Anno XVII. Fascicolo 1°-2u (1° e 2° trimestre 1898) BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA ?Q JAH. 9 9 Voi. XVII. — 1898. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1898 SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA MENTE ET MALLEO fondata in Bologna il 29 settembre 1881. Consiglio direttivo per l’anno 1898. Presidente . . . . Vice -Presidente. Segretario .... Vice-Segretari . Francesco Bassani (Napoli). 1898. Mario Canavari (Pisa). 1898. Antonio Nevtani (Roma). 1897-99. ( Isacco Namias (Modena). 1897-98. ( Gioacchino De Angelis d’Ossat (Roma). 1898-99. Tesoriere Tommaso Tittoni (Roma). 1897-99. Economo Augusto Statuti (Roma). 1897-99. Archivista Consiglieri . . Romolo Meli (Roma). 1897-99. Federico Sacco (Torino) . Pietro Toso (Firenze) . . . Mario Cekmenati (Roma). . Erminio Ferraris (Monteponi Vittorio Novarese (Roma). Giuseppe Bellucci (Perugia) Claudio Sormani (Roma) . . Enrico Clerici (Roma) . . . Uldkrigo Botti (Reggio Cai. Torquato Taramelli (Pavia) Vittorio Si monelli (Parma) ' Giuseppe Mercalli (Napoli) S 1896-98. . . . . 1898. 1897-99. 1898-900. Commissione per le pubblica- zioni Commissione del bilancio . . . ( prò tempore) Il Presidente Il Segretario L’ Economo L’Archivista ' Antonio D’Achiardi (Pisa). 1898-900. Giovanni Di Stefano (Roma). 1897-99. Arturo Issel (Genova). 1898-900. Romolo Bagnini (Roma) Antonio Verri (Roma) . Pietro Zezi (Roma) . . . 1898. Sede della Società: Roma, Via S. Susanna, 1 A, pressori R. Ufficio geologico. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Voi. XVII. — 1898. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1898 - SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA. MENTE ET MALLEO fondata in Bologna il 29 settembre 1881. Consiglio direttivo per l’anno 1898. Presidente .... Francesco Bassani (Napoli). 1898. Vice-Presidente. Mario Canavari (Pisa). 1898. Segretario .... Antonio Neviani (Roma). 1897-99. Vice-Segretari . Isacco Namias (Modena). 1897-98. Gioacchino De Angelis d’Ossat (Roma). 1898-99. Tesoriere Economo ..... Tommaso Tittoni (Roma). 1897-99. Augusto Statuti (Roma). 1897-99. Archivista .... Romolo Meli (Roma). 1897-99. Consiglieri. . . . < Federico Sacco (Torino) • • • ) Pietro Toso (Firenze) > 1896-98. Mario Cekmenati (Roma). . . ) Erminio Ferraris (Monteponi). . . . 1898. Vittorio Novarese (Roma). . \ 1 Giuseppe Bellucci (Perugia), r ^ | Claudio Sormani (Roma) . . . ( Enrico Clerici (Roma) . . . . ) Ulderigo Botti (Reggio Cai.) \ Torquato Taramelli (Pavia). / Vittorio Simonelli (Parma). 1 Giuseppe Mercalli (Napoli) . / le pubblica- zioni Il Presidente \ Il Segretario f , . i . _ ° > (prò tempore) | L Economo l 1 r L’Archivista / Antonio D’Achiardi (Pisa). 1898-900. Giovanni Di Stefano (Roma). 1897-99. Arturo Issel (Genova). 1898-900. Commissione del bilancio . . . ' Romolo Ragnini (Roma) • • • ) 1 Antonio Verri (Roma) . . . . > 1898. Pietro Zezi (Roma) ) Sede della Società: Roma, Via S. Susanna, 1 A, presso il R. Ufficio geologico. IV ELENCO DEI PRESIDENTI. SOCI PERPETUI Elenco dei Presidenti succedutisi annualmente dalla fondazione della Società in poi. 1881-82. Giuseppe Meneghini 1883. Giovanni Gapellini 1884. Antonio Stoppani 1883. Achille De Zigno 1886. Giovanni Capellini 1887. Igino Cocchi 1888. Giuseppe Scarabelli 1889. Giovanni Capellini 1890. Torquato Taramelli 1891. Gaetano G. Gemmellaro 1892. Giovanni Omboni 1893. Arturo Issel 1894. Giovanni Capellini 1895. Igino Cocchi 1896. Carlo De Stefani 1897. Dante Pantanelli Elenco dei Soci per l’anno 1898. Soci perpetui. 1. Quintino Sella (morto a Biella il 14 marzo 1884). Fu uno dei tre fondatori della Società, e venne, per il primo, annoverato tra i soci perpetui per deliberazione unanime nell’adu- nanza generale tenutasi dalla Società il 14 settembre 1885 in Arezzo. 2. Francesco Molon (morto a Vicenza il i° marzo 1885). Fu consigliere della Società, alla quale legava con suo testa- mento la somma di Lire 25,000 ; venne iscritto fra i soci per- petui per deliberazione unanime nell’ adunanza generale del 14 settembre 1885 in Arezzo. 3. Giuseppe Meneghini (morto a Pisa il 29 gennaio 1889). Per i suoi insigni meriti scientifici venne acclamato socio per- petuo nell’adunanza generale di Savona il 15 settembre 1887. 4. Giovanni Capellini, senatore del Regno. È uno dei tre fondatori della Società, e venne iscritto tra i soci perpetui per delibera- zione unanime nella adunanza generale tenutasi in Taormina il 2 ottobre 1891. 5. Felice Giordano (morto a Vallombrosa il 16 luglio 1892). Fu uno dei tre fondatori della Società, e venne iscritto tra i soci perpetui per deliberazione unanime nell’adunanza generale tenutasi a Taormina il 2 ottobre 1891. ELENCO DEI SOCI r Soci a vita. 1884 (*). Barbagli cav. Piero. Via de’ Bardi, palazzo Tempi. Firenze. 1881. Bombicci prof. comm. Luigi. R. Università. Bologna. 1881. Bumiller ing. comm. Ermanno. Via Lorenzo il Magnifico 12. Firenze. 1881. Cocchi prof. comm. Igino. Via de’ Pinti 51. Firenze. 1881. Delaire ing. cav. Alexis. Boulevard St. Germain 135. Parigi. 1890. Dell’ Oro comm. Luigi (di Giosuè ). Via Silvio Pellico 12. Milano. 1894. Ferraris ing. comm. Erminio , Direttore della miniera di Monteponi. Iglesias. 1881. Hughes prof. cav. Thomas Mac Kenny. Università. Cam- bridge (Inghilterra). 1890. Johnston-Lavis Dr. Henry. Beaulieu (Alpes Maritimes). Francia. 1884. io Levat ing. David. Rue de Printemps 9. Paris. 1881. Matlirolo ing. Ettore. R. Ufficio geologico. Roma. 1881. Mayer Eymar prof. Carlo. Scuola politecnica. Zurigo. 1881. Niccoli ing. comm. Enrico. R. Corpo delle Miniere. Bo- logna. 1882. Paulucci marchesa Marianna. Villa Novoli. Firenze. 1895. Roselli ing. Emanuele. Via del Fosso 1. Livorno. 1882. Silvani dott. Enrico. Via Garibaldi 4. Bologna. 1886. Stephanescu prof. Gregorio. Università. Bukarest (Rumania). 1882. 18 Turche ing. John. Ufficio dell’Acquedotto. Bologna. Soci ordinari. 1894. Aichino ing. Giovanni. R. Ufficio geologico. Roma. 1898. Airaghi dott. Carlo. Magenta (Ribecco sul Naviglio). 1891. Ambrosiani sac. dott. Michelangelo. Chignolo d’isola (Ber- gamo). 1892. Angelelli ing. Ettore. Via Madonna de’ Monti 7. Roma. 1886. Antonelli dott. don Giuseppe. Circo Agonale. Palazzo Do- ria. Roma. 1898. Antonelli-Giordani Giuseppe. Corso 307. Roma. 1896. Arcangeli prof. Giovanni. R. Orto botanico. Pisa. (*) Primo anno di associazione. TI ELENCO DEI SOCI 1 88 1 . Baldacci ing. cav. Luigi. R. Ufficio geologico. Roma. 1898. Balestra Andrea. Via Serraglio. Bassano (Veneto). 1890. io Baratta dott. Mario. Via Coppelle 3. Roma. 1881. Bassani prof. cav. Francesco. R. Università. Napoli. 1883. Bellucci prof. comm. Giuseppe. Università. Perugia. 1883. Berti dott. Giovanni. Via S. Stefano 43. Bologna. 1897. Bettolìi dott. Andrea. Via S. Afra. Brescia. 1885. Biagi dott. prof. Giuseppe. R. Scuola tecnica. Spezia. 1896. Bianchi avv. Giovanni Battista. Lungarno Regio 7. Pisa. 1898. Biblioteca civica. Bergamo. 1896. Bogino dott. Francesco. Villafranca (Piemonte). 1892. Bonarelli prof, conte Guido. Gubbio (Umbria). 1885. 20 Bonetti prof, don Filippo. Via Ludovisi 36. Roma. 1885. Borgnini ing. comm. Secondo. Direzione generale ferrovie della Rete Adriatica. Firenze. 1897. Bortolotti prof. Emma. Via Manin 58. Roma. 1896. Bosco cap. dott. Camillo. Tribunale militare. Firenze. 1882. Botti avv. comm. Ulderigo. Reggio di Calabria. 1893. Botto Micca dott. prof. Luigi. R. Scuola tecnica. Venti - miglia. 1897. Brambilla prof, don Giovanni. Parroco di S. Bernardo. Cre- mona, due miglia. 1885. Brugnatelli dott. prof. Luigi. R. Università (Museo mine- ralogico). Pavia. 1884. Bruno prof. Carlo. R. Istituto tecnico. Mondovi. 1891. Bucca prof. Lorenzo. R. Università. Catania. 1889. 30 Cacciamali prof. Giovanni Battista. R. Liceo. Brescia. 1897. Caetani (dei principi) don Gelasio. Palazzo Caetani. Via Botteghe oscure. Roma. 1898. Caffi dott. sac. Enrico. Piazza Cavour io. Bergamo. 1883. Canavari prof. Mario. R. Museo geologico. Pisa. 1881. Capacci ing. cav. Celso. Via Vaifonda 7. Firenze. 1892. Cappa ing. Umberto. R. Corpo Miniere. Nebida (Iglesias)_ 1892. Carapexjgx ing. Emerico. R. Scuola di Applicazione per gli Ingegneri. Palermo. 1883. Cardinali prof. Federico. R. Istituto tecnico. Macerata. 1896. Carmignani Giovanni. Allievo ingegnere. Pisa. 1896. Carruccio prof. Antonio. R. Università. Roma. 1896. 40 Castoldi ing. Alberto, deputato al Parlamento. Direttor Miniere Montevecchio. Guspini (Sardegna). Cattaneo ing. comm. Roberto. Via Ospedale 51. Torino. 1882. ELENCO DEI SOCI VII 1890. Cermenati dott. Mario. Via di Parione 37. Roma. 1895. Cernili Irelli dott. Serafino. Teramo. 1896. Cettolini prof. cav. Sante. R. Scuola d’ enologia. Cagliari. 1887. Charlon ing. E. Rue Pierre Duprét 25. Marsiglia. 1882. Chigi Zondadari march. Bonaventura , senatore del Regno. Siena. 1882. Ciò falò prof. Saverio. Termini Imerese (Palermo). 1886. Clerici ing. prof. Enrico. Via del Boccaccio 21. Roma. 1883. Cocconi prof. comm. Girolamo. R. Università. Bologna. 1886. 50 Colale ing. Michele. Via dei Serragli 13. Firenze. 1897. Conedera ing. Raimondo. Massa Marittima (Grosseto). 1895. Corsi ing. Arnaldo. Via Vaifonda 34. Firenze. 1881. Cortese ing. Emilio. Casteani (Gavorrano). 1890. Corti dott. Benedetto. Seminario. Pavia. 1895. Crema ing. Camillo. Via Baretti 3. Torino. 1882. D’Achiardi prof. cav. Antonio. R. Università. Pisa. 1895. D’Achiardi dott. Giovanni. R. Museo mineralogico. Pisa. 1885. D’Ancona prof. cav. Cesare. R. Istituto superiore (Museo geologico). Firenze. 1896. D’Ancona dott. Giuseppe. Piazza Savonarola 2. Firenze. 1898. 60 Dannenberg dott. Arturo ; prof, au der Kgl. technische Hochschule. Aachen (Prussia renana). 1894. De Agostini dott. Giovanni. Via S. Zenobi 51. Firenze. 1883. De Amicis prof. Giovanni Augusto. R. Liceo Balbo. Casale (Piemonte). 1893. De Alessandri dott. Giulio. Museo civico. Milano. 1891. De Angelis d’ Ossat dott. Gioacchino. R. Università. Roma. 1893, Deecke prof. Wilhelm. Università. Greifswald (Prussia). 1881. De Ferrari Paolo Emilio. Ing. nel R. corpo delle Miniere. Via Chiatamone 40. Napoli. 1895. De Franchis dott. Filippo. Galatina (Lecce). 1883. De Gregorio Brunaccini dott. march. Antonio. Molo. Palermo. 1886. Del Bene ing. Luigi. Miniera di Morgnano e S. Croce. Spoleto. 1881. 70 Delgado cav. Joaquim Philippe Nery. Rua do Arco a Je- sus 119. Lisbona. 1886. Dell’ Erba ing. prof. Luigi. Via Trinità maggiore 6. Napoli. 1892. De Lorenxp prof. Giuseppe. Museo geologico della R. Uni- versità. Napoli. 1881. Del Prato dott. Alberto. R. Università. Parma. 1882. Demarchi ing. cav. Lamberto. Via Napoli 65. Roma. Vili ELENCO DEI SOCI 1895. 1892. l88l. 189O. l88l. l88l. 1883. 1885. 1896. I896. 1893. I898. 1896. 1894. 1897. 1888. 1881. 1892. 189O. 1888. 1890. 1898. 1891. 1890. 1882. 1895. 1891. 1896. 1885. I887. 1892. 1885. 1886. 1895. l88l. l88l. De Pian ing. Luigi. Laurium (Grecia). De Pretto dott. Olinto. Schio (Vicenza). De Rossi prof. comm. Michele Stefano. Piazza d’Aracoeli 17. Roma. Dervieux sac. Ermanno. Piazza Gran Madre di Dio 14. Torino. De Stefani prof. Carlo. Piazza S. Marco 2. Firenze. 80 Dewalque prof, uffic. Gustavo. Rue de la Paix 17. Liége. Di Rovasenda cav. Luigi. Sciolze (Torino). Di Stefano dott. cav. Giovanni. R. Ufficio geologico. Roma. Domp'c ing. Luigi. Via Indipendenza 13. Bologna. Fahani don Carlo. Valle di Morbegno (Sondrio). Fabrini dott. Emilio. Castelfiorentino (Firenze). Fatichi cav. not. Nemesio. Borgo Albizzi 9, 30 p. Firenze. Fedeli prof. Carlo. R. Università. Pisa. Fino prof. Vincenzo. Via Arsenale 33. Torino. Flores prof. Edoardo. R. Scuola normale. Bari. 90 Foldi prof. cav. Giuseppe. Corso Amedeo 6. Savona. Fornasini dott. cav. Carlo. Via Lame 24. Bologna. Franchi ing. Secondo. R. Ufficio geologico. Roma. Franco prof. Pasquale. Corso Vittorio Emanuele 386. Napoli. Frumento ing. Giuseppe. Via Genova 6. Savona. Fucini dott. Alberto. R. Museo geologico. Pisa. Galdieri dott. Agostino. Via Stella 94. Napoli. Galli prof. cav. D. Ignazio, direttore dell’ Osservatorio fisico-meteorologico. Velletri. Gavazzali dott. sac. Bernardino. Celana Bergamasco (Ber- gamo). Gemmellaro prof. comm. Gaetano Giorgio. Senatore del Re- gno. R. Università. Palermo. 100 Giacomelli dott. Pietro. S. Giovanni Bianco (Bergamo). Gianotti dott. Giovanni. R. Scuola normale. Pavia. Gioii dott. Gino. Via Rondinelli io. Firenze. Gobbani dott. Omero. Città della Pieve. Goni ing. Giustiniano. Cesena. Greco dott. Benedetto. R. Museo geologico. Pisa. Gualterio dott. march. Carlo. Bagnorea. Gualterio ing. march. Giambattista. Bagnorea. Incontri march. Gino. Via Giuseppe Giusti 20. Firenze. Issel prof. comm. Arturo. Via Gropallo 3. Genova, no fervis prof. cav. Guglielmo. Museo industriale. Torino. ELENCO DEI SOCI IX 1883. 1889. 1884. 1891. 1882. 1896. 1881. 1896. 1895. 1882. 120 1895. 1886. 1894. 1896. 1892. l88l. l88l. 1889. 1883. 1890. I30 1895. 1897. 1895. 1895. 1895. 1889. 1887. 1890. 1897. 1883. I40 1883. l88l. 1888. I88l. l88l. I88l. Lais sac. prof. Giuseppe. Via del Corallo 12. Roma. Lanino ing. comm. Giuseppe. Via Rizzoli 4. Bologna. Lattes ing. comm. Oreste. Via Nazionale 9 6. Roma. Lavalle ing. prof. Giuseppe. R. Università. Messina. Levi bar. Adolfo Scander. Piazza d’ Azeglio 7. Firenze. Levi dott. Gustavo. Via Ginori 34. Firenze. Lotti ing. Bernardino. R. Ufficio geologico. Roma. Lupi don Alessandro. Via dell’Anima 30. Roma. Lu\j dott. Gian Francesco. S. Severino (Marche). Malagoli prof. Mario. R. Ginnasio. S. Remo. Marengo ing. Paolo. Direttore miniere Boccheggiano. Mariani prof. Ernesto. Museo civico. Milano. Marinelli prof. Olinto. R. Istituto tecnico. Ancona. Martone prof. Michele. R. Istituto tecnico. Reggio Calabria. Matteucci prof. Vittorio. Museo geologico della R. Uni- versità. Napoli. Manuoli ing. comm. Lucio. Via. S. Susanna 9. Roma. Meli ing. prof. Romolo. Via del Teatro Valle 51. Roma. Mel\i conte dott. Gilberto. Via Monte Napoleone 36. Milano. Mercalli prof. sac. Giuseppe. R. Liceo Vittorio Emanuele. Napoli. Meschinelli dott. Luigi. Vicenza. Me\\ena ing. Elvino. Viterbo. Millosevich dott. Federico. R. Università. Roma. Morandini ing. Bernardino. Massa Marittima (Grosseto). Morena ing. Tobia. Cantiano (Pesaro). Moretti ing. Guido. Brembate di Sotto (Bergamo). Morini prof. Fausto. R. Università. Messina. Moschetti ing. Claudio. Ufficio d’Arte. Saluzzo. Namias dott. Isacco. R. Università (Museo mineralogico). Modena. Nelli dott. Bindo. Via Robbia 12. Firenze. Neviani prof. Antonio. R. Liceo E. Q.. Visconti. Roma. Niccolini ing. march. Giorgio. Via Scialoja 19. Firenze. Nicolis (De) cav. Enrico. Corte Quaranta. Verona. Novarese ing. Vittorio. R. Ufficio geologico. Roma. Omboni prof. comm. Giovanni. R. Università. Padova. Pantanelli prof. cav. Dante. R. Università. Modena. Parona prof. Carlo Fabriijo. R. Museo geologico (Palazzo Carignano). Torino. Patroni dott. Carlo. Anticaglia 24. Napoli. 1892. X ELENCO DEI SOCI 1881. Pélagaud dott. Eliseo. 15 Quai de l’Archevèché. Lyon. 1881. Pellati ing. comm. Niccolò. Ispettorato delle Miniere. Via S. Susanna 9. Roma. 1893. 150 Peola dott. Paolo. Museo civico Craveri. Bra (Cuneo). 1891. Platania-Platania dott. Gaetano. Aci-Reale. 1881. Pompucci ing. Bernardino. Pesaro. 1895. Porro ing. Cesare. Piazza Castello 24. Milano. 1898. Portis prof. Alessandro. R. Museo geologico universitario. Roma. 1883. Bagnini dott. Romolo. Capitano medico. Via Venti Settem- bre 5. Roma. 1896. Rasetti prof. dott. Emilio. Istituto agrario Vegni. Barullo (Arezzo). 1896. Ricciardelli Mario. Via S. Zenobi 64. Firenze. 1886. Ricciardi prof. Leonardo. R. Istituto nautico. Catania. 1894. Ridoni ing. Ercole. Miniera di Montecatini in Val di Cecina. 1885. iéo Ristori dott. Giuseppe. R. Museo paleontologico (Piazza S. Marco). Firenze. 1892. Riva dott. Carlo. Corso Magenta 52. Milano. 1883. Riva Palani maggior generale Giovanni, comandante la brigata Basilicata. Corso Milano 29. Novara. 1898. Roccati dott. Alessandro. R. Museo geologico (Palazzo Ca- rignano). Torino. 1890. Roncalli dott. conte Alessandro. Bergamo (alta Città). 1893. Rossi dott. Guido. Via Castro Pretorio 28. Roma. 1892. Rovereto march. Gaetano. Via Caffaro 25. Genova. 1892. Rusconi sac. Giuseppe. Valmadrera (provincia di Como). 1892. Sabatini ing. Venturino. R. Ufficio geologico. Roma. 1885. Sacco prof. Federico. R. Museo geologico (Palazzo Cari- gnano). Torino. 1881. 170 Salmojraghi ing. Francesco. Istituto tecnico superiore. Mi- lano. 1895. Salomon dott. Wilhelm. Landhausstr. 23 b. Heidelberg (Baden). 1890. Scacchi ing. prof. Eugenio. Via Costantinopoli 19. Napoli. 1881. Scarabelli Gommi Flamini conte comm. Giuseppe. Senatore del Regno. Imola. 1898. Schaffer Frani. Rasumofskygasse n° 7. Vienna III 2 (Au- stria). 1885. Schneider ing. Aroldo. Montecatini in Val di Cecina. 1895. Scott Herbert. Usina Wigg. Miguel Burnier. Minas. Brasile. ELENCO DEI SOCI XI 1881. 1894. 1883. 1881. 180 1882. 1883. 1882. 1896. 1882. 1891. 1882. 1898. 1896. 1881. 190 1891. 1883. 1881. 1881. 1889. 1881. 1898. 1883. 1890. 1892. 200 1894. 1882. 1896. 1893. 1881. 1883. 1882. 1898. 1893. Segre ing. Claudio. Direzione ferrovie meridionali. An- cona. Sella ing. Erminio. Biella. Simonelli dott. Vittorio. R. Museo geologico. Parma. Simoni dott. Luigi. Via Cavaliera 9. Bologna. Sorniani ing. cav. Claudio. R. Ufficio geologico. Roma. Speramj.nl prof. Nicola. Arcevia (Ancona). Spezia prof. cav. Giorgio. R. Università. Torino. Spirek ing. Vincenzo. Santa Fiora per il Siele (Grosseto). Statuti ing. cav. Augusto. Via Nazionale 114. Roma. Stella ing. Augusto. R. Ufficio geologico. Roma. Strùver prof. comm. Giovanni. R. Università. Roma. Tacconi dott. Emilio. R. Università. Pavia. Tagiuri Clemente Corrado. Via Roma 34. Livorno. Taramelli prof. cav. Torquato. R. Università. Pavia. Tascbero dott. Federico. Mondovì. Tellini dott. Achille. R. Istituto tecnico. Udine. Tenore ing. prof. Gaetano. Via S. Gregorio Armeno 41. Napoli. Tittoni avv. comm. Tommaso. Via Rasella 155. Roma. Toldo dott. Giovanni. Imola. Tommasi prof. Annibaie. R. Università. Pavia. Tonini dott. Lorenzo. Presso l’agenzia agricola versiliese. Seravezza Querceta. Toso ing. Pietro. Via de’ Serragli 13. Firenze. Trabucco Prof. Giacomo. R. Istituto tecnico Galileo Galilei. Firenze. Traverso ing. Stefano. Via Caffaro 13. Genova. Traverso ing. comm. Giovanni Battista. Via Girandi 4. Alba (Piemonte). Tuccimei prof. cav. Giuseppe. Via dei Prefetti 46. Roma. Ugolini Pietro Riccardo (Casa Castelli). Bagni di S. Giu- liano (Pisa). Ubidii Guido. Piazza d’Azeglio 26. Firenze. Ugelli prof. Gustavo. Via della Colonna 9. Firenze. Valenti prof. Esperio. Imola. Verri colonnello cav. Antonio. Via Aureliana 53. Roma. Viglino ing. Alberto. R. Museo geologico (Palazzo Cari- gnano). Torino. Vinassa de Regny dott. Paolo Eugenio. Museo geologico, R. Università. Bologna. XII ELENCO DELLE SOCIETÀ, ISTITUTI, BIBLIOTECHE, ECC. 1882. 210 Virgilio dott. Francesco. R. Museo di geologia (palazzo Carignano). Torino. 1897. Vitalini prof. Francesco. Piazza della Pilotta 1 A. Roma. 1883. Zaccagna ing. cav. Domenico. R. Corpo delle Miniere. Carrara. 1881. 213 Ze\i ing. cav. Pietro. R. Ufficio geologico. Roma. XIII Elenco delle Società, Istituti, Bblioteche, ecc. che ricevono il Bollettino in cambio. Accademia Gioenia di sciente, lettere, ecc. Catania. Accademia ( R .) dei Lincei. Roma. Académie des scienees. Cracovia. Anales del Museo de la Piata. La Piata (Républica Argentina). Annuaire géologique et minéralogique de la Russie. Novo-Alexandria, gouvernement Lublin (Russia). Annual report of thè Geological Commission. Departement of Agricol- ture. Cape of Good Hope. Biblioteca del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio. Roma. Bureau géologique roumain. Bukarest (Rumenia). Comitato ( R .) geologico. Roma. Comité géologique. Institut des mines. St. Pétersbourg (Russia). Deutsche geologische Gesellschaft. Berlin. Direction des Travaux géologiques. Lisbona (Portogallo). Geological (thè) Society. London. Geological (thè) Society. Washington. Geological (thè) Society of America. Rochester (New-York). U. S. America. Geological (thè) Society of India. Calcutta (India). Geological Survey of New South Wales. Sydney (Australia). Instituto geogràfico argentino. Buenos-Ayres. K. k. geologischen Landesanstalt und Bergakadernie. Berlin. K. k. geologische Reichs ansi alt. Wien. fi. li. Naturhistorisches Hofmuseum. Geolog. und palaeont. Abtheilung. Wien. Magyarorsggi Karpategyesulet. Lòcse (Ungheria). Naturforschende Gesellschaft. Freiburg (Baden). Naturhistorischen Verein d. preuss. Rheinlande und Westfalens. Bonn am Rhein (Germania). Royal Institut géologique de Hongrie. Budapest (Ungheria). Royal (thè) Dublin Society. Dublino (Irlanda). Società geografica italiana. Roma. Società Ingegneri ed Architetti. Roma. Société Belge de Geologie, de Paleontologie et d’Hydrologie. Bruxelles. XIV ELENCO DELLE SOCIETÀ, ISTITUTI, BIBLIOTECHE ECC. Socièté des naturalistes. St. Pétersbourg (Russia). Société gèologique de Belgique. Liége (Belgio). Socièté gèologique de France. Paris. Société Impèriale minèralogique. St. Pétersbourg (Russia). Société Linnéenne. Bordeaux (Francia). Socièté Royale malacologique de Belgique. Bruxelles (Belgio). Spelunca. Bull, de la Société de Spéléologie. Paris. Transactions of thè Australasian institute of mining Engineers. Mel- bourne. United (thè) States geological Survey. Washington (U. S. America). Universitè Royale. Upsala (Svezia). University of Visconsin (U. S. America). RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 Presidenza Bassani. L’adunanza è tenuta nella sala dei professori della R. Univer- sità di Napoli, gentilmente concessa dal signor Rettore. Sono presenti i soci : Baratta, Botti, Cerulli-Irelli, De Angelis d’Ossat, De Lorenzo, De Ferrari, Flores, Franco, Matteucci, Mercalli, Millosevich, Patroni, Portis, Saba- tini, Scacchi, Stella, Spirek, Tenore e il segretario Neviani. Alle ore 15 il Presidente apre la seduta con le seguenti parole : « Do a tutti il benvenuto e vi ringrazio per il vostro gentile intervento. Vi saluto anche a nome del signor Rettore dell’ Uni- versità, il quale ha avuto la cortesia di accordarci Tirso di questa sala per l’odierna riunione. « Alla compiacenza che provo vedendovi qui raccolti, un’altra se ne aggiunge. Dopo radunanza di Perugia nessun lutto è venuto a turbare la nostra piccola famiglia geologica, ed io non ho il dolo- roso ufficio di commemorare soci defunti. Sento peraltro il bisogno di mandare un reverente saluto alla memoria del prof. Giuseppe Regazzoni, morto improvvisamente a Brescia la mattina del 12 cor- rente, di questo veterano fra i naturalisti italiani, che ha amato con grande passione la scienza, dedicandole molta parte di sè. Egli non era più membro della Società, ma fu tra i fondatori di essa e vi appartenne fino al 1894. « Un’altra soddisfazione mi è data dalle escursioni che ci ac- cingiamo a fare. XVI RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE « La gita al Vesuvio, desiderata da parecchi soci, avrà luogo domani : ne ho affidata la direzione al socio Matteucci, che rin- grazio fin da ora. « L’altra è alle isole Pontine. L’ iniziativa di questa escursione, che ci permetterà di osservare particolarmente la costituzione geo- logica dell’ interessante arcipelago, è dovuta al collega Sabatini. Egli me ne ha suggerito l' idea ; io l’ ho accolta, vorrei quasi dire, con entusiasmo. E poiché, per varie ragioni, non era possibile gio- varsi degli ordinari vapori postali, ho chiesto all’on. Ministero della Marina, per mezzo di quello dell’ Istruzione, la concessione di una nave dello Stato. Il socio ing. Pellati ha interposto i suoi migliori offici per l’esaudimento della mia preghiera. S. E. il ministro Brin 1’ ha benevolmente accolta, e ha messo a nostra disposizione la r. nave Atlante. Come vedrete dal programma delle escursioni, redatto dal socio Sabatini (!), visiteremo S. Stefano, Ventotene, P) Programma delle escursioni alle isole Pontine. — 20 febbraio. — Imbarco alle ore 7 nel porto militare di Napoli (entrata dalla porta dell’ar- senale). — Si costeggia l1 isola di Procida, osservando la regolarità di strati- tificazione dei suoi tufi marini ; indi l’ isola d’ Ischia. Breve fermata allo scalo di S. Stefano, dove si vede la tefrite che serve di base ai tufi dell’isola, e la sua struttura fluidale in grande. Secondo sbarco alla Punta dell’Arco a Ven- totene : banco di basalte che forma il basamento dell’ isola. Colazione a bordo. Arrivo a Ponza. Ascensione a piedi a M. Guardia (283m). Si passa sui tufi riolitici con banchi di ciottoletti, rotolati dalle acque marine, inclusi. Poi suc- cede l’andesite, che forma la parte superiore del monte. Eitorno a Ponza e, possibilmente, visita alle adiacenti marine di S. Antonio e Giancossa, dove i filoni di riolite attraversano verticalmente il tufo bianchiccio della stessa na- tura, che costituisce la maggior parte dell’ isola. Bei fenomeni di contatto fra le due rocce. Ritorno in città. Pranzo. Si pernotta, distribuiti in case diverse. 21 febbraio. — Caffè in piazza. Imbarco alle ore 7. Giro dell’isola di Ponza; poi, visita a quella di Zannone. Si comincia verso sud. Scogli della Madonna: ta- voloni di riolite, frammenti del filone II (veggasi V. Sabatini, Descr. geol. delle isole Pontine, Roma 1893*. Calzoni del Muto, due isolotti di andesite con struttura sferoidale. Punta della Guardia : andesite con struttura colonnare. Sosta un po’ prima della Punta del Fieno : riolite con riebeckite. Altra sosta a Chiaia di Luna, ove si rivede il fenomeno dei filoni riolitici nel tufo. In questo punto, dove P isola è sensibilmente erosa, se ne osserva molto bene tutta l’ossatura. Si costeggia il Montagniello. Breve fermata a Punta di Papa ivi comincia la caolinizzazione, che più a nord è sviluppatissima. Quindi, altra piccola sosta alle Scoglietelle : retinite verde-chiara, bellissima. Colazione mentre si fila su Zannone. Sbarco al Capo Negro. Esame di calcari nerastri e scisti lucenti, di età sconosciuta, e della riolite. Ritorno verso Ponza, pas- TKNUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1808 XVII Ponza e Zannone. La gita riuscirà certo importante, ed io non du- bito che molti fra voi vorranno parteciparvi. A tale proposito vi rammento che iu questo Museo geologico si conserva una ricca col- lezione di rocce delle isole Pontine, fatta e determinata da Leo- poldo Pilla, e recentemente riveduta dal socio Matteucci. Intanto rendo pubbliche grazie all'on. Ministro della Marina, al socio comm. Pellati e al socio ing. Sabatini, che ci sarà guida cortese». Su proposta del Presidente, l’assemblea delibera che la So- cietà mandi da Ponza un telegramma di ringraziamento a S. E. il Ministro della Marina ed un altro al socio Pellati. Il Segretario legge il nome dei soci che scusano l’assenza : Canavari, Cermenati, Clerici, Dell’ Erba, De Nicolis, De Bossi, De Stefani, Di Stefano, Ferraris, Giacomelli, Lais, Lattes, Meli, Morena, Moretti, Namias, Novarese, Omboni, Pantanelli, Parona, Pellati, Platania, Sacco, Scarabelli, Sormani, Statuti, Taramelli, Tittoni, Toso, Vinassa de Re- gny, Zezi. Il Presidente comunica una cortesissima lettera del socio Canavari, il quale ringrazia la Società per la nomina a Vice- presidente. Si dà per letto il verbale delle adunanze tenute in Perugia, a Gubbio ed a Scheggia nel settembre 1897, e pubblicato nel Bol- lettino (voi. XVI, pag. 242, 272) ; nessuno facendo osservazioni, il verbale viene approvato alla unanimità. Il Presidente presenta all’approvazione dell’assemblea la no- mina dei seguenti nuovi soci : Airaghi dottor Carlo di Magenta, proposto dai soci Mariani e de Alessandri. sando dal fianco orientale dell’ isola. Alla Cala Gaetano si osserva una riolite imbiancata, come quella che costituisce la quasi totalità di Zannone. Sosta alla Cala d’ Inferno (presunto cratere). Altra fermata alla Eavia (riolite vio- lacea) e ritorno in porto (cratere principale). Per chi vuole, e tempo permet- tendo, visita alle vicine grotte. Pranzo. 22 febbraio. — A piedi per Conti, Campo Inglese e Forni, dove si fa colazione. Discesa a Cala d’ Inferno e imbarco per Napoli, girando per Pal- marola, allo scopo di vedere le rioliti, le retiniti e le ossidiane di quest’ isola. Arrivo a Napoli alle 20. li XVIII RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE Antonelli-Giordani Giuseppe di Roma, proposto dai soci Ne- viani e Lupi. Biblioteca civica di Bergamo, proposta dai soci Bassani e Neviani. Caffi dott. sac. Enrico di Bergamo, proposto dai soci Giacomelli e Neviani. Dannenberg dott. Arturo di Aachen, proposto dai soci Taramelli e Riva. Galdieri dott. Agostino di Napoli, proposto dai soci Bassani e De Lorenzo. Tacconi Emilio di Pavia, proposto dai soci Taramelli e Riva. L'assemblea ad unanimità approva la nomina dei soci proposti. Il nuovo socio Antonelli-Giordani Giuseppe assiste alla seduta. Il Segretario presenta l’elenco degli omaggi pervenuti alla Società dal 1° ottobre a tutt’oggi : Balestra Andrea, Contribuzione geologica al periodo cretaceo del Bassa - nese. Bassano, 1897. Geologiska FOreningens i Stockholm. FOrhandlingar, 1897. Levat Ed. David, Piacere aurifères de la Sibèrie orientale. Paris, 1897. Mkrcalli Giuseppe, I terremoti della Liguria e del Piemonte, con 3 tavole. Napoli, 1897 (Stab. tip. Lanciano e Finto; Cortile S. Sebastiano, 51). Outes F. Felix, Los querandrès. — Breve contribución al estudio de la etnografia argentina. Buenos-Aires, 1897. Salinas Emanuele, Sulle Esterie del Trias di Sicilia. Palermo, 1897. Salmojraghi Francesco, Contributo alla Limnologia del Sebino, con un ab- bozzo di carta batometrica. Soc Geol. di Francia. Auguste Daubróe. Paris, 1897, Spirek V., Forno di torrefazione a caduta automatica. Milano, 1897. Id., La formazione cinabrifera del Monte Amiata. Roma, 1897. Tenore Gaetano, Priorità di osservazioni geologiche, ecc., della valle del Liri. Napoli, 1889. Id., L' industria carbonifera in Italia e il suo avvenire nel Napoletano. Na- poli, 1893. Id., Primato idraulico delle pozzolane ferrifere della Campania. Napoli, 1894. Id., La calcarea idraulica e la calcarea cemento delle provincie Napoletane. Napoli, 1895. Tommasi Annibale, Nuovi fossili dei calcari rossi e grigi del Monte Clap- savon in Carnia. Milano, 1897. Vinassa De Regny, I molluschi degli strati con Serpula spirulaea e posizione del piano di Priabona. Pisa, 1897. TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XIX Il socio Tenore fa omaggio ai soci presenti di alcune copie del suo Saggio di Carta geologica di Terra di Lavoro. Napoli, 1872. Il Presidente comunica all’ assemblea le seguenti delibera- zioni del Consiglio direttivo : A vice-segretario, in luogo del socio Baratta, scaduto, venne, per il biennio 1898-99, nominato il socio Gioacchino De Angelis d’ Ossat. Quale concorso della Società alle spese per le tavole od illu- strazioni, venne, per il presente anno, stabilita in bilancio preven- tivo la somma di L. 500 ; perchè detta somma sia possibilmente ripartita in egual misura fra gli autori, il Consiglio deliberò di accordare il compenso eguale ad un terzo della spesa, riservandosi di dividere a fine d’anno, ed in proporzione delle spese sostenute dagli autori, quanto fosse per avventura rimasto disponibile. La Commissione per le pubblicazioni, oltre al Presidente, al Segretario, all’ Economo e all’Archivista, che vi prendono parte per diritto, è composta dei soci D’Achiardi Antonio, Di Stefano Giovanni, Issel Arturo. A revisori del bilancio si nominarono i soci : Bagnini Bomolo, Verri Antonio, Zezi Pietro. Fu accettato il cambio del Bollettino con le Transactions of thè Australasian Institute of Mining Engineers di Melbourne. Il socio Stella chiede se la Presidenza abbia ricevuto do- manda di cambio con l’ Istituto geologico del Transvaal; a risposta negativa, propone che venga dalla Società stessa chiesto il cambio con questo nuovo Istituto, dalle pubblicazioni del quale molto si attende circa quelle lontane e poco note contrade. L’assemblea approva che si chiegga il cambio del Bollettino con le pubblicazioni dell’ Istituto geologico del Transvaal (Pretoria). Vengono accettate le dimissioni, pel 1898, dei soci : Direzione delle miniere di Libiola. Gioli dott. Giuseppe. Il Segretario rende conto delle pubblicazioni in corso. Sono sotto stampa l’elenco dei soci, e due memorie: una del socio Fu- cini, Sopra alcuni fossili di Cattar ritto nel Chili , con tavola; l’altra del socio De Nicolis, Studio geologico paleoidrografico del fiume Adige , con tavola. A queste si uniranno le relazioni della XX RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE presente riunione, e le seguenti memorie e comunicazioni ora pre- sentate : Portis Alessandro, Lue nuove località fossilifere nelle Alpi marittime [26 gennaio 1898]. Id., Li alcuni avanzi elefantini scoperti presso Torino, con ta- vola [26 gennaio 1898]. Ugolini Riccardo, Contribuzione allo studio del pliocene di una parte del bacino dell’ Era [2 febbraio 1898]. Viglino A. e Capeder G., Comunicazione preliminare sul Loess piemontese [18 febbraio 1898]. Cerulli-Irelli Serafino, I molluschi pliocenici di Palombara- Marcellina [18 febbraio 1898]. Franco Pasquale, Ancora del Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Strabone. Risposta a una nota del dott. G. De Lorenzo [18 febbraio 1898]. A rendere più spedita la pubblicazione delle memorie, il Segretario ha proposto al Consiglio, ottenendone l'approvazione, le seguenti modificazioni : la. Le relazioni delle adunanze ordinarie e straordinarie verranno stampate con numerazione separata dalle memorie del Bol- lettino, con numeri romani, ed in continuazione alle prime pagine, contenenti l’elenco dei soci, quello dei cambi, ecc. 2a. Le tavole porteranno il numero d’ordine per ogni singola memoria, oltre al numero del volume, lasciando così indipendenti le varie memorie, che si potranno susseguire mano mano che ven- gano composte e corrette. A richiesta del Presidente, non facendo i presenti alcuna osservazione, rimangono approvate le riferite modificazioni. A nome dell' Economo ing. Statuti Augusto, assente per indisposizione, il Segretario presenta i Bilanci preventivi e con- suntivi della Società, e dell’Amministrazione del legato Molon. I Bilanci consuntivi, con tutti i documenti allegati, verranno, come di uso, consegnati ai Commissari per il bilancio, e saranno discussi nell’adunanza estiva, previa distribuzione ai soci. Le risultanze di detti Bilanci consuntivi sono le seguenti : TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXI Bilancio consuntivo della Società. Totale attivo al 31 dicembre 1897 L. » passivo » » » » » Eccedenza attiva disponibile al 1° gennaio 1898 . » Essendo l’eccedenza attiva al 1° gennaio 1897 . » Si è ottenuto nel 1897 un effettivo risparmio di L. 9725,37 6417,81 3307,56 2307,90 999,66 Bilancio consuntivo dell’amministrazione del legato Molon. Totale attivo al 31 dicembre 1897 L. 1093,08 * passivo » » » » » 32 — Eccedenza attiva disponibile al 1° gennaio 1898 . L. 1061,08 Bilancio preventivo della Società. Entrate. LIRE 1. Tasse sociali e vendita di Bollettini 3300 — 2. Interessi legato Molon . . . 340 — 3. Rendita consolidata 404 — 4. Interessi su libretti di ri- sparmio 100 — Spese. 1. Stampa del Bollettino . . . LIRE 2800 — 2. Contribuzioni per tavole . . 500 — 3. Spese d’ ufficio della Presi- denza 100- 4. Spese d’ufficio del Segreta- rio e dell’Economo . . . 240 — 5. Spese di cancelleria, stam- pa circolari, biglietti, ecc. 98 - 6. Tassa di manomorta .... 16 — 7. Rimborso viaggi al Segre- tario ed all’Economo . . 150 — 8. Compenso ad amanuensi del Segretario e dell’Economo 200 — 9. Compenso all’usciere del Co- mitato geologico 40 — Totale entrate L. 4144 — Totale spese L. 4144 — XXII RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE Bilancio preventivo per l’amministrazione del legato Molon. Entrate. LIRE Cassa al 1° gennaio 1898 . . 1061,08 Importo 1 2/» rendita 680 — Totale entrate L. 1741,08 Spese. LIRE Tassa di manomorta 32 — Totale spese 32 — Avanzo a pareggio 1709,08 Totale L. 1741,08 Gli esposti Bilanci preventivi, già approvati dal Consiglio, vengono posti in discussione. Nessuno dei presenti prendendo la parola, i predetti Bilanci si intendono approvati alla unanimità. Dai residui attivi del 1° gennaio 1898, occorrerà prelevare alcuni fondi per due nuovi capitoli di spesa, e cioè : 1°. Spesa per carta e relativa tiratura dei diplomi sociali, ora esauriti. 2°. Spesa per inviare all’ Esposizione nazionale di Torino copia del Bollettino della Società. Le due predette spese sono state votate dal Consiglio ; il Pre- sidente ne chiede all’assemblea l’approvazione. L’assemblea approva. 1] Segretario presenta il rendiconto speciale delle spese oc- corse per i fascicoli 4° e 5° del voi. XY, pubblicati nello scorso anno contemporaneamente al voi. XYI, e contenenti memorie sulla Geologia e Paleontologia della Sardegna, in relazione alle contri- buzioni straordinarie fatte da alcuni soci, ed alle spese sostenute dalla Società. Da esso rendiconto risulta che la spesa per stampa ed illustrazioni dei detti due fascicoli, fu di L. 1570,40, contro un contributo in L. 976, essendo quindi la spesa a carico della So- cietà di L. 594,40. Consistendo i due fascicoli di fogli 21 x/4, la spesa, per la Società, fu di L. 21 al foglio ; avendo inoltre, senza TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXIII aggravio al bilancio sociale, le 7 tavole (tav. XI-XVII) e 6 clichés intercalati nel testo (’). Il presente rendiconto viene approvato alla unanimità. Il Presidente, dispiacente per l’assenza dell’ Economo ing. Sta- tuti, e bene augurando per la sua salute, si rende interprete della Società, mandando un ringraziamento a lui che con perseverante zelo e precisione esegue il suo ufficio in vantaggio della Società. I soci presenti, acclamando, si associano alle parole del Pre- sidente. Entra nella sala il prof. Oglialoro-Todaro, rettore della R. Università di Napoli; egli viene a porgere ai soci convenuti il suo cordiale saluto. II Presidente gli presenta ciascuno dei soci, ed a nome di tutti lo ringrazia della sua cortesia. Il Presidente rammenta còme l’assemblea dei soci, nella se- duta del 19 settembre 1897 in Perugia, desse incarico alla Pre- sidenza della Società di nominare una Commissione di cinque soci, acciocché studiasse e proponesse quelle modificazioni allo Statuto ed al Regolamento, che si erano rese indispensabili per meglio col- pi Ecco il rendiconto particolareggiato : Entrate. I. Contributo soci. — Ambrosioni L. 5, Bargagli L. 50, Bian- chi G. B. L. 5, Botti L. 5, Canavari L. 5, Capacci L. 362, Carmignani L. 20, Cattaneo L. 100, Chelussi L. 5, Corsi L. 20, D’Achiardi A. L. 5, D’Achiardi G. L. 5, D’Ancona L. 5, De Stefani L. 100, Fabrini L. 3, Ferraris L. 200, Fucini L. 5. Gioii Gino L. 5, Greco L. 5, Gualterio G. B. L. 5, Missaghi L. 5, Moretti L. 5, Niccoli L. 5, Ristori L. 5, Rosselli L. 5, Salmojraghi L. 5, Spirek L. 6, Tagiuri L. 10 L. 976 — IL Spese dalla Società 5? 594,40 L. 1570,40 Spese. I. Per tavole e clichés L. 318,40 IL Per stampa del fascicolo quarto » 492 — III. » a quinto n 760 — L. 1570,40 XXIV RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE legare parecchie disposizioni prese in vari tempi dalla Società, e alle volte in aperta contraddizione fra loro, e contemporaneamente proponesse quelle nuove variazioni che si ritenessero opportune (v. Boll., voi. XYI, pag. 261). Il presidente del tempo, prof. Pantaxelli, costituì detta Com- missione, chiamando a farne parte i soci Clerici, Neviani, Pel- lati, Statuti e Zezi. La Commissione si costituì, eleggendo a presidente il socio comm. Pellati, ed a segretario-relatore il socio ing. Clerici. La Commissione tenne parecchie riunioni in ima sala del R. Uf- ficio geologico, ed alla fine presentò il progetto di riforma dello Statuto e del Regolamento, accompagnandolo da apposita relazione. Queste proposte, costituenti gli Atti della Commissione 'per il riordinamento dello Statuto e del Regolamento (v. appendice alla presente relazione) vengono ora presentate e distribuite ai soci presenti in opuscolo di 30 pag., ove a cura del Segretario sono state stampate in confronto dello Statuto e del Regolamento vigente. Il Presidente fa notare ai soci presenti come queste proposte della Commissione sieno il risultato di un lavoro lungo, minuzioso ed accuratissimo, e come la Commissione, che già fu ringraziata ed elogiata dall’ ex-presidente prof. Pantanelli, meriti di essere ringraziata ed applaudita dall’assemblea odierna. Tutti i presenti si associano al voto del Presidente. Il Presidente rammenta come, a tenore dell’articolo 13 del vigente Statuto, queste proposte verranno discusse nell' adunanza generale estiva; frattanto, attira l'attenzione dell'assemblea sul se- guente periodo della relazione (pag. LXV di questo fase., pag. 3 del- l’estr.) : « La Commissione sarebbe d’avviso che per il miglior an- damento della Società, il Presidente dovesse durare in carica più di un anno ; ma non si è creduta autorizzata ad introdurre una tanto radicale variazione, che trae seco una modificazione circa la carica di Vice-Presidente . . . » . Il Consiglio direttivo della Società ha preso in considerazione le osservazioni della Commissione e deliberò di riconvocare la Com- missione acciò formulasse la proposta della nomina triennale del Presidente, coordinando gli altri articoli ; e che tale proposta venga poi presentata all’ assemblea nella sua adunanza estiva. TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXV Alcuno dei soci presenti non muove osservazioni alle parole del Presidente, onde rimane approvata la proposta del Consiglio direttivo. Il Presidente presenta la relazione della suddetta Commis- sione sulla questione sorta circa al passaggio alla categoria dei soci a vita, del dott. Johnston-Lavis, della quale si discusse nella adu- nanza della Società tenuta a Perugia il 19 settembre 1897 (v. Bol- lett., voi. XYI, fase. 2°, pag. 261 e 262). Secondo detta relazione, che per volere dell’assemblea ha valore deliberativo , è stata investita in rendita al portatore solamente la somma di L. 155 effettivamente pagate dal socio Johnston-Lavis, senza computare 45 lire, equi- valenti a tre quote annue, essendo il predetto dott. Johnston-Lavis socio da 5 anni, e non avendo chiesto il passaggio entro il primo triennio, come voleva nella lettera e nello spirito la deliberazione di Imola del 18 febbraio 1888. La Commissione a questo proposito (v. relazione pag. LXV, pag. 2 e 3 estr.) ha creduto di proporre che venga abrogata detta deliberazione di Imola, e nell’art. 5 dello Statuto proposto non se ne fa parola. Il Consiglio, facendo sua la proposta, la sottopone al- l'assemblea per l’ immediata applicazione. A domanda del Presidente, nessuno dei presenti fa osserva- zione, onde la proposta delle Presidenza è approvata alla unanimità. Il Presidente dà successivamente la parola ai soci che hanno da presentare comunicazioni scientifiche. Il socio Portis riassume la sua memoria, precedentemente annunciata, sugli avanzi elefantini scoperti presso Torino ; conclude poi affermando la presenza della forma Elephas primigenius in Italia, basata sopra un dente esistente nel museo geologico di Torino, di cui presenta la figura. Il socio Botti fa le seguenti osservazioni : « Io credo di riconoscere questo molare elefantino, ricordando averlo veduto ed esaminato, più che 20 anni or sono, nel Museo della B. Accad. delle Scienze a Torino, dove stava contradistinto: Euelephas primigenius ; Alluvioni del Po. Ed un modello dello stesso trovai nel Museo civico di Milano segnato : 30 5. Alluvioni del Po, Cari guano, Pliostocene. XXVI RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE « Anche a Firenze osservai nel Museo dell’ Istituto superiore un molare dello stesso tipo, contrassegnato come modello di esem- plare proveniente da Roma e distinto col n.° 1136. « Questi esemplari svegliarono la mia attenzione in quanto io andava allora ricercando, nei musei italiani e stranieri, un tipo di molari elefantini, coi quali identificare quelli che io aveva da poco dissotterrato in buon numero (circa una dozzina) nella cava di Car- damone, presso Novoli, in Terra d’ Otranto. a Ed il tipo ricercato riconobbi appunto e soltanto nel molare delle Alluvioni del Po, nel modello dell’ Istituto di Firenze ed in pochi altri molari osservati nel Magyar nemzeti Museum a Bu- dapest. » Ma questi esemplari essendo pochi e poco conosciuti, forse da questo è derivata la opinione, da qualche tempo diffusa, che l’ E. primigenius non esista in Italia. Ma, d’altra parte, se si escluda il primigenio, a quale specie riferirli ? a I caratteri dell’ A1, primigenius sono’ così precisi e determi- nati nei molari, che non si possono questi assolutamente confondere con quelli delle altre specie fossili ; ed i molari sopra accennati presentano i detti caratteri in modo anzi esagerato e da sentirsi tentati a farne una specie nuova ; ma di specie, vecchie e nuove, ce ne sono poi tante che, nel descrivere gli Elefanti di Carda- mone, mi contentai di farne una varietà, che dissi E. primigenius Blum. var. hydruntinus ('). « E questa varietà, che io non ho adesso ragione di ripudiare, quale fu descritta e sostenuta nella comunicazione che ne feci alla nostra Società, riunita a Bergamo in settembre 1890, io ritengo, salvo nuove scoperte, per ora rappresentata dall’ Elefante delle Al- luvioni del Po, dal molare riprodotto in modello dell’ Istituto su- periore di Firenze, dalle mandibole del Museo di Budapest, e final- mente dai molari dell’ Elefante di Cardamone, da me stesso rac- colti e descritti, pei quali ho io pel primo proposto la sopraddetta denominazione di varietà. « Quanto poi agli altri molari elefantini disseminati nei vari musei italiani come appartenenti all’ A', primigenius Blum. che re- 0) Boll, della Soc. geol. ital., voi. IX, 1890, p. 689, 709. TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXVI centemente fu proposto di attribuire all' A. trogontherii Pohl. (’), io non ho niente da osservare in contrario, ma, pure ammettendo che le varie specie o razze possano tutte avere avuto quale antico ed unico progenitore VE. meridionalis Nesti, non per questo cre- derei che tale denominazione potesse applicarsi loro, riunendole in gruppo, poiché il loro aggruppamento fu già fatto quando si sta- bilì il genere Élephas , il quale, come genere, deve restare univoco, appartenendo soltanto alle specie (razze o varietà che vogliano dirsi) la forma linneana binomia ; non mai trinomia, quale sarebbe ap- punto quella di E. primigenius trogontherii od E. meridionale trogontherii , che accrescerebbe la confusione biforcando questo tro- gonterio per appiccarlo una volta all’ Elefante primigenio un’altra al meridionale ». Il socio Portis, replica compiacendosi di trovare nello stesso ordine di idee il socio Botti, che ringrazia per i dati ricordatigli, di cui farà tesoro. Lo stesso socio Portis nel presentare il manoscritto ultimato della sua comunicazioDe intitolata : Due località fossilifere nelle Alpi Marittime , la riassume brevemente, esponendo come queste due località sieno l’una Aisone, piccolo comune a poca distanza tra Demonte e Vinadio ; l’altra il percorso dell’ormai totalmente per- forato tunnel ferroviario del Colle di Tenda, fra Limone e Yievola sulla linea Cuneo-Ventimiglia. Insiste egli sulla natura della roccia da cui ad Aisone riuscì ad estrarre fossili, e sulla sua completa inclusione nei calceschisti ; e, dopo aver accennato alla approssimativa collocazione in serie della roccia fossilifera, termina notando le conseguenze che se ne potranno dedurre per la simile collocazione degli stessi calceschisti svilup- pati in quella località e quella roccia comprendenti. Il socio Stella prende la parola a proposito dell’Atò dei cal- ceschisti e calcari concomitanti, per richiamare l’ attenzione dei colleghi sui risultati che su questo argomento hanno dati i rileva- 0) De Angelis d’ Ossat dott. G., Sulla probabile mancanza in Italia dell' Elephas primigenius Blum. (Boll, della Soc. geol. ital. , voi. XYI, 1897, p. 324). xxvnr RFSOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE menti dell' Ufficio geologico nelle Alpi Cozie. Essi porterebbero a un concetto, che comprende e coordina le idee che nelle singole re- gioni alpine si erano formate originariamente sull’ età dei calce- scbisti, ritenuti per lo più arcaici (Kalkphyllite) nelle Alpi Bava- resi e Austriache ; liasici (Bundner Schiefer) nelle Alpi Svizzere ; triasici nelle Alpi Francesi (schistes lustrés). Nelle nostre Alpi Cozie, mentre gli studi preliminari parevano confermare in generale 1’ età arcaica, invece il rilevamento detta- gliato, non escludendo l’età arcaica di certi calceschisti intercalati negli gneis, portò dapprima (Franchi) a scoprire calceschisti e cal- cari fossiliferi del Trias e del Lias nelle valli Maira e Grana ; poi schietti calceschisti nella prosecuzione settentrionale dapprima ignota della zona del permo-carbonifero attraverso le alte valli della Maira e della Yaraita (Franchi e Stella) ; finalmente cal- cari fossiliferi (crinoidi finora indeterminati) associati ai calceschisti che s’ intercalano allo sbocco della valle Yaraita in mezzo alla grande zona gneisico-micaschistosa (Stella). Il coordinamento cui si sta attendendo di questi e altri risul- tati dei rilevamenti ormai ultimati delle Alpi Cozie, porterà a una interpretazione dapprima inaspettata a riguardo dei calceschisti e in generale degli schisti cristallini di questa interessantissima re- gione alpina. Replica il socio Portis, assicurando il consocio Stella non aver egli mancato, redigendo il proprio manoscritto, di consultare e di tener gran conto dei dati consegnati in diverse note e relazioni stampate sul Bollettino del R. Comitato geologico dal Franchi e dallo Stella, ai quali lo stesso Stella fece accenno nelle sue osser- vazioni. Di ciò potrà, come qualsiasi altro, persuadersi il socio Stella allorché con comodo leggerà stampata quella relazione che or ora soltanto manoscritta venne consegnata alla Società e della quale adesso egli per non abusare della pazienza degli ascoltatori ha ridotto il riassunto alla maggior possibile brevità, lasciando in- dietro molti dettagli e citazioni, che già trovarono loro luogo nel testo scritto. Aggiunge, relativamente all’accenno di scoperta cui allude lo Stella « di schietti calceschisti nella prosecuzione settentrionale, dapprima ignorata della zona del permo-carbonifero attraverso le TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXIX alte valli della Maira e della Yaraita ottenuta per opera del Franchi e dello Stella » , la preghiera allo stesso consocio perchè, avendone l'agio, voglia, nella biblioteca del R. Ufficio geologico, ridare un guardo allo Schizzo manoscritto di Revisione geologica che il rife- rente consegnò all’ Ufficio fin dall'autunno 1883 e che lo Stella citò (1896) nella sua relazione : Sul rilevamento geologico eseguito in Valle Po nel 1895. Verificando in quello i segni ed i colori asse- gnati al Carbonifero ed al Permiano nelle alte valli della Maira e della Yaraita, per non parlare di altre valli, potrà il consocio Stella, in un momento di esame, convincersi come il riconoscimento e l’assegnazione di quei calceschisti e di altre roccie al Carboni- fero ed al Permiano siano il risultato di osservazioni assai più antiche di quel che egli non mostri di ritenere. Conclude poi il socio Portis ripetendo le sue felicitazioni a chi seppe dimostrare fossiliferi quei calcari che egli già aveva nel 1883 notati come interrompenti la continuità degli schisti cristal- lini allo sbocco della valle Yaraita, come di altre valli, e che aveva contraddistinti con tinta turchina nello schizzo sopra menzionato. Nota quindi come ora tali calcari fossiliferi possano venir interpre- pretati siccome brandelli di terreni appartenenti a più giovani for- mazioni implicati in maggiori perturbazioni tettoniche dei più an- tichi e profondi materiali appartenenti appunto alla potente ed estesa serie degli Schisti cristallini , ripetendosi così un caso di cui non scarseggiano i classici esempi nella restante catena alpina. Il socio Franco presenta e riassume una sua nota (in risposta ad altra del socio de Lorenzo) intitolata : Ancora del Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Strabone. Il Presidente propone che la riunione estiva della Società abbia luogo a Lagonegro, in Basilicata, nella prima metà di set- tembre. Essa riuscirà, aggiunge, interessantissima. Anzitutto c’è da osservare il Trias, recentemente scoperto, il quale, per la caratte- risticità dei terreni che lo rappresentano e per l’ importanza dei fossili che contiene, rivaleggia ormai con le formazioni sincrone della Sicilia e delle Alpi orientali* indi il Lias, simile a quello di Taormina, la Creta e l’Eocene, tipicamente sviluppati. A ciò si aggiungono le chiare testimonianze di antichi ghiacciai e gli avanzi XXX RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE di grandi laghi quaternari, che occupavano le nostre ampie valli, come oggi gli estesi laghi lombardi e svizzeri occupano le vallate alpine. Questo per la stratigrafia : quanto alla tettonica, si ve- dranno le grandi montagne triasiche avvolte in pieghe maestose e i massicci cretacei spezzati da numerose fratture, come nel resto dell’ Italia meridionale. 11 paesaggio, costituito da alte montagne boscose, che passano i 2000 m. sul mare, e attraversate da valli fresche e ricche di acque, ricorda i paesaggi alpini ed è tra i più belli dell’ Italia meridionale. L’accesso è facile, la permanenza re- lativamente comoda, e le escursioni agevoli. Non essendovi altre proposte, si mette a partito quella della Presidenza. L’assemblea accetta unanime la proposta di tenere l’adunanza estiva a Lagonegro. Si prendono gli accordi per la gita che si farà l’indomani al Vesuvio. Il Presidente invita per ultimo il socio Sabatini, che diri- gerà le escursioni alle isole Pontine, a fare un riassunto delle os- servazioni da compiere. Il socio Sabatini, aderendo all’ invito del Presidente, così si esprime : » I colleghi vedranno sulle coste splendidi appicchi di un ma- teriale tufaceo riolitico grigio-cenere, attraversato da striscie nera- stre di riolite compatta. Tra le due roccie si osserveranno fenomeni bellissimi di metamorfismo, per cui dalla riolite si passa per gradi, prima ad un vetro verde-scuro (retinite verde), poi ad altro vetro giallo-miele (retinite gialla), ed in ultimo sulle parti più vicine del tufo incassante si vedrà un semplice ingiallimento. « La riolite, che affiora così sulle coste, si segue difficilmente all’ interno dell’ isola, coperta da altre formazioni e da detrito ; ma molti affioramenti permettono di tracciarne il percorso. « Doelter e Sabatini videro nella riolite di Ponza dei filoni nel tufo incassante, mentre il dott. Carlo Camillo Schneider ( Tscher- mak's Mitth., voi XVI) non ammise che i vari affioramenti potes- sero collegarsi, e ritenne come cupole separate. « Su questo primo punto i colleglli avranno la libertà di pro- nunciarsi. In seguito giudicheranno se la punta della Guardia, che TENUTA IN NAPOLI IL 18 FEBBRAIO 1898 XXXI è un blocco enorme di andesite, sia in posto, come ritennero Doelter e Sabatini, ovvero sia un masso precipitato dall’ alto del vicino M. Guardia, come ritenne lo Schneider. « Se ci sarà tempo, i colleghi visiteranno altri siti di natura ugualmente controversa, ma sopratutto saranno condotti a Zannone, ove esiste un lembo di calcare antico, nel quale fino ad ora non si rinvennero fossili » . Alle ore 17 il Presidente toglie la seduta. Il Segretario Antonio Neviani. RELAZIONE SULL' ESCURSIONE AL VESUVIO FATTA DALLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA IL 19 FEBBRAIO 1898 del socio prof. R. Vittorio Matteucci. Io debbo all’estrema cortesia del nostro egregio presidente, prof. Francesco Bassani, 1’ onorevole incarico della direzione scientifica dell’escursione fatta al Vesuvio dalla nostra Società, e per tale atto di deferenza lo ringrazio ancora una volta e vivamente; ma non posso a meno di esprimere qui il mio rincrescimento se la gita non corrispose al gentile pensiero di lui, nè all’ aspettativa degli escursionisti, giacché il tradizionale bel cielo di Napoli, che quest’ anno, in tutto l’ inverno, si era mantenuto eccezionalmente sereno, già da qualche giorno aveva cominciato a cambiare e ci riserbò una pessima giornata. D’ altronde 1’ escursione, a cui tutti tenevano assai, non si sarebbe potuta protrarre, essendo già stati destinati i tre giorni seguenti ad una gita alle Isole Pontine con la R. nave Atlante. L’escursione, tanto all’andata, quanto al ritorno fu eseguita così: da Napoli all’osservatorio vesuviano, in carrozza;, dall’ osservatorio alla stazione della funicolare, a piedi7; salita del gran cono, in funicolare. Per accordo preso dalla Presidenza con la società Cook, si ridusse la spesa di trasporto personale da L. 21 a 13; e, per XXXII H. V. MATTE UCCI concessione prefettizia, ci fu risparmiato il pagamento della tassa individuale di L. 4 per accedere al cratere. Alle ore 8 del giorno 19 tutti ci trovammo al convegno io piazza dei Martiri, donde partono le carrozze dell’ ottimo servizio Cook, e, comprese le signore Bassani e Oglialoro e 1’ ingegnere G. Bruno, che si unirono a noi, eravamo 19 : Bassani presidente, Neviani segretario, Antonelli-Giordani, Baratta, Botti, Cerulli, De Angelis d’ Ossat, De Lorenzo, Demarchi, Franchi, Lupi, Matteucci. Millosevich, Portis, Spirek e Stella. Il cielo era sinistramente coperto, ed il Vesuvio, che sul far del giorno si era mostrato bello a chi non ne è pratico, cominciò a coprirsi di un cappello di nebbia che avrebbe fatto desistere chiunque dall’ ascensione. Pur tuttavia, siccome molti soci erano venuti a Napoli quasi unicamente per compiere questa escursione, così fu mestieri affrontare le minacce di Giove pluvio, e si partì. Erano le ore 8,45. Alle 10,15 eravamo a Resina, dove fu- rono provveduti dei rozzi Alpenstocke, che dovevano però ren- dersi abbastanza utili nella traversata delle lave scoriacee erut- tate nei giorni e nella notte precedenti. Poco al disopra della chiesa di Pugliano fu notato come quella regione appartenga alla formazione del vulcano preistorico - Monte Somma - coperta di rigogliosissima vegetazione, dove peraltro qua e là si vedono al- cune vecchie correnti laviche. Giunti a s. Vito, si osservarono le correnti scoriacee appartenenti alla colata dell’ eruzione del 1767 e, un poco più sopra, quelle a superfìcie unita, a corde e a fe- stoni, dell’ eruzione del 1858. Poi, dall’ alto, si videro le correnti più inoltrate del 1868 e del 1871-72 che, per il Fosso della Ve- trana, si distesero sopra quelle del 1855 nel Piano delle Novelle. Continuando a salire, si notarono alcuni tagli artificiali per cui passa la strada carrozzabile, e che danno una qualche idea dell’ architettura generale del Monte Somma ; giacché qui, seb- bene non vi affiorino le colate e vi manchino i ben noti dicchi che si vedono attraversare in mille guise l’ interno del recinto del Somma, pure ne mostrano la costituzione tufacea or più or meno evidentemente stratificata e contenente i massi di origine meta- morfica rigettati nelle antiche esplosioni, e che formano la ric- chezza delle collezioni vesuviane. Quivi, oltre ad alcuni frammenti di calcare metamorfico, si estrassero dai tufi diversi campioni di RELAZIONE SULL’ESCURSIONE AL VESUVIO, ECC. XXXIII tali massi cristallini a miche, pirosseni, anfiboli, epidoto, granato, spinello, idocrasia, periclasia e meionite. Poco sotto 1’ osservatorio si notò 1’ altro braccio della colata del 1872 che discese pel Posso Grande ricuoprendo in parte le lave del 1822, le quali si protendono quasi fino alle bocche erut- tive eccentriche del 1794. Quindi subito le più inoltrate correnti, in parte scoriacee in parte a superficie unita, che fluirono i primi giorni dell’ attuale eruzione e che si riversarono sulle precedenti anche nel Piano delle Ginestre, cuoprendo in parte la strada car- rozzabile. Alle ore 12,45 penetrammo in una fittissima nebbia e giun- gemmo all’ osservatorio (m. 610 s. 1. m.), dove, con gentile pen- siero, per la circostanza, era stata fatta issare la bandiera tricolore. Ivi la Società fu ricevuta assai amabilmente dal vice-direttore, prof. E. Semmola, e dai suoi assistenti, L. Tascone e G. Di Paola, e le venne offerto dell’ eccellente Lacryma Christi e dei biscuits. Dopo una breve sosta di mezz’ ora, nonostante il vento, la nebbia ed il freddo, la comitiva, a cui si unirono i summentovati signori, s’ incamminò verso la stazione della funicolare. Questo tragitto, di appena due Km., è attualmente piuttosto scabroso. Prima dell’attuale eruzione la strada carrozzabile, appartenente ai signori Cook e Sohn, che menava dall’ osservatorio alla funico- lare, era assai comoda, ma ora, per la grande quantità di lava riversatasi da questa parte, quella strada ne è stata ricoperta per un forte spessore. Durante l’ attuale eruzione codesta strada è stata ricostruita quattro volte, e sempre le lave la riguadagnarono e la ricopersero. Eichiesto io in questi ultimi tempi sull’ opportu- nità di rifarla, espressi il mio modesto parere e ne sconsigliai la costruzione, almeno fintanto che le lave avessero perdurato ad effluire da quel lato. Io non posai ad indovino; ma volle il caso che, proprio in questi ultimi giorni, ricostruita che fu la strada, una corrente lavica con un fronte di una novantina di metri la ricoperse in parte in una nottata. È ora che io dica che 1’ attuale -eruzione vesuviana perdura già da 81 mesi e mezzo e non presenta oggi nessun carattere da cui se ne possa prevedere la fine. In poche parole, ecco come avvenne questa interessante eruzione. Appena terminato 1’ efflusso lavico dell’ eruzione precedente che si svolse dal 7 giugno 1891 in XX.XIV V. R. MATTEUCCf al 4 febbraio 1894, e durante la quale, come in tutte le eruzioni laterali, si era formato un vasto cratere di sprofondamento, questo cominciò a riempirsi, e, nei primi mesi del 1895 il cono termi- nale superò di una trentina di metri 1’ orlo del detto cratere di sprofondamento. Il magma allora, giunto a tale altezza, esercitò sui fianchi del gran cono una pressione superiore alla resistenza che questo poteva opporgli, e lo fratturò dal vertice alla base, ed oltre di questa, nel quadrante ovest-nord-ovest. Ciò avvenne il 3 luglio, e le manifestazioni si seguirono in questo ordine cronolo- gico: Alle ore 0,30 si avvertirono scosse piuttosto forti alla cima del vulcano ed alcune lesioni presso la stazione superiore della funicolare. Le scosse si ripeterono nelle ore seguenti e cessò 1’ at- tività stromboliana al piccolo cratere del cono terminale. Alle ore 8 si ebbe una scossa assai più forte, il cono terminale si sprofondò, ed una larga fenditura interessò il fianco ovest-nord- ovest del gran cono. Verso le ore 9 numerosi blocchi, in seguito a violenta esplosione, cominciarono a staccarsi dalla regione alta dello stesso fianco ovest-nord-ovest. Alle ore 10,18 un enorme globo di fumo carico di ceneri si sprigionò con grande impeto all' altezza di circa 1185 m. da una prima apertura, donde scaturì anche il primo efflusso lavico. -In seguito, e sempre più basse, si formarono altre 10 bocche, alcune delle quali di semplice esplosione ed altre di efflusso. L’ ultima di esse, la più bassa (m. 900 circa) si aprì alle ore 13,15. La sera del giorno seguente le correnti laviche erano ferme e tutto sembrava ritornato alla calma. Ma la mattina del 5, verso le 11,25, si aprì una 12a bocca a m. 750 s. 1. m., da cui uscì poi il magma per la durata di 19 mesi, formando una cupola di 90 m. di altezza. Il 31 gennaio 1897, la lava, non potendo vincere la pressione di questa cupola, per uscire dalla sua cima, dovette cercarsi un’ altra via, e la trovò più in alto (me- tri 790 s. 1. m.) in corrispondenza delle fenditure stabilitesi già il 3 luglio 1895. Da questa apertura sgorga tuttora il magma; ma non è difficile che si rinnovi in seguito lo stesso fenomeno, quando cioè la massa lavica eserciterà una potente pressione sul magma incanalato sottofluente. In tal caso si ostruirà 1’ attuale bocca di efflusso, e se ne stabilirà un’ altra più elevata e sempre sul fianco ovest-nord-ovest del gran cono. Personali osservazioni su questa eruzione mi offrono i dati seguenti: La lunghezza del RELAZIONE SULL’ESCURSIONE AL VESUVIO, ECC. XXXV sistema sinuoso di fenditure che fratturò il fianco ovest-nord-ovest del cono, prolungandosi oltre il piede di esso, è di in. 1600. La larghezza della regione fratturata è di m. 400. Le correnti laviche più inoltrate sono fino ad oggi a Km. 3 dall’ asse vulcanico. La superficie ricoperta dalla colata è attualmente di Km 2 l/h. Lo spessore massimo della lava è di m. 120 e più. Il volume del magma fino ad ora riversato alla superficie è approssimativamente di 100 milioni di metri cubi, quindi il suo peso approssimativo di 250 milioni di tonnellate. I prodotti delle fumarole che hanno persistito sempre nella regione elevata delle fenditure sono: gas acido solfidrico, anidride solforosa, acidi cloridrico, fluoridrico, io- didrico e bromidrico, solfo, gesso, selenio, eritrosidero, cloruri e solfati di rame e ferro oligisto. Sulle lave ho trovato ematite, alite, silvina, clorammonio, carbonato e bicarbonato di sodio. Alle ore 13,45 si giunse alla stazione inferiore della funico- lare (m. 799 s. 1. m), dove si trovò imbandita la tanto deside- rata colezione. Poi, colla funicolare, in diverse vetture, in una mezz’ ora, tutti eravamo alla stazione superiore (m. 1185 s. 1. m.). La nebbia, fattasi sempre più densa, non distolse alcuno dalla salita di pochi passi pel viottolo a zig-zag che mena alla som- mità. Ci si fermò un istante presso il rudero della cinta craterica del 1872 (m. 250 di diametro), e quindi, sul piano delle fuma- role, che è la superficie del materiale che riempì il cratere for- matosi in quella memorabile enizione, ci si inoltrò verso il cratere appartenente all’ eruzione attuale, dal lato di ovest. Poi si girò 1’ orlo craterico dal lato sud, ma il cratere (m. 160 di diametro) era completamente pieno di vapori, che, insieme alla nebbia, im- pedivano di guardarvi dentro. Solo di quando in quando si udi- vano i sordi rumori delle esplosioni che avvenivano nel suo fondo (m. 200 circa di profondità). Poi, sempre molestati dalla densa nebbia e da una fitta pioggia, si potè appena vedere, nella sua parte elevata, la fenditura principale stabilitasi la mattina del 3 luglio 1895, da cui si esalavano abbondanti vapori e gas acidi. Il vento soffiava forte e la pioggia si rendeva insopportabile. Fu giocoforza discendere; ed alle 16,15 tutti eravamo alla stazione inferiore. Il ritorno dalla funicolare all' osservatorio fu assai più inte- ressante che 1’ andata, perchè, quantunque coinvolti dalla nebbia. X2XVI T. R. MATTEUCCI, REI.. SULL’ESCURSIONE AL VESUVIO, ECC. si ebbe 1’ opportunità di vedere le lave fluenti. Alcuni si ferma- rono al fronte della corrente ; altri vollero seguirmi fin dove questa, incassata nei suoi argini, aveva una velocità di circa un metro al minuto primo. La corrente era caratteristicamente scoriacea, sicché solo qua e là, al disotto dei rottami e delle scorie superficiali, si presentava il magma incandescente e scorrevole. Giunti all’ osservatorio alle ore 17,15, si fece una nuova sosta di mezz’ora e si libò un eccellente vino, gentilmente offertoci. Quivi il nostro egregio presidente disse opportune parole di rin- graziamento al vice-direttore dell’ osservatorio, il quale rispose con la sua solita amabilità, ed alle 17,45 si ripartì in vettura per Napoli, dove si giunse alle ore 20,15. GITE FACOLTATIVE ESEGUITE IL 20 FEBBRAIO 1898 La mattina di questo giorno si doveva salpare per le isole Pontine, ma la pioggia e il mare cattivo impedirono che si effet- tuasse la gita, la quale venne rimandata al giorno seguente. I soci allora si divisero a gruppi, rimanendo alcuni in città a visitare i musei e lo splendido aquario della stazione zoologica ; altri si recarono al Vomero, a Posillipo, ai Campi Flegrei, ecc. II socio Augusto Stella così scrive nella Rassegna Minera- ria ('): « La gita ai Campi Flegrei porse occasione di vedere le interessanti formazioni tufacee e i rachitiche in cui sono aperte le note cave di tufo da costruzione , di così detto scoglio e di pozzolana; e finalmente di visitare i dintorni di Pozzuoli con le famose colonne del tempio di Serapide, e con la solfatara. In quest’ ultima, oltre alle note emanazioni sulfuree, e alle acque termali , furono osservate le formazioni vulcaniche di quell’ antico cratere profondamente alterate, a tal segno che vi si può mante- (i) Voi. Vili, n. 8, pag. 118. ESCURSIONI FACOLTATIVE, ECC. XXXVII nere una industria, pure interessante, la quale trae partito dalle parti argillose caoliniche bianche per ricavarne, mediante liscivia- zione e decantazione, un materiale che entra essenzialmente nella composizione dello stucco , di cui si fa un non trascurabile com- mercio ». Il Segretario Antonio Neviani. ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE FATTE NEI GIORNI 21 E 22 FEBBRAIO 1898 Alle 8,30 del 21, quantunque il cielo fosse coperto, pure si partì dall’ Arsenale Militare a bordo dell’ Atlante , rimorchiatore d’ alto mare, messo gentilmente a disposizione della nostra Società da S. E. il Ministro della Marina per la gita alle isole Pontine. A bordo erano i soci: Antonelli, Bassani, Cerulli-Irelli, Clerici, de Angelis d’ Ossat, Franchi, Franco, Lupi, Matteucci, Mercalli, Millosevich, Portis, Sabatini e Stella. Si fece rotta nella direzione di Nisida, mentre si ammiravano tutte le bellezze che rendono il golfo incantevole, cui non mancava che il sorriso del sole. I col- leghi conoscitori dei luoghi, e specialmente il socio Sabatini, sin- teticamente mostravano le linee principali delle forme topografiche e della costituzione geologica del Capo Miseno e delle isole di Nisida, Precida ed Ischia. La nave che filava circa 10 miglia all’ ora, ben presto avvistò le isole di S. Stefano e Ventatene. Presso la prima bordeggiò alquanto, mentre parecchi soci con una lancia si portarono allo scalo del reclusorio, dove poterono pren- dere campioni di tefrite. Ritornati a bordo, si salpò alla direzione di Zannone, sopra cui misero piede tutti i soci. Nei calcari dolo- mitici si rinvennero parecchi fossili ; dell’ importanza di questi e delle loro determinazioni renderà conto l’ ing. Sabatini. Di qua si XXXVIII ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. fece rotta verso il porto di Ponza, dove si giunse sull’ imbrunire. I legni mercantili, ancorati in porto, avevano issato il pavese di gala. Allo scalo si era aspettati dal sindaco di Ponza, cav. uff. Vincenzo de Luca, accompagnato dagli assessori comunali, da tutte le autorità locali civili e militari, nonché da numerosi cittadini. La Società fu ricevuta nella residenza municipale, dove il sindaco diede il benvenuto ai geologi a nome di tutti i presenti, cui risposero il presidente ed il socio Sabatini. Il sig. Luigi Tricoli. r. ispettore degli scavi e monumenti, fece omaggio alla nostra biblioteca di un esemplare della Mono- grafia per le isole del gruppo Ponziano , pubblicata nel 1855 dal compianto suo genitore Giuseppe. Il Municipio offrì ai gitanti un banchetto, al quale assistet- tero il sindaco e 1’ assessore municipale supplente, sig. Vincenzo Califano. Al levar delle mense brindò cordialmente il sindaco, cui risposero ringraziando il presidente e i soci Franco, Sabatini e Mercalli. Il sindaco si prestò, con la maggiore cortesia, per procurare eccellenti alloggi ai geologi. Alle ore 8 del 22 salimmo a bordo e si partì alla volta degli Scogli della Madonna, mentre il cielo ci riprometteva una splendida giornata. Ben presto parecchi presero posto sopra un battello per costeggiare V isola dalle ripide sponde, mentre la nave seguiva al largo. Le particolarità geologiche che si poterono osser- vare furono molte ed interessanti. Giunti alla Punta della Guardia, si mise piede a terra ; ma per poco tempo, dacché dovemmo fret- tolosamente tornare a bordo a causa di un temporale che ci so- vrastava. Invece di girare l’ isola, come era nel programma, ci dirigemmo a Cala d’ Inferno, dove la maggior parte scese ; mentre 1’ Atlante , con i pochi rimasti, ritornò ad ormeggiare in porto. La traversata dell' isola riuscì interessante e divertente : tutti rac- colsero numerosi ed importanti campioni di rocce. Alle 4 poni, i soci invitarono a pranzo il sindaco, il sig. Ca- lifano e gli ufficiali della r. nave : marchese cav. Lorenzo Koberti- Vittorj, comandante; Egeo Romani, sottotenente di vascello, e 1’ ufficiale macchinista Nicola Santoro. Brindarono il presidente, il comandante, i soci Portis e Sabatini ed in ultimo il sindaco. ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. XXXIX Nella giornata il presidente aveva inviato due telegrammi, uno a S. E. il Ministro della Marina (J) e 1’ altro al socio Pel- lati (?). Alle ore 6 pom., dopo aver preso commiato da tutte le gen- tili persone che ci avevano fatto accoglienze oneste e liete, si salpò per Napoli, dove si giunse, con sollecita e felice traversata, nelle prime ore del 23. Nello stesso giorno il presidente inviò un telegramma per rin- graziare il sindaco di Ponza (3), e, accompagnato da parecchi soci, visitò a bordo dell’ Atlante gli ufficiali della r. nave, esprimendo ad essi la maggiore gratitudine per le cure cortesissime che ci avevano prodigate durante la breve, ma indimenticabile gita. Il Vicesegretario Gioacchino de Angelis d’ Ossat. (') “ On. Ministro della Marina. Roma. — Società geologica italiana ra- dunata Ponza invia omaggi devoti riconoscenti Vostra Eccellenza per con- cessione nave Atlante. Compiacciomi rilevare vantaggi scientifici ottenuti, anche mercè gentilezze, premure comandante Eoberti. Prego gradire miei speciali ossequi. Bassani, 'presidente ». (2) u Comm. Pellati. S. Susanna, Roma. ■ — Società geologica italiana radunata Ponza Le invia sentimenti gratitudine per efficace opera concessione nave Atlante. Aggiungo miei speciali rispetti riconoscenti. Bassani, presidente ». A questo telegramma il socio Pellati rispose col seguente dispaccio: “ Grato gentile pensiero, rinnovo auguri saluti cordialissimi. Pellati ». (3) Sindaco Ponza. — Società geologica italiana, riconoscente per acco- glienze ricevute costì, porge Vossignoria ringraziamenti vivissimi, pregandola farsene interprete presso Giunta, Consiglio, Autorità civili, militari e citta- dinanza. Bassani, presidente. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE FATTE DALLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA NEI GIORNI 21 E 22 FEBBRAIO 1898 del socio ing. Venturino Sabatini Nel finire la mia seconda nota sulle isole Pontine (*) rilevai che, mentre i naturalisti stranieri le avevano spesso visitate, invece quelli del nostro paese, salvo rare eccezioni, non vi avevano mai messo il piede. Io espressi allora V augurio che la discussione a cui le mie osservazioni geologiche avevano dato origine valesse a spingere i geologi italiani a visitarle, portandovi il contributo della loro esperienza e del loro sapere. Il mio augurio fu presto esaudito. L’ attuale presidente della Società geologica italiana, Francesco Bassani, accettando la mia pro- posta, volle condurre all’arcipelago Pontino i Colleghi della So- cietà. Io fui lieto di questo fatto, perchè prevedevo l’adesione di un nucleo di geologi di grande competenza. E difatti vennero alle Pontine, oltre lo stesso prof. Bassani, i professori Portis, Franco, Mercalli, Matteucci, De Angelis e Millosevich ; gli ingegneri Franchi, Stella e Clerici; il dottor Cerulli ed altri. Malgrado il brevissimo tempo di cui potemmo disporre, i ri- sultati ottenuti superarono ogni aspettativa. Soltanto i fossili tro- vati nel calcare dolomitico di Zannone basterebbero difatti a giu- stificare le mie parole. Appena finita l’ escursione, per precisare le discussioni fatte sul terreno, indirizzai ai suddetti Colleghi sei domande, che si tro- vano in testa ai paragrafi seguenti, ove son riportati, con le risposte (*) Le mie due note sulle isole Pontine, che citerò più volte in seguito, sono: Descrizione geologica delle isole Pontine, Boll. Com. geol., 1893; Sulla geologia dell'isola di Ponza, Boll. Soc. geol. it., 1896. V. SABATINI, REL. SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. XLI ottenute, i riassunti delle nostre discussioni e qualche ricerca po- steriore. Io ringrazio intanto il nostro presidente, che mi affidò l’ incarico della presente relazione, e tutti gli altri Colleghi intervenuti per la cortesia con cui si occuparono delle quistioni che loro sottoposi. Sono pure riconoscente al dott. Di Stefano e all’ ing. Mattirolo, che, sebbene non abbiano preso parte alla gita, vollero anch’ essi, come si vedrà in seguito, contribuire alle nostre ricerche. 1. La forma filoniana della riolite di Ponza. « La riolite di Ponza constituisce filoni o cupole nella roccia « incassante? » La forma filoniana della riolite di Ponza parve a Doelter e ad altri così evidente, da non richiedere dimostrazioni, ed a me pure parve così e così la ritenni nelle mie due note ; il dott. Carlo Camillo Schneider invece non fu dello stesso parere (’). Anzitutto specifico che il concetto dei filoni è quello di spac- cature riempite di lava, la quale può limitarsi a questo riempi- mento, o infiltrarsi altresì tra i tufi incassanti, o traboccare in co- late all’ esterno. La possibilità di espandimenti ammessa da Doelter non fu certo negata da me. Chi guardi difatti la fig. 4a della tav. di sezioni della mia prima nota, vedrà che il filone V a Cala del Core mostra un espandimento in alto. Eavvicino questo mio modo di vedere alle seguenti parole dette nella mia seconda nota (p. 396) : «... spesso avviene che, in una spaccatura della crosta « terrestre, una delle due superficie separate si sia staccata dal- « l’ altra con qualche parte molto sporgente, la quale sia stata avvi- « luppata dal magma, che l’ ha lasciata in posto passandole sopra « e sotto. Tra questo caso e quello delle apofìsi laterali vi sono « tutti i passaggi » . Invece il concetto delle cupole di Schneider non è quello di filoni-strati , ma d’ intrusioni dal basso in alto, indipen- denti tra loro e che prenderebbero forma di mammelloni o di schie- nali. in corrispondenza delle singole colline, costituendo altrettanti noccioli sotto la copertura di tufo riolitico. Le denudazioni, avendo (') Geologie cler /àmaiwseZfTschermak’s min. n.petr.Mitth., Wien, 1896). XLII V. SABATINI scoperto questi noccioli, essi affiorano ora come isole staccate. « Se « filoni attraversassero l' isola dovrebbero vedersi nel carattere del « paesaggio, ma la sua fìsonomia corrisponde meglio alla mia ipo- « tesi, secondo cui gli affioramenti di riolite sono formazioni in- « dipendenti, e, dove simulano qualche dipendenza reciproca, questa * non apparisce al modo ammesso da Doelter e da Sabatini « Nessuno de’ suoi filoni (di Sabatini) è veramente dimostrato se- « condo il mio modo di vedere » ('). Ciò premesso, vediamo il modo di vedere di altri geologi. Del prof. Mercalli non avrei bisogno di riportare il giudizio, perchè già noto. Ciò non ostante mi piace ripetere quanto ora mi scrive: « Ritengo che la riolite di Ponza in generale si trovi in » dicchi, e ciò mi pare sufficientemente dimostrato dai suoi affio- « ramenti in forma di grandi muraglioni a pareti talvolta quasi « verticali, visìbili lungo le coste .... Ciò non esclude che al- « cimi di questi dicchi terminino con cupole o con espandimenti » . Pel dott. Matteucci « la riolite di Ponza costituisce indub- <* blamente filoni, senza escludere che il magma si sia espanso alla « superfìcie, dando luogo a colate e quindi a cupole » (2). Il prof. Portis scrive che la riolite di Ponza è in « filoni i quali, « avendo talor una direzione obliqua od ima parete sfiancata assil- li mono l’aspetto di espansioni nel o sul tufo che attraversarono ». Il dott. De Angelis e l’ ing. Clerici aneli’ essi ritengono che la riolite di Ponza costituisca filoni. L’ing. Stella — alle cui conclusioni si associa anche l’ing. Franchi — scrive : « Le osservazioni fatte nella nostra ispezione « della costa dalla punta della Madonna alla punta Nera e lungo « la mulattiera da Forni a Ponza permettono di dire alcunché « nella questione. Lungo la costa tagliata a picco si ebbe campo * di rilevare, come in un gran profilo geognostico murale, V anda- « mento e la forma di quelle splendide intrusioni di riolite nereg- « giante sul candido fondo dei tufi riolitici. Sul profilo si vedono « disegnarsi in prevalenza dicchi più o meno regolari nella forma (1) Schneider ( Tschermak's min. u. petr. Mitth., Wien, 1897). (2) Ad evitare confusione fo notare che, a differenza del Coll. Matteucci e di qualche altro, per me la «cupola» è sempre un ammasso intrusivo ugual- mente sviluppato in lunghezza e larghezza, e che quando ha la forma di fungo coincide col « dòme d’intumescence » dei francesi. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE.. ECC. XUII « e verticali nell’ andamento ; si vedono lingue riolitiche serpeg- « gianti, chiazze riolitiche completamente circondate dai tufi bian- « chi (Q; si vedono da quei dicchi staccarsi apofsi, in forma di « vene più o meno sottili allungantisi per entro ai tufi, fin grosse « protuberanze laterali incappucciate dai tufi riolitici. Finalmente « si potè alla punta della Madonna e a cala d’ Inferno constatare « come quei dicchi profilantisi sulla costa a picco non sono che « F intersezione della balza di costa con masse riolitiche proten- « dentisi entro terra, di cui la prima si vide ergersi ad ovest degli « scogli della Madonna, F altra fu seguita all’ affioramento sopra- « citato da cala d’inferno al Campo Inglese ». Quest’ ultima massa che lo Stella ritiene un dicco e che è segnata sulle tre carte, di Doelter, di Schneider e mia, a Campo Inglese è abbandonata dalla strada, che, proseguendo verso Ponza, incontra in un primo tratto altri affioramenti, di cui la rappresentazione cartografica fattane dallo Schneider parve allo Stella rispondente alla realtà sul ter- reno (2). L’ ing. Stella continua: « Riassumendo le osservazioni fatte, « si può dire di aver constatato per entro alla massa dei così detti « tufi riolitici un sistema intrusivo filoni forme di riolite, in cui « oltre a filoni tipici (abbastanza potenti e molto estesi in dire- « zione) si hanno pure vene minori e masse laccolitiche, con la a possibile combinazione di tutte queste forme in uno spazio anche a molto limitato. La intersezione di un tale sistema intrusivo col- b l’ attuale superficie dà per risultato un complesso di affioramenti, a la cui interpretazione caso per caso può anche essere impossibile, a tanto più che la delimitazione è spesso ostacolata dagli abbon- b danti detriti e dallo strato coltivabile rimaneggiato, spesso po- b tente. La rappresentazione cartografica, a giudicare da quanto si « vide lungo la strada fra Campo Inglese e Conti, corrisponderebbe b in parte a quella segnata da Schneider e in parte a quella segnata b da Doelter e Sabatini. Se è lecito estendere la interpretazione di b quanto fu visto, si può dire che il concetto dei noccioli riolitici b di Schneider non si conferma, ma che anche il concetto d’ un si- b sterna schematico di filoni dovrebbe essere in parte modificato » . (b L’ing. Stella allude principalmente alla macchia quasi cordiforme che ha dato il nome alla cala del Core. (2) Si tratta di affioramenti da me tralasciati sia per la loro piccolezza, sia perchè non se ne vedeva bene il modo di giacimento. XLIV V. SABATINI Metto questa precisa diagnosi in rapporto con le parole seguenti della mia seconda nota (Q : «... è impossibile negare la natura « filoniana della riolite di Ponza. Si potrà solo discutere se qual- « cimo dei filoni abbia proprio V andamento da Doelter e da me « indicato, ma questa è quistione secondaria da risolversi quando « si possederà una carta molto minuziosa ... ». Particolari a parte, si vede cbe l’ interpretazione da’ miei Col- leghi data ai giacimenti riolitici di Ponza coincide col concetto fondamentale espresso da Doelter e da me. 2. 11 metamorfismo prodotto dalla riolite. « Qual’ è la natura del metamorfismo prodotto dalla riolite e « sopratutto l’ origine delle due retiniti, la verde e la gialla ? » Ricordo brevemente (2) che, in vicinanza dei filoni, il tufo riolitico da grigio-chiaro comincia ad ingiallire, più avanti accentua tale colorazione, indi mostra delle parti fuse in una retinite gial- lognola, quindi si mostra fuso completamente in retinite gialla (giallo -miele). Essa forma una zona che passa gradatamente a re- tinite verde, e da questa, sempre per gradi, si passa alla riolite del filone. Ognuna delle due retiniti, in vicinanza dell’ altra, contiene di quest’ altra de’ noduli, delle vene, e visibilmente, come pure al mi- croscopio, si vede che i due magmi si sono mescolati. Ogni filone, in generale, mostra queste zone su entrambi i lati. Per me dunque si è trattato di un fenomeno dovuto principalmente all’ alta tem- peratura della roccia intrusiva. Due dei Soci però non dividono questo modo di vedere, il Portis e il Mercalli, mentre il Matteucci dichiarò di non potersi pronun- ziare senza più accurato esame. Il Portis si esprime così : « Limitando l’ estensione della ri- « sposta pressoché alla sola retinite o pietra picea io considero la « retinite verde come un concomitante od un surrogato vetroso ori- « ginale della così detta riolite e per conseguenza faccio derivare « la retinite gialla per ossidazione ed idratazione degli elementi (>) Pag. 392. (2) Vedi le mie note citate avanti. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. XLV « ferrosi dalla verde o dal vetro che ha conservato maggiormente « le qualità originarie » . Prima di tutto mi permetto di far notare al prof. Portis che con la sua ipotesi egli non spiega i passaggi graduali dal tufo alla retinite gialla. Vi sono siti in cui la fusione si segue passo passo da’ suoi primordi, anzi anche prima, dal momento quasi che il ca- lore cominciava a farsi sentire (con certa intensità, s’intende) sul tufo stesso. Che lo stato d’ ossidazione del ferro spieghi la diver- sità di colorazione, ammisi anche io implicitamente, scrivendo, nella prima nota, che l’ ingiallimento del tufo presso i filoni era dovuto ad ossidazione del ferro (p. 236), e aggiungo che non può trattarsi di azione secondaria, altrimenti la separazione tra le due retiniti, anzi che essere parallela ai filoni, dovrebbe presentare grandi irregolarità. Il prof. Mercalli crede le due retiniti « un prodotto di dif- « ferenziamento della riolite, specialmente dovuto ad un più rapido « raffreddamento, in tutta la massa pei filoni piccoli (di sola reti- « nite) o nelle parti più esterne dei grossi filoni riolitici ». Le ragioni di questa opinione sono le seguenti: 1° Esistenza di filoni di sola retinite. 2° La retinite gialla manda in certi siti apofisi digitiformi nel tufo riolitico. 3° Nella retinite gialla di Giancossa vi son pezzi angolosi della verde, ciò che suppone, almeno in questo caso, la seconda già consolidata quando effluì la prima. Questi fatti son veri e concordano con quanto dissi fin dal 1893, nella mia prima nota, ma la loro interpretazione non parmi quella del Mercalli. Certo una roccia può risultare vetrosa o cristallina a seconda della rapidità del raffreddamento e quindi si avrà nel no- stro caso riolite o retinite. S’ intende che il raffreddamento è più brusco presso le salbande, onde si capisce che si possa avere una crosta vetrosa all’ esterno, e, se tutto il filone non ha grande spes- sore, potrà risultare interamente vetroso. Che se poi si considerano le apofisi, queste, essendo sottili, dovranno assai più facilmente con- solidarsi in vetro, e, poiché la loro azione termica sulla roccia in- cassante è debole, non arriveranno a fonderla, ma soltanto ad in- giallirla. È così che le apofisi autentiche, come quella che ho disegnata alla marina di S. Antonio (fig. la, tav. di sezioni, prima mia nota) sono di retinite verde. Intorno ad essa non c’ è retinite XLVI V. SABATINI gialla, ma semplice ingiallimento del tufo. Il prof. Mercalli, inoltre, ammetterebbe 1’ esistenza di retinite gialla indipendentemente dalla verde, come roccia fluita a parte, e dovuta a diverso modo di con- solidazione del magma riolitico. Ora filoni autentici di retinite gialla io non ne ho visti ; ma invece, ad ogni momento, si vedono, sugli appicchi ponzesi, apparire macchie e strisce ingiallite, con fusione di qualche parte, e che si spiegano ammettendo, al di dietro e a poca distanza, una massa riolitica invisibile, un filone che in quel punto passi per esempio all’ interno in vicinanza della costa, e s’ intende che questa potrà intersecare o la zona di retinite gialla o quella di semplice ingiallimento del tufo. Si è assicurato il prof. Mercalli che non si tratti proprio di questo caso? Quanto alle digitazioni della retinite gialla, è un fatto che non contradice la mia ipotesi. La fusione del tufo si estende ove più ove meno dentro di esso e quindi risultano quelle apparenze che stabiliscono* anzi un passaggio graduale dal tufo cotto a quello fuso, e che appunto ne provano la fusione. Il prof. Mercalli finalmente parla d’ inclusi di retinite verde nella gialla. Questo, che dovrebbe essere argomento capitale, cade ove si ricordi che io ho notato come, in vicinanza della separazione tra le due retiniti, ognuna contiene parti dell’ altra in forma di vene e nuclei , perchè vi è stato ivi miscuglio dei due magmi. E per l’angolosità di qualcuno di questi inclusi — di cui parla il Mercalli — non può ammettersi che la lava trasportasse dei fram- menti d’un filone preesistente e ne cacciasse qualcuno dentro il materiale fuso delle salbande? Gl' ing. Franchi e Stella dividono il mio modo di vedere. Il Franchi scrive che, almeno nei punti da lui osservati, la fusione del tufo e la sua trasformazione in retinite gialla sembrano dimostrate dall’assenza di un limite netto fra queste due roccie. A questo pro- posito io pregai l’ ing. Mattinolo di farmi una fusione ossidante, non solo della retinite verde, ma altresì della riolite e del tufo rio- litico, per vedere se si otteneva la retinite gialla. Si è avuto così nei tre casi un prodotto analogo, un vetro cioè assai bolloso, grigio- perla in massa, trasparente sugli orli ('). Il Mattirolo trovava nei f1) Gli stessi campioni, trattati con fiamma riducente, han dato al Mat- tirolo un vetro scoriaceo nero alla parte superficiale del frammento, il quale diventa grigiastro all’ interno. Il nostro Collega ha inoltre trovato nel cam- RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALI E ISOLE PONTINE, ECC. XLVII suoi saggi al cannello un controllo del fatto, già noto, che i tre materiali sono della stessa natura o almeno derivano da magmi ori- ginari quasi uguali. Io feci notare all’ ing. Mattirolo che sarebbe stato necessario, per mettersi più vicini alle condizioni del fenomeno, di ten- tare delle fusioni in presenza dell’acqua sotto pressione. Disgraziata- mente il laboratorio della Carta geologica manca degli apparecchi per queste esperienze. L’ing. Clerici crede probabile la mia ipotesi, senza escludere la possibilità che la retinite verde per idratazione ed ossidazione possa trasformarsi anch’ essa in retinite gialla. Prima di chiudere questo paragrafo, noterò che, il tufo ingial- lito, di cui parlasi, è l’equivalente del tufo arrossato che trovasi a contatto di moltissime lave colate certamente all’aria libera, e di cui un esempio trovasi sotto l’andesite della stessa Ponza. Io sup- pongo probabile che un diverso stato di ossidazione del ferro valga a spiegare la colorazione diversa nei tufi cotti dalle lave, secondo che la cottura è avvenuta all’ aria libera o sottacqua. Se il fatto venisse provato, si avrebbe un altro argomento in favore delle eru- zioni sottomarine delle roccie riolitiche di Ponza. 3. La punta della Guardia. « Il masso della punta della Guardia è in posto, ovvero è un « frammento dell’ andesite che copre il vicino M. Guardia, da esso « staccatosi e precipitato in mare ? » Nel chiedere l’ opinione dei Colleghi sulla formazione della punta della Guardia, li pregai di dirmi quella che si formarono dall’ osservazione sul terreno, ove non avessero potuto controllarla con studi di sezioni microscopiche. L’ ipotesi che la Punta fosse un filone risale a Doelter. Non avendo avuto il tempo di controllarla bene la prima volta che fui a Ponza, l’ accettai tale quale. Più tardi il dott. Schneider emise l’ opinione che si trattasse di un frammento dell’ andesite che copre tutto il M. Guardia, staccatosi dall’alto e precipitato in mare. Per pione di tufo riolitico sfarinato di Conti, da lui esaminato, il 5 °,'0 di materie solubili, tra cui principalmente cloruro di sodio. XLVIII V. SABATINI quanto lo Schneider affermi che io non abbia addotti fatti nuovi nella mia risposta, dalla mia seconda visita all’ isola di Ponza portai il convincimento che la mia prima ipotesi fosse poco probabile, e la mutai, dandone le ragioni. Però non potei nemmeno accettare l’ ipo- tesi sua, sulla quale del resto egli stesso non insiste. Ricorderò che io supposi la Punta esser dovuta ad una colata venuta forse dallo spazio, ora profondamente eroso, tra la Punta stessa ed il vicino M. Guardia (1). Sopra un' imbarcazione presero posto con me i Signori Mat- teucci, Franco, Clerici, Franchi, Stella, De Angelis, Gemili e Mil- losevicb. Scesi a terra, ci fermammo ad osservare e discutere il frammento di tufo che aderisce all’ andesite della punta della Guar- dia. Il prof. Franco mostrò dubitare che si trattasse di colata di quest’ultima roccia stante la fortissima pendenza del suo contatto col tufo, e lo strato di breccia vulcanica interposto tra le due roccie rafforzava i suoi dubbi (2). Io feci notare al mio antico maestro che quella breccia poteva rappresentare un frammento del sacco di scorie che avvolge ogni colata, e che si separa dalla lava appena questa comincia a raffreddarsi all’ esterno. In quel sito, io dissi, poteva esistere una parete di tufo con l’ attuale inclinazione, e con cui terminava, a sud siri mare, il monte della Guardia. Lo spazio interposto s’ intende che era colmato (3). La lava si precipitò da questo appicco, si agglomerò davanti ad esso, e, nuova lava arri- vando, si addossò all’ appicco medesimo, restandovi ferma e, raf- freddandosi a contatto del tufo, si separò l’ attuale breccia. Si spiega così come quest’ ultima possa trovarsi lì, sotto quella forte pen- denza. Io mi auguravo che il Franco, competentissimo nelle qui- stioni vulcaniche, avesse voluto discutere quel punto importante e difficile, ma disgraziatamente la rapidità delle nostre osservazioni non gli permise di darci un parere. Il De Angelis, se non può pronunziarsi sul modo di forma- zione dell’ andesite della Guardia, la giudica però in posto. Matteucci nemmeno crede che questa roccia sia precipitata in mare dall’ alto del M. Guardia, e dice che può trovarsi in posto oppure spostata per faglia e rigetto. f1) V. la mia seconda nota, pag. 410. (2) L’ obbiezione era stata da me già prevista. Seconda Nota, pag. 412. (3) V. fig. 9, seconda nota. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. XLIX Anche all’ ing. Clerici questa roccia parve in posto. Al Franchi le osservazioni fatte al contatto tra la massa della Punta della Guardia ed i tufi sembrerebbero pure piuttosto favore- voli all’ ipotesi della faglia ; però il nostro Collega aggiunge aver notato che l’ andesite del M. Guardia, subito ad ovest dell’ istmo della Punta, si abbassa fino al mare, sicché si potrebbe ivi trovare il prolungamento della Punta stessa. In presenza di questi due fatti, che parrebbero contraddittori e che gli sembrano dover comportare una spiegazione unica, non si arrischia di pronunziarsi. A me non pare che l’ osservazione di Franchi sia giusta, ed ho, nel mio parere, il Doelter dalla mia. Sotto l’andesite della Guardia, ad ovest, vi sono delle rioliti che, all’aspetto, somigliano un po’ all’andesite, e possono con essa scambiarsi facilmente. Il Franchi però, quantunque non abbia avuto tempo di raggiungere la massa rocciosa, non crede si tratti di riolite, non avendo vista nessuna separazione tra questa roccia e l’ andesite che copre M. Guardia, anzi vide che i tufi ar- rossati chiaramente s’ interrompevano su questo tratto. È dispiace- vole che il nostro Collega, per la fretta che c’ incalzava, non ci abbia sul posto comunicate le sue osservazioni, e che non abbia potuto raccogliere un campione della sua supposta andesite. Il prof. Portis, sebbene non sia disceso con gli altri alla Punta della Guardia, non ha voluto privarci del suo giudizio, che è il seguente : « Non tenuto conto di somiglianza o di identità di roccia, « di cui non mi occupai, ritengo detto masso come una porzione di « dicco in posto messo poi a nudo dalla esportazione del tufo ri- « vestente. Quindi non ritengo sia un frammento precipitato dal « Monte Guardia in mare » . 4. Il tufo riolitico. « La roccia grigio-chiara, che incassa la riolite, è un tufo od una lava alterata? » La quistione fu sollevata dal Collega Matteucci. Io, nella mia prima nota (p. 245), avevo già riconosciuto in questo materiale un insieme di lave e di tufi. Lo stato di triturazione di questa roccia è tale che il nome di « tufo » preso nel senso di « roccia fram- IV L V. SABATINI mentaria » (sia la frammentazione avvenuta prima o dopo 1’ emis- sione) non è del tutto fuori di posto. Ma, nei banchi massicci, mal- grado la frantumazione, avvenuta probabilmente per brusco raffred- damento in acqua, non c’è stato rimaneggiamento, e quindi, in qualche sito, quei banchi si vedono ancora benissimo. Il Franchi ne notò uno in basso della scala che mena da cala d' Inferno a Forni, poco al disopra della riva. In lamina sottile mostra un magma vetroso con sensibile struttura fluidale e con inclusi di biotite e di plagioclasie. Anche lo Schneider ha, nella sua prima nota, una se- zione (’) in cui si vedono di questi banchi. La loro separazione non fu tentata da me, perchè assai difficile nella maggior parte de’ casi. Forse una questione analoga si presenta nel peperino viterbese. Portis, Mercalli e Clerici ritengono un tufo vero la roccia chiara che chiamai tufo riolitico. Anzi il Portis aggiunge « indi- scutibilmente » . Il Clerici in certi siti vi ha visto inclusi di lava alterata. Matteucci invece la ritiene una lava alterata, di cui le parti dure sarebbero quelle meno alterate o intatte e il resto sa- rebbe divenuto farinoso per caolinizzazione. Io osservai al nostro Collega, che, salvo all’ Incenso e alla vicina isoletta di Cavi, ove la roccia è imbiancata e l’azione delle fumarole si rivela anche con diverse colorazioni, nel resto non si tratta che di vetro riolitico (cioè di retinite), abbastanza intatto anche nelle parti farinose. Il microscopio difatti mostra sempre la stessa sostanza priva d’azione sulla luce polarizzata, con pochi cri- stalli di prima consolidazione. Il Franchi trovò al microscopio iden- tità di caratteri fra questa polvere bianca e la polvere di pomice. Invece le parti davvero caolinizzate, a nord dell’ isola, mostrano al microscopio il caolino con la viva birifrangenza e l’ estinzione obli- qua alle fibre, ove queste si osservano. Insistendo il Matteucci nella sua ipotesi, lo pregai d’ indicarmi egli stesso il sito di dove trarre del materiale pulverulento, ed estrattolo così presso i Conti , lo passai all' ing. Mattirolo, perchè chimicamente verificasse se vi era caolino. Il Mattirolo — come io co’ mezzi ottici avevo già dichia- rato — mi rispose negativamente. Egli al cannello abbastanza fa- cilmente arrivò a fondere la sostanza in perle grigio-chiare. Ciò po- sto, ecco il giudizio del socio Matteucci: (') Min. u. petr. Mitth. 1896, fig. 7. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LI « La roccia mi sembra massiccia, di efflusso, probabilmente « sottomarino ... La caolinizzazione è evidente. I pretesi inclusi « potrebbero essere scorie pomicee coinvolte dal magma ». Questo fatto è vero per molti siti e si spiega con i banchi di lava di cui ho ammessa 1’ esistenza. Anzi in certi punti, dalla parte coerente, si passa per gradi alla polvere; la struttura fila- mentosa sfuma e cambia il colore facendosi più chiaro. Ciò non toglie che, in altri siti, non visti dai colleghi, a causa della ristret- tezza del tempo, lo stato caotico del materiale non sia evidente. In appoggio delle sue opinioni, il dott. Matteucci, ammet- tendo l’origine subaquea della roccia, osserva che, se fosse un tufo, essa dovrebbe essere stratificata per « selezione » . Ricorderò a questo proposito che i tufi riolitici di Ponza la tendenza alla stratificazione ce l’hanno, ed in certi punti essa si accentua. Così, sopra la galleria tra le marine di Giancossa e di S. Antonio, feci vedere al nostro Collega una divisione a banchi, che è pure rappresentata nella fig. 3 della mia seconda nota. Alla Guardia, se il tufo superiore è sot- tilmente stratificato, l’ inferiore in certi punti è stratificato del pari (Q. Quanto agl’inclusi rotolati, essi non sono indizio sicuro di deposito tufaceo sottomarino pel dott. Matteucci, il quale cita gl’ inclusi dei tufi dei Campi Plegrei, che, sebbene siano in un deposito sottomarino, sono angolosi. Io osservo che l’ angolosità può spiegarsi in un materiale caduto rapidamente in mare e in grande abondanza, poiché i frammenti erano sepolti prima che le onde potessero rotolarli. Viceversa il rotolamento di tutti gli elementi mi pare un forte indizio dell’ azione delle acque. I pezzi che sou lanciati da un vulcano sono arrotondati se provengono dal bagno fuso, e angolosi se provengono da frantumazione di roccie preesi- stenti. Generalmente le due categorie si trovano insieme, e, se la seconda non si ritrova, qualche agente esterno è probabile che ne (') Un materiale misto di pezzi grossi e piccoli e di polveri, gettato in acqua, subisce una completa selezione se la caduta avviene ad intervalli ab- bastanza lunghi. Invece con una caduta continua la selezione è impossibile. Si possono quindi avere tufi aerei stratificati e tufi subaquei non stratificati. Si può solo dire che a parità di condizioni un tufo subaqueo è meglio stra- tificato d’un subaereo, ed altresì che è più probabile in acqua che in aria di avere una buona stratificazione LII G. SABATINI abbia arrotondati gli elementi, facendoli confondere con quelli della prima. L’ ing. Clerici non ha rinvenuto fossili macroscopici nei punti in cui ha osservato il tufo riolitico di Ponza, e nemmeno micro- scopici nei pochi campioni da lui raccolti (*). Nella mia seconda nota io indicai dei siti ove si trovano frammenti di conchiglie ma- rine. Sono quei frammenti che di poi accumulati in grande quantità a S. Croce vi han formato dei banchi stratificati. Il Clerici dice che ammettendo P origine marina del tufo calcareo di S. Croce (che per lui è invece d’origine eolica) non se ne ricava in modo asso- luto l’origine del pari marina dei tufi riolitici sottostanti. L’obie- zione fu preveduta nella mia seconda nota (pag. 401), ove dissi che, data l’origine marina dei primi materiali, si doveva ammet- tere anche quella dei secondi, e quindi un sollevamento dell’ isola, a meno di ricorrere alla maggiore complicazione di un abbassamento dopo il periodo eruttivo e d’un sollevamento dopo, cosa meno proba- bile, sebbene più comoda per spiegare un’ ipotesi diversa dalla mia. Il Clerici dall’ estensione e regolarità della stratificazione dei tufi riolitici superiori dedurrebbe che il centro eruttivo era « certamente fuori dell’ attuale area dell’ isola, e forse alquanto « lontano » . Se Ponza era un’ isola al tempo della formazione di quei tufi, dovette essere pel Clerici molto più estesa. In base a questa idea il nostro Collega fa notare che i ciottoli rotolati inclusi nei tufi della Guardia possono originarsi anche con scarse acque correnti e dopo non lungo percorso. Io esclusi tale ipotesi, perchè, sebbene avessi ritenuto la maggiore estensione dell’ isola in tempi anteriori ai nostri, non avevo motivi per supporre troppo grande tale estensione. Ed inoltre mi parve assai probabile che la Guardia fosse molto vicina alla costa anche allora, ciò che permise all’andesite della prossima Punta di colare in mare. L’ isola doveva estendersi assai dippiù ad est e ad ovest e forse anche a nord verso Zannone, e ciò che oggi ne resta rappresenta probabilmente la sua parte più elevata, quella (*) Nella mia seconda nota indicai che resti di conchiglie erano stati osservati da me nei tufi della Guardia e in quelli a sud dell’ ingresso del porto. Avevo messo nel programma la visita di queste località, e il mio amico Clerici sa che a malincuore io mi rassegnai alla riduzione di quel programma, avvenuta non solo pel tempo cattivo, ma per la fretta che molti Soci, tra cui lo stesso Clerici, avevano di tornare sul continente. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LIII cioè da cui le acque cominciavano il loro corso. Anche per la stra- tificazione feci notare al Clerici quanto essa abbia poco valore nelle regioni vulcaniche. 5. Il tufo calcareo di S.a Croce. « Qual’ è l’ origine del tufo calcareo di S.a Croce ? » Il tufo calcareo di S.a Croce fu già descritto nelle mie note precedenti. Trovasi a nord di Forni, è in strati sottili con incli- nazione variabile a nord-est ed è costituito da un sabbione cal- careo, gialliccio, a cemento del pari calcareo. Il carbonato di calce entra per circa due terzi nel peso di questa roccia, che si vede costituita essenzialmente da un tritume di gasteropodi e di bivalvi, a cui si uniscono delle foraminifere e frammenti di briozoari e di echi- nidi. Non vi mancano buoni esemplari interi di Nassa ('), Rìssoa J Homalogyra , Polystomella , ecc. Tolto da questo materiale il car- bonato di calce, resta una sabbia di quarzo, felspato e pirossene. Nei tufi riolitici, alla Guardia e dintorni, si trovano interca- lati piccoli letti di ciottoli rotolati anche con frammentini di conchiglie, che si ritrovano perfino nella massa dello stesso tufo, come indicai nella mia seconda nota (pag. 399 e seg.). Clerici, De Angelis ed altri notarono sotto i Conti accenni ad una formazione simile a quella di S.a Croce. Io mi servii di questi argomenti, nella dimostrazione dell’ ori- gine sottomarina del materiale riolitico dell’isola, tutte le roccie della quale dichiarai recenti (v. prima nota, pag. 240). Anche il prof. Mercalli, prima di me, aveva ritenuto sottomarino il deposito di S.a Croce (2). Invece il mio amico dott. De Angelis lo ritiene d’origine eolica, e propriamente « duna d’ostacolo » , cioè « un ammasso di « sabbia accumulato dal vento lungo la riva alta e scoscesa » . Gli argomenti principali addotti dal De Angelis sono : 1) la irregolarità della stratificazione ; 2) la forte pendenza degli strati ; (') Una Nassa del tufo di S.a Croce, conservata dal dottor Di Stefano, ha 7mm, 2 di lunghezza, e 0sr,043 di peso. (2) Note geologiche e sismiche sulle isole di Ponza, pag. 4. Acc. delle scienze, Napoli, 1893. LIV V. SABATINI 3) la uguaglianza degli elementi ; 4) la selezione dei medesimi secondo l'altitudine ; 5) la rotondità degli stessi elementi. « Come altrimenti si potrebbe spiegare la pendenza e l’altitu- « dine del giacimento? Ammettere un sollevamento così forte e tanto « recente mi sembra cosa inverosimile.... A S.a Croce ancora regnano « le condizioni tìsiche e meteorologiche favorevoli alla formazione. In- « fatti la sponda è ancora ripida, e forte vi spira il vento, come è « dimostrato dalla magra vegetazione, inclinata dalla violenza del « vento stesso ». Uno degli argomenti addotti dal De Angelis, ed accettato dal Matteucci (>), dal Clerici e da qualche altro, è quello della picco- lezza ed uguaglianza della grana di questo deposito (che il Clerici stesso chiama pseudo-panchina ), in cui, come io ho visto, finora non è stato trovato nè una conchiglia di dimensioni superiori a 7mm, nè un ciottolo. Non bisogna però dimenticare che vi sono tufi cal- carei d’origine marina, anche più minuti di questi. Il dottor Di Stefano mi ha mostrato dei campioni di quelli post-pliocenici della provincia di Palermo, i quali, per finezza di grana, si confondereb- bero con quelli di Ponza. Avviene anche di trovare nel bacino di Palermo dei tufi calcarei a grana molto fina, i quali si mostrano in qualche luogo, per un grande spazio, privi di fossili macrosco- pici. Io riconosco che questo argomento dell’uguaglianza della grana, sebbene negativo , abbia un certo valore. Ma, quando alla domanda : « Perchè debba trattarsi di duna d'ostacolo , formatasi ove ora si « vede, anzi che di duna di spiaggia , depostasi prima del solleva- - mento dell’ isola » , mi sento rispondere : « Come altrimenti si po- ti trebbe spiegare la pendenza e l’altitudine del giacimento? Ammet- ti tere un sollevamento così forte e tanto recente mi sembra inverosi- « mile », io non posso più essere d’accordo col dott. De Angelis. Per la « forte pendenza » , noto che il Franco, sempre minuzioso e dili- gente, la determinò col clinometro e la trovò compresa tra 25 e 30°, cifra che può ritenersi un massimo e che non mi sembra incompa- tibile con un recente sollevamento, anche perchè in un deposito di spiaggia (dentro o fuori d’acqua) una certa pendenza iniziale già c’era C) Pel Matteucci però si tratta di duna di spiaggia, e quindi egli am- mette l’innalzamento dell’isola. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LV e tutto al più non si doveva che accentuare per ridursi a quella che è ora. Le formazioni marine d’ Ischia sono della fine del quater- nario e si trovano a m. 500 d’ altezza ('). A Lipari i terrazzi recenti del Palmeto sono scaglionati fra 50 e 110 metri, e quelli di Quattro Pani lo sono da 120 a 200 (2). Il De Stefani sulla costa ionica della Calabria ha trovato sollevamenti recenti non inferiori a quelli del Palmeto. Si può anzi dire che tutta la regione del Mediterraneo ha subito un importante movimento ascensionale, che va dal Quater- nario al Recente e che si ritrova fino a Santorino. Nelle regioni vul- caniche poi, come appunto è Ponza, vi sono altre cause che possono intervenire, forzando sollevamento e pendenza. Qualche secolo fa, quasi sotto i nostri occhi, la formazione di M. Nuovo non ha solle- vato il suolo di m. 6,50? Torre del Greco il 1861 e Pantelleria il 1890-91 non furono in breve tempo sollevate di lm,50 la prima, e di 0,90 la seconda? Cosa sono i 69 metri di S.a Croce, in un’epoca molto più remota e in cui si può ammettere un’ intensità molto mag- giore in tutti i fenomeni ? Del resto, alla stessa Ponza, i tufi strati- ficati della Guardia sono ad altezza maggiore (al disopra dei m. 100) e l’ origine loro sottomarina non è esclusa dallo stesso De Angelis, sebbene siano recenti anche essi e quindi contemporanei o di poco anteriori agli strati di S.a Croce (3). Quanto agli altri argomenti addotti dal dott. De Angelis, noto che la selezione degli elementi secondo l’altitudine, nè io, nè Franchi, nè altri la vedemmo, e sarebbe in opposizione con l’ ipotesi della duna ; la stratificazione a Franchi, a me e ad altri apparve rego- lare, in generale (ciò che indicherebbe un deposito marino, anzi che una duna) ; e la rotondità degli elementi è anche assai discutibile. Al Franchi sembra che non si possa separare lo studio della panchina di S.a Croce da quello dei tufi stratificati ; e pure am- mettendo che non si sieno trovati sul luogo argomenti contrari al- Cl Mercalli G., L'isola d' Ischia e il terremoto del 28 luglio 1883, pag. 3-4. Mem. del R. Istituto Lomb. di Se. e Leti, Milano, 1884. (2) E. Cortese e V. Sabatini, Descrizione geologica delle isole Eolie, pag. 33, 65. Mem. Carta geol. d’ It., voi. VII, Roma. 1892. Le conchiglie fu- rono determinate dal dott. Di Stefano, il quale, dopo di noi, vi fece nuova e più abondante raccolta. (3) L’ing. Clerici dice di questo deposito: «Benché formatosi recente- « mente, non si può escludere che, dopo accumulamento e cementazione, abbia « subito un sollevamento ». LVI V. SABATICI l’ ipotesi sull’origine eolica di questa formazione, dice che converrebbe esaminare se, anzi che di duna d’ostacolo, non si tratti di duna di spiaggia contemporanea alla parte superiore dei tufi e con essi sol- levata. 6. Il calcare e gli scisti di Zannone. « Qual’ è la determinazione precisa dei fossili del calcare di Zannone? « Le roccie sedimentarie dell' isola di Zannone sono calcari e scisti, ed appariscono dal lato nord, ove formano degli appicchi di un’ ottantina di metri d’ altezza, al disotto della riolite, che copre tutto il resto dell’ isola. I blocchi franati dall’ alto sono ac- cumulati sulla brevissima spiaggia, che resta libera solo in qualche punto. L’ appicco è formato in massima parte di calcare, che è grigio-chiaro, o bianco addirittura, e più o meno cristallino, in certi punti soltanto. Questi punti furono citati dal Doelter, senza però precisarli. Egli parla di « calcari bianchi lastriformi a strati sottili » che « si trovano pure nell’isola » (Q, ed aggiunge che a contatto della riolite si trova un calcare cristallino bianco o bianco- azzurrognolo e fortemente dolomitizzato, la cui origine è dovuta all’ azione della riolite sul calcare compatto. Nella collezione di Doelter si trova appunto un campione di calcare grigio-chiaro, a vene di calcite e che ricorda all’aspetto certi calcari eocenici di molti siti d’ Italia, e del quale non feci fare sezioni, avendo il Doelter dichiarati privi di fossili i calcari di Zannone (2) (v. id.). In altri siti, come ad ovest del capo Negro, si trovano scisti neri, argillosi. Ad est dell’ isola, presso la punta di Lauro si tro- vano prima di tutto scisti grigio-chiari, lucidi, con pendenza 45° 0. N. 0. Al disopra di essi sono in discordanza scisti neri e più sopra ancora viene un calcare grigio-scuro, con vene di cal- cite, privo di fossili, fortemente dolomizzato e che ricorda un po’ certi calcari eocenici del Salernitano e della Basilicata e che 0) Il gruppo vulcanico delle isole Ponza. Mem. per servire descr. Carta geol. d’It., voi. Ili, parte prima, pag. 31. Roma, 1876. (2) Questo campione porta la scritta « Capo Negro», ma il Doelter in dica cosi tutti i campioni di roccie sedimentarie di Zannone, ove, bisogna convenirne, sulla Carta non è ricchezza di denominazioni. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LVII chiamai « a scagliette » per la frattura a piccolissime scaglie translucide. Questo calcare però prende subito più avanti un aspetto di calcare più antico, onde, in mancanza di fossili, lo misi nel secondario con (?). Invece la maggior parte dell’ appicco, tra la punta di Lauro ed il Paro, pare, almeno nelle parti basse, costi- tuito da una dolomia grigio-scura o nerastra, ove i fossili abon- dano. La sua pendenza par che vari tra 70-75° e tra est e nord-est. 10 non posso qui far a meno di lamentare la fretta con cui dovetti eseguire tutto il lavoro delle Pontine. Le esigenze della Carta geologica mi accordarono solo una quindicina di giorni, e un anno dopo potetti a stento ottenere un eguale periodo. Tutto sommato, poco più di un mese, da cui tolti i giorni di viaggio, di passaggio da un’isola all’altra, di tempo cattivo ecc., mi ri- dussi a dover accordare due soli quarti d’ora d’osservazione alla balza di Zannone, e precisamente presso il Lauro e ad ovest del C. Negro. Ivi, come ho già detto, la formazione è priva di fos- sili. Con la Società invece, poiché il tempo disponibile era anche brevissimo, cercai scendere in altro punto della costa, ove avemmo la fortuna di cadere in un sito eminentemente fossilifero. Però lo stato di conservazione dei fossili non è tale da permettere deter- minazioni esatte, come notarono tutti i Soci. 11 prof. Bassani ritiene gli scisti neri associati alla dolomia ad est del Faro, ove approdammo, e com’ essa, con grande proba- bilità, appartenenti alla Dolomia 'principale del Trias. « Nume- « rosi esemplari fossilizzati nella dolomia spettano al genere Gij- « roporella Gùmb. e copiose sezioni sono di Megalodonticlae , che « richiamano strettissimamente i Megalodon (Neome gaio don) della « Dolomia principale del Salernitano * . In due campioni di dolomia raccolti dal Franchi, il Bassani ha creduto ravvisare la Plev.ro- tomaria solitaria Ben. sp. ed una valva di pelecipodo molto af- fine al Mytilus Miinsteri Klipst. La natura della roccia e i me- galodonti dolomitizzati sono pure, pel prof. Bassani, argomenti in favore della sua determinazione. L’ing. Clerici ha rinvenuto più d’una specie di Gyroyorella nei campioni raccolti in posto della dolomia di Zannone, e ritiene che gli scisti affioranti più in alto siano più antichi di essa. Il prof. Portis « arguì che i pelecipodi appartenessero nel « calcare argilloso al genere Megalodon e che si avvicinassero LTILI V. SABATINI a specialmente alla forma Megalodon triqueter Wulf. sp., forma a caratteristica del Dachsteinkalk. I pelecipodi per contro del cal- * care dolomitico furono con ? attribuiti alla Gervilleia mytiloides a Schloth sp., forma classica tanto del Muschelkalk inferiore « estraalpino che del Muschelkalk inferiore (calcare a brachiopodi « di Recoaro) alpino. « Lo stesso calcare dolomitico contiene talora incluse associa- li zioni di innumerevoli frustuli di Sifonee e queste visibilmente asso- li ciate o meno a quelle particolari concrezioni (dal Salomon ritenute « indizi di vegetazioni incertae sedis, da altri ritenute prettamente n inorganiche) conosciute sotto il nome di Evinospongia Stopp. n Le Sifonee che meno dubitativamente potei riconoscere ri- « tenni tutte appartenenti al gruppo delle Diploporae annulatae « secondo le sezioni proposte dal Benecke e le avvicinai in primo « luogo alla Diplopora macrostoma Guemb. sp. del calcare dolo- « mitico di Mendola ed in secondo luogo alla D. minutala Guemb. sp. n del calcare di Reifling e di quello di Himmelwitz in Slesia. « Potrebbero presentarsi anche parecchie altre forme affini non « ancor totalmente note. « Le evinospongie sono in totalità di considerevolmente mi- a nori proporzioni di quelle che si incontrano associate alle di- n plopore di Villanova-Mondovì e tanto più di quelle fatte cono- n scere dallo Stoppani pel calcare di Esino. n Comunque, le determinazioni per quanto malsicure delle « Diploporae permetterebbero di considerare in uno stesso piano n tanto i banchi che le contengono che quelli a Gervilleia ; non n permetterebbero invece di ritenere in piani vicini questi stessi « banchi con quelli che ci presentano i Megalodon. Questi ultimi « dovrebbero venir ascritti ad un qualche piano molto elevato del b Trias alpino e particolarmente al Dachsteinkalk, probabilmente b anzi al Dachsteinkalk superiore. b Dall' esame del materiale viene così a sorgere spontanea b l’ipotesi che il materiale raccolto allo stato di detriti accumu- « lati al piede di una balza provenga da banchi diversi apparte- b nenti a tempi diversi nei limiti del sistema triasico, e viene b naturale il desiderio di chiarire la materiale relazione tettonica b fra le due principali modalità di calcari e fra i calcari e gli « scisti che accennano a comprenderli. RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LIX « Rimangono ancora gli schisti nei quali è materialmente a « constatarsi la presenza di fossili, ma anche per ciò occorre ma- li teriale abbondante e razionalmente raccolto in situ » . Il dott. De Angelis, che fu il primo a raccogliere campioni con sezioni megalodontiformi, scrive : « Mentre le Giroporelle pare « vogliano accennare al Triassico inferiore, i bivalvi non raccolti « in posto e interpretati come Megalodus, accennerebbero ad un « piano superiore dello stesso Triassico. ... Le sezioni cordiformi « di bivalvi potrebbero appartenere, invece che al gen. Megalodus, n ad altri generi come p. e. al gen. Pacliyrisma , che è Giuras- ti sico (Zittel). . . . Com’ è noto, simili sezioni sono state trovate da « Di Stefano, De Lorenzo e Bòse in certi calcari di Calabria in- « sieme ad Ellipsactinidi, Rudiste ed Orbitoidi. Laonde sarei oltre * ogni dire cauto . . . . » L’ing. Franchi, che riconobbe subito il calcare a Gyroporella , perchè simile a quello da lui studiato nelle Alpi Marittime, rac- colse n così al piede dell’ appicco, come in posto nella sua parte « più bassa, de’ campioni gremiti di Sifonee, circondate da quelle n concrezioni un po’ più chiare caratteristiche, che formano il riem- « i pimento dei vuoti lasciati tra gli steli delle stesse Sifonee. n Quantunque in generale in pessimo stato di conservazione e non « riconoscibili che ad un occhio esercitato, di Sifonee sono zeppi n la maggior parte dei blocchi dolomitici nel punto dove si fece « lo sbarco ; sicché una gran parte dell’appicco deve considerarsi « come costituito da tale roccia ». In un campione il Franchi trovò, come si disse, una Pleuroto- maria -, ed in un altro, gremito di bivalvi, credette riconoscere delle Avicule (’). Inoltre al principio della discesa dal Faro al mare, verso est, il Franchi vide degli scisti arenacei nerastri e costituiti da quarzo, mica bruna e mica nera con cemento di calcite, « che ricor- dano le arenarie eoceniche del Salernitano e di Capri ». Questi scisti, che il Bassani ed altri credettero associati alla dolomia, l’ ing. Franchi pel contatto brusco e per T assenza di transizioni (') È a questo stesso campione, esaminato poi anche dal Di Stefano, che si riferisce la determinaziono di Mytilus fatta dal prof. Bassani, e quella di Gervilleia mytiloides fatta dal prof Portis. LX Y. SABATINI con la dolomia sottostante, è disposto a ritenerli « assai più gio- ii vani e su quella deposti per trasgressione » . In ciò sarebbe spinto dal seguente fatto. 10 ho già accennato ad un campione a facies eocenica rac- colto dal Doelter. Avendolo ora ricercato per paragonarlo con gli altri campioni, e, vistolo il Franchi, parve a lui pure corrispondere a molti tipi di calcari eocenici e, avendone fatte fare numerose preparazioni, vi trovò moltissime sezioni di piccoli crinoidi e nu- merose foraminifere, tra cui riconobbe qualche orbitoide. La strut- tura era minutamente brecciata, come quella di molti calcari num- mulitici d’apparenza compatti. Io stesso in altre sezioni della stessa roccia, riconobbi varie foraminifere, tra cui una Cristellaria. 11 Franchi ritiene probabile che l’eocene, comprendente i cal- cari con orbitoidi e probabilmente anche gli scisti del Faro, sia in discordanza sul Trias, analogamente a quanto esiste al Circeo, dove l’eocene superiore è in discordanza sul Lias (Di Stefano-Viola). Io osservai però al collega Franchi che la relazione tra questo calcare e gli scisti del Faro finora è sconosciuta. Anche il dott. Di Stefano, sebbene non sia stato a Zannone, fu pregato dal Franchi, dallo Stella e da me di portare sui cam- pioni da noi raccolti il contributo della sua competenza. Dai campioni di dolomia grigia gremiti di bivalvi megalo- dontiformi nemmeno il Di Stefano ha potuto isolare alcun esem- plare, onde la sua determinazione rimane dubbia. « Ma date le « condizioni in cui si presentano questi campioni, essendo stati « essi raccolti insieme con altri a Gyro^orella ed Avicula con af- fi finità triassiche, è probabile che quelle sezioni appartengano a « dei Megalodus. Vari pezzi di dolomia bruna sono quasi intera- n mente costituiti da innumerevoli steli di Sifonee ; uno contiene « molte valve di Avicula e un altro porzioni di giro di una Pleu- u rotomaria. Gli steli delle Sifonee sono in cattivissimo stato di « conservazione e non sono riferibili certamente tutti allo stesso « genere : però tra quelli annulati e molto sottili, che sono ab- « bondanti, ce n’ è molti appartenenti a vere Gyroporella. Delle « sezioni sottili e delle superfici della roccia pulite mettono chia- « ramente in mostra, sulle pareti degli steli, nei tagli paralleli « all’ asse, dei piccoli canali bolliformi non sboccanti all’ esterno. « Non possiamo escludere però che fra quegli steli, la cui ossei-- RELAZIONE SULLE ESCURSIONI ALLE ISOLE PONTINE, ECC. LXl « vazione non dà risultati precisi, ci siano delle Diplopora. Nel- « l’ uso di queste denominazioni lasciamo, s’ intende, impregiudi- « cata la questione se Gyroporella e Diplopora rappresentino lo « stesso genere. Sulle Gyroporella osservate non è da tentare una * determinazione specifica per causa del loro cattivissimo stato di « conservazione. Per ora qualunque avvicinamento a specie cono- « sciute ci parrebbe arrischiato. « La piccola bivalve che gremisce un pezzo di dolomia bruna a ha i caratteri esterni di Avicula. Manca in conferma di tale defer- ii minazione la conoscenza della cerniera; non vogliamo perciò « escludere che possa eventualmente riferirsi al genere Gervilleia. * L’ ala posteriore è bene evidente : l’ orecchietta anteriore si mostra « spezzata. La linea cardinale è discretamente obliqua. Questa « specie ha intimi rapporti con una delle piccole Avicula che 44 nella Calabria settentrionale gremiscono in certi punti la Dolomia 44 principale. I frammenti di giro di una Pleurotomaria sembrano 44 appartenenti alla P. solitaria Ben. sp. = T. Songavatii Stopp., “ ma non se ne può affermare l’ identità, senza osservare degli « esemplari meno frammentari. 44 I caratteri litologici della dolomia di Zannone e le affinità <4 dei fossili rammentano la dolomia grigia e bruna con Pleuro- 44 tomana solitaria Ben. sp., Gervilleia exilis Stopp. sp., Avicula , “ Mytilus, CarditaJ Megalodus e Sifonee della Calabria settentrio- « naie. È probabile dunque che la dolomia di Zannone, certa- « mente triassica, rappresenti il Trias superiore; ma per poter dare » un giudizio definitivo ed esatto è necessario raccogliere altri « fossili, che pare non vi siano scarsi ». LXII SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA CONCORSO AL PREMIO MOLON Al concorso per il Premio Molon, scaduto il 31 marzo 1898, furono in tempo utile presentate le seguenti tre memorie: Idrozoi terziari italiani della famiglia degli Idractinidi ; con 16 tavole ; contrassegnato : Labor et Probitas. Flora terziaria del Piemonte; con 65 tavole; contrassegnato: e gli agghiacciati e gli arsi climi Di fior cosparge. Fauna della zona con Lioceras op alinum (Rein. sp.) di Rossano in Calabria ; con 2 tavole; contrassegnato: Pro scientia STRENUE LABOREMUS. La Commissione aggiudicatrice è stata così composta dal Con- siglio direttivo della Società : Meschinelli dott. Luigi, Vicenza. Parona prof. Carlo Eabrizio, Torino. Portis prof. Alessandro, Roma. La Commissione per stabilire il tema per il nuovo concorso al Premio Molon da bandirsi a Lagonegro in una delle adunanze che si terranno nel mese di settembre di quest’anno, è stata così com- posta dal Consiglio direttivo della Società : De Stefani prof. Carlo, Firenze. Issel prof. Arturo, Genova. Novarese ing. Vittorio, Roma. Roma, 80 aprile 1898. Il Segretario Antonio Nevtani. SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA ATTI DELLA COMMISSIONE PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO RELAZIONE Rimo Sig. Presidente della Società Geologica Raliana, Dando esecuzione ad una deliberazione presa dalla Società nell' adunanza di Gubbio, piacque alla S. V. Illma di costituire la Commissione per il riordinamento dello Statuto e del Regola- mento chiamando a farne parte i Soci: Clerici, Neviani, Pel- lati, Statuti e Zezi. Questi innanzi tutto Le inviano un riconoscente ringrazia- mento per tale nomina. La Commissione tenne le sue riunioni in una sala del R. Ufficio Geologico il giovedì 4 novembre ed i successivi giovedì 11, 18, 25 novembre, 9, 28 dicembre. Nella prima adunanza la Commissione scelse a suo Presi- dente il comm. Pellati ed a Segretario il Socio Clerici. Quindi s’ incominciò il lavoro colla lettura dell’ attuale Statuto, del Rego- lamento e delle varie deliberazioni prese dal Consiglio e dall’As- semblea in aggiunta al Regolamento. La lettura fu alternata con scambio di considerazioni ed osservazioni sui vantaggi o sugli inconvenienti che derivarono o potevano derivare dall’ attuazione dei vari articoli di Statuto e di Regolamento e delle aggiunte deliberazioni. Questo lavoro preparatorio permise di stabilire nell’ insieme od in linea generale quali norme fondamentali dovessero essere LXIV ATTI DELLA COMMISSIONE consacrate nello Statuto e quali nel Regolamento. Si pensò altresì che in altro apposito regolamento potevano essere comprese tutte le norme relative alle pubblicazioni. I Soci Statuti e Neviani furono poscia incaricati di trascri- vere le norme esistenti, tenendo conto della ripartizione suddetta, e di preparare uno schema di riordinamento tenendo presenti le considerazioni ed osservazioni fatte da ciascun Commissario. Quindi ogni articolo venne separatamente letto e lungamente discusso tanto nella sostanza che nella forma. Però si cercò di conservare anche nella dicitura, quanto più fosse stato possibile degli attuali ordinamenti. I vari articoli così discussi ed approvati sono poi stati armo- nizzati fra loro e distribuiti nell’ ordine più logico. Eguale accordo si è avuto di mira fra i vari articoli dei Regolamenti rispetto allo Statuto. A meglio raggiungere questa indispensabile armonia si è repu- tato necessario di istituire o di precisare meglio qualche norma addirittura mancante, o esistente in modo incompleto od in vigore soltanto come consuetudine. Lo Statuto è risultato composto di n. 18 articoli, cioè 5 più dell’ attuale. L’ art. 1 è lo stesso dell’ attuale coll’ aggiunta dell' inciso « Residente in Roma » inciso che è consacrato nel R. decreto che costituisce la Società in Ente morale. L’ art. 2 attuale è stato suddiviso, cosicché il nuovo articolo 2 riguarda semplicemente la presentazione dei nuovi Soci e 1’ ap- provazione da parte della Società, approvazione richiesta e stam- pata in tutti i processi verbali delle adunanze senza che nè Sta- tuto nè Regolamento ne parlassero. Coll’ art. 3 si afferma 1’ esistenza di tre categorie di Soci, di cui quella dei Soci perpetui è in vigore per semplice delibe- razione dell’ assemblea mentre modifica notevolmente lo Statuto. Enunciate le tre categorie dei Soci dovevasi di conseguenza spiegar bene le condizioni necessarie per appartenere all’ una od all’ altra, al che provvedono gli articoli 4, 5 e 6. Come appare dall’ art. 5, la Commissione è stata d’ avviso di abrogare quella deliberazione per la quale i nuovi Soci hanno un triennio di tempo per decidersi se restar Soci ordinari, oppure PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DHL REGOLAMENTO LX V divenire Soci a vita computando a diminuzione della tassa di L. 200 le quote annuali eventualmente pagate in detto triennio. Questa deliberazione, che forse non è troppo vantaggiosa per la Società, in tanti anni non ha avuto alcun pratico effetto circa l’ aumento del numero dei Soci a vita. D’ altronde diverrebbe certamente dannosa se quella facilitazione volesse estendersi anche ai vecchi Soci, computando a favore di questi e a diminuzione delle 200 lire, le quote finora da essi pagate. Così è a desiderarsi che il caso occorso per il Socio Johnston-Lavis non abbia più a veri- ficarsi, e che cioè la facoltà sopra menzionata non debba esten- dersi al di là del primo triennio. Coll’ art. 7 si stabilisce che a far parte dell’ amministrazione della Società entrino anche il Tesoriere, 1’ Economo e l’Archivista che difatti hanno sempre preso parte ai Consigli con voto deli- berativo, senza che ciò fosse chiaramente spiegato nello Statuto attuale. L’ art. 8 equivale all’ art. 4 attuale e stabilisce che tutti i membri del Consiglio, e perciò anche il Tesoriere, 1’ Economo, e l’Archivista sieno elettivi. La grande responsabilità che trae seco la nomina dell’ Economo e del Tesoriere è bene sia condivisa da tutti i Soci, e non soltanto, come attualmente, dai pochi compo- nenti il Consiglio. Lo stesso dicasi dell’Archivista che ha in con- segna una parte non disprezzabile del patrimonio sociale (documenti, biblioteca, fondo del Bollettino) e che attualmente è nominato dai membri del Consiglio che devono poi averlo per collega. L’ ultimo comma di questo articolo sostituisce più razional- mente l'art. 11 attuale, introducendo di fronte allo Statuto e Re- golamento attuali la condizione che anche il Segretario risieda in Roma ossia nella sede legale della Società. L’ art. 9 è stato desunto da parte dell’ attuale art. 3 e de- termina meglio la carica dei Vice-Segretari. L’art. 10 è in gran parte l’attuale art. 5, e riguarda la du- rata delle cariche sociali . La Commissione sarebbe d’ avviso che per il miglior andamento della Società il Presidente dovesse du- rare in carica per più di un , anno ; ma non si è creduta autoriz- zata ad introdurre una tanto radicale variazione che trae seco una modificazione circa la carica di Vice-Presidente, ed ha lasciato per il Presidente la durata di un anno. LX VI ATTI DELLA COMMISSIONE Il Tesoriere, T Economo e l’Archivista si son fatti triennali come il Segretario. I Vice-Segretari da biennali si son resi an- nuali onde sia possibile che 1' uno aiuti il Presidente e 1’ altro il Segretario, il che coll’ ordinamento attuale non è mai possibile. L’ art. 11 sta al posto dell’attuale art. 6 e ne differisce perchè alcune cariche essenzialmente amministrative come quella di Segretario, Tesoriere, Economo ed Archivista sono dichiarate confermabili, non essendo vantaggioso per la Società privarsi di un ufficiale di sperimentata attività e di utilità tanto maggiore quanto è più lunga la sua pratica negli affari, e di sostituirlo con altro di attività non ancora sperimentata e forse nuovo negli affari. Gli articoli 12, 13 e 14 sono rispettivamente gli stessi at- tuali articoli 7, 9 e 8. L’ art. 1 5 è tutto nuovo e riguarda un punto della più grande importanza, cioè le condizioni necessarie perchè le deliberazioni del Consiglio e dell’ Assemblea siano legalmente valide. L’ art. 16 è lo stesso art. 10 attuale. Finalmente gli articoli 17 e 18 sono identici agli articoli 12 e 13 attuali. Il Regolamento generale riordinato risulta composto di n. 17 articoli, cioè 9 più dell’ attuale. Le attribuzioni del Consiglio e degli Ufficiali sono dettaglia- tamente indicate cogli articoli 2 a 9. Per 1’ Economo ed il Tesoriere, oltre gli articoli 7 e 8 val- gano le norme registrate in apposito Regolamento interno ammi- nistrativo già approvato. Nell’ art. 10 sono contenute tutte le norme che si riferiscono ai Soci, distribuite in forma di sotto articoli, le quali mancano quasi completamente nel Regolamento attuale. Gli articoli 12 e 13 tolgono l’ incertezza che ancora perdura circa i cambi e gli omaggi fatti col nostro Bollettino. Gli articoli 14 e 15 definiscono le attribuzioni della Com- missione del Bilancio e di quella consultiva per le pubblicazioni. L’art. 16 definisce la procedura da tenersi per le votazioni intese a modificare lo Statuto. Infine T art. 17 è identico all’ attuale art. 8. Il Regolamento per le pubblicazioni contiene riordinati in 20 articoli tutte quelle deliberazioni prese in ogni tempo e senza PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXVII ordine circa la stampa delle memorie e comunicazioni, i limiti di spazio per esse e di sussidio per le illustrazioni, le quali deli- aerazioni formavano la maggior parte delle avvertenze che si usava di stampare sulla copertina del Bollettino. In massima la Commissione non vi ha introdotto che lievissime modificazioni. L’ art. 14 che riguarda il contributo della Società nella spesa per tavole, carte ed incisioni è stato redatto in modo che potesse servire a tutti i casi e cioè affermando che di regola a tale spesa devono provvedere i Soci; ma avvertendo che, dietro domanda accompagnata da preventivo di spesa ed a seconda delle condi- zioni del Bilancio, la Società vi può contribuire in larga misura ed anche per intero. A guisa di appendice a questo Regolamento vi sono quelle norme maggiormente soggette a variazione. Nel rassegnare la copia dello Statuto, del Regolamento gene- rale e del Regolamento per le pubblicazioni, la Commissione si lusinga di aver con ciò corrisposto alla fiducia riposta in essa dalla S. Y. Illma e di aver fatto opera utile al benessere della nostra Società. La Commissione Nicolò Pellati Presidente Pietro Zezi Augusto Statuti Antonio Neviani Enrico Clerici Relatore. LXYIII ATTI DELLA COMMISSIONE STATUTO In vigore È costituita una Società Geo- logica Italiana avente lo scopo di contribuire ai progressi della Geologia con pubblicazioni, con incoraggiamenti e coll’ agevolare i rapporti fra i Soci ( Statuto art. 1). Per far parte della Società occorre essere presentati da due Soci in una delle adunanze or- dinarie. . . (St. art. 2. partirà.). Proposto Art. 1. È costituita una Società Geo- logica Italiana, residente in Roma , e avente lo scopo di contribuire ai progressi della Geologia con pubblicazioni, con incoraggiamenti e coll' agevo- lare i rapporti tra i cultori di questa scienza. Art. 2. Per essere ammessi a far parte della Società occorre esser presentati da due Soci in una delle adunanze ordi- narie e ottenere l' approvazione della maggioranza dei Soci presenti. Art. 3. I Soci sono di tre catego- rie, e cioè: la Soci ordinari. 2a Soci a vita. 3a Soci perpetui. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXIX pagare una tassa annua anticipata di L. 15, e una tassa di entrata di L. 5. (St. art. 2. partimi). .... La tassa annua può es- sere sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. (St. art. 2. partim.). I Soci che d’ ora innanzi saranno nuovamente ammessi avranno facoltà per un triennio di optare per divenire Soci a vita, nel qual caso le quote versate andranno in diminu- zione delle 200 lire stabilite. (Imola 28 febbraio 1888). È istituita la nuova catego- ria dei Soci perpetui, riservata per quei Soci che hanno con- tribuito su vasta scala all’ in- cremento e alla prosperità della Società. ( Padova , 15 marzo 1885). Art. 4. I Soci ordinari debbono pa- gare, oltre ad una tassa di entrata di L. 5 , una tassa annua di L. 15. Art. 5. I Soci a vita debbono , oltre alla tassa di entrata di L. 5, versare in una sola volta la somma di L. 200; la quale , a cura dell’ economo , sarà in- vestita in rendita italiana. I Soci ordinari possono di- venire Soci a vita, pagando la suddetta somma di L. 200 in una sola volta , restando con ciò esonerati dall’ulteriore pa- gamento delle tasse annuali. Le Società e gl Istituti pub- blici e privati non possono essere compresi nella categoria dei Soci a vita. Art. 6. La categoria dei Soci per- petui è riservata esclusiva- mente per quelli fra i Soci che si sieno resi in singoiar modo benemeriti verso il so- dalizio e sieno proclamati tali all' unanimità, in una delle adu- nanze generali , su proposta del Consiglio direttivo. I loro nomi LXX ATTI DELLA COMMISSIONE L’ amministrazione della So- cietà è affidata a un Consiglio composto di un Presidente, un Vice-Presidente, dodici Consi- glieri, un Segretario. ( St. art. 2. partim.). La Sede dell’Archivio e della Biblioteca della Società è in Roma ove risiederà pure l'Ar- chivista. (St. art. 11.). I membri del Consiglio sono eletti a maggioranza assoluta dei votanti ; ove ne sia il caso, si procederà ad una votazione di ballottaggio fra quelli che ebbero un maggior numero di voti. (St. art. 4. partimi). II Consiglio nomina un Ar- chivista ed un Tesoriere. (St. art. 3. partine?). dovranno costantemente figu- rare nell ’ albo sociale anche dopo la loro morte. I Soci perpetui saranno eso- nerati dal pagamento della tassa annuale a cominciare dall' anno successivo a quello della loro proclamazione. Art. 7. L’ amministrazione della So- cietà è affidata ad un Consi- glio composto di un Presidente, un Vice-Presidente, dodici Con- siglieri, un Segretario, un Te- soriere, un Economo, e un Ar- chivista. Le funzioni di Tesoriere e Economo potranno essere affi- date ad una medesima persona. II Segretario , il Tesoriere , T Economo e V Archivista a- vranno la loro residenza in Roma. Art. 8. I membri del Consiglio sono eletti a maggioranza assoluta dei voti ; ove ne sia il caso , si procederà ad una votazione di ballottaggio. I Soci che non intervenis- sero alla votazione potranno mandare il loro voto per let- tera. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXI Tutti i Soci votano o diret- tamente nell’ Assemblea o per lettera (St. art . 4. partimi). Il Consiglio nomina due Vice- Segretari... (St. art. 3. partim.). Il Presidente dura in carica un anno e gli subentra il Vice- Presidente eletto nell’ anno in- nanzi. (St. art. 5. partimi). Il Segretario dura in carica tre anni; i Consiglieri parimenti, e ciascun anno vengono cam- biati per un terzo (St. art. 5. partim.). Ciascuno dei due Vice-Segre- tari resterà in carica per due anni. ( Fabriano , 1 settembre 1893). Gli ufficiali uscenti di carica non possono essere rieletti nelle medesime funzioni prima che sia decorso un anno. (St. art. 6.). Art. 9. Il Consiglio nomina due Vice- Segretari i quali potranno assi- stere alle adunanze consigliari , ma senza volo deliberativo. Art. 10. Il Presidente dura in carica un anno e gli succede il Vice- Presidente eletto V anno pre- cedente. 1 Consiglieri durano in ca- rica tre anni e vengono rin- novati ciascun anno per un terzo. Il Segretario , il Teso- riere, V Economo e V Archivi- sta durano parimenti in carica tre anni. I Vice Segretari durano in carica un amo. Art. 11. II Presidente ed i Consi- glieri uscenti di carica , non possono essere rieletti nella medesima se non dopo un anno dalla loro scadenza. Gli altri ufficiali potranno essere riconfermati. lxxii ATTI DELLA COMMISSIONE La Società tiene ogni anno due adunanze generali, 1’ una estiva 1' altra invernale e sta- bilisce, anno per anno, il luogo ove deve tenersi l’ adunanza estiva. (St. art. 7.). L’ adunanza invernale sarà tenuta la seconda metà di gen- naio, nel luogo ove dimora il Presidente annuale della So- cietà o in altro luogo designato dalla Presidenza. (St. art. 9.). Solo nell’ adunanza ordinaria estiva si nominano gli ufficiali, si approvano i bilanci e si adot- tano le deliberazioni concernenti l’ amministrazione della Società. (St. art. 8.). Art. 12. La Società tiene ciascun amo due adunanze generali , V una estiva , l’altra invernale ; in guest' ultima, annoderanno , si stabilisce la sede della pros- sima adunanza estiva. Art. 13. IL adunanza invernale sarà tenuta entro il primo bimestre dell’anno , nel luogo ove dimora il Presidente o in altro luogo da lui designato. Art. 14. Nell’ adunanza ordinaria e- stiva si nominano gli ufficiali, si approvano i bilanci consun- tivi e si prendono le delibera- zioni concernenti l’ Ammini- strazione della Società. Art. 15. Le deliberazioni così del Consiglio , come delle Assemblee generali , sono valide qualunque sia il numero degli intervenuti; purché si riferiscano ad og- getti indicati nel relativo ordine del giorno annesso all’ avviso di convocazione ; salvo il caso accennato all' art. 18. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXIII Quando almeno dodici Soci si accordino nel tenere adu- nanze scientificlie, periodiche o straordinarie devono darne av- viso alla presidenza sei setti- mane prima, acciocché siano di- ramati gli inviti a tutti i com- ponenti la Società. Le adunanze saranno tenute sotto la presidenza della per- sona scelta dai Soci presenti, a quale manderà al Presidente della Società il processo verbale dell’ adunanza. (Si. art. 10.). La Società pubblica un Bol- lettino periodico che viene di- stribuito gratuitamente ai Soci. In proporzione ai fondi dispo- nibili si pubblicheranno anche delle Memorie. ( St . art. 12.). Le modificazioni allo Statuto dovranno essere anzi tutto ap- provate nell’adunanza generale estiva. Esse saranno poscia sot- toposte al voto per lettera di tutti i Soci, i quali risponde- ranno per si o per no. Le mo- dificazioni non s’ intendono de- finitivamente adottate se non Art. 16. Quando almeno dodici Soci si accordino nel tenere adu- nanze scientifiche periodiche o straordinarie devono darne av- viso alla presidenza un mese prima affinchè se ne possano diramare gli inviti a tutti i Soci. Le adunanze saranno pre- siedute da quello dei Soci che sarà eletto dai colleghi pre- senti ; egli manderà al Presi- dente della Società il processo verbale dell’ adunanza. Akt. 17. La Società pubblica un Bol- lettino periodico che viene di- stribuito gratuitamente ai Soci. Ln proporzione ai fondi dispo- nibili si pubblicheranno anche delle Memorie. Art. 18. Le modificazioni allo Sta- tuto dovranno essere anzi tutto approvate nell’ adunanza gene- rale estiva. Esse saranno po- scia sottoposte al voto per let- tera di tutti i Soci , i quali risponderanno per si, o per no. Le modificazioni non s’ in- tendono definitivamente adot- LXXIV ATTI DELLA COMMISSIONE quando siano approvate dai due tate se non quando sieno at- terzi dei votanti ( St . art. 12.). provate dai due terzi dei vo- tanti. REGOLAMENTO GENERALE In vigore L’ anno finanziario avrà prin- cipio e fine coll’ anno solare (Bologna 18 marzo 1883. par- tirà.). Gli ufficiali uscenti di carica cederanno il posto ai nuovi eletti soltanto il primo gennaio dell' anno seguente e regole- ranno entro il mese di dicem- bre gli affari in corso. ( Fabriano 1 settembre 1883). Consiglio direttivo. — Coadiuva il Presidente nella direzione della Società. ( Reg . art. 1. partimi). Presenta all’ approvazione della Società i bilanci preventivi e consuntivi. (Reg. art. l.partim). Proposto Art. 1. Anno Sociale. — Ha principio e termine con l’anno solare, e gli ufficiali uscenti di carica regoleranno gli af- fari in corso nel mese di di- cembre, consegnando V ufficio ai nuovi eletti il primo gen- naio dell’ anno seguente. Art. 2. Consiglio dir eitivo. — a) Coadiuva il Presidente nella direzione della Società. b) Presenta all’ approva- zione della Società i bilanci preventivi dell ’ anno in corso nella seduta invernale ; e quelli consuntivi dell’ anno precedente nella seduta estiva. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXV c) propone all’ assemblea la radiazione dei Soci da due anni morosi. d) delibera intorno al cam- bio delle pubblicazioni sociali e stabilisce il prezzo di ven- dita delle medesime. e) Qualunque deliberazione del Consiglio che interessi tutta la Società potrà divenire ese- cutiva immediatamente ; ma dovrà essere presentata alla Società nella prossima adu- nanza generale. f) Nessun contratto riguar- dante l' amministrazione potrà essere legalmente stipulato dal Consiglio senza l' approvazione preventiva dell' assemblea ge- nerale estiva. Presidente. — Ha la rap- presentanza ufficiale della So- cietà ; convoca e presiede le adunanze; firma le corrispon- denze, potendo a tal uopo de- legare il Segretario; firma i mandati d’ uscita.... ( Reg . art. 2. partimi). Art. 3. Presidente. — Hala rap- presentanza ufficiale della So- cietà. Convoca e presiede le adunanze. Firma le corrispon- denze, potendo a tal uopo de- legare il Segretario. Sorveglia V andamento degli incassi e delle spese che si eseguiscono per conto sociale. Appone il visto alle prove di stampa prima di licenziarle per la pubblicazione. LXXVI ATTI DELLA COMMISSIONE Vice-Presidente. — Su- bentra al Presidente nel caso di mancanza di questo e con- voca la Società per le elezioni del Presidente nel caso che non siano trascorsi sei mesi dalle elezioni. {Reg. art. 3.). Segretario. — Conserva la corrispondenza tenendone pro- tocollo; dietro ordine del Pre- sidente dirama gl’inviti per le adunanze ; tiene il registro dei Soci; è responsabile dei ver- bali del Consiglio direttivo e delle adunanze generali ; è coa- diuvato dai Vice-Segretari eletti annualmente dal Consiglio. {Reg. art. 4.). Art. 4. Vice-Presidente. — Coa- diuva il Presidente in tutti quegli affari che da lui pos- sono essergli affidati ; ne tiene il posto quando questo si sia reso vacante. Art. 5. Segretario. — Conserva la corrispondenza tenendone protocollo e depositandola an- no per anno in Archivio. Per ordine del Presidente dirama gl’ inviti per le adunanze. Tiene il registro dei Soci comuni- candone all’ Economo ogni va- riazione. È responsàbile dei verbali del Consiglio direttivo e delle assemblee dei Soci. Provvede a che la stampa del Bollettino riesca meno costosa. Corrisponde con i Soci ed in- vigila il buon andamento delle pubblicazioni. È rimborsato delle spese di trasferta quando si rechi alle adunanze generali. Art. 6. Vice- Segretari. — Coa- diuvano il Presidente ed il Segretario in quegli affari che da questi possono esser loro affdati. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXVII Art. 7. Tesoriere. — È deposi- tario del patrimonio Sociale; alla fine di ogni anno ne pre- senta la situazione particola- reggiata. Le sue speciali at- tribuzioni sono determinate da un regolamento interno ammi- nistrativo approvato dalla So- cietà. Tesoriere. — tiene l’am- ministrazione della Società; cura la riscossione delle quote an- nuali rimettendone la nota al Segretario e all’ Archivi sta; paga i mandati firmati dal Presi- dente e riscuote qualunque en- trata della Società. ( Reg . art. 6. partimi). Archivista. — Ha in con- segna i libri della Società, le pubblicazioni invendute, la cor- rispondenza anteriore all’ anno in corso, e i documenti affida- tigli dalla presidenza tenendone Art. 8. Ec onomo. — È incaricato delle riscossioni e dei paga- menti per conto-delia Società. L'accordo col Presidente e col Segretario dovrà presentare i bilanci preventivi e consuntivi quindici giorni prima dell’ a- dunanza invernale. Aé sue at- tribuzioni speciali sono deter- minate dallo stesso regolamento amministrativo citato nel pre- cedente articolo. È rimborsato delle spese di trasferta quando si rechi alle adunanze generali. Art. 9. Archivista. — Ha in consegna i libri della Società , le pubblicazioni invendute , le corrispondenze anteriori al- T anno in corso , purché di af- fari esauriti, e i documenti LXXVIII ATTI DELLA COMMISSIONE regolare inventario; curala stam- pa delle pubblicazioni della So- cietà a meno che non ne sia dispensato e veglia alla distri- buzione delle medesime ai Soci; versa al Tesoriere il prezzo delle pubblicazioni vendute. (Reg . art. 5.). 11 pagamento delle quote so- ciali comincerà dall’ anno in corso per i Soci approvati nel- l’adunanza invernale, dall’anno seguente per quelli approvati nell’ adunanza estiva. ( Imola , 12 febbraio 1888.). Ogni Socio all’atto dell’ am- missione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali 1’ impegno s’ intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. La prima quota annuale e la tassa d’ ingresso saranno pa- gate all’ atto dell’ ammissione. ( Savona 13 settembre 1887). Il versamento della quota annuale sarà fatto dai Soci entro i due primi mesi dell’ anno. ( Bologna 18 marzo 1883). affidatigli dalla presidenza , te- nendone regolare inventario. Cura la spedizione delle pub- blicazioni Sociali e la rego- larità dei cambi. Akt. io. Soci. — a) Per i Soci no- minati nella seduta invernale V iscrizione avrà effetto col primo gennaio dello stesso an- no ; per quelli nominati nella seduta estiva decorrerà dal primo gennaio dell’ anno suc- cessivo o dello stesso anno a volontà del Socio. b) All’ aito d’ iscrizione i nuovi Soci debbono pagare ol- tre alla tassa d' ammissione la prima quota annuale e obbli- garsi per iscritto di far parte , almeno per tre anni , della So- cietà, decorsi i quali l’ impe- gno s intenderà rinnovalo taci- tamente anno per anno. c) La quota annuale, fatta eccezione di quella del primo anno d’iscrizione , deve pagarsi entro il primo bimestre del- V anno cui si riferisce. d) Ogni Socio riceverà un diploma con l’indicazione della PF.R IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LEXIX A qualunque Socio, il quale col 1° di aprile dell’ anno cor- rente si trovi ancora in arre- trato pel pagamento della tassa sociale dovuta per 1’ anno pre- cedente, sarà, previo avviso del categorìa alla quale viene in- scritto. e) I Soci hanno diritto di presentare per la stampa Me- morie e Comunicazioni , nella misura consentita dal bilancio sociale , e riceveranno gratui- tamente un certo numero di estratti da determinarsi dal Consiglio. f) Intervengono alle adu- nanze ordinarie e straordina- rie, alle escursioni ecc., e go- dono di quelle agevolazioni che V ufficio di presidenza po- trà volta a volta procurare. g) Hanno diritto di voto, che potrà essere esercitato di persona o per lettera , secondo le corrispondenti disposizioni dello Statuto. h) Possono usufruire della biblioteca sociale tenendo in prestito libri ed altre pubbli- cazioni per un tempo non mag- giore di due mesi, purché si assumano per iscritto ogni re- sponsabilità in caso di smar- rimento o di deterioramento , e sostengano le spese di spe- dizione. Corrisponderanno a tal' uopo coll’Archivista. i) Col primo aprile di cia- scun anno verrà sospeso , previo avviso del Segretario, V invio delle pubblicazioni ai Soci che non avessero ancora versato la quota dell' anno precedente. LXXX ATTI DELLA COMMISSIONE Segretario, sospeso l’ invio delle pubblicazioni della Società. ( Dal- la copertina). La presentazione delle Me- morie e la stampa delle mede- sime non avrà corso se l’autore non avrà pagato la tassa del- 1’ anno in corso o soddisfatto ogni altro impegno verso la So- cietà. ( Dalla copertina). Ogni Socio all’ atto dell’ am- missione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’ impegno si intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. ( Savona 13 settembre 1888). k) Un Socio che non sia in corrente col pagamento della quota annuale o non abbia altrimenti soddisfatto ad im- pegni presi colla presidenza , riguardo a spese di pubblica- zioni, non avrà diritto di voto nelle assemblee , non potrà pre- sentare lavori per il Bollet- tino e non potrà usufruire della Biblioteca sociale. l) / Soci ordinari che vo- lessero dimettersi dalla Società presenteranno per iscritto alla presidenza le loro dimissioni entro il mese di novembre , altrimenti saranno considerati come Soci anche per V anno successivo. m) Sarà radiato dall’ albo dei Soci chi da due anni abbia trascurato il pagamento della [quota sociale. La radiazione proposta dal Consiglio, per que- sta o per altre ragioni , dovrà essere approvata dall' assem- blea dei Soci. n) I Soci cancellati dai ruoli della Società per dimis- sioni volontarie , o perchè mo- rosi nei pagamenti, potranno essere riammessi , purché sod- disfino alle disposizioni degli art. 2, 4 e 5 dello Statuto. La riammissione dei Soci mo- PRR li, RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXXI Pubblicazioni della So- cietà. — La Società pubblica le Memorie presentate ed ac- cettate nelle adunanze o dalla presidenza in fascicoli in 8° ad intervalli possibilmente perio- dici, unitamente all’ elenco dei Soci, ai bilanci e ai verbali delle adunanze ordinarie e straordina- rie. ( Reg . art. 7. partim.) I Soci potranno presentare le loro Memorie alle adunanze ordinarie e straordinarie o in- viarle direttamente alla presi- denza. {Reg. art. 7. partim.). rosi sarà condizionata al pa- gamento delle quote che fossero rimaste insolute ed alla liqui- dazione di ogni pendenza che ancora avessero colla Società. Art. 11. Pubblicazioni. — La Società pubblica le Memorie presentate nelle adunanze o ricevute dalla presidenza , in fascicoli in ottavo, col titolo: Bollettino della Società Geo- logica Italiana, ad intervalli possibilmente periodici unita- mente all’ elenco dei Soci , ai bilanci e ai verbali delle adu- nanze ordinarie e straordina- rie. Le norme relative alle pubblicazioni sono esposte in apposito regolamento. Art. 12. Cambi. — La Società non accetta cambi con pubblica- zioni non attinenti alla Geo- logia. Art. 13. Omaggi. — La Società non dà in omaggio ad alcuna persona o ad alcuno Lstituto pubblico o privato la serie delle proprie pubblicazioni. VI LXXXIl ATTI DELLA COMMISS ONE 11 Presidente nomina la commissione per le pubbli- cazioni della Società ( Reg . art. 2. partirti.). La Commissione per le pub- blicazioni della Società, previ- sta dall’ art. 2 del Regolamento, sarà composta prò tempore del Presidente, Segretario, Tesoriere ed Archivista e dei tre Consi- glieri La durata in carica è di tre anni. ( Roma 4 mag- gio 1885). Potrà il Consiglio volta a volta deliberare il dono di un fascicolo o di un volume nel quale sienvi trattati argo- menti che interessino la per- sona o l' Istituto al quale vien fatto l' omaggio. Art. 14. Commissione del bi- lancio. — Verrà composta di tre Soci nominati anno per anno dal Consiglio e questi potranno essere confermati o sostituiti. Ad essi è devoluto V esame dei bilanci consuntivi e dovranno presentare all’ as- semblea opportuna relazione. Art. 15. Commissione per le pubblio azioni. — Sarà costituita dal Presidente , dal Segretario e dall’ Economo, ed in oltre da tre Soci a nomina del Consiglio direttivo. Questi Soci durano in ufficio per un triennio, trascorso il quale po- tranno essere confermati o so- stituiti. I membri di questa com- missione potranno essere con- sultati a giudizio dell’ ufficio di Presidenza o collegialmente o individualmente. È facoltà della Presidenza PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXXIII ricorrere , in caso di bisogno , al giudizio di persone com- petenti ancorché non facciano parte di detta commissione. Art. 1G. Modificazioni dello Statuto. — Le risposte dei Soci con il voto relativo a proposte di modificazioni dello Statuto , di cui all’ articolo 18 dello Statuto in vigore , che non fossero pervenute alla Pre- sidenza, e per essa al Segre- tario, entro 30 giorni dalla data della circolare dell’ in- terpellanza, non saranno te- nute a calcolo. Lo scrutinio dei voti verrà eseguito non piìi tardi di 40 giorni dalla data della sopra citata circolare. Le schede saranno conser- vate in Archivio ed i nomi dei votanti saranno inseriti nel verbale , il quale verrà pub- blicato con le risultanze dello scrutinio e distribuito ai Soci dopo ottenuta l’ approvazione governativa, secondo prescri- vono i regolamenti sugli Enti morali. Art. 17. Timbro della Società. Timbro della So ci età. — Porterà scritto in giro « So- — Porterà scritto all’intorno LXXXIV ATTI DELI.A COMMISSIONE cietà Geologica Italiana - men- te et malleo » e nella parte cen- trale due martelli incrociati. {Reg. art. 8). « Società Geologica Italiana, - mente et malleo » e nella parte centrale due martelli in- crociati. REGOLAMENTO PER LE PURRL1CAZIONI In vigore Non si accettano le Me- morie..., che fossero lavori di compilazione. ( Dalla copertina). Le Memorie che non vengono presentate in adunanza gene- rale saranno inviate alla presi- denza, e per essa al Segretario ; col visto del Presidente saranno trasmesse alla stampa secondo Proposto Art. 1. Nel Bollettino della Società si pubblicano solamente i la- vori dei Soci , eccettuati quelli fatti in tutto o in parte colla collaborazione di persone estra- nee alla Società. Art. 2. Non si accettano le Memorie che siano puri lavori di com- pilazione, e quelle che abbiano carattere esclusivamente o pre- valentemente polemico. Art. 3. Le Memorie , previo il pa- rere della Commissione di cui all' art. 15 del Regolamento generale , verranno pubblicate secondo V ordine di presenta- zione. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXXV lordine di presentazione. ( Dalla copertina). Una memoria già presentata alla Società e ritirata per mo- dificarla o completarla, qualora non sia rinviata alla Segreteria entro 15 giorni perde il suo turno per la stampa. ( Dalla copertina. I manoscritti dovranno con- sistere in fogli dello stesso for- mato, scritti da una sola parte, in caratteri intelligibili, senza di che la presidenza potrà re- spingerli. ( Dalla copertina). Art. 4. Le Comunicazioni da stam- parsi coi verbali prenderanno il posto fra le Memorie , sempre con l' ordine di presentazione, se sorpasseranno il numero di pagine stabilito anno per anno dal Consiglio. Art. 5. Le Memorie presentate un mese dopo V adunanza estiva potranno essere inserite nel Bollettino dell’anno successivo. Art. 6. Una Memoria o Comunica- zione già presentata alla So- cietà e ritirata per modificarla o completarla , perde il suo turno per la stampa qualora non sia rinviata al Segretario entro quindici giorni. Art. 7. I manoscritti dovranno es- sere in fogli dello stesso for- mato, scritti da una sola parte , in caratteri intelligibili senza di che la Presidenza potrà re- spingerli. LXXXVI ATTI DELLA COMMISSIONE I lavori scompleti, sia nel manoscritto, sia nelle tavole, non possono esser presi in con- siderazione per la stampa. ( Dalla copertina). Le spese straordinarie cagio- nate da correzioni maggiori del consueto, da cambiamenti o ri- fusione di paragrafi, come pure la stampa di tavole sinottiche di formato maggiore del testo saranno adibite agli autori. ( Dalla copertina). Saranno concessi ai Soci 15 giorni di tempo per la corre- zione delle bozze di stampa. {Bologna 18 marzo 1882). Di ciascuna memoria il Se- Art. 8. I lavori incompleti zia nel manoscritto , sia nelle tavole , non possono esser presi in con- siderazione per la stampa. Art. 9. Se le Memorie oltrepasse- ranno il numero dei fogli di stampa stabilito anno per anno dal Consiglio, la spesa ecce- dente sarà tutta a carico del- V autore , anche per la parte relativa agli estratti concessi gratuitamente dalla Società. Art. 10. Sono a carico degli autori le spese in più per le pagine in corpo 8 e per le tabelle ; così pure le spese straordina- rie per correzioni maggiori del consueto, per cambiamenti o rifusione di paragrafi e per composizioni annullate. Art. 11. Di ciascuna Memoria il Se- gretario spedirà all’autore, per la correzione , una prova in colonna che dovrà essergli re- stituita al più tardi entro 15 PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXXV1I gretario spedirà all’ autore, per la correzione, una prova in co lonna, che dovrà essergli resti- tuita, al più tardi, entro 15 giorni, e una in pagina da re- stituirsi entro 8 giorni. ( Dalla copertina). Se le prove non saranno re- stituite nel ternaine prescritto, il Segretario s’ incaricherà d’uf- ficio della materiale correzione degli errori tipografici senza as- sumere alcuna responsabilità. {Balla copertina). Nel caso di tavole unite alle memorie e che la spesa sia consentita dal Bilancio, gli autori dovranno accordarsi per la loro pubblicazione con la commissione a ciò delegata . (. Reg . art. 7 partimi). Quando 1’ autore di una me- moria da pubblicarsi nel Bol- lettino non vuole sostenere per intero la spesa delle tavole che giorni , e una seconda in pa- gina da restituirsi entro otto giorni. Art. 12. Se le prove non saranno re- stituite entro i termini pre- scritti, il Segretario sJ incari- cherà d’ ufficio della materiale correzione degli errori tipo- grafici, senza assumere alcuna responsabilità pel rimanente. Art. 13. Il visto per la stampa sarà fatto dal Presidente , o dal Segretario , purché questi ne sia appositamente delegato. Art. 14. La spesa della esecuzione e stampa delle carte geologi- che, tavole j ed altre illustra- zioni a corredo delle Memorie è a carico degli autori. Tut- tavia la Presidenza potrà J a richiesta , e dietro presenta- zione di un preventivo di spesa , determinare caso per caso , se- condo le condizioni del bilancio sociale , se debba concedersi un LXXXVIII ATTI DELLA COMMISSIONE vi sono annesse, ma domanda un sussidio dalla Società, deve lasciare a questa la cura di farle eseguire, o almeno met- tersi in pieno accordo colla So- cietà. Il Segretario comunicherà al- 1’ autore la quota di contributo della Società che verrà deter- minata dal Consiglio. ( Padova 15 marzo 1885). concorso ed in quale misura. Gl ’ impegni presi dovranno re- golarmente risultare dagli atti d’ ufficio. Art. 15. Le prove delle illustrazioni , qualunque esse si siano , sa- ranno sottoposte al visto della Presidenza prima della loro stampa. Art. 16. La Presidenza può rifiutare le illustrazioni che siano state fatte eseguire dai Soci senza il suo visto preventivo , che non corrispondano al formato del Bollettino o che per altre ragioni non siano ritenute sod- disfacenti. Art. 17. Gli estratti che spettano agli autori avranno frontespizio e copertina stampata se la Me- moria oltrepasserà un foglio di stampa altrimenti avranno copertina semplice. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO LXXXIX Art. 18. Se l’autore intende far stam- pare degli estratti per proprio conto dovràindicareper iscritto il numero degli esemplari che desidera. Il presso di questi è fissato dal contratto stipu- lato con la tipografia. L’im- porto verrà versato all' Eco- nomo della Società. I Soci saranno in obbligo di pagare all’ Economo le spese straordinarie, non appena ne abbiano ricevuto il relativo conto col visto del Presidente. ( Dalla copertina). L’ importo degli estratti sarà indicato dal Segretario sulle bozze impaginate, che 1’ autore pagherà all’Economo, prima che gli siano spediti. ( Dalla co- pertina). Art. 19. Qualsiasi impegno che un Socio abbia preso con la Pre- sidensa in rapporto a spese per la pubblicasene di un proprio lavoro dovrà essere saldato prima della consegna degli estratti. Art. 20. Gli estratti si spediscono in assegno. xc ATTI DELLA COMMISSIONE DISPOSIZIONI VARIE In vigore Fino a nuova disposizione non si accettano le memorie che per estensione superino appros- simativamente quattro fogli di stampa. ( Dalla copertina). Le note e comunicazioni da inserirsi nei resoconti delle adu- nanze non devono superare due pagine ( Dalla copertina). A cominciare dal 1886 ver- ranno date agli autori delle memorie inserite nel Bollettino, 50 copie di estratti. {Arezzo 13 settembre 1883). Se l’autore intende far tirare estratti per conto proprio, deve indicare per iscritto sulla prima prova corretta della sua me- moria il numero degli esem- plari che ne desidera. Il prezzo di 50 in 50 copie, con coper- tina stampata ecc. sarà di L. 4 ogni foglio di pagine 16 e di L. 2 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. {Dalla copertina). Proposte a) Le Memorie da inserirsi nel Bollettino non oltrepasse- ranno i quattro fogli di stampa ciascuno. b) Le Comunicazioni da pub- blicarsi coi verbali non oltre- passeranno due pagine di stam- pa ciascuna. c) Agli autori verranno date gratuitamente cinquanta copie di estratti > tanto delle Memo- rie quanto delle Comunicazioni. d) LI prezzo degli estratti a carico degli autori è per ogni 50 copie di L. 4 al foglio di pagine 16 e di L. 2 per ogni mezzo foglio o frazione di esso • PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO XCI I volumi I, II e III si ven- dono al prezzo di L. 15 cia- scuno, tutti gli altri a L. 20. Si accorda un ribasso a chi richiede parecchi volumi. Ai librai si accorda uno sconto da convenirsi. Ai soli Soci che desiderano completare la collezione sono accordati i volumi arretrati al prezzo di L. 8 1’ uno indistin- tamente. ( Dalla copertina). e) Il prezzo di vendita dei Bollettini è stabilito come ap- presso : Per i volumi /, II, III , XIII e XIV, L. 15 ciascuno, per tutti gli altri L. 20. Ai librai si accorda lo sconto del 20 per cento. A chi acquista diretta- mente piti volumi viene accor- dato lo sconto del 25 % per 2 a 10 volumi e del 40 % da 11 volumi in poi. Ai soli Soci , che deside- rano completare la collezione , sono accordati i volumi al prezzo di L. 6 l’ uno indistin- tamente. f) Non si vendono fascicoli separati. g) Non si fa la consegna dei Bollettini se non dopo il pa- gamento dell’ intera somma do- vuta per V acquisto. xcii ATTI DELLA COMMISSIONE IL Proposta di variante allo Statuto. RELAZIONE IUMo Sig. Presidente della Società Geologica Italiana , In seguito ad invito della S. Y. Illma ed a partecipazione della deliberazione presa dall’Assemblea in Napoli il 18 febbraio 1898, la Commissione per il riordinamento dello Statuto e del Regola- mento si riunì nuovamente e tenne due sedute in una sala del R. Ufficio Geologico. La Commissione aveva già emesso il parere che, per il migliore andamento della Società, il Presidente dovesse durare in carica per più d’un anno, ed in ciò sapeva di interpretare il desiderio di molti soci ; però non si ritenne autorizzata ad introdurre una tanto ra- dicale variazione, che di conseguenza bisognava armonizzare colla carica di Vice- Presidente, e forse di altri ufficiali, e se ne astenne anche avendo rivolto un riconoscente pensiero all’opera benemerita di coloro che furono i promotori della nostra Società e che elabo- rarono il vigente Statuto. Se la Commissione era in massima favorevole ad aumentare la durata della carica presidenziale, i sottoscritti non erano ancora perfettamente d’accordo nella misura dell’aumento. Dopo animata e particolareggiata discussione, la Commissione decise di variare soltanto il primo comma degli articoli IO e 11 del nuovo Statuto, proponendo che tanto il Presidente quanto il Vice-Presidente, pur durando in carica un anno, possano essere rie- letti per altre due volte di seguito, in modo che la loro durata in carica non ecceda mai tre anni consecutivi. PER IL RIORDINAMENTO DELLO STATUTO E DEL REGOLAMENTO XCIII In tal modo la Commissione ritiene che i Soci prenderanno anche un maggiore interessamento alle elezioni. Con gli ordinamenti attuali il Vice-Presidente non ha ordina- riamente alcuna attribuzione ; la sua nomina è piuttosto una anti- cipazione alla nomina di Presidente. Col sistema ora proposto, il Vice-Presidente non diverrà di diritto Presidente alla scadenza di questo ; ma V opera sua potrà essere assai vantaggiosa quando, in conformità dell’ art. 4 del nuovo Regolamento, egli debba coadiuvare il Presidente in tutti quegli affari che da lui possano essergli affidati. La Commissione si è anche preoccupata del danno che potrebbe derivare alla Società quando un troppo grande numero di ufficiali e specialmente il Segretario e 1’ Economo scadessero contempora- neamente, ed ha pensato di formare dei gruppi per i quali sia di- verso il termine del periodo triennale. Ad ottenere la giusta alternativa di detto periodo triennale è stato redatto un apposito articolo di disposizioni transitorie, in base alle quali, nell’adunanza estiva del 1899, si dovrebbero eleggere il Presidente e il Vice-Presidente per l’anno 1900. Anche il Segre- tario e l’Archivista sarebbero eletti per il 1900, e la elezione a queste cariche dovrebbe rinnovarsi nel 1900 per incominciare il primo periodo triennale 1901-1903. L’ Economo ed il Tesoriere sarebbero eletti pel biennio 1900- 1901, e l’elezione avrebbe luogo nuovamente nel 1901 onde inco- minciare il primo periodo triennale 1902-1904. Si intende che il Vice-Presidente nominato nel 1898 per il 1899, alla fine di questo anno terminerà il suo ufficio e non avrà diritto ad assumere la presidenza. Nel presentare le accennate modificazioni agli articoli 10 e 11 dello Statuto progettato e le aggiunte disposizioni transitorie, la Commissione ringrazia nuovamente della fiducia in essa riposta dalla S. V. Illma. La Commissione Nicolò Pellati Presidente Pietro Zezi Augusto Statuti Antonio Neviani Enrico Clerici Relatore. XCIV ATTI DELLA COMMISSIONE PER IL RiORDINAMENTO, ECC. Statuto. Art. 10. — II Presidente ed il Vice-Presidente durano in carica un anno, e possono essere rieletti per altre due volte di seguito, in modo che la loro durata in carica non ecceda mai tre anni consecutivi. I Consiglieri durano in carica tre anni, e vengono rinno- vati ciascun anno per un terzo. II Segretario, il Tesoriere, l’Economo e V Archivista durano parimenti in carica tre anni. I Vice- Segretari durano in carica un anno. Art. 11. — Salvo l' eccezione di cui all’ art. precedente, il Presidente, il Vice-Presidente ed i Consiglieri uscenti di ca- rica non possono essere rieletti nella medesima se non dopo un anno dalla loro scadenza. Gli altri ufficiali potranno essere riconfermati. Disposizioni transitorie. Art. unico. — Nell’ adunanza estiva del 1899 si eleggeranno : 1°. Il Presidente ed il Vice-Presidente per il 1900. Il Vice- Presidente nominato nel 1898 per il 1899, terminerà il suo ufficio col detto anno; 2°. il Segretario e l'Archivista per l’anno 1900 ( rinno- vandosi l'elezione nel 1900 per il primo periodo triennale 1901- 1903 ) ; 3°. l’Economo ed il Tesoriere per gli anni 1900 e 1901 ( rinnovandosi T elezione per il primo periodo triennale 1902-1901). ■ 1 — : SOPRA ALCUNI FOSSILI DI CANARCILLO NEL CHILÌ ESISTENTI NEL MUSEO PALEONTOLOGICO PISANO Nota del dott. Alberto Fucini (con una tavola) II dott. Carlo Regnoli, egregio cultore delle scienze naturali, molti anni addietro, regalava al Museo dell’Università di Pisa al- cuni fossili da lui stesso raccolti a Canarcillo presso Copiapò nel Chili. La bellezza degli esemplari, più che la varietà delle specie, mi ha spinto al loro studio, il cui risultato ho creduto bene di far conoscore in questa mia piccola nota ; la quale forse avrebbe avuto una qualche importanza paleontologica se le specie fossili esaminate non fossero già conosciute per i lavori del Gottsche (a) e più spe- cialmente dello Steinmann (2) e del Moricke (3). Nel pregevole lavoro fatto dallo Steinmann sui fossili di Ca- racoles si trovano infatti illustrate quasi tutte le specie che il Regnoli trovò a Canarcillo. Vi è di più che i fossili di ambedue queste località si corrispondono perfettamente anche per il loro modo di fossilizzazione. La roccia calcare generalmente nerastra che li contiene, tanto a Canarcillo quanto a Caracoles, sembra essere poi a contatto con i noti giacimenti argentiferi di quelle regioni. Lo Steinmann dall’ esame dei fossili di Caracoles, ha rilevato colà la presenza del Lias superiore, del Dogger, del Calloviano, 0) Gottsche, Ueber jurassische V er steiner mg en aus der argentinisclien Cordillere (Palaeont. Suppl. Ili, Lief. II, Heft II. 1878). (2) Steinmann, Zur Kenntnis der dura- und Kreideformation von Ca- racoles [Bolivia]. (Neues Jahrbucli fur Minerai, ecc. BeilageB. I, Heft II, 1881). (3) Moricke, Versteinerungen des Lias und Unteroolith von Chile. (Neues Jarbucli fur Min. ecc. Beil. B. IX. H. I. 1894). 1 2 A. FUCINI dell’ Oxfordiano, del Kimmeridgiano e del Cretaceo inferiore. Seb- bene io non abbia fossili che possano essere riferiti a tutte queste epoche geologiche, per le considerazioni sopra esposte si può rite- nere che a Caùareillo si ripetano, almeno in parte e con gli stessi caratteri, le medesime formazioni giura-liassiche che a circa cin- quecento chilometri di distanza si hanno a Caracoles. Fra i miei fossili la specie più antica è rappresentata certo dalla Spiriferina pinguis Ziet., cui forse si possono associare la Cardinia Mòrickei Fuc. ed il Lithotrochus Hamboldti Buch, di identica maniera di fossilizzazione. Queste tre specie, ritenute per 1’ addietro in parte cretacee in parte del Lias superiore, vengono dal Mòricke (') riferite al Lias inferiore. A me però non sembra escluso il caso che possano appartenere al Lias medio, dato il grande sviluppo che presenta la Spiriferina pinguis nel Lias medio di tutta l’ Europa. Dopo le tre specie ora esaminate viene per ordine cronologico lo Stomechinus andinus, Phil. che potrebbe rappresentare il Dogger di Caracoles, essendo stato colà osservato dallo Steinmann. Vi è però da notare che l’ esemplare di Caùareillo non è silicizzato come si presentano gli individui di Caracoles. Il Calloviano di Caracoles è rappresentato a Caùareillo dalla Posidonomya cf. ornati Quenst., dalla Reineckia Douvillei Stein., dalla R. Stuebeli Stein., dalla R. euactis ? Stein., e forse dai due Perisphinctes, Per. Boehmi Stein, e Per. Steinmanni Fuc., = Per. Koeneni Stein., i quali secondo lo Steinmann potrebbero appartenere anche all’ Oxfordiano. Non ho creduto del tutto disutile il render note le mie poche osservazioni. La pubblicazione di questa piccola nota è poi un omaggio che ho voluto fare alla memoria del dott. Regnoli. Stomechinus andinus sp. Philipp!, Reise in die Wilste Ata- eama, pag. 146, tav. II, fig. 11-13. A questa specie posso riferire un bell’esemplare di mm. 32 di diametro e 18 di altezza che corrisponde perfettamente alle illustrazioni date dallo Steinmann (2). Però mentre gli individui di Caracoles studiati dallo Steinmann p) Moricke, Versteinerungen des Lias ecc. (Loc. cit.) , 1894 (2) Stninmann, Zur Kenntniss der Jura ecc. (Loc. cit.), pag. 248, tar. XIV. SOPRA ALCUM FOSSILI FCC. 3 presentano la fossilizzazione in silice, il mio è tutto calcare e la roccia che lo racchiude è rossiccia. Lo Stomechinus andinus Phil. viene dallo Steinmann riferito al Dogger inferiore. Spiriferina pinguis sp. Zieten, Die Versteinérungen Wùrtlem- bergs, pag. 51, tav. XXXVIII, fig. 5. Sono cinque bellissimi esem- plari che corrispondono perfettamente a quelli illustrati col nome di Spiri fer tumidus Buch dai sigg. Beyle e Coquand (') e pro- venienti da Tres Cruces e da Maullas pure dei dintorni di Copiapò. Il Mòricke (2) ha recentemente creduto che la specie chilena dovesse riferirsi alla Sp. rostrata Schl., ma a me sembra che essa vada riferita piuttosto alla Sp. pinguis Ziet. in accordo anche a ciò che hanno ritenuto il Deslongchamps (3) ed il Davidson (4). Beyle e Coquand hanno creduto che la presente specie nel Chili appartenesse al Lias superiore; il Moricke più forse ragio- nevolmente l’ascrive al Lias inferiore; non è improbabile però che sia del Lias medio. Spiriferina pinguis Zieten var. chilena Fuc., tav. 1, fig. 3. Distinguo come varietà della specie precedente una forma che forse potrebbe separarsi anche specificamente. Essa ha per principale ca- rattere distintivo 1’ esistenza di 4 coste ben distinte tanto nel seno della valva grande quanto sul lobo della valva piccola. Le coste in numero maggiore, cioè circa 30 per ogni valva, sono poi anche più spiccate di quelle che si osservano negli esemplari di Sp. pinguis più sopra esaminati. Già il dott. Greco (5) ha distinto nel Lias inferiore calabrese una varietà della Sp. pinguis Ziet. col seno e con il lobo costati che egli ha chiamato var. Italiae. Per quanto la mia e la varietà l1) Beyle e Coquand, Mémoires sur les fossiles secondaires recueillis dans le Chili. Mém. de la Soc. géol. de France, s. II, t. IV, pag. 19 ; tav. VII, fig. 11, 12. (2) Mdricke, Versteinerungen des Lias und Unteroolith von Chile (Loc_ cit.) , pag. 59. (3) Deslongchamps, Etudes critiques sur des Brachiopodes nouveaux ou peu connus, pag. 15. (4) Davidson, Jurassic and triassic Brachiopoda. Supplement. (Palaeon- tographical society, voi. XXX, pag. 96). (5) Greco, Il Lias inferiore nel circondario di Rossano (Atti d. soc. tose, di se. nat. [Memorie], voi. XIII, pag. 83, tav. I, fig. 4). 4 A. FUCINI del Greco abbiano a comune il carattere della presenza delle coste nel seno e nel lobo, pure fra esse si osservano sempre alcune differenze. La var. chilena in confronto con la var. Italiae ha coste più numerose e più distinte, lobo e seno più spiccati e linea cardinale più diritta. Non mi sento autorizzato a ritenere che i frammenti ravvi- cinati dal Mòricke (') alla Sp. Munsteri David, possano appar- tenere a questa mia varietà. L’ unico esemplare di Sp. pinguis var. chilena è di fossiliz- zazione identica degli altri individui di Sp. pinguis Ziet. e come questi potrebbe quindi appartenere al Lias inferiore od al Lias medio. Cardinia Mòrickei Fuc., tav. I, fig. 2, = Cardinia cfr. Des- hayesi (Tqm.) in Mòricke, Vesteinerungen d. Lias u. Unteroolith von Cìiile (Loc. cit.), pag. 51. Io credo che per i miei due esemplari si tratti precisamente della specie che dal Mòricke è stata confron- tata alla Cardinia Deshayesi Tqm. (2). Infatti anche i miei indi- vidui si avvicinano moltissimo alla specie del Terquem, dalla quale si scostano per le pieghe concentriche più distinte, intramezzate da strie di accrescimento. Un esemplare poi presenta anche dimensioni quasi doppie. Kitenendo quindi di avere a che fare con una specie nuova le assegno il nome del suo primo illustratore. La specie è dal Mòricke (3) riferita al Lias inferiore. Posidonomya cfr. ornati Steinmann, Zur Kenntniss der Jura ecc. (Loc. cit.), pag. 257, tav. X, fig. 3-5. Questa specie, come molte delle sue congeneri, riempie intieramente un pezzo di calcare scuro, bituminoso. Tra gli esemplari ben conservati si pos- sono distinguere tutte le diverse forme riscontrate a Caracoles dallo Steinmann e da questo figurate. La specie è calloviana. Lithotrochus Humboldti Buch sp., Pètrifications recueilles eri Amérique par M. Alexandre de Humboldt , pag. 9, fig. 26 ; Mò- (') Mòricke, Versteinerungen des Lias und Unteroolith von Chile (Loc. cit.), pag. 60. (2) Terquem, Paléontologie de la province de Luxemhourg et de Het- tange (Mém. de la Soc. ge'ol. de France, sèrie 2e, t. V, pag. 299, tav. XIX, fig. 6). (3) Mòricke, Versteinerungen d. Lias u. Unteroolith v. Chile (Loc. cit), pag. 50. SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. 5 ricke, Versteinerungen des Lias und Unteroolith von Chile (Loc. cit.) , pag. 27, tav. IY, fìg. 5, 6 ( curri syn.). Questa specie, già cono- sciuta per Canarcillo e ritenuta una Pleurotomaria dal De Buch, ed una Turritella dal d’ Orbigny e da Beyle e Coquand, è rappre- sentata da quattro individui. Uno di questi per avere i giri molto depressi superiormente e slargati inferiormente lungo la sutura è più turriculato degli altri che corrispondono bene assai alle figure date da Beyle e Coquand (Q e dal Mòricke. Il Litholrochus Humboldti ritenuto dapprima cretaceo, venne riferito poi al Lias dal Beyle e Coquand. Il Moricke lo ritiene del Lias inferiore. Essendo di identica fossilizzazione della Spiri ferina ,pinguhJ non è escluso, a parer mio, il caso che esso possa essere del Lias medio. Reineckia Stuebeli Steinmann. Zur Kenntniss der dura ecc. (Loc. cit.), pag. 290, tav. XI, fig. 7. 11 mio esemplare è appena un settimo di giro più piccolo di quello figurato dallo Steinmann, al quale del resto corrisponde esattamente. Al mio individuo di Reineckia Stuebeli è adesa una piccola ostrichina, che io lascio senza determinazione per la piccolezza dei- fi esemplare. La Reineckia Stuebeli è specie calloviana. Reineckia Donvillei Steinmann, Zur Kenntniss der dura (Loc. cit.), pag. 289, tav. XII, fig. 2-4, 8. Riferisco a questa specie sei esemplari i quali non oltrepassano i mm. 27 di diametro. Con tutto ciò credo che la determinazione sia esatta. Questa Reineckia è specie del Calloviano. Reineckia euactis ? Steinmann, Zur Kenntniss der Jura ecc. (Loc. cit.), pag. 286, tav. XIII, fig. 5. Riferisco con dubbio a questa specie due esemplari di mm. 41 di diametro i quali, per essere forse costituiti dai giri interni di individui adulti, non hanno ben sviluppati i caratteri sui quali è fondata la specie. Non può escludersi quindi il caso che gli individui in esame appartengano ad altra specie vicina, come per esempio alla R. antipodum Gott. (1 2). La specie sarebbe calloviana. (1) Beyle e Coquand, Mém. s. I. foss. secondi, ecc. (Loc. cit.J, pag, 12. tav. II, fig. 7, 8. (2) Gottsche, Ueber jurass. Versi, ecc. (Loc. cit.), pag. 17, tav. Ili, fig. 6. 6 A. FUCINI, SOPRA ALCUNI FOSSILI, ECC. Perisphinctes Boehmi Steinmann, Zur Kenntniss der Jura ecc. (Loc. cit.) , pag. 274, tav. IX, fig. 1. Riferisco a questa specie un esemplare del diametro di mm. 58 il quale corrisponde benis- simo a quello illustrato dallo Steinmann. Sebbene vicina alla pre- cedente, questa specie se ne distingue per 1’ accrescimento un poco più lento, per il minor numero di coste e per i solchi peristoma- tici più inclinati in avanti. Anche questa specie è dallo Steinmann ritenuta calloviana od osfordiana. Per 1’ esemplare esaminato posso pure ripetere che esso è di identica fossilizzazione degli altri fossili calloviani studiati. Perisphinctes Steinmanni Fuc. n. mut., tav. I, fig. 1. = Per . Koeneni Steinmann, Zur Kenntniss der Jura ecc. (Loc. cit.), pag. 275, tav. X, fig, 9. Credo di poter riferire con sicurezza a questa specie un bell’ esemplare di mm. 70 di diametro. Esso fino al diametro di mm. 55 corrisponde, anche per le dimensioni comparative del giro, perfettamente all'individuo di uguali dimensioni illustrato dallo Steinmann col nome di Per. Koeneni. Oltre i mm. 55 di diametro, l’ ultimo giro dell’ esemplare in esame cresce più in al- tezza che in spessore ed esso diviene più alto che largo. Ho cambiato nome al Per. Koeneni dello Steinmann poiché questo nome spetta per precedenza al Per. Koeneni Neum. u. uhiig c). La specie è dallo Steinmann ritenuta calloviana od oxfordiana : debbo però notare che la fossilizzazione del mio esemplare è iden- tica agli altri fossili calloviani passati in rivista. [12 ottobre 1897-marzo 1898] SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA Fig. 1 a, b, c. Perisphinctes Steinmanni Fuc. » 2 a, b, c. Cardinia Mórickei Fuc. » 8 a. b, c. Spiriferina pinguis Ziet., var. Chilena Fuc. (!) Neumayer u. Uhiig, Ueber Ammonitiden aus den Hilsbildungen Norddeutschlands (Palaeontograpliica, Bel. XXVII, pag. 146, tav. XXI, fig. 1). Boll. d. Soc. Geol. It. Voi. XVII (1898). FUCINI. Tav. I Fucini e Cnistofani dis. ELIOT. CALZOLARI E FERRARIO, MILANO. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA COSTITUZIONE DELLA PIANURA VENETA Studio del Socio Enrico Nicolis. (con una carta) PREFAZIONE Athesis post Padum maximus ex Tridentinis Alpibus, per Yenetos in mare Hadriaticum influit. (Comm. Ruaeus di Virgilio). Ebbi il desiderato onore di associarmi al prof. Ettore Artini, in una ricerca avente per oggetto i terreni alluviali di una parte della pianura veneta ; argomento già fatto prendere in considerazione dal prof. comm. G. Omboni. Tale ricerca restringemmo al fiume Adige, proponendoci di indagarne la storia, le divagazioni susse- guitesi durante l’epoca diluviale e fino ai nostri giorni, nonché la parte che le sue alluvioni presero, nei diversi tempi, alla forma- zione dei terreni costituenti la nostra pianura. Il prof. Artini pubblica ora il risultato delle sue indagini pe- trologicbe nella Rivista di mineralogia e cristallografia, col titolo : Intorno alla composizione mineralogica delle sabbie di alcuni fiumi del Veneto , con applicazioni della ricerca microscopica allo studio dei terreni di trasporto ; ed in quel lavoro, come in questo, il lettore potrà vedere quanto si sia giovata la geologia geografica e storica dell’esame mineralogico, del quale debbo rin- graziare l'eminente petrologo mio amico. La presente ricerca pertanto, ba lo scopo di seguire il corso antico e moderno del fiume-torrente alpino Adige, nel suo procedere fuori delle valli prealpine fino alle foci, rilevando T estensione e, dove riesce possibile, la potenza verticale dei suoi accertati sedi- menti e deposizioni, nei periodi corrispondenti alle principali mi- grazioni, anche ove di queste scomparvero le traccie alveali. 8 E. NICGLIS Si considerano eziandio le mutazioni della forma del terreno, che delle sue divagazioni furono causa ed effetto, in modo che abbia a risultare la storia cronologica di quella porzione del suolo della pianura veneta, che in parte od intieramente, venne generata dal grande fiume ('). (*) Cenni generali sul corso attivo dell'Adige. — L’ Etsch (Adige) emis- sario dei tre laghetti Haider, Mitter e Reschen, m. 1620 a m. 1445 sul mare, comincia a svolgere il suo corso a sud del Brenner, al confine orientale sviz- zero ; forzando il passo fra le Alpi centrali ed orientali, corre fino alla Chiusa veronese in direzione normale a quella della grande catena, da nord a sud, parallelamente al meridiano, seguendo per lunghi tratti le fratture e le sin- clinali orogeniche. E dopo di aver superata la barriera meridionale delle Alpi stesse, volgendo da sud-est a sud, indi a mattina, si incassa fra i suoi de- positi dell’alta pianura, per scorrere di poi, attraverso quella media e bassa sommergibile, entro argini artificiali e quindi sfociare nel bacino marittimo Adriatico a Fossone. Adige si noma quando, sotto Bolzano, assumendo i caratteri di grande fiume, in unico letto confonde, mediante la grande arteria retica — Eisach od Isarco — anche le acque orientali del suo alto bacino nevoso, in parte ammantato di ghiacci perenni ed elevato fino a m. 3492 sul mare ; bacino confinante colla valle dell’ Inn a nord-ovest ed a nord; con quelle della Drava, del Piave, del Brenta e dell’Astico ad est, e colle valli dell’Adda, del- 1’ Oglio e del Sarca col Benaco ad ovest. Sopra Trento, sulla destra, l’Adige viene specialmente arricchito dal Noce radunante, con diversi rami, le acque delle valli del Sole e dell’Aunania, nel tempo che, nella corrispondente sinistra, vi influisce il rosso Avisio, ero- dente senza tregua i porfidi augitici e quarziferi di Cembra, Fiemme e Monzoni. I suoi più notevoli influenti a valle della Chiusa veronese sono : il tor- rente Tasso, quelli di Fumane, di Negrar, di Quinzano, di Avesa, di Valpan- tena; i fiumi Antanello, Fibbio e Tramigna; i torrenti di Mezzane, di Illasi e l’Alpone. L’ area del bacino dell’Adige, secondo la pubblicazione del generale Strelbitsky, che è ritenuta la più attendibile, sarebbe di 13896 km. quadrati. Il corso è di circa km. 410, dei quali 205 nel territorio austriaco, 121,50 nella provincia di Verona ed 83,50 nelle provincie di Padova, Rovigo e Venezia. La sua pendenza, dalla confluenza dell’ Isarco fino a Chiusule, varia da 1,742 a 0,054 per mille; indi fino a Verona è di 1,44 per mille e la larghezza media di m. 130 in magra. Da Chievo, poco sopra Verona, fino a Zevio, il fiume ha la larghezza media di m. 137 in magra, con pendenza di m. 1,06. Da Zevio a Legnago e Badia la larghezza media risulta di m. 240, in magra, con pendenza di m. 0,55. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 9 Imperocché lo studio dell’ idrografia antica istruisce circa la genesi della costituzione del piano, dallo studio del quale si tenterà distinguere e verificare i fatti più generali ed importanti, dispo- Da Badia allo sbocco nell’Adriatico, a Porto Fossone, la larghezza in magra è di m. 155 con pendenza media di m. 0,09. Riguardo alla portata il R. Ministero dei Lavori pubblici nel 1878 pub- blicava i seguenti dati: a m. 2 sotto guardia portata al secondo me. 102,66 » 1,50 » ìì ìì a 220,32 ni n iì a a 365,75 n 0,50 n iì iì iì 534,41 al segno di guardia ìì iì iì 728,57 a m. 0,50 sopra guardia ìì lì )ì 940,33 ni n ìì iì iì 1164,73 n 1,50 » n iì iì 1411,72 » 2 » ìì iì iì 1673,16 » 2,24 n n 5? iì 1803,26 Portata della piena del 17 settembre 1882 secondo, i calcoli dell’Ing. Cap o del Genio Civile di Verona. iì 3500 Le alluvioni grossolane dell’Adige inalveato, simultaneamente a quelle di fine detrito, giungevano 30 anni or sono soltanto a Zevio ; ora invece il fiume le trasporta più lontano, fino a Bonavigo, ed ancor più lunge le con- voliava il corso disarginato arcaico, poiché rinvengonsi gbiaiette atesine a Cam- polongo ed a S. Pierino, presso Bovolone. Ghiaroni a Cucca e suoi dintorni di Est, dinotano la forza delle acque del fiume o la sua pendenza nel periodo storico euganeo-romano. Rilevasi pure essere i porfidi quarziferi permiani che, prevalentemente, dettero i massi erratici, i blocchi ed i ciottoli (vedi la selciatura di Verona); ed invero 1’ espansione di questa roccia eruttiva, fra Merano e Lavis, special- mente nella parte sinistra del bacino, cioè nelle valli dell’Avisio e dell’ Ei- sach, è immensa. Il ciclo alluvionale del nostro fiume dalla sua uscita dalla Chiusa, se- condo il filone od il molente, si può dividere così : massi e ciottoli ; ciottoli e ghiaroni; ghiaie e sabbioni con filoni di ghiaietta; sabbie con vene di ciottolini minutissimi ; sabbie e limo ; fanghiglie (lozza) con filoni di sabbia ed infine lozza e limo impalpabile, micaceo, compatto ed appiccicaticcio, che è il massimo grado di triturazione delle roccie fluitate in sospensione dalle acque. Osservazioni fatte sui luoghi inondati recentemente, ci fanno credere che, rispettivamente alla distribuzione dei materiali travolti o sospesi nel- l’acqua, abbia altrettanta efficacia il lungo percorso di questa, quanta la sua velocità, in concomitanza alla pendenza ; per cui ogni prorompimento lasciò 10 E. MCOLIS nendoli nell'ordine della loro successione, per trarne induzioni che si avvicinino allo stato reale dei fenomeni passati e delle vicende naturali, svolgentisi sotto i nostri occhi. nel suo ambito un detrito grossolano o fine, cioè deposito e precipitazione. Egli è adunque probabilmente erronea l’induzione cbe alla sola lunghezza di per- corso del fiume debba attribuirsi il rinvenimento, in bassa pianura, di ghiaie, ovvero di sabbioni associati al limo. In Verona il segno della guardia normale del fiume è a m. 53,008 sopra il comune marino; nella piena del 1882 la guardia normale venne superata di m. 4,50. La magra ordinaria è ivi a m. 51,008 e la massima magra a m. 50,408. A Boara il 18 settembre 1882 lo stato del fiume fu di m. 3,54 sopra guardia. Livelli delle acque freatiche fiancheggianti l’alveo incassato dell’Adige, a valle della Chiusa fino in Verona, nella formazione diluviale; quote alquanto variabili, rispettivamente allo stato di morbida o di magra del fiume o del bacino atesino : Superficie sul mare Fondo medio del letto dell’ Adige Pelo freatico Ospedaletto m. 119 m. 46,80 Arcò » 80 » 45,60 Bussolengo m. 74 80 » 45,80 Cedrare di Corrubbio . . » 84 n 50 Settimo Bertoldi .... » 81 » 68 50 C. Corno alto » 93 3 00 Cà de Cozzi » 71,50 » 52 Verona Adige a Castelv. . ». 50 80 S. Zeno Verona Caserma. ». 62,25 » 47,62 Il lavoro dei muraglioni di difesa dell’Adige a Verona, confermava a puntino lo studio « Sull' idrografia sotterranea nell'alta pianura veronese di Enrico Nicolis, Verona 1884 » giacché gli scavi fatti lungo il tronco urbano posero in sodo: 1° che l’alveo risulta impermeabile; 2° che la faccia supe- riore delle acque sotterranee o sorgive (falda del pelo freatico) rispecchia le condizioni meteoriche più tardi, in confronto di quelle superficiali (Adige) pur essendone comune il bacino imbrifero. Appunto in città tutto il cavo fiancheggiato dalle case si trovò cementato ; lungo la corrente l’ acqua tocca il guscio conglomeratico, ed invece, ove havvi il molente, le alluvioni ultime hanno uno spessore che varia da m. 1 a m. 4 sopra il letto cementato. Si ebbero molte occasioni di osservare il pelo del fiume, simultanea- mente a quello freatico e discosti uno dall’ altro orizzontalmente da m. 0,50 SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 11 I. Geologia dell’Adige (x). Oro- Idrografia del suo bacino. Sommario — Epoca del sollevamento della regione formante il bacino della primèva fiumana retica. Età e genesi del lago di Garda. Per argomentare intorno ad una primitiva idrografia retica, è d’uopo stabilire l’età del sollevamento del suo ambito imbrifero ali- mentatore e, volendo desumerla dalle roccie più recenti, ora affio- rantivi, si dovrebbe attribuirla al periodo del miocene superiore, perchè gli strati marini dei monti Brione, Rocca di Garda e Mo- scai, raccordantisi e concordanti col sistema montuoso del Baldo, Bondone, Orto d’ Abramo, raggiungono il piano elveziano. È generalmente ben ritenuto che tale regione fosse già emersa durante il depositarsi dei sedimenti pliocenici ; ma abbiamo mo- tivo di supporre che sedimenti marini più recenti di quelli del miocene superiore sieno da essa scomparsi allorquando, sul finire dell’ epoca terziaria e nel principio di quella quaternaria, i rilievi, * (*) a m. 3, e, p. es. al ponte della Pietra, ove trovasi il muro romano, alla di- stanza di m. 0,50, l’acqua interna era più bassa di m. 2 da quella scorrente a giorno; al ponte Re Umberto I, il 22 giugno del 1891 il pelo delle sotter- ranee calava in confronto di quelle del fiume m. 2,78. Ivi la quota delle sorgive si constatava in inverno m. 49,149 sul mare ed in estate m. 49,30; quella al ponte Re Umberto I, era a m. 47,89 il 22 marzo 1893 e 4 giorni dopo saliva a m. 48,033, pur mantenendosi costante il livello del fiume. Al ponte Navi il pelo freatico, come ci comunicavano i signori inge- gneri dell’ ufficio tecnico municipale, che ringraziamo, venne battuto il 18 gennaio 1892 alla quota di 48,149, essendo l’Adige m. 2.49 sotto guardia nor- male e quindi alla quota 50,936 ; la quota delle sorgive venne ancora rilevata durante la costruzione della spalla sinistra del ponte stesso (estate 1891) a m. 49,30. (*) Lo studio petrografia delle sabbie, come si è detto, venne fatto dal eh. prof. Ettore Artini, che ringrazio. Le sabbie sono state estratte, per la mag- gior parte, dai pozzi tubolari dal cav. Piana, in seguito alle sollecitazioni dei- fi autore della presente Memoria, il quale eziandio presenziava alcune di tali recenti perforazioni. Il resto dei materiali furono levati in posto dallo stesso autore. 12 E. NICOLIS specie baldensi, soffrirono sprofondamenti (ciò che riuscirebbe di- mostrato dalla tettonica) come pure corrosioni, abrasioni e scorri- menti d’ assise per cause diverse, quali, a mo’ di esempio, sareb- bero l’ inclinazione e la gravità, 1’ esistenza di interstrati capaci di esser gonfiati da copiose é continue precipitazioni atmosferiche, scuotimenti sismici ecc. Il M. Bidone, l’ isola Trimellon e più di tutto la massima montagna, colle loro assise formanti cascata stratigrafica nel ba- cino lacuale, danno valore all’ espresso dubbio, e tanto più trat- tandosi di catena montuosa affetta da fratture longitudinali di rigetto, corrispondenti quasi parallelamente all’ asse del Benaco ; ed oltre a ciò è significante il fatto che neanche il terreno del piano villafranchiano quivi appare, mentre teoricamente sarebbe da attendersi un certo parallelismo genetico e nessi tettonici coi ter- reni pliocenici e villafranchiani di Castenedolo, di Salò e di altri vicini punti della Lombardia. Per quanto si sa oggidì, è permesso il credere che, sullo scorcio dell’ età pliocenica e nel principio dell’ epoca quaternaria, anche la regione montuosa qui considerata ebbe, salvo 1’ erosione, gli scorrimenti, le frane ecc., il suo relativo stabile assetto, se- guito subito: 1° dall’ incisione delle valli in parte tettonicamente predi- sposte ; 2° dal loro primo alluvionamento con materiali locali; 3° dalla successione dei fenomeni diluviali (quaternario an- tico) colle rispettive fasi frigide, in causa de’ quali restava, diremo così, torniata la configurazione delle valli e costituito lo scheletro della pianura. Ed è così che il golfo dell’Adriatico subalpino e subappen- nino andava grado grado interrandosi col mezzo fluviale; si riti- rava il mare che la pianura pareggiava, nel tempo che il ghiacciaio, ingrossandosi ed avanzandosi, spiegava maggiore energia eroditrice ed ablativa, producendo quella massa di detriti che, oltrepassando le valli, si espansero a ventaglio fuori di esse, formando i talus o base dei coni di dejezione in generale, e di quelli Adige-Sarca ed Adige-Sarca-Chiese, in particolare. Essendo state le roccie più elevate, nei rispettivi bacini idro- grafici, le prime abrase e sgretolate, nonché esportate, triturate e SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 13 travolte dall’ azione torrenziale, avvenne che le più antiche depo- sizioni diluviali — letto agli edifici morenici — riuscirono per lo appunto composte di ghiaia calcare, con pochi ciottoli cristallini, specie porfirici, e di sabbie, spesso ad alto tenore di carbonato di calce, degli strati dal trias al terziario. Le morene poi risultano assai ricche di massi cristallini, perchè le forze glaciali intaccarono le roccie basilari addentro nel bacino retico, portandone il rottame anche in punti più elevati, in riguardo alla lunga via percorsa, di quelli di partenza e di sosta, in confronto di quanto avrebbe operato la fiumana. Ora, per continuare a dire dei fenomeni diluviali (preglaciale, fluvio-glaciale, glaciale; interglaciale, fluvio-glaciale, glaciale, ecc.) (*) fa d’ uopo considerare 1’ età del lago di Garda, perchè trovandosi il gran cono diluviale dell’Adige e dell’Adige -Sarca (ad ovest, con- nesso, frammischiato e sottoposto a quello del Chiese) spiegato a ventaglio a sud del lago, per intenderlo, fa mestieri conoscere la strada percorsa da così enorme, poligenico, disforme, incoerente ed arrotondato detrito. L’ induzione è che sia passato sull’area, o su parte dell’area, occupata ora dal lago; ma come potè ciò avvenire senza il suo interramento ? Oppure, essendo stato colmato, quali forze lo riesca- varono ? Già fino dal settembre 1893, chi scrive comunicava all’Acca- demia di Verona i risultati delle proprie osservazioni, e nel verbale della seduta è detto: « l’autore dopo aver esposte altre prove del movimento ne- « gativo del paese ad oriente del Garda, arriva, pel momento, alle « seguenti conclusioni: « 1° La conca lacustre detta oggidì lago di Garda si sa- li rebbe formata durante gli agghiacciamenti della regione; (*) Menziono due volte la fase glaciale nell’ epoca diluviale, perchè ri- scontrai in vai Sorda di Bardolino, bene distinte, due fasi glaciali, cioè due morene, una sovrapposta all’ altra, divise non solo da uno strato di altera- zione superficiale, ma anche da un banco di tipico e vero Loess, che ricopre l’ocracea superficie della morena antica. Nella valle Tesina o dei Molini di Garda sono pure evidentissimi i prodotti delle fasi interglaciali, intersecanti la morena, già rilevati dal Penk. E. Nicolis, Depositi quaternari nel Vero- nese. 1895 (Atti del R. Istituto Veneto). 14 E. NICOLIS « 2° la sua estensione fra S. Vigilio-Sirmione e la sponda « orientale — m. 70 circa di massima profondità — sembrerebbe « più recente del resto del bacino (‘); « 3° la divaricazione della valle (sinclinale con frattura) « Sarca-Adige e la sua conversione in lago, pare iniziata in un * ai movimenti negativi del Baldo (sprofondamenti) e compiuta « più tardi dall' escavazione » . Troviamo ora inutile ripetere dissertazioni che già facemmo in altra occasione, perchè nel frattempo vennero pubblicati in propo- posito parecchi scritti dai signori Penk, Brucker e dal compianto Du Pasquier, nonché dal Cozzaglio, dall’autore, dal Sacco, ecc. ; ed il prof. Taramelli trattava nel 1894 della Storia geologica del lago di Garda , concludendo esser glaciale l’età del lago, lo che avea già preannunciato nella sua splendida conferenza del luglio 1893 a Rovereto. Nè si può ammettere di convenire, coi glacialisti moderni, riprendenti P idea della potenza erosiva dei ghiacciai, che uno dei fattori del lago sia stata l’escavazione gla- ciale, ciò essendo dimostrato anche dal rilievo batimetrico della R. Marina ; ma ci pare tuttavia pericolosa la esagerazione a cui ta- luni sembrano portati, riguardo agli effetti dinamici dei ghiacciai. II. Periodo Diluviale (2). Sommario — Corsi e divagazioni dell’Adige-Sarca. Materiali componenti il talus o cono di dejezione a sud del lago. Prove dell’influenza dell’Adi- ge-Sarca o dell’Adige nel Po. Divagazioni del Po a nord. Fase glaciale. Franamento ed incisione della Chiusa. Posizione stratigrafica del ceppo nel cono diluviale dell’Adige e nella sua valle. Era necessario premettere Y ipotesi sulla età e genesi del lago di Garda, volendo por ben mente, prima ad una maggiore fiumana (1) Risulta notevole il rilievo subaqueo detto Pai del Vò, a m. 4 dal pelo medio, lungo la linea S. Vigilio-Sirmione, a km. 3 ‘/a di distanza da Garda. (2) Si accettano in massima le divisioni cronologiche del sig. ingegnere A. Stella, applicate nel suo pregievolissimo lavoro : Sui terreni quaternari della valle del Po. Roma, 1895. SUGLI ANTICHI CORSI DKL FIUME ADIGE 15 preglaciale scaricante le Alpi retiche, indi alla stessa, ma smisurata- mente gonfiata, elevata, estesa e pressoché tutta allo stato solido ; come pure a quelle successive fluvio-glaciali (interglaciali), sfo- rnanti nel collettore padano, e via via, fino all’ ultima sua esten- sione agghiacciata, determinante, per forza del caotico materiale che scaricava ed accumulava, una nuova ed autonoma idrografia atesina. Cominciamo a considerare che a nord la primèva fiumana in studio, or più or meno arricchita da confluenze e con il Thalweg ben più elevato degli attuali, prendesse successivamente nuove vie ; da queste la stessa, in fase glaciale e con lento cammino, oblite- rava le sue orme, per sboccare poi ad Arco-Riva, ove convenivano «Itre acque dello stesso bacino d’ impluvio, inteso in senso largo. Abbiamo ancora buona ragione per credere che il nostro grande torrente, poco prima del suo ultimo agghiacciarsi, fosse vivo ed in completa attività, sulla direzione di Rovereto-Alpiano- Rivoli, fra le roccie giuraliasiche di Castello e Rocca (presso Ri- voli) e che, con ramificazione di corsi, vagasse liberamente intorno alle colline terziarie oligo-mioceniche, Rocca di Garda e M. Mo- scai (ad est di Bardolino), arrotondandole ed approfondando, allargan- dolo, il distacco dal contrafforte meridionale del gruppo del Baldo, dal quale risultano ora isolate. Avrebbe poi toccata la plaga ove sorgono i paesi di Garda e di Bardolino, lo che si presume per la circostanza che, nel 1892, in piazza S. Stefano di Garda, fondando un pozzo tubulare sistema Piana, si ottennero, fino alla profondità di m. 50 circa, sabbie nelle quali il prof. Artini riconobbe do- minare gli elementi dell’Adige attuale. Ed a Bardolino, a m. 28 dal suolo, in simile occasione, il tubo dava sfogo ad un copioso getto d’acqua, salente da sabbia pure ricca di elementi d’Adige. Tuttavia, per essere scrupoloso, devo avvertire: 1° che l’ insenatura di Garda, colla sua piana ed acqui- trinosa estensione intermorenica di est, detta Risaie, ha tutta la forma che accusa 1’ antica valle d’Adige, così come il golfo di Salò accenna a quella del Chiese; 2° che era ben difficile che torbide atesine, provenienti da Riva, doppiando il capo di S. Vigilio, potessero depositarsi a Garda; 16 K. MCOl.IS 3° che invece i territori di Garda e di Bardolino erano il passaggio necessario di un torrente, cadente da Alpiano-Rivoli in direzione dell’ attuale conca benacense, essendo il terreno privo delle attuali alture moreniche. Volendo dir tutto, dobbiamo por dinanzi la circostanza che sabbie ad elementi d’Adige, e se vuoisi anche di Sarca, benché in minor proporzione, ma non così profonde, si potrebbero spiegare pol- lo sfacelo delle morene, portatovi dai torrenti delle valli Sorda e Tesina, come pure dai displuvi di Costermano. Da Dogana Rivoli adunque, la libera fiumana preglaciale ed anco fluvio-glaciale, nel periodo o nei periodi interglaciali, si avvicinava a Garda ed a Bardolino, donde vagando largamente da ovest ad est assieme al Sarca, riprendeva attraverso Peschiera — dove appunto una terebrazione del Piana s’imbatteva, a m. 22 dalla superficie, in sabbia ricca degli elementi pesanti, che sono tipici per le sabbie d’Adige — il suo fatale cammino a sud, chiamatavi dal grande collettore. L’esteso e declive talus che ne formava il letto, a sud del lago ed oltre l’attuale Peschiera, non era che la dejezione della stessa corrente, il suo greto, il suo apparecchio fluviale, risultante ora profondamente e largamente inciso dall’ emissario del Garda (l) il quale « Tosto che T acqua a correr mette co’ « Non più Benaco, ma Mincio si chiama u Fino a Governo dove cade in Po ». Detto emissario, con portata, pendenza ed altimetria ben diversa del modesto Mincio attivo, dovette farsi strada fra i clastici depositi non suoi, stabilendovi l’alveo che comincia a Pozzolo — subito sotto la morena dell’ ultima estensione glaciale — s’ allarga a Goito e scende a Mantova, ove ricetta quel lago artificiale; alveo descritto dal Paglia, largo fino km. 8, basso circa m. 14, e, come si disse, scavato nel diluvium atesino. I materiali litici costituenti questo grande talus , o cono di dejezione che dir si voglia, da Marmirolo-Goito, procedendo ad ovest fino alla riva sinistra del corso vivo del Chiese, offrono i seguenti risultati: (>) Benacus lacus Venetiae de quo fluvius nascitur mincius (Aen. Virg.). SUGLI ANTICHI COKSI DEL FIUME ADIGE 17 1°. A Marcelletti, fra Marmirolo e Goito, il fondo di una cava di ghiaia a m. 4,50, sotto un sottile strato di terriccio fer- rettizzato diede, nella parte sabbiosa ottenuta per stacciatura, una miscela degli elementi d’Adige e Sarca. 2°. Al cimitero di Goito, sull’ altipiano, a m. 5 sopra il fondo della valle del Mincio, la parte sabbiosa, fra la ghiaia pre- valentemente calcare, accenna chiaramente alla sua natura mista d’Adige e Sarca. 3°. Alla stazione di Cerlongo, a m. 1 di profondità, sta una ghiaia in parte cementata con sabbia abbondante; in questa sono copiosi gli elementi d’Adige. 4°. Alla Madonnina, ad un chilometro e mezzo da Volta, sotto il ferretto, riscontrai una ghiaietta fina con molta sabbia, che diede misti gli elementi dell’Adige e del Sarca attuali. 5°. A Foresto, distante 3 km. circa da Guidizzolo, a m. 2 sotto il ferretto della superficie, havvi ghiaia fina con molta parte sabbiosa, composta in prevalenza di materiali provenienti dal ba- cino dell’Adige. 6°. A Guidizzolo, a m. 2 dal suolo ferrettizzato, come la precedente. 7°. A S. Damaso di Medole, sabbia che presenta misti i suoi componenti, riferibili, per l’origine, al Sarca ed all’Adige. 8°. A Medole, a un chilometro da Castiglione delle Si- viere, gli elementi d’Adige sono presenti, ma sembrano più scarsi che nelle precedenti, mentre vi sono più abbondanti quelli di Sarca. 9°. A metà strada fra Medole e Carpenedolo, terra argil- losa-sabbiosa alterata, in cui compaiono misti gli elementi d’Adige e di Sarca. 10°. Ad un chilometro e mezzo prima di arrivare a Carpe- nedolo da Medole, ghiaia mista a sabbia ; in questa dominano i calcari, ma vi sono presenti, benché più scarsi del solito, gli ele- menti d’Adige. 11°. Vicinissimo a Carpenedolo, sabbia più povera di ele- menti pesanti ; scarsi quelli riferibili con sicurezza a materiali d’Adige; probabilmente una miscela. 12°. Alla Madonna, fra Carpenedolo e Montechiari, vi domi- nano i calcari azzurro-cinerei cupi, caratteristici del Chiese; tut- 2 18 E. MCuLIS tavia si potrebbe, per alcuni motivi, sospettare una miscela, forse per rimaneggiamento, con scarso materiale dell'Adige-Sarca. 13° Ghiaie di Castenedolo, materiali del Chiese affatto tipici e caratteristici. E con ciò troviamo confermate le induzioni teoriche. La vagante confluenza o 1' avviarsi dell’Adige e dell’Adige- Sarca in Po, già intravista dal prof. Omboni nella sua opera : Le nostre Alpi e la pianura del Po , resterebbe dimostrata dallo studio fatto dall’ Artini dei materiali estratti dai seguenti pozzi, in località ben significanti. Pozzo di piazza Dante a Mantova; fino a m. 76 di profon- dità, sabbie con abbondante augite e tutti i caratteri dei materiali Adige-Sarca. Dai m. 76 ai 91, sabbia di aspetto completamente diverso, costituita con sicurezza dai materiali di Po. Dai m. 91 in giù, miscele ed alternazione delle due qualità di sabbia. Lo stesso petrografo, esaminando le sabbie estratte dal re- centissimo pozzo di Ostiglia, profondo m. 126, constatava che gli elementi principali che le costituiscono sono dovuti sicuramente a sabbie di Po ; ma è notevole la presenza costante, in copia degna di considerazione, di quell’ augite verde-bottiglia, che è uno dei più tipici elementi dell’Adige. Pare evidente trattarsi di una miscela. Pozzo di Sustinente, fondo Poletto (sud di Villimpenta) ; a m. 43,25, sabbie di Po prevalenti, con probabile miscela d'Adige. Pozzo di Casaleone Fazzabella, podere Poggi (a nord del corso vivo del Po), a m. 18, sabbie di color freddo ; comparsa anche di elementi dell’Adige, nei quali non si può escludere miscela di Po in tenue proporzione. Pozzo di Legnago, contrada Mura; da m. 100 a 109 di pro- fondità, sabbia grigia con aspetto diverso dalle consuete d’Adige e che mineralogicamente si mostra costituita da una miscela con gli elementi di Po; questi però molto subordinati. Pozzo di Carbonara di Po (Bottura, a sud di Bergantino), lungo il corso attivo del Po ; a m. 22 dal suolo, si ebbe una sabbia di color grigio, composta esclusivamente di elementi dell’Adige, non ostante 1’ aspetto macroscopico poco caratteristico ; e da m. 26 a 30,50, una sabbia con lo stesso aspetto generale della precedente, ma nella quale gli elementi d’Adige sono tipici ed abbondante- mente mescolati a quelli di Po. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 19 Importanti spostamenti a nord dei corsi o delle allagazioni di Po, li abbiamo già notati a Legnago ; ora li troviamo all’altezza di Roverchiara, ove quel pozzo, perforato dal Piana, diede, da m. 31 a 36 di profondità, sabbia con soli elementi dell’Adige, e da m. 39 a 40, altra sabbia contenente invece, benché accessori affatto e scarsi, anche elementi di Po. Così pure il pozzo di Moliuella, a sud di Lendinara, forava da m. 32 a 33 d. s., una miscela di sabbie di Po e dell’Adige; mentre superiormente, a m. 25, incon- travasi sola sabbia dell’Adige. Ed a Pelizzara di Rovigo, a m. 11, pure una sabbietta fina e grigia è composta di una miscela degli elementi dei due fiumi egualmente caratteristici ('). Fase glaciale. — L’ idrografia atesina alluviale, che è presso a poco l’odierna, e della quale ci occuperemo nei successivi capi- toli, ebbe la sua determinante ed il suo indirizzo dai fiumi o rami di fiume retici agghiacciati, diffusi, rigonfi, sollevati ed espansi, — al- lacciati fra loro dove la forma del terreno lo consentiva — del pe- riodo neoglaciale; rami od apofìsi di ghiaccio scaricanti barriere che, come quelle formanti l’anfiteatro di Rivoli, separarono stabil- mente l’Adige dal Sarca ; fiumi agghiacciati che seminarono la loro via di pietre miliari, palesanti il loro centro di diffusione o di partenza. Egli è adunque, esprimendoci con semplicità, che un ultimo Adige allo stato solido, celante il corso liquido che gli scappava per di sotto, dal M. Pastello-Ceraino si estendeva a destra, fra Dogana e M. Pipalo, circondando e levigando M. Castello, per di- latarsi a Rivoli e radunarvi semicircolarmente morene, a contatto di quelle del Sarca, pure agghiacciato. Volgeva quindi a sinistra, giù da Gajun, per abbracciare la collina di Montindon (sud di S. Ambrogio) e toccare Corrubbio-Cedrare (est di Pescantina), nel tempo che sulla destra deponeva la sua morena mediana, divi- soria dal ramo del Sarca o Garda, la quale, a guisa di bastione, scende a Colombare, presso Bussolengo. Senza più oltre descrivere il paesaggio che offriva lo scorcio dell’epoca diluviale, basterà accennarne qui gli effetti dal punto (J) Questo Po era arcaico, sapendosi perfettamente che, nell’epoca ro- mana, il suo corso corrispondeva all’ odierno. Ilostilia vicus alluitur Paio. Plinio, Postilla vicus veronensium. . . inter P aduni-, et Paludes tartari flu- minis. (Tacito, Ann.). 20 E NICOLIS di vista idraulico, toccando per tal modo 1' argomento da un lato non trattato dagli autori che ci precedettero. Imperocché, nel tempo che il nuovo semicerchio morenico di Rivoli costringeva l’ Adige a gonfiarsi ed a formare ivi quell’ espansione a lago, le cui sabbie e limo si riconoscono perfettamente identiche a tutte quelle dell’Adige attuale, sebbene si trovino a m. 80 sopra il pelo normale, l’ala di nord della stessa improvvisata barriera, causava analogo fenomeno nella valle del Tasso. Di fatto la mo- rena detta Yegri Spiniel — che divide nella stessa valle la facies di alterazione e di ferrettizzazione da quella di agghiacciamento — determinava importanti migrazioni idrografiche, implicanti 1' eco- nomia dell’ Adige : 1°, perchè era diga, a tutte le acque scendenti, la sinclinale del Baldo meridionale, il torrente Tasso compreso, spingendole ad ovest e causando così il lago intermorenico di Caprino ; 2°, perchè, prima dello sbarramento, le stesse acque influi- vano nel recipiente vicino a Rivoli, per scorrere da questo punto in poi, come si argomentava innanzi, in valle Sarca-Adige, confuse con le altre scaricantesi dal bacino retico. Il lago glaciale di Caprino ebbe 1’ emissario diretto per la valle del Tasso e, nel suo tronco inferiore, accoglieva in comune letto anche quello del lago di Rivoli, scendente dall’alveo di Pe- rara, Caselle, Osteria vecchia, Camporeggio e Gesso (sud di Rivoli), per immettere nel ramo, già dalle stesse emugnenti predisposto, diventato poscia Adige. E più tardi, 1’ altipiano Le Molle, fra il Tasso, l’Adige ed il paesello di Ponton — altipiano che è una classica riproduzione delle alluvioni glaciali dei bassi terrazzi del nord delle Alpi, e che corrisponde a quello di sud del Benaco — tenne divisi gli emis- sari dei citati laghi gemelli, per poi riunirli a Gesso (nord-ovest di Ponton) a confondere le loro acque con quelle del collettore. Intanto la nostra fiumana aveva non solo comune il regime e P indirizzo col suo gigantesco cappello di ghiaccio — così elevato che trovai recentemente alla Malga di Perobia in valle di S. Va- lentino, nord-est di Ala, a circa 1200 m., indiscutibili, testimoni dell’ insidenza di un braccio del ghiacciaio d’Adige — ma anche la distribuzione dei materiali, che toglieVa alle morene profonde e terminali, a seconda dell’estensione, della sosta o del regresso del SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 21 ghiacciaio stesso, dalla cui bocca o porta, sgorgando poi ad alto livello, con variata, ma forte pendenza, errava, senza stabile as- sestamento, nella ricolma valle, riescavandola e trasportandone 1’ incoerente materiale. Si imbatteva quindi, con probabilità, nel colle di Pastrengo, che sospettiamo essere solo mascherato da mo- rena, il quale l’ avrebbe repulsa ad oriente, fino alle falde del con- trafforte eocenico di Parona; e questo, nuovo e più efficace repel- lente, l’avrebbe risospinta a mezzodì. Così, un momento della storia e dei percorsi dell’Adige, vien desunto dai bene conservati documenti del glaciale recente (dilu- vium superiore) ; i quali alterarono la regione, mutandone il regime idrografico, col portare definitivamente il nostro fiume nella pia- nura veneta autonomo, senza impedire tuttavia che le sue allaga- zioni straordinarie raggiungessero quelle del Po, o le allagazioni e divagazioni di questo, si confondessero con le prime. Ora, prima di congetturare intorno ai ramificati, liberi corsi del vagante Adige alluviale sull’ alta e media pianura, cioè nel declive piano quaternario antico, entro al quale, per stabilire il suo novello regime dovea alla fin fine, dopo chi sa quanti tenta- tivi e 'deviazioni, largamente incassarsi, soffermiamoci per poco ancora nella valle prealpina, fin sopra la Chiusa, per interpretare notevoli avvenimenti del più recente periodo diluviale. Colà le condizioni di pendenza, di gonfiamento e di livello, ben diverse da quelle contemporanee, fecero assumere alla corrente atesina poderosa forza erosiva e tale, che vinse o terminò di vin- cere quella resistente barriera, la quale, sebben sfondata, mantiene il nome di Chiusa e che costituisce le falde liasiche di ovest del Pastello (J). Queste restarono non solo incise, ma anche franarono, 0 I signori Avanzi e Pellegrini discussero nel 1880 sulla età dell’aper- tura della Chiusa di Ceraino, e che sia preglaciale, con quest’ultimo, opinava anche il prof. Taramelli, avendo osservato il M. Rocca arrotondato e lembi di alluvione internati in vari punti della stessa Chiusa. 1 nostri criteri e la frana posta allo scoperto a Domejara, a valle della Chiusa, fatto questo allora ignoto, ci inducono a ritenere che l’Adige for- zasse ivi il suo passaggio, verso la fine dell’ epoca diluviale, non ostando che le acque del nuovo tronco atesino, furiosamente incidendo e percuotendo la barriera rocciosa, arrotondassero M. Rocca e deponessero negli anfratti dello ognor più eroso sprone pastelliano, gli elementi solidi che travolgeva. 22 E. NICOLTS facendo, si capisce, in tal modo balzar fuori, a mezzodì, nna ca- scata od una rapida. Ciò venne posto in luce nello scavo per la fondazione dell’arma- mento del binario del tronco ferroviario in trincea, che da Domejara entra nella valle del Tasso, per poi proseguire a Caprino. Mezzo chi- lometro a sud della Chiusa e della morena, o roccia ammantata da morena, che separa il ristretto fondo di valle dell’Adige dall’alti- piano di Rivoli, a poca profondità sotto il terriccio del colto, e sotto un banco di ghiaia e sabbia, potente circa m. 1, che lo sostiene, giacciono sepolti numerosi massi irregolari e grandiosi, in larga distesa, alcuni del volume di parecchi metri cubi; non si mo- strano nè arrotondati nè levigati, ma solo appena smussati, ciò che significerebbe lo scivolamento e il franamento da luogo vicino ; cir- costanza questa convalidata anche litologicamente, imperocché nella loro maggior parte constano di roccia oolitica e di calcari del lias e rari di dolomite, che è quanto dire provenienti da roccie in posto alla Chiusa. Va notato che banchi oolitici, petrograficamente e stratigrafi- camente equivalenti ai citati massi, affiorano anche sotto corrente della Chiusa e a Domejara; ma non sapremmo spiegare la frana late- rale. All’ incontro, tutto dimostrerebbe che rotolarono dalle alture di M. Pipalo, Rocca, Ceraino ecc. ; insomma dalla massa, ora so- luta, che doveva collegare M. Pastello con gli speroni del ver- sante orientale baldense, non essendo verosimile siano passati dalla stretta della Chiusa, allora veramente chiusa, o certo assai meno aperta. Completando l’osservazione, è duopo far conoscere che, se la frana di Domejara ha grande analogia con quella dei Fusi in valle S. Valentino presso Ala, colle Marocche e con gli scoscendimenti che nel fianco u Di qua da Trento l’Adige percosse « 0 per tremuoto o per sostegno manco, « Che da cima del monte onde si mosse « Al piano è sì la roccia discoscesa u Ch’ alcuna via darebbe a chi su fosse » ; la distribuzione dei massi che la compongono è diversa, in questa, cantata dal divino poeta ; ed in quella ai Fusi, tali massi risultano accumulati e distribuiti a ventaglio quale conoide, dinotando chia- SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 23 ramente lo scivolamento laterale ; le marocche ed i massi di Do- mejara specialmente, formano una distesa orizzontale che lascia supporre 1’ obbedienza alla legge dell’ equilibrio dei corpi pesanti, travolti e trascinati da acque impetuosamente ed eccezionalmente prorompenti. Volendosi mantenere il filo cronologico, prima di chiudere il capitolo dell’Adige diluviale, non riescili, del tutto inutile argo- mentare sul ceppo che, a differenti livelli, accompagna la valle dell’Adige, da S. Ambrogio alla Chiusa. Lenti e blocchi conglo- meratici,. a componenti in maggior parte alpini, rialzati a monte, si vedono alla contrada Bella, di fronte a Poi, alle Colombare, alla Sega (nord ed ovest di Ponton), ed in molti altri luoghi. Alle volte il ceppo mostrasi cementato in posto, perchè sottostante a letti di torrentelli, od in causa dell’azione chimica delle acque dell’Adige ; tal fiata invece vi giace sulle rive in grossi fram- menti caduti dall’ alto. Non si presenta in continua formazione cui si possa accordare valore stratigrafico. Un profilo fatto dall’ing. Vittorio G-ini alla Sega, nell’occasione degli scavi per l’irrigazione dell’Agro Veronese, diede i seguenti risultati : a m. 7 sotto la superficie del basso terrazzo, che corrisponde a m. 5 sopra il pelo di massima magra dell’Adige, incontravasi il conglomerato, spesso m. 0,60, con qualche frammento indeterminabile di ossa, e vi sottoincombeva uno strato di m. 0,50 di argilla. Seguiva in basso uno strato di ghiaia prevalentemente calcare, della potenza verticale di m. 3 e, più in giù, altri ban- chi della stessa, per lo spessore di alcuni metri e con alterna- zioni di letti ceppoidi, ad elementi porfirici, grossi da m. 0,60 a m. 1. La pendenza generale dei suddetti banchi di conglomerato essendo leggermente ad oriente, potrebbesi arguire trattarsi di talus fluvio-glaciale o di sfacelo morenico della morena mediana Garda-Adige. Discontinue, così nello spessore verticale come nella esten- sione orizzontale, sono le lenti di conglomerato che si riscontrano denudate e sporgenti dalle morene — perchè meglio resistenti alla erosione — nei burroni sulla destra d’Adige, da Ponton al monte Rocca. Va rimarcata inoltre una regolare banda di ceppo, appicci- cata ai versanti della valle e sporgente su essa a guisa di gronda. È a lunghi tratti parallela nei due versanti, o tale riuscirebbe nella 24 E. MCOLIS sua prolungazione ; consta quasi completamente di ciottoli cristal- lini, e non ne trovammo di marcatamente striati, fom’anco perchè male si prestano all’ impressione. La gronda sinistra si mostra sotto la Groletta (vicino alla stazione di Domejara) a circa m. 50 sopra il livello medio del- l’Adige e, proseguendo a nord, continua regolarmente a salire fino alla valle Ciapon, sopra Volargne, raggiungendo m. 120 sopra il fiume stesso e formando a Scaluccie, presso la Fontana, un pic- colo terrazzo che trova riscontro dirimpetto, in quello opposto nella valle del Tasso. Sulla destra la gronda è a m. 70 sopra l'Adige, nella forra di vai Grossa, ed a m. 100 fino a 120 lungo la stessa linea a M. Alto di Sotto, ove pure (m. 208 s. m.) havvi l'altipiano ter- razzato di riscontro al suddetto di Scaluccie. 11 ceppo di M. Alto di Sopra e M. Alto di Sotto corrisponde a quello di faccia, lungo la parete della valle del Tasso, che va pure abbassandosi a mezzodì, fino a Casa Fontanelle sotto C. Gesso. Era opportuno ragguagliare il lettore sopra queste sporgenze parallele, visibili anche da lontano, onde arrivare alle seguenti in- duzioni, se non del tutto esaurienti stratigraficamente, nulladimeno illustranti il tema idrografico: 1°, queste striscie o bande potrebbero essere reliquie del- l'eroso ed esportato letto Adige-Tasso, elevato fino a m. 120 in più dell’attuale, se non trovassimo a monte V altipiano di Rivoli (m. 195 s. m.) più basso, cioè alto solo da m. 80 a 90 sopra l’Adige ; 2°, il terrazzamento di Scaluccie e di monte Alto di Sotto (m. 208 s. m.) potrebbe essere stato prodotto dalla fiumana che usciva dalla bocca del ghiacciaio, se questa era al livello, o quasi, della morena che si sviluppa da M. Rocca (m. 263 s. m.), la quale in parte s’appoggia al M. La Mesa (m. 314) e finisce sul M. Pi- palo (m. 297). Anche in questo caso le sporgenze ceppoidi in di- scussione, contraddistinguerebbero il transitorio letto della corrente di disgelo, con pendenza assai maggiore dell’ attuale fondo di valle ; 3°, per ritenere differentemente, non resta che immagi- nare che le linee conglomeratiche rappresentino il materiale rac- colto ed abbandonato dai fianchi del ramo del ghiacciaio ; ma an- che questa congettura non mi lascia completamente persuaso e SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 25 se dovessi obbiettarla direi : che una delle pareti è morenica e che i ciottoli impressionati non si constatarono finora in modo sicuro. In quanto all’età, osserviamo che queste striscie e gli altri filoni e lenti di conglomerato sono freschi e non offrono traccia di alterazione ('). Proseguendo nello sviluppo del tema ci limiteremo a fornire, nei successivi capitoli, relativamente ai terrazzi, i soli dati che lasciano arguire intorno alle oscillazioni di livello e di pendenza del fiume nella sua massima fase erodente, notando intanto che i regolari scaglioni di Rivoli istruiscono della potenza incisiva nel suo graduato inalvearsi entro la Chiusa ; il più alto gradino della lunata di Rivoli essendo a m. 188 s. m. ed il corso vivo atesino circa a m. 100. (*) Riguardo all’ accordare valore stratigrafìco e cronologico ai banchi, ai nuclei ed alle lenti ceppoidi, dopo 1’ esposta discussione di quelli riscon- trati lungo i versanti di valle d’Adige, subito sotto alla Chiusa, aggiungiamo che ebbimo da lunghi anni, e costantemente, occasione di osservare scavi e sezioni in tutte le formazioni ghiaiose, anche seguendo il lavoro dell’eroga- zione dell’ acqua dell’Adige a Gajun, per i canali d’ irrigazione dell’alta pia- nura veronese; e ci siamo persuasi che i lembi di ceppo sono sparsi in tutti i terreni diluviali, morene comprese, ed in quelli di età alluviale, senza alcuna legge di distinzione, eccetto quella di formare sovente il substrato agli alvei antichi, magari pareggiati e moderni. Ciò ben sanno i praticis- simi cavatori di ghiaia che, quando meno se lo attendono, incontrano il te- muto toar (ceppo) e devono pertanto abbandonare quel lavoro. Anzi mi ri- cordo che chiesto di consiglio da un progettista del suaccennato grandioso lavoro, sulla probabilità di dover scavare canali nel ceppo, previdi che era da attendersi d’ incontrarlo, come lo si incontrò, nel sottosuolo del relitto corso del Tasso, e nelle morene di Poi, sotto i borri corrispondenti agli instabili letti di scarico delle acque superficiali. Ed appunto a Poi, ove un’ ampia e lunga galleria sventra i terreni glaciale e fluvio-glaciale, il conglomerato addimostrava la sua genesi chimica, col mezzo dell’acqua d’ infiltrazione, ma punto la sua continuità. Facciamo osservare inoltre che il ceppo si forma anche sotto i nostri occhi, lungo le sponde ghiaiose e ciottolose dell’Adige e che anzi ne forma, come guscio, 1’ alveo. Notiamo per ultimo che la cementazione del letto del- l’Adige, dove risulta incassato e dove porta ghiaia, mantiene separate, persino a pochi centimetri di distanza, le acque del fiume da quelle freatiche, sempre in dislivello dalle prime. 26 E. N1C0LIS III. Idrografìa di transizione dal periodo diluviale a quello allu viale. Sommario. — Dossi, loro genesi, età e distribuzione. Divagazioni a mezzodì dei corsi dell’ Adige. Nomenclatura idrologicamente espressiva. Scoperte paletnologiche ed archeologiche. Credo sia questo il momento per discorrere intorno ai dossi della media e bassa pianura, la cui formazione già da tempo resi nota. Dossi nel veronese, Motto o Motta nel vicentino e Dune nel padovano, appellansi i monticoli di sabbia, talora con ciottolini, elevati da m. 2 a m. 10 dal suolo e sterilissimi. I dossi hanno spesso forma circolare od ellittica e, quando non restano divisi, presentansi coll’aspetto di argini rimaneggiati, a larghissima base e lunghi un centinaio e più di metri. La sabbia che li costituisce non è alterata ; solo, quando risulta umida, mostrasi leggermente arrossata fino a m. 1 dal suolo, sfumando in ondulazioni e propaggini con quella, più in basso, fresca e cruda, come fosse stata deposta ieri dal fiume. L’assieme manca di stratificazione e, salvo qualche piccola concrezione, mantiensi sciolto ; fossili non ne esistono punto. Molti dossi nelle plaghe irrigatorie vennero o vengono spianati, sic- come a Bragagnani, vicino a Villafontana, dove il piano, in diuturna conquista, viene utilmente impratito o ridotto a risaja. Ricostruendo idealmente quanto venne tolto da tale apparato, non possiamo considerarlo che residuo di vergini argini di infre- nate fiumane vaganti e spesso in stato di escrescenza, avendo con- statato in parecchi 1’ applicazione della legge di distribuzione dei materiali fluitati dall’ acqua. Ed è ciò così vero, che nei dintorni del Vailese, di Villafontana, di Campolongo ecc. trovammo sparsi nelle sabbie dei ciottoletti i quali, nei rialzi presso Settino del Vailese, assumono anche il volume di ciottoli; forse perchè Settino è il punto, a monte, prossimo all’ultima zona di superficiale di- stribuzione ghiajosa dell’Adige preterrazziano. Quivi vicino, il piano diluviale è sottoposto m. 7 dalla sommità dei dossi, lo che si può rilevare dalla fossa prossima, che è incassata nel diluvium, ed il cui materiale scavato restò addossato ai monticoli sabbiosi. SOGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 27 I dossi di Campalto (gruppo di Villafontana) hanno, ecce- zionalmente, il substrato cretoso, compatto e sono nominati perciò dossi della Crèa. Seguendo il nostro modo di vedere sull’origine dei dossi, ci riesce facile di tracciare le divagazioni della, o delle fiumane ate- sine, in questa fase transitoria che ne precedette la definitiva evo- luzione ; perchè abbiamo sempre da fare con sabbie dell’ Adige che, così rialzate, fiancheggiano le supposte sue emigrazioni sul piano diluviale. In questa credenza ci manteniamo, anche confor- tati dall’osservazione sui dossi rispettati o poco rimaneggiati, che risultano in gran parte distesi sopra e lungo la destra delle valli ora parzialmente occupate dai fiumi di risultiva, i maggiori dei quali sono Tartaro, Menago e Bussò. A destra dell’ Adige vivo, la maggior parte dei dossi s’ in- nalza adunque sul vasto tratto di pianura che da m. 28 scende a m. 15 s. m. ; e sembra che la loro deposizione cominciasse là dove, allora, il fiume cessava di portare materiale grossolano. Ed a sinistra, a Minerbe e vicino a Lonigo, in causa di lavori agri- coli, vennero scoperti, sotto le ultime alluvioni dei locali torren- telli, monticoli di sabbia d’Adige, a forma di dune, con la super- ficie dentellata a piccole piramidi, causate o dall’ alterazione, o da piccoli nuclei di sabbia agglutinata, che restarono poi al loro vertice. Il dosso o duna sepolta alla Madonna di Lonigo, posta all’ aprico dai sabbionai, mostra, con veli cementati della stessa sabbia, le sue zone d’accrescimento. Invece dossi subarei e rilievi longitudinali di sabbie fresche dell’Adige, spesso fiancheggianti sabbie alterate e rubifìcate, distese sul piano, si incontrano a Villaraspa (ovest di Lonigo), a S. Marina di Lonigo, a Baldaria di Cologna (!), a nord e ad est di Spessa (sud di Alonte) come pure a S. Gregorio di Cucca, presso Ospe- daletto Euganeo, a sud di Este ecc. (*) Il dosso di Baldaria di Cologna è formato da sabbia d’ Adige alte- rata ed invece il suolo del circostante territorio colognese, dal quale il dosso emerge, è costituito dalle opime alluvioni fine del Guà, che lo rendono fera- cissimo. Qual differenza fra le sterili sabbie atesine della superficie di Cucca colognese e la contigua fanghiglia del Guà ! Il rinomato frumento da semina di Cologna deve alle deposizioni del Guà il suo rigoglio ; ed è così delle de- posizioni di Brenta, che dànno ottimo vino, mentre invece sterili sono i depo- siti del Bacchigliene. Egli è perciò che in massima le stime dei fondi e la 28 E. NIC0L1S È utile rimarcare, riguardo al lavoro di rimaneggiamento su- perficiale operato dal nostro fiume, che qualche cosa di simile, per la forma del terreno, si presenta nell' alto piano, specialmente nella Spianata compresa fra le terrazze di Chievo, Crocebianca, S. Massimo e Porta Nuova di Verona, ove lunghi e curvi rialzi di ghiarone segnano i tentativi d’ inalveamento a larghe solcature. Senonchè questi sono costituzionali e formano un assieme col sot- tosuolo, dal quale non sono separabili ; al contrario dei dossi di sabbia in esame, che compongonsi di deposizioni posteriori alla costituzione del piano sul quale vennero riportati. L’età dei dossi sabbiosi ci sembra chiara; al Vallese (nord di Isola della Scala) riescono terrazzati, in un alle ghiaje diluviali che li sopportano, dalla larga valle dell’ Adige, ora anche sede del Bussò e di altre risultive; quelli di Settino-Feniletto, dalla stessa valle, mostransi piuttosto tagliati che incisi. La valle del Menago dimezza i dossi di Campolongo (sud di Villafontana), ed altrettanto dicasi di altri, per effetto della valle del Tartaro. Di guisa che i dossi, compimento e coronamento discordante del di- luvium, col quale ebbero comune l’ incisione, si possono senz’ altro ritenere postdiluviali e preterrazziani, considerando l’ incisione ed il terrazzamento come diagnostico cronologico. Altri dati cronolo- gici ausiliari vengono forniti dalla circostanza che entro essi trovaronsi suppellettili delle epoche dall’età neolitica, fino al periodo longobardo, essendo specialmente celebri quelli a sud di Este, na- scondenti i classici avanzi della civiltà euganea. I superstiti dossi nella media e bassa pianura veronese, che fu, in questo intermezzo di tempo, il teatro delle evoluzioni di un Adige scorrente sul piano diluviale, risultano geograficamente di- stribuiti in gruppi seguenti le principali valli, ora guidanti i fiumi di risultiva generati dai fontanili ; valli che riteniamo ripetere la loro origine dai rami del nostro fiume, marmante incirca da nord a classificazione catastale dovrebbero ben giovarsi dello studio dell’idrografia an- tica, dalla quale non potrebbe certo prescindere la carta agronomica che è da sperarsi possa venire rilevata in tempo non lontano. II sottosuolo di Baldaria da m. 2,50 a 3 di profondità, e vuoisi per grande estensione, consta di sabbie dell’Adige dette marine. Nello sterro profondo, fatto ora per trasportare a mattina di Cologna il corso del Guà, si scoprirono treccie di selce, cimelii romani, ecc. Un complesso cioè di suppellettile che accenna a rimestamenti. SUGLI ANTICHI CORSI- DEL FIUME ADIGE 29 sud, quando ancora mescolava parte delle sue piene con quelle, del massimo collettore padano, pure migrante da sud a nord. Dossi vicini al Tartaro, da monte a valle, sono : Baldoni ; Ca- sotto ; D’ Oltra ; C. Parecchi ; gruppo d’ Isola della Scala ; Palazzina ; S. Agata di Nogara; Campalano di Nogara; Montalto di Nogara; Dossetto; Brancon di Nogara; Caselle a sud di Nogara; fra No- gara e Roncanova, fondo Libanti ; Roncanova Olmo ecc. Dossi vicini al Menago, da monte a valle, si trovano : a nord di Circomano ; alla Bassa ed a Caselle, a nord di Casalbergo ; gruppo di Villafontana ; ai Casotti ; a Campolongo ; C. S. Zen ; Tarmassia ; Casette ; Baldoni di Bovolone ; gruppo di Bovolone ; gruppo di Con- camarise; Isolella; Isoletta; Isolana; Campagnan; ecc. Dossi vicini al Bussò, da monte a valle: Feniletto del Vallese; Settino ; gruppo di Bragagnani ; Campagnon ; Casotton ; da Oppeano ad Isola Rizza; Cà degli Oppi; Cà del Ferro; Croce rossa; ecc. Dossi alla sinistra dell’ Adige : Cremoline ; Villa Raspa a nord di Volpino; Michelorie; Coriano; Minerbe; Montorion di Stopaz- zole; Pavarano di Lonigo; Baldaria e Spessa di Cologna; ecc. Già ebbi occasione di affermare che nel motivo e costituzione dei dossi ravviserei l’energia, ora accumulante ed ora escavatrice, della quaternaria fiumana preterrazziana, prorompente e torbida, libera- mente vagante e ramificata per buona parte in direzione dell’ al- topiano, cioè sovra una pianura recente ed in lenta e continua depressione a valle ; ma il dubbio espresso che trattisi invece di dune marine, risospinte dal mare o dal vento in terra, magari a di- stanza — anche perchè i depositi d’ inondazione, per risultare così spessi, dovrebbero essere sovrapposti l’un l’altro e di conseguenza divisi da un velo di limo — merita serio esame e discussione. Sono tuttavia propenso a credere che non si debba vedere in questi monticoli, nè residui di antico letto di mare, nè sabbie deposte su bassi fondi marini, nè dune rincacciate in terra; e ciò anche per le seguenti ragioni: 1° che mancano del tutto i fossili marini; 2° che sono tutte sabbie dell’Adige; 3° che alcuni dossi (pur tenendo conto del materiale antico di scavo, posto loro accanto) meno degli altri discosti dal tronco che trasportava ghiaja, contengono filoncini di ghiajetta, o sparsi ciottolini, tutto materiale dell’ Adige ; 30 E. NICGLIS 4° che il limo che dovea lasciare ogni torbida nel suo de- crescere, venendo dilavato dalla piena successiva scomparve ; ed infine, che sono visibili lungo il letto attuale, o nell’ area di alla- gazioni storiche, banchi regolari di sabbione e sabbia, della potenza di alcuni metri, senza intercalazioni di limo. Di fatto, potenti banchi di solo puro e crudo sabbione li ab- biamo osservati — nell’ occasione della fondazione dei muraglioni e degli scavi per la fognatura — in parecchi punti di Verona, come per es. dietro 1’ abside di S. Anastasia, al Liceo, ai Filippini, lungo il corso di Porta Vittoria ecc. Isolotti di puro ed omogeneo sab- bione non stratificato, dello spessore di alcuni metri ed emer- genti dal pelo delle acque magre, non sono rari entro il letto at- tuale dell’ Adige. Nel tronco urbano, prima della costruzione dei muraglioni, era notissima l’ isola di sabbia, presso l’ Episcopio, detta Sabbionara, óve mantenevasi attivissimo il lavoro di escavo du- rante le magre. Un banco di sabbione d’Adige, mostrantesi dello spessore verticale di circa m. 5 — fin dove s’incontra il livello freatico — e che i sabbionai affermano potente altrettanto per di sotto e senza intercalazione di limo, si vede a Brancon di Nogara. Concluderemo ripetendo la nostra opinione, cioè che riteniamo essere i dossi, in massima e generalmente, il prodotto dell’ energia torrenziale della fiumana atesina. Veramente il fenomeno delle dune, non essendo collegato nella origine all’azione marina, si può altresì considerare quale un rimestamento eolico di depositi allu- vionali, verificato là dove le condizioni topografiche e la natura dei sedimenti gli permettevano di svolgersi. Ciò assodato, le no- stre conclusioni, corrispondenti ai fatti da noi constatati e valutati nella loro essenza, non escludono nè contraddicono che, su tratti delle nostra bassa regione priva di vegetazione, ove erano estese fine sabbie, durante un periodo climatico asciutto, il fenomeno eolico abbia potuto prodursi ('). (L Il dott. cav. G. Alberti gentilmente comunicavaci le osservazioni fatte in seguito alla rotta dell’Adige di Legnago nel 1882, e troviamo utile il riportarle, per il paragone del comportamento delle sedimentazioni delle ben più poderose allagazioni antiche in riguardo ai dossi. A Legnago, nel 1882, l’Adige squarciò i suoi argini poco sopra il molino Cristini e formò 4 cor- renti. Si crede che l’allagazione abbia, nei primi giorni, abbandonati pochi depositi e che gran parte delle sabbie si sia depositata 15 giorni dopo la SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 31 Anche in questo caso lo studio petrografico è di ausilio a quello fisico, perchè i materiali che compongono i dossi presentano una disformità di grana ed estrema ineguaglianza del diametro dei sin- goli grani ; constano poi di elementi dell’Adige o dell’Adige-Sarca, con prevalenza forse dei primi. Invece le sabbie costituenti la duna di Donada (fra Donada e taglio di Po, alta m. 6) e quella di S. Anna (fra Cavanella dell’Adige e Brondolo, alta m. 6), si rivelano una miscela d’elementi di Adige e di Po, e presentano grande uni- formità di grossezza con i granuli arrotondati. Maggiori ed istrut- tivi dettagli in argomento è d’uopo ricercarli nel già menzionato lavoro del prof. Artini. rotta, cioè durante la seconda piena. L’ area occupata dalla sabbia grossolana calcolasi fosse di un chilometro quadrato. Intorno a quest’area di sabbione, il cui spessore fu, al Palazzetto e a Corradini, di poco oltre m. 2, una seconda esten- sione circolare era costituita da sabbietta, grado grado all’ infuori, più fine e per ultimo, attorno attorno allargavasi una terza zona di fanghiglia detta lesso o lossa. La forma del terreno così ammantato risultava: 1° di dossi o rilievi differentemente modellati; 2° di escavazioni o buche del diametro di m. 10 a 14, con poca sabbia, ripiene di acqua stagnante ed orlate in rilievo dalla stessa sabbia; 8° di gorghi (acqua travenante dal basso in alto); 4° di acqui- trini, che si popolarono subito di canna palustre. Degna di nota è anche la circostanza che le sedimentazioni prodotte dalle rotte, diventano ben presto boscose e, come vedremo in seguito, le molte località prossime ai corsi antichi e moderni atesini, denominate Bosco e Ronchi (questi significanti boschi tagliati), rappresentano aree allagate dalle strari- panti. Quest’ ultima rotta di Legnago riesce istruttiva anche per altre conse- guenze; quivi verificaronsi, in tale occasione, deviazioni di corsi d’acqua su- periori; per es. la Nichesola deviò verso il cimitero di S. Pietro; le acque di Bussè, trovando al ponte Fior di Rosa l’alveo obstruito da sabbie, rigur- gitarono superiormente aumentando l’estensione delle acque stagnanti: egli è perciò da ritenersi che ad ogni importante escrescenza dell’Adige, restasse turbata l’economia degli influenti e dei corsi contigui alle nuove deposizioni. I dossi, o meglio i residui dei dossi di Trecenta, studiati dallo stesso Alberti, i più alti dei quali sono costituiti da sabbia grossolana e gli altri da terreno argilloso, stanno lateralmente ai gorghi o lungo la linea di loro conti- nuazione. I gorghi si trovano nella campagna, disposti in modo che, durante la piena dell’Adige del 1882, ognuno di essi rappresentava la direzione di una corrente ed i filoni maggiori correvano presso i gorghi più grandi, così bene disegnati sulla carta a 26/m. di Rovigo. Le correnti del 1882, evidentemente non erano che l’ultima edizione di correnti più antiche, passanti lungo la stessa via di Cavo Bentivoglio, Runci ed Occhiobello. 32 E. MCOLIS Il periodo idrografico in esame va caratterizzato per le con- tinue peregrinazioni dei corsi d’ acqua, per reciproche usurpazioni di alvei, appena sbozzati fra le principali correnti e per il rimu- tarsi delle chiamate nei nuovi diversivi, facilmente strozzati. Le de- viazioni del nostro fiume alpino, trascinante seco i confluenti, fu- rono l’ agente di un generale alluvionamento della bassa pianura, specie durante le straordinarie piene, allorché le esorbitanti torbide avevano maggior forza per fluitare in grande quantità i materiali solidi di piccola dimensione. È facile immaginarsi le importanti divagazioni, durante le escrescenze, che durerebbero ancora, se il fiume non fosse frenato e condotto dagli argini artificiali suoi e, straripando, anche dagli altri intersecanti il territorio. Valga l’e- sempio che l’Adige, nel 1882, dalla rotta di sinistra, a valle di Verona, avrebbe variato il suo corso, avviandosi alla volta di quello che teneva nella pianura euganea durante 1’ epoca atestino-romana, se non fosse stata la resistenza degli argini dell’Alpone. Dai depositi d’ inondazione contemporanei possiamo inferire la copiosità di quelli antichi, sebbene rimestati dall’ uomo, fino dalla sua prima comparsa, ed ognora manomessi vieppiù, di mano in mano che la sua mente acuivasi nello studio dei lavori agricoli. Adunque l’Adige, coi suoi ampi e rimutantisi letti, mantenen- dosi sul piano diluviale, a destra del tronco attivo, dalla regione del Vailese, sbalzava prima a sud verso Isola della Scala, poi, gra- datamente deviando ad Oriente, con importante ramo, volgeva su Oppeano ed Isola Rizza, nel tempo che, con straordinarie inonda- zioni, spingevasi ben più a mezzodì, fino al collettore padano, per- vie che, è da credersi, corrispondono agli odierni tracciati del Tar- taro, del Menago e del Bussò, lasciando, fra molte altre che ci- tiamo, indiscutibili orme a Salizzole di Bionde (sud di Bovolone), dove un pozzo scavato recentemente diede a m. 18,50 di profon- dità una sabbia che, nonostante il colore poco caratteristico, è com- posta di puro materiale dell’Adige. Così pure a Crosara di Brancon (sud di Nogara) a m. 7,50 di profondità, estraevasi una sabbia gri- gio-rossiccia chiara, in cui le parti pesanti sono riferibili esclusi- vamente a materiali dell’Adige. A Roncanova, presso Gazzo Veronese, a m. 2,50 dal suolo, bavvi una sabbia in tutto e per tutto conforme alle attuali dell’Adige. SUGLI ANTICHI COESI DEL FIUME ADIGE 83 A G-azzo Veronese un pozzo, a m. 18 dal suolo, offriva una sabbia di composizione mineralogica normale dell’Adige. A Selici di s. Pietro in Valle, a m. 12, ed a Palesella di Cerea da m. 15 a 17 d. s., si incontrarono sabbie del tutto simili a quelle dell’ Adige. In Villa Bartolomea-Brancaglia, a m. 19,55, ed alle valli di Villa Bartolomea, fondo S. Bonifacio, a m. 25 di profondità, i ri- spettivi pozzi diedero sabbie con elementi dell’Adige. Di fronte alle rimaste condizioni fisiche di questo basso ter- ritorio, l’uomo nominò le località nelle quali pose sede, con voci indicanti la loro ipsometria, nonché lo stato idrografico e litologico ; da ciò le espressive nomenclature di : Dossi ; Bagnoli ; Rivalunga ; Motta; Vallesine; Giara; Le Fontane; Vailese; Palù; Villafontana; Montagne; Baldoni; Isola; Palludari; Fontanelle; Cà del lago; Mon- tagnoli; Calcara; Guasti; Peschiera; ecc. Numerosi sono i luoghi detti Bosco, Boschi, Boschetti, ecc. da che le selve prosperarono e vennero per secoli rispettate, nella zona sabbiosa d’ inondazione e di allagazione. Il territorio lungo il basso corso dell’Adige lo tro- varono imboscato anche i Romani: Sive Padis ripis Athesim seu propter amoenum consurgunt geminae quercus intonsaque coelo adtollunt capita et sublimi vertice nutant. (Virgilio, Aev. lib. IX). Velocem Athesim pigrumque Mincium, quorum ripae torique passim quercus acernisque nemoribus vestiebantur. (Apollinare Sidonio) Un dato, per illazioni cronologiche, lo abbiamo nelle scoperte pai etnologiche ed archeologiche; tuttavia nel misurare il tempo tra- scorso dal loro seppellimento, che dovea essere, specie per le re- liquie umane, all’asciutto, sarà d'uopo di tener conto della posi- zione topografica perchè, si comprende, a monte i sepolcreti coevi riusciranno meno profondi che a valle: qui le forze esterne accu- mulano ; là, invece, la loro energia riesce denudante. Per lo appunto l’ idrografia arcaica è confermata dalle reliquie paletnologiche ed archeologiche trovate sepolte in questo territorio ; citiamo solo qualcuno dei molti rinvenimenti. A Fradelle di Tar- massia (est di Isola della Scala) a m. 0,40 sotto il terreno colti- 8 34 E. NICOLIS vato, il co. Guarienti ed il Mattinati rinvennero uno strato nero pieno di vasellame ed ossa, ricordo ancora intatto di una popola- zione preistorica, che avea qui dimorato ; sotto vi è il letto sab- bioso dell’Adige. Poco lungi trovarono, sopra le alluvioni atesine, un vaso di bronzo, due accette (paalstab) ed altri oggetti di guerra. Nelle citate sabbie d’Adige di Concamarise era nascosto uno stupendo coltello di selce grigia, come anche molte treccie, pure di selce, si trovarono nei campi sabbiosi di Sanguinetto. A Venera di Sanguinetto, alla profondità di m. 1,50, nel 1876, venne scoperto il più gran ammasso di monete romane del terzo secolo, che sia mai venuto alla luce, contenuto in due anfore della forma di quelle vinarie. Il prof. L. A. Milani calcola che il ripo- stiglio della Venera comprendesse originariamente, in cifra rotonda, ben 50000 nummi. Le monete contenute nelle due anfore sono tutte Antoniniani o frazioni dei medesimi. Rappresentavano pro- babilmente una cassa militare, sotterrata durante bellici avveni- menti, che forse potrebbero aver relazione con l’andata di Diocle- ziano in Pannonia. A Venera dovette sorgere qualche fabbricato romano, perchè molti altri oggetti vennero raccolti, fra cui laterizi con la marca: L M V N Primi A Casaleone, nel fondo Bertoli, detto Ghiacciaia, alla profon- dità di un metro, furono scavati in grande quantità embrici e tego- loni con la stessa marca; molte carra di laterizi, pure romani, pro- vennero dalla valle dello stesso Casaleone, vicino al Pascolo e rim- petto alla Carpania. Alla vicina Sustinenza, il Martinati, nel fondo Romanin Prà Novi, scopriva un sepolcreto romano. A Maccacari, nella cosidetta Pezza delle pignatte (olle) si trovarono cocci, ossa, selci lavorate ecc. Gran parte dei cimeli di queste provenienze sono esposti al Museo civico di Verona e si possono calcolare posteriori alle sab- bie depositate dall’Adige in questi dintorni. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 35 IV. Adige nella fase allindale antica. Sommario. — Primo incassarsi dell’Adige nel piano diluviale. Cause della mutazione del suo regime. Verisimile abbassamento e depressione della pianura veneta. Altri trovamenti archeologici ausiliari della cronologia. Probabile corso atesino fino alle valli Mocenighe. Supposizioni sul resto del tracciato fino alla foce. Prima di delineare i tracciati dell’ Adige nel periodo di storia classica tentiamo, se non di ripristinarli nei loro variabili confini, almeno di seguire con criteri sussidiari — quali sono i residui delle deposizioni fluviali e la forma del terreno — le larghe e libere loro divagazioni, dalla Chiusa, alla pianura limitata dai fon- tanili o risultive, ed ancora, ove queste, più copiose che non lo siano ora, si espandevano fino a tanto che il nostro collettore, o quello massimo padano, a seconda delle rispettive alterazioni di corsi, or qua or là, mescolavano alle proprie le loro acque. Intanto andava iniziandosi la più importante azione postgla- ciale del fiume, cioè il suo incassarsi nel diluvium, fino alla bassa pianura, nel tempo che su questa riportava le sue prime sedimen- tazioni. Le principali determinanti di tanta energia sarebbero state: 1° la nuova via apertasi; 2° il bisogno di mettersi in sesto e disporsi idraulicamente entro una massa di terreni convogliati sotto il regime diluviale più poderoso e ben diverso da quello in con- gettura; 3° il deprimersi e l’ abbassarsi del piano ad est-sud-est, che, aumentando la pendenza, esercitò maggior richiamo, fornendo maggior forza erosiva alla torrenziale fiumana; abbassamento ben noto e documentato nell’ adriate, nelle Valli Grandi veronesi ed in altri luoghi (1). (3) In Verona, durante i recenti scavi per la nuova fognatura che si col- lega alla difesa dalle inondazioni, per mezzo dei muraglioni, abbiamo, fra molte altre, rilevata in corso Cavour presso via Fratta, la seguente sezione sotto la conservatissima strada romana ivi profonda m. 1,60 e pavimentata da prismi basaltici: m. 0,40 di alluvione fluviatile grossolana non rimestata, so- vrapposta ad un banco, spesso m. 1.60, di terra nera, con residui d’ industria umana, tutto sopportato da un banco naturale di fresco sabbione d’Adige. 36 E. NICOLIS Certo non è facile registrare cronologicamente i bradisismi, le straordinarie vicissitudini meteoriche, i violenti cataclismi, nè spie- gare con quali forze le irruenti piene ostruirono corsi precedenti, ri- portando alluvioni su alluvioni, in larghe estensioni, nel trascorrer del tempo, dall’ultima ritirata glaciale all'epoca storica; tutti accidenti che fecero mutare repentinamente tante volte la direzione del fiume. I classici terrazzi da Rivoli fino a Parona, vicino a Verona, attraverso la ognor più incisa Chiusa, dànno lo schema approssi- mativo delle oscillazioni di livello e delle deviazioni meandriche della grande corrente, il cui profondamento massimo, in confronto dei più elevati cigli diluviali, esamineremo a suo luogo. Questi sono bene evidenti anche nel centro abitato di Verona, ma, come è naturale, risultando ora assai rimaneggiati, male si prestano ad esatti rilievi. Un’altra sezione l’abbiamo notata subito a valle della Dogana di Ve- rona, entro lo strato acquigeno interno, avente il suo pelo più basso di quello normale del fiume m. 2,50, ed essendone diviso da lievissimo spessore di ghiaia e ciottoli ; sezione costituita da un grosso banco, di m. 5, di argilla con piccoli ciottoli, giallastra in alto e nera torbosa in basso, sostenente un banco di piccolo spessore di ghiariccio, al quale forma tetto m. 1,50 di sabbione d’Adige. Nelle Valli Grandi veronesi (m, 10 a 13 s. m.), quantunque l’ adagia- mento delle masse detritiche, lo schiacciamento e la restrinzione degli strati torbosi non abbia raggiunto il maggior grado, la prova dell’ abbassamento riesce chiara. Questa regione, nell’epoca romana, trovavasi all’asciutto ed era solcata da canali arginati, densa di popolazione e di ricche abitazioni. Ciò ri sultava da avanzi scoperti nell’occasione della sua recente bonifica. Al Bastion s. Michele, alla Torretta Veneta ed a Castagnaro trovaronsi gambe di viti a m. 2 sotto il suolo. Lancie di selce ed altri oggetti neolitici si trovarono profondi nella valle di Aselogna e Ravagnana di Casaleone. Al Taglio del Tartaro presso Bastion s. Michele a m. 2,40, vennero alla luce suppellettili simili a quelle delle Terremare e delle stazioni di Peschiera; cimeli romani poi ve ne sono sparsi dappertutto. Vicino a Scardevara a m. 4 dal suolo e sotto parecchi teschi umani, l’ing. Anti scopriva molte quercie orizzontali, semifossilizzate, con le radici verso l’Adige e le cime dirette a Po. Sappiamo dagli A. che prove di ancor più notevole abbassamento si ebbero nell’adriate ove, da m. 3,50 a m. 7 sotto il suolo, stavano figulini greci ed etruschi e roveri a m. 3. La descrizione dei pozzi artesiani di Venezia è ben nota, come sono note le relative illazioni del chiarissimo Issel e di altri autori. Vedi anche Comptes rendus dell’Accademia delle scienze di Francia, 15 aprile 1861, per le illa- zioni sull’abbassamento della costa Adriatica. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 37 Sotto corrente della città, il fiume divagava sullo spazio de- presso e terrazzato che si segue, sulla destra, da Tombetta a Pon- toncello, e in corrispondenza alla direzione da s. Michele Extra a Campalto, sulla sinistra ; piegando poi verso oriente, avea confine di migrazione a monte, la linea Caldiero-Villabella-Soave-Pavarano- Madonna di Lonigo e gettandosi a sud scendeva nei dintorni di Yolpmo-Bagnolo (ovest di Lonigo)-Spessa-Baldaria di Cotogna ed a Sabbion di Pressana, avvicinandosi a quel corso storico che esa- mineremo poi. L’ altro confine di divagazione di destra è bene contraddistinto dal ciglione Pontoncello-Yallese-Palù ; segue poi alla volta di Tom- basozana (presso Albaredo)-Roverchiara-Minerbe-Boschi s. Anna- Boschi s. Marco-Casale e valli Mocenighe, ove se ne perdono le traccie. Tali sarebbero i confini entro i quali in questo periodo, la fiu- mana atesina era contenuta e lasciò i segni (’); risultando così, nel tronco superiore, la valle o depressione, che in pianura comincia a scolpire ed allargare ; valle alluviale, incisa nella formazione dilu- (') Strada vicino a Soave partendo da Villabella; a poca profondità sabbia dell’Adige ordinaria di colore grigio-rossastro non ricca di micche. Soave. Pozzo Piana a m. 17 dal suolo, sabbia con elementi dell’Adige, colore anormale, forse alterata. S. Bonifacio Levare, dopo 5 metri di profondità sabbia dell’Adige. Albaredo. Pozzo Piana, fino a m. 27 d. s. banchi di sabbia dell’Adige. Oppeano. Pozzo Piana, fino a m. 46 d. s. sabbie dell’Adige. Chiavica Brusco, presso Lonigo a m. 24,60 d. s. sabbia dell’Adige. Bagnolo Barchesse, a m. 14,50 d. s. sabbia atesina. Bagnolo de Lazzara, Boaria, sopra e sotto m. 18,50, sabbie dell’Adige. Lonigo. Pozzo in Piazza Nicolò Leoniceno; da m. 8 a 10, sabbia di Guà tipica e caratteristica, da m. 10 a 13 sabbia piuttosto grossolana, grigio-gial- lastra povera di elementi pesanti d’Adige; probabilmente materiale d’origine non molto remota, che deve i suoi elementi pesanti al rimaneggiamento di qualche più antico sedimento d’Adige, da m. 14 a m. 22, argilla marnosa, contenente elementi d’Adige, dovuti con certezza a rimestamento di sedimenti antichi. Ronchi presso Caselle, a m. 5,27 d. s. sabbia dell’Adige. Bevilacqua frazione Marese, a m. 20,89 sabbia dell’Adige. Boschi s. Marco, sabbia dell’Adige a poca profondità. Fior di Spin presso Orgiano, a poca profondità sabbia atesina. Noventa Vicentina, sabbia dell’Adige sotto il banco di sabbia alterata spesso m. 3. E. NICOLIS viale, e nella quale dovette di continuo vagare, prima che l'uomo le mettesse freno. Egli è sicuro che notare la successiva serie di migrazione del recipiente che trascina seco, pur migrante, lo sbocco dei suoi in- fluenti, in spazio cotanto esteso, sarebbe lavoro di fantasia, chè anzi più di uno dovettero essere i suoi simultanei corsi; conviene tut- tavia far cenno di quelli la cui impronta è tuttora visibile e di altri, che occasioni transitorie permisero di constatare. Risulta attendibile che un ramo importante dell’Adige scor- resse su quel di Tombasozzana; quivi la depressione, in parte occu- pata dal fiume vivo di risultiva Busse, fiancheggia la zona ondu- lata di sabbie orlanti la destra dell' Adige odierno, il quale le obli- terava subito ad est di Isola Rizza. A Motta (sud di Albaredo), sinistra di riscontro al suddetto tronco, 1’ apparato del terreno mantiene lo stesso motivo idrogra- fico e si incontrano antiche sabbie arrossate, formanti una specie di triangolo a base semicircolare ed i cui lati partono, l’uno dal dosso di Motta, giungendo a Coriano, l’altro da Villa Raspa, Miche- lorie e Miega, incurvandosi la base convessa da Coriano a Miega (da nord ad est di Bonavigo). Dopo un’ interruzione, in parte della quale sono incastrati depositi freschi atesini, e che si collega cogli alvei derelitti atestino-romani, ci si raccorda con le sabbie rossastre di Persegaro di Minerbe. Queste pure, nel loro primo apparire, sono disposte a semicerchio, con la convessità opposta alle prime ; lo che indicherebbe che un successivo corso — del quale restano le orme — esportava il prisco sedimento dallo spazio d’interruzione. Tanto risulta da osservazioni fatte in occasione di lavori agricoli, dal- l’ ing. A. Bellinato di Minerbe, e che questi comunicava sul luogo a chi scrive (l). Adunque le sabbie rubificate od alterate e leggermente cementate di Persegaro testimonierebbero, anche per dati archeo- logici, di una corrente atesina esostorica vicino al corso romano di Lupia di Minerbe. Sabbie d’ Adige verificavansi entrambe ; tuttavia (') Entro la sabbia rossa dello strato superiore di Persegaro di Minerbe, il Cav. Bellinato, rinvenne un pozzo sepolcrale con suppellettile funeraria, tipo romano; ed a m. 120 di distanza, profonde m. 5,50, altre tombe manomesse, vasi di rozzo impasto, una piccola fusajuola ed un cilindro a capocchia, senza croce. Nel fondo Weiss, pure a Minerbe, trovaronsi degli scheletri umani, uno dei quali con orecchini di bronzo di forma elittica. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 39 le due deposizioni andrebbero distinte; quelle rubiconde ed agglu- tinate, forse sono concomitanti con torbide basaltine di Alpone ; le altre fresche, essendo meno espanse, dimostrano di essere state de- poste in alveo posteriore e ristretto. La sabbia della superficie a Persegaro, spessa m. 0,70, si addentra, di tratto in tratto, un metro nel substrato di fanghiglia micacea biancastra, scendendovi da imbuti o piccoli gorghi. Sabbie dell’Adige rossastre-alterate (') formano, con interruzioni, il suolo a Villaraspa; da s. Marina a Spessa, Cagnano-Noventa, verisimilmente, segnano un altro prisco corso dell’Adige, trattan- dosi di una larga striscia, non continua, anche per buon tratto, a sud di Noventa (2). Da Minerbe si segue il da noi supposto principale corso arcaico del fiume, presso il dosso Montorion di Stopazzole, conti- nuando le sabbie dell’Adige a formare la superficie fino a Ronchi ed a Stopazzole (sud di Minerbe). Qui la strada è insediata sopra un’altura longitudinale, da dove scorgesi la depressione sabbiosa fra s. Zenone di Minerbe, le Lupie ed il dosso Montorion (3). Su larga estensione continuano a presentarsi alla superficie, sab- bie e sabbioni d’Adige, procedendo da Stopazzole per Boschi s. Anna, Boschi s. Marco fino a Marega. Tale sabbiosa plaga, che continua ad Urbana, Casale e valli di Megliadino, fino quasi alle valli Mo- cenighe, mostra tutto il carattere della sede di una larga, libera e vagante fiumana senz’argini, il cui effetto restrittivo, al contrario, riesce manifesto nel locale corso settentrionale, ove le sabbie restano raccolte nell’ ora abbandonato alveo. Ed era naturale che la libera P) Gentilmente indicatemi dal sig. ing. municipale di Lonigo, Carraro, che ringrazio. (2) Le sabbie antiche atesine rosse potrebbero ripetere la loro altera- zione dall’abbondanza degli elementi calcarei che le compongono; in tal caso rin- noverebbesi il fenomeno delle più antiche ghiaje diluviali, nelle quali i fram- menti di roccie calcaree sono prevalenti e già ne abbiamo discussa la ragione. (3) A Stopazzole, entro le sabbie atesine, a poca profondità, vennero scoperti centinaja di scheletri umani; il solo oggetto trovato su di essi fu un orecchino di bronzo della stessa forma di quelli trovati nel fondo Weiss di Minerbe. Dopo il 1874, lavorando in altro scasso lì vicino, riapparve 1’ estesa necropoli con altri tre orecchini, uno de’ quali porta infilzato nell’arco un grosso grano di smalto vetroso verde, ed ai polsi di uno scheletro stavano due braccialetti di bronzo aperti; eranvi inoltre monete romane (asse di Galba) ed altri oggetti. 40 E. NICOL1S fiumana, in così basso corso, non lasciasse facies di furiosa ed irrom- pente, ma che invece si sostituisse quella di allagazione tranquilla, fluitante materiali in stato di minuta triturazione, lasciando sol- tanto strisele di sabbione grossolano, indicante i filoni di corrente. Resta sottinteso che bisogna altresì tenere nel dovuto conto il rimaneggiamento naturale ed artificiale della superficie. Per completare la descrizione del probabile tracciato del corso atesino fino alla foce, in questo momento idrografico, non potremo che ripetere o parafrasare quanto scrissero i signori Lombardini, Gloria e Bocchi, coll’appoggio dei passi dei classici; citazioni queste, suscettibili di differente interpretazione; imperocché i rimaneggia- menti del suolo, come dissi testé, ne mutarono la forma, cancellando eziandio le primitive deposizioni fluviali. Inoltre, 1’ arginamento posteriore aumentando l’alzamento degli alvei, rendeva impossibile lo scolo di alcune plaghe, che passarono allo stato palustre ; quindi altre mutazioni di superficie. A rendere ancor più difficile il segui- mento della traccia delle correnti antiche nella bassa pianura veneta, fu il fatto che il loro qualsiasi apparato restava adeguato dalle allagazioni mantenutesi a lungo su larghe estensioni. Per questa causa veniva perfino obliterato il tronco inferiore del vecchio Tartaro, descritto dai greci e dai romani, che aveva importantissime funzioni nell’ economia idraulica del territorio stesso. L’erudizione e qualche induzione lascerebbero supporre che le deiezioni atesine concorsero a formare i terreni di Adria, ove sboc- cava anche Tartaro, portante acque dello stesso bacino dell’Adige. Ripetiamo che è ben arduo compito di documentare questa antica energia del nostro fiume e noi certo non osiamo tanto, anche perchè Adria, nell’epoca romana, era palude ( Atrianorum Paludes) come ci attesta il grande geografo d’Amasea — lib. Y. trad. Casanbono « . . . . Epiterpium, Ordia, Adria et Ycetia et alia id genus oppi- « dula minus a paludibus infestantur et parvis subvectionibus mari « coniunguntur. Adriam ferum illustrerò fuisse urbem unde et sinui « Adriatico nomen esigua mutatione litterarum factum sit » . SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 41 Y. Adige nella fase di terrazzamento. Sommario. — Profilo dei terrazzi dell’Adige da Rivoli ad Isola Rizza-Ponte- rotto. Alvei abbandonati nella valle alluviale atesina scavata nel piano diluviale e leggende relative. Modificazioni nell’ idrografia della pianura media e bassa, in seguito alle arginature artificiali. L’ incisione nei terreni di trasporto diluviale operata dal tronco atesino Rivoli-Chiusa-Parona-Verona, ed oltre quivi, sulla destra, da Tombetta, Forte s. Caterina, Forte Garofalo, s. Giovanni Lupa- tato, Pontoncello fino al Yallese e ad Isola Rizza, e sulla sinistra, da s. Michele extra per s. Martino B. A. , Campalto, Busolo, Cal- diero — oltrepassando Alpone — fino a s. Bonifacio, riuscì tale che, per comprenderla, dobbiamo quotare la superficie risultatane. L’ indimenticabile inondazione del 1882 ci apprese che se questa ampia, lunga e curva valle alluviale — entro la quale l’Adige è ormai destinato a svolgersi ed in ogni sua fase restarvi conte- nuto — nei periodi di escrescenza restava tutta allagata, ciò non ostante ripete la sua forma dal graduale trasporto della corrente principale e dei suoi influenti cogli ognor più inclinati, ristretti ed approfonditi alvei. Le poche quote che offriamo ci sembrano sufficienti a fornire un criterio dell’ importanza dei terrazzi fiancheggianti il recipiente, da Rivoli fino dove esso comincia a scorrere sul piano sommergibile : Profilo dei terrazzi. Altipiano diluviale di destra Recipiente o valle alluviale Altipiano diluviale di sinistra Distanza approssima- tiva fra i li- miti d’ ero- sione. Rivoli m. 183 sul mare . . m. 105 Casetta m. 114 Ponton ni. 100 Domejara m. 118 km. 2 Versante morenico .... S. di Poi m. 81 Ripiano di Sotto- chievo m. 125 Bussolengo scarpa more- nica m. 120 Pescantinam. 80 Ricamadore m. 127 » 7 Pontaram. 103 Palazzina m. 75 Corrubio m. 110 ” 3 */3 42 E. NICOLIS Altipiano diluviale di destra Recipiente o valle alluviale Altipiano diluviale di sinistra Distanza approssima- tiva fra i li- miti d’ ero- sione. Corno m. 95 Settimo m. 71 Cedrare m. 105 km. 2 Piazza d’armi di Verona m. 64 Basso Acquar m. 52 Bacchette di Porta Vescovo m. 64. n 4 7. Mazzè m. 55 Adige presso Honga in. 37 Adige presso Sereno m. 37 Serenella m. 48 Fenil nuovo m.45 » 5 Palazzina di s. Andrea m. 54 Buzza m. 36 Cà Vecchia m. 48 n 4 7. S. Giovanni Lupatotom. 42 Adige m. 33 Acqua Grossa m. 46 r> 37. Vailese m. 31 Adige m. 27 Busolo m.42 n 9 Oppeano-Isola Rizza m.26 a 27 Valle m. 19 Ponterotto m. 27 n 10 Gli orli dei terrazzi vanno da occidente ad oriente così com- pletati: a monte, Verona, s. Michele, Vago, Calderino, Strà; a valle: Stradone di Porta nuova, Palazzina, Bocche di Sorio, Ponte Alto, a mattina di Maccacioje e di Due Ponti, Corte Miniscalchi, Fe- niletto di Vallese e Cà degli Oppi. Queste linee insegnano che il basso Adige alluviale terrazziano ebbe continua Y oscillazione e la deviazione sulla sinistra, cioè verso oriente, perchè nell' ultima porzione del suo tronco terrazzato la depressione da questo lato non è così bene marcata, come risulta nella corrispondente destra, anzi si confonde con quelle guidanti lo sbocco dei confluenti (*). In alcuni punti del tronco Rivoli-Bussolengo, l’ acclività delle laterali terrazze continua oltre le quote notate, fondendosi o con i coni di dejezione delle laterali vallate, o iuxtaponendosi alle mo- rene; oppure sono le morene stesse che riuscirono incise, in guisa da risultare bene diffìcile l’ indicare il più alto piano dell’ antico riempimento della valle. Quotando gli orli in confronto della valle, tenni conto soltanto della somma dei gradini che li compongono, perchè, lo si sa, una grande dissimetria esiste nel profilo dei due versanti opposti della (') Il dott. Riccarda Avanzi nel 1884 scrisse sui terrazzi dell’Adige (Atti Accademia d’Agr. di Verona). SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 43 valle alluviale terrazzata. Anzi, se bene mi ricordo, sembrami di non aver mai osservato due terrazzi dirimpetto, offrenti la stessa forma ; spesso l' uno consta di parecchi ripiani, nel tempo che l’altro od è quasi tutto una parete, od è sculto da minor numero di gra- dini. Ciò si comprende agevolmente, per la differente energia del fiume sulle due corrispondenti sponde, che non vengono incise si- multaneamente. Le ripe terrazzate offrono in alcuni luoghi singolare interesse come p. e. alla tipica lunata di Letto Bon vicino a S. Giovanni Lupatoto. Là una ripida sezione di m. 14 è costituita da una suc- cessione di banchi a ciottoloni e ghiajetta dei soliti elementi alpini. Quando il fiume è in massima magra lascia, in basso, affiorare un letto di m. 1 a 1,50 di argilla plastica, usata per modelli, che sopporta uno strato di torba terrosa con insignificanti traccie di diatomee. Dall’ antica rosta per la derivazione di acque dell’ Adige nelle Bocche di Sorio, ora seppellita nel greto, si rileva come la cor- rente si è avanzata in lunata oltre m. 250, corrodendo in tre secoli così potente spessore di diluvium. Altra pagina rara si legge, nei suoi originali documenti, al Vallese, ove il piano diluviale inciso è seguito in alto da un ciglione, formato dai già citati dossi sab- biosi con ciottoli, di Settino Feniletto e Settino Goldschmiedt, dimo- stranti come l' ampia valle ruppe la continuazione del piano dilu- viale sul quale i dossi, ora tagliati, cominciavano ad esser deposti ; e riesce eziandio evidente come la fiumana, non ancora incassata, possedesse fino a quei punti forza di trasportare ciottoli e ghiaja. Al Vallese stesso il fondo costituzionale ghiajoso della valle alluviale non è molto profondo, anzi il soprassuolo alluviale è in parte torboso. Qui S. De Stefani, a m. 2,50 dal suolo, scopriva uno scheletro di castoro, un’ accetta di cloromelanite, denti e sto- viglie che ricordano quelle delle terremare; e dal lato opposto della valle, a Lofià sotto Caldiero, cocci, vasi e scheggie di selce, atte- stanti una stazione preistorica. Questi trovamenti sono un dato cronologico dell’Adige alluviale. Ricerche microscopiche istituite dal prof. C. F. Parona, sopra diversi campioni di depositi torbosi del Vailese, non condussero finora che alla scoperta di traccie di diatomee, affatto insufficienti per una argomentazione sopra la loro età, essendo solo rare ed 44 E. MCOLIS insignificanti Naviculae. Non è possibile per conseguenza un con- fronto con i giacimenti che si trovano in condizioni analoghe alla base dei terrazzi del Ticino e dell’ Olona, in provincia di Pavia, che il dott. Corti, in base alle diatomee rinvenutevi, propose di riferire all’ interglaciale. Il piano diluviale continua ben lungi a sud e sud-est, for- mando il substrato al banco torboso, potente circa m. 1,20, della valle del Menago a Campolongo. Anzi si può affermare che, in bassa pianura, dove fuvvi 1’ escavazione, la torba tiene il posto dell’ esportato terreno antico ed invece, dove questo rimase inco- lume, vi si mantennero sopra, più o meno accumulate, le sabbie atesine ben meno recenti della torba ma più giovani e con hiatus , in confronto del piano generale. Notevole è la differenza del terriccio vegetale della valle allindale d’Adige in confronto di quello, più o meno ferrettizzato, che riveste l’altipiano od i ripiani che la conterminano; il primo, quello recente, è sempre ricco di carbonato di calcio ed appare cinereo-scuro, sabbioso e micaceo; il secondo invece mostrasi ros- seggiante e risulta decalcifìcato o quasi. Tanto risultavaci in seguito a numerose ricerche d' indole agraria, le quali ci condussero a poter asserire che il tenore di calce è in ragione inversa dell’an- tichità del terriccio (’). Traccie di alvei derelitti sono ben frequenti nella bassura in argomento; se ne riscontrano più di uno, probabilmente risultati da coesistenti corsi, da Vago a Zevio, Palù ecc.; quivi il substrato ghiajoso diluviale ripresenta quei rialzi, depressioni e tentativi di inalveazioni così visibili nella già citata Spianata, presso Verona. I prati stabili, che in virtù dell’ irrigazione, non ostante il poco terriccio, rendono fertile il basso territorio di Zevio, offrono con- tinue ondulazioni, messe in maggior evidenza, perchè l’ intelligente agricoltore condusse le canalette irrigatorie sopra gli ordini di elevazione. (>) Mi permetto ripetere che ogni, classificazione del terreno agrario dovrebbe essere preceduta dallo studio geologico del suolo in esame. La fer- rettizzazione, 1’ alterazione dei basalti, il sottosuolo conglomeratico e tante e tante altre condizioni geognostiche e meccaniche, influiscono essenzialmente sulla fertilità presente e sulla potenzialità d’ ottenerla mediante correzioni, drenaggi, ecc. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 45 Così a Caldiero come al Vailese la tradizione dice che a mezza costa del terrazzo vi fossero, in antico, pilastri di pietra con anelli di ferro, per legare le barche naviganti entro quelle lontane opposte sponde o terrazzi ; e per confermarla si indicano degli anelli infissi nel fianco del fabbricato di Feniletto- Vailese, respiciente il supposto specchio lacustre, e tanto basta ! Ciò che verificammo a Campalto, contrada che orla il ter- razzo ove correva la strada romana, sfata la tradizione: là pure invitati da un proprietario del luogo, ci recammo a vedere i de- cantati piloni, con gli infissivi preistorici anelli per legare le leg- gendarie barche e, quello che più destava la nostra curiosità, una epigrafe che avrebbe confermato 1’ esistenza dello specchio d’acqua compreso fra i due terrazzi laterali : ebbene, anelli non ne vedemmo affatto ; invece, lungo la facciata della palazzina Terzi trovammo dei piloni forati, che teneano probabilmente collegata una catena di chiu- sura, e sui due pilastri di marmo del portone d’ ingresso — pilastri evidentemente portati da un edificio sorgente nella sottoposta de- pressione, perchè qui certo l’inondazione non avrebbe potuto arri- vare — havvi mal conservata la seguente iscrizione: « Atesis 31 Octob. MDLXVII « Ha . .us a aqua in - undavit Ed appunto notossi dal Biancolini e da altri una inondazione del- l’Adige nel 30 e 31 ottobre 1567. Al contrario è veramente istruttivo il semicircolare terrazzo dello stesso Campalto (sud di S. Martino B. A.) al cui piede sgorga una copiosa risorgente detta Fontana dell’Acqua Fresca, ed anzi tutta la mezza costa e la falda del terrazzo è scaturiginosa, il che ci dice essere questo il livello idrostatico o pelo freatico dello strato acquigeno intersecante il cono diluviale atesino ; strato od aves che viene attinto dai pozzi di Verona e dalla circostante pianura. In fra Campalto, Busolo e dintorni, riesce oltremodo pit- toresca l’ incisione operata dall’Adige che, con progressiva erosione, scolpiva larghi scaglioni, lungo i quali si scaricano e scendono gli stillicidi ed i ruscelletti di risultiva, i quali, dopo aver reso ser- vigi irrigatori, compiono il magistero di queste acque che, pur appartenendo al bacino idrografico dell’Adige, prima di recapitare 46 E NICOLIS al paterno collettore, percorrono lunga via interna frammezzo alle dajezioni dello stesso. Alle Bocche di Sorio l’odierno Adige devia subitamente, ab- bandonando i terrazzi ed entra nella immensa pianura sommergi- bile, sostenuto da un artificiale regime di argini che lo portano pensile verso la foce. Il territorio sul quale ornai scorre, perde alla superficie i grossi elementi e consta delle sole deposizioni di inondazione, di lavaggio, di cernita e di precipitazioni — tutte fine — che continuano, sia per le frequenti rotte degli argini, quanto per la ragione che la loro prolungazione a monte è re- cente ; di maniera che ancora nel 1868 cominciavano solo a S. Maria di Zevio. Ed il fatto d’essere stato l’Adige, inferiormente, sulla sinistra a Belfiore, e sotto S. Giovanni Lupatoto sulla destra, contenuto artificialmente fra arginature, ha turbato le condizioni naturali di scarico della campagna veronese, come 1’ ha turbato il conseguente rialzo dell’ alveo. L’ arginamento concomitante al rialzo del letto atesino, ripercosso su quello dell’Alpone, fu causa che la Sarego, il Masera ed il Drizzagno, scolanti in Alpone presso il bacino Zerpano, dovessero prima venir diretti a sfociare in Adige, vicino ad Albaredo e poscia gettati dalla Fratta in Gorzone, che ha foce propria nel bacino marittimo adriatico. Ed è così ancora che la sfo- rnatura di Fibbio in Adige e dello Scolo Nuovo in Alpone si van ognora facendo difficili. Ecco una nuova generale ed importante modificazione che, assieme a molte altre, si va operando nell’ economia idraulica della regione veneta. Tutti questi fenomeni di grandi ed ampie erosioni e terraz- zamento si svolsero nella plaga veronese, ove l’Adige finisce di ri- cevere confluenze; era perciò necessario di soffermarsi qui. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 47 VI. Greolog-ia. storica. Adige etrusco-euganeo e romano fino alla rotta di Cucca dell’anno 589. Sommario. — Tronchi dell’ Adige sopra Verona ed urbano. Marcia del fiume a valle di Verona emigrante entro il limite dei terrazzi. Arginature arti- ficiali. Tracciati atesini per Stradone, Cucca, Sabbion, Bevilacqua, Monta- gnana, Este. Corsi principali e diversioni del suo più basso tronco. Opinioni degli autori contemporanei e passi dei classici. Il tracciato del fiume Athesis, nel periodo di storia classica, è ben noto da Cucca alla foce, specialmente per merito degli auto- revoli scritti, confortati dai passi degli autori greco-romani, di Alessi, dei Bocchi, di Bombardini, di Omboni, di Gloria ecc., i quali assieme alla parte storica delle Monografie tecniche dell’ ing. Biadego, riassumono le cognizioni odierne intorno a tale tronco. Il corso assegnato all’Adige dalle prime istorie, differisce ben poco da quello che risulterebbe in seguito alle osservazioni che abbiamo fatte in posto e che ci condussero, pel tronco inferiore, a delineare un corso arcaico, separato da quello che ora si esa- mina. Ma occupiamoci intanto del corso superiore. Le deviazioni del fiume, dalla chiusa fino a Verona, sono pre- cisate nell’ambito dei terrazzi e delle scarpe dei contrafforti roc- ciosi della sinistra, tenuto conto che da questo lato le dejezioni dei torrentelli sboccantivi spinsero a destra la corrente (1). Nella costruzione dei muraglioni di difesa dalle inondazioni e negli scavi per la fognatura di Verona, nuove cognizioni ven- nero acquisite intorno al tronco urbano del fiume nel periodo romano. I lavori di robustamento alle due pile di destra del ponte della Pietra, da poco compiuti, dettero piena ragione alle previsioni del (*) (*) Entro un ripiano della spianata, vicino al terrazzo detto Costa di S. Massimo, sotto la villa Nuvoloni, un Biondani, conduttore del fondo, ci descrisse oggetti da lui trovati a piccola profondità e poi dispersi, chiaramente appartenenti ad un sepolcro romano. 48 E. NICOLIS compianto mons. D.n P. Yignola e del cav. P. Sgulmero i quali, da lungo tempo, opinavano che l’antico ponte marmoreo consistesse soltanto nelle tre arcate verso le regaste, e fosse centrale quella con la chiave adornata da una scultura rappresentante Nettuno. A questo ponte romano dovea corrispondere, sebbene ristretto, l’alveo maggiore lungo il canale dell’Acqua Morta, ora interrato, ed il corso attivo di Porta Vittoria — lungo il quale abbiamo osservato sezioni dello spessore di oltre m. 3,50 di sabbione, fresco, dell’Adige — con ogni probabilità coesistente con altro ramo detto Adigetto, già de- scritto dal Saraina, citato dal Valerini e dal Moscardo, commentanti Plinio, ed interpretato da Scipione Maffei nelle sue Antiche condi- zioni di Verona (Venezia 1879). Moscardo (*) parla dell’ 87 d. C. ed appunto di quel tempo Silio Italico scriveva: Tum Verona Athesi circamflua. Ad una prima caduta della pila di destra del ponte della Pietra, dovrebbe corrispondere la rotta, o la deviazione, del fiume da quel lato. Fu allora, sembra, che i romani, a giudizio del- l’ ing. F. Peretti junior, acuto osservatore, prolungarono dal lato del Duomo, con due archi, il Ponte Pietra, risultando in tal modo lunghis- simo il penultimo. Questi archi essendo stati nuovamente travolti dalle piene, sui rovesciati ruderi dell’ ultima pila destra, come si vide durante i lavori testé compiuti, sulla imposta e su parte del grande arco di seconda fattura romana (pure rovesciato e proba- bilmente sovraincombente alla spalla del prisco ponte), i Veneziani, con ardito indirizzo statico, fondarono le attuali due pile destre. L’Isolo di S. Tommaso, ora in parte divenuto nuovo alveo del fiume frenato dai muraglioni, ed il ramo detto dell’ Acqua Morta, davano una chiara idea del tronco urbano atesino nel pe- riodo più antico dell’ epoca romana. Imperocché, come si è già detto, la or ora soppressa derivazione (Adigetto di sinistra e Ca- nale dell’Acqua Morta) era, con ogni probabilità, la sede del maggior letto del fiume, il quale a monte, scorrendo sotto i tre archi di sinistra del ponte della Pietra, lambiva la strada fian- cheggiante il teatro antico, infilando poscia la direzione suddetta. L’ ipotesi è confortata da scoperte archeologiche ; mine di edifici t1) Torelli Saraynae, De origine et amplitudine civitatis Veronae, 1540; Valerini d’Adriano, Le bellezze di Verona, Discepoli, 1586, Verona; Moscardo Lodovico, Historia di Verona, Verona, Bossi, MDCLVHI. SUGLI AIsTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 49 romani, eretti sull’antica destra, si rinvennero, ora, entro l’alveo a m. 10 di distanza dal muraglione di sinistra, in faccia a casa Pozzati. La menzionata deviazione a rettifilo che occasionava la costruzione delle arcate di destra del più volte nominato ponte della Pietra, è appunto coeva ai ruderi romani, o fatti romana- mente, sovra i quali, come abbiamo veduto e riferito, si impian- tarono le due citate pile (1). Nè sarebbe inverosimile (abbenchè l’ultima scoperta fatta al ponte della Pietra, invecchiando, forse di qualche secolo, lo spostamento a destra del fiume lo renda meno probabile), che tale deviazione seguisse la [memoranda piena del 589 e che ne fosse stato repellente 1' ammasso di rovine del tra- volto ponte attraversante l’Adige, dai punti ove ora sorgono le chiese del Redentore e di S. Anastasia, essendo anche stato tro- vato sulla sinistra un frammento di pila, indicata da opportuna iscrizione sul parapetto del muraglione (2). Sempre per effetto dei recentissimi scavi, trovò conferma es- sere posromano il letto fra il Ponte Re Umberto I e quello delle Navi (ora rinnovati), essendovisi rinvenute fondazioni delle antiche mura, vicino al ponte Navi, verso l’isolo di S. Tommaso; forse parte di quelle, fra la porta romana ai Leoni e la riva destra del fiume che, secondo Paolo Diacono, sarebbero state rovesciate dalla stessa famosa piena del 589. Taluno propende a credere sieno questi gli avanzi delle mura di Gallieno ; ma, siccome si trovarono costruite con importanti re- liquie di monumenti romani, è lecito ringiovanirle, mentre ci sem- bra abbia valore il dubbio espressoci dallo Sgulmero, che trattisi invece delle mura di Teodorico, cadute, in tal caso, mezzo secolo dopo la fondazione, non convenendo egli con quanto scrisse sulla cinta galeniana Scipione Maffei. Riprendiamo il rilievo della marcia del fiume che, sotto Ve- rona, non aveva ancora descritta quella lunata di S. Michele Extra, p) Che la deviazione a rettifilo sia posromana si deduce anche dall’ aver trovato alla Sabbionara (Vescovado) ed in Brà dei Molinari, materiali di fab- brica romana. (2) Riteniamo non riesca inutile questa descrizione particolareggiata, perchè registra condizioni ed un regime idraulico da tre anni scomparsi, gio- vandosi per tal modo, la storia del fiume, delle testimonianze di chi osservava il cambiamento dell'alveo urbano e l’interramento dei suoi piccoli rami. 4 50 E. NICOLIS corrodente così celermente (prima del naturale diversivo lasciato dalla piena del 1882) la sinistra, da minacciare in non lontano avvenire l’ omonimo sobborgo ; vagava quindi nella depressione cir- costante al dosso Castiglione di Serenella (sud di S. Michele) che è un residuo del piano diluviale. Ed appunto nel tempo che scor- reva, forse col suo maggiore ramo, a nord di Serenella, è da cre- dersi bagnasse il tracciato Campalto — basse di Caldiero. In queste località è popolare la fama di un antico corso atesino, che veramente lasciò traccie alveali marcate a Lepia, Busolo, Formighe, Chieo, per proseguire alla volta di Spezieria, Gombion e Catena (vicino a Caldiero). Toccando ora del corso inferiore, possiamo asserire che il pro- cedere del nostro fiume da nord a sud riesce bene espresso nello spazio compreso « a monte » da Campalto a Caldiero-Strà ed « a valle » da Pontoncello a Zevio. Trasciniamo di notare alcune leggende, come quella di Lepia e del coccodrillo di S. Michele ; invece facciamo rimarcare il nome Chieo, Ceo, Chievo, Sotto Chievo ecc. ( Clivus ) che si ripete pelle contrade e paesi fronteggianti i terrazzi. Simili lunghe depressioni fiancheggiate da argini, chiamansi Regoni nel Mantovano e Lupie nel vicentino e nel padovano. Assai importanti nella storia del fiume sono le Lupie (*) a Minerbe ed in tutta la pianura vicentino-euganea, sembrando sieno alvei abbandonati, anche colmati. È tradizione che su quel di Caldiero, come pure a Mambrotta, si trovassero ruderi di manufatti idraulici romani. Presso Lepia riscontrasi la via romana, quasi parallela all’ antico corso del fiume, che lo Sgulmero ed i fratelli Cipolla rintracciavano dal vicino Gombion a Torrion di Bionde, e che sembra raccordarsi con quella di Campalto e con quella scoperta allo Stradone di Cucca, ecc. Quando (ritiensi nell’epoca romana) venne coll’arginatura fis- sata la sede del fiume nella bassa pianura, pare che questa fosse (!) Lvnt] tristezza, LvnQoyewg terreno poco fertile, potrebbe esserne la etimologia; comunque, trattasi di alvei derelitti restati incolti fino al secolo scorso, quando il Magistrato delle Ragioni Vecchie li alienò a privati, perchè fossero ridotti a coltura, e comprendono una poco larga ma lunghissima stri- scia di terreni, che cominciava a Minerbe e continuava a Bevilacqua, Monta- gnana, Este ecc. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE f 51 stabilita nell’alveo naturale Zevio, Volta Vicentina (sud di S. Boni- facio) per alla volta di S. Donà, Stradone e Cucca. Veramente, una lunga bassura si stende da S. Bonifacio per Grassanella, Ma- donna dell’ Alzana, Arcole, Fornace, Casotti fino a S. Donà e De- smontà (Corte Papadopoli) ove maggiormente si accentua (da nord a sud-est) ; ma potrebbe trattarsi benissimo dell’ antica valle del- l’Alpone, oppure di una diramazione a sud di un Adige col trac- ciato Caldiero, Villabella, S. Bonifacio. Ben significante è il già rimarcato maggior avvallamento da S. Donà a Desmontà; quivi sembra si avviassero le acque dalla rotta di Cucca (589) — secondo i terrazzani avvenuta invece fra il X e 1’ XI secolo — gli storici affermando appunto scaricantisi dalla destra. Le irrompenti di questa prima grande rotta storica avrebbero approfondato d’ avantaggio lo sterro già fatto dall’ Alpone e dall’ Adige ; dove poi per lo sbalzo furono precipiti, restò una specie di gorgo, circondato da una conca, detta lago, mantenentesi in stato palustre. Il nome di De- smontà, secondo 1’ opinione del dott. G. Alberti, profondo conosci- tore del luogo ed intelligente cultore d’ogni ramo di scienze na- turali, potrebbe espressivamente significare il punto dove l’Adige è smontato ( desmontà in vernacolo veronese) nella valle dei- fi Alpone (j). Bene definito riesce un abbandonato corso atesino con argini, sull’ odierna sinistra, a S. Donà e lungo lo Stradone, cbiamato sul luogo Strada romana, fino a Cucca ; relitto corso ac- compagnato da sabbia e ghiajetta d’Adige. Stradone J così è scritto sulle carte, è una strada carrozzabile abbandonata, avente sede sul- l’argine romano, che limita da questo lato una bassura longitudi- nale di costante larghezza, che supera i m. 100 e che prosegue per Oppi, Veronetta, contrada di Mezzo di Cucca, Gradenighi, Sabbion, ed oltre quivi raggiunge Pressana, sempre con sabbie ate- sine ; depressione alveale che restò torbosa per lunghi tratti, avendo il substrato di sabbia e ghiaja dell’Adige. A Case del Bosco e Dossi, vicino a Vecentino di S. Gregorio, riscontrasi una biparti- to Un dotto patrizio veronese, il conte cav. Alberto di Serego, grande proprietario di Cucca, affermavaci essere diffusa la tradizione a Cucca che il nome della contrada Desmontà significhi il luogo ove dismontava Carlo V, quivi giunto per via fluviale. L’ imperatore dimorò appunto un mese a Cucca nel maniero di Serego. 52 E. NICOLIS zione dell’ antico tronco dell’ Adige di Stradone, la quale si può seguire fino ad Onea (nord di Cologna). Rimarchevole si mostra la continuata valle detta i Grade- nighi, larga da m. 100 a m. 150 e circa m. 3 più bassa del piano di campagna, rimasta a lungo paludosa ed ora in parte coltivata a risaja; mantiene il suo nome anche attraverso le proprietà di Serego e Papadopoli, siccome, penso, cognome di potente famiglia patrizia veneziana, alla quale forse venne concessa o venduta dallo Stato, pro- prietario della sede dei fiumi. Gradenighi-Fossetta-Sabbion ed il corso di Fratta segnerebbero un tracciato dell’Adige fino a Bevilacqua — contraddistinto dai relativi materiali litici — congiungentesi ad altra diversione bene delineata a Lupia di Minerbe e vicina alle più antiche dejezioni atesine, già menzionate, di Persegaro di Minerbe. La facies di libera fiumana, depositante sabbie, che abbiamo già registrata nel contiguo territorio di Boschi S. Anna, Boschi S. Marco fino quasi alle valli di Megliadino, ovvero quella di vio- lente e tumultuose inondazioni che lasciava escavazioni e dossi in una più alta marcia nello stesso vasto territorio, sono ben dif- ferenti da questa. Qui ed ancora più avanti, verso la foce, 1’ ap- parato fluviatile apparisce moderato dall’uomo. Il sabbione con filoncelli di ghiajetta, sempre dell’Adige, è confinato in conosciuto e determinate sedi, abbencbè ad esse concomitino talora espansioni sabbiose, dovute alle lacerazioni di argini accadute nelle fasi di escrescenza. Adunque, da Bevilacqua il fiume arrivava e percorreva 1’ at- tuale Borgo Alberi di Montagnana, con l’alveo nelle lupie paral- lele al dilungarsi della strada postale. Dalla lupia di Monta- gnana (*) ove la sabbia dell'Adige raggiunge i m. 3, il greto fluviale atesino si può seguire lunghesso la strada di Calalzere; quivi la tradizione è così viva, che tutti i terrazzani ne parlano come se il fiume arginato fosse attivo, e i sabbionai sanno perfettamente ove correva, poiché ne sfruttano il relitto alveo. Il Dott. Alberti mi riferiva di aver udito dal parroco di S. Zeno di Montagnana, che anticamente, nei giorni festivi, i barca- ta Tacito, ffist. Ili — ci apprende che i Vitelliani, battuti dai Vespasiani, ruppero il ponte di Montagnana (Foro Alieno) ritenuto attraversante l’Adige e ciò per impedire il loro avanzarsi ; passo riportato da tutti gli autori citati. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 53 juoli d’Adige sbarcavano a S. Zeno per ascoltare la Messa; lo stesso sacerdote assicuravagli di aver trovata una pietra di macina, sca- vando una cantina sotto la sua casa a Lupia ; leggenda la prima, come tante altre, che ha valore d’indirizzo, ma che si deve acco- gliere con il consueto grano di sale. A Ponte S. Pidenzio (fra Montagnana e Saletto) continuano le sabbie d’Adige ed a Borgo Furo (fra Ponte S. Fidenzio e Sa- letto) a destra della strada maestra, una cava di sabbione atesino con filoni di minuta ghiaja, profonda m. 7, scopre 1’ alveo del fiume assieme all’ argine di sinistra avente larga base ; e bene indicavancelo i sabbionai, mostrandoci, non suggeriti, qualmente la terra costituente 1’ argine stesso fosse diversa dal materiale disgregato dalle diverse formazioni geognostiche del bacino atesino, colmante 1’ alveo. Ivi, come allo Stradone di Cucca ed ai Gradenighi, ci parve trovarci sicuramente innanzi ad un artefatto apparato fluviale an- cora funzionante. Quivi vicino si riscontra un dossetto di sabbia fresca e dossi sabbiosi appariscono sopra Saletto, questi e quello formati da materiale d’Adige. Alla stazione ferroviaria di Saletto, che sorge sulla sinistra prossima al derelitto alveo, il terreno è tutto micaceo e gli sterri mostrano, a mezzo metro di profondità, le stesse dejezioni fluvia- tili atesine sopra menzionate. La vicina contrada Arzarello segue il decorso dell’ emigrato fiume che procedeva al paese di S. Margherita d’Adige, ove ancora la tradizione è palpitante, e persino i ragazzi ne indicano il trac- ciato con sicurezza anche di punti; ma, eccetto la rena e la fan- ghiglia quarzoso-micacea che rende luccicante la terra coltivata, manca ogni altro vestigio. Continuano le sabbie, affioranti dall’ obliterato letto d’Adige, a Yalancon, Arzerini ed Qspedaletto Euganeo (presso Este); in con- trada Cavai di Palugana, probabilmente residuo di un prorompi- mento, si trova grossolano e fresco il sabbione dell’Adige. A Torre vedonsi indizi dell’alveo con depressioni sabbiose (Q. f1) Sarebbe troppo lungo riportare quanto scrissero i molti autori in- torno all’Adige estense ed è giuocoforza limitarci ai seguenti brani cbe ci sembrano i più interessanti: Hieronimo Atestino nella cronaca de la antiqua citade de Ateste, dice : « Fuori della porta Capitolina giera un ponte fondato 54 E. NIC0L1S In Este e dintorni il regime idraulico atesino dell’epoca euga- neo-romana è importante ed evidente ; fra dell’ altro, già reso noto, rimarchiamo che il gentile Vincenzo Pellesina ci indicava il punto preciso ove, nel suo giardino in Este, venne scoperto a piccola profondità un bellissimo ponte di pietra, del quale conserva sul luogo alcuni massi di marmo lavorato che lo componevano ; disgra- ziatamente il terreno nel quale era seppellito, non per suo volere, chè anzi lo deplora, venne adeguato. Tra le località, a sud di Este, ove si estraggono sabbie fresche e tipiche d'Adige adoperate pel- le fabbriche, cito quelle di Prà. perchè esaminate dal petrologo. Le condizioni fisiche, determinate da quelle fluviali, trovano il loro riscontro nei significanti nomi di alcuni luoghi della plaga in studio,, ripetuti od offrenti sinonimie; p. e.: Lupia, Saletto, Sai- garetti, Boschetto, Pescara, Calalzere, Arzere, Arzaretti, Arzerini, Arzarello, Cavarzerane, Case Dossi, Contrada Dossi, Motta, Motte, Motterello, Mottesine, Pontesello, ecc. ecc. Ed ora che siamo giunti su quel di Este, proseguiamo alla volta della foce a seguire i relitti corsi d’Adige colla scorta degli autori contemporanei : Bombardini indicherebbe che la linea Este, Tribano, Arra, Ponte Casale, Villa del Bosco, che mette capo alle lagune di Chioggia, fosse attiva nelle più remote epoche sto- riche (’). Lo stesso autore opina che una prima diversione sia avvenuta presso Montagnana, dirigendosi il fiume a Megliadino, S. Vitale, Vighizzolo, Villa, S. Elena, Pozzonuovo ed Agna, donde al nord della valle del Foresto, che è un’appendice della laguna di Brondolo, dirigendosi tuttavia a quella di Chioggia. Una seconda diversione sarebbe riuscita a Pozzonuovo, volgendosi il fiume verso mezzodì ad Anguillara, nella più settentrionale delle Fosse Fili- di pietra viva sopra del fiume con archi sei ». Brancaglia dice che: « l’A- dige discendea dalle lupie fino ad est ». Gennari ammette che Àteste fosse lambito dall’Adige. Ne parlarono nello stesso senso Scardone, Filiasi ed altri. T. A. Catullo nella sua Geognosia delle Provincie Venete afferma il fatto che le sabbie d’Adige si trovano a poca profondità dal suolo estense ed a S. Pietro Montagnone. Le « Notizie degli Scavi di Antichità » del compianto D. G. Pietrogrande e del prof. Prosdocimi, direttore dell’ importantissimo museo di Este, edite dal 1881 in poi, diedero ancor più autorevole e partico- lareggiata conferma a quanto venne finora espresso. P) Lombardini ing. Elia, Sopra il grande estuario adriatico. Memorie del E. Ist. Lombardo, 1870. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 55 stine, la quale avrebbe segnato il lembo meridionale della valle del Foresto, fino ad attraversare il cordone littorale alla Cavanella d’Adige ; corso che sembra corrispondere per 1’ ultimo suo tronco a quello indicato da Plinio. Altre successive diversioni, sempre più all’occidente, sarebbero arrivate a congiungersi a valle dell’ odierno corso per la mento- vata Fossa Filistina, al cui prolungamento superiore sembra si desse il nome di Fossa Chirola. Quelle diversioni si sarebbero unite prima a Boara, quindi a Piacenza, di poi a Castelbaldo; ultima di esse pare sia stata quella che vi mette capo, passando Albaredo e Legnago, forse avvenuta nella memorabile piena del 589. Il prof. G. Omboni, nella lodata sua opera, dettava: parere che l’Adige mettesse foce in Po e che 600 anni prima dell’ Era volgare passasse vicino ai colli euganei e precisamente per Este, e andasse al mare per l’attuale alveo del Bacchiglione e pel porto di Brondolo. Andrea Gloria fece conoscere circostanze e fatti prima scono- sciuti, opinando che l’Adige avesse corso antico sopra Albaredo per Sabbione e Bevilacqua fino a Montagnana, e da Este a Ponte Casale e villaggio di Candiana, che mostra essere alveo abban- donato. In seguito alle nostre ricerchè sui luoghi trovammo confermato il tracciato Gloria, che potrebbe essere, a nostro avviso, così completato : un ramo od una diversione da Lupia di Minerbe diri- gevasi su Bevilacqua, nel tempo che il tronco principale correva da Zevio per Volta Vicentina, S. Donà, Stradone, Cucca, Grade- nigbi, Sabbioni, lungo la Fratta, Alberi-Montagnana, Saletto ed Este. Lo stesso professore, appoggiandosi a pareri tecnici, crede che parte dell’Adige atestino, a mezzo di due canali artificiali, uno in Saletto 1’ altro al Ponte della Torre in Fossa Rotta di Este, si versasse nelle valli di Calaone e Bozzo, mescolandosi colle acque dei displuvi euganei e vicentini, concorrendo così a, formare il Vi- gisone ricordato dal solo Plinio. Ritornando al procedere del nostro fiume e delle sue diver- sioni fino alle rimutantisi sue foci, forse dalla laguna di Adria, ove più probabilmente giungeva il Tartaro con acque del bacino atesino, alle isole di Chioggia ed a Brondolo, non possiamo che riportare i passi dei classici e basarci su quanto venne scritto dai 56 E. NICOLIS contemporanei Lbmbardini, Gloria e, specialmente, dai signori Boc- chi (1). Perchè è d’uopo non dimenticare che in questo basso territo- rio, ricetto di tanti corsi d’acqua penosamente smaltiti, gli straripa- menti e le continue sedimentose allagazioni che vi persistettero a lungo, rimaneggiarono la forma del terreno, colmarono e pareggia- P) Plinio mette in sodo che ai suoi tempi l’Adige sfociava a Brondolo scrivendolo nel libro III « inde ostia piena: carbonaria ac Fossiones Phi- listinae, fossa abundatione nascentia ; accedentibus Athesi ex tridentinis al- pibns et Togisono ex patavinorum agris. Par eorum et proximum portum fecit Brundulum sicut Edronem Medoaci duo, ac fossa Clodia. His se Padus miscet ac per baec effunditur: plerisque ut in Aegipto Nilus quod vocat delta ...... Ed il Bocchi scrisse: incerto dove Tartaro e Filistine superiormente s’ incontrassero, ma certo il corso d’ acqua così formato tornava sopra Adria a bipartirsi : un ramo entrava nel porto di Adria col nome di Carbonaria, e formava la foce presso Loreo detta poi le Fornaci; un altro col nome Fos- siones Philistinae sboccava al Fossis della tavola Peuntigeriana, detto poi Fosson, odierna foce dell’Adige. Lombardini pure, opina che le isole presso Chioggia, sopra una delle quali è stata eretta quella città, possano essere deposizioni dell’Adige, spin- tovi allorché seguiva un corso più settentrionale, presso Este e ne espone le ragioni. Adria, Hatria o Atria, l’antica città ora seppellita dalle deposizioni flu- viali, fra cui quelle di Tartaro, portante acque del bacino atesino, e vuoisi anche direttamente da quelle dell’ Adige, era un po’ più a sud dell’ attuale, che è formata in parte dei materiali tolti alla vecchia città ; questa stava sulle rive del mare, allontanatosi circa 20 km. Si sa, per scavi, che l’attuale città riposa sulle rovine di due altre città anteriori, lo che dimostra quale progresso abbiano fatto l’alluvionamento e le dejezioni fluviali. Perchè la prima città, riscontrata a parecchi piedi sotto 1’ attuale superficie, ha dato vestigia dell’ epoca romana, la seconda ben più profonda, pare più antica ed i fram- menti trovativi sono etruschi; inoltre la famosa tavola di marmo rinvenuta al Pireo e ritenuta di 4 secoli anteriore all’ era volgare, attesta di Adria città marittima. Nel gennaio 1898, nell’occasione degli scavi per i canali di bonifica del Polesine, nel comùne di Adria, a Donada-Contarina, sotto la campagna colti- vata, si scopriva una barca di legno di rovere lunga m. 20 e larga 5 o 6, che P ing. Scarpari giudica del V o VI secolo. Un’altra nave si scopriva lì vicino, subito dopo, a m. 3,40 sotto la c. m., ma occorrono danari e tempo per met- terla in luce. Queste navi, sepolte nel terreno conquistato sul mare per mezzo delle deposizioni dei fiumi Adige, Tartaro e Po, distano ora dal mare ben kilometri 12. Piuttosto confusione che luce, alla conoscenza della nostra idrografia SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 57 rono gli alvei e, successivamente o simultaneamente, le torbide dei fiumi, generati da differenti bacini idrografici, costituendo prima nuove superfici ed adeguandole di poi, si intrecciarono siffattamente da rendere quasi impossibile di seguire e di separare gli elementi litici dei singoli centri di loro diffusione. antica, porta la celebre tavola Peuntigeriana, itinera pietà o carta itineraria, del mondo romano. Secondo questa mappa — ritenuta ora quale apografo di più antico esemplare dei tempi di Severo Alessandro, dal 222 al 225, e supposta, in seguito a pensati giudizi geografici e politici, scritta da un cri- stiano del medio evo, probabilmente monaco di Colmar, che visse nella se- conda metà del secolo XIII, — Hostilia toccava il Po a nord, cioè sulla sinistra; Tredente era a sera del Cleusis; Atesia da Vennum (Chiusa) scor- reva vicino ed a mattina di Verona, per sboccare subito in Padus, che avea il suo decorso da ovest ad est, più vicino a Verona che a Mantua e, di so- prassello, manca ogni indicazione del lago di Garda e del Sarca. Già dal 410 al 453 circa, Servio M. Onorato, commentando il passo di Virgilio Aen. IX, scriveva: Athesis Venetiae fluvius est, Verona civitatem ambiens et in Padurn cadens. Però il Euaeus, nel 1776, commentando: Padus, sive Eridanus fluvius Italiae maximus (Geog.) così spiegava P espli- cito passo di Servio « in Padurn cadens »: Athesis post Padurn maximus ex Tridentinibus Alpibus, per Venetos in mare Hadriaticum influit; pro- prio quidem ostia sed fossis quibusdam trasversis et paludibus, cum regio tota scateat, ideo dictus est a Servio et Vibio in Padurn qui paulo infe- rius fluit decurrere. Sarebbero precisamente le allagazioni alternate sulla stessa area, le inondazioni e le piene dei due maggiori fiumi alpini, per cui andarono spesso confuse le loro acque e, come abbiamo reso noto, anche le loro sedimentazioni, che secondo Euaeus indussero Servio e Vibio a scrivere che Adige sfocia in Po. Certo è singolare P accordo fra le parole di Servio e quanto resta figurato nella carta di Peuntiger. Altre citazioni dell’Adige sono frequenti nei classici e si potrebbe in- terpretare che l’Adige antico abbia versato le sue torbide nelle lagune di Adria da un passo di Strabone, che scrisse circa mezzo secolo prima di Plinio. Tito Livio libro LXVIII, in proposito dell’Adige, sembra correggere Plu- tarco. Più d’ una sono j)le citazioni di fatti d’ arme presso al fiume Adige e sono di Tito Livio (epit.); Plutarco; L. A. Ploro; C. Claudiano; ecc. 58 E. NICOLIS VII. Dalla rotta eli Cucca alla chiusura del sostegno Castagnaro. (589 d. C. — 1838) Sommario. — Eotta di Cucca e sue couseguenze. Rotta di Pizzon di Badia, origine dell’Adigetto di Rovigo. Rotte del secolo XIV. Tagli di Casta- gnaro e Malopera nel 1438. Rotte ed inondazioni nel secolo XVI, docu- menti. Taglio di Porto Viro. Rotte ed allagazioni nel secolo XVII. So- stegno del Castagnaro e sua chiusura. È pur necessario, se vogliamo svolgere, almeno nel possibile, il tema propostoci nell’ intraprendere le presenti ricerche paleoidro- grafiche, di indagare cioè qual parte abbia avuto il fiume Adige nella costituzione della pianura veneta, di tener conto della storia e di citarne le fonti, perchè, nel nostro caso, la storia è stretta- mente ed intimamente collegata alla geologia. Sarò tuttavia bre- vissimo, trascurando, od appena indicando in nota, i tanti documenti che ho rintracciati. Entriamo ormai nei tempi barbarici, che non ci tramandarono nozioni scritte sulla idrografia d’ allora ; le tenebre si addensarono sul mondo. Dal secolo di Augusto, nel quale fiorivano i geografi greci e romani fra cui Strabone e Plinio, si giunge al basso impero. Sprazzi di luce appariscono coi Longobardi e poscia coi Franchi nei documenti monastici; aumentano di poi in grazia dei diplomi e delle concessioni del Sacro Romano Impero. Comincia a sorgere la civiltà nel periodo dei Comuni — e qui la Repubblica veronese dava sapienti Statuti, riguardanti anche l’ idrografia — per avviarsi al rinascimento generale, coincidente all’ estensione del dominio di quel paterno e previdente governo veneto, il quale, per la sua indole e sede, dovea porre sommo amore e studio vigile e zelan- tissimo al regime idrografico che, abbandonato a se stesso, avrebbe rovinato il suo territorio. La memoranda inondazione del 589 d. C., registrata dalla sto- ria col nome di « rotta di Cucca » ovvero di « diluvio di Paolo Dia- cono » , portava enormi turbamenti all’ economia dell’Adige in pia- nura. Abbiamo già notato i probabili cambiamenti del tronco urbano di Verona, in questo frangente, ed indicati gli autori che ne par- SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 59 larono. Crediamo di aver trovato, a Desmontà, il teatro della rotta, ove, dalla destra, le acque proruppero furiosamente sbalzando, per restare disarginate lunghissimo tempo, finché avendo perduta, scrive il Bocchi, la prisca foce di Brondolo, furono raccolte nella fossa Chirola, che è l’Adige odierno. Questo radicale cambiamento del corso inferiore, con ogni pro- babilità, generava diversioni nel tronco superiore di pianura, e si può credere fosse cagione dell’ abbassamento del tratto di esso che scese a sud verso Zevio-Ronco. Il Silvestri e 1’ Alessi raccontano che il longobardo Re Autari non abbia voluto ricondurre l’Adige nel suo alveo perchè, alla- gando da quelle parti il padovano ed il Polesine, tenuto dai Greci, difendeva così il territorio occupato dai suoi; ma, giustamente osserva il Gloria, sarebbe riuscito anche difficile il rimettere l’Adige nel suo letto, dopo la fatta diversione. Nell’opera, Monumenta Germaniae Historica, Hannoverae 1878, alcuni brani riguardano la rotta di Cucca : « Scriptores rerum lon- gobardicarum et Italicarum saec. VI IX, ex Gregorii Magni dia- logarum libro III. Pauli Historia langobardorum ». Essendo ben noti i dialoghi di s. Gregorio Magno e la storia dei Longobardi di Paolo Diacono, omettiamo di riportare queste de- scrizioni della disastrosissima inondazione che causava tale grande rotta, limitandoci col far osservare che sarebbe un anacronismo il voler giudicare dell’altezza delle acque, dalle fenestre — ove si vuole sia giunta — dell’ antica basilica di s. Zeno in Verona, che si vedono oggidì. La basilica, nominata da s. Gregorio Magno, era di origine romana e sovra essa venne ricostruita l’attuale di sana pianta, verso 1’ 810, da Pipino, ai primi tempi dei Carolingi, benché alcuni storici la vogliano fattura della prima metà del secolo XI. Probabilmente venne eretta ad intervalli, durante questo periodo ; anzi si può cre- dere che ai tempi di s. Gregorio Magno la basilica di s. Zeno fosse l’attuale cripta. Da quanto scrisse Torello Sarayna {De origine et amplitudine civitatis Veronae , pag. 6. Verona, MDXXX, ex officina Antonio Puteletti) risulterebbe che un ramo dell’Adige in Verona, prima del 1512, seguisse la via da s. Zeno in Oratorio pel fìumicello di Castelvecchio, precisamente dove ruppe nel 1882 ; punto questo che in ogni piena si dovette fortificare, procedendo, dopo aver obstruito 60 E. NICOLIS l’ alveo alla Ghiaia — donde il nome all'omonima strada — per la cosidetta buca di Cittadella, che è una depressione mostrante essere un alveo derelitto, come le conseguenti bassure, ora solo parzial- mente occupate da una derivazione, presso le caserme viscontee. Lunga lacuna soffre la storia dell’Adige, sino alla famosa rotta di Pizzon di Badia; in questo mezzo rari documenti menzionano il nostro fiume — detto Addizza, Atice, Adice ecc. — ed il più antico, riportato dal Bombardini (da Tiraboschi), Storia dell' abbazia di Nonantola , dell’ 857, fa conoscere che nelle Valli Grandi Veronesi, così sovente allagate dall’ acque dell’ Adige, il Po versava le sue piene per mezzo del Tartaro, comunicandovi mediante due canali, a Libiola e ad Ostiglià. Documenti di Tribuno, Doge di Venezia, del 912, e di Mar- tino III, del 944, menzionano l’Adige (Gloria Cod. dipi.) ed anzi quest’ ultimo lascia dubitare che nel 944 la rotta di Pizzon fosse già avvenuta; oppure che i beni del Vescovo, oggetto del docu- mento, si estendessero verso Barbuglio o Lusia, cioè fino al corso di quell’Adige che va ad esser chiamato Fiume Vecchio, tosto che l’Adigetto, dalla rotta di Pizzon avviavasi su Lendinara e Rovigo, per rientrare nell’ avito alveo, probabilmente presso Anguillara. Coi Bocchi (’) la maggior parte degli storici ritengono che la rotta di Badia Polesine, origine dell’Adigetto, avvenisse presso un gruppo di case dette Pizzon o Pinzone, non più tardi del 953 ; già nel 953 si scrive del « flumen vedre e vede « e « de navibus flu- men Adige vedo percurrentibus ... in rupta de Adice . . . » . Lo stesso Bocchi opina che le prorompenti acque si avviassero su quel di Costa (sud di Barbona) in luoghi che si nomavano Val de l’Adese. L’Adigetto corse liberamente per 5 secoli e la sua bocca riuscì così grande da dividersi in due, formando in mezzo un greto e, dopo un giro tortuoso di oltre 30 miglia, tornava in Adige a Lezze, poco sopra Cavarzere. Senonchè, sullo scorcio del secolo XV, fu eseguita la Bova di Badia, per modificare la rapida ed esube- rante erogazione. Notasi intanto essere in credenza che Rovigo non sorgesse come f1) Bocchi Alfonso. Carlo, Gaspare, Ottavio, Stefano, ecc. di Adria, Opere diverse, Trattato di Geografia ecc. Adria, 1873. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 61 Castello, che sul principio del secolo X e di poco lo precedessero Lendinara e Badia, luoghi che interessano 1’ Adigetto (’). Il conte Silvestri (2) dice trovarsi vestigia della rotta di Pizzon in traccie di canali dalla parte di S. Giustina e verso la campagna vecchia di S. Stefano. Al Bombardini pare che l’Adigetto sia più antico ed avvalora la sua supposizione citando i documenti, riprodotti dal Silvestri, fra cui uno del 920, che sarebbe l’atto di fondazione della Chiesa di Vangadizza. Questo documento non seppimo rintracciare, che anzi il più antico di quelli riprodotti dal Silvestri sarebbe del 953 ; riguarda una donazione del Marchese Amelrigo, figlio di Amelrigo e di Franca, che era stato presente quando, da suo padre e sopra i propri beni, venne eretta quella Chiesa. Questo sarebbe il primo atto, a noi noto, che nomina il ftumen vedre. In altra donazione, del 993, di Ugo Marchese di Toscana, è scritto : de flumine vedo. In quanto al dubbio espresso dal Bombardini, che concerne l'ubi- cazione della chiesa abbaziale di s. Maria Vangadizza, rispettiva- mente al fiume vecchio, ecco quanto abbiamo raccolto sul luogo. B’ Adigetto venne chiamato Adige nuovo, nel mentre che l’Adige si nomava, o soltanto Adige, o fiume vecchio. Si ritiene che l’Ab- bazia sia non solo stata eretta sull’Adige vecchio, ma ancora che preesistesse alla rotta che causò l’ Adigetto, dal quale è alquanto discosta sulla sinistra. Aggiungesi una leggenda: siccome il cam- panile dell’Abbazia è inclinato verso il vecchio Adige, vuoisi ciò sia perchè alla sua base, vicinissima all’ Adige vecchio, si attac- cano, col mezzo di grossi ganci, i barconi di navigazione mercantile. Nel secolo XI e fino dal 997 appellavasi Adige, senz’ altro, il vecchio ramo del fiume ; ce lo provano i documenti, i quali pure (!) Le nostre ricerche sull’origine di Rovigo, dal punto di vista della disalveazione dell’Adige, ci condussero solo alla seguente nozione, gentilmente comunicataci dal sig. Bibliotecario comunale di Rovigo : a Ravenna, nell’ Ar- chivio arcivescovile, esiste un documento pubblicato dal Fantuzzi nell’ Opera I monumenti Ravennati dei secoli di mezzo, t. II, pag. 5, in cui si legge : «in finibus civitatem Gavellum villa qui noncupatur Rodigo ». Si desume essser questo l’anno 838, dai criteri per la indizione dai critici. Questa villa fu l’origine di Rovigo. Non si sa se vi scorresse dappresso un corso d’acqua come è probabile. (2) Silvestri Carlo. Paludi Adriane, Venezia, 1736, ecc. 62 E. MCOLIS lasciano credere che il monastero di s. Maria Yangadizza fosse stato eretto sull’ Adige (1). La rotta del Po a Ficarolo avvenuta nella prima metà del secolo XII, facendone mutare il corso inferiore, altèrava i rapporti dei suoi rami di sinistra che comunicavano col Tartaro, coll’Adi- getto e coll’Adige. Come i disalveamenti dell'Adige, in seguito alle rotte di Cucca e di Pizzon, rendevano ognor più difficile il corso e la sfornatura delle Filistine a Fosson, così, questi del Po, strozza- vano a Carbonara il corso del Tartaro che divenne influente del Po. In questo torno di tempo i rodigini regolarono le loro acque tra l’Adige ed il Tartaro e così diedero origine alle due campagne, a cavaliere dell’Adigetto, di S. Giustina e di S. Stefano. Se il supposto del Lombardini, del resto assai probabile, es- sere cioè il tronco dell’ Adigetto Rovigo-Cavarzere 1’ effetto di una diversione entro un alveo abbandonato dal Tartaro, allora questo fiume sarebbe corso quasi parallelamente ed a poca distanza dal- l’Adige, che è quanto dire ben più a nord dell’attuale Canalbianco che, come si dirà, non è l’antico Tartaro, del quale, in seguito alle rotte dell’ Adige di Castagnaro e di Malopera del 1438, sono scomparse le traccie da Canda alla foce. 0 997 Uno strumento di vendita di Gualdrada, sorella di Ugo Marchese, dice: « Yangadicia cuna omnibus casis et rebus sive ripa iuxta flu- vium Adese ... ». 1073 Donazioni al Monastero di Yangadizza: « Monastero s. Mariae . . . sita super flumen Atesis in fìnibus Vangaditie (Gloria cod. dipi.). 1107 Altro documento porta: « . . . juxta ripara Atliicem». 1128 II diploma di Calisto secondo dice: « ... super Athicem ». 1177 Diploma dell’Imperatore Federico Barbarossa: «... Ecclesiam s. Dei Genitricis Mariae constructam super Atliesis flmninis ripam ad locum qui quondam Petra dicebatur ecc. ecc. Citiamo frammenti di altri documenti che illustrano l’idrografia atesina di questo periodo. 1097 Nota trovata da Muratori avanti il m. s. della cronaca di Paride da Cerea: «Anno Domini MLXXXXVII, fluvius Atesis tam fortiter crevit quod pontem lapideum a s. Stephano de Verona diruit et epi- scopale Palatium fregit, et intravit per basilicam sancti Zenonis Oratoris ». 1139 « Anno 1139 fluvius acquae Athesis inundavit. Ili Kal. Septembris. (Ann. s. Trinitatis in Pertz. 1198 « Veronensis edificarunt Castrum Caibe super flumen Artacis . . . (Ann. Verou. di Parisio da Cerea. Codice di Aix). SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 63 Gli Statuti della magnifica città di Verona compilati nel 1228 (Liber Juris civilis urbis Veronae) trattano con savie disposizioni del regime, dell' igiene, del commercio e della politica relativamente all’ Adige (vedi Capi CXIII, CCXXV, CCXXXV, CCLXXVIII ecc.), come del pari il Consiglio della città di Verona provvedeva alla igiene del fiume. Nell’archivio delle scritture della città di Verona, esistono im- portanti documenti, dimostranti la cura del locale consiglio dei XII, per la conservazione degli argini dell’Adige, ed i processi relativi. Nel secolo XIV la rotta Sabbadina, sulla sinistra, essendo rimasta aperta per lungo tempo, arrecava gravissimi danni. Nel 1391 si fece uno squarcio nella destra d’Adige, presso Legnago, e vuotavasi di là l’acqua, che si avviava alla volta delle Valli Grandi veronesi, donde, per mezzo del Tartaro e di altri canali del Pole- sine, si versava nelle valli d’ Adria, la cui capitale, pare, fino dal 1300, per causa d’ inondazioni e dell’abbassamento del suolo, fosse quasi scomparsa, non restando di Adria che poche case in muro e quelle di canna, costruite per ripararvi la stremata popolazione, costretta a vivere di sola pesca. Tanto risulta da un tipo esistente nell’Archivio dell’ufficio del catasto di Rovigo. Intanto compila- vansi anche gli Statuti di Rovigo, Lendinara, Badia e di tutto il Polesine, che sancivano pene ancor più severe di quelle comminate dagli Statuti veronesi ; perfino la forca era minacciata per le ma- nomissioni degli argini e per gli artificiali impedimenti al libero deflusso, specie dell’ Adigetto. Il secolo XV resta segnalato per le disastrose rotte o tagli, fatti, si crede, per ragioni strategiche, di Castagnaro e Malopera, dai quali le acque invasero tutto il paese, donde al mare, e dagli argini della campagna vecchia (Retratto) al Po, essendo già avviato il lavoro dei Retratti, vale a dire delle campagne arginate, sot- tratte o ritirate dalle cosidette acque nere delle valli (,). Questa nuova allagazione atesina colse la regione nel disordine idraulico perdurante dalla rotta di Ficarolo (Po), le cui erompenti avevano invaso le foci del Tartaro e, fra l’Adigetto ed il Po, intercettate (J) Si nomano Terre, o campagne vecchie, quelle difese da argini cir- condari. 64 E. NICOLIS siffattamente le acque, da non lasciar loro altro recapito che, od in Adige presso Tornova, od in Po (Q. Probabilmente l’ origine dei mentovati gorghi di Trecenta, fu concomitante agli straordinari eventi idraulici in esame, perchè fenomeni analoghi li vediamo iniziarsi con i fontanazzi della bassa pianura — che ora vengono tosto riempiti e chiusi — manife- stantisi allorché le acque del fiume arginato, straordinariamente gonfie, premono, travenano e sbucan fuori salienti, anche a distanza, nel sottoposto piano di campagna (2). La ruina del basso veronese e del padovano, nonché del terri- torio rodigino ed adriate, si accentuò e divenne più intensa adunque, per le rotte o tagli di Castagnaro e Malopera (1438), rimaste li- beramente aperte 70 anni, restando la prima, assieme al relativo nuovo canale scaricantesi in Canalbianco, regolata e funzionante da diversivo alle piene dell’ Adige, fino al 1838. Queste irruenti acque bianche, così denominate in contrasto a quelle dette nere, provenienti dagli stagni e dalle valli, si espansero su estesissimo ter- ritorio, e gli storici concordi attestano che solo Trecenta e Castelgu- glielmo ne furono preservati, assieme a poche zone delle campagne di S. Stefano e di S. Giustina ; Rovigo restò salva per la chiusura delle sue porte, rimanendo invece circondata ed in parte soverchiata Adria. Flavio Biondo, pochi anni dopo tanta sciagura, trovava la campagna da Trecenta ad Adria tutto un vastissimo stagno (3). È da credersi che i due nuovi liberi corsi, Castagnaro e Mal- opera, invadessero ed intercettassero il Tartaro, spandendovisi late- ralmente; parte di quelle acque defluivano nel Po, probabilmente iniziando la Fossa Polesella, nel tempo che la loro maggior por- zione si rovesciava su Adria. Il più volte citato storico di Adria scrive che, sotto il reggi- mento di Borso I duca di Ferrara e Modena, cominciavasi V ar- (!) Fonti; autori citati e documenti diversi. (2) L’ archeologia non ci soccorre per la conoscenza dell’ età del terreno di Trecenta che mostrasi recente ed abbassato ; mancanvi i documenti, e solo si rinvenne, per quanto so, una terra cotta colla marca F ■ PjVSI . I gorghi di Trecenta, studiati dettagliatamente dal cav. G. Alberti, sono 10, profondi in modo vario da m. 3 a 15 e colla superficie da pertiche 2 a 30. Alcuni presentano forma rotonda, altri risultano elissoidali. (3) Roma r istaurata et Italia illustrata di Biondo da Forlì, tradotta in volgare da Lucio Fauno in Yenetia MDXLVHI. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 65 ginamento del nuovo recipiente detto Canalbianco, le cui funzioni so- stituivano quelle del distrutto tronco inferiore del vecchio Tartaro, lungo il filone delle vaganti acque allagatici; e già nel 1469 Canda, nei cui pressi Tartaro continua il suo corso in Canalbianco, e S. Bel- lino erano liberate dalle acque; nel 1473 pare si fosse giunti a fissare il canale « usque ad Foveam per quam Tartarus decurrit ad fiume Padi » (dicono i documenti) cioè fino a Fossa Polesella. Nel 1583 l’arginatura del Canalbianco dovea toccare la porzione supe- riore del territorio di Adria e raggiunse questa dal 1607 al 1625. Il Dalla Corte nell’ Istoria di Verona (Verona 1594) scrive del maggio 1490: « Quest’anno, ancora nel mese di maggio, crebbe « in maniera l’Adige che bavendo in più luoghi e massime in « Anghiari (presso Legnago) rotti e superati gli argini, allagò un « gran paese » . Anche dallo spacco di Barbuglio, restato per 3 anni opera- tivo, rimase inondata la plaga fra l’ Adige e l’ Adigetto. Nel secolo XVI si manifesta frequente ed energica 1’ azione della Serenissima sul regime idraulico della bassa pianura veneta ; ne fanno prova molti documenti e citiamo brani dei più importanti : 1503, in Pregadi .... « 1’ andera parte che tutti gli arzeri fatti « fuori dei arzeri maestri si dal lato del Padovan come del Pole- « sine sopra il fiume della Chirola (tronco dell’ Adige odierno dalla « rotta di Cucca in giù) dalla rotta di Castagnaro in zoso verso « Venezia sieno bassadi in egual del terren basso et quel terren « sia gittado sopra gli arzeri maistri a spese di quelli che li hanno « fatti come è honesto essendo loro stadi causa del mal .... » Nel 1512 l’Adige straripante minacciava di mutare il suo corso in Verona e su questo caso nel 1586 il Valermi scriveva: « et l’anno 1512 crebbe tanto il fiume, che gettò a terra « parte delle mirra della fossa di detto Castello et se non fossero « stati i molti ripari che se gli fecero, saria gito a trovar 1’ an- « tico suo letto » (Valermi d’ Adriano, Le bellezze di Verona). Qui sento di dover aprire una parentesi, per esprimere il pen- siero di non credere sia fuori dell’ indole geologica del presente studio, il continuare succintamente la geologia storica del fiume, perchè, ad ogni sua allagazione corrisponde un deposito, sulla pia- nura veneta, di elementi litici, a differente grado di triturazione, la cui composizione è ornai nota. 5 66 E. MCOLIS E continuando il filo cronologico delle nuove sedimentazioni atesine, richiamiamo l’ attenzione sulle testimonianze, tolte dai processi delle inondazioni (Productus per oratoris Magnifici Co- munitatis Padue MDXXXJ. Ànt. Àrcli. della Biblioteca Com. di Verona) su quelle assai estese e di lunga durata, prodotte e dai fiumi a monte della sinistra dell’ Adige e da questo, sul territorio fra Cologna Veneta e la marina; citando fra le testimonianze poche parole di un Cecho Manfrin q. Dc0 de Tono de la villa di Can- diana, che finisce la sua deposizione dicendo : « . . . . ogni cosa esser simile a uno mare ». La Ducale 3 settembre 1539 fornisce, dirò così, la notizia ufficiale che le inondazioni del Po e dell’ Adige alternavansi nelle stesse plaghe nelle Valli Grandi veronesi, così esprimendosi: “ . . . . è concesso al comune et homini di Selogna (Aselogna, sud « di Cerea) pertinenza de Cerea, 1' esenzione dalle angarie perso- ti nali per 5 anni prossimi, attesi i danni che avevano sofferti « dalle inondazioni del Po e dell’ Adige » . Importantissimo è il decreto in Pregadi, 3 marzo 1546 , che dice: » Essendo di grande importanza che iuxta la disposizione «della parte 1504, l’acqua dell’Adese discorri equo cursu per « la Chirolla et per la rotta di Castagnaro sii reduta alla debita « larghezza, acciocché non si perdino le possessioni del Polesine « et appresso anco che l’ alveo della Chirolla non si faccia in- « navigabile incarica il N. H. Bernardo Sagredo faccia fare alla « bocca della rotta di Castagnaro quale reparation et provvisioni « de paradori, pallifieade e roste che sono necessarie per far che « 1’ acqua dell’ Adese corri equo cursu per la Chirolla et per la « rotta del Castagnaro ». Kiesce interessante per lo studio dell’ idrografia atesina il « Compendio di tutti li raccordi et suppliche presentati da diversi » (in specialità dal veronese Theodoro da Monte) « alla Serenissima « Signoria di Venetia dal 1568 al 1593. Verona appresso Giro- « lamo Discepolo MDXCIIII ». Nel 1565 « i signori sopra le fortezze furono delegati alla re- golation dell’Adige e diversivi»; e nel 1581, secondo Zendrini {Memorie storiche , Padova 1811) eseguivasi il primo arginamento dell’ Adigetto contemporaneamente a quello dell’ Adige dalla Pet- torazza alla confluenza dell’ Adigetto. SUGLI ANTICHI COESI DEL FIUME ADIGE 67 Il decreto « in Pregadi » 4 settembre 1596, la Ducale 14 novembre dello stesso anno e 1’ altro decreto « in Pregadi » 4 set- tembre 1597, provvedono ai rimedi dei danni prodotti dagli « ac- cidenti più volte seguiti nel Polesine di Eovigo per l’escrescenza delle acque del fiume Adice, .... » e « per le grandi calamità di Eovigo e le frequenti ed importantissime rotte, nomina una com- missione per studiare, riparare ecc. » . 1598. — 2 settembre. Essendo stato « eretto il magistrato par- fi ticolare alle acque, Gerolamo Dandolo e Francesco Molin depu- « tati dall’ eccellentissimo Senato sopra la regolation del fiume « Adice », pubblicano il loro itinerario d’ispezione, per aver in- formazioni dai terrazzani lungo tutto il loro percorso, ed arrivati a Verona, « serviti per nome della Magn. città di Verona dal sig. Gier. Verità e dal sig. Fabio Nichesola » dal 28 settembre al 12 ottobre, si recano sui luoghi a discutere. Si conoscono, dagli Atti consigliala della magn. città di Verona, i loro fi discorsi fatti di giornata in giornata in proposito della desolation dell’ Adige » e sui provvedimenti da prendersi. Da questi discorsi scaturiscono illazioni di grande rilievo, ossia: 1°, che si troverebbe naturai cosa , senza il pericolo della proibizione del Duca di Mantova, di immettere l’ Adige nel Mincio e precisamente in quell’ ampio alveo di Pozzolo-Goito-lago di Man- tova; alveo inciso nel conoide diluviale dell’Adige stesso, cioè in quella approssimativa direzione che abbiamo già supposto sia stata percorsa dalla fiumana retica nel periodo diluviale; 2°, che i progetti Venier e Da Monte, presentati in questa occasione, contenevano l’ idea, ora attuata dal Consorzio Alto Agro Veronese, dell’irrigazione dell’alta pianura veronese; 3°, che le sole preoccupazioni di difesa dello Stato Veneto esclusero il provvedimento di una artificiale deviazione del fiume, a monte della Chiusa, dirigendolo nel bacino del Benaco, che ab- biamo detto essere con ogni probabilità parte della sua antica valle. Questa di tornare all’antico regime, rimosse che siano le cause per cui venne turbato, è invero la tendenza dei fiumi; e le sole ragioni strategiche indussero il magistrato veneto a scartare lo studio di una riproduzione dell’Adige diluviale. E già nell’occasione dell’ inondazione del 1552, Sarajna scrisse: « nisi tot murorum . . . « obstacula fuissent alveum reperrisent antiquiorem » ; ed il Va- 68 E. NICOLIS lerini citato « Et se non fossero stati i molti ripari saria gito a « trovar l’antico suo letto ». Così pure nella piena del 1882. l’Adige, senza l’efficace resistenza degli argini dell’Alpone e della valle Zer- pana, avrebbe ripreso 1’ antico suo corso per Cucca, Cologna ecc. 1598-1623. Fra il secolo XII e quello XYII, cioè dalla rotta di Ficarolo in poi, il Po si era rivolto a Brondolo e Chioggia e sa- rebbesi avviato a confondere la sua foce con quella dell'Adige, se i veneziani, col celebre taglio di Porto Viro, non l’avessero allon- tanato. Per conseguenza il Canalbianco diviso dal Po, libero ed in- dipendente corse al mare per la foce di levante, assumendo al disotto dell’ intestatura, il nome che tuttura conserva di Po di Levante. Di questa importantissima operazione idraulica è opportuno ricercare in Bocchi i dettagli ('). Tornando a dire dell’Adige, non abbiamo che a ripetere sulle rotte disastrosissime dei suoi argini. Nei verbali del Consiglio dei XII di Verona, 21 Febbraio 1615 è scritto: «la rotta seguita « 1’ anno passato nell’ argine della Baruchela tutti gli terreni e « luochi fra il Tartaro, Castagnaro et Adice, camminando da essa « Baruchela sin sotto la villa Bartolomea et quanto più in la « fossero le acque »; ed in quello del 20 marzo dello stesso anno : « le acque che scorrono per la rotta di Castagnaro nelle grandi « escrescenze hanno fatto un gran rotta nell’argine della Baruchela (') L’ ing. Foschini, Monogr. citata, scrive: Il ramo sinistro chiamato Po delle Fornaci si avanzò in mare con tre rami che s’ ebbero nome di Po di Tramontana, di Levante e di Scirocco dalla direzione delle loro foci. In queste tre bocche si venne alternando la principale azione del Po nei quattro secoli e mezzo che decorsero dalla rotta di Ficarolo al taglio di Porto Viro; la bocca di Scirocco si spinse a mare per la lunghezza di m. 13,400, quella di Levante per m. 10,300 e quella di Tramontana per m. 10,700. Il proten- dimento di quest’ ultima foce, minacciando d’ interrare il porto dell’Adige detto di Fossone, sollevò i reclami dei veneziani e die’ motivo, sin dalla metà del secolo XVI, alla proposta di diversione del Po delle Fornaci, che però rimase ineseguita fino a tutto il cadere del secolo. Luigi Grotto, detto il Cieco d’ Adria, divinò allora meravigliosamente il piano del taglio di Porto Viro e dinanzi al Senato Venéto fece valere, colla eloquente parola, la bontà delle sue cognizioni idrauliche. Nei primi anni del 1600, con alcune modificazioni a quel piano, e dopo superate immense difficoltà pratiche, fu fatto il taglio di Po, detto anche di Porto Viro, nel quale fu stornata la corrente padana verso mezzodì, gettan- dola sulla destra dell’ ampia sacca di Goro tra Villa Regia e Rotta Grande. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 69 « luogo che è tra i confini del Polesine di Rovigo e del territorio « Ferrarese. . . » . 1621. Luglio 6, in Senato. Senato alli Rettori di Verona: « Occorse nelli giorni passati la rotta nella villa del Castagnaro. . . « la quale ha affondato una parte del veronese, buona parte del «ferrarese, con haver anco posto in pericolo il Pollesene di Ro- « vigo, la qual rotta correndo tuttavia a danno et pregiudicio di « tutti gli interessati sopradetti ». 1621. 19 agosto, in Pregadi: « Essendosi inteso essere se- « guito dopo p° al Castagnaro un altro ancora poco di sopra da « qlla et essendo d.t0 neg.io di molta importanza et richiede la « celere provisione perchè sia al tutto riparato. L’ andera parte « che sia concesso al Magist0 i bene inculti, il carico di far chiu- « der et accomodar le Sopte due rote ». 1622. 23 Juny: « Dovendosi fare il taglio dell’Adige per « fuggir l’ iminente pericolo del loco di Mallabò è stato termi- « nato dalla cavalcata generale di tagliar il loco della Magia- « rona » (Ant. Arch. di Verona). Dicevasi cavalcata generale alle ispezioni dell’Adige. Assai istruttivo, come compendio delle condizioni idrografiche e dei postulati idraulici di quel tempo, risalta il « Discorso sul fiume Adige » di Pompeo Frassinelli romano, eletto ingegnere dell’Adige dal Consiglio dei XII e dei L di Verona e durato in carica, pare, dal 1631 al 1658 (vedi pubblicazione Sgulmero e Da Re ; Archivio Veneto 1885). Di poi l’abate Coronelli, cosmo- grafo al servizio della Republica Veneta, presentava il suo progetto di far sboccare l’Adige nel Garda, mediante un tunnel pel M. Baldo. 1677. Grande rotta d’Adige a Spininbecco che probabilmente originava quel gorgo ; e che i gorghi sieno concomitanti alle rotte ne abbiamo, con argomenti, crediamo persuasivi, esternato il parere precedentemente. Inoltre nella cartografia atesina antica (della quale vi sono importanti tipi presso il Genio Civile di Este, all’Accade- mia di Rovigo, presso i proniponiti del celebre idraulico Roveda in Verona, alla Biblioteca Comunale e negli archivi della Prefettura di Verona ecc.), sono segnati i gorghi in direzione esterna delle rotte, così come in quelle di Villa di Fori, di Bionde, ecc. (x). (l) Nel maggio 1895, festeggiandosi in Verona il compimento delle difese d’Adige, il comm. avv. Angusto Caperle, allora sindaco della città, con quella 70 E. NICOLIS Dalla rotta di Spininbecco le acque entravano a Giacciano ; di là in giù il fiume era quasi vuoto e l'Adigetto asciutto. Grosso volume d’ acqua entrava in Po per le chiaviche di Ostiglia ed altre vie, e in Canalbianco per Barruchella e Paolino. Fu necessario tagliar gli argini di Fossa Polesella con inondazione dell'adriate. Notisi che il sostegno di Polesella, era stato deciso nel 1638 (In Pregadi 22 settembre 1639). 1687. 3 luglio « In Pregadi » Con sommo spiacere per le conseguenze intende il Senato la nuova rotta alla Boara, seguita in tempo e sito non sospetti. . . . Ma non bastano le vicende naturali a mantenere in completo disordine l’ idrografia nella bassa regione veneta, che anche i fatti guerreschi vi si aggiungono. Nel 1704 i veronesi tagliano la rosta di Castagnaio per impedire le incursioni dei tedeschi di Castel- baldo ; ed i francesi nel 1706, occupata Badia, fanno altrettanto del cavedone dello stesso Castagnaio. Così che nel 1740 il basso tronco dell’Adige ha sette diversivi, ossia, come scrive Bocchi, sette rotte costantemente aperte che sono: Castagnaro, Adigetto, Sab- badina, due a Cavarzare, Canal di Loreo e Canal di Valle ; per conseguenza la foce di Fosson era quasi all' asciutto. 1719, 1757, 1767, Ex actis consiliorum Magn. Civ. Veronae 25 sep. 1777 «Verona 4 volte nella sola parte trascorsa di questo « secolo, incominciando dalla prima che avvenne nell’ anno 1719, « è stata inondata, delle quali le tre ultime sono successe nel « breve giro di tre lustri. Di tutte queste la più memorabile è « stata quella seguita nei primi giorni di settembre del 1757 che « superò di estensione, di altezza e di rovinosi effetti tutte le « precedenti delle quali si trovano registrate memorie. . . . « Sentiva questo misero popolo il dolor tuttavia di quel grande genialità brillante, dotta ed erudita che lo caratterizza, ideava subitamente una esposizione dell’Adige, riuscita, malgrado la strettezza del tempo, interessante e nuova. Eravi appunto in mostra una ricca ed istruttiva antica cartografia ate- sina, ed ammiravansi i simulacri dei nuovi e grandiosi manufatti di regola- zione dell’alto Adige e dei suoi influenti, esposti dall’ I. E. Governo Austriaco, nonché i numerosi e pregevolissimi cimeli romani, rinvenuti negli scavi di fondazione dei muraglioni urbani, opera questa lodatissima del chiarissimo ingegnere capo municipale cav. Tullio Donatelli, coadiuvato dagli ingegneri Peretti e Strollini. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 71 « infortunio quando nel 1767 il 19 nov. fu afflitto da un nuovo « allagamento ». 1776. 8 febbr. Ducale Aloysius Mocenigo « concorre a « concedere una volta tanto, a sollievo del corpo della città stessa « (Verona) la suggerita misura uguale al caso precedente (1757) « di ducati diecimila V. P. ». Dalla Ducale 5 ott. 1776, risulta che nel settembre 1776 fuvvi altra allagazione di Verona, tre rotte nei siti inferiori di Bionde e Zerpa ed altra rotta a Castagnaro verso la Baruchella. 1777. 25 febbr. « Ex actis Cons. Mag. Civ. Veronae »; e nel 19 ott. 1776 accadero 5 rotte dell’Alpone da parte del Colo- gnese assieme a quelle di Zerpa e Bionde. 1790-1897. Nella lusinga di regolare stabilmente il Casta- gnaio edificavasi nel 1790 un grandioso sostegno in pietra a 10 vani che doveva aprirsi quando l’Adige montava a m. 0,90 sopra guardia. Nel 1794 si eresse anche il sostegno Bosaro, poco sotto la bocca di Fossa Polesella, in luogo della rosta che prima vi si faceva e disfaceva ogni anno contemporaneamente alla rosta di Castagnaro, onde le acque di questo potessero scendere in Po, la- sciando libero agli scoli il Canalbianco inferiore. Ma finalmente, riconoscita l’ insufficienza del Canalbianco a dare all’Adige uno sfogo ed il danno che questo fiume ne risentiva, per 1’ alzamento del letto, venne dal Governo Austriaco nel 1838, su progetto di Paleocapa, stabilmente chiuso e reso inoperoso il sostegno Casta- gnaio. E così Canalbianco che, mediante il taglio di Porto Viro, già da oltre due secoli, era rimasto indipendente dal Po lo di- venne, con questa chiusura, anche dall’Adige, restandogli il solo ufficio di scolo ('). (*) (*) Non si può dimenticare l’ opera e gli scritti del celebre matematico A. M. Lorgna, Capitano degli ingegneri ecc., ed in specialità il suo « Discorso intorno al riparare dalle inondazioni dell’Adige la città di Verona». Verona stamperia Moroni 1768; e dobbiamo altresì citare con lode l’inedita biblio- grafia dell’Adige dei signori cav. Sgulmero e Da Ee della Biblioteca Comu- nale di Verona. L’ ing. A. Zanella nella illustrazione della bonifica, da lui compiuta, delle Valli grandi veronesi scrive: Dopo la chiusura di Castagnaro ed avanti il cominciamento dei lavori di bonifica, lo specchio dell’ inondazione, nelle suddette valli, non era minore di ettari 1200, e dal settembre al maggio ordi- nariamente durava 120 a 150 giorni. 72 E. ISIC0L1S In seguito, specialmente alle allagazioni del 1882, il R. Go- verno Nazionale, con dispendiosissime opere, continuò a migliorare il regime idraulico del territorio veneto, nel tempo che 1’ I. R. Governo Austriaco compiva grandiosi lavori di regolazione del- l’Adige e dei territori dei principali suoi confluenti ; lavori splen- didamente e completamente descritti e figurati nella ricca pub- blicazione del cav. Weber von Ebenhof ed in quella ufficiale : * Memoriale dei lavori tecnico edili eseguiti dalla Commissione « Provinciale per il regolamento delle acque del Tirolo » (x) {Die Etschregulirung von Meran bis Sacco). Sguardo alla regione costituita col concorso delle deposizioni Atesine. Da quanto abbiamo finora esposto, risulta che gli estremi con- fini delle deposizioni dell’Adige, dirette ed indirette, superficiali o no, sarebbero: a sera, il Chiese vivo; a mezzogiorno, una linea che passa in direzione approssimativa di Acquanegra, di Mantova, di Ostiglia, e del corso attivo del Po; a nord, le falde e gli spe- roni dei contrafforti alpini di S. Ambrogio, di Corrubio, della collina di Verona, di S. Martino, di Caldiero e di Soave-Monteforte ; come pure le falde del gruppo berico ed euganeo, forse con le valli di Rozzo e Calaone, rimontando alquanto nelle rispettive valli; indi Este, Tribano, Villa del Bosco e Chioggia; isola, questa, che ritiensi abbia avuta la sua origine dalle sedimentazioni dell’ Adige, del Vigisone e della Fossa Clodia. Ad oriente, le foci dell’Adige scesero poi da Brondolo a Fossone, mescolando, colà, l’Adige i suoi depositi con quelli del Brenta e del Retrone, e a sud, con quelli di Tartaro-Canalbianco-Po di Levante. Le migrazioni del fiume e dei suoi rami nel vasto territorio, compreso entro tali approssimativi confini, furono continue, tanto longitudinalmente che in trasverso. ([) Ringrazio l’I. R. Consigliere Edile Ing. Perghem di Trento per le favoritemi pubblicazioni e dati riguardanti il nuovo tracciato dell’Adige nel territorio austriaco. SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 73 Considerando soltanto le rotte di Cucca, di Pizzon di Badia, di Castagnaro-Malopera e di Legnago del 1882, havvi quanto basta per comprendere come estesamente e quanto profondamente — atteso anche il suo lento deprimersi — doveva restare alluvionata quest’area, mediante le numerosissime rotte ed allagazioni storiche, le quali sono ben poca cosa in confronto della quantità di detriti travolti, rotolati e fluitati dalle larghissime vaganti fiumane primève, particolarmente in quel torno di tempo rispecchiante le eccessive e singolari pre- cipitazioni atmosferiche, ben più capaci delle attuali di energiche azioni di trasporto. Assai poderose dovettero essere in realtà le prische deposi- zioni delle torrenziali acque retiche, se oggi, in un minuto secondo di massima piena, il fiume svolge persino 3,500 me. di torbida, assai densa per gli elementi litici che dilava, sgretola, strappa, rotola e trascina dal montuoso bacino atesino, per deporli e stratificarli in pianura ove allaga, protraendo altresì la terra sul mare! Quanta energia sviluppa tale veicolo! Avviandosi dal centro al versante meridionale delle Alpi, che incessantemente sbreccia e demolisce, con ognor rimutantisi livelli, pendenze e portata, colma valli che riescava, pareggia la lenta sommersione della pianura veneta, mantenendo ricchi territori agricoli, estesi ad intere pro- vincie, cui dianzi lo stato palustre immiseriva. Quinci sterra e toglie, quindi depone e bonifica, abbassa le Alpi ed ammanta il piano, dando altresì il mezzo ad altro agente fabbricatore, cioè agli organismi vegetali palustri, di accumularsi e di rinascere sopra se stessi, quasi coralli vegetali, recando per tal modo largo contributo alla fabbricazione del piano. Come è ammirabile questo magistero di compensazione ! Ciò che era letto di mare diviene, per sollevamento, rilievo ; questo, abraso ed eroso, dà incessantemte il suo contributo alla pianura ed al mare, compiendosi in tal guisa la perpetua circolazione delle roccie. Che accadrà di poi se il continuo abbassamento riuscirà pre- valente sulle dejezioni fluviali? Il mare potrebbe benissimo di nuovo addentrarsi nella valle del Po e le foci del Po, dell’ Adige, ecc. si ritirerebbero in proporzione ; cessando la sommersione, i fiumi ricolmerebbero di bel nuovo, a poco a poco, la valle ed il mare, ripetendosi il fenomeno di Adria. 74 E. NICOLIS Riassunto delle principali vicende atesine. Cap. 1. Discussione sull’ epoca di sollevamento del rilievo formante il bacino delle primève fiumane retiche collegantisi col- l’ origine e coll’ età del lago di Garda. Cap. IL Corsi diluviali dell’ Adige-Sarca e relativo cono di dejezione a sud dell’attuale conca benacense ; prove del loro sbocco in un Po divagante a nord. Fase glaciale e franamento della Chiusa che ridusse l’Adige autonomo nella pianura veneta. Valore stra- tigrafico del ceppo che fiancheggia la valle atesina. Cap. III. Descrizione dei monticoli (Dossi) di sabbie dell'Adige che posano, discordanti, sul piano diluviale nella media e bassa pianura. Si ravvisano nei dossi le traccie dell’apparato fluviale di un regime idrografico di transizione, dal periodo diluviale a quello alluviale, talora rimestate dall’ energia eolica. Divagazioni a mezzodì dell’Adige ramificato. Espressiva no- menclatura idrografica e scoperte paletnologiche. Cap. IV. L’ Adige del periodo alluviale che si incassa nel piano diluviale in seguito all’ aumentata pendenza prodotta dal deprimersi e dall’ abbassarsi del basso piano e dell’ estuario veneto. Travamenti archeologici ausiliari alla cronologia. Probabile corso dell’Adige, fino alle valli Mocenighe e suppo- sizioni intorno al suo ulteriore cammino fino alla foce. Cap. V. L’ Adige completa l' incisione della sua valle, dalla Chiusa veronese fino alla bassa pianura. Profili dei risultanti ter- razzi. Alvei atesini derelitti entro la larga valle alluviale e relative leggende. Effetti degli arginamenti artificiali sul regime idrografico nella bassa pianura. Cap. VI. Geologia storica dell’Adige. Tronco urbano veronese. Tronco a valle di Verona, vagante entro il limite dei terrazzi. Tracciati arginati del fiume, nel periodo etrusco-euganeo-romano, di Stradone, di Cucca, di Sabbion, di Bevilacqua, di Montagnana e di Este. Corsi principali e diversivi da Este alla foce, secondo 1’ opinione degli autori. Passi dei classici. Cap. VII. Grande diversione dell’ Adige in seguito alla rotta di Cucca dell’ anno 589. Origine dell’Adigetto di Rovigo, causata dalla rotta di Pizzon di Badia, poco prima dell’anno 953. Basse- Boll.d Soc.Geol.lt. Vol.XVII (1898 ). E N I CO LI S Tav.I i fluviali odierni sono indira/i con linea bica . SUGLI ANTICHI CORSI DEL FIUME ADIGE 75 gna delle rotte avvenute nel secolo XIV. I disastrosissimi tagli di Castagnaio e Malopera, anno 1438, allagando quasi tutta la regione da qui al mare, pareggiano, da Canda in giù, il tronco del vecchio Tartaro, sostituito poscia dal Canalbianco. Rotte ed inondazioni nel secolo XVI. Taglio di Porto Viro che rende libero ed indipendente dal Po il nuovo Tartaro, ossia il Canalbianco. Rotte ed allagazioni nel secolo XVII. Erezione del grandioso sostegno Castagnaro e sua chiusura nel 1838, restando così il Canal- bianco indipendente anche dall’Adige. Lavori di regolazione dell’Adige nel territorio Austriaco ed in quello Nazionale, dopo l’ inondazione del 1882. [Gennaio-Maggio 1898] ANCORA DEL VESUVIO AI TEMPI DI SPARTACO E DI STRABONE RISPOSTA A UNA NOTA DEL DOTT. DE LORENZO pel prof. Franco Pasquale. È ammesso da tutti, e il dott. De Lorenzo lo riconosce, che il cono del Vesuvio propriamente detto non esistesse innanzi l'eru- zione di Plinio. Ma si riteneva pure (v. Buch. Phillips) che V orlo del Somma fosse quasi integro, tranne una stretta e profonda intac- catura dove oggi è il Fosso della Vetrana. Palmieri credette po- tere affermare che la parte sud del cratere mancasse innanzi Y eru- zione di Plinio : fu scoperto in seguito un affresco a Pompei che si ritenne confermasse la divinazione di Palmieri ; ma Y affresco era molto sciupato, e in seguito lo divenne ancora di più e non si potè ravvisare più nulla. Helbig accennava ad un piccolo affresco nelle « Pitture d’ Er- colano e dintorni, voi. V, p. 343 » come rappresentante probabil- mente il Vesuvio. Io cercai di vedere se mai il dubbio potesse eli- minarsi, giovandomi di dati storici e topografici ; e in una memoria presentata all’ Accademia Pontaniana nel 1886 resi conto dei miei studi , e mi parve accertare che il dipinto rappresentava Y antico Monte di Somma nel quale mancava la parte del cratere a sud-ovest. La cosa fu accettata da tutti : solo il dott. Lavis, non disconoscendo la mia interpretazione, mi mosse critica intorno alla causa che io ritenni potesse aver prodotta la demolizione. Io gli risposi in una memoria pubblicata negli Atti della Società italiana di Storia Na- turale. In una recentissima pubblicazione del collega dott. De Lorenzo (Zeitschr. deutsch. geol. Ges., 1897) io leggeva che il cono del Vesuvio propriamente detto esistesse prima dell’eruzione di Plinio, rappresentandolo la figura illustrata da me. Io che conosco il grande P. FRANCO, ANCORA DEL VESUVIO, ECC. 77 valore del dott. De Lorenzo mi affrettai a studiare la sua memoria, essendo certo di trovarvi ottimi argomenti, se avea potuto contrad- dire quel che universalmente era ammesso. Non riferirò le ragioni che m'indussero alla mia conclusione, chè dovrei ripetere quel che è scritto nella mia memoria ; invece riferirò gli argomenti coi quali il dott. De Lorenzo crede di con- traddirla. Egli scrive « Plinio, Diodoro Siculo, Strabone, Plutarco e altri hanno lasciato descrizioni del Monte così indeterminate da rendere possibili conclusioni più o meno arbitrarie » . Ecco qui, nè Plinio, nè Diodoro Siculo si può dire che de- scrivano il Monte, vi accennano : nemmeno Plutarco si può dire che descriva il Monte, sebbene vi accenni più particolarmente. Solo Strabone, che vi salì nei primi anni dell’ era volgare, 10 descrive per averlo veduto. Ora Strabone è geografo di tale autorità quando descrive cose vedute da lui, che prima di smen- tirlo occorrono argomenti inconfutabili. Ma è poi vero che la descri- zione che ne fa è indeterminata ? Io non lo credo, e mi permetto di ripeterla, traducendo letteralmente dal greco, attenendomi alle due migliori edizioni delle opere di questo autore, quella del Didot e quella del Casaubono. « Nola, Nocera e Acerra, colonia omonima di quella presso Cremona. Pompei città con porto presso il -fiume Sarno, atto all’im- portazione e all’ esportazione dalle merci. Sovrasta a questi luoghi 11 Monte Vesuvio, cinto di ottimi campi, eccetto il vertice: questo è piano in molta parte e del tutto sterile, e d’ aspetto cinereo, e mostra molte caverne piene di fori (fatte) di pietre dal colore fuli- ginoso, come se corrose dal fuoco. Onde si argomenterebbe che in tempi anteriori questo luogo arse ed ebbe crateri di fuoco : si estinse poi, mancata la materia. Probabilmente questa è la causa della fer- tilità dei luoghi circostanti, come in Catania, dicono, la parte ri- dotta in ceneri (proveniente) dalle scorie lanciate dal fuoco etneo fece la terra buona per la vite » . È descrizione indeterminata questa? Ove è il cono del Ve- suvio brullo sui fianchi, e il circo del Somma ? Strabone non parla che di un monte solo, mentre quando parla di Didima rileva che il nome è dovuto alla sua forma. Ma continuiamo. De Lorenzo riferisce il ben noto passo di Vitruvio. « Nè si ricorda meno che 78 P. FRANCO anticamente crebbero gli ardori e abbondarono sotto il Monte Ve- suvio, e per questo vomitò fiamme sui campi all’ intorno » ; e sog- giunge « sicuramente non si possono riferire quelle fiamme cbe il Vesuvio avrebbe mandato sui campi circostanti alle antiche eru- zioni del Somma, perchè quando queste avvennero, i campi futuri giacevano ancora sotto le azzurre acque del mare, quindi bisogna ascriverle realmente ad eruzioni del cono centrale del Vesuvio ». È certo il dott. De Lorenzo che le ultime eruzioni del Somma siano anteriori alla emersione dei campi circostanti; quando dalla maggior parte dei geologi è ammesso che molti coni flegrei ante- riori al Somma siano formazioni subaeree? E gli strati con filliti? e gli stratarelli di carbone che si trovano fra i tufi delle non ul- time eruzioni del Somma ? E poi, poniamo che un giorno il dott. De Lorenzo possa dimostrare che le ultime eluizioni del Somma avvennero quando i campi alla sua base erano ancora sommersi, ne seguirebbe che Vitruvio sapesse o ammettesse tali cose ? Come si vede, il sicuramente è tutt’ altro che sicuro. Egli scrive « Franco sbaglia nella sua interpretazione della tavola, perchè prende per un monte della catena di Castellammare il vero cono del Vesuvio che si eleva sul fianco sud-ovest del Somma già demolito ». Se sbaglio, son pronto a correggermi. E sbaglio «1° perchè, scrive 1’ egregio collega, il cono del Vesuvio si distingue naturalmente dal resto del Monte Somma per il colore scuro, avve- gnaché esso è formato dal materiale eruttivo giovane e sprovvisto di vegetazione » . Proprio il contrario di quello che scrive Strabono : questi afferma che i fianchi sono coperti di ottimi campi, e che solo il vertice che è in gran parte piano è brullo. Che Strabone salendo il monte abbia veduto alberi dov’ era sabbia deserta ? 0 Strabone mentisce e perchè dovrebbe mentire un geo- grafo di fama mondiale, e mentire su di una cosa che tutti e ogni giorno vedeano ? « E poi, continua il dott. De Lorenzo, il punto onde si deve pensare sia presa la figura dell’affresco e la conseguente prospettiva rende assolutamente impossibile che quella elevazione rappresenti un monte dell’ Appennino, come molto bene si vede dall’ esatta proporzione che il pittore ha dato alle catene lontane che limitano il piano di Napoli ad est e a sud-est e che è visibile a sinistra sullo sfondo del disegno. Aggiungi che proprio nella direzione del ANCORA DEL VESUVIO, ECC. 79 cono centrale, quando si guarda il Vesuvio da Napoli, s’incontra la valle di Cava e di Nocera, il che certo non è propizio a gene- rare un tale errore nel dipinto dello scrupoloso pittore pompejano ». Cominciamo dall’ultimo argomento. « Chi guarda il Vesuvio da Napoli ha in direzione la valle di Cava e di Nocera ». Secondo: se lo guarda dai Granili, sì ; ma se lo guarda da Mergellina o da verso il Capo di Posillipo, no. Il seno di mare piuttosto profondo che si trova in basso della figura con una estesa pianura a si- nistra è impossibile averlo in prospettiva guardando li Vesuvio dai Granili : il distacco tra la parte scura e la parte chiara, mostra che questa rappresenta il circo, che si volge a sud-ovest, e quella rappresenta i fianchi che volgono a nord e a nord-ovest. E l’ in- terno del circo da sotto la punta del Nasone all’ Àtrio del cavallo non si vede dai Granili : bisogna andare verso Mergellina, e meglio ancora più oltre. Se la parte bianca rappresenta il circo, non i fianchi del monte, la figura mostra che l’orlo di destra del circo, si projetta sul monte che gli sta a sinistra, quindi il monte è dietro il circo, non nell’ interno di esso. Il colore più chiaro a destra e più scuro a sinistra del Monte Somma dipende dal perchè il circo volge a sud-ovest ed è sempre illuminato dal sole, mentre i fianchi che volgono a nord e a nord-ovest non sono illuminati che nelle tarde ore di un giorno d’està. Guardando il Vesuvio da oltre Mergellina la visuale non incontra la valle di Cava e di No- cera, ma i monti di Sarno, fra i quali è il monte Faitaldo alto 1072 metri. Si noti d’ altra parte che in direzione alla Valle di Cava è il Monte Calvanico (Abich. Geogr. Karte) e in prospettiva, guar- dando dai Granili, dietro il Vesuvio non si potea vedere la valle, ma il Monte che è nella direzione di questa. Passiamo al secondo argomento « la punta è troppo alta, mentre la catena a sinistra è disegnata bassa ». Troppo alta non è, ma un po’ più alta del vero, sì. Noi non sappiamo a quale punto si riferisce, perchè non sappiamo da qual punto tra Mergel- lina e Posillipo il pittore sbozzava. Anche ad ammettere che il picco incontrato non superasse i 1000 metri, avremmo sempre a destra del Somma una punta, che certamente in un rilievo geode- tico si sarebbe dovuta disegnare più bassa di quello che non sia nell’ affresco. Ma chi non conosce l’ abitudine che hanno i disegna- tori di paesaggio di esagerare le punte delle catene montuose, per 80 P. FRANCO, ANCORA DEL VESUVIO, ECC. rendere maggiore 1’ effetto ? E quando si noti che la figura da qua- lunque punto presa, avendo in prospettiva la parte suddetta del circo del Somma, avrebbe dovuto mostrare a sinistra la collina di Poggio reale e più sentita ancora la collina di Capodimonte, mentre nella figura il fianco sinistro del Vesuvio termina bruscamente in una pianura livellata, si vede che il pittore fece uno schizzo, non un rilievo geodetico, ed esagerò la punta a sinistra. E non per questo la sua coscienza fu meno intemerata. Ora io voglio offrire un argumentum crucis al ^mio amico dott. De Lorenzo ; confronti la figura dell’ affresco colla figura supe- riore della tav. X, nell’ opera di Philips, Vesuvius. presa da verso Mergellina, e troverà che l’ altezza dei monti di Sarno non l’ ha poi troppo esagerata il pittore pompejano. Spero che il dott. De Lo- renzo sarà persuaso che ha mestieri di altri argomenti per dare una mentita a Strabone e correggere me di uno sbaglio. [Febbraio-Aprile 1898] COMUNICAZIONE PRELIMINARE SUL LOESS PIEMONTESE Nota dell’ing. A. Viglino e dott. G. Capeder. Discutendo col prof. C. F. Parona sopra alcuni problemi di geologia, si venne a parlare del loess in quanto riguarda le diverse ipotesi sulla sua origine, e si concluse non essere sufficientemente studiata tale questione, epperciò desiderabile che venga fatto uno studio possibilmente esauriente e definitivo almeno per la collina torinese e per il resto del Piemonte, ove questa singolare forma- zione è tanto sviluppata. Messici dietro consiglio ed incoraggiamento del predetto prof. Pa- rona all’ opera, percorremmo in vari sensi la collina di Torino, ser- vendoci della cartina inserita dal prof. Sacco nel suo lavoro sui terreni quaternari della Collina di Torino (]); nella quale egli segna 1’ esistenza del loess nella regione compresa tra Superga ed i territori di Trofarello e Cambiano. Raccolti metodicamente campioni dei diversi lembi di loess, li esaminammo separatamente, e ne determinammo coi mezzi offerti dall’ indagine microscopica e chimica, la natura dei diversi minerali componenti, la loro conservazione ed il loro stato fisico. Da tale esame petrografico concludemmo per l’ assoluta uniformità di com- posizione di detto loess sui due versanti della collina. Ciò con- statato, trovammo opportuno di lasciar da parte la raccolta di altri campioni, per indagare le relazioni che tale terreno ha con quelli su cui poggia, e rilevarne la giacitura, lo sviluppo ed il diverso modo di presentarsi a seconda della località e dell’ orientamento. Saputo dal prof. Parona che nei dintorni di Rivoli esisteva pure del loess, vi ci recammo allo scopo di riconoscere se avesse l’identica composizione e la medesima facies di quello della col- lina, e di osservarne le relazioni col terreno morenico. f1) F. Sacco, I terreni quaternari della Collina di Torino. Atti della Soc. It. di Scienze Nat., voi. XXX, 1887. 6 82 A. VIGLINO E C. CAPEDER In alcune gite fatte nei dintorni di Rivoli e da analisi sui campioni raccolti potemmo stabilire : Essere il loess molto sviluppato, ed esclusivamente, nella scarpa esterna di quell’ antico arco morenico. Avere la medesima composizione mineralogica di quello della collina. I fossili finora quivi trovati essere identici a quelli rinvenuti nelle stesse condizioni sulla collina. Negli spazi intermorenici, il loess confondersi col lehm gla- ciale, non solo per 1’ aspetto esteriore e pel suo stato d’ aggrega- zione, ma pur anche per la composizione : è possibile soltanto distinguere in alcuni punti fra loro questi terreni per la constra- tificazione del lehm con sabbie, mentre che nel loess è caratteri- stica 1’ assenza completa di stratificazione. Sezione naturale nella morena frontale di Rivoli. ’Zs'Tno M. Tali disposizioni che osservammo esistere in numerose sezioni naturali, e l’ uniformità di costituzione di detti terreni ci fecero venire naturalmente alle seguenti conclusioni : Il loess non è altro che la parte più tenue del cosidetto lehm glaciale trasportata dal vento. Questo trasporto avvenne in periodi interglaciali, e cioè du- rante fasi di regresso glaciale in cui era caratteristico un clima asciutto ed in cui predominavano forti venti di nord-ovest analoghi al foehn. Questi periodi asciutti furono alternati con altri umidi in cui per le abbondanti precipitazioni sopravvenute, il ghiacciaio riavanzò ricoprendo il vecchio lehm ed il loess con nuovo materiale morenico. A conferma di queste nostre opinioni esponiamo per ora una sezione che potemmo rilevare da tagli naturali esistenti nei din- torni di Rivoli. COMUNICAZIONE PRELIMINARE SUL LOESS PIEMONTESE 83 Da questa sezione si vede chiaramente il loess essere inter- calato fra lembi morenici, ciò che indica essersi depositato in di- stinte fasi interglaciali. Quello della collina invece, non sarebbe che la somma di diverse precipitazioni di loess portatovi da venti impetuosi dalla morena di Eivoli attraverso alla pianura interposta, come l’attesta l’assoluta identità di composizione (!). Ed ora per completare l’ esposizione delle conclusioni a cui giungemmo, porremo la nota dei minerali riscontrati nel loess, facendo seguire quella dei fossili, gentilmente determinati dal prof. Parona, e raccolti finora nel loess dell’ anfiteatro morenico di Eivoli presso Borgo Oriola. Elenco dei minerali trovati nel loess in ordine della loro abbondanza. Mica muscovite, con inclusioni : gazose ; di cromite ; di rutilo. Caolino (assenza assoluta di feldispati). Calcite, in piccoli frammenti cristallini. Limonite; compenetra e riveste tutti gli altri minerali. Quarzo, con pochissime inclusioni liquide. Attinoto, in frammenti cristallini verde-erba, verde-azzurri. Glaucofane, con dicroismo evidentissimo dall’azzurro all’ in- coloro. Cromite, in frammenti irregolari, opachi. Rutilo, in cristalli isolati, giallastri, sovente geminati. Tormalina, in conservatissimi cristalli dicroici dall’ incoloro al giallo-bruno, ed altri perfettamente limpidi sprovvisti di dicroismo. Granato, in piccoli frammenti isotropi, rotondeggianti. Ematite, in rosse laminette, semitrasparenti. Zircone, in nitidi cristalli, isolati, rifrangentissimi. Epidoto, in granuli giallo-verdastri, dicroici. Serpentino, in frammenti con polarizzazione d’aggregato. (’) In una Nota dei sigg. M. M. Penck e L. du Pasquier sono riportate alcune sezioni prese in vicinanza di Bianne, in cui tale fatto del loess inter- calato fra materiale morenico risulta evidentissimo. Vedi M. M. A. Penck et L. du Pasquier, Sur le loess préalpin, son àge et sa distribution géogra- phique. Bull, de la Soc. des Sciences Nat. de Neuchatel, tome XXIII, 1895. 84 A. VIGLINO E G. CAPEDEK, COMUNICAZIONE PRELIMINARE, ECC. Cianite, in cristalli azzurrognoli, estinzione 30° circa. Clorite, in laminette verdastre a debolissimi colori d’ inter- ferenza. Talco, in fibre incolore. Titanite, è associata al rutilo; nera, quasi opaca. Bastite, in lamine cristalline con piccole inclusioni nerastre. Apatite, in piccolissimi cristalli prismatici, incolori. Onfacite, in cristalli verde-erba, estinzione dei pirosseni. « Fossili trovati nel loess di Rivoli. Helix devoluta Mailer. Helix Pioltii Pollon. Buliminus tridens Muller, var. Gastaldii, Poli. Pupa muscorum Linn. Succinea Bellardii Pollon. Considerato che il loess per la sua posizione all’ imboccatura della valle di Susa deve necessariamente derivare dallo sfacelo di rocce quivi esistenti , abbiamo creduto opportuno , approfittando delle collezioni di rocce della vai di Susa adunate nel Museo Geo- logico, di ricercare i tipi litologici contenenti i minerali più carat- teristici e più abbondanti del loess. Siamo infatti riusciti a con- statare, che nei micaschisti del Moncenisio esiste copiosissima una muscovite rutilifera identica a quella predominante nel loess, che i micaschisti di Exilles e di Salbertrand contengono torma- line dotate degli stessi caratteri ottici riscontrati nei cristalli di questo minerale rinvenuti nel loess, e che la mica con inclu- sioni di cromite si ritrova nei calceschisti della Novalesa. Ci riserbiamo in un prossimo avvenire di pubblicare lo studio approssimativamente completo delle osservazioni che ci fu dato fare sul loess piemontese. Dal Museo geologico della E. Università di Torino. [Febbraio-Aprile 1898] CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL PLIOCENE DI UNA PARTE DEL BACINO DELL’ERA. Nota preventiva del dott. P. R. Ugolini. Sino dai primi di novembre del decorso anno, seguendo il con- siglio dell’ottimo prof. Canavari, mi occupai dello studio dei terreni pliocenici del bacino dell’ Era, allo scopo di illustrare, meglio che mi sarebbe stato possibile, la fauna malacologica di cui sono effet- tivamente ricche quelle colline, altrettanto interessanti, quanto lo sono trascurate. Sarebbe stato mio desiderio, nella Nota che pubblicherò tra breve, presentare uno studio, il più possibile completo, dei mol- luschi di tutta la succitata regione ; ma poiché la ristrettezza del tempo ed altre ragioni indipendenti dalla mia volontà, non mi per- misero di estendere le ricerche oltre i limiti del comune di Palaia e di Laiatico, non dispero di potere tra non molto parlare anche di quelli delle colline di Peccioli e di Terricciola. Prescindendo pertanto da qualunque considerazione di carat- tere geologico e paleontologico, non credo del tutto inutile pre- sentare l’ elenco delle specie che in breve e nel giro di poche escursioni raccolsi nelle suddette località. Gastropoda. Clavatula implexa Bell. Ophicandelus d' Achiardi De St. Actaeon tornatilis Linn. Utriculus mammellatus Pii. Ringicula Brocchi Seg. n romana Defr. Drillia Brocchi Bon. Cancellaria varicosa Brocc. » cancellata Linn. Fusus affinis Brow. Ter eira acuminata Bors. n fuscata Brocc. » sp. ind. Follia plicata Brocc. Conus Caroli Fuc. n pyrula Brocc. n n var. longopyrulata Sacc. n n var. d'Anconai n. v. Nassa clathrata Born. » semistriata Brocc. P. R. UGOLINI 86 Nassa bollenensis Toiirn. » gigantula Bon. n reticulata var. Mainardii n. v- » Tournoueri De St. e Pant. Murex rudis Bors. n craticulatus Linn. Morio echinophora Linn. T 'rivia affinis Duj. Strombus coronatus Defr. Chenopus uttingerianus Risso. n pes-pelicani Linn. Cerithium vulgatum Brug. » varicosum Bruco. » doliolum Brocc. « crenatura Brocc. Potamides tricindum Brocc. Giulii De St. Terebralia dertonensis var. alichen- sis n. v. Cerithiolum scabrum Oliv. Vermetus intortus Link. » cf. triqueter Biv. Turritella vermicularis Brocc. » » var. tripli- cata Brocc. » cocleata Brocc. Caecura Monterosatoi De St. e Pant. Solarium simplex Bronn. Rissoa auriscalpium Linn. » data Ph. » membranacea Adams. Hydrobia procera May. Nematurella subcarinata Bon. Calyptraea chinensis Lin. Natica millepunctata Link. » helycina Brocc. Payradeautia intricata Donov. Neverita Josephinia Risso. Adeorbis subcarinatus Montg. Scalaria psevdoscalaris De Bour. Fuscoscala Turtonis Turt. Niso eburnea Risso. Odostomia conoidea Brocc. » plicata Montg. Turbonilla rufa Ph. » gracilis Brocc. Phasianella pulla Linn. Turbo rugosus Brocc. Trochus patulus Brocc. n Brocchii May. n dubius Ph. SCAPHOPODA. Dentalium fossile Linn. n sexangulum Linn. Pelecypoda. Ostrea cuculiata Bom. n lamellosa Brocc. n plicatula Gmln. Anomia ephippium Linn. Spondylus ferreolensis Font. Lima inflata Climtz. Clamys flexuosa Poli. » latissima Brocc. » pusio Linn. » varia Linn. » opercularis Linn. Pecten Alessii Ph. » flabelliformis Brocc. n Jacoboeus Lmk. Avicula phalaenacea Link. Pinna Brocchii d’ Orb. Modiola Grecoi n. sp. Arca diluvii Link. » Darvjinii May. » lactea Linn. « mytiloides Brocc. n Noae Linn. » pedinata Brocc. n Rollei Korn. Pectunculus glycimeris Linn. » insubricus Brocc. n pilosus Linn. Nucula nucleus Linn. Leda commutata Ph. Venericardia intermedia Brocc. n pedinata Brocc. » r> var. Bosnya- schii n. v. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEL PLIOCENE, ECC. 87 Kellia corbuloicles Ph. » 'peregrina De St. e Pant. Scacciala elliptica Scacc. n Canavarii n. sp. Cardium aculeatum Limi. Cardium edule Linn. n hians Brocc. « mucronatum Poli Chama griphoides Linn. » griphina Lmk. Isocardia cor Linn. Cytherea chiane Linn. » multilamella Link. » pedemontana Ag. » rudis Poli « subappenninica Mgh. Circe Amidei Mgh. Dosinia ezoleta Linn. Venus gigas Lmk. « gallina Linn. » lamellosa De Rey. » ovata Penn. » casina Linn. » pliocenica De St. Tapès (?) cfr. Basteroti May. Diplodonta lupinus Brocc. » rotundata Mtg. Donai 7 sp. ind. Psammobia cfr. vespertina Chintz. Cultellus sp. ind. Mesodesma cornea Poli Mactra helvacea Chintz. » stultorum Linn. « subtruncata Montg. Eastonia rugosa Chmtz. Lutraria elliptica Link. Corbula gibba Oliv. » Deshayesi Sism. Glycimeris Faujasi Men. Gastrochoena dubia Penn. Lucina borealis Linn. » divaricata Linn. » Meneghina De St. e Pant. o pensylvanica Brocc. Tellina donacina Linn. » planata Linn. n striatella Brocc. Gastrana fragilis Linn. Thracia papyracea Poli. Museo geologico della R. Università di Pisa. [Decembre 1897 ; Aprile 1898.] I MOLLUSCHI FOSSILI PLIOCENICI DI PALOMB ARA-M ARCEL LINA Nota del Socio dott. Serafino Cerulli-Ikelli, con osservazioni del Socio dott. Gioacchino Df. Angelis d’ Ossat. Nelle formazioni plioceniche marine costiere che si estendono fra i Monti Cornicnlani e Lucani si raccolgono numerosi molluschi fossili. Già il Clerici (!) ne annoverò 44 forme ; posteriormente il Tuccimei (2) ne determinò 61, tra le quali parecchie citate anche dal Clerici. Avendo preso in istudio una raccolta di fossili di quella lo- calità, che fa parte delle collezioni del Museo Geologico dell’ Uni- versità di Roma, potei finora giungere ad annoverare ben 143 specie, nelle quali sono comprese 49 forme, contrassegnate nell’ elenco con un asterisco, che cito sulle indicazioni del Clerici e del Tuccimei. I fossili da me studiati sono stati raccolti principalmente dal De Angelis d’ Ossat ed in parte anche dal Portis e dal Telimi. Non essendomi per ora possibile continuare e condurre a ter- mine questo studio, credo non riescirà discaro eh’ io presenti V elenco delle forme finora studiate. Ciò servirà a mettere lo studio della regione in esame sulla buona via per giungerne finalmente all’ ap- prezzamento cronologico. Ecco l’elenco : (9 Clerici E., Il pliocene alla base dei Monti Cornicolani e Lucani. Roma, 1893. — Id., Presentazione di fossili della regione fra i M. Corni- colani e Lucani, e digressione sulla pretesa epoca villafranchiana di detta regione. Roma, 1896. (2) Tuccimei G., Il Villafranchiano e V Astiano nella valle tra i Cor- nicolani e Lucani. Roma, 1895. Gasteropoda. Ringicula auriculata Men. * Planorbis complanatus L. Cylichna truncata Ad. * Conus antediluvianus Brug. n pyrula Brocc. n striatulus Brocc. S. CERULLI-IRELLI, I MOLLUSCHI FOSSIL I PLIOCENICI, ECC. 89 * Sur cula dimidiata Brocc. * Pleur otoma contigua Brocc. * Raphitoma brachystoma Ph. » hispidula Jan. * n nana Se. » tenuicosta Brugn. Mangelia frumentum Brug. * Cancellarla italica D’Anc. n varicosa Brocc. Cyllenina irregularis Bell. * Follia plicata Brocc. * Euthria cornea L. Nassa angulata Brocc. » corrugata Brocc. n incrassata Muli. » mutabilis L. * » prysmatica Brocc. n reticulata L. n rustica Bell. » semistriata Brocc. n tumida Eichw. Columbella scripta L. *Typhis tetrapterus Broun. Murex craticulatus L. * n pecchiolanus D’Anc. » rudis Bors. n rudis Bors. var. n torularius Lk. » truncatulus For. * n trunculus L. Chenopus pes-pelecani L. » Uttingerianus Bisso Monophorus perversus L. Cerithium crenatum Brocc. * » doliolum Brocc. » vulgatum Brug. * Bittium pusillum Jeff. n reticulatum Da Costa var. paludosa D. B. D. Bittium scabrum Olivi. Potamides bicinctum Brocc. » tricinctum Brocc. Vermetus intortus Lk. * Turritella subangulata Brocc. » tornata Brocc. » tricarinata Brocc. Caecum trachea Mtg. Melania Verrii De St. * Melanopsis Dufourii Fér. n flammulata De St. » nodosa Fér. n oomorpha De St. * Rissoa lineata Bisso » pulchella Ph. n reticulata Mtg. » similis Scac. » variabilis Mtìlf. var. brevis M. Hyala vitrea Mtg. Hydrobia subumbilicata Mtg. n ulvae Penn. * Stalioa acuta De St. Nematurella Meneghiniana De St. n subcarinata Bon. * » etrusca De St. Crepidula crepidula L. Calyptraea chinensis L. Natica millepunctata Lk. * » » var. tigrina Defr. Neverita Josephinia Bisso Naticina catena Da Costa Payraudeautia intricata Don. Niso eburnea Bisso * Eulimella Scillae Se. * Chemnitzia nitidissima Mtg. * Scalarla pseudoscalaris Br. Odonlostomia obliqua Aid. Turbonilla costellata Grat. « lactea L. * Neritina Marcellinae Cler. * » Sena Contr. var. elata De St. Phasianella palla L. Trochus turbinatus Bor. * n ziziphinus L. Gibbula magus L. Fissurella graeca Lk. Scaphopoda. Dentalium sexangulum L. * Antale costatum Sow. » novemeostatum Lk. Pseudantalis rubescens Desh. 90 S. CERULLl-IRELLl Pelecypoda. * Ostrea cuculiata Born. » lamellosa Brocc. * » plicatula Gmel. Anomia ephippium L. Spondylus goederopus L. Chlamys flexuosa Poli » opercularis L. * n pusio li. * » scabrella Lk. n varia L. *Amussium cristatum Bron. Pecten flabelliformis Brocc. » Jacoboeus Lk. Lithodomus avitensis Mass. Arca diluvii Lk. » lactea L. n pedinata Brocc. » syracusensis Mass. » cfr. tetragona Poli Leda commutata Ph. » pella L. Venericardia intermedia Brocc. » pectinata Brocc. Montacuta ferruginosa Mtg. Lasaea antiqua Desìi. * Cardium aculeatum L. * » edule L. » hians Brocc. » Lamarkii Reeve » multicostatum Brocc. * » tubarculatum L. Chama gryphoides L. * » sinistrorsa Brug. Cytherea multilamella Lk. » rudis Poli Dosinia lupinus Poli * Venus excentrica Ag. » gallina L. * » islandicoid.es Lk. *Tapes caudata D’ Anc. Corbula Deshayesi Sism. » gibba Olivi Lucina leucoma Turt. » spinifera Mtg. * Tellina compressa Brocc. » distorta Poli Gastrana fragilis L. * Scrobicularia piperata Gm. Syndesmya Renieri Bronn. Risulta dal presente elenco che delle 143 specie studiate, 83 si raccolgono anche a M. Mario, avendo così una corrispondenza del 58 °/0, 58 a Monte Pellegrino e Ficarazzi (= 40,5 %), 82 nell’Asti- giano (=57,3 %), e 91 nel Piacentino e Parmense (=63,6 %). Il de Angelis, che conosce le località donde provengono i fossili, è al caso di poter trarre conclusioni di ambito maggiore : a lui adunque lascio, di buon grado, la parola. « Dall’ esame della ricca fauna finora trovata nei sedimenti pliocenici fra i monti Cornicolani e Lucani e dai rapporti che questa offre con le altre località, cronologicamente ben note, risulta con- fermato quell’ apprezzamento che aveva intraveduto, dopo molte escursioni in quella valle. « I fossili sono j senza dubbio , del tipico Plio- cene e più antichi di quelli di M. Mario. I rapporti percentuali infatti chiaramente lo dimostrano. Sa- rebbe sufficiente la presenza delle sole seguenti forme : Surcula I MOLLUSCHI FOSSILI PLIOCENICI DI PALOMBARA-M ARCELLIN A 91 dimidiata Mangelia frumentum , Nassa corrugata , iV. rustica , Murex rudis, Polamides hicinctum, Amussium cristatum , Pecten flabelliformis. A queste si potrebbero aggiungere molte altre (*), le quali non furono mai rinvenute in giacimenti più giovani delle tipiche sabbie di Asti (Andonino. Mayer). « Alcune forme ci ricordano abbastanza bene il Miocene medio, ciò che avviene spesso nel tipico Pliocene, come ha già osservato il de Stefani (2). Non è il caso di osservare se vi hanno o meno specie nordiche, dacché dopo quanto hanno osservato il di Stefano ed il Viola (3) riuscirebbe inutile; non potendo tal fatto costituire un carattere sufficiente di distinzione cronologica. « Anche il grande numero delle specie estinte conferma la mia asserzione, invero queste rappresentano un rapporto molto vicino al 50 %; ciò che si verifica nel tipico Pliocene, dove tale rap- porto oscilla fra il 25 %-50 %. È superfluo forse il ricordare che le specie estinte del M. Mario, secondo il de Franchis (4) , danno un rapporto inferiore al 25 % , e per questo, col de Stefani, col Neviani e con altri, ascrive al Post-pliocene quella formazione. « I sedimenti che contengono la fauna, ora in parola, sono ben noti per i lavori del Ponzi (5), del Clerici (6), del Tucci- (}) Il Clerici mi comunica gentilmente di aver riconosciuto fra i vege- tali fossili, di cui parla nelle sue note, il Pinus palaeostrobus Ettingsh. Questa forma, secondo accurate ricerche bibliografiche, fu trovata in molte località ita- liane e straniere nel Miocene medio, e solo raramente nel vero Pliocene. (2) De Stefani C., Les terr. tert. du Bass. Méd., Lidge 1893, pag. 336. (3) Di Stefano e Viola C., L' età dei tufi calcarei di Matera e di Gra- vina e il sottopiano Materino M. E. Boll. Com. geol. 1892. (4) De Franchis F., Descrizione comparativa dei molluschi post-plio- cenici del bacino di Galatina. Bull. Soc. Mal. ital., voi. XIX, 1894; idem, Ricerche sui terreni del bacino di Galatina. Boll. Soc. geol. ital., voi. XVI, 1896, fase. 1. (5) Ponzi G., Note sur les diverses zònes de la formation pliocène des environs de Rome. Bull. Soc. géol. Frane., toni. XV, sér. 2e. Paris 1858. Anche in altri lavori lo stesso autore parla dei giacimenti pliocenici di Pa- lombara-Marcellina. (6) Clerici E., Il Pliocene alla base dei monti Cornicolani e Lucani. Rend. R. Acc. d. Lincei, voi. II, ser 5a, fase. 2 del 1° sem. Roma 1893; idem, Sopra V Aciculari a italica nuovo fossile problematico. Boll. Soc. geol. ital., voi. XIV ("1895), fase. 1; idem, Presentazione di fossili della regione fra i monti Cornicolani e Lucani ecc. . . . Boll. Soc. geol. ital., voi. XIV, (1895), fase. 2. 92 S. CKRULLI-IRELLI mei e del Portis (2) ; a questi rimando chi volesse conoscere ulteriori particolari. I materiali ed i fossili indicano evidentemente la zona delle laminarie, del litorale, solo per eccezione i bacini salmastri. Credo che non vi sia regione più tipica del primo cir- colo di esistenza del mare, secondo il Walther, cioè del Litorale. « Quivi infatti sono visibilissimi i rapporti fìsici e bionomici che collegavano continente e mare; rendendo la regione un regno anfibio abitato da animali marini e continentali. Vi troviamo i ma- teriali accatastati dall’impeto delle onde con freschezza ed evi- denza insuperabili. Una ben determinata linea di fori di litodomi sovrasta l’antica spiaggia rocciosa, che ci presenta i più tipici Kar- renfelder. Le argille sabbiose, le sabbie, le marne, i banchi co- rallini s’ intercalano capricciosamente, mostrandoci con ciò i repen- tini cambiamenti che avvenivano in questa stretta gola di mare, cinta da isole e da bassifondi. Ogni tempesta doveva certamente cambiare i confini fra acqua e terra; ogni spostamento mutare le condizioni fisiche e con queste la popolazione. I torrenti trascina- vano il materiale ed i fossili continentali. Infatti si rinviene, a varie riprese, il Benthos ed il Plankton litorali, caratteristici, interca- lati con gli avanzi non solo del Nekton, ma del Limnobios e del Geobios. « Non credo di dover parlare di eteromesicità anche ammet- tendole momentanee lagune salmastre ed i laghetti di reliquato. Per queste ragioni non ritengo completamente esatta la denomina- zione generica di giacimenti salmastri, come mi sembra non sia sufficiente a giustificarla la presenza di certe forme che pur troviamo frequentemente lungo la spiaggia tirrena. « Fu appunto lo studio di questa interessantissima regione li- torale del Pliocene, che mi ha spinto ad intraprendere un lavoro intorno al sollevamento pliocenico e post-pliocenico della contrada, in rapporto alla tettonica degli strati che costituiscono quella ca- tena montuosa, che si allinea (nord-ovest sud-est) lungo un lato della (’) Tuccimei G., Il Villafranchiano e V Astiano nella valle tra i Cor- nicolani e Lucani. Acc. Pont. n. Line. Poma 1895. In questa nota sono ci- tati gli altri lavori dell’autore, con i quali illustra le formazioni sincrone della Sabina. (2) Portis A., Contribuzioni alla stona fisica del bacino di Roma ecc., voi. II, Torino 1896. I MOLLUSCHI FOSSILI PLIOCENICI DI PALOMBARA-M ARCELLIN A 93 depressione della campagna romana, la quale diede luogo alla extra- vasione dei nostri vulcani. In quella procurerò di riferire le partico- larità tutte, tenendo pur conto dei singoli strati che diedero fossili. « Il Portis ed il Clerici hanno riferito quei depositi al Plio- cene, come già fecero, a suo tempo, il Ponzi ed il Comitato geo- logico nelle carte pubblicate. Niuno però ha esplicitamente dichia- rato il carattere di maggiore giovinezza dei depositi di M. Mario rispetto a quelli di Palombara. « Solo gli apprezzamenti del Tuccimei sono in parte lungi dai miei, come si rileva dal lav. cit. e dagli altri, che illustrano V alta sabina. Egli però dichiara francamente di essere condotto a quelle conclusioni non da ragioni paleontologiche, ma stratigrafìche. Nutro quindi fiducia che innanzi a così eloquente elenco di forme rico- noscerà ragionevole il cambiare avviso. A ciò 1’ egregio professore deve essere spinto anche da altre considerazioni di cui spero non vorrà disconoscere il valore. È appunto nei depositi costieri, con una linea di spiaggia frastagliata e sottoposta a forti movimenti, con materiali sedimentari svariatissimi, dove non si deve tenere conto alcuno delle discordanze, che del resto nè a me, nè ad altri venne fatto riconoscere. Solo è possibile constatare che i materiali più grossolani, e quindi di costa, ci presentano un’ inclinazione sva- riata e più forte dei sedimenti depositati più a largo, ciò che non indica diversità di tempo; ma solo eteropicità. « Spero quindi che l'elenco, redatto spassionatamente dal Ce- rulli, serva a documentare che gli strati in discorso sono nel com- plesso tipicamente pliocenici, litorali e più vecchi dei fossiliferi di M. Mario, delle argillle sabbiose di Yallebiaia, ecc. ecc. ». [Febbraio-Aprile 1898] DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI SCOPERTI PRESSO TORINO Nota del dott. Alessandro Portis (con una tavola). Io ho avuta, non è gran tempo, occasione di discorrere intorno a reliquie di ossami e denti elefantini rinvenuti in vicinanza im- mediata o mediata dello abitato di Torino ('); ed allora, sia per la scarsità di tali avanzi conservati, sia per la mia lontananza dal naturale archivio degli oggetti naturali importanti rinvenuti nei dintorni ossia dal museo Geologico universitario di Torino, ho do- vuto lasciar in sospeso assai più di quel che non avrei voluto alcune determinazioni ed alcune informazioni che a detti avanzi avrebber potuto conferire od accrescere notevolmente T importanza sistema- tica e stratigrafica. Ho allora parlato del molare elefantino più volte menzionato dal Gastaldi come rinvenuto tra Moncalieri e Carignano e chiamato : ora Elephas 'primigenia , ed ora E. meridionali s ; e da lontano, davanti a questa rapida modificazione di denominazione, avevo do- vuto conchiudere (vedi mio volume citato, pag. 305) od a dente che avesse caratteri intermedi fra le due specie, od a determinazione l’una e l’altra volta non esatta; e che, finché solo, comunque ri- discusso non avrebbe dato risultati attendibili. E, ciò scrivendo, mi proposi di completar col tempo de visu le informazioni che su quello ed altri pezzi avrei potute ottenere con adatte ricerche nel Museo di Torino. P) A. Portis, Contribuzioni alla storia fisica del bacino di Roma e studi sopra V estensione da darsi al pliocene superiore, voi. II, parti 4a-5a, Torino, Roux e Frassati, in 4°, 1896. A pag. 299-309: Intermezzo « Elefante di Torino ». A. PORTIS, DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 95 Nell’ autunno del 1897 ho potuto fare tali ricerche. Trovai : 1° un esemplare munito della etichetta che trascrivo « 1. Eue- lephas antiquus Cauti, e Pale. — Terreno quaternario. — Allu- vioni del Po presso Carignano. — Dono del sig. cav. Tarditti ». L’ esemplare è giacente sovra una seconda etichetta illustrativa forse scritta dal Borson e del tenore seguente « Dente mascellare di un Mamoht ossia dell’elefante fossile chiamato da Blumenbach Elephas primigenius, trovato colle Unioni nelle alluvioni di Cari- gnano e regallatomi dall’ 111. sig. cav. Tarditti maggiore nel reggi- mento di Piemonte. 23 aprile 1830 ». 2° un esemplare, dente, simile per il suo aspetto e modo di conservazione a quello di cui vengo di trascrivere le indicazioni ma disgraziatamente sfornito, al momento, esso stesso di un’etichetta od indicazione qualsiasi. 3° Un esemplare munito della etichetta : « 3. Eueleplias primigenius Cauti, e Pale. — Terreno quaternario. — Alluvione del Po; La Loggia. — Dono del sig. conte Ferdinando Galli della Loggia ». L’ esemplare è giacente sovra una lettera originale del sig. conte della Loggia stesso, lettera in data 13 marzo 1846 dalla quale risulta come l’esemplare (dente) fu rinvenuto dal suo agente nel fare uno scavo lungo il Po in territorio di La Loggia « nelle ghiaie impietrite ». Non volendomi qui occupare di altre questioni, tralascio di menzionare tutti gli importanti esemplari raccolti in quel museo e provenienti da scavi e rinvenimenti dell’ Astigiano o di più lon- tane località. Le due etichette che ho trascritte sono, come evidentemente risulta dal loro tenore, posteriori agli studi, viaggi e risultati del Falconer e devono esser state applicate alcuni anni dopo il 1860. Attualmente, in seguito a pareri ed alle correzioni suggerite da visitatori e studiosi competenti, pareri emessi in occasione di viaggi di ricerche in proposito (Pohlig ecc.) ; queste etichette come tante altre son state ripetutamente annullate a lapis di diverso colore; saranno sostituite con altre più esatte ed esse non rimarranno accanto ai pezzi, come non vi rimangono più, se non quali docu- menti per rifar la storia di ciascun pezzo. L’ esemplare di cui parlo sotto il n. 1 è dunque, come risulta dalla etichetta attuale, stato acquisito al Museo nell’anno 1830; è 96 A. PORTIS quello a cui ripetutamente fece allusione il Gastaldi il quale, male informato però, ne posticipò notevolmente la data di rinvenimento fissandola verso il 1840; è quello che il Gastaldi attribuì dap- prima (1858) allo E. primigenius ed in seguito (1875) menzionò come di E. meridionali s ; è quello che su tali dati del Gastaldi io ricordo a pag. 303-4 del mio volume e di cui a pag. 305 dico che « od aveva caratteri intermedi fra le due specie oppure venne (o vennero, parlandosi di un secondo) l’una volta e l’altra male determinato » e ciò dicendo intendo di avvicinarlo piuttosto all’ ^ antiquus. Ora è strano che di questo esemplare pervenuto al Museo nel 1830 nessun cenno faccia il Borson nella sua memoria Sur quelques ossemens fossiles trouvés en Piémont (inserta nel volume 36° delle Memorie della R. Acc. delle scienze di Torino pag. 33-46) pubblica- tasi nel 1831 e letta all’Accademia nella seduta del 6 giugno 1830; quando l’esemplare è stato regalato il 23 aprile 1830, quarantatre giorni, cioè, prima della lettura di una memoria che contiene circa due pagine e mezza (pag. 38-40) di elenco di denti ed ossami ele- fantini rinvenuti in vari tempi in Piemonte. Ne è stata differita la illustrazione ad apposita memoria come di pezzo immediatamente riconosciuto di particolare importanza ? È stato dimenticato ? È stato trascurato come di poco valor sistematico ? Questo non possiamo al momento sapere e dobbiamo per forza acconciarci ad averne le prime notizie stampate, benché imperfette ed alquanto inesatte dalla notizia del Gastaldi nel 1858. Passa in seguito (1856-1859) il Falconer al Museo di Torino e vi passa in un momento in cui egli cercava nei diversi musei italiani materiali adatti a confermare l’ idea che si era fatta su materiali inglesi e su materiali italiani pervenuti in Inghil- terra: dovesse distinguersi una specie di elefanti fossili da quella che era ritenuta caratteristica dei giacimenti pliocenici valdarnesi : dovesse distinguersi dall ' Elephas meridionalis Nesti una specie che fu poi realmente creata dal Falconer sotto il nome di Elephas an- tiquus. Il Falconer vede i materiali raccolti nel museo di Torino, e fra gli altri questo dente ; e, malgrado il suo pessimo stato di conser- vazione, crede ravvisare in esso i caratteri della specie che andava rin- tracciando e (Q lascia, nell’ abbandonare il museo, tali indicazioni in G) Questa mia narrativa della visita del Falconer è rigorosamente cal- cata sovra le risultanze tratte dall’ opera di ammirativa compilazione ed edi- DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 97 proposito da autorizzare la redazione della etichetta che ancor oggi guernisce il pezzo e che vi fu apposta qualche anno più tardi. Secondo questa vecchia etichetta il dente darebbe adunque ragione al mio sospetto si fosse trattato di un rappresentante di Elephas an- tiquus e che le due denominazioni sotto cui due volte fu menzio- nato dal Gastaldi fossero entrambe inesatte. Ma andiamo avanti. Altri valenti paleontologi stranieri vennero prima e poi a veder nei musei d’ Italia, e fra questi in quel di Torino, gli ossami fos- sili in essi raccolti e potevano nello accomiatarsi lasciar un più o meno chiaramente espresso giudizio sulla esattezza delle loro determinazioni; e la conseguenza di questi giudizi poteva esser una annotazione alle etichette od una cancellatura loro con riserva di correzione o di sostituzione loro con altre più moderne e più esatte. Così son state originate le cancellazioni generali di tante etichette accompagnanti residui elefantini fossili piemontesi e così, pel caso particolare, può esser avvenuta la ripetuta cancellazione della eti- chetta pel fossile in questione; chè anzi mi ricordo alcuni di questi segni di annullamento provvisorio vennero fatti in mia presenza dal Pohlig nel 1882. Ciò stando, bisogna aggiungere che 1’ esemplare in questione trovasi in uno stato di conservazione quanto dir si possa infelice ; infelice così che, se non è possibile errare attribuendolo ad un ele- fante, riman però sempre appiglio al dubbio quando se ne voglia assicurar la specie. Le quattro faccie: laterali, basale e coronale son corrose e guaste tanto profondamente che riesce dubbia l’ at- tribuzione piuttosto alla mascella che alla mandibola e che riesce difficile lo stabilir gli antichi limiti e figure della faccia di cor- rosione per masticazione : altrettanto danneggiate sono la faccia distale e prossimale le quali entrambe più non son le originali per 1’ evidente distacco avvenuto di lamine sia anteriori che po- steriori. zione del Murchison : Palaeontological memoirs and notes of thè late Hugh Falconer, 2 vols. 8°, London 1868, e principalmente dal Voi. 2° di cui vedansi in proposito tutte le pagine 176-188 specialmente dedicate all’ E. antiquus ed alcune delle pagine 76-308 dedicate in particolare ad altre specie o agli elefanti fossili in generale: come ad es. pag. 103, 162, 173, 187, 192-194, 211, 241, 249 ecc. ecc. 7 98 A. PORTI $ Fatte tutte queste riserve, al mimerò abbastanza rilevante delle lamine ancor conservate, alla altezza ed alla notevole grossezza loro, alla ristrettezza presente (originaria od ottenuta pei guasti soprav- venuti), alla grossezza dello smalto concorrente a formarle, ed allo andamento di sue ligure di corrosione o di rottura normale, opi- nerei che la migliore determinazione dello esemplare allo stato delle cose sia in generale conforme a quella risultante dalla eti- chetta che tuttor 1’ accompagna : Cioè si tratti di un dente supe- riore o mascellare (non ritenni necessario per la questione una esatta determinazione, d’ altronde incerta del lato se destro o si- nistro) ultimo o terzo vero molare di Elephas antiquus Falcr. (non Cauti, e Falc. come è scritto nella targhetta). La vecchia annotazione, probabilmente del Borson che acccom- pagna questo pezzo, quella che ne fissa il rinvenimento al 1830 (anziché al 1840 circa, come credeva il Gastaldi) ci dice eziandio che il pezzo appparteneva all’ E. primigenius del Blumenbach e su di essa forse riposerebbe la prima denominazione con cui lo in- dicò il Gastaldi; ma ci dice inoltre che esso è stato « trovato colle Unioni nelle alluvioni di Carignano . E qui si apre una nuova serie di questioni importantissime a risolversi per sta- bilire la giacitura e V età del nostro pezzo fossile, questioni che anch’ esse paiono destinate a rimaner ancor qualche tempo insolute. È possibile, è probabile che assieme al dente elefantino si sien rinvenute conchiglie; ma chi le vide ? Chi stabilì se il contem- poraneo rinvenimento era da interpretarsi associazione originaria di avanzi contemporaneamente stati sepolti e sottratti alla distru- zione, od associazione casuale di avanzi estratti dal terreno per fenomeni naturali od opera umana con avanzi convogliati posterior- mente da un qualche punto a monte della località o buttati come inutili dalla mano dell' uomo, e quindi se tutti erano egualmente da ritenersi fossili ? La descrizione del modo di rinvenimento la- sciataci dal Gastaldi autorizza per lo meno questi dubbi. Ammesso che queste conchiglie fossero fossili, chi le vide e le determinò come Unioni ? il manovale del Magg. Tarditti ? , il donatore Magg. Tarditti?, il Borson?, quest’ultimo probabilmente no, poi- ché, vedendole, ne avrebbe per lo meno ritenuta qualcuna e l’avrebbe anche facilmente ottenuta in dono da chi era così gentile da do- nare il più e che certamente non si sarebbe rifiutato al meno. Am- DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 99 messo che il Borson non le abbia vedute, rimane malsicura la deno- minazione delle Unioni, rimane persino incerto lo stabilire se si sian rinvenuti fossili da ritenersi in avvenire per limnici o non anche marini ; rimane una assurdità pensare alla specie. Dopo l’ an- notazione, supposta, del Borson, mai più, che io mi sappia, si fece menzione di queste cosidette Unioni di Carignano. Non ne trovai traccia al suo posto nella Oleografia di un Mastodonte, di E. Si- smonda del 1851, non ne trovai traccia nella memoria del Pol- lonera del 1886: Molluschi fossili postpliocenici del contorno di Torino , e neppur in cinque memorie in proposito del Sacco (1). Soltanto il Gastaldi ripetutamente nelle sue lezioni ' orali e talora in alcuni suoi scritti (2) fece menzione di combustibili fossili, che chiamò ligniti o torbe sfogliate o sfogliabili dell’alta pianura del Po, e precisamente dei dintorni di Carignano : « Queste ligniti brune . . . (di epoca postpliocenica) .... si trovano nei dintorni di Carignano, a Danzo presso alla Stura, a Gifflenga nella Valle del Cervo, a Boca, Maggiora e via dicendo ; .... e pag. 23 « Le ligniti di Beffe, di Boca, di Gifflenga ecc. stanno alla base del diluvium e sono superiori al terreno pliocenico ”. Dunque nell’idea del Gastaldi il combustibile fossile di Carignano poteva per età stare al paro di quel di Beffe e per qualità meritare aneli’ esso il nome di lignite. Ma come quei letti di lignite, o come altri depositi torbiferi piemontesi, o come quei terreni pliocenici dell’Astigiana, talora a sottili intercalazioni lentiformi di materiale ferruginoso o com- bustibile, che dal Gastaldi stesso ricevettero il nome di alluvioni (>) Sacco F., Nuove specie fossili di Molluschi lacustri e terrestri in Piemonte. Atti d. R. Acc. d. Se. di Torino, voi. 19, 1884. — Fauna Mala- cologica delle Alluvioni plioceniche del Piemonte. Mem. d. R. Acc. d. Se. d. Torino, ser. 2a, voi. 37, 1885, — Nuove specie terziarie di molluschi ter- restri, d'acqua dolce e salmastra del Piemonte. Atti d. Soc. Ital. d. Se. natur., voi. 29. Milano 1886. — Rivista della fauna malacologica fossile terrestre lacustre e salmastra del Piemonte. Bull. d. Soc. Malacolog. Ital., voi. 12. Modena 1887. — Aggiunte alla fauna Malacologica estramarina fossile del Piemonte e della Liguria. Mem. d. R. Acc. d. Se. di Torino, ser. 2a, voi. 39. Torino 1888. (2) Come ad esempio nella sua nota del 1873: Appunti sulla memoria del sig. G. Geikie F. R. S. E. On changes of c limate during thè glacial epoch. Estr. di 41 pagg. in 8° d. Atti d. R. Acc. di Se. di Torino, voi. 8°, 1873. pag. 17. 100 A. POETIS plioceniche, erano il naturai giacimento di conchiglie di molluschi il più delle volte continentali ; così ne viene che anche il deposito di combustibile fossile di Carignano potesse contenere e, consultato, lasciarci scoprire delle conchiglie di molluschi e fra queste delle valve di Unionidi ; ed ecco così fino ad un certo punto giustificata e resa intelligibile la frase apposta al Borson : * trovato colle Unioni nelle alluvioni di Carignano « frase che ci rivela come già nelle conoscenze del Borson, se è desso l’ autore dell’ annotazione, en- trasse la distinzione delle « Alluvioni « in più piani fra cui uno ve n’ era che era contraddistinto dalla presenza o dalla frequenza di queste benedette « Unioni « ; un piano che poi, per opera del Gastaldi, venne chiamato con due nomi, secondo che si mostrava sulla destra o sulla sinistra del Po : cioè di « alluvioni plioceniche » se sulla destra e di « Diluvium inferiore » se sulla sinistra, ma comprendente anche sulla sinistra YElephas meridionale , col ren- derlo sincrono al deposito di Beffe che lo contiene (pag. 23 del ci- tato lavoro), e quindi, aggiungo io, reso anch’esso pliocenico; piano che venne poi dal Sacco (!) esteso e riconosciuto molto più in su, nella valle grande del Po e sempre si mostrò relativamente larga- mente fornito di avanzi di molluschi continentali e non sempre così largo ricettatore di avanzi di proboscidati. Così, poco per volta ci avviciniamo al rintracciar che vogliamo del giacimento di origine del fossile momentaneamente in questione. Il deposito o giacimento indicato, sulla scorta delle informazioni del Gastaldi, del Sacco (e di buon numero di paleontologi e geo- logi italiani e forestieri), preso nel suo senso Gastaldiano di Allu- vioni plioceniche, conterrebbe almeno cinque (£) specie diverse di proboscidei (oltre a tanti altri mammiferi, ed oltre ad animali di altri tipi) cioè il Mastodon Borsoni, il M. arvernensis, l’ Ele- phas meridionale , V E. antiquus e l’ E. primigenius. Esso go- drebbe di una considerevole estensione e di una misurata potenza ; preso anche nel senso gastaldiano di Diluvium, non conterrebbe P) Nuove specie fossili di Molluschi lacustri e terrestri in Piemonte. Atti d. Acc. di Se. di Torino, voi. 19, 1884 a pag. 5-9 dell’estr. — La Valle della Stura di Cuneo dal Ponte dell ' Olla a Bra e Cherasco. Atti d. Soc. Ital. di Se. Nat., voi. 29, 1886. (2) Secondo il Falconer magari sei, accettando egli dopo esitazione VE. primigenius ed aggiungendovi T E. armeniacus. DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 101 che ben contate traccie dei tre ultimi proboscidei nominati e di pochi altri animali ; avrebbe una estensione ben maggiore ; ed una, localmente, eziandio ben maggiore potenza. Ma le tre indicate specie di elefanti sarebbero di possibile rinvenimento tanto nel ter- reno preso in un senso, quanto in quello preso nell’altro; tanto nello sviluppo del terreno caratteristico sulla destra, che in quello caratteristico sulla sinistra del Po ; tanto, aggiungo io, nella facies di uno stesso terreno cui fu dato un nome, quanto in quella cui ne fu dato un altro (’). La determinazione fatta adunque dell’esem- plare, fatta con criteri esclusivamente zoologici, non dà per con- seguenza un risultato che sia in urto con precedenti conoscenze delle specie fossili del terreno da cui esso esemplare proviene. Nella introduzione ho menzionato, secondo, un esemplare che si trova nel Museo di Torino in pessimo stato di conservazione e senza alcuna annotazione di provenienza. Vinto dal suo aspetto si- mile a quello dell’ esemplare di cui ho sin qui discorso, ho voluto tener conto anche di lui, e superando le stesse difficoltà che si opposero ad una rigorosa determinazione del primo, son venuto a farmi l’ idea si tratti per esso un’ altra volta del terzo od ultimo molare, vero superiore di un Mephas antiquus. Giunto a questo risultato, vien naturale il domandarci se non per avventura i due esemplari sieno reciproco complemento, ossia non abbiano apparte- nuto al medesimo individuo elefantino. Ed allora rileggiamo il passo del Galstaldi (2). « Corrispondono probabilmente a questo oriz- (x) Analoga argomentazione può farsi sulla base degli avanzi fossili di Arctomys marmotta Schreb. rinvenuta fossile in terreni diversi marginanti a destra ed a sinistra la gran valle del Po e nei terreni che ne costituiscono il suolo. Così l’abbiamo in immediata vicinanza dell’abitato di Bra nelle sabbie gialle astiane, colle Ostriche (Gastaldi, Craveri); l’abbiamo nello strato argillo- calcareo chiudente superiormente il deposito a Mastodonti e Unioni di Dusino (E. Sismonda, Gastaldi) ; l’ abbiamo raro nel cosidetto Diluvio della sinistra del Po, or nelle ghiaie (Gastaldi), or nella caverna di Levrange (Cornalia) ; lo abbiamo ad Olgiate Comasco nella sabbia detta glaciale e sottostante al glaciale (Regazzoni); l’abbiamo ancora nei dintorni di Como, al Bulgaro Grasso, in un deposito che, come quello di Cascina Rizzardi, ha potuto dar luogo a difficoltà di interpretazione, dacché la sabbia che conteneva gli individui di Marmotta, conteneva eziandio altrettanto ben conservati i ciottoli striati gla- ciali che le conchiglie marine ed i ciottoli perforati da Litodomi (Regazzoni). (2) Cenni sui vertebrati fossili del Piemonte. Mem. d. R. Àcc. di Se. d. Torino, ser. 21, voi. 19, pag. 19-84, tav. 1-10 a pag. 62. 102 A. PORTIS zonte li strati nei quali a Borgo d' Arena, posto sulla destra del Po, a valle di Pavia, le acque del fiume hanno messo allo scoperto i teschi di Cervus eurijcerus e di Bos urus descritti dal Borson e li strati dai quali lo stesso fiume staccò il molare di Eleplias primigenius trovato fra Moncalieri e Carignano. (Da informazioni degne di fede mi consta che il molare, di cui è parola fu trovato sulle ghiaie del Po verso il 1840. Vicino a questo molare ve ne era un altro molto più grosso, che venne lasciato sul sito a motivo del suo peso e perchè creduto un oggetto che non poteva interes- sare alcuno) » . È certo che in questo passo si contengono inesat- tezze, alcune delle quali risultano dalla comparazione sua colla annotazione attribuita al Borson, altre risultano dalla determina- zione specifica dell' oggetto ; ma nel passo stesso si contengono i motivi delle inesattezze « informazioni degne di fede » e queste sventuratamente assunte a qualche distanza in tempo dallo avveni- mento, informazioni fornite forse a memoria da gente che dapprima aveva data poca importanza allo avvenimento stesso, e poi costret- tavi da insistenti interrogazioni ne aveva sol tardivamente ricono- sciuto il peso e cercava quindi riparare alla meglio frugando in ricordi già quasi cancellati dalla mente ; quindi : errori di data, possibile confusione di due avvenimenti in un solo ecc. ecc., cause tutte che ci obbligano a cercare di interpretare a lume di critica piuttosto che ad accettare siccome rigorosamente esatte le infor- mazioni stesse. Così : la data di rinvenimento qui fissata verso il 1840, e risultata invece nel 1830, deriva probabilmente dal fatto di aver il relatore forse avuta confusa notizia anche del rin- venimento al a La Loggia » poco distante, avvenuto poi nel 1846 di cui abbiam bentosto a parlare, e dallo aver confuso in un sol ricordo quello che risultava da due fatti dello stesso genere; poi mentre la circostanza asserita del rinvenimento nelle ghiaie è inter- pretata dal Gastaldi come una seconda accidentale giacitura colle parole « li strati dai quali lo stesso fiume staccò il molare, ecc. « ed è ricondotta alla dizione originale od ulteriormente modificata da chi sul racconto immediato dello inventore annotò : * rinvenuto colle Unioni » . Il dettaglio risultante dalle parole : « Vicino a questo molare ve ne era un altro molto più grosso che venne la- sciato sul sito a motivo del suo peso e perchè creduto un oggetto che non poteva interessare alcuno » , può venir interpretato nel DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 103 modo seguente. Per erosione o dilavamento naturale operato dal fiume, o per iscavo casuale operato magari solo in parte dall’ uomo venne messo allo scoperto e disgiunto, per lo meno in due pezzi, quel che originariamente giaceva sepolto in un sol corpo ; cioè : una porzione notevole del cranio fossile di un elefante. Dei due pezzi principali, o più appariscenti, l’ uno constava di un sol molare reso libero dalle ossa in cui era stato si a lungo allogato, e quindi facile a levarsi dal posto e mettersi in salvo, come avvenne nel 1830 per opera del Maggior Tarditti ; l’ altro pezzo invece, constante forse dell’ altro ultimo molare in situ ancora in un grosso residuo delle ossa craniane, costituiva quella massa che venne lasciata sul sito a motivo del suo peso. E quando in seguito alla esposizione ad ulteriore morso degli agenti atmosferici su parti meno resistenti, anche questo simmetrico dente venne disgraziatamente a cadere e rimaner libero dalle ossa in cui era compreso, anch’esso non im- pacciò più pel suo peso a venir messo in salvo da chi, forse spinto dalla curiosità di saper quel che ne era avvenuto, tornò sul sito ove aveva fatto il rinvenimento, oppure vi fu espressamente in- viato dalla Direzione del museo di Torino. Ma comunque, è possi- bile che abbia, questo secondo pezzo, raggiunto il primo, dove era andato a finire, e che noi lo dobbiamo ravvisare in quel residuo di erosione (non fisiologica) di un molare elefantino che io ho nella introduzione menzionato sotto il numero due ; residuo tanto guasto, e tanto mancante, e tanto simile, per lo stato di conservazione, e per la sua possibile determinazione specifica, a quello menzionato sotto il numero uno, da far nascere abbastanza naturale il sospetto non si tratti per avventura di una ulteriore porzione scheletrica dello individuo elefantino da cui la prima proviene ; e, di più, di una seconda porzione simmetrica alla prima, in quanto che di essa divideva le qualità adatte ad una un po’ maggior resistenza allo insulto degli agenti atmosferici trasformatori. E veniamo allo esemplare che nella parte introduttiva men- ziono sotto il numero tre. Esso, come risulta concordemente dalla targhetta attuale di cui è munito e dalla lettera del conte Della Loggia che lo accompagna, è stato rinvenuto nel 1846 in riva al Po, in territorio del Comune « La Loggia » circondario di Torino ed è stato rinvenuto da un diretto dipendente del Conte della Loggia scavando nelle ghiaie impietrite. Con questa frase incisiva non 104 A. PORTIS si può dubitare che il nostro dente non provenga da quei banchi di dura e tenace puddinga a ciottoli di varia natura e di varia mole che per lungo tratto vediam costituire talor con notevole al- tezza la ripa sinistra del fiume, ripa talor direttamente sovrincom- bente alle acque del Po, talor invece da questa distanziata per la frapposizione di striscie diversamente allungate e larghe di depo- siti alluvionali recenti, prati umidi, vincheti, greti ecc. Tale pud- dinga è particolarmente menzionata dal Gastaldi in tante sue pubblicazioni come appartenente al suo Diluvio e dessa, come scrissi altrove, è verso l'alto molto frequentemente interstratificata o ricoperta con banchi di diversa potenza ed estensione di mate- riale argilloide sufficientemente plastico. La provenienza del fos- sile rimane adunque sufficientemente fissata per la località e per il deposito che lo ricettava. La data pure ne è fissata senza con- testazioni. Il fossile adunque già si trovava in Museo, allorquando il Falconer viaggiava da un capo all’ altro l’ Italia per lo studio e la ricerca di avanzi fossili terziari o quaternari di mammiferi ; e sappiamo che desso fu visto ed interessò molto e, dobbiamo proprio dir la parola, preoccupò assai il Falconer; e ciò risulta da tre o più passi abbastanza contraddittori fra loro e da parecchie allusioni che il Falconer ci lasciò in proposito. Così : nelle Palaeontological memoirs and notes , nelle quali con tanta scrupolosità il Murchison riprodusse fin le minime osservazioni e richiami di memoria scritti sui taccuini del suo estinto amico Falconer, noi troviamo (volume 2° pag. 162) le espressioni seguenti: « Nel museo di Torino frammisti « a molari di S. Paolo trovai un intiero inferiore molar di latte di - E. primigenius. Egli recava una staccata etichetta come fosse « piemontese ed è probabilmente l’esemplare citato da sir Charles « Lyell quale un mal sicuro caso di un E. primigenius italiano. « L' etichetta staccata possibilmente apparteneva ad altro esemplare « e l’esemplare è esattamente nella stessa condizione minerale di « un altro trovato nella stessa collezione proveniente da Faederburg « (vedi p. 173) che differisce da quello di carattere ordinario dei « campioni piemontesi; e come quest’ultimo è confessato germanico « egli è probabile che lo stesso od eguale sia il caso pel primo. « Per quanto dà una evidenza certa io non ho finora veduta « prova che E. primigenius sia stato incontrato con nessun fossile DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 105 « in Italia (') per quanto almeno è mostrato dalle collezioni di Fi- renze, Pisa e Torino tutte però dalla prima all’ultima di queste località che io ho per lo più accuratamente esaminate nella mira di determinare questo punto (1859). sinistro terzo molare da latte: Dimensioni dell’ inferiore « Estrema lunghezza 5,2 oncie « Larghezza anteriormente. . 1,9 « Larghezza posteriormente . 2,4 « Altezza della corona. . . . 3,5 » » A pagina 172, parlandosi dei lower true molars dell ’ Ele- phas primigenius , e fra questi dell’ antepenultimo, viene detta a proposito del nostro (e quindi cambiandogli posizione dal passo precedente a questo: da ultimo molare di latte a primo vero mo- lare) soltanto la frase seguente: « In un « Torino le dimensioni sono: esemplare del Museo di « Lunghezza della corona . . 5,2 oncie « Larghezza anteriormente. . 1,9 « Larghezza posteriormente . 2,4 » » dimensioni queste che io, in vista di stabilir l’ identità del pezzo, ho riprese e controllate con un regolo comparativo a misura inglese e francese. Ed a pagina 173 eccoci di nuovo alla frase seguente: « Nella collezione del Museo di Torino io trovai commisti con esemplari da S. Paolo due molari inferiori di genuino Eleplias primigenius 1’ uno probabilmente un penultimo, l'altro probabilmente un terzo molare da latte (vedi p. 162). Nello esaminare accuratamente il primo, una vecchia etichetta venne scoperta dimostrante che l’esem- plare proveniva dalla Germania, da Faederburg, e che il mede- simo non era un fossile piemontese. Dimensioni: Penultimo inferiore sinistro Estrema lunghezza 9 oncie Larghezza anteriormente. . . . circa 2,7 » Larghezza posteriormente . . . 3,3 » egli ha circa diciasette lamine molto corrose ». P) u Susseguentemente dott. Falconer trovò evidenza soddisfacente della « esistenza dell’ A. primigenius in Italia » (vedi p. 170, 173, e 241. Editore). 106 A. PORTIS Risulta dunque dai tre brevi brani che ho creduto opportuno, traducendoli, di trascrivere, come risulta eziandio da altre pagine (fra cui la pag. 241 e la 195) che ritenni troppo lunghi a tra- scrivere e troppo alla mano a tutti da esser necessario ciò fare malgrado la loro lunghezza: risulta adunque, ripeto, come il Fal- coner, vedendo quel dente nel museo di Torino, ne rimanesse col- pito ad ogni nuova volta che lo esaminava ; e, benché ad ogni nuova visita egli opinasse un po’ disformemente da prima quanto alla posizione da assegnargli nella successione dei denti, tuttavia egli sempre ottenne dal suo esame l' impressione si trattasse di una reliquia di Mammuth: Come tale impressione fosse tanto in urto colle sue dapprima ferme credenze che T Eleplias primigenius non potesse riscontrarsi in giacimenti primitivi in Italia, che egli insiste a sospettare che questo dente non provenga, anziché dal Piemonte, dalla Germania; e soltanto indirettamente lo accetta come di E. primigenius e come fossile scavato in Piemonte, dopo che ha tro- vato a Roma ed in Yaldichiana materiali che lo inducono ad ammettervi fossile 1’ Elephas primigenius ; od altri materiali che lo spingono ad accettar fossile in Emilia e Lombardia T Elephas priscus ora in compagnia ora in surrogazione dell’ Elephas meri- dionali ; o V Elephas armeniacus ad accompagnare in Piemonte L Elephas antiquus ed il meridionali. Come è avvenuto per il dente rinvenuto a Carignano, anco per quello di La Loggia viene, in seguito alle ispezioni ed indicazioni del Falconer, data una determinazione e preparata un’ apposita targhetta per T esemplare; e nella redazione della targhetta si sente la ancor vicina rimembranza del passaggio del Falconer e delle sue discussioni e dei suoi dubbi ; ed il fossile viene attribuito di conseguenza allo Elephas primigenius Falò, e Cauli, e non già Blu- menbach. Di più, siccome era viva ancora la ricordanza della impres- sione fatta da questo dente sul Falconer, del lungo esame a cui lo aveva assoggettato e forse di un qualche diretto o indiretto desiderio manifestato di averne una riproduzione ; così il fossile vien modellato ; e, dalle matrici una volta ottenute dal Comba, si ottengono successivamente dei modelli eccellenti i quali, su ri- chiesta dei rispettivi direttori vanno ad arricchire e decorare tanti DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 107 altri musei italiani ed esteri (!). Così ho io per ultimo potuto otte- ner dalla liberalità della Direzione del Museo Geologico di Torino uno di questi modelli pel Museo Geologico Universitario romano; ed è su di esso che io aiuto la memoria nell’ ordinare le osservazioni fatte a Torino sull’ originale. Questo è realmente, a mia determinazione, un dente elefantino mandibolare e sinistro; e consta di 11 lamine normali e 2 talloni. Le dimensioni sue si possono far corrispondere con quelle che due volte ne diede il Falconer: e che io segno qui nelle prime due colonne della tabella riservando le due seguenti colonne alle dimensioni di un omologo organo di E. antiquus rinvenuto a Tor di Quinto presso Roma e mostrante solo 10 lamine normali e due talloni. Es. Torinese Es Lunghezza mas- sima sulla fac- cia di erosione. 13^0 c. = Oncie ingl. 5 e 2/iq 13,5 c. = Lunghezza mas- sima 13,4 c. « 5 e 4/i6 14,5 c. = Larghezza ante- riore sulla lla (rispettivamen- te 10a) lamina dal tallone pros- simale Larghezza poste- 4,0 c. — n 1 6 Vie 3,3 c. = 1 e 5/ltì O.i. riore sulla 2a lamina dal tal- lone prossim. Altezza della 5,7 c. = n 2 e Vie 3,85 c. = 1 e8,5/i6 O.i. corona sulla • faccia pross. 8,4 c. = r 3 e 5/16 5.9 c. = 2 e °/i6 O.i. (') Per esempio il Botti U. (La grotta ossifera di Cardamone in Terra d' Otranto, nel voi. IX, 1890, del Boll. d. Soc. Geol. Ital., pag. 689-716, tav. 26 1 a pag. 707 ci dice che uno di questi modelli si trova nel Museo civico di Milano. Ma a pag. 706 ci dice che un altro molare di Elephas primigenius trovò « nel Museo dell’ Istituto superiore di Firenze come mo- . Romano = 5 e 6’5/16 O.i. = 5 e "’VieO.i. 108 A. PORTIS Esso si presenta molto ben conservato fuorché alla sua faccia anteriore o distale, la quale è molto profondamente guasta dalla pressione contro Y organo che immediatamente lo precedette nella mandibola. Grazie alla pressione, si rese fragile e si staccò, pro- babilmente in seguito, la faccia anteriore della grossissima radice anteriore; un organo che doveva essere cilindroide, a sezione el- littica col diametro maggiore trasverso e di 32 millimetri circa, libera dalla corona per circa 55 millimetri, ma colla ultima re- gione libera o profonda, per circa un centimetro di lunghezza tendente a rendersi trasversalmente bifida. Sovrastano verticalmente a questa radice i quattro elementi laminari più distali riconosci- bili sulla faccia coronale. Come la regione distale od anteriore del dente accenna ad esser portata da una radice, così anche il mar- gine esterno accenna allo sviluppo di simili appendici le quali, assai più che non la prima, accennano a ricurvarsi allo indietro. Così, sotto al quarto e quinto elemento laminare, cominciando dalla estremità distale del dente, accennasi allo inizio di una serie lon- gitudinale di radici ripiegate indietro, e l’ una all’ altra sempre meno addossate; finche l’ultima sta, senza incurvazione, a conti- nuar la direzione approssimativamente verticale del medesimo ele- mento laminare (sempre cominciando dalla estremità distale od anteriore del dente) ; la faccia poi posteriore o prossimale di esso dente è sporgente in corrispondenza dell’ angolo colla faccia coronale dello di esemplare proveniente da Roma segnato col n. 1136 ». Su questa indicazione, io mi son rivolto alla gentilezza del prof. De Stefani, pregan’ dolo a mandarmi in comunicazione quel modello, affinchè mi servisse di scorta a rintracciarne 1’ originale nelle collezioni che ho sotto la mia guida. Egli immediatamente mi favorì 1’ oggetto richiesto e che porta scritto su, a penna e vernice: « E. primigenius, 1135, Roma » ed è accompagnato dal- l’etichetta: Dono del prof. Ponzi. - A. 1860 Elephas primigenius Blum. Postpliocene - Dintorni di Roma ». Ma con qual animo ho constatato che si tratta di un nuovo modello dello esemplare ora in questione di Torino e rinvenuto al La Loggia? per quali giri e rigiri e per quali inesatte infor- mazioni e scambi è desso venuto a ricevere le indicazioni di provenienza che porta? Quindi i due denti di cui parla il Botti pag. 706 e 707 si riducono ad un solo, quello che presentemente ci occupa. Quindi analoga correzione deve farsi nella monografia degli elefanti fossili valdarnesi del Weitliofer del 1890, a pag. 105 dell’edizione tedesca, a pag. 113 dell’edizione italiana. DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 109 di abrasione, e va man mano rientrando quanto più la esaminiamo verso il basso o verso l’origine delle radici. E sui fianchi e sulla faccia coronale del dente riescesi, con un po’ di attenzione, a contare lo stesso numero di elementi lami- niformi costitutivi dell’ organo. Sono in numero totale di tredici e tutti quanti interessati, benché, s’ intende, in proporzione diversa, dall’ abrasione per masticazione. Si distinguono questi elementi laminiformi in : un tallone anteriore o distale, undici lamine nor- mali, ed un tallone posteriore o prossimale. Delle undici lamine normali (che tutte incontrano la faccia di abrasione sotto angolo sensibilmente vicino al retto) , nove pre- sentano figure di abrasione quasi complete; solo le due più pros- simali presentano figure non completamente aperte ; risultando verso il margine esterno per ciascuna di esse: un elemento orbiculare appiattito accanto allo elemento laminiforme, che già estesosi con- tinuamente dal margine opposto, per lo mezzo della figura, rag- giunse oltre i 7/8 interni della lamina. Il tallone posteriore o prossimale consta invece appena di 4 o cinque mammille, appena tubercolari ed aperte. E lamine e tallone mostrano uno smalto sottile, lievemente crispo allo esterno della lamina, molto più continuo e più liscio quindi verso l’ interno (in senso anteroposteriore) della lamina ed a contatto colla dentina. Questa, assai potente ed in media altret- tanto potente o lunga (in senso anteroposteriore) di uno spazio occupato da cemento fra lamina e lamina. Così, su di una faccia coronale, che misurata in linea retta comprende 13 elementi la- minari completi di cemento e dentina, e 13 interspazi di cemento quasi completi (contando l’ anteriore al tallone distale ed il poste- riore al tallone prossimale come due mezzi) e raggiunge mm. 130 (Q , noi vediamo spettare a ciascun elemento laminare completo: due spessori di smalto, uno di dentina, e uno di cemento, precisamente dieci millimetri. Eccoci adunque davanti un dente mandibolare : breve, largo e, relativamente allo essere mandibolare e già attaccato in tutti 0) Stante l’ incontro ad analogo retto delle lamine normali colla faccia di abrasione la massima lunghezza del dente viene appunto a trovarsi quasi sulla faccia coronale di esso; anche le massime dimensioni trasverse fu- rono per questa ragione prese sulla faccia coronale. 110 A. PORTI S i suoi elementi dall’ abrasione, piuttosto elevato di corona ; un dente che presenta un numero considerevole di lamine, e queste neces- sariamente sottili dallo avanti in dietro e per se stesse, e per le parti (sovratutto lo smalto) che costituiscono ciascuna : dove le la- mine sono notevolmente flessuose, sovratutto la decima e 6a-la dal tallone prossimale. Caratteri questi tutti che mi portebbero a deter- minare il fossile come di Elephas primigenius. E dopo ciò mi de- cido a scegliere sulle due posizioni che a questo dente aveva suc- cessivamente assegnato il Falconer (di ultimo molare da latte o di antepenultimo vero molare) e gli assegno la seconda, quella cioè di antepenultimo vero molare mandibolare sinistro (!). Ed or che, con tutto rigore, seguendo i dettami della formola lamellare, tenendo conto della forma del dente, del suo indice, delle sue dimensioni, sì assolute che in rapporto coll' indice e col nu- mero e conformazione delle lamine costitutive, sono venuto a deter- minarlo per la posizione sull’ individuo e per il nome della specie ; (*) Procedo a questa determinazione solo in confronto con alcuni molari di E. primigenius di provenienza forse germanica, esistenti nel Museo Geologico Universitario di Roma ed a numerosi giovani molari veri ed ultimi molari da latte si mandibolari che mascellari di E. antiquus dei dintorni di Roma qui pur raccolti : Specialmente un vero molare antepenultimo mandibolare destro molto africaneggiante, raccolto a Tor di Quinto e mostrante una lunghezza massima di mm. 145 e le dimensioni relative che seguono : Lunghezza massima normalmente alla direzione delle lamine Lunghezza massima della faccia coro- mm. 145 oncie inglesi 5,11 V* naie di erosione Larghezza anteriore sulla 10a lamina 11 135 n 11 5, 6 V* dal tallone prossimale Larghezza posteriore sulla 2a lamina » 33 il n 1, 5 dal tallone prossimale Altezza della corona senza radici sulla » 38,5 ii il 1, 8 7, faccia prossimale 11 59 V ii 2, 6. Dente apparentemente costituito di tutti gli elementi che ne fecero parte o di traccia comunque riconoscibile loro: come tale constante di 12 elementi laminari compresi in una lunghezza di 145 mm., della quale spetta a ciascuno un dodicesimo, ossia mm 12,084. Gli elementi laminari molto africanoidi distinguibili in: un tallone distale quasi totalmente abraso, 10 lamine normali, e un tallone prossimale a inammille non ancor aperte benché già compreso nella superficie di abrasione. DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. Ili potrò aggiunger che la determinazione è malsicura poiché 1’ esem- plare ci presenta un carattere bastevole da sé solo a far attribuire il fossile all’ E. anliquus anziché all ' E. primigenia: e questo carattere, a cui il Pohlig assegna tanta importanza ('), consiste nel presentar che fanno le lamine a figura di abrasione non ancor complete delle figure lamellari tra figure orbicolari; non, come dovrebbe arrivare per E. meridionalis ed E. primigenius, figure orbicolari tra figure lamellari. E questo carattere risulta, ed ho dovuto lasciar risultare, dalla accurata descrizione che ho fatta precedentemente dell’ esemplare. Eccomi per conseguenza qui davanti un altro problema abba- stanza simile a quello che mi si parava davanti collo studio dell’ ele- fante di Riofreddo. Un solo individuo e due specie da soddisfare; e qui una parte assai piccola di un individuo e due specie che se lo contendono. Non dovrebbe esser lungo però il dubbio : dall’ un lato stanno tutti i caratteri che da lungo tempo siamo avvezzi a riconoscere all’ E. primigenius , vi sta una ripetutamente affermata pertinenza a quella specie da parte del Falconer, dall’ altra sta un solo carattere, invocato bensì siccome saliente, ma che non ha fatto ancor tutte le sue prove e che può questa volta, a volerlo commisurare con tanti altri caratteri più noti e più appariscenti dimostrarcisi forse un po’ meno efficace. Accontentiamoci dunque per rigorosità scientifica di averlo ricordato, messo in mostra, e tentato di farlo valere per quanto era possibile; ma non andiamo fino al punto da voler, insistendo su questo, forzar tanti altri carat- teri. Manteniamo perciò in complesso come sufficientemente accer- tata la determinazione lasciataci dal Falconer e riprodotta nella attuale targhetta secondo la quale il dente è di Elephas primigenius Blumenbach (e non Cautley e Falconer come inconsideratamente fu scritta). Abbiamo veduto dalla lettera del Conte della Loggia, in data 13 marzo 1846, come il dente in questione sia stato rinvenuto alla Loggia, presso al Po, nelle ghiaie impietrite ; e già ho fatto notare come non si potesse più caratteristicamente, in linguaggio volgare, definire ciò che, servendosi quasi della stessa frase, il (') Pohlig H., Dentition und Kranologie des Elephas antiquus Falc., Halle, 4°, 1888-91, pa g. 141-142. 112 A. PORTIS Gastaldi chiamava Diluvio. Ma questo diluvio, preso in stretto senso, cioè senza le alluvioni moderne, a parte quel che io ne possa diversamente pensare, dove lo collocava il Gastaldi ? e dove lo collocarono e lo collocano tuttora tanti stratigrafi sovratutto tedeschi? Esso comprende terreni a cominciare da quelli immediatamente e magari concordantemente riposanti sulle sabbie gialle fossilifere dell’ Astiano; e può in basso contenere gli stessi mammiferi fos- sili che quelle contengono. Così può contener Mastodonti (che in breve se ne allontanano) e può contener Elefanti, fra i quali quello ritenuto il più antico : Y E. meridionalis, e quelli ritenuti grada- tamente successivi : l’ Elephas antiquus , e poi : Y Elephas primi- genius. Ma dal giorno in cui più o meno unanimamente fu con- venuto di accettare Saint Prest ed il Foresi bed nel pliocene, ne risultò per conseguenza di avere in essi terreni pliocenici man- canti di qualsiasi reliquia di Mastodonti, e che per contro potevano fornire avanzi contemporanei delle tre specie di Elefanti. E ne ri- sultò, se non si addiveniva ad una modificazione di collocazione in prò del cosidetto Diluvio italiano, l’ anomalia che questo ter- reno, che avrebbe dovuto essere posteriore al pliocene, conteneva reliquie di Mastodonti in giacitura originale e conteneva due specie di Elefanti, di preferenza le più antiche, fra le tre contempora- neamente presenti nel Forest bed. E quindi ne nacquero le neces- sità di chiamar Alluvioni plioceniche o Villa franchiamo o Fos- saniano o Siciliano alcune facies di questi terreni già detti di- luviali ; e di porre queste facies : od a terminazione superiore, od a rappresentanza collaterale dell’ Astiano ; e la necessità di chiamar addirittura plioceniche le ligniti recenti (in senso Gastaldiano) di Leffe o lor contemporanee altrove; e la necessità, pel Pohlig, di prolungar artificialmente la vita all’ Elephas meridionalis, della Campagna Eomana fino al medioplistocene perchè potesse convi- vervi fin coll’ Elephas antiquus e magari coll’ A. africanus priscus (,). Persuaso di queste artificiosità, ed ancor più persuaso di quelle che tenevano distinte, in carta, le Gastaldiane Alluvioni plioce- niche, dal Gastaldiano Diluvio , e le Ligniti recenti dal diluvio (sempre secondo il Gastaldi); artificiosità che le determinazioni ed analisi stratigrafiche sul terreno dimostravano veramente tali, (*) (*) Pohlig, opera citata, pag. 17 e pag. 19. DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 113 in quanto che dappertutto dove le Alluvioni plioceniche erano a contatto col Diluvio esse non se ne potevano assolutamente se- parare, nè litologicamente, nè paleontologicamente ; e che lo stesso fatto si verificava nella osservazione delle relazioni fra le Ligniti recenti ed il Diluvio, sono gradatamente arrivato alla delibera- zione di sopprimere il Diluvio, altrimenti che come facies parti- colare e di collocarlo in toto nei limiti del Pliocene. Con ciò non rimarrebbe sensibilmente aumentata la lista dei mammiferi pliocenici; poiché alcune specie di Ruminanti rinve- nute nel Diluvio della Valle del Po, o per mezzo del Valdarno, o di Olivola, o di Saint-Prest, o del forest-bed, già tutte o quasi ave- vano dovuto entrar negli elenchi pliocenici : ed a farlo apposta, tre specie di mammiferi, che fuor d’ Italia eran ritenute caratte- ristiche di terreni o diluviani superiori o a dirittura escluse supe- riormente dal diluvio, in Italia, benché parecchie volte annunciate, erano poi stati assai più costantemente e dirò accanitamente dene- gati: il Rhinoceros tichorhinus il Rangifer tarandus e V Elephas primigenius ; ed io stesso ho avuta parte, ed avevo a suo tempo preso partito nel sostener tale assenza. Ora però che mi trovo davanti un pezzo che non posso altrimenti ritenere che di E. pri- migenius, e che di questo pezzo è incontestabile la provenienza dal Gastaldiano Diluvio ('), mi posso presentare la domanda sulle conseguenze che possa avere, nella classificazione del terreno che f1) L’esemplare in questione, come risulta dalla determinazione fattane, e tanto più dalle figure ottenute fotograficamente, è in un soddisfacentissimo stato di conservazione. Malgrado provenga dalle ghiaie impietrite egli con- serva le sue radici, sovra tutto l’anteriore, un sottile stilo di materia ossea libero per ben cinque centimetri di lunghezza. Egli è ben impossibile che questa appendice fragile si sarebbe mantenuta in sito qualora il fossile fosse stato infisso nelle ghiaie (che poi si impietrirono, si cementarono) tal quale esso venne rinvenuto. Certamente si può dire : esso era ancor in posto infisso su e dentro un pezzo maggiore o minore di mandibola, che ne protesse le parti fragili e delicate dai guasti durante il trasporto ; la deposizione e l’ as- settamento del materiale circostante ; e che soltanto di poi, cedendo ad azioni chimiche, si spappolò e si ridusse, o friabile od irriconoscibile, si da venir trascurato da una persona di non straordinaria coltura quale senza fargli torto, è supponibile fosse l’agente di campagna del Conte della Loggia, al quale agente dobbiam tuttavia saper molto grado per aver riconosciuto e salvato in mezzo a materiale apparentemente di nessun valore questo soggetto più ap- pariscente. 114 A. PORTI S lo ha fornito, la constatazione specifica del pezzo. E tranquilla- mente posso rispondere ed affermare che la conseguenza non può più esser per nulla nocevole alle mie anteriori conclusioni, sì da obbligarmi a ritirarle o modificarle in alcuna loro parte. La con- seguenza che ne verrà, sarà di avermi convinto che, come nel Fo- rest-bed è assai raro un qualche primo precursore non ancor com- pletamente tipico dell’ Elephas primigenius, così pure nel cosidetto Diluvio della Valle padana, sono rarissimi i rappresentanti (finora limitati ad un solo, rigorosamente determinato) dell’ E. primigenius ; e se malgrado ciò l’ un deposito può continuare a rimaner nel Plio- cene, di necessaria conseguenza la stessa eccezione non può im- pedir all’ altro deposito dal farne parte. Ed avremo così nella Valle padana uno stadio più progredito di quella catena, che, nel Val- darno, per mezzo della coesistenza dell’ Elephas meridionalis col- fi meridionalis trogontherii e coll’ Elephas antiguus Nestii; in qualche altro deposito del più giovane Pliocene, colla presenza delfii?. primigenius ammessa dal Pohlig a pag. 18-19 della sua opera già citata; nella Campagna di Roma per la coesistenza dell’ E . an- tiguus con stadii più distaccati dal comune ceppo meridionalis che anche rinveniamo nella Val di Chiana ; di quella catena di successive modificazioni che partendo dalla forma appunto detta E. meridionalis , và poi fatalmente al Nord a finire in quella forma che è conosciuta sotto il nome di E. primigenius Blumb. Dessa, man mano che si individualizzava, doveva forse per neces- sità di adattamento, così acquisite da una speciale alimentazione o da particolari condizioni di clima, spingersi sempre più a Nord e quindi ad un certo punto abbandonare definitivamente i nostri climi e le nostre regioni e ritrarsi in quei recessi da cui lo rica- viamo così profondamente differenziato e prodigiosamente svilup- pato, se non per mole, almeno per la copia degli individui di cui si ravvisarono le traccie. In questo fatto sta una ragione, un argo- mento di più ad ammettere ciò che è d’altronde già provato: che 1’ Elephas primigenius, se nel suo grande sviluppo, se nella esage- razione dei suoi caratteri specifico-differenziali, è una forma propria caratteristica di più giovani terreni ; nei suoi pionieri, o con carat- teri estremamente vicini a quelli terminali (e in questo caso estre- mamente limitati in esemplari), o con caratteri ancor lontani dai terminali, e quindi offrenti appiglio ad incertezza e discussioni per DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 115 1’ attribuzione specifica (ed in questo caso maggiormente numerosi in individui), è naturale lo si debba e lo si possa incontrare in terreni alquanto più vecchi e profondi. Nei suoi pionieri adunque lo possiamo benissimo incontrare in terreni spettanti al Pliocene superiore ed il suo rinvenimento sporadico nelle puddinghe del cosidetto Diluvio su cui è elevata Torino non mi scuote per nulla dalla convinzione che questo debba far parte del Pliocene superiore. Da quanto son venuto fin qui dicendo, risulta che in questo cosidetto Diluvio si possano comprendere : dalla direzione di muro dei depositi carboniosi e che in questi si possano incontrare avanzi elefantini sovra tutto attribuibili all’ Elephas antiquus ; e poi in generale superiormente si abbia un potente deposito di ghiaie più o meno perfettamente conglomerate e cementate in talor solidis- sime puddinghe, ghiaie, che più giù della pianura padana forni- rono più largamente avanzi elefantini attribuibili alla stessa specie ; oppure in un solo caso fornirono presso Torino reliquie di E. pri- migenia. Ma dalla mia Nota sull’ elefante di Torino risulta pure che lo stesso cosidetto Diluvio di Torino, possa anche in direzione di tetto presentare : dei depositi di materiale argilloide, e come uno di questi ancor più presso a Torino, abbia a sua volta fornito indizi di un elefante, di cui disgraziatamente non potei indicare rigorosamente la specie. Sarebbe stato interessante, e lo si vede ora, lo stabilire se V E. antiquus accennava a diminuire, o se invece tendeva momentaneamente ad aumentare in frequenza 1’ E. primi- genius. Ma limitiamoci per ora a concepir la speranza che i rin- venimenti di resti elefantini, tanto a lungo sospesi, riprendano ed in modo da darci materiali determinabili. Sarebbe eziandio inte- ressante sapere quanto di vero e di buono vi fu nel rivenimento di uno scheletro elefantino nel sottosuolo di una casa in Corso principe Oddone in Torino, segnalato da giornali della penisola al principio della terza decade di marzo 1892; invece nulla si seppe dipoi: nè l’importanza degli avanzi, nè la specie, nè le condizioni ed il materiale del giacimento in cui si conteneva ; insomma nulla ! esso è totalmente dimenticato. Ma a noi comunque ne rimangono la data e la località, e, se non un fatto 'accertato, almeno un indizio ed una possibilità di un rinvenimento, che sarebbe il quarto, di avanzi elefantini nelle strette vicinanze di Torino. Di quattro rinvenimenti, tre son 116 A. PORTIS certi e fornirono materiale che ancor oggi si conserva e si sa dove è ; un quarto non è accertato. Dei tre rinvenimenti certi, due diedero materiale sufficiente per una abbastanza attendibile deter- minazione specifica; e ne risultarono due specie differenti; due specie che entrambe’ fuori d’ Italia vengono riscontrate ed in ter- reni pliocenici superiori, ed in terreni ad essi posteriori. Il ma- teriale del terzo rinvenimento non si presta ad una simile deter- minazione, ma gli è probabile spetti all’ una di queste due specie, e più facilmente a quella che per altri rinvenimenti è dimostrato sia stata la più frequente nella bassa valle del Po, cioè Y E. antiquus. Ma questi quattro rinvenimenti, piuttosto che quattro fatti noi li dobbiamo considerare come reciproci complementi di un fatto solo; quello del rinvenimento di resti elefantini di specie cono- sciute, sulla sponda sinistra del Po a Torino ; ed infatti noi troviamo come una sola retta sensibilmente da sud a nord, sensibilmente parallela al locai corso del Po, che tocca in parecchi punti, con- giunga questi quattro rinvenimenti e non superi in lunghezza i diciannove chilometri fra i due estremi. Come fra questi estremi si trovino abbastanza armonicamente collocati i due intermedi ; cosichè, dallo estremo meridionale di Carignano, non disti lo in- termedio meridionale della Loggia che di sei chilometri; mentre circa sei chilometri dista 1' estremo settentrionale di Torino, Corso Principe Oddone, dallo intermedio settentrionale di Millefonti ; e poco più di sei chilometri intercorrono fra i due intermedi rinve- nimenti di La Loggia e di Millefonti : come, seguendo da Nord a Sud questa retta, i rinvenimenti, che su di essa vengo di coordinare, si incontrino in mutua relazione geologica relativamente sempre più giovane ed elevata ; 1. Carignano : nei ? depositi di combustibile vegetale inter- calato verso il basso delle puddinghe. 2. La Loggia : in pieno cuore delle puddinghe. 3. Millefonti: depositi argilloidi intercalati verso l’alto delle puddinghe. 4. Torino, Corso Principe Oddone : nel ? sottosuolo, forse superiormente alle puddinghe. Ma dunque questa stretta Moncalieri-Torino-Casellette-Pios- sasco, Moncalieri (chè tra la collina a Moncalieri e Piossasco non intercorrono più di 19 chilometri in linea retta; e tra la Collina DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. 117 a Torino e il Musinè da Casellette non intercorrono più di 19 chi- lometri in linea retta) questa stretta che ancor oggidì separa l’alto bacino della Valle del Po, dal basso più ampio bacino della stessa Valle; quella stretta in cui bruscamente avviene il piegarsi ad an- golo quasi retto nella direzione del corso del fiume ; quella stretta che nei suoi angusti limiti longitudinali quasi tutti quattro (al- meno i 3 più settentrionali) comprende questi rinvenimenti elefan- tini, deve pure avere avuta una funzione ed una influenza nella loro distribuzione, nel loro scaglionamento o per lo meno nella loro determinazione così localizzata, e quasi accumulata di fronte alla povertà di simili avanzi nelle parti espanse del bacino immedia- tamente superiore ed inferiore alla stretta. (Infatti dobbiamo an- dare ai confini occidentali della Lombardia per incontrarne degli altri, rimeno allo stato attuale delle nostre conoscenze). Ed io questa influenza la vedo e ne scorgo aumentata la portata, se ri- torno colla mente alle minori trasversali dimensioni che doveva aver la stretta accennata in tempi non così lontani da noi ; quando il bacino a monte della stretta, era occupato da acque divenute dolci o rimaste un po’ salmastre, ma residuo del Mare Pliocenico ; ed a valle della stretta si stendeva un altro bacino da simili acque occupate ed una specie di imperfetto rilievo mascherato e coperto dalle acque era dato dalla tendenza al reciproco incontro fra pro- paggini occidentali della collina e rispettivamente orientali del Bricco San Giorgio da Piossasco, e meridionali del Musine da Ca- sellette ; propaggini tutte meno abrase superiormente e meno erose lateralmente di quel che non si presentino oggidì ; e questo rilievo o serie discontinua di rilievi, era occupato da acque in generale assai basse e piatte e poteva esser interrotto nella sua monotonia da una quantità di isolette, talune più, talune meno, effimere o temporanee. In queste acque di preferenza potevano avventurarsi gli elefanti viventi sulle aree emerse che limitavano i bacini, ed in queste acque, di preferenza, cadere ed accumulare (relativamente) i loro avanzi ; sia per essersi troppo avventurati in vita, sia per esser morti na- turalmente presso i margini ed aver lasciato agli acquazzoni la cura di spingere ai bacini i lor carcami; oppur parte soltanto di essi. Così, a questa parte meno profonda e più ristretta del ba- cino padano corrispondente ad una strozzatura e ad uno svolto delle 118 A. PORTIS sue sponde potevano convergere i pochi animali che frequentavano o popolavano, limitatamente, le limitate tratte di territorio emerso non offrenti, per altre difficoltà di loro configurazione o posizione, inospitalità assoluta. Gli scopi che mi ero prefissi nello intraprendere il presente studio li sono andati man mano raggiungendo. Era mio scopo rile- vare dall’ oblio un fossile importantissimo ; era mio scopo determi- narne la specie; era mio scopo accertami se la forma elefantina, rispondente ai caratteri dati per la specie E. $>rimigenius , non la si potesse assolutamente rinvenire in Italia o meglio nella Valle del Po ; era mio scopo stabilire se dato il rinvenimento di questa forma, dessa potesse modificare il concetto che si aveva dei terreni in cui eventualmente fosse rinvenuta. Ora la forma è constatata in Pie- monte. Malgrado la sua constatazione, i terreni da cui ella pro- viene non ne rimangono per essa ringiovaniti (1). Non ci rimane più che ad appagar la legittima curiosità, se l’unico individuo fin qui constatato in Piemonte di E. primigenius, debba considerarsi come un vagabondo assoluto od un vagabondo relativo, se i suoi consorti specifici siano soltanto domiciliati fuori della attuai cerchia delle Alpi, o se un qualche pioniere suo pari non lo si debba anche tro- vare nella maggiore espansione padana, essendosi andato ad accan- tonare in Lombardia ed avendovi lasciato dei resti finora o non sco- perti, o non fatti conoscere, o comunque non depositati in collezioni accessibili. Roma, dicembre 1897. Dott. Alessandro Portis. (!) Da materiale pervenuto in quest’ inverno in museo come complemento della collezione Rambotti rilevo come il Bison priscus, che s’incontra in tutti i terreni della pianura del Po, a cominciare implicitamente dalle cosidette alluvioni plioceniche e dalle sabbie gialle fossilifere di Asti, e stato rinve- nuto in cranio completo (distrutto poi al momento dello scavo per cause di- pendenti dalla natura della roccia inchiudente) nei depositi delle Colline Mo- reniche di Lonato. I residui si conservano ora nel Museo Geologico Univer- sitario di Roma, dove — con pazienza — ho potuto, da un accumulo di fram- menti ristaurare : un cranio soddisfacente per le regioni sfeno-occipito-parieto, frontali, con corna (di maschio) in posto, una serie molare premolare supe- riore quasi completa e due mandibolari muniti di quasi tutti i molari e di pochi premolari. DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, F.CC. 119 Aggiunte ‘posteriori: 1°. Era già ultimata la sovraestesa Nota, allorquando mi pervenne quella del prof. Taramelli intitolata: Sulla composizione delle Ghiaje plioceniche nei dintorni di Stra- della (Estr. di 7 pagg., 8°, dal Voi. 30°, 1897, dai Rendiconti del R. Ist. Lomb. di Se. e Lettere. Milano, 1897) nota che per analogia di argomento con quello or da me trattato lessi con interesse vivis- simo e colla buona intenzione di modificare poi, se del caso, qual- cuna delle mie conclusioni precedenti. Ma il lavoro del Taramelli ha piuttosto il carattere di una nota preventiva, o meglio sospen- siva, dalla quale per il momento non ho ancora potuto ricavare di utile per le mie idee che la riconstatazione della origine alpina e della provenienza piuttosto dalle Alpi Marittime per parecchi fra gli elementi ciottolosi che compongono le ghiaie plioceniche nei pressi di Stradella e della collina di San Colombano. Tale fatto, e quello eziandio rievocato alla memoria degli studiosi, della fre- quenza in ossami di grandi mammiferi nella regione in questione, potranno ancora dar luogo a moltiplicati studi (e forse a svariate ipotesi) che mi auguro pronti ed esaurienti, ed ai quali non man- cherò di concorrere con tutte le mie forze. 2°. Mentre poi attendevo alla stampa del sovraesposto mio studio si è pubblicato il 3° volume della Palaeontographia italica del Canavari, contenente, fra le altre memorie, anche quella del Simonelli V. che porta per titolo : I Rinoceronti fossili del Museo di Parma. (Pag. 89-136. Tav. 10-16 del volume) memoria che anch’ essa immediatamente ho letta ed analizzata per sapere se, con nuovi dati da essa eventualmente ricavabili, avrei dovuto modi- ficare, e di quanto, le conclusioni del mio scritto. Ho potuto invece convincermi, malgrado F apparente difficoltà che altri avrebbe potuta incontrar in tale analisi causa F antiquata ed in parte erronea attribuzione e denominazione specifica degli avanzi rinocerontini descritti (*), che i materiali fatti conoscere, e per le specie cui realmente possano appartenere e per F età e re- lazione reciproca dei terreni da cui sono indicati provenire, confer- mano in tutto e per tutto i miei modi di vedere quali sono sovra- ni Vedine dimostrazione esplicita nel mio articolo: Costituzione della specie Rhinoceros Merchi, nel secondo volume delle mie Contribuzioni alla Storia Fisica del bacino di Koma 1896, pag. 235-253 e più specialmente pag. 248-49. 120 A. PORTIS, DI ALCUNI AVANZI ELEFANTINI FOSSILI, ECC. espressi e quali furono desunti dai materiali elefantini e rinoce- rontini descritti come provenienti da più occidentali e più setten- trionali depositi e dalle condizioni loro di giacitura. 3°. Per simili ragioni ho dovuto pure pigliar conoscenza del lavoro del Ristori G. che porta per titolo : L' Orso pliocenico di Valdarno e d’ Olinola in Val di Magra memoria inserta nello stesso volume da pag. 15 a 88 e tav. 2a-7a. Fui lieto di veder in essa adottato 1’ assorbimento della denominazione e della specie Ursus arvernensis Croiz et Job., nella anteriormente nota specie con denominazione di U. etruscus Cuv., per accettazione delle buone ragioni portate in argomento dal Deperet. Così pure trovai in questa memoria e nelle discussioni che contiene argomenti di cui non mancherò di valermi quando tenterò di ricondurre ad una sola specie o stipite tanto 1’ U. etruscus quanto 1’ U. spelaeus e per conseguenza di dimostrare indirettamente 1’ esistenza della prima specie, tanto nel Bacino di Roma, che nei depositi astigiano-padani. Nella Tavola annessa la figura la o superiore rappresenta in grandezza naturale la faccia coronale del dente mandibolare ante- penultimo sinistro di Elephas primigenius Blumb. rinvenuto nel 1846 a « La Loggia » presso Torino. La figura 2a od inferiore rappresenta pure in grandezza natu- rale la faccia laterale interna del medesimo dente. [26 gennaio-6 maggio 1898] OSSERVAZIONI SULLA SUCCESSIONE DELLE ROCCE VULCANICHE NELLA CAMPAGNA DI ROMA Nota del socio A. Verri. Nelle Note per la storia del vulcano laziale (Boll. 1896-98. Mario Cermenati (Roma). . . ) Erminio Ferraris (Moi teponi). . . . 1898. Vittorio Novarese (Roma). . ) 1 Giuseppe Bellucci (Perugia), r | Claudio Sormani (Roma) • • • ( | Enrico Clerici (Roma) . ... ) Ulderigo Botti (Reggio Cai.) \ Torquato Taramelli (Pavia). ( . Vittorio Simonelli (Parma) . ( Giuseppe Mercalli (Napoli) . J Commissione per le pubblica- zioni Il Presidente \ Il Segretario ( , , T & > ( prò tempore) L Economo 1 L’Archivista ) Antonio D’Achiardi (Pisa). 1898-900. Giovanni Di Stefano (Roma). 1897-99. Arturo Issel (Genova). 1898-900. Commissione del bilancio . . . ' Romolo Ragnini (Roma) . . . \ Antonio Verri (Roma) . . . . > 1898. Pietro Zezi (Roma) ) Sede della Società: Roma, Via S. Susanna, 1 A, presso il R. Ufficio geologico. DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE NELLE ALPI MARITTIME Nota del Socio prof. Alessandro Portis. I. La pietra di Aisone. Quante volte salendo all’ alta valle Stura di Cuneo o scen- dendone, mi accadde di percorrere il tratto Demonte-Vinadio, il mio interesse venne momentaneamente risvegliato sulla cosidetta Pietra di Aisone, una pietra da taglio assai pregiata nella valle e che, or più or meno attivamente, viene cavata dalla rupe che a Nord sovrasta allo abitato principale di Aisone, piccolo comune di forse un migliaio e mezzo di abitanti, sito circa a sei chilo- metri da Demonte ed a men di quattro chilometri da Vinadio. Della pietra di Aisone raccolsi in parecchie delle mie peregrina- zioni campioni svariati allo scopo di averla rappresentata, di co- noscerla, e, riconosciutane la natura mineralogicamente abbondan- temente calcareo-dolomitica, di ricercare se contenesse dei fossili che permettessero stabilire 1’ epoca di sua formazione. Bisogna però che io aggiunga che per molti e molti anni questa ultima ricerca mi diede dei risultati così costantemente negativi da far perdere a troppi la voglia di occuparsi altro che petrograficamente del materiale raccolto. E pure anche quando rivolgevo la mia attenzione e la mia ricerca su sezioni sottili di esso, scorgevo in singoli grani calcarei costituenti la roccia, talor dettagli tali da dover ammettere che, essi almeno, avessero origine organica più o meno larvata da posteriore metamorfismo ; e venivo quindi ricon- dotto al desiderio di rintracciar nella pietra di Aisone qualcosa di più definibile, qualcosa persino di determinabile come fossile. Così son passati anni parecchi, fino a quando (invece di con- tinuare il mio studio su campioni della roccia presentanti i carat- teri tipici, per così dir commerciali, della roccia) non decisi di esaminar piuttosto le accidentalità, gli scarti commerciali della roccia stessa, e non intrapresi una nuova apposita corsa (nella 9 124 A. PORTIS state del 1896) allo scopo di far provvista di queste accidentalità che già parecchie volte avevo notate nella pietra di Aisone, ed avere così una quantità presumibilmente sufficiente di materiale, alla nuova serie di ricerche che intendevo intraprendere ; (ne rac- colsi oltre una diecina di chilogrammi che trasportai a Roma). La « Pietra di Aisone « , una roccia di tinta grigio-chiara, di tessitura granoso-schistosa, con indizi non evidenti di stratificazione (se esaminata in campioni manuali) ha un aspetto macroscopica- mente così simile ad alcune varietà più granose e più uniformi del Gneiss (ad esempio: tipo del Malanaggio), che talor da lon- tano e lavorata potrebbe venir scambiata con esse. L’ illusione svanisce appena si esamina il materiale un po’ più da vicino e quando si scorge e si prova che i grani chiari sono in abbondanza di calcare o di carbonati non attaccati dall'acqua acidulata, e che le più oscure laminette, che con quelli si intrecciano, o tra quelli si insinuano e si adattano, constano per lo più di miche alle quali si aggiunge materiale carbonioso in minor proporzione, e così intimamente commisto al materiale micaceo, da parteciparne l’ap- parenza lamellare involgente. Come al materiale chiaro calcareo (che si presenta ora in grani aventi un certo equilibrio fra le tre dimensioni ed allora una mole maggiore — fino oltre i tre mil- limetri di diametro — e degli spigoli ed angoli assai vivi e spor- genti, oppure in grani più appiattiti ed allora in generale di mole minore ma sempre definibili come frammentuzzi di un altro ma- teriale preesistente) si può aggiungere e si aggiunge nella roccia una proporzione sentita di grani più duri e silicei anch’ essi rico- noscibili come frammentuzzi; così al complesso oscuro dei mine- rali lamellari si possono aggiungere o sostituire altri materiali sui quali non è qui il caso di arrestarsi. Ma le larghe faccie di pietra tagliata a scopi edilizi presentano non di rado chiazze, or più chiare or più oscure, di sostanza che in mezzo al campo granoso della roccia normale appaiono relativamente di materiale omogeneo. E queste chiazze non sono altro che la sezione di concentra- zioni lentiformi or dei minerali micacei più o men arricchiti con materiale carbonioso, fra essi uniformemente diffuso; ed or simili concentrazioni di materiale calcareo or bianco, or grigio-chiaro, or grigio-nero e fino al nero ; di materiale calcareo, non più ela- stico-granoso, ma compatto, minutamente cristallino (e talor anche 125 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. saccaroide), e ricco di più o meno uniformemente diffuso minerale micaceo. Cercando un rapporto fra queste intercalazioni lentiformi ed il materiale in cui esse sono comprese si scorge come mal- grado la lor piccola estensione e mole (fino ad una ventina di centimetri, nel senso della maggior estensione ; fino a 6 ed 8 cen- timetri nel senso della potenza) esse si manifestano più frequen- temente secondo determinati allineamenti che sono paralleli allo andamento ed allo adagiamento dei minuti elementi elastico-gra- nosi della pietra di Aisone e che permettono di distinguere in banchi minori la formazione apparente della pietra stessa su quella rocciosa parete verticale che la progredita lavorazione respinse sempre più verso Nord. Anzi, non solo, con un po’ di attenzione, è possibile stabilire e seguire sulla faccia vista delle linee o divisioni fra banchi aventi differenti caratteri fìsici occasionanti più o men facile at- taccabilità agli agenti atmosferici, ma eziandio di osservare una certa relazione di parallelismo fra di loro e colla roccia di altra natura, che comprende, e ad un certo punto intramezza, la potenza della formazione della pietra d’Aisone. Così si viene a stabilire che dessa è una formazione intercalare, paragonabile ad una lente poco estesa e molto rigonfia nel senso della potenza, frapposta ai calceschisti ; i quali, a lor volta, ne scindono la potenza di alcune diecine di metri in un numero limitato di frazioni o lenti meno potenti, ed altrettanto estese del complesso principale, con alcune più o meno riuscite e potenti intermediarie ricongiunzioni da lato a lato, attraverso alla pietra di Aisone. Ne risulta quindi: abba- stanza chiara 1’ origine e la formazione di calcare detritogenico accumulantesi in una ristretta area del mare in cui si deponevano i calceschisti; e la intercalare deposizione della pietra di Aisone nei calceschisti ; come la presenza di minori intercalazioni di lembi per estensione e potenza limitati di calceschisti nella pietra di Aisone ; come la presenza di piastrelle limitate, più riccamente costituite di materiale micaceo carbonioso, per entro a tratti di pietra dalla grana localmente costante. È chiaro, dati questi rapporti tra la pietra di Aisone ed i calceschisti che la comprendono, che, stabilita una volta coll’aiuto di fossili l’età relativa della pietra stessa, ne verrà contemporanea- mente definita l’età della roccia che la racchiude, e che per conse- 126 A. PORTIS guenza si comprenderà la mia ostinazione durata tanti anni a ricercar fossili in essa e il non essermi dato per vinto malgrado le molte delusioni toccate nei miei tentativi di ricerca. Quando finalmente ebbi rivolta la mia attenzione in parti- colare ai nuclei lentiformi di calcare oscuro, od apparentemente nero compresi più o men regolarmente dentro la pietra di Aisone, e ne ebbi estratta e raccolta una quantità che giudicai sufficiente, la scoperta di reliquie fossili in essi non si fece aspettare. Alle prime levigazioni di faccie un po’ estese cominciai a traveder delle traccie di fossili, e queste traccie andarono man mano acquistando di certezza e di precisione, quando passai dalle levigazioni alle sezioni sottili praticate in tre direzioni fra loro normali, ottenendo lamine fino a 40 centimetri quadrati di superficie. Potei allora convincermi che questi calcari neri dovevano es- sere originariamente delle vere lumachelle ottenute per 1’ accumu- lazione di scheletri o parti di scheletri calcari, sia di animali che di vegetali; ma che l’ intervenuto metamorfismo, molto accentuato, aveva molte volte sfumati i limiti tra il fossile ed il materiale circostante, cosicché la grandissima maggioranza degli organismi era stata resa confusa ed irriconoscibile, e solo alcuni erano ri- masti ancor tanto definiti e rispettati da permettere diversamente spinte e sicure determinazioni. Il risultato ottenuto colle leviga- zioni e colle sezioni mi invogliò ad allargarlo colle spaccature, denudazioni a scalpello e a bulino, ed estrazioni a colpo, od enu- cleazioni colio scalpello e coll’ arroventamene ; ma giunto ad un certo punto di consumo del materiale preventivamente riconosciuto fossilifero, mi sono arrestato senza aver avuto da nessuno di questi tentativi un risultato anche mediocremente soddisfacente. Aggiun- gerò qui soltanto, che i nuclei neri riscaldati in contatto dell’ aria e fuori del contatto della fiamma, impallidiscono rapidamente; e che si ottiene poi un materiale bianco-sporco, molto più facilmente scheggiabile, senza che particolari fossili fungano da cuneo a de- terminar delle enucleazioni e delle spaccature violenti, nemanco provocando il materiale riscaldato a qualche centinaio di gradi col contatto repentino di acqua fredda in goccie o spruzzi diver- samente abbondanti. Il materiale una volta impallidito conserva poi la tinta acquisita a caldo, anche quando non si è pervenuti al punto da trasformar in calce viva il calcare. Come impallidisce 127 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. il calcare nero compreso nella pietra di Aisone, così, esposta a temperature più elevate e più prolungate, impallidisce, ma in minor proporzione, la pietra stessa. Fra i fossili che ho riscontrati in questi nuclei neri, fra quelli che ho visti ed intravisti, son venuto ad enumerarne un numero limi- tato di sicuramente definibili, almeno per la classe, talor potendo discendere fino all’ordine, alla famiglia, e magari più in là. Così, come sopra accennai, potei ravvisare che vi erano non solo scheletri calcarei di animali, e questi preponderanti ; ma eziandio residui di particolari vegetali, ed ottenni da essi i primi indizi per la ubica- zione cronologica approssimativa del terreno che mi interessava. Concretando: i fossili scoperti si possono così distribuire: Vegetali Animali n 71 71 Alghe , Clorospore, Dasicladee Rizopodi, Foraminiferi ? Antozoi, Esacoralli, Astreidi Crinoidei, Articolati , Encrinidi ? Brachiopodi articolati , Terebratulidi o Rinconellidi Lamellibranchi Gasteropodi ? Cefalopodi , Tetrabranchiati, Ammonoidei: Tropitidi o Ciclolobidi. I vegetali fin qui accertati appartengono come sovra è accen- nato alle Dasicladee : sono pochi scheletri calcarei ottenuti per incrostazione attorno ai fusti ed agli apparati di nutrizione e di riproduzione di quel particolare gruppo di Cymopoliacee che il Benecke restrinse attorno alla Gyroporella vesiculifera di Gumbel Delle fortunate sezioni mi permisero di scorgere e 1’ apice del tubo calcareo, e porzioni della sua superficie interna, e porzioni della esterna, nonché tratti assai lunghi di sezione della cosidetta parete. Potei così discernere come essa sia ornata sovratutto alla faccia esterna, da una serie di piccoli campi esagoni con un angolo sporgente verso 1’ estremità apicale del tubo ed uno diametral- mente opposto, quindi quattro lati supero od infero laterali, e due lati rettilinei verticali; osservai pure casi in cui nel mezzo del campo così circoscritto si scorge accennata una traccia di una impressione o di una sporgenza umbilicoide. Il fossile così ornato viene quindi ad assomigliarsi a quello che raffigura il Benecke, 128 A. PORTIS tav. 23, fig. 6, come proveniente da Inzino presso Gardone, nel suo lavoro: Ueber die Umgebungen von Esino ('). Nella stessa grande sezione sottile che mi procurò 1’ esame del miglior esemplare di Gyroporella vesiculifera , scorsi in un angolo un altro fossile nel quale si nota una disposizione analoga di piccoli campi, strettamente accostati l'un 1’ altro, a decorazione di una parete comune. La parete ditaliforme, rotta in posto in tre tronchi, appar più sottile che pel caso precedente, appaiono pure minori i campi e non tutti rigorosamente esagonali e con un angolo sporgente verso 1’ estremità vegetativa e 1’ opposto alla re- gione radicale. Mancano pure, o non potei osservare, nel mezzo dei campi le traccio di cicatrici rilevate o impresse. In complesso ri- masi nel dubbio se si tratti di una estremità apicale di Gyro- porella simile alla prima, o di un frusto molto corroso di una colonia di Briozoi. Questi adunque non sono finora accertati. I Foraminiferi devono aver largamente contribuito alla accu- mulazione del calcare preso in esame. Le sezioni fatte ed esami- nate mi hanno dimostrato come esso contenga abbondantissimamente di quelle concrezioni, che, a seconda della loro mole, degli aspetti loro diversi dipendenti da metamorfosi, pseudomorfosi e degradazioni atmosferiche, presero i nomi di Mumie, Evinospongie , I ncistazioni , Entooliti , Ooliti, Pseudooliti, Rogensteine, ecc. ecc. ; e che si riducono, per 1’ origine loro, alla deposizione di calcare avvenuta più abbondantemente attorno ad un grano di materiale organiz- zato, sia rappresentante una individualità organica, che una por- zione diversamente importante di individualità. In alcune di que- ste concrezioni riuscii a travedere indizi di conchigliette conca- merate di Foraminiferi , sempre molto confuse ai loro margini colla piccola massa inchiudente. In questi casi scorgesi sempre 1’ effetto di un posteriore scambio di materiali fra il nucleo rin- chiuso e la massa inchiudente, scambio che nella maggior parte dei casi dà luogo ad una totale perdita dei caratteri del nucleo stesso e quindi ad una apparente mancanza di esso, o ad uno sfumar così completo dell’ una parte nell' altra da renderne im- possibile la distinzione. Quindi, se da un lato non è possibile il (') Geognost. Palaeontol. Beitràge herausgeg. v. E. W. Benecke, 2. Bd., 3. Heft., Muenchen, 8°, 1876, pag. 308-310. Vedi anche 1’ opera del Salomon indicata più avanti, specialmente a pag. 120-139 e tav. 1, fig. 1-56. 129 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. denominar nemanco genericamente ed approssimativamente le se- zioni di Foraminiferi osservate, dall’ altro è razionale lo ammet- tere che, delle molto più numerose sezioni osservate di forme oo- litoidi, apparentemente senza nucleo di attrazione, una grande quantità si presenti tale per avvenuta alterazione di una conchi- glia di foraminifero (o di frammento di scheletro di altro organismo) dapprima esistita e poscia smarrita nella massa che la rinchiuse. Ho osservato a ripetute riprese, sia delle celle isolate, sia dei piccoli cespiti di Corollario incontrate dalle sezioni, sia normal- mente all’ asse del calice, sia obliquamente, sia parallelamente ad esso. Potei scorgere come almeno due tipi, fra loro assai vicini, di Corallarii siano rappresentati : quelli che molto si avvicinano al ge- nere Coccophillum del Reuss (') e più particolarmente alla specie C. acanthophorum Frech (2) e sono i più frequenti ; quelli che si avvicinano al nuovo genere Pinacophyllum Frech (3) e sono raris- simi, per lo più celle isolate di giovanissimi rappresentanti. Il fatto dell' esame per mezzo di sezioni che, o non toccano, o non toccano con sicurezza la sommità del calice, e 1’ altro della estrema ela- borazione chimica sopportata, sì dal fossile, che dal materiale che lo comprende, togliendomi la possibilità di scorgere i dettagli es- senziali alla classificazione di questi fossili, mi impediscono di andare più avanti nella approssimazione loro a specie o generi definiti di Corallarii. I Brachiopodi anch’ essi non furono scarsi collaboratori al- 1’ accumulazione del materiale calcareo. Alcuni frammenti di valve (x) Beuss A. E., Ueber einige Anthozoen der Kossener Schichten und der Alpinen Trias. Sitzber. d. k. Akad. d. Wissensch., Mathem.-Naturwiss. Cl., Bd. 50, Wien, 8°, 1865, Seiten 153-168, Taf. 1-IV (a pag. 165-7, tav. 1, fig. 1). (2) Frech F., Die Korallenfauna der Trias, Korallen der Juvavischen Triasprovinz. Palaeontographica, 37te Bd., Stuttgart, 4°, 1890-91, Seiten 1-116, Taf. 1-21 (a pag. 88-89, tav. 20, fig. 1-11 [fig. 4-11]). (3) Frech F., Die Korallenfauna der Trias, 1891, pag. 84-88, tav. 21, fig. 1, 5-7; e Frech F. und Wolz W., Korallenfauna der Trias. Il, Korallen der Schichten von St. Cassian in Sud Tirol. Palaeontographica, 43te Bd., 1896-97, S. 1-123, Taf. 1-11 (a pag. 81-88, tav. 10, fig. 1-14-28 e pag. 95-96, tav. 11, fig. 32-36). Vedi inoltre Laube G. C., Die Fauna der Schichten von St. Cassian, 1. Abth. ; in Denkschriften der Kaiserl. Akad. d. Wissensch. Math.-Naturwiss. Cl., Bd. 24, 1885, in 4°, Seiten 223-296, Taf. I-VIII, Wien 1865 (a pag. 254-262, tav. 4-5 [tav. 5, fig. 6-7]). 130 A. PORTIS lasciarci con maggiore o minore incertezza interpretare come ap- partenenti a Brachiopodi e particolarmente a Terebratulidi presi in lato senso; e la interpretazione acquista un certo grado di attendibilità dal fatto che una sezione ha incontrato quasi pa- rallelamente al piano di simmetria una conchiglia quasi intiera, di cui è meglio riconoscibile la grande valva: e questa presenta ancor mantenuti in parte i dettagli di tessitura intima abbastanza da poterli riconoscere al microscopio. Questa conchiglia misura, nella regione interessata dalla sezione, dalla direzione cardinale alla regione frontale, almeno otto millimetri di distanza. La con- tinuità della conchiglia, la non apparente complicatezza del sistema brachiale, autorizzano a considerarla, o come una Rinconellide quasi liscia ed appiattita, o come una Terebratulide. Sempre per mezzo di sezioni, osservansi non di rado fram- menti, or conchiformi, or più or meno involuti, di conchiglie per lo più di piccole dimensioni, attribuibili secondo i casi a Lamel- libranchi ed a Gasteropodi. Solo i dettagli della forma autoriz- zano tali collocazioni ; chè i dettagli di tessitura intima non giovano a nulla, causa la già lamentata estrema spatizzazione sopravvenuta. Un fortunato colpo di martello mi pose un giorno in pre- senza di una piccola conchiglia globosa di un Cefalopodo , ed ac- canto a questo, nello stesso campione di calcare, di un setto fra due camere d’ aria di un’ altra conchiglia visto in parte di fronte. Ho provato ad enucleare il piccolo Cefalopodo che avevo scoperto; e non sono riuscito ad ottenere gran che oltre la forma esterna. È una conchiglia molto rigonfia e bassa il cui diametro mag- giore, giacente nel piano di simmetria bilaterale, di poco supera un centimetro; senza ornamentazione apparente, e con giri ab- braccianti quasi fino all’ ombellico ; cosichè non si riesce a veder più del giro ultimo stesso. Dello andamento della linea di inser- zione dei setti alla parete non è possibile dir nulla assoluta- mente ; quindi quando avrò paragonato per 1’ aspetto esterno il mio fossile alla Lobites pisum Mnstr. od a qualche Mega'phyl- lites avrò avanzato persia troppo nella determinazione del fossile. Per sezione, si incontrano qua e colà altri residui che dovrebbero interpretarsi quali porzioni di conchiglia (regione delle camere di aria) di Ammonitidi a scheletro più disciforme ed allargato; ma anche qui non è possibile avanzar oltre. 131 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. E quanto sopra è tutto quello che mi è dato poter ricono- scere sufficientemente nel calcare nero della pietra di Aisone. È poca cosa certamente, ma una volta messa in evidenza la possi- bilità di ricavarne fossili, raccogliendo ed impiegando più adat- tamente una molto maggior quantità di materiale, sarà possibile a me o ad altri il fare una cernita ed una raccolta tale di fos- sili da poter confermare le deduzioni che, anche da questa così meschina prima constatazione e collezione, è possibile trarre. E le deduzioni sono assai categoriche. Colla riconosciuta pre- senza di Cimopoliacee riferibili al gruppo della Gyroporella ve- siculifera noi abbiamo un argomento, genericamente suffragato o per lo meno non contradetto da tutti gli altri fossili insieme rinvenuti, per riferire il terreno che le contiene ad uno dei piani superiori del Trias alpino e più precisamente al piano della « Do- lomia principale » : quindi sopra agli « strati di Raibl » e nella formazione Retico-inferiore ; quindi allo stesso livello in cui ho già collocato (J) il terreno che al Sambuco, più su nella stessa Valle Stura, contiene fossili della stessa sezione della Gyroporella vesiculifera Gumb. Con questa mia conclusione vengo io a contraddire e modi- ficare profondamente una determinazione che nel 1883 espressi graficamente sopra una carta geologica sommaria di vasta area di Alpi Marittime eseguita d’ incarico del R. Comitato Geologico e che si conserva appunto nella biblioteca di quello Istituto, carta alla quale incompletamente serve di illustrazione una mia nota inserta nel Bollettino del Comitato, voi. 19, 1878, pag. 42-56, sotto il titolo: Sui terreni attraversati dal confine Franco-Ita- liano nelle Alpi marittime. Nei giorni presenti, e la carta e la nota non risponderanno certamente alle conoscenze geologiche che, in seguito a più recenti ricerche, si hanno dell’ area in questione. Nell’ anno corrente e 1’ una e T altra risulteranno, a chi le voglia consultare, piene di inesattezze e di errori che in parte si possono giustificare in quanto che gli scritti ed i colori rimasero, mentre i rilevamenti progre- dirono; ma che non tutti si possono giustificare solo con questo argomento, discendendo essi direttamente da ben più gravi difetti P) Nuove località fossilifere in Val di Susa. Boll. d. R. Com. Geol. Ital., voi. 20, 1889, pag. 141-183 (a pag. 183). 132 A. PORTtS di origine. E questi spiegheremo tanto più volentieri, in quanto che, mal noti ad italiani e stranieri, diedero luogo ad apprezza- menti tanto più erronei essi pure (’). Nel 1883 il Comitato Geologico, volendo pubblicare, miglio- rata da quella del 1881, una seconda edizione della Carta Geo- logica d' Italia in piccola scala (ad un milionesimo, quella pub- blicatasi poi nel 1889) taceva procedere ad una revisione sommaria di alcuni tratti del territorio del Regno che, nella compilazione della carta del 1881, erano stati riconosciuti insufficientemente noti. Io ebbi l' incarico di fare una cartina del tratto di Alpi compreso fra il fiume Po e la Stura di Cuneo. Ebbi per ciò quattro mesi di tempo, dalla metà di giugno alla metà di ottobre. In questi quattro mesi, che per le condizioni climateriche dell’ anno e della regione, si ridussero a meno di cento giorni, ho perlu- strata, con una serie continua e combinata di escursioni longitu- dinali e trasversali, un’ area montuosa in cui i dislivelli a supe- rarsi salgono talora bruscamente fino ai due chilometri. Alla fine del tempo prefissomi, presentai uno schizzo sopra tavolette al 50000, sulle quali erano circoscritti terreni anteriori al Miocene, distinti con 19 tinte o segni corrispondenti diversi, sopra un’ area mon- tuosa di 2000 (dico duemila) chilometri quadrati (2) ; schizzo che, come dissi più su, trovasi ora depositato al Comitato geologico. È naturale che io, dovendo allora rilevare in ristretto tempo una vasta e difficile area, buona parte della quale calcavo allora per la prima volta, non avessi grande agio a far delle teorie nuove e mie sulla tettonica reciproca fra i diversi terreni che riconoscevo e dovevo delimitare così di furia; ma che invece cercassi di ap- poggiarmi e di coordinarmi per quanto era possibile, e come ne avevo l’ istruzione, a teorie e lavori già noti e accreditati in pro- (b Parve al presidente della Società che le pagine 131 a 138 contenes- sero allusioni ed accuse all’ Ufficio geologico; ond’ egli si rivolse all’autore, chiedendogli schiarimenti e invitandolo a modificare dette pagine. L’autore gli rispose dichiarando ch’egli non aveva avuto alcuna intenzione di attaccare, bensì di difendersi da accuse che gli erano state mosse, e che per conseguenza non poteva accondiscendere alla preghiera, aggiungendo che egli assumeva tutta la responsabilità del suo scritto, esonerandone per intero il presidente. Fr. Bassani. (2) Che vennero a costare all’ ufficio mandante, poco più di una lira a chilometro quadrato. 133 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. posito. I più, a ragione, accreditati, ed i più recenti, erano appunto quelli del Gastaldi, le cui ultime parole trovavo espresse ad esempio nelle sue Note e Memorie : 1° Sui rilevamenti geologici in grande scala fatti nelle Alpi piemontesi nel 1875. Lettere a Sella , inserita nel voi. Ili, serie 2a degli Atti d. R. Acc. d. Lincei, 1876. 2° Su alcuni fossili paleozoici delle Alpi marittime e dell’ Appennino ligure , studiati da G. Michelotti , Memoria inse- rita nella serie 3a, voi. I delle Mem. d. Cl. di Se. Fis., Mat. e Nat. d. R. Acc. d. Lincei, 1877. 3° Sui rilevamenti geologici fatti nelle Alpi piemontesi durante la campagna del 1877. Let- tera a Sella , inserita nella serie 3a, voi. II, delle Mem. d. Cl. di Se. Fis., Mat. e Nat. d. R. Acc. d. Lincei, 1878. Sono la- vori questi che ben possono oggi esser ritenuti invecchiati, ma che, malgrado tutto, non si possono ancor considerar nemanco oggi sostituiti o totalmente abrogati, poiché anche nei rilevamenti detta- gliati in grande scala oggi in corso per cura dell’ Ufficio geologico, seguitano essi ad esser tenuti in considerazione e ad esercitar giustamente una grande influenza direttrice. Ciò si rileva, ad esempio, tra le altre recenti relazioni dei rilevatori incaricati, in quella dei signori S. Franchi e G. Di Stefano: Sulla età di al- cuni calcari e calceschisti fossiliferi delle Valli Grana e Maira nelle Alpi Cozie, inserita nelle pag. 171-180 del Boll. d. R. Comit. Geol. Ital., voi. 27, 1896, tra le altre a pag. 176-177. È naturale adunque che io cercassi allora di acconciarmi, per quanto potevo, e per quanto non trovavo in opposizione flagrante con ciò che direttamente rilevavo, alle idee del Gastaldi, e che ritenessi mio dovere, occasione presentandosene, di migliorar lo stato delle questioni rimaste in sospeso colla morte del Gastaldi, con un maggior dettaglio nella distinzione delle grandi zone e masse di terreni sommariamente delimitate od accennate da lui. Così, man- cando allora di fossili, ma tuttavia riconoscendo, pei caratteri lito- logici e tettonici, delle differenze profonde fra zona e zona, cercai di concretare una successione cronologica dei terreni successiva- mente attraversabili nel risalir le valli dalla Pianura Piemontese al confine francese. Ed in mancanza di meglio, distinsi, da un massiccio gneissico antichissimo, una stretta zona che chiamai delle quarziti antiche ; poi un’ altra, ben più estesa, di calcari e schisti, che ascrissi, sempre in mancanza di meglio, al Siluro- 134 A. PORTIS devoniano indistinti ; e attorno a questa distinsi altra vistosa zona di calcescisti e argilloschisti che attribuii al Carbonifero e nella quale eran compresi appunto alcuni depositi antracitiferi e che era limitata allo esterno grossolanamente dalla così detta zona delle 'pietre verdi , il cui posto in sistema veniva così grossolanamente fissato fra questo supposto Carbonifero e le roccie prevalente- mente quarzitifere che attribuivo al Permiano , e che avevo deli- mitate ancor più allo esterno cioè ad Ovest. I rilevamenti in grande scala attualmente in corso per opera degli ingegneri deir Ufficio geologico possono, è vero, aver migliorato di molto le mie delimi- tazioni e le mie assegnazioni, in quanto che da calcari stratificati, che io avevo riscontrato nelle aree gneissiche, possono aver rica- vato dei fossili ('). E possono, avendo riscontrato eziandio dei fos- sili nelle aree che io avevo per forza dovuto ritener allora paleozoiche, aver dimostrato che una parte grandissima di esse va invece at- tribuita al mesozoico; ciò facendo, dimostrano appunto qual passo indietro si sia volontariamente dal 1883 al 1889 fatto nel compi- lare la Carta geologica dell’ Italia, ad un milionesimo, per rispetto a queste vallate ed in confronto del mio (malgrado che forzatamente così precipitato) rilevamento ; qual passo indietro si sia fatto nel ridare allo Gneiss ed agli Schisti cristallini tanto territorio che io avevo già riconosciuto potenzialmente fossilifero e molto meno antico di quel che mostri quella carta: qual passo indietro si sia fatto nel far emergere dagli Schisti cristallini , &d\Y Arcaico tutto il com- plesso delle così dette pietre verdi che ora bisogna, una volta di più, levare di lì: dimostrano quanto lungamente rimarrà fissato quel passo indietro, se desso è stato mantenuto e graficamente espresso negli elementi forniti dallo Ufficio Geològico Italiano alla Commis- sione berlinese-internazionale per la carta geologica ad 1/1,500,000. Dicevo dunque come le idee del Gastaldi abbiano avuta molta influenza in me al momento in cui traducevo in tinte convenzio- nali i risultati delle mie peregrinazioni del 1883: e, siccome non ebbi poi occasione di far nuove ricerche un po’ estese sull’ area in questione, così la stessa influenza si fece sentire e si rese ancor più evidente ed esplicita nel testo che pubblicai nel 1888: (9 Ed aver così dato indizio che questi calcari invece che originaria- mente potevano essere stati posteriormente implicati nelle aree gneissiche stesse. 135 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. Sui terreni attraversati dal confine franco-italiano ecc., per spiegare come avvenisse che il rilevato dal Goret non potesse at- taccarsi al mio rilevato o reciprocamente il mio rilevato non po- tesse attaccarsi in continuità col rilevato del Goret. Ora, senza dar torto al Goret, e, naturalmente, senza dar torto a me, poiché non era il caso di dar torto ad alcuno; senza stu- pirmi in alcun modo di un fatto di cui conoscevo perfettamente le cause, io lo spiegavo con una ragione che era un consiglio, dicendo : « fino a nuove ricerche per parte francese o fatte di comune accordo sullo stesso terreno da geologi delle due nazioni, vedremo i terreni regolarmente svolti su di un territorio, arrestarsi e scom- parire bruscamente di contro ad altri terreni di ben diversa età che regolarmente affiorerebbero nel territorio finitimo; nè Italiani, nè Francesi potranno farsi un esatto e sicuro concetto del come si colleghino i terreni più recenti ai terreni antichi che costitui- scono una parte considerevole delle Alpi Occidentali ». La mia ragione od il mio consiglio era opportuno, era pra- tico. Sia esso stato conosciuto od ignorato, certo è che da allora, e magari anche prima, fu seguito; si ebbe uno scambio di rap- porti fra i rilevatori di terreni finitimi da parte francese e da parte italiana ; i nostri rilevatori discesero in Francia coi francesi ed i francesi oltrepassarono la linea di confine e discesero nelle vallate italiane coi nostri, e si occuparono alquanto più di prima della nostra bibliografia scientifica; non scendo a dettagli mag- giori, ma chiunque abbia a mano la serie del Bollettino del nostro Comitato geologico e quella del Bulletin des Services de la Carte géologique de la France trova agevolmente la conferma e le prove di quanto asserisco. Ora mentre, in 14 anni, più di un rilevatore dell’ Ufficio Geologico ebbe agio a spendere per ciascuna vallata, da me som- mariamente ispezionata nel 1883, molto più del tempo che io impiegai una sol volta éd in una volta a ispezionare geologica- mente oltre a 2000 chilometri quadrati; ed ebbe agio a ricono- scere terreni, fissare limiti precisi, rinvenire così dei fossili ed a correggere e migliorare e magari mutare profondamente in parec- chie parti 1’ opera mia : se io salutai con gioia man mano che venivano a mia conoscenza tutti i singoli rinvenimenti di fossili concludenti in quell’ area e tutte le correzioni alla mia ispezione, 136 A. PORTIS e se esplicitamente o intimamente ne felicitai gli autori, se io fui costante ad applicare il precetto del Gastaldi ('); tanto rispetto alle circostanze passate e speciali a mio riguardo non si ebbe sempre verso di me. Yi ebbe un giovane autore francese il quale, appunto perchè giovane, e per conseguenza poco pratico della lingua italiana e della bibliografia geologica italiana, e non adegua- tamente informatone dai rilevatori italiani coi quali ebbe scambio d’ idee, scrivendo nel 1896 il suo Étude géologique du Nord des Alpes maritimes (2) si incontrò improvvisamente nel mio scritto del 1888 Sui terreni attraversati dal confine franco-italiano e non ebbe tempo a leggerlo. Dico espressamente che non lo lesse, poi- ché, volendone parlare non riuscì prima a comprendere che io, nel 1888, scrivevo comparando a risultati recenti del Goret risultati miei incompleti, e che non avevo potuto completare dal 1883: non seppe vedervi l’ influenza e la confessione esplicita delle teorie e lavori di un certo autore chiamato Gastaldi B. che studiò nelle Alpi marittime e ne scrisse ripetutamente, che è mancato soltanto nel 1878 ed è già così dimenticato, che non figura nella lista dei lavori geologici utilizzati o consultati dal Leon Bertrand; e per ultimo non seppe trovare la ragione, che io mettevo in molta evidenza nell’ ultimo alinea del mio scritto, della constatata in- congruenza fra due rilevamenti finitimi ; e scoperse invece un mio stupore che io non avevo assolutamente motivo di sentire e mani- festare e che per conseguenza non avevo nel mio scritto manifestato nè menomamente accennato. Così che, se volessi ora giuocare sulle parole, potrei parodiare un verso di Dante e dire ora che mi stu- pisco che egli stupì che io mi stupissi di un fatto che non mi doveva affatto stupire dal momento che mi era affatto noto e spiegato. In quanto poi agli italiani i quali attesero 13 anni questo, così di- (’) u Accade bene spesso ai geologi di dover correggere quello che già dissero, di dover mutare opinione, e dà prova di costanza nella ricerca del vero colui che è sempre pronto a confessare gli errori nei quali cadde. Ài geologi più che ad altri è applicabile il motto: Costanza è sovente il can- giar pensiero ». Gastaldi B., Spaccato geologico lungo le valli superiori del Po e della Varaita. Lettera alt' ing. Pietro Zezi. Boll. d. R. Comitato Geol. Ital., voi. 7°, 1886, pag. 104-111, tav. 1 (a pag. 110). (2) Leon Bertrand, Étude géol. etc. Bull. d. Serv. de la carte géol. de la France et des topogr. souterr., tome 9, 1897-98, n. 56. DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 137 mostrato apode, rilievo del Leon Bertrand al mio scritto per fargli eco e mostrar di condannare perciò lo scritto stesso risalendone ad un giudizio altrettanto apode sull’ opera mia, essi dimostrarono appunto con questo fatto che lo scritto non era, malgrado inserito in un periodico italiano, anteriormente a loro conoscenza e che noi venne di poi, e che i giudizi loro su lavori italiani non li fanno (forse per economia di tempo) da sè, ma che li ricevono belli e con- fezionati dall’estero senza badare alla marca di fabbrica. E rischiano così talora di venir burlati e di riconoscere la superiorità di chi si occupa, ed è molto suo maggior merito, almeno superficialmente di ima parte di quella letteratura italiana, che essi trascurano od ignorano completamente. Ad essi posso consigliare di andare a leggere, questa volta in francese, a pag. 96 dello stesso lavoro dianzi citato di Leon Bertrand, e meditare, sulla leale confessione che egli fa, aver egli cioè ieri soltanto indirettamente appreso da me ciò che io avevo già messo in carta da circa un ventennio: come si riconoscano cioè e si raccolgano sul terreno dei fossili molto alterati e scar- seggianti, ma concludentissimi, per la definizione di terreni affio- ranti nelle Alpi marittime. Ma torniamo all’ argomento principale delle mie ricerche. È risultato da esse che una località che io prima ritenni aversi a considerare come carbonifera sia invece d’ ora innanzi a conside- rarsi come triassico superiore e contenente fossili del piano della Dolomia principale o del Calcare inferiore di Daclistein nelle Alpi orientali. Allo stesso piano ho riferito prima d'ora il calcare contenente gli stessi fossili che si incontra al Rivo Bianco di Sambuco, abbastanza presso alle origini di quel rio. Aggiungerò ora: come sia possibile arguire, in base a fossili concludenti, alla presenza, più in su nell’ alta valle della Stura di Cuneo, di membri e piani ben più profondi del Trias; a piani i quali non si pre- sentano più tanto con facies conosciute di Trias alpino, ma in- vece con relazioni molto maggiori verso il Trias mediano o Mu- schelkalk germanico. Così: uno studio che terminai solo nel 1892 sopra un calcare particolarmente oolitico reperibile in giacimento stratificato di poco considerevole potenza ed estensione, a coronar il Calcare a entrochi di Encrinas liliiformis delle Balze di Ar- genterà, studio microscopico condotto in relazione a studi del Bor- 138 A. PORTIS nemann (*) e del Frantzen (2) sopra particolari (e simili ai miei) calcari del Muschelkalk inferiore della Turingia; in relazione ad osservazioni fatte dall’ Haug (3) su calcari triasici dei versanti fran- cesi ed in relazione a ricerche fatte dal Bachelard (4), dal Ter- quem e Jourdy e dal Berthelin, sopra più giovani simili calcari e di simile origine ; mi portò a conchiudere alla probabile rappresen- tazione sul suolo nostro (e rappresentato precisamente da quel cal- care che avevo in studio da Rio Rivet presso Argenterà) di un piano analogo al Wellenkalk medio degli autori tedeschi; quello che nelle Alpi orientali è compreso o parallelizzato in parte del Calcare di Virgloria, o del Calcare a Brachiopodi ; quello che nelle Alpi occidentali è già in parte manifestato dal calcare tria- sico fossilifero del Gad presso Oulx e che, con ricerche microsco- piche di qualche anno indietro, credo poter affermare esistente in relazione con altri calcari triasici della Valle Stretta presso Me- lezet (5). Ma, come ho motivo di distinguere membri e piani (o loro frazioni) di Trias inferiore nelle Alpi occidentali, ho eziandio mo- (') Bornemann J. G., Beitràge zur Kenntnis der MuschelkaUcs insbe- sondere der Schichtenfolge und der Gestein des Unteren Muschelkalks in Thuringen. Jahrb. d. Konigl. Preuss. Geolog. Landesanstalt und Bergakademie zu Berlin, fiir das Jahrg. 1885, Berlin, 8°, 1886, Seit. 267-321, Taf. VII-XIV. (2) Frantzen W., Untersuchungen ueber die Gliederung des unteren Muschelkalks in einen Theile von Thuringen und Hessen ; und ueber die Natur der Oolithkòrner in dieserà Gebirgsschichten. Jahrb. d. E. preuss. Geol. Landesanst. etc. f. das Jahrg. 1887. Berlin 1888, S. 1-93, Taf. 1-14. (3) Haug E., Les chaines subalpines entre Gap et Digne (Bull. d. Serv. de la Carte géol. de la France et des Topographies souterraines, tome IH, 1891-92; n. 21, juillet 1891) a pag. 21. (4) Bachelard M. J , Recherches de Paleontologie microscopique. — In- fralias. — 1° Zone à Avi cui a contorta; — e: 2° Zone à Ammonites planorbis.'Extr. de 10 pagg. et 1 pi. du Bull. d. la Soc. Scientif. et litté- raire des basses Alpes, 8° Digne, 1891. (5) Un recente fascicolo dei Comptes Rendus des séances de la Société Géologique de France (N. 13, 28 giugno 1897) a pag. 113 mi fornisce la prova dell’ importanza che si va sempre più accordando in Francia a simili studi. Vedi perciò la notizia preliminare indicata e la comunicazione: Exa- men microscopique de Calcaires alpins par MM. W. Kilian et M. Hove- lacque. Bull. d. la Soc. Géol. de France, 3e s., voi. 25, 1897, pag. 638-640, Paris 8°, 1898. DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 139 tivo di separare o cercar di riconoscere nelle stesse Alpi dei ma- teriali che appartengano al Trias superiore ed a suoi piani, o loro sezioni, ancor più elevati di quel che non siano quelli che, secondo me, abbracciano la Pietra di Aisone od il Calcare a Giroporelle del Rio Bianco di Sambuco. Uno di questi è appunto contemplato nella seguente sezione di questa mia comunicazione. IL La pietra di Cabaneira - Colle di Tenda. A parecchie riprese (nel lungo periodo, in cui la strada car- rozzabile nazionale Cuneo-Nizza e Yentimiglia, pervenuta al piede di quel grande diaframma roccioso che si chiama il Colle di Tenda, era obbligata a superarlo quasi sino al sommo per mezzo di un numero considerevole di tornanti che si moltiplicavano poi ancora per la discesa al di là del diaframma fino a metter la strada quasi al paro di livello col letto del Roja) i tornanti stessi e sovratutto quelli verso Nord vennero inghiaiati con un materiale bianco grigio, calcareo (molto fessurato e quindi molto facilmente riducibile in pietrisco), mediocremente ricco in Entrochi di Crinoidi indeterminati. Esso si incontra sopra la strada stessa ad un certo livello al di sopra dello imbocco Nord della posteriormente fo- rata grande galleria carrozzabile, là dove uno dei tornanti pre- detti, un po’ più lungo che gli altri, viene incontro (circa a 1565 metri sul mare) al locale sbocco del vallone di Cabaneira, vallone che precisamente in questo punto muta bruscamente la sua dire- zione da Est ad Ovest in quella da Sud a Nord. La parete meridionale del vallone è costituita da questo cal- care ; mentre il fianco meno erto verso Nord può essere : nella regione alta, costituito da Anageniti e Besimauditi triasiche e permiane, e nella regione bassa, in coincidenza collo svolto accennato, costitirita da schisti nummulitici che non reggono più il rio : Così esso, per mancanza di appoggio sulla sua destra, piega a destra, appunto con un angolo quasi retto ; e trascorrendo sulle testate degli schisti, as- sume l’orientamento generale da Sud a Nord della valle della Ver- menagna ed il nome di Rio Panice. La cortina di roccia calcarea, che da questo punto si eleva a sorreggere l’attuale Forte di Colle Alto, non ha uno sviluppo considerevole da Sud a Nord. Salendo i tornanti della strada, ora abbandonata dall’ordinario traffico, e discendendo 10 140 A. PORTIS dal versante opposto, riesce agevole lo scorgere sul versante setten- trionale, nello intaglio occidentale, e sul versante meridionale, tor- nanti i più elevati, il limite tra il calcare e gli schisti nummu- litici, ed a vedere come il calcare ci si presenti come una apofisi sporgente da oriente verso occidente e, nella sua estremità, da tre direzioni limitata dagli schisti nummulitici (*) (talor comprendenti tozze nummulitidee, grosse come una piccola noce, talor minori e più numerose). Il calcare è visibilmente stratificato; gli strati ne son molto raddrizzati, con pendenza marcata verso Nord-Nord-Est. Gli schisti nummulitici, che da tre parti limitano 1’ estensione della sua apofisi verso occidente, sono pure decisamente stratificati ed i loro banchi raddrizzati, ma alquanto di meno quelli che lo limitano a Nord, alquanto di più quei che lo limitano a Sud, e gli uni e gli altri con pendenza di regola verso Nord-Nord-Est precisamente come il calcare. E siccome quest’ ultimo venne in- contrato per lungo tratto nella perforazione della galleria elevata o carrozzabile del Colle di Tenda, così questo semplice cenno sulla reciproca relazione fra i due terreni ci basti per comprendere come sia soggetta a stillicidi abbastanza abbondanti la galleria superiore per il suo tratto tagliato negli schisti nummulitiferi set- tentrionali o superiori, e molto più asciutta essa sia nel suo molto più lungo sviluppo attraverso i calcari bigio chiari ad Entrochi e negli schisti nummulitiferi meridionali od inferiori. Parecchi anni or sono, in occasione di una peregrinazione alla galleria superiore ultimata e non ancora aperta al traffico, esaminai questa particolar condizione di relazione fra due terreni di età così disparata: in una gita pedestre lungo la strada allora in esercizio raccolsi numerose Nummuliti; assegnai abusivamente, cioè senza poter provare la mia assegnazione con irrefutabili prove paleontologiche, un’ età per lo meno triasica al calcare, e ritenni che la relazione attuale particolare e, sopra, grossolanamente schiz- zata, tra schisti e calcare, originasse da una piega inclinata a Sud, piega che aveva compreso i calcari triasici sottogiacenti fra mezzo agli schisti nummulitici originariamente sovragiacenti ; piega che dopo di aver tutto condotto alla posizione in cui noi vediamo i (') I quali schisti nummulitici si mostrano anche verso il margine me- ridionale del calcare in piccole chiazze od isolette intorniate dal calcare stesso. 141 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. materiali, spuntata apicalmente dalla erosione, avesse lasciato tra- sparire di sotto l’eocene il nucleo calcare : e non mi occupai più oltre e per parecchi anni di quella località cui le sopravvenute mie occupazioni in Eoma mi davano poco agio a pensare. Ma intrapresasi in seguito la costruzione della Ferrovia Cuneo- Yentimiglia, spintasi sino a Limone e di qui iniziatasi la costru- zione di una molto più lunga galleria (*) ferroviaria attraverso il Colle di Tenda, si ebbero ben presto notizie di gravi difficoltà incontrate per lo stato dei terreni da attraversarsi e per irruzioni di acqua nelle già praticate aperture. Ed allora mi nacque il desiderio di rivedere, in curioso, la località e farmi un’ idea dei probabili motivi delle difficoltà e delle inondazioni lamentate. Rifeci pedestremente il cammino da Limone a Yievola, passando per 1’ antica alta strada a tornanti moltiplicati, mi inoltrai nella galleria in costruzione tanto dallo imbocco Nord, quanto dallo imbocco Sud, fino alle rispettive ultime avanzate ; ed oltre alle informazioni assunte de visu, altre informazioni ottenni sulle condizioni incontrate e sulle difficoltà superate, per la squi- sita gentilezza dimostratami dai signori fratelli Yaccari assuntori della difficile intrapresa, e dal loro collegio tecnico ing. Pechini e colleghi, nonché dagli Ingegneri del Genio Civile ing. C. Baldini e R. Girard e personale assistente. Tanta fu la gentilezza dimo- stratami da quei signori, con tanta benevolenza fui aiutato nelle mie peregrinazioni al di fuori, ed accompagnato nelle mie visite nello interno, e vi trovai tanto interesse, che alla prima visita al tunnel ne feci succedere l’anno dopo una seconda, e poi alla distanza di un anno una terza, e negli intervalli fra una visita e 1’ altra cercai sempre di seguire, benché materialmente lontano, l’andamento dei lavori e lo stato di maggiori o minori difficoltà incontrate e, grazie allo zelo ed alla intelligenza ed accordo di tutti i dirigenti, felicemente superate. Il mio scopo principale in queste visite era di procurare al Museo di Roma dei fossili degli strati attraversati, caso mai essi (') Per ordine di data è questo il terzo tentativo di perforazione di quel colle ; poiché poco sopra l’ attuale tunnel carrozzabile scorgesi ancora nel calcare del versante Nord l’ imbocco, non considerevolmente protratto nelle vi- scere del monte, di una galleria più anticamente incominciata e, per qualsivo- glia motivo, lasciata in sospeso e poi abbandonata. 142 A. PORTIS strati fossero così cortesi da fornirmene. Ma se il mio desiderio fu largamente soddisfatto dagli strati nummulitiferi, i quali d’ altra parte me ne fornivano con altrettanta buona grazia dalle lor testate al di fuori; non così facile andava la bisogna quando si penetrò oltre la progressiva 2469 dallo imbocco Nord, entro calcari simili a quelli che io aveva notato, in alto, dal Vallone Cabanaira al Forte Colle Alto. Per centinaia di metri il tunnel è in essi forato e, malgrado che io tentassi le roccie rimaste ai fianchi delle perfora- zioni, o i pezzi ottenuti dalle mine, o i materiali che giorno per giorno uscivano dalle successive avanzate, mai potei ottenere qual- cosa di soddisfacente. Soltanto nell’autunno del 1896 riuscii a metter- la mano sopra parecchi grossi blocchi rispondenti alla progressiva 2600 circa da Limone che mi parevano promettenti. Questi mandai, col restante materiale raccolto, a Roma; li raggiunsi in breve e volli veder quale soddisfazione essi potevano darmi. Paleontologicamente è stata una pura e semplice delusione. Il calcare è fossilifero bensì ed evidentemente costituito in alcuni tratti da colonie coralline, ma come si verifica pel calcare a co- ralli del Chaberton, il metamorfismo posteriormente sopravvenuto nella roccia e nel fossile è tanto avanzato, che a mala pena di- stinguonsi i limiti del fossile in osservazione; quasi mai invece di- stinguonsi i dettagli intimi della tessitura dell’organismo in esame, distrutti quali essi sono dalla tessitura cristallina del materiale calcareo depositatosi in aggiunta e sostituzione o modificazione chimica o cristallina alla originaria sostanza calcareo organizzata. Quindi ben poco di più aggiunsi, dopo ingente lavoro di leviga- zione di grandi superfici di roccia, o di preparazione di estese se- zioni trasparenti, a quanto avevo potuto scoprire ad occhio nudo sopra semplici grandi frammenti separati dalle mine e bagnati con acqua. Il mio lungo lavoro mi portò a pochi casi un po’ meno disgraziati, pei quali potei discernere che avevo davanti masse relativamente vistose di Corallarì appartenenti ad un tipo dendroide (moltiplicazione fissipara) e minori e meno frequenti masse di polipai esternamente di apparenza massiccia (moltiplicazione gem- mipara extracalicinale). I Corallarì dendroidi o fascicolosi a riproduzione fissipara avvicinai con sufficiente facilità e probabilità al genere Theco- smilia nel senso moderno della sua denominazione (-f- Rhabdo- 143 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. jphyllia ed altri), e particolarmente ad una forma di esso che dallo Stoppani venne determinata Rh. langobardica, e più gene- ralmente è conosciuta sotto il nome di Th. clathrata Emmr. (1). I Corallarii a polipaio apparentemente massiccio potei, con molta dubbiezza, ripartire fra due generi ; l’ uno che avvicinai al genere Stylina , 1’ altro che avvicinai dapprima alla forma descritta già dal Laube sotto il nome di Elysastrea Fischeri, e che in seguito stimai più opportuno per i pochi dettagli che sezioni tra- sverse e tangenziali potevano offrirmi, lasciare indefinito nel suo raccostamento piuttosto al genere Isastrea, od al genere Phyllo- coenia\ naturalmente non si parla di un accostamento nemmeno empirico ad una specie qualsiasi dei generi menzionati. Potei in- oltre constatare che le colonie appartenenti all’ultimo tipo nominato erano in qualche punto perforate od altrimenti interrotte per breve tratto del loro accrescimento dall’ opera di qualche altro piccolo organismo; probabilmente mollusco bivalve indeterminabile. Nè di Molluschi, sian Gasteropodi che Lamellibranchi, nè di Cefalopodi, non riscontrai avanzi apprezzabili ; per contro la roccia è in alcuni punti abbondantemente cosparsa di avanzi di Crinoidi : avanzi che nella quasi totalità si riducono a frantumi di Entrochi ; e benché ne abbia viste ed incontrate delle migliaia, mai sono riescito a scorgere i dettagli della faccia articolare. Qualche fram- mento maggiore mi fa capire che alcuni di questi Entrochi pote- fi) Coll’ aiuto delle opere seguenti : Reuss, Ueber einige Anthozoen der Kóssener Schichten und der Alpinen Trias. Sitzber. d. K. Akad. d. Wis- sensch., Matti. Naturw. Cl., 50 Bd., S. 153-168, Taf. 1-4, Wien, 8°, 1864. — Laube G. C., Die Fauna der Schichten von St. Cassian. 1 Abth. Denkschriften d. K. Akad. d. Wissensch. — Math. Naturw. Cl., 24 Bd., S. 223-296, Taf. 1-10, Wien, 4°, 1865. — Stoppani, Paléontologie Lombarde. le sèrie, 1858-60; Les pétrifications d'Esino. Pag. 1-151 PI., 1-31, — 30 sèrie; Géol. et Paléont. des couches à Avicula contorta en Lombardie, 1860-65, pag. 1-268, PI. 1-60 ( Mono - graphie des fossiles de VAzzarola, pag, 35-116, PI. 1-27) Milan, 4°, 1865. — Predi F., Die Korallenfauna der Trias ; I, Die Korallen der Juvavischen Trias-provinz. Palaeontographica, Bd. 37, S. 1-116, Taf. 1-21, Stuttgart, 4°, 1891. — Frech F. u. Woltz W., Die Korallenfauna der Trias; li, Die Ko- rallen der Schichten von St. Cassian in Sud- Tir ol. Palaeontographica, Bd. 43, S. 1-124, Taf. I-XI, Stuttgart, 4°, 1896. — Salomon W., Geol. und Palaeonto- logische Studien ueber die Marmolata. Palaeontographica Bd. 42, 1895, S. 1-210, Taf. I-VIII, Stuttgart, 1895. 144 A. PORTIB vano aver almeno 6-7 mm. di diametro trasverso e forse altret- tanti di altezza; e questo è tutto. Il risultato della mia ricerca è per conseguenza decisamente negativo ; e tuttavia, come lo può dimostrare il piccolo indice biblio- grafico a pie’ della precedente pagina, io non posso allontanar da me l’ idea che gli strati in cui questo deficiente materiale paleon- tologico era conservato appartengano al Trias superiore ed anzi a quel piano che gli uni chiamano Retico ed altri Infralias (piano del Dachsteinkallc superiore , o piano ad Avicula contorta ) ed al quale appartiene la fauna dell'Azzarola in Lombardia. E questo dico, in mancanza di meglio, dopo aver comparato abbondante materiale del calcare a Thecosmilia in questione, con altrettanto abbondante materiale di calcare a Tliecosmilia del Chaberton, e con tanto più abbondante di calcare a Thecosmilia (banco ma- dreporico dello Stoppani) originale dell’Azzarola; e dopo aver fra il primo e 1’ ultimo trovate assai più numerose analogie, sia per la natura della roccia, sia per 1’ aspetto delle masse, e per quanto si può degli individui corallini contenutivi. Ma se tutto ciò ap- pare un po’ vago, spero risulterà più probabile la mia collocazione da quanto avrò a dire nella enumerazione che segue di alcuni tipi di roccie incontrati nella perforazione del tunnel, in compara- zione con roccie visibili alla superficie. Intanto mi corre 1’ obbligo di accennare come appunto il cal- care del vallone di Cabaneira sia dal Franchi (') chiamato : « Cal- care a Belemniti, Corallarì e grossi Crinoidi » e venga collocato da lui nel Giuraliasico, magari non tanto profondo. Ora io, sia nelle scariche del materiale estratto dal tunnel, quando la perfo- razione era attivata in questo calcare, sia nel vallone di Cabanaira stesso, ho rivoltato, consultato e infranti parecchi quintali di esso calcare, col desiderio vivissimo e coll’attenzione unicamente rivolta al rinvenimento di fossili concludenti ; e, nè in questo materiale, nè in quello che scelsi come più adatto per ricerche più accurate e che venuto a Roma fu levigato o segato (e son molti chilogrammi), non ebbi mai la fortuna di imbattermi in qualcosa che si potesse (x) S. Franchi, Il Giuraliasico ed il Cretaceo nei dintorni di Tenda, Briga marittima e Triora nelle Alpi marittime. Boll. d. R. Comit. Geol. d’Italia, voi. 22, pag. 226-239, Roma, 8°, 1891 (a pag. 228-233). 145 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECO- interpretare come una Belemnite più o meno guasta. Non nego che vi trovai avanzi di Crinoidi ed abbondantissimi ; ma, come dico più sù, essi sono in maggioranza così frantumati e guasti che ancor oggi sono nel dubbio se li abbia ad attribuir di preferenza ad Encrinidi od a Pentacrinidi. E quanto ai Coralli, se essi mi di- cono poco, quel poco sarebbe di indiziarmi piuttosto ad un qual- che piano del Trias o medio o superiore, di preferenza al superiore. Ciò non toglie che io mi auguri di trovare a mia volta fossili tanto concludenti quanto quelli che il Franchi ha menzionati, e che mi permettano di acconciarmi alla collocazione assegnata da lui. Lasciamo per un istante quel lavoro del Franchi, a cui dor vremo in seguito tornare per qualche informazione, e veniamo senz’ altro all’ esame di alcune mutazioni di roccia avvenute col progredire dei lavori di perforazione del Tunnel ferroviario (lungo 8078 metri, od 8080 metri, come si è poi constatato), segnando per maggior comodità le progressive in una soia direzione da Nord andando a Sud, da Limone a Yievola. È noto come F imbocco Nord del tunnel si trovi direttamente a Sud dello abitato di Limone, a poco meno di un chilometro da esso, e che il tracciato del tunnel sia esso pure in direzione quasi esatta Nord-Sud, passando sotto il Forte di Colle Alto. E noto pure come, iniziatisi i lavori di perforazione, si ebbe dapprima a lot- tare con abbondanti e sempre crescenti infiltrazioni acquee; che ad un certo punto assunsero il carattere di acque, con portata e pressione sempre maggiore, irrompenti di fronte agli arditi sempre più avanzanti nelle viscere del monte. Se ci ricordiamo il senso eh’ io ho prima detto della pendenza =t 20° verso Nord-Nord- Est degli strati nummulitici, che si dovevano dapprima perfo- rare quasi di fronte alla lor direzione, si comprenderà agevolmente come ad ogni passaggio da uno strato allo immediatamente suc- cessivo ed inferiore, venisse a rendersi libera e facile la strada a quella quantità di acqua che originariamente era obbligata a scor- rere fra strato e strato schistoso, e questa irrompesse nella gal- leria aperta aumentando la portata del rio che in galleria si era andato occasionando col ripetersi indefinito dello stesso fatto. Fin verso i 2000 metri di progressiva il lavoro poteva essere incomodo e noioso per tali fatti; ma, poiché la roccia sovraincombente solo in alcuni punti (Fantin, Gherra) poteva raggiungere i 300 metri 146 A. POETIS verticali sopra 1’ avanzata ritornando in seguito a quote molto minori, e poiché non si trattava di materiali notevolmente imper- meabili ; così la somma dell’ acqua man mano facilitata o de- viata dal suo antico e normale decorso non poteva essere, nè in quantità tanto considerevole (nella secca stagione), nè con pres- sioni persistentemente elevate. Presso ai 2000 metri le cose peg- gioravano ; si attaccava il piede di strati che per la loro orienta- zione avevano la lor testata in affioramenti esterni sempre più elevati a misura che si progrediva ; e 1’ acqua vi veniva trasmessa da località distanti (oltreché orizzontalmente) verticalmente dai 300 ai 500 metri dal punto dell’ avanzata, e in roccie che per la maggior pressione, a cui erano sottomesse, e per la minore alte- razione subita, funzionavano come più continue e quindi conser- vavano al liquido sempre maggior porzione della pressione a cui era soggetto ([). Si comprende quindi come lo scalpello della per- foratrice desse talor improvvisamente adito a dardi violentissimi d’ acqua, i quali si slanciavano orizzontalmente contro i lavoratori ed ai loro arnesi respingendo tutti e tutto, talor fino ed oltre a 20 metri allo indietro dalla fronte di attacco. Tali dardi una volta provocati si affievolivano poi rapidamente ; sovratutto quando per mezzo di cunicoli paralleli airi asse della galleria si riusciva a portare più avanti V avanzata estrema, cioè ad incidere strati sempre più bassi della formazione. Si assisteva così ad una cu- riosa e disagevole manifestazione di queste acque irrompenti. Degli strati che avevano fornito il liquido con abbondanza e violenza straordinaria, ne diventavano relativamente poveri allorquando erano già stati a gran pena incisi su larga sezione, ed attraverso quella eransi fatta strada una o più avanzate ad attaccare roccie sempre più addentro, magari per sol poche decine di metri. L’ acqua si manifestava e si rinculava per così dire sempre più addietro a misura che avanzava la galleria ; sì che questa la trovava sempre di fronte, e pareva la galleria dovesse col suo tracciato rimontare e fissare il corso ad un torrentaccio sotterraneo (impiego la pa- pi Da quanto segue si vedrà come non fosse questa la via realmente seguita dal liquido, come esso invece provenisse da regione più avanzata verso Sud e quindi sottoposta ad ancora maggior pressione per maggior distanza verticale dal bacino di raccoglimento. 147 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. rola torrente stante la enorme quantità ed irruenza di liquido che si ottenne defluente in galleria, ed al quale si dovette aprire nel suolo della medesima un varco longitudinale capace di scaricare un corpo, misurato in casi di maggiore abbondanza [piene], fino a 1400 litri per minuto secondo, e che solo in casi di prolungata siccità esterna discese, per non lunghi periodi, alla massima magra di 400 litri per secondo) che avesse le proprie sorgenti tanto più a Sud quanto più avanzava la perforazione in quella direzione. La roccia intanto cominciava a mutar carattere. Mentre dap- prima erano strati sottili di schisti argilloso-calcarei alternanti con strati altrettanto sottili di arenarie minute e schistose, e gli uni e gli altri poveri di fossili (poche Nummuliti, pochi e indetermi- nabili Fucoidi, e talor qualche straterello di carbone simile all’ an- tracite) ; gli strati cominciarono a farsi più potenti e ricchi di grosse Nummuliti e le arenarie (più povere di Nummuliti) acquistarono maggior mole ed irregolarità di elementi. E poi si passò a con- glomerati, ora breccioidi, ed or puddingoidi, di elementi silicei o calcarei completamente sommersi nell’ abbondante cemento calca- reo cristallino; e quindi si avanzò in strati più potenti (fino a qualche decimetro) di calcare ricchissimamente provveduto di grosse Nummuliti. E l’ impaccio, ed il quantitativo, e la violenza, e la direzione subita dall’ acqua, andavano tuttavia sempre crescendo. Così, malgrado 1’ estrema energia impiegata dal personale diri- gente e dallo esecutore, il lavoro andava innanzi, ma lentamente, finché giunti alla progr. di 2469 metri si venne a mutare la roccia. Invece di calcare a Nummuliti, si ebbe a fare con banchi più potenti di calcare simile a quel del vallone di Cabaneira sotto un tetto di circa 260 metri di potenza verticale. Le acque non sce- marono perciò di copia e di impetuosità, e la roccia dopo oltre 100 metri di percorso longitudinale tornò a mutare per qualche diecina di metri, ritornandosi negli schisti e nelle minute arena- rie nere a Nummuliti (le ho trovate in un campione da me stac- cato alla progr. di 2600 metri). Al di là: nuova mutazione e questa volta vantaggiosa. Pervenutosi finalmente, dopo sforzi inauditi, alla progressiva di metri 2613, cessano ad un tratto le roccie num- mulitifere, e fa irruzione nell’ aperta avanzata una frana di acqua commista ad una quantità enorme di frammenti grandi e piccoli di calcare, misti ad altrettanto copioso materiale più finamente 148 A. P0RT1S diviso, bianco, dolce al tatto ; e che non era altro (come 1’ esperienza dimostrò) che il calcare stesso dei frammenti compresivi ridotto a quel modo per frattura, compressione, laminazione, e deposito in- saccato dalle acque ; e, naturalmente, intimamente commisto ad una ben maggior proporzione di materiale argilloso residuo di soluzione chimica esercitata dalle acque stesse sopra quei calcari. Sgombrato alla meglio il lume dell’ avanzata dal materiale che lo aveva in- vaso, sostenuto il cadente, si penetrò dentro al materiale che si aveva di fronte e che per oltre 10 metri (fino a 2624) (sotto un tetto di 290 metri di altezza verticale) si mantenne conforme a quello che era sboccato in galleria. Ma si ebbe un vantaggio enor- me ; le acque fatto quell’ ultimo sforzo si acquetarono. Non più relativamente chiare, ma, torbide e fangose, seguitarono a fluire in abbondanza ; ed il loro livello si abbassò così, che esse scorsero sul suolo dell’ avanzata senza quelle pericolose manifestazioni d1 pressione, che tanta noia, e tanto impaccio avevano cagionato per l’ addietro. Di più esse, che avevano mantenuto in parte il loro esito copioso alla progr. 2469, in breve tempo cessarono dal mostrarsi abbondanti a quella di 2613, e si trasportarono e fissarono il loro esito principale, precisamente a quella prima minor progressiva. Là, in pochi metri di percorso, vediamo ancor oggi raccolto un certo numero di grosse sorgenti che sboccando sovratutto al livello del suolo della galleria, alimentano essenzialmente il canale di scarico scavato fino all’ imbocco Nord, e la cui portata varia, dipen- dentemente dalle condizioni più o meno piovose della stagione, fra i 1100 ed i 400 litri al minuto secondo. Al di là della progr. 2624 si abbandonò il materiale fratturato ed insaccato e si penetrò nel calcare simile a quello di Cabaneira cogli stessi fossili, ed incli- nato verso Nord-Nord-Est con angolo alla orizzontale di circa 20° ; mantenendo cioè presso a poco l’ inclinazione e la direzione che si avevano per gli schisti ed altre rocce nummulitifere. Ma i banchi o strati di questo calcare erano assai più po- tenti e, come avviene soventi pei calcari, attraversati da numerose fessure (alcune rimarginate con vene spatiche ed altre molte an- cora beanti), per modo che in questo materiale alcune volte av- vennero piccole frane interne, le quali non diedero altra conse- guenza dannosa, che quella di dover estrarre dalla galleria materiale DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 149 in proporzione maggiore del preventivato. Il calcare venne attra- versato dalla progr. 2624 a quella di 2950 ; dopo di che si ritro- varono delle condizioni ricordanti quelle riconosciute fra progr. 2469 e progr. 2624. Si entra cioè e si rimane per 30 metri, fino a progr. 2980, in materiale infranto e spappolato (calcare di Caba- neira); poi si attraversano 30 metri (progr. 3010) di strati, sem- pre inclinati nella stessa direzione e per la stessa quantità, di scia- sti nerastri probabilmente nummulitiferi ; e poi si attraversano per 40 metri (fino a progr. 3050) altri materiali infranti e spappolati (essenzialmente di scbisti); ed a progr. 3050, questi materiali sono appoggiati a schisti ed altre rocce nummulitifere in posto, sempre inclinate nello stesso senso ed allo stesso grado, e nelle quali si penetra un buon tratto. Ho detto che i calcari simili a quelli di Cabaneira si attra- versarono da progr. 2469 a 2595 e da 2613 a 2980 (da 2613 a 2624 e da 2950 a 2980 in materiale spostato). Faccio osser- vare che corrispondentemente alla progr. 2715, si apre, circa 280 m. verticalmente più in alto, l’imbocco Nord del tunnel carrozzabile di 3183 metri di lunghezza e che esso si addentra negli schisti del nummulitico per poche centinaia di metri, tantoché il primo nicchione a ghiaia praticato a 445 metri dall’ imbocco, e in corri- spondenza della progressiva tunnel ferroviario 3160, si trova già nel calcare di Cabaneira ; e faccio osservare che questo calcare non apparisce allo aperto che 330 metri orizzontalmente più a Sud ad una distanza verticale dal suolo del tunnel carrozzabile di m. 250 ; ad una distanza verticale dal suolo del tunnel ferroviario di 620 metri; in corrispondenza verticale della progressiva di questo me- tri 3490; là dove, come vedemmo e vedremo, si è di nuovo in pieno cuore degli scbisti ed altre rocce nummulitifere. Faccio os- servare come il calcare di Cabaneira, formando come ho detto localmente il versante sinistro o Sud del vallone di Cabaneira, si incontri a Sud fin sotto il forte di Colle Alto, trapassi nel ver- sante Sud del Colle di Tenda, mostrandovisi alla sommità fino ad un punto che sarebbe verticalmente sovrastante al tunnel carroz- zabile, in corrispondenza di sua progr. 2065, ed a quello ferro- viario in corrispondenza di sua progr. 4780, più oltre essendo di nuovo mascherato dal nummulitico. 150 A. PORT1S Ritorniamo alla perforazione del tunnel ferroviario. A pro- gressiva metri 3050 si ripenetra nelle rocce nummulitifere (soliti schisti neri interrotti talor da straterelli carboniosi a caratteri di antracite, a progr. 3170, o da filoncini brecciati a calcopirite, a progr. 3365, od intercalanti con successioni di banchi calcarei o arenacei ricchi di piccole Nummuliti) e vi si rimane per oltre un chilometro (1), cioè fino a progr. 4112 (3966 da Yievola) mentre a progr. 4090 (a 3990 metri dallo imbocco Sud) (2) avviene alle ore 11 1{2 del giorno 14 febbraio 1898 felicemente l’ incontro fra la perforazione imboccata a Nord e quella proveniente da Yievola ossia dall’imbocco Sud (3) ed a progr. 4112 cessano le rocce num- mulitifere per dar luogo a rocce di altra natura e di altra età. Anche qui è da avvertire che la progr. 3905 trovasi a 290 m. verticali di distanza dalla progr. 1190 del tunnel carrozzabile; ove in un uicchione a ghiaia vedonsi scoperte le rocce del nummuli- tico ; ed a circa metri 600 verticali dalla locai superficie del monte, dove vedonsi gli strati del calcare di Cabaneira. L’ incontro delle due avanzate è avvenuto quasi verticalmente sotto al tratto culminante del tunnel carrozzabile a 290 metri ver- p) Mentre le rocce solfate non s’incontrarono che alla progr. 4112 (o meglio 4114) le rocce nummulitifere, schisti calcareo argillosi e macigni a grana fina e carboniosi, perforate a progr. 4090 si mostrano già intersecate in tutte direzioni da una miriade di piccole litoclasi in cui le acque traspor- tarono sottili depositi e vernici speculari di gesso. Questo occasiona in pochi giorni lo scheggiamento diversamente minuto dei campioni apparentemente solidi estratti dalla avanzata. Da questi campioni di roccia non ho potuto rintracciare dei fossili. (2) I dati di progressiva per la presente notizia sono stati man mano seguiti sovra un profilo longitudinale preventivo il quale assegnava in rettifilo una lunghezza totale alla galleria di 'metri 8078,20 ; l’ incontro avvenuto a 4090 metri da Limone e 3990 da Vievola dimostrerebbe una lunghezza totale di metri 8080, cioè un metro e ottanta più del preventivo. Questa differenza può ancor venir scemata quando si misurerà più esattamente il tunnel ulti- mato in una sola direzione. Avverto quindi che gli ulteriori dati comparativi di distanza dallo imbocco Sud o dallo imbocco Nord sono sempre sulla lun- ghezza presunta del tunnel in metri 8078, e togliendo da essa le progressive intere man mano guadagnate dallo imbocco di Vievola. (3) Per maggior comodità del lettore traduco per mezzo di semplici addizioni e sottrazioni le progressive dallo imbocco Sud in progressiva di con- tinuazione a quella finor seguita dallo imbocco Nord. DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 151 ticali da esso e sotto a 660 metri verticali di tetto roccioso, circa a mezzo kil. a Nord dal piano Est-Ovest passante pel vertice del colle. Ed è avvenuto a poca distanza dal contatto fra le rocce num- mulitifere e le rocce dolomitiche e solfate che io attribuirei al Trias, contatto che si è verificato nella semplicissima seguente guisa: a progr. 4112 cessano le rocce nummulitifere contro alle rocce gessi- ficabili attribuite al Trias inferiore, e ciò senza incontrale al con- tatto faglia o disturbo di andamento di notevole entità, ma invece appoggio diretto con mantenuta inclinazione e direzione di rocce più giovani su rocce più vecchie; ed alla stessa progr. 4112 (cioè a 3966 da Yievola) si entra deliberatamente nelle Ànidriti e Gessi ; i quali si mantengono fino a progr. 4335 (3743 metri da Yievola). Con ciò noi non siamo ancora penetrati sotto al più elevato vertice localmente coronato dal Forte di Colle Alto ; e non vi arriviamo che colla pro- gressiva 4460 fino a quella di 4560 metri (rispettivamente 3618 e 3518 da Yievola) e qui noi avremo 285 metri di distanza ver- ticale dal suolo del tunnel carrozzabile e metri 880 di simil di- stanza dal vertice del monte (1). E troveremo che, secondo questo piano verticale, il tunnel carrozzabile è ancora perforato nelle rocce nummulitifere (a progr. del carrozzabile 1580, il niccbione a ghiaia rispondente a progr. 4295 del ferroviario è scavato nel- l’ arenaria eocenica; come il nicchione a progr. 1792 del carroz- zabile e 4507 del ferroviario, è scavato nello scbisto ardesiaco eocenico ; come scavato nell’ arenaria scbistosa eocenica è il nic- chione a progr. 1990 del carrozzabile, rispondente a progr. 4705 del ferroviario). Abbiamo così vicino ad un chilometro di sfonda- mento continuo degli strati eocenici operato dal tunnel carrozza- bile; come, incominciando circa seicento metri più a Nord, e circa 300 verticalmente più in basso, avevamo nel tunnel ferroviario iniziata per circa un chilometro la perforazione delle stesse rocce eoceniche, quelle che nei punti verticalmente rispondenti all’aperto verso il sommo del Colle di Tenda vediamo ancora sempre ma- scherate dal calcare di Cabaneira). Le rocce a base principalmente o riccamente di solfato di calce, che si sono incontrate a progr. 4112 (3966 metri da Yie- vola) cessano a quella di 4335 (3743 da Yievola). E quivi, dopo Kaggiungente metri 1915 sul livello del mare. 152 A. PORTIS aver occupata la perforazione per 223 metri lineari, cedono il campo ad un ritorno delle rocce schistose eoceniche ; le quali, sempre pendenti verso Nord-Nord-Est e forse assai più raddrizzate in qualche tratto, non si mantengono che per 118 metri di tracciato fino a progr. 4453 (3625 metri da Vievola). Cedono allora il campo alle rocce gessi- iìcabili fino a progr. 5426 (2652 metri da Yievola), alla quale nuove rocce vengono ad essere intaccate dalla perforazione. Le rocce che s’ incontrarono dalla progr. 5426 a quella 5683 (rispettiva- mente 2652 e 2395 metri da Yievola (e cioè per circa 257 metri di perforazione), appaiono assai schistose bensì, ma a primo aspetto si distinguono da quelle fin qui assegnate all’ Eocene per la colo- razione loro grigio-verdiccia-chiara, con qualche punto rossigno, per la lor forte coesione e durezza, malgrado che macroscopicamente e microscopicamente appaiano di origine psammitica ed a grana piut- tosto minuta. In una parola vedo in questa roccia il conglomerato del Permiano superiore, quale ho già incontrato in tanti altri punti delle Alpi marittime, e quale con qualche talor notevole variazione di compagine e di grana ritrovo a non grande distanza da questo punto o nucleo rivelato dalla perforazione, ed andando verso qual- siasi direzione. Sopra la progr. 4750 (3328 metri da Vievola), sovrincombono circa 785 metri verticali di roccia; e, partendo da questo punto del tunnel ferroviario, con una perforazione verticale diretta in alto, noi dovremmo in breve abbandonar quelle rocce gessificabili in cui ci troviamo, per addentrarci negli schisti eocenici che su di esse si appoggiano; e, attraversatili per breve tratto, entrare in quelle rocce gessificabili che trovammo nella perforazione tra pro- gressiva 4112 e progr. 4335 (infatti il nicchione a ghiaia, meno di 300 metri verticali più elevato, che si trova a progr. 2185 del carrozzabile corrispondente a progr. 4300 del ferroviario intacca queste rocce; come il nicchione a ghiaia a progr. 2685 del car- rozzabile, rispondente sopra progr. 5400 del ferroviario, è scavato nelle rocce gessificabili che in basso vennero trovate dal tunnel ferroviario fra le progr. 4453 e 5426). Di poi la nostra perfora- zione entrerebbe in quelle rocce schistose eoceniche rinvenute nel tunnel ferroviario fra progr. 3050 (5028 da Yievola) e 4112 (3968 da Yievola) e che, colle loro testate costituiscono sì gran parte dello scosceso versante meridionale del Colle di Tenda: ed DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 153 infine uscirebbe allo aperto a circa 1810 metri sul livello del mare, quasi al contatto fra queste rocce schistose eoceniche ed il calcare di Cabaneira che su di esse, con apparenza di concordanza, si appoggia, e che costituisce il vertice del Colle. Il tunnel ferroviario pervenuto alla progr. 5683 (2395 da Yie- vola), penetra entro certi calcari neri a strati sottili ed alquanto schistosi, di cui si traforarono metri 71, cioè fino a progr. 5754 (da Yievola 2324); calcari dei quali la parte più vicina alle Ana- geniti, solo con molta svogliatezza si potrebbe attribuire al Trias, e la parte più lontana al nummulitico, ma che preferisco riferir tutto al nummulitico, in quanto che esso non varia notevolmente di caratteri dalla parte più vicina alla più lontana, e che da un campione da me estratto a progr. 5752 (2326 da Yievola), cioè presso alla estremità più lontana, riesce a mettere in evidenza numerosissime le piccole Nummuliti. Oltre la progr. 5754 si attra- versano per circa 16 metri, cioè fino a progr. 5770 (2308 metri da Yievola), altri strati calcarei neri, contenenti qualche valva indeterminabile di grossi Lamellibranchi e numerosissimi piccoli frammenti e ciottoli di calcari diversamente : pretti, od argillosi, o dolomitici ; compatti, o cristallini ; neri, grigi e bianchi, comple- tamente cementati dentro al calcare grigio nerastro e sabbioso simile a quello dei 71 metri precedenti; calcare che io ritengo eziandio eocenico malgrado non sia riescito a metterne in evidenza dei fossili nummulitici. Quindi: da progr. 5770 a progr. 5983 (2095 metri da Yievola) per circa 213 metri si attraversarono cal- cari in forti banchi o raddrizzati o pendenti circa verso Nord; cal- cari grigio chiari fortemente dolomitizzati e sterili in fossili, calcari che ascrivo al Trias e che incontreremo più oltre dopo le rocce gessificabili incontrate oltre progr. 59S3. Intanto la progr. 5898 del tunnel ferroviario in pieni calcari dolomitici triasici corrisponde a progr. 3183 ossia allo sbocco Sud del tunnel carrozzabile (265 metri verticali più in alto), tunnel che sbocca avendo alla sua sinistra (ad oriente) degli strati sottili calcarei raddrizzati alla verticale e visibili poco tratto, mascherati come essi sono da tutte le parti o dalla vegetazione o dalle rocce eoceniche in posto, oppure da detriti e caotico agglomerarsi dei materiali alterati al contatto fra le rocce eoceniche e quelle (Dolo- miti, Gessi e Carniole) del Trias. Questi strati vengono dal Franchi 154 A.. P0RT1S (Relaz. citata, pag. 237) riferiti al Cretaceo. In essi non rinvenni fossili; essi o non furono perforati o passarono inavvertiti nella perforazione del tunnel ferroviario dove avrebbero dovuto esser interessati circa alla progr. 5400; là dove trovammo invece delle rocce anagenitiche (questi strati detti cretacei dal Franchi sono da me, nel mio schizzo di pag. 163, segnati incurvati e cavalcanti il sommo della locale piega triasica; quando sarà con fossili dimo- strato che anch’essi sono eocenici, sarà facile, abbassando il limite di detto anticlinale eocenico, sì da comprendere in esso tutti i ter- reni segnati 4, far così sparire questa temporanea inesattezza o me- glio incertezza). Da progr. 5983 a quella di 6006 (2072 m. da Vievola), per circa 29 metri, si attraversarono Anidri ti più o meno gessificate, e più o men rapidamente gessificantisi al contatto pro- cacciato coll’atmosfera della galleria in costruzione. Seguirono venti metri di calcari dolomitici (pari a quelli da progressiva 5770 a 5983) per raggiungere la progr. 5026 (m. 2052 da Yievola) ; colla quale si ripassa nelle Anidriti più o meno gessificate e gessificantisi per circa 324 metri, cioè fino a progr. 6350 (da Yievola metri 1728). Le rocce attraversate per oltre mezzo chilometro, da progr. 5770 (2308 da Vievola) a progr. 6350, apparterrebbero, a mio credere, tutte al Trias; e si presentano in strati che assai raddrizzati presso l’estremo settentrionale, paiono adagiarsi sempre più, pur mante- nendo sensibile il senso della pendenza verso Nord-Nord-Est, a mi- sura che ci accostiamo all’estremo meridionale, fra queste ultime pro- gressive menzionate. Sovra a questo tratto noi abbiamo, dallo sbocco Sud del tunnel carrozzabile ad un ponticello della Strada Nazionale, rocce sovrincombenti per un’altezza verticale decrescente da m. 260 a metri 160, e ci troviamo nell’altissimo Thalweg della Roia, supe- riormente alla sua cosidetta sorgente : nel Thalweg quasi tutto occu- pato dal letto di frequente asciutto del Rio (raccogliente le acque della erta conca : dal Beccorosso, al Colle Alto, al Pernante e Mar- gheria), e dai numerosi risvolti della strada nazionale: in un Thalweg per conseguenza disadatto a lasciarci scorgere quel che cela sotto i detriti naturalmente od artificialmente accumulativisì ; ma che ci lascia talor scorgere or su l’uno or su l’altro dei saoi fianchi, rocce tali da indicarci un maggior sviluppo del nummu- litico, di quel che non sia stato rivelato dalla perforazione sot- DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 155 terranea, e per contro un assai meno esteso affiorare di rocce triasiche. Dalla progr. 6350 (1728 da Vievola) a quella di 6678 (da Vie- vola metri 1400), la perforazione del tunnel ferroviario per metri 328 si addentrò nelle Anageniti Permiane ('). Gli ultimi cento metri attaccati dalla direzione Sud (da 1620 a 1728 da Yievola) di questa roccia diedero, come è noto, estremamente da fare e da pensare per praticarvi una apertura che rimanesse aperta fino alla creazione di una parete stabile. La roccia era tutta quanta lacerata (2) in fram- menti angolosi che dalla grossezza di una nocciuola o meno, salivano a quella di parecchie diecine di metri cubi di volume, e che immersi in una grande quantità di cosidetto limo sabbioso, fatto della stessa roccia e di acqua, gravitavano liberamente e di tutto il lor peso gli uni sugli altri e cercavano di penetrare in galleria appena si offriva una finestra ampia a sufficienza pel loro passaggio. È immensa la quantità di materiale che, non preventivato, si dovette esportare da questo punto, attraverso rimbocco Sud. Sono stati sovrumani gli sforzi per arrestare questa colata di materiale che, non arre- stata a tempo, avrebbe provocato un imbuto dalla superficie; im- buto in cui ben presto sarebbe stato naturalmente invitato il Roia. E questo avrebbe così avuto un letto sotterraneo in gran parte arti- ficiale e rivestito tutto attorno; e consistente in un pozzo irrego- lare verticale di presa di 148 metri di altezza imboccante in un grande ed elegante condotto o cunicolo attorno attorno rivestito, a pendenza uniforme dell’ uno per cento e della lunghezza di 1400 metri (l’ attuai tronco meridionale del tunnel ferroviario). Questo cunicolo però avrebbe il Roia spregiato, dopo averlo devastato ed otturato, per ritornar poi ben presto ad un decorso parzialmente superficiale. (0 Presso il contatto colle roccie gessificatili, sì verso Nord che verso Sud, le Anageniti presentano per alcuni metri una fitta intersezione di minute la- cerazioni o fessure di diversa direzione rimarginate con sottile deposito, inter- postovi dalle acque circolanti tra roccie gessificantisi e Anageniti, di gesso, al modo stesso che ho descritto per le roccie eoceniche di progressiva 4090. Altre più antiche litoclasi delle Anageniti sono invece rimarginate con ema- tite speculare. (2) Veramente il peggiore ed il mobile nella faglia non fu che di circa 50 metri fra le progressive, da Vievola 1620 e 1670 (da Limone progr. 6458 e 6408). 11 156 A. PORTIS Furon numerosi e diffìcili, e felicemente posti e risolti, tutti i problemi per la prosecuzione ed il salvataggio dell'opera, la scelta delle armature provvisorie e definitive per l'avanzamento, la manu- tenzione, e la sistemazione dell’ apertura, la scelta e le dimensioni dei materiali pel rivestimento, la sicurezza degli operai e del re- stante personale ; ed ora vi si passa sicuramente, e di lì passando ; in poco più di due anni ben altri 2600 metri di ulteriore perforazione verso Nord si sono aggiunti ai 1400 che già si avevano da Vievola allo attivo. Di tutti questi bei problemi e della lor felice risoluzione non qui, non a me tocca parlare, sarà istruttivo leggere la relazione tecnica e le memorie speciali che in proposito speriamo vorranno pub- blicare gli Ingegneri (') che, sia per mandato assunto dallo Stato, sia per incarico diretto avutone, coordinarono e unirono ingegno e sforzi a superare felicemente gli ostacoli. Non parlo quindi della mia visita fatta frammezzo le armature, ad operai collocati in una casella cia- scuno da cui parevan non dover poter uscire, nonché muoversi e lavo- rare efficacemente ; dirò invece che chi passa oggidì alla superficie del suolo, in rispondenza col tratto così diffìcile della Galleria a cui vengo di accennare, lo riconosce ad un pozzo di esplorazione di cui l’ ap- parecchio superiore sporge fuori da un tratto abbandonato del letto del Rio. Ma se un tantino attorno si guarda, scorgesi pure come il territorio limitato a trecento metri di raggio da quel punto debba esser stato il teatro di forti effetti di perturbazione, di cui più tardi potremo forse cercare le cause. Intanto, immediatamente a monte di quel punto, scorgonsi qua e là per circa 100 metri di distanza fornelli o piccoli sprofondamenti localizzatissimi (nell’ ot- tobre 1897 ne vidi tre in quel tratto), sprofondamenti in cui il cantoniere della strada carrozzabile butta tutte le mattine, a se- conda del movimento del giorno precedente, o qualche palata od una carrettata di ghiaia per eguagliar il livello locale allo stradale fino (') Le pubblicazioni in proposito cbe mi auguravo, sono state felicemente e brillantemente inziate con quella dell’ Iug. E. Girard, dal titolo : Ferrovia Cuneo- Ventimiglia. — Galleria del Colle di Tenda. — Traversata di una faglia ripiena di materie melmose semiliquide e di grossi massi. Memoria di 124 pagg. in 8° e 4 tav. in folio. Estr. d. Giorn. d. Genio Civile, anno 1897 ; ma pervenutami solo nell’aprile 1898. Ad essa rimando chi vorrà conoscere dalla calda parola di chi superò tante difficoltà, e le vicende loro e gli inge- gnosi processi adoperati per vincerle. 157 DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. alla domane, all’ora in cui riadempirà l’utile opera sua di manu- tenzione. Ciò vuol dire che una fessura, od un sistema di fessure, si è resa manifesta nel materiale anagenitico che sottostà, e che in qualche punto affiora fra i ciottoloni del Roia, una fessura provocata nella roccia, relativamente in posto, dalla diminuzione della resi- stenza opposta dal materiale staccato che costituiva il riempimento del vano fra progressiva 6408 e 6458. Più su è la cosidetta sorgente del Roia, la quale sbocca nel letto dal fondo del versante destro (occidentale) della valle e vi dimostra ben chiaro che essa non ha una origine parallela alla valle che porta il suo nome, bensì un’ origine ed un percorso an- teriore trasverso allo andamento della valle stessa. Porse proviene dalla Rocca dell’Abisso ; e, guardando meglio, se ne conosce lì per lì il perchè : e si vedono gli strati (forse triasici) calcarei del basso versante destro ripiegati a C colla convessità direttamente in alto e concavità assolutamente in basso : e dal piatto dorso del C , lungo non più di 10 metri, allargarsi due quasi simmetriche gambe di anticlinale, l’ una pendente verso Nord e l’altra verso Sud a rive- stire e comprender da tutte le parti una simile forma cupoleggiante di roccia semimascherata che noi ora sappiamo esser l’Anage- nite, cotanto metamorfìzzata da assumere talora le apparenze di un Gneiss molto ricco in minerali cloritici e serpentinoidi. Più a Sud (o Sud-Sud-Est) invece è la Rocca Cairon coi suoi strati di bianca dolomite che si sollevano apparentemente verticali per un buon tratto, per sopportar poi in trasgressione sulle lor testate stretti lembi di strati sottili di calcare di altra natura, pochissimo elevati dalla orizzontale, ed apparentemente pendenti a Sud-Sud-Ovest (J). Oltre la progr. 6678 non si hanno più così numerose mutazioni nella roccia; da progr. 6678 (da Yievola 1400 metri) a progr. 7128 (da Yievola metri 950) noi restiamo dentro certi calcari neri schi- stosi, nei quali dovrà in appresso sceverarsi una grande porzione da attribuirsi al Trias da una maggiore o minore da attribuirsi all’Eocene: ed in questo tratto la progr. 6878 (1200 da Yievola) f1) Mentre assegno le Dolomiti al Trias, può darsi che le porzioni di strati trasgredentivi su appartengano al Giura od al Cretaceo; come dice il Franchi, Relaz. citata, pag. 236. Io non posso stabilir la cosa con certezza, non avendo preso materiale della sommità. 158 A. PORTIS viene a trovarsi presso a poco in corrispondenza della Rocca Cairon. La quale, come dissi, è in basso costituita da bianche roccie dolo- mitiche che attribuirei al Trias. Il tunnel ferroviario è perforato dalla progr. 7128 a quella di 7678 (400 metri da Yievola), entro strati calcarei con direzione approssimativamente da Est ad Ovest e sensibilmente inclinati a Sud, quando non sono raddrizzati alla verticale, strati che dagli in- gegneri direttori del lavoro sentii a ricordare come giuresi. Arrivato troppo tardi a visitar questo tratto di tunnel, quando cioè esso era già completamente rivestito ed ultimato, non ebbi possibilità di raccoglier personalmente campioni di constatata progressiva : Nè manco alla superficie, pel tratto corrispondente, non mi è stato dato di trovar punti fossiliferi che mi aiutassero pello studio dell' età del terreno. So soltanto quello che ho detto degli strati, so che il materiale può variar di tinta notevolmente dal bianco, al grigio, al nero, in tratti vicinissimi; e che gli strati, frequentemente scon- volti, sono in generale assai sottili. Niente a stupirsi quindi, se date tali condizioni e T aggravante della immediata vicinanza e talor della diretta sovraposizione del letto del Roia, si sien lamen- tate, ad intervalli di luogo e di tempo, durante la perforazione di questo tratto, talora abbondanti infiltrazioni ed invasioni delle acque. Queste però, non soggette a forte pressione come pel versante Nord, se furono incomode o moleste, non diedero luogo a condizioni di cose così pericolose come quelle verificatesi più indietro presso al contatto Nord fra roccie gessificabili o calcaree ed anagenitiche ; o nell’avanzata da Limone al contatto primo fra le roccie nummuli- tiche ed il calcare di Cabaneira. Dalla progr. 7678 a quella di 8078, o sbocco Sud, od im- bocco meridionale, od imbocco di Yievola del tunnel, esso si trova per così dire subsuperficiale. Nei punti in cui il materiale sovrin- combente è più elevato, esso non dista verticalmente dal suolo della galleria più di 60 metri. Il materiale stesso, quando è in posto, consta di calcare nero in strati sottili, diretti apparentemente da Est ad Ovest, e pendenti fortemente verso Sud, quando non sono raddriz- zati alla verticale. Questi calcari sentii dagli Ingegneri direttori qua- lificar cretacei; e come cretacei vengono pur menzionati dal Franchi nella citata Relaz. a pag. 237, là dove dice : « in questi schisti si apre l’ imbocco Sud della costruenda Galleria del Colle di Tenda, ed DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 159 alla naturale posizione loro in strati raddrizzati sotto il letto del Roia si dovettero le difficoltà incontrate nella costruzione del primo tronco » . Io staccai solo un campione sulla destra del Roia in questo tratto; e, mentre allo esterno non riuscii lì per lì ad incontrare dei fossili, con segatura del campione vi rinvenni dentro : qualche piccolo radiolo di Echinide, Entrochi di piccoli Crinoidi, e una se- zione obliqua e quindi poco servibile di un Ammonitide, di forse tre centimetri di diametro verticale. Il calcare è nero, molto omo- geneo, a grana minutissima, ricco di impurità carboniose ed argil- losi ; in sezione microscopica si rivela parcamente e minutissima- mente oolitico. Esso è simile, salva la tinta un po’ più oscura, per caratteri, a quello, pure a strati sottili, che incontrai sulla destra della Stura di Cuneo sottostante al nummulitico, tra Ponte Ber- nardo e Bersezio, alle Barricate, e che a suo tempo attribuii, senza poterlo provare nè allora nè poi, al Cretaceo. Il Franchi ha a breve distanza dalla località in Yal Roia argomenti buoni per ritener cretaceo il calcare di Vievola ; come io avevo a suo tempo a breve distanza dalla località in Val di Stura argomenti di probabilità per immaginar cretaceo il calcare delle Barricate. E possibile quindi che e V uno e l’ altro spettino realmente al Cretaceo ; solo aggiungerò che potrebbe ben darsi che appena più avanti a Sud dello sbocco del tunnel in Val Roia noi urtassimo nel contatto colle roccie del Nummulitico. Il Tunnel ferroviario è ora, se non in grande, almeno parzial- mente in piccola sezione, aperto in tutta la sua lunghezza ; questa è di metri 8078,20 (*). Partendo da Limone, si sale per 3277,47 metri con una pendenza al 2 per mille; sei metri e mezzo più in su della altitudine 1030, che si aveva allo imbocco. Si rimane a questa altezza per 141 metri e poi con pendenza magggiore (al 10 per mille) , si discendono in 4809 metri di lunghezza 48,09 metri così da uscir dallo imbocco sud alla quota approssimativa di 987 metri. Un piano verticale per l’asse del tunnel ferroviario non in- contra l’ asse del superiore tunnel carrozzabile, ma se lo lascia di qualche metro ad Est dalla parte settentrionale ; di qualche metro di più, sempre ad Est, dalla estremità meridionale. I due piani 0) Vedi nota 2a a piè di pagina 150 dalla quale risulterebbe la lun- ghezza provvisoriamente trovata di metri 8080. 160 A. PORTIS verticali passanti pei due tunnels farebbero adunque un angolo acutissimo aperto a Sud. Dallo esame esposto dei materiali e delle condizioni incon- trate perforando il tunnel ferroviario, in comparazione coi materiali e colle condizioni osservate superiormente, verrei a conchiudere ed a spiegare le relazioni e le condizioni stesse con dire che: a me appare la regione attraversata doversi considerare siccome un ter- ritorio fittamente corrugato per pressioni orizzontali agenti tanto da Sud quanto da Nord, e che sollecitarono gli strati a sollevarsi, piegarsi e coricarsi sopra un tratto funzionalmente mediano ed im- mobile che si trova sotto al nucleo maggiore (quello a Sud, fra progressive 6348 e 6678), incontrato dal tunnel ferroviario, delle Anageniti. La volta od anticlinale calcarea che sta sopra le Anageniti, in coincidenza della cosidetta sorgente del Roia, apparterrebbe quindi secondo me al Trias, mentre le Anageniti apparterrebbero al Permiano (’); e verso Sud sopporterebbe, o meglio avrebbe colla sua gamba meridionale prima discendente e poi bruscamente ripie- gantesi in alto, compresa strettamente una sotti) pila di strati schi- stosi nummulitici ripiegati a U : poi rimarrebbe coperta dalla inva- sione verso Nord degli strati cosidetti giuresi e cretacei e poi magari eocenici spinti da Sud e costretti a sollevarsi talor fino alla ver- ticale. I calcari e le roccie triasiche le quali poco si vedono (se- guendo solo il tracciato) verso Sud del principal nucleo anageni- tico, avrebbero un molto maggior sviluppo seguendo il tracciato a Nord dal nucleo anagenitico stesso. La gamba Nord dell’ anticlinale coincidente colla cosidetta sor- gente del Roja si prolungherebbe assai a Nord fino alla progr. 5770, immergendosi poi e ripiegandosi bruscamente in alto e poi verso Sud, così da comprendere in una stretta piega giacente ed aperta a Sud gli strati ed i conglomerati eocenici. Più oltre passerebbe o sarebbe passata fra questo Eocene ed i conglomerati permiani incon- trati fra progr. 5683 e 5426, ricoprendoli superiormente con una o due pieghe giacenti e dalla posteriore erosione troncate od aperte a (x) Ricordiamo perciò la presenza del carbonifero a Yiozene a pochi chi- lometri (circa 17) verso Est da questo punto e la direzione generalmente Est- Ovest degli strati delle diverse formazioni riconosciute in questo tratto di Alpi marittime. DDE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 161 Sud (se gli strati raddrizzati alla verticale, che si mostrano a sinistra dello sbocco sud del tunnel carrozzabile, fossero veramente cre- tacei, questi verrebbero a collocarsi a cavallo della più meridio- nale di queste selle triasiche) e più o meno seguite dall’ Eocene il quale con una nuova strettissima sinclinale inclinata con pen- denza a Nord ed apertura a Sud verrebbe a cacciarsi in mezzo a queste due anticlinali triasiche, fornendoci la spiegazione dell’Eocene incontrato presso allo sbocco sud del tunnel carrozzabile e non a progr. 5000 del tunnel ferroviario. Le roccie calcaree o dolomitiche, costituenti la gamba settentrionale della seconda o settentrionale fra queste due selle accoppiate, sarebbero nello stesso tempo : gamba meridionale di una nuova sinclinale abbracciante di nuovo uno strettissimo ripiegamento di strati eocenici. E questa piega eoce- nica pendente a Nord ed aperta a Sud, sarebbe stata in relazione di continuità con una sella aerea eocenica che dalla sua mozzatura superiore lascia travedere verso Sud il nucleo triasico, costituito da roccie gessificabili, incontrato dal tunnel ferroviario fra progr. 5426 e 4453. Con un’altra mezza piega o sinclinale, pendente a Nord e aperta a Sud, delle roccie eoceniche incontrate dal tunnel ferroviario fra le progr. 4112 e sommariamente 2950, nei abbiamo allo stesso modo imprigionata un’altra sella inclinata e magari mozzata a Sud di roccie triasiche, quelle incontrate fra 4453 e 4112; ed infine, con un ulteriore ripiegamento delle roccie eoceniche sempre più a Nord, in modo da farcele incontrare per breve tratto fra progr. 2610 e 2585 e poi per un tratto maggiore fra progr. 2465 e l’imbocco Nord del tunnel, noi abbiamo spiegazione : e dell’ incontro del calcare di Cabaneira, sempre così imprigionato fra due pieghe successive dell’Eocene, nel tunnel ferroviario fra progr. 2950 e 2613, e fra le progr. 2585 e 2469 ; e della sua emersione allo aperto da poco a Sud del Forte di Colle Alto (*) fino a Nord di questo, a raggiun- gere il Thalweg del vallone di Cabaneira. E, badando ai caratteri litologici e paleontologici delle roccie calcaree e gessificabili com- prese fra le successive enumerate pieghe dell’ Eocene, si ha argo- 0) Le isolette eoceniche nel calcare presso questo limite trovano quindi la loro ovvia spiegazione con delle minori o secondarie corrugazioni degli sohisti eocenici sul- o comprese fra simili perturbazioni del Calcare. 162 A. PORTIS mento a ritenerle qualcosa di differente fra loro stesse, cosi che: mentre si può ammettere che tutte quelle che, allo infuori del calcare di Cabaneira, ho attribuito al Trias appartengano a qualche membro più basso del Trias stesso, magari al Muschelkalk; il calcare di Cabaneira si dovrebbe riportare a membro elevatissimo del Trias, magari al Keuper più elevato, come ho già esposto a suo luogo. Ma T imprigionamento di questo calcare di Cabaneira fra le roccie schistose eoceniche, al modo che vengo di spiegare, ci dà pure una ovvia spiegazione dei fenomeni di accumulazione e di pres- sione presentatici dalle acque nella perforazione del primo tronco del tunnel fra progr. 0, o meglio 1000, e progr. 3050. Le acque si assorbivano nel bacino di raccoglimento, dato dallo sviluppo trasversale dei calcari di Cabaneira, affiorante alla superficie: dal Forte di Colle Alto al Beccorosso ; ed una volta penetrate in questo calcare non ne potevano uscire verso Sud e verso Nord che con estrema difficoltà, comprese come erano, tanto in una direzione che nell’ altra, fra le roccie schistose meno permeabili dell’ Eocene. Dovevano quindi distribuirsi in basso seguendo dal più al meno l’andamento del Calcare di Cabaneira; e, dove esso calcare fu rag- giunto, le acque che conteneva (o che si erano accumulate presso il suo contorno superiore, e nei depositi di rottami che esse stesse avevano accresciuto al contatto colle roccie eoceniche) avevan con- servata notevole proporzione della pressione cui erano andate sog- gette per una caduta quasi intubata da 700-900, e magari 1300 metri, di dislivello. E per il fatto della propaggine profonda estrema verso Nord di questo calcare, noi abbiamo spiegato il fenomeno delle abbondantissime fontane a progr. 2469 e poi della localizzazione loro quasi totale a questa progr., allorquando dato fiato alla frana interna incontrata a progr. 2613-2624, si scarica del contenuto il serbatoio ed ostacolo parziale costituito da questa frana ; e le acque possono ulteriormente circolare affondandosi alquanto più nel cal- care e venire con esso a riemergere e sboccare abbondantemente in un punto più basso nel quale già precedentemente avevano ot- tenuto invito. Ed aggiungerò a questo proposito come la temperatura del tunnel durante la perforazione si sia mantenuta sempre notevol- mente bassa; come fredde sieno state trovate costantemente le acque Schizzo di sezione geologica del Colle di Tenda. fra le progressive 2000 e 7100 metri (da Limone) del nuovo tunnel ferroviario DUE LOCALITÀ FOSSILIFERE, ECC. 163 164 A. FORTIS, DUE l.OCALITA FOSSILIFERE, ECO. o scarse o copiose incontrate successivamente; come queste abbiano relativamente scarseggiato quando allo esterno si avevano cadute di neve o permanenza della neve, mentre abbondavano di più nel periodo di scioglimento della neve, anche senza nuove precipita- zioni di essa; e come, durante la stagione degli acquazzoni, cia- scuno di essi, se un po’ abbondante, influisse ad aumentare sensi- bilmente la copia delle acque sgorganti in galleria (quelle delle fontane rimaste addietro, non quelle all’ avanzata), ad una distanza di tempo talor brevissima, quasi costantemente minore delle ven- tiquattrore. Uno studio che volevo fare paleontologico è risultato invece una più lunga discussione geologica di condizioni materiali incon- trate nella esecuzione di un’ opera d’ arte. Io non dubito però che vista la importanza straordinaria, sotto tanti aspetti, di quest’opera, non sieno per riuscire di interesse anche questi preliminari cenni di informazione (J). [Febbraio-Giugno 1898.] (') A rendere più facilmente comprensibile la mia informazione, unisco, v. pag. 163, uno schizzo della sezione del Colle di Tenda fra progr. 2000 e 7100 del nuovo tunnel ferroviario, alla scala di 1 — 30000. SULLA COSTITUZIONE GEOLOGICA DEI DINTORNI DI SANSEVERO Nota del socio dott. Mario Ricciardelli Sotto il terreno vegetale, che in alcuni luoghi, specialmente nelle parti più basse, è di uno spessore assai ragguardevole e spesso alquanto torboso, trovasi, quasi ovunque, una specie di calcare po- roso bianchiccio. In certi punti esso è terroso e incoerente, in certi altri assai compatto, ed ha uno spessore variabile da pochi centi- metri fino ad oltre un mezzo metro ed anche più ; in tutto il Ta- voliere di Puglia esso vien conosciuto col nome di Crosta. Nelle parti più elevate della pianura, che è del resto poco ondulata, equivale alla Crosta , e si trova immediatamente sotto il terreno vegetale, uno strato di calcare terroso giallastro, di uno spessore di cinquanta centimetri tutt’ al più, racchiudente glebe, septarie, e noduli di carbonato di calcio in istato polverulento, pu- rissimo o quasi, costituito da microscopici cristalletti di calcite, che, a primo aspetto, si potrebbe paragonare alla creta bianca di Francia e d’ Inghilterra. Questo strato è conosciuto volgarmente in quasi tutta la Puglia col nome di Càrparo. La Crosta ed il Carparo sono probabilmente un residuo di alterazioni dei terreni alluvio- nali, principalmente costituiti con materiali calcarei provenienti dal Gargano. In alcuni luoghi poi, specialmente nei più elevati, sotto al terreno vegetale, di potenza esilissima, invece della Crosta e del Carparo, si trova un banco assai potente, specialmente a Torre- maggiore (Ovest di Sansevero), di ghiaie di non grandi dimensioni, con cemento in massima parte siliceo, formate da calcari bianchi o scuri, da selce del Gargano e da arenarie ; queste ghiaie sono pure miste a sabbie più o meno agglutinate. Talvolta esse formano un conglomerato di 5 metri e più di potenza, tal’altra dei sottili 166 M. KICCIARDELI.t straterelli racchiudenti qualche nodulo di calcare terroso. Questa formazione è strettamente legata, nella parte inferiore, ad uno strato di sabbia gialla sciolta, più o meno argillosa, alta fin qualche me- tro, detta Sabbione , che nella parte più profonda è agglutinata da cemento calcare, in modo da formare quasi una poco coerente are- naria, con numerose valve di Ostrea lamellosa Brocc., Pecten Ja- cobaeus Linn., P. varius L., P. opercularis L., Membraniporae. Di tali specie ho raccolto numerosi esemplari nelle cave a Sud di Sansevero, nel pozzo di Cotinone, a Nord-Nord-Est della città, ad Ovest di Torremaggiore, sulla via di Foggia ed altrove. Nessun altro fossile vi ho rinvenuto, salvo qualche impronta vegetale. Questo strato di sabbia gialla è preceduto immediatamente da un’argilla giallastra marnosa, leggermente sabbiosa, che serve assai bene per fabbricare mattoni ed altro materiale da costruzione, e la cui altezza varia da circa 1 metro a 8 o 10 m. I fossili sono presso a poco i medesimi di quelli che si trovano nello strato sabbioso sovrastante, tranne la minor frequenza delle valve di Ostrea e di Pecten. Sotto questo strato di argilla, al cui livello si arrestano quasi tutte le escavazioni per i pozzi di questa regione, giacché la sua superficie serve di letto impermeabile alle acque, vi è uno strato di argilla turchina, assai sabbiosa da principio, ma molto compatta inferiormente, che raggiunge uno spessore assai ragguardevole, a detta dei lavoranti nei pozzi. Tale argilla, la più ricca di specie fossili di tutta la formazione dei piani Pugliesi, fu da me osser- vata in un pozzo in costruzione presso Torremaggiore, ed è quivi che ho raccolto gli scarsi fossili che vi si trovano. Essi presentano un grado di fossilizzazione simile a quello dei molluschi pliocenici delle colline di Pisa e di Siena. Le specie sono le seguenti : Ostrea stentina Payr., Anomia ephippium Lin., Pecten oper- cularis Linn., Nucula nucleus Linn., Limopsis aurita Sassi, Spor- tala recondita Fischer, Syndosmia anguiosa Renier, Cytherea rudis Poli, C. multilamella Phil., Artemis exoleta Linn., Cor- bula gibba Olivi, Cylichna truncata Mtg., Ringicula leptochila Brugnone, Eulima subulata Don., Cerithium scabrum Olivi, Nassa semistriata Brc., Cleodora pyramidata Linn., Rotalina sp., Poly- stomella sp. SULLA COSTITUZIONE GEOLOGICA DEI DINTORNI DI SANSEVERO 167 Quest’ultimo strato, a cui si è giunti con le escavazioni, nella ricerca di acqua potabile, non è mai stato traversato del tutto, onde la sua potenza è ancora sconosciuta. In pozzi a Petrulli e Candigliano , a Sud-Ovest di Sansevero, ho trovata abbondante la Modiola adriatica Lch. Nel predetto pozzo di Torremaggiore, in mezzo alle argille, alternano strati sabbiosi molto silicei, con numerose impronte di piante, forse Equisetacee. Queste argille con sabbie si sviluppano assai nelle colline di Dragonara, e si riconnettono regolarmente con le formazioni, appartenenti all' istessa epoca, del Subappennino al di là del Fortore. Le specie ivi trovate sono tutte ancora viventi nel Mediter- raneo, e perciò recentissime; ed il terreno non può appartenere che ad un Postpliocene molto recente, insieme con le sabbie e con le ghiaie di Torremaggiore e luoghi vicini. Tutti gli strati poi sono orizzontali, o press’ a poco, e vanno assottigliandosi a misura che procedono verso il Gargano. Verso Apricena e altrove, massimamente a Poggio Imperiale, trovasi una nuova formazione, un banco di calcare giallastro, talora compattis- simo, ma per lo più poco compatto, talora anche alquanto sabbioso, di origine marina, che è tutto un impasto di minuti organismi. Vi si trovano insieme dei conglomerati di piccole ghiaie dei calcari del Gargano, cementate a loro volta da una sabbia molto calcari- fera. Questa formazione cessa quasi bruscamente all’apparire della breccia calcare alla base del Gargano e verso la sommità di Poggio Imperiale. Essa è per contro sviluppatissima sui primi contrafforti del Gargano, dal lato Nord-Ovest ed in altri punti vicini ad Apri- cena, ove posa sopra il calcare ceroide del Gargano, e forma banchi di qualche metro di spessore con leggera inclinazione a Sud-Est. Vi si trovano parecchie grotte artificiali, che sono antiche cave di tufo, e dimostrano l’ importanza che ha avuto e ha tuttora questo ma- teriale per le costruzioni. In parecchi punti nei dintorni immediati di Apricena, sulla strada di Sansevero, come pure sotto il paese stesso, e a Sud-Ovest, e a Poggio Pannona fino all’ Ingarana, a Nord-Nord-Est del paese, alle falde del Gargano, ho raccolto i se- guenti fossili : Radioli di Echinus , Vermilia, Ditrupa, Membraniporae , Ver- me tus, Rissoaej Adeorbis Woodi Hòrnes, frammenti di Ostrea edulis 168 M. RICCIARDELLI Linn., Pecten Jacobaeus Linn., P. pes-felis Linn., Arca sp., Perna Soldanii Desh., Cardium sp., Tellina sp., Nodosaria raphanistrum Linn., A mphistegina sp., Rotalina sp., ed altre foraminifere. Questa roccia appartiene certamente al Pliocene ed ha grandi analogie col calcare ad Amphistegina delle Calabrie e del rima- nente d’ Italia. La stessa formazione si ripete nella regione Valle Scura a Nord di Apricena, assai più oltre all’ Ingarana, e qui pure sono i soliti frammenti di Pecten, Briozoì, e di altri organismi, con piccole ghiaietto provenienti dalle contigue roccie del Gargano. Al di là di Apricena, in direzione dei monti garganici, in una località chiamata Poggio Pannona, e propriamente presso il cimi- tero del paese, affiora un primo lembo del calcare chiaro-giallastro ceroide del Gargano, che è stato utilizzato come materiale da co- struzione, aprendovi una piccola cava. Esaminando tale cava ed il materiale estrattone, come pure altri punti della contrada Ingarana, vi ho trovato vari esemplari di Radiolites, di una specie apparen- temente nuova, che forse fu in passato ritenuta Hippurites, ed at- tribuita all 'IL cornu vaccinum ; inoltre molti frammenti di Cha- macee e di Rudiste indeterminabili, ed una vera Hippurites sp. Essendo le Hippurites proprie del Cretaceo superiore, cioè del Turoniano o del Senoniano, non v’ ha dubbio che questo lembo di calcare a Rudiste debba ascriversi a tale epoca geologica. Gli strati inclinano di 25 gradi a Sud-Ovest, e si ritrovano poi, nella stessa direzione ed inclinazione, a Poggio Imperiale, uscenti di sotto al tufo calcare, che in queste località ha qualche metro di spessore. Concludendo, i terreni superficiali del piano circostante a San- severo, come in tutta la Capitanata, secondo gli studi del Nic- coli (Q e di altri, sono la Crosta ed il Carparo. Sotto, fino alle maggiori profondità raggiunte dai pozzi, si trovano pure, come in tutta la Capitanata, argille e sabbie marine, appartenenti al Post- pliocene il più recente, non già al Pliocene, come supposero alcuni autori, e come vedesi in alcune carte geologiche d’ Italia. (') Niccoli E., Cenni sulla costituzione geologica del Tavoliere di Pu- glia. Bollett. del R. Comit. Geolog. d’ It. voi. X, anno 1879, p. 356. SULLA COSTITUZIONE GEOLOGICA DEI DINTORNI DI SA NSEVEHO 1 69 Il Pliocene è invece rappresentato da calcari ad Amphistegiaci ed a Briozoi nei dintorni di Apricena, comparabili ai calcari a Briozoi di Ganosa, già attribuiti al Pliocene dal Niccoli predetto. Anche Cassetti e Viola (') attribuirono al Pliocene i calcari a Briozoi di Apricena, unendovi però le sabbie e le argille recen- tissime del piano. I calcari compatti ad Hippurites e Radiolites dei dintorni di Apricena appartengono poi certamente alla Creta superiore, non già all’ Urgoniano, come i due succitati autori supposero, e come è in- dicato in alcune carte geologiche. Ponendo fine a queste mie brevi osservazioni, sento il bisogno di ringraziare il prof. Carlo De Stefani, che ha voluto essermi di cortese aiuto, e il bravo Enrico Bercigli, che mi fu compagno e guida esperta nelle mie escursioni. [Aprile-Giugno 1898J (J) Viola C. e Cassetti M., Contributo alla geologia del Gargano. Bollett. del K. Comit. Geolog. d’ It., serie III, voi. IV, anno 1893, fase. 2°. GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA [con una tavola] SCRITTA. dal socio G. DE LORENZO PER SERVIRE ALLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA nell’adunanza GENERALE ESTIVA (Settembre 1898) INTRODUZIONE. Chi, partito da Napoli, ha visto innanzi ai suoi occhi rapi- damente trascorrere come visione fatata la meravigliosa costa tir- rena, sente forse stringersi penosamente il cuore, allorché lungo la ferrovia si avanza tra le brulle montagne calcaree, che fanno corona all’ampio Vallo di Diano; ma quand' egli scende dal treno a Lagonegro, se alberga nel suo spirito sentimento estetico, resta non poco sorpreso e ammirato, nel trovarsi quasi per incanto portato nel cuore d’ una regione essenzialmente alpestre, innanzi a un paesaggio dalle linee severe e imponenti, tra alte montagne boscose, che cingono strettamente la valle bruna, dal cui fondo s’ innalza sonoro il concerto sinfoniale delle acque correnti. Gli orti, i vigneti e i brevi campi, che allietano in basso la valle, si perdono a poco a poco verso l’alto nella zona verdeggiante dei boschi di castagni e di querce, la quale poi a sua volta cede an- ch’ essa il luogo ai grandi faggi secolari, che ammantano le spalle ingenti dei monti e salgono sulle cime più alte di essi fin oltre i duemila metri sul mare vicino. Il paesaggio pittoresco è per i geologi tanto più interessante, in quanto che esso si esplica tra montagne, le quali, per l’ anti- chità e l’ importanza delle rocce che le compongono, costituiscono G. DE LORENZO, GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO, ECC. 171 quasi la colonna vertebrale di questa parte dell’ Appennino meri- dionale. Ma, nonostante la bellezza dei luoghi e il molteplice in- teresse scientifico, che essi presentano, fino a pochi anni addietro non si avevano di questa regione che pochi cenni vaghi, di carat- tere generale, e mancavano quasi del tutto su essa notizie ed osser- vazioni di indole geografica e geologica. Nel settembre del 1835 passò per Lagonegro Sartorius von Waltershausen, il quale si limitò a descrivere con caldi colori (’) « die einsame, grossartige Landschaft », senza preoccuparsi della costituzione geologica di essa. Pochi anni dopo P. de Tchihatcheff fece tra i monti di Lagonegro le prime osservazioni geologiche, descrivendo con entusiasmo (2) gli scisti silicei triasici, che egli ascrisse al gruppo dell’Oxford-clay. E subito dopo, e con non mi- nore entusiasmo, parlò dei medesimi scisti il nostro Pilla (3), che li ritenne rocce metamorfiche appartenenti alla serie del macigno, meravigliandosi per altro di trovarli lontani da qualsiasi causa metamorfizzante. I calcari a noduli di selce, sottoposti immedia- tamente agli scisti, furono da lui riguardati come neocomiani. Arcangelo Scacchi, facendo delle considerazioni generali (4) sulla geologia dell’ Appennino meridionale, parlò dei numerosi fossili (rudiste), che si trovano nei calcari bruni di Lauria, contradicendo così l’opinione, allora comunemente invalsa, della scarsezza dei fossili nelle nostre montagne. Sulle quali, dopo il lavoro di Scacchi, si stese di nuovo circa un trentennio di silenzio, appena interrotto dagli studi di De Giorgi (5), il quale si limitò ad accennare alla esi- stenza del cretaceo nei dintorni di Lagonegro e a dipingervi anche il giurassico sulla carta geologica, che accompagna il volume. Più tardi G. Bruno, fondandosi su criteri litologici e stratigrafici, asse- P) W. Sartorius von Waltershausen, Ber Aetna. Leipzig, 1880, I Band, pag. 33. (2) Pierre de Tchihatcheff, Coup d'ceil sur la constitution géologique des provinces méridionales du royaume de Naples. Berlin, 1842. (3) L. Pilla, Saggio comparativo dei terreni che compongono il suolo d' Italia. Pisa, 1845. — Trattato di geologia. Pisa, 1847, voi. I, pag. 524. (4) A. Scacchi e L. Palmieri, Della regione vulcanica del monte Vul- ture. Napoli, 1852, pag. 20. (5) C. De Giorgi, Note geologiche sulla Basilicata. Lecce, 1879. 12 172 G. DE LORENZO gnò (') al cretaceo inferiore e al medio i calcari a noduli di selce e gli scisti silicei del monte Sirino, e al cretaceo superiore i calcari dei monti di Lauria. Questi stessi calcari a noduli di selce e scisti silicei del Sirino furono 1’ anno appresso descritti da Viola (2) come una facies dell’ eocene medio ; e con ciò si chiuse per allora la breve letteratura geologica dei dintorni di Lagonegro. Nel 1892 appunto cominciai ad occuparmi della geologia di quei luoghi e, raccogliendovi numerosi fossili e rilevando moltis- simi spaccati, potei, nel corso di alcuni anni, rivelare (3) in essi 1’ esi- stenza di una complessa serie stratigrafica, illustrando nello stesso tempo in parte le numerose e complicate disturbanze tettoniche, a cui quelle montagne debbono essenzialmente 1’ origine loro. Anche geologi stranieri contribuirono (J) alcun poco con la loro opera a rischiarare la geologia di quelle contrade, rimasta fin’ allora così oscura e misteriosa. (*) G. Bruno, Breve cenno geologico sull'alta valle del fiume Sinni-, nel- l’opuscolo di M. Lacava, I bagni di Latronico. Potenza, 1891. (2) C. Viola, Nota preliminare sulla regione dei gabbri e delle serpen- tine nell'alta valle del Sinni in Basilicata (Boll. Com. geol., 1892). (3) G. De Lorenzo, Osservazioni geologiche nei dintorni di Lagonegro (Rend. Acc. Lincei, 1892). — Avanzi morenici di un antico ghiacciaio del monte Sirino (ibidem, 1892). — Sul Trias dei dintorni di Lagonegro (Atti Acc. d. Scienze di Napoli, voi. V, 1893). — R Postpliocene morenico nel gruppo montuoso del Sirino (Rend. Acc. Lincei, 1893). — Sulla geologia dei din- torni di Lagonagro (ibidem, 1894). — Le montagne mesozoiche di Lagonegro (Atti Acc. d. Scienze di Napoli, voi. VI, 1894). — Osservazioni geologiche sul tronco ferroviario Casalbuono- Lagone grò (Atti d. R. Istituto d’incorag- giamento di Napoli, voi VÌI, 1894). — Osservazioni geologiche nell' Appen- nino della Basilicata meridionale (Atti Acc. d. Scienze di Napoli, voi. VII). — Bemerkungen ùber die Trias des sudlichen Italienund Siciliens (Verhandl. d. geolog. Reichsanstalt in Wien, 1895). — Noch ein Wort uber die Trias des sudlichen Italien und Siciliens (ibidem, 1896). — Studi di geologia nell' Appennino meridionale (Atti Acc. d. Scienze di Napoli, voi. Vili, 1896). — Fossili del Trias medio di Lagonegro (Palaeontographia italica, voi. II, 1896). — Reliquie di grandi laghi pleistocenici nell' Italia meridionale (Atti Acc. d. Scienze di Napoli, voi. IX, 1898). (4) A. Bittner, Brachiopoden aus der Trias von Lagonegro (Jalirbuch der geol. Reichsanstalt in Wien, 1894). — E. v. Mojsisovics, Zur Altersbe- stimmung der sicilischen und suditalischen ILalobienkalke (Verhandlungen, ibidem, 1896). — E. Bose u. G. De Lorenzo, Geologische Beobachtungen in der sudlichen Basilicata und dem nordwestlichen Calabrien (Jahrbuch, ibi- dem, 1896). GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 173 In tal modo si può ora della costituzione geologica dei din- torni di Lagonegro presentare un quadro, se non finito, almeno nelle linee generali sicuramente e chiaramente abbozzato; con l’augurio, che ulteriori ricerche possano presto risolvere i problemi, che ancor pesano oscuri sugli studi già fatti, e rendano così com- pletamente nota questa plaga così bella ed interessante dell’Ap- pennino meridionale. Parte I. Stratigrafia. Le montagne più alte e più grandi dei dintorni di Lagonegro, che si stendono a nord e ad est del paese e formano lo sparti- acque appenninico, sono essenzialmente costituite dai terreni del trias e propriamente da quelli del trias medio, a cui solo qua e là si sovrappongono accessoriamente piccoli lembi appartenenti a piani mesozoici più elevati nella serie stratigrafica. Invece i monti del versante tirreno, che si addensano a ovest e a sud di Lago- negro, sono nella loro gran massa formati da rocce del trias su- periore, del lias e della creta, sotto cui solo subordinatamente in pochi punti affiorano le rocce più antiche. Le valli e le depres- sioni sono poi generalmente riempite da materiali terziari, appar- tenenti all’ eocene superiore, a cui qua e là si aggiungono a volte piccoli lembi di terreni quaternari. § 1. Trias. Le due parti in cui può distinguersi il trias — trias medio e trias superiore — • sono nettamente staccate l’ una dall’ altra non solo nei punti in cui si vedono direttamente sovrapposte, ma anche nella distribuzione orizzontale visibile; perchè infatti il trias medio, nei vari membri in cui può dividersi, forma da solo, come già dianzi s’ è accennato, tutte le montagne più alte e più grandi di questa parte dell’ Appennino ; mentre il trias superiore, anzi che 174 G. DE LORENZO unirsi ad esso, sembra piuttosto strettamente legato ai terreni del lias e della creta, per formare con questi le ingenti pile calcareo- dolomitiche, da cui sono costituiti non solo i monti lagonegresi del versante tirreno, ma tutti i monti maggiori dell'Appennino meridionale, dal gruppo del Matese fino a quello del Pollino. Trias medio. Il trias medio di Lagonegro è costituito, dal basso all’ alto, dai seguenti terreni : I. Calcari a liste e noduli di selce, nettamente stratificati in banchi piuttosto grossi, di colori prevalentemente scuri, non bi- tuminosi, a volte anche chiari, con intercalazioni di scisti mar- nosi, passanti gradatamente verso 1’ alto alla sopraincombente massa degli scisti silicei. Questi calcari raggiungono e passano i 500 metri di potenza, rappresentano la base visibile più profonda di tutti i posteriori terreni e formano le montagne maggiori dei din- torni di Lagonegro. Il gruppo ingente del monte Sirino e del monte Papa con i suoi contrafforti, la serra Bramafarina, i monti Gurmara, Castagnareto, Milègo, Bitonto, ecc., sono nelle loro masse per intero costituiti da questi calcari, a cui solo esternamente si sovrappone una veste di scisti silicei; essi inoltre compaiono nella gola profonda del fiume Serra, tanto sopra che sotto il paese, e anche lungo il corso del Noce, tra la confluenza col Serra e quella colVurieddu; si vedono poi benissimo nelle vicinanze dell’abitato, sia lungo la carrozzabile di Calabria che in quella di Napoli. In tali calcari ho trovato, dove più e dove meno frequenti, avanzi di radiolarie, di alghe e di lamellibranchiaci, tra cui è possibile di- stinguere : Chondriles prodromus Heer. » triasinus De Stef. » bollensis Ziet. sp. » potamicus De Lorz. » (?) sirùius De Lorz. Cenosphaera sp. sp. Staurolonchidium sp. sp. Triactis sp. sp. Monotis limaeformis Gemm. » GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 175 Posidonomya gibbosa Gemm. » a finis Gemm. » lineolata Gemm. » fasciata Gemm. Halobia lucana De Lorz. » sicula Gemm. » insignis Gemm. I depositi fossiliferi più abbondanti si trovano nella gola del fiume Serra, detta Cararuncedde, a oriente del paese. Dall’ esame di queste forme si può solamente dedurre, che i nostri calcari sono equivalenti ai calcari a noduli di selce della regione occi- dentale della Sicilia, i quali contengono la medesima fauna; ma non si possono estendere i paragoni al trias alpino, perchè i fossili non nuovi trovati in quei calcari siciliani sono mal conservati e quindi di dubbia determinazione. Quando si saranno paragonate le halobie del trias alpino con quelle del trias siciliano e del resto del bacino me- diterraneo e si sarà forse visto, che parecchie di esse, tenute ora di- stinte, sono da riferirsi a una stessa specie (come p. es. la Halobia in- signis Gemm., del trias di Sicilia e di Lagonegro, la quale forse non rappresenta altro che degli esemplari della Halobia Lommeli Wissm., i quali differiscono apparentemente da questa, solo perchè sono conser- vati integri in roccia calcarea, e non sono meccanicamente schiacciati come le forme degli scisti alpini), allora si potranno anche fare dei paragoni stratigrafici più precisi : per ora 1’ età dei calcari a no- duli di selce e a halobie di Lagonegro è indicata solo dagli ele- menti, che si trovano nei terreni soprastanti. II. Tra gli strati più alti dei calcari a noduli di selce comin- ciano a intercalarsi degli scisti marnosi, argillosi e silicei, che pas- sano superiormente a una pila di scisti silicei e di diaspri policromi, potenti in qualche punto fino a 300 metri, i quali coprono, total- mente o in parte, le grandi pieghe formate dai sottostanti calcari a halobie. Dove gli strati sono più marnosi o argillosi si osser- vano delle alternanze bellissime di colori rossi, gialli, verdi, vio- lacei, e un esempio magnifico se ne ha vicino al paese, lungo la strada delle Calabrie, nel taglio artificiale presso al ponte Cara- runcedde, sul fiume Serra: non così bene si rileva questo fatto dalla parte opposta, lungo la via di Napoli, dove gli scisti sono 176 G. DE LORENZO prevalentemente rossi e giallastri. Quando poi gli scisti, specialmente negli strati superiori, si fanno più compatti e assumono una tinta gialletta, allora essi si sfaldano con un clivaggio romboedrico per- fettissimo, che suscitò già 1’ ammirazione di Pilla, e che può os- servarsi benissimo sulla medesima via di Calabria, lungo la cosi- detta Grada, al di là del ponte Cararuncedde. Tutti questi scisti sono costituiti da innumerevoli scheletri silicei di radiolarie e por- tano spesso sulle superficie degli strati avanzi di fucoidi; tra le une e le altre fu possibile finora distinguere le forme seguenti: Chondrites prodromus Heer. » triasinus De Stef. » bollensis Ziet. sp. Cenosphaera sp. EUipsidium sp. Porodiscus sp. Sphaerozoum sp. Sethocapsa sp. Dicolocapsa sp. Lithapium sp. Lithocampe sp. Phodosphaera sp. Amphibrachium sp. Rhopalastrvm sp. Anche questa volta però gli avanzi organici non dànno alcun elemento per stabilire Y età precisa degli strati che li contengono, e conviene ricercare la soluzione in un altro dei terreni compo- nenti il trias medio di Lagonegro. III. Intercalate amigdaloidamente negli scisti silicei, e qualche volta, ma raramente, anche nei calcari, si trovano delle scogliere calcaree grigio-chiare, apparentemente non stratificate, ma tagliate da molti piani di clivaggio, potenti in media da 50 fino a 300 metri. Queste scogliere rispetto ai calcari a noduli di selce e agli scisti silicei non hanno una grande estensione superficiale e quindi non assumono una parte principale nella configurazione orografica, ma viceversa sono di grande importanza per i numerosi ed interessanti fossili che contengono, e a cui debbono anche la loro origine, non essendo esse altro che scogliere di alghe calcarifere, ricche d’una GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGON’EGRO IN BASILICATA 177 svariata fauna sottomarina. Queste scogliere sono principalmente sviluppate nelle parti più alte dei corsi dei fiumi Noce e Calore, cioè a Samuele, Malombra, Murge del Principe, Rocca Rossa, Alzo di Castello, ecc. Nei dintorni immediati di Lagonegro le più im- portanti si trovano nella valle del Chiotto, al Monticello e al Roc- cazzo. Si vedono anche nel valloncello del Vurieddu, a sud del monte Arenazzo, di dove si prolungano verso sud-est e, passando per la costa dello Spavento, vanno fino a S. Antonio e a S. Fran- cesco, toccando le case più alte della parte settentrionale del paese. Di qui si stendono a sud, affiorando qua e là sotto le case e gli orti della parte occidentale di Lagonegro, e si risollevano poi di nuovo a formare 1’ erma e pittoresca rupe, su cui siedono le case più antiche dell’ abitato e il castello. I fossili in generale sono rari; ma qua e là, specialmente nella valle del Chiotto, m’è avvenuto di trovare dei giacimenti o nidi, che hanno fornito gli avanzi seguenti dell’ antica fauna e della flora, da cui quelle sco- gliere furono in origine essenzialmente costituite: Diptlopora nodosa Schafh. » porosa Schafh. » Beneckei Salomon. » Gurmarae De Lorz. Cenospìiaera sp. Sphaerozoum sp. Porodiscus sp. Terebratula Sturi Laube. Aulacothyris sp. ind. Rhynchonella sp. Spiri ferma ( Mentzelia i) ampia Bittn. » sp. ind. ex aff. Sp. fragilis Scloth. » sp. ind. ex aff. Sp. piae Bittn. Spingerà ( Diplospirella ) Wissmanni Munst. sp. Koninckina De Lorenzoi Bittn. Amphiclina sp. ind. Collonia cincta Munst. sp. Turbo ? vixcarinatus Miinst. Eunemopsis cfr. praecurrens Kittl. Neritopsis distincta Kittl. 178 G. DE LORENZO Navicella acutecostata Klipst. Naticopsis ( Hologyra ) cleclivis Kittl. » pseo do angusta Kittl. « sublimneiformis Kittl. » sp. ind. Capulusì sp. ind. Loxomena Kokeni Kittl. Euslylus loxomenoides Kittl. Euchrysalis tenuicarinata Kittl. Spirocyclina eucycla Laube sp. Avicula caudata Stopp. » sp. ind. Cassianella cfr. Johannis-Boehmi Salomon. Posidonomya Gemmellaroi De Lorz. » Bittneri De Lorz. Halobia Bassanii De Lorz. » lenticularis Gemm. » cfr. styriaca Mojs. sp. Aviculopecten Wissmanni Miinst. sp. Pecten ( Leptochondria ) tirolicus Bitta. » discites Schloth. » tenuicostatus Horn. » stenodichtyus Salomon. » subalternans Orb. » aff. P. Margheritae Hauer. " tubulifer Miinst. Lima aff. swbpunctata Orb. » alternaus Bitta. » angulata Miinst. » Victoriae De Lorz. » sp. Mysidioptera ornala Salomon. » Camalli Stopp. sp. lerquemia ( Placunopsis ?) denticostata Laube sp. Placunopsis cfr. fissistriata Winkl. Plicatula sp. Gonodum cfr. planimi Miinst. sp. Orthoceras sp. ind. GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONF.GRO IN BASILICATA 179 Nautilus cfr. longobardicus Mojs. » cfr. lilianus Mojs. » mericlionalis De Lorz. « cfr. Carolinus Mojs. Pleuronautilus Cornaliae Stopp. sp. Celtites cfr. Bachii Klipst. sp. Binar ites Misanii Mojs. Arpadites sp. nov. ind. del gruppo dell' Arp. Arpadis Mojs. Arpadites cinensis Mojs. « Mojsisovicsi De Lorz. Protracliyceras cfr. ladinum Mojs. » cfr. Archelaus Laub sp. » pseudo- Archelaus Boeckh sp. Proarcesles subtridentinus Mojs. Pinacoceras ind. ex aff. P. Danesi Mojs. Atractites sp. Da questa lista risulta chiaramente, che le scogliere calcaree dei dintorni di Lagonegro hanno la medesima età dei calcari di Esino e della Marmolata e degli strati di Wengen e di S. Cas- siano, e che quindi allo stesso orizzonte bisogna riferire gli scisti silicei, di cui il calcare a scogliera non rappresenta che una facies diversa contemporanea. Siccome però gli scisti silicei sono indis- solubilmente legati ai sottostanti calcari a noduli di selce e in questi giungono anche le scogliere calcaree con la fauna soprase- gnata, ne consegue che questi tre terreni rappresentano comples- sivamente la parte superiore del trias medio e propriamente quel gruppo ladinico , istituito da Bittner, il quale nelle Alpi setten- trionali comprende il Wettersteinkalk, i Partnachschichten, i Kei- flinger Kalke e parte del Ramsaudolomit di Bòse e nelle Alpi meridionali gli strati di Wengen e di S. Cassiano, gli strati di Buchenstein, il calcare di Esino, del Lathemar e della Marmolata e la dolomite dello Schiera. Trias superiore. Sopra gli scisti silicei si trovano, non legate da passaggi gra- duali, ma appoggiate con brusca transizione, delle dolomiti gene- 180 G. DK LORENZO Talmente bianche, raramente scure, quasi sempre bituminose, sfa- rinabili e sabbiose, contenenti spesso intercalazioni di calcari scuri o neri. Queste dolomiti, che hanno grande spessore e larga esten- sione in tutto il resto dell'Italia meridionale, hanno invece poca impor- tanza nell’ orografia dei dintorni di Lagonegro. Costituiscono il monte Arenazzo, dove si appoggiano agli scisti silicei dei Vruschiddi, e, passando sotto il Foraporta, dove sono coperti dai calcari neri del lias inferiore, si estendono verso ovest e nord-ovest, a formare le basi del monte Cervaro e della Pertusata e la plaga occidentale dei Cardini. Parte di queste dolomiti a intercalazioni calcaree fu da me, nei miei precedenti lavori, erroneamente interpretata e de- scritta come appartenente al lias inferiore. Lo stesso debbo dire per le dolomiti, che si presentano lungo il corso del Noce, a Nizzullo, monte Jatile e Serra Luceta, e per quelle dello sperone roccioso a nord di Nemoli, che furono da me parimenti ritenute come lia- siche, mentre molto probabilmente vanno riferite al trias superiore; riducendosi il lias inferiore a pochi lembi di calcari scuri, i quali peraltro son difficili a separare dalle sottostanti dolomiti a inter- calazioni calcaree, anche a causa delle numerose fratture con scor- rimenti, da cui tutta la massa è attraversata e scomposta. Le vere dolomiti bianche, come quelle del monte Arenazzo, contengono, dove più e dove meno bene conservati, numerosi fossili, in cui io finora ho potuto distinguere le forme seguenti: Gyroporella vesiculifera Gurnb. Diplopora sp. Gervilleia exilis Stopp. sp. Pecten Hallensis Wòhnn. » Schio sseri Wòhrm. » cfr. subalternans Orb. Myophoria cfr. fissidentata Wohrm. Queste dolomiti, come le altre dell’Italia meridionale, corri- spondono perfettamente al Hauptdolomit alpino e con molta pro- babilità esse nella parte inferiore rappresentano anche il livello di Raibl. È da notare, che nelle parti più elevate di esse non si sono trovati finora dei fossili, i quali possano far sospettare 1’ esistenza d’ un orizzonte equivalente a quello di Kossen, o di un piano retico sensu strido. GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI I.AG0.NEGRO IN BASILICATA 181 § 2. L i a s. Nei miei primi lavori avevo erroneamente assegnato al lias alcuni terreni, i quali invece, come s’ è qui innanzi accennato, vanno con molta probabilità riferiti al trias superiore: così buona parte delle dolomiti e dei calcari dolomitici dello sperone sopra la fer- riera di Nemoli, di Serra Luceta, di Nizzullo, della Pertusata, del Foraporta, di Malapignata e di Samuele, che nella mia carta geo- logica dei dintorni di Lagonegro, pubblicata nel 1894, sono uni- formemente dipinti col colore del lias inferiore, vanno invece smembrati in due parti, di cui una, la maggiore, spetta forse al Hauptdolomit, mentre l’ altra può ritenersi con sicurezza come ap- partenente al lias. Il lias, ridotto così nei suoi veri termini, è rap- presentato da calcari scuri o neri, bituminosi, in strati piuttosto sottili, compatti, a volte anche marnosi. Questi calcari, sovrappo- nendosi al Hauptdolomit, coronano le cime di Serra Luceta e monte Jatile e formano la parte superiore del monte Foraporta e della Pertusata. Sempre addossati al trias superiore, ma coperti a loro volta dai calcari cretacei, si trovano anche nelle falde orientali dei monti Cervaro e Rotondo e nei contrafforti orientali del gruppo di Serralonga, a Nizzullo. Appariscono anche nello sperone calcareo- dolomitico, che si trova a nord di Nemoli, dove per altro son dif- ficili a sceverare dai calcari e dalle dolomiti triasiche, con cui si trovano avvicendati, a causa di numerose e complicate fratture. Più a nord, nelle alture di Montesano, e più a sud, nei monti di Ri- vello e di Lamia, il lias si dilegua ; e i calcari cretacei a rudiste si stendono direttamente sul Hauptdolomit. Fossili in questi calcari non mancano, specialmente brachiopodi e lamellibranchiati, e non raramente avviene di incontrare avanzi isolati di questi e di gastropodi, cefalopodi e anche di pesci; ma i giacimenti ricchi non sono tanto frequenti. Solo sulle pendici settentrionali e meridionali di Serra Luceta e nella valle di Niz- zullo mi è avvenuto di trovare due grossi banchi di lamellibran- chiati. Al monte Foraporta poi, e precisamente all’ apice orientale di esso, dal lato che guarda i Carcuni, si trova un ricchissimo 182 G. DE LORENZO banco di brachiopodi, in cui incidentalmente si trovano anche avanzi di altri animali. Da un buono studio paleontologico si potrebbero ricavare interessanti risultati. Le forme da me finora riscontrato sono le seguenti: Terebratula puri data Sow. « panciata Sow. var. ovatissima Quenst. » punctata Sow. var. Andleri Opp. » basilica Opp. » Fòtterlei Bòckh. Rhynchonella pacatissima Quenst. var. appianata Rothpl. » fascicostata Ubi. » fissicostata Suess var. appianata Zugm. " curviceps Quenst. sp. « cfr. Fraasi Opp. » cfr. Cartieri Opp. Rhy nello nellina cfr. alpina Parona. Pleurolomaria sp. ind. Natica sp. ind. Pecten ( Pseudo-amussium ) Ilelilii d' Orb. Semipecten ( Hinnites ) cfr. velatus d’ Orb. sp. Lima ( Radula ) Eaueri Stol. » » succincta Schloth. * ( Plagiostoma ) Choffati Di Stef. Modiola Gemmellaroi Di Stef. Myochoncha sp. ind. Arietites sp. ind. Phylloceras sp. ind. Lepidotus sp. ind. L’ insieme di questa fauna dimostra, che i calcari, in cui essa è contenuta, sono sincroni con quelli di Rossano nella Calabria settentrionale e con gli altri, notissimi, di Taormina, e al pari di questi appartengono alla parte superiore del lias inferiore. GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 183 § 3. Cretaceo. Terreni cretacei non esistono nelle vicinanze immediate di Lagonegro. I più prossimi si trovano a occidente, sulla sponda destra del fiume Noce, dove formano la parte superiore del monte Cervaro e del monte Rotondo, i monti di Mascilimiero, e infine il grande massiccio del Coccovello. Verso sud-est bisogna allontanarsi da Lagonegro d’ una diecina di chilometri, fino ai monti di Lauria, per rinvenirli di nuovo estesamente e potentemente sviluppati. A Cervaro, Monte Rotondo e Mascilimiero essi si appoggiano al lias ; al Coccovello invece e nei monti di Lauria si stendono direttamente sul Hauptdolomit, raggiungendo uno spessore di circa mille metri. In questa enorme pila le variazioni verticali sono quasi nulle : non si vedono che grandi banchi, nettamente stratificati, di calcari grigi e scuri, bituminosi, raramente intercalati da straterelli di marne verdi. Questi banchi sono ricchissimi a volte di avanzi di rudiste e di chamacee, da cui sembrano quasi per intero costituiti. Negli strati inferiori predominano le requienie e le sferuliti urgoniane ; nei superiori sono abbondantissime le sferuliti e le ippuriti turo- niane ( ffipp . gosaviensis Douv., Radiolites Sauvagesi d’Ombre Firmas ecc.), spesso accompagnate dalle solite acteonelle e nerinee di quel piano. Stante però l’uniformità di composizione della grande pila calcarea e lo stato poco avanzato degli studi nel cretaceo del- l’Appennino meridionale, non è possibile distinguere per ora con precisione in esso tutti i vari piani e sottopiani, che sono stati già altrove determinati in base alle minute ricerche paleontologiche. § 4. Eocene . Le grandi valli e le piccole insenature sono in generale col- mate, e anche le minori elevazioni sono a volte coperte, da un ter- reno di costituzione molto complessa, in cui gli scisti argillosi e le argille scagliose predominanti si avvicendano con scisti galestrini, 184 G- DE LORENZO con calcari marnosi, breccioline calcaree e silicee, arenarie e altre rocce di genesi e di determinazione oscura, che riunite tutte insieme formano quella facies , a cui si dà comunemente il nome di Flysch. Questo terreno si depositò indifferentemente su tutti i terreni più antichi, da quelli del trias medio fino ai calcari del cretaceo supe- riore, tutti ampiamente già abrasi e denudati ; ma si trova ora di preferenza raccolto in fondo alle valli, perchè, essendo non solo il terreno più recente ma anche il più facilimente denudabile, fu dalla denudazione terziaria quasi completamente lavato e asportato dalle cime dei monti e dai luoghi più elevati. Oltre le numerose fucoidi e le impronte problematiche, in esso comuni ( Chondrites iutricatus, Ch. Targionii , Helminthoidea Labyrinthica ecc.), si trovano a volte (come per es. sotto la rupe del Castello di Lagonegro, a sud-est, sulla sponda sinistra del fiume Serra) delle breccioline nummuli- tiche e orbitoidiche, in cui esistono le forme seguenti: Nummulites subdiscorbinus de la H. « Guettardi d’ Arch. « variolarius C. d. Sow. » Tchihalcheffi d’ Arch. Orbitoides papyracea Boub. » dispansa Sow. Operculina ammonea Levm, » subcomplanata Teli. Tali fossili dimostrano chiaramente, che questo terreno è da ascriversi al bartoniano e corrisponde all’eocene superiore della Sicilia e al piano di Priabona, comprendendo in sè il modenese di Pareto e il liguriano di Mayer. I calcari brecciformi e nummulitici luteziani, che sono anche molto diffusi nel resto della Basilicata, mancano nei ditorni immediati di Lagonegro. Sulla strada carrozza- bile tra Lauda e Trecchina si trovano invece nel Flysch degli affio- ramenti di diabasi e di serpentine ; e anche in altri punti non man- cano delle argille magnesiache a noduli di oficalci e ofisilici, che sembrano provenire dal disfacimento e dall’ alterazione di queste rocce verdi, così comuni e caratteristiche nell’ eocene superiore. Così, per esempio, tra la stazione di Lagonegro e l’ abitato, nel vallon- cello S. Francesco, e propriamente sotto il viadotto della ferrovia, esiste, incuneato tra gli scisti e i calcari del trias medio, un am- GUIDA GEOIOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 185 masso molto profondo di tali rocce ofiolitiche alterate, che per la sua plasticità e franabilità ha provocato lo scorrimento e la rottura del viadotto ferroviario, che ora minaccia rovina. § 5. Pleistocene. Sui terreni dell’ eocene superiore non s’ incontrano nei dintorni di Lagonegro altri sedimenti marini, ma soltanto dei depositi di origine continentale. E tra questi, facendo astrazione dai giacimenti alluvionali, dalle frane e dal detrito di pendice, che, come in tutte le regioni montuose, si trovano un po’ da per tutto sparsi qua e là nelle valli e sulle falde dei monti, sono principalmente notevoli dei depositi glaciali e lacustri, che dànno un peculiare carattere alla geologia di questa parte dell’ Appennino meridionale. Pleistocene glaciale. Ormai non può sollevarsi più alcun dubbio sulla presenza di antichi ghiacciai in queste basse latitudini dell’ Appennino : essi sono irrefragabilmente provati dalle morene, che essi stessi depo- sitarono nel gruppo del Sirino. — Una di queste morene occupa ora la valle del Cacciatore, compresa tra la Spalla dell’ Imperatrice a oriente e le propaggini settentrionali del Sirino a occidente; valle aperta ai freddi venti del nord, e chiusa a mezzogiorno dall’ alta cresta, che congiunge la cima del monte Sirino a quella del monte Papa. Questa morena si presenta come un lungo cordone detritico, sorpas- sante i 1500 m. di lunghezza, con una larghezza media di 100 e uno spessore di 30 m.: il ghiacciaio che la depositò non era certamente infe- riore ai 3500 m. in lunghezza. Contemporaneamente e posteriormente al ritiro e alla scomparsa definitiva della massa di ghiaccio, la morena fu erosa longitudinalmente dalle acque correnti, che in qual- che punto scavarono il fondo della valle per una certa profondità sotto il livello di base del deposito detritico. — Un altro ghiacciaio occupava la stretta valle situata a sud del monte Papa ; ma, quan- tunque questa valle si innesti in basso al vallone Niello, adatta- tissimo allo sviluppo ipotetico d’un ghiacciaio, pure questo, per la 186 G. DE LORENZO sua esposizione direttamente meridionale, raggiunse appena i 1500 m. di lunghezza, arrestandosi contro le falde occidentali della Serra Orticosa. La morena lasciata da questo secondo ghiacciaio si presenta anch’ essa come un cordone semplice, lungo poco più di 500 metri, ed è molto interessante, perchè può abbracciarsi con lo sguardo tutta d'un colpo e se ne può studiare benissimo la intima costi- tuzione. — Il terzo ghiacciaio, il più importante di tutti per la sua massa e per la grandezza della morena depositata, scendeva dalle alte cime del monte Papa, si incassava nella maestosa valle del lago Remmo, da esso forse in parte scavata, e, appoggiandosi a occidente contro la Spalla dell’ Imperatrice, si estendeva per circa 4 chilometri a nord fin nella valle di Petinachiana. La morena ter- minale, che si protende per una lunghezza di quasi 2000 m. con una larghezza media di 400 m. e si presenta come un aggregato di verdi colline morbidamente ondeggianti, sbarrò l’ ingresso della valle, dando luogo alla formazione del lago Remmo ; così come 1’ altro lago, o stagno, di Zapano, sulla Spalla dell’ Imperatrice, è dovuto a uno sbarramento longitudinale operato dalla contigua morena della valle del Cacciatore. — Tra la morena meridionale del vallone di Niello e le altre due esiste una certa differenza nella costituzione ; perchè mentre la prima, per la qualità della fina fanghiglia glaciale e per il gran numero di blocchi lisciati e striati, corrisponde esattamente alla morena di fondo dei ghiacciai moderni, nelle altre due invece, oltre il materiale tipico dato dalla morena di fondo, esistono anche avanzi delle morene di superficie, rappresentati, specialmente nel deposito del lago Remmo, da una quantità considerevole di blocchi e di ciottoli perfettamente intatti. E tale differenza si spiega facil- mente pensando, che, mentre il ghiacciaio del lago Remmo e quello della valle del Cacciatore possedevano morene laterali, costituite dal detrito delle pareti delle valli rispettive, sgombere di neve nelle parti più basse, quello di Niello invece, uscendo appena dal limite delle nevi persistenti, non aveva apparato morenico superficiale. — Oltre questi tre ghiacciai principali, anche alcune vedrette dovevano scendere lungo le vallecole incise nei fianchi orientali del monte Papa e della Serra Orticosa e in quelli occidentali del monte Si- rino. Tali ghiacciai e vedrette scendevano tutti da picchi e da circhi, che ora sono compresi tra 1800 e 2007 metri d’altezza; in modo che, volendo segnare per l’epoca glaciale il limite inferiore GUIDA. GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 187 delle nevi persistenti in queste montagne, si deve dare a tal limite un valore non più alto di 1800 m., pur non rimanendo esclusa l’ipo- tesi che esso scendesse anche molto più basso. Questa esplicazione glaciale nel gruppo del Sirino avvenne probabilmente durante la seconda o grande epoca glaciale ( Saxonian di J. G-eikie), mentre si depositava nei mari vicini il postpliocene siciliano ed appenni- nico a faune nordiche. Pleistocene lacustre. In un mio recente lavoro, più innanzi citato, ho fatto noto, come durante il pleistocene, contemporaneamente e posteriormente all’ epoca glaciale, esistessero nell’ Appennino meridionale dei grandi laghi, i quali dovevano dare al paesaggio d’ allora un aspetto del tutto diverso dall' attuale, e molto simile invece a quello delle odierne Alpi lombarde e svizzere. Le reliquie di questi grandi laghi sono ora rappresentate dal bacino di Baragiano, dal Vallo di Diano, dal Vallo dell’ Agri, da quello del Mércure e dalla Valle del Noce. In essi possono distinguersi vari tipi geologici: da quel bacino, che, come il Vallo di Diano, finì di svuotarsi completamente quasi in epoca storica e di cui i sedimenti sono ancora quasi del tutto in- tatti, a un ultimo termine della serie, in cui, come nella Valle del Noce, solo pochi e scarsi lembi di sedimenti, scampati alla denu- dazione, e delle pallide terrazze marginali indicano 1’ esistenza in quei luoghi d’ un antico bacino lacustre. Le sponde dell’ antico lago della valle del Noce si aprivano poco sotto Lagonegro, lungo l’ attuale corso del fiume Noce, bat- tevano contro i fianchi meridionali e occidentali della Serra Luceta e del Bitonto, urtavano contro lo sperone calcareo-dolomitico sopra- stante alla ferriera di Nemoli e poi per la regione La Rosa, S. Maria e S. Jorio andavano fino a Lauria ; di qui giravano lungo le pen- dici settentrionali del monte Messina, passavano per Trecchina, lam- bivano le falde meridionali, orientali e settentrionali del monte Coccovello e si stendevano finalmente lungo le pendici meridionali di Serra Longa. I sedimenti di questo antico lago sono rappresen- tati dai lembi di conglomerati grossolani, misti ad arenarie e a fanghi, sparsi qua e là nell’ area occupata una volta dalle acque, e di cui le plaghe maggiormente rispettate dalla denudazione si 13 188 G. DE LORENZO trovano vicino Rivello (S. Antonio, S. Margherita, Serra la Città, V. delle Chianche) e sotto Nemoli (R.e I Puoi), dove raggiungono una potenza superiore ai 100 metri. L’ altezza del pelo delle acque sul fondo originario del bacino, dato dal Flysch eocenico sottostante vicino Nemoli al conglomerato lacustre, misurata dalle terrazze di sponda, era almeno di 300 metri. La comunicazione col mare av- veniva attraverso la valle di frattura, intercorrente tra monte Mes- sina e i monti di Trecchina, per la quale poi il lago gradatamente si scolò, a misura che il livello basale d’ erosione si andava abbas- sando e spostando verso l’ attuale Tirreno. Tutt’ attorno all’ area oc- cupata dall' antico lago, quando forse si trovava al più alto livello delle sue acque, si vedono ora delle distinte terrazze, intagliate per lo più nei calcari liasici e cretacei. Una di queste terrazze si trova sulle falde sud-est di Serra Longa; un’ altra, ad essa dirim- petto, giace sul fianco sud-ovest di Serra Luceta ; una terza corre lungo il fianco orientale del monte Coccovello, dalla regione Patri- cello fino al di là di Orcitello, seguendo la isoipsa di 550 metri ; un" altra forma la piazza di Trecchina ; e altre ancora sono accen- nate nelle pendici settentrionali del monte Messina. Queste terrazze sono coperte di solito da materiale di spiaggia, che non è di pro- venienza locale, perchè è quasi essenzialmente composto di ciottoli e di galets formati dagli scisti silicei del trias medio, che si tro- vano solo lungo T alto corso del fiume Noce, dal quale furono flui- tati nel lago. Essi, per la loro durezza, resistevano meglio delle altre rocce alla consunzione del trasporto e al lavorio di lisciamento prodotto dalle acque del lago, che battevano in breccia la sponda. Questi elementi silicei diminuiscono inoltre gradualmente di gros- sezza a misura che dalle terrazze di Serra Longa e di Orcitello, vicino allo sbocco dell' antico affluente nel lago, si approssimano al- l’ imbocco dell’ emissario, dove, come per es. alla terrazza di Trec- china, sono già ridotti a ciottoletti di poche decine di grammi. I diversi livelli, in cui ora si trovano queste terrazze marginali, e che presentano a volta più di 100 metri di differenza tra di loro, lasciano con molta probabilità supporre, che i movimenti orogenici abbiano continuato a deformare le sponde e il fondo del bacino la- custre durante e dopo la formazione e la scomparsa del lago plei- stocenico, e continuino tuttora a deformarli, insieme a tutto il resto dell’ Appennino meridionale. GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 189 Intanto non solo la larga bassa valle del Noce ha cambiato completamente, dal pleistocene ad oggi, la sua fìsonomia, ma anche l’ alto corso del Noce, e le valli ad esso affluenti, hanno avuto dal tempo del tutto alterati i loro lineamenti primitivi. Il fiume Noce, dalla Pertusata fino all’ altezza del suo antico sbocco nel lago, presso Serra Luceta, ha di molto approfondito il suo corso, lasciando però a varie altezze sulle sue sponde, e specialmente sulla sponda destra, delle distinte terrazze, come testimonianze del suo antico cammino, che in alcuni punti correva un centinaio di metri al disopra del- l’ attuale. La più grande di queste terrazze, lunga m. 300 e larga 150 metri, si trova sulla sponda destra, sui fianchi orientali del monte Rotondo, a sud della Calda, ed è anch’ essa sparsa di galets silicei provenienti da luoghi abbastanza lontani. Cangiamenti anche più rimarchevoli sono presentati da un affluente del Noce, il Serra, che scorre immediatamente a sud di Lagonegro, lambendo il piede della rupe del Castello. Durante il pleistocene la valle, intercorrente tra il Timpone Rosso e monte Jatile, non era così profonda come è attualmente; e il Serra a sud e a sud-ovest di Lagonegro si espandeva in un piccolo bacino la- custre, in cui si specchiava la parte superiore della rupe del Ca- stello, e di cui 1’ emissario, che si scaricava poco più a sud nel Noce, approfondendo sempre più il suo corso produsse infine lo svuo- tamento completo. A testimonianza però dell’ antico laghetto riman- gono i conglomerati, le sabbie e i fanghi, su cui ora sorge la Sta- zione di Lagonegro. Dopo la scomparsa del lago il Serra continuò a scavare nelle rocce triasiche il suo corso per una profondità di oltre 100 metri al disotto dell’ antico fondo di esso. Questo laghetto, sito nella parte più profonda della valle e cinto da alti monti, rivestiti di cupe foreste, pare che porga 1’ etimologia più ovvia del nome del paese: Lago Negro. Ma bisogna ricordare che esso, come gli altri grandi laghi pleistocenici, non potè esser visto che dall’uomo quaternario, di cui conosciamo le armi e gli utensili di pietra : ma non sappiamo certo la lingua, o il germe di lingua da esso parlato- Pare dunque (almeno le analisi geologiche e filologiche menano con- cordemente a questa conclusione) che l’ imagine impressa in quelle vergini menti si sia tramandata e mantenuta fino ai nostri giorni, e che il ricordo vago e il concetto dell’ antico lago sia rimasto in- tatto, mentre pur si mutavano le genti e i linguaggi. 190 G. DE LORENZO Parte II. Orotettonicn. Nell' orotettonica dei dintorni di Lagonegro esistono due mo- tivi principali e tra loro diversi : un motivo di montagne a pieghe, incorporato nei terreni del trias medio che costituiscono lo sparti- acque appenninico; e un motivo di montagne a fratture, dato dalla pila calcareo-dolomitica, che sale dal trias superiore all’ eocene medio e che forma i monti della sponda destra del fiume Noce e quelli di Lauria e di Tortora più a sud. I calcari a noduli di selce e gli scisti silicei, che sono con essi intimamente fusi, sono curvati in lunghe pieghe o in grandi ellissoidi o cupole, allineate l’ una all’ altra, di cui gli assi mag- giori longitudinali sono paralleli tra loro e hanno direzione meri- diana. Una di queste cupole, lunga più di sette chilometri, è data dal monte Sirino, di cui si può vedere benissimo da Lagonegro 1' armonica curvatura da nord a sud, che si conserva integra nei suoi grandi tratti, malgrado gli attacchi subiti da altri accidenti tettonici e dagli agenti atmosferici ; ad essa si associano verso oriente altre pieghe, più complicate però e in parte rovesciate. Invece ad occidente se ne hanno delle minori e più regolari, che formano la Serra Bramafarina, il monte Castagnareto, il Gurmara, il Milègo ecc. Tutte queste cupole danno al paesaggio dei dintorni di Lagonegro un aspetto tutto particolare; e siccome esse a volte sono nude o coperte solo da bassa macchia, si può benissimo seguire il curvarsi degli strati tutt’ attorno e sopra ad esse, che è d’ una regolarità straor- dinaria, quasi matematica, quando gli strati sono quelli degli scisti silicei compattissimi : come si può osservare sulla vòlta del Milego, su quelle del Gurmara, del Castagnareto e di Bramafarina e anche sulla falda meridionale della Grada. I calcari diploporici a scogliera, contemporanei e intercalati negli scisti silicei, si trovano in gene- rale in fondo alle conche, che intercedono tra le cupole, quasi a marcare il punto in cui le sinclinali sono formate; e sembra che essi, con la loro massiccia costituzione, abbiano, nella costrizione orogenetica, fatto da punti di leva o di appoggio, tra i quali si GUIDA GEOLOGICA DUI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 191 Sollevarono e si girarono in ellissoidi gli scisti silicei e i calcari stratificati, più facilmente piegabili. Questi piegamenti del resto non debbono intendersi come deformazioni senza fratture, nel senso voluto da Heim. Fratture, e fratture con spostamenti, specialmente con spinte (Ueberschiebungen) ne esistono, e, se non sono così do- minanti, numerose e grandi come nell’altro tipo di montagne, pure hanno anche qui molta importanza tettonica. Questo in grande: in piccolo poi i calcari siliciferi, specialmente nei luoghi più costretti dal piegamento, sono attraversati da numerosissime fratture cemen- tate da spato calcare, le quali hanno rotto anche i fossili in essi contenuti : e gli scisti silicei sovraincombenti sono sfaldati in nume- rosi poliedri romboedrici, a volte di piccolissime dimensioni, cemen- tati anch’ essi a loro volta di nuovo dalla silice portata dalle acque. Sulla sponda destra del Noce e nei monti di Lauria invece, come in tutto il resto dell’ Appennino meridionale mesozoico, le montagne, costituite in generale dalle dolomiti del trias superiore e dai calcari del lias, della creta e dell’ eocene medio, si presen- tano come grandi, giganteschi blocchi, terminati, da alcuni o da tutti i lati, mediante ripide pendici, formate da facce di fratture con spostamenti, lungo le quali sono scivolati in basso gli scisti dell’ eocene superiore, che riempiono le valli intercorrenti tra le varie montagne. Dalla disposizione attuale degli strati si deve desumere, che questi singoli blocchi facevano parte di colossali cupole a gran- dissimo raggio di curvatura, che, non potendo resistere alla pres- sione orogenica, furono spezzate da numerosissime fratture, lungo le quali si spostarono i vari blocchi, più o meno grandi, che co- stituiscono le odierne montagne. Così la Serra Longa ad est del Noce, Nizzullo, Mascilimiero, m. Cervaro, Giancaglino, m. Cocuzzo e m. Juncolo fanno parte di un’unica cupola, ora frammentata e sconquassata, di cui appena si possono riconoscere le linee princi- pali. Le fratture più frequenti sono quelle a staffa o a gradinata, che si fanno più numerose e più grandi, a misura che si avvici- nano alla parte più alta dell’ arco di curvatura : le sopraspinte invece sono rare, e quelle poche forse più che reali sono apparenti, dovute al fatto che due blocchi, spezzati in origine lungo un piano di frattura verticale, furono dall’ ulteriore sollevamento spostati obliquamente, in modo da sembrare accavallati ora 1’ uno sull’ altro. Scala 1 : 200,000 192 G. DE LORENZO reo-dolomitica, che andava Anche in questo tipo di montagne, dalle grandi fratture, che misurano a volte più centinaia di metri di sposta- mento, come quella della parete me- ridionale del Coccovello, si scende gradatamente fino alle reti di piccole spaccature, cementate da spato calcare, da cui ogni singolo strato è attra- versato, a testimonianza delle pres- sioni, cui quelle rocce furono sotto- poste nei movimenti orogenici. Nei miei precedenti lavori ho cer- cato di dimostrare, che alla fine del trias ebbe luogo nelle nostre regioni un lieve diastrofismo, il quale abbozzò in catena a pieghe la pila sedimen- taria triasica, rendendola, nella sua orientazione meridiana, indipendente in parte dalla vera catena appenni- nica, dovuta essenzialmente al poste- riore movimento orogenico terziario. Ora questa ondulata catena triasica non solo aveva sopportato tutti i se- dimenti del giura, della creta e del- 1’ eocene medio, che su essa si adden- sarono durante un lungo periodo talas- sico, ma aveva anche subito tutte le vicissitudini di denudazione e di abra- sione, prodotte dalle frequenti oscil- lazioni negative della linea di spiag- gia;in modo che, quando la subsidenza manifestatasi al principio dell’ eocene superiore portò tutta la regione nelle profondità marine, alcune parti del- 1’ antica giogaia si trovarono separate dal Flvsch mediante una pila calca- dal Hauptdolomit all’ eocene medio incluso e che aveva oltre 4000 metri di potenza, mentre altre parti GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 193 ebbero la loro più intima compagine, rappresentata dai calcari a noduli di selce e halobie, portata direttamente a contatto con le acque marine dell'eocene superiore, ricevendone i sedimenti : tale cosa avvenne appunto nel gruppo del monte Vulturino e in quello del monte Sirino. Quando poi con la deposizione del Flysch eocenico si mani- festò il movimento orogenico terziario, le pieghe dei terreni tria- sici, che erano prima appena abbozzate in direzione meridiana, non solo furono accentuate e tagliate e accavallate l’ una sull’ altra me- diante numerose fratture con sottospinte e sopraspinte, e anche co- strette ad accartocciarsi nei loro nuclei più interni, ma furono an- che smembrate in piccoli ellissoidi dal nuovo corrugamento, che, essendo diretto da libeccio a greco, tagliava ad angolo acuto la primitiva direzione corrugatrice : alcune di esse inoltre si rovescia- rono verso oriente e nelle rovesciate pieghe sinclinali rimasero im- pigliati i lembi di sedimenti eocenici, che s’ erano depositati negli antecedenti larghi bacini a fondo di battello. Per questo stesso movimento, mentre nelle parti più profonde si raggrinzavano e si accavallavano i sedimenti del trias medio, in alto i morbidi terreni argillosi dell’ eocene superiore si avvilup- pavano in numerose e strette pieghe e lasciavano dei lembi impi- gliati e pizzicati nelle spaccature o attaccati alle pareti delle frat- ture delle sottostanti masse mesozoiche. Intanto la potente e rigida massa sedimentaria, compresa tra il trias medio a pieghe e i rag- grinzati scisti argillosi eocenici, e principalmente rappresentata dalle dolomiti del trias superiore e dai calcari del lias, della creta e dell’eocene medio, non potendo per la sua rigida compagine cor- rugarsi in pieghe strette, si curvava appena in ampie cupole e in larghi bacini, che a loro volta si frangevano sotto le forze prementi, mentre le loro parti spezzate scivolavano lungo fratture scorrenti, a staffa o a gradinata, beanti a volte verso l’ interno, e molto più raramente si accavallavano l’ una sull’ altra mediante fratture con sopraspinte o sottospinte. Intanto la denudazione, che cominciò ad agire subito dopo il sollevamento post-eoceno e che per le parti più elevate (superiori ai 1300 metri sull’attuale livello del mare) continuò incessante fino ad oggi, mentre per le parti più basse (inferiori ai 1300 metri) fu coadiuvata da un’ abrasione e sospesa da una transgressione plio- cenica, per ripigliare poi con nuova lena dopo il sollevamento post- 194 G. DE LORENZO pliocenico, la denudazione, dico, fece sì che dalle sommità delle cupole e dei blocchi spezzati e sollevati sparisse ogni traccia di sedimenti eocenici e miocenici, o appena qualche scarso lembo ne restasse nei punti più resistenti all’ azione devastatrice, mentre negli ampli e profondi bacini si conservavano e venivano anche protetti da nuovi mantelli sedimentari gli equivalenti dei terreni distrutti. Nell’ orografia però la denudazione non rappresenta che un la- vorìo minuto di finimento e di cesellatura rispetto al grande la- voro di creazione dell’ orogenesi, che ha abbozzato le linee fonda- mentali. Così si spiega come, essendo quasi eguale la denudazione nelle stesse regioni e nelle stesse latitudini, pure il paesaggio of- ferto dalle montagne triasiche a pieghe è molto diverso da quello delle montagne post-triasiche a fratture. In queste le cime si al- zano ripide e superbe, fiancheggiate da precipizi selvaggi e mi- nacciosi; ma i loro piedi sono coperti, nella Basilicata meridionale e nella Calabria settentrionale, da magnifiche foreste, attraverso cui risplendono le bianche e ripide pareti calcaree e in mezzo a cui s' incontrano piccoli e grandi altipiani erbosi, quasi oasi per- dute in remota solitudine. Invece nel gruppo del Sirino mancano del tutto questi verdi altipiani, cinti da boschi e da nudi picchi calcarei: qui le cause orogeniche hanno innalzato al cielo superbi colossi, lanciando in curve maestose le rigide rocce, stipando in pieghe fittissime gli strati argillosi, spezzando e spostando masse enormi di materiale sedimentario, mentre 1’ acqua e l’ aria, nei loro componenti e nelle loro modificazioni, lavorano quietamente e in- cessantemente a modellare da artefici puri quello che la orogenesi ha grandiosamente abbozzato. Conclusione. Nell' esaminare la serie stratigrafica e la compagine tettonica delle montagne dei dintorni di Lagonegro vari problemi si pre- sentano, di cui alcuni si possono, con soluzioni più o meno pro- babili, spiegare, mentre altri restano, e resteranno forse ancora per un pezzo, insolubili. Ne accennerò alcuni dei principali. Anzitutto la transizione netta, il salto petrografie© tra gli sci- sti silicei del trias medio e le dolomiti del trias superiore, che pure non sono le une dagli altri separate mediante un lungo in- tervallo cronologico : il che fa supporre, che quel brusco passaggio 5° 23' Istituto Geografico Militare, 1808. Scala di I a 50 000 Riproduzione riservata. Trias medio (parte superiore) &> 2. 3 « 0> o p © 5 CD ©- Pleistocene 4-0 ? io- 40 0 6 1 40°6' 40°io' sn x» 33 C3 G3 C3 Boll. d. Soc. Geol. it„ voi. XVII (1898). GUIDA GEOLOGICA DEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN BASILICATA 195 sia dovuto a mutati processi nella sedimentazione marina. Invece la lacuna esistente tra il trias e il lias pare che sia stata con- seguenza d’ un movimento orogenico avvenuto alla fine del trias ; perchè le pieghe formate dai terreni triasici, quantunque siano state coinvolte nel grande sollevamento terziario, pure serbano ancora un orientamento meridiano, che è indipendente dalla direzione mae- stro-scirocco della catena appenninica, dovuta appunto al corruga- gamento post-eocenico. Le lacune tra il lias e la creta e tra questa e 1’ eocene medio sono sempre accompagnate da transgressioni pa- rallele: resta quindi dubbio, se esse siano dovute a grandi oscil- lazioni epeirogeniche o continentali, oppure a mutate condizioni dell’ opera sedimentaria ; quantunque i calcari brecciati e i conglo- merati dell’ eocene accennino più alla prima che alla seconda delle due ipotesi. Alla fine dell’ eocene cominciò il sollevamento dell’ Appennino, che si protrasse durante tutto il miocene, e che, interrotto da una subsidenza pliocenica, ripigliò poi di nuovo alla fine del pliocene per durare fino ai nostri giorni. Ma nei dintorni di Lagonegro al disopra dell’ eocene non si trova più traccia alcuna di sedimenti marini: pare dunque che non solo i terreni miocenici, ma anche quelli pliocenici siano stati portati via dalla denudazione e dal- l’ abrasione, da cui sono stati accompagnati questi ultimi tempi geologici. Al posto loro si trovano invece dei sedimenti lacustri pleistocenici, di cui l’origine prima è pur essa abbastanza miste- riosa: perchè non è possibile per ora intendere se essi si siano depositati in laghi di reliquato marino, oppure in bacini, che fin da principio furono riempiti da acque dolci ; quantunque la prima ipotesi sembri per ora più probabile della seconda. La grande opera della denudazione e dell’ erosione dopo la scomparsa di questi laghi quaternari, le deformazioni subite dal fondo stesso roccioso dei bacini che li contenevano, le tracce di sollevamento della contigua costa tirrena e i fremiti sismici, che scuotono queste contrade, stanno oggi tuttora come viventi testi- monianze delle forze endogene ed esogene, che hanno creato il no- stro Appennino e continuauo ancora a modellarlo e a cesellarlo nelle sue singole parti, producendo il magnifico paesaggio, che è oggetto del nostro studio e della nostra contemplazione. Napoli, Museo geologico dell’ Università, Giugno 1898. INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL PRESENTE FASCICOLO. Memorie. PAG. Portis A. Bue località fossilifere nelle Alpi Marittime . . . 123 Ricciardelli M. Sulla costituzione geologica dei dintorni di San- severo 165 De Lorenzo GL Guida geologica dei dintorni di Lagonegro in Ba- silicata, per servire alla Società Geologica Italiana nell’ adu- nanza generale estiva (Settembre 1898) [con una tavola] . 170 Si pregano i Soci che ancora non aves- sero pagata la quota sociale, di porsi in cor- rente. Finito di stampare il 31 luglio 1898. Il Bollettino della Società Geologica Italiana si stampa in fascicoli trimestrali. Il Presidente responsabile Francesco Bassani. AVVERTENZE Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una Adu- nanza ordinaria, e pagare una tassa d’entrata di L. 5 e una tassa annua di L. 15. La tassa annua può essere sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’ intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. La tassa sociale annua di L. 15 deve essere pagata entro i due primi mesi dell’ anno. I soci hanno diritto al Bollettino che si stampa in fascicoli trimestrali. Nel Bollettino si pubblicano le memorie presentate nelle Adunanze, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci, ai resoconti delle Adunanze generali e delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale saranno in- viate alla Presidenza, e per essa al Segretario : col visto del Presidente saranno trasmesse alla stampa secondo l’ordine di presentazione. Fino a nuova disposizione non si accettano le memorie che per estensione su- perino approssimativamente quattro fogli di stampa e quelle che fossero lavori di compilazione. Le note e comunicazioni da inserirsi nei resoconti delle adunanze non devono superare due pagine. I manoscritti dovranno consistere in fogli dello stesso formato, scritti da una sola parte, in caratteri intelligibili, senza di che la Presidenza potrà respingerli. I lavori scompleti, sia nel manoscritto, sia nelle tavole, non possono essere presi in considerazione per la stampa. Una Memoria già presentata alla Società, e ritirata per modificarla o completarla, qualora non sia rinviata alla Segreteria entro 15 giorni, perde il suo turno per la stampa. Gli autori che domandano un sussidio per 1 ’ esecuzione di carte geologiche, tavole o illustrazioni annesse alle loro memorie devono presentare un preventivo della spesa totale sul quale la Presidenza determinerà caso per caso, secondo il bilancio sociale, se debba concedersi il concorso e in quale proporzione. La somma accordata sarà comunicata all’autore, ed ogni spesa maggiore dovrà essere esclusi- vamente a carico di questo. Le prove delle tavole (anche di quelle che gli autori fanno eseguire a proprie spese) debbono essere sottoposte al visto della Presidenza prima della tiratura. Di ciascuna memoria il Segretario spedirà all’autore, per la correzione, una prova in colonna, che dovrà essergli restituita al più tardi entro 15 giorni, e una in pagina, da restituirsi entro 8 giorni. Se le prove non saranno restituite nel termine prescritto, il Segretario s’in- caricherà d’ufficio della materiale correzione degli errori tipografici senza assumere alcuna responsabilità. Il Segretario prima di deliberare la stampa delle memorie si assicurerà che le correzioni indicate dagli autori siano state eseguite. Le spese straordinarie cagionate da correzioni maggiori del consueto, da cam- biamenti o rifusione di paragrafi, come pure la stampa di tavole sinottiche di formato maggiore del testo saranno addebitate agli autori, ed essi saranno in obbligo di pagarle all’ Economo non appena ne abbiano ricevuto il relativo conto col visto del Presidente. Agli autori si dànno 50 copie degli estratti. Se l’autore intende far tirare estratti per conto proprio, deve indicare per iscritto sulla prima prova corretta della sua memoria il numero degli esemplari che ne desidera. Il prezzo di 50 in 50 copie, con copertina stampata ecc. sarà di L. 4- ogni foglio di pag. 16, e di L. 2 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. L’importo di questi estratti sarà indicato dal Segretario sulle bozze impagi- nate, che l’autore pagherà all’Economo, prima che gli sieno spediti. A qualunque socio, il quale col 1° aprile dell’anno corrente si trovi ancora in arretrato pel pagamento della tassa sociale dovuta per l’anno precedente, sarà, pre- vio avviso del Segretario, sospeso l’ invio delle pubblicazioni della Società. La presentazione delle memorie e la stampa delle medesime non avrà corso se l’autore non avrà pagato la tassa dell’anno in corso o soddisfatto ogni altro impegno verso la Società. Per il pagamento della tassa d’entrata, della tassa annua e per l’acquisto dei volumi del Bollettino dirigere lettere e vaglia all’Economo cav. ing. Augusto Statuti, Via Nazionale 114 (palazzo Capranica-Del Grillo). Boma. Anno XVII. Fascicolo 4" (4° trimestre 1898) BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Voi. XVII. — 1898. ROMA TIPOGRAFIA DELLA R. ACCADEMIA DEI LINCEI 1898 20 JAN. 99 SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA. MENTE ET MALLEO fondata in Bologna il 29 settembre 1881. Consiglio direttivo per l’anno 1898. Presidente .... Francesco Bassani (Napoli). 1898. Vice-Presidente. Mario Canavari (Pisa). 1898. Segretario .... A.NTONIO Neviani [(Roma). 1897-99. ™ ( Isacco Namias (Modena). 1897-98. ice e^e 11 ' ( Gioacchino De Angelis d’Ossat (Roma). 1898-99. Tesoriere Tommaso Tittoni (Roma). 1897-99. Economo Augusto Statuti (Roma). 1897-99. Archivista .... Romolo Meli (Roma). 1897-99. Consiglieri . . . Federico Sacco (Torino) . Pietro Toso (Firenze) . . . Mario Cermenati (Roma). Erminio Ferraris (Monteponi) Vittorio Novarese (Roma). Giuseppe Bellucci (Perugia) Claudio Sormani (Roma) . . Enrico Clerici (Roma) . . . Ulderigo Botti (Reggio Cai.) Torquato Taramelli (Pavia) Vittorio Simonelli (Parma) Giuseppe Mercalli (Napoli) 1896- 98. . . 1898. 1897- 99. 1898-900. Il Presidente \ Il Segretario r . , Commissione per ì L’ Economo ‘ ° emVore) le pubblica- L’Archivista zioni i Antonio D’Achiardi (Pisa). 1898-900. I Giovanni Di Stefano (Roma). 1897-99. Arturo Issel (Genova). 1898-900. Commissione del bilancio . . . Romolo Ragnini (Roma) Antonio Verri (Roma) . Pietro Zezi (Roma) . . . 1898. Sede della Società: Roma, Via S. Susanna, 1 A, presso il R. Ufficio geologico. NUOVI GENERI DI RADIOLARI DEL MIOCENE DI ARCEVIA. Nota del dott. P. E. Vinassa de Regny. Già sino dal 1892 il sen. Capellini (') descrivendo i resti inte- ressantissimi del Delfinoide di Arcevia parlò dei radiolari contenuti nella marna che racchiudeva il fossile da lui studiato. Successiva- mente, per consiglio del prof. Simonelli, il dott. Tedeschi di Bologna si accingeva allo studio dei Radiolari, e dava nella Rivista di Pa- leontologia (2) un breve risultato delle sue ricerche. Il lavoro com- pleto però, promesso dal dott. Tedeschi, non ha mai veduto la luce, avendo egli rivolto la sua attenzione ad altri studi, ed abbando- nato interamente la Paleontologia. Occupandomi quest’ anno dei Ra- diolari mesozoici dei dintorni di Spezia (3), ho fatto numerose e pa- zienti ricerche nel materiale ricchissimo del Museo geologico Bolo- gnese, ed ho avuto la fortuna di trovare altre roccie con Radiolari mesozoici e terziari. Nessuna però mi ha dato la ricchezza di forme, che ho ritrovato nelle marne langhiane di Arcevia, tanto che mi sono accinto tosto al loro studio. Questo però è ancora al suo principio, e non sono per adesso in grado di dare nemmeno un elenco com- pleto dei generi che compongono questa fauna e che sono nume- rosissimi. Tra i generi meno comuni, o non ancora citati fossili, accennerò per adesso solament Hexaloncharium, Hexacromyum, Hexacon- thium j Cannartus , Cannartiscus, Pipetta , Tristilospyris J Tripo- spyriSj Tripodonium Tripodiscium, Bathropijramis , Lychnodi- ctum , Tetrahedrina, Lychnocanium e Spirocapsa, i quali quasi tutti sono rappresentati da forme assai numerose. f1) Rend. Accad. Lincei, I, fase. 10. (2) Anno I, fase. 1 , pag. 39. (3) Rend. Accad. Lincei, VII, sena. 2°, fase. 1. 14 108 P. E. VINASSA DE REGNY, NUOVI GENERI DI RADIOLARI, ECC. Tra i Larcoidi il dott. Tedeschi (') ha descritto quattro nuovi generi, i quali io per ora non sono ancora riuscito a rinvenire. Ho invece osservato una forma di Sferidea e due di Prunoidi, che, a mio parere, debbono servire di tipo per tre nuovi generi. Nella Fam. IX, Cub o sphaerida J tutte le sottofamiglie con 2, 3, 5 o più sfere hanno generi con sei spine o aculei semplici, e generi con sei aculei ramosi. Invece della prima sottofamiglia Hexastylida, con una sola sfera, si conoscevano forme con sei aculei, tutti uguali e semplici, nel genere Hexastylus. Il gen. Hexacladus m. è una Cubosferide a sfera unica con sei aculei, alle estremità dei quali si hanno delle sporgenze e dei rami. Questo genere è il corrispondente dei generi Hexancistron , Hexadendron, Hexacaryum, ma se ne distingue per avere una sola sfera, invece di due, tre e cinque come nei generi sopranominati. Gli altri due nuovi generi appartengono alla Fam. XII, Drup- pulida. Mentre tra gli Ellipsidi si conosce un genere con un solo aculeo polare, il gen. Lithapium, nei Druppulidi tutte le forme sin qui descritte avevano due appendici polari opposte. Così mentre al gen. Cenellipsis, ad ellisse unica, corrisponde il gen. Druppula con midollare semplice, e Prunulum con midollare doppia, e uguale corrispondenza si ha tra i generi Ellipsoxiphus , Lithatractus e Stylatractus , come tra Ellipso Stylus, Druppatractus e Xipha- tractus , mancavano forme corrispondenti al gen. Lithapium. Gen. Dorydruppa m. Druppulide con un solo appendice so- lido od aculeo polare, una ellisse corticale semplice ed una interna unica. Numerose trabecole radiali uniscono le due ellissi. Questo genere non è raro e si trova anche nel Miocene di Montegibio. Gen. Doryprunum m. Druppulide di forma identica al pre- cedente, ma con ellisse midollare doppia. Anche questo genere si trova a Montegibio. Bologna, R. Istituto geologico [Luglio-Ottobre 1898]. F) Loc. cit., pag. 41. NUOVI FATTI GEOLOGICI NELLA PROVINCIA ROMANA. Comunicazione di G. de àngelis D’ Ossat. In una escursione geologica, col socio Lupi, nei territori di Castro dei Volsci, di Ceprano, di Strangolagalli, di Bauco, di Ve- roli, di Alatri e di Collepardo, tutti in provincia di Roma, ho po- tuto constatare l'analoga costituzione geologica — per le rocce stratificate — con la Valle dell’Aniene; quantunque secondo gli ultimi studi dovrebbe corrervi una profonda differenza. Sarei prolisso se volessi dettagliatamente descrivere tutte le osservazioni rilevate sopra i luoghi ; mi contenterò di riassumere i fatti principali, che reputo di somma importanza per la nostra geologia. 1. Esistenza della Dolomia ‘principale alle pendici del Monte La Monna ed altrove ('). 2. Presenza di scisti certamente più antichi del Cretaceo e riferibili al Liassico. 3. Presenza del Bartoniano presso Castro de’ Volsci (fide Tellini). 4. Presenza del Miocene medio fossilifero ( facies tortoniana) presso Veroli. 5. Le arenarie (loc. tufo) non sono mai intercalate con i calcari, ma sempre sovrapposte. 6. Esistenza di depositi di lago con Dreissensia ecc., presso Casamari. Giacimento analogo a quello scoperto dal Viola e dal Di Stefano presso Ceprano e che illustrerà egregiamente, come al so- lito, il Di Stefano. P) Ho pure trovato la Dolomia 'principale presso Marcellina, Palombara sabina e Moncone ; località del gruppo del monte Gennaro. 200 NUOVI FATTI GEOLOGICI NELLA PROVINCIA ROMANA 7. Mancanza assoluta di depositi glaciali. 8. Le rocce impregnate dagli idrocarburi non hanno tutte lo stesso valore cronologico. Tali mie asserzioni, cambiando profondamente gli apprez- zamenti geologici di quelle regioni, debbono essere documentate con dati paleontologici e stratigrafie i, ciò che spero poter fare al più presto. [8 Settembre -8 Ottobre 1898.] STRATI A CONGERIE NELLE VICINANZE D’ IMOLA. Comunicazione del dott. Giovanni Toldo. Nella sua Nota geologica: Sopra alcuni fossili raccolti nei colli flanelle g giunti il Santerno nelle vicinanze di Imola (Boll. Soc. geol. it.. 1897, voi. XVI, fase. 2°), il senatore G. Scarabelli accenna al rinvenimento di Melanopsis Bonellii Sism. negli strati supe- riori dei gessi di Rivola (Valle del Senio) ed alla probabilità che le argille e sabbie immediatamente sovrapposte ai gessi dell’ Apen- nino romagnolo siano piuttosto tortoniane che piacentine. Le ricerche geologiche che, dietro suo indirizzo, vado facendo da parecchi anni nel tratto di Apennino romagnolo compreso fra il Sillaro ed il Lamone, mi hanno dato T occasione di confermare alcuni dei concetti fondamentali seguiti dal senatore Scarabelli per quanto riguarda il Miocene superiore di questa regione. Dal Sillaro al Lamone il Miocene superiore è rappresentato specialmente da una potente formazione gessosa la quale non oltre- passa i detti fiumi. Nella zona mediana tale gesso è una vera selenite a grandi cristalli, è nettamente stratificato e gli strati hanno spessore di dieci o venti metri, inclinazione di trenta o quaranta gradi e scen- dono verso nord, cioè verso la pianura. Invece presso il Lamone, e meglio ancora presso il Sillaro, il gesso è una selenite alabastrina ovvero in qualche punto una vera anidrite; non offre stratificazione molto netta e forma strati irregolari. G. TOLDO, STRATI A CONGERIE NELLE VICINANZE D’iMOLA 201 Gli strati gessosi di cui faccio cenno diminuiscono di potenza dal basso all'alto e hanno forma di grandi lenti che si alternano con lenti di argilla, di selce e di calcare. Così nel Rio Sgarba (R. d. del Santerno) osservansi sottili strati argillosi alternanti cogli strati selenitici, e ricchi di foglie fossili e degli avanzi di Lebias cras- sicauda. Calcare e selce trovansi invece nella parte superiore, cioè più recente. Il calcare è senza confronto più abbondante e diffuso. Talvolta è compatto, ma più spesso include cristalli di gesso ov- vero è spugnoso per la loro scomparsa. La selce invece (selce pi- romaca) trovasi solo presso i Crivellali e fu appunto in essa che vennero trovate dal senatore Scarabelli le prime Melanopsis Bo- nellii Sism. Allo stesso livello stratigrafico della selce dei Crivellali, op- pure ad un livello di poco superiore, riposano sulla formazione ges- sosa fra il Senio ed il Lamone interessanti lenti di un’ argilla che per i suoi caratteri paleontologici mi pare di poter ascrivere a quel piano miocenico che fu così nettamente delineato dal senatore Capel- lini nelle sue pregiate Memorie sugli Strati a congerie della To- scana e delle Marche. Tale argilla ha un colore azzurro e talvolta bruno ; è compatta, concrezionata, costituisce pochi, ma nitidi straterelli, e contiene avanzi di Melanopsis Bonellii Sism., di Cardium edentulum Desh, di Cardium Spratti Puchs, di Ostrea cochlear (?) e di Congerie. Quantunque limitate, queste lenti argillose mi paiono degne di osservazione come quelle che possono contribuire a dimostrare la notevole estensione della zona a congerie nel versante Adriatico dell’ Apennino. [4 Settembre -8 Ottobre 1898.] DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, IN PROVINCIA DI BERGAMO. Nota del Socio prof. Torquato Taramelli. Quelli dei soci che intervennero otto anni or sono al con- gresso della nostra Società in Bergamo si ricorderanno certamente della gita al bacino lignitifero di Leffe in Val Gandino; nè agli altri sarà ignota, almeno di nome, la località, perchè fu visitata e descritta da molti geologi, italiani e stranieri. Perciò occorrerà appena che io ricordi come quel bacino si apra a levante della Valle Seriana, alla quale invia il torrente Ronna, detto tra’ monti Concassola e confluente nel Serio alla quota di 380m, sopra il ponte di Fiorano, a pochi passi dalla ferrovia seriana alla fermata di Gazzaniga. Chiudono il bacino, a settentrione, le falde del Pizzo Formico (1637m), tra il Serio ed il Concassola; e questo tratto di monti è quasi tutto dolomitico, coll’ aspetto a tutti noto delle regioni costituite da dolomia ed in particolare da dolomia retica, la quale nelle Prealpi lombarde è la più bizzarramente dirupata ed ancora la più cristallina e la più magnesiaca delle rocce, che passano sotto questo nome. A levante ed a sud si svolgono, con dolce arco, i monti Corno (1370m), Cornalunga, Piz- zetto (1202m), Fler (1035m), Crocione (999ra), Croce (974m) e Monte dei Bò (707m), alle falde occidentali del quale ultimo scorre il Serio; e questi monti a levante ed a sud sono quasi del tutto di calcari marnosi e di scisti infraliasici, con qualche raro fossile qua e là. Così la dolomia come le rocce infraliasiche, sono attraversate da centinaia di filoni e dicchi di porfirite anfi- bolica, che dallo spessore di pochi decimetri, verso nord, vanno di- ventando sempre più potenti e più frequenti verso il centro di quella intrusione, che io ritengo laccolitica e questo centro si può appros- simativamente fissare in corrispondenza ai monti Aitino (1029m) e T. TARA.MELLI, DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECC. 203 Altinello (997ra) a sud della Val Rossa; questa è solcata dal con- fluente di sinistra, che sbocca nel Serio appena dopo il Ronna. La cinta di montagne dolomitiche e calcari, che recinge il bacino a nord, a levante ed a sud, è incisa da una sola sella, che sia notevolmente inferiore alla media dello spartiacque ; questa sella, importante per la orogenesi del bacino di Leffe, è detta di S. Rocco, trovasi a sud di Lette a soli 531m e mette nella Yal Rossa ; quivi la roccia è perfettamente la stessa che negli attigui monti Croce e dei Bò. — Perciò si fa evidente il carattere di re- litto, che conviene ad essa. Verso il corso del Serio, il bacino sarebbe limitato dalla in- cisione, che questo fiume ha fatta per la profondità di circa un centinaio di metri nel conglomerato diluviale, che riempie il ba- cino stesso ; siccome però questo conglomerato continua sulla destra del Serio sopra Vertova e Gazzaniga, nonché più a monte e più a valle in parecchi siti, così per intendere il bacino di Leffe e Gandino nel suo significato orogenetico, conviene estenderlo anche a ponente del fiume sopra Colzate, Vertova e Gazzaniga, alle falde dei monti del pari dolomitici verso nord e di calcari marnosi e di scisti infraliasici verso sud, con assai più rari filoncelli di por- fìrite ; questi monti salgono poi al gruppo del monte Alben (2020m), che è una delle più caratteristiche vette dolomitiche delle mon- tagne bergamasche. Se noi consideriamo che il conglomerato diluviale inciso dal Serio si mantiene con elementi dell’ alta valle seriana fino quasi a Leffe, ci persuadiamo ancora meglio che il bacino di cui ci occupiamo fu in passato, almeno in parte, un lago del Serio ; o, per meglio dire, esso ne accoglieva le maggiori piene, essendo alla sua volta, nella porzione orientale, scaricato per alcun tempo da una corrente, che passava per la notata sella di S. Rocco. L’ area occupata dal conglomerato diluviale nei pressi di Gazzaniga (437m), Vertova (477ra), Casnigo (544m), Cazzano (504m), Barzizza (599m), Gandino (553m) e Leffe (466) si presenta così col perimetro di una irregolare ellissi, diretta verso nord-est ; appunto come è la direzione prevalente delle molto erodibili rocce infraliasiche, nelle quali il bacino è a preferenza escavato. L’ asse minore, o meglio la massima larghezza del tavolato diluviale, si stende da Casnigo alla cava di lignite aperta presso 204 T TARAMELLI al torrente Ronna, a ponente di Lette, per circa tre chilometri. Sebbene sieno state rinvenute tracce di lignite sopra Yertova e Colzate, sulla destra del Serio, tuttavia il deposito coltivabile si ritenne limitato ai dintorni di Lette, sopra un' area di poco più d’ un chilometro di massimo diametro e di circa cinquemila ettari, estensione ragguardevole quando si consideri che lo spessore del banco maestro della lignite torbosa è di circa otto metri. Gli scavi datano dal principio del secolo e furono sospesi pochi anni fa, perchè il tenue prezzo del combustibile non comportava la spesa di prosciugamento dello escavo a giorno, che si prati- cava dopo il 1862 a ponente di Lette, presso al torrente Ronna, dove la formazione diluviale è totalmente esportata ed affiorano sotto pochi metri di alluvione postglaciale per 7 m. le marne con- chiglifere, che ricoprono il banco maestro. Questo è alla quota di 403, misura 8 m. di potenza ed è quasi orizzontale, con leg- gera pendenza a nord-nord-est di 12°. Poiché gli scavi non furono mai sprofondati sotto la base marnosa di questo banco maestro, nemmeno quando essi si praticavano per gallerie sotto all’abitato di Lette, così ignorasi a quale profondità sia la base di roccia in posto del deposito lignitifero; soltanto per induzione si può sup- porre che essa sia presso a poco alla stessa altitudine che la con- fluenza del Ronna nel Serio, che avviene nella roccia in posto, sotto il conglomerato diluviale, all’ altitudine di 380 ; essendo a 484 il ciglio del soprastante diluvium , del quale le varie conoidi, confondentisi nel piano diluviale di Gandino, hanno i rispettivi apici, profondamente del pari incisi, ad altitudini presso ai 600m. Se volessimo prendere tutto insieme il conglomerato diluviale di Leffe e le sottostanti marne lignitifere, delle quali 1' epoca io ri- tengo ancora discutibile, dovremmo assegnare a questo complesso di strati la potenza minima di circa un centinaio di metri; il che non è molto per un fiume come il Serio, ma sarebbe assai pel solo bacino di Gandino. Del giacimento lignitico di Leffe hanno scritto sul finire del secolo scorso ed al principio del presente, l’Arduino, il Brocchi, il Maironi da Ponte ed il Breislack ; più tardi 1' ingegnere Tatti, lo Stoppani, il Sordelli, il Rutimayer, il Pini, il Sacco, il Portis. Della flora fossile si occupò in particolare il Sordelli, avendo prima trattato delle diatomee i dottori Bonardi e Parona; di una tarta- DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECC. 205 ruga che visse lassù e che è identica all’ attuale del bassopiano padano, scrissero il Sordelli ed il Portis; degli ossami, rinvenuti quasi esclusivamente nella lignite in modo da lasciar supporre od un affogamento in sito nel padule od al più un non lontano tra- sporto di cadaveri, scrissero il Cornalia, il Balsamo-Crivelli, poi Riitimayer, Portis e De Angelis, senza però che sia stato compiuto uno studio corrispondente all’abbondanza ed alla bellezza del ma- teriale, che di questa località esiste nei musei di Bergamo e di Milano. Alla quale defìcenza, aggiunta alla confusione, che ancora regna nelle idee dei geologi e per conseguenza nei loro scritti sul rapporto tra il pliocene ed il pleistocene, devesi attribuire il dubbio, che non soltanto io ma molti dei colleghi meco conser- vano sull’ epoca, diluviale o pliocenica, di questo importante de- posito. In attesa che alcuno dei nostri bravi paleontologi sappia de- finire il carattere della fauna mammologica di Beffe almeno colla stessa certezza colla quale possiamo affermare che sono quaternarie le conchiglie lacustri, al pari della tartaruga delle piante, io in- tendo di osservare brevemente dal punto di vista della orogenesi, se le condizioni geologiche del giacimento facciano propendere il giudizio dell’ epoca del deposito lignitifero di Beffe piuttosto pel pleistocene o diluviale che pel vero e proprio pliocene, che, per entrambi i suoi piani di piacentino e di astiano, io e, se non mi inganno, un certo numero di colleghi continuiamo a ritenete asso- lutamente distinto dal quaternario. Ricorderò come lo Stoppani, in quel libro sempre ammirabile che ha per titolo Studi geologici e paleontologici sulla Lom- bardia (Milano, 1857), considerando come il deposito di Beffe non sia stato disturbato e trovisi nelle circostanze stesse, in cui venne formato, lo abbia ritenuto quaternario ed abbia accettata l’ idea del Tatti, che nel lago di Gandino mettesse foce anche il Serio, per dare una spiegazione adeguata dell’enorme ammasso di le- gname, accumulatosi in quel bacino. Più oltre aggiunge lo stesso autore, come appaia con tutta evidenza doversi porre la forma- zione del bacino di Beffe nell’ epoca delle alluvioni antiche e che si debba collocare nella serie ancora tanto problematica dei depositi superficiali antecedenti alla dispersione dei massi erra- tici. Dalle quali parole e dalle seguenti si scorge come 1’ acutis- 206 T. TARAMELLI sima mente dello Stoppani presentisse quarant’ anni or sono le difficoltà che si dovevano incontrare per precisare i rapporti tra i vari piani e le varie facies dei terreni posteriori al pretto subap- pennino, posteriori cioè alla definitiva emersione del piano pa- dano dal mare ; la quale emersione avvenne, per quanto sappiamo di positivo, prima di ogni invasione glaciale ; anzi prima che fos- sero complete le più antiche conoidi diluviali. Nel secondo volume del Corso di geologia (Cap. XXIX, pag. 664) lo Stoppani ritiene ancora il deposito di Leffe glaciale e lo considera meno esattamente come sbarrato dalle alluvioni di sfacelo morenico della non molto lontana morena frontale del ghiacciaio seriano, a Ponte della Selva. Potrebbe essere che le alluvioni diluviali della porzione occi- dentale del bacino fossero prodotte in parte dallo sfacelo morenico di un apparato glaciale più antico, più elevato e più esterno, ri- spetto alle morene dell’ ultimo periodo glaciale ; ma la natura assai calcare del potentissimo deposito conchigliare, che ricopre la lignite e la spettanza alle locali montagne dei ciottoli nel con- glomerato soprastante direttamente e con leggera discordanza alla marna, fanno ritenere che normalmente il bacino di Leffe fosse indipendente dal corso del Serio, accogliendone soltanto le acque esondanti nelle massime piene del primo periodo diluviale. Rica- viamo poi dai dati riportati dallo Stoppani e dal Curioni come sotto il fabbricato di Leffe, che è sul conglomerato, il banco di lignite si trovasse alla profondità di m. 52, quindi presso a poco alla medesima altitudine di 400 m., che agli scavi all’ aperto presso al Ronna; il che non sarebbe, se il deposito fosse fortemente in- clinato ed interrotto da considerevoli salti, come sono inclinate e fortemente infrante a S. Colombano ed al Tornago di Almenno le argille marine plioceniche. Osserverò inoltre che le marne direttamente a contatto colle ligniti sono alquanto micacee e che rocce micacee mancano affatto al bacino del Ronna. Considerando lo Stoppani come glaciale il deposito di Leffe, non mancò però di ammetterne la contemporaneità a quelli notis- simi del cantone di Zurigo; e lo Stoppani, al pari di autorevoli glacialisti, considerava allora e dappoi le varie espansioni glaciali come semplici fasi di un'unica epoca quaternaria, detta per anto- DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECO. 207 nomasia glaciale, con quella stessa imprecisione, colla quale si chiama carbonifera 1’ epoca dei più abbondanti, a noi noti, giaci- menti di antraciti e litantraci. Negli scritti posteriori sull’Era neozoica, lo Stoppaci non cessò di ritenere quaternario il deposito di Leffe, nemmeno per avere inciampato nei rinvenimenti di conchiglie plioceniche rima- neggiate nelle morene deli’ ultima fase glaciale di Fino e di Ca- scina Rizzardi, confondendo per conseguenza le idee sue e di quanti lo seguirono sui rapporti tra il pliocene ed il quaternario ; lo Stoppaci però non era arrivato al punto di considerare plioce- niche tutte in blocco le alluvioni diluviali e le morene della Valle Padana. Assai importanti furono le osservazioni del D. L. Rùtimayer ( Ueber Pliocen und Eisperiode auf beiden Seiten der Alpen. Basel 1876), il quale evitò il detto inciampo dei fossili rimaneg- giati, e, pur riconoscendo il deposito di Leffe come coevo colle al- luvioni dette plioceniche dal Gastaldi, tuttavia non si pronuncia sulla pliocenità di quello ; lo svincola bensì dai rapporti col fe- nomeno glaciale, di cui però assai imprecisamente egli conobbe i dettagli nella Valle Soriana. Mantiene le determinazioni dei ver- tebrati nelle specie seguenti: Elephas meridionale Nesti, Rhino- ceros etruscus Falc., Bos etruscus Falc. o piuttosto il B. priscus , Cervus elaphas , C. dama , C. orobius, C. affine Corn., dicendo questo assai affine aduna specie dell’Alvernia; Castor fber , iden- tico all’attuale; Equus Stenonis; Emis europaea. Nega 1’esistenza dell 'Elephas antiquus e dell’ Ippopotamo ed accenna con dubbio alla marmotta. Quanto ai molluschi, l’ autore riporta le determi- nazioni di Sanderberger, che sono le seguenti: Planorbis albus Mùller, Lymneus lagotis Schr. ( vulgaris Rossm.). Bythinia ten- taculata Linn., che fu rinvenuta anche nel piano pontico; nel conglomerato soprastante, la Helix fruticum , e con dubbio la Clausilia ventricosa J che esistono nel Forestbed; mancano specie decisamente artiche ed alpine. Il D. Pini in una nota del 1879 (Atti della Soc. it. di se. nat.) aggiungeva le specie Valvata piscinalis e V. planorbis , ritenendo poi la Clausilia piuttosto la C. itala var. alboguttulata tuttora vivente nella Valle Seriana. Osserva che la Valvata piscinalis è comune nelle argille sottostanti alle torbe postglaciali lombarde. 208 T. TARAMELLI I dottori Bonardi e Parona nel 1883 (Atti Soc. it. di se. nat. Milano) studiarono le diatomee e gli spongiari delle argille a contatto colle ligniti di Val Gandino, constatando 48 forme, di cui 42 diatomee, delle quali 28 di specie vivente e 14 non conosciute nei terreni attuali. I tripoli di S. Fiora e di Berlino, sebbene quaternari, ma geologicamente più recenti, presentano un numero molto minore di specie estinte; epperò giudicano gli autori che i sedimenti lacustri di Beffe, per quanto possano raccontarcene le diatomee, debbono riferirsi, se non decisamente al pliocene, per lo meno ad una delle prime fasi del quaternario: quindi al 'pre- glaciale, come allora si diceva, volendosi accennare a qualcosa di intermedio tra i depositi pliocenici marini e le morene quater- narie. È poi noto come questa denominazione di preglaciale si sia fatta sempre meno esatta mano mano che si scoprivano le tracce delle espansioni glaciali antecedenti alF ultima, la meglio nota di tutte anche per la ragione che in essa furono distrutte molte delle vestigia delle espansioni precedenti ; depositi analoghi od identici a quello di Beffe ed ai così detti Deckenscholter si trovarono alla loro volta posteriori ad invasioni glaciali. Del pari è noto a chiunque si sia occupato di terreni quaternari che a vo- lerle cercare, le tracce di queste invasioni glaciali precedenti al periodo degli antiteatri morenici non mancano nemmeno nella Valle Padana; soltanto, almeno a mio avviso, sino ad ora non si è bene distinto se non un solo periodo di espansione anteriore a quello degli anfiteatri morenici, essendo incerte od illusorie le tracce, che di un più antico periodo vollero scorgere nell’area dell’anfiteatro del Garda i glacialisti stranieri. Di questo penultimo periodo glaciale trattai più volte nei miei scritti, posso dire, senza contestazione ; lo considerarono quindi assai abilmente in rapporto alle alluvioni qua- ternarie i signori Stella e Novarese nei rispettivi scritti sul quater- nario della Valle Padana in generale e del Piemonte in particolare. A questo penultimo periodo riferisco i grossi massi di rocce dell’alta Valle Soriana, che esistono sin presso Gorno, alla base del conglo- merato diluviale dell’altipiano di Parre, di cui discorsi in altro mio lavoro ; ma per quanto fino ad ora io abbia cercato attorno al ba- cino di Gandino, che rimane sette chilometri più a valle di Parre- Clusone, non trovai alcun argomento per supporre un’espansione gla- ciale sino ai margini di esso ; il che evidentemente non toglie che DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEEFE, ECO. 209 sia piuttosto interglaciale che preglaciale, se non il deposito lacustre, almeno il conglomerato diluviale, che lo ricopre con ragguardevole potenza. Ad ogni modo, nemmeno le diatomee e le spungoliti di- mostrano che il banco lignitico di Leffe sia pliocenico. Il signor Sordelli, in una lodatissima opera sulla vegetazione in Lombardia durante i tempi geologici, ha mostrato non soltanto i caratteri delle successive flore in questa regione, dal carbonifero all’ epoca delle palafitte, ma studiò ancora i rapporti di esse colle flore coeve in regioni lontane : è un lavoro di polso, i risultati del quale debbono essere tenuti in moltissimo conto. Orbene 1’ autore, dopo di avere osservato che nessuno dei depositi quaternari di Lombardia, compreso questo di Leffe, presenta alcuna specie in comune con quelle terziarie della stessa regione, rileva come debba essere scorso un tempo lunghissimo tra i depositi finitici terziari più recenti e quello più antico dei quaternari, che sarebbe ap- punto il nostro, perchè le condizioni del clima e del suolo abbiano potuto cambiare di tanto da modificare profondamente la nostra flora forestale. Le specie vegetali determinate dal Sordelli sono le seguenti : Rhùoma filicis. Picea Balsami , P. Seriana, Phrag- mites comunis , Corilus avellana, Iaglans bergomensis , Vitis Neuwirthiana, Trapa Heeri, Andromeda filifolia; quindi specie viventi o prossime alle viventi, senza tipi artici nè alpini. Nem- meno un indizio, anche da parte delle fìlliti, che il deposito li- gnitico di Leffe sia pliocenico. Il signor Sacco visitò meco il deposito di Leffe e ne scrisse, riferendolo al Villa/ ranchiano, che è per lui una facies piuttosto che un periodo del pliocene superiore. Il Portis, nel volume se- condo delle sue Contribuzioni alla storia fisica del bacino di Roma (1897), tratta anche del bacino di Leffe e pare che accetti la opinione del Pohlig che esso debba riferirsi al pliocene, seb- bene lo si ritenga interglaciale. Se non ho male inteso le sue idee, pel mio egregio collega il pliocene comprende il quaternario, quindi tutti i successivi depositi glaciali e diluviali sino al periodo post- glaciale. Non sono riuscito a capire precisamente quale posto oc- cupi in questa atletica sintesi il deposito di Leffe; ma discorrendo col distinto collega ho compreso che egli considera la coesistenza àell' Blephas meridionalis con una flora quaternaria e con una tartaruga e con conchiglie viventi, come una ulteriore conferma 210 T. TARAMELI. I della nota legge di Weiss, per la quale le flore si considerano coeve di faune serbanti caratteri di maggiore antichità relativa. Ma tale legge forse sarà vera trattandosi di flore e di faune terrestri in confronto con faune e flore marine ; ma non so quanto essa sia dimostrata, e non mi pare nemmeno logica, quando si tratti di faune terrestri in confronto con flore terrestri contemporanee, e quando, come nel caso nostro, soltanto poche specie e degli ani- mali più longevi e più robusti mantengono il carattere antico, mentre tutto il resto si è adattato ad un nuovo clima, ad una nuova condizione orografica. Vogliamo pur supporre che questo elefante di Leffe sia il vero E. meridionalis , precisamente il plio- cenico ; basta esso forse a persuadere che proprio lì, a pochi passi dalle spiaggie plioceniche di Alzano e Nese, non vi fosse alcuna delle specie di quella flora subtropicale, che prosperava a pochi passi dalle spiaggie plioceniche di Induno, di Mendrisio e Pon- tegana, presso a poco alla stessa altitudine che nel bacino di Leffe P Le fllliti plioceniche di questa località non lontanissima da Leffe sono direttamente e con lieve discordanza sottoposte a con- glomerati diluviali, come le nostre argille lignitifere di Leffe; ma non per questa ragione il signor Portis queste riterrà coeve con quelle, che pur sono nel piano più recente del sicuro pliocene padano. Altra volta, a proposito dei calcari grigi oo litici del Veneto, io mi professai meno sicuro della applicazione di questo principio di Weiss, che può ingenerare confusioni; e la bella monografia del signor Boehm su alcune delle più strane forme di molluschi marini degli strati comprendenti od appena inferiori alle fllliti oolitiche illustrate dal De Zigno è venuta a dimostrare che io non mi ingannava nella mia incredulità. A proposito del giacimento di Leffe, il dubbio mi si fa maggiore, appunto perchè si tratta di una flora, che si vorrebbe vissuta in condizioni affatto contrarie a quelle che sono accusate dai molluschi e da altre specie di ani- mali, anche superiori, come i cervi e i cavalli, e che si vorrebbe riferire ad un periodo terziario contradìstinto da un clima tempe- rato caldo. Davvero io non veggo cosa ci guadagni la geologia con questa confusione del quaternario col pliocene, quando la prei- storia e la storia ci additano lo spegnersi graduato di specie qua- ternarie di grossi mammiferi in epoca postglaciale senza che ad DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECC. 211 alcuno, sino ad ora almeno, sia venuto in mente di prolungare il periodo pleistocenico, (pliocenico pel signor Portis), sino ai nostri giorni. Prescindendo da ogni considerazione teorica e stando alle analogie di deposito, le marne lignitifere di Leffe sono parallele alle marne di Capriate sottostanti al ceppo, cioè al più antico diluvium nella Valle Padana, le quali si trovano ad un’altitudine almeno di 200 metri inferiore alla posizione delle spiaggie plio- ceniche, sollevate alle falde delle Prealpi lombarde ; anche queste marne di Capriate hanno conchiglie del tutto viventi. Ma vediamo se mai si possa trarre qualche argomento in fa- vore o contro alla pliocenicità del deposito di Leffe dalla oroge- nesi; poiché poco lume porterebbe alla questione il citare altri pareri, di autori italiani e stranieri, i quali o non videro il de- posito o lo esaminarono soltanto fugacemente. L'orografìa è bene rappresentata dalla tavoletta Gandino (fo- . glio 53, II NE) della nostra Carta topografica, e ne feci un rilievo che sarà pubblicato a suo tempo dal R. Ufficio geologico e che non è ancora definitivo, avendolo dovuto lasciare in sospeso per sopraggiuntami infermità di occhi. Siccome noi ignoriamo P altitudine della roccia in posto sotto alla lignite, così dobbiamo accontentarci dì affermare che quivi vi era una bassura, che si sprofondava presso a poco sino al livello delle spiaggie plioceniche di Alzano e di Nese. Se la Valle Seriana fosse stata allora aperta e profonda come lo è al presente, il mare pliocenico od invadeva il bacino o vi batteva le sue onde molto dappresso. Ma, in fatto, allora nè la Valle Seriana nè il bacino di Leffe erano scavati quanto lo sono al presente ; vale a dire quanto lo erano al principio del quaternario; stantechè le alluvioni dilu- viali si vedono appiccicate in più luoghi lungo la valle sino a soprapporsi al deposito pliocenico di Nese. Chi mai sa dirci quali e dove fossero precisamente le spiaggie plioceniche e dove allora sboccasse il fiume Serio? In nessun punto delle falde bergamasche a levante di Nese, in nessuna delle romite vallette, che parrebbero fatte appositamente per ricettare lembi di terreno pliocenico marino come accolgono depo- siti quaternari (Val Tesse, Valle Adrara, Valle del Foresto, Val Gandozzo, Valle del Fico presso Grumello del Monte ecc.), si è giammai trovato sinora un palmo di argille marine plioceniche. 212 T. TAKAJIELLI Sotto le alluvioni diluviali dell’ Oglio e del Cherio esistono depo- siti argillosi terrestri. In un pozzo a Porta Broseta di Bergamo, a breve distanza e ad una quota molto più bassa che l' affioramento pliocenico di Paladina, alla profondità di 52 m. si trovò un’ argilla gialla sotto a potente conglomerato ; indarno vi feci ricercare le fo- raminifere, che invece sono abbondantissime a Nese, al torrente Tornago ed a Paladina. Tutto quindi accenna a quella grande abra- sione, che distrusse quasi completamente i lidi ed i depositi plio- cenici, dopo il sollevamento, all’ aurora del periodo quaternario, quando le valli furono rese più profonde e poi furono per potentis- simo spessore riempiute dalle alluvioni diluviali, in seguito a più riprese terrazzate. Epperò il pliocene marino non si trova più a levante se non a Castenedolo ; essendo sorto qualche dubbio se sia da ritenersi precisamente piacentino il deposito di S. Bartolomeo di Salò, che potrebbe piuttosto spettare al piano pontico. Quanto alla foce del fiume Serio sullo scorcio del pliocene, si può soltanto affermare che essa non era certamente presso Nese ed Alzano, dove è al presente lo sbocco della vallata nel piano ; perchè le alluvioni che ricoprono direttamente le argille marine, azzurro- gnole e gialle con numerosi Schizaster, presso Nese sono ad ele- menti locali; e solo più in alto, in strati meno tenacemente ce- mentati, si trovano alluvioni ad elementi dell" alta Valle Seriana. Lo stesso deve dirsi pel Brembo rispetto al conglomerato più an- tico soprastante con forte inclinazione alle marne plioceniche del Tornago e di Paladina. È probabile che allora il fiume Serio te- nesse una direzione più orientale, in corrispondenza dell’ avvalla- mento evidentissimo da Nembro a Trescorre, pel Colle di S. Rocco, modellando il Costone di Gavarno. Più a monte, il fiume seguiva bensì 1’ attuale decorso, ma il suo alveo pliocenico corrisponde a terrazzi orografici più o meno evi- denti, che ora modellano i versanti e rimontano le vailette con- fluenti a non meno di 200 metri sopra V alveo attuale ; quindi circa un centinaio di metri al di sopra delle superficie dei vasti depo- siti diluviali di Gorno e Parre, di Gandino-Gazzaniga, di Albino, di Alzano, scaglionati lungo la vallata. Molto probabilmente la detta sella di S. Rocco (531), inferiore al limite medio di questi terrazzi pliocenici, è un relitto di antico decorso del Concassola, che poi abbreviò la sua strada, come fecero quasi sempre, per poi DEL DEPOSITO LIGN1TIC0 DI LEFFE, ECO. 213 allungarla di nuovo, le correnti in epoca quaternaria. Ed a propo- sito di questa sella non sarà inutile il ricordare come quivi presso, molti anni sono, io abbia raccolto, al contatto del calcare colla porfirite, una roccia formata da grossularia, con cristalli distinti di questo granato; il che spiega come il Brocchi affermi di aver tro- vato un ciottolo di vesuviana nelle argille di Leffe. Le quali ar- gille o marne essendo relativamente poco ricche di carbonato di calce, per corrispondere ad un bacino assolutamente calcare, dimo- strano che fu nel periodo diluviale pronto e pronunciatissimo quel processo di decalcificazione, che forma un carattere, sino ad ora non abbastanza considerato, dell’azione atmosferica durante il qua- ternario. Ancora più elevati sono altri terrazzi orografici (circa 600 m. sugli alvei attuali), che si svolgono poco lontani dagli spartiacque e dalle vette e che vanno riferiti al piano pontico ; di essi però mi guarderò bene dall’ occuparmi, conoscendo come sia difficile il rife- rimento cronologico dei vari momenti della orogenesi, anche dopo d' essermi recentemente occupato dell’ argomento in una Nota sui vari esempi di cangiamenti di decorso e di cattura di correnti, che si ponno da ognuno rilevare nelle nostre Prealpi e nell’ Appennino. Il quale lavoro io qui ricordo soltanto allo scopo di stimolare anche i colleghi geologi a non perdere di vista questo interessantissimo problema della orogenesi, che forma parte della geologia almeno quanto lo studio delle faune e delle flore. Per la tesi, che ora inclino a sostenere, del doversi il depo- sito di Leffe mantenere nel quaternario, parmi importante il potere stabilire che tanto la valle del Serio, come il bacino del Concas- sola, il quale venne in progresso di tempo lambito, poi invaso dalle alluvioni diluviali del Serio, in epoca pliocenica erano scavati assai meno profondamente di quanto lo furono dappoi, quando accolsero i sedimenti diluviali; essendo poi probabile che il Concassola si scaricasse nella Val Possa per la sella di S. Rocco. Assai poco conosciamo dei fenomeni endogeni accaduti quando furono sollevate le spiaggie plioceniche ; poiché il sapere che allora, tra le altre regioni, si infranse anche la penisola italiana per poi dar sfogo ai vulcani quaternari; che furono a diverse altitudini portati lungi dai nuovi lidi i depositi littoranei così adriatici che tirrenici ; che si unificò in complesso il disgraziato nostro stivale , 15 214 T. TARAMELLI non è ancora nulla per chi voglia sapere che cosa sia avvenuto sulla nostra terra emersa. La stratigrafia, studiata ancora a grandi linee, è ben lontana dal darci i dettagli riferibili ai movimenti di suolo di data postplio- cenica ; ed ancora meno essa può distinguere quanto avvenne in or- dine a cause endogene nei diversi periodi del quaternario ; è molto che questo studio, eseguito pazientemente, abbia per ora fatto scom- parire tanti di quei salti, che erano un tempo così comodi per scio- gliere gli imbarazzi dello stratigrafo. Per la Lombardia poi, anche per le due regioni meglio stu- diate presso ai due grandi laghi che la conterminano, la tectonica è nota soltanto nei tratti generali. Quindi io non mi proverò nem- meno a fare delle ipotesi per conoscere quante volte e come sia stato sconquassato l’ edificio prealpino dopo il pliocene; soltanto affermo che, qual più qual meno, tutti i più antichi depositi dilu- viali sono spostati, compreso quello di Leffe. Quindi la leggera incli- nazione, esagerata assai nel profilo che il Rutimayer disegna di questo bacino, non è punto una ragione per considerare la lignite e le marne conchigliari di Leffe come plioceniche. Circa ai fenomeni esogeni, che io continuo a ritenere per stretto nodo avvinti agli endogeni per quanto risguarda la causa dei suc- cessivi diluvi e delle successive invasioni glaciali, il lettore con- verrà meco, io spero, che, trattandosi di un’ area montuosa e di una valle a forte pendenza, la massima della precipitazione è rap- presentata dalla escavazione del solco, che fu poi ricolmo sino ad una certa altezza dalle alluvioni diluviali. Non essendo stata invasa da ghiacciaio, in nessun periodo qua- ternario, 1’ area di cui ci occupiamo fu nei successivi periodi dilu- viali prima erosa, poi riempiuta con altezza di depositi sempre mi- nori; poi ultimamente terrazzata, nel principio del periodo post- glaciale, quasi ovunque raggiungendosi cogli alvei la roccia viva ; la quale, per conseguenza, venne a vicenda coperta e denudata, poi incisa. Assai probabilmente il conglomerato diluviale del pianoro tra il torrente Ronna e Casnigo-Barzizza è alquanto più recente delle alluvioni diluviali, cementate in tutto il loro spessore, che ricoprono a Leffe la marna lignitifera; nel rilievo, per ora, le ho tenute distinte, riferendo il primo al periodo stesso che il conglo- DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECO. 215 merato passante a morena al Ponte della Selva, e le seconde al conglomerato di Parre. Il deposito vegetale, che poi si ridusse allo stato di lignite torbosa, simile a quella che si trova sotto 25-30 metri di alluvioni quaternarie luugo il corso del Ticino da Bereguardo a Pavia, de- veai certamente in gran parte alla denudazione per pioggie dilu- viali delle montagne; e lo dimostra la frequenza dei tronchi e delle noci o nocciole. Con tutta probabilità, esso deposito corrisponde al punto saliente della precipitazione acquea, quando fu sospesa la prima volta l’incisione della vallata e del bacino; mentre si pre- parava nell’ alta valle la lenta espansione, che per ora diremo la penultima, piuttosto che la prima, dell’ ora scomparso ghiacciaio Seriano. Non fu certamente affare di un anno o di pochi anni. Segui- rono, sempre in epoca quaternaria, successivi escavamenti e suc- cessivi inghiaiamenti, e le alluvioni furono cementate sempre meno tenacemente ; venendo meno per gradi nell’ atmosfera quella quan- tità di acido carbonico, che costituisce altro dei caratteri poco con- siderati e spesso negati dei tempi anteriori al postglaciale. Ed a proposito dei fenomeni chimici atmosferici allora intervenuti, non è nemmeno da trascurarsi V enorme alterazione subita dalle porti- riti anfìboliche, di cui il prodotto fornisce un ottimo materiale per laterizi e tubi refrattari e per terra da gualchiera ; non ultima ra- gione della fiorente industria laniera, che anima da secoli quelle bergamasche borgate ed in particolare Gandino. Evidentemente, alla condizione di un grosso fiume laterale ad un lago successe la formazione di un grande pianoro, nel secondo periodo diluviale ; poi il tutto fu inciso sino ad intaccare la roccia in posto, per la profondità di oltre 100 metri alla confluenza del Ronna. Fu denudata la formazione lignifica dove furono praticati negli ultimi anni gli escavi all’aperto, soprapponendosi quivi un tenue strato di alluvione, come si è detto. Il bacino di Leffe, adunque, fu riempito in epoca quaternaria ; anzi fu escavato, prima di essere colmato, in questa stessa epoca. Assai bene esso rappresenta l' abbondanza massima della precipi- tazione acquea nella Valle Seriana; mentre le morene profonde an- tiche, sotto al conglomerato diluviale di Parre, rappresentano il tardo effetto di un massimo di precipitazione nivale. Confesso di 216 T. TARAMELLI non sapere ancora decidere se questi due massimi coincidano cro- nologicamente. Osservo però che se questa coincidenza si fosse av- verata, non ne sarebbe seguita la coincidenza delle espansioni gla- ciali collo sviluppo delle alluvioni di ciascun periodo diluviale, po- tendo essere che 1' effetto del massimo di precipitazione nivale si risentisse molti secoli dopo dell' immediato effetto del trasporto torrenziale. Prendendo in blocco il fenomeno diluviale, per questo bacino di Leffe che non fu invaso da ghiacciaio, si possono in epoca quaternaria distinguere i seguenti momenti: 1° Escavazione della Val Seriana e del bacino laterale del Concassola, con parziale passaggio delle acque di questo nella Val Rossa ; 2° Formazione del deposito lacustre lignitifero, in una serie di piene straripanti del Serio, che confondeva le sue acque, almeno temporaneamente, con quelle del Concassola ed altri minori torrenti nell’ ampio bacino ; 3° Seppellimento del deposito lacustre, forse già parzialmente denudato da un primo diluvium , sotto all’ amplissimo pianoro di- luviale di Casnigo, che fu rapidamente cementato per la natura carbonicata delle acque piovane e delle correnti stesse ; 4° Incisione dei corsi del Serio e del Ronna, denudazione del deposito lignitifero presso Leffe, leggero interrimento alluvionale di quest’ area ; tutto questo in periodo postglaciale, cioè posteriormente alla rapida ritirata dei ghiacciai sin presso ai loro confini attuali. Uno studio del bellissimo circo di Barbellino, dal quale con una cascata meravigliosa scende il Serio, potrà dire delle ultime soste del ghiacciaio Seriano. A questa storia così semplice prevedo che si opporrà l' obie- zione del nulla o quasi, che rimane pei fenomeni continentali plio- cenici nell’ area esaminata. Invero, potrei ritorcere l' obiezione a chi credesse di portare tutti i fenomeni diluviali nel periodo plioce- nico, chiedendo che mai sia avvenuto nel quaternario in questo ba- cino. Che il periodo pliocenico sia in realtà decorso e non sia stato breve, lo dicono le molte centinaia di metri dei sedimenti prima littoranei, poi di mare più profondo, ed in fine di spiaggia sottile, che si vennero depositando nei golfi del mediteraneo europeo d’ al- lora. I quali depositi in altra guisa ci avvertono che delle terre emerse di quel tempo noi troveremo ben poco e solo nelle più antiche DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECC 217 depressioni; perchè fu un rovinìo di abrasione e di erosione, di cui il prodotto veniva quasi del tutto sminuzzato ed apportato al mare. Negli ampi bacini del Val d’ Arno e dell' alta valle Tiberina, della valle Umbra presso Spoleto, della valle di Chiana in parte, nella valle del Serchio troviamo alluvioni, depositi lacustri, depo- siti di estuario pliocenici; nè di tali mancano nella valle del Ro- dano, secondo Falsan; ma la maggior parte delle alluvioni entro- valle e le reliquie dei grandi laghi dell’ Italia meridionale, fatteci conoscere con tanta diligenza dal signor dott. De Lorenzo, secondo ogni probabilità sono diluviali, pleistocenici, anziché pliocenici, al pari di questo deposito di Leffe, che rimane parallelo ai depositi di Utznacb, Durnten e Wetzikon; quindi al Forestbed, alle sabbie di- luviali di Patersdorf presso Gleiwitz, nell’ alta Slesia, di Imberg presso Sandhofen nella Baviera, di Chambéry in Savoja. Il Prest- wich opina che il Forestbed sia alquanto più recente delle ligniti fogliettate della Svizzera e di Leffe, soggiungendo però che la diffe- renza potrebbe invero provenire- dalla diversa latitudine; il che può essere in fatti e sempre meglio ne avverte della difficoltà di lontani riferimenti. È naturale che essendoci in Italia depositi continentali nume- rosi ed in condizioni geologiche assai varie, anche 1’ epoca di essi sia diversa, e non ci stupiremo se alcuno di essi potrà rimontare anche al miocene; ma appunto per questa moltiplicità di date, parmi che sarebbe a stabilirsi esattamente quali siano i caratteri di flora e di fauna, che dimostrano la pliocenicità indiscutibile, così per la fauna come per la flora. Parmi, ad esempio, che nes- suno dubiti che sia pliocenico il deposito lignitico di Spoleto; ma per quanto io sappia, la sua fauna è diversa da quella di Leffe, e diversa pure la flora. Quanto al deposito di Val d' Arno non tralascio però di ram- mentare come in una Nota pubblicata lo scorso anno il signor Lotti, dopo di aver fornito degli importanti dati sulla composizione, sulla potenza e sull’ area di condensamento del legname fossile in quelle masse lacustro-fluviali, soggiunga che furono trovati allo stesso li- vello 1’ Elephas meridionali di Montevarchi e 1’ E. antiquus col Bos primigenius di Laterina, e che la porzione superiore del depo- sito sarebbe da considerarsi, per conseguenza, come postpliocenica. Afferma altresì che il contiguo deposito lacustre di Val di Chiana 218 T. TARAMELLI, DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE, ECC. vedesi nel modo più chiaro, a Porto, tra i due laghetti di Chiusi e di Montepulciano, soprapporsi alle sabbie plioceniche marine; che presso Pratovecchio un analogo deposito con lignite offerse Y Ele- p/ias antiguus, Rhinoceros hemitaecus , Cervus megaceros e Cervus elaphus. Il deposito di Yal d'Arno a Montevarchi misura 270 m. almeno di potenza ; vi è quindi margine per una suddivisione cro- nologica assai probabile. Perciò, se un limite si ha da porre tra depositi continentali pliocenici e pleistocenici, del che non dubito, è questo il caso di farlo, senza confonderci coll’applicazione di leggi più o meno in- certe e senza lasciarci portare a sintesi troppo ardite. In ud interessantissimo lavoro sui dintorni del lago di Zurigo il prof. Heim è rimasto incerto sul riferimento cronologico del Lo - clierige Nagelftue, che corrisponde al nostro ceppo di Trezzo e B lom- bate; lo dice però sicuramente anteriore alle dislocazioni, che hanno alterato l' andamento degli antichi fondi di valle e dei terrazzi, con- tribuendo alla formazione dei bacini lacustri subalpini. Anterior- mente all' ultima espansione glaciale il signor Heim vede le Alpi accasciarsi anche nel versante padano, almeno 500 metri. Invece il prof. Pantanelli, che è tra i migliori conoscitori del terziario italiano, ritiene che dal pliocene in poi la Valle del Po siasi sol- levata ai bordi e depressa nella sua concavità. Nel Veneto man- cano assolutamente terreni marini pliocenici ed il gruppo vulcanico euganeo è come affogato in un mare di sabbia e di fanghiglia; le coste liguri dal pliocene in poi si sono sollevate per oltre un mi- gliaio di metri, poi affondate, presentando secondarie oscillazioni anche in tempi postglaciali. Quindi parmi che anche pei fenomeni endogeni non convenga confondere il pliocene col quaternario, e nep- pure troppo affrettarci a riferire all’ uno quei fenomeni, che per maggioranza di caratteri vanno piuttosto mantenuti nell’ altro di questi periodi. Perciò, fino a prova contraria, continuo a ritenere il deposito lignitifero di Val Gandino come quaternario, pleistoce- nico o diluviale. Cuasso [25 Agosto -27 Ottobre 1898]. SUI FOSSILI DEL LIAS INFERIORE DI CIMA ALLA FOCE NELL’ ALPE DI CORFINO. Comunicazione del dott. Gustavo Levi. In attesa di pubblicare un mio studio già condotto a termine sui fossili del calcare bianco ceroide di Cima alla Foce nell’ Alpe di Corfìno, credo opportuno accennare brevemente ai risultati del mio lavoro. 11 materiale da me studiato fu raccolto, vari anni or sono, dal prof. Cocchi, e conservato nel Museo Geologico del R. Istituto Supe- riore di Firenze. Dal mio materiale ho potuto estrarre e studiare le seguenti specie : Apiocrinus sp., Terebratula sp. nov., T. Aspasia Mgh., Car- dium sp. n., C. submulti co statura D’Orb., Neaera sp., Natica sp., Pleurotomaria sp. nov., Atractites orthoceropsis Mgh., Coronice- ras Monticelle use Can., Caloceras sp. nov. cfr. liasicum D’ Orb., C. ligusticus Cocchi, C. coregonense Sow., C. spediense Coc. et Mgh., Pleuracantites biformis, Ectocentrites Meneghina E. Sism., Ly- toceras articulatum Sow., L. agnatum Can., L. subbiforme Can., Phylloceras lunense Mgh., P. cylindricum Sow., Rliacophyllites sp. n. Dal complesso di questa fauna risulta evidente la grande ana- logia di forme colla fauna liassica della Spezia colla quale ha ben 14 specie a comune; per cui si può ritenere isopica di questa ed appartenente alla zona ad augulati del Lias inferiore. [6 Settembre -14 Ottobre 1898] BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE di Palo, Anzio e Nettuno. Nota del socio Antonio Neviani. La bibliografìa relativa allo studio dei briozoi fossili di questa parte della provincia romana, è assai breve ; non conosco che una memoria del dott. Guglielmo Terrigi, e tre note del prof. Romolo Meli ; a queste va aggiunta una mia noticina speciale. Terrigi Guglielmo. — Il calcare {macco) di Palo e sua fauna microscopica. Mem. Acc. Lincei, ser. 4a, voi. VI, pag. 94-151, con 10 tav., Roma 1889. In questa memoria il dott. Terrigi tratta abbastanza diffusa- mente della fauna a briozoi del macco di Palo, che egli attribuisce al quaternario marino (pag. 148), oppure ad « un pliocene tal- mente superiore da confonderlo col quaternario ». Accolgo senza riserve le conclusioni del Terrigi, giacché rite- nendo il macco di Palo, contemporaneo delle formazioni di Monte Alario, si viene a confermare quanto ho più volte avuto occasione di dire per queste ultime località. Le specie di briozoi studiate dal Terrigi sono : Scrupo cellaria elliptica , Rss. Membranipora subaequalis, Rss. Salicornaria farciminoides, Cuv. Cribrilina radiata , Moli. Eschara monilifera , M. Edw. Lepralia ventricosa , Hassal Cellepora globularis, Bronn Crisia Iloernesii , Rss. » Haueri, Rss. » Edwardsii, Rss. A. NEVIANI, BKIOZOI DELI, E FORMAZIONI PLIOC. E POSTPLIOC., ECO. 221 Idmonea ? sp. ? Pustulopora proboscidea J M. Edw. » clavaeformiSj Busk. Alecto echinata , Rss. Tubulipora ftabellaris, Fabr. » fasciculata ? Seg. » sp. ? Belle denominazioni sopra riportate, quali ritenere per esatte? Le figure date dall’autore pur troppo lasciano molto a desiderare, e nella descrizione non sono riportate frasi caratteristiche tali, che servano a bene individualizzare una specie; cosicché tolte quelle già ritenute dubbie dall’ autore ed alcune altre insostenibili, come la Membr. subaequalis la Lepr. ventricosa , la Cellepora globularis ed altre ; rimangono, per me, accertate solo le seguenti : Scrupocellana elliptica Cribrilina radiata Salicornaria farciminoides Crisia Haueri Grida ffoernesii Alecto echinata Pustulopora proboscidea Tubulipora flabellaris. Le suddette otto specie verranno più oltre citate con le rela- tive denominazioni oggi usate. Meli Romolo. — Sui dintorni di Civitavecchia. Acc. d. Lin- cei, ser. 3a, voi. V, 1880. Del pliocene inferiore dei dintorni di Civitavecchia, cita: Cel- lepora pumicosa Solander (pag. 5 estr.). Nel quaternario marino poi sono citati : Myriozoon truncatum Pallas, Retepora cellulosa Lin. (Millepora), Lepralia ciliata Lin. (Cellepora), Membranipora sp. ? (pag. 12 estr.). Meli Romolo. — Cenni geologici sulla costa di Anzio e Nettuno , ed elenco dei molluschi pliocenici ivi raccolti (Ann. d. R. Istit. Tecn. di Roma; anno IX, 1884, pag. 95 e seg.). 222 A. NEVIANI L’aut. in un primo accenno ai fossili del macco, cita : Gel- lepore e Myriozoum, ecc. (pag. 98). Nell’elenco dei fossili del macco fra Anzio e Nettuno, vi sono: Relepora cellulosa Lin. (Madrepora), Myriozoum truncalum Pal- las, oltre diverse specie di briozoari ( Cellepora , Lepralia , Escha- ra , ecc.). Meli Romolo. — Echinodermi ed altri fossili pliocenici di Anzio (Boll. R. Com. Geol., 1885, pag. 188-190). In questa memoria, fra le specie fossili di vari tipi sono ci- tati : « Relepora cellulosa Lin. (Madrepora), Hornera frondicu- lala Lmx, H. striata M. Edw., Fasciculipora Marsilii Micht. (Frondipora), Myriozoon truncatum Pallas, e molte altre specie di briozoari ( Membranipora } Cellepora , Lepralia , Eschara, De- frauda) » . Non faccio qui alcuna osservazione alle determinazioni del prof. Meli, avendo avuto da esso stesso, con la massima gentilezza, in esame il ricco materiale, che in buona parte forma l’oggetto di questa mia nota. Neviani Antonio. — Nuova specie fossile di Stichoporina (Riv. It. di Paleont., pag. 247. Bologna 1895). Descrissi una Stichoporina persimplex che ritenni come una nuova sp. delle marne plioceniche di Tor Caldara; il materiale dal quale trassi gli esemplari di questa nuova e bella specie, mi venne cortesemente affidato dall’ ing. Enrico Clerici, e da esso materiale ho tratto altre specie, che vengono qui pubblicate. - Agli egregi amici prof. Meli, ed ing. Clerici, che sempre con grande liberalità mi permisero di studiare le loro preziose raccolte, esprimo di buon grado, pubblicamente, i miei ringraziamenti. Nel quadro sinottico che segue distinguo i fossili a seconda del loro giacimento : in quelli dei tufi vulcanici di Nettuno, del macco di Palo, del macco fra Anzio e Tor Caldara, e delle marne grigie di Tor Caldara, ritenendo che tale sia, dalle più recenti alle più antiche, la loro successione nel tempo ; ponendoli poi a con- fronto con quelli delle argille e sabbie della Farnesina, come quelli che appartengono al giacimento più prossimo e più conosciuto. BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE, ECC. 223 GENERI E SPECIE Nettuno Macco di Palo Macco da An- zio a Tor Caldara Marne grigie di Tor Caldara Argille e sabbie della Farnesina h Aetea recta Hincks -4— 2. Caberea Boryi Audouin sp -4- 3. Scrupocellaria scruposa Linné sp -4- H- 4. Membranipora reticulum Linné sp -4- -+- -+- 5. n irregularis d’ Orbigny -t- - 6. » lineata Linné sp -A- 7. » qaleata Busk HH 8. » minax Busk -I- — 9. Onychocella anguiosa Reuss sp -4- IO. Micropor a [ Calpensia ] impressa Moli sp -4- 11. » \Rosseliand\ Rosselii Aud. sp -4- 12. Melice^ita fistulosa Linné sp -4- —4— 13. >> Johnsoni Busk sp -+- 14. Cribrilina radiata Moli, sp -+- -+• H- 15. Chorizopora Brongniarti Aud. sp -4- — 16. Microporella[Fenestrulina\ ciliataLmné sp. . . . H- 17. » » n var. castrocaren- sis Nev. . . 18. » [Diporula\ verrucosa Peach sp. . . - 19. » [ Reussina ] polystomella Reuss sp. . . 20. » [ Calloporina ] decorata Reuss sp. . . —4- 21. Hippoporina foliacea Ellis et Sol. sp 22. Stichoporina persimplex Neviani 23. Myriozoum truncatum Pallas sp H— -+■ 24. » crustaceum Smitt -H 25. Schizoporella monilifera M. Edw. sp -4— 26. » linearis Hassal sp —b 27. n sanguinea Norman sp -4- 28. » Clerici Neviani —4— 29. » squamoidea Reuss sp -4- 30. » vulgaris Moli, sp -+■ 31. » unicornis Jolinston sp -i- H- -4- 32. n Dutertrei Aud. sp H— 224 A. NEVI ANI GENERI E SPECIE 33. Schizoporella obvia Manzoni sp 34. Schizotheca fissa Busk 35. Teuchopora castrocarensis Manzoni sp 36. Osthimosia coronopus S. Wood sp 37. Retepora cellulosa Linné sp 38. » Beaniana King 39. Smittia reticulata Mac Gill. sp 40. » [Hfarsillea] cervicornis Pallas sp. . . . 4L » [Mucronella] coccinea Abildg. sp. . . . 42. » » » \a.r.fulgurans Manz. 43. Umbonula ramulosa Linné sp 44. CycloporèÈa costata Mac Gill. sp 45. Porina borealis Busk sp 46. Crisia denticulata Larnk. sp 47. » elongata M. Edwards 48. » fistulosa Heller 49. Hornera frondiculata Lamk. sp 50. » striata M. Edwards 51. Idmonea serpens Linné sp 52. » Milneana d’ Orbigny 53. Tubulipora [Filisparsa] seriatopora Rss. sp. 54. 77 [Stomatopora] major John. sp. . 55. 77 » dilatans John. sp. 56. 77 n repens S. Wood sp. 57. n [ Tubipora ] flabellaris Fahr. sp. . 58. n [. Pavotubigera ] dimidiata Rss. sp 59. Fntalophora proboscidea M. Edw. sp. . . . 60. Lichenopora hispida Flem. sp 61. t» mediterranea Blainville . . . 62. 77 prolifera Reuss 63. 77 cespitosa Gioii 64. Frondipora verrucosa Lamx. sp 65. 77 Marsilii Micht. sp rt - a S I» H- .2 * •- < - -H BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE, ECC. 225 1. Aetea re c ta Hincks ; Aetea sica Couch, Manzoni ; Alecto parassita Heller, Manzoni; Stomatopora gallica d’Orb.; Aetea recta Neviani. Distinta colonia reptante sopra valva di Ostrea ; dalle marne grigie di Tor Caldara (Cl.) ('). 2. Cab ere a Boryi Audouin ( Crisia)\ Cab. zelanica Bk., Cab. patagonica Bk. Rarissime colonie nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 3. S crup o c e Ilari a sera posa Dinne ( Sertularia ) ; Se r. elliptica Terrigi. Comunissima nelle marne grigie di Tor Caldara (M.) ; non rara nel macco di Palo (T.). 4. M embr anip o r a retic ulum Dinne ( Millepora ). Pochi frammenti dai tuti quaternari di Nettuno (Cl.), dal macco fra Anzio e Nettuno, e dalle marne grigie di Tor Caldara (M.). 5. Membr. irr egularis d’ Orbigny. Due colonie su valve di Vola Jacobaea e di Terebratula sp. del macco da Anzio a Tor Caldara (Cl.). 6. Membr. lineata Dinné ( Flustra ). Piccola colonia sopra una Cidaris sp. del macco di Anzio (M.). 7. Membr. galeata Busk. Meynbr. annulus Manzoni, Membr. dentata Wat. Una colonia ben conservata su valva di Ostrea del macco fra Anzio e Tor Caldara (Cl.) e frammenti di marne grigie di Tor Cal- dara (M.). 8. Membr. minax Busk; Membr. Flemingii Busk, Se- guenza. Piccola colonia conservatissima, aderente a valva di Terebra- tula ampulla; noto come il porta-avicellario sottoboccale sia molto prominente. Dal macco di Anzio (M.). 9. Ony c o c ella anguiosa Reuss ( Cellepora ). Una colonia sopra una Osthimosia coronopus del macco fra Anzio e Nettuno (M.) ed una a vari strati sopra una Nullipara parimenti dal macco verso Tor Caldara (Cl.). (*) (*) Le sigle Cl., M., T. rappresentano rispettivamente i nomi Clerici, Meli, Terrigi ed indicano da chi ho avuto l’esemplare in discorso, o chi ne tenne parola in precedenti pubblicazioni. 226 A. NEVIANI 10. Micropor a \_Calpensia] impressa Moli. ( Escha - ra ); Membr. andegavensis Busk, Membr. gracilis Heuss. Specie comunissima con aspetto celleporoide per sovrapposi- zione di strati, alle volte in masse di oltre 6 cent, di diametro ; nel macco da Nettuno ad Anzio, e da Anzio a Tor Caldera (Cl., M,). 11. Micr. [ Rosselianai] Rosselli Audouin ( Flustra ). Bella e distinta colonia su Pecten flabelliformis del macco di Palo (M.). 12. Melic evita fistulosa Linné (Fschara) ; Salicorna- ria f arciminoides Johnston, Cuvier, Terrigi. Alcuni frustoli nelle marne grigie di Tor Caldara (M.), non rara nel macco di Palo (T.). 13. Melicerita Johnsoni Busk ( Nellia ). Alcuni frammenti dei tufi vulcanici impastati di Foglino, e dal quaternario di Nettuno (Cl.). 14. Cribrilina radiata Moli ( Eschard)', Lepralia in- nominata Busk, Lepr. scripta Manzoni, Lepr. annullata, Manzoni, Lepr. mitrata Seguenza, ecc. Specie abbastanza comune ; una colonia incrostante un fram- mento di Pecten delle marne grigie di Tor Caldara, è del tipo della Cr. scripta di Castrocaro, vi sono frequenti gli ovicellari e scarsi gli avic cibari (M.), altre colonie su frammenti di Pecten e di Ostrea sono nel macco d’Anzio (Cl.) ; nel macco di Palo il Terrigi ne rin- venne una sola colonia. 15. Chorizopor a Br ongniarti Audouin ( Flustra ) ; Le- pralia tennis Johnston, Lepr. capitata Reuss. Una piccola colonia con zoeci tipici su valva di Pecten fla- belliformis del macco di Palo (M.) ; ed altra a zoeci disgiunti su cenecio areolato aderente ad una valva d’ Ostrea delle marne grigie di Tor Caldara (Cl.). 16. Micr opor ella \_F enestrulina] ciliata Linné ( Cellepora ) ; Lepralia utriculus Mnz., Lepr. calabra Seg., Lepr. glabra Rss., Lepr. pleuropora Rss., ecc. Due colonie incrostanti un’ Ostrea ed un frammento di My- riozoum (M., Cl.), dal Macco fra Anzio e Nettuno. 17. Micr. \_Fen.~] ciliata var. c astro c arensis Nev. Per questa var. vedi il mio lavoro sui briozoi della Farne- sina, pag. 105 (29), tav. Y (1), f. 26. BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE, ECC. 227 Larghe colonie sulla Terebratula ampulla del macco d’An- zio (M.). 18. Mi cr . [ Diportila ] verrucosa Peach ( Eschara ) ; Eschara columnaris Manzoni, Natnias. Un frustolo impegnato nella roccia aderente ad una valva di Vola Jacobaea del macco da Anzio a Tor Caldara (Cl.). 19. Micr . \_R eus sin d\poly stornella Reuss ( Eschara ) ; Eschara lichenoides Lamk., Esch. Pallasi Heller. Comune nel macco fra Anzio e Nettuno, con grandi ramifica- zioni, che presentano le caratteristiche graduazioni fra i zoeci giovani e ben distinti, con i zoeci vecchi, calcificati ed indi- stinti (M.). 20. Micr . [C all oy orinai] decorata Reuss ( Cellepora ) ; Lepralia Sturi Rss., Lepr. formosa Seg. Piccola colonia sopra Pecten opercularis del macco d’Anzio(M.). 21. Hipp o por ina foliacea Ellis et Solander ( Millepora). Un piccolo frammento dal quaternario di Nettuno (Cl.). 22. Stic hoporina persi mp l e x Neviani. Vedi in proposito la mia già citata nota. Colonie intere e frammenti dalle marne grigie di Tor Cal- dara (Cl., M.). 23. Myriozoum truncatum Pallas ( Millepora ). Comunissimo nel quaternario di Nettuno (Cl.), nel macco da Nettuno ad Anzio e Tor Caldara (Cl., M.), nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 24. Myr. crustac eurn Smitt ; Eschara incisa Busk. Riferisco alquanto dubitativamente alla specie dello Smitt, un frammento del quaternario di Nettuno (Cl.). Il portamento lo fa riferire all’ Eschara incisa Bk. ( Cray X, 3), ed alla citata specie di Smitt ( Krit . Skand. Bryoz. XXV, 88-91) e specialmente alla fig. 91 ; ne diversifica per gli avicellari piut- tosto grandi, e per l’ incisura larga. 25. Schizoporella m o nilifer a M. Edwards (Eschara). Comune in frustoli cilindrici ramificati, simili a quelli dise- gnati dal Busk nella monografia del Cray XI, 1 a (le prime due figure a sinistra). Dalle marne grigie di Tor Caldara (M.). 26. Schiz. linearis Hassal {Lepralia) ; Lepralia tenella Reuss. 228 A. NEVIANI Una piccola colonia sulla valva di un Cardium del quater- nario di Nettuno, ed una bella colonia su Vola Jacobaea del macco da Anzio a Tor Caldara (Cl.). 27. Se hi z. sanguinea Norman (Hemeschara) ; Lepralia pertusa Busk, Manzoni. Una colonia incrostante una valva di Pecten del quaternario di Nettuno (Cl.) ; frammenti di colonie libere, ed altre aderenti a molluschi ecc. del macco fra Anzio e Nettuno (Cl., M.). 28. Schiz. Clerici Neviani ( Br . Farnesina 109, YI, 1). Di questa specie semplicissima, ho osservato una estesa e ben conservata colonia su di una Terebratula del macco fra Anzio e Tor Caldara (Cl.). 29. Schiz. squamo idea Heuss ( Lepralia ). Una colonia incrostante un frammento di Pecten varius del macco fra Anzio e Nettuno (M.). 30. Schiz. vulgaris Moli {Eschara) ; Lepralia tumida Manz., Lepr. otophora Rss., Seg., Lepr. intermedia Rss., Lepr. alba Hks. Piccole colonie su valve di Pecten opercularis e di P. histrix delie marne grigie di Tor Caldara (Cl., M.). 31. Schiz. unicornis Johnston ( Lepralia ); T^epralia an- sata John., Manz., Lepr. tetragona Rss., Manz., Lepr. radiato- porosa Seg., Eschara quadrilatera Seg., ecc. Due colonie aderiscono ad una valva di Venus verrucosa, , hanno zoeci di forma subellittica {Lepr. spinifera Bk., B. M. C. LXXXI, 7) ; dal quaternario di Nettuno (Cl.) ; altra piccola colonia sopra uno Spatangus del macco fra Anzio e Tor Caldara (Cl.). 32. Schiz. Dutertrei Audouin (Flustra) ; Lepralia oto- phora Rss., Manz., Lepr. Woodiana Busk, Lepr. attrita Rss., Lepr. brachicephala Seg., Mastigophora Dutertrei Hks. Come nelle colonie raccolte alla Farnesina (Neviani, Brioz. Farnesina , 113 (37), VI, 6) ai lati dell’orifìcio ho osservato avi- cellari e non vibracellari. Sono due colonie, l’una su Terebratula, l’altra su Pecten del macco d’ Anzio (Cl., M.). 33. Schiz. obvia Manzoni {Lepralia). Piccola colonia su valva di Ostrea cochlear , dalle marne grigie di Tor Caldara (M.). BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE, ECC. 229 34. Schizotheca fissa Busk ( Lepralia ). Rinvenni questa forma fossile per la prima volta studiando alcune specie postplioceniche di Spilinga (Neviani, Briozoi Spi- linga, pag. 34, fìg. 17); ora la ritrovo per la seconda volta, in piccoli frammenti, nei tufi marini quaternari di Nettuno (CL). 35. Teuchopora castrocarensis Manzoni ( Alecto ). Nel mio lavoro sui briozoi della Farnesina (pag. 116) mi sono trattenuto a lungo su questa specie interessante, per la quale credei opportuno fondare il genere Teuchopora ; 1’ esemplare che ora ho innanzi, costituito da una splendida colonia reptante su di una valva di Terebratula , mi conferma nelle osservazioni precedentemente fatte; aggiungerò che l’orificio schizognato, 1’ ho potuto osservare in quasi tutti i zoeci di questa colonia. Dal macco di Anzio. (M.). 36. 0 sthimosia coronopus S. Wood ( Cellepora ); Cel- lepora tubigera Busk, Manzoni. Comunissima in forme globose per lo più piccole, ora ben con- servate ora erose alla superficie, ora isolate, ora aderenti a corpi diversi ; dal quaternario di Nettuno (Cl.), dal macco da Nettuno ad Anzio e Tor Caldara (Cl., M.), dalle marne grigie di Tor Cal- dara (Cl.). 37. R et ep or a cellulosa Linné ( Millepora ). Frammenti di colonie dal quaternario di Nettuno e dal macco d’ Anzio (Cl.). 38. R et. B eaniana King. Grandi colonie ben conservate, dal macco a Villa Borghese presso Anzio (M.). 39. S mi iti a r e ti cui at a Mac Gillivrav ( Lepralia). Estese colonie sul Cardium aculeatum; dai tufi vulcanici ma- rini di Foglino presso Nettuno (Cl.). 40. Smit. \_Marsillea] cervicornis Pallas ( Mille- pora) ; Eschara undulata Reuss, Manz., Esch. papillosa Rss., Po- rina varians Kosch. Specie abbastanza comune in frammenti, dal macco d’ Anzio (M.) e dalle marne grigie di Tor Caldara (Cl.). 41. Smit. \_Mucr onella\ coccinea Abildgaard ( Celle- pora) ; Lepr. pteropora Rss., Manz., Lepr. peregrina Mnz. Varie colonie quasi tutte ben conservate, dai tufi vulcanici di Foglino e dal macco d’Anzio (Cl.). 16 230 A. NEYIAM 42. S mi t. cocci ne a var. fulgur ans Manzoni ( Lepralia ). Due colonie ; 1’ una sopra una valva di Pecten opercularis , l’altra sopra di un Lithothamnium, del macco d’ Anzio (M.). 43. Umbonula ramulosa Dinne ( Cellepora ). Relativamente comune in piccoli frammenti nel macco da Net- tuno ad Anzio e Tor Caldara (M.). 44. Cycloporella costata Mac Gillivray {Cellepora) \ Cellepora globulari Bron., Manz., Seg., Celi retusa Manz., Seg. Varie piccole colonie per lo più aderenti a molluschi od altri briozoari, dal macco d’ Anzio. 45. Por in a borealis Busk ( Onchopora ). Un solo frammentino del macco da Anzio a Tor Caldara (Cl.). 46. Crisi a denticulata Damarck ( Cellaria) ; Cr. Hór- nesii Terrigi. DTnico esemplare del macco di Palo (Ter.), comunissimo nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 47. Cr. elongata Milne Edwards ; Cr. Edwarsii Terrigi. Piuttosto rara nel macco di Palo (Ter.) ; comune nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 48. Cr . f istulo sa Heller; Cr. Haueri Terrigi. Non rara nel macco di Palo (Ter.) ; comune nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 49. H ornerà frondiculata Damarck ( Retepora ). Specie comunissima, ora in minuti frammenti, ora in colonie più o meno estese ; dai tuli vulcanici marini di Foglino presso Net- tuno (Cl.) e dal macco da Nettuno a Tor Caldara (Cl., M.). 50. Ho r . striata Milne Edwards. Alcuni frammenti dal macco d’Anzio (M.). 51. Idmonea serpens Dinne ( Tubipora ). Un solo frammento dal quaternario di Nettuno (Cl.). 52. Id m . Mi Ineana d’ Orbigny ? ; Idm. Targionii Ne- viani. Due frammenti alquanto dubbi, dal macco d’Anzio (Cl.). 53. Tubulipora \_Filisp ar s a\ seriatopor a Reuss. Specie piuttosto rara ; gli esemplari esaminati presentano fra loro delle differenze ; però queste mi sembrano tali che si possano comprendere nell’ ambito di mutabilità della specie. Dalle marne grigie di Tor Caldara (M.). BRI0Z01 DELLE FORMAZIONI PLIOCENICHE E POSTPLIOCENICHE, EOC. 231 54. Tub. [ Stomatopor a ] major Johnston ( Alecto ). Poche colonie aderenti a conchiglie varie del macco d’Anzio (Cl.) e delle marne grigie di Tor Caldara (M.). 55. Tub. \_Stom. ] dilatans Johnston {Alecto). Alcune colonie ramificate sopra una Cidaris ; dal macco fra Anzio e Nettuno (M.). 56. Tub. \_Stom.~\ repens S. Wood (Alecto); Alecto echinata Terrigi. Un solo esemplare nel macco di Palo (Ter.). 57. Tub. \_Tubip or a~\ flabellaris Fabricius. Alcuni esemplari nel macco di Palo (Ter.) ; piccole colonie su valva di Pecten nelle marne grigie di Tor Caldara (M.). 58. Tub. \_P avo tub ig era~\ dimidiata Reuss (Defrauda). Alcune bellissime e grandi colonie, dal quaternario di Nettuno (Cl.), corrispondono specialmente alla fig. 72 della tav. XVIII della monografia del Manzoni sui Br. mioc. d’Austria ed Ungheria. 59. En t alophor a probo se idea Milne Edwards ( Pustu - lopora). Pochi frammenti dal quaternario di Nettuno (Cl.), dal macco di Palo (Ter.) e dal macco d’Anzio (Cl.). 60. Lichenop or a hispida Fleming ( Discopora ). Abbastanza comune in colonie or conservate or no, aderenti a conchiglie varie, a Terebratule ed Echinidi ; dal quaternario di Nettuno (Cl.) e dal macco d’Anzio (Cl., M.). 61. Li eh. mediterranea Blainville. Due colonie ; l’una sopra un Pecten opercularis , l’altra sopra nn echinide ; dal macco fra Anzio e Nettuno (M.). 62. Li eh. prolifera Reuss (De fr ancia). Alcune belle colonie isolate, dal macco di Palo (M.). 63. Li eh. cespitosa Gioii ( Defrancia ). Giovine colonia simile a quella illustrata dal Gioii, del plio- cene di Pianosa (Atti Soc. Tose. Se. Nat., voi. X, pag. 4, tav. XIV, f. 1) ; dal macco d’Anzio (M.). 64. Frondipora verrucosa Lamouroux (Krusensterna). Alcuni frammenti dal macco d’Anzio (M.). 65. Frond. Marsilii Michelin. Frammenti e colonie isolate del macco fra Anzio e Tor Cal- dara (Cl., M.). 282 A. NEVI ANI, BRIOZOI DELLE FORMAZIONI PLIOC. E POSTPLIOC. ECC. Avevo scritto la precedente nota, quando il nostro consocio prof. Meli ebbe la gentilezza di darmi in comunicazione alcuni brio- zoari recentemente raccolti nel pliocene inferiore di Civitavecchia. Sono poche le specie che vi ho potuto determinare, ma dal complesso di questa faunula si rileva facilmente come si debba ri- ferire a quella di Castrocaro, e a quella dei depositi di Bordighera, dei quali ho avuto ora occasione di studiare una bella serie di specie raccolte nell’agosto scorso dal sig. Forma Ernesto, e cortesemente inviatemi per studio dal prof. Carlo Fabrizio Parona. Le suddette specie di Civitavecchia, rappresentate per la mag- gior parte da una sola colonia aderente a frammenti di Pecten e di Ostrea , sono le seguenti : Membranipora reticulum Lin. ( Millepora ). » irregularis d’ Orb. Microflora \_Bosseliana ] Rosselii Aud. ( Flustra ). » \_Calpensia~\ impressa Moli ( Escliara ). Cribrilina radiata Moli {Escliara). Micropor ella \_Fenestrulina ] ciliata Lin. ( Cellepora ). » » » var. Morrisiana Busk ( Lepralia). » \_Calloporina ] decorata Reuss ( Cellepora ). Scliizoporella sanguinea Nor. {Hemeschara). * sp. Osthimosia coronopus S. Wood ( Cellepora ). Tubulipora \_Stomatopora\ major John. ( Alecto ). [26 Settembre - 24 Novembre 1898]. I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA. Nota del dott. P. E. Yinassa de Regny. (con una tavola) Nel comune di Cascina, ove l’agricoltura e l’ industria hanno raggiunto un considerevolissimo sviluppo, sino da anni fa vennero perforati numerosi pozzi artesiani a scopo agricolo ed industriale, e tra questi i più numerosi e importanti si trovano nella frazione popolosa di S. Benedetto a Settimo. Il risultato di queste perfora- zioni è stato ottimo rispetto alla quantità d’acqua trovata, ma pur- troppo la qualità di essa è stata ritenuta così cattiva da far per- dere ogni speranza di poter risolvere, mediante pozzi artesiani, la questione gravissima dell’acqua potabile nel Comune. Sino dall’epoca delle prime perforazioni, le quali hanno dato quasi sempre buoni risultati, mi occupai dello studio del sottosuolo della nostra pianura, e raccolsi anche numerosi campioni dei terreni attraversati nelle varie perforazioni. Credo che possa interessare far conoscere per sommi capi quanto si sa oggi del nostro sottosuolo, delle acque che vi circolano e dei rapporti che esse hanno coi vi- cini Monti Pisani. Sul sottosuolo della pianura di Pisa scrisse recentemente il Gioii (’), il quale ha diligentemente riassunto tutto quanto era stato fatto dai vecchi scienziati toscani, e più specialmente dal Cuppari e dal Savi. In questo studio accurato del dott. Gioii si possono trovare chiaramente esposte le varie mutazioni che la nostra pia- nura ha subito dal postpliocene ad oggi, cioè da quando il mare batteva i fianchi del M. Pisano. La nostra pianura quindi è tutta quanta guadagnata sul mare ; fu in parte estuario, poi divenne ' pa- (!) Gioii G., Il sottosuolo delle pianure di Pisa e di Livorno. Boll. Soc geol. ital., voi. XIII, 1894, pag. 210. 234 P. E. VINASSA DE REGNY lude e finalmente terra asciutta, conquistata poi poco a poco alla agricoltura mediante gli sforzi meravigliosi degli uomini, che spia- narono le terre e incanalarono le acque in numerosi fossi e canali dei quali vanno meritamente superbi i nostri bravi agricoltori (1). I. I pozzi artesiani della provincia di Pisa. Il primo pozzo artesiano della provincia di Pisa fu quello per- forato nel 1830 sulla piazza di Pontedera per ordine del Granduca, e che servì a dare acque potabili alla città. Queste acque, usate fino a poco tempo fa, dopo riposate e filtrate, erano considerate come ottime. Ne fecero 1’ analisi chimica i professori Branchi e Savi (2), che dopo numerose prove giunsero a dichiarare che l’acqua esaminata « superava in bontà altre acque bevibili di varie città e terre del Granducato » . Tale acqua, come già accennammo, ha servito ottimamente come fonte a Pontedera, e non risulta, per quanto io mi sappia, che essa abbia mai causato inconvenienti gravi per la salute pubblica. La successione degli strati incontrati in questa perforazione è descritta dal Manetti (3) nel suo importante lavoro ; essa è press’ a poco la seguente : Da m. 0 a m. 4 circa. Terreno coltivato. Da m. 4 a m. 10 » Da m. 10 a m. 49 « Da m. 49 a m. 50,50. Argilla prima ocracea poi azzurra. Argilla più o meno compatta con lignite e conchiglie di acqua dolce, quindi sabbie. Ghiaie con acqua. Da m. 50,50 a m. 69. Argilla sabbiosa e sabbia. (x) A questo proposito citerò le parole del Eéclus, che sono veramente giuste e meritate : « Parmi les grands travaux d’assechement qui font aussi la gioire des hydrauliciens de la Toscane, il faut citer le réseau des innom- brables canaux de décharge creusés dans les terres basses de Fucecchio, de Pontedera, de Pise, etc. Là s’étendaient des vastes mers intérieures que l’on essaye de combler peu à peu et de taire passer, de progrès en progrès, à l’état de campagne au sol affermi, n Eéclus, Géographie universelle, I, pag. 413. (2) Documenti ufficiali relativi alla fonte artesiana di Pontedera. Pisa, Nistri e C., 1832. (3) Descrizione delle macchine pei trafori modenesi o artesiani, e dei pozzi forati in Toscana dal 1829 al 1833. Firenze, 1833. I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA 235 Da m. 69 a m. 73. Argilla compatta con lignite e conchiglie di acqua dolce. Da m. 73 a m. 79 circa. Argilla e poi sabbia finissima. Da m. 79 a m. 80,40. Ghiaia e quindi marna durissima con abbon- dante acqua sgorgante. Da m. 80,40 a m. 83,60. Marna compatta e sabbia finissima. Da m. 83,60 a m. 84. Argilla con lignite. Da m. 84 a m. 84,50. Argilla e sabbia micacea finissima. A Pontedera poi fu scavato nel 1892 un nuovo pozzo, per uso agricolo, il quale però si arrestò alla prima lama d’acqua circa ai 50 m. La successione degli strati naturalmente è identica nei due pozzi. Venendo più verso ponente non troviamo altre perforazioni sino al paese di Cascina. Qui l’ industriale sig. Cafissi ha fatto un pozzo artesiano che raggiunge i 54 m. di profondità, pozzo di cui già parlò il dott. Gioii, e che presenta la successione seguente : Da m. 0 a m. 3. Terreno vegetale. Da m. 3 a m. 9. Argilla e sabbia argillosa. Da m. 9 a m. 14. Sabbia più o meno compatta. Da m. 14 a m. 15. Strato di ciottoli silicei. Da m. 15 a m. 18. Sabbia argillosa con Cardium edule. Da m. 18 a m. 26. Argilla turchina pure con C. edule. Da m. 26 a m. 33. Sabbie con avanzi vegetali. Da m. 33 a m. 38. Argilla turchina con avanzi vegetali e fossili d’acqua dolce e terrestri. Da m. 39 a m. 44. Argilla senza fossili. Da m. 44 a m. 47. Sabbia con conchiglie indeterminate. Da m. 47 a m. 48. Sabbia che dà acqua torbida e ferruginosa. Da m. 48 a m. 52. Sabbia più o meno compatta. Da m. 52 a m. 54. Ciottoli di quarziti e anageniti del Verru- cano, con molta acqua. Questo pozzo è indicato sulla mia carta col n.° I. Più ancora verso ponente, e precisamente nel paese di S. Benedetto, si trovano otto pozzi, di cui quattro sono vicinissimi uno all’altro, e che tutti danno ottimi risultati per quantità d’acqua. Sulla destra della strada 236 P. E. VINASSA DE REGNY fiorentina provinciale, andando a Pisa, sono i pozzi : Braccini (V della Carta), Donati (IV), Silvi (Vili) e Zalum (IX); sulla sinistra sono quelli Barsotti (II), Viegi (III), Pantozzi (VI) e Brusick (VII). Un altro ancora (Del Torto) se ne ha presso San Giorgio, a Sud della ferrovia sotto S. Anna. La successione degli strati è, si può dire, assolutamente identica in tutti questi, e mi limito quindi a riportare quella del pozzo Brusick (VII), da me esattamente riscon- trata sul materiale estratto, e di cui i campioni più importanti si trovano nel Museo geologico di Pisa. Da m. 0 a m. 4. Da m. 4 a m. 9. Da m. 9 a m. 11. Da m. 11 a m. 18. Da m. 13 a m. 16. Da m. 16 a m. 17. Da m. 17 a m. 19. Da m. 19 a m 21. Da m. 21 a m. 26. Da m. 26 a m. 27. Da m. 27 a m. 29. Da m. 29 a m. 31. Da m. 31 a m. 40. Da m. 40 a m. 46. Da m. 46 a m. 47. Da m. 47 a m. 50. Terreno vegetale. Argilla più o meno sabbiosa, ocracea e poi azzurrognola. Argilla poco compatta, sabbiosa, con avanzi vegetali. Argilla cs. un poco più compatta con nume- rosi avanzi vegetali. Argilla cs. e ancora più compatta. Argilla compattissima a grana finissima e avanzi vegetali. Argilla terrosa con una quantità enorme di vegetali, tanto da sembrare torba vera e propria. Argilla compatta senza vegetali. Argilla sabbiosa, giallastra o azzurrina, con mica e avanzi vegetali in piccola quantità. Argilla compatta, senza vegetali, di colore verdognolo. Argilla assai meno compatta, un poco sab- biosa, con mica. Argilla molto sabbiosa, porosa, che passa poi a vera e propria sabbia. Sabbie più o meno compatte. Argilla sabbiosa assai compatta. Argilla non molto compatta, non sabbiosa, a grana fine. Argilla compattissima, azzurrognola, dura, con vegetali. I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA 237 Da m. 50 a m. 52. Da m. 52 a m. 54. Da m. 54 a m. 55. Da m. 55 a m. 59,20. Sabbia più o meno compatta. Ciottoli dei M. Pisani, con acqua molto ab- bondante. Sabbia assai grossa. Argilla turchina compattissima. Tutti questi pozzi hanno dato, appena aperti, una quantità enorme d’acqua, ma essa è andata però sempre diminuendo, seb- bene continui ancora ad essere molto notevole e più che sufficiente pei bisogni delle varie industrie. È da notare il fatto che durante la perforazione del pozzo Brusick (VII), giunti gli operai a m. 30 circa di profondità, trovarono una notevole quantità di gas, che produsse un forte soffio, e che, incendiato, bruciò per un tempo relativamente lungo. Questo fatto si è ripetuto anche in altri pozzi successiva- mente scavati. L’acqua, limpida appena uscita, lascia nei canali e nelle fosse nelle quali scorre un deposito ocraceo ; ha un forte sa- pore ferruginoso, è pure assai gassosa e tramanda spesso l’odore di idrogeno solforato. Scendendo ancora più verso ponente si trovano altri pozzi, tra cui quello Serlupi-Spinola (XI), che per essere il primo in cui si sia trovato l’acqua a m. 32, merita un cenno speciale. La successione degli strati ritrovati è la seguente : Da m. 0 a m. 3 circa. Terreno vegetale. Dam. 3am. 5 » Sabbie della rotta dell’Arno del 1855. Da m. 5am. 17. Argille sabbiose. Dam. 17 a m. 18. Argille torbose con fossili d’acqua dolce. Dam. 18 a m. 28. Argille più o meno sabbiose. Da m. 28 a m. 30. Argilla compatta. Da m. 31 a m. 32. Melma argillosa con ciottoli di calcare in- fraliassico, e acqua in quantità. A m. 32,70. Banco di calcare cavernoso infraliassico. L’acqua che si estrae da questo pozzo è identica per qualità a quella degli altri pozzi; lascia essa pure un deposito ocraceo dopo uscita, ma mentre l’acqua del pozzo Brusick dopo essersi depositata perde il sapore disgustoso primitivo, l’acqua del pozzo Spinola man- tiene quel sapore più a lungo, e non diviene limpida così presto. 238 P. E. VINASSA. DE REGNY Altri pozzi vennero scavati presso a questo, di cui alcuni, forse per l’ imperizia degli incaricati della perforazione, non diedero buoni risultati ; ma alcuni proprietari, senza perdersi di coraggio, fecero nuovi tentativi, e ora, sulla stessa linea, danno acqua a circa m. 32 anche i pozzi Del Punta (XII) e D'Arrigo (X). È notevole però il fatto che mentre il pozzo Spinola ha molta acqua, il pozzo Del Punta ha molt’acqua se il pozzo Spinola è in riposo ; ma se i con- tadini estraggono molta acqua dal pozzo XI, il pozzo XII resta quasi all’ asciutto. Numerosi altri pozzi sono poi stati scavati sempre nel comune di Cascina, tra cui a Navacchio, a S. Prospero, a Riglione, ecc , e quasi tutti hanno dato ottimi resultati, salvo alcuni che o non hanno trovato acqua sufficiente, o si son trovati a dover lottare contro la mobilità delle sabbie, e altri inconvenienti meccanici. Tutti i pozzi del Comune, salvo quelli già citati (X, XI, XII) posti presso la chiesa di S. Casciano, si sono spinti sino alla profondità di 52-54 m. ; hanno cioè tutti approfittato della prima lama d’acqua incontrata, che, come vedemmo, si trova tra m. 49 e 50 circa a Pontedera, tra m. 52 e 53 a Cascina e tra 52 e 54 a S. Benedetto. Più ancora verso Pisa sono stati scavati tempo fa, e anche adesso si scavano altri pozzi. Sembra però che l’acqua sia più dif- ficile a trovarsi. Non si conosce ancora nulla delle nuove perfora- zioni a Putignano, che, al momento in cui scrivo, sono appena ai 40 m. ; ma certo è che la perforazione della fabbrica Paoletti e Rossi di Putignano, che oltrepassò i 70 m., e quella di S. Zeno in Pisa, che superò gli 80 m., hanno dato risultati negativi. Ciò dimostra che le lame d’acqua sono inclinate verso occidente. Proprio durante la stampa di questa mia nota, nelle così dette Corigliane, assai più a Sud della regione sinora studiata, e più precisamente sulla riva destra della Fossa nuova, nelle vigne Silvi si perforava un pozzo, che alla profondità di 26 m. incontrava un’acqua buona, limpida, saliente ed in grande quantità. Ho visi- tato il pozzo due o tre giorni dopo aperto, e ne ho misurato ap- prossimativamente la portata che oltrepassava certo i 40 litri al minuto. Le acque continuamente scorrenti, ove fosse stata chiusa la bocca di uscita del pozzetto di deposito, salivano rapidamente al di sopra del livello del terreno circostante, ma non mi fu possibile vedere sino a quale altezza potessero salire. I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA 239 La successione dei terreni perforati è presso a poco la se- guente : Da m. 0 a m. 3. Da m, 3 a m. 5. Da m. 5 a m. 23. Da m. 23 a m. 24. Da m. 24 a m. 26. Terreno argilloso coltivato. Sabbie con poca acqua di infiltrazione. Argille più o meno compatte. Sabbia finissima. Sabbia a grossi grani con acqua abbondante. Come si vede da questo specchietto la perforazione è facile ed economica. Il solo pericolo sta nel fatto che le acque sotterranee nelle Corigliane hanno un decorso molto irregolare e dipendente principalmente dalle fenditure degli strati argillosi, come benissimo dimostrò il Savi, con numerosi esempi delle varie sorgenti attuali. II. Caratteri delle acque artesiane. Appena perforati i primi pozzi, l’amministrazione municipale di Cascina ebbe la speranza di risolvere con essi la gravissima que- stione dell’acqua potabile nel Comune, e fece perciò tosto analiz- zare alcune di queste acque. I sigg. Gasperini e Martelli dal solo esame chimico di quattro campioni rilevarono « che le acque, di cui qui è discorso, escono addirittura dalla categoria di quelle po- tabili. » Per cortesia dell’ egregio dott. G. Piccioli, assessore per l’ igiene, ho potuto vedere le analisi dalle quali risultava che il resi- duo lasciato dall’acqua è prevalentemente composto di ossido idrato di ferro e di carbonato calcico ; nell’acqua limpida, tolto il resi duo, si trova ammoniaca e « traccie minime » di nitriti. È assai notevole la presenza del cloro (0,209 %0) ; si ha poi assai calcio (0,320 °/o<>) e magnesio (0,140 °/oo), o una quantità minima di silice (0,03 °/oo) e anidride solforica (0,015 %0) ; anche la parte organica è piccolissima (0,025 °/00)- Ricerche batteriologiche non furon fatte ancora, forse perchè l’egregio dott. Gasperini deve averle credute inutili, d;po l’esame chimico. Le acque analizzate dai sigg. Gasperini e Martelli provenivano dai pozzi Cafissi, Braccini, Donati e Fantozzi. Per mio conto ho ripetuto una analisi, solamente qualitativa, dell’ acqua del pozzo Brusick. Estratta una piccola quantità d' acqua, la chiusi in una 240 P. E. VINaSSA DE REGNY bottiglia ermeticamente. L’acqua appena estratta è limpida, con un leggerissimo odore di idrogeno solforato, appena sensibile coi rea- genti ; essa ha un sapore disgustoso di ferro ; però il saggio con prussiato non dà affatto la colorazione azzurra. Lasciando l’ acqua a sè, alla luce, in bottiglia chiusa, poco dopo si vede un inalba- mento leggero, poi un intorbidamento notevole; contemporaneamente tutta la parete della bottiglia si coupre di numerose bollicine gas- sose ; intanto sul fondo si depone un precipitato fioccoso ocraceo ; l’acqua ritorna chiara, e dopo pochi giorni di riposo essa ha inte- ramente perduto il suo sgradevole sapore. Il gas che si raccoglie nella parte vuota della bottiglia è acido carbonico, chiaramente vi- sibile. È naturale quindi ammettere che nell’acqua, appena uscita dal tubo, si trovano in soluzione dei carbonati acidi di calcio e di ferro. Venendo all’aria, si forma il carbonato calcare, che produce 1’ inalbamento, e l’ ossido idrato di ferro che è il precipitato ocraceo, mentre l'acido carbonico liberato si presenta sotto forma di bollicine gassose. Tanto il carbonato calcare quanto 1’ ossido idrato di ferro si depositano rapidamente sul fondo ; l’acqua torna limpida, e liberata così del suo ferro e del suo calcio perde tosto quello sgradevole sapore e quella pesantezza che si avvertiva sul principio. In quest’acqua ho riscontrato io pure un poco di ammo- niaca, ma non ho trovato i solfati, o almeno in quantità trascurabili. Avevo appena terminata questa semplice analisi, quando mi venne a mano il lavoro già citato del Branchi e Savi sulla fonte di Pontedera. Fui molto soddisfatto nel vedere che i risultati della mia analisi collimavano esattamente con quelli fatti per la fonte di Pontedera. I due autori conclusero allora che, dopoché l’acqua fosse riposata e avesse deposto il ferro e il calcio, essa sarebbe stata ottima per gli usi domestici. L’analisi dell’acqua del pozzo Serlupi (XI) mi ha dato risul- tati quasi" identici, salvo per 1’ H2S che non son riuscito a scoprire in nessun modo. Concludendo quindi potremo dire, che la presenza dei nitriti, dell’ammoniaca e delle sostanze organiche, non ci fa sperare di poter utilizzare queste acque pel servizio comunale, almeno stando ai pre- cetti stretti dell’ igiene moderna. Dell’acqua del pozzo Silvi, aperto in questi giorni, non fu pos- sibile ancora eseguire un’analisi. A prima vista essa sembra assai I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA 241 diversa da quella dei pozzi di S. Benedetto e di qualità molto mi- gliore. Essa non è quasi affatto ferruginosa, poiché non lascia che un minimo deposito ocraceo assai tempo dopo uscita : è leggermente gassosa, e si mantiene sempre limpida, anche stando lungo tempo all’aria. 11 sapore è assai buono, ed un poco simile a quello della comune acqua dei pozzi superficiali. Le analisi esatte potranno solo dire se le acque della Corigliana siano potabili ; ma sin da ora pos- siamo assicurare che esse sono molto superiori a quelle di S. Be- nedetto. III. Rapporti col M. Pisano. Le acque artesiane del nostro Comune provengono in grandis- sima parte dai monti Pisani, che si estendono a destra dell’ Arno in direzione NE.-SW. Cominciando da Cucigliana sino a Caprona questi monti si spingono molto avanti verso la pianura, e, proprio davanti a S. Benedetto, essi vengono quasi a contatto dell’Arno. Nel versante dei monti Pisani volto all’Arno, si distinguono esclusiva- mente le roccie paleozoiche, permocarbonifere del Verrucano e il calcare cavernoso infraliassico. Il Permocarbon itero, rappresentato da scisti, quarziti e da bel- lissime anageniti, ha una estensione grandissima, e costituisce nella sua quasi totalità la massa dei monti Pisani. Esso forma il nocciolo centrale delle montagne sul quale si addossano gli strati più re- centi. Questa potente formazione, considerata prima paleozoica, fu dal De Stefani, nei suoi primi lavori, considerata triassica; l’egregio professore però fu il primo che ebbe la ventura di trovare dei fos- sili, le splendide felci di S. Lorenzo nel versante lucchese, tanto che senz’altro ascrisse poi al carbonifero tutto il complesso degli scisti del Verrucano ; e oggi la discussione è accesa solo sull’ età esatta della flora, carbonifera secondo De Stefani, più recente secondo Bosniaski. Il Verrucano si presenta nelle cime più alte dei monti Pisani prossimi all’Arno, e fra Pugnano e il M. Castellare si spinge sino all’Arno stesso in strati quasi raddrizzati, diretti prevalente- mente da NW. a SE. Il calcare cavernoso infraliassico ad Avicula contorta, che pre- senta in alcuni punti presso di Caprona fossili numerosi per quanto mal conservati, si estende da Caprona sino presso a Lugnano, for- 242 p. E. V 1 N A SS \ DE REGNY mando i così detti monti Bianchi o monti delle Cave. Esso si ad- dossa al Verrucano ed il suo limite è quasi esattamente segnato del torrente che da Focetta scende a Crespignano, per la parte oc- cidentale ; e, per la parte orientale, pure da Focetta segue il decorso del torrente che arriva a Noce, risale poi al di là della valletta di Noce sino presso alla C. S. Paolo dietro al M. Bianco, poi piega bruscamente verso l’Arno, e scende a Pugnano seguendo per un poco il torrente ; più in basso però tutto quanto il torrente è scavato negli scisti sericitici verrucani, inclinati con fortissima inclinazione (circa 50°) verso WSW. Per buono spazio il calcare quindi non si vede più affiorare, sinché non ricomparisce ad un tratto a formare il M. Castellare sopra a S. Giovanni alla Vena. Dopo, esso scompa- risce del tutto. Tutta quanta la massa calcarea posta di fronte allo spazio di pianura, ove sono stati perforati i pozzi di cui ci occupiamo, ha una forte inclinazione verso occidente. Essa è infatti di 40° presso alla Chiesa di Uliveto, lungo la strada ; è pure di 40° in alto del crinale prima di arrivare alla Torre Upezzinghi presso 1’ oliveta ; sale a 45° presso alla salita della Torre, ed è anche un poco maggiore nel versante che guarda Crespignano, ad un terzo circa di strada per arrivare alla Focetta. La piccola massa di calcare che è attorno alla Torre e più in giù verso Caprona, la quale non è addossata al Verrucano dal quale è anzi divisa per la vallata di Montemagno, ha inclinazioni diverse e anche direzioni svariate. Verso Pugnano l’ inclinazione è di circa 40° verso WSW. Il calcare infraliassico quindi si immerge sotto la pianura con una forte inclinazione superiore ai 40°, e deve perciò molto rapidamente scendere in profondità. Ed è questa la ragione per cui i pozzi di S. Casciano, posti vicinissimi al monte, e precisamente di faccia ad Uliveto, punto in cui il calcare infra- liassico viene a contatto quasi dell’ Arno, hanno dato acqua a 32 m. o poco più, e verso la pianura non si è più trovata la roccia calcarea. Infatti con una inclinazione di questa fatta, una distanza lineare di appena 90 m. porterebbe una differenza di livello di più che 100 m. Questa profondità però potrebbe esser minore, se la pila degli strati nel sottosuolo fosse più spessa; come pure se l’erosione fosse stata maggiore in un punto che non in un altro, anche là dove per la distanza dal monte si potrebbe supporre di aver acqua I POZZI ARTESIANI DEL COMUNE DI CASCINA 243 a 30 m., non sarebbe difficile di dover andare in profondità mag- giori. È perciò che sulla Carta ho segnato solo approssimativamente la linea la più probabile, in condizioni normali, delle acque a 30-35 m. di profondità. IV. Conclusioni. Le acque dei pozzi del Comune di Cascina si trovano a diverse profondità, essendovi nel nostro sottosuolo varie lame d’acque scor- renti sulle roccie argillose impermeabili. La lama che è ormai ben conosciuta, e che dà acqua in quantità notevole, è quella che si trova a circa 50-55 m. di profondità. Le acque di 30-35 m. di S. Ca. sciano hanno certo la stessa origine di tutte le altre più profonde, e ciò è anche provato dalla stessa loro composizione. Come avviene sempre nelle perforazioni artesiane, la quantità d’acqua data dai pozzi è in diminuzione, inquantochè il forte deposito del sottosuolo va esaurendosi poco a poco, sinché non si giungerà all’equilibrio dovuto al pareggiamento tra le acque estratte e le acque di cui si riforniranno i depositi del sottosuolo. Il pericolo però di una forte diminuzione del reddito di acqua è forse impos- sibile ed in ogni caso è ancora molto lontano : e si potrebbe poi del resto andare alla ricerca di una nuova lama più profonda, che, dai dati del pozzo di Pontedera, si può supporre scorrere nel comune di Cascina, tra gli 80 e gli 85 m., ed il cui deposito è ancora intatto. Le lame d’acqua della provincia di Pisa hanno certamente un decorso, con una inclinazione più o meno regolare, verso il mare. E progredendo verso occidente dovremo andare a sempre maggiori profondità per trovare le acque salienti. Rispetto alla qualità, le acque, ottime per usi agricoli e in- dustriali, sono invece da escludersi come potabili, e non merite- rebbe il conto nè di far nuove perforazioni, nè di tentare la puri- rificazione o filtrazione, come fu fatto sessant’anni or sono per la fonte di Pontedera, almeno per quanto si riferisce all’acqua della prima lama, dai 35 ai 55 m. Solo se si potesse dimostrare che l’acqua del pozzo di Ponte- dera, dopo fatto il deposito, è veramente potabile, allora si potrebbe tentare una perforazione maggiore onde veder di trovare la lama 244 P. E. VINASSA DE REGNY, t POZZI ARTESIANI, ECC. d’acqua più profonda che alimenta la fonte di Pontedera, e che, come già accennai, si dovrebbe trovare nel nostro comune tra gli 80 e gli 85 m. di profondità. Meglio però sarebbe se le analisi delle acque artesiane della Corigliana, le quali hanno certamente un’ origine diversa, prove- nendo esse probabilmente dalle vicine colline plioceniche, dimo- strassero che esse possono servire come potabili. Credo che sarebbe assai facile non solo di averne in grande quandità, ma che la spesa per raccoglierle e distribuirle dovrebbe essere assai limitata, e tale da non dovere impensierire nè gli amministratori del Comune nè i contribuenti. [Bologna, 30 Settembre-27 Novembre 1898]. DI ALCUNE SPECIE DI MAMMIFERI DEL PLIOCENE SUP. E DELL’ ETÀ DEL DEPOSITO LIGNITICO DI LEFFE (>) del socio dott. Ai.essandro Portis. Avete sentito, il giorno di inaugurazione del nostro convegno, con quali parole il nostro collega Brugnatelli ci abbia presen- tata la comunicazione del prof. Taramelli. Tutti abbiamo da quel breve sunto appreso come il Taramelli opini in conclusione sulla relativa giovanilità dei depositi di Leffe, ma ignoriamo ancora ed ignoreremo fino ad avvenuta pubblicazione del lavoro presentato, su quali nuovi fondamenti e considerazioni il Taramelli venga alle con- clusioni ricordate. Il discorrer mio in proposito reggerà quindi al- quanto sul vago e sul supposto; e le mie presenti parole miranti a mantener il deposito lignitifero di Leife nella posizione stratigra- fica che da parecchi di noi gli è stata riconosciuta, cioè nel plio- (’) Comunicazione verbale fatta a Lagonegro in seduta del 9 settembre, occasionata dalla presentazione e succinta relazione della nota del prof. Ta- ramelli u Del deposito ligmtico di Leffe » fatta dal socio Brugnatelli. Vedi Processi verbali, pag. cxvii. (VINASSA DE REGNY ) TAV I fùrv& li ili IIP SPIEGAZIONE DEI SEGNT &UVLICOMIO ÉH Ca IcaA&yCa v-etsiv . > o ux OOU'O \ZAa(L Jiy^/-rnxù’.>iaiu. fvc-otfaMile- dette acquexveitcev g Grcoóov rrjc ccve- reydeiGrjg virò tov AÌtvuìov tzv- gòg, evdfiJTeXov Tijr yHjV enoir- GSV. da far supporre, che questo luogo prima ardeva, e aveva crateri di fuoco, e che poi si sia spento, essendo mancata la materia. E probabilmente della fertilità dei luoghi all’ intorno quest’ è la la causa, siccome a Catania, di- cono, la parte cenerizzata della scoria lanciata dal fuoco etneo fece la terra buona per la vite. Dal quale passo, abbastanza indeterminato e oscuro, risulta anzitutto, che Strabone distingue nel Vesuvio una parte terminale, sterile e di aspetto cinereo, e delle falde fiorenti di bellissimi campi; così come quasi con le medesime parole descrive più appresso l'Etna, che pure era allora in piena attività : eGzi dò lpi).ù tu uveo yoìgfu xul re (f giodrj tu xutoì dì, do v- ftoig xul qvitiuic óieCXvTTiui nuvTodunalg. le parti superiori sono nude e cineree e le inferiori coperte da boschi e da piantagioni sva- riatissime. Ora questa distinzione, fatta dal geografo greco per 1’ Etna e pel Vesuvio, non era, come non è, affatto applicabile alla Somma propriamente detta ; la quale, costituita, dalla cima alla base pe- rimetrale, di rocce della stessa natura e della medesima età, do- veva essere anche allora, com’è oggi, ricoperta egualmente di ve- getazione dalle falde fino alla sommità. E questa sommità non era piana, ma era rappresentata da uno stretto giogo dentato: dalla attuale cresta caratteristica della Somma. Che se invece Franco in- tende pel vertice, di cui parla Strabone, la parte piana abbracciata dall’anfiteatro della Somma, allora egli viene ad attribuire a Stra- bone una strana nomenclatura, facendogli chiamare vertice quella parte, che è in realtà sottostante al vertice vero di parecchie cen- tinaia di metri. Ma Strabone non parla della Somma, preistorica- ANCORA DEL VESUVIO AI TEMPI DI STRABONE 259 mente estinta e già in parte distrutta, ma d’im più recente focolare vulcanico, di cui gli facevano chiara fede le concavità cavernose (forse crateri) formate da scorie divorate dal fuoco, che facevano sorgere in lui il pensiero dei passati incendi e dei crateri ignei di esso vulcano. Di tali concavità cavernose formate di scorie non si potrebbe parlare descrivendo la Somma ; perchè questa, per la pe- culiarità e la vetustà dei suoi tufi e delle sue lave, non solo non mostra di tutto ciò traccia alcuna, ma è anche in sè di così ardua interpretazione, da potere indurre fino a mezzo secolo addietro geo- logi valentissimi, quali von Buch, Abich, ecc., a ritenerla formatasi per sollevamento e non per accumulo di materiali eruttati e so- vrappostisi in sito, come nei vulcani centrali scoriacei. E che d’un tale vulcano centrale abbia voluto parlare anche Strabone, lo indica l’ analoga descrizione che egli dà della cima dell’ Etna, simile a quella del vertice del Vesuvio: Oi (T ovv vecoGÌ àvafidr- reg, óirjyovvro rj/iiìv, òri xaxa- Xdfioiev arco neóiov òf-iaXòr, uGov sl'xoGi Gruóioiv crjV m-oi- [ISTQOV, xXsiÓfJLSVOV (HfQVl T S- (focóòei Quelli che ascesero di re- cente, ci raccontarono, di aver trovato in alto un piano uni- forme, di circa 20 stadi di pe- rimetro, cinto da un ciglione cinereo Questa somiglianza tra la descrizione dell’ Etna e quella del Vesuvio e le ferme congetture sugli antichi incendi di questo, con- trastano col fatto, che il geografo non ricorda antiche eruzioni nei Campi Flegrei, egli che pur descrive così esattamente le conflagra- zioni dell’ isola d' Ischia, e confermano sempre più 1’ ipotesi, che il focolare vesuviano abbia eruttato prima della catastrofe, che sep- pellì Pompei. La quale ipotesi del resto non solo è convalidata dalle parole di Vitruvio, già da me altrove citate, e da quelle di Diodoro Siculo : KaXbXiai óè vvv 6 róvcog ’OvtGovviog, è'xcov noXXd Grj/.ibìa tov xsxavGdca xarct rovg do- Xcàovg xpdnoi’5 Or si nomina il luogo Ve- suvio, avente molti segni di aver bruciato negli antichi tem- pi 260 G. DE LORENZO, ANCORA. DEL VESUVIO AI TEMPI DI STRABONE ma è anche a posteriori assicurata dalle descrizioni, che del nostro monte han dato Cassiodoro e Dione Cassio. Basta infatti confrontare la descrizione di quest'ultimo, che pur scrisse più d’un secolo dopo la terribile eruzione di Plinio, con quella di Strabone, per vedere ancora quanta somiglianza esistesse tra il Vesuvio posteriore e quello anteriore al seppellimento di Ercolano e di Pompei. « Vesuvius mons mare spectat ad Neapolim, habetque fontes ignis uberrimos. ac olim quidem ex omni parti aequalis erat verticis et sic ut ex medio ejus ignis existeret. Nam ea parte tantum tlammas alit, extrinsecus autem undique intactus ab igne permanet ad haec tem- pora. Ex quo fit quum ignis externas partes nunquam exurat, eaque quae sunt in medio tantum consumantur igni rediganturque in cineres, ut vertices, qui circum sunt, veterem altitudinem habeant, pars autem infiammata, temporis progressu consuncta, et subsidendo concava facta est, ita ut mons (si licet parva cum magnis con- ferre) formam habeat amphitheatri * . Così si spiegano anche le concavità cavernose descritte da Strabone. Del resto sono tali e tante le prove, geologiche e storiche, accumulate su questo argo- mento, che lo stesso prof. Carlo De Stefani, cui nessuno potrà ne- gare la competenza nella geologia della nostra penisola, specialmente in fatto di antichi vulcani, mi ha più volte ripetuto, di essersi anch'egli fermamente convinto, che il focolare vesuviano attuale si sia formato prima dell’èra volgare. Di eruzioni storiche della Somma non è il caso di parlare. La Somma, così come la cinta esterna di Roccamonfìna e la cal- deira del Vulture, rappresentava già in epoca romana l’avanzo de- molito d' un vulcano preistorico, di cui il Vesuvio fin d’ allora si manifestò quale storica continuazione. Napoli, Museo geologico dell’ Università, 15 Dicembre 1898. SULLA GEOLOGIA DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MARITTIME E COZIE. Osservazioni dell’ing. S. Franchi. a proposito di una Nota del prof. Portis. In un mio lavoro del 1891 (‘) attribuivo al Titonico numerosi affioramenti calcari nelle Alpi marittime, che avevano offerto fossili caratteristici ; e per alcuni altri che non avevano presentato che pochi fossili, non atti a caratterizzare un dato livello, esponevo pure il dubbio che fossero ascrivibili alle porzioni alte della formazione ginrese. Fra queste erano compresi gli affioramenti di calcari mar- morei del Colle di Tenda, di cui scrivevo : « I calcari bigio-chiari che sono presso il Forte Centrale di Tenda, e che continuano verso il vallone di Cabanaira da un lato, e verso Limonetto e Bec Barai dall’altro, presentano Belemniti, Corallarì, e sono talvolta zeppi di grossi Crinoidi ; essi sono molto facilmente ascrivibili ai termini più alti della formazione suddetta (giurassica) ». E ciò dicevo ba- sandomi sull' analoga loro posizione con quei calcari riconosciuti realmente come Titonici, rispetto ai calcari, che sulla base di fos- sili caratteristici e di osservazioni stratigratìche fatte, lungo tutta la valle Roja, avevo attribuiti al Cretaceo. In quello stesso lavoro avevo messo in evidenza le analogie litologiche di questi calcari coi calcari marmorei chiari sottostanti al Cretaceo dei dintorni di Mentone, e che, secondo il Coquand, « depuis les Cevennes jusqu’à Menton forment une bande remarquable par ses caractères pétro- graphiques et par sa superposition constante à un puissant étage de dolomie, qui repose lui-m éme sur la zone à Ammonite s poly- plocus et A. tenuilobatus » . P) Franchi S., Il Giuraliasico ed il Cretaceo nei dintorni di Tenda , Briga marittima e Triora (Boll, del R. Comitato geol., anno 1891, fase. 4). 18 262 S. FRANCHI In un lavoro posteriore (Q, scritto dopo di avere estese le mie osservazioni a Nord del Colle di Tenda e nella valle Stura, indi- cavo la serie di affioramenti di calcari marmorei e dolomitici, che sono certamente il proseguimento di quelli del vallone Cabanaira, a Limonetto, a Bec Barai, a M. Pianard, a M. Serre Sard, a M. Bus- saia, al contrafforte di questo verso Bocca Vacciarampi e il Gesso, a M. Sapé, ecc. ; accennavo alla loro posizione rispetto al Lias in- feriore fossilifero, al Cretaceo ed al Nummulitico, posizione di cui cercavo di dare un’ idea con due schizzi prospettici e con un pro- filo (fig. 11, 12 e 13); e chiudevo il capitolo relativo in questo modo : « L'ascrizione al Giurese di tutti i calcari finora citati, e specialmente di quelli di Monte Bussaia, non è dubbia, quantunque a Nord del Colle di Tenda essi non abbiano offerto fossili caratte- ristici come i loro corrispondenti dei pressi di Briga, a Nerinee ed Itierie. Anzitutto essi riposano in discordanza sul Lias inferiore fossilifero o sugli strati variegati, a questo terreno immediata- mente sottoposti , ascrivibili forse al Retico. In secondo luogo essi sono, come si vedrà, stratigraficamente legati cogli strati a Du- valia del Cretaceo inferiore. Questi due fatti constatati in molti punti, e la notorietà di una trasgressione del Giurese, generale nelle Alpi occidentali, non ci lascia perplessi nell’ attribuire i calcari sud- detti dolomitici e marmorei al Giurese in genere col Titonico in- cluso ». Ed il profilo della fig. 13, nella quale è anche compreso un frammento di altro profilo dei pressi di Tetti S. Bernardo, dove trovai qualche Duvalia , era stato da me pubblicato espressamente affine di mettere in evidenza la sovrapposizione dei calcari in que- stione agli strati a Gryphaea arcuata ed Arietites bisulcatus ed il loro passaggio al Cretaceo soprastante ; fatti questi che non po- trebbero essere più chiari e concludenti. Ora il prof. Portis, dovendo parlare dei calcari marmorei che sono attraversati dalla grande galleria in costruzione tra Limone e Vieola (Tenda), della quale dà un profilo geologico (2), fa delle ricerche di fossili nelle scariche della galleria, nel vallone di Ca- ci Franchi S., Contribuzione allo studio del Titonico e del Cretaceo nelle Alpi marittime italiane (Boll, del R. Comitato geol., anno 1894, n. 1). (2) Portis A., Due località fossilifere nelle Alpi marittime (Boll. Soc. geol. ital., voi. XVII, 1898. pag. 128). SULLA GEOL. DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MAR. E COZIE 263 banaira ed al forte di Colle Alto, dove affiorano quei calcari ; ma non vi trova traccia delle Belemniti che io, quantunque rare, vi trovai, nè alcun altro fossile caratteristico. — Egli trova però dei Corallarì, dei quali io pure avevo notato la presenza, e ne tenta la determinazione. * I Corallarì dendroidi o fascicolosi a riprodu- zione fissipara, dice il Portis, avvicinai con sufficiente facilità e probabilità al genere Thecosmilia ...» e * i Corallarì a polipaio apparentemente massiccio potei con molta dubbiezza ripartire fra due generi ; V uno avvicinai al genere Stylina, 1’ altro stimai più opportuno lasciare indefinito nel suo raccostamento piut- tosto al genere Isastrea od al genere Phyllocoenia. Naturalmente non si parla di un accostamento nemmeno empirico ad una specie qualsiasi dei generi menzionati » . Ora dei generi di Corallarì sopra citati, qualcuno arriva dal Trias fino al terziario, altri fino al Cretaceo, e uno ( Stylina ) è par- ticolarmente frequente nel Giurese. Perciò giustamente dice il Portis che le sue ricerche l’hanno condotto « paleontologicamente ad una pura e semplice delusione » e che il risultato delle sue ricerche è « decisamente negativo » . Tuttavia egli, in base alle analogie che avrebbe trovate « sia per la natura della roccia, sia per l'aspetto delle masse, e per quanto si può dagli individui corallini con- tenutivi » coi calcari a Thecosmilia del Chaberton e specialmente coi calcari a Thecosmilia dell'Azzarola, aggiunge : « non posso al- lontanare da me l’ idea che gli strati in cui questo deficiente materiale paleontologico era conservato appartengano al Trias su- periore, ed anzi a quel piano che gli uni chiamano Retico ed altri Infralias . . . » . Il Portis riconosce bensì che tutto ciò può apparire un po’ vago, però non sa trattenersi dal collocare definitivamente nel Trias i calcari in parola nel profilo che è pubblicato nel suo lavoro a pag. 163 ; cosicché egli, partendo da « risultati negativi », giunge alla quasi certezza di determinazione, la quale è presupposta quando si dà un profilo, per V interpretazione del quale il terreno in discussione ha una parte importantissima, se non capitale. Di- fatti, nella descrizione e discussione del profilo della galleria, i cal- cari del Colle di Tenda sono senz’ altro considerati come apparte- nenti al Trias superiore. E questo dopo che io ho affermato in due lavori di aver trovato delle Belemniti in quegli stessi calcari, e dopo che ho cercato di 264 S. FRANCHI mettere in rilievo con figure e con profili gli argomenti di valore non discutibile, per cui li attribuii alla parte superiore del Giurese. À me sembra che il Portis davanti all’ incertezza dei suoi argomenti, avrebbe almeno dovuto controllare e confutare i miei, prima di dare a quei calcari un’altra assegnazione. E, mancatogli il ritrovamento delle Belemniti, spiegabile a causa della loro ra- rità, da me affermata, avrebbe dovuto controllare gli altri argomenti di non minor valore, che sono accennati nei brani riportati da uno de’ miei lavori, cioè i rapporti di sovrapposizione con strati a Gmj- phaecL arcuata e ad Arietites bisulcatus, ed il passaggio agli strati con Duvalia di alcune masse calcari, che sono il proseguimento verso NO. di quelle del Colle di Tenda. Quel controllo richiedeva un po' di tempo e qualche fatica; ma non mancava al Portis un mezzo di controllo semplice e comodissimo, tanto più trattandosi di materiale di un istituto governativo; ed era di chiedere in comunicazione quelle Belemniti, che egli sembra considerare come non esistite. Quando il prof. Portis avrà agio di leggere completamente i due miei modesti lavori indicati precedentemente, e specialmente il secondo, che a giudicere dai richiami bibliografici sembra gli sia sconosciuto, vedrà che l’assegnazione da me fatta di quei calcari mar- morei e dolomitici, eh’ io dissi a Belemniti , Corallari e grossi Crinoidi , oltreché sulla presenza delle Belemniti è basata su altri fatti stratigrafici semplici, chiari e concludenti, nonché su tutto il complesso delle osservazioni fatte nelle valli Argentina, Roja, Yer- menagna, Gesso e Stura ; e si persuaderà, non ne dubito, che questa discussione avrebbe facilmente potuto, con vantaggio di tutti, es- sere evitata. Colla assegnazione da me fatta, il profilo della galleria perde assai della semplicità che volle riconoscervi il Portis, ma si capisce facilmente che in una regione dove avvennero trasgressioni del Trias, del Giurese e dell’ Eocene, e sono visibili pieghe e faglie, il profilo più semplice non sia sempre il più prossimo al vero. Ma di questo e della erronea assegnazione da lui fatta al Trias di altre masse calcari, tagliate dal profilo della galleria, nelle quali l’ ing. Baldacci e lo scrivente trovarono numerosissime Belemniti, e di altre non esatte definizioni litologiche, si avrà campo di trattare nella pubblicazione, che coll’ egregio collega si farà fra breve del profilo di quell’ interessantissima galleria. SULLA GEOL. DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MAR. E COZIK 265 Quanto ho detto finora basterà per mostrare infondato il so- spetto che sembrava esplicarsi da un brano del lavoro del Portis contro alcune mie osservazioni, la cui attendibilità non rimane me- nomamente intaccata dalle sue affermazioni, non basate sopra alcun argomento positivo. In un altro punto della sua nota, difendendosi dagli appnnti mossi dal signor Leon Bertrand al suo lavoro : Sui terreni attra- versati dal confine franco-italiano nelle Alpi Marittime (') il prof. Portis dice testualmente: « Vi ebbe un giovane autore francese il quale, perchè giovane e per conseguenza poco pratico della lingua e della bibliografia geologica italiana, e non adeguatamente infor- matone dai rilevatori italiani coi quali ebbe scambio di idee ». Ora dei rilevatori italiani , nessuno, eccetto me, conosce per- sonalmente il signor Leon Bertrand, e nessuno fuori di me, ch’io sappia, ebbe con lui scambio di idee, scambio con me avvenuto in alcune gite fatte con lui al di là del confine, nella valle della Tinea, nelle quali appunto per l’ assegnazione di certi terreni al Giurese ed al Cretaceo e su altri fatti ci trovammo in pieno ac- cordo ; il che egli accenna in diversi punti del suo lavoro : Elude géologique du Nord des Alpes maritimes (Bull. d. Serv. de la carte géol. de France n. 56, anno 1897-98). In tali circo- stanze 1’ allusione del Portis, espressa nel brano riportato, si rife- risce senza alcun dubbio al sottoscritto. Lascio ai colleghi il giudicare della convenienza di una simile insinuazione, che io dichiaro assolutamente gratuita, e passo oltre. La strenua difesa, che fa il Portis di un suo abbozzo di carta manoscritta della quale debbo parlare in appresso, menando colpi a Francesi e ad Italiani, e movendo alfine all’ attacco dell’ Ufficio geologico, gli porge occasione di fare altre allusioni, delle quali i lettori, che non siano al corrente della bibliografia geologica lo- cale romana, potrebbero credermi il beneficiario ; perciò, a scanso di equivoci ai quali la mancanza delle indicazioni dei lavori a cui si riferiscono, dette e potrebbe ancora dar luogo, aggiungo che nè io, nè alcuno de’ miei colleghi dell’ Ufficio geologico, ebbimo mai a riportare giudizi di terzi, fossero essi confezionati all’ interno od all’estero, sopra nessun suo lavoro. (>) Boll, del R. Comitato geol., 1888. 266 S. FRANCHI Rispondendo al Presidente della Società che lo invitava a modificare alcuni passi del suo scritto, il Portis afferma che « non aveva alcuna intenzione di attaccare, bensì di difendersi da accuse che gli erano state mosse » . Pure sorvolando sul fatto che la pa- rola accuse venga adoperata tanto fuor di luogo, è a rammaricare che l’Autore dimentichi di indicare da chi, quando e dove fu accu- sato. Però, dal testo di quella nota, sembrerebbe che le accuse, per difendersi dalle quali attacca P Ufficio geologico, avessero dovuto es- sergli state mosse dai componenti questo stesso Ufficio. Ora dalia inchiesta fatta in proposito trovo che dagli addetti all’ Ufficio sud- detto al prof. Portis furono mossi appunti una sola volta, ed un’altra si accennò brevemente, senza nominarlo, ad un lavoro in cui descrive la sua carta manoscritta, della quale si parlerà in seguito. Gli appunti furono mossi da chi scrive alle delimitazioni cartografiche dei terreni della sua cartina geologica dei dintorni dell' Argenterà, nell'alta valle della Stura di Cuneo (*), ed ai profili attraverso a quella regione condotti, pur riconoscendo i meriti di quel lavoro del Portis (2). Sa- pendo che questi visitò la regione posteriormente ai miei appunti, e non avendo egli ad essi risposto nè prima nè in questo ultimo lavoro, io debbo ragionevolmente supporre che la visita sul luogo glieli fece riconoscere come fondati e giusti, e che perciò io non debbo considerarmi nel novero de’ suoi accusatori. Nell’accenno al lavoro sopra indicato, fatto in una rapida ras- segna bibliografica sulla valle del Po (3) il mio collega ing. Stella dice testualmente : « Della geologia della regione si occuparono parecchi geologi, e successivamente Sismonda, Gastaldi, Portis, Zac- cagna, Gregory; ma purtroppo non si può dire che tutti abbiano portato contributo di osservazioni attendibili » . Cita poi, gli autori Gastaldi e Zaccagna ai quali le osservazioni attendibili sarebbero « essenzialmente dovute ». Nemmeno qui panni vi sia ombra di accusa. Intanto, in attesa che le accuse che dice gli siano state mosse vengano da lui specificate, senza averne mandato di sorta dall’ Ufficio (l) Portis A., Sui terreni fossiliferi dei dintorni dell' Argenterà (Mem. della R. Acc. d. Se. di Torino, anno 1881). (tì) Franchi S., Contribuzione allo studio del Titonico, ecc., pag. 46 e 47. (3) Stella A., Sul rilevamento geologico eseguito nel 1895 nella Valle del Po (Boll, del R. Comitato geol., anno 1896). SULLA GEOL. DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MAR. E COZIE 267 geologico, ingiustamente e senza ragione attaccato, a proposito della carta manoscritta del Portis, depositata presso l’ ufficio stesso, carta che è stata illustrata dall’Autore in un lavoro pubblicato nel 1888 (*), mi si permetta che io dica francamente il mio pensiero, avendo avuto ad esaminarla, nel comporre la bibliografia di un lavoro^ che ho pronto per la stampa, sull'età della sona delle 'pietre verdi nelle Alpi occidentali. Ed affinchè non si dica che io mi faccio bello del senno di poi, e faccio della critica facile, paragonando una carta compiuta in pochi mesi con un’ altra attorno a cui lavo* rarono in più d’ uno per diversi anni, io mi limiterò a paragonare la carta in parola con quella anteriore del Gastaldi, con quella carta cioè che il Portis aveva per compito di rivedere e comple- tare in alcune parti, che dovette perciò servirgli di guida nelle sue escursioni, e che certo aveva dinnanzi mentre tracciava i con- torni della propria, quantunque, certo per inavvertenza, egli di- mentichi di citarla nel corso della sua discussione. Senza il recente suo lavoro, che dimostra in lui un grande desi- derio che di quella carta si parli, e nel quale non nasconde la sua in- tima convinzione che essa segni un grande progresso sulle carte pre- esistenti, ed anche rispetto a qualcuna posteriore, io non avrei preso a discuterla; appunto perchè non ignoravo il breve tempo in cui ne erano stati raccolti gli elementi dall’ Autore, che era quasi alle prime prove in fatto di rilevamento, e perchè, la carta essendo solo manoscritta o almeno solo imperfettamente illustrata in un lavoro a stampa, e di data remota, poteva non più rappresentare le idee attuali dell’Autore. Ora invece un rapido esame per dare a ciascuno il merito che gli spetta, diventa necessario. Chiunque abbia un po’ di pratica di rilevamento geologico, capisce tosto come sia impossibile il fare in 120 giorni una carta geologica, anche lontanamente approssimata di una regione, quali sono quelle alpine, estesa 2000 chilometri quadrati, anche suppo- nendo nel rilevatore una grande esperienza e una valentia alpinistica straordinaria. Questo non poteva esigersi da alcun geologo. Ma non bisogna dimenticare che della regione esisteva, ed era anche in commercio, quantunque solo manoscritta, la carta del Ga- (*) Portis A., Sui terreni attraversati dal confine franco-italiano nelle Alpi marittime (Boll. R. Com. geol., 1888, n. I e 2, p. 42). 268 S. FRANCHI staldi, rilevata sulle tavolette al 50,000 dello Stato Maggiore sardo, nella quale le singole masse e le diverse zone litologiche sono delimitate con notevole approssimazione. Il compito del Portis era appunto essenzialmente quello di aggiornare la carta suddetta, te- nendo conto dei risultati delle determinazioni dei fossili secondari, alle quali accennava il Gastaldi nel suo ultimo scritto di geolo- gia (x), dove ammetteva come in gran parte mesozoica tutta una larga ed estesa zona di terreni, da lui fino ad allora ritenuta paleo- zoica. Si trattava adunque, ed era già compito vasto e difficile, di introdurre in quella zona di terreni i limiti fra le diverse for- mazioni secondarie, essendo già ovunque 1’ Eocene abbastanza ben delimitato ; e ciò, si noti bene, in vista della pubblicazione di una nuova carta ad 1,000,000, in attesa del rilevamento definitivo. Ma forse al Portis parve questo troppo ristretto campo; egli portò la sua attenzione anche sulla parte superiore degli scisti cristallini, ritenuti arcaici dal Gastaldi. Ma non avendo avuto tempo di rendersi conto della bontà dei limiti segnati da questo scienziato e dai suoi collaboratori, e della sufficiente esattezza con cui erano delimitate le diverse masse ed indicato il loro modo di compor- tarsi reciprocamente, malgrado l'alta venerazione che mostra di avere pel Geologo torinese, dalla buona carta litologica di questi, rim- pastandone arbitrariamente i contorni, ricavò quel suo abbozzo, un po’ troppo lontano dal vero. Per sutfragare questo mio giudizio, che può parere un po' severo, citerò solo alcuni fatti. Ad esempio, il Portis ha riunito in una zona o fascia continua, alterando le giuste delimitazioni del Gastaldi in masse lenticolari isolate, e passando sopra alla diversa loro natura, le maggiori masse di roccie verdi; riunì cioè delle masse di serpentine, eufotidi, prasiniti od anfiboliti, e ne formò la zona alla quale applica il nome di zona delle 'pietre verdi , falsando il concetto del Gastaldi, che attribuiva alla zona di tal nome un significato ben più ampio (*) (*) Gastaldi B., Sui rilevamenti geologici fatti nelle Alpi piemontesi durante la campagna del 1877 (lettera a Q. Sella. Mem. Acc. dei Lincei, cl. di Se. fis., mat- e nat. voi. I, serie 3a). SULLA GEOL. DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MAR. E COZIE 269 e comprensivo (Q. Così ai dati oggettivi delle osservazioni di questo geologo venivano sostituiti dei contorni costrutti dietro un criterio teorico i quali renderebbero un concetto assolutamente falso del modo di trovarsi delle pietre verdi, nel complesso roccioso, che da esse piglia nome. Questa zona continua di pietre verdi, secondo il Portis, do- vrebbe costituire un orizzonte, separante il Carbonifero dal Permiano; perciò a seconda che sono all’ interno od all’ esterno di essa, i cal- cescisti (nei quali quelle sono in lenti e a diversi livelli) sono car- boniferi o permiani. E per di più, quella zona che dovrebbe essere un orizzonte è indicata attraversare normalmente al suo andamento, risultante in modo chiarissimo dai rilevamenti del Gastaldi, la zona dei calcescisti larga oltre a 4 km. che scende lungo il ver- sante di destra della valle Grana. Errore assai grave quest’ ultimo, nel quale non si capisce come sia caduto il Portis, che lo avrebbe evitato se avesse solo percorso la strada che segue il fondo di quella valle. Ma poiché non ebbe campo di far ciò, perchè non si tenne in tal caso più scrupolosamente alla carta del Gastaldi? E non fece cioè come ben dice in un punto del suo ultimo lavoro : « è naturale che io cercassi allora di acconciarmi, per quanto potevo, e per quanto non trovavo in opposizione flagrante con quanto rilevavo alle idee del Gastaldi. ...» (p. 133) ? A questi errori egli ne aggiunse un altro ancora più grave e ine- splicabile in chi non avesse della carta del Gastaldi un assai meschino concetto. Con un risvolto ingiustificato di quella sua fascia di roccie verdi, egli divide ancora trasversalmente al suo andamento la zona di Permo-carbonifero delineata con molta cura dal Gastaldi, quan- tunque la credesse più antica, e tanto distinta che non è possibile (*) (*) Vedasi come definisce il Gastaldi la sua zona delle pietre verdi nel suo lavoro : Studi geologici sulle Alpi occidentali (Mem. del R. Com. geol. d’Italia. Firenze 1871). Da questo lavoro, come da altri posteriori, risulta che sotto la denominazione di zona delle pietre verdi non era intesa una forma- zione costituita esclusivamente da roccie verdi, ma bensì una potentissima formazione di roccie scistose (micascisti, calcescisti, calcari ecc.) caratteriz- zata dalla presenza, per intercalazione, di lenti o banchi di roccie verdi, le cui masse, rispetto a quelle delle altre roccie, potevano anche essere, sopra estese regioni, affatto subordinate. 270 S. FRANCHI assimilarla ai calcescisti. La parte di quella zona rimasta all’ interno della fascia, di pietre verdi, comprendente i dintorni delle ricerche di antracite di Monfìeis, riunisce ad una porzione di calcescisti e ne fa del Carbonifero ; di quella tagliata fuori fa del Permiano. Mi limito a questi pochi esempi, indicanti, non mancanza di dettagli, di cui non faccio questione, ma un grave difetto di me- todo e di concetto, e che lascierebbero credere che il Portis non sia riuscito a formarsi una chiara idea di tutta 1' opera del Ga- staldi nelle Alpi occidentali. Ciò potrà bastare per quanto riguarda la parte litologica e grafica; veniamo ora a parlare della Cronologia. Il Portis accettò il concetto generale del Gastaldi, e che fu poi seguito da molti, fino a questi ultimi anni, secondo il quale, partendo dal nucleo gneissico da questi detto di Dora- Varaita, tutte le formazioni che si incontrano andando verso occidente siano ordinatamente sovrapposte, e sempre più giovani. Però, mentre questi considerava come arcaica tutta la zona delle pietre verdi, quegli la ritiene paleozoica. E fin qui V ipo- tesi poteva sembrare verosimile, quantunque non giustificata da nessun altro fatto positivo che dalla concordanza della sua parte superiore col Trias. Altri ebbero questo concetto e lo espressero dopo il Portis, spintivi dalla osservazione costante di quella con- cordanza, e fra questi sono il Kilian e lo scrivente stesso. Ma dove quegli si distingue e non è da alcuno seguito si è nelle di- stinzioni che egli fa dei terreni di quella zona, in Siluro-devo- niano, Carbonifero e Permiano. Tranne per una parte di questo ultimo terreno, la cui posizione diretta sotto il Trias è un criterio di un certo valore per stabilirne T età, tutto il resto dell’ edificio stra- tigrafico-cronologico, attraentissimo, non lo nego, non ha per sua base nessun criterio nè paleontologico, nè stratigrafico, e neppure la rassomiglianza con terreni di quelle differenti età di regioni vi- cine o lontane. Così non comprendo come il Portis, dopo i ritrovamenti di fossili annunziati, anzi appunto in grazia di questi, possa credere che la carta da lui disegnata segni un progresso sulle precedenti, e si sia fatto un passo indietro, quando, in mancanza di argo- menti decisivi, per credere falsa la interpretazione cronologica data SULLA. GEOL. DI ALCUNI PUNTI DELLE ALPI MAR. E COZIE 271 dal Gastaldi agli scisti cristallini, nella carta ad 1.000.000, pub- blicata nel 1889, non si credette mutarla (*). Ove poi si dovessero giudicare le carte dei diversi autori alla stregua dei ritrovamenti di fossili ora fatti, di quanto non dovrebbe considerarsi come più progredita la carta del Sismonda su tutte quelle posteriori! Essa non solo indica come potenzialmente fos- siliferi dei terreni che furono ora dimostrati tali, ma li assegnava appunto al mesozoico, come sono in massima parte. Vede adunque il Portasi che altri 1’ aveva con assai maggior fortuna prevenuto, malgrado che nè la carta del Sismonda, nè i suoi lavori, sieno stati da lui menzionati fra quelli accreditati sulla regione, e da lui consultati. Ma le false premesse, sulle quali basò il Sismonda le sue deduzioni cronologiche, ispirarono poca fiducia nella serie da lui stabilita, allo stesso modo che 1’ abbozzo di carta geologica del Portis, nel quale figura una serie di terreni, delimitata e stabilita nel modo in cui si è accennato, non potè essere presa in consi- derazione allorquando si prepararono le minute per la stampa della carta ad 1.000.000, pubblicata nel 1889. I risultati ottenuti negli studi di questi ultimi anni, modi- ficarono profondamente, è vero, le nostre idee sulla cronologia e sulla tettonica della zona delle pietre verdi, ma se è assai dubbio che qualcuno abbia diritto di fare delle recriminazioni, è certo che questo diritto non compete al prof. Portis. Chiusa di Pesio [Ottobre-Dicembre 1898]. f1) Si noti che appunto in quell’anno una Commissione di geologi fran- cesi abbandonava le idee di Lory, sull’età degli scisti cristallini, per accettare quelle del Gastaldi. . INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME XVII. Rendiconti. PAG. Consiglio direttivo per l’anno 1898 rii Elenco dei Presidenti succedutisi annualmente dalla fondazione della Società in poi ìv Elenco dei soci per l’anno 1898 ìv Elenco dei cambi xm Resoconto dall’adunanza generale tenuta in Napoli il 18 febbraio 1898. xv Parole del Presidente xv Nuovi Soci xvir Omaggi pervenuti alla Società xvm Deliberazioni del Consiglio xix Bilancio consuntivo della Società xxi Bilancio consuntivo dell’amministrazione del legato Molon. xxi Bilancio preventivo della Società xxi Bilancio preventivo per l’amministrazione del legato Molon. xxn Relazioni diverse del Segretario e del Presidente . . . xxn Comunicazioni scientifiche xxv Relazione sull’escursione al Vesuvio fatta dalla Società Geo- logica Italiana il 19 febbraio!898, del socio prof. R. V. Matteucci XXXI Gite facoltative eseguite il 20 febbraio 1898 xxxvi Escursioni alle isole Pontine fatte nei giorni 21 e 22 feb- braio 1898 ; relazione del Vice-Segretario dott. G. De Angelis XXXVII Relazione sulle escursioni alle isole Pontine fatte dalla So- cietà Geologica Italiana nei giorni 21 e 22 febbraio 1898, del socio ing. V. Sabatini xl Concorrenti al premio Molon (4° concorso) lxii Atti della Commissione per il riordinamento dello Statuto e del Re- golamento lxiii 274 INDICE DELLE MATERIE CONTENUTE NEL VOLUME XVII Resoconto dell’adunanza estiva tenuta dalla Società Geologica ita- in Lagonegro nel settembre 1898 Discorso del presidente F. Bassani Discorso dell’avv. C. Pesce, sindaco di Lagonegro . . . Presentazione di nuovi soci Quarto concorso al premio Molon. Relazione della Com- missione incaricata dell’esame dei lavori presentati al concorso scaduto il 31 marzo 1898 Proclamazione dei premiati Tema per il 5° concorso al premio Molon Comunicazioni scientifiche Seduta privata della Società Omaggi pervenuti alla Società Situazione patrimoniale al 1° gennaio 1898 Resoconto delle entrate e delle spese per l’anno 1897 . . Bilancio consuntivo 1897 dell’Amministrazione del legato Molon Discussione sulle proposte di variazioni dello Statuto 1881 e del Regolamento sociale Discussione del Regolamento generale Regolamento per le pubblicazioni e disposizioni varie . . Comunicazioni scientifiche Elezioni sociali Relazione sommaria delle gite compiute nei dintorni di La- gonegro, in occasione della riunione estiva della So- cietà Geologica Italiana, per il socio dott. C. Riva . Adunanza straordinaria della Società Geologica Italiana, tenuta in Roma il 27 novembre 1898 Memorie. Fascicolo 1-2 (Maggio 1898). Fucini A. — Sopra alcuni fossili di Canarcillo nel Chili (con una tavola) Nicolis E. — Sugli antichi corsi del fiume Adige (con una tavola). Franco P. — Ancora del Vesuvio ai tempi di Spartaco e di Stra- bane Viglino A. e Capeder G. — Comunicazione preliminare sul Loess piemontese Ugolini P. R. — Contribuzione^ allo studio del Pliocene di una parte del bacino dell' Era Cerulli-Irelli e De Angelis d'Ossat. — I molluschi fossili plio- cenici di Palombara-Marcellina PAG. XCV XCVI CII CV CVI CXVI CXVII CXVII civili CXIX CXXIII CXXIV CXXVI cxxx CXXXVI CXXXVIII CXXXVIII CXLI CXLI1 CL 1 7 76 81 85 88 INDICE DELLE MATERIE CONTTENUTE NEL VOLUME XVII 275 PAG. Portis A. — Di alcuni avanzi elefantini fossili scoperti presso Torino (con una tavola) . . . . ■ 94 Verri A. — Osservazioni sulla successione delle roccie vulcaniche nella campagna di Roma 121 Fascicolo 3 (Luglio 1898). Portis A. — Due località fossilifere nelle Alpi marittime . . . 123 Ricciardelli M. — Sulla costituzione geologica dei dintorni di Sansevero 165 De Lorenzo G. — Guida geologica dei dintorni di Lagonegro in Basilicata, per servire alla Società Geologica Italiana nell'adu- nanza generale estiva (settembre 1898) [con una tavola] . . 170 Fascicolo 4 (Dicembre 1898). Vinassa de Regny P. E. — Nuovi generi di radiolari del Mio- cene di Arcevia 197 De Angei.is d’Ossat G. — Nuovi fatti geologici nella provincia romana 199 Toldo G. — Strati a Congerie nelle vicinanze d' Imola . . . 200 Taramelli T. — Del deposito lignifico di Leffe in provincia di Bergamo 202 Levi G. — Sui fossili del Lias inferiore di Cima alla Foce nel- l'Alpe di Confino 219 Neviani A. — Briozoi delle formazioni plioceniche e postplioce- niche di Palo, Anzio e Nettuno 220 Vinassa de Regny P. E. — I pozzi artesiani del comune di Ca- scina 233 Portis A. — Di alcune specie di mammiferi del Pliocene supe- riore e dell'età del deposito lignifico di Leffe 244 Meli R. — Fluorite cristallizzata della miniera di Congiaus presso Iglesias ( Sardegna ) 252 De Lorenzo G. — Ancora del Vesuvio ai tempi di Strattone . . 257 Franchi S. — Sulla geologia di alcuni punti delle Alpi marittime e Cozie 261 ■ ■ ■ ' RESOCONTO DELL’ADUNANZA ESTIVA TENUTA DALLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA in Lagonegro nel settembre 1898 Seduta inaugurale del 5 settembre 189S iu Lagonegro. Alle ore 17 1/2 nella grande sala della R. Scuola Normale femminile, gentilmente concessa dal Municipio, si inaugurano le adunanze della Società Geologica Italiana. Presidenza Bassani. Sono presenti il presidente Bassani, il vice-presidente Cana- vari, il consigliere Botti, i soci Ambrosioni, Brugnatelli, Crema, De Ferrari, De Lorenzo, Di Stefano, Flores, Galdieri, Greco, Parona, Portis, Riva, Verri, Vinassa De Regny, Zezi, l’eco- nomo Statuti, il segretario Neviani ed il vice-segretario De An- gelis d’Ossat. I soci ing. Zezi e De Ferrari rappresentano ufficialmente il .R Ufficio Geologico ed il R. Corpo delle Miniere. Scusano la loro assenza ed aderiscono al Congresso con lettere e telegrammi i soci : Baldacci, Biagi, Cacciamali, Capellini, Cermenati, Clerici, De Amicis, Dell’ Erba, De Nicolis, Der- vieux, Di Rovasenda, Franco, Giacomelli, Issel, Lattes, Mariani, Matteucci, Meli, Mercalli, Namias, Novarese. Om- boni, Pantanelli, Patroni, Pellati, Platania, Sacco, Sal- mojragiii, Scacchi, Scarpelli, Simonelli, Sormani, Spirek, Taramelli, Telline Tenore, Tittoni, Toldo, Tommasi, Tonini. Alla seduta, che è pubblica, assistono il sindaco cav. avv. Carlo Pesce, il sottoprefetto cav. avv. Francesco Gay, il presidente del VII XCVI RESOCONTO DEM. 'ADUNANZA GENERAI. E ESTIVA Tribunale cav. avv. Raffaele Granata, il cav. avv. Francesco Dagosto, consigliere provinciale di Moliterno, il r. ispettore sco- lastico cav. Giuseppe Pirrone Pascalin, il comandante il distac- camento dell’ 81° fanteria, il comandante la stazione dei r. cara- binieri, altre autorità, il prof. E. U. Fittipaldi di Potenza, l'avv. Fabio Colonna di Napoli e numerosi cittadini. Il Presidente pronuncia il seguente discorso : « Inaugurando la 17a adunanza estiva della Società geologica italiana, due sentimenti mi dominano : di trepidanza 1’ uno ; T altro di compiacenza. Son trepidante, perchè tra i soci qui radunati veggo numerosi colleghi ai quali spetterebbe, molto meglio che a me, quest’onore; mi compiaccio, perchè al nostro invito hanno risposto egregi scienziati venuti da ogni parte d’ Italia e perchè, con atto gentile, han voluto farci corona, in questa prima seduta, le Auto- rità locali e un’ eletta raccolta di cittadini. « E la mia soddisfazione è anche maggiore al pensiero che questa è la prima volta in cui una schiera di geologi penetra nei limiti della classica terra lucana, per studiare e contemplare gli effetti di quelle forze misteriose che, sollevando le montagne e appro- fondendo le vallate, formarono il grembo fecondo, dal quale si svolse e si esplicò la vita vegetale e animale che ammanta e popola la superfìcie di questa parte dell’ Appennino. E già prima di rivol- gere la mente agli oscuri passati millenni per discernere il bar- lume dei grandi mutamenti geologici, noi, componenti di detta schiera, siamo fermati dallo spettacolo dei cangiamenti storici avve- nuti in questa interessante regione. Al superato limite settentrio- nale di essa il massiccio dell’Alburno, quantunque ancora rivestito qua e là di boscaglia, non forma più lo ilicibus virentem Albur- nurn della terza georgica virgiliana; e come dai suoi fianchi sono scomparsi i lecceti, così dalle altre montagne lucane sotto la scure del legnaiuolo e del carbonaio si sono diradati e si vanno dira- dando i boschi sacri, che dai loro recessi mandavano i cinghiali famosi alle mense degli epuloni romani; e dove prima le greggi numerose salivano agli alti pascoli con grave tintinnar di sonagli, ora passa fischiando il vapore traverso i campi scarsamente e fati- cosamente coltivati, tra le montagne squallide e disadorne. E di pari passo i fiumi e i torrenti, convolgendo al mare la preda TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 XCVU strappata dalle spalle rocciose dei monti, hanno seppellito sotto le alluvioni malariche le fiorenti colonie che nei due mari inghirlan- davano i margini di questa superba Magna Grecia, esplicatrice pos- sente di arte e di pensiero. In tal modo e per tali ragioni nella odierna topografia e geografia lucana non è più possibile ritrovare le linee tracciate circa venti secoli addietro da Plinio e da Strabone. « E pure, che cosa rappresentano questi mutamenti geogra- fici, grandi dal punto di vista storico, rispetto ai profondi cangia- menti geologici avvenuti in questa parte della nostra penisola ? Basta risalire all’ultima e più recente delle epoche geologiche, alla pleistocenica, per incontrare un paesaggio lucano essenzial- mente diverso da quello che adesso ci si stende innanzi agli occhi. Allora il mare ondeggiava a cinque o seicento metri sul mare attuale; le grandi vallate, come quelle di Diano, del Noce, del- l’Agri, del Mèrcure, erano colmate da laghi profondi, simili agli odierni laghi delle Alpi svizzere e lombarde; sull’ Adria ancor non tanto lontano ardeva di sotterranei incendi il vulcanico Vulture; le alte montagne raggiavano nel candore delle nevi perpetue; e nei tetri boschi erravano gli elefanti e i rinoceronti e risonavano i ruggiti dei leoni e gli urli delle tigri ; mentre i primi uomini scheggiavano le asce, le lance e le frecce lapidee, facendo i primi passi nel soggiogamento di queste terre, che poi divennero loro stabile dominio. E in un’ epoca ancor più remota, al finire del pliocene, le acque del mare salivano a più di mille metri sul mare attuale, e da esse sporgevano come isole soltanto le cime dei monti più elevati, che ora riempiono di tacita ammirazione la nostra vista. E poi, risalendo più indietro nel tempo che fu, non si scorge più su questa plaga del nostro suolo che la superficie del mare eoce- nico, dal cui seno le possenti forze endogene fecero emergere le enormi masse di materiale sedimentario, che ora costituiscono 1’ Ap- pennino. « Tali forze crearono questa nobile terra lucana, che nel pecu- liare carattere di bellezza del suo paesaggio, triste e grave, ri- specchia E indole e il carattere intimo dei suoi abitatori, rimasto alto ed immutato dai tempi storici remoti fino ad oggi. Infatti, mentre sulle rive del Jonio l’ immortale Pitagora faceva rifiorire le arcane dottrine della civiltà filosofica indiana, e nella vicina Si- bari germinavano la dolcezza e lo splendore dell’arte ellenica, in XCVII1 RESOCONTO DELL’ADUNANZA. GENERALE ESTIVA queste boscose montagne, inaccessa alla luce del sole levante, cre- sceva fiera e solitaria come quercia la gente lucana, che fin nel- 1’ antichissima arte ceramica, emancipandosi dalle imitazioni greche dell’Apulia, di Sibari e di Pesto, mostrava un’ originalità tutta propria , e si svolgeva in queste vergini selve la Lucania violenta di Orazio, che nei suoi inaspettati sommovimenti faceva a quando a quando tremare 1’ aquila di Roma. E ancor oggi, così come in quei tempi, queste austere montagne e questi piani digradanti ai mari meridionali continuano a produrre forti ingegni e alti caratteri, che portano un prezioso contributo di ricchezza intellettuale e morale al patrimonio artistico, scientifico e sociale della nostra nuova Italia. « E uno di questi ingegni preclari, che onora la terra natale e la nostra scienza prediletta, è qui tra noi e si chiama Giuseppe De Lorenzo. Dedicando tutte le forze della mente poderosa ai suoi monti, applicando ad essi tutta 1’ energia della giovinezza, lavo- rando assiduamente con entusiasmo d' artista e con ponderatezza di scienziato, percorrendo infaticato ogni luogo, rilevando moltis- simi spaccati, raccogliendo ed illustrando numerosi fossili, met- tendo in chiaro le complicate disturbanze tettoniche, ricostruendo la storia di antichi laghi e di antichi ghiacciai, spiegando alcuni problemi e sollevandone altri, descrivendo minutamente le varie formazioni e stabilendone i rapporti con quelle delle Alpi, della Calabria e della Sicilia, egli ha rischiarato di vivida luce la geo- logia di queste contrade, fino allora quasi completamente ignorata. Al dotto collega sia compenso morale 1' ammirazione riconoscente della Società geologica italiana ; all' amico carissimo, che ha tanti diritti alla mia gratitudine, riescano accetti i sentimenti dell’ animo mio, che in questa circostanza solenne gli esprimo commosso, con 1’ augurio che gli studi futuri lo traggano ad una meta sempre più alta. E del concittadino egregio si onorino i Lagonegresi, e di lui sieno lieti i congiunti. « E così, con la guida di De Lorenzo, avremo agio, nelle pros- sime escursioni, di osservare molte cose, che possono a buon dritto contarsi fra le più interessanti della geologia italiana. I lavori già stampati da lui su questa regione e la succinta e chiara Guida geologica dei dintorni di Lagonegro , ch’egli, accogliendo la mia preghiera, ha scritta per l'attuale riunione della Società, mi di- TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1808 XCIX spensano dall’ esporvi i particolari del territorio che ci accingiamo a visitare. Vedremo pile ingenti di terreni calcarei e silicei del trias medio, ricchi di fossili, che con magnifiche dislocazioni di pieghe e di fratture costituiscono questi monti ammirevoli; lembi di quella Dolomia principale, già a noi così nota dalle Alpi; lembi pur fossiliferi di calcari liasici ; masse colossali di calcari a rudiste ; valli ingombre dai complessi terreni dell'eocene superiore ; avanzi morenici di antichi ghiacciai e tracce degli scomparsi grandi laghi pleistocenici: tutto un vasto quadro geologico, insomma, bene in- quadrato nel bellissimo paesaggio, e degno di rendere questa estrema regione d’ Italia un luogo di ritrovo e di studio, non solo dei tu- risti, ma anche degli scienziati di ogni nazione. E qui rammento con compiacenza il nome di altri, che hanno contribuito, con lavori in parte pubblicati e in parte ancora inediti, a rischiarare e ad illustrare la complicata geologia di queste montagne; l’ ing. Gf. B. Bruno, del Genio civile; il prof. C. De Giorgi; il solerte nostro socio ing. Luigi Baldacci, dell' Ufficio geologico, coadiuvato dagli ing. Cortese e Viola; il carissimo collega dott. Giovanni Di Ste- fano, che su tutta la penisola, dalle Alpi al Lilibeo, esplica la sua feconda attività, animata dal più alto entusiasmo per la no- stra scienza; e, finalmente, uno straniero, il dott. Emil Bose, il quale, dopo aver degnamente studiato varie plaghe delle Alpi e dell’ Appennino, chiamato a far parte dell’ Ufficio geologico messi- cano, ha portato ora colà la sua operosa energia e i lumi della sua mente coltissima. « Per tal modo la nostra Società, che anni addietro, presieduta dal professore Capellini e guidata dai colleghi Cortese e Ne- viani, ha tenuto l’adunanza estiva in Catanzaro, avrà visitato in questo anno due altre importanti località dell’ Italia meridionale : questa della Basilicata e il gruppo vulcanico delle Pontine. L’escur- sione alle Ponze, fatta nel mese di Febbraio, in occasione della riu- nione invernale, fu molto agevolata dal compianto Brin, allora ministro della Marina, il quale, accogliendo la mia preghiera e quella, assai efficace, del nostro socio ing. Pellati, ispettore capo del Corpo delle miniere, mise a disposizione della Società la r. nave Atlante . I buoni risultati di quella escursione sono già noti per l’accurata relazione stesa dal collega ing. Sabatini col concorso di quasi tutti i geologi che v’ intervennero : un esemplare di essa fu pre- C RESOCONTO DELI, ADUNANZA GENERALE ESTIVA sentato al Ministero della Marina, che gradì molto l’ interessante lavoro.Ancora una volta, tributo un omaggio di riconoscenza alla memoria di Benedetto Brin e ringrazio l'ispettore Pellati, l’ing> Sabatini, le Autorità municipali di Ponza, il vice-ammiraglio Gon- salez del Castillo, comandante il 2° dipartimento marittimo di Napoli, gli ufficiali dell’ Atlante e tutti coloro che si prestarono per la buona riuscita di quella gita importante. « La Società prese anche parte, con le sue pubblicazioni, al- 1’ Esposizione nazionale di Torino, dove ne assunse cortesemente la rappresentanza il socio prof. Parona, al quale esprimo la nostra gratitudine. Le onorificenze ai vari espositori non sono ancona ufficialmente note, ma credo di non commettere una indiscrezione annunciandovi con la più grande compiacenza che il Giurì della Esposizione — Sezione scientifico-industriale — ha proposto per la Società la medaglia d’ oro. Caro ed ambito compenso alle nostre ricerche scientifiche. « Ed anche al Congresso geografico di Firenze ed alle secolari onoranze alla memoria di Paolo Toscanelli e di Americo Vespucci, eh’ ebbero luogo nell'Aprile decorso in quella città, la presidenza ha creduto opportuno di far partecipare il nostro Sodalizio, che vi fu gentilmente rappresentato dal socio prof. Cocchi. A quel Con- gresso assistevano anche gli altri nostri soci professori De Stefani e Taramelli, i quali, con opportuno pensiero, proposero e ottennero che fra i membri del Comitato promotore, da eleggersi in occa- sione di ogni Congresso geografico, fosse aggiunto il presidente della Società geologica italiana od un suo delegato. Ai tre predetti col- leghi sieno rese grazie cordiali. « Anche ad un’altra cerimonia, questa volta pur troppo triste, prese parte la Società : all’ inaugurazione della lapide a ricordo del compianto nostro socio abate Giuseppe Mazzetti, avvenuta, per opera di amici e colleghi, l’il Agosto nel palazzo comunale di Mon- tese, patria dell’estinto. La presidenza, desiderosa che la Società vi assistesse in ispirito, delegò il socio Pantanelli a rappresentarla. « E la cara figura dell’abate Mazzetti mi fa rivolgere la mente a quella, pur cara, del povero Arturo Negri ed alla sua Carta geolo- gica della ‘provincia di Vicenza , rilevata con cura paziente e con lunghissimo studio e rimasta incompleta per la morte di lui. Or mi è grato annunciarvi eh’ essa verrà pubblicata fra breve, col concorso TENUTA IN I.AGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CI scientifico dei professori G. Marinelli, Taramelli, De Stefani e Ristori, il quale, sotto la direzione di De Stefani, ha riprodotto sulla nuova carta al 100 mila la carta all’ 86 mila fatta dal Negri. « A questa lieta notizia un’altra ne aggiungo, relativa al quarto concorso al 'premio Molon , bandito della nostra Società nel 1896 e scaduto il 31 marzo dell’ anno corrente. Il concorso sortì esito buono : furono presentati tre lavori paleontologici, manoscritti, che la Commissione, composta dei soci Meschinelli, Parona e Portis, trovò commendevoli. Il collega Parona, relatore, vi leggerà più tardi il rapporto, che conchiude a favore dei concorrenti. E vi sarà pure annunciato il programma, già approvato dal Consiglio diret- tivo, del quinto concorso al medesimo premio, che avrà termine il 31 Marzo del 1901 e che è stato proposto dalla Commissione costituita dai soci De Stefani, Issel e Novarese. Possa così essere pago 1’ estremo desiderio del munifico testatore, alla cui memoria la Società rende, anche in questa occasione, un tributo di riverenza e di gratitudine. « Quanto allo stato amministrativo della Società, ve ne infor- meranno il socio segretario prof. Neviani ed il socio economo ing. Statuti. A me si consenta di rilevare 1’ attività e la soler- zia di questi due egregi colleghi, il primo dei quali, coadiuvato dal socio vice-segretario dott. De Angelis, lavora indefessamente alla corrispondenza, alla compilazione del Bollettino ed all’ ordi- namento della biblioteca sociale ; 1’ altro, che attende con scrupo- losa esattezza all’ azienda della Società e sopratutto al delicato compito delle riscossioni. E ringraziamenti esprimo anche al socio tesoriere avv. Tittoni, ora prefetto di Perugia, ed al socio archivista prof. Meli. « Per ciò che riguarda lo stato economico sociale, mi limiterò a rilevare che la Società conta 232 soci — numero non ancora raggiunto fin qui — e che le sue condizioni finanziarie sono abba- stanza prospere e saranno anche migliori se il Ministero di Agri- coltura Industria e Commercio concederà il chiesto sussidio, la cui domanda fu appoggiata dalla Presidenza del Comitato geologico e dall' Ispettorato al Corpo delle miniere. 1 frequenti cambiamenti del titolare al detto Ministero e il ritardo nella presentazione dei bilanci alla Camera sono le cause per le quali l’ istanza non è ancora stata decisa; auguriamoci che la risposta sia favorevole! CII RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA « Di tutto, dunque, potremmo, in complesso, essere lieti, se non dovesse, anche in quest’ anno, risonare la nota triste. Anche in quest’anno la morte ha battuto alle porte della Società e ci ha strappato un compagno. Il 24 luglio, in Firenze spariva dalla scena del mondo V ing. comm. Luigi Bumiller, socio fondatore ed a vita. Nato a Ludivigshafen nel 1833, si diede giovanissimo al commercio ed ebbe presto importanti affari in Svizzera, in Ger- mania, in Italia e in Oriente. Come direttore della Società nazio- nale per gasometri ed acquedotti — ufficio che tenne fino alla morte — , applicò specialmente le sue cure agl’ impianti di Pisa, Spezia, Chiavari e Bologna, dedicando ad essi tutta V energia della fibra, la potenza della mente e la fermezza del carattere. Uomo di grande attività e di vasta coltura, legò il suo nome ad opere insigni di utilità pubblica ed incoraggiò la scienza pina inscriven- dosi a parecchi sodalizi scientifici. Egli sarà lungamente ricordato da coloro che albergano nel cuore un senso di ammirazione per tutto ciò che suona ingegno, lavoro, onestà, generosità. « Tributiamo un omaggio di affettuoso rimpianto al povero estin- to ; e, nel lutto che ci turba, ci confortino i nomi dei nuovi colleghi che hanno domandato di far parte della nostra famiglia geologica e che vi saranno comunicati fra breve: tutte forze vive, le quali potranno arrecare alla Società il contributo delle loro ricerche scientifiche. « Ed ora, ringrazio col cuore 1' illino sig. Sindaco, V illmo sig. Sottoprefetto e tutte le altre Autorità di Lagonegro, che hanno voluto onorarci con la loro presenza ed hanno efficacemente age- volato la visita della Società geologica italiana a queste contrade ; i cav. dottori Salvatore Rinaldi e Giuseppe Aldinio, già così larghi di cortesie ai geologi arrivati nei giorni scorsi; i cittadini per il gentile intervento alla nostra adunanza; il r. Ispettorato delle miniere e il r. Ufficio geologico, ufficialmente rappresentati all’attuale Congresso; e gli egregi scienziati che, rispondendo al- l’appello, sono intervenuti a questa riunione o vi hanno aderito ». Il Presidente dà la parola al sindaco di Lagonegro, che legge il seguente discorso : « Signori, « In nome della Cittadinanza di Lagonegro, che ha 1’ onore d’ ospitare Voi, o Illustri cultori della Scienza Geologica, son lieto TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CHI di porgervi il benvenuto dal fondo dell’ animo mio, e d’ esternarvi i più vivi ringraziamenti perchè, aderendo al cortese invito del- 1’ egregio Presidente della Società, siete intervenuti a questo con- gresso, ed avete, con la vostra presenza, onorato la nostra Città. « Sento del pari imperioso il debito di rivolgere uno speciale, profondo ringraziamento ed omaggio al sullodato chiarissimo e be- nemerito Presidente prof. Francesco Bassani, il quale ha pre- scelto, per l’adunanza generale estiva, questo Capoluogo, dove certi inevitabili disagi e la mancanza di maggiori conforti della vita possono essere solo compensati dal nostro buon cuore e dalla sincera, tradizionale ospitalità lucana, riconosciuta e celebrata fin dai tempi dello storico e geografo Strabone, che ebbe a scrivere nei suoi annali Lucani autem sunt hospiiales. Ma più ancora di questo ricordo, o Illustri Professori, il vostro intervento sarà confortato dagli studi e dalle escursioni scientifiche, che farete per le nostre campagne e per i nostri monti, dove larga messe geologica potrete raccogliere, e dove la brulla e rocciosa natura non sdegnerà di aprirvi il suo seno ed i suoi più reconditi segreti. « Per noi, profani delle scienze naturali, questi monti e queste balze, da cui siamo circondati, e che formano 1’ usato, quotidiano nostro spettacolo, sono muti ed incompresi ; quelle pietre sono inerti ed infeconde; i macigni non hanno altro pregio che il ricordo e la testimonianza delle passate glorie e sventure cittadine ; il monte Sirino, pur anco il nostro pittoresco padre Sirino che ci sta quasi a cavaliere, non è conosciuto ed ammirato da noi che nel suo verde ammanto estivo, o nella sua nivea veste d’ inverno. « Per voi la scena della natura è ben differente; per voi, che osate penetrar collo sguardo nelle inesplorate viscere della terra; per voi che osate scomporre ed analizzare quelle pietre nei loro primitivi elementi; che potete stabilire con tutta precisione la loro conformazione ed il loro succedersi ; che riscontrate perfino nel seno dei macigni avanzi di piante e d' animali, ora non più esistenti; per voi, o signori, quelle pietre parlano un linguaggio sublime, misterioso, ed in esso troverete la migliore soddisfazione, il maggiore conforto che possiate desiderare. « Mente et malleo è il motto con cui vedo denominata la vostra Società, e Voi appunto col vostro elevato ingegno, e col martello della scienza, venite a stabilire inoppugnabili verità; e CIV RESOCONTO DEI.L’aDL'NANZA GENERALE ESTIVA mercè vostra acquistano vita le cose inanimate e frali , per dirla con una frase del poeta della Basviliana. «Voi venite con le vostre ricerche ad aprirci nuovi orizzonti ; venite con i vostri studi a stabilire puranco, che la plaga, dove noi siamo nati, e dove ci troviamo, e che sarà il teatro delle scien- tifiche vostre escursioni, costituiva un vasto e pittoresco lago plei- stocenico, del quale stabilite i confini, la conformazione e la na- tura. Voi scovrite fra i nostri monti una morena d’ antico ghiacciaio, che ricorda nella sua conformazione le morene dell’ Alpi ; e queste ricerche stringono vieppiù i vincoli nostri coi fratelli del Nord. Ed innestando armonicamente gli studi geologici e quelli storici, ve- nite per designare il punto dove s’ estendeva 1’ antico lago, dalle brune acque, che lunga non interrotta tradizione vuole che abbia dato il nome alla nostra Città, mantenendo intatta l’ idea pri- meva attraverso i molteplici, secolari mutamenti delle genti e dei linguaggi. « E qui permettete, o Signori, che io, superbo delle glorie patrie, rivolga un affettuoso omaggio all’ Egregio nostro Concitta- dino Professore Giuseppe De Lorenzo, che vedo con vivo com- piacimento nelle vostre schiere. Egli con giovanile entusiasmo, e profonda coltura, ha illustrato geologicamente le nostre terre palmo a palmo, e sarà nelle vostre ascensioni guida utile ed intelligente. Noi vi accompagneremo col pensiero, e quando avremo da voi ap- preso i pregi maggiori che hanno i nostri monti, impareremo ad amarli sempre più, ed avremo ancor più caro il loco natio, ricco di tesori finora sconosciuti ». Il Presidente ringrazia il Sindaco per il cortese saluto alla Società e si dichiara sopratutto riconoscente per 1’ affettuoso omaggio a Giuseppe De Lorenzo. Il Presidente annuncia di aver spedito il seguente tele- gramma a S. E. il Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio: “ Società Geologica Italiana porge a V. E. omaggi devoti, fiduciosa che vorrà incoraggiarne e favorirne gli studi. Bassani, presidente ». TENUTA. IN LAGONEGKO NEI, SETTEMBKE 1898 CV A mezzo dei prof. Emilio Fittipaldi di Potenza giunge il seguente dispaccio del Presidente della Deputazione provinciale di quella città: “ Prego Vossignoria degnarsi portare il rispettoso saluto in nome di questa Provincia agli illustri scienziati riuniti in Congresso in cotesto lembo di terra Lucana, e dica loro che in essa non è solo alto il sentimento della ospitalità ma fortissimo altresì il culto della scienza, Lichinchi ». A questo telegramma il Presidente invia in risposta il se- guente : « Presidente Deputazione Provinciale Potenza. — Società Geologica ringrazia gentile saluto inviato a mezzo prof. Fittipaldi; superba avere nelle proprie schiere Dott. De Lorenzo basilicatese, valente cultore studi geologici Ricambio cordiali ossequi. Bassani, presidente ». A termine dell’ articolo 2 del vigente Statuto vengono presen- tati i seguenti nuovi soci: Dott. Luigi Colomba, assistente nel museo mineralogico uni- versitario di Torino, proposto dai soci Spezia e Parona. Dott. Pasquale Aldinio, professore nella R. scuola normale di Lagonegro, proposto dai soci Bassani e De Lorenzo. Dott. Giorgio Dal Piaz, assistente nel museo geologico uni- versitario di Padova, proposto dai soci Bassani e Statuti. Avv. Francesco Saverio Samengo, di Lungro, proposto dai soci Di Stefano e Crema. Dott. Francesco Bertani, professore di chimica in San Gio- vanni Bianco (Bergamo), proposto dai soci Giacomelli e Neviani. Conte Taeggi-Piscicelli di Firenze, proposto dai soci De Stefani e Corsi. Dott. Luigi Pampaloni di Firenze, proposto dai soci De Ste- fani e Neviani. Tenente Alberto Pelloux di Roma, proposto dai soci De Angelis e Millosevich. Dott. Giuseppe De Stefano di Reggio-Calabria, proposto dai soci Botti e Bassani. Il prof. Parona, ad invito del Presidente, legge la relazione presentata per V aggiudicazione del premio al 4° concorso Molon. evi RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Quarto concorso al premio Molon. Relazione della Commissione incaricata dell’ esame dei lavori j presentati al concorso scaduto il 31 marzo 1808. Il quarto concorso al premio Molon fu aperto, con circolare 15 luglio 1896, sopra tema proposto dai colleghi Bassani, Cana- yari e Di Stefano, così furmulato: « Illustrazione di una Fauna o di una Flora poco o mal note « di giacimento italiano, con lo scopo di portar luce sopra fatti « geologici nuovi, mal conosciuti o controversi, accompagnata da « deduzioni geologiche : oppure illustrazione di un gruppo speciale « di resti organici poco conosciuti di giacimento italiano. I lavori presentati a questo concorso sono tre; e rispettiva- mente rispondono ai titoli: 1. Fauna della zona con Leioceras opalinum Rein. sp. di Rossano in Calabria. 2. Flora terziaria del Piemonte. 3. Idrozoi terziari italiani delle famiglie delle Idractinidi. Questi tre lavori, corrispondendo ai termini del concorso, fu- rono comunicati ai commissari delegati dal Presidente della nostra Società e dal Consiglio direttivo ad esaminarli e ad esprimere un giudizio sul loro merito ed a fare proposte sull’ assegnamento del premio Molon. Costituitasi successivamente la Commissione sotto la presi- denza del prof. Portis, il relatore prof. Parona fu incaricato di redigere un rapporto, in base agli appunti comunicatigli dai sin- goli commissari, costituito da una rivista critica delle tre memorie, a schiarimento e giustificazione delle proposte finali. Rivista critica delle tre Memorie presentate al concorso. I. Pro scientia strenue laboremus. — Fauna della zona con Leioceras opalinum Rein sp. di Rossano in Calabria — con 2 tavole e pag. 116 di ms. in 4°. L’ autore nella introduzione dà ragione del lavoro, nel quale si propone di illustrare la fauna di una formazione di calcari rosso- carnicini con crinoidi, che si presenta in lembo a sud di Rossano TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CVII e che cogli stessi caratteri litologici ricompare anche altrove nella valle del Colognati. Questi calcari, anteriormente riferiti alla serie liasica da altro autore, sono zeppi di fossili nell’ accennato lembo di Rossano e lo studio di questi fossili ha permesso di rettificare il precedente riferimento e di riconoscere che la formazione va ascritta all’ aleniano. Le specie fossili, comprese quelle determinate solo generica- mente, sono 47, così distribuite: 15 brachiopodi e 4 nuovi; 18 lamellibranchi e 1 nuovo; 23 gasteropodi e 11 nuovi; 13 cefalo- podi e 1 nuovo, non tenendo calcolo degli avanzi indeterminabili ed insignificanti di echinodermi, anellidi e pesci. Le argomentazioni che hanno indotto 1’ autore al riferimento cronologico suaccennato sono basate sui dati, che risultano evidenti dall’ elenco delle specie, in ordine sistematico dagli echinodermi ai pesci, esposto in quadro comparativo colle faune delle altre for- mazioni sincrone. L’ autore fa notare, che sincronizza la sua formazione colla zona a Leioc. opalinum di S. Yigilio in base al complesso dei caratteri paleontologici, al rilevante numero delle forme comuni, sebbene non abbia rinvenuto la specie caratteristica, che dà nome alla zona. Nel confronto colla stessa fauna di S. Vigilio, trova no- tevole diversità di facies nel fatto, che le ammoniti le quali hanno così importante sviluppo, nelle dimensioni e numero, a S. Vigilio, nella formazione calabrese sono invece poche e piccole, mentre il corpo maggiore della fauna è dato dai gasteropodi lamellibranchi e brachiopodi. Ancora in base ai dati paleontologici, propende verso l'opi- nione di Vacek, che vorrebbe ascrivere al Lias superiore, anziché all’ Oolite inferiore la fauna in esame ; tuttavia soggiunge di non potere convalidare questa idea coi dati stratigrafici, perchè i cal- cari, presso Rossano, dove sono fossiliferi, non hanno rapporto colla serie liasica ma giacciono trasgressivamente sulle filladi e sul granito. I fossili nel calcare rosso-carnicino non sono isolati, nè facil- mente isolabili, ma invece intimamente cementati nella roccia per modo da richiedere un lavoro paziente, quanto delicato di estra- zione, al quale 1’ autore deve aver dedicato tempo non breve. Nella descrizione delle specie 1’ autore descrive le forme rife- evia RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE ESTIVA ribili a specie già note con frasi abbastanza parche, necessarie a giustificare la determinazione ; di frequente accompagnandole, spe- cialmente nei casi dubbi, con discussioni critiche in rapporto ad altre forme congeneri, che dimostrano il maturo esame fatto delle questioni. Per le forme nuove, naturalmente, la descrizione è più par- ticolareggiata senza però essere eccessivamente lunga e minuta, così che il concetto delle forme può farsi chiaro nella mente del let- tore, perchè non oscurato da minutezza eccessiva nella esposizione dei particolari secondari. Fra i gasteropodi 1’ autore istituisce un n. g. ( Adeorbisina ) rappresentato da un’unica specie e che risulta giustificato dalla diagnosi. Alla descrizione della specie segue l’ indice delle abbrevia- zioni usate nelle citazioni bibliografiche. Dato lo scopo dell’ indice sembrerebbe più opportuno premetterlo e non posporlo al capitolo delle descrizioni. Comunque questo indice bibliografico è ricchis- simo e fa fede della cura, che ha guidato l’autore, di approfittare scrupolosamente dei dati già acquistati alla scienza sull’ argomento. Ciò posto, fa meraviglia eh’ egli abbia completamente trascurato la memoria di A. De Gregorio sulla fauna di S. Vigilio mentre tenne calcolo di altri lavori dello stesso autore. Poiché anche questo lavoro del De Gregorio fa parte del patrimonio scientifico è deside rabile che gli studiosi lo prendano in considerazione, ne discutano i concetti cui è informato e tengano calcolo, ove ne sia possibile, delle forme fossili da lui distinte. Segue 1’ indice delle specie descritte coll’ indicazione della pagina e della tavola dove trovasi la descrizione e la figura ri- spettiva. Gioverebbe ad aumentare l’utilità di questo indice 1’ in- scrivervi anche i nomi delle altre specie ricordate nel lavoro a titolo di confronto o di critica. Il lavoro è corredato da due tavole; nella prima sono figu- rate 37 forme e 32 nella seconda. Sonvi opportune figure di in- grandimento per i dettagli caratteristici, le figure sono elegante- mente disposte e convenientemente ordinate in serie e 1’ esecuzione a matita ne è finissima. Colla abbondanza ed accuratezza d’ ese- cuzione delle figure l’autore dimostra di valutare nel giusto grado l’ importanza dell’ illustrazione grafica, come necessario comple- mento delle diagnosi e controllo alle determinazioni di forme rife- rite a specie già note ed anche di quelle distinte come nuove. TENUTA IN LAGONEGRO NEI. SETTEMBRE 1898 CIX li e gli agghiacciati e gli arsi climi Di fior cosparge. — Flora terziaria del Piemonte, ms. di 334 pag. in quarto, con 65 tavole in 8" ed un diagramma. Il lavoro è diviso in sei capitoli e li precede una prefazione nella quale 1’ autore dice, come lo studio della paleofitologia del Piemonte, dopo le ricerche del Sismonda, siasi alquanto arenato e così, mentre la fauna fossile di quella regione ebbe molti felici illu- stratori, per converso lo studio della flora fossile fu trascurato, ad onta della ricca messe di filliti che offre il Piemonte. L’ autore dice quindi necessario una revisione delle filliti già studiate ed un accurato esame di quelle recentemente scoperte, onde coordinare i nuovi risultamenti al progresso delle moderne discipline paleofi- tologiche. A questo riguardo sarebbe stato opportuno, che l’autore accennasse e discutesse V indirizzo informato al fillopoliformismo, seguito recentemente da altro autore, che pure si occupò di una flora terziaria italiana. Il 1° capitolo dal titolo « Storia della Paleofitologia in Pie- monte » è diviso in due paragrafi : il primo comprende un indice bibliografico dei lavori di paleofitologia concernenti il Piemonte; esso cataloga 28 lavori, che riguardano specialmente la regione piemontese e due di indole generale con riflesso particolareggiato sulla flora fossile del Piemonte. Nel secondo paragrafo tratta dello sviluppo degli studi paleofitologici in Piemonte : è una illustra- zione del paragrafo precedente. A complemento della storia degli studi paleofitologici in Pie- monte, l’autore molto opportunamente, menziona il lavoro paziente ed indispensabile di coloro, i quali si occuparono delle raccolte del materiale fillitifero, che diede campo allo svolgersi delle ricerche paleofitologiche. Il secondo capitolo è consacrato alla descrizione delle loca- lità fillitifere con considerazioni stratigrafiche. Tale studio è fatto seguendo i terreni dall’ eocene al pliocene e vi si trova qualche notizia originale sui calcari a fucoidi di pietra Marazzi e sul gia- cimento oligocenico di Pavone scoperto dall' autore. Per ultimo in un quadro finale si distribuiscono le località fillitifere a seconda della loro età rispettiva e si enuncia per ciascuna il numero degli esemplari che 1’ autore potè studiare e che sommano in totale a 1415. Le località fillifere indicate ammontano a 27. CX RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Il capitolo 3° è riservato alla descrizione sistematica delle specie. Alla denominazione di ciascuna specie 1’ autore fa seguire l’ indicazione del lavoro in cui essa per la prima volta fu descritta : tien dietro la diagnosi e a questa le indicazioni sinonimiche per le quali 1’ autore dice di aver « notata la sola sinonimia degli esemplari di cui intende parlare, così mentre si economizza spazio e tempo non citando lavori che facilmente si possono vedere nei trattati generali, rimane più evidente la storia della paleofitologia piemontese » . Il concetto che l’ autore vuole attribuire a queste parole non è chiaro, così come non si sa spiegare il perchè 1’ au- tore nelle indicazioni bibliografiche e sinonimiche talvolta abbondi, tal altra sia insufficiente. A tutto questo fa seguito l’ indicazione delle località piemon- tesi e della rispettiva età del giacimento ove furono rinvenute le fìlliti e 1' indicazione delle collezioni ove tali filliti si conservano attualmente. L’ autore ha creduto oltracciò opportuno di indicare sommariamente l’ habitat relativo delle varie specie nelle altre regioni extra piemontesi : in ultimo per ogni singola specie fa se- guire quelle indicazioni particolareggiate atte ad individualizzare maggiormente la specie. Le specie così descritte sommano a ben 422 comprese le varietà e di tali specie 6 sono nuove per la scienza. Alla pag. 73 l’autore descrive il Pinus Caudini Peola. È però bene osservare che tale denominazione specifica doveva essere mu- tata, giacché il Peola così battezzava nel 1893 un pino prove- niente dall' astigiano, mentre tale denominazione specifica era stata adottata dal Massalongo, come ne fa fede Gaudin a pag. 33 del suo lavoro: Contrib. à la flore foss. ital ., seconde mém., Val- darno, 1860. Ancora a proposito di questa specie, è strano che l’au- tore, dopo di averne notato le differenze col Pinus vexatoria Gaud., abbia unito queste due specie in una sola, mentre ve ne ha d’avanzo per tenerle staccate; tanto più che alla pag. 82 cita come specie valida il Pinus vexatoria. Alla facciata 75 parlando del Pinus Hai- dingeri (fatto sinonimo del Pinus lignitum Sch.) dice : « Così questa specie che prima si riteneva pliocenica, aveva già fatta la sua comparsa in Piemonte durante il miocene ». Ora è a notare che il Pantanelli cita il Pinus Haidingeri come proveniente dal mio- cene superiore del Casino in Toscana e che il Renault cita la stessa specie come miocenica. TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXI L’ autore usa qualche volta la parola strato per piano e qua e là usa la parola forma per specie: queste ed altre scorrezioni sono probabilmente sfuggite all’ autore per la evidente fretta colla quale dovette compilare il lavoro. Nel capitolo 4° fa 1’ esame analitico delle singole flore, stu- diandole a seconda della loro età, procedendo dall’ eocene al plio- cene. Dopo aver trattato dei caratteri propri di ciascuna flora fa seguire per ognuna di esse un quadro sinottico comparativo, nel quale, di contro alle indicazioni delle essenze vegetali proprie di ciascuna flora si trovano indicate le principali località ove si ri- scontrano le stesse specie, i raffronti con le specie viventi e l’ in- dicazione del loro habitat. Nel 5° capitolo 1' autore tratta della evoluzione della flora in Piemonte durante il terziario. A questo punto poteva egli oppor- tunamente discutere, sotto il punto di vista paleofitologico, la que- stione se i diversi piani stabiliti per il terziario medio e superiore sieno, anziché cronologicamente distinti, sincroni e semplici facies batometricamente diverse. Nel 6° ed ultimo capitolo 1' autore s’ intrattiene a parlare del carattere della flora terziaria del Piemonte. Le induzioni sopra i caratteri geografici del Piemonte durante il terziario non sono forse sufficientemente fondate ; così, date le diversità litologiche dei vari giacimenti fillitiferi dei diversi piani e quindi le diversità nei ri- spettivi ambienti di sedimentazione, sembrano arrischiate le con- siderazioni di confronto che l’ autore svolge relativamente alla ricchezza maggiore o minore della flora nei successivi periodi. In altre parole sembra che 1’ autore voglia concludere troppo, dedurre troppe cose relativamente al clima ed alle condizioni oro-topogra- fiche della regione, specialmente perchè talune delle flore consi- derate sono troppo povere, come egli del resto riconosce, per fornire dati sufficienti a considerazioni ed induzioni d’ indole gene- rale perchè le induzioni sopra le percentuali solo possono avere valore quando le percentuali stesse sono calcolate sopra numerosi elementi. Il lavoro è corredato da un atlante di 65 tavole in parte eseguite dall’ autore, in cui si delineano le piante fossili terziarie del Piemonte descritte nel lavoro. Tali figure furono desunte o direttamente dai fossili, quando si tratta di specie nuove o di Vili CXII RESOCONTO DEUL'aDUNANZA G NERALE ESTIVA esemplari inediti, o dagli autori che prima le disegnarono. In qualche punto 1’ esecuzione dei disegni lascia alquanto a desiderare e tra- disce la fretta colla quale la monografia fu condotta a termine. Certamente 1’ autore avrebbe fatto meglio, almeno per le figure originali, ad approfittare del processo fotografico. All’ atlante è pre- messo un diagramma dello sviluppo della flora terziaria in Pie- monte. In complesso il lavoro è buono, perchè ci dà riunito quanto si conosce sulla interessante flora terziaria del Piemonte e all’autore va attribuito il merito di avere riordinato un gran numero di no- tizie preesistenti, in un tutto ben condotto ed uniforme, arricchen- dolo con qualche osservazione e considerazioni originali. III. Labor et probitas. — Idrozoi terziari italiani delle famiglie delle Idractinidi con 16 tavole e pag. ms. 109. In una succinta prefazione 1’ autore fa conoscere l’ importanza dello studio di questo gruppo speciale di fossili, sulla cui posi- zione si è tanto discusso, e 1' importanza dei quali, dice 1’ autore, è limitata assai dal punto di vista geologico, ma è molto grande in rapporto alla posizione sistematica di gruppi affini ora estinti. Fa seguito un elenco bibliografico, in cui sono citate tutte le memorie che riguardano 1’ argomento. Tale elenco è ricco di ben 72 citazioni. Nel terzo capitolo l’autore, colla scorta della letteratura, tesse una minuta storia del gruppo che imprese a studiare. In tale storia sono esposte con cura diligente le vicissitudini del criterio siste- matico cui andarono soggette le Hgdractiniae. È questo un lavoro coscenzioso e che rende un vero servizio alla storia di questo gruppo speciale di animali. Nel capitolo quarto l’autore tratta della classificazione zoolo- logica di tal gruppo di animali; espone le principali classificazioni degli autori e infine dice, che la vera posizione sistematica di tali organismi è ancora assai incerta e, se lo è per gli Idractinidi vi- venti, ben maggiormente lo è per quelli fossili, dallo studio dei quali 1’ autore si ripromette di poter dire quale sia per ora la classificazione più attendibile. Nel quinto capitolo tratta della composizione chimica. L’ au- tore ha eseguito analisi chimiche qualitative e quantitative di uno TENUTA IN LAGONEGRO NEI. SETTEMBRE 1898 CXIII scheletro di idractinia fossile, e, ricordando le ricerche simili già fatte da altri, espone il processo seguito nelle sue analisi e ne rapporta i risultati a quelli delle analisi chimiche istituite sopra scheletri di viventi. Nel sesto capitolo 1’ autore dà il peso specifico di una idra- ctinia desunto dalle diverse parti scheletriche. Dalla determina- zione del peso specifico ne induce che la materia dello scheletro deve essere calcite. Sottoposte le lamine sottili al polariscopio non riscontrò alcun colore di polarizzazione: esse hanno struttura fi- brosa. Approfittando delle cognizioni già acquisite alla scienza, l’au- tore ci descrive nel capitolo settimo il modo di vita delle idra- ctinie viventi, le quali al pari delle fossili hanno bisogno di un •corpo estraneo attorno a cui avvolgersi per vivere. Il capitolo ottavo è destinato alla descrizione, con la nomen- clatura propria, della costituzione macroscopica delle idractinidi, mentre nel capitolo nono si descrive la loro struttura microscopica. Nel capitolo decimo 1’ autore parla delle particolarità della superficie, descrive le granulosità, le spine o colonne dei difensori, le protuberanze perforate, le ramificazioni e le sarcorize , nome da lui dato ai tubi o solchi più o meno profondi, che il cenosarca produce passando per le formazioni chitiniche o calcari dell’ ecto- derma. La discussione sui difensori e sulle protuberanze perforate non parve esauriente alla Commissione, nè sufficientemente illu- strate sono le ramificazioni ; d’ altra parte certe ripetizioni nuo- ciono all' efficacia ed alla chiarezza di questo capitolo. Tutte le idractinidi finora conosciute sono nominate nel capi- tolo undecimo. Dall’ esame di tali forme e di altre forme nuove egli è indotto a dividerle in tre generi caratterizzati dalla dispo- sizione più o meno regolare delle lamine o delle camere, dalla presenza dei pilastri o dalla perforazione delle protuberanze e dalla presenza o mancanza dei difensori. I nomi proposti ai tre generi sono : II ydr actinia, Cyclacti- nia e Poractinia\ questi due ultimi istituiti dall’ autore. Nel capitolo dodicesimo 1’ autore descrive le specie finora note delle Idractinidi. Undici appartengono al genere Ilijdr actinia v. Ben., delle quali cinque viventi e 6 fossili ; due cretacee, le altre terziarie e di queste una nuova la IL Saccoi con due varietà, la longispina e la bifida. Secondo 1’ autore i caratteri della II. cal- CXIV RESOCONTO DELL'ADUNANZA GENERALE ESTIVA carea sono controversi: e quindi da augurarsi ch'egli possa pro- curarsi esemplari di questa specie e che, risolvendo i dubbi, riesca a renderne meno incerta la conoscenza: così è desiderabile che 1’ autore ritorni, migliorandola, sulla descrizione della IL echinata e chiarisca la provenienza dei pilastri radiali. Del genere Cyclactinia si descrivono 6 specie tutte terziarie, di cui tre nuove la C. Capelliniana , la Paronai e la etrusco , Riguardo a questo nuovo genere la Commissione non è unanime- nel ritenerne sufficientemente giustificata la istituzione e nell’ esclu- dere il dubbio che non si tratti di organismo appartenente a classe- diversa dagli idractinidi. Al nuovo genere Poractinia si riduce YAl- cyonidium circumvestiens Wood del Crag inglese. Nel capitolo tredicesimo l'autore offre un quadro riassuntivo in cui sono segnati i caratteri principali, che servono a differenziare i generi Hydractinia , Cyclactinia e Poractinia , non che quelli che giovano a distinguere fra di loro le specie ascritte a ciascuno di essi. Nel capitolo quattordicesimo descrive l' habitat delle specie fossili, che dalla creta arrivano fino ai nostri dì con un massimo di sviluppo nel pliocene. Le specie viventi, dice 1’ autore, sono cosmopolite e vivono generalmente nella zona litorale, qualche specie vivente, arriva alla zona delle coralline. Nel successivo capitolo 1’ autore studia i rapporti fra gli idroidi fossili ed i viventi, discute i vari generi e le famiglie e ne sta- bilisce i confronti tra loro e nell’ ultimo capitolo espone 1’ albera filogenetico per il collegamento ipotetico degli idroidi. Per essi propone 7 ordini, riferendo alle Tabularie le famiglie Sphaerac - tinidae e Hydractinidae. Dal quadro filogenetico risulterebbe che le Hydractinidae dell’ attualità e le Cyclactinidae e Hydractinidae del terziario sono da considerarsi come derivati evolutivi della Stromatoporidae del paleozoico. Il lavoro è corredato da un atlante di 16 tavole, con disegni parte a penna, parte a matita eseguiti in gran parte dall’ autore e con fotografie. Dieci tavole sono formate da disegni originali r due con figure in parti originali in parte riportate da altre opere e quattro con figure riprodotte da altri autori. I disegni sono ben eseguiti, mentre le fotografie, fatte poche eccezioni, non sono ben riuscite. TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXV Questo lavoro è minuzioso e di certo guadagnerebbe in chia- rezza se 1’ autore eliminasse qualche ripetizione ed usasse maggior ■concisione nelle descrizioni e nelle discussioni critiche. È tuttavia un’ opera importante, in quanto che dà luce su di un gruppo di animali intorno al quale vi è controversia e, se non arriva a defi- nire i dubbi che sul conto suo si hanno, in ogni modo serve a migliorarne la conoscenza. Conclusioni. Il tema proposto dalla Società Geologica si divide in due parti e cioè: 1. Illustrazione di una Fauna o di una Flora poco o mal note di giacimento italiano, con lo scopo di portar luce sopra fatti geologici nuovi, mal conosciuti o controversi, accompagnate da de- duzioni geologiche. 2. Illustrazione di un gruppo speciale di resti organici poco conosciuti di giacimento italiano. Kispondono al primo quesito i lavori sulla Flora del Piemonte c sulla Fauna della zona con Ledo c er as op alinum di Ros- sano in Calabria. Quest’ ultimo è un notevole contributo alla geologia della Calabria e porta luce alla conoscenza di una fauna interessantissima ; è condotto con sobrietà scientifica e non manca di originalità. Il lavoro della Flora piemontese è in massima parte 1’ effetto di una coordinazione minuziosa di lavori e ricerche precedenti, ma non manca di notizie e di osservazioni originali ed è tale da recare vantaggio alla paleofitologia italiana. È evidente che la compilazione del lavoro fu affrettata e questa circostanza, collegata al fatto della mole rilevante del manoscritto e del gran numero delle tavole, spiega le mende rilevate dalla Commissione, alle quali 1’ autore potrà agevolmente rimediare. Alla seconda parte del tema proposto risponde il lavoro sulle Idractinidi. Con ricerca sicura e con impronta di originalità l'autore ci presenta un esame critico in generale ben condotto su di un gruppo poco noto di animali, intorno ai quali porta un raggio di luce benefica. Non può dirsi tuttavia esauriente la trattazione del- 1’ argomento ed a questo riguardo la Commiss-one richiama 1’ at- CXYI RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA tenzione dell’ autore sulle osservazioni e sui dubbi espressi nello- esame fatto del suo lavoro, fiduciosa ch’egli riuscirà a schiarirli. In conclusione la Commissione è d’ avviso unanime che nes- suno dei tre lavori sia tale, per vantaggio procurato alla nostra disciplina o per valore scentifico indiscutibile, da meritare 1’ aggiu- dicazione del premio Molon. D’ altra parte la Commissione ha ri- scontrato nelle tre memorie il risultato di un notevole lavoro, di ricerche proficue alla scienza, buona preparazione ed attitudine negli autori ad esercitarsi con successo nel campo scientifico. Per queste considerazioni la Commissione, constatata la difficoltà di procedere d’ accordo ad una graduatoria per merito dei tre lavori e pur riconoscendoli meritevoli di una distinzione, delibera di proporre che il premio Molon, diviso in parti uguali, sia dato agli autori delle tre memorie come assegno d’ incoraggiamento. 29 luglio 1898. Alessandro Portis Luigi Meschinelli Carlo Fabrizio Parona 11 Presidente, ringraziata la Commissione per l’accuratissimo rapporto, ne mette a partito le conclusioni, le quali senza discus- sione vengono approvate ('). In seguito a questo voto, si aprono le tre buste suggellate, portanti i motti di contrassegno di ciascuno dei tre lavori presen- tati, e contenenti il nome degli autori delle predette memorie. 11 Presidente proclama il nome dei tre soci premiati: Dott. Benedetto Greco, autore della Memoria: Fauna della (') Nel n. 11 della Rassegna mineraria (11 ottobre 1898) si legge una accurata relazione sul convegno di Lagonegro, nella quale si accenna anche all'aggiudicazione del premio Molon. Riferendosi a questo accenno, la Reda- zione della Rassegna aggiunge la seguente nota : «È veramente singolare che un premio di appena lire 1340 siasi diviso u fra i tre soli concorrenti ! Ciò ha certamente facilitato 1’ opera della Com- « missione, ma non è egualmente certo accresca serietà a tali concorsi». È piuttosto singolare e poco serio, che la Redazione della Rassegnar, prima di conoscere la relazione, frutto di paziente e coscienzioso esame, che non conclude per l’aggiudicazione del premio Molon, ma bensì per la sua riparti- zione in assegni di incoraggiamento, disapprovi l’operato della Commissione, già approvato da una assemblea competente. C. F. Parona. TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 18«8 CXVII zona con Leioceras op alinum Rein. sp., di Rossano in Ca- labria. Dott. Paolo Peola, autore della Memoria: Flora terziaria del Piemonte. Dott. Paolo Eugenio Yinassa De Regny, autore della Me- moria : Idrozoi terziari italiani della famiglia delle Idractinidi. Il Segretario legge la relazione della Commissione incaricata di proporre il tema per il 5° concorso al premio Molon ('): « Il Consiglio direttivo della Società Geologica italiana ha affi- dato alla Commissione sottoscritta l’ incarico di formulare il tema e le condizioni per il 5° concorso al premio Molon. « La Commissione, che non ha potuto materialmente radunarsi, ha esaurito il suo compito mediante scambio di lettere, e si è tro- vata concorde sopra la forinola seguente, che ora si affretta di comu- nicare alla Presidenza della Società. « È aperto il quinto concorso al premio Molon amministrato dalla Società Geologica italiana. « Il premio sarà dato al miglior lavoro geologico che illu- stri, specialmente con osservazioni morfologiche , stratigrafiche e paleontologiche , un territorio di qualsiasi parte d’ Italia. * I lavori da presentarsi, redatti in lingua italiana, potranno essere manoscritti o stampati: non però anteriormente al 81 dicem- bre 1898. I manoscritti potranno essere contrassegnati da un motto, da ripetersi sopra una scheda suggellata, contenente il nome del- 1' autore. « Non si terrà conto dei lavori presentati ad altri concorsi analoghi. * I lavori dovranno essere trasmessi alla Segreteria della So- cietà geologica italiana (Via Santa Susanna, n. 1 A) non più tardi del 31 marzo 1901 » . Prof. Carlo De Stefani. Prof. Arturo Issel. Ing. Vittorio Novarese. Il Presidente annuncia che il Consiglio ha assegnato pel pre- mio lire 1800, pagabili dopo il 1° luglio dello stesso anno. C) L’avviso di concorso al premio Molon venne diramato ai soci con cir- colare del 20 settembre 1898. CXVIII RESOCONTO DELL'ADUNANZA. GENERALE ESTIVA Il socio Brugnatelli legge il seguente sunto di una Memo- ria presentata dal socio prof. Torquato Taramelli; dal titolo: Del deposito lignitico di Leffe in provincia di Bergamo. « Il prof. T. Taramelli, che non ha potuto intervenire al con- gresso, manda una sua Nota che aveva preparata per leggersi, nella quale tratta del Deposito lacustre ligniti fero di Leffe, in Val Gan- dino, all’ intento di dimostrare che esso debba considerarsi pleisto- cenico anziché pliocenico, ad onta che vi siano stati rinvenuti avanzi cospicui di Elephas meridionale. Pone a base delle sue argomen- tazioni T esame della orogenesi della Valle Seriana, alla quale quel bacino appartiene, mostrando che durante il periodo pliocenico questa valle ed il bacino erano assai meno profondamente escavati ; avendo poi il secondo uno scaricatore, che poi fu abbandonato, per la sella di S. Rocco, a sud di Leffe. Eppoi è postpliocenico non solo il riempimento diluviale, ma anche il definitivo escavamento della valle e del bacino. Espone alcuni confronti con analoghi depo- siti, in particolare con quelli ampiamente illustrati dal dott. De Lorenzo per le provincie napoletane ». Il Segretario presenta, a nome del socio ing. Clerici, una cartina geologica al 25,000 del sistema vulcanico di S. Venanzo nell’ interno dell’ Umbria, del quale ebbe già ad intrattenersi con una comunicazione lo scorso anno (v. Boll., voi. XVI, pag. 252). a Dalla cartina risulta evidente la estrema piccolezza del si- stema, che consta di un ammasso di lapilli e proietti su cui è il paese di S. Venanzo, di un altro ammasso di lapilli con una breve corrente di lava al vicino poggio detto Pian di Celle ed alcuni pic- coli lembi di tufi interposti ». Il Presidente dichiara chiusa la seduta pubblica. La Società si raduna in seduta privata. Si dà per letto il verbale dell’ adunanza tenuta in Napoli il 18 febbraio 1898 e pubblicato nel volume XVII, pag. xv-xxxi; non essendo stata fatta alcuna osservazione, detto verbale viene approvato all’ unanimità. Il Presidente partecipa le dimissioni dei soci, signori: Incontri marchese Gino di Firenze. TESSUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXIX Traverso ing. Stefano di Genova. Traverso ing. Giov. Battista di Alba. Annuncia la radiazione di tre soci per morosità di un triennio o più. Comunica che il Consiglio ha deliberato V accettazione di alcuni cambi chiesti da varie Società ed Istituti scientifici (*). Il Segretario presenta T elenco degli omaggi pervenuti alla Società dal 21 marzo 1898 in poi. Airaghi Carlo, Sulla temperatura di alcuni fontanili della pianura mila- nese. Milano 1898, Bohm August, Recint und Wahrheit in der Nomenclatur der oberen alpinen Trias. Wien 1898. Bonarelli G. e Morena T., Perizia sulle condizioni delle cave di Pontalto, del Furio e di Montevecchio, ecc. ecc. Cagli 1898. De Lorenzo Giuseppe, Cenni geologico-agrari sulla Basilicata. Torino 1898. Meli Romolo, Un minerale nuovo per i dintorni di Roma (Atacamite). Siena. — Bibliografia della città di Viterbo (Parte I, II). Roma 1898-97. — Appunti di Storia naturale sul Viterbese. Roma 1898. — Sulle Anodonte pescate nel lago di Bracciano. Roma 1898. Nicolis Enrico, Sugli antichi corsi del fiume Adige. Roma 1898. — Sull' alterazione delle roccie nella regione Veronese e nella finitima. Venezia 1898. — Circolazione interna e scaturigini delle acque nel rilievo sedimentare- vulcanico della regione veronese e della finitima. Con 2 tav. Verona 1898. Picaglia Luigi, Ab. Giuseppe Mazzetti, Cenno necrologico. Modena 1898, Sacco Federico, Schema del corso di geologia applicata. Torino 1898, con una tavola. — Relazioni geologiche sopra progetti di derivazione d'acqua potabile. Torino 1896-98. (*) Paris, Bulletin des Services de la Carte géologique de France. Caen, Bulletin du Laboratoire de Géologie de la Faculté des Sciences. Havre, Bulletin de la Société Géologique de Normandie. Edinburgh, Journal of thè Royal Geological Society of Ireland. — Transactions of thè Edinburgh Geological Society. Stockolm, Geologiska Foreningens i Stockolm Fòrhandlingar. Montreal, Contributions to Canadian Palaeontology. Montevideo, Annales del Museo Nacional de Montevideo. Para, Boletim do Museu Paraense de Histoira Naturai et Ethnographia. Melbourne, Transactions of thè Geological Society of Australasian. oxx RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Sacco Federico, II pozzo trivellato di Alessandria. Torino. — I materiali da costruzione delle colline di Torino. Casale Valenza. To- rino 1858. — La Geologia e le linee ferroviarie in Piemonte. Torino 1898' Scarabelli Gommi Flamini Giuseppe, Nuovi studi sulla probabilità di felice risultato di una perforazione artesiana in Imola. Imola 1898, con una tavola. Ugolini P. R , Contribuzione allo studio del pliocene di una parte del ba- cino dell' Era. Roma 1898. Vinassa de Regny, Il settimo congresso geologico internazionale in Russia. 1897. — Contribuzione alla conoscenza dei Crostacei fossili italiani, con 1 tavola. 1897. Memorie e Comunicazioni ricevute al terzo Congresso Geografico italiano in Firenze. MEMORIE. Beltrame Giovanni, In Nubia presso File, Siéne, Elefantina. I ediz. Ve- rona 1893. Carta dei dintorni di Firenze = 1 : 25000. Corsini Tommaso, ^4t cultori degli studi geografici per ricordo del terzo congresso geografico italiano e delle secolari onoranze a Paolo Tosc.a- nelli e ad Amerigo Vespucci. La carta nautica costruita nel 1325 da Angelino Dalorto. Firenze 1898, con carta. Istituto Geografico Militare, Venticinque anni di lavoro. Firenze 1898. Marinelli G. L' accrescimento del delta del Po nel secolo XIX. Estr. Riv. Geogr. italiana, anno V, 1898, fase. 1, 2, con una carta. Pullè L. Francesco, Profilo antropologico dell'Italia. — Memoria. Firenze 1898, con 3 tavole. — Atlante, con 7 tavole. Sensini Pietro, Carta dei dintorni di Bologna. Offerta dal R. Istituto tecnico di Firenze. Uzielli Gaetano e Fumagalli Giuseppe, Vita di Amerigo Vespucci, scritta da Ang. Maria Bandini. — Bibliografia delle opere concernenti Paolo Toscanelli ed Amerigo Vespucci. Firenze 1898, con 3 tavole. COMUNICAZIONI. Battisti Cesare, Intorno ad una raccolta di termini locali attinenti ai fenomeni fisici ed antropogeografici nelle singole sezioni dialettali d' Italia. TENUTA IN LAG0NEGR0 NEL SETTEMBRE 1898 CXXI Bertacchi Cosimo, Di una riforma radicale nell' insegnamento medio della geografia, esteso a tutti i corsi, del Ginnasio e del Liceo , nonché ad un corso del 2° biennio di Istituto tecnico, e affidato ad insegnanti speciali. — Della necessità di riprendere la formazione dei cataloghi ragionati delle opere geografiche esistenti nelle .biblioteche italiane. — Dell'opportunità di un annuario geografico delle Università e delle scuole medie italiane come documento della loro operosità e del loro nuovo indirizzo. Botto A., Contributo agli studi storici sull' origine della bussola nautica. Coen Achille, Dell' utilità, in relazione all' avvenire del nostro paese, di diffondere nelle scuole e fra il popolo la conoscenza delle carte topo- grafiche dell' Istituto geografico militare. Costantini G. C., Come la geografia nell' insegnamento elementare possa assumere una funzione efficacemente didattica ed altamente educativa. — Le carte geografiche nelle scuole elementari, quali dovrebbero usarsi i primi anni, quali i successivi. Dalla Volta Riccardo, Intorno al censimento generale del Regno e alla sua esecuzione. De Stefani Carlo, Della necessità e del modo di determinare gli sposta- menti del suolo in Italia. Frescura Bernardino, Sul concetto di Geografia economica e sulla oppor- tunità di svolgere un programma di geografia economica nella sezione di ragioneria e commercio degli Istituti tecnici. Gemma S., Sulla convenienza di introdurre nel servizio consolare alcune modificazioni atte a proteggere con maggiore efficacia gli interessi ognora più gravi dei nostri connazionali all' estero. Giglioli H. Enrico, Dell' opportunità che siano riprese in Italia le osser- vazioni e gli studi talassografici. Giuliani Carlo, Sull' opportunità di coordinare e le norme e il regolamento che attualmente reggono i nostri congressi geografici, ed eventualmente di apportarvi qualche riforma o modificazione. Gorrini Giacomo, Della necessità di uno studio completo diretto a chiarire e le origini e i successivi progressi fatti, e tentativi da parte degli Stati italiani e del Regno d' Italia, per fondare colonie all'estero, al fine, sia della deportazione, sia dell' emigrazione e popolamento, sia dell'espansione commerciale, sia, infine, con la mira dicreare vere e proprie colonie politiche . Malgheri Eugenio, Dell' opportunità di nuove indagini metodiche per la idrografia dello stretto di Messina. Millosevich Elia, Sulla urgente necessità che venga completata la deter- minazione dell'area del Regno, estendendola alle principali divisioni amministrative. Mori Attilio, Sull' opportunità che venga annualmente compilata una ras- segna delle principali pubblicazioni che interessano la conoscenza geo- grafica d' Italia. CXXII RESOCONTO DELL’ADUNANZA. GENERALE ESTIVA Mori Attilio, Sull' opportunità di procedere ad una nuova determinazione dell'area dei bacini fluviali dell' Italia e della lunghezza del percorso dei singoli fiumi. Porena Filippo, Della convenienza ed opportunità di rinforzare nella geo- grafia lo studio sulle forme del terreno dal punto di vista esteriore della plastica, e di rendere più precisa e stabile la nomenclatura. Pullè Fr. L., Della opportunità di compilare un dizionario topomomastico dell' Italia, sulla base principalmente della carta d' Italia dell' Istituto geografico militare e del metodo dei mezzi da impiegarsi all' uopo. Picchieri G-., Sulle più urgenti modificazioni alle leggi e ai regolamenti universitari delle facoltà di lettere e filosofia per quanto riguarda l' insegnamento della geografia. — Se e come le Società Geografiche italiane debbano rispondere all' invito del Congresso geografico internazionale di Londra relativo alla tra- scrizione dei nomi geografici. Sensini Pietro, Sull' opportunità di riordinare V insegnamento della geo- grafia negli Istituti femminili di Magistero in relazione della riforma delle scuole normali e complementari sancite colla legge del luglio 1896. Trabucco Giacomo, Sull' opportunità e convenienza di un corso di geografia [morfologia terrestre) agli allievi delle facoltà di lettere, quale com- plemento al corso di geografia generale. L’Economo presenta il Bilancio consuntivo della Società, che già venne distribuito ai Soci e approvato dai Commissari Signori Ragnini Romolo, Verri Antonio, Zezi Pietro; presenta ancora, a nome del Tesoriere Tittoni Tommaso, la situazione patrimoniale al primo gennaio 1898 e per quest'ultima rende ragione della nuova forma che si è creduto opportuno di dare per la relativa pubbli- cazione; presenta pure il Bilancio consuntivo 1897 della Ammini- strazione del legato Molon. TENUTA. IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXIII ci . M t> io IO io co f— ( j £ Oi o t—H co 00 co co o co io r— < 00 co 00 io o t-H co o f“H G3 cS G O ffi C © — > ft ctf o p o *-H Pi <3 * r'-c> « « ■si O O Cb c3 -jp> c3 -»-=> co .9 CD rc3 •1 a S © o o 5^ 2 ° C3 -4P» • T C3 P !?P J8 p SS 73 73 G CD P3 io [>^ co" CO 0> G O ’n ‘55 o a £ *3 cd Oh cd O CD CD ÌO o del Tanagro tra colline eoceniche, coperte sulle falde da mantelli di conglomerati, probabilmente pleistocenici. Alle 10,34 arrivo a Sicignano, dove si scende per cambiar treno e dove si può profittare di 1 ora e 20 minuti di fermata per far colazione al buffet della stazione. Questa è addossata ai sopradetti conglomerati pleistocenici, sulla sponda destra del Tanagro, il quale scorre in una pittoresca gola, aperta nei calcari prevalentemente cretacei, staccatisi per frattura dall’ ingente mas- siccio dell’ Alburno,' che solleva a sud la sua bianca cresta turrita. Alle 11,50 partenza da Sicignano. Il treno, parte sotterra e parte sco- perto, sale lungo i contrafforti calcarei dell’Alburno, traversando in qualche valletta dei lembi argillosi di eocene e costeggiando quasi sempre la gola profonda, incisa dal Tanagro nelle rocce cretacee ed eoceniche della sotto- stante vallata. A Polla finisce la salita e si apre improvvisamente innanzi agli occhi il gran piano livellato del Vallo di Diano, fondo d’ un antico lago pleistocenico, di cui presso Polla si vedono anche i sedimenti incisi dalle acque del fiume. Le sponde di questo vasto altipiano sono formate da alte montagne, costituite prevalentemente da calcari cretacei e da Dolomia prin- cipale, a cui presso Padula si sottopongono gli scisti silicei e i calcari a noduli di selce del trias medio. Tra la stazione di Montesano e quella di Casalbuono si supera il margine meridionale del fondo dell’ antico lago e si comincia di nuovo a salire tra le colline eoceniche, fino ad incontrare i cal- cari a rudiste di Casalbuono. Di qui fino a Lagonegro le montagne comin- ciano a serrarsi, accavallarsi e innalzarsi, in modo, che solo nel rapido pas- saggio tra un tunnel e P altro si possono fuggevolmente scorgere terreni del trias medio, del trias superiore, del lias, della creta, dell’ eocene e del plei- stocene lacustre e fluviale. Alle 14,42 arrivo a Lagonegro, di cui la stazione è fondata sopra con- glomerati alluvionali, depositati dall’antico e più elevato corso del Serra, TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXIX Adunanza del dì 8 Settembre 1898 in Lagonegro. Alle ore 16,30 nella grande sala della Scuola Normale la Società Geologica Italiana si raduna in seduta privata. Presidenza Bassani Sono presenti i soci: Ambrosioni, Bassani, Botti, Brugna- telli, Canavari, Crema, De Angelis, De Stefani, Di Ste- mentre di rimpetto le s’ innalza la rupe di calcare a scogliera del trias medio, su cui sorge il castello di Lagonegro, e ai cui lati si addossano pittoresche montagne : 1’ alta mole del Sirino chiude in fondo il verde paesaggio. Alle ore 17 seduta inaugurale nel locale delle Scuole normali, gentil- mente messo dal Municipio a disposizione della Società. Alle 19 pranzo. 6, Martedì. — Alle ore 7 partenza a piedi lungo la strada nazionale di Napoli. Si passa sotto un piccolo sperone di calcare a scogliera e si cammina poi attraverso gli scisti silicei e i sottostanti calcarei a noduli di selce del trias medio, rotti e spostati da varie fratture con scorrimenti. Al ponte del Voriello si lascia la strada rotabile e si sale lungo il letto del ruscello, di cui la sponda destra è formata dagli scisti silicei e la sinistra dal calcare a scogliera, nel quale cercando si possono anche trovare dei fossili. Presso la «asina diruta di Caino le facce degli scisti, sottostanti alla Dolomia princi- pale del ni. Arenazzo, sono cosparse di avanzi di fucoidi. Si ascende da sud e si discende poi a nord di monte Arenazzo, fino ad incontrare di nuovo i calcari a noduli di selce e gli scisti silicei del trias medio, che fuoriescono per frattura dalla dolomia principale e dall’ eocene superiore. Visita e rac- colta di fossili ai calcari neri a brachiopodi del lias inferiore del m. Fora- porta, e discesa nel ruscello, che costeggia a nord tale fiume. — Colazione. — Ascensione del monte Milègo dalle falde meridionali, per osservare la bellis- sima disposizione cupolare degli scisti silicei del trias medio, e ritorno a Lagonegro lungo la via mulattiera, attraverso P eocene superiore. 7, Mercoledì. — Alle 7 partenza coi muli pel monte Sirino, lungo la strada nazionale delle Calabrie. Tra le ultime case dell’ abitato e la gola del fiume Serra si osservano i calcari a noduli di selce addossati agli scisti si- licei mediante una frattura con sopraspinta; a questa frattura è dovuto l’ab- bozzo iniziale della gola, che poi nella sua parto maggiore è stata aperta e tagliata verticalmente dall’ acqua. Al di là del ponte si vede la magnifica policromia degli scisti silicei più bassi e poi, procedendo, la disposizione cupolare e il bellissimo clivaggio poliedrico degli scisti più alti e più com- CXXX RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA fano, Flores, Galdieri, Greco, Nbviani, Parona, Portis, Riva, Statuti, Verri, Vinassa, Zezi. È pure presente il nuovo socio Pasquale Aldinio, però senza diritto di voto. Il Presidente apre la discussione sulle proposte di varia- zioni dello Statuto 1881 e del Regolamento sociale; rammenta come nell’ adunanza tenuta in Perugia il 19 settembre 1897 (Bol- lettino, voi. XVI, pag. 261) il Presidente del tempo, prof. Pan- patti. Si lascia quindi la via carrozzabile e, avanzandosi per la mulattiera attraverso l’eocene superiore, si giunge alla piccola spianata del Vrusco, co- perta dal detrito di falda del Sirino. Qui comincia, prima tra la macchia e poi sotto il bosco di faggi, 1’ ascensione vera del monte superando di nuovo gli scisti silicei, che passano poi gradatamente, per successive intercalazioni, ai sottostanti calcari a noduli di selce, nei quali qua e là possono racco- gliersi fucoidi, posidonomie e halobie. Questi calcari si curvano in una bel- lissima anticlinale, alquanto denudata a occidente, per formare la vetta del Sirino, sulla quale si giunge verso le 11 e si fa colazione. L'ascensione si può fare tutta a cavallo. Dopo colazione i buoni camminatori potranno ascen- dere la vetta del monte Papa, osservando le numerose pieghe stipate tra essa e la cima del Sirino, e di là discendere nella valle del Cacciatore, per osservare la morena dell’ antico ghiacciaio che la occupava, tornando poi, sempre a piedi, per la valle del Chiotto, a Lagonegro. Gli altri potranno tor- nare a cavallo per la via già fatta nel venire. 8, Giovedì. — • Alle 7 partenza, possibilmente in carrozza, per la strada nazionale delle Calabrie, che dopo quattro chilometri circa si lascia a sini- stra, per pigliare la carrozzabile provinciale di Rivello, lungo la quale si vedono : prima i calcari a scogliera del Monticello, poi un piccolissimo lembo di lias e quindi gli scisti, i calcari a scogliera e quelli a noduli di selce del trias medio, rotti e spostati da numerose fratture. Al di là del Bitonto si gira per la nazionale Sapri-Jonio, salendo lungo lo sperone caleareo-dolo- mitico del Roccazze, dall’alto del quale si può godere d’uno splendido colpo d’ occhio sulla bassa valle del Noce, occupata anch’ essa anticamente da un grande lago pleistocenico, di cui rimangono ora a testimonianza pochi lembi di sedimenti nel centro del bacino e delle terrazze marginali. Più innanzi s’ incontrano di nuovo i calcari a scogliera e gli scisti silicei del trias medio, di cui si può osservare benissimo la contemporaneità e P avvicendarsi etero- pico. Arrivo al lago Sirino, dove si fa colazione. Ritorno a Lagonegro di nuovo per la strada nazionale delle Calabrie. 9, Venerdì. — Alle 8 seduta di chiusura. — Alle 11,30 colazione. — Alle 13,50 partenza da Lagonegro con arrivo a Napoli alle 20,30. 10 e successivi. — Gite facoltative al Vesuvio, ai Campi ed alle isole Flegree, alla Penisola di Sorrento e all’ isola di Capri. TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXXI t anelli presentasse un riassunto delle varie deliberazioni statu- tarie o regolamentari approvate dalle Assemblee dei soci dalla fondazione della Società sino a quel momento. Essendo però ulte- riormente stato osservato che in quélle modificazioni erano alcune disposizioni non bene coordinate, chiese la sospensiva della discus- sione allora posta all’ordine del giorno. L’assemblea, accettando la sospensiva, affidò al Presidente la nomina di una Commissione di 5 membri col preciso incarico di studiare e riferire sulla riforma dello Statuto e del Regolamento , basandosi sulle deliberazioni precedentemente prese dai Consigli e proponendo quelle nuove va- riazioni che fossero del caso. La Commissione fu composta dei Soci Pellati, presidente, Neviani, Statuti, Zezi e Clerici, segretario relatore. Nell’adu- nanza di Napoli, del 18 febbraio di quest’ anno, venne presentato all’ assemblea un opuscolo col titolo : Aiti della Commissione per il riordinamento dello Statuto e del Regolamento (Boll. voi. XVII, pag. lxiii) ; ed avendo fatto a detta assemblea osservare 1’ opi- nione dei Commissari circa la durata in carica del Presidente (1. c. pag. lxv), per voto unanime dei presenti, venne riconvocata la detta Commissione, la quale propose a questo riguardo una variante, accompagnata da alcune disposizioni transitorie e prece- duta da opportuna relazione (1. c., pag. xcii). Questi Atti della Commissione furono distribuiti ai soci (3 giu- gno 1898), con preghiera di prenderne visione e di far pervenire alla Presidenza quelle osservazioni che ciascun socio credesse op- portune, impegnandosi la presidenza di presentarle all’assemblea, perchè se ne tenesse conto nella discussione. A tale invito risposero solamente i soci Giovanni Augusto De Amicis e Augusto Stella. Anche 1’ economo ing. Statuti inviò osservazioni proprie, indipendenti dal suo operato come com- missario. Il socio Pantanelli scrisse pure pronunciandosi con- trario alla modificazione relativa alla durata in carica del Presi- dente. Giunse per ultimo la lettera firmata da 16 soci, cui si accennò nella precedente seduta. Il Presidente apre quindi la discussione generale sullo Statuto. Il socio De Stefani propone un voto di ringraziamento alla Commissione. CXXXII RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Il Presidente, riconoscendo la cortesia della proposta del socio- De Stefani, lo avverte che la Commissione, ora disciolta, è stata ripetutamente ringraziata dalla Presidenza dello scorso anno, dal- P attuale e dall’ assemblea nell’ adunanza del 18 febbraio di que- st’anno. Il socio De Stefani riprende la parola entrando in merito alla discussione dello Statuto. Egli è contrario a qualsiasi modi- licazione; rammenta come nel 1881, allorché si fondò la Società Geologica Italiana in Bologna, si stabilì lo Statuto servendosi come base di quello della Società Geologica Francese, fatto nel 1830. Questo Statuto in Francia non fu mai modificato: non trova quindi opportuno che dopo soli 17 anni di vita della Società si debbano fare radicali modificazioni. Si obbietta che furono dalle assemblee dei soci prese delle determinazioni anti-statutarie ; ebbene, dice il socio De Stefani, si rientri nella legalità, annullando quelle deliberazioni; ma lo Statuto si lasci intatto. Quattro sono i punti principali su cui egli attira 1’ attenzione dell’assemblea: 1° la nomina dei soci perpetui e a vita; 2° la nomina di un Economo oltre a quella di un tesoriere; 3° la du- rata in carica del Presidente; 4° la durata in carica dei vice-se- gretari. Per i primi due casi, basta Y abrogazione delle rispettive deliberazioni ; per la durata in carica del Presidente, non vede alcuna necessità di cambiare V ordinamento attuale, anzi osserva che hanno dato miglior prova, in generale, le cariche a breve sca- denza piuttostochè quelle rinnovabili ; per la durata in carica dei vice-segretari, è quistione di Regolamento e non di Statuto. Sa che parecchi fra i vecchi e più autorevoli soci sono contrari ad ogni sorta di modificazione; propone quindi un ordine del giorno col quale Y assemblea deliberi di lasciare intatto lo Statuto esi- stente, pregando il Consiglio di ricavare da quello proposto quei punti che più si credono convenienti e di presentarli all’ appro- vazione dell’ assemblea, perchè vengano inseriti nel Regolamento. Il socio Vinassa trovasi d' accordo colle osservazioni e pro- poste del socio De Stefani; e crede che le deliberazioni da togliersi dallo Statuto proposto e da introdursi nel Regolamento possano essere presentate dal Consiglio nella seduta di domani. Il Presidente ritiene che non si possa accettare la pregiudi- ziale proposta dai soci De Stefani e Vinassa. La Commissione TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXXIII non fu che una emanazione di una assemblea di soci, e rappre- senta, per conseguenza, 1’ assemblea stessa ; perciò 1’ assemblea d’ oggi non deve rinunciare alla discussione, che deve farsi articolo per articolo. D’altro canto, le osservazioni che giunsero per lettera, comprese quelle firmate da 16 soci e riassunte dal socio Vinassa, non si riferiscono allo Statuto intiero, ma ad una od altra parte di esso. Non accetta quindi 1’ ordine del giorno proposto dal socio De Stefani; osserva ancora che la Società ufficialmente non ha letto lo Statuto proposto: quindi gli sembrerebbe strano che ve- nisse rigettata una proposta non peranco conosciuta. Il socio Vinassa fa osservare che la proposta di modifica- zione allo Statuto, essendo stata distribuita a stampa a tutti i soci, deve considerarsi come letta. Dopo altre parole dei soci De Stefani, Vinassa, Statuti e Neviant, il socio Vinassa, a nome anche dei soci De Stefani e Brtjgnatelli, presenta per iscritto il seguente ordine del giorno : La Società , presa cognizione degli Atti della Commissione per il riordinamento dello Statuto , ringraziando la Commissione stessa , delibera di non modificare lo Statuto, e prega la Pre- sidenza a presentare come proposte da inserirsi nel Regolamento gli articoli considerati utili per la Società. Sono abrogate le disposizioni prese ad Imola 28 febbraio 1888 e Padova lo marzo 1885. Vinassa, De Stefani, Brugnatelli. Il Vice presidente Canavari propone che V ordine del giorno ora presentato venga diviso in due parti, da votarsi separatamente, la prima parte essendo questione di massima. Nella seconda parte, poi, vorrebbe che fossero indicati tassativamente gli articoli da abrogarsi. Il socio Vinassa dice che questi articoli sono già stati indi- cati dal socio De Stefani ed in parte sono designati nella let- tera presentata alla presidenza; propone quindi che si passi alla votazione dell’ intero ordine del giorno. Il socio Crema fa osservare che è stata 1’ assemblea dei soci che ha manifestato il desiderio di riforme dello Statuto ; quindi non conviene ai presenti votare l’ordine del giorno ora presentato. Si discutano gli articoli del proposto Statuto, e soltanto in seguito CXXXIV RKSOCONTO DELI. 'ADUNANZA GENERALE ESTIVA a questa discussione si vedrà quali ulteriori modificazioni convenga portare al Regolamento. Il socio Botti, che, in massima, si dichiara codtrario a modi- ficazioni di qualsiasi Statuto, nota che in questo caso le opinioni dei soci sono discordi, onde la questione merita di essere ulterior- mente studiata; propone quindi l’ ordine del giorno puro e sem- plice. Sono contrari alla proposta del socio Botti i soci: Brugna- TELLI, CANAVARI, De STEFANI 6 VlNASSA. Il socio Botti insiste nel suo ordine del giorno. Messo a votazione dal Presidente, l’ordine del giorno puro e semplice proposto dal socio Botti viene respinto a grande mag- gioranza. Si stabilisce di votare per parti 1’ ordine del giorno presen- tato dai soci Vinassa, De Stefani e Brugnatelli. Il Presidente legge la prima parte, e cioè: La Società, presa cognizione degli Atti della Commissione per il riordinameuto dello Statuto , ringraziando la Commissione stessa, delibera di non modificare lo Statuto. Votanti: 20; Si 8, No 10, Astenuti 2. L' ordine del giorno viene respinto. Il socio De Stefani prega la Presidenza di inserire il risul- tato di questa votazione nella circolare che s’ invierà ai soci per la ulteriore votazione delle modificazioni proposte, a norma del- 1’ art. 13 dello Statuto in vigore. Il Presidente acconsente. Si passa alla lettura degli articoli (Boll. voi. XVII, pag. lxyiii e seguenti) : Art. 1. Datane lettura, il Presidente fa notare le differenze fra 1’ articolo proposto dalla Commissione e quello del precedente Statuto ; nota come coll’inciso « residente in Roma * non si sia vo- luto accentuare quell’ accentramento accusato da alcuni soci, ma si tratti di una necessità legale, poiché detta frase è consacrata nel Decreto Reale che erige la nostra Società in ente morale e si riscontra anche nel testamento Molon. Messo a partito, questo articolo viene approvato a maggioranza. Art. 2. Il Presidente, oltre a dar lettura della forinola pro- posta dalla Commissione, comunica pure una proposta presentata TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXXV dal socio De Amicis, unitamente ad altre, che vengono in seguito lette nella discussione dei relativi articoli. Messo a votazione, dopo parole dei soci Neviani, Statuti, Verri e De Stefani, l’articolo viene respinto per parità di voti. Art. 3. Letto 1’ articolo proposto, i soci De Stefani e Ca- navari parlano contro alla iscrizione dei soci perpetui, istituiti con voto dell’ assemblea di Padova il 15 marzo 1885. Messo a votazione, 1’ articolo 3 della Commissione viene re- spinto a grandissima maggioranza, rimanendo per tal modo (s’ in- tende, senza effetto retroattivo) abolita la categorìa dei soci perpetui. Per questa votazione viene respinto anche 1’ art. 6 dello Sta- tuto proposto. Art. 4. Senza osservazione viene approvato a maggioranza. Art. 5. Dopo osservazioni dell’ Economo Statuti, viene re- spinto a maggioranza, confermandosi così il voto dell’ assemblea del 18 febbraio 1898 in Napoli, col quale si abrogò il voto del- 1’ assemblea del 28 febbraio 1888 in Imola, circa una facilitazione nella nomina dei soci a vita. Art. 7. Letto dal Presidente questo articolo, prendono suc- cessivamente la parola i soci Parona, De Stefani, Statuti, Canavari ed altri. Viene ricordata la ragione per cui l’ ing. Statuti fu sino dal 1888 incaricato delle funzioni di vice-tesoriere dapprima (Boll., voi. VII, pag. 16 e 247) e di economo poi (Boll., voi. XIII pag. 158). Si ritiene inutile la presenza delle due cariche distinte; il socio Parona vorrebbe anche che la segreteria e 1’ archivio fos- sero affidate ad una sola persona. Terminata la discussione e posto ai voti 1’ art. 7 proposto, viene respinto a maggioranza, Alle ore 19 il Presidente sospende la seduta. Adunanza del dì 9 Settembre 1898 in La ;onegro. Presidenza Bassani. Alle ore 7,45 la Società si raduna in seduta privata per continuare la discussione delle modificazioni dello Statuto e del Regolamento e per completare 1’ ordine del giorno. CXXXVI RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Sono presenti gli stessi soci del giorno precedente, meno i signori Flores e Greco; il socio De Lorenzo interviene alla seduta solamente durante le comunicazioni scientitiche. Art. 8 e 9. Letti questi due articoli vengono senza discus- sione messi a votazione. A maggioranza sono respinti. Art. 10 e 11. Per la durata in carica del Presidente e di altri funzionari, in luogo della primitiva proposta, vengono lette le proposte ulteriormente fatte (Boll., voi. XVII., pag. xciv). Dopo alcune osservazioni dei soci Brugnatelli, Canavari, Neviani, Statuti, Vinassa e De Stefani si passa alla votazione. Sono respinti a grande maggioranza. Art. 12. Anche questo articolo senza discussione viene respinto a maggioranza. Art. 13. Senza osservazioni viene approvato a maggioranza. Art. 14. Fa alcune osservazioni l’Economo Statuti; messo ai voti, viene respinto a maggioranza. Art. 15. I soci De Stefani, Brugnatelli e Vinassa lo- dano la Commissione per aver formulato il presente articolo; non trovano però opportuno sia ammesso nello Statuto, potendosi sem- plicemente inserire nel Regolamento. Messo a votazione, l' articolo proposto dalla Commissione è ap- provato a maggioranza. L’ art. 16 colle varianti proposte dalla Commissione viene respinto a maggioranza. Gli art. 17 e 18 non sono sottoposti a votazione, essendo identici a quelli dello Statuto 1881. Terminata così la discussione degli articoli dello Statuto, il socio De Stefani prega il Presidente, perchè nella scheda di vota- zione che s’ invierà ai soci a norma dell’ art. 13 dello Statuto in vigore, sia chiesto, prima della votazione dei singoli articoli, il voto di massima se lo Statuto si debba o no modificare. Il Presidente si riserba di decidere in proposito. Discussione del Regolamento generale. Il Presidente legge la parte della relazione presentata dalla Commissione relativa al Regolamento generale (Boll., voi. XVII, pag. lxvt) ; osserva come nell’ ordine del giorno ieri presentato dai TENUTA IN I AGONEGRO NEL SETTEMBRE 1808 CXXXVII soci Vinassa, De Stefani e Brugnatelli, la seconda parte si riferisca al Regolamento ; chiede se i firmatari mantengono questa parte del loro ordine del giorno. Il socio De Stefani, a nome pure degli altri firmatari, dice che non essendo stata approvata la prima parte di esso ordine del giorno, ritira la seconda ; mantiene però la terza parte e cioè l’abro- gazione delle disposizioni prese dalle assemblee in Padova il 15 marzo 1885 (relativa ai soci perpetui), in Imola il 28 feb- braio 1888 (relativa al pagamento delle quote dei soci a vita), ed aggiunge anche la deliberazione dell’Assemblea presa in Fabriano il 1° settembre 1882 (relativa alla durata in carica per due anni dei vicesegretari). L’ abrogazione di queste disposizioni viene approvata all’ una- nimità. Il Presidente legge successivamente gli articoli del Regola- mento generale proposto dalla Commissione; essi vengono tutti ap- provati con le modificazioni qui appresso riportate: Art. 2, comma d\ Propone all1 Assemblea il cambio delle pub- blicazioni sociali e stabilisce il prezzo di vendita delle medesime. Art. 5, ultimo periodo : È rimborsato delle sole spese di viaggio al luogo delle adunanze generali. Art. 8, ultimo periodo: Identica modificazione dell’ art. 5. Art. 9, ultimo periodo : Cura la regolarità dei cambi. Viene così tolta la spedizione delle pubblicazioni sociali, affidata al Se- gretario. Art. 10, comma n: purché soddisfacciano alle dispo- sizioni degli art. 2, 4 e 5 dello Statuto. (Numeri da coordinarsi.) Art. 1 1 : La Società pubblica i lavori presentati ecc. Art. 12 e 13: Riuniti nella seguente formola: La Società non accetta cambi con pubblicazioni non attinenti alla Geologia e non dà in omaggio ecc. Art. 14: Commissione del bilancio: verrà composta di tre soci nominati anno per anno dall’ assemblea invernale e questi po- tranno ecc. Art. 15: Il socio Di Stefano ne propone la sospensiva; il socio De Stefani, la soppressione. È così approvato : Commissione per le pubblicazioni. — Sarà costituita dal Presidente , dal Segre- tario e dall’ Economo. È facoltà della Presidenza ricorrere , ecc. CXXXVIll RESOCONTO DELL’ADUNANZA GENERALE ESTIVA Art. 16: Si approva variando da 30 a 60 e da 40 a 70 giorni il termine per la presentazione delle schede relative alle modifi- cazioni dello Statuto e per lo scrutinio di esse. Il socio De Stefani presenta il seguente ordine del giorno per la istituzione di un nuovo articolo del Regolamento, rendendo ragione della sua proposta: La Società propone che V alienazione dei capitali investiti in consolidato non abbia luogo senza il consenso dell' assemblea. Messo a partito, è approvato alla unanimità. Regolamento per le pubblicazioni e disposizioni varie. Prima che il Presidente ne cominci la lettura, il socio De Ste- fani chiede la parola per proporre che 1' approvazione del Regola- mento per le pubblicazioni e delle disposizioni varie sia rimessa al Consiglio. L’ assemblea approva. Comunicazioni scientifiche. Il Segretario presenta a nome del socio Clerici la seguente comunicazione: Sui rapporti esistenti fra i depositi diatomeiferi e le roccie vulcaniche del sistema Vulsinio : « L’ ing. Clerici fa sapere che egli da vario tempo si è oc- cupato della ricerca di materiali diatomeiferi in relazione a roccie vulcaniche del sistema Vulsinio. Egli è ora in grado di annunziare che di tali materiali, or più or meno ricchi di diatomee e perfino vere farine fossili, variamente intercalati fra tufi e lave, ve ne sono tutto all’ intorno del detto sistema, talché ha potuto compilare una carta dimostrativa in cui una fitta corona di punti indica i vari rin- venimenti. « Egli ha intenzione di pubblicare tale carta dando indica- zione delle varie località e delle più importanti sezioni geologiche osservate. Per ora si limita a segnalare il fatto, affinchè tali ma- teriali vengano tenuti in conto da chiunque si accinge allo studio del maggiore sistema vulcanico dell’ Italia Centrale » . TENUTA. IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXXXIX A nome dei soci Levi Gustavo e Toldo Giovanni, presenta pure le seguenti due comunicazioni: Levi Gustavo, Sui fossili del Lias inferiore di Cima alla Foce nell’ Alpe di Corfino. Toldo Giovanni, Strati a Congerie nelle vicinanze d’ Imola. Il socio Vinassa presenta due note : Nuovi generi di Radiolari del Miocene di Arcevia. Sulla distribuzione dei pozzi artesiani nel comune di Cascina. Il socio De Angelis presenta una breve comunicazione inti- tolata : Nuovi fatti geologici nella provincia romana. Questi lavori verranno pubblicati unitamente alle Memorie. Il socio Portis, udite dal collega Brugnatelli le conclu- sioni della Memoria del prof. Taramelli sopra l’età dei depositi di Leffe, fa alcune sue considerazioni, sovratutto di indole paleon- tologica, intese ad accrescere l’antichità di quei depositi troppo rin- giovaniti, secondo lui, da quanto egli ha udito dire sulla Memoria del Taramelli. Siccome però questa sarà ben presto di pubblica ragione, così egli si riserva di aggiungere alle esposte considera- zioni quelle altre che gli saranno suggerite od in un modo qua- lunque indicate dalla lettura del nuovo lavoro dell’egregio collega. Il socio De Stefani dice di aver veduto anni sono vari mollu- schi di Leffe e fra gli altri quelli stessi descritti dal chiaro malaco- logo Napoleone Pini. Il Pini dette, a parte dei medesimi, nomi di specie viventi ; ma in realtà si tratta di forme soltanto affini, che accennano a tipi più antichi, intermedie fra questi ed i tipi vi- venti, ma più vicine a questi. Perciò De Stefani ritiene che gli strati contenenti questi molluschi sieno più recenti del pliocene tipico e rispondano anch’ essi al Postpliocene inferiore o pliocene superiore che dir si voglia. Quella parte del bacino di Leffe probabilmente equivale ai bacini postpliocenici dell’ Italia meridionale, illustrati dal De Lorenzo; ma è più recente dei bacini pliocenici dell’Italia centrale. A questi forse equivalgono gli strati più antichi dello stesso bacino di Leffe. Il Socio Di Stefano comunica di avere trovato recentemente nel bacino di Campo Tenese, tra Mormanno e Morano Calabro (Calabria settentrionale), delle marne molto argillose con Dreis- sensiaj Pisidium , Sphaerium , Lymnea , Hydrobia, Planorbis , ecc.; CXL RESOCONTO DEM. 'ADUNANZA GENERALE ESTIVA certamente quaternarie. Questo fatto prova che quel bello e inte- ressante bacino costituiva nel Quaternario veramente un lago, come per altre ragioni hanno supposto Fortis, Cortese e De Lorenzo. Egli aggiunge di aver rinvenuto insieme con l' ing. Crema, delle altre marne di origine salmastra con Dreissensia, Cardium, Scrobicularia, ecc. al ponte di Virtù presso Castrovillari (Ca- labria settentrionale). Queste marne stanno sulle argille e le sabbie fossilifere del piano Siciliano, e rappresentano l’ antica spiaggia quaternaria. Accanto ad esse ha anche trovato un lembo di marne lacustri con Dreissensia. 11 socio De Stefani annunzia la presentazione di un suo la- voro, che verrà in seguito pubblicato tra le Memorie, col titolo : Della necessità di determinare l'età dei graniti con criteri geo- logici ; e dei graniti di Calabria , dell’Elba e di Cima d’ Asta. Il socio De Lorenzo, a nome del socio Matteucci, presenta delle carte, dei profili e delle fotografie riferentisi all’ eruzione del Vesuvio, cominciata il 3 luglio del 1895. della quale il dott. Mat- teucci scriverà la relazione completa, per incarico ufficiale avu- tone dal Ministero dell’ Istruzione pubblica. Il De Lorenzo fa no- tare che negli studi di Matteucci sono principalmente da rilevare: le scoperte di nuove sostanze nelle sublimazioni vesuviane, 1' ac- certato sollevamento endogeno della cupola lavica formatasi dal 1895 fino ad oggi, le intraprese osservazioni sulla formazione dei minerali nei vari stadi di raffreddamento delle lave e la constata- zione di grandi fiamme erompenti dal cratere vesuviano, simili a quelle già descritte da Pilla. A conforto di quanto dice, De Lorenzo distribuisce ai soci presenti delle note e dei lavori preliminari di Matteucci sugli ar- gomenti sopra citati. Il Presidente, grato al socio De Lorenzo, è lieto di aggiun- gere un encomio speciale all’ indirizzo del collega Matteucci, che da parecchi anni studia con grande vantaggio il Vesuvio. Su pro- posta De Stefani, la Società delibera un voto di ringraziamento al socio Matteucci. TENUTA IN LAGONEGRO NEL SETTEMBRE 1898 CXLI Elezioni sociali. I soci Crema e Riva, nominati dal presidente, prima di co- minciare le comunicazioni scientifiche, come scrutatori per le ele- zioni sociali del venturo anno, presentano il risultato delle votazioni ; in seguito al quale il Presidente fa la seguente proclamazione: Votanti 103. Sono eletti: a Vice-Presidente Pellati ing. Niccolò con 55 voti, a Consiglieri per il triennio 1899-1901: De Stefani prof. Carlo con 78 voti Issel prof. Arturo » 68 - Fucini dott. Alberto » 62 » Zezi ing. Pietro » 56 » Ottennero poi maggiori voti, a vice-presidente: Parona, 42 voti; a consiglieri: De Lorenzo, 38; Portis, 28; Mariani, 12; Tommasi, 10. II Presidente, nel dichiarare chiuso il Congresso, rinnova i suoi ringraziamenti ai soci che vi presero parte, e, interpretando 1 sentimenti di tutti i Colleghi, esprime la maggiore riconoscenza all’ on. Municipio di Lagonegro, all’ ili. sig. Sindaco ed alla Di- rezione della Scuola normale per la cortese ospitalità, all’ ili. si- gnor Sottoprefetto ed agli egregi cittadini cav. avv. Francesco Da- gosto, consigliere provinciale di Moliterno, cav. dott. Salvatore Ri- naldi, cav. dott. Giuseppe Aldinio e prof. Pasquale Aldinio, i quali prodigarono ogni sorta di gentilezze ai congressisti. Propone poi uno speciale ringraziamento al collega De Lorenzo, guida pre- ziosa nelle escursioni scientifiche, le quali hanno permesso di ri- levare 1’ esattezza e la profondità degli studi fatti da lui. L’ assemblea, plaudendo, si associa unanime alle parole del Presidente. L’adunanza è sciolta alle ore 11. Il Segretario Antonio Neviani. RELAZIONE SOMMARIA DELLE GITE COMPIUTE NEI DINTORNI DI LAGONEGRO IN OCCASIONE DELLA RIUNIONE ESTIVA BELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA per il socio dott. C. Riva. 5 Settembre. La mattina del 5 settembre buon numero di congressisti era radunato alla stazione ferroviaria di Napoli per partire alla volta di Lagonegro. Lungo la magica costiera del golfo incantato è un inno di ammirazione di quelli fra noi — e non pochi — che per la prima volta percorrono le dolci rive partenopee ; la realtà supera di tanto ogni aspettativa ! Attraversata la fertile e spaziosa valle trasversale del Sarno, con importanti piantagioni di tabacco, contornata da montagne cre- tacee e triasiche, a Vietri si presenta al viaggiatore un’altra me- raviglia : il golfo di Salerno. — Il treno corre lungo la pianura quaternaria di Eboli, poi lungo i fiumi Seie e Tanagro, finché poco prima di arrivare a Sicignano si presenta la pittoresca e dirupata catena dell'Alburno, che ai Lombardi tanto ricorda il paesaggio prealpino. A Sicignano, dove lasciamo il diretto di Potenza, ci attende il collega De Lorenzo, che doveva essere nostra guida tanto cara e intelligente. Si sale stipati nel treno di Lagonegro, che lenta- mente, in più di tre ore, percorre i 78 chilometri che separano Sicignano dalla gentile cittadella Lucana. Non ci lamentiamo però della lentezza del treno, che permette di ammirare il vario e at- traente paesaggio. La via sale, da prima, lungo le pendici dell’ Al- burno, attraversa poi la profonda valle di Lantrano e seguendo una selvaggia gola, incisa nelle rocce cretacee ed eoceniche, nel fondo C. R l \rA , REL SOMM. DELLE GITE MEI DI.NT. DI I.AGOMEGRO, ECC. CXLIII della quale scorrono le acque del Tanagro, sbocca a Polla nella valle di Diano che, come ha dimostrato il De Lorenzo, è fondo di un antico lago pleistocenico. Oltrepassata Sala Consilina, Padula, Casalbuono, cittadine e grosse borgate che sorgono pittoresche sul pendio dei monti, la linea entra ancora in una stretta gola chiusa da monti cretacei e triasici. ammantati da boschi, fino a Lagone- gro, dove arriviamo poco prima delle 15. Alla stazione ci attendono, oltre il nostro presidente, prof. Francesco Bassani, le autorità lo- cali, che ci accompagnano alla Scuola Normale, dove la città ci offriva comoda e cordiale ospitalità, e dove si tenne quel giorno stesso la seduta inaugurale. Dopo il breve ma chiaro programma delle escursioni distri- buito ai congressisti, e sopratutto dopo l’estesa guida geologica dei dintorni di Lagonegro, scritta, in occasione del Congresso, con tanta chiarezza dal De Lorenzo e pubblicata in questo stesso volume, sarebbe dannosa ripetizione la mia se mi dilungassi in descrizioni, che troppo inferiori riescirebbero a tutto quello che già fu scritto intorno alla bella regione Lucana. Mi limito quindi ad una breve cronaca delle escursioni. 6 Settembre. La mattina del 6 settembre, puntualmente alle 7 siamo tutti radunati, pronti per la partenza, alla locanda di Lodovico. Sono presenti : il presidente Bassani e i soci Ambrosioni, Botti, Brugna- telli, Canavari, Crema, De Angelis, De Lorenzo, Di Stefano, Flores, Galdieri, Greco, Neviani, Parona, Portis, Riva, Statuti, Verri, Vi- nassa, Zezi, e si ha inoltre la gradita compagnia del sindaco di Lagonegro, avv. Pesce, del cav. dott. Giuseppe Aldinio, del dott. Fa- bio Colonna e del dott. Emilio Ugo Fittipaldi. Meta di questa prima giornata di escursione sono i monti Arenazzo, Foraporta e Milego a nord-ovest di Lagonegro, per osservare, oltre la serie del trias medio e superiore, la località fossilifera del lias inferiore al monte Foraporta, e la disposizione a cupola degli scisti silicei del trias medio al monte Milego. Appena lasciato Lagonegro, lungo la via nazionale di Napoli, osserviamo l’intiera serie della parte superiore del trias medio (gruppo ladinico) e cioè i calcari a noduli di selce, gli scisti silicei sopra- CXLIV C. RIVA stanti, nei quali sono intercalati i calcari a scogliera che hanno i loro equivalenti alpini nei calcari di Esino e della Marmolata e negli strati di Wengen e di S. Cassi ano. Ma ciò che desta l’ammirazione è la natura che ci circonda. La strada scende serpeggiando attraverso un fìtto e antico bosco di castagni, offrendo dei punti di vista che entusiasmano e commuo- vono ogni animo aperto alle bellezze della natura. Poco prima del Ponte del Voriello, si abbandona la strada prin- cipale, e cedendo alle gentili insistenze del cav. Aldinio ci rechiamo al suo villino situato in mezzo a prosperosi vigneti, e contornato da secolari querce, dove, colla cortesia e cordialità che lo distinguono, ci offre copiosi rinfreschi. Dal villino raggiungiamo ancora la strada nazionale al ponte del Voriello, dove il Sindaco, il cav. Aldinio e i soci Botti, Portis, Statuti e Zezi ritornano a Lagonegro. I rimasti abbandonano la strada nazionale per proseguire in direzione del monte Arenazzo. Nei calcari a scogliera che affiorano lungo il letto di un ru- scello si trovano avanzi di diplopore, e alla Casina Caino, negli scisti silicei sottostanti alla dolomia principale del monte Arenazzo, sono numerose le impronte di fucoidi. Si sale il monte per lo spi- golo sud, e nella dolomia principale troviamo pecten, giroporelle, e numerose conchiglie ammassate della Gervilleia exilis Stopp sp. Dalla vetta appare chiara l’estensione della dolomia principale che spicca pel suo candore sui fianchi denudati dei monti vicini. La sua estensione è però assai limitata. Per un ripido sentiero del versante settentrionale scendiamo dall’Arenazzo, in una valletta eocenica (bartoniano), dove abbon- dano le brecciole nummulitiche e, fra queste, blocchi di rocce ser- pentinose che sovente, in queste regioni, affiorano nell’ eocene su- periore. Subito ricompaiono, per frattura, i calcari a noduli di selce, e gli scisti silicei e poi la dolomia principale, che si seguono sino a raggiungere il lias inferiore del monte Foraporta. Qui, con grande gioia dei paleontologi, esaminiamo la località fossilifera, situata presso la sommità del monte, sul versante orientale di esso, verso i Carcùni. Alcuni banchi sono zeppi di brachiopodi, accompagnati da lamellibranchiati. RELAZIONE SOMM. DELLE GITE NEI DINTORNI DI LAGONEGRO CXLV Dopo lungo martellio e riempite le sacche, scendiamo nel ru- scello a nord del monte e in un delizioso bosco Di ombrose piante spesso e di virgulti, attendiamo impazienti l’ arrivo di Lodovico e dei quadrupedi colle provviste, accolte, dopo lunga attesa, con non minore entusiasmo di quello manifestato all’ incontro del banco di brachiopodi. Ma il maggior interesse geologico di questo primo giorno di escursioni ci è offerto dal monte Milego, costituito dagli scisti si- licei del trias medio. La disposizione a cupola degli strati è così perfetta che desta 1’ ammirazione generale. Salendo il monte dal versante meridionale, si cammina sulla superficie degli strati che man mano si fanno più pianeggianti e cambiano di direzione pie- gando mollemente tutt’attorno al monte con perfetta ed armonica curva. Dopo una lunga sosta sul Milego per godere del vasto pa- norama, che acquista una fisionomia tutta speciale e poco comune per le numerose montagne a cupola che dolcemente emergono, tal- volta maestose, dalle valli, ritorniamo direttamente a Lagonegro per la mulattiera attraverso folti boschi di quercie e di castagni, percorrendo formazioni dell’eocene superiore, costituite da scisti sili- ceo-argillosi, alternati con scisti galestrini, con marne e arenarie. Poco prima di Lagonegro incontrammo, vagante solitario tra i castagni, il prof. De Stefani che era arrivato, inatteso, quel giorno, e la bella gita non poteva chiudersi con più lieta e desiderata sorpresa. 7 Settembre. Un aspetto insolito presentava la mattina del 7 settembre il largo piazzale davanti alle Scuole Normali di Lagonegro, dove una ventina di muli coi rispettivi condottieri erano pronti per portare i congressisti sul monte Sirino, la più grandiosa e imponente cu- pola triasica dei dintorni di Lagonegro, lunga, in direzione da nord a sud, all’ incirca 7 chilometri. Ai soci presenti all’escursione del giorno precedente si aggiun- sero l’ispettore scolastico cav. Giuseppe Pirrone Pascalin, il tenente Vittore Malinverni, comandante il distaccamento militare dell’ 81° fanteria, il dott. Fabio Colonna e il dott. Fittipaldi. CXLVI C. RIVA La lunga carovana procede ordinata lungo la bella strada na- zionale delle Calabrie, ove, poco dopo Lagonegro, al ponte sul fiume Serra, è ammirata una magnifica sezione attraverso i calcari a no- duli di selce, gli scisti silicei a strati di vari colori, e la dispo- sizione a cupola nella parte alta della sezione, come si vede chia- ramente in una fotografia pubblicata da De Lorenzo. A questi scisti sono addossati, mediante frattura con sopraspinta, i calcari a noduli di selce sottostanti. La perfetta sfaldatura prismatica degli scisti silicei, che già aveva formata l’ammirazione del Pilla, desta pure la nostra ; chiaramente si osserva lungo la via sulle larghe super- imi, poco inclinate, degli strati più compatti. Si abbandona la strada nazionale dove questa piega a sud, e, per buone mulattiere, attraverso formazioni eoceniche, si giunge alla Madonna del Vrusco, piccola cappella, dove incomincia la sa- lita al Sirino. Fin presso la vetta la strada s’innalza serpeggiando attraverso un incantato e luminoso bosco di faggi secolari : attra- versa da prima gli scisti silicei del trias medio, nei quali sono intercalati, man mano con maggior frequenza, i calcari a noduli di selce, finché, più su, si passa definitivamente a questa formazione. Poco tempo rimane per ricercare fossili che pur qui furono trovati da De Lorenzo, specialmente abbondanti le posidonomie e le ha- lobie. Sono frequentissime le grosse impronte di fucoidi. Ad un tratto, con limite netto, il bosco cessa, e ci troviamo sulla nuda montagna poco sotto la vetta, ove sorge un piccolo santuario, la Madonna del Sirino, e ove i calcari dolcemente piegano formando una larga anticlinale. Il panorama che di lassù si ammira è grandioso. Chi, abituato alle ghiacciate vette delle Alpi, sprezzava quasi il modesto Appen- nino, si ricrede e pensa che bellezze e impressioni, di altra natura forse, ma non meno grandiosi e commoventi si ritrovano anche su questi monti selvosi e taciturni. Lontano, a sud, s’ innalza il Pollino, la vetta più alta del- l’Appennino meridionale (m. 2272) e il monte Ciàgola, a nord di Castrovillari ; in lontananza, al limite dell’ orizzonte, si delinea l’altipiano della Sila. A oriente la veduta è tolta dal monte del Papa, che di pochi metri sovrasta il Sirino. A occidente il golfo di Policastro è scintillante di luce. Ai piedi, Lagonegro, Rivello, Nemoli e Lauria, circondati da campi e boschi, congiunti da bian- RELAZIONE SOMM. DELLE GITE NEI DINTORNI DI LAGONEGRO CXLVII che e serpeggianti strade, completano e rendono gaio il grandioso panorama. Mentre si ammira il paesaggio e si ascolta De Lorenzo, che ci descrive i luoghi e la costituzione geologica della regione che ci circonda, l’ormai inseparabile e solerte Lodovico dispone per la colazione, alla quale si rendono onori quali la grandiosità del luogo comporta. Dopo alquanto di sosta, i soci Ambrosioni, Brugnatelli, Crema, De Angelis, De Lorenzo, Di Stefano, Galdieri, Parona, Verri, Vinassa e lo scrivente lasciano i colleghi per salire sul vicino monte del Papa (m. 2007) e ritornare a Lagonegro lungo la valle del Cacciatore. Dal Sirino discendiamo, per un ripido pendio, alla sella che divide questo monte dal Papa, e superando l’esile cresta che con- giunge i due monti, osserviamo un alternarsi continuo di scisti si- licei e di calcari a noduli di selce, alternarsi dovuto a numerose pieghe stipate. Ma 1’ interesse principale di questa coda alla gita del Sirino, è dato dalle morene che, come De Lorenzo ha constatato, esistono numerose e potenti in questo gruppo di monti. A sud della cresta che percorriamo, giù in fondo nel vallone di Nieddu, se ne solleva una, in parte squarciata dalle acque, in parte coperta da fitta boscaglia, e che chiaramente si segue per circa 500 m. L’aspetto di questo lungo cordone, specialmente visto dall’alto, in modo da dominare l’ insieme della valle, è tale da mettere in serio imbarazzo chi volesse trovare altra spiegazione all’ infuori dell’origine glaciale, ma a persuadere i più increduli bastano poi gli splendidi ciottoli lisciati e striati che, provenienti da queste morene, si osservano nel museo geologico di Napoli. Dalla vetta del monte del Papa, costituito da calcari a noduli di selce, la vista è ancor più grandiosa di quella che si gode dal Sirino ; l’occhio scorre dal Tirreno al Ionio ! La discesa si compie per la cresta settentrionale, sottile e ripida, ma presto si entra in un fantastico e antico bosco di faggi che, pur troppo, risuona an- ch’esso dei tristi colpi della scure devastatrice. Raggiunta la valle sinclinale del Cacciatore, possiamo, da vi- cino, esaminare la grande morena, lunga più di 1 km. e mezzo, larga all’ incirca 100 metri, che occupa la valle tra la Spalla del- T Imperatrice e le falde settentrionali del Sirino. Questa morena è CXLVIII C. RIVA incisa longitudinalmente dalle acque che ne erosero il fondo fino ad incontrare la roccia sottostante. Nel potente taglio innumerevoli sono i ciottoli lisciati e striati e si ammirano anche alcuni grossi massi con strie lunghe e parallele. Sempre lungo un pittoresco sentiero che si svolge sinuoso nel bosco, raggiungiamo il colle di Nieddu sull’alta valle del Chiotto, dove ci attendono i muli, discesi dal Sirino per più comoda via. L’ora tarda ci obbliga a discendere rapidamente per la valle, non senza però osservare le regolari cupole triasiche del Gurmara, del Castagnareto e di Bramafarina. È quasi notte quando arriviamo alla collina della Grada, dove, segata dal fiume Serra, nel burrone Cararuncedde, si presenta la magnifica sezione di una regolarissima e perfetta cupola, complicata da frattura. A Lagonegro ci attendevano da qualche ora i colleghi ritor- nati dal Sirino, e anche questa seconda giornata di escursioni non poteva chiudersi con maggior soddisfazione generale. 8 Settembre. Gita comoda e breve, ma non meno istruttiva delle altre fu quella al Lago Sirino effettuata il giorno 8 settembre. Ai Congres- sisti, niuno dei quali mancava in quel giorno, si aggiunsero il nuovo socio prof. Pasquale Aldinio, la gentile signora Vittorina Rinaldi, il Sindaco, il cav. dott. Salvatore Rinaldi, il cav. dott. Aldinio, il dott. Fittipaldi, il dott. Fabio Colonna e i sigg. Barletta e Alberti. La partenza è alle 8, in vettura, lungo la strada nazionale delle Calabrie, che si percorre per alcuni chilometri, riattraversando presso il ponte sul Serra le già osservate formazioni del trias, indi l’eocene superiore fino a Monticello. Quivi sono aperte grandi cave nei calcari a scogliera, che forniscono il materiale da costruzione a Lagonegro. Questi calcari sono separati dall’eocene per fratture, e in essi si rinvennero gasteropodi e lamellibranchiati simili a quelli delle faune di Esino, della Marmolata e dello Schiera. Si prosegue lungo la strada provinciale di Rivello, e poco prima di arrivare al ponte sul Bitonto, affiora un ristretto lembo di lias, appoggiato agli scisti silicei del trias medio, e in parte ricoperto dall’eocene. Riappaiono i calcari a scogliera, gli scisti silicei e i calcari a noduli di selce, rotti e spostati da numerose fratture con RELAZIONE SOMM. DELLE GITE NEI DINTORNI DI LAGONEGRO CXLIX larghe superfici di scorrimento, che chiaramente si osservano al ponte del Bitonto. Lasciata la strada di Rivello per risalire, lungo la Sapri-Ionio, tagliata sul pendio del monte Roccazzo, si domina l’intiero bacino del Noce, già occupato da un vasto lago pleistocenico. De Lorenzo distribuisce la Carta di questo bacino, inserita nell'ultimo suo studio sulle Reliquie di grandi laghi pleistocenici nell’Italia méridio- nale J e nella quale sono segnate le terrazze e il detrito di spiaggia che segnano il probabile perimetro dell’antico lago, e i sedimenti sparsi qua là, testimoni del passato, costituiti da grossolani conglo- merati, da arenarie, da fanghi, ma che nel bacino del Noce soltanto in pochi punti furono rispettati dalla denudazione. Lembi di con- glomerati e di sabbie si osservano alla stazione ferroviaria di La- gonegro, fin dove si estendeva il bacino lacustre. Prima di giun- gere al lago si osserva, in una trincea della strada, l’avvicendarsi eteropico del calcare a scogliera con gli scisti argillosi e silicei del trias medio. Chiuse la gita la visita al lago Sirino che si trova dove la Sapri-Ionio si congiunge, per un tratto, colla strada delle Calabrie. Il piccolo lago si trova in una conca scavata negli scisti silicei, la quale è in parte riempita dal detrito di falda dei monti sovra- stanti, ed è interessante per l’ emissario sotterraneo che sbocca a 500-600 m. sotto il lago e va ad alimentare le ferriere ed i mu- lini di Nemoli. Dopo un’allegra colazione sull’erba, l’ultima che doveva riu- nirci tutti, ritornammo velocemente a Lagonegro, dove, per quel giorno, era fissata la seconda seduta sociale. E così ebbero termine queste belle escursioni, che ci fecero conoscere un angolo poco visitato della nostra Italia, angolo però con tanta diligenza e genialità illustrato da chi con intelligenza, amore e animo d’artista ci fece ammirare le naturali bellezze delle sue valli native e ci mostrò come le misteriose forze della terra abbiano agito in quelle solitarie montagne. E da lui la gratitudine nostra sale al suo maestro e nostro presidente, prof. Bassani, che non solo ha guidato e accompagnato con amore gli studi di De Lorenzo, ma ha voluto anche mostrare a noialtri quanto bella e interessante sia questa estrema e sconosciuta parte dell’ Appennino. CL C. RIVA, RKI.. SOM M DKLLE GITE NEI DINTORNI DI I.AGONEGRO La sera ci riunimmo a cordiale banchetto, al quale erano in- vitati il sottoprefetto cav. Gay, il sindaco avv. Pesce, il cav. dott. Rinaldi, il cav. dott. Aldinio, e il sig. Alberti. Con dolore ci al- lontanammo da Lagonegro, come da luogo nel quale si erano tras- corsi giorni lieti e felici, grati alle autorità e alla popolazione tutta, che con tanta larghezza e cordialità ci accolsero, e che non smen- tirono la tradizionale ospitalità Lucana. Chiuso a Lagonegro il ciclo delle gite ufficiali, parecchi soci intrapresero da Napoli, nei giorni 10 e 11 settembre, alcune escur- sioni ai Campi Flegrei e al Vesuvio. Nella prima, guidati dal prof. Bassani e dal dott. De Lorenzo, visitammo la Solfatara, il monte Nuovo, Baia e il lago d’ Averno. La gita al Vesuvio riesci poi sommamente interessante, poiché il vulcano era in un periodo di cresciuta attività. Altre gite nel magico Golfo furono intraprese dai colleghi che prolungarono il loro soggiorno a Napoli, ammaliati dall’ incantevole natura che fece scrivere a Goethe : « Wenn ich Worte schreiben Tvill, so stehen mir immer Bilder vor Augen, des fruchtbaren Landes, des freien Meeres, der duftigen Inseln, des rauchenden Berges. und mir fehlen die Organe, das alles darzustellen ! » ADUNANZA STRAORDINARIA DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA tenuta in Roma il 27 novembre 1898. Presidenza Pellati. In una delle sale del gabinetto di Storia naturale del R. Liceo E. Q. Visconti, alle ore 9,30, sono presenti i soci: Aichino, Clerici, De Angelis, Millosevich, Neviani, Pellati, Zaccagna. Assume la presidenza della riunione il comm. N. Pellati. Invitati già per lettera dal presidente della Società, prof. Bas- sani, fungono da scrutatori i soci: Aichino, Clerici, Millosevich. Il Segretario consegna agli scrutatori il pacco delle schede pervenute in tempo alla presidenza della Società, comprese due adunanza straordinaria della soc. geol. ital., eco. oli schede non firmate, inviate una da Fauglia ed una da Torino, come si rileva dal timbro postale, ed una cartolina del socio Fucini, colla quale dichiara il suo voto, non avendo ricevuto la scheda per la votazione. Gli scrutatori, deliberata dapprima la nullità delle due schede senza firma e del voto del socio Fucini, passano al controllo delle schede firmate. Votarono i seguenti soci : 1. Aichino Giov. 2. Antonelli Gius. 3. Antonelli Giordani G. 4. Arcangeli Giov. 5. Baldacci L. 6. Bargagli P. 7. Bassani Fr. 8. Beliucci Gius. 9. Berti Giov. 10. Bianchi G. Battista. 11. Biagi Gius. 12. Bogino Frane. 13. Bonetti Fil. 14. Bortolotti Em. 15. Bosco Cam. 16. Botto Micca L. 17. Brugnatelli L. 18. Bruno C. 19. Caffi Enr. 20. Canavari M. 21. Capacci C. 22. Carapezza Em. 23. Carmignani Giov. 24. Carruccio Ant. 25. Cermenati M. 26. Ciofalo Sav. 27. Clerici Enr. 28. Colale Mich. 29. D’Achiardi Ant. 30. D’Achiardi Giov. 31. De Alessandri G. 32. D’Ancona Gius. 33. De Amicis G. Aug. 34. De Angelis Gioacch. 35. Deecke Wilh. 36. De Ferrari P. Em. 37. De Franchis Fil. 38. Del Bene L. 39. Demarchi Lamb. 40. De Pretto 01. 41. Dervieux Erm. 42. De Stefani C. 43. Di Stefano Giov. 44. Fabani C. 45. Fabrini M. 46. Flores Ed. 47. Fornasini C. 48. Franchi Sec. 49. Gal dieri Ag. 50. Gianotti Giov. 51. Gozzi Giust. 52. Gualterio G. Batta. 53. Gualterio Raf. 54. Issel Art. 55. Lattes Or. 56. Levi Gust. 57. Lotti Bern. 58. Lupi Ales. 59. Luzj G. Frane. 60. Mariani Ern. 61. Marinelli 01. 62. Mazzuoli L. 63. Meli Rom. 64. Millosevich Fed. 65. Neviani Ant. 66. Niccoli Enr. 67. Novarese Vit. 68. Pantanelli D. 69. Parona C. Fabr. 70. Patroni C. 71. Pellati Nic. 72. Peola Paolo. 73. Portis Ales. 74. Rasetti Em. 75. Ristori Gius. 76. Riva Carlo. 77. Riva-Palazzi Giov. 78. Rosselli Em. 79. Rossi G. 80. Sabatini Vent. 81. Sacco Fed. 82. Salmojraghi Frane. 83. Samengo F. Sav. 84. Scarabelli G. F. G. 85. Schneider Ar. 86. Simonelli Vit. 87. Siinoni L. 88. Sormani Cl. 89. Statuti Aug. 90. Stella Aug. 91. Struver Giov. 92. Tenore Gaet. 93. Tommasi Ann. 94. Tonini Lor. 95. Toso P. 96. Trabucco Giac. 97. Tuccimei Gius. 98. Turche John. 99. Ugolini P. Rie. 100. Vinassa de Regny P. E. 101. Virgilio Frane. 102. Zaccagna Dom. 103. Zezi Pietro. CUI ADUNANZA STRAORDINARIA DELLA SOC. GEOL. ITAL., F.CC. Risultato dello scrutinio : Votanti (schede valide) 103. Art. 1°. sì 55 ; no 47 ; un voto nullo. Art. 4°. sì 55 ; no 48. Art. 13°. sì 56 ; no 47. Art. 15°. sì 53; no 49 ; un voto nullo. Le modificazioni allo Statuto proposte nei suaccennati quattro articoli, non essendo approvate dai due terzi dei votanti, sono re- spinte. Roma, 27 novembre 1898. Il Segretario Antonio Nevi ani. AVVERTENZE Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una Adu- nanza ordinaria, e pagare una tassa d’entrata di L. 5 e una tassa annua di L. 15. La tassa annua può essere sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’ intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. La tassa sociale annua di L. 15 deve essere pagata entro i due primi mesi dell’ anno. I soci hanno diritto al Bollettino che si stampa in fascicoli trimestrali. Nel Bollettino si pubblicano le memorie presentate nelle Adunanze, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci, ai resoconti delle Adunanze generali e delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale saranno in- viate alla Presidenza, e per essa al Segretario : col visto del Presidente saranno trasmesse alla stampa secondo l’ordine di presentazione. Pino a nuova disposizione non si accettano le memorie che per estensione su- perino approssimativamente quattro fogli di stampa e quelle che fossero lavori di compilazione. Le note e comunicazioni da inserirsi nei resoconti delle adunanze non devono superare due pagine. I manoscritti dovranno consistere in fogli dello stesso formato, scritti da una sola parte, in caratteri intelligibili, senza di che la Presidenza potrà respingerli. I lavori scompleti, sia nel manoscritto, sia nelle tavole, non possono essere presi in considerazione per la stampa. Una Memoria già presentata alla Società, e ritirata per modificarla o completarla, qualora non sia rinviata alla Segreteria entro 15 giorni, perde il suo turno per la stampa. Gli autori che domandano un sussidio per l 'esecuzione di carte geologiche, tavole o illustrazioni annesse alle loro memorie devono presentare un preventivo della spesa totale sul quale la Presidenza determinerà caso per caso, secondo il bilancio sociale, se debba concedersi il concorso e in quale proporzione. La somma accordata sarà comunicata all’autore, ed ogni spesa maggiore dovrà essere esclusi- vamente a carico di questo. Le prove delle tavole (anche di quelle che gli autori fanno eseguire a proprie spese) debbono essere sottoposte al visto della Presidenza prima della tiratura. Di ciascuna memoria il Segretario spedirà all’autore, per la correzione, una prova in colonna, che dovrà essergli restituita al più tardi entro 15 giorni, e una in pagina, da restituirsi entro 8 giorni. Se le prove non saranno restituite nel termine prescritto, il Segretario s’in- caricherà d’ufficio della materiale correzione degli errori tipografici senza assumere alcuna responsabilità. Il Segretario prima di deliberare la stampa delle memorie si assicurerà che le correzioni indicate dagli autori siano state eseguite. Le spese straordinarie cagionate da correzioni maggiori del consueto, da cam- biamenti o rifusione di paragrafi, come pure la stampa di tavole sinottiche di formato maggiore del testo saranno addebitate agli autori, ed essi saranno in obbligo di pagarle all’Economo non appena ne abbiano ricevuto il relativo conto col visto del Presidente. Agli autori si dànno 50 copie degli estratti. Se l’autore intende far tirare estratti per conto proprio, deve indicare per iscritto sulla prima prova corretta della sua memoria il numero degli esemplari che ne desidera. Il prezzo di 50 in 50 copie, con copertina stampata ecc. sarà di L. 4 ogni foglio di pag. 16, e di L. 2 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. L’importo di questi estratti sarà indicato dal Segretario sulle bozze impagi- nate, che l’autore pagherà all’Economo, prima che gli sieno spediti. A qualunque socio, il quale col 1° aprile dell’anno corrente si trovi ancora in arretrato pel pagamento della tassa sociale dovuta per l’anno precedente, sarà, pre- vio avviso del Segretario, sospeso l’ invio delle pubblicazioni della Società. La presentazione delle memorie e la stampa delle medesime non avrà corso se l’autore non avrà pagato la tassa dell’anno in corso o soddisfatto ogni altro impegno verso la Società. Per il pagamento della tassa d’entrata, della tassa annua e per l’acquisto dei volumi del Bollettino dirigere lettere e vaglia all’Economo cav. ing. Augusto ■Statuti, Via Nazionale 114 (palazzo Capranica-Del Grillo). Roma. AVVERTENZE Per far parte della Società occorre esser presentato da due soci in una Adu- nanza ordinaria, e pagare una tassa d’entrata di L. 5 e una tassa annua di L. 15. La tassa annua può essere sostituita dal pagamento di L. 200 per una sola volta. Ogni socio all’atto dell’ammissione si obbliga di restare nella Società per tre anni, al cessare dei quali l’impegno s’ intende rinnovato di anno in anno, se non venga denunziato tre mesi prima della scadenza. La tassa sociale annua di L. 15 deve essere pagata entro i due primi mesi dell’ anno. I soci hanno diritto al Bollettino che si stampa in fascicoli trimestrali. Nel Bollettino si pubblicano le memorie presentate nelle Adunanze, insieme all’elenco dei soci, ai bilanci, ai resoconti delle Adunanze generali e delle escursioni. Le memorie che non vengono presentate in Adunanza generale saranno in- viate alla Presidenza, e per essa al Segretario : col visto del Presidente saranno trasmesse alla stampa secondo l’ordine di presentazione. Pino a nuova disposizione non si accettano le memorie che per estensione su- perino approssimativamente quattro fogli di stampa e quelle che fossero lavori di compilazione. Le note e comunicazioni da inserirsi nei resoconti delle adunanze non devono superare due pagine. I manoscritti dovranno consistere in fogli dello stesso formato, scritti da una sola parte, in caratteri intelligibili, senza di che la Presidenza potrà respingerli. I lavori scompleti, sia nel manoscritto, sia nelle tavole, non possono essere presi in considerazione per la stampa. Una Memoria già presentata alla Società, e ritirata per modificarla o completarla, qualora non sia rinviata alla Segreteria entro 15 giorni, perde il suo turno per la stampa. Gli autori che domandano un sussidio per l 'esecuzione di carte geologiche, tavole o illustrazioni annesse alle loro memorie devono presentare un preventivo della spesa totale sul quale la Presidenza determinerà caso per caso, secondo il bilancio sociale, se debba concedersi il concorso e in quale proporzione. La somma accordata sarà comunicata all’ autore, ed ogni spesa maggiore dovrà essere esclusi- vamente a carico di questo. Le prove delle tavole (anche di quelle che gli autori fanno eseguire a proprie spese) debbono essere sottoposte al visto della Presidenza prima della tiratura. Di ciascuna memoria il Segretario spedirà all’autore, per la correzione, una prova in colonna, che dovrà essergli restituita al più tardi entro 15 giorni, e una in pagina, da restituirsi entro 8 giorni. Se le prove non saranno restituite nel termine prescritto, il Segretario s’in- -caricherà d’ufficio della materiale correzione degli errori tipografici senza assumere alcuna responsabilità. Il Segretario prima di deliberare la stampa delle memorie si assicurerà che le correzioni indicate dagli autori siano state eseguite. Le spese straordinarie cagionate da correzioni maggiori del consueto, da cam- biamenti o rifusione di paragrafi, come pure la stampa di tavole sinottiche di formato maggiore del testo saranno addebitate agli autori, ed essi saranno in obbligo di pagarle all’Economo non appena ne abbiano ricevuto il relativo conto col visto del Presidente. Agli autori si dànno 50 copie degli estratti. Se l’autore intende far tirare estratti per conto proprio, deve indicare per iscritto sulla prima prova corretta della sua memoria il numero degli esemplari che ne desidera. Il prezzo di 50 in 50 copie, con copertina stampata ecc. sarà di L. 4 ogni foglio di pag. 16, e di L. 2 per ogni mezzo foglio o frazione di mezzo foglio. L’importo di questi estratti sarà indicato dal Segretario sulle bozze impagi- nate, che l’autore pagherà all’Economo, prima che gli sieno spediti. A qualunque socio, il quale col 1° aprile dell’anno corrente si trovi ancora in arretrato pel pagamento della tassa sociale dovuta per l’anno precedente, sarà, pre- vio avviso del Segretario, sospeso l’ invio delle pubblicazioni della Società. La presentazione delle memorie e la stampa delle medesime non avrà corso se l’autore non avrà pagato la tassa dell’anno in corso o soddisfatto ogni altro impegno verso la Società. Per il pagamento della tassa d’entrata, della tassa annua e per l’acquisto dei volumi del Bollettino dirigere lettere e vaglia all’Economo cav. ing. Augusto •Statuti, Via Nazionale 114 (palazzo Capranica-Del Grillo). Koma. BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ GEOLOGICA ITALIANA Volumi finora pubblicati. Voi. 1 (1882) 2 fase. 260 pag. 4 tavole. » II (1883) 3 « 314 ?» 6 n ?» III (1884) 2 « 188 ?» ima tavola. n IV (1885) un voi. 528 ?» 19 tav. e 3 carte geologiche a colori. ?» V (1886) 3 fase. 516 ?» 11 ?» ?» VI (1887) 4 » 570 ?» 18 » e ima carta geologica a colori. n VII (1888) 3 » 430 ?» 14 ?» ?»?»?» ?» n Vili (1889) 3 » 600 ?? 3 ?» ?» ?» >» * ?» ?» IX (1890) 3 « 826 ?» 25 ?» ?»???» ?» n X (1891) 5 » 1023 ?» 21 « e 2 carte geologiche a colori. ?» XI (1892) 3 « 702 n 11 ?» 71 XII (1893) 4 « 892 7! 7 ?» ?» XIII (1894) 3 » 317 ?» 5 ?» ?» XIV (1895) 2 * 324 ?» 7 ?» ?? XV (1896) 5 x 802 ?» 17 ?» ?» XVI (1897) 3 » 370 ?» 9 ?» Per l'acquisto dirigere lettere e vaglia all' Economo cav. ing. Augusto Statuti , Via Nazionale 114 (palazzo Capr amica- Del Grillo). Roma.