"LAT i MAO Re il Le UIL tt BIT I au aria AMI Ta E EROEE TATU OPP IT LL 104 Nt vat (nali ta AL] nil TERI (TA ruvusuer METTI AA nego INTO PA Pan SUNNPNILITÀ Ve orgvenee ET ray toto ALII replit capent rn nansi DA Nu MI ” PMI rem campani! NAGRE REA limi NAGAI, TOLLO DESIO P PRA AA COVDSOA ny LA / U ded I A =" TATA ta eve po eriico en sven TITTI ila Mugi "rt = PING Ton nr vsngy 199 sa ] ° 3 vompji', SIA MA Cerretani ra (ad Eelsaa e . tr, s }a n PSE A SOROPRITRI | Vu br sii ai PIA rip, Ual LL) LIA tintalggi Sui ‘ ti A RRIZIO AA ALS ee anne LISA, Z W, sai AT 3 " AIRETILTA.I rage su | n ‘0 nnt qIUrpraÌ "i Lil. pr 4 f Li ag LL'ES SUP Ad LIS Ye, LIL PTRART LILLA 16° id‘ AA LARA, revival” tin! pria sv ieti ILITSRAOE PiL LL 18 ‘. Li Padldi pU9TA 4 4 di [I » @ TIP È Ù : INPAZZASS | teo - iS ale Mil adlalde dlaleldhi Cic clN AAA LALA PAPA ETATOHTA PPYLALE AI D ! 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GIANNINI & FIGLI Via Cisterna dell’ Olio 1904 Berni R. — Notizie sulle formazioni fossilifere neogeniche recenti della regione vulcanica napoletana e malacofanna aS Monte Somma (con 2 fig) - MarceLLo L. — Terzo contributo allo studio della flora cavese MarceLLo L. — Sopra alcuni.casi di AREAIDTOgIA. vegetale. Nota: (con S fig.) a BaLsamo F.— Swi fenomeni di diffrazione di alcuni corpi organiz- zati in rapporto alle esperienze di Abbe. Nota (con la tav. I.) Drsxare V.— Sullo sviluppo e morfologia delle capsule soprarenali. Nota riassuntiva. E Di Croxmo G. — Studio-di una cassetta di SERA Nota (con 1 fig. ed 1 tabella numerica) Maccmari L. — Sulla fotosintesi fuori dell’ organismo e sul suo pri- mo prodotto. — Poche parole in riseogae: alla critica del i dottor. Gino Pollaeci . Foà J. — Determinazione rapida ed esatta del ‘cremore nei tarta- ri-Nota.‘<. E Rippa G. — Osservazioni biologiche sulla” Salpichroma rhomboidea Miers _. : Capozianco F. — Dell’ azione di ‘alcuni estratti. organici’ sul cuore. Prima nota preliminare (con 47 fig.) È CoroLo A. E Verere V. — La Metil-azo-dimetilanilina nella ricerca della colorazione artificiale del burro e della ETERO Nota ANNIBALE E. — Il clima di Napoli volt anno meteorolog gico 1901- 902 Nota... Liuzzi F.= Sul così detto nervo o safeno ester no, O meglio ‘safenò me dio, e sui così detti nervi surali. Studio anatomo-morfo- - logico (con le tav. II. e HI.) i CeRRUTI A. — Contribuzioni per lo studio dell’ organo di Bidder nei * Bufonidi. Il. Presenza di spermii nell’ organo. Nota (con. # 2 fig.). PieranToNI U. — Altri nuovi oligocheti del Golfo di Napoli (Lim- nodriloides n. &.). IT nota sui Pubificidae (con 3 fig) Jarra G. — A proposito di alcuni Cefalopodi del Mediterraneo. Nota. Curoto A. — Su due tipi di pepe artificiale. Nota De Rosa F.— Su di un Muscari ed un’Orchis a Fork bia, Nota =“ (con le tav: IVie Vi. <. BeLLiNi R. — La Mitra zonata Marryatt nella fauna malacologica inarina di Capri. Comunicazione. P MorsERA A. — Contributo allo studio di alcuni organi dell apparec- chio genitale maschile nelle specie nostrane del genere Lacerta. Nota preliminare (con 1 fig.) —. 3 i Saccaerti G.— L'organo di Rosenmiiller nella Cavia cobaia + BarsAmo F. — Primo elenco delle Diatomee del Golfo di Napoli GeRreMIcca M. — Sopra un caso ter atologico del piatto di Zea Mays L. Nota (con 3 fig.) . È ; S È (Per l'indice completo veti in fine del solume) (SUE >». » » » » BOLLETTINO | DELLA \CIETÀ DI NATURALISTI 4 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ: DI NATURALRTI SE ia POLI == coo—Tn SERIE I. VOLUME XVII, 1903 (Con 5 tavole e 61 fisure nel testo) (Pubblicato il 20 gennaio 1904) NAPOLI R. TIPOGRAFIA FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Via Cisterna dell’ Olio 1904 | A SqI34 [RATE Je Ribui # ai OE aLzAde salato. n fb) PL para è NYA Notizie sulle formazioni fossilifere neogeniche recenti della regione vulcanica napoletana e malacofauna del Monte Somma, pel socio RarrAELLO BELLINI. (Tornata del 21 dicembre 1902) Tra le formazioni che a guisa di semicerchio costituiscono l’ameno contorno del golfo di Napoli, meritano speciale menzione quelle fossilifere della regione vulcanica, interessantissime dal lato paleontologico, non meno che dal litologico. Per parecchi anni mi sono occupato dello studio di questi depositi, paragonandone la loro fauna con quella nel Tirreno attualmente vivente, allo scopo di trarne qualche conclusione, che con nuovi dati venisse a con- fermare o modificare non solo il riferimento cronologico degli stessi, ma anche di qualche interesse per la conoscenza della fauna malacologica vivente nel nostro golfo in tempi anteriori agli attuali. La base principale del mio studio è stata la splendida rac- colta di avanzi organici del Monte Somma e dei Campi Flegrei esistente nel Museo Geologico della R. Università di Napoli; col- lezione iniziata sin dai primi anni del secolo scorso da Rodolfo Amando Philippi, aumentata di molto da Arcangelo Scacchi, da Oronzio Gabriele Costa, da Guglielmo Guiscardi, ai cui nomi son legati tanti ricordi di geologia napoletana, e con massima cortesia messa a mia disposizione dal sig. prof. Francesco Bassani, a cui esprimo i sensi della mia massima riconoscenza ed il vivo rin- graziamento. Altri elementi per il presente studio li ho trovati nella rac- colta di conchiglie fossili del Monte Somma esistente nel R. Museo Geologico di Torino, quì inviata dal prof. Guiscardi e che ho potuto consultare, grazie alla gentilezza del sig. prof. Parona, nonchè nella collezione malacologica, ora in mio possesso , del- l'ottimo e compianto amico barone Alfonso Castriota-Scanderbeg; si aggiungano infine le mie frequenti escursioni nei siti fossiliferi. In altra occasione (v. seguente bibliografia) feci nota la fauna dei molluschi fossili dell’isola d’Ischia; la presente comunicazione 1 LR è destinata a far conoscere quella importante del Monte Somma, l'antico Vesuvio. È necessario però, anche per il paragone dei fossili di questa località con quelli degli altri siti fossiliferi del perimetro del golfo di Napoli, che io dia una breve notizia com- prensiva di tutti questi diversi giacimenti. Segue la lista delle opere o memorie citate nella descrizione delle varie formazioni ; utile per evitare eccessive ripetizioni di titoli bibliografici. BIBLIOGRAFIA (I numeri romani messi innanzi alle opere sottonotate corrispondono agli stessi posti dopo il nome degli antori nella descrizione dei depositi e stanno ad indicare per brevità le pubblicazioni in cui questi sono nominati. Dopo il numero segue la pagina). I. BeLuini R. — Due nuovi molluschi fossili dell'isola d’ Ischia e re- visione delle specie esistenti nella marna dell’isola stessa. Boll. Soc. Zool. Ital., Serie II, Vol. I, tomo III e IV. Roma, 1900. II. Broccni G. B. — Conchiologia fossile subapennina. Milano, 1814. III Foxseca F. — Descrizione e carta geologica dell’ isola d’ Ischia. Annali Accad. Aspir. Natur., 2.2 serie, Vol. I, 1847. VE — Geologia dell’isola d'Ischia. Firenze, 1870. V. Focus C. W. 0. — Die Insel Ischia. Iahrb. d. k. k. Geol. Reichs. XXII Band.-Wien, 1872. VI — Monografia geologica dell’isola d’ Ischia. Mem. R. Comit. Geol. d’Ital., Vol. II, p. I, Firenze, 1873. VII. Dr Aneruis G. — Il Pozzo artesiano di Marigliano. Atti Acc. Gioenia Sc. Natur. di Catania, 1882, serie IV, Vol. VII. VII. Guiscarpi G. — Contribuzione alla geologia dei Campi Flegrei. Atti R. Accad. Sc. Fis. e Matem. di Napoli, 1862. Ta; — Fauna fossile vesuviana. Napoli, 1856, in 8.° X. Hamrrox — Campi Phlegraei. Paris, Van septième. XI. Brrisrag S. — Topografia fisica della Campania. XII. LveLr C. — Elements of geology (nelle varie ediz. e traduz.). XIII. MoxriceLLi T. — Opere. Vol. II, Napoli, 1841. XIV. MercaLLi G. — Vulcani e fenomeni vulcanici nella Geologia d'I- talia di Stoppani, Negri e Mercalli. Milano, 1883. XV. Pupi R. A. — Ueder die subfossilen Lebthier-Reste von Poz- zuoli bei Neapel and auf der Insel Ischia. Neues ITahrb. fiir Miner. Geogr. Geol. Bd. V. Stuttgart, 1837. MV — Enumeratio molluscorum Siciliae. Vol. II, Halis Saxonum, 1844. XVII. Pira L. —— Trattato di Geologia. 1847-51. ERE Ro rs XVIII. Scaccm A. — Notizie geologiche sulle conchiglie che sì trovan fossili nell’ isola d'Ischia e lungo la spiaggia tra Pozzuoli e Monte Nuovo. Antolog. di Se. Natur., Vol. I, Napoli, 1841. XIX. — Campi ed Isole Flegree in Napoli e luoghi celebri delle sue vicinanze, II vol. Napoli, 1845. XX. — Memorie mineralogiche e geologiche sulla Campa- nia. Napoli, 1849. XXI. Spapa-Lavini A. — Sur l’ age des tufs de lile d' Ischia. Ball. Soc. Geol. de France, Vol. XV, 2.me serie, Paris 1858, p. 362, 365. XXII. Vox Ortica L. — Die Insel Ischia. Zeitschr. fir allem. Erdk. Bd. II, Berlin 1854, pp. 385-416. XXIII. Vox Buca L. — Ischia. Neue Iahrb. der Berg. und Hiitten- kunde, Vol. I,-Niirnberg 1809. 7 Le formazioni fossilifere, contemporanee o posteriori ai tempi della massima attività vulcanica nella regione, sono litologica- mente caratterizzate da tufi, marne, conglomerati ed arenarie; paleontologicamente da forme organiche appartenenti a specie ancor tutte viventi nel golfo. Di questi depositi alcuni sono da riferirsi al pliocene recente (ast.@ro), altri al quaternario (saariano). e nel loro complesso, seguendo il Renevier !), li chiamerò neoge- nicl recenti. 1) Chronographe géologique. Comptes rendu de la sexiéme session du Congrés geol. internat., Zurigo 1887, p. 359. SAR Ecco il quadro di queste formazioni: / A. Deposito di marna ed argilla marnosa al | > monte Epomeo in Ischia, sino a quasi n _ iu a . So \ 500 metri d'altezza. 5 (Contemp. in parte) , 5 B. Tufi delle colline di Napoli e della regio- ° g ne flegrea. La loro formazione seguitò \ posteriormente. I . . . . ERTORS, I C. Deposito costituito d’elementi trachitici con * at cemento calcareo alla panta dell’ Impe- p ratore in Ischia a 14 m. s. m. D. Marna con pomici tra la punta di Casti- ; glione e S. Alessandro in Ischia, a 5 0 Nella Regione flegrea : a ; 6 m. dal mare ed a poca altezza dal (disposte per ordine n at \ suo livello. > | d'antichità; sono con- ‘ © | temporanee C e D, i .° LE 64 E. Aggregato vulcanico nella valle di Mezza- a via in Ischia, presso al mare a 40 m. È È © di altezza. F. Aggregati vulcanici tra Pozzuoli e Monte Nuovo e nelle vicinanze di Pozzuoli, a poca altezza s: m.. Nella Regione vesu- { G. Massi erratici del Monte Somma. viana. ( (contempor. a E ed F forse). Osservando il complesso dei molluschi astiani vediamo che essi dinotano un lento cambiamento di clima, che da tropicale sì ridusse nelle nostre regioni all’attuale sulla fine del pliocene; que- sto cambiamento in Inghilterra fu dimostrato da Wood e Lyell nel confronto tra il crag corallino ed il crag rosso, corrispondenti al nostri depositi pliocenici. In Italia le formazioni astiane sono rappresentate principal- mente e tipicamente dalle classiche sabbie gialle e dai tufi litoidi dei Campi Flegrei, quelle con fauna ‘analoga alla precedente delle marne subappennine (piacentino). Passiamo ora alla rapida descrizione di questi varii depositi. | ol; | A. FORMAZIONE DI MARNA ED ARGILLA MARNOSA AL MONTE Epowmko. . . Deposito importantissimo, che a guisa di fascia ricinge il Monte Epomeo, la più alta elevazione dell’ isola (794 m.), € qua e là è allo scoperto sino quasi all’altezza di 500 matri. Dai caratteri li- tologici e paleontologici questa formazione si mostra contempo- ranea alle sabbie ‘gialle € si può considerare una facies littorale dell’astiano. In pochissimi siti raggiunge la suddetta altezza (come p. es. tra Moropano e Fontana sul M. Vetta), ma ordinariamente è molto “più in basso e qualche volta poco al disopra delle acque del mare; gli strati sono più potenti a nord dell’ isola. È notevole l’esistenza nell’argilla marnosa dei seguenti echi- nodermi: Fbularia tarentina, Brissopsis Pechiolii, Schizaster lacu- nOSUs, Amphidetus cordatus. È Trovo il primo cenno sul deposito marnoso d’ Ischia nella classica opera di Scipione Breislak (XI, p. 334), il quale così si “esprime :, « Alcune persone del luogo m’ hanno assicurato che in queste cave si trovano talora dei corpi marini e delle conchiglie. Siccome però non ho potuto verificare con i miei occhi un tal fatto non insisto molto sopra di esso e sopra le conseguenze che se ne potrebbero dedurre. » (p. 334). i Ma le prime citazioni dei fossili della marna d’Ischia furono date da G. B. Brocchi (II), il quale descrive le seguenti specie : Trochus crenulatus Brocchi; 71. magus, L.; T. Solaris, L. var. Turbo cimex, L.; Cerithtum alucaster, Br.; C. Scaber, Olivi; Arca; nodulosa, L.; A. nucleus, L.; A. pilosa, L.; Cardium planatum, Renieri. i In seguito si occupò dei fossili d’Ischia il Philippi, al cui nome è legata la prima opera importante sui molluschi dell’Italia meridionale. Nelle sue pubblicazioni (XV, XVI) cita in complesso 155 specie delle varie formazioni d'Ischia, tra cui le tre seguenti, che il suddetto autore crede non viventi nel Mediterraneo : Te- rebratula bipartita, Hyalaca depressa e Tornatella clongata. Scacchi (XVIII, p.3 e 4) cita nove specie della marna del- l’isola ed il Pilla (XVII, p. 156-158) riporta quelle già fatte co- noscere dal Philippi. Il Fonseca considera il deposito marnoso posteriore alla for- mazione del Monte Epomeo, il quale avrebbe avuto la sua origine durante l'epoca sopracretacea ; cita 16 specie di molluschi di que- sta formazione e per qualcuna dà anche l'esatta località (1II, IV). see Scacchi (XX, p. 19) fa notare che dai caratteri litologici e paleontologici il deposito marnoso deve ‘considerarsi della stessa. specie delle formazioni subappennine ed essendo sempre compreso ‘ tra il tufo questo fatto basta a provarci non solo l’antichità del- l’Epomeo e la sua origine sottomarina, ma « dimostra ancora che questo monte quando nasceva in mezzo al mare era ricoperto dalle sue acque per più di cinquecento metri d’altezza nella parte che ora esiste allo scoverto..... probabilmente la sua emersione è con- temporanea a quella dei depositi subappennini dell’ Italia ». (p. 19). Anche lo Spada-Lavini (XXI, p. 362-365) riferisce sui depo- siti fossiliferi d'Ischia; per quest’autore i tufi dell’Epomeo sono contemporanei alle assise inferiori delle marne e sabbie subappen- nine, e nella marna della stessa isola si trovano forme estinte eguali a quelle dei depositi subappennini: Nassa semistriata, Br. ; Murex vaginatus, Ian; Terebratula bipartita. i Le osservazioni e.le specie citate dal Fonseca vennero in se- guito riportate dal Fuchs (V, VI) in due suoi lavori sull’isola di Ischia. Il Mercalli (XIV, p. 47) distingue due sostanze che.comune- mente sono chiamate col nome di marna d'Ischia ; una è un pro- dotto di decomposizione nel tufo e non contiene carbonato di calcio, Valtra è l'argilla marnosa plastica usata un tempo per sto- viglie. Ambedue sono conchiglifere. Infine io stesso (1) feci conoscere due nuove forme di mollu- schi della marna d’ Ischia e detti un catalogo di tutte le specie sinora raccolte in quella formazione e nel deposito .marnoso po- miceo di S. Alessandro. Le due ‘nuove forme che descrissi sono la Cassis inarimensis e la Natica acumvnata. Oltre però che in queste pubblicazioni sopranotate, anche in altre si trovano direttamente od incidentalmente nominate le for- mazioni fossilifere della bella isola flegrea (XIX, pp. 861-413; XXTI, pp. 385-416; XXXII). B.--TUFI FOSSILIFERI DELLE COLLINE DI NAPOLI. Questi tufi, pur essendo d'origine sottomarina, hanno rari fos- sili; ciò perchè il vulcanismo attivo della regione non permetteva in quell’epoca ed in quei siti una vita organica rigogliosa. Questo tufo è, secondo Scacchi, anteriore alle marne fossilifere (XX, p. 118). Tre sono le specie del tufo sanidinico dei dintorni di Napoli, differenti però solo per il colore e la consistenza. Il tufo giallo, sciolto o compatto, con pomici, pezzi:di trachite e cristallini di . SITI sanidino, forma le colline di Posillipo, S. Elmo, Bagnoli e gran parte delle alture dei Campi Flegrei. Al disopra del tufo giallo si trova il tufo bigio, che, secondo Scacchi, sarebbe subaereo; questa varietà contiene più pomici ed è di data più recente ; si rinviene a costituire la parte superiore dei colli di Posillipo e del Capo Miseno. Finalmente alternanti col tufo giallo od a questo sovrapposti si trovano alcuni tufi bruni o nerastri. Gli scarsi fossili si rinvengono solamente nel tufo giallo, li- mitati in pochi siti. Nelle colline di Posillipo e di Napoli Scacchi raccolse nove specie di molluschi (XX, p. 32). Le forme meno rare sono Ostrea e Pectunculus, nonchè Cerithium, Turritella, insiem® ad avanzi di piante. Ottimi esemplari ho raccolto nel tufo di S. Vincenzo alla Sanità ed a Coroglio. C.--DEPOSITO ALLA PUNTA DELL'IMPERATORE NELL'ISOLA D'ISCHIA. A pochi metri dal livello del mare, sulla roccia formata di trachite e tufo a strati, si trova una solida breccia di ciot- toli trachitici legati da cemento calcareo, in cui Scacchi sin dal 1849 (XX, p. 21) raccolse cinquanta specie di molluschi, tutti ancor viventi nel golfo, mentre il Fonseca (IV, p. 17) ne raccolse tren- tanove, fra cui notevoli la Nassa semistriata, Brocchi sp., la Ca- volinia tridentata, Lamk. sp., LRessoa, Pleurotoma, Trochus, ecc. TI primo autore (XX, p. 22) ritiene questa formazione precedente a quella di Mezzavia (E) e di Pozzuoli (F). Questo deposito ritengo sia di mare profondo e di fondo sco- glioso; ciò dall'esame delle forme fossili raccoltevi. Il sollevamento avvenne forse in tempi storici, in coincidenza con quello della Starza presso Pozzuoli. D.--DePosIto TRA LA PUNTA DI CASTIGLIONE E QUELLA DI S. ALESSANDRO IN IScHIA. Ritenuto da Scacchi (XX, p. 22) contemporano al precedente. È costituito da marna con minuti frammenti di pomici, conchiglie ed altri fossili. Al disopra di questa formazione, che è ai piedi del Monte Rotaro eda 5 o 6 metri sul mare, vi è uno strato di la- pilli coperto di lava , eruttata forse dal predetto monte. Vi si raccolgono, insieme alle conchiglie, crostacei, echinodermi, residui di Zostera oceanica. Scacchi cita 45 specie (XVIII), tra cui due che non crede viventi nel golfo: Dentalium coarctatum, Brocchi e Pleurotoma elegans, Scacchi. Il primo è un guscio di anellide co- Me munissimo in tutto il Mediterraneo, e la seconda specie è stata raccolta in molti siti e da me stesso dragata nel mare di Capri. Fonseca (IV, p. 24) cita 24 specie di questa formazione, che è anche ricordata in altre opere di Scacchi (XIX, p. 375) e da L. Pilla (XVII, $ 391). DI E.— AGGREGATO VULCANICO DELLA VALLE DI MEZzavIA IN ISCHIA. S’ incontra alla distanza di un quarto di miglio dalla marina di Lacco sulla via di Pannella, in un burrone al disotto della ca- sina di Mezzavia, all’altezza di poco meno di 40 m. dal mare, Il deposito consiste in strati di tufo lapilloso a grana fine, talvolta ipsolitico ; verso occidente in mezzo a questi strati tufacei riposa un letto di lapillo e su questo un deposito inclinato di sabbione contenente molte conchiglie fossili rotte e consumate, qualche volta con i loro colori naturali conservati, e tra queste sì rinvengono delle serpule, crostacei, polipai, £Dularia oviformis e tarentina; specie tutte viventi nel golfo. Le forme fossili della formazione di Pannella appartengono alla fauna littorale, con assenza assoluta di specie pelagiche. Il de- posito è contemporaneo all’altro sulla opposta spiaggia di Pozzuoli. e sito alla stessa altezza, evidentemente dovuta agli sconvolgimenti a cui la regione è andata soggetta e rammentati confusamente da Plinio, Strabone e da altri autori antichi. È il più recente di tutti gli altri depositi dell’ isola. Scacchi (XVIII, p. 7) ha raccolto 156 specie in questa loca- lità, Fonseca (IV, p. 20) 105, Philippi prima (XVI, p. 269) e Lyell poi (XII) citano 92 specie, insieme a quelle delle altre formazioni dell’ isola; infine è anche nominata in altre opere di Scacchi (XIX, p. 305; XX, p. 21), dal Pilla (XVII, $ 391) e dallo Spada-Lavini (XXI, p. 362). Lyell riferisce che Philippi e Scacchi raccolsero nel deposito specie tutte viventi, tra cui il solo Lecter medius assente dal Me- diterraneo. Questa specie è però una forma esotica e nella rac- colta di fossili della regione flegrea esistente nel R. Museo Geo- logico di Napoli non ne ho tr ovato alcuna che alla suddetta possa riferirsi. F.-AGGREGATI VULCANICI PRESSO PozzuOLI. Il deposito più importante e più noto è quello della Starza, sulla spiaggia tra Pozzuoli e Monte Nuovo, contemporaneo al precedente . he 5 La Ag e situato alla stessa altezza dal mare; ma tutta la valle tra il Monte Barbaro e la Solfatara è riempita da materiali tufacei, in qualche punto fossiliferi. ‘ Nel suddetto sito la spiaggia è un poco rialzata dal mare e dalla parte di terra è limitata da una serie di collinette formate di tufo e pozzolana, lungo il pendio delle quali, ed all'altezza di poco meno di 25 m., vi è il deposito conchiglifero, analogo per età e stato di conservazione dei fossili a quello di Mezzavia in Ischia. Scacchi (XVIII, p. 12) fa notare come le conchiglie di que- sta formazione abbiano in generale dimensioni maggiori delle stesse specie viventi; egli ne ha raccolte 82. Come complesso di fauna noto che nella località di Pannella in Ischia abbondano le forme sabbiose, qui invece queste sono mescolate con altre di stazione rocciosa e di mare alquanto pro- fondo. Nello stesso tufo del Monte Nuovo s’ incontrano molte con- chiglie e però , sembra « che questa roccia altro non sia se non il tufo orizzontale depositato nelle acque del mare e così rimasto sino al 1538, quanto per l'avvenuto sollevamento fu spinto all’al- tezza in cui ora si rinviene » (Scacchi, XX, p. 13). Il De Angelis (VII) riporta un catalogo di 24 specie di mol- luschi fossili dei depositi quaternarì vulcano-marini alla base del Monte Barbaro presso Pozzuoli ed esistenti gli esemplari nel Museo Geologico di Roma; depositi dimostranti uno spostamento della linea di spiaggia. Hanno anche fatto parola del deposito della Starza il Lyell (XIT), di nuovo lo Scacchi (XIX, p. 375), il Philippi (XVI, p. 269), il Pilla (XVII, $ 390-391). Philippi cita 99 specie di molluschi rac- colti insieme a Scacchi; riporta di nuovo il Pecter medius e fa no- tare la grandezza speciale degl’ individui di Lucia fragilis e spi- nosa, l’enorme abbondanza della Tellina serrata, oggi rara, e della Ostrea lamellosa, che più non vive nel mare di Napoli. Pilla rite- risce d’aver raccolto nel deposito di Pozzuoli la Diplodonta dilatata, Phil., non più esistente nel Mediterraneo, ma forse citata da Pay- reaudeau in Corsica sotto il nome di Lucina lactea. Dovrà forse considerarsi come un prolungamento degli strati della Starza il deposito citato dal Philippi (XV, Seiten 283-292; XVI, p. 270) in Pozzuoli stesso (2 ipso oppido Puteolano), venuto fuori nel gettare le fondamenta d’ un ospedale. Vi raccolse 105 specie, tutte analoghe alle attuali. CANE Il Guiscardi (VIII, pp. 2-4 dell’ estratto) cita il sito fossili- fero che venne allo scoperto nel tagliare il tufo bruno allo sta- bilimento dei bagni Mazzella a 9 m. dal mare ; il deposito stra- tificato si può seguire all'aperto e risulta di tufo, con fossili, sot- tostante a sabbia marina con ciottoli e rari fossili. La maggior parte delle conchiglie sono logorate o rotte (Murex, Ostrea, Spon- dylus), mentre le squame di Chama sono illese e le Siiquarza rotte, ma non logorate. « Da questi fatti io credo non andar troppo lontano dal vero, se argomento che il deposito fosse piuttosto pro- fondo, che le Arca, Chama, Siliquaria vivessero dove si trovano seppellite , che le altre specie vi fossero trasportate dai flutti ». (pp. 2-4). Guiscardi cita in tutto una ventina di specie. G.-— Massi ERRATICI DEL MonTE SOMMA. Hamilton (X), Monticelli (XIII, p. 154 e seg.), Scacchi (XIX, p. 389), Guiscardi (IX) sono gli autori che hanno dato delle liste di molluschi fossili del M. Somma. Solamente l’ultimo si diffonde in notizie ampie, mentre il primo ne parla incidentalmente ed il secondo in una lettera diretta ad Humboldt espone un catalogo di pezzi di roccia conchiglifera, ma non di specie. Le rocce che racchiudono questi fossili sono argille ed are- narie a cemento calcareo ; si rinvengono erratiche nei fianchi del monte e nei laterali burroni (Rivo di Quaglia, Molera di Massa, Fosso grande, ecc.). \ Forse furono lanciate dalle antiche eruzioni vesuviane ed in nessun modo è ammissibile che sieno potute derivare dalle pros- sime montagne calcaree. Debbono riferirsi a due età, però sempre recentissime; l’una (argille ed arenarie) anteriore al vulcano, l’altra (tufi) posteriore alla sua prima origine. Non mostrano traccia alcuna di aver subìto l’azione d’alta temperatura ed in nessun altro sito dresso il Vesuvio e nei dintorni di Napoli se ne rinvengono di simili. Tutte le specie del Monte Somma si raccolgono ancor viventi nel golfo e nella stessa proporzione d’abbondanza; una sola è flu- viatile. Scacchi cita 12 specie della marna, 9 dell’ arenaria, 5 di ambo le rocce. ba SZ hi pg CONCLUSIONE Dalle osservazioni e dalle ricerche sinora eseguite la fauna dei molluschi neogenici della regione vulcanica napoletana ri- sulta composta di 306 specie, delle quali appena due o tre sono state raccolte in tutte le formazioni, in cui il numero delle specie è così ripartito : A sp. S1 D' sp. 126 Bb sp. 25 K-sp.. L97 Gispi 99 C ‘sp. 35 Psp: 92 Questa fauna è nel suo complesso d’habitus Uttorale a facies sabbiosa o rocciosa, e mentre notiamo l’assoluta mancanza di forme pelagiche, possiamo osservare che molte delle specie fossili hanno una statura più grande delle stesse attualmente e nei medesimi siti viventi. i La grande abbondanza del numero di specie e d’ individui nelle diverse formazioni, che pur si estendono per piccoli lembi, ‘mentre 1 fossili sono rarissimi nelle colline di tufi che circondano Napoli, ci dimostra che mentre in generale la vita in quei tempi ferveva così intensa come al presente, da molti siti gli organismi erano cacciati e respinti dal vulcanismo, che, rendendo le acque inabitabili, li spingeva a convergere verso poche località sicure, dove oggi i loro resti fossilizzati abbondantemente si raccolgono. n——r_a-akék [i | i/- -i i*:::i:c--::::::::-:-««- ‘cf ii FAUNA DEI MOLLUSCHI FOSSILI DEL Monte Scsi be È; Hi bi x PA "7 RISGAO Ri) bei È N) UO “> 4° dato OR, Ù DA = 12° ii pe ki ® ALTRE DELLE DIVERSE FORMAZIONI DELLA REGIONE | NAPOLETANA. NOME DELLE SPECIE DEL MONTE SOMMA | A 1 Bse Diacria trispinosa (Les.)=Hyalaea depressa, Bi II LAT IL (GASTEROPODA PrEROPODA ; | l | Limnaea ovata, Drap. = Helix auricularia, 0. | G. Costa (pars). . Da Ciad SIICO To Scaphander lignarius CRC. O NILE Eee RT Haminea hydatis (La) Bulla pisum, Delle | Chiaie . . | Retusa truncatula (Brug. DE — Bulla a eylindrica | Scacchi . Rosania utriculus (Brocchi). ARL SE Ringicula auriculata (Mér.). I Ginnania nana (Scacchi). . . + | Marginella secalina (Phil.) . | Nasa iatale (Li) TE OI A 22: duierassata: (Maller)-i0 50 ru saran +— Lacepedei (Payr.). (00 0h ie Amycla semistriata (Brocchi) . ; Morio Thyrrena (Chemm.) SUA RI Chenopus pes-pelecani (L.) . . /. | Cerithium vulgatum (Brug.) . Pirenella conica VE ) = ‘mamillatam | SERI, NOE, i Ei | ci Vermetus gregarius, Monterosato. Tenagodes obtusa (Schum)= Siliquaria angui- maseauoi: .. ae a Poet Turritella terebra (L.) ua Skeneia exilissima (Phil.) — fide Guiscardi. | Cda Schwartzia monodonta (Biv. in Phul.) . . . Bithinia tentaculata (L.). . Calyptraea chinensis (L,) = C. vulgaris Phil. Natica helicina (Brocchi) AA di —«magilenta; Payne TA VEZAR + Poliana; delle Chinese SORRREA Payraudeautia intricata (Don.). . . . . .|& i se, c'e NOME DELLE SPECIE DEL MONTE SOMMA Scalaria clathrus (L.) . x gostylus striatula - (L) a auct. Weonona Dentalium dentalis (L) Deshayes . Antale tarentinum (Lam.)=D. SRI, Phil. PELECYPODA Ostrea edulis (L.) auct. . — cristata, (Born) Poli . Anomia cepa (L.), Poli . ; . Radula vesuviana, m.f. (v. Hescrizione in n fi ine). Pecten jacobaeus (L.). pra Chlamys varia (L.) Aequipecten opercularis (Lì) Flexopecten adspersus (Lam.) è Lissopecten hyalinus (Poli) . Palliolum similis (Loskey) Mytilus galloprovincialis, Lam. — edulis, auct. ELL 3 MEER PRENDE Mytilaster minimus (Poli) Modiola modiolus (L.) ; Pectunculus pilosus (L) auct. . . Nucula nucleus (L.)=N. argentea (Poli) Nucula sulcata, Bronn=N. Polii, PWil.. Leda pella (L.)=Arca interrupta, Poli . Astarte fusca (Pol?)= Venus incrassata, Brocchi. Cardium edule, L. . . — rusticum, Chemn — tuberculatum, L. — Deshayesii, Pay. — aculeatum L. — ciliare L. È — echinatum, L. . A I Laevicardium oblongum (Chemn.)= C. flavum, deli + ; Isocardia cor. (L.). i: Chamelaea gallina (L.) — ovata (Penn.)= ui radiata, Br occhi. Callista chione (L.) . Meretrix rudis (Polî). . . Clausinella fasciata (Da. ni — Venus | dyse- ra, Brocchi. Gouldia minima L. — Cytherea apic salis, Phil.. Dosinia exoleta (Poli). LEA SE | l NOME DELLE SPECIE DEL MONTE SOMMA A{|B|C|D|E|F | | | | — lincta (Pulteney) . . +. È I RE I ela Diplodonta rotundata (Mont.) \=Ve enus 3 lupinus, ì la Brocchi. RANA Dei | Donax trunculus dI. e ERA: i A] MR to — semistriata (Poli) i, I Psammobia vespertina (Chemm.) ES Solenocurtus strigillatus (L.) di antiquatus (Pulferey). ! dé Pharus legumen (L.). Ensis ensis (L.). . . L'i i — siliqua (L.) . SA IT a Mesodesma corneum (Poli) . TRE | Mactra corallina (L.)=M. stultorum, auct. . | | loi Ag Mactra triangula (Ren.) . #5 butraria. elliptuca, Wan <..0/ LV e A Corbula gibba (Oli2)=0. nueleus, Phil. . . | Fre lia Sazioava, arcuea (LO en I tenore (LIL MEDIA RA I Le Lucina ie (Penn.)=L. caduca, Scacchi Loripinus fragilis (Phil.)= Venus edentula, Br. | & go Loripes leucoma (Turton) = Tell. lacta, Poli | et auci. . ... 5 Fi pa e Lucinella comma (Phil.). are TT CA AVIRA PI Syndosmia: Renieri: ( Brown.) 0.0. Rocca LA Erycina stricta ( Ren.) Tellina distorta, Poli . * le log Moerella donacina (L= Tell. subcarinata, Br. | s |a Uli Tellinella pulchella (Lam.) . A Ad i | i == Serrata: (Rent), Brocchi: cerato SCAMS sE do Fabulina fabuloides. Mont. = T. fabula, auct. | Pesonaes plemlattà (Di), RAT RSa | — nitida (Poli). a (er ala Chrica: sonmus ig) EINEN RPRALA Thracia papyracea (Pol)=T. phaseolina. Phil, | i | Li | | Osservazione—I Dentalium coarctatum e strangulatum, citàti da Scacchi e Guiscardi, non sono resti di molluschi, ma gusci di Ditrypa cornea, anellide comunissimo nel golfo. RADULA VESUVIANA, n.f. Testa obliqua-ovalis; aequilatera, recta, inflata, striis radiantibus ornata longitudinaliter decurrentibus(circa 45); striae subtiles in parte mediana valvae magis impressae. Long. . 92 ram. bat6. mn i Di questa forma nuova di Radula ne conosco un solo esem- plare ottimamente conservato, ‘esistente nella collezione del KR, Museo Geologico di Napoli. AM E formato di una sola valva fossile nell’arenaria insieme a frammenti numerosi di altre conchiglie. La forma a cui più si avvicina è la £. subauriculata (Mtg)= Lima nivea, Phil. (pars); ma ne differisce per la maggior statura, per le coste numerose, per —- Esemplare del R. Museo Geologico di Napoli. (Ingrandimento del doppio). il contorno generale della conchiglia. Nè il Philippi, nè il Monte- rosato citano la £. subauriculata del golfo di Napoli, dove però io lho dragata una sola volta nel mare di Capri; la forma del monte Somma è però decisamente estinta nel golfo e forse scom- parsa dal Mediterraneo. Delle 98 specie del Monte Somma circa un terzo (29) non si raccolgono nelle altre formazioni neogeniche recenti del perimetro del golfo di Napoli, dove tutte, meno una, sono ancora viventi. Due sole specie sono comuni a tutte le formazioni. Il complesso della fauna è quasi identico a quella delle for- mazioni E ed F (valletta di Mezzavia, la Starza presso Pozzuoli) ed appartiene quindi, perchè contemporaneo alle suddette forma- zioni, al tempi recentissimi in cul esse si sollevavano dal mare. È da ammettersi l’ opinione che i massi erratici del Monte Somma appartengono a depositi sottostanti alla base dell’antico vulcano e nei quali si aprì questo la strada asportando e solle- rando dei blocchi. Nessuna rassomiglianza si ha invece tra i molluschi fossili del M. Somma e quelli delle formazione A e B (marna d'Ischia, tufi di Napoli) ; delle 98 specie vesuviane appena 13 sì trovano MN, it fossili nella marna e 5 nei tufi, mentre 10 si raccolgono nella for- mazione C. 33 nella formazione D, 55 in E, 44 in F. Avuto quindi riguardo all’abbondanza relativa dei fossili in ogni deposito, notiamo facilmente come andando dal deposito A sino al G, la ricchezza paleontologica vada aumentando ; la fauna del monte Somma è analoga, perchè contemporanea, alle altre delle formazioni E ed F ed egualmente copiosa. Essa, come quella di E e di F, è costituita da forme littorali a faezes sabbiosa, prova ne sia la grande abbondanza di Cardium, Venus, Tellina e pele- cipodi affini, la mancanza assoluta di specie di mare profondo e di stazione rocciosa. Ciò viene anche confermato da qualche rara forma fluviatile mescolata a quelle marine, e da tutte le osserva- zioni ancor più riesce provata l’ origine pliocenica dei molluschi attualmente viventi nel golfo di Napoli. Torino, Dicembre 1902. Terzo contributo allo studio della flora cavese pel socio LeopoLpo MARrcELLO. (Tornata del 8 febbraio 1903) Anche quest'anno ho continuato a raccogliere le piante della fertile regione di Cava dei Tirreni. Proseguo quindi, in questo terzo contributo, 1’ elenco delle specie determinate, le quali sono 321; esse, sommate alle prece- denti, raggiungono il numero di 888. Il quadro riportato nel secondo contributo allo studio della flora cavese, viene, perciò, modificato come appresso : Numero totale delle famiglie, dei generi e delle specie FAMIGLIE DIcoTILEDONI i } È x ; v , 69 MovxocoTILEDONI . è i 5 . b 7 At: AGCOTILEDONI VASCOLARI . 3 £ i, i . 3 A COTILEDONI CELLULARI . È x 3 È A 3 86 GENERI DIcoTILEDONI 293 MoxocorILEDONI . 3 È . 9 ì : TB: A CGOTILEDONI VASCOLARI . , - b o : lai ACOTILEDONI CELLULARI . È : è ; : VEL: 389 SPECIE DIcoTILEDONI È 4 2 ; e 4 . 649 MovxocoTILEDONI . & . È : : MITTUA SI: ACOTILEDONI VASCOLARI . , : ; . È 19 ACOTILEDONI CELLULARI . È } i 5 È 19 Di DICOTILEDONI I. RANUNCULACEAE Tgauicrrom minus L. Nella parte superiore del M. S. Ange- lo. — Giugno-Luglio. RanuncuLus PriLonoris Ehrh. — — var. tuberculatus DC. Lungo i margini dei campi alla Costa presso Croce, e qua e là nei luoghi umidi ed ombrosi. — Maggio-Giugno. R. muricatus L. Nei luoghi erbosi, specialmente del versan- te occidentale. — Aprile-Maggio. R. Aarvensis L. Comune nei seminati e lungo i margini dei campi in tutta la regione.—-Maggio-Giugno. , HeLLeBorus rortIpus L. Lungo la via che conduce al M. S. Angelo, e qua e là sulle colline rocciose. — Gennaio-Aprile. DeLPHINIUM SrapmisacrIA L. Sui Monti S. Angelo e Finestra ed al valico di Croce. — Aprile-Maggio. D. oLrverianum DO. !) Lungo il margine di un campo a Ro- tolo.—Giugno-Agosto. II. BERBERIDACEAE BerBeRrIS vuLcarIs L. Nei boschi e nelle siepi, a Rotolo e st PRE Croce.—Maggio-Giugno. III. PAPAVERACEAE FUMARIA OFFICINALIS L. — — var. scandens Reicheb. Comune nei campi, sui muri e sulle rocce di tutta la regione. — Aprile-Settembre. F. carreoLata L. Nei campi e sui muri, dovunque.—Aprile- Giugno. F. spicata L. Sui muri, più specialmente a Sud-Est di Cava.— Marzo-Aprile. 1) L’esemplare raccolto corrisponde pienamente alla figura del DC. Lessert. Vol. I, Tav. 51. a SE) IV. CRUCIFERAE MartHIOLA sIinuataA R. Br. Qua e là sui muri e sulle roc- ce. — Maggio-Giugno. BarBarEA srrICra Andrz. Nelle erbe alla Parata.—Ap.-Mag. B. prarcox R. Br. Lungo le vie dei Monti S. Angelo e Fi- nestra.—Marzo-Aprile. Arazis verna R. Br. Sulle rocce e sui muri alla Pietra San- ta, a Rotolo, ecc.—Aprile-Maggio. A. HIrsutA Scop. All’Avvocatella, alla Costa, nei siti aprici.— Maggio-Giugno. A. sagirtata DO. Sulle rocce alla Parata, e qua e là nella regione.—Maggio-Giugno. CARDAMINE IMPATIENS L. Comune nei campi e lungo i margini di essi, sulle rocce, ecc.—-Maggio-Giugno. C. mrsuta L. — — var. sylvatica Link. Nei boschi a M. S. Angelo.—Mar- zo-Maggio. . SisyMBRIUM OFFICINALE Scop. Lungo le vie e nei prati della regione.--Maggio-Ottobre. S. ALLiarIA Scop. Nelle siepi alla Parata ed ai Monti S. An- gelo e Finestra.—Aprile-Maggio. Brassica Napus L. — — var. oleifera DC. +1) Lungo i margini di un campo a S. Cesareo.—Aprile-Maggio. B. prraecox Waldst. Kit '). Sui margini di un campo a Ce- sinola.—Aprile-Giugno. SinaPIis NIGRA L. Lungo la via Annunziata-Serra.—Ap.-Mag. Rapistrum RUGOsuM All Nei campi e nei luoghi erbosi alla Parata, alla Pietra Santa, a S. Arcangelo, ecc.—-Maggio-Giugno. DraBA muraLIis L. In mezzo alle erbe alla Pietra Santa , e qua e là sui muri e sulle rocce. Aprile-Maggio. Truaspi Bursa-PastoRIS L. — — var. rubellum Reut. Sulle rocce al colle di S. Croce ed al M. S. Liberatore.—Gennaio-Dicembre. LePIpIUM virGINICUM L. 2) Sul muro, sotto le arcate del con- vento dei Cappuccini. —Giugno. 1) Sfuggita alla coltura ? 2) Pianta oriunda del Nord America ed inselvatichita in varie parti d’ I- talia : fin qui non ancora riscontrata nell’ Italia meridionale. Spree ArTHIONEMA sAxaTILE R. Br. Sulle rocce al M. S. Angelo. — Aprile-Maggio. Iseris umBeLLATA L. Siti aridi sassosi della regione.—-Aprile- Luglio. Bunras Erucago L. 4) Nei campi, sulle rocce,-ecc., a M. S. Adjutore, ad Arco, Campitello ecc.—Febbraio-Maggio. V. RESEDACEAE RessepA ALBA L. Nei campi e lungo i margini di essi.—Mag- gio-Giugno. R. Payreuma L. Qua e là nei luoghi incolti, specie del ver- sante orientale.—-Maggio-Giugno. VI, POLYGALACEAE PoLvyaara TurINGIACA Spr. Sulle rocce a M. S. Angelo.— A- prile-Maggio. VII. CISTINEAE. Crsrus viLLosus L. — — var. crcticus L. Sulle rotce alla Pietra Santa, a Roto- lo, al colle di S. Croce.—-Maggio-Giugno. C. incanus L. Sulle rocce alla Pietra Santa, alla Torre, alla Valle, ecc.—Aprile-Maggio. HELIANTHEMUM ITALICUM Pers. — — var. candidissimum Dun. Sulle rupi al M. S. Angelo.— Maggio-Giugno. H. vuLeare Gaert. — — var. hrsuta Dun. Sulle rocce alla costa presso Croce.— Aprile-Settembre. H. ARABICUM. Pers. — — var. glutinoso-viscosum Guss. 2) Sulle rocce a Rotolo, a Croce, a M. S. Adjutore.--Maggio-Giugno. H. Fumana Mill. Colli rocciosi ad oriente di Cava.—Maggio- Luglio. 1) Il volgo chiama questa pianta arucule. 2) Gli esemplari raccolti appartengono certamente a questa varietà piut- tosto rara e nuova affatto per la regione. La pianta si distingue per essere completamente ricoverta, in ogni sua parte, di peli glutinosi. ° SOIT H. canum Dun. Parte superiore del M. S. Angelo. — Aprile- Luglio. VIII. VIOLACEAE VioLa HIRTA L. — — var. Denhardti Ten. Comune nelle siepi. Genn.-Ap. V. siuvarica Fr. Fra le erbe a M. S. Angelo.—Mar.-Aprile. V. caLcarata L. Nella parte inferiore del M. S. Angelo, ed alla Parata.—Luglio-A gosto. IX. CARYOPHYLLEAE DranTHUS carRvoPHYLLUS L. — var. longicaulis Ten. Sulle rocce ai Monti S. Angelo e Fi- nestra.—Luglio-A gosto. SILENE SERICEA All. Sui muri e sulle rocce all’acqua del Sam- buco e nel versante orientale di Cava.—Maggio-Luglio. S. penpuLa L. Lungo i margini dei campi e sui muri alla Pietra Santa, a Rotolo, a Croce, al M. S. Adjutore.—-Apr.-Magg. S. Armeria L. Sulle rocce alla Pietra Santa, a S. Cesareo, a Cesinola, ecc.—Giugno-A gosto. S. saxrrraGa L. Lungo le vie rocciose dei Monti S. Angelo e Finestra.—Giugno-Agosto. S. paraDOxA L. Sulle rocce al Sambuco.—Luglio-Ottobre. Lycnis coronarIA Lam. Nel versante orientale di Cava. — Giugno-Luglio. L. GirBago Lam. Fra i grani a Pregiato ed a Rotolo.—Giu- gno-Luglio. Cerastium viscosum L. Qua e là nei boschi della regione. Maggio-A gosto. C. campanuLatUM Viv. Lungo le vie, i margini dei campi, ecc- alla Pietra Santa, a Cesinola, a Rotolo.—-Marzo-Maggio. C. repeNs L. !) Alla Parata e qua e là nelle erbe. —Giugno- Luglio. 1) Gli esemplari raccolti corrispondono esattamente alla figura 4984 del Reichembach; ma differiscono dal C. fomentosum per essere piante pelose, non canescenti, ed a toglie più allungate, lineari-lanceolate. Mi sembra quindi dover conservare distinto il C. repens. Alcuni esemplari poi, essendo glabrescenti, potremo chiamarli C. repens var. glabrescens. Il C. longifolium Ten. (Tav. 140, fig. I) è affatto diverso. a’ De C. Lonce-PEDUNCULATUM Ten. 1) Inferiormente al convento della Trinità.—Marzo-Maggio. MorWRInciA muscosa L. Fra le pietre e sulle rupi all’Avvo- cata, a Trinità di Cava, qua e là.—Maggio-Agosto. ALSINE TENUIFOLIA Cr. — — var. laxa Wk. ?) Sul muro ai Cappuccini.—Ap.-Giug. SagINnA APETALA L. Nelle rocce e sui muri alla Parata , alla Pietra Santa, alla Serra, a Rotolo, a Croce.—-Maggio-Ottobre. X. HYPERICINEAE Hypericum Anprosaemum L. Comune nei luoghi erbosi in tutta la regione.—Giugno-Luglio. H. monranum L. Nei boschi del versante occidentale.— Giu- gno-A gosto. XI. MALVACEAE ArrHAEA oFFIcinaLIs L. Parte superiore del M. S. Angelo.— Maggio-Giugno. XII. GERANIACEAE Geranivm coLumpinum L. Nei luoghi erbosi e nei campi alla Parata, alla Pietra Santa, a S. Cesareo, a Passiano, — Apr.-Mag. Linum spicatum Lamk. Sulle rocce e nelle siepi alla Pietra Santa, a Rotolo, a Croce, ecc.—Aprile-Maggio. L. catgarTICUM L. Nei diversi monti di Cava.—Lug.-Ag. XIII. RUTACEAE Rura pivaricata Ten. Sul M. S. Angelo e sui colli del ver- sante occidentale. —Giugno-Agosto. XIV. SIMARUBEAE ArtLANTHUS ExCELSA Roxb. 3) Insieme all’ A. glandulosa.—Magg. 1) Questo Cerastium fu già indicato, pei monti Cavensi, dal Gussone e fu ritenuto come varietà del C. campanulatum. Ma ne differisce assai per essere più grande, villoso-viscoso, con fiori assai grandi, lungamente pedicellati, e, specialmente, pel colore dei petali che è giallo e non bianco. 2) Vedasi WiLLkomm — /cones plantarum, pag. 106, tav. 69. 3) Foglioline intere, pubescenti nella pagina inferiore. Sti CIA XV. RHAMNACEAE Triex AquiroLIUM L. *!) Nei boschi alla Valle ed a M. S. Li- beratore.—Maggio-Giugno. Rgamnus ALaterNUS L. Nei boschi all’Annunziata, a S. M.® a Toro, alla Serra, a Rotolo.—Gennaio-A prile. R. pumia Turr. Sulle rocce a M. S. Angelo.—Magg.-Lug. R. pusia Ten. Nei crepacci delle rocce ai Monti S. Angelo e Finestra.—Maggio-Luglio. XVI. SAPINDACEAE STAPHILEA PINNATA L. Nelle rupi e nei luoghi incolti alla Pa- rata, lungo le rive scoscese del fiumicello Bonea, nel vallone Sum- monte, ecc. —Maggio-Giugno. XVII. LEGUMINOSAE SarorHAMNUS scoparIus Koch. *) Comune nei boschi e nei luoghi incolti di tutta la regione.—-Maggio-Giugno. Cyrisus Lapurnum L. Nei boschi alla Parata, a Passiano, a Rotolo, a Croce, eec.—Aprile-Maggio. C. spinEscENs Sieb. — — var. ramosissimus Ten. Nella parte superiore del M. S. Angelo.—Maggio-Giugno. C. sraBIANUS Ten. ®) Comune nelle siepi della regione.—A pri- le-Maggio. Lupinus ANcusrIFoLIUS L. Qua e là nei campi.—Mar.-Giug. MepIcAGO oRrBICULARIS All. Nei campi e nelle siepi alla Serra, a S. M.8 a Toro, ecc.—Aprile-Giugno. M. rrIBuLoDes Desr. Comune nei prati e nelle siepi di tutta la regione.—-Aprile-Maggio. M. GeraRpI Kit. Nei campi e sulle rocce alla Pietra Santa, ed a Rotolo.—Maggio-Giugno. TriroLium ARvENSE L. Nei campi e nei luoghi erbosi dovun- que.--Maggio-Giugno. 1) Questa specie è dal volgo indicata col nome di lecîna d’ o diavolo. 2) Il volgo chiama questa specie ghianeste. 3) Intorno ai caratteri pei quali il Tenore ha creduto tener distinta questa specie dal C. tri/lorus, vedasi TeNoRE. Flora napoletana, vol. V, pag. 95. Lu QUE T. resupinarum L. Comune nei prati e nei luoghi erbosi ai Cappuccini, a Pregiato, alla Parata, alla Pietra Santa, ece.—Apri- le-Luglio. — — var. suaveolens Wild. a S. Lucia e qua e là nelle erbe.— Maggio-Giugno. T. rracIFERUM L. Lungo i margini dei campi, sui muri, ed in tutti i luoghi erbosi.—Giugno-A gosto. T. repens L. Comunissimo nei prati.—Aprile-Luglio. Boxyeania Hrsuta Rchb. Sui margini dei campi alla Parata, a Rotolo, a Croce.—-Maggio-Giugno. Lorus cornIcuLATUS L. — — var. grandiflorus Bert. Nei luoghi erbosi. —Ap.-Giug. AsrragaLus eLyovpHYyLLos L. Nelle erbe alla Parata, alla dal ra, a Croce.—-Maggio-A gosto. Scorprurus susvinzosa L. Comune nei campi e fra le erbe alla Trinità, alla Prata, a Rotolo, a Croce, dovunque.--Magg.-Giug. CoronILLA EMEROIDES Boiss. 1) Qua e là nelle siepi. OrNnITHOPUS comPressus L. Frequente nei luoghi erbosi di tutta la regione.—Maggio-Giugno. . OxoBrycHIS saTIva Lam. *) Nelle colline del versante orien- tale.—Giugno-Luglio. Cicer ARIETINUM L. 3) Nelle erbe lungo la via della Pietra San- ta.—Giugno-Luglio. Pisum arvense L. *) Nei campi dei monti e nelle siepi, spe- cie del versante orientale.—Aprile-Maggio. Laryrus ApHaca L. Comune nei campi a S. M. a Toro, alla Serra, ecc.—Maggio. IL. CLywenum L. Lungo i margini dei campi alla Serra, a S. M.a a Toro, all’Annunziata.—Maggio-Giugno. L. sarivus L. 4 Sulla via Annunziata-Serra.—Maggio. L. ancustiroLIus DC. Qua e la nei boschi. —Giugno-A gosto. Vicia GranDIFLORA Scop. Nelle erbe a S. Cesareo, a Cesinola,, all’Avvocatella, all’Annunziata, ecc.—-Maggio-Giugno. V. corpata Wulff. Nei luoghi incolti alla Valle, a Croce, alla Serra, a M. Castello, dovunque.—-Maggio-Giugno. V. anGustIFOLIA All. Nelle erbe della regio ne, Mage N 1) Per questa specie si consulti Bossier. Diagnoses Plantarum orientalium novarum, fas. II, pag. 100. 2) Inselvatichita ? 3) Sfuggita alla coltura? 4) Sfuggita alla coltura ? Pa V. Gerarpi Will. Nelle siepi e nei boschi dal piano a M. S. Angelo.—-Giugno-Luglio. V. ocHroLEUCA Ten. !) Nelle siepi e sugli alberi all’Avvoca- tella, alla Parata, a M. Finestra.—Maggio-Giugno. V. siruyNIca L. Nelle erbe c nei coltivati alla Serra, ad Arco; a Rotolo.—-Maggio-Giugno. Vesvania Host; — — var. ambigua Guss. Nella parte superiore del M. S. An- gelo.—Maggio-Luglio. V. pseuDOCRACCA Bert. — var. Rosani Ten. Sulle rocce al Corpo di Cava, a Croce, alla Valle.—Aprile-Giugno. XVII. ROSACEAE SPIRAEA LANCZOLATA Poir. Qua e là lungo le siepi. —Magg.-Giug. PorentILLA cauLEscens L. Nelle fessure delle rocce al M. S. Angelo.—Luglio-A gosto. P. ARGENTEA L. — — var. calabra Ten. Alla sommità del M. S. Angelo. — Luglio-A gosto. Rusus caesius L. A S. Lucia, e qua e là nelle siepi e nei luoghi ombrosi selvatici.—Giugno-Luglio. R. cLanpuLosus Bell. Sul M. S. Angelo. —Giugno-Luglio. Rosa Montana Chaix. Sul M. S. Angelo. —Giugno-Luglio. R. AGRESTIS Savi. Sul M. S. Angelo.—Maggio-Giugno. R. sryLosa Desv. >) Sul M. S. Adjutore.—Maggio-Luglio. R. semPeRvIRENS L. Frequente nelle siepi a Cesinola, a Ca- stagneto, ecc.—Maggio-Giugno. R. Banxksie R. Br. 3) Alla Parata.—Aprile-Luglio. MespiLus cerMmANICA L. Nei boschi e nelle siepi alla Pietra Santa ed a Cesinola.—Maggio-Giugno. Pyrus Aria Ehrh. Sulle rocce , alla sommità del M. S. An- gelo.—Maggio-Luglio. 1) Negli esemplari raccolti il peduncolo dell’inflorescenza è più corto della foglia, e le foglioline sono alquanto sericee nella pagina inferiore. 2) Fin qui non citata per l’Italia Meridionale. 3) Sfuggita alla coltura? i A î Sal XIX. LYTHRACEAE Lvrarum Savicaria L. Vicino ai fossi della neve a M. S. An- gelo.—Giugno-Agosto. XX. ONAGRARIEAE EpiLosium Hrsurum L. Lungo i margini di un campo al val- lone Summonte.— Giugno-Luglio. XXI. CRASSULACEAE CoryLeDon HorIZoNTALIS Guss. Sug muri e sulle rocce alla Pietra Santa, e qua e là in tutta la regione.—Maggio. SepUM DasyPHYLLUM L. Qua e là sui muri e sulle roccie. — Maggio-Giugno. S. aLrissimum Poir. Sui muri e sulle rocce alla Pietra Santa, all’Annunziata, a Croce, ecc.—Giugno-A gosto. S. nispanicum L. Nelle rupi a M. S. Angelo. —Magg.-Giug. XXII. SAXIFRAGACEAE SaxIrrAGA ROTUNDIFOLIA L. Parte superiore dei Monti S. An- gelo e Finestra.—Giugno-Luglio. S. marcinata Stern. Alla sommità del M.S. Angelo. —Giug. S. neGLECTA Ten. Nel terzo superiore del M. S. Angelo. —Giu- gno-Luglio. XXIII. UMBELLIFERAE EryNnoIum amerHysTINum L. Ai Monti S. Angelo e Finestra ed all’ acqua del Sambuco.—Agosto-Ottobre. SANICULA EUROPAEA L. Comune nei boschi alla Parata, a M. S. Angelo, a S. Cesareo, a Castagneto, dovunque.—Magg.-Lug. BurLeurvm renvIissimum L. Nelle erbe del versante orienta- le. —Luglio-Novembre. ANTHRISCUS sILvestRIS Hoff. Nei boschi a. S. Cesareo, a Ce- sinola, alla Parata, a Passiano, nella palestra scoverta di Badia.— Maggio-Giugno. CÙaeropHyLLum reMuLUM L. Lungo le vie e nelle siepi alla Parata, a Rotolo ed al colle di S. Croce.—Giugno-Luglio. RI + - ESSA SeseLi montanuM L. Sul M. S. Angelo, alla Valle, ed all’ a- cqua del Sambuco.—Agosto-Settembre. OenantE LacHenaLIT Gm. Nei prati a Cesinola, a Castagne- to, in vicinanza del vallone Traustino, ecc.—Giugno. O. JorpanI Ten. Nei luoghi erbosi a Cesinola, alla Parata. — Giugno-Lugl'io. ANGELICA svLvesTRIS L. — — var. nemorosa Ten. Nella parte superiore del vallone Bonea-Summonte.—Luglio-Settembre. FERULA NEAPOLITANA Ten. Al M. S. Angelo , all’ acqua del Sambuco, al Telegrafo.—-Maggio-Giugno. Daucus MicneLn Car. Nei campi della regione.—Apr.-Magg. Tuapsia GARGANICA L. Sul.M. S. Angelo ed all’ acqua del Sambuco.—Maggio-Giugno. XXIV. RUBIACEAE AsperuLa LoNGIFLORA W. K. Nel terzo superiore del M. S. Angelo, alla Valle, ed all’ acqua del Sambuco.—Luglio-Novem. GaLium Lucinum All. Lungo le vie dei Monti Finestra e S. Angelo.—Giugno-Luglio. — — venustum Jord. Lungo le vie alla Serra, ad Arco, a Rotolo, ecc.—Giugno-Luglio. G. Aparine L. Nelle siepi, nei campi, sui muri e lungo le vie ad Alessio, alla Valle, a Rotolo, a Croce, a S. Urbano ecc. — Aprile-Settembre. XXV. CAPRIFOLIACEAF Loxicera CapRrIFOLIUM L. — — var. stabiana Pasq. Nelle siepi al M. S. Angelo. —A pri- le-Maggio. XXVI. VALERIANACEAE VALERIANELLA MorisonIt DC. Frale erbe alla Parata.—Aprile- Maggio. VALERIANA TuBEROSA L. Alla sommità del M. S. Angelo. — o è Le N Maggio-Giugno. Lan t è leda XXVII. DIPSACEAE Scapiosa arvensIis L. Nei campi e nei prati alla Pietra Santa e qua e là nella regione.—Giugno-Luglio. S. crenatA Cyr. Nelle rupi e sui muri ai Monti Finestra e S. Angelo, a Cesinola, a Croce. —Maggio-Agosto. S. nana Ten. Qua e là nelle erbe e sulle rocce. — Lug.-Sett. XXVIII. COMPOSITAE PeTASITES FRAGRANS Presl. Lungo i corsi d’acqua e più fre- quentemente della P. officinalis, alla Parata, ai valloni Summonte; Traustino ed Oscuro.—-Gennaio-Marzo. BeLLis nigrIDA Ten. Nei luoghi erbosi e nel terzo superiore del M. S. Angelo.—Aprile-Maggio. BeLurastrum MicHeLni Cass. Alla sommità del M. S. An- gelo. —Giugno-Agosto. Senecio NEMORENsIS L. Nei boschi qua e là, ed a M. S. An- gelo.—Luglio-Settembre. i Doroxnicum CoLumnar Ten. !) Nei pascoli a M. S. Angelo e sulla via che mena al colle S. Croce.—Aprile-Giugno. LeucantHEMUM MONTANUM DC. Alla Parata, a Cesinola, ece.— Giugno-Luglio. Pyrrerrum ParrHENIUM Sm. Nei coltivati e nelle macerie, qua e là. —Giugno-Settembre. AvnrHEMmIis Cora L. Comune nei campi a Nord della regio- ne.—Maggio-Giugno. A. Corura L. Nei campi e lungo le strade, dovunque.--Mag- gio-Settembre. Arremisia AcniLLarroLIa Ten. Sulle rocce ai Monti S. An- gelo e Finestra.—Agosto-Ottobre. Inura viscosa Ait. Comunissima nei luoghi incolti, lungo la via della Pietra Santa, a Rotolo, a Croce, ecc.—Agosto-Ottobre. I. Conyza DC. Qua e là sulle rocce, negli erbosi. —Lug.-Ott. CaLenpuLA MICRANTHA Gruss. Nei luoghi erbosi a Corpo di Cava, a Passiano, a Rotolo, alla Valle, ec&.—Aprile-Maggio. PÒÙagnaron rupestre DC. Sulle rocce alla Serra, al M. S. Adjutore, e specialmente a Nord-Est della regione.— Febb.-Mag. 1) Specie piuttosto rara. , — 29 — HeLIicHRYsum SroecHas Gaertn. Nelle colline a Rotolo, alla Serra, ad Arco, a S. M. a Toro, ecc.—Giugno-Settembre. CENTAUREA ALBA L. — — var. splendens L. Nella metà superiore del M. S. An- gelo.—Luglio-A gosto. C. pissecra Ten. Alla sommità del M. S. Angelo. —Magt-Ag. C. spparrocepHALA L. Alla vetta del M. S. Angelo. — Mag- gio-Settembre. Carpuus macrocePHALUS Desf. Nei fossi e nelle siepi a Cesi- nola, alla Avvocatella, alla Valle, ecc.—Giugno-Luglio. C. AcicuLarIs Bert. Lungo i margini dei campi alla Pietra Santa, a Rotolo, a Croce.—Giugno-Luglio. RagaAproLus stELLATUS Gaertn. Nei campi e nei luoghi erbosi alla Costa presso Croce, alla Valle, a Rotolo, al Corpo di Cava alla Pietra Santa, ecc.—Aprile-Maggio. HepyPnors creTIca W. — — var. rhagadioloides Sibth. Nei campi e lungo le vie a Pregiato, a Rotolo, a Croce.—Aprile-Maggio. Lronropon HastiLIis L. Nei luoghi erbosi alla Pietra Santa, a Cesinola, a Castagneto, a Rotolo, a Croce. —Giugno-Aposto. — — var. hispidus L. Con la specie. —Giugno-Luglio. Urospermum DarescHampia Desf. Nei margini dei campi alla Valle, all’Avvocatella, nel vallone Summonte, e qua e là nei luo- ghi erbosi.—Maggio-Giugno. U. picromes Desf. Lungo i margini di una via a S. Lucia, e qua e là con la specie precedente.—-Marzo-Maggio. TraGoPoGon PorRIFOLIUS L. Nei margini dei campi e sui muri alla Serra, a Rotolo, a S. M. a Toro, a Pregiatello, a S. Lucia. — Maggio-Giugno. Picripium vuLeare Desf. !*) Sui muri e sulle rocce a M. S. Angelo, a Rotolo, a Croce, alla Serra, al M. S. Adjutore, a S. M. a Toro, alla Pietra Santa, dovunque.—Maggio-Ottobre. Taraxacum PaLustrE DC. Nei valloni Summonte ed Oscu- ro.—Giugno-Settembre. Hreracrum rupestre All. Nelle rupi a M. S. Angelo.—Giug.- Luglio. H. prraraLtum Vill. Qua e là nei luoghi incolti.—Mag.-Giug. TAGETES GLANDULIFERA Schranh. 3) Su di un muro , in vici- nanza del Corpo di Cava. 1) Il volgo chiama questa specie, molto comune, col nome di lattecielle. 2) Inselvatichita ? il rsa di de. teli a dea Li si ava dI Pe POT - o ere = Nate P% fa Pa — 30 XXIX. CAMPANULACEAE WAHLENBERGIA GRAMINIFOLIA B. et H. Sui Monti S. Angelo - e Finestra.—Giugno-Luglio. i CampanuLa Erinus L. Frequente sulle rupi e sui muri alla Pietra Santa, a Passiano, a M. S. Angelo, a Rotolo, a Croce ed anche al Borgo.—-Maggio-Giugno. | C. rracgeLiom L. Lungo le siepi e qua e là nei Monti. —Lu- glio-Ottobre. C. LatiroLIA L. Nei boschi aì Monti S. Angelo e Finestra.— Luglio-A gosto. XXX. ERICACEAE PyroLa secunpa L. Sul M. S. Angelo.—Giugno-Lauglio. Erica rAMULOSA .Viv. Ai Monti S. Angelo e Finestra e su- periormente alla Parata. , XXXI. GENTIANACEAE FERYTHRAFA PULCHELLA Sw. — — var. tenuiflora Hoff. et Lk. Nei luoghi erbosi umidi. — Giugno-Settembre. XXXII. CONVOLVULACEAE CoxvoLvuLus renvIssimus S. et Sm. 1!) Sulle rocce nel ver- sante orientale.—Maggio-Luglio. ; XXXII. BORRAGINACEAE Oxosma sreLLATUM W. et K. — — var. montanum S. et S. Qua e là nei monti. —Giugno- Luglio. MyosorIs syLvarIca Hoff. — — var. humilis Ten. A M. S. Angelo e nei prati e pa- scoli della regione.—-Maggio-Giugno. AxcHusa IrAaLICA Retz. Nei luoghi erbosi, nei campi e sulla via di M. S. Angelo. —Maggio-Giugno. 1) Questa specie è affine, ma sufficientemente distinta dal C. Altheoides. x i Reni geo CrwxogLossum CoLumnar Ten. Sui Monti S. Angelo e Fine- stra.—Marzo-Giugno. XXXIV. SOLANACEAE SoLanum Sopomarum L. Qua e là al M. S. Angelo.—-Maggio- Agosto. Amrropra BeLLADONNA L. Vicino ai fossi di neve a M. S. An- gelo.—Maggio-Giugno. XXXV. SCROFULARIACEAE VERBASCUM ROTUNDIFOLIUM Ten. Comune nei luoghi erbosi. — Maggio-Giugno. ScROFULARIA AQUATICA L. Nei fossi alla Parata, e lungo i val- loni Bonea-Summonte e Traustino.—Maggio-Giugno. S. canina L. Nei luoghi incolti al vallone Summonte, a M. S. Adjutore, e qua e là nella regione. — — var. bicolor S. et S. Nelle erbe del versante orienta- le.—Maggio-Giugno. LinarIAa PILosa Ten. !) Nelle rupi, sulle rocce e sui muri al- l'Acqua del Sambuco e qua e là nella regione. —Giugno-Luglio. L. striata DC. Nel boschetto a Cesinola.—Marzo-Aprile. VERONICA PROSTRATA L. — — var. pilosa Jacq. Nei boschi ai Monti S. Angelo e Fi- nestra, alla Parata, ecc.—Aprile-Giugno. V. CÒamaeprys L. Nei luoghi erbosi a S. Lucia, a Pregiato, a Rotolo, ecc.—Aprile-Maggio. V. orricinaLis L. Nelle erbe a M. S. Angelo. —Giug.-Lug. BarrsIA viscosa L. Nei campi alla Valle, alla Pietra San- ta, ecc. Maggio-Giugno. B. LarIFOLIA S. et Sm. Nei luoghi erbosi alla Serra ed a M. S. Adjutore.—-Aprile-Maggio. EUPHRASIA OFFICINALIS L. — — var. pectinata Ten. A M. S. Angelo. —Maggio. E. LureA L. Qua e là nei boschi della regione.-Ag.-Ott. PEDICULARIS ELEGANS Ten. Nella parte superiore del M. S. Angelo.—Luglio-A gosto. P. roLiosa L. A M. S. Angelo e negli altri monti del ver- sante occidentale.—Giugno-Luglio. P. comosa L. A M. S. Angelo. —Maggio-Giugno. 1) Specie endemica. 44 a XXXVI. OROBANCHACEAE OroBANcHE CRUENTA Bert. Sulle radici di leguminose alla Pa- rata, a Cesinola, alla Valle. —Aprile-Maggio. O. Heperae Dub. Sulle radici di edera alla Parata ed a Ce. sinola.—A prile-Giugno. PueLLIPseA RAMOSA C. A. Mey. Nei luoghi erbosi a S. Lucia e qua e là a Nord della regione, parassita su leguminose.—Apri- le-Giugno. XXXVII. LABIATAE LavanpuLa SrorcHas L. Nei Monti S. Angelo e Finestra e nelle colline adiacenti. —Aprile-Giugno. MentHA puLeGium L. Al vallone Summonte ed alla Parata.— Giugno-Settembre. M. ampiGua Guss. In una siepe alla Scavata.—Luglio. SATUREJA TENUIFOLIA Ten. Comune sulle rocce.—Giug.-Lug. S. montana L. Qua e là sulle colline.—Luglio-Settembre. CALAMINTHA OFFICINALIS Moench. Qua e là nei luoghi erbo- si.—Giugno-Ottobre. ScureLLARIA CoLumnar All. Nei OST erbosi al vallone Sum- monte, alla Frestola, ecc.—-Maggio-Settembre. Sracnys saLviroLia Ten. Sulle rocce e nei luoghi ingolti, do- vunque.—Giugno-A gosto. S. mirra L. Sotto le arcate del convento dei Cappuccini ed a M. S. Adjutore.--Maggio-Giugno. S. rusescens Ten. !) Sulle rocce alla Pietra Santa.—Maggio- Giugno. Tevcrivm PoLitm L. — — var. pseudo-hyssopus Schreb. Frequente nella regione. — Luglio-A gosto. Aysuca CHÒamarpyris Schreb. Nei campi a S. M. a Toro, ad Arco, ecc.—Maggio-Ottobre. 1) Non corrisponde affatto alla S. maritima L. Il BextHAW, nel Prodromo di De CanpoLte, la considera come specie distinta; anche BertoLoNI, nella /lora italica, la ritiene distinta ed endemica dell’ Italia meridionale. So XXXVIII. VERBENACEAE Virex AGnus-castus L. Alla vetta del M. S. Angelo. — Lu- glio-Ottobre. Verena Teucromes L. 1) In un campo a S. M. a Toro.— Giugno. XXXIX. GLOBULARIACEAE GLOBULARIA corpIFOLIA L. Sul M. S. Angelo.—Giug.-Lug. XL. UTRICULARIACEAE PineurcuLa HirTIFLORA Ten. ?) Alla Parata ed all’Avvocatella sulle grotte di Bonea.—-Maggio-Giugno. XLI. PRIMULACEAE CycLamen Porri D. Chiaj. 3) Qua e là nei luoghi incolti. — Autunno. ; AxaGaLLIS coERULEA All Comune lungo le vie ed i campi, dovunque.--A prile-Ottobre. XLII. PLUMBAGINACEAE STATICE MINUTA L. — — var. Tenoreana Guss. Al M. S. Angelo.—Luglio. ARMERIA vuLGarIs \W. Qua e là nel piano e nei Monti. — Marzo-Luglio. XLIII. POLYGONACEAE Rumex puLcHeR L. Lungo le vie di Rotolo e di Croce. — Maggio-Giugno. 1) Sfuggita alla coltura. 2) Specie endemica del Napoletano. 3) Specie rarissima, propria del Napoletano, da alcuni ritenuta come va- rietà del C. neapolitanum. sa XLIV. PHYTOLACCACEAE PHyroLacca DECANDRA L. 1!) Al M. S. Angelo.—Luglio-Ottobre. XLV. AMARANTACEAE AMARANTUS RETROFLEXUS L. Comune nei coltivati e nei luoghi incolti, per le vie, ecc. specialmente del versante orientale. —Lu- glio-Settembre. XLVI. URTICACEAE UrrIcA MEMBRANACEA Poir. Frequente nei rottami e nei campi alla Parata e dovanque.--Maggio-Novembre. ULmus campestRIs L. Nei boschi e nelle siepi della regione. — Febbraio-A prile. XLVII. SANTALACEAE Tuesiom pivaricatum Jan. Sul M. S. Angelo. —Giug.-Ag. XLVII. ARISTOLOCHIACEAE ArisroLocHia PALLIDA W. Nei boschi a M. S. Angelo, e nei prati piuttosto elevati. —-Aprile-Maggio. XLIX. EUPHORBIACEAE EupHorBIA spinosa L. ?) Nei poggi aridi e sui monti.—Mar- zo-Maggio. E. pineAa L. Nelle erbe, sulle rocce alla Valle, a Croce, a S. Liberatore.--Maggio-Giugno. E. GerARDIANA Jacq. 2) Alla Valle, alla Serra. —Magg.-Ag. E. CyparIssias L. ?®) Nelle erbe alla Frestola ed a M. S. An- gelo.--A prile-Luglio. E. Characras L. All’acqua del Sambuco.—Febbraio-Marzo. 1) Inselvatichita ? 2) Non comune. Leti Le L. SALICACEAE SaLix Caprera L. Nei boschi a Cesinola, a Castagneto, a M. S. Angelo.--Aprile-Maggio. LI. BETULACEAE Auvnus corpirania Ten. Qua e là nei boschi della regione, Ù D specie a M. S. Angelo.--Febbraio-Marzo. LII. CUPULIFERAE OsTRYA CARPINIFOLIA Scop. Boschi e siepi della regione, ed a preferenza lungo i corsi d’acqua.—-Aprile-Maggio. MONOCOTILEDONI LIII. ORCHIDACEAE Limoporum aportIvom Sw. Comune nei boschi a Cesinola, a S. Arcangelo, a Passiano.—Aprile-Maggio. CEPHALANTHERA ENSIFOLIA Rich. Nei luoghi selvatici della regione.-Aprile-Maggio. Lisrera ovata Br. Nei boschi ombrosi a Corpo ed a Tri- nità di Cava.—Giugno-A gosto. Hermwinium MoxnorcHIs Br. Alla sommità del M. S. Angelo.— Maggio-A gosto. SerapIas Lingua L. Nei boschi alla Valle, all’Avvocatella, a Cesinola, a Castagneto.—-Aprile-Maggio. S. LoncIipETALA Poll. Nella parte superiore del M. S. An- gelo.—-Marzo-Giugno. AceRAas anTHROPOPHORA Br. Nei luoghi erbosi incolti alla Serra, ad Arco, alla Parata, a Cesinola. OrcHIS PAPILIONACEA L. — — var: Destephani *) Ad Alessio, lungo i margini di un campo.—Aprile-Maggio. O. Loncicruris Lk. Nei luoghi erbosi alla Parata, a Croce, dovunque.--A prile-Maggio. 1) Vedi MarceLLo L. « Sopra una nuova orchidea di Cava dei Tirreni Bollettino della Società dei Naturalisti di Napoli, Anno 1902. STAR O. corrorHora L. Nelle erbe a M. S. Adjutore , alla Serra, all’Avvocatella.—Maggio-Giugno. O. Sima Lam. Nei boschi alla Pietra Santa, all’Annunziata, alla Serra.—Maggio-Ottobre. O. provinciaLIis Balb. Nelle erbe a M. S. Angelo.—Ap.-Mag. O. Nicopemi Ten. Sul M. S. Angelo. —Aprile-Maggio. + O. pseupo-saMBUCINA Ten. Nei prati e nelle erbe alla Torre, alla Parata, a Cesinola, a Croce, ecc.—Aprile-Maggio. O. macuLaTta L. " — — var: saccigera Brogn. Nei prati alla Parata, a Cesì- nola, a Castagneto.—Giugno-Luglio. O. CyriLLi Ten. Lungo la via della Pietra Santa, alla Pa- rata, a Dupino.—-Aprile-Maggio. OpHRrys AracHNITES Host. nelle erbe a Cesinola, alla Parata, al Corpo di Cava.—Aprile-Maggio. O. Lurrea Cav. Nei luoghi erbosi alla Parata, a Rotolo, a Croce.—-Marzo-Aprile. LIV. IRIDACEAE Crocus ImperATI Ten. — — var albiflorus Hort. Sul M. S. Angelo e prima della Molina.—Gennaio-Febbraio. Tris rLoRENTINA L. Sul margine di un campo alla Valle.-- Aprile-Maggio. LV. COLCHICACEAE CoLcHicum neaPoLITANUM Ten. Nel terzo superiore del M. S. Angelo. Settembre-Ottobre. LVI. ASPARAGACEAE Ruscus acuLEaTUS L. — —var. major Bert. Qua e là insieme alla specie. —Ag.-Sett. Paris QuapRIFOLIA L. Sui monti S. Angelo e Finestra ed all’Avvocata.—Gugno. di Seti ri LVII. LILIACEAE Liuium canpipum L. 1!) A S. Urbano, in un boschetto di A1- lanti, ed a Cesinola.—Maggio-Giugno. L. Marragcon L. Nei boschi a M. S. Angelo.—Luglio-A gosto. OrnitHOoGALUM contortuM Ten. Su di un muro alla Pietra Santa.—A prile-Maggio. SciLLa AauTUMNALIS L. Nelle erbe alla Valle ed a Rotolo. — Agosto-Ottobre. S. PERUVIANA L. ) Sulle rocce fra le erbe, alla Parata.—Mag. Muscari rRacemosum Mill. Nei luoghi erbosi allo Serra, a M. S. Adjutore, ad Arco, ecc.—Marzo-Aprile. AuLium NEAPOLITANUM Cyrill. Sui margini dei campi e lungo le vie del versante orientale.—Aprile-Maggio. A. ciuratum Cyrill. Nei boschi a M. S. Angelo ed al colle di S. Croce.--Marzo-Maggio. A. PALLENS L. — — var: fenwiflorum Ten. Sul M. S. Angelo. — Giug-Lug. A. rravum L. Sui Monti S. Angelo e Finestra. —Mag.-Giug. PHaLANGIUM Liniago Schreb 3). Sulle rocce ai Monti S. Angelo e Finestra. —Maggio-Giugno. AspHopELINE LUTEA Reich. Sulle Rocce a M. S. Angelo ed a S. Liberatore.—-Aprile-Maggio. HemerocaLLIS FULva L. Nei fossi e nei luoghi umidi, al val- lone Sommonte, alla Parata, ecc. LVII. JUNCACEAE LuzuLa Forsrera DC. Sui Monti S. Angelo e Finestra. — Aprile-Giugno. L. maxima DC. Sul M. S. Angelo. —Maggio-Giugno. LIX. ARACEAE Arum macuLatum L. 4) Fra le erbe a S. Lucia.—Maggio. 1) Questa specie l’ho rinvenuta in luoghi assolutamente incolti. 2) Sfuggita, certamente, alla coltura. 3) Specie piuttosto rara. 4) I contadini, che mi videro raccogliere questa specie, dissero che, anti- camente, essi, ne raccoglievano i rizomi tuberiformi, perchè erano adoperati per fare colla. LX. CYPERACEAE CarEx PENDULA Huds. Nelle siepi e lungo il fiumicello Se- lano. C. cLauca Murr. — var: serratula Biv. Nei luoghi incolti alla Serra ed alla Parata.—Marzo-Maggio. LXI. GRAMINACEAE Puueum MicneLi All Sui Monti S. Angelo e Finestra. — Giugno-Agosto. Pa. ampiguum Ten 1!) Sulle rocce a S. M. a Toro, a Rotolo, a Croce e qua e là nei luoghi erbosi-—Maggio-Giugno. SEsLERIA NITIDA Ten. Fra le erbe a M.S. Angelo.—Maggio- Luglio. SerARIA virIDIS PB. Nei coltivati lungo le falde del M. S. Angelo e qua e là nelle colline.—-Giugno-Agosto. S. cLauca PC. Frequente nei coltivati alla Pietra Santa, a Rotolo, dovunque.—-Luglio-Ottobre. Agrostis verticiLLaTA Vill. Vicino ai fossi e lungo i valloni Traustino e Summonte.—Luglio-Ottobre. A. aLBA L. Comune sulle rocce e nelle erbe. —Lug.-Sett. Arra Tenor Guss. Nelle erbe a M. S. Arigelo.—-Mar.-Giug. Guiceria AquATICA Wahlb. Lungo qualche corso d’acqua. — Giugno-Luglio. Poa BuLposa L. — — var: vivipara Parl. Nelle erbe a M. S. Angelo, alla Parata, a Rotolo, a Croce, a Pregiato, a S. Lucia, ece.—Mag.-Giug. P. nemoraLIs L. Nei boschi alla Pietra Santa ed a Cesi- nola.—Giugno-Luglio. P. superica Hke. Sul monte S. Angelo, vicino ai fossi di neve.—Giugno-Luglio. P. rriviaLis L. Nelle erbe alla Valle, alla Serra, al M. S. Ad- Jutore, ecc.—-Maggio-Luglio. Dacryus mspanica Roth. Lungo le vie delle colline.—Giu- gno-A gosto. Cyrwxosurus cristaTus L. Sulle rocce alla Pietra Santa, e qua e là nei campi. —Maggio-Luglio. 1) Specie sufficientemente distinta dalla precedente. — 39 KoeLeria crISTATA Pers. Nella parte superiore del M. S. An- gelo.—Giugno-Luglio. K. GranpIFLORA Bert. Comune nelle colline della regione. Giugno-Luglio. Fesruca caLaBRA Hut. Parl. Rigo. Sulle rocce e nei luoghi erbosi della regione, specialmente elevati— Estate. Bromus srerILis L. Nei prati, nei campi e sui muri dovun- que.—-Maggio-Giugno. 4 SERRAFALCUS SECALINUS Bab. Nei margini dei campi a S. Ce- sareo, a Cesinola, a Castagneto, a Corpo di Cava, ecc.—-Mag.-Giug. S. racemosus Parl. Nei campi, lungo le vie, e sui muri, do- vunque.—A prile-Luglio. S. mois Parl. Frequente nei campi a M. S. Angelo ed alla Parata.—Aprile-Giugno. S. squarrosus Bab. Nei campi a S. M. a Toro e lungo i val- loni.—Maggio-Giugno. LoLrum muLrIFLOoRUM Gaud. Nei boschi a Cesinola, a Casta- gneto, a Rotolo, a Croce.--Maggio-Giugno. . — — var. ramosum Guss. Alla Parata e qua e la nelle erbe della regione.—--Maggio-Giugno. L. LinicoLa Sond. Fra le erbe alla Parata. —Maggio-Giugno. BracHypPopium PLuxeneti Link. Sulle rocce e lungo i mar- Giugno-Luglio. gini dei campi a Rotolo ed a Croce. Horpeum vuLeare L. 1) Su di un muro di un campo al Pia- nesi.—Maggio-Giugno. LXII. CONIFERAE Taxus BACCATA L. Nei boschi all’Avvocata.—Gennaio-Aprile. ACOTILEDONI VASCOLARI LXIIIL. POLIPODIACEAE ScoLopenprIUM Hemronmris Sw. Nelle rupi, sui muri umidi e nelle arcate esterne del convento dei Cappuccini. Lug.-Settem. Preris crerica L. Nei boschi al M. S. Angelo, alla Parata, a Passiano. 1) Certamente sfuggito alla coltura. SS SELAGINELLACEAE v SELAGINELLA DENTICULATA Ù Comune sulle rocce umide, — Maggio. a È ACOTILEDONI CELLULARI LXV. MYCETES UsriLAGo CarBO Pers. Parassita sull’orzo, in un campo h il vallone dell'Acqua Oscura.—Maggio-Giugno. de?, Magi Coprinus sp. Vicino la grotta di S. Cristofaro. — Maggio. sr Mia Sopra alcuni casi di teratologia vegetale. — Nota del socio L. MARCELLO. (Tornata ‘dell’8 febbraio 1903) Credo utile descrivere alcuni casi teratologici, da me riscon- trati, in piante, per lo più, raccolte in Cava dei Tirreni. I.—-Brassica NAPUS. Un esemplare di questa specie presenta prolificazione fiorale unita a virescenza di tutte le varie parti del fiore. In ogni singolo fiore i diversi verticilli sono più o meno al- lontanati fra loro e sostituiti da piccole foglioline virescenti; 1 car- pelli stessi si trovano disgiunti all’ apice, ed alquanto aperti ed appiattiti 1). II. RAPHANUS SATIVUS. Una radice di questa specie presenta il fittone biforcato circa nel suo terzo inferiore, mostrando due prolungamenti quasi di eguale grandezza e forma. Anche dalla sezione fatta pare non dubbio che si tratti real- mente di una vera biforcazione dell’apice radicale e non di ar- resto di sviluppo del fittone principale, con produzione di nuove appendici. III: —AEscuLUs HyPPOCASTANUM. In un seme di questa specie, raccolto nel R. Orto botanico di Napoli, ho riscontrato un caso di germinazione piuttosto irre- golare. Anzitutto la germinazione si era iniziata nel frutto, mentre cioè il seme era ancora racchiuso dal pericarpio. 1) Questo caso teratologico è piuttosto frequente, tanto che i contadini, chiamano la specie colla deformità in parola rapa pazza. BARROS Poi la radicetta, per uscire dal seme, aveva perforato il pe- risperma in modo regolare, e non sollevandone un brandello, come avviene nella normale germinazione di tale specie. E questa perforazione doveva essere avvenuta quando il pe- risperma era ancora piuttosto tenero, imperocchè si era formato un ingrossamento anulare intorno alla zona di perforazione e sì notava una piccola cresta di tessuto perispermico sollevata, a guisa di guaina, intorno alla uscente radichetta. IV.—VITIS VINIFERA VAR: LACINIOSA. In un esemplare di questa varietà (fig. 1) trovai un cirro por- tante, alla sua prima biforcazione, una fogliolina, assai piccola, ma bene conformata. Questo caso viene in appoggio alla teoria, che stabilisce es- sere i cirri della vite rami metamorfosati per la funzione di soste- gno, e non foglie, come in altre piante avviene. V.—TRIFOLIUM INCARNATUM. In parecchi esemplari di questa specie (fig. 2) ho osservato, co- stantemente, l’ultima foglia del caule, cioè quella immediatamente Fie. I sottostante all’ inflorescenza, composta di cinque foglioline e non di tre, come sempre avviene nei casì normali. re - 49 Queste cinque foglioline sono sempre proporzionate fra loro, essendo la mediana alquanto più grande e le laterali perfettamente simmetriche, quelle di un lato con quelle dell’altro. Tale anomalia non è stata fin qui descritta da alcun autore ed anche il Penzig ne tace affatto. Questo caso può essere suscettibile di qualche interpretazione, e forse può rappresentare un fatto atavico, giacchè molte legu- minose hanno, normalmente, foglie a cinque o più foglioline, come ad esempio quelle del genere Lup?inus: e non è inverosimile che le foglie trifoliate dei trifogli derivino, per riduzione, da tipi quin- quefoliati di altre leguminose. VI.—RuBus cAESIUS. Ho osservato in esemplari di questa specie, raccolti a S. Lucia, villaggio di Cava, alcune foglie (le quali sono normalmente com- poste di tre foglioline) con le foglioline laterali più o meno sal- date alla mediana, in modo da costituire come uma foglia sem- plice trilobata. VIL-DAHLIA VARIABILIS. In esemplari coltivati nei giardini della Badia di Cava, ho potuto osservare parecchi esemplii di fasciazione, più o meno com- pleta, dei peduncoli fioriferi. Si trattava di due, e qualche volta anche di tre peduncoli fusi assieme per una maggiore o minore lunghezza, ed alquanto appiattiti nel senso della loro fusione. Alcuni erano fusi assieme fino ai capolini, restando questi li- beri e quasi opposti tra loro ; altri presentavano la fusione quasi completa, rimanendo separati nel loro tratto superiore, in tutti poi era marcatissima la limea della loro unione, di modo che, con leggiero sforzo, si potevano anche disgiungere. Ad alcuni simili casi teratologici di Dahlia accenna pure il Penzig; però egli dice che non sono trequenti. VIII.—SoLANUM DULCAMARA. In alcune inflorescenze di questa specie ho trovato un certo numero di fiori presentanti i verticilli del calice, della corolla e dell’ androceo tetrameri anzichè pentameri, come è regola in que- sta pianta. dl: a Il gineceo invece era costantemente dimero, come di consueto. Questi esemplari furono raccolti nel R. Orto Botanico di Napoli. IX.—CEstRUM PARQUI. Nelle vicinanze di Cava, ove questa specie si trova abbon- dante, ho potuto raccogliere molti fiori di essa e studiarne le mo- struosità. Anzitutto ho osservato alcuni casi di diminuzione o di aumento nel numero delle parti componenti ciascun verticillo fiorale, cam- biandosi l'architettura pentamera in tetramera od in esamera. Queste varianti sì verificavano con regolarità nel calice, nella corolla e nell’androceo, rimanendo il gineceo sempre dimero. Mostrano inoltre, i suddetti fiori, esempii di sinantie, avve- randosi la saldatura più o meno completa di due di essi. Nessuno di questi casi si trova registrato nell’opera del Penzig. X.—SCROFULARIA CANINA. In un esemplare raccolto a Nocera si osserva tutta la regione dell’ inflorescenza presentante una fasciazione. Infatti, in tale re- gione, l’asse principale trovasi appiattito, della larghezza di quasi un centimetro, e presenta ancora una leggiera incurvatura. Tutti gli assì fioriferi inseriti su questo sono perfettamente normali. In tale specie, fin’ora, nessun caso di fasciazione è stato de- scritto, ed anche il Penzig non lo cita. Su i fenomeni di diffrazione di alcuni corpi organiz- zati in rapporto alle esperienze di Abbe. - Nota del socio F. Barsamo. (Tornata dell’ 8 febbraio 1903) I fenomeni che il microscopio ci presenta e che l'occhio per- cepisce nello esame delle minute strutture dei corpi organizzati, furono spiegati dal Prof. Abbe come dipendenti dalla formazione degli spettri secondarii o di diffrazione e dalla introduzione delle imagini secondarie nel campo del microscopio. Il Prof. Abbe con elegantissime esperienze volle dimostrare che il potere risolvente di un obbiettivo e quindi la maggiore o minore visibilità delle minute sculture che adornano la superficie di molti corpi ed in particolare le cellule delle diatomee, dipendono appunto dalla formazione degli spettri di diffrazione e dal numero delle imma- gini secondarie ammesse, per 1 obbiettivo, nel campo del micro- SCOpio. D'altra parte la presenza di questi spettri di diffrazione in- fluisce sulla formazione della immagine microscopica, modifican- done certe volte le apparenze e dando luogo ad immagini illusorie del tutto diverse da quelle che lo stesso oggetto presenta in altre condizioni. La ricerca delle cause che modificano l’immagine di un oggetto nel campo del microscopio ha una grande importanza teorica e pratica, conducendoci alla conoscenza vera della strut- tura di un corpo, la cui immagine microscopica si presenta, in date condizioni, perfettamente diversa dalla realtà. Scopo della presente nota è la esposizione di alcune mie ri- cerche sui fenomeni di diffrazione prodotti da corpi organizzati animali e vegetali e sulla possibilità di sostituirli ai reticoli ar- tificialmente tracciati, nel ripetere e verificare le esperienze di Abbe. Riserbandomi di trattare in seguito dei colori interferen- ziali che si riscontrano in diversi animali ed in certe piante, mì limito , ora, a considerare quelle modalità della superficie di al- cuni organi che danno luogo alla formazione degli spettri di dif- frazione e che costituiscono altrettanti reticoli. Sono in questo 46 — caso le squame di alcuni insetti, qualche crostaceo ed alcune dia- tomee. Senza descrivere minutamente le classiche esperienze di Abbe sulla formazione delle immagini nel microscopio, pubblicate nel 1873 !) e riprodotte, in sunto, in diversi trattati di microscopia 3), mi limiterò ad accennare la tecnica delle esperienze, per quanto si riferisce all'argomento della presente comunicazione. Per eseguire le sue esperienze il prof. Abbe costruì una serie di tre reticoli, che costituiscono il suo test @ diffrazione, formato da tre coprioggetti circolari argentati ed incollati sopra un por- toggetto comune (Fig. 1. a, d, c). Sui coprioggetti sono tracciati, colla macchina a dividere, dei sistemi di righe diversamente spaziate ed orientate; sul coproggetto di mezzo vi è un rettangolo diviso in due metà: nella superiore sono tracciate 140 righe e nella in- feriore 70 per millimetro (Fig. 1, @). Sui due coprioggetti, destro: e sinistro, sono simili sistemi di linee equidistanti, ma che s’ incrociano sotto angoli di 60° e di 50° con altre righe tracciate sopra una parte corrispondente anche inargentata del portoggetto. Veduti per trasparenza, questi reti- coli appariscono a righe brillanti su fondo opaco. A questi reticoli è aggiunta una serie di diaframmi con diverse aperture circolari e rettangolari (Fig. 2, /-8) e che si adattano sopra l'obbiettivo in un pezzo accessorio girevole, così che le fenditure possono disporsi diversamente rispetto alle righe dei reticoli. Per osservare le immagini di diffrazione sì aggiusta nell’anello dell’ob- biettivo un diaframma a foro circolare e nel tubo portadia- frammi un diaframma a stretta apertura ed il più basso possibile rispetto alla superficie della platina del microscopio. Si adopera per queste esperienze l'obbiettivo «e di Zeis; ma anche un altro obbiettivo debole può servire allo scopo. Messo a punto uno dei reticoli del test, p. e. quello di mezzo, togliendo l’oculare e guar- dando nel tubo del microscopio, sì vedrà l'immagine del foro pro- dotta dai raggi centrali non diffratti, e a destra ed a sinistra di questo, 2 direzione perpendicolare alle linee del test, si vedrà una serie di immagini di diffrazione, che colla luce ordinaria sono iridate, avendo il rosso allo esterno ed il violetto all’ interno, cioè 1) Archiv. fir mikrosk. Anatomie etc. Band IX (1873).— Trad. FripP in Proceed. of the Bristol naturalist’s Society, 1875. 2) Crisp. On the Influence of diffraction in microscop. vision.—Journ. Queck. Microse. Club, 1878-Id. Journ. of Roy. Micr. Soc. (1879) pag. 650. DrppeL. Grundziige der Allgemeinen Mikroskopie. Braunschweig, 8° (1885) p. 107-117.—FRancorte. Manuel de technique microscopique. Paris, 8° pag. 60-84. P ‘ È e verso il centro del campo, così come succede negli spettri di dif- frazione. Il numero di queste immagini (Fig. 1.d, e) è in ragione èn- versa del numero delle righe del test. Così, guardando la porzione A del reticolo mediano a 70 righe, si vedranno otto immagini degli spettri di diffrazione; mentre per la zona B a 140 righe se ne vedranno soltanto quattro, cioè due per lato del foro centrale e più lontane tra loro. Le apparenze mutano completamente, se al diaframma a foro circolare (n.° 1) sì sostituisce nell’anello obbiettivo un diaframma ad apertura rettangolare (n.° 3, 4). Allorchè l’ apertura del dia- framma è parallela alle linee del reticolo, queste non si vedranno punto, non essendo ammessi attraverso al diaframma gli spettri di diffrazione; col n.° 4 ad apertura più larga si vedranno solo le righe della porzione A del reticolo a 70, restando invisibili le 5; giacchè solo due spettri di diffrazione saranno ammessi nell’ 0g- gettivo. Girando, mercè l’anello, questi diaframmi in modo che le loro aperture siano perpendicolari alle linee del reticolo , queste appariranno perfettamente, per la presenza degli spettri di dif- frazione. Applicando ora alle osservazioni microscopiche i dati di queste esperienze, troviamo che restringendo, mercè diaframmi, il campo dell’oggettivo o diminuendo, in altri termini, l angolo di apertura diminuisce il potere risolvente, e però nessuna risoluzione è pos- sibile se almeno due fasci diffratti non siano ammessi nell’ 0g- gettivo. Adoperando ora un diaframma a tre fenditure rettangolari (Fig, 2, n.95) sì vedranno coll’oculare un egual numero di righe nel rettangolo del test; in altri termini, appariranno identiche le immagini di due cose che non lo sono in realtà. Infatti, senza l'o- culare si vedranno ammessi nell’oggettivo il 1.° spettro di B ed il 2° di A (Fig. 1, a). Se le fenditure del diaframma saranno più lontane, il numero delle limee del test si vedrà quadruplicato per A, duplicato per 5, appunto per l’entrata degli spettri di diffra- zione (4° di A e 5° di 5) nell’oggettivo. Mettendo a punto il reticolo n.° 2, nel quale due serie di righe s'inerociano con angolo di 60°, togliendo 1’ oculare si vedrà nel microscopio una serie di 6 immagini diffratte, disposte intorno a quella del foro centrale, come nella fig. 1, f. Collo stesso reticolo e col diaframma n.° 3 sì vedra, coll’o- culare, una sola serie di quelle linee che formeranno un angolo di 60° colla fenditura del diaframma; le altre, che sono parallele i VERA Rae. Pao alla fenditura, saranno completamente 27.v2s202/2. Questa esperienza. ha molta importanza nella osservazione della struttura del Plew- rosigma angulatum e di altre specie, nelle quali si hanno appunto apparenze di strie che s’incrociano sotto diversi angoli. In queste esperienze ho potuto ripetere un’osservazione del Francotte sulla comparsa delle immagini di diffrazione nel campo dell’oculare, abbassando a poco a poco il tubo del microscopio, così da spostare sensibilmente l’oggettivo dalla sua posizione nor- male rispetto al reticolo posto nel campo del microscopio. Queste immagini sono più grandi, ma meno brillanti e distinte di quelle osservate senza l’oculare. Esporrò ora brevemente quanto mi è occorso di notare ser- vendomi delle squame di farfalle, di quelle del Lepisma e di alcune diatomee, come pure del dermascheletro della SappWrima e delle fibre muscolari striate, in luogo dei reticoli a diffrazio- ne del test di Abbe. SQUAME DELLE FARFALLE Le squamette che coprono le ali dei Lepidotteri sono note per le loro apparenze, pei brillanti colori che le adornano e più di tutto per le strie della superficie, per le quali queste squa- mette servono come oggetti di prova pel microscopio. Queste strie superficiali più o meno evidenti e regolari pro- ducono gli spettri di diffrazione come un reticolo e mostrano, nelle esperienze di Abbe, gli stessi fenomeni del test. Se non che, essendo assai piccole, è necessario adoperare un più forte sistema oggettivo ; io mi sono giovato dell’ oggettivo £ di Zeiss, che ha una moderata apertura numerica (0,85) ed un potere risolvente (Navicula crassinervia) = 80,976 (4 0,5269). Ho adoperato pure i n.i 7 e 9 Prazmowski a 4 lenti, e l’ oculare 2 Zeiss. In queste osservazioni il maggiore ingrandimento non nuoce alla formazione delle immagini di diffrazione , le quali si osser- vano benissimo, ed in certi casi non richiedono il diaframma sul- l’ oggettivo. HippArcHIa JANIRA Un preparato a secco delle squame presenta, a luce riflessa, fenomeni di iridescenza. Le squame sono di due specie: alcune bislunghe, a costole rilevate e più grosse; altre ovali, ad apice trilobo, a strie più sottili e più strette (Fig. 6. a, d.). Presentano 4-5 righe im Omm, 01. % : È NUOS Adoperando il diaframma a foro centrale sì osservano, senza l’oculare, gli spettri di diftrazione, i quali come nel test di Abbe sono disposti in serie perpendicolari alla direzione delle strie. Se ne vedono quattro, cioè due per lato dal foro centrale (fig. 7, ©). Col diaframma ad una fenditura sì hanno le stesse apparenze. Adoperando il diaframma a 3 fenditure, allorchè queste sono perpendicolari alla direzione delle strie non si osserva nessun’ al- terazione nella immagine. Se invece le fenditure sono parallele alle strie, queste si mostrano sdoppiate; verso i margini delle aperture le righe sono più grosse e distinte in due parti, una più grossa, l’altra sottilissima (fig. 9, 0); nel centro l’immagine presenta righe strettissime e sottilissime (Fig. 9, @). LycAENA Arcus Le squame hanno forme diverse: ovali più o meno troncate all’apice ed a striatura netta (Fig. 5, a; 8, @, è). Col diaframma n.° 1 si hanno due sole immagini diffratte (fig. 5, 0), una per lato del foro centrale, più grandi e più brillanti delle altre. Col diaframma a tre fenditure sì osservano gli stessi feno- meni di sdoppiamento delle strie, le quali perciò si vedono assai più strette e delicate (fig. 8), specie nel centro dell'immagine; colle fenditure perpendicolari alla direzione delle strie queste appari- scono quali sono, cioè più marcate e più spaziate. PrerIs BRASSICAE Le squamette della comune farfalla del cavolo hanno forme diverse ed una striatura meno regolare. Producono gli stessi fe- nomeni delle precedenti; ma le immagini di diffrazione sono assai più piccole e meno brillanti delle altre. LEPISMA SACCHARINA Le squamette che rivestono il corpo di questo insetto sono, già da tempo, adoperate come oggetti di prova pel microscopio. Esse sono di due specie; le più grandi bislunghe o rotondeggianti mostrano 4-5 costole longitudinali in Omm, 01; le più piccole sono quasi circolari, più delicate e sottili e presentano 7-8 strie pa- rallele nello stesso intervallo (fig. 3, «, 0). Colle squame a costole più grosse e larghe si hanno 6 immagini di diffrazione, tre per lato del foro centrale (fig. 4, @), nelle squame rotondeggianti a strie più 4 strette e sottili se ne osservano soltanto due (fig. 4, c); queste sono più lontane tra loro e più brillanti; le prime più piccole e meno brillanti. Allorchè si trovano due squame soprapposte nel campo del microscopio in modo che le loro striature si incrociano ad angolo retto, si osservano due serie di immagini di ditfra- zione perpendicolari tra loro (fig. 4, b). Adoperando nella osservazione di queste immagini il diafram- ma a tre fenditure, le righe e costole si mostrano sdoppiate in una più grossa ed in un’ altra molto vicina e sottilissima, come nella Hipparchia, se le aperture del diaframma sono parallele alle strie; se invece sono tra loro perpendicolari, sparisce la doppia stria- tura specialmente nel centro del campo ed appena s' intravede sui bordi delle fenditure. Nelle squame più piccole la striatura apparisce, nel primo caso, assai più fitta e delicata. Nel caso di due squame soprapposte guardate attraverso que- sto diaframma si vede una specie di ondeggiature, che danno l’ apparenza di un mo?rè (fig. 3, d) come quello che si osserva nei reticoli del Righi. Il diaframma ad una sola fenditura e quello a tre fori (n.° 7) non alterano le immagini delle squame. SAPPHIRINA FULGENS Un grazioso crostaceo marino, comune nel nostro Golfo, è no- tevole pei brillantissimi colori iridescenti che mostra e che sono dovuti a sottilissime strie, che si trovano sulle lamine traslucide del dermascheletro. Da un preparato favoritomi gentilmente dal mio ottimo ed egregio amico Prof. A. Della Valle, ho potuto ri- solvere queste strie a luce obbliqua, coll’oggettivo E. Queste, come nel Pleurosigma, possono anche risolversi in perle e si vedono di- stinte in due o tre sistemi, che s' incrociano ad angolo di 60°. Ado- perando il diaframma ad una sola apertura rettangolare sparisce il doppio sistema di striazione ; le strie sembrano tutte perpen- dicolari alla direzione della fenditura, come si vede in d, 6, nella Fig. 14; senza l’oculare e senza bisogno di mettere il diaframma nell’anello dell’oggettivo, si vedono 6 spettri di diffrazione intorno alla immagine del foro centrale (Fig. 15). RR Pa SPETTRI DI DIFFRAZIONE DELLE FIBRE MUSCOLARI STRIATE Ranvier fu il primo a constatare i fenomeni di diffrazione prodotti dalle fibre muscolari striate !). Egli si servi di queste per costruire un apparecchio che chiamò mospettroscopio , col quale potette osservare lo spettro del sangue. Distendendo sopra un portoggetto uno o due fasci muscolari del sartorio di una rana o di un coniglio e coprendolo con un vetrino sottile senz’ altra preparazione, sì vedranno, specialmente colla compressione, i colori di interferenza prodotti dalle fibre muscolari, le cui striature tra- sversali funzionano da reticoli a diffrazione. Io ho adoperato le fibre muscolari di rana, le quali presentano, come un reticolo, una serie di quattro immagini di diffrazione perpendicolari alla direzione delle strie. Si nota, come osservò il Ranvier, un rapporto costante tra il numero di spettri e quello delle striature trasversali per una determinata lunghezza. Anche lo Zoth si è occupato a ripetere le esperienze di Ranvier servendosi di muscoli di diversi animali e riferendone gli spettri a quelli di reticoli tracciati su vetro con determinato numero di righe >). DIATOMEE Le sottili ed eleganti sculture che adornano la membrana delle diatomee, danno luogo alla formazioni di immagini di dif- frazione che variano secondo la forma e la disposizione delle strie, delle costole o delle perle. Le specie che più si prestano a ripetere le esperienze di Abbe sono il Pleurosigma angulatum, gli Actinocyclus e le Navicule della sezione Pinnularia. PLEUROSIGMA Nelle preparazioni a secco di Plearosigma angulatum ed altre sì osservano brillanti fenomeni di iridescenza. prodotti dalle stria- ture delle superficie dei frustuli ed in parte anche dalla interfe- 1) RanvieR — Du spectre musculaire. C. R. 1 Juin 1874. — Id. Societé de Biologie de Paris, 30 mai 1874. — Archives des Sciences phys. et natur. (Bibl. de Genève) vol. L (1874) p. 317-318. 2) Zora — Untersuchungen iiber die Diftfractionstrucktur der streifenen Muskeln—Sitzungsb: K. K.Akad. der Wissensch. Wien. XCIX (1890) p. 421-423. Ret. Journ. Roy. Micr. Soc. (1890) p. 142-147. — 52 renza della luce per la estrema sottigliezza della cellula. Osser- vato coll’oggettivo E il PI. angulatum a secco mostra le imagini di diffrazione come nella Fig. 1, f. Il PI. attenuatum in balsamo, mostra col diaframma n.° 3 nettissime strie longitudinali, allorchè la fenditura è perpendicolare alla direzione di esse; la striatura sparisce nel caso opposto. Numerose discussioni sono state fatte sulla struttura delle diatomee e specialmente del Pleurosigma, le cui apparenze super- ficiali sono modificate dalla diversa illumimazione, dai mezzi di inclusione; così da presentare immagini del tutto differenti. Nella formazione di queste immagini microscopiche concorrono gli spettri secondarii di diffrazione, dal cui numero e posizione dipende la apparenza della immagine nel microscopio. Adoperando un diafram- ma a fenditura rettangolare si vede, come nella Sapphirina, scom- parire un sistema di strie, mostrandosi solo quelle che sono per- pendicolari alla direzione della fenditura. PINNULARIA NOBILIS La Pinnularia nobilis inclusa in balsamo mostra nel tubo del microscopio con l oggettivo E e Il oculare 2 se. spettri di diffrazione, tre per ‘ogni lato del foro centrale. Questi appari- scono direttamente, senza bisogno di diaframma nell’ anello del- l'oggettivo. ActInocycLus EHRENBERGII Gli Actinocyelus sono delle diatomee che a piccolo ingran- dimento mostrano eleganti fenomeni di colori interferenziali. Esa- minando l’ Actinocyelus Ehrenbergii (Fig. 10) a debole ingrandi- mento sì vede tinto di belle iridescenze, che cangiano col modificare l’ incidenza della luce. Il frustulo dell’ Atcinocyelus presenta una superficie ondulata: leggermente rigonfia al centro, s'infossa ad 1/3 del raggio; quindi sì rileva di nuovo, per abbassarsi o divenir piana verso il margine (Fig. 18). Queste modalità della superficie si ren- dono evidenti osservando il frustulo a più forte ingrandimento e con diaframma oggettivo a fenditura rettangolare. In tali condizioni si vede una colorazione azzurra che sfuma verso il centro in un co- lore rosso rame. Le linee delle perle della superficie sono poco appariscenti. Però la forma ondulata del frustulo si distingue spe- cialmente verso i margini della fenditura. no — DI — Col diaframma a tre fenditure si vedono, oltre la colorazione, nettamentele serie di perle (Fig. 11). Adoperando un diaframma a tre o quattro fori (n.° 7 0d8)sì osservano glistessi fenomeni; con quello a 4 fori le serie di perle sì mostrano come linee ondulate, o di- sposte sui raggi a barba di penne (Fig. 12). Il margine brillante limita la superficie del frustulo di colore azzurro metallico. Le im- magini di diffrazione nell’ Actinocyclus si vedono disposte in forma di croce, col centro nell’ oggettivo e col margine esterno iridato. Questa immagine diffratta apparisce anche senza il diaframma nel- l’oggettivo. TrIiceraTIuM FaAvus Gli esagoni della superficie del Triceratium osservati a de- bole ingrandimento (obb. A, ocul. 2 Zeiss) mostrano nel tubo del microscopio due o tre serie di immagini di diffrazione disposte in- torno alla immagine del foro centrale (Fig. 1,g) La distanza ed il numero di queste immagini varia colla grandezza del frustulo e coll’oggettivo che si adopera. Proponendomi di continuare queste ricerche riguardo ai co- lori interferenziali, prodotti nei corpi organizzati dalle peculiari strutture e dalle condizioni delle superficie, mi basti di aver ac- cennato la possibilità di sostituire ai reticoli a diffrazione, quei materiali che sono più alla portata dei micrografi e che loro per- mettono di ripetere e di controllare le esperienze fatte dall’Abbe per spiegare la formazione delle immagini nel microscopio. < ei» SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA 1. a, b, c— Reticoli della « Diffraction's- Platte » di ABBE ingranditi. » d, e. — Immagini di diffrazione prodotte dai reticoli. » f.— Immagine di diffrazione del Pleurosigma angulatum. » g.— Immagine di diffrazione del Triceratium Favus. 2.— 1-8. Diaframmi con aperture diverse per le esperienze di ABBE. 3.a — Squama di Lepiîsma saccharina osservata col diaframma n.° 5 in due direzioni. » b— Due squame dello stesso soprapposte in parte, osservate collo stesso diaframma. 4. a, bc Immagini di diffrazione prodotte dalle squame di Lepisma. 5.a — Squama di Lycaena Argus.—b. Immagini di diffrazione della stessa. 6.a, b — Squame di Hipparchia Janira. 7. Immagini di diffrazione delle stesse. 8. Squame di Lycaena osservate col diaframma n.° 5. 9. Id. di Hipparchia osservate collo stesso diaframma. 10. — Actinocyclus Ehrenbergii (AJ, ZEIss). - 11. ‘Td. a più forte ingrandimento (E/, Zeiss). 12. — Lo stesso osservato col diaframma n.° 8 (E/3Zerss). 13. — Sezione teorica del frustulo di Actinocyclus Ehrenbergii. 14. — Porzione di una placca del dermascheletro di Sapphirina fulgens (E/s Zeiss obbl.). 15. — Immagini di diffrazione della stessa. Sullo sviluppo e morfologia delle capsule soprare- nali. Nota riassuntiva del socio V. DIAMARE. (Tornata del 22 febbraio 1908) a) Organo corticale. La letteratura embriologica sino agli ultimi giorni sorprende pel disaccordo che esiste tra gli autori, riguardo all’ origine della corteccia soprarenale e dei suoi equivalenti. Nelle varie classi, ora sì stacca dal pronetros, ora dal meso- nefros; ora non sì forma affatto, od un residuale tessuto linfoide finirebbe per rappresentarne le vestigia (Teleostei). In questa oc- casione (1896) ho fatto notare come per parte di autori vi furono addirittura scambii tra le più diverse formazioni embrionali: Qui perciò e per l’ assoluta ignoranza de” veri equivalenti di un organo corticale (i corpuscoli del mesonefro), decorse l’ opinione, abbastanza seguita, di Grosglik, secondo la quale la massa linfoide cefalica del rene sarebbe il rappresentante di un organo corticale in questi vertebrati, e quella di van Wijhe, secondo il quale il cor- done descritto sotto 1’ aorta da Wenkebach e Ziegler lo rappresen- terebbe solo transitoriamente nell’ ontogenesi. Naturalmente straordinarie mutazioni e persino vicende va- riabili da gruppo a gruppo, distinzioni ed omologie caso per caso, divennero necessarie, quando stridevano i fatti con il preconcetto stabilito, che l’organo corticale dovesse derivare da questa o da quella formazione. L’ origine dell’ interrenale invece, sfrondata dalle variazioni secondarie, poco importanti, è identica in tutti i vertebrati in cui esiste, nella stessa guisa che, definita, costante, è la sua generale significazione anatomica. Nè nei mammiferi, nè nei pesci si riesce a persuadersi che effettivamente i corpuscoli di Malpighi o i tuboli del rene primitivo concorrano alla genesi delle proliferazioni destinate a costituire lo interrenale. Come nei selacei distaccas? dal celoma semplicemente nello stesso perimetro del rene primitivo, e, mentre i costituenti del- l’ultimo sono già innanzi (tuboli uriniferi, corpuscoli malpighiani) accade che i suoi tenui gruppetti cellulari rasentano, nel mesen- L'ira chima, ben poco differenziato, le nominate formazioni del primo, già a sufficienza evolute. La contiguità non deve scambiarsi con dipendenza. Esattamente a condizioni di rapporto embrionale deve riferirsi la dipendenza che si stabilì tra’ cordoni sessuali e l’ interrenale (Mihalcowics). E quegli osservatori, rimasti impressionati dalle va- riazioni offerte dall’ abbozzo corticale secondo i gruppi, sino al punto di non fidarsi, ad es., di ritenere l’organo corticale de’pesci come omologo a quello de’ rettili (Hoffmann), non dovettero pen- sare che seguivano una norma, che, se fosse più largamente ap- plicata, condurrebbe facilmente a farci riguardare il cuore, il cer- vello, la milza, etc. di un gruppo, come non omologo al rispettivo organo di un altro gruppo ! Sfrondata dalle variazioni secondarie (la cui misura è uguale a quella che intercede nell’ evoluzione di quasi tutti gli organi) mi sembra che il problema genetico dell’interrenale si risolva in questa nozione fondamentale che, cioè, esso nasce dall’ epitelio celomatico imsieme all’ apparato escretorio ed alla gonade. A. proposito delle isole di Langerhans del pancreas, nella oc- casione d’uno sguardo complessivo su’ corpi epiteliali in generale, espressi l'opinione che segue, la quale, appunto perchè rispecchia applicazione più generale, vorrei brevemente meglio chiarire. « Mihalcovies considera la capsula surrenale come una por- zione distaccata della glandula genitale, nello stadio in cui essa è sessualmente indifferente, cioè in infimo stadio. Weldon la considera come una parte del rene che sì trasforma e muta fun- zione: sul suo primitivo rapporto coll’ «Urniere» richiama atten- zione anche Semon. « Riconosciute, come ben riflette Minot, le relazioni gene- tiche dell’ intero mesenchima col mesotelio, diminuisce molto l’im- portanza dei suoi eventuali, primitivi, rapporti più precisi con singoli organi mesenchimali. A mio avviso, cioè, le relazioni nel fatto ci indicano che essa rappresenta una parte, per così dire, distaccata dal sistema di glandule urogenitali, la quale, nell’ulte- riore sviluppo e rispetto alle altre muta funzione, o meglio, mo- difica funzione, col perdurare sotto forma di corpo epiteliale, con- traendo un successivo secondario rapporto col simpatico. » Nell’ ordine di idee che avanzo la capsula surrenale (porzione corticale) è dunque un organo originariamente ed attualmente tanto specifico, quanto ciascuna altra glandula del sistema. Considerare co- me formazioni specifiche solo il rene e la glandula genitale, alla stregua di nozioni certe, equivarrebbe a continuare oltre nell'uso LR di considerare le capsule surrenali come qualche cosa di ridotto, di misterioso, di stranamente trasformato, laddove, la storia evo- lutiva ed il progressivo andamento, nettamente tracciato dall’ a- natomia comparata, imdicano che è semplicemente 17 terzo organo particolare, importante, che sorge insieme agli altri due. Le affinità che fra essi intercedono—non certo nel senso let- terale di Graygthom—-sussistono in quanto appunto sono i ram- polli staccati d’ un genitore comune. E se nei primi momenti sono più evidenti, è naturale che si disperdano ulteriormente, in quanto segue ciascuno una via diversa, con diversa destinazione. Lo sviluppo di questi tre derivati d’ uno stesso sistema glandolare primitivo si conforma su norma più generale; si ripete qui, cioè, secondo io penso, la norma de’ derivati dell’ intestino branchiale, di cui sì diverse formazioni (timo, tiroidi, paratiroidi, corpi post- branchiali) sono distaccati rampolli, come specialmente Verdun ha dimostrato. Ed anzi, come ciascuno di questi, nella propria evoluzione, è spesso strettamente vicino agli altri, per cui può accadere che, in porzione o in totalità, avvengano compenetrazioni (talora come frequente anomalia, talora normalmente, come nel caso delle paratiroidi interne e dei lobuli timici interni e del corpo postbranchiale), senza che perciò perdasi il carattere specifico, così, può anche accadere che lembi 0 porzioni delle formazioni conso- relle della capsula surrenale corticale, possano talora come ano- malia (reperti di glomeruli) o normalmente (residui del corpo di Wolff negli uccelli) entrare in connessione con la stessa, oppure lembi dell’ organo corticale possano aberrare in altro sito (rene epididimo). In quest’ ordine d’ idee non mi pare che il problema genetico della corteccia surrenale possa collocarsi ancora tra gli enigmi. b) Organo midollare. In scritti precedenti ho insistito sul concetto che il midollo soprarenale ed i suoi equivalenti si debbono riguardare come una specie di particolari corpi epiteliali di origine neurale. In primitive condizioni (Selacei) il midollo surrenale è rappre- sentato da una serie di corpi che stanno in intima relazione con i gangli del cordone limitrofo del simpatico i corpi soprarenali — 1 quali, secondo ha indicato Balfour e di poi fu da me stesso con- fermato, indi da Rabl ed altri, sorgono dall’ abbozzo simpatico. Ma ultimamente Aichel e Bela Haller affermano che i sopra- renali derivano invece dal rene primitivo come l'organo corticale de 3a (interrenale) e secondariamente si collegano col simpatico, d’onde il concetto finale che tutta la capsula surrenale è un derivato del rene primitivo (Aichel). In riassunto dell’ esame embriologico che ho rifatto, dopo la pubblicazione degli scritti de’ nominati autori, su ricco materiale (Pristiurus, Scyllium, Mustelus) ho dovuto riconfermarmi nell’opi- nione che la prima origine de’ soprarenali si riannoda proprio al simpatico. Mi risulta infatti che il mesonetro e l’ apparato eseretorio in generale non prende alcuna parte alla formazione loro. Le prime pata di corpi soprarenali negli embrioni de’ Selacei si svolgono addi- rittura in dominio, in cui non giunge neppure l'orlo dell’ imbuto supe- riore del canale segmentale, e le paia seguenti si producono tardivamente quando, in questo stesso tratto anteriore, 1 tubi segmentali co’ rispettivi imbuti si sono atrofizzati già da tempo, senza che materiale di sorta siasi da essi distaccato verso l’abbozzo simpatico. Essi distano del resto molto da questi e ne sono separati da un precoce involucro stabilito dal mesenchimo, nonchè dalla larga superficie occupata dalla vena cardinale. I corpi soprarenali sorgono col tardivo differenziamento dell’ ab- bozzo simpatico in una porzione ganglionare ed in un’ altra non gan- glionare (i corpi). Nella stessa guisa la teoria non può apphcarsi agli altri ver- tebrati. Come i soprarenali de’ selaci, anche il tessuto midollare della capsula surrenale dei mammiferi (dietro esatto esame dell’ uomo, vacca, pecora, cavia) sorge da germi emanati dall’abbozzo simpatico lamitrofo alle proliferazioni celomatiche (organo corticale), come Fu- sari!) ha ben dimostrato. Non dovrò rilevare come, certamente rispecchiando una troppo scarsa conoscenza delle nozioni acquisite nell’ anatomia e nello sviluppo, ancora oggi ricercatori numerosi non sanno risolversi a classificare le capsule surrenali se tra gli organi nervosi o i se- cretori (glandule) e vanno domandando ora a questo ora a quel fatto particolare istologico o sperimentale una prova decisiva. Ma riguardo al midollo ed equivalenti, nel dominio anato- mico, troviamo osservatori che trascinano innanzi dubbii eterni, 1) Non deve sorprendere che questa conferma parta da me, che nel ’96 mo- strai di tendere verso l'opinione di Gottschau. Da quell'epoca in poi numerose pruove mi hanno indotto decisamente a rifiutarla. (Cfr. i precedenti scritti ci- tati qui). A sia perchè impressionati da particolari relazioni (secondo i gruppi infimi specialmente), sia perchè sembra ad essi che troppo strida con l’ufficio secretorio |’ origine nervosa. Ma, ben vero, la maraviglia, che sorga dal simpatico un organo come il midollo surrenale, cessa però in gran parte, quando l’ana- tomia comparata ci mostra che esso è indipendente dapprima dal- l’organo corticale (Selaci) e che più tardi mediante forme di tran- sizione nitidamente tracciate secondo i gruppi, successivamente lo avvicina (anfibii, rettili), compenetra (uccelli) e finisce col racco- gliersi nel suo centro (mammiferi), come anche Kohn ha mo- strato. I Ma, ed è questo il fatto più importante, gli stadii tracciati dall’anatomia comparata noi li vediamo svolgersi sotto i nostri occhi separatamente ed esattamente nel corso dello sviluppo della capsula surrenale dell’uomo e dei mammiferi. Di ricapitolazioni così evidenti, nell’ ontogenesi, di vicende tracciate dall’ anatomia comparata io credo che esistano rari casi. Ma tanto più sono esse da prendere in considerazione, in quanto accade spesso di ravvisare in soggetti adulti, arresti dello sviluppo, anomalie che rappresentano appunto arresto in qualcuna delle definite tappe filogenetiche o esagerazioni abnormi delle stesse. Così, come anche io ho trovato, il midollo si può talora conti- nuare con un tratto attraverso la corteccia con i ganglii esterni del plesso surrenale, e si spiega ancora così il non raro reperto di gruppi ganglionari al posto del midollo. A questo proposito, a sempre più ribadire il nesso col simpatico, è venuta la scoperta dell’ esistenza di tessuto midollare cromaffine in maniera più diffusa ne’ ganglii del simpatico, all’ infuori quindi del perimetro renale e surrenale. Non sembra quindi che possa più dubitarsi che il tessuto cro- maffine spetti al simpatico e sorga con esso. Secondo il mio modo di vedere, deve conciliarsi il concetto dell’ origine nervosa con quello di organo non funzionante come nervoso, non come una supposizione ingegnosa, ma come una co- statazione di fatto, la risultanza di dati anatomici ed embriologici sicuri. Esso urta solo contro il concetto prestabilito che dal tubo neurale debbano dipendere esclusivamente organi con funzione nervosa. Ma questo non è esatto, esistendo derivati neurali tutto altro che nervosi. In altro scritto precedente, senza alludere nem- meno ai fatti dubbil tuttavia constatati da autori (Coggi, Gorono- 60 vitsch) !) accennava appunto a derivati addirittura epiteliali, quali l’ependima ed i corpi coroidei (lamina epiteliale). Che ora il tessuto midollare ed il cromaffine non sieno muc- chi di elementi nervosi, ma più vicini agli epiteliali, non è il caso d’insistere qui nuovamente. D’ altra parte ho mostrato che con- dizioni proprie dei mucchi midollari , de’ nidi cellulari e cro- maffini, possono, in forme primitive come i Selacii, presentarsi co- me carattere di famiglia (nidi di cellule cromaffini e nidi ganglio- nari). Inoltre esistono ne’ soprarenali elementi non cromaffini , i quali indubbiamente non si modificano nel corso della vita, ma che pe’ caratteri morfologici debbono riguardarsi come forme di transizione tra’ corpi ganglionari ed i nidi. Forse i dubbî di qualche autore a questo riguardo avrebbero avuto un aspetto più scientifico, se fossero stati sostituiti da ne- gazioni categoriche a base di esame diretto —facile del resto, trat- tandosi de’ comuni pescicani.—- Ma io voglio solo accennare che nel simpatico, ne’ gangli spinali e nel sistema nervoso in generale de’ vertebrati trovansi elementi, i quali per i caratteri istologici come corpi ganglionari non possono essere riguardati, ma che caratteri di non dubbia parentela con questi anche presentano ?). Il tessuto cromaffine in generale — dalle forme iniziali, pri- mitive, alle più complesse—intra (sostanza midollare) ed extracap- sulari (nidi cromaffini) non possono riguardarsi come aggiunte po- steriori, venute dal difuori ( Aichel-Bela Haller), ma sono delle modifiche che avvengono più o meno tardivamente in seno allo abbozzo del simpatico. Essi rappresentano una maniera di essere più conforme a quella primordiale del tessuto nervoso-—l’epiteliale. E, come il loro aggregato, le loro relazioni vascolari, il tipo strut- turale raggiunto in particolari condizioni (midollo surrenale ) in- dicano , ad essi non può spettare che una funzione secretiva, pro- priamente endocrina ?). 1) Secondo i nominati autori, elementi che si staccano dalla cresta neurale ani parte alla formazione dello scheletro del capo. ) Alludo alle cellule apolari di molti autori, ai dati di A polant, alle « Um- 1 Zellen » di Lehnosseck e agli elementi da altri autori indicati nella sostanza grigia del nevrasse. 3) La prova certa istologica di contenuto specifico è senza dubbio, nello stato attuale delle conoscenze, la sostanza cromaffine, la quale, come mi sono sforzato di dimostrare in altro scritto attualmente alle stampe nell’ Archivio dell’ Unione Zoologica italiana, non è un prodotto figurato, e deve corrispondere ad una fase particolare d’un chimismo cellulare ancora oscuro. ini SSR La prova fisiologica è raggiunta dalla enorme elevazione della pressione del sangue che segue iniettando estratti capsulari (Oli- ver e Schàfer). Vincent ha dimostrato che effettivamente questa sostanza (variamente denominata dagli sperimentatori) è un pro- dotto specifico delle capsule surrenali, rispondendo alle objezioni che elevazioni del tono vasale possono anche prodursi con altri estratti di tessuti (Kohn). Le ricerche di Vincent e Moore provano altresì che il caratteristico effetto ipertonico dell’ estratto capsu- lare è dovuto al midollo, in quanto mentre gli estratti dei se- parati equivalenti della sostanza corticale (interrenali) riescono inattivi o quasi, quello de’ corpi soprarenali, che consistono di esclusiva sostanza midollare, riescono assai attivi. Biedl e Wiesel, esperimentando con l’ estratto d’un gruppo cromaftine (Kohn), cioè dell'organo parasimpatico, che ora Zucker- kandl ha fatto conoscere ne’ neonati, a’ lati dell’arteria mesente- rica inferiore, ottengono effetto ipertensivo sui vasi. Secondo Osborn, l'estratto di tessuto nervoso centrale e degli stessi gangli simpatici abbassa invece la pressione del sangue. All’ obiezione che questo accade malgrado la presenza del tes- suto cromaffine, Vincent ha ben risposto che dipende dal perchè il tessuto nei ganglii esiste in meschina proporzione, per cui nella miscela prevale l’ azione del tessuto nervoso. E dal mio canto devo insistere, che certamente non potrà sor- prendere che effetti diversi, cioè, che produzioni antagonistiche esi- stano in tessuti, che hanno tra loro rapporti di parentela, perchè dal punto di vista fisiologico ed anatomico questo è tutt’altro che un fatto isolato, rientrando invece in un ordine di fatti ordinarii, quando ad es. si pensi che nello stesso tratto epiteliale intesti- nale da un ceppo comune si staccano elementi con funzione se- cretive con opposte reazioni. Istituto di Anatomia comparata della R. Università di Napoli, 1902. Cao MEMORIE CITATE A. ArcHEL — Archiv fur mikr. Anat. Bd. LVI Heft 1 1900. — Anat. Anzeiger XVIII Bd. N. ?/, 1901. APOLANT — Archiv. f. mikr. Anat. Bd. 47 1896. BaLFrour — Biologisches Centralblatt 1881-82. — The Works. London, 1885. Brea HaLLeR — Morph-Iahrbuch, 1902. Dramare — Memorie della Soc. it. delle scienze (detta dei XL) Ser. III. Tom. X 1896, Roma. Tav. I-II. — Anat. Anzeiger 1897 e 1902 Bd. XX Internationale Monat- schrift f. Anat. u. Phys. XVI Bd. Heft ?/; 1899. e Anat. u. Anzeiger. 1899. Fusari — Archivio per le scienze mediche, Torino 1892. Vol. XVI, n. 14 Tav. IV-VII. i GroseLix — Zool. Anzeiger 8 Iahr. 1885 e 1886. GortscHAu — Archiv. f. Anat. u. Phys. Anat. Abth. Bd. IX 1889. Tav. XVII-XIX. GraverHom — Journal of Anat. and Phyl. Vol. XIII. » — Transact. Royal Society 1887. A. Konn— Archiv. f. mikr. Anat. Bd. 53 1898-99 Horrmann — Verandl. der k. Akad. d. Vetenschappen. Amsterdam 1900. LeHNossEK — Archiv. fur mikr. Anat. XXVI Bd. 1886. Moore — Iournal of Physiology, 1895. Vol. XVII, n. 6. » —— Idem 1897. Vol. XXI. Mrxor — Human Embryology. New York 1892. Mimaccovics — Internationale Monatschrft f. Anat. u. Phys. Bd. II 1885. OsBorn cit. da Vincent. RaBL — Mesodermtheorie. Semon — Ienaische Zeftschrift f. Nat. Iena 1891, Bd. XXVI. VALENTI — Atti della Soc. tosc. di Scienza Pat. Pisa, Vol. X. tav. X. 1889. VERDUN — Derivés branchiaux chez les vertebrés superieurs. Toulouse 1898. VixcenTt — Transact Zool. Soc. of. London, 1897. » Internal. Monatschr. fur. Anat. u. Phys. 1898. » Tournal of. Phys. Vol. 22, 1898. » Proc. Phys. Soc. of London, 1897. » Anatomischer Anzeiger, 1900. ZUcKERKANDL — Verhandl. Anat. Ges. Bonn., 1901. Studio d’una cassetta di resistenza.—Nota del socio G. DI Crommo. (Tornata del 15 marzo 1903) Il metodo adoperato comunemente per lo studio d’una cas- setta di resistenza di precisione consiste nel comparare tra loro gruppi di resistenze prese con ordine tra quelle formanti la cas- setta e tali che i due gruppi, ciascuna volta comparati, abbiano somme uguali; somme però variabili da comparazione a compa- razione. Ciò porta ad una continua variazione tra i successivi va- lori dei lati contigui del ponte e ne derivano risultati di varia attendibilità, perchè se la condizione di massima esattezza è ve- rificata per i valori speciali d’una coppia di gruppi di resistenze, non lo sarà per le coppie di gruppi successivi. Ad eliminare un tale inconveniente mira il presente lavoro !), nel quale, per meglio esporre il metodo supporrò di volere eseguire lo studio d’una cassetta avente le seguenti resistenze « indicate » : (300); (200); (100) ; (100); (50); (20); (10); 10); 5); @) 1); È; (0.5); (055) ohm. Tali resistenze le ho dette « 2ndicate » perchè esse non rap- presentano ohm assoluti e per tale ragione sono messe tra paren- tesi. In esse poi, per distinguere tra loro quelle aventi uguali valori indicati, ho adoperato degli asterischi. Il metodo consiste nello esprimere tutte le singole resistenze in funzione della mag- giore (500) ohm. mediante una serie di comparazioni aventi, per resistenze dei lati contigui del ponte, sempre lo stesso valore (500) Q ; indi, mediante la comparazione della resistenza (500) 1) Il metodo è analogo a quello che si tiene per lo studio d’una pericra di precisione. 64 — con un campione di eguale valore #7dicato e di conosciuta equa- zione assoluta, si ricaveranno, con semplici sostituzioni, 1 valori assoluti delle singole resistenze. Per giungere a tanto s'incomincia con lo stabilire le 14 equa- zioni del quadro I, colonna 1.8 I primi membri di tali equazioni sono formati dalle successive resistenze della cassetta ed i secondi membri sono rappresentati ognuno dalla somma delle resistenze, che, in ordme di grandezza, seguono quella già messa al primo membro, fino a verificare l’ eguaglianza. La lettera f, scritta ai piedi di alcune parentesi, indica che la resistenza, cui si riferisce, è formata dalla somma di quelle che la seguono in ordine di grandezza. Le quantità « messe*nei secondi membri rappresen- tano resistenze incognite, la cui ricerca forma la base del metodo. L'ultima equazione infine rappresenta il (0.05)Q in funzione della resistenza d’un tratto, a determinare, di filo del ponte adoperato. Dalle equazioni così formate si ricavano i valori delle simgole resistenze in funzione della resistenza maggiore (500) ohm., nel modo seguente : Dalle equazioni fondamentali : (Lia (100)% (100), ohm. + 4; (100) = (100) ohm. + 05 ...(2); (200) —(100) + (100) ohm. + o ...(3), si ha con sostituzioni successive : (100) =(100);ohm. + 23 + 4 ...(4) (200) = (100); ohm. + 3 4- 04 Li (100), ohm. + c4 + e ...(5) le quali sommate membro a membro con la (1) e. con l'identità: (100);= (100) ohm. danno: (6)... (500); = 5. (100)fohm. 4 «2 4 243 + 4; ed avendo già messo: (500) = (500);+ «1, sì ha sostituendo in (6) e ricavando il valore di (100); ohm (100), ohm. = (9000. CSI + 2 moto 25 PA (7). ) .) SED 1 ORA Valore, che sostituito nelle (1), (4), (5), darà le espressioni di (100); (100) e (200) ohm. in funzione della resistenza maggiore (500) ohm. Dal (100); ohm. si deducono i valori dei pezzi inferiori nel seguente modo. Essendo : (100);= (50) + 50); ohm. &5 = (50) -50); ohm. Si ha sommando e sottraendo membro a membro : % 5 50; ohm. 5 (50) ohm. IO = =; (50);ohm. = te ; dh) 5 nelle quali, sostituendo il valore del (100), hom dato dalla (7), si a- vranno le espressioni del (50) e (50); ohm. in funzione del (500) ohm. Riflettendo che le resistenze comprese tra (50) e (5) hom. si succedono con lo stesso ordine di quelle comprese tra (500) e (50) ohm. le espressioni delle prime in funzione del (50) ohm. saranno analoghe a quelle già ricavate in funzione del (500) ohm. Di tal guisa sì avranno le espressioni delle resistenze (20), (10), (0) ohm. in funzione del (50) ohm. e sostituendovi il valore di quest’ultima in funzione del (500) ohm., sì ricaveranno i valori in fuzione del (500) ohm. In modo perfettamente analogo si ricaveranno i valori delle resistenze a partire dal (5) ohm. in giù. Tutti i valori così ricavati sono riportati nella colonna 3.8 del quadro messo in fine. Avanti di procedere oltre, occorre determinare tutti gli a delle equazioni fondamentali per la completa conoscenza delle espres- sioni ricavate or ora. Dovendo, in tale determinazione, seguire il criterio fondamentale della costanza tra le resistenze dei lati contigui del ponte, in tutte le comparazioni, occorre, per ciascuna equazione fondamentale, eseguire col ponte due comparazioni. Le equazioni relative a tutte le coppie di esse comparazioni, dette equazioni sperimentali, sono riportate nella colonna 2.2 del quadro, dal quale si vede che in ciascuna coppia di comparazione, si pa- ragona una resistenza ausiliaria & (di valore indicato uguale a (500) ohm.) successivamente con due acconci gruppi di resistenze successive della cassetta, aventi somme èndicate uguali a (500) ohm. e tali che il 1.° differisce dal 2.° gruppo, perchè nell’uno è com- presa soltanto la prima e nell’altra la seconda delle due resistenze E ) tor, pa che fanno parte dell'equazione fondamentale, cui si riferiscono le due comparazioni. Procedendo alla formazione delle equazioni sperimentali si vede che, oltre le resistenze della cassetta, ne oc- corrono altre, le quali sono: (200).; (50).; (20); (5); (2), e ven- gono dette ausiliarie e si sono scritte, per tale ragione, con un @ al piede. Le 14 coppie di comparazioni così stabilite porteranno alla determinazione dei valori degli 2: dalla sottrazione, membro a membro, delle 2 equazioni sperimentali di ciascuna coppia e dal paragone dell’equazione risultante con l'equazione fondamentale relativa si ricaveranno i valori degli « in funzione degli /, rica- vati già dall'esperienza, In pratica però, allo scopo di rendere uguale ad uno il coet- ficiente degli errori degli x, invece di due, si fanno cinque com- parazioni per ciascuna equazione fondamentale, ottenendole con l’alternare tra loro le due equazioni sperimentali corrispondenti. Così, ad esempio, per il gruppo VII delle equazioni sperimentali ri- portate nel quadro, le comparazioni a farsi sono relative alle equazioni seguenti : (R)= (10) + (200) + (200), + (50) + (20) + (20), ohm + l'in (R) )= (10) + (200) + (200), + (50) + (20) + (20). ohm. + Gn (R) —(10) + (200) + (200),+ (50) + (20) + (20), ohm, + 1’ vm---(3) (R) ohm=(10) )+(200)+- (200), + (50) ohm. + (20) + (20). +1 vir--(4) (R) ohm. = 10 + (200) + (200), + (50) ohm + (20) + (20), + lin---(5) Operando su tali equazioni col metodo delle medie e diffe- renze alternate, come segue, si ha : cani SEDIA 0 (10) (10) ohm. SE a VII 1 aa 2 a i ER Soi e Pupi a 3.0 +5. * "md Iv si 4.8—=0 (10) (10) ohm. + get iu li Delle quali prendendo la media, si ha : 0= (10) ra (10) ohm. + i Liar 31 VAL vi = vive + at ln e quindi: (10) = (16) chm. + mm —81wr + - vie —3 lmt lm — 67 — Che, paragonata con l'equazione fondamentale del gruppo VII, dà: a lin 3 l'un Ri lip 9 Lai ot tu 6 CA; Essendo tutti i valori degli /" determinati nelle identiche con- dizioni, sì può ritenere abbiano lo stesso errore, e quindi, per un noto teorema della teoria degli errori, il coefficiente dell’er- rore di «7 è Si e agi 62 Altrettanto dicasi per tutti gli altri « delle equazioni ton- damentali. Avendo però messo a base del procedimento equazioni sperimentali, in cui una delle due resistenze da comparare è data dall'altra mercè la semplice addizione o sottrazione di una terza resistenza Z, è chiaro che il ponte, nel modo secondo cui si usa generalmente, portando invece a relazioni del tipo : non può darci le equazioni sotto la forma voluta. Devesi pertanto far ricorso ad altro metodo di comparazione, che potrebbe ben essere il seguente : Alle quattro interruzioni P, P', Q'Q della spranga di rame di un ponte a corsoio perfezionato (fig. 1) disposto come in una So ea ordinaria misura di resistenza, si mettano successivamente una delle resistenze da comparare R, e le altre a', b', b prossimamente uguale ad R. Sia / la lunghezza del filo del ponte, m la resistenza d’un m.m. di esso ed x la distanza del corsoio C dall’estremo A, quando l'equilibrio al ponte siasi realizzato ; si ha in tal caso: a E ID 1) bip E Si sostituisca quindi ad R il gruppo di resistenze della cas- setta, il quale gli sì deve comparare: sia esso R', sì avrà ad equi- librio realizzato se x: rappresenta la nuova distanza di C da A: a R'4+ mx 9 be bio. Dalle (1) e (2) si ricava facilmente : na (R-R')—m (x1-x) b' m (x1-X). ..(3) Si ripetano allora le operazioni gia indicate, dopo di avere in- vertito di posto le due resistenze arbitrarie a'b': se y e yi rap- presentano le nuove distanze del corsoio C dall’estremo A’ nei due azzerramenti del galvanometro, si avrà una relazione analoga alla (3), cioè: bi (RR) Fig che paragonate alla 3, dà, dopo alcune riduzioni: R—'R'+m[(x1-x) + (yi-y)] Paragonata tale relazione con una delle equazioni sperimen- tali già discusse, si vede che il termine m [(x1-x) + (y1-y)] viene a rappresentare gli / messi in esse equazioni. Questi adunque, non che gli e, che ne dipendono, sono ricavati in funzione di resistenze di tratti determinati di filo del ponte adoperato, filo — 69 — che deve essere precedentemente studiato di cm. in cm. con uno dei metodi a tale uopo indicati !). Pervenuti in tal modo alla completa determinazione di tutti i termini e coefficienti delle equazioni riportate nelle colonne 3. del quadro I, occorre poter esprimere il (500) ohm in valore as- soluto, cioè in ohm effettivi. Tanto si otterrà mediante una serie di comparazioni, col metodo or ora indicato, tra il (500) ohm della cassetta ed un 500 ohm campione di conosciuto valore assoluto. Applicando il metodo delle medie e differenze alternate ai risultati delle predette comparazioni, si perverrà ad una equazione del tipo seguente : (500) ohm della cassetta — (500)ohm campione + m. X...(5) in cui m, come sì è detto rappresenta la resistenza d’un mm. di filo del ponte ed X una determinata lunghezza di esso filo. Essendo poi conosciuto il valore assoluto di (500) £ campione, essendo cioè data la relazione: (500) ohm campione = 500 ohm+-y, si ha sostituendo nell’equazione precedente : (500) ohm della cas- setta = 5002 + y+m. X. Tale valore si dovrà sostituire in tutte le equazioni della co- lonna 3.* del quadro, messo in fine, per ricavare i valori delle resistenze della cassetta in funzione di 0/m effettivi e di resistenze di determinati tratti del filo del ponte. Non resta allora che la determinazione del valore assoluto della resistenza di un mm. del filo stesso per completare lo studio intrapreso. A tale uopo si procederà come segue: L'ultima equazione fondamentale già riportata è espressa da : (0.5) ohm: m, X-..:(0) bis nella quale, la determinazione della lunghezza di filo X' si ot- tiene mediante le due serie di comparazioni relative alle due equa- zioni sperimentali corrispondenti. Soltanto bisogna aggiungere che di tali serie di comparazioni, l’una conviene farla prima e l’altra dopo di tutte le altre comparazioni già discusse e ciò per tener conto delle possibili variate condizioni di tutti gli elementi che entrano ed accompagnano, come funzione del tempo, le varie operazioni. Ad ogni modo, determinato il valore di X'dell’equa- 1) G. Di Crowmo. — Metodo per calibrare un filo conduttore. Nuovo Cimento Serie V. Tom. V, fascicolo di febbraio 1903. DI zione precedente, da essa si ricaverà quello di 7 in funzione del (0.5) ohm della cassetta. Essendosi d’altra parte trovato (vedi ul- tima equazione della colonna 3.8 del quadro): (500)ohm , f(@) 1000 1000 (05) ohm = in cui con f («) sì è indicato il numeratore del 2.0 termine del 2.0 membro della precitata equazione col segno mutato; ed es- sendo a sua volta : (500) ohm delle serie =500.2 +y+ m. X., sì ha sostituendo : 50092. f(e), {+ m.X LR) YT MA v+f(a), m.X — 1000 ' 1000 1000 "0587 ( 0.5) ohm che per la (5) diventa : mi — 052 cente ci 4 1000 1000 Ritenendo infine che il termine f(@) essendo espresso esso pure in funzione di un determinato tratto X'" di filo del ponte, si potrà mettere sotto la forma: m X'; onde definitivamente l’e- quazione precedente si può scrivere : m (1000X°-X-X")= 500 Q + y, da cui __500Q-+-y D — 1000 XXX" che rappresenta il valore domandato della resistenza del filo del ponte; con la sostituzione di esso valore nelle espressioni con- tenenti gli « delle equazioni della colonna 3.à del quadro, si com- pleta lo studio intrapreso. Resta soltanto a dire poche parole sugli errori probabili delle determinazioni eseguite; quelli cioè relativi alle equazioni della colonna 3. del quadro. Nell’ insieme delle comparazioni, miranti ad esprimere il 5002 della cassetta in valore assoluto, si commette un errore in cui entrano tanto quello proveniente dalla comparazione del 5002 è ADE gr della cassetta col 500 ohm campione, quanto l'errore probabile di questo. Se l’uno e l’altro sono espressi rispettivamente da ei ed ee, l'errore che si cerca è dato da : e=+ Ve1-+es? in cui ei si ricava applicando il calcolo della teoria degli errori alla serie di comparazioni tra le resistenze (500) ohm della cas- setta e (500) ohm campione ed es è un dato che accompagna il (500) ohm campione studiato a parte. Quanto poi agli errori pro- babili delle altre resistenze, espresse in valore assoluto, si rica- vano facilmente da quelli ad essi relativi nella espressione delle resistenze medesime in funzione del (500) ohm della cassetta. Se con e' si indica l’errore probabile commesso nella determinazione della S resistenza d’un m.m. del filo del ponte in funzione del (0,5) ohm, gli errori delle singole resistenze in funzione della maggiore sa- ranno: e k=eg; essi cioè si trovano, moltiplicando e' per un fat- tore K, variabile dall’una all’altra resistenza, ed eguale alla radice quadrata della somma dei quadrati di tutti i coefficienti degli e che entrano nella espressione della resistenza che si considera, in funzione del (500) ohm. Tali errori sono riportati nella colonna 4.2 del quadro. Moltiplicando ora l’ errore e del (500) ohm della cassetta, espresso in valore assoluto, per lo speciale coefficiente e per il quale è moltiplicato il (500) ohm stesso in ciascuna equa- zione della colonna 3.* del quadro, e mettendo : c.e = e4, gli er- rori delle singole resistenze espresse in valore assoluto saranno rappresentati dall'espressione generica : Ei Ve3+ et4 in cal ez rappresenta, come si è già detto, l’ errore della stessa resistenza che si considera quando la si esprime in funzione della maggiore (500) ohm. Metto termine a questa nota col dire, che le varie compa- razioni discusse devono essere eseguite con un ponte a corsoio perfezionato ; avente tutti gli attacchi formati mediante ampili pozzetti di mercurio, il corsoio a scatto, ed i fili di congiunzione formati da ampie strisce di rame amalgamato agli estremi pescanti nei pozzetti di mercurio. L'influenza degli sbalzi di temperatura dall’una all’altra comparazione non possono produrre, come ben "i a goti: api gie + gel albi a AZ, n ire si sirailenila; che errori trascurabili se le varie resistenze d cassetta, quelle ausiliarie e quelle di comparazione RR sa mule, ai risultati della comparazione tra il (500) ohm della setta ed il (500) ohm campione. Sardi alan da ri i MS . gt A SL er de RIE cr RIASSUNTO DELLE VARIE ESPRESSIONI DISCUSSE — Quapro I. "i Valori delle singole resistenze della cassetta in funzione della maggiore di essa » Valori degli errori urca |CTOII cano I $ | po (100)2+-(100)+0» a È TA A io e a )a+ia (200)a —2 (100)2-+ sa-+as + 2ex—-2 (sooja— Sea Se es 204 vi Vi (R)2— (100)2+ (200,2 + (2008, od e, ta i (R)2 = (100)2 + (200)2 + (200)9, +1’ (Ot ODA ra I e "9 La ei aib,a 1000401 ooo te jan F "i n. pain stati | da mini TIR onde tt snpante gi testniinicarigo melone ù Mie SRI DI ISMIMIIREIN © london te i crteetnintozie ini ia cda = (10); + sa n sE ona x Da i La i e E: i È si alan 1 go ++ 28m 1 ogg tota td x Bs 1050 + 2067 — 101% Ke VAI Mio IONI RITI erge cccerzionese Lug sintterie foagio pesi "fi , sa ii CRE x ue È ca A i È e Do E° ce ? 500 i can 10g10— Boi — 10018 DI (500ja_ 71 +22+2 0944014 505 + 1000420 si sO ao 150010 — 50 211 — 100219 ATEI hei a Ba LLAA Geni (20) Lea Ù “A a Sh (oo eo +e + 207 + den + ALE 10240 +20 21 i cit (ooo zi +22 +220 + das +5 DA iù sd +50 .20+ 100 300 011 = 1000; | da Pera SR OA A 4 rsisenigne sane ciaoo rinite tte sini inni n vue 4 | “i ba 5a ni PERLA Jo tei sd 1 o di (60070 Cit00 + 200 + dea + 55 + LO 00 420.07 + Do +50 2 + 100 210 + 200011 + 400 10 + 500 cis VE, | en - » L Sla - +—— e cena iti 2° Ù t] Ù ns 4 “ la £ ‘ n LA ALI Sal Dati Sulla fotosintesi fuori dell'organismo e sul suo primo prodotto.--Poche parole in risposta alla critica del dottor Gino PoLLacci.—Pel socio Lurer MACCHIATI. Egregi consocti , Lo scorso anno, nella tornata del 2 luglio, ebbi a comuni- carvi una mia breve nota preventiva: « Sulla fotosintesi fuori del- l'organismo e sul suo primo prodotto », la quale faceva seguito ad altra mia precedente comunicazione, che comparve nel Bullettino della Società botanica italiana (1901). Questo lavoro, che fu poi seguito — a breve distanza — da altre note !), mi meritò molte congratulazioni da parte di fisio- logi eminenti, che m'incoraggiarono a proseguire nelle ricerche da me iniziate, i cui risultati erano destinati ad imprimere un nuo- vo indirizzo alla fisiologia vegetale. Ma di questo parere sembra che non sia stato il signor Gino Pollacci del R.° Istituto botanico di Pavia, il quale, dopo essersi congratulato con me, per iscritto, dei risultati che io aveva con- seguiti, non si perito di pubblicare una critica severa sul metodo da me seguito e sulle conclusioni che emanano dalle mie pazienti esperienze. La stessa critica del signor Pollacci, ch'io non posso lasciare priva d’una risposta, è comparsa a p. 125 nel n° I° del « Nuovo giornale botanico italiano » pel corrente anno. __——Inessa l’autore, dopo una esposizione, non sufficientemente fe- dele, del metodo da me seguito, entrando in merito del lavoro così si esprime: Le inesattezze ed errori in cui incorre il Macchiati nelle poche pagine della sua nota sono diversi. Laddove per esempio fa una specie di storia dell'argomento, l’autore attribuisce al Liebig l’ipotesi della formazione dell’aldeide formica per scomposizione del biossido di carbonio ed acqua (CO? + H?O0 = CH?0 + 0°), men- tre la teoria di quest'ultimo, come è noto a tutti, parte dall’acido for- 1) Ancora sulla fotosintesi fuori dell'organismo. (Bull. della Soc. bot. ital. pag. 129, 1902). Sur Za photosynthèse en dehors de l’organisme (Comp. rend., t. CXXXV, n.° 24, 15 Déc. 1902). La photosynthèse chlorophyllienne en dehors de l’organisme. (Révue genérale de Botanique, tom. XV, (1903), pag. 20. De fg mico, che per disossidazione riproduce la rispettiva aldeide (CH20? — O = CH°0 +0). Questa è l’accusa più grave che mi si fa, mentre tutte le altre, come risulterà dimostrato in seguito, si riducono a giri di parole intesi o a farmi dire ciò che non mi sognai giammai di affermare, o ad argomenti di nessun valore, coi quali si vorreb- bero demolire le mie conclusioni. Se potrò dimostrare, come non mi sarà difficile, che questo primo rimarco è privo di qualsiasi fondamento scientifico, che, in altri termini, è una gratuita asserzione, tutto il resto cadrà da sé nel vuoto. Secondo il Sig. Dott. Gino Pollacci io avrei travisato com- pletamente i concetti di Liebig, allorchè scrissi nella nota incri- minata « La reazione, secondo la quale le piante darebbero origine alla formaldeide, eliminando, in pari tempo, un volume d’ ossigeno pressa poco eguale a quello dell'anidride carbonica assorbita, potreb- be essere rappresentata secondo Liebig e Baeyer nel seguente modo CO*:-4/H20.—.C0H?:4'.0?, Però il mio critico, interpetrando a rovescio lo stesso Liebig e confondendo ipotesi con teoria, dice che « la teoria di quest’ul- timo, come è noto a tutti, parte dall’acido formico che per disos- sidazione riproduce la rispettiva aldeide(CH?0% — O = CH?0 +0»). Ma facendo il conto esatto degli atomi della precedente equa- zione, colla quale si vorrebbe esprimere l'origine dell’aldeide for- mica nelle piante, si verrebbe ad avere che 5 —1 = 4+ 1, vale a dire che 4 è eguale a 5. Bella scoperta ! Ma non è di questo parere l’ illustre professore P. Spica , il quale nel suo pregevolissimo trattato di Chimica medico-farmaceu- tica (in corso di pubblicazione ) a pag. 126 del Vol. II scrive: « La reaz. per la quale sì formerebbe la formaldeide e si elimine- rebbe dalle piante un volume d’ ossigeno approssimativam. eguale a quello dall’anidride carbonica assorbita si può scrivere con. Liebig e Baeyer con l equaz. COa + Hs0 = COHs + 0». »; come appunto scrissi io nella nota incriminata. Del resto facciamo parlare il Liebig, il quale scrive nella sua Chimica organica applicata alla fisiologia vegetale e all’ agricol- tura, a p. 21): « È dunque evidente che le piante, per potersi ap- | propriare il carbonio dell’ acido carbonico, devono possedere la fa- coltà di decomporre quest’ acido carbonico, in modo da separarne l'ossigeno e renderlo all'atmosfera, mentre che il carbonio si unisce 1) Edizione francese, traduzione fatta sul manoscritto dell’aut. (Parigi 1841). agli elementi dell’ acqua. Per ciascun volume di acido carbonico il cui carbonio è assimilato dal vegetale, bisogna che l’atmosfera riceva un volume eguale d'ossigeno ». Poi il mio critico prosegue: « Le più recenti teorie del Bach, Arcangeli, Reincke, ecc., l’autore non le rammenta » Che vuol dire ciò ?; forse che in una nota preventiva sulla fotosintesi fuori del- l'organismo avrei dovuto parlare di tutte le ipotesi—non già teo- rie-comprese magari le più strampalate, colle quali si credette di spiegare quale sia il primo prodotto dell’assimilazione nell’orga- nismo ? È in vero questo uno stranissimo modo di argomentare. Poscia scrive: « Così pure è da rilevarsi che nel parlare delle ricerche sulla presenza dell’ aldeide formica nelle piante dimostra l’autore di ignorare i recenti lavori di Reincke, Curtius ed altri » Sulla futilità di queste osservazioni lascio i commenti agli egregi con- socii. Secondo lui ignoro tutto ciò di cui non parlo, dimenticando che la sua critica verte sopra una nota preventiva « sulla fotosin- tesi fuori dell'organismo » non già dell’assimilazione—come si suol dire — nell’organismo vivente. E più oltre prosegue ancora, dopo la dichiarazione che non dubita punto di quanto dico di aver visto: « Prima di tutto sono ricerche che avevano già fatte © signori Friedel, Harroy, ed Herzog, ma con metodi più rigorosi e traendone ben altre conclusioni. Infatti tutti è sopra citati autori hanno studiato veramente se vi era assimila- zione clorofilliana (21), cioè un consumo di biossido di carbonio dell’at- mosfera ed emissione di circa eguale volume di ossigeno; ma il Macchia- ti invece non si preoccupa per nulla del biossido di carbonio e st limita a dire che il gas sviluppatosi è dell’ossigeno, la cui presenza por la di- mostra con dell'acido pirogallico ed altri mezzi che non nomina ». Stando a quanto qui vien affermato dal Dott. Pollacci sem- brerebbe che io non avessi fatto alcun cenno delle ricerche dei signori Friedel, Harroy ed Herzog; ma con questa affermazione dà prova di non aver letta la mia prima nota !) anteriore a quelle dei signori Harroy ed Herzog — a pubblicare la quale presi ap- punto occasione, come risulta chiaramente, dalla prima comuni- cazione che il signor dottor Jean Friedel fece all’accademia delle Scienze di Parigi ?). Ed ha egualmente dimenticato che nella mia seconda nota — quella da lui criticata — ricordai i risultati ne- gativi ottenuti dai signori Harroy ed Herzog, che vennero dopo di me. Quali sono codesti metodi più rigorosi, se lo stesso Frie- 1) Bullettino Soc. bot. Ital., pag. 323, 1901. 2) Comptes rendus, t. CXXXII, n. 18 (6 mai 1901, pag. 1188). —- 76 — del non esitò a riconoscere la superiorità dei metodi da me se- gquiti ? Si vorrebbe far quasi credere che io non avessi portato nes- sun contributo in queste ricerche sulla fotosintesi fuori della pianta, quando è oramai risaputo che detti la dimostrazione lampante — contrariamente alle conclusioni dello stesso Friedel-che le alte tem- perature non fanno perdere alla diastasi contenuta nelle foglie, la proprietà di promuovere la formazione dell’ aldeide formica, col concorso della luce, che vince 1’ affinità chimica del carbonio e dell’idrogeno per l'ossigeno. Fui egualmente io quello che trovò il mezzo d’isolare la zimasi dall’ estratto glicerinato mediante il benzolo; ed in seguito potei dimostrare (v. mia 38 nota) che la stessa diastasi si può estrarre colla glicerina, e quindi isolare col benzolo, non soltanto dalle foglie fresche, ma benanco da quelle che siano state esposte per molte ore alla temperatura secca di 100°C. E così pure trovai la ragione degli insuccessi ottenuti dai signori Harroy ed Herzog e nelle successive esperienze dallo stesso Friedel. Questi ed altri sono i risultati conseguiti da me, coi quali dimostrai che il fermento chimico agisce anche in presenza degli agenti antisettici più potenti; con che è reso evidente che lo svi- luppo dell’ossigeno è una conseguenza della formazione dell’aldei- de formica. Dice il critico che io non mi preoccupo punto del biossido di carbonio , quasichè non sì sapesse che esiste sempre nell’ aria nella proporzione dell’uno per mille in peso e che esso contiene il 27 °/o di carbonio; da cui risulta, conoscendosi il peso di tutta 1’ aria, che l’atmosfera contiene 1500 bilioni di chilogrammi di carbonio e che le piante viventi all'aperto non possono sentirne difetto. Trova da osservare che io provai la presenza dell’ ossigeno coll’acido pirogallico ed altri mezzi; doveva però aggiungere che impiegai l'acido pirogallico in soluzione alcalina, seguendo la nota reazione di Liebig. Ad un certo punto l’ egregio signor critico vorrebbe attri- buire alla putrefazione (macerazione) di sostanza organica in ac- qua, lo svolgimento dell’ossigeno e per conseguenza anche la for- mazione dell’aldeide formica, senza pensare che son ben diversi i gaz che si sviluppano nelle fermentazioni putride; e dimenticando che lo svolgimento gazzoso — com'io lo affermai recisamente — incomincia dopo breve tempo di esposizione alla luce solare; che il fenomeno non è neppure impedito dalla presenza di agenti an- tisettici atti ad ostacolare lo sviluppo dei microrganismi; e che d * j sed LI in fine, cessa completamente allorchè vengano a mancare le ra- diazioni luminose. In ultimo mi rimprovera di aver dimostrato la presenza del- l’aldeide formica con un solo reattivo, cioè colla codeina chimi- camente pura sciolta nell’acido solforico anidro ed esente da im- purità, quand’egli stesso aveva ripetutamente accertato, nei suoi lavori, che precisamente codesto è il solo reattivo specifico che permette di riconoscere , con certezza, la presenza dell’ aldeide metilica. .» Dopo ciò non ho da aggiungere altro; ma a dimostrare che ì metodi da me seguiti non sieno così imperfetti come pensa il signor Pollacci, ed i risultati conseguiti non privi d’ importanza sta il fatto che fui cortesemente richiesto d’ una comunicazione per l'accademia di Francia, alla lettura della quale, come ne ebbi partecipazione dall’illustre prof. Gaston Bonnier, gli accademici sì interessarono vivamente. Determinazione rapida ed esatta del cremore nei tar- tari. — Nota della socia Jone Foì. (Tornata del 5 aprile 1903) Avendo avuto occasione di eseguire un grandissimo numero di analisi di fecce di vino, potei, come già altri, riscontrare no- tevoli differenze fra i risultati ottenuti con i diversi metodi di analisi ora in uso. Com'è noto, i prezzi dei materiali tartarici sono determinati dalla percentuale di acido tartarico (o di cremor di tartaro) in essi contenuto ; e nel commercio vi è chi ama stabilire le tran- sazioni sulla base del così detto metodo alla buretta, mentre altri preferiscono fondarsi sul metodo analitico esatto di Goldemberg- Gésomont. !) E poichè questi metodi conducono a risultati diffe- renti, ne risulta che, a seconda dell’ analista, alla stessa sostanza vengono attribuiti differenti valori. Ricordo qui brevemente che l’analisi « alla buretta » con- siste in una semplice determinazione acidimetrica eseguita con soluzione N/s o N/4 di KOH su una certa quantità di feccia, scal- dando all’ebollizione e determinando il momento della neutraliz- zazione con la prova al tocco sulla carta al tornasole. Il metodo Goldemberg è assai lungo e complicato , richie- dendo una preventiva decomposizione con acido cloridrico del tartrato di calcio eventualmente presente, successiva filtrazione e alcalinizzazione con carbonato potassico puro, evaporazione molto spinta, trattamento con acido acetico, lunga digestione in alcool del cremor di tartaro che si separa, filtrazione, lavaggio del cre- more e determinazione acidimetrica sul cremore stesso; per ultimo, al risultato così ottenuto si deve apportare una correzione secondo la formula del Goldemberg. *) Va notato che tutte queste opera- zioni, come altre sussidiarie, sono intralciate dalla presenza di so- 1) Il metodo Scheurer-Kestner è affatto disusato e solamente il metodo diretto e il metodo Goldemberg all’acido cloridrico sono metodi ufficiali per il regno d’Italia. 2) Per sostituire a questa formula empirica un procedimento razionale fondato su semplici calcoli matematici, col D.r Cesare Belloni di Milano ave- vamo iniziato una serie di ricerche, delle quali potemmo riscontrare l’ottimo risultato. nti. - vi stanze resinose e richiedono una tecnica speciale , tantochè la Commissione nominata dalla Società Chimica di Milano per sta- bilire il metodo unitario di analisi da adottarsi in Italia per i tartari, riconoscendo che il metodo Goldemberg, esatto se usato in modo assolutamente costante, dà in pratica risultati diversi nelle mani dei diversi operatori, venne, relatore il Prof. Menozzi, nella determinazione di prescrivere 1’ andamento dell’ analisi fino nei più minuti particolari. Ma disgraziatamente talune di queste prescrizioni non si pos- sono sempre nè dovunque seguire, per deficienza di mezzi. E, in ogni modo, il metodo, pur a chi può disporre di apparecchi adatti, richiede sempre un tempo non breve 1). Ora, poichè nella pratica industriale occorre spesso di dovere stabilire nel termine di poche ore la proporzione di acido tarta- rico contenuto nei campioni giunti al laboratorio, si finisce col do- vere sovente ricorrere al metodo alla buretta. Il quale è assai pericoloso per l'acquirente, in quanto dà ri- sultati che il più delle volte superano il vero dell’ 1 !/2—2 °/o, e talora — nelle fecce verdi in ispecie, come io stessa ho ripetuta- mente constatato — conduce ad errori assai più notevoli. E se si pensi ai prezzi elevati dell’unità tartarica, si comprende facilmen- te qual danno porti tale difetto dell’analisi a chi acquisti grosse partite di merce. Volendo dunque arrivare ad ottenere risultati esatti e con metodo rapido, mi proposi di studiare quale mai potesse essere la causa dell’errore accennato. È dopo lunghe e ripetute osserva- zioni, che è superfluo descrivere, venni a stabilire che la causa di errore è determinata dalla materia colorante del vino passata nelle fecce, la quale, sia perchè di per sè presenta reazione acida, sia perchè con la sua presenza impedisce di osservare nettamente i mutamenti di colore della carta di tornasole, rende necessaria l’aggiunta di soluzione titolata alcalina maggiore di quella richiesta dall’acido tartarico contenuto nel campione in esame. Dato questo, pensai che eterificando questa materia colorante mediante riscaldamento con carbone animale, avrei potuto otte- nere con la diretta determinazione acidimetrica risultati uguali a 1) Del resto, nemmeno il metodo Goldemberg, benché sia superiore a tutti gli altri proposti, deve poi considerarsi come assolutamente esatto; infatti si è notato (ctr. CARLES « Derivés tartriques du vin ») che in presenza di una forte proporzione di tartrato di calcio e anche in presenza di fosfato di ferro — frequentissimo nei vini francesi del Mediterraneo—il metodo Goldemberg dà risultati inferiori al vero. Ep CO hi quelli stabiliti col metodo Goldemberg, almeno nelle fecce non contenenti tartrato di calcio. Infatti, eseguendo una serie di determinazioni di confronto tra i diversi metodi, ottenni risultati che vennero a confermare la mia ipotesi. Le determinazioni eseguite col mio metodo erano condotte nel modo seguente : i Ad una quantità nota del materiale tartarico da analizzare mescolavo, in una capsuletta di porcellana, una quantità presso a poco uguale di carbone animale puro recentemente calcemato e ag- giungevo poca acqua ; facevo bollire la poltiglia liquida per qualche minuto e su questa eseguivo il saggio acidimetrico come di con- sueto, con KOH N/s titolata con bitartrato potassico purissimo preparato in laboratorio 1). Per indicatore, usavo sensibilissime cartoline al tornasole pre- parate dal Merck (neutre), i cui mutamenti di colore potevo os- servare bene, spruzzando qualche goccia d’acqua sul lembo della carta prima immerso nel liquido. Il carbone animale di cui mi servivo in queste ricerche era stato accuratamente purificato mediante trattamento con acido cloridrico e lavaggi e calcinazione fino a reazione perfettamente neutra. A fine di accertarmi che il carbone animale non avesse azione sull’acido tartarico o sul cremore delle fecce, eseguii determina- zioni di controllo con acido tartarico purissimo e con bitar- trato potassico del laboratorio (vedi sopra). Sulle sostanze pure, cioè in assenza di materie coloranti, il carbone animale non alte- rava punto i risultati. Per gli esperimenti di cui riferisco i risultati, scelsi tartari privi di calcio, o che ne contenessero tutt’ al più qualche traccia, affinchè il tartrato di calcio, indecomponibile dall’ idrato potas- sico, non venisse a rendere inesatto il confronto tra i risultati delle determinazioni. 1) È noto che la titolazione delle soluzioni alcaline dà risultati alquanto diversi secondoché viene eseguita con acido tartarico (oppure cremore di tartaro) o con altri acidi. Intorno a tale interessante fenomeno, dovuto probabilmente, a mio avviso, al diverso comportamento degli ioni degli indicatori nella solu- zione in presenza degli ossidrili non carbossilici (alcoolici) dell'acido tartarico, mi riprometto di instituire speciali ricerche. ZA TT n __—_—__r_o’’’’’crrnz RA" A Acido tartarico contenuto in 100 p. di tartaro secco o N. d’ ordine Analisi | Con carbone Metodo del campione _ alla buretta animale Goldemberg 1 54,72 54,54 54,61 2 48,54 47,80 47,97 34,78 34,27 34,22 4 30,01 29,50 29,57 5 32,47 30,10 30,22 6 31,75 | 29,48 29,34 fi 24,32 22,50 22,37 8 29,87 | 27,31 27,15 9 28,94 | 26,62 26,54 10 31,77 I 29,33 29,12 11 33,47 I 31,22 31,37 ie SA 30,32 | 29.04 29.15 13 ' 29,90 | 27,50 27,67 14 ' 30,36 | 27,90 28,00 15 20,702 23,27 23,42 16 20,92 18,36 18,40 17 19,37 | 15,98 16,03 18 16,45 12,85 12,94 19 14,09 | 12,01 12,07 20 14,23 11,84 PS 1) N. B. Con i n. 1, 2,3, 4 sono contrassegnati 4 campioni di limi e fecce bianche, materiali cioè poco o punto inquinati da sostanza colorante rossa. 2) I n. 5-15 indicano fecce rosse di medio valore. 3) I n. 16-20 indicano fecce verdi (liquide e « pasta di pane ») contenenti dal 52 all’86 °/, di acqua, in cui le percentuali di acido tartarico sono riferite al secco. dè O Lied Ì î ee | e Come risulta dalla tabella suesposta, col mio metodo risultati perfettamente paragonabili a quelli dati dal metodo Goldemberg. E poichè esso risparmia all’analista un tempo | zioso ed elimina in parte e in parte attenua di molto le sp di utensili, di reattivi e di gas, io credo che nella maggior p dei casì potrà sostituire convenientemente il metodo Goldem È In ogni caso poi è assolutamente da raccomandarsi a col che presentemente fanno uso del metodo alla buretta. 1a Osservazioni biologiche sulla Salpichroma rhom- boidea Miers pel socio Giovanni RipPA. (Tornata del 5 aprile 1903) Fra le piante, che si son rese spontanee nell’ orto botanico di Napoli, si è maggiormente diffusa la Salpiechroma rhomboidea (Miers), solanacea dell'America, introdotta con la cultura sul prin- cipio dello scorso secolo, e propagatasi sovratutto mediante i suol rizomi. Malgrado la sua diffusione, questa pianta non fruttifica in tutti i prati dell’ orto botanico. Essa è un suffrutice scandente, e d’ordinario è obbligata a rasentare il suolo, per mancanza di so- stegno. In tal caso fruttifica solo per eccezione, quantunque fio- risse in abbondanza. Alcune ‘volte però, sostenendosi ed innalzandosi su piante vicine, arriva ad elevarsi fino a diversi metri dal suolo ed allora dà abbondanti bacche bianco-giallicce !) ed esalanti un grato odore, il quale in certe ore del giorno si avverte a distanza. Miers raggruppò le specie di Sal/pichromae (le quali sono 10, tutte americane) in due sottogeneri: in Eusalpiechroma, cioè, ed in Perizoma, a secondo che la corolla ha un lungo tubo, ovvero è brevemente urceolata. La specie, della quale mi occupo, va compresa fra le Peri- zomae. Ha la corolla bianca, con tubo lungo il doppio del calice, il quale è gamofillo con 5 sottili lacinie. Il lembo corollino è di- viso in 5 lobi ovali e reflessi. Internamente la corolla, verso la metà della sua lunghezza, è fornita di una densa e fitta peluria bianca, funzionante da nettarostegio. Gli stami (che sono in nu- mero di 5 ed inseriti sulla corolla) hanno le antere appressate al pistillo. Questo fuoresce appena di qualche millimetro dalla co- rolla, ed ha dei peluzzi nella parte inferiore dello stilo. 1) La massima parte dei fitografi descrive queste bacche come colorate in «coccineo ». Nell’orto botanico le ho sempre viste bianco-giallicce. Questa differenza mi fa pensare che anche la Salpickhroma sia una specie offrente un esempio di dicroismo nel frutto, come il Solanum nigrum ed altre specie. Da noi è facile sia stata importata la sola forma a frutto gialliccio. Veggasi DeLPINo — Sul Dicroismo nel regno vegetale. Ni: Road Un cospicuo disco nettarifero , secernente copioso liquido mel- lifluo, circonda l’ovario. A sviluppo completo questo disco nettarifero è di un bel rosso rubino, colore il quale va a poco a poco assumendo, poichè è giallo nel fiore non ancora aperto. Il Prof. Balsamo, !) il quale si è occupato a preferenza della sostanza colorante contenuta nel nettario, dice, a proposito della struttura di questo, che esternamente esso è formato da uno strato di cellule ellittiche o subclavate, e che al di sotto del quale vi è il tessuto glandulare, « fatto da cellule rotondeggianti, quindi quasi poliedriche, contenenti la sostanza colorante ». L'accesso al nettario è impedito dalla presenza dei peli netta- rostegi, testè cennati. Ora, come è noto, i nettarostegi sono uni- camente designati ad impedire ad insetti poco o niente atti alla dicogamia, l’accesso alla nettaroconca ?). In parecchie solanacee il tubo mellifero è spesse volte chiuso da fitti e lunghi peli, messi ora sui filamenti staminali ed ora sul tubo corollino ; di guisa che il caso della Salpichroma rhomboidea non offre niente di particolare. È degno di nota solo quanto vado a dire. 3 Nella Sa/pichroma rhomboidea i fiori sono portati da gracili pe- duncoli uniflori ; sono penduli e lunghi circa mezzo centimetro. L'apertura della fauce corollina è di 30 mm. Queste dimensioni potrebbero far credere, che i pronubi, in- caricati alla impollinazione, debbano essere di piccola mole. Ma, come abbiamo già detto, internamente alla corolla, trovasi un forte nettarostegio, e un simile ostacolo può essere soltanto rimosso da insetti apiarii, i quali, con la loro proboscide, lo at- traversano e vanno fino al fondo della corolla, ove è situato il nettario. Costanti visitatori dei fiori della Sa/pichroma rhomboidea sono il Bombus hortorum e la Xylocopa violacea. Non è intanto facile a questi grossi insetti penetrare nei fiori, sia per la posizione pendula, sia per la picciolezza di questi. Tut- tavia i Bombus e la Xylocopa sanno aggrapparsi con una destrezza, che meraviglia, ai lobi reflessi della corolla, si sospendono intera- mente ad essi ed immettono la proboscide nel fiore, quasi nella sua limea mediana. 1) Balsamo F.— Intorno ad una sostanza colorante della Salpi- chroma rhomboidea. Bull. Soc. Nat. in Napoli, vol. X p. 51. 2) DeLpino — Ulteriori Osserv. sulla Dicogamia nel Regno Vegetale, p. 109. IE 50, © La posizione delle antere è tale, che la proboscide dei cen- nati insetti, pria di arrivare al nettario, deve necessariamente at- traversarle, e cospargersi più o meno di polline. Ritiratala da un fiore, ed immettendola in altro, l insetto lascia del polline sullo stimma, il quale è messo quasi all’ imboc- catura della corolla. | La Xylocopa violacea, quantunque di grosse dimensioni, si pre- senta come il pronubo più adatto e più efficace per effettuare la impollinazione staurogamica della Salpichroma rhomboidea, e que- sto è in rapporto con la proboscide piuttosto corta (15 mm.) di tale imenottero. Infatti, potendo penetrare fino al fondo di questi fiori per prendere il miele, li visita per via legittima e riesce a trasportarne il polline da uno ad un altro, prova ne è che nella Sa/piehroma non si trovano mai corolle perforate alla base per opera della detta specie, mentre è noto che in tanti altri fiori, a tubo corollino troppo lungo per la sua proboscide riesce tuttavia a carpirne il miele perforando il tubo alla base, senza in alcun modo giovare alla staurogamia. Così la Salpichroma rhomboidea ci offre un esempio di fiori piccoli, adattati a grossi pronubi forniti di corta proboscide, quale è quella della Xy/ocopa e del Bombus. Dell’azione di alcuni estratti organici sul cuore--Prima nota preliminare del socio FRANcESCO CAPOBIANCO. (Tornata del 5 aprile 1903) Lo studio della secrezione interna delle glandole ha avuto negli ultimi anni uno sviluppo notevole, e parecchie di esse, ri- tenute dapprima di poco o niun valore, sono assurte alla impor- tanza di organi indispensabili nel presidio autodifensivo dell’ or- ganismo; ed altre, già altissime nella gerarchia funzionale , han conseguito nuova significazione precisamente in virtù dei pro- dotti, che esse elaborano e versano direttamente nel sangue. Che se per molte di tali ghiandole il secreto interno od il succo interstiziale, che dai linfatici perviene nella corrente sanguigna, deve forse ritenersi come il prodotto ultimo del me- tabolismo degli elementi cellulari dell'organo, che si nutrono ed eliminano a norma del particolare approvigionamento materiale, delle fasi della loro vita e di loro funzione specifica; a molte altre invece—e sono quelle che veramente meritano il nome di ghian- dole a secrezione interna—la loro funzione assegna un posto im- portante nella economia organica, come si rileva dagli effetti, che conseguono alla loro asportazione ovvero anche alla soppressione della loro funzione ottenuta per altre vie. Tra i modi sperimentali di provare il significato funzionale di questa o quella glandola è stato largamente applicato anche quello di saggiare l’ azione dei rispettivi estratti, somministrati per diverse vie agli animali e spessissimo anche all’ uomo come tentativo terapico, sì che dagli effetti si sono tratte conclusioni molto notevoli. Così dal lavoro collettivo ed efficace , se non sempre con- corde, di fisiologi, di terapisti, di clinici, molta luce è emersa; ma non può dirsi, pertanto, che parecchi quesiti non restino an- cora insoluti e che delle contraddizioni non occupino tuttora il campo. Ciò, secondo mi pare, oltre che alla difficoltà dei problemi, va in parte riferito anche alla diversità di condizioni degli espe- rimenti, così in rapporto alla varia provenienza degli estratti or- infiniti nni a Sa ganici tentati, ed alla loro differente preparazione, come alle di- verse vie di somministrazione ed alle specie disparate, che han servito allo esperimento. Un esame analitico, metodicamente comparativo dell’ azione di questi estratti sulle grandi funzioni della vita mi è parso perciò non inopportuno, nè privo del tutto di valore. Ed ho cominciato dal propormi una serie di esperienze su varie classi di animali, investigando l’azione di tali estratti sul cuore, così quando essi vi sì facevano agire direttamente, irrigati sull’organo in sito o staccato dal corpo, come allorchè s'inietta- vano nel circolo, ovvero s’ introducevano nel cuore isolato e so- stenuto dalla circolazione artificiale. Punto di partenza di siffatte osservazioni è stato il cuore di di rana ed 1 risultati ottenuti mi son parsi non privi d’ impor- tanza, sì che mi sono indotto a pubblicarli come introduzione al lavoro completo , nel quale tratterò anche diffusamente della ricca bibliografia, che qui ometto per amore di brevità. Espongo per ora quello che mi è riescito osservare sul cuore di rana in sito, mercè il metodo della sospensione di Engelmann e l’ altro della cardiografia orizzontale con la pinza del Marey. modificata dal Verdin. Il metodo di preparazione fu quello consueto, descritto in tutt’ i manuali di tecnica fisiologica. Immobilizzata la rana nella posizione dorsale, praticavo un’ apertura, larga circa un cmq., sulla parete toracica in corrispondenza del cuore, e dopo la in- cisione del pericardio, con una lieve pressione sull’epigastrio spin- gevo fuori il ventricolo ed a traverso di questo, lontano dalla punta 1 cm., introducevo un sottile stiletto metallico, di quelli che s’adoperano d’ordinario a tener pervii gli aghi cannula delle siringhe Pravatz. A questo stiletto attaccavo un sottile filo di seta non ritorta, il quale con l’altro estremo fissavo poi ad una leva isotonica di alluminio, che con la punta aguzza ed incur- vata scorreva sulla carta affumicata. La leva era leggerissima e per equilibrarla in posizione oriz- zontale occorreva un peso di 0,20 g.mi. La lunghezza dal punto di applicazione della forza allo estremo scrivente era di mm. 87. La sua disposizione era naturalmente per guisa, che essa sollevavasi nell’atto della sistole cardiaca, per riabbassarsi nella diastole. La infissione del sottile stiletto provocava talvolta la uscita di qualche goccia di sangue, che ben tosto però arrestavasi. padri 38 Per la cardiografia orizzontale ho usato, come ho detto, la pinza del Marey, modificata dal Verdin, così come è nel catalogo di quest’ ultimo al N. 63. In alcuni casì 10 come primo atto ho proceduto alla distruzione del sistema nervoso centrale, per impedire le modificazioni che, per via riflessa, sulla frequenza, sulla forza e sull’ampiezza dei movi- menti cardiaci potessero determinare le manovre per l’isolamento del cuore, ma poi ho finito per risparmiare questo trauma, sia perchè queste modificazioni, anche quando sieno intatti i rapporti nervosi, sono insensibili, come lo stesso Engelmann riconosce !), sia perchè in ogni singola esperienza, prima di aggiungere qualsiasi soluzione, io raccoglievo sempre per alcuni minuti il tracciato normale, sicchè mi era possibile la comparazione immediata degli effetti non solo, ma anche la esclusione di tutte le diverse influenze mo- dificatrici che possono entrare in gioco, massime quantlo si tratti di animali eterotermi. Nè per ciò soltanto; ma, non ignaro di tutte le apparenze fallaci, cui può dar luogo l’uso del cardiografo e che dipendono dalla lunghezza della leva, dal grado di mobilità e dalla situa- zione angolare di essa, io mi son visto nella necessità di ricavare ogni volta prima un certo numero di cardiogrammi normali, da paragonare poi con quelli ottenuti dopo l’azione dell’estratto che volevo studiare. E che, in effetti, una tale cautela fosse indispen- sabile mi sono io stesso persuaso nel corso delle mie esperienze. Gli estratti adoperati mi furono forniti dalla casa Merck di Darmstadt, ed io li ho sempre saggiati in soluzione fisiologica di cloruro sodico nella proporzione costante dell’1 su 10. Alcuni di questi estratti sono completamente solubili, come n’è tipo la tireoidina Notkin, che dà una soluzione limpida, non facilmente alterabile anche per alcuni giorni, massime se sia tenuta in luogo fresco e fuori la eccessiva luce. Altri, invece, restano, più che allo stato di soluzione, in quello di sospensione, ed altri si sciolgono «solo parzialmente e sono specialmente quelli ottenuti dal dissec- camento e depuramento della glandola in toto. Ho provato i seguenti estratti, che novero con la nomen- clatura Merck: 1) Thyreoidinum Notkin depuratum. 2) Glandula thyreoidea Sicc. pulv. 3) Hypophysis Sicc. pulv. 1) TH. W. EENGELMANN — Beobachtungen und Versuche am suspendirten Herzen—Arch. tir die gesammte Physiologie, Bd. 52. 1892. RA 4) Glandulae suprarenales Sicc. pulv. 5) Glandula Thymi. Sicc. pulv. 6) Renes Sicc. pulv. 7) Testes Sicc. pulv. 8) Ovarium. Ho poi anche saggiato gli effetti del 9) Cerebrum Sicc. pulverat. Ciascuno di questi estratti veniva sciolto nella soluzione sa- lina costantemente nell’ atto che doveva servirmi e veniva poi fatto scorrere sul cuore con un goccimetro, il cui getto io pro- curavo non cadesse direttamente sul miocardio. Riferisco intanto gli effetti-ottenuti con la tireoidina, con l’e- stratto della glandola tiroide, con quello pituitario, col surrenale, col timico ; degli altri dirò prossimamente. Preferirò alla molta descrizione il riportare parecchi tracciati. THYREOIDINUM DEPURATUM NoTKIN La tireoidina isolata dal Notkin, e che, come è noto, con- terrebbe un enzima 0 fermento atto nelle condizioni normali a neutralizzare la tiroproteide, o sostanza tossica, ha un’ azione evidentissima anche sul cuore della rana in sito, quando venga instillata sulla superficie miocardica. Appena che se ne sieno ag- giunte poche gocce, il cuore cangia il suo ritmo, la forma della sua curva, la sua frequenza, la sua forza. Nel tracciato n. I appresso riportato si vede l’effetto della irro- razione con poche gocce. Dopo che per circa 5' il cuore di rana in sito e sospeso aveva scritto il suo tracciato normale , di cui una parte si vede a sinistra di quello riportato, in corrisponden- za della + si aggiunse la tireoidina e si notarono subito le mo- dificazioni : la pausa divenne sempre più lunga; il piccolo solle- vamento sulla linea ascensionale sistolica si accentuò vie meglio, la durata della sistole si prolungò, per divenire a mano a mano sempre più protratta, come si osserva nelle contrazioni succes- sive, di cui l’ultima riprodotta nel tracciato finisce per essere quasi di durata doppia delle altre normali. Notevole , pertanto, su tutte le altre modificazioni è il prolungarsi della pausa, veri- cantesi gradualmente, ma in modo evidente. La pausa successiva è sempre alquanto più lunga di quella che l’ha preceduta, sicché dopo un minuto primo il tracciato assume l’aspetto indicato sul n. II a sinistra. EDO ‘UTGON [00 auorzestiat vsedsos Ip ,G odop ‘equepeseid [op wepI — ‘TIT ‘9981] ‘Upon [ep egunISSE [ep omurui un odop ‘a3uapa9a1d jap wep] — ‘TT ‘99817 ‘eIJSOp è BIzSIuIs Bp 0799] BA ‘TIR 1]5 199MY QUIOI ‘OFRIOIBIYZ 03son0) ‘1puoves Ul odureg, ‘UtÀ9ON TI (B13S9p è) odop @ (@I93STUIS e) ewad eueI Ip _dIOND) — ‘] (9OBIT ta Ben presto la pausa, sospendendo la irrorazione, si accorcia, ì caratteri della curva si avvicinano alla norma, sicchè dopo 5', seguendo via via lo svolgersi successivo delle contrazioni, il trac- ciato assume il carattere che si vede in III, il quale a sinistra, tranne alcune modificazioni, ha un aspetto che lo ravvicina alla porzion sinistra del 1° tracciato. Di tratto in tratto però si ha un gruppo di contrazioni, in cui il ritmo è più tipicamente si- mile agli altri modificati dalla tireoidina, come si vede nel tratto di destra del tracciato III e in tutto il tracciato IV. Tracce. IV. — Idem del precedente, ove si vedono gruppi di cardiogrammi simili a quelli successivi alla tiroidina. Dopo alcuni minuti , l’ azione del cuore si rivela come nel tracciato V, nel quale in un gran numero di contrazioni debo- Trace. V.— Idem del precedente, dopo pochi minuti. lissime, nelle quali la sistole ventricolare è poco più alta della cresta che segna la contrazione atriale, se ne trova qualcuna più alta ed analoga a quella che siamo abituati a vedere nei trac- ciati precedenti o forse anche un po’ più rinforzata. Per 15' si sospende la irrorazione col Notkin e raccogliendo il tracciato lo sì ritrova come in VI. La posizione verticale del cuore, che fa- Tracc. VI. — Dopo 15' di sospesa irrorazione. vorisce lo scorrere della soluzione della tiroidina , fors’ anco la eliminazione di quella porzione assorbita, ha limitatamente per- messo la reintegrazione della funzione cardiaca, poichè certamente se il tracciato n. 6 non è quello normale , gli sì avvicina quasi del tutto. Dopo circa un minuto dal primo si aggiunge di nuovo ‘ Tad et la de) la tireoidina Notkin ed i caratteri si modificano ancora una volta e ricompare specialmente più accentuato l’allungamento della li- nea di riposo. Torna il rinforzo sistolico, e l’ aumento della du- rata di essa, ma non è più così rilevata la cresta che segna la con- trazione degli atrii (VII, p. 98). Si sospende per alcuni minuti la irrorazione del Notkin ed il cardiogramma ridiventa come in VIII Tracc. VIII. — Si sospende la tiroidina e vi si aggiunge di nuovo in + a sinistra, per modificarsi di nuovo sullo stesso tracciato a destra appena si sia aggiunta novella soluzione in +. A sinistra il tracciato mostra una maggiore partizione dei singoli momenti della curva cardiografica: così vi è più accen- tuata e più staccata la elevazione sistolica degli atrii, come più lunga è la sistole ventricolare, più duratura la pausa. C'è soltanto una tendenza a reintegrarsi dei caratteri normali della curva, ma non la si raggiunge e bastano poche altre gocce per veder ra- pidamente modificato il cardiogramma, che ricorda in certo modo il n. IV. Continuando la irrigazione, dopo altri 5‘, il movimento del cuore è profondamente indebolito. Raccogliendo un tracciato in queste condizioni sì ottiene quello rappresentato al n. IX. Tracce. IX. — Dopo aggiunta la tiroidina a gocce per più di 5'. Si sospende allora la irrorazione ed il cuore a poco a poco rinforza le sue contrazioni, lentamente ma progressivamente, sic- chè dopo 40' d° intervallo si può raccogliere il tracciato, di cui Trace. X. — Dopo 40' di sospesa tiroidina. è rappresentata una parte nel n. X. Si aggiunge, pertanto, ancora una volta l’estratto e ben presto si ottiene il tracciato n. XI (p. 93), nel quale, quello che colpisce sovratutto è il notevolissimo allun- ‘08 cdop equepaoard [op wepr— ‘TAX ‘998IL ‘OUOIZBIOTII B] BAQUUTI IS — ‘TIA ‘OOBI], War i gamento della fase di riposo, quale non sì era mai prima otte- nuto. Continuando a raccogliere grafie, dopo alcun tempo il cuore va sempre più indebolendosi, il suo movimento si percepisce ap- pena e la penna traccia solo una linea ondulata, come quella rap- presentata nel tracciato n. XII. Tracce. XII. — Cuore debolissimo. I tracciati ottenuti, invece, con la pinza cardiografica dimo- strano fondamentalmente la stessa influenza della tireoidina, che sul cuore della rana si è vista rivelata col metodo della so- spensione. Havvi, pertanto , delle differenze, che io verrò rile- vando e che per una parte possono benissimo spiegarsi, da che nel caso della cardiografia orizzontale, per la posizione della rana, pel modo di aggiungere il liquido, questo veniva a bagnare con- tinuamente il cuore, mentre allorchè quest’ organo trovavasi so. speso, le gocce instillate non avevano modo di raccogliersi per formare intorno al miocardio un ambiente liquido persistente. Il quale, perciò, nella cardiografia orizzontale veniva man mano ad essere assorbito sempre in maggiore quantità e la sua azione po- teva manifestarsi in modo quasi cumulativo e precisamente pro- porzionale al tempo che vi rimaneva. Anche in questo caso, come per l’altro della sospensione, 10 ho raccolto parecchi tracciati tratti dai moltissimi ottenuti quasi ininterrottamente dal cuore della rana per lo spazio di tre ore. Ciò perchè, più che dalle mie parole, risultino dai successivi car- diogrammi le modificazioni importantissime che la tireoidina No- tkin è venuta determinando sul cuore nel cardiografo orizzontale. Il tracciato XIII è scritto dal cuore di un ranocchio ma- Tracce. XIII. — Cuore di rana integro.—Cardiografia orizzontale schio il giorno 27 gennaio di quest’ anno. Per circa 5' il tipo sì mantiene costante, ed io vi aggiungo la solita soluzione di tireoidina. Quasi immediatamente dopo, l’azione del cuore si rin- AM A forza e dopo circa 10’ sì ottiene il tracciato XIV, ove, come sì vede, la contrazione sistolica interviene più rapida, la linea ascensionale è più alta e più verticale. L’altipiano sistolico è lungo, sostenuto, durevole, senza oscillazioni, rappresentato da una linea retta appena insensibilmente discendente verso destra. La diastole PUR SEI PERIGET SEO ARGO Sg] pieni ADo MEM OI TRE: ME, CO Ca ME n Tracc. XIV. — Idem del precedente, dopo 10’ di irrorazione col Notkin. è invece più lunga, rappresentata da una linea curva uniforme- mente digradante verso la linea di riposo, la quale appena è rag- giunta , sottentra l’ altra sistole, sicchè forse di vera pausa non può ancora parlarsi, perchè questa appare fatta piuttosto da che la fase terminale diastolica è anche più lenta delle precedenti. Dove invece esiste una pausa notevolissima, che nel metodo della sospensione si è rivelata caratteristica dell’azione del Notkin, è nel tracciato XV scritto due minuti dopo del XIV e al quale Tracce. XV. — Idem del precedente dopo 2 . sì giunge attraverso successive modificazioni. Ivi in effetti, il ri- poso del cuore è completo, deciso, uniforme. La lunghezza della pausa è eguale per lunghezza a tutta una rivoluzione cardiaca, che è anch’essa notevolmente più duratura, e mentre la sistole car- diaca interviene con eguale rapidità che al n. XIV, come si rileva paragonando le due rispettive linee di ascensione , la diastole è più breve, la linea del riposo si raggiunge subito, mentre d’altra parte l’altipiano sistolico è alquanto modificato, e mentre la dia- stole comincia più distinta e staccata nel 1° e nel 8° cardiogram- ma, nel 2° invece è segnata da un semplice arco con convessità in alto. Nel tracciato XVI (pag. 98) ottenuto dopo 20' dall’altro, mentre il cuore restava immerso in copiosa soluzione di Notkin, si rileva — 96 — come l’azione del cuore sia straordinariamente rinforzata. La linea ascensionale sistolica è molto più alta che in XV ed anche più verticale, l’altipiano sistolico è sostenuto, lungo, duraturo, unifor- me. Paragonandolo con quello del tracciato XVII se ne nota una certa rassomiglianza di caratteri, ma con un’accentuazione asso- lutamente più rilevante. E dalla sommità della sistole si scende alla limea di riposo del cuore, alla pausa mediante l’atto diastoli- co, che è più rapido così del n. XIV come del XV e di quest’ul- timo è assai più uniforme, senza perturbamenti. In tutto il periodo ch’essa segna, il cuore si può dire immobile. Dopo. altri 3' o 4' in cui la grafica cardiaca presenta questi caratteri, comincia una irregolarità nel ritmo e una modificazione nei caratteri della curva. Si succedono ad intervalli ineguali rivoluzioni cardiache diffe- renti per forza e per durata. Talora queste irregolarità si rive- lano in forma periodica, tal altra no. Nel tracciato sì vede come ai tre cardiogrammi di sinistra, che tranne lievissime differenze sono simili, segue una pausa lunga e poi un quarto con caratteri note- volmente diversi, come si vedrà esaminando la figura XVII (p. 97). La pausa che succede a quest’ ultimo cardiogramma è ancora più lunga di quella che lo precede, e così per altri due o tre car- diogrammi. Poi si ristabilisce una certa regolarità e dopo alcuni periodi si può raccogliere un tracciato, il cui tipo è rappresentato in XVIII, nel quale la pausa è più breve, l’ ascensione sistolica più Tracc. XVIII. — Idem del precedente. rapida e più alta, la durata della sistole meno lunga, la dilata- zione diastolica rapida nei primi quattro quinti del tempo di sua durata, lenta invece nell'ultima parte (n. XVIII) Continua con questo tipo il tracciato per alcuni minuti. Dopo quasi due ore da che il cuore ha scritto restando im- merso in soluzione del Notkin ha dato il tracciato XIX, (p- 97), il quale paragonato col n. I della giornata, come si vede, è straor- dinariamente diverso, e dopo altri 5' il tracciato XX (p. 97). ‘@juapevasd qep ,G odoq — ‘XX ‘9984 "UDON BUIPpIostI eau QuorsIeUIIT,p 210 g 0doq — ‘XIX ‘90BI]T, ‘agua pavead [Op UL9 PT] "7 TAX ‘ON BIL ‘Qquapaoad [ep ,01 Ligge odo — ‘TTX-X 9981] *@UTpIogIsIg UT QUOISIQUIUTI VB] ENUT]uo) “XX “U [ep ,SI odo] ENI SD 99 Continuando la immersione nella tireoidina dopo 15° io ho ancora ottenuto un altro tracciato del tipo rappresentato in X.XI (p. 98). Il rinforzo dell’azione cardiaca sì mantiene, le contrazioni sono regolari, il ritmo si conserva costante, le pause sono sempre lunghe , di eguale durata , il modo di svolgersi della diastole è simile in moltissimi cardiogrammi successivi, che sì ripetono per circa 10°. In capo a questo tempo nell’ uniformità della grafia si vedono sorgere gruppi di contrazioni più forti e più irregolari, come quelle segnate al n. XXII (p. 93) che ha rappresentato l’ul- timo cardiogramma della giornata. Ho dovuto sospendere la raccolta dei tracciati ed ho lasciato la rana in sito, con la pinza cardiografica a posto, col cuore som- merso nella tireoidina, mentre il corpo dell’animale è cautamente protetto dal disseccamento mediante uno strato di ovatta bagnato di acqua. Il giorno seguente ho trovato il cuore ancora in movimen- to; la soluzione di tireoidina sì era assorbita ed in parte evapo- rata ed io ho potuto senz’altra manovra raccogliere il tracciato XXIII. Ho poi aggiunto gocce di soluzione dello estratto e, benchè Trao "4 c è < @ dla . . ° Je Tracce. XXIII. — Dopo 24 ore dal precedente. Senza aggiunta di tiroidina. in condizioni tutt'altro che fisiologiche, il cuore ne ha risentito l’azione rinforzando le sue sistoli e scrivendo cardiogrammi come quelli rappresentati nel n. XXIV. È continuato così per 7’, ma poi Trace. XXIV. — Idem del XXIII, subito dopo l'aggiunta di tiroidina s'è venuto indebolendo ed io ho tentato la irrigazione di solu- zione fisiologica di cloruro sodico, ma il cuore s'è arrestato e mi è solo riescito ridestarne un lievissimo movimento con l’applica- zione sul miocardio del ventricolo di cloruro sodico in sostanza. — 100 — ESTRATTO TIROIDEO (GI. thyreoidea sicc. pulv. Merck.) Dopo l’azione della tiroidina io ho sperimentato l’estratto ti- roideo così come lo fornisce il Merck e che verosimilmente con- tiene non soltanto la sostanza tiroidea, ma anche quella delle pa- ratiroidi. Con esso praticai saggi sul cuore sospeso ed in sito, se- guendo lo stesso metodo della-precedente esperienza. Raccolsi dal cuore di una piccola rana maschio la cardiografia prima di in- stillare l'estratto. Il tracciato fornito e mantenutosi costante per parecchi giri del cilindro fu rappresentato dal tipo riprodotto al e Tracce. I. — Cuore di rana integro e sospeso. Tempo segnato in secondi. A subito come in n. II (p. 109); cioè dopo sole due pulsazioni, che furono più energiche delle precedenti, si manifestò un lieve prolun- ggiunsi l'estratto a gocce ed il tracciato si modificò quasi gamento della pausa, che dopo un’altra pulsazione divenne anche più evidente e della durata di circa 4, per raccorciarsi di nuovo e gradatamente nei successivi cardiogrammi. Sospendendo la irrorazione per qualche tempo, i caratteri del cardiogramma normale tendono a ripristinarsi, come si vede nel tracc: JJ, Trace. III. Cuore di rana dopo la sospensione dello estratto. Tempo in secondi. Tendenza al cardiogramma normale. Il tracciato IV è stato raccolto dopo circa 40' dal principio della esperienza, cioè da che il cuore era rimasto sospeso e dopo che già da 10' si era ripresa la instillazione dell’estratto tiroideo, interrotta prima del tracciato III — 101 — Dopo aver ottenuto ancora altre grafie che conservarono il tipo quì rappresentato, io volli tentare l’ effetto di un lavacro Tracce. IV.—-Cuore di rana dopo 40' di sospensione e 10‘ di irrigazione tiroidea. i Tempo in secondi. di soluzione fisiologica di cloruro di sodio e quasi subito dopo la Irrigazione del miocardio mi ebbi il tracciato di cui una parte è ritratta nel n. V. Tracce. V.—Lo stesso cuore di rana dopo NaCl 0,75 °/. Tempo in secondi. Quanto ai risultati della cardiografia orizzontale, il tracciato normale è del tipo ritratto al n. VI, che io ho osservato durare costante per oltre 5. Tracce. VI.—Cuore normale di rana. Pinza cardiografica. Tempo in secondi. Vi sì aggiunge l’estratto tiroideo e dopo due o tre contra- zioni ancora normali, si ha un notevole e rapido rinforzo. L’ a- scensione si fa più alta, la contrazione sistolica più durevole, come nel tracciato n. VII, il quale presenta una leggiera inclinazione per un inevitabile spostamento momentaneo. Tracc. VII. — Cardiogrammi dopo l’aggiunzione di estratto tiroideo. Tempo in secondi. — 102 — Dopo circa 15’, mentre il cuore rimane quasi immerso com- pletamente nella soluzione salina contenente l’estratto tiroideo, la grafica cardiaca si presenta come nel tracciato VIII. L’altipiano Trace. VIII. — Idem dei precedente dopo 15‘. sistolico è più uniforme, più lunga la durata della sistole. La linea diastolica è più rapida che nel precedente tracciato, sicchè sì avvicina di più alla verticale nei suoi 4/5 superiori, lentissima invece nella sua ultima parte. Lascio trascorrere quasi 40’, mentre il cuore resta tuttavia immerso nel liquido tiroideo, continuando a raccogliere le grafie, le quali conservanò pressochè immutati i loro caratteri di forma, di forza, di ritmo; ma a misura che passa il tempo si vede che il cuore comincia ad essere alquanto più debole, sicchè in un È _ . A certo momento e con passaggio graduale, il tracciato assume l’a- spetto ritratto nel n. IX. PINI Tracc. IX.—--Idem del precedente dopo 40' d’immersione in soluzione tiroidea Tale tipo si serba per circa altri 30‘, durante i quali ho sospesa la irrigazione ed ho asciugato con carta bibola la solu- zione, che ancora circondava il cuore. Aggiungo dopo questa Lea S8t a 4 <25 pe © ici to dee tt LS Trace. X. — Idem del precedente, dopo l’azione della tiroidina Notkin e consecutiva sospensione di essa. mezz'ora alcune gocce della soluzione di tireoidina Notkin e non se ne nota altro effetto che un allungamento della pausa, la quale — 103 — si conserva sotto la continua aggiunta di tireoidina per 15°. So- spendendola, il cardiogramma dopo poco comincia a modificarsi, il cuore si mostra stanco, finchè la sua grafia presenta i carat- teri segnati nel n. N. Dopo altri 4 la curva cardiografica è ridotta ad una linea lievemente ondulata, le cui elevazioni sono appena accennate. In un altro esperimento simile praticato il 5 febbraio u. s. i risultati furono identici, ma il cuore resistette molto più a lungo e dopo 24 ore, come per la tiroidina, il cuore era ancora in movi- mento. Le pulsazioni erano irregolari per forza, per ampiezza, per frequenza. Bastò l'aggiunta di poche gocce di soluzione di tiroi- dina a regolare il ritmo, ad accrescere la forza, determinando in- sieme l'apparire di una pausa lunga. Il rinforzo provocato con la tiroidina fu tale, che io potei vedere il cuore contrarsi an- cora per altre tre ore continue, dopo di che si arrestò in diastole. ESTRATTO PITUITARIO (Hypophysis sicc. pulv. Merck). Sono noti gli esperimenti, che avvicinano la funzione pitui- taria a quella tiroidea. Da questa considerazione fui mosso a far seguire alle indagini sull’estratto tiroideo quelle sull’estratto della ipofisi. Cominciai, secondo il solito, con gli esperimenti sul cuore in sospensione, adoperando l’estratto in soluzione fisiologica di clo- ruro sodico e nella proporzione dell'uno su dieci: tutte le condi- zioni dello esperimento, cioè, perfettamente simili alle precedenti esperienze. Il dì 11 marzo u. s. un piccolo ranocchio maschio è prepa- rato e se ne pone a nudo il cuore, raccogliendo il tracciato car- diografico normale. Esso è rappresentato dal n. I. Trace. I. — Cuore di rana normale, sospeso. Tempo in secondi. Dopo che questa forma di grafia si è conservata per circa 5, sì fanno cadere sul cuore frequenti gocce di estratto pituita- rio e dopo 4 di irrorazione il tracciato si modifica come nel n. II, nel quale l’azione cardiaca apparisce già rinforzata. — 104 — Continuando l’aggiunzione dell’estratto, la grafia persiste con gli stessi caratteri, ma si nota un rinforzo progressivo e continuo, Tracc. II. — Idem del precedente subito dopo l’estratto pituitario. che dopo 15' imprime al tracciato l’aspetto rappresentato al n. III, di cui facilmente si scorgono le note differenziali così dal n. II come, ed anche più, dal n. I. Tracc. III. — Idem del precedente dopo 15‘di irrorazione dell'estratto. Senza modificare l’ apparecchio e situandolo solo in modo che la rana resti in posizione orizzontale, dopo !/» ora si rac- coglie il tracciato n. IV, che segna anch’esso un rinforzo notevole non solo sui primi tracciati, ma anche sul precedente. Tracce. IV. — Idem del precedente dopo 1/, ora. La posizione orizzontale realizza le condizioni della cardio- grafia orizzontale per ciò che riguarda il modo come il liquido pituitario può agire sul cuore. Mentre il cuore è tuttavia sospeso e se ne raccolgono le grafie, sinterrompe la irrorazione per lo spazio di 10°. In questo tempo tutto il liquido è completamente defluito, il cuore è ap- pena umettato e il cardiogramma sì presenta come al n. V, tipo che si mantiene poi per molti giri del cilindro. Tracc. V. —Idem del precedente dopo 10' senza estratto. — 105 — Aggiungendo in questo momento alcune gocce della solu- zione di tireoidina Notkin, dopo 4 pulsazioni ancora normali si ottiene un tracciato come al n. VI. Ivi l’azione della tireoidina è manifesta; compare per la prima volta nell’ esperimento la pausa lunga, caratteristica di tale so- stanza, che anche dopo la prolungata azione dello estratto pi- tuitario rivela la sua influenza, benchè, com'è naturale, non in modo così genuino e cospicuo. Tracce. VI. — Idem del precedente dopo la tireoidina Notkin. Di molto maggiore interesse sono ì tracciati della cardio- grafia orizzontale. Ivi, come in tutti gli altri esperimenti seguiti con lo stesso metodo, l’azione rinforzante dello estratto pituita- rio apparisce notevolissimo. Il tracciato è di un cuore di un grosso ranocchio maschio, prima che vi sì faccia agire lo estratto. Tracc. VII. Cuore normale di rana. Cardiografia orizzontale. Tempo in secondi. La lunga leva ingrandisce le linee del cardiogramma. Dopo che lo si è lasciato scrivere per qualche tempo, vi s'in- stillano alcune gocce della solita soluzione salina contenente l'e- stratto. Il tracciato si modifica ben presto e dopo 2°, 5" si pre- senta com'è dato dal n. VIII. Vi si vede come i caratteri del cardiogramma, pur rimanendo fondamentalmente gli stessi, hanno subito una notevole accen- tuazione. Il tracciato IX è preso dopo circa 15° dal II ed in tutto questo tempo non si è aggiunto altro liquido. Tale cardiogramma — 106 — sì mantiene senza notevoli variazioni per più di 20‘, dopo i quali, aggiungendo nuovo liquido , si rinforza notevolmente, come si vede rappresentato nel tracciato X. Trace. VIII. — Idem del precedente, dopo l’azione dello estratto pituitario. Ivi sì vede come, oltre alla maggiore altezza e ripidità della linea ascensionale. oltre al modificato aspetto dell’altipiano sistolico, anche la linea discendente è più verticale, più uniforme, più ra- Tracc. IX. — Idem del precedente dopo 16' senza estratto. pida. Paragonando questo tracciato col primo di questa serie si scorge come il tempo di una rivoluzione cardiaca è lo stesso in entrambi: quasi 3". Eppure il tracciato è assai più alto, sicchè Trace. X. — Idem del precedente dopo nuova aggiunta di estratto. 22481: Je sì può riconoscere come in quest’ ultimo caso tutt’ i momenti dell’ attività cardiaca sono più energici e più affrettati; il cuore compie un lavoro quasi doppio nella stessa unità di tempo. Tali caratteri cardiografici si conservano per 30’ nella continua irro- razione del miocardio. Ma dopo breve interruzione , all’ estratto pituitario sostituisco la tireoidina Notkin , ed il tracciato muta: compare la pausa caratteristica del Notkin, per quanto breve al- trettanto evidente, e, come nel primo esperimento della tiroidina, la contrazione degli atrii è più precoce, perchè invece di presen- tarsi sulla linea ascensionale sistolica come nei tracciati prece- cedenti, compare immediatamente dopo la pausa. —._—_______6+_____r_r_r.r.r .r_r_r___,__——_—_—_—_—_———+y Tracce. XI. — Idem del precedente dopo il Notkin. Avendo ora lasciato la rana in sito, col suo cuore nel car- diografo, senza null’altro mutare, ed aggiungendo solo altro estrat- to pituitario sul cuore ed altra acqua sullo strato di ovatta che previene il disseccamento cutaneo, dopo 24 ore, il giorno seguente, io trovai il cuore quasi completamente a secco, ma ancora in movimento e potei raccogliere il tracciato XII (p. 109) il quale si è subito modificato presentandosi come nel n. XIII dopo l'aggiunta copiosa di estratto pituitario. Tracce. XIII.— Idem del precedente dopo l’ estratto. Tale tipo si è conservato durante più di 5’, dopo i quali ho aggiunto la tireoidina Notkin e quasi immediatamente il tracciato si è modificato assumendo i caratteri riprodotti nel n. XIV. — 108 — Ben presto però dopo 80", io ho raccolto un tracciato del tipo ritratto al n. XV, il quale dopo poco altro tempo , e gradata- iii I È + __' RETE Moll MI VERS ITA PSR E eg IT LARE I S- Tracce. XIV. — Ilem del precedente dopo la tireoidina. mente, ha dato il tracciato XVI, dopo del quale la forza del cuore è venuta rapidamente scemando ed ho ottenuto solo delle linee orizzontali, presentanti a lunghi intervalli piccoli sollevamenti SS OI ae Tracc. XVI. — Idem del precedente. sistolici, finchè il cuore si è arrestato; nè mi è stato possibile ri- destarne il movimento. ESTRATTO SURRENALE (GI. Suprarenales sice. pulv. Merck) Sono note le molte osservazioni fatte sulle glandole surrenali e sulla loro funzione, utilizzando i dati forniti dall’ istologia, dalla fisiologia, dalla chimica. In questo capitolo, come in moltissimi altri, la luce fatta e le conoscenze acquisite rappresentano il ri- sultato dell’opera concorde ed associata di lavoratori nei più di- sparati campi della biologia. Come per le precedenti glandole, anehe delle capsule surre- nali io ho saggiato l'estratto nella sua azione sul cuore di rana in sito, sia col metodo della sospensione, sia con quello della pinza. cardiaca. Quanto al primo metodo, le esperienze furono seguite su di una rana di mediocre grandezza ; il cui cuore connesso con la leva, secondo le norme già ricordate innanzi, scrisse il trac- ciato n. I (p. 110). La irrigazione con alcune gocce di estratto surrenale nella solita soluzione fisiologica di cloruro sodico determina immedia- tamente modificazioni importantissime. Dopo una pulsazione più forte si ha un lungo arresto diastolico, una pausa che dura più 109 — | BZOU IS SOL "VOB ] a]oooId OUPp 9] 9 esned VUUSSIYd SU] li ‘aJsa.I9 o[euaLINS 099 BI3SA [[9p QUOIZE ] odop 0xqus aquapaoaId [op wep] ‘.,08 0dop aguepaoard [op wepr — ‘AX ‘99B1] NOLAN ‘210 77 odop 27uapa: )oad [Pp WwePI — ‘TIX ‘tpuoves ur odwog, ‘0QpIoIr3 09FBIISA JT9P_EFUDIS.OV ] odop BugI essags ep 21009) — ‘TT (09BIT PONS A — 110 — di 20”, segnata da una limea completamente orizzontale, inter- rotta soltanto da due piccole creste, la prima più visibile, la se- conda appena accennata, le quali dovrebbero significare l’ inizio Tracc. I. — Cuore normale di rana. Sospensione. Tempo in secondi. di pulsazioni abortite, accenni della contrazione del miocardio mancata per impossibilità di propagazione dell'onda contrattile. Segue sul tracciato un’altra pulsazione, di cui ho segnato soltanto la linea ascendente allo scopo di rendere visibile l’ istante in cui termina la lunghissima pausa (Tr. II, p. 109). La quale va in seguito accorciandosi man mano, sicchè nei cardiogrammi successivi, pur perfettamente riconoscibile, essa diventa sempre meno evidente. Dopo mezz’ora, durante la quale sì è sospesa la irrorazione del mio- cardio con lo estratto, lo sì aggiunge di nuovo ed i caratteri si modificano in modo quasi analogo al n. II, solo che la pausa è molto più breve. Si lascia ancora per altri 30 senz'alcuna aggiun- zione di estratto e si nota che a mano a mano il ritmo, la forza, la forma delle pulsazioni cardiache tendono a ripristinare la nor- ma, senza per tanto riescirvi completamente. Trascorsa un'ora e mezza—e durante questo tempo i cardiogrammi assumono un tipo costante — aggiungo di nuovo altre gocce di estratto surrenale ed ottengo un tracciato, il cui tipo è dato dal n. III (pag. 116). Tracce. IV. — Cuore normale di rana. Cardiograto orizzontale. Se in questo momento si sospende la instillazione e si lascia scrivere il cuore, i tracciati rifanno il cammino verso la norma, come le altre volte. Nuove instillazioni determinano effetti ana- loghi, ma la pausa è sempre men accentuata finchè, in ultimo, tra quest’ alternativa il cuore s’ indebolisce sempre di più fino a che si arresta. IRE Le esperienze di cardiegrafia orizzontale furono praticate il 31 Gennaio u. s. Il tracciato IV fu reso da un cuore di grosso ranocchio in condizioni apprezzabilmente normali. Dopo averne raccolto per circa 10' la grafia normale, aggiunsi l'estratto surrenale. Dopo pochissime pulsazioni il tracciato si mo- dificò profondamente, come si rileva nel n. V. Tracce. V. — Idem del precedente dopo l’ estratto surrenale. Le linee ascensionali sono più alte, l’ altipiano sistolico più uniforme, la discesa rapida, nei suoi tre quarti superiori e poi bruscamente rallentantesi nella sua ultima fase, sicché la linea che segna questa fa un angolo ottuso evidente con quella che segna i momenti precedenti. Sicchè senza questo ritardo dell’ul- tima fase diastolica, tutto il movimento di una rivoluzione car- diaca, che è assai più energico di quello normale, non ne avrebbe avuto la durata maggiore di circa un terzo, se questo non fosse fatto tutto a spese dell’ultimo periodo diastolico. Trace. VI. — Idem del precedente. Notevole la linea diastolica. Calcolando sulla linea dentata che segna il tempo in secondi si può dire che mentre nel n. IV una rivoluzione cardiaca si as- solve in 2° o poco più, nel tracciato n. V, cioè dopo pochi istanti dall’aggiunzione dello estratto, ne richiede quasi il doppio, cioè 4", Si Questi caratteri accennati vengono via via accentuandosi nel tracciato VI raccolto dopo circa 20‘, e nel quale la lentezza del- l’ultima fase diastolica è tale da mentire una pausa. Da ciò un cospicuo aumento nella durata di ogni rivoluzione cardiaca. Tali caratteri cardiografici persistono quasi per 20' im- mutati, allorchè aggiungo la soluzione di tireoidina Notkin. Dopo, il tracciato è come al n. VII, nel quale si vede comparire la pausa Trace. VII. — Idem del precedente subito dopo la tireoidina Notkin. nella cui linea si continua quasi insensibilmente quella, che segna l’ultima fase della diastole. Dopo 15' da questo tracciato e dopo aver per altrettanto tempo sospeso qualunque instillazione, raccolgo il tracciato VIII. Trace. VIII. — Idem del precedente dopo 15 di sospesa instillazione. Da questo tracciato comincia la discesa dellle linee cardiogra- fiche, la cui altezza va diminuendo; i cardiogrammi successivi rivelano la progressiva debolezza del cuore, sicchè io tralascio di discorrerne. — 113 — ESTRATTO TIMICO (GI. Thymi sice. pulv. Merck) .L'’estratto della glandola timo fu al pari degli estratti prece- denti sperimentato sul cuore. Il cuore sospeso di una rana maschio il 6 decembre 1902 fu messo a scrivere per alcuni minuti. Il cardiogramma normale fu del tipo rappresentato nel n. I. Si irrorò il miocardio con la so- TAVAIATOI dtlii—_s_icacu[_cuin Trace. I. — Cuore inteero e sospeso. Tempo in secondi. 8 Il luzione di cloruro sodico contenente l’ estratto e dopo solo 3 con- trazioni, analoghe alle precedenti, si ebbe una pausa lunghissima come quella che si vede nel tracciato n. II (pag. 116), al termine della quale, quasi a compenso, una contrazione più forte e più dura- tura. Siccome non si aggiunsero altre gocce, la pausa successiva al cardiogramma segnato nel tracciato fu della metà più breve della prima e l’altra di un quarto e così via, fino a che, dopo Tracc. HI. — Idem del precedente dopo 4 . 3 che non s’aggiunsero gocce, il ritmo si avvicinò quasi al tipo normale senza pertanto raggiungerlo. Si instillarono allora altre gocce e dopo 4 contrazioni ritornò la pausa, ma questa volta della durata di soli 2". Continuando l’alternativa delle instillazioni sì ottengono pause sempre più brevi; ma dopo 4' la grafia car- diaca è modificata come nel n. IIl e dopo circa !/a ora di con- Tracc. IV. — Idem del precedente dopo 1/, ora. tinua instillazione sì presenta come nel n. IV irregolare, con sol- levamenti sistolici periodicamente o appena accennati o più forti 8 — 114 — e duraturi. Continua costante questo tipo di cardiogramma per circa 15’, ma dopo questo tempo il cuore comincia ad indebolirsi fortemente , sicchè dopo !/» ora dà tracciati come al n. V e a poco a poco si arresta. _____—€ ——- iti ———_. 4 I ì n ' i x I 1 n Tracce. V. — Dopo 45' dal precedente. Precede l’ arresto definitivo. Tale azione dell’estratto timico mostra effetti, benchè para- gonabili solo limitatamente con questi descritti, anche nella car- diografia orizzontale. Nel n. VI sì vede il cardiogramma orizzontale di una rana, raccolto il 2 Febbraio u. s. Vi si instilla l’estratto timico e sì ha un lungo periodo di quasi assoluta immobilità del cuore. Per circa 40° la leva scrive solo una linea orizzontale senza nessun accenno di contrazione. Dopo questo tempo ripiglia il suo movi- Trace. VI.—Cuore integro di rana. Cardiograto orizzontale. Tempo in secondi. mento, ma il tipo della sua grafia è profondamente mutato, poi- chè si presenta come nel n. VII. Tracce. VII. — Idem del precedente dopo l'aggiunta di estratto timico. Continuando l’ instillazione dello estratto , il cardiogramma sl altera sempre di più. Non si ha più il periodo d’immobili- tà, ma si hanno tracciati come quello riprodotto al n. VIII, e Tracc. VIII. — Idem del precedente dopo continuata instillazione. E — sospendendo la irrorazione per 5° se ne ottengono come sbn. IX. Se in questo momento si irrora anche in tale caso con la so- luzione di tireoidina, si nota un apprezzabile rinforzo e la com- Tracce. IX. — Idem del precedente dop) 5’ di sospesa irrorazione. parsa di una pausa, sicchè dopo 2, la gratia sì presenta come al n. X. Dopo alcuni minuti pertanto il cuore si mostra già stanco e dopo poco altro tempo di contrazioni irregolari, aritmiche e de- boli, finisce per arrestarsi. Tracc. X. — Idem del precedente dopo l'aggiunta di tireoidina Notkin. Ho già detto al principio che le presenti ricerche hanno il significato d’ un capitolo preliminare e per conseguenza non mi autorizzano ora a conclusioni generali. Tuttavia dai risultati ottenuti emergono alcuni dati di fatto, che io qui riassumo. — Risulta, anzitutto, che la tireoidina Notkin, l'estratto tiroi- deo, il pituitario , il surrenale , il timico in soluzione fisiologica di cloruro sodico agiscono in modo rapido ed evidente sul cuore di rana in sito, anche se vengano semplicemente irrigati sul mio- cardio ; — che questa loro azione è in modo non uniforme rivelata nella cardiografia orizzontale e in quella verticale per condizioni inerenti al modo come agisce il liquido nei due casi, ed anche alla maniera con cui il cardiografo orizzontale e quello verticale riproducono nei tracciati i varii momenti dell’ attività cardiaca; — che, venendo alle singole peculiari influenze, si può dire che la tireoidina Notkin, oltre ad un apprezzabile rinforzo della funzione cardiaca, determina la comparsa di una pausa caratte- — 116 — ‘@UOIZe,;.igsuI BAONN ‘6/7 ‘eeuoIINS 09IRIISO IP -_ 6 ‘OQTUITI. 0FP2IISO 210 odop aguapaoe1d Jap wep — ‘TIT (99B1T, T 0dop ‘TN Tp Wp] — ‘IT 199084], — 117 — ristica altrettanto più lunga, quanto più protratta fu la sua azio- ne non solo continuativamente, ma anche in modo interrotto, presentando così una certa azione cumulativa; — che tale pausa appare non solo quando la tireoidina operi sul cuore integro, ma anche quando su questo abbiano agito pre- cedentemente altri estratti; — che allo stesso tipo di azione si può approssimativamente ricondurre quella esercitata dallo estratto tiroideo, benchè in modo assai meno preciso e costante e quantunque la influenza di que- st’ultimo si riveli più precocemente dannosa; — che un notevole rinforzo dell’ azione cardiaca, assal più fisiologico che con la tireoidina Notkin, si ottiene con l' estratto pituitario, che influenza rapidamente il cuore; — che l’effetto dello estratto surrenale può dirsi partecipare di quello dell'estratto pituitario e della tireoidina; — che meno decisa e costante è la influenza dell’ estratto timico, al quale il cuore non resiste neanche molto a lungo. Istituto d’Istologia e Fisiologia generale della R. Università di Napoli — Marzo 1903. La Metil-azo-dimetilanilina nella ricerca della colora- zione artificiale del Burro e della Margarina — Nota del socio A. CuroLo e del Dott. V. VETERE. (Tornata del 26 aprile 1903) Dopo la promulgazione della Legge speciale, 19 luglio 1894, che stabilisce le norme dirette ad impedire le frodi nel commercio del burro e disciplina la vendita del burro artificiale, la ricerca delle materie tendenti a rendere più intensa la tinta di queste sostanze grasse non deve essere trascurata dall’analista. A parte infatti la possibilità di constatare la presenza di una qualsiasi materia colorante nociva, caso ben raro a verificarsi, quando si tien conto della facilità, con la quale i produttori pos- sono raggiungere lo scopo , adoperando colori perfettamente in- nocui, questa ricerca ha sempre importanza per la seguente dispo- sizione: « È vietato ai fabbricanti e commercianti di margarina, di « oleomargarina, di burri artificiali o miscele di sostanze oleose «< o grasse diverse e non provenienti dalla crema di latte, di ag- « giungere ai loro prodotti alcun colore che tenda a farli rasso- « migliare al burro naturale ». Da ciò consegue che basta la semplice constatazione in tali grassi di una sostanza colorante artificiale qualsiasi per determi- nare la contravvenzione alla suddetta disposizione, la di cui inos- servanza va punita con multa da L. 200 a L. 2000 e con la con- fisca della merce. Pel disimpegno delle nostre mansioni, avendo dovuto proce- dere a numerose analisi di burro-margarina, specie in riguardo alla loro colorazione artificiale, non crediamo fuor di luogo spen- dere poche parole sull'argomento ; tanto più che siamo stati in grado di constatare che attualmente si adoperano colori diversi da quelli prima in uso e che quindi il loro metodo di ricerca va in parte modificato. Non poche sono le sostanze coloranti che si dicono adoperate per colorire il burro e la margarina ed i diversi autori che si oc- cupano della materia ne registrano più o meno, a seconda dei ri- sultati della loro esperienza. — 119 — Gigli 1) le divide in innocue e nocive. Fra le prime com- prende : lo zafferano, l’annato, il liquido colorante della casa Han- sen, i calici di alkekengi , il sugo di carote, le radici di alcanna spuria, le bacche di sparagi, il fiorrancio, il succo di chelidonia, i fiori di ranuncolo, il legno giallo ; e tra le seconde: l'acido picrico, il giallo Vittoria, il giallo Manchester ed il cromato di piombo. Besana ?) invece, dopo di aver fatto rilevare che dall’impie- go di parecchie delle sostanze che portano seco anche odori si può avere un’ alterazione nei caratteri normali del burro, consiglia anche dal punto di vista economico, l’annato che dice quasi esclu- sivamente adoperato per colorire il burro in Italia, Germania, Danimarca, Russia ed America. Similmente Girard 3), Emmerich e Trillich 4), Koenig ?) Hal phen 5), Benedikt ?), Reille *), ecc. non comprendono fra i colori adoperati per il burro sostanze diverse da quelle contenute nel- l'elenco citato da Gigli, o per lo meno nessuno dei sudetti autori considera, nell'esame della colorazione artificiale dei grassi, la ri- cerca della metil-azo-dimetilanilina (CoH5:—N=N—C6H4.N (CHa)3) che per i suoi caratteri e per l’uso cui è specialmente destinata va conosciuta sotto il nome di Giallo-Burro. Troviamo fatta menzione di tale sostanza colorante in Vil lavecchia °) che, dopo aver notato che l’annato è quasi esclusi- vamente adoperato per la colorazione del burro, dice che tale pratica, perchè non costituisca una frode, deve esser fatta con co- lori innocui, come appunto l’annato, lo zaffarano e la curcuma e non con colori derivati dal catrame, quali per esempio il così detto Giallo di burro, l’Orleans, l’ acido picrico, ecc. non permessi dal Regolamento igienico. . Evidentemente il Villavecchia scriveva riferendosi al R. De- creto 7 febbraio 1892, pel quale, ad eccezione di poche, tutte le materie coloranti derivate dal catrame erano proibite per la co- 1) GieLi — Latte, cacio, burro, ecc. Milano 1885, p. 269. 2) Besana — Caseificio. Milano 1890, p. 224. 3) GrrarD — Documents sur les falsifications des matières alimentaires. Paris 2.° rap. pag. 305. 4) EmmericH e TriLica — Guida per le ricerche igieniche. Napoli 1891, p. 260. 5) KoeNIG — Die meuschlichen Nahrungs und Genusmittel. Berlin 1893, p. 324. $) HaLPHEN — La pratique des essais commerciaux. Paris 1893, p. 169. *) BenEDIKT — Analyse der fette ùnd Vachsarten. Berlin 1897, p. 552. 8) ReLe — Tableaux synoptiques d’hygiène. Paris 1900, p. 104. 9) ViLLaveccnia — Dizionario di merciologia. Genova 1902, pag. 117. — 120 — lorazione delle sostanze alimentari; laddove con la modifica ap- portata a tal disposizione col R. Decreto 24 marzo 1894, ad ec- cezione dell’acido picrico, del giallo Vittoria, del giallo Martius, del giallo metanilico e di quelli contenenti metalli e metalloidi nocivi, tutte le sostanze coloranti derivate dal catrame sono ri- tenute innocue e perciò consentite nella colorazione delle sostanze alimentari. Schultz e Julius 1) così descrivono le proprietà dell’anilin- azo-dimetilanilina : « Aspetto del colorante: Scagliette gialle, fondenti a 150°, In acqua insolubile. Per aggiunta di HCI alla soluzione acquosa : precipitato giallo-ranciato. In Hs S04 concentrato: soluzione gialla; per diluzione con acqua, soluzione rossa. Solubile nei « grassi. Serve a colorare il burro, ecc. » I A A Infine il Rota *), autore di una pregevolissima monografia sulle materie coloranti artificiali, non trascura, occupandosi dei grassi alimentari, la ricerca del Giallo per burro; ma il me- todo proposto, per quanto teoricamente esatto, per le ragioni che diremo in seguito, non dà buoni risultati nella pratica. Per quanto riguarda i procedimenti di ricerca delle diverse sostanze coloranti nel burro e nella margarina, tutti indistinta- mente tendono ad isolare dalla materia grassa il colorante ag- giunto, sulla cui soluzione si eseguono le reazioni caratteristiche che servono ad identificarlo. A tal uopo i metodi proposti si possono riassumere nei seguenti: 1.° Gigli, Koenig scaldano in un matraccio di vetro 50 a 100 gr. di burro con 100 a 200 cc. di acqua sino a che il burro sia fuso: chiudendo la bocca del matraccio agitano ripetutamente, filtrano il liquido acquoso e su di esso sperimentano con i reattivi le proprietà di ciascun colorante. 2.0 Girard, Halphen, Reille, sostituiscono all’ acqua 1’ alcool diluito, col quale si agita il burro. Sul soluto alcoolico filtrato eseguono le reazioni caratteristiche. 3.° Moore 3) e Martin 4) adoperano l’ alcool ed il solfuro di carbonio. Si mischiano 15 p. di alcool metilico o di alcool con 2 p. di solfuro di carbonio e si agitano 25 ce. di questa miscela con 5 gr. di grasso. Si hanno così due strati; uno di solfuro di 1) ScauLtz e JuLius — Materie coloranti organiche artificiali. Parma 1892, pag. 11. 2) Rora_Nuovo metodo d’ analisi delle materie coloranti organiche. Mi- lano 1899-III, 13. 3) Moore—The analist.—11-163. 4) Martin—idem — 12-70. 1a — 6 carbonio, che trattiene il grasso, ed uno alcoolico che, in presenza di sostanze coloranti estranee, appare colorato. 4.0 Leeds !) scioglie 5 gr. di burro fuso e limpido in 22 ce. di etere di petrolio, indi tratta la sotuzione eterea con 5 a 10 cc. di potassa = che salifica i principii coloranti acidi esistenti N LO, nell’etere e li trascina nel liquido acquoso, che si colora così in giallo. Lo strato acquoso separato dall’ etere e neutralizzato con acido acetico serve direttamente per la ricerca dei colori estranei. Ora è evidente che quando si abbia da fare con grassi co- lorati con metil-azo-dimetilanilina il primo ed il secondo metodo non sono applicabili, giacchè il colorante, oltre ad essere inso- lubile nell’ acqua, non sì lascia neanche asportare dall’ alcool diluito. Il metodo di Moore e Martin ha 1’ inconveniente, già notato da Stebbins 2) che lo strato alcoolico che si s separa contiene sempre del solfuro di carbonio e però trattiene quantità non indifferenti del grasso che si esamina. Ciò è dimostrato anche dal fatto, che applicato al burro-margarina, che avevamo in esame, lo strato al- coolico separato s’ intorbidava fortemente per aggiunta di acqua e quando dal soluto idro-alcoolico si eliminava la materia grassa, in esso non si riscontrava più traccia del colorante contenuto nel burro-margarina. Infine, come giustamente osserva il Rota, il metodo di Leeds da ottimi risultati per la ricerca dei colori acidi, ma non si presta affatto per i colori neutri e tanto meno per i basici, per i quali lo stesso autore propone le seguenti modificazioni : a) Per i coloranti basici: trattare la soluzione eterea del grasso colorato con acido acetico al 10 ®/o che li asporta in forma di acetati. D) Per i coloranti neutri: saponificare il grasso con potassa alcoolica (come si pratica per la ricerca degli acidi volatili), cac- ciare l'alcool per evaporazione e disciogliere in acqua il sapone ottenuto. Nel residuo insolubile in acqua, ma solubile in alcool, sì trovano i coloranti neutri cercati. Sta il fatto però, che applicando al burro-margarina che ave- vamo , tanto il metodo originale di Leeds che le modificazioni apportatevi dal Rota, in nessun caso si potè ottenere risultato affermativo per la presenza di sostanza colorante derivante dal 1) Lreps: The analist. — 12-150. 2) Stespins—Jour. Amer. chem. Soc. 9-41. x — 122 — catrame, mentre per altra via fummo in grado di dimostrare tale presenza in maniera da non lasciare alcun dubbio. In primo luogo, la materia colorante in questione non si met- teva in evidenza quando la soluzione eterea del burro-margarina era dibattuta, sia con potassa caustica ST) che con acido acetico al 10 °/, e secondariamente il sapone ottenuto dal grasso, come sl pratica per la valutazione degli acidi volatili, dava con acqua una soluzione perfettamente limpida; che anzi, se da questa so- luzione sì mettevano in libertà gli acidi grassi acidificandola con acido cloridrico, il liquido che si separava assumeva una tinta perfettamente rosea, segno evidente che la materia colorante in quelle condizioni e proporzioni passa benissimo e completamente nella soluzione di sapone. Ciò posto, ecco il metodo da noi seguito per isolare ed iden- tificare la materia colorante contenuta nel burro margarina da noi esaminato : 5 a 10 gr. di burro fuso e limpido si agitano con 5 a 10 ce. di acido cloridrico al 10/0. Questo, separandosi dal grasso, ap- pariva colorato più o meno intensamente in rosso cremisi. Tale liquido acido, reso alcalino con ammoniaca, assumeva colorazione gialla e la soluzione ammoniacale dibattuta con etere cedeva la sostanza colorante a questo solvente. Inoltre, facendo bollire per alcuni minuti la soluzione ammoniacale assieme ad alcuni fili di lana bianca da ricamo, questi si tingevano evidentemente in giallo. Le lane così tinte trattate con acido solforico concentrato coloravano il liquido in giallo e questo per diluzione diventava rosso. Le stesse lane trattate con soda caustica non sì alteravano nel colore. Questi caratteri rispondono evidentemente a quelli riportati da Schultz e Julius per la metil-azo-dimetilanilina. Volendo invece applicare il metodo. proposto da Rota è suf- ficiente trattare la soluzione eterea del grasso con acido clori- drico diluito, anzichè con acido acetico al 10 %/o, che non asporta il colorante. L’ aver potuto in tal modo speditamente procedere al se- questro di importanti partite di burro-margarina , artificialmen- te colorato , ci ha spinti a render note queste poche osserva- zioni, credendo di far cosa utile per tutti coloro che sì occupano dell’ analisi dei grassi, specie in rapporto alla Legge speciale sul burro. Laboratorio Municipale di Chimica — Aprile 1903. Il clima di Napoli nell'anno meteorologico 1901-902- Nota del socio ERNESTO ANNIBALE. (Tornata del 26 aprile 1903) Premesso che nessuna modificazione venne fatta nel corso dell’anno meteorologico 1901-902 a quanto si praticò nel prece- dente anno !) in riguardo alle ore di osservazioni, agli apparecchi impiegati, al metodo seguito nella determinazione delle medie, ecc., dico subito che l’anno considerato, se si toglie l'anomalia termica di maggio e l’accentuata scarsità di temporali per questa città, non presenta alcuna caratteristica che lo distingua dagli anni precedenti. Prima di passare all’ esame dei varii elementi meteorici, credo utile ricordare le coordinate geografiche di questo Osservato- rio universitario: Latitudine N = 40° 50°. Longitudine E da Roma=1° 47". Altitudine = metri 57. Pressione atmosferica La media altezza barometrica di quest'anno, calcolata sui valori osservati alle ore 9, 12, 15 e 21, risultò di mm. 756,465 con la sola differenza in meno di mm. 0,117 da quella notata nel 1900-901. Inferiori alle corrispondenti medie del passato anno risulta- rono anche quelle dell’ inverno e della primavera. Inoltre, solo quest’ultima fu superata dall’annuale per più di 1 mm., le rima- nenti tre più o meno avvicinandovisi, ne rimasero superiori. Si rinnova in quest'anno quanto si verificò nell'ultimo triennio, che cioè la media minima della pressione atmosferica delle stagioni sì riscontra in primavera. Contrariamente a quanto in generale avviene, fu massima la media estiva, però essa differì di un quarto di millimetro appena da quella dell’ inverno e dell'autunno, che furono quasi eguali. Nel seguente specchietto sono indicate le medie delle singole stagioni meteorologiche di quest'anno e del precedente. 1) Vedere AnmaLe E. « Il clima di Napoli nell’anno meteorologico 1900- 901 » nel Bol. della Soc. di Natur. in Napoli— Serie I, Vol. XVI, An. XVI. MEDIE STAGIONI — — —@m_— —t4'' DI FFERENZE 1900-901 1901-902 mm. mm. Inverno; MOL IRA HD'T,49 756,75 — 1,00 Pesmayeras «Leali 155,84 755,58 | — 0,46 Betatertt 5930) La Alani 756,29 756,58 + 0,69 IRHUIIROM, ei e o a LEM 156,47 LIOdA: ) A + 0,30 Ì Aeon e a ENTO res rh 686 756,465 | — 0,117 | | Le medie mensili, salvo qualche eccezione, poco differiscono dall’annuale: la minima la troviamo in febbraio (mm. 754,82) e quindi in dicembre (mm. 754,44) mentre in gennaio, il rimanente mese dell'inverno, presenta la massima mensile dell’ anno (mm. 761,44), con circa 5 mm. (4,975) di spostamento dalla media an- nuale. In questo mese si riscontrarono altresì le due medie de- cadiche massime, cioè la 2% (mm. 763,99) e la 1a (mm. 762,40), come nella 28 di decembre (mm. 751,77) e nella 22 di febbraio (mm. 752,64) si notano le depressioni dominanti dell’annata. La media pressione barometrica diurna del 9 gennaio (mm. 768,91) superò tutte le altre dell’ anno, quella del 22 dicembre (mm. 739,89) rimase a tutte inferiori. La prima si scostò dalla media annuale per mm. 12,445, la seconda per mm. 16,575. Alle ore 9 (ora di osservazione) dello stesso giorno di gennaio si ve- rificoò la massima pressione assoluta in mm. 769,52, e alle ore 12 (ora di osservazione) dello stesso giorno di dicembre la minima assoluta in mm. 37,20. L’escursione maggiore, quindi, fatta dal barometro nel corso dell’anno fu di mm. 32,82 inferiore a quella del precedente di mm. 1,02. Tale escursione, rilevata dalle osser- vazioni meteoriche giornaliere , può ritenersi come l’ escursione massima ettettiva. In vero, come potei rilevare dai diagrammi ottenuti col barografo Richard, la massima assoluta avvenne sì fuori le ore di osservazioni e propriamente poco dopo quella delle 9" del 9 gennaio, ma essa superò la registrata per decimi di mil- limetro; per lo contrario la minima assoluta fu precisamente toc- cata alle ore 12 del 22 dicembre. dARI — 125 "uu 002 IP Rmurutp ggraouq 1od ouomz orpenb 03senb ur Mmeqiodit eorgamoIeq auorsseId etrop Mep I | | Î i | “Ma Vip omuuad 4 : | age | < 0%*L8 6 6 | * - esquisoa | Prod. (Ae I e VI Si DEA «© ‘TUUI | | A n | a E 5 VINO |BTITSSEU | = > e e'G el feno Î Ui a | do L (73) D 20004. ASSE gl E 5h PE | BE BS ISAH IN QUOTSIMOS ESGch 2. | 38 [ele] ISIMOST , | s ® I £ ® | VNUMO VICIN | QUIIPRIAP_2IPeKW | (17 04ponò — 126 — Il mese, in cui la pressione atmosferica oscillò fra limiti più estesi, fu dicembre, e quindi marzo con 4 mm. in meno; la pres- sione invece fu poco variabile nel mese di agosto e di luglio. Risultarono superiori alla media annuale 5 medie mensili e 16 medie decadiche. Troviamo nell’ annata le depressioni domi- nanti, anzitutto, nei mesi di febbraio, dicembre, marzo e anche aprile, a cui seguono con differenze sempre minori, maggio, no- vembre e giugno ; l’opposto fenomeno si riscontra in gennaio, a cui segue a distanza luglio e settembre con decrescente misura, riducendosi l’ eccesso barometrico a circa mezzo millimetro in agosto e a poco più di un decimo in ottobre. I mesi, le cui medie decadiche maggiormente differiscono fra loro, sono: dicembre, marzo e novembre; medie decadiche più costanti le ebbero aprile, luglio e agosto: la terza di quest’ultimo mese differì per 0,015 mm. dalla media annuale. Come nell’anno decorso, non vi furono molte e forti depres- sioni; le più notevoli sono qui sotto indicate col mese, giorno e ora in cui furono osservate e con le differenze sulla media pres- sione annua. mm. "37,20 — Dicembre 1901 — giorno 22 ore 12 — diff. mm. 19,26 » 742,00 — Febbraio 1902 — » 16 » 8 — >» » 13,4 » 740,60 — Marzo gi » 8 >» 15 — >» » 15,86 » ‘74030 — Settembre » — a » 16,16 » 744,80 — Novembre » — >». 26 » bo». Pea La prima fu la più forte, incominciò a segnalarsi il giorno 21 dicembre verso le ore 11, toccando il suo minimo di mm. 737,20 alle ore 12 del 22. Essa fu accompagnata da fortissimo vento di SW, mare tempestoso e temporali con forti scariche elet- triche, acqua e grandine. Quella del 16 febbraio avvenne fuori le ore di osservazioni, fu un’ accidentalità barometrica che durò meno di 20 ore; alle 24 del giorno precedente e alle venti del detto giorno 16 il ba- rometro si trovava allo stesso livello di circa 750 mm. dopo aver toccato 742,00 mm. Si ebbe acqua, vento di SW e mare grosso. Nulla di notevole presentò quella di marzo, benchè fosse più accentuata della precedente. Si ebbe vento leggiero di NÉ, poca acqua e mare un po’ agitato. La depressione del 29 settembre con mm. 16,16 sotto la media annuale, incominciò a determinarsi verso la mezzanotte del 27, aumentò gradatamente fino a raggiungere il massimo verso il mezzogiorno del 29. Per circa tre ore, dalle 11" alle 14", imper- ene versò un fortunale con vento impetuoso di N, copiosa pioggia e mare un po’ agitato. L'ultima depressione di mm. 744,80, avvenuta il 16 novembre, fu accompagnata da vento forte di N, mare grosso e scarsa pioggia. Temperatura La temperatura media superò quella dell’anno precedente per 00,611. Essa uguagliò esattamente la media annuale del 1898-99, rimanendo inferiore a quella del 1899-900 per 00,124. Nell’ inverno periodi di freddo non ve ne furono: le medie giornaliere rare volte in questa stagione scesero al disotto di 99,0. Il minimo si riscontrò il giorno 16 febbraio e difteri dal corri- spondente del passato anno per ben 49,2 in più. Allo stesso giorno si deve la minima media diurna dell’anno di 49,52. Anche nella state non sì raggiunsero i massimi del passato anno; in compenso si ebbe una temperatura piuttosto uniforme ed alta specialmente nei mesi di luglio, agosto e nella prima quindicina di settembre. Un primo periodo di caldo, con massimi superiori a 29,0, si ebbe dal 24 luglio al 3 agosto inclusi, in cui il termometro oscillò tra un minimo di 19,8 (giorno 24) ad un massimo di 32°,2 (giorni 26 e 29). Un secondo periodo di mag- giore durata ed intensità comprese tutta la prima decade dell’au- tunno e si estese dal 26 agosto al.10 settembre. In esso la tem- peratura oscillò tra un minimo di 19°,4 (27 agosto) ed un massimo di 340,2 (29 agosto). In questo giorno la temperatura media diurna raggiunse 289,30, massima media diurna dell’ anno. Quanto ho detto si può riscontrare nel quadro III, in cui riporto le tempe- rature medie ed estreme dei singoli giorni dell’anno con le rela- tive escursioni. L'inverno contrariamente a quello dell’ anno precedente sì mostrò assai tiepido e specialmente nei mesi di dicembre e gen- naio. La media temperatura di questa stagione risultò superiore alle corrispondenti dell'ultimo quadriennio. In riscontro all’eccezionale media dell’ anno precedente si ebbero 2°,523 in’meno di freddo. Meno freddo risultò ancora in quest’ anno l'autunno per 0°,70. La primavera e la state furono per circa 00,40 ugualmente più temperate delle corrispondenti del passato anno. La media termometrica di primavera fu di 14%,470 e risultò inferiore a quella dell'autunno per 3,960. Questa sta- gione si avvicinò più delle altre alla media annuale, differendone — 128 — per 19,476 in più. Nel seguente specchietto sono riportate le medie delle stagioni meteoriche di questi due ultimi anni con le cor- rispondenti differenze e con le medie temperature estreme delle stagioni e dell’ anno. | | Medie di temperat. STAGIONI |1900-901 | 1901-902 Diflertesi( = I a i | | Minime | Massime ui Irverno. "04% 89,617 119,140 |-+ 2°9,523.| 89,753 | 130,877 Primavera. . .| 149,850 | 149,470 — 09,380 | 119,047 | 189,300 Estate . . . .| 249,173 | 239,775 |— 00,398 | 199,587 | 289,277 Autunno 1] -‘17°;739 | 18°,490 + 0°,697 | 159,330 | 21°,950 Anno . . . .| 16°,848.| 160,954 |4+ 00.611 |13°,667 | 20°,601 | L'andamento della temperatura durante l’anno meteorico non si presenta regolare. In gennaio la temperatura scende ad un minimo mensile, mentre in dicembre essa rimane superiore a feb- braio e a marzo ; in aprile cresce sul mese precedente di 49,50 circa, per tornare di nuovo a scendere lievemente in maggio di 00,27 ed avere quindi un rapido incremento di 59,30 in giugno e di 49,25 in luglio. Quivi tocca il massimo, scende quindi fino a settembre gradatamente e più rapidamente in ottobre e no- vembre. Tra i 12 mesi solo tre, cioè marzo, maggio e giugno, ebbero la temperatura inferiore ai corrispondenti dell’ anno precedente, gli altri furono tutti più caldi. Sicchè il forte incremento riscon- trato nella temperatura dell’ inverno si deve alla dolce tempera- tura dei suoi mesi e specialmente di febbraio con 49,77 di ecce- denza sull’ omonimo dell’ anno precedente. Il deficit di temperatura della primavera in riscontro a quella del 1900-901 è precisamente dovuto al tepore di marzo e maggio. Come per l’azione compensatrice del moderato ‘calore di giugno, la media temperatura estiva riuscì inferiore di 00,398 alla cOrTi- spondente del 1900-901, altrimenti, sebbene il 1902 non oftra mas- simi estivi notevoli, la media estiva di questo anno avrebbe ben superata quella dell’ anno scorso, in cui si ebbero massimi ecce- zionali per Napoli. a 0}s038 | ‘oxenno3) | i I | È (AINSI ea Gong | 9 od |pe6to9T | 292%097 | OLU'o6t TOP'OBI |E64'0LT — - —_ ; : : uu VA A SER £°00% ug 09 81.81 l T9°oz1 | SB°0ST LBfoSt | LESET VUOI (89041 | POSI < na. 2 ‘ozquissoN Toll OT 0°.8% 6I | 601 | ‘86581 | 62481 | 0018 | 6L°0T% | LToGE || #99 | S608T | 2841 È cei de SIITONO 8081 I L'o8g | ida pur | 8Uo88 | Lao | L94092 | 18592 | gute || co.ez | 838% | 164092 « cu SR : aaQur0gzas SAT 6% CAT 13 vI 6097 | 26092 | 68°82 | L3'09% | E0%08% | 69492 || spe | Gh'o86 | 095098 <: FT IO 8481 L | pere i 9.81 | egg | een | PE6? | 190082 | 96492 || £0°09% | SES | 19°8% > A I to 008: CE 08 | 81 g'.e1 | go”tz | 900% | STobe | aotoer co”ze || 612% | 06%81 | Lo‘s2% < SL; © QUSNIO 0.61 page e | Pe gL5,9T | LOfoFT | L8%081 | TS°8T | 19oSt || SFoLT |LUOTT 89591 < MERE nic) Fo9r | 61 | 988 | 6 Col G0%.9T | 6801 | COMET | ILo8T | 69091 || FLAT | 89.97 | aliat A otuudy Por | € | 981 | ST 08 89".TT | 96/001 | <8°oFT | T6'o8T | 69°01T | LOET | 8806 | 0803 5 RE SERRE RETI | 6.6 | 8% GoltT | LI 0°.S LO'oTT | 62°0T% | 09°0ET | Ga58T | SOLE | 69°03T | POI | L8*21 * e °° i orge o‘ogm | TE ‘6% ‘9 0'0ST | 91 0° 88‘,6 sone 8E°0ET | LOSOTT | 90° || #R°001 | EL'08 | L760T SIBI ti OTO L'obb | 4 | 8ohl | 62 99 > | LB'otTt | L8foFE | BASGET | CE'OET | 99%1T || VEOTE | SL'oET | 9u'oor | 108% > *9IQU8oIT | i, SE Sl va : eli, a ©) 1 A Q z 3 a gi sube eLa et | 6 SS I 3 a SIA + È di n È Sa I RR ETTME ara | 5. E ® - O[[®p a]Isuaur BIpayr . OUYPIPeIep Ipo | "TIT 04pon® — 130 — Il mese più freddo dell'annata fu gennaio -con 99,88 e non febbraio come nel 1901; però il più caldo, come in esso, risultò luglio (250,33) e quindi agosto (249,92). Giugno, l’altro mese della state, risultò meno caldo per 20,10 del settembre: ciò dipese dal prolungarsi fin verso la metà di questo mese dell’ ultimo periodo di caldo già ricordato. La media termometrica mensile che più si avvicina all’ an- nuale è quella di aprile e quindi quella di maggio, con differenze rispettive in meno di 0°,904 e 19,174. Delle 36 medie decadiche 21 sì mantennero inferiori alla media annuale e 15 superiori: tale differenza, notata ancora negli anni decorsi, indica che i mesi estivi offrono maggiore eccedenza sulla media annuale dei mesi invernali. La 3% decade di maggio ci fa passare dalle medie decadiche inferiori alle medie decadiche superiori alla media annuale, e la 32 di ottobre offre il passaggio inverso. La prima presenta una differenza in più sull’annuale di 00,176 ed è quella che più le si avvicina, la seconda una diffe- renza in meno di 0°.434. Le altre decadi che differiscono per meno di mezzo grado dall’annuale sono la 2% (—-00,274) e la 3 (-00,214) di aprile. Le medie decadiche presentano in tutto l’anno una certa ir- regolarità. La 2* di dicembre non è raggiunta che dalla 1a di aprile e la 2* e 3® di questo mese accusano un eccesso di quasi due gradi sulla 1% e 2% di maggio. La massima media decadica risultò la 3 di luglio con una media termometrica di 269,03, ad essa tenne immediatamente dietro la 12 di settembre con appena sei centesimi di grado in meno e quindi successivamente la 1 (250,60) e la 32 (250,43) di agosto e poi la 2* (250,35) di luglio. Rego- lare fu invece il decrescimento della temperatura dopo la 1? di set- tembre. La decade più rigida la presentò gennaio nella 22 (89,73), in cui nel giorno 16 si verificò il minimo dell’anno, la segue la 2» di marzo (9°,38) con un aumento di solo 65 centesimi di grado, dopo che la prima di detto mese raggiunse la media di 129,30. Le relazioni che passano tra le temperature osservate nelle diverse ore si conservano perfettamente identiche a quelle del precedente anno. Così, eccettuando come nel 1900-901 i primi due mesi dell’anno meteorologico, la media mensuale delle 9" ri- sultò superiore a quella delle 21", la media delle 12", tranne, come nel passato anno, nell’ ottobre, inferiore a quella delle 15". Inoltre esiste sempre, in generale, una differenza che va aumentando dai mesi freddi ai caldi, toccando il massimo di più di 59,0 in luglio tra la media temperatura delle 15" e quella delle 21", come pure — 131 — l’eccesso della media temperatura delle 15" su quella delle 9" fu sempre superiore a due gradi. Qui, però, fa eccezione il mese di dicembre, il quale, mentre nell’anno meteorico 1900-901 tale dif- ferenza fu di 3°,34, nel considerato toccò 19,88. La media temperatura minima e la media temperatura massi- ma mensuale seguono lo stesso andamento della temperatura media mensile (V. quadro III). C’ è solo da osservare, che mentre que- st’ ultima nei mesi di febbraio e marzo risulta rispettivamente sempre minore di quella di dicembre, la media temperatura mas- sima dei primi due mesi sì tiene rispettivamente sempre maggiore a quella di quest’ ultimo. Ricordo che la media annua delle tem- perature minime del 1900-901 fu di 130,120 e quella delle tem- perature massime 200,120, mentre pel presente anno sì ha 139,667 e 200,601 rispettivamente, quindi un aumento per la prima di 00,547 e per la seconda di 0°,481. L’ escursione media annuale tra le temperature estreme di 6,934 risultò inferiore a quella del passato anno di 09,066 e di 0°,606 a quella del 1899-900. Le medie mensili delle temperature estreme che più si av- vicinano alle medie annuali estreme sono quelle di aprile (diff. temp. min. = 19,047; diff. temp. max. = 00,551) e quindi quelle di maggio (diff. temp. min. = 10,777; diff. temp. max. = 00,801) come precisamente avviene per le medie temperature mensili. Aprile e maggio quindi per l’anno 1901-902 rappresentano i mesi della media temperatura napoletana. L'escursione fra i due estremi assoluti dell’anno risultò di 32°,2, inferiore di ben 79,0 a quella del 1900-901. Quadro ILL. Anno Meteor, 1901-902 Temperature me DICEMBRE i GENNAIO FEBBRAIO Mita O, si 5 | E È ala AR 5 FR = UV Pi N Sp e SI A O Mc lippi & | | A $ | S _. sa (©) 00 © 1 | 985) 60 fd dB (00) [vo] 10,72| 89 197 13,25 | -108 | 155 18,00| 12,0 | 15,7 1130] 84 144 1158| 115 | 182 9,17] 5,8 | 180 1285| 89| 10,1 1452| 132 | 164 12,90 | 10,6 | 15,0 13,90] 12,5 | 15,4 1265] 112 | 158 0 | 10,82| 75] 2 | 1115| 88| 144| 56|1108| 75 3 | 9,65) 60| 140| 80] 1155] 105 4 | 1127| 8,6] 138] 521185] 10, 5 [10,90| 95] 120 25|1047| 9, 6 | 9,80) 88| 112| 24|[ 10,98] 8, 7 9,60). 7,8] 130| 52 957) 6,8|135| 6,7 8 | 9,07] 60] 130). 70] 10,50) 82) 1834| 52 911,73] 82] 141] (59 922) 62135) 78 10 | 1458| 125 | 155) 80] 8,67] 5,6] 123) 67 11 | 12,92| 105| 150| 45] 1045) 80] 120| 40 19 | 13,73] 125| 16,7) 42 9,15) 75| 125) 5,0 13 | 13,25| 110) 160| 50] 8,87) 66) 10,7) 41 14 | 19,92| 110] 156| 46] 10,15| ‘75 | 13,1| 66 15 | 10,80| 95| 1830) 85] 7,62| 40| 98| 5,8 16:1}:12,87|-1785.|/ 160 LO7.5!l 4522047 eo 17 | 1640] 152) 172) 200 745092) 130108 18 | 15,22) 149] 165) 16f 910| 65| 126| 6,1 19 14,15| 10,5 | 16,9 5,8 # 1106111981132 8,75] 6,0 | 12,0 19,78] 110 | 18,7 13,52 | 124 | 15,5 1290| 114 | 152 90 115,27] 14,2 | 17,1] 291 895) 76) 107) 82 2 | 1845] 115] 167] 52] 9,77) 70) 136| 6,6 22 | 10,95| 10,6| 126| 20|1002| 65| 144| 7,9 293 | 12,67] 85] 149| e4| 9,90 | 24 | 1145] 102| 148| 46|1105 6, 85 | 1338] 48 10,68| 72) 148 25 | 1187| 96| 198) 8,2/ 12,90] 115] 146| 31/1150] 95] 140 26 | 13,15| 120] 150) 80 980) 70) 1,8] 48|1182| 92]| 158 27 | 920] 76] 118| 42] 880) 34| 88] 54|1255| 98] 15,7 28 | 7,97) 6ol 104! 44| 950] 70| 114) 44/1407] 10,6) 19,9 299 | 9,5) bb 158) 683 | 1285] 102) 1501 48| — (SMS 30 | 10,95 92 130] 38|1097) 90° 124] 34] -|-|- 31 | i145| 87] 1400 5,3 | 1220) 102 /15,0] 48] — Sa Mese | 11,87| 9,68 (1429 | 4,61 9,88| 7,83|12,76 | 5,43] 11,67| 9,25 [14,58 Inverno-Primavera MAGGIO & z Pi o à È ù n p=| [od & E S = & = 5 a E Z Si) E S = Ri E = = Do] Z A = to) 67 L nei = n 7 = Usi 7. v n tai D = A fa ® ci L. 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Anno Meteor, 1901-902 Temperature medie! ed estreme diurne | Estale-Autunno == eu _ | GIUGNO LUGLIO AGOSTO i SETTEMBRE o E i TTOBRE z = i———_—_ i NOVEMBRE si Ss E 5 & & E 5 SÌ z È | | : | È | a | # | È | 3 Elias (38-| Bi (O 8 | Ss 2 CRA e die 7 = | È È C #3 de È E E 5 È E 4 2 MU E 7 È E 3 7 i 3 È È E la = si 13) = a Le ai Da | i sa a) o) ® z n fi ru al >, oral pg Te °| ds | C | me "(al RA: î i SETE : è | E i | È —____ el 7 È Il 24,42 | 19,0 0,1 | 11,1 | 24,59 ( 29.5 924,82 | € c | 0 | 30, ;35 | 19,1 | 29,5) 10,4 [ 24,82! 20,7 | 290| gsl@azo7 | 242) 32,7 | 85 [1952] 166 221 | 5,5 n | 2 [2487| 205| 290| 85/2435] 200| 290) 90| 2600) 206 | 33 APATICO Da RS RI O pi on 9 40, 4 DI 1 (4 DI 2 (9 4 Lor) la va Ro 3 [2380] 200| 278| 78/2377 195| 276) 81|2517| 208 298 ee... pali Purg lai rad lata) 25, 2 29,3 ol 216) 308 | 21,02 Bi RES 5 4 | 2097] 185) 240| 55/2350] 186| 294| 108(2425| 205 | 281 di di Dr ble dell sie A I i «dl di 6) LI € DIOR 5 |21,12| 17,7) 25,0] 78 Ja2470| 195] 306 | 11,1] 24,42) 2 + ,l| 7elffee47 | 210 | 31,7 | 10,7 |21,90| 173 265 | 9,2 |15,90| 126/195 | 69 6 2Al Di) 18 () 25 3 7 3) SpA 3 } È sv i CRORE 20,3 | 28,2 26,72 21,8 | 31,5 9,0 21,05 18,8 | 24,0 5 (9) 15 (919) 12 0 19 0 7 0 dlidua 4 3 ( LI ‘ oe Ni ‘ ) È: % A | ion Id dal ‘ , ) ) 30 ; 19,6 | 28,0 8,4 { 26,021 20,8 | 30,8 | 100 }}{ 26,45 | 22,6 | 30,4 78 | 2112 | 194 | 985 7 ) ) 7 20,57 13,0 20,6 5 (8) 95 30 19 5 29 4 12 9 IR9. ; ) ’ t o) b) , 40, 4,1 15,10 119 TON 1,2 ) ) di DÀ, d, 26,20 | 22,2 30,1 95,32 21.6 | 29.6 8.0 20.82 | 192 | 252 £ 8 | 21,37] 17,5) 244| 6,9|24,87| 209] 290| 8,1] 26,32) 23 d:: i e i n e ie o {e qua Si ct (Cn e RS 31 | 20,52 23,0 | 29,5 2420 | 205| 295 | 90 | 22,17] 200) 245 | 45 | 15% 3 ) 21,65| 18,2 | 25,5 ,33 | 26,77] 210 | 320| 110] 26,65) 228 È i i i E 1,5 | 15,90 | 19,4 | 18,6 5,2 o) > dl, di 4 D 44 (D) d 6 ) A) ‘ | SA 10 | 21,25] 190| 256| 66|25,32| 215| 2! 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La maggiore escursione termometrica diurna avvenne il 7 lu- glio e fu di 129,9, inferiore di 0°,6 a quella del passato anno; la minore escursione sì registrò il 18 dicembre e fu di 1°,6 supe- riore di 09,3 alla corrispondente del precedente anno. Le escursioni medie mensili fra le esterne temperature, come nell’ ultimo anno, meno in dicembre e in ottobre, seguono l’an- damento delle medie mensili ordinarie, esse, cioè, aumentano 0 diminuiscono con l'aumentare o diminuire del caldo nell’ anno. Queste escursioni si mantennero fra i 4°,61 che è la minima do- vuta a dicembre, e i 99,18 che è la massima dovuta a luglio. I mesi invernali e ottobre ebbero le escursioni inferiori a 69,0, mentre nei soli mesi estivi superarono gli 8%,0. Per la stagione invernale la media delle oscillazioni fu di 50,123, per la primavera di 7°,24, per l'estate di 8°,74 e per l’au- tunno di 60,62. Le prime due furono inferiori e le due ultime superiori alle corrispondenti dell’anno precedente. Nel 1900-901 si oltrepassò di 09,064 la escursione media del 1901-902. Come nell’ anno passato, le ore in cui si verificarono ‘i mi- nimi ed i massimi variarono a secondo i mesi dell’anno; le tem- perature minime avvennero, in generale, nelle ore prossime al na- scere del sole, le massime verso le 14" nei mesi freddi e verso le 15" nei caldi. Tensione del vapore acqueo dell’aria Minore che nell’anno scorso fu la deficienza della media an- nuale del vapore acqueo del 1901-902 in riscontro di quella del 1899-900, limitandosi la medesima a mm. 0,612. La detta media risulta di mm. 10,288; resta quindi di 0,28 superiore a quella dell’anno antecedente. Nell’ inverno la tensione del vapore fu minima (7,58) pur rimanendo superiore di mm. 1,62 all’ inverno dell’anno passato. Si deve a tale sopravanzo l’ aumento della tensione media an- nuale, negative essendo le differenze delle rispettive stagioni dei due ultimi anni. Nella state la tensione risultò massima (13,80), in primavera minore che in autunno. Il seguente specchietto dà ragione di quanto ho detto. x — 137 — | Tensione media ìÌn millimetri i | STAGIONI PT ASIA. SE SARE CRI MI OVONEO | 1900-901 | 1901-902 | : ES a | | reati I E SERIE RP 5,96 | 08 |. +62 e, 8,74 | 8,66 — 0,08 ME i 14,15 | 13,80 | — 0,35 | RE LES: dI 1ILI1 — 0,07 Sto palio ciare darf (110,008: |: 110,288 |. 0,28 L'andamento della tensione del vapore, come dalle medie mensili del quadro IV si vede, segue a un dipresso l'andamento della temperatura, mantenendosi però allo stesso livello in luglio ed in agosto, mesi più caldi dell’anno. Così essa, come perfetta- mente fa la temperatura, scende da dicembre a gennaio, toccando ivi il minimo mensile di mm. 6,65, aumenta poi in febbraio per scendere di nuovo a marzo, dal quale mese percorre i due rami della parabola ascendente e discendente, toccando il massimo di mm. 14,87 in luglio ed in agosto. Dal quadro IV appare notevole il grado di tensione del va- pore acqueo in settembre e in ottobre e la brusca riduzione del mese seguente a mm. 7,90, tensione inferiore a quella di febbraio e di decembre. Lievissima differenza si riscontrò tra le medie mensuali di febbraio e marzo, mentre superarono i 3 mm. quelle tra maggio e giugno e tra giugno e luglio, corrispondentemente alla minima (tolta quella uguale a 0 tra luglio e agosto) e alle massime differenze tra le medie temperature mensuali. è» 2a 89°8I gi |emdeg| ga | 13 |on8nrge| 088 |1069 |BRSEI |88301 336 SI EG ALE GI 8 86°4I | PET Ro PI S| -U6L 8E*GT Id 8T Pe ie SI i) 08408 | 89°9 08°GI 80°3I PL'EI Ia id FI9 13 II 88‘6I1 | SEL GILT | SEI GL'EI SI EI 638 CI D FOT | S0°6 86‘8I | L8I PO FI GI 14 9649 IG 87 0318 | 288 TE8I L8°F1 08°6 disk S8L.|\LE8 cI e 3 [SL ‘e sete: i Mar 29 Gel SI I Sai CI G LEGNI CI°9 E8TI 998 68°6 I 6 PA crà 6 ica TESE (est GEEI | 68°6 c6°8 6 CT ILE SI TE GI°TI | PL'E OS'OT | 67° 169 6 9 C6F SI 8 9T°IT g8°G 88‘01 G6°L L9°L GI OT 9g Ta € E0°0I EC 668 G9'9 L6°L GI E PL 13 9T IL'GI EL'G EL'OT 118 e: È 4 “TI È a sirio mbe CUIUTI | VUITSSBUI a 3 92I() TUIOTL) eUISSEN 210) TUIOLL) CUUSSEN sin TR: CIPON E cr Se e rivi) x notata A qUIRAON pe e O (OLI) i a equine ‘+. ++ 098087 ‘00 0]8N] sr TRE) - + + + + 0188eK SE SE oi se Ra E OZALOINI n SES Ida ‘ga SIOE SOI MICAR O) ‘© ‘0067 2IquI8oI(] ISHN ‘AI 04pono — 139 — Tolto maggio, giugno, settembre e novembre, tutti gli altri mesi accusarono deficienza di tensione in confronto ai corrispon- denti dell’ anno precedente. La tensione media diurna sì estese da un minimo di mm. 3,23 nel 16 gennaio, giorno in cui si registrò il minimo termo- metrico dell’anno, ad un massimo di mm. 18,98 nel 7 agosto. Alle ore 12 dello stesso 16 gennaio sì registrò la minima tensione as- soluta del vapor d’acqua (2,56), mentre la massima assoluta fu notata in luglio (21,20) all’ inizio del periodo più lungo ed ecces- sivo di caldo e precisamente nel giorno 28 alle ore 21. La tensione oscillò tra più ampi limiti assoluti in ottobre (variazione = 15,38) in più ristretti in febbraio (variazione—6,21), mentre le medie diurne segnano un massimo uguale in settembre (variazione=10,27) e in luglio (variazione= 10,25) e un minimo in giugno (variazione = 4,88). Umidità relativa dell’aria La media umidità relativa annuale si calcolò di 64,37 cen- tesimi di saturazione, risultando così superiore a quella del 1900- 901 per 0,772 e inferiore a quella del 1899-900 per 1,77. L'inverno emerge per soverchia umidità; esso ebbe una media di centesimi 71,73, superando la media delle corrispondenti sta- gioni dell’ ultimo quadriennio per circa sei centesimi di satura- zione. Contrariamente all’anno precedente, essa sorpassa la media dell’ autunno per centesimi 8,11. Anche l’ umidità della primavera presenta una lieve differenza in più in confronto a quella dell’anno passato; tale differenza nell’ estate e nell'autunno risulta in meno. La stagione più secca è la state, differendo dalla primavera e dall’ autunno rispettivamente per 6,99 e 6,05. L’ umidità quindi va regolarmente scemando dall'inverno alla state e aumentando da questa all'autunno, come si scorge dal seguente specchietto : — 140 — UMIDITÀ RELATIVA | È MEDIA STAGIONI i : rave | Differenze 1900-901 | 1901-902 | Tiveittev un Pian ,B35..avapahà. 64,95 71,73 | -++6,78 Eiiueyola.i Le lg hai 64,11 | 64,56 + 0,45 Hatake azar ada bh, fo Ae re7t8 e ORION A cale, n 67,04 65,62 3,42 Amiens ar oldurari orniasgat ak 65,558 64,570 + 0,772 Secondo i varii mesi l umidità aumentò e diminuì irregolar- mente: luglio, agosto e quindi settembre furono i mesi più secchi, dicembre e febbraio e, a maggior distanza, ottobre e gennaio i più umidi. Ciò in corrispondenza col numero de’ giorni piovosi di ciascun mese. I tre mesi dell’ inverno, i primi due della primavera e gli ultimi due dell’autunno ebbero medie superiori all’ annuale , i rimanenti cinque si mantennero inferiori. La media diurna massima di umidità relativa di centesimi 94,75 si notò il 28 gennaio, giorno persistentemente piovoso e la minima di centesimi 32,25 il 13 luglio (V. Quadro V). A questi giorni di massima e di minima media diurna non cor- risposero la massima e la minima assoluta si rispettivamente nei medesimi mesi, ma la prima si verificò il 31 alle ore 21 e la seconda il 4 alle ore 15. CRA ° ‘CU GL GI. | Ia p|- #6 Ta ‘unod TE | 96 6L6'GP | 6L3'I8 | 0LEF9 bal (2a | 6 (4 (4 ce GI SE LE | 18916939618 68 | €27 | 0058 | 8579 62 CI 931 8I ge GITE et 76 00°CF CLF8 #69 9G CI #79 EE 6 66° | ‘68 00°68 | oo'eL | 8649 6e 3I 87 (era Tg SI ! #8 00°LE | oct. | 3e'e 9 CI 5 izà Ed 8G8 LI 28 (CAPA CR'IL ER'9C 99 GI I LG 6 me €6 [OXSMSIA CT'GL EE‘RC Ge CI CK ge 6 3I 28 00°88 GL'eL 696 i GI 06 4 SG of RTTELI 76 00° | 0068 | 8L°99 ge CT FI jtS 6 ICS 68 GL'6E CL48 Go'L9 29 DI Lia LE Pe ET F6- | qogo n) ez'06 ec'eL T9 CI 26 pe Ta IE 96 COLF CL46 CR'L9 0e GI e E GI Dr, €6 0e°Le 098 OS'EL e" "I o | ; sn o vo | WUIIUTUI | VISSE © SI SATO TUIOTL SR I IRSIURIOTDE ERRORE | BIP9 S S. 5 O pi Lt) VUIUT] Da O I (Ai o) VUISSETT *I} N D E GUIMIP BIPOH Q.1QquIdAON * 2190990 Q1quIrag 09S05Y * OqSn] ‘ 0uSTIL * ISSN * epudy * OZIGHN OTB.IqGI A “G06I QEUUIL) TOGI 91queoI(g ISHN "A 04pon0) — 1022 — La variazione assoluta mensile fu massima in giugno (66) e minima in febbraio (47). In generale essa oscillò tra 50 e 60 cen- tesimi di saturazione. Direzione del vento e stato del mare Il vento di massima frequenza nell’anno, come nei precedenti, fu il SW che, nei limiti delle quattro osservazioni giornaliere, predominò su 10 mesi dell’ anno. Esso fu poco frequente in novembre (V. Quadro VI) in cui ebbe prevalenza sugli altri il NE; il secondo posto ebbe in gen- naio, pur mantenendosi molto vicino al N predominante nel mese. Disponendo i varii venti in ordine di frequenza nelle diverse stagioni e nell’anno e ponendo per indici i numeri che indicano quante volte fu osservato il medesimo vento, si ha : Inverno SWios NEo7 S53 Nii1 W35 NWai SE13 Eno Primavera SWica NE57 S56 Wo9 Noa NW E13 SEu Estate SWise Soi NE33 SEaz Nis Wig NWu E5 Autunno NE SWsi SEs9 Ss7 N36 Es Wa NWsoo Anno SWs20 NEas9g S237 Ni29 Wi03 SEse NWoo Ess Nelle linee generali si mantennero durante il 1901-902 le consuete proporzioni per gli otto venti principali. Si nota solo uno spostamento nell’ordine di frequenza dei varii venti, così: pur rimanendo sempre in primo posto il SW e nel terzo e quinto ri- spettivamente il S e 'W, il N dal secondo passa al quarto scam- biandosi col NE, ed il SE che segnò il minimo nell’ultimo biennio prevale sul NW e sull’EÉ. Quest’ anno dunque il minimo è dato dall’E. Il SW primeggia nelle prime tre stagioni dell’anno meteo- rico e quasi ugualmente in primavera e in estate e meno in in- verno, rimane invece secondo in autunno, il cui predominio è del NE. 2 AM Quadro VI. Numero delle volte in cui fu osservato il vento di | -5 = Mesi, Stagioni ed Aim | ———- ES N|NE| E|sE|s|[sw|w{Nw| £° Dicembre 1901 . .|12|24| 5| 9|18|84|15| 7) SW Gennaio 1902. . .|30|26| 5| 2|15|27|10| .9| N Niopbrzo ie salato 02) 2, 2003] de | SW Maori isp 21 ABBI ta) 4|11|49 8 5 SW Milprile canti” Di ,oripele aac cer [It alienato a | 4 SW Maggio . 5|13| 4| 6|24|50|17| 5B| SW E 0 RR A " 8 2 928 | 97 | 12 6| SW Luglio Mapeto nt Eos I | Agosto fn bei 2 (la all ag Lil E Settembre . . . .| 6|28|10|17|14|31{10| 9| sw eee 1 | 10002: E L605 18.40] | SW Novembre . . . .|20|52| 8| 6|10|18| 5| 6| NE Inverno. . . . .|5l1|67|12|13|53|108| 35|21]| sw beeseyvera > . 0. 0 24 (57 | 19. | 11. b6.,,1641.29 | 14 SW Balaton... | 18-39. b.|:23 | 91 |166| 18 | 14.|:SW 0 e Li 196%) 102.|:25.|,99 4.37. «B4. 21,20, NE [Lo iL e a) A Anno. . . . . .|129|259|55 | 86 |237|522/103] 69) SW — 144 — Concentrando i casi osservati nei quattro venti cardinali e formando le relative proporzioni per 1000, ne abbiamo 201 per il N, 150 per l’ E, 371 per il S e 272 per l’ W in confronto ri- spettivamente a 263, 125, 336 e 276 dell’anno precedente; vi è dunque una diminuzione forte nel N e lievissima nell’ W ed un uguale aumento negli altri due venti, massimo rimanendo sempre il S. Facendo un computo analogo e ripartendo gli 8 venti nei quattro soliti quadranti, se ne ottengono 241 per il 1.° (NE), 158 per il 2.° (SE), 475 per il 3.° (SW) e 126 per il 4.0 (NW), men- tre il 1901-902 ne diede 251, 123, 459 e 167 rispettivamente: vd è dunque un aumento nel costante massimo di Libeccio e nel minimo del 1900-901 di Scirocco, il quale in quest'anno passa al terzo posto, scambiandosi col vento di Maestro; il Greco rimane al secondo posto. I giorni, in cui spirò forte il vento, furono 25, risultarono cioè quasi il doppio di quelli dell’ anno passato. Di essi ben 14 ne appartengono all’ inverno, 6 alla primavera, 1 alla state e 4 all'autunno. Il forte incremento dei giorni ventosi dell'inverno è dovuto a dicembre, in cui se ne contarono 9, avendone avuti solo 2 gennaio e 3 febbraio. Maggio ne contò 4 e occupò il secondo posto per la frequenza del forte vento, marzo e ottobre 2, agosto, settembre e novembre 1. Di questi venti 2 furono di N, 3 di NE, 1 di SE, 5 di S, 11 di SW e 3 di W. Impetuosissimi furono quelli di SW del 22 e 26 dicembre, del 9 e 10 maggio, di NÉ del 15 gennaio, di W del 20 maggio e di N del 29 settembre. Il mare, come appare dal seguente specchietto , nei giorni di vento forte del 2.° e 3.° quadrante, fu sempre agitato o grosso o tempestoso, mentre fu calmo o solo leggermente mosso pei venti del 1.° e 4,0 quadrante. Esso fu anche agitato o grosso nei giorni 26 gennaio, 8 maggio, 10 e 21 giugno e 183 settembre. elit... gua Ore in cui | Stato del mare Mese e giorno Vento | fu osservato nei | i il vento | giorni corrispondenti i Dicembre 10 SW 15, 21 Grosso | » 14 W.| 15 A » 17 SE 912, 16921 > » 19 S 15 » » 20 S Li 5 » » 22 SW 12, 15 Tempestoso » 23 SW 9, 12, 15,21 » » 26 SW LARA A » » 29 SW L5 Agitato Gennaio 4 NE Sola Calmo » 15 NE 1D;321 » Febbraio 2 S 16 Grosso » 10 SW SRL » » 16 SW 12 » Marzo 11 NE 9; 12, 15 Calmo » DA SW 15 Agitato . Maggio 9 SW 12, 15,21 Tempestoso » 10 SW 12, 15, 21 Grosso > 19 W 15 Agitato » 20 W 9, 12, 15, 21 Tempestoso Agosto 292 N 15 Mosso Settembre 29 N 9, 12,15, 21 » Ottobre 1 S 15 Grosso » rd S 15 Agitato Novembre 8 SW Di) » 10 — 146 — Stato del cielo Un po’ superiore alla media annuale del 1898-99 (4,16) e del 1900-901 (4,24) risulta la media nebulosità di quest’ anno (4,31), pur essendo ancora lontana dal raggiungere la media del 1899- 1900 (4.90) massima dell’ultimo quadriennio. Ciò è in perfetta correlazione con la minore o maggiore quantità di precipitazione acquea. In nessun mese sì toccarono i 7 decimi di cielo coperto, avendo superati i 6 decimi solo dicembre (6,743) e febbraio (6,750). A questi mesi segue per decrescente nebulosità ottobre con 5,884 e quindi maggio con 5,258. Luglio fu il mese più sereno e più ancora dell’ anno passato con 1,262, lo seguono agosto (1,572), settembre (2,775) e quindi novembre (3,625); giugno, (3,770), il terzo mese della stagione estiva, occupa il quinto posto. Soltanto le medie di questi cinque mesì si mantennero inferiori all’annuale. Dalla seconda colonna del quadro VII si nota che la nebu- losità, se si toglie ottobre, è massima nei primi sei mesi del- l’anno, minima nei rimanenti. Da ciò si comprende di leggieri che l’inverno e la primavera furono poco favoriti dal bel tempo, raggiungendo il primo una media superiore a 6 decimi di cielo coperto e la seconda di quasi 5 decimi. I giorni sereni, misti e coperti dell’ anno, come lo stesso quadro VII ne avverte, furono rispettivamente 98, 206 e 61, classificati col solito criterio stabilito dall’ Ufficio Centrale di Me- teorologia in Roma e cioè, ascrivendo alla prima categoria quelli con media nebulosità da 0 a 1 decimo di cielo coperto, alla se- conda quelli tra 1 e 9 e alla terza quelli da 9 a 10. Si nota perciò in confronto del 1900-901 un aumento nel numero dei giorni sereni e coperti e conseguentemente una diminuzione nel numero dei misti. Il massimo numero di giorni sereni l’ebbe luglio (19), agosto (19) e settembre (17), i primi due con nessun giorno coperto, il terzo con 3. Febbraio non ebbe giorni sereni, solo 1 ne ebbe maggio e 2 ottobre. Il massimo numero di giorni coperti si notò in dicembre (16) a cui sì deve il rilevante numero di essi nel- l’inverno. La primavera fu la più povera di giorni sereni (10), ad essa segue l'inverno (15), 40 ne ebbe la state e 33 l'autunno; l’inverno solo, in raffronto del precedente anno, perdette in giorni sereni, le altre stagioni vi guadagnarono e specialmente l'autunno, che li raddoppiò. è pi Quadro VII. — 147 — | ta e NUMERO DEI GIORNI| NUMERO DEI GIORNI CON | Mesi, Stagioni ed Amo) SZ — —— n È GA l'amigl | coperiiioagia E gg Neve | Grau- | | Dicembre 1901. ‘6,743 l'as 16 23 » » 1 Gennaio 1902 4,612) 9 15 7 15 » » 1 Febbraio . 6,750 » 20 8 20 » » » Marzo . - | 4,563 21 5 15 » » » Aprile . 4,893 4 16) 7 14 » » » Maggio - [5,258 1 29 1 11 » » 4 Giugno. - 13,770 + 24 2 9 » » 1 Luglio - |1,262| 19 12 » b) » » » Agosto. 1,572| 17 14 » b) » » » Settembre ZERO PSE 10 3 8 » » » Ottobre 5.884 2 21 8 20 » » » Novembre. --.|3,625| 14 12 4 14 » » » Inverno 6,035 | 15 44 SI 58 » » Primavera. 49051, 10 69 13 40 » » 4 Estate . . | 2,201]. 40 50 2 15 » » Autunno . > rA005. 4 1 88 43 15 42 » » » Anno -:14,809] 98 | 206 61 | 150 » » di In confronto al notevole contributo di precipitazione , sono pochi in quest’ anno i giorni con pioggia (155) ossia solo 11 in più del precedente. Giorni piovosi si ebbero in tutti i mesi: il numero maggiore (23) si riscontra in dicembre e quindi (20) in febbraio e in ottobre, il minore, limitato a 3 in luglio e in agosto, in perfetto accordo con la maggiore o minore nebulosità. La stagione più piovosa fu l'inverno, in cui si notarono 58 giorni con pioggia, la primavera (40) fu meno piovosa dell’ au- — 148 — tunno (42), benchè quest’ultimo faccia notare una minore nebu- losità e 283 giorni sereni in più della prima stagione. Cadde la grandine in solo 7 giorni dell’anno, dei quali 4 ap- ‘ partengono a maggio e 1 rispettivamente a dicembre, a gennaio ea giugno. Neve in tutto l’anno non se ne ebbe. Precipitazione acquea L'altezza dell’acqua caduta in quest'anno meteorologico rag- giunse mm. 1086,3, superando la normale di mm. 187,3 e quella dell’anno precedente di mm. 209,3 e rimanendo sempre lontana dall’altezza di mm. 1331,0, raggiunta nel 1899-900. Il mese di dicembre comprese il periodo di pioggia più lungo dell'annata, si contarono 21 giorni ininterrotti di pioggia dal 10 al 31, durante i quali caddero 174,3 mm. di acqua; di essi 124 appartengono agli ultimi 10 giorni e solo 50,3 ai primi 11. Pe- riodi di minore intensità sì verificarono dal 26 gennaio al 1° febbraio, dall’8 di questo mese al 17, dal 7 di maggio al 14, dal 26 settembre al 3 ottobre e ancora dal 23 al 29 dello stesso mese. A dicembre per precipitazione acquea tien dietro ottobre (mm. 195.6), novembre (mm. 185.5) e quindi, a distanza, febbraio (mm. 114.9). Tra i mesi primaverili e estivi, maggio fu il più abbondante di pioggia. Da questo s’inizia, per aver termine solo nella seconda metà di settembre, un’ostinata siccità comprendente tutte le regioni ita- liane e più particolarmente le meridionali. Essa, unita ai lunghi periodi di caldo, danneggia fortemente la campagna via via che si procede verso sud. Il granturco e l’olivo ne soffrono enorme- mente. La decade più piovosa fu dunque la 3* di dicembre con 124.0 mm. di pioggia, la segue l’ultima dell’anno meteorico con circa 30 mm. in meno e quindi la 28 di febbraio (mm. 73,9). Nella 1° di novembre non vi fu precipitazione acquea, nelle tre di luglio solo qualche stilla e in quelle di giugno e di agosto una precipitazione molto limitata. lt ® — 149 Quadro EZEI ACQUA CADUTA IN MILLIMETRI | & z IR Mesi ed Anno CON O | Sa 1.2 Dec.|2.* Dec.|3.* Dec. Mese | a i: | | | Dicembre 1901. . . | 345| 458| 1240| 2043| 278| 22° Gennaio 1902. . . db 14:97, 91796) 22,0 178 Febbraio . :. .| 226| 739) 184| 1149) 265| 18 | ;1-" "0 RIRARISRINEROA SC 79: AIA ci BC" RI I 0 di SEME intro Int | piane 339) 390 1650! Maggio. . . . .| 270| 489] 144 I IA RA n al ee vot) pia | 1018 Wuelio:® tin: 7% hi |. stille | stile stille | stille » » ian LOR) CALA dB 100700 1 22 Settembre . . . . » 92 | 477/569) 439 | 29 Ottobre. . . . .| 695 682| 579] 195,6] 394| 2 Novembre . . . .| 635 | 27,7 | 943| 1855| 615| 8 | Ce E |a — — |1086,3:|- 61,5 |8' nov. | La maggiore altezza raggiunta in un giorno fu di mm. 61,5 nell’8 novembre, di essi 45 mm. circa furono misurati nelle prime 12 ore di detto giorno meteorico. La decade che lo comprende non ebbe che 63,5 mm. d’acqua. Lo specchietto seguente indica come tutte le stagioni, meno la state, risultarono più ricche di pioggia in raffronto con le cor- rispondenti dell’anno passato; l'inverno ne ebbe mm. 191,7 in più. Massima si mantenne la precipitazione acquea autunnale, risul- tando quasi doppia della primaverile; l’invernale occupa il secondo posto, scarsissima fu l’estiva toccando appena mm. 21,7, cioè circa un terzo della scarsa pioggia della state precedente. Mu dif pg — 150 — | Acqua caduta în millimetri STAGIONI Differenze sr _R 1900-901 | 1901-902 mm. | | fnverno a tile CENE 206,0 397,7 + 191,7 Primavera. 203,4 228,9 + 25,5 Estate . 56,2 21,7 — 34,5 Autunno. 411,4 438,0 + 26.6 UNO dh 1) IRR 877,0 1086,5 + 209,5 Temporali I temporali segnalati durante l’anno meteorologico 1901-902 furono, relativamente agli altri anni, scarsissimi, essendosene con- tati appena 23 contro 42 del 1900-901 e 43 del 1899-900. Essi non presentarono per la maggior parte fenomeni degni di nota. Forti scariche elettriche si ebbero a notare in quelli del 20 e 22 dicembre e 10 maggio, e forte grandinata in quello del 20 dello stesso mese. Si ebbe notevole sviluppo elettrico durante i temporali del 1° ottobre, che dalle ore 14 circa fino alla mat- tina seguente diedero ad intervalli diversi una ben nutrita se- quela di potenti scariche a terra, non senza qualche danno in varii punti della città. Nell’ inverno si notarono 5 temporali, tutti appartenenti a dicembre e compresi tra il 20 e il 27. La primavera ne ebbe 7, la state 3, l’ inverno 8, così distribuiti nei rispettivi mesi: 1 in marzo, 3 in aprile e 3 in maggio, 2 in giugno e 1 in agosto, 8 in settembre, 4 in ottobre e 1 in novembre. Privi di temporali furono gennaio, febbraio e luglio. Dei 283 temporali registrati solo 5 ne avvennero durante la notte (dalle 21" alle 9"). La provenienza fu varia, ugualmente frequente furono dalla parte di N, di E e di S. Qui appresso riunisco, come al solito, tutti i temporali se- gnalatisi durante l’ anno meteorologico, indicando di ciascuno il giorno e l’ora in cui toccarono la città, la provenienza e qualche breve particolare. i DATA Dicembre 20 » 292 » » » 26 » 27 Marzo 28 Aprile 16 » 15 » 29 Maggio 10 » 19 » 20 Giugno 17 » 25 Agosto 22 Settembre 13 » » » 14 Ottobre 1.0 » DI Novembre 27 ORA in cui tocca la città 14h 00 9h 15 201 15 20h 00 11h 20 14h 30 151 00 18h 10 | 20h 15 18h 10 sn 30 16h 20 29h 00 15h 00 gh 30 131 00 21h 00 14h 15 20h 00 notte 21h 10 11h 50 — 151 — Temporali PRO- VENIENZA | ANNOTAZIONI N N inosservata NW E E S W E > tl W inosservata | inosservata. Con fortissime scariche elettriche a brevi intervalli e poca pioggia. Passa quindi a SE. Con scariche elettriche e grandine. Pioggia limitata. Vento forte di SW. Con lampi e tuoni e poche stille. Pochi tuoni. Con tuoni e discreta acqua. Si river- sa a SE. Qualche tuono e scarsissima pioggia. Poca pioggia e scarsi tuoni, passa lentamente verso S per SE. Qualche tuono, lievissima pioggia in città. Rari tuoni e abbondante pioggia. Con scariche elettriche e vento forte di SW. Discreta pioggia. Con tuoni forti; pioggia e grandine. Con qualche tuono, vento fortissimo di W. Pioggia limitata, con forte grandinata. Poca grandine. Tuoni a NE verso le 14h 00. Qualche tuono e pioggia discreta. Forte vento di W. Poche stille e qualche tuono gira per S e passa per E, vento di SW. Con lampi e tuoni. Pioggia limitatis- sima. Tuoni e poca pioggia. Con scariche elettriche. Pioggia co- piosa. Con forti scariche elettriche. Piog- gia copiosa. Vento forte di S. Forti scariche elettriche. Copiosissi- ma pioggia. Con lampi e tuoni. Stille in città. Con qualche tuono. Pioggia copiosa, mare grosso. Sul così detto nervo safeno esterno, o meglio sa- feno medio , e sui così detti nervi surali. —- Studio anatomo-morfologico del socio Francesco Leuzzi. (Tornata del 26 aprile 1903) SAFENO MEDIO Sinonimi del safeno esterno. — Nervo comunicante della tibia; nervo cutaneo lungo posteriore della tibia ; nervo cutaneo tibiale esterno del piede; nervo surale ; nervo piccolo surale ; nervo me- diale della sura — alcuni dicono mediale della sura il tronco ge- nerato dall’ unione del comunicante tibiale col comunicante pe- roniero : questo tronco è chiamato da altri safeno esterno ; altri dice safeno esterno il comunicante tibiale —; safeno tibiale; sa- feno piccolo; safeno inferiore; nervo esterno o tibiale del piede; nervo cutaneo lungo della gamba e del piede. Come si vede, molteplici sono i nomi dati al safeno esterno, che apportano tale confusione, non dico al novizio delle cose ana- tomiche, ma allo stesso anatomico provetto , che questi non sa- prebbe distinguerlo, se non venisse illuminato dalla sua distri- buzione. 3 Una speciale ramificazione del safeno esterno mi ha condotto ad esaminarli, ed eleggere un nome, scevro, per quanto è possibile, da confusione. : In questa occasione ho studiato su quaranta casi i nervi su- rali dell’uomo per istabilire la loro disposizione, mal determinata finora ; ed ho cercato di confrontarli con quelli d’ altri vertebrati a complemento dello studio. Soemering chiama il safeno esterno co’ nomi di nervo ce 0- municante della tibia, e di nervo cutaneo lungo po- steriore della tibia. L’aggiuntivo comunicante del primo nome è senza valore quali- ficativo. Per mezzo della congiunzione del safeno esterno col sa- feno peroniero possono comunicare tra loro e questi due nervi, e lo sciatico popliteo interno con lo sciatico popliteo esterno, da SE MS — cui essi safeni derivano. Resta indeterminato se il significato dell’ag- giuntivo comunicante si rifletta ai tronchi generatori o alle propa- gini comunicanti d’essi. A parte questa obbiezione, resta inade- guato questo aggettivo nei casi in cui non avviene la comunica- zione tra safeno esterno e safeno peroniero: e l’anastomosi manca in un terzo dei miei quaranta casi. L’epiteto di tibiale non è meno incongruo. Preso per distin- guere il nervo dal comunicante fibulare, risolve la confusione con questo ultimo; ma provoca il dubbio che il nervo cammini vi- cino alla tibia, contro il vero, o nasca dal. nervo tibiale, o dallo sciatico popliteo interno. Il dubbio su l’origine del nervo s’affaccia a chi non sappia che alcuni autori dicano tibiale posteriore il ramo terminale interno dello sciatico e che altri chiamino scia- tico popliteo interno il suo tratto popliteo, e tibiale posteriore il suo tratto surale; per gli umi il safeno esterno è ramo del nervo tibiale posteriore, per gli altri è ramo dello sciatico popliteo interno. La confusione rispetto all'origine del safeno esterno fa scar- tare l’altro nome di nervo cutaneo lungo posteriore della tibia o tibiale. Riguardato il nervo come ramo del tibiale po- steriore, conviengli il nome, essendo esso un ramo cutaneo po- steriore a lungo decorso; ma considerato come ramo dello sclatico popliteo interno, il nome non è più conveniente. Per le stesse obiezioni d’origine bisogna respingere il nome di safeno tibiale, creato da Cruveilhier. Meckel preferirebbe chiamare il safeno esterno nervo c u- taneo tibiale esterno del piede. Questo nome avrebbe il solo vantaggio di produrre doppia confusione, cioè: quella dell’o- rigine del nervo, e quella del territorio innervato ; il quale non si restringe alla parte dorsale esterna del piede, come indica il nome, ma sì estende al 3° o 4° inferiore della gamba. Le mede- sime obbiezioni colpiscono i nomi di nervo esterno, e di nervo tibiale del piede. Non nego che altri nervi di una certa lunghezza traggano il nome da una parte del loro territorio di ramificazione, come il facciale e lo pneuma-gastrico, per non dire altri. Ma chi non è addentro nelle cose anatomiche potrebbe credere che esclusivamente nella faccia si spanda il facciale, e che il decimo innervi il solo polmone e lo stomaco; e se anche non ignori gli altri rami, li dimentica facilmente, perchè non contemplati dal nome territo- riale del nervo. Di più, il nome d’un nervo, derivato dal suo ter- ritorio, allontana l’idea che altri nervi si distribuiscano in quel luogo, falsando la realtà anatomica, se altri nervi vi si ramifichino. Si "E E Hyrtl e Schwalbe chiamano il safeno esterno nervo surale, lasciando l'appellativo esterno ed interno agli altri surali. Questo nome deve pure rigettarsi per incompleto significato della lun- ghezza e distribuzione del nervo. Il safeno esterno. percorre la sura, cedendo rami al 8° o 4° inferiore della gamba, e passa poi ad innervare la cute del lato esterno del dorso del piede, termi- nando alle dita. L’epiteto surale indica un nervo della sura, che innervi la sura, e s'arresti alla sura. Alcuni anatomici riserbano il nome di comunicante ti- biale al tratto del safeno esterno superiore alla sua anastomosi col ramo anastomotico del safeno peroniero ; e dicono nervo me- diale della sura il tronco che nasce da tale anastomosi. Questo nome merita il rimprovero notato sopra per il nervo surale, ed un altro rimprovero per l’epiteto mediale. Questo ag- giuntivo evita le confusione col nervo cutaneo laterale della sura rispetto al quale è più vicino al piano mediano del corpo. Ma una formazione più vicina d’un’altra al piano mediano del corpo non deve dirsi mediale, se dà luogo ad equivoco. Avvi pure il ramo tibiale del safeno interno, detto da qualche autore surale interno, ed è il più vicino di tutti i surali al piano mediano del corpo. Questo surale interno si può facilmente equivocare col cutaneus medialis surae. Se poi il titolo mediale si fa derivare dal decorso del nervo in mezzo della sura, è mal derivato, spe- cialmente nei casi, in cui l’anastomosi, che l’origina, avvenga nel 3° inferiore della gamba, dove il nervo non è più mediale, ma esterno. E se non abbiasi l’anastomosi che gli dà origine, dove è il mediale della sura? Ed in questi casi come chiamare l’intero safeno esterno ? Forse anche comunicante tibiale, senza tenere conto che non comunichi col safeno peroniero ? Queste ultime con- siderazioni respingono anche il nome di safeno esterno, col quale Petrequin, Malgaigne e Richet chiamano il mediale della sura sopra detto. Il nome safeno esterno appartiene a Bichat ed è usato da parecchi autori francesi per distinguere il ramo cutaneo lungo dello sciatico popliteo interno. Senza dubbio è un ottimo contrap- posto del nervo safeno interno; ma avendo pure l'epiteto di safeno il nervo safeno peroniero, sembra che quello sia più esterno di questo, contrariamente alla loro posizione. i Il nome di piccolo surale, e di piccolo safeno de- vono annullarsi: quello, perchè il nervo che lo porta è più grande di tutti i surali; questo, perchè può equivocarsi col safeno pero- è niero, che è il più piccolo di tutti i surali, salvo qualche caso, nel quale è il maggiore. Il nome di safeno inferiore non merita d’essere conser- vato. Se il safeno esterno nasce costantemente molto più sotto del safeno interno, non sempre nasce sotto del safeno peroniero. Le mie osservazioni dànno le origini dei due nervi un numero pari di volte nel 3° medio del cavo popliteo, e nel punto di unione del 8° medio col 3° inferiore d’ esso cavo; nel 3° superiore il safeno peroniero nasce 8 volte, ed il safeno esterno 4; nel punto d’unione del 3° superiore col 3° medio il safeno peroniero ha tre volte la sua origine, nessuna il safeno esterno ; nel 3° infe- riore del cavo popliteo il safeno esterno nasce 8 volte, il safeno peroniero una sola. Si vede da ciò che il safeno esterno ha 7 volte o di. l'origine inferiormente al safeno peroniero; ma nel più dei casì i due nervi nascono egualmente o nel 3° medio, o nel punto di unione del 3° medio col 3° inferiore della losanga poplitea. In questa maggioranza di casì non può esser conservato il nome senza grave inesattezza. Volendo mantenere l’epiteto di safeno al nervo in parola, è forza determinarlo con un aggettivo caratteristico, netto da con- fusiohe. L'aggettivo che serve meglio al bisogno, è quello di medzo, che esprime la media lunghezza del nervo, e la sua mediana po- sizione tra il grande safeno, più lungo ed interno, ed il safeno peroniero più corto ed esterno. Ottimo sarebbe pure il nome di nervo cutaneo lungo della gamba e del piede, che contempla il territorio di di- stribuzione, e la lunghezza del nervo. Ma ad allontanargli ogni appunto, occorre almeno l’aggiuntivo d’ esterno per denotare che il nervo si ramifichi alla parte esterna ed inferiore della gamba, ed esterna e dorsale del piede, e che il resto di queste due re- gioni sia innervato da altri nervi. Io tra tutti sceglierei il nome di safero medio, perchè chiaro, breve e di facile ricordo. Il safeno medio, come da qui innanzi verrà da me chiamato il ramo cutaneo lungo dello sciatico popliteo interno, si distende dal cavo popliteo all’ultimo, o alle due ultime dita del piede, scorrendo prima per la parte posteriore e media, e poi per la esterna della gamba, € per il bordo esterno del piede. Ordinariamente nasce con una sola radice dal nervo sciatico popliteo interno, con maggior frequenza nel 3° medio della lo- sanga poplitea, meno frequentemente nel 3° inferiore, più di SSIA6 raro nel 3° superiore. Secondo Henle nascerebbe spesso nel 3° inferiore della coscia: a che contraddicono le mie osservazioni. In questi mentovati punti il safeno medio si distacca da sè dal tronco generatore, anche se la divisione dello sciatico nei suoi due rami terminali avvenga molto in alto. Ma se si volesse dis- secare il ramo dal tronco, l'origine rimonterebbe molto al di sopra, e sempre a varia altezza. Qualche volta la radice del sa- feno medio è comune con quella del ramo del gemello mediale: io ne enumero due casi; ed una volta vidi le due radici addos- sate. Gidon notò 1 origine del safeno medio da un’ anastomosi, che lo sciatico popliteo riceveva dallo sciatico popliteo esterno. Debierre descrisse un caso di doppia radice: una veniva dallo sciatico popliteo interno, e l’altra dallo sciatico popliteo esterno. Io posso aggiungere un’altra osservazione sulla duplice origine : la radice più voluminosa procedeva dallo sciatico popliteo interno, e l’altra, poco più esile, nasceva dallo sciatico popliteo esterno. Questi casi nulla hanno di maraviglioso, visto che d’ordinario lo sciatico popliteo esterno contribuisce, mediante il suo ramo sa- feno-peroniero, alla formazione del safeno medio nel decorso di questo lungo la gamba. L’anastomosi, che il safeno-peroniero invia al safeno médio, nel mio caso, era esilissima: non so se esistesse e fosse gracile nel caso di Debierre, non essendo ciò registrato nella sua Ana- tomia descrittiva. Quando l’anastomosi manca vuol dire che i fili anastomotici sono tutti raccolti nell’anomala radice del safeno medio. Nel caso di Gidon, i filetti del safeno medio con altri filetti dello sciatico popliteo interno s'erano aggregati allo seiatico popliteo esterno; da cui poi si dipartivano sotto specie d’anastomosi, ritornando nello sciatico popliteo interno. Alcuni di questi fili, prima di rag- giungere questo ultimo nervo, si staccavano dall’anastomosi come safeno medio. Il safeno medio, lasciato il cavo del poplite, scorre nell’in- terstizio dei due gemelli, accompagnato ‘da ‘un’arteriola e da una vena; spesso è qui rinchiuso in un canale aponevrotico. Si rende poi sottocutaneo, bucando 1’ aponevrosi della gamba con pari frequenza nel 3° medio, nel 8° inferiore, e nel punto d’unione di questi due terzi d’essa gamba; rarissimamente la perfora nel 3° superiore: una volta nelle mie osservazioni. Non è ben detto da Sappey e Debierre, e da qualche altro autore , che il nervo attraversa l’aponevrosi alla metà della gamba. % È ni Sr. Fattosi sottocutaneo , il safeno medio assume la compagnia della vena safena esterna, e si dirige verso il malleolo esterno, tenendo un cammino obliquo da dentro in fuori. Testut asserisce che im tutto il suo decorso il nervo accom- pagna costantemente la vena safena esterna ; Boyer e Cloquet non sono espliciti circa la compagnia del nervo con la vena. Ma i più degli autori segnalano che il nervo cammina di con- serto con la vena, divenuto che è sottocutaneo. Le mie osserva- zioni confermano pienamente questa verità. Nel decorso sotto- aponevrotico, il nervo è separato dalla vena per la spessezza del- l’aponevrosi, dice il Malgaigne; e vi si può aggiungere, per l’altezza ancora dell’interstizio tra i due muscoli gemelli, dove il nervo è rinchiuso, quasi sepolto, specialmente se i muscoli sono sviluppati. Nel tragitto popliteo-surale s'incontra l’anastomosi tra safeno medio e safeno peroniero, nei casì in cui esiste. Gli autori non determinano esattamente il luogo di essa; alcuni vagamente la fanno avvenire nel margine esterno del ten- dine d’Achille: altri la collocano nel 3° inferiore della gamba; e qualcuno non ne fa cenno. Io posso dare per luogo dell’anastomosi a norma della fre- quenza: 1°, il 3° medio della sura; 2°, il 8° inferiore. Nella losanga poplitea la rimvenni due sole volte; una volta nel punto d’unione del 3° superiore col 3° medio della gamba, ed una volta nel punto d’unione del 3° medio col 3° inferiore della sura; mai la vidi nel 3° superiore della gamba. L’anastomosi mancava in un terzo dei miei casi. Quando esisteva, i due nervi sì fondevano insieme in due terzi dei casì: in un terzo l’ anastomosi era parziale e fatta da un filetto, che spesso il safeno medio riceveva dal safeno peroniero, e raramente gli cedeva. Nelle anastomosi intere, in più della metà dei casi, il safeno peroniero prevaleva in volume sul safeno medio. Il Nuhn ricercò la proporzione volumetrica dei due nervi comunicanti (safeno medio e safeno peroniero) e venne alle se- guenti conclusioni : » 1°) I due nervi contribuiscono con eguale nu- mero di fibre alla formazione del nervo dorsale del piede, ed hanno quindi, nel punto di congiunzione, un volume presso a poco eguale ; tal caso è da considerarsi come ordinario e vera- mente tipico. 2°) I rispettivi elementi nervosi prevalgono in uno dei due nervi; quindi quello che ne avrà di più, sarà più gros- so, e quello che ne avrà di meno, più sottile. Per solito il co- municante tibiale è più voluminoso del comunicante fibulare ; il LL — 158 — caso inverso è più infrequente. 3°) La congiunzione dei due ner- vi manca nel posto consueto ; essa è già avvenuta molto più in alto; può darsi anche nella fossa poplitea: se ciò accade, il comunicante tibiale suol portare seco fin da principio tutti gli elementi nervosi destinati al nervo dorsale del piede, e per con- seguenza è molto più voluminoso del suo compagno, il comuni- cante fibulare. Imversamente: quando questo ultimo contiene tutti gli elementi su detti, mostra un volume maggiore del primo ». La prima proporzione, che Nuhn considera per ordinaria e ve- ramente tipica, secondo me non è esatta, avendo osservato più volte maggioranza di volume nel safeno peroniero. Cade da sè la parte della 2à conclusione che emette: « per solito, il comu- nicante tibiale è più voluminoso del comunicante fibulare: ed il caso inverso più infrequente », occorrendo il contrario nelle mie osservazioni. . Il safeno medio, giunto sotto il malleolo esterno, vi sì ri- flette; e spesso a livello di questo, talvolta più o meno distante, si divide ordinariamente in ‘due rami terminali; raramente resta intero : 5 volte nei miei casi. Questa quasi normale divisione sì ritrova, sia che il safeno medio si fonda completamente col safeno peroniero , sia incompletamente, sia che non abbiasi tra loro veruna anastomosi. La divisione non è soggetta a propor- zione di calibro dei due nervi. Il più degli anatomici passano in silenzio siffatta divisione, e fanno finire il safeno medio come collaterale dorsale esterno del piccolo dito. Pochi la rilevano, ponendola all’estremità po- steriore del 5° metatarso : e per essi il nervo termina con tre collaterali dorsali, due per l’ultimo dito, ed uno per il lato esterno del 4°. Io confermo questa quasi ordinaria terminazione del safeno medio; e non nego che a quel luogo designato , e talvolta più innanzi, occorra qualche caso di bipartizione del nervo in due rami terminali; ma affermo che con maggior fre- quenza la si vede sotto il malleolo esterno, o nelle sue vicinanze. Il ramo terminale esterno, che è la continuazione del nervo, scorre su la parte dorsale del margine esterno del piede, e ter- mina come collaterale dorsale esterno del dito piccolo. Da que- sto ramo non parte mai altro collaterale dorsale, nè per il lato interno del 5°, nè per l’esterno del 4°. Due volte il safeno medio s’ arrestava a livello della tube- rosità dell'ultimo metatarso. Il ramo terminale interno impartisce con grande frequenza il collaterale dorsale interno del 5°, ed il collaterale dorsale Fà i . — 19° — esterno del 4° dito. In un terzo dei casi s’esaurisce nella pelle del dorso del piede, arrivando qualche volta fino alla radice delle due ultime dita. In otto casì il ramo terminale interno emetteva 4 collaterali dorsali, cioè: l’interno del 5°, i due del 4° e l’esterno del 3° dito. Delbet descrive un caso, in cui tutti i collaterali dorsali delle dita del piede erano dispensati dallo sciatico popliteo interno. Pye-Smith vide innervati dal safeno esterno (medio) le tre ultime dita ; Charpy, i lati esterni del 3°, 4° e 5° dito. In questo caso il ramo profondo del nervo plantare esterno perforava gli spazì interossei corrispondenti, e rimpiazzava i collaterali dorsali interni del 4° e 5° dito. Gli altri collaterali dorsali venivano dalla branca muscolo-cutanea, anastomizzata col tibiale anteriore. Preparando in compagnia del mio ottimo collega Anile, ho rinvenuto uno speciale ramo del safeno medio. Questo ramo, che è il legittimo rappresentante del ramo ter- minale interno, nasceva, con mediocre volume, 8 cm. sopra dello apice del malleolo esterno; e discendeva in basso, intersecando obliquamente il perone, proseguiva sul dorso del piede, inero- ciando ad angolo acuto il tendine del peroniero terzo, e quello del lungo estensore destinato all’ultimo dito. Giunto al 8° spazio in- terosseo, avendo sorpassata di 2 cm. l'articolazione tarso-meta- tarsea, sì partiva in due rami: uno interno, e l’altro esterno. Fino a questa biforcazione la lunghezza del ramo era di 18 cm. Il ramo interno s'avanzava nel terzo spazio interosseo, e fi- niva in due collaterali dorsali, assegnati ai lati contigui del 3° e 4° dito. Il ramo esterno procedeva nel 4° spazio interosseo, e si di- videva anche esso in due collaterali, che andavano ai lati limi- trofi del 4° e 5° dito (fig. 9, tav. II). Il safeno medio, percorrendo il normale cammino, finiva al lato esterno'dell’ultimo dito. La branca muscolo-cutanea, senza anastomizzarsi col ramo anomalo descritto, dava i collaterali dorsali per i lati contigui del 2° e 3° dito, e per il lato interno dell’alluce. Il ramo cutaneo del tibiale anteriore si comportava come di consueto. Il ramo tibiale del safeno interno s’arrestava alla metà posteriore del margine interno del piede. Il safeno peroniero era esilissimo, ed inviava un rametto anastomotico al safeno medio. — 160 — La varietà di ampiezza e di territorio digitale dipendono sem- pre dal ramo terminale interno del safeno medio, sia che questa s'anastomizzi col safeno peroniero, o ne resti indipendente. Il ramo terminale esterno, lo ripeto un’altra volta, suole fi- nire come collaterale dorsale esterno del 5° dito. Qualche volta esso produce un rametto gracile e lungo, che tenendo posto del ramo terminale interno, s'anastomizza con un rametto, del pari esile e lungo, del ramo esterno del muscolo-cutaneo, e s'esaurisce alla pelle del dorso del piede. Io non ho visto mai che il muscolo-cutaneo distribuisse tutti i collaterali dorsali; alla eui possibilità accenna Debierre. Col ramo terminale interno del safeno medio avviene l’ana- stomosi, più ricettiva che emissiva, del ramo esterno del muscolo- cutaneo, o peroniero superficiale. Essa non s’ incontra costante- mente, facendo difetto in un terzo dei casi. Se poi il safeno medio resta intero, senza dividersi, e va a terminare al lato dorsale esterno dell’ultimo dito, l’anastomosi manca quasi sempre. Rami collaterali. — Sia che il safeno medio si confonda in- ternamente col safeno peroniero, o ne riceva un rametto, sia che non succeda tra loro veruna anastomosi, i rami collaterali in- cominciano a distaccarsi dal 3° e 4° inferiore della gamba fino alla terminazione del nervo, animando successivamente la cute della gamba, della parte esterna del calcagno, e del lato esterno del piede, rivolgendosi alcuni filetti verso la pianta. Rudinger seguì alcuni rametti all’ articolazione tibio-tarsica: io ne vidi spesso uno solo. Non so con quanta ragione Cruveilhier vorrebbe considerare i rami calcanei come una terminazione del safeno medio o ti- biale, come egli lo chiama. Non sono di lungo decorso, nè gros- si, ma hanno gli stessi caratteri degli altri rami voluti come col- laterali del nervo, nè la morfologia appoggia simile veduta. SAFENO-RERONIERO Sinonimi. Nervo cutaneo peroneo, nervo cutaneo peroneo posteriore medio esterno, nervo cutaneo posteriore e medio, co- municante fibulare o pereneo, surale esterno, accessorio del safeno esterno, safeno peroniero, ramo anastomotico. Come s'incontra usato, il nome nervo cutaneo peroneo non è proprio del safeno-peroniero, ma indica un tronco dello sciatico. popliteo esterno, che emette tanto il cutaneo peroneo laterale, quanto il safeno peroniero, e qualche altro rametto. Pr, COR: 2-1, INOGA Vero è che d’ ordinario questi rami nascono da un tronco, che viene dallo sciatico-popliteo esterno, ed io solamente sei volte li trovai ciascuno con origine propria, nelle mie ricerche. Ma io scarterei questo nome, perchè , non ostante gli aggiuntivi, da- rebbe sempre luogo a confusione. Valentin descrive tre rami peronei cutanei, ora riuniti in una sola origine, or rimasti isolati: ed egli li ordina in cutaneo peroneo posteriore medio interno, peroneo cutaneo posteriore medio esterno, peroneo cutaneo posteriore esterno. To non vidi mai i tre rami peronei scaturire isolatamente dallo sciatico-popliteo esterno. In cinque casi un solo tronco cac- ciava il cutaneo peroneo laterale, o peroneo cutaneo posteriore esterno di Valentin, e poi, scendendo in giù, sì partiva in due rami; uno interno, peroneo cutaneo posteriore medio interno; ed un altro esterno, peroneo cutaneo posteriore medio esterno. Afferma Valentin che il peroneo cutaneo posteriore medio esterno è quello che si congiunge col safeno medio. Nei miei cinque casi il peroneo cutaneo medio interno s'univa con il sa- feno medio, più frequentemente del peroneo cutaneo posteriore medio esterno. Di solito i rami cutanei dello sciatico popliteo esterno sono così sistemati. Dal tronco principale sciatico popliteo esterno parte un ramo, il quale, a distanza varia, ma non più di cinque a sette cm. dalla sua origine, produce un ramo, sempre un po’ graciletto, che è il nervo cutaneo peroneo laterale; poi scorre in basso nella gamba, ed in due terzi dei casi s'anastomizza col safeno medio, in un terzo non fa anastomosi e si ramifica per conto suo. I due nomi, peroneo cutaneo posteriore medio in- terno, peroneo cutaneo posteriore medio esterno, usati da Valentin, devono essere aboliti, perchè, mancando quasi normalmente uno dei tre rami voluti da questo autore, non si sa se il ramo dei due che esistono sia il peroneo cutaneo po- steriore medio interno , o il cutaneo peroneo posteriore medio esterno, Il nome cutaneo posteriore e medio potrebbe avere una giustifica nella sua situazione tra il safeno medio ed il pe- roneo cutaneo laterale. Ma si riconosce malagevolmente in quei rari casì, in cui si presentino 1 tre rami di Valentin, perchè non sì sa a quale dei due rami di mezzo convenga il nome. I nomi di comunicante fibulare, e di ramo anast 0- motico non sono accettabili, essendo un terzo dei casì in cui ll — 162 — il nervo non comunichi e non faccia veruna anastamosi col sa- feno medio, come s'è detto trattando del comunicante tibiale. Il nome di surale esterno fa equivoco col peroneo cu- taneo laterale, che è il ramo più esterno di tutti i surali. Il nome di nervo accessorio del safeno esterno (me- dio) non è proprio del nervo in parola, anzi potrebbe dirsi il sa- feno esterno accessorio di esso, essendo spesso di minor volume, come superiormente è detto. Io preferisco il nome di safeno peroniero , che non apporta ombra di confusione. Il safeno peroniero si distacca dallo sciatico popliteo esterno nella losanga poplitea, nel 3° medio il più delle volte; meno fre- quente nel 3° superiore, tre volte nel punto d’unione del 3° su- periore col 3° medio, due nel punto d’unione del 3° medio col 3.° inferiore ed una volta nel 3° inferiore della losanga poplitea. Discende in basso, dietro il gemello esterno, spesso si dirige verso la linea mediana della gamba, tenendosi discosto un due a tre c.m. Perfora l’aponevrosi, con pari frequenza, nel 3° superiore e nel 3° medio della gamba; tre volte la buca nel punto d’unione del 3° medio superiore col 3° medio, e tre nel punto d’ unione del 3° medio col 8° inferiore; quasi mai nel 8° inferiore, riferendomi al miei casi. Ordinariamente nel 3° medio della gamba s’'accom- pagna con la safena esterna, raramente nel 3° inferiore, e nel punto d’unione del 3° medio col 83° inferiore, e quasi per ecce- zione nel 3° superiore e nel 4° inferiore della gamba. Qualche volta s’allontana dalla safena esterna. o s'avvicina con qualche suo ramo nervoso. Cruveilhier addita la campagnia del nervo con la vena sa- fena esterna alla metà della gamba; ma nessuno accenno si ha di tal rapporto quasi in tutti gli autori classici. L' estremità superiore della safena esterna è accompagnata dal femoro-cutaneo posteriore, quando si prolunga fino al 3° su- periore della gamba, o più in basso. Sopra l’anastomosi del safeno peroniero col safeno medio ho detto abbastanza. discorrendo di questo ultimo nervo. Attraversata l’aponevrosi, nei casi in cui non si confonde in- teramente col safeno medio, il safeno peroniero trascorre in basso dispensando rami alla cute surale fino alla parte postero-esterna del calcagno. Riferisce Cruveilhier che non di raro un rametto malleolare va a congiungersi, innanzi all’articolazione del piede, con un rametto della branca muscolo-cutanea. eri et, Non vidi mai il safeno peroniero esaurirsi alla metà della gamba, come fanno menzione Cruveilhier e Sappey. Due sole volte ritrovai una singolare terminazione del safeno peroniero. In un caso il nervo nasceva, come al solito, dallo sciatico popliteo esterno, scendeva dietro il gemello esterno, si rendeva sopraponevrotico nel 53° medio della gamba. Colloca- tosi al lato esterno della safena esterna, si portava verso il mal- leolo esterno, sotto del quale si rifletteva per venire nel dorso del piede. Nel 3° inferiore della gamba emetteva due filetti ana- stomotici al safeno medio, da cui più sotto riceveva un solo ra- metto. In corrispondenza dell’articolazione cuboide-metatarsea il nervo sì divideva in due rami terminali. Il ramo interno di que- sto inviava al ramo esterno del muscolo-cutaneo un rametto anastomotico , ed andava a finire ai due lati, che si guardano, del 4° e 5° dito. L' altro ramo terminale esterno, più esile del precedente, scorrendo sul lato dorsale esterno del piede, in- nervava la cute dalla tuberosità del 5° metatarso fino all’ultimo dito, di cui costituiva il collaterale dorsale esterno. Nell’altro caso il nervo nasceva dallo sciatico popliteo esterno nella losanga poplitea, scendeva dietro del gemello esterno, per- forava l’aponevrosi al 3° medio della gamba, passava sotto il mal- leolo esterno, dividendosi in due rami terminali. Il ramo termi- nale esterno innervava la cute della metà anteriore del margine esterno del piede, e finiva come collaterale dorsale esterno del 5° dito. L'altro ramo terminale interno si diramava in quattro collaterali dorsali: l'interno del 5°, i due del 4°, e l’esterno del 3° dito. Mancava l’anastomosi col safeno medio. È notevole la divisio- ne dello sciatico nel forame grande sciatico: lo sciatico popliteo esterno forava il piramidale e riceveva un filetto, diviso in due rametti, dallo sciatico popliteo interno. Nell’un caso e nell’altro il safeno medio si soffermava a livello della tuberosità del 5° metatarso. Per quanto io sappia, nessuno autore riporta tanta eccezio- nale terminazione del safeno peroniero. Valentin dà per normale una terminazione in tre collaterali, due del 5.° dito e l’ esterno del 4°, del peroneo cutaneo posteriore medio esterno (safeno-pe- roneo) accresciuto dal safeno medio. Con quest’ anastomosi siffatta terminazione non può dirsi esclusiva del peroneo cutaneo posterioremedio esterno, ossia del safeno peroniero, ma essa può riferirsi al safeno medio, ed en- trare nel casi ordinari. — 164 — CUTANEO PERONEO LATERALE Sinonimi. Nervo cutaneo posteriore ed esterno, branca cu- tanea peroniera, nervo cutaneo posteriore, nervo cutaneo laterale della sura. Questo nervo deve ritenersi per ramo del safeno peroniero, e non già per ramo dello sciatico popliteo esterno, come preten- dono molti autori, essendo estremamente raro vederlo nascere da questo ultimo nervo. La sua distribuzione, ottimamente descritta dal Sappey, l’e- spongo con le parole di questo insigne anatomico. « Il nervo attraversa quasi immediatamente l’aponevrosi po- plitea !) per portarsi verticalmente in basso, e si divide, cam- min facendo, in tre ordini di rami, destinati esclusivamente alla pelle. Questi rami si possono dividere: in posteriori, molto gra- cili; in anteriori, più voluminosi, che descrivono arcate a concavità in alto ; inferiori, che si possono seguire fino al malleolo pero- niero >. I NERVI SURALI D’ALCUNI VERTEBRATI Esamino questi surali in alcuni animali, senza troppo badare all’ ordine zoologico. I. Nella rana mancano il safeno medio ed il cutaneo late- rale della sura. Il ramo cutaneo, che nasce dallo sciatico popliteo esterno, presso il margine laterale della gamba, per me è il rap- presentante del safeno peroniero. Esso s’esaurisce nella cute della gamba. É importante che il nervo tibiale posteriore si divide nei due plantari al principio della gamba; e che il plantare esterno fornisce il collaterale dor- sale esterno del 1° dito. II. Nella lucerta lo sciatico caccia parecchi rami al 3° infe- riore della coscia, che innervano i muscoli del polpaccio, e nes- suno filetto si prolunga nella pianta del piede: almeno non si possono seguire, per quanta diligenza s'adoperi e destrezza. Sono questi filetti i rappresentanti del ramo terminale interno dello sclatico. 1) Costantemente nel 5° superiore della sura. SU 1515 Al principio della gamba questo nervo, come lo sciatico po- pliteo esterno, ne gira il lato esterno, emettendo un rametto cu- taneo, che si distribuisce alla cute antero-laterale fino al tarso. È questo rametto il safeno peroniero, a mio modo di vedere. Il tronco principale decorre poi nell’ interstizio muscolare. cedendo rami al muscoli, ed. entrando nel tarso, si divide in quattro interossei dorsali, dai quali nascono i nervi interdigitali (fig. 1, tav. II). III. Nel colombo lo sciatico si divide nei due rami terminali al 3° inferiore della coscia. Lo sciatico popliteo esterno si porta al lato esterno lella gamba, e si divide in due rami: uno anteriore e l’ altro poste- riore. Il posteriore discende sul lato esterno del polpaccio ed al principio del tarso si divido in due rami. L'esterno, seguendo il margine esterno , finisce come collaterale plantare del 1° dito, i cui rami si spandono verso il dorso e verso la pianta. Il ramo interno fornisce il collaterale plantare interno del 1° dito ed ester- no del 2°. A me pare che questo ramo posteriore dello sciatico popliteo esterno sia indiscutibilmente il plantare esterno, che non esiste. Il ramo anteriore dello sciatico popliteo esterno emette un ramo cutaneo, che si ramifica nella cute come safeno peroniero. Discende poi verso il dorso del tarso, innervando i muscoli an- tero-laterali, emette un rametto che si dirige al margine esterno e s’anastomizza col collaterale plantare esterno del 1° dito, ed infine si divide in due rami. Un ramo di questi termina come collaterali dorsali dei lati limitrofi del 1° e del 2° dito; I’ altro finisce pure in due rami, che dànno i collaterali dorsali vicini del 2° e 8° dito e del 3° e del 4°. Lo sciatico popliteo interno, divenuto tibiale posteriore, passa nella pianta come plantare interno, ed emette gli altri interdi- gitali. Il collaterale plantare interno del 4° dito percorre il mar- gine interno di questo, e, spargendo rami verso il dorso, supplisce alla mancanza del collaterale dorsale interno (fig. 2, tav. ID). IV. Lo sciatico della talpa nell’anca si divide nei suoi rami terminali. Lo sciatico popliteo esterno si porta al lato esterno della gamba, innerva i muscoli antero-laterali, entra nel tarso, e si partisce in tre interossei: il 1° passa a collaterale dorsale esterno del 1° dito (dito laterale); il 2° dà i collaterali dorsali contigui del 1° e 2° dito ; il 3° i collaterali vicini del 2° e 53° dito. e a Gli altri cinque collaterali dorsali appartengono al safeno interno 0 magno. Lo sciatico popliteo interno diviene tibiale posteriore ; il quale emette il safeno medio alla metà della coscia, ed entra poi nella pianta del piede, dividendosi in plantare esterno ed interno. Il plantare esterno dà i due collaterali plantari del 1° dito e l'esterno del 2°; il plantare interno provvede gli altri sette collaterali plantari. | Il safeno medio attraversa obliquamente in fuori 1 muscoli del polpaccio ed alla metà della gamba si fa sottocutaneo e sparge rami alla cute del lato dorsale della gamba e del tarso, dove s'esaurisce. Un filetto, che si stacca dallo sciatico all’uscire dal bacino, perfora 1 muscoli dell'anca ed innerva la cute di questa e della coscia, prolungandosi nella gamba. Questo filetto, più che al safeno peroniero, ed al cutaneo peroniero laterale, s assomiglia al femoro-cutaneo posteriore (fig. 3, tav. II). V. Nel riccio lo sciatico, rendendosi esterno, si divide nei suoi rami terminali. Lo sciatico popliteo esterno stacca il safeno peroniero alla metà della coscia, e si reca, con decorso obliquo, al lato esterno della gamba: innerva i muscoli antero-laterali, e sì fa sottocu- taneo al 4° inferiore della gamba, e passa nel tarso; dividendosi in due rami. Il ramo esterno fornisce i due collaterali dorsali del 1° dito, ed il collaterale dorsale esterno esilissimo del 2°. Il ramo interno dà pure un rametto tenuissimo al lato esterno di questo: ed i collaterali dorsali contigui del medesimo 2° dito e del 3°; i col- laterali dorsali vicini del 3° e dal 4°. Il collaterale dorsale interno del 4°, ed i due collaterali dor- sali del 5° dito spettano al safeno interno. Il safeno peroniero anima la cute antero-laterale della metà inferiore della coscia, poi della gamba fino al tarso. Lo sciatico popliteo interno nel poplite produce il safeno medio, e, preso il nome di tibiale posteriore, innerva i muscoli posteriori, dividendosi in tre rami al 3° inferiore della gamba. Questi tre plantari forniscono tutti i collaterali plantari delle dita. Il safeno medio, con direzione obliqua all’ esterno, incrocia i muscoli del polpaccio, passa nel connettivo sottocutaneo nel 4° inferiore della gamba, innerva la cute laterale di questa fino al 3° posteriore del tarso (fig. 4, tav. Il). Mi = VI. Nella cavia vi è il solo safeno peroniero, che nasce dallo sciatico popliteo esterno nel cavo del poplite, discende obliqua- mente in basso ed in fuori sopra i muscoli del polpaccio e si trova sotto della cute nel 3° inferiore della gamba, percorre il margine esterno del tarso , e termina come collaterale dorsale esterno del 1° dito; dando rami alla cute relativa della gamba e del tarso. Lo sciatico popliteo esterno innerva i muscoli antero-late- rali. e si divide alla metà della gamba in due rami: l'esterno fi- nisce nei collaterali dorsali vicini del 1° e 2° dito; Vl interno nei collaterali dorsali contigui del 2° e 8° dito. Il tibiale Lain si ramifica in tutti i collaterali plantari delle dita (fig. 5, tav. II). VII. Nel cum si vede il safeno medio, ma si desidera il safeno peroniero ed il cutaneo laterale della sura: il che nota pure Krause. Il safeno medio si distacca dallo sciatico popliteo interno nel poplite, decorre nell’ interstizio dei due gemelli, perfora l’a- ponevrosi nel 3° medio della gamba ed inclina all’esterno, dando rami alla cute antero-esterna della gamba verso il basso. Gira sotto il malleolo esterno, e s’ esaurisce alla parte posteriore del margine esterno del piede. Secondo Krause questo nervo s’esaurisce alla superficie po- steriore della gamba. Lo sciatico popliteo esterno, più esile dell'interno, incrocia obliquamente il capo del gemello esterno, e ne perfora le fibre esterne, ed a livello del peroniero lungo si divide in due rami terminali. Il ramo tibiale anteriore si consuma nei muscoli. Il muscolo-cutaneo, divenuto sottocutaneo , si divide in due rami: uno esterno e l’altro interno. L'esterno, più gracile, si volge al margine esterno del piede, ne percorre la metà anteriore, spar- gendo rami alla cute, e termina come collaterale dorsale detecgtt del 1° dito o laterale (nervus digitalis dorsalis digiti quarti fibu- laris di Krause). Non si nota alcuna anastomosi tra questi rami ed il safeno medio. Il ramo terminale interno nella metà del piede si divide in tre rami, che impartiscono gli altri collaterali dorsali. Il tibiale posteriore, entrando nella pianta, non sì scompone in plantare esterno ed interno, ma si scinde in quattro rami ter- minali sul lato interno del flessore corto delle dita. — 168 Il ramo esterno dei quattro finisce come collaterale plantare esterno del dito laterale, e qualche volta s’ anastomizza col sa- feno medio al margine esterno del piede (fig. 6, tav. Il). VIII. Vi è nella pecora il safeno medio, che nasce dallo sciatico popliteo interno nella losanga poplitea, ma manca il safeno peroniero ed il cutaneo laterale della sura. Discende obliquamente dietro il gemello esterno, raggiunge il margine esterno del ten- dine d’Achille, e si prolunga fino al 3° posteriore del piede, dove s'anastomizza col plantare esterno. Il safeno medio innerva la cute postero-esterna della rela- tiva gamba e piede. Il tibiale posteriore, arrivato -all’ attacco del tendine di A- chille al calcagno, si divide in plantare esterno ed interno. Il plantare esterno dà i collaterali plantari e dorsali del ru- dimentario dito laterale , ed il collaterale plantare esterno del 2° dito. Il plantare interno emette il resto dei collaterali plantari. Il muscolo-cutaneo provvede i collaterali dorsali al 2°, 3°, ed al rudimentale 4° dito. I lati contigui del 3° e 4° dito ricevono pure i collaterali dorsali profondi del tibiale anteriore. IX. Lo sciatico popliteo esterno del cane non distacca il safeno peroniero , nè il cutaneo laterale della sura, come invece ammettono Ellenberger e Baum, i quali forse avranno descritto qualche caso eccezionale. Il nervo all’estremità superiore del pe- rone si divide nei suoi rami termimali: muscolo-cutaneo e tibiale anteriore. Il muscolo-cutaneo perfora l’aponevrosi al 53° inferiore della gamba, invia un rametto anastomotico al safeno medio, entra nel piede, cedendo un altro rametto anastomotico al safeno medio. Fornisce poi i seguenti collaterali: 1 due del dito laterale, del 2° e del 5° e l’esterno del 4°. L’interno di questo dito mediale è rappresentato dalla terminazione del safeno interno. Il tibiale anteriore, emessi i rami muscolari, da un filetto cutaneo , che termina nei collaterali profondi dei lati contigui del 3° e 4° dito; ed un altro filetto, che s’anastomizza col ramo del muscolo-cutaneo. che fornisce i collaterali vicini del 2° e 8° dito, Lo sciatico popliteo interno caccia il safeno medio, che de- corre obliquamente dietro il gemello esterno, intersecando il lato esterno della gamba al 8° inferiore; passa nel piede, e finisce al lato esterno del tarso. CsA Il ramo plantare d’Ellenberger e Baun io lo considero come collaterale e non’lo descrivo. Il tibiale posteriore si divide in plantare esterno ed interno. Il plantare esterno, al principio del tarso, produce un ramo esile, che va a fare il collaterale plantare esterno del dito laterale; dà poi, oltre rami muscolari, un ramo che finisce come collaterale plantare esterno del 2° dito; un altro ramo, che si rende colla- terale plantare esterno del 3°; ed un ultimo ramo, che diviene collaterale plantare esterno del dito mediale. Il ramo plantare interno fornisce : il collaterale plantare in- terno al dito mediale; un*ramo che termina nei collaterali plan- tari dei lati contigui di questo e del 2°; un rametto, che finisce come collaterale esterno del 2° dito. La terminazione digitale dei rami terminali dello sciatico popliteo esterno, da me descritta, discorda in qualche punto da quella data da Ellenberger e Baun (fig. 8, tav. Il). X. Nel gatto lo sciatico popliteo esterno, privo del safeno peroniero e del cutaneo laterale della sura, passa tra il peroneo laterale ed il perone, divendosi nei due rami terminali: muscolo- cutaneo e tibiale anteriore. Il muscolo-cutaneo perfora l'aponevrosi al 3° inferiore della gamba, e, diviso in due rami, s’ inoltra sul dorso del piede. Il ramo terminale esterno si porta all’ esterno , e si partisce in due ra- metti: uno dà i due collaterali dorsali dei lati vicini del 1° e 2° dito ; l’altro, ricevuta la terminazione del safeno medio, scorre nel 1° dito come collaterale dorsale esterno. Il ramo terminale interno, data un’anastomosi al precedente, si ramifica nei collaterali dorsali dei lati, che si guardano , del 2° e del 8°; nel collaterale dorsale interno del 3°; ed im una esile anastomosi concessa al rametto del tibiale anteriore, desti- nato a collaterale dorsale esterno del dito mediale: fornisce in ultimo un rametto, che va a rappresentare il collaterale dorsale interno di questo dito. Il tibiale anteriore, distribuiti i rami muscolari, emette un gracile filetto, che si divide in collaterali dorsali profondi dei lati limitrofi del 3° e 4° dito. Questo ramo cutaneo del tibiale anteriore talvolta s’anastomizza col muscolo-cutaneo, prima che questo si partisca nei suoi collaterali ora cennati. Lo sciatico popliteo interno distacca il safeno medio abba- stanza esile. Questo discende in basso, e s'avanza nel piede, se- guendo il margine laterale ; alla metà del quale termina anasto- mizzandosi col ramo laterale del muscolo-cutaneo. — 170 — Non ho trovato le due branche d'origine, assegnategli da Chauveau, nè la terminazione indipendente. Il tibiale posteriore, nell’entrare nella pianta, si biforca nel plantare esterno ed interno. Dal plantare esterno partono i due collaterali plantari del 1° dito , e l'esterno del 2°. Il plantare interno dà il collaterale interno del 2°, i due del 3°, ed i due del 4° dito (fig. 7, tav. II) XI. Nel cavallo Chauveau descrive il safeno peroniero ed il safeno esterno (medio) congiunti in anastomosi. XII. Pei primati, le notizie, che fanno al caso mio, le tolgo dalla bella Anatomia del Cimpanzè del prof. Sperino. Lo sciatico popliteo esterno del Cimpanzè di questo autore invia filetti alla cute postero-esterna della gamba; ma nessun filetto s'anastomizZa col safeno medio, siccome avviene in un 3° dei casi dell’uomo, ed in tutti i primati secondo Kohbriigge. Il tibiale anteriore fornisce i collaterali dorsali al lati con- tigui dell’alluce e del 2° dito, e nel 2° e 5°. Il muscolo-cutaneo dà i collaterali dorsali ai lati vicini del 3° e 4° e del 4° e 5° dito. Nessun filetto di questo nervo va al margine interno dell’alluce ed al margine esterno del 5° dito. Il safeno medio nasce dallo sciatico popliteo interno, e finisce allato esterno del dito laterale, tenendo un cammino analogo & quello del safeno medio dell’uomo. Il tibiale posteriore si divide nel plantare esterno ed interno, i quali, nella ramificazione digitale, non differiscono da quelli dell’uomo. Nel Troglodita Aubryi di Gratiolet ed Alix lo sciatico po- pliteo esterno dà il safeno peroniero, che si getta nel safeno medio. Il tibiale anteriore fornisce i collaterali profondi ai tre primi spazîì interdigitali. Il muscolo-cutaneo impartisce i collaterali dorsali dell’ alluce . al lato interno del dito laterale. Nel lato interno dell’alluce s'a- nastomizza col safeno interno. Il safeno medio, nato dallo sciatico popliteo interno, e con- giuntosi col safeno peroniero, va a terminarsi al margine esterno del dito laterale. Il tibiale posteriore ed i suoi plantari non differiscono da quello dell’ uomo. _ Nei quattro antropoidi—Cimpanzéè, Gorilla, Orang, Gibbone— d’ Hepburn lo sciatico popliteo esterno si divide nel tibiale an- teriore e nel muscolo-cutaneo. SIE Il tibiale anteriore dell’Orang non guadagna le dita ; quello del Gorilla anima i lati attigui del 2° e 3° dito ; quello del Cim- panzè si comporta nella distribuzione digitale come quello del Cim- panzéè di Sperino. Hepburn non potè dissecare il tibiale anteriore del suo Gibbone. Il muscolo-cutaneo dell’Orang e del Gorilla dà i collaterali dorsali a tutte le dita, fatta eccezione del lato esterno del dito laterale e del margine interno dell’alluce. Il muscolo-cutaneo del Cimpanzè e del Gibbone non differisce dal muscolo-cutaneo del Cimpanzè di Sperino. E, come in questo caso, si comportano il safeno medio e safeno-peroniero. Il tibiale posteriore in tutti e quattro si partisce in plantare esterno ed interno. Il plantare esterno presenta gli stessi collaterali plantari del- l’uomo nel Gorilla, Cimpanzè ed Orang; Gibbone provvede i col- laterali dei lati contigui del 8° e 4° e del 4° e 5° dito. Tl plantare interno innerva tre dita e mezzo, contando dal margine interno, nel Cimpanzè, Gorilla ed Orang; ma nel Gib- bone fornisce i collaterali polmonari dei lati limitrofi dell’alluce e del 2° dito, e quelli del 2° e 3°. Lo sciatico popliteo esterno del Gorilla d’Eisler perfora il lungo peroniero, e si divide in tibiale anteriore e muscolo-cutaneo. Il tibiale anteriore dà i collaterali dorsali al lato interno del 2° ed all’esterno dell’ alluce. Il muscolo-cutaneo fornisce di collate- rali il margine interno dell’alluce, l'interno del 2°, i due del 3°, quelli del 4° dito. Lo sciatico popliteo interno dà il safeno medio, che finisce al lato esterno del dito laterale. È degna di menzione l’anastomosi, che questo nervo riceve dal plantare esterno in corrispondenza del muscolo gastroecnemio. Il tibiale posteriore si partisce in plantare esterno ed interno verso la fine della gamba. I due plantari camminano accollati. ed Eisler li separò fino alla metà del femore. Così potè consta- tare che l’ anastomosi al safeno medio apparteneva al plantare esterno. Riguardo ai collaterali plantari, 1 due nervi plantari non si allontanano, nella distribuzione, da quelli dell’uomo. Kohlbriigge afferma che nei primati non avvi anastomosi tra il safeno medio ed il safeno peroniero. Considerando l’origine dei voluti surali in alcuni vertebrati, si può stabilire che nella rana, nella lucerta e nel colombo esiste dice (ra il solo sateno peroniero, ritenendo come tale il filetto cutaneo, che si stacca dallo sciatico popliteo esterno. Vero è che nell’ anatomia della rana di Widersheim questo filetto porta nome di cutaneo laterale della sura, e non è chiaro se sla il safeno peroniero o il ramo cutaneo peroniero; e che nell’anatomia del Cimpanzè di Sperino, cutaneo laterale della sura e safeno peroniero qualche volta s° incontrano sinonimi. Ma io ritengo che il filetto in parola sia il safeno peroniero: negli animali da me esaminati fino ai quadrumani non s’ incon- tra mai la branca cutanea peroniera; nella nostra specie per ec- cezione proviene direttamente dallo sciatico popliteo esterno, ma sì presenta come ramo, sia collaterale, vuoi terminale, del safeno peroniero, come ognuno può chiarisi su diversi cadaveri. Vi è pure nella cavia il safeno peroniero, che finisce come collaterale dorsale esterno del dito laterale; e terminazione digi- tale presentano pure nell'uomo i miei due casi. Nella talpa spunta il safeno medio dallo sciatico popliteo in- terno, e scomparisce il safeno peroniero, che viene dall’altro s0- stituito nell’ innervazione. Del pari nel coniglio, nella pecora, nel gatto, nel cane, ed in qualche scimia si ritrova esclusivamente 1l safeno medio. i Questo nervo in questi animali finisce in alcuni nel lato esterno del dito laterale, come in pochi casi nell’uomo ; in altri raggiunge il lato esterno del detto dito mercè anastomosi del muscolo-cutaneo ; in altri non vi arriva, fermandosi al piede, come in due casì nell'uomo, da me segnalati. Nel riccio, nel cavallo, nei quadrumani in generale, come nell'uomo, hi rinvengono il safeno medio ed il safeno peroniero. Nel cavallo, in alcuni antropomorfi, in due terzi dei miei casì nel- l’uomo, i due nervi sono anastomizzati; nel riccio, nei primati, ed in un terzo delle mie osservazioni nell’uomo, i due nervi cor- rono disgiunti ed indipendenti. Valutando accuratamente nei vertebrati presi in esame l' e- sistenza, la sostituzione, la ramificazione, del safeno medio e del safeno peroniero, nasce l’idea di sintetizzarli in un’unità nervosa. I filetti di tutti e due i nervi in alcuni animali camminano nello sciatico popliteo esterno, donde escono sotto titolo di safeno pe- roniero ; in altri animali transitano nello sciatico popliteo esterno, da cui si dipartono sotto forma di safeno medio; ma nell’ un caso e nell'altro si distribuiscono nel medesimo territorio. 173 — (li elementi del sateno medio e del safeno peroniero sono raccolti or nell’uno, ed or nell’ altro tronco nei vertebrati infe- riori esaminati; ma nel riccio, nei cavalli, nei quadrumani in ge- nerale, e nell'uomo gli elementi corrono, più o meno completa- mente, nei due relativi tronchi. Così anche il plesso brachiale, che in molti animali ha due soli rami terminali, il radiale ed il cubito-mediano. nell'uomo si risolve in sei o sette rami. La fu- sione cubito-mediana è ricordata da un’ anastomosi tra questi due nervi, che camminano isolati ed indipendenti nei quadrumani e nell’uomo. L'unità nervosa safenica non rappresenta in tanto un tronco principale, cioè terminale, ma è un collaterale del plantare esterno. Il nervo sciatico prima, precedentemente alla divisione nei suoi due rami terminali, contiene tutti gli elementi dei safeni medio e peroniero e del plantare esterno. Questi filetti, in virtù della rete intricatissima , che esiste dentro a ciascun nervo, possono pas- sare da questo a quell’altro ramo; presentare origini eccezionali dai rami del tronco generatore ; e possono mentire la più per- fetta individualità. Ma la loro affinità s’'afferma morfologicamente, nelle prove- nienze non comuni, nelle insolite anastoniosi, e sopra tutto nel territorio d’innervazione. Nel colombo il plantare esterno cammina nello sciatico popliteo esterno, e s'isola nella gamba per andare alla sua destimazione; nella pecora il safeno medio s'anastomizza col plantare esterno nel piede; il Gorilla d’ Eisler offriva questa anastomosi nella gamba. Del pari il brachiale-cutaneo esterno ap- parisce. nell'uomo come ramo terminale del plesso brachiale; ma la sua anastomosi col mediano tradisce la sua morfologica dipen- denza da questo ultimo nervo: e nell'uomo per eccezione, ed in alcuni animali normalmente, il brachiale-cutaneo esterno si mostra ramo collaterale del mediano. | I rami del safeno medio al margine esterno del piede s'in- curvano verso la pianta per completare il territorio d’imnervazione del plantare esterno. Nessun dubbio dunque che il plantare esterno abbia per suo ramo collaterale l’unità nervosa safenica. 174 OMOLOGIA DELL'UNITÀ NERVOSA SAPENICA COL RAMO DORSALE DEL NERVO CUBITALE. Che il nervo ulnare abbia il suo omologo nel plantare (la- terale) esterno è segnalato da alcuni autori, i quali discorrono del- l’omologia tra plantare esterno e ramo palmare del cubitale: ma non conosco, per quanto sia in me, veruno accenno su l’omologo del ramo dorsale del nervo ulnare. Nella più recente omologia dei nervi dell'arto superiore con quelli dell’arto inferiore, riportata dall’Anatomia normale di Quain, e da quella di Poirier, si legge questa corrispondenza: ARTO SUPERIORE ARTO INFERIORE / ALTARI | popliteo interno 3 plantare interno Rami ventrali $ (1. a 110 Cubitale ? etibiale posteriore $ plantare esterno rami al braccio cutaneo ester. crurale anteriore (| popliteo esterno Rami dorsali-Muscolo-spirale (qua: del tronco ( muscolo cutaneo interosseo posteriore tibiale anteriore. Si vede che il plantare esterno e sue fibre contenute nel tibiale posteriore e relativo popliteo è l’omologo del cubitale, cioè del ramo dorsale e del palmare; il che non è del tutto esatto, essendo il ramo dorsale dell’ulnare omologo dell'unità safenica. Non si vede bene nella citata omologia, se il safeno medio sia implicitamente compreso nello sciatico popliteo interno. Con- cesso che lo fosse, non è rilevata l’omologia col ramo dorsale del nervo ulnare. Sempre però ne resta fuori il safeno peroniero. L’omologo del ramo dorsale del cubitale, assegnato da me nell’arto inferiore. è sostenuto dal criterio di situazione e di di- stribuzione. Altri criterii non valgono a suffragare la tesi, es- sendo impotenti a-precisare la provenienza dei filetti nervosi dopo il loro intreccio dentro i tronchi intessuti a plesso. Nell'uomo la situazione dell’ avambraccio e della mano sa- rebbe identica a quella della gamba e del piede, se fosse in istato di permanente pronazione, come è nei quadrupedi. Se la naturale postura dei due arti dipenda nell'uomo dalla torsione, io:non cerco e non ne sento bisogno: a me basta che la costante pronazione dell’avambraccio e della mano metta in corrispondenza di sito i Niro: (i) rami del nervo cubitale con il plantare esterno e l’unità safeni- ca, come si vede nei .quadrupedi. Il braccio di questi animali as- sume la medesima posizione del braccio umano ad arto supino; il bicipite guarda in avanti. Ma l’avambraccio loro dura in ferma pronazione: ed il dito mignolo trovasi laterale, col dorso in avanti e la faccia palmare indietro, come il dito laterale del piede. Il plantare esterno occupa identico posto del ramo palmare del cu- bitale; e l’ unità nervosa safenica si dispone come il ramo dor- sale. La corrispondenza non può essere più perfetta. ‘Ma la ramificazione digitale mostra apparentemente una spic- cata discordanza nell’omologia tra i menzionati nervi dell’uomo. Cinque collaterali dorsali nascono dal ramo dorsale del nervo ul- nare, e si collocano ai lati del mignolo, ai lati dell’ anulare, ed all’ interno lato del medio. Tre collaterali dorsali in ?/3 dei casi vengono dall’unità safenica: ed un solo in !/3 dei casì. I tre occu- pano i due lati del dito piccolo, ed il margine esterno del 4c; se è un solo il ramo collaterale, costantemente va nel lato peroneo del 5° dito. Questa disuguaglianza di territorio scomparisce talvolta an- che nell'uomo medesimo; nel quale si ritrovano otto volte su 40 casì cinque collaterali dorsali, provenienti dall’unità nervosa sa- fenica e distribuiti ai lati dal 5°, 4°, ed al lato esterno del 3° dito. L’anatomia comparata svela che i cinque collaterali dorsali del ramo dorsale del nervo ulnare non gli competono di buon diritto: alcuni sono del radiale. che passano nel cubitale, celando la loro legittima provenienza. La prova si ha nel comportamento del ramo dorsale del nervo ulnare nei vertebrati da me esami- nati, nell’anastomosi radio-cubitale, riscontrata nel Cimpanzè da Sperino, Champneys, Hòfer, e da Daniker nel Gorilla. Anche il ramo palmare del cubitale nel Cercopiteco estende i suoi collaterali a due dita e mezzo, fino al lato cubitale del medio, invadendo il territorio del mediano. E non dà meraviglia questa ramificazione, pensando al tronco cubito-mediano dei vertebrati inferiori ; all’anastomosi di questi due tronchi nelle scimie ; alla origine del cubitale e della radice interna del mediano da una medesima corda nell'uomo. Ma, a parte il caso del Cercopiteco, il mediano resta sempre il nervo digitale più importante della palma, come il radiale del dorso della mano. I. Nella rana il cubitale si restringe nella palma ; ed il radiale somministra tutti i collaterali dorsali: cioè, si divide in due rami; 176 il superficiale dei quali finisce come collaterale dorsale ulnare del dito laterale; il profondo dà gli altri interdigitali (Eoker- WemeR- spem. Anatomia della rana). Gegembaur riscontrò nell'uomo un caso in cui il radiale emetteva tutti i collaterali dorsali della mano. II. Nella lucerta comune il cubitale al gomito emette il ramo dorsale. che scorre nel margine esterno dell’antibraccio e finisce come collaterale esterno del dito laterale (fig. 1. tav. III). Il radiale nell’avambraccio cammina sotto i muscoli dorsali; e nel carpo sì divide in due rami, che forniscono tutti gli altri collaterali dorsali delle cinque dita. III. Nella talpa il cubitale ed il mediano spuntano sopra il margine esterno del muscolo pettorale con tronchi isolati ed indi- pendenti; ma il mediano cede al cubitale un'anastomosi, e più giù ne riceve un filetto. Il cubitale percorre l interstizio muscolare tra le due ossa dell’avambraccio, e innerva i muscoli; al quarto inferiore sì divide nel ramo dorsale e nel palmare. Il dorsale percorre il lato late- rale del dorso della mano, e termina come collaterale dorsale esterno del 1° dito. Il ramo palmare dà i collaterali palmari di questo dito, e l'esterno del 2°. Il mediano fornisce gli altri interdigitali della palma. Il radiale sta all’esterno del mediano sopra il muscolo petto- rale; l’abbandona poi, insinuandosi tra il sotto-scapolare ed il sotto-spinoso , circonda la scapola ed apparisce su la faccia an- teriore del braccio, e sottocutaneo arriva al dorso della mano, fornendo i collaterali dorsali delle quattro dita interne, ed il col- laterale dorsale interno del 1° dito (fig. 2, tav. II). IV. Nel riccio il nervo cubitale, giunto nell’ avambraccio, emette alla metà di questo il ramo dorsale, che percorrendo il lato esterno del dorso della mano finisce come collaterale esterno del 1° dito. Il cubitale poi va alla palma, dividendosi nei collaterali palmari del 1° dito, e nell’esterno del 2°. Il mediano dà il resto degl’ interdigitali palmari. Il radiale, avendo girato intorno all’ omero, scorre sul lato interno dell’avambraccio pronato, ed entra nel dorso della mano, partendosi in tre rami terminali. Uno dà i collaterali attigui del 1° e del 2° dito; un altro i limitrofi del 2° e del 8°; e l’ultimo s'unisce ad un ramo del brachiale cutaneo esterno, formando un ramo, che fornisce i collaterali che si guardano del 3° e del 4° dito. — 10 - Il muscolo-cutaneo o brachiale cutaneo esterno al principio dell’avambraccio si divide in due rami: l'interno va a terminare al lato interno del dito mediale: l'esterno somministra i collate- rali, che si toccano, di questo e del 4° dito, e l’ anastomosi al radiale sopra detta. In un esemplare il brachiale cutaneo esterno aveva sotto della sua dipendenza i due collaterali del 5° dito e l interno del 4° (fig. 3, tav. III). V. Nella cavia il cubitale provvede il solo collaterale dorsale esterno del 1° dito col suo ramo dorsale; e col palmare il lato esterno di questo dito. Tutti gli altri collaterali palmari vengono dal mediano, come dorsali del radiale (fig. 4, tav. III). VI. Il cubitale del coniglio distacca il ramo dorsale al 4° su- periore dell’avambraccio. Il ramo dorsale piega sul dorso al prin- cipio del carpo, e va a fornire tre collaterali, destinati due al 1° dito, ed uno al lato esterno del 2°. i Gli altri collaterali dorsali sono dati dal radiale (fig. 5, tav. III). VII. Il tronco cubito-mediano della pecora nel 3° inferiore del braccio si divide nel cubitale e nel mediano. Il cubitale, più esile, si divide in due rami, e ne destina uno agli interossei ; ed invia l’altro al dorso della mano a dare i due collaterali del dito laterale rudimentario. Il mediano co’ suoi rami terminali fornisce tutti i collaterali palmari; come il radiale impartisce gli altri collaterali dorsali (Gig; 8, ‘tav. III). VIII. Nel cane il tronco cubito-mediano alla metà del braccio separa i due rami: il cubitale più voluminoso, il mediano più gracile. Entrando nell’antibraccio il cubitale emette il ramo dorsale, che passa al dorso della mano, all’inizio del lato esterno del me- tacarpo, percorre questo lato, e finisce come collaterale esterno del 1° dito. Nella palma il cubitale distacca un rametto, che va a costi- tuire il collaterale palmare esterno del 1° dito. Questo ramo è il vero rappresentante del ramo palmare del cubitale umano. Pro- dotti questi rami, ed avendo innervati muscoli, il cubitale fornisce i collaterali palmari, interno del 1° dito , esterno ed interno del 2° e del 8° e l’ esterno del 4°; restando sempre sotto i tendini flessori, come il ramo profondo del cubitale umano. Il mediano emette i collaterali palmari dei lati contigui del 2° e del 8° dito; un ramo che da un rametto, che si distribuisce alla faccia palmare del 4°; poi sì anastomizza col ramo del cu- bitale, prima che questo si divida nel collaterale interno del 8° ed esterno del 4° ; un altro ramo, emesso dal mediano. forma i col- laterali palmari, interno del 4° ed i due del 5° dito. Il radiale, passando nell’avambraccio, si divide in due rami: l'interno termina nel collaterale dorsale interno del 4° e nei due collaterali dorsali del 5° dito ; il ramo esterno fornisce gli altri collaterali dorsali, fino al lato interno del 1° dito (fig. 7, tav. III). Così nove interdigitali nascono dal radiale, ed' il decimo, o laterale esterno del 1° dito, viene dal ramo dorsale del cubitale. Le mie ricerche in questa parte anatomica concordano con quelle di Muller, Leiscring, Arloing e Tripier; e contraddicono Ellenberger e Baun ed altri autori. IX. Nell’arto anteriore del gatto il ramo dorsale del cubitale finisce in tre collaterali: due per il 1° dito, ed uno per il lato esterno del 2°. Il ramo palmare del cubitale ed il mediano presentano gli stessi collaterali che nell'uomo. Il radiale dirama sette collaterali; sei alle tre ultime dita ed uno al lato interno del 2° dito (fig. 6, tav. III). X.Inun esemplare d’Orang di Westling ed in un altro d’Hòfer il ramo dorsale del cubitale forniva un ramo, che terminava come collaterale dorsale interno del mignolo, e poi, riunito col ramo pro- fondo del radiale, sì portava ai lati limitrofi del mignolo e del- l’anulare. Il Cimpanzè d’Hofer e quello di Sutton presentavano al dorso della mano tre collaterali del ramo dorsale del cubitale, e sette del radiale. Identica distribuzione digitale si trova nei Sennopiteci, secondo Kattlbriigge, e nell’Hylobate sindattilo di questo autore, e nel Gibbone d’Hepburn, e nel Sennopiteco, Cebo, Cercopiteco e Rhesus d’Hòofer. Hofer ha visto nel Cynocefalo il ramo dorsale del cubitale dare tre interdigitali, e, mediante un’anastomosi del radiale, par- tecipare all’ innervazione dei lati contigui dell’anulare e del medio. Il Cimpanzè di Sperino, il Troglodita Aubryî di Gratiolet ed Alix, il Gorilla d’Eisler, d’Hepburn, d’Héfer presentavano nella mano l’ imnervazione interdigitale identica a quella dell’uomo. Si vede chiaramente che nella serie zoologica il ramo dorsale del nervo cubitale viene acquistando maggior numero di rami SCOMRO: — interdigitali fino all'uomo. Nella rana è incorporato nel radiale, nei sauri spunta dal cubitale e termina come collaterale esterno del dito laterale; eguale terminazione ha nella cavia e nel cane; nella pecora il ramo dorsale del cubitale presenta due interdigitali nel dito rudimentale esterno ; ne mostra tre, due nel dito laterale ed uno nel lato esterno del 2°, nel coniglio, nel gatto, ed in parecchie scimie ; in un Cynocefalo d’Hòfer, con l’anastomosi del radiale, partecipa all’ innervazione di due dita e mezzo; e raggiunge cinque collaterali nel Cimpanzée, nel Troglodita Aubryî, nel Go- rilla, e li conserva nell'uomo. Che filetti del radiale debbano passare nel cubitale, o da questo trascorrere a quello, autorizza a sospettarlo l’anastomosi riportata sopra. Ma non è lecito dire con buona ragione che il radiale somministri suoi filetti al cubitale, e che questo li trasmetta al ramo dorsale per allargare il territorio con rami non suoi: né si può affermare che il radiale riceva rami del cubitale, e li sparga in apparenza come suoi, usurpando copertamente il territorio del cubitale. Morfologicamento è chiarito che le ramificazioni digitali del ramo dorsale del nervo ulnare si moltiplicano, risalendo i gradi zoologici fino all'uomo. Se Gegembaur intende dire che descrittivamente il radiale invade il territorio del ramo dorsale del cubitale, la cosa passi; ma è inesatta l’ asserzione riguardata dal punto di vista morfo- logico. Risponde poi alla morfologia la sua veduta, che la mag- giore estensione digitale del radiale sia una distribuzione primitiva. A mio vedere tutti i collaterali dorsali della mano appar- tengono al radiale, come i dorsali del piede sono del muscolo - cutaneo. Il ramo dorsale del nervo ulnare, e l’unità safenica sono usurpazione rispettiva dei predetti nervi; e la loro più o meno ampia distribuzione non turba l’omologia che intercede tra loro. Il Sappey avvisa che il safeno esterno (medio) e la branca cutaneo peroniera ricordino i rami cutanei del brachiale cutaneo esterno. Questa opinione non ha altro appoggio, in fuori di quello che le porge l'autorità del sommo anatomico. I rami cutanei del brachiale cutaneo esterno hanno per omo- logo il safeno interno col ramo cutaneo dell’otturatore. Eisler ri- guarda il grande safeno per ramo ventrale; e Krause ammette l’omologia tra questo e il brachiale cutaneo esterno. Ambidue 1 nervi talvolta terminano l’uno come collaterale dell’alluce, e l’altro del pollice. A. parte di queste eccezioni, che si riscontrano nel- l'uomo, nella talpa il safeno interno fornisce i cinque collaterali 89 — interni; e nel riccio il brachiale cutaneo esterno finisce nei due collaterali del dito mediale e nell’interno del 4°, e, mediante una anastomosi col radiale, partecipa all’ innervazione dei lati limi- trofi del 4° e del 8° dito. Questa terminazione interdigitale io la giudico illegittima ai due predetti nervi, ma di proprietà del muscolo-cutaneo l’una, e l’altra del radiale. La branca cutanea peroniera, o cutanea laterale della sura, con alcuni filetti surali del safeno peroniero, secondo me, fanno omologia col brachiale cutaneo medio, detto da altri interno, che in alcuni vertebrati è incorporato nel tronco cubito-mediano. Istituto d’Anatomia Normale della R. Università di Napoli. Contribuzioni per lo studio dell’organo di Bidder nei Bufonidi. II. Presenza di spermii nell’orga- n0.— Nota del socio ArtILIo CERRUTI 1). (Tornata del 10 maggio 1903) Nella importante memoria dello Kxnappe >) sull’ organo di Bidder — il cosiddetto ovario rudimentale dei Bufonidi, — è de- gno di speciale nota il capitolo intitolato Spermab?!durng. In esso il diligente autore scrive d’aver osservato un fatto molto interes- sante, cioè la presenza di spermatozoidi nell’interno dell’ organo di Bidder di un maschio di Bufo (vulgaris?) e nella fig. 38 che accompagna il suo lavoro, rappresenta i corpuscoli ch'egli ritie- ne spermil. La formazione di questi avverrebbe, secondo 1’ a., così: le cellule della membrana granulosa, penetrate nell’ interno degli ovuli, acquisterebbero la strana proprietà di mutarsi prima in Samenmutterzellen, e poi di dare, direttamente, numerosi sperma- tozoidi. Lo KxAPPE scrive pure d’ aver osservato spermii tanto nell'interno di ovuli, rinvenuti nei tuboli seminiferi dello sper- mario di Bufo vulgaris, quanto in quelli osservati nel maschio di una Salamandra maculata; ed anche in questi casi, di cui dà i relativi disegni, attribuisce la formazione degli spermatozoidi alle Granulosazellen. A dire però il vero, l'esame delle figure, che accompagnano il lavoro citato , fa sorgere subito dei gravi dubbii, intorno al- l'esattezza dell’interpretazione data dallo Knappe ai corpuscoli da lui osservati; e tali dubbii sono giustificati da varie ragioni. Infatti, mentre gli spermii normali nel Bufo hanno testa molto allungata, bastonciniforme, e nella Salamandra hanno pure testa molto allungata, ma piriforme, quelli figurati dallo Anappe hanno testa sferica, di solo pochi p di diametro. Inoltre, la lun- ghezza degli spermii, rappresentati dallo Knappe, è di molto in- 1) La prima di queste Contribuzioni (Di una speciale penetrazione di ovuli in ovuli adiacenti nel Bufo vulgaris Laur) è stata pubblicata negli Atti della R. Accad. dî Scienze Fis. e Mat. Vol. XII, Ser. 2.8 N. 1. 2) E. Kxappe. Das Bidder'sche Organ. in: Morphol. Jalrb. 11 Bd., 1856. l'*tago LI feriore a quella degli spermii normali di Bufo e di Salamandra. Infine gli spermii disegnati dall’a. nella sua fig. 38 (spermatozoidi in ovulo di Bufo) e nella fig. 39 (spermatozoidi in ovulo di Sa- lamandra ) sono eguali fra di loro, mentre invece, è ben noto, che quelli normali della Salamandra maculata ditteriscono, e di molto, da quelli normali di Bufo vulgaris, non solo per la forma della testa, come si è detto, ma anche per la presenza di una membranella ondulante, che decorre lungo quasi tutta la coda; membranella che manca assolutamente negli spermatozoidi di Bufo. Deriva da questa osservazione, che se si vuole accettare per esattamente interpretato ciò che si deduce dal testo dello Knappe, sì è costretti ad ammettere che le cellule della membrana gra- nulosa abbiano il potere di dare, negli ovuli dell'organo di Bid- der di diversi animali (Bufo e Salamandra), i quali hanno nor- malmente spermatozoidi differentissimi, spermii del tutto egua- li !). Ciò è, naturalmente, insostenibile. Nei numerosi preparati da me fatti, per lo studio sull’ ova- rio rudimentale dei Bufonidi, non ho mai potuto rinvenire nulla di simile a ciò che l’a. descrive come spermatozoidi. Invece nell’ esaminare le sezioni seriali ottenute da un or- gano di Bidder, fissato col liquido forte di Flemming, ho potuto constatare realmente in esse la presenza di spermii, ma in con- dizioni molto differenti da quelle descritte dallo Knappe. Il Bufo vulgaris maschio, da cui proviene l'organo a cui ac- cenno, fu catturato, da me stesso, in febbraio del corrente anno nell’area dell’ex-lago d’Agnano, mentre era in accoppiamento. La figura 1 rappresenta una delle sezioni da me ottenuta, sezione che proviene dalla porzione dell'organo di Bidder inter- media fra lo spermario ed i corpi grassi. In essa si osservano i margini di tre ovuli a, è, e, fra i quali ed il margine d dell’or- gano è chiaramente visibile uno spazio rotondeggiante, delimi- tato da una specie di follicolo ad elementi piccoli. Lungo le pa- reti dello spazio anzidetto, sì notano, alternati, gruppi di piccole 1) Non è facile, d'altra parte, esprimere una opinione esatta circa il va- lore dei corpuscoli osservati dallo KNAPPE, e dire p. es. se essi siano dei pa- rassiti od altro. Non posso però fare a meno di notare come essi abbiano una sorprendente rassomiglianza con i caratteristici cristalli, a forma di spillo, che il sublimato forma talora nei preparati. Si noti che 1’ a. non dice, nella descrizione che dà della tecnica usata, d’ aver impiegato l'alcool iodato, od altro mezzo speciale per estrarre interamente dai suoi preparati il bicloruro di mercurio, fissatore da lui preferito. x: 19) —- 183 — cellule ec, e cellule relativamente grandi sp, simili in tutto a spermatogonili. Inoltre numerosi spermatozoidi, o riuniti a fascetti, o liberi, sono chiaramente visibili nell'interno dello spazio notato; ed essi sono perfettamente uguali, per forma e dimensioni, agli spermii normali del Bufo vulgaris. Lo studio delle sezioni seriali m’ ha permesso d’ accertare con sicurezza che la cavità in cui essi si trovano, è quasi sferica, che possiede un diametro medio di circa 300 p, e che non ha nessuna comunicazione sia col testicolo che con altri organi. Se si confronta una delle sezioni che interessano Vanzidetta cavità, p. es. quella rappresentata dalla fig. 4, e la sezione d’un canalicolo seminifero del testicolo di Bufo vulgaris, catturato pure in Febbraio, non è possibile trovarvi differenze manifeste. Risulta da tutto ciò che ho esposto, che nel caso da me stu- diato non vi può essere dubbio alcuno sulla reale presenza di spermii nell’ interno dell’organo di Bidder. Se vogliamo ora cercare di spiegarci come ciò sia avvenuto, dobbiamo considerare, per un momento, il modo con cui l'organo di Bidder si forma nei Bufonidi. Com'è noto, fino dalle ricerche di von Wittich *), le glandole germinali appaiono nei giovani girini dei Bufonidi come due ab- bozzi, in forma di filamenti, a lato del mesenterio. Man mano che i girini crescono, gli abbozzi primitivi s'ingrossano maggior- mente nella parte cefalica, e sono tali ingrossamenti quelli che im 1) Von Wirric®, Beitrige zur morphologischen und histologischen Entwick- lung der Harn und Geschlechtverkzeuge der mackten Amphibien. in: Zeitschrift f. Wiss. Zool. 4. Bd., 1853. Udo REA seguito diverranno organi di Bidder. Non sempre però nei girini che diverranno maschi, l'accrescimento della parte anteriore della glandola germinale avviene regolarmente; alle volte, nella parte mediana del primitivo rigonfiamento, degli elementi invece di evolversi in ovuli, sì sviluppano in modo diverso, in cellule ge- nitali maschili. Ciò è avvenuto ad esempio nel caso da me rap- presentato nella fig. 2, nella quale chiaramente si vedono due pezzi di testicolo #, #" alternati con due pezzi di organo di Bid- der ob, ‘ob’. i Tenendo conto di questa osservazione, la presenza di spermii nell’organo di Bidder, nel caso da me innanzi descritto, può spie- garsi in modo somigliante e molto semplicemente: occorre, cioè, solo ammettere che un numero molto piccolo di elementi anche dell’abbozzo anteriore primitivo si sia mutato in cellule genitali maschili. Circa al destino degli spermii che si trovano nelle condizioni rappresentate dalla fig. f, non credo vi possa esser dubbio. Man- cando, come ho già notato, una qualsiasi comunicazione fra la cavità in cui si trovano ed i canali deferenti, questi spermii non potranno venire emessi, e quindi degenereranno. Gli spermatogonii posti lungo la parete della cavità, nel caso da me osservato, mostrano segni di degenerazione; non è quindi facile dire se essi avrebbero potuto dare origine, in seguito, ad una nuova generazione di spermil. Istituto d’Anatomia Comparata della R. Università di Napoli. Altri nuovi oligocheti del Golfo di Napoli. (Limno- driloides n. gen... - II nota sui Trubificidae, del socio U. PIERANTONI. (Tornata del 5 Luglio 1903), Facendo seguito ad una precedente nota!) in cui diedi una sommaria descrizione dei due generi nuovi di tubificidi, do ora i caratteri e qualche cenno anatomico sopra alcune altre forme, su cui mì riserbo di fare in seguito, insieme con le precedenti, uno studio più completo. È noto come le forme marine di oligocheti, che sono in ge- nerale assai poco frequenti, siano quasi del tutto sconosciute nel nostro golfo, ove pure è tanta ricchezza di specie. Nella famiglia dei Tubificidi, una delle più estese del gruppo dei limicoli, la bibliografia registrava specie marine dei soli generi Clitellio, Vermiculus e Prammoryctes ®), quando io descrissi nella citata nota, i due nuovi generi Meterodrilus e Phallodrilus. Altre forme nuove rinvenute in località diverse del Golfo mi permet- tono di aumentar ancora le conoscenze sui rappresentanti marini di questa famiglia, aggiungendovi il genere Limmodriloides con tre specie. LiIMNODRILOIDES #. gen. Appartengono a questo genere piccole forme di oligocheti, aventi le setole disposte in quattro fasci per segmento ; in questi fasci non sì rinvengono che setole ugualmente forcute all’estremo esterno, e di forma sigmoide. Il clitello leggermente rigonfio 1) Due nuovi generi di Oligocheti marini rinvenuti nel Golfo di Napoli. — Boll. Soc. Nat. Napoli, Vol. XVI, 1902, pag. 113. 2) Il Michaelsen, a proposito degli oligocheti marini in generale, così si esprime nella sua recentissima opera intitolata: Die geographische Verbreitung der Oligochaeten (Berlin, 1903): « Marine Oligochaeten bilden ein seltenes Vor- <« kommen; kennen wir doch nur vier Arten, die sicher rein marin, im otte- « nen Meer in mehreren Metern Tiefe vorkommen, Phallodrilus parthenopaeus « Pierantoni, Heterodrilus arenicolus Pierantoni, Tubifex Benedeni Udek. und « Michaelsena macrochaeta Pierantoni. À} S, (- guar porta all’ 11° segmento le aperture sessuali maschili, mentre nel segmento precedente si aprono le spermateche per due pori posti innanzi alle setole a questo corrispondenti. Gli organi genitali maschili pari sono in questo genere rap- presentati da un padiglione ciliato relativamente piatto, con lun- ghe ciglia, cui segue uno spermadutto assai breve, che sì slarga in un atrio, che ha quasi la stessa lunghezza dello spermadutto stesso, e riceve, lungo il suo percorso, una grossa prostata. L'a- pertura esterna di questo apparecchio eiaculatore maschile porta spesso un pene, il quale non è provvisto di una guaina chitimosa ben distinta. Le spermateche non hanno diverticoli, nè dotto d’uscita net: tamente distinto dall’ampolla, sono contenute tutte nel 10° seg- mento e contengono spermatofori. Il sistema circolatorio ha un vaso dorsale ed uno ventrale percorrenti tutto il corpo, con vasi trasversali, fra cui quelli del Yo segmento sono slargati e pulsanti. Non esiste plesso sanguigno tegumentale. Il genere Limnodriloides costituisce un tipo molto ben di- stinto di tubificide marino, il quale, per avere molti caratteri comuni col genere Lumnodrilus (puramente d’acqua dolce), può ritenersi affine a questo. Se ne allontana d'altra parte per ca- ratteri molto spiccati, riguardanti specialmente la struttura degli organi genitali, su cui è fondata la moderna classifica dei generi della famiglia dei Z'ubificidae. Le specie che andrò descrivendo in seguito sono tutte di dimensioni assai piccole, non superando la più grande i 18 mm. di lunghezza. Vivono tutte nella sabbia di fondo, in diverse lo- calità del nostro golfo, ad una profondità notevole per questi animali (tre o quattro metri). Le caratteristiche principali di questo nuovo genere sono : l'assoluta e costante assenza di setole capillari, l’ unicità della prostata in ciascun condotto eiaculatore, la brevità dello sper- madutto, e la mancanza di una ben distinta guaina chitinosa del pene. Il primo ed il secondo carattere sono comuni ai L272200d7%- lus, non così gli altri, che ne rappresentano le caratteristiche differenziali. Su questi dati mi son creduto autorizzato a fondare il nuovo genere, al quale, per le accennate affinità coi Limmnodrilus, ho dato il nome di Lammnodrilordes. Sole CARATTERI DELLE SPECIE Limnodriloides appendiculatus x. sp. Caratteri esterni. — È un piccolo verme avente 15 a 18 mm. di lunghezza per 0,25 mm. di spessore. La forma del corpo è cilindrica, leggermente assottigliata nella parte posteriore. Il lobo preorale è conico e piccolo. Il clitello è poco rigonfio. Il colore in vita è rosso chiaro, con clitello bianchìccio. Tale colore è dato unicamente da sangue, che si vede in trasparenza attraverso la parete del corpo. Il numero dei segmenti può salire fino a 40 o 50. Essi sono poco più lunghi della larghezza del corpo, tranne nell’estremità posteriore in cui sono più ravvicinati. Il clitello è anulare e poco rigonfio. Occupa tutto 111° seg. e parte del 10°. Le setole, tutte ad estremo esterno biforcuto, sono leggermente sigmoidi. Si raccolgono in quattro ciuffi per segmen- to (due ventrali e due dorsali); in cia- scun fascio ve ne sono tre nei segmenti anteriori, due nei posteriori. Le setole peniali e quelle poste in vicinanza dei pori delle spermateche non sono tra- sformate, ma possono mancare. Le aperture maschili poste nell'11° seg. sono rese evidenti dalla presenza di un pene di frequente estroflesso, in forma di bottone (rigonfio all’ estremo Fig.1.— Limnodriloides appendieu- e strozzato alla base). latus n. g. n. sp. Il tubo dige- rente nei segmenti VII, VII e I pori delle spermateche, posti nel TE (del Corpo; 10° seg., sono circolari, e hanno un es. esofago. È ZANE EI div. diverticoli esofagei. piccolo rilievo a cercine sul loro mar- gine. Pori femminili non è possibile distinguerne, neppure coi più forti ingrandimenti, nè appaiono nei tagli. Caratteri interni. — Un carattere assai notevole di questa specie consiste nella esistenza di un paio di diverticoli esofagei, sul tipo di quelli che si rinvengono in vari Enchitreidi, e che voglionsi omologare alle glandole di Morren o calcifere, frequenti — 188 — nei terricoli. Sono due tasche molto allungate, con lieve rigontia- mento all'estremo, le quali, partendo dal tratto del tubo dige- rente che trovasi presso il setto intersegmentale %/9, risalgono fino al sepimento precedente, a cui si attaccano a mezzo di sot- tili legamenti di natura muscolare (V. Fig. 1). È questo il primo caso di esistenza di simili organi nella famiglia dei Tubificidi, nella quale il Beddard !) aveva potuto dire che « there are no « recognizable traces of these glands or of anything that can be <« compared to them ». Il vaso dorsale ed il ventrale si presentano sotto forma di due enormi tronchi venosi, i quali attraversano tutto il corpo e sono ripieni di sangue rosso. Due vasi trasversi si rinvengono in cia- scun segmento, fra cuì quelli del 9° alquanto più grossi e pul- santi. Non vi è plesso sanguigno tegumentale, nè intestinale. L'apparecchio riproduttore maschile consta di un paio di testicoli posti nel seg. 10° ed attaccati al dissepimento */10, mentre al dissepimento !°/11 stanno, rivolti verso i testicoli, due padiglioni piatti con lunghe ciglia, a ciascuno dei quali segue un breve spermadutto, con ampio atrio, ed un pene estroflettibile ed in- troflettibile in piccola tasca di forma ovulare. Verso la metà del decorso dell’ atrio sbocca la grossa prostata. Il sacco spermatico va dal 10° a 14° segmento. (li ovarìî sono al dissepimento stesso che porta i padiglioni ciliati, e sporgono nell’11° seg. Non vi sono ovisacchi, ma le grosse uova rese libere dagli ovari pervengono a maturità nella cavità celomatica. Le spermateche poste nel 10° seg. sono in forma di fiasco, con dotto di uscita poco distinto dall’ampolla. Habitat : Rinvenni questa specie in una sabbia molto ricca di detriti vegetali e di piccole specie animali, che viene pescata a Posillipo, in contrada Cenito, a tre metri circa di profondità, in cui vivono anche gli Amplioxus. In questa stessa sabbia vive anche l Heterodrilus arenicolus PiERANT. Limnodriloides roseus w. sp. Varatteri esterni.--A prima vista differisce di poco dal prece- dente, avendo con esso comuni il numero dei segmenti, il colore, le dimensioni, nonchè la forma del corpo, leggermente assotti- 1) A Monograph of the order Oligochaeta. — Oxtord, 1895. sg 189 PA gliata verso l'estremo posteriore, quella del lobo preorale e del clitello. Le setole, tutte ad estremo biforcuto, sono anche qui sig- moidi, ma con lieve nodulo ad un terzo della intera lunghezza, verso l’estremo biforcuto. La loro disposizione sul corpo non dif- ferisce da quella descritta nella specie precedente, ma quanto al numero possono rinvenirsi quattro setole nei segmenti anteriori e tre nei posteriori. Neanche in questa specie sono trasformate le setole peniali, nè quelle dei pori delle spermateche. Le aperture maschili, situate nell’ 11° seg., mettono in una piccola tasca, in cui è un pene estroflettibile. Caratteri interni. — L'intestino non presenta, lungo tutto il suo corso, diverticoli di sorta. Il vaso dorsale ed il ventrale, ri- pieni di sangue rosso, decorrono per tutto il corpo, con vasi tra- sversi, tra cui rigonfi e pulsanti quelli del 9° seg. Non vi è plesso sanguigno tegumentale, nè intestinale. Le glandole genitali maschili e femminili occupano la po- sizione normale dei tubificidi. I padiglioni ciliati sostenuti dal dissepimento 1°/11, alquanto più profondi che nel caso precedente, mettono in brevi spermadutti per nulla circonvoluti, e poi in atrì di calibro poco più che doppio dello spermadutto. Verso lo estremo prossimale del- l’atrio sbocca la grossa prostata caratteristica del genere. (v. Fig. 2). Il pene è piccolo e mostra in alcuni esempla- ri meglio sviluppati un involucro sottile e traspa- ‘rente, che può conside- rarsì come un accenno od un residuo della guaina Fig 2.— Limnodriloides rosens n. g. n. sp. o 4 È 3 Insieme dell'apparecchio eiaculatore maschile. chitinosa che sì rinviene ,, atrio nei Lomnodrilus. int. intestino E 3 D. pene Esiste uno sperma- ,,. prostata sacco, ma non ovisacchi. 72 midollo ventrale 4 pc. padiglione ciliato Le spermateche, nel sd. spermadutto. 10° segmento, hanno con- dotto d'uscita poco distinto dall’ ampolla. Habitat: Rinvenni questa specie nel fango nero, che forma il fondo del porto mercantile, ad una profondità di tre o quattro metri. — 190 — Limnodriloides pectinatus mn. sp. Caratteri esterni. — È un piccolo verme, fra i più piccolì della famiglia, avendo la lunghezza di 12 a 15 mm. per uno spes- sore di 1/4 di mm. circa. La forma del corpo è cilindrica , con lobo preorale poco sporgente ed ottusamente conico. Il numero massimo dei segmenti è di circa 50. Essi sono altrettanto lunghi quanto larghi. In vita è bianchiccio, tendente negli esemplari più adulti al giallo paglierino, pel colore del sangue. Il clitello è di forma anulare ed occupa il seg. 11° e solo in parte il 10°, e il 12°. Le setole sono tutte biforcute e sigmoidi, senza nodulo. Sono disposte, a partire dal 2° seg. del corpo, in quattro gruppi, due dorsali e due ventrali. Nei ciuffi deì primi 14 o 15 seg. vi sono quattro setole, tre o due negli altri. Nel 10° seg. sboccano le spermateche. Nel seg. 11° si vedono le aper- ture maschili, con peni estroflettibili. In questo stesso segmento, fra le due aperture genitali maschili e poco distanti da esse, sì vedono due tubercoli, contenenti ciascuno una serie di 12 piccolissime setolime stret- tamente ravvicinate l’ una all’ altra, che danno l’aspetto di due piccoli pet- tini (V. Fig. 3, s. p.). Varatteri interni. Neanche qui l'intestino ha diverticoli. Il sistema circolatorio si presenta nella più sem- Fig. 3. — Limnodriloides pectinatus n. plice struttura riscontrata nei tubifi- g. n. sp. I segmenti genitali visti cidi, che risponde esattamente a ventralmente. p. sp. pori delle spermateche p. m. pori maschili cedente, senza plesso sanguigno te- Ss. p. setole peniali quanto trovammo nella forma pre- gumentale, nè viscerale. Anche qui lo spermadutto, che prende origine dal padiglione ciliato al sepimento 11, è breve e non circonvoluto, ma il suo calibro è assai più piccolo di quello dell'atrio. Verso la metà di questo sbocca la grossa prostata. I sacchi spermatici decorrono dal 10° e 14° seg. Non ho tro- vato traccia di sacchi ovarici. LO] Le spermateche poste nel 10° segmento, e sboccanti sulla parete ventrale di questo, hanno condotto di uscita uniformemente degradante dall’ampolla. In esse si rinvengono spermatozoi. I nefridi hanno piccolissima antisettale e sboccano all’esterno alquanto più innanzi delle setole di ciascun segmento. In questo tubificide mi fu dato riscontrare un fatto già se- gnalato dal Cognetti in un suo lavoro sugli oligocheti della Sar- degna !) a proposito di una specie di Enchytraeidae : la coesistenza cioè, in una stessa specie, di due forme identiche in tutto, salvo che per la posizione del clitello e degli organi genitali. Nella specie Limmodrilordes pectinatus infatti, oltre alla forma ora descritta, con clitello dal 10° al 12° seg., aperture maschili, appendici pet- tiniformi, apparecchio eiaculatore maschile ed ovari nell’ 11° seg., e con spermateche e testicoli nel 10°, ne rinvenni un’altra in cui tutto era spostato di due segmenti in avanti. La quale ditferenza di posizione, se tutti agli altri caratteri non parlassero chiaro, in- durrebbe ad assegnare questa forma ad una nuova famiglia; nel quale errore cadrebbe chiunque di questa specie relativamente rara non avesse rinvenuto che esemplari della seconda forma. Habitat: Rinvenni questa specie in una sabbia della stessa natura di quella in cui vive il L. appendiculatus, ed alla stessa profondità, ma proveniente dalla località presso il palazzo della Regina Giovanna a Posillipo. Per conchiudere, riassumo qui i caratteri del nuovo genere che ho diffusamente descritto in principio, ed aggiungo un pro- spetto delle specie che in esso si contengono. Diagnosi del genere LIMNODRILOIDES Gruppi dorsali e ventrali formati da setole ugualmente bi- forcute. Pori maschili all’ 11°, pori delle spermateche al 10° seg- mento. Spermadutto breve, atrio vasto con una sola, grossissima prostata. Manta una guaina chitinosa ben distinta del pene. Sper- mateche con spermatofori nel 10° segmento. Vaso dorsale e vaso ventrale presenti, con tronchi trasversali, di cui più sviluppati e pulsanti quelli del 9° seg., senza plesso segmentale. 1) CoenettI, L.— Res Italicae. ITT. Gli oligocheti della Sardejna.— Boll. Mus. Zool. e Anat. Comp. Torino, n. 404, Vol. XVI, pag. 4-7. ST “evo fai A «di bo #0 I Specie : RARA : de LIRE #4 ta ‘4 ( Con diverticoli intestinali. . . . . L L. appendicalatus.. ‘ ? Senza diverticoli intestinali. 2. cda mi Mi Con setole peniali multiple im- \ piantate su speciali promi- o 2 nenze presso i pori maschili. . . IL L. pectinatus. Senza setole peniali . . . . . . IIL L. roses. e Stazione Zoologica di Napoli ed Istituto Zoologico della R. Un Giugno 1903. È A proposito di alcuni Cefalopodi del Mediterraneo. — Nota del socio Giuseppe JATTA. ( Tornata del 5 luglio 1905 ). In alcuni lavori venuti alla luce dopo la pubblicazione della mia Monografia sui Cefalopodi del Golfo di Napoli (Fauna und Flora ecc. 23, Berlin 1896) sono stati emessi sopra varie specie da me descritte ed illustrate alcuni giudizii, che mi obbligano di far conoscere il mio modo di pensare sopra la identificazione di esse. Tale obbligo ed il desiderio di richiamare 1’ attenzione sopra qualche fatto importante mi hanno indotto a pubblicare questo lavoro. Così nel rilevare i giudizii altrui, come nel riferire il mio modo di vedere mì sono studiato di essere obbiettivo e tenermi lontano da quella critica, fatta a base di polemica, che rappre- senta, a mio credere, quanto di più vano possa esservi nella let- teratura scientifica. Nel 1599 il Ficalbi pubblicò nel Monitore Zoologico Italiano (Anno X, n. 4) un lavoro col titolo « Unicità di specie delle due forme di Cefalopodìi pelagici, chiamate Chiroteuthis Veranyi e Do- ratopsis vermicularis »-—- Vi sono studiati esemplari molto interes- santi e si fanno conoscere agli specialisti due nuove forme, sulle quali non può non fermarsi tutta la loro attenzione. Oltre il pic- colo Doratopsis della fig. 1 e quello grande della fig. 2, già co- nosciuti, sono per la prima volta descritte e disegnate due forme, cioè la intermedia, al dir di Ficalbi, rappresentata nella fig. 3, e_la forma giovane di Chiroteuthis Veranyi riportata nella fig. 4. Fino a questo momento io ho avuta opportunità di studiare sol- tanto le prime due ed ultimamente anche un adulto di Chiroteuthis Veramyi. Dallo studio delle forme da me possedute e dall’esame attento dello scritto e delle figure del Ficalbi mi son fatta la convinzione, che la unicità delle due specie non solamente sia possibile, ma anche probabile. Tale unicità però a me non sembra precisamente dimostrata con dati di fatto irrefutabili. Le mie osservazioni in conseguenza non mirano a sminuire il valore indiscutibile dello seritto del Ficalbi, ma a metterne in evidenza le lacune, i punti 15 — 194 — dubbiosi ed incerti, affinchè sia all’ autore medesimo o ad altri, che ne abbia l opportunità, facilitato il compito di dimostrare la verità della conclusione finale. Incomincio intanto dal riportare aleune nuove mie ricerche sopra 1 argomento. Io per il primo misì innanzi il dubbio, che la Doratopsis vermicularis tosse una specie fatta sopra esemplari non ancora sessualmente maturi. Il Ficalbi riportò integralmente le mie parole e col suo studio venne a confermare tale dubbio, ma nessuno ha dimostrata vera la ipotesi con la osservazione diretta. Ora, avendo dissezionato un esemplare di Doratopsts vermicularis, corrispondente per forma e grandezza a quello figurato da me in tav. 14, fig. 6 e 7 e da Ficalbi in fig. 2, ho trovato che non era sessualmente maturo. Dopo lo stomaco, avanti l’ appen- dice cecale si nota un corpo ovoidale a forma di biscotto, che è appunto la glandola genitale in via di sviluppo. Le sezioni di que- st’ organo, mentre forniscono la conferma, che ci troviamo appunto dinanzi alla glandola genitale, dimostrano, che gli elementi ses- suali sono ancora tanto lontani dal loro destino, che a mala pena può riconoscersi in qualcuno dei più evoluti un tipico ooczte. Degli organi genitali accessorii non esistono neanche le tracce. Si può dunque concludere, che la forma studiata è certamente un giovane, in cui la glandola genitale non è ancora perfettamente formata. Ho anche studiata la clava tentacolare dello stesso esemplare, sulla quale il Ficalbi ha notata l’ esistenza di una grossa ventosa, che egli omologa alla ventosa terminale descritta dagli autori sopra la clava tentacolare di Chyroteuthis Veraniyi. Infatti ho trovato che quasi all'estremità esiste un piccolo disco, che appena sì vede con una comune lente di ingrandimento. Fatte le sezioni, queste mi hanno dimostrato, che tale organo non è una ventosa, ma può considerarsi piuttosto come un cuscinetto adesivo. Esso è formato da uno strato molto spesso di connettivo, ricoperto all’ esterno da uno strato di cellule con grandi nuclei, di cui alcune forse sono cellule secretrici. Per assodare questo dato istologico sarebbe ne- cessario ripetere l’ osservazione sopra materiale opportunamente preparato. Questo disco corrisponde certamente alla ventosa 0s- servata da Ficalbi, e con ragione da lui omologata alla ventosa apicale descritta in Ch. Veramy. Io credo però che questa non sia una ventosa, ma un organo adesivo. Nessun autore ne ha fatto oggetto di studio ed io non ho potuto studiare quest’organo nell’ unico esemplare di Ch. Veranyi da me posseduto, perchè in questo .disgraziatamente mancano tutte e due le estremità dei tentacoli. Aggiungo, che nelle sezioni le ventose dei tentacoli si 20, po presentano per forma e struttura molto simiglianti a quelle de- scritte dagli autori in C%. Veranyi (Vedi Verany, D'Orbigny, Joubin). Sarebbe stato utile, che Ficalbi avesse dissezionate le due forme delle figure 3 e 4 e avesse fatto conoscere se esse sono sessualmente mature oppur no, e in quali rapporti si trovano per la maturità sessuale con la forma da me studiata. È questa una lacuna, che si riscontra nel lavoro di Ficalbi. Eppure non si può negare, che la constatazione di tali fatti sarebbe stata di gran peso per la conclusione cui quel lavoro pervient. Un’ altra lacuna, che io ho notato, consiste nella mancanza di uno studio accurato e comparativo fra le diverse forme del- l'organo costrittore e della radula. In Doratopsis vermicularis l'organo costrittore è stato de- scritto ed illustrato con disegni da Weiss e da me (Cef. pag. 111, tav. 14, fig. 4); però l’autore inglese lo trova del tutto identico a quello di Chiroteuthis Veranyi ed io lo descrivo molto più sem- plice e senza la tipica complicazione notata in quest’ultima spe- cie. Il Ficalbi in Doratopsis vermicularis (pag. 103) dice di que- st’ organo, dopo aver citato Weis, che è « rappresentato da un piccolo incavo, cui corrisponde un rilievo nel mantello ». Nella descrizione della forma intermedia lo ricorda appena (pag. 106). Nella Ch. Veranyi poi vi accenna soltanto con queste pa- role: « Alla sua base l imbuto ha due incavi ovali, che insieme a due corrispondenti rilievi del mantello costituiscono un appa- recchio di chiusura, ecc. » (pag. 110). Certamente quest’ organo meritava una maggiore considerazione, poichè data la grande im- portanza, che esso ha nella sistematica, avrebbe potuto fornire dati notevoli riguardo alla questione della unicità delle due spe- cie. Soltanto io qui posso aggiungere, che nell’esemplare adulto di Chiroteuthis Veranyi ho rinvenuto quest’ organo molto difte- rente che in Doratopsis vermicularis e come è stato descritto da- gli autori (Verany, Weiss, ecc.). Della radula il Ficalbi non si occupa affatto. Io ho descritta ed illustrata la radula in Doratopsis vermicularis (Cef. pag. 110, tav. 14, fig. 8), in cui si presenta costituita di sole tre serie di denti. Tale estrema semplicità della radula fu uno dei caratteri , che mi fecero pensare alla possibilità di trovarmi dinanzi ad un cefalopodo giovanissimo , ancora molto lontano dalla maturità sessuale. Peccato che non si conosca nulla rispetto alla radula de- gli esemplari di Ficalbi! Tanto più, che avendo io studiato questo organo nell’ esemplare adulto di Chiroteuthis Veranyi ho trovato, VG PNR — 196 — che aveva una struttura molto complicata: è infatti formato da ben move serze di denti, varii di forma e di grandezza, disposti secondo la formola dentaria 3322/2235 (Per la interpetrazione di questa formula vedi Cef. pag. 19-20). Notevole specialmente è questa radula per il fatto, che vi si riscontrano le serie marginali e laterali nell’ egual numero di due per lato, cioè quattro serie dell'una e quattro dell’ altra maniera. Passo a qualche altra osservazione. I due caratteri più salienti che si trovano nella Doratopsis vermicularis e scompariscono del tutto in Ch. Veranyi sono il così detto colletto, che congiunge il capo al resto del corpo e l’ appendice ensiforme. Per il colletto il Ficalbi dice, che man mano vada conglobandosi nel capo. Questa opinione trova un appoggio nella rispettiva lunghezza del colletto e grandezza del capo nella forma intermedia e nella tipica D. vermicularis. Certo che questo è un dato di fatto non spregevole, ma a mio credere non basta a dimostrare la verità dell’asserzione. Avrei per lo meno desiderata qualche osservazione sopra il nu- mero dei sepimenti del colletto nella forma intermedia, e sopra la loro esistenza nella C%. Veranyi giovane (fig. 4). Chi sa, forse nel numero e nel destino di tali sepimenti si sarebbe trovata una prova più sicura dell’ opinione del Ficalbi ! L’ appendice ensiforme non si trova nella forma inter- media, ma Ficalbi scrive: « L'’esemplare che descrivo (fig. 3) pre- senta al di là della pinna solo un monconcino di coda, ossia di appendice ensiforme ; ma non posso escludere, che questa fosse in realtà più lunga e che si sia rotta nella cattura » (pag. 136). In fine nello esemplare adulto di Cl. Veranyi, descritto ed illustrato nella fig. 4, non esiste più l’appendice ensiforme, benchè sì noti nella figura anche un morcorcino più piccolo di quello della fig. 3 e di cui l’autore parla a pag. 106. Nell’ esemplare di Ch. Ve- ranyi da me studiato non ho trovata traccia alcuna di punta, che ricordi l’ appendice ensiforme o un residuo di essa. Il man- lla rene —= dite tello si termina come disegna il Verany (Cef. tav. 38 e tav. 39) e non esiste la punta apicale, che va oltre le natatoie, disegna- ta da Weiss (tav. XIII, fig. 4). Il Ficalbi scrive a pag. 114: « l’appendice ensiforme o caudale va scomparendo », ma egli non Pe .rte ——_—_—__———’ev gp ci fa sapere come abbia luogo la scomparsa e non assoda nem- meno , se nella forma intermedia esista oppur non esista. Eppure . alette si tratta di un'appendice, che raggiunge una notevole grandezza e porta diverse natatoie, due secondo Ficalbi (pag. 103, fig. 2), più di due secondo le mie osservazioni (Cef. pag. 110, tav. 14, fig. 6 e 7 e specialmente tav. 31, fig. 12 ). DE ti Ora non mi resta che esporre brevemente il giudizio sopra il valore sistematico delle forme prese in esame nel lavoro di Fi- calbi. Le due forme descritte come D. vermicularis e riprodotte nelle figure 1 e 2 sono da riferire senza alcun dubbio alla me- desima specie, come pure è certo che esse non siano mature ses- sualmente. Per quanto riguarda poi la forma chiamata interme- dia (vedi fig. 3), malgrado i numerosi rapporti messi acutamente in rilievo, non sì può negare che fra essa e le precedenti vi siano alcune differenze, le quali indicano chiaramente, che fra di loro vi sia un salto, che richiedeva di esser riempito da altri stadil di sviluppo. Per giunta si ignora se questa forma intermedia sia adulta: tutte le probabilità pare che siano per il no, ma disgra- ziatamente manca la constatazione del fatto. La Chyroteuthis Veranyi illustrata da Ficalbi e che egli ri- tiene un adulto, ma che non ancora ha raggiunto le 427272820722 definitive, a me sembra ancora molto lontano dall’adulto, come per esempio da quello descritto e figurato dal Verany, nè son sicuro che essa sia per anco matura. Intanto i caratteri messi in rilievo da Ficalbi comparati con quelli riportati da Verany, non chè con quelli da me medesimo osservati sopra l'esemplare adulto, dimo- strano chiaramente che quell’'esemplare del Ficalbi è un individuo ancora molto giovane. Fra questo e la forma intermedia, non si può negare, che vi siano rapporti molto intimi, che autorizzano a ritenere il primo uno stadio più sviluppato dell'altra; fra esso in- vece e l’ adulto Cl. Veranyi vi è tanta differenza, che a me sembra sarebbe stato necessario per lo meno uno studio compara- tivo dei caratteri delle due forme per conchiudere che siano due stadii di crescenza della medesima specie. Trovo anche che non sarebbe stato privo di importanza rilevare il sesso dei diversi esemplari studiati, perchè potrebbero anche essere in giuoco dei caratteri sessuali, che non sappiamo in simili Cefalopodi fino a qual punto possano modificare la forma tipica. Come si vede, le mie osservazioni non mirano a menomare la importanza del lavoro di Ficalbi. Io sono anche inclinato ad accettare la conclusione finale della unicità delle due specie (D. vermicularis e Ch. Veranyi), e mi reputerò fortunato se le mie parole varranno ad eccitare il Ficalbi medesimo o qualche al- tro naturalista, che si trovi nella condizione di poterlo fare, a ritornare sopra |’ interessante argomento, riportando in appoggio della tesi nuovi fatti, che valgano a provarla indubbiamente. — 198 — Pfetter pertanto rigetta (Syn. d. Oeg. ceph. pag. 195) le ve- dute di Ficalbi e ritiene distinte le due specie, ma non dà nes- suna positiva ragione del proprio modo di pensare. Poi non si comprende come e perchè consideri la forma intermedia co- me un bastardo (sic!) fra le due specie. Di questa strana e spe- ciosa opinione non pare che sia il caso di occuparsi, tanto più che il Ficalbi medesimo ha risposto (Mon. zool. Ital. pag. 37, XXII, Anno 1902, n. 2) alle critiche dell’autore tedesco. ' Al Kolombatovic !), che ha fatto delle osservazioni sopra al- cune specie da me illustrate, debbo una breve risposta. Per quanto riguarda l'/llex cormdetti (Verany) Stp. 1880, l’au- tore disgraziatamente, malgrado la sinonimia riportata e le con- siderazioni fatte sul proposito, pare che confonda le due specie ben distinte, che portano il nome di Zllex cormdeti (Verany) Stp. e Todaropsis Veranyi Girard 1889. Questa confusione è dimostrata dalla osservazione sopra i caratteri sessuali, che l’ autore sì me- ‘aviglia come io non abbia messi in rilievo. Ma come poteva io rilevare dei caratteri, che son serviti al Girard per stabilire un nuovo genere ed una nuova specie ? Abbia la cortesia il Kolom- batovie di rileggere quanto è scritto nella mia Monografia a pa- gina 69, 70, 76, 80, 81 a proposito di Todarodes sagtttatus, Ilex coindetii e Todaropsis Veranyi e facilmente si convincerà come la Loligo sagittata del Verany, var. A e var. B, + e +, è diventata per opera di Steenstrup Todarodes sagittatus e IMex commdetii, men- tre per opera del Girard la femmina è diventata Todaropsis Ve- ranyi. Tale confusione di specie ha dato all'autore l'opportunità di fare .alcune critiche a quanto io ho scritto, di cul non resta che la correzione di un lapsus calami, occorso nella spiegazione delle tavole, come risulta mettendo a confronto la fig. 10 della tav. 11 con il testo a pag. 75, da cui si rileva che non è il brac- cio destro ma il sinistro in cui ha luogo la ectocotilizzazione nel- lO Illex cormdetu. i Il Kolombatovie mette in dubbio la distinzione delle due specie L. marmorae e L. media e le riunisce sotto il nome di L. media Lin. Egli opina, che gli esemplari da lui raccolti nel- l'Adriatico a mantello appuntato non siano altro che giovani della L. media, ma riferiti dagli autori a L. marmorae Ver. Trova, che in questi esemplari gli anelli cornei delle ventose, tanto delle brac- cia sessili, quanto delle tentacolari, sono armati di denti e mette !) KoLomparovie G, Druge Zoologiske Vijesti iz Dalmacije-U Spljetu 1900. Co ' rr -AN >VvVVv+ I dn ani ein T99 in contradizione questa sua osservazione con la mia, da cui ri- sulta che ‘in L. media sono dentati gli anelli cornei delle ventose delle braccia sessili, e lisci quelli delle ventose delle braccia ten- tacolari, e viceversa in L. marmorae. Io sono convinto, che gli esemplari studiati dal Kolombatovic appartengono tutti a L. mar- morae di diversa età, e che egli non abbia mai avuto esemplari simili a quelli da me riferiti a L. media Lin. Intanto credo utile qui ricordare che fin dal 1890 il Girard studiando comparativa- mente le due specie era venuto nella conchiusione, che i carat- teri esistenti fra di esse non avevano importanza di caratteri specifici distinti. Io non mancai di tener conto della opinione e delle ricerche del Girard, ma non credetti di accettarne le con- chiusioni, perchè mi sembrò appunto dalle misure da lui date e prese sopra numerosi esemplari, che egli avesse sempre studiati individui riferibili a L. marmorae di età e sesso diverso, e non a L. media Lin. (Cef. (rolf. di Napoli, pag. 185 e 188). Le conoscenze presenti sopra, le due specie non ne permettono la unificazione. Nè sì può accettare l’ opinione del Kolombatovic, che gli esemplari a mantello caudato fossero femmine, perchè essa è contradetta dalle osservazioni di Girard e perchè io ho avuti individui maschi e femmine, che avevano precisamente gli stessi caratteri e la stessa forma della L. media da me rappresentata nella fig. 7 della tav. 18. Lasciando da parte qualsiasi considerazione sopra il nuovo ordinamento, che Pfeffer!) presenta dei Cefalopedi Oigopsidi, e so- pra la loro divisione per mezzo di quadri dicotomici in famiglie, generi e specie; mi limiterò a rilevare alcuni giudizii dell’autore sopra varie specie del Mediterraneo, delle quali 10 mi sono oc- cupato. 1. Teleoteuthis caribaca (Lessueur 1821). Malgrado che non sia citato Verrill, cui si deve il genere, nè Hoyle, che per il primo ha dato un cenno sicuro della specie e della sua sinonimia, pure l’aver notato fra i sinonimi la L. laticeps Owen e la 0. cardioptera d’Orb. mi fa credere che si tratti appunto della 7. carzbaca degli autori. Intanto Pfeffer scrive: «< Im Mittelmeer ist er noch nicht gefunden ; die von Jatta als Teleoteuthis caribaea angesproche- ne Art ist eine junge Abraliopsis ». Mentre confermo, quello, che ho scritto a proposito di questa specie (Cef. Golf. di Napoli pag. 106), la mia descrizione e le figure che l’ accompagnano, 1) Prerrer G. Synopsis der Oegopsiden Cephalopoden. Mitth. aus dem Nanturhistorischen Museum. XVII Hamburg 1900. dimostrano che i due esemplari da me studiati vanno riferiti alla 7. caribaca Less.; invece la breve e succinta descrizione di Pfeffer lascia in verità molto dubbio sopra la esattezza della sua identificazione. La contusione poi cresce quando il lettore cercan- do in gen. Abraliopsis non trova riportata , nè più ricordata la mia povera 7. carzbaea, che ricomparisce nella sinonimia di Com- psoteuthis linnbergi gen. sp. nov. (pag. 167)! Qui ogni commento è superfluo ! 2. Teleonichoteuthis Krohni Verany 1851. In sinonimia Eno- ploteuthis margaritifera Jatta 1895. Forse si riferisce ai piccoli di cui si parla in seguito. 3. Onychoteuthis Banksi, Leach 1817. Ver. et D'Orb. 1839. A proposito di questa specie scrive: « Im Mittelmeer scheint die Art selten zu sein, doch liegt mir ein Stick von der Zoologi- schen Station in Neapel vor; andererseit gehòrt das von Jatta (Cefalopodi 1896) als Ancistroteuthis lichtensteini (Taf. 13, fig. 14) abgebildete Stiick wahrscheinlich. die Fig. 19 abgebildete Keu- le, und der Fig. 21 abgebildete Gladius mit sicherheit zu Oni- choteuthis banksi ». L’ esemplare da me descritto ed illustrato (prego il prof. Pfeffer di leggere la particolareggiata descrizione dell'animale a pag. 104, 105, 106 e tener presenti anche le fig. 61 e 62, che si trovano a pag. 28 in Cefalopodi del Golfo di Na- poli ecc.) corrisponde precisamente alla Ancistrotenthis lichtensteini secondo è descritta da Ferussac et D’'Orbigny ed anche secondo la descrizione e le figure di Verany, che in questo caso hanno una grande importanza. Del resto i caratteri distintivi messi in evidenza dallo stesso Pfeffer non sono tali da convincere, che ve- ramente essi valgano a distinguere le due specie, per giunta rife- rite a due generi diversi, ma piuttosto hanno in me ridestato il dubbio, che la 0. Barksi sia un giovane di 0. lichtensteini. Que- sto dubbio si affacciò la prima volta alla mia mente studiando un esemplare giovanissimo , avuto da Messina, e che io fui incerto se riferire all’ una e all’ altra specie. 4. Pterygiotenthis margaritifera (Rippell) 1844. Giustamente a proposito di questa specie scrive l’autore: » Die von Jatta zu dieser Art gezogenen Jungen gehòren zu Teleonychoteuthis Kroh- nii ». Infatti, nella descrizione di £. margaritifera Riipp. 10 no- tal: « tanto le uova, quanto i piccoli di queste specie sono sco- nosciuti finora ». Ma poi, per un errore a me stesso inesplicabile, nella leggenda della tavola 12 si trovano riportati alla £. mar- garitifera i tre piccoli rappresentati nella figura 24 @, 0, e, di cui si parla nel testo a pag. 100 e sono riferiti al 7. 70m. Sono grato al prot. Pfetfer per avermi ottferta 1 opportunità di correggere |’ errore ! 5. Ctenopterix siculus (Verany); Sepioteuthis: sicula Verany 1851; in sinonimia Ct. fimbriatus Appellòtt 1890; Ct. cyprinoides Joubin 1894; Callteuthis neuroptera Jatta 1896. Non trovo giustificata la identificazione proposta da Pfetter, che non ha alcun addentellato nè nella descrizione, nè nelle fi- gure del Verany. Per me la Sepiotheuthis sicula (Riipp.) Verany resta una forma dubbia, che certamente nulla ha da fare con Ctenopterix fimbriatus Appellòff 1890. Credo anche, che Ct. cy- prinoides Joubin sia una specie distinta da Ct. fimbriatus App. per quanto posso giudicare dalla comparazione della descrizione delle figure che ne danno i due autori. Quanto poi alla Call teuthis nevroptera Jatta, questa non ha nulla di comune con Ct. fimbriatus App. e CI. cyprinoides Joubin e molto meno con Se- pioteuthis sicula (Rùpp.) Verany. Ultimamente son capitati nel- le mie mani parecchi esemplari di Ct. fimbriatus e qualche al- tro esemplare della specie da me descritta col nome di Call: teuhtis nevroptera ; ho quindi potuto studiare comparativamente le due forme e mi son convinto, che l una è ben distinta dal- l’altra. Ma per quanto si riferisce al genere, cui debba riportarsi la mia nuova specie, dissi le ragioni che mi decisero per il gen. Calliteuthis, e contemporaneamente notai la presenza di alcuni caratteri, non messi in rilievo da Verrill (Cef. pag. 121). Allora non mi credetti autorizzato a creare un nuovo genere e non po- tetti riportare la specie al gen. Cfenopterix, perchè quanto ne aveva scritto Appellòff non mi sembrò sufficiente ad assegnare alla mia specie un posto determinato nel suo gruppo. Ora, dopo aver controntata la mia specie con quella di Appellòff, mi sono convinto che tutt'e due vanno riferite al gen. Cteropterix, di cui però bisogna completare ed in parte modificare le caratteristiche generiche. 6. Tracheloteuthis riser Stp. 1881; in sin. 7. beni Stp. 1881; Entomopsis velatni Rochebrune 1884, Jatta 15896; Entomopsis clouei Rochebrune 1881; Verrzliola gracilis, niympha Pfeffer 1884. A proposito della identificazione dei generi Trachelotent}is, Verrilliola ed Entomopsis mi riporto a quanto ho detto in Cef. d. Golfo di Napoli, pag. 112. Intanto credo utile qui ripetere la mia convinzione sicura, che la Entomopsis velaini Roch. da me de- scritta a pag. 112-114 ed illustrata in tav. 7 fig. 4 e tav. 14 fig. 10-15, non ha nulla di comune con qualsiasi specie di Trachelo- teuthis. Siamo dinanzi ad una specie che ha la tipica facies delle — 202 — forme appartenenti alla famiglia Loligopsidae Roch.; anzi essa è tanto vicina a Doratopsis vermicularis, che si potrebbe anche du- bitare che ne fosse uno stadio di sviluppo. 7. IMex iMecebrosus Les. 1821. Var. a) I. illecebrosus (Les- sueur); Var. 0) £. 2Ulecebrosus coindetii (Verany) — L. pillae Ver.— Ummastrephes sagittatus D'Orb. Questa complessa sinonimia e la formazione delle due varietà a me non sembrano affatto giu- stificate. 8. Todaropsis eblanae (Ball) 1841. In sin. Loligo sagittata Ver.; Todarapsis veranyi Girard, Passelt, Jatta. — Senza alcuna discussione viene riferita alla 7. edblanae Ball, quella forma da Verany creduta il % di L. sagittata e da Girard per il primo descritta come una nuova specie, che egli dedicò all’illustre spe- cialista Nizzardo. Prima di accettare questa identificazione, già suggerita da Hoyle (A Cat. of Rec. Ceph. Suppl. 1887-96, Edim- bourg 1897) a me sembra, che sarebbe necessario uno studio com- parativo delle due forme. Finora mancano conoscenze precise sopra la Mex eblanae Ball., malgrado la nota interessante di Hoyle sopra questa specie (Hove, Note on a British Cephalopod, Ilex eblanae Ball), onde non è possibile la opportuna compara- zione fra essa e l’altra specie !). Nello splendido lavoro di Joubin (Cephalopodes provenant des campagnes de la Princesse Alice (1891-1897) Monaco 1900) oltre la descrizione di alcune nuove forme di Cefalopodi, molto inte- teressanti per la sistematica, sì trovano anche studiate specie già note, ma rare, e non, mancano osservazioni e notizie sopra al- cune specie del Mediterraneo. Mi fermerò alquanto sopra queste ultime e specialmente sopra quelle, di cui anche io mi sono occupato. Joubin a proposito di Tremoctopus hyalinus (Rang) Tryon non accetta la mia opinione che questa specie sia un giovane di Ty. violaceus D. Ch. e prende l'occasione per rigettare anche la simonimia da me proposta: Tyremoctopus Kollikeri = Tr. hyali- nus= Tr. atlanticus = Tr. microstomus = Tr. quoyanus = Tr. ve- lifer = Tr. violaceus. A me rincresce, che i illustre naturalista francese non abbia trovate valide le ragioni, che mi indussero a !) Aveva già scritte queste parole quando mi è pervenuto un ultimo la- voro di Hoyle W. E. (Notes on the type Specimen of Loligo eblanae Ball. Manchester Memoirs Vol XVII, N.9 1103) nel quale appunto dopo uno studio comparativo tra 1 esemplare tipico di Ilex eblanae e le diverse descrizioni di Todaropsis veranyi Gir. si dimostra la identità delle due specie. Lia lE 1908 — proporre la suddetta sinonimia, ma maggiormente mi duole di non aver trovato nelle sue parole nessun dato di fatto, che po- tesse mutare il mio convincimento. Notevoli sono le forme appartenenti alla fam. Taonoteuthi- dae, di cui è dato un quadro sinottico dei generi, e numerose osservazioni e considerazioni sopra le specie. Per quanto riguarda il gen. Entomopsis e Vl’ Entomopsis velaini, Joubin conferma la mia opinione. Egli giustamente trova, che il gen. Entomopsis non debba confondersi con Tracheloteuthis e non possa riferirsi alla fam. Ommastrephidae, ma alla famiglia Taonoteuthidae (pag. 90, 91). Quindi descrive due esemplari che riporta all’ Entomopsis velaini Roch., di cui dà anche la figura del capo visto di lato (tav. XI, fig. 18). Riconferma i caratteri della specie, ma osserva che la lunghezza del collo è variabile, secondo che l’animale al momento della morte ha il capo più o meno contratto nella ca- vità palleale. Nota che nell’esemplare più grande il collo era più lungo che nell’ esemplare più piccolo, mentre 1 esemplare de- scritto e figurato da me aveva un collo molto lungo. Egli dà im- portanza a questo fatto per le conseguenze, che ne potrebbero derivare nella determinazione dei differenti esemplari. A me sem- bra che dopo le osservazioni del Ficalbi sopra Doratopsis vermi- cularis, questa lunghezza variabile del collo potrebbe anche avere un altro significato: potrebbe darsi, che ci troviamo per questa specie dimanzi ad un fatto analogo a quello studiato in Dora- topsis. Tanto più, che anche per l’ Entomopsis velaini Roch. esi- ste il dubbio, che sia una specie fatta sopra individui giovani e forse non ancora maturi (Cef. ecc. pag. 114). È descritta anche una nuova specie appartenente al gen. En- tomopsis, V E. Alicei, che potrebbe essere l’ adulto finora scono- sciuto dell’ E. velaini (pag. 92, 95; tav. XI, fig. 11 e 12 e tav. XII fig. 8-12). Non si dice nulla del sesso delle due specie descritte, ma sarebbe tanto utile che qualcuno degli esemplari posseduti fosse sacrificato per ricercarne il sesso e lo stato di maturità delle glan- dole sessuali. Sopra il Doratopsis vermieularis (Ripp.) De Roch. dà poche notizie. Non so spiegarmi come Joubin abbia potuto frantendere quello che abbiamo scritto Weiss prima e dopo io sopra i sepi- menti, che dividono il collo dell'animale in concamerazioni, per potere conchiudere con queste parole : « ces organes étoilés ne sont probablement pas autre chose que des chromatophores «. Basta leggere quello che Weiss (pag. 81, tav. IX , fig. 6) ed io (Cef. RI 1 pag. 109, tav. 14, fig. 6 e 7) abbiamo scritto, nonchè le nostre figure per convincersi, che le nostre parole sono state mal com- prese. Joubin nota anche, che il suo esemplare di Doratopsis è si- mile a quello di Pfeffer (Ceph. d. Hamb. Mus. pag. 28, fig. 80), che quelli illustrati da me e da Weiss sono anche simili fra loro, ma che questi non somigliano ai primi. Questo è vero, ma trattasi di diversi stadii di crescenza e non di diversità specifica, come sembra che sia inclinato a credere il naturalis'a francese. Senza dubbio la Revisione della famiglia Sepiolidae dello stesso Joubin !) è molto utile per gli studiosi, che vi trovano rac- colto tutto quanto si riferisce a questo gruppo di Cefalopodi. To mi fermerò soltanto sopra alcune specie del Mediterraneo. Riguardo al gen. Sepiola l’autore dà una grande importanza alla forma della borsa del nero ed accetta la chiave analitica delle specie proposta dallo Steenstrup. Egli non crede, pur ammettendo che altre cause possano influire sopra la forma della borsa, che esse siano sufficienti a far passare un individuo con la borsa della forma semplice in un altro con la borsa della forma lobata. A me sembra, che se si ammette la esistenza di altre cause, le quali possono far passare la borsa piriforme in lobata, non si può senza cadere in contraddizione fondare sopra questo carattere della forma dela vescicola del nero la determinazione delle specie. Lo studio comparativo di un materiale molto abbondante messo a confronto con alcuni esemplari tipici, gentilmente donatimi dallo Steenstrup, mi dimostrò con grande evidenza, che mentre la ve- scicola del nero muta di forma, non si riscontra mutamento al- cuno negli altri caratteri differenziali fra le specie, messi in rilievo dal naturalista danese. Questo dato di fatto mi indusse a riget- tare la chiave analitica del gen. Sepiola proposta da Steenstrup e contemporaneamente a proporre la sinonimia , S. rondeletà. = S. Petersi Stp. Osservo, che Joubin nella descrizione delle diverse specie di Sepiola non ha tenuto convenientemente conto degli altri carat- teri. Intanto è strano che malgrado la grande importanza sistema- tica attribuita alla forma della vescicola del nero nel gen. Sepzola, nessuno, dopo Girod si è di proposito occupato della ragione, che determina tale forma. Secondo Girod la vescicola del nero 1) JouBiN L. Revision des Sepiolides. Mem. d. la Soe Zool. de France, Annèe 1902, pag. S0, e seg. — i +09 # _ _ e O rn E — 205 — lobata avrebbe una struttura diversa dalla vescicola piriforme ; tale diversità di struttura consisterebbe nella presenza sui lati della vescicola di due glandole in rapporto con delle formazioni, su cui l’autore non si pronunzia. Le osservazioni di Girod sono state confermate da alcune mie recenti ricerche, le quali però mi hanno condotto a qualche conchiusione alquanto differente da quelle del ricercatore francese. Io ho trovato sopra i due lati della vescicola del nero, addossati alla parte ventrale di essa, due corpi a contorni irregolari, allungati, rotondeggianti alle due e- stremità, disposti in modo, che prolungati si incontrerebbero ante- riormente ad angolo acuto sopra l’intestino retto, che corrisponde all'asse mediano della vescicola del nero. Questi due corpi si pre- sentano come due semi di fagiolo sporgenti da un lato e dal- l’altro della vescicola. Sono fortemente iridescenti e la loro strut- tura è simile a quella di altri organi iridescenti descritti nei Ce- falopodi. Nell'interno di questi ho trovato un altro corpo conico schiacciato che si presenta come una linguetta, la quale per la parte più larga aderisce alle pareti del corpo in cui è contenuta, mentre è libera per la parte più stretta. Intorno a tale linguetta si nota una membrana argentea rifrangente e due espansioni della vesci- cola del nero che la ricoprono. Questa linguetta è una glandola se- cernente muco, che per mezzo di un dutto viene portato all’esterno dei corpi iridescenti. Quest’organo così formato non ha nulla da fare con la glandola del nero, con cui non ha altro rapporto, che quello della vicinanza, trovandosi ad esso addossato. Esso somi- glia per la sua struttura ad un organo luminoso; ma le mie osser- vazioni non hanno confermato che possa esserlo , perchè fatte diverse ricerche in camera oscura sono state sempre negative. Per il momento posso dire, che è formato di due parti ben distinte: una parte esterna iridescente, ed una interna secernente; che il secreto della parte glandolare è un muco, portato all’ esterno e versato nella cavità palleale per mezzo di un dutto, il quale si apre quasi nel mezzo di ciascun corpo iridescente. Aggiungo, che tale organo ho trovato anche in Meteroteuthis dispar, in cui ha forma differente: in tutti i piccoli di Sepzola, che ho tagliati: ed in piccoli di /?. macrosoma, mentre non esi- ste nell’adulto. Rimandando a miglior tempo la pubblicazione delle mie os- servazioni sul proposito, questo poco, che di sopra ne ho riferito basta a far comprendere, che la forma lobata della v. del nero si deve attribuire alla presenza di due organi simili e simmetri- camente disposti sui lati di essa. Questi organi per ora sono enig- — 206 — matici in quanto alla loro origine, alla loro funzione, e resta anche inesplicabile la loro comparsa e scomparsa nelle diverse specie appartenenti al gen. Sepiola secondo alcuni, o in diversi individui appartenenti alla medesima specie secondo altri. La S. aurantiaca Jatta è riportata da Joubin in sinonimia di S. rondeletti. Egli scrive, che non trova nella mia descrizione alcun carattere sufficiente a giustificare la separazione delle due specie. Lamenta, che io non abbia descritta e figurata la vescicola del nero nella nuova specie, rileva da una mia frase, che la vescicola sia eguale a quella di S. rordeletti, e quindi, conchiude non veder proprio la ragione di creare una nuova specie per un animale così poco caratterizzato! (1. c. pag. 85). Per quanto riguarda la vesci- cola del nero credo utile riferire letteralmente la frase cui accenna Joubin: « Intanto ho notato, che la borsa del nero in questa specie subisce la medesima variazione di forma, che sì riscontra nella S. rondeletii, infatti in alcuni degli esemplari da me osser- vati l'ho trovata triloba, in altri piriforme; nè per quanto vi avessi fatta attenzione mi è riuscito di scorgere negli altri caratteri va- riazione alcuna, la quale avesse potuto farmi dubitare trattarsi di specie diverse ». (Cet. Golf. di Napoli). Io non ho dunque de- scritta la forma della borsa del nero in questa specie, come non la ho descritta nemmeno in S. rondeletii, perchè ho trovato che variava, essendo ora semplice ora lobata, mentre fissi restavano gli altri caratteri. Ma vediamo se veramente questa mia Sepiola aurantiaca sia un animale tanto poco caratterizzato da meritarle il disonore di andar confusa con la S. rondeletti. Noto innanzi tutto, che assolutamente non si può parlare di » animal aussi peu caracterisè « dinanzi ad una specie, cui è stata dedicata una minuta descrizione, nella quale nessun carattere è stato trascurato (Cef. Golfo di Napoli pag. 130-133, tav. 14 fig, 31-46). Soltanto perchè non ho creduto tener conto della forma della borsa del nero, non hanno valore tutti gli altri caratteri da me messi in rilievo ? Que- sto sarebbe un giudizio assurdo ed ingiustificabile, che non posso accettare. Non sono amico di creare nuove specie; ma non potetti* fare a meno di dare a questa Sepiola un nuovo nome, perchè la forma dei denti della radula (Cef. pag, 131, tav. 14, fig. 46), la particolare conformazione del mantello e specialmente del mar- gine anteriore di esso (Cef. pag. 131-132, tav. 14, fig. 34 e 35), la proporzionale grandezza delle natatoie (Cef. pag. 102, tav. 14, fig. 38), la forma e la grandezza del gladiolo (Cef. pag. 132, tav. 14 fig. 31) e specialmente la ectocotilizzazione (Cef. pag. 182, tav. 14 — 207 — fig. 36, 40 e 41), oltre altri caratteri, che per brevità lascio al lettore di riscontrare, mi impedirono di riferire la mia Sepiola a quelle già conosciute e molto meno alla S. rondeletti. La identificazione di un unico esemplare della collezione scien- tifica della Stazione Zoologica, da me riferito a Rossia palpebrosa Owen, è stata messa in dubbio da Joubin (pag. 122). Egli trova che, tale esemplare secondo le figure e la descrizione da me date (Cef. pag. 139-142, tav. 15, fig. 11-20) non corrisponda a quello da lui avuto in esame dal Museo di Copenhagen, ma soggiunge. che questo era in cattivo stato di conservazione. È strano, che il mio esemplare fu anche studiato a Copenhagen e la sua iden- tificazione alla specie di Owen, trovò anche la personale appro- vazione dello Steenstrup. Del resto trovo, che i caratteri messi in rilievo nella mia descrizione sono in perfetto accordo con quelli dati dagli autori precedenti (Owen, Appellòf, Posselt) e dallo stesso Joubin. Soltanto l’imbuto è, secondo l’eminente specialista francese, grosso e lungo, che s'avanza fin quasi la biforcazione delle braccia ventrali, mentre nel mio esemplare è conico, piccolo, ete. (Cef. pag. 141); a dire il vero questa differenza per me non ha tanto valore da farmi dubitare della determinazione della specie. Su due tipi di pepe artificiale — Nota del socio A. CuroLo. (Tornata del 5 luglio 1903) Le falsificazioni del pepe sono molto comuni e la ragione, che eccita la frode, risiede nel prezzo elevato di questa droga. In origine le falsificazioni erano fatte dai piccoli rivenditori, i quali aggiungevano al pepe polverato le sostanze più diverse : crusca, amido di cereali, residui vegetali di tutte le specie, detriti e spazzatura di droghe, sostanze minerali ecc. — Più tardi com- parve la così detta pepina, pepolina o pepetta costituita da polvere di nocciuoli di ulive ed era venduta allo scopo indicato di adul- terare il pepe. In seguito questa falsificazione entrò nel dominio dell'industria e furono addirittura messe in commercio varie specie di pepe artificiale. I varil tipi di questo erano preparati sempre in polvere, di aspetto più o meno simigliante al pepe e difatti Girard !) cita una sola analisi di pepe artificiale in grani, fatta da Chevalier, il quale descrive questi falsi semi come una specie di pillole composte di una pasta di farina e, di detriti di pepe con aggiunta di polvere di senape e di pimento. In Italia una prima volta fu denunziata tale falsificazione da Bertarelli 2); in seguito Grimaldi ?) pubblicò l’analisi di un cam- pione di pepe in grani presentato in commercio come gra? d- setticidi ed infine Bimbi 4) si occupò di un altro tipo pubblicandone l’analisi completa. Nei primi mesi di questo anno capitarono nel Laboratorio mu- nicipale di Napoli due tipi di pepe artificiale: uno in polvere, pre- sentato per l’ analisi e l’altro in grani, sequestrato e distrutto in quantità molto rilevante nei magazzini doganali. Di ambedue ho eseguita l’ analisi chimica e microscopica de- terminandone i principali costituenti. 1) Documents sur les falsifications— II rapport, p. 668. 2) Rivista d’igiene e sanità pubblica — 1901, p. 416. 3) Stazioni sperimentali agrarie — 1901, p. 705. 4) Revue internationale des talsifications —1903, p. 10. — 209 — CARATTERI FISICI. Il pepe in grani si presenta in forma di granelli sferici con superficie rugosa e quasi bitorzoluta. Schiacciati, si mostrano co- stituiti da un involucro nero racchiudente una sostanza bianto- gialletta, che ne forma la massa principale. I rapporti tra 1’ involu- ero ed il contenuto sono però molto diversi da quelli che costi- tuiscono il seme vero. Questo perfezionamento nella falsificazione non era stato an- cora notato da alcuno ed è certo che un consumatore, non abi- tuato ‘all'osservazione, potrebbe facilmente cadere nell’ inganno ; specialmente se si considera che questi grani vengono mescolati con quelli del pepe vero in proporzioni molto variabili. In grandi masse presenta un lievissimo odore di pepe colo- niale. 100 grani di questo pepe pesano gr. 4.629, peso superiore a quello del pepe vero; infatti se si fanno cadere in una miscela di acqua e glicerina della densità 1.127, peso specifico del pepe, vanno in fondo, spappolandosi e colorando il liquido in gialletto, mentre i semi del pepe vero galleggiano. Il pepe in polvere si presenta di aspetto assolutamente simile alla polvere del pepe coloniale; ha odore aromatico spiccatissimo, tanto che non sàrebbe facile distinguerlo da quello normale. Nell’ acqua si divide in due porzioni: una galleggia e l’altra va in fondo al liquido senza colorarlo. ANALISI CHIMICA. Determinazione dell’ acqua: Gr. 10 di pepe, sottilmente polverato, in una capsula di por- cellana a fondo piatto , furono riscaldati in stufa a 110° sino a peso costante. Determinazione delle ceneri: Il residuo della precedente determinazione fu incenerito in una muffola e pesato, dopo raffreddamento in essiccatore ad acido solforico. Determinazione del cellulosio: Si è convenuto di considerare come cellulosio o legnosa il re- siduo inattaccabile dall’ acido solforico diluito. 14 — 210 — Questa determinazione fu eseguita facendo bollire gr. 1 di pepe polverato con ce. 100 di acido solforico all’ 1 ®/o. L' opera- zione fu fatta in un palloncino , munito di apparecchio a rica- dere. Dopo circa 2 ore si lasciò raffreddare, si raccolse il residuo su di un filtro tarato e dopo averlo lavato, prima con acqua bol- lente e poi con acqua fredda, fu seccato a 110° e pesato. Fu ripetuta la stessa determinazione col processo di Lande- rer: gr. 5 di pepe, mescolati con un miscuglio di gr. 8.2 di acido solforico e gr. 91.8 di acqua, furono lasciati in digestione, circa 3 ore, a 70°-80°. Dopo raffreddamento si raccolse il residuo su filtro tarato e fu lavato con soluzione potassica diluita, con acqua calda, con alcool bollente ed infine con etere. Dopo essiccamento a 110° fu pesato. Tra i due metodi ho trovato che bisogna dare la preferenza al primo, perchè con esso si ottengono risultati costanti ed in tempo più breve. Determinazione delle sostanze trasformabili in zucchero: Gr. 2 di pepe sgrassato e secco furono spappolati con ce. 125 di acqua e cc. 10 di acido cloridrico 1.12. Fu mantenuto in ebol- lizione per 3 ore, in un matraccio della capacità di cc. 300, munito di apparecchio a ricadere. Dopo raffreddamento, il li- quido filtrato fu neutralizzato con soda e portato a cc. 500. In parecchie porzioni di cc. 10 fu determinato lo zucchero col metodo di Fehling. Determinazione della piperina: Gr. 25 di pepe furono esauriti con alcool di 95° nel solito apparecchio a spostamento di Soxleth. L'estratto alcoolico fu trat- tato con soluzione di potassa molto diluita per sciogliere la resi- na. Il residuo fu lavato con acqua e sciolto in alcool bollente. Dalla soluzione alcoolica, ridotta a piccolo volume e raffreddata, fu riprecipitata la piperina con aggiunta di acqua. Fu raccolta su filtro tarato, seccata a 100° e pesata. Determinazione dell'estratto acquoso: Gr. 10 di pepe polverato sottilmente furono messi in dige- stione in circa ce. 90 di acqua distillata, a temperatura ordina- ria, agitando ripetutamente. Dopo circa 4 ore fu versato il mi- scuglio in un matraccio tarato e portato a 100 ce. — 211 — Fu determinato il residuo su porzioni di cc. 10 di liquido fil- trato , lasciandolo evaporare in capsula piana a bagno di acqua bollente e disseccando in stufa a 100°, simo a peso costante. Determinazione dell'estratto alcoolico: Gr. 10 di pepe furono esauriti in apparecchio di Soxleth con alcool a 95° sino a che questo passò incolore. Distillata la mag- gior parte dell’ alcool, la soluzione ridotta a piccolo volume fu evaporata in capsula piana su bagno di acqua bollente e dissec- cata in stufa a 100° sino a peso costante. Determinazione dell’ estratto etereo: Fu eseguita come la precedente determinazione, sostituendo, all’ alcool di 93°, etere anidro. Con questo trattamento furono ottenuti complessivamente resina e grasso. I risultati delle varie determinazioni sono raccolti nel seguente quadro : Pepe in grani Pepe in polvere Pea It ea toti ps 1 9.10 9/5 10.04 °/o Ceneri . dagli do TO, i 4.15 » 4.09 > elialozion. (paid MIO o BET]. 54.01. » Sostanze trasformabili in zucchero 46.61 » 27.23 “> de enani ni slumreviniri tria — 1.24 ‘> ica) eigrassornis(jpitzi pl a, 1.82 >» 249 >» Hslratto) AGQuoso,., suini eten doh: (0 2A: cd 4.60 » Estratto alcoolico . . . i, 4.94. > 1,00» ESAME MICROSCOPICO. Prima di procedere alla ricerca microscopica dei varii elementi, fu eseguita su ambedue i tipi di pepe la reazione del cellulosio. Una piccola quantità di polvere di pepe fu messa in una capsulina di porcellana a fondo piano e bagnata con una solu- zione cloridrica di floroglucina (1 gr. in 60 ce. di acido cloridrico 1.12). Si manifestò immediatamente la reazione intensa rosso-car- minio in ambedue i campioni, con la differenza che quello in pol- vere in molti punti, specialmente agli estremi, dette la colorazione giallo cedrina del pepe coloniale. L’ esame microscopico fu eseguito su piccole porzioni di pol- vere, ridotta sottilissima in mortaio di porcellana e bagnata con poca acqua. — 212 — Pepe in grani: La massa principale è costituita da amido di frumento me- scolato con polvere di nocciuoli di ulive ; questa fu identificata per la presenza di numerosissime cellule a pareti spesse, sclero- sate, di varie dimensioni. Fu notata ancora una quantità picco- lissima di detriti vegetali, costituiti principalmente dalle cellule dell’ epicarpo del pepe. Pepe in polvere: È costituito nella massima parte da polvere di nocciuoli di ulive, mescolate con amido di frumento. Fu riscontrata una di- secreta quantità degli elementi del pepe coloniale e qualche cellula colorata in giallo-arancio, appartenente al parenchima del pepe rosso (pimento). * * * Questi due tipi di pepe artificiale, mentre per la composizione quantitativa differiscono dagli altri, in sostanza rappresentano una delle tante frodi che si commettono nel commercio del pepe. Quello in grani però è di una perfezione, la quale non sì era ancora raggiunta, sia per la sua struttura, che per l'assoluta as- senza di polvere di pepe nella costituzione di esso. La presenza dei detriti di pepe rinvenuta nei preparati microscopici è data da una piccolissima quantità di residui provenienti dalla manipo- lazione del pepe coloniale, che è stata adoperata per formare quella specie di rivestimento del falso pepe. Napoli, laboratorio municipale di chimica. Su di un Muscari ed un’ Orchis a fiori bianchi. — Nota del socio Francesco DE Rosa. (Tornata del 5 luglio 1993) Quando il giorno 16 dello scorso maggio assieme ad un gruppo di nostri soci peregrinammo sul monte, in cima al quale sono i Camaldoli di Napoli, molte cose ci venne fatto di vedere, che di consueto cadono sott’occhio di chi, salendo, supera la zona delle comuni coltivazioni ed entra nella selva. Il ceduo castagnale, come tipo silvano, non richiede cure suc- cessive e determina buone condizioni per una più o meno ricca flora spontanea. Nondimeno questa è turbata a periodi relativa- mente brevi dall’azione diretta od indiretta dell’uomo. Chi per- corre per un tratto la strada, che dalluogo detto la Pigna per i Camaldolilli mena ai Camaldoli, s' accorge che questa, prima trac- ciata dallo scorrere delle acque piovane sulla tenera roccia vulca- nica e poi rabberciata, ma non sistemata, serve ora a comunicazioni e trasporti. Di conseguenza ha occasione di notare, come, essendo essa per lo più limitata da trincee naturali, su quelle lunghe di- stese di scoscendimenti e pendii diversi, dove più fittamente om- breggiati, dove meno per effetto del taglio periodico del casta- gneto, la naturale consociazione delle specie si presenta molto svariata. Lo sviluppo e la frequenza delle quali è in relazione con le condizioni di umidità, calore e luce, così che tratti, più o meno ricchi di messe, si offrono a chi ne imprende la visita a scopo di raccolta botanica. In generale chi più volte ha percorso quella strada, inter- nandosi nella selva, trova per lo più la stessa dote di unità spe- cifiche; ma spesso ha occasione di dover notare un tal quale mu- tamento nella distribuzione di alcune di esse, determinato appunto dai tagli periodici della massa legnosa e fronzuta, che alterano periodicamente e bruscamente le condizioni topiche dell'ambiente. Al certo questa variazione più o meno intensa permette ad alcune specie di presentarsi e vivere in quei punti, dove più facile si afferma l’azione diretta del sole e ad altre di ridursi e restare confinate dove è dato di vivere a pochissime fra esse per la de- ficienza di luce, alla quale risponde d’ordinario l'eccesso d’umidità. Ceg_.\gis La ragione di questa mia breve nota non è lo studio che si potrebbe fare, e sarebbe utilissimo, degli effetti che inducono sulla distribuzione di alcune specie i frequenti cangiamenti di con- dizioni d’ambiente prodotti dalle pratiche silvane degli sfolli e dei tagli, ma quello che di nuovo mi venne fatto di osservare. Nell'ultimo tratto di strada, cioè a circa un centocinquanta me- tri dall’eremo, le trincee non limitano più la vista, ma la via proce- dendo come a mezza costa è possibile stendere lo sguardo attra- verso i castagneti, digradanti verso occidente. Ed ivi, mentre notavo una ricca vegetazione, nella quale si distinguevano, oltre il comu- nissimo Ruscus aculeatus ed una abbondante copia di graminacee, di Orobus, etc. una frequentissima fiorita di Orchis maculata e di Muscari comosum, mi colpì e volentieri mi diedi a raccogliere in ispecie Orchis, attratto dalla bellezza delle spighe più o meno allungate e dense, dal colore variante dal lilacino carico al lilla chiaro ed al rosa o franco, o tenero. Vidi, avendone raccolte parecchie, come fosse possibile ordi- narne quasi una serie continua pel colorito, sia rispetto alla in- tensità del fondo , sia alla modificata venatura del perigonio e notai come, in. alcune, questa, intensa ed appariscente, faceva ve- dere a distanza i fiori di colore molto carico, pur restando il fondo relativamente chiaro. _ Qui, con occhio un po’ da orticoltore, pensavo come forse sa- rebbe relativamente facile ed opportuno, mercè un po’ di arte, di ottenere qualche varietà ornamentale di merito; ed i fiori che presentavano venatura appena visibile, e quelli nei quali addirit- tura era nulla col color del fondo tendente in alcuni al lilacino, al rosa in altri, mi facevano pensare alla possibilità di un qualche tipo monocromo. E se a queste considerazioni si aggiungono quelle che riguardano lo sviluppo in lunghezza della spiga, la densa serie di fiori e le dimensioni varianti del perigonio, in ispecie del labello, senza dubbio si è indotti a farsi augurio che qualche amatore se ne occupi con quella costanza e. passione che si ri- chiedono e l’Orchis maculata diventi frequente nei nostri giardini, dove spesso trovano posto specie più povere. Ma di ciò che qui dico per questa specie si può dire per tante altre ed è da com- piacersi come, infatti, anche presso di noi non sia mancato chi abbia saputo trar partito da specie nostrane , che sono state il fondo di varietà che oramai ìl commercio orticolo ha acquisite. Ma quello che richiamò la mia attenzione, e non dissimulo che mi produsse quasi un senso di sorpresa, fu un Muscari como sum, che fra i moltissimi dal caratteristico color violetto, così — 215 — frequenti, dai nostri campi ai nostri monti, fra le messi e nei pascoli, presentava la infiorescenza del tutto bianca. Perchè la cosa è nuova e, per quanto avessi riscontrato, non è stata ri- levata da altri finora, lo raccolsi ed ho creduto bene di farlo ritrarre nella tavola (IV) che accompagna questa mia nota. L’ e- semplare aveva la forma tipica della specie perfettamente con- Servata, variando soltanto nella deficiente robustezza della pianta e nel color candido sostituitosi del tutto al violetto. Procurai di esaminare accuratamente la posizione, nella quale la pianta trovavasi, ma, per quanto potetti rilevare, tutto era nelle stesse condizioni, ed una massa copiosa di Muscarì del più bel violetto 1’ attorniava. Ma a questa mia frase non manca forse chi ricorre con la mente a quel dubbio che ci tormenta così spesso e che a volte ci ostiniamo a volere eliminare, lusingando noi stessi, quasi te- neri di uno speciale amor proprio : possiamo davvero valutare le condizioni di ambienti in tutta la loro essenza , in tutto il loro intimo potere ? Certe speciali condizioni sfuggono, bisogna pur dirlo, alla nostra osservazione, e la variabilità degli organismi, senza dubbio, è in rapporto non solo con quelle che noi possiamo constatare, ma anche con altre che non siamo ancora forse in grado di ricono- scere e valutare. Non pertanto è certo, che nelle stesse condizioni apparenti di terreno, di luce, di calore, di umidità, una variazione profonda sì era verificata in quel Mwuscari, massime in quella serie di feno- meni che più nelle condizioni biologiche trovano la loro ragione. Quando cominciammo il ritorno pel viottolo che scende verso Soccavo, mentre prima, nel posto dove avevo trovato il Mu- scarî bianco, vana mi era riuscita la minuta ispezione fatta, per trovarne qualche altro esemplare, qui, dopo circa un centinaio di metri del nostro cammino, quando ancora il sentiero corre allo scoverto, mi venne fatto di scorgere un altro Muscar: bianco e non mancai di raccoglierlo. Notai nondimeno che in quel punto questo era quasi isolato, e mentre l’altro stava all'ombra del castagneto, questo stava quasi al chiaro, sul pendio che guarda oriente, e pochi, rari e distanti da esso erano gli esem- plari del Muscari di colore normale. L’aver trovato quella varietà e il desiderio di una ricogni- zione su più vasta superficie m’ indussero a ritornare ai Camaldoli ed il giorno 31 maggio presi la stessa via. Avvicinandomi al posto che intendevo esplorare, come quello che più mi prometteva, — 216 — lasciai la strada e m’internai nella selva. Vi trovai, fra le altre specie, molte Orchis, molti Muscari; niente però che mi fosse nuovo, ma come avanzavo, con mio rincrescimento cominciai @ constatare che specialmente la parte più alta della selva, contigua alla strada per un buon tratto del pendio occidentale, era stata pa- scolata dalle capre, che ne avevano brucati i cespugli e rase del tutto le erbe. Per una cospicua distesa, si sarebbe quasi detto che la falce vi fosse passata, tanto uniforme e generale ne era stata l’opera; non dubbi segni pertanto mi richiamarono alla mente 1’ azione non mai abbastanza deplorata del pascolo di quell’ingordo animale ed indiscreto. E tanto più dico ciò, perchè vidi che in qualche posto erano state addentate perfino le tenere vette dei castagni ripullulanti per recente taglio. Lasciato quel luogo, mi diressi sul viottolo di Soccavo , ma malgrado che ne avessi percorso un buon tratto, internandomi a rovistare per ogni dove, non mi venne fatto altro che di vedere molti, ma sparsi Muscari, senza che alcuno presentasse alcun che di notevole. Perdetti la speranza di trovare altro e mi determinai a ri- tornare sui miei passi, ma, invece di rifare lo stesso cammino che avevo fatto salendo, credetti opportuno percorrere l’altra strada che attraverso la selva mena a Cappella dei Cangiani. Questa idea mi fruttò e ad un punto, entrato in una se- zione, dal taglio di due anni, fui attratto da una ricca fiorita di Orchis ene impresi a raccogliere, più che altro, a scopo di orna- mento. Ve ne erano molte e di bellissimo deciso color lilla carico, graziosamente venato di violetto , cioè, del tipo , sarei per dire, classico della specie ; intanto richiamò subito la mia attenzione una spiga dai bei fiori bianchi che interrompeva nettamente la massa di quel colore dominante con tanta gaiezza e risalto sul verde delle erbe circostanti. Mi avvicinai e riconobbi che si trattava proprio di un’ Orchis: la esaminai: aveva i perigoni sprovvisti di qualunque accenno di venatura, il color del fogliame verde al- quanto pallido, con le macchie brune tipiche abbastanza sbiadite. Con cura la estrassi dal suolo con tutto il tubero palmato. Era un’ Orchis maculata a fiore bianco ? Era forse quella Orehzs che Nicola Terracciano !) raccolse nei pascoli aprici ed umidi di 1) Terracciano N. — Synopsîs plantarum vascularium montis Pollini. — Anno IV, 1889-90, Annuario del R. Istituto botanico di Roma. V. Hoepli, Mi- lano 1591, — 217 — Castrovillari e ne fece la specie (Calvellzi), che lo Arcangeli 1!) riporta come varietà della maculata ? Ricordavo vagamente la frase diagnostica dell’ O. Calvelliz Terr. sen., e più di tutto, forse, solo il carattere del perigonio candido mi era presente alla mente. Ritenni il dubbio, seguitando a percorrere, attentamente in- dagando, buon tratto di selva, ma solo potetti notare che in quella parte le Orchis, abbondanti, non presentavano più colorito sva- riato, ma tutte uniformemente riproducevano quello tipico. Ciò tanto più voglio ricordare in quantochè lo stesso mi venne fatto d’ osservare, sia dove il castagneto fitto e fronzuto proiettava ombra molto sensibile, sia dove più liberamente dar- deggiava il sole sui getti novelli delle ceppaie recise. L’esemplare a fiore bianco s’ ergeva un po’ sugli altri pros- simi appunto in un posto, quasi radura, dove, frequentissima, ]a specie formava un largo gruppo arieggiante un’ aiuola fiorita. Appena a casa, volli sottrarmi al dubbio ed esaminandolo accuratamente col sussidio dei libri, dovetti convincermi che trat- tavasi di un’ Orchis maculata L. sia per la maggior parte delle brattee più brevi dei fiori, che per lo sperone più breve dell’ovario. Da altra parte lO. maculata variamente descritta nel colore del suo perigonio, ciò che mi spiego per le cose innanzi rilevate, ha altrove offerto, benchè raramente , esemplari a fiori bianchi ed immacolati 2). Qui presso di noi non mi risulta che altri ne abbia trovato e fatto cenno e per questo ho creduto bene di rilevare questo caso, affidandone anche la memoria alla tavola (tav. V). Fra le Orchis un altro esemplare mi occorse di raccogliere, dal colore normale, ma presentava un caso teratologico interes- sante e qui lo accenno solo, riserbandomi di parlarne più par- ticolarmente altra volta. 1) ArcangELI G. — Compendio della Flora italiana. — E. Loescher, Torino 1894, 2.2 ed. 2) GRENIER et Gonron — Flore de France. — F. Savy, Paris 1856. SPIEGAZIONE DELLE TAVOL o Tav. IV. — Muscari comosum L. a fiore bianco. È i a) Pianta intera ad un terzo del vero. 6) Infiorescenza e foglia. V.— Orchis maculata L. a fiore bianco. a) Pianta intera ad un terzo del vero, 3) Infiorescenza. La Mitra zonata, Marryatt nella fauna malacolo- gica marina di Capri. — Comunicazione del socio Rar- FAELLO BELLINI. (Tornata del 2 agosto 1903). Comunico l’ interessante notizia anche a nome del Dott. Ignazio Cerio di Capri. Tra i molluschi viventi nel mare della nostra bella isola, da me enumerati e descritti in una precedente pubblicazione !), è da aggiungersi la Mitra (Swainsonia) zonata, Marryat, rarissima specie mediterranea, il cui fortunato rinvenimento è di decisa importanza per la nostra fauna non solo, ma anche per quella mediterranea in generale. Il primo individuo fu da noi trovato circa due anni addietro, conservato insieme ad altre conchiglie in casa di un pescatore dell’ isola; ma siccome non eravamo veramente sicuri della loca- lità, così non fu creduto allora farne cenno, in attesa di un ul- teriore rinvenimento, che confermasse l’esistenza di questa bella specie nel mare che bagna l'isola. Infatti, dopo un tempo abba- stanza lungo dalla prima scoperta, potemmo avere un altro bel- lissimo individuo, preso in una nassa nei dintorni della Grotta azzurra alla profondità di 70-80 passi (circa 140 o 150 m.). Quest’esemplare, dragato qualche settimana addietro ancora vivente, è di una conservazione perfetta. In pochissimi siti del Mediterraneo centrale questa mitra, nei nostri mari la più grande del genere, è stata rinvenuta. Abita la parte inferiore della zona delle Laminarie e quella coralligena. Fu descritta per la prima volta dal Marryatt nel 1817 ?) e poi anche dal Risso, dal Kiener, dal Kiister, dal Reeve e dal Kobelt. Si riferisce a questa specie la Mitra Santangeli del Ma- ravigna 3) e, secondo il Philippi, anche la Voluta fusiformis, Broc- chi; ma a mio parere, questa forma fossile subappennina è diversa dalla specie vivente mediterranea. 1) Contribuzione alla conoscenza della fauna dei molluschi marini dell’isola di Capri — Boll. Soc. Natur. di Napoli. Vol. XV, 1901. 2) Transattions of Linnean Society, vol. XII, p. 338, t. X, f. 1-2. 3) Magazin de Zoologie, 1840. Bi ec Il Lamarck ne conobbe un solo esemplare delle coste me- diterranee francesi, raccolto nella rada di Tolone e conservato nella collezione Bonneau 1). In vari siti del Mediterraneo centrale è stata raccolta questa forma, e degli individui raccolti qualcuno non si sa oggi dove sieno e chi li abbia. Abbiamo notizia di cinque esemplari del mar di Sicilia conservati nelle varie collezioni dell’ isola; nella raccolta del marchese di Monterosato vi è un esemplare dragato a Procida; ne è stato anche trovato uno a Livorno (coll. de Ste- fanis); nella raccolta Paulucci deve esservene uno di Nizza; due sono a Londra (coll. De Boury); tre delle coste di Provenza sono al Museo di Marsiglia; se ne conoscono ancora alcuni di Algeria ed infine due di Capri (coll. Cerio e Bellini). Qualcuno di questi esemplari deve aver cambiato sede, perchè alcune collezioni, come p. es. quella Tiberi e l’altra de Stefanis sono andate fuse ad altre o disperse. La specie non è citata di Corsica, località tanto bene esplorata dal Payreaudeau e recentemente dal Locard. In ogni caso non crediamo sbagliar di molto pensando che nelle varie raccolte pubbliche o private gli esemplari di Mitra zonata non superino la quarantina ; forse sono anche meno ed in Italia non ne abbiamo notizia che di sette od otto. Le dimensioni del tipo sono 70-77 mm. di lunghezza e 17-23 mm. di larghezza. Quelle dei due esemplari di Capri (identici di statura) 80 mm. di lunghezza e 21 di larghezza, differendo quindi dal tipo per una maggiore altezza, ed hanno spiccatamente i caratteri di questa interessante specie , che merita veramente tal nome per la sua decisa distanza da altre forme affini. Il rinvenimento di questa forma nel mare di Capri viene aucor più a confermare la natura sintetica della fauna malaco- logica dell’isola, la quale, come altra volta notai, per la sua po- sizione centrale nel Mediterraneo, presenta un complesso di forme tutte sue, ma non speciali, sintesi delle faune estreme di questo mare. Isola di Capri, 16-20 Luglio 1903. 1) Hist, nat, des anim. s. vertebr. 2.me édit., tome X, p. 352. Contributo allo studio di alcuni organi dell’apparec- chio genitale maschile nelle specie nostrane del genere Lacerta.— Nota preliminare del socio ARTURO MorGERA. (Tornata del 2 agosto 1903) Quanti sono i canaletti che intercedono tra il testicolo e l’e- pididimo delle lucertole ? Stando alle osservazioni di Vogt e Jung !), i canali seminiferi del ramarro « sont peu sinueux et se réunissent sur le bord interne, en une dizaine de canalicules tran- sverses fort courts, qui se rendent dans l’épididyme » Invece il Martin Saint-Ange *), che aveva studiati i medesimi organi nel ramarro stesso, ne aveva limitato il numero a soli due o tre. Sorpreso da tale disaccordo, ho fatto io stesso delle disse- zioni nei Ramarri e nelle Lucertole delle muraglie e, con mia meraviglia, ho visto che dal testicolo parte non già un gruppo di canaletti efferenti, bensì semplicemente uno solo (fe). Questo ca- nale, unico, attraversa la lamina di mesorchio che collega il te- sticolo all’epididimo e, arrivato al margine superiore della capsula surrenale (cs), si ramifica in modo da poter esser paragonato ad un albero (rte). Ripetute osservazioni mi hanno, mostrato che l’unico canale efferente con le sue ramificazioni e l’ unico tubulo retto (tr), al quale esso fa seguito, sono costituiti da cellule basse e non ciliate. Dell’ epididimo dei Sauri trovo che finora si sono occupati soltanto due autori: Van der Stricht 3) e Henry *). Entrambi af- fermano che esso presenta due specie di canali: alcuni grossi, im- portanti per i loro fenomeni di secrezione ; altri piccoli e di fun- zione poco conosciuta. Il Van der Stricht nota la presenza di questi tubi minori, ma non ne studia l’ ufficio; l’Henry, invece, 1) Voor et June. — Traité d’Anatomie Comparée pratique. — Vol. II, Paris 1894, p. 710. 2) MARTIN Sant-Ance.—Étude de l’appareil réproducteur.—Paris 1854, p. 67. 3) Van DER Srricat 0. — La signification des cellules cpithéliales de l'épi- didyme de Lacerta vivipara. — C. R. Soc. Biol. Paris; Tome 5, 1893. 4) HENRY A.--Étude histologique de la fonetion séerétoire de l’épididyme chez les Vertébrés supérieurs. — Arch. Anat. Micr. Paris; Tome 3, 1900. , e ne domanda la pubblicazione. Foà J. legge il suo lavoro: « Analisi rapida ed esatta dei materiali tartarici » e ne chiede l’inserzione nel bollettino. Forte O. propone che, mancando un metodo ufficiale per l’analisi dei materiali tartarici, la Società proponga al Ministero di adottare quello esposto dalla signorina Foà nel suo lavoro. L'assemblea approva, la signorina Foà ringrazia. Rippa G. legge la sua nota « Osservazioni biologiche sulla Salpi- chroma rhomboidea Miers », e ne chiede la pubblicazione. Comunicazioni scientifiche. Il socio Monticelli fa la seguente comunicazione: Sfogliando per alcune ricerche bibliografiche l’ Atlante che accompagna la seconda parte del 2.° Volume delle Esercitazioni accademiche degli A- spiranti naturalisti per l’anno 1842, fissarono la mia attenzione alcune fi- gure (2-4 della tavola 4*) che mi richiamarono subito alla mente il Pem- matodiscus socialis da me descritto nel 1896, 1) come l’avevo visto ad un primo esame sul vivo ed a piccolo ingrandimento. Queste figure (e le altre 1,5) si riferiscono ad una memoria del socio Salvatore Tommasi, inserita nel detto Volume a p. 168-177, dal titolo « Sullo sviluppo delle uova del R%izostoma bleu » e rappresentano ap- punto uova ed embrioni di questa medusa (v. Spiegazione della tavola p. 5) giusta le interpetrazioni dell’A. L'argomento della memoria acuì la mia curiosità, perchè in questo trovavo ragione di spiegarmi la rassomiglian- za notata nelle figure, e per esso acquistava corpo il sospetto da prima’ balenatomi, che le dette figure potessero rappresentare proprio il Pemmato- discus. E difatti, leggendo la memoria in questione, per quanto si può ri- cavare dalla lunga disquisizione nella quale l'A. s’ingolfa per interpetrare quali uova ed embrioni della medusa i corpi « trovati a diverse parti nella 1) Adelotacta Zoologica, Studii, in Mitth. Zool. Stat. Neapel. Bd. 12. 1896. p. 442-444, Taf. 19. n - superficie inferiore del cappello » di Rhizostoma e spiegare com’essi aves- sero potuto pervehirvi dal loro punto d’origine, risulta evidente che lA. ha avuto sottoechio ed esaminato proprio quello stesso organismo che, cin- quantaquattro anni dopo, io ho appunto ritrovato nel cappello del Rhizo- stoma pulmo del nostro golfo e descritto col nome di Pemmatodiscus s0- cialis. E che quanto ha descritto il Tommasi sia proprio la forma da me studiata, basta da solo a dimostrare l’esame delle figure (tenuto, s'intende, debito conto delle imperfezioni di disegno per difetto di mezzi d’osserva- zione) comparate con quelle da me date di Pemmatodiscus. Così, nella fi- gura 1 del Tommasi si riconosce subito questo nel suo aspetto tipico, fa- cilmente interpretando per orifizio boccale ciò che 1° A. vi ha disegnato nel centro; ed ancora meglio lo si identifica nelle fig. 2, 3, 4, 5, che cor- rispondono al Pemmatodiscus in movimento (fig. 2-4), o che presentano quegli strozzamenti della massa più o meno accentuati (fig. 3 e 5) che prelu- diano la sua divisione in due, come ho descritto. La fig. 6 del Tommasi con molta probabilità nulla ha di comune con le altre ora ricordate. Riconosciuta questa identità, ho creduto farne una comunicazione alla nostra Società, perchè mi è parso non privo d’interesse il ricordare come il Pemmatodiscus era già altra volta comparso e nelle medesime condizioni biologiche, annidato nel cappello del Rhizostoma del nostro golfo, e di con- statare questo suo ricorso di apparizione a così grande distanza di tempo. Chè certo da nessun altro, prima che da me, era stato osservato; per lo meno da quando la Stazione Zoologica è stata fondata e che gli animali marini del nostro golfo sono stati continuamente ricercati ed esaminati. Il socio De Rosa, parlando sulla stampa scientifica, riferisce sugli studii dei signori Levrat e Comte del Laboratorio per analisi e sperimenti serici della Camera di Commercio di Lione, circa la possibilità di ottenere la seta colorata nell'interno dell'organismo del baco, apprestandogli foglie artificialmente colorate. i De Rosa annunzia pure come il prof. Ferdinando Rossi della R. Scuola Superiore d’ Agricoltura in Portici abbia comunicato alla Rivista agraria di Napoli di aver trovato sui frutti un saccaromyces, il quale determine- rebbe la fermentazione alcoolica delle carrubbe, la quale però sarebbe al- quanto turbata dalle fermentazioni determinate da altri microrganismi. Dice pure che il prof. Rossi ha in corso di stampa la memoria com- pleta. B) Assemblea generale. Pierantoni U., segretario, legge la relazione sull'andamento scientifico ed amministrativo della Società durante l’anno 1902. RELAZIONE SULL'ANDAMENTO SCIENTIFICO ED AMMINISTRATIVO DELLA SOCIETÀ DURANTE L'ANNO 1902. Egregi Colleghi, Che la nostra Società, nelle sue principali manifestazioni, abbia, nello scorso anno sociale, ottenuto un notevole incremento, a nessuno dei soci che ne seguirono con assiduità i lavori è potuto sfuggire: ma più ancora ne faranno fede i dati esatti, che andrò esponendo qui appresso, in questa mia relazione. |. Bollettino. — Quest'anno abbiamo presentato all’assemblea un bollet- tino di ben 350 pagine, con cinque tavole litografate e con 25 figure nel testo. Il numero dei lavori in esso contenuti ascende a 27, doppio del- l’anno precedente , quintuplo di due anni prima. Di questi ventisette la- vori 8 furono di botanica, 4 di zoologia ed ‘anatomia comparata, 6 di chimica, 2 di fisica, 2 di vulcanologia, 2 di mineralogia, 1 di fisica ter- restre, 1 di meteorologia. A questi lavori, stampati come memorie, vanno aggiunte le comuni- cazioni scientifiche inserite nei processi verbali, che per la loro importanza e pel loro numero superarono di molto quanto fu fin'ora fatto dalla società in questa quasi nuova manifestazione della sua attività scientifica. Esse raggiunsero quest'anno il numero di dodici. Tornate.--In tutto l’anno sociale furon tenute, fra ordinarie e straor- dinarie, 7 assemblee generali e quindici tornate, con 16 convocazioni. Il numero dei soci presenti raggiunse un massimo di 26; numero che fu di poco inferiore in quasi tutte le altre riunioni, e che una sola volta, in tornata straordinaria durante le vacanze, scese al minimo di 10. Il nu- mero legale non mancò mai, mentre nell’anno precedente non fu mai rag- giunto. Socii.- Anche le ammissioni di soci furono numerose durante l’anno 1902. Se ne aggiunsero cinque di ordinari residenti e 18 di non residenti; per modo che il numero totale, da 75 che era alla fine del 1901, sali alla n aprano ° esi fine del 1902 a 89, tenuto conto che otto soci furono radiati perchè mo- rosi, e tre abbandonarono volontariamente la Società. Alla suddetta data (31 dicembre 1902) la posizione dei socii porta : 49 s. ord. residenti, 539 s. ord. non residenti, 1 s. aderente. I nuovi soci ordinari residenti ammessi furono: Abati Gino, Annibale Ernesto, De Franciscis Ferdinando, Cerruti Attilio, Ricciardi Leonardo. E i non residenti: Falciani Adolfo, Calabrese Milani Anna, Garetti Luigi, Mascolo Guglielmo, Aguilar Eugenio, Bruno Alessandro, Distaso Arcangelo, Modugno Giovanni, Morgera Arturo, Dal Poggetto Ugo, Bolo- gna Raffaele, Sacchetti Gustavo, Barile Giovanni, D'Adamo Antonio, Gi- glio Giuseppe, Barrese Vincenzo, Paglia Emilio e Guerriero Angelo. Un socio residente defunto , Sebastiano Miele, venne commemorato dal socio Milone il dì 4 dicembre 1902. Biblioteca, Cambii.-Il servizio dei cambii e della biblioteca, non o- stante che questa abbia dovuto restare per la maggior parte dell’anno fuori la sede, migliorò anche di molto. Attualmente i cambii sono 151, di cui 75 in Italia e 76 all’estero. I nuovi cambii furono 11; eccone | titoli: — L'Italia Orticola, di Napoli. — (Contribuzioni alla biologia vegetale, del R. Istituto Botanico di Palermo. — Bollettino della R. Stazione agraria sperimentale di Roma. — Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. di Scafati. — Bulletì de la Istituciò catalana d’ Historia Natural, di Barcellona: — Boletin de la sociedad Aragonesa de Ciencias Naturales, di Sara- gozza. — Broteria, Revista de sciencias naturaes do Collegio de S. Fiel. di Lisbona. — Ministerio da marinha e ultramar. O Aquario < Vasco de Gama » di Lisbona. — Lavori del Giardino botanico di Tiflis. — Revista farmaceutica, organo de la sociedad nacional de Farmacia. di Beunos Ayres. p — Bulletin of the University di Missoula Montana. Due periodici, fra quelli che avevano sospeso da varii anni l’invio delle loro pubblicazioni, hanno ripristmato il cambio : 252 — — Bibliographie anatomique de Nancy e Annalen d. K. K. Naturhi- storischen Hof-Museums von Wien. Il numero delle pubblicazioni pervenute in dono ascese a 96, per modo che furono aggiunti all’inventario 107 numeri. Voti e deliberati. — Nè meno attiva si mostrò la Società nostra nelle altre sue manifestazioni, e specialmente sollecita fu nel prendere a cuore e nel promuovere tutte le quistioni che più interessavano il mondo scientifico locale. Ne fanno fede la parte da essa presa al Congresso bo- tanico di Palermo , il voto in pro del movimento iniziato dai laureati e laureandi in scienze naturali pel miglioramento delle loro condizioni e per le sorti della scuola e dell’insegnamento, il voto per l’istituzione in Italia ed a Napoli di stazioni sperimentali di biologia vegetale; ed ancora il voto perchè fosse provveduto all’insegnamento della fisica terrestre nella nostra Università ed alla direzione dell’Osservatorio vesuviano; in fine tutto il movimento, che a tutti consta per averne letto relazioni sui gior- nali cittadini, in pro dell’Osservatorio stesso, pei minacciati danni che la ferrovia elettrica potrà arrecare al normale funzionamento di esso; movi- mento che ebbe la sua ultima manifestazione, nell’anno sociale trascorso. nel memorandum comparso in estratto e che figura nel bollettino di re- cente pubblicazione. Escursioni. — In pro dell’attività scientifica della società va regi- strata ancora la splendida gita ai Campi Flegrei, le cui relazioni sulle osservazioni scientifiche in essa compiute dettero occasione alla proposta d alcuni soci, che la Società dovesse farsi iniziatrice dello studio della sto- ria naturale della regione napoletana, prendendo le mosse dalla Solfatara. Fu nominata una commissione la quale dovrà riferire all'assemblea, e pre- sentare un progetto concreto in proposito. Auguriamoci che nel venturo anno la bella iniziativa possa incominciare a vedere il suo effetto. Sede.—I lunghi voti della Società ed i nobili, infaticabili sforzi del Consiglio per ottenere una sede, dopo tre anni di vita raminga, da che si dovette lasciare il locale della Sapienza, ottennero finalmente nello scorso anno il loro coronamento. Abbiamo una sede più che decente, per un prezzo assai mite, in un luogo centrale e di facile accesso ai soci; tutto ci dà affidamento che in essa potremo restare a lungo, e rendervi ostensibile la biblioteca, che già vi è stata trasportata. Egregi colleghi, il socio che mi precedette nella carica di segretario chiudeva, ora è un anno, la sua relazione con l’augurio, che dovesse du- rare a lungo l’affetto fraterno, che fu la forza della Società in oltre vent’anni — 253 — di vita; io che non sono fra i vecchi socii, ma che non ho meno affetto per questa istituzione del più vecchio di essi, chiuderò anch'io questa re- lazione con un augurio : che cioè ancora per lungo tempo i consigli di- rettivi che si succederanno, ed i socì tutti vogliano unire, come nello scorso anno, i loro sforzi per concorrere alla prosperità ed all’incremento della Società nostra. Cerruti A. revisore dei conti, in nome anche dell’altro revisore Dia- mare V., legge la relazione, che è approvata. Il segretario espone il bilancio consuntivo 1902 e il presuntivo pel 1903, che, dopo breve discussione, sono approvati. Il Presidente propone in nome del Consiglio Direttivo che la Società per questo anno non congeda gratis agli autori oltre un foglio di stampa, e che nessun contributo sia dato dalla Società. nè perle figure nel testo, né per le tavole, L'Assemblea approva. Comunica altresì che, ‘avendo il socio Patroni C. rassegnate le sue dimissioni da bibliotecario, il Consiglio ha incaricato il socio De Rosa Fr. della cura della biblioteca, nominando vice-bibliotecario il socio Aguilar È. Comunica ancora la nomina del socio Cerruti A. a vice-segretario , e la riconferma del socio Cutolo E. nell’ufticio di cassiere. Si leva la seduta alle ore 16. Tornata del 26 Aprile 1903. Presidente: Geremicca M. — Segretario : PrrrantoNI U. Socî presenti: De Franciscis F., Modugno G., Leuzzi Fr., Annibale E., Cerruti A., Balsamo Fr., Parlati L., Distaso A., Cutolo A., Tagliani G., Caroli E., Jatta G., Cutolo C., De Rosa Fr. Si apre la tornata alle 13,40. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i cambii ed i libri pervenuti in dono. Annibale E. legge il suo lavoro: « Il clima di Napoli nell'anno me- teorico 1901-1902 », e ne chiede la pubblicazione. Leuzzi Fr. legge il suo lavoro: « Sul cosiddetto nervo safeno esterno. o meglio safeno medio, e sui cosiddetti nervi surali », e ne domanda l’in- serzione nel Bollettino. Cutolo A. legge il lavoro fatto in collaborazione col dott. Vetere: « La metil-azo-dimetilanilina nella ricerca della colorazione artificiale del burro e della margarina », e ne chiede la pubblicazione. Jatta G. comunica sui suoi studii e su di una recente pubblicazione sul: sistema nervoso del Nautilus. toa da Il Presidente presenta all'assemblea il Prof. Isidoro Aguilò y Cortis di Barcellona, invitato alla tornata dal vice-presidente, e, porgendogli il saluto della Società, gli ottre una copia del Bollettino per l’anno 1902. Il Prof. Aguilò ringrazia, con parole di calda ammirazione per la So- cietà di Naturalisti. Sì approva la radiazione del socio ordinario non residente Francesco Cascella. Si leva la tornata alle 15,30. Tornata del 10 Maggio 1903. Presidente: Geremicca M. — Segretario: PrerantoNnI U. Socì presenti: Monticelli Fr. Sav.. Aguilar E., Rosso de Vita G.. Tagliani G., Cerruti A., De Franciscis Fr., Modugno G., Ricciardi L., de Rosa Fr., Jatta G., Distaso A., Cutolo A., Caroli E. Si apre la tornata alle 13,40. Il Presidente comunica che il giorno 17 maggio la Società si recherà ad una escursione ai Camaldoli. con ritorno per la via di Soccavo: invita i soci a prendervi parte. Il segretario riferisce sui nuovi cambii e sulle pubblicazioni perve- nute in dono. Cerruti A. legge il suo lavoro « Contridbuzioni per lo studio dell’ Or- gano di Bidder nei Bufonidi », e ne chiede la pubblicazione. Comunicazioni scientifiche. Il socio E. Aguilar fa la seguente comunicazione : Nel Bollettino della Società Geologica Italiana [Vol. XX (1901) fase. III], l egregio Dr. R. Bellini, in una nota dal titolo « La Grotta dello Zolfo nei Campi Flegrei », descrive le interessanti sublimazioni che sì producono in una grotta al Capo Miseno , e s’ intrattiene , in particolar modo, su di una sostanza non rinvenuta tra le sublimazioni flegree e ve- suviane, e dal modo di comportarsi ai saggi chimici, l’ aut. deduce che è costituita im massima parte da ossido ferrico (82 9% e più) e può forse considerarsi come una varietà di ematite. Non credo ora inopportuno far notare che anche alla Solfatara di Pozzuoli esiste tale sostanza, e fu da me rinvenuta nell'ottobre del 1901. Per i caratteri organolettici e chimici è del tutto simile a quella che si trova alla grotta di Miseno. Alla Solfatara, però. questo sublimato è emi- 955 ie} nentemente scarso ed è localizzato in una grotticella a S. E.. in vicimanza della grande fumarola. Il socio Cerruti A. presenta dei disegni ed un atlante contenente numerose fotomicrografie da lui fatte, riguardanti la penetrazione di ovuli in ovuli, nell’ organo di Bidder di Bufo vulgaris Laur. maschio. Nel caso più semplice ha osservato che un ovulo penetra nel vicino con parte del citoplasma e col nucleo, mantenendo però piuttosto a lungo il proprio citoplasma distinto da quello dell’ovulo che subisce l'invasione. In istadii più avanzati, la zona citoplasmatica compresa fra i nuelei dei due ovuli subisce a poco a poco una speciale alterazione, alla quale vanno pure soggetti , più tardi, i nuclei. Risultato finale è la distruzione dei due ovuli. In altri casi la penetrazione può presentare complicazioni maggiori. In cinque ovuli adiacenti consecutivamente, e che s’ indicano qui con 4, b, c, d, e, il socio ha osservato la penetrazione di a in d di din c, di € in d, e di questo in e. In seguito a varie considerazioni ritiene che tal fatto non debba considerarsi come un tentativo abortito di fusione di ovuli, ma bensì come un modo speciale di distruzione degli elementi del- l’« ovario rudimentale » dei Bufonidi, dovuta all’azione, si direbbe quasi parassitaria , che alcuni ovuli eserciterebbero su altri. Tale forma di di- struzione andrebbe aggiunta a quelle ora già note per gli elementi del- l organo di Bidder. I Bufi studiati furono catturati sull’area dell’ex-lago d’ Agnano in varii mesì dell’ anno. Il socio ha inoltre comunicato che egli ha trattato ampiamente quanto è sopra detto in breve, nella sua memoria « Contribuzioni per lo studio dell’ organo di Bidder nei Bufonidi. I. Di una speciale penetrazione di ovuli in ovuli adiacenti nel Bufo vulgaris Laur », la quale comparirà in Atti della R. Accademia delle Scienze fis. e mat. di Napoli, Vol. XII, N. 1. De Rosa Fr.. riferisce sui lavori compiuti dal Congresso Internazio- nale di Agricoltura in Roma, e sulla parte da lui presavi quale rappre- sentante della Società. Il socio de Franciscis (relatore) legge i risultati dei lavori della Com- missione nominata nella tornata del 15 marzo per studiare la riforma del- l’imsegnamento secondario delle Scienze Naturali. Vengono discussi ed approvati all’ unanimità con lievi modifiche i sin- goli articoli della relazione, che si decide di pubblicare sotto forma di memorandum, e di diffondere quanto più largamente sarà possibile fra le autorità competenti, i corpi costituiti e gl’ interessati nella quistione , allo scopo di raccoglierne le adesioni e le osservazioni. -— 256 — Sono ammessi socî ordinari non residenti i sigg. Enrico Zuppardi ed Ermete Marcucci ed il dott. Angelo d’ Onofrio. Si leva la tornata alle 16,20. Tornata del 6 Giugno 1903. Presidente: Geremicca M. — Segretario: PrerantoniI U. Socii presenti: Cutolo E., De Blasio A., Jatta G., Distaso A., Cer- ruti A., De Franciscis F., Leuzzi Fr., Caroli E., Cutolo A., Monticelli Fr. Sav., De Rosa Fr., Cutolo C. La tornata si apre alle 13,50. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il Presidente comunica che il 18 giugno la Società farà una escur- sione a Caserta, visitando il Parco Reale ed il Giardino Inglese. Invita i socii ad intervenire numerosi. Il segretario comunica una lunga lista di libri donati dal socio Fr. De Rosa. Il Presidente ringrazia il donatore in nome della Società. Leuzzi Fr. legge il suo lavoro: « Una singolare articolazione tiro- joidea (descrizione e considerazioni) ». De Rosa Fr. comunica sopra varietà a fiore bianco di Muscari co- mosum ed Orchis maculata. Si prende atto delle dimissioni del socio non residente Josè Rioja. È ammesso socio ordinario residente il dott. Filippo Tangari. Si leva la tornata alle 15,20. Tornata del 5 Luglio 1903. Presidente: Geremcca M. — Segretario : PrerantonI U. Socii presenti: Aguilar E., Modugno G., Jatta G., Monticelli Fr. Sav., Cutolo A., Praus C., Annibale E., De Rosa Fr., Milone U. Si apre la tornata alle 13,45. Pierantoni U. legge il suo lavoro: « Altri nuovi oligocheti del golfo di Napoli » e ne domanda la inserzione nel bollettino. De Rosa Fr. legge il suo lavoro « Su di un’ Orchis ed un Muscari a fiori bianchi > e ne chiede la pubblicazione. Il segretario presenta i nuovi cambî e le pubblicazioni pervenute in dono. Si leva la tornata alle ore 15,30. . RT RINN SE Tornata del 2 Agosto 1903. Presidente: Geremicca M. — Segretario: Prerantoni U. Socii presenti: Monticelli Fr. Sav., Bellini R., Aguilar E., Praus C., Cerruti A., Paglia E., Morgera A., Abati G., Cutolo A., Cabella Az Da Rosa Fr., Piccoli R., Caroli E., Police G., De Franciscis F. Si apre la tornata alle 13,45. Si approvano i processi verbali delle due precedenti tornate. Il segretario presenta i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Cerruti A. legge il lavoro del socio Sacchetti « L'organo di Rosen- muiller nella Cavia cobaia » e ne chiede la pubblicazione in nome del- l’autore. Bellini R. dà lettura del suo lavoro « La Mitra zonata mella fauna malacologica del Golfo di Napoli » e ne domanda la pubblicazione. Morgera A. legge un « Contributo allo studio di alcuni organi dello apparecchio genitale delle specie nostrane del genere Lacerta » e ne chiede l'inserzione nel bollettino. Si prende atto delle dimissioni del socio Macchiati. È ammesso socio ordinario non residente il sig. Michele Pellegrino. Su proposta del Consiglio direttivo, la Società decide di prender le vacanze, le quali dureranno fino a tutto il mese di ottobre. La tornata è tolta alle ore 15,20. Tornata dell’8 Novembre 1903. Presidente: Gerewcca M.— Segretario : PrerantoxiI U. Socii presenti: Balsamo Fr., Cerruti A., Pellegrino M., Abati G. Monticelli Fr. Sav., De Rosa Fr., Aguilar E. Si apre la tornata alle ore 13,55. Il Presidente saluta i socii riunitisi per la prima volta dopo le va- canze, e fa loro noto che nella prossima tornata si chiude, per decisione del Consiglio direttivo, la presentazione dei lavori pel volume di que- stanno del Bollettino, e che i lavori che saranno presentati nel mese di di- cembre troveranno posto nel Bollettino dell’anno venturo. Il Segretario presenta i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. o Balsamo Fr. legge il suo lavoro: « Primo elenco delle Diatomee del golfo di Napoli » e ne chiede la pubblicazione. 17 — 258 — Geremieca M. mostra ed illustra alcune spighe di Zea Mays, che pre- sentano dei casi teratologici. ' Comunicazioni scientifiche. Il socio E. Aguilar comunica di aver rinvenuto un mollusco fossile, nuovo per il tufo giallo fossilifero delle colline di Napoli. È un Cardium tuberculatum (L.) in ottimo stato di conservazione e proviene dalla cava di tufo alle Fontanelle. Nel darne notizia crede opportuno enumerare le specie di molluschi fossili finora trovati nel predetto tufo di Napoli. Murex brandaris—(L.). #) Euthria cornea — (L.). *) Fasciolaria tarentina — (L.). #) Chenopus pes-pelecani — (L.). #) Cerithium vulgatum— (Brug.). #) Turritella terebra — (L.). » triplicata — (Stud.). Tapes decussata — (L.). Cardium tuberculatam — (L.). #) Pectunceulus pilosus — (L.). » glycimeris — (L.). #) Ostrea edulis — (L.). BisLioeraria. Scacchi A. Memorie geologiche sulla Campania. — Na- poli, 1849. La tornata è tolta alle ore 14,25. Tornata del 22 Novembre 1903. Presidente: Gerewicca M.— Segretario: PrerantoniI. U. Socii presenti: Aguilar E., Pellegrino M., Della Valle A., Forte O., Di Paola G., de Blasio A., Abati G., de Franciscis F., de Rosa Fr., Cu- tolo A. Si apre la tornata alle 13,45. Si approva in seconda lettura il processo verbale della tornata del 2 agosto, ed in prima quello della tornata precedente. Il Segretario comunica i titoli di alcune pubblicazioni donate dal socio de Rosa. #) Specie esistenti al Museo Geologico della R. Università di Napoli. N ria — 259 — Geremicca M. legge la sua nota « Sopra un caso teratologico del pistillo dì Zea Mays » e ne chiede la pubblicazione. De Rosa Fr. comunica sulla stampa scientifica intorno allo stato delle conoscenze sulla cultura dei Tartufi, a proposito delle ultime pubblicazioni di Matruchot e Boulanger. La tornata è tolta alle ore 15. Tornata ed Assemblea generale ordinaria del 13 Decembre 1903. Presidente: Geremicca M. — Segretario: PrerantoniI U. Soci presenti: De Blasio A., Monticelli Fr. Sav., Balsamo Fr., Rippa G., Forte O., Cutolo A., Leuzzi. Fr., Cerruti A., Pellegrino M., Di Paola G., Caroli E., Tagliani G., De Rosa Fr., Patroni C., Abati G., d’Adamo G. A) Tornata ordinaria Si apre la seduta alle 13, 45. Si approva il processo verbale della tornata precedente. Il presidente annunzia la gravissima malattia del socio Giuseppe Jatta. Si decide che il Presidente ed il Segretario si rechino dal socio Jatta, a prender notizie della sua salute ed a portare in nome della Società l’augurio di pronta e completa guarigione. Il Presidente comunica l’invito pervenuto da parte del Rettore della R. Università a tutti i soci, di intervenire alle onoranze che saranno fatte- il giorno 17 del corr. mese al Prof. Delpino pel suo 70° compleanno. An nunzia che il Consiglio Direttivo ha delegato il Presidente a rappresentare ufficialmente la Società e pronunziare in tale occasione acconce parole al- l'indirizzo del prof. Delpino. Il segretario presenta le pubblicazioni pervenute in dono. Monticelli Fr. Sav. legge il suo lavoro « Intorno ad alcune specie del genere Heterocotylea » e ne chiede la pubblicazione. De Blasio A. legge il suo lavoro dal titolo: « Tombe preistoriche di Colle Sannita » e ne domanda l'inserzione nel bollettino. Rippa G. legge le sue due note: « SuZ/a Olmediella Cesatiana H. Baill » e « Su di alcune Flacurziacee nettarifere » e ne chiede la pub- blicazione. Geremicca M. legge il lavoro del socio L. Marcello: « Breve i2lu- strazione delle Solanacee italiane » e ne domanda la pubblicazione in nome dell’autore. ui B) Assemblea generale Si procede alla elezione delle cariche uscenti. Il presidente chiama a comporre il seggio i soci De Blasio A., Pellegrino M. e Caroli E. Risultano eletti: Capobianco F. Vice presidente. Anile A. ) De Franciscis Fer. | Cerruti A. Segretario Pages ai revisori dei conti. Abati G. 4 Si approva seduta stante il presente processo verbale ed è tolta la seduta alle 15, 45. consiglieri. FESTA DELPINIANA Il giorno 17 dicembre, alle ore 14, nell’aula della R. Accademia delle Scienze , innanzi ad un pubblico scelto e numeroso , allietato dalla pre- senza di gentili signore, si svolse solenne e commovente la bella festa con cui fu ricordato il 70° compleanno del prof. Federico Delpino. Vi fu- rono molte rappresentanze di società e corpi scientifici, lettere e tele- grammi di felicitazioni, varii discorsi, offerte di pergamene e di fotogra- fie degli ammiratori italiani e stranieri. La nostra Società, secondo il deliberato del Consiglio direttivo, fu rappresentata dal Presidente prof. M. Geremicca, il quale rivolse all’ il- lustre prof. Delpino le seguenti parole : A FEDERICO DELPINO NEL SUO LXX COMPLEANNO 17 pecemBrE 1908 LA SOCIETÀ DI NATURALISTI IN NAPOLI A Voi, venerando Maestro, il giovane sodalizio che rappresento espri- me, in questo giorno di festa per la scienza, i più schietti sentimenti di ammirazione e di rispetto. — 261 — La nostra Società di Naturalisti, nata, ora è più che un ventennio da un manipolo di giovani studenti, pe’ quali il culto della scienza era insieme fiamma di fede e forza di vita, ha guardato sempre con occhio amoroso la ricca ed incessante produzione scientifica, che giustamente, per giudizio sereno ed unanime di tutte le scuole, ha collocato Voi fra i più alti luminari della botanica odierna. E fin da quando muovevate i primi passi da gigante per l’ inesplorato sentiero della biologia vegetale, sve- lando alle nostre menti avide nuovi ed impensati veri, apprendemmo a venerare in Voi il naturalista filosofo, il quale, — affermazione sincera del genio italico —, suscitò nello studio delle piante un sottio possente di vita, che valse a riscaldare le aride ricerche della forma e le faticose eserci- tazioni della sistematica. Possa la fibra vostra, lungamente adusata al lavoro , ritemprarsi in quest’ onda di calda simpatia e di vivido affetto, che erompe, — nobile Posoinie plebiscito, — dal petto dei vostri ammiratori, e conservarvi per lunga stagione , figlio prediletto alla scienza , illustre italiano alla patria. M. GEREMICCA Tornata ordinaria del 31 Decembre 19083 Presidente: Geremicca M. — Segretario : PrerantoNnI U. Socii presenti: Milone U., Monticelli Fr. Sav., Capobianco Fr., De Blasio A., Franco P., De Rosa Fr., Aguilar E., Patroni C., Cerruti A., Di Paola G., Pellegrino M. La seduta è aperta alle ore 14. Il Presidente con parola commossa annunzia la morte del socio Giu- seppe Jatta ed accenna brevemente alle virtù dell’ estinto e all'opera sua importante come zoologo. Dice che il Consiglio Direttivo, raccoltosi straor- dinariamente al triste annunzio , invitò per iscritto e per mezzo della stampa cittadina tutti i socii ad intervenire alle esequie, mandò una corona di fiori alla salma dell’ estinto e incaricò il Presidente di rappresentare la Società e di pronunziare, a nome di questa, poche parole sul feretro. Aggiunge che i socii intervenuti alla mesta cerimonia furono numerosi e concorsero a rendere davvero importante e commovente il funebre accompagnamento. Il Presidente, dopo aver letta una lettera di ringraziamento della sig.* Luisa Cafiero, vedova dell’ estinto, alla parte presa dalla Società nelle manifestazioni di cordoglio per la immatura morte del socio Giu- seppe Jatta, propone a nome del Consiglio direttivo di togliere la seduta in segno di lutto, di comunicare ciò alla vedova, insieme alle condoglianze e Sul dell’ assemblea, e di tenere a breve scadenza una pubblica commemora- zione con largo invito agl’ istituti scientifici, affidando al socio Fr. Sav. Monticelli l’incarico di pronunciare l’ elogio funebre dell’ estinto collega. Queste proposte sono approvate all’ unanimità ed il Presidente scio- glie l’adunanza in segno di lutto. PAROLE PRONUNCIATE DAL PRESIDENTE MICHELE GEREMICCA SUL FERETRO DEL SOCIO GIUSEPPE /JATTA A NOME DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI iL 28 picemere 1903 Nel fiore degli anni, rieco di forze e d’ ingegno, dovizioso di agi e di studii, amato dagli amici, idolatrato dalla famiglia , quando tutto gli sorrideva dintorno, Giuseppe Jatta, in mezzo alla generale costernazione, ci è stato da implacabile morbo ferocemente rapito. In quest’ ora triste, l’ animo mio, profondamente commosso, non sa trovare parole adeguate per rivolgere degnamente, a nome della Società dei Naturalisti, l’ estremo saluto alla salma di colui che fu tra i nostri socii più degni e più cari. Come ricordarvi senza lagrime quanta parte considerevole della no- stra Società per circa cinque lustri fa Giuseppe Jatta? Egli socio fon- datore, egli principalissimo ispiratore del nostro speciale indirizzo demo- cratico , egli delle nostre pubblicazioni collaboratore dei più distinti per originalità di produzione scientifica, egli più volte presidente, egli ammi- nistratore scrupoloso, egli sempre sagace consigliere, riempiva di sè, anche assente, e dell’ opera sua illuminata il nostro sodalizio. Ii vuoto che egli lascia nella nostra schiera fraterna non è di quelli che si colmano per volger di tempo o per germogliare di novelli affetti. Amico nostro, dolce amico nostro !, possa il ricordo di te suscitare in noi tutti il costante proposito d’ imitarti. Possa l’ anima tua gentile, — troppo bella per non pensarla sopravvissuta al frale, — aggirarsi ancora tra noi, serena ispiratrice di bene! . CONSIGLIO DIRETTIVO PER L'ANNO 1904 Geremicca Michele Presidente Capobianco Francesco Vice-Presidente Cutolo Alessandro Tagliani Giulio Anile Antonino De Franciscis Ferd. Cerruti Attilio Segretario Consiglieri i # i pi 4! VAI Me th ache! dai TA RE x tab pl MIO f n; mett lett vid Ai Di subita | Viggo int prato LI (RATTO A ra pi vota tei, misti pRANOAI ua à p Bi (vi) r ET AITA TI DI A * j OTITTETTA OLIMtANOn MN dici. e TERA MO ORO ; cod MB pg sua na CET rv Î ” . LI è LA ì. " Tu 1) LI si 1, ] nidi i hO ta. & REA roi mmalrgrtari i sO: , fio Luhan te 44 TT de nia omni foga Hier Ò «A cifrati trait Bb Ddl il uc up ii muito Aric (MR TL vl | VETO Qin preparo a RIA, tions «Mi i : PA (ira regno. SAR de «i î VATI) 9} ji sto trib e i ; x Rd di ViBrtit 0 Ue RCD bi X : So) ì p' ,° a Nos THA L RE ù gia î SITE: ih È » e ti uri i an cor Da È ! VA LA ì ws, È \ fi età Du riti api di era) ragni 3 x hippie n: » ui Ser dh A sterili iii vo t \ Ro : ì 7 Po AA ua: Sh De : ; I, » p YA "A EITIZZI I VIA IT: ì vo Ch Î % I A cd n je ph pa) N Vonibiz a sE x VENT tai” IN“1A RR ife, tito" DI n bo La De Ur ni er TRON vr0 er vie ; Da "a ini } LI et SOA mega i LAME sN. a È CUAA ‘ lati | LIS sn ui aaa Dual hay "è Hicuteta siete - SUITE ‘eee n nl het 2 pregi L'iter e Lama Arden) Pena Se ULI ì P sk . * dell ' Î Vie pea ‘4 mica eni PIRATI AVIO ‘aisi @ È > ELENCO DEL/SOGII (dicembre 1905) SOCII ORDINARII RESIDENTI 1. Abati Gino Istituto di Chimica Farmaceutica, R. Università. 2. Amato Carlo — Via Tribunali, n. 339. 8. Anile Antonino — Istituto Anatomico (Santa Patrizia). 4. Annibale Ernesto — Gadinetto di Meteorologia, R. Università. Balsamo Francesco — Vico Avvocata a Foria, n. 5. 6. Bassani Francesco — Museo di Geologia, R. Università. 7. Cabella Antonio — Istituto Chimico, R. Università. 8. Cannaviello Enrico — Via Nilo, n. 52. 9. Capobianco Francesco — Sapienza, n. 18. 10. Cerruti Attilio — Via Medina, n. 1. 11. Cesarò Salvatore — Vico Berio, n. 2. 12. Cutolo Alessandro — Via Roma, n. 404. 13. Cutolo Enrico — Via Roma, n. 404. 14. Damascelli Domenico — Corso Vitt. Emanuele, n. 440. 15. De Blasio Abele — Via Antonio Villari, n. 96. 16. De Franciscis Ferdinando — San Gennaro ad Antignano, n. 16. 17. Della Valle Antonio — Via Salvator Rosa, n. 259. 18. De Rosa Francesco — Via S. Lucia, n. 64. 19. Diamare Vincenzo — Via Confalone, n. 1. 20. Di Ciommo Giuseppe — Istituto di Fisica, R. Università. 21. Di Gaetano Mariano — Vico Gigante, n. 28. 22. Di Lorenzo Giuseppe — Istituto di Mineralogia, R. Università. 23. Di Paola Gioacchino — Vicoletto Ecce Homo, n. 9. 24. Fittipaldi Emilio Ugo — Trinità delle Monache, n. 33. 25. Forte Oreste — Via Monteoliveto, n. 37. 26. Franco Pasquale — Corso Vitt. Emanuele, n. 397. 27. Geremieca Michele — Via del Duomo, n. 242. 28. Giangrieco Angelo — R. Scuola Veterinaria. 29. Jatta Giuseppe — Piazza Principe di Napoli, n. 2. 30. Jatta Mauro — Direzione di Sanità, Roma. 31. Leuzzi Francesco — Mergellina, n. 174. 32. Massa Francesco — Via Fuori Portamedina, n. 20. 33. Milone Ugo. — Piazza Cavour, n. 168. 84. Monticelli Francesco Saverio — Ponte di Chiaia, n. 27. 35. Oglialoro-Todaro Agostino — Istituto Chimico, HR. Università. SCURA ;. Pansini Sergio — Ospedale Clinico Gesù e Maria. . Patroni Carlo — Istituto Zoologico, R. Università. . Petitti Vincenzo — Via Sansevero, n. 5. 9. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I, n. 27. . Quintieri Luigi — Palazzo Angri. . Ricciardi Leonardo — R. Convitto Vittorio Emanuele. . Rippa Giovanni — R. Orto Botanico. 3. Scacchi Eugenio — Museo Mineralogico, R. Università. . Tagliani Giulio — Mergellina, Palazzo Minozzi. . Tangari Filippo — Villa Quagliuolo, Posillipo. 3. Vastarini Cresi Giovanni — Corso Vittorio Emanuele, n. 440. . Viglino Teresio — Piazza Dante, m 41. e" HW_ HW O DI0 1a tr vv HHWHWHWHHHWHWIH 00 =d'O) Ut > 9 DO — 267 — SOCII ORDINARI NON RESIDENTI . Aguilar Eugenio — Via Paradiso alla Salute, n. 89, Napoli. . Barile Giovanni — Via Bernini al Vomero, n. 25, Napoli. . Barrese Vincenzo — R. Scuola di Agricoltura, Portici. . Bellini Raffaello — R. Scuola Tecnica, Chivasso. . Bologna Raffaele — Via Sapienza, n. 51, Napoli. Bruno Alessandro — Via Bari al Vasto, n. 30, Napoli. . Calabrese-Milani Anna -- R. Scuola Normale, Avellino. . Capozzoli Rinaldo — Aquara (Salerno). . Caroli Ernesto — Gabinetto d’Istologia. R. Università, Napoli. . D'Adamo Antonio — Via Vergini, n. 19, Napoli. . Dal Poggetto Ugo — Salita Stella, n. 15, Napoli. . D’Avino Antonio — Liceo, Nocera Inferiore. . Distaso Arcangelo — Cavone a Piazza Dante, n. 70, Napoli. . D'Onofrio Angelo — Liceo di Conversano. . Falciani Adolfo — Cangallo, n. 1201, Buenos-Aires. . Foà Jone — Vico II Porteria a S. Tommaso d'Aquino, n. 20. . Garetti Luigi — Lagnasco (Cuneo). . Germano Eduardo — Ospedale Clinico, Napoli. 19. Giglio Giuseppe — Vico II Port. S. Tommaso d’ Aquino, n. 15 Napoli. . Grimaldi Clemente — Modica (Siracusa). . Guerriero Angelo — Via Consolazione, n. 10, Napoli. . Jatta Antonio — Ruvo di Puglia. . Marcello Leopoldo — Via Balzico, n. 91, Cava dei Tirreni. . Marcucci Ermete — Gabinetto di Anatomia Comparata, R. Università, Napoli. . Mascolo Guglielmo — Cava dei Tirreni. . Mazzarelli Giuseppe — Museo civico di storia naturale, Milano. . Modugno Giovanni — Vicoletto Mezzocannone, n. 5, Napoli. . Morgera Arturo — Via Duomo, n. 125, Napoli. . Motta-Coco Alfio — Via Etnea, n. 198, Catania. . Paglia Emilio — Sessa Aurunca (Caserta). . Parlati Luigi — Salita Stella, n. 10, Napoli. . Pellegrino Michele — Via Nazionale, n. 12, Napoli. . Piccoli Raffaele — Istituto Tecnico, Jesi. . Police Gesualdo — Cacciottoli, n. 16 (Vomero), Napoli. . Praus Carlo — Casandrino (Aversa). i. Raffaele Federico — R. Università, Palermo. . Romano Pasquale — Via Porta Medina, n. 44, Napoli. . Rossodevita Giovanni — Via Pietro Trinchera, n. 2, Napoli. SI. . Sacchetti Gustavo — Cervaro (Caserta). . Savastano Luigi — Vico Equense. Russo Achille — R. Università, Catania. 42. Tagliani Giovanni — Via Vittoria Colonna? n 26, Mi lano. 43. Vanni Giuseppe — Via Panisperna, n. 207, Roma. 44. Vigorita Domenico — Melfi. 45. Villani Armando — R. Scuola tecnica, Parma. | La 46. Zuppardi Enrico — S. Maria C. V. (unt SOCII ADERENTI 1. Cutolo Costantino — Via S. Brigida, n. 39, Napoli. Acireale Bologna Brescia Cagliari Catania Conegliano Firenze Genova Lodi Lucca Messina Milano Modena ELENCO DEL. CAMBIEI (51 dicembre 1908) EUROPA Italia — Accademia di Scienze , Lettere ed Arti dei Zelanti e P. P. dello studio (Atti e Rendiconti). — R. Accademia delle Scienze dell'Istituto (Rendiconti). — Commentari dell’ Ateneo. — Bollettino della Società tra i cultori delle Scienze mediche e naturali. — R. Accademia Gioenia (Bollettino e Memorie). — L’Enoteenico—Periodico di Viticoltura e di Enologia. — Archivio per l’Antropologia e 1 Etnologia. Società botanica italiana (Bollettino). Nuovo Giornale botanico italiano. Monitore zoologico italiano. R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino). Società entomologica italiana (Bollettino). — L’ Ateneo ligure. R. Accademia medica (Bollettino e Memorie). Museo civico di Storia Naturale (Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della r. Università (Bollettino). Rivista di Filosofia scientifica. . Società ligustica di scienze naturali e geografiche (Atti). Rivista ligure di Scienze, Lettere ed Arti. — R. Stazione sperimentale del caseificio (Annuario). — R. Accademia lucchese (43). — L’ Agricoltore messinese. La Rassegna tecnica. — Società Italiana di scienze naturali e Museo civico di Storia naturale (Atti). — Società dei Naturalisti (Att). st IGES Napoli - R. Accademia delle scienze fisiche e matematiche (Memorie, Rendiconti ed Annuario). R. Istituto d’ Incoraggiamento (Atti e Rendiconti). Accademia Pontaniana (Atti). Associazione napoletana di Medici e Naturalisti (Gi0r- nale). GI Incurabili. L’ Appennino meridionale (Bollettino). Zoologischen Station zu Neapel (Mittheilungen). L’Italia orticola. — Rassegna tecnica ed economica. Annali di nevrologia. Padova — Società veneto-trentina di scienze naturali ( Bollettino ed Atti). R. Stazione bacologica (Annuario). La nuova Notarisia. Il Raccoglitore. Palermo — Il Naturalista siciliano. Giornale del Collegio degli Ingegneri agronomi. R. Istituto botanico. — Contribuzioni alla Biologia ve- getale. Pavia — ‘Bollettino scientifico. Perugia — Annali della Facoltà di medicina e Memorie della Accademia medico-chirurgica. Piacenza — L’ Italia agricola. — Giornale di Agricoltura. Giornale di Agricoltura della Domenica. Pisa — Società toscana di scienze naturali (Memorie e Pro- cessi verbali). Portici — R. Scuola superiore di Agricoltura (Annuario e Bol- lettino). Porto Maurizio — Associazione scientifica ligure (Bollettino). Roma — R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). R. Accademia medica (Bollettino ed Atti). R. Comitato geologico italiano (Bollettino). Ministero di Agricoltnra (Bollettino ed Annali). Laboratorio di Anatomia normale della R. Università (Ricerche). Annali d’ Igiene sperimentale. Club alpino italiano (Annuario). Accademia pontiticia dei Nuovi Lineei (At). Società zoologica italiana (Bollettino). R. Stazione agraria sperimentale (Bollettino). Rovereto — Accademia degli Agiati (At). Museo civico (Pubblicazioni). Salerno — Il Picentino, Sassari — Studi sassaresi. Scafati — Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. Siena Torino Trento Trieste Venezia Barcelona Madrid Zaragoza Lisboa Porto Cherbourg Montpellier Nancy Nantes — 271 — — Bollettino del Naturalista. Rivista italiana di Scienze naturali. Avicula. — Giornale ornitologico italiano. Bollettino del Laboratorio ed Orto botanico. — R. Accademia delle Scienze (Atti). Club alpino italiano (Rivista e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della r. Università (Bollettino). — L’ Agricoltore. — Museo civico di Storia naturale (Atti). Società adriatica di Scienze naturali (Bollettino). — L’ Ateneo veneto. La Notarisia. Spagna — Instituciò catalana d’Historia natural (Bul/let)). — Sociedad espalola de Historia natural (Anales y Bo- letin). La naturaleza —(Revista decenal ilustrada). — Sociedad aragonesa de Ciencias naturales (Bolelim). Portogallo — Broteria—Revista de Sciencias naturaes do Collegio de S. Fiel. Ministerio da marinha e ultramar— O Aquario « Vasco da Gama ». — Annales de sciencias naturaes. Francia — Société nationale des Sciences naturelles et mathé- matiques (Mémoires). — Société d’Horticolture et d’Histoire naturelle de 1’ Hé- rault (Annales). — Société des Sciences et Réunion biologique de Naney (Bulletin des séancesì). Bibliographie anatomique. — Société des Sciences naturelles de l’ouest de la France (Bulletin). PR Paris — Bulletin scientifique de la France et de la Belgique. Journal de l’Anatomie et de la Physiologie de l’homme et des animaux. Société zoologique de France (Bulletin, Mémoires et Causeries scientifiques). Muséum d’Histoire naturelle ( Bulletin). La feuille des jeunes Naturalistes. Gazette médicale de Paris. Archives provinciales des Sciences — Bulletin de la Société pour la diffusion des sciences physique et naturelles. Vienne (Isère) — Société des Amis des Sciences Naturelles (Bulletin). Belgio Bruxelles — Société royale malacologique de Belgique (Ammadles). Louvain — La Cellule. Germania Berlin — Bericht iber die Verlagsthétigkeit. Naturae novitates. Botanische Verein der provinz Brandeburg ( Verhand- lungen). Index der gesammten chemischen Litteratur. Bonn — Naturhistorischen Vereines der Preussischen Rbhein- lande und Westfalens ( Verhandlungen). Niederrheinischen Gesellschaft fir Natur-und Heil- kunde (Siteungsberichte). Leipzig — Zoologischer Anzeiger. Giessen — Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur-und Heilkund ( Bericht). Giistrow — Verein der Freunde der Naturgeschichte in Mecklen- burg (Archiv). Svizzera Chur — Naturfoschenden Gesellschaft Granbiinden's (Jahres- bericht). Zurich — Societas entomologica. Genève — Institut national genevois (Mémoires). pini Wien Prag Cambridge London Plymouth Upsala Helsingfors Kiew Moscou Tiflis Madras Austria — K. K. Naturhisterischen Hof-Museums (Amnmnaler). Zoolog. botan. Gesellschaft ( Verhandlungen). — Ceska akademie cisare Frantiska Josefa pro vedy slovenost. a umeni v praze (Pubblicazioni). Inghilterra — Philosophical Society (Proceedings and Transactions). — Royal Society (Proceedings, Reports of the Sleeping sickness commission). — Marine biological Association of the United Kingdom (Journal). Svezia — Geological Institution of the University of Upsala ( Bulletin). Finlandia — Societas pro fauna et flora fennica (Acta et Medde- landen). Russia — Société des Naturalistes (Mémotres). — Société imperiale des Naturalistes (Bulletin). — Giardino botanico (Lavori) ASIA India — (Government central Museum (Pubblicazioni). . Tokyo Montevideo Asuncion Buenos Ayres Santiago Valparaiso Bogotà San José Giappone — Anmnotationes zoologicae Japonenses. AMERICHE Uraguay — Museo nacional (Anales y Comunicaciones). Paraguay — Revista de Agronomia y de Ciencias aplicadas— Boletin de la Escuela de Agricultara de la Asun- cion del Paraguay. Repubblica Argentina — Museo nacional (Anales y Comunicaciones). Organo de la Sociedad na- Revista farmacéutica cional de Farmacia. Chili — Deutch. wissenschaft. Verein ( Verhandlungen). Société scientifique du Chili (Actes). — Revista chilena de Historia Natural. Colombia -— El Aoricultor. — Organo de la Sociedad de los Agri- D be») 5» cultores colombianos. Costa-Rica — Museo Nacional (Anales). Messico Messico — Sociedad cientifica « Antonio Alzate » (Memorias y Revista). La Naturaleza. — Periodico cientifico de la Sociedad mexicana de Historia natural. Institùto geològico (Boletin). Stati Uniti Boston — Society of Natural history (Proceedings). Chapell Hill Elisha Mitchel scientific Society (Journal). Chicago — Academy of Sciences (Bulletin and Annual report). Madison (Wisconsin)— Academy of Sciences, Arts and Lettres (Tran- sactiones). Wisconsin geological and natural History Survey (Bul- letin). Meriden (Connecticut) — Meriden scientific Association (Transaction). Minneapolis (Minnesota) — Minnesota botanical studies (Bulletin). The Geological and natural History Survey of Min- nesota Zoological series. — Reports of the Survey Botanical Series. Missoula (Montana) — Bulletin ot the University of Montana | Biological and Geological Series]. Philadelphia Academy of Natural Sciences (Proceedings). Saint-Louis — Academy of Science (Transactions). Missouri botanical garden (Annual report). Tufts College (Massachussets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual report). U. S. Department of Agriculture. — Division of Or- nithology and Mammalogy (Bulletin. North Ame- rican Fauna). Smithsonian Institution (Annual report). U. S. Department of agriculture (.Jearbook). U. S. Department of agriculture. — Bureau of ani- mal industry (Annual reports). Canadà Halifax — Nova Scotian Institute of science. RABAT NT dI i) AT INET au ALTAN AMRETIINTA tenga A o DI i i SENT LI TO i LL \ r india ATOLLO CA vr dé vanto LP dp ii i _AUTaA dite TR MATTA UA, a ae01 ) pa gd be NIE hs PI 9 4 Mi moi Î N N » umgidtatt rei il A 90008 \ SO] k » Ù | i #) ta Vili Podio ) LL, ibbla ibi asilo MIGGLO. Vi ti Ò À deu aa a Th en t)40 € fe, N. & Dl Ù P 4 IL) - i P n )r.par lis 4 ie "SM [4 n | Fal ratpati î N x E ù Ù 4 “i Mi. | SURI RO AT i MECRIRAIE RI ANAS A To 4 È LI A Ù DI ì *d Î È ri vii Tipi red i Ve LASA MAU: METTA 1) i a it né | é n È : ì o , y ‘ É UTD di po uri na h n Ù . A . fi (rano i N Mo. ’ UA: A ì MAR I ia » y 4| ‘ » 4 se: Ya ' $ + ‘ VS 13 v A va , Pic a ol Pa o? FRE Shi ni fradt +10 CAT 0 " “i î n Pi e. Pre 19 Y (0077 é i [| La ‘ dA LI MOTI ì Li { : ì i Pie bi 4 ' i o VW. 9 : Fade PRA 7 fi "i 1 i AT hl / La A ui i MU, "Rei! RS ] 4 3 ;3l } Hel L uf, ? ' TI NEL i 4% PR 1] i L ‘gptefirod NI i siga ina dc tigtitot sont TUR Air À . n » PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO (31 dicembre 1903) Accapemia Poxraniana.— Per la solenne commemorazione in Bassano del cen- tenario di G. Brocchi. — Napoli, 1872. (Dono del socio De Rosa). Accormoni F. — Dì una fontanina intesa alla profilassi delle ma- lattie che si possono trasmettere col mezzo della bocca. — Spoleto, 1898. (Dono De Rosa). — Acqua minerale Vitolo-Gatti. Relazione, analisi ed altri attestati. — Salerno, 1883. (Dono De Rosa). — Al prof. Giovanni Antonelli nel XXX Amniversa- rio del suo Insegnamento Ufficiale—Omaggio af- fettuoso degli amici e dei discepoli.—Napoli, 1902. — Analisi e studii sulle acque arsenicali-ferruginose di Levico. Milano, 1899. (Dono De Rosa). AvxegLoni L. — Institut R. Experimental pour les cultures des Ta- bacs — Monographie. — Naples, 1900. (Dono De Rosa). Ave A. — Le glandole duodenali o del Brunner. —Napoli, 1903. (Dono aut.). Avviare E. — Il clima di Napoli nell’anno meteorologico 1901-1902 Napoli, 1903. (Dono aut.), ANONIMO. — Questo è il libro degli mirabili secreti e medicine, eli- siri e virtuose polveri, cum suavi odori, che se vendono ne la Spetiaria di Mastro Tacconis a la insegna de Sancto Symone. (Dono De Rosa). ANNUARIO — Della R. Scuola superiore d’ Agricoltura in Portici. Discorsi inaugurali — Portici, 1897. (Dono De Rosa). ARMENANTE Z. — Protodrilus hypoleucus n. sp. — Napoli, 1908. (Do- no aut.). LI ge ATTI — della R. Accademia delle Scienze, sezione della So- cietà reale borbonica. Vol. V. Parte II. — Na- poli, 1844. (Dono de Rosa). ATTI — Della R. Accademia delle scienze e belle-lettere di Napoli dalla fondazione sino all’ anno 1787. — Napoli, 1788. (Dono De Rosa). ATTI — del R. Istituto d’ Incoraggiamento alle scienze na- turali di Napoli. Tomo 1 ad 8 — Napoli, 1811- 1855. (Dono De Rosa). AveLuino F. — Notizia de’ lavori dell’ Accademia Pontaniana per gli anni 1830-1834 — Napoli. (Dono De Rosa). Baccarini P. — Ai signori colleghi della Facoltà di Scienze, ai Di- rettori d’Istituti biologici ed ai botanici d’Italia— Firenze, 1903. (Dono De Rosa). Bacie F. — Intorno all’usanza di estrarre l'olio da olive ri- scaldate. — Lecce, 1875. (Dono De Rosa). BaLpassaRRE S. — Sull’uso alimentare della carne di animali equini. — Napoli, 1880. (Dono De Rosa). » — A proposito della relazione del prof. P. 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Foi J. — bemazione rapida ed esatta da cremore nei tarta- Nota. . = eat ì : 7 : Rippa G. — PARISI biologiche sulla Salpialana riva Miers . - ” ; I ‘ È È ; < . CapoRranco F. — Dell’ azione di alcuni estratti organici sul cuore. Prima nota preliminare (con 47 fig.) : CuroLo A. e Verere V. — La Metil-azo-dimetilanilina nella ricerca della colorazione artificiale del burro e della margarina. Nota . 4 3 ANNIBALE E.— Il clima di Napoli SI anno ste nnaio ito 1901- 902 Nota . : 2 L . 2 Lruzzi F. — Sul così detto nervo safeno esterno, o O safeno me- dio, e sui così detti nervi surali. Studio anatomo-morto- logico (con le tav. II. e III.) . : Cerruti A. — Contribuzioni per lo studio dell’organo di Bidder nei Butonidi. II. Presenza di spermii nell’ organo. Nota (con 2 fig.) À 1 È PrerantoNI U. — Altri nuovi oligocheti del Golfo di Napoli (Lim- nodriloides n. g.). II nota sui Tubificidae (con 3 fig.) JartA G. — A proposito di alcuni Cefalopodi del Mediterraneo. 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AeuiLaR E. — Su la Grotta dello Zolfo nei campi flegrei Cerruti A. — Su la penetrazione di ovuli in ovuli nell’ organo fr, ì! Bidder del Bufo vulgaris AcuiLar E.— Sul Cardium tuberculatum nel Fulfo giallo elle bol line di Napoli Consiglio direttivo Elenco dei socii Elenco dei cambii ; Pubblicazioni pervenute in dono Alligato PER L’ INSEGNAMENTO DELLE SCIENZE NATURALI NELLE SCUOLE SK- CONDARIE pag. » » » » 289 TIA) si m tu jus ì, ARA LA if Ri Dar I Viren n i I x alito vlt ipa dial Rò Wii IO Water aLaaa i3}t) vaghi Le sa SI n Lfgatani vi | RAPITI L. tpatt”]i Ù d, vat tità EZLI Pisit Mao dio RE solai di "MESI + Rane e . + $ “ “R : 153 Jia 000000000) (0 O 0 i | O) 000000 ZII Nntp e, NAT STR SUINI] | SELLA Serò ri dh % 1 Scralco Bf VA gia salerno; 3, Ier3/. pr. i es termo: sd Sileno Pe. romero 3 Korzo 4, eno perenrere i 6; is grferzo; 7, do Safeno inferzo. Perafrco; 2, Rari vo frza peplco Lozzo 7 Serate paplifeo esterzio: 0, Ser poeplteo 3 fer1G 3 Stafeno amedeo: 4 Rosso PARE A esflerzo ii 6, I7bizle " va ro ei > faber i “e Covià 27. 7 7 Scroticoz Lucerto 2, Desa}, porrel; 1 Serotico;k Sc2f po 3 % 3, Sadera med75 a °°° sntern9; 3, a PR. ] peratrco; 2 Fari 1160/77» 47, DZ vr260%È 5 Scn3/ 79. e5/erno SIA diga (PG AT) Di 3 Sriotro peptrco esterno ; SFSodterro sf romero; 3 Homo 4%; 4 Sofero peromero 6, Lomo grrferne (9a Safero rnterzo. QRS IG AO,0I SADR i A Derstico;2 seri prnterno; A Serata 7 Serotrco VARZZZAG EIA Bra ar IIa peosterno; A Plontore | estera; Sdifeno peronisre; » @esLermo;d, Sofrro perontere, AA) SG Sofezo rinperszo. d.erof @ 197255, 04} 7, hrastorsosi c0/ pl esh » uo Zog. È.) VALI Q %/ Fi5.6 I Sii ; / ‘ 1 Scratico o peppliheo bi << origlro esferzo 32, Scsobio poepliteo srfe716 3 Safero medeo; + A DIO 2160775 dA 4 Syiotco 34, Sh9/ pure, 3, Iofeno medi 17 dal # esterno; S, Iluscoh cat 6, VIZIZZA onterfore. 1 Serotooo 2, Sedk v. vivtozzio D° 3, Solero nredo; Fish PR estero; Mrsscolo cafor0s; A ae ar ferrore. 1, Seropio:2 Sesaf p 199453. If azeotorS Scraf Ap esterno: & Rysech —_deloneo; GI5gicle arte saro: 9 E 30 r2fer0. : L È | ME NE VARY IN RIAVERE a 5 le AI SOLARI A F/g.# apt C(9v78 di valli pole b 7, Ci vebitale 9 uditole $ Ronno dorsale NA 2,k. der ne? le j 2,Aqamo dors Rodisle 3, Ro diole | 3 Rodrsle S, Brochiok e es/ i È 1 cabrtole 2. Rario pol 3. Fano dors. +. Rodrole t) Cid 4 Fg. de (0r19/70 Pecora I lè el rp9/e 2,Foare dors. \ ì: 2, Forze pole. N IRgano dorsate \&s->3 7r2dagte, — 477; hole; 2, Rome pal ; no darsole; AR 23h = vo dorsale, IRodiske. 4 Cutita K SA adrale. ol et TT Pe desi i; | Bull della Soc ale Nat in Napoli. FoLXVISA (908 «Brune dis i LA Serino-Nopoli e AL Le Lit ASerino- Napoli i bis — ESTRATTO DAL REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ (approvato nella tornata del 14 agosto: 1898) IV. Del Bollettino ORE Hat 1. La Società pubblica. un Bollettino contenente è pro- <— cessi verbali delle assemblee e delle tornate e lavori OFIIAGO de? soli socè ordinari?. i Art:=32.-I progoso: verbali delle tornate ordinarie deblonna “contenere : a) l'elenco dei socii presenti: 5 b) enumerazione dei lavori originali letti, con l’ indica- «zione se vengono o no pubblicati nel Bollettino ; ‘c) una ; breve notizia delle comunicazioni verbali: d) \.indicazione delle letture e delle conferenze fatte nella ‘tornata ; e) e 1 nomi 0) socii ammessi e quelle dii che si crederà opportuno pubblicare. ‘Art. 83. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno esser - letti nelle tornate. Sui lavori letti potrà esser fatta discussione. Quindi i lavori restano sette giorni in Segreteria a disposizione ‘di quei soci, che volessero ponderatamente esaminarli. Trascorsi ‘i sette giorni, se non è pervenuta. alla Segreteria nessuna Osser- | vazione da parte di alcun socio, il lavoro è passato alla stampa. = Essendovi discussione, questa verrà fatta nella prossima tornata, | informandone l’ autore, perchè possa intervenirvi: la discussione «sarà pubblicata nel Bollettino, in ‘seguito ‘al lavoro; tenendosene pure conto nel processo verbale. © Art. 34. I lavori già Dabubeari non possono essere stampati ‘nel Bollettino. Art. 35. Il socio, che non è in regola con la cassa sociale, CE non può pubblicare nel Bollettino: Art. 36. I soci ammessi a far parte della Socio da meno - di un anno non hanno dritto a pubblicare nel Bollettino, se non « — pagano ‘anticipatamente | annata intera. si Art. 87. Nel caso di lavori fatti in collaborazione da più soci, questi debbono essere tutti in regola con la cassa, perchè il la- | voro possa essere pubblicato. | Art. 88. I lavori debbono versare sopra argomenti di scienze pbiurali e loro applicazioni. Art. 39. Il Consiglio direttivo cura la pubblicazione del Bol- lettino. Art. 40; Il numero dei fascicoli del Bollettino sarà determi- nato. anno per anno dal Consiglio direttivo. Art. 41. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. Il numero di questi sarà ogni anno determinato dal i Canistglio direttivo. stamparlo. rata direttamente dra autori. « Gli Autori i quali ne vogliono.un maggior h'umelo PASRStAGA le ci cpoat Art, 42; Gli ion: potranno. avere uit numero 50 maine di I° estratti a proprie spese. . i Art. 43. Le tavole ele figure nel testo.; siranno fatte a cura va della Società, #) e ghi autori ‘pagheranno , per ciascuna tavola 0. figura; un contributo, ‘che’ sarà caso per caso stabilito dal Consi- glio direttivo, tenendo. conto. dell’ importo delle tavole e delle» condizioni del bilancio. Gli autori; .pertànto; saranno obbligati. a depositàre una somma, che sarà anche volta per volta. stabilita: dal Consiglio, prima di dare alla stampa/il lavoro. Essi potranno. indicare ib litografo dal quale intendono siano eseguite le. Perso salvo. il consenso del: Consiglio direttivo.” l Art. 44. Là Società può limitare i fogli-di stampa, cui gliò autori hanno diritto, im ciascun anno sociale, su proposta del Qon-- | siglio direttivo 10 un ° Assemblea generale ; tuttavia nel. caso ‘che ba, sia presentato ;un lavoro, che per la. sua mole importi una spesa | Si considerevole, il. Consiglio direttivo può invitare la Società anche. in una tornata ‘ordinaria a. deliberare sopra la opportunità, di. = Art. 45, Per. quei lavori, che importino una spesa una straordinaria, gli autori, dietro proposta del Consiglio direttivo, approvata dall'Assemblea in una tornata ordinaria; potrazino; 86 > Di sere ‘obbligati a concorrere alla spesa. Se *) L’ esecuzione delle tavole del presente ili È stata La Pi Per Hi concerne Ta pai te. scientifica cd amministrativa dirigersi Ei È AL SEGRETARIO DELLA SOCIRPÀ | 3 i Dr. AmrILIO CERRUTI, presso la sede della. Società 3 ‘Via S. Sebastiano 48, d. CI # Ì Sono vivamente pregati i socti or viari ii non odi di sped la loro oe annuale.al socio cassiere Dr. si CUTOLO; Via Roma, n. 404 -— Ni aa sa n RE Cr Per questo anno la Società ‘a agli POOR, 50 Dago. di estratti coniP in più secondo la FAL tariffa: \\. ESEMPLARI ; i | RBL prg - 1); foglio (4. pagine)». ILS I Li 9 osi a 9 30.1 i SE t/, foglio (8 pagine)... | > 2.25- ».3 50 > A |» dI080 3/5 foglio (12 pagine). 4.<»:3 50 bs 5 — Dbeto i a an 1 foglio (16 pagine) i » et = | NERO | ® 8 ai > 10. È % N.B.- Nei sopra segnati prezzi va inclusa % legatura ela covertina senza stampa. £ Prezzo del presente volume Li ri08: GE - nia (NACTURU RA SUV im lAnm:1 00 a L' è ILE TTT ATTI gp 'vepe se care anche AIAR MIT Mapaa, innato AMY - L pei ad.ì: RA LEPRI sii, saduVnAd» metetal BABA TT TUTT tr n MICI! rt MC P. a a Poe ti} ORILTE TIT ‘hd la ni deg, a Ta Ty PILE NefFTVR99 PRIA RL LA TTT i Mapeo®taj TILT IRMESTTT(RE SR ì LT VIS CRA” sai ATA | Tell. IT j Ì RÉ SIRENA à dif a 2 & dira AL a f - NÙ agg 88%, è a dda DI "ha xl i a ta MAZE -° n” AL ha em DIE i Di ni & u # da iù "\ | il ?a Lao Ma a = dp, A ha 4 CNURRI CATIA | IRGGUTITo ’ Mep È, | Cd, a À È up eo IUS RITA ta ng tata. dt prot DN : n I LALLI LL = te » sè è è A if il PARA ARCO DOCI ARA Arp neteri ori irapgieno Atina Rea ARAN, “Npiùd AVIR L. 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