.1*5 Vr^' i BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DEI NATURALISTI TP BOLLETTINO DELLA ^^ Ti DEI NATURAIBTI VOLUME XXXII. (SERIE II., VOL. XII) ANNO X X X I 1 1 1919 {Pubblicato il 30 Ottobre 1920) NAPOLI OFFICINA CROMOTIPOGRAFICA "ALDINA,, Piazzetta Casanova a S. Sebastiano 2-4 1920 Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli ATTI (MEMORIE E NOTE Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. PAOLO DELLA VALLE 1886-1918 Paolo Della Valle Commemorazione del socio Prof. Dott» Claudio Gargano (Tornata straordinaria del 4 maggio 1919) Egregi Consoci, Dopo quattro anni ritorno nella mia città, nella bella Na- poli, ritorno in questo Sodalizio, dove per invito del Chiarissinto Presidente e del Consiglio Direttivo , ho 1' onorifico incarico di commemorare il defunto socio ordinario residente, Prof. Paolo Della Valle. E con dolore noto vuoti anche altri posti, quello del prof. Achille Terracciano, del prof. Francesco Bassani, del Signor Carlo Praus, del prof. Alessandro Cutolo, del prof. Mau- ro Jatta. Sebbene all'animo nostro non sia estraneo il pensiero della morte, pure con grande mestizia assistiamo al diuturno distacco da coloro che ci sono cari, da coloro che ci hanno iniziato alla scienza ed alla vita, da coloro, con i quali abbiamo combattuto le più belle battaglie, con la fede della gioventìi e con la spe- ranza del successo. La Società dei Naturalisti ha nel suo seno un numero con- siderevole di illustri biologi, che meglio di me avrebbero potuto assolvere il difficile incarico di commemorare uno scenziato del valore di Paolo Della Valle, pure ritengo che il Consiglio Diretti- vo abbia dato a me la preferenza in considerazione non dei miei pochi meriti, ma perchè io, soldato, meglio di ogni altro, pote- vo porgere al soldato scomparso il mio solidale saluto , il mio abbraccio fraterno! _ 4 — Paolo Della Valle muore giovane, all'età di 32 anni, dopo di avere compiuto una rapida e fortunosa carriera scientifica. Laureato con pieni voti e lode in Medicina e Chirurgia nel 1908 ed in Scienze naturali nel 1911, Aiuto alla cattedra di Isto- logia e Fisiologia comparata, ottenne, per voto unanime della Fa- coltà, l'incarico dell'insegnamento dell'Embriologia comparata per l'anno 1916-17, incarico che gli fu riconfermato negli anni suc- cessivi. Socio corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Napoli, e socio ordinario residente della Società dei Naturalisti di Napoli, fu in questo Sodalizio anche membro del Consiglio Direttivo e Segretario. Tutta la sua vita scientifica si svolge dal 1908 al maggio 1915, nel breve periodo di otto anni. E, riandando col pensiero a questi anni vissuti insieme, viene alla mia mente incessante la domanda se l'amico scomparso è veramente morto di una infe- zione contratta durante la vita militare, ovvero ci abbia lasciato per una di quelle fatali ed inesorabili leggi, che regolano il no- stro cosmo, perchè aveva già compiuto il suo ciclo di vita e di ricerche! J- Paolo Della Valle è attratto fin dall'inizio dei suoi studi universitari da quegli argomenti di Citologia, che sono conside- rati fondamentali per le teorie sull'eredità, sull'ibridismo , sulla differenziazione istologica e sulla determinazione del sesso. E non pago dei risultati ottenuti da illustri biologi, quali il BovdRi il Weismann, il Wilson, ecc., che edificarono dei grandiosi edi- fici, più concettuali, che rispondenti ai dati di fatto , il giovine scienziato con la fede dei suoi venti anni, e con la coscienza del suo poderoso ingegno, si dà ad una revisione obiettiva e teorica dei cennati argomenti, giungendo a conseguenze molto impor- tanti. Tutta la sua attività scientifica è stata un cammino contro corrente, breve, perchè la morte lo ha arrestato, ma lungo, per la profonda orma del suo passaggio. \ Egli, infatti, nel 1907 pubblica negli Atti della R. Accademia delle Scienze di Napoli la sua prima Memoria " Sulla presenza di tetradl in cellule somatiche „ seguita da ben altri cinque la- vori di Citologia, di cui l'ultimo " La morfologia della cromatina dal punto di vista fisico „ si può dire il capolavoro. Te tra di. — Il grande interesse teorico delle indagini del Della Valle dipende dall' enorme importanza, che era accordata alle tetradi per le ques-tioni sul meccanismo dell' eredità e della riduzione alla metà del numero dei cromosomi nelle mitosi di ma- turazione. Questo è il primo lavoro, nel quale si sia affermata l'esi- stenza di vere tetradi in cellule somatiche e l'A. , in una sintesi mirabile, riunisce anche tutte le notizie simili accennate fugge- volmente da precedenti ricercatori, e discute , in base a queste nuove osservazioni, il valore delle tetradi, credute caratteristiche della prima mitosi di maturazione. Organizzazione della cromatina. — Ma procedendo nelle sue ricerche, arriva a conclusioni molto più generali. Si affermava dai biologi che il numero dei cromosomi per una determinata specie di cellule fosse assolutamente e senza eccezione costante: invece le osservazioni condotte con la più scrupolosa cura dall' Autore, nelle migliori condizioni possibili di materiale e di mezzi di osservazione dimostrarono che il nu- mero dei cromosomi era costante sì, ma solo approssimativamente, non già in modo assoluto. Se quindi le osservazioni del Della Valle mettevano in luce ciò nel materiale più opportuno, doveva essere anche probabile, che, contrariamente a quanto si affermava dagli Autori, la varia- bilità del numero dei cromosomi dovesse essere un fenomeno frequente, e quindi che anche le osservazioni precedenti, se suf- ficientemente obiettive, esatte e ripetute, dovevano averlo più o meno di frequenti già riscontrato, nonostante che da tutti si affermasse l'inverso. Questo appunto si propose l'Autore di verificare, perchè solo una ricerca bibliografica completa, che risalisse alle fonti poteva dimostrare fino a qual punto si era avuto il diritto di affermare l'esistenza di una costanza numerica, o lo si aveva at- tualnieiite, e si poteva dire se i casi di variabilità fossero stati un fatto eccezionale o normale. Potette infatti convincersi che poche ed insufficienti fossero le osservazioni di una costanza numerica, mentre enormemente numerose e piìi probative erano quelle di variabilità piìj o meno grave e più o meno frequente del numero dei cromosomi, spar- se qua e là incidentalmente nei lavori citologici e completamente dimenticate nelle discussioni teoriche generali. Questa variabilità si manifestava sempre ed in modo tanto più netto, quanto più esattamente erano state fatte le osserva- zioni e quanto più numerose esse erano, allo stesso modo con cui si presentavano le variazioni constatate nel caso tecnicamente più favorevole. . Nondimeno se non la costanza, ma la variabilità del numero dei cromosomi era la realtà, poteva ancora sussistere l'ipotesi del- l'individualità dei cromosomi, quella ipotesi, che è, si può dire la pietra angolare di tutte le costruzioni ipotetiche, che si sono accumulate sulla morfologia della cromatina nell'ultimo venten- nio, e che hanno avuto tanta parte nel ■ movimento moderno della Biologia generale. Qui naturalmente poteva decidere solo una analisi teorica del valore obbiettivo delle diverse subipotesi, con le quali era stato tentato di conciliare; con l'ipotesi dell'individualità , l'esi- stenza di casi di variabilità creduti eccezionali ; e questa , fatta sistematicamente e completamente per tutte le subipotesi pro- poste, dimostrò in modo assoluto, che l'esistenza di una varia- bilità del numero dei cromosomi non può essere conciliabile con l'ipotesi dell'individualità di quelli. Se dunque i cromosomi non sono veri individui , che si presentano di nuovo ad ogni mitosi, in modo da rimanere sem- pre ognuno distinto perfettamente dall'altro, anche quando l'os- servazione obiettiva ci dimostra il nucleo perfettamente omogeneo, e ciò costantemente per tutte le generazioni cellulari non solo di un organismo, ma anche dal padre al figlio, ed ai più lon- tani discendenti, come si può spiegare la loro costanza nume- rica, o, per dir meglio, la loro oscillazione intorno ad un valore medio? A questa domanda fondamentale per la prima volta fu data - 7 — dal Della Vallf. una risposta obiettiva, semplice e probabile, so- stenuta da numerosi argomenti di fatto e dall'analisi critica di tutte le possibili obiezioni, e cioè, che " la costanza del numero dei cromosomi non è che il risultato della costanza media della grandezza dei cromosomi e della costanza della quantità di cro- matina disponibile,,. Nel caso di pluralità reale di cromatine di natura diversa, questo principio si applica isolatamente a ciascu- na categoria di cromatina. In questo modo il vero comportamento del numero dei cromosomi, sia in condizioni normali, che nelle diverse anomalie (considerate fino a quel momento come basi incrollabili dell'ipo- tesi dell'individualità), venivano ad essere conseguenze necessarie di questa naturale interpretazione dei fatti. Morfologia della cromatina. — Persuaso dell'erronei- tà della base fondamentale dell'ipotesi dell'individualità dei cro- mosomi, rimaneva da compiere lo studio obiettivo dei fenomeni reali offerti dalla morfologia della cromatina e da tentare l'analisi del significato di questi fatti nel modo, che fosse il piiì possibil- mente privo di presupposizioni ipotetiche. Considerando quindi le manifestazioni del formarsi dei cro- mosomi, dei loro rapporti col nucleo come tale , le leggi della loro forma di equilibrio e della loro grandezza, le loro proprie- tà varie, i fenomeni dell'accorciamento, che essi subiscono e la natura della loro scissione longitudinale, si convinse che il feno- meno non era e non poteva essere che la manifestazione mor- fologica delle variazioni di un sistema chimico-fisico complesso. Il problema citologico proposto doveva quindi essere ana- lizzato con quegli stessi metodi e con quello stesso indirizzo , con i quali si studiano i fenomeni del mondo inorganico. Trasformata in questo modo la ricerca, diveniva indispen- sabile l'applicazione dei metodi necessari nello studio dei feno- meni , che si verificano negli equilibri eterogenei in generale, e nei cambiamenti che possono presentare gli emulsoidi, diveniva necessaria la conoscenza delle leggi generali della cristallizza- zione e delle proprietà dei cristalli liquidi e fluenti, e special- mente di quelle dei cristalli rigonfiabili con proprietà analoghe - 8 — a quelle dei gel, cristalli che possono essere formati anche da soluzioni colloidali di albuminoidi. I risultati ottenuti dall'Autore furono infatti che i " cromo- somi non sono che dei cristalli di albuminoidi „. Continuando i suoi studi di citologia e servendosi sempre come materiale di studio degli eritrociti delle larve di Salaman- dra macalosa, notò la soluzióne del nucleo nel citoplasma di questi corpuscoli, probabilmente frequente, in ispecie, in alcune determinate condizioni, preceduta sempre da una risoluzione del- l'unica originaria massa nucleare in numerose gocciole sempre pili piccole e sempre meno numerose e distinguibili dal cito- plasma , fino alla formazione di eritrociti completamente anu- cleati. Anche in questo caso l'esame bibliografico portò alla con- seguenza che eritrociti anucleati, fuori dei Mammiferi altre volte erano stati osservati in tutte le classi dei Vertebrati , nono- stante che si soglia affermare il contrario , come pure che il fenomeno della frammentazione nucleare quasi sempre precede la cariolisi, così negli animali come nelle piante. Quanto al significato fisico di questo fenomeno il Della Valle notò come si avesse a che fare con una tendenza della sostanza nucleare ad uno sviluppo di superficie maggiore, ad un aumento di dispersila, identico a quello delle gocciole di una emulsione, man mano che il sistema si approssima ad una as- soluta omogeneità, in modo che il rapporto esistente fra nu- cleo e citoplasma deve essere considerato come analogo al rap- porto esistente fra le due fasi coesistenti di un sistema di due liquidi parzialmente miscibili fra di loro, giungendo anche alla conclusione, che, parallelamente e proporzionatamente alla di- minuzione della massa nucleare nell'interno dell'eritrocito, dimi- nuiva anche il volume di questo. Studi sugli eritrociti di Salamandra. — Ma furono in ispecie alcune forme anormali della divisione nucleare di que- sti eritrociti, che richiamarono l'attenzione per ulteriori ricerche. Un esame accurato ed esteso fece vedere che tutte le for- me, apparentemente molto diverse fra loro, formavano invece un'unica serie continua, sia dal punto di vista del comporta- — 9 — mento morfologico della cromatina, che del loro modo di di- visione e ciò che specialmente era interessante, che tale serie continua, veniva a riattaccarsi da un lato alla cariocinesi tipica e dall'altra alla classica amitosi per il semplice strozzamento nu- cleare, e che tale continuità si otteneva per il fatto che, al mo- mento della divisione, nei diversi casi dal nucleo si forma un numero progressivamente maggiore di elementi cromatici , ma proporzionalmente di dimensioni minori, e che questi migrano non più contemporaneamente, ma irregolarmente ai poli della cellula, fino a che nei casi estremi non si ha a che fare con u- no strozzamento in massa del nucleo. Vari autori avevano insistito sui rapporti esistenti fra le due classiche forme di divisione nucleare, tuttavia la citologia (orto- dossa) concordemente affermava che si trattasse invece di due processi eterogenei, e specialmente non poteva da essa essere accettata l'opinione di una continuità, che implicava la possibi- lità di differenze del numero dei cromosomi in condizioni di- verse, fatto che è inconciliabile con la dominante ipotesi della individualità. Anche qui con una analisi bibliografica accurata potette il Della Valle dimostrare, che si era verificato un caso analogo a quello riscontrato per le tetradi in cellule somatiche, per la va- riabilità del numero dei cromosomi e per la esistenza di eritro- citi anucleati fuori dei Mammiferi, cioè che la dottrina domi- nante aveva condannato all'oblio osservazioni interessantissime, pubblicate dagli autori senza annettervi importanza generale, in cui si riscontrava in modo più o meno perfetto e completo sem- pre la stessa serie da lui ricostruita, anzi alcuni fenomeni altrove riscontrati riempivano qualche lacuna esistente nella sua serie. Ma ciò che di più interessante risultò da questa analisi com- parativa con gli altri fenomeni simili si fu, che anche quando artificialmente, con mezzi vari, si giunge a disturbare il processo cariocinetico, sempre si ottengono le stesse forme e sempre nello stesso ordine progressivo. Naturalmente molto spesso le notizie obiettive erano pub- blicate in modo da cercare di porle di accordo con la domi- nante ipotesi dell'individualità, ciò che le rendeva quasi irrico- noscibili, ovvero erano pubblicate in lavori di tutt'altra natura , — 10- — ma ad un esame spassionato l'identità costante dei fenomeni era evidente. Poiché pure questo fenomeno fa parte della morfologia del- la cromatina, anzi costituisce l'espi'essione più generale possibile del suo comportamento, il Della Valle non mancò di accen- narne l'analisi fisica, che sembrò assolutamente evidente, dato la progressiva diminuzione di grandezza e correlativo aumento del numero dei cristalli che si formano da una data massa di una data soluzione in condizioni progressivamente meno opportune. Questa concezione, oltre al grande suo interesse intrinseco per la importanza dei fatti nuovi trovati e per la nuova luce , nella quale venivano ad essere poste osservazioni prima sparse e solo ora sintetizzate in un complesso dottrinale unico, aveva anche importanza in quanto veniva a porre fuori ogni possibi- lità di dubbio, che il numero dei cromosomi può variare se va- ria la grandezza media delle aggregazioni della cromatina. Constatò altresì la migrazione anafasica dei cromosomi in- divisi, tanto più frequente, quanto più la divisione nucleare si discosta dal comportamento tipico, come anche potè convincersi dell'esistenza di globuli sanguigni formatisi molto probabilmente per isolamento di una specie di ernia in elementi in mitosi, in cui si trovavano pochissimi cromosomi isolati. S tudi i di Embriologia sui Cordati. — Un secondo, e non meno geniale ciclo di lavori di Embriologia e Fisiologia com- parata, incomincia con la monografia sull' " Apparato opercolare e la cavità peribranchiale nel Cordati „ e finisce con la memoria ultima " Suir epoca della riduzione delle code di girini di rana innestate eterocronicamente in sito anomalo „. L'Autore, preferendo la tecnica della dissezione a quella della ricostruzione dei tagli seriali alla Born, giunge alla conclusione che la formazione della cavità peribranchiale è prodotta, nello sviluppo normale del Bufo vulgaris, da molteplici fattori mor- fogenetici dipendenti dallo sviluppo vario di parti più o meno lontane e di valore morfologico disparatissimo. Così lo sviluppo dell'arco mandibolare, del sistema nervoso — 11 — centrale e della capsula otica, provocano una forte inclinazione laterale dei branchiomeri postioidei, che è una delle condizioni principali della formazione della cavità peribranchiale. Questo ef- fetto è ancora piiì accentuato dall'aumento in volume del pericar- dio nella regione mediana ventrale che ne solleva dorsalmente le estremità ventrali: esso è reso sempre più completo dall'accre- scimento della regione dorsale rostrale del primo branchiomero postioideo, che costituirà la parete laterale della camera bran- chiale faringea. L'accrescimento del campo mesobranchiale, trasforma la di- sposizione dei branchiomeri postioidei da ventrale in rostro- ventrale, spingendo per conseguenza caudalmente l'estremità dor- sale dei branchiomeri postioidei e facilitando così la loro ade- sione con la regione dorsale delle pareti addominali. Queste vengono loro incontro approfondendo sempre più il solco bran- chie-addominale per l'aumento di volume della regione prone- frica e di tutta la cavità addominale in generale. Il ricoprimento epibranchiale ha notevolissima importanza per la morfologia ge- nerale della cavità peribranchiale. La plica ©percolare latero-ventrale, che nella parte mediale è ioidea, ma nella parte dorsale corrisponde al branchiomero successivo, in questo periodo raggiunge uno sviluppo relativa- mente poco notevole. Essa però completa l'infossamento della regione branchiomerica postioidea, che era già molto progredita per lo sviluppo relativamente maggiore delle pareti circostanti. Il profondo seno peribranchiale viene poi definitivamente inclu- so nell'interno del corpo dalla saldatura, vera cicatrizzazione, dei margini che sono andati circoscrivendo questa regione, ri- vestita oramai da un epitelio che è divenuto nettamente diverso da quello che ricopre il resto della superficie del corpo. Complesso è quindi il fenomeno riscontrato nello svilu|:)po della regione opercolare del Bufo vulgaris, giacché correlazioni molteplici si stabiliscono, di cui si può considerare tipico esempio il fatto che il modo di sviluppo della regione donde sorgerà la lingua, molto probabilmente influisce sul fatto, clie nei girini di Faneroglossi, gli arti anteriori non si sviluppano all'esterno fin dal principio. Di molti fattori si deve dunque tener conto per cercare di — 12 — analizzare, da un punto di vista causale, questo, che è uno dei pili grandiosi fenomeni di inclusione di una parte dell'antica su- perficie ectodermica nell'interno del corpo. In una seconda nota dal titolo " La differenziazione dell'a- rea cutanea dell' arto anteriore degli A nari nelV interno della CQvità perìbranchiale „ l'A. nota un singolare fenomeno e cioè che aprendo la detta cavità peribranchiale in un girino di rospo alquanto avanzato, la regione dell'arto è ricoperta da una cute completamente diversa da quella che tapezza il resto della ca- vità peribranchiale e quasi esattamente identica a quella esterna, già da molto tempo prima della fuoriuscita degli arti dalla ca- vità stessa. Ciò che è più interessante è che, negli stadi avanzati tali regioni sono reciprocamente delimitate in modo netto e per di pili la zona differenziata in modo "esterno „ è proprio quella e solo quella che nella metamorfosi terminale diverrà e resterà esterna. E continuando simili ricerche, ha potuto constatare, che se si amputa il capo nei girini di anuri al livello del solco branchio- addominale, il tronco decapitato continua a vivere per molti giorni ancora e la differenziazione dei diversi tessuti procede in modo del tutto normale, potendosi distinguere nella regione ro- strale del tronco decapitato, un'area nettamente distinta dal resto della cute anche per una maggiore trasparenza. Questa area corrisponde esattamente a quella parte della parete addominale, che normalmente avrebbe costituito una delle pareti della cavità peribranchiale, cavità che è rivestita appunto da un epitelio con caratteri molto diversi da quelli del resto della pelle, che rimane all'esterno. Nell'ulteriore sviluppo , anche in queste condizioni così anormali, la regione circostante differen- ziata come cute normale tende a rinchiudersi al di sopra della calotta rostrale, ciò che però di solito non riesce a raggiungere. E infine in alcune esperienze sugli innesti eterocroni di code di girini di rana piii giovani su individui più adulti di due o tre giorni, risulta che alla metamorfosi dell' individuo portainnesto più adulto, anche la coda innestata, proveniente dall'individuo più — 13 — giovane si riduce, e ciò qualunque sia la sede dell'innesto come per esempio cavità dell'orbita, regione subioidea, ecc. Differenziazione e rigenerazione. — Un terzo grup- po di ricerche riguarda i rapporti fra differenziazione e rigenera- zione. L'Autore impedendo la cicatrizzazione delle fratture esposte delle zampe di Triton per un tempo sufficiente, ha notato che tanto l'una che l'altra delle due superficie di sezione rigenerano le parti dell'arto poste distalmente, le quali sono enan tiomorf e, cioè sono nello stesso rapporto trovato da Bateson per le strutture so- prannumerarie, che appunto hanno probabilmente sempre origine da superrigenerazione, sembrando che la estinzione della regione rigenerata sia proporzionale alla distanza della superficie di sezione dall'estremità dell'arto, anche nella rigenerazione inversa. L'arto rigenerato da quella parte delle due superficie di se- zione della frattura che è rivolta prossimalmente e che ha di- rezione inversa alla normale, rimane relativamente indietro nello sviluppo e non presenta quasi motilità propria ; mentre i due arti eupolari sono bene sviluppati e si muovono ambedue con- temporaneamente ed in modo quasi identico. Amputando invece il capo d'una planaria, ha potuto sempre impedire la rigenerazione, definitivamente, per tutto il tempo per il quale ha continuato 1' osservazione (circa due mesi), fa- cilitando quella riduzione dell' arco della superficie di sezione che si verifica sempre subito dopo il taglio col rendere possi- bile un avvicinamento maggiore delle estremità laterali di quella mediante una incisione longitudinale mediana, che dall'estremità caudale interessi quasi tutta la lunghezza della Planaria. I due antimeri, divenuti anche funzionalmente indipendenti, si dispon- gono come posizione di riposo in modo che una metà della superficie di sezione combaci con la metà opposta e la guarigione avvenga mediante due cicatrici lineari sagittali, dorsale e ven- trale, che finiscono anche con lo scomparire in seguito. Mai più però viene ricostruita la forma normale. — 14 — La terza memoria riguarda lo sviluppo dei segmenti dello stolone di Clavelina, di lunghezza diversa e di calibro uguale. In tale soggetto le dimensioni degli individui, che si formano da segmenti di calibro uguali, al disopra di una data lunghezza, sono sensibilmente eguali; ciò che varia è solo la lunghezza della regione stoloniale, che nei segmenti più brevi può addirittura mancare, mentre col diminuire delle dimensioni si verifica un progressivo rallentamento. Questo tipo di morfogenesi è simile più ai fenomeni di re- stituzione per rigenerazione gemmante, che a quelli di restitu- zione per morfallassi, l'indebolimento poi delle correlazioni en- doorganiche con 1' aumentare della distanza da una determinata regione terminale, è la causa della legge di Driesch del pro- gresso basipeto delle differenziazioni rigenerative. Nella quarta memoria l'Autore si occupa delle restituzioni dei cespugli di ramificazioni stoloniali di Clavelina, esaminando e spiegando i rapporti fra rigenerazione, gemmazione e morfal- lassi con paragoni ricavati dal mondo fisico. Il Della Valle si è occupato anche di sistematica zoologi- ca, in un pregievole lavoro sopra i Tardigradi italiani rinvenuti agli Astroni, ed infine ha inviato dalla Zona di guerra alla Reale Accademia delle Scienze di Napoli una monografia dal titolo " Note sulla morfologia della bassa Sciusciza „, che, in seguito a relazione dei professori Scacchi, Bakunin e De Lorenzo, sa- rà pubblicata negli Atti di quella Accademia. Questa è in breve l'esposizione della vita scientifica del So- cio Paolo Della Valle, ma ciò che a me, suo amico, suo collega di studi e di armi, piace di ricordare è la pagina della sua vita che riguarda il servizio militare, il periodo di tempo, nel quale, dimentico di se , delle sue ricerche , della sua famiglia, ha dato tutto alla patria, all'ideale di una grande Italia, non più schiava nemmeno moralmente del giogo teutonico!.. — 15 — E quando col 24 maggio 1915 avviene la mobilizzazione deiresercito, e la dichiarazione di guerra all'Austria, quando in- cominciano (purtroppo è doloroso confessarlo) le manovre degli spiriti deboli per l'imboscamento , Paolo Della Valle, prima ancora che fosse precettato, si presenta alle autorità, dice che è medico, non si avvale delle garentigie universitarie per conti- nuare nei suoi studi e nell'insegnamento e parte per la zona di guerra, e va a disimpegnare il suo nobile mandato in un gruppo .alpino. E ricordo ancora le lettere che mi scriveva dal fronte di combattimento; mi parlava dei feriti, delle medicazioni: voleva mostrare, a me, chirurgo, che anche egli aveva assimilato quella disciplina, che fino ad allora era restata per lui nel campo delle teo- rie. Ed io gli rispondevo, che sarebbe stata una vera fortuna per la chirurgia, se lui, col suo poderoso ingegno e con la sua genia- lità, avesse cercato di risolvere qualcheduno dei tanto complessi argomenti, primo fra tutti quello sulla etiologia dei tumori maligni!. Sprezzante di ogni pericolo, accorreva a soccorrere i suoi soldati dove più ferveva la mischia, così sul brullo Carso, così a Monte sei Busi, così a Doberdò! Il suo ardore fu compensato con l'alta onorificenza della medaglia al valore militare. E quando la Brigata Savona è trasferita in Albania, egli pur conscio della poca salubrità di quelle plaghe montuose e palu- dose, non vuole abbandonare il suo Reggimento e lo segue. In un periodo di tregua delle azioni belliche vuol studiare l'etio- logia della malaria e si fa destinare in un ospedale militare di campo, ma non prevedeva* quali fossero le difficoltà burocrati- che!... Ed infatti, poco edificato del, chiamiamolo, ostruzionismo scientifico di quelle istituzioni, rientra a reggimento come diri- gente il servizio medico del 22" Cavalleggieri Catania, e nel settembre 1918 prende parte alle azioni sulla Vojussa ed all'a- vanzata fino a Sameni, quando, colpito da influenza, muore per complicanze bronco-polmonari, nell'ospedale militare di Valona. Caro ed amato amico e compagno, mi sembra un radioso sogno la tua vita, mi sembra un sogno anche la tua morte!... Al tuo venerando genitore, al tuo amato fratello e compa- gno di armi, alla tua famiglia, ai tuoi amici sia di conforto che hai bene meritato della Patria e della Scienza. Pubblicazioni di Paolo Della Valle 1907. — Osservazioni di tetradi in cellule somatiche. Contributo alla conoscenza delle tetradi, in : Atti Accad. Se. Napoli, (2), Voi. 13, Memoria 13, 39 pag., 1 Tav. 1909. — L' organizzazione della cromatina studiata mediante il numero dei cromosomi, in: Arch. Zool. ital., Voi. 4, pag. 1-177, Tav. 1. 1911. — Le analogie fisico-chimiche della formazione e della dissoluzione dei cromosomi, in : Monitore Zool. Ital., Anno 21, pag. 265-268. 1911. — La continuità delle forme di divisione nucleare ed il valore morfologico dei cromosomi. - Studii sui globuli sanguigni delle larve di Sa- lamandra maculosa, in : Arch. Zool. Ita!., Voi. 5, pag. 119-200, 1 fig., Tav. 9-10. 1911. — La soluzione del nucleo nel citoplasma negli eritrociti delle larve di Salamandra maculosa, in : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 25, pag. 1-24, Tav. 1. 1912. — La morfologia della cromatina dal punto di vista fisico , in: .A.rcli. Zool. Ital, Voi. 6, pag. 37-3^25, 75 figg., Tav. 4-5. 191ÌÌ. — Die Morpìtologie des Zellkerns und die Physik der Kolloide, in : Zeit- schr. Chemie Industr. Kolloide, Bd. 12, pag. 12-16. 1913. — Studii sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione. 1. La doppia rigenerazione inversa nelle fratture delle zampe di Triton. — .Ana- lisi della legge di B a t e s o n /// relazione ai fenomeni di pola- rità e di differenziazione, in: Boll. Soc. Naturai. Napoli. Voi. 25, pag. 95-161, Tav. 2. 1913. — La differenziazione deli arca cutanea dell'arto anteriore degli Anuri nelV interno della cavità peribranchiale. Nota preliminare, in : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 26, pag. 1-3. 1914. — Come si può impedire la rigenerazione del capo nelle Planarie. Nota preliminare, in: Boll. Soc. Naturai. Napoli, 'Voi. 26, pag. 98. 1914. — La differenziazione della regione endocavitaria e la determinazione della posizione dello spiracolo nello sviluppo delle larve decapi- tate di Anuri. Nota preliminare, in : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 26, pag. 101-103. 1914. — L'apparato opercolare e la cavità peribranchiale nei Cordati. — 1. Lo sviluppo normale della regione nel Bufo vulgaris fino alla chiu- sura della cavità peribranchiale, in : Arch. Zool. Ital., Voi. 7, pag. 115-241, 1 fig., Tav. 8-16. — 17 — 1914. — Stiidii sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione. — 2. L' ini- bizione della rigenerazione del capo nelle Planarie mediante la cicatrizzazione.- Analisi del determinismo causale dell' accresci- mento rigenerativo, in : Ardi. Zool. Ital., Voi. 7, pag. 275-312. 5 figg. 1914. — Fauna degli Astroni. — 7. Tardigrada, in: Annuario Mus. Zool. R Univ. Napoli (2) Supplemento: "Fauna degli Astroni,, 36 pag., Tav. 8-11. 1915. — Studii sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione — 3. Lo svi- luppo di segmenti dello stolone di Clavelina di lunghezza diversa e di calibro eguale. Analisi delle cause e dei limiti delle corre- lazioni endoorganiche, in: Boll. Soc. Naturai. Napoli. Voi. 27. Atti, pag. 195-^234, 25 figg. 1915. — Studii sui rapporti fra differenziazione e rigenerazione. — 4. Le re- stituzioni dei cespugli di ramificazioni stoloniali di Clavelina. — Analisi dei rapporti fra rigenerazione, gemmazione e morfallassi. in : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 28, Atti, pag. 49-82, Tav. 2-4. 1915. — L' epoca della riduzione delle code di girini di Rana, innestate etero- cronicamente in sito anomalo, in : Boll. Soc. Naturai. Napoli, Voi. 28, Comunic. verb. pag. 3. hiiiito di stampare il 30 settembre 1919. Contributo allo studio di alcune sintesi in chimica organica del socio Francesco Giordani (Tornata del 31 dicembre 1918 E' stato già ripetutamente notato che le reazioni chimiche non corrispondono quasi mai al semplice schema che di esse si dà colle ordinarie notazioni. Prescindendo dal fatto che le for- mule chimiche non ci danno mai un'idea dei fenomeni interme- diari delle reazioni, noi sappiamo che queste il più delle volte, per non dire sempre, sono praticamente determinate dnll' inter- vento di corpi che non figurano nell'equazione stessa, o di agenti fisici, come ad esempio la luce ed il calore. Nello studio mirante ad interpetrare il meccanismo di queste azioni quasi sempre si ri- scontra un'assoluta deficienza per quanto riguarda l'esame siste- matico comparativo dei diversi agenti capaci di produrre uno stes- so fenomeno, studio che — seguendo un logico processo mentale — mi è sembrato invece il più adatto ed il più soddisfacente in una serie di indagini, compiute in collaborazione o da solo, a seguito degli studi di Bakunin sul meccanismo della sintesi di alcuni dia cetati, formantisi sotto l'azione di corpi capaci di dare soluzioni colloidali in una delle sostanze reagenti (anidride acetica) (1). Nel corso della ricerca noi siamo stati condotti a ripren- derne numerose altre ed a seguire direttive diverse, che hanno permesso di fare alcuni ravvicinamenti forse non del tutto privi di interesse ; onde qui comincerò a darvi in certo modo forma concreta, quale prima base di uno studio definitivo, che mi pro- pongo di fare nello stesso indirizzo. — 19 — Finora si è sempre ritenuto dai pili che gli agenti determi- nanti della reazione (dal punto di vista pratico) non fossero altro che acceleratori di un'azione producentesi già di per sé con e- strema lentenza e questo modo di vedere — messo in rapporto con quanto già conosciamo circa l'accrescimento delle velocità di reazione in funzione della temperatura — può sempre coin- cidere in pratica con tutti i fatti osservati. Senonchè la considerazione che l'intervento dell'uno piìi che dell'altro condensante può determinare la prevalenza di uno più che d'un altro modo di azione tra le stesse specie molecolari rea- genti, dovrebbe condurci — secondo quel modo di vedere — ad ammettere che dette specie molecolari, messe a contatto, compia- no con infinita lentezza diversi tipi di reazioni — Vedremo in se- guito come questa difficoltà possa eliminarsi — Per il momento dobbiamo qui considerare sommariamente quali siano gli agenti dì catalisi. Dal punto di vista della loro costituzione chimica tutti i corpi possono ritenersi acceleratori di speciali reazioni; dal punto di vista del loro stato fisico sono specialmente da considerare i corpi porosi, e quelli allo stato di estrema divisione (metalli ri- dotti, ossidi metallici, colloidi, ecc.). Tra gli agenti fisici — di cui temperatura e pressione sono dal nostro studio esclusi perchè hanno azione generica conforme i principi generali energetici — la luce specialmente è dotata di azione specifica importante — Anzi è da notare che le radiazioni pili attive sono quelle che corrispondono a bande di assorbi- mento, specie nella parte meno rifrangibile dello spettro (2). I fenomeni delle ordinarie reazioni, nonché delle loro cause determinanti, devono potersi coordinare in questo campo di fatti e non mi è sembrato perciò privo di interesse abbozzare una teoria capace di esaminarli da un punto vista unitario. Le prime ricerche compiute da noi miravano ad inter- pretare il meccanismo di formazione degli acetati di benzilidene e nitrobenzilidene per azione dell'anidride acetica sulle rispettive aldeidi (3). Questo caso presentava speciale interesse perché costi- tuiva lo studio di una delle coppie che compaiono nella sintesi del Perkin: aldeide — anidride, aldeide-acido, acido-anidride — — 20 — Risultò allora che la formazione del diacetato, da alcuni ritenuto termine intermediario della reazione, si compie solo in speciali condizioni e che esso non ha alcuna reattività (4). E più precisamente si potette constatare che la reazione RCOH 4- (CH3CO),0 = RCH (CH3CO)2 è determinata dalla presenza di corpi' capaci di formare nell' a- nidride acetica soluzioni colloidali (P.Oa^SOg, Fe203) epperò si ritenne che l'azione fosse specifica dello stato colloidale; ma uno studio ulteriore ci ha mostrato che il FeCIs, H3PO4, H.,S04, HCI gassoso, ZnCI.,, CCI3CO2H determinavano la reazione pur for- mando soluzioni otticamente vuote nei reagenti ; ed infine io stesso ho trovato che il AICI3, FeBrs, HBr, I, Br, CI, KHSO,, KHSO3, sono altrettanti catalizzatori della reazione nel vero senso della parola in quanto che agiscono in lievissima traccia, né spo- stano l'equilibrio della reazione. Epperò risultava già — ed io ho meglio confermato — che la sintesi dei diacetati si compie sia in catalisi eterogenea (so- luzioni colloidali, platino ridotto) che in catalisi omogenea (so- luzioni otticamente vuote). Era perciò necessaria un' interpetra- zione che permettesse di comprendere tutti questi fatti. L'intervento degli acidi inorganici forti, il fatto che queste eterificazioni avvengono senza eliminazione di acqua e che i reagenti, previamente disidratati con ogni cura, si comportano come in assenza di ogni catalizzatore, ci fece propendere verso l'ipotesi di una catalisi di carattere jonico. Ma si è poi osservato che — mentre l'acido tricloroacetico agisce come catalizzatore solo in grandi concentrazioni — l'acido acetico non reagisce affatto, pur avendosi azione da parte del suo sale sodico — Ora dalla teoria di Arrhenius segue che l'ag- gmnta di ioni di una specie retrograda la dissociazione dell'elet- trolita, effetto che si consegue per gli acidi aggiungendo il loro sale neutro; epperò i sali neutri degli acidi deboli dovrebbero intervenire diminuendo l'attività catalittica per H' — ioni dell'acido corrispondente (5); fenomeno opposto a quello da noi osservato. D'altra parte l'incertezza attuale nell'interpretare i fenomeni di catalisi per azione puramente ionica , ci ha fermato piuttosto — 21 — all'ipotesi dei prodotti di addizione formati pel tramite delle va- lenze secondarie. Se questo modo di vedere fosse giusto se ne dedurrebbe che la velocità di reazione è proporzionale alla con- centrazione del prodotto di addizione , epperò indirettamente a quella del catalizzatore; essa quindi è nulla quando il catalizza- tore è assente — Ed inoltre, per quanto diremo in seguito, il compiersi dell' addizione , per catalizzatori diversi , in atomi o gruppi atomici diversi della molecola, renderebbe possibili certe reazioni piiì che altre, senza indicare che esse debbano attuarsi tutte spontaneamente sebbene lentamente quando il catalizzatore manca — L' addizione — producendo un aumento della reattività, o determinandola magari — può corrispondere a quei casi in cui la reazione si compia oppur no con lentezza per solo contatto dei corpi reagenti — La difficoltà cui accennavamo in principio (pag. IQ) potrebbe cosi scomparire. L'ipotesi dei composti di addizione non è certo nuova nel campo della chimica organica, epperò per i riferimenti che dovre- mo farvi in seguito non sarà inutile soffermarci qui alcun poco su di essa. Noterò in primo luogo che i chimico-fisici moderni, che primi si erano fermati all'idea di una catalisi di carattere puramente io- nico, vanno in questi ultimi tempi ritornando all'idea dei composti di addizione — Di tal genere sono le conclusioni di Noves, Wa- SHBVRN, Walker , GoLDSCHMiDT , i quali hauuo dovuto ritenere azioni distinte da parte dei diversi ioni nonché delle molecole in- dissociate. Così lo studio dell'idrolisi dell'acetato di etile per opera di soluzioni acquose di sali neutri, eseguito da Henderson e Kel- log (6) " dimostra piuttosto chiaramente che la soluzione finale del problema deve cercarsi in un'azione specifica della parte non io- nizzata del sale, piuttosto che in una funzione degli ioni prot dotti.,, Io spiegherò in seguito come i vari fatti potrebbero conci- liarsi. Per ora seguiamo lo svolgersi di questi concetti circa l'ad- dizione molecolare. Kekulè (7) e Van' t Hoff hanno ritenuto che tutte le reazioni chimiche dette di sostituzione fossero precedute dalla formazione — 22 — di un composto di addizione e 1' ipotesi ha avuto ripetutamente dei sostenitori. Guye e Jeampetre (8) sono giunti a conclusioni ana- loghe nell'interpretazione delle modalità con cui procede la bro- murazione dell'acido etil-iso-butil-acetico e Ouye successivamente ha ripreso lo studio dell'argomento (9) cercando di portarvi un con- tributo di fatti col sussidio dell' analisi termica — Egli riesce così in molti casi, operando alle temperature basse tra i limiti dello stato liquido e Io stato solido, a determinare l'esistenza di un com- posto molecolare di addizione tra quei corpi che sono capaci — a temperature più elevate — di dar luogo da soli ad una rea- zione di sostituzione (10). E precisamente nell'ultimo suo lavoro sull' argomento egli così sintetizza la questione (11): " Il fenomeno normale che caratterizza ogni reazione tra due corpi organici , suscettibili di reagire fra loro formando un si- stema binario omogeno, comprende tre intervalli di temperatura nettamente definiti dal punto di vista teorico: a) a temperatura molto bassa i corpi sono senza alcuna azione chimica l'uno sull' altro , non vi è nemmeno formazione del composto di addizione; b) se si eleva la temperatura si arriva ad un punto di tran- sizione a partire dal quale le resistenze passive del mezzo — pa- ragonate con tanta efficacia dal Moutier alle resistenze di attrito in meccanica — cessano di controbilanciare le affinità chimiche: è a questo momento che si forma il composto di addizione, che potrà essere stabile o dissociato a seconda delle condizioni del mezzo ; e) elevandosi ancora la temperatura, il prodotto di' addi- zione (se è abbastanza stabile) si decompone dando luogo alla formazione di prodotti detti di sostituzione „. Questo modo di vedere riceve di giorno in giorno maggiori conferme, di cui la piìi brillante è quella di Jones e Strong (12) che hanno potuto dimostrare, cogli spettri di assorbimento, che le reazioni avvengono per gradi. Così, nella trasformazione del nitrato di uranile in solfato per aggiunta di acido solforico ad una soluzione del primo sale, nonché quella dell'acetato in clo- ruro o di un sale uranoso in sale di uranile, gli AA. hanno trovato che non si passa nettamente dallo spettro di assorbimento d'un — 23 — sale a quello di un altro, bensì si ha uno spostamento graduale delle bande di assorbimento , clie si può seguire fotografica- mente. L'ipotesi di Kf.kulé e van' t Hoff si dimostra quindi non del tutto arbitraria e fornisce in certo modo una giustifica delle reazioni in quanto che ritiene condizione essenziale il contatto tra le molecole. Il Guye aggiunge giustamente " il faut que ce contact se fasse au bon endroit, c'est à dire qu'il se forme une combinaison moléculaire parfaitement déterminée, plagant les ato- mes dans une position compatible avec la décomposition ulté- rieure de ce produit il faut enfin que le contact dure un temps suffisant pour que le dédoublement de ce produit ait le temps de se faire „. Ma tutte queste considerazioni non bastano; occorre ancora indagare piii davvicino il comportamento di questi composti di addizione. Essi si formano prevalentemente con quegli stessi corpi che sono dei buoni dissodanti e che presentano peraltro anche il fenomeno dell'associazione molecolare (13). Sebbene una esatta corrispondenza su questo punto non sia ancora accertata, pure è indubbio che i fenomeni di associazione e quelli di addizione molecolare si hanno prevalentemente nei composti contenenti ossigeno , azoto ed alogeni , cioè quegli atomi le cui affinità se condarie (Kontravalenz di Abbeg) sono maggiormente sviluppate. Nonostante la gran messe di dati raccolti in questo campo cogli studi eseguiti mercè il sussidio dell'analisi termica , pure non eccessivamente abbondante è il materiale di ricerche siste- matiche. Mi riferirò quindi ai lavori di Menschufkin, che sono i pili completi che si conoscano in argomento (14). Risulta da questi studi che gli idrocarburi aromatici non formano composti di addizione con AlCl^ e AlBrj (15) e che in- vece ne formano i nitroderivati , che composti di addizione si formano colle aldeidi , con i chetoni (16) , con gli eteri, con le anidridi, con i cloruri degli acidi. Composti di addizione si hanno ancora con corpi senza os- sigeno come ad esempio il cloruro di benzile e qui deve am- mettersi che l'addizione avvenga pel tramite delle valenze se- condarie del CI, che può passare da mono— a tri — valente, ipo- tesi che spiega giovevolmente tutti i composti di addizione negli — 24 — idrocarburi alogeno-sostituiti , la formazione di composti non equimolecolari tra alcooli ed eteri da una parte ed HCl , HBr dall'altra messi in evidenza da Maas e Me Intosch (17) e da Baume e collaboratori (18); nonché l'associazione di questi idracidi allo stato liquido^ riscontrata ripetutamente nelle misure chimico-fi- siche eseguite alla scuola di Guye (19). Ma pili istruttivi sono i fatti accertati da Kendall circa i composti di addizione formati da coppie di acidi organici (20( mettendo in rilievo il carattere specifico di basicità del gruppo carbossilico — Bakunin (21) aveva già incidentalniente mostrato che acidi di diversa forza, come il benzoico ed il meta-nitroben- zoico formano composti di addizione stabili e Kendall indipen- dentemente — con una ricerca sistematica — ha esteso il risul- tato a numerosi acidi organici, dimostrando coll'analisi termica, che uno stesso acido forma sali di ossonio di stabilità crescente al decrescere della forza dell'acido cui il primo si addizioni. Ciò mostra che esiste un rapporto di dipendenza tra la forza dei lega- mi di valenza ordinaria e la reattività delle valenze sussidiarie. In fatti le ricerche di Bayer e Villiger (22) e di altri au- tori sui sali di ossonio- hanno portato alla conclusione che per quanto meno stabile è la forma di combinazione coli' ossigeno dei gruppi ad esso attaccati , per tanto maggiore è la tendenza del composto a formar sali di ossonio. Questo fatto importante trova la sua conferma nell' analogo comportamento dell'azoto e noi vedremo quali fenomeni siano perciò j^revedibili e quali le prime conferme ottenute. L'ipotesi di Kekulé-van't Hoff deve considerarsi come una prima approssimazione per quanto ne abbiamo già detto. Ma certamente se la sua ulteriore generalizzazione, nel cammino trac- ciato dal GuYE, dovesse portare alla conclusione che le sole rea- zioni possibili sono quelle precedute dalla formazione di un com- posto molecolare di addizione ; una prima obiezione potrebbe subito sorgere. La maggior parte dei catalizzatori delle reazioni di sostituzione sono corpi capaci di formare composti di addi- zione colle molecole reagenti , epperò la loro azione dovrebbe inibire, almeno in parte, la form.azione dei composti tra i termini della reazione; e rendere piiì difficile il compiersi di essa. — 25 — E ciò a prescindere sempre dal fatto che l'ipotesi resterebbe confinata in un campo ristretto, non permettendo essa di tener conto degli agenti fisici (calore, luce, elettricità...). Invece noi dobbiamo qui studiare la possibile influenza del- l'addizione molecolare in rapporto alle altre unioni preesistenti nella molecola. Le citate ricerche sui sali di ossonio, che sono le più nu- merose , mostrano che 1' addizione molecolare — operantesi pel tramite delle valenze secondarie — dipende dalla forza , per dir così, attuale degli altri legami di valenza (ordinari) dell' atomo in cui l'addizione avviene. In altri termini, nell'ossigeno ad esempio, l'affinità delle va- lenze secondarie a b dipende dal valore delle ordinarie e d (che alla lor volta dipendono dalla costituzione dei R'. a R^-0~, R, b R' gruppi R, Rj cui fanno capo). E' lecito dedurre che, passando a saturazione a e b, debba inversamente risentirsi un'azione su e e d, variabile al variare dei gruppi o atomi R', R', che si addi- zionano; e propriamente quest'azione si tradurrà in un indeboli- mento delle valenze ordinarie, tanto maggiore per quanto mag- giore è l'affinità di R', R'i ; ossia la stabilità del composto di addizione. Partendo da questa ipotesi noi possiamo far rientrare nel quadro generale il caso oltremodo interessante delle reazioni ac- coppiate (indotte) (23). Trattasi del noto fatto per cui la reazione tra due corpi A e B, che non si produce spontaneamente in modo apprezzabile, ha luogo per azione indotta dal contemporaneo verificarsi di una reazione tra A e C producentesi spontaneamente. Prendendo alla ettera l'ipotesi di Kekulé - V.^n' t Hoff come semplice ipotesi di d b — 26 — contiguità dovrebbe dedursene che la reazione tra A e C avvie- ne perchè preceduta dalla formazione di un composto di addi- zione AC e questo fatto dovrebbe rendere meno probabile la contiguità. Invece se noi ammettiamo che la formazione del com- posto A C sia specialmente causa di una aumentata reattività (di- minuita affinità interna) dei gruppi di A ne consegue che è tanto probabile che questa produca la facile reazione tra A e C, quanto — per l'incontro con una molecola della specie B — quella tra A e B. A sostegno di questa tesi espongo qui alcuni resultati che formano un primo disordinato materiale che viene ad aggrup- parsi attorno all'ipotesi che comincia a delinearsi più sicura, oggi dopo i primi incerti e svariati orientamenti; ma io mi propongo in seguito di meglio coordinare ed illustrare questi fatti. Parte sperimentale. Acetilazione delle aldeidi. Le aldeidi prescelte furono la benzoica e le tre nitrobenzoiche. Queste aldeidi, scaldate a ri- cadere con quantità equimolecolari di anidride acetica e con ec- cesso di questa , non danno luogo a formazione dei diacetati, l'aggiunta di acetato sodico favorisce in certo modo là reazione ma i rendimenti sono sempre scarsissimi. Si è potuto invece constatare che l'P^Oj facilita grandemente la reazione, sia che si usino i corpi reagenti da soli, che in so- luzione cloroformica. L'PoOi non si scioglie in anidride acetica, ma aggiunta ad essa ed agitato il liquido a lieve calore, si nota subito la formazione di una soluzione lattiginosa, che resta tale anche dopo ripetute filtrazioni. Questa soluzione opalescente con tutti i caratteri di una soluzione colloidale, mostra all'esame ul- tramicroscopico la presenza di numerosi piccoli granuli dotati di vivissimo moto Browniano. Se si pone la soluzione in un piccolo tubo ad U e vi si immergono due fili di platino funzionanti da elettrodi, si nota— sotto l'azione del campo elettrico dovuto alla f. e. m. applicata di 110 v. (rete stradale) — una migrazione dei granuli al polo negativo. Usando, nelle prove, simili soluzioni in luogo della sola ani- dride acetica, si nota per aggiunta dell'aldeide un sensibile au- — 27 — mento di temperatura, indice del compiersi della reazione. II li- quido si bolle con acqua, poi con soluzione di Na, CO., e si ot- tiene al fondo del recipiente una polvere bianca nel caso dell'al- deide p-nitrobenzoica , sostanze oleose che cristallizzano subito per gli isomeri orto-e meta-e per l'aldeide ordinaria. I prodotti tutti si ottengono ben cristallizzati dall'alcool, coi seguenti punti di fusione di acetato di benzilidene 57° di 0 - n - benzilidene 90° di m - n - 68° di P - n - 127° Si è cercato perciò di avere altre soluzioni colloidali in ani- dride acetica sia con altre anidridi di acidi inorganici , che con metalli od ossidi. Finora però non si sono potute ottenere ben definite che le seguenti: Soluzione colloidale di SO3. Un palloncino chiuso alla lampada , contenente SO3, preparata per distillazione di acido solforico fumante al 70 o/o di SO3 libera , si immerge col collo in anidride acetica e se ne rompe l'estremo affilato con un pic- colo urto. L'anidride acetica, a contratto con SO^, reagisce piut- tosto vivamente con uno stridore caratteristico e per filtrazione del liquido — rimasto alcuni minuti nel palloncino — si ottiene una soluzione opalescente , colle stesse caratteristiche di quella ottenuta con P2O5. I granuli hanno anch'essi carica positiva. Le proprietà catalizzatrici sono le stesse. Analoghe soluzioni si ottengono aggiungendo l'acido solfo- rico fumante all'anidride. Soluzione colloidale di f^eoOa- Si agita l'anidride ace- tica con Fe.O;5 ottenuto per calcinazione dal solfato , lavato ri- petutamente con acqua e seccato. Si ottiene così una soluzione rossiccia, opalescente, che resta tale dopo ripetute filtrazioni e non si altera per riscaldamenti an- che prolungati. La soluzione, all'ultramicroscopio, si presenta ricca di granuli, — 28 — in vivace moto browniano, i quali — sotto l'azione del campo elettrico — migrano al polo negativo. L'anidride così preparata reagisce a caldo con la benzaldeide e le tre nitrobenzaldeidi, dando buoni rendimenti in diacetato; a freddo l'azione è molto scarsa. La soluzione, per dialisi prolun- gata, non perde le sue proprietà catalizzatrici e ciò mostra che si ha da fare con un' azione catalittica di presenza vera e pro- pria e che non deve invocarsi la possibile formazione di acetato di ferro. Soluzione colloidale di zi n co. Sorto il dubbio sul mec- canismo della reazione e sulla possibilità che non si trattasse di una pura azione di presenza si è cercato di preparare soluzioni colloidali di metalli nobili col metodo di Bredig ma senza buoni risultati pratici. Facendo scoccare l'arco elettrico nel liquido, que- sto si annerisce con formazione di parti carboniose ed i risul- tati — per rispetto all'azione catalittica — sono scarsi. Il metodo di SwEDBERG (24) si presta meglio allo scopo ; ma io non 1' ho applicato ai metalli nobili, dei quali sarebbe stato necessario ado- perare notevoli quantità allo stato di polvere e granelli. Invece ho potuto ottenere collo zinco risultati soddisfa- centi. In un piccolo cristallizzatore si pone polvere di zinco ridotto e si copre con anidride acetica. Si fa poi scoccare la scintilla elettrica tra due reofori di alluminio pescanti nella polvere e con- nessi col secondario di un forte rocchetto di Ruhmkorf: si pro- ducono così tante piccole scariche tra i granelli dì zinco accom- pagnate dalla dispersione del metallo nel liquido. La soluzione colloidale che ne risulta è dotata di proprietà catalizzatrici paragonabili a quelle della soluzione di Fe.,0;;, seb- bene un poco più scarse; ma la sua poca stabilità non ne per- mette uno studio j)iìi circonstanziato. Non volendo però lasciare la questione insoluta — dopo nu- merosi tentativi per operare la sintesi in presenza di metalli no- bili suddivisi — mi sono fermato al seguente dispositivo con cui ho ottenuto risultati più incoraggianti. Un tubo di vetro di Jena veniva riempito di amianto puri- ficato e questo poi imbevuto con soluzione di PtCh che si riduce in sita con idrogeno purissimo. Si realizzava così un filtro di — 29 — amianto platinato di circa 20 cm. di spessore , attraverso cui si faceva filtrare ripetutamente e con grande lentezza una mesco- lanza equimolecolare di anidride acetica ed aldeide benzoica, cu- rando di evitare nel miglior modo possibile il contatto coll'aria che ossida facilmente l'aldeide, specie in presenza di corpi sud- divisi e di anidride acetica (25). Dopo venti filtrazioni , durate circa due giorni , ho potuto constatare nel liquido la formazione di alquanto diacetato di ben- zilidene, risultato certo non privo di interesse in quanto mostra che la reazione di cui discuteremo può avvenire per semplice fenomeno di contatto. Non mi sembra perciò — dopo questi risultati — da esclu- dere un' azione colloidale di semplice presenza, dovuta a corpi allo stato di estrema divisione. Peraltro — come ho già accennato — altri catallizzatori in- tervengono nella reazione — senza dar luogo alla formazione di vSoluzioni colloidali. I saggi con essi eseguiti hanno semplice carattere qualitativo di guisa che non è possibile per ora approfondirne lo studio. Essi possono così classificarsi. Sali di basi deboli AICI3 FeCl, , FeBrg ZnClo Di questi altri catalizzatori io ho curato sempre di seguire lo studio all'ultramicroscopio per vedere se mai avesse luogo la formazione di soluzioni colloidali e devo dire che qualche dub- bio sussiste ancora per quel che riguarda l'HoSO^ e il ZnCL coi quali corpi si ottengono talvolta anche soluzioni colloidali ; ma io non ho potuto precisare le modalità della loro formazione — Con il ZnCl,, in un caso in cui ho potuto constatare la forma- zione di soluzione colloidale ho avuto agio di osservare anche l'azione del campo elettrico nel piccolo apparecchio descritto. Ed Acidi Metalloidi H,SO, I H3PO, Br HNO3 CI HCl HBr (KHSO,) — 30 — lio notato , insieme colla migrazione delle particelle al polo ne- gativo, il deposito di barbette metalliche di zinco sul filo di pla- tino, il che potrebbe indicare che il sale, almeno in parte, forma una soluzione vera. Date le piccole quantità e la grande resi- stenza del mezzo, non è possibile dire di più in proposito, al- meno per ora. Ad ogni modo si vede come — oltre i casi dubbi — sonvi numerosi risultati che fanno ritenere sicuramente e un' azione colloidale e un'azione di catalisi omogenea. Per quest' ultima — come ho già accennato nella parte in- troduttiva — si ha una notevole conferma dell'ipotesi dell' addi- zione molecolare, studiando l'azione dell'acido tricloroacetico nella sintesi del diacetato di benzilidene. Risulta dall'esperienze del Kendall (26) che le aldeidi ed i chetoni formano composti di addizione anche con gli acidi orga- nici, che sono tutti molto deboli rispetto quelli minerali. Di essi il tricloroacetico,' forma colla benzaldeide un composto d-H^COH, CCI3COOH , molto poco stabile e fortemente dissociato al suo punto di fusione , mentre non ne formano le tre nitrobenzal- deidi. Era perciò interessante saggiare la sua azione. In piccole quantità esso non determina la formazione del diacetato; ma se se ne aggiunge alla benzaldeide tanto, finché il liquido assuma colorazione rosea (caratteristica del composto di addizione) si nota che la successiva aggiunta di anidride acetica provoca un aumento di temperatura, indizio dell' avvenuta rea- zione. Trattando ripetutamente con acqua e con NaoC03 resta un olio che, lasciato a sé, dà luogo dopo qualche giorno a separa- zione di una massa cristallina costituita di acido benzoico e di diacetato. La scarsezza di quest'ultimo è da mettere in rapporto colla piccola stabilità del composto di addizione, per il quale si ha infatti una temperatura di fusione 8° 4, che supera di poco più di un grado la media dei due eutettici. Le modalità di questa azione dovrebbero già far escludere, l'ipotesi di una catalisi ionica; ma essa resta anche maggiormente infirmata dalle considerazioni ch'io ho dedotte dal fatto che men- tre l'acetato sodico agisce, l'acido acetico non ha assolutamente — 31 — alcuna azione. La contraria testimonianza di Nef (27) è stata al- trove (28) esaurientemente discussa e confutata perchè sia il caso di tornarvi. Solo qui — a proposito dei catalizzatori citati — tengo a ri- levare coinè la formazione di composti di addizione sia stata con vari mezzi accertata tra benzaldeide e: a) acido nitrico - composto C,-,H-,COH. HNO.. punto di fusione 5°,7 (29); b) acido fosforico - prismi incolori quadratici (30); e) acido bromidrico - stabile a - 19° e decomponibile a temperatura ordinaria (31); d) pentacloruro di antimonio - cristallizzato in aghi (32); e) cloruro di zinco - prismi incolori. Ed io stesso — pur con mezzi limitati — ho potuto rilevare la presenza di composti di addizione equimolecolari CgHjCOH. FeCI, ed (NO,,) QH, COH. FeCls. FT' Cloruro ferrico — benzaldeide Cloruro ferrico — p. nitrobenzaideidc Nel |-)rimo caso l'indagine si presenta abbastanza agevoiej^^v^i Uaì / quando si abbiano mescolanze con non più del 90 " o di FéClii^o*^^ h^ [uu I L I B R A —'32 — oltre il quale limite il cloruro ferrico comincia a sublimare e non si possono più osservare i punti di fusione. La parte della curva (tratteggiata) verso le maggiori concentrazioni di benzaldeide non si potette raggiungere, mancando gli opportuni mezzi di raffred- damento. L'anidride carbonica solida e talvolta anche l' aria, li- quida si richieggono in questi studi. Nel caso della para - nitrobenzaldeide si hanno sistemi vi- schiosi con fenomeni notevoli di sopraffusione quando si operi con concentrazioni di aldeide superiori al 35°/o epperò ho dovuto ricorrere al metodo del tubicino chiuso ed osservazione oculare della fusione incipiente, consigliato da Kendall in questi casi (33). Dò qui appresso le curve di fusione ottenute, proponendo- mi di continuarne convenientemente lo studio con mezzi piìi adatti. Secondo il mio modo di vedere questi composti di ossonio formati pel tramite dell'ossigeno carbonilico, ne aumenterebbero la reattività. Pari azione deve aversi nel contempo sulle anidridi. Kendall e Carpenter (34) nelle loro indagini sul meccanismo della solfonazione, fatte col sussidio dell' analisi termica, hanno studiato tra l'altro il sistema anidride benzoica - acido solforico ed hanno così accertata la formazione dei composti AB, AjB, ABo (A = anidride; B = acido) che possono così interpretarsi ad esempio: e \- 4fc V. Hx o: X - II 0 M» ^R 0 ft 1? _ C T< - e ti 0 0 II e - R t - R II 0 K- ^ - 0 - - X- - C--/1 II H £ > II C li 0 33 - 0 '-- Hx Il C ^ H 11 0 --.- H* "- 1 Dimostrando ad ogni modo — con queste ed altre possibili rappreseli nazioni — che l'addizione può effettuarsi tanto negli os- sigeni carbonilici, quanto nell'ossigeno anidrico. Epperò l'azione del composto di addizione si avrebbe anche per parte dell'ani- drfde. Per il basso punto di fusione dell'anidride acetica, non ho potuto estendere lo studio a questo caso interessante. Ad ogni modo l'uso dei catalizzatori citati, di cui molti sono conosciuti come buoni disidratanti ed adoperati nelle eterifica- zioni con eliminazione di acqua, lasciava prevedere che oltre al- l'azione disidratante dovesse a questi corpi attribuirsi un'azione specìfica di accelerazione. Si è presentata perciò la necessità di una indagine su questi processi di eterificazione. Per un primo studio qualitativo ho prescelto la preparazione delVttere metilico dell'acido fenilparanitrocinnamico data la fa- ciltà con cui lo si ottiene allo stato cristallino. Nella preparazione ho adoperato alcool metilico di Kahlb.\um ed acido f. p. n. cinnamico preparato da alfatoluato sodico, ani- dride acetica e p. nitrobenzaldeide e purificato colla solita te- cnica. 1 saggi venivano effettuati partendo da 1 gr. di acido e 10 cm^ di alcool m.etilico , in cui era stato disciolto il conden- sante oppure facendo gorgogliare questo — se trattavasi di un gas — nel miscuglio. di reazione. L' acido non è solubile nell' alcool metilico , a temperatura ordinaria nelle proporzioni indicate ; ma l'aggiunta del conden- sante provoca un aumento di temperatura e la soluzione si com- pleta. Il liquido abbandonato a sé — meglio se dopo un breve scaldamento - lascia depositare dei cristalli aghiformi, insolubi- li in soluzione di Na.. CO3 a caldo e che sono l' etere fonden- te a 141°- (35). — 34 — Risultati favorevoli si sono ottenuti con FeCl.,, FeBr.,, J, Zn, Ciò, H2SO,, M,PO, KH SO,, HCl, HBr con i quali si è speri- mentato non procedendo poi oltre per mancanza di prodotto. L'azione dell'acido bromidrico, piìi lieve di quella dell'acido cloridrico, era prevedibile in base alla teoria adottata: il suo uso non è menzionato nei trattati e non avrebbe infatti alcuna impor- tanza pratica; ma la sua azione è importante dal punto di vista teorico ai fini di questo studio. Infatti è noto che 1' alcool metilico (come 1' etilico) forma composti di addizione con HCl, così come con HBr ed J (36). Constatata così 1' azione parallela di tutti questi catalizza- tori restava a dar conferma dell' azione specifica da essi eserci- tata indipendentemente dall'azione disidratante. A questo fine ri- spondeva lo studio dell'eterificazione dei fenoli ottenuta da Ba- KUNiN (37) adoperando P1..O5 come disidratante. In questo caso non può ammettersi si abbia la comune eterificazione con elimi- nazione di acqua secondo lo schema elettrolitico dei fenomeni di neutralizzazione , in quanto che 1' ossidrile fenico ha comporta- mento acido corrispondente allo schema di dissociazione. FOH = FO' + H' Conformemente agli studi di Bakunin (38) sull'azione disi- dratante doveva perciò ritenersi che 1' P0O5 trasformasse prima l'acido in anidride e che questa reagisse poi col fenolo. L'esperienza ha confermata questa previsione e Bakunin ed io (39) abbiamo potuto generalizzare la reazione d'eterificazione dei fenoli a molti casi e farne proseguire Io studio in labora- torio (40); ma oltre a ciò, per quanto ho detto , doveva ancora attendersi, da parte dei corpi catalizzatori menzionati la forma- zione di composti di addizione colle specie molecolari parteci- panti alla reazione (fenolo ed anidride) col conseguente accresci- mento della reattività. Ora anche questa seconda previsione è confermata dai fatti. Nelle eterificazioni citata i sali ed acidi di cui si è fatto menzione, aggiunti in piccola traccia ai reagenti, anche previa- — 35 — mente disidratati con ogni cura, mostrano azione catalittica co- spicua. Senza estendermi in dettagli su di uno studio già am- piamente riferito altrove, io ricorderò qui come, studiando 1' a- zione del FeCl3, H2SO4, II..POj, ZnCl.,, PoO-, ci circondassimo di ogni cura per eliminare il dubbio circa l'intervento di cause concomitanti, mercè la esecuzione di saggi di parallelo a tempe- rature eguali. Con lo stesso criterio e con risultati parimenti favorevoli io ho studiato, nel caso del diacetato di idrochinone, l'azione con- densante del Br, CI, J, liCl, UBr, KHSO4, FeBr,, AlCl,, AlBr,. Epperò ritengo di aver potuto, dopo le prime incertezze, coor- dinare tutti i fatti accertati come logiche deduzioni del princi- pio stabilito: di doversi attribuire, all'addizione molecolare un'au- mento di reattività dei gruppi atomici cui appartiene l'atomo in cui essa ha luogo. Questa ipotesi è suffragata da alcune considerazioni che ne dimostrano l'attendibilità, nonché dal fatto che essa permette di dare una interpretazione unica a fenomeni finora ritenuti diversi. Io ho potuto far vedere come l'azione dei composti di addi- zione può esplicarsi negli stessi casi in cui si esplica quella dei metalli divisi. Ora è noto che in questo ultimo caso le particelle sono sede di un fenomeno elettrico strettamente connesso alla dissociazione del mezzo (41); epperò questi corpi agirebbero come dei veri e propri centri di dissociazione facilitando la reazione tra i fram- menti molecolari cui dàn luogo; né è da escludere — secondo le moderne vedute — che le micelle colloidali formino dei veri sol- vati, per l'entrata in giuoco delle valenze secondarie. L'azione perciò delle soluzioni colloidali va qui attribuita ad un fenomeno paragonabile, almeno negli effetti, all'addizione mo- lecolare. L'inversione dello zucchero, determinata dagli acidi, dai vari sali, nonché dalle soluzioni colloidali é un altro caso di reazioni prodotte da cause apparentemente diverse; e deve anzi qui no- tarsi che, secondo i risultati di Noyes sull'idratazione degli ioni, deve ammettersi nelle soluzioni di elettroliti l'esistenza di solvati HOH. RX HOH. R' HOH.X' — 36 — epperò si spiegherebbe da parte di questi complessi l'azione ca- talittica accertata in misura diversa per parte degli anioni , ca- tioni e molecole indissociate e la prevalente azione di queste ul- time che rappresentano un' addizione più completa. Resta così interpretato quanto ho esposto a pag. 21. Io mi propongo di estendere gli studi all'azione della luce; ma fin d' ora credo opportuno richiamare 1' attenzione sulle ri- cerche di V. Henry e collaboratori (42), da cui emergerebbe che l'azione fotochimica in certe reazioni non si estende a tutti i rag- gi di breve lunghezza di onda assorbiti, bensì solo ad alcuni di essi che corrispondono ai vibratori del gruppo atomico che rea- gisce. Se si pensa ora che i vibratori dell'ultravioletto sono con ogni probabilità gli elettroni di valenza (o sono ad essi legati da vincoli di perfetta corrispondenza) si può azzardare — senza pretendere di dire una parola definitiva — anche una spiegazione al riguardò. Infatti, quando incide sul corpo o sui corpi luce capace di essere assorbita, quegli elettroni (di valenza) cui corrisponde una vibrazione naturale di frequenza eguale a quella della luce inci- dente, si comportano come in assenza di ogni forza di richia- mo (A3); si hanno cioè condizioni per cui l'aggruppamento ato- mico stabile è libero di mutarsi in altro aggruppamento cui compete una forza di richiamo differente per gli elettroni di va- lenza, epperò un periodo proprio dell'elettrone che non può ul- teriormente essere influenzato dalla luce. Si creano cioè condi- zioni per cui un aggruppamento atomico stabile è suscettibile di essere scisso in frammenti molecolari capaci di reagire. Le esperienze che proseguo permetteranno forse di dire l'ul- tima parola in merito all'ipotesi presentata, ma ad essa mi sem- bra potersi applicare quanto dice Sabatier : „ Actuellement telle " quelle est, malgré ses imperfections et ses lacunes, la théorie " nous parait bonne parce qu'elle est feconde et permet de pré- " voir utilement des réactions (44) „. Infatti, guidato dai citati concetti, io ho pensato che le rea- zioni in parola dovessero aver luogo anche nei composti conte- nenti azoto, capace di passare a valenze superiori; di questo tipo — 37 — sono le reazioni di eliminazione di ammoniaca. Ed infatti Fislier ha ottennto alcuni derivati dell' indolo per eliminazione di am- moniaca dai fenilidrazioni di aldeidi , chetoni ed acidi cetocar- bonici (45), per azione di HCl e ZnCl.,. Ed io stesso ho potuto ottenere l'etere metilico del naftolo per azione del ZnCl>, FeCl.,, sull'(/-naftilamina ed alcool metilico in tubo chiuso a 150". In tubi di vetro di Jena ho messo a reagire 5 gr. di a- naftilammina, 10 cm'. di alcool metilico e 2 gr. del catalizzatore. Dopo due ore di permanenza alla stufa di Carius alla tempera- tura indicata i tubi venivano aperti, la massa trattata con HCl ripetutamente e la soluzione cloridrica estratta con etere. Dall' estratto etereo è possibile distillare in ultimo circa 5 cm- dell'etere metilico bollente a 258° (46). Saggerò in seguito se la reazione è suscettibile di esten- sione. Conclusioni, 1. — L'acetilazione delle aldeidi si compie per catalisi omo- genea ed eterogenea. 2. — La catalisi omogenea può interpretarsi ammettendo l'addizione molecolare, che in molti casi risulta dimostrata colle curve di fusione ; la catalisi eterogenea si può spiegare o con l'ipotesi di aggregati ad elevato peso molecolare tra dispersoide e mezzo dispersivo o coll'ipotesi di Perrin sull'elettrizzazione di contatto per dissociazione del mezzo. 3. — 1 composti di addizione si ritiene producano una mo- dificazione nella stabilità dell'edificio molecolare, rallentando al- cuni legami di valenza e facilitando la dissociazione. 4. — I composti di addizione invocati si spiegano colla te- travalenza dell'ossigeno. 5. — Le vedute esposte possono perciò estendersi alle ete- rificazioni, nei quali processi è prevedibile e si accerta un'azione catalittica indipendente da quella disidratante. 6. — I due fenomeni si presentano in stadi distinti nelle eterificazioni con fenoli, che procedono in conformità delle pre- visioni. 7. — I fenomeni di fotolisi , ad un esame più approfon- dito, sembrano poter rientrare nel quadro dell'ipotesi gener'^le. - 38 — 8. — L' ipotesi permette di prevedere reazioni analoghe coi composti contenenti azoto trivalente (eliminazione di ammoniaca) che le ricerche preliminari hanno confermato. La presente pnbblicazione potrebbe forse sembrare prema- tura a chi non pensasse che questi risultati — oramai acquisiti da quasi due anni — non lianno potuto avere il necessario com- pletamento per le condizioni anormali di lavoro dell'ultimo pe- riodo, testé chiusosi gloriosamente per noi. Ho ritenuto pertanto di .pubblicarli animato dal desiderio non solo di prender data , ma anche per trarne felice auspicio alla ripresa del lavoro interrotto. Non posso peraltro chiudere questi brevi cenni senza ricor- dare l'aiuto prezioso che mi fu dato in ogni tempo dalla signo- ra Prof. Marussia Bakunin , la quale prima dette colle sue ori- ginali ricerche lo spunto a questo lavoro e poi si benignò di di- scuterne e vagliarne meco passo per passo i risultati, fornendo sempre colle sue osservazioni argomento di giusta valutazione dei fatti. Parimenti devo ricordare i risultati sperimentali — ancora inediti — della dissertazione di laurea della Dott. Maria Aloe, molti dei quali hanno giovato alle deduzioni esposte e che co- starono all'A. lungo e paziente lavoro specie nei vari tentativi. Laboratorio di Elettrochimica del R. Politecnico. Napoli, Dicembre 1918. BlBLIOGRAriA (1) BakI'NIN M. — Soluzioni colloidali e sintesi organiche. I (Rciid. R. Acc. Se. Fis. e Mai, Voi. XXI, S. Ili, pp. 276-285, 1915). (2) — Veggasi poi p. 36 e nota (42). (3) Bakl'NIN, M. e Giordani, F. — Soluzioni colloidali e sintesi organiche. lì. Meccanismo della sintesi dei diacetati di nitrobenzilidene (Reiui. R. Acc. Se. Fis. e Mat. Voi. S. ili pp. 1917). (4) E' però opportuno qui richiamare il fatto che i composti intermediari di addizione non debbono interpetrarsi nella ordinaria rappresentazio- ne delle valenze, cui corrispondono quei composti che ordinariamente si isolano. Cosi ad esempio se il composto citato RCOH. (RiO).,0 dovesse interpetrarsi secondo le vedute ulteriormente esposte sui coni ]")osti di addizione esso sarebbe — OORi (1) R — C = O I - OR, H laddove il diacetato è R — C H OOR, (2) OOR, del tutto diverso. Ad ogni luodo, mancando a temperatura più elevata la reazione di sostituzione , il tipo di composto (1) è del tutto ipote- tico, e lo riportiamo solo per esempio. — Per la sintesi del Perkin, veggasi: Bak'UNin, M. — Meccanismo della reazione del Perkin (.\\.ì\ R. Acc. Se. Fis. e Mat., Voi. XVI, S. II, n. 11, 1915). (5) Veggasi: Nernst, W.— Traité de Chirpie Generale, li ed., Hermann, Paris 1915, (II Voi. pp. 128-131). (6) Henderson, W. e. e Kellogg, D. R. -- Idrolisi dell'acetato di etile con soluzioni di sali neutri (Am. Chem. Soc. Journal, Voi. XXXV , pp. 396-418, 1913). (7) Kekulè, a. - Lehr. d. Org. Chemie, II Abd, Enke, Erlangen 1867 (I voi., pp. 142-146). (8) GuYE, Ph. A. e Jeampetre. (Q) — — Applicazione dell'analisi termica alla chimica organica. I. mec- canismo delle reazioni (Journ. Chim. Phys. Voi. Vili, pp. 119-130, 1910). (10) Wroczynsky, a. e Guye , Ph. A. — Combinazioni molecolari formate da alcuni sistemi organici binari (Journal Chim. Phys. Voi. Vili, pp- 189-221, 1910). — 40 — (11) QUYE, Ph. a. e TSAKALATOS. D. Y.. — Applicazione dell'analisi termica ad alcuni sistemi organici binari (Journal Chim. Phys. Voi. Vili, pp. 340-357, 1910). (12) Jones, H. C. e S irono, W. W. - Spettri d' assorbimento delle solu- zioni. Possibilità di un metodo per aeterminare la presenza di com- posti intermediari nelle reazioni chimiclie — {journal Chìm. Pliys. Voi. Vili, pp, 131-134, 1910). Le ricerche brillantissime di Jones e collaboratori sulle soluzioni trovansi per la maggior parte nel!' American Cliem. Soc. Journal ed. alcune ripro- dotte anche in altre raccolte. (13) Veggasi in proposito- Turner W. S. A. Molecular Associations, Longmans London, 1915. (14) I lavori di Menschutkin, sono pubblicati su periodici russi poco noti, l'autore ne ha fatto un esteso riassunto nell' articolo: Sui sistemi bi- nari di cui un componente è un corpo organico e Valtro un sale mi- nerale (Journal Chim. Phys. Voi. IX, pp. 538-558, 1911). Ed. ha com- pletato sullo stesso giornale gli interessantissimi e preziosi indici ini- ziati dal Wrocznnrky, A. — Riassunto dei lavori concernenti le curve dei punti di fusione, ecc.--(Vol. Vili pp. 569-594, 1910). Menschi'TKJN, N. B.— Indice dei sistemi binari, ecc. (Voi. IX, pp. 641-652, 1911). Menschutkin, N. B. — li indice ecc. (Voi. XI. pp. 674-702, 1913). Menschutkin, N. B. — III indice ecc. (Voi. XIII, pp. 219-238, 1915). (15) Coi sali di magnesio Menschutkin ha avuto però composti di addizione anche col benzene e coi benzeni sostituiti — Veggasi : Influenza dei sostituenti del benzene nei sistemi binari : benzeni sostituiti trialo- genuri di antimonio (Journal Chim. Phys. Voi. X, pp. 508-611, 1912) e sembra se ne abbiano anche pel tramite del nucleo benzenico nei prodotti sostituiti in generale. Infatti coi fenoli Kend^ll e Carfenter {Composti di addizione dei composti organici coli' acido solforico. Am. Chem. Soc. Journal, Voi. XXXVl, pp. 2498-2517, 1914) hanno ottenuto oltre i composti prevedibili coU'acido solforico secondo lo schema dei sali di ossonio FOH.H.,SO.i e 2FOH.H0SO4' anche composti del tipo F0H.2H,S0., la cui rappresentazione riesce difficile se si vuole interpetrare come addizione nell'atomo di ossigeno , a meno che non si voglia attribuirgli l'esavalenza. Si potrebbe inveve ammettere un'ad- dizione nel nucleo , anche per quanto si è detto dei composti di ad- dizione dei trialogenuri di antimonio ottenuti da Menschutkin. <16) I chetoni danno composti di addizione specialmente stabili epperò pos- sono considerarsi agire come l'acqua nel sottrarre il catalizzatore alla reazione e ciò spiegherebbe perchè in certe reazioni questo debba es sere adoperato in quantità stechiometrica. In generale occorre avere tanta maggiore quantità del catalizzatore quanto maggiore è la sua at- titudine a formare composti di addizione coi prodotti finali della rea- zione. Ci troviamo cioè in presenza di pure azioni di massa. <17) Maass O. e Me Intosh D. — Le proprietà basiche dell'ossigeno I (Am. — 41 — Chem. Soc. Journal Voi. XXXIV pp. 1273, 1912) e II (Ibid. Voi. XXXV pp. 535-543, 1U13). (18) Ricerche quantitative sui sistemi volatili (Jouni. Chim. Pliys. \'ol. XII, passim, 1914). (19) Veggasi anche — ELLKvr Ph. e Me Inotsh D.~- Calore di vaporizzazione degli idracidi liquidi e dell'idrogeno solforato (Journal Phys. Chem. Voi. XII pp. 163-166, 1908). (20) Kkxdall J. — Composti di addizione degli acidi organici in coppie (Aiu. Cliem. Soc. Journ. Voi. XXXVI, pp. 1722-1734, 1914). (21) Bakuxin M. e -Angrisani T. — Sulla costituzione del fenilortonitroindo- ne e sui prodotti di scissione (Rend. R. Acc. Se. Fis. Mal. S. Ili, Voi. XX, pp. 184-191, 1914). (22) B,\sr-R, A. e Villiger, V, — Le proprietà basiche dell' ossigeno — (Ber d. D. Chem. Ges., Voi, XXXIV, pp. 2679-2698, 1901). (23) Sc:hilow, N.— Accoppiamento dei processi chiniicì~{Z^\\. f. phys. Chemie voi. XIII pp. 641 - 689, 1903). LLKiy:i: R. e Schilow, N. — Classificazione e teoria dei processi accoppiati di ossidazione e riduzione (ibid, voi. XXVI, pp. 777-817, 1903). (24) — SWEDBERQ, T. - Kolloider Losungen; Steinkopff, Dresden 1909 (Spez. Teil, p. 425). (25» X'eggasi — Weyl, Th. — Les méthodes de la chimie organique — Dunod et Pinat — Paris 1914 (Voi. II p. 477) — e Nef — loc. cit. alla nota (27) p. 280. (2o) KiNDALL J. e GlBBONS W. A. — Composti di addizione di aldeidi e che- toni cogli acidi organici {Ava. Chem. Soc. Journ., XXXVII, pp. 149- 162, 1915). C , Xi 1 J. U. ~ La chimica del metilene (Lieb. Ann., voi. 298, pp. 202-374, 1897) e specialmente il paragrafo B) a) Comportamento della benzal- deide con anidride acetica ecc. pp. 277-280. (28) Bakunin M. - Loc. cit. alla nota (1). {"ì^}) ZÙKOw e Kasatmn — Composti di chetoni ed aldeidi cogli acidi — (J. Russ. Chem. Phys. Soc, Voi. XLI, pp. 157-166, 1909) ref. in Zentr. 1909 L p. 1760. (30) Rajkovc', P. N. — Composti doppi delle aldeidi aromatiche e degli eteri colV acido ortofosforico (Chem. Zeit. Voi. XXIV, pp. 367-368, 1900). (31) \"(.)Ri.ANDER D. — Addizione di acidi e sali agli-o.^ chetoni non saturi (I.ieb. Ann. Voi. 341, pp. 1-70, 1905) e specialmente la parte in col- laborazione con Siebert: Composti delle aldeidi cogli idracidi pp. 15-24. (32) R)Si"NHEiM, A. e Stellmamn W. — 5/// pentalogenuri di antimonio ed i loro composti doppi (Ber. d. D. Chem. Ges, Voi. XXXIV pp. 3377- 3384, 1901). (33) KiiNDALL J. — Composti di addizione del dimetilpirone cogli acidi or- ganici (Am. Chem. Soc. Journ. Voi. XXXVI, pp. 1222-1244, 1914) spe- cialmente pp. 1226-7. (34) i.oc. cit. alla nota (15). — 42 — (35) Bakunin, M. — Sugli acidi fenilnitrocinnainici {Gz.zz. Cliiin. It. Voi. XXV, pp. 137-18Q, 1895). (36) Loc. cit alla nota (17). (37) Bakunin, M. — SuW eterificazione di acidi con fenoli (Atti R. Acc. Se. Fis. Mat. Voi. XI, S. II, n. 4, 1901). (38) Bakunin, M. — Sulla formazione di indoni ecc. e su di un nuovo meto- do per la preparazione di anidridi , indoni ed eteri (Atti R. Acc. Se. Fis. e Mat., Voi. X, S. II N. 11, 1900). (39) Bakunin, M. e Giordani, F. ~ SulV eterificazione con fenoli— (Rend. R. Acc. Se. Fis. e Mat. Voi. XX, s. Ili, 1916). (40) Aloe, M. — Sintesi in presenza di metalli e dei loro alogenuri — Tesi, Napoli, 1917. (41) Ferri N J. — Meccanismo dell'elettrizzazione di contatto e soluzioni col- loidali (Jour. Chim. Phys. Voi. II, pp. 601-651, 1904; Voi. Ili, pp. 50-110, 1905/ (42) BiELECHi, J. e Henri, V. — Ricerche quantitative sull'assorbimento dei raggi ultravioletti per parte di alcool, acidi ecc. (C. R. Voi. CLV, pp. 456-8: 1912). Henri, V. e Wurmser, R. — La legge dell' assorbimento fotochimico , ecc. (Ibid, Voi. CLV, pp. 503-505; 1912). La legge dell'assorbimento fotochimico elementare (Ibid. Voi. CLVI, pp. 230- 3; 1913|. (43) Campbell N. R. — Modem electrical theory, lì. d ed, Camuiidge 1913 (p. 43). (44) Sabatier, P.— La catalyse en Chinile organique — Paris, Bérangér 1913 (p. 255.) (45) FiSHER, E. -- Sintesi dei derivati dell'indolo (Lieb. Ann., Voi. 236, pp. 116-126, 1886.) (46) Ottenuto da « — naftolo, alcool metilico e H,S04 — Veggasi Gattermann L. nel suo studio sulla clorourea, p. 72 (Annalen, Voi. 244, li Finito di stampare il 20 ottobre 1919. A proposito delie teorie sulla luminescenza batterica e sulle simbiosi fisiologiche. Nota del socio Prof. Umberto Pierantoni (Tornata del 17 agosto 1919) Una serie di recenti pubblicazioni del Prof. Dubois di Lione, le quali, con osservazioni che talora negano l'evidenza, e tal'altra, sotto un punto di vista eccessivamente egocentrico , travisano i risultati delle mie ricerche sulla luininescenza simbiotica, mi co- stringono a tornare brevemente sull' argomento, per cercare di ristabilirne la verità storica e scientifica. Il Dubois, che non ammette si possano considerare i feno- meni di luminescenza animale se non attraverso la sua luciferina e la sua luciferasi, divenute recentemente per opera degli studii di Newton Harvey fotofeleina e fotogenina , non vuole a nes- sun costo ammettere che altri abbia potuto pensare ed osser- vare indipendentemente da esse. Egli pretende, inoltre, di assu- mere la paternità delle mie osservazioni, oramai indiscusse, con le quali sono giunto alla dimostrazione della luminescenza bat- terica dei Sepiolidi , rivangando il vecchio errore contenuto in una sua Nota, nella quale affermava, nel 1888, che la luminosità della folade era di origine batterica; errore frettolosamente retti- ficato dallo stesso autore ed oramai caduto in un meritato oblio. Questo egocentrismo del Dubois assume delle proporzioni addirittura maniache quando egli afferma in una sua recente nota '): " MM. Pierantoni et Paul Portier ont cru pouvoir tirer *) Dubois, R. — Les vacuolidcs soni elles des syinbiotes ? C. R. Soc. Bioi. Paris Tome 82, 1919, p. 476. _ 44 — des arguments favorables à la théorie des symbiotes de ce que j'avais decouvert des nids de photobacteries situés dans l'épaisseur des parois du siphon de la Pholade dactyle et auxquels j'avais cru pouvoir faire joiier un ròle s/mbiotique dans la fonction photogenique de ce mollusque „. Ed in altro recentissimo arti- colo') :. " J'ai trouvé des microbes lumineux non pathogènes dans l'interieur des organes de certaines animaux phosphorescents par eux mèmes. On a mal interprete mon obserVation en pretendant que ce sont des microbes normaux ou symbiotes qui produisent la lumière animale physiologique „. Queste osservazioni farebbero credere che il Dubois ignori la letteratura sull'argomento, se non risultasse evidente da altre considerazioni che egli, invece, la conosce assai bene, ma prefe- risce tacerne l'esistenza. D'altra parte il pretendere che le os- servazioni mie e del Portier siano fondate sulla sua errata os- servazione concernente la folade, farà sorridere chiunque conosca per quali vie io prima ed il Portier poi siamo pervenuti alla teoria dei simbioti. E' noto, infatti, che le mie vedute sulle simbiosi fisiologiche si sono andate evolvendo gradatamente in un decennio, inizian- dosi nel 1909 con la pubblicazione della prima Nota sulla sim- biosi ereditaria ~), mercè la quale dimostrai pel prin; . .''prece- dendo di pochi mesi Karel Sulc ■'), che alcuni orge... dei coc- cidi, allora problematici, sono deputati a raccogliere dei micror- ganismi endocellulari, che determinano, con la loro attività, l'atti- vità funzionale di questi organi' e che vengono trasmessi a tutti gli individui delle successive generazioni per eredità. E' noto, altresì, che la grande estensione del fenomeno, da me e e' ' altri riscontrata nel regno animale, mi fece pensare che numerose fun- zioni organiche potessero essere determinate dalla presenza di microrganismi e fra queste anche la funzione fotogena: la quale ') — La Lumière vivante. La Science et la Vie. N. 45 Jouillet 1QI9 p. 4. -) L'origine di alcuni organi rf'Icerya purchasi e la simbiosi ereditaria. Boll. Soc. Natur. Napoli Voi. 23 p. 147. 19 Die 1909. •'•) Sulc K. — Pseudovitellus und àhnliche Gewebe der Homopteren sind wohnstàtten symbiotisc/ier Saccharomyceten.SWzher. K.Bòhm. Ges. Wiss. Prag. 11 febbr. 1910. -- 45 — ultima ipotesi io formulai nel 1912 ^) e poi dimostrai vera, con irrefutabili prove morfologiche e batteriologiche nel 1918 -) per quanto concerne la luminosità dei Sepiolidi di profondità. A chi conosca dunque che alla teoria delle simbiosi fisiologiche io giun- si attraverso un decennio di studii e di osservazioni originali, non può che far pena il leggere che su di essa abbia potuto in alcun modo influire una osservazione errata del Durois rimon- tante al 1888. Ma fa ancora meraviglia l'insistenza dello stesso autore, nel voler negare l'evidenza dei fatti, parlando di cattiva interpre- tazione della sua o sservazione sulla folade ') e di ipotesi non esatta della simbiosi fotogena di Pierantoni ^). Che cosa vuole di più il Dubois per credere alla natura batterica del contenuto dell'organo luminoso di Seplola, Rondeletia, ed al- tri Sepiolidi, quando io ho fornito le prove di isolamento e di co- lorazioni dei niicrorganismi, le culture luminose di essi, la morfolo- gia dell'organo, il suo determinarsi, l'apparire del contenuto batte- rico e, quasi non bastasse, ho affidato lo studio di questo con- tenuto ad un batteriologo specialista di fotobatteriacee , che ne ha cavato fuori due nuove specie di batterii luminosi ? '). Il Dubois è un vecchio e benemerito studioso della fisio- logia degli organi luminosi, ma certo la sua figura di scenziato guadagnerebbe assai se la valutazione della grandezza ciell'ope- ra propria, che domina in ogni periodo dei suoi scritti, non gli impedisse di tenere in giusto conto l'opera altrui. Specialmente inopportuna risulta poi quest'avversione quan- ') La simbiosi ereditaria: Natura Voi. 3 p. 1. A'iilano, 1913. '-) Gli organi simbiotici e la luminescenza batterica dei Cefalopodi: P\\bh\. Staz. Zool. Napoli Voi. 2 p. 105. 1918. •^) La Science et la Vie, op. cit. p. 4. ^) Etude critique de quelques travanx récents relatifs à la biophoto- ge'nèse. Ann. Soc. Linnéenne de Lyon, Tome 64 p. 76. •"') ZiRPOLo, Q. — / batterii fotogeni degli organi luminosi di Sepiola inter- media Naef {Bacillns pierantonii n. sp.i Boll. Soc. Natur. Napoli Voi. 30. p. 206, Tav. 6, 1918. — — Micrococcus pierantonii. Nuova specie di batterio fotogeno dell' ergano luminoso di Rondeletia minor Naef. Boll. Soc. Natur. Napoli Voi. 31 pag. 75, 1 fig. 1919. — 4Ó — do l'opera altrui nulla toglie al valore delle sue ricerche, quale è il caso dei miei studii ; ciò che io ebbi già altra volta a di- mostrargli. Col tacere o col travisare egli non arresterà tuttavia il cammino del vero, che traspare innegabile dai miei studii compiuti nell'ultimo decennio; e, particolarmente, se pure il Du- BOis potrà discutere la luminescenza batterica dei Lampiridi, non potrà negare quella dei Cefalopodi da me studiati, né ora- mai potrà combattere le mie teorie sulle simbiosi fisiologiche e sulla loro trasmissione ereditaria, le quali posano non su sem- plici speculazioni, ma sulla solida base dei fatti. Napoli, Stazione Zoologica, Luglio 1919. l'inito di stampare il 20 ottobre 191Q. Contributo allo studio della rigenerazione del dermascheletro negli Echinidi. Nota del socio Dott. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 17 agosto 1919) Le ricerche dei Dott. I. Nusbaum - Hìlarowicz e M. Ox- NER '), fatte al Museo Oceanografico di Monaco sulla rigenera- zione del dermascheletro negli Echinidi, mi hanno dato occasione di pubblicare la presente Nota. Oli Autori succitati, infatti, affermano che, nella bibliogra- fia, non si trova cenno sulla rigenerazione del dermascheletro negli Echinidi, meno per ciò che riguarda lo scheletro appen- dicolare, e che viene riferito da Przibram -). Essi hanno raccolto numerosi esemplari di' Echinidi dei dintorni di Monaco e di Roscoff , li hanno liberati dello sche- letro appendicolare e ne hanno osservato il dermascheletro. Fra i tanti esemplari esaminati hanno trovato sette casi di rigene- razione, iperrigenerazione e rigenerazione eteromorfica di plac- che, avvenuta nelle regioni radiali ed interradiali del dermaschele- tro di Echinidi, quali: Sphaerechinus granalaris, Echinus acutus, Echiniis esciilentus ^ Spatangus purpureus. ') NusBAUM- HiLARowicz, I. et OxNER, M.— Contributiotis à Vctiide de la rcgéniration chez les Echinides (Note preliminaire). Bull. Inst. Ocean. n. 325. Monaco, 1917. -) PRZ1E5RA.M, H. — Experimental Zoologie. 2. Regeneration. Pagg. 338, 16 Taf. Leipzig, 1909. — 48 — Ora io devo, innanzi tutto, ricordare che sulla rigenerazione degli Echinidi si sono occupati, fugacemente, Prouho y Morten- SEN -), Delage-Hérouard '), Lo Bianco^), e molto estesamente la Dott.ssa O. Poso ■') che ha pubblicato, nell'anno 1907, una Nota preliminare e, nel 1909, un lavoro completo, nei quali riferisce le esperienze fatte sulla rigenerazione dello scheletro appendicolare, del dermascheletro e dei pezzi della lanterna di Aristotele di Echinidi regolari. L'Autrice ha ottenuto, in esemplari di Paracentrotus, di cm: 1 - 2 di diametro, rigenerazione , in poco più di due mesi, di tutta una zona interradiale, col corrispondente scheletro appen- dicolare; ed in individui di Sphaerechiniis rigenerazione limitata del dermascheletro. I fatti così interessanti, studiati dagli Autori che si sono oc- cupati dell'argomento, e che presentano analogia con la rigene- razione delle pnize dei Crostacei (Schultz, Nusbaum, Przibram), con le zampe degl'insetti (Tornier) che rigenerano appendici so- prannumerarie, o con quelle degli Anfibi, in cui si hanno rigenera- zioni di zampe o di ossa soprannumerarie (Braus, Tornier, Bar- FURTH, Della V^alle P.) mi spingono a dare notizie di un esem- plare di Sphaerechinus graniilaris kci. del golfo di Napoli, che presenta una vasta cicatrizzazione del dermascheletro avvenuta in un interradio e che non fu ottenuta dalla Poso, nelle sue varie esperienze, né osservata dai Dott.i Nusbal'm-Hilarowicz e M. OxNER nei numerosissimi esemplari di Echinidi che essi potet- tero raccogliere. ') Pruho, H. — RecherchessiirleDorocidarispapillata et quelques aiitres Echinides de la Mediterranée: Arch. Z. Exp. (2) Voi 5, p. 213, Pie. 13. -') MoRTENSEN, Th. — The Danish Expedition to Siam 1S99-1900 [2] Echinoidea \\\ Ved. Seisk. Skrifter Kjòbenhavn [7] I. Bd. pag. 124, 10 fig, 7 Taf. •') Delaoe P. - HÉROUARD, E.^Troité de Zoologie conerete: Tom. 3, Paris, 1913. "') Lo Bianco, S. — L'azione delle cenere caduta durante V eruzione del Vesuvio nell'aprile 1906 sulle specie commestibili marine: Mitili. Z. Stat. Nea- pel, 18 Bd. p. 73, 1909. * '■") Poso, O.—Distruzione e rigenerazione degli aculei e pedicellarie negli Echini: Z. Anz. 32 Bd. p. 14, 1907. — Ricerche biologiche ed istogenetiche sugli Echini regolari: Arch. Zool. Voi. 3. Fase. 4 p. 453, Tav. 16-18, Napoli, 1909. 49 J ÉjM !i m WÈ W^"% % 1 ^ -=&^ 5V-.-- ^^ *^T ^^^HHi^^ ' Sp'iaerecliiiìus granidaris .\v, con regione del dernioscheletro rigenerata. L'esemplare (vedi fig.) misura un diametro di 11 cm. circa; è, quindi, un grosso individuo di questa specie. Esso non presenta alcuna anomalia , eccetto che in prossimità della regione aborale, e, propriamente ad un terzo da questa, si nota una jm'o- fonda depressione delle placche radiali ed interra- diali dello scheletro, nel cui centro spicca, perii suo co- lore biancastro, in confronto a quello violaceo dello sche- letro appendicolare, la zona rinfarginata. Questa si trova nel centro della depressione, ed è di forma sferoidale e misura, nel diametro maggiore mm Q, 3 ed in quello minore m. 7, 0. Essa non è in dipendenza immediata col der- mascheletro laterale, ma mediata per mezzo di un setto che la tiene discosta. Tutta la regione periferica alla zona rigenerata presenta le appendici in via di rigenerazione , che misurano mm. 5 circa le più grandi e sono tutte completamente bianche e numerose e folte, mentre nella zona cicatrizzata sono visibili i tubercoli arti- colari ed altri piccoli tubercoli di forma circolare , più o meno numerosi. L'esemplare qui esaminato è interessante , perchè presenta un caso finora non noto, almeno da quanto viene riferito dagli Autori che se ne sono occupati. La Poso, infatti, dice che in esemplari é\ Spliaerecliums gra- nularis del diametro di 1-2 cm. ebbe rigenerazione limitata del dermascheletro ed individui più grandi non mostrarono alcun inizio di rigenerazione. NusBAUM - HiLAROwicz 6 OxNER riferiscono di tre esemplari della stessa specie, di cui due presentano una semplice depres- sione ed un altro una placca in più , in una zona interradiale lesa. — 50 — Neil' esemplare teste esaminato si può notar di essere di fronte ad un duplice fatto : 1" che anche esemplari grandi di Spliaereclilnus graniilaris kci. che , in laboratorio, non hanno dato accenno di rigenerazione, posti nel loro ambiente natura- le, rigenerano vaste zone di dermascheletro, e che 2'^ l'animale ha rigenerato la zona lesa in modo normale, s^nza presentare alcun fenomeno di ip^rrigenerazione o di rigenerazione eteromorfica. Napoli, Sta/Aoiie Zoologica, agosto J919. Kiiiito di staniiMie il 30 novembre IMIQ. studi sui rapporti tra il testicolo ed il ca- nale di Leydio nei maschi di Chimaera monstrosa del socio ArttJto Morgera (Tornata del 17 agosto 1919) Nel i^resente lavoro rendo noti i risultati ti! mie accurate ricerche sia sul rapporto tra il testicolo e l'epididimo di Chi- maera monstrosa, sia sul significato di quel voluto organo glan- dolare descritto , per primo, da Levdig in tale animale e che, dal Leydig, ha preso il nome, Lkvdig, nel suo lavoro suH'anatoinia e fisiologia della Chi- maera monstrosa, affermò che i vasi efferenti clie si avanzano dal testicolo verso l'epididimo, attraversando la lamina connet- tivale, esistente fra questi due organi, formane, congiungcndosi fra di loro, una specie di rete elegante che si può mettere in evidenza trattando la lamina connettivale con una leggera solu- zione di potassa. Oltre ciò il I.eydiq riscontrò, in Chimaera, dal lato interno del deferente, un organo compreso tra la testa del- l'epidimo e l'estremità superiore del rene. Quest'organo che, poi, come ho detto per lo iimanzi, ebbe il nome di organo di Ley- diff, fu da costui, per mancanza di osservazioni iMecise , asse- gnato tra le glandole genitali accessorie avendo riscontrato nei suoi canalini una secrezione, da lui interpretata per grasso, la qua- le avrebbe avuto l'ufficio di mescolarsi allo sperma nell'epididimo. livRTi., nel 1853, affermò clie, in Chimaera, non era possi- bile veder uscire dal testicolo alcun vaso efferente, quantunque, tenendo presente i lavori di I. AAùli.hf^, credesse che, in questo animale, esistessero speciali vasi efferenti del testicolo come nel resto dei Plagiostomi. — 52 — Mazza, nel 1895, al pari di Mvrtl, fece osservare che, nelle numerose •chimere da lui esaminate, non aveva mai potuto os- servare quei canali, dal Leydig descritti ed anche figurati , che mettono in comunicazione diretta le vescicole spermatiche col- l'epididimo e col deferente. Fra il testicolo e l'epididimo di Cliimaera non vi è, secondo lui, comunicazione diretta, ma solo restano contigui, perchè il pe- ritoneo, sdoppiandosi, avvolge l'uno e l'altro formando una spe- cie di camera chiusa nella quale si aprono i canali dell'epididimo. Questa è, in complesso, l'esposizione dei lavori contenenti osservazioni fatte sui rapporti tra il testicolo e 1' epididimo in Cliimaera. Io, esponendo brevemente le mie ricerche, dimostrerò che tutte le osservazioni fatte dai precedenti Aa. sono errate e, anche in questo lavoro, affermo e confermo che è un errore cre- dere che tutto l'organo di Leydig sia un organo a sé, perchè esso, nella sua parte superiore, corrisponde all' epididimo vero e proprio degli altri vertebrati, specialmente degli amnioti. Studi personali Metodi di ricerca In queste mie indagini ho avuto cura, come fine precipuo, di fare la morfologia delle relazioni esistenti tra il testicolo e il deferente di Cliimaera monstrosa e, perciò, non mi è stato necessario ricorrere a diversi metodi fissativi e di colorazione, sapendo, per l'esperienza fattane in precedenti lavori, che i comu- ni fissativi ed i comuni metodi di colorazione riescono tutti ef- ficaci. Dato ciò, ho usato principalmente il liquido di Zenker, per la fissazione, l' emallume sola o unita all'eosina od all'oFan- ge O, come liquidi coloranti. I preparati sono riusciti ottimi, sotto ogni rapporto, ed i tagli sono stati compresi tra un mi- nimo di 7ii ed un massimo di lOfi. Ho fatto anche alcuni preparati in tota, col mio solito me- todo della distruzione dello stroma testicolare, della distensione del mesorchio e relativa compressione dell' ej^ididimo o parte superiore dell'organo di Leydig, allo scopo di vedere quanto vi fosse di vero circa le contradittorie affermazioni degli Aa. citati riguardo la presenza, come ha affermato Leydig, o, ciò che è inani- — 53 — missibile, la mancanza assoluta, come ha asserito il Mazza, di vasi efferenti che, dal testicolo, portano lo sperma all'organo di Leydig. Esposizione dei fatti osservati Studiando i preparati in toto suddetti, colorati col picro-carmi- nio, non mi è stato possibile di vedere se esistessero e quanti fos- sero i vasi efferenti del testicolo. Adoperando anche il metodo suggerito dal Levdio, cioè quello di trattare il preparato con leggera soluzione di potassa, non è possibile studiare il rapporto tra l'epididimo ed il testicolo di Chimaera. I vasi efferenti, de- scritti da questo A, non sono tali: essi sono semplicemente vasi sanguigni e non so capire come il Levdio abbia potuto ingan- narsi sull'interpretazione del loro significato, perchè essi si mo- strano tali anche ad un superficiale osservatore. Parrebbe, quindi, che, dato quanto ho esposto , avesse ra- gione il Mazza quando, a pag. 11 del suo lavoro, da me citato, afferma che, fra il testicolo e l'epididimo, non vi sia comunica- cazione diretta. E' vero che anche Hyrtl non ha potuto osser- vare tale comunicazione; però costui, più logicamente, basandosi sulle ricerche fatte da Mùller in altri Plagiostomi , non ne e- sclude assolutamente la presenza. Quantunque le mie ricerche sui pre- parati /// toto fossero state negative, con tutto ciò non ho dubitato dell'esistenza .. di uno o più canali che, dal testicolo, si avanzassero verso l'epididimo, perchè mi ' .- ' è parso assolutameiite inconcepibile ed irrazionale la loro mancanza. Insistendo nello studio, ho trovato, infatti, che, in Chimaera, al pari che in Scyllium , un unico esilissimo canale mette in comuni- cazione il testicolo con l'epididimo (fig. 1). L'osservazione è possibile in un solo ca- '''«•/•-,T"'''^"'''.%'':''^'''"og'a"- so: quando, cioè, si abbia la pazienza e dola di Leydkì ili C/7///((/f/-««o«- t ; ; i rSói^r:tvaL"elfe7en-te: E„ 1^ costauza di fare dei tagli in serie e di epididimo; ^/..glandola di L.vo.o. ^^^^^ perdcmc alcuuo. Quesf^unico canaletto, che si può osservare completamente — 54 — in due o tre tagli successivi, fatti in ^P v.e/ ^ ''- \ ■:\ Vv.): Fig. 2. — Figura semischematica mostrante l'unico vaso efferente che, jiartendo dal testicolo arriva all'epididimo x 50. T, testicolo; tr, tubuli retti; ms, mesorchio; ve, vaso efferente. dilatazione La quale , poi , si divide quali prendono origine i vasi mino- ri dell' epididimo (fig. 3). Il suo epitelio, quello della dilatazione sud- detta e dei rami di questa è costi- tuito da cellule basse provviste di un piccolo nucleo. 11 lume dell'unico canaletto, della dilatazione e dei ra- metti contiene spermatozoi misti a qualche granulo di secrezione pro- pria del testicolo. Poiché l'osserva- zione è stata fatta nel periodo della completa maturazione sessuale, nel mese di marzo , epoca in cui ebbi l'opportunità di avere quattro esem- plari di Chimaera, così posso rite- senso trasversale, proviene dalla fusione di ciascun canalino di ogni ampolla testicolare e, attraversata la parte mediana della breve lamina di mesor- chio, si adatta alla faccia ventrale dell' epididimo dov'è ricoverto dal peri- toneo che lo nasconde coHTpletamente. Ecco per- chè esso, nei preparati in toto^ non può essere as- solutamente visto (fig. 2). Quest'unico vaso ef- ferente che parte dalla regione mediana del te- sticolo, arrivato nella zo- na compresa tra il canale epididimario vero e pro- prio ed i canali di calibro minore, dà origine ad una in tre o quattro rami dai « ÌK A* \V-: '^••. \>. t'»- t*^. - - **. 1***1 •-"♦"tó" Fig. 3. —Vaso efferenfe che, arrivato all'c- 'piditlimo , forma una dilatazione omo- loga alla lacuna di Lacerto e degli em- brioni dei mammiferi x 145. v.e, vaso efferente; il.v.e, dilatazione del vaso efferente (lacuna del M o r g e r a). — 55 — nere che, anche in questo animale, come in Scylliiim, l'epiteho di questo vaso , che parte dal testicolo , non subisce, durante la maturazione sessuale, cambiamenti nelle dimensioni delle cel- lule che lo costituiscono perchè rimane formato da epitelio a cellule basse. I tre o quattro piccoli rami , provenienti dalla parte abba- stanza dilatata dell' unico canale che parte dal testicolo , danno origine a canali costituiti dai due tipi di cellule che ho già de- scritti nel m'o lavoro sulla glandola ed il canale di Levdig nei maschi di Scylliiun. Difatti questi canali sono formati da cellule cilindriche allungate, senza ciglia, tra le quali esistono delle altre di forma conica e citiate. Però, se in ScylUuni, la secrezione delle cellule cilindriche è costituita da piccolissimi granuli, in Chimaera, invece, esse producono dei granuli tondeggianti, abbastanza grandi , di colore giallognolo, pili o meno trasparenti, che non sono colorati né dai colori protoplasmatici, né da quelli nucleari. Ai tubi descritti seguono altri, fatti nello stesso modo, ma ad epitelio un pò piiì basso, i quali, finalmente, si continuano con altri ad epitelio basso simile a quello dell'unico canale che fuo- riesce dal testicolo. Questi canaletti ad epitelio basso, non ciliato, vanno a sboc- care nel canale di Levdig. Essi non sono numerosi : nei tagli seriali suddetti, os- servati pazientemente, ho potuto vedere solo due di essi comunicare col canale di Leydio, Ciò vuol dire che essi si ana- stomizzano riducendosi, man mano , di numero (fig. 4). Il vero canale epididimario o canale di Levdig è tappezzato da cellule epite- *'^ .^^> liali sprovviste di ciglia, lievemente cilin- driche. 11 suo lume é ripieno di sper- matozoi, isolati e riuniti a fascio, misti a FiK. 4. - Uno dei due tubi ostre- quelle tali bollc dì secrczioue prodotte mi della glandola di Leydio, t ' LÉY'D.t%i^°T45."'' """'" '^'' dai canali formanti la cosidetta glandola di Levdig. Questo canale, che, anche in Chimaera, si trova fin dalla parte superiore della testa dell'epi- didimo è, in principio, poco circonvoluto, in seguito lo diventa •-•p % / **• "•' — 56 — moltissimo, e, in ultimo, è lievemente anfrattuoso originando il deferente. Come ho fatto notare. nei miei precedenti lavori, l'unico vaso che parte dal testicolo dev' essere morfologicamente interpretato come tubulo retto; la dilatazione di questo nella parte prossimale all'epididimo corrisponde alla lacuna da me scoverta e descritta nel lavoro sull'embriogenesi degli organi compresi tra il testicolo ed il deferente nella Cavia cobaya, sia negli embrioni di quest'ani- male che negli adulti di Lacerta, dove detta lacuna permane allo stato adulto. I rami che partono dalla dilatazione suddetta corri- spondono ai canali efferenti dei Mammiferi e dell'Uomo; mentre che i canali ad epitelio cilindrico e conico si debbono interpre- tare come gli omologhi dei coni vasculosi dell'Uomo e degli altri Mammiferi. Stazione Zoologica di Napoli, luglio 1919. BIBLIOGRAFIA 1830. MiìLLER, J. — 1. De gianduia rum secernentium structura pcnitiori earumque prima formatione in homine atque animalibus. Co- mentatio anatomica. Lipsiae. 1840. — — 2. 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La Tlma luciillana è comune nel golfo di Pozzuoli da lu- glio a settembre, in profondità. La sua forma varia, come spesso avviene in questo e nei generi consimili , con l'età , poiché gli esemplari giovani sono campanulati, pii^i che emisferici , mentre gì' individui maturi sono alquanto più appiattiti. Contai al mas- simo 53 tentacoli bene sviluppati più 6 giovani tentacoli ; fra i tentacoli soltanto papille in numero di 7 a 10 fra due tentacoli consecutivi. Le papille sono semplici ripiegature del margine e non hanno forma ben definita, ma essa varia secondo lo stato di contrazione e si può osservare anche il fondersi di due papille in una sola. Gli esemplari giovani hanno 8 statocisti adradiali al- lungate, contenenti da 12 a 20 statoliti ; negli esemplari maturi (con un diametro massimo di 90 mm. e 30 mm. di altezza om- brellare) alle 8 statocisti adradiali con 20 fino a 27 statoliti si aggiunge talvolta qualche statocisti irregolarmente disposta; così ebbi occasione di osservare in un esemplare maturo del dia- metro di 85 mm. due statocisti interradiali in due quadranti con- secutivi e neir esemplare maggiore, in un solo quadrante, una — 60 — statocisti più piccola con 7 statoliti fra la adradiale ed il prossi- mo canale radiale. Varia è l;i disposizione degli statoliti: a corona lungo il margine libero, ad anello chiuso od anche sparsi irrego- larmente. Le statocisti e gli statoliti sono chiaramente visibili quando il margine viene ritagliato dall'animale vivente. Gli altri caratteri (dello stomaco e del suo peduncolo e delle gonadi) co- incidono con la descrizione e le figure di Mayf.r (: 10, voi, 2, p. 318, figg. 177 A e B). Colore : Stomaco giallo-roseo pallido , gonadi e tentacoli lo stesso , ma con venature marginali brune. Tentacoli con fosforescenza verde j ombrella grigio-lilla opalino. La colorazione è più vivace negli individui giovani. Uno degli esemplari più giovani da me osservati (del dia- metro di 35 mm. , con 36 tentacoli e da 6 a 7 papille fra due tentacoli consecutivi) corrisponde alla figura che ne dà l'autore, cosicché non credo che vi possa essere dubbio sull' identità di questa specie con la Dianaea luciillana. Hy\ECKEL l' identifica con una forma molto più piccola descritta da Will ('44) col nome di Geryonia pellucida riunendole col nome di Irene pellucida ed attenendosi nella diagnosi ai caratteri della medusa di Will e della sua Tima Cari, che io ( : 10) dimostrai appartenere ad un genere diverso da Geryonia. Oli altri sinonimi di Haeckel si riferiscono a forme affini a Geryonia con lo stesso nome specifico di pellucida, mentre le specie con 1' epiteto gibbosa non sono determinabili. Mayer ripristina il nome specifico di Delle Chiaje, però identifica y Irene pellucida Haeckel con la Tinta lucullana , malgrado che le attribuisca i caratteri della forma originaria napoletana , che egli stesso potè studiare a Napoli e che sono ben diversi da quelli attribuitile da Haeckel. Confrontando i caratteri specifici attribuiti dai due autori indipendentemente : Haeckel Mayer diametro massimo 40 mm. 74 mm. altezza ombrellare 15 mm. 31 mm. numero dei tentacoli 16-32 48 numero delle papille 100-200^ 336 — 61 — si potrebbe credere, come opina Mayer, che si tratti della stessa forma in differenti stadi di sviluppo, ma io ( : 10) ebbi occasione di studiare lungamente a Trieste la Geryonia pellucida WiLL e posso affermare che è una piccola forma comune an- che nel golfo di Napoli ed affatto diversa dalla Tinta luciillana, ciò che vale anche per la Tirna Cari, di poco maggiore e che si distingue dalla Geryonia pellucida perchè presenta cirri a fianco dei tentacoli e dei tubercoli. Lo Bianco ('Q9) nomina una Tima flavilabris Eschscholtz riferendosi a quanto sembra a piiì di una specie, fra le quali è certo compresa la Tima lucul- lana; Stiasnv ( : 09, tav. 16, figg. 2 e 3) descrisse una specie dell' Adriatico identificandola con la Tima jlavilabris ; però Mayer ( : 10, voi. 2, p. 496) la ritenne identica alla Tima lu- cullana. Come risulta dai dati suesposti io osservai in esemplari di. grandezza uguale ed anche maggiore un numero molto mi- nore di statocisti ed in queste un numero di statoliti anche piiì che quintuplo, né riscontrai alcun organo fra le papille all' in- fuori delle statocisti. In base alle diagnosi attuali non credo che si possa proce- dere all'identificazione della forma adriatica con la napoletana, che è tanto meno probabile se l'esemplare maggiore di Stiasny, fu, come sembra, osservato allo stato vivente, condizione indispen- sabile per stabilire con assoluta certezza il numero delie stato- cisti e degli statoliti. In conclusione si può dire che fino ad ora la Tima {Dia- naca) lucullana Delle Chiaje fu constatata soltanto a Napoli e che fra le specie conosciute si avvicina soprattutto alla Tima flavilabris Eschscholtz, OPERE CONSULTATE 1822. Delle Chiaje, S. — Memorie sulla Storia e Notomia degli ani- mali senza vertebre del Regno di Napoli. Napoli. 1879. Haeckel, E. — Dfls System der Medusen. Teli l.'Craspedoten, Jena. 1899. Lo Bianco S. — Notizie biologiche riguardanti specialmente il periodo di maturità sessuale degli animali del golfo di Na- poli. Mitt. Z. Stat, Neapel Bd. 13, p. 448. 1910. Mayer, a. Q. — Medusae of the World. Washington. 1910. Neppi, V. — Uber die im Golf e von Triest vorkommenden Medusen der Gattugen Irene and Ti ma. Arb. Z. Inst. Wien Bd. 18, p. 157. 1909. Stiasny, G. — Eine atlantische Tima im Golf e von Triest. Arb. Z. Inst. Wien Bd. 17, p. 221. 1844. WiLL, \. G. F. — Horae tergestinae oder Beschreibung und Anatomie der im Herbste 1843 bei Triest beobachteten Aca- lephen. Leipzig. Finito di stampare il 20 dicembre 1919. Notizia riguardante altri esemplari anomali di Asterina gibbosa Penn. , pescati nel Golfo di Napoli. Nota del socio Dott. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 25 maggio 1919) In un precedente lavoro ') mi sono occupato dell'anomalia delle braccia di Asterina gibbosa Penn. In esso facevo notare come erano piìi frequenti esemplari con sei che con quattro braccia. In due pesche fatte nel passato Aprile, nel Golfo di Napoli, per cura della Stazione Zoologica di Napoli, fra venticinque e- semplari normali, ne trovai tre anomali "): due con quattro brac- cia ed uno con sei, di dimensioni piuttosto piccole; in un'altra pesca , fatta pochi giorni dopo , fra sessanta ne trovai uno con sei braccia, di cui due con la regione terminale in via di avan- zata rigenerazione. Finalmente, in un'ultima pesca, fra venticinque esemplari nor- mali, ne rinvenni un altro con sei braccia, di cui due rigenerate agii estremi. Allo scopo di completare le mie precedenti ricerche e per dare notizia di nuovo materiale per uno studio sintetico che si ') ZUv'i'oi.o G. — Alcuni casi di anoinalia delle braccia di Asterina gibbosa Prnn. Boll. Soc. Nat. Voi. 29 , pag. 3-16, Tav. 1-2, Napoli. 1916. Cfr. in questo lavoro la Bibliografia. -) Devo qui far subito notare che in numerose altre pesche fatte nel Golfo di Napoli, nei passati anni, cioè dal 1915 finora, furono raccolte centinaia di esemplari di Asterina gibbosa Pknn. e non furono trovati esemplari anomali; né in pesclie fatte appositamente dopo il rinvenimento di forme anomale, fu trovato alcun esemplare irregolare. — 64 — volesse fare sulle anomalie negli Asteroidi, credo utile dare noti- zia di questi cinque esemplari e di avere, così, ancora, l'occa- sione di poter confermare quanto già scrissi circa la genesi del- l'anomalia delle braccia in Asterina gibbosa Penn. Descrizione degli esemplari anomali. Prima di descrivere i singoli esemplari rinvenuti, ne raccolgo, nelle seguenti Tabelle, i dati numerici, riguardanti la lunghezza delle braccia e la dimensione della piastra madreporica rispetti- tivamente degl' individui con quattro e con sei braccia Divido ogni Tabella in cinque colonne: nella prima è segnato il numero d'ordine , nella seconda il raggio maggiore (R) cioè lo spazio che va dal centro del disco sino all' estrema placca terminale ; nella terza il raggio minore (r) cioè lo spazio com- preso tra il centro del disco e l'estremo interbrachiale ; nella quarta il rapporto fra il raggio minore ed il raggio maggiore; nella quinta il diametro maggiore della placca madreporica. TABELLA I. Esemplari con quattro braccia. d'ordine R mm. r mm. r: R Placca madreporica mm. L" 2° 12.0 ILO 8.0 7.0 1 : L50 1 : L55 0.9 0.8 1.° Esemplare di Asterina gibbosa Penn. con quattro braccia. Quest' esemplare ha tutte e quattro le braccia egualmente sviluppate. L'interradio misura mm. 8,0 a partire dal centro del disco fino al margine del corpo ; il raggio maggiore misura mm. 12,0 a partire dal centro del disco sino all' estrema placca terminale. — 65 — Tutte le singole placche costituenti il dermascheletro delle braccia, quali le centrali, radiali, adradiali, laterali e marginali so- no normali ed in disposizione tetramera. La placca madreporica misura mm. 0,9. Il colore del corpo è di una tinta identica a quella degli esemplari normali. Nella regione ventrale notansi le quattro plac- che boccali, in corrispondenza delle braccia. I movimenti dello animale sono vivaci: esso vive bene nelle vasche dell'Acquario e si ciba di piccole telline, con discreta voracità. Si riscontra nel corpo una perfetta simmetria bi-bilaterale. 2.° Esemplare di Asterlna gibbosa Penn. con quattro braccia di cui uno con estremo rigenerato. L' esemplare si presenta anche ben sviluppato, senza avere alcuna anomalia nelle differenti placche che costituiscono il disco e le braccia. L'interradio misura mm. 7,0 ed il raggio maggiore mm. 11,0. La placca madreporica misura mm. 0,8 circa. Un braccio presenta 1' estremo terminale rigenerato di un millimetro. Si può scorgere benissimo la zona rigenerata per il colore azzurro-sbiadito, in confronto del resto del braccio di co- lore verde intenso. Nella zona rigenerata si notano la placca ocel- lare bene sviluppata con le numerose punte che la circondano. Punte acute, coniche, sottili, distinte in gruppi. Inoltre, già si vedono rigenerate le placche laterali con le ri- spettive spine e la placca centrale con due sole punte nella re- gione dorsale e le placche adradiali e laterali con una o due punte che vanno sviluppandosi. Nella regione ventrale, all'estremo del braccio, si osserva be- ne la formazione dell'organo visivo, risultante da numerosi grup- petti di puntini di colore rosso vivo, disposti alla base del ten- tacolo mediano. Le placche boccali, in corrispondenza delle braccia, sono quattro ben sviluppate e simmetricamente disposte. Le altre plac- che ventrali si vanno anch'esse rigenerando e si vedono le pri- me spinule in formazione. — 66 — TABELLA IL EsempKiri con sei braccia. N." d'ordine R min. r mm. r: R Placca madreporica mm. 1 9.0 5.5 1 ; 1.63 0.7 2 15.0 10.0 1 : 1.50 1.0 3 13.0 10.0 1 : 1.30 1.0 L" Esemplare di Asterlna gibbosa Penn. con sei braccia. Quest'esemplare è di piccole dimensioni. Il raggio maggiore misura mm. 9,0 ed il raggio minore mm. 5,5. Tutte le placche costituenti le singole braccia sono normali. in altri esemplari anomali con sei braccia, di cui ho già ri- ferito in un altro lavoro, era notevole qualche braccio meno svi- luppato, ma in questo non si nota nessuna deviazione dalla for- ma normale. La placca madreporica misura mm. 0,Q, ed è di colore giallo brunastro, come in tutti gli esemplari normali. Nella regione ventrale si notano sei placche boccali, in cor- rispondenza del numero delle braccia. Quest'esemplare e gli altri , di cui riferirò in seguito , non confermano ciò che dice Cuènot che tutti gli esemplari con sei braccia hanno sempre due piastre madreporiche. Difatti nei va- rii esemplari trovati con sei braccia , da circa cinque anni , in uno solo potei trovare tre piastre madreporiche e negli altri sempre una. — 67 — 2." Esemplare di Asterina gibbosa PtNN. con sei braccia, di cui due rigenerate all'estremo. Quest' esemplare è di media grandezza. L' interradio nelle quattro braccia normali misura mm. 10,0 ed il raggio maggiore mm. 15,0. Nelle altre due braccia con estremo rigenerato, uno misura mm. 6,5, di cui mm. 1,5 rigenerati e l'altro mm. 10,0, di cui mm. 2,0 rigenerati. Le braccia normali hanno tutte le placche simmetricamente disposte. Le due zone rigenerate hanno un colore quasi identico a quello del corpo. Si notano in esse, ben formate, le placche terminali e quelle laterali, con le radiali ed adradiali ed annesse spinule che si vanno rigenerando. La placca madreporica, situata in un interradio, tra un braccio normale ed uno che si va rein- tegrando, misura mm. 1,0. Nella regione ventrale si notano, già sviluppati, gli organi visivi e le altre placche costituenti la regione in esame. 3." Esemplare di Asterina gibbosa PtNN. con sei braccia, di cui due rigenerate all'estremo. Quest' esemplare è stato pescato nel Golfo di Napoli fra venticinque individui normali, di varie dimensioni. E' un esem- plare di media grandezza, il raggio maggiore misura mm. 13,0, il raggio minore mm. 10,0. La piastra madreporica misura circa un millimetro ed è circondata da tre placche, delle quali due, della stessa grandezza e disposte ad angolo, portano cia- scuna nove spine e la terza, che fa da base alle altre due, ne porta cinque : le tre placche formano un triangolo racchiudente neir interno la piastra madreporica. Due delle sei braccia sono rigenerate di mm. 2,0, ciascuna verso gli estremi. Le zone rigenerate presentano tutte le placche simmetricamente disposte come nelle braccia normali. Nella regione ventrale si osservano sei placclie boccali, in corrispondenza del numero delle braccia. Tutte le altre placche ventrali sono normali. — 68 — L' esame obbiettivo ed accurato di questi cinque esemplari studiati dà modo di poter affermare come le anomalie non sono state generate da cause traumatiche , bensì siano congenite. In altri esemplari, appartenenti a generi e specie diverse di Aste- roidi, di cui mi sono occupato, in vàrii lavori, è stato possibile, talvolta, notare che la mancanza di qualche braccio era dipesa dal fatto della lesione di questo ed in conseguenza era avvenuta nel punto leso , una rapida cicatrizzazione, per cui non era stata possibile una reintegrazione del braccio perduto. In altri esemplari, invece, non essendo avvenuta una lesione molto profonda nella zona del disco si era, verificata non solo la reintegrazione del braccio o delle braccia perdute, ma, talvolta, si era formato ancora un numero maggiore di braccia. Non è a dire che le condizioni ambientali ed i fattori morfogenetici in- terni non possano darci una spiegazione di queste avvenute o mancate cicatrizzazioni. Circa poi gli esemplari nei quali non è possibile riscontrare cicatrizzazione avvenuta o mancata, si devono tener presenti quei disturbi causati da fattori interni o esterni, durante lo sviluppo delle uova, che io ho già messo in evidenza in altri miei lavori. Comunque sia, gli esemplari di cui mi sono occupato in questa Nota, insieme con quelli della stessa specie, dei quali ho già ri- ferito, precedentemente, in altro lavoro, danno occasione di po- ter affermare che, nel maggior numero di casi, le anomalie negli esemplari di Asterina gibbosa Penn sono dovute non a cause traumatiche sopravvenute nell'animale adulto, ma a cause morfo- genetiche interne o a condizioni ambientali, sin dai primi mo- menti dello sviluppo dell'animale e che, attualmente sfuggono alla nostra indagine. Al momento in cui era stata ultimata la stampa di questa Nota ho, in una pesca fatta nell'ottobre, trovato fra sette esem- plari normali due altri esemplari anormali di Asterina gibbosa Penn uno con sei braccia e 1' altro con quattro. Il primo è uno dei più grossi esemplari di questa specie che io abbia trovato con sei braccia. Il raggio maggiore misura mm. 30,0 il minore mm. 15, la piastra madreporica mm. 1,1. , — 69 — Le sei braccia sono perfettamente regolari ed in corrispon- denza di queste vi sono anche sei placche boccali normali. L'altro esemplare ha quattro braccia anch' esse regolari. Il raggio maggiore misura mm. 22,0; il minore, 12,0, la piastra ma- dreporica mm. 0,9. Vi sono 4 placche boccali. In un interradio si notano tracce di rigenerazione ; le placche marginali sono ancora in via di sviluppo e quelle ventrali sono già sviluppate; però le punte che si trovano su di esse sono in numero vario e qualcuna ne presenta \n numero notevolmente più grande di tutte le altre. Napoli, Srazione Zoologica, aprile 1919. BIBLIOGRAFIA 1888. CuÉNOT. L. — Contribution à l'ètude anatomique des Asterìdes. Arch. Zool. Expér. (2) T. 5, bis 2. Meni. Avec 9 pi. p. 135. 19161. ZiRPOLO, G. — Alcuni casi di anomalia delle braccia di Asterìna. gibbosa Penn. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 29, p. 1, Tav. 1-2. 1916^. — — Su alcuni individui anomali di Chaetaster longipes Retzius e di Hacelia attenuata Gray. Ibid. Voi. 29, pag. 49, Tav. 3., 1917'. — — Di una rara anomalia delle braccia di Astropecten aurantiacus L. Pubbl. Staz. Z. Napoli. Voi. 1, p. 31. Tav. 1-3, 10 figg. n 1917"-. — — Notizia di alcuni Asteroidi anomali pescati nel Golfo di Napoli (Echinaster sepositus Gray ed Asterias glacialis O. F. Miìller) Boll. Soc. Nat. Napoli Voi. 30, pag. 19, 4 figg. 1917^. — — Casi di anomalia delle braccia di Asteroidi dovuti ad iperrigenerazione. Meni. Pont. Accad. N. Lincei (2) Voi. 3, pag. 247, Tav. 1. O 1918'. — — Un caso di rigenerazione parziale delle braccia in un Astropecten aurantiacus L. Pubbl. Staz. Z. Napoli Voi. 2 , p. 169, Tav. 10. 2 figg. (*) 1918'. — — Notizia di ««' Ophioglypha lacertosa Lym. fl/zo/«a/a. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 31, p. 45, 2 figg. 1918''. — — Nuovi casi di anomalia delle braccia in Astropecten au- rantiacus L. Ibid. Voi. 31, pag. 100, 8 figg. nel testo. (*) Cfr. in questo lavoro la bibliografia. Finito di stampare il 20 dicembre 1919. Su di un Astropecten aiirantiaciis L. con tre piastre madreporiche. Nota del socio Dott. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 17 agosto 1919) Già nei miei precedenti lavori sulle anomalie negli Aste- roidi ho, varie volte, accennato alla variazione numerica che può subire la piastra madreporica. Nel 1Q16 descrivevo, fra le altre, un'/4s^m//fl ^/^^csa Penn. avente sei braccia e tre piastre madreporiche, e nel 1917 mi occupavo, ancora, della variazione del numero delle piastre ma- dreporiche in Asterias tenulspina Lamarck. Per r Astropecten aurantiacus L. , in altri miei lavori , mi sono occupato sempre dell'anomalia del numero delle braccia e, nei numerosissimi esemplari osservati, non mi occorse mai no- tare alcuna irregolarità, riguardante la piastra madreporica ; né negli Autori che si sono occupati, di proposito, di Astropecten aurantiacus L., trovasi cenno alcuno circa la variazione di que- sta. L'aver quindi, rinvenuto, in una pesca fatta pochi mesi fa nel golfo di Napoli, fra quattro esemplari normali della specie in esame, un individuo con tre piastre madreporiche, mi ha spin- to di comunicare questa notizia, considerata la rarità del reperto. I casi di anomalia della piastra madreporica negli Asteroidi, finora registrati ed a mia conoscenza, sono i seguenti: Coljch (1840) ha descritto un esemplare di Asterias rubens L. con otto braccia e tre piastre madreporiche. Mùller e Troschel (1842) hanno vi- sto esemplari di Asterias tenuispina Lamarck con due e tre pia- — 12 — stre madreporiche. Greeff (1872) ricorda individui della stessa specie con quattro piastre madreporiche. Meissner (1892) ha vi- sto un esemplare di Llnckia multlforis (Lamarck) v: Martens con due piastre madreporiche. Loriol (1893) parla di un Echinaster eridanella Mùller e Troschel con due madreporiti. Farquhar (1894) ha trovato individui di Asterlna regalar is Verrill con due piastre madreporiche. Ludwig (1897) ha visto un esemplare di Platonaster siibinermis Philip'pi con due piastre madreporiche ed esemplari di Asterlas teniiispina Lamarck con due , tre e quattro piastre madreporiche. Davenport (1901) ') parla di va- riazione di questa in Asterlas vulgarls. Monks (1904) ha visto esemplari di Pliatarla {Llnckia unlfasclalls) Gray con due, tre, quattro e cinque piastre madreporiche. Delage ed Hérouard (1903) parlano di \iW Asterlas glaclalls O. F. Muller con sei brac- cia e due madreporiti, di un Acanthaster echlnltes con 13-20 braccia e 5-16 piastre madieporiche e di un Asterlas rubens con cinque braccia e due piastre madreporiche. Descrizione dell'esemplare. L'esemplare misura mm. 60,0 di raggio maggiore, a partire dal centro del disco sino alla placca terminale, e mm. 10,0 di raggio minore, cioè dal centro del disco sino all'estremo inter- radiale. Le tre piastre madreporiche trovansi in un interradio e sono disposte tutte e tre l'una accanto all'altra. ì^tW Asterlas teniilsplna Lamarck, invece, le piastre madreporiche, in caso di variazioni, o erano vicine fra di loro o molto lontane. Solo nel- l'esemplare di Asterlna gibbosa Penn. da me studiato, le tre piastre madreporiche erano situate l'una dopo l'altra, in linea spezzata. L'esame iniziale m'aveva fatto sospettare che si trattasse di una sola piastra madreporica che presentasse delle insenature, in modo da dare l'impressione di esserne tre; ma un esame più accurato e la dissezione mi hanno fatto notare la completa in- dividualità di ciascuna. Di queste, la più grande misura mm. 4.0 nel diametro mag- 1) Cfr. Science. Voi. 13, p. 374-75, 1901. — 73 Fig. 1. — Tre piastre madreporiche (li Astropecten aiirantiacus L. X 14. giore e m. 3,0 in quello minore. Essa si presenta di colore bian- co giallognolo, con solchi superficiali più o meno profondi che ho cercato di far rilevare nella figura riportata (fig. 1), anche perchè, nei diversi trattati nei quali si parla di questa, sono date figure molto sche- matiche. Generalmente , queste insenature partono dalla re- gione centrale e si estendo, no verso quella periferica. Le centrali sono piiì ampie, profonde, le altre successi- ve e laterali sono più ri- dotte e meno alte , specie quelle della regione perife- rica, dove si vanno completamente riducendo. La piastra è circondata da passille , specialmente nelle di- gitazioni profonde. Allontanando queste ho potuto isolare la pia- stra madreporica e, conseguentemente, con la dissezione , m' è stato facile osservare il canale petroso, che si presenta all'ester- no di colore roseo, liscio, cilindrico, a modo di coppa verso la regione di sbocco della placca , e protetto dai setti connettivali dell'interradio che bisogna ben allontanare e con grande cautela per poterlo osservare nelle sua integrità. Nella regione interna presenta, invece, numerose scabrosità, come alveoli, lungo tutto il canale, anche essi di color roseo. L'altra piastra a sinistra, che trovasi in una insenatura della piastra testé descritta, misura un diametro di mm. 1, 4, mentre la terza, di forma quasi circolare, è più piccola e misura mm. 0,8. Anche queste due piastre, per quanto più ridotte, sono sol- cate dalle sinuosità descritte già per la prima. Nella dissezione operata ho potuto notare la completa in- dividualità di ciascuna di queste placche, essendo lontane le une dalle altre, e comunicanti col canale penetroso. GiARD descrive un esemplare di Asterias riibens con due canali petrosi che vanno a terminare in un'unica piastra madre- — 74 — porica; ma l'esame accurato di questa gli ha fatto notare come trattasi di due piastre madreporiche, fuse in una. Poiché si tratta di un individuo con otto braccia, egli suppone che il fatto pos- sa spiegarsi coll'ammettere la possibilità di un mostro doppio. Secondo Kennel il canale petroso nelle Asterie non è unico, ma risulta dall'unione di varii canali uniti da un tessuto connetti- vale; questi canalicoli poi sboccherebbero in una piastra madre- porica. Delaqe ed HÉROUARD, nei casi da loro studiati, non ammet- tono che un sol canale petroso che sboccherebbe in una placca frammentaria. Nel caso di Astropecten aurantiacus L. testé esaminato, poi- ché si tratta di un esemplare con 5 braccia normali, non è a par- larsi di mostro doppio o triplo, secondo Giard. Né credo che Kennel colga il vero, affermando che il ca- nale idroforo risulti da piià di essi che si congiungano, perché l'esame di esso non fa affatto vedere questa moltiplicità di canali. Forse é possibile ammettere ciò che dicono Delage ed HÉ- ROUARD , sebbene, in questo esemplare, ogni singola 'placca é completamente libera ed indipendente dall'altra. È da supporsi, quindi, di trovarsi di fronte ad un caso di anomalia congenita, avvenuta nei primi momenti dello sviluppo, epoca in cui, per cause traumatiche, forse, si é avuta formazione frammentaria di madreporiti, che si sono sviluppate poi, indipen- dentemente. BIBLIOGRAFIA 1840. CoucH, J. — Remarks on some species of Asferias found in Cornwall : Mag. Nat. Hist. London, N. Ser. Voi. 4, pag. 32. 1842. MuLLER, J, und Troschel, F. H. — System der Asteriden: ^V3.\.m- schweig, p. 16 e p. 41, 12 Taf. 1872. Greeff, R. — Ueber einige auf den canarischen Inseln {Lanzarote) aufgefundene Seesterne: Sitz. Ber. Ges. Naturw. Marburg p. 102. 1892. Meissner, M. — Asteriden gesammelt von Herrn Stabsarzt Dr. Sander auf der Reise S. M. S. « Prinz Ad alter t " ; Arch. Naturg. Bd. 58, Berlin, p. 185, Taf. 12. 1893. LoRiOL, P. De — Echinodermes de la Baie d'Amboine: Rev. Suìsse de Zool. I. Genève, p. 391. 1893. Kennel, J. — Lehrbuch der Zoologie, pp. 1-678, 310 figg. nel te- sto, Stuttgartt. 1894. 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Verrill, a. e. — Remarkable development of Star-Fishes on the northwest American coats : hybridism ; moltiplicity of Rays ; teratology , Problems in evolution ; geografical distribution. The Amer. Nat. Voi. 53, New Jork, p. 547. 1916^ ZiRPOLO, Q.-— Alcuni casi di anomalia delle braccia di Asterina. gibbosa Penn. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 29, p. 1, Tav. 1-2. 19162. — —Su alcuni individui anomali di Chaetaster longipes Retzius e di Hacelia attenuata Grav. ibid. Voi. 29, pag. 49, Tav. 3. — 76 — 19171. ZiRPOLO, G. — Di una rara anomalia delle braccia di Astropecten aurantiacus L. Pubbl. Staz. Z. Napoli. Voi. 1, p. 31. Tav. 1-3, 10 figg. (*) igi72_ — — Notizia di alcuni Asteroidi anomali pescati nel Golfo di Napoli (Echinaster sepositus Gray ed Asterias glacialis O. F. Mùller) Boll. Soc. Nat. Napoli Voi. 30, pag. 19, 4 figg. 191 73 _ _ Casi di anomalia delle braccia di Asteroidi dovuti ad iperrigenerazione. Meni. Pont. Accad. N. Lincei (2) Voi. 3, pag. 247, Tav. 1. (*) 19181. — — Un caso di rigenerazione parziale delle braccia in un Astropecten aurantiacus L. Pubbl. Staz. Z. Napoli Voi. 2 , p. 169, Tav. 10. 2 figg. (*) 1918^ — — Notizia di w/z'Ophioglypha lacertosa Lvm. anomala. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 31, p. 45, 2 figg. 1918^. Nuovi casi di anomalia delle braccia in Astropecten au- rantiacus L. Ibid. Voi. 31, pag. 100, 8 figg. nel testo. 1919. — — Nuovi esemplari anomali di Asterina gibbosa Penn. Ibid. Voi. 32, p. 63-70. (*) Cfr. in questo lavoro la bibliografia. Finito di stampare il 20 dicembre 1919. ALESSANDRO CUTOLO 1870 - 1918 Alessandro Cutolo Commemorazione fatta dal socio Dott. Oreste Forte (Tornata straordinaria del 20 novembre 1919) Signori, Ho sempre evitato di fare commemorazioni, mal fidandomi della mia relativa idoneità. Eppure, questa volta, non avrei sa- puto nascondere il mio malcontento, qualora la nostra Presidenza avesse ad altri pensato di affidare il mesto compito di ricordare le virtù di Colui, che fu tanto caro a noi tutti e che tanta opera benemerita spese a vantaggio di questo sodalizio. Una migliore scelta — non certo difficile — cioè di uno che avesse saputo più forbitamente discorrere, e con maggiore mae- strìa rettorica illustrare quelle virtù, sarebbe stata, senza dubbio, per Lui più degno omaggio e meglio avrebbe proporzionato l'oratore all'uditorio; ma ogni preferenza mi avrebbe fatto torto, se ad essa fosse dovuto attribuirsi un significato di meritata spettanza a chi , dopo i Suoi congiunti più cari, doveva rite- nersi più di tutti vincolato alla vita , alla carriera , alla storia di Lui. Fui riconoscente, pertanto, dell'invito rivoltomi, sebbene per' plesso nell'accettarlo ; perplessità che, peraltro , mi fu attenuata non solo dalla voce del sentimento , che mi faceva obbligo di rendere alla memoria dell'Amico mio questo tributo di affettuosa devozione, ma altresì, e specialmente, perchè mi parve la prova non soverchiamente difficile , quando — nel caso — non vi era aridità di un soggetto da doversi necessariamente supplire con — 78 — quella rettorica fiorita, di cui mi sento incapace; ma trattavasi di parlare con sincera semplicità di un uomo che fu buono ed ope- roso, che produsse abbastanza per farsi amare e stimare da quelli che direttamente o attraverso le Sue opere od i Suoi atti Lo conobbero e L'apprezzarono. Mi sforzerò, adunque, di essere, se non pari al compito, al- meno non del tutto indegno ; e se fui soverchiamente audace , compatiscimi. Amico mio; leggimi nell'anima e perdonami; e Voi stessi, illustri ascoltatori, vogliate tollerarmi. Fu bene che un anno all'incirca trascorresse dal giorno, in cui l'incredibile annunzio sbalordì le nostre coscienze, ad oggi che , con più sereno raccoglimento e con animo più composto, amici, colleghi ed ammiratori Suoi rievochiamo l'imagine di Lui, non trasfigurata da un ricordo recente di quelle traccie immediate della morte di ieri; e la vivace agilità del Suo spirito ci appa- rirà meno in contrasto con l'inerzia delle Sue spoglie inanimate. È ben vero che anche di quell'ora di brusca, acuta tristezza conviene il richiamo , a ridestare il nostro rimpianto , sia pure confortato dalla reminiscenza di quell'omaggio universale, onde fu circondata all'estremo l'amata figura ormai esulante dal mondo, ove lasciava traccia di sé incancellabile, in quel solenne epilogo di riverente ammirazione. Ricordiamo tutti, purtroppo, l'autunnale flagello del decorso anno e 1' ansia , con la quale ognuno di noi consultava tutte le mattine il bollettino necrologico dei quotidiani , quasi apparec- chiandoci allo schianto di leggere un nome caro: un'altra fra le numerose esistenze , che fulmineamente devastava il morbo in- sidioso. Era fatale, per quanto imprevisto ed inaspettato, che anche il nome caro di Lui, fra due grosse ed opprimenti righe nere, comparisse in quel mattino del 13 settembre, strappando dal petto di tutta Napoli un'esclamazione di cordoglio e di sorpresa: Alessandro Cutolo non è più ! Quel bollettino era stato da molti precorso , per quanto tutti mal ci adattassimo, il dì innanzi, all'ingrato pronostico; ed un pellegrinaggio ansioso — a Villa Claudia, alla Farmacia dello Spirito Santo, al Municipio, all'Annona, ovunque fosse dato at- — 79 — tingere una notizia di Lui — durò incessantemente tutto il giorno. Nessuno sapeva rassegnarsi all'idea che una tempra dimostratasi per tutto il suo passato refrattaria a qualsiasi calamità morbosa; un'esistenza circondata dalla cura molteplice ed assidua di mille anime premurose di conservarla, aiutata da tutte le risorse della scienza e dell'affettuosa assistenza, dovesse mai soccombere nella lotta contro un male che, pur nell'agguato insidioso, simulava un' ingannevole banalità , e contro il quale era ben da ritenersi invulnerabile Colui che ancora qualche giorno prima mostravasi fieramente padrone di tutta la Sua resistente vitalità. Ma purtroppo all'ansia doveva succedere, l'indomani, il cor- doglio, la cui crescente espressione raggiunse l'aspetto di vero plebiscito, data la popolarità di Lui, la jiotorietà del Suo casato, le estesissime relazioni dei Suoi numerosi congiunti. Uno stuolo incalcolabile di parenti, amici, colleghi, ammiratori , concorse a rendere quella dolente manifestazione mirabile nella sua tristezza. Un corteo affollato, quale non si vide mai , imponente per nu- mero e per compostezza — pur sussurrando ognuno al proprio vicino la rievocazione di un episodio, di un motto, di una buona azione — sotto un cielo napoletano, che volle sfolgorare in quel mattino tutta la sua leggendaria radiosità, per tributare anche il suo saluto al diletto figliuolo della città diletta , faceva per un attimo astrarre lo spirito dalla luttuosa realtà e pensare quasi alla possibilità di una festa del rimpianto. , Amico mio , Amico nostro , rivivi ancora oggi un' ora sola con noi ; il Tuo spirito, che aleggerà sempre fra questi cari ri- cordi della nostra storia comune, rendasi per un'ora sola tan- gibile nelle nostre coscienze, compensando con la Sua suggestiva vivacità l'insufficienza della mia parola. Molti di Voi conobbero " Don Alessandro „ già uomo. Io conobbi „ Sandro , giovinetto, all' inizio, quasi, della Sua appa- rizione nella vita sociale e professionale. Fu nel 1888 ; io ero assistente nell'Istituto di Chimica generale. Una mattina, il vene- rato nostro Maestro, Professore Oglialoro, accompagnato dal compianto Professore An t o n e 1 1 i, il quale ne avevalo con paterna premura interessato, consegnava alle mie cure il giovinetto , af- — 80 — fidandomene l'educazione scientifica nei primi passi della tecnica sperimentale. Reciproca , immediata e spontanea fu l' inclinazione che ci avvinse l'uno per l'altro. Di poco più anziano di Lui negli studi e negli anni, egli ne aveva 18 — era nato il 13 agosto 1870 — io una ventina, non tardarono a crearsi ed a progredire fra noi rapporti cordialissimi , i quali divennero sempre piiì intimi ed affettuosi durante i cinque anni di vita quotidiana vissuta insieme fino alla sua laurea in Chimica e Farmacia , che con brillante prova conseguì nel 1893. Il suo alunnato nell'Istituto lasciò quivi una traccia simpatica, ancora oggi persistente fra quelli che Lo ricordano. Fu amato da tutti i Suoi compagni di laboratorio, i quali ne apprezzavano particolarmente lo spirito sagace, la limpidezza del carattere, la semplicità del contegno e financo quella Sua piacevole irrequie- tezza, pur sempre castigata e corretta. Un sorriso festoso acco- glieva ogni giorno il Suo apparire, e quando talora — cosa ra- rissima — Sandro mancava all' Istituto , tutti in quella giornata eravamo, o credevamo di essere, di cattivo umore. I superiori e maestri ne riconoscevano e ne apprezzavano la costante assiduità e lo scrupoloso sentimento del dovere. Più di tutti io ebbi l'agio, per il contatto incessante, di valutare le Sue doti più intime ed i pregi della Sua cultura, che Egli era avido di alimentare. Frequentemente ci compiacevamo entrambi di conversare insieme, discorrendo su cose e quesiti, che a noi sembravano importanti, e spesso Egli m'induceva a piantare par- ticolari esperienze e ricerche , intorno a tali quesiti , nelle quali Egli stesso, poi, diveniva intelligente ed appassionato coadiutore, curando nelle operazioni e nei procedimenti la più stretta razio- nalità e nella tecnica la più inappuntabile precisione dei dettagli. II giorno, in cui il conseguimento dell'ambita laurea segnò la Sua emancipazione dalla Scuola universitaria, e perciò il Suo definitivo distacco da quell'ambiente dove avevamo passata in- sieme e tanto fraternamente metà della nostra vita di cinque anni, fu per me — ed anche per Lui —un giorno non privo di malinconia, per quanto entrambi fossimo compiaciuti allo stesso grado del titolo da Lui finalmente e con tanta lode conquistato. Io restai colà, e per più anni ancora ; Sandro volle recarsi -si- ili Germania a frequentare qualcuno di quei meravigliosi istituti scientifici , a scopo di perfezionamento ed ampliamento della propria coltura. Scelse per residenza Stuttgart, ove nel 1894 frequentò il la- boratorio chimico e politecnico, in compagnia del cui Direttore ebbe occasione di visitare parecchie importanti fabbriche. Passò poi alcuni mesi nel laboratorio di chimica analitica di Wiesba- den, ottenendo un certificato di lode dal Direttore Professor F reseni US e dal Prof. Haussermann. Frequentò altresì il laboratorio dei D.ri Hundeskagen e Filips per l'analisi delle sostanze alimentari, e finalmente restò per un pezzo anche a Berlino, in questa peregrinazione scientifica Egli riuscì a co- stituirsi un vasto corredo di sode conoscenze, col quale ritornò fra noi nel 1895. Riandando in questi giorni quella Sua corrispondenza, con la quale assiduamente ed affettuosamente compiacevasi infor- marmi delle Sue avventure di studioso e dei particolari della Sua esistenza colà, io L'ho rivisto in tutto il Suo acuto ed ar- guto spirito di osservazione e di commento, che fu poi la ca- ratteristica principale della Sua persona. Il giudizio estremamente sintetico, quasi a scatti, talora sentenzioso, spesso castigatamente satirico e mordace, che Lo rese, poi, tanto gradito nella conver- sazione e nella discussione, si rivela in tutte quelle Sue lettere, sia che si riferisse alla coltura, sia ai costumi ed alle usanze di quel popolo, fra cui per breve tempo visse. Egli era l'italiano prediletto, in mezzo a quella scolare- sca cosmopolita, ove era chiamato " il vecchio amico „, mentre a Sua volta lamentavasi di non aver potuto trovare nes- suno del Suo carattere, e di tanto in tanto non sapeva sottrarsi al nostalgico desiderio di tornare fra noi, fra i Suoi veri " vec- chi arriici „. Un anno dopo ci riabbracciammo. " Ebbene ? „ — gli chiesi — " Ora ne sai più di me ? „ Egli sorrise e prese a raccontarmi i dettagli di quel Suo soggiorno. " Ho appreso — mi disse — come si fa a lavorare in grandi spazi e con grandi mezzi, e so spiegarmi ora come ciò permetta di accumulare ricerche ed inondare il mondo con pubblicazioni e prodotti ; ma, oh ! se" quei mezzi li possedessimo noialtri ! Molto, — 82 — è vero, ho appreso colà; tna sappi pure — soggiunse — che an- ch'io ho insegnato a taluno qualche cosa ; per esempio : a la- vorare con ordine, nettezza e scrupolosità; in questo, credi pure, i maestri siarfio noialtri, e nello stesso mondiale laboratorio a- nalitico di Frese nius, ero io il più ammirato ed il più fre- quentemente consultato dai colleghi „. Orbene, Signori, presso a poco eguale giudizio ed analo- ghe impressioni ho avuto confermate da tutti gli altri parecchi allievi del nostro Istituto, i quali vollero oltrepassare il confine, allo scopo di perfezionare ed integrare la propria coltura. Al Suo ritorno ottenne subito la nomina di assistente nel laboratorio chimico dalla R. Scuola di Applicazione per gì' In- gegneri. Nel 189Q entrò come assistente volontario nel labora- torio chimico del Municipio di Napoli, guadagnando due anni dopo, per concorso, la carica di titolare nel detto ufficio , dal quale, sempre per pubblico concorso, fu promosso nel 1903 al grado di secondo coadiutore, e nel 1907 a quello di primo. Fu appunto la carriera di chimico municipale, che assorbì maggiormente la Sua successiva attività scientifica e professio- nale, specialmente dopo che l'attuale sapiente Direzione di quel laboratorio chimico ha trasformato quest'ultimo in vero e com- pleto istituto moderno, idoneo a qualsiasi ricerca di chimica bromatologica, la più complessa. Anche prima, del resto, Egli seppe ben distinguersi, come ne attestarono i professori Spa- tuzzi e Tursini. A dimostrare più tangibilmente le benemerenze da Lui ac- quistate nella detta Sua carriera, e riconosciute dai Suoi supe- riori, giova richiamare i numerosi delicati incarichi, che Gli ve- nivano affidati e nel disimpegno dei quali, esplicato con mira- bile competenza e capacità, seppe sempre confermarsi nella fi- ducia e nella stima dei superiori medesimi. Fin dal 1901 fu infatti nominato membro della Commis- sione speciale per il servizio annonario di Napoli ; nel 1906 e negli anni successivi resse l'incarico speciale della verifica dei forni e panificii ; ciò che gli procurò l'occasione e l'idea di crea- re un nuovo tipo di pane popolare, per il quale Gli fu tributato un solenne voto di plauso dal Consiglio Comunale, e gli furono I — 83 — conferite ancora nuove mansioni, riguardanti specialmente lo studio dei provvedimenti da adottarsi per l'applicazione dei de- creti concernenti il pane, e di esperimenti intorno alla macina- zi'one. Fece parte della Commissione annonaria per la regola- rizzazione del mercato dei viveri, di quella di collaudo per l'ac- quisto degli oggetti di uso e per la determinazione dei prezzi dei generi di prima necessità per la istituzione dei mercati. Esplicando la Sua attività in tutte queste delicate mansioni, delicatissime specialmente se si considera la peculiare natura degli ambienti ove era chiamato a svolgerle, non Gli mancarono mai il rispetto e la stima da parte dei dipendenti ed il plauso costante dell'Amministrazione Civica , la quale non trascurò di esprimergli reiteratamente ed in forma assai lusinghiera il pro- prio compiacimento. Chi non ignora — per averne avuta diretta esperienza — le difficoltà di ogni ordine, che ostacolarono e complicarono l'in- tricato servizio annonario, specialmente a Napoli, durante l'agi- tato periodo di guerra ; chi conosce a quale geloso, minuto, dif- fidente controllo ed a quale non sempre spassionata critica era sottoposto qualsiasi atto relativo ad una pubblica carica ; chi ha seguito negli ultimi tempi lo sconfortante epilogo di tutto quel turbinoso movimento, epilogo nel quale fatti e persone hanno formato oggetto di indagini severe e di severi giudizi, non può non compiacersi che tra le figure limpide, immacolate, fiere del proprio contegno e della propria azione, emerga quella di Lui, e non apprezzare ad elevatissimo grado la innata resistenza e reazione del Suo intransigente carattere contro ogni cosa, che non fosse ispirata alla piiì integra e disinteressata onestà. Ben fece, pertanto, e meritamente , il Consiglio Comunale di Napoli, quando nell' adunanza del 13 novembre 1918 , a ri- cordo perenne ed a premio della proficua operosità spiegata a vantaggio del paese da Alessandro Cutolo, ne rendeva solenne omaggio deliberando la fondazione di una borsa di studio inti- tolata al Suo nome. Malgrado il faticoso .e non sempre facile lavoro, che Gli costava il diligente disimpegno delle mansioni derivanti dal Suo pubblico ufficio. Egli non trascurò mai di collaborare col pro- prio fratello al fine di rendere sempre più elevata la fama, già — 84 — tradizionale, della " Farmacia dello Spirito Santo „ fondata e condotta con gloriosa riputazione dal genitore, dal quale en- trambi seppero tanto degnamente raccogliere il retaggio di ca- pacità ed onestà ; mentre adoperarono ogni sacrificio ed ogni assidua cura per creare, a fianco della stimata azienda profes- sionale, un completo e razionale laboratorio di analisi, di ricer- che e di preparazioni farmaco-terapiche. Quanta sobrietà e severità e quanta operosità in quell'asilo, ove spesso si raccoglievano, e si raccolgono, nuclei di solerti ed appassionati cultori della scienza ; ove ancora la figura di Lui aleggia e la Sua voce risuona, ripetendo 1' eco delle Sue sentenziose osservazioni, bruscamente conclusive, che seguivano le animate, incalzanti discussioni o conversazioni scientifiche. Si sforzava talora di ostentare dello scetticismo e della svo- gliatezza ; ma il Suo spirito nutriva pur sempre l'alta poesia del Lavoro, la quale respingevalo da ogni concetto di venale bana- lità e da ogni pastoia o pregiudizio convenzionale, quando trat- tavasi di studiare, in compagnia del fratello, il perfezionamento 0 la creazione di un preparato, che fosse destinato ad alleviare una delle svariatissime forme di sofferenze, che tribolano l'uma- nità, o ad agguerrire quest' ultima contro le mille insidie mor- bose, che minacciano la integrità dell' individuo o la sua stessa esistenza. Non sarà stato, forse, anche il Suo influsso suggestivo, im- materiale, tuttavia permanente in que-ll'asilo, che avrà ispirato il Suo amato fratello, ormai privato del diletto collaboratore, nello studio e nella preparazione di quel recente, geniale rime- dio, che oggi costituisce la risorsa piìi sicura ed efficace, atta a salvare le esistenze minacciate — fatto singolare ! — da quello stesso morbo, che un anno prima condusse alla tomba il pro- prio fratello ? Un anno solo di anticipo di quel rimedio, ed Alessandro CuTOLO sarebbe, forse, ancora tra noi ! La Sua attività di studioso e di ricercatore si esplicò pure in diversi lavori, che formarono oggetto di non poche Sue sti- mate pubblicazioni, sia nel campo della chimica organica, sia, e pili specialmente, in quello della chimica bromatologica, che -- 85 — data la particolare natura dei Suoi uffici professionali, a prefe- renza coltivò. La non comune competenza da Lui acquistata in siffatto campo determinò i Suoi amici e colleghi ad istigarlo nell'aspirazione a conseguire la libera docenza universitaria nella branca corrispondente ; ed Egli, aderendo ai consigli, si era de- ciso ad iniziare le relative necessarie pratiche, quando la morte immaturamente impedì a Lui di raggiungere quell'aspirazione ed al nostro Ateneo di contare fra i suoi figliuoli un nuovo ap- passionato apostolo della scienza applicata. Oltre che del nostro, Egli fece parte di parecchi altri soda- lizi scientifici, ovunque degnamente stimato ed onorato. Fu membro della " Società Italiana di Chimici Analisti „, della " Società Italiana per il Progresso delle Scienze „, segre- tario della " Società di Chimica e Farmacia „, della sezione di Napoli della " Società Chimica Italiana „, consigliere nel " Co- mitato centrale dell'Unione Italiana fra i laureati in Chimica „, socio corrispondente del " R. Istituto d'Incoraggiamento „. Partecipò autorevolmente al lavoro di varie Commissioni; così in quella mercuriale nominata dalla Camera di Commercio ed in quella per la compilazione del listino per i prezzi cor- renti; fu, tra l'altro, perito del Commissariato Militare in parec- chie occorrenze , e membro della Commissione Prefettizia per r economia dei consumi. Portò il suo sagace contributo dialettico e scientifico in varii consessi. Così nel 4° Congresso di Chimica e Farmacia (1894), del quale fu Segretario e della Mostra relativa; rappresentò la no- stra Società di Naturalisti al Congresso internazionale di Chi- mica applicata nel 1906, ed il Municipio di Napoli al Congresso internazionale di Parigi per la repressione delle frodi negli ali- menti (1909) ; fu membro del Comitato d'onore al 2° Congresso nazionale del Personale di vigilanza igienica (1909), del 2° Con- gresso internazionale di Igiene alimentare a Bruxelles (1910) e del 2° Congresso di Chimica applicata di Torino (1910). Nella nostra Società di Naturalisti Egli spiegò per molti anni un'opera veramente benemerita, portandovi un contributo di as- sidua attività e dimostrando per essa un attaccamento affezio- nato, costante, fino agli ultimi Suoi giorni. — 86 Vi entrò come socio nel 1889, e già fin d'allora diede prova di siffatto attaccamento, onde fu eletto e confermato varie volte nella delicatissima e laboriosa carica di Segretario, che tenne nel 1896-97, nel 1900-901 e nel 1906-907, l'anno fatidico del nostro giubileo, dopo 25 anni di esistenza, mentre nell'altro anno del nostro calendario d'oro, il 1914 — quando finalmente la nostra Società potè essere riconosciuta e dichiarata Ente Morale — Egli sosteneva l'ufficio di Vice-Presidente. In tutte le occasioni ed in tutte le non sempre liete vicende attraversate da questa associazione Egli contribuì sempre, e con vero amore, a sgombrare dai non pochi ostacoli la strada mae- stra, nella quale si è sempre inoltrata 1' associazione medesima, verso quella finalità ideale, che ha formato ognora l'aspirazione precipua di tutti i suoi componenti, da quel giovane e forte nu- cleo dei suoi fondatori all'attuale ricca collana di tante preziose e promettenti attività. Egli fece parte appunto di quell'ardito nu- cleo, il quale maggiormente dovette resistere e combattere per edificare e garentire alla nuova generazione di naturalisti di Na- poli questo asilo scientifico , costruito con tenace perseveranza e con le sole proprie risorse, nella fiducia che la nuova famiglia di studiosi saprà con pari costanza di propositi e con cura ge- losa conservarne e perpetuarne l'onorato retaggio. Fra l'altro Egli arricchì il nostro Bollettino di varie Sue pubblicazioni delle quali, a prova della sua multiforme attività, giova riportare i titoli: Sintesi delle cresol-cumarine {\m?>)-\n collaborazione con 0. Persio. Sull'acido guaiacolglicolico (1893). Contributo all'analisi degli olii (1901). Sulla ricerca delle sostanze coloranti negli alimenti in de- composizione (1901). Brodo di sangue; nuovo terreno di coltura (1902). Su due tipi di pepe artificiale (1903). La metilazodimetilanilina nella ricerca della colorazione ar- tificiale del burro e della margarina (1903) - in collaborazione col Dott. V. Vetere. Composizione chimica del nespolo del Giappone (1913). — 87 — Contributo all'analisi del pane {1Q14). Un pezzo di carne colorato in violetto (1914). Composizione chimica dell' " anona reticulata „ (1Q15). L'indice di rifrazione dell'olio di olive in rapporto all'aci- dità ed all'irrancidimento (1916). A proposito di una sofisticazione del vino (1916). // glutine nelle paste alimentari (1917). Altri suoi interessanti lavori, pubblicati altrove, furono : Sul dosamento del rame nei legumi inverditi (1902). Analisi chimica della " galactina „ (1903). Sull'azione disinfettante del cloruro d'iridio (1903) -in col- laborazione con ZiNNO. // laboratorio chimico municipale della città di Parigi (1903). Una formala per risolvere la crisi vinicola (1909). Una nuova sofisticazione dell'olio d'olive (1910). Composizione e valore nutritivo dei " tara Hi „ (1910). Azione del freddo su i vini (1910). Analisi chimica dell'acqua di Assono (1911). Sull'uso del riso nel diabete (1912). Un curioso reperto di pane (1912). L'arsenico ed il piombo in agricoltura (1913). L'acido tartarico in enologia (1913). Tradusse in italiano ed arricchì di interessanti annotazioni il bel libro del Gourand : " Che bisogna mangiare ? „ In replicate occasioni, nella Sua veste di segretario, espose la relazione annuale sull'andamento" scientifico della nostra So- cietà. Commemorò nel 1906 il compianto nostro socio Profes- sore TuRSiNi, del quale fu affezionato discepolo durante i primi anni della Sua carriera municipale ; ed è, infine, ancora fresca di attualità la Sua conferenza sull' " Alimentazione „ tenuta in questa sede, e della quale non sarebbe forse inopportuno — sia pure a deroga eccezionale dalle nostre consuete regole — che il nostro comitato di redazione curasse la pubblicazione nel " Bol- lettino „, a vanto di quest'ultimo ed a vantaggio dei su( lettori. L ' 6 R .^ f^ — 88 — Ed ora, che resta di Lui ? Resta dell'uomo la grata reminiscenza, e dell'opera Sua la traccia così variamente tangibile; della Sua figura l'imagine viva incancellabilmente scolpita nell'anima di quanti fummo ad a- marlo; della Sua voce l'eco, a ridestare nelle nostre coscienze quel senso di gradimento e di gusto dovuto al Suo spirito pe- netrante, che fu per tanti anni prediletto nelle nostre conversa- zioni e nei nostri convegni istruttivi. Resta delle Sue virtù l'incarnazione nella prole adorata, che fu r ultima sublime poesia della Sua vita, delicato germoglio affidato ormai alle sole vedove cure della madre dolorante. Possa, in quest'opera santa. Colei che Gli fu diletta compagna, e nel duplicato affetto, col quale dovrà integrare quanto la precoce sventura sottrasse di conforto a quelle tenere intelligenze, attin- gere quel sollievo atto a lenire lo strazio della lacerante ferita, che ha colpito il suo cuore. E Voi, infine, veneranda, sconsolata Genitrice di Quegli che fu il primo a ricevere la Vostra materna carezza, Voi che accen- trate in sintesi suprema l'affetto di tutto uno stuolo di congiunti, consentite che a Voi rivolga l'ultima parola mia. Quando, nel sacro raccoglimento della quotidiana prece, il Vostro Spirito conferisce col Suo, vogliate. Voi stessa, essere il mistico intermediario del nostro saluto. Perpetuate in Voi il legittimo orgoglio di averlo generato ; e se vanto per Voi fu in vita la Sua persona, lo sia oggi questa espressione unanime di imperituro sentimento di am- mirazione e di rimpianto. Finito di stampare il 10 febbraio 1920. Aggiunta alla nota ') sopra alcune idrome- duse anomale del golfo di Napoli. di Valeria Neppi (Tornata del 6 giugno 1919) Agli esemplari anomali di idromeduse descritti in una nota precedente vorrei aggiungere i seguenti trovati fra il copioso materiale conservato, che mi fu spedito a Trieste nel 1Q13-14 dalla Stazione Zoologica di Napoli e che rimase inaccessibile a me fino al termine della guerra. Sono rappresentate sei specie appartenenti a sei generi di- versi di lepto - e trachimeduse, con dodici esemplari. Di Mltroconia annue Haeckel trovai un esemplare rego- TiG. 1.— Mitrocoma annae. Stomaco di un esemplare con 5 ca nati radiali. X 4. FiG. 2. — Mitrocoma annae. Esemplare con 5 canali radiali uno dei quali biforcato. X 2,5. larmente pentamero (fig. 1) con un diametro di 15 mm., go- nadi bene sviluppate e lo stomaco con cinque labbra; un se- condo esemplare {fig. 2) del diametro di 11 mm. con cinque *) Neppi, V. —Notizia riguardante alcune idromeduse anomale del golfo di Napoli. Boll. Soc. Natur. Napoli, voi. 31, p. 118, 1919. A 90 FiG. 3. — Mitrocoma amtae. Esemplare con 4 canali radiali, uno dei qu^li granuloso, senza gonadi, di sviluppo recente. X 4. canali radiali, dei quali uno biforcato, porta tracce evidenti di rimarginazione. La disposizione dei canali radiali è molto irre- golare, tre soltanto presentano gonadi; anche i tentacoli mag- giori (i soli organi marginali rappresentati nella fig. 2) sono distribuiti irregolarmente lungo il margine, lo stomaco ha cinque labbra. L' esemplare della fig. 3 presenta anch'esso tracce evidenti rimarginazione; dei quattro ca- nali radiali tre soltanto corri- spondono ai primitivi e portano gonadi ; il quarto manca anche di lume ed il suo aspetto gra- nuloso indica la sua origine re- cente ed il suo sviluppo anco- ra imperfetto. I settori sono molto ineguali , il maggiore corri- sponde a più di un terzo dell'ombrella e presenta un profondo intaglio, che insieme alle grinze nella gelatina confinante è indizio di una ferita rimarginata di recente , lo stomaco è contratto ed alla sua base l'origine dei canali radiali non è ben distinta. Dia- metro 10 mm. In un quarto esemplare del diametro di 15 mm. osservai uno sperone nella parte prossimale d'un canale radiale, poco discosto dalla base dello stomaco e di lunghezza circa uguale al diametro di quest'ultimo; un quinto esemplare, di poco minore, aveva due canali radiali avvicinati, per modo da ridurre il settore intermedio ad un terzo circa dell' opposto normale , mentre gli altri due erano ugualmente accresciuti. Di Obelia adriatica Neppi trovai un esemplare con due canali radiali avvicinati, con conseguenze analoghe a quelle ri- scontrate neir ultimo menzionato di Mitrocoma annae; gonadi rotonde, distali, a circa un terzo del raggio dal margine. Un esemplare di Phialidiiini variabile Claus con gonadi allungate aveva una gonade con uno sperone laterale. Di Geryonia proboscidalis Eschscholtz osservai un esem- plare regolarmente pentamero col diametro di 6 mm. ed uno ep- tamero , col diametro di 4,5 mm, con quattro canali radiali re- golarmente disposti e gli altri tre avvicinati e circa ad uguale distanza fra loro e dai due contigui ; notevole sopratutto 1' au- FiG. 4. — Geryonia probosci- dalis. Esemplare con 5 canali radia- li, uno dei quali biforcato. ■\ 5,9. - 91 — mento corrispondente delle due specie di tentacoli, in ambedue gli esemplari, regolarmente alternati. Un terzo esemplare (fig. 4) del diametro di circa 5 mm. presentò soltanto cinque canali ra- diali, dei quali uno biforcato, ed il mar- gine con dodici tentacoli regolarmente alternati, come negli individui normali. Trovai un esemplare di Horneonema platygonon Maas con 9 canali radiali, tutti provvisti di gonadi, dei quali due avvicinati. Diametro 11 min. Un esemplare di Rhopalonenia vela- tutu GeqEìNBAur del diametro di 6 mm. {fig. 5) aveva soltanto sette canali ra- diali, dei quali due molto avvicinati, però la distribuzione dei tentacoli fa supporre che il canale mancante debba riferirsi al settore dove compa- iono in numero di tre, uno dei quali corrisponde ai perradiali. Probabilmente una ferita diametrale, incompleta al centro, causò l'asportazione d'un canale radiale da un lato e di una parte della gelatina dal lato opposto. Una delle gonadi è più piccola delle altre sei. Anche questi esemplari anomali con- fermano r ipotesi che l'origine delle ano- malie nelle idromeduse si debba ricercare soprattutto nella rimarginazione di ferite. Il fenomeno più oscuro è l'aumento del nu- m.ero dei canali radiali, però la fig. 2 dimo- stra in modo evidente che la rimarginazione di una ferita può condurre alla biforcazione di un canale radiale e se essa avviene proprio all' origine del canale si potrà verifi- care facilmente l'aumento del numero dei canali in seguito a bi- forcazione, come già supposi in uno studio precedente ^). Trieste, nel giugno 1919. Fig. 5. — Rho/jalonema ve- latu/n. Esemplare con 7 canali ra- diali. X 4. Finito di stampare il 30 marzo 19^0. *) Neppi, V. — Sulla rigenerazione nelle idronieduse. Pubbl. Staz. Zoo!. Napoli. Voi. 2, p. 191, 1918. Per la pesca a profondità - Una modifica- zione all'arnese di pesca. del socio Gesualdo Police (Tornata del 30 marzo 1919) L^importanza della pesca a profondità nei mari dltalia» Il concetto generale sul quale ci si fonda odiernamente per giudicare della pescosità di un mare, è quella della sua profon- dità ; cioè a dire, si calcola che la pescosità è in rapporto allo sviluppo della platea continentale, che è rappresentata da quel tratto di mare, di profondità non superiore ai 200 metri, che cir- conda tutti i continenti. Su questa platea continentale (per la na- tura del fondo, per la quantità di luce solare che vi arriva, per la vicinanza dei corsi d'acqua dolce) è possibile lo sviluppo della vita vegetale e con esso quello della vita animale. Ed. infatti i mari eu- ropei di grande pescosità quale il Mar di Guascogna, il Mar del Nord, il Baltico, presentano una profondità inferiore ai 200 metri. In Italia invece lo sviluppo della platea continentale é estesa nell'Adriatico nord, fino all'altezza del Promontorio del Gargano, mentre per tutto il resto della penisola si limita ad una stretta zona periferica, presentando piccole estensioni maggiori in alcuni punti, come fra le coste della Sicilia e l'isola di Malta, fra l'isola d' Elba e la Corsica, alla periferia della Sardegna. In tal modo nei nostri mari non vengono fatte delle pesche veramente abbondanti, tranne che nell'Adriatico nord, onde buona parte del pesce che si consuma in Italia viene dall'estero: circa due terzi ne vengono sotto forma di pesce salato o disseccato dall'Europa del Nord o — 93 — da Terranova, altro ancora ne viene sotto forma di pesce fresco delle coste settentrionali dell'Africa (Tunisia ed Algeria). Il Tirreno, l'Ionio, l'Adriatico sud sono mari di profondità, in essi si pescano pesci pelagici, principalmente Acciughe, Sar- delle e Tonno; ma nonostante in determinate epoche questi pesci si raccolgano in quantità notevoli (il Tonno dà quasi un terzo del prodotto di tutta Italia) essi non sono sufficienti ai bisogni del paese; e particolarmente in questo momento in cui urge intensi- ficare l'aumento della produzione alimentare per alleviare il caro della vita, io spero di richiamare l'attenzione sulla pesca a profon- dità quale nuova sorgente di produzione alimentare. E' noto come anche a profondità vivono numerose specie di pesci, i quali non soltanto si nutriscono divorandosi gli uni gli altri, ciò che porterebbe alla loro estinzione, ma come alimento primo hanno la pioggia continua degli organismi morti che ca- dono dagli strati superiori del mare. La pesca a profondità sfruttata nel Giappone, fu esercitata da D. Carlos di Portogallo fino a 2000 metri di profondità; può e dovrà essere una pesca abituale anche in Italia. È divenuta oramai proverbiale la pesca fatta dal Vinciguerra nel Golfo di Genova a circa 1000 metrf di profondità, e nella quale asssieme a Crostacei decapodi macruri ed a Squali furono raccolti molti Naselli {Merlucciiis esculentus) e più di 100 indivi- dui di una specie affine, la Mora mediterranea. I nostri pesca- tori, benché di rado, pure esercitano di queste pesche a profon- dità. I pescatori del Faro di Messina pescano ordinariamente il Tonno con gli ami a 500 metri. I pescatori liguri pescano ordina- riamente Merluzzi. I pescatori napoletani, che fanno principal- mente questa pesca nel mare di Capri (a Punta Carena) nello stretto d' Ischia (a levante della secca d' Ischia), a Ponza e a Ventotene, pescano principalmente Squali, ma anche Merluzzi, Cernie, ecc. Nel 1Q17 ebbi occasione di seguire alcune di queste pesche nel Golfo di Napoli, ciò che mi permise, come vedremo in se- guito, di notare le ragioni per le quali essa non viene esercitata abitualmente. — 94 — Seguii due pesche, di cui dò qui i risultati: l.a pesca. La località prescritta fu dirimpetto Capo Miseno, al largo di Precida, in direzione del Canale d'Ischia, a 5 miglia da Capo Miseno e a 5 miglia da Procida. Oli arnesi da pesca erano i palamiti o palangresi i quali or- dinariamente vengono adoperati per tale industria. La pesca ebbe luogo sul declivio che dalla platea continentale mena ai fondi abissali. I palangresi furono cominciati a gettare verso Miseno a 5 miglia dalla costa a 300 metri di profondità, allontanandosi a misura che essi venivano abbandonati a mare si raggiunse la profondità di 400 metri. Furono pescati: N. 21. Notidanus {Hexanchus) griseus (it. Pesce manzo o Ca- popiatto, nap. Cannolicchiaro o Capoch latto) del peso complessivo di Quint. 1 e me7zo. N. 20. Centrophorus granulosus fit.?, nap. Cacavuoglio) del peso complessivo di 70 kg. N. 5. Scymnus licliia (W. Leccia negra (?) , nap. Z egri no) del peso di 4 kg. N. 10. Pristiurus melano sto mas (it. Boccanera, nap. Pesce mpiso ). N. 3. Conger vulgaris (it. Grongo, nap. Ruongo) del peso complessivo di 10 kg. l'uno. N. 10. Scorpaena scrofa (it. Scrofano, nap. Scorfano 'e funnale) del peso medio di 2 kg. l'uno. N. 2. Cerna gigas (it. Cernia, nap. Cernia 'e scoglio) da 5 a 6 kg. l'una. 2.a pesca. Al largo d'Ischia in direzione di S. Anna. I pa- langresi furono cominciati a gittare a 3 miglia dalla costa, a 300 metri di profondità; scendendo man mano a 400 metri. In que- sta pesca su 24 palangresi parati e rimasti a mare due giorni, sette furono portati via dalle mareggiate. Furono pescati: N. 1. Notidanus (Ilexanchus) griseus del peso di 1 quintale. N. 16. Centrophorus granulosus del peso compless. di 50 kg. N. 6. Conger vulgaris del peso complessivo di 12 kg. N. 1. Cerna gigas da 10 kg. N. 2. Galeus canis {ìt?, nap. Canuso) da 10 kg. l'uno. — 95 — In due pesche furono quindi raccolti oltre 450 chilogrammi di pesce, i quali, se non tutti di prima qualità, offrono un raccolto importante perchè di consumo popolare, tanto vero che i pesca- tori ne ricavarono in quell'epoca circa L. 850. E se si tiene conto che la pesca si fa con una barca sola manovrata da 6 o 7 per- sone, che per due pesche sono necessarii tre o quattro giorni, si calcola che ogni pescatore guadagnerà circa L. 30 al giorno. Oltre gli animali elencati, si possono altresì pescare: Merlucclus vulgaris (it. Merluzzo, Nasello, nap. Merluzzo). Mora mediterranea (it. Verdona (?), nap. Pesce ce faro 'e f u n n a 1 e). Splnax niger (it. Spinuccio nero, nap. Pesce diavolo). Pristis antiqiwruni (it. Pesce sega, nap. Pesce serra). Mustelus laevis (it. Palombo, nap. Palummo). Centrina SaLviani (it. Pesce sorcio, nap. Pesce sorice). Notldanus {Heptanchus) cinereus (it. Anciolo, nap. Pesce Angiò). Scylliurn caniciila (it. Cagnuolo, nap. Cacciuttiello). Scylliiim stellaris (it. Gattuccio, nap. Gattuccio o Sgatto). Raja marginata (it. Rascia, nap. Raja). Lamna cornubica (it. Smeriglio, nap. Sbriglio o Sme- riglio). Carcliarias glaiicus (it. Cagnesca o Verdesca, nap. Canesca 0 Ver darò la); ecc. A secondo della località nella quale capita il palangreso può prendere gli uni o gli altri di questi pesci. Così capitando sui fondi rocciosi prenderà Cernie, Gronghi, Scorfani, capitando su fondi fangosi prenderà Squali. E spesso succede che una parte del palangreso va su di un fondo e l'altra parte su di un altro. Se questa pesca è quindi redditizia, perchè non viene abi- tualmente esercitata ? La risposta è facile : perchè è una pesca che presenta delle difficoltà m.'iteriali che i pescatori non riescono a vincere con faciltà con i mezzi di cui dispongono odiernamente. La prima difficoltà è la lontananza dalla costa della città, ra- gione per la quale in estate il lavoro per giungere sul luogo di pesca a forza di remi è estenuante, mentre d'inverno il mare - 96 - non sempre calmo impedisce che i pescatori possano recarsi con faciltà sul luogo della pesca con i loro piccoli battelli appena coadiuvati dall'unica piccola vela che essi adoperano ; a ciò bi- sogna aggiungere che per la stessa ragione riesce difficile il ra- pido trasporto in città del prodotto della pesca. La seconda difficoltà è la fatica materiale, perchè i pescatori sono costretti a tirare a mano i palamiti affondati per la lun- ghezza di chilometri, che spesso sono carichi di animali pesanti quintali ; ciò che fa sì che le loro mani, nonostante siano incal- lite, dopo due o tre giorni di siffatto lavoro, non sono più atte a continuarlo. Vediamo in qual modo queste difficoltà potrebbero essere eliminate. II battello per la pesca. I battelli adoperati dai nostri palangresari sono agili e ro- busti piccoli scafi ; con essi, coadiuvati da una vela latina, ma assai spesso a forza di remi, i nostri pescatori si allontanano a grandi distanze dalla costa. Ad essi potrebbe essere applicato un motore ausiliario che risolverebbe la quistione del battello, di- minuendo il lavoro per i pescatori e facendo loro guadagnare tempo nell'andare e venire dai luoghi di pesca. Potrebbe venire facile r idea di sostituire a queste piccole imbarcazioni battelli meccanici di maggiori dimensioni, ma è da osservarsi che essi non si presterebbero, allora, alla pesca a profondità. Infatti, in questa pesca capita talora di prendere animali robustissimi i quali fanno enorme resistenza ad essere rimorchiati nel battello, e, se la resistenza del battello è superiore a quella dell'animale, l'ar- nese di pesca si spezza , mentre se il battello non offre grande resistenza, esso viene trascinato dall'animale (talora per chilometri) fino a che esso stanco o per diminuita vitalità può essere facil- mente tirato a bordo. A parere di ingegneri tecnici al battello da 35 a 40 palmi (peso di registro 3 a 5 tonnellate) può essere applicato un motore ausiliario a testa calda, della velocità di 5 miglia all'ora. 97 — L'arnese di pesca (il palamite). Benché la pesca a profondità possa esercitarsi anche con le nasse o le reti di posta, ordinariamente essa viene esercitata con i palamiti o palangresi (detti anche coffe dai pescatori napole- tani). Questi sono costituiti da una corda trasversale (trave) alla quale sono attaccate delle corde longitudinali {bracciuole o //- laccioni) le quali al loro estremo libero portano degli ami. I due estremi della trave vengono sostenuti da due corde longitudinali o calumi (calami enti o calo m me dei pescatori napoletani), i cui estremi superiori sono mantenuti alla superficie dell'acqua da galleggianti segnali (panie), mentre gli estremi inferiori so- no trattenuti a fondo da pesi. La lunghezza e la robustezza della trave, come quelle delle bracciuole, nonché le dimensioni degli ami, variano con le dif- ferenti pesche alle quali viene adibito l'arnese. Similmente varia la distanza fra le varie bracciuole, come anche la natura della sostanza che costituisce i fili delle bracciuole stesse. Questi palangresi possono essere parati sospesi a mezz'acqua, e allora sono piiì brevi le corde poste agli estremi della trave, ed inoltre sono posti anche dei sugheri lungo la trave stessa. Possono essere inoltre parati a ponte, cioè a dire che a re- golari intervalli la trave porta alternativamente un peso ed un galleggiante, in modo che essa si dispone a mare a zig-zag. Si parano in tal modo specialmente i palangresi per la pesca di notte dei merluzzi. Ancora, i palangresi possono essere parati a fondo : cioè a dire soltanto ai due estremi della trave vi sono due pesi, per modo che tutto il palangreso va completamente a fondo. E appunto a quest' ultimo sistema appartiene il palangreso per la pesca a profondità. Esso è quello che i nostri pescatori chiamano palangreso da Cernia : fornito di una robusta trave di canape ritorta a 12 capi ; ogni palangreso è fatto di 25 pezzi, ogni pezzo lungo m. 18 '), pcrmodocchè la trave di ogni palan- ') I pescatori di Napoli calcolano ogni pezzo della lunghezza di 10 passi, ogni passo e lungo m. 1,80. greso è complessivamente lunga m. 450; ogni palangreso porta da 25 a 35 bracciuole, il cui tratto terminale immediatamente al disopra dell'amo è circondato da un filo di ottone strettamente ravvolto a spirale, costituendo la catena, utile per evitare che animali forniti di denti robusti, come gli Squali, potessero spez- zare la bracciuola. Molti palangresi legati gli uni agli altri per gli estremi delle travi, formano l'arnese di pesca, che in tal modo si estende per chilometri. In generale l'arnese viene parato nel pomeriggio, lasciato a sé stesso durante la notte e ritirato l'indomani mattina. Allorché abboccano all'amo pesci grossi (Smeriglio, Capo- chiatto, Canesca ecc.) i pescatori gli gittano un cappio intorno al corpo, al disotto delle pinne pettorali, prima che essi vengano fuori dall'acqua, per facilitare la manovra di tirarli a bordo. Con i palangresi da Cernie si pesca ad almeno 200 m. di profondità. In generale si pesca sul declivio che dalla platea con- tinentale va ai fondi abissali, come ho già accennato per le due pesche intorno alle quali antecedentemente ho dato qualche det- taglio. Le modificazioni alKarnese di pesca. Dalla rapida descrizione che ho fatta di questi palamidi e del loro modo di funzionare si capisce come il lavoro necessario per tirarli a mano per centinaia di metri, sia rilevante. In gene- rale li tirano in tre persone; una a prora, una indietro, l'altra di lato. E, come ho già detto, dopo due o tre giorni di siffatta pe- sca i poveri pescatori si trovano materialmente impossibilitati a continuare, oltre che per il lavoro muscolare, quanto per le esco- riazioni che si producono alle mani. E' facile quindi dedurre l' importanza che potrebbe avere in questa pesca un verricello che tirasse la trave : tre quarti del la' voro della pesca verrebbe facilitato, oltre ad abbreviarne la du- rata. Il verricello qualunque ne sia la forma ed il sistema rispon- derà sempre allo scopo, purché sia situato sul battello in modo da non impedire le varie manovre. La difficoltà consiste, però, nel fatto che tirando il palangreso completo, le bracciuole e gli — 99 — ami attorcigliandosi intorno all' asse del verricello , verrebbero ad intricarsi talmente da danneggiare 1' arnese oltre a spuntire gli ami. Epperò ho cercato di riparare a questo inconveniente co- struendo dei ganci molto semplici e facilmente smontabili, me- diante i quali le bracciuole verrebbero attaccate al trave. 11 sistema è quello che vidi adoperare anni sono da un signore inglese che con un suo cutter faceva dei viaggi di diporto e a bordo aveva un piccolo palangreso che faceva tirare da un argano di bordo, e le cui bracciuole erano attaccate alla trave mediante piccoli ganci. Il gancio da me costruito dovendo adattarsi alla pesca di animali di peso rilevante è molto piiì robusto di quelli da me visti come modello, inoltre delle modificazioni sono state appor- tate nel sistema di chiusura del gancio. La trave viene tirata dal verricello ; anteriormente a questo, a prora, un pescatore segue l'andamento del palangreso, ciò che è necessario, sia perchè con la voce possa indicare il regolamento della velocità del verricello, sia per gittare il cappio, allorché si tratti di animali grossi ; a misura che arriva sulla sponda una bracciuola egli la sgancia e la mette interamente da parte. Que- sto sistema semplifica ancora il metodo di conservazione delle bracciuole. Il gancio è lungo 8 cm.; premendo leggermente sulle parti sporgenti delle due branche se ne aprono gli estremi che stringono la trave, la molla costituita dalla ripiegatura ad elica del filo me- tallico stesso nel tratto di unione delle due branche mantiene ade- rente i due estremi. I ganci sono stati costruiti in ferro crudo, la cui resistenza fu provata tenendovi attaccato, per un giorno intero un peso di molti chilogrammi; in seguito, però, sarà bene costruirli in acciaio nichelato per impedire l'ossidazione e la consecutiva u- sura della trave. Il filo metallico presenta mm. 1 ^i, di diametro. È forse più di un anno dacché io feci costruire i ganci suc- cennati dal meccanico della stazione zoologica Sig. Luigi di Gen- naro. Intanto, sia per il costo dell'arnese di pesca, sia per la man- canza di un battello meccanico non potetti mai fare un esperi- mento che avesse potuto provare la praticità del metodo. Recen- — 100 — temente, però, la Delegazione centrale per la pesca, accogliendo la mia proposta, ha voluto far costruire a sue spese un grosso palangreso sulle mie indicazioni e spero presto di poterlo pro- vare, augurandomi che l'esperimento possa dare dei risultati che riescano di reale importanza pratica per la pesca nei nostri mari. Napoli - Dalla Stazione zoologica, Marzo 1919. Finito di stampare il 30 marzo 1920. Primo esperimento di pesca a profondità nel Tirreno con palamiti a trazione meccanica. Nota del socio Gesualdo Polke (Tornata del 31 dicembre 1919) In un' altra mia comunicazione ^) accennai all' importanza della pesca a profondità nei nostri mari, alle mie proposte di modificazione all'arnese di pesca (palamiti o palangresi) ed al vantaggio che avrebbe potuto offrire la loro trazione meccanica. Dissi anche come la Delegazione centrale per la pesca, interes- sandosi ai miei studii in proposito aveva voluto far costruire sotto la mia direzione un palangreso adatto, offrendomi ancora i mezzi per tentare 1' esperimento. Ed infatti essa mise a mia disposizione una delle navi vedette di cui dispone per trasporto di pesce ed esperienze di pesca. E r esperimento fu fatto nei giorni 2 e 3 del corrente giugno. La nave scelta fu la baleniera " Sardegna „. Essa è 1' ex ve- detta G. 19 trasformata pel servizio della pesca e trasporto del pesce. Ha un dislocamento di 82 tonnellate di registro , lunga metri 40 e larga metri 7 ; immersione 4 metri ; velocità di Q a 10 miglia all'ora, con autonomìa di miglia 2500. E' munita di due alberi e di telegrafo Marconi. Ha frigorifero a bordo , co- struito sugli ultimi sistemi perfezionati , le cui celle sono capaci ') PoLiCE G. Per la pesca a profondità. Una modificazione all' arnese di pesca. V. queàto bollettino pag. 92. — 102 — di contenere 30 tonnellate di pesce. Essa inoltre è munita di gru atte alla manovra di grandi reti a strascico sistema ottertrawl. La nave è comandata dal capitano di lungo corso France- sco Nocca e dirige le macchine il Sig. Giosuè de Angelis, pro- veniente dalla R. marina. Entrambi questi ufficiali mi furono di aiuto nello stabilire e praticare la manovra della trazione mec- canica del palamite , tanto più che per la pesca da sperimentare la nave era di troppo grandi dimensioni. La baleniera giunta a Napoli la mattina del 2 corrente si recò al largo della Sta- zione zoologica, dove avevo depositati i palangresi. Imbarcati questi si fece rotta per Procida alle ore 13. Erano con me a bordo i pescatori Giuseppe Filoteo della spiaggia della Mari- nella, Gennaro e Vincenzo Milo ed Alfonso Canzanella della spiaggia di Mergellina tutti facenti parte del personale stabile o avventizio della Stazione zoologica e che già avevano lavorato air allestimento dei palangresi, eglino da me conosciuti da anni, mi son tutti devoti. Mi accompagnava anche il meccanico Luigi Di Gennaro, al quale avevo fatto costruire i ganci, per sorve- gliare il funzionamento dei ganci st^'ssi e vedere se era il caso di apportarvi delle modificazioni. La prima operazione era quella di trovare 1' esca per inne- scare i palangresi : La pratica dei pescatori suggeriva che, i pe- sci da servire da esca fossero pescati di recente e di media grandezza. Un gruppo di pescatori incontrati presso Miseno non po- tette fornirci 1' esca adatta ; ma altri incontrati presso Procida potettero provvedercene. Furono acquistati circa 40 chilogrammi di pesce, principalmente Sgombri, nap. Lacierti {Scomber Scotn- brus) e Bope, nap. Vope {Box bops) , inoltre dei Saurii , nap. S a u r i e 1 1 i ( Trachurus trachurus) e degl i S e h i a n t a r i {Can- tharus lineatus); complessivamente importarono L. 178. Si fece rotta pel luogo della pesca. Nel frattempo i pesca- tori innescavano i palangresi. Se il pesce da servire da esca era di non grandi dimensio- ni esso veniva attaccato intero ad un amo , se era di maggiori dimensioni veniva diviso in due , ma spesso venivano attaccati due pezzi ad un solo amo, ciò per far si che pur essendo grosso il boccone esso fosse completamente concentrato intorno all'amo. — 103 — I palangresi erano in numero di 24 , ognuno fornito di 25 robusti ami. II sito scelto per la pesca fu a Nord - ovest dell' isola di Ischia , a 9 miglia al largo ; e più propriamento in latitudine 40°, 53' e longitudine 13°, 41'. La posizione viene individualiz- zata anche, in tempo chiaro , dall'allineamento Castello d'Ischia- Capri , maggiore elevazione , e da Mondragone o Ventotene visibili. I fondali erano variabili dai 400 ai 600 metri. Si giunse sul luogo della pesca alle ore 16 e si iniziò to- sto l'operazione di calare i palangresi a mare. Dalle ceste nelle quali i nostri pescatori abitualmente li preparano essi venivano lentamente gìttati a mare dando loro gradatamente il tempo di distendersi ed affondare. Appena terminato un palangreso ed esso veniva legata la trave del seguente per modo da costitui- re un solo palangreso della lunghezza complessiva di m. 10800. II palangreso venne disposto a zig - zig ritornando varie volte su se stesso , in modo da pescare tutto nel tratto di fon- dali scelto per 1' esperimento. Questa operazione eseguita con sveltezza dai pescatori, pro- vetti nel mestiere, richiedeva una grande metodicità ed una stretta regolazione di tempo ; per modo che non avrebbe potuto es- sere effettuata a regola d' arte senza l' intelligente concorso del comando della nave. E l'accordo fu completo. Mentre da prora i pescatori mollavano i palangresi , dal ponte di coman- do il capitano Nocca ne seguiva i movimenti indovinandone le intenzioni più ai gesti che alla voce. E la robusta nave a velo- cità minima seguiva come un leggiero battello da pesca i mo- vimenti necessarii all' appostamento del sottile arnese. Tre calumi lunghi oltre settecento metri furono legati per uno dei loro capi ad intervalli regolari dei palamiti , mentre r estremo libero era mantenuto alla superficie del mare dalle panie, ampi pezzi di sughero quadrati , di oltre mezzo me- tro di lato , nel cui centro era solidamente infissa e legata una bandiera. Questi erano i segnali che, perduti in mazzo al mare r indomani mattina dovevano darci indizio del nostro arnese di pesca. L' operazione di parare il palangreso era durata circa tre — 104 — ore o poco più. Verso le diciannove ci avviammo a far ritorno verso Ischia , dove giunti , la baleniera si ormeggiò in vicinanze del Castello per passarvi la notte. L'indomani alle ore 3,15 la vita a bordo si ridesta. Alle 4 ci si mette in moto ed alle 5,35 eravamo sul luogo della pesca. La mattinata era nebbiosa , le alture lontane non si distin- guevano e se avessimo dovuto rapportarci ai punti di riferimento credo che avremmo vagato abbastanza prima di ritrovare i se- gnali. Ma il comandante di bordo aveva segnato la rotta, per modo che appena giunti sul luogo della pesca e fatto montare sull'albero di poppa il nostromo armato di binocolo, questi po- tette segnalare perfettamente innanzi a noi il primo segnale. Furono tosto iniziate le operazioni di pesca. Calato a mare un battello di bordo , questo si recò a riti- rare il segnale e con esso recò a bordo il capo del calume. La baleniera " Sardegna „ è munita di un grande verricello a due tamburi verticali mossi dalla stessa macchina di bordo capaci di manovrare sincronamento e indipendentamente 1' uno dall' altro ; intorno si avvolgono due lunghi cavi di acciaio atti ad alare 1' ottertrawl ; ai lati di questi tamburi ve ne sono altri due di minori dimensioni anche verticali , per manovre secon- darie. E appunto ad uno di questi tamburi secondarii fu avvolto il calume, il quale passava prima attraverso due puleggie, l'ulti- ma delle quali sporgendo manteneva la corda discosta dal bor- do della nave. La parte inportante dell'esperimento era appunto questa: la faciltà della trazione meccanica del palangreso mediante l'ap- plicazione dei ganci dei quali ho detto nell' altra mia comuni- cazione. Debbo far notare, però, che i pescatori sostenevano che anche sènza i ganci era possibile staccare con faciltà le bracciuole dalla trave , legandole con un semplice nodo a n o e e h e 1 1 a. Io che sono abituato ad ascoltare il parere di tutti e specialmen- te a non trascurare il consiglio di persone pratiche, nonostante il sistema non mi sembrasse di semplice funzionalità ,• ad una porzione dei palangresi' feci legare le bracciuole per mezzo dei ganci e ad un'altra porzione le feci legare con un nodo secon- do il sistema dei pescatori. -- 105 — Air atto pratico , però , i nodi dei pescatori non potettero sciogliersi con faciltà , onde si fu costretti a tirare trave e brac- ciuole attraverso le puleggie ed il verricello , producendo com- plicazione della manovra , incaglio e logoramento dell' arnese di pesca. I ganci invece risposero perfettamente allo scopo per il qua- le erano stati costruiti : essi permettevano che le bracciuole si staccassero con faciltà dalla trave , rendendone in tal modo per- fettamente agevole la trazione. Debbo aggiungere ancora un altro fatto notato al momento della manovra : le bracciuole legate con nodi nel salire a bordo si attorcigliavano portando conseguente perdita di tempo per dividerle ; i ganci invece mantenendo la bracciuola discosta dalla trave ne impedivano 1' attorcigliamento. Queste notizie sulla funzionalità dei ganci furono estese in apposito verbale redatto a bordo in compagnia del Comandante Nocca e del direttore delle macchine de Angelis, ed inviato alla Delegazione per la pesca. S' intende bene che nella manovra di trazione del palangreso fu necessario perfetto accordo fra il guidatore del verricello (un macchinista di bordo) ed i pescatori per i successivi rallentamenti e aumenti di velocità o per gli arresti necessarii perchè la pesca potesse procedere con quelle modalità necessarie al suo retto an- damento. II primo pesce venuto su col palangreso fu una Raia {Raja marginata) del peso di circa 2 chilogrammi, indi un Pristiurus melano sto mas, un Sebastes imperialis, poi uno Scyniniis lìchia (Zi- grino) pesante 4 chilogrammi. Seguirono Merluzzi {Merluccius vul- garis) da 2 chilogrammi in giij; grossi Gronghi {Conger vulgaris) del peso da 8 a 3 chilogrammi, un grosso Capopiatto {Notidanus (Hexanchus) ^m^«s) del peso di 112 chilogrammi lungo m. 2,80. Un grosso Todaredos venne su attaccato ad un Merluzzo che aveva già divorato in parte, né lasciò presa se non quando fu staccato a viva forza. Qualche Merluzzo era stato attaccato da un Crostaceo iso- podo la Cirolana hirtipes che avendone forata la parete ventrale e penetrata nell'interno ne aveva già divorato tutti i visceri. Os- servato questo merluzzo all'oscuro, le pareti della cavità deter- Merluzzi N. 11 Gronchi n 11 Capopiatto II 1 Pristiurus il 18 Sebastes II 3 Malva elongata ■ Il 1 Zigrino II 1 Raja 11 1 — 106 — minata dalla Cirolana si presentava fosforescente: probabilmente il Crostaceo era apportatore di batterli fosforescenti che avendo trovato un terreno di cultura adatto si erano rapidamente mol- tiplicati. La manovra di ritiro del palangreso iniziatasi alle ore 6 fu terminata alle ore 13 1[2, occupò quindi 7 ore e mezzo. Complessivamente si pescaroiio: complessivamente kg. 18 60 112 4 Il II ^ Il II ^ 0.500 4 Il II ^ 2 201.500 A ciò bisogna aggiungere che due bracciuole furono ritirate dal mare spezzate, ciò che dice che probabilmente portavano at- taccati due animali grossi i quali sono riusciti a spezzare le ca- tene; ciò che avrebbe forse potuto aumentare di qualche quintale il raccolto della pesca. Parte del pesce raccolto fu distribuito al personale di bor- do per i pasti della giornata, lo Zigrino fu venduto alla Stazione zoologica ed il resto (detratto del fegato dei Capopiatto del peso di circa 40 chilogr. e non utilizzabile sul mercato) del pe- so di Kgr. 133 fu venduto al mercato per L. 575. 65. L' on. Tosti delegato centrale per la pesca, trattenutosi ap- positamente a Napoli per seguire i risultati dell' esperimento, volle di persona controllare il ricavato della pesca. Conclusioni. Dai fatti suesposti si deduce che 1' esperimento ha piena- mente risposto al suo scopo. Esso non doveva mostrare la presenza di pesci commesti- bili nelle profondità dei nostri mari dopo la testimonianza del Vinciguerra e dopo le pesche alle quali io assistii nel 1917, pur tuttavia una conferma non mi pare da disdegnarsi per un espe- — 107 — rimento fatto a scopo di promuovere un incremento industriale della pesca a profondità. Il semplice e perfetto funzionamento dell'arnese di pesca con l'applicazione dei ganci è stato la dimostrazione che tale pesca è di facile attuazione. Aggiungerò, anzi, che se l'esperimento è riu- scito agevole in una nave di notevoli dimensioni quale la baleniera " Sardegna „ esso dovrà essere ancora piii semplice in un pic- colo battello a motore il cui bordo si solleva poco dall' acqua. Una modificazione da apportarsi al palangreso, secondaria, ma anche essa di grande utilità pratica , potrà essere la sosti- tuzione della trave in canape con un sottile cavo di acciaio : I pescatori sostenevano cne la trave in canape era necessaria per- chè essi avessero potuto sentire a distanza l'avvicinarsi di qual- che grosso animale attaccato al palangreso ; ma alla praticità della cosa si è visto che gli animali erano perfettamente visibili nel mare già a distanza notevole e che non è necessario che la trave venga sempre guidata dalla mano del pescatore. Vista in tal modo la praticità e l'attuabilità della pesca a pro- fondità con i palamiti a trazione meccanica, l'unica mia soddisfa- zione sarebbe che questo esperimento non restasse sterile tentativo, ma che potesse trovare applicazione neh' industria, peschereccia. Sento qui il dovere di porgere ringraziamenti all'On. Fulco Tosti di Valminuta Delegato centrale per la pesca per l' interesse con cui accolse la mia proposta ed i mezzi fornitimi per 1' at- tuazione di essa. Ringrazio il Prof. Monticelli, direttore della Stazione Zoo- logica di Napoli, per aver voluto mettere a mia disposizione tutto il personale di pescatori della stazione , di cui ho avuto bisogno. Ringrazio ancora gli ufficiali della Baleniera Sardegna, nonché il meccanico di Gennaro ed i bravi pescatori, i quali vin- cendo la diffidenza in loro innata vollero coadiuvarmi con in- teresse ed affetto per la buona riuscita dell' esperimento. Napoli -Dalla Stazione zoologica, giugno 1919. Finito di stampare il 31 marzo 1920. Aggiunte alla Flora Crittogamica dei dintorni di Napoli. Nota del socio Lwigi Gufino (Tornata del 26 ottobre 1919) Le specie elencate in questa nota furono raccolte negli anni 1903, 1906 e 1909 e furono omesse nei precedenti contributi alla Flora Crittogamica della Provincia di Napoli ^) perchè la loro diagnosi non mi era stata confermata dagli specialisti, ai quali man- davo il materiale che di mano in mano raccoglievo. In questi ultimi tempi, riordinando i residui delle mie col- lezioni botaniche, ho rinvenuto le seguenti specie che erano state revisionate fin dal 1910 dal prof. C. Massolonqo (Epatiche) e dal prof. P. A. Saccardo (Micromiceti) e che erano rimaste inedite, in attesa di essere pubblicate assieme ad altro materiale che mi proponevo di raccogliere per continuare l'intrapreso studio della Flora Crittogamica Napoletana. ') Gufino L. Un pìccolo contributo alla Flora Micologica della Provin- cia di Napoli. Napoli, 1904, Tip. Tornese. Idem, f-ungi Magnagatiani; in "Malpighia,,, 1904. A. XVIII, Voi. XVIIl. Idem. Un secondo contributo alla Flora Micologica della Provincia di Napoli] in "Malpighia», 1. e. Idem. Note Micologiche Italiane; in "Malpighia,,, 1906. .^. XX. Voi. XX, 109 HEPATICAE. Jungennannia turbinata Raddi, st. Ai Camaldoli di Napoli, sui muri umidi. Dicembre 1903. Pelila calycina Tayl. Ai Camaldoli di Napoli, sui muri umidi. Dicembre 1903. Pelila calycina Tayl forma furclgera, st. Ai Camaldoli di Napoli, sui muri umidi, frammista alla pre- cedente. Dicembre 1903. Blasla pusilla L. Ai Camaldoli di Napoli , sui muri umidi, Luglio, ed a Co- roglio. Dicembre 1903. Anto e eros punctatus L. St. Ai Camaldoli di Napoli, sui muri. Luglio 1903. FUNGL Agaticaceae. Trlcholoma liumile Fr. Nell'Orto Botanico di Napoli, per terra. Novembre 1906. Clifocybe phyllophyla Fr. Nell'Orto Botanico di Napoli, cespitoso e solitario per terra. Novembre 1906. Hypholoma Intonsuni Pass. Fung. Parm., pag. 82. Nell'Orto Botanico di Napoli, per terra, cespitoso. Novem- bre 1906. Lycopefdaceae. Scleroderma Torrendl Bresad. Mycetes Lusltanlcl Novi ; in Atti dell' Accad. di Se. Lett. ed Arti degli Agiati in Rovereto, Serie III, Voi. Ili, Fase. II, 1902. Nell'Ottobre 1906 rinvenni questa specie nell'Orto Botanico di Napoli sparsa sotto un albero di Maclura aurantlaca, dove vegetava nel terriccio frammisto a foglie marcescenti. L 'abate Bresadola confermò la mia diagnosi e così segna- lai la presenza di questa Lycoperdacea in Italia in una comuni- — 110 — cazione verbale che feci in una tornata della Sezione di Napoli della Società Botanica Italiana ^). Questa specie fu dedicata dal Bresadola all'abate Camillo ToRREND , che la raccolse a Setubal nel Portogallo , per terra , sotto il Ficus Carica. Uredincae. Uromyces Rumicis (Schum.) Wint. Su foglie di Rurnex crispus nel bosco di Portici. Giu- gno 1909. Paccinia Taraxaci (Rab.) Plow. Su foglie di Crepis sp. spontanea nell'Orto Botanico di Na- poli. Settembre 1908. P. chondrillina Bubak et Svd. Su foglie e cauli di Chondrilla juncea nel bosco di Portici. Giugno 1909. P. Obtusa SCHROET. Su foglie di Salvia verticillata ai Camaldoli di Napoli. Mag- gio 1904. Sphaeropsideae» Vermiciilaria trichella Fries. Su foglie di Mederà tìelix nell' Orto Botanico di Napoli. Ottobre 1906. Diplodia circinans Berk. et Br. Su foglie secche di Yucca sp. nell'Orto Botanico di Napoli. Novembre 1906. Ascochyta Rubi Sacc. Notae Mycologicae ; in " Annales Mycologici,,, Voi. VII, N. 5, 1909, pag. 434. Su foglie di Rubus sp. nell'Orto Botanico di Napoli. Ago- sto 1904. •) Adunanza del 9 giugno 1911; in Boll. Soc. Botati, /tal. anno 1911, pag. 130. Ili Ascomyceteae* Sphaerella cuprea Sacc. Notae Mycologicae ; in " Annaies Mycol. „, 1. e. pag. 432. Su foglie di Cer atonia Siliqua nell'Orto Botanico di Napoli. Maggio 1904. PliylLaclwra graminis (Pers.) Fuck. Su foglie di Cynodon Dactylon nell' Orto Botanico di Na- poli. Settembre 1906. Finito di stampare il 31 marzo 1920. studi sulla bioluminescenza batterica. Azione dei sali di magnesio» Ricerche del Dott. Giuseppe Zirpolo (Tornata del 31 dicembre 1919) È noto che alcuni saH di magnesio (carbonato e solfato) ven- gono adoperati in varii terreni di cultura per lo sviluppo delle batteriacee. Il liquido di Cohn, i tre liquidi di Naegeli, quelli di Mayer, Winoqradsky, Ouchinsky, Raulin, d'ARNAUo e Char- RiN, Maassen, Iaksch, il primo ed il terzo di Proskauer e Bech ne contengono una percentuale che varia da gr. 0,02 a gr.1,00 ^oo- Si sa ancora che le acque marine contengono il solfato ed il cloruro di magnesio nella proporzione del 3,23Q "/oo per il pri- mo e di gr. 2,lQ6°/oo per l'altro, secondo i dati di Forschammer, ed ancora, dalle analisi fatte da Schloesing nelle acque del Me- diterraneo risulta una percentuale di magnesio di gr. 2,365 7oo alla t.^ di 20° C. Considerazioni di tal genere mi spinsero ad occuparmi prima dell'azione del solfato di magnesio sui batterii fosforescenti, ed in seguito, di varii altri sali dello stesso metallo, per vedere, in quali proporzioni ciascuno di essi avesse maggiore attività non solo sulla intensità, ma ancora sulla durata della luce. Avevo quasi ultimate le mie ricerche, allorché potetti leg- gere un lavoro dello Shòji sull'azione dei sali di calcio, litio, ammonio, potassio, sodio, rubidio, cesio, magnesio, bario, stron- zio, manganese, ferro e zinco sugli organi luminosi di un Cefa- lopodo, la Watasenia scintillans Berry. L'A. aveva trovato che fra — 113 — i vanii sali adoperati, quelli di magnesio (cloruro e solfato) ave- vano avuto azione favorevole sulla luminosità degli organi studiati. Le mie ricerche, quindi, iniziate contemporaneamente a quelle dello Shòji, mentre venivano a confermare quanto era stato tro- vato da questo Autore, le generalizzavano, in quanto io mi ero fer- mato sul magnesio, studiando fra i varii sali di questo metallo quale fosse quello più favorevole allo sviluppo e alla durata della lu- minescenza batterica. Inoltre, io avevo eseguito le esperienze su di una specie batterica i cui caratteri morfologici, culturali e pa- togenetici erano stati ampiamente da me studiati in un prece- dente lavoro, ed aveva potuto mantenere luminosi tubi per circa cinque mesi, mentre lo Shòji aveva ottenuto una durata massima della luce di poche ore data dagli organi luminosi di Watasenia sctntillans Berry. Devo in ultimo ricordare che Harvey, che ha fatto tanti notevoli studii sulla luce animale , si è occupato ancora dell'a- zione di alcune sostanze organiche ed inorganiche sulla luce dei batterli. Le sue ricerche per quanto pregevoli non sono state fatte però su di una specie batterica determinata, ed inoltre le osserva- zioni sono state eseguite dopo dieci minuti, dopo un'ora e dopo ventiquattro ore. Una osservazione così rapida non può permet- tere deduzioni certe, perchè è risaputo e lo si vedrà dalle pa- gine seguenti che la luce talvolta compare, a seconda le con- centrazioni dei sali, dopo due o tre giorni pure! L'aver quindi 1' Harvey trovato che il Mgcl, è tossico non ha, almeno fino a nuova prova, alcun valore. Ricerche personali. Materiale di studio e tecnica. In queste ricerche mi son servito del Baclllus plerantonii Zir- POLO. Le culture di questo bacillo venivano fatte in brodo di seppia, confezionato con acqua di mare, peptone 1 "/o e alcalinizzato con carbonato sodico. In diversi tubi veniva introdotta una quantità determinata di brodo, in modo da poter avere diluizioni da 1 °/o fino a 25 °/o dei differenti sali di magnesio adoperati. Questi fu- — 114 — rono : 1) salicilato di magnesio, 2) citrato neutro di magnesio, 3) cloruro di magnesio , 4) solfato di magnesio e 5) tartrato di magnesio. Fatte le diluizioni e sterilizzato il brodo, in ognuno dei tubi veniva introdotta, con una pipetta sterile, una goccia ben tarata di cultura luminosa di Bacilliis pierantonii Zirpolo di venti- quattro ore. Lo scopo era di avere innestati presso a poco lo stesso nu- mero di batterli in eguali quantità di liquido, con proporzioni varie dei sali, per vedere non solamente lo sviluppo dei batterii in quanto tempo avvenisse nei singoli tubi, ma ancora quale fosse la intensità luminosa e la durata della luce. Ad essi erano uniti tubi di controllo senza alcun sale di magnesio. I tubi rimasero per tutto il tempo dell' esperienza in una stanza a pianterreno , perfettamente oscura ed alla temperatura media di 15° C. Le osservazioni venivano fatte ogni giorno nei primi tempi e poi successivamente a periodi di varii giorni. Azione dei varii sali di magnesio swllo sviluppo, intensità e durata della luce del Bacillus pierantonii ZiRPOLO. 1. Salicilato di magnesio. Questo sale è stato completamente nocivo per i fotobatterii. Nelle proporzioni adoperate dall' 1 % fino al 25 °/o non ci fu nep- pure un accenno di sviluppo di batterii. Questo sale, quindi, esercita un'azione deleteria sui bacilli luminosi ed è da scartarsi per que- ste ricerche. D'altra parte è noto che l'acido salicilico è un an- tisettico. 2. Citrato di magnesio neutro. Questo sale esercita azione favorevole sullo sviluppo dei bat- terii fosforescenti solamente nella proporzione dell' 1 °/o. Nelle di- luizioni successive del 2 «/o al 25 % non si ebbe sviluppo di luce. La luce nel tubo all' 1 % crebbe d' intensità nei primi quattro giorni dopo l' innesto, raggiunse un massimo nel settimo giorno e decrebbe poi fino a non lasciarne più traccia dopo il quaran tacinquesimo giorno dall' innesto. — 115 — La superficie di livello del liquido presentò una pellicola che dava luce verde intensa quattro giorni dopo l' innesto, ma poi, nei giorni successivi si sfaldò. Tutti gli altri tubi contenenti lo stesso sale dal 2 °/o al 25 °/o non solo non dettero luce ma an- cora non vi fu formazione di pellicola, il che ci indica come l'a- zione dei sali di citrato di magnesio neutro è deleteria per la vita dei fotobatterii, a partire dalla proporzione del 2 Vo in poi. 4. Cloruro di magnesio. Nella prima sera dell'innesto delle culture luminose, dopo pochi minuti, vidi rilucere notevolmente i tubi contenenti il sale nelle proporzioni dall'I °/o fino all' 15 °/o; negli altri dal 16% al 25 °/o non comparve luce alcuna né in quella sera né nelle altre successive. Nel giorno seguente la luce cominciò a diventare vividis- sima nei tubi contenenti cloruro di magnesio dall' 1 o/o al 3 "/o e questa crebbe straordinariamente nel giorno successivo, per poi ritornare normale e sempre più sbiadita in seguito. Nel quinto giorno dall'innesto comparve nel tubo con 7 o/o, ma subito andò sbiadendosi e rimase fioca per uno spazio di trentadue giorni. La luce, però, dei tubi all' 1 % rimase per uno spazio di tempo di circa quattro mesi, in quella al 5 °/o circa due mesi e mezzo. 4. Solfato di magnesio. Questo sale ha dato una luminosità ed una durata di questa veramente straordinarie. Già pochi minuti dopo 1' innesto dei batteri luminosi tutti i tubi contenenti solfato di magnesio dal- l' 1 o/o al 25 O/o erano fosforescenti. Nella sera successiva furono piii luminosi quelli dall' 1 % al 3 °/o e meno quelli dal 5 °/o al 23 °;o. Nel quarto giorno la luce venne a mancare in quelli dal 23 °/o al 25 °/o. La luce poi crebbe nelle sere successive e si mantenne vi- vissima nei tubi contenenti solfato di magnesio dall'I °io al 13 o/o per uno spazio di circa undici giorni. Dopo circa due mesi la luce emanata dal tubo di controllo era notevolmente inferiore a quella del tubo contenente sale all'I o/q — 116 — La luce, nei tubi con solfato di magnesio dall' 1 7° ^1 21 ^lo, si conservò per uno spazio di quarantacinque giorni e per uno spazio di tempo ancora maggiore, cioè per circa cinque mesi, nei tubi contenenti il sale nella proporzione dall' 1 7° al 6 ° o. Nel terzo giorno dall'innesto, vi fu formazione della pellicola emanante luce vivissima, di un bel verde intenso. Questo sale si presta molto meglio di tutti quanti gli altri sali finora esaminati, perché determina una luce molto viva, specialmen- te poche sere dopo l'innesto, e la conserva per un periodo di tempo considerevolissimo. Inoltre essa è molto piiì viva di quella ema- nata dai tubi di controllo, privi di solfato di magnesio. 5. Tartrato di magnesio. Questo sale è il migliore fra tutti quelli adoperati, perchè per- mette lo sviluppo di luce vividissima e di lunga durata in tutte le concentrazioni. Dall'I 7° fino al 25 o/o la luce fu splendida in tutti i tubi, senza eccezione, e si conservò tale per lo spazio di circa 10 giorni, rag- giungendo nel quinto la massima intensità. Poi andò scemando d'intensità, ma si conservò costantemente vivida nei tubi all'I °/o per uno spazio di tempo di circa venticin que giorni, e la luce fu di gran lunga superiore, come intensità, a quella emanata dai tubi di controllo. Negli altri tubi dal 2 % al 25 •^/o si conservò, per uno spazio di tempo di piiì di cinque mesi, piuttosto scialba, ma tale da poter essere facilmente osservata. Anche in questi tubi si formò la pellicola, dando luce verde intensa, visibile a varii metri di distanza. Come si vede da queste ricerche, il catione magnesio ha azione favorevole sullo sviluppo della luminosità batterica, solamente i vari anioni adoperati esercitano influenza varia sul suo sviluppo, il che può rappresentarsi : Tartrato > solfato > cloruro > citrato > salicilato Da ciò che dicevo nell'introduzione e da quanto risulta dalle osservazioni descritte si può desumere la grande importanza dei — 117 — sali di magnesio — eccetto il salicilato — sullo sviluppo dei bat- teri fosforescenti e sulla durata della loro luce. Resta solo a investigare le cause di questa proprietà del magnesio sullo svi- luppo e durata della luce delle fotobatteriacee. A me pare che gli studi recenti del Wilstaetter sulla cloro- rofilla possano dar luce a queste ricerche. Difatti quest'autore, dopo una lunga serie di esperienze, ha potuto dimostrare che il magnesio è legato al complesso della mo- lecola organica ed ha un'importante azione sulle funzioni orga- niche. Da tali ricerche è facile intuire come le fotobatteriacee tro- vandosi a sviluppare in un mezzo in cui sono disciolti sali di magnesio, in concentrazioni varie , hanno potuto utilizzarli a seconda dei bisogni, dando non solamente una luce vividissi- ma di un verde intenso da potersi- vedere anche alla luce del giorno, ma ancora di una intensità finora non ottenuta. Dopo le ricerche del Willstaetter, i sali di magnesio sono stati adoperati su larga scala in esperienze fatte per vedere l'a- zione di essi sullo sviluppo di piante ( Mameli, Bernardin L., Morelli M.). Le ricerche non sono state prive d'interesse ed hanno dato risultati favorevolissimi , com' era del resto da prevedersi. Quanto alle fotobatteriacee si può dire che l'azione del ma- gnesio non poteva non riuscire favorevole al loro sviluppo, in quanto che trovandosi esse in un ambiente riccamente fornito di metallo allo stato di sale in soluzioni varie , è stato loro pos- sibile assimilarlo. Né si deve pensare che una quantità maggiore di sale di magnesio , sciolta nel brodo , possa essere assimilata dalle fotobatteriacee — basta pensare al fatto che nutrendo ani- mali con sali di ferro, la emoglobina non ne assimila più di quan- to ne ha bisogno — ma che invece, vivendo esse in un mezzo, dove più favorevoli riescono le condizioni di vita, possono avere uno sviluppo notevole e continuo, il che ci spiegherebbe la maggiore luminosità come dovuta al maggior numero di batteri sviluppati e la maggior durata, come dovuta al prolungarsi dell'attività di sviluppo di esse. 118 Conclusioni. 1. — L'azione dei varii sali di magnesio adoperati, se ne eccettui il salicilato di magnesio, è tale da attivare straordinaria- mente non solo la intensità luminosa dei batteri fosforescenti , ma anche la durata. 2. — Fra tutti i sali adoperati ha minore efficacia sulla lumi- nescenza il citrato di magnesio neutro e per ordine progressivo il cloruro di magnesio, il solfato ed il tartrato di magnesio. Il che può esprimersi : Tartrato > solfato > cloruro > citrato neutro 3. — I batteri luminosi possono vivere benissimo in mezzi in cui sono disciolti sali di magnesio in proporzioni varie, e per un tempo maggiore in quelli contenenti sali fino all' 11 o/o. 4. — Il tartrato di magnesio si presta molto meglio di tutti gli altri sali allo sviluppo ed alla durata della luce dei batteri fotogeni. La luce emanata dai batteri viventi in mezzi con pro- porzioni di questo sale dall' 1 o/o al 23 oj^, è stata davvero stra- ordinaria, ed essa è persistita relativamente intensa per un pe- riodo di tempo superiore a quella di tutti gli altri sali adoperati. 5. — La diversa concentrazione di sali adoperata non ci dice che il batterio possa assimilare una quantità maggiore di ma- gnesio di quello che ne ha bisogno; ma che vivendo in un mezzo dove sono più favorevoli le condizioni di vita si ha uno sviluppo di essi più rapido; il che ci spiegherebbe il perchè della mag- giore intensità luminosa; la maggiore durata della luce sarebbe poi dovuta all'abbondanza del substrato nutritizio ad essi fornito. Napoli, Stazione Zoologica, novembre 1919. BIBLIOGRAFIA 1912. Bernardini, L. e Morelli, O. —Sull'ufficio fisiologico del ma- gnesio nelle piante verdi. k{{\ Acc. Lincei Voi. 21, p. 357. 1915. Harvey, e. N. — The effect of certain organic and inorganic sub- stances upon light production by luniinous bacieria. Biol. Bull. Voi. 29, p. 308. 1911. Herlitzka, a. — Clorofilla ed emoglobina. KiW Soc. Ital. progr. Se. 4. Riunione Napoli, Dicembre 1910, p. 437. 1912. Macé e. — Traiti pratique de Bacteriologie. 6. Edit. T. 1° p. 224 Paris, J, A. Baillière et Fils Edit. ') 1912. Mameli, E, — Sulla influenza del magnesio sopra la formazione della clorofilla. Atti R. Istit. Bot. Pavia, (2.) Voi. 15, p. 150. Tav. 19. 1913. Willstaetter, R. e Stole. A. — Untersuchungen uber Chlorophyll. Kaiser Wilhelm. Istitut. fur Chemie. Berlin. 1919. Shòji, R. — A Physilogical Study on the Luminescence of " Wa- tasenia scintillans <> Berry. Am. Journ. Phys. Voi. 47, p. 543. 1915. Willstaetter, R. — Chlorophyll. The Journ. Americ. Chemical Soc. Voi. 37, n. 2, p. 323. 1918. Zirpolo, G. — / batteri fotogeni degli organi luminosi di Sepia la intermedia Naef. (Bacillus pierantonii n. sp.) Boll. Soc. Nat. 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In esso ho dimostrato come questo fenomeno non avviene se l'acqua non cade direttamente sul taglio effettuato al livello dell'arteria cefalica , cioè nel siniis venoso. Il processo si spiega facilmente coll'entrata dell'acqua nel sinus che poi verrebbe trascinata nella direzione della corrente circo- latoria del sangue. Certo, sono i cuori venosi e l'arteriale che adempiono questo lavoro di aspirazione. Ciò che è più interes- sante in questo fenomeno è l'energia con la quale si manifesta questo processo. Durante il processo di autolavaggio il flusso di sangue diretto verso l'esterno diventa addirittura una rapida corrente, come se fosse un liquido che esce sotto pressione da un rubinetto. Una volta l'acqua penetrata nel sinus e riempiti i vasi, probabilmente si stabilisce, così, una comunicazione conti- nua fra l'acqua che si trova all'esterno ed i cuori che funzionano da pompa aspirante. Il processo di autolavaggio è molto rapido ed, in pochi minuti, i vasi percorsi dalla corrente sono ben la- vati di tutto il loro contenuto in emocianina. Questo processo non ha luogo senza getto d'acqua di mare, benché l'animale sia immerso nell'acqua col sinus aperto. 1) Craifaleanu, A: Studies on the haemocyanin: Boll. Soc. Nat. Napoli. Voi. 31, pag. 88, 1918. -- 121 — La pressione arteriale La pressione arteriale neW'Octopus ed Eledone è molto alta. Fredericq ') la misurò in quattro esemplari di Octopus vulgaris secondo l'altezza alla quale il sangue arrivava in un tubo di vetro messo in comunicazione coll'arteria cefalica. Io r ho misurato in otto esemplari di Octopus viilgaris ed otto esemplari di Eledone, servendomi di un manometro a mercu- rio e scrivendo l'altezza e le oscillazioni della colonna mercurica sulla carta millimetrata, col metodo ben conosciuto in fisiologia. Così ho trovato la pressione arteriale massima negli Octopus vul- garis corrispondente rispettivamente a 84, 84, 66, 184, 87, 120, 920 e 64 mm. di mercurio; ed in Eledone corrispondente a Q8, 90, 110, 116, 108 e 80 mm. di mercurio. Questa alta pressione arteriale ci dimostra la grande capa- cità di lavoro di cui è dotato il cuore arteriale in questi cefalopodi La concentrazione del sangue in emocianina Come già ho osservato , se si evita di far cadere l'acqua sul taglio, l'animale anche se immerso nell'acqua, continua a dare il sangue senza nessuna alterazione coli' acqua di mare. In fatti il sangue preso dallo stesso animale, prima tenendolo fuori della vasca e poi immergendolo nell'acqua della vasca possedeva sem- pre lo- stesso contenuto in azoto e dunque lo stesso contenuto in emocianina. N^le tabelle I e II sono riassunte le cifre da me ottenute per la normale percentuale d' azoto e di emocianina nel sangue di Octopus ed Eledone. ^) Fredericq, L: Récherches sur la physiologie du Poulpe commiin (Octo- pus vulgaris): Ardi. Zool. Expér. et Generale. Tome. VII, p. 535, 1878. - 122 — TABELLA ì. {O e to p US V ul g ar is) Peso del Corpo Azoto /o nel Sangue Emocianina /o nel sangue N X 6. 21 Quantità totale di emocianina ottenuta Grammi di sangue corrispon- denti alla quantità tota- le di emocia- nina Rapporto fra sangue e corpo 600 1.717 10.67 2.38 23.5 1:25 1075 1.625 10.13 3.56 37 1 :29 1600 1.633 10.15 4.55 47 1 :34 1800 1.755 10.90 5.68 54.5 1 :33 2700 1.386 8.60 7.18 87 1 :31 3230 1.568 9.74 9 97 1 :3I — 1.540 9.57 — — — — 1.428 8.87 — — — — 1.586 9.86 — — — — :.618 10.05 — — — — 1.428 8.99 — — — — 1.531 9.51 — — — — 1.428 8.87 — — — 1.689 10.49 — — — — 1.558 9.68 — — — Media 1.566 9.73 1 :30 5 La quantità di emocianina veniva calcolata dalla quantità d'azoto trovato nel sangue, moltiplicando la cifra dell'azoto per 6,21; contenendo l'emocianina, secondo Henze, 16,0Q «/q d'azoto. È noto che il sangue di questi cefalopodi non contiene un' altra — 123 — sostanza proteica in dissoluzione e poi, secondo le mie proprie os- servazioni, oltre l'azoto proteico, se ne trovano nel sangue soltanto minime quantità di azoto proveniente da altre sostanze azotate solubili ; così che, per il nostro scopo, possiamo, senza commet- tere un errore apprezzàbile , considerare tutto 1' azoto trovato come azoto proteico, cioè proveniente dall'emocianina. TABELLA IL {ti e do ne moscata) Peso del Corpo Gran: mi Azoto /o nel Sangue Emocianina 0/ /o nel Sangue Quantità totale di emocianina ottenuta. Grammi Grammi di sangue corrispond. alla quantità totale di emocianina Rapporto fra Sangue e Corpo 510 540 500 9.8* 9.8* 9.8* 9.1 10.6 1.44 2.14 1.58 1.28 1.40 16 23 17.5 14.5 14 1:31 1:23.5 1:28.5 Media 9.8 1 :27 *) Questa cifra rappresenta la media delle ultime due cifre determinate sperimentalmente. Come risulta dalle tabelle la percentuale di emocianina nel sangue varia da un animale all'altro. Nelle 15 determinazioni citate nella tabella I, per Ociopus vulgaris, il contenuto in emo- cianina ha variato da un mininum di 8.6 per cento ad un ma- ximum di 10.9 per cento. Come media di queste 15 determinazioni il sangue di Octopus vulgaris contiene 9.7 «"o di emocianina. Il sangue di Eledone mostra le stesse oscillazioni per il con- tenuto in emocianina. — 124 — La quantità totale di sangue Ho calcolato la quantità totale di sangue che l'animale può dare nel seguente modo indiretto : 1. Ho determinato la concentrazione normale del sangue in emocianina (tabella I e II ). 2. Servendomi del processo di autolavaggio ho determinato la quantità totale di emocianina che l'animale poteva fornire. 3. Ho calcolato la quantità di sangue normale corrispondente alla quantità totale di emocianina ottenuta , tenendo conto della normale concentrazione stabilita prima (Tab. 1). Questa sarebbe la quantità minima di sangue contenuta nell'animale , perchè certe perdite sono inevitabili; così va perduto il sangue contenuto nel slnus nel momento dell' apertura per l' introduzione della can- nula, ecc. Nelle tabelle I e II sono riassunte le cifre che indicano le quantità di sangue che l'animale potrebbe fornire. Nelle tabelle le cifre che rappresentano le percentuali di a- zoto e di emocianina sono rapportate al volume (100 e. e. di sangue) e le cifre che rappresentano le quantità di sangue rap- presentano grammi. Rapporto fra la quantità del sangue ed il peso del corpo Dalle tabelle risulta che il rapporto fra la quantità di san- gue ed il peso del corpo è, secondo le mie ricerche, in medio 1/30 per VOctopiis viilgaris ed 1/27 per V Eledone. V\\x esatta- mente queste cifre rappresentano i valori minimi dedotti dalla quantità di emocianina praticamente ottenibile. Finito di stampare il 30 marzo 1920. Osservazioni nell'isola di Capri a conferma deirantico stato della regione tirrena. per il SOCIO Df. Raffaello Bellini (Tornata del 31 dicembre 1919) Haec scripsi non otii abundantia, sed amoris erga te. Tali. Epist. Le mie scorse vacanze estive passate, come spesso, nell'a- mena isola di Capri, vaga terra d' incanti e di nostalgici ricordi, furono in parte da me dedicate ad esplorazioni specialmente nelle località pili notevoli, che avevo altre volte osservato, allo scopo di giungere a conclusioni sintetiche, confermanti o no 1' ipotesi della terra che nel terziario avrebbe occupato gran parte del- l'area tirrena i). Molte prove biologiche, paleontologiche e geomorfologiche sono state addotte a conferma della esistenza della Tirrenide. A quelle note si possono aggiungere altre osservazioni, che pre- stansi a costituire validi argomenti a favore. — Il primo gruppo di prove è dato dallo studio della di- stribuzione geografica di animali e di piante. Alle non molte forme considerate come elementi dimostrativi della ipotesi, perchè vi- venti nelle isole tirrene e nelle prossime terre, credo di aggiun- gere altre, sia da me notate, sia di esse rievocando la distribu- zione geografica, che , pur conosciuta , non era stata portata a ^) La Tirrenide (C. I. Forsyth Major — Die Tyrrhenis, in Kosmos, voi. Vii, 1883) avrebbe sino al quaternario riunito tra loro ed al prossimo conti- nente le grandi isole tirrene, quelle dell'Arcipelago toscano, le altre più meri- dionali non vulcaniche e forse anche la Sicilia all'Africa. — 126 — favore della esistenza della terra sprofondata, di cui le isole tir- rene rappresenterebbero i lembi. Le prove biologiche più notevoli si fondavano sulla distri- buzione geografica di tre specie di vertebrati , piiì facilmente osservabili perchè di una certa mole e per appartenere ad un tipo di elevata organizzazione; mentre molti altri organismi egual- mente notevoli ed importanti erano stati trascurati perchè ap- partenenti al tipo dei molluschi; piccole specie per la cui deter- minazione occorre uno studio speciale e quei confronti che solo possono essere compiuti da chi ha potuto raccogliere in lungo spazio di tempo materiale e bibliografia. Le tre specie comunemente citate sono un amfibio anuro [Discoglossiis pietas, Otth) e due sauri {Gongyliis ocellatus,W agl. e Phyllodactyliis eiiropaeus , Gene) abitanti le grandi isole tir- rene, alcune toscane, Malta, la Barberia, la Grecia, mancando, ad eccezione dell'ultima specie trovata anche al Monte Argentaro, neir Italia continentale. Ma anche molti molluschi e non poche piante possono esser citati allo scopo di confermare l' ipotesi della Tirrenide; dei primi è però necessario separare con una certa critica quelle forme che possono considerarsi veri monumenti viventi di altre condizioni topografiche della nostra terra, da altre la cui esistenza su isole o sul vicino continente si deve verosimilmente a trasporto ac- cidentale. a) Alle prime, tra le altre, appartengono le seguenti : Leiicochroa candidissima, Drap. sp. — Gasteropodo terrestre vi- vente nelle località assolate delle grandi isole tirrene e del contorno circamediterraneo. Le citazioni di rinvenimenti di individui di questa specie in isolette del Mar Tirreno non sono accettabili, essendosi sempre trattato di qualche esem- plare morto e calcinato (Capri, isola d'Elba). Tropidocochlis elatiis, Paure Biquet sp. e T. tiirritiis, Phil. sp. — Due eleganti e caratteristiche Elici coniche comunissime in Capri ed in Sicilia. Helix [Iberus) surrentina, A. Schm. ed M. {Ibenis) posidoniensis, TiBERi. — Due interessanti forme di Capri , della Penisola — 127 — Sorrentina e di località prossime. A Capri la prima si trova anche allo stato subfossile. Helix [Ibenis) strigata. Féruss. var. siciila, Benoit. — Monte Ti- riolo (Calabria) e M. Scuderi (Messina). Helix (Macularia) sicana, Féruss. aff. — In Sicilia ed una forma affinissima subfossile a Capri. Helix {Xerophila) pyramldata, Drap.; conspurcata, Drap.; siibpro- fuga, Stabile. — Località meridionali di terraferma ed insulari. Helix {Xerophila) aetnaea, Benoit e //. Aradasi, Benoit. — Sicilia orientale, Capri e vicinanze. Helix {Xerophila) Rozeti, Mich. — Sicilia , Algeria (anche Capo Verde, Canarie e Morea). Helix {Gonyodiscus) lenticula, Féruss. — Forma eminentemente meridionale abitante le isole tirrene non vulcaniche e molte altre località- del contorno mediterraneo. Vive anche a Ma- dera e nelle Canarie. Helix {Zenobia) cinctella, Drap. — Isole tirrene e contorno cir- camediterraneo. Glandina algira, Brug. sp. — Vive in gran parte del contorno mediterraneo centrale ed orientale , compresa la Sicilia. La sua scomparsa dalla fauna di Capri è recente, perchè tro- vasi neir isola allo stato subfossile. Nel pliocene apuano- appennino trovasi fossile l'affine G. lunensis, D'Ancona, che nel postpliocene è sostituita da una forma ancestrale del- Valgira e piiì affine (O. antiqua, Issel, del postpliocene li- gure e provenzale). Pupa {Torqullla) Philip pii, Cantraine e P. {Pupilla) cylindracea, Da Costa. — Abitano parte delle isole tirrene e del pros- simo continente. Ferussacia Vescoi, Bourg. — Contrade meridionali attorno al Me- diterraneo, Capri, Sicilia, Malta. Ferussacia carnea, Risso sp. — Forma tunisina riscontrata a Pia- nosa (Cavanna, Issel, Paulucci, Giglioli), presso Civitavecchia (Bellini) ed a Nizza (Bourguignat). Acicula Stephaniana, Benoit sp. — Sicilia (Benoit), Capri (Bel- lini), Monte Argentaro (Paulucci). Clausilia (Deliina) poestana, Phil. e var. — Campania, Capri, Si- cilia e Monte Argentaro (Paulucci). — 128 — CLaustlta {Papillifera) solida, Drap, e var. — Coste di Provenza, Monte Argentare, isole del Giglio e di Giannutri (Major), Elba (Bellini), Calabria (Paulucci). Oltre ai suddetti molluschi terrestri e parecchi altri, possono considerarsi sotto lo stesso punto di vista alcune piante e di- versi aracnidi. b) Come esempio della seconda categoria di forme, ossia di quelle la cui distribuzione geografica, in generale più ristretta che nelle precedenti, si mostra come conseguenza di trasporto in epoca relativamente recente, cito le seguenti : Helix {Ibenis) serpentina, Féruss. — Abita la Sardegna e poche altre località tirrene, le mura di Pisa e di Livorno ed il piano circostante al Monte Pisano. In questi ultimi luoghi la spe- cie venne verisimilmente introdotta nel medioevo, quando tra Pisa, allora pili prossima al mare, Livorno e la Sardegna v'erano attivi scambi commerciali. tiellx (Macularla) vermlculata, Mùller. — Di questa comunissima specie una varietà a conchiglia solida vive in isole tirrene ed adriatiche. Trattasi della var. Llniisae, Benoit, che ha de- viato dal tipo per cause climatiche ed in conseguenza del- Vhabltat insulare. Il rinvenimento d'individui d'alcune specie meridionali al Monte Argentare ed in vicine isole deve esser in alcuni casi con- siderato come conseguenza di un trasporto accidentale per azione dell'uomo o del mare. Tale è il caso della Hyallnla scotophlla, De Stef., notata anche neh' isola del Giglio (Major); della Aninl- cola Moussonl, Calcara, di Sicilia e dello stesso promontorio, do- ve nel 1886 vennero anche raccolti individui (morti) di fiellx {Macularla) lactea, Albers, specie della Spagna e dell'Algeria '). Per il Major -) le forme comuni di località meridionali e di ') Paolucci M. — Conch. terr. e d'acqua dolce del Motde Argentaro. — Boll. Soc. Malac. Ita!., XX, Pisa 1886, p. 27. ■-) Major C. F. — L'origine della fauna delle nostre isole. — Proc. Verb. Soc. Tose. Se. Nat., 8 genn. e 12 marzo 1882. - 12U — isole tirrene sarebbero da considerarsi come ruderi di antiche faune e flore e le isole toscane, il Monte Pisano e le AIjdì Apua- ne regioni da lungo tempo emerse , che poterono conservare specie distrutte o mai esistite in altre regioni di più recente for- mazione. Così può dirsi della Corsica, la cui fauna è analoga a quella della costa ligure-provenzale ; ciò induce a credere che dovette esser legata alla prossima Sardegna e per mezzo di que- sta forse anche all'Africa, ma già distaccate dalla vicina regione ISOLA DI CAPRI — Come sì presenta l'argilla lacustre (A) sottostante ai materiali vulcanici (B presso la Certosa, località dove estendevasi il laghetto di cui si accenna nella presente nota. Nel punto segnato con X vennero dallo scrivente trovati frammenti di selce misti ad ossa d grossi mammiferi ( tutte frammentate ). La fotografia venne presa in occasione del taglio di una trincea nella costruzione della via Krupp. appenninica. Il Major fa a tal proposito osservare che su 16 mam- miferi delle due suddette grandi isole, 15 si trovano in Africa e solo 7 in Italia; delle 21 specie di rettili, 2 si trovano nell'Italia continentale, 16 in Africa e 17 in Spagna. Analogamente si può dire per i molluschi terrestri. Il Déperet asserisce che un'altra prova biologica della unione della Spagna con la Provenza e con la Corsica, è data dalla scoperta fatta dall' Almera del Lagotnys corsicanus presso Barcellona ^). La Sardegna, dal lato zoogeogra- 0 II DÉPERET {Éiiide sur quelqucs giseinents nouveaiix de Vertébrés plei- stocènes de' l'Ile de Corse. —Ann. Soc. Limi, de Lyon, t. XLIX, 1898, p. 126). — 130 — fico , presenta maggiore analogia con la Francia meridionale e con l'Africa settentrionale che non con la Penisola Italiana. All'idea dell'antico collegamento si oppone il Rovereto*), ISOLA DI CAPRI — Lo scoglio del Monacane, Y Aprogopoli ixtionì&ns.. Mostra pareti a picco con superficie di fratture fresche. In basso la linea del battente marino ; a destra il faraglione Stella, che ])resenta le stesse modalità di struttura. osservando che grandi profondità circuiscono la zolla sardo-corsa, e spiega le relazioni faunistiche con immigrazioni casuali, mentre il De Stefani '-), pur non ammettendo l' ipotesi della Tirrenide, ritiene le suddette relazioni conseguenza di cause litologiche e climatiche. ammette clie nel pliocene ima lunga penisola doveva distaccarsi dalla Provenza deviando verso est quasi parallelamente alla deviazione attnale dell'Italia. Qnesta penisola doveva comprendere la Corsica, più della metà orientale della Sarde- gna e si prolungava forse verso la Sicilia. Il mare pliocenico veniva ad affiorare la costa orientale della Corsica verso lo stagno di Diana, passando tra il Capo Corso e l'isola d'Elba, per ricurvarsi profondamente a nord del golfo di Genova sino a Cannes ; in questo mare l'Arcipelago toscano formava forse un isolotto esteso e l' isola d' Elba doveva esser unita al litorale italiano durante il plistocene, sebbene dal pliocene fosse gicà separata con le altre attuali isole toscane dalla penisola franco-sarda. ') Rovereto G. — Studi di Geomorfologia , Voi. I, Genova 1908, p. 74. '^) De Stefani C. — Moli, viventi nelle Alpi Apuane, nel Monte Pisano e nell'Appennino adiacente. Boll. Soc. Malacol. Ital. IX, Pisa 1883, p. 226. — Le pieghe delle Alpi Apuane, Firenze 1889, p. 10. — 131 Ma le cause di trasporto accidentale si possono ammettere solo in alcuni casi e per piccole specie disperse qua e là, non per molte con distribuzione geografica uniforme in arca non estesa ; ciò rimane anche escluso dalla esistenza nelle stesse lo- calità delle medesime e di altre forme allo stato subfossile o fos- sile. Si è indotti ad ammettere una estensione maggiore in altri tempi delle attuali isole tirrene ed un piìi sviluppato protendi- mento delle coste verso quelle. Trovansi infatti in piccole isole ossa e denti fossili di rinoce- ronti, di elefanti e di altri grossi vertebrati. Come questi animali a- vrebbero potuto vivere e riprodursi se le isole allora avessero avuto la attuale estensione ? — Avanzi d'erbivori e di carnivori di grandi mole furono raccolti a Giannutri, a Pianosa, al- l' Elba , a Malta ( la cui fauna malacologica ricor- da quella Siciliana) '). A Capri si raccoglievano voluminose ossa già ai tempi di Augusto in occasione degli scavi per la costruzione delle ville augusto- tiberiane '-) e l'uomo paleolitico visse anteriormente o contem- poraneamente alle eruzioni flegree , le pozzolane e le argille la- custri con avanzi di grossi mammiferi ed armi litiche essendo ISOLA DI CAPRI — 11 faraglione Stella a sinistra e parte del faraglione Scopalo a destra. Si noti l'interessante omologia geomorfologica tra i due scogli, alle rientranze dell' uno corrispondendo le sporgenze dell'altro , quasi dimostrando una separazione recente. ') Costa O. G. ~ Descriz. di alcuni fossili dell'isola di Pianosa, Napoli 1862 -- Gastaldi B., Intorno ad alcuni fossili del Piemonte e della Toscana, Torino 1866— Simonelli V., Terreni e fossili dell'isola di Pianosa nel Mar Tirreno, Boll. R. Coni. Qeol. Ital., n. 7-S, Roma 18')Q. -) Qualia sunt Capraeis ininianiiini belluarum feraruinque membra prae- grandia , quae dicuntur gigantnm ossa, et arma lieroum , SVETONIO , Vita d'Augusto. — 132 — ricoperte da materiali sanidinici '). Nella raccolta Cerio in Capri si notano ossa e denti di erbivori, di orsi, di leopardi e di leoni, raccolti neir isola in occasione degli scavi dell' Albergo Qui- sisana e determinati dal Regalia. Ciò conferma che la vaga isola dovette esser unita alla pros- sima terraferma sino alla seconda fase interglaciale ~). Con tali collegamenti durante e dopo il miocene fu possi- bile agli elementi delle faune indiane ed africane di passare in tutte le località tirrene, che ridotte posteriormente allo stato in- sulare non furono più accessibili alla seguente immigrazione della fauna boreale. Oggi gli avanzi di molte di quelle forme si rin- vengono allo stato fossile e le altre ancor viventi nei resti dr l'antica terra rappresentano per noi veri monumenti naturali, r t' deri di faune dimostranti altre condizioni della nostra Italia ). ') Bellini R. — L'uomo preistorico nell'isola di Capri— Natura, Voi. I, Milano 1910 — Osservazioni geomorfologiche sull'isola di Capri — Atti Soc. Ita!. Se. Natur., Voi. XLIX, Milano, 1910. -) Al tempo in cui Capri, non ancora isola, era abitata dai grossi mammi- feri doveva esistere un laghetto nell'area occupata dalla valletta di Cam creile ed esteso sin quasi quella di Matromania, limitata dalle alture di S. Michele (m. 170\ di Tuoro grande o Telegrafo (m. 273) e di Tuoro piccolo (m. 230). Il bacino dello scomparso laghetto è oggi occupato da argilla ferrifera ricoperta dai ma- teriali vulcanici e sulle sue sponde dovevano vivere le tribù umane paleolitiche, i cui manufatti si trovano nell'argilla. Il suddetto laghetto dovette esistere sino a quando l'isola fu unita al con- tinente e da qui vi passavano i grossi mammiferi di cui la località abbonda in resti. Per i movimenti che ne produssero il distacco dalla penisola e che fran- tumarono anche parte della massa calcarea, il lago si ridusse di estensione, sin- ché r ultimo resto disparve sotto le ceneri sanidiniche, che ricoprirono molti luoghi della Campania Felice. ') La difficoltà che una specie incontra per diffondersi accidentalmente può anche essere sperimentalmente osservata. Alcune specie, p. es., non possono vi- vere in ristrette isole. Tale è il caso del mollusco terrestre Leiicochroa candi- dissima (Drap.) abitante il contorno mediterraneo e le grandi isole tirrene; non vive però nelle piccole, pur avendo queste in apparenza tutte le condizioni cli- matiche e litologiche delle regioni vicine, dove le Leiicochroa abbondano. Qual- che anno addietro provai a diffondere in Capri un centinaio d' individui della suddetta specie, raccolti presso Ventimiglia e subito posti in luoghi adatti del- l' isola. Dopo qualche tempo erano scomparsi. Che fine avevano fatto? Ciò di- mostra come sia ben difficile nella maggior parte dei casi ammettere che indi- vidui accidentalmente trasportati possano attecchire e riprodursi. -- 133 — — Gli argomenti addotti in appoggio della esistenza della terra tirrena vengono anche ad esser confermati dalle seguenti osservazioni geomorfologiche : U) Dalla mancanza di depositi oligocenici nell'area Sarde- gna (eccetto nella parte sud-ovest), Corsica, Alpi Apuane, Isole Toscane; prova che queste regioni dovevano esser emerse du- rante l'oligocene. b) Dal fatto che le isole nel loro lato che guarda la ter- raferma, e così questo verso le isole, risentono della disposizione degli strati e della struttura della prossima terra. in alcuni casi è anche notevole la conservazione perfetta delle superfici di separazione e la loro freschezza. Troviamo tali disposizioni tra l' isola di Capri e la punta della Campanella; tra r isola Palmaria ed il promontorio di Portovcnere; tra l'isola di Giannutri ed il Monte Argentare, i cui calcari grigi infraliassici riemergono per formare quella '). e) Dalle osservazioni batimetriche, che permettono di ri- costruire i confini dell' antica terra. Le isole toscane poggiano sopra una piattaforma sottomarina riunente la Corsica al conti- nente, solcata tra la Capraia ed il Capo Corso da uno stretto canale profondo oltre 425 m.; un tratto di mare profondo circa 150 m. si stende tra il margine orientale di questo canale ed il continente; l'isola d'Elba, distante da questo 11 km., è separata 1) Il Lotti {Consideraz. sintetiche sulla orografia ecc. - Boll. R. Coinit. Geol., 1882, p. 55) ritiene che la Corsica rappresenti un frammento della catena alpina, alla quale doveva esser unita nei tempi preterziari. La fossa tettonica tra quest'isola e la piega oligocenica del golfo ligure si produsse nell'oligocene ed il DiENER trova una relazione tra la Corsica e la zona del Monte Bianco. Ma il Rovereto (Studi di Geomorfologia, p. 86) avverte che la Corsica ripete la struttura delle Alpi occidentali non perchè vi fosse stata unita, ma perchè il corrugamento si estese con eguale modalità sino alla sua area. Così parla anche il De Stefani (Terr. tert. p. 59). D' altra parte il SuESS (Sulla struttura della penisola italiana , Boll. R. Comit. Gcol., 1872), non ancora conoscendo l'esistenza delle valli sottomarine liguri, ritenne che le masse centrali dei due potenti allineamenti montuosi che si uniscono sulle rive del golfo ligure, fossero sommerse sotto le sue acque, ed in parte sepolte sotto i depositi recenti della pianura; l'asse tirrenico sprofon- dato rappresenterebbe la continuazione dell'arco formato dalla catena alpina. — 134 — da un tratto di mare profondo meno di 54 metri. Questi dati confermerebbero che la Corsica e la Sardegna furono in altra epoca in rapporto di continuità con la regione ligure-provenzale e l'arcipelago toscano; ma tra le due terre le comunicazioni di- rette dovevano essere separate da tempi remoti, mentre il sot- topiano offre tutti i caratteri di una sommersione recente. Le relazioni biologiche esistenti tra le piccole isole ed il continente, ma mancanti tra queste e la terra sardo-corsa, ne sono conferma. d) Dai bradisismi e dalla esistenza di scogliere e valli sot- tomarine. Dinanzi alle spiagge, specialmente rocciose, ed a pic- cola distanza, notansi scogli a fior d'acqua, di poco sommersi o non molto alti. Questi rappresentano le maggiori sporgenze del tratto di costa abbassatosi , ancor piìi corrose per 1' azione del mare. Tipiche scogliere delle coste italiane di quest'origine sono le isolette Gallinaria e Bergeggi , rispettivamente dinanzi alle spiagge di Albenga e di Bergeggi; lo Scoglio alto di Ventimi- glia, oggi caduto ; i Faraglioni e lo Scoglio del Monacone nel- r isola di Capri, il cui aspetto permette di ricostruire i loro rap- porti con le prossime spiagge , e tante altre serie di scogliere allineate davanti a non pochi litorali. È noto come innanzi agli sbocchi in mare dei corsi d'acqua liguri vi sieno concavità mostranti come il letto dei suddetti si prolunghi sotto le acque marine; queste vallate sommerse con- fluiscono in una depressione diretta a NE, parallela alla costa e segnata dalla linea batimetrica di 2000 m. Un importante fenomeno bradisismico abbassò quindi la spiaggia ligure in epoca geologica recente; per Taramelli l'inci- sione delle valli rimonterebbe al quaternario i), essendo esse sca- vate nel conglomerato pliocenico, e l'abbassamento sarebbe post- glaciale; esso, che avrebbe lasciato tracce in alcune faune tirrene, sarebbe stato parzialmente eliso da potenti bradisismi in senso contrario. Del resto la Liguria, nell'estremo Tirreno settentrionale, ri- produce esattamente il paesaggio e le modificazioni della piìi meridionale Capri. Ambedue le magnifiche terre sono soggette a 1) Taramelli T. — Terr. terz. Capo La Mortola in Liguria. — Reiid. R. Ist. Lomb., Ser. II, voi. XX, 1888; p. 7(59. — 135 — • bradisismi ; presentano caverne e retrocessione delle spiagge; fori dei litodomi ad altezze varie; esistenza nelle parti alquanto ele- vate sul mare di scogliere, caverne, nicchie e solchi del battente marino, che ripetono quanto avviene più in basso al livello delle onde. Tutti questi aspetti rappresentano altrettante prove di mo- vimenti alternati collegantisi a vicende geologiche, la cui azione si estese oltre il perimetro del Tirreno. E bradisismi avvennero anche nell' isola di Malta, dove letti fluviali scavati da grandi corsi d'acqua oggi scomparsi, hanno pro- porzioni non più compatibili con la presente estensione dell'isola. Le sommersioni e le emersioni delle coste in Liguria ed a Capri si sono continuate anche in tempi protostorici e storici. L' Issel ha accennato a quelle liguri '); qui intetido rapidamente notare, valendomi di passi di classici scrittori, qualche fenomeno del genere avvenuto in Capri, che dall' epoca romana si è ab- bassata di circa 6 m. — Presso scrittori e poeti del mondo greco-latino si tro- vano passi riguardanti località attuali, che in quei tempi dove- vano essere più ampie di superficie e diverse di configurazione. È dimostrato come Capri in altra epoca fosse stata unita alla Penisola Sorrentina, da cui se ne distaccò in seguito a varie fasi di movimento, avvenute dal pliocene in poi; fasi che produssero movimenti obliqui , dimostrati dalle varie serie di caverne e di linee di spiaggia, dai fori dei litodomi, riproducenti a varie al- tezze il paesaggio di spiaggia rocciosa con perfetta identità. L'uo- mo paleolitico abitò l' isola quando non era ancora completa- mente tale ed il neolitico , ritornatovi dopo le intense eruzioni flegree, la trovò modificata. Nell'epoca romana era più alta e la Grotta Azzurra, che non offriva l'attuale meraviglioso fenomeno, aveva più ampia ed elevata apertura e servir doveva d'accesso alla soprastante villa di Damecuta. Tutte le scogliere circondanti l'isola erano evidentemente a questa unite e la Punta Tragara, i Faraglioni e lo Scoglio del Monacane, mostrano con evidenza di aver un tempo formato un corpo solo, separati poi dal moto di subsidenza in concomitanza con l'azione erosiva del mare. Lo *) Issel A. — // terremoto del 1887 in Liguria, Genova 1888, p. 64 e seg./XOv Juj L I B R — 136 — Scoglio del Monacane deve identificarsi con V Apragopoli di Au- gusto 1), dove vi era la tomba del suo favorito Masgaba. Augusto cenando in lieta compagnia nel triclinio della Villa lovls in Ca- pri , vide arder molte fiaccole intorno alla tomba di Masgaba, della cui morte ricorreva l'anniversario, e muoversi gente. È evi- dente che l'attuale scogiio-isoletta, sulla quale si scorgono ru- deri di sepolcro romano, doveva esser di maggior ampiezza di quanto ora non lo sia per contenere costruzioni e permettere il comodo accesso a molte persone ; d'altra parte V Apragopoli non poteva esser situata in altro posto visibile da Capri verso sud e talmente vicina da scorgervi fiaccole e gente. Le Isole Sirenuse , oggi deserti e piccogli scogli chiamati Galli, visibili da Capri all' ingresso del golfo di Salerno, in altri tempi furono più vaste e forse formavano parte del prossimo continente, a cui ad ovest era unita anche Capri. A questa mag- giore estensione accenna anche Strabene (VI) ed abbiamo do- cumenti storici che le dicono popolate ed usate come luogo di deportazione. Prove dell'antica condizione sarebbero fornite oltre che dalla osservazione degli strati anche da osservazioni biolo- giche. Il mio amico ing. Guadagno di Napoli, che dei suddetti scogli ha studiato la flora , vi ha trovato ì'Asperula tomentosa Ten., ritenuta sino allora endemica di Capri, e dubito che qual- che interessante mollusco terrestre di questa non debba ritro- varsi su quella. D'altra parte, sempre nella stessa regione sorrentino-caprense, altri passi di scrittori impostano un'altra questione. Nell'Odissea è detto che Ulisse , partito dalla città dei Lestrigoni ed appro- dato all' isola di Circe, dopo un anno visita la terra dei Cimmeri e riparte poi dalla stessa isola verso levante e mezzogiorno, ra- dendo r isola delle Sirene e andando verso la Sicilia. La città dei Lestrigoni corrisponde alla regione di Gaeta , la terra dei Cimmeri al territorio di Pozzuoli , l' isola delle Sirene a Capri (o forse anche a qualcuna delle Sirenuse, oggi Galli); ma qual'è r isola di Circe, che Omero chiama aiuuiv? Essa è descritta co- me vasta , boscosa e con un porto capace di più navi. Alcuni ') SvETONio — Vita dei Cesari, Angusto. — 137 — commentatori dello scorso secolo (Mangoni, Pelliccia), nei quali la cultura classica sopravvanzava quella geologica, ritennero che r isola di Circe corrispondesse alla Penisola Sorrentina, ancora, secondo essi, isolata dalla prossima terraferma e circondata da ogni parte dal mare, respinto poi da cause vulcaniche e da mo- vimenti del suolo. E una supposizione qualunque che essi cre- dono dedurre dagli stessi versi d'Omero, non potendosi l'isola di Circe identificare col promontorio Circello (situato piij addie- tro), né con Ponza ed Ischia , lontane e non prossime all' isola delle Sirene, che Ulisse trova verso levante ritornando dalla terra dei Cimmeri e dirigendosi verso la Sicilia. Altri autori, pur escludendo che l'isola di Circe sia il basso promontorio Circello, la identificano con una delle isole flegree, forse anche con Procida e Vivara che sembrano unite, e potreb- bero esserlo state in altri tempi, tantoppiù che la favola di Circe si ritiene anteriore ai tempi omerici , sebbene le caratteristiche di boscosa, vasta e con porto ampio non saprei proprio ora a quale delle isole flegree possano riferirsi. In ogni modo qualunque spiegazione si accetti, e per ora è meglio nessuna, rimane sempre assodato anche da quest'ultima leggenda che la. regione partenopea (e non solo la zona vulca- nica) ha subito in tempi geologicamente attuali cambiamenti non indifferenti, intensi al punto da cambiarne l'estensione ed in parte anche la topografia. — L' esistenza nelle isole tirrene di grandi superfici occu- pate da formazioni anteriori al cenozoico è un'altra prova a fa- vore dell' ipotesi della loro antica unione con il prossimo con- tinente, esteso sino a comprenderle ed emerso da tempi remoti, sinché si sarebbe sprofondato nel mare alla fine del terziario e nel più antico quaternario. Nel pliocene la Tirrenide già dovette esser separata dall'Appennino da un tratto di mare oggi ricol- mato, dove sorsero poi i gruppi vulcanici delle serie centrale e meridionale. Infatti alla base delle Alpi Apuane e del prossimo Appennino esistono estesi depositi pliocehici formatisi entro la- ghi e paludi, ricchi di molluschi d'estuario. Se si ammette , con il Suess '), essere il Mediterraneo un 1) Suess E. — L'Aspetto della Terra, traduz. Vivassa de Regny, II, p. 189. — 138 — mare di sprofondamento, si- deve anche accettare, con l' ipotes della Tirrenide, l'altra che il sistema sardo-corso sia il prolun- gamento delle Alpi. Negando 1' esistenza della terra terziaria e spiegando in altro modo l'origine del bacino mediterraneo, ri- mangono inspiegati non pochi fatti e molte osservazioni '). Iniziatasi la sommersione di una parte della Tirrenide nel messiniano , legami sarebbero esistiti tra le isole tirrene ed il continente sino ai primi del quaternario. Il movimento d'immer- sione mostrasi avvenuto ad imbuto dal nord e dal sud verso un'area mediana del Tirreno, dove la profondità è maggiore; piìi lento a mezzogiorno che a settentrione, ove più intensi sono i bradisismi discendenti. Nell'Italia meridionale, specialmente nella regione partenopea, si ebbero alternanze di movimenti per cause locali dovute al vulcanismo. Per es. i forti innalzamenti , come quello di 5 m. dei secoli XV e XVI, elisero i movimenti opposti. L'Arcipelago toscano si formò in conseguenza del suddetto movimento ad imbuto da due direzioni che avevano convergenza in una linea passante per lo stretto di Bonifacio; movimenti oro- genici che produssero rotture, emersioni, sprofondamenti al mar- gine della catena appenninica ^) e prepararono le condizioni per le esplosioni delle intense attività del vulcanismo tirreno , che *) Noterò come siensi trovate rocce cristalline antiche anche al disotto delle formazioni vulcaniche flegree. Iohnston Lavis {Report of the Coinmittee ap- pointcd for the investigation of the Volcanic phenomena of Vesuvius and its neighbonrhood, dniwn hy Dr. ti. I. Iohnston Lavis, M. D., F. G. S., Secre- tary \ 1*.)84, p. G) parla di ima diorite micacea nel sottosuolo del cantiere Armstrong a Pozzuoli ed in pochi altri punti dei Campi Flegrei. La roccia fu dal Lavis fatta osservare in sita al prof. Roth di Berlino. Anche all'estremità settentrionale dell'isoletta di Zannone (Pontine) si tro- vano scisti d'aspetto molto antico sottoposti a calcari non fossiliferi. Non è im- probabile che anche essa facesse parte della prossima catena appenninica. ~) Il Walther (/ vulcani sottomarini del golfo di Napoli; Boll. R. Comit. Qeol., Roma 1886, n. 9 e 10) ammette che una dislocazione tirrenica, durante 0 poco dopo l'oligocene, ed una appenninica., alla fine del cretaceo, avrebbero prodotto il bacino del golfo di Napoli. Il Lang {Die viilcan. Merde am Golf e d. Neapel, Zeitschr. Deut. Geol. Qesellsch., XLV Band, 2 Heft) ritiene poi che il suddetto bacino sarebbe stato originato dallo sprofondamento dovuto all'azione simultanea di tre fratture con direzione diversa ed aventi la loro causa nel vulcanismo ; frattura pontina, da — 139 — da sottomarino diventò subaereo quando i detriti ricolmarono i bracci di mare su cui sorsero i coni ed i fondi s' innalzarono per il moto ascendente postpliocenico. Non pochi vulcani sono ora scomparsi per i movimenti di immersione e per causa delle azioni erosive; ma di essi possiamo quasi sempre notarne la primitiva probabile posizione presso le sporgenze delle terre e nelle zone di maggior fratturamento. Una catena continua dovevano formare le isole flegree e pontine dal Capo Miseno al Capo Circello ; essa dovette esser rotta dalle stesse cause che slabbrarono i crateri nel loro lato S o SO (vale a dire spostamento degli assi eruttivi ed erosione marina per azione del vento di SO). Nelle isole pontine le coste che si guar- dano mostrano una frattura fresca ed una superficie non ancora attaccata dalla erosione come in altre parti. Altra catena doveva esser costituita dai vulcani della Sicilia orientale e da quelli scom- parsi della costa calabrese. Vulcani sottomarini si ritengono le secche del golfo di Napoli, nonché forse una sporgenza sotto- marina nella Bocca piccola di Capri, sorta in concomitanza alla separazione dell' isola dal prossimo continente. Certo altri vul- cani oggi non più rintracciabili dovevano esistere nelle vicinanze. Comuni sono nel lato orientale dell' isola, sulle alture e nel fondo del mare , cristalli di augite e frammenti di leucotefrite ; nelle N a S; appenninica, a NO; tirrenica, a SO e lunga oltre 600 km. dal Vulture al M. Ferru in Sardegna. Anche scrittori di altri tempi notarono la frattura fresca di coste guardanti il mare ed ebbero l'idea di avvenuti sprofondamenti. Notisi al proposito il se- guente passo del Breislak {Topografia fisica della Campania, Firenze 1798, cap. I) : " Se per mare si costeggi questo promontorio (di Gaeta) si veggono molte verticali fenditure, le quali penetrano nella massa del monte e giungono sino alla sua sommità, incominciando dal fondo del mare. Le loro pareti lisce e senza irregolari scabrosità, che sporgono in fuori, non sono parallele, diver- gono dalla parte del mare e convergono verso la cima del monte nelle opposte direzioni. La perfetta corrispondenza e posizione nel medesimo piano che hanno gli strati del monte nelle due opposte facce delle fenditure dimostra che queste sono state prodotte da una causa , la quale abbia nello stesso tempo e nello stesso modo agito sopra tutta la massa della montagna. Farmi quindi verisi- mile il pensare che queste fissure siansi formate in un grande generale avval- lamento di tutto il promontorio di Gaeta, ehe in un medesimo istante siesi di molto abbassato senza cambiare il suo piano verticale „ — 140 — pozzolane usate per fabbricare s' incontrano bombe vulcaniche e nella raccolta del Dr. Cerio ne esiste una sanidinica pesante circa quattro chilogrammi ed un' altra di lava con grossi cristalli di augite. Provennero tutti i suddetti materiali vulcanici per trasporto eolico della Regione Flegrca? Non merita forse d'esser ripresa in esame l' ipotesi dei vulcani fluoriferi della Campania, che Ar- cangelo Scacchi sostenne negli ultimi tempi di sua vita? — Da quanto nelle precedenti pagine rapidamente ho ac- cennato chiaro sembra risultare che anche non poche osserva- zioni fatte neir isola di Capri possono addursi a prova delle an- tiche condizioni della regione tirrena. Nella nostra bella isola notiamo egualmente l'esistenza di organismi viventi su di essa e nella terraferma vicina od in Sicilia ; osserviamo le prove di una sua maggiore estensione in altri tempi e di oscillazioni intense, mentre i materiali vulcanici qua e là dispersi, ci dicono come le azioni endogene nella regione del Golfo avessero avuto in altri tempi più vasto e più intenso campo, forse in concomi- tanza con i movimenti che produssero il completo distacco del- l' isola della vicina terra. L' idea della esistenza della Tirrenide dalle suddette osser- vazioni non esce affatto diminuita; anzi essa spiega agevolmente tanti fatti biologici, paleontologici, geomorfologici e geodinamici, nonché la maggiore intensità del vulcanismo presso le coste e le sporgenze del continente. Così attraverso vicende varie e per azione di tanti fattori, venne a delimitarsi il contorno del Mar Tirreno e si modella- rono le spiagge che lo circondano con i loro golfi, valli, fiumi ed isole, caratterizzanti il lato occidentale d' Italia, sulle cui coste più frastagliate e varie ebbe sede la più fiorente civiltà ed an- cora in parte soggette ai fenomeni endogeni, più di ora intensi, furono viste dai navigatori dell'antica Eliade, quando dalle spiag- ge di Aretusa si avvicinarono ai lidi dorati dedicati a Venere. Finito di stampare il 30 maggio 1920. Studi sull'emocianina IIL - U azione dei gas e dei cianuri alcalini sul!' emocianina del socio Aurei D» Craifaleanu (Dal laboratorio di chimica biologica della Stazione Zoologica di Napoli) (Tornata del 17 agosto 1919). 1. Introduzione. 2. L'azioìie dell'ossigeno sull'emocianina. 3. L'azione del biossido di carbonio. 4. La cristallizzazione dell'einocianina ridotta. 5. L'azione dell'ossido di carbonio. 6. La cristallizzazione della carbossiemocianina. 7. L'azione dell'idrogeno. 8. L'azione dell'idrogeno solforato. 9. L'azione dei cianuri alcalini. 10. Cristallizzazione della cianemocianina. Sin dal 1847 Harless i) ha osservato che il colore bleu del sangue di Helix scompare se si tratta il sangue con una corrente di biossido di carbonio e ritorna di nuovo bleu dopo agitazione con aria. Le ricerche di P. Bert 2) (1867) sul sangue di- 5^/7 /a e quelle di Rabuteau e Papillon ^) su quello di Octopiis e crostacei con- dussero a risultati simili a quelli di Harless sul sangue di He- lix. Fu Fredericq ^) nel 1878 quello che stabih definitivamente, ') Harless, E. — Ueber das hlaue Bliit eiiiiger wirbelloser Thiere iind dessert Kupfergehalt : MùUer's Archiv. p. 148, 1847. -) Bert, P. — Sur la physiologle de la Selche : C. R. Acad. Se. Paris. Tome 65, p. 300, 1867. •*) Rabuteau et Papillon, F. — Observations sur quelques liquides de l'organlsine des Poissons, des Crustacées et des Cephalopodes : C. R. Acad. Se. Paris. Tome 77, p. 137, 1873. ^) Fredericq, L. — Re'che'rches sur la physiologle du poiilpe commuti {Oc top US vulgaris): Arch. Zool. Expér et Generale, Tome 7, p. 535,1878. — 142 — nel suo interessante lavoro sulla fisiologia dtWOctopus vulgaris, che la colorazione bleu del sangue è legata allo stato ossige- nato d'una sostanza proteica che si trova in dissoluzione nel sangue. Egli mostrò 1' analogia fra questa e l'emoglobina e la cliiamò emocianina, dal greco (U|iu == sangue e xuavoc; == bleu. Perdendo l'ossigeno il sangue diventa incolore e così si presenta nel sistema venoso, nell'animale vivo, o dopo introdu- zione di biossido di carbonio nel sangue bleu estratto dall' ar- teria cefalica ed anche da se stesso dopo qualche tempo. Le ri- cerche di Krukenberq ') e degli altri autori confermarono i dati di Fredericq. Anche l'azione di altri gas sul sangue bleu fu fonte di va- rie osservazioni. Così Fredericq osserva che anche 1' idrogeno solforato scolora il sangue bleu di Octopiis vulgaris. Kruken- berq mostra che l'idrogeno, il biossido di carbonio, l'ossido di carbonio scolorano il sangue, ma che la colorazione bleu ri- torna dopo agitazione con aria, mentre 1' idrogeno solforato lo colora in giallo. Queste osservazioni della scolorazione del sangue bleu sotto l'influenza di questi gas furono riconfermate da ulteriori autori e formano le basi delle attuali conoscenze su questo argomento. Alsberq -) ha descritto l'azione dei diversi gas sul sangue di Limiiliis pòUphetmis. L'emocianina ridotta non fu ancora ottenuta cristallizzata co- me non fu studiata neanche la cristallizzazione dell' emocianina sottoposta all'azione dei diversi gas ed ho creduto interessante di esporre in questo lavoro i risultati delle mie ricerche su que- sto riguardo. In quello che segue descriverò l'azione che cia- scun gas, da me studiato, ha suH'emocianina ed il modo come ho ottenuto cristallizzate l'emocianina ridotta, la carbossiemocia- nina e la cianemocianina. *) Krukenberq. — Vergi, physiol. Studien, Reihe. I, Abth III, p. 66,1880. -) Alsberg, C. L. — Note on the reduction of oxy-haemocyanin in the seru/n of L i in ulus p o ly p he ni n s. Journal of biological chemistry. Voi. 23, pag. 495, 1915. — 143 •— L'azione dell'ossigeno sull'emocianina. Il colore bleu del sangue è dunque 1' esponente dell' emo- cianina ossigenata , dell'ossiemocianina, mentre 1' emocianina ri- dotta è incolore. L'emocianina ha una grandissima tendenza ad ossigenarsi e come si vedrà piii avanti, potrei dire che la vera forma stabile è l'ossiemocianina. Raccogliendo, in un bicchiere, il sangue bleu d'un Octopiis, per esempio, si osserva che dopo un certo tempo il sangue si scolora, incominciando dal fondo in sopra come già osservarono Frederic ') e Krukenberq -). Basta, però, una leggiera agitazione, così da mettere il sangue in contatto coll'ossigeno dell'aria per ridargli il colore bleu pri- mitivo. È impossibile filtrare il sangue così decolorato senza riossigenarlo ed ho già indicato questo mezzo per una pronta riossigenazione dell' emocianina ■'•). L'emocianina mostra dunque una grande affinità per l'ossigeno. Questa affinità dell' emocia- nina per l'ossigeno è una funzione di temperatura. Se riscaldia- mo con precauzione il sangue di Octopus od Eledone osserviamo che verso la temperatura di 60°, il colore bleu sbiadisce molto e verso il 65° C il sangue quasi perde il colore bleu. In questo stadio la soluzione sembra di un colore leggermente giallo-bru- nastro se guardata per trasparenza, e bleu chiaro se guardata per riflessione. Se nella soluzione così scolorata facciamo passare una cor- rente di ossigeno, mantenendo la temperatura di 63°-65*', la so- luzione non si ricolora piìi in bleu. K questa temperatura l'ossi- geno non ha nessuna influenza sull'emocianina ridotta. L' emocianina è semplicemente dissociata a questa tempe- ratura, ma non alterata. Infatti , se lasciamo raffreddare la soluzione essa si ricolo- rerà in bleu, benché poco intenso, una parte dell'ossigeno es- ') Frederico, L. — Loc. cit. -) Krukenberq. — Loc. cit. ■') Craifaleanu, a. — Stiidies oii the haemocyanin. I. On the crystalli- zatioii of the oxy -haemocyanin. Boll. Soc. Nat. Napoli, Voi. 31, p. 88, 1919. -^ 144 — sendo stata eliminata col riscaldamento; ma se introduciamo nella soluzione raffreddata, alla temperatura ambiente, una corrente di ossigeno la colorazione bleu s' intensifica, ritornando allo stato primitivo. Alla temperatura ambiente l'ossiemocianina è la for- ma più stabile. Alla temperatura di 65°C. l'ossiemocianina è dis- sociata e non può essere riossigenata a questa temperatura, alla quale l'emocianina ridotta sembra essere la forma stabile. Alla temperatura ambiente l'emocianina ridotta è immediata- mente riossigenata. Il fatto che l'ossiemocianina è una funzione di temperatura può essere dimostrato col seguente bello esperimento. Si riscalda un tubo da saggio, contenente sangue bleu ossigenato, immergen- dolo in un bicchiere con acqua che viene riscaldata per mezzo di una lampa a gas. Quando la temperatura nel tubo da saggio arriva verso i 64o-65° C, il sangue è quasi scolorato. Facendo passare una corrente d'ossigeno nel sangue scolorato questo non si ricolora. Interrompendo la corrente di ossigeno, s' introduce il tubo da saggio in un miscuglio refrigerante di acqua e ghia- do in modo che soltanto la metà inferiore del contenuto venisse immerso nel miscuglio refrigerante, il resto restando in contatto colla temperatura ambiente. In questo modo la metà inferiore che viene raffreddata più presto si ricolora in bleu più presto dello strato superiore che si raffredda più lentamente. La soluzione d'emocianina si ricolora dunque più presto alla temperatura più bassa dello strato inferiore immerso nel miscuglio refrigerante. Dunque 1' ossiemocianina è dissociata a 65°, senza che le sue proprietà siano alterate, se la durata dell'azione di questa tem- peratura non è troppo prolungata. Riscaldando il sangue sopra 65° l'emocianina coagula e pre- cipita sotto forma di fiocchi bianchi. Questo esperimento si può eseguire nel seguente modo : Si diluisce il sangue bleu con pa- recchie volte il suo volume d'acqua. Si introduce il sangue di- iuito in un bicchiere e si riscalda sul bagno d'acqua, agitando continuamente il sangue con un bastoncino di vetro. Alla tem- peratura di coagulazione la colorazione bleu sparisce e fiocchi bianchi di emocianina coagulata si formano nella soluzione. Con- — 145 — tinuando col riscaldamento e l'agitazione, finché tutta 1' emocia- cina sia coagulata essa precipita sotto la forma di un preci- pitato fioccoso, nuotando in un liquido chiaro incolore. Si lascia ora raffreddare il bicchiere: il precipitato si raduna al fondo e presenta ora una bella colorazione bleu celeste. Filtrato ed a- sciugato esso ha un bel colore bleu verdastro. Ammettendo , dunque, che il colore bleu è legato dallo stato ossigenato del- l'emocianina, dobbiamo ammettere che se i fiocchi bianchi pre- cipitati alla temperatura di coagulazione erano di emocianina ridotta, codesta anche nello stato coagulato fu atta ad assorbire l'ossigeno, così che il precipitato bleu verdastro, nello stadio fi- nale, è costituito dall'ossiemocianina, quale in questo istato è in- solubile e non può essere scolorata piìi. Riscaldando l'ossietnocia- nina coagulata ed asciutta, essa conserva il suo colore e s' im- brunisce se la temperatura sorpassa i 90° -100". Come ho già descritto in un precedente lavoro anche i cristalli di ossiemocia- nina hanno un bel colore bleu verdastro. Probabilmente la coa- gulazione ha apportato un cambiamento anche nella costituzione chimica, il gruppo labile che facilmente cedeva ossigeno e si os- sigenava, essendo ora fissato. Vediamo ora qual'è l'azione di altri gas sull' emocianina e come avviene la cristallizzazione nella soluzione satura di que- sti gas. L'azione del biossido di carbonio. Certi autori hanno trovato che l'anidride carbonica precipita l'emocianina dalla soluzione (sangue). Varie volte io ho ripetuto questo esperimento col sangue di Octopus ed Eledone, con solu- zioni in acqua di emocianina cristallizzata ma non ho osservato mai nessuna precipitazione per quanto lunga fosse stata la durata (circa 2 ore) dell'introduzione della corrente di biossido di car- bonio. Raramente ho potuto osservare una debole opalescenza, ma di una vera precipitazione non fu il caso. Eseguiamo da vicino l'azione del biossido di carbonio sulla emocianina in soluzione. Il biossido di carbonio era prodotto in un apparecchio — 146 — Kipp , dal tnarmo ed acido cloridrico e , prima d'essere intro- dotto nel sangue, veniva lavato in una bottiglia Wolf contenente acqua. Introducendo la corrente di biossido di carbonio nel sangue bleu di Octopiis od Eledone, si osserva che dopo poco tempo il colore bleu incomincia a sbiadire e piano piano la soluzione si scolora sempre di piìi, finché diventa quasi incolore. Agitandola con aria, od introducendo una corrente di ossigeno nella soluzione così scolorata , questa riacquista il suo colore primitivo. La cristallizzazione dell'emocianina ridotta. L'emocianina ridotta, incolore, non fu ottenuta cristallizzata finora. Ammettendo che la scolorazione del sangue per 1' anidride carbonica è semplicemente un processo di dissociazione , la so- luzione incolora deve contenere in dissoluzione emocianina ri- dotta. Per la cristallizzazione di quest' ultima ho proceduto nel seguente modo. Ho decolorato il sangue con una corrente di biossido di carbonio e poi l'ho trattato con una soluzione satura di solfato di ammonio nel modo descritto' per la cristallizzazione dell' emocianina. Alla fine ho introdotto di nuovo biossido di carbonio per allontanare tutto l'ossigeno dalla soluzione. Il bic- chiere (Erlenmeyer) contenente la soluzione veniva poi chiuso con un tappo e lasciato per la cristallizzazione. Da questa soluzione si formano cristalli bianchi della stessa forma come quelli che ho descritti già per l'ossiemocianina ^) e che si trovano fotografati in un mio precedente lavoro. Così dal sangue di Octopiis vulgaris si formarono i caratteristici projettili od aghi, ora incolori; e dal sangue di Octopus macropus ed Eledone si formarono aghi in- colori. Allontanando il tappo, dopo la formazione dei cristalli bianchi, questi sotto l'azione dell'ossigeno dell' aria si colorano piano piano in bleu verdastro. Se nella soluzione si trova ancora emocianina allora, cri- cristalli e soluzione si colorano sotto l'azione dell'aria. Se ora nella soluzione così colorata si introduce una corrente di anidride *) Craifaleanu, a. — Loc. cit. — 147 — carbonica, i cristalli si scolorano di nuovo. Col tempo, però, i cristalli colorati perdono la proprietà di decolorarsi sotto l' in- fluenza del biossido di carbonio. Così un preparato fatto nel mo- do descritto fu lasciato per due mesi in riposo. I cristalli bian- chi al principio diventarono intensamente verdastri. Il bicchiere non era ermeticamente chiuso. Introducendo, ora, dopo due mesi, una corrente di biossido di carbonio, dopo 2 ore il colore dei cristalli non ha cambiato. Furono centrifugati e sciolti in poca acqua. Si sciolsero molto facilmente con un bel colore bleu verdastro. In questa soluzione fu introdotta la corrente di biossido di carbonio, ma il risultato fu lo stesso: il colore restò inalterato per quanto lunga fosse stata la durata della corrente di ani- dride carbonica. Trattata con ossido di carbonio (vedere più lontano) anche in questo caso il colore è rimasto inalterato. Dunque l'ossiemocianina ha perduto, in questo caso, la proprietà di dissociarsi. Lo stesso fenomeno l'ho osservato con vecchi cristalli di ossiemocianina. Così ho trattato il sangue con la soluzione di solfato di ammonio per la cristallizzazione dell'ossiemocianina, ed il bicchiere contenente la soluzione ed i cristalli di ossiemocia- nina furono lasciati per parecchio tempo in riposo. Dopo circa due mesi furono centrifugati e disciolti in poca acqua. La solu- zione bleu non fu decolorata né dal biossido di carbonio né dall'ossido di carbonio. Dunque un cambiamento deve essere avvenuto nella costi- tuzione della molecola di ossiemocianina. L'ossigeno non é ceduto più come facilmente avviene con l'ossiemocianina fresca, ma resta fissato come nella metemoglobina e per analogia con questa chiamerò metemocianina, questa forma di ossiemocianina più stabile, non dissociabile. Devo no- tare che dalle poche osservazioni finora fatte ho osservato que- sta trasformazione dell' ossiemocianina in metemocianina sola- mente nei cristalli ma non nel sangue. 148 L'azione dell'ossido di carbonio. L'ossido di carbonio veniva preparato dall'acido ossalico e acido solforico, e prima di essere introdotto nella soluzione di emòcianina veniva lavato dal biossido di carbonio facendolo pas- sare per due bottiglie Wolf contenenti una soluzione concen- trata d' idrato potassico. Facendo passare una corrente di monossido di carbonio at- traverso una soluzione di ossiemocianina (sangue di Octopiis od Eledone) questa si scolora quasi istantaneamente. Secondo la ra- pidità con la quale ha luogo la decolorazione credo che qui non si tratti semplicemente di una dissociazione dell' ossiemocianina ma piuttosto di una combinazione fra l'ossido di carbonio e l'e- mocianina. La soluzione scolorata coll'ossido di carbonio si ri- colora di nuovo agitandola con aria, ma più lentamente che nel caso del biossido di carbonio. Delle volte la ricolorazione avveniva così lentamente che neanche dopo 20 minuti di in- troduzione di una corrente di ossigeno la soluzione non acqui- stava il colore primitivo, ma soltanto lasciandola fin l'indomani, al contatto dell'aria, la soluzione riacquistava il suo colore. Pro- babilmente si forma una carbossiemocianina, ma questa è un composto labile quale si dissocia in presenza dell'ossigeno, per- dendo l'ossido di carbonio, e passando nella forma più stabile di ossiemocianina. La carbossiemocianina sarebbe stabile sol- tanto in presenza di un eccesso di ossido di carbonio. Il sangue dializzato si comporta nello stesso modo. La cristallizzazione della carbossiemocianina. Per cristallizzare questa ipotetica carbossiemocianina ho de- colorato il sangue con ossido di carbonio e poi 1' ho trattato colla soluzione satura di solfato di ammonio. La soluzione in- colore fu lasciata a cristallizzare in un bicchiere chiuso con tappo. La formazione dei cristalli avviene facilmente. Essi sono incolori e della stessa forma come quelli di ossiemocianina. Dal sangue di Octopus vulgarls si ottengono le stesse forme carat- teristiche per la corrispondente ossiemocianina ^) od anche aghi ') Craifaleanu, a. — Loc. cit. — 149 — mentre dal sangue di Odopus macropus od Eledone si otten- gono soltanto aghi incolori. Al contatto dell'aria questi cristalli si colorano lentamente in bleu verdastro (ossiemocianina). Se nella soluzione contenente in so- spensione questi cristalli, colorati in presenza dell'aria, si intro- duce di nuovo ossido di carbonio questi si scolorano comple- tamente. I cristalli si comportano, dunque, esattamente come la loro soluzione. La soluzione contenente in sospensione i cristalli incolori si può conservare così in una boccetta chiusa se i cri- stalli si trovano in presenza di un eccesso di ossido di carbonio. Si potrebbe facilmente supporre anche che i cristalli inco- lori siano di emocianina ridotta e non carbossiemocianina. Ma secondo quello che ho esposto prima, cioè la rapidità con la quale la soluzione è scolorata dall'ossido di carbonio e la len- tezza con la quale si ricolora coll'ossigeno credo che si tratti della carbossiemocianina, la quale però, non è stabile che in pre- senza di un eccesso di ossido di carbonio, mentre in presenza dell'ossigeno passa in ossiemocianina. L'azione dell'idrogeno. L'idrogeno fu preparato dallo zinco ed acido solforico e prima d'essere introdotto nella soluzione di emocianina veniva lavato in una bottiglia Wolf contenente una soluzione alcalina di pirogallolo in modo da ritenere 1' ossigeno che avrebbe potuto renderlo impuro. Facendo gorgogliare una corrente d'idrogeno nel sangue di Odopus od Eledone la sua azione è molto lenta. Mentre l'os- sido di carbonio scolora quasi instantaneamente la soluzione di emocianina, l'idrogeno non l'ha scolorata completamente neanche dopo un quarto d'ora o piiì. Dopo aver fatto passare per una mezz'ora una corrente d'idrogeno attraverso il sangue bleu, è ba- stato agitarlo leggermente coll'aria per far ritornare immedia- tamente il colore primitivo. Se nel sangue scolorato coll'idrogeno si introduce una corrente d'ossigeno, già le prime bolle d'ossi- geno ricolorano il sangue. Ora riesce ancora più evidente la dif- ferenza fra l'azione dell'ossido di carbonio e quella dell'idrogeno. Il sangue dializzato si comporta nello stesso modo. — 150 — L'azione dell'idrogeno solforato. Ben diversa, è l'azione dell' idrogeno solforato suU' emocia- nina. L'idrogeno solforato veniva preparato dal solfuro di ferro ed acido cloridrico e prima d'introdurlo nella soluzione veniva lavato nell'acqua. Se s'introduce una corrente d'idrogeno solforato nel sangue di Octopus od Eledone, al principio questo si scolora , poi di- venta gialla e continuando coll'introduzione dell'idrogeno solfora- to il colore giallo diventa brunastro, la soluzione diventa opa- lescente ed infine si forma un precipitato bruno. Agitandola ora coll'aria od introducendo una corrente d'ossigeno non si ricolora più in bleu : l'emocianina è decomposta dall' idrogeno solfora- to. L'idrogeno solforato scinde il rame ed lo precipita come sol- furo di rame che al principio resta in soluzione allo stato colloi- dale, donde il colore bruno della soluzione, ed in fine precipita. Se r introduzione della corrente d' idrogeno solforato è di breve durata, soltanto una parte dell' emocianina è scomposta così che per agitazione coll'aria od ossigeno si ricolora di nuovo in bleu, mentre dalla soluzione si separano piccole quantità di precipato bruno. Il sangue dializzato si comporta nello stesso modo. Così ho dializzato il sangue per cinque giorni contro l'acqua distillata ri- petutamente cambiata. In questa soluzione ho introdotto la corrente d' idrogeno solforato per circa un minuto: il colore della soluzione è diven- tato giallo-brunastro; dopo pochi minuti il colore diventò bruno col riflesso bleu. Ho introdotto di nuovo idrogeno solforato per circa due minuti. Il colore bruno diventava piiì scuro, e col tem- po si inbrunì sempre di piiì. Alla fine si formò un precipitato bruno. Dunque l' idrogeno solforato altera l' emocianina mettendo il rame in libertà precipitandolo sotto forma di solfuro di rame. Anche una parte di sostanza proteica viene precipitata. — 151 — L'azione dei cianuri alcalini KoBERT ') osservò che trattando il sangue di Eledone con una goccia di una soluzione diluita di cianuro di potassio, il sangue si scolora immediatamente e che dopo agitazione con aria il colo- re bleu ritorna molto difficilmente. Da ciò egli conchiuse alla formazione delia cianemocianina. La formazione di questo com- posto è di interesse anche perchè così si stabilisce un analogia di più fra l'emocianina e l'emoglobina. Ho creduto interessante di studiare più da vicino questa reazione è di isolare, se pos- sibile, questo ipotetico composto. Espongo qui i risultati che ho ottenuto finora. Se ad una soluzione di ossiemocianina (sangue di Octopus od Eledone) si aggiunge, goccia a goccia, una soluzione, diluita al uno per cento, di cianuro sodico o potassico si osserva che il colore bleu sbiadisce dopo l'aggiunta di ogni goccia di cianuro. Continuando coU'aggiunta di cianuro, si arriva ad un momento quando il colore bleu è sparito quasi del tutto. Dopo qualche tempo la decolorazione è anche più accentuata. La soluzione co- sì decolorata possiede un debole riflesso bleu ed e leggermente brunastra se guardata per trasparenza. Agitandola coH'aria od introducendo una corrente d'ossigeno nella soluzione così deco- lorata il colore bleu non incomincia a ritornare che dopo un lun- go tempo 0 non ritorna più se la soluzione si trova in una bot- tiglia chiusa. Se, però, lasciamo la soluzione decolorata esposta all'aria, in un bicchiere o meglio in una capsula, si osserva che il colore bleu ritorna dopo parecchie ore o sino all'indomani od anche più tardi. Se la quantità di cianuro aggiunta fu in eccesso, la colo- razione appare più tardi. Se il vaso contenente la soluzione scolorata dal cianuro viene tenuto chiuso, il liquido si conserva incolore. È dunque evidente che 1' ipotetica cianemocianina che si formerebbe coU'aggiunta del cianuro è un composto instabile ') KoBERT, A. — Ueber Hàmocyanin nebst einigen Notizen iiber Hdme- rythrin: Pfuger's Arch. ges. Physiol. Bd. 98 p. 411, 1903. — 152 — tendente a passare, in presenza dell' aria , di nuovo in ossiemo- cianina o in un altro composto colorato contenente forse un altro numero di molecole di cianuro o avendo un' altra costi- tuzione chimica. Anche il così detto albuminato di rame verde, precipitato da una soluzione di albume d' uovo con una soluzione diluita di solfato di rame, si scolora analogamente se trattato con una soluzione di cianuro potassico, come d'altronde avviene con qua- lunque sale di rame, formandosi composti complessi incolori. Così la soluzione ammoniacale dei sali di rame etc. L' emocia- nina essendo anche esso un composto di rame si comporta in modo analogo col cianuro. La cristallizzazione della cianemocianina. Nell'intento di isolare questa ipotetica cianemocianina ho ricorso al tentativo di cristallizzazione, seguendo lo stesso meto- do adoperato nei precedenti casi. A questo scopo ho trattato il sangue, scolorato dal cianuro, colla soluzione satura di solfato di ammonio, aggiungendo o meno acido acetico. II vaso contenen- te il miscuglio veniva chiuso con un tappo. Dopo nn certo tem- po la cristallizzazione avveniva perfettamente. Cristalli bianchi della stessa forma di quelli descritti per 1' ossiemocianina i) si formano abbondantemente. Così dal sangue di Octopus vulgaris si ottengono projettili od aghi ; da quello di Octopus niacropus ed Eledone moscata si formano soltanto gli aghi (bastoncini). Per affrettare la cristallizzazione si lascia scoperto il bicchiere colla soluzione e quando la cristallizzazione incomincia, se il li- quido incomincia a colorarsi si aggiunge qualche goccia di so- luzione di cianuro sino alla completa scolorazione. Se ora si lascia scoperto il bicchiere contenente in sospen- sione i cristalli bianchi si osserva il seguente fenomeno. I cri- stalli si colorano piano piano prendendo una tinta liliacea; dopo un tempo più lungo [giorni o settimane] il colore diventa in- tensamente violaceo. Il liquido soprastante si colora anche esso se tiene ancora cianemocianina in dissoluzione; ma se i cristalli inco- *) Craifaleanu, a. — Loc. cit. — 153 — lori venivano lavati colla soluzione di solfato di ammonio e erano conservati poi in soluzione di solfato di ammonio allora illiquido resta incolore, essendo i cristalli violetti insolubili in una solu- zione semisatura di solfato di ammonio. Centrifugati e lavati colla soluzione di solfato di ammonio i cristalli violetti si sciolgono facilmente in acqua formando una soluzione bleu con una leggera tinta violacea. Trattata con una corrente di biossido o monossido di carbonio, la soluzione non si scolora più neanche dopo un'ora e mezza di introduzione della corrente di gas. Il cianuro lo scolora di nuovo. I cristalli di ossiemocianina hanno un colore bleu verdastro ben differente di quello di questi cristalli. Dunque la colorazione non è dovuta in questo caso semplicemente alla formazione di ossiemocianina. I cristalli, anche in questo caso, si comportano esattamente nello stesso modo come la loro soluzione. La cianemocianina incolore sarebbe dunque stabile soltanto in presenza di un ec- cesso di cianuro. Spero di poter riferire altri particolari in una prossima nota Finito di stampare il 30 maggio 1920. Studi suiremocianina IV, - Uazìone dei sa!i dei metalli pesanti sulì* emocianina del socio A«i*el D« Craifaleanti (Dal laboratorio di chimica biologica dèlia Stazione Zoologica di Napoli) (Tornata del 17 agosto 1919). Essendo 1' emocianina una sostanza proteica dà le reazioni comuni per queste sostanze. Così la reazione del biureto av- viene, benché debolmente, anche senza aggiunta di solfato di rame, il perchè l'emocianina stessa contiene rame nella sua mole- cola, il quale viene liberato dall'idrato sodico. Coll'aggiunta di sol- fato di rame la reazione del biureto è, naturalmente, molto più intensa. Una soluzione di idrato sodico o potassico al 10°[o od anche più diluita gelatinifica l'emocianina come l'albume d'uovo: Così se al sangue, contenuto in una capsulina, si aggiunge goc- cia a goccia una soluzione di idrato alcalino, mescolando con una bacchettina di vetro, la soluzione si rapprende in una massa gelatinosa consistente, di color bleu che, piano piano diventa vio- letta in seguito alla liberazione del rame ed avviene in seguito alla reazione del biureto. In acqua od in un eccesso di soluzione di idrato sodico questa massa gelatinosa si scioglie lentamente. L'acido acetico al principio forma nella soluzione di emo- cianina un precipitato solubile in eccesso di acido acetico diluito col colore bleu, però, dopo poco tempo quest'ultima soluzione si rapprende in un gelo così consistente da poter capovolgere il recipiente senza che cada il gelo. L'acido acetico glaciale precipi- ta l'emocianina sotto forma di un gelo. È nota la facilità con la quale gli acidi minerali mettono in libertà il rame dell'emocianina. Interessanti sono i composti che l'emocianina forma coi sali — 155 — di rame ed altri sali di metalli pesanti. Sono noti i così detti albuminati di rame cioè i precipitati verdi ottenuti trattando, per esempio, una soluzione di albume d'uovo, con una soluzione di- luita di solfato di rame. Questi composti furono argomento di varii studii e ricordo qui le interessanti ricerche di Galeotti ') che trattò questo problema dal punto di vista fisico-chimico nella luce della teoria dell'equilibrio chimico. Questi precipitati prodotti dalla soluzione diluita di solfato di rame nella soluzione di albume d'uovo, albumina del siero, etc, hanno la proprietà di sciogliersi in una soluzione concentrata, di solfato di rame ciò che ha condotto molti autori ad ammettere l'esistenza di due composti di rame : uno insolubile e l'altro solubile contenente maggiore quantità di rame nella sua molecola. In modo analogo si comporta l'emocianina come vedremo più avanti. Fredericq -) parlando dell'azione dei sali dei metalli pe- santi suU'emocianina dice che questi producono precipitati sta- bili, mentre Henze ^) osserva che l'acetato di piombo fa eccezione perchè il precipitato formato al principio è solubile in un eccesso di soluzione di acetato di piombo. Piiì tardi Kobert ') si è occu- pato dell'azione del solfato di zinco e del solfato di rame sul emocianina di Eledone ed ha mostrato che la soluzione di questi sali precipitano l'emocianina dal sangue e che dai precipitati trat- tati con una soluzione diluita di carbonato sodico si ricupera di nuovo l'emocianina. Le mie ricerche mi hanno condotto ad interessanti osser- vazioni che riassumo qui, brevemente, in forma preliminare. Come soluzione di emocianina ho fatto uso direttamente del ') Galeotti, G. — Ueber die sogennanten Metallverbindùngen der Eiweh- skorper nach der Theorie der chemischen Gleichgewichte: Zeit. phys. chem. Bd. 40, p. 492, 1903. ■-) Fredericq, L. — Récherches sur la physiologie dii poulpe commuti (Odo- pus vulgaris): Arch.Zool. expér et generale. Tome VII, p. 535, 1878. ^) Henze, M.—Zur Kemitniss des Hàmocyanins: Zeit. phys. Chem. Bd. 33 p. 371, 1901. ^) KOBERT, R. — Ueber Haemocyanin nebst einigen Notizen iiber tìamery- thrin: Pflugers Arch. ges. Physiol. Bd. 98, p. 411, 1903. — 156 — sangue. In altri casi ho dializzato il sangue per 4-5 giorni con- tro acqua distillata che veniva rinnovata ripetutamente. 1. Se nel sangue di Octopus od Eledone, dializzato, o no, si aggiunge goccia a goccia una soluzione diluita di solfato di rame si osserva che al contatto delle prime gocce di solfato di rame col sangue si forma un precipitato che si scioglie poi in seguito all' agitazione. Continuando coli' aggiunta di soluzione di solfato di rame il precipitato non si scioglie più e resta permanente. Si può fil- trare e lavare con acqua. Questo precipitato ha però la proprietà di sciogliersi tanto in una soluzione di emocianina (sangue) quanto in una soluzione concentrata di solfato di rame. L'emocianina si comporta dun- que verso il solfato di rame nello stesso modo come 1' albume d' uovo o la siero-albumina. Diluendo con acqua la soluzione fatta nella soluzione con- centrata in solfato di rame, si forma di nuovo il precipitato. 2. Trattando il sangue con una soluzione diluita di solfato di cadmio si forma al principio un precipitato bleu che si scio- glie in una soluzione piìi concentrata di solfato di cadmio, dalla quale precipita di nuovo per 1' aggiunta d' acqua. I cloruri si comportano nello stesso modo. 3. Una soluzione diluita di cloruro o solfato di nichelio pro- voca nel sangue la formazione d' un precipitato bleu solubile sia in un eccesso di sangue, sia in una soluzione più concentrata di sale di nichelio. In quest' ultimo caso 1' aggiunta d'acqua deter- mina di nuovo la precipitazione. 4. La soluzione di solfato o cloruro di cobalto si comporta come i sali di nichelio, producendo un precipitato liiiaceo so- lubile in una soluzione più concentrata di sale di cobalto. Più interessante ancora è il modo di comportarsi dei pre- cipitati, ottenuti dalle varie soluzioni diluite di sali, verso le so- luzioni concentrate di altri sali di metalli pesanti. Così : 1. Il precipitato avuto dalla soluzione diluita di solfato di nichelio nel sangue di Octopus , ha la proprietà di sciogliersi nella soluzione concentrata di solfato di cadmio ed anche più facilmente nella soluzione concentrata di solfato di rame. — 157 — 2. Il precipitato prodotto dalla soluzione diluita di solfato di cadmio si scioglie nella soluzione concentrata di solfato di rame. 3. 11 precipitato ottenuto dalla soluzione diluita di solfato di rame si scioglie in una soluzione concentrata di solfato di ni- chelio o di solfato di cadmio. 4. Il precipitato che si è avuto dalla soluzione diluita di sol- fato di cobalto si scioglie nella soluzione concentrata di solfato di nichelio o di solfato di rame. 5. La soluzione di nitrato d'argento produce nel sangue dia- lizzato ( per allontanare i cloruri ) un precipitato solubile nella soluzione concentrata di solfato di rame. 6. Una soluzione di solfato di zinco produce nella soluzione di emocianina un precipitato solubile nella soluzione concen- trata di solfato di rame. Come si vede i sali dei metalli pesanti si comportano con le soluzioni di emocianina in un modo del tutto interessante. A- vendo in corso altri esperimenti ed anche con altre sostanze proteiche ne riferirò piiì minutamente in un prossimo lavoro. La funzione fisiologica dell'emocianina è la stessa, qualun- que sia la sua origine: essa trasporta l'ossigeno preso dall'am- biente esterno al tessuto animale, fornendo così all'organismo questo elemento indispensabile per la sua vita. Nella loro co- stituzione molecolare, però, queste potrebbero differire una dal- l'altra. Le proporzioni di amino-acidi componenti la loro molecola ed il loro modo di aggrupparsi potrebbero variare da una spe- cie di animali all' altra, come può variare anche la quantità di rame che entra nella costituzione della loro molecola. Della na- tura chimica dell' emocianine mi occuperò in un' altra nota, avendo ancora esperimenti in corso. Le proprietà fisico-chimiche dell'emocianina variano secondo la loro provenienza ^). Un bell'esempio ci offre il paragone fra l'emocianina dei molluschi cefalopodi e quella dei crostacei. Per limitare ancora la discussione mi riferirò soltanto aWOctopus viilgarls, Octopiis macropus ed Eledone moscata per ciò che ri- guarda i molluschi. ') Dhéré, Qw. — Sur la diversitc des hémocyanines suivant leur prove- nance zoologiqiie: C. R. Acad. Se. Paris, Tome 157, p. 309. 1913. — 158 — Secondo le ricerche di Alsberg e Clark ^) suU'emocianina del sangue di Limiiliis poUphemus e quelle di Halliburton '-) su quella dei crostacei decapodi risultano per l'emocianina di que- sti animali certe proprietà differenti da quelle trovate da altri au- tori per l'emocianina di Octopus. Così l'emocianina di Limiilus, liomarus ed altri crostacei precipita alla dialisi, mentre, secondo le ricerche di Henze ■^), e le mie proprie osservazioni l'emocia- nina di Octopus non precipita. È vero che alle volte la soluzione diventa opalescente, ma di una vera precipitazione non è il caso parlarne, neanche dopo cinque giorni di dialisi contro acqua di- stillata ripetutamente cambiata. L' emocianina di Liniuliis perde il rame durante la dialisi. Da questi semplici dati già nasce il dubbio se in realtà si tratti di una stessa sostanza, benché vi siano autori i quali non inclinerebbero ad ammettere l'esistenza di varie emocianine. Se, dunque, nella letteratura troviamo spesso dati diversi su questo argomento non bisogna sorprenderci, per- chè spesso i diversi autori hanno studiato specie diverse di animali e poi bisogna tener conto anche di un importante fat- tore che possa facilmente condurre in molti casi a varii risul- tati, cioè la tecnica adottata. Nel dimostrare la diversità delle emocianine mi servirò in questa nota del modo come esse si comportano alla cristalliz- zazione. Ho già descritto in un altro lavoro ^) la facilità con la quale può cristallizzare l'emocianina di Octopus ed Eledone. Ad Alsberg e Clark, i quali adoperarono lo stesso metodo di Hofmeister, non fu possibile far cristallizzare l' emocianina del sangue di Linuilus poUphemus e con questo metodo non si è riescito, finora, di cristallizzare l'emocianina di nessun artro- podo. I tentativi che io feci di cristallizzare l' emocianina del sangue di Palinurus vulgaris, secondo questo metodo col solfato *) Alsberg, C. L. and Clark, E. D.— T/ie haemocyanin of Limulus Poly- phemus: Journ. Biol Chemistry Voi. 8, p. 1, 1910. 2) Halliburton, W. D. — On the blood of decapod cnistacea : Journ. Physiology. Voi. 6, p. 300, 1885. •^) Henze, M.~Zur Kenntniss des Hdmocyanins: Zeit. phys. Chem. Bd. 33, p. 371, 1901. ^) Craifaleanu, a. — On the crystallization of the haemocyanin: Boll. Soc. Naturalisti, Napoli voi. 31, p. 88, 1918. — 159 — ammonico, e che esporrò più avanti, non mi condussero a mi- gliori risultati; però, secondo le osservazioni che ho potuto fare finora ho acquistato la convinzione che l'emocianina di Palinu- ras debba essere differente da quella di Octopus ed Eledone. Dhere e BuRDEL *) hanno descritto un metodo del tutto nuovo per la cristallizzazione dell'emocianina del sangue di Palinunis, basato sull'azione della corrente elettrica sul siero dializzato ed ulteriore trattamento col cloruro sodico, ma poiché lo scopo delle presenti ricerche non è altro che quello di dimostrare, con un facile espediente, la diversità delle emocianine e non la possi- bilità o meno della loro cristallizzazione credo che il metodo di cristallizzazione col solfato ammonico, per la sua semplicità, of- fra un bel mezzo di mettere in evidenza la differenza fra l'emo- cianina dei molluschi cefalopodi {Octopus, Eledone) e quella dei crostacei {Palinunis). E' vero che il sangue di Octopus ed Eledone non contiene pili un' altra sostanza proteica in soluzione oltre l'emocianina e da qui la facilità delle ricerche, avendo da fare con una vera soluzione pura di emocianina, mentre il sangue di Liniulus e Palinurus, per esempio, contiene anche altre sostanze proteiche donde la difficoltà di ottenere soluzioni pure di emocianina. Limitiamo la discussione all'emocianina di Octopus vulgarls e a quella di Palinurus vulgaris. Neil' intento di cristallizzare l'emocianina del sangue di Pa- linurus ho proceduto nel seguente modo: Il sangue, che veniva preso da una zampa era agitato fortemente con un bastonci- no di vetro per impedire che si rapprendesse in una massa ge- latinosa compatta durante il processo di coagulazione. In questo modo il coagulo si separava bene dal siero che veniva poi fil- trato. Il siero così preparato non coagulava più e veniva ado- perato direttamente per le ricerche di cristallizzazione. Osservo qui che nel cercare di impedire la coagulazione ho ottenuto ot- timi risultati coU'ossalato neutro di potassio ed ancora migliori col fluoruro di sodio che ha anche il vantaggio di essere un buon preservativo, impedendo la putrefazione. Il fluoruro di so- ') Dhere, Ch. cIBurdel, A.— Sur la cristallisation d'une oxyhcmocyanine d'arthropode: C. R. Acad. Se. Paris Tome 158, p. 978, 1914. — 160 — dio impedisce o ritarda anche la riduzione dell' ossiemocianina. Così conservo ancora da mesi una boccetta col sangue bleu di Octopus contenente in dissoluzione 5 % fluoruro di sodio e che non ha cambiato ancora di colore. Il fluoruro di sodio mi ha mostrato però l' inconveniente di ostacolare la cristallizzazione dell'emocianina nel sangue di Octopus. Per le ricerche di cristallizzazione, il siero bleu di Palinurus preparato come ho detto sopra, veniva trattato con una solu- zione satura di solfato di ammonio esattamente nello stesso modo già da me descritto per il sangue di Octopus ed Eledone ^). Ad alcune pruove veniva aggiunto acido acetico, ad altre no. In nessun caso ha avuto luogo la cristallizzazione. L' emo- cianina ha precipitato sempre allo stato amorfo. In certe pruove veniva aggiunta minore quantità di soluzione satura di solfato di ammonio di quanto era necessario e la soluzione era lasciata ad evaporarsi lentamente alla temperatura ambiente, ma la pre- cipitazione dell'emocianina è avvenuta sempre allo stato amorfo. Finora , dunque , adoperando la stessa tecnica come nel caso del sangue di Octopus ed Eledone non sono riescilo a cristal- lizzare l'emocianina di Palinurus, con questo metodo, e l' insuc- cesso sta di certo nel fatto che abbiamo da fare con un'altra sostanza , un' emocianina differente da quella che si trova nel sangue di Octopus ed Eledone. Con questo non voglio ancora dire che l'emocianina di Octopus vulgaris, Octopus macropus ed Eledone moscata siano perfettamente identiche; si rassomigliano però tanto da ritenerle se non identiche almeno molto vicine. Secondo la forma cristallina 1' emocianina di Eledone si avvici- nerebbe più a quella di Octopus macropus; nessuna di queste due danno le forme cristaUine caratteristiche dell'emocianina di Octopus vulgaris. Possiamo ora domandarci se si tratta realmente di un'altra emocianina con proprietà differenti di quella dell' emocianina di Octopus, o se l'impossibilità di cristallizzazione dell'emocianina del sangue di Palinurus, col solfato di ammonio, non sia dovuta alla presenza, nel sangue, di qualche sostanza che impedisca la 1) Craifaleanu, a., loc. cit. — 161 — sua cristallizzazione, ammettendo che sia identica con quella di Octopns. Studiamo piiì da vicino questa questione. Se l'emocianina di Palinuriis fosse identica con quella del- VOctopus, per esempio, dovrebbe anche essa cristallizzare se si trova messa in identiche condizioni di cristallizzazione. Se poi, nel sangue di Paliniinis si trovino certe sostanze le quali impedi- scano la cristallizzazione dell'emocianina che vi si contiene, queste stesse sostanze dovrebbero impedire anche la cristallizzazione dell'emocianina di Ociopus viilgaris, se le due emocianine fossero realmente identiche o magari vicine. Il primo caso 1' abbiamo già trattato. L'emocianina di Pali- nurus non ha cristallizzato, benché le condizioni di cristallizza- zione fossero state identiche con quelle per la cristallizzazione dell'emocianina di Octopns. Stridiamo piià minutamente il secondo caso. ^ Ammettiamo per un momento che le due emocianine siano identiche e vediamo se sperimentalmente si può mettere in evi- denza qualche sostanza, nel sangue di Palinunis, che impedisca anche la cristallizzazione dell'emocianina di Octopus vulgaris. Ho cercato di risolvere questa questione nel seguente modo: ho mescolato il siero bleu del sangue di Palinunis col sangue di Octopus vulgaris ed ho proceduto alla cristallizzazione dell'e- mocianina da questo miscuglio di sangue dei due animali di- versi. In questo modo se le due emocianine fossero identiche dovrebbero cristallizzare assieme o se nel sangue si trovasse qualche sostanza che impedisca la cristallizzazione non dovrebbe cristallizzare nessuna delle due emocianine nel caso che siano identiche. A tale scopo ho fatto i seguenti miscugli: 1. Una certa quantità di siero di sangue di Palinunis fu mescolata colla stessa quantità di sangue di Octopus vulgaris così che nel miscuglio si trovavano parti uguali di sangue dei due animali. 2. Un altro miscuglio fu fatto mescolando due parti di siero di sangue di Palinurus con una parte di sangue di Octopus vul- garis così che nel miscuglio si trovava solo un terzo di sangue di Octopus. 3. Un terzo miscuglio veniva fatto mescolando tre parti di — 162 — siero di Palinurus con una parte di sangue di Octopiis vulgaris, così che nel miscuglio si trovava un quarto di sangue di Octo- piis di fronte ad un grande eccesso di sangue di Palinurus. Tutti e tre i miscugli furono trattati con una soluzione sa- tura di solfato di ammonio, nel modo già descritto i) e lasciati cristallizzare. In tutti e tre i miscugli si sono formati i caratteristici "prò jettili „ di emocianina di Octopus vulgaris. Ho lasciato stare per qualche tempo i bicchieri contenenti i miscugli, perchè la cri- stallizzazione fosse completa. La quantità di precipitato cristallino aumentò ad un maximum diverso per ciascun miscuglio. Il li- quido soprastante è rimasto colorato in bleu. Con questo metodo di cristallizzazione 1' emocianina può essere precipitata quantita- tivamente , in forma cristallina , dal sangue di Octopus e così il liquido soprastante diventa incolore e privo di sostanze proteiche. Esaminati al microscopio i tre precipitati, formati nei cor- rispondenti miscugli, essi consistevano nei " proiettili „ ~), le ca« ratteristiche forme cristalline dell'emocianina di Octopus vulgaris, mescolati con una piccola quantità di precipitato amorfo, proba- bilmente emocianina di Palinurus. Una parte del liquido soprastante, colorato in bleu fu cen- trifugato e filtrato. Riscaldato, si rapprendeva tutto in una massa di coagulo. Questo liquido conteneva quasi tutta l'emocianina di Palinurus, mentre 1' emocianina di Octopus aveva cristallizzato e fu facilmente identificata secondo le sue caratteristiche forme cristalline. Un altra parte del liquido bleu soprastante fu filtrato e la- sciato evaporarsi lentamente alla temperatura ambiente. L' emo- cianina di Palinurus ha precipitato allo stato amorfo. Quello che restava dei tre miscugli, coi cristalli di emocia- nina di Octopus vulgaris in sospensione, fu lasciato, come nel caso precedente, ad evaporarsi lentamente alla temperatura am- ') Craifaleanu, a., loc. cit. 2) Craifaleanu, a., loc. cit. — 163 — biente. Anche in questo caso l'emocianina di Palinurus ha pre- cipitato allo stato amorfo. La quantità di cristalli caratteristici di emocianina di Octo- piis vulgaris, depositati, fu per ciascun miscuglio proporzionale colla quantità di sangue di Octopus vulgaris che il miscuglio con- teneva, cioè abbondante nel primo miscuglio e scarsa nel terzo. Ripetetti un' altra volta questo esperimento con sangue di altri animali ed ho ottenuto gli stessi risultati. Dunque, in condizioni identiche di cristallizzazione le emo- cianine dei due animali diversi, un crostaceo ed un mollusco, si rilevarono come due sostanze diverse. Gli esperimenti sopra citati insegnano che nel sangue di Pa- linurus non si trovano sostanze le quali impediscano la cristalliz- zazione dell'emocianina di Octopus, e se mai tali sostanze fossero presenti, queste impedirebbero soltanto la cristallizzazione del- l' emocianina di Palinurus stesso ; questo fatto in se stesso in- dicherebbe una differenza fra le due emocianine. Da queste ricerche risulta evidente anche la differenza che esiste fra le due emocianine avuto riguardo alla loro precipitazione col solfato di ammonio. Da un miscuglio delle due emocianine precipita prima quella di Octopus, in forma cristallina. Il filtrato contiene quella di Palinurus il quale precipita allo stato amorfo. Dalle presenti ricerche credo che risulti chiaro che una dif- ferenza netta debba esservi fra l'emocianina dei molluschi cefa- lopodi e quella dei crostacei. La questione della diversità delle emocianine si può consi- derare come un fatto stabilito e viene già confermato , finora dal loro diverso contenuto in rame, dalle diverse loro proprietà fisico - chimiche come, per esempio, la cristallizzazione, il loro comportamento alla dialisi , la loro precipitazione coi sali neu- tri, ecc. Finito di stampare il 10 settembre 1920. Le registrazioni sismiche rilevate nella Sezione Geodinamica dell' Osservatorio di Valle di Pompei nell'anno 1918 del socio Ptof. Giovanni Alfano (Tornata del 31 dicembre 1918) La Sezione Geodinamica dell'Osservatorio di Valle di Pom- pei è fornita di sette apparecchi sismici registratori, di uno a visione diretta e di sette sismoscopi. Devo innanzi tutto notare che dal R. Osservatorio Geodi- namico di Rocca di Papa, che rappresenta il R. Ufficio Centrale di Meteorologia e Geodinamica di Roma, a venir giù fino alla punta più meridionale della Sicilia, l'Osservatorio di Valle di Pompei è quello meglio fornito di apparecchi per le registrazioni sismiche tra gli Osservatori dell' Italia meridionale. Darò qui il semplice elenco degli apparecchi, rimandando i lettori al mio lavoro : " La nuova sezione geodinamica dell'Os- servatorio in Valle di Pompei „: Atti dell'Accademia Napoletana Scientifica-letteraria. Anno 5, Voi. 5, N. 35 (Luglio-Dicembre 1918) pag. 158-169. Gli apparecchi registratori sono : 1) Due tromometrografi " Omori-Alfani „ che pos- siamo considerare come apparecchi universali; ma più indicati per i terremoti lontani ed ultimi, e per la registrazione dei mo- vimenti tellurici provocati dall'agitazione del mare. 2) L'ortosismograf o " Alfani,, per lo studio della com- ponente verticale. 3) Un pendolo verticale "Navarro Neumann,, per lievissime vibrazioni nella direzione E-W. — 165 — 4) Un pendolo verticale "Mercalli,, per lievissi- me vibrazioni nella direzione N-S. 5) Un pendolo verticale "Microsismografo Ve- suvio „ per lievissime vibrazioni nella direzione NW-SE, quale è quello del Vesuvio rispetto a Valle di Pompei. 4) La vasca sismica "Grablovitz,, che può consi- derarsi come apparecchio universale per microsismi locali e vicini. 5) Due pendoli orizzontali "Grablovitz,, per ma- crosismi locali, e lontani. 6) Un pendolo verticale "Denza,, per macrosismi locali. 7) Un pendolo verticale "Valle di Pompei,, ti- po Vicentini, scrivente su lastra ferma. — Lo strumento a visione diretta è un Tromo metro e ortosismometro Bertelli, costruito dall'Officina Galilei di Firenze. — Tra i principali sismoscopi nomino: un Bipendolo Agamennone, un sismoscopio Agamennone a doppio effetto, e varii sismoscopii del Cecchi, del Bertelli e del Galli. — L' ora agli apparecchi è data da un pendolo Invar, che viene controllato, per ora, mediante il telefono, con il R. Osser- vatorio Astronomico di Capodimonte. Fra breve sarà controllato con un cannocchiale meridiano, e con un apparecchio di telegra- fia senza filo mediante i segnali orari della Torre Eifel di Parigi. — La registrazione degli apparecchi sismici è fatta su carta affumicata, .'ittaccata a cilindri che hanno velocità dai 16 ai 72 millimetri al minuto, secondo i diversi apparecchi. — Ogni quattro mesi pubblico un Bollettino meteorologico- geodinamico che viene inviato ai principali osservatori italiani ed esteri. Credo opportuno fare una relazione sommaria delle registra- zioni ottenute, nel 1918, dagli apparecchi a me affidati. E faccio notare che le registrazioni di cui farò parola non sono l'indice di tutti i terremoti avvenuti in Italia e fuori Italia; giacché molte registrazioni vanno perdute, e nell'Osservatorio a me affidato ho troppo cause contrarie, cioè: la vicinanza della Ferrovia dello — 166 — Stato (150 metri); la vicinanza del mare (3000 metri) e il sotto- suolo che è poco compatto. Nondimeno i risultati sono stati sempre molto soddisfacenti, per il controllo accurato che viene fatto, per eliminare tutte le possibili cause d'errore. In tutto il 1918 le registrazioni che si sono potuto rilevare sono 81. — Rispetto ai mesi sono distribuite così : G F M A M Q L A S 0 N D Anno 1918 8 6 4 3 5 10 16 10 6 2 7 4 81 — Dallo specchietto si nota un decremento graduale da Gen- naio ad Aprile ; poi un aumento notevole e rapido da Aprile a Luglio; indi un nuovo decremento fino ad Ottobre; un lieve aumento in Novembre e un decremento in Dicembre. — Riguardo alla distanza epicentrale posso riassumere così: Le registrazioni per terremoti : locali o domestici (avvertiti, anche se leggermente) sono 10 vicini (a meno di 1000 km.) „ 33 remoti o lontani (tra 1000-5000 km.) . . . . „ 23 ultimi 0 molto lontani (ad oltre 5000 km.) . . - „ 11 di distanza dubbia, ma certamente non locali . „ 27 — Di queste, per noi, le più importanti sono le registrazioni per terremoti locali o domestici; posso dire che essi sono compresi tra 40 e 60 km. in generale provenienti da NW. — Di nessuno posso attestare che ne sia epicentro il Vesuvio. — Tutti però sono di intensità: strumentale, cioè di 1° grado. • — Riguardo alla localizzazione dell'epicentro: furono di epicentro sconosciuto (fino a Dicembre 1919) 57 „ „ conosciuto 24 Di questi ultimi 12 furono avvertiti in Italia, e 12 si veri- ficarono fuori Italia. Quelli avvertiti in Italia avvennero : il 16 Gennaio : in provincia di Catania il 7 Aprile : nella Marsica 167 mÀi 1 Q Giugno : in provincia di Catanzaro 1 13 Giugno : in Trapani 1 18 Giugno : nella zona SE della provincia di Ronia,-^-:^--..^ 1 24 Giugno : a Viesti (Foggia) 1 2 Luglio : in Calabria e Sicilia 1 16 Luglio : nella spiaggia del M. ionio 1 27 Luglio : a Lugnano (Perugia) 1 10 Novembre : in Romagna 1 12 Novembre : nel medesimo epicentro 1 24 Novembre : in Trenta (Cosenza). Di questi quello del 10 Novembre in Romagna fu di IX grado, cioè disastroso. Dei 12 terremoti registrati come provenienti fuori d' Italia gli epicentri accertati sono : 30 Gennaio : nell' isola Okujiri del Giappone. 13 Febbraio: in Swatow e Amoy nella Cina, con 10000 vittime. 20 Maggio : nel Cile, con danni e morti specialmente nella città " La Serena „. 8 Luglio : a sud di Sumatra. 10 Agosto : avvertito a Tolone. 15 Agosto : nell'Oceano Pacifico e a San Salvador; di grado disastroso. 22 Settembre : a Sumatra con danni. 11 Ottobre: a Portorico con rovine e morti. 13 Ottobre : a Portorico. 18 Novembre : nelle isole Molucche. 4 Dicembre : a Copriapo nel Cile, con rovine e morti, e con maremoto. 6 Dicembre : nella Columbia Inglese, senza danni. Le notizie finora pervenute ci autorizzano a concludere che nel 1918 vi furono 7 terremoti disastrosi, di cui 1 in Italia e 6 fuori Italia. — È bene considerare , che a causa della guerra europea, poche notizie e pochi Bollettini ci sono pervenuti dall'estero. BOLLETTINI CONSULTATI L— Bollettino Meteorico (diurno) del R. Ufficio Centrale di Meteoro- logia e Geodinamica in Roma. 1918. 2. — Bollettino Sismico settimanale del R. Ufficio Centrale di Meteo- rologia e Geodinamica in Roma. 1918. 3. — Estaciòn sismica del Observatorio Fabra, de la Real Academia de Ciencia y artes (Barcellona - Spagna). 1918. 4. — Boletin sismico del Instituto y Observatorio de Marina (S. Fer- nardo - Spagna). 1918. 5. — Bulletin Sismique de l'Observatoire de Zikawei, près de Changhai (Cina). 1918. 6. — Bulletin of the Weather Bureau of Manila Central Observatory (Isole Filippine). 1918. 7. — Seismological Bulletin of the Osaka Observatory (Giappone). 1918. 8. — Seismic Bulletin of the Nagasaki Meteorological Observatory of Japan. 1918. 9. — Seismological Bulletin of Batavia Observatory (Giava). 1918. 10. — Bulletin of Earthquakes Station of Ottawa (Canada). 1918. 11. — The Registration of Earthquakes and Press Dispatches on Earth- quakes from Jannary 1, 1918 to Jannary 1, 1919. — Georgetown University (Washington). 1918 Finito di stampare il 10 settembre 1920. Bollettino della Società dei Naturalisti in Napoli RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE Assemblea generale del 30 marzo 1919. Presidente: Geremicca M. — Segretario : Zirpolo Socii presenti : Monticelli , De Rosa , Gargano , Police , Marcello, Geremicca A., Guadagno, Morgera, Cavara. Si apre la tornata in seconda convocazione alle ore 15,30. 11 Segretario legge le nuove pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono. 11 Presidente, in ordine alla riforma della scuola nel dopo guerra, sulla quale pigliano la parola i socii Police, Gargano, De Rosa, Mon- ticelli, Morgera e Cavara, legge il seguente ordine del giorno formulato dalla Commissione nominata dalla Presidenza, con la proposta che venga inviato al Ministero della P. 1., al Presidente del Consiglio, alla stampa ed a tutti gli Enti che possano averne interesse. Voto " La Società dei Naturalisti in Napoli, fatto un esame minuto dei mali che affliggono la Scuola in Italia, e passati a rassegna i varii ri- medii escogitati per debellarli , mentre si riserba di indicare speciali provvedimenti per 1' attuazione di una radicale riforma nell' indirizzo degli studii, fa voto che, innanzi tutto, quale unico rimedio atto ad in- fondere nella scuola italiana vita sana e produttiva sia istituito un esame di stato pei varii gradi di scuole, così pubbliche come private , e che nelle Università e negli altri Istituti Superiori venga fatta assoluta di- stinzione tra il dip'oma per 1' esercizio professionale e la laurea dot- torale — vero attestato di alta ed incondizionata cultura ; e delibera di comunicare il presente ordine del giorno al Ministro della P. 1., al Presidente del Consiglio, alla stampa ed a tutti gli Enti e privati che possano averne interesse ». L' Assemblea approva il voto e crede doverne fare larga propa- ganda e poi indire un referendum per una più larga discussione. 11 socio Police legge un lavoro del titolo : Per la pesca a profon- dità. Una modifica all'arnese di pesca e ne chiede la pubblicazione. E' ammesso ad unanimità socio ordinario residente il Dott. Giu- seppe Pellegrino. L'Assemblea si scioglie alle ore 17,30. IV — Tornata straordinaria del 4 maggio 1919. Presidente : Qeremicca M. — Segretario : Zirpolo. Commemorazione del socio Paolo Della Valle. Sodi presenti : Della Valle A., Monticelli , Chistoni , Pierantoni, Cavara , Anile , De Rosa , Marcucci , Police , Morgera , Milone, Parisi, Bruno , Gargano , Craifaieanu , Siniscalchi , Qeremicca A., Pellegrini, Alfano, Marcello, Carrelli, Iroso, Gufino, Quintieri. Intervennero i Professori: M. Gantone, A. Del Re , Mariano Fava, Guido Della Valle , E. Goggio , Gorrado , Mollo , Marchese Vallante, Avv. Iroso; i Dottori: R. Scherillo, Marzio Florio, G. Pavone, M. Sche- dilo, P. Scherillo. Aderirono con telegrammi : il prof. Cerruti , il sig. M. Scherillo, la R. Accademia delle Scienze di Bologna, la R. Accademia dei Lincei, il Prof. Giardina. Aderirono con lettere : i professori Raffaele di Roma , Russo di Gatania, Giacomini di Bologna, Cattaneo di Pavia, Mazzarelli di Mes- sina, Diamare di Siena, Gauthier e Bottazzi di Napoli. Erano rappresentate la R. Accademia Medico-Ghirurgica di Napoli, la R. Accademia delle Scienze , la facoltà di Scienze Naturali , la Sta- zione Zoologica, l'Accademia Pontaniana, l' Istituto di Anatomia com- parata, l'Istituto Zoologico, la Società dei Naturalisti e Medici. La tornata è aperta alle ore 16. Il Segretario legge le adesioni. Il Presidente invita il socio Claudio Gargano a commemorare il socio Paolo Della Valle. Il socio Gargano legge la Commemorazione (vedi pag. 3). Il Prof. Della Valle A. alla fine della commemorazione ringrazia la Società per le onoranze tributate al figlio. Si chiude la tornata alle ore 17,20. Tornata ordinaria ed assemblea generale del 25 maggio 1919. Presidente : Geremicca M. — Segretario : Zirpolo. Socii presenti : Chistoni, De Rosa, Milone, Pierantoni, Geremicca A., Craifaieanu, Cozzolino, Gauthier, Monticelli, Caprioli, Morgera. II Segretario legge il processo verbale della tornata straordinaria precedente che è approvato. — V — Il Segretario presenta i nuovi cambi! e le pubblicazioni pervenute in dono. U socio Zirpolo legge un lavoro della socia Pia Monteforte Sassano " Anatomia e sistematica del Genere Cynoglossum » (Borraginee) e ne chiede a nome dell'A. la pubblicazione. il socio Zirpolo legge un lavoro della Socia Valeria Neppi : No- tizia riguardante la Tima lacullana {Della Chiaj'e) e la sua limitata diffusione e ne chiede a nome dell'A. la pubblicazione. Il socio de Rosa comunica che il Dott. Cauda ha trovato nelle ra- dici delle crocifere un batterio fissatore dell' azoto senza formare tu- bercoli. II Segretario legge la relazione sull'andamento morale e finanziario della Società dei Naturalisti per l'anno 1918. Egregi Consoci , Ancora una volta ho il gradito incarico di esporvi le condizioni morali e finanziarie della nostra Società, per l'anno 1918. Anno fortunato col quale si è chiuso, con strepitosa vittoria, il ciclo delle guerre dell' In- dipendenza italiana. La nostra Società ha in modo vario contribuito alla vittoria, non solo col dare numerosi suoi soci all'esercito, così combattente come di riserva; ma ancora perchè ha tenuto fra le poche Società alto il prestigio scientifico del paese, pubblicando in questi anni di guerra Bollettini di densa mole e trattando nel suo seno questioni davvero interessanti per tutto ciò che concerne il rinno/amento morale del paese. Poiché ogni altra mia parola , rievocante date e fatti , sarebbe su- perflua passo immediatamente ad esporre la mia relazione. Socìì. — II numero dei socii al 31 dicembre 1918 era di 100 in confronto del passato anno che era di 96 , distribuiti in 56 ordinari! residenti, 28 ordinarli non residenti e 16 aderenti. Sono stati ammessi socii ordinarli residenti: il Dott. Giuseppe Pel- legrini e la Dottoressa Pia Monteforte Sassano. Sono passati alla cate- goria di socii ordinari! non residenti: i signori Alberto Qeremicca e Antonio Carrelli. Sono stati ammessi quali socii aderenti : la signora Claudia Cutolo ed ! signori Rossi Francesco, Domizio Francesco, Ca- logero Gaetano e Gravina Andrea. Devo purtroppo ricordare la grave perdita subita dalla società con la morte dei socii A. Cutolo, Paolo Della Valle, Jatta Mauro. Il C. D. non ha mancata di inviare le condoglianze alla famiglia e si prepara a farne la Commemorazione. — VI — Bollettino — Il Bollettino, che è stato già pubblicato e che sarà al più presto distribuito, rappresenta quest'anno il maggiore sforzo della no- stra Società, considerate le condizioni difficilissime che attraversiamo come crisi di carta e straordinarii aumenti pretesi dagli operai. È un volume di oltre 200 pagine, con numerose figure intercalate nel testo e con tre tavole. È il voi. 31 (Serie II , Voi. XI) diviso anch' esso in tre parti : Atti che comprendono Memorie e Note, Comunicazioni verbali e Ren- diconti delle tornate, nonché l'elenco dei socii e delle pubblicazioni pervenute in cambio ed in dono. Tornate. — La società si è riunita sei volte, nell'anno 1918, quattro volte in Assemblea generale e due volte in tornata ordinaria. Voti e deliberati. — Nell'Assemblea generale del 12 maggio 1918, in occasione della discussione sorta intorno all' Istituto Vulcanologico Friedlaender emise un voto, perchè il Governo trovasse modo di avva- lersi del sequestrato Istituto Friedlaender per trasformarlo in Istituto Vulcanologico Italiano con annesso Osservatorio Vesuviano, attuando così il progetto presentato dall'apposita Commissione del 1911-12. Nell'Assemblea generale del 31 dicembre, dietro proposta del socio Chistoni, si formulò un voto perchè l'Osservatorio di Magnetismo ter- restre esistente a Pola sia non solo conservato, ma venga fornito di tutti i mezzi di ricerca, e, nel caso, sia collocato in luogo, dove nessuna causa perturbatrice abbia ad influire sulle indicazioni degli apparecchi. Conferenze. — Quest' anno ha aperto il ciclo delle conferenze il socio A. Cutolo sul!'" Alimentazione sobria ", tenuta nella nostra Sede nell'Assemblea generale del 12 luglio 1918. La Conferenza non potè es- sere inserita nel Bollettino per la immatura morte del Conferenziere. Escursioni. — Non è mancata la solita gita al Vesuvio. Numerosi socii presero parte alla escursione, avendo a guida preziosa i socii Ciro Chistoni ed Alessandro Mallsdra. Attività Scientifica. — I lavori pubblicati nel Bollettino assom- mano al numero di undici. 1 di Idrologia del socio Gauthier , 3 di Chimica biologica del socio Craifaleanu, 1 di Mineralogia del socio Bellini, 1 di Botanica del socio Cavara, 3 di Zoologia dei socii Zirpolo e Neppi, 1 di Microbio- logia del socio Zirpolo, 1 di Chimica del socio Giordani. Commemorazione. — Neil' Assemblea generale del 12 maggio il socio Monticelli commemorò il socio Carlo Praus ed il socio Cavara il prof. Achille Terracciano. — VII — Biblioteca. — È stato mantenuto il cambio con i Bollettini e gli Atti delle altre Accademie italiane ed estere. Il Concorso dei socii nell' inviare pubblicazioni in dono quest'anno è stato esiguo. Si fa viva preghiera di non voler privare la Società di opere che possano accrescere il suo patrimonio scientifico. Bilancio. — Come più tardi sarà letto dai Revisori dei conti anche quest' anno il Bilancio si chiude con un cospicuo attivo senza toccare il fondo di riserva. Egregi Consoci, La mia breve relazione è finita. Le difficili condizioni di vita di ogni istituto scientifico vi diranno le cure assidue che il C. D. ha dovuto avere, perchè tutto procedesse nel miglior modo possibile, onde non arrestare nessuna attività della nostra Società che noi amiamo e che ci auguriamo possa trovare negli anni avvenire miglior fortuna coli' esser situata in locali degni del suo nome , della sua ricca e preziosa bi- blioteca. 11 socio De Rosa anche a nome del socio Monticelli legge la re- lazione sullo stato di cassa. 11 Segretario legge il bilancio consuntivo 1918 che è approvato. Il Segretario legge il bilancio preventivo 1919, che, modificato in alcuni capitoli, viene approvato. Sono ammessi a socio ordinario residente : la signorina Adele Fi- gliolia ed a socii ordinarli non residenti : i signori Federico Geremicca, Carlo Serao , Mario Giordani, Antonio D'Avino, Tullio Levi, Atti- lio Masi. La tornata è chiusa alle ore 17. Assemblea generale del 29 giugno 1919. Presidente: Geremicca M. — Segretario: Zirpolo. Socii presenti : Pierantoni, Monticelli, Cavara, Marcucci, Marcello, Monteforte, Guadagno, Gargano, De Rosa, Giordani F. , Giordani M., Geremicca F., Carrelli. L'Assemblea si riunisce alle ore 15. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente die è approvato. 11 socio Zirpolo legge un lavoro della socia Neppi : Aggiunta di casi di anomalia nelle Idromeduse e ne chiede la pubblicazione a nomedell'A. — vili — Il socio Geremicca M. fa una comunicazione su di un caso di fa- sciazione di fiori in una infiorescenza di Digitalis purpurea. Il socio Giordani F. fa una comunicazione verbale : Sul carattere di addittività delle proprietà fisiche dei varii atomi costituenti una mole- cola chimica. E' eletto socio ordinario non residente il signor Mario Salfi. Si stabilisce di rinviare le elezioni di tutte le cariche al 31 dicembre. L'Assemblea si chiude alle ore 17,30. Tornata ordinaria del 27 agosto 1919. Presidente: Geremicca M. — Segretario : Zirpolo. Socii presenti : Marcucci, Giordani F. ed M. Serao. Si apre la tornata alle ore 16. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Il socio Zirpolo legge un lavoro del socio Morgera dal titolo : Studio sul rapporto fra il testicolo e l'organo di Leydig nei maschi di Chimaera monstrosa e ne chiede la pubblicazione a nome dell 'A. 11 socio Zirpolo legge tre lavori del socio Craifaleanu : Ricerche suWemocianina. 2. Ricerche chimico-fisiologiche sul sangue di Octo- pus ed Eledone. 3. L'azione dei gas sull' emocianina. 4. L' azione dei sali dei metalli pesanti sali' emocianina e ne chiede la pubblicazione a nome dell'A. Il socio Zirpolo legge due Note: Su di un Astropecten aurantia- cus L. con tre piastre madreporiche e Contributo allo studio della ri- generazione del dermascheletro negli Echinidi e ne chiede la pubbli- cazione. Il socio Zirpolo .legge una Nota del socio Pierantoni « A proposito di alcune recenti osservazioni sulla bioluminescenza e sulle simbiosi fi- siologiche e ne chiede la pubblicazione a nome dell'A. Il socio Giordani F. fa una comunicazione sugli : Ipocloriti al- calini. Il Presidente comunica che nella tornata odierna sono prese le va- canze sociali. La tornata si chiude alle ore 17,30. — IX Assemblea generale del 26 ottobre 1919. Presidente: Qeremicca M. — Segretario: Zirpolo. Socii presenti : Cavara, Gaulhier, D'Avino, Marcello, Giordani F., Giordani M., Serao, Grande. 11 Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Il Segretario legge i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. 11 socio Zirpolo legge un lavoro del Socio Gufino : Aggiunta alla flora crittogamica dei dintorni di Napoli e ne chiede la pubblicazione a nome dell'A. 11 socio Giordani F. fa una comunicazione : Studii sugli olii per trasformatoti elettrici. Sono ammessi a socii ordinarli residenti: la signorina Italia Albore ed il sig. Pasquale Conti. La tornata si chiude alle ore 18. Tornata straordinaria del 30 novembre 1919. Commemorazione del socio A. Cutolo. Presidente: Geremicca M. — Segretario: Zirpolo. Intervennero i socii : Siniscalchi , Serao, Giordani M., Giordani F. Malladra, Cutolo E., Guadagno, Pellegrini, Pierantoni, De Rosa, A4on- ticelli, Gauthier, Milone , Gargano , Marcello , Marcucci , Piccoli , Foà, Sassano-Monteforte, Rossi. Intervennero gli Onorevoli Aliberti, Labriola, Presutti; i signori: Teo- doro Cutolo, Mingioli, Tifone A., Palestra L., Brancacci L., Racchi Gio- vanni, Ardovino A., Jacobelli F., Sciuti P., Donzelli E., Vetere, Monaco, Sava, Moreschini, De Filippis, Valentin!, Cutolo S., etc, e le signore Cutolo Claudia, Cutolo Emma, Prof. Marussia Bakunin etc. Il Presidente ringrazia gì' intervenuti e presenta il socio Forte che legge la commemorazione del socio Cutolo A. li Segretario legge le adesioni pervenute dai soci: Cavara, Caroli, Ro- mano, Viglino, Raffaele, D'Avino, dalla Direzione della Scuola superiore d'Agricoltura Portici, dal R. Commissario Fagiolari, dal sig. G. Vairo. 11 socio Prof. Forte legge la commemorazione, (vedi p. 77) Alla fine a nome della famiglia il sig. T. Cutolo ringrazia la Società. La tornata si chiude alle ore 16,30. Assemblea generale del 31 dicembre 1919 Presidente: Geremicca M. — Segretario: Zirpolo. Socii presenti: Monticelli, Pierantoni, Milone, De Rosa, Police, Gior- dani M., Giordani F. Serao, Geremicca A., Cavara, Quintieri, Marcucci, Guadagno, Malladra. Il Segretario legge il processo verbale della tornata precedente che è approvato. Il Segretario legge i nuovi cambii e le pubblicazioni pervenute in dono. Il Presidente comunica i ringraziamenti del socio Anile per le con- gratulazioni inviategli per la sua elezione a Deputato al Parlamento. Il socio Zirpolo legge un lavoro del Socio Bellini dal titolo : Os- servazione nell'isola di Capri a conferma dell'antico stato della regione Tirrena e ne chiede la pubblicazione a nome dell'A. Il socio Poiice legge un lavoro dal {\io\o : Primo~ esperimento di pesca a profondità nel Tirreno con palamiti a trazione meccanica e ne chiede la pubblicazione. Il socio Zirpolo legge un lavoro dal titolo : Studii sulla biolumi- nescenza batterica. Azione dei sali di Magnesio e ne chiede la pub- blicazione. Si procede all'elezione dell'intero Consiglio Direttivo: sono eletti ad unanimità : Monticelli Fr. Sav. Presidente Gauthier V. Vice-Presidente Gargano C. Segretario De Rosa \ Quintieri ^ Capobianco ( Consiglieri Marcucci Pierantoni Rippa Revisori dei conti L'Assemblea si chiude alle ore 17,30, dopo aver approvato il pro- cesso verbale. CONSIGLIO DIRETTIVO PER l'anno 1920 Monticelli Francesco Saverio Pierantoni Umberto Gargano Claudio Giordani Mario De Rosa Francesco Capobianco Francesco Quintieri Luigi Marcucci Ermete Cutolo Enrico Salfi Mario Zirpolo Giuseppe Presidente Vice-Presiden te Segretario Vice-Segretario Consiglieri Cassiere Bibliotecario Redattore del Bollettino ELENCO DEI SOCI (/ Gennaio 1920) BENEMERITI DELLA SOCIETÀ Monticelli Francesco Saverio — Via Giovanni Nicotera (Ponte di Ghiaia) 27. t Praus-Franceschini Carlo. SOCI ORDINARI RESIDENTI 1. Albore Italia — S. Severo alla Sanità 28. 2. Amato Carlo — Via Tribunali 339. 3. Angrisani Cecilia — Somma Vesuviana. 4. Aguilar Eugenio — Vico Neve a Materdei 27. 5. Anile Antonino — Via Roma 413. 6. Andreoli Giulio — Via dei Mille 66. 7. Arena Mario — Via Roma 129. 8. Balsamo Francesco — Via Foria 210. 9. Bruno Alessandro — Via Bari 30. 10. Capobianco Francesco — Via Sapienza 18. 11. Caprioli Nicola — S. Cristofaro alVOlivella 34. 12. Caroli Ernesto — Istituto Zoologico della R. Università. 13. Cavara Fridiano — /?. Orto Botanico, Napoli. 14. Chistoni Ciro — Istituto di Fisica terrestre, S. Marcellino 11. 15. Craifaleanu Aurei — Buzau, Rumenia. 16. Cufino Luigi — Via Veterinaria 7. 17. Cutolo Enrico — Via Roma 404. 18. De Biasio Abele — Vico Tagliaferri a Foria 12. 19. D'Evant Teodoro — Mergellina 25. 20. Della Valle Antonio — Via Salvator Rosa 259. 21. De Rosa Francesco — Via S. Lucia 62. 22. De Miranda Domenico — Suor Orsola 12. 23. Figliolia Adele — Via Giuseppe Ricciardi 7. 24. Fenizia Gennaro — Via Foria 136. — XIV — 25. Forte Oreste — Via Monteoliveto 37. 26. Gargano Claudio — Via S. Lucia 62. 27. Getzel Demetrio — Via dei Mille 59. 28. Guadagno Michele — Via Foria 193. 29. Giordani Francesco — Corso Umberto I 34. 30. Giordani Mario — Corso Umberto I 34. 31. Iroso Isabella — Via Foria 118, Palazzo Castelcicala. 32. Kernot Giuseppe — Via S. Carlo 6. 33. La Marca Fernando — Via Cagnazzi a Capodimonte 4. 34. Malladra Alessandro — R. Osservatorio Vesuviano. Resina 35. Marcello Leopoldo — Piazza Cavour. - Farmacia Marcello. 36. Marcucci Ermete — Istituto di Anatomia Comparata R. Università. 37. Mazzarelli Gustavo — Via Michele Zannotti 13. 38. Mastrolilli De Angelis Alberto — Via Ventaglieri 74. 39. Mauro Anna Maria — Corso Vittorio Emanuele 432. 40. Milone Ugo — Vico Corriere a S. Brigida 25. 41. Minervini Raffaele — Via Nardones 14. 42. Monteforte Pia — Via Padova 14. 43. Monticelli F. Saverio — Via Giovanni Nicotera {Ponte di Chiaia) 27. 44. Morgera Arturo — Via Università 25. 45. Muratore Giuseppe — Via Francesco Saverio Correrà 201. 46. Neppi Valeria — Via Milano 3, Trieste. 47. Oglialoro Agostino — Istituto di Chimica della R. Università. 48. Palk Marie — Palazzo Capomazza, Arco Mirelli. 49. Pierantoni Umberto — Galleria Umberto I, 27. 50. Pellegrino Giuseppe — Sapienza 29. 51. Palomby Armando — Via Pietro Colletta 100. 52. Police Gesualdo — Via Bausan 11. 53. Quintieri Luigi — Via Amedeo 18. 54. Quintieri Quinto — Via Amedeo 18. 55. Ricciardi Leonardo — Via Guglielmo Sanf elice 24. 56. Rippa Giovanni — R. Orto Botanico^ Napoli. 57. Romano Pasquale — Via Porta Medina 44. 58. Salfi Mario — Via Montesilvano 30. 59. Scacchi Eugenio — Istituto di Mineralogia della R. Università. 60. Schettino Mario — Via Roma 320. 61. Scognamillo Raffaele — Via S. Carlo 31. 62. Serij Pietro — S. Efremo Vecchio 2. 63. Siniscalchi Alfonso — Via Salvator Rosa 249. 64. Sorrentino Ermenegildo — Via Cesare Rossarol 69. 65. Stefanelli Augusto — R. Liceo Ginnasio G. B. Vico, Chieti. — XV — 66. Trani Emilio — Via Campanile ai Miracoli 47. 67. Viglino Teresio — Piazza Dante 41. 68. Zirpolo Giuseppe — Via Duomo 193. SOCI ORDINARI NON RESIDENTI 1. Alfano Giovanni Battista — Osservatorio Meteorico-Geodinamico. Valle di Pompei. 2. Bellini Raffaello — Vico Giovanni Toselli 1, Cuneo. 3. Buffa Edmondo — Via Cavour 325, Roma. 4. Califano Luigi — Vico Forino a Foria 7. 5. Cerruti Attilio — Piazza Carbonelli 2, Taranto. 6. Celentano Vincenzo — Vico Minatoli a Foria 33, Napoli. 7. Conti Pasquale — Villa Pane, Vomero. 8. Cozzolino Marzio — Corso Garibaldi 74, Portici. 9. Cartelli Antonio — S. Domenico Soriano 44. 10. D'Avino Antonio — R. Liceo Nocera Inferiore. 11 . De Cillis Maria — Corso Garibaldi 79, Portici. 12. Di Paola Gioacchino — /^. Istituto Tecnico, Caserta. 13. lasevoli Giovanni — Pomigliano d'Arco. 14. Foà Jone — Via Cisterna dell'Olio 18, Napoli. 15. Geremicca Alberto — Largo Avellino 4. 16. Geremicca Federico — Largo Avellino 4. 17. Giordani Mario — Corso Umberto I 34. 18. Lionetti Gi'ovanni — Via Costantinopoli 23, Napoli. 19. Levi Tullio — Salvator Rosa 359. 20. Masi Attilio — Via Principe Amedeo 307, Roma. 21. Mazzarelli Giuseppe— Via Zannotti al Rettifilo 13. 22. Magliano Rosario — Lagonegro. 23. Misuri Alfredo — Istituto di Zoologia della R. Università, Palermo. 24. Piccoli Raffaele — Via Cisterna dell'olio 18, Napoli. 25. Patroni Carlo — R. Istituto Tecnico, Arezzo. 26. Parisi Rosa — Via Colombo N. 40, Caserta. 27. Raffaele Federico — Istituto di Zoologia della R. Università, Roma. 28. Ranfaldi Fr3.ncesco -- Istituto di Mineralogia della R. Univ., Messina 29. Serao Carlo — Via Fiorentini 60. 30. Sabatino Carmine — Parete (Aversa). 31. Stilon Alfredo — Via Fabrizio Pignatelli 5, Napoli. 32. Trinchieri Giulio — Via Properzio 27, Roma. 33. Vanni Giuseppe — Via Cola di Rienzo 180, Roma. 34. Villani Armando — R. Liceo, Chieti. XVI — SOCI ADERENTI 1. Calogero Gaetano— Via Filippo Agresti. 2. Caruso Antonio — Via Salvator Rosa 113. 3. Cutolo Claudia-- Villa Claudia, Vomero. 4. Cutolo Costantino — Via Tasso 601. 5. De Franciscis Ferdinando — Posillipo 133, Villa Guidone. 6. Domizio Francesco — Villa Giulia, Torre del Greco. 1. Filiasi Emmanuele — Riviera di Ghiaia 270. 8. Filiasi Giuseppe — Riviera di Ghiaia 270. 9. Grande Loreto — R. Orto Botanico. 10. Gravina Andrea — Villa Piscione, Posillipo. 11. Morese Filippo — Via dei Mille 40. 12. Monticelli D'Afflitto Giuseppina — Ponte di Ghiaia 27. 13. Nicolosi-Roncati Francesco — R. Liceo, Salerno. 14. Rossi Francesco — Via Barali d'Arezzo 9. 15. Sbordone Annibale — Policlinico. 16. Scalfati Mario — Via S. Mattia 63. Bollettino delia Società dei Naturalisti in Napoli Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio AW elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio riportato nel Bollettino del 1918 Voi. XXXI (pubblicato il 28-VI-191Q) si aggiungano le seguenti riviste: Italia Aosta — Augusta praetoria. Roma — Gazzetta chimica italiana. Belgio Bruxelles — Annales de la societé royale zoologique et Mala- cologique. Francia Paris — L'Astronomie. Nice — Riviera scientifique. Spagna Zaragora — Boletin de la Sociedad iberica de Ciencias Naturales Germania Leipzig — Oswald Weigel — Naturwissenschaftliches Anti- quarium. Herbarium. Giessen — Bericht der Oberhessischen Geseilschaft fùr Natur und Heilkunde zu Giessen. Berlin — Verhandlungen des Botanisches vereins der provenz Brandeburg. Graz — Mitteilungen des Naturwisssnschaftlichen vereins fur steiermak. Stati Uniti Illinois — Illinois Biological Monographs. New Orleans — Louisiana state Museum. Minneopolis — The University of Minnesota. INDICE ATTI (MEMORIE E NOTE ) Gargano C. — Commemorazione di Paolo Della Valle — Con ritratto pag. 3 Giordani F. — Contributo allo studio di alcune sintesi in chimica organica — Con 2 fig. nel testo « 18 Pierantoni U. — A proposito delle teorie sulla luminescenza bat- terica e sulle simbiosi fisiologiche ,,43 ZiRPOLO G. — Contributo allo studio della rigeneraziorte del derma- scheletro negli Echinidi — Con 1 fig. nel testo. . . „ 47 Morderà A. — Studi sui rapporti tra il testicolo ed il canale di • Leydig nei maschi di Chimaera monstrosa — Con 4 fig. nel testo » SI Neppi V. — Notizia riguardante la Tinta lucullana (Delle CmA\E) e la sua limitata diffusione „ 59 Zirpolo G. — Notizia riguardante altri esemplari anomali di Asterina gibbosa Penn., pescati nel Golfo di Napoli . . . „ 63 Zirpolo G. — Su di un Astropeden aiirantiacus L. con tre piastre madreporiche — Con 1 fig. nel testo „ 70 Forte O. — Commemorazione di Alessandro Cutolo^ Con ritratto „ 77 Neppi V. — Aggiunta alla nota sopra alcune idromeduse anomale nel golfo di Napoli — Con 5 fig. nel testo . . . „ 89 POLICE G. — Per la pesca a profondità - Una modificazione all'arnese di pesca « 92 POLICE G. — Primo esperimento di pesca a profondità nel Tirreno con palamiti a trazione meccanica . . . . . „ 101 Cufico L. — Aggiunte alla Flora Crittogamica dei dintorni di Napoli „ 108 Zirpolo G. — Studi sulla bioluminescenza batterica. — Azione dei sali di magnesio « 112 Craifaleanu a. — Studi sull'emocianina. — li. - Ricerche chimico - fisiologiche sul sangue di Odopiis ed Eledone . . „ 120 Bellini R. — Osservazioni nell'isola di Capri a conferma dell'antico stato della regione tirrena — Con 3 fig. nel testo . . ,,125 Craifaleanu A. — Studi sull' emocianina. — III. - L' azione dei gas e dei cianuri alcalini sull'emocianina ,/ 141 Craifaleanu A. — Studi sull'emocianina. — IV. - L'azione dei sali dei metalli pesanti sull'emocianina .... « 154 Alfano G. — Le registrazioni sismiche rilevate nella Sezione Geodi- namica dell'Osservatorio di Valle di Pompei nell'anno 1918 „ 164 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) Processi verbali delle tornate pag. ili Consiglio direttivo per l'anno 1920 „ xi Elenco dei sodi „ xiii Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio . . . . „ xix Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. BOLLETTINO DELLA ETÀ DEI NATURALISTI iiv jv^^por^i VOLUME XXXII. (SERIE II., VOL. Xll) ANNO X X X I 1 I 1919 {Pubblicato il 30 Ottobre 1920) \^^. P^/>^AS NAPOLI OFFICINA CROMOTIPOGRAFICA "ALDINA,, Piazzetta Casanova a S. Sebastiano 2-4 1920 INDICE ATTI (MEMORIE E NOTE) Gargano C. — Commemorazione di Paolo Della Valle — Con ritratto pag. 3 Giordani F. — Contributo allo studio di alcune sintesi in chimica organica — Con 2 fig. nel testo « 18 PiERANTONi U. — A proposito delle teorie sulla luminescenza bat- terica e sulle simbiosi fisiologiche » 43 ZiRPOLO G. — Contributo allo studio della rigenerazione del derma- scheletro negli Echinidi — Con 1 fig. nel testo. . . „ 47 MOROERA A. — Studi sui rapporti tra il testicolo ed il canale di Leydig nei maschi di Chimaera monstrosa — Con 4 fig. nel testo » SI Neppi V. — Notizia riguardante la Tinta lucullana {Delle Cr\iA^E) e la sua limitata diffusione » 59 ZiRPOLO G. — Notizia riguardante altri esemplari anomali di Asterina gibbosa Fenn., pescati nel Golfo di Napoli . . . „ 63 ZiRPOLO G. — Su di un Astropecten aurantiacus L. con tre piastre madreporiche — Con 1 fig. nel testo » 70 Forte O. — COnmiemorazione di Alessandro Cutolo — Con ' ritratto « 77 Neppi V. — Aggiunta alla nota sopra alcune idromeduse anomale nel golfo di Napoli — Con 5 fig. nel testo . . . «89 POLiCE G. — Per la pesca a profondità - Una modificazione all'arnese di pesca », 92 POLICE G. — Primo esperimento di pesca a profondità nel Tirreno con palamiti a trazione meccanica » 101 Cufico L — Aggiunte alla Flora Crittogamica dei dintorni di Napoli „ 108 ZiRPOLO G. — Studi sulla biolum.inescenza batterica. — Azione dei sali di magnesio » 112 Craifaleanu a. — Studi suH'emocianina. — li. - Ricerche chimico - fisiologiche sul sangue di Odopiis ed Eledone . . „ 120 Bellini R. — Osservazioni nell'isola di Capri a conferma dell'antico stato della regione tirrena — Con 3 fig. nel testo . . „ 125 Craifaleanu A. — Studi suH' emocianina. — III. - L' azione dei gas e dei cianuri alcalini suH'emocianina « 141 Craifaleanu A. — Studi suH'emocianina. — IV. - L'azione dei sali dei riietalli pesanti suH'emocianina . . . . » 154 Alfano G. — Le registrazioni sismiche rilevate nella Sezione Geodi- namica dell'Osservatorio di Valle di Pompei nell'anno 1918 „ 164 RENDICONTI DELLE TORNATE (PROCESSI VERBALI) Processi verbali delle tornate pag. ni Consiglio direttivo per l'anno 1920 „ xi Elenco dei socii « xii.i Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio . . . . „ xix Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ' Dr. Prof. Claudio Gargano, presso la Sede della Società Ex Collegio Medico, a S. Aniello a Capo Napoli Prezzo del presente volume L. 100, — '^BI- WHOI I (HRARV WH lìRj' J ?^. V -> * f^' w >T?^^^\ìVV' >^ grk |I8(\- ;^.^>%' / /C s^...^