artiliciali. cui si allogano vasi , cellule ossee e prolungamenti di queste ; 2) che gli osteoplasti ed i canalicoli primitivi, per l'ordinario nelle ossa lunghe e nelle voluminose, si dispongono in serie o s t e o- plasta-canalicolaj-i ^) {Fig. 2, 3, 4 — Soc , Soci , Soc-> , Socs, Socé), e queste nei veri sistemi haversiani {Fig. 2 — Sìdx, Shh e Fig. 3, 4), intermediari {Fig. 2— Si, Si), peri- midollari o periareolari {Fig. 2 — Sjìa , e Fig. -5, 7) e p e r i o s t e i ; 3) che infine i sistemi di lamelle degli autori non sono altro che le immagini dei sistemi osteoplasta-canalic o- lari (o meglio dei sistemi di cavità ossee) e della sostanza fondamentale veduti in condizioni di luce , phe non permettono di riconoscerne la vera natura i^Petraroja, 1. e). Hanno contribuito in ispecial modo a farmi ottenere questi ri- sultati le accurate osservazioni che ho fatte sui canalicoli primi- tivi e sugli osteoplasti , intorno ai quali non è stato mai speso gran tempo. Ranvier, il primo che abbia cercato di metterli me- glio in evidenza con la colorazione, distinse i canalicoli primitivi e gli osteoplasti dei sistemi lamellari haversiani da quelli dei si- stemi lamellari intermediari, avendo notato che i corpuscoli del limite periferico di un sistema di Havers hanno due specie di ca- nalicoli: gì' interni, rettilinei o leggermente sinuosi, che si com- portano come i canalicoli degli altri osteoplasti -), e gli esterni che , giunti al limite del proprio sistema , non si anastomizzano con quelli dei sistemi di Havers od intermediari prossimi, ma ri- tornano sopra sé stessi per anastomizzarsi con i canalicoli dello stesso sistema proprio. Renaut ha notato : « che gli osteoplasti « si mostrano ordinati in seno della sostanza fondamentale ossea, « sviluppata intorno ai canali di Havers, in maniera da disegnare « delle serie concentriche, e che i canalicoli primitivi camminano « attraverso di essa in tre direzioni : 1) secondo i raggi del si- « stema di Havers; 2) secondo le su© curve concentriche; 3) in- « fine, parallelamente al canale di Havers » . Sappey infine ha de- scritto quelli che io chiamerò sistemi haversiani trasversi tipici senza farvi le solite sue precise considerazioni: « i cana- 1) Chiamai serie osteoplasta-canalicolari i lunghi canali- coli primitivi, dritti o circolari, aventi un calibro maggiore degli altri ed in- terrotti (Fi^. 5 — SoCi) oppur no {Fig. 4 — Socg, Fig. 5 — Soc, Soci) dalla pre- senza di osteoplasti diretti nel loro stesso senso ed aventi di comune con essi il lungo asse (L. Petraroja — Sulla struttura del Tessuto os- seo— Remi, della E. Accad. dei Lincei. Voi. IV, 5» sem., pag. 171). -) Attraversano cioè il sistema di Havers come raggi e sboccano nel ca- nalino vascolare. _ 4 — « licoli più lunghi », egli scrive, ^ nascono dalle estremità di cia- * scun osteoplasta e, portandosi incontro a quelli che loro corri- « spondono, contribuiscono a rilegare tutti gli osteoplasti situati « sullo stesso piano, i quali formano cosi una sorta di anello, pa- « rallelo agli anelli più prossimi o più lontani dall' asse dello « stesso sistema ». Con queste rapide osservazioni però non si è completamente notata la disposizione degli osteoplasti e dei ca- nalicoli primitivi : i quali , come ho già accennato , si ordinano nelle serie formatrici dei veri sistemi haversiaui, intermediari, pe- rimidollari o periareolari e periostei, che or ora descriverò. I sistemi di cavità ossee sono trasversi e longitudi- nali. Sono trasversi quelli che stanno spiegati su di un piano, che taglia ad angolo retto il lungo asse dei canalini vascolari (sistemi haversiani), oppure il lungo asse dell'osso preso in esame (gli altri sistemi). Sono invece longitudinali quelli che stanno spie- gati sopra piani paralleli al lungo asse dei canalini vascolari (si- ■7^- ?-!>- Fig. 3. — Il sistema di Havers situato in basso ed a sinistra della figura pre- cedente, visto a 790 diam. — Soc , Soc^ , Soco, Soc^, S0C4, serie osteoplasta- canalicolari complete, che limitano con il loro decorso le zone Z. Zj, Zo. Z.^ ; — Ca, Ca-^, canalicoli affluenti che mettono in comunicazione fra loro le serie precedenti ; — Cj)t, sezione traversa di un canalicolo primitivo ; — 0, osteoplasta; — Om , ombre appartenenti agli osteoplasti del sistema sottoposto ; — az, az-^ , aree in cui le zone mancano per 1' arresto o per l'assenza delle serie. stemi haversiaiii) , oppure al lungo asse doli' osso medesimo igli altri sistemi). Tipo dei primi è il sistema h aver siano trasver- s 0 {Fig. 3) , costituito di serie osteoplasta-caualicolari {Soc , Soc\ , Soc-2 , Socì , SoCi ) , clie si dispongono come anelli concen- trici , situati sullo stesso piano e quasi ad egual distanza 1' uno dall' altro , intorno alla sezione tras versa dei canalini vascolari. Questo tipo varia quando le sue serie sono incomplete e non ar- rivano perciò a circondare il canale vascolare {Fig. 4). Allora esse si situano 1' una fuori dell'altra come tanti archi {Soc^ Soci, Socì , Soci ), che guardino con la loro concavità il canalino va- Fig. 4. — Sezione trasversale del frontale di un uomo adtdto . colorata con la reazione fra olio di ricino ed acido osmico (Antonelli G.). — Soc , Soc^ , Soc.2, Soc-^, serie osteoplasta-canalicolari iucomplete situate 1' una fuori dell'altra come archi, che guardano con la loro concavità la sezione tra- sversa del canalino di Havers Ch;—Soc^, Soc^. serie osteoplasta-canalicolari di un sistema intermediario trasverso ; — z, {a. sinistra) , zone a forma di luna crescente; — z (-a destra), zona dritta; — Az, area in cui le zone mancano per l'assenza di serie; — Ca canalicoli affluenti (ingr. 790 diam.) scolare (C/i) e che si tocchino con gli estremi , e , secondo che sono così disposte da uno stesso lato del canalino o da più lati, conferiscono al sistema tipico la forma ovale, 1' ellissoide , la lo- bata o quella a cifra otto, che si ha quando si fondono le serie di due sistemi assai prossimi. Gli altri sistemi trasversi, fra i quali non comprendo gì' in- termediari, sono analoghi al sistema tipico precedentemente de- scritto. Le serie vi si ordinano in cerchi concentrici, situati sullo stesso piano e quasi ad egual distanza gli uni dagli altri, intorno alla rispettiva sezione trasversa del canale midollare, delle areole {Fig. 2, 5 7) 0 della perileria dell'osso. Le serie dei sistemi sot- toperiostei sono però frequentemente formate di tante porzioni, che si succedono a distanza oppure ad estremità variamente em- briciate. I sistemi longitudinali non hanno tipo e sono costituiti di serie osteoplasta-canalicolari , che ci presentano i seguenti parti- colari : a) nei sistemi haversiani figurano come tante linee dritte o appena tortuose, situate l'una fuori dell'altra sullo stesso piano e quasi ad egual distanza, parallele fra loro ed ai bordi delle se- zioni longitudinali dei canalini vascolari; h) in corrispondenza delle biforcazioni e delle anastomosi di questi ultimi passano dall'uno all'altro canalino, or perdendo, or conservando il loro parallelismo ; e) nei sistemi sottoperiostei e perimidollari decorrono come tante linee parallele alle rispettive superficie ossee e passano nelle trabecole del tessuto spugnoso, nelle apofisi etc, or perdendo, or conservando il loro parallelismo. Faccio infine notare che le serie dei sistemi longitudinali sono formate sovente da tante porzioni, che si succedono a distanza oppure ad estremità variamente embriciate. I sistemi intermediari meritano una parola a parte. Trovansi scavati nella sostanza fondamentale che sta fuori dei sistemi de- scritti ; ond' è che , ora sono limitati da più sistemi haversiani {Fig. 2 — ^S** , e Fig. 4 ) , ora da questi e da uno degli altri , ora addirittura da due sistemi periareolari {Fig. 5 — Soci). Nei trasversi le loro serie decorrono come linee parallele , dritte od arcuate {Fig. 4 — 8oc\ , e Fig. 5 — Soci) , le quali or cammi- nano intorno al lungo asse dell' osso nel senso di quelle dei si- stemi sottoperiostei o dei perimidollari, ora in senso raggiato ri- spetto all'asse medesimo; nei longitudinali invece decorrono come le serie dei sistemi limitanti e si confondono con esse quando capitano insieme sullo stesso piano ^). Le serie osteoplasta-canalicolari limitano in tutt'i sistemi dei tratti di sostanza fondamentale che chiamai zone, cui imprimono ampiezza e forma. Le zone difatti sono tanto ampie quanto le distanze che passano fra una serie e l'altra, e prendono la forma che queste disegnano con il loro decorso. Cosi vi sono zone cir- ^) Spesso i sistemi intermediari sono rappresentati da un mucchio di o- steoplasti uniti tra loi'o da una fitta ed intricata rete di canalicoli primitivi. colari e concentriclie nei sistemi haversiani tipici ( Fig. 3 — Z , Z\ , Z-2 ^ Zz) e nei sistemi analoghi {Fig. 5 , 7 — Z) ^ zone a forma di luna crescente nelle varietà dei primi {Fig. 4—^Z.i Z a sinistra), zone dritte e parallele nei sistemi longitudinali etc. {Z a destra). In corrispondenza delle origini delle trabecole ossee, delle apofisi etc. ed in corrispondenza delle anastomosi e delle biforcazioni dei canalini vascolari, le zone si comportano egualmen- te come le serie che le disegnano. Credo opportuno far notare che le zone non sono sezioni di lamelle, come sembrano a prima vista, ma l'aspetto preso dalla sostanza fondamentale os- sea per il regolare decorso delle serie osteoplasta-canalicolari; on- d'è che dove queste mancano o si arrestano, le zone non esistono (Fig. 3, 4, ò, 7 — aZ.,aZ\). Affinchè non si cada in questo falso concetto, fo notare: 1) che le serie osteoplasta - canalicolari per la loro stessa natura non sono approfondite nella sostanza fondamentale; ond'è che raschiando leggermente con un rasoio le superfìcie delle pre- parazioni, le serie vengono subito asportate e la sostanza fonda- mentale prende un altro aspetto ; 2) che alle serie di un sistema non corrispondono quelle dei sistemi sottoposti , essendo quasi sempre costante la succes- sione delle zone alle serie ; 3) che fra i sistemi successivi esiste una distanza di cui si deve tener conto; 4) che raramente i sistemi successivi sono spiegati sopra piani paralleli fra loro. Abbiamo veduto più innanzi quali sono le lamelle scoperte da Purkinje e da Deutsch e studiate fin qui da tutti gl'istologi. Le serie di tutt' i sistemi sono infine messe in rapporto di continuità da brevi canalicoli primitivi, che chiamai affluenti {Fig. 3, 4, o, 7 — Ca. Cai )• Questi attraversano le zone come ponti e danno loro un aspetto variamente striato. Per osservare i sistemi di cavità ossee in tutte le loro par- ticolarità, possiamo valerci di sezioni ossee assottigliate come per l'ordinario, ed allora necessita una buona colorazione, oppure di sezioni assottigliate col continuo controllo del microscopio ed al- lora la colorazione non è indispensabile. Nel primo caso, dopo di avere assottigliato a diverso grado parecchie sezioni , son solito di praticare la colorazione lascian- dole per più ore in qualche carminio (carminio di Orth , car- minio alluminato del Grenacher , o di Partsch e Grenacher) , nel verde metile etc. , e poi mettendole ad asciugare all' aria. — 8 — Quando sono bene asciutte , levo il colorante superfluo , che si è depositato sulle loro superficie, raschiando queste con la lama di un bistori non molto tagliente, e le monto a secco ^). Osser- vandole allora al microscopio vi si può subito notare un difetto, che del resto hanno pure gli altri metodi di colorazione: mentre cioè sono bene colorati i sistemi capitati sullo stesso piano delle loro superficie, non sono colorati afiatto, o lo sono appena, i si- stemi o le porjsioni di sistemi capitati nel loro spessore. Questo inevitabile inconveniente, dovuto ai detriti organici che otturano il lume dei canalicali primitivi, cela così in parte la reale strut- tura della sostanza fondamentale ossea; perchè i canalicoli non colorati, specialmente quelli capitati nello spessore delle sezioni, passano in gran parte inosservati sotto l'occhio nostro per la na- tura stessa della sostanza in cui sono scavati, oppure appariscono irreconoscibili per la forte trasparenza di sezioni un po' troppo assottigliate. Nel secondo caso la colorazione non occorre, sia perchè ne dovremmo praticare parecchie in una stessa sezione ossea per ot- tenere alfine i risultati precedentemente indicati , sia perchè il colorante impedirebbe di fare le seguenti osservazioni sullo pro- prietà dei canalicoli primitivi. Fin da quando le sezioni hanno raggiunta una certa sottigliezza, che varia nei diversi vertebrati e nelle diverse ossa, possiamo vedervi qua e là sistemi di cavità interi o mancanti della porzione che, per la loro obliquità rispetto alle superficie delle sezioni, è stata asportata dalla riduzione o è ca]3Ìtata nello spessore di esse. Inoltrando ancora la riduzione si osserva poi che questi sistemi sono portati via, e che ad essi suc- cedono altri, tanto più chiari per quanto più divengono sottili le sezioni. Allora i canalicoli primitivi, meglio attraversati dalla luce, appariscono come tante linee o tanti cerchi brillanti , interrotti qua e là dalla presenza di osteoplasti, che spesso sono più o meno illuminati. Per vederli cosi occorre però che essi si trovino esat- tamente a fuoco dell' obbiettivo , altrimenti prendono e conferir ') Questo trattamento ha il vantaggio di non riportare le sezioni sulla pietra da riduzione, che riesce assai nociva alle preparazioni già colorate. Il liquido di scorrimento e le tenui particelle prodotte dalla riduzione operano difatti egregiamente nel portar via il colorante che si è depositato sulle pa- reti delle superfioiali sezioni di canalicoli primitivi, che debbono essere le me- glio colorate. Con l'uso di un bistori poco tagliente, per levare il colorante su- perfluo , si evita d' altra parte il pericolo di asportare i sistemi più superfi- ciali, che sono bene colorati, o di rovinare con delle striature le superficie delle sezioni ossee. scono alla sostanza fondamentale 1' aspetto, che fino ad oggi ha nascosta la vera struttura di questa. Difatti in taluni di questi Soci Fig. 5. — Trabecola di tessuto spugnoso d'un femore di bue. — mp, mfp , mar- gine del preparato a punto ; — sf, sostanza fondamentale ossea ; — Soc. SoCi, serie osteoplasta-canaiicolari di un sistema periai-eolare ; — Soci, Soci^, serie di un sistema intermediario limitato da due sistemi periareolari — Seca , serie che si ricurva sulle altre e le arresta ; — z, zone ; — z si , zone del sistema intermediario precedente ; — Ca. canalicoli affluenti ;— Oss, osteoplasta del sistema intermedio sottoposto ; — az; area in cui le zone mancano per l'assenza di serie (ingr. 535 diam.). sistemi {F7(j. d, 7) posti a fuoco dell'obbiettivo si vedono net- Fig. 6. — // preparato precedente visto fuori punto — mfp, mfp, mfp . margi- ne della preparazione fuori punto; — o/}j, ofp, osteoplasti fuori punto; — fo. fo, le serie osteoplasta-canaiicolari pi-ecedenti che appariscono come lamelle omogenee; — fs, fs. le zone precedenti che appariscono come la- melle striate dalle strie oscure e dalle strie chiare. — 10 — tamente le serie osteoplasta-canalicolari {Soc , Soci , Soci, Sodi), gli arfluenti {idem—ca) e la sostanza fondamentale [Fig. 5 — s/) ; ma, abbassando a poco a poco 1' obbiettivo si osserva che le se- Fig. 7. — Trabecola della diploe di un frontale d' uomo adulto — nip , mp margine della preparazione a punto ; — Op, osteoplasta a punto ; — Soc, Socy, serie osteoplasta-canalicolari ; — z, zone ; — az, area in cui le zone mancano per V assenza di serie ; — (^a, canalicoli affluenti ; — sca, sca^, sezioni di canalicoli primitivi (ingr. 790 diam.). rie diventano irreconoscibili e prendono man mano 1' aspetto di fasce omogenee {FU/. 6\ 8 — fo, fa) che non differiscono dalle la- Fig. 8. — Il preparato precedente visto fuori punto — ìnfp . mfp , margine del preparato fuori punto ; — ofp, l'osteoplasta precedente fuori punto,-— fo, le serie osteoplasta-canalicolari precedenti che appariscono come la- melle omogenee ; — fs, le zone precedenti che appariscono come lamelle striate dalle strie oscure so ( sostanza fondamentale ossea ) e dalle strie chiare se (canalicoli affluenti). — 11 — melle omogenee degl'istologi, mentre che le zone prendono l'aspetto delle lamelle striate {fs, /ìs), in cui la sostanza fondamentale simula le strie oscure (so), ed i canalicoli affluenti simulano i cosi detti ponti di sostanza omogenea, che unirebbero secondo Ranvier le lamelle omogenee prossime {se). Dopo di aver fatte queste osservazioni, se si protrae la ri- duzione, le sezioni perdono i caratteri ordinari : i canalicoli pri- mitivi spariscono completamente , gli osteoplasti figurano come punti brillanti, e al posto dei sistemi da essi formati, troviamo le immagini innanzi indicate. Sono queste immagini appunto che gli autori han prese per lamelle , e che essi cercano di mettere meglio in evidenza valendosi della eccessiva sottigliezza delle se- zioni o dell' azione di liquidi a foi'te indice di rifrazione , che fanno completamente sparire la noiosa rete dei canalicoli primi- tivi. La maggiore trasparenza difatti che la sottigliezza o le so- stanze a forte indice di rifrazione danno alle preparazioni, va a beneficio di tali immagini ed è anche una delle ragioni, per cui i cosi detti sistemi di lamelle appariscono senza sensibile spostamento dell' obbiettivo. Questi fenomeni ottici , che ci fanno assistere al graduale passaggio dai sistemi di cavità ossee a quelli di lamelle , dimo- strano chiaramente insieme agli altri fatti che la sostanza fon- damentale ossea non è costituita di lamelle. Ciò è confermato pure : Fig. 9. — Tavolato esterno del parietale cV un uomo adulto — 0 , osteoplasti e Cp, canalicoli primitivi disposti senz'ordine; — Sf, sostanza fondamen- tale ossea , in cui non si osserva traccia di lamelle per 1' assenza di si- stemi di cavità ossee ; — clR, avanzo di un osteoplasta asportato in gran parte per la riduzione della sezione sulla pietra (confluente lacunale di Ranvier); — aO, avanzi di un osteoplasta (ingr. 535 diam.). — 12 — 1) Dal fatto che tutte le sezioni ossee, che non presentano serie osteoplasta-canalicolari, né canalicoli affluenti, ma soltanto osteoplasti e canalicoli in disordine {Fig. b) , non presentano mai tracce di lamelle, sia qualunque la loro sottigliezza, sia qua- lunque il liquido in cui sieno state immerse. A tal proposito pos- siamo sei'virci delle ossa corte o delle ossa piatte prese da ani- mali a piccolo scheletro. Essendo queste costituite di sostanza fondamentale raramente scavata da osteoplasti e da canalicoli primitivi in serie, ci forniscono preparazioni di molto valore (Fig. 10) nei confronti indispensabili ad esser fatti con le preparazioni di ossa lunghe o voluminose. Pur tuttavia le grosse strie , che si formano sulle superficie delle sezioni durante la riduzione, rie- scono talora fonti di errori, perchè in opportune condizioni (sot- Fig. 10. — {Etmoide di un gatto adulto, numtato nel balsamo del Canada— SF, sostanza fondamentale, in cui non si vede traccia di lamelle per l'assenza di sistemi di cavità ossee ; — CH, CH, sezione longitudinale di un ca- nalino di Havers ; — 0, O, osteoplasti ; — 6'P, CP, CP, canalicoli primi- tivi (ingr. 790 diam.). tigliezza delle sezioni, immersione nel balsamo del Canada, nella glicerina etc.) simulano assai bene la struttura lamellare della sostanza fondamentale. Non essendovi cautele che bastino a scan- sarle e non potendo esser tolte senza danno delle preparazioni, è necessario tenerne presente la grandezza ed il decorso prima di iniziare le osservazioni 2) Dalle osservazioni che il prof. Scacchi ed io facemmo al microscopio di Fuess sopra parecchie sezioni (non colorate e mon- tato parto a secco , parte nel balsamo , nella glicerina etc.) per — 13 — trovarvi traccia di sostanza anisotropa. In nessun caso nacque in noi dubbio sull' assoluta monorifrazione della sostanza fonda- mentale. 3) Dalla ]n'oduzione della sostanza fondamentale stessa , la quale non aumenta per soprapponimento di produzioni lamellari una volta omogenee , una volta striate . come erroneamente si crede. Seguendo lo sviluppo di qualunque osso, specialmente nei periodi in cui le ossa possano essere ancora impunemente sezionate al microtomo senza previa decalcificazione, si constata difatti assai facilmente che i sali calcarei si depositano nella cosi detta so- stanza preossea (Ed. Retterer), elaborata tempo prima dagli osteoblasti, in modo da formare un miscuglio omogeneo, cioè la sostanza ossea definitiva. Si vede d'altra parte netta- mente che degli strati di osteoblasti applicati immediatamente sulle superficie del modello cartilagineo, delle travate ossep in via d'ispessimento, delle così dette travate direttrici dell'ossificazione etc. , non tutti gli osteoblasti separano contemporaneamente la sostanza preossea. Gruppi di essi la se- parano in un tempo, altri più tardi, e (juando questi ritardatori la separano, già una quantità di grup])i di osteoblasti, apparte- nenti agli strati prossimi, hanno separata la loro quota di questa sostanza ])ronta a mescolarsi con i sali calcarei, che più tardi vi si depositano. La zona di produzione della sostanza preos- sea e la linea di deposito de' sali calcarei sono per conseguenza sempre frastagliate e nelle travate dell' osso inter- medio addirittura seghettate con dentelli minuti, aguzzi e più o meno lunghi. La prima e la seconda, nettamente disegnate dalla differenza nel grado di colorazione fra la sostanza preossea e la ossea definitiva, dimostrano chiaramente, che uno strato di osteo- blasti non aspetta mai che lo strato precedente produca la sua quota di sostanza fondamentale (lamella ossea) per incominciare a produrre la sua ; dimostrano cioè non solo che le diverse quote di sostanza preossea separate dagli osteoblasti si fondono subito tra loro per formare una massa omogenea, che interra le fibre di S h a r p e y, dove queste esistono , che circonda gli osteobla- sti stessi con i loro prolungamenti (G-egenbaur) etc. ') ; ma che i sali calcarei vi si depositano più tardi su di una linea che ne ripete i frastagli. 1) Si formano cosi le cavità ossee. — 14 — Dopo i fatti esposti dunque le espressioni: e sistema pe- rimidollare, sistema periareola re, sistema sot- toperiosteo, sistema intermedio, sistema di H a V e r s » potranno ben mantenersi nella descrizione della strut- tura della sostanza fondamentale ossea , ma , dopo di aver ag- giunto «di cavità ossee > alla parola « sistema ^ , le riferiremo all'ordinamento delle serie osteoplasta-canalicolari, non a sistema di lamelle che in realtà non esistono. BIBLIOGRAFIA a) Malpighi — de O s s i u m s t r u e t u r a , Op. posili. Gagliardi D. — A n a t o m e o s s i u m n o v i s i n v e n t i s illustra- t a. Roìtuie 1689. Havers gì. — Osteologia nova etc. London 1691. CuRTiAL J. J. Petit J. L. et Lrmery. — D es e r ip t io n exacte des os,coinpriseentroistraités. DuHAMEL. — Mém. de l'Acad. des se. Paris 1742-43. Delasòne — Mém. sur l'organisation desos, Mém. de l'Acad- des se. Paris 1751. Tarinj — Ostéographie, Paris, 1753. Bertin — Traité d' Osteologie. Paris 1754. MoNRO A. — Traité d'Osteologie, t rad. de l'Anglois par M. Sue. Paris 1759. Reichel J. F. — d e 0 s s i u ra o r t u a t q u e s t r u e t u r a. Lipsiae 1760. Albinus B. S. — de Coustructione ossium. Annoi, acad. Uh. VII, cap. 17. Perenotti — Mém. sur la construction et sur l'accroisse- ment des os. Mém. de Twin 1784, tom. II. Malacarne V.— Auctuarium obs. et icon. ad osteol. et osteo- p a t h. Ludwigii et Scarpae, Patav. 1801. Troja M. — Osservationi ed esperimenti sulle ossa. Na- poli 1814. Medici— E sperienze intornoall a tessitura organicadelle ossa, Bologna 1818. — Considerazioni intorno alla tess. org. delle ossa. Bologna 1819. Béclard (d' Angers). — E 1 é m e n t s d'Anatomie generale. Bru- xelles 1840. Weber E. H. — Hildebrandt, Anatomia, t. I, p. 333. Flourens— T h é o r i e expérimentale de la forni ation des os. Paris 1847. b) BiCHAT — Anatomie generale. Paris 1801. Scarpa — De penitiori ossium structura commentarius. Paris 1804. HowsHiP— M icrosc. observ. ou the structure of bone, Med. chir. transact. Lond. 1816. RuTHERFORDT. — Hildebrandt, Anatomia, t. I, p. 339. Gibson — Meck. Arch. IV. Bibra — ChemischeUntersuchungeniiber die Knochen und Zàhne des Menschen und d e r Wir b e 1 1 hi er e . Se/umn- furt 1844. Brulle, Hugueny — Expériences sur le développe ment des osdans les mammifères et les oiseaux. Annales des sciences nat. 1845. — 16 — e) Deutsch.— De penitiori ossium structura o b serva tio- nes. Diss. 1834. ToMES. — O s s e 0 u s t i s s u e. Cyclop. of anni. ITT. Henlk G. — T r a 1 1 a t o di Anatomia generale, traci, di M . 6 . Levi. ToMES J. ET DE MoRGAN Campbell.— O b .s e r V. on the struct. and d e V e 1 o p. o f b o n e s. Philos. Transact. 1853 J. j). 109. EoBiN— O bservat. sur le dévoloppement de la substauce et du tissu des os, Mem. de la Soc. de biologie 1850. KòLLiKER. — Élément.s d'histologie humaine, trad. par. J. Béclard et M. Sée, Paris 1856. Sappey. — Trattato d'Anatomia descrittiva. Milano. Martini V. — R i c e r c h e sullo sviluppo e struttura minuta delle ossa eterotopiche ottenute col trapianto del perio- stio. Accad. di med. di Torino 1866. Ebner V. — Sind die Fibrillen des Kuochengewebes ver- kalkt oder nichf? Archiv. f. mikrosk. Anat. Bd. 39, 1887. Ranvier L. — T r ai t é teclinique d'histologie, ,?■'>• edit. Pa- ris 1889. Van der Stricht O. — R e c h e r c h e s s u r la s t r u e t u r e f o n d a - mentale du tissu osseux. Ardi, de Biologie IX, 1889. Zachariadès — Recherclies sur la structure de 1' o s normal. Coynptes rendus de la société de biologie, 1889. Renaut J. — Traité d'histologie pratique. Paris 1893. Vivante R. — Contributo allo studio della fina anatomia del tessuto osseo normale. Interri. Mon. 1893. Sappey.— Traité d' A n a t o m i e generale. Paris 1894. Gegenbaur — Trattato di Anatomia umana, trad. di L. Trimani, Milano. Testut L. — T r a t t a t o di Anatomia umana, trad. di G. Sperino e S. Varaglia, 1894. Qdain .T. — Trattato completo di Anatomia umana, redatto da E. A. Schàflfer e G. D. Tirane, trad. di C. Tamburini e A. Clerici, Milano 1897. DuvAL M. — Précis d'histologie. Paris 1897. Retterer e. — Contribution a l'étude du développement du squelette des extrémités chez les mammifères. Jonrn. de VAnaf. et de la Physiol. 1884. Sopra alcuni Cefalopodi della Vettor Pisani. — Note di Giuseppe Jatta. (Tav. I.) (Tornata del G marzo 1898) Mi è sembrata cosa utile descrivere minutamente alcune spe- cie di Cefalopodi raccolte dalla V. Pisani ed altre illustrare con qualche osservazione. Come risulta dall'Elenco pubblicato in que- sto nostro Bollettino nel 1889 le specie raccolte furono diciotto, di cui tre restano indeterminate ; una è la forma giovane di un Odopus^ che con molta probabilità è da riferirsi al cosmopolita O. vidgaris Lam., due appartengono alla famiglia Ommastrephini Di queste una è in condizione di non perfetta conservazione, onde riesce impossibile identificarla ; l' altra è rappresentata da un piccolo, di cui bisogna rinunziare alla sicura identificazione in mancanza di un abbondante materiale di riscontro. Avrei anche desiderato illustrare con descrizione e figure la Cranchia scabra, che fa parte della piccola raccolta , ma disgra- ziatamente trovai questa forma interessante così sciupata da po- terla appena riconoscere e determinare. Di otto altre specie non mi sono occupato , perchè alcune, comuni nel Mediterraneo, sono state da me studiate in altro la- voro, altre erano state antecedentemente illustrate da altri autori. Per queste ragioni nel presente lavoro sono prese in consi- derazione soltanto sei specie, di cui una è nuova (0. chierchiaé). Le figure sono state in gran parte eseguite con la nota abi- lità dal distinto artista Cav. Comingio Merculiano, liberalmente messo a mia disposizione dal Direttore della Stazione zoologica, al quale sono dovuti i miei più sentiti ringraziamenti, 1. Octopus (Schizoctopus) granulatus Lam. (Fig. 1-2). Questo esemplare, rappresentato nella fig. 1, è stato raccolto presso Pernambuco ed è un giovaue della specie, che preferisco, seguendo Hoyle i), chiamare 0. granulatus Lam., piuttosto che 0. {Sepia) rugosus Bosc, come vorrebbe D'Orbigny -). 1) Hoyle W. E.— T li e V o j\ Challenger. C e ph al o p o d a pag. 8 e 80. 2) Férussac a. e. et D'Orbigny Alc. — C éph alopode s acétabulifè- r e s pag. 4o, Poiilpes pls. YI e 2H. fig. 2. 2 — 18 — La presenza di una ben accentuata rugosità fra le due brac- cia del primo paio induce senza alcuna reticenza a riportare la specie al sottogen. Scliizoctopus ; ma trovo, che questo sottoge- nere sia molto difficile ad essere distinto , perchè fondato sopra \m unico carattere , il quale poi non si sa come si comporta e se permane in un gran numero di individui. A me sembra, che per essere accettato tale sottogenere debba uscir vittorioso da una critica fatta sui caratteri studiati sopra molte forme ad esso riferibili. Pertanto nella specie da me osservata non è stato pos- sibile trovare oltre quello della rugosità fra le braccia altri ca- ratteri, che possano essere presi in considerazione per definire il sottogenere. I caratteri riscontrati in questo giovane esemplare di Fer- nambuco corrispondono a quelli illustrati dalle figure e dalle descrizioni di Lamarck e D'Orbigny ; soltanto ho notato, che non sono appariscenti i due cirri sopraoculari descritti e figurati dai due predetti autori. Ma la mancanza dei cirri non mi ha fatto dubitare della esatta identificazione della specie, perchè più volte ho notato, che nei giovani di specie appartenenti al gen. Ocfojnis e provviste di cirri, questi mancano. Lo studio di questo esemplare mi ha indotto ad accettare l'opinione di Hoyle , il quale crede , che V 0. incertus Targioni- Tozzetti ^) sia da riferirsi a questa specie ; credo giusto per altro far rilevare, che lo stesso Targioni ravvicinò la nuova sua specie a quella del Lamarck, forse intravedendone la identità. Finora non è nota l'ectocotilizzazione di questa specie, che ha l'aspetto generale di uno Scaeiirgus; ma la forma della radula ed il modo di comportarsi dei muscoli retrattori mi hanno con- vinto che essa vada riportata al gen. Octopus (sottogen. Schizo- ctopiis ?) e non al gen. Scaeurgus. L'esemplare da me studiato è molto pallido. La parte supe- riore del capo e del mantello è coperta da molti granuli rotondi, regolarmente disposti. Il mantello è rigonfiato, alquanto compresso sui lati e sulla parte ventrale , posteriormente protratto in una breve punta. Il capo è grande, ma gli occhi sono poco sporgen- ti. Le braccia sono robuste e per lunghezza disposte nel seguente ordine 4, 1, 2 e 3, essendo le braccia del quarto paio poco più lunghe di quelle del primo e le braccia del terzo paio poco più corte di quelle del secondo. Le ventose sono sessili, discoidali e ^) Targioni -TozzETTi A. — Catalogo d. C e f. d. M u .s. d. Firenze, p. 32, tav. E, fig. 9, 11. — 19 — disposte in due serie non alternanti ; diiferiscono poco fra di loro per la grandezza, ma quelle che si trovano sul terzo mediano di ciascun braccio sono le più grandi. L'imbuto è breve. 2, Octopus chierchiae latta i) (fig. 3-14). Sopra le coste di Panama furono raccolti due esemplari, uno maschio e l'altro femmina, appartenenti a questa specie, che fu da me brevemente descritta fin dal 1889, e che ora sono in grado di illustrare con una completa descrizione corredata di figure. Descrizione della femmina (fig. 3-10). Il capo, mediocre rispetto alla grandezza totale dell'animale, è superiormente alquanto rigonfiato, sui lati tondeggiante e nella parte inferiore spianato. Non esistono cirri di sorta (Fig. 3). Gli occhi sono rotondeggianti, laterali, poco sporgenti. La apertura oculare è stretta, alquanto allungata ed è ricoperta da due ripiegature della pelle , che si foggiano a mo' di palpebre (Fig. 3, 4, 6). Le braccia sono subulate, lunghe quasi il doppio della lun- ghezza del capo e del corpo presi insieme. Differiscono poco fra di loro, e in rapporto alla loro lunghezza sono piuttosto robuste. Le braccia del quarto paio sono le più lunghe ; seguono le altre neir ordine seguente : quelle del terzo, del secondo e del primo ; queste sono le più corte (Fig. 3 e 6). Le ventose sono discoidali e sessili ; le prime tre sono di- sposte in una sola serie, le rimanenti in due serie alternanti. Si vanno man mano ingrandendo quasi fino alla metà di ciascun braccio, poi si impiccioliscono di nuovo fino all' estremità. L' al- ternanza delle ventose, notevole alla base , diminuisce verso la parte media ed apicale del braccio (Fig. 6). La membrana ombrellare è ben sviluppata; congiunge le braccia per quasi tutto il primo terzo della loro lunghezza e quindi le accompagna, man mano attenuandosi , fin quasi all'e- stremità. Fra le braccia del secondo e terzo paio e quelle del terzo e quarto paio è più estesa (Fig. 3 e 6). Le membrane labiali, la esterna e la interna , sono cir- colari ; portano tutt' e due sul margine libero una fittta corona di delicatissimi tentacoli cilindrici. 1) Jatta G. — Elenco dei Cefalopodi della VettorPisaui Boll. d. Soc. di Naturalisti in Napoli, Anno 3°, fase. P 1889, pag. 66, n. 7. — 20 — Il bulbo boccale è delicato, globuloso. Il becco corneo (Fig. 7) è mediocre. La branca superiore (Fig. 7 a) si termina a punta acuta ed adunca ; la inferiore (Fig. 7 b) a punta ottusa, e porta sul margine basale un incavo ed un dente a forma di spina di rosa. La radula (Fig. 8) è formata da sette serie di denti, una mediana, quattro laterali e due marginali ; corrisponde quindi alla formola dentaria 1223221. I denti della serie mediana sono i più robusti ; allargati alla base e sormontati sul margine libero da punte coniche, più o meno lunghe ed acuminate Queste tre punte si dispongono in due maniere differenti e danno origine a due forme di denti. Avviene infatti, che in alcuni denti si trova una punta mediana, molto lunga ed alquanto acuminata all'estremità, e due altre laterali , poste sul margine : mentre in altri si rin- viene anche una punta mediana, ma più breve ed arrotondata all'estremità, e due altre punte laterali inserite presso la precedente e non sui lati del dente. Si ha cosi, che i primi prendono for- ma triangolare , gli altri forma tricuspidata. Tali denti sono di- sposti in modo sopra la radula da essere alternanti fra loro due denti triouspidati ed uno triangolare (Fig. 8). I denti della serie laterale interna sono mammellonari e più grandi di quelli della serie laterale esterna, che sono conici ed inseriti sopra un pezzo duro, allungato, trasversale, il quale insieme col dente costituisce un tutto della forma di un piccone. I denti delle due serie mar- ginali sono i più lunghi di tutti, ingrossati alla base, allungati, conici , ripiegati all' estremità a mo' di uncini. E ciascun dente della serie marginale è inserito ad un pezzo duro rettangolare. L'imbuto (Fig. 9) è delicato, lungo, quasi cilindrico, poco allargato alla base ; oltrepassa di molto i lobi e l'apertura oculari, raggiungendo anche la base delle braccia. L'organo dell'im- buto è formato da un cordone rilevato , ripiegato in modo da figurare un W ad angoli arrotondati. L'organo costrittore (fig. 9) è rappresentato dalle ri- piegature del margine posteriore dell'imbuto e da due fossette poco profonde, scavate nel mantello. Fra le due ripiegature mar- ginali dell' imbuto si nota un piccolo incavo. Il mantello (Fig. 4 e 5) è bursiforme, ristretto nella parte anteriore , rigonfiato posteriormente. U apertura del mantello è piuttosto ampia, semicircolare. Il margine anteriore ventrale pre- senta una profonda e larga smarginatura. L' attacco al capo è di mediocre grandezza e si estende a gran parte del margine dorsale del mantello (Fig. 3). — 21 — I muscoli adduttori laterali del mantello iFig. 10) sono dorso-laterali ; gli anteriori sono alquanto più robusti dei posteriori. I cornetti cartilaginei sono come in 0. vulgaris. L'animale conservato in alcool è di colore bianco bigiastro ; ma tutto il corpo è sparso di piccolissimi cromatofori rotondi, di color nero. Questi cromatofori situati fittamente l' uno vicino all' altro formano delle fasce brune, le quali percorrono trasver- salmente il mantello e le braccia e longitudinalmente il capo e la membrana ombrellare. Cosi questo Gefalopodo, anche in alcool, conserva un aspetto caratteristico per la sua colorazione. La lunghezza totale della femmina è di 4 c.m.; la lunghezza del mantello 2 c.m.; la lunghezza del capo Va c.m; la lunghezza del 1." paio di braccia 2 c.m. Descrizione del maschio (Fig. 11-14). II maschio è più piccolo della femmina, di forma più allun- gata e più svelta (Fig. 11 e 12). Il capo è depresso nella parte mediana. Gli occhi sono la- terali, molto sporgenti (Fig. 11). Le braccia sono subulate, più delicate che nella femmina (Fig. 11 e 12). Le ventose sono più grandi di quelle della fem- mina, specialmente sopra il terzo braccio destro (Fig. 13). Tutte e sette le altre braccia poi presentano alla estremità una speciale modificazione (Fig. 12 , 13) : sopra 1' ultimo quinto del braccio invece delle ventose si trovano molti piccoli tentacoli cilindrici , irregolarmente disposti , impiantati uno vicino all'altro (Fig. 12, 13). Questa modificazione ricorda quella che si osserva nel gen. Eledone e propriamente nell'^. cirrosa, ove si riscontra sopra tutte le braccia del maschio, ad eccezione del terzo destro, una doppia serie di cirri conici i). Soltanto in una specie di America è stato riscontrato un carattere simile nel genere Octiqms, ma, forse erro- neamente, attribuito alla femmina e non considerato come modi- ficazione che accompagna 1' ectocotilizzazione ^). Il terzo braccio destro è modificato come nelle altre specie ap- partenenti al gen. Octopiis. Alla estremità si foggia a mo' di cuc- chiaio , mentre sul margine della membrana ombrellare , che lo accompagna fino all'estremità, si forma una gronda II cucchiaio 1) PossELT H. — Cephalopoda in Vid. Udbytte Kanonbaaden « Hauchs Togter K jobenhavn, 1889, pag, 137-145. 2) Jatta G. — M o n o g r a f i a C e f a 1 o p o d i pag. 13 e 14, 1S93. — 22 — apicale è piccolo, rigonfiato nella parte dorsale del braccio, inca- vato nella parte ventrale, terminato a punta alquanto adunca ; ha la superficie cosi interna che esterna perfettamente liscia. La gronda della membrana ombrellare è ben definita, ma stretta e poco profonda (Fig. 13). Il mantello nel maschio è allungato, poco rigonBato poste- riormente. Il colore e la disposizione delle fasce brune sopra tutto il corpo è come nella femmina. Questa specie, che dedico al mio amico G-. Ohierchia , il di- stinto ufficiale della Marina italiana, cui si deve la bella raccolta della Vettor Pisani, è molto caratteristica e va messa presso VO. pictiis Brock, dal quale si distingue per la ectocotilizzazione ed altri numerosi caratteri. 3. Sepiola stenodactyla Grani, (Fig. 5-24). Grant i) fu il ]3rimo a descrivere questa specie , di cui il Chierchia trovò parecchi esemplari sopra il mercato di Singapore. Avendo potuto con sicurezza identificare tali esemplari anche per mezzo di comparazione con alcuni individui donatimi dallo Steen- strup , mi è parso utile darne una particolareggiata descrizione sia per riempire qualche lacuna lasciata dagli aatori precedenti, sia per portare un altro contributo allo studio delle specie ap- partenenti al gen. Sepiola, sul quale regna tuttora qualche con- fusione. Il capo è alquanto rigonfiato nella parte superiore, depresso nella inferiore, largo quanto l'apertura del mantello (Fig. 15). Gli occhi sono globulosi, sporgenti, ricoperti dai tegumenti del capo, i quali diventano sopra la pupilla sottili e trasparenti, mentre nella parte inferiore di essa formano la tipica ripiegatura palpebrale, di cui l'apertura si può scambiare a prima vista per un'apertura oculare. Le braccia sessili (Fig. 15, 16 e 17) sono subulate, molto allungate rispetto alla lunghezza del capo, di cui sono due volte più lunghe. Variano fra di loro per grandezza. Le più lunghe sono quelle del secondo paio, seguono quelle del terzo, poi quelle del quarto ed infine quelle del primo paio, che sono le più corte. 1) Geant R. e. —0 n the Anatomy ofthe Sepiola vidgaris L e a e h, and Account ofa New Species (Sep. stenodactyla Grant) f r o m the CoastofMauritius. Trans. Zool. Soc. Voi 1, p. 86, PI. 11, London 1833. — 23 — Per robustezza le braccia sono nel medesimo ordine. Tutte man- cano di natatoie e cuopritrici. Le ventose sono emisferiche, ad apertura alquanto obliqua, brevemente picciuolate ; nella femmina sono disposte , come gli autori le hanno descritte, in un numero di serie maggiore di quat- tro, benché non si possa sicuramente affermare, che siano disposte proprio in otto serie come vuole il Grant ed hanno poi ripetuto gli altri. Alcune volte si possono contare cinque, altre volte sei ed anche più di sei serie, ma ordinariamente le ventose si trovano così addossate le une alle altre, che riesce all'osservatore molto diffi- cile di stabilirne esattamente le serie. Credo quindi, che il carat- tere specifico messo in rilievo dal G-rant, quello cioè « delle otto serie di ventose sopra tutte le braccia » vada piuttosto espresso in questi termini : più di quattro serie fino ad otto »; oppure più esattamente « ventose addossate strettamente le une alle altre in modo che riesce difficile contarne le serie ». Le ventose variano di poco fra di loro per la grandezza ; quelle basali e le apicali sono le più piccole. Le braccia tentacolari (Fig. 15) sono cilindriche due volte più lunghe delle braccia sessili del secondo paio. La clava (Fig. 18) è breve, ovoidale ed occupa appena la decima parte apicale del braccio ; nella parte ventrale è provvista di numero- sissime ventose. Queste sono molto piccole lungamente pedicellate, con apertura alquanto obliqua ed armata di un delicato cerchio corneo finamente dentato sul margine libero. Il peduncolo (Fig. 19) è cilindrico, sottile , molto lungo ; alla estremità si restringe per un breve tratto prima di dare attacco alla ventosa. Ad occhio nudo ed anche ad un piccolo ingrandimento queste ventose cosi piccole, cosi lungamente peduncolate e fittamente inserite sopra la clava prendono l'aspetto di una ricca frangia di tentacoli ; e costituiscono il carattere più saliente della specie. Le braccia ten- tacolari sono provviste di una natatoia, la quale diventa cospicua sulla prima metà della clava, quindi si attenua rapidamente e scomparisce alla estremità di essa. La membrana ombrellare è brevissima; manca del tutto fra le due braccia del quarto paio. La membrana boccale aderisce per la base alle braccia sessili , alle qM.ali è anche attaccata per mezzo di sette briglie brevissime , di cui una si inserisce fra le due braccia del primo paio, due fra quelle del primo e secondo, due fra quelle del se- condo e due alla base delle due braccia del quarto paio. La membrana labiale esterna è circolare , delicatissima. L a — 24 — iuterna presenta sopra il margine libero una fitta corona di piccoli tubercoli cilindrici. Il bulbo boccale è globuloso, mediocre. Il becco cor- neo (Fig. 20) è delicato ; la branca superiore più tozza ma più robusta della inferiore, la quale è più adunca, più lunga, ma più gracile dell'altra. Il margine tagliente di ambedue è perfettamente liscio. La radula è formata (Fig. 21) da cinque serie di denti, una mediana , due laterali e due marginali ; quindi risponde alla formula 32123. I denti , che formano la serie mediana e le due laterali sono simili per forma ed uguali per grandezza : sono conici, terminati a punta piuttosto acuta, allungati ed arrotondati alquanto alla base. I denti delle due serie marginali sono allun- gati a mo' di uncini, terminati a punta adunca, allargati e con- torti alla base. L'imbuto (Fig. 22) è lungo, conico, delicato, oltrepassa il livello degli occhi e raggiunge la base delle braccia. Esiste una piccolissima linguetta , terminata a punta acuta. Il margine po- steriore dell'imbuto è largamente smarginato. L' organo del- l' imbuto (Fig. 23) è formato da un pezzo dorsale e due ven- trali. Il pezzo dorsale è triangolare , terminato anterioi-mente a punta acuta , arrotondato negli altri due angoli , assume all' in- grosso la forma di un triangolo equilatero. I pezzi ventrali sono piriformi, alquanto ripiegati e situati in modo da rassomigliare lontanamente ad una virgola capovolta. Il mantello è bursiforme (Fig. 15), arrotondato posterior- mente, rigonfiato nella parte dorsale e sui lati, alquanto depresso nella parte ventrale. Il margine anteriore è regolare e non presenta smarginatura di sorta. Le natatoie (Fig. 15) occupano il secondo terzo della lunghezza totale del mantello; sono dorso-laterali discoidali, meno larghe della metà della lunghezza totale del mantello; non sono smarginate alla inserzione anteriore. L' organo costrittore (Fig. 22) è formato da due creste rilevate sopra la faccia iuterna del mantello e da due corrispon- denti cicatrici, incavate alla base dell' imbuto. Le creste sono al- lungate, lineari , ma molto più larghe delle cicatrici corrispon- denti ; si originano quasi dal margine del mantello ed oltre- passano la metà della lunghezza di esso. La parte posteriore delle creste è più sporgente della parte anteriore ed è appunto essa, che si inserisce alle cicatrici nel momento dell'attacco. Le cicatrici - 25 - sono molto più corte delle creste e sono formate da un solco lon- gitudinale, contornato da un cercine cartilagineo rilevato. La ec tocot ilizzazione (Fig. 17 e 24) importa modifica- zioni sopra tutte le braccia. Le due braccia del primo paio sono congiunte fra di loro lungo tutto il primo terzo. Il brac- cio destro porta alla base un gruppo di piccole ventose sessili, disordinatamente disposte : quindi due serie marginali di picco- lissime ventose. Il peduncolo di queste ventose è triangolare. Esse sono molto caduche, infatti pocbe se ne riscontrano sopra l'esem- plare da me studiato II braccio (Fig. 24) sinistro poi è più grande del destro e porta numerose ventose peduncolate, dispo- ste disordinatamente , nonché un' appendice bratteale. Le ven- tose, poste sul primo quarto del braccio, sono rotonde emisferi- che ad apertura trasversale; i peduncoli sopra cui sono inse- rite sono allungati, conici. Sopra tutto il resto del braccio le ventose sono allungate , tubulari , alquanto ingrossate all' estre- mità, ove si trova l'apertura, che è stretta e semicircolare. Que- ste ventose cosi modificate prendono la figura caratteristica di una corolla personata. Tutte le altre braccia sono provviste di due serie di ventose ; sopra la base se ne trovano alcune pic- colissime ed in una sola serie , mentre lungo il braccio qua e là se ne osservano alcune intercalate fra le due serie marginali. Tutte queste ventose sono picciuolate, rade e forse caduche, di fatti di molte si trova soltanto il picciuolo che è triangolare. Sopra le braccia del quarto paio si rinvengono alla base quattro serie di ventose, alle volte rappresentate dai soli picciuoli. Intanto potrebbe essere, che le ventose non siano caduche, ma si siano, dove mancano, trasformate in quelle piccole brattee triangolari, da me considerate come picciuoli. Lo studio accurato e comparativo di tutte le braccia mi ha indotto ad ammettere piuttosto la caducità, che la trasfor- mazione delle ventose. Tutte le braccia nel maschio sono più lunghe che nella femmina. Le modificazioni di sopra notate nelle braccia del maschio della S. sienodactijìa Grant non si sono riscontrate in altra Sepiohi, di cui si conosca l'ectocotilizzazione, e concorrono insieme con gli altri caratteri a dare a questa specie una fisonomia spiccatamente propria. Il coloro degli esemplari conservati lungamente in alcool è bianco gialliccio. Si notano molti cromatofori rosso-bruni sparsi sul mantello, sul capo e sulle braccia; su queste sono più grandi e sembrano seriati. — 26 — 4. Illex illecebrosus (Les.) Stp. Questa specie fu descritta fin dal 1821 dal Lesueur ') e da questo autore attribuita al genere Loligo , in seguito dal D' Or- bigny ^) fu considerata come sinonimo deìV Ommastrephes sagit- iatus Lam. e come tale fu ritenuta fino al 1880, quando Steenstrup pubblicò quel suo magistrale lavoro, che valse a diradare la con- fusione regnante fra le specie appartenenti al genere Ommastre- jjhes ^). Il naturalista danese distinse la specie del Lesueur dal- l' 0. sagittatus e la riportò al genere Illex ; nel medesimo tempo riconobbe nella Loligo piscatorum Lap. un sinonimo di essa '*), Jjlllex illecebrosus (Les.) Stp. restava ancora non completa- mente descritto, perchè nessuno dopo Lesueur e La Pylaie aveva avuto bastevole materiale per studiarlo opportunamente; ma Ver- rill 5) ne ha fatto conoscere i principali caratteri e qualche no- zione anatomica. Così si deve a Steenstrup la precisa determi- nazione ed a Verrill la più minuta e completa descrizione della specie , malgrado che questo autore, non accettando il nuovo ge- nere Illex, continuò a darle il nome di Ommastrephes illecebrosus. L'esemplare raccolto dalla Vettor Pisani tra S. Vincenzo e Fernambuco è un giovane. In esso è notevole la lunghezza delle braccia sessili, le quali raggiungono quasi la lunghezza del corpo e sono più corte delle braccia tentacolari. Tale proporzione delle braccia non si riscontra negli adulti, nei quali il corpo è più di quattro volte più lungo delle braccia sessili, e queste anche più di quattro volte più lunghe delle tentacolari. La grande varia- bilità nella lunghezza delle braccia sessili , fatta rilevare da Verrill in questa specie , messa in confronto col fatto , che 1' e- semplare da me studiato è un giovane, induce a far ritenere la lunghezza delle braccia sessili ed il loro rapporto con il restante del corpo variabile secondo l'età. Del resto il medesimo fatto si ri- scontra in altri Cefalopodi. ■) Lesoeur— D escriptions of severalnewspeciesofCut- 1 1 e - f i s la..—Joum. Acad, Nat. Sci. Philad. Voi. 2, pag. 95, 1821. 2) D'Orbigny Alc. — Géph. acét. pag. 345; Cahnars pi. 1, fig. 1-10. » » Moli, vivantset fossiles— Mon. com- plète des CéphalopodesAcét, jMg. 418-420. 1855. 3) Steenstrup J. — De Ommatostrephagtige Blaeksprutters indbyrdes Forhold— Owe/'s. d. K. D. Vidensh. Selsk. Forhandl. 1880, pag. 90. •*j La Pylaie— N otice sur l'Encornet des Pècheurs, Loligo in- scatorum.—Ann. Se. Nat. ser. 1, toni. IV. 1824, pag. 319-335. ^) Verrill A. E. — Report on the Oephalopods ofthe Nor- theastern Coast ofAmerica. 1882, pag 83-99, pi. X VIII-XX. — 27 — 5. Taonius siihmi (Lankester 1884) Hoyle 1886 (Fig. 25). Questa rarissima forma fu trovata per la prima volta dal « Challenger » e descritta sopra alcuni preparati microscopici da Lankester i). In seguito fu largamente illustrata e figurata da Hoyle -). Le figure date da Lankester sono molto schematiche , mentre la descrizione alle volte è alquanto ipotetica e lascia sempre qualcosa a desiderare. Del resto pare certo, che questo osservato- re abbia avuto a sua disposizione esemplari molto piccoli, mentre si deve anche tener presente, che da preparazioni microscopiche , nelle quali l'animale era schiacciato, non poteva riuscir possibile tirarne una descrizione esatta , ed era facile cadere in errore. Hoyle ebbe a sua disposizione un materiale da studio migliore per conservazione e per numero di esemplari , dal quale trasse profitto per illustrare con buone figure ed una particolareggiata descrizione il rarissimo ed interessante Cefalopodo. L'esemplare pescato dalla V. Pisani , pelagico fra Oallao e Galapagos, non è in pertette condizioni di conservazione. Corri- sponde precisamente alla descrizione di Hoyle, onde senza alcuna reticenza lo riferii al Taonius sulimi (Lank.) Hoyle ^). Feci no- tare, che il gladio nell'esemplare da me osservato si protrae al- quanto oltre la natatoia, ciò che, a giudicare dalle figure e dalla descrizione, pare non si verifichi negli esemplari studiati da Hoyle. Richiamo ora l'attenzione sopra qualche altro fatto, che, stando la rarità dell'animale sembra degno di essere notato. 1. L'esemplare da me studiato (Fig. 25) non presenta cro- matofori di sorta. Potrebbe darsi , che per la non perfetta con- servazione e per la lunga permanenza in alcool i cromatofori siano scomparsi, ma potrebbe anche essere che non siano mai esistiti. 2. L' animale è delicatissimo e per l'azione dei liquidi con- servatori si è alquanto contratto. Presenta delle ripiegature lon- gitudinali nel mantello. 3. Le natatoie arrotondate sui lati, ristrette nella parte an- teriore ed alquanto allargate posteriormente prendono insieme la forma di un disco. 1) Lankester.— O n P r o e a 1 i s t e s. a y o u n g 0 e p h. w i t h p e d u n- culate Eyes, taken by the Challenger Expeditiou — Qimrt. Jouni. Mia: Sci. Voi. XXIV, j). SII. 2) Hoyle W. E.— Report on the Cephalopoda, Challenger img. 45, pag. 192, pi. XXXII, fig. 5-11 3) Jatta G.- e 1. d. C e f. d e 11 a V. Pisani - Boll. Soc. Nat 1889, p. 67. XcqìoU. ~ 28 — 4. Il gladio alquanto protratto oltre le natatoie si termina a punta acuminata. 5. Il capo è ben distinto, rigonfiato superiormente , prolun- gato anteriormente in una specie di tromba alla estremità della quale sono inserite le braccia. 6. Le braccia tentacolari sono ben sviluppate , del tutto si- mili a quelle descritte da Hoyle ; le sessili sono rudimentali senza ventose. Sopra qualcuna si può a mala pena scorgere la presenza di qualche tubercolo rotondo, da cui forse in seguito si sarebbero sviluppate le ventose. 7. Gli occhi sopo peduncolati. I globi oculari non sono per- fettamente sferici, ma alquanto conici; i peduncoli robusti, rispetto alla grandezza del capo, compressi, alquanto più corti di quelli disegnati da Hoyle. 8. Gli organi genitali sono rudimentali. Questo esemplare rassomiglia specialmente a quello trovato nell'Atlantico e donato da Pelseneer ad Hoyle, il quale lo figurò nella fìg. 10 della tavola 32 i^Vedi op. cit.). Ora sorge la questione, se questo esemplare debba riferirsi alla medesima forma raccolta dal Challenger oppure ad un giovane di un' altra specie di Taonius. Lo Steenstrup a proposito dell'esemplare dell'Atlantico emise la opinione , riportata da Hoyle , secondo la quale esso sarebbe un giovane da riferirsi ad un' altra specie di Taonius e non al T. suhmi, cui lo riportò Hoyle. A me sembra, che tanto il T. suhmi descritto da Lankester, quanto tutti gli altri esem- plari studiati da Hoyle siano stadii più o meno giovani di una 0 più specie non ancora note nelle fr)rme adulte. In questo modo di pensare mi conferma il fatto, che nelle forme finora descritte non si trova un sol carattere , il quale possa far riconoscere in esse piccoli di una specie già nota. 6. Decapodo incertae sedis (Fig. 26-29). Richiamo l'attenzione degli specialisti sopra questo piccolo Cefalopodo, che fu per la prima volta pescato nel Pacifico dalla « Bonite » e descritto come un piccolo Octopus da Souleyet ^). Il capo (Fig. 26), piuttosto grande rispetto alla grandezza del mantello ed a quella totale dell' animale , è poco rigonfiato nella parte superiore, incavato inferiormente, piuttosto allargato ') Souleyet ET Eydoux.— Yoy ag e autour du Monde executé pendant les années 1836 et 1837 par la corvette «La Bo- nite» etc. Zoologie, t. II, Paris 1853, pag. 17, j)l. I, fig. 25-26. — 29 — sui lati. Gli occhi sono sporgenti e rotondi ; non sono pedunco- lati come neir esemplare della Bonito , ma non posso dire se la figura e la descrizione di Souleyet siano esagerate, oppure se per azione dell' alcool i peduncoli si siano raccorciati negli esem- plari della Vettor Pisani. Potrebbe anche essere , che gli esem- [)lari studiati da me siano alquanto più sviluppati e quindi ab- biano già perduto il carattere degli occhi peduncolati, che è dei primissimi stadii. Non esiste cartilagine nucale. Il muscolo collare è ben sviluppato. Intorno alla bocca si trovano sei braccia sessili ed un processo proboscidiforme , alla base del quale si notano due tu- bercoli triangolari, rappresentanti le due altre braccia sessili in via di sviluppo. Le sei braccia sessili sviluppate intorno alla bocca, quasi uguali fra di loro per lunghezza e larghezza, sono coniche, ristrette a punta acuta all'estremità, ali|uanto ingrossate alla base. Portano due serie di piccole ventose sessili , emisferi- che ^Fig. 27). Il processo proboscidiforme è lungo quanto il capo, quattro volte la lunghezza delle braccia sessili ; si trova nella regione ventrale e propriamente fra le braccia del terzo e quelle del quarto paio. È cilindrico , appena di diametro più piccolo verso r estremità , ove porta un gruppo di sei piccole ventose brevemente peduncolate. La radula , che ho potuto studiare soltanto sopra le se- zioni, consta di tre sole serie di piccoli denti allungati, rigonfiati alla base e terminati a punta conica. La membrana boccale è mediocre. Non vi ho riscon- trata traccia di briglie. L' i m b u t o è conico , lungo , allargato alla base ; ma non raggiunge il livello degli occhi, che sono impiantati molto ante- riormente. L'organo di resistenza è semplice. L' o r g a n o del- l'imbuto risulta formato da tre pezzi , uno dorsale e due ventrali. Il mantello è allungato, di forma più o meno conica, nettamente staccato dal capo. Il margine libero del mantello è leggermente sinuoso sui lati. Nella parte anteriore si osserva nel mantello una costrizione circolare. Alla estremità posteriore sono impiantate le natatoie, le quali sono piccolissime e saldate in- sieme nella parte dorsale. Esse formano un dischetto triangolare, profondamente smarginato posteriormente. — so- li gladio è in via di formazione. Nelle sezioni si trova la glandola concliiliare già chiusa, in cui si va formando il gladio. Le sezioni (Fig. 28 e 29) di uno degli esemplari raccolti dalla V. Pisani dimostrano, che questa forma di Cefalopodo è un piccolo. In- fatti gli organi genitali si trovano allo inizio del loro sviluppo. La glandola germigena non è ancora sessualmente specializzata. Que- sto fatto fa escludere l'idea, che pure potrebbe farsi strada nella mente di un osservatore , che si tratti di un maschio , apparte- nente ad una specie nota , e che la proboscide rappresenti una modificazione dovuta all'ectocotilizzazione. Malgrado, che la ecto- cotilizzazione si manifesti , come giustamente sostenne lo Sfceeu- strup, molto precocemente, pure non è ammissibile che essa pre- ceda la specializzazione del sesso. La persistenza poi di parte del sacco vitellino interno fa pensare, che ci troviamo dinanzi ad un piccolo da poco schiuso dall'uovo. Sopra le sezioni si può anche definire la natura muscolare della proboscide, la quale è fatta come le braccia sessili, con cui è in rapporti strettissimi. Non è difficile scorgere, che la probo- scide ha con V imbuto e le braccia sessili , i medesimi rapporti che fra questi organi si riscontrano in tutti i Cefalopodi decapodi. Ho ragione quindi per ritenere, che quel processo proboscidiforme rappresenti le braccia tentacolari. Intanto Blainville, cui Eydoux e Souleyet mostrarono questo strano Cefalopodo , emise 1' opinione che la proboscide potesse rappresentare un residuo del sacco vitellino ; ma è chiaro , che questa opinione non trova alcun fondamento sopra le mie os- servazioni, le quali anzi la dimostrano del tutto inaccettabile. Concludendo riguardo a questa forma di Cefalopodo io posso dire, che ci troviamo dinanzi ad uno stadio giovanissimo da ri- ferirsi ad un decapodo oigopside , nel quale è notevole il fatto che i tentacoli sono rappresentati da un processo proboscidifor- me. Non è possibile pronunziarsi , neanche in maniera ipotetica, sopra il genere e la specie , cui potrebbe riportarsi ; mentre mi sembra, che con molta probabilità possa allogarsi fra i Taonoteu- thi. Infatti le natatoie terminali, la mancanza di membrana om- brellare , di creste cefaliche e di aperture acquifere , 1' apertura oculare rotonda e senza seno lacrimale , il muscolo collare svi- luppato e senza piastra nucale sono caratteri, che si riscontrano nella fam. Taonoteutld. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE Fig. 1-2, Schizoctopus grannlatus Lam. — Fig. 1. L'animale intero visto dalla parte dorsale. Fig. 2. L' animale intero con la corona brachiale aperta ed il mantello spaccato, visto dalla parte ventrale. Fig. 3-14, Octopus chiercìdae .latta. — Fig. 3. La femmina intera , vista dalla parte dorsale. Fig 4, Capo e mantello visti di lato. Fig. 5, Capo e man- tello visti dalla parte ventrale. Fig. 6, Metà della corona brachiale vista dalla parte ventrale; 1, 'braccio del primo; II, del secondo; III, del terzo; IV del quarto paio. Fig. 1, becco corneo; a) branca superiore; b) branca inferiore. Fig. 8, Radula molto ingrandita; M, serie mediana; /, serie laterale interna; le, serie laterale esterna ; m, serie marginale. Fig 9, Spaccato dal mantello e capo visti dalla parte ventrale. Fig. 10, Spaccato del mantello visto dalla parte dorsale. Fig. 11, Il maschio intero visto dalla parte dorsale (gr. naturale). Fig. 12, 11 maschio visto dalla parte ventrale, ingrandito due volte ; be, terzo braccio destro modificato a cucchiaio; hf, le altre braccia con la estremità ricca di piccoli tentacoli. Fig. 13 , Il terzo braccio destro ed il quarto del maschio, ingranditi sette volte ; be, terzo braccio destro modificato a cucchiaio; e, cuc- chiaio, s , solco della membrana ombrellare ; bt, quarto braccio destro, t ten- tacoli apicali. Fig. 14, Tentacoli apicali delle braccia del maschio visti a mi- croscopio con l'ingr. di 60 diametri. Fig. 15-24 , Sepiola stenodactyla Gr. — Fig. 15, L' animale intero visto dalla parte dorsale. Fig. 16, La corona brachiale della femmina. Fig. 17, La corona brachiale del maschio. Fig. 18, La clava tentacolare Fig. 19, Uni ventosa lungamente pedicellata della clava tentacolare (ingr. 150 diam.). Fig. 20 , Le branche del becco corneo ; a) branca superiore; b) branca infe- riore. Fig. 21, Radula ; M, serie mediana; l, serie laterale; m, serie marginale. Fig. 22, Spaccato del mantello dalla parte ventrale, imbuto ed organo di resisten- za. Fig. 23, Imbuto aperto dalla parte ventrale; i, imbuto; /, linguetta, old, pezzo dorsale dell'organo dell'imbuto; oiv, pezzi ventrali dell'org. dell'imbuto; bn, borsa del nero. Fig. 24, Braccio sinistro del primo paio, modificato nel maschio (molto ingrandito). Fig. 25. Taonim suhmì (Lank.) Hoyle. — Fig. 25. L'intero animale visto dalla parte dorsale. Fig. 26-29. Decapodo iucertae sedis. — Fig. 26. L'animale intero; a) visto dalla parte dorsale ; b) visto di lato ; e) visto dalla parte ventrale ; P, Appen- dice proboscidiforme : I, braccia dorsali , primo paio : II , secondo paio : III, terzo paio: IV, braccia ventrali, quarto paio. Fig. 27, Corona brachiale vista di prospetto ; P, appendice proboscidiforme ; tp, tentacoli apicali di questa ; I, braccia del primo paio; II, braccia del secondo paio; IH, braccia del terzo — 32 — paio. Fig. 28. Sezione sagittale dell' intero animale (ingr. 60 cliam ) aj) , ap- pendice proboscidiforme ; brs. braccia sessili; r, radula; i, imbuto ; oi, organo dell'imbuto; gì v., gangli sopraesofagei ; gì. p, ganglio pedale ; gì. v., ganglio viscerale; ot, otolite;/", fegato; bn . borsa del nero; m, mantello; nnt , nata- toia; vit, sacco vitellino interno; gì. g., glandola germigena. Fig. 29, Parte, anteriore del capo in sezione (ingr. 150 d.): a. p^ appendice proboscidiforme; V, ventose; n, nervo; br. s., braccia sessili; i, imbuto; g. ot., ganglio ottico: /?, fibre longitudinali che attraversano l'appendice proboscidiforme. Napoli, Stazione zoologica, 1898. Osservazioni intorno al sincizio perilecitico delle uova dei Teleostei — di Federico Raffaele (Tav. 2). (Tornate del 3 Aprile e del 5 Giugno 1898) I. — Origine del sincizio A un certo stadio di sviluppo delle uova dei pesci ossei si trova, al disotto e alla periferia del disco blastodermico, uno strato di protoplasma, con nuclei sparsi, ma senza delimitazione di cel- lule, il quale poi man mano ricopre tutto il vitello. A questo sincizio sono stati dati varii nomi (strato intermedio, parablasto, periblasto, entoderma secondario, ipoblasto vitellino, membrana pe- ri vitellina ); ultimo quello di Z)o^^er5?/nc?/fmm, ossia sincizio vitel- lino, proposto dal Virchow ^), e che sembra volersi adottare dagli autori tedeschi. Credo anche io ùtile scartare gli altri nomi , e crearne uno che indichi in un modo preciso la formazione in pa- rola , la quale , com' è noto, è comune a tutte le uova merobla- stiche dei Vertebrati; ma non mi pare che quello di Dottersyncytimn sia molto felice, e perchè malamente composto di un vocabolo te- desco e di uno greco, e perchè sembra indicare che il sincizio sia d'origine o di natura vitellina, ciò che non è. Propongo pertanto il nome di sincizio perilecitico che mi sembra potersi adottare senza difficoltà. Molti autori si sono occupati di questa formazione e molto s'è discusso intorno alla sua origine, al suo significato morfologico e fisiologico ; e dopo le ricerche di Agassiz e Whitman , confer- mate in massima parte da quelle dei più recenti osservatori quali Wenckebach, Ziegler, Wilson, Sobotta, per non dire di altri, nes- sun dubbio sembrava dovesse rimanere intorno all' origine del sin- cizio e alla sua destinazione , che erano poi i punti più impor- tanti e controversi. Ed io avevo preso a studiare il sincizio sotto un altro punto di vista ; con 1' intenzione , cioè , di osservare lo sviluppo e la moltiplicazione dei nuclei, sperando che ne potesse venire qualche luce sulla questione molto dibattuta dei rapporti tra la divisione nucleare indiretta e la diretta. 1) Si vegga per gli autori citati l'elenco bibliografico in fine del lavoro. 3 — 34 — È noto infatti, che i nuclei del sincizio si dividono in prin- cipio con fasi mitotiche molto ben definite, poi, dopo alcune ge- nerazioni, si segmentano direttamente; era questo punto, in cui avviene il cambiamento nel modo della divisione nucleare, che io volevo sorprendere, per vedere se il cambiamento fosse brusco e senza transizioni, o graduale e se, in quest'ultimo caso , vi fos- sero forme intermedie e quali fossero , e , finalmente , se si po- tessero intravedere le cause di detto cambiamento. Ma poi che ho notate alcune discrepanze pur tra gli autori più recenti, e, sopratutto dopo aver letto le ultime pubblicazioni del Sobotta , mi è parso opportuno ripetere qualche ricerca in- torno all'origine del sincizio. E le mie osservazioni mi inducono a ritornare sull'argomento prima di passare all' esposizione delle ricerche fatte sui nuclei. Il Sobotta divide le uova meroblastiche dei vertebrati in due categorie : una comprende le uova dei Teleostei, l'altra quelle dei Selaci, dei E,ettili e degli Uccelli. La distinzione è fondata sul modo di comportarsi del disco blastodermico rispetto al vitello. Secondo il S. nelle uova dei Teleostei il disco si isolerebbe nettamente, fin dal principio della segmentazione, dal vitello; nelle altre uova meroblastiche esso si continuerebbe invece senza interruzione con lo strato corticale protoplasmatico che circonda il vitello. Fin dalle prime segmenta- zioni nelle uova dei Teleostei esisterebbe una linea nettissima, li- mitante esternamente il disco, e questa linea si manterrebbe costan- temente fino a segmentazione compiuta ij. Dopo un certo numero di segmentazioni, variabile secondo la specie, il disco blastoder- mico è divenuto al centro più spesso e contiene due, tre e più assise di cellule, mentre va assottigliandosi alla periferia, dove ve n' è una sola. E queste cellule periferiche perdono man mano i loro contorni; primo a sparire è il limite netto tra esse e lo strato corticale del vitello, poi si attenuano e scompaiono pure i limiti tra cellula e cellula e finalmente i nuclei si trovano in uno strato continuo di protoplasma: si forma cosi un sincizio intorno al disco blastodermico. Nelle uova del Belone^ studiate dal S.; un simile processo si ripeterebbe più volte e varie corone di cellule perife- riche verrebbero così successivamente a staccarsi dal blastoderma e ad aumentare il sincizio, che si farebbe così sempre più largo, mentre il blastoderma s'andrebbe impicciolendo. ') Questo netto limite si formerebbe anche molto precocemente nelle uova eli Salmoni, secondo asserisce il Behreus nel suo recentissimo lavoro. — 35 — Similmente aveva descritto il processo nelle stesse uova il Wenckebach ; lo stesso dice il Wilson per quelle del Serraniis atrar/KS e apparentemente queste descrizioni si accordano con la prima esatta e chiarissima data da Agassiz e Whitman per le uova di Ctenolabrus e con quella recentissima dello Ziegler, che osservò uova di Labrax lupus. Ma, sebbene si nell' uno che nel- r altro caso sia chiaramente dimostrata 1' origine dei nuclei del sincizio da quelli delle cellule marginali del blastodisco, e in ciò quasi tutti gli osservatori dopo Agassiz e Whitman si sono sempre accordati, pur tuttavia vi è una non trascurabile discrepanza sul modo di origine del protoplasma sinciziale, e propriamente sui rapporti tra il disco blastodermico e il resto dell' uovo, rap- jjorti, che, come abbiamo veduto poco prima, sono stati invocati dal Sobotta per distinguere due gruppi di uova meroblastiche nei vertebrati. Su questo punto il Sobotta e Agassiz e AVhitman sono, si può dire, agli antipodi, perchè, mentre il primo afferma es- servi sin dal principio della segmentazione un limite netto tra il di- sco blastodermico e lo strato corticale di protoplasma, gli autori americani sostengono e dimostrano, insistendovi a lungo, e nella loro prima pubblicazione e in quella più recente, rimasta purtroppo incompleta, che il blastodisco è in costante continuità con lo strato protoplasmatico corticale, e cresce a spese di questo. Vi è, in sostanza, una continuazione del processo che dà luogo alla primi- tiva formazione del disco di protoplasma formativo a un polo del- l'uovo prima ancora della fecondazione, e questo processo, attivis- simo durante le prime segmentazioni, va poi diminuendo d'intensità. Anche lo Ziegler, nelle uova di Labrax lupus, vede, a un certo punto della segmentazione una corona di cellule periferiche che, sebbene nettamente limitate l'una dall' altra, non mostrano un limite esterno preciso, ma si continuano insensibilmente col pro- toplasma corticale. Queste cellule poi si dividono radialmente al blastoderma, cosi che da ciascuna di esse si stacca una cellula interna, che si aggiunge al blastoderma e ne rimane una esterna, che continua a non avere limite netto alla periferia Finalmente anche i limiti tra cellula e cellula spariscono, i nuclei rimangono in un protoplasma indiviso, formando una corona intorno al bla- stoderma; essi poi si dividono successivamente per divisioni mi- totiche radialmente rispetto al blastoderma, formando cosi varie corone di nuclei intorno a questo. Ho potuto anche io seguire quest' anno il processo di seg- mentazione dell' uovo del Labrax lupus e, per ben due volte; e poiché da preparati di blastodermi interi, fatti dalle uova ottenute -se- da una prima deposizione, mi ero andato persuadendo che le cose non stessero come dice Sobotta, ma piuttosto come asserisce lo Ziegler, mi proposi di seguire da capo sul vivo, e su uno stesso uovo, l'intero processo. Riassumo brevemente il processo della segmentazione fino allo stadio in cui comincia la formazione del sincizio. Prima che si mostri il primo solco, il disco polare si presenta come una ca- lotta a base ellittica ; il primo fuso , secondo la nota legge, si dispone nella direzione della maggior massa e quando il primo solco separa i due blastomeri, la figura che essi presentano, guar- dati di fronte, è un'ellisse notevolmente allungata i cui assi, in un blastodisco misurato sull' ovo vivente , erano nel rapporto *^/33. È noto che il primo solco e tutti i seguenti, verticali o meridionali che dir si vogliano, non interessano il disco in tutto il suo spessore, ma lasciano alla base di questo un sottile strato di protoplasma indiviso che, sui margini è, naturalmente, in con- tinuazione col protoplasma corticale periblastodermico (fig. 1). I primi blastomeri sono dapprincipio alla loro base in continuità col detto protoplasma, ma ben presto se ne distaccano , isolan- dosi completamente. Il secondo solco è, come è noto, perpendicolare al primo. Se- guono poi contemporaneamente quattro solchi paralleli al primo, i quali dividono ciascuno dei 4 blastomeri in 2. Durante questa 3.a divisione del disco è notevole il fatto che, prima che si for-, mino i solchi, il 1» solco di segmentazione tende a scomparire e, poi a misura che i solchi si vanno formando, a poco a poco si ac- centua di nuovo; cosi che vi è uno stadio in cui, chi non avesse seguito continuamente il processo, potrebbe credere di assistere alla formazione contemporanea di 6 solchi o, se vuoisi di 3, pa- ralleli tra loro, giacche essi sono a 2 a 2 sul prolungamento l'uno dell' altro. Il 2.° solco, invece, non subisce nessuna alterazione e rimane sempre accentuatissimo, dando così un netto carattere di bilateralità alla figura. E quando la 3.^ divisione è compiuta e i 4 nuovi solchi sono bene accentuati, il 1° solco spesso scompare di nuovo, sicché si ha per poco un apparente stadio di 6 cellule. Questo è un interessante fenomeno, sul quale ha già richiamata 1' attenzione lo Ziegler e che può riferirsi alla seguente legge da lui enunciata: quando più cellule messe in fila si dividono nella direzione della fila, le cellule adiacenti, non derivanti dalla stessa cellula madre, si addossano l'una all'altra, mentre le cellule sorelle rimangono perfettamente separate. Un fatto simile si ripete na- turalmente durante la segmentazione del disco ogni qualvolta si — 37 — verificauo le coudizioni suddette; esso serve a spiegarci, in parte almeno, come or ora vedremo, le diverse interpetrazioni date dai varii autori alla formazione del sincizio perilecitico , sopratutto, se lo si colleghi ad un altro fenomeno, clie molto probabilmente è in rapporto di dipendenza con esso. Il fenomeno, cui alludo è quello delle contrazioni ed espansioni alternanti del disco durante la segmentazione, che Agassiz e Whitman molto bene descrissero e vagliarono, e che anche il Wilson menziona, mentre invece altri autori recenti non ne fanno parola. Ed è appunto, mi pare, l'aver trascurato di prendere in con- siderazione l'insieme dei fenomeni, che si presentano nell'uovo fin dalla prima segmentazione, che ha impedito a varii osservatori, tra cui il Sobotta, di rendersi esatto conto dei processi locali della formazione del sincizio. Queste contrazioni ed espansioni del disco sono , come giustamente avevano ammesso Agassiz e Whitman, in rapporto con i processi di divisione dei blastomeri. Come molti osservatori hanno già notato qua e là, le divisioni cellulari, che avvengono nel disco blastodermico sono, in principio, presso a poco sincrone in tutti i blastomeri, — ciò che si osserva benissimo nel- l'uovo vivente, ed è dimostrato chiaramente dai preparati di bla- stodischi in toto^ i quali, sopratutto nei più giovani stadii, pre- sentano i nuclei tutti in una stessa fase. Ora , quando i bla- stomeri si mettono in divisione, accade nel germe una contrazione che passa poi gradatamente in espansione , quando la divisione è finita e i nuclei sono tornati allo stato di riposo; questo ci spiega il continuo mutar di valore degli assi dell'ellissi blastodermica e del loro rapporto. Bisogna infatti pensare che la contrazione è sempre più forte in direzione perpendicolare al piano di segmen- tazione, cioè nel senso delle linee di forza dei poli (scomparsa del 1" solco durante la 3^* segmentazione, fenomeno di Ziegler), così che forse diminuisce sempre l'asse nella cui direzione è il maggior numero di fusi. Ora l'affiusso del protoplasma corticale o periblasto di Agassiz e Whitman è in rapporto con questi movimenti, per- chè le cellule periferiche rimangono sempre in continuità di so- stanza con lo strato corticale ; cosi questo strato ha dei movi- menti, che possono paragonarsi col Wilson a quelli di marea. Sui preparati di superficie colorati opportunamente (fucsina acida p. es.) si vede molto bene la continuità delle cellule periferi- che col protoplasma corticale (fig. 2) e come questo si accumuli in corrispondenza di ciascuna cellula, la quale, ora si continua con esso insensibilmente, ora sembra invece staccarsene nettamente, secon- do che è in via di dividersi o completamente divisa. Ciò dà luogo. per un blastoderma con uu medesimo numero di cellule, a diversi aspetti, che rapidamente si succedono : e non deve recar meravi- glia se più frequentemente s'incontri un limite netto tra il mar- gine del blastoderma e lo strato protoplasmatico corticale, perchè nei primi tempi (e ciò è stato detto da varii autori ed io piena- mente confermo) gli stadii di riposo sono molto più lunghi di quelli di divisione , epperò è più probabile sorprendere al mo- mento della fissazione un blastoderma in riposo, che uno in divi- sione, e ciò spiega anche la maggiore abbondanza, tra i preparati, di quelli con nuclei in riposo. Questo fatto ha per conseguenza che quando una cellula periferica sta per dividersi, e sopratutto se la direzione della divisione è radiale o quasi, la cellula figlia, situata perifericamente, si trova in diretta continuità con lo strato proto- plasmatico. A misura che progredisce la segmentazione del bla- stodisco, le cellule figlie periferiche sembrano indugiare sempre più a separarsi da detto protoplasma esterno e viene un momento, in cui 1' ostacolo, che si oppone al distacco, è tale che esse non si separano più e formano intorno al blastodisco una corona di nu- clei, con territorii cellulari non molto nettamente definiti, che è la prima origine del sincizio perilecitico. Per darci ragione di questo fatto possiamo attribuirlo con un certo fondamento a due cause principali: a una graduale di- minuzione della forza attrattiva dei nuclei periferici o di altre sostanze (centrosomi?) che li accompagnano, e a un graduale au- mento di s(>stanze inerti (materie lecitiche, protoplasma nutritivo^ • nel protoplasma periferico. Possiamo, dico, per quel che riguarda questa seconda ipotesi, ammettere, che il protoplasma, che conti- nuamente si porta verso il polo animale dell' uovo fin da prima della fecondazione, sia sempre più carico di deutoplasma, cosi che accada man mano una selezione, per cui le parti più centrali del disco sieno quasi di puro protoplasma, e le periferiche, col progre- dire della segmentazione, sempre più inquinate di materiali nu- tritivi, fino a tanto che esse non sieno più atte a dividersi. Mi sembra poi ragionevole pensare che la forza, che determina la centrazione di una cellula, e che possiamo chiamare in genere forza centripeta (la stessa naturalmente, cui si deve la divisione cellulare), vada gradatamente scemando. E forse possibile che quella che è capace p. es. di far dividere una cellula di un bla- stodisco di 16 cellule , non sarebbe sufiicente a produrre la di- visione di una cellula di un blastodisco di 4. Come il materiale nucleare e le altre sostanze attive ripartite a n cellule, derivanti da una cellula capostipite per divisioni eguali, rappresentano ap- — 39 — prossimativamente 'j„ della quantità di tali sostanze contenuta nella cellula primitiva, cosi pure la forza suaccennata sarà 'j^ della primitiva, e sarà perciò egualmente efficace rispetto alla massa, con la quale rimane nella stessa proporzione, ma insufficente a deter- minare i medesimi fenomeni in una massa maggiore. Questa ipo- tesi, che mi pare quasi una necessaria conseguenza, dei fenomeni delle divisioni cellulari, specialmente nel caso dell' uovo, ci può spiegare in parte perchè, a un certo punto, venga meno la forma- zione cellulare alla periferia del blastodisco. Il blastodisco si forma a spese dello strato corticale proto - plasmatico ; v' è dunque una forza che tende a concentrare a un polo il protoplasma. Quando alcune cellule centrali si sono isolate da altre periferiche (e ciò accade , nel Lahrax fin dallo stadio di 16 cellule, in cui 12 sono periferiche e 4 centrali), sono soltanto queste ultime che rimangono in continuità col protopla- sma corticale, sono esse che continuano a manifestare una evi- dente attrazione su questo. Una cellula periferica, in altre parole, è formata potenzialmente da tutto il segmento superficiale di pro- toplasma che ne dipende e che essa tende per cosi dire a incor- porarsi; il raggio d'azione del suo centro di forza è dunque pic- colissimo verso il blastodisco, verso cui la cellula è limitata, gran- dissimo invece dalla parte opposta. Quando il nucleo di una di queste cellule periferiche si divide radialmente, il centro di forza si divide pure in due. Quello più interno è sufficente a concen- trare una massa di protoplasma proporzionata alla sua entità e perciò vediamo staccarsi una cellula di dimensioni presso che eguali alle altre del blastodisco. Quello esterno , sebbene abbia ora un valore metà, opera su una massa pochissimo diversa da quella su cui operava l' intera forza prima della divisione. Con- tinuando il processo, mentre la forza decresce in progressione geo- metrica, la massa del protoplasma estrablastodermico è ben lungi dal decrescere nella medesima ragione , anzi, si può dire che l'inerzia da vincere rimanga presso che immutata. Il risultato è che, accaduta la divisione nucleare, i centri di forza, che si deve ammettere si dividano insieme con i nuclei , non sono bastevoli a vincere la coesione della massa protoplasmatica e a centrare cellule. Nel rimanente del blastodisco, dove la massa di ciascuna cellula è diminuita proporzionalmente al valore della forza cen- tripeta, le divisioni cellulari seguono regolarmente quelle dei nuclei. Quanto io dico non deve punto considerarsi come una spe- culazione astratta; si tratta piuttosto della descrizione in termini — 40 — generali del fenomeno che si osserva alla periferia del disco bla- stodermico; sol che, naturalmente, io non posso esprimermi se non molto vagamente intorno a queste forze, che determinano il cen- tramento della massa di una cellula e la scissione di essa, giacche della natura loro nulla sappiamo di positivo. Questo solo sappiamo, che gli aspetti che ci si offrono allo sguardo sembrano essere ef- fetti di forze operanti a quel modo. Inutile , mi pare , parlar di centri e di sfere, quando oggi vi è tanta disparità di opinióni in- torno alla vera essenza delle cose descritte sotto quei nomi e al meccanismo della divisione cellulare i). In un blastodisco di Lahrax con 24 cellule periferiche queste sono già poco nettamente accentuate verso lo strato protoplas- matico e, ben presto, si dividono, quasi contemporaneamente, per un solco radiale, cosi che poco dopo si conta un numero presso che doppio di cellule periferiche (sullo stesso uovo ne contai 46); a questo stadio il blastodisco è divenuto quasi perfettamente circolare. Ora queste 46 cellule sono ancora meno nettamente delimitate delle precedenti 24 verso la periferia. Segue quindi una divisione dei nuclei quasi sincrona in tutte in direzione radiale, e ciascuna di queste cellule si divide in un segmento interno, che si aggiunge al blastodisco, e uno esterno che rimane coiitinuo col protoplasma corticale. Accade cioè proprio quello che descrive lo Ziegler. Ma , appena compiutasi la divisione , intorno a ciascuno dei nuclei figli si concentra una massa di protoplasma, e mentre intorno ai nuclei figli più internamente situati si foi'ma una cellula netta- mente separata, simile alle altre centrali, intorno a quelli esterni non vi è che un accumulo di protoplasma, che si continua insen- sibilmente col resto del protoplasma corticale. Si vede dunque chiaro come quella concentrazione si sia iniziata ma non si sia potuta completare ; la forza centripeta o, se si vuole, nucleipeta non ha potuto vincere la coesione della massa di protoplasma e le cellule, che si stavano formando, si sono risolute in un sincizio. Poco dopo i nuclei si mettono di nuovo in divisione e queste di- visioni continuano ad essere, in generale, come ha osservato lo Ziegler, sincrone con quelle del blastodisco , ciò che sul vivo si annunzia con la scomparsa dei nuclei fino allora visibili. Secondo le mie osservazioni, nelle uova di Lahrax i nuclei in riposo co- 1) Considerazioni presso die simili si trovano nel primo lavoro di Agassiz e Wiiitman a pag. 49, e se v'insisto è perchè sono state trascurate dalla mag- gior parte degli autori. - 41 — miiiciano ad essere chiaramente visibili nei blastodermi con 18 cellule perifericlie circa, stadio in cui accade la prima divisione latitudinale dei blastomeri, che dà origine a un doppio strato di cellule nel blastodisco. Durante la divisione nucleare le collinette di protoplasma si appianano e tendono a scomparire. Dopo un brevissimo tempo, ecco ricomparire una doppia corona di nuclei piccolissimi derivanti evidentemente (come poi confermano i prepa- rati) dalla divisione radiale dei nuclei precedenti, ed intorno a cia- scun nucleo raccogliersi di nuovo il protoplasma, che forma ora ana doppia corona di collinette attorno al blastodisco. I nuclei aumentano rapidamente di volume e diventano sempre più chia- ramente visibili; le collinette vanno gradatamente abbassandosi ifig- 3). ^ E qui è bene notare che, per la enunciata legge di Ziegler, quando si forma la prima corona di nuclei estrablastodermici, le colline di protoplasma tendono a staccarsi dalla periferia del blasto- derma ; quando invece si forma la 2.» corona, la corona più in- terna tende ad avvicinarsi alla periferia del disco, e cosi conti- nuando per le successive divisioni radiali dei nuclei perilecitici, la corona più prossima al blastoderma tenderà alternativamente ad accostarsi a questo e a distaccarsene. Questo fenomeno darà origine ad aspetti, che, come dicevo (apag. 37) hanno potuto es- sere interpetrati come distacco di cellule dalla periferia (Wencke- bach, Sobotta) del blastoderma o anche come nuove cellule che a questo si vadano aggiungendo (Hennegay, Fasari). Cosi il processo seguita; le divisioni nucleari si succedono nel sincizio ed ognuna è accompagnata dalla formazione delle colli- nette protoplasmatiche, delle quali si hanno così varie serie in- torno al blastodisco. Osservando le uova a un mediocre ingrandi- mento ed a luce obliqua si vede molto bene l'accumularsi del pro- toplasma intorno a ciascun nucleo figlio. I preparati colorati op- portunamente fanno vedere che questi accumuli corrispondono alle radiazioni protoplasmatiche, le quali sono centrate rispetto a un punto vicinissimo al nucleo. I fenomeni ora descritti non sono altro se non la continuazione dei movimenti di contrazione e di espansione del blastodisco, già accennati prima, cui si accompagna l'afflusso del protoplasma corti- cale verso il blastodisco, afflusso che continua anche dopo che si è costituito il sincizio e che si manifesta in alcuni preparati sotto forma di strisce più intensamente colorate , che sembrano irra- diarsi dalla periferia del blastodisco. — 42 — La formazione delle collinette intorno ai nuclei tìgli, accen- tuatissima nelle prime tre o quattro divisioni dei nuclei perile- citici , va divenendo sempre meno appariscente nelle successive divisioni e finisce col non avvenire più. La cessazione del feno- meno corrisponde forse al mutarsi del modo di divisione dei nu- clei, i quali nelle prime generazioni si dividono mitoticamente, poi amitoticamente. Cosi pure nei preparati corrispondenti si trovano sempre meno accentuate le radiazioni attorno ai nuclei, finche poi non si veggono più affatto. A questi cambiamenti nel protoplasma del sincizio corrispon- dono mutamenti dei nuclei di cui ci occuperemo in appresso. Voglio qui menzionare un fenomeno particolare che accom- pagna la formazione del sincizio nelle uova di Scorpaena, ma che non ho veduto in quelle di Lahrax. Trascrivo a questo scopo la descrizione che misi giù quando feci 1' osservazione , nell' aprile del '96, e che conferma anche le cose finora esposte. Le uova, esaminate per la prima volta alle 10 Ya^ mostrano intorno al blastoderma una corona di nuclei periblastici in ri- poso , epperò nettamente visibili. Intorno a (juesti nuclei il pro- toplasma corticale è raccolto, formando altrettanti territori! (col- linette) che a luce obliqua appariscono più chiaramente. Si sarebbe tentati di supporre, stando alle apparenze, che intorno a ciascun nucleo si vada formando una cellula destinata ad aggiungersi al margine del blastoderma. Nulla di notevole sino a circa le 12 ^2. Allora i nuclei cominciano a scomparire , e contemporaneamente si attenuano i limiti delle collinette. In breve non si riesce più a di- stinguere i nuclei. Dopo qualche tempo, nella zona periblastica co- mincia a mostrarsi un aspetto strano che può bene indicarsi col nome di increspamento superficiale. Infatti alla superficie si mostrano una quantità di linee sinuose dirette in varii sensi, che sembrano essere l'espressione di rughe, le quali si continuano per un tratto e poi vanno sperdendosi senza limite netto verso il vitello . Poco dopo, verso l'I — 1,5', cominciano a ricomparire i nuclei, e propriamente, in vece della primitiva unica corona di nuclei, se ne veggono ora due, di nuclei dapprincipio piccolissimi. Si tratta evi- dentemente di nuclei figli in via di ricostituzione, provenienti dalla divisione in senso radiale (rispetto al blastoderma) dei nuclei che formavano la corona osservata al principio. Questi nuclei sono si- tuati in un piano alquanto inferiore a quello dove si scorgono le suddette increspature, le quali sono bene accentuate e sembrano corrispondere più o meno nettamente ai primitivi territorii proto- plasmatici visti attorno alla 1^ generazione di nuclei periblastici. — 43 — La zoua increspata si estende oltre la corona più esterna di nuclei, dileguandosi senza netto limite verso il di fuori, come si è detto. Ora rapidamente i nuclei neoformati aumentano di volume e divengono sempre più chiaramente visibili, sicché verso 1' 1,25' si possono constatare due corone concentriche di nuclei di aspetto simile a quelli veduti al principio dell' osservazione. E contempo- raneamente r increspamento superficiale svanisce e la superficie del periblasto torna ad avere 1' aspetto omogeneo di prima. Mi sono dilungato alquanto sulla prima origine del sincizio , pur non avendo in sostanza che da confermare le osservazioni di Agassiz e Whitman e più ancora quelle dello Ziegler, fatte sullo stesso soggetto. Ma dopo la pubblicazione del Sobotta ciò diveniva necessario. Il Sobotta ritiene, come ho detto, che le cel- lule periferiche del blastoderma perdano i loro limiti e si fondano per formare il sincizio ; anzi , secondo lui (e secondo anche il Wenckebach) nelle uova del Belone varie corone di cellule peri- feriche si staccherebbero così successivamente. Invece secondo altri autori, quali l'Henneguy e il Fusari , attorno ai nuclei del sincizio si formerebbero cellule , che si aggiungerebbero man mano al blastodisco. Bene a ragione il Wilson si meraviglia di veder sostenuta questa tesi dall' Henneguy « vecchio conoscitore delle uova dei Teleostei » dopo che le osservazioni di Agassiz e Whitman parevano non lasciar dubbio sulla perfetta separazione del sincizio perilecitico e del blastoderma. Si spiega però come la presenza delle collinette protoplasmatiche abbia potuto far credere alla formazione di cellule che s' aggiungessero al blasto- derma, com'essa ha fatto credere d'altra parte al distacco di cel- lule periferiche del blastoderma, sopratutto se si pensa ai vani aspetti che si hanno in ciascuna divisione nucleare per la legge di Ziegler (v. p. 41), mentre che dalle osservazioni di Ziegler e dalle mie risulta chiaro che , che nelle uova di Lahrax , non vi è ne distacco né aggiunta di cellule periferiche, ma semplicemente una cessazione di formazione di cellule attorno ai nuclei figli provenienti dalle divisioni dei nuclei della penultima generazione di cellule periferi- che ^). Credo d'aver descritto il processo a sufiicenza e discus- sene abbastanza le cause probabili. Un' altra dimostrazione che le cose stieno come io asserisco si ha dal fatto che il blastodisco. quando si forma la prima corona di nuclei con i relativi territorii 'j Si ricordi che rultiuia divisione di cellule periferiche è in senso tan- genziale. — 44 — protoplasmatici , non aumenta né diminuisce di diametro , come dovrebbe indiscutibilmente avvenire se vi fosse aggiunta o di- stacco di cellule periferiche i). Il blastodisco, che aumenta in superficie fino alla fine della segmentazione , cioè fino all' epoca della formazione del sincizio, come ho potuto constatare misurandolo a brevi intervalli su uno stesso uovo , rimane ora pressoché immutato e ciò si spiega col fatto che, interrotta la continuità delle cellule periferiche col pro- toplasma corticale , che ora è divenuto sincizio , non vi è più afflusso di sostanza nel blastodisco. Ben presto però il blastoder- ma comincia di nuovo e più rapidamente ad estendersi per il ben noto processo di abbassamento e di assottigliamento centrale, che mette capo alla formazione dell'anello embrionale. Come s'inter- rompa la continuità delle cellule periferiche del blastoderma col sincizio è stato benissimo esposto nel classico lavoro di Agassiz e AVhitman, a cui rimando. Le mie osservazioni e considerazioni non mi permettono na- turalmente di conchiudere che nelle uova di Belone non accada come vuole il Sobotta, il quale dice di aver seguito il processo sulle uova viventi e di essersi assicurato mediante fotografìe della reale diminuzione di diametro del blastoderma dopo la formazio- ne delle prime corone di nuclei perilecitici. Ma devo confessare che non sono ancora convinto del fatto, il quale oltre che trovarsi in disaccordo con quello che Ziegler ed io abbiamo veduto nelle uova di Labrax, non mi pare possa ammettersi senz' altro , sia perchè non si vede per qual ragione cellule appena formatesi dovrebbero disfarsi, e sia perchè il So- botta non tiene nessun conto dei rapporti del blastodisco con lo strato corticale, nei quali mi pare d'aver dimostrato che stia la chiave del problema. Dato il processo come si svolge nelle uova del Labrax, la formazione del sincizio è una diretta e neces- saria continuazione della segmentazione, laddove il 1) Per vero tanto Agassiz e Whitman , quanto il Wilson e lo Ziegler parlano di una corona di cellule marginali , che si schiacciano e perdono i contorni, opperò, potrebbe sembrare esservi discrepanza tra le descrizioni loro e la mia ; se non che la diversità è più di parole che di fatti e dipende da ciò che io non ritengo le cellule marginali, fino al completamento della seg- mentazione continue col protoplasma corticale , equivalenti alle cellule bla- stodermiche. Questo modo di vedere , mi pare, del resto, una necessaria conseguenza della descrizione di Agassiz e Whitman, la quale è, come ho detto, perfetta- mente esatta. — 45 — processo descritto dal Sobotta richiederebbe una spiegazione nuo- va. — Anche io conosco le uova di Belone e posseggo molti preparati di tutte le fasi di formazione del sincizio e da questi sarei tentato di conchiudere che anche qui le cose stieno come nelle uova di Lahrax ; ma confesso che finora non ho potuto se- guire il processo su uno stesso uovo vivente , e a-mmetto che i preparati possano ingannare in questo caso. D'altra parte^ poiché il processo nel Belone è molto lento , non è punto agevole se- guirlo tutto continuamente sul lo stesso uovo (il pro- cesso di formazione del sincizio dura oltre 24 ore , secondo So- botta), e come ho detto è molto facile scambiare le colline pro- toplasmatiche intorno ai nuclei per vere e proprie cellule in via di fusione ; non vi è mezzo di essere assolutamente certi della vera natura del fenomeno, se non si sono seguite almeno due succes- sive divisioni nucleari, senza interrompere 1' osservazione. Mi pare dunque che nuove osservazioni non sarebbero fuori posto 1). Quanto alla formazione del sincizio perilecitico in talune uova, oltre che alla periferia del blastodisco, anche sotto di questo, non posseggo alcuna osservazione personale, ma essa non è punto in contraddizione con i fatti veduti e le idee sostenute finora; anzi, data la struttura propria delle uova in cui tale formazione è stata descritta (uova di Salmoni, di Aringa, di Carassius) essa ne viene come naturai conseguenza, appunto per i rapporti tra il blastodi- sco e il protoplasma sparso nel resto dell'uovo. Infatti, in queste uova a vitello non omogeneo, il protoplasma non occupa soltanto uno strato corticale, ma forma una specie di reticolato attraverso tutta la massa del vitello, che è fatto di vescicole o corpuscoli se- parati— e il disco polare non si forma soltanto per afflusso di protoplasma periferico ma anche di protoplasma intralecitico . L' afflusso del protoplasma continua poi, nonché alla periferia, anche sotto al germe , cosicché questo é in continuità col proto- plasma alla periferia e alla base. Il rapporto di continuità che la base del blastoderma conserva col protoplasma intralecitico dà ragione della formazione del sincizio sottoblastodermico, così come 1) Il Sobotta, cui verbalmente Lo comunicate le mie obiezioni, mi assi- cura noQ avere alcun dubbio sulla esattezza della sua descrizione. La nota scrupolosità dello sperimentato osservatore rende certo poco probabile che egli sia caduto in errore, purtuttavia io esito ancora ad ammettere che nelle uova del Belone la formazione del sincizio accada per fusione di cellule , per un processo cioè considerevolmente diverso da quello che ha luogo in quelle di Lahrax. — 46 — il rapporto di continuità che il blastoderma conserva col proto- plasma corticale spiega la formazione della parte periblastoder- mica del sincizio. Mi associo dunque completamente a quel che dice il Berent, sul vario modo di formarsi del blastodisco nei Teleostei, ma non posso ammettere con lui la segmentazione secondaria del sincizio. S' intende che il processo, secondo il mio modo di vedere, dovrebbe anche qui essere lo stesso e che non vorrei ammettere a priori né la caduta dal blastoderma di callule che vadano poi a disfarsi sul fondo della cavità subgerminale ne lo staccarsi dal sincizio di cellule che vadano ad attaccarsi al fondo del blasto- derma. — In mancanza però di osservazioni dirette non oso pro- nunziarmi ; i ragionamenti apparentemente più giusti possono d' un colpo essere rovesciati da un fatto bene assodato. Da tutto quel che precede si dovrebbe conchiudere, secondo il mio modo di vedere, che la costituzione delle uova dei Teleo- stei non è precisamente, come la vuole il Sobotta. Anzi che dire con lui che l'uovo si compone di due parti perfettamente distinte, il disco polare e il vitello con uno strato di protoplasma corti- cale, ritengo sia molto più esatto considerare il disco e il proto- plasma corticale come una cosa sola ben distinta dal vitello, che altro non è se non riserva di sostanze nutritive ; cosi cadrebbe anche la ragione della distinzione fatta tra le uova dei Teleostei e le altre uova meroblastiche dei vertebrati. ^) II. 1 NUCLEI DEL SINCIZIO. Per il modo come si originano , i nuclei del sincizio, nelle uova di Labrax, di Belone^ di Exocoetus , e , si può dire, credo, senza tema di errore, in quelle della maggior parte delle specie di pesci ossei, formano dunque, a segmentazione finita, varie co- rone concentriche al blastoderma e situate tutte esternamente a questo. Sotto al blastoderma si trova soltanto un sottilissimo strato di protoplasma omogeneo, senza nuclei, che si continua, oltre il margine blastodermico, con quello del sincizio -) ed è do- 1) Molto giustamente dicevano dunque Agassiz e Whitman: Blastodisc and periblnst are siiaply names for two portions of one and the same envelope, which invests the vitelline sphere (1, pag. 42). 2) Sobotta (anat. Anz. Bd. 12, p. 373) fa dire allo Ziegler che nel Labrax si formino i nuclei del sincizio anche dal fondo del blastodisco, cosa che non è, e che lo Ziegler non ha mai detta. Per le uova del Belone lo stesso fatto fu a.sserito dal Wenckebach e negato, con ragione, dal Sobotta. — 47 — viito al fatto che i solchi verticali della segmentazione non inte- ressano tutto lo spessore del disco. Nelle uova, in cui, come or ora ho detto, la formazione del sincizio non accade soltanto intorno , ma anche sotto al blasto- derma, il protoplasma sottoblastodermico contiene, pur esso, na- turalmente, dei nuclei. Ma è noto che, anche nel primo caso, a uno stadio di svi- luppo più avanzato, si trovano sempre nuclei sotto al blastoderma; anzi , a poco a poco, tutti i nuclei del sincizio passano sotto al blastoderma e quando in questo sono già formati 1' anello e lo scudo embrionali, un po' prima o un po' dopo secondo la specie, non rimane più traccia di sincizio intorno ad esso. Per spiegare questo fatto non basta invocare il processo di estensione del blastoderma, prima perchè questo, come ho potuto constatare con numerose misure fatte su uova di Lahrax e di Belone^ non aumenta in superficie di una quantità eguale all'area del sincizio che gli sta intorno, poi perchè, quando il sincizio è tutto ricoperto, e anche prima, si trovano nuclei del sincizio sotto al centro del blastoderma medesimo. E poi che è certo che quei nuclei (nelle uova di Lahrax^ di Belone e di Exocoetus per lo meno) non sono formati in sito al- l'epoca della formazione del sincizio e deve assolutamente esclu- dersi che vi si formino dopo, poi che è facile assicurarsi che essi sono nuclei appartenenti al sincizio periblastodermico, nuclei cioè che erano fuori del blastoderma, è indiscutibile che se il sin- cizio fosse rimasto immobile e fosse stato passivamente ricoperto dal blastoderma, sarebbe rimasta sotto questo un' area priva di nuclei eguale a quella ricoperta dal blastoderma al principio della formazione del siucizio. Non mi spiego pertanto come si possa ammettere che il sinci- zio sia tutto ricoperto passivamente, come vorrebbe , mi pare, il Virchow. Ma come dunque fauno i nuclei a pervenire sotto al blastoderma ? Due modi si possono pensare , o una vera e pro- pria migrazione attiva dei nuclei in senso centripeto rispetto al blastoderma, o uno spostamento di massa di tutto il sin- cizio, per il quale i nuclei sarebbero passivamente trasportati. Ed io credo che si debbano ammettere tutti e due questi modi. Il Virchow, che più sistematicamente degli altri si è occu- pato del sincizio, specie sotto il punto di vista topografico, è po- chissimo propenso ad ammettere una qualsiasi migrazione dei nu- clei ; anche il Samassa, nega questa migrazione. Si noti peraltro che nel caso studiato da lui i Salmoni) i iniclei si trovano già sotto — 48 — al blastoderma per formazione in sito, come s'è detto, e non vi è bisogno di spiegare altrimenti la loro presenza. lo non voglio pronunziarmi recisamente per una migrazione attiva , ma mi pare che vi sieno varie ragioni che indurrebbero ad ammetterla e che non ve ne sia nessuna per doverla negare ad ogni costo. E queste ragioni sono fornite alcune dalla diretta osserva- zione dei nuclei in parola, altre da varii casi in cui una migra- zione attiva di nuclei esiste senz'alcun dubbio. Che i nuclei pos- sano migrare all'interno di una cellula o di un tessuto è dimo- strato da molti fatti; tra i quali voglio soltanto ricordare: 1» la mi- grazione della vescicola germinativa, che in molte uova (in quelle dei Teleostei per l'appunto) si porta dal centro alla periferia per la formazione dei fusi polari; 2° le migrazioni dei pronuclei den- tro l'uovo ; 3° le migrazioni dei nuclei di molte cellule vegetali nei punti di attività formativa (inspessimenti della membrana cel- lulare, p. es.). Che poi nel nostro caso speciale i nuclei si spostino nel sin- cizio mi sembra doversi argomentare da varii fatti. E prima di tutto dalle forme dei nuclei; i nuclei del sincizio, quando ap- punto cominciano a passar sotto al blastoderma, già spesso mo- strano forme irregolari con prolungamenti in vario senso, le quali poi si accentueranno sempre maggiormente , come vedremo in appresso , e sono in parte espressione di movimenti ameboidi. Data l'esistenza di questi movimenti, uno spostamento dei nuclei ne viene quasi come conseguenza necessaria, giacché è più pro- babile e verosimile che taluni movimenti predominino, anzi che tutti i movimenti si compensino per modo da non avere nessun effetto locomotorio. Un altro fatto, che parla a favore dello spostamento attivo dei nuclei, è il loro diverso aggruppamento. Per il modo come si formano, i nuclei hanno dapprincipio una disposizione molto regolare , tale che si direbbero nuclei d' un epitelio di cellule eguali e isomorfe; ma poi vediamo, questa regolarità scomparire a poco a poco, e, se bene il limite esterno del sincizio si conservi sempre presso che concentrico al blastoderma, pure, entro il sin- cizio, i nuclei formano aggruppamenti varii , talora perfino toc- candosi, di due, tre e più insieme ; e questi aggruppamenti sono frequentissimi appunto quando il blastoderma comincia ad ab- bassarsi e il sincizio va passandovi sotto. Più apparente ancora di questi aggruppamenti parziali è la generale disposizione topografica dei nuclei nel sincizio durante - 49 — tutto il periodo dell' abbassamento del blastoderma e della for- mazione dell'anello e dello scudo embrionali. Prendiamo in esame un preparato di quest'ultimo stadio di un uovo di Belone (figure 7 e 8). Per la disposizione dei nuclei il sincizio si mostra distinto in tre parti: una estrablastodermica , una sottoblastodermica e una, che possiamo chiamare marginale (e che corrisponde al Rand- synmjtium di Virchow). Quest'ultima forma un cerchio intorno al margine del blastoderma ed è ricoperta soltanto in parte dallo strato epidermico superficiale, il quale, come ho già detto altro- ve, ^) precede un poco i tessuti sottostanti nel ricoprimento del vitello e forma il cosi detto lembo marginale (Ranch amn) , che a piccolo ingrandimento, per la sua grande sottigliezza, può pas- sare inosservato. Il sincizio marginale si fa notare a prima giunta , anche a piccolo ingrandimento , perchè in esso i nuclei sono molto più fittamente disposti che altrove. Nel sincizio estrablastodermico e in quello sottoblastodermico, invece, i nuclei sono più rari e, in quest'ultimo, hanno una distribuzione più o meno uniforme. Una tale disposizione dei nuclei è molto evidente anche pri- ma, quando comincia il fenomeno dell' abbassamento del blasto- derma. La figura 6 rappresenta appunto il sincizio d' un uovo di Belone verso queir epoca. Nel preparato da cui è stata tolta la figura, per un caso favorevole, il blastoderma si è interamente distaccato dal sincizio lasciandolo scoperto. Ciò permette di ve- dere che la parte sottoblastodermica del sincizio forma una leg- gera escavazione limitata da una sorta di cercine, che corrisponde al margine del blastoderma, e in prossimità di questo cercine si veggono i nuclei più affollati. Si riceve 1' impressione come se i nuclei nel trasportarsi (attivamente o passivamente che sia) sotto al blastoderma , trovino in quella zona una maggiore resistenza, come una barriera, che li obblighi a rallentare il passo e a in- dugiarsi in quei pressi. A quest'epoca i movimenti dei nuclei sinciziali non possono evidentemente dipendere, come in uno stadio posteriore, da quelli del blastoderma (Virchow, Corning). I nuclei si muovono ora in senso opposto a quello del blastoderma: mentre questo si estende centrifugamente , quelli si spostano centripetamente . E forse ciò basta a fornirci la ragione dell'ostacolo che i nuclei trovano nel passare sotto al margine del blastoderma, poiché è appunto 1) Nel mio lavoro sul foglietto epidermico superficiale. — 50 — quivi che questo è più intimamente a contatto col sincizio e ne deve contrariare meccanicamente il movimento. La caratteristica disposizione dei nuclei può per altro essere anche 1' espressione dello spostamento in massa del sincizio cui accennavo poc'anzi ; anzi io credo che a questo spostamento debba attribuirsi la parte maggiore nel fenomeno. Tale spostamento, sebbene trascurato da tutti gli autori, accade realmente ed è la continuazione di un processo sul quale ho in- sistito nella prima parte di questo studio , del continuo affluire , cioè, del protoplasma corticale (sinciziale) verso il polo germina- tivo. Quando il bastoderma, cessata la formazione del sincizio, si distacca nettamente dal protoplasma circostante (periblasto di Agassiz e Whitman), questo continua ad affluire, e per la cambiata condizione di cose, urtando contro il margine del blastoderma, passa poi sotto a questo. Ciò spiega la formazione del cercine marginale e la migrazione dei nuclei e il loro affollarsi intorno al margine blastodermico, anche senza che sia necessaria una mi- grazione attiva di essi. Del resto poiché 1' accrescimento del blastoderma in super- ficie è insufficiente a spiegare il passaggio del sincizio con tutti i suoi nuclei sotto di esso, a se non si ritiene dimostrata la mi- grazione attiva dei nuclei , non rimane altro modo di spiegare il fenomeno che lo spostamento in massa del sincizio ora cen- nato. E questo mi pare dimostrato dai varii fatti che qui ap- presso riferisco. 1 " In alcuni preparati di blastodermi di Belone y come già ho detto a pag. 41, dopo cessata la formazione del sincizio, si veg- gono partire dal margine del blastoderma, tutt'intorno, un gran numero di strisce in direzione radiale, le quali attraversano tutta la larghezza del sincizio periblastodermico e vanno poi gradata- mente scomparendo verso la periferia di quello. Le strisce sono in forma di triangoli isosceli allungatissimi col vertice rivolto verso il centro del blastoderma, e lungo esse si veggono disposti più o meno regolarmente i nuclei del sincizio (figura 5). Questo aspetto , debbo convenirne , non è sempre chiaramente visibile : talvolta anzi sembra mancare , ma è probabile che ciò dipenda dal modo come sono fissate le uova ^). M Nelle uova conservate con acido osmico le strisce radianti sono per lo più evidentissime. — 51 — Ora io credo dover iuterpetrare queste strisce come l'espres- sione di correnti del protoplasma corticale (sinciziale), che si por- tano verso (sotto) il blastoderma. 2.0 Come già ho detto altrove (loc. cit.), i blastodermi conser- vati con miscela di sublimato alcool ed acido acetico si lasciano distaccare facilmente e nettamente dal vitello insieme allo strato di protoplasma corticale o al sincizio, quando questo è formato (uova di Lahrax di Boìone ^ di Exocoetus, di Mbtella , di Pleu ronettidi e molte altre uova pelagiche). Cosi, da che s'è formato l'accumulo di protoplasma al polo animale, fino a che nel bla- stoderma si mostrano 1' anello e lo scudo embrionale (a uno sta- dio più o meno inoltrato secondo la specie), il blastoderma stac- candosi dal vitello porta sempre intorno a se una fascia di pro- toplasma più o meno larga. Ma da quello stadio in poi la corona protoplasmatica manca sempre, e la sua scomparsa coincide ap- punto col passaggio degli ultimi nuclei sotto al blastoderma. Poiché r accrescimento del blastoderma tra l'epoca in cui il sincizio comincia a passarvi sotto , e quella in cui vi è tutto passato , non è tale da permettergli di ricoprire tutta la corona sinciziale che lo circondava , deve necessariamente conchiudersi che quel protoplasma si sia trasportato, almeno in parte, attiva- mente sotto al blastoderma. Siccome d'altra parte la periferia del sincizio si conserva sempre concentrica al margine del blastoder- ma, deve supporsi che l'afflusso del protoplasma sinciziale avvenga radialmente verso un centro ideale che corrisponde al centro del blastoderraa e uniformemente in tutte le direzioni. E questo modo di trasportarsi del protoplasma si accorda perfettamente con la presenza teste notata di strisce protoplasmatiche radianti in tutti i sensi dal margine del blastoderma alla periferia del sincizio. 3.0 Ho detto poc' anzi che, a un certo stadio dello sviluppo del blastoderma, vi è sotto di esso una leggera escavazione della superficie del vitello ricoperta dal sincizio e che gli orli di questa escavazione sono alquanto inspessiti, in maniera da formare una sorta di cercine. Il margine del blastoderma raggiunge il limite esterno del cercine e in corrispondenza di questo il blastoderma aderisce più intimamente al sincizio che non nella regione della escavazione. Il cercine è dovuto ad un accumulo di protoplasma del sincizio, il quale comincia a formarsi quando, cessata la forma- zione del sincizio al margine del blastoderma , questo si separa nettamente dal protoplasma corticale, pur rimanendo con esso in intimo contatto. La formazione del cercine si spiega chiaramente con r affluire continuo del protoplasma verso il polo blastoder- — 62 — mico. Dal momento che questo protoplasma non si continua più con le cellule marginali, esso tende a spingersi sotto queste, ma trova nel margine del blastoderma un ostacolo meccanico dovuto alla adesione che vi è lungo quella zona tra il sincizio e il bla- stoderma e molto probabilmente anche al fatto che il blastoder- ma, neir accrescersi, contrasta il movimento del sincizio cercando di trascinarlo seco. Quando poi tutto il sincizio è finalmente dive- nuto sottoblastodermico, cessa il trasporto di materiale protopla- smatico e non si trova più traccia di cercine; il blastoderma, che si è sempre più disteso alla superfìcie della sfera vitellina, aderi- sce egualmente a tutta la superficie del sincizio il quale, da al- lora in poi lo segue nel processo di ricoprimento del rimanente vitello. 4.° Al continuo afflusso del protoplasma corrisponde un in- spessimento graduale dello strato di protoplasma che si trova sotto al blastoderma, come dimostrano le sezioni perpendicolari al bla- stoderma di uova in stadii successivi. — Si confrontino p. es. le figure 25 e 41 nelle tav. XCI e XCIII del lavoi^o di Wilson, non- ché quelle date da Agassiz e Whitman; le une e le altre tanto più convincenti per la nessuna menzione in proposito fatta nel testo. Ma se bene il protoplasma corticale passi cosi sotto al bla- stoderma, una buona parte se ne accumula nel cercine marginale, il quale poi si appiana e scompare del tutto, quando, finito l'af- flusso di protoplasma, il sincizio viene trascinato dal blastoderma a ricoprire il vitello. In base alle cose dette possiamo distinguere nella storia del sincizio perilecitico cinque periodi, i quali si succedono passando l'uno nell'altro senza transizioni brusche, ma presentano caratteri abbastanza salienti per essere individualizzati. 1.° periodo, che può chiamarsi di formazione, durante il quale il protoplasma del sincizio è in continuità con le cellule marginali del blastodisco. 2.0 periodo, ossia periodo di proliferazione nucleare caratterizzato sopratutto dal rapido moltiplicarsi dei nuclei. Questo periodo va dal momento in cui si è interrotta la continuità col blastoderma a quello in cui cessano del tutto nel sincizio le ra- diazioni protoplasmatiche e le mitosi ; la sua fine corrispon- de presso a poco alla formazione dell' anello e dello scudo em- brionali. — 53 — In questo stadio s'inizia il fenomeno caratteristico del 3.° periodo, ossia dello spostamento del sincizio e del suo passaggio sotto al blastoderma. Questa fase è di breve durata; quando tutto il sincizio è ricoperto dal blastoderma comincia il 4.0 periodo che può dirsi di accrescimento, durante il quale il sincizio su tutta la sua superfìcie aderisce intimamente al blastoderma (massimamente sempre al margine) ed insieme a questo, avvolge man mano tutto il vitello raggiungendo il suo massimo sviluppo in superficie. Compiuta l'involuzione del vitello, il sincizio entra nella sua 5.» fase, che può chiamarsi del periodo regressivo, che finisce con la fine del sincizio stesso, il quale, riducendosi di pari passo col vitello . viene riassorbito completamente poco dopo il completo esaurimento di questo ^). Oramai non mi pare più lecito alcun dubbio sopra il signifi- cato fisiologico e morfologico del sincizio e credo perfino super- fluo dire che io mi associo interamente ai più recenti autori nel ritenere il sincizio un organo embrionale transitorio che non piglia mai nessuna parte alla formazione dei tessuti dell'embrione e serve all'assorbimento del vitello mediante un processo di di- gestione non ancora noto nei suoi particolari. Le osservazioni contradittorie del Lwoflf, il quale fa derivare dal sincizio l'ento- derma e parte del mesoderma, non mi pare meritino nessun cre- dito, come molte altre cose asserite nel suo lavoro. Vediamo ora come si comportino i nuclei in questi diversi periodi. 1.° periodo : Durante la formazione del sincizio, come ho detto e come è già noto da molto tempo, i nuclei si dividono per mitosi. Mitosi a fusi diretti radialmente rispetto al blastoderma si seguono a brevi intervalli dando origine a varie corone di nuclei disposte concentricamente al blastoderma, le quali variano in numero secondo le specie (nel Belone ne ho contate da dodici a quindici , nel Labrax , soltanto nove). Si formano anche mitosi in altre direzioni, ma in numero minore e, per solito, nei punti più prossimi al blastoderma. 1) Il 1.0 2.0 e 3.0 periodo rientrerebbero nella Friihperìode , gli altri due nello stato co mpleto {fertiges Ziistand), distinti dal Virchow nelle uova dei Salmonidi. Questi periodi del resto corrispondono a stadii alquanto diversi del blastoderma e dell'embrione, nelle diverse specie; grossolanamente credo corrispondano anche ai 5 periodi indicati dal Virchow nel sincizio dei Sciaci. - 54 — Le mitosi sono sincrone o quasi nel sincizio (s'incontrano per- fino 4 o 5 corone tutte di fusi, di diastri ecc.) e, al principio, anche, con quelle delle cellule marginali del blastoderma. Spesso i nuclei hanno una spiccata disposizione quinconciale, la quale è conseguenza dell' alternarsi di divisioni in direzione radiale con altre paratangenziali (rispetto al contorno del blasto- derma). Le radiazioni polari sono accentuatissime e danno al sincizio un aspetto caratteristico. Esse persistono dopo la rico- stituzione dei nuclei figli. E per vero non può parlarsi a questo stadio di nuclei in tipico stadio di riposo. I nuclei che possono dirsi in riposo, cioè quelli che , dopo la ricostituzione , hanno raggiunto il massimo volume, mancano sempre di nucleoli; essi hanno membrana e scarsa cromatina disposta in reticolo rado ; ma spesso sono un poco stirati verso due punti di solito diametralmente opposti, in pros- simità dei quali convergono le radiazioni protoplasmatiche. Si noti che finché dura nel blastoderma la fase di sviluppo cui più comunemente si dà il nome di segmentazione, fase, che coin- cide presso a poco col periodo di formazione del sincizio, anche nelle cellule blastodermiche i nuclei presentano i medesimi aspetti di quelli del sincizio. L'attività proliferativa è grandissima e i periodi di riposo sono brevi, sono perciò frequenti i preparati con nuclei in divisione , contrariamente a quel che accade in principio della segmentazione. Il primo periodo del sincizio può dirsi chiuso col distaccarsi nettamente del blastoderma e col principiar della migrazione del sincizio sotto ad esso. Il 2.0 periodo è, per quel che riguarda i rapporti del pro- toplasma , nettamente distinto dal primo : il protoplasma del sin- cizio non si continua più con quello delle cellule blastodermiche marginali, ma comincia a passare sotto ad esse, dando principio alla formazione del cercine marginale. Ma se si considerano soltanto i nuclei, il passaggio tra le due fasi appare graduale. Il sincronismo delle mitosi va man mano cessando , e s' incontrano poi soltanto alcune regioni più o meno estese del sincizio, in cui predominano le mitosi , come accade in quasi tutti i tessuti in at- tiva proliferazione nucleare. Le forme nucleari vanno diventando cosi varie, che, quando questa fase è nel suo punto culminante, r aspetto del sincizio è notevolmente diverso in punti diversi. Per fissare meglio le idee credo utile procedere alla descrizione un poco particolareggiata di un preparato tolto da un uovo di Belone a questo periodo di sviluppo. — 55 — Il blastoderma ha contorno approssimativamente circolare , leggermente sinuoso per ineguale sviluppo delle cellule dello strato epidermico superficiale, che costituisce il lembo marginale. Esso ha circa 1 mm. di diametro; alla periferia si contano un 150 cellule; la larghezza del sincizio è di mm. 0,33-0,34. Già con un debole ingrandimento (3. A. Zeiss), si vede che i nuclei del sin- cizio sono disposti alquanto irregolarmente, più stivati nei pressi del blastoderma, e che presentano diversità notevoli di colorazione e di forma. Si possono a prima giunta distinguere, per l'aspetto dei nuclei, quattro segmenti; uno di nu e lei vescicolari in ri- ))Oso (fig. 11); da ciascun lato di questo uno di mitosi, (fìg. 1» ) ; un quarto , che occupa circa 1/3 dell' intera superficie, con nuclei omogenei e forme nucleari irregolari, (fig. 10). In ciascuno di questi segmenti, che interessano tutta la larghezza del sincizio, i nuclei sono disposti più o meno regolarmente in zone concentriche al blastoderma e le forme e l'aggruppamento di essi variano andando dalla periferia del sincizio verso il blasto- derma. Analizziamo ora uno per uno questi segmenti. Nel 1."" troviamo, verso la periferia, nuclei piuttosto grossi ohe indico con a, rotondeggianti (diametro da 12-16 |x), con mem- brana nucleare ben delineata e scarso reticolo cromatinico, i cui filamenti si distinguono nettamente, anche a mediocre ingrandimen- to , sul fondo chiaro del nucleo (fig. 12 a). Questi nuclei hanno l'aspetto di nuclei in riposo, ma, nella gran maggioranza di essi, non si vede nessun corpo che meriti il nome di nucleolo. Essi sono accompagnati da due radiazioni protoplasmatiche, centrate verso due punti diametralmente opposti esterni al nucleo. La colorazione non permette di distinguere la presenza di centrosomi, che peraltro, a giudicarne dai rari casi in cui mi è riescito vederli , debbono essere molto piccoli; spesso intorno al punto che questi dovreb- bero occupare, vi è un alone chiaro, talora molto esteso , in cui non si veggono continuarsi le radiazioni. Questi aloni, come ho po- tuto convincermene confrontando molti preparati, sono certamente un prodotto artificiale ; deve invece ritenersi come fatto normale r incontrarsi di tutte le radiazioni nel punto centrale, come è ora ammesso nel grandissimo ' numero dei casi da quasi tutti gli au- tori. L'aspetto delle radiazioni ora notato è poi sempre identico in tutti i casi in cui esse accompagnano i nuclei nel sincizio ; naturalmente esse sono più o meno visibili secondo che nella pre- parazione è più o meno colorato il protoplasma ; nei preparati con esclusiva colorazione nucleare , montati in balsamo , riesce — 56 — difficilissimo o anche impossibile constatarne la presenza; ma se la tinta è favorevole, in tutti i blastodermi conservati con la miscela di sublimato alcool e acido acetico , le radiazioni sono spiccatissime e si estendono per un lungo tratto in torno (esse sono , naturalmente anche più accentuate nei preparati conser- vati in glicerina). Andando dalla periferia del sincizio verso il blastoderma, si trovano nuclei simili nell' aspetto ai precedenti , ma più piccoli e più vicini tra loro , i quali , nei pressi del blastoderma, sono riuniti spesso a coppie o a gruppetti di 3, 4 o più («i flg.ll e 12) Talvolta i nuclei di un gruppo sono anche in piani diversi (fig. 12, d). Finalmente sotto al margine del blastoderma troviamo nu- clei come gli «2, più grossi, di forma irregolare, ma sempre simili nell'aspetto agli a e agli ai. Da una parte e dall' altra del segmento 1, troviamo , come ho detto, un segmento in cui sono tutti nuclei in mitosi (fig. 9). Alla periferia si veggono un pajo di zone occupate da diastri; internamente a queste sono fasi di metacinesi con migrazione più o meno avanzata dei cromosomi verso i poli , e poi , verso il blastoderma, fusi con piastre nucleari e finalmente piastre in for- mazione , spiremi ecc. Nella regione prossima al blastoderma ab- bondano inoltre le mitosi multipolari. Evidentemente in questo segmento 1' attività proliferativa dei nuclei è cominciata verso la periferia (dove troviamo le fasi avanzate e si è andata pro- pagando centripetamente. Fra il segmento lei due adiacenti con mitosi non vi è naturalmente un confine netto ; ma si trovano, fra 1' uno e gli altri, forme nucleari di passaggio. Verso i lati del primo trovia- mo forme più o meno spiccate di spiremi ecc. cosi che può con- chiudersi che r attività proliferativa dei nuclei si è iniziata da una parte e dall' altra del segmento a nuclei in riposo e si è an- data propagando concentricamente al blastoderma. I due segmenti con mitosi passano poi dalla parte opposta nel 4.° segmento che occupa il rimanente terzo dell' area sinci- ziale. In questo segmento ( fig. 10 ) vediamo alla periferia 3 a 4 corone concentriche di nuclei con disposizione alquanto regolare (quinconciale). I nuclei (è , fig. 10) sono rotondeggianti ma un poco minori degli a, dai quali si distinguono sopratutto per la co- lorazione diffusa , per la membrana meno accentuata; osservando con obbiettivo ad immersione si vede che il reticolo cromatinico di questi nuclei è fittissimo e uniforme, e i filamenti sono esili e — oi- di calibro presso che eguale; ciò che dà ragione dell'aspetto omo- geneo che presentano i nuclei a debole ingrandimento. Anche qui troviamo la doppia radiazione che accompagna ciascun nucleo, come nei nuclei a. Accostandosi al blastoderma, ci incontriamo in nuclei simili neir aspetto agli esterni, ma più vicini , a gruppi, in file, e poi nuclei irregolari, allungati, triangolari quadrangolari ecc. sempre simili ai primi per colorazione e per struttura. La forma di questi varia moltissimo; nella fig. 16 sono rap- presentati alcuni tra i più caratteristici. Occupiamoci ora dei rapporti tra le varie maniere di nuclei ora menzionate. Se si parte da un punto della periferia del 1." segmento e si va in un senso o nell'altro si vedranno succedersi in serie presso che ininterrotta, nuclei in riposo (nuclei a), spiremi, piastre equatoriali, diastri , coppie di nuclei figli in ricostituzione e nuclei giovani (nuclei 6,). Fra gli uni e gli altri stadii nucleari si trovano tutte le forme di passaggio. Si può dire, in altre parole, che l'attività proliferitiva, iniziatasi in un punto della periferia del sincizio, si propaga in direzioni opposte, dando per risultato, nel punto dia- metralmente opposto, nuclei di una generazione successiva. D'al- tra parte l'evoluzione dei nuclei, come già ho notato parlando dei segmenti a mitosi , procede dal centro alla periferia , cosi che in generale su uno stesso raggio si trovano stadii più precoci presso al blastoderma e più avanzati verso la periferia. Così per es. nel segmento 1 i nuclei diventano più volumi- nosi verso il lembo libero del sincizio e cosi pure nel segmento 4, mentre nei segmenti 2, 3 (mitosi) si hanno le fasi iniziali presso al blastoderma, le finali alla periferia. Resta ora a renderci conto dei gruppi di nuclei, delle for- me irregolari notate tanto nel segmento 3 quanto nel 4 e delle mi- tosi multipolari. Parecchie delle coppie di nuclei e delle catene farebbero a prima giunta pensare a una divisione amitotica , ma oltre che non si trovano mai nuclei strozzati a quest' epoca, contro la pos- sibilità di un' amitosi parlerebbe anche la presenza costante della doppia radiazione protoplasmatica in rapporto con ciascun nucleo. Inoltre , se si osservano i nuclei più grossi e per lo più irrego- lari che si trovano in prossimità del blastoderma o a dirittura sotto a questo («2, 62), e più abbondanti nel segmento 4, si vedrà che essi sono sempre accompagati da un certo numero di ra- diazioni protoplasmatiche situate in varii punti della — 68 — periferia nel nucleo, e talora in diversi piani cosi da essere talora sottoposte, talora sovrapposte ai nuclei medesimi. Sembra perciò, trattarsi piuttosto di fusioni tra nuclei dello stesso seg- mento. Si trovano infatti numerose forme di passaggio tra i nuclei aggruppati, più o meno a contatto e questi nuclei grossi, di forme varie, contornati" da più radiazioni, i quali sono, secondo me, niente altro che i nuclei giganti degli autori (fig. 13 e 14). Dalle figure 15 e 16 si può vedere come, supponendo fusi i nuclei di certi gruppi, si verrebbe ad avere un nucleo composto simile a quelli che s' incontrano realmente. Viceversa poi , parecchi dei nuclei composti si possono facilmente decomporre nei loro costi- tuenti. Ma se pure un esame accurato non mi avesse pienamente convinto del fatto, a togliere ogni dubbio mi si offri la fortunata occasione di potere osservare due volte la fusione in atto su un uovo vivente di Labrax , dove vidi sotto ai miei occhi due nu- clei vescicolari allo stato di riposo e perfettamente distinti, por- tarsi r uno contro 1' altro , venire a contatto e rapidamente poi fondersi in uno. Sebbene non abbia ripetuto poi l'osservazione, ne abbia po- tuto verificarla sulle uova di Belone o di altra specie , non mi pare possa dubitarsi essere detta fusione un fenomeno normale e costante che ci spiega, del resto in modo semplice le cose vedute nei preparati. Ed è con questo fenomeno di avvicinamento e di fusione dei nuclei del sincizio che io credo si debbano spiegare le mitosi multipolari. Queste sono state descritte, specialmente nel sincizio delle uova di trota da Henneguy e anche io le ho incontrate in gran numero nelle uova di Belone e di Exocoetus^ cosi che non è a du- bitare che esse sieno un fatto costante nelle uova dei pesci ossei. Non mi dilungo nella descrizione delle mitosi multiple e molto meno sulla estesa bibliografia che vi si riferisce, trovando inutile ripetere qui quello che è stato detto da Hennegny e, più recen- temente da His. Mi occupo di esse soltanto in rapporto ai cosi detti nuclei giganti. His mette in diretto rapporto le mitosi multiple, osservate da lui nel sincizio dei Sciaci, con la formazione dei nuclei giganti che quivi pure s'incontrano, facendo derivare questi da divisioni multipolari iniziatesi e non giunte a termine, cosi che gli ele- menti dei nuclei figli , che si stavano formando, rimangono in- sieme a formare un nucleo gigante. — 59 — Poiché non è dubbio che il sincizio e i suoi nuclei nei Selaci e nei Teleostei sieno formazioni analoghe ^) e si fisiologicamente che istologicamente molto simili, come dimostra il perfetto pa- rallelismo dei fatti notati da His e di quelli veduti da me, credo mi sia lecito di discutere le affermazioni di His sulla scorta delle mie ricerche, se bene io non abbia personalmente studiato il sin- cizio nei Selaci. Varie obiezioni mi pare che si presentino molto natural- mente alla interpetrazione di His. Se si vuole che dalla divisione di un sol nucleo ne possa derivare uno molto più grosso, si deve pur ammettere che qualche altra sostanza entri a far parte del nuovo nucleo: e se noi vogliamo immaginare che il perimetro del nucleo gigante, che si va formando, sia rappresentato da quello della figura mitotica multipolare , saremo costretti il più delle volte ad includere nel nuovo nucleo una spesso non piccola por- zione di protoplasma. Anche se ciò non fosse poco verosimile, il nuovo nucleo dovrebbe sempre essere più povero di cromatina rispetto al, suo volume del nucleo che gli ha dato origine, e ciò non è mai il caso nei miei preparati, né appare dalle figure né dalla descrizione di His. E inoltre legge quasi generale che una data specie di nuclei abbia un determinato numero di nucleoli e poi che i nuclei or- dinarli nel sincizio nei Teleostei e , a giudicarne da alcune fi- gure di His , anche nei Selaci, hanno due soli nucleoli , non si capisce come poi i nuclei giganti , i quaU deriverebbero da un sol nucleo normale, farebbero ad averne un numero maggiore "^). Ma un'altra e forse anche più grave difficoltà s'incontra; nelle mitosi multipolari, se non i centrosomi, sono certamente visibili le radiazioni polari , e His stesso le figura ; ma prima di tutto r A. non ci dice come da un sol nucleo che si metta in mitosi possa originarsi un numero di radiazioni polari, superiore a due e tace poi anche della sorte di queste radiazioni, le quali sparireb- ') Credo che il Riickert sia rimasto solo ad ammettere ancora origine dei nuclei sinciziali da spermanuclei soprannumeri. 2) His veramente non è condotto a sollevarsi questa obiezione poi che fa derivare i nucleoli da accumuli di bastoncelli di cromatina (Anhaiiufung von Chromatinstàbchen); ciò equivale a dire che la sostanza dei nucleoli e la cro- matina, in questo caso almeno, sarebbex'o la stessa cosa ; ora per i Teleostei i nucleoli di questi nuclei non fanno eccezione alla regola generale e reagi- scono diversamente dalla cromatina con varie sostanze coloranti , e non mi pare probabile che sia diversamente per i Selaci; per tanto io mi permetto di dubitare del modo di formazione descritta dall'autore. — 60 — bero non si sa quando, come, né perchè nel ricostituirsi del nu- cleo gigante, laddove nelle normali mitosi dei nuclei del sincizio, seguite da normale ricostituzione dei nuclei figli , questi sono sempre accompagnati dalle radiazioni (una dapprincipio, che poi, deve supporsi, si sdoppia). E finalmente non si capisce perchè, se le condizioni di « nu- « trizione inconsuetamente favorevoli in cui si trovano i nuclei « del sincizio » debbano condurre a mitosi multiple (e questa pure mi pare un'aflfermazione che richiederebbe di essere dimostrata), e quindi alla formazione dei nuclei giganti, non si capisce, dico, perchè al tempo stesso e a pochissima distanza (nei miei prepa- rati almeno è cosi) si formerebbero pure molte mitosi a decorso regolare e con felicissimo esito, in tutto e per tutto concordanti con lo schema solito , quando punto di partenza sarebbero gli stessi nuclei. Mi pare che , invece , tutto si spieghi molto semplicemente quando si ammetta che i nuclei giganti provengono dalla fusione di due o più nuclei, la quale ho dimostrato che avviene. Ho detto prima , che nel sincizio in formazione si trovano tutte le fasi della mitosi e che le forme ordinariamente indicate come di nuclei in riposo sono rappresentate da nuclei completa- mente ricostituiti , con forma vescicolare , reticolo di cromatina debolmente tingibile e membrana, ma senza nucleoli, e che que- sti nuclei sono costantemente accompagnati da due radiazioni protoplasmatiche, che per solito occupano una posizione diametral- mente opposta rispetto al nùcleo, le quali, è quasi superfluo no- tarlo , sono le stesse che occupano i poli della figura mitotica , e non spariscono mai durante questo periodo di grande attività proliferativa. Ora , come dissi , accade che nuclei in questo stadio si fon- dano formando nuclei più grossi, nei quali or più or meno evi- dentemente si riconosce dalla forma l'origine ma intorno ai quali si trovano sempre un certo numero di radiazioni protoplasma- tiche. Queste radiazioni talora sono più, talora meno accentuate , ma un attento esame, specialmente se il preparato è stato tinto opportunamente (fucsina acida , ematossilina e ferro Heidenhain con incomp età estrazione ecc.), ne rivela immancabilmente e con tutta certezza la presenza. Non sempre esse sono in un stesso piano ; poi che nei complessi nucleari e nei nuclei giganti , i singoli nuclei e rispettivamente le varie parti del nucleo sono - 61 — a diverso livello ; per contarle tutte bisogna ricercare con una certa attenzione alzando ed abbassando il tubo del microscopio. Le fig. 13, 15, 16 rappresentano complessi nucleari e nuclei composti 0 giganti che si voglian dire , con le radiazioni che li accompagnano . Per lo più queste sono in numero pari e spesso riesce di dire con sicurezza quali sono le coppie che appartenevano ai singoli nuclei, ma talvolta ne ho anche trovate in numero dispari, ciò che parrebbe indicare che due centri possano fondersi o avvicinarsi talmente che si abbia l'aspetto di un' unica radiazione. Or io credo che le mitosi multiple con tutte le pos- sibili combinazioni (per il piccolo spessore del sincizio si hanno per lo più figure in superficie o figure solide con un asse molto minore degli altri), sieno mitosi più o meno sincro- ne dei complessi di nuclei o dei nuclei giganti. Cosi abbiamo il gran vantaggio di poterci spiegar la presenza dei molti poli, che finora era un mistero, in un modo più semplice e meno ipotetico di quelli proposti dall' Henneguy (1. e.) i). Intorno alle cause che determinano l'avvicinamento e la fu- sione di due o più nuclei nel sincizio non oso pronunziarmi con assoluta sicurezza. Anche in questo caso si affaccia la questione della migrazione dei nuclei e anche qui, se non si vuole ammettere un movimento proprio dei nuclei, si può spiegare l'avvicinarsi di questi con il loro spostamento passivo, dovuto all'afflusso del protoplasma cor- ticale verso il blastoderma. Si è veduto come questo movimento determini un accumularsi dei nuclei in prossimità e sotto ai margini del blastoderma (a p. 49). A questo fatto si aggiunge l' altro delle continue divisioni nu- cleari, le quali determinandosi, come ho detto, in varie direzioni, sopratutto nei pressi del blastoderma, contribuiscono spesso allo avvicinamento dei nuclei e fanno cambiare continuamente la po- 1) Le mitosi multipolari osservate in cellule di varii tessuti e anclie in cel- lule del blastoderma (per le quali ultime io posso pienamente confermare le osservazioni di Henneguy), non formano, secondo me, ecccezione; esse debbono forse sempre riferirsi a mitosi di nuclei composti. Tanto più mi pare che ciò si debba ammettere in quanto sono state descritte mitosi bipolari multiple, le quali si compiono una accanto all'altra dentro una cellula senza dare ori- gine a nuclei giganti, come per esempio nella spermatogenesi dell'Helix, dove Godlewski ha veduto cosi formarsi fino a 16 nuclei per divisioni di un nu- cleo e contemporanee mitosi dei nuclei figli di tre generazioni successive. Anche io nelle cellule del blastoderma dei pesci ossei ho trovato talvolta due o tre nuclei, e due o tre mitosi del tutto indipendenti. — 62 — sizioiie relativa di essi. Così dovrà accadere talvolta , e di fatti accade, che due o più nuclei si trovino eventualmente a contatto e forse per questo solo fatto occasionalmente si fondano. Non credo invero che questo fenomeno della fusione abbia un significato speciale e sono piuttosto inclinato a considerarlo come un fatto puramente accidentale dovuto all' incontro fortuito dei nuclei , come un prodotto necessario dei due fattori della topo- grafia nucleare del 2° periodo: la divisione dei nuclei e lo sposta- mento in massa del sincizio. Facilmente da quel che ho detto si intende come l'incontro e la consecutiva fusione di due o più nuclei possa accadere in tutti gli stadii dei nuclei medesimi. Perciò vediamo, nei diversi segmenti del preparato poc' anzi descritto, alle forme, nucleari che si trovano alla periferia, corri- spondere, verso il blastoderma, gruppi e complessi nucleari dovuti all' avvicinarsi e al fondersi delle prime. Così le mitosi multipolari potrebbero derivare sia da nuclei composti, dovuti alla fusione di nuclei in riposo, sia anche dal venire a contatto di due o più mitosi, che cosi interferirebbero reciprocamente. Non è facile dire in ogni singolo caso quale dei due modi si debba ammettere come causa della mitosi multipla. L'esito delle mitosi multipolari, credo possa essere molto vario, conducendo ora alla risoluzione nei singoli nuclei componenti ora a una ripartizione ineguale ed irregolare della cromatina, ora finalmente ad una incompleta ricostituzione per la quale il processo non giunge a termine. In quest' ultimo caso i singoli componenti nucleari, rimanendo insieme, potrebbero dar luogo di nuovo alla formazione di un nucleo gigante e questo avrebbe così, sebbene secondariamente, l'origine voluta da His. Un altro fattore, che certo ha una notevole importanza nella genesi delle forme nucleari di questo periodo è l'indebolimeuto graduale della facoltà dei nuclei del sincizio di dividersi mitoti- camente. Certo è che dalla fine del 2" periodo in poi non si veggono più mai figure mitotiche nel sincizio; la cessazione di questo pro- cesso deve dunque avvenire verso la fine del periodo stesso. Ed eccomi ricondotto al mio punto di partenza, al problema cui aveva rivolte le mie ricerche, e che purtroppo non sono rie- scito a risolvere in modo soddisfacente. Oltre alle varie forme nucleari già notate, che si incontrano nel 2o periodo del sincizio, altre ve ne sono, delle quali nou ho — 63 — ancora parlato e che non mi pare si possano in nessun modo ri- ferire a quelle. Alcune di tali forme sono rappresentate dalle fi- gure 18-22. La fìg. 21 ci mostra un nucleo vescicolare, più allungato in un senso e con due spiccate radiazioni polari. Il nucleo ha una evidente membrana, la quale sembra mancare in corrispondenza dei poli. La cromatina è scarsa e raccolta in pochi filamenti ai due poli del nucleo. Mi pare difficile iuterpetrare questo aspetto come una fase mitotica; per la posizione delle radiazioni e la cou- dizione della membrana si dovrebbe trattare di una fase più o meno avanzata di spirema, e spirema certamente questa figura non è. Nella fig. 20 vediamo un nucleo più grosso e più allungato del precedente, come quello accompagnato da due radiazioni po- lari. La membrana non si vede, la cromatina è disposta in mas- sima parte in filamenti stirati tra i due poli. Anche in questo caso 1' aspetto del nucleo non è riferibile ad alcuna fase di mitosi. La fig. 19 rappresenta evidentemente due nuclei figli da poco separatisi , tra essi si veggono ancora dei filamenti di unione molto spiccati. Non mi sembra probabile, dato l' aspetto dei nu- clei, la presenza in essi di una membrana ben definita, la dispo- sizione della cromatina ecc., che si tratti della fase finale di una mitosi. Le figure 18 e 19 poi, sono di nuclei a più di due radiazioni, polari, che si potrebbero dire mitosi multipolari se vi fossero in essi i caratteri della mitosi, ma che, per la disposizione della cro- matina, sono simili uno (fig. 18) a quello della figura 21 e l'altro (fig. 22) a quello della fig. 20 ; in quello della fig. 18 è inoltre chiaramente visibile la membrana. Oltre ai caratteri già menzionati si noti che in questi nuclei la colorazione che assume la cromatina è sempre molto meno in- tensa di quella che si ha nelle schiette mitosi. In queste forme ora descritte e in altre simili , di cui tac- cio per brevità , troviamo alcuni caratteri proprii della divisione mitotica , quali le radiazioni polari , 1' assenza di nucleoli, talora anche di membrana , ma poi manca il carattere principalissimo della divisione della cromatina in segmenti, della tipica disposi- zione di questi , e della loro intensa colorazione con i coloranti nucleari. Ma se la cromatina non assume gli aspetti proprii della mitosi, essa non rimane neppure indifferente , come pare sia nel caso della comune divisione diretta , di cui troviamo numerosi — 64 — esempii più tardi; ma teude invece a disporsi in filamenti e ad orientarsi in un certo modo rispetto ai poli. Contro l'obiezione che 1' aspetto dei detti nuclei possa dipen- dere dai liquidi fissatori o da cattiva colorazione sta il fatto che queste forme nucleari s' incontrano spesso negli stessi preparati insieme alle altre già descritte e, quel che più preme , a nume- rose mitosi perfettamente conservate e colorate. Naturalmente è ben difficile desumere dai preparati quale sia il decorso di queste, che tutto e' induce a ritenere forme di divisione nucleare; le osservazioni sul vivo mi mancano e ignoro perfino se sieno possibili. Sebbene con riserva , sono inclinato a ritenerle come forme senili di mitosi; forme cioè che si pro- ducono quando nei nuclei del sincizio sta per cessare la facoltà di dividersi mitoticamente, e il processo, pur iniziandosi, non ha, se così posso esprimermi, Y energia di svolgersi completamente se- condo il solito schema. In quest' ordine d'idee le forme a più di due poli (fig. 18 e 22) si dovrebbero riferire, per quel che ho detto prima (p. 60 e 61) a processi senili di mitosi di nuclei composti. Cosi considerate, queste forme rappresenterebbero per i nu- clei del sincizio uno stadio transitorio tra la divisione mitotica dei primi due periodi e quella amitotica che si trova poi. Ma an- che in questa ipotesi esse sono ben lungi dal rappresentare real- mente una forma di passaggio dall'una all'altra maniera di divi- sione e cosi rimane ancora ignoto il perchè e il come del muta- tamento. Nel 3"^ periodo troviamo sempre più abbondanti i nuclei sotto al blastoderma. I nuclei che sono ancora fuori si vanno rag- gruppando al margine del blastoderma; nella fig. 7 si vede alla periferia del sincizio, una corona di nuclei molto vicini tra loro, i quali rimangono per un pezzo separati dagli altri. Questa dispo- sizione ho veduta su un solo preparato e non so dire se sia acci- dentale 0 se corrisponda a un dato stadio dello spostamento del sincizio. Formatosi l'anello e lo scudo embrionale, il sincizio non pas- sa tutt' intorno uniformemente sotto al blastoderma ma, ordina- riamente, rimane più a lungo scoperta la porzione che corrisponde allo scudo embrionale. Le fig. 7 e 8 rappresentano pezzi di bla- stoderma in questo stadio. In esse si vede benissimo il cercine che fa il sincizio sotto al margine del blastoderma e l'aggruppamento dei nuclei. — 65 — Quanto alla struttura e alla forma dei nuclei del sincizio è da notarsi che i nuclei sono per lo più rotondeggianti, più o meno allungati, a reticolo cromatinico mediocremente fitto e più tingibile di quello dei nuclei a completo sviluppo dello stadio precedente (nuclei a V. p. 55); si trovano sempre uno, due o più nu- cleoli piccoli e non molto colorabili. Mancano costante- mente le radiazioni p olari di protoplasma, (fìg. 23). E notevole questa coincidenza tra la scomparsa delle radia- zioni polari e la comparsa di nucleoli nei nuclei sinciziali; ne viene naturalmente il sospetto che tra i nucleoli e i centrosomi vi sieno anche qui rapporti simili a quelli, che, secondo le ultime pubbli- cazioni di Carnoy e Le Brun, esisterebbero nelle uova di Ascaris megalocephala. Per dimensioni i nuclei, in massima parte sono poco o punto diversi da quelli dello stadio precedente giunti al massimo di sviluppo; vi sono alcuni nuclei più grossi, che probabilmente cor- rispondono ai nuclei composti del 2" periodo. Ma deve ammettersi, a giudicare dalla proporzione numeri- ca che, molti di questi ultimi si sieno dovuti scindere di nuovo. Le divisioni nucleari debbono essere rarissime in questa fase; le mitosi mancano assolutamente ; qua e là s' incontra qualche caso dubbio di divisione Remakiana. 4." periodo. La topografia dei nuclei sinciziali da questa epo- ca in poi è stata descritta dal Corning nelle uova del Salmone, e le mie osservazioni collimano in generale con le sue; mi astengo perciò dal parlarne. L'aspetto dei nuclei stessi va rapidamente cambiando a mi- sura che il sincizio, insieme col blastoderma, si avanza alla su- perficie del vitello. La cromatina aumenta considerevolmente, il reticolato che essa forma diventa evidentissimo , fatto com' è di grosse trabecole che si colorano molto intensamente. La forma e le dimensioni dei nuclei sono molto variabili ; ve ne sono dei pic- coli, eguali presso a poco a quelli dello stadio precedente, e dei grossissimi ; alcuni sono rotondeggianti, ma se ne trovano molti a contorni sinuosi, lobati, allungati, allungatissimi, altri con va- cuole centrali, che aumentando di volume, fan diventare il nucleo anulare, (v. fìg. 24, 26, 27). Quasi tutti i nuclei più grossi hanno un numero di nucleoli su- periore a due; in alcuni nuclei i nucleoli sono numerosissimi (fig. 27), e per lo più distribuiti con una certa uniformità. Talora accade di vedere attorno ai nucleoli una specie di radiazione più o meno distinta che fa pensare ai succennati rapporti che potrebbero es- — 66 — servi tra essi e i centrosomi. Sarebbe desiderabile un accurato esame della quistione , io mi contento soltanto di accennare al fatto di sfuggita senza voler nulla affermare alla leggera (fìg. 26). Frequenti su taluni preparati di blastodermi in questo pe- riodo sono le divisioni nucleari dirette per strozzamento , che già sono da tempo conosciute nel sincizio dei Teleostei e in quello dei Sciaci (v. fig. 26). dome dai nuclei dello stato precedente si passi ai nuclei più grossi, talora veramente colossali, di questo , non so chiara- mente spiegarmi. È vero che nel 3° stadio si trovano, come ho detto, nuclei giganti dovuti alle fusioni avvenute nel 2°, ma sono in numero scarso relativamente a quello dei nuclei giganti del 4» Deve perciò ammettersi che anche ora accadano altre fusioni, e la forma di alcuni nuclei sembra dimostrare che ciò veramente sia. Quanto alla presenza dei molti nucleoli, essa è in parte forse dovuta a queste fusioni, ma è anche certamente prodotta dalla scissione di nucleoli preesistenti , della quale si trovano molti stadii in varii nuclei (fig. 27). Il 5» periodo ci mostra una graduale metamorfosi regres- siva dei nuclei, i quali, a misura che avanza lo sviluppo dell'em- brione, tendono ad ammucchiarsi sempre più insieme, le dimen- sioni dei nuclei vaimo diminuendo, la membrana diventa più spes- sa, il reticolo cromatinico va scemando, e aumenta invece sempre più la tendenza dei nuclei a presentare una colorazione diff'usa. Si trovano anche ora delle forme curiose, di nuclei allungatissi- mi, o prolungati in sottili fi.lamenti, o a rosario (fig. 28, 29). Si co- mincia inoltre a osservare una specie di fragmentazione dei nu- clei, i quali probabilmente finiscono per disfarsi nel protoplasma e per essere assorbiti. Ho rivolto poca attenzione a questi ultimi periodi , perchè essi non rientravano propriamente nel tema propostomi , ma sa- rebbe molto desiderabile uno studio accurato delle trasformazioni morfologiche e microchimiche dei nuclei , in rapporto alle loro funzioni nell'assorbimento del vitello. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (Tav. II) Indicazioni comuni a più figure: Bl. ^ blastoderma; Sin. = Sincizio. Quando non è indicato altrimenti, i disegni sono fatti da preparati fissati con miscela di sublimato, alcool e acido acetico. Fig. 1. Sezione meridionale attraverso i due primi blastomeri d'un uovo di Labrax. S. 1° solco , che non raggiunge il fondo , P. e. proto- plasma corticale con cui si continuano i blastomeri. » 2. Blastoderma di Labrax con 20 cellule periferiche , visto di fronte, X50; colorazione diffusa con emallume molto allungato. In realtà il blastoderma, meno che alla periferia, è fatto di 2 strati di cellule, di cui uno solo è stato disegnato. Le cellule periferiche si veggono continuarsi col protoplasma corticale. » 3. Pezzo marginale d'un blastoderma di Lcérax con 3 corone di nuclei sinciziali in riposo intorno ai quali si veggono le colline di proto- plasma; colorazione plasmatica con tioniiia diluita, X circa 200. >• 4. Pezzo marginalo d'un blastoderma simile a quello della fig. 3, ma con nuclei del sincizio in mitosi, assenza di territori! protoplasma- tici defimti, X circa 200. » 5. Pezzo marginale d'un blastoderma di Belone con sincizio molto svi- luppato, in cui si veggono le correnti protoplasmatiche sotto forma di strisce radianti, X 50 (Conservazione in acido osmico e tratta- mento successivo con miscela platino-cromica, secondo Agassiz e Whitman). » 6. Pezzo del sincizio di Belone (^2° stadio) in cui si vede l'affollarsi dei nuclei in corrispondenza del margine del blastoderma; il blasto- derma è asportato, X 50. »t, margine del blastoderma ; Sin. s, b. sincizio sottoblastodermico; Sin. e. b. sincizio estrablastodermico. » 7 Pezzo di un blastoderma di Labrax , visto di fronte , con sincizio al 3.'' stadio, X 100- « «• anello embrionale, e. sin. cercine del sin- cizio, che si mostra come una zona più oscura , hì, margine del blastoderma. » 8. Pezzo dello stesso blastoderma, con lo scudo embrionale , Se. emb. Le altre lettere come nella fig. precedente. » 9, 10, 11. Tre segmenti diversi del margine di un blastoderma di Belone col sincizio nel 2.» stadio visti di fronte, X 200. Colorazione con ematossilina e allume di ferro (Heidenhain) e fucsina acida. 9. Segmento a mitosi, con varie mitosi multipolari. 10. Segmento a nuclei omogenei (nuclei Z>) e a forme irregolari. 11. Segmento a nuclei vescicolari a reticolato rado (nuclei a) » 12. Nuclei sinciziali della fig. 11. maggiormente ingranditi , a nuclei grandi, periferici ; a^ nuclei aggruppati. Negli ultimi nuclei a de- stra le radiazioni non sono disegnate. » 13. Coppia di nuclei (A) e nucleo risultante da fusione di una coppia (B) da un sincizio di Belone, emotossilina e allume di ferro. — 68 — Fig. 14. Coppia di nuclei da un sincizio di i?a;of?oehts, ematossilìua e allume di ferro e Bordeaux R. » 15. Catena di nuclei della fig. 10. maggiormente ingranditi (b^) e nu- clei composti (òg). » 16. Nuclei irregolari (composti) della fig. 10 maggiormente ingranditi. » 17. Nuclei composti («o) della fig. 11. risultanti da fusione di nuclei aj (fig. 11 e 12), ingrandimento come nella fig. l'2. » 18-22, Forme nucleari di dubbia natura, riferibili forse a mitosi abor- tive {v. pag. 30 e seg.). » 23. Nuclei del sincizio di Belone nel 3.° periodo. » 24. Varie forme nucleari del sincizio di Belone nel 4." periodo; a sini- stra due nuclei anulari in diverso stadio di formazione, X 200. » 25. Nuclei del sincizio di Belone, nel 4." periodo, in divisione diretta, X 200 . » 26. Due nuclei del 4.*^ periodo, con reticolo fitto di cromatina. Nel nucleo superiore, più grosso, si vede una radiazione intorno al grosso nu- cleolo. 27. Varii nuclei del sincizio nel 4.° periodo. A, nucleo con 2 nucleoli in divisione, B e D, nuclei con molti nucleoli (nuclei giganti o com- posti) C, nuclei semplici con reticolo cromatinico vistosissimo (da preparati di uova di Exocoetus). » 28. Nuclei del sincizio nel 5.° periodo (Exocoetus) disegnati con lo stesso ingrandimento della fig. 27. » 29. Nuclei a rosario (5.° periodo) di un sincizio di Loplims: Le figure 12-23 e 26-29 sono disegnate con obbiettivo apocromatico 2,0 e oculare compensatore 4, a un ingrandimento variabile tra i 7 e gli 800 dia- metri. 69 ELENCO DEI LAVORI CITATI NEL TESTO Agassiz a. e C. O Whitman. — Oii the development of some pelagic fish eggs — Prelimioary iiotice. Proc. Amer.Acad. of Aris a. Sciences V. 20, 1884. Agassiz A. e C. 0. Whitman. — Tlie development of osseous fishes. The pre-embrionic stages of development. Mcm. Mns. Comp. Zool. Harvard Coli. Cambridge 1889. Behrens G.— Die Eeifung und Befruchtung des Forellen- e i e s. Anat. Hefte, I Abt. 10 Bd. 1898. Berent. W.— Z urKeuntniss de? Parablastes et e. Jena. Zeit- schr. Nat. Wiss. 30 Bd. 1896. Corning H. K.— M erocyten und U m wa e hsungsrand bei Te- leostiern: Sep. Abd. aiis: Festschr. f. C. Gegenbaur. Leipzig, 1896. FusARi E,. — Sur les pr ernie res phases du développement des Teléostéens. Ardi. ital. de Biol., voi. 18, 1893-93. GoDLEwsKi. — U e b e r mehrfach bipolare Mitose bei der Spermatogenese von Helix. Anz. Akad. Cracov, 1897. Henneguy L. F.— L e9ons sur la cellule. Paris, G. Carré', 1896. His W.— Ueber den Keirahof oder Periblast der Sela- chier. Arch. f. Anat. u. Phys. Anat. Abt. 1897. LwoFF, B. — Die Bildung der primilrenKeimblatter et e. Bull. Soc. Nat. Moscou (2) Tome 8, 1894. Kaffaele F. — Osservazioni sul foglietto epidermico su- per fici ale d egl i e mb rion i de i pesci ossei. Mitth. a.d. Zoolog. Station zu Keapel, 12 Bd. 1895. Samassa, — Einfluss des Dotters aufdie Gastrulation, et e. Ili, Teleostei. Arch. f. Enticickel. Meclmn. 3 Bd. 1896. Sobotta J. — DieFurchung des Wirbeltiereies. Ergehnisse ans d. Anat. Entwickelungsg. 1897. ViKCHOw H. — U e b e r den Keimhautraudder Salmo nideu. Verhandl. d. Anat. Gesell. 9 Versamml. 1895. ViRCHOw H. — Unter schiede im Syncytium der Selachier nach Ort, Zei t und Genus. Sitzgber. Gesell. Naturf. Fr. Berlin, 1897. Wilson, H. V. — The embryology of the sea Bass. (Serranus atrarius) Bull. U. S. Fish Comm. Voi. 9 for 1889. Washington 1891. Ziegler e. — Die Entstehung des Periblastes bei den K u o- chenfischen. Anat. Anz. 12 Bd. 1896. Per una completa bibliografia sull'argomento rimando ai lavori citati di His e di Sobotta. Sulle fiamme recentemente osservate al Vesuvio — Comunicazione di Pasquale Franco. (Tornata del 10 luglio 1898) Il D.r Matteucci pubblicava nel Corriere di Napoli del 28 aprile 1898 una comunicazione con cui annunziava avere egli osservato la notte dal 16 al 16 aprile nel cratere del Vulcano un fenomeno , che per quanto costava a lui « nessuno ha memoria d'avere osservato »; cioè che dal cratere si svolgevano lingue di fuoco alte 30, 40 e 60 metri. In nota poi aggiungeva « di pic- cole fiamme fecero già menzione altri vulcanologi >. Fiamme alte circa 56 metri erano state osservate al Vesu- vio da H. Davy nel 1814 ed altre meno grandi da Pilla nel 1834; e i dubbii elevativi contro non mi sembrano giustificati, almeno per quelle descritte da Pilla, perchè il gas era incandescente alla periferia e oscuro al centro , come la fiamma di una candela : fiamme piccole si erano osservate fin dal 1751 ; e in seguito da altri , ultimi , credo , Guiscardi e Verdet. Notizie particolari di tutto questo si trovano nel libro di Roth: Il Vesuvio e i dintorni di Napoli. A Santorino poi Schmidt descrive fiamme lunghe e intensamente colorate. Di gas combustibili che si svolgono durante le eruzioni del Vesuvio sono già noti da assai tempo i carburi d'idrogeno, e con- fermati coll'analisi da 0. S. Claire Deville e Fouquè. Palmieri os- servando collo spettroscopio le lave del 1872 potè vedere , seb- bene fugacemente, la riga di F invertita sullo spettro continuo delle lave incandescenti. E noto che la F di Fraunhofer corri- sponde alla Hp dell'idrogeno , quindi dobbiamo ammettere che anche questo gas combustibile si svolge dalle lave del Vesuvio. L'idrogeno e gl'idrocarburi che si svolgono dalle lave sono stati confermati spettroscopicamente da Janssen a Santorino e nel Ki- lauea (Lapparent), e coll'analisi da Fouquè a Santorino: del modo come si crede che essi possano formarsi e svolgersi mi sono già occupato nel mio lavoro sul meccanismo delle eruzioni vulcani- che. Il D.r Matteucci in un'ultima nota pubblicata nel Rendiconto dell'Accademia dei Lincei ripete le cose annunziate nel giornale di Napoli e ricorda le osservazioni di Davy e Pilla : aggiunge — 71 - che lo spettro delle fiamme osservate da lui è continuo , come quello osservato da Lybbey nelle lave incandescenti , pure con fiamme, del Kilauea, Ora lo spettro continuo è di corpi incan- descenti solidi o liquidi, i gas danno lo spettro di scintilla conti- nuo sotto la pressione di circa 1000 mm. ; qui trattandosi di fiamme, colorate in rosso, violetto, turchino, lo spettro continuo sarebbe caso afiatto nuovo, per quanto io sappia. E ritengo che lo spettro continuo osservato da lui era quello delle scorie in- candescenti che occupavano il fondo del cratere, o delle sabbie incandescenti che venivano lanciate nelle esplosioni e che tanto ostacolavano le osservazioni di Janssen a Santorino. Lo spettro continuo osservato da Lybbey nelle lave del Kilauea, dalle quali si svolgevano fiamme , era quello delle lave incandescenti , non quello delle fiamme. Non per questo voglio negare al D.r Mat- teucci le fiamme osservate nel Vesuvio; e mi bastò per ammet- terle fin da che ne dette le prime notizie l'esser quelle colorate di rosso, di azzurro e di violetto; ma lo spettro di queste fiam- me si sarebbe dovuto mostrare con righe invertite sullo spettro continuo. Il D.r Matteucci non fa cenno dello strumento usato e del modo come furono condotte le osservazioni ; quindi non se ne può trarre alcuna conseguenza. Sulla Temnocejìhala brevicornis Montic. [1889] e sulle Tem- nocefale in generale — Nota di Fr. Sav. Monticelli (Tav. Ili, IV). (Tornata del 16 Agosto 1898) Nel 1889, esaminando le collezioni elmintologiche del Museo Zoologico di Copenaghen, trovai, sotto il nome, rimasto inedito, di Pentadion emydum Kroyer , numerosi esemplari di un verme parassita raccolto al Brasile, nel 1856, dal Reinliardt, all'ascella di due Cheloniani di acqua dolce [Hydromedusa maximillani Mikan, Hydraspis gihha Scliweigg] ^). In questo elminto riconobbi una nuova specie di Temnocephala che distinsi dalle altre del ge- nere ed indicai col nome di T. brevicornis in una nota a pie' di pagina della mia memoria sulle uova e sugli embrioni della T. chilensis nel 1888 (1). E ne ho poi data una breve descrizione., accompagnata da figure delle esterne fattezze, per permetterne il riconoscimento , in un mio scritto posteriore (2). Mi limitai, per- tanto, ad indicare solamente le caratteristiche dififerenziali esterne, perchè un esame comparativo con le descrizioni e con le figure delle altre specie di Temnocephala^ allora note, mi convinsero che esse erano sufficienti a distinguere specificamente la T. brevicornis. E mi riservai di pubblicare in seguito uno studio più particola- reggiato della interna organizzazione di questa specie, quando mi fosse riuscito di avere un materiale meglio conservato per con- trollare e completare quelle ricerche che aveva potuto istituire in proposHiO sugli esemplari che, grazie al Prof. Levinsen, aveva avuti dalla liberalità della direzione del Museo Zoologico di Co- penaghen. Esemplari che, per essere da molti anni in alcool, quan- tunque ben conservati, non erano in condizioni troppo favorevoli ])er un minuto studio della intima struttura della nuova specie. 1) Il cartellino originale apposto al tubicino, che conteneva l'elminto in parola, portava l' indicazione « Pentadion emydum Kròy., Hydromedusa flavila- bris, Plateniys radiolata , in axilla; Reinhardt, 5, 10, 56. Brasile, 33235 ». Se- condo il Boulenger G. A. (Catalog. of Chelonians rhyncocephalians and Oro- codiles in the British Museum. New Edit. p. 211, 125), ho considerato queste due specie di Cheloniani, come ho citato nel testo, come sinonimi di Hydro- medusa maximiliani ed Hydraspis gibha (non Hydraspis radiolata come erro- neamente ho creduto finora, perchè solamente fra i sinonimi di H. gibha figura Flatemys radiolata Dum. e Bibron e non fra quelli di H. radiolata). - 73 — Di questa, ricordata dipoi dal Braun (i, p. 86, 87; 2, p. 625) e dal Saint-Rémy (yj. 12), si è valso il Brandes per le sue osservazioni sulle Temnocepliala nelle sue ricerche circa la struttura del rivestimento cutaneo e sulla muscolatura dei Trematodi, in contraddizione al- THaswell {1). Questi ha poi con lui polemizzato {2), ed ha invocato, e non a torto, la possibilità di una non perfetta conservazione, per simili ricerche, degli esemplari studiati dal Brandes: che poi sono, appunto, quelli tipici del Museo di Copenaghen innanzi ri- cordati e da me illustrati. Ma il Weber, in una nota in fine del suo lavoro sulla T. Sempcri^ ha creduto non abbastanza caratterizzata la mia n. sp., perchè, a suo dire, mancavano, per poterla affermare veramente distinta dalle altre, notizie della sua interna organizzazione. Risposi al Weber, incidentalmente (5, p. i28), dimostrandogli come le caratteristiche esterne bastano da sole ad individualizzavo la specie che è facilmente distinguibile dalle altre , anche senza tener conto delle particolari sue caratteristiche interne differenziali, ed ho cercato di ribadire le ragioni d'essere della mia specie. E che questa cosi per le sue esterne caratteristiche , come per le altre organiche interne, sia effettivamente una forma distinta dalle altre ha poi confermato l' Haswell {2, p. 141 e nota) in modo da non ammettere più dubbio alcuno ^). Purtuttavia il Piate in un suo recente scritto su di una Te- mnocephala, che egli riferisce alla T. chilensìs, crede, e veramente non so quanto a proposito, di occuparsi in due righi, della mia 7. brevicornis , facendone un giudizio sommario con le seguenti parole « Monticelli's T. brevicornis, die sich von T. chilensis nur durch den kurz gestielten Saugna]) f unterscheiden soli , diirfte demnach zu cassiren sein, falls sich nicht Differenzen in der in- neren Organisation herausstellen soUtea » (p. 527). Evidentemente egli ignorava le conclusioni ora citate dell'Haswell pubblicate un anno prima (1893); e, d'altra parte, è stato anche troppo corrivo nel concludere a suo modo sulle caratteristiche esterne, che ho messo in evidenza nella mia descrizione della specie. Perchè dall'esame di questa e delle figure si sarebbe facilmente accorto che non è solo per la caratteristica della ventosa posteriore che si distingue la T. brevicornis dalla chilensis , ma per tutte le caratteristiclie 1) A questo proposito devo far rilevare che 1' Haswell mi ha frainteso (p. 97 e 141) traducendo il mio « all' ascella dei Cheloniani ecc. » in « on the shell of the freshwater Chelonians ». ,yy LIBRARY]': — 74 — esteme, nonché per il suo aspetto generale, ciò che già l'Haswell aveva notato (5, loc. cit.)- E poiché, grazie alla cortesia del Prof. A. Giard — che mi ha inviati nel 1894 degli esemplari e delle uova di T. hrevicornis re- centemente raccolti al Sud del Brasile dal Gòldi , all' ascella di Hydromeclusa tectifera Coope ^), meglio conservati e di recente con- dizionati m alcool — ho potuto completare lo studio particolareg- giato della mia specie, pubblico ora questo scritto allo scopo di completamente individualizzare questa specie da me creata or son nove anni per la Temnocephala dei Cheloniani, riassumendone tutte le caratteristiche morfologiche che valgono allo scopo che mi pro- pongo con questa nota. E poiché, pertanto, come ho già detto fin dal 1889, il piano generale di organizzazione della T. hrevicornis è quello tipico delle altre specie del genere , non mi addentrerò in un minuto particolareggiato esame dei varii sistemi organici, che, per non presentare differenze essenziali, non fanno al caso, per fermarmi, per contro, su quelli solamente che hanno impor- tanza e valgono a caratterizzare la specie {T. hrevicornis) dei Cheloniani. I. Delle caratteristiche esterne Gli esemplari di Temnocephala hrevicornis della Hydromedusa tectifera Coope, inviatimi dal Prof. Giard, differiscono alquanto in grandezza, da quelli del Museo di Copenaghen : perchè misurano in media 3 mill. o poco più, mentre la media della lunghezza di questi é fra i 2-2 ^/g mill. Ma cosi per 1' aspetto generale , come per le esterne fattezze e per la interna organizzazione, non vi ha alcun dubbio che si riferiscono tutti alla stessa specie, come può far fede un esame comparativo delle figure 1 , 2 , 6, con quelle 3, 4, 5, 7, che rappresentano appunto l'aspetto esterno dal dorso e dal ventre e l' insieme della interna organizzazione , cosi di un esemplare di quelli avuti dal Museo di Copenaghen, come di uno di quelli donatimi dal prof. Giard. Per le cose dette la misura della specie risulta quindi: 2-3 mill. circa in lunghezza. La forma del corpo é tozza, 1' aspetto rigonfio vescicolare , specialmente dal ventre : i cinque tentacoh anteriori, uguali, brevi digitiformi, relativamente spessi, non divergenti , ma raccolti e 1) Secondo Boulenger (op. cit. p. 212) Hydromedusa tectifera Goope=nydro- medusa maximiliani (non Mikan) Wagl. == Chelodina maximiliani Dum. =^H- 2)latanensis Gray. — 75 — poco sporgenti dalla linea del corpo, sono più distinti e più lunghi dal dorso, meno distinti, più brevi dalla facia ventrale verso la quale sono ripiegati alquanto per una sorta di solco transversale arcuato che decorre alla loro base e li isola e distingue dalla restante, ventricosa, superficie ventrale; alla stessa maniera che, nella pianta del piede , le dita sono da quella distinte e sepa- rate. Ed alla grossa, difatti, vista dal ventre, questa specie, mas- sime negli esemplari dell' Hydromedusa tedi fera, ricorda e richia- ma alla mente la pianta del piede di un bambino paffutello. La ventosa posteriore è mediocremente sviluppata e misura in dia- metro approssimativamente un terzo della lunghezza totale del corpo : essa è ben distinta e slargata a coppa e sporge dall'estremità posteriore del ventre mercè un breve , ma evidente e distinto peduncolo, molto robusto (fìg. 2,8). Come dimostrano le fig. 2, 8 e 17, i margini della ventosa sono ripiegati in fuori dell'orlo della coppa e, meno spessi di questa, sono ondulati e pieghettati : all'aspetto si mostrano finamente punteggiati. Questa specie è provvista di occhi non molto grandi, ma alquanto profondi, cosicché riesce difficile subito riconoscerli, e collocati dorsalmente e disposti come nella comune delle specie che ne sono provviste (fig. 24 a). Esaminando la faccia ventrale, nella parte anteriore più ri- gonfia e ventricosa , in direzione del tentacolo mediano impari, ad una certa distanza dalla base di questo, si vede la bocca (fig. 2, 5, 6, 7, 24 b, bc) con un piccolo orifizio ovale, ora affiorante la superficie del corpo, ora alquanto sporgente pei suoi margini ri- levati. Nella parte posteriore, sul finire del terzo medio ed all'ini- zio del posteriore, all'altezza del margine superiore, od anteriore, della ventosa posteriore, appena spostata verso destra ed a margine lievemente sporgente , per un leggiero ispessimento cerciniforme che la circonda, si rivela l'apertura genitale comune, lo sboccco della cloaca, (fig. 6, 7, 24 f, ag). La faccia dorsale presenta , nella parte anteriore, lo sbocco delle ampolle escretorie anteriori come nelle altre forme ; ma caratteristiche sono le aperture di queste, circondate da un ispessimento a ciambella a netti contorni e di forma irregolarmente triangolare, come può rilevarsi dalla fig. 3 sae, che mostra anche l'ubicazione delle dette aperture: le quali si tro- vano collocate all' altezza della parte anteriore , o superiore , del faringe e quasi a livello della bocca come indica la fig. 24 b, ae, sae. — 76 — I. Della interna organizzazione 1, dell'apparato digerente La bocca, della forma innanzi descritta, or più larga, or meno, secondo lo stato di contrazione dell' animale , mette capo in un prefaringe corrispondente a quello che si osserva in altri trema- todi ectoparassiti, una tasca faringea, come la chiama il Braun, che può considerarsi omologa a quella dei Turbellarii in genere e più specialmente a quella dei Rabdocelì, alla quale più si rassomiglia. Di questa tasca faringea non fa cenno l'Haswell. (i, p. 289, 5, p. 110) nelle specie da lui studiate: qualche accenno su di una for- mazione del genere fanno , invece , il Weber per la sua T. Semperl (p. 20, fig. 5) ed il Vayssière per la T. madagascariensis. Nemmeno il Piate trova un prefaringe nelle T. chilensis e, come l'Haswell, asserisce che la bocca mette direttamente capo nel faringe. Le mie figure ( 24b , 31 , 2^f) fanno fede di quanto ho innanzi de- scritto nella mia specie. 11 faringe è bulbiforme e sembra essere immerso nella parte anteriore del sacco intestinale (visto 1' ani- male dal ventre) che sporge alquanto ai lati del faringe come due borse, o sacche. In realtà esso è disposto alquanto obliquamente da avanti indietro, dalla bocca al sacco intestinale, che si spinge conseguentemente, un poco più innanzi verso la bocca nella fac- cia ventrale, come si scorge nelle figure 6, 7, 31/. Il faringe presenta due sfinteri: uno anteriore più piccolo anulare, l'altro posteriore, grosso largo quasi quanto il faringe e che ne occupa , tutto il terzo posteriore : sono appunto quelli descritti e figurati in questa spècie dal Brandes (p. 674-575, fig. 20) e poi confermati dall' Haswell (3, p. Ili) nelle altre ; e che dalla descrizione del Piate (p. 529), se bsne lo interpetro, sem- brano trovarsi anche nella T. chilensis, come si trovano pure, se- condo le mie personali osservazioni , nella T. madagascariensis del Vayssière. Non insisterei sulla struttura del faringe se le mie osservazioni non fossero in disaccordo con quelle del Brandes : esse, invece, collimano con quelle deU'Haswell per le specie da lui studiate. Uno sguardo alle figure 24 b, 25, 31, 32 sfa, sfp, e ba- sterà a dare un' immagine della struttura del faringe di T. bre- vicornis e darà la chiave per spiegare ciò che al Brandes è ap- parso ed egli ha rappresentato e descritto come una rete formata dai muscoli degli sfinteri avvicinati e fitti tra loro: ciò che, come ho potuto convincermi di fatto, si deve allo stato di conserva- zione degli esemplari da lui esaminati. Il faringe, infatti, è for- mato da lina tunica esterna di fibre muscolari circolari molto forti e robuste, alla quale è addossata una seconda tunica di fi- bre longitudinali sottili ed esili, rispetto alle prime, che interce- dono fra le fibre radiali che numerose tìostituiscono la massa del faringe e sono anch' esse esili e filiformi e si sfìoccano agli estremi per attaccarsi da un estremo alla membrana basale del sincizio di rivestimento del cavo faringeo e dall' altro ad una sorta di capsula omogenea che separa e delimita il faringe dal circostante mesenchima ( fig. 2ò,cf). Una doppia tunica musco- lare si trova ancora verso il lume del faringe, disotto il suo ri- vestimento sinciziale che ne limita il cavo , anch' essa costituita da una tunica più esterna di fibre circolari spesse e robuste ed una più interna di fibre longitudinali meno robuste ed esili , come quelle della tunica esterna (fig. 25, 31, 32); le quali, nella regione occupata dagli sfinteri, si sfìoccano e s'interpongono per breve tratto fra le fibre circolari di questi (fig. 31). I due sfinteri sono formati da numerose, forti e robuste fibre muscolari circo- lari assai fitte fra loro : più numerose nello sfintere posteriore , meno in quello anteriore, esse decorrono fra le fibre radiali e sono da queste costrette in serie regolari parallele e fitte, disposte ad oc- cupare tutta la larghezza dell'area coperta dagli sfinteri nel farin- ge (fig. 25, 31, sfa, sfp). Tutti i muscoli del faringe, ma specialmente i circolari, che sono i più robusti, mostrano l'aspetto disegnato nelle fig. 25, 32 e specialmente nelle fig. 21 e 28: cioè una zona perife- rica fortemente colorata ed una centrale più grande poco colo- rabile, jalina all'aspetto, appena striata, quasi omogenea e, visti in sezione, possono sembrare (cilindri) cavi, come li figura il Brandes. Ora, nelle sezioni di individui in non perfetto stato di conservazione non si distinguono, negli sfinteri, fra i muscoli circolari di questi, le fibre radiali, che quelli separono in serie; e, conseguentemente, le fi.bre circolari aderendo fra loro e con le radiali, queste ne riem- piono, per dir cosi, gì' interspazii e si ha allora l'immagine che ha descritta e figurata il Brandes (fig. 20, 22) nelle sezioni tran- sverse (frontali, o sagittali) del faringe. E che lo stato di conser- vazione dell'esemplare sezionato dal Brandes non fosse dei migliori basta a farne certo 1' esame della sua figura 22 comparata con le mie. Secondo l'Haswell (5, p. 112) la struttura del faringe della T. Semperi, stando alla descrizione ed alle figure del AVeber, sa- rebbe alquanto diversa e più semplice di quella delle altre spe- — 78 — eie. Ma io mi permetto di dissentire in questo giudizio dall'Has- well, che, esaminando la descrizione, e più la figura 5, del Weber, io credo di poter concludere che il faringe di T. Semperi è fatto come quello delle altre specie del genere ed in esso esistono pure gli sfinteri or ricordati, dei quali uno, anzi, è assai chiaramente di- segnato (il posteriore) dal Weber che, solamente non lo ha bene in- terpetrato. Come pure a difetto d'interpetrazione da parte di questo A. devesi attribuire, come io penso, tutta la differenza che passe- rebbe fra la struttura di questo faringe e quello delle altre specie del genere. Fra le fibre radiali, nella regione media del faringe dove non vi sono gli sfinteri, si osservano delle cellule molto grandi, ramificate ed anastomosantisi per i loro prolungamenti, che hanno un grosso nucleo fortemente colorabile (fig. 31,c«). Sono queste le cellule , disegnate, ma non descritte, né identificate dal Brandes nella spe- cie in esame (fig. 20) e corrispondono a quelle delle quali prima parla l' Haswell (i, p. 290) incidentalmente, interpetrandole come nervose, e poi descrive di proposito ritenendole in parte glandolari- (maggiori) — e ne avrebbe riconosciuto il dotto escretore — in parte cellule escretorie: e sono pure queste stesse cellule che ha trovato il Piate nel laringe (zona centrale) di T. cìiilensis ed ha interpetrate come glandole unicellulari. Dalle mie osservazioni, tenuto presente quanto a proposito di queste cellule del faringe e delle ventose dei trematodi (più specialmente dei distomidi) ho dimostrato altrove (5, p. 76-78), io devo concludere sulla omologia di esse con quelle degli altri trematodi ed interpetrarle, come queste, come cellule nervose (giusta la prima opinione dell'Haswell). Il faringe si continua, mercè un corto e breve esofago (fig. 31, e), nell'intestino: è questo un sacco appiattito allargato d'aspetto ret- tangolare, visto di fronte; a sezione ellittica a convessità più ac- centuata dorsalmente, e che mostra, lungo i suoi margini laterali, delle bozze irregolari, indistinte, che determinano delle rime e sol- chi più, o meno accentuati ed evidenti. Esso occupa quasi tutto lo spessore della porzione centrale del corpo corrispondente al terzo medio di questo: posteriormente terminasi quasi rettilineo con una leggiera infossatura mediana ; anteriormente si spinge nella faccia ventrale, alquanto innanzi ed ai lati del faringe che, come ho detto, sembra approfondarsi nel sacco intestinale. Infero posteriormente, nella sua parte destra, si osserva quella, infossa- tura del sacco intestinale, che, come nelle altre specie, accoglie, ricetta e copre la porzione terminale del ricettacolo vitellino (se- minale ?) (fig. 6, 7, 18, 24 e-g) come meglio dirò in appresso. — 79 — La forma e disposizione del sacco intestinale essenzialmente non differisce da quella delle altre specie; essa ricorda un poco più da vicino quella della T. Jheringii^ secondo Haswell : diffe- risce pertanto, stando alla figura del Vayssière (^, fìg. 6) da quello della T. mexicana, come da quello della T. chilensis, secondo la descrizione del Piate (p. 529), che, se bene interpetro questa, sembra rassomigliare, invece, all' intestino della T. mexicana. Intorno al breve esofago, anche nella specie in esame, si trovano numerose piccole glandole unicellulari che interpetro come glandolo salivari, omologandole a quelle degli altri trematodi (fìg. 24c, gls). Queste glandole mancherebbero, secondo il Weber, nella T. Semperi; ma è molto probabile, come io penso, che esse si trovino anche in questa specie e sieno sfuggite al Weber, come penso che esistano ancora nella T. mexicana del Vayssière, come si trovano seconde le mie osservazioni nelle T. madagascariensis., nella quale sono esse assai più numerose e sviluppate che nella T. brevicornis. L'ectoder- ma esterno si ripiega nel cavo boccale e si continua con lo strato di rivestimento del lume della tasca faringea, che è del tutto simile air ectoderma e solo manca di nuclei , che vanno scomparendo dal cavo boccale verso il profondo della tasca. Questo sincizio anucleato si continua a sua volta con quello che riveste il cavo faringeo ed ha le stesse caratteristiche di quello della tasca fa- ringea, e si termina alla fine dell'esofago dove comincia Pepite - lio intestinale. Del quale, perchè nulla ho da notare di caratteri- stico, diverso da quanto si osserva nelle altre specie, non mi oc- cupo. L'ectoderma, che si inflette nel cavo boccale e si continua con il sincizio del prefaringe, ha una cuticola distinta, come l'ecto- derma esterna. Ed io interpetro qui come cuticola quello strato su- perficiale— che con la cuticola or detta si continua ed a questa si rassomiglia, e come questa ha contorno sfaldato— che si osserva lungo tutto il sincizio di rivestimento del prefaringe, del cavo faringeo e dell'esofago; strato che si distingue dal sottostante sin- cizio a prima giunta, perchè si colora più intensamente, nella stessa maniera che la cuticola esterna del corpo, come fra poco dirò (fìg. 25, 31, 32,ct). Intorno all'orifìzio (e cavo) boccale di forma tubolare, sboccano i condotti escretori, esili e sottili, di un gruppo delle glandole cu- tanee (mucipare) delle quali dovrò occuparmi più tardi. Questa os- servazione conferma quella del Brandes per questa specie (p. 574) e trova riscontro in quella di Weber che parla, appunto, (p. 20) di numerose glandole sboccanti nell' esofago ( prefaringe ) che , probabilmente , sono proprio omologhe a queste or dette della T. brevicornis ed appartenenti allo stesso gruppo di glandole cu- tanee. Di simili glandole non fa cenno, se bene intendo le sue pa- role, il Piate nella sua T. chilensis e V Haswell ne nega affatto l'esistenza nelle specie da lui studiate (5, p. 110). Del sistema nervoso non mi occupo qui, perchè non mi ha offerto nello studio particolarità di disposizione organica peculiari alla mia specie meritevoli di essere ricordate, comportandosi esso come nella comune delle Temìtocepliala. Ne alcuna differenza di struttura mi è parso di riconoscere negli occhi della T.hrevicornis, da quanto ha descritto Haswell nelle sue specie. Delle termina- zioni dei fascetti nervosi anteriori nei tentacoli della specie in esame ho fatto parola altrove, quando mi sono fermato a consi- derare ed interpetrare questi come organi speciali di tatto equi- valenti a quelli che avevo riconosciuti (tentacoli anteriori) in al- tri trematodi ectoparastiti (5, p. 110). Non ho osservato nella T. brevicornis gli speciali organi di senso descritti dall' Haswell in altre specie. Non avendo avuto a mia disposizione del materiale fresco, non ho potuto fare uno studio del sistema escretore: dalle sezioni, pertanto, mi sono accorto che nella struttura e nel modo di sbocco delle ampolle escretorie, queste non differiscono da quelle delle altre specie. E come in queste, possono interpetrarsi costituite da una sola grande cellula, con un grosso nucleo eccentrico evidentissi- mo e con distinto e grande nucleolo impigliato in un sottile reticolo a larghe maglie, che è allogato nel protoplasma periferico della cellula. Questo ha aspetto vacuolare, areolare, ed è scavato dalla ca- vità dell'ampolla ed è limitato nel lume di questa da uno straterello, come di cuticola, che si colora intensamente : il lume dell'ampolla comunica direttamente con l'ambiente per l'orifizio esterno formato dall' inflettersi dell' ectoderma esterno e vi è continuità tra que- sto e le pareti delle ampolle alla loro origine dall'orifizio esterno. Lo sfintere muscolare che nelle altre specie , secondo 1' Haswell (5, p. 114), circonda l'orifizio d'uscita delle ampolle, nella T bre- vicornis non sembra molto sviluppato, che non ho potuto ricono- scerlo con evidenza. Secondo lo stesso Haswell le ampolle sono rivestite da una completa tunica muscolare propria : nella mia specie questa manca, perchè dalle mie preparazioni non ho saputo convincermi della sua esistenza. Invece ho osservato, intorno lo sbocco dell'orifizio esterno, metter capo numerosi dotti glandulari provenienti da glandole profonde nel mesenchima (glandole cu- - 81 - tanee) che in quello si aprono. Non è senza importanza qui il far notare come la struttura delle ampolle escretorie di Temnoce- phala sia diversa da quella degli altri trematodi ectoparassiti (Eterocotylea). 2. dell' apparecchio della generazione Gli organi della generazione occupano la zona media del terzo posteriore del corpo: della loro ubicazione valgono a dare immagine generale le figure 6,7, dalle quali si ricavano pure i rapporti reciproci fra i maschili e femminili, dei quali dà un con- cetto più completo la fìg, 18, alquanto schematizzata, che è rica- vata da una preparazione in toto e completata dalla ricostruzione di serie di sezioni. Organi maschili — Dei due testicoli (che non intendo per- chè Weber chiami spermaria) di ciascuno lato, quello anteriore, situato quasi all' altezza dell' ovario e che si spinge di sotto e di lato al margine posteriore e laterale del sacco intestinale, è alquanto più piccolo del testicolo inferiore o posteriore (fìg. cit.). Secondo le mie osservazioni, il dotto efferente del testicolo anteriore non mette capo nel testicolo posteriore, come hanno sempre asserito Haswell (i. 3.) e Weber, ma esile e sottile, originandosi dalla estre- mità posteriore (prossimale) del testicolo anteriore alquanto eccen- tricamente raggiunge il testicolo posteriore, e si adagia sul contorno prossimale di questo, lo costeggia, seguendone ed accompagnan- done la curva, e va poi a metter capo nel grosso efferente del testicolo posteriore (fig. 18). Proprio nel punto in cui questo, che, come d'or- dinario, s' origina dalla superfìcie inferiore (prossimale) del testi- colo e lo costeggia per un tratto, seguendo il contorno della sua curva interna (prossimale), se ne discosta gradatamente per iso- larsi del tutto e decorrere in alto verso la vescicola seminale (fìg. 6, 7, 18, efta^ eftp; quest'ultima figura, essendo essa ritratta da un preparato schiacciato, i rapporti or descritti degli efferenti sono alquanto spostati, ed anche, a studio, un poco esagerati per meglio mettere in vista le cose ricavate dall'esame delle sezioni). Anche il Piate nella T. cJiilensis ha osservato alcun che di simile (p. 53! j) nei rapporti degli efferenti dei testicoli di ciascun lato, E ciò trova riscontro in quanto assai più distintamente, pertanto , si realizza pei testicoli deW Actinodacti/nella dell'Haswell, (4, p. 156 PI. XVI , fìg. 1). Mercè la fusione degli efferenti di ciascuna coppia di testicoli di ciascun lato ora descritta, s' integrano i due grossi vasi deferenti che, come si può ricavare dalle fìg. 6, 7, 18 e 6 — 82 — 24:6 , si comportano come è stato già descritto in generale per le altre specie. Essi risalgono fin'oltre il livello dell'orifizio genitale, dove, fondendosi insieme al disopra della cloaca, formano un bre- vissimO; grosso^ largo, condotto deferente unico che mette capo inferiormente e lateralmente nel fondo cieco, rigonfio, del pirifor- me ricettacolo spermatico (iìg. 18, 24 d, dfe^ rsjj). Questo si trova col- locato un poco più innanzi del pene e quasi nello stesso piano e ventralmente a questo e vi mette capo per uno stretto collo che si connette alla base e posteriormente col pezzo basilare del pene (cirrO; Haswell), il cosiddetto bulbo del cirro (^Hasw. j, nel quale si continua (fig. 18, 24 e-f j. Ho potuto constatare anche nella T. hrevi- cornis ciò che col nome di « ejaoulatory sac » [che corrisponde al « Drùsenartige Answellung » di Weber nella 1. Semjierl (p. 13, fig. 1)] ha descritto l'Haswell in alcune specie di Temnocephala {3, p. 123, PI. XII, fig. 11, PI. XIII, fig. 15, 21). Conservando la nomenclatura di Haswell, lo chiamo sacco ejacu latore; la sua forma ed i suoi rapporti si possono ricavare dalle tìg. 18, 24 g, se. La forma ristretta ed allungata del pene (cirro Haswell) rivolto in su e ricurvo, come il suo aspetto, che ricorda alla grossa un cornetto, si può ricavare dalle fig. 6, 7, 15, 18, 19b, p. Nelle fig. 11 e 16 ne ho poi rappre- sentato, a più forte ingrandimento, l'estremità distale per dimo- strarne la caratteristica struttura, che, come ha già fatto notare l'Haswell (5, p. 141, nota), lo distingue da quello delle altre spe- cie. 11 pene, come mostrano le preparazioni in toto e confermano le sezioni in serie (fig. 6, 7, 18, 19 a-b,24 e), si trova collocato ed allogato alla sinistra dell' animale e decorre da sinistra verso la linea mediana dal corpo. E si dirige obliquamente dal dorso al ventre, da sotto in sopra verso la cloaca genitale e sbocca nella porzione sinistra di questo sacco, dirimpetto lo sbocco dei geni- tali femminili che si aprono, invece, nella sua metà destra e ad un livello di poco inferiore dello sbocco del pene. Di guisacchè questo, protrudendo nella cavità cloacale, si dispone obliquamente, rivolto alquanto in giù , verso lo sbocco del condotto escretore dei genitali femminili (fig. 18, 19a, b, d, e, 24 g). La posizione dei testicoli ora descritta nella T. hrevicornis differisce da quella rico- nosciuta dall' Haswell , dal Semper e dal Weber nella massima parte delle specie di Temnocephala — nelle quali i testicoli sono situati molto più innanzi nel corpo, cosicché il testicolo anteriore si trova, invece, di lato al sacco intestinale e non dietro a questo come nella T. hrevicornis — e dal Vayssière nella T. madagasca- riensis nella quale i testicoli, che si comportano inoltre differen- temente da tutte le Temilo ce phala., sono disposti del tutto lateral- - 83 — mente al sacco intestinale. E basta un esame comparativo delle figure e descrizioni date dai citati autori delle specie T. fasciata, Comes, minor, Dendyi, quadricornis, novae-zealandiae, engei, Sem- 2)eri , madagascariensis, con quanto lio descritto e figurato nelle T. hrevicornis per convincersene a prima giunta. Dal che si ri- leva pure che una tale ubicazione e disposizione dei testicoli trova , invece , riscontro in quella descritta e figurata nella T Jheringii, dall' Haswell (5, p. 137, PI. XV, f. 2) — il quale giu- stamente mette questa caratteristica fra le differenziali di que- sta dalle altre specie — e trova pure riscontro, secondo quanto ho ])otuto vedere nella T. axenos (fìg. 10), nella T. mexicana, stando alla figura e descrizione dell' Vayssière {2, fìg. 6), ed, a giudicare dalla descrizione del Piate (p. 530), anche nella T. chilensis. Con le quali quattro specie (americane) di TenmocepJiala, la T. hrevicornis ha anche di comune un altro tratto della disposizione dei genitali maschili, che anche in queste specie il pene trovasi sul lato si- nistro dell' animale, a sinistra della sua linea mediana, come ho descritto nella T. hrevicornis (guardando l'animale dal ventre, si scorge naturalmente a destra). Ciò si ricava considerando la fi- gura della T. axenos (fig. 10) da me data, la descrizione, e più le figure, della T. Jheringii dell' Haswell (PI. XV, fig. 2) della T mexicana Vayssière {2, fig. 6) e della T. chilensis del Philippi, (fig. 6, vista dal ventre). Mentre esaminando le descrizioni e le figure del Semper (fig. 5); (comparando questa fig. con la fig. 2 si vede che quella è presa dal dorso) e del Weber (T. Semperi), del Vays- sière (i, fig.ll, 1-1, T. Madagascar iensis) e deU'Haswell (7,5) delle altre specie di Temnocephala si ricava che in queste il pene è collocato, invece, dal lato destro, a destra cioè della linea mediana del corpo (a sinistra naturalmente di chi guarda dal ventre l'animale). Nello schema dato dall' Haswell (1, PI. XX, fig. 6) della disposizione dei genitali nelle Temnocephala da lui allora esaminate , il pene trovasi, difatti, a destra dell'animale ciò che è confermato dalla sezione di T. fasciata rappresentata nella tav. XXI, fig. 4, nella quale la sezione del pene trovasi precisamente a destra (dell'ani- male). E che tale sia la disposizione del pene anche nelle altre specie che 1' Haswell ha di poi descritte nella sua Monografia, cioè, a destra dell'animale, si può ricavare facilmente dall'esame delle figure di questa, comparate con quelle dell'opera sua prece- dente {1) innanzi citate. Purché si tenga presente il fatto , assai facile a rilevarsi, sol che si esaminino comparativamente testo e tavole, che l' Haswell, nel determinare la ubicazione del pene nelle Temnocephala in genere, non ha tenuto conto di quella normale — 84 — di quest'organo rispetto all'animale, ma, come si rileva dalle sue parole riferite alle tavole (5, pag. 122, 123) ed allo schema da lui precedentemente dato {1), di quella che si manifesta all' osserva- tore che esamina la specie dalla faccia ventrale. Ciò che rappresenta una inversione di quella che è, in effetti, la posizione dell'organo rispetto all'animale, che esso, invece, trovasi alla destra della linea mediana in tutte le sue specie di Temno- cephala. Del che, tenuto presente quanto ho detto , ce ne danno la riprova le figure della T. JHeringii e della Craspedella Spenceri (3, PI. XV, pag. 3) dello stesso Haswell, che la Craspedella, come la T. Jìieringii e le altre specie americane innanzi ricordate, ha anch'essa il pene alla sinistra dell'animale i). Sulla presenza di glandole prostatiche nella T. brevicornis posso dir nulla di concreto: a me non è riuscito vederne come quelle prima descritte dall'Ha- swell nelle sue specie (i, p. 288, 296) ed ora dallo stesso illustrate nella T. Dendyi^ e recentemente osservate dal Piate nella T. clii- lensis (p. 530). Pertanto devo far menzione di un certo sacco che ricorda molto i due « granule reservoirs » figurati dall'Haswell nella T. Dendyi, che sboccano alla base del pene. Come ho cercato di rappresentarlo nello schema (fig. 18, vp)) questo organo sacciforme, a modo di pera , è collocato accanto e disotto (ventralmente) il bulbo del pene e si estende fino al deferente di sinistra ; esso sbocca per un sottile collo alla base del bulbo del pene, nel punto che in questo s'immette il peduncolo della vescica seminale. Della sua struttura , non so rendermi esatto conto : di quello che ho visto e dell'aspetto che mi hanno presentato le sezioni del detto organo ho data immagine nelle figure 19a-e e 24f-g. L' indico provvisoriamente come vescicola prostatica (fig. 18, 19, 24, vp). Organi f e m m i n i 1 i. — L' ovario, relativamente piccolo, ha l'aspetto sferoidale o piriforme: poco visibile per trasparenza nei miei preparati in toto, se ne ricostruisce la forma e la struttura, che non differisce essenzialmente da quella attribuita dall' Has- well alle Tenwiocephala, nelle serie di sezioni comunque condotte. Esso è situato a destra dell'animale, a destra della linea mediana di questo: come nelle specie americaue di TenmocepJtala [T. axe- ') E sempre preferibile di considerare gli organi secondo la loro posizione rispetto all'animale, non rispetto all'osservatore e sarebbe ancora desiderabile che tutti si uniformassero ad un tale criterio. Che se poi si voglia seguire , come l'Haswell, l'altro, sarebbe opportuno dichiararlo per evitare equivoci e confusioni, tra destra e sinistra, cosa già lamentata dal Braun (2) in una nota a piedi della pagina 736. nos, chilensis, meocicana, Jheringii) e conseguentemente nella parte opposta a quella di tutte le altre specie di Temnocephala , nelle quali, poiché il pene è a destra, come ho innanzi dimostrato, l'ova- rio trovasi a sinistra (v. Haswell 5, Weber, e sopratiitto lo schema citato del Haswell). L'ovario giace alquanto dorsalmente e trovasi quasi all'altezza del testicolo anteriore di destra ed a questo rav- vicinato L'ubicazione dell'ovario ed i suoi rapporti ora descritti si ricavano facilmente dalle fig. 6, 7, 18, 19 e, d, e, 24g, ov. Dalla parte infero -interna, ristretta a collo di fiasco, dell'ovario si origina l'ovidutto che si dirige dal dorso al ventre obliquamente da destra verso sinistra ed un poco da sotto in sopra; esso presenta, alla sua origine, un ispessimento muscolare anulare della poco spessa tunica muscolare dell'ovario —che rappresenta, come uno sfintere ovarico (fig. 19 c-d, sfo) — la quale passa, in quel punto, continuan- dovisi, in quella assai più forte dell'ovidutto e dell' o o t i p o. Questo si origina ben presto dall'ovidotto, che. come mostrano le fig. 18, 19c-d, ovd è brevissimo, e non è altro che uno slargamento dell'o- vidotto rivestito da una fortissima tunica muscolare, e raggiunge, dopo breve decorso , la cloaca genitale dove s' immette nel lato flestro di questa, e sbocca dirimpetto al pene, nel modo già in- nanzi descritto (fig. 18, 19c-e, oot). Ma, prima di sboccare, l'ootipo (che Haswell chiama utero) diminuisce di calibro, si restringe e si differenzia in quella parte terminale dell'apparato escretore dei genitali femminili che Haswell indica come vagina, e che corrisponde proprio a quell'ultimo tratto che ho proposto altrove di chiamare ovidotto esterno nei tre- matodi (4, p. 56, 5, p. 118) e più recentemente, col Ward, ho di- stinto col nome di metraterm (7, p. ÌO). L'indico, quindi, con que- sto nome, facendo notare come nella T. brevicornis e, come pare, nella comune delle specie del genere, manchi quel tratto, nel quale si soffermano le uova (utero propriamente detto\ che in altri tre- matodi decorre dall' ootipo alla porzione terminale esterna del condotto escretore femminile, il metraterm, che è qui solamente rappresentato (fig. 18, 19d-e, 24g, mt). Nel punto in cui l'ootipo diminuendo di calibro si restringe pei costituire il metraterm (la vagina"), si osserva un cercine forte e robusto, che ho schematizzato nella figura 18 e che colpisce a prima giunta nelle sezioni, specialmente transversali, il quale ab- braccia all'inizio il metraterm e lo circonda, questo, cosi, nettamente delimitando dall'ootipo. E questo uno sfintere muscolare, come lo interpetro dalla sua struttura, formato da forti e fitte fibre circolari, anulari, come mostra la fig. 19 c-e, sfot^ destinato a chiudere l'ootipo, quando esso accoglie l'uovo ed a facilitare l'uscita di questo spin- gendolo fuori nella cloaca con le sue contrazioni. Una struttura questa ora descritta che trova riscontro in quella della quale parla r Haswell nella T. novae-zealandiae ed ha figurata nella Tav. XIV fig. 3 (5, p. 129). L'ovidotto, l'ootipo ed il metraterm sono rive- stiti da uno strato abbastanza spesso che molto ricorda il sincizio ectodermico e presentasi pure striato : in esso non si osservano nuclei di sorta , ma sibbene una struttura quasi omogenea : nel metraterm esso presenta delle sporgenze ma non i denti chitino- si che ha descritto Haswell nella vagina (metraterm) della T. novae-zealandiae, innanzi ricordata. Lungo il decorso dell'ootipo si osservano numerose e grosse glandolo unicellulari allungate, pi- riformi a collo esile, molto lungo che penetra nello spessore del- l'ootipo, fornite di nucleo grande e ben distinto. Sono queste le glandolo del guscio che rivestono l'ootipo e sboccano in questo (fig. 18, 19 c-d, 24 g, glg). Non appena l'ovidutto vien fuori dall'o vario, subito dopo lo sfintere, alla sua sinistra e subdorsalmente si diparte ed origina, mercè uno stretto peduncolo (fig. 18, 19 c-d, 24 e-g, rt;), una grossa vescicola che risale verso il fondo cieco del sacco dell'intestino e si alloga nella insenatura di questo, innanzi descritta ed è coverta da questa insenatura, interponendosi, in tal guisa, tra ovario ed intestino e ripiegandosi intorno e sopra il primo come una una calotta (fig. 24e-g), Questa vescicola, da quanto io ho potuto interpetrare dèlia sua struttura, molto mi ricorda quella dell' Actinodacti/ìiella come la descrive l'Haswell (4, p. 157, PI. XVI, fig. 5) e differirebbe da quella delle altre Temnocephala secondo lo stesso Haswell (1, p. 128). Essa internamente è rivestita da uno strato , varia- mente spesso secondo lo stato di dilatazione della vescicola, di aspetto quasi omogeneo , o finamente granulare , che limita il cavo (lumen) di essa ed esternamente a questo strato si osserva una tunica di cellule grandi e con grossi nuclei, come nelVActino- dactynella, che è poi rivestita da una tunica muscolare esterna: le fig. 18 e 24 e-g danno un'immagine sommaria schematica di quanto ho visto e descritto. Nel gambo della vescicola si osserva, invece, un rivestimento sinciziale nel quale non posso asserire la presenza di nuclei — non essendo sicuro se possano interpetrarsi per nuclei certi corpicciuoli più colorati che vi ho scorti — e che , per ora , dico perciò senza nuclei, che si continua col rivestimento ora descritto dell' ovidotto (dell' ootipo e metraterm) (fig. 19c-d , 24 e-g) dal quale, come si è visto, il gambo della detta vescicola si origina. Questo gambo, specialmente al suo inizio , ha parete muscolare — 87 — assai spessa come quella dell' ovidutto , ma la tunica muscola- re delle vescicola , come mi pare , è meno sviluppata rispetto a quella del gambo. Semper, Haswell {1 p. 297), Weber hanno indi- cato come ('vescicolaì ricettacolo seminale femminile quest'organo: ma r Haswell (5, p. 128) ha potuto poi convincersi, con osserva- zioni a fresco e sul vivo, nonché sulle sezioni, che per la natura del contenuto di quest'organo e pel modo e tempo che esso fun- ziona, esso deve, invece, ritenersi un ricettacolo vitellino U Towards the period when a ripe ovum is to be discharged, the receptacu- lum becomes filled with yolk matter, which greatly, distends it until it assumes nearly the size of the mature egg.»)- Ma egli non esclude del tutto la presenza di spermatozoi in questo sacco. (« Sur- plus spermatozoa are to be found mixed with this mass, probably together with surplus prostate secretion »\ Io l'indico qui, seguendo l'Haswell, come ricettacolo vitellino, perchè non ho osservazioni a fresco e sul vivo per controllare quelle del detto autore, senza, per- tanto, pregiudicare la questione, che, a parer mio, questa non è esau- rita: e sta il fatto che, nelle sezioni, io non ho saputo riconoscere altro che ammassi di syjermatozoi nel cavo della detta vescicola. Ciò che mi porterebbe piuttosto a concludere che si tratti davvero di una vescicola (ricettacolo^ seminale come avevano prima pensato gli altri autori e lo stesso Haswell nel suo primo scritto , e non di un ricettacolo vitellino; ma in favore di questa interpetrazione v'è l'osservazione a fresco e sul vivo dell'Haswell ! Accanto allo sbocco di questo ricettacolo vitellino (o seminale) nell'ovidotto mette capo quello dei vit diogeni, il vitellodutto impari; circa il quale mi ri- mane dubbio se veramente, come ho disegnato nello schema (fig. 18, vidi) esso abbia sbocco distinto nell'ovidotto, o si apra nel pedun- colo del ricettacolo vitellhio, nel punto che questo si diparte dall'o- vidutto. Per quanto io abbia cercato di seguire il decorso del vi- tellodutto impari fino al suo sbocco così nelle sezioni come nelle preparazioni in toto (ed in una di questa 1' ho seguito fin quasi all'ovidotto, e da questa è riprodotto quello disegnato nello schema), non mi è riuscito accertarmi della cosa. L' Haswell (5, p. 130) non ha potuto seguire l'ultimo decorso dei vitellodutti, ne accertarsi del punto di sbocco del condotto vitellino; non è possibile perciò istituire confronto con le sue specie. Ma, stando al Weber (p. 15, Taf I, fig. 1\ il vitellodutto impari nella T. Semperi avrebbe sbocco distinto dal ricettacolo vitellino (receptaculum seminis We- ber^; ciò darebbe ragione di credere possibile quanto ho concluso in proposito della T. brevicornis. Il vitellodutto impari, come ho ricavato bene da un preparato in toto (quello dello schema, fig. 18), ha origine dairincontrarsi dei due vitellodutti laterali, che si fondono insieme, quasi nella linea mediana, poco innanzi l'altezza della cloaca (vtd). Questi risultano alla lor volta formati dalla rianio- ne di ramuscoli e ramuscoletti, 1' un nell' altro convergenti, prove- nienti dai vitellogeni, i quali si estendono abbastanza sulla faccia ventrale. Ma l'area da essi in questa occupata è meno estesa che sulla dorsale, dove essi si trovano in maggior copia (fig. 5, 24 c-g, vt), come nella comune delle specie del genere, e si spingono ancora oltre l'intestino (fig. 24f-g, vt). Anche in questa specie, come nelle altre del genere, manca la vagina , che si trova negli altri Trematodi Eterocotylea (ectopa- rassiti). Cloaca genitale — La cloaca, antro genitale, si presenta all' aspetto come un piccolo sacco a pareti muscolari bene svi- luppate che sbocca all' esterno nell' apertura genitale, mercè una sorta di breve collo. Questo sacco è disposto, come ho potuto ca- pire, da avanti indietro ed alquanto da sotto in sopra rispetto la superfìcie ventrale e l'apertura genitale (fig. 18, 19 a-e, 24 f-g, cg). È subappiattito e nella sua cavità sboccano, nei rapporti indicati, il pene ed il metraterm La tunica muscolare della cloaca forma conti- nuità con quella del sacco muscolare cutaneo e del metraterm: ma nel collo essa acquista uno sviluppo maggiore, specialmente nelle fibre circolari, che costituiscono, cosi, una sorta di sfintere anulare che può permettere, con le sue contrazioni, la chiusura dell'orifizio genitale (fig. 19 a, 29, 30, sfc) ; una struttura questa che trova riscontro in quanto Haswell ha notato in altre specie di Tem- nocephala {1. p. 295). Le pareti cloacali sono rivestite internamente da un sincizio anucleato che si continua con quello del metra- term del quale ha le stesse caratteristiche e verso il collo si con- nette con quello ectodermico che si ripiega nell'orifizio genitale: ed attraverso il collo della cloaca si può vedere come gradatamente^ con lo scomparire dei nuclei, il sincizio nucleato ectodermico si cam- bi nel sincizio anucleato della cavità cloacale (fig. 27, 29, 30). In- torno l'orifizio cloacale, in un piano tangenziale alla superficie del corpo , sboccano numerosi , esili condottolini , di altrettante nu- merose glandole cutanee profonde nel mesenchima— delle quali di qui a poco dirò— e che vanno raccogliendosi lungo il ventre verso la cloaca, formando come un denso strato sotto la muscolatura cutanea, per raggiungere le pareti dell' orifizio cloacale e sboccare in queste (fig. 24 e, d, f, g). Tutto intorno le pareti della cloaca e specialmente della superficie infero-ventrale di essa sboccano con lunghi dotti escretori delle altre glandole unicellulari grosse, piri- — 89 — formi, con grande nucleo e nucleolo distinto che molto rassomi- gliano a quelle del guscio per aspetto e struttura , ma sono di queste alquanto minori in dimensioni (fig. 19 d, 24 g, 30, gip). Data la posizione reciproca dei due orifizii genitali nella cloaca, la possibilità di protrusione del pene nella cavità di questa, la sviluppata muscolatura delle pareti cloacali , e la presenza di quella sorta di sfintere , or descritto intorno al suo orifizio , mi vien logicamente fatto di pensare che, mercè il ravvicinamento (ìegli orifizii genitali, per la contrazione delle pareti cloacali, e la chiusura dell'orifìzio cloacale^ per la costrizione dello sfintere cloa- cale, il pene, trovandosi, cosi, di contro il metraterm, protrudendo, s'immetta in questo, e si estrinsechi in tal modo, in questa specie un'autofecondazione ^). Che, dato lo stesso piano organico di disposizione dei genitali e dei loro sbocchi nella cloaca nelle altre specie del genere, con ogni ragione di probabilità si può am- mettere si estrinsechi anche in queste. Anzi, considerando, appunto, i rapporti organici delle parti, mi pare si possa giungere alla con- clusione che nelle Temnocephala V autofecondazione possa esser la regola. Secondo l'Haswell (e?, p. 130), invece, questa può avvenire ed è del tutto possibile, ma la regola sarebbe, per contro, la feconda- zione incrociata, mercè un accoppiamento (reciproco). Come questo possa avvenire, non riescono a spiegarmi ed a persuadermi le ra- gioni addotte dall' Haswell a sostegno delle sue conclusioni , che nulla provano di decisivo — come p. e. il fatto da lui constatato della fuoriuscita del pene (cirro) dall'orifizio cloacale — e possono essere anche invocate e ritorte in favore ed a conforto della tesi che r autofecondazione sia di regola. Ma è inutile fermarsi su di una simile discussione più a lungo; sarebbe oziosa: il tempo e una fortunata osservazione di fatto potranno decidere se si possa dare anche accoppiamento e se questo costituisca la regola, ov- vero confermare che, di fatti, la regola è Tautofecondazione e di- mostrare come questa si compia. \) E ciò ricorda quanto ho descritto avvenire nell' autofecondazione nei Cestodi (Tomiosoma) ; nei quali il sistema di fibre dell'antro genitale, clie cir- conda anche l'apertura genitale, contraendosi, determina in uno il ravvicina- mento degli orifizii genitali nell' atto della copula ed il restringimento e chiu- sura dell' apertura genitale all' esterno (v. Notizie intorno ad alcune specie di Taenia, in: Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. V, 1891, p. 167). - 90 — 3. dell'ectoderma, della muscolatura e delle gl and ole CUTANEE E e t o ci e r m a — Ho accennato altrove (o, p. 8) alla struttura del- l' ectoderma della T. hrevicornis come mi si manifestò negli esem- plari del Museo di Copenaglien che sezionai, nei quali non po- tetti riconoscere altro che un aspetto granuloso di tutta la zona ectodermica, nella quale sparsi, enon regolarmente disposti come nelle altre specie, vi erano dei nuclei; solo la superficie più esterna si mostrava differente dal resto. Gli esemplari che ha avuti fra mano il Brandes (p. 572) gli hanno premesso di vedere di più sulla struttura dell'ectoderma (cuticola come egli la chiama) di questa specie. Egli pertanto non ha potuto riconoscere distinti i tre strati descritti dall'Haswell: la cuticola (esterno), l'epidermide (me- dio) e la membrana basale (interno). Che considerando egli tutto l'ectoderma come cuticola, interpetra: a) lo strato esterno (cuti- cola di Haswell), quello stesso eh' io aveva pure osservato essere differente dal rimanente ectoderma sottostante come la « àussersten Theil der ganzen Cuticularschicht... die infolge der Berùhrung mit dem "Wasser eine gewisse Differenzirung erlitten hat, h) quello interno (la membrana basale Haswell), « als Theil des Cuticula, oder zarte Ectoparenchymlage oder endlich als B-ingmusculatur (p. 572) » Ma le osservazioni del Brandes sullo strato medio ( epidermide Haswell) hanno messo in luce delle particolarità di struttura con- fermate e constatate poi dall'Haswell in altre specie di Temnocephala [3, p. 101). Avendo a mia disposizione degli esemplari della mia specie meglio conservati, quelli inviatimi dal Giard (dell' Hydro- medusa tectifera), ho voluto tentare di riesaminare la questione del rivestimento cutaneo di essa e mi è riuscito di poter completare le mie osservazioni precedenti e quelle del Brandes. Infatti da uno sguardo alle fig. 20, 26 si può facilmente rilevare come nell'ec- toderma della T hrevicornis si riconosca la stessa struttura fonda- mentale che nelle altre specie. Una distinta membrana basale più intensamente colorata, quasi omogenea, non molto spessa, limita in- feriormente l'ectoderma dal mesenchima e dal sacco muscolare cu- taneo (mb). Essa evidentemente può interpetrarsi come prodotta da differenziazione dello strato periferico profondo dell' epitelio ec- todermico [epidermide di Haswell] che , come in tutte le specie del genere , per la scomparsa di ogni traccia di limiti cellulari , si è modificato in un sincizio nucleato (epe) , i grossi nuclei del quale ne occupano lo spessore e sono più o meno distanti l'uno dal- — 91 — r altro ^). Questo sincizio è limitato allo esterno da uno strato , anch' esso ben distinto e diversamente colorato dell' epitelio sin- ciziale— dal quale è distinto da una stria (linea) esile, sottile, più. scura — che corrisponde del tutto alla cuticola delle altre specie (et), e che, come tale, interpetro con l'Haswell, ritenendola prodotta dal sottostante epitelio sinciziale, allo stesso modo che la cuticola dall'ipoderma nei metazoi ad ipoderma ricoperto di cuticola. Que- sta cuticola corrisponde a quella parte più superficiale dell'ecto- derma che avevo già notato essere differente dal rimanente: per la quale , per lo cose dette , cade di fatto 1' interpetrazione del Brandes. Esaminando lo strato sinciziale (medio) dell' ectoderma, esso si presenta, nelle sezioni transversali e longitudinali come r ho ritratto nella fìg. 20 (v. pure fig. 23 , 31 , 33) ; aspetto un ]io' diverso da quello figurato dal Brandes (fig. 18 , 19) , ma che corrisponde più a quello rappresentato dal Weber nella T. Semperi fig. 4, ed anche, a quello della T. madagascariensis del Vayssière secondo le mie osservazioni su questa specie. Ed è, in parte, ancora conforme a quanto descrive e figura ^) V Haswell il p. 285, PI. XXI, fig. 1; 5, p. 100-101, PI. X, fig. 1, PI. XIV, fig. 4) nelle specie da lui studiate di Temnocepliala. Esso mostra, cioè, una striatura verticale , quella « sort of vertical fibrillation of the protoplasma » secondo 1' Haswell « due apparently to the presence of closely-set slender columns similar to those descri- bed by Bòhming as occurring in the epidermal cells of Rhabdo- cels ». E, difatti, lo strato medio in parola, cosi osservato nei pre- parati in toto, come nelle sezioni trasversali, per 1' alternarsi di 1) Il solo Weber (p. 5) lo dice come fatto di uno strato di « Zellen mit selir uiideutliclien, meist niclit erkennenbaren G-reuzen , cubisch voii Fonn , jedoch eiuigermaassen mit dem Contractionszustande des Kòrpers wechselnd » nella sua T. Semperi. Struttura che non si ricava dalla sua fìgui-a 4, Tav. II, la qviale, invece, mostra in h (feingestreifte Hypodermis oder Matrix) l'aspetto solito del sincizio ectodermico delle altre specie, né vi si può nemmeno lonta- namente riconoscere dei limiti cellulari e tanto meno delle cellule di forma cubica. Diguisacchè credo si possa , facendo astrazione dalla descrizione del Weber e considerando la sola sua figura 4 ( Tav. li), concludere che anche nell'epitelio ectodermico di T. Semperi i limiti cellulari sono scomparsi e si ha da fare con un sincizio nucleato come quello delle altre specie. Il quale al certo, come le osservazioni sullo sviluppo embrionale delle TennocepMla (in vero desiderabili) dimostreranno, avrà sua origine dalle cellule embrionali che formano 1' ectoderma priinitivo dell' embrione. -) Dico in parte, perchè alcune figure corrispondono, invece, più che alla sua descrizione, alle figure e descrizione del Brandes (Plat. X, fig. 2, 7). La figura 8, Tav. X poi, non mi è chiara affatto e non trova riscontro nel testo. — 92 - strie chiare e scure, ossia quasi incolori e forte colorate dai rea- genti , ricorda molto e richiama subito alla mente la struttura dell' epitelio ectodermico , descritto e figurato dal Bòhming in alcuni Eabdoceli e più specialmente nel Monoophorum striatimi (p. 180-182, Taf. XXII, fig. 7, 8, 12 b\ nel Plagiostoma siilphiireum (fìg, 9) e Microstoma unicolor. Nelle sezioni tangenziali il sincizio ectodermico si mostra come 1' ho rappresentato nella fig. 26: ha cioè l'aspetto di un reticolo a maglie larghe, scure, finamente gra- nulari, di vario spessore e forma, limitanti degli spazi meno co- lorati della rete e chiari, ora più, ora meno ampi. Comparando questa mia figura con quella che dello strato medio, esaminato in sezioni tangenziali, dà il Brandes della T. hrevicornis (fig. 16, 17), si nota una certa differenza fra le nostre osservazioni ; e, quantunque gli spazi chiari ora descritti ricordino i vacuoli descritti e figurati dal Brandes, io non saprei decisamente ritenerli ed interpetrarli come vacuoli. Le figure del Brandes corrispondono meglio a quelle 3 e 5 dell' Haswell (5, PI. X) che rappresentano sezioni tangenziali di ectoderma (strato medio, epidermide di T. fasciata); mentre la mia ricorda, invece, la fig. 4 (PI, X.) dell'Haswell (sezione tangenziale di T. novae-zealandiae). Questi vacuoli che essi descrivono e rico- noscono nel!' ectoderma delle Temnocephala, tanto il Brandes che l'Haswell (5, p. 100-101) reputano della stessa natura e corrispon- denti a quelle formazioni dell' epitelio ectodermico dei Rabdoceli note come « wasserklare Ràume » e come queste in comu- nicazione con l'esterno; che, secondo il Brandes, tali vacuoli nella T. hrevicornis « in einen feinen Porenkanal fortsetzen der an der Kòr- peroberflàche ausmùndet ». L'aspetto che ho osservato nelle sezioni tangenziali di T. hrevicornis mi rassomiglia molto a quello dell'epi- telio ectodermico disegnato dal Bòhming nel Monoophorum striatum e Vorticeros auriculatum (Taf. XII, fig. 12 a 10). E con ciò e per quel che ho detto in proposito non intendo negare la possibile esistenza ed interpetrazione di vacuoli degli spazi chiari fa le maglie, ma, da quel che ho visto, non parmi poter concludere che questi corri- spondono del tutto ai vacuoli (wasserklare Ràume) dell'epitelio ecto- dermico dei Rabdoceli, specialmente stando alla descrizione che di questi dà il Bohraing ed alle sue figure (p. cit. tav. cit. fìg. 7, 8, 10, 12, 13). E voglio pure notare che i vacuoli osservati e descritti dal Brandes e dall'Haswell differiscono ancora da quelli dei Rabdoceli in questo che, a differenza di ciò che ha osservato il Bòhming, essi non sono in comunicazione per mezzo di porocanali traversanti la membrana basale , con il mesenchima , ciò che afferma anche il Brandes a p. 673 quando scrive. « Eitien Zusammenhang dieser — 93 — Vacuolen (di T. hrevicornis) mit anderen Gebilden der tieferen Schichten vermòchte idi nicht aufzufinden ». La differenza fra le mie osservazioni e quelle del Brandes potrebbe, forse, trovare spie- gazione , se intendo bene quanto il Piate scrive dell' ectoderma della T cliilensis^ nelle osservazioni di questo Autore — al quale ri- mando il lettore (p. 528)— a proposito del vario modo di presen- tarsi di quello e delle serie di passaggio fra un modo e 1' altro. I nuclei del sincizio ectodermico sono abbastanza grandi , sferoidali od ovoidali, ed occupano, in diametro, più che la metà della larghezza della sezione dello strato medio di tutto 1' ecto- derma. Essi si mostrano come li ho disegnati nelle fig. 20, 23, 26, 31, 33 e non differiscono da quelli osservati e disegnati dal Weber ed Haswell {1, 3). Sono, pertanto, alquanto più distinti e mostrano meglio la struttura loro ed il modo come in essi si pre- senta aggruppata e disposta la sostanza cromatica, di quanto ha disegnato il Brandes (16, 17, 18, 19). Sono questi nuclei del- l' ectoderma che il Vayssière ha interpetrati nella T. madagasca- rtensis per glandolo unicellulari incuneate nello strato di piccole lunghe e strette cellule dell'epitelio esterno (interpetrando egli le strie per limiti cellulari). L' epitelio ectodermico, con la sua membrana basale e la cu- ticola è abbastanza alto ed uguale per tutto il corpo; solo nella ventosa posteriore mostrasi più alto di poco di quello del corpo (fig. 23\ Alla sua superficie non ho osservato nella specie in esa- me ciglia vibranti, come ne ha descritto 1' Haswell sul corpo di alcune specie di Temnocephala [T. minor, T. Dendyi) {3. p. 99), nò papille, od altre formazioni cuticolari come quelle descritte e figu- rate dall'Haswell (5, p. 100, PI. X, fig. 6) nella T. fasciata. Né mi è riuscito di riconoscere quelle sporgenze coniformi , terminate e coronate da un fascetto di peli rigidi che l'Haswell (5, p. 99, PI. X, fig. 1) ha trovato sparse alla superficie dell' ectoderma delle specie da lui studiate {T. fasciata) e che interpetra come organi speciali di tatto (v. p. 99). L'ectoderma è traversato nei punti di sbocco alla superficie delle glandole cutanee— delle quali dovrò ora occuparmi— dai dotti escretori di queste, che si possono solamente riconoscere bene quando sono pieni di sostanza escretizia. Come mostra la fig. 23 dcg, essi traversano i tre strati dell'ectoderma per raggiungere 1' esterno ed ora sono aggruppati tutti in una deter- minata zona dell'ectoderma (orifizio boccale, cloacale, delle am- polle escretorie), ora occupano una larga area (nella ventosa po- steriore (fig. 24 h, dcg), nei tentacoli). — 94 — L' ectoderma si ripiega nell' orifizio boccale , nel cavo geni- tale (come nel forame delle ampolle escretorie) per continuarsi col rivestimento di queste cavità, che, come ho detto, è anch'esso trasformato in un sincizio , ma non ha la struttura di quello ectodermico, dal quale si distingue inoltre, per l'assenza di nuclei. Ma il passaggio da un sincizio all'altro non è brusco e rapido, che già nello spessore degli orifizii boccale, cloacale, ed ampol- lare, come ho fatto già notare , il sincizio ectodermico comincia gradatamente a perdere le sue caratteristiche (striatura) ed a tra- sformarsi neir altro perdendo gradatamente anche i nuclei , che scompariscono, poi , del tutto nel sincizio di rivestimento inter- no (fig. 29, 30, 31), Ma la membrana basale ed il rivestimento cu- ticolare permangono in questo sincizio sempre distinti e non vi è soluzione di continuo fra questa membrana basale e questa cu- ticola e quelle dell'ectoderma esterna. Il Brandes, come si è visto, chiama cuticola tutto lo strato ectodermico delle Temnocephala che poi indica, nella spiegazione delle tavole come « kernartige Ge- bilde ». Evidentemente egli lo considera alla stessa stregua di quello degli altri trematodi da lui studiati. Che egli, pertanto, avesse voluto interpetrare come cuticola il rivestimento cutaneo dei trematodi , potrebbe aver avuto ragioni nella contestata ed ancora discussa natura di questo strato e la negata presenza ed asserita completa assenza di nuclei in esso ; ma non so come abbia potuto chiamar cuticola uno strato protoplasmatico con di- stinti nuclei , nel quale egli stesso riconosce rassomiglianza di struttura con 1' epitelio ectodermico dei Eabdoceli. Dalle conoscenze finora acquisite sulFectoderma delle Temno- cephala questa interpetrazione del Brandes , già fin da allora insostenibile, non può a nessun patto trovar credito. In esso si è, invece, autorizzati a riconoscere un'epitelio fornito di una di- stinta membrana basale , più o meno spessa secondo la specie, che è ricoperta da una ben distinta cuticola, più o meno svilup- pata secondo i casi, e che, come la membrana basale, è un pro- dotto dell'epitelio. Il quale, pur conservando molte delle caratte- ristiche di forme affini di Platelminti (ciglia , vacuoli ?) , si è trasformato in un sincizio per la scomparsa dei limiti cellulari delle cellule embrionali che 1' hanno originato e formato. Della quale maniera di essere dell' ectoderma delle Temnocefale pos- siamo riconoscere , da un canto , delle maniere di essere primi- tive ed iniziali in altre forme di Platelminti (Habdoceli) con epi- telio ectodermico a limiti cellulari indistinti, o difficili a ricono- — 95 — scere : e, dall'altra, una modificazione massima, in altre forme di Platelminti (Trematodi e Cestodi) con la scomparsa anche del nucleo nel sincizio ectodermico. Non è qui il caso di entrare in una simile discussione : come ho promesso altrove {7, p. K)), mi occuperò a -suo luogo e tempo di dimostrare la ragionevolezza della interpetrazione da me sostenuta, in base alle mie osserva- zioni, che appunto la cosiddetta cuticola dei Trematodi e Cestodi è un epitelio trasformato in sincizio, dal quale finiscono per scom- parire anche i nuclei. Ma non so tenermi dal far osservare quale argomento in favore della mia tesi apporti ciò che ho detto del- l'ectoderma delle Temnocephala. Che qui si ha la pruova diretta della trasformazione del sincizio nucleato esterno in un sincizio anucleato delle cavità comunicanti con 1' esterno e dei condotti genitali, che conserva tutte le caratteristiche del primo (membrana basale, cuticola superficiale) come ho descritto. Ed in perfetto paral- lelismo con quella inversa che si ha nei Trematodi e Cestodi dove, per contro, si può seguire il passaggio del sincizio nucleato dei condotti genitali e degli epitelii interni comunicanti con l'esterno (p. e. vescicola escretoria, v. mie memorie -5, p. 103, 210, 7, p. 14) nel sincizio anucleato dell'ectoderma esterno, con un processo ana- logo a quello descritto nelle Temnocephala per la trasformazione del sincizio ectodermico nucleato in quello interno anucleato. Ciò che costituisce la riprova e la conferma della condizione inversa dei Trematodi e Cestodi. Nei quali, come nelle Temnocephala, il sincizio esterno (come quello interno) poggiano su di una membra- na basale ed hanno una cuticola che è equivalente a quella esterna delle Temnocephala e corrisponde a quella interna di queste. Giac- ché io interpetro per cuticola nei Trematodi e Cestodi la parte su- perficiale dell'ectoderma che si distingue dal resto, nello stesso modo che la cuticola si distingue dal sincizio di rivestimento interno delle Temnocephala. Ne contro l'interpetrazione, che io difendo, dell' ectoderma, possono ritenersi decisive le osservazioni recenti del Blochmann ; che , anzi , esse possono venire Inter petrate in maniera del tutto favorevole alla tesi che sostengo : e , conside- rate sotto un nuovo punto di vista ; potrebbero forse darci ra- gione e spiegazione dell'origine e modo di formarsi delle glandole cutanee. Muscolatura — Disotto la membrana basale dell'ectoderma, ed a questa dappresso addossato, si scorge lo strato delle fibre muscolari circolari, strato poco spesso, sottile, e costituito da fibre piuttosto fini. Di sotto questo strato, internamente , ed alquanto — m — da esso discosto, ma non cosi tanto come in altre specie ha de- scritto e figurato l'Haswell (1, p. 286, fìg. 1, PI. XXL5,pag. 105, PI. X, fìg. 1) si osserva lo strato delle fibre muscolari longitu- dinali che è assai più spesso dell' altro e formato di fibre forti e robuste. Le fig. 23, 31, 33 me, mi danno un' immagine in sezione trasversa dei rapporti e della diversa maniera di presentarsi di questi strati di fibre muscolari del sacco muscolare cutaneo. E ancora più spesso è lo strato di fibre muscolari longitudinali sul ventre che non lungo il dorso, come avviene nelle altre specie; e più ancora, come pare in questa che esamino, esso è sviluppato verso la metà posteriore del ventre. Haswell descrive e figura queste fibre muscolari longitudinali (1, fig. 4, PI. XXI, fig. 17, PI. XXII; 3, fig. 1 , PI. X) come costituenti fasci divisi fra loro e dispósti a serie: un tal fatto non ho potuto constatare nella specie in esame, dove ho solo notato come tra le dette fibre s' insinuino quelle dorso-ventrali, numerose e forti che s'interpongono fra le longi- tudinali per andare ad inserirsi sulla membrana basale (v. fig. 33). La disposizione reciproca delle fibre del sacco muscolare cutaneo della T. hrevicornis rassomiglia assai a quella della T. Semperi secondo Weber (fig. 4); anche perchè, come in questa, nella specie in esame non ho potuto riconoscere il terzo strato di muscoli dia- gonali incrociantisi disegnato dal Brandes nella fig. 18, ma non descritto. Strato che, secondo l'Haswell, si troverebbe interpolato fra i due sopra detti (5, p. 104), ma che egli neppure descrive, ne figura. Di guisa che mi ri man dubbio su ciò che il Brandes ha interpetrato e disegnato come fibre diagonali, non sapendo nem- meno quale regione del corpo interessa la sua sezione, perchè, in certe regioni del ventre , si può osservare una deviazione dalla verticale di parte o di tutte le fibre longitudinali (base dei tenta- coli, estremo posteriore). Le sezioni trasversali delle fibre muscolari hanno figura irre- golarmente poligonale o siibcircolare , se la sezione capita nor- malmente alla fibra, più o meno ellittica, se la sezione è venuta obliqua (fig. 20, 33). Esse presentano una zona chiara , larga, poco colorabile, centrale , midollare , ed una esterna più sottile, corticale, fortemente colorata ed a contorni esternamente ed in- ternamente irregolari (v. fig. 33, mi), la parte contrattile della fi- bra. Secondo l'Haswell nei suoi preparati l'immagine si presentava invertita, perchè, secondo lui [8, p. 105), « In cross section they (le fibre muscolari) sometimes appear to contain an axial darker core by a clarer cortical substance », Ciò che, veramente, non parmi troppo in accordo con quanto egh stesso disegna nella sezione (fig. 1. — 97 — PI. Xì eli T. fasciata; nella quale a me pare di riconoscere, invece, r aspetto che mostrano le mie sezioni di fibre. Le fibre mnsco- lari ora descritte hanno, dunque, la stessa , identica struttura di quelle del faringe e degli sfinteri di questo, e possono presentare nella parte centrale, anch'esse, una striatura, come quella descritta nei suddetti muscoli; e, come in questi, non vi si osservano nuclei (fig. 20, 21, 33). Comparando ora la mia descrizione e le mie figure delle sezioni trasverse e longitudinali del sacco muscolare cutaneo con quelle del Brandes (fig. 18, 19), si rileva non poca differenza fra le mie e le sue osservazioni. L'immagine che egli ha ricavata dalle sue sezioni — evidentemente dovuta allo stato di conserva- zione, poco favorevole, dei suoi esemplari— data la struttura, delle fibre muscolari, che possono sembrare cave in sezione, dato come esso si trovano disposte fitte fra loro ed intramezzate dalle dorso- ventrali come ho descritto innanzi (fig. 33), e data ancora la con- dizione di conservazione dell'animale, può venir facilmente spie- gata tenuto presente quanto ho detto per spiegare 1' immagine da lui fissata delle sezioni degli sfinteri del faringe. Si potrebbe quasi dire che il suo disegno rappresenti la negativa di quanto è effettivamente, come ho raffigurato nei miei disegni. Glandole cutanee. — Glandole cutanee nel vero senso della parola , sparse disotto 1' ectoderma alla periferia del corpo non se ne trovano nella T. hrevicornis. Invece più profondamente, immerse nel mesenchima, si trovano molte e grosse glandole uni- cellulari, l'aspetto generale delle quali, come la loro disposizione nel corpo, può ricavarsi dalle figure 6, 7. Le sezioni transverse ci rivelano poi meglio la loro ubicazione rispetto agli altri or- gani del corpo. Esse sono, difatti, aggruppate in maggior numero lungo i lati del corpo e si spingono più sulla faccia dorsale, dove si estendono anche del tutto nella regione anteriore, innanzi l' in- testino, e nella posteriore , dietro l' intestino, dietro e fra gli or- gani genitali (fig. 6, 7, 24, 30, 31j. Queste glandole sono cosi grandi che si scorgono anche a piccolo ingrandimento (anche perchè si colorano più fortemente) nelle preparazioni in toto come fanno fede le fig. 6, 7. Ma i loro dotti escretori, se non sono ripieni di sostanza d'escrezione che li faccia distinguere dal mesenchima nel quale decorrono, sono difficili a riconoscersi, tanto essi sono esili e sottili. E non è certo, p. e., ad un primo esame che si possa, nelle sezioni transverse, nella massa granulare, addensata a collina nella faccia ventrale contro il sacco muscolare cutaneo e di spes- sore relativamente considerevole (fig. 24 c-g), riconoscere le sezioni di altrettanti dottolini escretori delle dette glandole. Per il che - 98 — è necessario seguire il decorso di questi fino al loro sbocco (le sezioni frontali servono bene allo scopo) intorno l'apertura cloacale. Che questa , in sezioni tangenziali alla superficie dei suoi margini, si mostra circondata da innumerevoli esili dottolini (fig. 27, 29), i quali, giunti alla membrana basale, la trapassano per sboccare all'esterno attraverso il sincizio ectodermico e la cuticola sovra- stante. E sono appunto essi, che, raccogliendosi lungo la faccia ven- trale, per decorrere verso lo sbocco e raggiungere la cloaca, for- mano il fitto strato, che si osserva nella parte ventrale di questa, addossato al sacco muscolare cutaneo e che, nelle sezioni, assume l'aspetto teste descritto. Queste glandole le ha già indicate e disegnate il Brandes fp. 569-70, 674, fig. 8, fig. 21) nella specie in esame e ne ha ri- conosciuto il lungo dotto escretore; egli ammette pertanto che riunite in gruppi sbocchino , oltre che intorno all'apertura cloa- cale, anche in singoli punti del corpo; ed un certo numero anche nella cavità boccale. Difatti, come ho potuto constatare, tutte le glandole in esame nella T. hrevicornis si ripartiscono in cinque gruppi più, o meno numerosi in glandole. a) Uno centrale, più numeroso di tutti in glandole, disposte ai lati del corpo, e che si spingono alquanto verso il ventre, lateralmente al sacco intestinale ed esternamente ai vitello- geni che occupa la regione centrale del corpo e si inoltra ancora po- steriormente estendendosi ai lati degli organi genitali (fig. 6, 7, 24 b-g, gli): i dotti escretori di questo gruppo sono appunto quelli che ho teste descritti, che raccogliendosi lungo la faccia ventrale, de- corrono numerosissimi parallelamente a questa e sboccano intor- no r orifizio cloacale come ho detto (fig. 29, 30). b) Un secondo gruppo di glandole si trova dietro e fra i genitali e dorsalmente a questi e si estende fin nell' estremo posteriore del corpo (fig. 24 h, 30, glm) : i dotti escretori di queste glandole si raccolgono nel pedicello della ventosa, verso il quale tutti decorrono, e sboc- cano nel cavo di queste, sfioccandosi lungo tutta la superficie con- cava della ventosa (fig. 23, 24 h). e) Un terzo gruppo è quello che occupa la parte anteriore del corpo innanzi il sacco intestinale ed ai lati del faringe e si estende fino alla base dei tentacoli, disposto dorsalmente : queste glandole sboccano per i loro lunghi dotti escretori, lungo la faccia ventrale dei tentacoli nell'interno dei quali essi decorrono (fig. 24 a, glm). ci) Il quarto gruppo consta di glandole che si raccolgono innanzi il sacco intestinale, frammezzo e dietro quelle del terzo gruppo ed accanto e lateralmente al faringe : i dotti escretori delle glandole di questo gruppo, che è più piccolo — 99 - assai degli altri tre, sboccano, come ho innanzi descritto, intorno rorifizio boccale (fig. 24 h,glm). e) Il quinto gruppo, risulta in realtà di due gruppetti secondarli di glandole, interposti fra le glan- dolo del terzo e quarto , i dotti escretori delle quali sboccano, come ho accennato, nell'ectoderma dell'orifìzio delle ampolle escre- torie e tutt' intorno a questo. Queste glandole cutanee ora descritte corrispondono a quelle delle altre specie di Temnocephala e , come in queste, i diversi gruppi non possono individualizzarsi altrimenti che dalle vie di escrezione, secondo, cioè, il decorso dei dotti. Ma i gruppi finora osservati dal Weber {T. Semperi) e dall'Haswell {T. fasciata, T. minor) nelle altre specie sono solamente i tre primi della T. hrevicornis: gli altri due sono propri di questa specie , che è la prima nella quale siano stati con certezza osservati sboc- chi di glandole cutanee intorno l'orifizio della bocca e delle am- polle escretorie. Pertanto, comparando ancora il modo come que- ste glandole si comportano nella T. hrevicornis con quello che si osserva nelle altre specie (secondo Weber ed Haswell), sembra es- servi una certa differenza nella loro distribuzione. Ma perchè non ho avuto a mia disposizione del materiale vivo da permettermi osservazioni a fresco , come quelle dei citati autori , non posso affermare e determinare quale e quanta sia questa differenza che mi sembra scorgere. I condotti escretori di queste glandole nello sboccare cosi nel- l'orificio boccale e cloacale, come nella ventosa e nei tentacoU si comportano alquanto diversamente da quanto ha visto e figurato il Brandes (p. 569-570, fig. 8). Ciò che, come egli supponeva pro- babile, è appunto da ascriversi ad equivoco, .perchè se essi sboccano l'uno accanto all'altro, spesso assai ravvicinati, son sempre fra loro distinti, come mostra un esame particolareggiato degU sbocchi nel- l'orifizio genitale (fig. 29) —che sono poi quelli figurati e descritti dal Brandes — e come comprovano quelli delle glandolo della ven- tosa, che per essere alquanto meno fitti fra loro, possono meglio seguirsi singolarmente fino allo sbocco nella pelle esterna (fig. 23, 24 h). Sono d'accordo col Weber nel ritenere non possa esservi ragione di dubbio nell'interpetrare come cutanee queste glandole ed anche 1' Haswell che da prima era d' opinione contraria ora {3, p. 106) accede a quella del Weber ed esclude quindi che pos- sano, come prima pensava {1), essere cellule del mesenchima mo- dificate. E le ragioni addotte dal Weber trovano appoggio nel fatto che anche in altri Platelminti le glaudole cutanee possono appro- fondarsi di molto nel mesenchima, come è il caso delle glandole in questione ed il dotto escretore, conseguentemente, allungarsi più o — 100 — meno: cosicché credo si possano bene ritenere queste come glandole cutanee laolto approfondate nel mesencliima. Queste glandole che ricordano quelle descritte nei Rabdoceli (Bohming) hanno la strut- tura e mostrano l' aspetto che ho rappresentato nelle fig. 22, 30: hanno un grande nucleo, un nucleolo fortemente colorabile ed un protoplasma vacuolare, a vacuoli grossi, che sembra reticolare a maglie grosse, carico di piccoli cor picei noli sferoidali scuri che sono gli stessi che addensandosi nei dotti escretori li rendono visibili. Questi granuli si raccolgono in gran copia nella parte centrale deUa cellula intorno al nucleo e nella regione donde parte il condotto escretore, e sono più radi a misura che si va alla periferia della cellula dove si accolgono nei vacuoli , nei quali sembra si sieno formati e prodotti. Esse glandole segregano, stando a quanto si sa dalle osservazioni dell'Haswell (5, p. 106-108), una sostanza, mu- cosa, viscida, attaccaticcia, che nella ventosa posteriore, come pare, si accoglie in maggior quantità e vi resta coagulata dai fissativi e dall'alcool e forma strato alla superficie del cavo di questa. La secrezione in parola sembra destinata — almeno quella del gruppo di glandole dei tentacoli e della ventosa — a favorire l'adesione, aumentando il potere adesivo di questa e dei tentacoli ; che quella delle glandole che sboccano nell'orificio cloacale , come ve- dremo, pare deputata a tutt' altra funzione (v. p. 103). E diversa sembra pure quella delle glandole che sboccano intorno l'orifizio boccale, forse e destinata ad invischiare la preda; e, probabilmente, anche diverso valore fisiologico avrà quella delle glandole che sboccano intorno l'orifizio delle ampolle escretorie. III. Delle uova Le uova della T. hrevicornis^ che ho avute insieme con gli esemplari della Hydromodusa tectifera per cortesia del Prof. Griard, hanno la forma di pera capovolta, che è rappresentata nelle fig. 12, 13: sono brevemente pedicsllate dal polo ristretto, subacuto, ed il pedicello ha aspetto striato e diverso da quello del guscio al quale è attaccato. Questo mostra doppio contorno, spesso e di co- lore scuro: non ha opercolo distinguibile. Alcuni gusci erano aperti, come tagliati e privi del polo grosso, e vuoti ; altri contenevano embrioni molto avanti nello sviluppo od a termine, dei quali ho fatte delle preparazioni, dilacerando il guscio, ma non ne ho data immagine, né qui me ne occupo, che nulla presentavano che me- ritasse d'esser ricordato nel caso mio. Nella fig 12 è rappresentato un gruppetto di queste uova con i loro pedicelli aderenti su di un — 101 — corpo informe, indistinto, allungato, come fascellino appiattito, ed anche attaccati fra loro , alla base , da una sostanza che sembra formare il corpo sul quale aderiscono, e come fatta di muco rappreso e solidificato ed infarcito di sostanze estranee. Osservando da vicino il pedicello (fìg. 13,14) si può facilmente scorgere come esso mostrisi differente dal guscio, come ho detto, e si può riconoscere che non è una continuazione della sostan- za di questo, ma ad esso aderisce per una larga base. E mentre il guscio è levigato, lindo, pulito, terso all'aspetto, nel punto di attacco del pedicello , intorno alla base slargata di questo , si vede un' accumulo sottile di piccoli granuletti e corpicciuoli e di sostanza come raddensata e coagulata dall'alcool (fig. 14). Que- sto aspetto ed il rapporto del pedicello col guscio ora detto mi hanno fatto subito pensare che anche in questa specie — come ho dimostrato per il filamento unitivo che ho descritto {1) nelle uova di quella specie che ho ritenuta come T. chilensis {T. cixenos) — il pedicello fosse di natura e di origine diversa dal guscio. Per convincermene , ho tentato anche per queste uova il trattamen- to con una soluzione di potassa caustica (concentrata): ed ho ot- tenuto il medesimo risultato che per il filamento unitivo delle uova di T ajceìws; perchè anche il pedicello della T. hrevicornis si è sciolto, rimanendo, invece, intatto il guscio. Dal che io mi credo autorizzato di concludere che anche il pedicello delle uova in parola , come il filamento unitivo delle uova di T. axenos , possa ritenersi prodotto e formato dalla secrezione di speciali glandolo, la quale, investendo il guscio, si accoglie, si addensa e si riduce, attacandovisi, all'un dei poli del guscio, quello più acuto. E quando l' uovo vien deposto fuoriuscendo all' esterno pel polo ottuso , si tira in filo — donde l'aspetto striato , cosi facilmente spiegato — si allunga e si solidifica per l'azione dell' ambiente esterno. Le glandole speciali che sarebbero deputate a produrre un tal secreto, sono da ritenersi quelle che, come ho innanzi descritto, l^p. 88, fig. cit.) sboccano nella cloaca genitale per la quale l'uovo deve passare per venir deposto, e nella quale fors'anco si sofferma, se si sta a quanto descrive e figura il Semper (p. 310, tav. 23, *fig. 5 u), tenendo conto che quel che egli chiama vagina è appunto la cloaca genitale. E poiché il pedicello delle uova di T hrevicornis trova riscontro in quello di T. madagascariensis, T. mexicana e delle altre T. a corto pedicello (T. chilensis. Piate, T. novae-zealan- diae, T. minor T. quadricornis Hasw), e dall'esame del pedicello del guscio delle uova di T. madagascariensis ho visto che que- sto si comporta come quello di T. hrevicornis, sono condotto ad - 102 — ammettere che il pedicello delle nova di tutte le altre specie di Temnocephala, che ne sono provviste, ed il filamento unitivo delle uova di T. axenos, possano essere analogamente prodotti da glan- dolo omologhe a quelle ora ricordate nella T. hrevicornis^ e quin- di non è omologo a quello degli altri Trematodi ectoparassiti ad uova pedicellate. E considerando le figure del Weber (8, 9 Taf. II) e più specialmente la fig. 6 e la descrizione che egli dà di quell'appendice delle uova di T. Semperi eccentricamante situata sul guscio e che chiama « Schornsteinfòrmig »,non mi par dif- ficile poter riconoscere in essa un pedicello iniziale (o rudimentale) (v. pure Braun 3, p. 499), paragonabile e comparabile a quello delle altre uova pedicellate di Temnocephala. ^) La stessa interpetrazione che a questa piccola appendice delle uova di T. Semperi mi pare si possa anche dare al brevissimo e piccolo pedicello delle uova di T. fasciata (Haswell 1, p. 299, PI. XXII, fig. 18) anch'esso eccentrica- mente disposto sul guscio, e che molto trova riscontro in quello del- la T. Semperi; fatto pure notato dallo stesso Semper (p. 19). Il che ammesso, ne vien di ragione il ritenere possibile che anche queste appendici possano ritenersi formate dalla secrezione di glandole omologhe a quelle or ricordate. E dalla secrezione delle glandole in parola — che potremmo chiamare , come quelle del guscio , glandole del pedicello — sarà, forse, da interpetrarsi anche formato ciò che descrive il Piate al polo opposto, di quello pedi- celiato, nelle uova della T. chilensis (p. 528). Le uova di T. hrevicornis, quando vengono deposte, restano attaccate alla superficie del corpo dell'ospite per i loro pedicelli da una sostanza di secrezione (mucosa , viscida) che si racco- glie alla base di questi. E, come ho descritto innanzi, cementan- doli fra loro e con la superficie del corpo dell'ospite, riunisce a gruppetti più o meno numerose uova insieme, e forma a queste una sorta di base (il corpo informe del quale ho fatto prima cenno), con la massa della sua sostanza, che le mantiene unite quando si cerca staccarle dall'ospite. Questa secrezione, come io in- terpetro i fatti, è il prodotto delle glandole cutanee che sboccano, come si è visto, intorno all'orifizio della cloaca genitale. Interpetra- zione che è conforme a quella data loro dall' Haswell (5, p. 108 ') Per il Weber (p. 18) ditatti è chiaro che « der Resi eines Organes sei, das anfànglich bedeutender war » un pedicello (?), come è da supporre da quanto più innanzi dice, paragonandolo al corto pedicello delle uova di T. fasciata descritto dall' Haswell. — 103 — 129) che appunto le ritiene depatate a fornire la sostanza di secre- zione che involgendo, sia isolatamente ( T. Semperi)^ sia più insieme {T. fasciata)^ le uova senza pedicello, o con pedicello rudimentale, quando vengono deposte, le fa aderire alla superficie dell'ospite. E jìoichè ho visto che anche le uova di T. madagascariensis (e dal di- segno delle uova di T. meoàcana (fig. 10) del Vayssière si può ri- tenere avvenga lo stesso anche in queste uova) aderiscono fra loro alla base dei pedicelli nello stesso modo che quello delle uova di T. hrevicornis e come queste sono riunite a gruppetti (sull'ospite) ; e poiché ancora, pui-e le uova della T. axenos erano riunite fra loro dalla sostanza d' aspetto di muco solidificato dall' alcool che in- tercedeva nel grovigliolo formato dai filamenti unitivi (v. fig. 1 della mia nota) e con ogni probabilità deve ritenersi aderissero all'ospite (ignoto) sul quale fu raccolta la specie, credo si possa generalmente concludere : Che le uova delle Temnocephala si at- taccano alla superficie dell' ospite mercè il secreto di queste glan- dole cutanee che sboccano intorno l'orifizio cloacale; secreto che ver- rebbe emesso nel momeato che le uova, varcandolo, vengono depo- ste; ed ora le avvolge più o meno interamente, come in alcuni casi, — sia isolatamente, sia più insieme — formando come una sorta di e o- con, che ricorda un poco il co con di alcuni Platelminti liberi [alcuni Policladi e Rabdoceli {Fecampìa)] — , ora, invece come in altri casi, si raccoglie intorno ai pedicelli, o frammezzo i filamenti unitivi [T. axenos). Ed essendo esso, come si ha ragion di pen- sare, viscido, attaccaticcio, fissa le uova all'ospite; e nella maggior parte dei casi le riunisce fra loro in gruppetti di uova, or più or meno numerose ^). Queste glandolo come ho proposto (v. o, p. 114) si potreb- bero indicare — in vista della funzione alla quale esse sem- brano destinate (v. p. Haswell 1 , p. 288 , 3 , p. 108 , 129) di tornire , cioè , la sostanza che serve ad attaccare le uova all'ospite e fra loro — col nome di già nd ole glutini pa- re, ricordando, pertanto, che non sono le omologhe di quelle indicate col nome di Kittdrùsen dal Weber , le quali, inve- ce, corrisponderebbero alle glandolo del pedicello innanzi descritte 2), Come, dunque, nelle altre specie di Temnocephala anche ^) Secondo il Weber le uova della T. Semperi non sono insieme riunite; tuttavia va notato che egli dice che spesso si trovano « dichtnebeneinander ». Nella T. novae-zaelandiae secondo l'Haswell [3, p. 139] le uova non sono riunite fra loro. 2) Nella mia nota {1, p. 6) ho espresso l'opinione che i filamenti unitivi delle uova di T. axenos fossero prodotti da glandole analoghe ed omologhe a — 104 — nella T. hrevicornis solo il gruppo, più numeroso, mediano, delle glandole cutanee sarebbe destinato alla funzione or indicata ; quelle degli altri gruppi, che, come si è visto, avrebbero altra fun- zione, potrebbero, invece, distinguersi dalle glutinipare, colnome collettivo di glandole mucipare. IV. Dell' Habitat della specie La T. hrevicornis vive all'ascella dei Cbeloniani di acqua dolce, aderente alla pelle dell' ospite per la sua ventosa posteriore e vi depone le uova, che a quella si attaccano, come innanzi se è visto, allo stesso modo che le uova delle altre Terìwiocephala si attac- cano ciascuna all' ospite della propria specie. Finora la T. hrevi- cornis sarebbe stata trovata su due specie di Hydromedusa {maxi- miliani Mikan e tecfÀfera Coope) ed una di Hydraspis [gihha Schweigg). Ma ciò merita conferma da ulteriori ricerche, le quali come hanno confermata l' esistenza di questa specie, ospite della ascella de Cheloniani di acqua dolce, potranno ancora assicurarci se realmente la stessa specie è ospite di Cheloniani diversi ( ge- nericamente e specificamente). Che davvero , considerando le cose, non parmi possa escludersi del tutto il dubbio che le determina- zioni del Reinhardt del 1856, (Hydromedusa flavilahris e Platemys radiolata (che ho tradotte nella nomenclatura del Boulenger), siano del tutto esatte e non si possa, per avventura, riconoscere che una sola ed unica specie di Cheloniano nell'ospite della T. hrevicornis ^). quelle dell'Haswell dell'orificio cloacale: a queste invece, che non mancano come ho ragion di credere in T. axenos fig. 9, deve attribuirsi il secreto che unisce per i filamenti le uova fra loro e le fa aderire all'ospite; che il fila- mento unitivo deve ritenersi, per le cose dette innanzi, prodotto dalle glan- dole del pedicello che le ulteriori ricerche riveleranno anche in questa specie. 1) Consultando, difatti, il Boulenger (op. cit. p. 211-212) ed esaminando la si- nomia delle due specie del genere Hijdromedusa (miximiliani Mikan e tecti- fera Coope^ si rileva come queste sieno state, per lo passato, scambiate fra loro. Non si può, quindi, esser del tutto sicuri di quale delle due iatenda par- lare il Reinhardt, e si hanno, invece, molte ragioni per pensare, dato che i nuovi esemplala di T. hrevicornis provengono dalla H. tectifera (del sud Bra- sile) che l'ospite determinato dal Reinhardat possa essere questa e non l'altra specie di Hydromedusa. Quanto poi alla terza specie di Cheloniano {Platemys rrirZio^ato), indicata come ospite della T. hrevicornis dal Reinhardt, é assai dif- ficile dire quale essa veramente sia, che Platemys radiolata, riferita a Dum. Bibron, figura solamente — e con un punto interrogativo —fra i sinonimi di Hy- draspis. gihha ; come con un punto interrogativo vi figura l' Emys radiolata Wied.— che è poi fra i sinonimi della PI. radiolata di Dum. Bibron (Voi. II, p. 412, 1835)— nel catalogo citato del Boulenger (p. 224). - 105 - V. Rapporti biologici tra Temnocephala ed ospite Il "Weber, nella nota a pag. 26 già citata , scrive « Herr Monticelli nennt Temnocephala zwar fortwàrend ectoparasitische eigentlicli aber wolil mit Unrecht, da wir es hier ja gar niclit mit ei- nem Parasiten zu thun haben » . Ma egli non si dà la pena di dar ragione di una cosi apodittica asserzione , dalla quale non s' in- tende il pensiero dell'autore circa il modo di considerare le lem- nocephala rispetto all'ospite sul quale vivono, né vengono tenute in conto e discusse le opinioni espresse in proposito da altri autori. Come p. e. il Chilton che sostiene, a proposito della T. del Pa- ranephrojps neozeàlandicus ( T. novae-zeaìandiae Hasw.), che essa al tempo stesso è commensale e parassita del crostaceo sul quale vive, opinione questa ripresa ed adottata dal Vayssière. Nell'ap- pendice di altro mio lavoro (5, p. 128-129) colsi l'occasione di rispon- dere a questa critica del Weber ed ho cercato di spiegargli che avevo usata la parola ectoparassita per la Temnocephala, rife- rendomi a quanto avevo detto già in proposito dei Trematodi ecto- parassiti, e fra questi specialmente per le Temnocephala, nel mio Saggio a pag. 17 , e, quindi, in un senso molto lato. Di che egli si sarebbe facilmente accorto, se avesse letto tutto il brano del detto mio Saggio (p. 17-18) con la stessa accuratezza con la quale ne ha letto un pezzetto per criticarmi d'aver citata un'as- serzione del Claus (Trattato di Zoologia) che egli ritiene come in- fondata e considera come un errore di stampa, che io non avrei inteso ^). Perchè io , difatti , facevo osservare come non si fosse sempre nel giusto considerando come ectoparassiti quei trematodi che, per consuetudine, s'indicano come tali sol perchè vivono alla superficie dell'ospite. E tenendo presenti fra 1' altro le Temnoce- phala, mettevo innanzi l'opinione che, forse, in molti casi, più che di un vero parassitismo si dovesse trattare di un commensali- smo: ciò che pertanto era arduo il definire. Perché non si può as- solutamente stabilire un limite netto dove il commensalismo cessa ^) Del resto non vedo che di strano vi sarebbe nel fatto che le Temnoce- phala possano, qualche volta, trovarsi separate dal loro ospite ed accidental- mente anche su altri animali di acqua dolce, quando il Chilton (1888. p 252) riferisce di aver tenute viventi per mesi degli esemplari di T. novae-zealan- (ìiae distaccati dal loro ospite— fatto ignorato dal Weber — e l'Hasvell riferisce (o, p. 97, nota 2) che lo stesso Chilton lo ha informato « that he has found specimens of some species (di Temnocephala) attached to bulders in a New- Zealand stream ». — 106 — e si manifesta il parassitismo, pur asserendo essere più razionale considerarlo in certi casi come commensalismo, anzicchè come vero parassitismo. E mi riferivo s'intende aUa Temnucephala per le cose dette; sulle quali é difficile pronunziarsi : che, appunto, forse esse sono al confine, per cosi dire^ fra commensalismo e parassitismo. Ne risolve la quistione il considerarle, come fanno il Chilton ed il Vayssière al tempo stesso commensali e parassiti. Che se è provato quanto Haswell (5, pag. 98) recentemente ha espresso con dubbio, e già dal Vayssière discusso, cioè che le Temnocephala attaccano le uova dei decapodi loro ospiti e ne fanno loro cibo, non si può ammettere che esse, come vorrebbe il Vayssière , di- ventino parassite solo ad un dato momento , quello nel quale r ospite depone le uova ^). Poiché, appunto in questo fatto , bisogna vedere un caso di predatismo che ben mostra come anche questo può essere uno dei determinanti il parassitismo, e come, per suo mezzo, un com- mensale può trasformarsi per gradi in un parassita, e ci autorizzereb- be a considerare le Temnocephala^ se la cosa fosse definitivamente provata, come dei veri parassiti. Di un grado di parassitismo molto poco accentuato, come nei veri ectoparassiti in genere, ma sempre parassiti , che essi vivono snll' ospite, non solo usufruendo della protezione (senso lato) di questo, ma insidiando alla sua economia; anzi per questa ragione appunto vivono sull' ospite per predare^ cioè, le uova non appena queste vengono deposte. Difatti si rea- lizzano in tal caso appunto le condizioni del parassitismo in quanto le Temnocephala vivrebbero in danno dell'ospite : se nel parassitismo si ha da da intendere, come altrove ho cercato di dimostrare {6, p. 6) un' aggregazione di individui diversi che for- mano un complesso non equilibrato poiché l'uno vive a spese ed anche a danno dell'altro, a differenza di quanto avviene nel com- mensalismo e mutualismo dove gli associati vivono insieme più o meno in perfetta eguaglianza ed anche nel loro comune interesse. Pertanto per la Temnocephala brevicornis non si hanno dati per stabilire se essa eserciti un vero parassitismo in danno dei Chelo- niani suoi ospiti , epperò non si può concludere che essa sia da 1) A proposito della T. niexicana il Vayssière (2, p. 24) ritorna sul fatto della distruzione delle uova dell'ospite da parte delle Temnocephala, al quale fatto egli, nella sua precedente memoria, attribuiva come conseguenza la distru- zione dei Crostacei di acqua dolce (p. 10), ammettendo, ora, come si rileva delle sue parole, decisamente che le uova del Camharus Digueti sono attaccate da questa specie di T. e consigliando, conseguentemente, la distruzione di questa. — 107 — considerarsi e ritenersi parassita; come, per le cose dette per le altre specie, non si può escluderlo del tutto; né d'altro canto si può asserire che trattisi di vero commensalismo ^). In vista di che continuo ad indicare questa e le altre Temoncephala^ come gli affini Trematodi che vivono all' esterno del loro ospite, come ectoparas- siti, usando la parola in senso molto ampio e, nella specie, di un parassitismo assai poco accentuato, di un grado iniziale. VI. Delle condizioni biologiche della T. hrevicornis e delle Temnocpphaìa in generale Nel descrivere la T. hrevicornis, nel 1889, insistetti sul fatto che ciò, che fra altro maggiormente differenziava questa specie dalle congeneri finallora note era il suo habitat^ perchè era questa la prima specie del genere riconosciuta con certezza ospite di un vertebrato ^). mentre tutte quelle precedentemente descritte erano state rinvenute su Decapodi. Questo fatto, messo in rapporto con le caratteristiche morfologiche proprie della forma in esame con- tribuì non poco a convincermi di poter ritenere specificamente diversa dalle altre questa Temnocepliala. Perchè un tal fatto cor- rispondeva ad un concetto teorico, che trovava sua ragione in os- servazioni personali su molti trematodi ectoparassiti — che ulteriori studii anche di altri autori confermano ^) — e che hanno riscontro ^) Essa ricorda moltx) , nei suoi rapporti apparenti con l' ospite (Chelo- niani) , il Pseudobranchellion Margoi Apàth\^ che vive e depone le uova sulle Tlialassocheli/s caretta Lin. del Golfo di Napoli [Apàthy S. — Pseudobranchel- lion Margoi (nova familia Hirudinearum). in : Orvos Természettudomànyi ér- tesitò 1890 , p. 121-127]. 2) Dico con certezza perchè il Wood-Mason (p. 337) in un P. S. alla sua nota scrive di aver trovato nelle collezioni zoologiche fatte dal maggiore Godwin Austen nei Daflus (India) « a single specimen of Temnocepliala chilensis in a bottle containing, besides numerous land-animals of various groups, two fishps to one of wich ithad been in ali probability attached ». E questa per altro una semplice supposizione che merita conferma, la quale non è venuta finora, non essendo stato constatato da alcuno il parassitismo di una Temnocephala sui pesci. In ogni caso, di certo, dovrebbe trattarsi di specie diversa dalla T. clii- lensis e dalla Semperi alla quale Weber (p. 26) esprime il dubbio possa rife- rirsi. Del resto va fatto ancora osservare che il Wood-Mason, in questa sua memoria, riferisce tutti i diversi esemplari di Temnocephala di diverso ospite, da lui avuti alla T. chUensis Bl. 3) Basta di fatto dare una scorsa a tutti i lavori che hanno recentemente illustrate specie nuove di trematodi ectoparassiti per convincersene [cito a caso Goto (Studies on ectoparasitic Trematodes of Japan), Cerfontaine (sue note sugli Eterocotylea), ed altri]. — 108 — con osservazioni fatte da altri e da me sopra altri gruppi di Me- tazoi ectoparassiti (Vermi, Artropodi) che cioè; gli ectoparas- siti in genere sieno specificamente differenti se- condo l'ospite sul quale vivono. Ed in altre parole, che ogni ospite abbia una specie propria di un dato genere di paras- sita ^) ed ancora diversa secondo le parti dell' ospite stesso che r alberga ^), specie che non si riscontra su altro ospite. Alla diversità di habitat il Weber, non bene interpetrando le mie parole, non dà, invece, alcuna importanza e ne trae anzi nuovo argomento per dubitare della mia specie. « Der Wohnplatz dieser neuen Art : Sùsswasserschildkròten Brasiliens, kann doch wohl schwerlich Anlass werden, darauf hin eine neue Species zu schafien», scrive il Weber, e soggiunge più oltre : « Ich kann mir daher auch nicht vorstellen , dass es von sonderlichem Einfliisse aus das Thier sein soli, ob dasselbe durch einen Siisswasserkruster oder durch eine Schildkròte hin und her getragen wird ». Nel già citato mio lavoro (5, p. 128) ho fatto osservare al Weber che egli stesso nel riconoscere, come egli fa, nelle Temnocephala delle Tel- phiisa delle Indie orientali — che ritiene la stessa forma trovata alle Filippine, su diversi « Siisswasserkrabben », dal Semper (p. 307) e da questi riferita alla T. chilensis di Blanchard e di Philippi delle Aeglea del Chile — una n. sp. (T. Semperi)^ differente dalla T. chilensis ^) , conferma implicitamente l' importanza che ha la 1) Il che, di conseguenza, non esclude che sullo stesso ospite possano alber- gare specie di generi diversi dello stesso gruppo, e più specie dello stesso genere , come p. e. sulla Raja clavata si trovano tre specie diverse di Acanthocotyle. 2) Difatti la specie di Acanthocofi/Ie che vive sulla pelle del dorso (A. Lo- hianchi) è diversa da quella che vive sulla pelle del ventre {A. ckgans). Ed ancora, secondo il Goto (p. 178), delle due specie di Tristomum [sinitatuun ed laevc^-ovale\ che vivono sullo stesso ospite (Hi/stiophorus sp.) il secondo si trova « namely in the mouth cavity — on its wall, or on the branchial arches — while T. sinuatum is confined to the inner surface of the branchial plates » : E vivono essi « strictly separate freni each other and appear never to wan- der one in to the habitat of the other ». 3) Che la Temnocephala del Semper sia del tutto diversa dalla T. chilensis Bl. s'intende a priori, dato l'habitat diverso e basta una comparazione, an- che superficiale, delle figure del Semper con quelle del Blanchard, — con le quali come dimostrerò in seguito (p. 112), coi rispondono quelle del Philippi — per convincersene, e non si spiega come il Semper abbia trovato che la sua forma « so aufs Haar gleicht » con la T. chilensis da non riconoscervi diffe- renza specifica da questa. Ma ciò che non è del tutto provato è che questa forma di T. raccolta dal Semper alle Filippine (Luzon, Mindanao) su diversi « Siisswasf. erkrabben . sia poi la stessa ritrovata a Sumatra, Giava e Celebes, sulle — 109 — differenza di habitat per il parassita, a conforto delle idee da me espresse e sostenute , che trovano poi appoggio nelle Temnocc- phala medesime. In quanto io facevo notare al Weber che tutte le specie final- lora note di Temnocephala, ciò che si poteva anche rilevare dallo elenco delle specie da lui (e da me) dato, erano state rinvenute ciascuna su ospite (decapodi) diversi, ed erano proprie a ciascun ospite 1). Ed ora, a conferma di quanto al Weber allora osservavo, aggiungerò che un tal fatto è stato constatato ancora per tutte le altre specie di Temnocephala descritte di poi dal Vayssière e dal- l'Haswell. Poiché questi (5, p. 137) ha creata una nuova specie {T. Jheringii) per una Temnocephala trovata al Brasile dal v. Jhering nella cavità branchiale di nn' Ampullaria sp. ^) e lo stesso Haswell 5, e Vayssière hanno create altrettante specie diverse quante ne hanno trovate su altrettanti ospiti decapodi di specie diverse. E dalle osservazione di Haswell si ricava inoltre che anche nelle Temnocephala si realizza il fatto che sullo stesso ospite si trovano specie differenti del genere, secondo il posto che su questo predili- Telphu.m , dal Weber (T. Semperi). Malgrado il postscriptum dello stesso Semper, che dice di aver trovato su di una specie di Telphusa raccolta da Bleeker a Sumatra, od aGiava, delle uova di Temnocephala « die deiien derPhilippiuischeu Thier vòUig gleichen », non credo si possa, senza ulteriore controllo, affer- mare l'identità delle due forme del Semper e del Weber e sarà necessario ancora, per un giudizio deliaitivo, ben determinare la specie dell'ospite cosi della forma delle Filippine come di quella (Telphitsa) di Celebes, Sumatra e Giava. Del resto per ora non so attribuire troppo valore a quelle differenze alle quali accenna l' Haswell, in favore della probabile diversità delle due forme, fra i disegni del Semper e del Weber (forma del pene). ^) Evidentemente, come facevo osservare in nota nella prima descrizione della T. brevicornis (p. 3.), non v'ha dubbio che la T. chilensis delWood Mason (op. cit.) del Paranephrops setosus della nuova Zelanda è la stessa cosa della 7'. ìiovae-zealandiae dell'Haswell (.9, p. 384), ospite appunto del detto Parane- phrops. E cade qui in acconcio ricordare che il Philippi (p. 39) constata di avere egli la T. chilensis « vielfach und stets in grosser Menge unter dem Schwanz der Aeylea gefunden und an keinen andern Flusskrebs ». Ciò che ac- quista maggior valore quando si pensa che qui si tratta, come si vede di una sola specie di Aeglea (e probabilmente la A. laevis Leach, v. p. 1 13) comune al Chile. 2) E certamente la stessa forma che « rappelie assez bien la forme du T. chilensis » della quale parla il Vayssière {1, p. 4) che ne ha esaminato uno schizzo inviatogli dal von Jhering. Secondo il Vayssière quest' A. 1' avrebbe trovata « non seulment sur un espece d'ocre visse, {Parastacus) mais aussi dans la cavité branchiale des Ampullaires). Ma Haswell (.3; non cita affatto il Pa- rastacus come ospite della detta specie, che egli ha direttamente esaminata, e ci fa sapere che la T. Jheringii « was found by D. Jhering in Brazil in the branchial cavity oÌ Ampullaria ». — 110 — gono. Che di fatti delle due specie del genere che vivono sxxWAsta- copsis serratus, una {T. fasciata) vive alla superficie dello scudo (carapace), l'altra {T. comes) alla base delle appendici e nelle anfrat- tuosita (in the crevices): e delle altre due ào^l^ Astacopsis bicarinatus la T. minor vive alla superfìcie dello scudo, la T. Dendyi nelle cavità branchiali. E del resto, allo stesso Haswell il fatto non è sfuggito, che, difatti, egli scrive a pag. 97 della sua monografia: « Each species seems to be quite Constant so far as our knowledge at present extends in its relation to a particular animai ». Per quanto sono venuto dicendo, parmi di aver dimostrata al Weber giustificata l'importanza da me data all'habitat della T. brevicor- nis cosi diverso da quello di tutte le altre specie del genere ed il valore ad un tal fatto attribuito nell' istituire la n. sp. ^). Che, come si è visto, nelle Temnocephala si realizzano le stesse condizioni innanzi enunziate che si constatano negli altri ectopa- rassiti e specialmente , nel caso , nei Trematodi eterocotylea ; si vogliano essi considerare come parassiti o come commensali dato che, in questi, si manifestano le stesse condizioni in parola che negli ectoparassiti -). Sta dunque il fatto in generale e particolarmente nel caso in esame, E questo fatto ci induce logicamente a pensare che la differenza dell' ospite, sia per condizioni morfologiche proprie di 1) Misi potrebbe, pertanto, obbiettare, giusto a proposito di questa specie, contro le deduzioni innanzi esposte, che essa vivrebbe su tre specie diverse di ospiti, tre Cheloniani diversi. Ma, appunto, innanzi ho tatto notare che que- sto dato non è bene e del tutto assodato e non si può troppo far affidamento sulle determinazioni antiche degli ospiti dei parassiti e ben l'orse può trattarsi, come penso, di un unica e sola specie. Che alla esatta determinazione della specie ospitante si annetteva importanza assai relativa e ne sia esempio il fatto che tanto il Semper, quanto il Weber non si son data la pena di farci sapere la specie dei loro « verschiedene Siissvasserkrabben e Telphusa-Avien (che nell'un caso e neir altra ho ferma opinione trattisi di una sola specie). Mentre, come si vede, per quanto ho esposto, è rigorosamente necessario sapere con scrupolosa esattezza la specie dell'ospite, ciò che io non so abbastanza rac- comandare e consigliare. Né solamente questo dico e propugno per gli ospiti degli ectoparassiti, ma con non minore insistenza per quelli degli endoparas- siti in genere. Che la esatta determinazione dell'ospite è uno degli elementi principali per la biologia dei parassiti, la quale sarebbe oggi, forse, assai meglio nota se le erronee determinazioii, o mal sicure, degli ospiti date dagli A. non avessero deviato gli osservatori nella ricerca, conducendoli a conclusioni alle volte erronee. 2) Una sola eccezione presenterebbe alla regola la Temnocepliala novae- zealandiae Haswell, che questo A. nel primo suo lavoro indica ospite del Pa- rauephrops setosus ed ora nella sua Monografìa (p. 139) dice, invece, ospite dei Famnephrops neo-zealandkus e planifrons, (e non cita più il F. setosus). — Ili — questo, sia per le sue condizioni biologiche, ha potuto e dovuto avere una certa azione modificatrice nel determinarsi che han fatto, nel tempo, le differenze specifiche dell' ectoparassita, o commen- sale, che all'ospite si è così strettamente associato. Se il valutare ed il determinare una tale influenza modificatrice e renderci conto del modo e maniera come essa ha agito ci sfugge, o non ci riesce di riconoscere, dato 1' effetto che noi constatiamo, nel fatto enun- ciato, non parmi non si possa comprendere come l'habitat di- verso possa aver influito suUa specie dell' ectoparassita tanto da renderlo atto a vivere su quel determinato ospite e non su altro, come piuttosto su di una, che su di altra parte del corpo dell'ospite. E ciò dico, concludendo, per rispondere all'ultima parte della critica del Weber che innanzi ho trascritta. VII. Della T. clùìensìs Blanchard e delle forme a questa riferite L'Haswell (5, p. 131, 140) esprime il dubbio che la Temno- cephala da me riferita alla T. chilensis, e della quale ho descritto il peculiare modo di appaiarsi delle uova, possa piuttosto identi- ficarsi con la T. Jheringii. Esaminando i miei appunti ed i miei disegni di questa forma, di ospite sconosciuto — raccolta dal Mtiller al Brasile (Blumenau, Prov. S. Catherina) — che si conserva nel Museo zoologico di Ber- lino, in seguito alla osservazione dell' Haswell, ho potuto convin- cermi, dalla comparazione di essa con quella che deve ritenersi per T. chilensis^ come ora dimostrerò, che questa Temnocephala non può, difatti, riferirsi alla T. chilensis recentemente studiata dal Piate. Dalla quale differisce per molti caratteri (forma generale, tentacoli , ventosa subsessile , forma del sacco intestinale ecc.) e massime per quello delle uova, che , secondo descrive il Piate (p. 630), sono nella T. chilensis molto diverse e non appaiate da fila- mento unitivo come nella specie da me esaminata (v. p 101). Ed ho potuto ancora concludere, dal mio esame, che essa differisce inoltre egualmente dalle altre specie di Temnocephala : con la sola T. Jheringii mostra qualche affinità stando ad alcuna delle caratteristiche differenziali di questa specie, secondo l' Haswell (i, pagina 138), perchè, come in questa, l'ovario è notevole per le sue dimensioni (v. f. di Haswell e mie, fig. 9, 10). Ma comparando le mie figure, specialmente la fig. 10, con quella della T. Jheringii dell'Has- weU (5, PI. XV, fig. 2) v'è da concludere dall'esame cosi dell'aspet- to esterno come della interna organizzazione che — almeno per le co- noscenze che della loro organizzazione ora si lianno — non si può far — 112 - di meno di considerarle l'ima dall'altra distinte. Se ci fossero note le uova di T. Jheringii avremmo un argomento decisivo per as- serirlo, che se le uova in questa specie fossero per avventura ap- paiate con filamento unitivo, come quelle della T. di Blumenau si avrebbero ragioni di dubitare forte della differenza specifica delle due forme, perchè un simile carattere farebbe pensare e con- cludere , invece , sulla loro identicità. Pertanto, stando le cose cosi come ora le ho esposte, la T di Blamenau (fig. 9 e 10) do- vrà — fino a che nuovi studi non conducano a conclusione diver- sa — considerarsi specie dalle altre distinte , teniito conto delle sue caratteristiche che si rilevano facilmente dalle figure da me date, cosicché non mi dilungo in una descrizione di queste. E do- vendosi, conseguentemente, distinguerla con un nuovo nome, pro- pongo indicarla con quello di T. axenos (da a^evo; senza ospite), per ricordare che finora il suo ospite è sconosciuto. Questa spe- cie misura in lunghezza mill. 3. Dimostrato cosi che la T. di Blumenau non è la T. chilensis, e per le ricerche del Weber e dell' Haswell provato che anche le altre forme riferite alla T. cMlensis sono differenti da questa (T. Semperi, T. Jlieringii) e che a torto, come ho messo in evidenza, il Wood-Mason aveva considerate tutte le Temnocephala come T. chilensis , resta a determinare quale forma di Temnocephala oggi può e deve riguardarsi come corrispondente alla T. cliilensis Bl. e conseguentemente deve rappresentarla nel sistema. Ho voluto allo scopo esaminare e comparare direttamente la descrizione ori- ginale della T. chilensis —con le relative figure che ne ha date — del Blanchard [p. 53, Atlas zoologico, Anelides, Lam. 2, fig. 6: la detta figura non porta il numero indicato , ma la tre immagini della specie si rivelano da sé] con quanto ha descritto il Philipp i della sua Temnocephala delle Aeglea sp. (questa non è indicata, ma pare dal contesto si tratti di una sola) del Chile. Ed ho ac- quistata la convinzione da un tal esame [la corrispondenza fra la figura del Blancliard della T. chilensis , vista dal dorso , con quella della T. delle Aeglea di Philippi (dal dorso) é completa] che è prorio la Tenmocephala delle Aeglea che rappresenta la spe- cie del Blanchard; e quindi, conseguentemente, deve ritenersi che « los Cangrejos de Chile » sui quali fu trovata la detta specie (dal Gay) erano apputo delle Aeglea ^). La qual specie, T. chilensis, 1) Moquin-Tandon (p. 300) citando questa specie sub. Branchiobdella chi- lensis (con 1' indicazione Gay : lettre a M. de Blainville 1836, in : Institut mars 28) dà come habitat « le Chile aux environs de Santiago sur les — 113 — le ricerche recenti del Piate hanno ora meglio individualizzata e, con le notizie, che egli fornisce sulle uova, ne ha completate le caratteristiche e meglio provate le sue differenze dalle altre specie che alla T. chilinsis erano state riferite, dimostrando come essa ha le uova diverse da quelle di queste. E come ancora si rileva dalla nota del Piate, si può ritenere che l'ospite proprio di questa specie è VAe- glea laevis Leach del Chile (v. nota in calce ed a pag. 109). Questa specie, T. chilensis, è stata finora attribuita al Blanchard (1849). Ma, poiché è proprio quella della quale il Gay dava notizia per lettera al Blainville di aver trovata a Santiago del Chile sulle branchie di un gambero di fiume — lettera pubblicata nella seduta del 2S marzo 1836 dell'Accademia delle Scienze di Parigi (v. Ann. Se. nat. (2) Tome 5, p. 224) nella quale il G-ay scrive « Dejà dans les environs de Santiago j' en avais decouvert une autre éspèce (de sangsue) qui vit aussi sur les branchies, mais sur celles de l'écre- visse », lettera poi riportata nell' Institut (v. citazione in calce alla p. 300 in Moquin-Tandon) — io credo e penso, considerando le cose, che la specie debba, invece, attribuirsi al Moquin-Tandon. Perchè se il Blanchard ha fondato il genere Temnocephala, nel 1849, dimostrando che la sanguisuga del Gay non era una Branchiobclella^ è stato prima di lui il Moquin-Tandon, nel 1846, che fra le specie mal note di sanguisughe ed innominate ha riferita la sanguisuga del Gay delle branchie dell'écrevisse » alle Branchiobdelle e l' ha chiamata B. chilensis. Dato perciò che Branchiohdella chilensis è la stessa cosa di Temnocephala chilensis , rimanendo , per legge di nomenclatura, nel mutato genere, invariato il nome specifico; questo, non essen- dovi dubbio sulla identità della specie, deve attribuirsi a chi prima r ha imposto ed usato, e quindi, a me j)are, al Moquin-Tandon: dovrà perciò dirsi T. chilensis Moq.-Tand. 1846 = T. chilensis Blanchard 1849 (v. Moq.-Tandon. pag. 300 op. cit.). Il Diesing. (Syst. Helm. V. 1, p. 434) aveva ascritta questa forma al genere Astacohdella e V indica come A. chilensis Diesing fra le specie mal note. branchies d'une écrevisse (Gay) ». E poiché si vede che questi « Cangrejos » (écrevisse) sono stati raccolti appunto a Santiago, dove Philippi ha raccolte le Aeglea infeste da Temnocephala, dobbiamo ritenere di non andare errati in questa conclusione, che può estendersi ancora ritenendo, per l'appunto, che si tratti proprio della A. laevis, specie comunissima nel Chile e sulla quale a San- tiago e Valparaiso il Piate ha recentemente raccolto i suoi esemplari di quella specie che può ritenersi per le cose dette sia proprio la T. chilensis. 8 114 Vili. Dei rapporti di affinità della T. hrevicornis con le altre specie Ora, a complemento di quanto ho detto nelle precedenti pa- gine per caratterizzare la T. hrevicornis e distinguerla dalle altre specie del genere, ho da far osservare, che essa, per tutte le sue caratteristiche e ^&c la sua facies generale — da quanto ho po- tuto ricavare dalle mie proprie e dalle altrui osservazioni — , trova il suo posto, per rapporti di affinità, nel gruppo delle specie americane di Temnocephala, come è facile constatare da un esame comparativo delle figure e della descrizione della T. hrevicornifi con quelle delle altre dette specie. Difatti, le forme americane : T. chi- lensis Moq.-Tand. [delle Aeglea (Chile)], T. hrevicornis Montic. [dei Cheloniani (Brasile)],?! Jheringii ìisiswelì [di Ampiillaria sp. (Bra- sile)], T. mexìcana Ynjssière [del Camharus Digueti (Messico)], T. axe- nos sp. n. [di ospite ignoto (Brasile)], per la loro facies generale, per 1' insieme della loro organizzazione ed in ispecie per molte caratteristiche, suUe quali ho richiamata V attenzione a proposito della T. hrevicornis (v. p. 82-84) — quali principalmente: a) la ubi- cazione dei testicoli, che trovansi collocati assai più indietro che nelle altre specie e nella stessa • caratteristica maniera in tutte , h) la posizione del pene, che trovasi a sinistra della linea mediana dell' animale (a destra dello osservatore) , e) la disposizione dei vitellogeni, d) l'aspetto e distribuzione delle glandolo cutanee — si distinguono facilmente dalle altre specie di Temìiocephala dirò oceaniche — dell'Australia ( T. /asciato Hasw. T. comes Hasw., T. minor Hasw. , T. Dendyi Hasw. , T. engei Hasw. ) , della Tasmania ( T. quadricornis Hasw. ) , della nuova Zelanda ( T. novae-zealandiae Hasw.),delle Filippine, di Sumatra, Griava, Celebes {T. Semperi Weber) — ed asiatiche — dell'India (sp. ind. del Wood- Mason v. nota p. 107). Ed esse costituiscono, così, un gruppo di forme, nel genere, che, per una somma di particolarità comuni a tutte , sono diverse da quelle che presentano le specie australia- ne, della Nuova Zelanda, della Sonda, delle Filippine. Gruppo che, come ho innanzi incidentalmente proposto, potrebbe distinguersi coir indicazione di gruppo delle specie americane dall'altro costituito dalle rimanenti specie ora rimanenti specie ora ricor- date, che potrebbe dirsi delle specie oceaniche, cosi il genere Temnocephala sarebbe diviso in gruppi di specie dirò regionali. Ed a proposito delle altre specie di Temnocephala cade in acconcio qui far rilevare, che anche la T. madagascariemis del Vayssière, che, come si vede, non trova posto in alcuno dei suddetti due — 115 — gruppi di specie del genere alla sua volta si distingue cosi dalle altre specie, dell'Haswell e del Weber come dalla T. hrevicornis : ciò che ho ricavato dall' esame della descrizione e delle figure del Vayssière e da quello di un individuo avuto in comunicazione nel 1892 dall'autore. E non solo essa è specificatamente differente dalle altre specie, ma anche genericamente: cosicché come ora sommariamente di- mostrerò; IX. La T. madagascariensw Vayssière costituisce il tipo di un nuovo genere Dalla caratteristica delle numerose digitazioni anteriori, i do- dici tentacoli, e per il loro aspetto ^ propongo di chiamare que- sto nuovo genere Dactylocephala. Che questa forma di Temnocep/iala potesse rappresentare un genere distinto dalle altre, aveva già pensato l'Haswell (5, p. 139), nel caso che fosse confermata la interpetrazione degli organi ge- nitali data dal Vayssière, ed io mi son creduto autorizzato dal mio esame delle sezioni della detta specie di ritenerla di fatti ge- nericamente distinta. Ne solo le caratteristiche interne conducono a questa conclusione, ma ancora quelle esterne, quali la forma nu- mero e disposizione dei tentacoli, che differiscono da quelli delle altre specie di Temiiocephala; la forma generale del corpo e più ancora il modo di essere e come è disposta la ventosa posteriore che non trova riscontro in alcuna delle altre specie. Nelle quali la ventosa è ben distinta, ed è ancora distinta dal corpo ed è subterminale ventrale , e sporgente più o meno dalla superfìcie del corpo , mentre , come si ricava dalle figure del Vayssière {1 fig. 1, 3_, 11) e dal mio esemplare, la ventosa posteriore si trova all' estremo terminale del corpo, del quale è parte integrante e dal quale non è distinta. Ed essa medesima non ha né la forma né l'aspetto caratteristico di una distinta ventosa, come quella delle altre specie. Caratteristiche esterne queste che, a parer mio, sono per lo meno equivalenti a quelle , per le quali il genere Cra- spedella Hasw. si distingue dal genere Temnocephala e bastereb- bero da sole a giustificare la creazione del nuovo genere da me proposto per la I. madagascariensis anche se non vi fossero ad avvalorarla le caratteristiche interne, che, per contro, presentano maggiori e più importanti differenze fra esso ed il genere Temnoce- pliala, che non le caratteristiche organiche fra Craspedella e Tem- nocephala (faringe rudimentale nel primo). Cosicché se il genere — 116 — Crah'pedella ha ragioni di essere, maggior ragione ne trova, per quel che ho detto, anche il genere Dactijlocephala. E queste caratteristiche organiche , delle quali ora riassumo le principali e più importanti al caso (che non intendo ora ad- dentrarmi in una minuta descrizione di esse) sono fornite: a) dalla disposizione dei testicoli — collocati quasi del tutto lateralmente al sacco intestinale e che si spingono nella regione anteriore del corpo fino a livello del faringe — e dal modo come essi si comportano — perchè, invece di essere due per lato (due coppie) come in Temnocepìiala e Craspedella , sono in numero di più e disposti a rosario (secondo il Vayssière sarebbero due soli multi- lobati 1, p. 16), quindi in più coppie ; b) dalla disposizione del pene — collocato a sinistra — e più per la sua forma e struttura diverso da quello degli altri due generi — perchè non ha l' astuccio resistente (chitinoso) che questo riveste e manca dell'armatura terminale che si trova nella mag- gior parte delle specie dei detti generi — ed ancora perchè esso non sbocca direttamente nella cloaca, ma in un una sorta di pic- cola tasca che si apre al principio della cloaca, a sinistra, poco dietro lo sbocco di questa all' esterno; e) dalla cloaca genitale, che è situata alquanto più innanzi che negli altri due generi ed all' altezza della parte terminale del sacco intestinale, e quindi sbocca più innanzi, nella faccia ven- trale del corpo che in questi, e che si comporta anche assai diver- samente per forma e rapporti con i condotti genitali femminili; d) infine per la posizione , dell' ovario, assai caratterisca quasi nella linea mediana, e che , come ho potuto vedere , non trova riscontro in quella di Temnocepìiala e Craspedella. X. Alcune considerazioni generali sulla famiglia delle Temnocephalidae Prima di por termine a questo studio sulla T. hrevicornis ho da esporre sommariamente alcune considerazioni critiche a proposito dell' Actinodactynella ( Actinodactylus ) dell' Hasvvell i). Esaminando e considerando la descrizione e le figure che ne dà questo A., per quanto egli abbia cercato di dimostrare le sue differenze dalle Temnocepìiala., pur queste valutando e tenendo in debito conto, non mi pare che si possa escludere V Actinodactynella -) Secondo il corrigendum di Haswell medesimo, perchè il nome Actinodacty- lus era gicà occupato per altro animale. — 117 — dalle Temnocephalidae delle quali ha la facies generale e fonda- mentalmente lo stesso tipo di organizzazione. Che, a parer mio, le sue caratteristiche esterne hanno lo stesso valore di quelle, che ser- vono a distinguere fra loro le specie del genere Temnocephala e questo dagli altri generi Craspedella e Dactylocephala. Queste, dun- que, cosi considerate, non possono invocarsi in favore della esclusione dell' Actinodactynella dalle Temnocephalidae, perchè queste, come quelle , non turbano la facies fondamentale del tipo temnoce- faleo. Difatti la forma della estremità anteriore con due veri ten- tacoli (appendici) e con un lembo mediano, può trovar riscontro in quella della T. quadricornis Haswell {1, PI. XX , fìg. 3), che ha quattro tentacoli separati da un lobo mediano. E poiché il numero dei tentacoli può essere variabile (fino a 12), nulla di più in ordine alle condizioni di questa caratteristica, che, invece di quattro, come nella T. quadricornis, qui i tentacoli sieno ridotti solamente a due e brevi. Anche la caratteristica delle appendici tentacolari ai due lati del corpo può essere considerata alla stessa stregua delle lamelle dorsali lobate di Craspedella e della duplicatura che decorre lungo i lati del corpo in alcune specie (T. quadricornis) Le sole caratteri- stiche che hanno importanza in sé e proprio valore nell'J.c^mo- dactìjnella sono: quella sorta di fovea (pseudoventosa) anteriore di sotto il lobo cefalico centrale e la proboscide boccale. Ma, conside- randole dappresso neanch'esse permettono di separare questo ge- nere dalle Temnocephalidae perchè la facies delle forme di questo gruppo non ne viene modificata per nulla. Quanto poi alla in- terna organizzazione presa in sé, a cominciare dalla struttura del rivestimento cutaneo, che è quello tipico delle Temnocephala^ non si può non riconoscere in essa una disposizione omologa a queUa delle altre Temnocephala e le differenze che si notano sono for- mali e non essenziali e trovano 1' equivalente in quelle delle al- tre forme del gruppo e ne hanno lo stesso valore. Che, anzi, comparativamente considerate, queste sono assai minori — e certo equivalenti dal punto di vista sistematico — di quelle che inter- cedono (specialmente per i genitali) fra Dactylocephala e tutte le altre Temnocefale. Ciò che si rileva facilmente dall'esame dell'ap- parato genitale, che è tipicamente quello di Temnocephala (nel quale la presenza di un organo aggiunto e non osservato in queste, la borsa capulatrice — che meriterebbe una illustrazione più accu- rata— nulla modifica del piano generale), e dell'apparato digerente àQW Actinodactynella. La sola differenza importante organica fra Temnocephala ed Actinodactynella sarebbe l'assenza di ampolle escretorie in questa, ma l'ultima parola sull'argomento non è detta - 118 — e non è improbabile che si possa ritrovare in seguito a nuovi studii l'omologo di un tale organo anche nella Actiìiodactiy nella. Cosicché, tutto considerato e vagliato, son pervenuto alla conclu- sione che neU' Actmodactynella non si tratti di un « appareutly new type of the Plathelminthes (Trematoda?) » come afferma l'Haswell, ma di una forma che non rappresenta neanche una nuova e distinta famiglia fra i Trematodi, ma rientra in quella delle Tem- noceplialidae ed è a queste affine, e quindi di un Trematode, se per tali devono ritenersi come dal Semper ad oggi le Temnocephalidae. Pertanto va tenuto conto di quelle differenze alle quali ho accen- nato e della somma di quelle caratteristiche esterne che si osser- vano (pseudoventosa anteriore , tentacoli marginali , proboscide), e di quelle peculiarità di disposizione dei genitali che sono proprie delV Actinodactynella (borsa copulatrice), le quali potrebbero valere solo per costituire una sottofamiglia delle Temnoceplialidae. Cosic- ché, allargando le caratteristiche di questa famiglia per accogliere il g. Actinodactynella, questo sarebbe il tipo della omonima sotto- famiglia Actinodactynellinae, mentre tutte le altre forme rientre- rebbero neir altra sottofamiglia Temnocephalinae. Conseguetemente per l'aggregazione del gen, Actinodactynella alle Temnoceplìalidae dovrebbero essere modificate le caratteri- stiche della famiglia. E per la creazione, ora proposta, delle due sottofamiglie (Actinodactynellinae e Temnocephalinae) e la interpo- lazione di un nuovo genere e di una nuova specie e per le dif- ferenze regionali notate fra le specie del genere Temnocephala^ che queste permettono di ripartire in gruppi, anche la sistema- tica della famiglia dev' essere rimaneggiata nel seguente modo : Famiglia. Temnocephalidae. Corpo compresso, .subappiattito, ovoide o subpiriforme: anteriormente terminato da tentacoli, o digitazioni, ora in numero da 5-12 simili , ora da 2-4 separati fra loro da un lobo mediano : il margine del corpo, ora in- tegro, con o senza una ripiegatura cutanea laterale, ora fornito di una serie di digitazioni lungo i due lati: la superficie dorsale, ora liscia, ora con una serie di lamelle trasversali divise in lobi terminati da papille. Senza o con una piccola pseudoventosa anteriore, ventrale, alla base del lobo me- diano dei tentacoli: una grande ventosa posteriore, ora del tutto ses- sile, ora subsessile, ora con un peduncolo più, o meno lungo. Superficie del corpo ora inerme, ora coperta di piccole papille. Bocca anteriore ven- trale , a poca distanza dietro la base dei tentacoli e dietro la pseudoven- tosa, quando questa esiste ; alle volte provveduta di una proboscide protrattile ed armata, all'estremo di stiletti esili, e, d'ordinario, retratta. Apertura gè- — 119 — ni tal e (della cloaca genitale) unica ventrale, nel terzo posteriore del corpo, più o meno nella linea mediana, più o meno in avanti. Occhi per lo più presenti. — Ectoderma formato da un sincizio nucleato clie poggia su di una membrana basale ed è provvisto di una distinta cuticola: in qualche caso il sincizio ectodermico presenta delle ciglia. Faringe muscolare, per lo più bene sviluppato, di rado rudimentale. Sacco intestinale unico, semplice, in alcuni casi strozzato a regolari distanze da setti muscolari; d'or- dinario con distinto epitelio. Ampolle escreto rie anteriori con aperture dorsali ad alquanta distanza dall'origine dei tentacoli (mancherebbero in Adi- nodady nella). Cloaca genitale nella quale mette capo da un lato (destro, o sinistro) il pene (cirro) e dall' altra il metraterm che sbocca di contro al pene. Due, o più paia di t e st i e o 1 i , d'ordinario grandi, con dotti distinti; una vescicola seminale che mette capo nel bulbo del pene, che è d'or- dinario chitinoso armato di spine alla estremità. Un ovario, ora ellis.soi- dale, ora sferico, che .si continua, per mezzo di un breve ovidotto nell' o o t i- p o, il quale mette capo direttamente nel metraterm armato, alle volte, di denti chitinosi. Un grande ricettacolo vitellino (seminale ?) che sbocca nell'ovidotto : in alcuni casi una borsa copulatrice. Uova con guscio resistente, ora provvedute, ora no di un pedicello unipolare, d'or- dinario di diversa natura del guscio. Hahitnt: Vivono ectoparassiti sui Crostacei (Decapodi) d'acqua dolce; meno frequentemente nei Molluschi (Gasteropodi ; AmpuUnria) e sui Chelo- niani di acqua dolce. Le uova vengono deposte suU' ospite ed a questo si at- taccano , ed aderiscono soventi anche fra loro per mezzo di una sostanza cementante, prodotta da glandole speciali (glutinipare) che circondano l'orifìzio genitale. Distribuzione geografica: Oceania. Africa, America. 1. Sottofamiglia. Temnocephalinae. Tentacoli cefalici, ora da 5-12 tutti uguali, ora in numero di 1 sepa- rati fra loro da un lobo mediano. Senza digitazioni laterali lungo i lati del corpo: alle volte con una ripiegatura cutanea marginale. Superficie dorsale ora liscia, ora con una serie di lamelle transversali divise in lobi terminati da papille. Pseudoventosa anteriore assente. Bocca priva di proboscide retrattile nel faringe. Faringe ora bene sviluppato, ora (rado) rudimentale. Ampolle escreto rie con aperture dorsali . Borsa copulatrice manca. Habitat: Su Crostacei (Decapodi), Molluschi (Gasteropodi) e Cheloniani di acqua dolce. Distribuzione geografica : Oceania (Australia , Tasmania, Nuova Zelanda , Sonda , Filippine), Africa (Madagascar) , America del Sud (Messico , Chile , Brasile). — 120 — con tre generi distinti dalle seguenti caratteristiche : / Tentacoli cefalici in numero massimo di cinque. Ventosa poste- 1 riore distinta dal corpo , subterminale peduncolata : Due coppie di ) testicoli. 2 Tentacoli cefalici in numero maggiore di cinque. Ventosa poste- riore terminale sessile non distinta dal corpo : Testicoli in più coppie. Faringe distinto. Dactylocepìmla n. g. / Superficie dorsale del corpo liscia. Tentacoli, ora cinque, ora quattro, separati da un lobo mediano. Faringe distinta. Temnoceplmla Blanch. Superficie dorsale del corpo con una serie di lamelle transversali lobate con papille terminali ai lobi. Tentacoli cinque. Faringe \ rudimentale. Craspedella Hasw. 1. G-enere. Temnocephala, Blanchard 1849. con tredici specie ripartite in due gruppi regionali. a) Testicoli dietro il sacco intestinale. Pene a .sinistra dell'animale: Specie Americane. 1. T. chilensis, Moquin-Tandon 1846— H abita t : Aeglea laevis Leach. su tutta la superficie del dermaschele- tro (Chile). 2. T. brevicortm, Monticelli 1889 » Hydromedusa maximiliani, Mi- kan, H. tectifera, Coope, H. draspisgibha Schw. all'ascel- la (Brasile). 3. T. Jheringii, Haswell 1893 » AmpuUaria sp. , nella cavità branchiale (Brasile). 4. T.mexicana, Vayssière 1898 » Cambarus Digueti, nelle sin{rat- tuosità del dermascheletro (Messico). 5. T. axenos, Monticelli 1898 » Ospite sconosciuto (Brasile). 6) Testicoli ai lati del sacco intestinale. Pene a destra dell' animale : Specie Oceaniche. 6. T. fasciata, Haswell 1887 —Habitat: Astacopsis serratus Shaw; su tutta la superficie del dermascheletro (Australia; N. S. Wales). 7. T. minor, » 1887 » Astacopsis bicarenatus G:ra,y] su tuti^ la superficie del dermascheletro (Australia; N. S. Wales, Victoria). 8. T. quadricornis, » 1887 » Astacopsis Franklinii Gray; su tutta la superficie del dermascheletro (Australia; Tasmania). — 121 — 9. T. novar-zcaìmìdiae^'Ra.ii'WfiW 1887- Habitat: Paranephrops neozealandicus , White , P. setosus Hutton ; sulla superficie delle grandi chele (Nuova, Zelanda). 10. T. Semperi , Weber 1889 » Telphusa sp.; su tutta la super- ficie del dermascheletro ( Fi- lippine, Sonda). 11. T. Comes, Haswell 1893 » Astacopsis serratus Shaw; alla base delle appendici e nelle anfrattuosita del dermasche- letro (Australia; N. S. Wales). 12. T. Dendyi, » 1893 » Astacopsis bicariiuittis Gray ; nella cavità branchiale (Au- stralia; N. S Wales, Victoria). 13. T. engei, » 1893 » J^n^ews/bssorErichson; alla su- perficie del dermascheletro e nella camera branchiale (Au- tralia; Gippsland). 2. Genere. Craspedclla, Haswell 1893 con una sola specie. 1 C. Spenceri, Haswell 1893 — Habitat: Astacopsis bicarinattis Gray ; nella camera branchiale (Australia). 3. Genere. DactylocepJuila, n. g. con una sola specie 1. D. madagascariensis, Vayssière 1892— Habitat : Astacoides viadagascariensis; Milne-Edwards alla superficie del dermascheletro (Madagascar). 2. Sottofamiglia. Actinodactynellinae. Tentacoli cefalici due con un lobo mediano. Digitazioni tentacoliformi lungo i lati del corpo. Superficie dorsale liscia. Pseudoventosa anteriore alla base del lobo mediano dei tentacoli. Bocca con una proboscide molto protrattile armata da sottili stiletti all' apice e retrattile nel faringe. Faringe bene sviluppato. Ampolle escretorie mancanti (?) Borsa copulatrice con pareti muscolari e denti chitinosi. Habitat : Su Crostacei (Decapodi) d' acqua dolce. Distribuzione geografica: Oceania (Australia). con l'unico genere — 122 — Genere. Actinodactynella, Haswell 1893 con una sola specie, per la quale, non avendo l'Haswell indicato alcun nome specifico, io propongo quello di : 1. A. Hasìcelli, Monticelli 1898.— H a b i t a t: Engels fossor Evichson] alla su- perficie del dermascheletro (Australia; Gippsland, Victoria). Modena, 30 di Giugno 1898. Corrige. — A me è sfuggito che 1' Haswel nel foglietto staccato (Oorrigendum) allegato al suo lavoro sull' Actynodactynella, riconoscendo di aver omesso nel testo di imporre alla nuova forma un nome specifico, propone quello di A. Blanchardi. Cade , dunque , di fatto il nome specifico da me pro- posto, del quale, conseguentemente, non va tenuto conto, dovendo la specie chiamarsi A. Blanchardi Haswell 1893. {Fr. Sav. Monticelli). Opere citate nel testo Blanchard e.— Zoologie de C h i 1 e, Voi. III,p. oj-53, Atlas; Anel- li des, Lam. ^, fiff. 6, a. b.c., in: Gay— Historia fisica y politica de Cìiilè (1849). BòroiiNG L. — Untersuchungen uè ber Rhabdocoele Tvirbel- laria: II. Plagiostominaund Oylindrostoniina.Grraff, in: Zeit. Wiss. Zool. Bd. 51, 1890-91, p. 167-480, Taf. XII- XXL Brandes G. — Zum feineren Bau der Trematodeu, in: Zeit. Wiss. Zool. Bd. 53, 1892, p. 558-577, Taf. IX. Braun M. i— Ueber Temnocep/irt/a, zusammenf asse nder Bericht, in: Centrblt. Baci. u. Parasit. Voi. 7, 1890, p. 84-90, 125-128. Braun M.. 2 — Vermes. Trematoda, in: Bronn's Klassen, ecc. Chilton C. — Note on the parasite Temnocephala found on the Fresh Water Crayfish of New-Zea land, in: Trans. N. Z. Imtitut, Voi. 21, 1888, p. 252-253. Haswell "W. a. i — On Temnocephala an aberraat monogene tic trematode, in: Quart. Journ. Mie. Se. (2) Voi. 28, 1887-88, p. 279-303. Plt. XX- XX IL Haswell W. A. 5 — Notes on the minute structure ofthe in- tegument et e. of Temnocephala, in : Zool. Anz. 15 Jahrg. 1892, p. 360-362. Haswell W. A. ó' — Mon ogr a ph of the Temnoceph al eae , in: Maclay Memorial Volume 1893, N. 8, p. 93-152, Bit. XX- XXV. Haswell W. A. 4 — On an apparently new type of the PI aty- helminthes (Trematoda). Ibid, N. 9, p. 153-158, Plt XVL Monticelli Fr. Sav. i— Breve nota sulle uova e sugli e m brio ni della Temnocephala chilensis, in: Atti Soc. Ital. Se. Nat. Voi. 32, Milano 1889, p. 12 (con tamia). Monticelli Fr. Sav. 2 — D i una nuova specie del genere Temno- ceplmla ectoparassita dei Oh cloni a ni, Napoli, 1889, Fratelli Ferrante 4 pp. con 3 incisioni. Monticelli Fr. Sav. 5— D i alcuni organi di tatto nei Tristomi- d i — Co n tr i buto allo studio dei t r e mat o di mo noge n eti ci. P a r t e I , in : Boll. Soc. Nat. in Napoli (1) Voi. 5, 1891, p. 99-134, Tao. V. VI. (Appendice p. 121-134). Monticelli Fr. Sav. 4 — Saggio di una Morfologia dei Trema- todi, Napoli 1888, Fratelli Ferrante. Monticelli Fr. Sav. 5 — Studii sui tremato di endoparassiti: Primo contributo di o s s erv a zioni sui Distomidi, in: ZooLJa/ir6, Suppl. Heft. in, 1893, pp. 230, Tav. I- Vili Monticelli Fr Sav. 6—11 Parassitismo animale, in: Riv. Filos. Scienf. (2). Anno 9, 1890, Voi. IX, pp. 15. Monticelli Fr. Sav. 7— D i un ematozoo della Tlialassochehjs caretta Linn. in; Inter. Monat. f. Anaf. ii. Phys. Bd. 13, 1896, p. 1-33, Tav. VII- Vili. Moquin-Tandon. — Monographie de la Fa mille des Hiru- d i n é s, 1846. - 124 — Plate L. — M ittheilungen ttber zoologische Studien an der Chilenisclien K liste — Vili Ueber Temnocephala chilcnsis , Blanch., in: Sitzher. K. Akad. Berlin, 1894 , Voi. 9, p. 537-531 , Seduta 14 Giugno. Phjlippi R. a.— Ueber Temnocepliala chìlensis, in : Aìxli. f. Naturg. .Jahrg. 1870, p. 35-40, Taf. I, fig. 1-6. Saint-Remy. — Synopsis des Trématodes monogénèses, in: Revue Biolog. Nord. France. Tome 4, 1891-92, pp. 92. PI. X (estratto). ìSemper e. — Zoologische Aphorismen. IL Ueber die Gattung Temnocephala, in : Zeit Wiss. Zool. 22 Bd. 1872, p. 304-360 Taf. XXIII. Vayssière a, 1—È tude sur le Temnocephala parasite de l'Asta- coides madagascariensis, in: Annales de la Faculté des Sciences de Marseille, Tome 2. 1892, Fase. 5, pp. 22, e. 1 tavola. Vayssière a. 5— D escription du Temnocephala mexicana no v. s p., in: Ann. Fac. Scien. Marseille, Tome 8, Fase. 10, 1898; Sect. de Zoologie Agricole, p. 17-25, PI. XI. Weber M. — Ueber Temnocephala Blanch, in: Zoologische Ergehnisse einer Reise in Niederldndisch. Ost-Indien, Heft. L, Leiden 1889, pp. 30, con 3 tavole. Wood-Mason. — On the geographical distribution of the Temnocephala chinensis of Bla ne hard, in: Ann. Mag. Nat, Hist. (4) Val. 15, pag. 336, 1875. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE III. e IV. Lettere comuni a tutte le figure. ae — ampolle escretorie ag — apertura (cloacale) genitale bc — bocca bp — bulbo del pene e/' — capsula del faringe cg — cloaca genitale cn — cellule nervose et — cuticola cv — cervello (commessura del) df — deferente dgc — dotti escretori delle glandole cutanee dfe — tratto comune dei deferenti e — esofago €})€ — epitelio ectodermico epi — epitelio intestinale efta — efferente del testicolo anteriore eftp — efferente del testicolo posteriore /' — faringe glg — glandole del guscio glm — glandole cutanee (mucipare) gip — glandole del pedicello yls — glandole salivari glt — glandole glutinipare ■i — intestino mb — membrana basale me — muscoli circolari mdv — muscoli dorso-ventrali ml- - muscoli longitudinali mr ■ — muscoli radiali ms - - mesencbima mt - - metraterm oc - - occhi oot- - ootipo ov - - ovario ovd ■ — ovidotto P- pene (cirro) Pf- - prefaringe pu- - pedicello delle uova rsp - - ricettacolo spermatico rv — ■ ricettacolo vitellino (seminale?) sue - - sbocco delle ampolle escretorie se — sacco ejaculalore sep- - sincizio epiteliale sfe- - sfintere cloacale sfo - - sfintere ovarico sfa - — sfintere faringeo anteriore sfp- — sfintere faringeo posteriore sfot — sfintere dell'ootipo ta - - testicolo anteriore tp- - testicolo posteriore vp- - vescicola prostatica (?) vt - - vitellogeni vtd. - vitellodutti vidi — vitellodutto impari uo — - uovo. Le figure 6 , 7 , 10 , 11 , 16 , 19-33 sono state ritratte con la camera Dumaige applicata allo stativo Zeiss e tutte, meno le figure 20, 26 e 27, per le quali ho usato il sistema di lenti Koristka, col sistema Zeiss. Le rimanenti figure sono ritratte ad occhio, calcolando approssimativamente l' ingrandi- mento. Lunghezza del tubo IGO mm : piano di disegno all'altezza del tavolino del microscopio. Le cifre apposte alle figure G , 7, 10 , 11 , 16 , 19-33 indicano approssi- mativamente r ingrandimento vero dei disegni . non quello dei sistemi ado- perati. Tutte le figure, ad eccezione delle 9-10, riguardano la T. èrerfcornis Montic. — 126 — Tav. III. Fig. 1. Esemplare tipico di Pentadion emydnm del Maseo di Copenaghen: dal dorso; X 6 1/3 v. circa. » 2. Esemplare come in fig. 1 : dal ventre; X 6 1/2 v. circa. » 3. Estremità anteriore di un esemplare da Hydromedìisa tectifera Coope: dal dorso; X H v. circa. » 4. Esemplare come sopra; dal dorso; x 7 v. circa. » 5. Esemplare come sopra; dal ventre; x 7 v. circa. » (). Insieme della organizzazione da un esemplare del Museo di Copena- ghen; X J3 V. circa. » 7, Insieme della organizzazione da un esemplare da Hydr. tectifera; X 14 V. circa. » 8. Ventosa posteriore da esemplare del Museo di Copenaghen; x 13 v. circa. » 9. Esemplare di T. axenos. n. sp. (di Blumenau, Brasile) ; x 8 v. circa. » 10. Insieme della organizzazione di questa specie; X 30, v. circa. » 11. Estremità terminale del pene (cirro) da esemplare da Pentadion emi/- dum; 2/E X 370. » 12. Un gruppetto di uova da esemplare da Hydr. tectifera; X 9 v. circa. » 13. Un uovo isolato dal suddetto gruppo; X 22 v. circa. » 14. Uovo col pedicello, nel punto di attacco di questo, isolato dallo stesso gruppo; 2/AA X 55. » 15. Pene (cirro) con la parte anteriore del bulbo del pene; 1/C X HO (da esemplare di Copenaghen). » 16. Pene, estremità distale, di esemplare da Hydr. tectifera; 2/F X 565. » 17. Ventosa posteriore slargata, da esemplare come sopra; x 26 cii'ca. » 18. Figm-a d'insieme dell'apparecchio della generazione in sito, da un , preparato in toto; 2/AA X 55: da esemplare del Museo di Copena ghen. La figura è completata, nei particolari, da ricostruzioni di se- zioni in serie, alcune delle quali sono rappresentate nelle figure 19 e 24: il tutto alquanto schematizzato. Va tenuto conto che il pre- parato era compresso ; vi è quindi un leggiero spostamento degli organi. Tav. IV. Tutte le sezioni rappresentate in questa tavola sono ricavate da esem- plari da Hydromedusa tectifera Coope. Fig. 19. (a-e). Una serie di sezioni transversali che interessano i genitali fem- minili, il pene e la cloaca genitale. a A X 55; b, d, e -^X 160; e ^ X 270. AA ' ' C D » 20. Sezione transvei'sale del rivestimento cutaneo; 4/7i5 semiapocromatico Koristka. — 127 — Fig. 21. Sezione tangenziale dei muscoli dello sfintere antei-iore del faringe; 2/1x565. » 22. Due glandole cutanee con i loro condotti escretori ; 2/C X 160. » 23. Sezione trasversale dell'ectoderma della ventosa posteriore; 3/Fx '^35. 24. Una serie di sezioni (a-b) a varia altezza del corpo, da avanti verso dietro; 2/A X 18. 25. Sezione transversale del faringe che interessa lo sfintere posteriore di questo; 2/DD X 370. » 26, Sezione tangenziale del rivestimento cutaneo; 4/7i5 Koristka. » 27. Sezione molto obliqua dell'ectoderma del collo della cloaca; 4/Vi-, ap. Koristka. » 28. Sezione traiisveisale di muscoli dello sfintere posteriore del faringe; 3/F X 735. » 29. Sezione tangenziale (ventrale) dell'orifizio clocale; 2 'C X 160. » 30. Sezione transversale frontale del collo della cloaca; 2/EX 370. » 31. Sezione sagittale (dorso-ventrale) cbe interessa il faringe; 3/AAx80. » 32. Pezzetto di una sezione che interessa lo sfintere posteriore del farin- ge , tolto dalla figura precedente; 3/DD X 305. » 33. Sezione transversale dell' ectoderma ventrale e del sacco muscolare cutaneo; 3/F X 735. Topografìa dell'arteria mening-ea media e trapanazione per la sua allacciatura — di F. Leuzzi. (Tav. V-VIID. (Tornata del 24 aprile 1898) L'arteria meningea media è il più grosso ramo della ma- scellare interna, ed il più importante sotto 1' aspetto chirurgico. Nata nella fossa zigomatica, sale, dietro il muscolo pterigoideo esterno, al forame piccolo rotondo, e penetra nella fossa media del cranio. Uscita dal foro piccolo rotondo, l'arteria si piega ad angolo, e poi si divide in due rami terminali, anteriore e poste- riore, a varia distanza dal medesimo forame. I rami terminali serpeggiano su la faccia esterna della dura madre , collocandosi nei solchi scolpiti nella faccia interna della squama del temporale e del parietale, che li conducono in fuori e poi in alto fino alla grande falce della dura meninge. La di- visione in due rami terminali mostra la distinzione dei rami ; ma anatomicamente il ramo anteriore continua l'arteria meningea media, figurando da collaterale il ramo terminale posteriore. In questo non corto cammino nascono dall'arteria fuori del cranio alcuni rametti destinati ai muscoli pterigoideo esterno e peristafilino interno. Alcuni considerano la piccola meningea come ramo della media; altri come ramo della mascellare interna. Nella fossa sf'enoidale si notano : un rametto al ganglio di Gas- ser, l'arteriola petrosa , i rametti alla dura madre della fossa ; quelli che trapassano nella fossa temporale ; gli auricolari , che scendono nella cassa del timpano ; ed una o due arteriole, che riescono nella cavità dell'orbita. Avviene talvolta che un'arte- riuzza di queste si sviluppi molto da raggiungere un volume quasi eguale a quello della meningea media , e supplisca in parte all'oftalmica. Questo circolo collaterale , quando esiste , ha una certa importanza. II ramo terminale anteriore si pone nel solco della faccia intema della squama del temporale presso al margine sfenoidale; e si porta in avanti, in fuori ed in alto, toccando la grande ala dello sfenoide, per raggiungere l'angolo sfenoidale del parietale, che l'accoglie nella sua gronda, spesso convertita in canale. — 129 — Questo primo tragitto descrive una curva a concavità rivolta indietro. Dall'angolo parietale predetto il ramo terminale anteriore ascende, piegando alquanto indietro, verso l'angolo frontale dello stesso osso, seguendo il solco scavato 10 mill. in media dietro della sutura coronale, a cui è parallelo. In questo secondo cammino, clie è il più lungo, il ramo ter- minale anteriore spande rami , che si allogano nei solchi , che rigano la taccia interna del parietale. Uno o più rami, di vario sviluppo, volgono verso la faccia interna del frontale. Nella fossa sfenoidale il ramo terminale anteriore di consueto non emette dalla sua parte posteriore alcun ramo importante a lungo decorso. Ma qualche eccezione esiste , e si vede talvolta nascere un ramo al terzo superiore o al terzo medio del primo tragitto del vase ; il quale ramo si reca al solco medio, oppure al posteriore del parietale. Questo ramo sarebbe secondo alcuni il terminale medio tra l'anteriore ed il posteriore. Osservai un caso in cui la biforcazione della meningea media avveniva in vici- nanza del foro piccolo rotondo: il ramo terminale posteriore si dirigeva al solco posteriore del parietale; l'anteriore al terzo me- dio del suo primo percorso dava un ramo, che si portava al solco posteriore del parietale e si univa col ramo posteriore. Il tronco comune saliva diramandosi, conservando un certo parallelismo con la sutura parieto-occipitale. Dallo stesso ramo terminale ante- riore usaiva un altro ramo al terzo superiore del suo primo per- corso , il quale si recava al solco medio del parietale per sparpa- gliarsi nella faccia interna di quest' osso. Il ramo terminale posteriore s'origina o al terzo inferiore, o al terzo medio, o al terzo superiore della distanza, che corre dal forame piccolo rotondo all'angolo sfenoidale del parietale. Per brevità chiamo questa distanza foro-augolo-sfeno-parietale. Il primo punto d'origine è relativamente raro ; il secondo frequente; il terzo più frequente. Non è esatta V asserzione di Poirier che la meningea media in generale si biforchi alla parte media della fossa sfenoidale. Il ramo terminale posteriore sceglie poi differenti , ma de- terminate direzioni, a cui si attiene costantemente; le quali pos- sono segnarsi con linee direttrici alla superficie cutanea, al contra- rio di quello che pensa il Padula. Quando nasce al terzo inferiore si reca lievemente in alto ed indietro verso l'angolo temporale del parietale, seguendo più o meno fedelmente 1' angolo formato dalla squama con la rupe 9 — 130 — Quindi s' innalza , procedendo nel solco posteriore della faccia interna del parietale, emettendo rami verso il davanti e verso la fossa cerebrale dell'osso occipitale. Non sempre rasenta la sutura lambdoidea, come afferma il Theile. Qualche volta il ramo terminale posteriore , prima di giun- gere all'angolo temporale del parietale, produce un rametto esile, che si reca al solco medio del parietale, ed oltrepassa di poco la sutura temporo-parietale esaurendosi. Vidi una volta nascere il ramo terminale posteriore al terzo medio della nota distanza , e dopo un cammino di due cm. dividersi in due rami. Uno andava al solco medio, e dispensava i suoi rami nella faccia interna del parietale, prolungandosi verso V occipitale. L' altro passava per il solco posteriore, e si distribuiva in piccola zona. Quando il ramo terminale posteriore nasce al terzo medio si dirige all'angolo temporale del parietale , che lo riceve nel solco posteriore. Questa direzione è più frequente della precedente. Altravolta il ramo terminale posteriore si porta al solco medio del parietale. Quando il ramo terminale posteriore nasce al terzo superiore della distanza foro-angolo-sfeno-parietale, s'avvia all'angolo tem- porale del parietale con modica frequenza; ma d'ordinario si reca al solco medio. Quest' ultima direzione è la più frequente tra tutte le dire- zioni, che predilige il ramo terminale posteriore. Accade talvolta di vedere, che il ramo terminale posteriore, prima d' entrare o quando entra nel solco medio del parietale , caccia un rametto, che si porta al solco posteriore del parietale. Qualunque sia il cammino del ramo terminale posteriore il suo territorio d' irrigazione non cambia ; solamente può guada- gnare estensione verso il davanti. E degno di nota che l'arteria meningea media non si divide nei suoi due rami terminali al medesimo punto in tutti gl'indivi- dui, ne in ambi i lati d'un individuo. Non va escluso però che si possano trovare casi di divisione allo stesso punto in più per- sone, e nei due lati d' un medesimo soggetto Queste osservazioni consigliano che un ottima topografia del- l'arteria meningea media debba dividersi in due parti, cioè nella porzione sotto della sutura parieto-temporale , o topografia infe- riore; e nella porzione sopra di questa sutura, o topografia su- periore. — 131 - Topografia inferiore, Obbietto di questa topografia è la determinazione del cammino dei due rami terminali e dei loro rami, quando ne emettono, sotto la sutura parieto-temporale. Dal punto dove la curva temporale del frontale volge in- dietro , si tiri una linea orizzontale verso dietro fino ad incon- trare un' altra linea innalzata dal margine anteriore del processo mastoide. Chiamo basale la j^rima linea ; e retroauricolare la seconda. Si divida in tre terzi la linea basale. Il punto d' unione del terzo anteriore col terzo medio cor- risponde al solco, o canale , dell' angolo sfenoidale del parietale. Il punto d' incontro, cioè l'angolo formato dalla linea basale con la retroauricolare, corrisponde al solco dell' angolo temporale del parietale. Dal punto d'unione del terzo anteriore col terzo medio della basale , e dall' angolo base-retroauricolare si abbassino due linee convergenti al punto immediatamente innanzi del condilo del mascellare inferiore sotto il ponte zigomatico. — Non occorre dire che facilmente si riconosce il condilo coi movimenti della mascella inferiore. — Il triangolo che ne risulta volge in basso l' apice, e la base in alto. La base ha una lunghezza di 5 cm,: ciascun lato misura 5 cm, a 5 ^/2 cm. Per facilità di linguaggio do, con licenza geometrica, il nome d' ipotenusa alla base , di cateto anteriore al lato anteriore, e di cateto posteriore al lato posteriore (v, tav. V). Il punto medio dell' ipotenusa coincide col solco medio del parietale : qualche volta questo scorre 4 o 5 mill. indietro Questa differenza è trascurabile sotto il punto di vista della trapanazio- ne , abbracciando la corona uno spazio minimo di due cm. nel quale è compreso il tronco arterioso. Il cateto posteriore indica i due terzi superiori del cammino del ramo terminale posteriore quando nasce al terzo inferiore della distanza foro-angolo-sfeno-parietale , e si porti al solco po- steriore del parietale. Il terzo inferiore del decorso è ingom- brato dall' origine dell' apofisi zigomatica. Nel caso che il ramo terminale posteriore invii , dopo un percorso di due cm., un ra- metto al solco medio, la direzione di questo rametto è data da una linea che dal punto d' unione del terzo inferiore col terzo medio del cateto posteriore si prolunghi al punto medio dell' i- potenusa (v. tav. V). — 132 — Il cateto anteriore leggermente curvilineo , a convessità an- tero-esterna, segna il cammino del ramo terminale anteriore fino all'angolo sfeuoidale del parietale, meno la brevissima parte in- terna ed inferiore. Una linea, che parta dal punto d'unione del terzo inferiore col terzo medio del cateto anteriore, e termini ora all'angolo po- steriore del triangolo, ed ora al punto medio dell'ipotenusa, ma- nifesta le due direzioni, che tiene il ramo terminale posteriore, quando x^rende origine al terzo medio della predetta distanza foro-angolo-sfeno-parietale (v. tav. VI). Un'altra linea, che muova dal punto d'unione del terzo su- periore col terzo medio del cateto anteriore, e vada ora all' an- golo posteriore del triangolo, ed ora al punto medio dell'ipote- nusa, indica le altre due direzioni , che suole prendere il ramo terminale posteriore , quando si spicca al terzo superiore della distanza foro-angolo-sfeno-parietale (v. tav. VII). La metà posteriore dell'ipotenusa segna il cammino del ramo, che va al solco posteriore del parietale , quando il ramo termi- nale posteriore si biforca in due rami poco prima d' entrare o quando entra nel solco medio. I due rametti, che il ramo terminale anteriore talvolta invia al solco posteriore, ed al solco medio del parietale, hanno per di- rettrici uno la linea che si prolunga dal punto d'unione del terzo inferiore col terzo medio del cateto anteriore all'angolo posteriore del triangolo ; l'altro la linea, che si distende dal x^unto d'unione del terzo superiore col terzo medio dello stesso cateto anteriore al punto medio dell'ipotenusa. Il cateto posteriore in questo caso denota il decorso del ramo terminale posteriore, che pure si reca al solco posteriore del parietale, dove si anastòmizza col rametto, che qui viene dal ramo terminale anteriore (v. tav. Vili). In conclusione le linee da me tracciate, indicano con molta approssimazione le varie ma determinate direzioni del ramo ter- minale posteriore, ed il decorso del suo rametto, che va al solco medio, quando esiste. Segnalano pure le vie del ramo terminale anteriore, e d' ambidue i suoi rametti , quando li invia al solco medio od al posteriore del parietale, o ad entrambi ad un tempo, pure esistendo il ramo terminale posteriore. Topografia superiore. I rami terminali della meningea media, sopra della sutura tempo-parietale , si -risolvono in rami , che è impossibile sottoporre a linee direttrici: solamente il tronco del ramo terminale anteriore può ammetterne una. Questa linea — 133 — parte dall'angolo anteriore del triangolo e sale alla sutura inter- parietale terminando 10 mill. indietro del bregma (v. tav. V). Non potendo indicare le molteplici vie delle ramificazioni dei rami terminali , mi pare ottima idea di circoscriverne i ter- ritori di distribuzione. A questo scopo occorre la conoscenza del bregma e del lambda e della sutura interparietale compresa tra di loro. La ricognizione del bregma fu problema antico, e non pochi sono i metodi usati nella sua determinazione. Albucasi e Mesue applicavano il carpo alla radice del naso, spiegavano la mano su la regione frontale , e segnavano il sito del bregma all' estremità del dito medio. Avicenna osservava pure il medesimo processo; ma poneva il bregma all'estremità dell'indice o dell'anulare. Rasi con lo stesso procedimento ritrovava il bregma al luogo corrispondente alla giuntura metacarpo-falangea del dito medio. In xlvicenna si legge un altro processo, cioè: si estende un filo da un orecchio all'altro, passando sopra il naso, si raddoppia il filo piegandolo, e si mette un estremo ad un orecchio, e l'altro salo alla parte mediana del capo nella direzione dell'altro orecchio: il punto dol capo, toccato dall' estremità del filo , è il luogo del bregma. Galeno faceva battere i denti all'infermo, e toccava la parte superiore del capo; dove sentiva un certo moto, ivi dava per sito al bregma. Celso riferisce al libro 7" capo 6" che alcuni segnavano due linee, una andava dal mezzo dell'orecchio al mezzo dell'altro orecchio, passando per il capo; l'altra dalle narici saliva alla cima del capo : il punto d'intersezione delle due linee indi- cava il posto del bregma. Lo Sculteto praticava questo processo che egli riteneva come la combinazione di quello di Avicenna e di Celso. Lo Sculteto, citato dal Padula ed il Padula medesimo, nel- Tattribaire a Celso la linea biauricolare sono in contradizione con Fabrizio d'Acquapendente. Questi dice nel prologo delle sue ope- razioni chirargiche che Celso riferisce che alcuni usavano deter- minare il bregma per mezzo delle due linee sopradette tracciate con r inchiostro. L' antica scuola di Padova metteva il carpo su la punta del naso, ed applicando la mano sul naso e volta cranica , segnava il bregma all'estremità del dito medio. Falloppio ritrovava il breg- ma nel punto dove il capellizio si moveva con difficoltà. Modernamente la linea biauricolare è adottata dal Tillaux, che la giudica atta a fornire il bregma col suo punto medio. Lucas-Championnière non la rifiuta: e per evitare ogni causa di errore si serve d' un foglio di cartone tagliato in maniera da pò- — 134 — tere essere collocato a cavalcioni sul capo , e lo attraversa con una qualsiasi asticella in direzione orizzontale. Il cartone cosi pre- parato vien posto sul capo, curando che gli estremi tocchino i forami uditivi, e 1' asticella sia orizzontale allo sguardo. Il bregma corrisponde al punto dove il cartone tocca la linea saggittale. Broca , col principio della linea biauricolo-bregmatica ; co- struì la sua squadra flessibile. Questa si compone di due lamine, congiunte ad angolo retto : nel punto d' incontro vi è un cavic- chio d' osso o di legno. Messo il cavicchio nel meato uditivo , una lamina si conduce sul cranio all'orecchio opposto, dove è rag- giunta dall' altra lamina, che viene ad incontrarla passando per il sottosetto nasale. Il bregma è situato nel punto della linea sagittale del capo, intersecato dalla lamina superiore. Il medesimo principio della linea biauricolo-bregmatica regge neir indicatore craniometro dell' illustre Sergi. 11 Padula ricavò una norma per la determinazione del bregma dall' osservazione che la distanza della glabella al bregma è quasi eguale alla distanza tra bregma e lambda, e che è doppia della distanza che corre tra questo ultimo punto e l'inion o protube- ranza occipitale esterna. Si rinviene il lambda con certa faciltà sul cranio, rivestito da parti molli : si divide la distanza tra il lambda e 1' ofrion o glabella ; il punto medio dà il bregma. Se non si ravvisa il lambda si segna il bregma ai ^/s della linea ofrion-iniena a partire dalla glabella. Ma al dir del Padula questa ultima scorta non è sempre precisa. Le misure della distanza ofrion-bregmatica non sono con- cordi: la mia media è di 11 cm ; quella di Favaloro è di 10 cm. La discrepanza nasce dall' incostante sviluppo della glabella e dal diverso punto dove gli osservatori collocano 1' estremo del na- stro metrico. Sarebbe bene adottare il precetto di Mtiller, e porre r estremo del nastro graduato al punto d' intersezione dell' asse del naso prolungato in alto, e della linea estesa dal mezzo d'un margine sopraorbitale al punto analogo dell' altro. E meglio an- cora sarebbe l'angolo naso-frontale caldeggiato dal Poirier. 11 lambda è riconosciuto ad una speciale depressione; se que- sto segno manca, esso giace in media 6 cm. sopra della protu- beranza occipitale esterna (Tillaux). Fabrizio d'Acquapendente fece la giustissima osservazione che nei calvi e specialmente nei vecchi, ed a capo raso, le suture si rivelano ad una certa depressione, che si modella sul decorso delle suture. — 135 — In questo caso non vi è difficoltà alla ricognizione del bregma, del lambda e della sutm^a saggittale. Determinati il bregma ed il lambda s' uniscono con una linea che rappresenta la sutura in- terparietale. S' innalza ora una linea dal punto d' unione del terzo ante- riore col terzo medio dell' ipotenusa al punto d' unione dei due terzi anteriore col terzo posteriore della sutura inter parietale. Questa linea segna il limite posteriore del campo d' irrigazione del ramo terminale anteriore, a cui do il nome di territorio an- teriore. Un' altra linea, estesa dal punto d' unione del terzo poste- riore col terzo medio dell'ipotenusa alla sutura interparietale, due cm. innanzi del lambda, stabilisce il limite anteriore del campo di distribuzione del ramo terminale posteriore. Questo campo rappresenta il territorio posteriore. Lo spazio, compreso tra le due linee, l'anteriore e la poste- riore , forma la provincia irrorata dal ramo medio che cammina nel solco medio del parietale, quando il ramo esiste. Questo spa?;io è il territorio medio (v. tav. V). Siffatti confini non sono netti e decisivi, ma tagliano le ana- stomosi tra i rami dei territori limitrofi. Assai spesso il ramo terminale anteriore non restringe le sue ramificazioni nel territorio anteriore, e le prolunga nel terri- torio medio. In questo caso il ramo terminale posteriore, sia che segua il solco medio, o il posteriore del parietale, sempre si spar- paglia nel territorio posteriore. Il limite tra territorio antero-medio e posteriore viene indi- cato dalla linea divisoria posteriore. Accade altra volta di vedere che il ramo terminale poste- riore invada anche il territorio medio. In questo caso il ramo terminale posteriore nasce molto fre- quente nel terzo superiore della distanza foro-angolo-sfeno-pa- rietale , e prosiegue pur di frequente nel solco medio del x)a- rietale. Il confine tra il territorio anteriore e postero-medio è segnato dalla linea divisoria anteriore. Trapanazione per allacciare 1' arteria meningea media. Le frequenti emorragie della meningea media , provocate da offese del cranio, agitarono non poco la mente dei chirurgi nel proporre la trapanazione. L'intervento chirurgico sul cranio risale in vero ai tempi preistorici, sopravvisse ai secoli con varia fortuna, avendo periodi di onore e di trascuratezza. Usata la trapanazione — 136 — ai tempi d'Ippocrate , era negletta nei secoli successivi ; Celso cercò di rimetterla in onore, ma dopo di lui ritornò a langui- re. Nel medio evo Ruggiero da Parma, Guglielmo da Saliceto, e Lanfranco ripristinarono la pratica della trapanazione ; ma si deve a Gruido da Gauliac il merito d' averne alzato il prestigio (Padula). Nei secoli XV e XVI la trapanazione aveva di fronte molti oppositori ; ma valorosi chirurgi militavano in suo favore; Vigo, Fabrizio d'Acquapendente, Fallox)pio ed altri s'attenevano ai precetti d' Ippocrate e d' Avicenna ecc. ed il loro entusiasmo facilmente li spingeva alla trapanazione , anche quando la non occorreva. Fabrizio d' Acquapendente non era soddisfatto dalla cura aspettativa di Celso nei casi di leggiere fessure del tavolato esterno del cranio, e voleva l'immediato intervento. Senza dubbio s'abusava della trapanazione; e Leone Carcamo, nel 1584, al dir del Ranzi, opponeva un freno all' abuso , limitando 1' intervento alle lesioni accompagnate da manifesta compressione. Il De La Vauguyon ragionevolmente opinava che convenisse trapanare, quando insorgevano i sintomi di compressione del cervello pure nei casi che la calvario fosse illesa. Questo precetto venne accolto da Garengeot e G. L. Pitit , che cercarono di stabilire le note cliniche, che impongono la trapanazione. Se non che Desault e la sua scuola validamente s'opponevano, e, sussidiati dalle ricer- che sperimentali di Gama e Malgaigne, respingevano la trapana- zione. Era questo l'eccesso opposto di quello che teneva Qiiesnay, il quale trapanava sempre ad ogni lesione del cranio con lo scopo di rimuovere la compressione o di prevenirla, se pure non vi fosse. L'autorità di Desault fu cosi potente che soggiogò la mente dei chirurgi francesi ; e Denonvilliers e Sedillot non valsero a riabilitare il prudente uso del trapano. Il progredire della scienza medica fini di spacciare 1' oppo- sizione: la sepsi e l'antisepsi ci premuniscono contro la temibile infezione ; la legatura dell' arteria meningea , o 1' organizzazione trombotica assicurano 1' emostasi; la iisio-patologia del cervello e la topografia della meningea media offrono dati per precisare la sede d'un focolaio emorragico. Oggi Chaldborn non avrebbe fo- rato 27 volte la testa di Filippo di Nassau per cercare lo stra- vaso sanguigno ; né Boerhave e Vanswieten avrebbero consigliato la trapanazione dei due lati del cranio per iscoprire il luogo della emorragia. Eminenti chirurgi si sono occupati della topografia dell'arteria meningea media , ed i lavori sono non pochi e di gran pregio. — 137 — Blandin trapana a livello dell' apofisi orbitaria esterna, due dita trasverse indietro d' essa. Il processo Vagt si compone di due linee , una orizzontale, segnata due dita trasverse sopra 1' arcata zigomatica ; e l' altra verticale posta un buon dito trasverso indietro dell'apofisi frontale dell'osso malare. Il trapano s'applica all'angolo formato dall' in- contro delle due linee. Altri trapanano immediatamente in sopra del punto d'unione del processo zigomatico del malare con 1' apofisi zigomatica del temporale. (Hueter, Langenbeck). Il processo D'Antona assegna il punto di trapanazione a 30 mill. su di una linea , che si spicca ad angolo retto a 47 mill. dalla verticale biauricolare, e che decorre parallela all'orizzontale sottorbito-auditiva. 11 Padula tira una linea dal tubercolo preauricolare ad un dito trasverso in fuori e 12 mill. in alto dell' apofisi orbitaria esterna. Questa linea per verità traccia il cammino del ramo terminale anteriore con la sua metà superiore. Jacobson propone di trapanare a 5 cm. indietro e 12 mill. in sopra dell' apofisi orbitaria esterna. A 3 cm. indietro di que- sta apofisi vi è il passaggio della meningea media (ramo termi- nale anteriore) secondo Tillaux. Poirier tira una linea dall'apofisi orbitale del malare al con- dotto uditivo : dal punto medio di questa linea innalza una ver- ticale; su la quale trapana a 5 cm. dall'arcata zigomatica. Kronlein prolunga una linea del margine sopraorbitale verso dietro, parallela all'orizzontale del capo, che passa per il margine sottorbitale ed il condotto uditivo. Innalza poi dal margine po- steriore del processo mastoide una verticale fino ad incontrare la linea superiore. Kronlein stabilisce su la linea superiore, il punto di trapanazione del ramo terminale anteriore, a 3 o 4 cm. indietro dell'apofisi orbitaria esterna ; e ritrova il ramo terminale poste- riore , trapanando all' angolo fatto dall' incontro delle due linee sopradette. Senza dubbio i processi mentovati, eccetto quello di Ej-onlein, hanno per obbiettivo di cogliere il ramo terminale anteriore ; e se qualcuno mira al tronco della meningea non sempre lo rag- giunge. Kronlein s' avvide che il ramo terminale posteriore restava senza punto di ritrovo, e ne indicò il luogo nell'angolo formato dalle due linee del suo processo. ^*— Tr-~~^ L LIBRARY — 138 — Cosi lo stravaso posteriore poteva scoprirsi con una certa scorta. Se non che l'occhiello ivi scolpito non sempre cade sul ramo terminale posteriore, come avviene il più delle volte, quando il ramo si dirige al solco medio del parietale , e s' avanza risol- vendosi in rami: in questo caso qualche ramificazione al più può passare per quel sito ^). Lo stesso inconveniente s'incontra qualche volta anche quando il ramo terminale posteriore si porta al solco posteriore del parietale. Se poi la rottura d'uno dei due rami terminali della menin- gea media succede al disotto della sutura temporo-parietale , il solo ramo anteriore ha qualche guida a rigore imperfetta per la sua trapanazione. Un chirurgo addita pure un luogo per cogliere il tronco della meningea. Ma secondo i dati anatomici il luogo è errato ; e dippiù non comprende il ramo terminale posteriore, quando nasce prossimo al forame piccolo rotondo. Il cateto ante- riore del mio processo, dolcemente curvilineo, e diretto immedia- tamente al davanti del condilo della mandibola sotto 1' arcata zigomatica, permette di sorprendere l'arteria meningea fin quasi nelle vicinanze della sua entrata nel cranio, con la manovra che sotto si dirà. Il ramo terminale posteriore è rimasto senza segno di linea direttrice ; e valore non ha l'indicazione del Krònlein, essendo il luogo indicato più in alto ed indietro: onde il chirurgo moderno sotto questo riguardo si trova nelle medesime condizioni dell'an- tico. Di fatto, se la lesione ca^^ita in un punto che non sotten- da V arteria terminale posteriore , ma la laceri con un suo pro- lungamento o con una scheggia d'osso, la trapanazione sopra la breccia che pur x^uò versar sangue, o la dilatazione con lo scar- pello non riescono a rinvenire il tronco arterioso, che non passa nel sito della lesione. Yi sono casi ancora, in cui l'arteria è la- cerata da frammenti della vitrea, o da qualche sua scheggia, in- tegri restando il tavolato esterno dell'osso ed i tegumenti. Tal- volta la cute ed i due tavolati dell'osso sono sani e 1' arteria è offesa per trauma diretto; e può avvenire la rottura del vaso per frattura indiretta, o ])er contraccolpo, come dicevano gli antichi, senza traccia di lesione esterna In tutti questi casi quale linea deve scegliersi tra le quattro linee direttrici del ramo terminale posteriore? Conviene indagare il minimo indizio di trauma sulla cute , ricercare il punto che 1) Leuzzi— Staurenghi, Annotazioni di Topografica Milcmo 1889. — 139 — sotto la pressione susciti il maggior dolore. La linea, che coincide o è prossima all' indizio , o al punto doloroso , dà la direzione voluta. Conosco bene che questi due segni furono invocati come scorta nelle difficili localizzazioni dei reconditi stravasi; ma essi da soli non valgono a spargere luce sul dubbio: invece sussidiati dalle mie linee direttrici arrecano maggiore probabilità. Se uno o tutti e due i segni giacciono tra due linee , o le comprendono nella loro estensione , o abbracciano tutte e quat- tro le linee , la scelta della direttrice del ramo terminale poste- riore dovrebbe cadere su la linea , che denoti la direzione più frequente del vaso. Il caso però potrebbe portare che 1' arteria tenesse la direzione meno frequente , e fosse lesa, ed il criterio di frequenza darebbe un sito falso. Nello stesso errore s' incorrerebbe nelle rotture di uno dei due rami terminali della meningea, o di qualche loro ramo, senza sintoma alla superficie cutanea , quando si facesse cadere la tra- panazione sul ramo terminale anteriore, come più esposto al trau- matismo, secondo il consiglio di qualche chirurgo. Per evitare l'errore nei casi sopra contemplati, la scelta del sito da trapanare è il punto d'unione del terzo medio col terzo inferiore del cateto anteriore, rasentando la periferia del trapano il margine superiore del ponte zigomatico. L' occhiello scopre il tronco della meningea sotto la sua biforcazione, quando il ramo terminale posteriore nasce nel terzo superiore della distanza foro- angolo-sfeno-parietale ; o nel distacco di questo ultimo ramo, se nasce nel terzo medio della distanza sopradetta. Quivi allacciata r arteria , si sospende la corrente sanguigna nel campo irrigato dai due rami terminali. Ma la trapanazione del sito da me disegnato riesce pure infruttuosa , nel senso che non coglie il ramo terminale poste- riore, quando si spicca a breve distanza dal forame piccolo ro- tondo e segue la direzione indicata dal cateto posteriore. È vero che questa provenienza e questa via sono le meno frequenti tra le altre che segue il ramo terminale posteriore. Ma ciò non esclude che il ramo arterioso possa fare quella via e possa essere rotto ; la violenza agisce a caso e può capitare sopra la menzionata direzione , che sottende il ramo terminale posteriore, che ne resta lacerato. Se il trauma lascia segno della sua sede corrispondente al cateto posteriore, l'applicazione del trapano può farsi al terzo — 140 - medio di esso cateto. Se non vi è nota traumatica su la cute , conviene forare nel punto d' unione del terzo medio col terzo interiore del cateto anteriore , prolungando 1' occhiello in basso fin quasi al foro piccolo rotondo, guidando lo scarpello con la scorta della linea direttrice e dell'anatomia, che offre una guida nel bordo anteriore del condilo temporale , e scollando la dura madre. Cosi si può sorprendere fìnanco la precoce divisione del- l'arteria meningea media, e compire l'emostasi con uno dei tanti mezzi di cui oggi dispone il chirurgo. Questa stessa manovra deve eseguirsi nello stravaso , che avviene nelle vicinanze del forame piccolo rotondo. Lo stravaso sanguigno, che ha sede sopra la sutura temporo- parietale non poteva finora legarsi alla rottura del ramo terminale anteriore o posteriore, perchè non si conoscevano i loro territori di distribuzione. Un certo indizio presenta la sutura coronale , sapendo che il ramo terminale anteriore scorre 10 mill, indietro di essa. Ma se il luogo dello spandi mento sanguigno si trova più indietro della sopradetta distanza , il dubbio e 1' incertezza s' aftaccia , e s' è imbarazzati se si debba trapanare sopra il ramo anteriore o sopra il posteriore dell' arteria meningea per ottenere 1' emo- stasia. L'ofPesa dei centri cerebrali può indicare che il focolaio emorragico corrisponda a tale o tal'altra linea dei molteplici me- todi di topografia cerebrale; ma non depone che il focolaio sia nel territorio di questo o di quel ramo terminale della meningea media, se i territori non si conoscono. Il disordine dei centri cerebrali è una preziosa guida alla sede dello stravaso, quando si vuole trapanare per cavare il san- gue. Essa però non è un aiuto per 1' emostasia , per mezzo di allacciatura, tanto più che sopra della sutura temporo-parietale i rami dei due tronchi terminali dell'arteria meningea si congiun- gono con innumerevoli anastomosi. Data la limitazione dei territori d'irrigazione, il luogo della lesione dice che il versamento di sangue è sotto la dipendenza di questo o di quel ramo terminale. Se non che lo stravaso, si- tuato nel Jterritorio medio , non può dirsi con sicurezza a quale dei rami terminali appartenga, essendo il territorio medio, quando manca il ramo terminale medio, propagine dell'anteriore, ora in- vaso dalle ramificazioni del ramo terminale anteriore, ed ora da quelle del posteriore. — 141 — Per assicurare 1' esito dell' emostasia è forza trapanare nel punto d'unione del terzo medio col terzo inferiore del cateto an- teriore e prolungare l' occhiello verso il forame piccolo rotondo. Questa breccia dà l'agio d' impedire il corso del sangue nei due rami terminali, e per conseguenza nei tre territori d'irrigazione. Nessun altro punto scelto per la trapanazione ofPre migliori vantaggi per l'emostasia del punto d'unione del terzo medio col terzo interiore del cateto anteriore : onde a buon diritto questo punto deve riguardarsi come il luogo d'elezione (v. tav. VI. 6). DELLE TORNATE dal 22 agosto 1897 al 14 agosto 1898 Tornata del 22 agosto 1897 Presidente Jatta G. — Segretario Cdtolo A. Soci presenti: Savastano, Leuzzi, Geremicca, Raffaele, Monticelli, De Rosa, Milone, Amato, Patroni. La tornata è aperta alle ore 13,30. È approvato il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambi ed i libri pervenuti in dono. Il socio Savastano legge alcune sue • Noie preliminari per una ar- boricoltura comparata > e « Note di patologia arborea * chiedendone la pubblicazione nel Bollettino. H socio Geremicca legge un suo lavoro: « Su di un caso di prolife- razione nella Fragaria vesca » e ne chiede la pubblicazione. Il socio Leuzzi dà lettura di un suo lavoro dal titolo : Della sintesi di un forte estensore della mano e su di un estensore proprio del medio, e ne chiede la pubblicazione. La Società delibera inviare le sue condoglianze alla famiglia del com- pianto Professore Gaetano Licopoli, i cui meriti scientifici sono ricordati nella tornjita dal socio Geremicca. La tornata è tolta alle ore 15. — 144 — Assemblea generale del 12 dicembre 1897 Presidente De Rosa — Segretario Cutolo A. Soci presenti : Monticelli, Raffaele, Pasca , Quintieri , Amato , Capozzoli , Gabella , Cutolo A,, Patroni, Franco, Geremicca, Milone, Passare. Si apre la tornata alle ore 14. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambi ed i libri pervenuti in dono. Il presidente comunica una lettera del figliuolo del Prof. Licopoli , con la quale si ringrazia la Società per le condoglianze inviate. Presenta quindi il fascicolo pubblicato del Bollettino. Procedutosi alla votazione per le cariche risultano eletti : Franco P. a vice-presidente Quintieri L. » consigliere Passare E. » » Forte 0. » segretario Savastano L. » revisore dei conti Monticelli Fr. S. » L'Assemblea è sciolta alle ore 15. Assemblea generale del 30 gennaio 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti: Patroni, Pietraroja, Raffaele, Milone, Geremicca, Gabella' Leuzzi, Amato, De Rosa, Gutolo A. La seduta è aperta alle ore 14. Il socio Gutolo, segretario uscente, legge il verbale della tornata pre- cedente, che viene approvato, e quindi la relazione sui lavori della So- cietà durante l'anno 1897. Sono presentati i cambi ed i libri pervenuti in dono. E letto il bilancio consuntivo dell'esercizio 1897, che viene approvato provvisoriamente , salvo a ritornarvi sopra , se necessario in seguito alla relazione dei revisori dei conti. L'Assemblea approva la radiazione dei seguenti soci perchè morosi : Caputo, Collamarini, De Gasparis e "Vito, residenti, e Canonico, Garuana- Gatta, Casoria, Nappi, Rocco, RoncaU e Scarzia, non residenti. Il Presidente legge il bilancio presuntivo pel 1898 compilato dal Consiglio direttivo; esso è approvato. — 145 — L'Assemblea piglia atto delle dimissioni del signor Ai-naldo Cantani da socio ordinario residente, ed ammette ad unanimità come soci ordinari residenti i dottori Gioacchino de Paola ed Alfio Motta Coco. Il Presidente comunica una lettera di ringraziamento della vedova del compianto Professore Salvatore Trinchese , per le onoranze a questo tributate con la commomorazione fatta dalla Società. L'Assemblea ne pi- glia atto e delibera che la commemorazione fatta dal socio Della Valle venga pubblicata nel Bollettino. L'Assemblea è sciolta alle ore 16. Tornata del 6 marzo 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti: Geremicca, Milone, Quintieri, Raffaele, Gabella, De Rosa, Amato, Cutolo A., De Paola, Patroni. La tornata è aperta alle ore 13,45. È letto ed approvato il verbale dell'Assemblea precedente e son pre- sentati dal segretario i libri e cambi pervenuti alla Società. D socio Jatta G. legge un suo lavoro « Sopra i cefalopodi della V. Pisani » e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. L'Assemblea piglia atto della relazione sulla revisione dei conti com- pilata dai soci Savastano e Monticelli e letta dal presidente, nonché del passaggio del socio Mastrostefano a non residente, del socio Della Valle a residente e delle dimissioni del socio Manfredi. Il socio Milone fa una comunicazione verbale sulla questione del pane integrale. La tornata è tolta alle ora 15. Tornata del 3 aprile 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti: Geremicca, Cutolo A., Raffaele, Leuzzi, Quintieri, Pasca, De Rosa, Milone, Rodriguez. ■ La tornata è aperta alle ore 13,30. Il Segretario legge il verbale della tornata precedente , che viene approvato, e presenta i libri ed i cambi pervenuti alla Società. Il socio Raffaele legge la prima parte di un suo lavoro « Sul sinci- zio perilecitico delle uova dei Teleostei » e ne chiede la pubblicazione. Il Presidente comunica la morte del socio ordinario residente Dottor Pietro Lenti, propone si mandino le condoglianze alla famiglia, e si fac- 10 — 146 — eia la sua commemorazione in una pi-ossima tornata ; 1' assemblea ap - prova. Si prende atto del passaggio del socio Germano alla categoria dei non residenti. La tornata è tolta alle ore 14,40. Tornata del 24 aprile 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti: PiccoK, Angelillo, Leuzzi, Quintieri, Monticelli, Amato, De Rosa, Cutolo E. La tornata è aperta alle ore 14. Il Segretario legge il verbale della tornata precedente, che è appro- vato, e presenta i cambi ed i libri pervenuti in dono. Il socio Leuzzi legge un suo lavoro « Sulla topografia delVarteria meningea media e sua trapanazione » chiedendone la pubblicazione. La tornata è chiusa alle oi'e 15. Assemblea generale straordinaria dell' 8 maggio 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti : De Rosa, Patroni, Cutolo A., Cutolo E., Raffaele, Piccoli, Milone. È letto ed approvato il processo verbale della tornata precedente; il segretario presenta i libri ed i cambi pervenuti alla Società. É ammesso ad unanimità a socio ordinario residente il signor Gio- vanni Rossi. 11 Presidente comunica che il socio della Valle, per ragioni personali, dichiara di rinunziare alla pubblicazione della commemorazione del Pro- fessore Trinchese da lui letta. L'Assemblea piglia atto di questa comu- nicazione. L'Assemblea passa, quindi, alla discussione del nuovo Regolamento della Società. La seduta è sciolta alle ore 16. — 147 — Assemblea generale straordinaria del 5 giugno 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti: Geremicca, Patroni, Raffaele, Cutolo E., Amato, Milone. La seduta è aperta alle ore Il Segretario legge il processo verbale dell'Assemblea prejedente il quale è approvato; indi presenta le pubblicazioni pervenute alla Società. Il socio Raffaele legge la seconda parte del suo lavoro « Sul sinci- zio psrilecitico delle uova dei Teleostei » chiedendone la pubblicazione. L'Assemblea continua la discussione del nuovo Regolamento. La seduta è levata alle ore 16 Assemblea generale straordinaria del 10 luglio 1898 Presidente Jatta G. • — Segretario Forte Soci presenti : Monticelli, Cannaviello, Milone, Franco, Cutolo A., Patroni, Raffaele, Amato, Baratti. La seduta è aperta alle ore 13,40. È letto ed approvato il verbale dell'Assemblea precedente ; ijjdi il segretario presenta i cambi ed i libri pervenuti in dono. L'Assemblea piglia atto del passaggio del socio Capezzoli alla cate- goria dei non residenti; quindi continua la discussione del nuovo Rego- lamento. Il socio Franco legge una sua comunicazione sui fenomeni recenti del Vesuvio, e chiede che venga inserita nel Bollettino. Il Presidente annunzia la morte del socio ordinario residente Dottor Giambattista Valenza. La seduta è sciolta alle ore 16,30. Assemblea generale straordinaria del 14 agosto 1898 Presidente Jatta G. — Segretario Forte Soci presenti : Russo, Monticelli, Geremicca, Piccoli, Cannaviello, Patroni, Raffaele. La sedata si apre alle ore H Segi'etario legge il processo verbale dell'Assemblea precedente, che viene approvato, e presenta i libri ed i cambi pervenuti alla società. — 148 — Il socio Monticelli legge un suo lavoro sulla « Temnoceplmla breui- cornis, Montic. 1889 » e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. L'Assemblea approva definitivamente il nuovo Regolamento. Il Presidente dichiara chiusa la ricezione dei lavori per il fascicolo del Bollettino di quest'anno, indi mette ai voti la proposta per le vacanze. L'Assemblea approva. La seduta è sciolta alle ore 14,30. IllLBIVOO OEII SOOII (ottobre 18^8) SOCII ORDINARII RESIDENTI 1. Amato Carlo — Tribunali, 339. 2. Angelino Michele — Manicomio di Aversa. 3. Atkinson Walter Edmund — Via Roma, 185. 4. Balsamo Francesco — Salvator Rosa, 290. 5. Baratti Alberto — S. Giovanni a Carbonara, 102. 6. Bassani Francesco — Museo di Geologia, R. Università. 7. Bernabeo Gaetano — Salvator Rosa, 67. 8. Breglia Eduardo — Stazione Zoologica. 9. Gabella Antonio — Istituto Chimico, R. Università. 10. GannavieDo Eni-ico — Corso Umberto L, 22. 11. Gapobianco Francesco — Via Giovanni Gussone, 90. 12. Gappa Gustavo — Via Castello, 3. 13. Gascella Francesco — Manicomio di Aversa. 14. Gimmino Raffaele — Piazza Cavour, 201. 15. Gutolo Alessandro — Via Roma, 404. 16. Gutolo Eni'ico — Via Roma, 404. 17. Damasceni Domenico — Corso Viti. Emanuele, 440. 18. Della Valle Antonio — R. Università. 19. De Rosa Francesco — S. Lucia, 64. 20. Diamare Vincenzo — Salita Salute, 173. 21. Di Paola Gioaccliino — Vico Campanile al Consiglio, 18. 22. Fittipaldi Emilio Ugo — Corso Umberto I., 34. 23. Forte Oreste — Via S. Giuseppe, 37. 24. Franco Pasquale — Corso Viti. Emanuele, 397. 25. Gargiulo Antonio — 26. Geremicca Michele — Via Duomo, 242. 27. Giangrieco Angelo — Scuola di Veterinaria. 28. Imbert Federigo — Mergellina, 1. 29. Jatta Giuseppe — Rione Sirignano, 8. 30. Jatta Mauro — Ruvo di Puglia. — 150 — 31. Kernot Giuseppe — Via S. Carlo, 2. 32. Leuzzi Francesco — Mergellina, 170. 33. Lo Bianco Salvatore — Stazione Zoologica. 34. Massa Francesco — Via Fuori Portamedina, 20. 35. Miele Sebastiano — Via G. Piazzi, 30. 36. Milone Ugo — Corso Garibaldi vecchio, 8. 37. Monticelli Fr. Saverio — E. Università di Modena. 38. Motta- Coco Alfio — Istituto fisiologico, B. Università. 39. Oglialoro-Todaro Agostino — Istituto Chimico, E. Università. 40. Pace Domenico — Vico 1. foglie a 8. Chiara, 33. 41. Pansini Sergio — Ospedale Clinico Gesìi e Maria. 42. Pasca Alberto — Via nuova Capodimonte, 73. 43. Passare Errico — Piazza Cavour, 108. 44. Patroni Carlo — Viale Schisa a Foria. 45. Penta Pasquale — Manicomio di Sales. 46. Pietraroja Ludovico — Via Firenze, 24. 47. Piccoli Raffaele — Piazza Cavour, 152. 48. Praus Carlo — E. Prefettura 49. Quintieri Luigi — Via Eoma, Palazzo Angri. 50. Raffaele Federico — Via Ferdinando Palasciano, lett. C. 51. Rippa Giovanni — E. Orto Botanico. 52. Rizzo Leopoldo — Via G. Bausan, 60. 53. Rodriguez Filippo — Palazzo Bivona. 54. Rossi Giovanni — Via Bernardo Celentano, 20. 55. Savastano Luigi — Vico Equense. 56. Scacchi Eugenio — Museo di Mineralogia. 57. Tagliani Giulio — Salvator Eosa, palazzo Montemiletto. 58. Vetere Vincenzo — Castellammare di Stabia. 59. Viglino Teresio — Piazza Dante, 41. 151 — SOCII ORDINARII NON RESIDENTI 1. Bucci Pietro — Scuola di Agricoltura, Cerignola. 2. Capezzoli Rinaldo — Acquare (Salerno). b. Centonze Michele — Catanzaro. 4. Chigi Ludovico — Palazzo Chigi, Roma. 5. Curatolo Tommaso — Istituto tecnico, Bari. 6. D'Avino Antonio — Liceo di Nocera inferiore. 7. Ettorre Francesco — Taranto. 8. Federici Nicola — Clinica Chirurgica, Sassari. 9. Germano Eduardo — Parigi. 10. Grimaldi Clemente — Modica (Siracusa). 11. Jatta Antonio — Ruvo di Puglia. 12. Mastrostefano Antonio. 13. Mazzarelli Giuseppe — Liceo di Arpino. 14. Mingazzini Pio — R. Università, Catania. 15. Mola Pasquale. 16. Rho Filippo — Ministero della Marina, Roma. 17. Rioja José — Museo de historia naturai, Universidad, Madrid. 18. Romano Pasquale. 19. Russo Achille — Liceo di Benevento. 20. Sanfelice Francesco — Istituto d'igiene, R. Università, Cagliari. 21. Tagliani Giovanni — Stabilimento De Angelis & C., JMilano. 22. Vanni Giuseppe — Liceo Visconti, Roma. SOCII ADERENTI 1. Cutolo Costantino — Palermo. — 152 — CONSIGLIO DIRETTIVO per Vanno 1898 Presidente : Vice-Presidente Consiglieri : Segretario Jatta Giuseppe. Franco Pasquale. Geremicca Michele. Raffaele Federico. Quintieri Luigi Passaro Enrico. Forte Oreste. ELE:isroo IDEI C-^iivCBi {31 Dicembre 1898) EUROPA Italia Acireale — Accademia di Scienze, Lettere ed Arti dei Zelanti e P. P. dello studio (Atti e Rendiconti). Bologna — R. Accademia delle Scienze deìV Istituto (Bendiconti) Bullettino delle Scienze mediche. Brescia — Commentari dell'Ateneo. Cagliari — Bollettino della Società tra i cultori delle Scienze mediche e naturali. Catania — R. Accademia Gioenia {BoUettino e Memorie). Coneg-liano — L' Enotecnico. — Periodico di Viticoltura e di Enologia. Firenze — Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia. Società botanica italiana (Bollettino). Nuovo Giornale botanico italiano. R. Accademia dei Georgofìli (Atti). Monitore zoologico italiano, R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino). Società entomologica italiana (Bollettino). Genova — L' Ateneo hgure. R. Accademia medica (Bollettino e Memorie). Museo civico di Storia Naturale (Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della r. Università (Bollettino). Rivista di Filosofìa scientifica. Società ligustica di scienze naturah e geografiche (Atti). Società di letture e conversazioni scientifiche (Gior- nale). Lodi — R. Stazione sperimentale del caseificio (Annuario). Lucca — R. Accademia lucchese (Atti). Messina — L'Agricoltore messinese. — 154 Milano — Società italiana di scienze naturali e Museo civico di Storia naturale (Atti). Rivista di studi psichici. Annali di Ostetricia e Ginecologia. Modena — Società dei Naturalisti (Atti) Napoli — R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche (Memorie, Rendiconti ed Annuario). R. Istituto d' Incoraggiamento (Atti e Rendiconti). Accademia Pontaniana (Memorie). Associazione napoletana di Medici e Naturalisti (Gior- nale). Il medico pratico contemporaneo. Il Progresso medico. Società africana d'Italia (Bollettino). GÌ' Incurabili. Società alpina meridionale (Bollettino). La riforma chimica. Zoologischen Station zu Neapel (Mittheilungen). — Società veneto-trentina di scienze naturali (Bollettino ed Atti). Bollettino mensile di Bachicoltura. La nuova Notarisia. Il Raccoglitore padovano. — Il Naturalista siciliano. Giornale scientifico. L'avvenire educativo — Rivista di Pedagogia e didat- tica. — Bollettino scientifico. Il Selmi — Giornale di Chimica applicata. — Accademia medica-chirurgica. — Società toscana di scienze naturali (Memorie e Pro- cessi verbali) — R. Scuola superiore di Agricoltura Annuario e Bol- lettino). Porto Maurizio — Associazione scientifica ligure (Bollettino). Roma — R. Accademia dei Lincei (Rendiconti) R. Accademia medica (Bollettino ed Atti). R. Comitato geologico italiano (Bollettino). Ministero di Agricoltura (Bollettino ed Annali). Laboratorio di Anatomia normale della R. Università (Ricerche) Istituto d' Igiene sperimentale della R. Università (Annali). Club alpino italiano (Annuario). Accademia pontificia dei Nuovi Lincei (Atti). Società romana per gli studi zoologici {Bollettino). Padova Palermo Pavia Perugia Pisa Portici 155 Rovereto Salerno Siena Torino Trento Trieste Venezia Accademia degli Agiati (Atti). Museo civico {Pubblicazioni). Il Picentino. R. Accademia dei Fisiocritici ( Atti e Processi ver- bali. Bollettino del Natvtralista. Rivista italiana di Scienze naturali. Avicula — Giornale ornitologico italiano. Bullettino del Laboratorio ed Orto botanico. R. Accademia delle Scienze (Atti). R. Accademia medica (Giornale). Club alpino italiano (Rivista e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della r. Università (Bollettino). L' Agricoltore. Museo civico di Storia naturale (Atti). Società adriatica di Scienze naturali (Bollettino). L' Ateneo veneto. Rivista veneta di scienze mediche. La Notarisia. Spagna Gerona Madrid Revista mèdica rural. Sociedad espafiola de Historia naturai (Anales). La naturaleza — (Revista decenai ilustrada). Portogallo Porto — Annales de sciencias natui'aes. Francia Cherbourg" — Société nationale des Sciences naturelles et mathé- matiques (Memo ir es). Lille — Revue biologique da nord de la France. Montpellier — Société d' Horticolture et d'Histoire natureUe de l'Hé- rault (Annales). Nancy — Bibliographie anatomique — Revue de travaux en lan- gue francaise. Nantes — Société des Sciences naturelles de l'ouest de la France (Bulletin). Paris — Bulletin scientifique de la France et de la Belgique. Journal de l'Anatomie et de la Physiologie de l'homme et des animaux. — 156 — Société zoologique de France (Bullettai et Mémoires). Muséum d'Historie naturelle (Bidletfin). Revue mensuelle de 1' École d' Anthropologie de Paris. Feuille des jeunes Naturalistes. L'Intermédiaire des Biologistes — Organe international de Zoologie, Botanique, Physiologie et Psychologie. Belgio Bruxelles Louvain Société royale malacologique La Cellule. Belgique (Aimales). Germania Berlin — Bericht uber die Veriagsthàtigkeit. Naturae novitates. Botanische Verein der provinz Brandeburg ( Verhancl- lungen). Index der gesamraten chemischen Litteratur. Bonn — Naturhistorischen Vereines der Preussischen Rhein- lande und Westfalens (Verhandlungen). Niederrheinischen Gesellscliaft fiir Natur und Heil- kunde (Sitzungsberichte). Leipzig" — Zoologischer Anzeiger. Svizzera Ghur Zurich Genève Naturfosclienden Gesellscliaft Graubunden's (Jahres- bericht). Societas entomologica. Institut national genevois (BuUetin). Austria ^A^ien Prag K. K. Naturhistorisches Hof-Museum (Annalen). Zoolog. botan. Gesellscliaft (Verhandlungen). Ceska akademie cisare Prantiska Josefa prò vedy slovenost. a umeni v praze (Pubblicazioni). Inghilterra Cambridge — Pilosophical Society (Proceedings and Transadionfi). London — Royal Society (Proceedings). Plymouth — Marine biological Association of the United Kingdom (Journal). - 167 - Svezia Upsala — Geological Institutiou of tlie University of Upsala (Bulletin). Finlandia Helsingfors — Societas prò tauua et flora fennica (Ada et Medde- landen). Russia Kiew — Société des NaturaKstes (ìlémoires). Moscou — Société imperiale des Nataralistes {Bulletin). ASIA Siria Beyrouth — Revue internationale de Bibliographie. India Madras — Government centrai Museum (Pubblicazioni). Giappone Tokyo — Annotationes zoologicae japonenses. AMERICHE Uruguay Monte video — Museo nacional (Anales y Comunicaci ones). Paraguay Asuncion — Revista de Agronomia y de ciencias aplicadas. — Boletin de la Escaela de Agricultura de la Assun- cion del Paraguay. Repubblica Argentina Buenos Ayres — Museo nacional {Anales). — 168 — Chili Santiago — Deutch. wissenschaft. Verein (Verliancìlunyen). Société scientifique clu Chili {AcAes). Bogotà Colombia Sociedad dentai de Bogotà [Anales). El Agricultoi' — Organo de la Sociedad de los Agri cultores colombianos. Costa-Rica San José — Museo Nacional (Anales). Messico Messico — Sociedad cientifica « Antonio Alzate » (Memorias y Revista). La Naturaleza — Periodico cientiiico de la Sociedad mexicana de Historia naturai. Institùto geologico (Boletin). Stati Uniti Boston — Society of Naturai history (Proceedings). Chicago — Academy of Sciences {Bulletin and Anniial report). The Journal of Geology - A semi-quarterly magazine of Geology ad related sciences. Madison Wisconsin— Academy of Sciences, Arts and Lettres (Tran- sadiones). Meriden Gonn— Meriden scientific Association (Transadion). Minneapolis — Minnesota botanical studies (Bulletin). The Geological and naturai History Survey of Min- nesota— Reports of the Survey Botanical Series. New York — Medicai Record. Philadelphia — Academy of Naturai Sciences (Proceedings). Raleigh — Elisha Mitchel scientific Society (Journal). Saint-LiOUis — Academy of Naturai Science (Proceedings). Missouri botanical garden (Annual report). Tufts College Mass.— Studies. 'Washington — United States Geological Survey (Annual report). U. S. Departement of Agriculture — Division of Or- nithology and Mammalogy (Bulletin North Ame- rican Fauna). — 159 — Smithsonian Institution (Annual report). U. S. Department of agrìculture (Jearhook). U. S. Department of agriculture — Bureau of mal industry (Annual reports). Canada Halifax — Nova Scotian Institute of science. PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO (31 Dicembre 1898) Abate G. — L'elettricità e la jìaralisi dei muscoli crico-aritenoi- dei posteriori. — Catania , 1886. (Dono del socio F. De Rosa). Abbamondi N. — Studii medici sulle acque minerali di Telese. — Be- nevento, 1872. (Dono del bibliotecario C. Patroni). Alvino P. — Su di un caso di ferita penetrante nel torace. — Que- stioni medico-legali. — Aversa, 1898. (Dono autore). Amalfi G. — Gli oppiacei nel colera ed un'ipotesi.- Napoli, 1885. (Dono Patroni). Anonimo — DelVacido fenico e dei suoi composti. — (Dono id.). » Brani principali del giudizio dato dalla stampa del nostro reame e dello straniero su la nuova clinica medica di Napoli e sul relativo discorso inaugurale del Direttore di essa. — Napoli, 1857. (Dono id.). » — Notizie, memorie ed istruzioni riguardanti il Cholera morbus. — Napoli, 1831. (Dono id.). » — La grotta di Monsummano. — Firenze, 1888. (Dono id.). » — Legge sulla sanità pubblica. — Firenze,1865. (Dono id.). » — La moderna cura della tisi. — Genova, 1897 . (Dono id.). » — Rapports cliniques sur la Diuretine-Knoll, empAogée comme diurétique. (Dono id.). — Gì' interessi delV agricoltura meridionale rispetto ai trattati di commercio. — Napoli 1888. (Dono id.). » — De coìiservanda bona valetudine opusculum Scìiolae Salernitanae. — Venetiis, 1587. (Dono id.) » — Al dott. fisico Giuseppe Campanella di Foggia au- tore di una lezione medica indiritta a Felice Ve- nasi di Sansevero. — Berna (Elvezia), 1837-38. (Dono id.) » — Herbolarium de virtutibus herbarium. — Venetiis, 1520. (Dono id.)- 11 162 — Anojjimo Basile G. b attigni g. Baumer J. W. Bax F. Bo A. Brougniart C. BUCHAN G. Calabrese A. Califano e. Cannizzaro R. Gantani a. Cardarelli A. Carletti D. Carocci P. Cera V. L. Intorno al Cholera morbus. Prima e seconda istru- zione popolare del Supremo Magistrato. — Napoli, 1849. (Dono id.), Il magnetismo e l'elettricismo esposto dai convittori del Collegio Reale delle Scuole Pie di Napoli sotto la direzione del P. Glicerio Campanella. — Napoli, 1849. (Dono id.). Archivio internazionale di medicina e chirurgia. Gen- naio 1897, fase. 1. — Napoli. (Dono id.). Esiti delle varie lesioni violente dei nervi motori. — Trani, 1885. (Dono id.). Dell' Ittiolo in ginecologia. — Parma, 1893. (Dono id.). Historia naturalis regni mineralogici ad naturae diictum. — Francofurti, 1780. (Dono del socio L. Pe- traroja). Osservazioni alla sentenza del Tribunale correzionale di Napoli nella causa del cav. Giulio De Martino. Napoli, 1872. (Dono Patroni). Le quarantene ed il cholera morbus. — Genova (Do- no id.). Histoire naturelle populaire. L'Homme et les ani- maux. — Paris. (Dono Petraroja). Medicina domestica. — Napoli dal 1781 al 1787. (Dono Patroni). TJn caso di cirrosi biliare ipertrofica. — Napoli, 1892. (Dono id.). Studii sulla neurastenia. — Santamaria C. V., 1894. . (Dono id.). TJn caso di sclerosi dei cordoni posteriori per sifìlide raccolto nell'ospedale Melorio — Santamaria C. V., 1896. (Dono id). TJn caso di ano contro natura guarito colla entero- tomia. — Napoli, 1884. (Dono De Rosa). Istruzioni popolari concernenti il cholera asiatico. — Napoli, 1873. (Dono Patroni). Ij influenza della malaria sidlo sviluppo organico.Rap- porto tra il traumatismo e V impaludismo. Lezione redatta daldott. Jacontini. — Napoli, 1887. (Dono id.). Istruzioni teorico-pratiche relative alla conoscenza delle piante di alto fusto. — Napoli, 1837. (Dono id.). L'evoluzionismo nelle belle arti. Prolusione al corso di Storia naturale e Fisica nelV Istituto di Belle arti di Napoli. — Napoli, 1881. (Dono id.) Metodo curativo razionale per la colera sviluppatasi in Napoli dallo scorcio di Luglio 1854. — Napoli, 18.54. (Dono id.). 163 — ClCCONR A. T. (yHERVIX COBKLLI R. Colli E ux C. CONDORKLLI MaGKRI CONNELLI ClONI Conti G. — coronelli f. v. — coulter j. m. — cozzolino v. Damiens a. — Due nuovi teoremi di Fisica applicati specialmente ai fenomeni dell' economia animale. — Napoli, 1884. (Dono id.). — La leucoemia lineale osservata nei bambini e curata omiopaticamente. — Roma, 1876. (Dono id.). — Il metodo sperimentale e le dosi minime. (Prolusio- ne).— Napoli, 1895. (Dono id ). — Comment on guérit le ?;é9«ieme%^.— Paris. (Dono id.). — GV imenotteri del Trentino. Notizie 2Jì^6linnnari. — (Fase. IV.) Evaniadae , Cynipidae , Chalcididae , Proctotrnpidae, Ichneumonidae, Braconidae. — Ro- vereto, 1897.— (Dono del Museo civico di Rovereto). — Sopra il nuovo metodo di Litotripsia detto del per- ciirsore curvo col martello. — Napoli, 1835 (Dono id.). A. — Sopra alcuni disinfettanti. Studio sperimentale con un appendice sulla possibile disinfezione deW intestino nel colera morbus. — Napoli, 1887. (Dono De Rosa). — Educhiamo i fanciulli deboli di mente. Milano, 1896. (Dono Patroni). — Sulla cura eradicativa delle varici emorroidi e va- ricocelle secondo il metodo del prof. Palasciano. Napoli, 1854. (Dono id.) Isola di Rodi geografica-storica antica e moderna coir altre adiacenti già possedute dai cavalieri ho- spitalieri di S. Giovanni di Gerusalemme. Venetia, 1695. (Dono del socio A. Cutolo). — The origin of ggmnosperms and the seed habit Chi- cago, 1898. (Dono autore). — Disturbi psichici provocati o sostenuti dalle malattie auricolari. Napoli, 1887. (Dono Patroni). — Le fratture della rocca petrosa dal punto di vista dell' otojatria. Piacenza, 1894. (Dono id.) — Resoconto statistico degli ammalati d' orecchio, naso e gola osservati e curati nei mesi scolastici degli anni 1883-84-85-86-8?.— Bologna, 1887. (Dono id.). — Revisione di perizia medico-legale per percosse ripor- tate sulla regione auricolare credute cause di rumori entotici. — Napoli, 1888. (Dono id.) — Relazione a S. E. il ministro della P. L sulle cli- niche private di Laringojatrii e di Otojatra di Pa- rigi e di Londra e quelle governative dell' Univer- sità di Fie^ma.— Napoli, 1883. (Dono id.) — De V Ichthgol en ingections hgpodermiques — Paris, 1872. (Dono id.) — Dass Evangelium der Natar. — Frankfurt ani JMain. 1857. (Dono id.) — 164 De Alessandri G. — La pietra da cantoni di Rossignano e di Vignale (Basso Monferrato) — Studi stratigrafici e paleon- tologici.— Milano, 1897. (Dono autore). D'Emilio L. — Almanacco. — Napoli, 1893. (Dono Patroni). De Jongh L. J. — Observations sur la superiorité des éspèces foncés d'imile de foie de Morue sur les éspeces jaunes et blanches, suivies de notices sur les falsiflcatious de limile de foie de Morue et sur les moyens de re- connaìtre Vhuile veritable. — Le Haye, 1876. (Do- no id.). De Negri L. — La pesca e la Società di pescicoltura italiana. — Pa- ris, 1874. (Dono id.) De Rosa G. — Discorso storico sullo scuola medica napoletana. — Napoli, 1886. (Dono id.) Dr ViscENTiis C. — Sulla ipertrofia della glandola di Blandin- Breve ilota clinico-anatomica. — Napoli, 1886. (Dono De Rosa). Del Monte M. — Tre lettere sul progetto di legge sulla istruzione su- periore. — Napoli, 1882. (Dono Patroni). Di Lorenzo G. — L' ittiolo nella etera di alcuyie dermatosi. — Napoli, 1891. (Dono id.) Di Siena G. — Tesi di chimica organica svilupjjata secondo il pro- gramma ìiniver sitarlo. — Napoli. (Dono id.) Dujardin-Beaumetz — Hygiene prophylatique. — Paris, 1888. (Dono id.) Durante P. — Per un caso di ferita lacero-contusa alla regione pa- rietale destra e frattura sottostante della volta del cranio {Perizia medico legale). — Bovino, 1894. (Do- no id.) » — Contributo alla chirurgia conservativa. Perjun caso di frattura complicata alla gamba destra. — Bovino, 1895. (Dono id.) Falconio e Cristin-- Discorsi per l'inaugurazione dell'anno scolastico 1872- 73 nella Scuola superiore di medicina veterinaria di Napoli. — Napoli, 1892. (Dono id). Fasano a. — Sid valore terapeutico della Diuretina Knoll. — Na- poli, 1896. (Dono id.). Fazio E. — La epidemia colerica e le condizioni sanitarie di Na- jjoli. — Napoli, 1884. (Dono id.). Fazio E e Zinno S. — Terme di Porto ^risr/im.— Napoli 1881. (Dono id.) Ferraz J. F. — Lìforme relativo al'ano economico de 1897 à 1898 presentado al senor Secretarlo de Fomento. — ■ San José, 1898. (Dono del Museo nacional de Costa Rica). — Feuille des jeunes naturalistes — Catalogne de la Bibliothèquepar A. Dolf/is. Fase. 25. — Paris, 1898. — 165 — Fodere F. L. — Trattato di medicina legale e d' igiene pnbblica (tomo 1.).— NaiDoli, 1808. (Dono Patroni). Franco D. — Prolusione al primo corso d'idrologia e halneotera- pia. — Napoli, 1881. (Dono id.). Frojo D. — Sulla cultura degli ortaggi nella provincia di Na- poli. — Napoli, 1876. (Dono id.). Gallo A. — Le vinti giornate dell'agricoltura e dei piaceri della villa. — Venetia, 1522. (Dono id.). Gamberini P. — Statistica clinico-terapeutica delle malattie veneree , sifilitiche e cutanee accolte nella clinica universita- ria di Bologna. — Napoli, 1885. (Dono id.). Ghersi G. B. — Osservazioni chirurgiche. — Cagliari, 1840. (Dono id.) Giuliani E. — Descrizione di tre apparecchi autografici elettroma- gnetici. — .\apoli, 1875. (Dono id.). Graus F. — Contribuzione allo studio della psicografia. — Napoli, 1893. (Dono id.). Grazzi V. — Perchè l'otologia deve considerarsi come mio dei piii importanti insegnamenti speciali. Prolusione letta nell'anfiteatro anatomico del B. Istituto di studii superiori in Firenze il 30 novembre 1884. — Na- poli, 1885. (Dono id.). Grimaldi C. e Brancaccio F. — Sul colera. Quistioni gravi e difficili sintomi diretti e differenziali ed indirizzo alla terapia. — Napoli, 1865. (Dono id.). Grunfeld a. — Intorno a due nuovi preparati marziali Emolo ed Emogallolo.— Bo'psivt, 1893. (Dono id.). Gruss G. — Zdkladovè theor etiche Astronomie {Dil pruni). — Pra- ga, 1897. (Dono dell'Accademia cesarea Francesco Giuseppe di Praga) Gdariglia M. — Un caso di bronchite cronica con asma ricorrente ed enfisema vicario guarito colla cura di aria com- pressa nella camera pneumatica. — Napoli, 1880. (Dono Patroni). — Guglielmo da Saliceto. Giornale di medicina farma- cia e scienze affini.— F'mcenzsi, 1881 al 1884. (Do- no id.). Halbherr B. — Elenco sistematico dei Coleotteri finora raccolti nella Valle Lagarina. Fase. X. Chrysomelidae , Cocci- nellidae. — Rovereto, 1898. (Dono del Museo civico di Rovereto). Herschel G. — Delle scoverte fatte nella luna. — Napoli, 1836. (Do- no id.). Heyden (von) F. — Sull'acido salicilico come mezzo profilattico e cura- tivo del Cholera , della febbre tifoide e di altre malattie. — Milano, 1883. (Dono id.). — 166 — Il Morgagni. Giornale indirizzato al progresso della medicina. — Napoli, dal 1861 al 1865. (Dono id ). — Il Sarcone. Giornale di medicina e delle scienze af- fini. — Napoli 1847. (Dono id.). — Il Severino. 0 sia la esposizione della medicina na- poletana.— Novembre 1853 e Febbraio 1856. (Do- no id.). Imbimro M. — Cenno critico sidla vita. — Napoli, 1829. (Dono id.). » — Poche parole in risposta alla critica fatta dal doti. Carlo Moscatelli alla memoria sul Cerretanismo me(^^■co.— Napoli, 1833. (Dono id.) Imp.amati M — Dei segni certi della morte reale. — Piacenza, 1881. (Dono id.). » — Contribuzione alla medicina legale. Rotture dell' in- testino per contusione alV addome senza traccie esterne sulle pareti addominali. — Piacenza, 1879. (Dono id ). — Inaugurazione dell' Osservatorio meteorico-geodina- mico- vulcanologico dell' Orfanotrofio di Valle di Pompei. (Discorsi). — Valle di Pompei, 1890. (Do- no id.). loRis L. — La Ferropirina. — Trento, 1896. (Dono id). Janet C. — Études sur les fourmis, les guépes et les aheilles.— lo Note — Appareils pour l'observation des fourmis et des animaux myrmècopìnles. — Paris, 1897. ( Dono autore). — 16 Note—Limites ìnorphologiques des anneanx post- céphaliques et muscidature des anneanx post-thoraci- ques cliez la Myrmica rubra. — Lille, 1897. (Dono autore). » — Notice sur les travaux scienti fiques presentés a V A- cadémie des Sciences au concours de 1896 pour le prix Thore. — Lille, (Dono autore). Januario R. — Ricerche cliniche sulla saliva dell' uomo. — Napoli. (Dono Patroni). Jatta a. — Breve nota sull' Usnea Soleirolii, Duf. e sugli TJsnei italiani. — (Dono autore). KocH R. — Di alcuni nuovi preparati di tubercolina. — Berlino, 1896. (Dono Patroni). Lanza V. — Della colera corsa in Napoli dal 1836 al 18S7 con aggiunte inedite sulla colera in Genova nel 1854. — Napoli, 1884. (Dono id). La Rotonda P. — Studio clinico sulla etiologia e patogenesi del Colera. — Napoli, 1887. (Dono id.). — L' Ateneo, Giornale di medicina e chirurgia — Napoli, 1847. (Dono id). Làska V. Latte ux Laucher C. LiEBIG G. LlNTON E. LOMBKOSO C. LuviNi G. M. L. R. Manni P. Maramaldi L. Maranno T. Margotta V. A. Marruncelli G. Martorelli G. Mazza V. Merck E. Messari a. — 167 — ■ Vyssi Geodesie. — Fraga., 1896. (Dono dell'Acca- demia cesarea Francesco Giuseppe di Praga). - Becherches hadériologiques sur les propriétés anti- sejJtiqiies de V Ichtliyol. — Clermont , 1892. (Dono Patroni). - L' acqua della Corona in Ohersalzhrunn in Slesia. — 1885. (Dono id.) - La sorgente della corona in Ohersalzhrunn in Slesia. — 1887. (Dono id.) - L'Ichtì/ol — IL serie. — Leipzig, (Dono id.) - Nuove lettere sulla chimica considerata nelle sue ap- plicazioni alV industria, alla fisiologia e alV agri- coltura. — Napoli, 1852. (Dono id.) - Notes on larvai cestode parasites of fishes. — Wa- shington, 1897. (Dono autore). - Notes on cestode parasites of fishes. — Washington, 1897. (Dono autore). • Notes on trematode parasites of /i.s7ies.^Washiugton, 1898. (Dono autore). La pellagra ed il maiz in Italia. — Torino, 1897, (Dono Patroni). La piccola fisica. — Tornio, 1869. (Dono id.) Riflessioni su la scala franca e sui lazzaretti. — Napoli, 1838. (Dono id.) Manuale pratico per la cura degli apparentemente morti. — (Dono id.) - Mariano Semmola [Cenni biografici). — Napoli, 1896. (Dono De Rosa). Breve ragionamento sulla malattia dei heoni o de- Uriuni tremens. — Ferrara, 1879. (Dono Patroni). Relazione storico-medico-statistica sul cholera del 1866 nella proviìicia di Napoli. — Napoli. (Dono id.) Saggio di scienza della viva organizzazione dell'uomo sano e malato. — Napoli, 1840. ("Dono id.) Le forme e le simmetrie delle macchie nel piumag- gio— Memoria ornitologica. — Milano, 1898. (Dono autore). Storie di alcune pericolose e difficili malattie nel pol- mone del cavallo. — Napoli, 1832. (Dono id.) Digitossina cristallizzata Merck. — Darmstadt, 1895. (Dono id.) Merck' s Bulletin of Neiv Discoveries in materia medica and practical therapeutics. —New York, 1893 (Dono id.) SulV azione del virus rahico nelV animale con rabbia svihippata. — Napoli, 1892. (Dono id.) 168 Montano G. — Sul così detto mal della torta. — Napoli, 1898. (Dono autore). » — Contributo intorno alla malattia dovuta ad uno sjje- ciale microrganismo che si produce sopirà alcune graminacee. -- Napoli, 1897. (Dono autore). » — • Favismo-Comunicazione fatta all' XI congresso me- dico internazionale in Roma. — Melfi, 1894. (Dono autore). MoNTEFusco A. — Consigli pratici contro il Cholera, — Napoli, 1885. MoRisANi 0. — Sunto della statistica di 50 donne operate di fistole uro-genitali. — Napoli, 1885. (Dono id.) » — Sopra due resezioni entro-boccali del mascellare in- feriore. — Napoli, 1885. (Dono id.^ » — Le acque carhoniche-f errate del Chiatamone in gine- cologia. — Napoli, 1881. (Dono id.^ MoTTA-Coco A. — studio clinico ed eziologico su alcune febbri di ori- gine intestinale. — Roma, 1897. (Dono autore). » — Leggendo Darwin (Contributo psicologico). — ■ Napoli, 1882. (Dono autore). Napoli R. — Prontuario di Chimica elementare moderna. — 3 voi. Napoli, 1867-68-69. (Dono Patroni). Nerucci' Octavii — Historia febris epidemicae senensi anni 1766 et 67. — Senis, 1767. (Dono id.) Newtoni Isaaci — Ojjera omnia optica. — Patavii, 1773. (Dono id.) Palmieri L. — Uso delle ipotesi nelle Scienze ìiaturali-Discorso pro- nunziato il dì 16 Novembre 1880 in occasione della inaugurazione degli studi neW Università di Na- poli. — Napoli, 1881. (Dono id.) » — Lezioni elementari di fisica sperimentale e di meteo- rologia 2 voi. — Napoli. 1852-55. (Dono id.) Panceri P. — Speranze nelV avvenire delle Scienze naturali-Discorso inaugurale all' anno 1875-76 letto nella R. Univer- sità di Napoli. — Napoli, 1875. (Dono De Rosa). Paoni B. — Ischia e le sue ferme. — Napoli, 1887. (Dono Patroni). Patamia — Il governo e la salute pid)blica. — Napoli, (Dono id.) Pavone C. — Sìdla tabe sifilitica. — Napoli, 1885. (Dono id.) Pelillo e. — Principii fondamentali della omiopatia e modo di praticarla. — Napoli, 1858. (Dono id.) Pellegrini V. — Denti e dentistica- Breve trattato popolare sidla odon- totecnica.— Napoli, 1895. (Dono id.) Pelodze e Frémy — Compendio di Chimica organica. — Napoli, 1852. (Do- no id.) Petteruti G. — Le acque minerali ferruginose e loro usi nella cura delle malattie-Consigli al medico pratico. — Napoli, 1881. (Dono id.) — 169 — PiERAZziNi G. — Della difterUe nel comune di Ponfedera. — Pontede- ra, 1873. (Dono De Rosa). PiGOXATi A. — Descrizione delle nltime eruzioni del monte Vesuvio dai 25 Marzo 1766 fino ai 10 Dicembre delVaì/no medesimo. — Napoli, 1767. (Dono A. Cutolo). Polacco R. — Nuovo covirihuio allo studio dell' Ittiolo in gineco- logia. — Napoli, 1892. (Dono Patroni). PoLLio F. — Ricerche cliniche, ter alieutiche e diagnostiche del der- mo-tifo. — Napoli, 1872. (Dono id.) PouiLLET — • Physique (Atlante). — (Dono id.) PuTiGXAXo E. — Bimedio anticolerico. — Napoli, 1867. (Dono id.) — Raccolta dei lavori eseguiti dalla Società di pesci- coltura nazionale italiana riguardanti la pesca e la pescicoltura nel mare, Mediterraneo. — Napoli, 1871. (Dono id.) — Regolamento d' Igiene pubblica per la città di Na- poli. — Napoli, (Dono id.j. — Regolamenti sanitarii per lo regno delle Due Sici- lie. — Napoli, 1831. (Dono id.). — Relazione delle diligenze usate nell' anno 1716 per distruggere le Cavallette. — Firenze, 1716. (Dono id.)-_ — Relazione dell' ìd chiesta fatta sulla vertenza dei si- gnori dott. N. Giannettasio e E. Aievoli. — Siena, 1895, (Dono id.). Riccardi G. — Breve trattato sul processo operativo della litorisia rivendicata come scoperta italiana dai francesi, e rassegna di varii casi operati col metodo della pres- sione del doti. Cr. Ricciardi. — Bari, 1850. (Dono id.). Riccardi L. — Del morbo comunemente nominato Tifo apopletico-te- tanico-torcicollo e note sopra alcuni vocaboli usati dai medici. — Napoli, 1852. (Dono id.). Ricci G. B. — Pensieri sulla natura della febbre delle malattie e dei rimedi in generale. — Napoli, 1852! (Dono id). — Rivista di studii psichici - Anno I. Gennaio 1895, (fase. 1). Milano-Padova, 1895, (Dono id.). Rizzo G. B. e Balbi V. — Osservazioni meteorologiche fatte nell'anno 1897 al- l' Osservatorio della r. Università di Torino. — Torino, 1898. (Dono della r. Accademia delle Scien- ' ze di Torino). Romanelli L. — Relazione sid Cholera dell' anno 1873 nella sezione Mercato di Napoli. — Napoli, 1874. (Dono Patroni). Rubini A. — Statistica dei malati di Cholera morbus curati colla sola canfora in Napoli. — Napoh, 1885. (Dono id.). Ruggiero M. — Quistioni d'igiene pubblica. — Napoli, 1872. (Dono id.). — 170 RUPPEL E. Russo A. Salsi V. Sansalone a. Schettini V. SCHMIEDEBERG 0. ScOGNAMIGLIO G. Sedati P. Severi D. Somma L. Speranza C. Spinelli P. G. Spinola F. TlTOMANLIO A. TORALBO L. ToROssi G. B. Torchi M. Unghetti G. B. Vallada Atlas zu der Reise im nordlichen Afrika. — Frank- furt am Main, 1826. (Dono Petraroja). Sul cosidetto canale problematico delle oloturie- Nuovo contributo alla morfologia degli echinodermi. — Na- poli, 1897, (Dono autore). Nuove osservazioni sulla m,orfologia degli echinoder- mi. — Firenze, 1898. (Dono autore). Le terme di Casamicciola sono tutte Gurgitiello ? — Napoli, 1894. ('Dono Patroni) Nuovo apparecchio per le fratture del femore. — Napoli, 1879. ('Dono id.). Sul vainolo abortivo. — Taranto, 1884. (Dono id ). Intorno alla ferratina e alle sue applicazioni diete- tiche e terapeutiche. — Milano. (Dono id.) La spermina di Pochi. — Napoli, 1895. (Dono id.). Dei balsamici resinosi e dell' iodoformio in terapia. — Napoli, 1883. (Dono id.j. Osservazioni di anatomia jMtologica. —Boìognu, 1875. ('Dono De Rosa). Clinica pediatrica dell' ospizio dell' Annunziata di Napoli-Sommario statistico di due corsi scolastici {anni 1875 e Ì8 76). —Napoli, 1877. (Dono Patroni). Sul tetano. — Napoli, 1742. (Dono id.). Riassunto statistico delle operazioni eseguite nell'i- stituto ginecologico e casa di salute nel primo anno di fondazione {1896-97). Napoli, 1897. (Dono id.). Std germe colerico e sid modo come preservare l' L talia. — Napoli, 1884. (Dono id.). Sulla sifilide ereditaria nei principali brefotrofi d'I- talia in rapporto ai regolamenti sanitarii in vigore. Napoli, 1893. (Dono id.), SulV aumento della sifilide ereditaria nelV Annunziala di Napoli in rapporto ai nuovi ordiìiamenti sani- tarii.—ìisi^oìì, 1890. (Dono id.). Uno sguardo all'epidemia d'influenza nel 1897-98 Forlì, 1898. (Dono De Rosa/ La vita e la metamorfosi dell' anguilla. — Vicenza, 1898. (Dono autore). Consigli pier viver sano felice e lungamente per pre- servarsi dal Colera e per guarire. — Napoli, 1865. (Dono Patroni). Sulla meningite cerebro-spnnale epidemica. — Milano, 1883. CDono De Rosa). Discorso ptev IcL solenne riapertura della R. Scuola superiore di medicina veterinaria di Napoli nello anno scolastico 1871-72. — (Dono Patroni). — 171 — Valkxtini G. — Relazione sulla epizoozia degli animali suini mani- festatasi in Agevola. — 1868. (Dono id.), Vknusi F. — Sii la colera asiatica in Sansevero. — Napoli, 1838. (Dono id.). Vkrson e. — Servizio sericolo governativo nel regno d'Italia. — Padova, 1898. (Dono Stazione bacologica di Padova). » — La evoluzione del tubo intestinale nel Filugello (Par- te 2.) — Padova, 1898. (Dono autore). VicoiuTo N. — Ricordi della vita e frammenti delle opere di Nicola Santorclli. — .Napoli, 1882. (Dono Patroni). ViLKv H W. — Composition of maize ( indian corn ) including the Grain, Meal, Stalks, Pith, Fodder, ami Cohs-Com- piled chiefly from the records of the Division of Chemistry. — Washington, 1898. (Dono autore). Yoi'N'G Lamcst — Bonifica del basso Napoli in relazione col progetto della ferrovia metropolitana. — Napoli, 1884 (Do- no Patroni). ZiNco.NK A. — Nota su alcune particolarità di struttura del midollo spinale del bue. — (Dono id.). — Osservazioni anatomiche su di alcune appendici tat- tili dei x>escì. — Napoli, 1876, (Dono id.). » — Osservazioni anatomiche. — (Dono id.). » — Breve nota sulla struttura della gianduia linguale del Blandin. — Napoli. 1874, (Dono id.). Zoccola F. — Del consumo delle carni da macello nella città di Napoli —Napoli, 1869. (Dono id;. » — Sulle qualità delle carni in Napoli e mezzi per mi- gliorarle. — Napoli, 1866. (Dono id.; » — Sulle carni bovine e bufatine e su quelle degli altri animali da macello. — Napoli, 1873. (Dono id.). I nsriDi CE Fascicolo Unico (pubblicato il gennaio 1899) Petraroja L. — Stnittura della sostanza fondamentale ossea — (coQ 10 figure nel testo) pag. 1 Jatta G. — Sopra alcuni Cefalopodi della Vettor Pisani (Tav. I) >> 17 Raffaele F. — Osservazioni intorno al sincizio perilecitico delle uova dei Teleostei (Tav. II) >> 33 Franco P. — Sulle fiamme recentemente osservate al Vesuvio . -> 70 Monticelli Fr. Sav. — Sulla Thenmocephala brevicornis Moniic. (1889) e sulle Temnocephale in generale. (Tav. Ili e IV) » 72 Leuzzi F. — Topografia dell'arteria meningea media e trapana- zione per la sua allacciatura. (Tav. Y-VIII) . . . » 128 Processi verbali delle tornate dal 1 gennaio al 1 dicembrk 1898 » 143 Elenco del cambi ......... » 153 Pubblicazioni j^ervenute in dono » 161 070 r.^Vv. ì^' Mld Soc i/ u, Au/jo/, M.U/ /,s:v.S' >■• Hiìlì. il • ">('( : -^^^ Mi. \ ^Monticelli ,' a Soli JM-ff. ■„f-:„ e. -.: <;r..„r iron }Ji J.Sor. JiNal. in N„,,o/i. Voi. W iXyS. Tav.lK UAH /ftt hiaSlmeH;ei! doU. d. Soc di rat ofi Juj^oU FolX///.... cocieio voshriore ■^....direH/'ìce o'.el ramo fer/ninaìe p'^sf'eriore 5... .ùrgfrrice dei i-anm hrmcnaìe posteriore ò.... iu.ocjn di elìx-ione per la rrapanaxiom ,i \occlt.\à/ 1,1. \aj.>t,/i l\>/ \7//\'AS r. . . Ci^iiio posteriore 4-... direttrice del ramo terminale posteriore 5... direttrice dei ramo ìerminoLie posteriore [;<'// r/. .Sor U/'. ///////. \,//>(>/, !:>/ .\7//.\/AS /ai' //// /... apfffenusa Z.... caiefo anteriore 3... cahio posteriore r.... direttrice del rametto posteriore deirocmo termina/e anteriore 5. .direttrice deU 'altri/ ranieitj posteriore dei ramo terminale anieriore BODDETTINO DELLA SOCIETÀ DI NATURALISTI I nsr 3sr .i^ip oli SERIE I. — VOLUME X. >»>. KT isr o 1896 r'a-scicolo TJnico (Pubblicato il 10 maggio 1897) NAPOLI E. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Via Cisterna dell'Olio, casa propria 1897 I TsT XD ICE Fascicolo Unico (pubblicato il 10 maggio 1897) Angelillo M. — Tossine e fenomeni nervosi. Autointossicazione da Bacterium coli con sintomi epilettiformi . . . pag. 1 Balsamo Fr. — SuU' uso di un sistema divergente per ingrandire r imagine nel microscopio » 20 Bernabeo G. — Sulla conservazione della vitalità e virulenza dello pneumabacillo di Frànkel e dello streptococco del Febleisen » 24 Busso A. — Nuovo contributo all' embriologia degli Echinodermi » 29 Russo A. — Per un recente lavoro di E. W. Mac Bride sullo sviluppo dell' Asterina gibbosa » 33 Monticelli Fr. Sav. — Contribuzioni allo studio degli Anellidi di Porto-Torres (Sardegna) » 35 Balsamo Fr.— Intorno ad vma sostanza colorante della Salpi- chroma rhomboidea Miers » 51 Bernabeo G. — Le cause predisponenti alle localizzazioni batte- riche nel cervello » 54 Pace D. — Sulla degenerazicjne e rigenerazione delle fibre ner- vose midollari periferiche ...... » 114 Federici N. — Sull'apparecchio genito - urinario del Gongyhis ocellatus Forsk » 179 Giangrieco a. — Disinfezione delle stalle infette da carbonchio, con contributo sperimentale alla disinfezione delle ma- terie fecali e del sangue carbonchioso .... » 193 Milone U. — Composizione, valore nutritivo ed assimilabilità della carne muscolare dei pesci. Parte prima . . » 311 De Gasparis a. e Mastrostefano A.— Le diatomee delle acque di Teano » 395 CiMMiNO E.. — Di un acidimetro per determinazioni approssi- mative » 403 Franco P. — Sulla struttura lamellare dalla Leucite. . . » 410 Franco P. — Determinazione di minerali in sezioni microscopiche » 418 Processi verbali delle tornate » 429 Elenco dei Socii » 437 Elenco dei Cambii » 441 Pubblicazioni pervenute in dono ...... » 447 Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigen AL SEGEETARIO DELLA SOCIETÀ ex -Monastero della Sapieìiza — NAPOLI Sono vivamente pregati i socii ordinari non resideyiti di spedire la loro retribuzione annuale al socio Cassiere A. O. GABELLA, Laboratorio di Chimica generale della B. Università di Napoli. O^VTL. IXEOOLA^AIBINTO Contribuzioni dei socii Art. 1. La contribuzione annua pei socii ordinarii residenti è di lire 24 pagabili mensilmente. Art. 2. La contribuzione dei socii ordinarli non recidenti è di lire 12 pagabili in una sola volta. Art. 3. La contribuzione dei socii aderenti è di lire 6 annue. Tornate Art. 4. Le tornate ordinarie si terranno due volte al mese con l'in- tervallo di quindici giorni , salvo nei mesi di vacanza , i quali verranno determinati dall'Assemblea. Art. 5. La parte scientifica delle tornate ordinarie consta : a) di lettura di lavori originali ; h) di comunicazioni verbali; e) di letture; (ì) di conferenze. I primi vengono inseriti nel bollettino, le altre semplicemente indicate nei processi verbali. Ai-t. 6. I socii che leggono lavori originali devono dichiarare se inten- dono pubblicarli nel bollettino, afl&nchè il Segretario possa indicarlo nel processo verbale della tornata, e in tal caso consegnare il manoscritto al Segretario. I socii poi, che fanno delle semplici comunicazioni verbali , devono dame un brevissimo sunto per iscritto al Segretario. Art. 7. I socii ordinarii non residenti possono incaricare sia il Se- gretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del proprio lavoro. Bollettino Art. 13. La Società imprende la pubblicazione di un bollettino con- tenente i processi verbali delle tornate e lavori originali dei socii ordi- narii. Art. 14. I lavori da pubblicarsi nel bollettino dovranno leggersi nelle tornate; su di essi potrà essere fatta discussione. I lavori pubblicati da un tempo maggiore di due mesi in un altro deriodico non si potranno pubblicare nel bolletino. Ai-t. 15. I lavori debbono versare su argomenti di scienze naturali e loro applicazioni. Art, 16. Il Consiglio direttivo cura la pubblicazione del bollettino. Art. 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. H numero^ di essi sarà stabilito ogni anno dal Consiglio direttivo. Art. 20. E permesso agli autori chiedere un numero maggiore di estratti a proprie spese, previo avviso al Segi-etario, salvo che gli estratti siano la copia conforme dell'originale scritto. DALLO STATUTO Art. IV. La Società è costituita di socii ordinarii ed aderenti. I socii ordinarii sono residenti e non residenti. Art. V. Possono essere socii ordinarii tutti i cultoxi delle scienze na- turali. Possono essere socii aderenti coloro che vogliono seguire i lavori della Società. Art. VI. L' ammissione dei socii è fatta dietro domanda presentata da un socio orclmario al Consiglio direttivo. Nel caso dei socii ordinarii, il Consiglio direttivo presenta le conclu- sioni all' Assemblea, la quale delibera sulla ammissione; nel caso dei socii aderenti, li nomina. Art. VII. I socii ordinarii residenti hanno cura dell' amministrazione e dell' andamento scientifico della Società, ed eleggono il Consiglio diret- tivo. Art. Vili. I socii ordinarii non residenti, sempre che si trovano in Napoli, godono di tutti i di-itti dei socii residenti, meno quello della eleg- gibilità Art. IX. I socii ordinarii solamente hanno dritto a pubblicare e te- ner conferenze. Art. X. I socii non residenti, che stabiliscono la loro dimora in Na- poli, se vogliono continuare a far parte della Società, debbono entrare nella categoria dei residenti. Art. XI. Tutti i socii indistintamente hanno dritto ad intervenire alle tornate scientifiche ed a ricevere le pubblicazioni della Società. Art. XII. I socii di tutte le categorie pagano una contribuzione annua, la quale per i residenti è doppia di quella dei non residenti, e per questi è doppia di quella degH aderenti. Per questo anno la Società dà agli Autori 50 copie di estratti. Grli Autori i quali ne vogliono un maggiore numero pagheranno le copie in più secondo la seguente tariffa: 1/4 foglio (4 pagine) 1/2 foglio (8 pagine) 1/4 foglio (12 pagine) 1 foglio (66 pagine) IESEI^IFXj ^I^I 25 SO -75 100 L. 1 75 >> 2 25 » 3 50 >> 4 00 L. 2 25 » 3 50 » 5 — » 5 00 L. 2 30 » 4 — » 6 75 » 8 — L. 4 — » 5 50 >> 9 — » 10 — B. — Nei sopra segnati prezzi va inclusa la legatura e la covertina senza stampa Le annate arretrate del Bollettino sono vendibili a,i seguenti prezzi: Voi. I. fase . 1.° (esaurito). » » 2." .... II. » 1.0 e 2.0 (1888) 111. » 1.» e 2.0 (1889) IV. » 1.0 e 2.0 (1890) V. » 1.0 e 2.0 (1891) VI. » 1.0 e 2.0 (1892) VII. » 1.0 e 2.0 (1893) via. > 1.0 e 2.0 (1894) IX » 1.0 e 2.0 (1695) Prezzo del presente fascicolo L. 12,00 \J^' ^ Illlililllllllllllllilllllli ili liJH iiiiiiiini ITRE E